La ragazza della Cascata

di Ixia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


disclaimer: 'Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Masashi Kishimoto; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro'.
 
Ehm, piccola precisazione. Su Wikipedia, alla voce “Geografia di Naruto” e’ indicato il nome del villaggio della cascata come Takigakure.  Non avendo mai visto l’anime, ho dovuto lavorare di fantasia. Spero non vi dispiaccia. :D
 
 
 
 
Il paese della cascata era sempre stato un angolo di paradiso.
Situato in un assolato altopiano nascosto fra le montagne, viveva incastrato fra le rocce di uno spaventoso burrone, dove scendeva con un dislivello di circa 200 metri una maestosa cascata.
I suoi abitanti avevano ormai imparato a convivere con il rombo continuo dell’acqua, e anzi, erano particolarmente affezionati a quel fiume che accanto alle loro case arrestava la sua corsa, creando quello spettacolo magnifico.
Giochi di luce, spruzzi continui e uccelli dalle forme piu’ varie sorvolavano quell’incredibile luogo, in una visione che ogni volta toglieva il fiato.
Spesso i ragazzi del villaggio amavano tuffarsi dalle rocce piu’ basse, mentre i piu’ impavidi si arrischiavano a percorrere la scalata verticale per riuscire ad arrivare in cima. Non erano molti quelli che riuscivano ad arrivare fin lassu’, la risalita era impervia e le rocce erano scivolose a causa dei muschi, ma una volta sulla sommita’ lo spettacolo che si apriva era da mozzare il fiato.
Uno sterminato pianoro attraversato da un fiume tranquillo, incassata fra cime spolverate di neve… Un posto da favola.
E sdraiata proprio accanto allo strapiombo, con il viso rivolto verso il cielo terso, stava una ragazza.
Teneva gli occhi chiusi e le braccia piegate dietro alla nuca.  Faceva dondolare una delle due gambe accavallate, mentre con un’espressione di beata tranquillita’ si godeva i tiepidi raggi del sole che le sfioravano il viso.
I lunghi capelli biondi, lasciati sciolti fra l’erba, rilucevano come grano maturo, attorcigliandosi in morbide onde accanto ai fiori di campo, mentre fra le labbra morbide spuntava uno stelo.
Riposava solamente, ascoltando l’allegro gorgoglio dell’acqua del fiume. Di tanto in tanto, quando ne aveva voglia, esplorava con gli occhi dello stesso colore il cielo sovrastante, alla ricerca di nuvole.
Era il ritratto della quiete, e mai nessuno avrebbe osato dire che dietro quel viso da principessa si nascondesse una guerriera.
Ne’ i capelli, troppo lucidi e curati per aver visto delle battaglie, ne’ le mani, sottili e affusolate come quelle di un musicista, ne’ la posa, che in se’ denotava grazia ed eleganza… Nulla lasciava percepire che quella ragazza fosse un ninja.
Sarebbe stata meglio in uno di quei romanzi dove si racconta di donzelle in pericolo e di cavalieri a cavallo, oppure in qualche ballata di fate e ninfe. Non in mezzo ad una battaglia.
Non con quei meravigliosi occhi di cielo.
Solo un piccolo particolare stonava con la bucolica figura della ragazza nel prato. Una piccola placca di metallo, legata intorno al braccio sinistro.
Era il coprifronte del suo villaggio, il luogo dove era nata.
Il villaggio che aveva giurato di servire e per cui tutt’ora, con tutta se stessa, continuava a lottare ogni giorno. La sua casa.
La ragazza ridacchio’ leggermente, sentendo l’erba mossa dal vento solleticargli l’addome.
Era da troppo tempo che non si prendeva una pausa, e finalmente quel giorno le era stata concessa la mattinata libera.
Sua madre aveva insistito perche’ trovasse un po’ di tempo per se stessa, riattaccando con le sue solite lamentele secondo cui lei lavorava troppo.
Sorrise, ripensando ai discorsi di quella mattina.
Sua madre era fin troppo paranoica.
La ragazza chiuse gli occhi, e respirando a pieno il profumo di fiori che la circondava. La musica della cascata la cullava docilmente, mentre il sole le regalava un po’ del suo calore, sfiorandole la pelle con il suo tocco gentile.
Si, in fondo aveva fatto bene a riposarsi un po’…
Ma non fece nemmeno in tempo a finire il pensiero, che dal bosco adiacente usci’ una figura trafelata che in testa portava il suo stesso coprifronte.
-Ise! Ise!- la chiamo’ un ragazzo dai capelli rossi mentre correva a rotta di collo.
La ragazza si trasse subito a sedere, con i sensi all’erta e lo sguardo preoccupato.
-Eiken! Cosa e’ successo?- chiese, mentre il ragazzo la raggiungeva con il viso tirato in un’espressione allarmata.  
-E’ arrivato un tipo losco, sembra pericoloso. Ho sentito dire sia un nukenin, ma non ne siamo sicuri. Tutta la tua squadra e’ fuori, e tua madre e’ andata a controllare insieme a Kazuo.-
Lei sgrano’ gli occhi –Mia madre? Ma non doveva andare dal kage oggi?-
Si alzo’ in piedi di scatto, e con un gesto secco aggancio’ il kit da ninja che aveva lasciato sul prato alla cintura.
-Non lo so Ise, ma ti giuro, dicono che questo tizio sia un vero mostro-
Una smorfia preoccupata compari’ sul viso della ragazza.
-Ok, andiamo.  Guidami.-
 
 
 
Ise aveva diciassette anni.
Nata e vissuta nel villaggio segreto della cascata, era stata introdotta dalla madre all’uso del ninjutsu gia’ dall’eta’ di quattro anni.
Si era dimostrata essere una guerriera straordinariamente dotata, e all’eta’ di sei anni e mezzo era stata ammessa all’accademia ninja del villaggio.
Da quel momento in poi la sua carriera era stata una continua sequenza di successi, che l’avevano portata all’eta’ di diciassette anni ad essere il Jounin piu’ promettende di tutta Taki.
Era quindi normale che, in vista di problemi, tutti venissero a cercare il suo aiuto.
Era forte, gentile e dotata di un’intelligenza fuori dal comune, qualita’ che la rendevano stimata e ben voluta.
E in piu’, sua madre era una delle personalita’ piu’ influenti di tutto il villaggio.
Beh, la madre di Ise era una donna fantastica.
Ninja eccezionale, carattere tenace, che sola senza un uomo aveva cresciuto la figlia in un paese che non era il suo.
Era arrivata un giorno di tanti anni fa, incinta della piccola.
Non aveva mai parlato del padre, ma tutti pensavano che fosse morto in battaglia poco prima che la bambina nascesse, e che sconvolta la donna fosse fuggita a Taki.
Erano i tempi in cui il villaggio era stato devastato da guerre e carestie, in cui i giovani erano rimasti senza sogni e i bambini senza futuro.
Ma la madre di Ise non si era data per vinta: li aveva spronati a rimboccarsi le maniche, e ritrovando il coraggio e avevano fatto rinascere da un cumulo di macerie una citta’ in fiore.
Tutti le erano debitori in quel paese, e la rispettavano come se fosse il capo del villaggio.
Ise invece la venerava come se fosse una dea.
In fondo per lei sua madre era tutto: la sua famiglia, la sua amica, la sua casa.
Non avrebbe mai potuto immaginare una vita diversa da quella insieme a lei, piena di affetto, amore e condivisione.
E se era diventata lo straordinario ninja che era adesso, lo doveva solo a lei.
La ragazza’ si abbasso’, per schivare un masso troppo sporgente.
Saltava agilmente di roccia in roccia, stando bene attenda a non puntare i piedi su rocce bagnate o scivolose, che le sarebbero costate un volo di 200 metri.
Accanto a lei correva Eiken, suo amico d’infanzia, che la precedeva di alcuni passi guidandola nella discesa della cascata.
Quando furono arrivati nella piazza del villaggio, dove zampillava una fontana commemorativa, alla loro corsa si unirono altri 3 ninja, due chuunin e un genin.
-Allora, come si svolge la situazione?- chiese un chuunin rivolto a Eiken.
Il ragazzo scosse la testa, mentre cominciavano a percorrere la strada che portava alle falde del crepaccio.
-Non ne sappiamo molto. Ho solo sentito che un ninja estraneo oggi ha tentato di valicare il confine senza essere visto, ma e’ stato scoperto dalla pattuglia 12 vicino al lago. Alcune fonti dicono che potrebbe essere uno dei 5 nukenin della nebbia, ma ancora non si sa nulla. Kazuo e la madre di Ise sono andati a controllare, ma hanno chiamato i rinforzi.-
Il piccolo genin, che si sforzava a mantenere il passo, fischio’ –Cavolo Ise, se tua madre ha bisogno di rinforzi questo tipo sara’ super fortissimo!-
Ise senti’ una fitta di preoccupazione alla bocca dello stomaco, ma non rispose.
Senti’ distintamente uno dei due Chunin tirare uno scappellotto al ragazzino, sussurrando –zitto idiota, non lo vedi che e’ preoccupata?!- ma tiro’ dritta, facendo finta di non aver sentito.
Aumento’ il ritmo, improvvisamente avvolta da un brutto presentimento.
E se veramente il genin avesse avuto ragione e sua madre fosse stata in pericolo?
Corsero ancora per alcuni secondi, poi finalmente avvistarono delle figure fra gli alberi.
Gli occhi di Ise scattarono, e quando si fermarono su una nuca bionda, tiro’ un sospiro di sollievo. Sua madre stava bene, era arrivata in tempo.
-Ino-sama, eccoci, siamo arrivati!- esclamo’ Eiken mentre atterravano dietro ai due ninja della cascata. Sua madre si volto’, e le lancio’ un sorriso radioso.
La sua espressione era assolutamente serena, la sua figura sempre la stessa.
Lunghi capelli biondi a nascondere l’occhio, il viso maturo ridente ed il coprifronte della foglia, che scintillava legato alla sua vita.
Sua madre, Ino Yamanaka.
La donna senza paura.
-Ciao Ise-chan! Scusami se ti ho fatto chiamare, oggi era la tua giornata libera…-
Abbraccio’ la figlia di slancio, incurante del fatto che ci fosse un nemico di fronte a loro, e le scocco’ un bacio fra i lunghi capelli, identici ai suoi.
-Oh mamma, non ti preoccupare… Tanto oggi le nuvole non c’erano.- sorrise la ragazza, mettendosi al fianco della madre, arrivando cosi’ campo visivo dell’avversario.
Mentre Kazuo, Ino e Eiken si scambiavano le ultime informazioni, Ise comincio’ a studiare il nemico.
Beh, non sembrava cosi’ pericoloso al primo sguardo.
Era alto, ma non piazzato, con un pesante mantello nero che gli copriva interamente tutto il corpo. Il viso era fasciato da bende, da cui spuntavano un paio di occhi viola che guizzavano attenti fra lei e sua madre.
Non portava armi con se’, nemmeno degli shuriken, e stranamente sul suo coprifronte era impresso un simbolo che Ise non aveva mai visto.
Non sembrava pericoloso a vedersi, ma c’era qualcosa nella sua figura che la metteva in agitazione.
I suoi occhi, soprattutto.
Serpeggiavano fra le loro fila, esaminandoli con attenzione. Li scrutavano con cura maniacale, soffermandosi soprattutto sulla figura di sua madre.
Sembravano accesi da qualche strana frenesia, ed Ise era sicura che in quello sguardo non ci fosse nulla di buono.
Improvvisamente comincio’ a sentirsi una strana ansia addosso.
Poi il ninja misterioso si schiari’ rumorosamente la voce.
-Mi dispiace interrompere questo delizioso quadretto…- la sua voce era irritante, con una lieve nota strafottente. -Ma non sono venuto qui per perdere tempo.-
I due ninja, che avevano parlottato fino a quel momento sui precedenti avvenimenti, si zittirono di botto.
L’avversario alzo’ il braccio destro, anche quello interamente coperto di bende, e punto’ il dito verso la madre di Ise.
-Tu, Ino Yamanaka, sei il mio obiettivo.-
La donna induri’ la mascella, mentre accanto a lei Ise cominciava a posare la mano sul kunai. Gli altri ninja si misero in posizione di difesa.
Ino mosse un passo avanti, seguita in ogni movimento dallo sguardo apprensivo della figlia.
Si posiziono’ fiera davanti al suo avversario, e senza nemmeno un tremito nella voce si limito’ a chiedere. –E chi saresti tu, di grazia?-
Ise noto’ che sotto le bende il loro avversario ghignava soddisfatto.
-Non ti ricordi piu’ di me? Che peccato, non e’ bello essere uccisi da uno sconosciuto…-  Commento’ l’uomo, mentre Ino continuava imperterrita a non mostrare nemmeno un cenno di debolezza.
Era granitica.
Ise scosse la testa, pensando fosse meglio elaborare qualche strategia prima che sua madre decidesse di prendere a pugni quell’uomo per esasperazione.
Poi, mentre stava per partire all’attacco, sua madre fece qualcosa che Ise non avrebbe mai immaginato.
Stava scrutando il nemico, cercando qualche particolare che le potesse suggerire chi fosse la misteriosa figura che avevano davanti, quando di scatto si irrigidi’.
Gli occhi azzurri le si sgranarono, mentre la bocca si spalanco’ per lo stupore.
-Tu…- sussurro’ atterrita, con lo sguardo attonito.
Il corpo si era irrigidito, ed istintivamente la donna aveva mosso un passo indietro.
L’uomo bendato ridacchio’ silenziosamente, mentre nei suoi occhi scintillava una felicita’ inquietante.
Ise estrasse il kunai, notando che l’espressione della madre non presagiva nulla di buono. Sembrava proprio che avesse visto un fantasma.
-Tu.. M-ma come hai fatto? Eri morto…- continuo’ Ino in un soffio .
-Beh, come si dice… Chi non muore si rivede.- l’uomo sibilo’ l’ultima frase con gioia repressa. Ino era nelle sue mani, e con lei tutti gli altri.
Ise vide sua madre tremare impercettibilmente, e tremendamente preoccupata, mosse un passo in direzione dell’avversario, pronta all’attacco.
-Non ti muovere Ise!- urlo’ sua madre, bloccandola dopo i primi due passi.
Tutti e cinque i ninja della cascata osservarono Ino sbalorditi. Cosa diamine stava succedendo?
-Mamma?- sussurro’ la giovane jounin, ancora immobile e con il kunai in mano.
-Vattene Ise. Andatevene tutti. Questa non e’ una battaglia per voi.- dichiaro’ con tono perentorio. Ino estrasse i due sai che teneva attaccati alla cintura, e li impugno’, posizionandosi fra il nemico e i compagni.
-Questo e’ un’avversario troppo forte per tutti voi. Questa e’ la mia battaglia.-
I cinque ninja si scambiarono delle occhiate incredule, mentre la Yamanaka si preparava ad attaccare la figura misteriosa.
-Mamma, ma cosa stai dicendo? Chi e’ quest’uomo?- domando’ Ise, sbigottita.
Ma sua madre non rispose. Si era voltata verso l’uomo misterioso, piena di rabbia.
-Cosa vuoi da me mostro?- sibilo’ con la voce carica di astio.
-Oh, nulla di che. Voglio che tu muoia.- detto questo, la figura parti’ alla carica.
Estrasse da sotto il mantello un lungo bastone di ferro, e calo’ un fendente distruttivo sulla testa di Ino. La donna incrocio’ i due sai intorno al bastone, riuscendo a fermarlo a pochi centimetri dalla testa.
Gli c’era voluto solo un instante.
Che velocita’, si stupi’ Ise, vedendo sua madre respingere il nemico con tutta la sua forza. Quello con una capriola volo’ all’indietro, atterrando nuovamente in posizione di attacco.
Non passo’ nemmeno un secondo, che l’uomo fu di nuovo di fronte a sua madre, roteando il bastone con una rapidita’ inaudita.
Visto come si muove mamma, sara’ sicuramente avvelenato, riflette’ la ragazza analizzando i movimenti della madre. Ino non stava attaccando, stava schivando quel bastone come se fosse stato fatto di fuoco.
E questo era particolarmente strano.
Osservo’ immobile ancora per pochi secondi il combattimento dei due ninja, poi si avvicino’ ai suoi compagni, sicura di aver raccolto abbastanza informazioni per elaborare una strategia adatta.
L’uomo era veloce, rapido ed esperto nel combattimento corpo a corpo.
Utilizzava il bastone con una maestria ammirabile, ma sembrava essere vulnerabile nel combattimento a distanza. In piu’, appariva totalmente sprovvisto di qualsiasi tipo di ninjutsu.
Quindi, tutto stava nel disarmarlo.
Ma per farlo, dovevano arrestare i suoi movimenti.
Fece un fischio ad Eiken, spiegandogli con un paio di segni quale sarebbe stato il loro metodo d’attacco.
Bene, ora tutto stava nel fermarlo… E lei poteva.
 
Ino paro’ l’ennesima stoccata, scivolando indietro di alcuni metri per il contraccolpo. Si fermo’, e riprese il fiato.
-Dimmi, lo stai facendo per vendetta?- chiese al suo nemico, guardandolo astiosa.
Lui rise forte, roteando il bastone fra le dita al pari di un giocoliere.
-Ovviamente. Ma purtroppo per te non sei tu la persona di cui mi voglio vendicare…- le spiego’ con tono divertito, mentre osservava il viso della donna sgranarsi in un’espressione atterrita.
Aveva capito tutto.
-Tu, vuoi uccidere me… per lui?- mormoro’ con gli occhi sgranati.
Ise, che nel mentre si stava preparando all’attacco, si blocco’.
Ma di che diavolo stavano parlando?
-Ovviamente! Quale modo migliore di far soffrire un uomo se non uccidere coloro che ama?- cantileno’ contento, mentre Ino veniva presa dal panico.
La faccenda si metteva male.
-Tu sarai la prima della lista. E’ stato un po’ difficile rintracciarti, dopo che sei fuggita dalla foglia… Chissa’ perche’ poi.- penso’ fra se.
Ino vide Ise sgattaiolare rapida come un gatto alle spalle dell’uomo. La vide piegare un ginocchio, e comporre un sigillo con le dita.
Proprio quel sigillo.
Incurante della battaglia, Ino lancio’ un sai ai piedi della figlia, interrompendo la sua concentrazione. -No Ise! Non usare quella tecnica!- la avverti’ allarmata.
Purtroppo pero’, anche il suo nemico si era voltato a guardare sua figlia.
E la trovo’ in quella posa, tremendamente inconfondibile.
Si mosse con una rapidita’ assoluta, cogliendo la ragazza, ancora stupita dalla strana reazione della madre, alla sprovvista. La prese per il collo, e la sollevo’ di qualche metro.
-Wow, guarda cosa abbiamo qui… - commento’, in preda ad una gioia folle  –Fammi rivedere quei sigilli, eh ragazzina? Strano che tu li sappia usare…-
Commento’, lanciando un’occhiata eloquente ad Ino. Ise tentava di divincolarsi, improgionata com’era nella stretta d’acciaio del nemico.
Sua madre si senti’ morire.
-Bene bene, miss Yamanaka, abbiamo dei nuovi arrivati a me sconosciuti…- commento’ l’uomo, con una risata da invasato. Tutti gli altri ninja lo osservavano esterrefatti, incapaci di muovere un passo.
Fortunatamente, mentre l’uomo abbassava la guardia per lanciare ad Ino uno sguardo divertito, Ise colse l’occasione per passare al contrattacco. Carico’ un calcio con tutta la potenza che aveva in corpo, e lo direziono’ proprio verso l’orecchio del nemico.
L’effetto, come aveva previsto, fu devastante.
I centri del dolore e dell’equilibrio impazzirono, facendo crollare l’uomo a terra come un pezzo di stoffa bagnata. Ise afferro’ il suo bastone e con un balzo da pantera si porto’ fuori dal suo raggio d’azione, accanto a sua madre.
Lo infilzo’ nel terreno, posizionandosi fra sua madre e la figura dell’uomo accasciato a terra.
Lo vide rialzarsi a stento, mentre la benda intorno al suo orecchio cominciava a colorarsi di un rosso intenso.
Sorrise compiaciuta, complimentandosi con se stessa per l’ottimo lavoro.
Il nemico le rivolse un’occhiata assassina, mentre vacillando si rimetteva in piedi.
Ise non aveva il coraggio di usare quella tecnica per fermarlo, non dopo la reazione che avevano avuto lui e sua madre dopo avergliela vista fare.
La situazione era sempre piu’ complicata.
 -Vedo che anche tu hai ereditato il gene bastardo…- Commento’, sfiorandosi l’orecchio ferito con le dita, ritraendole sporche di sague.
-Stupida ragazzina, me la pagherai per questo…-
Ma in quel momento, le cose accaddero tutte troppo velocemente.
Ise non avrebbe mai immaginato qualcosa di simile, non avrebbe mai pensato a quell’opportunita’. A quella variabile impazzita.
Vide gli occhi dell’uomo accanto a lei farsi rossi di rabbia, mentre le lanciavano uno sguardo che presagiva una cosa sola: morte.
Temette per la sua vita, e senza persarci due volte, creo’ il sigillo tanto proibito, allo scopo di terminare questa partita alla svelta.
Una volta arrestata quella furia umana, ci sarebbero stati altri 5 ninja pronti a farlo fuori. La maggioranza era schiacciante.
Senti’ il chakra fluirle fuori dal corpo, ma improvvisamente la sua attenzione venne attirata da un movimento sospetto dietro le sue spalle. Proprio dove aveva infilato nel terreno l’arma del nemico.
Fece solo in tempo a vedere il bastone muoversi, come spinto da una forza invisibile, e dirigersi verso la figura di sua madre, che purtroppo continuava a fissare il nemico.
Il bastone volo’ con una rapidita’ impensabile, ed Ise si getto’ di lato con l’intento di salvarla.
Ma fu troppo tardi.
L’arma passo’ da parte a parte il corpo di sua madre, all’altezza dell’addome.
Urlo’, mentre Ino, ancora con gli occhi sgranati dalla sorpresa, sputava un fiotto di sangue a terra.
La rabbia le monto’ dentro come un fiume incontrollabile. Perse la testa, la calma, il ragionamento. Vedeva solamente sua madre crollare sulle ginocchia, con lo sguardo fisso verso terra.
Ed in quel momento, una furia omicida prese possesso di lei.
-Bastardo!- ruggi’, con una voce che non riconosceva nemmeno come la propria.
Incrocio’ le dita, e finalmente la sua tecnica “proibita” parti’ all’attacco.
La sua ombra, particolarmente allungata grazie alla presenza di quella degli alberi, scatto fulminea verso quella dell’avversario.
Quello, che era troppo impegnato a ridere compiaciuto per notare di essere sotto attacco, improvvisamente si ritrovo’ a non essere piu’ padrone dei propri movimenti.
Abbasso’ lo sguardo, con gli occhi sgranati, e vide una mano d’ombra che gli si arrampicava su per una gamba, e che lentamente si stava dirigendo al suo collo.
Ghigno’, e si giro’ a guardare Ino.
-Allora non mi sbagliavo… Ha ereditato anche lei l’abilita’ della foglia…- Il suo tono di voce non era per niente spaventato, anzi, pareva di sfida.
Ino provo’ a rispondergli, con lo sguardo carico d’odio, ma riusci’ solo a tossire altro sangue. La ferita era troppo profonda.
Ise vide sua madre agonizzante, e con un cenno del capo fece segno agli altri ninja di andare ad aiutarla.
-Non vi preoccupate, lui lo tengo io.- Poi si giro’ verso il piccolo genin, e gli ordino’ prentoria –Vai al villaggio, ed avverti l’ospedale. Che ci mandino un’equipe di ninja medici. Alla svelta-
Il bambino comincio’ a correre, e Ise riporto’ lo sguardo sul nemico.
Vide che la sua ombra era finalmente arrivata al suo collo, e tentando di frenare la rabbia, decise di mettere fine alla partita.
-Ho gia’ visto questa tecnica, sai?- ridacchio’ il nemico sotto le bende, per niente spaventato all’idea di essere totalmente in balia del proprio nemico.
Ise aggrotto’ le sopracciglia, leggermente confusa.
Nessuno nel villaggio sapeva fare quella tecnica, nemmeno sua madre.
E tutti, quando lei la usava in battaglia, restavano spiazzati da un ninjitsu cosi’ particolare. Era strano che quel misterioso uomo l’avesse gia’ vista.
Davanti all’espressione confusa di Ise, l’uomo ridacchio’ ancora piu’ forte.
-Oooh, non te l’ha mai detto… Ecco perche’ non ha voluto che la usassi davanti a me, aveva paura che io ti potessi rivelare qualche segreto- la sua voce tremava dal divertimento, mentre Ise non riusciva a capire una sola parola di quello che l’uomo stava dicendo.
Segreto?! Ma cosa?
-Beh, lascero’ a lei l’onore di dirtelo… In fondo, una madre deve avere delle ultime parole da rivolgere alla figlia sul letto di morte…- rise, tremendamente divertito.
Non si era reso conto di essere in svantaggio?, penso’ la ragazza, incredula.
Senti’ la rabbia bruciarle dentro, e decise di farla finita.
L’uomo la guardo’ con gli occhi accesi da un fuoco inquietante. Sembrava pazzo.
-Sappi, che da ora in poi, sarai tu la prima della mia lista.-
Ise chiuse gli occhi, concentrandosi sul suo ninjutsu.
-Ma stai zitto e muori.- commento’, mentre la sua mano d’ombra faceva schioccare con un sonoro colpo l’osso del collo del nemico.
La battaglia era finita.
 
 
La sera era calata, e il villaggio della cascata era caduto in uno stato di grande tensione.
Ino-sama era stata ferita gravemente, sua figlia Ise aveva ucciso il nemico.
Il suo corpo esanime era stato gettato nel fiume dai Chuunin, ritenendo quell’uomo troppo meschino e crudele per una degna sepoltura.
Ci avrebbe pensato il fiume a trovargli un posto adatto dove riposare, ma tutti speravano che non fosse prima della grande cascata, dove l’acqua si andava a schiantare contro scogli aguzzi ed affilati come rasoi.
Proprio una degna sepoltura.
Ise invece non veva voluto partecipare alla spedizione che aveva visto il corpo del nemico precipitare giu’ dal crepaccio. Aveva preferito seguire sua madre in ospedale, e attendere fuori alla sala operatoria.
Dove si trovava tutt’ora, appoggiata alla spalla di Eiken.
Ogni dieci minuti uscivano da quelle porte dei ninja medici, tutti indaffarati e orribilmente sporchi di sangue,  ma che non riuscivano a rispondere alle domande della giovane. Avevano tutti delle facce preoccupate, ed Ise sentiva l’ansia crescerle dentro, impedendole di respirare.
Dentro la sua testa poi, si affollavano decine di domande, accompagnate dalle strane parole che il nemico le aveva rivolto.
-Oooh, non te l’ha mai detto… Ecco perche’ non ha voluto che la usassi davanti a me, aveva paura che io ti potessi rivelare qualche segreto-
Tutti i misteri giravano intorno a quella tecnica misteriosa.
Ise aveva sempre avuto sin da piccola l’abilita’ di controllare a piacimento la propria ombra. Non era mai stato qualcosa di straordinario ed innaturale per lei, anzi, le era sempre sembrato strano che sua madre non fosse in grado di farlo.
Poi, quando diventando piu’ grande aveva scoperto che la sua tecnica suscitava stupore e meraviglia, aveva attribuito quell’abilita’ al ramo della famiglia che non aveva mai conosciuto.
Proprio come il capovolgimento spirituale, che aveva ereditato da sua madre come abilita’ innata. Un fattore ereditario, che aveva ricevuto sicuramente da suo padre.
Si, suo padre.
Quell’uomo cosi’ misterioso e senza volto, di cui sua madre non le aveva mai parlato. Conosceva dei dettagli, dei piccoli frammenti, ma per lei la figura paterna aveva sempre avuto un volto scuro e senza tratti.
Il viso di un fantasma.
Ma da quanto ricordasse, sua madre non le aveva mai parlato dell’abilita’ di suo padre di controllare le ombre. Anzi, in realta’ non le aveva mai parlato di nessuno che riuscisse ad adoperare una tecnica come la sua.
Improvvisamente il filo dei pensieri di Ise venne interrotto dall’aprirsi della porta, da cui usci’ direttamente il capo dei ninja medici di Taki.
E la sua faccia non prometteva nulla di buono.
Ise si alzo’, ponendosi con viso speranzoso davanti a quello del medico, con gli occhi rivolti in una muta preghiera.
Il ninja-medico la guardo’, sostenne il suo sguardo pochi secondi e poi chino’ il capo, con espressione sconfitta.
Ad Ise sembro’ che il pavimento sotto i suoi piedi cedesse.
Scosto’ il medico, corse fino alla porta, e ignorando i richiami ovattati che gli giungevano alle orecchie, la spalanco’.
Dentro, sdraiata su una barella con un respiratore sopra il viso, stava sua madre.
Arresto’ la sua corsa, spaventata.
-Mamma?- sussurro’, mentre la voce lottava contro le lacrime per uscire.
Ino si volto’ lentamente.
-Oh Ise-chan… sei qui.- mormoro’ sua madre, regalandole un sorriso pieno d’amore che le strazio’ il cuore. Come avrebbe fatto senza di lei?
Rimase paralizzata sull’uscio, non avendo il coraggio di avvicinarsi.
-Vieni qui amore mio, ti prego. Queste fasciature sono troppo strette, ed io non riesco a girarmi. Vieni qui vicino, ti devo parlare.-
Sua madre tossi’ violentemente, ed Ise in un istante le fu accanto.
Quando l’attacco fini’, Ino si volse a guardare la figlia.
Nel momento in cui gli occhi di cielo della madre si unirono con i suoi, Ise senti’ il dolore scoppiarle come un’esplosione. Che le impedi’ di respirare.
-Allora piccola mia, non voglio farmi illusioni. Sono giunta alla fine.- mormoro’.
Il suo viso era sereno, al contrario di quello della figlia.
-Mamma ti prego non dirlo…- sussurro’ Ise, prendendo con dolcezza la mano della madre e stringendola fra le dita delicate. Il groppo in gola faceva cosi’ male da impedirle di deglutire.
-Piccola mia, non c’e’ nulla da nascondere. Io moriro’ oggi, ma lo faro’ portandomi dietro una vita di ricordi straordinari.- sorrise, passando la mano dove era inserita la flebo sulla guancia umida della figlia. –Tu sei stata la mia gioia piu grande, Ise.-
Ino incateno’ lo sguardo con quello della ragazza, che ormai era offuscato dalle lacrime. Sorrise, vedendo i suoi stessi occhi riflessi nel viso giovane della figlia.
Gli stessi capelli biondi, le stesse labbra che ora tremavano in preda ai singhiozzi.
Ma sorrise maggiormente, soffermandosi su quegli impercettibili particolari che le differenziavano, che raccontavano una storia segreta e per troppo a lungo celata.
I particolari che le ricordavano lui
Ise tento’ di trattenere le lacrime, dandosi un contegno.
Ecco, quella sua mania di trattenere le emozioni, quell’orgoglio feroce, quel pudore nel lasciarsi andare ai sentimenti, certo la piccola Ise non l’aveva preso da lei.
Ma da quel testone di suo padre.
Rise dolcemente, mentre nella sua mente passava una vita di ricordi.
Non aveva paura di morire, ma aveva solo un’ultima cosa da fare.
-Piccola mia, ho da dirti una cosa.-
Ise si asciugo’ rapida le lacrime, e si mise in ascolto, pendendo dalle sue labbra.
Ino represse un sorriso.
-C’e’ qualcosa che non ti ho mai detto.- prese un respiro profondo, consapevole che stava per infrangere una promessa che aveva giurato a se stessa di mantere -Tuo padre e’ vivo, e vive nel villaggio segreto della foglia, a Konhoa.-
Ise sgrano’ gli occhi, incredula.
-Cosa?- disse in un sussurro.
-Voglio che tu vada li’ quando io non ci saro’. Non sei piu’ al sicuro a Taki.-
Ino senti’ le forze abbandonarla, e si sforzo’ di rimanere lucida.
Doveva mettere in salvo sua figlia, la morte poteva aspettare.
-C-cerca una donna, S-sakura Haruno. Lei ti aiutera’- continuo’ con la voce sempre piu’ flebile. Ise si dovette avvicinare per sentirla.
-Ma perche’ mamma? Perche’ non sono piu’ al sicuro?-
Ino tossi’ violentemente, sentendo il proprio corpo diventare sempre piu’ insensibile.
Ino si giro’ a guardarla, in un ultimo sforzo.
-Salutami tuo padre Ise.- continuo’ sorridendo. –Lui ti amera’ come ho fatto io.-
Poi chiuse gli occhi, ed il dolore scomparve.
Il viso si tiro’ in un’espressione serena, mentre la macchina accanto a lei emetteva un ultimo, lungo suono.
-Mamma!- la chiamo’ la figlia, prendola per le spalle –MAMMA!-
Sentendola urlare, i medici accorsero.
La portarono via, e la affidarono ad Eiken, non riusci’ a trattenerla.
Scappo’ via, lontano, in preda al dolore.
Con dentro la testa l’ultimo, ma felice, sorriso di sua madre.
 
 
La pira ardeva forte e le scintille danzavano alte su per il cielo.
Uomini e donne vestiti di nero salutavano l’ultimo volo di Ino Yamanaka.
Ise alzo’ lo sguardo vitreo, stringendosi il petto.
Poi, dolcemente, getto’ una cosmea fra le fiamme.
 
Addio mamma.
 
 
 
 
 
 
 
 
 



Ixia’s_______________________
Eeeeeehm… Ciao.
Si, lo so, questo capitolo fa schifo. Ma a mia discolpa posso dire che l’ho scritto un mese fa, e che la mia sorellina non c’e’, e non mi ha potuto dare una mano a riguardarlo. Inizialmente mi piaceva, ora mi sembra solamente confuso, senza un filo logico.
Vabbe’, mi rifaro’ con il secondo, che sicuramente sara’ migliore. (Ve lo prometto.)
Allora, cosa dire? Vi ho sganciato una bella bomba con questo capitolo.
Ino e’ morta, e sua figlia Ise sta per partire per il villaggio della foglia.
Vi avevo annunciato una ShikaIno, ma voi ora direte: “Come fa ad essere una ShikaIno se Ino muore nel primo capitolo?” Beh, vi dico io, non vi aveva detto che sarebbe stata una ShikaIno come tutte. I riferimenti alla coppia ce ne saranno… Eccome. Ma spero che questo piccolo risvolto di trama non diminuisca il vostro interesse. In fondo, a volte e’ meglio cambiare trama, no?
Allora, cosa dire? Spero vi abbia preso. Spero vi abbia messo un po’ di curiosita’ addosso, che vi sia venuta voglia di seguire questa storia.
Se si, e allora mi sentirei tremendamente realizzata, fatemelo sapere. Una recensione non costa nulla ma rende molto felice chi la riceve.
Il prossimo aggiornamento pernso sara’ sabato. Io sto partendo, quindi non vi potro’ rispondere prima del week-end. Il mio stage corale mi aspetta… E spero che voi nel mentre vi farete sentire.
Alla prossima…
Aspetto i vostri pareri.
 
Kisses, Ixia

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***










Sakura Haruno quella mattina si era svegliata con uno strano presentimento.
Un leggero malessere diffuso, una sensazione di ansia mista ad attesa che non aveva spiegazione.
Le sembrava quasi di aver dimenticato qualcosa di importante, qualcosa che quel giorno avrebbe assolutamente dovuto fare ma che non riusciva a ricordarsi.
Insomma, una di quelle giornate che vanno per il verso storto sin dal mattino.
Senti’ un fracasso provenire dal piano superiore, e sbuffo’ irritata.
-ITACHIIIIIIIIIII!- ruggi’, immaginando dal rumore di cocci quale fosse il prezioso cimelio di famiglia che quell’uragano di suo figlio aveva appena distrutto.
Si sentirono dei passi veloci correre sul legno, poi una porta che sbatteva.
Persino quella peste era piu’ irrequieto del solito quel giorno.
Sbuffo’ come una locomotiva, e si accinse a salire le scale, per andare a arginare i danni di quella sottospecie di Attila prima che suo marito decidesse di mettere fine alla sua vita.
Arrivo’ davanti al luogo del misfatto, e noto’ con suo grande dispiacere le schegge di vetro colorato che occupavano il pavimento.
Si mise in ginocchio, stando bene attenta a non pestarle, riconoscendo con una punta di rimpianto il vecchio vaso che diciotto anni prima Ino le aveva regalato tornando da una missione.
Mi raccomando fronte-spaziosa, e’ delicato… Stai attenta, altrimenti non durera’ nemmeno una settimana!, le aveva detto porgendole il pacco.
Altro che una settimana, quel vaso era durato diciannove anni.
Forse anche di piu’ rispetto alla loro amicizia, visto che la ragazza era sparita quando loro avevano venti anni e non si era fatta piu’ vedere.
Nemmeno una lettera, un messaggio…
Era sparita una sera di tanto tempo fa, lasciandola sola con un vecchio vaso.
Senza dirle nulla, senza spiegarle il perche’.
Scosse il capo, stupendosi di ritrovarsi a pensare alla sua vecchia amica dopo cosi’ tanti anni. Raccolse i cocci del vaso con inusitata delicatezza, d’improvviso immersa in qualche ricordo dimenticato nel fondo della sua mente.
Sarebbe stato inutile provare a rincollarlo, penso fra se’ e se’.
Mentre stava per scendere al piano inferiore, si giro’ un momento, perplessa.
Eppure era sicura che il vaso si trovasse nella mensola piu’ in alto.
Troppo in alto per un bambino di sette anni.
Riflette’ un secondo, poi scosse la testa, scacciando l’idea malsana che le si era presentata nella testa.
Quella giornata era proprio cominciata male.
 
 
Il villaggio della foglia era una metropoli in confronto a Taki.
Non aveva nulla a che fare con il piccolo paesino nascosto fra i boschi che Ise si era immaginata durante il suo viaggio.
Certo, sua madre le aveva detto che Konhoa fosse particolarmente popolata, ma le proporzioni che si trovo’ davanti quando finalmente giunse alla meta del suo viaggio erano fuori scala.
Non sarebbero bastati dieci villaggi della cascata per riempire tutte le case che aveva davanti. E non sarebbe bastato nemmeno tutto l’altipiano sopra a Taki per contenere quella gigantesca citta’.
Lo chiamavano “villaggio nascosto”, penso’ Ise. Ma sinceramente non riusciva a capire come qualcosa di cosi’ grande potesse passare inosservato.
L’unica cosa veramente notevole di quel paesaggio (infatti la ragazza continuava a mantenere una posizione scettica sulle scelte urbanistiche dei ninja di Konhoa), era il grande monte che dominava la citta’.
Su di esso vi stavano scolpiti sei visi, che la ragazza identifico’ con i sei grandi Hokage della storia della foglia.
Sorrise silenziosa, notando che l’ultimo Hokage, il sesto, era l’unico viso a sorridere davvero. Aveva un volto solare, persino nella roccia, e la ragazza ricordo con una punta di tristezza cio’ che sua madre le aveva raccontato.
Il sesto Hokage di Konhoa sarebbe capace di vendere il suo villaggio per una ciotola di ramen!, le aveva detto un giorno, quando era piccola.
Uzumaki Naruto.
L’uomo che aveva salvato la foglia.
Sorrise tristemente, persa nei ricordi.
E cosi mamma, questo era il tuo villaggio.
Osservo’ distratta il verde della foresta, ascoltando il cupo silenzio degli alberi intorno a lei. Nessun rombo d’acqua che correva, nessun riflesso del sole che scintillava… Improvvisamente senti’ nostalgia di casa.
Ma glielo aveva promesso, riflette’.
La solitudine la attacco’, come una bestia feroce. La assali’ in un istante, senza darle nemmeno il tempo di reagire. Le spezzo’ il respiro, mentre il petto comincio’ a tremare in un attacco di panico incontrollabile.
La ragazza si porto’ le mani alla gola, crollando in ginocchio con gli occhi pieni di lacrime.
Il dolore si acui’ fino a diventare insopportabile, e quando la ragazza penso’ di mollare tutto e svenire, si dissolse, veloce come era arrivato.
Succedeva sempre da quando sua madre era morta.
Ed ogni giorno diventava peggio.
La ragazza si sedette, posando lo zaino accanto a lei.
Si appoggio’ con la schiena ad un enorme albero, riprendendo a respirare in maniera normale. Ormai quelle crisi stavano diventando sempre piu’ frequenti.
Getto’ il capo all’indietro, appoggiando la nuca bionda contro la ruvida corteccia.
Poi, disperata, mollo’ tutto.
E le lacrime presero a scorrerle lungo gli occhi, rotolando giu’ per le guance, fino a schiantarsi per terra. Ise afferro’ ciuffi di erba, stringendo i pugni con forza.
Lei non poteva farcela.
Non cosi’ sola.
Continuava a chiedersi il perche’ di tutto quello, il perche’ a lei, il perche’ alla sua vita…
Ma non riusciva a trovare risposta.
Sapeva solamente di aver perso l’unica persona che avesse mai amato.
E di dover incontrare una donna sconosciuta, in paese sconosciuto, in una nazione sconosciuta dove viveva suo padre. Anche lui uno sconosciuto.
E tutto questo senza di lei.
Strinse ancora di piu’ i pugni, continuando a singhiozzare senza sosta.
Ando’ avanti cosi’ per alcuni minuti, fino a quando non si senti’ cosi’ vuota da aver anche dimenticato il motivo per cui avesse cominciato a piangere.
Respiro’ a fondo, mentre sentiva il cuore riprendere un battito normale.
Poi, quando finalmente tutto il suo corpo tacque, rilasso’ i palmi delle mani, e dolcemente scivolo in un sonno senza sogni.
 
 
Quando la ragazza si sveglio’, senti’ senza aver bisogno di aprire gli occhi di essere circondata.
Maledi’ se stessa e la propria debolezza, mentre senza muovere nemmeno un muscolo faceva il punto della situazione.
Aveva dieci shuriken legati alla gamba.
Ma se gli aggressori la stavano fissando, non avrebbe fatto in tempo a raggiungerli.
Aveva due kunai dietro la schiena.
Ancora peggio, l’avrebbero vista estrarre qualcosa da dietro e l’avrebbero uccisa senza nemmeno darle il tempo di aprire gli occhi.
Aveva le spalle al muro.
Beh, questa era ovviamente una situazione sfavorevole.
Pero’ forse, un piano c’era.
Se fosse riuscita a sbirciare la posizione degli avversari, magari avrebbe potuto bloccarli con la sua ombra. Apri’ impercettibilmente le palpebre, e si ritrovo’ davanti uno spettacolo inaspettato.
Era vero che era circondata, ma non erano esattamente ninja coloro che l’avevano presa in trappola.
Erano cervi.
Apri gli occhi con cautela, consapevole di non dover abbassare la guardia, e scruto’ con attenzione i cinque animali che le si trovavano di fronte.
Dopo un attento esame realizzo’, con suo grande stupore, che quelli erano veramente degli animali in carne ed ossa. Ed il dolore sordo che sentiva al petto era la prova di non trovarsi dentro un genjutsu.
Quindi si alzo’ lentamente, continuando a studiarli.
Molto probabilmente aveva invaso il loro territorio, si disse. Percio’ dovevano essere molto ma molto arrabbiati.
 -Ehmm..- comincio’, abbassandosi lentamente a prendere lo zaino. I cinque animali la guardarono con occhi indagatori, senza muoversi di un millimetro.
-Salve.- fece un sorrisetto imbarazzato. Uno dei cervi sbuffo’.
-Scusatemi per l’intrusione, ora me ne vado. Arrivederci.- si mise lo zaino in spalla e si incammino’ nello spazio da due cervi. Che ovviamente si strinsero, per non farla passare.
Cacchio, penso’. Ma guarda tu se mi tocca fare una strage di animali per arrivare a Konhoa. Poi magari sono pure di qualcuno che se la prendera’ con me.
La ragazza respiro’ profondamente, abbandonando l’idea di uscire da quella situazione facilmente.
Usa il cervello Ise, qui non puoi picchiare e basta. Torna in te.
-Allora, signori cervi…- comincio’, muovendo un passo avanti. L’assemblea sembro’ interessata.
Signori cervi? Ma cosa diamine sto dicendo?,commento’ in silenzio. Senti’ crescere dentro di se’ il primo stadio di una perfetta crisi isterica.
-Io devo andare a Konhoa. Capito? Konhoa.- si sbraccio’, indicandogli la direzione del villaggio. I cervi sembrarono capire. –Quindi o voi mi fate passare, oppure mi date una mano ad arrivarci. Decidete voi.-
Ma guarda quanto posso essere stupida. Sto parlando con dei cervi.
Aspetto’ che le sue parole facessero effetto, ma nessuno dei cinque animali mosse un passo. Esasperata, la ragazza si giro’ verso l’albero, cominciando a calcolare le possibilita’ di svignarsela senza che quei dannati animali la rincorressero.
Ovviamente erano al di sotto dello zero. Ma solo se avesse deciso di lasciarli vivi.
Stava per raggiungere un livello di istinti omicidi considerevoli, quando senti’ dietro di se’ qualcosa muoversi.
Si volto’, e vide uno dei cervi incastrare fra le sue corna lo spallaccio del suo zaino. Incredula, fece per fermarlo, quando qualcosa di umido la colpi’ leggermente all’altezza del gomito.
Si giro’, e vide davanti a se’ il cervo piu’ grosso. Quello, visto che Ise era rimasta imbambolata a guardarlo, fece un movimento con la testa di molto simile ad un cenno di incoraggiamento.
Sembrava proprio che volesse che lei gli salisse sulla groppa.
-Tu vuoi che…- mormoro’ la ragazza verso il cervo. L’animale annui’.
Lei sgrano’ gli occhi, esterrefatta, e con un gesto fluido sali’ in groppa al cervo.
Si tenne stretta al suo collo, mentre quello cominciava a correre fra gli alberi.
Ise non era mai stata in groppa ad un cervo, ma in quel momento le sembrava che fosse una delle cose piu’ naturali del mondo. 
Senza riuscire a smettere di pensare che quello fosse un genjutsu, la kunoichi della cascata osservava gli alberi scorrere veloci accanto a lei, mentre il suo strano destriero saltava agilmente fra le rocce.
Corsero ancora per alcuni minuti, poi l’animale si fermo’, lasciandola al limitare del bosco. Lei scese, prese il suo zaino, e imbarazzata si volse a ringraziare le sue guide.
-Ehm, grazie tante.- disse, con un leggero inchino.
Il cervo piu’ grosso piego’ in risposta il capo, con uno sbuffo leggero.
La ragazza ridacchio’ leggermente, mettendosi in spalla lo zaino.
Corse fuori dal bosco, trovandosi davanti le gigantesche porte principali di Konhoa.
Prese un respiro profondo, chiudendo le palpebre per un’istante.
E quando finalmente ebbe il coraggio di entrare, i cinque cervi abbandonarono il limitare del bosco, sparendo nel buio.
 
 
Sakura era in giardino.
Quella giornata le cose stavano prendendo una brutta piega, quindi per esasperazione la kunoichi aveva deciso di ritirarsi in giardino, lasciando quel disastro ambulante di suo figlio fra le mani di suo padre.
Lei aveva bisogno di tranquillizzarsi.
Si infilo’ i guanti da lavoro, mentre si accingeva travasare delle begonie.
Era un lavoro che si era sempre ripromessa di fare, ma non aveva mai trovato il tempo per finirlo. Si inginocchio’ fra i fiori, ed in silenzio comincio’ a mettere un po’ di terra nei vasi.
Amava fare questi lavori.
Le permettevano di liberare la mente, tenendo le mani occupate.
Canticchiava sommessamente, estraendo le piante dal terreno e infilandole con cura dentro il terriccio soffice.
Chissa’ perche’ quel giorno si sentiva cosi’, penso’.
Forse era a causa del vaso di Ino.
Intristita, scosse il capo con vigore.
Non vedeva la sua amica da diciasette anni, ed erano passati dieci anni da quando aveva perso ogni speranza di rivederla.
Ed ora non riusciva a capire perche’ un vaso l’avesse sconvolta cosi’ tanto.
Ino non tornera’, Sakura., disse una vocina cattiva dentro la sua testa.
-Si, lo so che non tornera’. – commento’ rassegnata ad alta voce.
Poso’ la prima begonia, e afferrando un altro vasetto di terracotta svuoto’ la mente. I fiori in quel momento venivano prima di tutto.
Stava finendo il secondo travaso, quando senti’ dei passi avvicinarsi lungo la strada.
In quel momento le cadde del terriccio sulla gonna, facendola imprecare mentalmente. Si alzo’, scrollandosi la terra di dosso, tenendo con nella mano sinistra il vasetto con il fiore.
-Mi scusi- gli fece una voce femminile dalla strada. Sakura alzo’ lo sguardo.
-E’ questa la casa di Haruno Sakura?-
CRASH!
Il secondo vaso della mattinata esplose in mille pezzi, cadendo dalle mani di una Sakura totalmente esterrefatta.
Gli occhi verdi dilatati fino all’inverosimile, e  la bocca disegnava un cerchio perfetto.
Il ritratto dell’incredulita’.
Ma la kunoichi della foglia aveva un buon motivo per essere cosi’ stupita.
Perche’ davanti ai suoi occhi, con uno zaino sulle spalle ed una cartina in mano, stava la copia della sua migliore amica quando aveva diciotto anni.
Quella ragazza era Ino.
Gli stessi identici occhi, gli stessi tratti, lo stesso corpo sinuoso e scattante.
Le stessa mani, le stesse orecchie, persino gli stessi orecchini…
Se non fosse stata per la frangia, scalata e  piu’ corta, e per gli abiti, che non erano viola, ma di un elegante blu mare, Sakura avrebbe pensato di essere tornata ad un pomeriggio di diciasette anni fa.
Perche’ quella, capelli differenti o no, era la sua migliore amica.
Ino Yamanaka.
-Signora, si sente bene?- chiese la ragazza allarmata, sporgendosi verso la donna.
Ma come aveva fatto a rimanere cosi’ giovane? Un jutsu forse?
Poi la osservo’ meglio.
C’era qualcosa, qualcosa nel viso di Ino che non andava.
Gli occhi, sembravano meno tondi, piu’ affilati.
Ed anche il naso, una volta dritto come un fuso, era leggermente inclinato verso l’alto.
Ma soprattutto, fu l’espressione a colpirla.
Non era da Ino… era da qualcun altro che conosceva bene.
Anche se in quell’istante non riusciva a ricordarselo.
-Signora?- fece la ragazza, passandole la mano davanti al viso.
-Ino?- mormoro’ l’Haruno in un soffio. Si avvicino’ di piu’ per guardarla meglio, per assicurarsi che non fosse una sua allucinazione.
La ragazza abbasso’ lo sguardo, nascondendo un’ombra scura negli occhi.
-No signora, non sono io. E’ lei Sakura Haruno?- chiese, senza guardarla.
La donna annui’, aprendole il cancello, ancora in preda allo stupore.
Come poteva non essere Ino?
-Chi sei?-
La ragazza alzo’ lo sguardo, improvvisamente seria e adulta.
-Sono sua figlia, Ise Yamanaka.-
Se Sakura avesse avuto un altro vaso per le mani, lo avrebbe personalmente sbattuto a terra.
 
 
Sakura la fece entrare, non riuscendo a staccarle gli occhi di dosso.
Era veramente piu’ forte di lei, non riusciva a credere che in quel mondo esistesse un essere cosi’ simile ad Ino.
Ed anche Ise, dal canto suo, scrutava Sakura con occhio analitico.
Era quindi questa la migliore amica di sua madre?
La Haruno la fece accomodare in cucina, poi, per nascondere l’imbarazzo, decise di preparare un te’ per tutte e due.
La ragazza stava seduta in silenzio, con gli occhi fissi sulla figura della padrona di casa.
Poi, quando Sakura non fu piu’ in grado di mascherare la tensione, le chiese:
-Dimmi Ise… Perche’ mi stavi cercando?- le sembrava la domanda migliore per cominciare, visto tutte quelle che le si stavano affollando nella mente.
-E’ stata mia madre a dirmi di venire qui. Diceva che a Taki non sarei stata piu’ al sicuro.- rispose la piccola Yamanaka, con voce incolore.
-Taki?- chiese Sakura aggrottando le sopracciglia.
Ise slaccio’ il nodo che teneva il suo coprifronte legato al braccio, e lo poso’ sul tavolo, in bella vista. –Si, Taki, il luogo dove sono nata. E’ anche chiamato il villaggio della cascata.-
Sakura prese fra le mani il coprifronte, osservando con stupore il segno inciso.
Il villaggio della cascata… Ecco dove ti eri nascosta, Ino-pig.
-E tua madre invece? E’ rimasta a Taki?- chiese, facendo la domanda che aveva desiderato di porre dall’inizio di quella conversazione.
Ma subito capi’ di aver fatto un terribile errore.
La ragazza si irrigidi’, indurendo la mascella.
Passarono alcuni secondi prima che riuscisse a parlare, con una calma che a Sakura ricordo’ molto suo marito. E aveva anche il suo stesso sguardo vuoto.
-Mia madre e’ morta una settimana fa, in battaglia.-
Sakura se lo era aspettato. Aveva immaginato questo momento per migliaia di volte, ma nonostante avesse avuto diciassette anni per prepararsi, dovette ammettere che faceva male lo stesso.
Dannazione se faceva male.
Crollo’ su una sedia, con il coprifronte di Taki ancora in mano.
Sakura alzo’ lo sguardo, leggermente lucido, e lo poso’ verso la figura di Ise, che continuava a guardare avanti, imperterrita.
Con il corpo cosi’ rigido da spezzarsi.
-Chi l’ha uccisa?- chiese in un soffio.
-Un ninja misterioso. Ma anche lui e’ morto, sono stata io ad ucciderlo-
Altro che Sasuke, sapeva perfettamente a chi somigliava quella ragazza.
Stesso portamento, stessa calma glaciale nel nascondere i sentimenti, stessa luce negli occhi nel perdere una persona cara.
Sakura comincio’ a vedere i pezzi del puzzle comporsi, restando stupefatta da quanto a lungo la sua amica fosse riuscita a tenere insieme l’inganno.
Diciasette lunghissimi anni.
-Ise, - chiese Sakura voltandosi verso la ragazza –Chi e’ tuo padre?-
La ragazza giro’ il capo, lasciando sfuggire dalla sua maschera di calma una punta di stupore. Quella domanda proprio non se la sarebbe aspettata.
Poi, abbasso’ lo sguardo, fissandosi i piedi con tensione crescente.
-Non lo so. Fino a due giorni fa non sapevo nemmeno che esistesse. Ora so che abita in questo villaggio, ma non ho la piu’ pallida idea di chi sia.-
Beh, Sakura lo sapeva perfettamente.
Stupida Ino-pig.
Poi la domande continuarono.
Ise le racconto’ della battaglia, del nemico, delle ultime volonta’ di sua madre. Le racconto’ della sua infanzia, della sua vita da ninja, di come sua madre l’avesse cresciuta con l’aiuto del villaggio.
Quando Sakura pero’ si accorse che la ragazza stava per superare il limite, la blocco’. Le sorrise, la invito’ a restare e la presento’ agli altri membri della casa.
Itachi fu contentissimo di avere una nuova compagna di giochi, mentre a Sasuke manco’ poco che gli venisse un’infarto.
E quella da dove spuntava?
Sakura gli fece cenno di tacere, e Sasuke rispose impercettibilmente all’educato inchino che la ragazza gli avevo porto in segno di saluto.
Mentre la Haruno stava per accompagnare la ragazza nella stanza degli ospiti, Ise le fece una strana richiesta.
Che Sakura, da donna e da amica, non si senti’ in grado di rifiutare.
Ino, ma cosa diavolo avevi combinato?
 
 
-Aspetta Ise, deve esserci per forza un’altra persona prima che tu lo faccia.- disse Sakura alla ragazza, che aveva gia’ estratto il piccolo contenitore da una tasca interna dello zaino.
Lei si arresto’, osservandola con uno sguardo confuso. –Chi?-
-Vedrai, sara’ qui a momenti. Mio marito e’ andato a chiamarlo.-
La ragazza annui’, e silenziosamente continuo’ a prepararsi.
Estrasse dallo zaino un involucro di stoffa nera ed un piccolo cofanetto di legno, e con estrema delicatezza li posiziono’ accanto al contenitore.
Poi, sotto lo sguardo attento di Sakura, si sciolse i capelli, per poi legarli nuovamente con un lungo nastro di stoffa nera.
La Haruno fu colpita da quanto la ragazza, anche in un gesto cosi’ abituale e quotidiano, assomigliasse alla madre. Quante volte aveva visto Ino legarsi i capelli in quel modo? Centinaia.
Ed ora la rivedeva in quella ragazzina appena diciassettenne, specchio della madre ma con il cuore a pezzi, perso nel vuoto.
Se solo avesse avuto un padre…
Non fece in tempo a finire il pensiero, che la porta di casa venne aperta.
Sasuke entro’ nel salotto, seguito da un altro uomo.
Che rischio’ quasi di cadere per terra quando poso’ lo sguardo sulla ragazzina.
-Ecco Ise, questo e’ Choji Akimichi, il migliore amico di tua madre- lo presento’ Sakura, mentre il ninja della foglia muoveva un passo avanti, incredulo.
-E lei Choji, e’ la figlia di Ino, Ise Yamanaka.- la ragazzina inclino’ educatamente il capo, senza fare commenti.
Sakura si affianco’ al nuovo arrivato, che stava ancora incassando il colpo della piccola sosia. Quando finalmente si fu abituato all’idea, mentre la piccola Ise prendeva i tre oggetti che aveva preparato, si volse verso l’Haruno, rassegnato.
Non ebbe bisogno di chiedere nulla, gli basto’ guardarla negli occhi.
Poi abbasso’ lo sguardo, e silenziosamente seguirono la piccola Yamanaka, che si avviava verso il giardino sul retro.
Cammino’ sicura fino al laghetto, seguita da quella strana processione di quarantenni che la osservavano senza proferir parola.
Ise giunse fino alla riva, poi, con incredibile delicatezza, si inginocchio’ a terra.
Apri’ il cofanetto di legno, ed estrasse una piccola ciotola di legno colorato.
Non era grandissima, un po’ piu’ di una scodella, ed intorno era decorata con motivi di foglie e fiori. Ise se la poso’ delicatamente in grembo.
Prese l’involucro di stoffa nera, e con la stessa cura, lo svolse.
Sakura e Choji dietro di lei trattennero un gemito, quando videro lo stesso oggetto che loro portavano con tanto orgoglio spuntare fra le pieghe della stoffa.
Il coprifronte della foglia.
L’Akimichi torno’ improvvisamente ad un giorno di tanti anni fa, quando un grande uomo e ninja gli aveva consegnato quei coprifronte, ordinando loro di difenderlo anche a costo della vita.
Si Ino, tu lo hai fatto…
La ragazza poso’ anche il coprifronte accanto alla ciotola, e si accinse a fare lo sforzo piu’ grande di tutti. Attese un momento, cercando dentro di se la forza necessaria.
Poi, con le mani tremanti, prese il contenitore, e ne svito’ il tappo.
Avrebbe potuto dire qualcosa, magari avrebbe anche voluto. Ma non disse niente.
Si limito’ a svuotare delicatamente quella sottile polvere scura all’interno della ciotola, stando bene attenta a non perdere nemmeno un granello.
Poi prese il coprifronte, e lo poggio’ dolcemente sopra le ceneri.
Avrebbe potuto dire qualcosa, fare un discorso in nome di sua madre.
Ma era consapevole che la sua voce non avrebbe retto.
Quindi si limito’ a poggiare con tutto l’amore del mondo la ciotola sul pelo dell’acqua, e lasciare che lentamente si allontanasse, lontano da lei.
E mentre vedeva la ciotola scivolare sulla superficie, Ise sentiva un pezzo della sua vita scorrere via, abbandonandola.
Era la seconda volta che diceva addio a sua madre in una settimana.
Ma quella volta sapeva perfettamente che sarebbe stata l’ultima.
Provo’ a tirarsi in piedi, ma scopri’ amaramente che il suo corpo non le rispondeva.
Stava quasi per abbandonarsi di nuovo alla disperazione, quando una mano gentile le si poso’ sulla spalla. Ise alzo’ gli occhi, totalmente vuoti, e li poso’ sul viso umido di Sakura.
La donna si inginocchio’ accanto a lei, passandole le braccia intorno alle spalle, tirandosela contro. La ragazza si lascio’ andare al contatto, e si aggrappo’ con tutte le sue forze alla veste di Sakura.
Poi scoppio’ a piangere a dirotto, come mai aveva fatto.
Stenti’ le braccia di Sakura sorreggerla, mentre con mano gentile le accarezzava i capelli.
Era la seconda volta che diceva addio a sua madre in una settimana.
Ma quella volta, almeno, non era sola.
 
