In the Pensieve

di Margaret24
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Cappello Parlante ***
Capitolo 2: *** In punizione ***
Capitolo 3: *** Il racconto di Lunastorta ***
Capitolo 4: *** L'ultima notte ***
Capitolo 5: *** Protettore ***
Capitolo 6: *** Rinnegati ***
Capitolo 7: *** Diffidare degli amici ***
Capitolo 8: *** La Prima Guerra è finita ***
Capitolo 9: *** Dicembre ***
Capitolo 10: *** Privet Drive n°4 ***
Capitolo 11: *** Colloquio di lavoro ***
Capitolo 12: *** In Sala Professori ***
Capitolo 13: *** Nei guai (guai grossi) ***
Capitolo 14: *** Non si abbandona un fratello ***
Capitolo 15: *** Fino alla fine ***
Capitolo 16: *** Nessuna pozione può guarirmi ***
Capitolo 17: *** Nulla da perdere ***
Capitolo 18: *** Ricordi ***
Capitolo 19: *** Il coraggio ha molte facce ***
Capitolo 20: *** Non è mai un fallimento ***



Capitolo 1
*** Il Cappello Parlante ***


 Harry si ritrovò sotto il cielo stellato della Sala Grande, dove alcuni ragazzini attendevano impazienti di fronte alla professoressa McGranitt e squadravano con trepidazione il vecchio cappello a punta che teneva in mano. Gli studenti e le studentesse di Hogwarts, seduti ai tavoli delle rispettive Case, scrutavano curiosi i loro volti pallidi e spauriti, illuminati dalle candele sospese a mezz’aria. Nella piccola folla, Harry scorse il giovane Piton, con i suoi capelli neri e unticci, e si chiese se non stesse in realtà rivivendo i suoi ricordi, come aveva fatto in passato, finché non udì la voce inconfondibile della McGranitt riecheggiare forte e chiara:

“Lupin, Remus”
Harry sorrise nel vedere un ragazzino di undici anni dai capelli castano chiaro e dall’aria malaticcia trarre un profondo respiro e cominciare a farsi strada tra i coetanei, avanzando indeciso verso lo sgabello. La sala era immersa nel silenzio. Perfino i professori fissavano il ragazzino con attenzione dal loro tavolo. Quanti sapevano del suo segreto? Quanti avevano capito? Harry poté immaginarsi le domande che attanagliavano la mente di Remus Lupin in quel momento. Si affrettò a seguirlo, e passando davanti alla folla, ebbe un tuffo al cuore quando vide un ragazzo occhialuto con i capelli neri e arruffati dare una piccola gomitata al vicino, sussurrando:
“Accidenti, quello tra poco sviene...”
Harry scosse il capo: e pensare che ‘quello’ sarebbe diventato uno dei suoi migliori amici. Presto si sarebbe abituato alla sua aria apparentemente gracile, scoprendone perfino la causa e cercando di porvi rimedio, in un moto di profonda amicizia.
Il piccolo Lupin si sedette cauto sullo sgabello. Harry fu sorpreso del suo sguardo: aveva un’espressione matura per la sua giovane età, l’espressione di un bambino cresciuto troppo in fretta. Sembrava cercare disperatamente di mantenere la calma, di non lasciare intravedere la sua agitazione. Una caratteristica che, Harry doveva ammetterlo, si sarebbe perfezionata nel tempo. Poteva rivederlo nella sua mente, quando, molti anni più tardi, avrebbe atteso con ansia il ritorno di sua moglie alla Tana, scrutando immobile e silenzioso il cielo.
La McGranitt gli posò il Cappello Parlante sulla testa. Nonostante gli coprisse gli occhi, come con la maggior parte dei futuri studenti, la Sala Grande continuava a fare da sfondo al ricordo. Harry si avvicinò tendendo l’orecchio, consapevole che la voce del Cappello sarebbe stata così bassa che solo chi lo indossava avrebbe potuto sentirla.
“Mmm...Questo sì che è un cervello interessante...” lo sentì dire. “Sei molto perspicace, giovanotto, un intelletto molto dotato... Che sia Corvonero la tua via? Decisamente non è Serpeverde: non vedo molta ambizione, tantomeno stima di te stesso. Anzi, sei piuttosto modesto, sì, e ligio al dovere, paziente... Eppure sento che non è Tassorosso il tuo posto...”
Dopo alcuni secondi di silenzio, la voce riprese:
“Vedo qualcos’altro... Un segreto... molto oscuro...”
Harry notò che il respiro del ragazzo era accelerato, mentre con mani tremanti stringeva il legno dello sgabello.  
“È strano...” continuò il Cappello. “Questa oscurità non è affatto preponderante... È racchiusa in un angolo della mente, nascosta, tenuta a bada, non desiderata... Giovanotto, ma tu hai coraggio da vendere! Quando pensavi di tirarlo fuori? Ora capisco... Sì, vedo la lealtà e il senso di responsabilità di un Tassorosso, ma pronti ad essere sostenuti da un cuor di grifone, a qualunque costo... Un orgoglio che non lascia spazio all’esitazione... Beh, che mi taglino la punta se la tua Casa non è... GRIFONDORO!”
Ci fu un’esplosione di applausi dal tavolo all’estrema sinistra, e un incredulo ma sollevato Lupin andò a sedersi accanto a Sirius, che gli strinse la mano con fare pomposo, imitando l’allora Prefetto di Grifondoro...
Il principio di quella nuova, lunga amicizia fu l’ultima cosa che Harry vide, prima di ritrovarsi immerso in un banco di fumo liquido.

 
 
Angolo autrice:
Questo capitolo è abbastanza corto, però ci tenevo a descrivere “l’incontro” col Cappello Parlante :) Facciamo finta che il giudizio del Cappello non sia il mio xD Tra le varie perifrasi, avrete notato James Potter... Mi piace quando “il destino” (che poi sarebbe la Rowling) mostra che non bisogna fidarsi delle apparenze, come Ron che pensa male di Hermione prima di conoscerla, senza sapere che diventerà sua moglie!
Le recensioni sono mooooolto apprezzate :) Grazie!

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Capitolo 2
*** In punizione ***


Harry non ci mise molto a riconoscere le uniche quattro persone presenti nell’aula di pozioni. Un dodicenne James Potter stava pulendo, decisamente controvoglia, dei barattoli di vetro con uno strofinaccio grigiastro; accanto a lui, un Sirius in miniatura, in piedi su una piccola scala, lo aiutava a riporli sugli scaffali più alti; il giovane Lupin, invece, si trovava poco lontano, intento a passare una spugna insaponata dentro un enorme calderone in peltro, riposandosi di tanto in tanto per massaggiarsi le braccia indolenzite; l’inconfondibile Codaliscia, infine, passava una scopa più alta di lui sul pavimento di pietra, sollevando cumuli di polvere e lasciando che i topi scorrazzassero per la stanza.
“E con questo ho finito” sospirò Lupin, rimirando soddisfatto il calderone. Sirius si asciugò la fronte con un gesto teatrale, e scese dalla scala. Lui e James si scambiarono uno sguardo preoccupato, poi il secondo annuì deciso, e prese ad avanzare verso Lupin, che dava loro le spalle. Minus sembrava aver fiutato una specie di pericolo, perché lanciò ai ragazzi uno sguardo spaventato e si affrettò a pulire sotto la cattedra vuota dell’insegnante. James si avvicinò all’amico e allungò il collo verso il calderone, ammirandolo con finto interesse.
“Proprio un bel lavoro, Rem”
“Grazie” rispose lui, un po’ sorpreso, cominciando nel frattempo a riordinare le ciotoline di terracotta sul ripiano del calderone. “Ma non basta per farvi perdonare. È una punizione ingiusta, questa, io non c’entravo niente”
“Hai ragione”. James si schiarì la gola. “Remus?”
Lupin alzò gli occhi al cielo, ma un sorriso gli increspò le labbra, mentre trafficava con gli utensili. “Dimmi, James” rispose paziente.
Quest’ultimo inspirò per parlare, ma trattenne il fiato bruscamente, come a ripensarci. Dopo qualche secondo di silenzio, disse tutto d’un fiato, con l’aria di chi parla della colazione:
“Per caso sei un lupo mannaro, Rem?”
Crash.
 L’ampolla che Lupin stava reggendo si ritrovò per terra in frantumi. Il ragazzo era sbiancato di colpo, mentre il respiro era diventato molto rapido, come se si stesse trattenendo da una crisi di panico.
“Bella mossa, Jamie” borbottò Sirius avvicinandosi ai due.
Lupin, dimentico della magia, si inginocchiò e cominciò a raccogliere freneticamente i cocci taglienti a mani nude, con lo sguardo perso nel vuoto e le labbra strette. Non sembrava accorgersi delle ferite che andavano formandosi fitte sulla pelle.
“Ehi, Rem! Calmati!” esclamò James allarmato. Tirò fuori la bacchetta e disse con tono fermo:
Reparo!
I pezzi di vetro si ricomposero come quelli di un puzzle. James prese l’ampolla e la poggiò sul ripiano, poi si inginocchiò insieme a Lupin e gli prese delicatamente le mani tremanti e insanguinate.
“Remus” lo chiamò gentilmente. “Rem, guardami”
Lupin sembrò accorgersi solo in quel momento delle mani di James attorno alle sue, e le ritrasse in fretta, come se temesse di infettare l’amico in qualche modo, nascondendole tra le gambe.
“Allora...è vero?” sussurrò Sirius, in piedi accanto a James. Il suo sguardo era perplesso, forse non gli capitava spesso di vedere Lupin perdere il controllo in quel modo. Quest’ultimo deglutì a fatica, senza osare guardarli. Poi, annuì.
James e Sirius si guardarono soddisfatti, un po’ stupiti, forse, dalla sincerità del ragazzo.
“Perché non ce l’hai detto?” chiese James. Il suo non era un tono accusatorio, lo si poteva confondere con mera curiosità, ma Lupin chiuse gli occhi e inspirò piano, come se gli stesse urlando contro.
“I-io” balbettò, riaprendo gli occhi e mordendosi le labbra. “N-non volevo andarmene...”
“Andartene?” ripeté James incredulo. “Credevi che lo avremmo detto a Silente?”
Lupin scosse il capo lentamente. “Silente lo sa già”
“E allora qual è il problema?” ridacchiò Sirius, così sollevato che le spalle sembrarono rilassarsi.
Finalmente Lupin alzò lo sguardo, fissandoli apertamente. Aveva gli occhi lucidi, e per la prima volta dimostrava appieno i suoi dodici anni, spaventato come un cucciolo messo nell’angolo.
“Q-qual è il problema?” ripeté incredulo quanto James. “Non...Non avete paura?”
“Paura?!” esclamò James fingendosi spaventato. "Merlino, ci ucciderai perché ora sappiamo?! Ci verrà il malocchio?!"
Sirius rise, con la sua solita risata anche allora simile a un latrato.
“No, non credo...” rispose Lupin, stavolta perplesso dalla piega bizzarra che stava prendendo la conversazione. "Come...Come lo avete scoperto?"
"Ah, tranquillo, è il frutto di menti geniali, non credo che gli altri ci arriverebbero" spiegò James entusiasta. "Beh, avremmo pure potuto credere alla storia della tua salute cagionevole, giacché sparisci una volta al mese inventando di tutto, ma abbiamo notato che succedeva ogni ventotto giorni esatti. Siamo andati a controllare su un lunario, e ti ammalavi ogni luna piena. Allora, per te e solo per te, Lupin, siamo andati in biblioteca a spulciare libri su libri di Creature Oscure, e abbiamo letto dei Lupi Mannari, e ta-daan! Si spiegavano un sacco di cose. Il problema era che se fosse stata solo una stupidaggine, tu ci avresti preso in giro fino alla morte, ma a quanto pare avevamo ragione. Non credo che toccherò più un libro per il resto dei miei giorni, comunque" Si fermò, riprendendo fiato, ma Lupin continuava a tacere.
“Ascolta, a parte il fatto che dopo più di un anno passato in dormitorio insieme credo di potermi fidare di te,” continuò James in tono sbrigativo, “ma tu sei sempre il nostro Remus, no?”
Un’ombra di tristezza oscurò il volto di Lupin. Sembrava che il bersaglio per lui fosse stato appena centrato.
“Beh...” disse esitante, “Diciamo che una volta al mese sono un tantino diverso...”
“Mi prendi in giro, Lupin?” sbottò Sirius a voce alta. “Lo sappiamo cosa sono i lupi mannari, chi se ne importa di una volta al mese! Il punto è: se sei sempre lo stesso...perché non ce l’hai detto?
Ora stava urlando e guardava Lupin con espressione furente e ferita al tempo stesso. Quest’ultimo, invece, lo fissava semplicemente basito.
“S-Sirius...” disse piano. “Il motivo per cui avrei dovuto dirvelo è perché secondo voi sono sempre lo stesso?”
“Certo, idiota!” gridò Sirius, facendo sobbalzare gli altri due. “Sarebbe stato comprensibile tenere segreta una cosa del genere se tu fossi pericoloso quando meno ce lo aspettiamo – comprensibile, ma non meno vergognoso – ma non dircelo quando in fin dei conti non cambia niente... Mi hai deluso profondamente, Lupin” dichiarò solenne.
“Che fai, parli come la McGranitt adesso?” sghignazzò James. “Meno male, pensavo che ti fossi arrabbiato sul serio...”
“Guarda che sono arrabbiato sul serio, era solo per sdrammatizzare” precisò lui.  
“Non cambia niente?” ripeté Lupin, che evidentemente si era fermato a quella frase.
“Sei un lupo mannaro o un pappagallo?”
“Remus” disse James tranquillo, molto più di Sirius, ma con la voce velata di una freddezza che sapeva di rimprovero, “siamo amici, giusto? E tra amici ci si fida l’un l’altro. Si condivide. Capisco che ognuno ha i fatti propri da tener segreti, ma non dev’essere per mancanza di fiducia, mi spiego? Non dopo tutto questo tempo, dopo tutte le cose che abbiamo fatto insieme. Devi ammettere che il tuo era un segreto bello grosso”
Lupin continuò a fissarlo, senza parole. Poi, riabbassò lo sguardo.
“Mi dispiace tanto” disse con tono quasi supplichevole. “Credevo...Credevo...”
“Credevi che non ti avremmo più parlato?”
Si mordicchiò ancora il labbro. “Sì, più o meno...” disse piano. Si alzò lentamente e diede loro le spalle, camminando in silenzio fino a raggiungere una sedia su cui era posato uno strofinaccio. Tirò fuori la bacchetta e mormorò un incantesimo per pulirlo e tagliarlo in lunghi pezzi di stoffa, che prese ad avvolgersi attorno alle mani per bloccare il sangue. Cominciò a parlare con il viso rivolto alle mani, ed Harry non riusciva a vedere la sua espressione.
“La verità è che ‘non parlarmi’ è solo una parte delle solite reazioni” disse, girando la testa verso sinistra. Harry, Sirius e James lo imitarono, e notarono una scopa lasciata a terra vicino alla scrivania.
“Ah, non preoccuparti di Peter” lo rassicurò Sirius, ora più calmo. “Lo sai com’è, gli ci vuole del tempo. Credo che sia più spaventato da me, che da te”
Lupin annuì, non troppo convinto, e tornò a fasciarsi le mani.
“Avevo degli amici, una volta”. La sua voce era così bassa che sembrava fosse rivolta più a se stesso che agli altri due. “Bambini, come me. E poi, beh... sono stato morso”
Sirius aprì la bocca, ma James gli diede una gomitata per farlo tacere.
“Da quel momento, tutti mi voltarono le spalle. Abitavo in un piccolo villaggio, e, lo sapete, il paese è piccolo e la gente mormora. La voce si sparse velocemente. I miei genitori cercavano di nascondermelo, ma io potevo vedere il disgusto nello sguardo degli altri, le madri che allontanavano i loro figli da me, come se..." si bloccò, lasciando la frase sospesa. Abbassò le braccia, ma non si voltò. "I bambini non vollero più giocare con me. Gli amici di famiglia non vennero più a farci visita, i vicini sbattevano la porta in faccia a mia madre se chiedeva un po' di zucchero che si era dimenticata di comprare, come se fosse andata a mendicare. Mio padre aveva una piccola bottega di manufatti babbani collezionati, e dovette chiudere, perché non ebbe più clienti. Nessuno voleva frequentarlo, perché..." Strinse i pugni, chiudendo gli occhi, poi li riaprì, "...perché temevano che mi avrebbe sguinzagliato contro di loro. Ci siamo dovuti trasferire. Ora i miei lavorano tra i Babbani, perché nessuno vuole dare un lavoro ai genitori di un lupo mannaro. Ecco perché i Purosangue mi prendono in giro anche se sono figlio di maghi. Lo sanno tutti quanto vale lo stipendio dei Babbani convertito nella moneta magica" aggiunse con amarezza.
Stavolta furono James e Sirius a rimanere senza parole. Si scambiarono sguardi tristi, per poi fissarsi le scarpe con vergogna.
“Dopo anni passati ad essere evitato dalla gente, ti ritrovi a non avere nemmeno il coraggio di fare amicizia con qualcuno” continuò Lupin, e i due alle sue spalle sembravano trattenere il respiro per non interromperlo. “Hai il terrore di perderla di nuovo. Lo dico perché è questo quello che sento, a quanto pare ci sono ricascato. Ma non ho più osato chiedermi quante persone credono davvero a quello che dicono sull’amicizia. Ecco perché non ve l’ho detto. Mi dispiace tanto”. La sua voce tremava appena, come se stesse trattenendo le lacrime. James e Sirius lasciarono che due ghigni identici illuminassero i loro volti, poi si lanciarono in avanti e si buttarono addosso a Lupin, stringendolo in un abbraccio collettivo, rischiando di far cadere per terra tutti e tre.
“Noi non ti lasceremo solo, Rem!” urlò James, con la voce soffocata nella spalla di un Lupin quanto mai stupito.
“Promesso” confermò Sirius.
Il pallido volto del ragazzo sembrò riprendere colore, mentre le labbra si aprirono in un sorriso felice.
“Potter e Black, non vi facevo così sentimentali!” disse.
E i due risero, contagiando il terzo e buttandolo per terra, cominciando a fargli il solletico.
Harry non poté fare a meno di lasciarsi andare alle risate, aspettando che il ricordo svanisse e sperando che non fosse l’ultimo che Lupin aveva avuto dei suoi amici.

 
 
Angolo autrice:
Ta-daaan! Pensavate che fossi sparita? E invece eccomi qui!  =)  Allora... Beh, tutti hanno scritto di questo episodio, potevo non farlo anch’io? xD Avevo in mente Lupin che faceva cadere qualcosa di fragile, sconvolto dalla fatidica frase, all’apparenza scherzosa, e da qui l’ho sviluppata facendone un capitolo.  
Lo so che i dialoghi possono sembrare ‘maturi’ per dei dodicenni, ma io mi ricordo che anche a dodici anni si parlava in questo modo per le cose serie e gli argomenti così delicati per l’adolescenza, come l’amicizia, anche perché si tende appunto ad imitare gli adulti che si esprimono così.
Dodicenni, sì, credo che i tre abbiano cominciato a studiare per diventare Animagus non molto tempo dopo la loro scoperta. Credo che nelle varie FF sull’argomento si presuma che abbiano cominciato al secondo anno, poiché, come dice Lupin, “gli ci vollero quasi tre anni per capire come fare: al quinto anno di scuola ci riuscirono”. Quindi anch’io faccio cinque-meno-tre-uguale-due.
Ok, magari Minus era un bravo amico all’epoca e poi è cambiato, oppure è sempre stato opportunista, come volete, ma bisogna ammettere che è da lui tagliare la corda, e comunque non è detto che fuori dall’aula non si sia preso la testa fra le mani, sperando che la discussione finisse, che gli amici si calmassero e che lui prendesse tempo per digerire la cosa. Io sono della fermissima idea che il coraggio consista non nel ‘non avere paura’, ma nell’affrontare le proprie paure, prima o poi: Minus le affronta, da ragazzo, quindi ecco dove si svela il suo lato Grifondoro. Quello che fa da grande non sono affari del Cappello Parlante, direi, con il tempo si cambia.
James lo vedo molto meno impulsivo di Sirius e più facile al perdono. Non so se i ragazzi sono così inclini agli abbracci e alle dichiarazioni di amicizia, ma credo che questo sia un argomento serio, insomma, stanno parlando della malattia del loro amico (perché la licantropia è una malattia che può essere comparata alle nostre, non dimentichiamocelo).
Io credo che Remus sia figlio di maghi con magari i nonni da parte del padre Babbani. Il fatto è che non voglio passare per razzista, ma lui ha già di per sé la licantropia, figuriamoci se fosse figlio di Babbani, che non ci capiscono niente di queste cose! O.O Poi, a rigor di logica, ‘John’, sicuramente il nome del padre, è un nome Babbano, quindi può darsi che fosse lui figlio di Babbani. La Rowling ha detto che Lupin è Mezzosangue (Half-Blood), per cui... E poi ha abitudini del mondo magico, quindi ho supposto che fosse figlio di maghi. Vabbè, basta, insomma, nelle mie ff Lupin è figlio di maghi, punto xD  Il tasso di cambio che fa sì che la moneta babbana non valga quasi nulla me lo sono inventato.
Niente, è tipico di me scrivere un angolo autrice più lungo del capitolo u_u
Spero sia stata di vostro gradimento =) Grazie mille per la letture e grazie a chi ha finora recensito *.* 

 

P.S. Mi dispiace molto per le recensioni del "Capitolo aggiunto", è stato un errore cancellarlo, non ci ho pensato =( Le avevo salvate tempo fa, cmq =) Grazie!
 

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Capitolo 3
*** Il racconto di Lunastorta ***


 

Harry si ritrovò in quella che pareva la strada di un piccolo paese. Gli ricordava un po’ Diagon Alley, anche se non era particolarmente affollata. Notò che i passanti indossavano lunghi abiti e mantelli, e capì che era un villaggio di soli maghi. La gente lo superò senza vederlo, chi frettoloso, chi deciso, chi semplicemente passeggiando. Poi sussultò, sentendo proprio a pochi centimetri dalle sue spalle la voce di un uomo che diceva:
“Accidenti, Greyback ha colpito ancora...”
Si voltò. L’uomo indossava un mantello verde e un cappello a punta viola, e sembrava conversare con l’anziano mago che aveva di fronte, mostrandogli un giornale. Harry si avvicinò: una pagina all’interno mostrava il volto lupesco di Fenrir Greyback che ringhiava dalla fotografia animata.
“Cos’ha combinato stavolta?” chiese l’altro stancamente.
“A quanto pare, un Babbano è stato aggredito da un ferocissimo animale proprio fuori un Autogrill...”
“Cos’è un Autopril?”
“Lascia perdere, il punto è che Greyback è noto per aggredire la gente nei posti più improbabili. Si capisce che è stato lui, perché nessun Lupo Mannaro andrebbe in giro nel mondo Babbano per errore, lui lo fa apposta. Qui dicono che è sicuramente Licantropia, dal comportamento dell’uomo. Sono dovuti intervenire i Guaritori del San Mungo, i poveri medici Babbani non riuscivano a capirci più nulla...”
“Poveretto...” commentò il vecchio mago. “Almeno non è un bambino, stavolta...”
“In che senso ‘stavolta’?” domandò curioso l’uomo dal cappello viola.
“Le vittime di quell’animale sono spesso dei bambini” rispose l’altro. “Come il figlio dei Lupin...”
Inaspettatamente, Harry sentì una voce familiare esclamare:
“Ehi, Lunastorta, quello è il mio Mantello!”
E rivide suo padre, che insieme a Sirius e Minus faceva capolino da un angolo della strada, a pochi metri di distanza. Tutti e tre erano giovani (potevano avere più o meno sedici anni) e fissavano un punto imprecisato vicino a Harry. Lui sentì dei passi avvicinarsi, ma non sembrava esserci nessuno a provocarli.
“Dovrei sfilarglielo di dosso davanti a tutti” sibilò James irritato, continuando a guardare in direzione di Harry e dei due maghi.
“Sì, Ramoso, a quel punto tanto vale sventolare la Mappa del Malandrino al vento...” disse Sirius sarcastico.
“Shhh” li zittì Codaliscia.
“Ah già, il figlio di John” stava dicendo il mago dal cappello viola. “Be’, però lui se l’è cercata. Come gli è venuto in mente di parlargli a quel modo? ‘Lontano da me, Lupo Mannaro! ‘. Andiamo, era chiaro che si sarebbe vendicato...”
“Sì, ma vendicarsi su un bambino innocente? Trasformarsi vicino a lui durante la Luna Piena?” si indignò il più anziano.
“Ah beh, la vita a volte è ingiusta... E comunque sono passati anni ormai, da quel che ricordo...” commentò casualmente l’altro, continuando a scorrere il giornale. “Mmm... Niente di interessante... Beh, ci vediamo, Abraham. Devo sbrigare alcune faccende”
“Stammi bene, David”
E si allontanarono, prendendo direzioni diverse. I tre ragazzi uscirono dal loro nascondiglio e si avvicinarono a Harry. Sirius mise le mani davanti a sé e tastò l’aria, avanzando come alla cieca, ma poi si fermò deluso.
“Ma dov’è andato?” chiese preoccupato.
“Eccolo lì” disse James, indicando una panchina poco lontano, dove era seduto un ragazzo dai capelli castano chiaro che reggeva un mantello argentato. I tre e Harry si affrettarono a raggiungerlo.
Lupin tremava leggermente, gli occhi rossi come se avesse pianto, un’espressione di profondo dolore sul volto pallido. James, Sirius e Minus si sedettero accanto a lui, preoccupati.
“Lunastorta...” esordì James. “Stai... stai bene?”
Lui fece un paio di respiri profondi, come per calmarsi. Deglutì e disse:
“Avevo sei anni “
La sua voce era poco più di un sussurro. Come Harry, anche gli altri Malandrini sembravano trattenere il respiro, mentre ascoltavano con attenzione.
“Era una sera d’estate“ disse lentamente “ Una di quelle in cui la luna spunta anche se è ancora giorno. Mi ero allontanato, i miei genitori mi cercavano, ma io stavo giocando. A dire il vero non mi ricordo bene cosa stessi facendo. Fu allora che...che sentii un rumore dietro di me. Mi voltai e...”
La voce gli si spezzò. Deglutì ancora, lo sguardo fisso davanti a sé.
“Un lupo mi stava fissando. Ringhiava così forte, io pensai che doveva essere molto arrabbiato, vedevo i suoi denti scoperti e appuntiti... Ero paralizzato. Non riuscivo a emettere un fiato. Poi, mi sono voltato e ho iniziato a correre... Correvo come non ho mai fatto in tutta la mia vita. Non mi ricordo nemmeno per quanto tempo, ricordo solo che ero esausto. E sono caduto. E sapevo che era finita “
La sua voce, ora, tremava incontrollabile, gli occhi lucidi, il respiro accelerato.
“Lui mi saltò addosso. Io riuscivo solo a pensare che stavo per morire. Cominciò a graffiarmi e a tagliarmi dappertutto, io cercavo di coprirmi la faccia con le braccia. Faceva così male... ma...“ scosse il capo, mentre scopriva il braccio sinistro, mostrando la cicatrice di un profondo morso. “ Ma niente, niente fu più doloroso di questo. Era come se... come se un veleno bruciante stesse attraversando ogni singolo capillare. Era insopportabile. Non riuscii neanche a gridare. Poi... “
Abbassò gli occhi, lo sguardo confuso.
“Poi il buio. Mi ricordo solo che c’era sangue dappertutto...le voci dei miei genitori che mi chiamavano... Mi ricordo il San Mungo, i guaritori che urlavano di sbrigarsi, che mi stavano perdendo... E poi uno di loro mi disse che potevo condurre una vita relativamente normale, ma...“ Il suo voltò si indurì, “...ma io sapevo che non sarebbe stata mai più la stessa“
Nessuno parlò per qualche secondo. Poi Sirius disse: “ Avevi detto che non ricordavi niente...“
“Ci ho provato “ disse Lupin gravemente. “Ho cercato di dimenticare. Ma è impossibile“
Tacque, poi riprese: “ Ho sempre pensato che si fosse trattato di un incidente. Che ero solo nel posto sbagliato al momento sbagliato. E invece... “ strinse i pugni, il suo volto oscurato da una rabbia che Harry aveva visto solo in un’occasione, durante la loro lite a Grimmauld Place. “...invece era tutto programmato. Io dovevo diventare un...un mostro. E per che cosa? Per una stupida offesa... “
Codaliscia aveva gli occhi lucidi e si fissava le scarpe. James mise una mano sulla spalla di Lupin, e disse piano:
“Remus... tu non sei un mostro. Tu sei diverso da Greyback. Sei una persona buonissima, non faresti del male a una mosca... Ti chiudi tutti i mesi in quella catapecchia, fai del male a te stesso piuttosto che ferire gli altri... “
“Sei il primo Lupo Mannaro nella storia ad essere diventato Prefetto di Hogwarts!” scherzò Sirius. Lupin fece un verso a metà tra uno sbuffo e una risata.
“Il tuo è solo un... un problema!“ esclamò James. Harry non riuscì a trattenere un sorriso.
“Già, il mio ‘piccolo problema peloso’ “ disse Lupin sarcastico, ma sorrideva anche lui.
E i quattro amici scoppiarono a ridere, forse ricordando la loro ultima avventura in una notte di Luna Piena...
E poi, tutto svanì, l’eco delle risate ancora nelle orecchie di Harry.

 
 
 

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Capitolo 4
*** L'ultima notte ***