 
 
 
 
 
 
 
 


Ixia’s_________________________
Tremate, Ixia e’ tornata! xD
Allora, nuovo capitolo, nuovo inizio. La storia e’ finalmente cominciata.
Non vi preoccupate per tutti questi pezzi deprimenti, vi prometto che nel prossimo capitolo non ci saranno (Alegria!)… :D
Mi scuso per il lieve ritardo ma sono tornata oggi da uno stage corale che mi ha ridotto al pari di un travestito, e sto facendo uno sforzo tremendo per non accasciarmi sulla tastiera del computer per il sonno. Comunque, deliri a parte, il prossimo capitolo lo postero’ intorno a sabato, magari anche un po’ prima.
Fatemi sapere cosa ne pensate, le vostre recensioni sono essenziali per me…
Buonanotte a tutti,
 
Ixia

ps. Grazie a tutti quelli che hanno recensito, che seguono e che preferiscono. Ragazzi, siete grandi. :D

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***










Il sole era sorto gia’ da un pezzo quella mattina, ma per le stanze di villa Uchiha il sogno regnava ancora sovrano.
Tutti gli abitanti della casa erano immersi in un sonno profondo, godendo della inusuale possibilita’ di avere un’intera giornata libera.
Tutti, tranne uno.
Itachi Uchiha, in pigiama e “fascia della guerra” sulla fronte, percorreva solitario la casa deserta.
Il piccolo ninja striscio’ a pancia in giu’ sul pavimento, silenzioso come un gatto.
Le assi antiche del parquet rendevano la sua missione piu’ difficile, ma nulla era impossibile per un genio come lui.
Appoggio’ le spalle contro il muro, preparando il suo famoso “balzo supremo” per passare la porta della camera dei suoi genitori.
Avrebbe dovuto essere invisibile, o la missione sarebbe saltata.
Carico’ il salto, e con un goffo atterraggio piombo’ sul tappeto del corridoio.
Si mise in ascolto. Nessun rumore.
Via libera!
Felice per la buona riuscita del suo piano, trotterello’ trionfante verso la stanza designata. Quando vide che l’uscio era stato lasciato aperto, il piccolo ninja acui’ i sensi.
Stava per entrare nella tana del leone.
Si getto’ a pelle d’orso sul pavimento, e con una leggera spinta delle dita apri’ la porta.
Rimase in ascolto. Nessun movimento sospetto.
Comincio’ a scivolare sull’addome, spingendosi con gambe e braccia. Quando fu abbastanza vicino al grande letto matrimoniale che troneggiava al centro della stanza, il piccolo si trasse in piedi, a fissare il suo nemico. L’ammasso di coperte si rigiro’ lentamente, mugugnando.
-Che cavolo c’e’?- bofonchio’ il nemico, con la guardia abbassata.
Il piccolo Uchiha spicco’ un balzo, con la spada giocattolo sguainata.
-PER KONHOAAAAAAAAAAAA!-




-ITACHI!! Quante volte ti ho detto di non maltrattare gli ospiti!- ruggi’ Sakura verso il figlio, in uno sfogo che stava continuando ormai da mezz’ora.
-M-ma mamma…- si lamento’ il piccolo, nascondendo la spada di legno dietro la schiena. Lui aveva fatto solamente il suo dovere di ninja!
-Niente ma Itachi! Non si attacca la gente senza un motivo! E soprattutto nel bel mezzo della notte!- continuo’ la Haruno, con una vena che le pulsava sulla fronte.
Ora ci mancava solamente che suo figlio facesse gli agguati ad Ise. Dopo tutti gli sforzi che stavano facendo per farla ambientare.
Il bambino borbotto’ qualche frase sconnessa, poi lancio’ un’occhiataccia al braccio della Yamanaka, che nel mentre stava osservando corrucciata la strigliata di Sakura. Un po’ si sentiva colpevole.
-Ma lei non ha un coprifronte come il tuo! Non e’ un vero ninja!- mormoro’ il bambino, additando il segno sul braccio di Ise.
Sakura allargo’ gli occhi, esterrefatta. Sasuke, che stava bevendo il suo caffe’, sbuffo’ leggermente, e la Yamanaka decise di prendere in mano la situazione.
Si alzo’, e poso’ le mani sui fianchi.
-Ah… quindi tu, Itachi Uchiha, pensi che io non sia un vero ninja?- disse la ragazza, con tono di sfida. Il bambino gonfio’ il petto, e annui’ deciso.
-Bene,- rispose la bionda, -allora ti sfido in un regolare combattimento. Vedremo se riuscirai a battermi.-
Il bambino spalanco’ gli occhi, stupito. Lo stesso fece Sakura, dimenticando tutta la ramanzina che si era programmata di fare al figlio, piena di raccomandazioni sul prendersi le proprie responsabilita’ e sul diventare maturo.
Sasuke invece non disse nulla, interessato solamente a quello che si trovava nel fondo della sua tazza di caffe’.
Itachi riflette’ un secondo, cercando trappole nella frase della ragazza, poi, non trovandone, annui’ con foga.
-Accetto! Se vinco io tu non sarai mai piu’ un ninja.- disse il bambino, ghignando.
-Va bene. Se invece vinco io oggi stesso mi andro’ ad arruolare nelle forze della foglia.-
I due adulti si scambiarono un’occhiata stupita alle spalle dei due contendenti.
Arruolarsi nella foglia? Era il suo modo per dire che sarebbe rimasta?
-Ci sto- disse il bambino, porgendo la mano alla ragazza. Ise la strinse, ridendo.
In fondo quel villaggio non era cosi’ male.
Itachi corse fuori in giardino, borbottando strategie e contromosse. Ise vide lo sguardo preoccupato di Sakura, e non pote’ trattenere un sorriso.
Raggiunse il bambino, seguita a ruota dall’Haruno. Sasuke invece rimase dentro casa, con la spalla appoggiata allo stipite della porta a vetri.
Itachi si posiziono’ al centro dello spiazzo, impaziente.
–Allora, ti muovi o no? Hai cambiato idea? Vuoi arrenderti?- le chiese, superiore.
La bionda ridacchio’, stringendosi nodo del coprifronte. –Oh per niente.-
-Bene, perche’ sara’ un gioco da ragazzi!- esclamo’ il bambino, alzando il pugno.
Ise senti’ alle sue spalle uno sbuffo scocciato, mentre Sasuke bofonchiava a sua moglie. -Ma sei veramente sicura che non lo hai fatto con Naruto?-
Scosse il capo, guardando il piccolo Uchiha prendere la posizione d’attacco.
Itachi estrasse un kunai, e senza nemmeno fermarsi a pensare, comincio’ a correre. Lei non si mosse, rimanendo immobile con le gambe leggermente divaricate e le braccia conserte. Osservava il bambino correrle addosso.
-Waaaaaa!- urlo’ il piccolo Uchiha, scagliandosi sulla figura della sua nemica con tutta la sua forza. Ma quando irrigidi’ il corpo, pronto all’impatto, ebbe una spiacevole sorpresa.
La sua avversaria era sparita.
Arresto’ la sua corsa, incredulo. Dove diamine era finita?
Un risolino sommesso’ proveni’ dalle sue spalle. Si giro’, trovandosi davanti la piccola Yamanaka, che lo osservava divertita con le spalle appoggiate ad un pesco.
Itachi digrigno’ i denti, stringendo la presa sul kunai. Forse l’aveva sottovalutata.
-Allora, ti muovi o no? Hai cambiato idea? Vuoi arrenderti?- gli chiese, usando le sue stesse parole. Il bambino ringhio’, preparando un nuovo attacco.
Questa volta fu piu’ accorto. Corse a tutta velocita’ verso la ragazza, poi, all’ultimo momento, scarto’ di lato scivolandole alle spalle.
Si giro’, preparandosi a sferrare un colpo alla schiena, ma non trovo’ nessuno. La ragazza era di nuovo sparita.
-Dove sei?- ringhio’. Di nuovo un risolino, sopra la sua testa.
Alzo’ il capo, e vide la ragazza sdraiata su un ramo dell’albero, con le gambe a penzoloni. Giocava con i capelli, invece di guardarlo.
-Bravo, - fece lei -ma non abbastanza.-
Ed il duello continuo’ cosi’.
Itachi attaccava, ormai conscio di non dover farsi prendere dalla foga, e la ragazza spariva un secondo prima che il colpo andasse a segno, evanescente come fumo. Sembrava fatta d’acqua.
Sakura e Sasuke, gia’ dal primo attacco, avevano capito che suo figlio non avrebbe mai potuto competere con quella ragazza.
La sua non era una velocita’ normale, era fuori dal comune persino per un jounin.
Sasuke evoco’ lo sharingan, incuriosito.
No, non c’era nessun jutsu spazio-temporale nei suoi movimenti, solo una fluidita’ incredibile. Scivolava via anche dalle situazioni piu’ sfavorevoli, senza ricorrere al minimo sforzo, come trasportata dalla corrente.
Sbuffo’, vedendo suo figlio cadere ancora nella trappola della Yamanaka.
Doveva ammettere che la cascata selezionava bene i suoi guerrieri.
Poi, Ise decise di mettere fine al combattimento. Aveva testato abbastanza l’orgoglio di quel bambino, ed era arrivato il momento di divertirsi un po’. Scese giu’ dall’albero, dove si era nascosta ancora una volta, e senza farsi sentire atterro’ alle spalle del piccolo ninja.
E poi, le basto’ un dito.
Lo poso’ sulla nuca di Itachi, legando la sua ombra con quella del bambino.
Il piccolo Uchiha sgrano’ gli occhi, non avendo piu’ il controllo del proprio corpo.
Sakura represse un’esclamazione, vedendola fare proprio quella tecnica.
Sasuke ghigno’, notando la faccia di suo figlio. Era terrorizzato.
Ise ridacchio’ silenziosamente, preparandosi al gran finale.
-Sai Itachi, noi ninja della cascata siamo molto vendicativi con chi ci fa un torto.-
La sua voce era sottile, con un leggera vena crudele nella voce. Il bimbo ammutoli’.
-E quando qualcuno ci sfida a duello, e poi perde…- continuo’, cominciando a muovere le mani di Itachi verso l’alto, dirette al suo stesso collo. –Muore.-
Il bambino era terrorizzato. Non potendo vedere Ise alle sue spalle fare i suoi stessi movimenti, penso’ che la ragazza avesse preso possesso della sua mente, obbligandolo ad uccidersi. Comincio’ a balbettare, osservando inerte le sue stesse mani dirigersi minacciose verso di lui.
-Allora che ne dici, sono un ninja?- chiese Ise, con tono crudele.
Il bambino avrebbe voluto assentire, ma non poteva. –Si si! Assolutamente!-
E proprio quando le mani sembravano essere inarrestabili, Ise sciolse la tecnica.
Itachi rimase immobile, con le mani ancora sollevate, a fissare il vuoto.
La ragazza rise, gli si inginocchio’ davanti e gli scompiglio’ i capelli.
-Sei proprio un ninja coraggioso. Bravo.- gli disse.
Poi si alzo’, e rientro’ in casa, sotto lo sguardo divertito di Sakura e stranamente anche di Sasuke.
Il piccolo Itachi rimase ancora alcuni minuti fermo, in riflessione.
Poi si volto’ verso i genitori, e con sguardo adorante aggiunse:
-Fico. Io da grande voglio essere come lei.-


Sakura rientro’ nel salotto di casa sua, trovando la Yamanaka intenta nel fare colazione. Sembrava serena, e alla Haruno le sorrise il cuore a vederla cosi’.
In fondo, era passata solo una settimana da quando era arrivata.
E da quel giorno, non aveva piu’ pianto.
-Complimenti Ise! Hai battuto il primogenito degli Uchiha!- ridacchio’ la donna, sedendosi accanto alla ragazza, afferrando un biscotto.
La Yamanaka rise, osservando dalle ampie vetrate del salotto il bambino angariare il padre perche’ gli insegnasse la tecnica che lei aveva appena usato.
-Spero di non averlo demoralizzato troppo…- si scuso’, un po’ colpevole.
-Demoralizzato?- le fece eco la Haruno. Poi porto’ lo sguardo sulla figura iperattiva di suo figlio, che in quel momento stava tentando di fare un agguato a suo padre, con gravi rischi per la sua incolumita’. –A me non sembra proprio-
La Yamanaka sorrise, nascondendosi dietro la tazza di te’.
-E’ un bambino meraviglioso.- commento’, guardando con ammirazione la figura di Sasuke che allontanava suo figlio con un braccio solo, mentre Itachi tentava in tutti modi di saltargli addoso.
A Sakura le si accese una fiammella dentro gli occhi, e la sua espressione si addolci’ come miele. –Si, hai proprio ragione. E’ un testone, un combina guai, ma se non ci fosse lui questa casa non sarebbe la stessa.-
La bionda sorrise, guardando il viso scocciato dell’Uchiha mentre suo figlio cominciava ad attaccarlo su tutti i fronti. Non sembrava un uomo cosi’ cattivo.
Sakura osservo’ attenta il viso della piccola Yamanaka, poi decise di porre la sua domanda. -Ise, ma intendi veramente arruolarti nei ninja della foglia?-
La ragazza inizialmente non rispose, continuando a bere il suo te’ con calma.
Poi poso’ la tazza sul tavolo, alzando lo sguardo ceruleo sulla donna.
-Ho vinto, quindi dovro’ mantenere la scommessa.- sorrise la ragazza, con sguardo sereno. -Altrimenti poi tuo figlio potra’ dirmi che non sono un ninja perche’ non rispetto la parola data…-
Poi si fece seria. -Scherzi a parte, questo villaggio mi piace. E a Taki c’e’ tutto il mio passato… E non penso di essere in grado di affrontarlo. Rimarro’, qui ho parecchie cose da fare.-
Sakura la osservava attenta, consapevole che per la kunoichi della cascata quella era stata una scelta molto sofferta. Annui’ seria, poggiandole una mano sul braccio con tocco leggero.
-Ise, qualsiasi cosa ti serva, io e Sasuke ci siamo. Non ti fare scrupoli a chiedere. Tua madre era piu’ di una sorella per me, quindi e’ quasi come se tu fossi un po’ mia nipote...- La donna sorrise, con una luce dolce ad illuminarle gli occhi verdi –Sei una della famiglia.-
Ise restitui’ il sorriso, con un’espressione grata. –Grazie Sakura.-
La Haruno sorrise, alzandosi a mettere via le tazze della colazione.
-Va bene, se allora questa e’ la tua scelta, oggi ti portero’ dall’Hokage in persona a richiedere il tuo trasferimento.-
Ise spalanco’ gli occhi. –Ma veramente? Dall’Hokage?-
Sakura annui’, con aria di una che la sapeva lunga. –Ovviamente. Sei un ninja straniero di alto livello. Da quanto ne so io potresti anche essere un nukenin di livello S… Qui si necessita dell’intervendo dell’Hokage!-
La ragazza ridacchio’, unendosi a Sakura nel lavare le stoviglie. Prese il canovaccio, e delicatamente si mise ad asciugare i piatti che la donna le porgeva.
-Eh si… Sono un pericolo pubblico.- continuo’ ad asciugare le stoviglie, perdendosi dentro i propri pensieri.
Quando ne riemerse, si volto’ verso la Haruno.
-Sakura, posso chiederti una cosa?- il suo tono era incerto, quasi confuso.
-Certo Ise, tutto quello che vuoi.-
-Mio padre mi somiglia?-
Sakura sbianco’, e quasi lascio’ andare il piatto che stava sciacquando.
-C-come…?- balbetto’ confusa, voltandosi a guardarla.
-Dai Sakura, pensi che io non abbia capito che tu sai chi e’ mio padre?- chiese lei, voltandosi a guardare fuori dalla finestra. Sakura si senti’ colta sul fatto.
-Come fai a saperlo?-
Ise tiro’ le sue labbra in un sorrisetto amaro, appoggiandosi al bancone.
-E’ semplice, ve lo si legge in faccia. A te, a Sasuke, a Choji. Gia’ dal primo momento in cui mi avete vista, voi sapevate gia’ chi fosse mio padre.
Ed e’ anche il motivo per cui tu mi hai fatto quella domanda, appena arrivata… Non volevi ricevere una risposta, ma avere la certezza che la tua supposizione fosse giusta.-
La donna era stupefatta. Ed Ise continuo’.
–In piu’, ho avuto la conferma della mia tesi proprio stamattina, combattendo contro tuo figlio. Vi ho osservati, sai? Ed ho scelto con cura le mosse da utilizzare. E chissa’ perche’ la tecnica del controllo dell’ombra e’ sempre quella che stupisce di piu’. Ovviamente perche’ e’ lasua tecnica.-
Sakura era ammutolita. Non sapeva se fingere o scoppiare a ridere a crepapelle. Fra le due, decise di scegliere la verita’.
Sorrise.
-Gli assomigli tantissimo.-
Ise sgrano’ gli occhi, colpita. –Davvero?-
Sakura annui’. –Specialmente come carattere. Tua madre era troppo frivola per assomigliarti, ma tu hai la stessa luce negli occhi che aveva lui.-
La ragazza era scioccata. Sakura era la prima persona nella sua vita che gli parlasse di suo padre.
-E poi, lo devo ammettere, anche tuo padre e’ un genio delle strategie. E da quanto ho visto, hai ereditato il suo cervello.- La donna le sorrise benevola, strizzandole l’occhio. –Sei un piccolo genio, mia cara Ise.-
La bionda torno’ ad asciugare il piatto, vistosamente emozionata.
Finirono in silenzio di lavare le stoviglie, mentre Ise non riusciva a trovare qualcosa da dire. Aveva mille domande per la testa, ma non ne trovava nemmeno una adatta alla situazione.
Quindi rimase muta, leggermente impacciata nei gesti.
Finirono, e Ise saluto’ Sakura con un leggero inchino, senza proferire parola.
Le aveva dato da pensare, riflette’ Sakura.
Chiuse la credenza sovrappensiero, meditando sugli avvenimenti degli ultimi giorni.
Tipico di te, Ino-pig. Riesci a combinar disastri anche quando non ci sei.




-Bene Ise, allora tu vorresti entrare dentro le forze di Konhoa, non e’ vero?- chiese Naruto Uzumaki alla ragazza, che annui’ vigorosa.
-Si Hokage-sama, ho intenzione di trasferirmi in questo villaggio. Quindi vorrei entrare a far parte delle vostre schiere.-
L’uomo biondo sorrise, scrutando la ragazza con i suoi profondi occhi azzurri.
Quel giorno gli era sembrato uno come tutti gli altri. Hinata lo aveva svegliato, gli aveva preparato la colazione e gli aveva augurato una buona giornata con un bacio. Aveva salutato i suoi bambini, e come ogni giorno era arrivato in ufficio, dove da sei anni reggeva le sorti del villaggio della foglia.
Insomma, non gli era sembrato un giorno tanto speciale.
Ma quando aveva visto Sakura entrare nel suo ufficio seguito da una mini-fotocopia della loro vecchia amica Ino, aveva sentito scorrere una ventata di novita’.
Era particolarmente incuriosito da quella ragazza, e soprattutto da cio’ che, involontariamente, avrebbe portato con la sua venuta.
Il suo vecchio fiuto non lo ingannava… Quella ragazza significava guai.
E lui non vedeva l’ora di trovarseli intorno.
-Hmm, bene. La procedura sara’ piuttosto breve, ti bastera’ firmare un paio di documenti- lo sguardo dell’Hokage cadde su una pila di fogli che doveva ancora cominciare a leggere, e degluti’ rumorosamente –e poi sarai una dei nostri.-
La ragazza sorrise sollevata all’Uzumaki, sospirando di sollievo. Si era immaginata molto di peggio.
-Pero’..- continuo’ l’Hokage, con un’espressione sadica sul volto –voglio sottoporti ad un’esame aggiuntivo. Tanto per vedere a che livello sei e quale sara’ la tua collocazione.- Ise alzo’ un sopracciglio, confusa. Un esame?
-Guarda, ti esaminerei io stesso, ma oggi ho un’appuntamento galante con quelli.- indico’ le pile di fogli alle sue spalle, avvilito. –Quindi il tuo esaminatore sara’ Sasuke Uchiha, il capo delle forze ANBU di Konhoa.-
-Naruto!- esclamo’ Sakura, sconcertata.
Che bastardo, aveva deciso di traumatizzarla?
L’Uzumaki la ignoro’ palesemente, mentre un leggero ghigno si allargava sulla sua faccia. Ise non si scompose, continuando a mantenere il suo cipiglio perplesso.
Cosa era, una sfida fra la foglia e la cascata?
-Va bene, non si preoccupi Hogake. Andro’ personalmente a riferire a Sasuke-sama di mettermi alla prova.- rispose, senza fare una piega.
Naruto regalo’ ad Ise un sorriso compiaciuto.
Gli piaceva quella ragazza. Era sveglia.
Saluto’ allegramente le due kunoichi, archiviando il documento di trasferimento di Ise dentro un gigantesco librone da cui spuntavano foglietti da tutte le pagine.
Poi si volto’ verso la vetrata dietro le sue spalle, e piego’ le braccia dietro la nuca.
Sorrise, soddisfatto della propria idea.
Non vedeva l’ora di sapere quale sarebbe stato il giudizio di Sasuke.



Il pomeriggio era passato, e i pallidi raggi del sole primaverile inondavano la stanza degli ospiti di casa Uchiha.
Sdraiata sul morbido materasso, con i capelli sciolti sparsi sul copriletto, Ise si godeva il tono aranciato della luce che le sfiorava il viso.
Beh, non era come stare nell’altopiano di Taki, ma doveva ammettere che anche a Konhoa il sole aveva lo stesso tocco gentile di sempre.
Rimaneva in silenzo, fissando il soffitto bianco della stanza con lo sguardo perso.
Si sentiva troppo stanca, troppo vuota.
Quella vita che stava cominciando in quel paese era troppo diversa da quella che aveva sempre vissuto a Taki, troppo piena di nuove emozioni, sapori, colori…
Le facce erano diverse, i ninja erano diversi.
In quel paese l’Hokage ti chiedeva di dargli del tu, e ti spediva a fare un esame fuori programma con il suo migliore amico, per testare le tue capacita’. Li’ i bambini difendevano il loro villaggio con spade di legno, mentre le mamme facevano piu’ paura dei padri, e minacciavano i mariti di prenderli a cazzotti.
In quel paese le amicizie non si spegnevano neanche dopo venti anni, e i vecchi amici di tua madre decidevano di allevarti come se fossi figlia loro.
In quel paese esistevano padri senza volto, ma che comunque ti assomigliavano piu’ di quanto tu avessi mai creduto.
Ise chiuse gli occhi, soffocata da quei pensieri.
La foglia era strana, come una stella cadente che cadeva al contrario.
Era un mondo alla rovescia, di cui lei non aveva ancora capito il senso.
Riusciva solo a comprendere che quel posto, stranamente, le piaceva.
Sembrava curioso a dirlo, ma quel posto sconosciuto aveva un vago sentore di casa.
Un lieve profumo di famiglia.
Sakura, Sasuke, Itachi, Choji, Naruto… Tutte persone che le avevano mostrato piu’ affetto e comprensione in una settimana rispetto che tutto il suo villaggio in diciassette anni.
A Taki si era sempre sentita fuori posto.
La migliore in tutto, ma sempre lasciata in disparte.
Non che non amasse il suo villaggio, la cascata sarebbe rimasto per sempre la sua patria. Ma ora sapeva che esisteva qualcosa di piu’.
Un villaggio alla rovescia, dove l’eterna fuori posto si trasformava in una ragazza normale. O quasi.
Sorrise, ricordandosi quello che aveva detto Sakura quel pomeriggio.
Sei una della famiglia.
La ragazza incrocio’ le braccia dietro la nuca, osservando con il sorriso sulle labbra il sole tramontare dietro alle cime della foresta.
Konhoa era strana, questo era sicuro.
Ma anche lei era sempre stata strana.
Quindi forse sarebbero potute andare d’accordo.
Chiuse gli occhi, avvertendo un leggero barlume di speranza in fondo al petto.
Non aveva nemmeno il coraggio di crederci.
Beh, forse per una volta un po’ di fortuna le sarebbe capitata.
E magari, nelle piu’ roseo dei casi, sarebbe anche riuscita a conoscere suo padre.
Strinse i pugni dolcemente, sentendo l’ultimo raggio di sole abbandonarle il viso sparendo dietro l’orizzonte, e non si senti’ piu’ cosi’ sola.
Konhoa, piacere di conoscerti.



La figura ammantata di nero scivolava silenziosa, avvolta dalle tenebre.
Davanti ad essa la stele di marmo bianco riluceva, pallida sotto la fioca luce delle stelle.
L’individuo rimase alcuni secondi immobile, fissando l’iscrizione dorata al centro della pietra.
Un ghigno diabolico percorse il viso della figura come un fulmine a ciel sereno, mentre intorno ad essa risuonava solamente il leggero frusciare del vento.
Alzo’ il braccio sopra la testa, sogghignando con una leggera nota di insania.
-E con questa siamo a due-
Poi abbasso’ il braccio, scagliandosi contro la pietra.












Ixia’s__________________
Saaaaalve!
Prima di tutto Buona Paqua a tutti. :D (Si, lo so che aggiornare il giorno di Pasqua e’ veramente da scemi, ma questo e’ l’unico momento in cui i miei parenti non mi assillano.)
Quindi vi posto velocemente questo capitolo di passaggio, con la promessa di aggiornare presto il prossimo. (Visto che questo e’ un po’ un capitolo senza senso… Serve solo per far passare un po’ il tempo.)
Voglio prendermi un po’ di spazio per ringraziare di cuore tutti quelli che ogni volta recensiscono i capitoli, che mi fanno sapere che comunque questa storia non e’ una completa schifezza.
Vi adoro, lo giuro. Sono troppo insicura per scrivere senza curarmi dei giudizi altrui.
Quindi se magari ci fosse qualcuno intenzionato a darmi dei consigli, o anche a muovermi delle critiche, lo invito vivamente a farsi avanti.
Ho bisogno di voi per migliorare. :D

Vi lascio, ma con un’ultima cosa…
Vi ho fatto un regalo. Lo trovate qua sotto, se riesco ad aggiungerlo.
Diciamo che e’ il mio regalo di Pasqua. (:


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Questi sono Ise ed Itachi. :D(Lo so, come disegnatrice faccio pena, ma ci tenevo a darle un volto concreto.)
Ancora tanti auguri a tutti…
Aspetto vostre notizie. :D

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***









Naruto, ti scrivo per notificarti l’esito dell’esame di Ise.
Sasuke dice che la vuole negli ANBU. Nella sua squadra.
Ah, non ti puo’ scrivere perche’ si sta mettendo il ghiaccio sui lividi.
Giudica tu.
Ricordati di venire a cena domani,
Baci Salura.
 
 



-Choji-sama! Choji-sama!- urlo’ una voce allarmata proveniente dalla strada.
L’Akimichi, che stava facendo colazione paciosamente, si sporse dalla finestra.
-Cosa c’e’?-
-Mi manda l’Hokage, dice che lei deve venire al piu’ presto al palazzo! E’ una questione molto importante!- urlo’ il messaggero. Choji annui’.
-Arrivo subito. Di all’Hokage che saro’ da lui al piu’ presto.-
Poi torno’ alla sua colazione, e in tutta tranquillita’ si rimise a mangiare.
Lui tutta questa fretta non la aveva.
-Che fai Choji, snobbi un invito dell’Hokage ?- chiese una voce nascosta, proveniente dalle spalle dell’Akimichi. L’uomo sorrise.
-Come al solito entri senza bussare, Shikamaru. Bentornato.-
Da dietro le spalle di Choji, proveni’ una risata roca.
-Se ora mi devo preoccupare di essere educato anche con te Choji, significa che ho perso anche il mio ultimo rifugio sicuro.- rispose l’uomo, portandosi sotto la luce.
Shikamaru si sedette accanto al suo amico, e Choji noto’ che quel giorno non portava ne’ il giubotto ne’ il kit ninja. Sembrava fosse uscito di casa correndo, e negli occhi scuri brillava una luce cupa.
Gli sorrise, contento di rivederlo. –Allora Shika, come e’ andato il viaggio?-
L’uomo sfoggio’ la sua migliore faccia scocciata, e scosse leggermente il capo.
-Una seccatura, come sempre. Temari ancora non si schioda.- borbotto’, prendendo un biscotto dal piatto di Choji e cominciando a masticarlo irritato.
L’amico non pote’ nascondere un risolino. –Ancora con la storia del divano? Diamine Shika, non ti credevo cosi’ attaccato ai mobili-
L’amico gli lancio’ un’occhiata assassina, rabbuiandosi. –Non e’ solo una questione di mobili. E’ anche un fatto di principio.-
-Si certo, perche’ lei si e’ presa tutte le vostre proprieta’ e a te non e’ andato nulla. Ma che ci puoi fare, sei stato tu a lasciarla. Lei te la doveva pur far pagare in qualche modo…- ridacchio’ l’Akimichi, portandosi alla bocca un dolcetto.
Shikamaru incurvo’ le spalle, sbuffando. –Se avessi mai saputo che il divorzio sarebbe stato una tale seccatura, avrei optato per un sicario.-
-Si, cosi’ poi lei ti avrebbe ucciso veramente, e dopo avrebbe fatto un copridivano con la tua pelle.- scherzo’, vedendo il suo amico tremendamente abbattuto.
Shikamaru ci penso’ un po’ su, poi assenti’.
-Si, almeno con il divorzio la mia incolumita’ e’ tutelata.- borbotto’.
Poi rimase in silenzio, perso in qualche suo pensiero che Choji non volle interrompere. Continuo’ serenamente a mangiare, aspettando che il suo amico parlasse.
Aveva la faccia seria, e stava ragionando su qualche strano argomento che l’amico non oso’ chiedergli. Strano pero’, dal suo viso sembrava fosse successo qualcosa di grave.
Choji improvvisamente si senti’ male, immaginando il peggio.
Non e’ che aveva incontrato Ise?
Cerco’ di calmarsi, ripetendosi che Shikamaru era tornato quella mattina da Suna e che non poteva aver visto la piccola Yamanaka andare in giro per Konhoa.
Sakura gli aveva raccontato che quel giorno la ragazza sarebbe andata ad allenarsi con l’Uchiha nella foresta, quindi non vedeva come Shikamaru potesse averla incontrata.
Prese un respiro profondo, ringraziando che il Nara fosse cosi’ preso dai suoi pensieri da non accorgersi che il suo viso fosse diventato di una lieve sfumatura verde.
-Choji, sai perche’ l’Hokage ti ha chiamato stamattina?- gli chiese l’amico, con un tono di voce estremamente serio e riflessivo. L’Akimichi scosse la testa.
-Io si. Perche’ l’ho visto…- mormoro’ il Nara, socchiudendo gli occhi.
-Hanno distrutto la tomba di Asuma.-
Choji sgrano’ gli occhi, esterrefatto.
Chi aveva fatto cosa?!
-Quando?- chiese in un soffio.
-Ieri sera.- rispose il Nara, alzandosi e dirigendosi verso la finestra. –E sicuramente non e’ stato nessuno di Konhoa.-
-Nessuno lo farebbe qui al villaggio.- mormoro’ Choji, disgustato.
Shikamaru scosse la testa, con lo sguardo fisso verso il paesaggio fuori dalla finestra. Si sentiva confuso, spaesato.
Non riusciva nemmeno ad immaginare il motivo che avrebbe potuto spingere qualcuno a fare una cosa simile. Si sentiva impotente.
La sua mente era muta, inerme. Nessun lampo di genio era giunto a suggerirgli la soluzione di questo enigma, cosa che lo gettava ancora di piu’ in un profondo stato di irritazione e disorientamento.
Non era possibile che quella domanda non avesse risposta.
Eppure quel giorno, vedendo lo scempio che era stato fatto alla tomba del loro maestro, Shikamaru aveva subito compreso che quello non sarebbe rimasto un fatto isolato.
Sembrava molto piu’ un avvertimento, o forse una provocazione.
Chissa’, magari rivolta proprio a lui.
Al genio di Konhoa, all’erede di Asuma Sarutobi.
Eh si, c’era qualcuno che aveva voglia di sfidarlo.
E purtroppo doveva conoscerlo molto bene, visto che aveva colpito uno dei suoi maggiori punti deboli. Il suo maestro, l’uomo che gli aveva insegnato ad avere fiducia nelle sue capacita’.
Vide Choji salire al piano di sopra, per andare a prepararsi per l’incontro con l’Hokage. Il viso del suo amico era preoccupato, perso in qualche ricordo doloroso che questa notizia gli aveva risvegliato.
Shikamaru abbasso’ lo sguardo, prendendo una sigaretta dal pacchetto e accendendosela, ignorando tutte le ramanzine che ogni volta Choji gli faceva quando fumava in uno spazio chiuso.
Proprio come aveva fatto Temari, prima che decidessero di lasciarsi.
Respiro’ una profonda boccata di fumo, assaporandone lentamente l’aroma acre.
Se quello era stato un avvertimento nei suoi confronti, molta gente sarebbe stata in pericolo.
Choji, Temari, i suoi genitori, tutte le persone che conosceva a Konhoa e negli altri paesi. Avrebbe dovuto parlarne con Naruto, chiedergli una squadra per fare un po’ di luce sugli eventi.
Espiro’, osservando cupo le volute di fumo contorcersi, per poi svanire nel nulla.
C’era anche un ultimo particolare che lo rendeva inquieto.
Quella mattina, fra le macerie della lastra spaccata in mille pezzi , aveva trovato una cosmea. Una cosmea annerita dal fuoco, quasi come fosse stata bruciata.
Era ovvio che era stata lasciata li’ di proposito, ma Shikamaru non riusciva a capirne lo scopo.
Forse era stata lasciata in nome di Asuma, come una beffarda offerta ad un morto che era stato dissacrato? Oppure significava qualcos’altro, forse un indizio per il prossimo attacco?
Ancora non lo sapeva.
Ma lo avrebbe scoperto, ne era certo.
Quando finalmente Choji fu pronto, i due uscirono, in perfetto silenzio.
Tutti e due erano persi nei loro pensieri, che li portavano in un tempo passato. Erano pieni di ricordi amari, accompagnati da troppi rimpianti.
C’era stato un tempo in cui a percorrere quella strada erano stati in tre.
Un tempo in cui per vendicare la vita del loro maestro avevano unito le forze, come una squadra vera.
Ma gli anni erano passati, e la loro forza era venuta meno.
Erano diventati due, e non potevano unire le forze perche’ l’unica cosa che ormai gli era rimasta era il peso dei loro errori.
Choji alzo’ lo sguardo, notando negli occhi di Shikamaru il suo stesso vuoto.
Ma non dissero niente, perche’ sapevano che non c’era piu’ nulla da dire.
Erano due sopravvissuti, due reduci di guerra.
Senza sogni, senza forze, senza speranze.
Camminavano lenti, fianco a fianco.
Come due vecchi prima del tempo, che avevano perso la voglia di combattere ancora.
 
 

-Pronti, partenzaaaaa…- urlo’ il bambino, sventolando un fazzoletto.
I due sfidanti contrassero i muscoli, pronti allo scatto.
-VIAAAAAAA!-
I due ninja schizzarono come proiettili, in una frazione di secondo.
Il ragazzino non riusciva a vederli con precisione, tanta era la velocita’ a cui andavano. Guizzavano da una parte all’altra della radura, in direzione delle undici bandierine che il bambino aveva nascosto precedentemente.
Era una gara di rapidita’, ma ancora non si riusciva a capire chi dei due stesse vincendo.
Intanto, il piccolo gridava contento, facendo un tifo sfegatato.
-Vai papa’, battila, battila!- urlava, sventolando il pezzo di stoffa arancione come fosse stato un trofeo. Seguiva le due figure al massimo delle sue possibilita’, immaginando che quella piu’ rapida fosse sempre quella del padre.
Poi, improvvisamente, i due si arrestarono.
Ansimanti e con il fiatone, i contendenti si erano fermati a un metro dall’ultima bandierina.
Si lanciarono uno sguardo assassino, mentre fra le mani stringevano 5 fazzoletti ciascuno.
Erano in parita’.
Ma non ancora per molto.
-Vaaaaaai papaaaaa’!- urlo’ il piccolo Uchiha, improvvisando una specie di coreografia della vittoria. Il padre storse un labbro, disgustato.
Assomigliava troppo a due tizi tutinati di sua conoscenza.
Riporto’ lo sguardo sulla sua avversaria, che ansimava leggermente. Scosse la testa con un movimento secco, scostando la frangia da davanti all’occhio.
Erano quasi quattro ore che si stavano allenando, e ancora non mostrava alcun segno di cedimento. Ghigno’, piacevolmente sorpreso.
Quella ragazza lo divertiva tremendamente.
Entrambi presero un lungo respiro, concentrandosi nuovamente sulla partita.
Sasuke analizzo’ la situazione, calcolando quali fossero le scelte migliori da seguire.
Fare uno scatto in avanti, non sarebbe servito a nulla.
Ise era veloce quanto lui, e sicuramente, visto che era piu’ leggera, sarebbe arrivata prima.
Distrarla, non se ne parlava neanche.
Aveva una concentrazione granitica, che non sarebbe crollata nemmeno se avesse fatto esplodere Konhoa alle sue spalle.
C’era solo un’ultima carta da giocare: l’attacco frontale.
Lei non se lo sarebbe mai aspettato, visto che nelle regole avevano giurato di non utilizzare ninjutsu.
Ma a lui non importava… In fondo era un ninja, mica un moralista.
Preparo’ il chackra nella sua mano, stando bene attento a renderlo invisibile.
Poi con l’altra estrasse la katana, continuando a fissare la ragazza con sguardo di sfida.
Lei preparo’ la posizione di difesa, con il kunai ben in vista e le gambe leggermente divaricate. Lo aspettava, con una luce attenta negli occhi.
Stava sicuramente elaborando qualche strano trucchetto.
Sasuke salto’, ed elimino’ in in pochi secondi la distanza fra di loro.
Calo’ un potente fendente dall’alto, sentendo sotto di lui le braccia di Ise tremare sotto la forza dell’impatto. Il kunai della ragazza quasi si spezzo’.
La Yamanaka digrigno’ i denti, gemendo nello sforzo di arginare quell’attacco.
Ma nello stesso istante in cui Ise credette di aver parato il fendente dell’Uchiha, vide arrivare dalla sua destra la potenza del chidori, che crepitava rabbioso.
Cazzo, come aveva fatto a nascondere il chakra della mano?
La ragazza si abbasso’ istintivamente, sferrando un potente calcio al suo avversario. Sasuke lo paro’ con facilita’, ma venne sbalzato con violenza contro ad un albero.
Tossi’, scrollandosi di dosso le foglie che gli erano piovute in testa.
Alzo’ lo sguardo, proprio un istante prima che tre linee d’ombra, che lo avevano attaccato da tre fronti, giungessero alla meta.
Dannazione, non si poteva stare mai un attimo tranquilli.
Consapevole di essere in trappola, Sasuke decise di rispondere per le rime.
Lei combatteva con le ombre?
E allora lui avrebbe risposto con la luce.
-KATON!- urlo’ l’uomo, incrociando le mani a formare i sigilli.
Ise ebbe solamente il tempo di capire in che guaio si fosse cacciata, notando una gigantesca bordata di fuoco dirigersi verso di lei.
Libero’ il chakra dalle sue mani, preparandosi all’urto -Suiton!-
Davanti alla ragazza si innalzo’ un gigantesco muro d’acqua, che venne investito in pieno dalla fiammata del katon. Vi fu una grossa esplosione, e tutti e due i ninja furono sbalzati a terra.
Sasuke si rialzo’ per primo, mentre la ragazza, che aveva incassato il colpo, faticava a rialzarsi.
L’Uchiha tiro’ le labbra in un ghigno, sicuro orma di avere la vittoria in pugno.
Ma quando lancio’ un rapido sguardo davanti a se’, capi’ di aver sbagliato.
C’era qualcosa che non andava.
Aveva dato per certo che la distanza fra lui e la ragazza fosse abbastanza; infatti gia’ dal loro primo scontro aveva capito quale fosse il limite massimo dell’ombra di Ise, ed aveva calcolato con cura quale fosse il punto piu’ sicuro dove posizionarsi. Niente di piu’ semplice, persino un genin l’avrebbe saputo fare.
Ma allora perche’ vedeva l’ombra di Ise correre veloce verso la sua, pericolosamente vicina?
Eppure era sicuro di non essersi spostato di un centimetro.
Si guardo’ attorno, cercando una risposta.
Poi capi’.
L’aveva fregato ancora una volta.
Nell’esplosione dovuta dall’incontro fra Suiton e Katon, le fiamme di Sasuke erano state deviate verso l’alto. L’Uchiha non ci aveva fatto caso, dando per scontato che fosse un particolare irrilevante e puramente casuale.
Ma in quel momento Sasuke, mentre vedeva l’ombra di Ise raggiungere la sua, capi’ che quello che a lui era sembrato solamente puro instinto di difesa era stato in realta’ un’ingegnosa tattica di gioco.
Ise non aveva parato il suo attacco, lo aveva volutamente deviato.
Perche’ deviandolo, le fiamme erano state sbalzate verso l’alto, verso le fronde della foresta.
Gli alberi poi avevano preso fuoco, soprattutto un particolare albero, proprio dietro le spalle di Sasuke.
E se l’albero bruciava, produceva anche luce, allungando l’ombra dell’uomo verso quella della ragazza.
Portandolo dentro la sua area di gioco.
L’aveva fregato.
Era stata brillante, quasi straordinaria. Ma lui era Sasuke Uchiha, e con lui quei trucchetti funzionavano fino ad un certo punto.
Aveva scoperto il suo inganno, ed ora tutto quello che gli restava da fare era neutralizzarlo.
Spicco’ un salto, volando con una capriola all’indietro verso un punto piu’ sicuro.
Incrocio’ le mani a formare un sigillo, deciso a mettere fine a quella gara.
Quando pero’ alzo’ lo sguardo, vide la piccola Yamanaka in piedi, che lo fissava con una luce stranamente sadica negli occhi.
Sasuke capi’ che c’era qualcosa di strano in quella visione, ma in quel momento il suo ragionamento fu interrotto da un fatale movimento della ragazza, che lo atterri’.
Ise si giro’, e continuando a fissarlo lancio’ un kunai in direzione di suo figlio.
-ITACHI, NO! SCAPPA!- grido’ l’Uchiha con tutta la voce che aveva in corpo.
Il bambino si giro’, e Sasuke osservo’ impotente la lama dirigersi verso il corpo di Itachi, che stringeva ancora in mano il suo fazzoletto rosso.
Ehi, aspetta un attimo. ,penso’ Sasuke.
Il fazzoletto di suo figlio non era rosso.
Era arancione.
Spalanco’ gli occhi, lanciando un’imprecazione mentale alla sua idiozia.
Genjutsu!
Gli basto’ chiudere gli occhi, per liberarsi dall’illusione.
Putroppo, venne accolto nel mondo reale dal suono argentino della risata di Ise.
Maledetta ragazzina.
Lo aveva fregato come un pivello.
La ragazza fece un passo di danza davanti a lui, sventolando l’ultima bandierina.
Canticchiava sommessamente una musica, accompagnado con un motivetto allegro la sua coreografia della vittoria.
Sasuke era esterrefatto.
Aveva perso.
Ma come diavolo aveva fatto LUI a cadere in un genjutsu?
Per di piu’ in uno scadente come quello, in cui la Yamanaka non si era nemmeno ricordata il colore del fazzoletto di suo figlio?
Non poteva esserci cascato.
Ferito nell’orgoglio, il sopravvissuto degli Uchiha lancio’ uno sgrando truce alla kunoichi della cascata, che in quel momento stava tentando di insegnare a suo figlio la sua “danza della vittoria”.
-Come hai fatto?- grugni’, senza avere il coraggio di guardarla.
Lei gli sorrise, con espressione gongolante.
-Beh, e’ stato difficile. In realta’ non pensavo nemmeno che ci saresti cascato, proprio tu, che nelle arti illusorie sei un maestro incontrastato. I genjutsu mi vengono male, la mia vittima si accorge sempre che c’e’ qualcosa che non va. Quindi ho dovuto elaborare una strategia che portasse il tuo corpo a sentirsi scombussolato, per non farti accorgere del mio piccolo trucco.- spiego’ lei, cominciando a spegnere le fiamme sulla chioma degli alberi con un getto d’acqua.
Sasuke rifletteva, analizzando la situazione.
-Ma certo… La capriola. Quando sono sfuggito dalla tua ombra. E’ stato li’ vero? In volo il corpo e’ distaccato dal terreno, percio’ non riceve segnali esterni.-
La ragazza annui’ –E in piu’, facendo una capriola come hai fatto tu, il sistema dell’equilibrio per una frazione di secondo si altera. Ed e’ normale che dopo questa piccola alterazione il corpo possa sentirsi disorientato. E non pensare quindi ad un genjutsu.-
L’Uchiha chino’ il capo, riconoscendo la sconfitta.
Doveva ammettere che quella ragazza era straordinaria. Aveva pensato ad una serie di strategie a catena, che alla fine lo avevano incastrato. Come la caduta delle tessere di un domino.
-Dimmi, se mi fossi accorto del genjutsu, cosa avresti fatto?- le chiese, curioso.
-Beh, avevo calcolato che saresti atterrato proprio in questo punto, sotto a questo ramo.- la ragazza indico’ il ramo sulla testa di Sasuke. –e lo vedi questo?- indico’ un piccolo nodo sulla corteccia –e’ sintomo di fragilita’ del legno. Ti avrei lanciato un paio di shuriken, mancandoti di proposito. Ed uno sarebbe stato indirizzato li’, facendoti crollare il ramo in testa.- la Yamanaka sorrise, chiudendo gli occhi. -E se ti fossi spostato, avrei pensato a qualcos’altro. In fondo, le possibilita’ sono infinite…-
Sasuke la squadro’, e la ragazza chino’ il capo imbarazzata, maledicendosi per aver peccato di arroganza. Impreco’ mentalmente contro se stessa, preparandosi a ricevere il disprezzo che meritava.
Mannaggia a lei e alla sua presunzione.
Ma stranamente, al contrario di quanto si era immaginata, l’Uchiha le rivolse delle parole inaspettate.
-Sei un bravo ninja, Ise.- commento’ lui, alzando lo sguardo verso il cielo.
La piccola Yamanaka sgrano’ gli occhi, colpita.
Per lei quello era il complimento piu’ bello che avesse mai potuto ricevere.
Chino’ il capo in segno di ringraziamento, regalando all’Uchiha il piu’ abbagliante dei suoi sorrisi.
-Grazie Sasuke-sama.- mormoro’ con rispetto e gratitudine.
L’uomo volse lo sguardo verso il figlio, nascondendo con una smorfia disinteressata il sorriso che avrebbe voluto rivolgerle.
-Itachi!- chiamo’, interrompendo suo figlio nelle prove del balletto della vittoria. –Andiamo.. Si torna a casa.-
Il piccolo corse verso di loro, gettandosi fra le braccia del padre.
Poi alzo’ lo sguardo verso Ise, anche lui sorridendo gioioso.
-Hai battuto anche papa’… Ora si che sei un vero ninja.-
La ragazza rise di cuore, scompigliando i capelli corvini del bambino in un gesto affettuoso.
-Beh, devo ancora battere la tua mamma… Allora si che saro’ un vero guerriero.-
Sasuke sbuffo’ vistosamente, osservando i due ragazzi ridacchiare alle sue spalle.
Ecco cosa succedeva ad aver sposato Sakura Haruno.
Sottomesso e poi deriso.
 
 


Era tutto il giorno che Choji aveva qualcosa di strano.
Da quando Naruto gli aveva spiegato per filo e per segno la faccenda della tomba di Asuma, indizio della cosmea compreso, l’Akimichi aveva cambiato faccia.
Sembrava nascondere qualcosa di segreto, che Naruto pareva
condividere.
Strani sguardi, strane frasi a meta’, strano clima di tensione che regnava in quel momento all’interno dell’ufficio dell’Hokage.
Tutto ovviamente nascosto, malamente, da due individui che da sempre erano conosciuti come pessimi mentitori.
E questo a Shikamaru faceva saltare i nervi.
-Mi spiegate cosa avete voi due oggi?- se ne usci’ ad un certo punto il Nara, dopo l’ennesima occhiata furtiva lanciata alle sue spalle.
I due uomini si irrigidirono.
-Cosa abbiamo?- chiese Choji, imbastendo un’espressione divertita –Ma niente, niente. E’ solo la faccenda di Asuma che ci rende un po’ nervosi, no?-
L’Hokage annui’, cosi’ forte farsi venire il torcicollo –Molto, molto nervosi.-
Poi sfoderarono dei sorrisi a trentadue denti, rigidi come degli stoccafissi.
Dio, che pena.,penso’ sconsolato Shikamaru.
La cosa piu’ brutta era che quei due pensavano di essere convincenti.
Non mosse un muscolo, rimanendo con la sua migliore espressione da non-vi-credo-neanche-morti.
-Siete patetici.- bofonchio’ irritato.
Ma ne’ Choji ne’ Naruto accennarono a cambiare espressione.
Ah, facevano i duri, non volevano mollare.
Allora stavano nascondendo veramente qualcosa di grosso.
Shikamaru gli lancio’ un’occhiata indagatrice, assottigliando gli occhi.
Non si sarebbe arreso tanto facilmente.
Torno’ ad occuparsi delle sue congetture, afferrando con stizza le foto della tomba mutilata del suo maestro.
Che idioti.
Naruto e Choji si scambiarono uno sguardo allarmato, consapevoli di aver acceso nel cervello di Shikamaru una spia che non si sarebbe piu’ spenta.
Avrebbe indagato, sarebbe andato a fondo, e alla fine avrebbe scoperto dell’esistenza di Ise.
E poi, cosa sarebbe successo?
Nessuno riusciva ad immaginarselo.
Proprio questo era il motivo per cui nessuno aveva provato ad avvertire il Nara della presenza della ragazza all’interno villaggio. Nessuno poteva ipotizzare quale sarebbe stata la reazione del genio di Konhoa, e per prevenire il peggio avevano segretamente deciso di proteggere Ise, nascondendola.
Shikamaru non lo sarebbe venuto a sapere… Almeno fino a quando non sarebbe stato pronto.
Ma questo chi l’avrebbe deciso?
Non ne avevano la piu’ pallida idea.
Nessuno voleva rischiare, per non minare la sfera emotiva, gia’ instabile, della piccola Yamanaka. Era una ragazza che aveva gia’ sofferto tanto… E non aveva certo la necessita’ di farlo ancora.
Quindi Naruto e Choji si guardarono, scambiandosi la muta promessa di vigilare sui comportamenti di Shikamaru per tenerlo all’oscuro della presenza della ragazza.
Tornarono anche loro al proprio lavoro, continuando a rimuginare e a scambiarsi sguardi eloquenti alle spalle del povero Nara.
Che gia’, dentro la sua testa, aveva pronto un piano.
Che sarebbe stato decisamente migliore del loro.
 
 


Quella sera, quando Choji, Naruto e Shikamaru si salutarono dopo ore di lavoro, ogni ninja prese la sua strada.
O almeno quello sarebbe dovuto essere il normale svolgimento dei fatti… Ma purtroppo non fu cosi’.
Choji, che andava di fretta, si diresse a casa Uchiha di gran carriera.
Quella sera Sakura lo aveva invitato a cena, e l’Akimichi non vedeva l’ora di passare un po’ di tempo con Ise, per farsi raccontare il suo esame con Sasuke.
Ma era tremendamente in ritardo, per questo non fece attenzione durante il tragitto.
Shikamaru, che ormai viveva solo in un piccolo appartamento e non aveva alcun tipo di orario che lo costringesse, decise di attuare il suo piano proprio quella sera, pedinando il suo migliore amico. Choji andava di fretta, e questo giovo’ particolarmente al piano del Nara, facilitandogli il compito.
Naruto, che teoricamente avrebbe avuto una moglie e tre figli ad attenderlo a casa, noto’ una strana espressione sul viso di Shikamaru, e decise di seguirlo, abbandonando per il bene supremo la sua fumante ciotola di ramen.
Putroppo dopo dieci minuti di inseguimento il Nara riusci’ a dileguarsi, e Naruto, troppo sfiancato dalla fame, decise di desistere, tornando a casa.
Choji stava andando da Ise… Ci avrebbe pensato lui a proteggerla.
Tutta questa catena di eventi porto’ ad un unico istante: quello in cui Choji arrivava a casa di Sakura e Shikamaru lo osservava, segretamente nascosto fra le fronde di un albero.
Il Nara si complimento’ con se stesso, notando che da quella posizione aveva una perfetta visione della cucina e della sala da pranzo degli Uchiha.
Ancora chiedendosi cosa diamine ci facesse Choji a cena da quella sottospecie di blocco di granito chiamato Sasuke, il Nara si sdraio’ comodamente su uno dei rami piu’ grossi dell’albero, aspettando che lo spettacolo cominciasse.
Bene, in quel modo si che stava comodo.
Non dovette aspettare molto prima di cominciare a vedere le prime comparse di quel misterioso teatrino apparire sulla scena.
Il primo ad arrivare in cucina fu il piccolo Uchiha, che zitto zitto stando bene attento a non venir visto da nessuno, rubo’ un pezzo di pollo dalla padella che Sakura aveva lasciato sul fuoco.
Shikamaru sbuffo’ irritato, sentendo anche il suo stomaco borbottare.
Quel giorno aveva mangiato solamente i dolcetti di Choji a colazione, e ovviamente aveva una fame tremenda.
Scaccio’ il pensiero, notando un nuovo personaggio entrare nel suo campo visivo.
L’Uchiha.
Passo’ solamente da una parte all’altra della stanza, accompagnato dal suo solito alone di morte e desolazione. Shikamaru scosse il capo, non capendo cosa ci potesse trovare Choji in un tipo cosi’.
Lui lo trovava incredibilmente noioso.
Poi, finalmente, anche Choji e Sakura entrarono nella sala da pranzo.
Erano entrambi girati vero sinistra, dove Shikamaru ipotizzo’ ci fosse una scala per il piano superiore.
Sembrava stessero parlando con qualcuno, probabilmente posizionato sulla somminta’ dei gradini.
Il Nara aggrotto’ la fronte, perplesso.
Se non sbagliava la famiglia Uchiha era composta da soli 3 componenti.
E se Uchiha era in una stanza a destra, e il bambino in cucina…
Con chi diamine stavano parlando Choji e Sakura?
Improvvisamente i due arretrarono di alcuni passi, per lasciare all’oscuro personaggio lo spazio necessario per accedere alla sala da pranzo.
Shikamaru si fece attento, attendendo che la figura si rivelasse.
Poi, un secondo dopo, lo fece.
E poco ci manco’ che il Nara cadesse giu’ dall’albero, tanto forte era stata l’emozione che l’aveva investito dopo aver visto quei lunghi capelli biondi entrare nel il suo campo visivo.
Un incrocio fra una botta in testa e un calcio sullo sterno.
Che lo avevano mandato in tilt, privandolo totalmente delle sue facolta’ di intendere e di volere.
L’uomo si aggrappo’ con forza all’albero, e con gli occhi chiusi prese un respiro profondo.
Calma Shika. Non sei mica sicuro che sia lei. In fondo, sono diciasette anni che e’ scappata… E poi Choji te l’avrebbe detto.
Respiro’ di nuovo a fondo, non avendo nemmeno il coraggio di aprire gli occhi.
Dannazione, sii uomo! Non hai piu’ venti anni che ti tremano le gambe solo a vederla, ormai sei cresciuto… Non dovresti piu’ comportarti in questo modo ridicolo.
Si costrinse a forza ad aprire gli occhi.
Certo che era lei, quei capelli erano inconfondibili. Lunghi, quasi bianchi, che scintillavano sotto la luce allegra delle lampade di casa Uchiha.
Non riusciva a vederla in faccia, visto che gli dava la schiena, ma Shikamaru non aveva il bisogno di guardarla per immaginarsi il suo viso.
Era stampato a fuoco nella sua mente in ogni momento del giorno.
La guardava gesticolare, provando ad ipotizzare quale strano racconto stesse narrando dal movimento delle sue mani, trovando in ogni gesto la conferma alla sua supposizione.
Ino era tornata.
E Choji non gliel’aveva detto, forse perche’ era stata proprio lei a chiederglielo.
Improvvisamente gli torno’ in mente l’ultima volta che aveva visto Ino, esattamente diciassette anni fa.
Un leggero malessere si impossesso’ di lui, mentre il disgusto per se stesso trabocco’ come un fiume in piena.
Si, forse Ino aveva ragione a non volerlo vedere.
Shikamaru chiuse gli occhi, trovandosi improvvisamente ridicolo a spiare da sopra un albero una cena a cui non era stato volutamente invitato.
Quindi scese dal ramo, atterrando sul suolo umido con un tonfo leggero.
Poi comincio’ a correre, sperando di cancellare con la corsa i rimpianti che tentavano di raggiungerlo.
Ma che ormai, anche se lui non aveva il coraggio di ammetterlo, avevano gia’ preso il possesso del suo cuore.
 
 


Sasuke lancio’ uno sguardo distratto in direzione della finestra.
Vide qualcosa muoversi vicino all’albero di magnolia, che occupava il vialetto.
Irrigidi’ la mascella, facendo finta di non aver notato la figura di un uomo scendere a terra, per poi darsi alla fuga.
Sakura, che gli sedeva accanto, noto’ la sua strana reazione.
-Amore, e’ successo qualcosa?- chiese Sakura, leggermente apprensiva.
Anche Choji, che stava parlando con Ise, porto’ lo sguardo sul viso dell’Uchiha.
Sasuke noto’ con la coda dell’occhio che anche la piccola Yamanaka, anche se tentava di mascherarlo, era interessata alla conversazione.
Scosse il capo, riacquistando la sua solita aria neutra.
-Niente di che. Era solo un cervo.-
 
 
 
 
 
 
 
Ixia’s_______________________
Wela’!
Eccomi qui per un aggiornamento lampo. :D
Allora, cosa dire di questo capitolo? Testa d’Ananas e’ arrivato, e ha finalmente visto sua figlia.
Preparatevi, perche’ il prossimo capitolo sara’ veramente una mazzata.
Non vi anticipo nulla, ma vi avverto di prepararvi psicologicamente. :D
Vi ringrazio tantissimo per le recensioni, per i preferiti e i seguiti.
Io sono sempre piu’ commossa… E vi adoro. *-*
Visto che avete apprezzato il mio sgorbio, se volete vedere un disegno di Ise fatto come Jashin comanda andate qui
http://www.manga.it/fanart/view.php?c=59496
dove la mia bravissima nee-chan Klio posta i suoi lavori. (Dopo mettera’ anche gli altri personaggi, ma vi giuro, ne valgono veramente la pena!)
Ho quasi ultimato il penultimo capitolo di questa storia (ehssi’, ho fatto i compiti) quindi continuero’ ad aggiornare abbastanza velocemente.
Il prossimo sara’ lunedi’… O forse il giorno dopo.
Un bacio a tutti, lasciatemi sempre i vostri commenti…
(Anche chi ha solo letto, mi farebbe tantissimo piacere sapete cosa ne pensate!)
 
A lundi’
Votre Ixia’. :D

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***












Il giorno dopo, alle sei in punto di mattina, qualcuno suono’ alla porta di Villa Akimichi.
Il padrone di casa, che stava saporitamente dormendo nel suo letto, impreco’ ad alta voce contro il campanello e contro quell’idiota che di mattina presto aveva deciso di venire a disturbarlo.
Si alzo’ svogliatamente, strascicando i piedi.
Non si degno’ nemmeno di mettersi la vestaglia da camera, tanto era catatonico lo stato in cui si trovava. A malapena riusciva a distinguere i mobili, figurarsi a rendersi presentabile.
Barcollo’ malamente fino alla porta, lanciando una serie di improperi coloriti a quel deficiente che continuava a suonare il campanello a ritmi serrati.
-Testa di…- comincio’, spalancando finalmente la porta.
Davanti a lui apparve Shikamaru, con entrambe le mani poggiate sugli stipiti.
Aveva il viso tirato di chi non ha chiuso occhio tutta la notte, e le profonde occhiaie che troneggiavano sotto gli occhi scuri gli conferivano un’aria da pazzo.
La luce nei suoi occhi era febbrile, ed improvvisamente Choji ebbe paura che il suo migliore amico avesse intenzione di ucciderlo.
-Ehmm… Buongiorno Shika.- mormoro’, non trovando nient’altro da dire.
L’uomo gli lancio’ un’occhiata truce, poi rispose con tono grave.
-Io e te dobbiamo parlare.-
Ecco, penso’ Choji. Proprio la frase che non avrebbe voluto sentire.
Abbasso’ lo sguardo, rassegnato, consapevole di essere giunto alla fine del gioco.
Non sarebbe servito a nulla mentire con lui… Prima o poi lo avrebbe scoperto.
-Entra.- rispose l’Akimichi, improvvisamente serio.
Si sposto’ a far entrare l’amico, che si getto’ nel salotto della casa padronale come un folle. C’erano troppi pensieri che vorticavano nella sua mente, mentre una sorta di folle ansia aveva preso il possesso dei suoi movimenti.
Come al solito quando c’era di mezzo lei non riusciva a controllarsi. Anche a distanza di diciassette anni.
-Ieri vi ho visti, Choji.- esclamo’, senza nemmeno guardarlo negli occhi. –Ho visto che lei e’ tornata.-
L’Akimichi abbasso’ il capo, addolorato. A lui sarebbe toccato l’ingrato compito di dirglielo, ma non si sentiva abbastanza forte.
-No Shika, quella che hai visto non e’ Ino.- rispose, con la voce colma di amarezza.
Non gli avrebbe mai creduto, ne era sicuro.
-Choji, non mi prendere in giro. Vi ho visti, ho visto anche lei. Non negare l’evidenza.- rispose secco l’amico, mentre la rabbia gli montava in corpo.
-Te lo ripeto Shikamaru. Quella che hai visto non e’ Ino.- mormoro’, senza avere il coraggio di guardare l’amico negli occhi.
Sapeva perfettamente cosa ci avrebbe trovato… Delusione, amarezza, rabbia.
Shikamaru inspiro’ profondamente, serrando i pugni.
-Non ti credo.- il suo tono era affilato come una lama, prova che il Nara stava perdendo la pazienza.
Choji, che conosceva alla perfezione il carattere estremamente razionale del suo migliore amico, scosse il capo, arrendendosi.
-Lo so.- gli rispose amareggiato. –Devi vederlo con i tuoi occhi.-
 
 
Giunsero davanti alle porte di casa Uchiha, senza dirsi una parola.
Shikamaru si sentiva ferito dai continui e insensati dinieghi di Choji, che continuava a voler nascondere una verita’ ormai evidente.
Perche’ mai continuava a mentirgli?
L’Akimichi suono’ il campanello, e dopo alcuni interminabili minuti Sakura apparve sulla soglia in vestaglia, con i capelli scompligliati e gli occhi semichiusi.
Ma che vennero subito spalancati, quando notarono lo strano duetto che aveva suonato alla sua porta.
-Sakura, chiamala.- gli intimo’ Choji, senza nemmeno salutarla.
La Haruno incrocio’ lo sguardo dell’Akimichi, capendo la gravita’ della situazione.
Erano giunti alla resa dei conti.
Li fece entrare, poi li lascio’ nel bel mezzo dell’atrio, correndo su per le scale.
Dal piano di sopra giunsero dei rumori attutiti, sussurri sommessi, poi sulla sommita’ delle scale apparve la granitica figura di Sasuke Uchiha.
Scese le scale con lentezza, e si posiziono’ con le spalle contro il muro. Con lo sguardo d’onice fisso sul viso di Shikamaru.
Sakura scese frettolosamente, e lanciando un’occhiata spaventata verso Choji si affianco’ al marito.
Shikamaru ancora non riusciva a capire cosa stesse succedendo, ma rimase serio, concentrato sulla sommita’ delle scale di casa Uchiha, dove dopo alcuni secondi apparve una figura.
Eccola., sussurro’ dentro di se’.
Scendeva le scale con lentezza, avvolta in una vestaglia leggera color del cielo.
I capelli biondi, inconfondibili, era legati in una treccia molle, mentre gli occhi assonnati scrutavano i presenti.
Il Nara la osservava con occhi avidi, percorrendo con lo sguardo ogni suo minimo particolare.
Il viso, i vestiti, i capelli, le mani, la bocca, gli occhi…
Ed improvvisamente, come colpito da un fulmine, Shikamaru fu invaso da una stana sensazione.
Davanti a lui, con i suoi occhi, vedeva Ino.
Ma nello stesso tempo non riusciva a vederla.
C’era qualcosa, qualcosa di indefinibile ma comunque presente, che stonava con la scena. Lo cercava nel suo viso, nel suo collo, nei suoi modi e nella sua postura, ma non riusciva a trovarlo.
Avverti’ una leggera sensazione serpeggiare dentro di lui, un malessere che non aveva ragione. Era oscuro, insensato.
Come se qualcosa al suo interno avesse deciso di metterlo in guardia, di avvertirlo non credere a quell’illusione.
Quella ragazza non era Ino.
Nel momento in cui la sua mente formulo’ quel pensiero, Shikamaru vide l’ovvio presentarsi davanti ai suoi occhi.
Come aveva fatto a non capirlo prima?
Choji aveva avuto ragione. Aveva tentato di dirglielo, ma lui non gli aveva creduto. Ma ora era tutto cosi’ chiaro… cosi’ limpido alla luce del sole.
Quella ragazza non era Ino.
Glielo leggeva dentro, nei modi, negli occhi, anche da quella distanza.
La sua Ino l’avrebbe riconosciuta fra mille… E quella non era lei.
Ma allora chi era?
E perche’ lo stava guardando con quell’espressione incredula?
C’era ancora un ultimo pezzo che mancava a quel mosaico.
E Shikamaru dentro di se’ avverti’ una sorta di inquietudine.
Non voleva conoscerlo, quell’ultimo pezzo.
Sapeva che non sarebbe stato qualcosa di bello.
Ma lui aveva bisogno di sapere, di capire.
Troppe domande erano rimaste irrisolte per tutto quel tempo, troppe cose ancora avrebbe voluto conoscere.
E quindi, decise di andare avanti.
La ragazza giunse alla fine delle scale, senza avere il coraggio di fare un passo in piu’. Continuava a fissarlo con quello sguardo sgranato, come se avesse capito qualcosa di terribile.
Quel qualcosa che ancora a lui sfuggiva.
Riflette’.
Una ragazza che sembrava Ino, ma che non lo era.
Che non aveva mai visto, ma che aveva qualcosa di terribilmentefamiliare.
Pensa Shikamaru.
Vai fino in fondo e risolvi questo enigma.
Il genio di Konhoa alzo’ lo sguardo verso la ragazzina, cercando i suoi occhi.
E scacciando quell’oppressione al petto, vi si immerse.
E d’improvviso, si senti’ morire.
 
 
Pioggia, troppa pioggia c’era stata quella sera.
Dolore negli occhi di Ino, e le troppe lacrime, che erano cadute.
Poi rabbia, e famelica passione.
La prepotenza con cui l’aveva fatta sua, l’ultimo bacio d’addio, al sapore di sale.
 
Poi il gelo, che lo aveva invaso.
E il rimorso, che senza pieta’ lo aveva costretto a inginocchiarsi in mezzo alla tempesta.
E niente piu’ speranze ci sarebbero state, perche’ da quel momento niente sarebbe mai stato come prima.
 
Che cosa erano quei ricordi?
Una sera dimenticata, un peccato mai raccontato.
Un errore, il piu’ grande di tutti.
La rovina della sua vita.
 
Shikamaru, sai chi bussa alla tua porta?
Sono io, la tua condanna, a riscuotere il tributo.
Lo senti questo dolore?
Sono le ferite mai richiuse, che bruciano di sale.
 
Io vengo a ricordare.
Con occhi chiari e capelli di grano, che sono suoi.
Con sguardo e animo scuro, che sono tuoi.
 
Sono io, la tua condanna.
Che ti presento tua figlia.
 
Il Nara riemerse dal quello sguardo.
Il corpo annegato nel gelo, scosso da violenti tremori.
Anche lei distolse lo sguardo. Aveva capito.
-Non puoi esserlo.- sibilo’.
La mano di lei corse al petto, stringendosi il cuore.
-Tu non sei mia figlia.-
Si senti’ addosso gli sguardi dei presenti, cercando di scacciare i pensieri dalla mente.
-Tu non sei mia figlia!- alzo’ la voce, in preda ad un tremito incontrollabile.
-Shika, ma cosa cazzo dici?- esclamo’ Choji, senza riuscire a trattenersi.
Quello non era Shikamaru.
-Zitto Choji. Quello fu l’errore piu’ grosso della mia vita.-
Eccolo, penso’ la ragazza.
Il colpo di grazia.
Lo sferro’ con una precisione impeccabile, dritto dritto in mezzo al cuore.
Un lavoro pulito, in fin dei conti.
Un taglio netto.
Quasi si meraviglio’ che le avesse fatto cosi’ male.
Che facesse tutt’ora cosi’ male.
Che bruciasse come fuoco, intenso, quasi da svenire.
Shikamaru le lancio’ uno sguardo pieno d’orrore, indietreggiando di alcuni passi.
Si, quello si che gli faceva schifo.
Quello che aveva appena fatto.
Lo stronzo egoista che era appena diventato.
Ma non aveva potuto farci nulla.
Perche’ doveva assicurarsi la sua sopravvivenza.
Non ancora, non posso viverlo ancora.
E per sfuggire a quel dolore, c’era solo una possibilita’.
Mors tua, vita mea.
Il Nara si allontano’ dalla ragazza, dirigendosi verso la porta.
-Perdonami- sussurro’, per poi spiccare un balzo e sparire.
 
 
Shikamaru entro’ nel suo appartamento.
Era sconvolto, in preda al panico, si sentiva morire per tutto quello che aveva appena fatto.
Quella ragazza, sua figlia…
Una fitta allucinante lo colpi’ allo sterno, facendolo crollare in ginocchio, con il viso fra le mani. Lancio’ un gemito, maledicendosi con ogni singola cellula del suo corpo.
Improvvisamente, dietro di lui, apparve una figura familiare.
Era Choji. Ed era molto, ma molto incazzato.
Non lo aveva mai visto in quel modo, con il visto congestionato dall’ira e dalla delusione. Shikamaru si stenti’ togliere il terreno da sotto ai piedi, davanti a quello sguardo.
-SEI IMPAZZITO?- ruggi’ l’Akimichi, sollevando l’amico per il bavero e sbattendolo con foga contro il muro, facendo crollare dalla parete pezzi di intonaco e calcinacci.
Shikamaru tossi’ con violenza, sentendo una costola incrinarsi pericolosamente.
Gli occhi di Choji erano iniettati di sangue, e lanciavano bagliori di rabbia.
-TI SEI RESO CONTO DI QUELLO CHE HAI FATTO, BRUTTO STRONZO?- continuo’ ad urlare, e Shikamaru striscio’ fuori dalla sua portata, faticando a rialzarsi in piedi.
Volto’ il capo verso Choji, con uno sguardo cosi’ addolorato da placare per un istante la furia omicida dell’Akimichi.
-Certo che lo so.- sussurro’ il Nara, ripensando all’espressione disperata di sua figlia. Un forte senso di nausea prese possesso del suo corpo, e Shikamaru fatico’ a non vomitare.
-Ma non ho potuto fare altrimenti.-
Choji sgrano’ gli occhi, sentendo la sua rabbia riaffiorare, tutta d’un botto.
No, questa volta non sarebbe rimasto in silenzio a guardarlo distruggere la vita di un’altra persona.
Ino era bastata.
-Tu non puoi mai fare altrimenti?- sibilo’ Choji, sentendo l’odio traboccare –Tu non sei mai stato capace di fare un cazzo! Sembra che a te la vita ti scorra accanto, senza che tu possa fare niente per fermarla… Ma sai che ti dico?-
Shikamaru alzo’ il viso, pronto a ricevere la stoccata finale.
-Se diciassette anni fa avessi avuto le palle di lasciare Temari, invece di chiederle di sposarti, magari le cose sarebbero andate diversamente. Sei sempre stato un vigliacco Shikamaru, un vigliacco di merda che non ha mai voluto prendersi le proprie responsabilita’!- Choji fece una pausa, riprendendo fiato.
-Proprio come hai fatto con Ino. Sapevi che lei ti amava piu’ di ogni altra cosa, ma l’hai lasciata andare, dicendo che non potevi fare niente per cambiare le cose. Eppure l’avresti potuto fare. E sai una cosa? Se l’avessi fatto, io ora riavrei un’amica, e Ise riavrebbe una madre!-
Shikamaru sgrano’ gli occhi, scioccato.
-Ino e’ morta?-
Choji rise, in modo crudele, cattivo, pieno di quell’impotenza che aveva nascosto per anni, guardando i suoi migliori amici ditruggersi la vita a vicenda.
-Due settimane fa. Davanti agli occhi di sua figlia.-
Shikamaru trattenne un conato di vomito, mentre gli occhi cominciavano a bruciare.
Lui aveva appena lasciato sua figlia sola al mondo.
-Ma io non posso. Non ce la faccio.- sussurro’, come pallida difesa.
Alzo’ lo sguardo supplice verso Choji, che pero’ non mostro’ un minimo di pieta’.
Non esistevano scuse per quello che aveva fatto.
-Non ce la fai?- ringhio’ l’Akimichi, gonfiando il petto, preparandosi ad esplodere.
-Brutto stronzo, sei stato tu ad abbandonare Ino! Sei stato tu a scopartela per poi tornare a fare il bravo promesso sposo accanto a Temari! Sei stato tu a lasciarla andare via! A far crescere quella ragazzina- Choji alzo’ il dito, indicando fuori dalla finestra –senza un padre! SEI STATO TU, SHIKAMARU!-
Il Nara provo’ disgusto per se stesso, incassando un colpo dopo l’altro, senza avere nulla da dire.
Quelli erano i suoi piu’ segreti rimpianti, i suoi piu’ grandi errori che aveva sempre tentato di nascondere dentro di se’, per fare finta di niente.
Choji aveva ragione, su ogni minima cosa.
Ma lui non aveva il coraggio necessario per affrontare il suo passato.
-Non posso Choji, non posso! Cristo santo, so quali sono stati i miei errori. E ne pago lo scotto tutti i giorni, quando chiudo gli occhi e vedo lei, tutte le notti, quando la sogno, in ogni momento, quando nonostante lei non ci sia piu’ mi sento morire solamente al suo ricordo.-
Osservo’ il suo amico, in preda al dolore –Io pago per i miei stupidi errori ogni piccolo istante della mia vita. Ma dannazione, io non posso diventare il padre di quella ragazza. Non ne ho la forza necessaria per affrontare una nuova Ino.-
La voce di Shikamaru era diventata un sussurro, mentre un’unica lacrima solitaria scendeva lungo la sua guancia. Oddio, quanto si faceva schifo.
-Quella ragazza e’ uguale ad Ino. Ha il suo stesso viso, il suo stesso profumo. Ogni minimo particolare e’ esattamente come sua madre. Ed io non posso sopravvivere a questa cosa… Non posso passare due volte per quel dolore.-
Choji scosse la testa, vedendo il suo amico arrendersi, ancora una volta.
-Cazzo Shika, ma lei ha anche i tuoi occhi. Li hai visti, no, i tuoi occhi? Quella luce, quel carattere, quel dolore esattamente uguale al tuo. Shika, quella non e’ solo la figlia di Ino. E’ anche tua figlia. Ed ha bisogno di te.-
Il Nara abbasso’ lo sguardo, mentre nella sua mente lampeggiavano quegli occhi cosi’ familiari, che si erano impressi a fuoco nella sua mente.
Non riusci’ a trovare nulla da dire, quindi Choji getto’ la spugna.
-Senti Shika, fa quello che cazzo vuoi, in fondo sei un adulto e io non posso permettermi di dirti cosa fare con la tua famiglia. Ma ascoltami. Questa volta non esisti solo tu. Hai lasciato andare Ino, hai sposato Temari, in fondo sono cazzi tuoi e i tuoi errori te li sconti con la tua coscienza. Ma Ise… E’ tua figlia. Ed ha bisogno di un padre. Impara ad essere meno egoista Nara, non pensare solo al tuo dolore e comprendi quello degli altri. Hai delle responsabilita’ da prenderti… E finche’ non lo farai, beh, non ti scomodare a venirmi a cercare.-
Detto questo, usci’ dalla porta, sbattendola con fragore.
Shikamaru rimase per alcuni secondi a fissare il punto in cui era scomparso, incapace di muoversi.
Poi si alzo’, dirigendosi verso il bagno.
Dove vomito’, in preda al dolore, tutto il disgusto per se stesso.
 