Un'altra stanza. Un bellissimo letto a baldacchino, pochi mobili di legno distrutti, finestre chiuse da tavole inchiodate... Harry seppe immediatamente dove si trovava, ma prima che potesse formulare un altro pensiero udì dei passi. Subito dopo, un Remus diciottenne aprì lentamente l'unica porta, completamente graffiata, ed entrò. Era molto più pallido del solito, e indossava un lungo mantello verde scuro, ma non aveva le scarpe, e anche le gambe erano nude. Si diresse verso il letto e si sedette piano, con fatica. La sua espressione era tranquilla, in quel momento si stava guardando attorno, ma Harry notò che si massaggiava nervosamente le cosce e che traeva dei respiri profondi e regolari. Stette ad osservarlo per un po', guardandolo giocherellare con un lembo del mantello, sospirare e rivolgere alcune occhiate allo squarcio di cielo che si intravedeva dalle finestre e che si oscurava sempre di più. Dopo alcuni minuti, avanzò verso di lui e gli si sedette vicino, senza attraversare il letto come un fantasma, aspettando che succedesse qualcosa.
Dopo quella che gli parve mezz'ora, in cui Lupin aveva ormai poggiato anche la schiena sulle coperte con le mani dietro la nuca, Harry sentì altri passi provenienti dal piano inferiore. All'improvviso, la porta si aprì di nuovo. Dall'uscio spuntarono due corna, poi un maestoso cervo apparve nella stanza. Seguirono un topolino e un grosso cane nero. Lupin non ne sembrò affatto turbato. Si tirò su a sedere ed esclamò con un gran sorriso:
“Alla buon ora!”
“Ehi, Lunastorta!” lo salutò Sirius, che era apparso al posto del cane. “Non lamentarti, abbiamo portato qualcosina dalle cucine...”
James (a cui Harry rivolse un sorriso, sebbene lui non potesse vederlo) cominciò a trafficare con una cartella che suo figlio non aveva notato, e ne estrasse un grosso pacco bianco, che porse a Lupin.
“Dobbiamo festeggiare, amico” disse. “In fondo è l'ultima Luna Piena”
“Magari fosse...” ridacchiò Lupin.
“Beh, l'ultima che passeremo qui nella Stamberga, per lo meno” disse Minus. Lupin aprì il pacco, che conteneva una grossa torta al cioccolato.
“Con tutto l'amore dei nostri Elfi Domestici!” esclamò Sirius
“Grazie!” rispose Lupin, senza smettere di sorridere. “Ma stasera non ho molta fame...”
“La mangeremo domattina a colazione” propose James. Con un movimento rapido della bacchetta, aprì una piccola botola e fece levitare la torta all'interno, per poi richiuderla con un colpo secco.
“Bene!” disse poi, e si sedette sul pavimento polveroso. Gli altri tre lo imitarono. “Prima che il tempo scada, Lunastorta, volevamo discutere con te su alcune spiegazioni che ci devi”
“Quali spiegazioni?” chiese Lupin con finto interesse.
“Non fare il finto tonto, Remus John Lupin” si intromise Sirius fingendosi minaccioso, mentre Minus rideva e scuoteva il capo.
James accese la bacchetta e inondò il volto di Lupin di luce.
“Piantala, Ramoso!” si lamentò quest'ultimo, riparando gli occhi con una mano.
“Domanda numero uno, signor Lunastorta: dov'eri ieri mattina alle tre di pomeriggio?” chiese Sirius con voce grossa. Lupin alzò un sopracciglio.
“Che razza di domanda è?”
“Non fare il Gira-Frittate con me, ragazzaccio” rispose Sirius. James e Minus lo guardarono.
“Il 'Gira-Frittate'?” chiese Minus.
“Oh, sì, Lunastorta è bravissimo a rigirare la frittata, vero signor Lunastorta?” sibilò Sirius.
“Non ne dubito, Felpato” disse James serio. “Passa alla domanda successiva”
“Benissimo, domanda numero due” riprese Sirius. “Chi era la Corvonero che ho visto con te ieri mattina alle tre di pomeriggio in biblioteca?”
Questa volta Lupin arrossì vistosamente, ma il suo tono di voce rimase fermo:
“Continuo a non capire se il crimine in questione sia avvenuto di mattina o di pomeriggio”
“Dimmelo tu, Gira-Frittate, e prova a negare”
Lupin sospirò e ammise:
“Eh va bene, non negherò”
“Sì! Il caso è risolto!” esultò Sirius.
“Il caso è risolto? Ma se non ci ha detto praticamente nulla!” rise Minus.
È vero” disse James. “Andiamo, Lunastorta, qualche dettaglio non ti ucciderà mica!”
“Che cosa dovrei dirvi?”
“Chi era, ad esempio” disse Sirius, e dalla sua espressione Harry non si sarebbe stupito se avesse cacciato la lingua come un cagnolone.
“Una Corvonero” disse Lupin senza guardarli.
“Sì, questo l'avevamo capito” disse James. “Come si chiama?”
“Allison”
“Allison?”
“...”
“...?”
“Jones”
“Accidenti che nome originale!” esclamò Sirius. Lupin lo guardò storto.
“Preferivi 'Bellatrix Black'?”
Gli altri tre risero.
“No no” disse Sirius alzando i palmi delle mani e agitandoli. “Allison Jones è perfetto”
Lupin si alzò piano e voltò loro le spalle.
“Insomma, non posso vedermi con una ragazza che subito aprite un'indagine...” disse, ma dalla voce si sentiva che stava sorridendo.
“Allora ti sei visto con questa ragazza!” disse Minus.
“No, sono andato bendato” rispose Lupin sarcastico, guardandoli.
“Intendevo dire che avevi una specie di appuntamento, o cosa?” precisò Minus.
Lupin tacque.
“Woo-hoo, e bravo Lunastorta!” esultò James. “Allora anche tu hai tanto amore da dare, eh?” aggiunse malizioso. E risero di nuovo.
Anche Lupin rise, ma si bloccò di colpo. Il colore della sua pelle era diventato grigiastro. Appoggiò una mano al muro e si portò l'altra al petto, cominciando ad ansimare.
“Oh-oh” disse Sirius piano, e si alzò, avvicinandosi a Lupin. Anche gli altri gli furono vicino, mentre lui cadeva in ginocchio, la fronte imperlata di sudore.
“Trasformatevi” sussurrò Lupin, cominciando a tremare in maniera incontrollabile. “Trasformatevi adesso... Vi prego...”
“Sta' tranquillo” lo rassicurò James, stringendogli affettuosamente il braccio. “Adesso ci trasformiamo, non ti preoccupare...”
Lupin aprì la bocca in un muto dolore, mentre si piegava in avanti, una mano ancora appoggiata al muro, l'altra che afferrava i capelli castani quasi a volerseli strappare via, e con essi anche il tormento che straziava il suo corpo.
Harry non poté fare altro che restare a guardare, con gli occhi lucidi, la sofferenza che attanagliava il suo amico. Riuscì a scorgere i peli che gli ricoprivano il viso, gli artigli che fuoriuscivano dalle dita, ma il ricordo cominciò a farsi confuso. Si oscurava a intermittenza, come una lampadina che stava per consumarsi. Sentiva le grida agghiaccianti di Lupin misti a ringhi furiosi, e poi il buio. E udì un ululato.


La luce della luna filtrava dai fitti alberi della Foresta Proibita, illuminando un poco la visuale di Harry. Un lupo stava correndo. Un cervo e un cane gli erano accanto. Il lupo si fermò di colpo e annusò l'aria. Ululò e riprese a correre. Il cervo lo raggiunse e gli diede un leggero colpo di corna, facendolo deviare. Anche il cane fu con loro, e poco dopo sulla sua testa comparve un topo. Dopo una breve corsa, si fermarono di nuovo. Il lupo ringhiò sommessamente verso il cervo, e il cuore di Harry saltò un battito. Il cervo si impennò, e così fece l'altro. Il lupo diede una leggera spinta al cervo, e gli mordicchiò una zampa. L'altro lo spintonò un'altra volta piano, ed Harry capì che non si stavano attaccando: stavano giocando. Il grosso cane nero osservava la scena scodinzolando e con la lingua penzoloni. Ad un tratto, Harry udì un sibilo passare accanto al suo orecchio destro, e una freccia mancò il lupo per un soffio. Esso cominciò a ringhiare minaccioso verso Harry, che istintivamente indietreggiò. Ricordò che Lupin non poteva vederlo, così si voltò, e scorse la sagoma di un grosso centauro tra gli alberi. Il lupo balzò, ma il cane fu più rapido e deviò il salto verso sinistra. Il cervo sospinse il lupo verso la stessa direzione, e cominciò a correre, sparendo tra gli alberi. Il cane ringhiò verso il lupo, che un po' titubante seguì il cervo nella corsa, mentre altre frecce li bersagliavano. Harry sentì un uggiolìo, e poi tutto divenne buio di nuovo.


La scena tornò nella Stamberga Strillante. Il bellisimo lupo dal pelo grigio e marrone si stava leccando una profonda ferita alla zampa posteriore, mentre il cervo, il cane e il topo lo osservavano. Dopo alcuni minuti, Harry si sedette sul pavimento contro il muro e aspettò.
Il lupo smise di leccarsi e alzò il muso. All'improvviso cominciò a uggiolare. Prese a contorcersi per terra in preda agli spasimi. Il cane abbaiò, il topo squittì, ma il cervo rimase in silenzio. I peli del lupo si ritirarono, così come il muso e le orecchie, e il quadrupede cambiò forma, finché i suoi lamenti si trasformarono in gemiti. Lupin giacque a terra a pancia in giù, completamente nudo, con un profondo taglio sul femore.
Anche gli altri tre si trasformarono. James si inginocchiò in fretta di fronte a Lupin. Gli prese delicatamente la testa tra le mani e lo costrinse a guardarlo. Harry notò che gli occhi di Lupin erano ancora di ghiaccio, le pupille contratte. Il ragazzo ansimava e tremava convulsamente.
“Remus” lo chiamò James con voce forte e chiara. “Remus, guardami”
Ma Lupin aveva ancora lo sguardo vitreo.
“Remus, guardami” ordinò di nuovo James. Lupin sbatté le palpebre, e le sue iridi tornarono del solito azzurro, mentre le pupille si dilatavano.
James sorrise.
“Va tutto bene, amico” disse piano, dandogli un buffetto sulla testa. “È passata”
Lasciò che Lupin abbandonasse il capo a terra, esausto. Sirius aveva recuperato il suo mantello, squarciato in più punti. Tirò fuori la bacchetta e disse: “Reparo!”, ed esso tornò come nuovo. Con delicatezza coprì il corpo pieno di piccoli graffi e lividi dell'amico, il cui tremito si attenuò. Anche Minus estrasse la bacchetta. La puntò verso Lupin, che lentamente cominciò a levitare verso il letto, dove Codaliscia lo adagiò.
Tutti e tre gli si avvicinarono. Lui emise alcuni gemiti, gli occhi chiusi, il respiro profondo e irregolare.
“Accidenti, guarda qui” disse Sirius indicando la ferita sulla gamba. “Maledetti centauri... Cosa facciamo?”
“Calmo, Felpato, ho tutto sotto controllo” disse James serio. Andò al centro della stanza, e aprì la botola dove prima aveva messo la torta. Ne estrasse la sua cartella, dalla quale tirò fuori l'Essenza di Dittamo.
“Speriamo solo che funzioni...” sussurrò Minus.
James versò l'Essenza sulla ferita, che prese a rimarginarsi, mentre Lupin serrava le labbra, mantenendo gli occhi chiusi. James sospirò e disse:
“Non è abbastanza... Se non si rimargina del tutto, credo che sia meglio portarlo da Madama...”
“No!”
Lupin aveva spalancato gli occhi, e con uno scatto aveva afferrato il braccio di James.
“N-no...” boccheggiò. “Vi prego, se... Madama Chips... dovrò raccontarle... m-mi espelleranno... Azkaban...”
“Ma Remus” cominciò Sirius, “non possiamo rischiare che faccia infezione...”
“Preferisco così” disse Lupin risoluto.
“Meglio morire che essere espulso, Lunastorta?” chiese Minus timidamente. Lupin si morse le labbra, ma non rispose. Forse se lo stava giusto chiedendo.
“Non esagerare, Coda” disse Sirius. “Non morirà nessuno”
“Per favore, James...” supplicò Lupin. “Riprova...”
James riprovò ancora e ancora, fino a terminare l'Essenza. Alla fine il taglio c'era ancora, ma era molto meno profondo. Lupin lasciò andare la testa sul cuscino, massaggiandosi le palpebre.
“Fiuuu...” sospirò James asciugandosi la fronte. “Meno male, dai. Ce l'abbiamo fatta. Madama Chips la curerà senza fare domande”
“Già...” concordò Sirius, lasciandosi cadere a pancia in su sul letto. “Adesso riposa, Lunastorta, perché poi dovrai delucidarci su questa Allison Jones” aggiunse con un ghigno.
“Oh no...” gemette Lupin, ma sulle sue labbra era apparso un debole sorriso.
“Oh sì...” disse Minus. “E poi dovrai mangiare tuuuuutta la torta...”
E i Malandrini risero, tutti insieme, e di nuovo Harry non poté fare a meno di venirne contagiato. La polvere si alzò dal pavimento e prese a vorticare sempre di più, finché anche quel ricordo svanì.




Angolo autrice:

Ciao, gente! Ecco un nuovo capitolo della raccolta, spero vi sia piaciuto ^^
Lupin preferirebbe morire piuttosto che vedere Silente profondamente deluso? Naaaah, secondo me è solo troppo sconvolto, ma non pensa sul serio che sia meglio morire. Beh, che dire, proprio una bella nottata, per essere l'ultima luna piena xD
Come fa Harry a stare dietro ad un lupo che corre? Io immagino che quando ci sono scene del genere, le immagini scorrano davanti agli occhi come un film, senza che Harry debba correre dietro ai Malandrini. Spero che questa spiegazione possa mettere tutti d'accordo ^^
Non mi viene in mente nient'altro che possa far sorgere dubbi, ma se ne avete qualcuno, chiedete pure :)
Grazie mille a chi recensirà e a chi ha letto fino alla fine ;)


 

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Capitolo 5
*** Protettore ***


Attenzione: Spoiler! Le informazioni su cui si concentra questo capitolo sono state tratte da Pottermore!

 

Il primo suono che Harry udì, prima ancora di riuscire a vedere qualcosa, fu la pronuncia di un incantesimo...
"Expecto Patronum!"
Fu investito da una luce bianca, così potente da dover ripararsi gli occhi con un braccio. Poi l'ondata di luce diminuì sempre di più, ed Harry riuscì a scorgere due sagome al centro di una stanza. Si rivelarono essere Lupin e Malocchio, più giovani di come lui ricordava, entrambi con completi da mago scuri. Notò un grande tavolo d'ebano accanto alla parete di fronte, con tante sedie disposte a caso. Al posto della parete di destra vi era un'enorme saracinesca arrugginita, che faceva sembrare il luogo un ampio garage. E poi Harry lo vide. Un grosso lupo argenteo passeggiava per la stanza, formando un cerchio attorno ai tre, le zampe che toccavano il suolo con grazia senza il minimo rumore.
"Bravo, ragazzo!" ruggì Malocchio, dando una pacca sulle spalle a Lupin, che poteva avere circa diciotto anni. Quest'ultimo non rispose. Non sorrise neppure. Continuava a guardare il suo Patronus con una strana espressione... quasi fredda.
"Ce l'hai fatta!" continuò Moody, ora scuotendolo leggermente. "Sei riuscito a produrre un Patronus corporeo al cento per cento"
"Così... è questo un Patronus corporeo" disse Lupin, e ad Harry sembrò di percepire una nota di amarezza nella sua voce.
Il lupo si fermò, li guardò con i suoi occhi penetranti, poi si voltò e corse via svanendo. Lupin abbassò la bacchetta. Lentamente andò verso il tavolo, si sedette su una sedia e appoggiò la fronte su una mano tremante, fissando il legno nero con aria cupa.
"Immagino che tu sia stanco, Remus" disse Moody fingendo di non notare lo strano comportamento del ragazzo. Harry non capiva: ricordava bene la prima volta che aveva prodotto un Patronus corporeo. Era esausto, certo, ma felice, euforico. Lupin, invece, sembrava frustrato, triste e scoraggiato.
"Ti suggerisco di farti una bella dormita: domani ci riproveremo" disse ancora Malocchio, e fece per voltarsi, quando un sussurro lo bloccò.
"Perché un lupo, Alastor?"
Moody guardò Lupin, l'espressione che rasentava la compassione. Si avvicinò al ragazzo, sospirò e disse:
"Sei deluso? Non saresti il primo. Vedi, nessuno può scegliere né prevedere la forma del proprio Patronus, e alla fine si resta amareggiati. Normale amministrazione"
Lupin annuì, ma il suo umore non sembrava migliorato.
"Non mi sarei mai aspettato un lupo" disse. "Insomma... Un Patronus dovrebbe essere una forza positiva... un protettore..."
"Remus" disse Moody, sedendosi di fronte a lui, "quando si richiede un Patronus, si evocano forze interiori segrete e inaspettate. Nessuno sa esattamente cosa si ha dentro di sé"
"Io lo so" disse Lupin con aria cupa. "Ho un mostro dentro di me"
"Sì" ammise Malocchio. "Ma non è l'unica cosa. Vedila così: il Patronus rispecchia la forza positiva che c'è in ognuno di noi. Il tuo è un lupo, non un Lupo Mannaro. Il lupo ha molte buone qualità che forse si riflettono anche in te..."
"Io lo odio" lo interruppe Lupin stringendo un pugno. "Lo detesto..."
"Beh, dovrai fartene una ragione" disse Moody aumentando un poco il tono di voce. Si alzò in piedi con fatica.
"Forza, ti accompagno a casa" disse.
"Preferirei restare qui al Quartier Generale" rispose Lupin. "Ho un appuntamento con gli altri tre"
"Capisco" Moody sorrise. "Ma bada bene: vigilanza costante, Lupin!"
"Certo, Malocchio, certo" disse quest'ultimo, e l'ombra di un ghigno apparve anche sul suo volto.
Moody se ne andò, lasciando Harry e Lupin con i loro silenziosi pensieri.
Harry vide Lupin che si stava studiando le mani, poi le braccia, passandosi le dita sulle cicatrici, alcune vecchie, altre ancora vivide. Sospirò e si passò le mani tra i capelli castani, restando ad osservare il tavolo per qualche minuto. Poi assunse un'aria più risoluta. Sì alzò e prese la bacchetta, sollevandola...
"Expecto Patronum!"
Non successe niente, se non uno sbuffo di fumo bianco dalla bacchetta.
"Expecto Patronum! Expecto Patronum!"
Dopo numerosi tentativi, il lupo ricomparve proprio al fianco di Harry. Gli parve di scorgere un bagliore di trionfo sul volto di Lupin, la cui espressione però tornò gelida come prima. Il ragazzo alzò un dito e lo puntò sul suo protettore.
"Io e te ci vedremo ben poco, vecchio mio" sibilò. Il lupo, per tutta risposta, si sedette, alzò il muso e ululò profondamente.
"Ah, piantala!" disse Lupin in un moto di stizza. I contorni del lupo si indebolirono...
"No no no, aspetta!" esclamò Lupin, e chiuse gli occhi. "Avanti, concentrati..." disse tra sé. "Pensieri felici... Pensieri felici..."
Il lupo riprese a camminare per la stanza, illuminandola con la sua luce argentea. Perfino Harry ne avvertiva il calore, forse perché lo avvertiva il proprietario del ricordo.
Lupin puntò la bacchetta contro il Patronus, che si fermò, osservandolo mite. Dopo alcuni minuti in quella posizione, Harry si chiese cosa stesse facendo l'amico. Non succedeva niente, erano Lupin e il suo Patronus, l'uno di fronte all'altro, e si squadravano a vicenda. Ora gocce di sudore imperlavano la fronte di Lupin, sempre più pallido per uno sforzo che Harry non riusciva a comprendere. Finché...
"Sì..."
Il Patronus si stava dissolvendo. Lentamente, perse la sua forma di lupo, e diventò una sorta di denso vapore luminoso, che si riunì alla punta della bacchetta di Lupin. Il ragazzo finalmente sorrise, e Harry capì: Lupin aveva concentrato i suoi sforzi per produrre l'effetto inverso... un Patronus incorporeo.
Restò ancora per un po' in quel modo, e la bacchetta cominciò a tremare. La luce diminuì e si spense definitivamente, mentre Lupin indietreggiò ansimante e si appoggiò ad una sedia, esausto ma soddisfatto.
Di nuovo Harry fu investito da un'intensa luce bianca, e il ricordo svanì.

 

 

Angolo autrice:

Salve a tutti! ^^ Questo capitolo parla della prima volta in cui Lupin produce il suo Patronus. Come spiega Pottermore (SPOILER!) "a Remus non piace la forma del suo Patronus perché gli ricorda costantemente la sua sofferenza. Tutto ciò che riguarda i lupi lo disgusta e spesso produce volontariamente un Patronus non-corporeo", perciò, come deduce anche Harry, in questo capitolo Lupin cerca di trasformare il suo Patronus corporeo in uno incorporeo, cosa che secondo me richiede un certo sforzo, se si cerca di mantenere il Patronus incorporeo presente.
Forse chi ha letto "Cave Inimicum" avrà notato che il Quartier Generale dell'Ordine è lo stesso, ossia "uno squallido garage disperso in un quartiere malfamato di Londra".
Ecco, ho finito. E ora via con i pomodori marci! Anche se qualche recensione non mi dispiacerebbe :) Grazie a tutti ^^

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Capitolo 6
*** Rinnegati ***


Broken bottles under children's feet,

Bodies strewn across the dead end street

But I won't heed the battle call,

It puts my back up against the wall”

Sunday Bloody Sunday - U2

 

 

Se non fosse stato incorporeo, probabilmente sarebbe stato travolto dalla marea di gente in mezzo alla quale era capitato. Cercò di farsi strada tra i corpi, ammassati in quella che sembrava una piccola piazza dalla pianta circolare e dal pavimento di marmo. Nella confusione intravide qualche volto, ma non riuscì a scorgere Lupin da nessuna parte. Sembrava gente povera, i cui vestiti erano sporchi e rammendati; alcuni avevano l’aria di essere stati raccolti a caso in un ammasso di stracci, come abiti di fortuna appesi a quelle figure scheletriche. I capelli delle donne erano unti e spettinati, alcuni legati in pettinature poco curate, altri coperti da fazzoletti. La maggior parte degli uomini aveva il viso nascosto in barbe di diversa lunghezza, pochi portavano un cappello, ma quasi nessuna di quelle persone aveva una veste abbastanza calda per proteggersi dal freddo invernale che, a giudicare dalle nuvolette di vapore che fuoriuscivano dalle bocche e dalla foga con cui tutti si sfregavano le mani, sembrava penetrare con insistenza nelle loro ossa. Molti avevano l’aria diffidente, altri sembravano solo curiosi, ma tutti, tutti, in quella piazza erano accomunati da qualcosa, oltre che dalla povertà: le cicatrici sui loro visi erano inconfondibili. C’era chi aveva perso addirittura un orecchio, chi aveva qualche fasciatura qua e là, chi aveva il volto oscurato da lividi. E gli occhi... Harry poté leggere la disperazione celata in quegli occhi cerchiati da profonde occhiaie, probabilmente dettata dal più primitivo degli istinti: la fame.

Finalmente sbucò fuori da quell’orda di gente, e si guardò intorno. Non era una folla molto grande: dovevano essere forse un centinaio, tutti che parlottavano in modo concitato tra loro. Erano in cerchio, con lo sguardo rivolto verso una piccola fontanella al centro della piazzetta, come in attesa. Harry salì su un grosso cubo di pietra poco distante dalla folla: attorno vi erano solo piccole case antiche di una cittadina che si estendeva per qualche chilometro, con qualche albero spoglio tra una via e l’altra. Scrutò attentamente la folla, e lo vide, proprio ai suoi margini: un ragazzo magro, pallido, di circa diciassette o diciott’anni, i capelli castani e lo sguardo leggermente corrucciato, ma così tristemente simile alla gente che lo circondava. Gli occhi azzurri saettavano nervosamente da una parte all’altra, mentre si stringeva nelle spalle, rabbrividendo di tanto in tanto nella camicia di flanella color porpora sotto il mantello marrone. Le mani erano affondate nelle tasche dei jeans strappati; qualche volta una saliva a grattargli la tempia, come a non voler mostrare il volto del suo proprietario, quasi fosse lì senza il permesso di un suo superiore.

D’un tratto, un uomo salì sul bordo marmoreo della fontana, e calò il silenzio, rotto solo da qualche colpo di tosse. L'individuo era vestito da babbano, una semplice maglia bianca con sopra un gilet scuro e una coppola grigia, ma aveva la bacchetta in bella vista nella cintura dei pantaloni macchiati. Guardò la folla scrupolosamente, come se stesse cercando qualcuno, e la sua postura fiera trasudava in un certo qual modo un'autorità inaspettata per la sua bassa statura. Poi il mago mise una mano dietro la schiena, e ne trasse, come un illusionista, un'elegante chitarra classica. La imbracciò e cominciò a strimpellare una delle più semplici eppure più belle melodie che Harry avesse mai sentito, che trasmetteva una profonda malinconia. La folla ascoltava come ipnotizzata, e perfino l'espressione ansiosa di Lupin aveva ceduto il posto a grandi occhi azzurri rapiti dalla musica. Il suonatore inspirò e cominciò ad intonare:

 

If I was a prophet, if I was a saint [...]                                                                        (Se fossi un profeta, se fossi un santo)
Would I be different? Would I belong?                                                                          (Sarei diverso? Mi sentirei integrato?)
[...]A cloud of destruction is closer each day,                                                                     (Una nuvola di distruzione è sempre più vicina)
Things could be different,                                                                                                       (Le cose potrebbero andare diversamente)

we could belong.                                                                                                                       (Potremmo appartenere a qualcosa)

We are the human, we are the strays,                                                                                    (Noi siamo gli umani, noi siamo i randagi)
We talk about heaven, we talk about grace,                                                                         (Noi parliamo di paradiso, parliamo di grazia)
If things could be different, we could belong.                                                                       (se le cose fossero diverse, potremmo integrarci)

 

Leave behind the renegades,                                                                                                    (Lasciate indietro i rinnegati)
Cross the desert through the haze,                                                                                          (attraversate il deserto in mezzo alla foschia)

'Cause we must hold on, yeah                                                                                                  (Perché noi dobbiamo tenere duro, sì)
Moving forward one by one, to find shelter.                                                                         (Avanzando uno dopo l'altro per trovare un rifugio)

 

We go right back to the start in sweet defiance,                                                                   (Ricominciamo daccapo in un dolce dispetto)
We were meant to be apart,                                                                                                      (Eravamo destinati ad essere divisi)

lie down in silence,                                                                                                                       (ad abbassarci in silenzio)
We must find out who we are“                                                                                                  (Dobbiamo capire chi siamo)

 

 

L'uomo si fermò e urlò: „Ci hanno tolto tutto, ci hanno portato via tutto! Il nostro lavoro, le nostre famiglie, il nostro futuro! Pretendono che siamo dalla loro parte quando ci lasciano morire di fame! Dove sono i nostri diritti?! Io vedo solo persone” ed accentuò l'ultima parola, “che non possono condurre una vita normale, non per colpa di un satellite, ma per colpa loro!”
Un boato approvazione si levò dalla folla, mentre c'era chi alzava i pugni, chi sputava per terra, chi batteva le mani. Lupin se ne stava sempre lì, silenziosamente in disparte, ad ascoltare attentamente il mago sulla fontana con gli occhi sgranati, come se non avesse mai udito certe parole in vita sua. O, forse, nessuno aveva avuto mai il coraggio di pronunciarle ad alta voce.
Non posso nemmeno fare quattro passi, che i funzionari del Ministero mi saltano addosso e cominciano a perquisirmi! Non posso muovermi con la scopa, con la Metropolvere, con le Passaporte! Non posso entrare in un pub che mi cacciano a calci nel sedere! Solo perché sono un Lupo Mannaro una volta al mese! E ciononostante non sono tutelato! Io devo nascondermi, io devo segregarmi da qualche parte per non fare del male agli altri, loro lo pretendono, ma non fanno niente, niente per aiutarci a trovare un sistema! DOBBIAMO CAVARCELA DA SOLI E PRETENDONO CHE NON FACCIAMO LORO DEL MALE E CHE SIAMO DALLA LORO PARTE! EBBENE, NOI NON CI SCHIEREREMO!”
Altre grida di approvazione.
Siete venuti. Avete ascoltato il nostro richiamo, la notte di Luna. Il vostro istinto vi ha portati qui. E non dovete vergognarvene!”
Nel silenzio più assoluto, l'uomo imbracciò di nuovo la chitarra e cantò ancora:

 We are the wanted, the outlaws, the sons...”      (Noi siamo i ricercati, i fuorilegge, i figli...)

Se non fosse stato per le devastanti conseguenze, Harry non l'avrebbe nemmeno visto arrivare. D'un tratto, una palla di fuoco colpì la fontana, causando un'esplosione del raggio di qualche metro. Ed era l'inferno. La gente urlava, scappava, in preda al panico, mentre uomini mascherati sbucavano dal nulla e colpivano uomini, donne e bambini con il verde della morte. Anche Harry corse senza sapere perché, senza riuscire a vedere nulla a causa del fumo acre, attraversando inconsapevolmente corpi accasciati a terra e insanguinati. All'improvviso tutto venne risucchiato, e lui si ritrovò poco lontano dal caos, in un vicolo stretto tra le casette antiche. Proprio in quel momento, vide un contadino sulla cinquantina, anche lui sfregiato, che tirava Lupin per il mantello, entrambi sporchi di cenere.
Vieni qui, stai giù, sta' giù!” stava dicendo l'uomo, accucciando lui e il ragazzo, tremante e con lo sguardo sconvolto.
Io li ammazzo quei bastardi...” disse Lupin a denti stretti.
Maledetti, vogliono far credere che siano i Mangiamorte, maledetto Ministero!” disse l'uomo in un sussurro di isteria. “Ci vogliono segregare così, con gli attacchi, senza darci il tempo di... Non muoverti, ragazzo! Non puoi farci niente...” l'uomo si bloccò, mentre un grido lacerava l'aria. Poi Harry udì una voce di cui non poteva vedere il proprietario.
N-no...t-ti prego...”
Cos'è questa?” chiese un'altra voce minacciosa. Harry si sporse oltre le case del vicolo e vide un individuo mascherato puntare la bacchetta contro un altro Lupo Mannaro con le spalle al muro, mentre ne esaminava una nell'altra mano.
È la m-mia bacchetta...” disse l'uomo terrorizzato.
Ah, davvero?” chiese l'altro sarcastico, e gettò questa a terra in un moto di stizza, aggiungendo "Ho visto che la raccoglievi da terra!"
Poi gli puntò la propria contro la gola. Harry sentì l'uomo con Lupin sussurrare:

Stai giù! Cosa vuoi fare senza bacchetta?!”
Si voltò verso di loro.
Ma... Un momento...” riprese l'uomo. “Ma non è la tua bacchetta quella per terra...?”
Lupin non rispose. Si stava accasciando a terra contro il muro, le mani tremanti che afferrarono i capelli scompigliati e che si spostarono lentamente sulle orecchie, gli occhi spalancati. Harry udì solo le urla agghiaccianti del Lupo Mannaro a pochi metri da loro. E tutto si fece buio.

 

 Bottiglie rotte sotto i piedi dei bambini,

corpi sparsi per la strada senza uscita,

ma io non mi unirò al richiamo della battaglia,

questo mi mette con la schiena contro il muro”

 

 

Eccomi di ritorno, gente! =) Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, anche se un po' duro. Ah, la mia prima Song-fic, comunque ;)

Per chiarire ogni dubbio: questa Ff mi è venuta in mente ascoltando “Renegades” dei Renegades (questo il titolo della canzone e della Song-fic). Mi serviva qualcuno che la cantasse, e ho pensato ad una specie di pre-rivoluzione, con qualcuno che incitava i Lupi Mannari a ribellarsi ai soprusi del Ministero contro di loro. Come potete vedere all'inizio, la canzone “Sunday Bloody Sunday” degli U2 e il “ricordo” della Domenica di Sangue del 1972 in Irlanda del Nord, mi hanno ispirata per lo svolgimento della Song. So perfettamente che una FF non si può paragonare ad una strage successa nella realtà, e non intendevo farlo, parlo solo di ispirazione. Prendetela come qualcosa di commemorativo, se volete. La canzone, la cui traduzione è alla fine della Ff, ricorda nei primi due versi ciò che avviene in piazza, il terzo quello che dice il chitarrista, ovvero di non schierarsi, e il quarto verso ricorda un po' sia Lupin sia il Lupo Mannaro aggredito alla fine.

In questa FF ai Lupi Mannari non e permesso entrare in luoghi pubblici, viaggiare normalmente (solo con mezzi babbani e/o Materializzazione se sono in grado di farlo) e, come dice il nostro amico, non vengono affatto tutelati per la loro incolumità e quella degli altri durante la Luna Piena. Questi che partecipano alla “riunione” sono i pochi nel Regno Unito che vivono come Lupin e non ai margini della società. Il chitarrista li ha richiamati alla rivoluzione con degli ululati durante una notte di Luna Piena, e loro sono venuti istintivamente, senza sapere davvero a cosa andavano incontro.

Spero sempre in qualche recensione (lo so, sono fin troppo ottimista xD). Grazie davvero a tutti quelli che hanno letto, seguito o recensito questa raccolta =)

 

CREDITS: „Sunday Bloody Sunday“ by U2

Renegades“ by Renegades/Feeder

All I ever wanted“ by Renegades/Feeder 

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Capitolo 7
*** Diffidare degli amici ***


  Harry provò la familiare stretta piacevole allo stomaco, quando rivide suo padre, questa volta più grande, con i suoi stessi capelli neri e arruffati. Era seduto a un tavolo, forse quello della loro vecchia cucina a Godric’s Hollow. Reggeva un bicchiere di quello che sembrava Whisky Incendiario, facendolo roteare tra le dita e fissandolo con aria assente, mentre una giovane donna con i capelli rosso scuro e gli occhi color smeraldo gli accarezzava le spalle, un’espressione gentile ma allo stesso tempo tesa dipinta sul volto, come quella del marito. Poi James Potter alzò lo sguardo, volgendolo ai tre giovani seduti al tavolo con lui. Sirius era il più vicino. Il suo bicchiere era già vuoto, posato sul legno, mentre l’illegittimo proprietario guardava ansioso l’amico, che sembrava in procinto di dire qualcosa di terribilmente importante, una questione grave e al tempo stesso estremamente delicata.
“Silente è ormai certo che nell’Ordine ci sia una spia, ed è qualcuno di molto, molto vicino”
La voce di suo padre riecheggiò nel silenzio assoluto, piena di amarezza. Harry guardò rapidamente gli altri, per studiarne le reazioni. Sirius aveva ripreso in mano il bicchiere, stringendolo come se cercasse di sfogare una rabbia repressa, fissandolo con disprezzo. Lupin era pallido e aveva ombre scure sotto gli occhi, nuovi tagli sulle guance e sul collo, ma la sua espressione era triste e rassegnata, come se si fosse aspettato che quelle parole avrebbero un giorno espresso ad alta voce ciò che nessuno osava sospettare, ma che in realtà tutti pensavano. Minus era seduto davanti a James. Proprio di fronte, e non osava guardarlo. Aveva la testa china, lo sguardo perso nel liquido ambrato, le mani sotto il tavolo, come per nasconderne il tremito. I posti scelti sembravano stranamente predestinati: James e Lily insieme, uniti, con Sirius e Lupin su ciascun lato e il Traditore sul lato opposto, come a sfidarli, consapevole di perdere in ogni caso.
 