 
Era tutto il giorno che Sasuke Uchiha percorreva in lungo e in largo il villaggio della foglia.
Infatti quella mattina, dopo l’eclatante scenata di quell’idiota di Nara, la piccola Yamanaka era fuggita, facendo sprofondare Sakura in un profondo stato di angoscia.
Quindi sua moglie aveva organizzato un gruppo di ricerche a cui lui, malvolentieri, aveva dovuto prendere parte.
Maledetta Sakura.
Salto’ con grazia su un tetto, maledicendo quella stupida ragazzina che li aveva costretti a cercarla tutto il giorno, con scarsi risultati.
Sembrava sparita nel nulla, quasi come un’ombra.
L’Uchiha si diresse verso il versante ovest della citta’, quello che ancora non avevano controllato. Era il piu’ lontano rispetto a casa loro, e questo, secondo la mentalita’ di Sasuke, lo rendeva il posto piu’ adatto dove fuggire.
Si arrampico’ sul palazzo piu’ alto del quartiere, quando finalmente scorse un riverbero dorato provenire da un tetto poco lontano.
Aguzzo’ lo sguardo, riconoscendo la lunga chioma bionda della piccola Yamanaka.
Ancora una volta aveva avuto ragione.
Si avvicino’ con cautela, stando bene attento a non allarmare la ragazza.
Dentro la sua testa una vocina cattiva lo rimproverava, dicendo che sarebbe stato meglio andare a chiamare Sakura, visto che lui non sapeva assolutamente trattare con le persone.
Figurarsi con una ragazzina che aveva perso la madre ed era stata ripudiata dal padre nel giro di due settimane.
Si, diciamo che si era cacciato in un bel pasticcio.
Ma ormai Ise lo aveva visto, quindi andare a chiamare Sakura sarebbe stato inutile. La ragazza sarebbe scappata senza nemmeno dargli il tempo di allontanarsi.
Quindi decise di provare.
La trovo’ seduta sul tetto, ancora in vestaglia.
Lei non si degno’ nemmeno di volgere lo sguardo verso di lui, continuando a fissare il tramonto davanti a lei con espressione disinteressata.
Sembrava cosi’ diversa rispetto alla creatura fragile che aveva visto quella mattina crollare in pezzi sotto i colpi delle parole di Shikamaru.
Sembrava essersi cementificata.
Sasuke si sedette, lasciando fra di loro mezzo metro di distanza.
Non voleva invadere i suoi spazi, era li’ solo per evitare che facesse sciocchezze.
Lei rimase in silenzio, totalmente incurante della presenza di Sasuke al suo fianco.
Attese, ma la ragazza non parlava.
Anzi, penso’ Sasuke, immobile com’era era gia’ un miracolo che respirasse.
Sembrava un gargoyle vestito d’azzurro. Immobile e senza espressione.
Lei, dal canto suo, aveva trovato un certo equilibrio.
Il dolore era scomparso, smettendo di torturarla, lasciandola vuota come una bambola.
Le sembrava un buon compromesso, il vuoto per la quiete.
Le stava bene cosi’, non aveva bisogno di altro.
Se poi magari fosse riuscita anche a smettere di pensare, magari le cose sarebbero andate meglio.
Sarebbe rimasta li’, a guardare il sole scendere per tutta la vita.
Tutto, tranne che rivedere dentro la sua mente gli episodi di quella mattina, l’orrore negli occhi di suo padre, il disgusto nel riconoscere in lei sua figlia.
Mai, mai piu’.
Lo prometteva, non avrebbe piu’ cercato di farsi una famiglia.
Sarebbe rimasta sola, senza nessuno, a patto che quel dolore che aveva sentito quella mattina non si ripresentasse mai piu’.
Stava bene cosi’, si disse.
Sembrava tutto piu’ tranquillo.
Giro’  il viso verso Sasuke, che la stava fissando, tentando di mantenere quella strana calma. Tentando di mantenersi vuota.
E quando Sasuke incontro’ il suo sguardo, improvvisamente si senti’ morire.
Perche’ non c’era piu’ nulla, assolutamente nulla dentro quegli occhi in quel momento.
Solo un arido deserto, un gelido ghiacciaio.
Niente che gli ricordasse la ragazzina allegra e combattiva che il giorno prima aveva scherzato con suo figlio. O che aveva abbassato il capo emozionata, dopo che lui le aveva fatto un complimento.
Nessuna luce, nessun colore, nessun barlume di speranza dietro ai suoi occhi.
E Sasuke si riconobbe… Riconoscendo un dolore a lui noto.
-Ise, ascoltami.- si rivolse a lei, senza sapere cosa dire.
Sapeva solamente di dover fare qualcosa, per non lasciare che quella vita non ancora iniziata sprofondasse dentro l’abisso scuro della desolazione.
Lo stesso che aveva conosciuto lui… E che faticava ancora a combattere.
La ragazzina si volto’.
-Devi reagire. Non puoi lasciare che il dolore ti prenda.-
La ragazza contrasse la mascella, ricacciando le sue emozioni nell’angolo piu’ recondito di se stessa. Poi, quando si fu calmata, rispose.
-Ora sto bene.-
No che non stava bene, sottolineo’ l’Uchiha. Non poteva, dopo quello che Shikamaru le aveva detto quella mattina.
Non sarebbe stato normale.
Doveva reagire.
-Sei proprio una stupida ragazzina.- mormoro’ l’Uchiha con sufficienza  -Credi veramente di risolvere qualcosa in questo modo? Facendo cosi’ la vittima, in modo da essere compatita da tutti?-
Il colpo’ ando’ a segno, e Ise si volto’ di scatto verso Sasuke, con gli occhi incendiati d’ira.
-Rimangiati subito quello che hai detto.- sibilo’ la ragazza, con la voce sottile come una lama di coltello. La spalle tremavano di rabbia, mentre i pugni erano cosi’ stretti da far sbiancare le nocche.
Sasuke capi’ che era quella la strada da seguire, e continuo’, in una perfetta rappresentazione di se stesso. Le lancio’ uno sguardo sdegnoso, per poi girarsi a guardare il sole.
-E’ sempre facile piangersi addosso. Prendersi le proprie responsabilita’ invece, quello si che e’ complicato.-
La ragazza si senti’ punta sul vivo, e poco ci manco’ che lo spingesse giu’ dal tetto.
-Responsabilita’?- ringhio quella ragazza dal profondo di se stessa. Sasuke degluti’ leggermente, notando dentro quella piccola ragazzina una rabbia sepolta da due settimane, che fra non molto sarebbe esplosa.
Si maledisse mentalmente, rimproverandosi di non essere andato a chiamare Sakura.
Ma perche’ lui doveva scegliere sempre i modi piu’ pericolosi per far sfogare le persone?
Faceva quasi sempre da saccone da boxe, il migliore anti-stress.
Come con Naruto. Il suo amico era nervoso? Nessun problema, ci pensava Sasuke a fare a botte con il Kyuubi.
Forse era anche per questo che sua moglie era un ninja medico.
Cosi’ poteva raccoglierlo con il cucchiaino dopo ogni suo slancio di altruismo.
Come quello che stava facendo il quel momento, mosso non si sa da quale strano istinto di masochismo.
-Responsabilita’?- La ragazza assottiglio’ di nuovo gli occhi, furente. –E’ per caso colpa mia se mia madre e’ morta? Se sono stata costretta a fuggire dal mio villaggio? Se quello schifo di uomo che mi ha dato meta’ dei miei geni mi ritiene l’errore piu’ grande della sua vita?- ruggi’ incapace di controllarsi.
Sasuke impreco’ in silenzio, preparandosi all’impatto.
-No. Ma lo diventera’ se rimarrai qui, a frignare come una ragazzina di otto anni.- rispose lui, sprezzante. –Lamentati di meno, e magari anche tuo padre forse cambiera’ idea.-
Ok, aveva toccato il fondo., penso’ il povero Uchiha, con i riflessi pronti.
La ragazza tremo’ violentemente, poi, accecata dalla rabbia, mollo’ a Sasuke un dritto in piena potenza. Fortunatamente lui se lo era aspettato, quindi lo blocco’ con una mano, senza nemmeno sforzarsi.
-Non fare la stupida Ise, reagisci. Non farti rovinare la vita da un vigliacco come tuo padre.- sibilo’ il moro, trattenendo il pugno della ragazza nella sua mano.
La Yamanaka sembro’ rifletterci un po’ su, poi, docilmente, cedette.
Si abbandono’ sulle tegole del tetto, con la testa contro le ginocchia.
Poi, finalmente al limite, pianse.
In silenzio, dignitosamente, senza lasciar trasparire dalla sua posa nemmeno un singhiozzo.
Sasuke vedeva solo le piccole gocce schiantarsi a terra, illuminate dai raggi del sole.
Tremendamente imbarazzato, e senza avere la minima idea di cosa fare, l’Uchiha cadde nel panico.
Ed ora?
Allungo’ la mano, incerto sul da farsi, e con il viso girato dall’altra parte poso’ una mano sulla spalla della piccola Yamanaka, regalandole un meraviglioso pat-pat.
Sconvolto anche da quel minimo contatto, l’Uchiha ritrasse subito la mano.
La Yamanaka, ancora con il viso umido di lacrime, non pote’ trattenere una risatina.
Gli aveva fatto pat-pat?
Che razza di uomo era quello che per consolare ti dava dei colpetti sulle spalle?
Non riusci’ a non ridere, vedendo l’Uchiha senior diventare rosso per l’imbarazzo.
-Sei veramente uno strano uomo Sasuke Uchiha.-
La ragazza si asciugo’ le lacrime sui manicotti, tirando su con il naso.
Aveva la testa pesante, ma si sentiva decisamente meglio.
In fondo Sasuke aveva ragione… Non poteva farsi rovinare la vita da un uomo che non aveva mai conosciuto veramente.
Era cresciuta senza un padre… E cosi’ avrebbe continuato.
In nome delle migliori tradizioni.
Si volto’ verso l’Uchiha, ancora con gli occhi umidi.
-Non e’ possibile. Ho pianto piu’ in questa settimana che in tutta la mia vita. Ormai tu e Sakura penserete che io sia una piagnona..- ridacchio’ lei, tirando su con il naso.
Ma Sasuke non rispose, continuando a guardare il tramonto.
Lei sorrise debolmente, finalmente in pace con se stessa.
-Grazie Sasuke-sama.- mormoro’ senza guardarlo. In fondo anche lei si sentiva profondamente in imbarazzo. –Lo prometto, reagiro’. Devo essere forte, in fondo sono un ninja.-
Sasuke annui’ continuando a mantere la sua espressione impassibile.
Non si sentiva per niente a suo agio in quella situazione.
-Beh, se ora mi vedesse Itachi perderei tutta la mia credibilita’. Dovro’ aspettare che questi due stupidi occhi si sgonfino… Altrimenti pensera’ che io sia stata attaccata da uno sciame di api assassine.- ridacchio’ la ragazza, riflettendo.
Sasuke inarco’ leggermente l’angolo della bocca, sentendo nominare il nome del figlio.
-No, crederebbe che io ti abbia fatto piangere. E poi mi odierebbe.- commento’, con tono neutro. –Quindi prenditi tutto il tempo che ti occorre… Basta che non torni a casa con quel viso da reduce di un pestaggio.-
La ragazza rise sommessamente, tenendo lo sguardo fisso sull’orizzonte.
Si, non poteva lasciarsi andare.
Non sarebbe stato da lei, arrendersi.
Sarebbe andata avanti, in un modo o nell’altro…
Tanto era sicura di non essere sola.
Lancio’ un’occhiata furtiva a Sasuke, illuminato dai raggi del tramonto.
Con strana gente, ma di certo non era sola.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


Ixia’s__________________
Bonsoir!
Io ve l’avevo detto che questo capitolo sarebbe stato una mazzata.
Mi scuso tremendamente se durante la lettura siete corsi in bagno a vomitare. L’Angst non e’ che mi riesca troppo bene… Ed il risultato (come e’ ben visibile) e’ un capitolo-schifezza.
Non so se i personaggi sono IC (Hmmm, secondo me non ci sono riuscita) e non so nemmeno se questo capitolo sia leggibile. Penso sia il peggiore… Ma che ci possiamo fare, c’e’ chi ci riesce e chi no.
Io devo migliorare. :D
Quindi ragazzi, mi aspetto molte critiche su questo capitolo.
Fatemi sapere cosa ne pensate, visto che stiamo entrando nel vivo della storia.
Il prossimo aggiornamento sara’ lunedi’, visto che sto per partire.
Fatemi sapere se vi e’ piaciuto, se i personaggi sono IC, e se la storia sta prendendo una piega sopportabile. (Sono sempre in tempo a cambiarla.)
Un bacione ragazzi, ci sentiamo con il prossimo aggiornamento.
Fatevi sentire.
 
Bisoux,
Ixia
 
Ps. Un ringraziamento speciale a Pinfrose, Kyda94, Klio, Hikari93, Holly_94 (che e’ in vacanza, beata lei!), Imperfect_angel, Kin Yourichi che hanno recensito la storia…
Senza di voi non andrei avanti.
Grazie di cuore. :)

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***








Sakura quella mattina si era svegliata di buon’ora con l’intenzione di preparare alla famiglia una colazione con i fiocchi.
Pancakes e miele… La passione di suo figlio.
Tiro’ fuori dal frigorifero una confezione di uova formato esercito e poi in tutta tranquillita’ comincio’ a preparare l’impasto.
Stava bene attenta a non fare troppo rumore, per non svegliare nessuno. Voleva fosse una sorpresa per tutta la famiglia.
Ma quella mattina doveva esserci qualcuno ad avercela con lei, visto che dopo neanche dieci secondi di silenziosa preparazione, qualcuno busso’ alla porta.
Sakura ringhio’ sommessamente, e ancora con la frusta in mano si diresse ad aprire. Poi, ripensandoci, prese il mattarello. Come monito per i futuri avventori.
Socchiuse l’uscio, il tanto che bastava per intravedere il visitatore. La rabbia le monto’ in corpo quando vide davanti a se’ dei capelli raccolti in una coda che sfidavano la forza di gravita’. Shikamaru.
-Cosa vuoi?- gli chiese, brusca.  Si congratulo’ con se stessa per essersi portata dietro il mattarello.
L’uomo le rivolse uno sguardo cupo, che lasciava trasparire il forte travaglio interiore.
-Ti prego, voglio parlarle.- la supplico’, con voce grave.
Il viso sembrava piu’ vecchio, piu’ tirato, arso dal rimorso e dalla stanchezza.
Sembrava che il Nara fosse invecchiato d’improvviso in una sola notte.
-Scordatelo. Hai avuto la tua occasione ieri… Ed hai fatto gia’ abbastanza danni.- rispose lei, impietosa. Aveva troppa voglia di picchiarlo.
-Ti scongiuro Sakura, sono disperato. Ieri mi sono comportato da vigliacco, da idiota, da egoista, ma solo perche’ non ero pronto. Lasciamela vedere, voglio solo chiederle scusa.-
Sakura assottiglio’ gli occhi, trattenendo i suoi istinti omicidi.
-Troppo tardi Nara.- e gli sbatte’ violentemente la porta in faccia.
Torno’ in cucina, con un diavolo per capello. Stupido presuntuoso, cosa credeva, che per rimediare ai propri errori bisognasse solamente fare la faccia triste e lo sguardo da cane bastonato?
Col cavolo che l’avrebbe fatto entrare. Ci mancava solamente che la facesse stare ancora male. Non era mica fatta di roccia quella ragazza. Prima o poi sarebbe pur crollata sotto i colpi di tutti quegli avvenimenti catastrofici.
Non era necessario che Shikamaru continuasse ad infierire.
Che stupido idiota.
Riprese a sbattere le uova con foga, rischiando di distruggere la ciotola.
Altro che pancakes… Se quel deficiente non si fosse sbrigato ad andarsene Itachi avrebbe mangiato spezzatino di cervo.
A colazione, pranzo e cena.
Fuori invece, il suddetto idiota cercava in tutti i modi di trovare un sistema per parlare con la figlia.
Di sfondare la porta non se ne parlava. Sarebbe stato attaccato contemporaneamente da Sakura e dall’Uchiha, e non era sicuro di essere pronto per uno scontro frontale con due dei ninja piu’ psicolabili di Konhoa.
Avrebbero potuto ammazzarlo veramente.
Quindi l’unica strategia era quella di introdursi di soppiatto nella casa. Possibilmente nella stanza di sua figlia, in modo da non fare brutti incontri. Comincio’ a camminare intorno all’edificio, osservando le stanze con occhi critico.
La camera si sarebbe trovata sicuramente al secondo piano. Poteva dire per certo che quella rivolta ad est con le tende rosse fosse la camera di Sakura e Sasuke, mentre supponeva che quella con le tende azzurre fosse quella del bambino.
Era proprio la finestra accanto a quella dei genitori, comoda in caso di pianti notturni.
Fece un paio di giri completi, stando bene attento a non esser visto da quella furia umana di Sakura, e finalmente individuo’ la probabile stanza di sua figlia.
Era rivolta ad ovest, con delle neutrali tende di lino bianco.
La tipica stanza degli ospiti.
Si arrampico’ furtivo sopra il cornicione, raggiungendo senza sforzo la finestra aperta. Lancio’ un’occhiata all’interno, notando la figura di sua figlia davanti ad uno specchio, intenta a spazzolarsi i capelli.
Un tremendo attacco d’ansia colpi’ il Nara, che prese un respiro profondo, introducendosi dentro la camera.
Sua figlia si volto’ di scatto, con gli occhi azzurri pieni di sorpresa.
Shikamaru senti’ il corpo irrigidirsi, mentre sotto il mento avverti’ il contatto con del gelido metallo. Qualcuno l’aveva preso alle spalle.
-Cosa ci fai tu qui?- sibilo’ una voce carica d’odio dentro il suo orecchio.
La figura di sua figlia davanti a lui scomparve in una nuvola di fumo.
Era un bushin.
-Volevo parlarti.- rispose, lanciando un’occhiata al kunai appoggiato alla sua gola.
-Certo. Ed entri dalla finestra come un ladro.-
Shikamaru provo’ a scuotere la testa in segno di diniego, ma non ci riusci’. Quella era veramente davvero il controllo dell’ombra.
Fregato dalla sua stessa tecnica, che umiliazione.
-Ho dovuto. Sakura ha minacciato di picchiarmi a sangue. Aveva un mattarello in mano.- si giustifico’, mentre sentiva la lama fare meno pressione, fino a scomparire definitivamente.
La ragazza si porto’ nel suo campo visivo, senza smettere di guardarlo con disprezzo. Nonostante fosse ancora in pigiama, aveva allacciato il kit da ninja intorno alla vita, e nella mano stringeva un kunai.
Lo aveva sentito arrivare, e in pochi secondi aveva organizzato un’imboscata.
Altro che Uchiha, qui a farlo a pezzi sarebbe stata proprio sua figlia.
Beh, te lo meriti idiota.,penso’. La prossima volta pensa, prima di parlare. Non sparare cazzate di cui poi ti pentirai amaramente.
-Allora, cosa vuoi da me?- lo incalzo’ la ragazza, ancora in posizione d’attacco.
-Volevo solamente chiederti scusa. Per tutte le cazzate imperdonabili che ho detto ieri, e che non penso minimamente.- sussurro’ il Nara, chiudendo gli occhi per la vergogna.
Ise contrasse la mascella, per evitare di pugnalarlo con il kunai.
Certo, la faceva facile quel demente. E allora perche’ le aveva dette? Era per caso bipolare o affetto da qualche strana forma di schizzofrenia?
-So che tu ora non mi crederai. E che non mi vorrai mai piu’ vedere, come e’ giusto e doveroso. Ma volevo solo farti sapere che per me non sei il frutto di un errore, anzi… Forse dell’unica cosa giusta che io abbia mai fatto nella mia vita.-
La ragazza gli lancio’ uno sguardo pieno di rancore. Non gli credeva.
Ma Shikamaru continuo’, ancora imprigionato, ma imperterrito.
-Sai, io ho amato tua madre piu’ di quanto possa essere possibile. Ma sono stato un idiota e un vigliacco per tutta la vita. L’ho ignorata e trascurata per troppo tempo, perche’ ero sicuro che lei ci sarebbe stata, a prescindere dal mio comportamento. Ma quando e’ scappata, ho capito di averla persa per sempre, ed ho conosciuto un dolore che non avrei mai pensato di poter provare.- Shikamaru alzo’ lo sguardo, fissandolo in quello ceruleo di Ise. Il suo viso era pieno di rimpianto. -E quando ieri ti ho rivista li’, davanti a me, cosi’ identica a lei, mi sono spaventato. Anzi, me la sono proprio data a gambe. Perche’ avevo paura che vedendo te quel dolore tremendo si sarebbe ripresentato.-
Riporto’ lo sguardo a terra. Stranamente le sue parole avevano un che di sincero. Ise avrebbe tanto voluto credergli, ma era stata troppo male per farsi fregare cosi’ facilmente.
In fondo lei non c’entrava nulla con questa storia. Era stato lui ad essere vigliacco, a lasciare che sua madre scappasse. Quelli erano solo problemi suoi… E non erano una buona scusa per giustificare cio’ che le aveva detto.
-Ora so cosa starai pensando.- continuo’ il Nara, senza neanche avere il bisogno di guardarla -Non e’ una scusa per averti ferita. Ed io lo so, e per questo ti chiedo perdono con tutto me stesso. Perdono, perche’ sono un uomo egoista, ed ho voluto pensare al mio dolore invece che a quello che avrei fatto a te. Perdonami Ise, sono stato un mostro.-
Dentro la stanza cadde un pesante silenzio, mentre la piccola Yamanaka continuava a fissare suo padre, con il cuore diviso in due.
Avrebbe tanto voluto credergli… Ma sapeva di non avere la forza di affrontare un nuovo rifiuto.
Quindi rimase muta, e socchiudendo gli occhi celesti sciolse la tecnica dell’ombra.
Quella era la scelta piu’ grande che si sentiva di fare in quel momento.
Shikamaru capi’, e discretamente si volse verso la finestra, pronto a salire sul cornicione. Poi, con una mano gia’ sullo stipite, le disse.
-Ise, non sono venuto qui per chiedere il tuo perdono, perche’ sono consapevole della gravita’ delle mie azioni. Sono venuto per spiegarti che per me tu sei mia figlia. E lo sarai sempre, anche se deciderai di non volermi piu’ vedere. Sei la cosa piu’ vicina a tua madre che io abbia… E non voglio perderti come ho fatto con lei.-
Detto questo si arrampico’ sul cornicione, e silenziosamente spari’.
 

-Dai…-
-No.-
-Ti prego!-
-No.-
-Su, ma che ti costa? Voglio solo un consiglio…-
-E ti dico che non sono io la persona adatta a cui chiederlo.-
-E io ti ripeto che non mi importa. Daaai…-
-No.-
-Ti prego!-
-Ise, lo sai come ho risolto i miei problemi familiari? Ammazzando mio fratello.-
-Dettagli.-
-Dettagli?!-
Sakura osservava stupita la strana conversazione che stava avvenendo nella cucina di casa sua.
Ise, seduta al tavolo, che supplicava suo marito di dargli un consiglio.
E lui, stranamente, le rispondeva.
-Daaaaai! Tipregotipregotiprego…-
-No.-
Sakura ridacchio’, allegramente sorpresa.
Strano che quel sociopatico di Sasuke avesse stretto un legame.
-Ise, getta la spugna… Non mollera’ mai- commento’ Sakura, mettendo in tavola i pancakes. Si sporse dalla porta, e chiamo’ a gran voce il figlio. Poi torno’ in cucina, dicendo -Invece, dimmi, ti posso essere utile?-
Ise lancio’ uno sguardo in cagnesco all’Uchiha, e poi si rivolse a Sakura.
-Certo. Oggi e’ venuto mio padre a parlarmi.-
Sakura sbianco’, voltandosi a fissare il marito.
-Cosa?!- ruggi’, dilatando le pupille –Gli avevo detto di non avvicinarsi!-
Ise si allontano’, nascondendo i coltelli dalla tavola.
Beh, almeno suo padre aveva detto il vero.
-La prossima volta che lo vedo, io lo uccido!-
In quel momento Itachi entro’ in cucina, trovando sua madre in uno stato furioso. Roteava la padella come se fosse stata una mazza, e istintivamente il bambino si nascose dietro la sedia del padre, sbirciando da dietro la sua schiena.
-Sakura, calmati. Stai spaventando il bambino.- borbotto’ Sasuke.
Sakura arresto’ la sua rabbia. Sbatte’ la padella contro il tavolo, sperando di trovarci sotto il sudetto Nara.
Stupido Shikamaru. Gliel’avrebbe fatta pagare.
Ise lascio’ che l’Haruno sbollisse, poi riprese a parlare.
-Beh, e’ venuto e mi ha parlato. Pero’ io non sono sicura se perdonarlo o no.-
-Ammazzalo.- rispose secco Sasuke.
Ise ghigno’, mentre il piccolo Itachi osservava i membri della sua famiglia con occhi sgranati. Da quando erano impazziti tutti?
-No, quell’onore lo lascio a Sakura-sama. Io al massimo infierisco sul cadavere.-
Sakura grugni’ qualche frase senza senso, incominciando a tagliare i pancakes con foga. Brandiva il coltello come fosse un badile, ed automaticamente il piccolo Itachi sposto’ la sedia un pochino piu’ lontano.
-Ammazzalo.- ripete’ Sasuke, stoico. Il piccolo Uchiha lancio’ un’occhiata sconvolta al padre e poi alla madre, sentendosi accerchiato.
Lancio’ uno sguardo supplice verso Ise, che intanto osservava divertita il curioso quadretto familiare. Non era proprio l’esempio di “famiglia-tipo”.
-Ehm..- comincio’ il bambino, tentando di distogliere i suoi genitori dai loro propositi di morte e vendetta –Chi mi accompagna all’accademia oggi?-
Sakura alzo’ lo sguardo dal piatto, ancora con il coltello in mano.
Il bambino degluti’ vistosamente.
-Sasuke, oggi tocca a te. Io non posso, ho il giro di corsia all’ospedale.-
-Non se ne parla, oggi comincio il selezionamento delle reclute. Ci andra’ da solo.-
-Ma Sasuke! Dopo quello che e’ successo alla tomba di Asuma? Ti prego, fammi stare tranquilla e accompagnalo.-
-Non se ne parla.- rispose lui, irremovibile. –In fondo e’ un ninja.-
-Uchiha, devo passare alle minacce?- Il cipiglio di Sakura assunse un aspetto lievemente inquietante. Suo marito fatico’ a rimanere calmo.
Visto che la situazione andava degenerando, Ise decise di intromettersi.
Alzo’ la mano sopra la testa, facendosi piccola piccola per l’imbarazzo.
-Ehm, scusate..- sussurro’ lei mentre le mani di Sakura erano gia’ corse al bavero del marito. –Se non vi dispiace posso accompagnare io Itachi, oggi.-
I due litiganti si arestarono, mentre il bambino esplose in un’esclamazione di giubilo.
La ragazza continuo’ –Tanto io oggi non ho nulla da fare, dato che entrero’ in servizio solo dalla prossima settimana… E mi farebbe davvero piacere accompagnarlo all’accademia. In fondo sono qui da dieci giorni e non ho ancora avuto l’occasione di vedere Konhoa.-
Fini’ il suo discorso con un sorriso incoraggiante.
I due coniugi la osservarono con sguardo grato, ringraziandola silenziosamente ognuno per i suoi personali motivi.
Sakura perche’ per una volta non avrebbe fatto tardi all’ospedale, Sasuke invece perche’ aveva salvato la sua meravigliosa faccia da lividi e contusioni.
Insomma, erano tutti contenti.
Itachi piu’ di tutti, che corse su per le scale strillando di gioia.
Ise non riusci’ a trattenere un sorriso, accompagnato da uno sbuffo.
Che famiglia di pazzi.
 
 

-Andiamo Ise-san, andiamo!- la incalzo’ il bambino, tirandola per un braccio.
-Aspetta ancora un secondo Itachi… Voglio finire di leggere!- gli rispose lei, china sul monumento ai caduti del villaggio della foglia.
-Suuu dai! Facciamo tardi!-
-Arrivo! Arrivo!- rispose lei, sbuffando scocciata. Da quando i bambini avevano cosi’ tanta voglia di andare a scuola?
-Dimmi piccola peste, ma per quale motivo hai tutta questa fretta?- gli chiese lei con tono inquisitore. –C’e’ forse qualcosa che dovrei sapere?-
Lui le diede le spalle, continuando a camminare svelto.
-No, non c’e’ niente. E’ solo che detesto arrivare in ritardo- fece lui, in una perfetta imitazione dei modi piu’ scontrosi di suo padre.
La piccola Yamanaka non si fece ingannare, leggendo in quel comportamento schivo un segreto nascosto. Si ripromise di indagare piu’ tardi, quando avrebbe avuto tempo.
Arrivarono finalmente nel grande cortile dell’accademia, dove chiassosamente una trentina di studenti aspettavano che le lezioni cominciassero.
Ise si soffermo’ un istante ad ammirare l’imponente edificio che ospitava la scuola, costruito con eleganza accanto ad un enorme albero secolare.
Era cosi’ diverso da quello in cui lei, anni fa, era stata studente.
A Taki non esisteva una vera e propria accademia, ma agli aspiranti genin venivano gia’ affidate delle missioni minori. Alcuni chuunin volontari istruivano i ragazzi fra una missione e l’altra, dandogli consigli su come migliorare, ma non venivano istituite delle vere lezioni. Taki era un paese troppo piccolo e troppo a corto di risorse per permettersi di creare una vera e propria scuola ninja.
I ragazzi imparavano sul campo, a loro rischio e pericolo.
Ise lancio’ un’occhiata ai gruppetti di bambini che chiacchieravano allegramente all’interno del cortile.
Si, diciamo che l’accademia di Konhoa era un modo decisamente migliore di istruire le nuove generazioni. Era molto meno pericoloso per i suoi studenti.
La ragazza si riscosse dai suoi pensieri, notando che Itachi non era ancora entrato all’interno del cortile.
Stava ritto accanto a lei con lo sguardo cupo, fissando un gruppetto molto nutrito di bambini alla sua destra. E non accennava a muoversi.
-Itachi?- chiese lei, tentando di riscuoterlo. Il bambino fece uno strano grugnito.
-Allora che fai, non vai? Mi hai rotto le scatole perche’ volevi arrivare il prima possibile… Ed ora te ne stai qui a perdere tempo?-
Il bambino non mosse un passo, continuando a fissare insistentemente il gruppetto di ragazzini in fondo al cortile.
-Ma che ti prende?- mormoro’ lei, portando lo sguardo verso i bambini.
Era un normale gruppetto di ragazzi. Erano disposti a cerchio, tutti rivolti verso l’interno, dove Ise immagino’ che ci fosse il motivo di tanta attenzione.
Era leggermente piu’ grande rispetto a quelli degli altri bambini, e la bionda noto’ con sorpresa che era composto interamente da ragazzi.
Strano.
Improvvisamente uno dei bambini si sposto’ leggermente, creando un varco che permise alla piccola Yamanaka di scoprire la causa di tutto quell’affollamento.
E quasi le venne da ridere.
Ora si che si spiegava tutto, persino il comportamento di Itachi.
In mezzo a quella marmaglia di ragazzini vocianti, stava seduta su un tronco una bellissima bambina.
Capelli biondi, tagliati in un caschetto perfetto, occhi chiarissimi ed un visetto sorridente, degno di una bambola.
Ascoltava con gentilezza quello che le raccontavano i bambini intorno a lei, rivolgendo ai compagni dei sorrisi abbaglianti.
Sembrava essere molto popolare. Tutti i bambini tentavano in ogni modo di farsi notare, interrompendosi l’un l’altro tentando di guadagnare un minimo di attenzione. Si accalcavano vantandosi di non si sa quali eroiche imprese, ma non sembravano riuscire a suscitare un minimo di interesse nella ragazzina. Lei li ascoltava gentile ed educata, ma senza coinvolgimento.
La Yamanaka sorrise divertita, lanciando di soppiatto un’occhiata al piccolo Uchiha, che ancora non si decideva a muoversi.
-Che fai Itachi? Non vai?-
Il bambino mise su un’espressione seccata e sprezzante.
-Bah, io con quelli non ci vado.- rispose, sprizzando orgoglio da tutti i pori.
Aaaah si…, penso’ Ise. La gelosia e’ proprio una brutta bestia. Anche a sette anni.
-A me non sembrano tutti cosi’ male- disse lei, pronta a gettare l’esca –Per esempio quella bambina la’, quella bionda… Non sembra simpatica?-
Itachi fece una smorfia, incupendosi ancora di piu’. Non rispose.
Ise si dovette trattenere per non scoppiare a ridere in faccia al bambino, mordendosi il labbro con forza.
Colpito e affondato.
In quel momento la ragazzina sposto’ lo sguardo dal suo compagno, leggermente annoiata. Lascio’ che i suoi occhi vagassero un po’ sui presenti, per poi insinuarsi dentro il leggero varco che era stato lasciato aperto, notando le due figure che da alcuni minuti stavano ferme davanti al cancello.
E i suoi occhi si accesero.
-Itachi-kun!!- esclamo’ contenta, non appena noto’ la figura del bambino.
Si alzo’ di scatto, e abbandonando il folto gruppo di ammiratori raggiunse in un attimo il piccolo Uchiha, rosso come un pomodoro.
La piccola gli getto’ le braccia al collo, finalmente felice.
Itachi rimase dritto come un palo, borbottando qualcosa di incompresibile di cui Ise capi’ solo “smettila” “imbarazzo” “branco di idioti”.
Ma la ragazzina non ci fece caso, rivolgendosi a lui in tutta tranquillita’.
-Perche’ hai fatto cosi’ tardi stamattina? Mi sono dovuta sorbire tutto il racconto degli allenamenti dell’Inizuka… Una noia tremenda!-
Itachi lancio’ uno sguardo in cagnesco ad uno dei ragazzini del gruppetto, per poi riportarlo verso la bambina bionda che senza farsi tanti problemi lo aveva preso sotto braccio.
-Scusa, ma qui qualcuno era interessata alle pietre- fece il bambino, con una lieve nota sarcastica. Ise, sentendosi tirata in causa, diede uno scappellotto al bambino, facendolo gemere.
-Non sono pietre. Sono i ricordi della vostra citta’-
In quel momento la bambina si accorse della presenza della Yamanaka.
Porto’ lo sguardo bianco (eh si, dovette ammettere Ise, era proprio bianco) sulla sconosciuta, e le porse la mano.
-Piacere di conoscerti, io sono Kushina Uzumaki. Scusa se non mi sono presentata prima, ma questo cafone qua- indico’ Itachi –non mi aveva detto che oggi avrebbe portato un’amica.-
Ise sorrise, deliziata da quella bambina cosi’ simpatica e solare.
-Piacere di conoscerti Kushina, io sono Ise Yamanaka-
La bambina le strinse la mano con decisione, poi torno’ a rivolgersi verso il suo amico, che sembrava piu’ incupito di suo padre.
Strano, penso’ Ise. Normalmente era un ragazzo cosi’ allegro…
-Oh dai Itachi-kun… Non fare quella faccia.- disse la bambina, tirando su con gli indici i lati delle labbra, a formare una buffa smorfia.
Il bambino brontolo’, scansando le mani della biondina. Lancio’ uno sguardo carico d’odio agli altri ragazzini, che avevano cominciato a parlottare fra di loro, fissandolo con astio. Era palese che stessero parlando di lui.
-Lo sai che li detesto quando fanno cosi’- rispose il bambino, incrociando le braccia al petto.
-Bah, sono solo invidiosi perche’ noi siamo amici.- spiego’ la bambina, con sguardo annoiato. Itachi grugni’ per niente convinto. –E poi dai… Non sono nemmeno del nostro anno! C’e’ solo quel demente dell’Inizuka, poi gli altri sono tutti piccoli. Tu sei piu’ forte di loro.-
Il bambino sorrise leggermente, rincuorato.
La Yamanaka osservo’ quella strana scenetta, trovando la bambina dagli strani occhi bianchi sempre piu’ simpatica.
Come aveva detto di chiamarsi… Kushina Uzumaki?
-Ehm, Kushina…- le chiese confusa –Sei per caso…-
-La figlia dell’Hokage?- fini’ lei, con una espressione quasi annoiata. –Si, sono io. Strano tu non me l’abbia chiesto subito. Hai battuto ogni record.-
Ise alzo’ un sopracciglio, fissando la ragazza con sguardo curioso.
-E’ una domanda cosi’ banale?-
-Beh, diciamo che qui me la fanno spesso.- rispose la bambina, sorridendo.
Il piccolo Itachi sbuffo’, continuando il suo gioco di sguardi con il gruppetto di ammiratori di Kushina.
-Ora non essere esagerata. Io non te l’ho mai chiesto.-
La bimbetta si giro’, tirandogli un pugno leggero sulla spalla. –E vorrei ben vedere, baka! Ci conosciamo da sempre!-
I due bambini scoppiarono a ridere, sotto lo sguardo stranito di Ise.
In quel villaggio persino i bambini erano strani.
Pero’ poi si uni’ alla loro risata, contagiata dalla loro allegria.
Strani, ma le piacevano un sacco.
La campanella suono’, e i due bambini salutarono la kunoichi di Taki, per poi correre dentro insieme ai loro compagni.
Ise rimase a guardarli sparire dentro il portone, raccomandandosi con Itachi di fare del suo meglio. Frase che era stata accolta con un ghigno sadico ed un’occhiata eloquente.
-Non ti preoccupare Ise-san! Ci vediamo all’uscita!-
Fra i due bambini passarono degli sguardi, delle parole non dette.
Ise si preoccupo’ leggermente, immaginando quali strane idee si fossero formate all’interno del perverso cervellino di Itachi Uchiha.
Prese un respiro profondo, abbandonandosi sulla panchina davanti all’uscita dell’accademia.
Gia’ se la immaginava, la notizia.
Bambino prodigio fa strage all’accademia di Konhoa.
Motivazione: Ne aveva voglia.
Hmm, almeno per quella mattina sarebbe stato meglio rimanere nei paraggi.
Non si sapeva mai.
 
 

Quella sera, a tavola, Ise prese la sua decisione.
Non seppe cosa glielo fece fare, se la strana lotta fra Sasuke e Itachi per l’ultimo pezzo di bistecca, o le urla di Sakura perche’ suo figlio le aveva rotto l’ennesimo soprammobile.
Fatto sta che espose la sua scelta a Sakura e Sasuke, incurante delle loro reazioni. Fece finta di non notare le loro espressioni, e gentilmente si fece disegnare una cartina.
Poi saluto’ il piccolo Itachi, gli diede un rapido bacio sulla fronte augurandogli un buon riposo, e senza nemmeno mettersi il mantello usci’ nella notte.
Percorse le strade di Konhoa, gettando di tanto in tanto una rapida occhiata al foglio che teneva in mano.
Le bastarono pochi minuti, poi si ritrovo’ davanti ad un piccolo palazzo dall’aspetto piuttosto malconcio.
Allora era li’ che abitava.
Sali’ le scale lentamente, ancora non del tutto sicura della sua scelta.
Arrivo’ all’ultimo piano, e con il cuore in gola si arresto’ davanti ad una impersonale porta grigia, con una neutrale maniglia d’ottone.
La 207, recitava la targa d’ottone.
Alzo’ una mano, e busso’ lievemente.
Forse non l’aveva nemmeno sentita, forse era ancora in tempo per scappare via.
Ed invece, la porta si apri’.
E Shikamaru la fisso’ esterrefatto, in un misto di gioia e timore.
-Sei venuta.- le sorrise lievemente, pieno di gratidutine.
Lei abbasso’ lo sguardo, ancora non del tutto sicura che quella fosse stata la scelta giusta.
L’uomo capi’, e si senti’ ancora piu’ riconoscente nei confronti di quella strana ragazza. –Su dai, entra. Abbiamo tante cose di cui parlare.-
La porta si chiuse, lasciando dietro dubbi e incertezze.
In fondo, doveva solamente crederci.
E forse forse, per una volta, la fortuna le avrebbe sorriso.
 
 
E mentre all’interno di casa Nara accadeva un miracolo, fuori da quelle mura, su un tetto poco distante, una figura ammantata osservava lo strano quadretto familiare.
Il suo sguardo era carico d’odio, mentre nella sua mente fiammeggiava un unico pensiero.
Vendetta.
I suoi occhi si soffermarono sulla figura della ragazza, scintillando pericolosamente.
-Sei sempre tu, la prima della mia lista.-
 
 
 
 
 
 
 
 

Ixia’s_________________________
Eccolo qua, il nuovo aggiornamento! :D
Ok, mi sono accorta rileggendo che questo capitolo non e’ che sia un gran che, ma purtroppo oggi non ho il cervello per rigurdarlo. Quindi ve lo dovrete sorbire cosi’, tutto errori e senza un filo logico.
Bah, spero sarete clementi. :D
Abbiamo conosciuto un nuovo personaggio, la piccola Kushi-chan… Spero vi sia piaciuto, visto che sara’ un altro personaggio chiave… (:
Ringrazio tutti quelli che hanno letto, recensito, preferiscono e seguono.
Anche a costo di essere ripetitiva, grazie di cuore. :D
Un saluto a tutti, ci vediamo con il prossimo aggiornamento.
Dovrebbe essere venerdi’, dopo il mio tremendo esame di francese. O.o
Bisoux à tous…
 
Aspetto i vostri pareri. :D
 
Votre Ixia.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


I giorni scorrevano sereni nel villaggio della foglia.
La primavera continuava ad avanzare, mentre i ciliegi cominciavano a mostrare le loro prime fioriture.
Konhoa sembrava navigare, stranamente, in un apparente clima di tranquillita’. Infatti dopo l’attacco alla tomba di Asuma non era accaduto piu’ nulla di sospetto, e alla fine la squadra di ricerce di Shikamaru Nara aveva deciso di archiviare il caso, nonostante il mistero fosse ancora aperto.
Non che il grande genio di Konhoa avesse deciso di lasciar perdere, ma in quel periodo si era trovato fra le mani dei grattacapi piu’… ingombranti.
Si, forse era proprio quello il termine per descrivere quel turbine di novita’ che gli aveva sconvolto la vita.
Sua figlia, Ise Yamanaka.
L’essere piu’ scocciante di tutto il creato, ovviamente dopo sua madre, di cui era la degna erede.
Forse era meno chiassosa, meno frivola e capricciosa, ma anche lei aveva i suoi punti di forza che lo facevano andare ai pazzi.
Prima di tutto, sembrava fosse fatta apposta per rendere la vita di uno come lui un inferno.
Lui era pigro, perennemente annoiato, e apparentemente privo di qualsiasi interesse. Lei invece era indomabile, coraggiosa, e con una sottile vena sarcastica che a volte gli faceva saltare i nervi.
Aveva la stessa allegria contagiosa della madre, la sua stessa gioia di vivere, accompagnata da una forza interiore capace di smuovere le montagne.
Non stava mai ferma, presa da non si sa quale frenetica danza che la spingeva a volteggiare da un posto all’altro, senza controllo.
Sembrava avere una musica al suo interno, inudibile alle orecchie di Shikamaru. La dominava totalmente, scandendo il ritmo dei suoi movimenti.
Inarrestabile.
Ma a volte la musica rallentava, facendosi dolce. Si trasformava in un valtzer, ed in quei momenti il Nara rivedeva negli occhi della ragazza i suoi stessi accordi.
In quei momenti, lei si fermava.
Si sdraiava sul tetto a godersi il lento scorrere del tempo, lasciando che la sua mente vagasse, persa in terre lontane.
Era un animo profondo, il suo.
Shikamaru l’aveva scoperto sin dall’inizio.
Ise sapeva comprendere a fondo ogni sfaccettatura dell’animo umano, sapeva leggere fra le righe dei movimenti, dei gesti, degli sguardi, proprio come un musicista faceva con le linee di un pentagramma.
Lei lo aveva sempre definito un animo assopito, che preso dal torpore del troppo riposo aveva dimenticato come amare veramente.
Oh, sua figlia aveva un vero talento nel leggere le persone.
Un talento che a volte si dimostrava impossibile da contrastare.
Non potevano esistere segreti con lei.
Bastava un’occhiata, un gesto, un’insolita posizione delle spalle e tutto quello che era stato celato si esponeva alla luce del suo sguardo.
 Quegli occhi azzurri, cosi’ cupi nonostante il loro colore cristallino, sapevano raggiungere il cuore… E farsi raccontare le sue storie piu’ segrete.
E Shikamaru non aveva avuto scelta… Le aveva raccontato tutto.
Di Ino, di Temari, di Choji, di Naruto e persino della congenita gelosia verso Sasuke, che a distanza di venti anni non accennava a spegnersi.
Gli aveva raccontato della morte di Asuma, della guerra a Konhoa, ed aveva trovato in quella ragazzina pressoche’ sconosciuta una formidabile ascoltatrice… Oltre che un essere in grado di comprenderlo veramente.
Perche’ anche se litigavano continuamente, anche se i loro caratteri erano totalmente opposti e quasi in competizione fra loro, Ise e suo padre erano due anime affini.
Avevano lo stesso modo di pensare, di amare, di gioire e di odiare.
Provavano lo stesso dolore e nello stesso modo lo nascondevano, dietro la loro impenetrabile corazza di orgoglio.
Non parlavano facilmente di loro stessi, ma quando erano soli sentivano di potersi confidare liberamente. Non avevano paura di fraintendimenti, di giudizi sbagliati, di incomprensioni.
Erano la stessa faccia della medaglia…
Anche se ancora faticavano ad ammetterlo.
Avanzavano lentamente, passo dopo passo, in quel territorio nebbioso e sconosciuto che era il termine “famiglia”.
Non sapevano come comportarsi, e il passato non era certo per loro fonte di buoni consigli. Andavano a tentativi, brancolando nel buio.
E stranamente, i risultati erano buoni.
Traballanti, ma buoni.
Ise andava tutti i giorni a trovarlo, spesso per l’ora di pranzo.
Dormiva tuttora da Sakura, dividendosi fra la vita in casa Uchiha e la vita in “casa” Nara.
Beh “casa”…, tugurio caotico e informe sarebbe stata la descrizione piu’ appropriata.
Era rimasta soprattutto per il piccolo Itachi, ma nei suoi piani non prevedeva di fermarsi ancora a lungo da loro. Sakura e Sasuke avevano gia’ fatto tanto per lei, ed ora era arrivato il momento di togliere il disturbo.
L’unico problema che la assillava era proprio il piccolo Uchiha, che non avrebbe mai accettato la sua decisione. Si sarebbe sentito tradito.
E lei ancora non aveva trovato il modo di dirglielo.
Ma non poteva farci nulla… Doveva cominciare a crearsi una vita.
Avrebbe comprato un piccolo appartamento, avrebbe lavorato un po’ di piu’, magari abbassandosi a fare dei lavori un po’ meno richiesti, ma ce l’avrebbe fatta.
E anche Itachi l’avrebbe accettato.
O almeno sperava.
Nel mentre, la piccola Yamanaka concentrava se stessa nel lavoro e nel rapporto con suo padre, e sinceramente fra i due non avrebbe saputo dire quale fosse il piu’ stressante.
Lo andava a trovare sempre a pranzo, durante la sua pausa.
Si divertiva a cucinare con quel bradipo imbranato che in tutta la sua vita aveva imparato a malapena a tagliare le carote, provando ad inculcare in quel sublime cervello un po’ di istinto casalingo.
Con pessimi risultati.
-Mi chiedo come tu abbia fatto a sopravvivere tutti questi anni.- gli disse una volta, dopo che quel demente si era addormentato sul divano lasciando bruciare la zuppa a cui avevano lavorato per ore –Con le capacita’ che hai, saresti dovuto essere morto gia’ da un bel pezzo.-
La ragazza inclino’ la pentola, notando che il cibo si era trasformato in calcestruzzo. Perfetto, un’altra pentola da buttare.
-Eppur si muove, cara. Io sono vivo, zuppa di farro o no.-
-Si, e’ proprio quello che non riesco a capire. Cosa hai mangiato per venti anni? Muschi e licheni?- tiro’ fuori un kunai dalla sacca, cominciando a grattare il cibo.
Shikamaru si sdraio’ sulla poltrona, socchiudendo gli occhi.
-Hmmm, no. Non mi piaccono, rimangono incastrati fra i denti.-
Ise alzo’ un sopracciglio, indecisa se lanciargli la pentola in testa. Prima faceva il danno e poi si permetteva pure di sfotterla?
-Beh guarda, allora domani ti faccio una bella torta di sabbia, cosi’ non la devi neanche masticare. Nemmeno te la faccio scaldare, non vorrei che vetrificasse. Sei riuscito a farlo persino con il farro…- lancio’ un’occhiataccia al fondo cementificato del tegame, vinta.
-Ok, visto che non mi sembri molto affamato, io vado a pranzare da Choji. Sicuramente lui mi dara’ un po’ di soddisfazione, e soprattutto non trasformera’ il cibo in materiale edile.-
Il Nara si stiracchio’, sentendo la parolina magica all’interno del discorso.
Choji. L’unico vero motivo per cui Shikamaru non era finito a mangiare veramente radici e bacche nel corso della sua vita.
-Hmm, vengo anche io.-
-Eh no! Ora tu rimani qui- Ise gli lancio’ in grembo la pentola, il grembiule e una spugnetta –e fai amicizia! Fai ciao alla Signora Pentola, che e’ cosi’ contenta di vederti…-
Shikamaru alzo’ lo sguardo sulla figlia, con un’espressione supplicante.
No, la signora Pentola no.
-Ehm, Ise cara…- comincio’, notando che la ragazza si stava allontanando verso la porta. La biondina si giro’, rivolgendogli un tono stucchevole.
-Siiii Shika?-
-E se io e la signora Pentola facessimo amicizia dopo l’ora di pranzo?-
Lei gli rivolse l’espressione piu’ dolce e amorevole del suo repertorio.
-Ma assolutamente no. Buon lavoro, Shika-kun. Ci vediamo stasera a casa di Sakura.-
Il Nara sgrano’ gli occhi terrorizzato. –A casa di Sakura?-
-Si, ti hanno invitato a cena. Non preoccuparti, ci sara’ anche Choji.- gli rispose lei, percorrendo gli ultimi due metri che la separavano dalla porta. Poi si volto’ nuovamente verso Shikamaru.
-Ah, lo vuoi un mio spassionato consiglio? Mettiti qualcosa di imbottito.-
Gli rivolse un sorriso abbagliante, poi’ usci, sbattendo la porta.
Shikamaru rimase solo, anzi, con una pentola, un grembiule e una spugnetta.
Si, aveva avuto ragione la prima volta.
Quella non era sua figlia. Era un essere crudele.
Tocco’ con un dito la sostanza grigiastra sul fondo della pentola.
-Diamine, che seccatura.-
 
 
Ise usci’ felice e sazia da casa Akimichi.
Choji era stato cosi’ contento di averla come ospite che l’aveva fatta ingozzare fino a scoppiare.
La ragazza penso’ all’allenamento che l’aspettava con Sasuke, ed improvvisamente si senti’ male.
Beh, ma come avrebbe potuto rifiutare quelle prelibatezze? Sarebbe stato un affronto a tutta l’arte culinaria di Konhoa e del paese del fuoco.
E lei non voleva macchiarsi di tale crimine, non da brava e diligente straniera.
Lei aveva il dovere di sperimentare le tecniche del nemico…
Anche se erano a base di pesce e verdure in agrodolce.
Bah, in fondo aveva ancora un’oretta prima dell’allenamento. Sarebbe andata al campo 5 ad esercitarsi un po’ per conto suo, sperando di facilitare la digestione di quel quintale di cibo che ora le appesantiva lo stomaco come fosse piombo.
Si incammino’ soddisfatta, immaginandosi la scena di suo padre alle prese con il disastro che aveva combinato.
Uno spettacolo magnifico.
Presa dai suoi pensieri e ancora immersa nel torpore di quel pranzo devastante, la piccola Yamanaka non noto’ una figura che proveniva dal verso opposto della strada.
Portava fra le braccia una gigantesca pila di documenti sistemati con ordine, e vista l’altezza della torre era costretto ad avanzare alla cieca, affidandosi al buonsenso di coloro che gli camminavano accanto.
Ecco, povero illuso.
I due si scontrarono con forza, in un’esplosione di fogli. Caddero a terra, e senza nemmeno rendersene conto si ritrovarono sommersi da una frusciante marea di carta bianca.
-Ma che..- comincio’ la ragazza, senza rendersi conto di quello che aveva appena provocato. Vide davanti a lei un ragazzo dai capelli neri, con il giubotto dei ninja di Konhoa.
Era sconvolto.
Ise lancio’ un rapido sguardo intorno a se’, comprendendo l’entita’ del danno.
-Ma dove diavolo guardi?!?!- la attacco’ il ragazzo, ancora seduto a terra.
-Scusami, mi dispiace tanto… Ero sovrappensiero…- spiego’ lei, chinando la testa.
Lui sbuffo’ sonoramente, rialzandosi in piedi.
Era molto alto e ben piazzato. Ise stimo’ che la sua eta’ oscillasse fra i venti,  venticinque anni, anche se il viso con un leggero filo di barba lo rendeva piu’ maturo.
Gli occhi erano di un particolare rosso scuro, quasi bordeaux, che lanciavano lampi e fulmini in direzione della povera Yamanaka.
La ragazza si senti’ molto in imbarazzo, sia per il danno sia per il fatto che quel ragazzo stava continuando a fissarla insistentemente. Quindi per nascondere il disagio, prese a raccogliere i fogli caduti, impilandoli in una nuova torre.
-Oh, lascia stare, faccio io. Altrimenti ci metterai una settimana a raccoglierli tutti.- esclamo’ il ragazzo, incrociando le mani a formare un sigillo.
In quel preciso istante un vento leggero si alzo’, riportartando con gesti sicuri tutti i fogli dove Ise aveva cominciato ad impilarli.
Lei lo guardo’ con celata ammirazione.
Quella si che era una gran comodita’.
-Che fai, rimani li’?- le chiese il ragazzo, inarcando il sopracciglio.
Ise si rese conto di essere ancora in ginocchio per terra, e maledicendosi per le figuracce a catena che stava facendo, si rialzo’ frettolosamente.
E quasi non urto’ di nuovo la pila di fogli davanti a lei.
-Ehi ehi ehi! Stai attenta! Una volta puo’ anche bastare, non credi?-
-Ehm si, direi proprio di si. Scusami tanto, io ora vado.- fece per allontanarsi, quando il ragazzo la trattenne per un braccio.
Lei si volto’ con espressione confusa, ed il ragazzo mollo’ subito la presa, un po’ imbarazzato.
-Ehm, scusami se te lo chiedo… Ma chi sei?-
Ise stava quasi per rispondere poco educatamente, quando il ragazzo sembro’ leggere la sua espressione. Alzo’ la mano, in segno di scuse, passandosi l’altra fra i capelli.
-Ok ok, non e’ per essere invadente. E’ solo che tu somigli tantissimo a una persona che non ho mai conosciuto. Beh, nel senso che ho visto…- si impicciava con le parole, tremendamente a disagio -…ma con cui non ho parlato.-
Ise era sempre piu’ confusa, mentre dentro di lei stava salendo una tremenda voglia di mandare quel ragazzo a quel paese.
-Ehm ok, sono contorto. Allora, tu assomigli tantissimo ad una ragazza che ho visto in foto. Ma che non puoi essere tu, visto che oggi dovrebbe avere 40 anni.-
Ise sgrano’ gli occhi, stupita.
Quel ragazzo aveva visto una foto di sua madre?
-E dove hai visto questa foto?-
-A casa mia. Mia madre la tiene sulla credenza, insieme a quella di mio padre.-
La ragazza era sempre piu’ perplessa.
Una foto di sua madre? Sulla credenza di casa sua?
Quello era matto.
Stava vaneggiando di strani concetti, e chissa’ perche’ in quello sproloquio era presente anche sua madre.
-Aspetta, non mi viene il nome ora…- continuava dello strano tizio, continuando a fissarla insistentemente. –Eppure Shikamaru-sensei me l’aveva detto…-
Al suono di quel nome, Ise drizzo’ le orecchie.
-Ehi, fermo. Tu conosci Shikamaru Nara?-
Il ragazzo sorrise, raggiante. –Certo che lo conosco. E’ il mio maestro.-
Oh cavolo, suo padre e quel mentecatto.
Insieme.
Cielo, che accoppiata meravigliosa.
Ma dentro quel cavolo di villaggio, c’era qualcuno che fosse sano di mente?
Ora capiva perche’ sua madre fosse fuggita. Anche lei lo avrebbe fatto, per scappare a quella demenza collettiva.
-C’e’ anche Shikamaru-san in quella foto. Quella ragazza, Shikamaru e…-
-Choji Akimichi.- termino’ lei, con tono quasi scocciato.
Ma chi era quel ragazzo?
-Si, brava! Proprio lui.-
Ise lo squadro’ attentamente, da capo a piedi. Era bello, con un viso armonioso e ben disegnato, ma non gli ricordava proprio nessuno.
-Scusami, ma tu chi saresti?- chiese lei, continuando a fissarlo.
Il ragazzo sorrise, ergendosi in tutta la sua statura. Le porse una mano, gentile.
-Vero, che maleducato. Fare tutte queste domande e poi nemmeno presentarsi. Io mi chiamo Tora, Tora Sarutobi. Mio padre, Asuma, era il maestro di Choji e Shikamaru.-
La ragazza sgrano’ gli occhi, ricordandosi dei racconti di sua madre.
Quello era il figlio dello storico maestro?
La Yamanaka gli strinse la mano, con un’espressione stupita.
-Piacere, io sono Ise, Ise Yamanaka. E mia madre, Ino…-
-E’ la ragazza della foto!- termino’ il ragazzo, ricordandosi improvvisamente il nome che aveva tanto cercato.
Ise sorrise leggermente, ammettendo che quel ragazzo in fondo non fosse cosi’ male. Forse era un po’ impacciato, ma sembrava gentile.
E poi, penso’ lanciando un’occhiata di sfuggita al suo viso sorridente, la incuriosiva.
Beh, quella sera con suo padre avrebbero avuto qualcosa di cui parlare.
Sciolsero la stretta, tutti e due con lo sguardo rivolto altrove.
-Ehm, io devo andare. Sto facendo tardi ad un allenamento- disse lei, particolarmente imbarazzata. Ringrazio’ i suoi geni paterni, che le impedivano di arrossire, perche’ sapeva che altrimenti sarebbe stata dello stesso colore di un peperone.
Lui le sorrise, ugualmente impacciato. Si passo’ una mano fra i capelli, annuendo.
-Certo, scusami se ti ho trattenuta.-
-No anzi, scusami tu per i tuoi fogli… Sono un disastro.-
-Oh, non ti preoccupare… Anzi, meglio che tu li abbia fatti cadere-
A questa frase Ise rispose con un sorriso stentato, senza avere nulla da ribattere.
Fece un mezzo inchino frettoloso, e poi come una furia si volto’, scappando verso il campo di allenamento.
Tora rimase immobile in mezzo alla strada, fissando il punto in cui la ragazza aveva svoltato l’angolo. Aspetto’ alcuni secondi, giusto il tempo per riprendere possesso delle proprie facolta’ mentali, poi si diede del deficiente.
Ma cosa gli era saltato in testa?
Si era comportato come un cretino. Ed ora quella ragazza lo avrebbe sempre ricordarto in quel modo, come un imbranato che non sa nemmeno parlare con una donna.
-Vai Tora, sai sempre farti valere nel momenti giusti.- commento’ ad alta voce.
Riprese la sua gigantesca pila di fogli, incamminandosi di nuovo verso casa.
Fortunatamente non distava molto, e il giovane ninja sperava di non fare di nuovo stani incontri.
Quando finalmente apri’ la grande porta a pannelli del suo salone, poso’ la pila di documenti a terra, esausto.
-Mamma!- chiamo’ a gran voce. –Sono a casa!-
Velocemente si sfilo’ le scarpe, sentendo provenire dalla cucina un rumore di pentole e padelle.
-Tora! Finalmente sei arrivato!- esclamo’ Kurenai, quando finalmente il ragazzo la raggiunse –Ti aspettavo mezz’ora fa… Cosa e’ successo? Naruto ti ha dato del lavoro extra stamattina?-
Il ragazzo poso’ un veloce bacio sulla guancia della madre, rivolgendo la sua attenzione al contenuto delle pentole. Alzo’ uno dei coperchi, rischiando di soffocare a causa di una violenta nube di vapore.
Tossi’ leggermente, richiudendo la pentola. –No, in realta’ oggi dovevo solamente portare all’archivio un paio di documenti. Ma nel bel mezzo della strada ho fatto uno strano incontro…-
-Si? E chi hai incontrato?-
-Te la ricordi la ragazza della foto del Team di Shikamaru-sensei? Quella dove c’e’ anche Choji-san?-
Kurenai si volto’ verso il figlio, particolarmente incuriosita. –Si, perche’?-
-Beh, oggi ho incontrato la figlia di quella ragazza.-
La donna sgrano’ gli occhi, rischiando di far cadere il mestolo che aveva in mano.
-Cosa?- esclamo’ esterrefatta –Ma sei proprio sicuro che fosse lei?-
Lui le sfilo’ il cucchiaio di mano, cominciando a leccarlo come fosse un lecca-lecca. –Hmm,- annui’ –Me lo ha detto lei. Si chiama Ise, e dal suo coprifronte dovrebbe venire da qualche strano villaggio disperso nel nulla. Sicuramente non dalla terra del fuoco.-
Sua madre continuava a guardarlo stupefatta, senza avere il coraggio di credere alle sue parole.
Era cosi’ strano che una donna potesse avere una figlia?
Tora si sedette davanti al tavolo, mentre sua madre cominciava a riempire i piatti, immersa nei suoi ragionamenti.
-Tora?- gli chiese, quando finalmente giunse ad una conclusione.
-Si mamma?-
-La prossima volta che vedi Shikamaru, digli che gli devo parlare.-
Il ragazzo inanrco’ un sopracciglio, perplesso. Sua madre pero’ non volle spiegarsi, continuando a mangiare con calma.
-Ah, un’ultima cosa… Com’era questa ragazza?-
Quella volta fu il turno di Tora a non rispondere, affondando il viso dentro il piatto.
Bella mamma… Dannatamente bella.
 
 
Quella sera a casa Uchiha c’era un gran fermento.
Sakura aveva deciso di organizzare una grande cena in onore della piccola Yamanaka, invitando tutti gli amici piu’ stretti.
C’erano quindi Naruto e Hinata con i loro tre figli, Choji e Shikamaru.
Ise non aveva mai conosciuto la Hyuuga, ma fu piacevolmente colpita da quella donna dal viso cosi’ dolce e calmo che la abbraccio’ come una vecchia amica.
Saluto’ la piccola Kushina, sempre piu’ allegra e solare, che non appena vide Itachi scappo’ al piano di sopra, seguita dai fratellini.
 Suo padre e Choji come al solito erano in ritardo, mentre quel musone di Sasuke sostava accanto alla grande vetrata che dava sul giardino, molto simile ad un avvoltoio impagliato.
-Ehi, buonasera Sasuke-kun!- lo saluto’ Naruto andando ad abbracciarlo.
Ise ridacchio’ silenziosamente alla vista dell’espressione sofferente del povero Uchiha. Sembrava un condannato diretto al patibolo.
- ‘Sera dobe.-
In quel momento qualcuno busso’ alla porta.
-Vado io!- esclamo’ la kunoichi di Taki, diringendosi verso la porta.
-Buonasera!- saluto’ ridente, davanti alla faccia sconsolata di suo padre. Assomigliava veramente tanto a quella di Sasuke.
-‘Sera seccatura.- borbotto’ quello, entrando con circospezione.
Aveva ancora il terrore che qualcuno avesse voglia di fargli la pelle.
-Choji?- chiese la ragazza, stupendosi che il Nara fosse arrivato senza il suo migliore amico. Suo padre alzo’ le spalle, senza mutare di un minimo la sua espressione.
-Non lo so. Arrivera’, non si perderebbe mai una cena..-
Ise chiuse la porta, notando divertita lo sguardo che passo’ fra suo padre e l’Uchiha. L’occhiata fu eloquente, ma i due erano troppo depressi per picchiarsi.
Meglio, penso’ la piccola Yamanaka. Almeno la cena sarebbe stata tranquilla.
E cosi’ fu.
I tre uomini cominciarono a chiacchierare di piu’ e del meno, mentre le tre donnine di casa litigavano con i fornelli, spettegolando a piu’ non posso.
Beh, in realta’ erano solo Sakura e Hinata a spettegolare, ma Ise ascoltava di buon grado, commentando qua e la’ i “gossip” di Konhoa.
Ridevano molto, mentre dal piano di sopra provenivano strilli e urla. Sembrava essersi scatenata la quinta grande guerra.
Si, sembrava proprio una serata tranquilla.
Improvvisamente, dalla porta provenirono due colpi secchi.
-Ehi Shika- chiamo’ Ise, con le mani bloccate da un impasto appiccicaticcio. –Protresti andare ad aprire? Dovrebbe essere Choji.-
Il Nara annui’ e si diresse verso la porta. La spalanco’, gia’ pronto con la sua migliore espressione da stupido-idiota-mi-hai-lasciato-solo-con-l’Uchiha.
Ma non pote’ usarla, perche’ la persona di fronte a lui, purtroppo, non era Choji.
 
 
Choji Akimichi sedeva spensierato nella poltrona di casa sua.
Mancavano solo pochi minuti alle 8, e fra non molto avrebbe dovuto cominciare ad avviarsi verso casa di Sakura. Non era sua abitudine arrivare in anticipo, ma se quella sera avesse ritardato Shikamaru non gliel’avrebbe mai perdonato.
Quindi, meglio prepararsi per tempo.
Sali’ al piano superiore, non accorgendosi di uno strano movimento fuori dalla finestra. Era stato quasi un lampo, come una figura sfocata troppo veloce per l’occhio umano.
E l’Akimichi non la noto’, perso nei suoi pensieri.
La figura all’esterno invece aveva studiato i suoi movimenti. Lo aveva osservato per tutto il giorno, aspettando il favore del buio per mettere in atto il suo piano.
Ed ora che il ninja era salito al piano superiore, era giunto il suo momento.
Corse rapido verso la porta principale.
Poso’ una strana carta sopra i due battenti, sibilando qualche frase incomprensibile.
Si morse un dito, fino a far uscire il sangue, e disegno’ sopra la carta un articolato simbolo.
Bene, prima porta sigillata.
 Ripete’ questo gesto diverse volte, soffermandosi davanti a tutte le entrate della gigantesca casa padronale.
Nei suoi movimenti si leggeva una sorta di folle frenesia, un’impazienza data dalla troppa attesa.
Sigillo’ l’ultima porta, per poi richiudersi la ferita con un semplice gesto.
Bene, era pronto.
Estrasse una candela da sotto il mantello, e con un leggero soffio la accese.
Compi’ un paio di giri intorno alla casa, ultimando gli ultimi preparativi.
Era ormai un animale in trappola.
 Rise, con una nota ossessiva. I suoi occhi brillarono, esaltati, mentre il suo viso si contorceva in una smorfia.
Lancio’ la candela in un cespuglio di rose, proprio sotto alla finestra principale.
Il fuoco avvampo’ istantaneamente, troppo rapido per sembrare normale.
Si innalzo’ furioso, adirato, crepitando malignamente.
Si diresse verso la casa, ed in pochi minuti comincio’ a divorarla. Il legno gemeva, scricchiolando dolorosamente sotto le fauci di quel mostro aranciato, mentre le scintille schizzavano come impazzite in un turbinio di colori.
Le fiamme danzavano ostili intorno alle mura, attaccandole con i loro artigli nel profondo. L’aria comincio’ a farsi irrespirabile, mentre il calore cresceva senza sosta.
La figura osservo’ il fuoco avvolgere le colonne del porticato, mentre da dentro la casa cominciavano a sentirsi i primi rumori d’allarme.
Un ghigno sadico percorse il viso dello sconosciuto, accompagnato da una gioia selvaggia.
Era un animale in gabbia. Non sarebbe potuto scappare.
Fece alcuni passi indietro, per rimirare il meraviglioso spettacolo che aveva creato. La luce delle fiamme saliva su fino in cielo, in un grandioso rogo purificatore.
La figura si volse, allontanandosi nell’oscurita’.
-E con questo, siamo a tre.-
 
 
Shikamaru si ritrovo’ davanti un giovane ninja, che si appoggio’ allo stipite, trafelato. Crollo’ a terra, tentando di riprendere fiato, e il Nara noto’ che le sue mani erano sporche di fuliggine.
Naruto e Sasuke videro la scena, e si avvicinarono immediatamente.
-Raion,- lo chiamo’ Naruto, sollevando il ragazzino in piedi –Raion, cosa e’ successo?-
Il ragazzino, a malapena quattordicenne, alzo’ lo sguardo spaventato verso il viso dell’Hokage.
-Hanno dato fuoco a villa Akimichi. E Choji-sama e’ ancora dentro.-
Per Shikamaru fu come ricevere un pugno nello stomaco.
Choji era ancora dentro?
-Ehi, ragazzino.- fece il Nara, voltando lo sguardo verso il piccolo genin. –Da quanto tempo e’ la dentro?-
Raion scosse il capo, con lo sguardo addolorato.
Naruto non fece nemmeno in tempo a volgere la testa, che gia’ Shikamaru era partito. Scomparve nell’ombra, senza nemmeno dire qualcosa.
Corse, corse a perdifiato.
Con il terrore negli occhi e nel cuore.
Di nuovo.
 
 
 
 
 
 
 
 



Ixia’s_____________________________
Salve! :D
Allora, con questo capitolo vi annuncio che sono finiti i nuovi personaggi.
Ise, Itachi, Kushina e Tora… (Che a proposito, significa “Tigre”) Il gruppo e’ finalmente al completo.
Allora, che ne dite?
Lo scorso capitolo da quanto ho capito non vi e’ piaciuto molto, ma spero che con questo io sia riuscita a riattirare la vostra attenzione. (O no?)
Fatemi sapere, dipende tutto da voi se continuero’ ad aggiornare. :D
Ringrazio sempre chi mi segue, chi legge e soprattutto chi recensisce. Alla prossima! (Mardì! xD)
Kisses
 
Ixia

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***






Cosa faresti, piccolo genio, se il tuo mondo venisse attaccato?
Se quel dolce rifiugio di piuma venisse avvolto da fiamme?
Se coloro che ami soccombessero a causa tua?
 
Avresti finalmente il coraggio di uscire a combattere in prima linea?
Avresti per una volta il coraggio di salvarli?
Avresti davvero la forza di morire?
 
 



Shikamaru Nara riposava silenziosamente, svaccato su una scomoda sedia arancione della sala d’aspetto dell’ospedale di Konhoa.
Appoggiava la nuca contro le piastrelle fredde, nascondendo dietro le palpebre gli occhi feriti dalle luci al neon.
Erano dieci ore che si trovava in quella scomoda posizione. Mani in grembo, schiena contro il muro e gambe leggermente divaricate, che gli conferivano un’aria scomposta. Fumava come una ciminiera, nonostante diverse infermiere gli avessero intimato di smetterla.
Ma a lui, letteralmente, non gliene fregava un cazzo.
Che facessero il loro lavoro, invece di stare li’ a infastidirlo.
Che guarissero Choji, e lui avrebbe smesso di fumare in quella stanza.
Anzi, avrebbe proprio smesso di fumare dentro quel cavolo di ospedale.
Basta che glielo avessero ridato.
Ma quelle infermiere erano stupide, e i medici di Konhoa troppo lenti.
Erano passate dieci ore, e di Choji non si sapeva ancora nulla.
Shikamaru si accese l’ennesima sigaretta, inondando di nuovo la stanza con l’odore pungente del tabacco bruciato.
Accanto a lui, con la schiena contro la sua spalla e le gambe sulla fila di sedie vuote, stava sua figlia, Ise.
Shikamaru giocava sovrappensiero con alcune ciocche dei suoi capelli, stando bene attento a non farle male. Lei si era lievemente assopita, la nuca bionda appoggiata al muro di fianco.
Era rimasta con lui tutta la notte. Non lo aveva abbandonato un istante.
Aveva contribuito a spegnere l’incendio, a rompere i sigilli, a prestare all’Akimichi i primi soccorsi. Aveva parlato con i medici e litigato con le infermiere, tenendole lontane dalla furia omicida di suo padre.
Lo aveva lasciato giocare con i suoi capelli, e si era appoggiata a lui quando, distrutta, si era abbandonata al sonno.
La sua presenza aveva avuto sull’animo di Shikamaru lo stesso effetto di un balsamo, calmandolo e contenendolo nei suoi devastanti scatti d’ira.
Il fatto di avere sua figlia accanto lo aveva sostenuto, impedendogli di fuggire fuori dal villaggio a cercare quel bastardo che aveva ridotto Choji in quel modo.
Oh si, lo avrebbe volentieri fatto a pezzi.
Ma la fermezza con cui sua figlia gli aveva parlato, le sue parole e la sua determinazione lo avevano fatto tornare indietro sui suoi passi.
Salvandolo da una missione suicida.
E cosi’, il tempo era passato.
La sala d’aspetto era stata chiusa agli altri pazienti, trasformandosi nella gabbia privata di Shikamaru Nara. A turno tutti gli amici piu’ cari erano passati a salutarlo, per mormorare delle parole di conforto a quella specie di statua di sale che non li degnava nemmeno di uno sguardo.
Si limitava a fumare, fissando un punto indefinito sul soffitto con aria annoiata.
Molti si erano stupiti di trovare quella ragazzina bionda accanto a lui, che in piu’ sembrava essere l’unica a riuscire a interagire con quella sottospecie di gargoyle.
La stanza si era trasformata in un bivacco, mentre ancora nessuno di era degnato di avvertire quei due poveracci delle condizioni del ricoverato.
Era una situazione di impasse… E loro non potevano fare altro che aspettare.
Intanto i mozziconi continuavano ad aumentare, mentre un sole rosso sorgeva attraverso la piccola finestrella sul lato est della stanza. La sua luce era fastidiosa, quasi quanto il neon, e si gettava direttamente su i muscoli contratti della mascella del genio della foglia.
Stupido sole, gli bruciava gli occhi.
Il Nara chiuse le palpebre, alla ricerca della tanto sospirato oblio. Che, ovviamente, non venne.
Per un attimo invidio’ sua figlia, che nonostante le sedie scomode, la luce, i rumori e il freddo (si, in quella stanza faceva davvero freddo) era riuscita a dormire.
Lui al massimo era riuscito ad annebbiarsi la mente, portandola in uno stadio di dormiveglia inconsapevole, ma che aveva avuto come unico effetto quello di aumentargli il malditesta.
Senti’ uno scalpiccio avvicinarsi, e di scatto spalanco’ gli occhi.
La porta venne aperta, e poi subito richiusa.
Era Sakura.
Ise si ridesto’, svegliata dal rumore, e volse subito l’attenzione alla nuova arrivata, perfettamente lucida. Era lei ad avere in cura Choji.
-Allora Sakura-sama, novità?-
La donna annui’, tenendo in mano una cartella clinica.
Shikamaru assottiglio’ gli occhi, ciccando per terra la sigaretta ancora non del tutto finita.
-Allora, la prima cosa da dire e’ che Choji non e’ piu’ in pericolo di vita.-
Ise trasse un sospiro di sollievo. Vide i muscoli della mascella di suo padre rilassarsi, dopo dieci ore di continua contrazione.
-Pero’ le sue condizioni rimangono gravi. Ha riportato numerosissime ustioni su tutto il corpo, mentre i polmoni sono stati danneggiati dal fumo. Ma fortunatamente Choji e’ un uomo molto resistente, e penso che dopo una settimana in terapia intensiva e due di convalescenza potremo dimetterlo.-
All’interno della sala calo’ un silenzio carico di significato.
Le due donne si scambiarono un’occhiata eloquente, consapevoli delle condizioni di Shikamaru. Era al limite, non avrebbe retto ancora per molto.
Infatti si alzo’, e senza dire nulla ne’ a Sakura ne’ alla figlia usci’ dalla sala.
Un minuto dopo lo videro fuori dalla finestra correre chissa’ dove, alla ricerca di un posto dove sfogare la sua frustrazione.
-Non sarebbe meglio mandare qualcuno a controllare che non scappi? Non vorrei che andasse a cercare il responsabile di tutta questa storia…- disse Sakura, sedendosi accanto alla piccola Yamanaka.
Lei lancio’ uno sguardo fuori dalla finestra, nella direzione in cui era scomparso suo padre. Poi le sorrise, con lo sguardo di chi la sapeva lunga.
-Non ti preoccupare Sakura-sama, tornera’. Voi pensate a fare stare meglio Choji-san, e lui pensera’ a far stare meglio se stesso.-
Sakura sorrise di rimando, riconoscendo nella piccola Ise una scena gia’ vista in passato.
-Hai ragione… Tornera’.- le scompiglio i capelli, e si alzo’, dirigendosi verso la porta. Poi, come presa da un ultimo pensiero, si arresto’, rivolgendosi alla ragazza.
-Ehi Ise?-
-Si?-
-Riposati anche tu, ne hai bisogno. Sei stata bravissima.-
La ragazza annui’, con lo sguardo basso perso chissa’ in quale ricordo.
La Haruno usci’ dalla stanza, immersa anche lei in un passato dimenticato.
 
-Ehi Ino, perche’ Shikamaru non e’ venuto al funerale? Non pensi che dovremmo andare a cercarlo?-
-No frontespaziosa… Lui e’ fatto cosi’. Ha bisogno di stare da solo… Ma ne sono certa, tonera’.-
-Come fai ad esserne cosi’ sicura?-
-Lo so e basta. Lui tornera’.-
 
 
 
Il giorno dopo Naruto ricevette una visita nel suo ufficio da Hokage.
Sapeva che sarebbe venuto, ed infatti si era tenuto pronto per il suo arrivo.
-Buongiorno Shikamaru. Questi sono i moduli che ti servono.-
Il Nara non batte’ ciglio, mantenendo la sua espressione concentrata.
-Voglio una squadra Naruto. E voglio potermela scegliere.-
L’Hokage annui’, porgendogli i documenti che aveva preparato quella mattina in vista della visita del Nara.
–Eccola. Devi solo inserire i nomi e sarete operativi.-
Shikamaru prese in mano i fogli, attento.
-Voglio il mio allievo.-
Naruto scrisse.
-Voglio mia figlia.-
La penna si mosse veloce.
-E voglio Choji. Ovviamente quando sara’ uscito dall’ospedale.-
Naruto guardo’ e tre nomi scritti sul foglio, e ridacchio’.
-Sasuke non sara’ per niente contento di questo spostamento. Sai, Ise e’ nella sua squadra.-
-Non me ne frega niente. Voglio mia figlia.-
-E l’avrai, non ti preoccupare. Piu’ che altro, mentre Choji e’ in ospedale, saro’ lieto di aiutarti. Certo, non potro’ venire in ricognizione, ma mi farebbe piacere che le riunioni fossero fatte in mia presenza. E che magari mi tenessi al corrente dello sviluppo delle indagini.-
Il Nara annui’, chinando il capo con gratitudine.
-Grazie Naruto.-
-Di nulla Shika. Ora vai a chiamare la tua nuova squadra, avete molto di cui discutere. Hai gia’ qualche idea?-
Negli occhi di Shikamaru passo’ un lampo buio. –Si, direi proprio di si.-
-Allora buon lavoro. E mi raccomando, non fare stupidaggini.-
Il Nara abbandono’ per un istante la sua maschera di indifferenza, tirando le labbra in una pallida imitazione di un sorriso.
-Che detto da te, Naruto, sembra quasi un paradosso.-
 
 
La squadra era pronta.
Tre ninja: uno stratega e due ragazzi, di cui una straniera.
Non proprio il miglior team di Konhoa, pensavano molti vedendoli passare.
O almeno, non quello che ci si sarebbe aspettati di vedere alle calcagna di un nukenin cosi’ potente.
Forse, ma spesso le apparenze potevano trarre in inganno.
Ise, Shikamaru e Tora camminavano per le strade di Konhoa, in silenzio.
Il Nara avanzava davanti agli altri, immerso nel vorticare dei suoi pensieri.
Gli altri due, invece, camminavano affiancati, ancora increduli di essersi ritrovati in quella strana circostanza.
Scelti per una missione di classe S, apparentemente senza alcun criterio e senza alcuna motivazione. Nessuno aveva spiegato loro precisamente quale sarebbe stato il loro obiettivo, ne’ a cosa sarebbe servita la loro presenza in quella strana squadra.
Seguivano solamente il genio di Konhoa, senza nemmeno avere il coraggio di parlare l’uno con l’altra.
Ognuno era perso nel filo dei suoi pensieri senza la speranza di uscirne.
Cosa aveva in mente di fare Shikamaru?
Arrivarono davanti a casa Akimichi, e finalmente il genio interruppe i suoi ragionamenti.
-Bene ragazzi, vi ho fatti chiamare per un motivo. Voi siete stati scelti, insieme a Choji e me, per fare luce sui recenti avvenimenti accaduti qui a Konhoa.-
Indico’ la carcassa carbonizzata di Villa Akimichi, mantendendo una calma glaciale.
-Non siete stati scelti, come credete, senza un criterio. Ma su esigenti parametri di logica, strategia e potenza. Inoltre per motivi di affinita’ caratteriale, visto che non voglio che stupidi impedimenti come antipatie e litigi possano rallentare la squadra. Capito?-
-Capito.- fecero i due all’unisono.
Allora era cosi’ suo padre in battaglia, penso’ Ise. Sembrava quasi un’altra persona.
-Allora, ora voglio che facciate una ricognizione qui intorno. Cercate indizi, dettagli, sfumature che agli altri potrebbero sfuggire ma che per noi sono fondamentali.- I due ragazzi annuirono, attenti. –Avete un’ora. Poi ci rivediamo al palazzo dell’Hokage, per discutere. Buon lavoro.-
Il Nara si giro’, e scomparve all’interno dei vicoli. I due ragazzi si lanciarono un’occhiata confusa, senza dirsi nulla.
-Io prendo l’ala nord.- commento’ Ise, dopo alcuni secondi.
-Allora io quella sud.- le rispose il ragazzo –chi trova qualcosa, chiama. Ok?-
-Ok.-
E partirono. Confusi, ma comunque contenti di poter fare qualcosa di utile.
Svolgevano il loro lavoro con una cura maniacale, non tralansciando nemmeno il piu’ piccolo granello di polvere o fuliggine.
Per entrambi Choji era un amico, una persona cara.
Per Tora era sempre stato come uno zio, mentre per Ise era stato una delle poche persone ad accettarla in quello strano paese di pazzi.
Era ovvio che volessero trovare il colpevole piu’ in fretta possibile.
Continuarono a cercare ancora per diversi minuti, notando entrambi dei curiosi particolari intorno alla casa.
C’era una striscia bianca sull’erba che circondava l’edificio.
Era sbiadita, nascosta dalla cenere e dalle maceria, ma comunque inconfondibile agli occhi dei due ninja.
Tora si accovaccio’, sfiorando con la punta delle dita la linea chiara tracciata sul terreno.
Sbagliava o quella era cera?
-Ise!- chiamo’, mettendo in una boccetta un pezzettino di quella sostanza. L’avrebbe mandata subito in laboratorio a farla esaminare.
La ragazza atterro’ alle sue spalle con un tonfo leggero.
-Cosa c’e’? Trovato qualcosa?-
Tora gli indico’ la striscia disegnata sull’erba –L’hai vista questa?-
Lei annui’ –Si, e’ tutta intorno alla casa. Sembra quasi che qualcuno abbia voluto marcare il territorio.-
-Potrebbe essere. Hai trovato qualcos’altro?-
-Si. Ho trovato questa- mostro’ al ragazzo una carta-sigillo bruciacchiata e sporca di sangue. –E poi un’altra cosa. Ma devi venire a vederla, e’ veramente strana.-
Il ragazzo la segui’, fino ad arrivare davanti a quella che una volta era stata la porta principale.
Per terra, proprio davanti al portico crollato, era stato disegnato un ideogramma.
-Cosa significa?- chiese lui, non riuscendo a distinguere le linee.
-Non ne sono sicura, ma penso che significhi il numero 3.-
-Il numero 3? Ma che razza di significato e’?-
La ragazza alzo’ le spalle, chinandosi a prelevare un campione del disegno.
-Non ne ho la piu’ pallida idea. Lo chiederemo a Shikamaru. Pensi sia la stessa sostanza che ha usato per tracciare quella linea intorno alla casa?-
Tora si avvicino’ ad esaminare l’ideogramma.
-Si, penso proprio di si. Tu comunque prendi un campione, tanto per sicurezza. Lo porteremo oggi stesso al laboratorio.-
Ise assenti’, riponendo il campione nella sacca dietro la schiena.
-Un’ultima cosa…- esclamo’ Tora, cominciando a camminare intorno alla casa, seguendo la linea bianca tracciata a terra. –Secondo te dall’alto avra’ un senso?-
Ise aggrotto’ la fronte, incerta.
-Non lo so. Considerando quanto e’ grande la casa, dovremmo guardare da un posto molto elevato.- si guardo’ intorno, alla ricerca di qualche albero –ma qui non mi sembra ci sia qualcosa di abbastanza alto. Forse dovremo salire sul monte degli Hokage.-
Tora scosse la testa, sogghignando. –No, e’ troppo lontano. Io ho un’idea migliore.-
-E quale sarebbe?- chiese la biondina, guardando il ragazzo formare un sigillo con le mani. Memore della tecnica che gli aveva visto usare al giorno prima, fu assalita da un brutto presentimento.
-Suiran Reppū!- grido’ il ragazzo, irrigidendo di scatto il corpo.
Una gigantesca folata di vento si alzo’ all’improvviso, scaturendo dal nulla.
Ise si senti’ sollevare, mentre vedeva il corpo di Tora innalzarsi sicuro verso l’alto.
-Toraaa!- grido’, mentre il vento la sbalzava malamente in aria.
Ma cosa diamine stava facendo?
Tento’ di rimettersi dritta, mentre il vento la trascinava sempre piu’ lontano dal suolo, con una potenza devastante. Senti’ l’eco della risata del ragazzo, e imprecando contro la demenza del suo nuovo compagno di squadra, fece una leggera capriola, riuscendo a tornare in posizione eretta.
Quel ventaccio traballava in maniera incontrollabile!
Stupido di un Tora, lo avrebbe volentieri affogato!
-Ehi Ise!- grido’ il ragazzo, distogliendola per un attimo dai suoi problemi di equilibrio. –Guarda!-
Lei abbasso’ lo sguardo, seguendo la direzione indicata dagli occhi del compagno. E rimase esterrefatta.
Beh, in fondo Tora aveva fatto bene a portarla lassu’. Altrimenti non avrebbe mai creduto a quello che, in quel momento, gli si presentò davanti agli occhi.
 
 
-Un cerchio.- ripete’ Shikamaru, rivolto ai due ragazzi. –Un cerchio disegnato intorno alla casa.-
La squadra era riunita nell’ufficio dell’Hokage per un primo confronto.
-Si, e visibile solamente dall’alto.- rispose il giovane Sarutobi, tracciando una circonferenza intorno alla foto della casa di Choji. -Fatto di cera, e geometricamente perfetto. Sembra quasi impossibile che sia stato tracciato da terra.-
-Hmm, e voi come lo avete visto?-
Tora ridacchio’, lanciando un’occhiata alla figura di Ise. In quel momento aveva i capelli ridotti ad una criniera leonina. –Ho fatto vedere ad Ise il mio Suiran.-
La ragazza represse in ringhio, incrociando le braccia al petto.
-Potevi uccidermi, idiota.-
Naruto ridacchio’, mentre Shikamaru continuò a fissare i campioni che i due ragazzi avevano riportato da villa Akimichi. Prese la carta-sigillo, osservandola attentamente.
-E questa?-
Quella volta fu Ise a rispondere –L’ho trovata accanto ad una delle porte. E’ un sigillo potente, non molto usato nella terra nel Fuoco. E’ diffuso soprattutto nella terra dell’Acqua. Credo che il nemico l’abbia utilizzata per bloccare tutte le uscite della casa, per tagliare a Choji le vie di fuga.-
Shikamaru annui’, continuando ad analizzare gli indizi poggiati sulla scrivania dell’Hokage. Il suo sguardo si fermo’ sull’ultimo oggetto, confuso.
Sollevo’ il piccolo pezzo di carta –Cosa significa?-
Ise e Tora si scambiarono uno sguardo, poi la ragazza si fece avanti.
-Quello e’ l’ideogramma che abbiamo trovato davanti alla porta della villa.-
Shikamaru lo fisso’ per alcuni minuti, perso nei suoi ragionamenti.
-C’e’ qualcosa che non quadra.-
-Cosa?- chiese Naruto, avvicinandosi per vedere il disegno.
-E’ come se mancasse un pezzo. Qui c’e’ scritto 3, ma noi abbiamo avuto solamente due attacchi. Come puo’ essere?-
Ise aggrotto’ la fronte, perplessa. –Due attacchi? E quale e’ stato il primo?-
Tora fece un passo avanti, fissando il suo maestro negli occhi.
-Non vorrai dire…-
-Si, penso proprio che non ci sia altra spiegazione.-
Il ragazzo si volto’ verso la kunoichi, con il volto congestionato dalla rabbia.
-Un mese fa la tomba di mio padre e’ stata distrutta.-
Ise sgrano’ gli occhi, incredula.
Veramente?
-Ma non siamo sicuri che le due cose siano collegate. In fondo, e’ passato molto tempo fra i due attacchi, e poi questa volta il nemico fa riferimento ad un terzo che non c’e’ mai stato. Stiamo imboccando la strada sbagliata.- riflette’ Shikamaru, riponendo il foglietto sulla scrivania di Naruto.
-Deve esserci un particolare che ci e’ sfuggito.-
-Aspetta Shikamaru.- lo interruppe l’Hokage –Tu mi stai dicendo che secondo te gli attacchi sono collegati. Ma a che scopo? Un attacco alla foglia?-
Shikamaru scosse il capo. –Un attacco al team 10. Una sfida nei miei confronti, suppongo.-
Ise comincio’ a provare una strana sensazione. Le sembrava quasi di aver dimenticato qualcosa di tremendamente importante.
-Prima Asuma, poi Choji. Sembra proprio che il nemico abbia un conto in sospeso con il nostro vecchio team… Ma deve esserci qualcosa che non abbiamo calcolato. E sembra che il nemico stia tentando di farcelo presente. Per questo ci sta lasciando questi indizi. Il cerchio, il 3, e questa.-
Shikamaru sfilo’ dalla tasca del giubotto una bustina di plastica, e la lancio’ sulla scrivania, insieme agli altri oggetti.
-Cosa e’?- chiese Tora, mentre Ise si avvicinava per esaminarne il contenuto.
-E’ l’indizio lasciato fra le macerie della tomba di tuo padre. Sono stato io a trovarlo, ma ancora non riesco a capire quale sia il suo significato.-
-Pensi sia legato allo stesso concetto del numero 3?- chiese Naruto, attento.
-Penso proprio di si, ma non so con precisione quale sia.-
-Lo so io.-
I tre uomini smisero di parlare, voltandosi di scatto verso la biondina, che aveva parlato.
Ise aveva il volto cereo, e stringeva delicatamente l’indizio fra le sue mani.
-So io cosa significano questi indizi. E so anche chi e’ il nostro uomo.-
Shikamaru le lancio’ uno sguardo confuso, tentando di capirla.
-E chi sarebbe?-
La ragazza poso’ lo sguardo su quella delicata cosmea arsa dal fuoco.
-L’uomo che sta attaccando Konhoa e’ lo stesso che ha ucciso mia madre.-
 
 
-COSA?- esclamo’ Shikamaru, quando Ise ebbe finito di raccontare.
-Perche’ non mi hai mai raccontato questa storia?-
Ise scosse la testa, piu’ confusa di lui. –Perche’ non pensavo potesse essere utile! Io ho ucciso quell’uomo! Ne sono sicura!-
Nella stanza albergava un forte clima di tensione.
Ise era seduta su una sedia, di fronte alla scrivania dove Naruto la ascoltava pensieroso. Tora rimaneva con le spalle appoggiate ad una delle grandi finestre, mentre Shikamaru camminava avanti e indietro per la stanza.Sembrava aver perso il suo proverbiale sangue freddo. Quella storia lo stava facendo letteralmente impazzire.
Ino, Asuma, Choji…
Quante ancora sarebbero stati le vittime di quegli attacchi?
Ise, dal canto suo, era sconvolta. Non riusciva a capacitarsi di quella verita’ che  un secondo prima le era saltata agli occhi in maniera cosi’ semplice.
Tre attacchi.
Sua madre, il suo maestro, e il suo compagno di squadra.
Nulla di piu’ facile, di piu’ semplice, di piu’ lineare. Strano che non le fosse venuto in mente prima.
Ma c’era solo un piccolo particolare che non quadrava con quella storia.
Lei aveva ucciso quell’uomo. Aveva sentito lo schiocco del suo collo, lo aveva visto accasciarsi senza vita davanti ai suoi occhi.
Non poteva essere lo stesso.
-Forse potrebbe non essere lo stesso uomo che ha ucciso tua madre, Ise.- esclamo’ Tora, dopo un lungo periodo di silenzio. Ise si volto’ di scatto a guardarlo, per sottolineargli l’ovvieta’ di quella situazione.
Sua madre ERA il terzo attacco.
Tora capi’ subito quello che stava per fare, e levo’ una mano, per chiederle di tacere. –Si, aspetta Ise. Sono assolutamente sicuro che tua madre sia collegata a questa faccenda, ma sto dicendo che secondo me non e’ stato lo stesso uomo che fisicamente l’ha uccisa a compiere questi ultimi due attacchi. Penso che la motivazione sia la stessa, la stessa vendetta, ma penso che fisicamente-il ragazzo sottolineo’ la parola -l’uomo non sia lo stesso.-
-Stai parlando di un gruppo di persone?- chiese Shikamaru, nuovamente calmo.
Quello spiraglio di razionalita’ lo aveva quasi tranquillizzato.
Il giovane ninja annui’. –Si, secondo me e’ cosi’. Sono piu’ persone. Forse due oppure adesso solo una, che hanno un conto in sospeso con te, sensei. Ci tengono a firmare il loro operato, perche’ vogliono che tu li veda. Vogliono che tu li odi.-
Tora mosse alcuni passi in mezzo alla stanza, preso dalla sua spiegazione. –Ti stanno attaccando nei tuoi punti deboli, nel tuo passato. Attaccano i tuoi vecchi compagni di team, il tuo maestro, e chissa’ chi altro sceglieranno. Ti vogliono far soffrire… Questa e’ una vendetta.-
Shikamaru abbasso’ lo sguardo, consapevole. –Si, l’avevo capito. Ma io non riesco a ricordarmi nessuno in particolare… Noi del team 10 abbiamo affrontato molte missioni. Ci siamo fatti molti nemici, io più degli altri. Potrebbero essere centinaia di persone.-
-Quando mamma l’ha visto, era spaventata.- lo interruppe Ise, persa nei ricordi.
Suo padre si volto’ a guardarla, invitandola con lo sguardo a continuare.
-L’ha riconosciuto, ed ha capito subito quali fossero le sue intenzioni… che lei sarebbe stata la vittima di una vendetta.-
Ise lancio’ uno sguardo addolorato al padre, che la ascoltava rigido come una statua. –Lei sapeva che sarebbe morta per farti soffrire.-
Nella stanza calo’ un silenzio carico di tensione, con il Nara al centro, rigido come una statua. Strinse le nocche tanto da farle sbiancare, senza pero’ emettere un suono.
-Devo fermarli.-
Tora scosse il capo –No sensei, e’ quello che vogliono. Vogliono che tu perda la testa, in modo da essere un bersaglio facile. Dobbiamo prima capire chi siano per affrontarli. E per questo ci serve tempo.-
-Non posso lasciare che questo massacro continui.- rispose in un soffio.
Non poteva lasciare che qualcun altro si facesse male a causa sua.
Ino era gia’ morta.
La sua Ino.
Per colpa della sua vigliaccheria.
E anche Choji era stato coinvolto. Il suo migliore amico.
Alzo’ lo sguardo colmo di frustrazione, e lo poso’ verso la fragile figura che gli sedeva davanti.
Sua figlia…
Non poteva permettere che qualcuno le facesse del male.
Non adesso che era riuscito a ritrovarla.
Strinse ancora di piu’ i pugni, sentendo le unghie affondare con violenza nei suoi palmi.
-Non voglio che altra gente muoia.-
Chiuse gli occhi, tentando di gestire quel senso di rabbia e impotenza che gli stava montando dentro. Gli sembrava di essere tornato a un giorno di tanti anni fa, quando aveva lasciato che il suo maestro fosse ucciso davanti ai suoi occhi.
Anche quella volta qualcuno si era sacrificato per lui. E lui non aveva potuto fare nulla per impedirlo.
Era veramente cresciuto?
Era veramente diventato un uomo?
A lui non sembrava molto.
Era sempre lo stesso debole e impotente vigliacco.
Non era cambiato nulla, a distanza tutti quegli anni.
Ripenso’ al sorriso di Ino, alla sua voce, alla dolcezza del suo tocco.
Lei era morta.
Per colpa sua.
Improvvisamente, senti’ un tocco leggero sulla guancia.
Apri’ gli occhi di scatto, con uno sguardo pieno di frustrazione.
Davanti a lui sua figlia lo guardava con i suoi immensi occhi di cielo, colmi della sua stessa impotenza.
-Non e’ stata colpa tua.- sussurro’.
-Non fare idiozie, ascolta Tora. Lui ha ragione. Vogliono ucciderti, vogliono vendicarsi di te nel peggiore dei modi. Non dargliene la possibilita’…-
Shikamaru scosse il capo con violenza, pronto a ribattere.
Lei gli strinse il braccio con forza, catturando la sua attenzione.
-Ti prego. Non voglio perdere anche te.-
Il Nara rimase scioccato, immobile come una statua.
La ragazza allento’ la presa, abbandonando il braccio lungo il corpo, e senza nemmeno degnare i presenti di uno sguardo usci’ dalla stanza, allontanandosi.
Tora la segui’, lanciando un’occhiata eloquente all’Hokage.
Quando i due furono rimasti soli, Naruto si avvicino’ alla figura dell’amico. Gli pose una mano sulla spalla, guardandolo negli occhi.
-Li proteggeremo Shika. Non glieli faremo sfiorare nemmeno con un dito. Pero’ tu intanto non fare sciocchezze… Ora hai anche qualcun altro che dipende da te.-
Il Nara annui’, senza proferir parola.
Poi usci’ dalla stanza, lasciando Naruto solo nel suo ufficio.
Il settimo Hokage lancio’ uno sguardo fuori dalla finestra, sentendosi sconfitto.
Si presagiva un periodo scuro.
Anzi, nero.
 
 
 
Tora scese di corsa le scale del palazzo, aprendo con forza la porta.
Raggiunse la ragazza sotto la magnolia, che stava seduta su una panchina giocherellandon con un kunai.
-Attenta, ti potresti tagliare.- fece quello, sedendosi accanto alla biondina.
Lei lo fece volteggiare fra le dita con una destrezza impeccabile, poi lo strinse nel palmo, e glielo porse.
-Va bene. Tienilo tu.-
Lui lo prese, e lo ripose fra i suoi.
–Stai bene?-
Lei annui’, scostandosi la frangia bionda dal viso.
-Si. Non ti preoccupare.- sorrise leggermente.
Lui si alzo’, sentendo il suo sguardo addosso. Si giro’, rispondendole con un sorriso luminoso.
-Ehi,- la sua espressione si fece vivace -ti va di fare un giro?-
Lei lo guardo’ un secondo, senza rispondere.
Poi acquistò un’aria di sfida, mettendosi in piedi davanti all’alta figura del ragazzo.
-Va bene. Ma solo se mi prometti che non userai mai piu’ quella tecnica infernale.-
Lui rise, mentre lei lo precedeva con passo svelto.
-Ma cosi’ mi togli tutto il divertimento!-
La ragazza si volto’, facendogli la linguaccia.
-Ti dovrai abituare, caro. Io sono una grandissima guastafeste.-
 
 
 
 
 
 
 




Ixia’s___________________________
Salve!!
Ehm, si, lo so, sono in un ritardo gigantesco.
Ma come molti di voi sapranno questo è il periodo peggiore dell’anno per scrivere una fic…
Quindi purtroppo sarò un po’ più lenta con gli aggiornamenti.
Beh, questo è un vero e proprio capitolo di passaggio. Spero di non avervi annoiato, ma la matassa sta cominciando a dipanarsi.
Ormai non manca molto.
Ringrazio di cuore le 4 ragazze che mi hanno recensito l’ultimo capitolo, cioè Hikari93, Kyda94, Klio e Kin Yourichi.
Invito chi invece non lo ha mai fatto a lasciare un parere sulla storia! Vorrei tanto sapere cosa ne pensate. :D
 
Finisco, con un ultima cosa.
Visto questo mio gigantesco ritardo e visto che l’ultima volta avete apprezzato i miei disegni, ho deciso di farmi perdonare…
Ecco qui Kushi-chan! ^^
 
 
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Beh, allora alla prossima!
Io aspetto solo i vostri commenti! :D
 
Bisoux,
Ixia

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***









Quella mattina Ise ed Itachi avevano intenzione uscire presto.
Il bambino infatti aveva in programma una gita al palazzo dell’Hokage, e non voleva assolutamente arrivare in ritardo.
Prese infatti tutte le precauzioni necessarie: sveglio’ Ise all’alba, le proibi’ di fare colazione e le nascose i vestiti, con la speranza che decidesse di uscire in pigiama.
Purtroppo per lui la ragazza non fu molto contenta della sua ultima trovata, visto che quella mattina avrebbe dovuto lavorare e non poteva assolutamente farlo in vestaglia.
-ITACHI!- ruggi’, rischiando di svegliare quei due paciosissimi e felicissimi genitori che avevano trovato in lei la soluzione di tutti i loro problemi –Brutto mostriciattolo! Dove sono i miei vestiti?-
Il ragazzino si nascose dietro al divano, notando un’inquietante somiglianza fra la biondina e sua madre. –Dai Ise-san! Cosi’ facciamo tardi! Rimani cosi’, tanto sei carina lo stesso!-
La ragazza lo rincorse, acciuffandolo per la collottola e sollevandolo con un braccio.
-Senti brutto gnomo lobotomizzato, se non fai apparire i miei vestiti entro dieci secondi giuro che ti chiudo nel mio armadio e ti sigillo. Poi vediamo se farai tardi.- gli occhi della ragazza lanciavano fiamme.
Itachi degluti’.
In quel momento qualcuno busso’ alla porta.
-Aaaaargh!- ringhio’ la ragazza, lasciando andare il piccolo Uchiha. Apri’ la porta di scatto, piena di istinti omicidi verso il prossimo –Che vuoi?-
Davanti a lei apparve la figura sorridente di Tora.
Ovviamente, era perfetto. Uniforme impeccabile, viso luminoso e i capelli volutamente lasciati liberi di ricadere sugli occhi. Osservava Ise con sguardo divertito, soffermandosi soprattutto sulla cascata bionda che le avvolgeva il viso, scomposta.
Con quei capelli era molto simile ad una leonessa.
-Wow, e’ questa la vera uniforme delle kunoichi di Taki?- Commento’ lui riferendosi alla vestaglia di seta che la ragazza portava sopra il pigiama leggero.  –Dovresti indossarla piu’ spesso. Ti dona.-
La ragazza gli rivolse un’occhiata omicida. –Zitto idiota. Itachi mi ha rubato i vestiti e non me li vuole restituire.-
-Bah, per me puoi rimanere anche cosi’. Pero’ non so se quella vestaglia sia comoda per i movimenti… Dovrei provare.-
Ise si trattenne dal mollargli un cazzotto, limitandosi a mandarlo a quel paese.
-Cosa vuoi?-
-Nulla. Oggi devo accompagnare la classe di Itachi in gita e sono venuto a prendere il mio allievo.-
Lei alzo’ il sopracciglio –Tu insegni ai bambini?-
Lui sorrise, orgoglioso. –A volte. Oggi poi Shikamaru-sensei mi ha dato la giornata libera, quindi mi sono offerto di accompagnarli.-
-La giornata libera?-
-Eh si. Penso ce l’avrai anche tu. Shikamaru oggi deve mandare alcuni messaggi importanti a Suna… Non solo la gente di Konhoa e’ in pericolo in questa faccenda.-
Ise annui’, assorta. –Beh, allora visto che oggi non ho niente da fare, vengo anche io in gita. A patto che..- si giro’ rivolgendosi al bambino che aveva origliato tutta la loro conversazione –Qualche stupido mocciosetto di mia conoscenza mi ridia i vestiti! Capito Itachi Uchiha?!-
Sentirono dei passi veloci sul legno, segno che il bambino aveva deciso di accettare il patto. I due ragazzi si scambiarono un sorriso complice.
-Mostriciattolo.- commento’ Ise.
-Ma no.. I bambini di quell’eta’ sono piu’ divertenti.-
-Si, ceeeerto… quando dormono. Anzi, nemmeno, visto che quello gnomo non dorme mai.- la ragazza lancio’ uno sguardo truce nella direzione in cui il bambino era scomparso –Oggi mi ha svegliato alle 5 del mattino!-
-Io mi sveglio sempre alle 5 del mattino.-
Ise lo fisso’ inorridita.
-Eresia.- fece un passo indientro, fingendo disgusto. –Sei contagioso?-
Il ragazzo scosse il capo, e in quel momento il piccolo Itachi apparve nell’atrio, portando in trionfo i vestiti della Yamanaka.
-Ise-chan, eccoli! Erano accidentalmente finiti in cantina…- disse, con un sorrisino innocente.
-Si, accidentalmente…- sottolineo’ la ragazza con persante sarcasmo –Perche’ ovviamente e’ naturale che i vestiti finiscano in mezzo ai formaggi e alle bottiglie di vino.-
Afferro’ i vestiti dalle mani del bambino, poi si diresse al piano di sopra.
-Tre minuti, ok? Datemi tre minuti e sono pronta!-
Scomparve oltre le scale, lasciando i due uomini soli nell’atrio.
Che si scambiarono una lunga occhiata, piena di significato.
-Venti?- chiese Tora.
-Almeno trenta.-
-Ci sto.-
Il piccolo Uchiha sospiro’, infilandosi le mani nelle tasche.
-Non arriveremo mai.-
 
 
 
Finalmente i tre ninja arrivarono davanti ai cancelli dell’accademia.
-ITACHIIIIIII!- urlo’ perentoria una figurina bionda, che avanzava a passo di carica dal fondo del cortile, distaccandosi improvvisamente dalle sue amiche.
Il piccolo Uchiha valuto’ le possibilita’ di salvarsi nascondendosi dietro a Tora.
-Ehm, ciao Kushina.- balbetto’ con un finto sorriso, notando il disappunto sul viso della bambina.
-Sei in ritardo!-
-Lo so. Scusami.-
Lei incrocio’ le braccia al petto, dandogli le spalle. –Non ti scuso.-
Itachi lancio’ un’occhiataccia alla Yamanaka, indicandogli in silenzio la figura di Kushina.
Lo vedi cosa hai combinato?, le disse, senza emettere un suono.
-Dai, ti prego, scusami. Non e’ stata colpa mia, e’ stata Ise-san che ha passato quaranta minuti in bagno. Io l’avevo anche svegliata prima per arrivare in orario!-
Kushina continuava a dargli le spalle, facendo dondolare i capelli biondi scuotendo la testa. –Non ti credo.-
-Ma e’ vero!- il bambino si giro’ verso la jounin, con un’espressione omicida –Diglielo tu, Ise-san! Diglielo quanto ci hai messo a vestirti!-
La ragazza si senti’ tirata in causa. Si scambio’ uno sguardo con Tora, poi decise di riparare ai danni che, effettivamente, era stata lei a creare.
-E’ vero Kushina, oggi Itachi mi ha svegliato alle 5 per arrivare qui puntuale.-
La bambina si giro’, fissando la giovane Yamanaka negli occhi.
Lei sostenne il suo sguardo, senza muoversi di un millimetro.
Poi la bambina si volto’ verso Itachi, sbuffando.
-Da domani ti passiamo a prendere io e la mamma… Cosi’ almeno riuscirai ad arrivare per l’inizio delle lezioni.-
I due bambini si fissarono a lungo, poi scoppiarono a ridere. Si allontanarono dai due jounin con le lacrime agli occhi, come se nulla fosse successo.
Bah, i bambini erano proprio strani.
-RAGAZZI!- chiamo’ in quel momento un ninja appena uscito dalle porte dell’edificio. –METTETEVI IN FILA PER DUE! CAPITO? IN FILA PER DUE!-
I bambini corsero veloci davanti al maestro, accapigliandosi l’uno con l’altro per la scelta dei compagni.
-Ehi, qui ci sto io!-
-Neanche per sogno, tornatene dietro!-
-Ahia, non spingete!-
-Azumi, dove sei?-
In tutto quel gigantesco caos, un nugolo di ragazzini si avvicino’ alla piccola Uzumaki, che si stava dirigendo verso il maestro affiancata da Itachi.
-Ehi, Kushina-chan… Ti va di stare accanto a me?-
-No, lei sta vicino a me!-
-E l’hai deciso tu? Kushi-chan, vero che vuoi che io sia il tuo compagno?-
-Non ti vorrebbe mai nessuno per compagno, baka.-
Continuavano cosi’ facendo un gran chiasso e impedendo alla ragazzina di camminare. Non le lasciavano nemmeno il tempo di rispondere, mentre alle sue spalle il piccolo Uchiha aveva mutato il suo umore, trasformandosi in una sottospecie di corvo.
-Zitti tutti!- urlo’ una voce sopra le altre. I ragazzini tacquero.
Un ragazzino alto, bruno e con gli occhi affilati emerse dalla calca, avvicinandosi alla bambina. –Smettetela di strillare, tanto Kushina-chan non stara’ con nessuno di voi.-
Il bambino lancio’ uno sguardo minaccioso alla folla, assottigliando gli occhi.
-Perche’ lei stara’ con me.-
Kushina alzo’ un sopracciglio, con espressione perplessa.
-Certo Inizuka che ne dici di stupidaggini- bofonchio’ una voce scura alle spalle della bambina. Itachi teneva le mani in tasca, e osservava il bambino con sguardo infastidito.
-Zitto Uchiha. Ora non cominciare a darti delle arie solo perche’ sei il suo preferito. Lo sanno tutti che lei sta con te solo perche’ i vostri genitori sono amici.-
-Beh,- rispose il bambino, estremamente calmo- Da quanto ne so anche Hinata-sama era una compagna di team di tuo padre… Eppure non mi sembra che a te sia riservato lo stesso trattamento.-
L’Inizuka trattenne un ringhio, stringendo i pugni.
-Vuoi fare a botte Uchiha?-
Lui si volto’, dando le spalle con noncuranza ad un nemico che nemmeno calcolava.
-No, non ce n’e’ bisogno. Lascio la scelta a Kushina.-
E detto questo, si incammino’ verso il maestro, abbandonando il gruppo di ragazzini con un’andatura quasi annoiata.
Quando il ragazzo si fu allontanato, l’altro bambino torno’ alla carica.
-Bene, che se ne vada. In fondo e’ solo un vigliacco.-
Al pronunciare quella parola, l’Inizuka si senti’ afferrare per il bavero della felpa.
Vide due giganteschi occhi bianchi ad un centimetro dal suo naso, accompagnati da un pugno pericolosamente vicino al viso.
-Senti, pallone gonfiato- sibilo’ Kushina, in modo da non essere udita al di fuori del cerchio di bambini circostante –Mi hai veramente stufato. Prova a ridire solamente un’altra volta quelle cose orrende a Itachi e giuro- sottolineo’ la parola con una pericolosa intonazione furiosa –che impicchero’ te e quel pulcioso botolo a cui tieni tanto all’alza bandiera dell’Hokage. Capito?-
Lo strattono’ con forza, tanto per ribadire il concetto. Il ragazzino annui’.
–Io non ho la stessa pazienza di Itachi.-
Lo lascio’ andare, rivolgendosi poi a tutti gli altri bambini.
-Informazione per la prossima volta. Io non voglio essere la vostra compagna. E Itachi Uchiha e’ mio amico perche’ e’ una persona gentile e mille volte meglio di voi. Quindi mettetevi l’anima in pace e smettetela di inventare cattiverie. Arrivederci.-
Si volto’, e attraverso’ con passo svelto il muro di ragazzini che le si era formato attorno. Raggiunse svelta la figura dell’amico, notando con suo sommo disappunto che una ragazzina bruna stava tentando di attaccare bottone.
-Ehm- si schiari’ la voce, una volta giunta alle sue spalle. Quella si giro’, infastidita.
-Che vuoi?- la sua voce era tremendamente sgradevole, come il suono di una cornacchia.
-Questo e’ il mio posto.-
-No che non lo e’.- fece quella, mettendosi le mani sui fianchi –Non c’era nessuno e mi ci sono messa io.-
Kushina stava per ribattere, quando il piccolo Uchiha rispose per lei.
-Ehm.. grazie Machiko, ma questo posto non e’ mai stato libero.-
La bambina se ne ando’, offesa.
I due ragazzini si scambiarono uno sguardo complice, senza nascondere un sorriso.
-Bel lavoro Uchi. Non avrei saputo fare di meglio.-
-Nemmeno il tuo e’ stato male Uzu. Pero’ io un pugno all’Inizuka gliel’avrei dato.-
-Beh, la giornata non e’ ancora finita… Magari ci scappa anche quello.-
I due bambini risero, sotto lo sguardo confuso del loro istruttore.
Lui scosse la testa, sconfortato.
Ma perche’ proprio a lui erano dovute capitare quelle pesti?
 
 
-Ed ecco qua, alla vostra destra, la famosa falce a tre punte. Questa arma appartenne ad un grande nemico del villaggio della foglia, che…-
La guida continuava a blaterare senza sosta.
Quel giorno il gruppo di piccoli aspiranti genin erano stati portati alla “sala dei trofei” del palazzo dell’Hokage, per una personalissima lezione di storia.
In quella sala erano contenute tutte le armi e gli oggetti che avevano fatto la storia di Konhoa, dai frammenti della spada dello Nidaime al kunai a tre punte dello Yondaime.
Vi erano anche contenute molte armi dei nemici vinti o catturati, ed ogni oggetto in quella sala aveva una storia da raccontare.
La guida, pero’, era veramente pessima.
Parlava con un tono soporifero che riusciva ad annoiare persino i bambini, che preferivano rivolgersi ai loro maestri piuttosto che starla ad ascoltare.
Si erano sparsi un po’ ovunque, con la severa raccomandazione di non toccare nulla.
Ise si aggirava con le teche meravigliata, passando di arma in arma.
Il suo piccolo paesino non vantava una collezione cosi’ spettacolare… Era letteralmente estasiata di fronte a quei frammenti di storia.
Ascoltava con un’orecchio quello che diceva la loro guida, perdendosi pero’ in fantasticherie incontrollabili.
Chissa’ che faccia avevano avuto i possessori di quegli oggetti?
Stava osservando assorta una gigantesca spada intarsiata, quando la sua concentrazione venne minata da alcuni bisbigli sommessi.
-Su dai, spingi di piu’! Sei troppo basso!-
-Mica e’ colpa mia, sei tu che sei pensante! Cosa sei, un ippopotamo?-
Si senti’ un colpo attutito.
-Ahia! Smettila!-
-A chi hai dato dell’ippopotamo?-
Ise, incuriosita, si sporse oltre una gigantesca armatura ninja.
Cosa stava succedendo la dietro?
La scena che le si presento’ davanti, fu esilarante.
Un certo bambino di sua conoscenza che teneva sulle spalle una certa bambina, con lo scopo di arrivare all’altezza di un grande vaso dipinto posto su un piedistallo.
Sembravano molto instabili, e da come tremavano le gambe del ragazzino, non sarebbero durati a lungo.
-Itachi! Kushina!- li chiamo’ lei, allarmata. I due bambini si voltarono di scatto.
Persero l’equilibrio e crollarono miseramente a terra.
La ragazza alzo’ gli occhi al cielo, ringraziando che fossero caduti dalla parte opposta rispetto al prezioso manufatto.
-Mi volete spiegare cosa stavate facendo?- chiese, con le mani sui fianchi.
I due bambini finsero un’aria innocente, guardandosi stupiti.
-Ma, nulla. Siamo… inciampati.- disse il piccolo Uchiha traendosi in piedi.
La bambina annui’, dandogli man forte. –Si, siamo inciampati.-
Ise continuo’ a fissarla con sguardo poco convinto, con un’espressione palesemente ironica.
-Ok ok, non siamo inciampati.- ammise il bambino, riconoscendo di essere stato scoperto. –E’ che volevamo vedere cosa ci fosse dentro a quel vaso. La scritta dice che dentro ci hanno messo il corpo di un nemico morto… Ma come fa un nemico ad entrare in quel vasetto minuscolo?-
Ise lancio’ uno sguardo al piccolo contenitore di ceramica, sorridendo per l’ingenuita’ del bambino.
-Itachi, non ci hanno mica messo tutto il corpo. Saranno solo le ceneri, no?-
Kushina fece una smorfia schifata, arricciando il naso.
-Ma che schifo! Lo hanno cotto per caso?-
-Certo! E poi lo hanno mangiato.- rispose la Yamanaka.
I due bambini spalancarono gli occhi, increduli.
-Ma davvero?- fecero all’unisono.
-Certo. Non ve lo hanno detto i vostri maestri del famoso rituale del mangia-il-nemico? Lo fanno tutti i ninja piu’ bravi per diventare piu’ forti.-
La ragazza ridacchio’ mentalmente, mentre sulle facce di quei due poveri bambini dilagava lo stupore e anche un po’ il disgusto.
-Io non mangerei mai l’Inizuka. Sarebbe come mangiare un cane.-
-Bleah, ma te lo immagini? Pensa che saporaccio! Magari e’ anche velenoso.-
-Quello di sicuro… Ma magari se fai una buona salsa il sapore si copre.-
-Si, come quella al ramen che fa sempre mia mamma!-
Questa volta tocco’ ad Ise essere sbigottita.
Sarebbero dovuti essere spaventati, non interessati a come cucinare nel modo migliore i loro compagni di scuola!
-Secondo me se lo mangi con del riso potrebbe essere meglio… Mamma quando mi fa quella schifezza di cavolfiori me li mette sempre con il riso, perche’ dice che li rende piu’ buoni.-
-Forse, ma penso che ci vorrebbe una montagna di riso per coprire il saporaccio di quell’antipatico.-
Continuarono a parlare amabilmente e, in tutta tranquillita’, si allontanarono per il corridoio, sotto lo sguardo esterrefatto della piccola Yamanaka.
-Ehi Ise!- la raggiunse in quel momento Tora, chiamandola a gran voce –Eccoti finalmente, pensavo fossi stata inghiottita da qualche strano amuleto!-
La ragazza non rispose, ancora vittima del trauma post-come-cucinare-l’Inizuka.
-Ehi, ma mi stai ascoltando?- fece il ragazzo, sfiorandole il braccio.
Lei rinsavi’, si volto’ di scatto e con un’aria sconvolta gli disse –Grazie a Dio mia madre ha deciso di andarsene da questo paese di pazzi! Siete tutti pazzi! Pazzi, capito?-
Il ragazzo gli rivolse un’occhiata perplessa. –Ise?-
-Niente, ora ti prego andiamo, non voglio piu’ sentir parlare di cucina per un mese.-
 
 
 
Tora trovava che Ise fosse uno strano soggetto.
Non aveva mai incontrato una ragazza cosi’ particolare, ed ogni volta rimaneva stupito dalla varieta’ di personalita’ che quel corpo cosi’ piccolo riusciva a racchiudere al suo interno.
Quella mattina era stata un tornado.
Che cos’e’ quello, che cos’e’ questo, ma come si chiama, ma a chi apparteneva…
Non era stata zitta un attimo.
Aveva riso, parlato, giocato con le due piccole pesti, scherzato e commentato tutto senza mai fermarsi. Lo aveva travolto con la sua allegria senza dargli un attimo di tregua, non lasciandogli nemmeno il tempo di accorgersi del rapido scorrere dei minuti.
La gita era volata, e Tora si era ritrovato davanti al cancello dell’accademia, tremendamente dispiaciuto per dover salutare quella ragazza cosi’ insolita.
L’aveva vista prendere in giro il suo piccolo protetto, e qualcosa dentro di lui lo aveva costretto a invitarla a fare un giro.
Cosi’, senza alcun motivo.
Non c’era mai qualche motivazione sensata quando si trovava quella ragazza accanto. Tutto accadeva per puro caso, o solo perche’ ne avevano voglia.
Lui aveva voglia di ridere? Rideva.
Aveva voglia di prenderla in giro? Lo faceva.
Aveva voglia di sdraiarsi su un tetto a non fare nulla? Ecco fatto, lo stavano facendo.
Avvolti dai raggi rossi pomeridiani di una primavera ancora non cosi’ inoltrata, i due ragazzi sedevano in silenzio, ognuno assorto dentro i suoi pensieri.
Ecco, penso’ Tora. La ragazza che ora aveva di fronte non poteva essere la stessa che lo aveva assillato per tutta la mattina.
Stava seduta con le ginocchia al petto, e le braccia abbandonate sopra di esse.
Gli occhi percorrevano i tetti del villaggio, persi chissa’ in quale strana fantasia.
Era assorta, isolata in un mondo irraggiungibile.
Ma comunque incredibilmente bella.
Ricaccio’ quel pensiero nel fondo della sua mente, ringraziando la luce aranciata del sole che copriva il rossore apparso sulle sue guance.
Era un ninja, dannazione!
Non poteva fare questi stupidi pensieri da adolescente.
Brontolo’ mentalmente, voltandosi dall’altra parte per non incrociare lo sguardo della ragazza. Non voleva che capisse che la stava osservando.
Continuo’ a fissare Konhoa, tentando di trovare qualcosa di interessante in quell’immensa e disomogenea distesa di tetti.
Purtroppo, con scarsi risultati.
L’unica cosa che in quel momento lo interessava, era la leggera curva all’insu’ del naso della piccola Yamanaka. O la sfumatura dorata dei suoi capelli, o l’espressione pacifica dipinta sul suo viso.
Sbuffo’ leggermente, dandosi dello scemo.
Eppure di ragazze ne aveva avute tante.
Allora perche’ si sentiva come goffo come un adolescente?
Lui era sempre stato un ragazzo molto ambito dal gentil sesso. E, modestia a parte, aveva sempre potuto vantare un sangue freddo impeccabile, anche nelle situazioni piu’ imbarazzanti.
Ma con Ise, beh, era tutto diverso.
Non sapeva mai cosa dire, cosa fare, e non riusciva un attimo a staccarle gli occhi di dosso. A volte si sentiva un po’ un maniaco, ritrovando la biondina un po’ ovunque nei suoi pensieri.
E se ne vergognava.
Perche’ non capiva questo suo improvviso cambiamento.
Ma forse non era lui ad essere diverso, era lei che continuava a spiazzarlo in ogni momento.
Con i suoi continui cambi d’umore, le sue frecciatine allegre, i suoi occhi che in certi momenti diventavano cosi’ profondi da potervici annegare.
Lo confondevano, tremendamente.
Come in quell’istante, in cui si stava obbligando a fissare le chiome tutte uguali della foresta invece di girarsi verso di lei, per ammirarla.
Era confuso, o forse solo rapito.
Quella era la ragazza piu’ strana che avesse mai incontrato nella sua vita.
Ma anche la piu’ straordinaria.
-Tora?- lo chiamo’ lei incuriosita. L’aveva beccato a fissarla. –C’e’ qualcosa che non va?-
Lui impreco’ mentalmente, borbottando qualche balbettio inconsulto.
Poi fortunatamente, riprese il controllo di se. –Hmm no, non ti preoccupare. Mi sa pero’ che dovremmo cominciare a tornare, si sta facendo buio.-
Lei annui’, gentile. –Hai ragione.-
Poi sorrise, abbagliandolo.
Si Tora, ti sei definitivamente bruciato il cervello.
 
 
-Andiamo a cena?- chiese la ragazza stupita. –E da chi?-
-Eeehm, da alcune persone che sarebbe il momento che tu conoscessi.- borbotto’ Shikamaru, che aveva raggiunto i due ragazzi per avvisare sua figlia di una strana notizia.
Aveva un’espressione sofferente, da tipico condannato a morte.
Ise lo squadro’, aggrottando la fronte. –E perche’ hai questa faccia?-
Lui emise un gemito lamentoso, incassando la testa fra le spalle.
-Perche’ so che non sara’ per niente piacevole.-
La ragazza si scambio’ uno sguardo stranito con Tora, che le rispose altrettanto confuso.
-Andiamo a conoscere i tuoi nonni.-
Ise spalanco’ gli occhi, mentre Tora la guardo’ meravigliato.
-I tuoi nonni vivono a Konhoa? Ma che bello! Eppure mi avevano detto che la famiglia Yamanaka non abitasse piu’ al villaggio..-
-Infatti. Ise oggi conoscera’ i suoi nonni paterni.- commento’ scocciato Shikamaru, che stava vivendo nella sua mente una cruenta anticipazione della serata.
-Wow, e chi sono?- chiese il giovane jounin, tutto contento.
Ise lancio’ uno sguardo perplesso al padre. –Non lo sa?-
-Hmm, penso di essermi dimenticato di dirglielo.- commento’ l’uomo, in un’alzata di spalle. Aveva gia’ troppe seccature per preoccuparsi di quello scemo del suo allievo.
-Ehm Tora, i miei nonni sono i genitori di Shikamaru.- balbetto’ Ise, imbarazzata.
-Oh, ma che bello, i genitori di Shikamaru!- ripete’ quello, felice della notizia.
Poi si arresto’.
Riflette’ un attimo, poi sbianco’.
Ehm, no. Non poteva essere.
Passo’ lo sguardo rapidamente da Ise a Shikamaru, sentendo una spia rossa accendersi nel suo cervello urlando “SBAGLIATO, SBAGLIATO”.
-C-cosa?- balbetto’. Ise gli sorrise conciliante. –Sensei, dimmi che hai un fratello.-
-No caro, sono felicemente figlio unico.-
Tora spalanco’ gli occhi.
-Ommioddio, ho bisogno di sedermi.-
Rivolse un’occhiata truce al viso annoiato del suo maestro, che lo guardava con il suo solito sguardo di sufficienza –Perche’ non me lo hai mai detto?-
Il Nara si caccio’ le mani in tasca, quasi infastidito. –Perche’ l’ho saputo due settimane fa.-
Tora non sapeva se mettersi a ridere e fare i complimenti ai due per lo scherzo perfetto, o se svenire in quell’istante.
Per salvaguardare la sua dignita’, decise di scegliere la terza opzione, quella in cui faceva finta di rimuovere quell’impossibile novita’ e di far finta di nulla.
-Ok, mi sa che e’ arrivato il momento che io vada a casa ad incassare il colpo. Buonanotte sensei, e mi raccomando, divertitevi stasera.-
Sottolineo’ l’ultima frase con un velo di sarcasmo, prendendosi la sua piccola rivincita sul suo pigrissimo maestro.
-Certo, lo faremo…- grungni’ l’uomo, incassando la stoccata.
-Ciao Ise, buonanotte.- fece il ragazzo, cominciando ad allontanarsi –E salutami tanto Yoshino!-
Tora scomparve, lasciando padre e figlia soli.
-Chi e’ questa Yoshino?- chiese lei, cominciando a seguire l’andatura strascicata di suo padre.
-Mia madre.-
-Ed e’ una donna cosi’ terrificante?-
-Beh, ti dico solo che noi uomini Nara abbiamo la sfigata tradizione di circondarci di tremende seccature.-
Lei alzo’ un sopracciglio –Anche mia madre era una seccatura?-
Lui addolci’ lo sguardo, sorridendo lievemente –Oh, lei era la peggiore seccatura di tutte.-
-Ed io?-
Lui si fermo’ a guardarla. Il loro rapporto era ancora molto traballante, ma il Nara non poteva negare di cominciare a sentire qualcosa per quella piccola ragazzina caotica.
Riprese a camminare, ghignando leggermente.
-Anche tu sei una seccatura. Non come era tua madre, ma hai un grande potenziale. Penso siano i geni Yamanaka. Sono i peggiori, i piu’ seccanti di tutti.-
Ise nascose un sorriso felice, rallentando il passo.
Poi scosse il capo, nascondendo quel lieve calore che le si era acceso nel petto, trotterellando veloce a fianco del padre.
-Allora io sarei una seccatura? Non e’ che tu sei un po’ troppo sensibile su queste cose, Shika-san? Per te chiunque ti tiri fuori da quella specie di tana che chiami casa  e’ una seccatura.-
-Non e’ vero. Bisogna avere dei requisiti specifici per essere delle seccature.-
-E quali sono questi requisiti?-
Il Nara ridacchio’. –Allora, per prima cosa una seccatura e’ donna.-
-E perche’?-
-Perche’ le donne sono nate per essere noiose. Si lamentano sempre per cose inutili, si impuntano e vogliono sempre comandare.-
-Ah si? Quindi tu non ti lamenti mai, vero Shika-kun?- lo prese in giro la ragazza. Passarono davanti alle macerie di casa Akimichi, per poi procedere dritti verso il fianco della montagna.
-Mai. Poi, in secondo luogo, per essere una seccatura solitamente devi avere un carattere dispotico e violento.-
La ragazza rise, ricordandosi gli epici scatti d’ira di sua madre e immaginando una scena con i suoi genitori protagonisti.
-E poi, ma questo solamente nel mio caso, tutte le piu’ grandi seccature sono bionde.-
La ragazza si sorprese. –Tutte bionde?-
Lui annui’. –Si si. Penso sia per il colore. Il biondo penetra nel cervello per osmosi e vi fa diventare sceme.-
Ise assunse un’espressione scettica, indecisa se picchiare o no quel demente maschilista. Non erano le donne accanto a lui ad avere un carattere manesco, ma era proprio il suo comportamento ad istigare alla violenza!
Stava gia’ per ribattere, quando suo padre si fermo’ davanti al cancello di una grande villa.
Era maestosa, fatta di legno antico, attorniata da altissimi alberi secolari.
Ise rimase a bocca aperta.
Quella casa non assomigliava per niente all’appartamento di suo padre.
-Ehi, questa si che e’ una casa…- mormoro’ sottovoce.
Suo padre gli sorrise, con un barlume d’orgoglio nascosto infondo agli occhi.
-E che ti aspettavi, un appartamento? Non sono mica tutti come me nella mia famiglia… Noi Nara amiamo i fasti.-
-Beh, visto le condizioni in cui ti trovi, non mi sarei mai immaginata qualcosa di simile… Sembra una reggia piu’ che una casa.-
-E non hai mai visto villa Hyuuga.-
Ise si volto’ perplessa, non capendo l’ironia del padre.
-Dai su, andiamo. Mi raccomando, se li vedi estrarre i coltelli, scappa.-
Apri’ il grande cancello, e mosse alcuni passi all’interno del giardino.
Poi si volto’, notando che la piccola Yamanaka era rimasta indietro senza avere il coraggio di entrare.
-Ise?-
Nessuna risposta.
-Ise?- la chiamo’ con voce piu’ alta.
Lei alzo’ lo sguardo, tentennante.
-Devo proprio venire?-
Lui aggrotto’ la fronte, perplesso. –Certo che devi venire. Altrimenti quelli mi ammazzano e nascondono il mio cadavere in soffitta.-
Lei sbuffo’. –Smettila di fare l’idiota. In fondo, io non sono nemmeno una figlia legittima. E se non mi accettassero? Nei grandi clan i figli bastardi non sono visti di buon occhio.-
Shikamaru sgrano’ gli occhi, colpito profondamente dal discorso della ragazza.
Era questa l’idea che si era fatta di se stessa? Una figlia bastarda?
-Ise- comincio’, con una nota dolce nella voce che la ragazza non aveva mai sentito. –Tu non sei una figlia illegittima. Tu sei mia figlia. E basta.-
Lei lancio’ uno sguardo velato d’ansia alla grande casa, annuendo.
-Ok, va bene. Ma ti prego, stammi vicino.-
Il Nara sorrise, rivendendo in quella sua momentanea fragilita’ una parte di Ino.
-Ehi seccatura, non farti intimorire. Gli piacerai… E poi se ce l’ha fatta tua madre, potrebbe farcela anche Naruto travestito.-
Ise sorrise, riprendendo coraggio.
-Ok, facciamolo. Lavoro di squadra, capito Nara?-
Lui ghigno’, suonando il campanello. –Certo Yamanaka.-
 
 
Ise aveva affrontato tante situazioni nella sua vita.
Aveva combattuto contro schiere di nemici, fatto da spia nelle missioni piu’ pericolose, aveva viaggiato a lungo e visto molti paesi lontani.
Pensava di aver raggiunto un buon bagaglio di esperienze nonostante la sua giovane eta’, ma quella sera, decisamente, si era dovuta ricredere.
Perche’ non avrebbe mai immaginato di trovarsi in una situazione cosi’… inverosimile?!
No, non poteva essere la parola adatta.
Era troppo riduttiva.
Sua nonna che picchiava suo padre con un bastone da passeggio non poteva definirsi solo inverosimile.
Che lo sgridava come fosse un quattordicenne, sotto lo sguardo allibito del marito che ancora non riusciva ad afferrare a pieno la notizia.
No, quella non era solo irrealta’.
Era la piena rappresentazione della pazzia collettiva di cui Konhoa era piena.
Vide sua nonna, che di nonna aveva solamente una leggera tinta grigia nei capelli, dare per un secondo tregua a suo padre, voltando la testa. E rivogersi a lei in un tono dolce e stucchevole, con gli occhi colmi di stelline.
-Una nipote… Oddio, ho una nipote!- trillo’ la signora, trasfigurata. –Oh cara, ti prego, fatti abbracciare…-
E l’aveva stretta, con una potenza inaudita.
Quasi a stritolarla, ma con una felicita’ cosi’ genuina che la lascio’ spiazzata.
La ragazza si lascio’ abbracciare, occhieggiando intimorita al bastone da passeggio che la donna portava ancora con se’.
Il padre di Shikamaru, suo nonno, la vide, e si rivolse alla moglie.
-Ehm, Yoshino cara, che ne diresti di posare il bastone? Stai spaventando la nostra ospite..- propose, con voce cauta.
-Oh, ma certo, che sbadata!- disse lei, lanciandolo nel porta ombrelli –Non ti preoccupare cara, solitamente non aggredisco cosi’ gli ospiti, ma sai… - lancio’ un’occhiata truce a suo figlio –Quando ci vuole ci vuole.-
La donna le rivolse un sorriso caloroso, a cui lei rispose lievemente.
Era circondata da pazzi…
La donna comincio’ a girarle intorno, facendole una specie di radiografia.
-Ma guarda come sei bella… Hai proprio preso tutto da tua madre.-
-Grazie mamma.- bofonchio’ Shikamaru, massaggiandosi la testa ancora indolenzita.
-Zitto tu! Dopo quello che hai combinato non penso ti parlero’ ancora. E poi, e’ solo un bene che non tua figlia assomigli molto di piu’ a sua madre. Ino era una ragazza cosi’ a modo…-
Ise ridacchio’, non del tutto d’accordo con la definizione che sua nonna aveva dato di sua madre. Diciamo che Ino non era stata proprio la tipica ragazza “a modo”…
-Oh, ma come sei magra! Proprio come tua madre. Ma mangi cara? Non dirmi che e’ tuo padre che ti cucina, altrimenti ti ridurrai ad uno stecco..-
Shikamaru protesto’, ma venne azzittato da un fuorioso sguardo di sua madre.
-No signora, fortunatamente so cucinare. Poi ora sono ospite a casa di Sakura Haruno, che non mi fa mancare nulla.-
-Oh si… Sakura, che cara ragazza. Era una grande amica di Ino, vero? Ma anche lei, era cosi’ magra… No mia cara, non voglio che ti facciano diventare anoressica.-
-Yoshino!- intervenne il marito, lanciando uno sguardo di scuse alla nipote.
-Zitto Shikaku! Cosa ne vuoi sapere tu di come deve essere una ragazza?! Ora andiamo cara, la cena e’ pronta e noi abbiamo cosi’ tanto di cui parlare…-
La donna afferro’ Ise per un braccio, trascinandola in cucina.
La piccola Yamanaka si volto’, rivolgendo a suo padre uno sguardo allibito.
Quello sorrise, alzando il pollice della mano destra in segno di incoraggiamento.
Quando la ragazza fu scomparsa dietro la porta, Shikamaru abbasso’ la mano.
Vedi seccatura… l’avevo detto che gli saresti piaciuta.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


Ixia’s_____________________
Buonasera popolo di EFP!
Eccomi di nuovo qua per un’aggiornamento lampo.
Beh, cosa commentare? Questo capitolo mi piace. Mi mette allegria. (:
Spero piaccia anche a voi, visto quanto mi sono divertita a scriverlo.
Ise comincia ad instaurare un minimo rapporto con il padre, mentre il piccolo Itachi ha sfoggiato quel lato “Sasukesco” del suo carattere.  Anche Tora comincia a delinearsi come personaggio… Beh, sono tutti una banda di pazzi! :D
 
Beh, voglio prendermi un po’ di spazio per ringraziare e dedicare questo capitolo a Kin Yourichi, che è stata così dolce da confortare il mio attimo di depressione.
Per fortuna che ci sono lettrici come lei, come Hikari93 o Kyda94.
Grazie mille ragazze… Mi date la voglia di continuare a scrivere.
 
Detto questo vi saluto, spero che il capitolo vi piaccia!
Lasciate un segno del vostro passaggio, se vi va.
Enjoy!
 