“Ascoltate” continuò James con fermezza. “Io non posso credere... non credo che tra noi ci sia un traditore. Per me, diffidare degli amici è il massimo del disonore, quanto il tradimento stesso, lo sapete. Io non credo ci sia una sola persona qui dentro che voglia vendere mio figlio a Lord Voldemort”
 
Harry sussultò, vedendo se stesso nell’immagine di suo padre. Anche lui avrebbe detto quasi le stesse parole, anni più tardi. Poteva ora capire la reazione di Lupin quando le aveva pronunciate, le emozioni che doveva aver suscitato in lui rivivere la stessa situazione, l’amarezza che doveva aver provato. Solo allora notò il padrino, che guardava in tralice Lupin con una strana espressione. Anche James ci fece caso, e per tutta risposta diede all’amico una pacca sulla spalla.
“Non sospetto di nessuno di voi, Felpato” disse con un sorriso. “Nessuno”
Li guardò tutti, uno per uno. E tutti, Minus compreso, ricambiarono il suo sorriso fiducioso. All’improvviso, tutti sobbalzarono nell’udire il pianto di un bambino provenire dal piano superiore.
“Vado io” disse Lily, dando un bacio sulla guancia al marito, e uscì dalla stanza.
La scena cambiò...
Questa volta, Sirius e Lupin erano gli unici nel salotto dei Potter. Era una bella stanza, con due poltrone di velluto rosso di fronte ad un camino spento, che ricordavano la Sala Comune dei Grifondoro. Harry sorrise con tenerezza, vedendo Lupin seduto in una di esse con un bambino dai capelli corvini sulle ginocchia, che rideva mentre il giovane mago gli faceva il solletico. Per un po’, tutte le preoccupazioni sembrarono svanire dal volto di Lupin, che pareva divertirsi tanto quanto il piccolo Harry. Sirius guardava fuori dalla finestra, scostando le tende color porpora e lasciando entrare la luce lunare nella stanza. Come se la visione della luna stessa gli avesse ricordato chi era nel salotto con lui, distolse lo sguardo dal mondo esterno, e si mise ad osservare i due impensierito, con la stessa strana espressione del ricordo precedente. Poi, si sedette nell’altra poltrona, sorridendo appena alla vista del bambino che tirava i capelli castani dell’amico.
“Siete riusciti a concludere qualcosa?” chiese casualmente. Lupin sospirò.
“Purtroppo no” rispose. “L’obiettivo dei Mangiamorte è cambiato all’ultimo momento. O dovrei dire ‘per fortuna’...”. Guardò Sirius accigliato. “Malocchio non ve l’ha detto?”
L’altro scrollò le spalle. “Volevo sentirlo dire da te”
Lupin continuò a guardarlo accigliato per qualche secondo, e disse: “Capisco...”. Poi si voltò verso Harry, che aveva smesso di ridere e sbadigliava grattandosi gli occhioni verdi, e cominciò a cullarlo con le gambe.
“Hai sonno, eh?” sussurrò. “Mi dispiace, lo zio Remus non conosce molte ninne nanne...”
“Tra poco ci sarà luna piena” disse Sirius, sempre con quel tono falsamente casuale.
“Sì, lo so...” disse Lupin sconcertato. “Proprio la notte di Halloween” aggiunse ironicamente.
“Dov’eri ieri sera?” chiese Sirius a bassa voce, dal momento che il piccolo cominciava a chiudere gli occhi, il pollice in bocca.
“A casa, dove dovevo essere?” rispose Lupin, spiazzato dal brusco cambio d’argomento. O forse non era poi tanto cambiato.
“Perché non hai risposto al Patronus?”
“Sono crollato sul letto, ero stanco”
“Eri stanco...”
“Sì, beh, sfuggire ad un linciaggio in nome della segregazione è stato parecchio spossante” disse Lupin, ora visibilmente irritato. Lo sguardo di Sirius era gelido.
“Sirius?” disse Lupin cauto. “C’è qualcosa che vorresti chiedermi?”
“No” rispose Sirius, tornando alla sua espressione apparentemente indifferente. “A meno che non ci sia qualcosa che tu voglia dirmi...”
“Non credo, no” disse Lupin, ora freddamente. Sirius si alzò lentamente e tese le braccia di fronte al bambino, che si era addormentato.
“Su, dallo a me...” disse stancamente.
“Si è appena addormentato” obiettò Lupin.
“Appunto, è ora di metterlo a letto” insisté Sirius. Lupin lo fissò con la stessa freddezza, poi disse piano:
“Certo. L’Uomo Nero potrebbe mangiarselo...”
Sirius lo ignorò e prese con delicatezza Harry, che si svegliò e cominciò a piangere. Il padrino poggiò la sua testa sulle spalle, dicendo:
“Shhh... Ora andiamo a dormire...”
Sentirono dei passi frettolosi provenienti dalle scale, e Lily comparve di nuovo, l’espressione divertita che sostituì la momentanea ansia.
“Ma insomma, che combinano questi due cattivoni, eh, Harry?” brontolò scherzosamente prendendolo dalle braccia di Sirius. “Non posso andare a prepararti il lettino che ti fanno piangere...”
Si voltò verso di loro con un sorriso stanco, mentre cullava il piccolo, facendolo calmare.
“Grazie, ragazzi” disse.
“Non dirlo neanche” rispose Lupin, dando un buffetto alla guancia di Harry, che sorrise tra le lacrime.
D’un tratto, apparve dal nulla un animale d’argento. Tutti e tre lo fissarono con apprensione. Evidentemente, in quel periodo un Patronus non era portatore di buone notizie. Tuttavia, la voce con cui parlò, che Harry non aveva mai sentito prima, suonava piuttosto irritata:
“Black! Si può sapere dove sei finito?! Sei in ritardo di ben cinque minuti!”
Sirius si batté una mano sulla fronte. “Accidenti, Sturgis!” esclamò, ben attento a mantenere la voce bassa. “Non aspetta altro che uno stupido rapporto sulla cattura di quello pseudo-Mangiamorte adolescente. Diamine, non era nemmeno maggiorenne, non ci è voluto molto a disarmarlo!”
Scosse il capo esasperato, poi baciò Lily e il bambino sulla guancia.
“Beh, io scappo. Ci vediamo domani! Salutami quel dormiglione di tuo marito”
Lily ridacchiò. “Senz’altro, Felpato”
“Remus” lo salutò.
“Sirius” rispose l’altro.
Uscì nella notte stellata, lasciando Lily e Lupin da soli con i due Harry.
“Beh, sarà meglio che vada anch’io...” cominciò Lupin.
“Sei sicuro di stare bene, Lunastorta? Non hai una bella cera...”
“Non preoccuparti, Lily” la rassicurò lui. “Tra poche notti ci sarà luna piena, come Sirius mi ha appena ricordato...”
“Va bene...” disse Lily, ancora un po’ dubbiosa. “Quindi non ci vedremo ad Halloween?”
“Temo proprio di no” sorrise mesto.
Lily lo accompagnò alla porta. “Remus?” lo chiamò dolcemente.
Lui si voltò.
“Io non credo che sia tu” disse sicura. “E non lo crede neanche James”
Lupin sospirò. “Non fa niente, Lily. Ci sono abituato”
“Non dire così” disse lei con sguardo triste. “Sirius ti vuole bene, io lo so. È per questo che ha paura”
Lupin annuì, senza troppa convinzione.
“Remus...” Lily esitò. “Tu mi hai fatto una promessa. Che saresti stato sempre accanto a mio figlio... fino alla fine. Ora voglio fartela io una promessa...”
Si avvicinò, guardandolo negli occhi. “Ti prometto che questo bambino” continuò, indicando la piccola figura che dormiva beatamente tra le sue braccia, “crescerà senza l’ombra di un pregiudizio. Che ti stimerà e seguirà i tuoi consigli come hanno sempre fatto i suoi genitori”
Lupin deglutì a fatica, gli occhi lucidi.
“Grazie, Lily” disse, e le passò una mano sulla testa con tenerezza.
“Buonanotte. Ti voglio bene”
“Anch’io vi voglio bene”
La scena si dissolse, ed Harry, l’ombra che nei ricordi nessuno poteva vedere, non riuscì a frenare le lacrime, consapevole che quella era l’ultima volta in cui Lupin vedeva sua madre, che quello era il suo ultimo ricordo di lei.  
  
 

 

 Angolo autrice:
Sigh... La dolce Lily :’)  Grazie come al solito per essere arrivati alla fine di questo capitolo, spero vi sia piaciuto :) Qualche recensione sarebbe apprezzatissima (la speranza è l’ultima a morire xD), grazie di cuore!
Due ricordi con una fava xD  Vediamo un po’ di chiarire... Ricorderete sicuramente le parole di Harry e di Lupin dopo aver brindato a Malocchio alla Tana (altro *sigh*). Mi sono chiesta cosa significasse l’espressione compassionevole di Lupin, ed ecco un’interpretazione; Sirius sospetta di Remus, come tutti sapete (“Non se avesse pensato che fossi io la spia, Peter”), ecco spiegata la sua strana reazione e le sue continue allusioni, tra cui la luna piena (chissà, magari Remus progetta un attacco o.O) e la mancata risposta al Patronus; è sottintesa la segregazione dei Lupi Mannari e l’ennesima fuga di Lupin, cosa che fa sospettare Sirius che Lupin si sia stancato di stare dalla parte "del bene"; ebbene sì, la luna piena è la notte di Halloween, ovvero la notte in cui Voldemort uccide i Potter =( ; mi fa tenerezza pensare che Lupin conoscesse Harry ben prima del loro incontro sul treno...; Attenzione! Remus NON AMA Lily, le vuole solo un mondo di bene: in fondo, come si fa a non voler bene a Lily Potter? ^.^  

 

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Capitolo 8
*** La Prima Guerra è finita ***


Remus Lupin sedeva al tavolo di legno di una cucina. Era pallido e sembrava esausto. Il suo giovane volto era emaciato, ombre scure apparivano sotto i suoi occhi azzurri, e diverse cicatrici e ferite ancora aperte solcavano le sue guance, così come le braccia e le mani. Non poteva avere più di vent’anni: i capelli castani non avevano ancora cominciato a ingrigirsi. Sembrava preoccupato, quasi all’erta, ed Harry avvertiva la sua tensione, benché quello fosse solo un ricordo, lontano da lui, eppure così vicino. Ad un tratto apparve dal nulla un animale d’argento, che Harry riconobbe come un Patronus, e parlò con una voce familiare:
“Puoi togliere gli incantesimi protettivi, sto arrivando”

Il Patronus scomparve. Lupin si alzò a fatica, puntò la bacchetta verso l’alto e mormorò un incantesimo: ci fu una leggera brezza, come se un velo fosse stato alzato dalla stanza. Un attimo dopo qualcuno bussò alla porta, e Lupin l’aprì per far entrare Malocchio Moody, anche lui molto più giovane, con il naso intero ed entrambi gli occhi normali.
“Remus” lo salutò Moody.
“Malocchio” rispose Lupin chiudendo la porta. Poi puntò di nuovo la bacchetta verso l’alto, ma l’altro disse con voce grave:
“Non farlo. Non serve più”. Si sedette lentamente al tavolo.
Lupin aveva l’aria di chi teme il peggio, un’ angoscia che sembrava cercare disperatamente di reprimere. Quando parlò, la sua voce tremava:
“Vuoi spiegarmi cosa diavolo succede?” disse agitato. “È da quando mi sono trasformato ieri notte che avverto qualcosa di strano, e stamattina ho ricevuto un tuo messaggio che diceva che volevi parlarmi, che dovevo correre a casa e non parlare con nessuno. Lungo la strada ho visto Babbani e Maghi insieme, gente che esultava alle sei del mattino. E ora tu mi dici che le protezioni non servono più. Malocchio...” si risedette anche lui di fronte a Moody e lo guardò dritto negli occhi, con una sorta di timore misto a speranza. “Dimmi la verità... È Voldemort, vero? Malocchio... non sarà mica... “
Moody non abbassò lo sguardo. Poi, lentamente, annuì.
Lupin continuava a fissarlo incredulo. Poi un sorriso gli illuminò il volto. “Oh mio Dio” sussurrò. “Oh mio Dio!” ripeté.
“Remus...” disse Moody, sempre con lo stesso tono preoccupato, ma Lupin continuò:
“Non stai scherzando, vero? Non posso crederci... S-se n’è andato? Se n’è andato davvero?”
“Remus...”
“Ma perché non lo hai detto subito, Malocchio! Il resto dell’Ordine lo sa già? E James e Sirius...”
“Remus...Ascoltami” disse Moody. Non aveva urlato, ma il tono della sua voce bastò perché Lupin diventasse di nuovo serio, l’espressione ansiosa ancora sul volto.
“Cosa c’è?” chiese cauto.
“Remus...James...” Moody esitò. Harry sapeva già cosa stava per dirgli. Erano le parole più semplici eppure le più difficili che si potessero pronunciare.
L’espressione di Lupin non era cambiata, ma Harry notò che le sue mani stringevano la bacchetta come a voler prepararsi a ricevere una maledizione.
“James e Lily...” riprese Moody.
“Stanno bene?” chiese Lupin.
Moody esitò ancora, poi parve riacquistare il controllo di sé. “James e Lily sono stati uccisi da Tu-Sai-Chi, questa notte”
Lupin continuava a fissare Moody. Harry poté leggere il dolore misto a incredulità nei suoi occhi. Poi scosse il capo. “No”
Moody non disse niente. Lupin si alzò di scatto, barcollando come se non riuscisse a reggere il peso di quelle parole. Scosse il capo più freneticamente. “No” ripeteva. “No...”
“Remus...” disse Moody alzandosi anche lui.
“T-tu non...n-non puoi dire sul serio” farfugliò Lupin. Boccheggiava, il volto sempre più pallido.
Moody si avvicinò preoccupato, ma Lupin continuava a indietreggiare, lo sguardo febbrile. “N-non riuscirò a Materializzarmi a Godric’s Hollow... Non riuscirò a vedere la loro casa...” sussurrò.
“Remus non farlo...” disse Moody, ma Lupin era già scomparso. Un attimo dopo Harry si ritrovò a fissare le rovine di quella che diciotto anni prima era stata la sua casa, la stessa che quell’inverno era apparsa a lui e a Hermione, mentre cercavano gli Horcrux di Lord Voldemort. Con un nodo alla gola, si voltò e vide Lupin che cadeva in ginocchio di fronte alle macerie. Per un attimo, Harry dimenticò che Lupin non poteva vederlo, e istintivamente posò una mano sulla sua spalla, mentre l’amico si piegava in avanti, una mano sul petto, come se stesse cedendo ad un intenso dolore fisico, la bocca aperta da cui non fuoriusciva nessun suono. Accanto a lui apparve Moody, che prontamente gli mise le mani sulle braccia mentre Harry ritraeva la propria, lo tirò a sé e lo costrinse a Smaterializzarsi e a Materializzarsi nella sua cucina. Lupin restò aggrappato a Moody, mentre annaspava come se gli mancasse l’aria. Poi, scoppiò in lacrime. Harry non lo aveva mai visto piangere. Raramente Remus Lupin aveva mostrato le sue emozioni apertamente, e si commosse nel vederlo soffrire così.
Moody lo abbracciava, dandogli delle pacche sulla schiena e dicendo: “Coraggio, Remus...Coraggio”. Harry non avrebbe mai immaginato Alastor Moody, sempre così duro e cinico, capace di consolare qualcuno. Poi allontanò Lupin da sé: “Vieni qui. Siediti” disse, sospingendolo verso la sedia. “Aspettami qui, hai bisogno di una pozione”. Harry notò, infatti, che Lupin tremava in maniera incontrollabile, il respiro più affannoso che mai, le labbra violacee sul volto cinereo rigato di lacrime. L’Auror si Smaterializzò e tornò pochi secondi dopo, con un bicchiere pieno di un liquido rosa chiaro.
“Bevi questo” disse. “Ti aiuterà”. Lupin prese la pozione con mani tremanti e la mandò giù in un sorso. Il battito cardiaco sembrava rallentare, così come il respiro e il tremito, mentre le labbra riacquistavano colore.
“Va meglio?” chiese Moody. Lupin deglutì. Sembrava ancora in stato di shock, mentre guardava davanti a sé con lo sguardo vitreo. Poi parlò con un sussurro appena udibile, tanto che Harry dovette fare uno sforzo per capire:
“Sirius” disse.
“Cosa?” chiese Moody.
“Sirius... Sirius era il loro Custode Segreto” rispose Lupin, sempre con lo stesso sguardo vitreo. “No, non può essere...”. Parve riacquistare lucidità. “Dev’essere...dev’essere stato torturato, o roba del genere...Sirius non ci tradirebbe mai...Era convinto che io fossi...”. Alzò lo sguardo verso Moody, preoccupato. “Dobbiamo trovarlo, Alastor...”
“Remus... l’Ordine lo sta già cercando, ma...non riusciamo a trovarlo”
Lupin tacque per qualche istante, come se capisse le parole a stento. Poi disse:
“Dov’è Peter?”
Moody non rispose.
“Malocchio” insisté Lupin.
“Non riusciamo a trovare neanche lui” disse infine.
Lupin si alzò di scatto.
“Era sconvolto” continuò Moody. “Crediamo che sia andato a cercare Sirius da solo. Farfugliava che voleva ucciderlo...”
A un tratto Lupin sembrava aver riacquistato il controllo di sé. “Dobbiamo trovarlo” disse con fermezza. “Potrebbe commettere qualche sciocchezza. Se Peter trova Sirius prima di noi... Be’, lo sai, Peter è un disastro nei duelli...”
“Sono d’accordo” disse Moody, anche lui più sicuro di sé. “Sei sicuro di stare bene?”
“Andiamo” disse Lupin, senza guardarlo.
E si Smaterializzarono.

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Capitolo 9
*** Dicembre ***


Questa volta la scena si svolse in un piccolo pub. Era un luogo abbastanza angusto, dal pavimento polveroso, pochi tavoli in legno scuro e illuminato dalla fioca luce che entrava dalle finestre sudicie. Era decisamente immerso nel mondo babbano: nessuno dei presenti indossava vesti da mago, e il barista stava pulendo il bancone a mano.
Seduto a un tavolo in un angolo c'era ancora un Lupin ventenne, la barba leggermente incolta, i capelli castani corti e spettinati, che osservava la bottiglia di whisky quasi vuota tra le mani con aria lugubre. A giudicare dallo sguardo offuscato, era un po' ubriaco. Si grattò stancamente gli occhi e scosse rapidamente il capo, come a cercare di svegliarsi. Harry trasalì un poco quando udì delle risate sguaiate provenienti dal tavolo accanto, dove cinque uomini sui trent'anni stavano chiacchierando allegramente.
"Ehi, ehi! Guarda un po' quello" disse all'improvviso uno di loro indicando Lupin.
"È ubriaco fradicio!"
Risate.
"Ehi, barbone!" lo chiamò un altro.
Lupin si voltò lentamente, sbattendo le palpebre per mettere a fuoco. Poi voltò loro di nuovo le spalle con aria cupa, scosse il capo e tracannò un altro sorso di whisky.
"Ragazzi, lasciatelo in pace" disse il barista con un moto di compassione, intento ad asciugare un boccale.
Gli uomini non gli diedero retta, e continuarono a deridere Lupin, che continuava a far finta di niente, osservando la sua bottiglia di whisky mezza vuota. Poi, uno di loro lo colpì con un tovagliolo. Lupin si alzò di scatto, barcollando, e i cinque uomini si zittirono. Lupin si voltò di nuovo, questa volta livido di rabbia, e avanzò lentamente verso il gruppo. Si reggeva a malapena in piedi e gli uomini risero della sua andatura incerta.
"Ehi amico, cerchi rogne?" disse quello che sembrava il capo della banda, alzandosi e squadrando Lupin da capo a piedi a pochi centimetri dal suo viso sfregiato. Lupin tacque, respirando rapidamente. Ad un tratto, senza preavviso, sferrò all'uomo di fronte a lui un pugno, facendolo cadere a terra. Due uomini del gruppetto si precipitarono ad aiutarlo, mentre altri due guardavano Lupin con odio.
"Ora te la sei proprio cercata" disse uno di loro dai capelli rossi, e diede a Lupin un pugno nello stomaco, facendolo piegare in due con il fiato mozzo. Lui perse l'equilibrio e cadde a terra. Un altro lo prese per il cappotto, tirandolo su. Tutto il pub ora stava guardando la scena col fiato sospeso, ma nessuno sembrava osare intervenire.
"Ehi ehi ehi!" urlò all'improvviso il barista posando il boccale con un tonfo sordo. "Non voglio danni qui dentro!"
"Bene!" urlò l'uomo a cui Lupin aveva dato un pugno, che si stava ancora massaggiando la mandibola, e prese il giovane per i capelli, spingendolo verso l'uscita. I compagni ed Harry lo seguirono a ruota, mentre lui strattonava Lupin e lo gettava fuori a terra, nella strada fredda e innevata.
Lupin tentò di rialzarsi, ma l'uomo dai capelli rossi gli sferrò un calcio tra le costole. Un altro gli diede un pugno in faccia. E poi un altro e un altro ancora, finché non gli furono tutti addosso. Lupin non sembrava avere la forza di reagire, ed Harry si sentiva impotente di fronte a quel massacro. A un tratto si fermarono, vedendo un'ombra gigante che andava ingrandendosi sulla parete opposta. Si voltarono, Harry compreso, e videro la sagoma di un omone dalla barba e i capelli folti e neri, che li squadrava con lo sguardo minaccioso.
"Vi consiglio di lasciare stare quel poveretto, o ve la vedete con me" disse con voce grossa.
I cinque uomini si guardarono l'un l'altro, uno deglutì rumorosamente. Lentamente si allontanarono, mentre l'uomo dai capelli rossi sputò per terra, e sparirono dietro l'angolo.
Lupin era rimasto a terra, boccheggiante. Era in uno stato pietoso, con un occhio nero, il naso e uno zigomo sanguinanti, un labbro gonfio, ed era ancora ubriaco.
"Hagrid..." esordì, tossendo, senza fiato.
"Remus!" disse Hagrid, aiutandolo ad alzarsi. "Ma cosa combini?! Che volevano quelli da te?"
"Niente..." disse Lupin, lo sguardo ancora fosco. "Lascia stare, ce la faccio da solo..." ma barcollò e ricadde a terra con un gemito. Hagrid lo tirò su di peso come un sacco e lo fece appoggiare alla sua vita. Lupin si divincolò dalla stretta, si mise un dito sul labbro superiore e quando vide il sangue su di esso, scosse il capo con espressione di stizza, alzando gli occhi al cielo. Tossì di nuovo.
"Remus..." cominciò Hagrid.
"Tu che ci fai qui comunque?" lo interruppe Lupin, come a voler evitare un argomento.
"Io? Io, ehm... stavo..." Hagrid sembrava a disagio, mentre si massaggiava la nuca distrattamente.
"Lascia perdere" disse Lupin amaramente, rabbrividendo nel lungo cappotto nero. "Puoi anche dire a Silente che non ho bisogno di aiuto. Che può anche smetterla di pedinarmi"
Hagrid lasciò andare le braccia lungo i fianchi.
"È che... è preoccupato per te, Remus. Siamo tutti preoccupati per te...“
„Non ce n'è bisogno. Sto bene“ disse Lupin secco. Si appoggiò al muro e si tastò le costole, respirando a fondo, il viso contratto in una smorfia di dolore.
“Remus... So quello che provi...”
Lupin scoppiò a ridere. Una risata strana, quasi isterica.
“Ho visto il dito del mio migliore amico in una scatola“ disse. „Non credo che tu sappia cosa provo...”
„Non rovinare la tua vita, Remus...“
Lupin esplose.
“Ma tu che ne sai, eh?! Che ne sai della mia vita, tu!” urlò. Cominciò a prendere a pugni il corpo massiccio di Hagrid, che non fece niente per fermarlo, paziente.
“Sono morti! Sono morti e non torneranno! Mi hanno lasciato qui, da solo, quando avevano promesso di non farlo! Perché non hanno ucciso anche me?! Perché mi hanno lasciato qui?! Maledetto traditore!! Li hai uccisi! Li hai uccisi tutti! Li hai uccisi tutti...”
Lupin barcollò ancora, mentre dava gli ultimi pugni ad Hagrid, senza energie. Poi si accasciò su di lui, in preda alla disperazione e ai singhiozzi. Hagrid lo abbracciò il più delicatamente possibile, battendogli la manona sulla schiena.
“Shhh...Non fare così, Remus...” lo consolò con voce dolce, asciugandosi le lacrime, mentre queste cadevano sulla barba ispida. “Calmo...Stai calmo...”
“Voglio morire, Hagrid...Voglio essere morto io al posto loro...” disse la voce di Lupin soffocata dal pastrano del gigante.
“Non dire così...”
La strada era silenziosa e aveva preso a nevicare. E la neve prese a vorticare attorno ad Harry, sempre più veloce, come un turbine, annebbiandogli la vista...

 

 

 Angolo autrice:

Ciao, gente! Eccomi di ritorno con un nuovo capitolo. Spero vi sia piaciuto ^^ Lo so, ancora pianti amari, ma avevo in mente questa scena da troppo tempo, e volevo scriverla. E poi non avevo ancora scritto della reazione di Remus alla morte di Peter.
È passato un mesetto dalla sconfitta di Lord Voldemort, e il povero Remus sta cadendo in degrado, se è arrivato a tracannarsi bottiglie di whisky... Se ben ricordate, in „Da mi basia mille“ Tonks dice che l'ultima volta in cui Remus ha picchiato qualcuno è stato Hagrid... Ecco, questo capitolo spiega la situazione.
Credo che non ci siano altre perplessità... Se avete de i dubbi, fatemi sapere =)
Grazie mille a chi recensirà e a chi continua a seguire la storia! ^^ Merry Christmas and a happy new year!
Meg
 

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Capitolo 10
*** Privet Drive n°4 ***


Il numero 4 di Privet Drive aveva un'aria spiacevolmente familiare per Harry. Stesso tetto, stesse mura, una ghirlanda appesa alla porta, forse le piante di zia Petunia erano un po' diverse. Era il crepuscolo, e le finestre cominciavano ad illuminarsi. La strada era deserta, tranne che per un ragazzo dai capelli castano chiaro e gli occhi azzurri, con alcune cicatrici sul volto, che fissava in silenzio la casa che aveva di fronte con le mani in tasca. Portava abiti babbani, dei semplici jeans chiari con sopra un maglione verde scuro, scarpe da ginnastica bianche e un cappotto nero. Ogni tanto lanciava un'occhiata dietro di sé, come se avesse la sensazione di essere osservato. Allora il suo sguardo si faceva leggermente accigliato, per poi tornare ad osservare la casa con apparente tranquillità.
Harry riuscì a scorgere sua zia dalla finestra, più giovane di vent'anni. Passeggiava su e giù per la stanza, tenendo appoggiato ad una spalla un bimbo che piangeva. Il suo primo pensiero fu che la donna stesse cullando il figlioletto Dudley, ma poi notò che i capelli del piccolo non erano biondi, bensì di un nero corvino. Harry non avrebbe mai immaginato di vedere sua zia trattarlo in modo così dolce... così materno. Petunia non sorrideva, eppure la sentì intimargli di non piangere senza rivolgergli il solito tono stizzito di sempre, mentre canticchiava una stonata ninna nanna.
Con un nodo alla gola, si voltò, e vide un anziano mago avanzare lentamente verso Lupin.
"Ciao" disse lui affabile, senza voltarsi.
"Ciao, Remus" rispose Silente sorridendo. Si fermò accanto al ragazzo, che continuò ad osservare la finestra.
"Bella serata, non è vero?" disse Silente.
Lupin emise un piccolo sbuffo che sembrava una risata.
"Ti prego, Albus, non fare l'inglese che parla del tempo per esordire ogni discorso"
Silente ridacchiò.
"Allora, che fai qui?" chiese gentilmente.
Lupin scrollò le spalle.
"Sono appena stato da Frank ed Alice" disse.
Silente annuì semplicemente.
"Frank mi ha parlato..." continuò Lupin. "Cose senza senso, ovviamente... Ma per un attimo ho creduto che..." si interruppe e guardò in basso. Deglutì a fatica, e riprese: "...Che mi riconoscesse"
Silente lo guardò compassionevole, ma non disse nulla.
"Alice, invece," disse Lupin tenendo lo sguardo fisso sui propri piedi, "non parla. Distribuisce solo la carta delle caramelle a destra e a manca. Chissà, forse..." rialzò gli occhi. "Forse la dà solo alle persone che sente vicino, in qualche modo..."
Silente gli mise una mano sulla spalla, e disse:
"Purtroppo non possiamo fare altro per loro, Remus"
„È così ingiusto...”
“Lo so... Lo so”
Ci fu un lungo silenzio. Poi Lupin chiese:
"È sicuro che...?“. Lasciò la frase in sospeso.
„Sì, Remus. Harry dev'essere affidato a loro. Non c'è altra scelta“
Lupin sospirò.
"Volevo solo... salutarlo... per l'ultima volta..."
"Allora è deciso? Vuoi andartene?” chiese Silente con una nota di amarezza nella voce.
Lupin annuì deciso. “Sì, Albus. Io... io non ce la faccio...io...”. Si massaggiò la fronte, gli occhi chiusi. “Se non posso vederlo, allora la mia presenza qui è inutile”
“Mi dispiace, ma gli zii di Harry non sono molto inclini a...”
“... A quelli come me”
“... A tutto ciò che riguarda il nostro mondo, compresi i maghi come te”
Lupin non rispose.
"Non è detto che i vostri destini non si incrocino un'altra volta, Remus" continuò Silente. Sospirò piano e disse:
„Sono sicuro che, un giorno, quel bambino avrà bisogno di te. Tu ci sarai?”
Lupin lo guardò, ma non disse nulla. Silente gli mise di nuovo una mano sulla spalla, poi si voltò e prese a camminare. Pochi istanti dopo, era sparito. Lupin stette a fissare la casa ancora per un po', ma si era fatto buio, e le luci nelle finestre si erano spente. Sussurrò:
“Fino alla fine”
E anche quel ricordo svanì in un denso fumo grigio...
 