Kiss,
Ixia.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


 






Quella mattina Ise si sveglio’ con la testa pesante.
La cena del giorno prima a casa dei suoi nonni era stata devastante, quasi peggio di una missione di livello S.
Altro che vecchietti… Quei due li avevano tenuti inchiodati al loro divano fino alle due di notte!
Sua nonna, poi, non le aveva dato tregua… L’aveva rimpinzata di cibo fino a farla scoppiare, tartassandola di domande di ogni tipo.
Dalla neutra “Qual e’ il tuo colore preferito?” alla classica “Ma ce l’hai il fidanzato?”.
Insomma, era stato un calvario.
Suo nonno aveva tentato in tutti i modi di sottrarla alle grinfie di sua moglie, ma con scarso successo.
Quella donna sembrava avere un’ascendente incontrastabile sul marito, che alla fine era stato costretto a ritirarsi, limitandosi a lanciare alla nipote delle occhiate dispiaciute, ma con un forte senso di cameratismo.
Dopo quella sera, Ise dovette ammettere che suo padre non aveva avuto tutti i torti nel definire sua madre.
Era proprio dolce e affettuosa come un sergente dell’esercito.
E cosi’, quando la mattina dopo si sveglio’, il suo umore sembrava tendere molto verso quello di un pluriomicida.
Si alzo’ dal letto, ancora con gli occhi chiusi. Non si prese nemmeno la briga di aprire le finestre, dirigendosi immediatamente fuori dalla sua camera.
Si trascino’ giu’ per le scale, strascicando lentamente i piedi sul pavimento. Rischio’ piu’ di una volta di rotolare giu’ per i gradini di legno, non avendo neppure la capacita’ coordinare i movimenti piu’ semplici. Avanzava per la casa con sguardo truce, barcollando come un ubriaco.
-Buongiorno Ise!- cinguetto’ allegra Sakura quando la ragazza varco’ la porta della cucina.
Anche troppo allegra.
-Hmmm- mugugno’ quella in risposta.
La bionda si lascio’ cadere su una sedia, appoggiando con un tonfo la testa al tavolo.
Era distrutta.
-Vedo che la cena di ieri e’ andata bene…- scherzo’ la rosa, sorridendo.
Era strano trovarsi in cucina una perfetta imitazione di Frankestein.
-Shhhhhhhh!- mugugno’ la ragazza, alzando una mano per farle cenno di tacere  
–Ti prego, non infierire. Ho la testa che mi scoppia.-
Sakura ridacchio’, vedendo davanti a se’ gli evidenti postumi di una sbronza.
-Ma sei sicura di essere andata a cena a casa dei tuoi nonni ? Non e’ che Shikamaru ti ha portato ad una degustazione di superalcolici e tu non te ne sei accorta? Non mi sembra il tè delle sei quello che hai bevuto.-
Ise grugni’, senza alzare la testa dal tavolo.
-E’ stato quel cavolo di caffe’ a fine pasto. Non so con cosa l’abbiano corretto… Con l’alcool etilico, visto come sto. Altro che cara nonna, quella in verita’ e’ membro degli alcolisti anonimi.-
La ragazza provò ad alzare il capo, arrestandosi però nel bel mezzo dell’azione.
Gemette, convenendo che alzarsi non fosse un’idea così brillante. Meglio rimanere sul tavolo.
Sbuffò, contrita. -Bastarda di una nonnina.-
Sakura rise divertita, beccandosi uno sguardo omicida da parte della Yamanaka.
In quel momento, con un tempismo quasi perfetto, un altro zombie fece il suo ingresso nella cucina.
Capelli neri arruffati, due occhiaie da premio oscar e accompagnato dalla sua solita nuvoletta scura, che quel giorno tendeva al nero pece.
-Buongiorno Sas’ke!- esclamo’ la rosa, ricominciando a sghignazzare.
L’uomo si getto’ sulla sedia davanti alla bionda con uno sguardo torvo.
-Hmmm.- mugugno’, lanciando un’occhiata allo stato comatoso in cui si trovava la ragazza davanti a lui, testa sul tavolo compresa.
Una fortissima voglia di imitarla lo assalì, ma venne poi violentemente ricacciata in un angolino della sua testa dalla sua dignità.
-Come e’ andata ieri la tua serata fra uomini?- freccio’ la Haruno, che riusciva a malapena a trattenere le risate.
Quella cucina le sembrava proprio un centro di rianimazione.
-Uno schifo.- borbotto’ l’Uchiha, con la voce impastata dal sonno.
Quel bastardo di Naruto la sera prima lo aveva sfidato ad una gara di bevute.  Lui, ovviamente, non aveva potuto rifiutare: il clan Uchiha non poteva essere secondo a nessuno… Nemmeno quando si parlava di alcool.
Quindi, come era prevedibile, aveva vinto, regalandosi pero’ un’emicrania da guinness.
Bastardo di un Naruto, pensò. L’aveva sicuramente fatto apposta.
-Allora, cosa volete?- chiese Sakura, estraendo due tazze dalla credenza.
-Caffe’.-
-Caffe’.-
La donna sorrise. -Hmmm, allora mi sa che andremo per il caffe’.-
Passarono alcuni minuti silenziosi, mentre la caffettiera allegra cominciava a borbottare.
Quando finalmente quei due spostati ebbero bevuto, in religioso silenzio, quasi mezzo litro di caffe’ a testa, l’umore in cucina sembro’ tornare ad un livello accettabile.
-BUONGIORNOOOOOOOO!- urlo’ il piccolo Itachi, arrivando in scivolata davanti all’ingresso della cucina.
Due paia di occhi scattarono verso di lui, con chiari istinti omicidi.
Beh, penso’ Sakura. Quasi ad un livello normale.
-Itachi, fallo un’altra volta e sei morto.- sussurro’ stoico Sasuke, rituffando il viso nel fondo della tazza. La bionda di Taki annui’ vigorosamente con la testa, per sottolineare la sua completa adesione alla causa.
Il piccolo Uchiha sposto’ lo sguardo perplesso verso la madre, cercando una spiegazione. Lei alzo’ le spalle, e sillabo’ –Serataccia.-
Il bambino recepi’ al volo, e in assoluto silenzio comincio a prepararsi la sua colazione della domenica.
In fondo, quel giorno era vacanza anche per lui, ed aveva tutto il diritto di godersi la sua sacra tazza di latte e cereali, accompagnata da non si sa quante altre schifezze ipercaloriche.
Oh si, Itachi amava la domenica.
-Ise, cosa avete in programma di fare oggi con la squadra?- chiese Sakura dopo essersi accertata che la ragazza avesse recuperato almeno un minimo delle sue iniziali facolta’ mentali.
La bionda non stacco’ lo sguardo dalla tazza, continuando a bere il liquido scuro come fosse ambrosia.
–Hmmm, penso nulla. Shikamaru sta ancora avvertendo le possibili vittime.-
-Ieri l’ha detto ai suoi genitori?-
Ise annui’. –Si, ma non lo hanno preso molto sul serio. Sono molto piu’ preoccupati per lui.-
-E ci credo. Quindi oggi altra giornata libera?-
La Yamanaka alzo’ le spalle, senza saper rispondere.
-Nullafacenti.- borbotto’ Sasuke, interrompendo per un attimo il suo ritiro mistico a base di caffeina senza zucchero.
La Yamanaka alzo’ un sopracciglio, senza avere la forza di replicare.
Maledetto caffe’ corretto… Gli aveva anche tolto la voglia di rispondere.
In quel momento dal salone provenirono alcuni tonfi attutiti, segno che qualcuno era appena arrivato a disturbare la momentanea serenità familiare.
Sakura lancio’ uno sguardo torvo ai due zombie seduti al tavolo, consapevole che nessuno dei due avrebbe mosso un muscolo. Quindi sbuffo’, dirigendosi nel salotto per aprire la porta all’avventore.
-‘Giorno Sakura.- saluto’ Shikamaru, apparendo sulla soglia con la sua solita aria svogliata. Lui, al contrario della figlia, non sembrava essere così devastato dalla serata precedente. Sembrava solo assonnato… Ma quella era la sua aria di sempre.
-Buongiorno!- rispose lei, contenta di avere finalmente qualcuno che le rispondesse a parole, e non a grugniti. –Vieni, entra pure.-
Dopo aver chiuso la porta alle loro spalle, la Haruno lo condusse in cucina.
-‘Giorno Uchiha.- il Nara mosse il capo in un lieve cenno di saluto, a cui Sasuke rispose con un’occhiata.
-‘Giorno Nara.-
Poi il genio di Konhoa si rivolse alla figlia o, almeno, quello che ne rimaneva.
-Ehi Ise, che ti e’ successo? Imboscata nel mezzo della notte?-
La ragazza gli lanciò un’occhiata di fuoco. -Stai zitto, che e’ meglio. E di a tua madre che la cirrosi epatica e’ una gran brutta malattia.-
-Eh, quante storie per due dita di liquore… Su seccatura sbrigati, oggi abbiamo delle faccende da svolgere.-
La ragazza represse un ringhio, stringendo le mani attorno alla tazza.
-Prima caffe’. Poi altro.-
-Dannazione, quanto siete noiose voi donne… Datti una mossa.-
Lei non si mosse di un millimetro, continuando a sorseggiare lentamente.
-Ho detto prima caffe’. Poi altro.- scandì bene, decisa a prendersi la sua piccola rivincita.
Il Nara le lancio’ un’occhiata esasperata, cacciandosi le mani in tasca.
-Medekouse.-
 
 
Finalmente, quando Ise fu pronta, i due ninja uscirono da casa Uchiha.
La ragazza barcollava ancora un pochino, e vista la spropositata dose di caffe’ ingerita aveva un umore tendende all’isterico.
Shikamaru dal canto suo, era particolarmente divertito da tutta quella situazione.
Bene, aveva scoperto che sua figlia non reggeva l’alcol. Chissa’ perche’ gli ricordava molto una certa persona.
-Che faccende abbiamo da svolgere?- chiese ad un certo punto la ragazza, quando vide il padre imboccare la strada che portava fuori dal villaggio.
-Oh, nulla di che. Le solite scocciature che si devono sopportare quando si fa parte di un clan. Tradizioni, roba del genere.-
Ise inarco’ un sopracciglio mentre i suoi neuroni, gia’ lenti per l’avvelenamento da alcol, cercavano di comprendere il senso delle parole di suo padre.
Dopo numerosi tentativi, si arrese. –Che significa?-
Shikamaru rise, vedendo la faccia rimbambita della figlia.
-Oh niente. Poi vedrai. Ho degli amici da presentarti.-
La ragazza rimase un attimo a riflettere, piu’ confusa che mai.
Poi comprese che quel demente di suo padre si stava divertendo a farla sentire stupida, ed impreco’ mentalmente. Non era giusto approfittarsi in quel modo di una ragazza in difficolta’. Quella era circonvenzione di incapace.
-Maledetta nonnina.- bofonchio’, in un sussurro perfettamente udibile alle orecchie vigili del Nara. Lui ghigno’, stando bene attento a non farsi vedere.
Ise in quello stato era davvero uno spasso.
Camminarono per alcuni minuti nella foresta, a passo sostenuto.
Ise rischio’ piu’ di una volta di spiaccicarsi la faccia contro la corteccia di qualche albero, visto il suo precario equilibrio e il fremente desiderio delle radici di quel bosco di farla inciampare.
Shikamaru continuava a ridacchiare sadicamente, sentendosi un po’ un padre degenere.  Ma quando mai lui era stato normale?
-Nara, ti detesto.- righio’ lei, quando dopo l’ennesima caduta senti’ suo padre soffocare le risate. –Ammettilo, sapevi che mi avresti trovato in questo stato e hai deciso di fare questa stupida passeggiata solo per umiliarmi.-
Shikamaru si volto’, mordendosi il labbro inferiore per non scoppiarle a ridere in faccia. –No, di certo. Non era per umiliarti, ma per divertirmi-
Fini’ l’ultima frase in un attacco di risa, beccandosi della figlia un’occhiata truce.
-Idiota.- sibilo’ lei, rialzandosi e sorpassandolo impettita.
Fece altri due passi, poi una nuova radice aggancio’ il suo piede, facendola volare pericolosamente verso un albero.
Ise contrasse i muscoli, preparandosi all’impatto. Che, pero’, non avvenne.
-Come sei permalosa Ise-chan..- la canzono’ Shikamaru, ridacchiando.
Lei apri’ gli occhi, trovandosi con il viso a pochi centimetri da un gigantesco faggio. Tento’ di muovere una mano, senza riuscirci.
Si, era stato proprio suo padre ad arrestare la sua caduta con il controllo dell’ombra.
-Visto che a furia di inciampare arriveremo fra tre giorni, prendo io il controllo della situazione… - commentò svogliato lui, facendola alzare.
Comincio’ a camminare svelto, ignorando le urla di protesta della figlia.
-Lasciami andare! So camminare da sola! Questo e’ un palese attacco alla mia dignita’ di ninja!-
Shikamaru ghigno’, mantenendo la sua espressione stafottente. La giornata andava migliorandosi…
Ad un certo punto, interruppe la sua corsa.
Ise smise di strepitare, sentendo la tecnica sciogliersi.
-Siamo arrivati?- chiese, scocciata.
Si guardo’ intorno, tanto per farsi un’idea di dove quel pazzo l’avesse trascinata.
Si trovavano in una piccola radura, nel folto del bosco. Ai suoi lati, quattro giganteschi alberi si ergevano maestosi. I loro rami formavano un groviglio intricato sopra le loro teste, creando una copertura fitta e impenetrabile. La luce, che a quell’ora del mattino era forte e limpida, faticava a filtrare attraverso il fogliame.
La ragazza mosse alcuni passi, incuriosita. Il suo istinto di ninja le comunicava che quello era il luogo perfetto per un nascondiglio.
Il Nara annui’, dandole le spalle.
L’uomo incrocio’ le mani, rapidissimo. Le dita andarono a comporre un sigillo, per poi posarsi a terra in un battito di ciglia.
D’improvviso il terreno fu percorso da un’impercettibile scossa, che si propago’ a macchia d’olio.
Sembrava quasi fosse un segnale, come le onde sonore del pipistrelli.
Ise inclino’ il capo, incuriosita da quella strana tecnica.
Shikamaru, riconosciuta la muta domanda negli occhi della figlia, le fece cenno di tacere.
–Shhh. Stanno arrivando.-
La ragazza si concentro’, mettendosi in ascolto. I suoi sensi si acuirono, trasformando la foresta in un concerto di sussurri e fruscii.
Tese l’orecchio, socchiudendo gli occhi.
C’era un particolare rumore che l’aveva incuriosita, un ritmico insieme di colpi leggeri che ferivano il terreno.
Somigliava quasi a… un rumore di zoccoli. La ragazza sorrise.
Ecco cosa stava arrivando.
Quando riapri’ gli occhi, nella radura era misteriosamente comparso un branco di cervi.
Erano grossi, con dei maestosi palchi di corna ed uno sguardo intelligente e penetrante.
Shikamaru sorrise, orgoglioso.
Dava le spalle a sua figlia, ma poteva perfettamente immaginarsi lo stupore dipingersi sul suo volto.
In fondo, per chi non era abiutato, doveva essere uno spettacolo entusiasmante.
-Questi, Ise, sono i cervi del clan Nara. Sono le sentinelle del villaggio della foglia, oltre ad essere una preziosa fonte di medicinali. Il nostro clan li alleva e li addestra da centinaia di anni, e sono una fra le categorie di animali ninja piu’ pericolosa di Konhoa. Mi raccomando, non ti avvicinare. Potrebbero attaccarti.-
Il Nara fini’ il suo discorso con voce seria, con un ultimo monito verso la figlia.
Poi si volto’ indietro, per vedere quale effetto avessero avuto le sue parole.
-Capito Ise?-
No, non aveva capito proprio per niente., pensò il Nara, spalancando gli occhi.
Altrimenti, perche’ avrebbe accarezzato il capo branco come fosse un gattino peloso con gli occhioni a cuoricino?
Sembrava tutta contenta. Si rivolgeva a loro come fossero animaletti da compagnia, mormorando paroline con le intonazioni idiote che solitamente di rivolgono ai cuccioli.
A Shikamaru cadde la mascella a terra, scioccato.
-Ise. Cosa diavolo. Stai. Facendo.- scandì l’uomo, con voce torva.
La ragazza rise, continuando a coccolare quelli che suo padre appena un attimo fa aveva presentato come spietate macchine da guerra.
-Cosa ti sembra? Saluto dei vecchi amici.-
Shikamaru spalanco’ gli occhi. Cosa significava vecchi amici?
Quelli erano degli spietati cervi ninja, non delle allegre caprette con cui andare a spasso per i prati!
-E per quale strano motivo voi vi conoscete?- chiese lui, scocciato.
-Ci siamo incontrati piu’ o meno un mese fa, quando sono arrivata a Konhoa. Sono stati loro ad accompagnarmi fino alle porte del villaggio… Sono stati proprio carini.-
Carini?!,penso’ Shikamaru, allibito. Ok, quella seccatura era riuscita a friggere persino il cervello dei suoi amati cervi. Non c’era piu’ speranza.
Alzo’ gli occhi al cielo, esasperato.
Si volto’, sull’orlo di una crisi isterica, e decise di allontanare quelle immagini interrogando uno degli animali piu’ vicini, per il solito controllo mensile.
Almeno c’erano ancora degli esemplari immuni a quella peste.
Ise stava continuando a chiacchierare amabilmente, quando vide il viso di suo padre farsi scuro. Un’ombra nera piombo’ sul suo volto, facendo crescere dentro  la ragazza un sottile velo di apprensione.
-Ehi, cosa e’ successo?- chiese, avvicinandosi.
Suo padre non rispose. Era chiuso nei suoi pensieri, perso in qualche suo irraggiungibile ragionamento.
Ise gli passo’ una mano davanti al volto per attirare la sua attenzione.
-Ehi, Shika?- lo chiamo’ –Cosa e’ successo?-
Lui le rivolse uno sguardo cupo, senza emettere un suono.
Oh-oh, penso’ la ragazza. Quello significava guai grossi.
Il Nara fece un gesto con le dita in direzione del cervo con cui aveva parlato, preparandosi a partire in mezzo al bosco.
-Cosa stai facendo?- chiese sua figlia, improvvisamente con i sensi all’erta.
-Devo controllare una cosa. Tu resta qui.- il suo tono fu perentorio.
Lei gli si piazzo’ davanti, con le mani sui fianchi. -Oh no! Io vengo con te.-
Lui sbuffo’, scocciato. –Ise, non ti reggi in piedi. Non puoi correre.-
La piccola Yamanaka gli rivolse un ghigno malizioso. –E chi ti ha detto che io abbia intenzione di farlo?-
 
 
Shikamaru ancora non riusciva a crederci.
Sua figlia, quel tornado biondo dalle mille risorse, stava correndo accanto a lui in groppa ad un cervo con una nonchalance invidiabile.
Stava quasi per ricominciare un discorso sulla tediosita’ femminile, quando si costrinse a riportare i suoi pensieri in ambiti piu’ seri.
C’era qualcosa che doveva assolutamente controllare ma che, purtroppo, non presagiva nulla di buono.
Anche Ise, dalla sua postazione privilegiata, studiava in silenzio l’espressione concentrata del padre.
I muscoli del viso erano tesi, gli occhi assottigliati, e procedeva con una velocita’ impressionante. Sembrava alle prese con un grosso problema.
La ragazza non aveva il coraggio di chiedergli dove stessero andando.
C’era qualcosa di scuro, di segreto nello sguardo di suo padre, che le aveva lasciato addosso una profonda inquietudine.
Era sicura di una sola cosa. Stavano per giungere ad una svolta.
La loro corsa si arresto’, si fermarono in una piccola radura in mezzo al bosco.
Era molto piu’ piccola rispetto a quella precendente, posizionata esattamente nel cuore della foresta.
In quella zona gli alberi erano piu’ giovani, ma piu’ fitti, e creavano un labirinto tortuoso in cui era facile perdersi. Una volta perso l’orientamento, sarebbe stato impossibile ad un estraneo ritrovare la giusta rotta. Il cielo laggiu’ era quasi invisibile, e la luce verde petrolio non riusciva ad illuminare con chiarezza, creando un effetto quasi grottesco.
Il cervo improvvisamente rallento’, calpestando con passi leggeri il terreno sottostante.
Quando si fu fermato, la bionda scese agilmente, constatando compiaciuta il lento ritorno dei suoi riflessi.
Diede una rapida occhiata in giro, avvertendo uno strano fremito nell’aria.
Quel luogo non presagiva nulla di buono.
Sembrava quasi custodire un segreto.
L’atmosfera era pesante, piena di tensione, e portava con se’ un odore sgradevole.
Ise si allarmo’, sentendo il proprio istinto metterla in guardia.
Si volto’ di scatto, cercando immediatamente la figura di suo padre.
-Shik..- comincio’, arrestandosi nel bel mezzo della frase, sbiancando.
Cosa era quella gigantesca voragine nel terreno?
 
 
Shikamaru rimaneva ritto, sul ciglio della fossa.
Nella stessa posizione in cui, anni fa, aveva dato l’ultimo addio ad un nemico troppo odiato, scagliando la sua maledizione.
Quel giorno aveva provato rabbia, dolore, ma anche una sorta di profondo orgoglio. Si era sentito realizzato, in fin dei conti.
In quel momento, invece, i suoi sentimenti non erano esattamente gli stessi.
Orrore, paura, confusione. E poi tanta rabbia, ma questa volta verso se stesso.
Verso la sua cecita’, la sua stupidita’.
Si ergeva ritto, rigido come una statua.
Da lontano poteva anche apparir fiero. Un eroe del passato… immerso in un incontrollabile flusso di ricordi.
Eh si, stupido cervello.. penso’ il genio di Konhoa. Troppo facile giungere alle conclusioni quando la risposta ti si presenta davanti.
Immagini e flash si mischiavano come impazzite, mentre la mente del Nara lavorarava febbrile. I pezzi di quel gigantesco puzzle trovavano la loro collocazione, dipingendo davanti ai suoi occhi un quadro ormai lampante.
Troppo, troppo facile.
Come diavolo aveva fatto a non accorgersene?
Eppure il nemico aveva fatto tutto pur di farglielo capire.
Lo aveva guidato passo passo con il suo sentiero di briciole, portandolo ad un passo dalla conclusione. Tutto, pur di prendersi gioco di lui.
Ino.
Asuma.
Choji.
Il team 10, riunito come tanti anni fa.
Poi il cerchio.
Il rituale.
Il fuoco.
Lo stesso fuoco con cui lui l’aveva battuto.
-Merda.- sussurro’, stringendo i pugni.
Era stato cieco.
Senti’ dei passi dirigersi verso di lui, ricordandosi di non essere solo.
Poi un’illuminazione lo colse, rapida come la luce di un lampo.
Sua figlia!
Aveva potuto manipolare anche quello?
Che idiota, che idiota che era stato!
Non si era accorto di nulla, ma lui aveva organizzato tutto.
Aveva ucciso apposta Ino per prima, per fare in modo che Ise tornasse a Konhoa.
Certo, il suo piano coinsisteva nel farlo soffrire il piu’ possibile…
E quale dolore piu’ grande di perdere un figlio?
Sapeva che lei lo avrebbe cercato, che si sarebbero incontrati.
Che lui si sarebbe affezionato a quella ragazzina, perche’ in fondo era parte di lui.
Cazzo, era stato la vittima di un piano perfetto.
Degno di un genio, degno di lui.
Ed Ise da quel momento sarebbe stata in pericolo… O forse lo era gia’.
-Ise!- urlo’ Shikamaru, estraendo un kunai dalla sacca. –Vieni subito qui! Allontanati dagli alberi!-
La ragazza allargo’ gli occhi, confusa dal repentino cambiamento del padre.
-Cosa?-
-HO DETTO VIENI QUI!-
Il Nara afferro’ due shuriken, e li lancio’ alle spalle della figlia.
Lei sembro’ capire la situazione, raggiungendolo nel centro della radura.
Si posizionarono schiena contro schiena, con i sensi vigili e in allerta.
-Mi vuoi dire cosa sta succedendo?- sussurro’ la bionda da sopra la spalla.
-Siamo caduti in una trappola.-
-Cosa?-
-Zitta. Sta arrivando qualcuno.-
 
Rimasero in ascolto per alcuni secondi, trattenendo il respiro.
Poi, come in un sogno, dalla foresta circostante esplose un applauso.
Scrosciante, diffuso, che non aveva origine.
Li avvolgeva, senza dar loro la possibilita’ di capire da dove provenisse.
-Bushin.- ringhio’ Ise, tenendo i muscoli pronti allo scatto. –Stanno cercando di confonderci.-
-No, vuole solo giocare. Sottolineare che ha vinto.- sibilo’ il Nara, scrutando con lo sguardo gli alberi circostanti. Fortunatamente erano in ombra, punto che giocava a loro favore.
-Vuole?-
-Si, e’ uno solo.-
-Ma allora…-
-Shhh… Il suono sta scemando.-
Ed era vero. Gli applausi diminuirono, fino a diventare un unico battito di mani.
I due ninja volsero lo sguardo nella direzione del suono, senza pero’ abbassare la guardia.
La situazione si stava mettendo male.
-Bravo, bravo, bravo.- rise una voce cattiva dal folto del bosco. –Finalmente ci sei arrivato. Cominciavo a disperare… In fondo, una volta eri cosi’ abile nel leggere gli indizi…- La voce si fece piu’ vicina, accompagnata da un fruscio di foglie e rametti spezzati. –Pero’ alla fine ci sei arrivato! Beh, meglio tardi che mai.-
La figura emerse dall’ombra, rivelandosi.
Era un uomo alto, vestito di scuro.
Capelli argentei gettati all’indietro, pelle alabastrina, espressione stafottente.
Gli occhi accesi come da fiamme, accompagnati da un sorriso cosi’ aperto da far paura.
Ise gli avrebbe dato si e no trent’anni, non di piu’.
-Non sei cambiato per niente, Hidan.- commento’ Shikamaru, con voce perfettamente calma.
L’uomo rise, gettando la testa indietro. Poi riporto’ lo sguardo sul Nara, allargando il ghigno.
-Nemmeno tu sei cambiato. Sei sempre lo stesso stronzo.-
Il suo tono divenne minaccioso, senza pero’ togliere quella luce divertita dentro gli occhi. Lancio’ un’occhiata alla piccola Yamanaka che la fece irrigidire.
-Hmm, aspetta, forse no. Ora non sei piu’ un moccioso, sei un uomo. Vedo bene che hai anche messo su famiglia.-
Un’altra occhiata maliziosa volo’ sul corpo della ragazza, che si ritrasse disgustata. Shikamaru fatico’ a contenersi, contando fino a cento per non perdere la testa.
Era la sua unica arma in quella situazione.
Prese un respiro profondo, cominciando ad analizzare in silenzio le possibili vie di fuga.
In due, senza un piano… Non erano nella situazione di batterlo. Ma forse avrebbero potuto scamparla, se fossero riusciti a tornare al villaggio.
-Beh, allora…- lo incalzo’ l’uomo. –Non dici niente? Non sei contento di vedermi? Eppure pensavo di averti fatto un paio di regalini azzeccati…-
Il corpo del Nara si irrigidi’ di colpo, segno che Hidan aveva fatto centro.
-Aaaaaah… Allora ci ho preso. Ti sono piaciuti vero? Se non sbaglio mi ricordo ancora i tuoi gusti. Bionde, magre, molto gnocche a mio parere… Ne ho gia’ un’altra sulla lista.-
-Non ti azzardare.- soffio’ il ninja, con un tono omicida.
L’altro rise. –Finalmente! Ci stiamo scaldando…-
Shikamaru riprese il controllo di se stesso, avvertendo il tocco leggero della mano di Ise sfiorargli il braccio.
Doveva concentrarsi.
-Ise, come stai a chakra?- sussurro’ il Nara, coperto da un altro scoppio di risa del nemico. La ragazza si concentro’ per alcuni istanti, con lo sguardo perso.
-Abbastanza bene. Posso reggere uno scontro diretto.-
-Equilibrio?-
-Sta tornando. Ma non ti preoccupare, me la posso cavare.-
Il Nara non rispose, perso nei suoi pensieri.
Hidan gli rivolse un sorriso sornione, che ebbe come unico effetto quello di fargli montare il sangue alla testa.
-Allora genio, come ti e’ andata la vita in questi lunghi anni? Sai, piu’ penso a quanto tempo mi hai fatto perdere, piu’ mi sale la voglia di massacrarti. Ma ho promesso al grande Jashin che ti avrei fatto soffrire lentamente… Quindi per oggi la mia vittima sara’ la tua bella figlioletta. In fondo, e’ una gnocca niente male.-
Le rivolse un sorriso ammiccante, mentre lo sguardo si perdeva sui tratti armoniosi della bionda di Taki. –Allora bambolina, come vuoi morire? Decapitata? Fatta a pezzi?- Hidan mosse un paio di passi in avanti, allegro -Oppure dissanguata come tua madre?-
Questa volta fu il turno di Shikamaru di arrestare la furia della ragazza.
-Ti prego, lasciamelo uccidere.- ringhio’ lei, sentendo le dita del padre serrarsi intorno al suo polso.
-No. Moriresti.- le sussurro’, sperando con tutto se stesso che la ragazza si calmasse.
Non potevano assolutamente permettersi il lusso di perdere la testa. Non contro un nemico simile.
Intanto Hidan continuava a parlare da solo, inframmezzando i suoi solitari dialoghi con risa sguaiate.
Poi, quando decise di aver parlato abbastanza, passo’ all’azione.
-Dai bambolina… Combattiamo.-
Prese la rincorsa e si getto’ sulla bionda con un balzo fulmineo.
Fortunatamente Ise fece in tempo a spostarsi, schivando il lungo bastone acunimato che il nemico brandiva come fosse stato un’ascia.
-Ise, stai lontana da quell’arma! Se solo ti ferisce, sei morta!- gridò Shikamaru, vedendo la figlia mettersi in posizione da combattimento.
La ragazza annui’ con espressione concentrata, archiviando l’informazione.
Estrasse dalla sacca alcuni kunai, preparandosi al contrattacco.
Shikamaru, angosciato, decise di intervenire.
Formo’ un sigillo, liberando quello che da sempre era il suo marchio distintivo.
La tecnica del controllo dell’ombra parti’ immediata, correndo rapida verso le spalle della figura che si stava battendo con sua figlia.
L’immortale pero’, insospettito dall’improvviso silenzio del Nara, si volse a guardarlo, notando la lunga linea nera diretta proprio sui suoi piedi.
-Eh no!- urlo’ quello, con un rapido balzo all’indietro –Ho passato piu’ di venti anni sotto terra per colpa di questa stupida tecnica. Non mi fregherai un’altra volta!-
Hidan arretro’ di alcuni balzi uscendo dal raggio d’azione dell’ombra, dando un attimo di sollievo alla tremenda ansia che opprimeva Shikamaru.
Ogni volta che il nemico posava lo sguardo su Ise, veniva investito da ondate di panico disarmante.
E quello non lo aiutava molto a riflettere.
-Ise!- la chiamo’, avvicinandosi a lei. –Dobbiamo finire questa battaglia in fretta.-
Lei annui’, mantenendo invariata la sua espressione. –Hai gia’ un piano?-
Lui assentì.
-Bene, io ti seguo. Cosa ti serve?-
Shikamaru lancio’ un rapido sguardo al nemico, che si stava preparando ad un nuovo attacco. –Copertura. Sai usare il Kage Mane, vero?-
La ragazza rispose con un segno affermativo. -Bene, e’ il momento di usarlo.-
-Ehi, voi due! Smettetela di fare salotto, stupidi idioti! Oggi sarete sacrificati al grande Jashin, in nome della sua potenza, forza e grandezza…-
Mentre il nemico continuava a predicare, Ise attivo’ la sua tecnica. Creo’ due linee, una principale che procedeva dritta davanti a loro, ed una secondaria, piu’ fine, che avanzava sgusciando sull’erba. Intanto suo padre osservava la scena concentrato.
-… perche’ voi atei bastardi non potete capire l’immensita’ di Jashin, e per questo sarete sacrificati come bestie!-
Il colpo stava per andare a segno, quando Hidan all’ultimo istante si riscosse dai suoi sermoni, portando lo sguardo sugli avversari.
Si sposto’ di nuovo, evitando con facilita’ tutte e due le linee della ragazza.
-Non avete ancora capito? Queste vostre stupide tecniche non mi toccano! E’ inutile che voi continuiate a tentare di bloccarmi… Ormai non avete armi contro di me!-
Ise mosse un passo avanti, in modo da dare piu’ autonomia alla sua ombra. Divise la linea principale in altri dieci tentacoli, che presero ad inseguire il nemico con una rapidita’ impressionante. Ma Hidan continuava a schivarli tutti con leggerezza, mostrandosi quasi divertito dal combattimento.
-Certo che sei cambiato, mio stupido nemico… Una volta avresti architettato qualche strana strategia per mettermi nel sacco. Ma purtroppo l’eta’ gioca brutti scherzi, vero? Non sei piu’ il ninja brillante di tanti anni fa.-
Shikamaru si uni’ all’inseguimento della ragazza, mentre Hidan si allontanava sempre di piu’ dalla loro area di gioco, arretrando verso gli alberi. Con un ultimo leggero passo e una risata sguaiata, l’uomo supero’ il limite massimo delle loro ombre, portandosi in netto vantaggio.
-Vedi, idiota, ora non mi puoi piu’ fare nulla. Hai perso, e vedrai tua figlia morire davanti ai tuoi occhi.- Hidan ghigno’, con uno scintillio sadico negli occhi.
Shikamaru indietreggio’ di un passo, avvicinandosi ad un albero secolare che delimitava il perimetro della radura.
-Ise, allontanati!- le grido’, sentendo il duro legno a contatto con la schiena.
La ragazza giro’ il capo, con uno sguardo spaventato.
-Onore a Jashin…- sussurro’ Hidan, pronto a sferrare l’attacco decisivo.
Alzo’ il braccio sopra la testa, caricando il movimento e… si blocco’.
Si, si blocco’.
Come una statua di sale, come una roccia priva di vita.
Si immobilizzo’ d’improvviso, perdendo in un istante il possesso del proprio corpo.
L’uomo sgrano’ gli occhi, esterrefatto.
-C-cosa?- esclamo’ infuriato, provando in tutti i modi a muoversi, senza riuscirci.
Poi poso’ gli occhi sul viso calmo di Shikamaru, cosi’ diverso dalla maschera di apprensione che aveva visto solo pochi minuti prima.
-Tu!- grido’, in preda ad una rabbia cieca. –Come hai fatto?!-
Shikamaru non rispose, scambiandosi uno sguardo misurato con la figlia.
-Sai Hidan, ho proprio ragione. Non sei cambiato per niente.-
La ragazza si avvicino’ al corpo dell’avversario, cominciando a spogliarlo di tutte le armi che portava. L’uomo prese a sbraiatare, senza poter fare nulla per impedirlo.
-Spiegami. Come. Cazzo. Hai. Fatto.- scandi’ poi, in preda ad una crisi isterica.
Il Nara gli rivolse uno sguardo di sufficienza, accompagnato da un’espressione annoiata.
-E’ stato semplice. Come ti ho gia’ detto, non sei cambiato per niente. Sei lo stesso idiota che getta parole al vento senza accorgersi che lo stanno fregando.-
Shikamaru mosse un passo in avanti, allontanando sia lui che il nemico dai bordi della radura.
-Visto che dici di conoscere alla perfezione la tecnica del controllo dell’ombra, saprai anche che essa puo’ sfruttare le ombre degli oggetti circostanti per allungarsi a suo piacimento.- comincio’ il Nara, con tono scocciato. Sembrava un maestro che rispiegava all’allievo la lezione ripetuta ormai centinaia di volte.
-E da come potrai vedere intorno a te, siamo in una radura, quindi le zone perimetrali sono piu’ in ombra rispetto al centro.-
-Si, ma cosa cazzo c’entra tutto questo?-
Shikamaru giro’ il viso, dando ad Hidan la possibilita’ di guardarsi alle spalle.
Dalla penombra perimetrale che correva tutta attorno alla radura usciva una sottile linea nera, che si legava alla sua ombra. La stessa linea che si legava quella di Shikamaru, esattamente dall’altra parte.
-Lo vedi? E’ stato semplice. Mi e’ bastato utilizzare l’ombra della radura ed unirla alla mia per prenderti alle spalle. Tutto il resto, attacchi frontali e combinati con Ise, erano solo un’esca. E’ un trucco da genin, qualunque ragazzino avrebbe capito di doversi allontanare dalle naturali fonti d’ombra. Ma tu eri troppo occupato a blaterare di dei per combattere seriamente.-
Hidan digrigno’ i denti, sul punto di scoppiare.
-Sta zitto idiota! Non credere di essere superiore a me! Al grande Jashin! Ricordati che quella puttana che ti piaceva tanto l’ho uccisa io! IO! E tu non hai fatto nulla per evitarlo!-
-Taci.-
Shikamaru ricaccio’ indietro l’ondata di rabbia che gli era esplosa all’altezza dello sterno, vedendo per un istante il mondo farsi rosso.
-Ise.- chiamo’ perentorio. –Usa il capovolgimento spirituale. E’ arrivata l’ora di tornare al villaggio.-
Hidan li guardo’ confusi, mentre la ragazza si posizionava davanti al nemico con le mani unite a formare un’ellisse.
-Ci vediamo dopo Shika. Prendi il mio corpo, io faro’ fare a questo simpaticone una bella passeggiata.-
-C-cosa?- strepito’ Hidan, senza capire nulla –Ma cosa diavolo volete fare?-
Shikamaru ghigno’ –Vero, tu non hai mai conosciuto questa tecnica. Beh, apparteneva alla donna che hai ucciso… In cosa coinsista, ti lascio il piacere di scoprirlo da solo.-
-Hai quattro minuti. Ti bastano?- chiese la ragazza, preparandosi.
-Me ne farei bastare anche due. A dopo, Ise. Stai attenta.-
-Ricevuto, capo. Prenditi cura di me… Ci rivediamo al villaggio.-
E detto questo crollo’ a terra, fra le braccia di suo padre.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ixia’s_____________
Buonasera lettori/trici. :D
Finalmente il mistero si è risolto!
Beh, come già molti di voi avevano previsto, il cattivone di turno è proprio Hidan. Bah, che delusione, io speravo di riuscire a creare un suspence…
E invece già al primo capitolo c’era chi aveva indovinato. (Non potrei mai scrivere un libro giallo, questo è sicuro… -.-“)
Vabbè, ora la guerra è definitivamente iniziata, dal prossimo capitolo si comincerà a partire al contrattacco!
Beh, oggi per repulsione contro il mio libro di latino, ho trovato un po’ di tempo per riguardarmi il capitolo… Ho corretto un po’ gli errori, ho curato lo stile e spero che per voi la lettura sia stata più scorrevole. (Se fa ancora più schifo ditelo, le critiche sono molto ben accette.)
Fatemi sapere cosa ne pensate, io sono ancora in continua ricerca di un miglioramento. (Quindi non fatevi scrupoli!)
 
Ringrazio come sempre tutte le ragazze che hanno commentato il capitolo precedente, e come al solito esorto chi si limita solamente a leggere di lasciarmi un loro parere, bello o brutto che sia. (Cosa che poi non succederà, ma amen, mi metto l’animo in pace.)
Buonanotte a tutti ragazzi, ci sentiamo con il prossimo aggiornamento.. (Penso jeudì…)
Un bacio a tutti
 
Ixia

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***










Quando quella mattina Ise apri’ gli occhi, si accorse con stupore di essere in ospedale.
Sentiva la testa tremendamente pesante, e non riusciva assolutamente a ricordarsi come fosse finita in quel letto.
Provo’ ad alzarsi a sedere, scoprendo con suo sommo dispiacere di avere i muscoli a pezzi.
-Ahia..- mugugno’, appuntandosi mentalmente di non farlo mai piu’.
Fisso’ il soffitto, intimando al suo cervello di riprendersi.
-Buongiorno dormigliona.- ridacchio’ una voce conosciuta.
Sposto’ lentamente il viso verso l’interlocutore, facendo bene attenzione a non fare movimenti bruschi.
Davanti a lei vide il viso sorridente di Tora, illuminato da una luce serena.
-Finalmente ti sei svegliata. Stavamo cominciando a preoccuparci.-
Lei gli restitui’ il sorriso, fissandolo dolcemente con gli occhi stanchi.
-Cosa e’ successo?- gli domando’, stupendosi di quanto fosse flebile la sua voce.
Lui avvicino’ la sedia, poggiando le braccia sul bordo del letto.
-Non ti ricordi? Tu e Shikamaru siete stati attaccati da Hidan. Lo avete immobilizzato e poi tu sei entrata nel suo corpo, mentre tuo padre e’ tornato al villaggio con il tuo.-
Lei annui’ impercettibilmente, rivedendo nella sua mente le immagini di quegli avvenimenti. –Si, ora ricordo. Ma come sono arrivata qui?-
Lui fece un mezzo sorriso, lanciandole un’occhiata di rimprovero.
-Hai voluto strafare. Hai usato troppo a lungo la tua tecnica, quindi quando sei ritornata nel tuo corpo non aveva piu’ chakra. Eri esausta.. E hanno deciso di tenerti in osservazione.-
La ragazza provo’ a girare il capo dalla parte opposta, sentendo un urlo partire dai muscoli. Gemette, strizzando gli occhi.
-Si, mi sa che questa volta ho esagerato un pochino.-
Il Sarutobi scosse il capo, alzandosi. Poi si sporse oltre la porta, facendo un cenno a qualcuno nel corridoio invisibile alla ragazza.
-Ehi, Sakura-sama! Si e’ svegliata.-
-Alla buon’ora!- esclamo’ la voce, rimbombando per il corridoio –Altro che Yamanaka, quella e’ un ghiro al pari di suo padre!-
La figura della donna apparve sulla soglia, con uno sguardo accusatore.
-TU.- la indico’, avvicinandosi a passi svelti –Sei per caso impazzita?-
La ragazza puntello’ i gomiti, sollevandosi di pochi centimetri. Nascose il dolore ed appoggio’ la schiena al cuscino.
-Perche’?- chiese, con tono innocente.
-Perche’?! Hai usato il capovolgimento spirituale per otto minuti! Otto! Tua madre al massimo arrivava ai cinque…-
La biondina fece una smorfia colpevole –Beh, forse un po’ ho esagerato. Pero’ ora sto bene,  quindi e’ tutto risolto, no? Posso andare?-
Fece per alzarsi, ignorando le urla lanciate dal suo corpo. Non ebbe nemmeno il tempo di mettere i piedi fuori dal lettino che senti’ due braccia salde sollevarla, per posarla nuovamente con le spalle contro il cuscino.
-Eh no! Dove credi di andare? Tu ora rimani qui, altrimenti e’ la volta buona che Shikamaru mi ammazza.- le intimo’ Tora, costringendola a distendersi. –Gia’ ci hai fatto venire un infarto… Ora rimani qui, e da brava bimba sopporti.-
Ise sbuffo’, lanciandogli uno sguardo truce.
-Odio fare la malata.-
-E invece lo farai, perche’ ci servi subito operativa. Sakura-sama, quanto ci vorra’ prima che Ise sia in grado di lavorare?-
La donna si avvicino’, e comincio’ ad osservare con professionaita’ il corpo della ragazza. Le tasto’ leggermente i muscoli, premendo con le dita in punti strategici.
Ise represse i gemiti doloranti, desiderosa di fuggire al piu’ presto da quell’odiosa situazione.
Quando Sakura ebbe finito il rapido esame, si rivolse ai due ragazzi, contenta.
-Beh, da un primo esame sembra che tu sia gia’ in buone condizioni. Oggi ti somministreremo qualche medicina e penso che per stasera potrai gia’ tornare a casa.-
-Stasera?- sbotto’ la ragazza, allucinata. –Ma e’ un’infinita’! Sakura, io devo lavorare! Diglielo anche tu Tora, quanto avete bisogno di me… Non mi potete tenere qui un giorno intero!-
Sakura alzo’ le spalle, con un espressione intransigente.
-Non se ne parla. Hai i muscoli troppo deboli, finiresti per farti male sul serio.-
Ise cerco’ supplice lo sguardo di Tora, che alzo’ le mani, in segno di resa.
-Se lo dice Sakura-sama…-
La ragazza sprofondo’ in uno stato di autocommiserazione.
Non potevano tenerla chiusa in una stanza di ospedale con quel pazzo a piede libero che voleva uccidere suo padre!
Sakura usci’ dalla stanza, con la promessa di tornare presto con degli antidolorifici. Tora prese il giubotto, pronto ad andare via.
Ora che Ise si era svegliata, si sentiva piu’ sicuro. Poteva finalmente raggiungere Shikamaru.
La ragazza gli rivolse uno sguardo da cucciolo bastonato, supplicandolo con le sue iridi celesti di portarla con se’.
Il ragazzo inclino’ il viso, sentendosi invaso da un’ondata di tenerezza.
-Ehi, non fare quella faccia. Ora vado al colloquio con l’Hokage, poi torno e ti racconto tutto. Ok?-
Lei annui’ sconsolata, dovendosi rassegnare all’idea di passare tutta la giornata in compagnia di infermiere isteriche e bambini ululanti.
Tora rise sommessamente, avvicinandosi al letto della ragazza.
Poi, dolcemente, si chino’ a darle un rapido bacio fra i capelli.
-Ciao Ise, a dopo.-
La ragazza rimase immobile, vedendolo scomparire oltre la porta della stanza.
Quando finalmente non senti’ piu’ l’eco dei suoi passi rimbombare per il corridoio, si costrinse a forza a riprendere il respiro.
Inspira. Espira.
Inspira. Espira.
Ehi, chi aveva alzato improvvisamente la temperatura di quella dannata stanza?
 
 
 
La porta dello studio dell’Hokage venne aperta di scatto.
I tre uomini all’interno si voltarono in direzione del nuovo venuto, distogliendo per un attimo l’attenzione dalle carte che stavano analizzando.
Naruto Uzumaki, Shikamaru Nara e Sasuke Uchiha.
L’Hokage, il suo consigliere e il capo degli ANBU.
-Buongiorno Tora!- esclamo’ il biondo vedendo il ragazzo richiudere la porta alle sue spalle. Li raggiunse, scambiandosi uno sguardo eloquente con il suo maestro.
-Salve Hokage. Uchiha-sama.- inclino’ il capo in un rispettoso saluto.
Sasuke rispose silenziosamente, mantenendo il suo rigido controllo.
-Allora, come procede la situazione?-
Shikamaru prese parola, mostrando al ragazzo una mappa del paese del fuoco.
-Beh, sicuramente non bene. Hidan e’ un nemico estremamente pericoloso.-
Il ragazzo annui’, con una sorta di triste rassegnazione negli occhi.
Da quanto sapeva, era lui l’uomo che aveva ucciso suo padre.
-…E in piu’, e’ immortale.-
Sasuke sbuffo’, passandosi una mano davanti agli occhi.
Ci mancavano solo gli immortali in quel villaggio disastrato.
-Quale e’ il piano?-
Naruto scosse il capo, sconsolato.
-Siamo impantanati in un punto fermo. Dobbiamo cercare una soluzione definitiva per questo problema, qualcosa che gli impedisca di ripresentarsi dopo altri venti anni a fare stragi.- l’Hokage aveva lo sguardo rassegnato, di chi aveva tentato in tutti i modi senza giungere ad una conclusione –Ma e’ ovvio che questa volta non abbiamo a che fare con un nemico normale.-
-No, assolutamente.- la voce di Shikamaru era scura, appesantita dalla gravita’ della situazione. –Hidan e’ sempre stato un pazzo. Dispone di tecniche quasi infallibili, e in piu’ non ha la minima possibilita’ di essere sconfitto. Il suo attuale scopo e’ quello di uccidere tutti coloro che mi conoscono. Il che estende il campo delle possibili vittime ad una cerchia pressoche’ incontrollabile.- il Nara fece una pausa, e Tora lesse nel suo sguardo un disarmante senso di colpa. Si senti’ male per lui, immaginando come dovesse sentirsi il suo amato sensei. Chiunque attorno a lui sarebbe potuto essere ucciso da un momento all’altro.
-Ma abbiamo un punto di partenza. Hidan desidera piu’ di tutto di uccidere Ise. Quindi suppongo che tutti i prossimi attacchi saranno rivolti a lei.-
Naruto annui’, scambiandosi uno sguardo con Sasuke.
-Va bene, allora aumenteremo la sorveglianza su tua figlia. Sasuke, le metterai una squadra ANBU alle costole, vero?-
-No.-
Naruto e Tora aggrottarono la fronte, rimanendo di sasso davanti alla risposta secca dell’Uchiha. Shikamaru invece, stranamente, annui’.
-Sono d’accordo con Sasuke. Sarebbe inutile.- ribatte’ il Nara, incrociando le braccia al petto.
-Cosa?- fecero in coro i due ninja, sempre piu’ confusi.
Si erano per caso bevuti il cervello?
-Ise non e’ una stupida. Si accorgerebbe della squadra e scapperebbe.-
Naruto li fissava allucinato. Non sapeva se essere piu’ stupito per il fatto che Sasuke stesse proponendo qualcosa o perche’ Shikamaru gli stesse dando ragione.
-Si, Sasuke ha ragione. Abbiamo bisogno di qualcuno che le stia attorno costantemente, ma che non le faccia capire di essere sorvegliata. Tora, penso sia tu la persona piu’ adatta.-
Il ragazzo assenti’, chinando il capo. –Va bene sensei, lo faro’.-
Shikamaru si scambio’ una lunga occhiata con il suo allievo.
Poi, dopo un istante che sembro’ infinito, volto’ il capo rivolgendosi anche agli altri ninja.
-Ok, ora mettiamoci al lavoro.-
 
 
Shikamaru usci’ fuori dalla porta del palazzo, finalmente libero.
Erano piu’di ventiquattro ore che non chiudeva occhio, e la stanchezza stava cominciando a farsi sentire.
Il suo corpo si trascinava stanco, senza forze, e si sentiva molto come un burattino a cui erano stati tagliati i fili.
Imbocco’ una stradina secondaria, vagabondando stanco per i vicoli stretti.
Vide un paio di bambini correre a pochi metri da lui, impugnando dei bastoni.
Li brandivano come spade, giocando ingenuamente a “fare la guerra”.
Si, fare la guerra.
A dodici anni la vita di un ninja sembrava qualcosa di tremendamente emozionante, di epico, di leggendario.
Ma a quasi quaranta, ci si rendeva conto che essere un ninja significava solamente sottoporsi ad un sacrificio continuo. Non rimaneva niente di tutti quei bei discorsi che si erano fatti durante l’infanzia, storie di imprese e di strategie, di fama e di onore.
Fare la guerra non era piu’ un gioco, diventava veramente scendere in campo. Vedere i propri compagni morire, tenerli fra le braccia fra polvere e sangue, osservare nei loro occhi il rimpianto di una vita mai vissuta. E sentirsi inutili, inutili da morire.
Per lui, un ninja non era un vero essere umano.
Era uno strumento, nelle mani di poteri troppo grandi che accettava di servire per sete di gloria.
Era l’annullamento dell’individuo, la scelta volontaria di trasformarsi in un arma letale.
Gloria, prestigio, fama, leggenda…
Tutte parole che ronzavano nelle teste vuote dei suoi ragazzi all’accademia, ma che per lui ormai non avevano piu’ senso.
Certo, un ninja difendeva la sua patria, combatteva per il suo villaggio, aumentava con la sua forza il pretigio del suo clan…
Ma umanamente, che utilita’ aveva?
Individualmente, quale era lo scopo della sua vita?
Nessuno. O almeno a parer suo.
Fare il ninja significava trasformarsi in un kunai.
Piu’ grosso, piu’ pericoloso, ma ugualmente privo di sogni e sentimenti.
Trovava molto piu’ lodevoli i padri di famiglia, i ciabattini, le vecchie madri o i pescatori. Uomini comuni, senza una causa piu’ grande da servire, ma che potevano aspirare ad una serenita’ interiore a lui sconosciuta.
Che non sarebbero mai stati la causa della morte di un amico.
Che non avrebbero mai lasciato la propria figlia sola per diciasette anni, per poi trascinarla in una spirale mortale.
Un ciabattino avrebbe offerto a sua moglie una bella casa, un amore eterno, una protezione continua. Avrebbe condiviso con lei tutta la sua vita e poi, quando un giorno fosse giunto il momento, le avrebbe tenuto la mano in punto di morte.
Lui, ninja geniale e leggendario, non aveva fatto nulla di queste cose.
Non era stato capace di proteggere il suo migliore amico, di salvare la donna che amava o solamente di stringerla un’ultima volta.
Non era nemmeno stato capace di essere un padre per sua figlia.
Ma allora, nella sua vita, cosa aveva fatto?
Jounin, genio, stratega, consigliere, sensei…
Parole che si sentiva rivolgere ogni giorno, ma che per lui non avevano senso.
Per una volta, avrebbe seriamente voluto sentirsi chiamare papa’.
Si accese una sigaretta con stizza, aspirando a pieni polmoni il fumo denso.
Passarono alcuni minuti, mentre il genio spero’ che la nicotina danneggiasse il piu’ possibile il suo sistema nervoso.
Chissa’ come sarebbe stata la sua vita, se avesse scelto di non essere uno shinobi.
Si sedette su una panchina, sul bordo della strada, sentendosi prosciugato.
Allungo’ gambe e braccia, abbandonando all’indietro la testa, ora incredibilemente pesante.
Si ritrovo’ faccia a faccia con il cielo, di un azzurro abbacinante.
Ciao Ino… Da quanto tempo non ci si vede.
Si porto’ lentamente la sigaretta alla bocca, rimanendo con il capo voltato verso l’alto.
Ti saresti mai immaginata che sarebbe tornato?
Io mai.
Butto’ fuori il fumo, osservando le volute arrampicarsi su fino al cielo, per poi dissolversi.
Ho paura, lo sai? Ho paura per lei.
Ti assomiglia cosi’ tanto…
Senti’ un leggero soffio di vento alzarsi, portando via il filo di fumo che si formava dalla sua sigaretta.
Non voglio vederla soffrire.
Tu ci sei gia’ bastata. A tutti e due.
Cosa devo fare, eh, seccatura?
Il vento divenne piu’ dolce, e Shikamaru senti’ distintamente una brezza leggera accarezzargli la guancia. Il tocco era incredibilmente leggero, e profumava di fiori.
Rimase immobile, bloccando respiro.
Quando il vento scese, il Nara rivolse lo sguardo umido verso il cielo.
Ti amo anche io, mendekouse.
 
 
-ISEEEEEEEEEEEEEEEEE!- urlo’ il giovane Jounin, correndo nel corridoio ospedaliero. Zigzagava agile fra carrozzine e barelle, scartando agilmente le dozzine di pazienti che si trascinavano lentamente da un reparto all’altro.
-Fermati, deficiente! Sakura-sama ha detto che devi rimanere nella tua stanza!-
Il ragazzo rischio’ di travolgere una donna vistosamente incinta, accompagnata da una giovane infermiera che gli lancio’ un’occhiata allibita.
-Scusatemi!- grido’, riprendendo a correre, alle calcagna di quella stupida ragazza che quel pomeriggio aveva deciso di farlo impazzire.
-Ise, fermati! Ti potresti fare male!-
La ragazza in questione, quella volta, aveva davvero esagerato.
Rubando di soppiatto una sedia a rotelle dal reparto disabili, aveva escogitato un piano diabolico per fuggire dall’ospedale.
Stupida kunoichi iperapprensiva… Suo padre non sarebbe mica morto per un suo giorno di riposo!
Ma la ragazza sembrava proprio irremovibile.
Ora stava tentando di seminarlo, allestendo per gli stretti, e affollati, corridoi dell’ospedale una vera e propria caccia alla volpe.
Si si, volpe.
Perche’ oltre ad essere veloce, era anche furba.
La vide scomparire dentro un altro corridoio ad una velocita’ pazzesca.
Udi’ distintamente lo stridere delle gomme, segno che la ragazza era stata forzatamente costretta a frenare.
Buon per lui, era la sua occasione.
Aumento’ la corsa, imboccando il corridoio dove un attimo prima lei era sparita.
-Ise, ti giuro che se non ti fermi io…- comincio’, rivolgendo lo sguardo verso la ragazza. Ma si dovette interrompere.
Si, perche’ uno scoppio di risa incontrollate lo colse, nel momento in cui vide la situazione in cui la sua fuggitiva era incappata.
Sasuke Uchiha.
Davanti a lei.
Che la fissava con uno sguardo tutt’altro che benigno.
-Yamanaka, cosa stai facendo su una sedia a rotelle?- chiese quello, ignorando il sorriso da ebete che Ise aveva sfoggiato, per sottolineare innocentemente che lei in quella storia non c’entrava nulla.
Lei. Che stava seduta su una sedia a rotelle. Rincorsa da Tora.
No, non c’entrava proprio nulla.
-Passeggiavo.- rispose, con la sua migliore faccia di bronzo.
Sasuke alzo’ lentamente lo sguardo, portandolo fino alla figura trafelata del Sarutobi.
-Passeggiavi…- ripete’, mentre Tora rischiava di soffocare per le risate nascoste.
Sasuke alzo’ un sopracciglio, senza alterare la sua espressione.
Riporto’ gli occhi d’onice sulla ragazza, che nel mentre stava escogitando una dozzina di strategie per fuggire da quella spiacevole situazione.
Di cui ovviamente, viste le capacita’ dell’Uchiha e la sua totale infermita’ muscolare, le possibilita’ di riuscita erano pari a zero.
-Hmmm, visto che passeggiavi e quindi come al solito stai senza far niente- borbotto’ il moro, rivolgendo lo sguardo da un’altra parte –Ti ho portato questo.-
Estrasse un grosso tomo dalla borsa, e glielo lancio’ in grembo.
Ise lo osservo’ con attenzione, poi rivolse uno sguardo incuriosito verso l’Uchiha.
-E’ un testo delle antiche cronache della Terra del Fuoco. Forse ci potrai trovare qualche riferimento sulla religione del pazzoide che vuole uccidere tuo padre.-
Si ostinava a non guardarla, con palese imbarazzo.
Lei gli rivolse uno sguardo pieno di gratitudine, accompagnato da un sorriso radioso.
Era venuto a portarglielo di persona?
-Grazie mille, Uchiha-sama.-
Lui scosse il capo impercettibilmente, rimandendo con il viso girato verso la finestra, a sottolineare che anche lui in quella storia non c’entrava nulla.
-Non prenderla troppo sul personale, Yamanaka. E’ che tu, al di fuori di questa missione, rimani sempre un membro della mia squadra. Ed io odio chi sta senza far niente.-
Lei annui’, trattenendo a stento un risolino.
Che strano uomo…
Detto quello, l’Uchiha si giro’ e senza salutare si allontano’ dai due ragazzi.
-Ehi, mister Uchiha…- lo canzono’ una voce alle sue spalle quando fu sparito dal campo visivo dei due ninja. –Non e’ che hai un debole per la piccola Ise?-
La voce alle sue spalle ridacchio’, avvicinandosi.
L’Uchiha si chiuse in un ostinato mutismo, ignorando le idiozie di sua moglie.
Sakura lo abbraccio’ dolcemente da dietro, senza smettere di sorridere.
-Daaaai Sas’ke, ammettilo per una volta.-
-No.-
-Mica muori! Guarda che sarebbe una cosa positiva.-
-No.-
Lei gli tiro’ un pugno sulla spalla, neanche tanto leggero.
-Che palle Sasuke! Ma e’ possibile che per una volta che trovi simpatica una persona te lo si debba estrarre con le pinze?! E’ una cosa normale fra le persone avere dei rapporti umani… Non sei mica malato.-
Lui non rispose.
-Sei veramente incredibile.- sbuffo’ lei spazientita –Neghi persino l’evidenza!-
Sasuke continuo’ a guardare fuori dalle ampie finestre del corridoio, fingendo che la donna davanti a lui si stesse rivolgendo al suo amico immaginario.
-E’ un bravo ninja.- sputo’ all’improvviso, con espressione tremendamente seccata. Odiava quando Sakura lo costringeva a parlare di quelle idiozie.
La rosa scosse il capo, rassegnata. –Beh, dai, e’ un buon inizio. Dovresti prendere lezioni da tuo figlio, sai? Ti insegnerebbe un sacco di cose utili.-
Lui grugni’, decidendo di essere arrivato al suo limite massimo di sopportazione.
Afferro’ con due dita il mento di sua moglie e con un movimento fulmineo poso’ un lieve bacio sulle sue labbra.
Poi si giro’, allontanandosi in tutta tranquillita’.
-Ci vediamo stasera a casa.- le disse, senza voltarsi a guardarla.
Lei invece continuava a fissarlo, respirando piano per calmare i suoi ormoni impazziti.
Stupido Uchiha, gliel’aveva fatta un’altra volta.
Ma quella sera, non gli avrebbe dato tregua. No, non sarebbe scappato un’altra volta usando quei sotterfugi da adolescente!
Riprese a respirare normalmente, maledicendo suo marito in tutte le lingue.
Poi afferro’ con violenza la cartella clinica che aveva appoggiato sul davanzale della finestra e prese a camminare a passo di carica.
Quella sarebbe stata una lunghissima mattinata.
 
 
Choji Akimichi sedeva nella sua branda ospedaliera con la felicita’ di un buddha.
Al contrario di una certa ragazza, lui adorava la convalescenza.
Era un periodo di totale relax, in cui l’unico scopo delle giornate era quello di riposarsi e di rimettersi in forze.
Era sicuro che sarebbe piaciuto anche a Shikamaru, se solo l’ospedale avesse avuto delle stanze a tetto panoramico. In quel caso, lui avrebbe sicuramente passato tutto il suo tempo guardando le nuvole.
Ma Choji, come al solito, non aveva bisogno di tetti panoramici per essere contento.
Era una persona dai gusti molto meno sofisticati, molto piu’… rustici.
Insomma, gli bastava un pacchetto di patatine per essere felice come una pasqua.
E fortunatamente in quell’ospedale i viveri non mancavano, trasformando la sua forzata permanenza in quella stanza in una vacanza a cinque stelle.
Si, si sentiva proprio in paradiso.
Afferro’ il pacchetto di patatine che gentilmente Ise gi aveva portato quella mattina. Lo apri’, e rumorosamente comincio’ a sgranocchiare, riempiendo di briciole le coperte candide.
Improvvisamente qualcuno busso’ alla sua porta.
-Avanti!- rispose con voce chiara, riponendo il pacchetto in un cassetto del comodino. La porta venne aperta, e sulla soglia apparve la figura del suo migliore amico.
-Yo Shikamaru!- lo saluto’ allegramente. Il Nara alzo’ una mano in segno di saluto, richiudendosi la porta alle spalle.
-Ciao Choji. Come stai stamattina?- chiese lui, sedendosi sullo sgabello di plastica lasciato vuoto accanto al letto dell’amico.
-Bene. Sakura e’ passata a farmi qualche esame, e da quanto sembra non dovrebbe mancare molto al mio ritorno a casa.- sorrise l’Akimichi, mostrando all’amico le braccia ormai prive di ustioni –Poi tua figlia e’ passata a salutarmi. Mi ha anche portato un pacchetto di patatine… Veramente deliziosa.-
A sentir nominare la ragazza, il Nara fece una smorfia, che però non passo’ inosservata agli occhi di Choji.
-Ehi Shika, non e’ che ora ti starai torturando dandoti la colpa per quello che e’ successo ieri?- chiese, con un tono di voce particolamente inquisitore. Aveva un che di minaccioso.
Il Nara abbasso’ lo sguardo, voltando il capo dalla parte opposta. Non rispose.
Choji sbuffo’, esasperato. –Shika, per una buona volta, smettila di essere cosi’ duro con te stesso. Non e’ stata colpa tua se Hidan vi ha colti di sorpresa! E comunque Ise ora sta bene, ha solo esagerato con il chakra.-
-Se io fossi stato piu’ attento lei non avrebbe avuto bisogno di usare quella tecnica.- ribatte’ quello con un tono amareggiato.
Choji alzo’ gli occhi al cielo, conscio del risultato a cui avrebbe portato quella discussione. L’avevano fatta centinaia di volte, senza mai ottenere qualcosa.
-Shika, basta. Per favore. Ise sta bene, io sto bene, tu stai bene. Torturarti non fara’ altro che occuparti la mente. Quindi se vuoi veramente fare qualcosa di utile, trova presto il modo per uccidere quel bastardo. E non per accursarti di cose di cui tu non sei il responsabile. Capito?-
Shikamaru annui’, trovando una certa logica all’interno del discorso dell’amico.
-Allora- comincio’ Choji, per cambiare discorso –Volevi parlarmi di qualcosa?-
Il Nara si rabbuio’ maggiormente. –Si, in effetti c’e’ qualcosa di cui ti dovrei parlare.-
Estrasse dalla tasca del giubotto un foglio di carta spiegazzato, attirando maggiormente la curiosita’ dell’amico.
-Mi e’ appena arrivata questa lettera da Suna. E’ di Temari.- spiego’, porgendogliela. L’Akimichi riconobbe la scrittura dell’ex-moglie del suo migliore amico, con cui erano scritte fittissime quasi una cinquantina di righe.
-Cavolo, aveva un sacco di cose di cui parlarti.-
Il Nara sospiro’. –Mi dice che e’ disposta a lasciarmi la casa.-
L’Akimichi allibi’, esterrefatto. Erano quasi dieci anni che Shikamaru tentava di convincere la sua ex-moglie a restituirgli la villetta a Konhoa dove avevano vissuto insieme per cinque anni. Ci aveva provato in tutti i modi: con la diplomazia, i ricatti, le sfuriate, le proposte di scambio… Ma niente.
Per dieci lunghi anni Temari non aveva voluto cedere, continuando imperterrita a tenersi una casa dove nemmeno metteva piu’ piede. Ovviamente l’aveva fatto come ripicca dopo il divorzio, lasciando il povero Nara a vivere in un appartarmento minuscolo e decadente.
Ed ora, tutto d’un tratto, la donna sembrava aver cambiato idea.
-Ma Shika, e’ meraviglioso!- rispose Choji, ancora troppo stupito per crederci. –Come hai fatto a convincerla?-
ll Nara scosse il capo, passandosi una mano davanti agli occhi. –E’ proprio questo il problema. Non sono stato io.-
L’Akimichi aggrotto’ la fronte, perplesso. –E chi e’ stato?-
-Nessuno, ha cambiato idea da sola. Ha deciso che quella casa non le interessa piu’, e che e’ disposta a cedermela in cambio di una cosa soltanto.-
-E che cosa?- chiese Choji, avvertendo la puzza di una trappola.
Shikamaru sospiro’, abbattuto. –E’ proprio di questo che ti volevo parlare: non so come abbia fatto a saperlo, ma Temari ha scoperto di Ise. E vuole assolutamente incontrarla.- l’altro sbianco’, spalancando la bocca. –E’ questo l’accordo. La casa in cambio di un colloquio.-
Choji rimase in silenzio, allibito. Ci rimugino’ un po’ su, poi si volto’ verso il suo amico.
 –Shika, ti ha fregato.-
Il Nara annui’, con aria depressa.
-Non puoi fermarla?- chiese Choji. Lui scosse il capo, in segno di diniego.
-No, e’ gia’ partita. Domani sara’ qui.- si lascio’ andare con la testa contro il muro, cercando di scacciare dalla sua mente la tremenda immagine in cui sua figlia e la sua ex-moglie prendevano il te’ in tutta tranquillita’.
No, era una situazione orrenda. Non voleva che Ise incontrasse Temari. Soprattutto perche’ non conosceva le intenzioni della kunoichi di Suna.
Non era il tipo da vendicarsi su una ragazzina, ma comunque Shikamaru aveva paura di rischiare.
Temari e Ise nella stessa stanza? No, non si poteva fare.
-Cosa hai intenzione di fare, Shika?- chiese Choji, dopo un attento esame alla situazione. Il povero Nara era sotto scacco, non poteva vincere. Temari l’aveva fregato ancora una volta.
-Non lo so. Devo parlarne prima di tutto con Ise.-
L’Akimichi storse la bocca, riconoscendo la fragilita’ della situazione.
Come avrebbe reagito la piccola Yamanaka davanti ad una simile proposta?
-Si, mi sa che e’ la scelta migliore.- concordo’, sovrappensiero. Poi si volto’, vedendo l’amico alzarsi dalla sedia e dirigersi verso la porta.
-La desideri tanto quella casa, vero?- chiese Choji, senza nemmeno aver bisogno di una risposta. Il Nara gli rivolse uno sguardo rassegnato.
-Si. Voglio chiedere ad Ise… di venire a vivere con me. Voglio essere un padre…- mormoro’, abbassando lo sguardo. –Voglio essere suo padre.-
Choji sorrise dolcemente, vedendo riaffiorare negli occhi del suo migliore amico l’amore di un tempo.
Oh, quanto aveva sperato di rivedere quello sguardo…
-Allora vai, parlale. E non ti preoccupare, anche lei ti vuole bene.-
Il Nara non rispose, troppo intento a domare quel calore nel petto che non aveva origine. Lancio’ a Choji uno sguardo malinconico, senza pero’ modificare la sua espressione neutra.
L’amico scosse il capo, vedendolo sparire.
Bah, quante cose ancora aveva da imparare.
 