 
 
 
 
Angolo autrice:
Ehilà, gente! Perdonate la mia assenza. Mancanza di ispirazione, come al solito. Questo capitolo è molto corto, lo riconosco, e non succede nulla, è solo una spiegazione. Di cosa, lo sa chi ha letto, altrimenti lo saprete presto ;) Sì, Remus va via :'( Povero, ciò che è successo a Frank ed Alice è stato il colpo di grazia.
Un grazie mille a chi Segue la storia, a chi la Preferisce, a chi la Ricorda, a chi ha recensito e a chi recensirà :) 

 

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Capitolo 11
*** Colloquio di lavoro ***


 La scena cambiò di nuovo...
Harry si ritrovò in un luogo alquanto familiare, che riconobbe come i Tre Manici di Scopa. Era meno affollato di quando vi si recava lui stesso durante le gite a Hogsmeade, forse perché non era gremito di studenti. Si guardò attorno e vide Silente e Lupin seduti a un tavolo poco lontano. Senza curarsi di aggirare i tavoli, dal momento che poteva passarvi attraverso, si avvicinò. A quanto pareva si erano appena incontrati, perché Silente stava dicendo:
“Come stai, Remus?”
“Bene, grazie, e tu, Albus?” rispose Lupin con un sorriso. Harry notò che aveva i capelli meno ingrigiti e l’aspetto meno trasandato, ma non era molto diverso dalla prima volta che lo aveva incontrato, e capì: doveva essere l’estate prima del suo terzo anno a Hogwarts.
“Oh bene, mi avvicino ai centododici, ormai” disse Silente, sorridendo anche lui.  
Lupin gli rivolse uno sguardo di ammirazione: “Te li porti benissimo!”
Silente rise, e apparve Madama Rosmerta, anche lei come Harry la ricordava:
“Buongiorno, Albus!” salutò. “Remus Lupin! Che sorpresa! Quanto tempo è passato... “
“Ciao Rosmerta” disse Lupin.
“Allora, cosa vi porto?”
“Due delle tue ottime Burrobirre, direi” disse Silente. “Offro io” aggiunse guardando Lupin con uno sguardo eloquente.
“Bene” disse Madama Rosmerta, e si allontanò.
Dopo un po’ si silenzio, Silente disse:
“È passato molto tempo. Mi sembra che tu stia meglio, dall’ultima volta”
“Oh beh, alti e bassi... La vita continua, Albus” rispose Lupin. “A cosa devo l’onore?”
“Sono qui per offrirti un lavoro” disse Silente.
Lupin rimase interdetto. “Un lavoro?” disse.
“A quanto ho sentito, il Ministero non sta favorendo molto i Lupi Mannari, vero?”
Lupin fece un sorriso un po’ obliquo: “A quanto pare, secondo Dolores Umbridge non possiamo fare i lavori troppo...” guardò verso l’alto, come a sforzarsi di ricordare. “... sociali. Come lavorare in un bar, o in una locanda... Si corre il rischio di far fuggire la clientela”
“Di’, ti piacerebbe tornare a Hogwarts?”
Ci fu un attimo di silenzio. “Merlino, hai licenziato Gazza?” chiese Lupin incredulo.
“Non ti sto offrendo il posto di guardiano” rispose Silente, “ma di professore”
Professore?
Silente annuì. “Di Difesa Contro le Arti Oscure. Se ben ricordo, hai preso Eccezionale sia al G.U.F.O. che al M.A.G.O. nella materia, e dicono che in questi anni tu ti sia specializzato nelle Creature Oscure”. Esitò, poi aggiunse: “Eri un valido membro dell’Ordine della Fenice”
Qualcosa si incrinò nel volto di Lupin, ma quando parlò, la sua voce era tranquilla: “Vedo che non ho bisogno di presentare il mio Curriculum”
Madama Rosmerta tornò con due boccali di Burrobirra. “Prego”
“Grazie Rosmerta” disse Silente. I due alzarono i boccali e bevvero. Il preside si assicurò che Rosmerta si fosse allontanata, poi disse:
“Hai letto i giornali, immagino”
Lupin abbassò lentamente il boccale. Non sorrideva più.
“Sì, ho letto” disse con voce stranamente fredda.
“Sai che sta cercando Harry”
Lupin non rispose.
“Harry avrà bisogno della massima protezione” continuò Silente.
“Tu e Hogwarts fornite già la massima protezione” disse Lupin asciutto, guardando il boccale.
“Sirius Black è fuggito da Azkaban, e nessuno riesce a immaginarsi come ci sia riuscito” replicò Silente. Harry notò che Lupin strinse con più forza il boccale tra le mani. “Se è determinato a uccidere Harry, non credo che si fermerà davanti a niente, neanche di fronte a me o ai Dissennatori. Comunque, non sto parlando solo della protezione fisica. Sai che cosa ha fatto Sirius...”
“Non c’è bisogno di ricordarmelo” lo interruppe Lupin brusco.
“È il figlio del tuo migliore amico” insisté Silente. “L’hai conosciuto che era appena un neonato. Gli sei più vicino di quanto tu stesso voglia ammettere, Remus. Ha bisogno di te”
Lupin deglutì, gli occhi improvvisamente lucidi.
“Tu non sai quello che ho passato” sussurrò lentamente, senza smettere di fissare il boccale. “Tutti questi anni... ho cercato di voltare pagina...di ricominciare a vivere senza di loro”. Sospirò, e guardò di nuovo Silente negli occhi, l’espressione addolcita. “Credo sia arrivato il momento di affrontare il passato”. Sorrise e disse: “Va bene. Tornerò a Hogwarts”
Silente ricambiò il sorriso: “Mi fa immensamente piacere” disse. “Se lo desideri, posso provvedere alla tua protezione...”
“Non è necessario” lo interruppe Lupin. “Non ho paura di Black”. Harry notò che non chiamava Sirius per nome. Lupin volse lo sguardo alla finestra dei Tre Manici di Scopa, da cui Harry riuscì a scorgere la Stamberga Strillante: “Non è lui che mi preoccupa...”
“Oh, so a cosa stai pensando...” disse Silente allegro. “Non dovrai più preoccuparti delle trasformazioni, d’ora in poi”
“In che senso?” chiese Lupin.
“Vedi, non so se hai seguito i recenti sviluppi nella cura contro la Licantropia, Remus, ma... Pare che recentemente abbiano trovato un rimedio eccezionale”
“Ah, intendi la Pozione Antilupo...” annuì Lupin. “Sì, ne ho sentito parlare. Purtroppo quasi nessuno sa come prepararla, io per primo”
“Ecco, ci sarebbe qualcuno a Hogwarts che sia in grado di farlo” disse Silente.
Gli occhi di Lupin sembravano brillare di speranza mista a incredulità. “Davvero? Ma...ma gli ingredienti sono quasi impossibili da trovare...”
“Non preoccuparti di questo, la persona in questione ha i suoi metodi” disse Silente.
Lupin sembrava non credere alle proprie orecchie. “C-cioè, tu mi stai dicendo che... che riuscirei a mantenere il controllo durante la luna piena? Che non dovrò più...rinchiudermi da qualche parte, che... non dovrò più aver paura di fare del male a qualcuno?”
“Precisamente” esclamò Silente.
“Albus, questo... Questo significa moltissimo per me. Io...non so come ringraziarti...”
“Non ce n’è bisogno” disse Silente. Sospirò. “È così che volevo vederti, Remus. Felice come tanti anni fa, quando ti dissi che non c’era motivo per cui non avresti potuto studiare a Hogwarts”
Lupin fece un gran sorriso. “Ventidue anni fa...” disse malinconico. “Posso sapere chi è il genio che preparerà la Pozione?”
Dopo qualche secondo di silenzio, Silente disse: “Severus Piton”
Il sorriso svanì dal volto di Lupin, lasciando spazio allo scetticismo: “Stai scherzando”
“No. Se ti ricordi, prima che finisse la guerra, Severus passò dalla nostra parte e costituì un prezioso aiuto nella lotta contro Voldemort. Ora è il professore di Pozioni a Hogwarts”
Lupin restò per un po’ in silenzio, come se stesse riflettendo. Poi chiese: “Ti fidi di lui?”
“Più di me stesso” rispose semplicemente Silente con tono fermo.
“Allora anch’io mi fiderò di lui” disse Lupin tranquillo, e, dopo aver alzato di nuovo i boccali, i due continuarono a bere in silenzio.
 

 

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Capitolo 12
*** In Sala Professori ***


 Ci fu un altro vorticare di luci e suoni, ed Harry si ritrovò ancora una volta ad Hogwarts. Questa volta riconobbe la Sala Professori. Vi erano solo due persone all’interno: una era Lupin; l’altra era Severus Piton.
Lupin stava controllando dentro il guardaroba dei professori,  per poi richiuderlo deluso. Piton era chino sulla scrivania, intento a scrivere su dei fogli. Harry si avvicinò e lesse alcuni nomi: erano i compiti in classe dei Corvonero.
A un tratto, il mago alzò il capo e guardò Lupin irritato, mentre quest’ultimo spostò con cautela l’armadio.
“Si può sapere cosa stai facendo?” sbottò.
“Sto cercando un altro Molliccio” rispose Lupin tranquillamente.
“E come speri di trovarlo?” chiese Piton tornando a correggere i compiti.
“Beh” disse Lupin con aria leggermente accigliata, mentre si piegava per controllare i cassetti di uno scrittoio, “a meno che qualcuno non riesca a far entrare un satellite in un cassetto...”
“Intendevo ‘come speri di trovarlo in questo castello?’” precisò Piton con lo stesso tono irritato. “Ci saranno migliaia di cunicoli...”
“Oh beh, chi cerca trova!” rispose allegro Lupin. “Ci sono già riuscito una volta, mi sembra...”
Harry riuscì a stento a trattenere una risata, mentre Lupin lanciava un’occhiata in tralice a Piton, il quale per tutta risposta prese a scrivere con più foga, mantenendo ostinatamente la testa china sulla pergamena.
“Andiamo, Severus, non sarai ancora arrabbiato per quel Molliccio...” disse Lupin rialzandosi e guardandolo apertamente.
“Quale Molliccio?” disse Piton a denti stretti, senza smettere di scrivere.
Lupin sospirò, e disse: “Non ti sembra che quel ragazzo abbia già sofferto abbastanza?”
Piton alzò finalmente la testa. Aveva un’espressione risentita sul volto, ma non rispose.
“Non fingere di non saperlo” disse Lupin tristemente. “Sai cosa è successo a Frank ed Alice Paciock...”
Piton riprese a scrivere.
“Io non lavoro per i Servizi Sociali, Lupin” disse con una nota di disprezzo nella voce. “Sono qui per insegnare. E Paciock non mostra la minima capacità dei suoi genitori. Se non vivesse con sua nonna, mi chiederei di chi fosse il figlio...”
Lupin si accigliò di nuovo, ma non rispose. Forse pensava, come Harry, che non era il caso di ricordare a Piton i progressi che Neville aveva fatto contro il Molliccio. Probabilmente si stava anche chiedendo cosa fossero i Servizi Sociali.
“Come va la Pozione?” chiese Piton bruscamente, come desideroso di cambiare argomento. Lupin fece un sorriso un po’ obliquo.
“E da quando ti interessa la mia salute?” chiese.
“Non mi interessa, infatti” sbottò Piton. “Bisogna sempre informarsi sui sintomi delle proprie pozioni, anche se...” aggiunse con un sorriso soddisfatto, “...non dovrebbe essere riscontrato alcun errore”
“Quanta modestia...” commentò Lupin sarcastico. “Comunque, ti informo che la tua Pozione è perfetta, Severus. Davvero, non avevo mai provato una sensazione del genere...” si bloccò di colpo, perché Piton aveva alzato gli occhi al cielo, impaziente.
“Scusa, hai ragione, non ti interessa” si affrettò a dire Lupin. Esitò:
“Comunque... per quello che vale... grazie, Severus”
Piton rialzò lo sguardo. “Non lo faccio per te”  disse sprezzante.
“Certo, lo so” disse Lupin divertito dal suo orgoglio. “Che non si venga mai a sapere che Severus Piton fa un favore a un Lupo Mannaro! A proposito...”
“Di’, non dovevi cercare un Molliccio?” sbuffò Piton, continuando a scrivere.
“Davvero una splendida lezione quella dell’altra volta” continuò Lupin ignorando l’interruzione. “Io stesso non avrei saputo fare di meglio. Da quando i Lupi Mannari sono tra le tue Creature Oscure preferite?”
“Da quando me ne sono ritrovato uno di fronte” ribatté acido Piton.
“Già, è successo anche a me!” esclamò Lupin, con finto entusiasmo. “Hanno il loro fascino, vero?”
Gli occhi di Piton erano ridotti a fessure, ma poi sorrise maliziosamente:
“Volevo farti un favore...”
Lupin rise:
“Sì, come no. Chissà, avrai fatto venire gli incubi a quei ragazzi...”
“Non quanti dovresti averne tu, ad ogni modo” sibilò Piton.
Il sorriso svanì dal volto di Lupin, lasciando spazio all’amarezza. A quanto pareva, aveva toccato un nervo scoperto.
Piton alzò lo sguardo.
“Che cosa nascondi, Remus Lupin?” sussurrò.
“Lo sai cosa nascondo” disse Lupin, con una leggera nota di tristezza nella voce.
“A parte la Licantropia” ribatté Piton. “Sirius Black evade da Azkaban ed eccoti qui, professore di Difesa Contro le Arti Oscure a Hogwarts...”
“Avevo bisogno di uno stipendio” disse Lupin. La sua espressione era tranquilla, ma non vi era più l’ombra di un sorriso.
“Come mai ti rifai vivo dopo dodici anni?” domandò Piton sempre con la stessa malizia nella voce.
“Cos’è, dovevo mandarti un gufo ogni tanto?” chiese sarcastico Lupin.
Piton sogghignò, poi disse: “Io non sono Silente, Lupin...”
“Ma va?”
“Cos’è che è andato storto, eh?” continuò Piton. “Non hai ricordato al tuo amico che la Signora Grassa richiede una parola d’ordine?”
“Sono dodici anni che non dico qualcosa a Black” sottolineò Lupin, con voce stranamente fredda.
Piton posò la piuma con cui scriveva, raccolse i rotoli di pergamena e si avvicinò a Lupin, guardandolo intensamente. Lupin sostenne il suo sguardo penetrante, con un’espressione quasi compassionevole. Sospirò e scosse il capo.
“Guarda dove siamo arrivati, Severus” sussurrò. “Usi così spudoratamente la Legilimanzia, adesso? Sei così accecato dall’odio... Odi me, odi Harry, odi metà degli studenti di questa scuola... Cos’ha spinto Silente a fidarsi di te nonostante fossi un Mangiamorte?”
Piton non abbassò lo sguardo, ma non aveva più la malizia sul volto. Sembrava completamente spiazzato da quella domanda, anche se cercava di non darlo a vedere.
“Ecco” continuò Lupin piano, “ora siamo sulla stessa scopa”
 “È senso di colpa quello che vedo, Lupin?” chiese Piton curioso. Finalmente Lupin distolse lo sguardo, guardando in basso. Poi sorrise di nuovo e alzò gli occhi.
“Per cose che spero tu non capirai mai, Severus”
“Non ci tengo proprio a diventare come te” precisò l’altro. Lupin continuò a fissarlo tranquillo. Piton gli rivolse un ultimo sguardo sprezzante, poi si voltò e uscì dalla Sala Professori sbattendo la porta.
Lupin restò immobile per un po’, continuando a fissare la porta. Poi, lentamente, andò verso la scrivania e si sedette, prendendosi la testa tra le mani. Sembrava molto stanco, come se l'incontro con Piton gli avesse prosciugato tutta l'energia. Si alzò di nuovo e andò alla finestra. Da lì, Harry poté scorgere gran parte dei terreni della scuola, tra cui il Platano Picchiatore. Seguì lo sguardo di Lupin e si accorse che era proprio quello che stava guardando, con un’espressione malinconica. A un tratto, Harry trasalì, sentendo delle voci. Voci di ragazzi, provenienti dal nulla. Gli sembrava di averle già sentite...
“Lunastorta, stanotte ci hai fatto prendere un colpo!”
“Ma dove volevi andare? Per poco non incrociavamo i Centauri...”
Risate.
“Voi state bene?”
“Chi, noi? Scherzi? Mai stati meglio!”
“Anche oggi nemmeno un graffio! Stai migliorando, Lunastorta!”
“Ramoso, non montargli la testa, altrimenti il prossimo mese vorrà fare un salto ai Tre Manici di Scopa...”
Altre risate.
“E tu, Felpato, smettila di imitarmi. Ricorda che solo io posso ululare alla Luna...”
“L’ululato di lupo non si batte!”
Le voci si dissolsero. Pochi secondi dopo, anche quel ricordo svanì, ma Harry era sicuro di aver visto una goccia cadere silenziosamente sul davanzale della finestra.
 
 

 
 

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Capitolo 13
*** Nei guai (guai grossi) ***


Note dell’autrice (*si prostra ai piedi dei lettori*)
Io. Chiedo. Umilmente. Perdono. Chiedo perdono per la mia mostruosa assenza imperdonabile. Ho così tante motivazioni e giustificazioni da averle dimenticate quasi tutte, le uniche rimaste sono: mancanza di Ispirazione all’inizio, poi si è riaccesa la lampadina ma è venuto a mancare all’affetto della sottoscritta il Tempo. Poi ho mandato tutto al diavolo, e spazzar via lo spesso strato di stress miscelato all’orlo di una crisi di nervi, per poi tornare a scrivere (e leggere!) dopo tanto tempo, è stato come scalare l’Everest. Poco mancava che chiedessi aiuto a Mary Poppins. Letteralmente. Ma eccomi qui, sono tornata, e per redimermi vi ho pubblicato questo capitoletto che spero vi piaccia.