 
 
 
 
 
 
 




Ixia’s_____________________
Buonasera ragazzi!
Oggi sono quasi stata puntuale… Mi scuso per il mio mancato aggiornamento di ieri, ma proprio non ce l’ho fatta.
Quindi posto oggi, visto che ho trovato il tempo.
Allora, come vi sembra? È sempre peggio? (E tutti si scambiarono occhiate eloquenti… )
Nel prossimo capitolo poi, ci sarà il momento che Kyda-chan sta aspettando dal primo capitolo. xD
Per tutte le mosche nere, beh, il prossimo capitolo sarà anche un po’ per voi. (Badate bene, non mi convertite! >.<)
Beh, spero sia stato di vostro gradimento. Io come al solito ci ho messo l’anima, anche se poi i risultati non sono i migliori.
Come sempre vi sottolineo che le recensioni mi fanno solo che piacere, soprattutto perché è vero che la storia l’ho scritta per me…
Ma la sto pubblicando per voi. (Altrimenti la terrei chiusa dentro una cartella ad ammuffire.)
Un bacio ragazze, a lunedì.
Come sempre vi adoro..
 
Ixia

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Avviso.
Questo capitolo è per Kyda94. L’unica mosca nera che abbia avuto il coraggio di avventurarsi nel meandri (purtroppo candidi) della mia fantasia.
Goditelo cara… È il capitolo che stavi aspettando. Ed è tutto per te. ^^
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-Allora, sei veramente sicura di volerlo fare?-
-Si si, non ti preoccupare.-
-Non sei obbligata… basta che tu me lo dica ed io fermo tutto.-
-Smettila di fare l’ansioso! Lo voglio fare e basta.-
-Ise…-
-Zitto Shika. Vai a chiamarla. Dille che io l’aspetto qui.-
 
 

La piccola Yamanaka sedeva nervosa su una panchina del parco di Konhoa.
Accanto a lei una rigogliosa primavera sbocciava in tutta la sua bellezza, finalmente esplosa dopo tanta attesa. I fiori colorati sfoggiavano le loro corolle, mentre una nevicata di petali di ciliegio riempiva l’aria, incantandola. Era uno spettacolo meraviglioso, ma che, nonostante la sua sensazionale bellezza, non riusciva a smuovere nell’animo agitato della ragazza neanche un pizzico di ammirazione.
Ise rimaneva immobile, con le mani in grembo. Giocherellava distrattamente con un kunai rigirandoselo tra le dita, una sua vecchia abitudine per scacciare i brutti pensieri. Il cuore le martellava nel petto, mentre la sua mente oscillava in bilico fra i dubbi.
Non era ancora pienamente sicura che quella fosse stata la scelta giusta.
Quando suo padre le aveva spiegato la situazione, era inorridita. La donna che aveva rimpiazzato sua madre, che l’aveva costretta a fuggire dal suo villaggio, voleva incontrarla. Inizialmente era stata mossa da un odio violento nei confronti di quella donna senza volto, e quasi aveva rischiato di uccidere suo padre, che si era azzardato a proporle una cosa cosi’ idiota.
Ma poi, aveva riflettuto.
Ci aveva pensato a lungo, trovando strano che una donna divorziata volesse conoscere la figlia, illegittima, del proprio marito.
Aveva letto la lettera che aveva inviato a suo padre, ed era stata colpita dalla fermezza di quella donna.
O tua figlia, o niente.,aveva scritto.
E in quel momento la sua naturale predisposizione verso la curiosita’ l’aveva spinta in quella paradossale situazione.
Perché no?, si era detta. Anche quella era una sfida.
Ed ora attendeva nel parco, in preda ad un’ansia feroce. Non sapeva nemmeno chi stesse aspettando, non conoscendo neanche il viso di quella donna misteriosa. Si limitava ad immaginarla, ottenendo con il solo risultato una grottesca caricatura di sua madre.
Non era per niente piacevole abituarsi all’idea che suo padre, in quei diciassette anni, avesse amato un’altra donna. Era un pensiero fastidioso, che il suo corpo sembrava rigettare come un veleno. Era qualcosa di sbagliato.
Un pensiero alla rovescia.
Anche quell’incontro, in realta’, era alla rovescia. Non aveva ne’ capo ne’ coda. Ma Ise sapeva di dover rimanere li’, di dover incontrare quella donna. E non lo faceva per suo padre, per la casa, o per quella sconosciuta. Lo faceva per se stessa.
Per tutte quelle risposte che andava cercando, per ricostruire i perche’ di un passato mai vissuto, ma che comunque le aveva cambiato la vita.
Quindi aspettava, in silenzio.
D’improvviso, accompagnato da un gorgheggio di un uccellino proprio sopra la sua testa, la ragazza avverti’ un distinto rumore di passi.
Provenivano dalla sua destra, ma non riusciva a trovare il coraggio di voltarsi. Improvvisamente tutta la fermezza che aveva dimostrato con suo padre si era spenta. Come una fiamma sotto vetro.
Respira Ise., si disse. Voltati, e saluta.
Si costrinse a girare il capo, mentre una forza inarrestabile dentro di lei le intimava di fuggire lontano.
Scappa! Scappa!, urlo’ una vocina, neanche tanto flebilmente.
Pero’ la ragazza si volto’, ritrovandosi a fissare la figura che avanzava lentamente sulla ghiaia.
Doveva avere piu’ o meno l’eta’ di suo padre. Era alta, formosa, con dei lunghi capelli biondi raccolti sopra il capo con uno spillone dai colori sgargianti.
Indossava un kimono color ocra, di stoffa morbida. Un abito sobrio, informale, ma comunque comodo per una kunoichi. Non portava nessun tipo di arma con se’, e in quel momento Ise si rammarico’ di non aver lasciato il suo kit ninja nella sua stanza. Non voleva assolutamente apparire minacciosa.
La donna si avvicino’ con un incedere sicuro.
La prima cosa che Ise noto’ quando si fu avvicinata, fu la fierezza nascosta nei suoi occhi verde foglia. Aveva un che di regale, di maestoso dentro il suo sguardo.
Davanti a quegli occhi, Ise non potè fare a meno di pensare che quella fosse una donna con i controfiocchi.
-Ciao,- salutò cordiale la donna non appena la ebbe raggiunta -Tu devi essere Ise.-
La biondina alzò il capo, e l’altra le porse la mano sorridendo. –Io sono Temari.-
La piccola Yamanaka rimase un attimo spiazzata, senza sapere cosa dire. Era un gesto cosi’ abituale e scontato che sembrava non andar d’accordo con il resto della scena.
Rimase un attimo a fissare la mano tesa davanti a lei, poi la strinse, rispondendo lievemente al sorriso.
Ma che cosa stava facendo?
Le due donne si scambiarono una profonda occhiata, mantenendo per un lungo istante quella insolita posizione.
L’ex-moglie e la figlia illegittima.
Quasi un mondo senza senso.
Ise intanto continuava ad analizzare il viso della donna, incuriosita. Si stupi’ nel pensare che fosse davvero bella, con quel viso da aristocratica.
Sembrava quasi una regina, o forse una leonessa.
–Ciao, piacere. Io sono Ise.-
Le due donne si sorrisero timidamente, studiandosi l’un l’altra. Ise non sapeva perche’, ma non c’era stata nessuna vampata di rancore verso quegli occhi cupi. Una profonda curiosità, uno strano senso di intesa… Ma no, nessun rancore. Tutto quell’odio che si era aspettata di provare, sembrava essersi volatilizzato.
La ragazza non riusciva a spiegarselo, ma sentiva di avere molto in comune con quella nobildonna dalla frangia color grano.
Insomma, sembrava esserci feeling.
-Gli assomigli veramente tanto.- commento’ all’improvviso la donna dopo averla osservata attentamente.
Ise fu colta di sorpresa e si stupì. –Cosa?-
Temari si sedette sulla panchina, invitandola a fare altrettanto. La ragazza si accomodo’ al suo fianco mentre la donna continuava ad osservarla con i suoi penetranti occhi da gatta.
-Tu e lui. Siete identici.-
Ise aggrotto’ la fronte, per niente convinta. Era per caso cieca? Non li aveva visti gli occhi azzurri ed i capelli biondi?
-Santo cielo, eccola li’- indico’ Temari, fissando un punto imprecisato nella fronte della biondina –L’espressione scettica. C’e’ persino la stessa ruga.-
Temari alzo’ il capo, guardando in alto verso la pioggia di petali di ciliegio.
-Dai retta a me, Ise Yamanaka, tu gli assomigli maniera impressionante. Hai persino la sua stessa mimica facciale.-
La piccola Ise rivolse il suo sguardo sempre piu’ interessato verso la donna, mentre dentro di lei la curiosita’ iniziava a salire.
Che strano personaggio, si disse mentre osservava di nascosto la leonessa della sabbia. Non sembrava essere li’ ne’ per ripicca ne’ per vendetta.
-Senti…- inizio’ quando la curiosita’ fu troppa -…per quale motivo hai voluto vedermi?-
Temari comincio’ a giocherellare con la ghiaia sotto i suoi piedi, disegnando con la punta delle scarpe delle linee astratte. –Per lo stesso motivo per cui tu hai accettato di incontrarmi. Per curiosita’.-
La donna le lancio’ uno sguardo complice, tornando poi ad osservare gli alberi in fiore –Non e’ una buona motivazione?-
Ise riflette’ un attimo, poi assentì. –Si, forse lo e’. Penso sia abbastanza.-
Temari increspo’ le labbra, soddisfatta. –Volevo conoscerti. Sai, sapere chi fossi… Scoprire quanto di lui fosse passato a te.-
Incasso’ la testa fra le spalle, continuando a guardare gli alberi sopra le loro teste –E, soprattutto, capire se dovessi odiarti.-
Ise incassò il colpo, leggermente delusa. Per un attimo solo aveva pensato di starle simpatica. Ma era l’ex moglie di suo padre… Cosa voleva pretendere?
Non volse nemmeno il capo, continuando a fissare un cespuglio di fiori davanti a sé. –E qual e’ il risultato? Mi odi come odiavi mia madre?-
Temari scoppio’ a ridere, scuotendo la testa in segno di diniego. -Io non ho mai odiato tua madre. E poi, anche se l’avessi fatto, non riuscirei mai a odiare te. Assomigli troppo a lui.-
La biondina rimase allibita, non riuscendo a seguire la logica del discorso. -Cosa significa che non hai mai odiato mia madre? Vi contendevate lo stesso uomo, giusto?- la donna annui’ –e allora come facevi a non odiarla?-
La kunoichi di Suna inclino’ il capo, persa nei ricordi. –Beh, diciamo che non mi e’ mai stata molto simpatica. Sin dall’inizio, dalla prima volta che l’ho vista. Ma non sono mai arrivata ad odiarla… La rispettavo, proprio come si fa con una degna avversaria.-
La donna prese un respiro profondo, con lo sguardo velato dai ricordi –Io ero piu’ forte, e piu’ abile nel ninjutsu. Molti mi ammiravano per la mia abilita’, e Shikamaru si fermava spesso a parlare con me. Sembrava quasi che flirtassimo…- pronuncio’ quel nome con velata dolcezza, sorridendo –Ma tua madre era piu’ bella. E possedeva un legame con lui che mi spaventava. Era qualcosa di troppo profondo, che non riuscivo a comprendere. E, soprattutto, che non riuscivo a combattere.-
I suoi occhi si incupirono. -Ino e’ sempre stata un’avversaria formidabile. E fino a quando lui non mi chiese di sposarlo continuai a credere che avrebbe vinto lei.-
Fece una pausa, lasciando che le sensazioni rinchiuse nel fondo della sua mente riaffiorassero, suggerendogli cosa dire. Sorrise, rassegnata.
-Beh, nel periodo in cui fummo sposati, mi sentii tremendamente orgogliosa. Smisi di preoccuparmi di contino, finalmente tranquilla dopo la fuga di tua madre.- abbasso’ lo sguardo, fissandosi i piedi –E fu proprio questa mia momentanea certezza a fregarmi. Perche’ presa dalla soddisfazione della mia piccola guerra personale, non mi accorsi che in verita’ la battaglia non era mai cominciata. Tuo padre mi lascio’ con pallide motivazioni, perche’ perdutamente innamorato di tua madre.-
La donna alzo’ finalmente lo sguardo smeraldino, portandolo negli occhi celesti della ragazza che le sedeva accanto. Erano opachi, ma comunque pieni di orgoglio e dignita’.
-Sono un ninja, so riconoscere una sconfitta. Io vinsi una battaglia…- la donna si alzo’, rivolgendole uno sguardo fiero. –Ma tua madre vinse la guerra.-
Ise rimase immobile, abbagliata da quella donna ai suoi occhi cosi’ straordinaria.
Le ricordava incredibilmente sua madre, sebbene non volesse dirglielo.
Temari le si avvicino’, portandole con un gesto leggero i capelli della frangia dietro all’orecchio. Poi, le parlo’ dolcemente. –Sai, mi sarebbe tanto piaciuto avere una figlia. L’avrei voluta come te… Con il suo stesso sguardo.-
La donna si allontano’ di qualche passo, mal celando il suo profondo rimpianto.
-Io continuero’ ad amare tuo padre per tutto il tempo che mi resta. Ma e’ arrivato il momento che io mi faccia da parte.- la kunoichi infilo’ una mano nella tasca anteriore del kimono, estraendo un mazzo di chiavi. Le lancio’ verso la ragazza, che le afferro’ al volo automaticamente.
-Te lo affido.-
Ise inclino’ il capo, non capendo le intenzioni della donna. Temari, in tutta risposta, sorrise con fierezza, sollevando il mento.
-Sai, penso veramente che tu sia l’unica cosa che quel fannullone sia mai riuscito a concludere. Ma da quanto posso vedere, se tuo padre si impegna veramente e’ capace di creare grandi cose.-
Temari le rivolse uno sguardo complice, accommiatandosi.
-Addio, Ise. E’ stato veramente un piacere conoscerti.-
E detto questo, si allontano’ sotto la nevicata di petali bianchi, maestosa come una regina del passato.
Ise rimase seduta, osservando la figura della donna scomparire fra gli alberi.
E dovette convenire con se stessa che suo padre, in fatto di donne, aveva davvero degli ottimi gusti.
 
 
-Allora?-
-Allora cosa?-
-Come e’ andata.-
Shikamaru ed Ise erano tornati nell’appartamento e stavano facendo merenda.
-Hmmm…- comincio’ la ragazza, aggredendo il vasetto di gelato che aveva in mano. –Bene.-
Suo padre entro’ nel minuscolo salotto, brandendo il cucchiaino come fosse un kunai. –Solo bene? Dai seccatura, dimmi cosa vi siete dette!-
Lei scosse il capo, con un’espressione di superiorita’ stampata sul viso.
-No no. Sono cose da donne.- affondo’ il cucchiaino dentro il vasetto, ignorando il ringhio sordo a lei rivolto.
Shikamaru allora si avvicino’, e le sfilo’ il gelato dalle mani. -Allora questo, mendekouse, me lo prendo io.- la ragazza si sporse, tentando di afferrarlo, ma Shikamaru lo tenne alto, impedendole di raggiungerlo.
-No dai, ridammelo!- si lamento’, troppo pigra per alzarsi in piedi e andarne a prendere un altro po’ in cucina. Shikamaru ghigno’, divertito.
-Allora, cosa vi siete dette?-
Ise gli fece lo sgambetto, e il Nara crollo’ per terra. La ragazza gli sfilo’ agilmente il vasetto dalle mani, riprendendo a mangiarlo in maniera paciosa. -Non te lo dico.-
-Sei proprio una seccatura, lo sai?- mugugno’ il padre, mentre strascicando i piedi si dirigeva verso la cucina, per andare a prendere qualcos’altro di commestibile.
Senti’ la ragazza ridere, e non riusci’ a trattenere uno sbuffo seccato. Sua figlia era proprio una scocciatura con i fiocchi.
Era tutto il pomeriggio che tentava di farsi raccontare qualcosa del suo incontro con Temari, ma con scarsi risultati. Non aveva detto una parola.
Pero’ sembrava contenta, fatto che tranquillizzava non poco il Nara. L’unica cosa che in quel momento gli interessava veramente era il suo rapporto con Ise. E se Temari, qualsiasi cosa le avesse detto, non era riuscita a scalfirlo allora significava che gli argomenti della loro conversazione non dovevano interessarlo.
Ma, purtroppo, non potevano fare a meno di incuriosirlo.
-Ehi seccatura- la chiamo’, aprendo il frigo e afferrando un barattolo di gelato alla stracciatella. –Almeno mi vuoi dire l’argomento della vostra conversazione?-
Dal salotto proveni’ un mugugno soffocato, segno che la ragazza aveva tentato di parlare con la bocca ancora piena di gelato. –No Shika! Smettila di rompere, non ti diro’ nulla. Piu’ che altro, perche’ sei cosi’ interessato? Hai per caso la coda di paglia? C’e’ qualcosa che mi dovresti dire?-
Il Nara la raggiunse, abbandonandosi sul divano accanto a lei.
Ise spalanco’ gli occhi, presa da un’illuminazione. –Oddio, non e’ che magari ho un fratello e non me lo hai mai detto? Questo spiegherebbe la tua ansia…-
A quelle parole, Shikamaru rischio’ di ingoiarsi il cucchiaino. Tossi’ violentemente, annaspando in cerca d’aria.
-Ma ti sei ammattita?!- le grido’, quando la ragazza scoppio’ a ridere come un’ossessa.
Sicuramente il gelato le aveva fatto male… Le aveva atrofizzato i neuroni.
Il Nara recupero’ il respiro, lanciando alla ragazza uno sguardo carico di odio.
-Stupida seccatura. Hai rischiato di uccidermi!-
La ragazza rise piu’ forte, tenendosi la pancia. Shikamaru mise il broncio, cominciando a mangiare il suo barattolo di gelato con ostinato mutismo.
Ise quando vide la reazione offesa del padre, si intimo’ di smettere di ridere. Soffoco’ i risolini con una mano, e si asciugo’ le lacrime con il dorso dell’altra.
-Daaaaai Shika-kun..- fece, con una vocetta smielosa, attaccandosi al braccio del padre. –Non ti sarai mica offeso, vero? Io scherzaaaavo.-
Lui rimase immobile, mantenendo la sua espressione seccata.
Una cucchiaiata, poi un’altra.
-Shika-kuuuun…- cinguetto’, stringendosi di piu’ al padre. –Daaaaaai…-
-Ise, smettila di fare la bambina di cinque anni, sei incredibilmente irritante.-
-Siiii! Hai parlato!- urlo’ lei, staccandosi di botto. Il Nara sbuffo’, riconoscendo di aver perso. La ragazza riprese a mangiare il suo gelato in tutta tranquillita’, con un sorriso sornione stampato in faccia.
-Seccatura.-
-Grazie.- rispose lei, con gi occhi azzurri illuminati dal divertimento. –E se quello non lo mangi- indico’ il barattolo che il Nara teneva in mano –lo mangio io.-
Shikamaru alzo’ il sopracciglio, rinoscendo il momento perfetto per attuare la sua vendetta. –Ise?- la chiamo’. Lei alzo’ il capo, ancora gongolante. –Non ti sembra di mangiare un po’ troppo? Guarda che poi ingrassi.-
Sbom. Colpo perfetto.
La ragazza osservo’ per un instante il barattolo che teneva in mano, per poi spronfondare in uno stato di autocommiserazione. Tutta la soddisfazione scompari’, lasciando spazio ad una profonda crisi depressiva.
Shikamaru sorrise soddisfatto, afferrando dalle mani della ragazza il vasetto incriminato. Ne prese una grossa cucchiaiata, assaporandola.
Ah si… Quanto era dolce il sapore della vittoria.
-Sei crudele.-
Il Nara ridacchio’, ricordandosi della sua passata adolescenza. Anche con Ino quel trucco aveva sempre funzionato. –Non sono crudele. Mi interesso solo, da bravo padre, della tua forma fisica.-
Lei alzo’ un sopracciglio, scettica. –E allora sai cosa facciamo? Se veramente vogliamo fare i salutisti questi- gli sfilo’ tutti e due i barattoli dalla mani –Li buttiamo. Non vorrei ti venisse il colesterolo alto, con la tua eta’ sei a rischio infarti.-
Sbom. Altro colpo perfetto.
Uno ad uno. Palla al centro.
Shikamaru la guardo’, consapevole di aver trovato un’osso duro come avversario. Quindi, troppo stanco per mettersi d’impegno, cedette. –Tregua?- propose.
La ragazza rise, porgendogli il barattolo. –Tregua.-
Sorrisero entrambi, riprendendo a mangiare il gelato in tutta tranquillita’, svaccati sul divano in completo relax. Sembravano veramente due amebe, ma erano totalmente soddisfatti della loro sistemazione.
Poi, dopo un lungo periodo di silenzio, Ise si riscosse. Poso’ il barattolo sul tavolino davanti al divano, e si mise a frugare nella borsa che aveva lasciato sul pavimento.
-Cosa stai facendo?- le chiese suo padre, ancora immerso nel suo pisolino mistico. Lei non gli rispose, limitandosi a lanciargli un mazzo di chiavi in grembo.
Lui fu costretto ad abbassare lo sguardo, sentendo una leggera pesantezza sull’addome.
Le afferro’, osservandole con sguardo stupito. –Te le ha date lei, vero?- la ragazza annui’, sorridendo.
Il Nara riflette’ un momento, poi si alzo’. Ise lo segui’, afferrando la borsa.
-Dove stai andando?- gli chiese, incuriosita. Lui sorrise lievemente, con lo sguardo perso. –A fare le valigie. Oggi si trasloca.-
 
 
 
Ci volle un’ora per preparare l’appartamento al trasloco.
Ise si stupi’ di quante poche cose suo padre tenesse in quella specie di tana. Pochi vestiti, un paio di pentole ed uno scatolone chiuso con dello scotch che aveva rinvenuto in un armadio, che dava la netta sensazione di non essere stato toccato da molto tempo, visto lo spesso strato di polvere che lo circondava. Un paio di libri, la scacchiera dello shoji, spazzolino e dentifricio… Sembrava quasi impossibile che Shikamaru avesse vissuto in quel luogo per la bellezza di dieci anni.
Non c’era nulla in quella casa. Era totalmente impersonale.
Tutti i quadri, i mobili (che ormai tendevano allo sfacelo) e gli oggetti presenti appartenevano al padrone precedente. Sembrava quasi che il Nara avesse tentato di espandersi il meno possibile, in modo da rendere il suo distacco il piu’ veloce e rapido possibile. Come in una stanza d’albergo, dove pero’ aveva vissuto per un quarto della sua vita.
Ise si guardo’ intorno, stringendo fra le braccia lo scatolone polveroso.
Suo padre fuoriusci’ dalla sua stanza da letto, portando un borsone pieno dei suoi pochi vestiti. Prese altre due borse, dove aveva raccolto i suoi effetti personali, poi si rivolse alla ragazza. –Allora, andiamo?-
Lei tentenno’, ancora un po’ spaventata all’idea di lasciare quella casa.
Ok, era piccola e crollava a pezzi, ma per lei era la casa di suo padre. E non era sicura che le sarebbe piaciuta quella nuova. Avrebbe preferito che fosse rimasto in quella vecchia, tanto che bisogno c’era di altro spazio?
-Hmmm, dobbiamo proprio?-
Il Nara sorrise, lanciando un’occhiata alle pareti circostanti. –Io direi proprio di si. Questa non e’ mai stata casa mia. E poi per due e’ troppo piccola.-
Ise sgrano’ gli occhi, rimanendo imbambolata.
-Tu vuoi che…?- gli chiese, fra l’emozionato e l’atterrito. Il Nara annui’.
-Sempre se a te va. Altrimenti puoi rimanere da Sakura, non mi offendo.-
Lei ci penso’ per alcuni istanti. Poi sorrise radiosa, sentendosi un po’ impacciata.
-Si, mi piacerebbe. Poi Sakura e Sasuke sono stati fin troppo gentili con me, e’ arrivato il momento che io gli lasci la loro intimita’.-
Il Nara annui’, sentendosi per un attimo tremendamente felice. Avrebbe voluto abbracciarla, ma era troppo imbarazzato da quella situazione. E poi, si disse, non sarebbe stato da lui essere cosi’ espansivo. Quindi si limito’ a sorriderle, aprendole la porta.
-Allora andiamo, su. Il mio vecchio letto era perfetto per le dormite. E tutto questo movimento mi ha fatto venire voglia di sdraiarmi…- lei oltrepasso’ la porta, e lui la segui’. –Da quanto io mi ricordi c’era anche una bella terrazza. Perfetta per guardare le nuvole.-
Ise si volto’, osservando il padre richiudere la porta a chiave, forse per l’ultima volta. Si sentiva euforica, con una tremenda voglia di urlare. Aveva anche un po’ di paura, visto l’enorme passo che stava per fare.
Stavano per diventare una famiglia.
Una famiglia vera, con una casa vera.
-… e poi la cucina era grandissima, sicuramente tu apprezzerai. Io non la saprei usare, ma Choji ha sempre detto che era fantastica.-
Ise sorrise, presa da un’improvvisa tenerezza nei confronti di suo padre, emozionato quanto lei. Quando i due si guardarono, lei gli rivolse un’espressione radiosa.
-Si, Shika, penso proprio che mi piacera’.-
 
 
Quando finalmente arrivarono davanti alla casa, Ise non riusci’ a trattenere un’esclamazione di meraviglia.
Era una villetta bianca, a due piani, con le mura tappezzate di finestre. Circondata da un giardino curato, era abbellita qua e la’ da cespugli di fiori colorati.
Non era grandissima, ma manteneva nelle sue forme delle proporzioni armoniose. La grande terrazza, al secondo piano, creava un porticato che ricopriva l’entrata principale, ritagliando uno spazio in ombra ottimo per le giornate d’estate.
Insomma, era perfetta.
-Ma e’ bellissima…- mormoro’, mentre suo padre armeggiava con le chiavi, tentando di aprire il cancello di ferro battuto.
-Ti piace?- le chiese. Lei annui’, con gli occhi grandi per lo stupore. –E’ stata Temari a fare il progetto. Voleva una casa che le ricordasse il posto da dove veniva, che la facesse sentire a suo agio. Per questo ci sono tante finestre. Voleva che il sole entrasse sempre, proprio come a Suna.-
Apri’ il cancelletto, e lascio’ che la ragazza lo precedesse. Lei entro’, e si soffermo’ a osservare un rigoglioso cespuglio di ortensie. –Ehi Shika,- lo chiamo’, stupita –ma come fa il giardino ad essere cosi’ bello? Non avevi detto che in questa casa non entra piu’ nessuno da dieci anni?-
Suo padre si gratto’ la testa, sorridendo imbarazzato. –Ehm si, e’ vero. Ma il giardino e’ stata una mia richiesta nelle clausole del divorzio. Non volevo che si seccasse. Quindi se non sbaglio ogni mese viene qualcuno a curare i fiori…-
Ise fece una smorfia confusa, non capendo il motivo di quella stranezza. Shikamaru lesse la sua espressione, e un po’ impacciato rispose –Ehm, questi fiori mi ricordano… tua madre. Il seme del primo albero che ho piantato, quello li’- indico’ un enorme albero di pesche a lato della casa –lo presi dal suo giardino.-
La biondina rimase in silenzio, osservando emozionata i fiori. Non avrebbe mai pensato che suo padre fosse una persona cosi’ sentimentale da rivolgere cosi’ tante attenzioni a dei dettagli quasi insignificanti.
-Sono bellissimi.- commento’ poi, sentendo lo sguardo dell’uomo addosso.
Lui si passo una mano dietro il collo, alzando le spalle. –Si, lo sono. Lei li amava cosi’ tanto… E alla fine mi ha trasmesso la sua passione.-
I due sorrisero, poi si avvicinarono alla casa. Shikamaru apri’ la porta, e subito furono dentro.
Come si era immaginata, la casa all’interno era ancora piu’ bella che fuori.
Era stata arredata con gusto, alternando classico a moderno. La cosa che colpiva piu’ di tutto era la luce, che grazie ai muri bianchi e alle immense finestre inondava la casa, con un effetto abbagliante. Sembrava proprio di trovarsi in una delle case del paese della sabbia, con quei colori pastello che stemperavano le linee dure dei mobili.
Era veramente una bellissima casa.
Noto’ che lo zampino di suo padre si faceva vedere anche all’interno dell’abitazione, dando un tocco piu’ vivace. C’erano quindi diversi vasi di fiori disseminati in tutte le stanze, accompagnati da cuscini e da poltrone, perfette per oziare.
La condusse al piano di sopra, dove tutto il muro rivolto verso ovest era stato sostituito con un’immensa vetrata, che si gettava su una grande terrazza.
La stanza principale era un immenso salone, che godeva di una vista mozzafiato sui tramonti di Konoha, su cui poi si affacciavano altre due stanze da letto.
Shikamaru le mostro’ una stanza laterale, rivolta verso nord. Al suo interno c’erano un letto, una scrivania ed una grande libreria, che pero’ attendeva di essere riempita. Ise poso’ lo scatolone sulla scrivania bianca, guardandosi intorno con sguardo meravigliato.
Tutta la stanza era di un soffuso celeste pastello. Sembrava quasi fatto apposta, visto che quello era esattamente il colore dei suoi occhi.
Scosto’ le tende di organza, rimanendo per alcuni istanti in piena contemplazione del panoramana fuori dalla finestra.
Poi si volto’, estasiata. –E’ bellissima..- sussurro’, quasi incredula. Quella stanza sembrava proprio fatta apposta per lei.
Shikamaru, che era rimasto in silenzio ansioso di una sua reazione, si sciolse in un sorriso. –Sono contento che ti piaccia. E’ la tua stanza, puoi farne cio’ che vuoi.-
Lei gli rivolse uno sguardo grato. Poi sfilo’ dalla borsa il libro che il giorno prima Sasuke le aveva portato in ospedale e lo posiziono’ soddisfatta al centro della libreria.
I due si guardarono, poi scoppiarono a ridere.
-Dai, ne compreremo altri.- le disse Shikamaru, con lo sguardo acceso. Lei annui’, senza smettere di ridere. Lancio’ un’altra occhiata al solitario libro, sentendosi comunque a proprio agio.
Quel posto era la casa che aveva perso.
Vide suo padre uscire dalla stanza, e incuriosita lo segui’ con lo sguardo.
Lo vide scomparire dentro la camera accanto, per poi riuscirne portando in trionfo un oggetto nella mano destra.
Entro’ di nuovo nella sua stanza, sorpasso’ la figlia, e con viso serio aggiunse il libro che aveva appena preso allo scaffale, esattamente accanto all’altro.
Rimase a fissare quella buffa immagine per una manciata di secondi, poi incrocio’ le braccia al petto con fare soddisfatto. –Cosi’ e’ tutta un’altra cosa.-
Usci’ dalla stanza, sbadigliando a piu’ non posso.
Ise era sicura che sarebbe andato a sdraiarsi sulla prima superficie orizzontale disponibile, con una particolare predilezione per una certa amaca che aveva visto sul balcone.
Riporto’ lo sguardo sulla libreria, e spontaneamente sulle sue labbra nacque un sorriso.
Due libri solitari, senza nulla in comune, costretti a stare insieme.
Un’accoppiata senza senso, ma che stranamente faceva un bell’effetto.
Ise usci’ dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
Sorrise.
Si, in quel modo era tutta un’altra cosa.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ixia’s___________________
Buonasera a tutti popolo di EFP.
Stasera sarò breve. (E tutti ringraziarono)
Capitolo importante, uno dei miei preferiti. Da brava mosca bianca dovrei odiare Temari, ma purtroppo devo ammettere che non ci riesco.
È il personaggio di Naruto che più mi assomiglia, o che comunque stimo immensamente. Quindi l’eterna rivale è arrivata… È ha sfatato il mito che tutte le matrigne e le ex mogli devono per forza odiare i figliastri. (Cosa, secondo me, veramente idiota…)
Chiedo perdono per lo scempio che ho compiuto durante il loro colloquio, ma non ho mai utilizzato veramente Temari prima d’ora. È stato un’esperimento… Un po’ come tutto il capitolo.
Vabbè ragazzi, spero vi sia piaciuto. Ormai penso vi siate stufati di sentirmi dire “recensite”, quindi lo eviterò. Chi vuole lo faccia, altrimenti amen.
Un bacio a tutti, grazie a quelle 4 anime che si sono fatti sentire lo scorso capitolo.
Grazie per aver perso il vostro tempo con i miei sproloqui (storia compresa…) ^^
A lunedì prossimo. :D
 
Ixia

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***











Quella mattina l’aria era piu’ tiepida del solito.
Era piacevole stare all’aperto e camminare per la strada nonostante fossero le sei del mattino. Non faceva freddo, e in piu’ l’aria profumava di resina.
Tora aveva sempre amato quelle ore del giorno. Il momento in cui il sole era sorto ma il villaggio ancora non si era accorto che un nuovo giorno fosse cominciato. Un unico attimo di silenzio, prima che i fornai aprissero i negozi, che le mamme svegliassero i figli e che tutto prendesse vita, spazzando via quella magia.
Si sentiva in pace, in quei pochi attimi di solitudine.
Riusciva a ritrovarsi, a entrare in contatto con quella parte di se stesso che durante il giorno si assopiva, forse per sfuggire al troppo rumore.
Passeggiava per le strade, scivolando come un sussurro, ritrovandosi fra un passo e l’altro a dialogare con i propri pensieri. Assaporava al massimo il piacere di quelle rare passeggiate, respirando a pieni polmoni l’aria ancora incontaminata del villaggio della foglia.
Quel giorno, soprattutto, aveva bisogno di riordinare le idee. Era passato molto tempo dalla sua ultima camminata, e nella sua mente si affollavano caotici centinaia di pensieri. Era arrivato il momento di fare un po’ di pulizia, giusto per venire a capo di alcune questioni che gli stavano opprimendo il cervello.
Il nemico. Il futuro. Ise.
Questi tre argomenti, l’ultimo in particolare, riempivano da un mese a questa parte tutte le sue giornate. Aveva tante cose di cui pensare, molto di cui discutere con se stesso.
Aveva paura di quel nemico. Ed aveva paura anche per il proprio futuro.
Gli sembrava che improvvisamente tutto avesse preso una piega anormale, e che lui non avesse le capacita’ per riportare tutto nei propri binari.
Erano giorni che stavano organizzando un attacco, quello definitivo.
Si era parlato molto, studiato, programmato, ma l’unica cosa di cui avevano avuto la certezza era appunto l’imprevedibilita’ della missione. Avrebbero potuto vincere in un secondo… Oppure essere spazzati via come polvere.
Era tutto cosi’ confuso, così fragile. E lui ancora non riusciva a scacciare l’ansia che lo attanagliava.
Centinaia di variabili spuntavano fuori come impazzite, e non si sentiva piu’ sicuro di nulla. Avrebbe voluto fuggire, scappare per sempre, o solamente ammazzare di botte quel bastardo che li aveva cacciati in quella situazione.
Continuava a camminare, stando bene attento a non far rumore.
Non sapeva neanche dove i suoi piedi lo stessero portando, lasciandosi trasportare dal ritmo prodotto dai suoi passi.
Il cielo era di un azzurro accecante, nonostante fosse ancora molto presto.
Tora alzo’ lo sguardo, perdendosi per un attimo in quel colore cosi’ vivido.
Quel giorno sarebbe stata una giornata bellissima.
Il terzo argomento busso’ alla sua mente.
Sembrava proprio il colore degli occhi di Ise.
Scaccio’ il pensiero, non ancora pronto per affrontare un qualcosa di cosi’ complesso. Quello si che era l’argomento piu’ caotico, quello di cui non sarebbe mai riuscito a venirne a capo.
Alzo’ lo sguardo, riprendendo contatto con la realta’.
Davanti a lui c’era la casa di Shikamaru-sensei, ancora avvolta dal silenzio.
Aggrotto’ la fronte, stupendosi di trovarsi in quel luogo.
Aveva camminato cosi’ tanto?
Beh, visto che ormai era arrivato fino a li’, tanto valeva fare un salto dal maestro. Lo avrebbe svegliato, e magari gli avrebbe chiesto un paio di consigli.
Alzo’ lo sguardo verso l’ampia terrazza al piano superiore. Anche da quella distanza poteva vedere con chiarezza qualcuno dormire nell’amaca bianca.
Stupido sensei… Si era sicuramente appisolato ed era rimasto fuori tutta la notte.
Scavalco’ la cancellata, raggiungendo con un paio di balzi la balconata superiore. Si sedette in bilico sulla ringhiera, e si volse verso l’amaca. Davanti a lui si presento’ la figura di una certa biondina di sua conoscenza, che dormiva beatamente con un librone in mano.
Altro che sensei, il sonno all’aperto doveva essere una passione di famiglia.
Scosse il capo, e stando bene attento a non fare movimenti bruschi sfilo’ dalle mani della ragazza il tomo ancora aperto. Lo richiuse, e lo appoggio’ alla ringhiera accanto a se’.
Si volto’ nuovamente verso la ragazza, soffermandosi un attimo ad osservare quella figura profondamente addormentata.
Ise nel sonno era tutta un’altra persona. Sembrava fragile, indifesa, con quel petto esile che si alzava e si abbassava impercettibilmente. Aveva una posa scomposta, con la mano sinistra abbandonata accanto al viso, che al giovane Sarutobi provoco’ un’ondata di sentimenti iperprotettivi.
Mosse lentamente una mano, e trattenendo il fiato scosto’ da quel viso sereno una disordinata ciocca di capelli che le ricadeva sull’occhio.
Rimase per un attimo in contemplazione, poi scosse la testa, brusco.
Altro che bell’addormentata, quella ragazza normalmente era peggio della strega.
Non riusciva a capire come facesse a cambiare personalita’ cosi’ velocemente, contribuendo a confondergli le idee.
Era bella, troppo bella.
Ma non riusciva mai a capire cosa stesse pensando.
Per esempio, quale sarebbe stata la sua reazione nel trovarlo li’ al suo risveglio?
Le avrebbe fatto piacere? Si sarebbe arrabbiata? O solamente avrebbe pensato che lui era un fastidioso impiccione?
Beh, l’argomento Ise era sempre il piu’ complicato.
Soprattutto perche’ quando c’era di mezzo lei, non riusciva a capire nemmeno se stesso.
Scese dalla ringhiera, adocchiando una poltrona accanto all’amaca che sembrava essere comoda. Afferro’ il librone della ragazza, e senza farsi tanti complimenti comincio’ a sfogliarlo, sovrappensiero.
Forse sarebbe stato meglio andare via. Se Shikamaru-sensei l’avesse trovato in casa sua accanto a sua figlia sicuramente l’avrebbe ucciso in modo cruento. O avrebbe inventato qualche ingegnosa tortura per punirlo.
No no, era meglio andare.
Ma chissa’ perche’, non ci riusciva.
Ise sembrava cosi’ fragile in quel momento, e lui non se la sentiva di lasciarla da sola. E se il nemico fosse arrivato in quel momento e l’avesse attaccata nel sonno? I sensi della biondina non sembravano cosi’ all’erta.
E lui, come gli aveva detto Sasuke-sama, aveva il compito di proteggerla.
Si, alla fine quell’incarico gliel’aveva dato Shikamaru.
Sarebbe rimasto li’, a fare la guardia ad Ise.
E che il sensei non rompesse le scatole.
 
 
Quando finalmente il sole raggiunse un’altezza considerevole, la sua luce arrivo’ a colpire anche la terrazza di casa Nara.
La piccola Ise non ci mise molto ad aprire gli occhi, trovando al suo fianco, con suo grande stupore, il giovane Sarutobi seduto nella poltrona accanto.
Inizialmente le ci volle un po’ per collegare i pensieri.
Tora. Nella poltrona accanto a lei. Con il suo libro in mano.
Che diamine era successo?
Si sforzo’ di ritrovare un senso logico a quegli avvenimenti, ma dopo alcuni secondi si arrese. Non gli importava nulla del perche’ quel ragazzo si trovasse li’… Anche perche’ stranamente le faceva piacere.
-Ehi, buongiorno…- mormoro’, girandosi su un fianco. Il Sarutobi si volto’ verso di lei, con un’espressione un po’ imbarazzata.
-Ehm, ciao Ise. Scusa per l’intrusione, ma stamattina stavo girando… E mi sono ritrovato qui.-
La spiegazione piu’ patetica della tua vita, Sarutobi., penso’ fra se’ e se’.
Ma Ise si limito’ a sorridergli, forse ancora troppo assonnata per riconoscere l’assurdita’ di quelle parole.
-Shika?- chiese la biondina, stiracchiandosi. Il Sarutobi alzo’ le spalle.
-Penso sia ancora dentro. Di sicuro stara’ dormendo.-
Lei ridacchio’, mettendosi seduta. –Si, lo penso anche io. Ma penso sia ora di svegliarlo, dobbiamo andare a parlare con l’Hokage.-
-Perche’?- chiese il ragazzo, mentre la biondina andava ad aprire la grande porta a vetri. Fece scorrere il pannello, e fu subito dentro il salotto.
Tora la segui’, portando con se’ il libro che prima le aveva sottratto.
-Ho scoperto come incastrare Hidan.-
Il ragazzo si arresto’, spalancando gli occhi. –Ma davvero?-
Lei afferro’ un elastico dallo scaffale, annuendo. –Si. Ma vi diro’ tutto dall’Hokage.- si lego’ i capelli con un gesto fluido, facendo dondolare la lunga cascata bionda. –Tora, io vado a vestirmi. Sveglieresti tu mio padre?-
Il Sarutobi annui’, vedendola sparire dentro una stanza alla sua sinistra.
Osservo’ il libro che ancora teneva fra le mani, allibito.
Stavano finalmente per giungere ad una svolta.
 
 
 
-Allora Ise, dicci tutto.- esclamo’ Naruto, seduto ancora mezzo addormentato alla sua scrivania. Accanto a lui nella stanza erano presenti altre cinque persone: Ise, Shiakamaru, Tora, Sasuke e Sakura. Tutti in trepidante attesa.
La biondina fece un passo avanti, portando con se’ quello che sembrava essere un libro antico. Lo poso’ sulla scrivania dell’Hokage e lo apri’ dove aveva precedentemente lasciato il segno.
-Bene, scusatemi per l’orario, ma ieri sono rimasta fino a tardi a studiare questo libro. Sono le cronache della terra del Fuoco, e dentro vi sono contenute delle informazioni preziosissime sulla storia di Konhoa.- nella stanza l’attenzione schizzo’ alle stelle. –In questa pagina, in cui si parla di un fatto accaduto quasi cento anni fa, Konhoa non era ancora stata costruita, e il sapere ninja veniva tramandato dai clan. Qui si parla di un gruppo di ninja di un clan sconosciuto che hanno combattuto contro un uomo che presentava le stesse caratteristiche di Hidan. Sentite qui: “ed egli fu uomo dalle orribili fattezze, che dopo aver ingerito il sangue del nemico si tramutava in una bestia orrenda simile alla morte. Essa era capace di uccidere senza colpire, provocando tramite il proprio dolore la sconfitta dell’avversario.”-   
-Si, e’ sicuramente uno come lui..- biascico’ Shikamaru, con una smorfia.
-Ecco, bene. Qui dice che quest’uomo ha continuato a mietere vittime fino a che il capo di questo clan, un ninja abilissimo, non creo’ un jutsu capace di renderlo mortale.-
-Dici sul serio?- chiese Sakura, sorpresa. La ragazza annui’, chinandosi a leggere un passo del libro. -“in questo modo la bestia fu privata del suo spirito, rendendo il corpo vulnerabile. Fu cosi’ possibile distruggerlo…”-
-E lo spirito?- chiese Sasuke, senza scomporsi.
-Qui racconta di averlo trasferito in un vaso, e di averlo nascosto nel profondo di una grotta… Ma non si capisce bene se questo tizio alla fine sia morto o no.-
-Secondo me no.- ribatte’ Shikamaru –Hanno solamente diviso lo spirito dal corpo, in modo da fermarlo temporaneamente. Ma cosa ne sappiamo noi di quello che e’ successo dopo? Il sigillo potrebbe essersi indebolito, lasciando lo spirito libero di vagare. Da quanto ne so io, l’uomo di cui parlano in quel libro potrebbe benissimo essere Hidan. Lo stesso spirito reincarnato in un altro corpo.-
Tora sgrano’ gli occhi, disgustato. –E si puo’ fare? Uno spirito vagante puo’ prendere possesso di un corpo qualunque?-
-Beh, in effetti si. Io lo faccio praticamente sempre quando uso il capovolgimento spirituale.- commento’ Ise, ripensandoci. –pero’ non posso farlo completamente. Perche’ comunque, chakra a parte, all’interno del corpo rimane sempre la coscienza del vero possessore.-
-Si, ma utilizzando delle menti ancora non del tutto formate, sarebbe facile imporre il proprio spirito annullando quello precedente.- spiego’ Shikamaru.
-Oddio, come dei bambini…- mormoro’ Sakura, riconoscendo la logica di quel ragionamento. –Shikamaru, pensi che Hidan si sia reincarnato in un neonato?-
Il Nara annui’, davanti agli sguardi stupiti e disgustati dei presenti.
-Si, avrebbe benissimo potuto farlo.-
-Ma se noi trovassimo un modo di dividere l’anima dal corpo e poi distruggerla?- chiese Naruto, allontanando dalla sua mente le immagini di bambini posseduti da mostri.
Shikamaru abbasso’ il capo, estremamente serio. –Vinceremo. Ma il vero problema e’ che non esiste modo per distruggere uno spirito una volta separato da corpo.-
-Non e’ vero.-
Tutti i presenti si voltarono verso Sasuke, che aveva parlato.
-Io so come distruggere uno spirito. O almeno, come imprigionarlo per sempre.-
Shikamaru inclino’ il capo, senza comprendere. –E come?-
-Quando mio fratello uccise Orochimaru, lo trafisse con una spada leggendaria, chiamata spada Totsuka. E’ un’arma incorporea, e si dice che chi ne viene colpito si addormenti e venga confinato per sempre in un mondo illusorio.-
Sasuke fece una pausa, arginando i ricordi. –Orochimaru a quel tempo era solo uno spirito, un’anima che io avevo intrappolato all’interno del mio corpo. La spada lo risucchio’, eliminandolo completamente.-
Il Nara gli rivolse uno sguardo serio –e tu sai dove si trova questa spada?-
L’Uchiha sorrise. –Oh si… E’ all’interno del mio corpo.-
Le cinque persone all’interno della stanza ammutolirono, sbalorditi.
-Cheeeeeee?- urlo’ Sakura, sbiancando. –Cosa diavolo avresti dentro di te?-
Il ghigno di Sasuke si allargo’, mentre i suoi occhi non si staccavano da quelli di Shikamaru. –Quando mio fratello mori’, mi passo’ i suoi poteri. E con essi, io acquisii anche la spada Totsuka, che ora risiede nel mio corpo. E’ un’arma spirituale… Che puo’ essere ceduta da una persona all’altra.-
-Ommioddio, mio marito ha un arnese infernale ne suo corpo…- mormoro’ Sakura, ancora in stato di shock. Il Nara invece era perfettamente concentrato.
-E come faremo ad usarla?-
-La passero’ a te.-
Il Nara si stupi’, inarcando il sopracciglio. –E come farai? Io non ho lo sharingan.-
-Non serve. La Totsuka e’ sempre stata passata da una persona all’altra e non solo dai membri del clan Uchiha. Te la cedero’ temporaneamente.-
-Perfetto.-
Nella sala scese il silenzio, mentre i due uomini continuavano a fissarsi. Ise era sbalordita, soprattutto per quell’intesa che sembrava essersi creata fra i due.
Spade leggendarie? Sharingan? Cedere?
-Ehi! Ehi! Fermi…- sbotto’ ad un certo punto, sentendo la situazione sfuggirle dalle mani. –Prima di pensare a spade incorporee e tutto il resto, bisogna dividere l’anima dal corpo. E da quanto ho letto, non sara’ per niente semplice.-
-Cosa serve?- chiese Naruto, anche lui un po’ confuso.
-Cinque ninja. Piu’ quello che distruggera’ l’anima, quindi sei. Ognuno deve saper padroneggiare un tipo di chakra diverso… Ed e’ meglio coinvolgere meno gente possibile. Quindi abbiamo acqua…- indico’ se stessa.
-Vento..- disse Tora, alzando la mano.
-Io posso fare la terra…- si inseri’ Sakura.
-Mentre tu Sasuke puoi fare sia fuoco che fulmine. Direi che siamo al completo.- si rallegro’ Naruto. Ise scosse il capo, in segno di diniego.
-No, non si puo’. Bisogna avere una persona per ogni tipo di chakra. Quindi tu, Sasuke, farai il fulmine… E dobbiamo trovare qualcuno che faccia il fuoco.-
-Ed io?- chiese Naruto, sempre piu’ confuso. Quella faccenda non gli piaceva per niente.
-Tu sei l’Hokage Naruto, devi rimanere al villaggio. Se la nostra missione andra’ storta, sara’ il primo luogo che Hidan attacchera’.- rispose Shikamaru.
Il biondo annui’. –Si, hai ragione. Sasuke, trova un ninja del fuoco fra i tuoi ANBU. Io invece mi occupero’ di organizzare una squadra di rinforzi… Casomai ce ne fosse il bisogno.-
-Speriamo di no. Allora Shika-sensei, come agiremo?- chiese Tora, volgendo lo sguardo verso il suo maestro.
Il Nara rimase un attimo a riflettere, poi annui’.
-Ascoltatemi attentamente, perche’ non sara’ assolutamente un piano facile.-
 
 
 
-Itachi, questa notte devi andare a dormire da Kushina.- ordino’ perentoria Sakura, rivolta al figlio.
-E perche’?- chiese il bambino, che nel mentre stava studiando in camera sua aiutato dalla Yamanaka.
-Perche’ te lo dico io. Domani io e tuo padre andiamo in missione, e non voglio assolutamente che tu rimanga solo. Capito?-
Il bambino sbuffo’, lanciando uno sguardo alla biondina davanti a lui.
-Vai anche tu in missione con loro?- le chiese. Lei annui’, facendo ondeggiare la frangia bionda.
-Perfetto- sorrise Itachi –allora vengo con voi.-
-COSA?!- grido’ sua madre, mentre la sua espressione virava verso quella di uno squalo. –Tu non vai da nessuna parte, caro il mio Itachi Uchiha!-
Il bambino continuo’ a sorridere, totalmente immune alle urla della madre.
Quella volta aveva deciso: voleva andare con loro. E non sarebbero state certo le minacce di sua madre a fargli cambiare idea. Era un ninja, dopotutto.
-Si invece. Verro’ con voi.-
-Non se ne parla! Se provi solamente a mettere un piede fuori dalla porta di villa Hyuuga ti giuro che ti uccido con le mie mani! Ti rinchiudo dentro il canile di Kiba e getto la chiave!-
Il piccolo Uchiha si alzo’ in piedi, impettito. –Non me ne importa nulla! Io voglio venire con voi. Voglio essere utile!-
-Ma non lo saresti.-
La figura scura di Sasuke apparve sulla soglia, gelando per un istante il figlio.
Cavolo, contro suo padre la lotta diventava molto piu’ dura.
Evito’ di incrociare il suo sguardo, consapevole che non avrebbe resistito. Magari suo padre sarebbe anche stato capace di addormentarlo con lo sharingan.
-Si invece. So cosa sta succedendo, vi ho sentito mentre ne parlavate. Posso essere utile… Io voglio venire con voi.-
Il bambino senti’ distintamente suo padre prendere un lungo respiro.
-Itachi- lo chiamo’, con il suo miglior tono omicida –Tu stasera dormirai a villa Hyuuga. E non uscirai. Altrimenti, poi, decidero’ io cosa fare di te.-
Il piccolo Uchiha rimase immobile, quasi terrorizzato. Ise vide la sua forza di volonta’ tentennare, e poi finalmente cedere.
-Va bene.- rispose. La sua espressione era un misto di rabbia e delusione.
-Bene.- ribatte’ il padre. –Ora, se vuoi scusarci, devo parlare con Ise della missione. Prepara le tue cose. Dopo ti accompagno da Naruto.-
-Posso andarci anche da solo!-
-Lo so. Ma ti accompagno io.-
 
 
 
La sera era finalmente scesa nel villaggio della foglia.
Quel giorno avevano passato tutto il tempo a programmare l’attacco, che sarebbe stato per il giorno seguente. Ise si sentiva tremendamente agitata e, come ogni volta prima di una missione, non riusciva a dormire.
Si alzo’ dal suo letto, appoggiando con un brivido i piedi nudi sul parquet.
Cammino’ fino al salotto, con l’intenzione di andare a prendere qualcosa in cucina per scaricare la tensione.
Entro’ nella stanza, e con suo stupore noto’ una certa testa dai capelli sparati spuntare dallo schienale del divano.
-Non dorme nessuno questa notte?- chiese la voce di suo padre, sentendola arrivare. La piccola Yamanaka aggiro’ il divano, sedendosi accanto a lui.
Raccolse le ginocchia al petto, mentre i capelli sciolti le andarono a coprire le spalle, come una coperta dorata.
-Hmmm, no. Non riesco mai a dormire prima di una missione.- sussurro’, lanciando un’occhiata al cielo notturno attraverso la vetrata. –Tu?-
-Idem.- il Nara getto’ la testa all’indietro, appoggiandola al divano. –Oggi particolarmente. Mi sembra di essere tornato adolescente…-
Le sue parole svanirono in un sussurro, mentre il genio di Konhoa continuava a fissare le stelle giocherellando con una tessera dello shoji.
Ise la riconobbe. Era un cavallo.
La ragazza rimase in silenzio, aspettando che fosse lui a parlare.
Lo senti’ prendere un profondo respiro. –Sai, l’ultima volta e’ stato piu’ facile.-
La stanza calo’ di nuovo nel silenzio, mentre la ragazza sposto’ lo sguardo dal cielo al viso del padre. –Avevo Choji, e tua madre. E il mio piano era sicuramente meno rischioso di questo.-
-Andra’ bene, e lo sai…- sussurro’ lei, con voce incoraggiante.
-No, non lo so. Non lo so mai. Mi accorgo che una strategia funziona solamente nell’instante in cui vedo il nemico cadervici.-
-Ehi Shika, non ti preoccupare. Rilassati, domani andra’ bene.-
Il Nara socchiuse gli occhi, stremato. Non era da lui fare certi discorsi, lasciarsi andare allo sconforto. Ma quella sera c’era veramente qualcosa di incontrollabile in lui… E sentiva troppo il bisogno di avere sua figlia vicino.
Ise sembro’ capirlo, e gli rivolse un sorriso che brillo’ persino nel buio.
Si alzo’, ando’ in camera, e torno’ trionfante con lo scatolone polveroso in mano.
-Su Shika, rovistiamo nei tuoi scheletri nell’armadio…- ridacchio’, accendendo una piccola lampada accanto al tavolino –Cosa c’e’ in questo scatolone?-
Il Nara non rispose, ancora con gli occhi chiusi. Sembro’ pero’ riprendere il controllo di se stesso.
Lei strappo’ lo scotch con un gesto secco, facendo sobbalzare la figura accanto a lei. –Ise, non potresti avere un po’ piu’ di riguardo verso il passato altrui? Magari la’ dentro ci sono le ceneri di qualche mio compagno morto…-
Lei alzo’ un sopracciglio, gioendo silenziosamente per la reazione di suo padre. Voleva impedire che si deprimesse, che perdesse la calma e la fiducia in se stesso. Quindi, ovviamente, la soluzione migliore per riportarlo alla realta’ era irritarlo.
-Hmmm, non mi importa. E poi non potrebbero mai essere ceneri… Voi sentimentali di Konhoa i morti preferite sotterrarli.-
-Ise, sei veramente irrispettosa nei loro confronti…- mormoro’ quello, mentre il suo tono cominciava a tornare della sua solita tonalita’ seccata.
-Beh, non penso che a loro dispiaccia. In fondo sono morti, no?-
Apri’ lo scatolone, non trovando con suo sommo dispiacere nessuna urna funeraria. Solo un insieme di paccottiglie, un libro dalla copertina spessa e un paio di lettere.
-Peccato, niente ceneri.- mormoro’, dando un’occhiata piu’ approfondita all’interno della scatola. Vide un mazzetto di lettere legate con un elastico, e automaticamente le afferro’. Non erano lettere normali, erano colorate, e piene di disegnini… Sembravano biglietti di auguri.
Ne prese una, la prima, e la apri’. Aspettava solamente che suo padre la fermasse, sbraitando come un pazzo di privacy e seccature.
Ma non lo fece.
Apri’ il foglietto giallo, con dei girasoli disegnati accanto.
 
“22 Settembre. Auguri idiota… Spero che il regalo ti piaccia.
(E anche se non fosse cosi’, sei pregato di fare una faccia contenta! >_<)
Auguri, Ino.
ps. Brutto cafone, se domani non mi fai gli auguri giuro che ti uccido!”
 
Ise spalanco’ gli occhi, incredula.
-Ma questa e’…- mormoro’. Shikamaru annui’, traendosi a sedere.
-Si, e’ la scrittura di tua madre. Quello e’ il biglietto che mi ha mandato al mio… aspetta- guardo’ meglio la data –si, al mio sedicesimo compleanno.-
Shikamaru si getto’ all’indietro, piegando le braccia dietro alla testa -Mi ricordo che quel giorno mi regalo’ un orrendo maglione…- fece una faccia schifata -Penso l’abbia fatto apposta, quella strega.-
Il suo tono rimaneva scocciato, ma nel fondo degli occhi si era accesa una luce.
-Questo, invece..- le indico’ un foglietto azzurro dai bordi dorati –e’ la partecipazione al suo diciottesimo compleanno. Mioddio, che sbronza. Questo..- indico’ un foglietto tutto lilla –e’ del mio diciannovesimo compleanno. Questo del diciassettesimo, quello del quindicesimo… Ah si, quella invece e’ la lettera che mi ha scritto quando per sbaglio le ho rotto una borsa. Ha inventato 32 modi diversi per uccidermi senza utilizzare le mani… Pensa tu che fantasia.-
Ise osservava sbalordita i fogli fuoriuscire dalla scatola, accompagnati dai commenti di suo padre. I ricordi, una volta estratti da quelle pareti di cartone, riprendevano vita, mostrandosi in tutto il loro splendore.
Li’ c’era un’Ino che lo aveva picchiato, li’ quando aveva pianto cinque ore ininterrottamente perche’ Sakura era tornata ferita da una missione, li’ il cartellino di una maglietta che avevano comprato insieme.
Davanti a lei vedeva delinearsi l’immagine di sua madre adolescente, accompagnata dalla voce di suo padre.
Lui rimaneva annoiato, con il tono immobile come se stesse recitando la lista della spesa, ma Ise riusciva a leggere dentro i suoi gesti una malinconia crescente. Guardava quei foglietti con tenerezza, senza pero’ far trasparire nulla dalle sue parole. Con la sua solita faccia da schiaffi, un sopracciglio alzato, e si lamentava perennemente di quanto sua madre fosse stata una seccatura.
Ma era facilissimo leggergli dentro. Sentire come la sua voce tremasse, presa da un’emozione scacciata forse per troppo tempo.
Non era facile fare i conti con una cosa simile dopo diciasette anni di aridita’.
-E questa?- mormoro’ la ragazza, estraendo dalla scatola una bambolina. Era cucita a mano, con due bottoni al posto degli occhi, e rappresentava Shikamaru.
E fino a li’ nessun problema… Se non si contava che quel grazioso pupazzetto era trafitto da quasi una dozzina di spilli.
-Quella?- bofonchio’ Shikamaru, scuotendo il caso. –E’ la bambolina woo-doo di tua madre. Una sua nuova trovata per vendicarsi di non so quale tremenda offesa che io gli avevo fatto.-
Ise scoppio’ a ridere, rigirandosi fra le mani quel pupazzetto cosi’ carino.
Ma davvero sua madre era riuscita ad arrivare ad una cosa simile?
Rise forte, gioiosamente, mentre alle sue spalle Shikamaru lanciava uno sbuffo.
-Mendekouse. Ora cosa hai da ridere?-
-Beh, diciamo che devi averla fatta veramente arrabbiare se e’ arrivata a fare questa…- gli fece dondolare la bambolina davanti, mentre il Nara si appoggiava allo schienale, con espressione offesa.
-Non e’ vero. Mi ero solo addormentato.-
-Solo addormentato?- chiese lei, stuzzicandolo. Lui afferro’ la bambolina, e la rigetto’ dentro la scatola.
-Ok, ok, seccatura. Mi sono addormentato e l’ho fatta aspettare un po’. Quante storie mi ha fatto per un paio di minuti sotto la pioggia!-
-Aaaaah, c’era anche la pioggia. Solo un paio di minuti?- gli chiese, sfidandolo.
Lui incrocio’ le braccia al petto, brontolando. –No erano un paio d’ore. Ma comunque, e’ il pensiero che e’ sbagliato! Uno non puo’ augurare morte a tutti quelli che gli fanno un torto!-
Ise continuo’ a ridere, felice che suo padre avesse abbandonato le incertezze del giorno dopo. Afferro’ il libro dalla copertina spessa dentro lo scatolone, e se lo poso’ in grembo.
-Questo cosa e’?- chiese, aprendolo con cura.
Shikamaru si avvicino’ di piu’, riconoscendolo. –E’ il regalo che tua madre e Choji mi fecero per i miei diciotto anni. Non ti consiglio di guardarlo, ci sono delle cose scandalose la’ dentro.-
Ma lei non lo ascolto’, e lo apri’ lo stesso.
Come scopri’ gia’ dalla prima pagina, quello che aveva in mano era un album di fotografie. Al suo interno era raccontata tutta la storia dell’Ino-Shika-Cho, dalle origini fino a, purtroppo, la sua fine.
Comincio’ a sfogliare il libro, estasiata. Al suo interno c’erano le foto dei suoi genitori da neonati, da genin mentre andavano all’accademia, da adolescenti e poi finalmente da ninja quasi adulti. C’era la foto della passaggio di Shikamaru a Chunin, in cui Ino rideva come una pazza per via del suo giubotto; quella dei loro compleanni, festeggiati insieme a mezzanotte; della fine della guerra; della nascita di Tora…
Era fantastico.
In ogni pagina, in ogni foto, per lei era come vedere sua madre vivere di nuovo.
La vedeva sorridere attraverso le pagine, cosi’ bella e cosi’… innamorata.
Si, palesemente innamorata.
Di suo padre, della sua terra, ma soprattutto della vita.
Improvvisamente si ritrovo’ ad avere la vista appannata. Giro’ un’altra pagina, e una particolare foto le salto’ all’occhio.
Occupava tutta il foglio, posizionata in verticale. Vi erano ritratti i suoi genitori in piedi, uno accanto all’altro.
Shikamaru e Ino.
Belli come non mai, vestiti per la festa.
Lui indossava una blusa bordeaux, con delle rifiniture dorate. Teneva le braccia conserte, lo sguardo annoiato verso l’obbiettivo, ma si poteva riconoscere chiaramente sulle sue guance un lieve rossore.
Accanto lei era radiosa, in un kimono bicolore bianco e bordeaux. La fascia in vita era dorata, e sulla stoffa erano disegnati con fili dello stesso colore dei tralci di viti. I capelli non erano acconciati, e le ricadevano lunghi da un lato. Teneva una mano nell’incavo del braccio di Shikamaru, quasi come se fossero a braccetto. Anche lei aveva il viso lievemente arrossato, e fissava l’amico accanto.
Dovevano avere si e no diciotto anni.
-E’ bellissima…- sussurro’ lei, senza riuscire a staccare lo sguardo. –Dove l’avete fatta?-
Shikamaru rimase un attimo in silenzio, poi sospiro’.
 
-Shika, ehi, ehi, Shika!- urlo’ Ino, sbracciandosi nel bel mezzo del negozio.
-Seccatura, stai zitta! Ci stanno guardando tutti!- bofonchio’ Shikamaru, tirandola per la manica della felpa per farle segno di tacere.
-Non mi importa nulla. Guarda, l’ho trovato.- Davanti agli occhi di Shikamaru si presento’ un bel kimono bianco e rosso, con una fascia dorata.
–E’ molto bello.-
-Veramente ti piace?- la sua voce sali’ di un’ottava –Guarda, c’e’ il coordinato anche per te!-
Una blusa rossa gli venne sventolata davanti. Ecco, quello sarebbe stato il momento perfetto per chiederle di venire alla festa con lui.
-Ehm, Ino…- comincio’, mentre la ragazza lo trascinava verso il camerino.
-Shika, provati anche la tua!- gli intimo’, sparendo dietro la tenda.
                                  *                *                 *
-Shika, sei perfetto.-
-Anche tu sei…- il ragazzo degluti’, tentando di non fare la fine di Hinata –..bellissima.-
La ragazza fece una piccola piroetta, sorridendo.
Caspita… Bellissima era riduttivo. Era una dea.
-Ommioddiiiiio! Ma come siete carini!- tubo’ una commessa che passava di li’. –Siete proprio perfetti, lo sapete ragazzi? Mai vista una coppia bella come la vostra! Fatevi fare una foto!-
I due ragazzi arrossirono, presi alla sprovvista. Quella non gli diede nemmeno il tempo di replicare che… FLASH!, la foto era stata scattata.
                                 *                *                   *
In quel momento un ragazzo dal colorito cereo si presento’ davanti ai due amici.
-Ehi, miss bellezza! Stavo cercando proprio te!-
-Sai, che piacere vederti!-
Shikamaru invece nicchio’ dietro la tenda, per evitare di dover salutare.
-Senti..- comincio’ l’uomo dall’espressione di silicone –Ti andrebbe di venire alla festa con me?-
No no no no no no no!, urlo’ una vocina all’interno della mente del genio di Konhoa.
Vide Ino voltarsi nella sua direzione, e supplicarlo con lo sguardo.
Ecco, quello sarebbe stato il momento adatto per chiederle di venire alla festa con lui.
Ma non lo fece. Rimase in silenzio, bloccato da quel tremendo orgoglio che gli impediva di parlare.
In fondo era solo una stupida festa.
Ino gli rivolse un’espressione delusa, e poi si rivolse a Sai. –Ma certo! Saro’ felicissima di farlo.-
Il suo sorriso sapeva di finto, ma Sai, naturalmente, non lo noto’.
Lui rispose con una smorfia altrettando sincera, lanciando poi lo sguardo al vestito di Ino.
-Perfetto.- fece, allontanandosi. –Ah Ino? Quel vestito fa schifo, cambialo. Ci vediamo alla festa!-
 
Il Nara fini’ il racconto, con una punta amara nella voce.
-Questa sarebbe stata la sua serata ideale…- commento’ Ise, ancora presa dal racconto. –Con il vestito che aveva scelto e l’accompagnatore che desiderava.-
-Ma purtroppo io sono stato molto stupido… Anzi, diciamo che io sono sempre stato stupido. Altro che Q.I.- bofonchio’ quello, lasciandosi andare contro lo schienale del divano. Scuoteva il capo, con le immagini che ancora gli passavano per la mente.
E non dissero piu’ nulla.
La piccola Ise continuo’ a sfogliare l’album fino a che, ormai stremata, non appoggio’ la nuca bionda alla spalla del padre.
Shikamaru si irrigidi’ un istante a quel contatto, per poi abituarsi pian piano a quel piacevole peso che sentiva aumentare. Ise si stava lentamente addormentando…
E cosi’ fece.
La ragazza crollo’, forse per la tensione, forse per l’emozione di tutti quei ricordi. Il suo respiro si fece regolare, mentre il corpo si rilassava lentamente.
Shikamaru la senti’ scivolare, e agi’ d’impulso. Le passo’ un braccio dietro la testa, e con dolcezza la adagio’ sul suo petto. La ragazza si accoccolo’ automaticamente, stringendo la sua maglia con le dita esili.
Un sorriso spontaneo nacque sulle labbra del genio, che strinse di piu’ le braccia intorno al corpo della ragazzina, cominciando, quasi mosso da una forza sconosciuta, ad accarezzarle i capelli.
Sentire quel corpo fragile gli dava una felicita’ immensa. Gli faceva provare qualcosa che non aveva mai immaginato.
Lei era sua figlia… Sua figlia.
E solo quel pensiero scatenava dentro di lui un caos disarmante.
Alzo’ gli occhi, ritornando a fissare il cielo dalla finestra . Senti’ il sonno raggiungerlo, e con un ultimo sguardo sorrise alle stelle.
Buonanotte Ino…
Da tutti e due.
Poi abbandono’ il corpo, crollando in un sonno senza sogni.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ixia’s_______________________
Buonasera bella gente!!!
Allora, oggi sarò breve. :D Con il prossimo capitolo si comincerà lo scontro, la storia ormai è agli sgoccioli.
Allora, vi chiedo perdono per il piccolo strafalcione che ho inserito dentro il capitolo: so bene che Sakura non ha nessuna capacità di chakra elementare, però ne avevo davvero bisogno per lo svolgimento della storia. Non ce la faccio più ad aggiungere nuovi personaggi… (Sono difficilissimi da utilizzare! >.<)
Spero che il pezzo fra Ise e Shika vi sia piaciuto. Alla fine questa è una storia concentrata sul rapporto padre-figlia, quindi è importante valorizzare il loro legame. Che ne pensate?
Beh, come al solito, vi esorto a lasciarmi un commento. Ringrazio tutti i quelli che hanno recensito il capitolo scorso, vi adoro.
Un abbraccio forte, ci vediamo con il prossimo capitolo. (Penso sarà venerdì…)
A prestissimo…
 
Ixia

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***










Quella mattina il cielo era plumbeo.
Grigio, come l’acciaio delle armi.
Pesante, come l’oppressione che i combattenti sentivano nel petto.
Era un cielo da battaglia.
 

I lacci dei sandali che si stringono, la zip della maglia che sale.
Infila i guanti, ne saggia la presa.
Sistema i capelli, di quel colore cosi’ fuori luogo.
Ora puo’ andare.

 
 
I sei ninja sostavano davanti alle porte della foglia.
Davanti a loro l’Hokage li osservava con occhi scuri, una muta raccomandazione che aleggiava sopra le loro teste.
-Mi raccomando Shikamaru. Tornate interi.-
 

I capelli troppo lunghi oggi proprio non vogliono stare a posto.
Prende l’elastico azzurro, quello che lei le aveva regalato.
Cosi’ va meglio.
Ora puo’ andare.

 
Entrarono in silenzio dentro la boscaglia, seguendo un rigido schema.
Nemmeno un ramoscello si frantumava al loro passaggio, cosi’ silenziosi da sembrare incorporei.
Le menti concentrate, i muscoli tesi allo scatto.
In fondo, erano le migliori forze della foglia.
 

Sguaina la katana, e non può fare a meno di rimanerne affascinato.
Quella lama ha visto troppe battaglie… Proprio come lui.
La fissa alla schiena, stringe la cinta.
Ora puo’ andare.

 
Ad un cenno del comandante, e tutto il gruppo’ giro’ simultaneamente.
Sapevano perfettamente dove avrebbero incontrato il loro nemico.
Il terreno sotto i loro piedi correva senza sosta, mentre Konhoa, alle loro spalle, spariva.
 

Uno sguardo ad una foto, il giubotto da Jounin viene chiuso da mani gentili.
Degli occhi rossi troppo umidi, un rapido bacio.
La paura di perderne un altro…
Ma, purtroppo, ora si puo’ andare.

 
Finalmente il gruppo rallento’, fermandosi in un’ampia radura.
Si disposero su due righe, rimanendo immobili.
Il vento cominciava ad alzarsi, sferzando le fronde degli alberi con insistenza.
Il suo suono sembrava quasi un gemito continuo.
 
 

Una lunga boccata, il fumo che si perde nel vento.
Chiude la mente ai ricordi, ritrova la calma.
Si sente chiamare, cicca sulla ringhiera del balcone.
Ora puo’ andare.

 
I sei ninja attensero in silenzio, respirando lentamente l’odore del nemico.
Sapevano di averlo davanti, di non potergli sfuggire
Automaticamente serrarono i ranghi, avvicinandosi gli uni agli altri.
La battaglia stava per cominciare… Ed il piano aveva inizio.
 

Cinque ninja, cinque storie che riprendono vita.
Tutti pronti per il gran finale…
 Che adesso puo’ cominciare.

 
 
 
 



-Buongiorno ninja di Konhoa!-
La voce si alzò chiara dalla boscaglia e al suo suono i sei ninja furono percorsi da un brivido.
La figura ridente di Hidan emerse dagli alberi con il suo solito incedere sbeffeggiante. Disturbato da quel suono, un gruppo di uccelli si alzò in volo con un frullio di ali, oscurando per un solo istante il sole.
-Vedo con mio grande piacere che avete deciso di partecipare alla mia vendetta!-
Mosse alcuni passi verso i suoi avversari, saggiando con i sandali e con lo sguardo il terreno di gioco.
I visi dei ninja erano tesi, rigidi come le loro pose. I loro sguardi lo tenevano sotto stretta sorveglianza, mentre l’atmosfera cominciava a farsi pesante.
L’immortale ghignò, rendendosi conto che quella volta non sarebbe stato facile competere con un gruppo così agguerrito. Sembravano sapere il fatto loro quei mocciosi. E soprattutto non sembravano aver voglia di perdere. Non contro uno come lui.
Decise quindi di attuare la sua tecnica più efficace, senza precludersi un sogghigno divertito. Il suo sguardo percorse le file dei suoi avversari, soffermandosi su Ise e Tora.
-Ciao bambolina!- mosse la mano in segno di saluto,  ma la ragazza non mosse un muscolo. L’immortale si volse verso il ragazzo, aguzzando lo sguardo. –E tu chi sei?-
Rimase una manciata di secondi in riflessione, con una mano ad accarezzarsi il mento. –Sai, assomigli tanto ad un tizio che ho massacrato venti anni fa… Ehi, fallito,- fece rivolgendosi alla figura rigida del Nara. –Non era quello sfigato del tuo maestro?-
Tora serro’ la mascella, respirando profondamente.
Cerchera’ di irritarvi., aveva detto Shikamaru-sensei il giorno prima. Vuole che perdiate la concentrazione.
Strinse i pugni, sostenendo lo sguardo del nemico
-Noooo! Ma dai! Sei addirittura suo figlio!- rise sguaiatamente quello, sgranando gli occhi. Si stava divertendo come un bambino nel giorno di Natale.
-Oh, allora per te riservero’ un trattamento speciale. Proprio come per la bambolina.-
Strizzo’ l’occhio ad Ise, avvicinandosi di piu’. –Non ti preoccupare dolly, sei sempre la mia preferita.-
Ise si ritrasse istintivamente, lasciando trasparire il suo profondo disgusto.
-Shikamaru, ma sei sicuro che sia sano di mente?- mormoro’ Sakura, incredula.
Quell’uomo avevo lo stesso atteggiamento di un bambino al parco giochi, non di un pericoloso nukenin. Un bambino al parco giochi con una perversa luce negli occhi.
-Ehi ehi ehi!- esclamo’ l’immortale ad alta voce, additando incredulo in viso di Sasuke. Era tutto eccitato. –Tu sei il fratellino di Itachi! Ma quanto sei cresciuto!-
L’Uchiha gli rivolse un’occhiata assassina e istintivamente Hidan fece un passo indietro.
-Woo-hoo. Tu devi essere veramente forte.- ridacchiò. Poi si volto’ nuovamente verso Shikamaru, sorridendo.
-Mi sento onorato. Hai chiamato tutti questi ninja solo per me? E’ fantastico. Jashin oggi sara’ contento di ricevere cosi’ tanti sacrifici.-
Nominato il Dio il tono cambio’. Diventò piu’ sottile,  trasformando l’aria spensierata in gioia omicida.
Quell’uomo era da brividi.
Cammino’ ancora per una manciata di secondi, rimanendo a fissare il volto impassibile del Nara. Poi la sua espressione si apri’ in un ghigno sadico, e dall’interno del mantello estrasse il suo bastone.
-Beh, mie cari ninja di Konhoa, sono veramente lieto di vedervi tutti qui per me. E’ veramente da troppo tempo- la sua voce tremo’ dall’eccitazione –che non massacro qualcuno come Jashin comanda. Veramente troppo…-
Fra le loro fila calo’ un forte clima di tensione. La quiete prima della tempesta.
-Vi uccidero’ tutti, non vi preoccupate. Uno ad uno. Ma visto che siete venuti cosi’ numerosi…- l’uomo pianto’ il bastone a terra, ed estrasse un pugnale da dietro la schiena. –avro’ bisogno di un piccolo aiuto.-
La lama brillo’ per un secondo, per poi  incidere a fondo nell’avambraccio del nukenin. Un rivolo rosso si disegno’ sul suo polso, facendo scivolare a terra alcune gocce vermiglie.
Ise e Tora si scambiarono uno sguardo preoccupato, entrambi confusi. Cosa diamine stava succedendo?
Hidan chiuse gli occhi, godendo a pieno l’estasi di quel momento. Alzo’ il braccio sanguinante, biascicando una nenia incomprensibile. Il suo sangue continuava a colare a terra, mentre la chiazza rossastra si allargava ai suoi piedi.
Sakura serro’ la mano sull’impugnatura del suo kunai, avvertendo una fitta di inquietudine in fondo allo stomaco. Aveva un terribile presentimento.
Hidan riapri’ gli occhi, portando le mani in alto verso il cielo.
-Grande Jashin!- chiamo’, spalancando gli occhi. –Io ti chiedo il potere della creazione. Aiutami!- grido’, ponendo le mani rivolte verso terra –Contro questi infedeli. Fai sorgere i tuoi guerrieri!-
In quel momento la chiazza rossa ai piedi del nukenin sembro’ prendere vita. Si divise in piu’ linee e velocemente si mosse sul terreno, andando a comporre tre distinti sigilli.
-Sono schemi di evocazione…- sussuro’ Sakura, incredula. Hidan rivolse di nuovo il viso verso il cielo, mentre le linee rosse ai suoi piedi cominciavano ad illuminarsi.
-Lode al grande Jashin!- grido’, slanciando le braccia verso l’alto.
I sigilli risplendettero, animati da un’energia sconosciuta. Al loro interno vi si raduno’ una grande quantita’ di terra, che andava plasmandosi. Roccia, sassi, sabbia, terriccio… Tutto si riuniva all’interno di quegli strani segni, amalgamandosi in figure sempre piu’ grandi e minacciose.
-Sta riportando in vita qualcosa!- esclamo’ Sakura, lanciando uno shuriken in direzione del sigillo, seguita dall’ANBU e da Tora. Le armi vennero respinte e sbalzate lontano da un misterioso campo di forza. Hidan proruppe in una risata sguaiata, gettando indietro la testa.
-Questa e’ la grandezza dell’immenso Jashin, stupidi infedeli!-
I sigilli risplendettero di una luce bianca ed abbagliante, che per una frazione di secondo accecò lo sguardo. Quando finalmente riacquistarono la vista, rimasero spiazzati dallo spettacolo incredibile che si presentava davanti ai loro occhi: tre giganteschi guerrieri, interamente fatti di terra che si ergevano al fianco di Hidan.
Alti quasi tre metri e con braccia cosi’ grosse da poter sradicare una quercia, li osservavano con i loro occhi rossi senza iride. Erano spaventosi, e dal loro sguardo non sembravano neanche tanto amichevoli.
-E questa diavoleria cosa e’?- sibilo’ l’Uchiha frai denti. Sakura scosse il capo, confusa.
-Non ho mai visto nulla di simile. Shikamaru, ha mai usato questa tecnica con voi?-
Il Nara scosse il capo, senza pero’ staccare lo sguardo dalla figura del nemico.
-Io forse so cosa sono…- sussurro’ Ise, con un tono un po’ scosso. I cinque ninja della foglia si misero in ascolto. –Nel libro delle cronache parla di questi… cosi. Li chiama “golem”, se non sbaglio.-
-Golem? E che cosa sarebbero?- le chiese Tora, che le stava accanto.
-Sono creature della mitologia antica, proveniente da altre terre lontanissime. I golem sono dei fantocci di terra che possono essere evocati ed usati come schiavi.-
-Quindi quelle bestie sono totalmente assoggettate al volere del nemico?- chiese l’ANBU, lanciando attraverso la maschera da gatto uno sguardo di sbieco all’avversario.
-Si, esattamente. Essi seguono la volonta’ di chi li ha creati.-
Sei sguardi corsero alle figure dei mostri rocciosi, seguiti da un momento di sconforto generale.
-E per caso quel libro raccontava pure come ucciderli?- sussurro’ l’Uchiha, serrando la presa sulla sua spada. La ragazza scosse il capo, desolata.
-No, nemmeno una parola. Raccontava solamente che il golem ha un punto di raccoglimento dell’energia, dove e’ racchiuso “l’alito di vita”. Senza di quello, non puo’ vivere. Quindi io suppongo che per uccidere un golem si debba colpire il punto di raccoglimento… Ma non ho assolutamente idea di dove si trovi.-
-Beh, abbiamo alcune informazioni…- mormoro’ il Nara, riprendendo ad analizzare con occhiate critiche quelle strane creature. -..sempre meglio di niente.-
-Dobbiamo fare in modo di ricavarne altre…- il Nara si volto’ verso Tora, lanciandogli uno sguardo di intesa. –Tora? Facciamo come al solito.-
Il ragazzo annui’, senza poter trattenere un sorriso orgoglioso. Chiuse gli occhi, pregando che tutto andasse bene. Compose una lunga sequenza di sigilli con le mani, e successivamente il vento prese a vorticare. Davanti a lui sembro’ formarsi una piccola tromba d’aria che poi si plasmo’, trasformandosi in un perfetto clone del giovane Sarutobi.
-Futon Bushin*, vero?- chiese Sakura. Il ragazzo non emise un suono, ma annui’.
Il clone parti’ all’attacco, scagliandosi verso la prima creatura. Spicco’ un balzo e calo’ un colpo diretto al viso del golem.
Immediatamente il gigante rispose, intercettando la sua caduta e colpendolo con un pugno. Il clone venne malamente sbalzato all’indietro, ma in un istante fu di nuovo in piedi.
-Tora, ora attaccalo da un’altra parte.- gli ordino’ Shikamaru.
-Cosa state tentando di fare?- chiese Hidan, che in tanto si divertiva a guardarli fallire. –Non avete capito che non potete fare nulla contro la grandezza di Jashin? Rassegnatevi e lasciatevi massacrare!-
-Ma nemmeno per sogno…- sussurro’ il ragazzo, mentre il suo clone si muoveva sicuro verso il gigante di terra. Gli scivolo’ alle spalle, e lo colpi’ dritto in mezzo alle scapole con un kunai.
Il golem inizialmente non reagi’, lasciando che la lama penetrasse nel suo corpo. Poi, sotto lo sguardo incredulo del suoi avversari, la inglobo’ al suo interno, senza riportare nemmeno una ferita.
-Assomiglia un po’ al clone di sabbia di Gaara..- penso’ Sakura, concentrata.
Shikamaru annui’. –Lo stavo pensando anche io. E come lui, essendo formato di un materiale instabile, ha la capacita’ di ricreare il proprio corpo a piacimento.-
Ci fu un attimo di silenzio.
-Beh, questa si che e’ una notizia confortante…- borbotto’ Ise, demoralizzata.
Aveva sempre sognato di fare a pugni con un essere formato da materiale instabile. Bah.
Shikamaru scosse il capo, sorvolando sul sarcasmo di sua figlia. -Tora, ora usa l’altro attacco. Deve essere uniforme… E mi raccomando, fa che il chakra sia ben visibile.-
-Va bene.-
Il clone riparti’ all’attacco. Quella volta non prese la mira, ma salto’, portandosi il piu’ vicino possibile al golem.
-Stupidi idioti! Smettetela di affaccendarvi come formiche! Il vostro destino è segnato!- urlo’ Hidan, rivolgendo delle occhiate sprezzanti al bushin di Tora.
-Tenetevi forti ragazzi.- mormoro’ il ragazzo. Poi, uni’ le mani a formare un sigillo.
Ed il clone esplose.
Sì, esplose, liberando una gigantesca raffica di vento.
Ise pianto’ i piedi, rischiando di essere sbalzata per il forte contraccolpo.
Porto’ lo sguardo sul gigante. Poteva distintamente vedere delle lame di chakra unirsi ai colpi sferzanti del vento, attaccando il golem da ogni lato.
Era una tecnica veramente devastante.
-Ok Tora, scioglila!- grido’ il Nara, senza staccare lo sguardo dal nemico. Il ragazzo obbedi’, e nella radura torno’ la quiete.
-Stupidi piccoli bastardi…- grido’ Hidan, sdraiato per terra in mezzo alla polvere. Era stato scaraventato malamente sul terreno dalla tecnica del Sarutobi, e non sembrava avergli fatto molto piacere. –Vi puniro’ per questo!-
-Ragazzi si sta scaldando. Abbiamo pochi minuti prima che ci attacchi.- mormoro’ il Nara, rivolgendosi al gruppo. –Tramite l’attacco di Tora sono riuscito a raccogliere alcune importanti informazioni. Penso di aver capito il punto debole del golem.-
-E’ nel viso, vero?- chiese Ise, rivolgendogli uno sguardo complice.
Suo padre le sorrise, mal celando una lieve vena d’orgoglio nello sguardo. -Esattamente.-
-Da cosa lo hai capito?- chiese Sakura, stupita.
-Beh, gli attacchi di Tora mi hanno dato la possibilita’ di osservare gli schemi difensivi di quel bestione. Quando gli attacchi erano rivolti al corpo in generale, la risposta e’ stata quasi nulla, se non assente. Quando invece si spostavano al viso, la reazione era istantanea. La motivazione e’ ovvia: li’ e’ nascosto l’alito di vita.-
-Ma dove, esattamente?- chiese Sakura. Il Nara scosse il capo.
-Questo ancora non lo so.-
-Sensei, guarda.- lo chiamo’ Tora, indicandogli con lo sguardo un punto preciso del corpo del golem. –Tutti gli attacchi che ho fatto con le lame di vento sono stati curati ed assimilati. Tutti tranne uno. Lo vedi, quel piccolo taglio in mezzo agli occhi? Ecco, sembra che li non sia capace di rimarginarsi.-
-E’ vero… bravo Tora. Abbiamo la soluzione del nostro enigma. Colpite dritti in mezzo agli occhi…-
-E cosa succedera’?- chiese l’ANBU, rivolto al grande genio.
Shikamaru ghigno’. –Crollerà a terra come un ammasso di terriccio.-
 
 
 
 
-Itachi! Itachi!- chiamo’ una vocina. –Fermati!-
-Shhhh! Zitta Kushina. Lasciami in pace.-
Il pianerottolo di villa Hyuuga era totalmente sgombro, mentre da un’unica finestra spalancata filtravano i raggi di un’alba incipiente.
Due bambini sostavano davanti al davanzale attenti a non far rumore, lanciandosi intorno occhiate vigili. Uno dei due stringeva in mano una corda attorcigliata.
-No, non posso. Non puoi andare la fuori! Hai sentito Sakura-sama e Sasuke-sama… Hanno detto che e’ tremendamente pericoloso!-
-Non mi importa nulla. Sono un ninja, voglio aiutarli!-
-Ma potresti morire!-
-Non. mi. importa.-
Il bambino le volto’ le spalle, dirigendosi verso la finestra sull’ampio giardino di ciliegi. Quel giorno Kushina stava diventando veramente noiosa.
Bah, stupide donne…
Aveva appena posato una mano sul cornicione che la piccola lo prese per mano, costringendolo a girarsi.
-Ma importa a me!-
I suoi occhi bianchi per un attimo tremarono, poi si abbassarono a fissare il pavimento.
-Ti prego Itachi-kun… Non voglio che tu muoia. Io ti voglio bene.-
Il piccolo Uchiha a quelle parole si senti’ arrossire fino alla punta dei capelli.
Ma proprio in quel momento quella maledetta doveva mettersi a fare questi discrorsi? Proprio quando lui voleva andare in missione per salvare i suoi genitori?
Mosse un passo verso la bambina, impacciato.
-Anche io ti.. ti voglio bene, Kushi-chan. Ma mamma e papa’ sono in pericolo… Ed anche Ise. Ed io non posso rimanere qui a non fare niente... Io so che posso aiutarli.-
Lei sospiro’, consapevole che non l’avrebbe mai convinto a cambiare idea.
-Va bene Uchi, allora voglio venire con te.-
-NO!- urlo’ il bambino, mentre una tremenda ansia gli era salita in petto. Si lanciò un’occhiata preoccupata intorno, poi trascinò la bambina lontana dal davanzale.
–Tu devi rimanere qui! E’ troppo pericoloso per te! E se ti rapissero? E se ti facessi male? Sei la figlia dell’Hokage! Tutti vorrebbero farti del male.-
La ragazzina si erse in tutta la sua statura, rivolgendogli uno sguardo fiero.
-Non mi importa nulla. Uchi, o tu esci da questa casa con me, o non lo fai affatto. Non ti mando da solo in pasto a degli spietati ninja… Se non mi permetti di venire con te, giuro che vado a svegliare papa’.-
-Ma Uzu! Ragiona… Potresti farti male!- tento’ di convincerla il bambino, sentendosi messo con le spalle al muro.
Lei scosse il capo. –Non.  mi.  importa.-
Raccolse la corda di lenzuola che il piccolo Uchiha aveva fabbricato e la fisso’ con un nodo all’inferriata. Poi prese il suo kit ninja, e se lo attacco’ alla cinta.
-E poi, caro il mio Uchiha, avrai bisogno di me la’ fuori. IO..- sottolineo’ la ragazza girandogli attorno –..al contrario tuo posso usare la mia abilita’ innata. Almeno eviteremo di rimanere uccisi.-
Itachi arrossì, piccato. Balbettò qualche frase incomprensibile, poi maledì la bionda Uzumaki.
-Si, sai usare il Byakugan, ma come tecniche io sono molto piu’ bravo! So usare il Katon, cosa che tu, mia cara, non sai fare. Vedrai quando mi apparira’ lo sharingan… Saro’ inarrestabile!-
Lei ridacchio’, sapendo di averlo punto sul vivo. Gli diede un rapido bacio sulla guancia, poi sorrise. –Allora, comandante Uchi, siamo pronti per la missione?-
Lui rimase imbambolato per un secondo, mentre gli effetti di quel lieve contatto si facevano sentire.
-Comandante Uchi?- lo chiamo’ la bambina, sventolandogli la manina davanti alla faccia.
Lui si riprese, dandosi un contegno. –Ehm si, certo… Andiamo Uzu, che si fa tardi.-
 
 
-Voi, stupidi idioti! Atei senza Dio, bastardi che verrete ammazzati come bestie al macello! Voi! Veneratori di idoli pagani, io vi faro’ conoscere il vero dolore!-
Hidan stava continuando ad insultarli ininterrottamente da un minuto buono. Il suo limite di sopportazione (molto basso) sembrava essere giunto al punto massimo, il che non presagiva nulla di buono per i poveri ninja di Konhoa.
Sei ninja, di cui tre ragazzi, contro un pazzo fanatico con tre giganti semi-immortali fatti di terra.
Beh, la situazione non era la piu’ rosea.
-..perche’ voi, feccia pagana che insozzate il mondo con i vostri culti, non sapete nulla del Vero Dio! Jashin, ascoltami! Io li uccidero’ nel tuo nome!- Poi, all’improvviso, si rivolse ai tre guerrireri. –Andate! Andate e massacrateli!-
A quelle parole i tre golem sembrarono prendere vita. Una nuova luce li pervase, mentre le tre gigantesche sagome si scagliarono verso il piccolo gruppetto di ninja.
-Ma mi raccomando…- sussurro’ Hidan, rivolgendo il suo migliore sguardo omicida verso il Nara. –Lui lasciatelo a me.-
-SHIKA!- grido’ Ise, mentre veniva costretta ad indietreggiare, insieme a tutti gli altri, nel folto del bosco. Shikamaru era rimasto solo davanti al nemico.
-Non ti preoccupare Ise! A lui ci penso io!- le rispose il Nara, tentando di mostrarsi sicuro. –E ricordatevi del piano!-
La ragazza lo vide voltarsi, dandole le spalle. –NO! NO! SHIKAAAA!- urlo’, mentre Tora la afferrava per la vita allontanandola dal golem.
Li avevano separati, avevano lasciato che Hidan si battesse da solo con Shikamaru. Questo non era per niente un fattore positivo, visto che il loro piano si basava soprattutto su un attacco combinato.
Erano divisi, soli, e senza informazioni.
Ise continuo’ a gridare, sentendo il mondo crollargli addosso ancora una volta.
Dentro di se’ qualcosa le diceva che quella sarebbe stata l’ultima volta in cui avrebbe visto suo padre.
 
 
 
 
-SASUKE! ALLA TUA DESTRA!- grido’ Sakura, lanciando un kunai-bomba in direzione del golem che aveva appena tentato di spappolare la testa di suo marito con un pugno.
L’Uchiha si accorse appena in tempo dell’attacco, e fuggi’ veloce accanto alla moglie.
L’esplosione della carta bomba fu assordante, ma i due ninja non mossero un muscolo.
Quando il fumo si fu diradato, davanti a loro si presento’ l’immagine del gigante con un braccio semi-squagliato. La mano era completamente disintegrata, e dal braccio cadeva terra.
-Si!- gioi’ la donna, con un gesto di vittoria –Allora e’ possibile distruggerli! Non e’ vero quello che ha detto Shikamaru!-
-Aspetta a cantar vittoria Sakura.- mormoro’ l’altro, alzando la mano. –Guarda.-
La donna segui’ la direzione indicata dal dito di Sasuke e dovette ammettere con se stessa che sì, aveva gioito troppo presto.
Davanti a lei il gigantesco golem stava ricostruendo la propria mano utilizzando la terra del suolo. Quando la ricostruzione fu ultimata, il gigante rivolse lo sguardo rosso verso di loro, ringhiando.
-Penso tu lo abbia fatto arrabbiare, Sakura.-
In quel momento da un punto imprecisato alle loro spalle si alzarono due tremendi ruggiti. Sakura e Sasuke si guardarono per un attimo, riconoscendo poi la voce di Tora gridare qualcosa.
-Oddio Sasuke, i ragazzi!- mormoro’ la donna, piena d’angoscia. –Non possono farcela da soli contro due di questi mostri! Dobbiamo aiutarli!-
L’Uchiha bofonchio’ qualcosa, palesemente scocciato. –Hmpf, principianti.-
Scese dal ramo dove lui e sua moglie si erano nascosti, mentre il golem dietro di loro ruggiva irato.
-Su, andiamo Sakura. E stai attenta a quel coso la’ dietro… Penso ti detesti.-
Cominciarono a correre, seguiti a ruota dai passi pesanti del gigante. Era tremendamente grosso e pesante, ma possedeva comunque una straordinaria velocita’. Riusciva a seguirli senza alcuno sforzo, nonostante Sasuke fosse rinomato per la sua rapidita’ in battaglia.
-Sakura, dove sono?- le chiese. Lei chiuse gli occhi, concentrandosi sulla scia di chakra lasciata dalla Yamanaka.
-A nord-ovest. Quasi a trecento metri da qui.-
-Ok. Muoviamoci.-
Corsero ancora per una manciata di secondi, per poi sbucare finalmente in un altro ampio spiazzo verde fra gli alberi. Sembrava quasi una piccola pianura, dove era stata ingaggiata una battaglia all’ultimo sangue fra i tre ragazzi e i due golem.
L’erba per terra era bruciata in piu’ punti, segno che l’ANBU scelto da Sasuke per la missione aveva cominciato a darsi da fare.
Senza alcun risultato, ovviamente.
I tre ragazzi combattevano l’uno accanto all’altro, con una formazione triangolare. Ise si poneva al vertice, dando consigli ai due ragazzi su dove e come attaccare.
Esattamente come suo padre fungeva da mente, ma aveva gia’ compreso che quella era una battaglia senza speranza.
-Sasuke!- grido’, quando vide i due ninja sbucare dalla boscaglia. La sua espressione divenne fiduciosa.
–Avete ucciso il..- comincio’, ma quando vide il terzo gigante sbucare alle spalle dei nuovi arrivati, non pote’ trattenere uno sbuffo demoralizzato.
Altro che ucciderlo, avevano deciso di organizzare una festa.
In quel momento vide il braccio del golem alla sua sinistra dirigersi verso la figura di Tora, che in quel momento stava sostenendo l’altro ragazzo nel combattimento con l’altro gigante.
Lancio’ la sua ombra all’attacco, decisa a prendere finalmente la situazione in mano. La linea nera corse rapidissima verso il mostro, andando a cercare…
Ehi, ma come era possibile?
Quei mostri non avevano ombra!
-TORA!- grido’, non potendo fermare il movimento del gigante con la sua tecnica. La ragazza si getto’ su colpo dell’amico, salvandolo da un trauma cranico.
Crollarono a terra, uno sopra all’altro.
-Ehi, stai bene?- chiese la ragazza al giovane Sarutobi, che aveva comunque battuto la testa a terra nella caduta. Lo vide spalancare gli occhi, e poi, con uno scatto felino, trascinare entrambi a destra.
Rotolarono, mentre un pugno gigantesco del golem si abbatteva nel punto esatto in cui si erano trovati un istante prima.
Tora le strinse di piu’ le braccia intorno al corpo, vedendo un nuovo pugno arrivare dall’alto.
-UCHIHA!- grido’ il ragazzo, ribaltando un’altra volta le posizioni per schivare l’ennesimo colpo. –COSA CAZZO FAI LI IMPALATO?! AIUTACI, NO?!-
Ise vide una sagoma nera saettare nella loro direzione, e poi una gigantesca luce bianca accecarli, seguita un ruggito agonizzante.
Quando la luce si dissolse, il braccio del mostro giaceva a terra, quasi vetrificato, mentre nella mano di Sasuke crepitava il chidori.
-Ise,- la chiamo’ l’Uchiha, per assicurarsi che stesse bene. Lei annui’. –Di lui mi occupo io, mentre Sakura prendera’ quello laggiu’. Tu, Tora e Noburo ce la fate a tenere a bada questo?-
La bionda annui’, con espressione seria. –Certo.-
L’Uchiha sguaino’ la katana, rivolgendole uno sguardo scuro. –Bene. Allora il piano diventa questo. Eliminare i golem, e poi procedere con il sigillo. Capito?-
-Perfetto.-
-Bene. Mi raccomando, sta a te il comando.-
Poi si allontano’, seguito a ruota da un golem parecchio vendicativo.
Li vide sparire all’interno della foresta, lasciandoli soli con quel gigante.
Respiro’ a pieno, poi si volto’.
Forse c’era ancora una speranza di salvare suo padre.
 
 
Nel mentre, quasi ad un kilometro di distanza, Shikamaru e Hidan si fronteggiavano nella radura.
La situazione era abbastanza equilibrata, e il genio di Konhoa sembrava essere padrone della situazione.
Come al solito Hidan si lasciava trasportare dalle sue farneticazioni, distogliendolo dal combattimento. Questo fattore aiutava molto il Nara che, non ascoltandolo, poteva utilizzare quei momenti di tregua per elaborare strategie.
Purtroppo pero’, Hidan sembrava averlo capito, e stava tentando in tutti i modi di fargli saltare i nervi.
-Ehi, deficiente!- lo chiamo’ dopo l’ennesimo attacco andato a vuoto. –Lo sai cosa faro’ dopo averti ucciso? Mi ripassero ben bene tua figlia, e poi la tagliero’ in tanti pezzettini. Che ne dici?-
Il Nara induri’ la mascella, ma non rispose.
-Sai, e’ veramente carina. Ma non ho mai capito, perche’ sua madre e’ scappata dal villaggio? Era stanca di stare con un fallito come te?-
Ancora niente.
-Daaaai, confidati con il buon vecchio Hidy. Cosa hai fatto, avevi un’altra?-
Il Nara si irrigidi’ impercettibilmente. Movimento che non sfuggi’ agli occhi del nemico.
-Noooo, ma davvero? Sai, non ti facevo cosi’ bastardo. Fartela con un’altra e poi metterla in cinta. Sublime, davvero.-
Shikamaru strinse i pugni, sentendo una rabbia cieca montargli dentro.
-Ecco perche’ si e’ nascosta in quel paesino sperduto… Non voleva che tu la trovassi. Beh, ha fatto tanta fatica per nulla, visto che a te non te ne e’ fregato un cazzo di andarla a cercare. Povera mamma di Dolly, quasi mi dispiace di averla massacrata.-
-Stai zitto.- sibilo’ Shikamaru, tremendo di rabbia.
-Cosa? No, assolutamente. E poi, non sto dicendo nulla di diverso dalla verita’. Sei un bastardo Shikamaru Nara, proprio come me. Non ci puoi fare nulla, e’ nel tuo DNA. Prima o poi, farai del male anche a tua figlia.-
-Non ti azzardare…-
-A fare cosa? A dire che prima o poi anche lei ti lascera’? Lo faccio e non mi frega un cazzo. E quando lo fara’, se non l’ammazzo prima, ci saro’ io a ucciderla come ho fatto con sua madre.- rise forte, con gusto. –Che pena che mi fa. Quando ha capito chi fossi, era tutta preoccupata per te… Mi ha guardato con certi occhi, terrorizzati. Ti amava molto..- fece con voce stucchevole, mentre davanti a lui il calmo genio della foglia stava perdendo il controllo.
-E tu invece hai preferito scoparti qualcun’altra…-
-BASTA!-
-No no, non basta… Perche’ non ti lasci andare, eh? Fai il vero uomo per una volta. Smettila di fare il coniglio che si nasconde dietro il suo cervello. Vieni qui a vendicare la tua donna…-
-Io ti uccido.-
-Si, bravo, continua cosi’…-
-Io ti ammazzo!-
Shikamaru parti’ all’attacco, preso da un’ira incontrollabile.
Aveva perso la testa, la calma, il ragionamento.
Era caduto nella trappola del nemico, anzi, ci si era buttato dentro da solo.
E se Shikamaru Nara perdeva il controllo, allora diventava un ninja qualsiasi.
Anzi, forse anche di meno.
Era vulnerabile ed avventato come tutti i ragazzini.
Ma in quel momento non c’era nessuno capace di farlo tornare in se’.
Anzi, ci sarebbe stato, ma era troppo lontano preso da un’altra battaglia.
Lei era troppo lontana per salvarlo.
 
 
-Ehi Uchi, ma sei proprio sicuro di aver preso la strada giusta?-
-Shhh, zitta Uzu. Piu’ che altro, perche’ non vedi di accendere il tuo Byakugan?-
-No, meglio di no. Sai, lo riesco a tenere per pochi minuti, meglio accenderlo quando saremo piu’ vicini alla battaglia.-
-Ok Uzu, contenta tu.-
I due bambini avanzavano a tentoni nella boscaglia, scavalcando cespugli e tronchi caduti. Fuggire da villa Hyuuga era stato semplice, ma ora scattava la parte peggiore della missione.
-Uchi..- chiese ad un certo punto la bambina tagliando con un fendente un ramo sporgente. -Ma qual e’ il nostro piano?-
Ci fu un attimo di silenzio, accompagnato da suono del frusciare degli arbusti del sottobosco di Konhoa.
-Ehm… Non lo so.-
-Come non lo sai?-
 Scavalcarono un grosso tronco di albero caduto, atterrando al suolo con un lieve tonfo.
-Non ho avuto molto tempo di prepararmi! Ieri ho sentito la conversazione fra Ise e papa’, e ho deciso di partecipare. Non e’ che io mi sia preparato qualche strategia…-
La bambina sbuffo’, alzando lo sguardo verso il cielo. –Sei proprio un disastro Uchi, per fortuna che sono venuta con te. Saresti sicuramente morto alla pr..-
-SHHHH!- fece il bambino, acquattandosi dietro ad un cespuglio.
La bambina lo segui’.
-Guarda.- il ragazzino sposto’ alcune frasche, lasciando intravedere una grande pianura al di fuori del bosco.
-Ma che cos’e’ quel coso?-
-Non lo so! Ma sta attaccando Ise e Tora-san! Li vedi?-
-Si! E quell’altro tizio chi e’?-
-Bho, sara’ un ANBU…-
I due bambini si guardarono, un po’ impauriti.
Quel mostro non rientrava assolutamente nei loro piani. Ma era arrivati fino a quel punto… Non potevano arrendersi ora.
Si scambiarono uno sguardo complice, proprio come quelli che si scambiavano sempre prima di compiere qualche brutto pasticcio.
-Pronto Uchi?- chiese lei, mettendo la mano rivolta verso il basso davanti a lui.
Il bambino vi poso’ la sua sopra, sorridendo fiducioso.
-Prontissimo Uzu.-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ixia’s_____________________
Ta-daaaaan!
Buonasera ragazzi, oggi faccio prestissimo!
Battaglia cominciata.. Allora, cosa ne pensate? Sta prendendo una piega troppo contorta?
Mi piacerebbe sapere quali sono le vostre impressioni… Ovviamente se ne trovate il tempo.
(Soprattutto… I personaggi sono OOC? Oddio, sono troppi!)
Vabbè ragazzi, ringrazio tutti quelli che commentano, che hanno messo la storia fra le preferite/seguite e anche solo chi leggerà.
A prestissimo ragazzi, penso che mercoledì il capitolo sarà on-line.
Un bacione a tutti!
 
Ixia

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***








-Per attivare il sigillo, dovrete raggiungere cinque postazioni diverse. Dovrete formare questo disegno, vedete? Proprio come un pentagono.-
 


La battaglia continuava ad imperversare.
Il cielo di Konhoa si faceva sempre piu’ nero, mentre sotto di esso un piccolo gruppo di ninja lottava per la propria sopravvivenza. Erano divisi, raccolti in piccoli gruppetti, troppo presi dalla foga della battaglia per rendersi conto del rapido scorrere del tempo.
Improvvisamente da un punto imprecisato ad ovest della foresta, si alzo’ un gigantesco fragore. Un albero secolare si abbatte’ al suolo con uno schianto, trascinando nella sua caduta alcuni alberi piu’ giovani.
Dal caos di rami, foglie e pietre si rialzo’ gemendo un orrendo mostro. Il suo corpo, tozzo e incredibilmente massiccio, era composto solamente da terra, mentre un paio di occhi sanguigni scintillavano verso una sagoma nera.
Sasuke Uchiha si ergeva fiero come un principe davanti al suo nemico. Le braccia abbandonate lungo i fianchi, i lievemente capelli scarmigliati.
Non sembrava proprio che avesse preso a mazzate un golem di roccia per le ultime due ore, anzi, dava l’idea di uno pronto per prendere il te’ delle cinque, possibilmente accompagnato da un paio di dolcetti.
Solo il kimono, un po’ sgualcito e sporco di terra, tradiva la sua immagine impeccabile. Era il ritratto della tranquillita’… Almeno per quel momento.
Il gigantesco mostro si trasse in piedi, ruggendo minaccioso nella sua direzione. Lui non mosse un muscolo, continuando a fissarlo con i suoi occhi di pece.
Basta, si era stancato. Era ora di finirla.
Gli basto’ una frazione di secondo, un battito di ciglia.
Un attimo prima era immobile ad osservare il nemico, quello dopo il chidori crepitava nel suo palmo, pronto ad abbattersi in quell’ammasso di terra e sassi.
Il golem non fece nemmeno in tempo a captare il pericolo. Si ritrovo’ solamente quella lama di fulmine in mezzo agli occhi, decretando la sua fine.
Il mostro crollo’ a terra, sbriciolandosi come un castello di sabbia ormai asciutto.
Sasuke atterro’ elegante, posando i piedi in mezzo a tutta quella terra.
Fuori uno.
 
 

-…vi saranno consegnati cinque cristalli. Serviranno a catalizzare il vostro chakra. Non perdeteli, altrimenti vi sarà impossibile attivare il sigillo.-
 
 
 
-NOBURO! ATTACCALO DA SINISTRA!- grido’ la bionda ninja di Taki, mentre intorno a lei la battaglia contro il golem non sembrava avere fine. -DA SINISTRA! NO! SINISTRA!-
L’ANBU del fuoco rotolo’ a terra, mentre la biondina, per evitare che fosse spiaccicato da un pugno gigantesco, si lanciò contro il loro avversario. Doveva distrarlo, altrimenti quell’idiota avrebbe fatto una brutta fine.
La battaglia si stava facendo estenuante.
Erano ormai diverse ore che combattevano con tutte le loro forze contro quel gigante, avevano provato qualsiasi tipo di attacco, combinato o singolo, ma avevano ottenuto come unico risultato quello di sfinirsi e consumare chakra.
Niente sembrava scalfire quel gigantesco fantoccio, e arrivare nel suo punto debole si stava facendo sempre piu’ complicato.
Ise riatterro’ con una capriola a terra, sentendo per un istante il proprio corpo cedere sotto il suo peso. I muscoli le dolevano da impazzire, lanciando continuamente fitte dolorose, ma fortunatamente l’adrenalina in circolo le impediva di svenire per la stanchezza.
Continuava a gridare ordini e consigli ai suoi due compagni, cominciando, attacco dopo attacco, a perdere la speranza.
Erano stanchi, feriti e senza chakra. Avevano il morale a pezzi, ed in piu’ non possedevano le abilita’ adatte per fermare quel mostro.
Solo Sasuke, con il suo chakra del fulmine, avrebbe potuto avere la meglio su un avversario simile. Il lampo era piu’ forte della terra, mentre la sua acqua era debole e inutile.
In piu’, come se non bastasse, Noburo, l’ANBU che Sasuke aveva scelto per la missione, sembrava non voler collaborare. Non ascoltava i consigli della bionda e piu’ di una volta aveva palesemente ignorato le loro strategie. Non aveva detto una sola parola dall’inizio del combattimento, ritrovandosi ad essere un peso piu’ che un aiuto. Una squadra avversaria contro cui combattere.
-NOBURO!- grido’ Tora, vedendolo rotolare lontano dal mostro. Aveva assistito a tutta la scena, ed aveva una gran voglia di accanirsi contro quell’arrogante –Cosa cazzo stai facendo?! Ise ti aveva detto di attaccare da sinistra!-
L’ANBU si rialzo’ in silenzio, celando la sua espressione dietro la maschera da gatto. Poi si rivolse verso il mostro, ricominciando a correre verso di lui. Tora lo intercettò e lo afferro’ per la spalla, sbattendolo di nuovo a terra.
Ansimava. –Smettila di fare l’idiota! Altrimenti ci farai ammazzare tutti!-
L’ANBU si rialzo’, fermandosi per una frazione di secondo davanti al viso del giovane Sarutobi. Tora non riusciva a capire quali folli pensieri gli passassero nella mente. Poi l’ANBU gli poso’ una mano sullo sterno, e con un violento spintone lo fece cadere a terra fra la polvere.
-Cos..- biascico’ il ragazzo, ancora intontito.
Ebbe solo il tempo di vederlo correre verso l’avversario, per poi saltare dritto verso il suo viso con la katana fra le mani.
Per un istante il giovane Sarutobi non volle credere ai suoi occhi. Noburo stava ripetendo esattamente i gesti del suo clone… Aveva per caso deciso di uccidersi?
No, non poteva essere. Non poteva essere così stupido.
Ma si dovette ricredere quando vide Noburo schiantarsi contro un albero dai rami scheggiati. Il mostro l’aveva colpito esattamente come aveva fatto con il suo bushin. Imparare dagli errori altrui non sembrava essere la virtù caratteristica degli ANBU.
Ise e Tora rimasero gelati, osservando il loro compagno vomitare un copioso fiotto di sangue mentre dietro di lui un grosso ramo spaccato si tinse di rosso.
-NOBURO!- grido’ Ise, vedendo il ninja scivolare a terra. Il golem sembrò capire, e a lunghi passi cadenzati si diresse verso di lui, pronto a finirlo.
-NO!- urlarono i due ragazzi all’unisono, scattando in direzione del nemico. Due kunai-bomba si conficcarono davanti ai piedi del gigante, tagliandogli la strada.
Ise raggiunse il ninja agonizzante. Il suo viso era deciso. –Ehi Noburo, vattene di qui. Non puoi combattere in questo stato, ed abbiamo ancora bisogno di te per il sigillo. Scappa, raggiungi la postazione…-
L’ANBU scosse la testa, tentando di rialzarsi. Lei si avvicino’, con l’intento di arginare l’emorragia della profonda ferita sulla schiena. Lui ringhiò e la respinse con un gesto ostile.
-Vattene.-
-Smettila di essere cosi’ arrogante. Sei tu che ti devi allontanare. Ci saresti solo d’impaccio in questa situazione.-
Il golem emise un lungo ruggito, e lo sguardo di Ise corse alla figura di Tora, solo contro il gigante. Provo’ una dolorosa stretta all’altezza del petto, e con un nuovo sguardo torno’ a rivolgersi al compagno.
–Non posso permettermi di giocare qui con te. Vattene,  altrimenti saro’ costretta ad ucciderti.-
Il suo occhi azzurri ardevano di rabbia, mentre intanto i rumori della battaglia le ferivano i timpani. La parole le uscirono fuori come una sorta di righio sordo che sembro’ convincere l’ANBU a tal punto da farlo annuire.
-Bene. Ora raggiungi la tua postazione. E mi raccomando, non morire.-
Il ninja assenti’ con un cenno del capo, scomparendo fra le fronde del bosco.
Una sottile linea di sangue si disegno’ sulle foglie a terra al suo passaggio, segno che Ise interpreto’ con un’ombra scura sul volto. Non avrebbe resistito a lungo.
Improvvisamente nella sua mente riaffiorarono le parole di suo padre. Scosse il capo, sentendo la speranza dentro il suo cuore affievolirsi.
Rimase per un attimo seduta a terra, con le braccia abbandonate lungo il corpo. Da fuori sembrava una buffa bambolina, mentre il taglio che si era fatta sulla guancia sinistra continuava a sanguinare, colorandole il volto.
Proprio una buffa bambolina… Con lo sguardo perso nel vuoto.
Respiro’ a fondo, sentendo per un attimo il mondo intorno a lei scomparire.
Si sentiva cosi’ stanca…
D’improvviso un grido atterrito feri’ le sue orecchie, strappandola dal mondo opaco e attutito in cui era sprofondata.
Trasalì, riconoscendo la voce di Tora in quel richiamo disperato. Alzo’ rapida lo sguardo, proprio in tempo per vedere un colpo nemico dirigersi verso di lei, cosi’ rapido da sembrare inarrestabile.
In quel momento nella sua mente lampeggiò un’unica frase. Troppo tardi.
Aveva ormai accettato l’inevitabile quando nel suo campo visivo entro’ un altro elemento. Il corpo di Tora si frappose fra lei ed il nemico, innalzando un’impercettibile barriera di chakra.
La potenza del colpo lo investi’ in pieno, come la forza di onda su una scogliera. Si abbatte’ sulla sua pallida barriera che, miracolosamente, resse.
Ne’ Tora ne’ Ise vennero colpiti, ma il ragazzo venne sbalzato contro il tronco di un gigantesco faggio li’ vicino per il potente contraccolpo. Sbatte’ la schiena e il capo contro il legno, scivolando a terra come un pezzo di stoffa bagnata.
Ise sgrano’ gli occhi.
Tora.
Dentro di lei cominciarono a vorticare sentimenti contrastanti.
Rabbia, odio, paura, adrenalina, frustrazione.
Il corpo del ragazzo giaceva scomposto per terra, immobile.
Ise volse il capo verso il nemico, con negli occhi un’incontrollabile follia omicida. Raccolse tutto il suo chakra, e lo rigettò all’esterno senza nemmeno preoccuparsi di trasformarlo in acqua. Una gigantesca onda d’urto esplose dal suo corpo e il golem ne fu investito.
Volò dall’altra parte della radura, temporanemanete indifeso. Quello sarebbe stato il momento perfetto per finire la partita.
Un colpo secco ed avrebbero vinto. Ma nella mente di Ise non si presento’ nemmeno l’idea di una simile azione.
Corse solamente verso il corpo dell’amico, pregando per un minimo respiro.
Percorse barcollando quei pochi metri che li separavano, per poi rovinare in preda a violenti tremiti al fianco del ragazzo.
Gli occhi azzurri si velarono, mentre dalla sua bocca continuavano ad uscire balbettii inconsulti.
-T-tora..- mormoro’. Alzo’ la mano tremante, e con un gesto delicato gliela porto’ al viso, scostando i capelli che gli erano ricaduti sugli occhi. –T-tora.. T-ti prego.-
Il ragazzo rimase immobile.
La ragazza chiuse le palpebre, serrò la bocca. Aveva una tremenda voglia di mettersi ad urlare.
Non un’altra volta, non lui.
Le lacrime cominciarono a scendere da sole, andando a segnare le loro piccole scie sul viso sporco del giovane ragazzo.
Lo scrollò violentemente, rivedendo nel viso abbronzato del ragazzo il viso cereo di sua madre.
Non ce la faceva più a stringere morti fra le braccia.
-Tora… ti prego. Rimani qui.- sussurro’.
In quell’istante, il ragazzo apri’ gli occhi. Tossi’ violentemente un paio di volte, riprendendo a respirare in maniera irregolare.
Ise lo distese dolcemente a terra, senza riuscire a smettere di piangere. Il respiro del ragazzo si faceva sempre piu’ fievole, e faticava a tenere aperti gli occhi.
-Ehi T-tora… Riesci a sentirmi?- mormoro’ la ragazza, prendendogli la mano.
Il ragazzo tossi’, rispondendo alla sua stretta.
-C-certo.-
-M-mi dispiace. Non dovevi f-farlo.-
-Zitta.- tento’ di rialzarsi, tossendo di nuovo. Lei lo spinse a terra, sentendo pero’ la stretta del ragazzo farsi piu’ salda intorno alla sua mano.
-No! No!- comincio’ lei, mentre il panico l’afferrava per la gola. –Guarda in che stato ti sei ridotto! E tutto per colpa mia! Se non fossi andata a parlare con Noburo non sarebbe successo! Ed ora come faremo a battere quel mostro, tu sei ferito, io sono sola, non posso farcela contro di lui! E’ troppo forte, mi uccidera’, uccidera’ anche te, io non posso vincerlo! Non ce la faccio! Non ce la faccio!-
Scuoteva la testa con foga, mentre le lacrime copiose continuavano a scendere. Era proprio come le crisi di panico che aveva avuto dopo la morte di sua madre. Sentiva tutto il corpo contrarsi nei singhiozzi, mentre la voce le si strozzava, diventando un grido stridulo.
Non riusciva a fermarsi, sentendo il proprio cuore battere all’impazzata. Non poteva farcela, Hidan avrebbe vinto…
Era tutto inutile.
Improvvisamente si senti’ tirare, perdendo l’equilibrio.
Interruppe il suo delirio, sentendo due braccia calde avvolgerla. Si senti’ stringere dolcemente, mentre qualcosa di ruvido si appoggiava alla sua fronte.
Era un abbraccio.
Le braccia si modellarono intorno al suo corpo, ancora rigido come una scopa.
-Shhhh… Stai zitta.- mormoro’ Tora, spiazzandola.
Lei si abbandono’ al contatto, riprendendo a respirare normalmente. Rilasso’ i muscoli, mentre il suo cervello, a poco a poco, riacquistava lucidita’.
-Ce la possiamo fare Ise, te lo prometto. Qui ci sono io… Non sei sola. Ce la possiamo fare.-
Il ragazzo le accarezzo’ i capelli, continuando a rassicurarla. –Va tutto bene.-
Tora la strinse forte, come se fosse la cosa piu’ cara al mondo.
Ise rispose alla stretta, sentendosi per una volta veramente al sicuro.
Si sciolsero dall’abbraccio, tutti e due con il viso arrossato e gli occhi lucidi. Rimasero per un istante a guardarsi, poi il giovane Sarutobi porto una piccola ciocca di capelli dietro l’orecchio della ragazza.
-Non ti preoccupare.-
Lei sorrise lievemente, annuendo.
C’era qualcosa dentro quelle due pietre azzure che brillava di nuovo. Era forse speranza?
Forse si. O magari era qualcos’altro.
Qualsiasi cosa fosse, la riempiva completamente, dilagando dal centro del suo cuore fino a tutto il suo corpo. Era fresco, proprio come un balsamo, ma nello stesso tempo la riscaldava con lo stesso tepore di quell’abbraccio.
Fatto fra morte e sangue, fra panico e lacrime; ma nonostante quello indistruttibile, e forte come quello strano sentimento.
-Allora,- chiese il Sarutobi, senza riuscire a staccare gli occhi dal suo volto –Qual e’ il piano?-
Lei sorrise lievemente, mentre il viso stanco si illuminava di quella nuova speranza. Lancio’ poi uno sguardo al mostro dietro di loro, che cominciava a riprendere vita.
Prese un lunghissimo respiro.
-Sara’ difficile. Ed avro’ bisogno di te. Ce la fai ad alzarti?-
Lui annui’, stringendole la mano.
-Bene. Stammi vicino.-
Sempre Ise… sempre.
 


-…E ricordatevi ragazzi. Se solo uno di voi morisse, il sigillo non si formerebbe. E noi saremmo tutti perduti...-
 

Itachi e Kushina correvano nella foresta.
Avevano visto Ise cacciare quel ninja lontano dal campo di battaglia, e chissa’ perche’ avevano deciso di seguirlo.
Certo, erano dei bambini incoscienti, ma sapevano riconoscere che contro quel gigantesco mostro non sarebbero durati nemmeno il tempo di uno scontro.
Quindi, visto che non potevano rendersi utile combattendo, avevano deciso di aiutare quell’ANBU sconosciuto e piuttosto malridotto.
Lo stavano inseguendo da circa dieci minuti, seguendo con facilita’ la sottile striscia rossa lasciata sul fogliame del sottobosco. Man mano che avanzavano diventava piu’ spessa, segno che il ninja stava rapidamente perdendo le forze.
-Uchi, guarda!- gli sussurro’ ad un certo punto Kushina, tirandolo per la manica della maglia. –E’ laggiu’!-
I due bambini scorsero una figura scura in mezzo al fogliame, che si riposava in silenzio con la schiena appoggiata ad un albero secolare. In mano stringeva qualcosa, mentre il suo petto si alzava e si abbassava a ritmo serrato.
-Non sembra messo molto bene…- mormoro’ il giovane Uchiha. –Andiamo ad aiutarlo!-
I due ragazzini si avvicinarono, tentando di fare il minimo rumore possibile.
L’ANBU rizzo’ il capo di scatto, voltandosi nella loro direzione.
-Chi sei?- grido’, ansimando.
-Sono Itachi Uchiha.- rispose il bambino, rivelandosi. Kushina gemette, temendo per l’incolumita’ dell’amico. –Sono qui per aiutarti.-
-Un ragazzino?- mormoro’ il ninja morente. Poi la sua voce esplose in un violento attacco di tosse, che gli macchio’ tutti i vestiti di piccole gocce rosse. –Cosa puoi fare tu per aiutarmi? Sto morendo.-
L’Uchiha si morse un labbro’ riconoscendo la gravita’ della situazione. Fra i due cadde un lungo silenzio, scandito solamente dai rumorosi respiri del ninja.
Ad un tratto Noburo alzo’ il capo, rivolgendo un’occhiata opaca verso Itachi.
Non sarebbe sopravvissuto, ma forse quel bambino… Beh, bisognava tentare.
Prese un lungo respiro, digrignando i denti per il dolore.
-Forse c’e’ qualcosa che puoi fare, ragazzino.-
Itachi si fece serio, rivolgendo al ninja uno sguardo pieno di attenzione.
-Si, vieni qui. Abbiamo poco tempo.-
 


-…Tutto questo vi servira’ per attivare una potente energia, che dividera’ il corpo dall’anima di Hidan. Dovrete continuare a tenere il sigillo stabile per alcuni minuti, mentre io tentero’ di ucciderlo.-
 


-Capito Tora? Dovrai tenerlo fermo.-
-Va bene. Ma tu cosa farai?-
-Non ti preoccupare. Fidati di me.-
Il ragazzo si alzo’ barcollante, sorretto dalle braccia salde della biondina. Le loro mani si sfiorarono ancora una volta, poi finalmente si lasciarono andare, pronti alla battaglia.
Tora prese un lungo respiro, sentendo il terreno sotto i suoi piedi farsi infermo. Per una frazione di secondo tutto divenne nero, mentre il bosco intorno fece un giro completo.
-Dannazione…- mugugno’. Respiro’ a fondo ancora una volta, stringendo i pugni. Doveva resistere… Ise aveva bisogno di lui.
-Pronto?- chiese la ragazza, rivolgendogli uno sguardo un po’ preoccupato. Lui rispose con un sorriso sicuro, tentando di coprire al meglio l’affanno del suo respiro.
Uscirono allo scoperto, uno a fianco all’altro. Davanti a loro, il golem si stava rialzando a fatica. Ricomponeva lentamente le parti che erano state distrutte dall’onda d’urto, risucchiando dal terreno ai suoi piedi grosse quantita’ di terra. Stava diventando sempre piu’ grosso, mentre i suoi occhi sanguigni reclamavano vendetta.
A quella visione, a Tora vennero i brividi. Perfetto, erano nella situazione ideale per vincere.
Volse lo sguardo verso la compagna, sentendo una leggera stretta al cuore. Non era piu’ tanto sicuro di poter mantenere la sua promessa.
Stava quasi per intimarle di scappare, quando i suoi occhi si posarono sull’espressione della giovane ragazza.
Era seria, sicura, ma dalla lieve inclinazione della curva delle sue labbra il ragazzo capi’ che stava sorridendo.
Sì, proprio sorridendo. Con la tipica espressione di chi sa gia’ di aver vinto.
Una misto di stupore e confusione lo avvolse, lasciandolo incredulo.
Quella era la tipica espressione di Shikamaru-sensei quando trovava un buco nelle difese del nemico.
Poteva essere vero?, si chiese. Ise aveva davvero una strategia per vincere?
Riporto’ lo sguardo sul viso della biondina, cercando la risposta alla sua domanda nei suoi occhi.
Lei si volto’, sentendosi osservata, e gli rivolse il migliore dei suoi sorrisi.
Sì, eccola la conferma., penso’, mentre un’ondata di calore gli scaldava il petto.
Respiro’ a fondo, ritrovando cosi’ l’equilibrio e la fiducia.
-Pronto Tora?- domando’ lei, portandosi un passo avanti a lui. Nel suo tono c’era trepidazione, forza, ma soprattutto sicurezza.
-Finiremo presto, te lo prometto.- lo rassicuro’, estraendo un paio di kunai dalla sua borsa. –Ti devo chiedere una cosa sola.-
-Qualsiasi cosa.-
Lei si volto’, si avvicino’ a lui e gli cinse il petto con le braccia. Lo strinse per pochi attimi, appoggiando il capo sul suo sterno, mentre il ragazzo ancora confuso non sapeva come rispondere a quel gesto.
Prima che i suoi neuroni capissero cosa fare, la ragazza si era staccata, sfilando dalla borsa ninja del ragazzo uno dei suoi kunai.
Tora sgrano’ gli occhi, riconoscendo l’oggetto che la kunoichi gli stava porgendo.
Quello era il kunai di Ise. La ragazza glielo aveva regalato un mese prima davanti al palazzo dell’Hokage, sotto la magnolia, ma il ragazzo si era quasi dimenticato di averlo.
-Non esitare.  Ti chiedo solo questo.- mormoro’ lei, fissando i suoi occhi in quelli bordeaux di Tora.
La potenza di quell’azzuro lo travolse, mandandogli il cervello in fumo.
Senti’ come una forza nascosta spingerlo verso la ragazza, intimandogli di scendere su quelle labbra soffici e farle sue.
Per un momento immagino’ quanto potesse essere fantastico sfiorarle, e un istante dopo giunse alla conclusione che si, sarebbe anche morto pur di poterlo fare.
Si stava gia abbassando, quando un gigantesco ruggito ruppe l’illusione.
Il golem era pronto per attaccare.
La ragazza gli sorrise scivolando via veloce come l’acqua, lasciando pero’ una scia del suo passaggio.
Un piccolo segno umido sulla guancia destra del ragazzo, e tre parole, sussurrate nell’orecchio in una frazione di secondo.
Fidati di me.
Alzo’ lo sguardo senza nemmeno avere il tempo di vederla correre lontano, quasi invisibile ai suoi occhi stanchi.
In mano reggeva ancora il suo kunai, sperando dentro di se’ che lei avesse un piano.
Che quello non fosse solo un insensato attacco suicida, in cui sarebbero morti da eroi e tutte quelle cazzate.
No, lui non voleva morire.
Non prima di averla stretta ancora una volta.
E poi, le aveva fatto una promessa. Le aveva detto che sarebbe andato tutto bene, che avrebbero vinto.
E se non l’avesse rispettata, che ninja sarebbe stato?
Chiamo’ a raccolta le sue ultime forze, sentendo l’adrenalina riprendere a correre nelle sue vene. Si getto’ alle spalle tutti i dubbi, le paure, le incertezze.
Lascio’ che il viso sicuro della ragazza facesse spazio nella sua mente, dandogli la fiducia per continuare.
Fece un lungo respiro, pianto’ bene i piedi e poi, finalmente, compose il sigillo.
Tutti i suoi muscoli si irrigidirono, mentre il golem davanti a lui cominciava a muoversi, piu’ grosso e aggressivo di prima.
Il chakra dentro di lui riprese a vivere. Fiori’, riaccendendo il suo vigore.
Il ragazzo chiuse gli occhi, concentrando tutte le sue energie in quell’ultimo attacco.
Un piccolo istante e poi… apri’ gli occhi.
Il chakra esplose, la tecnica prese possesso di lui e del suo avversario.
Al golem basto’ rivolgere lo sguardo negli occhi del ninja, per cedere totalemente.
Una tremenda oscurita’ avvolse i due combattenti, ritrovandosi improvvisamente in un mondo alternativo.
Eh sì, genjutsu.
Un’eredita’ di sua madre, una fra le sue piu’ grandi abilita’. Tora era quasi un erede dello sharingan.
Il golem si mosse spaesato, trovandosi all’improvviso dentro una coltre fitta ed impenetrabile. Comincio’ a menare colpi a caso, mentre intanto il ragazzo rimaneva in silenzio nascosto dalle tenebre.
Il mostro era cieco. Ora toccava a lui il compito di immobilizzarlo.
Si concentro’ maggiormente, sentendo i suoi muscoli urlare per lo sforzo. Un forte capigiro rischio’ di fargli perdere il contatto, ma il ragazzo strinse i denti.
Le tenebre si mossero, e si strinsero contro il mostro. Gli allacciarono gambe e braccia, immobilizzandole al suolo. Il golem si oppose, ma senza successo.
Ce l’aveva fatta.
Vai Ise… Tocca a te.,penso’, mentre sentiva il chakra defluire sempre piu’ velocemente. Aveva a malapena la forza di tenersi in piedi.
Ad un tratto, quando stava gia’ per scivolare dentro quell’abisso nero perdendo il controllo del suo stesso mondo immaginario, una voce lo riscosse.
-Tora, basta.-
Il ragazzo alzo’ il capo, non sapendo da che parte guardare.
-Tora, sono qui. Ti prego, sciogli la tecnica.-
Compose un altro sigillo e, d’improvviso come era venuta, la tenebra si dissolse.
-Ise?- la chiamo’, faticando persino a prendere aria. Ce l’aveva fatta.
-Tora, sono qui. Alza lo sguardo.-
Lui lo fece, trovandosi davanti uno spettacolo paradossale.
Gli immensi occhi di Ise nel viso di quello spaventoso mostro.
Quasi cadde a terra per lo spavento. Non le aveva mai visto fare quella tecnica.
-Ise? Sei davvero la’ dentro?-
Il mostro annui’. Poi parlo’, utilizzando il tono dolce e armonioso della giovane Yamanaka.
-Dobbiamo fare in fretta Tora. Non riesco a trattenerlo.-
Lui annui’, avvicinandosi a quel mostro gigantesco.
-Cosa devo fare?-
-Colpiscilo.-
Lui sbianco’, esterrefatto.
-No.-
Non avrebbe mai colpito quel mostro con Ise all’interno.
-Tora, ti prego, colpiscilo!- incalzo’ lei, supplicandolo.
-Sei diventata matta? Non lo faro’ mai.-
Il mostro sbuffo’, scuotendo il capo. Tora intravide nei suoi occhi un guizzo rosso, segno che la ragazza era ormai esausta.
Ma non gli importava nulla. Lui non l’avrebbe mai colpita.
-Tora ti prego, ascoltami. Ti devi fidare di me: colpiscilo.-
Lui tentenno’, ancora con il suo kunai fra le mani. Non poteva farlo.
-Ti prego, so quello che faccio. Fidati! Io sciogliero’ la tecnica prima che tu possa mettere a segno il colpo.-
Il ragazzo sospiro’, stringendo la presa sull’arma. –E se sbagliassi il tempo?-
Dentro i pozzi azzurri della ragazza passo’ una nuvola, che venne nascosta velocemente.
-Non lo faro’. Ti prego, fallo e basta.-
Tora non l’avrebbe mai fatto. Lei gli stava chiedendo di colpire un compagno, di andare alla cieca, di affidarsi ad una stupida supposizione che avrebbe potuto ucciderla.
Normalmente non l’avrebbe mai fatto. Ma quella volta, furono i suoi occhi a stregarlo. Ad implorarlo con lo sguardo, a convincerlo che quella fosse l’unica cosa da fare.
Per quella volta impedì che fosse la ragione a dominare sui suoi sentimenti. Lasciò che la fiducia in Ise lo guidasse contro quel mostro sempre piu’ grosso, sempre piu’ forte. Ma con quegli inconfondibili occhi di cielo.
Tora corse, e spicco’ un balzo. Il kunai di Ise nella mano destra, gli occhi incatenati a quello sguardo ceruleo, che tremava di paura.
Era ormai a pochi centimetri dal bersaglio, ormai inarrestabile. Se la ragazza avesse voluto, non sarebbe riuscita a fermarlo. Era troppo vicino.
La mano sul kunai divenne una morsa, mentre il ragazzo si preparava ad affondare il metallo nel mezzo di quegli occhi cosi’ luminosi.
Perche’ diavolo Ise non aveva ancora sciolto la tecnica?
Si preparo’ all’impatto, maledicendosi per quello che stava per fare.
Scusami Ise…
La lama penetro’ nel corpo del nemico con una violenza inaudita.
Il golem crollo’ a terra come un fantoccio, mentre Tora ricadeva all’indietro, attratto verso il suolo.
Nelle caduta il ragazzo volse lo sguardo al mostro, cercando i suoi occhi.
Una gioia incredibile lo percorse quando noto’ che si, erano rossi.
Sorrise, lasciando che il suo corpo cadesse a peso morto per terra, nella polvere.
Aveva fatto bene a fidarsi. Ise era salva.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ixia’s________________________
Saaaalve a tutti. Oggi aggiorno un pochettino prima, visto che cause di forza maggiore mi impediranno di avere un computer stasera.
Allora, che dire? Questo capitolo non è dei migliori. Lo so, vi chiedo scusa, ma sono stata occupata con il contest “In memoriam” quindi il mio cervello oggi è troppo fuso per dare una riguardata come si deve.
Quindi vabbè, ve lo dovrete sciroppare così.
C’è un’unica imprecisione di cui mi devo scusare. Ovviamente tutti sapranno che il capovolgimento spirituale mantiene esattamente il corpo dell’avversario così com’è, (voce/occhi compresi), ma essendo il golem una creatura senza facoltà di parola ho per forza dovuto utilizzare questo piccolo stratagemma.
Me lo passate?  *Ixia si posiziona con la faccia al muro e si prepara a ricevere la lapidazione pubblica*
Beh, ormai siamo alla fine. Il prossimo capitolo, che sarà pubblicato Lunedì, la battaglia arriverà al suo termine. It all ends.
Ci sarà poi un capitolo di epilogo, in cui saluteremo i nostri bei personaggi. (E anche la loro autrice.)
Beh, spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Ringrazio Hikari93, kyda94, IamCrazy, liu_Qgirl, Red Hornet e la mia amatissima klio per le loro recensioni. Su gente, siamo alla fine… Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate. :D
 
Un saluto, ed un abbraccio a tutti voi.
A lunedì, per la resa dei conti.
 
Avec amour,
Ixia

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***










Dai Shikamaru, ammettilo… Lo sai come finira’.
Le farai del male, la lascerai sola.
Si stufera’ del tuo perpetuo egoismo, della tua continua inerzia…
E scappera’.
Proprio come ha fatto sua madre.
Sei un’idiota Shikamaru… Non sei mai riuscito a proteggere niente.
Sei un fallito, e lascerai anche questa volta che tua figlia muoia.
A causa tua.
 
 
Il Nara lancio’ un ringhio feroce, correndo alla massima velocita’ verso la figura ghignante davanti a lui.
Il kunai ben stretto fra le mani, l’espressione furente di chi ormai è accecato dai propri sentimenti.
Shikamaru Nara era ufficialmente caduto nella trappola del nemico. Aveva lasciato che i suoi pensieri venissero affogati dall’odio, regalando al suo avversario la piu’ grande delle occasioni.
Ma cosa avrebbe potuto fare? C’erano troppi ricordi rinchiusi dentro di lui.
Troppi rimpianti, troppe amarezze, che gli avevano corroso il fondo del cuore come acido.
Aveva sempre tenuto tutto racchiuso dentro di sé. Non era mai stato un problema, aveva sempre retto benissimo quel peso.
Asuma, Ino, Sasuke, la guerra…
Li aveva sempre gelosamente custoditi dentro il suo cuore, per salvarsi dall’imbarazzo delle parole.
Lui era un Nara. Non avrebbe mai potuto confidarsi con nessuno dei suoi problemi.
In fondo aveva un cervello superiore. In tutto quel caos di neuroni e dentriti, ci sarebbe sicuramente stato un cantuccio dove nascondere i brutti pensieri.
Bastava riporli là in fondo, non pensarci e sperare che non si facessero piu’ sentire… Che piano piano evaporassero.
Stupido, stupido Shikamaru, pensavi davvero fosse cosi’ facile?
I rimpianti sono come la ruggine. Se non la togli al piu’ presto, ti mangerà vivo.
E mentre il suo meraviglioso cervello era rimasto inattaccato, inviolabile, il suo cuore pezzo per pezzo era stato corroso.
C’era troppo da nascondere in quel cassetto chiuso. La serratura era malmessa, lui lo sapeva, ma aveva continuato a nascondervi le cose, senza redersi conto che prima o poi avrebbe ceduto. Non se ne era mai curato…
In fondo, aveva sempre retto. Almeno fino a quel momento.
Hidan era stato bravo. Maledettamente bravo.
Lo aveva costretto a condurlo davanti al suo cassetto segreto, a mostrargli la parte piu’ delicata e fragile di se’.
Lo aveva ingannato, lasciandogli la sicurezza di essere al sicuro, mentre in realta’ continuava a colpirlo con le sue parole.
Aveva fatto di tutto per risvegliare i rimpianti dormienti…
Che alla fine erano esplosi.
Niente da fare, la serratura era troppo vecchia e il suo cuore troppo stanco.
L’odio di una vita gli si era riversato addosso, correndo nelle sue vene come acido.
Non era valso a nulla il temibile cervello, l’intelletto straordinario, la mente da genio.
Shikamaru era diventato un pupazzo d’odio mosso dai ricordi.
Troppo, troppo facile.,penso’ Hidan vedendo il ninja di Konhoa corrergli addosso con gli occhi in fiamme.
Un uomo razionale non è capace di controllare un così vasto mondo di rimpianti.
E lui, ormai lo aveva in pugno.
 

-Tora! Tora! Stai bene?-
Nessuna risposta.
-Tora ti prego rispondimi!-
Un mugugno soffocato provenì dal corpo del ragazzo sdraiato a terra fra la polvere.
Rotolo’ lentamente su un fianco, con il corpo ancora dolorante per la botta, sentendo il cervello esplodere.
Socchiuse gli occhi, avvertendo in bocca il gusto ferroso del sangue.
Davanti a lui il riflesso luminoso del capelli di Ise lo acceco’ per alcuni secondi.
-Ise?- chiamo’, senza riuscire a mettere bene a fuoco.
Il cristallino si contrasse, permettendogli di acquistare maggiore nitidezza all’immagine.
Si, era proprio lei.
Sporca, ferita, esausta… Ma era lei.
Un’improvvisa ondata di sollievo lo avvolse, accompagnata da un sorriso tirato. Molto piu’ smorfia che sorriso.
-Si Tora, sono io. Dimmi, stai bene?- nella sua voce si leggeva un velo di angoscia, ed il ragazzo avverti’ le dita affusolate della piccola Yamanaka sfiorargli lo zigomo contuso. Sorrise.
-Tutto ok. Il mostro?- mormoro’, venendo investito da un torrente di immagini che lo ritraevano a trafiggere un mostro dagli occhi cerulei.
La ragazza fece un lieve cenno di assenso con il capo, socchiudendo gli occhi per un secondo.
Sospiro’, anche lei al limite.
-E’ andato. Ce l’abbiamo fatta.-
Ci fu un lungo attimo di silenzio, poi Tora si trasse a sedere.
Sul suo viso spiccava un sorriso luminoso.
-Vedi, te l’avevo detto che ce l’avremmo fatta.-
Lei gli restituì il sorriso, con un’espressione grata. Si stupì di quanta gioia in quel momento potesse dargli l’espressione sicura e strafottente del suo amico.
Era come avere un vulcano dentro... Una fiammella sempre accesa a riscaldarla.
Ise annuì, ancora immersa in quel tepore.
-Si, ce l’abbiamo fatta.-
Si alzò lentamente, scrollandosi la terra dai pantaloni blu mare. I suoi muscoli urlarono per il dolore, mentre le articolazioni scricchiolarono con un che di sinistro.
Hmmm… No, quello non era un buon segno.
Porse la mano a Tora, che nel mentre stava tentando di alzarsi.
Un dolore lancinante lo colpi’ quando, mettendosi in piedi, poggio’ la gamba sinistra al suolo.
Oh cavolo. Sembrava rotta.
-Dannazione, la gamba…- biascico’, stringendo i denti.
Ise si accovaccio’, tastando con dita quasi impercettibili la tibia del compagno.
Quando sfioro’ un punto preciso, il ragazzo gemette.
-Questo non ci voleva…- mormoro’ la ragazza, alzando lo sguardo verso il compagno. –Hai una frattura.-
Tora spalanco’ gli occhi, bestemmiando contro il cielo.
Chiunque li stesse guardando in quel momento doveva avere proprio un pessimo senso dell’umorismo.
-Rimani qui, non ti muovere.- gli intimo’ la giovane Jounin, con la faccia improvvisamente seria.
-Assolutamente no! Tu dove vai?- gli chiese l’altro, afferrandola per un braccio.
Lei gli rivolse uno sguardo cupo. –Ad aiutare mio padre.-
Tora strinse di più la presa, ancora più allarmato. –Dove vorresti andare?! Non ti ricordi il piano? Dobbiamo creare il sigillo!-
Lei scosse il capo, tentando di liberarsi dalla presa ferrea del ragazzo. –Il piano e’ fallito. Tu non hai piu’ chakra, Noburo sta morendo. Non so nemmeno se Sakura e Sasuke stanno ancora combattendo contro quel mostro. Shika potrebbe essere morto… ed io ho un terribile presentimento. Devo andare.-
Il suo tono era stato freddo, quasi perentorio. Dentro la ragazza si agitavano sentimenti contrastanti, mentre l’angoscia per il padre la stava soffocando.
Tora lo capi’, e goffamente mosse alcuni passi verso la ragazza.
Avvicinò il viso al suo, incatenando gli occhi celesti della biondina.
-Ise, ti prego, non fare sciocchezze. Ragiona.- mormorò, quasi supplicandola.
Gli occhi di Ise tremarono, mentre l’ombra scura che gravava al loro interno piano si incrinò.
-Non puoi farcela da sola: Hidan e’ immortale. Noi abbiamo bisogno di quel sigillo, tuo padre ne ha bisogno. Io posso farcela, ed anche Noburo. Ti prego Ise, ascoltami. Se ora andrai da tuo padre morirai sicuramente.-
Le strinse forte il braccio, pronunciando il suo nome con disperazione.
Non poteva lasciarla andare.
La ragazza chino’ il capo, lasciando che i crini biondi le nascondessero il volto.
Espiro’ lentamente, tentando di non far tremare il respiro.
Lei doveva salvare suo padre. Anche a costo della vita.
-Lui è in pericolo… Me lo sento.-
-E allora lo aiuteremo. Ma lo faremo concretamente, come abbiamo deciso.- la sua voce era un misto di dolcezza e di preoccupazione, che sgretolo’ tutti i suoi propositi –Attiveremo il sigillo… E salveremo Shikamaru-sensei.-
Ise alzò lo sguardo, in cerca di conferme. Lui sorrise.
-È una promessa.-
 
 
 
Poco distante da li’, nel bel mezzo della vegetazione, Itachi Uchiha raccoglieva gli ultimi insegnamenti di un Noburo morente.
-Allora, capito ragazzino? Il chakra del fuoco. Sei un Uchiha, dovresti saperlo usare.-
Il bambino annui’ vigoroso, senza pero’ perdere il suo cipiglio vigile. –Si, so usare il katon.-
L’ANBU fece una smorfia, stringendo con la mano la stoffa scura dei pantaloni. Gemette ancora, respirando affannosamente.
Itachi, invece, non riusci’ a non voltare il capo da un’altra parte. Deglutì a forza, preso improvvisamente da una tremenda voglia di piangere.
Quella era la prima persona nella sua vita che vedeva morire.
-Ok ragazzino, un’ultima cosa..- aggiunse affannosamente l’uomo mascherato, frugando con le forze rimanenti dentro una piccola borsa che teneva attaccata al fianco. Ne estrasse qualcosa, e lo porse al piccolo Uchiha.
Il bamino lo prese, osservandolo senza scomporsi.
Che strano… Era un cristallo.
-E’ un prisma di “ambra cangiante”. È una resina trasparente che si solidifica in cristalli di quel tipo. Viene dal paese delle nebbie… Serve per concentrare ed amplificare il chakra. Quando dovrai attivare il sigillo…- l’ANBU fece una pausa, prendendo fiato. –Stringilo forte e cerca di incanalare il tuo chakra là dentro.-
Il bambino annuì, serrando forte le dita intorno al cristallo trasparente.
L’ANBU gettò la testa all’indietro, colpendo il tronco alle sue spalle con un tonfo leggero.
-Bene, io qui ho finito. Ehi, moccioso, dì alla tua amichetta nascosta di attivare il suo Byakugan… Vi servirà.-
Itachi sgrano’ gli occhi, Noburo ridacchiò.
-Sei un ragazzino simpatico… Penso mi saresti piaciuto.- il suo respiro si fece sempre piu’ debole, il suo corpo sempre piu’ abbandonato.
-S-senti…- mormorò, indirizzandosi al bambino. –Non e’ che mi potresti togliere questa maschera? F-fa così caldo qua dentro…-
Un'altra risatina, sempre piu’ spenta.
Itachi si avvicinò, ed in silenzio gli sfilò la maschera da gatto via dal viso, lasciandolo libero.
L’uomo alzò gli occhi stanchi, e li rivolse verso il manto di foglie verdi che gli impediva l’accesso al cielo.
-Grazie…- sussurrò, socchiudendo le palpebre. Alzò la mano, portandosela dietro alla schiena. Le dita si strinsero attorno al metallo freddo, per poi muoversi in quel gesto abituale che aveva ripetuto infinite volte.
Prese la spada, la strinse ancora una volta in mano. Poi la allungo’ verso Itachi, che lo osservava con gli occhi lucidi.
-P-prendi ragazzino. Stai attento.-
Il bambino prese la katana, l’uomo sorrise strafottente per l’ultima volta.
Poi i suoi occhi divennero vitrei, il suo braccio cadde senza vita sull’erba macchiata.
Itachi rimase immobile, in ginocchio, in una pozza di sangue. Stringendo quella katana come se fosse stata il centro del mondo.
Abbasso’ il capo, mordendosi il labbro.
Singhiozzò. Si, poteva farlo.
In fondo era ancora un bambino.
 
 
-Maledetto!- grido’ il Nara riversando una scarica di colpi verso il nemico senza riuscire a sfiorarlo.
Ormai Shikamaru non faceva nemmeno più attenzione a non essere ferito.
Non gli importava nulla.
Voleva solo vendetta.
-Bravo Nara, continua! Sfoga la tua rabbia contro di me!- gridò Hidan, al culmine dell’eccitazione. –Fai vedere a Jashin di cosa sei capace!-
Il nukenin dai capelli bianchi si mosse leggermente, schivando con movimenti impercettibili i colpi del jounin.
Quella situazione per lui era meglio di un gioco. Lasciava che il ninja avversario sfogasse tutta la sua rabbia su di lui, che perdesse totalmente il senno.
Era sublime vedere come un così potente avversario potesse perdersi a causa delle sue emozioni.
Lo vedeva ardere di rabbia, consumarsi con una violenza tale da sembrare un fiammifero.
Che meravigliosa sensazione la vendetta…
Spinse indietro il jounin di Konhoa, facendolo crollare a terra in mezzo alla polvere.
Sul suo viso si dipinse un’espressione estatica.
Jashin-sama non si sarebbe arrabbiato se avesse giocato un po’ con la sua vittima prima di sacrificarla. In fondo, erano ventidue anni che sognava di farlo.
-Ehi fallito!- lo chiamò, mentre quello si rialzava da terra sanguinando copioso dal sopracciglio -Cosa direbbe il tuo caro maestro se gli raccontassimo che uomo sei diventato?-
Il Nara si bloccò, atterrito. Barcollò un po’, digrignado i denti.
Non rispose, scagliandosi nuovamente verso di lui.
Hidan parò il suo fendente senza problemi, allontanandolo con un calcio sullo sterno.
-Oh dai, parliamo un po’! Dimmi, Asuma sarebbe fiero di te?-
Un ringhio esplose dal petto del Nara.
Hidan sorrise.
Ah, che dolce vendetta.
 


-Tora, sei sicuro di farcela?- disse la bionda, adagiando il corpo del ragazzo al suolo.
Erano arrivati alla postazione del ninja del vento, ma Ise non era ancora totalmente convinta che quello fosse il piano migliore.
Il ragazzo però annuì risoluto, lanciandole uno sguardo di monito.
-Ise vai. Ma mi raccomando, segui il piano.-
Lei si morse il labbro, combattuta.
Avrebbe di gran lunga preferito raggiungere suo padre e aiutarlo a combattere contro quel mostro, ma Tora in realtà non aveva tutti i torti. Hidan era immortale, e loro erano esausti. Nemmeno se lo avessero attaccato tutti insieme sarebbero riusciti ad avere la meglio su di lui.
L’unica possibilità era quella di attivare il sigillo… Sperando che Noburo e suo padre fossero ancora vivi.
Guardò il ragazzo seduto a terra estrarre il cristallo dalla borsa. Era ridotto uno schifo, graffiato ovunque e con la gamba rotta, ma non aveva ancora perso la sua incredibile forza di volontà.
La ragazza sospirò, passandosi una mano sul viso stanco.
Ritrasse le dita macchiate di sangue rappreso, mentre sentiva calare sul suo corpo una stanchezza millenaria.
Ma non avevano ancora finito.
La ragazza mosse un passo, avvicinandosi all’amico seduto a terra.
Si chinò su di lui, gli depose un rapido bacio sui capelli, e poi si allontanò, correndo a perdifiato.
Tora strinse forte il cristallo fra le mani, guardando lo scintillio dorato disperdersi fra le fronde degli alberi.
L’ultimo atto stava per cominciare…
Che quel qualcuno là sopra gliela mandasse buona.
 

Papà, sto arrivando. Ti prego, resisti.
 

La battaglia fra Hidan e Shikamaru continuava, e il Nara stava incassando colpi su colpi.
L’immortale continuava a ferirlo, sia a pugni che a parole, godendo dell’odio e del dolore del suo avversario.
Sapeva di avercelo in pugno. Ne era sicuro.
Attendeva solamente il momento giusto per finirlo.
 

Ise arrivò trafelata alla sua postazione.
Dentro di lei le parole di suo padre continuavano a risuonare come un mantra, mentre i suoi gesti via via diventavano più frenetici.
Sapeva di non avere molto tempo.
Salì sulla grossa roccia che le stava di fronte, richiamando tutto il suo ultimo chakra a raccolta.
Lo focalizzò dentro il cristallo, rovesciandolo al suo interno con la potenza di una cascata.
Una colonna di luce blu si innalzò verso il cielo.
Il rituale aveva inizio.
 

-Dai Shikamaru, lo sai come finirà.Le farai del male, la lascerai sola. Si stufera’ del tuo perpetuo egoismo, della tua continua inerzia…
E scappera’. Proprio come ha fatto sua madre. Sei un’idiota Shikamaru… Non sei mai riuscito a proteggere niente. Sei un fallito, e lascerai anche questa volta che tua figlia muoia. A causa tua.-
Gli occhi di Shikamaru si erano allargati, il suo respiro spezzato.
Il suo corpo aveva deciso di arrestarsi, mentre una familiare ondata di disgusto prendeva possesso dei suoi pensieri.
Hidan davanti a lui sorrideva compiaciuto, con l’espressione del vincitore.
-Lo so che lo pensi anche tu… Non fare il finto tonto. Tu lo sai che ti abbandonerà… Anzi, forse l’ha già fatto.-
Tutto quello che seguì fu pura rabbia, odio incontrastabile.
Shikamaru non era mai stato un uomo avventato.
Mai.
Nemmeno quando il suo maestro era stato trucidato davanti ai suoi occhi.
Nemmeno quando il suo villaggio era stato spazzato via in un battito di ciglia.
Si era sempre tenuto tutto dentro.
Ma quel giorno, esplose.
Prese la rincorsa, con il kunai in mano, senza più speranze.
Senza nessun interesse di vivere o morire, con il solo desiderio di uccidere.
Si scagliò contro il nemico con foga, urlando come una bestia ferita.
Ma la fortuna non è la virtù dei folli.
Il corpo di Shikamaru venne trafitto da parte a parte dall’arma del nemico.
Il Nara vide il suo sangue gocciolare per terra, poi un’immensa luce blu rischiarò il cielo.
Il sorriso di Hidan divenne una risata sguaiata, mentre i due avversari rimanevano avvolti in quell’abbraccio mortale.
Il Nara portò gli occhi su quella colonna di luce... e poi, stranamente, sorrise.
Ise-chan... Grazie.
 

Si dice che ci sia un vecchio detto che tramanda:
Nulla meglio di un figlio può sanare la pazzia dei genitori.
Beh, non si sa chi l’abbia scritto o da dove provenisse, ma sicuramente deve essere stato un grande saggio.
Perché quel giorno, quando Shikamaru vide innalzarsi nel cielo quell’immenso raggio di luce, qualcosa dentro di lui cambiò.
Il suo occhi persero il fuoco dell’odio, la rabbia scemò,  la nebbia nella sua mente si dissolse.
Tornò ad essere Shikamaru Nara grazie a sua figlia.
E fu per questo che si allontanò di scatto dal nemico, sfilandosi l’arma dalla spalla con veemenza.
E Hidan spalancò gli occhi esterrefatto quando si accorse, di nuovo, di non essere più il padrone del proprio corpo.
-Ehi fallito, cosa pensi di fare? Non hai capito che ho già vinto?-
Il Nara non rispose.
Si limitò ad osservare altre due colonne di luce accendersi alle sue spalle, una verde ed una bianca. E a sorridere.
Gettò l’arma di Hidan a terra, mentre nei suoi occhi ritornava la fiducia.
-No Hidan, sei tu che non hai capito… La battaglia è appena cominciata.-
 
 
A quattro chilometri di distanza, accanto ad un gigantesco albero secolare due bambini combattevano la loro battaglia.
Il piccolo Itachi osservava la colonna di luce azzurra ergersi nel cielo, mentre la paura cominciava a farsi spazio nel suo cuore.
-Uzu…- sussurrò il bambino. La sua amica si voltò, preoccupata da quel tono.
-Si Uchi?-
-Accendi il Byakugan. E mi raccomando, stai attenta.-
La bambina non ebbe tempo di rispondere che il ragazzino chiuse gli occhi.
Concentrò ogni fibra del suo corpo alla ricerca di chakra e poi, quando lo ebbe trovato, lo trasformò in fiamme.
Cercò la rabbia dentro di sé, per alimentare quel fuoco che gli bruciava dentro.
Pensò al viso stanco di Noburo, alla katana che ora era fissata sulle sue spalle.
Pensò alla sua mamma e al suo papà che combattevano contro mostri di sabbia, al viso di Ise segnato dai graffi.
Pensò a Kushina, che nascondeva le lacrime per fargli forza.
E la sentì, quella fiamma, ardergli dentro.
La alimentò con tutte le sue forze, la tenne per un attimo ancora nel petto fino a quando non fu più in grado di controllarla.
Poi la scagliò contro il cristallo con la potenza di un’eruzione vulcanica.
Attorno a lui una colonna di luce rossa si innalzò su verso il cielo con una potenza devastante.
Il bambino si spaventò di quella reazione fulminea, e per un attimo perse il contatto.
La luce sembrò affievolirsi, tremò come la fiamma di una candela.
Il bambino strinse i denti, concentrando ogni sua minima scintilla dentro quell’oggettino che teneva in mano.
La luce si riaccese, Itachi aprì gli occhi.
Le sue iridi erano rosse come il fuoco, e ardevano di fiamma.
Kushina spalancò la bocca, sbalordita.
Itachi aveva finalmente acceso la luce dello sharingan.
 

Una luce azzurra, poi bianca, poi verde, poi grigia ed infine rossa.
Acqua, fulmine, terra, vento e fuoco.
Le cinque colonne si unirono nel cielo, andando a creare una cupola proprio sopra la testa dei due ultimi avversari.
Il viso di Hidan perse colore, mentre quello di Shikamaru mantenne la sua espressione impassibile.
Nonostante la chiazza di sangue ai suoi piedi si stesse allargando a vista d’occhio, il suo viso rimaneva calmo.
Pieno di sicurezza.
-Ma questo… questo…- mormorò Hidan, con gli occhi rivolti verso il cielo.
-Si, è esattamente quello che pensi.- mormorò il Nara, muovendo qualche passo verso il suo avversario. –È la tua fine.-
La cupola di luce si strinse sempre di più, fino a formare un unico fascio di luce bianca.
I due avversari si osservarono, agli opposti.
Orrore contro calma.
Disperazione contro fiducia.
-No, non puoi! Jashin ti punirà! Il mio Dio ti distruggerà, non potrai nulla contro di lui!-
Shikamaru sciolse il controllo dell’ombra, mentre l’immenso fascio bianco investiva il corpo del suo nemico.
Un’immagine lattiginosa venne brutalmente strappata fuori dal suo involucro, e lo spirito di Hidan apparve davanti ai suoi occhi.
-Tu, lurido bastardo!- gli gridò contro quell’immagine, ancora intrappolata nella morsa del sigillo. –Io ti ucciderò. Puoi strapparmi dal mio corpo, puoi sotterrarmi, sigillarmi ma io te la farò pagare. Ucciderò tua figlia in nome del Dio Jashin in un modo così atroce che mi supplicherà di morire!-
Shikamaru si avvicinò a Hidan con espressione imperturbabile. Nella sua mano brillava una spada incorporea.
-Cosa vuoi fare? Non mi puoi uccidere! Jashin è con me! Il mio Dio ti punirà!-
Il Nara si portò ad un centrimetro dal viso di Hidan. I suoi occhi erano freddi come l’inverno.
-Anni fa ti dissi che non mi importava nulla del tuo Dio. E sai, non è cambiato nulla.- il Nara alzò il braccio con la spada, pronto sferrare il colpo.
-Io sono il tuo Dio. E non ti lascerò mai toccare mia figlia.-
E lo trafisse.
Senza foga, senza rabbia.
Ma con quella precisione calcolatrice che anni fa gli aveva illuminato gli occhi guardandolo affondare nella terra.
Hidan spalancò la bocca in un muto grido, l’ultimo della sua vita.
Se fosse stato una bestemmia o una preghiera, nessuno lo seppe mai.
Perché in quell’istante una colossale onda d’urto esplose del suo corpo, suggellando la fine dell’immortale.
Shikamaru crollò a terra, in una pozza di sangue.
Le cinque luci si spensero, e Konhoa venne spazzata da un’esplosione colossale.
Ma fu solo un istante, un battito d’ali.
Poi, fu solo pace.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ixia’s_______________
Ehm, non so proprio che dire.
Un po’ mi dispiace, visto che la mia storia finisce qui.
Spero di non aver deluso nessuno, di aver dato a questa avventura una fine soddisfacente. Ma per questo mi servirete voi… E le vostre recensioni.
Non temete, ancora non vi siete liberati di me. La battaglia è finita, ma ci sono ancora un paio di dettagli che voglio sottolineare. Quindi ci vediamo giovedì sera con l’ultimo capitolo, l’epilogo. (Che non ho ancora finito, ma provvederò.)
Vi faccio un piccolo spoiler, dicendovi che nel prossimo capitolo sarà presente un “ospite speciale”! Beh.. A voi le ipotesi! :D
Lascerò lo spazio dei ringraziamenti per il prossimo capitolo, quindi per ora vi abbraccio e basta…
A giovedì
 
Ixia

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***








Shikamaru cadde a terra, in una pozza di sangue.
Poi i suoi occhi, stanchi, si chiusero sul mondo.
Un sorriso sulle labbra, il viso rilassato… Era riuscito a salvarla, e questo era tutto.


~Epilogo~





Ad un certo punto, non si sa quando, né come, né perché, Shikamaru si svegliò.
Prese coscienza di se stesso, rendendosi conto di essere ancora in grado di pensare.
Incredibile.
Attese per alcuni istanti, con gli occhi serrati.
Era così curioso riscoprirsi cosciente da sembrare quasi irreale.
Si crogiolò ancora un po’ in quella dolce sensazione di benessere, spaventato dall’idea di affrontare il mondo esterno.
Prese un lungo respiro, ricordandosi in quell’esatto istante di avere dei polmoni. L’aria che gli penetrò nelle narici fu tiepida, inodore… Senza alcuna caratteristica.
Strano, pensò. Un’aria senza odore.
Era giunto il momento di aprire gli occhi. Dischiuse le palpebre, giusto il tempo necessario per dare una sbirciatina al mondo circostante, poi le richiuse di scatto.
Ecco, c’era tanta, tanta luce là fuori. Bianca, abbagliante, da ferire gli occhi.
Provò di nuovo, senza riuscire a tenerle aperte più di un secondo. C’era troppa luce. Non valeva la pena aprirle.
Si costrinse a farlo, imprecando mentalmente contro tutto quel bianco.
Dannazione, ma dove era finito?
Shikamaru aprì gli occhi, e si guardò intorno.
Era sdraiato sul nulla, nel bel mezzo del niente.
Imprecò, mentre il suo cervello giungeva a una conclusione logica.
Circondato da bianco, senza ferite…
Cacchio, era morto.
-Merda.- bofonchiò, lanciando uno sguardo più lontano, alla ricerca di qualcosa che smentisse la sua tesi.
Era sano, integro, solo. Circondato da un infinito rincorrersi di nebbiolina nivea che sembrava non conoscere dimensione.
In un posto inodore, incolore e totalmente avvolto dal silenzio.
Si, era proprio morto.
Si alzò barcollante, notando con suo sommo stupore di avere dei vestiti puliti, anch’essi bianchi. Camminò un po’ in quel nulla senza fine, aggirandosi con i sensi all’erta fra la foschia opalescente che lo circondava.
Ok, era sicuro di non essere vivo. Ma dove si trovava? E soprattutto, perché l’aldilà era tutto così dannatamente seccante?
Sbuffò, irritato da tutto quel niente.
Bene, se il programma che gli si prospettava per la prossima eternità era quello di vagare senza meta in una landa lattiginosa, beh, allora avrebbe preferito tornare in vita per poi farsi trafiggere dalla spada spirituale di Sasuke. Lì dentro almeno avrebbe trovato compagnia.
Vagò ancora per alcuni minuti, o almeno quelli che a lui parvero tali, fino a quando vide delinearsi in mezzo alla foschia una massa informe.
Era bassa, tozza, e si sviluppava in orizzontale. Shikamaru quasi ci rimase di sasso quando, una volta arrivato davanti al misterioso oggetto, scoprì che si trattava di un tavolo da gioco, con tanto di scacchiera pronta per una partita.
Inarcò il sopracciglio. La situazione si stava facendo sempre più bizzarra.
Una scacchiera?
Cos’era, uno scherzo del creatore per torturarlo per l’eternità?
Non c’era nessuno con cui giocare in quel posto.
Nonostante questo, Shikamaru si sedette comunque a terra, cominciando a posizionare le varie pedine sulle caselle.
Il re, il cavallo, l’alfiere, la torre, il generale oro… Non sapeva nemmeno perché lo stesse facendo.
Per la noia, si rispose. Si, probabilmente per quello. O forse perché, ma non lo avrebbe mai ammesso, aveva l’inspiegabile presentimento che qualcuno sarebbe arrivato da un momento all’altro.
Si diede dello stupido, lanciando un’occhiata al vuoto infinito che lo circondava.
Chi sarebbe mai potuto venire?
Improvvisamente, quasi come se fosse stato chiamato, vide qualcosa avanzare in mezzo alla nebbiolina. Qualcosa di alto e lungo.
Passarono un paio di secondi prima che si accorgesse che quel qualcosa, strano ma vero, era una persona.
Si alzò, ancora sul chi vive.
Per prima cosa portò la mano alla gamba, alla ricerca di uno shuriken, ma con suo sommo dispiacere si accorse di essere stato privato delle sue armi.
Maledetto aldilà…, pensò scocciato. Pure le sue armi si era preso.
Tese i muscoli, preparandosi a scagliarsi contro il nemico sfruttando il favore della nebbia.
Ma la figura continuava ad avanzare tranquilla, con un incedere cadenzato. Non sembrava proprio avere l’aria di un aggressore.
Quindi decise di tentare un approccio più diplomatico.
-Chi sei?- domandò perentorio, sfoggiando il suo tono più autoritario. –Mostrati!-
La figura avanzò ancora di alcuni passi, poi parlò.
-Cavolo Shika-kun, come sei diventato nervosetto… Non è che la vecchiaia ti ha reso più acido?-
Il Nara spalancò la bocca per lo stupore, abbandonando le braccia lungo il corpo.
Conosceva quella voce.
-Ino?- sussurrò.
-Oh ma bravo. Allora l’altzeimer ancora non ti ha colpito…-
La nebbia improvvisamente si diradò, lasciando spazio alla figura sorridente della Yamanaka.
-Ciao Shika… Finalmente.-


-I-Ino?- balbettò ancora una volta Shikamaru, con la bocca spalancata. Il suo cervello taceva davanti a quell’immagine, troppo sconvolto.
La donna gli rivolse un sorriso malizioso, uno dei suoi. Inconfondibile.
Cristo santo, era davvero lei.
-Come stai Shika?- mormorò, senza smettere di abbagliarlo. La donna sostenne il suo sguardo, senza però nascondere un po’ di imbarazzo. –È da un po’ che non ci si vede…-
Un po’?, rispose una vocina dentro il cervello del Nara. Erano diciassette fottutissimi anni.
Il Nara mosse automaticamente un passo in avanti, avvicinandosi verso la donna come una falena verso il fuoco.
Capelli biondi, viso da bambina, occhi incredibilmente chiari… Cosa stava succedendo?
Ino gli rivolse uno sguardo comprensivo, conscia che all’interno del Nara in quel momento si stava combattendo una lotta senza precedenti. Il freddo raziocinio di Shikamaru era duro a morire, soprattutto davanti ad un evento come quello. La donna vedeva nei suoi occhi le ombre della battaglia, e non riuscì a trattenere un pallido risolino.
-È inutile che ti scervelli Nara. Sono qui davvero.-
Detto questo gli dette le spalle, e si andò a sedere di fronte al tavolo da gioco. Estrasse con cura le sue pedine, e senza degnare l’uomo di un solo sguardo comincio a posizionarle sulla scacchiera.
Per alcuni lunghi minuti l’unico suono udibile per centinaia di chilometri fu il ticchettare dei pezzettini di legno sul tavolo. Producevano dei suoni lievi, quasi dei piccoli passi, ma nelle orecchie di Shikamaru erano sassi che infrangevano vetrate, così forti da ferirgli i pensieri.
Scosse il capo, per rimescolare un po’ quel rimestarsi di idee. Cosa doveva fare? Doveva crederci?
Il Nara si voltò, in cerca di una risposta.
E la vide. Fanculo il raziocinio. Ino era di nuovo lì con lui. Non avrebbe rovinato di nuovo un’altra occasione per le sue stupide congetture da genio.
La donna nascose un sorriso quando vide Shikamaru sedersi davanti con un’espressione irritata. Le venne da ridere.
Allora un po’ era cresciuto in tutti quegli anni.
Evitò di parlare, leggendo sul viso di Shikamaru un “non infierire” scritto a caratteri cubitali. Si limitò a passargli l’ultima delle sue pedine con espressione compiaciuta.
-Allora Ino…- mormorò Shikamaru tentando di mantenere il suo massimo tono serio. –Cosa diavolo ci facciamo qui?-
Nel bel mezzo nel niente e attorniati dal nulla, di nuovo insieme come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Lei alzò le spalle. Non era ovvio? –Beh, per giocare naturalmente.-
Poco ci mancò che Shikamaru le tirasse dietro tutto il tavolo. Lo stava prendendo in giro?
-E da quando tu sai giocare a shoji?- chiese con il suo peggior tono sarcastico.
Lei gli rivolse l’ennesimo sorriso da infarto, dispettosa. Il suo sguardo non presagiva nulla di buono. –Hmmm, me l’ha insegnato Asuma-sensei.-
La mascella di Shikamaru cadde a terra, mentre i suoi neuroni scoppiarono in rivolta. Eh no, quello non potevano accettarlo!
Ino rise, deliziata dall’espressione dell’amico. –Shika-kun, stai attento o ti ritroverai una lussazione alla bocca.-
Lui riprese un minimo di controllo, arrossendo. –Cosa? Tu… il sensei… shoji… l’hai incontrato?-
Ino rise ancora, trovando il Nara ancora più buffo di un tempo. Poverino, per un genio come lui era tutto troppo strano. Era quasi adorabile in quella situazione.
Scosse il capo, muovendo il primo pezzo. –Eh no Shika-kun, non ti posso dire nulla. Ordini dall’alto.- indicò il cielo [bianco] con espressione professionale –“Non bisogna dare ai vivi informazioni su questo mondo”.-
Shikamaru inizialmente non sentì una parola di quello che Ino gli aveva detto. Era troppo occupato a gestire la tachicardia che quel viso gli provocava.
Erano passati diciassette anni… Ma lui sembrava ancora un adolescente in preda ad una crisi ormonale.
Non riusciva a staccarle gli occhi di dosso.
Poi però, all’improvviso, un campanello di allarme si accese nel fondo del suo cervello. Suonò per una buona manciata di minuti prima che il Nara decidesse di dargli retta, distogliendo la sua attenzione dagli occhi azzurri della donna davanti a lui.
Ehi… Ino aveva detto “non dire ai vivi”? Questo significava che…
-Non sono morto?- sussurrò, lasciando che Ino gli mangiasse una pedina.
Lei alzò lo sguardo, sbuffando. –Ma certo che no! Altrimenti perché pensi che ti avrei incontrato qui?-
Il Nara scosse il capo –Ma allora come faccio a vederti? Devo per forza essere morto… Altrimenti tu non saresti qui.-
Pronunciò le ultime parole con un soffio, con la paura che si realizzassero. Non poteva perderla di nuovo.
Ino riconobbe il suo tono, regalandogli un sorriso caldo e rassicurante. Girò intorno al tavolo, sedendosi di fronte all’uomo dei suoi sogni.
-Ehi Shika, io sono davvero qui. E anche tu sei qui, ma per mio volere. Sono stata io a chiedere di vederti… di poterti parlare, ancora una volta.-
La donna alzò la mano, avvicinandola al viso dell’uomo con lentezza.
Gli occhi negli occhi, lo osservava con lo stesso sentimento che aveva consumato entrambi in tutto quel tempo.
Quello stesso sentimento che adesso li faceva tremare, in attesa di quel contatto che non avvenne. La mano di Ino, opalescente come un ricordo, si infranse contro il viso di Shikamaru. Gli passò attraverso, regalando all’uomo la sensazione di essere sfiorati dalla brezza primaverile.
-M-ma?- balbettò l’uomo, avvicinando la sua mano a quella della donna. Lei abbassò lo sguardo, un po’ intristita.
-Sei vivo Shika, credimi.-
I due rialzarono lo sguardo, fissandosi per alcuni secondi. Ancora una volta erano troppo distanti.
-Ino, davvero, perché sono qui?- chiese l’uomo senza alzare il capo, sentendo quella presenza così leggere al suo fianco.
Lei rimase un attimo in silenzio, in cerca delle parole giuste.
-Perché io… ti dovevo parlare.- il Nara fece per interromperla, ma le lo zittì con un’occhiata.
-Non è quello che pensi Shika. Non siamo qui per parlare del passato… ma del tuo futuro. Delle decisioni sbagliate che intendi prendere.-
Lui la osservò con gli occhi sgranati, incredulo. Possibile che sapesse della sua scelta? Eppure non l’aveva mai detto a nessuno, nemmeno a Choji. L’aveva capito durante la battaglia con Hidan che quella sarebbe stata l’unica soluzione definitiva ai suoi problemi… L’unica possibilità.
Aveva sempre fatto del male alle persone che si era trovato intorno… Ino, Choji, Asuma, Temari, i suoi genitori e adesso anche Ise.
L’unico modo per non farli soffrire più era quello di allontanarsi da loro. Di fuggire per sempre dal villaggio.
-Come fai a saperlo?- chiese in un soffio.
Lei gli rivolse un sorriso malinconico. Allora i suoi sospetti erano fondati. –Ti ho visto combattere contro Hidan. E ho visto il tuo sguardo. Ti conosco Shika… Non hai segreti per me.-
Lui abbassò il capo. Sì, lei lo conosceva fin troppo bene. Però quali erano le sue intenzioni, adesso? Cosa voleva fare?
Lo conosceva abbastanza per capire che quella era una decisione irrevocabile.
-Io non cambierò idea Ino. Se non sono morto, appena mi sarà possibile lascerò Konoha. Per sempre.-
La donna scosse il capo, fra l’irritato e il dispiaciuto. Sarebbe stato davvero difficile fargli cambiare idea… Non era più tanto sicura di riuscirci.
-Shika, ascoltami. Smettila per un attimo di usare la testa, la ragione e il raziocinio. Sei un grande ninja, ma non hai mai capito quando è meglio smettere di esserlo. Con le persone, con i sentimenti, con la vita vera in generale tu sbagli approccio. Non tutto si decide qui- gli toccò la fronte –ma anche qui.-
La mano della donna gli sfiorò il petto, provocandogli un brivido.
-Nella tua vita però, - il tono di Ino si fece malinconico –non hai mai smesso di pensare. Pensare, pensare, pensare… Non hai fatto altro. Non sei mai andato incontro a una scelta azzardata, non hai mai voluto rischiare senza un piano perfetto. E questo, nella vita vera, ti ha tagliato le ali. Sia a te… che a chi ti stava intorno.-
Ino abbassò il capo, nascondendosi dietro la sua lunga frangia dorata. Non voleva che lui vedesse quanto le fosse difficile fare un discorso simile.
-Ma adesso, hai la possibilità di avere una nuova occasione. Un’occasione irripetibile, a cui tu vuoi rinunciare perché pensi troppo. Shika, non puoi abbandonare Konoha. Ripeteresti gli stessi stupidi errori che hai fatto in passato.-
Il Nara chiuse gli occhi, palesemente colpito. Non voleva cedere alle parole di Ino, non poteva darle ragione.
-No Ino, non sto facendo un errore. Anzi, penso che questa decisione sia la migliore che io abbia mai preso in tutta la mia vita.-
Si avvicinò di più alla donna, e la costrinse a guardarlo negli occhi. Aveva bisogno di vedere quell’azzurro.
-Ino, io sono cattivo. Sono uno stronzo, un egoista, un bastardo. Ho fatto del male a tutte le persone che mi sono state vicine, anche quelle che amavo di più.- fece una pausa, vedendo quell’azzurro tremare.
-Non ho saputo difendere un solo legame, ho messo a repentaglio la vita di chi mi stava intorno e alla fine, qualcuno è morto davvero- nella sua voce c’era una rabbia crescente. –Tutto questo per i miei stupidi difetti, la mia pigrizia, la mia inerzia. Sono troppo vecchio per cambiare, Ino. Non ce la posso fare. Eh sì, tu hai ragione, ora ho ricevuto una seconda possibilità. Ma non la sfrutterò. Perché se lo facessi, distruggerei anche la vita di mia figlia. E non voglio farlo.-
Ino scosse il capo violentemente, mentre i suoi occhi si facevano lucidi. –Lo stai facendo, lo stai facendo di nuovo! Non ti rendi conto con quella testaccia di ciò che le tue azioni faranno veramente a tua figlia. La stai abbandonando Shika, la stai illudendo. Le hai regalato il calore di un padre per poi sottrarglielo all’improvviso! E perché Shika? Perché “sei troppo vecchio per cambiare”?!-
I tremiti di Ino lo colpirono con violenza, andando a mirare nel profondo. Davanti a quello sguardo rassegnato, una piccola crepa si disegnò nell’indistruttibile corazza di Shikamaru Nara.
Crack crak crak.
Le parole di Ino si insinuarono nel profondo come un’edera velenosa. Ma lui non voleva arrendersi.
-Si Ino, io non posso cambiare! Ci ho provato in questi mesi, ma non ci sono riuscito! Non è servito a nulla ascoltare i sentimenti… Hidan l’ha quasi uccisa! E Cristo santo, aveva ragione in ogni parola che ha detto. Ino, io non ci posso fare niente. Sono un egoista. Le farò del male, la farò soffrire e lei se ne andrà come hai fatto tu. E se la prossima volta un altro pazzo assetato di sangue decidesse di avere un conto in sospeso con me e l’andasse a cercare? Tu sei fuggita Ino, non eri a Konoha. Nessuno è venuto ad aiutarti in quel paese disperso fra le montagne ed è per questo che ora se qui. Io non voglio che Ise faccia la tua stessa fine. Voglio che rimanga al villaggio della foglia, vicino a persone che le vogliono bene e che sapranno difenderla in caso di pericolo. Voglio che lei stia con persone diverse da me.-
-Shika, Hidan era un pazzo! Un pazzo che aveva intuito il fragile legame che ti univa a tua figlia e aveva deciso di rivoltartelo contro per farti perdere la testa! Come puoi credere alle sue parole? Come puoi abbandonare così un legame simile!- la donna scosse il capo, consapevole che quel discorso avrebbe dovuto farglielo molto tempo fa. –Shika, lo sai perché è difficile per un ninja avere dei legami? Perché oltre alla fatica di doverli creare, uno deve avere anche la forza di difenderli. E tu questa forza ancora non l’hai trovata. Cazzo Shika, stai per abbandonare di nuovo tua figlia.-
L’edera si avvolse ancora più forte intorno a quella corazza, mentre le crepe continuavano ad allungarsi su tutta la sua superficie.
Crack crack crack.
C’era un mondo di rimpianti mai espressi sotto quella coltre impenetrabile.
-No Ino, io la sto salvando!-
-Ma da cosa! Da te stesso! Da questa tua mania di ragionare, di scegliere quale possibilità abbia la percentuale più alta di riuscita senza chiedere nulla agli altri! Cazzo Shika, questo non è amare! Non è avere dei legami! È solamente chiudersi dentro il tuo Q.I. per la paura di sbagliare!- lei gli si avvicinò, esasperata. Shikamaru aveva gli occhi sgranati, la mente confusa.
Crack crack crack.
I ricordi piano piano venivano alla luce.
L’edera velenosa lo stava soffocando.
-Ti sei mai chiesto come mi sono sentita la prima volta che ci siamo baciati? Che abbiamo fatto l’amore? Tutte le volte in cui tu sei fuggito per salvarmi, per nascondere agli altri il nostro segreto? Io lo so Shika, tu lo hai fatto per me. Lo hai fatto perché non avresti mai voluto che io diventassi la chiacchiera del villaggio, non avresti mai voluto ferirmi. Tu hai davvero creduto che quella di fingere fosse la scelta migliore.-
-Era l’unica possibile…- sussurrò lui, con una profonda amarezza.
Ino fece uno scatto, si portò davanti al suo viso, gli sfiorò il collo nonostante le sue dita vi affondassero. I suoi occhi lanciavano fulmini.
-No Shika! No! È qui che ti sbagli! Noi avevamo una scelta! IO ero la tua scelta!-
Tentava di farglielo capire, di entrargli dentro il cuore…
Crack crack crack
Il cielo stava entrando.
-Ma tu non l’hai mai presa in considerazione! La tua mente non l’avrebbe mai fatto! Sicuro, era troppo rischioso... Ma sarebbe stata quella la scelta giusta! Difficile, improbabile, forse anche inverosimile ma forse – gli occhi di Ino tremarono –ce l’avremmo fatta.-
Crack crack crack
Le difese di Shikamaru crollarono, i suoi pensieri caddero a terra come stelle spente.
Dalle crepe diffuse poteva già intravedere l’azzurro del cielo.
-Shika, ora sei nella stessa situazione. Non fare lo stesso errore, non fingere. Combatti per quel forse.-
Crack crack…CRASH.
La corazza si infranse, sbriciolandosi a terra in uno scintillio di polvere chiara.
Collassò, mentre le angosce segrete del grande Nara fuggivano leste, senza più nessuno a trattenerle.
C’era solo cielo, un cielo infinito. Grande, azzurro, con un diffuso profumo di casa.
Erano gli occhi di Ino, gli occhi di Ise, il volto d’amore.
Una realtà immensa a lui sconosciuta piena di cielo, ma senza nuvole.
Non aveva più corazza, più rimpianti, più dolore. Ero solo in mezzo a quella distesa di azzurro incontaminato.
Shikamaru in quell’istante si sentì incredibilmente piccolo. Piccolo e stupido.
Poi, alzando lo sguardo e incrociando il sorriso luminoso di Ino, piccolo sole splendente, si rese conto che no, non era solo piccolo e stupido.
Era anche libero.
Ino lo capì, e non poté fare a meno di gioire per lui. Si alzò in piedi, conscia di essere arrivata al termine della sua ultima missione.
Era difficile dirgli addio, ancora. Ma stavolta sapeva di aver fatto la cosa giusta, di aver assicurato a quello scemo e a sua figlia un futuro felice.
Non doveva piangere.
Shikamaru la vide alzarsi, e istintivamente strinse le dita attorno al suo polso. Afferrò il vuoto, ancora scombussolato.
All’improvviso, sentì un terribile torpore invadergli il corpo. Un sonno antico, vecchio di millenni, che lo attaccò con forza trascinandolo verso il basso.
Cosa stava succedendo?
Si alzò a forza. –Ino?- sussurrò, aveva un brutto presentimento. Lei gli sorrise.
-Vai Shika, finiremo un’altra volta questa partita. Devi tornare a casa.-
Lui si avvicinò, lottando contro quel sonno che lo stava prendendo. Lei gli rivolse un’occhiata confusa. –Cosa…?-
Ma non ebbe il tempo di finire la frase, perché Shikamaru la avvolse lentamente con le sue braccia, stando bene attento a non passarle attraverso.
Strinse il vento. Un vento che piangeva.
-Ti amo Ino.- gli sussurrò mentre quell’odioso sonno lo portava via. Sentì l’eco della sua risata, poi le sue ultime parole, urlate.
-Ti amo anche io, Shika. Ora vai, nostra figlia ha bisogno di te.-
E poi, con il sorriso sulle labbra, fu buio.




Nel posto in cui si ritrovò c’era tantissima luce. Ma non era comodo e silenzioso come quel posto, c’era un insopportabile bip che tornava a ritmi continui.
Bah, che seccatura.
Rimase un attimo con gli occhi chiusi, mentre le parole di Ino continuavano a echeggiare nei suoi pensieri.
Sì, la seccatura aveva ragione. C’era qualcuno lì a casa che aveva bisogno di lui.
Aprì gli occhi, stavolta con più fatica. Al contrario dell’aldilà, nel mondo reale si sentiva uno schifo. Era intorpidito, dolorante e con una spessa fasciatura a bloccargli la spalla. Sembrava un rottame... Ma nonostante quello, fu contento di essere vivo ancora per un po’.
Lasciò che i suoi occhi si abituassero alla luce, riconoscendo l’interno di una stanza d’ospedale. Che seccatura, pensò osservando il soffitto bianco.
Lui detestava fare il malato.
Improvvisamente sentì qualcosa muoversi al bordo del suo letto. Mosse con infinita lentezza il capo verso destra, trovandosi davanti ad uno spettacolo che gli sciolse il cuore. Sua figlia Ise, incerottata ed esausta, che dormiva con la testa appoggiata al materasso.
Un sorriso pieno d’amore si disegnò sul volto stanco del Nara, libero dalle sue angosce dopo tanto tempo.
Mosse la mano e stando bene attento a non svegliare il piccolo angelo che lo aveva vegliato tutta la notte, le accarezzò la nuca dorata.
La ragazza sorrise nel sonno, avvicinandosi istintivamente alla figura del padre. Shikamaru chiuse gli occhi, finalmente in pace.
Ino aveva ragione. Lui amava quella ragazzina, e aveva bisogno di lei molto più di quanto avesse mai voluto ammettere.
Era sua figlia, ed era riuscita a fare di lui un uomo migliore. Una persona capace di amare.
E questo, era tutto dire.
Rimase alcuni minuti con lo sguardo puntato sul viso di sua figlia, per poi guardarsi intorno, incuriosito.
Il braccio destro di Ise giaceva abbandonato sul lettino adiacente, dove un ragazzo dalla zazzera castana riposava con una gamba vistosamente ingessata.
Si sorprese quando vide che le dita bendate del suo allievo erano intrecciate a quelle di sua figlia, in un contatto anche troppo confidenziale.
Notò una pesante asta di ferro nascosta in un angolo, e si chiese quanto chakra avrebbe dovuto utilizzare per riuscire a spostarla con la sua ombra.
Stava quasi per mettersi all’opera, quando l’espressione irritata di Ino gli apparve davanti agli occhi. Diceva “guai a te”.
Il Nara sbuffò, brontolando qualche monosillabo sconclusionato. Quell’idiota doveva ringraziare il suo temporaneo buonumore, altrimenti un bel trauma cranico non gliel’avrebbe tolto nessuno.
Stava quasi per ripensarci, quando sentì un tocco leggero sfiorargli il braccio. Volse il capo, annegando negli occhi ancora lucidi di sonno di sua figlia.
Lei gli sorrise radiosa, con l’espressione ancora impastata.
-Bentornato a casa, papà.-




Un mese dopo.




-SHIKAAAAAAAA!-
Il grido femminile riecheggiò per la casa, al limite dell’esasperazione. Il Nara lanciò il quindicesimo sbuffo della giornata, facendo finta di non aver sentito quello strillo apocalittico che lo aveva riscosso dal suo sonnellino pomeridiano.
-È UNA CATASTROFE!-
L’uomo non mosse un muscolo, rabbrividendo al solo pensiero di cosa avrebbe comportato quella improvvisa disgrazia che aveva appena colpito la casa.
Beh, la prima vittima era stata il suo povero russare pomeridiano.
-Ise?- azzardò, sentendo la furia di sua figlia scatenarsi al piano di sopra. Deglutì con una smorfia, accingendosi a salire, con passi tardi e lenti, le scale di legno.
Maledetta progenie.
Quando giunse al secondo piano l’apocalissi lo colpì in tutta la sua grandezza.
Vestiti sparsi per tutto il salotto, scarpe [con o senza tacchi] che facevano da fioriere a calze dei colori più disparati mentre tutto l’arredamento sembrava essere scampato a un bombardamento nucleare.
Nel bel mezzo di tutta quella distruzione stava sua figlia Ise, bella come una ninfa, con indosso un kimono rosa pastello dai disegni floreali. Si agitava ansiosa davanti allo specchio e dalla sua espressione sembrava che un pericoloso nukenin avesse minacciato di radere al suolo Konoha.
Shikamaru trasse un lungo respiro, avvicinandosi alla figura isterica della ragazza. Poi, fece la fatidica domanda.
-Ise, cosa è successo?-
Si appoggiò allo stipite della parete, tanto per essere più comodo quando sua figlia lo avrebbe investito con la gravità del suo problema, e attese che la risposta arrivasse.
Lei chinò il capo, coprendosi di vergogna. Indicò in silenzio il vestito, perfetto a parer di suo padre, poi sospirò sconsolata.
-Questo vestito mi sta stretto.-
Il Nara dovette trattenere un risolino, mantenendo la sua espressione granitica. –E che problema c’è? Mettine un altro.-
L’espressione di sua figlia virò all’improvviso.
Uh-oh… Risposta sbagliata.
-La fai facile! Questo è l’unico vestito che posso mettermi, perché è l’unico che ho! Me lo ha dovuto prestare Sakura, visto che io non ne ho nemmeno uno! E ora mi sta stretto e sembro un insaccato… Sono ridicola!- ringhiò, aggressiva. Suo padre scansò l’idea di lasciarla sola in quel marasma, ripetendosi la promessa che aveva fatto ad Ino. Doveva prendersi cura di lei.
Quindi pazientò. –Non sembri un insaccato.-
Ise digrignò i denti, mostrando la generosa porzione di seno che quel vestito, effettivamente molto stretto, lasciava intravedere. –Sembro una prostituta. Anzi, una grassa prostituta. Sono un tricheco.-
SBOM, eccolo il tasto dolente. Shikamaru gemette, riconoscendo di essere giunto al punto di non ritorno. Da quel momento in poi l’avanzata sarebbe stata un campo minato.
Mendekouse.
-Non sei grassa.- dichiarò, fermamente convinto. Maledì quell’anoressica di Sakura che aveva messo in testa a sua figlia quelle idee malsane. –Sei perfetta.-
La ragazza sembrò calmarsi, deponendo l’ascia di guerra. Si limitò a sedersi sconsolata sul copriletto, fissandosi la punta dei piedi.
-È che oggi sarebbe stata la mia prima festa a Konoha. Mi sarebbe piaciuto fare bella figura.- mormorò, afflitta. –Poi, oggi è anche il compleanno di Itachi.-
Shikamaru davanti a quel tono mesto non riuscì a trattenersi. Rimase per un attimo in silenzio, poi scomparve oltre lo stipite della porta.
Ise tentò di seguirlo con lo sguardo, confusa. Cosa diamine stava facendo?
Passarono alcuni secondi, e dalla camera di suo padre si sentirono provenire degli strani rumori. Sembrava che Shikamaru avesse deciso di cambiare la disposizione dei mobili in quel preciso istante, strusciando sedie e cassettiere.
La ragazza non disse nulla, aspettando con curiosità crescente che suo padre riapparisse sulla soglia. Quando lo fece, fra le sue mani portava una lunga scatola rettangolare, pesantemente impolverata. Sembrava che non fosse stata toccata da più di venti anni.
Shikamaru gliela posò in grembo, e con lo sguardo stranamente sfuggente uscì dalla camera senza emettere un fiato.
L’uomo scese le scale, riconoscendo il rumore di un coperchio che cadeva e il frusciare della carta velina.
Poi ci fu un grido.
Ise pensò di avere un’allucinazione quando sotto le sue mani vide comparire un certo kimono rosso e bianco decorato da tralci di vite.
Lo sfiorò con le dita, sentendo un passato nemmeno così lontano riprendere vita. Lanciò uno sguardo alla foto sul suo comodino, con gli occhi lucidi di lacrime.
Non avrebbe mai desiderato di ricevere regalo migliore.


Shikamaru aveva comprato quel vestito [più di venti anni prima] nel momento esatto in cui Ino era uscita da quel negozio.
Avrebbe voluto chiederle scusa, farsi perdonare e proporle di mandare Sai a quel paese per venire alla festa con lui, ma purtroppo quella volta il suo piano era fallito. Ino aveva passato tutta la serata fra le braccia di un altro, e lui era rimasto con una scatola inutilizzabile.
Ogni volta che il suo sguardo si era posato su quel rettangolo bianco, Shikamaru era sempre stato assalito dai rimpianti. Ma quel giorno, davanti alla figura radiosa di sua figlia, il Nara ringraziò quella disastrosa giornata di shopping.
Nonostante tutto, gli aveva regalato quello spettacolo magnifico.
Ise era luminosa, splendeva come il sole di maggio. Correva nel vialetto della casa, andando incontro a una persona in particolare, come il fantasma di una storia che non voleva ripetersi.
Era bella, forse più di sua madre, ma soprattutto era felice.
Abbracciò di slancio il giovane Sarutobi, ridendo allegra. Shikamaru in quel momento ricordò le parole di Ino, osservando il lieto fine che loro erano stati così stupidi da abbandonare. Era quello il forse dimenticato, la vera fine della storia.
E se inizialmente aveva avuto paura per il futuro di sua figlia, in quel momento Shikamaru non ebbe più dubbi.
La sua storia sarebbe stata diversa dalla loro. Lei avrebbe sempre avuto la forza di combattere, di aggrapparsi a una speranza e farla vera.
La vide scambiarsi un bacio leggero con Tora, che nello stesso momento le stringeva la vita in un abbraccio.
Shikamaru sorrise. Quello non era un abbraccio al vento. Tora la teneva salda, ben stretta, anche lui pronto a difendere quella piccola speranza.
No, quei due ragazzi non avrebbero mai fatto la sua stessa fine. Erano pronti a combattere.
Vedi Ino, nostra figlia è stata più in gamba di noi, rifletté lui scendendo le scale. Lei ha avuto la forza di essere felice.
Aprì la porta, uscendo in giardino. I due ragazzi si allontanarono, e il giovane Sarutobi istintivamente mosse un paio di passi indietro.
Il Nara non poté fare a meno di ridacchiare.
-Shika, noi stiamo andando da Sakura! Vieni anche tu?- chiese sua figlia, troppo piena di gioia per poterla nascondere.
-Hmmm, non lo so.- biascicò lui, con il suo solito tono annoiato. –Mi sa che rimarrò qui.-
-Dai, ti prego!- gli occhi di sua figlia lo implorarono –Oggi è anche il compleanno di Itachi!-
-Ah, allora…- commentò palesemente sarcastico. Una bella riunione di famiglia con Sasuke-corvo-Uchiha era tutto quello che desiderava.
Peccato che il viso di sua figlia fosse troppo bello e trepidante per permettergli di risponderle con un NO secco. La sua espressione di addolcì, mentre un smorfia molto simile ad un sorriso gli apparve sul volto. –Ok ok. Verrò. Ma voi andate avanti, io arriverò dopo, seccatura.-
Fece un cenno con la mano, poi si girò per rientrare verso casa. Sentì dei passi affrettati su per il vialetto, poi, qualcosa di biondo e di profumato gli volò fra le braccia, stringendolo forte.
-Grazie..- sussurrò sua figlia, affondando il viso nel petto del padre. Lui dopo quell’attimo di stupore iniziale, sorrise felice, abbracciandola di rimando.
-E di che, seccatura?-
Lei alzò lo sguardo azzurro, con il viso leggermente arrossato. –Di tutto. Del vestito, della festa… e di essere qui, con me, ora.-
Prese un attimo di respiro, nascondendo il viso un po’ imbarazzato sul suo petto. Strinse un po’ più forte.
-Ti voglio bene… papà.-
La luce esplose, calda, a rischiarargli il petto. Lo avvolse completamente, dando al suo cielo azzurro un sole splendente.
Se il cielo era stato la sua libertà, allora quel sole che gli brillava nel petto doveva per forza essere qualcosa di più bello, di più grande, di dimenticato.
Shikamaru azzardò un’ipotesi, riconoscendo la felicità rischiarare i suoi pensieri.
Strinse più forte sua figlia, scoprendo improvvisamente cosa dovesse significare abbracciare il sole.
Chiuse gli occhi, mentre le braccia un po’ gli tremavano.
-Ti voglio bene anche io…- mormorò.
Rimasero per alcuni istanti immobili, godendo di quel contatto così raro e prezioso. Si staccarono con le guance arrossate, e persino il famoso genio pigro non poteva fare a meno di sorridere senza sosta. Lo aveva appena imparato, ma già non riusciva a smettere.
Ise scese i gradini del porticato, senza smettere di guardare il padre. Raggiunse Tora ancora con lo sguardo incatenato a quello grato di Shikamaru.
-Ehi, Shika!- lo chiamò, con tono divertito. Lui le rivolse piena attenzione. –Non ti addormentare sul divano adesso! Ti aspettiamo alla festa!-
-Bah, secondo me lo farà di certo…- rise Tora, passando un braccio intorno alla vita della ragazza. –Il vecchietto ha bisogno di dormire!-
Il Nara rivolse ai due ragazzi uno sguardo di sfida, sfoderando un’espressione strafottente. –Ise, non ti preoccupare, ci vedremo alla festa.- fece una pausa appoggiandosi allo stipite della porta con la sua migliore aria da duro. –Mentre Tora, non ti preoccupare… Noi ci vedremo lunedì mattina al campo di allenamento. Abbiamo un sacco di cose di cui discutere.-
Il ragazzo sbiancò, mentre Ise scoppiò in una sonora risata. Lo trascinò via per il vialetto, mentre il ragazzo continuava a balbettare frasi, intimorito.
Lei rise ancora, schioccandogli un sonoro bacio su una guancia. Sentì i lamenti del ragazzo volare via, presi dal vento.
Shikamaru sorrise, seguendo con gli occhi finalmente quieti il suo sole che si allontanava.
Una brezza leggera gli accarezzò il viso, giocando distratta con i capelli raccolti in una coda.
-Si Ino, lo devo ammettere. Avevi ragione su tutto.-
Rientrò in casa, e si chiuse la porta alle spalle.
Il vento si alzò, correndo gioioso in mezzo alle fronde degli alberi, spazzando il pacifico villaggio della foglia di nuovo in festa.
Un passante distratto alzò lo sguardo, un po’ sorpreso. Scosse il capo, dandosi dello stupido. Certe cose non potevano succedere.
Si incamminò verso casa, ancora confuso.
Per un solo istante gli era sembrato che il vento avesse cominciato a ridere.








~The End~







Ixia’s____________________
Eccoci qua, finalmente alla fine.
La fine di questa storia e anche la fine del mio “essere autrice”, purtroppo. Si, questo capitolo sarà il mio addio a EFP, il mio ultimo atto.
Non che io non voglia scrivere, ma sto per partire per una grande avventura che mi impedirà di trovare un po’ di tempo per inserire tre parole una dietro l’altra. Parto per l’Australia, per uno scambio interculturale… Perciò vi saluto, caro popolo di EFP.
Ci rivedremo fra 6 mesi… O forse anche di più. Forse ci sarà una mia pubblicazione a settembre con la storia che adesso partecipa al concorso “In memoriam”, ma non posso assicurarvi nulla. Voi prendetela come una lunghissima pausa di riflessione.

Ora però torniamo alla storia. Questo capitolo mi ha fatto dannare. È stato il più difficile da scrivere, soprattutto perché la mia testa ormai non è più in questa storia. L’ho cominciata più di 4 mesi fa, e per me che sono una grande incostante è stato davvero un miracolo riuscire a finirla.
Ho voluto incentrare l’ultimo capitolo sul rapporto Shika-Ise, perché per chi non l’avesse capito, questa storia si sviluppava sul rapporto “padre-figlia”. Quindi mi è sembrato d’obbligo terminare con questo tema.
Per l’apparizione di Ino, beh, prendetela come più vi piace. Può essere un personaggio sovrannaturale, un’allucinazione di Shikamaru o forse entrambe, chissà.
Avevo bisogno di lei… E soprattutto ne aveva bisogno Shika. ^^
Spero di non aver deluso nessuno, di aver dato una degna fine a questa storia che –personalmente- mi rimarrà nel cuore.

Rubo ancora un po’ di spazio per i ringraziamenti.
Primo, a tutti coloro che hanno recensito, sia occasionalmente che abitualmente. Mi avete dato la fiducia necessaria per continuare.
Secondo, a tutti quelli che hanno inserito la storia fra le preferite/seguite. M avete davvero fatto contenta.
Terzo, a chi mi ha seguito fino ad adesso solo leggendo. Siete i più numerosi, ma che ci posso fare… Io scrivo soprattutto per voi.

So che la storia non è delle migliori, io sinceramente mi ero immaginata qualcosa di diverso. Però, visto che siamo arrivati alla fine, mi farebbe davvero piacere ricevere i pareri di chi non ha mai commentato, per sapere quale motivo vi ha spinto a seguire questa storia fino a qui.
Dopo di questo vi saluto, sto diventando troppo logorroica.

Un grande abbraccio a tutti voi, gente.
Ci rivediamo fra sei mesi… [Meglio per voi. xD]



~



-Tanti auguri a teeee, tanti auguri a teee, tanti auguri a Itachi… Tanti auguri a te!-
Le candeline vennero spente, e nella sala esplosero una cascata di applausi.
-Auguri Itachi!-
Le luci si accesero e una Sakura in kimono avanzò con una mannaia di proporzioni gigantesche, pronta al famoso “taglio della torta”.
Gli invitati nel mentre continuavano a far chiasso, soprattutto un certo Hokage a cui qualcuno aveva accidentalmente dato una trombetta.
-NARUTO!- strillò la padrona di casa, brandendo il coltello da dolce. Il rumore molesto sparì di botto.
Itachi Uchiha rise forte, contento di quell’atmosfera gioiosa che accompagnava il suo ottavo compleanno. Gli piacevano tanto le feste… Ma quella era di sicuro la migliore che avesse mai avuto. C’erano tutti: Naruto e Hinata-sama, Ise e Tora, Kushina, e persino Shikamaru-sama che parlottava annoiato accanto al suo amico appena tornato dall’ospedale.
C’era un gran chiasso, tantissimi colori, e il bambino sentiva che l’ansia della battaglia si era finalmente dissolta. Per un solo attimo il suo pensiero volò alla katana posta accanto al suo letto, e un groppo pesante gli si strinse attorno alla gola.
-Itachi!- lo chiamò sua madre. Il bambino si riscosse. –Vieni, stiamo per tagliare la torta!-
Il bambino corse verso il tavolo, e si arrampicò in piedi sulla sedia. Rubò dalle mani di sua madre il lungo coltello e lo affondò personalmente in quel mare di panna e cioccolato.
Altre urla di giubilo esplosero, mentre Naruto-sama ricominciò a strombazzare come un pazzo, beccandosi un pugno in testa da un simpatico invitato.
Sakura fece cenno a Itachi di avvicinarsi, poi gli mise in mano un piattino con un pezzo di torta sopra.
-Portala a tuo padre…- gli disse. Il ragazzino deglutì vistosamente, scuotendo il capo in segno di diniego.
Suo padre era l’unico a non aver ancora dimenticato la sua piccola “bravata”. Non gli parlava da un mese.
-No mamma…- mormorò, ma quella fece finta di nulla.
Quindi il bambino attraversò la stanza come un condannato al patibolo, scambiandosi con Kushina uno sguardo intesa. Sarebbe morto, di sicuro.
Il giorno del suo compleanno, per di più.
Si avvicinò al fondo della sala, dove suo padre sedeva in poltrona con sguardo disgustato. In testa portava un cappello di carta a forma di cono arancione, che sua moglie era riuscita a infilargli con l’inganno ed i ricatti. La sua espressione era la stessa di un vegetariano che assisteva alla sagra della salsiccia.
Salsiccia e porchetta, quando suo figlio si avvicinò timidamente portandogli un pezzo di torta.
Il bambino glielo porse, voltando lo sguardo verso un interessante quadro appeso proprio a destra dell’Uchiha Senior.
-Tieni papà. La mamma mi ha detto di portarti questo.-
L’Uchiha non fece nemmeno in tempo a prendere il piattino in mano che suo figlio già stava cominciando a defilarsi, spaventato.
Lo dovette acciuffare per la collottola per evitare che svanisse in mezzo all’orda di ragazzini urlanti che avevano invaso la casa.
-Itachi, aspetta un attimo.- borbottò. Al bambino quelle parole non sembrarono molto incoraggianti. Sasuke prese un lungo respiro.
-Spero che tu sappia perché sono stato arrabbiato con te in questi giorni.- cominciò grave.
Il bambino annuì, pronto all’ennesima punizione. –Perché sono scappato, non vi ho ascoltato e ho messo in pericolo sia me che Kushina.- recitò, ricordandosi le urla che sua madre gli aveva rivolto per una settimana intera. –Però…-
Sasuke lo zittì. –Esattamente. E so quello che stai per dire, quindi risparmiatelo. Ti è andata bene Itachi, se ci fosse stato solamente un nemico in più quel giorno tu e Kushina sareste morti.- lo sguardo dell’Uchiha senior si fece molto scuro.
Itachi si irrigidì, pronto alla sentenza. Due, tre settimane in casa? O forse anche quattro?
-Però…- mormorò suo padre, arrestando i suoi pensieri. Sasuke arrossì lievemente, mentre suo figlio sgranava gli occhi. Esisteva un però?
-… sei stato bravo, Itachi. Non avremmo potuto vincere senza il tuo intervento. E senza il tuo sharingan.- terminò lui, con una leggera intonazione orgogliosa nella voce.
Il bambino spalancò la bocca, incredulo. –Questo significa che non sei più arrabbiato con me, papà?-
Sasuke scosse il capo. –Però ora io e te dobbiamo fare un discorso. Sei un Uchiha a tutti gli effetti Itachi, devi imparare a comportarti come tale…-
Non fece in tempo a finire il suo discorso, perché suo figlio gli saltò addosso ridendo, finalmente sollevato per la pace ritrovata. Gli gettò le braccia al collo, strillando come un’aquila.
Sasuke sbuffò. Ecco, stava proprio parlando di comportamento da Uchiha.
Alzò le spalle, stringendo, senza farsi vedere, suo figlio in un abbraccio.
Beh, per il comportamento avrebbero lavorato in futuro.
Adesso andava benissimo così.






No, non potevo non farveli vedere ancora una volta.
Un abbraccio a tutti.

Ixia

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