 
 
 
 
Fu alquanto ironico scoprire di essere stato catapultato in un’aula di tribunale proprio come la prima volta in cui Harry ficcò il naso – in tutti i sensi – nel Pensatoio. Per non parlare della spiacevole circostanza reale in cui vi era stato convocato lui stesso: era la stessa stanza spigolosa e lugubre, con al centro una sedia munita di catene incantate circondata da panche gradualmente rialzate come un piccolo stadio. Proprio come il giorno dell’udienza di Harry, erano presenti una cinquantina di persone, di cui la maggior parte indossava toghe violacee. Fu leggermente sorpreso di riconoscere tra loro lo sguardo sereno di Albus Silente, quello sprezzante di Severus Piton e perfino la faccia ansiosa di Minerva McGranitt. Nel momento in cui il resto del ricordo si faceva più nitido, Lupin superò Harry senza vederlo, e avanzò a passo sicuro verso la sedia centrale. Mentre camminava, il ragazzo lo scrutò per avere una prima idea del contesto in cui si trovavano. A quanto pareva, era ancora il 1994, poiché l’uomo non era diverso dalle memorie di poco prima: le fugaci occhiate rivolte al particolare pubblico che lo fissava tradivano una certa apprensione dietro l’espressione affabile del viso segnato. Il fuoco delle torce illuminava a giorno l’ambiente, evidenziando le ombre scure sotto gli occhi in contrasto col suo consueto pallore. Sotto lo sguardo dei presenti, leggermente in rialzo rispetto a lui, Lupin si sedette lentamente al suo posto. Immediatamente le catene si mossero e, nonostante lo scatto istintivo delle sue braccia, riuscirono ad avviluppargli i polsi, inchiodandolo nella loro morsa. La sua espressione imperturbabile fu attraversata da una momentanea smorfia d’indignazione, le sopracciglia corrucciate e le labbra contratte, prima di tornare apparentemente tranquilla. Harry scorse la McGranitt che al contrario manifestò la sua incredulità con uno sbuffo sarcastico e scuotendo il capo, mentre le labbra di Piton si incurvavano verso l’alto. D’altra parte, i membri del Wizengamot osservavano l’imputato con reazioni diverse: alcuni erano palesemente disgustati da quella sua aria malata e dalla sua formale veste da mago di un grigio ormai scolorito, e ostentavano un cipiglio severo; altri si stavano scambiando sussurri timorosi, altri ancora sembravano quasi compassionevoli, mentre i restanti parevano esprimere sincero interesse e assottigliavano con attenzione le palpebre o si accarezzavano le labbra. Harry decise di posizionarsi dietro i suoi vecchi insegnanti, e in quel momento un anziano mago baffuto dall’aspetto vigoroso si alzò dal centro della prima fila.
“Silenzio” sbuffò con voce profonda, sebbene i presenti tacevano da diversi secondi. “Udienza preliminare del diciotto giugno 1994” cominciò parlando forte e chiaro, e una giovane dai corti capelli biondi seduta poco distante prese a scrivere freneticamente, “per accusa di reato colposo in violazione del Codice di Comportamento dei Lupi Mannari del 1637, nonché per sospetto di favoreggiamento personale nei confronti dell’evaso Sirius Black, condannato all’ergastolo per pluriomicidio nel 1981 e tuttora latitante”.
Subito si levò un mormorio agitato, e i maghi cominciarono a parlottare tra loro. Harry udì la McGranitt che sussurrava istericamente a Piton: “Favoreggiamento? Diamine, ma Silente aveva già chiarito...!”. Nel frattempo Lupin aveva alzato le sopracciglia e aperto leggermente la bocca in un’espressione di pura sorpresa, prima di irrigidirsi e far scorrere nervosamente gli occhi sulla giuria. Sembrava aver smesso di respirare.
“Silenzio!” sbottò di nuovo il mago anziano, e di nuovo i membri del Wizengamot si zittirono. “Inquisitori:” continuò leggendo le carte sul proprio banco, “Harvey Francis Braxton, Direttore dell’Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche, sostituente il Ministro della Magia Cornielius Oswald Caramell; Amelia Susan Bones, Direttore dell’Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia; Scrivano della Corte: Galaxy Renée Sullivan. Testimoni per la Difesa: Albus Percival Wulfric Brian Silente, che oggi rinuncia temporaneamente alla carica di Stregone Capo del Wizengamot; Minerva McGranitt e Severus Piton, professori ed ex-colleghi dell’imputato alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts”. L’uomo alzò lo sguardo inespressivo verso Lupin, che fece un profondo respiro.
“Imputato: Remus John Lupin, appartenente alla sottodivisione Bestie in quanto Lupo Mannaro, registrato come tale dal 1982, al momento dell’accusa appena dimesso dalla cattedra di Difesa Contro le Arti Oscure di Hogwarts. Corretto?”.
Lupin annuì una volta, rispondendo con voce ferma: “Sì”.
“Beh, sì” borbottò di nuovo la McGranitt. “Poco importa se al momento è un Essere in quanto Umano...”. Piton la zittì premendosi un dito sulle labbra.
“Dunque...”. Harvey Braxton studiò un paio di fogli. “Lei è accusato di aver violato la terza legge del suddetto Codice che vieta ai Licantropi di trasformarsi in presenza o nelle vicinanze di esseri umani in assenza di precauzioni che ne preservino l’incolumità. Corretto?”
“Sì” ripeté Lupin, abbassando per un attimo le iridi chiare. Harry sbuffò involontariamente con impazienza, tenendo le mani in tasca: non solo trovava alquanto incredibile che fosse stato avviato un intero processo grazie alla casuale rivelazione di Piton ai suoi studenti, ma il tono enciclopedico e superiore con cui l’inquisitore si rivolgeva al suo amico cominciava a dargli sui nervi. Fu Amelia Bones a proseguire l’interrogatorio. Chinò leggermente il capo e si sporse in avanti aggiustandosi il monocolo, come a voler parlare con Lupin faccia a faccia, per quanto la sua posizione in alto glielo impediva.
“Da quanto tempo è affetto da Licantropia, signor Lupin?” domandò tranquilla.
Lupin deglutì, ma rispose: “Da quindici anni”. Harry fece un rapido calcolo: se lui e suo padre erano del 1960... Lupin era stato morso più o meno a diciannove anni. Ma non era un bambino quando fu aggredito da Greyback?
“Qui risulta che ha dichiarato la sua condizione al Ministero dopo due anni. Può dirci il motivo?” chiese Madama Bones.
“Era già scoppiata la guerra quando fui aggredito” disse Lupin senza staccare gli occhi dalla strega. “Da quel che ricordo non c’era molta libertà all’epoca, si temeva perfino di uscire di casa. Ammetto di aver pensato che non era il caso di dichiararsi ufficialmente una Creatura a cui Voi-Sapete-Chi dava la caccia”. Ma certo, pensò Harry. Se il Ministero faceva storie per pochi anni di clandestinità, figuriamoci per tutto il tempo in cui Lupin aveva studiato a Hogwarts. Probabilmente aveva fatto combaciare il contagio col periodo di guerra in modo da sembrare più plausibile.
“Ha sempre preso le dovute precauzioni durante la luna piena?” s’intromise Braxton col suo tono saccente.
“Sì, certo” annuì di nuovo Lupin.
“Ad esempio?”.
Lupin sbatté le palpebre e abbassò gli occhi un altro istante. “Come raccomandato dall’Unità di Cattura:” rispose guardando davanti a sé, “trasformarsi in un locale sigillato da incantesimi protettivi e resistente agli attacchi esterni e interni”. Mentre parlava agitò la mano destra quel poco che le catene gli permettevano, ed Harry notò in quel momento che era avvolta in una benda. La McGranitt si morse il labbro e fece un lento respiro tremolante.
“Nonostante tutto” continuò Braxton, “Lei è entrato ad Hogwarts l’anno scorso in veste di insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure...”
’Nonostante tutto’?” ripeté Lupin accigliato, ruotando leggermente il capo con educata perplessità.
“...Perché?” completò Braxton ignorandolo.
Lupin alzò un sopracciglio: “Non è un reato per un Lupo Mannaro insegnare, o sbaglio?”
“Risponda alla domanda” disse Braxton perentorio.
“Il professor Silente mi ha offerto il posto poco prima dell’inizio dell’anno scolastico” disse Lupin, tornando apparentemente calmo.
“E’ vero?” Braxton si rivolse a Silente. Quest’ultimo sorrise amabile e confermò:
“Sì, è vero. Ricordavo l’eccellente abilità e diligenza del signor Lupin quando era studente, il che gli permise di ottenere i voti più alti sia nei G.U.F.O. che nei M.A.G.O., oltre alla sua naturale predisposizione per la didattica” aggiunse mentre il sorriso gli si allargava. Le guance di Lupin assunsero una tonalità rosea.
“Non ha pensato, signor Lupin, che la sua malattia mettesse in pericolo gli studenti, la maggior parte dei quali è minorenne?” chiese Braxton assottigliando lo sguardo con aria di rimprovero. A Harry parve di scorgere un lampo di dolore negli occhi di Lupin, ma quando parlò la sua voce era ferma.
“Ovviamente” disse lapidario. Qualcuno sbuffò scettico, qualcuno scosse la testa, qualcun altro si limitò a storcere la bocca. Braxton mosse il capo in avanti e alzò le sopracciglia, come un adulto che incita un bambino a proseguire. Lupin sospirò piano, paziente.
“Il professor Silente mi assicurò che avrei potuto assumere la Pozione Antilupo ogni mese, in modo da non costituire un pericolo per gli abitanti del castello” precisò.
“La Pozione Antilupo permetterebbe ai Lupi Mannari di mantenere il controllo durante la trasformazione, dico bene?” chiese Amelia Bones.
“Sì” Lupin annuì di nuovo, “anche in forma di lupo si è in grado di basarsi sul proprio giu...”
“Chi gliela forniva?” lo interruppe Braxton.
“Il mio collega, il professor Piton” rispose Lupin, voltandosi verso quest’ultimo, che distolse lo sguardo infastidito.
“Ed è sicuro che fosse efficace?” domandò rapidamente Braxton.
“Sì, era...”
“La assumeva regolarmente?”
“Certo, il profess...”
“Ha le prove di ciò?”
Lupin aprì la bocca per rispondere, aggiustando le gambe a disagio per tutti quegli interrogativi insistenti, ma Madama Bones alzò una mano.
“Ascolteremo il teste tra poco per la conferma” disse a voce alta e pacata, scoccando un’occhiata severa a Braxton. “Ci racconti cos’è successo il sei giugno, signor Lupin. La notte in cui Sirius Black ha aggredito i ragazzi”
Questa volta Lupin non rispose subito. Cercò di placare il respiro e di mascherare nuovamente l’ansia che gli si era dipinta sul volto. Si umettò le labbra e riprese a parlare:
“Erano appena terminati gli esami di fine anno, e quella sera si sarebbe tenuto l’appello per Rubeus Hagrid, il professore di Cura delle Creature Magiche, e il suo Ippogrifo”
Il timore di Harry per l’esito dell’udienza fu sopraffatto dalla curiosità: quale sarebbe stata la versione di Lupin?
“Sono stato un adolescente anch’io, e sapevo che Harry Potter era molto affezionato all’insegnante” continuò Lupin con voce lenta e chiara, come a soppesare le parole. “Inoltre si sospettava che Sirius Black si aggirasse nei pressi della scuola per attaccare da un momento all’altro: perciò ho ritenuto prudente lasciare sulla scrivania un biglietto al professor Piton, che di lì a poco mi avrebbe portato la pozione, informandolo dei miei sospetti per cui il ragazzo e i suoi amici sarebbero usciti dal castello oltre l’orario consentito per far visita al professor Hagrid”. Deglutì e strinse involontariamente le catene che gli bloccavano gli arti. “Mentre raggiungevo la sua dimora, però, notai che i rami del Platano Picchiatore erano immobili. Quando ero studente si diceva che si fermassero solo se qualcuno riusciva a intrufolarsi nel buco sotto le radici. Mi prese il panico: se erano nei territori della scuola, i ragazzi non potevano essere a casa di Hagrid, perché il sole era tramontato e come minimo il Ministro doveva essere ancora lì dopo l’esecuzione. Decisi di andare a controllare, mentre il pensiero di Sirius Black mi ossessionava...”
Harry ascoltò a bocca aperta il fiume di menzogne che Lupin lasciava scorrere con finta naturalezza. Era un abile bugiardo, non c’erano dubbi. Mischiava le sensazioni reali alle false ma logiche motivazioni, in un quadro assolutamente verosimile.
“Scoprii il passaggio segreto di cui si vociferava” riprese Lupin con innocente convinzione. “Non avrei mai pensato di ritrovarmi nella Stamberga Strillante, ma a giudicare dall’ambiente e dall’orientamento, il corridoio sotterraneo portava proprio lì. E trovai proprio quello che temevo...” la voce si fece grave. “Sirius Black era lì con Harry Potter, Ron Weasley ed Hermione Granger...”. Lupin esitò.
“E poi?” chiese Braxton incalzante. Era vergogna quella che spinse Lupin ad abbassare brevemente lo sguardo?
“Sono stato disarmato” riprese, ed Harry seppe che l’amico era vittima di un’ennesima guerra interiore: mentire e accusare Sirius per il quale, forse, non c’era possibilità di riabilitazione? O seguire i principi di lealtà che forse avrebbero trascinato un Lupo Mannaro in pasto ai Dissennatori?
“Da chi?” s’intromise Amelia Bones. Era ormai chiaro che non avrebbero nascosto i sospetti di favoreggiamento che avevano a priori.
“Io...”. Harry notò che Silente fissava Lupin con espressione addolorata e scuoteva impercettibilmente il capo. “I-io non lo so...” rispose quest’ultimo. “Un secondo dopo il professor Piton era nella stanza ed è stato disarmato anche lui, ma in modo più violento”
Harry diede un’occhiata al professore che per anni aveva detestato: teneva le braccia incrociate e puntava Lupin come una cerbottana che scagliava dardi velenosi, ma a parte questo, non diede segno di disaccordo.
“Secondo la prima testimonianza del professor Piton” disse Madama Bones con aria perplessa, “sono stati i ragazzi ad aggredirlo”.
“Credo che fossero Confusi...” disse Lupin, e le spalle si rilassarono un poco. Non gli era rimasta scelta se non incolpare il suo migliore amico.
“E poi cos’è successo?” sbottò di nuovo Braxton. Harry digrignò i denti e cominciò a cantilenare dentro di sé “E’ solo un ricordo...” come un mantra. Non lo sopportava più, quel tipo.
“Siamo usciti dalla Stamberga Strillante” rispose Lupin, “e...”. Si interruppe di nuovo. Distolse nervoso lo sguardo, la mano sinistra che grattava inconsciamente il bracciolo di legno.
“Ed è sorta la luna piena” completò per lui Madama Bones, “perché il professor Piton non Le portò mai quella pozione”. Lupin annuì guardandola.
“Si ricorda cos’è successo mentre non era in forma umana?” chiese lei. Harry apprezzò il suo tono educato e i termini eufemistici con cui si rivolgeva all’imputato, nonostante la stanza fosse impregnata dell’odore del pregiudizio.
“Ma certo che se lo ricordano...” sbuffò Braxton, gli occhi incollati ai documenti che sfogliava  distrattamente. Amelia Bones lo fulminò con lo sguardo, e lui ricambiò l’occhiataccia.
“Mi creda” le disse muovendo il capo con fare scettico, “ho abbastanza esperienza nel controllo delle Creature Magiche da saperlo”
“Non mi sembra un buon motivo per non condurre un interrogatorio in modo professionale, per di più nei confronti di una persona incensurata” ribatté l’altra, ed Harry sentì il fuoco dell’orgoglio divampare nel suo petto, mentre Lupin ascoltava con gli occhi che brillavano.
“Prego, risponda” Madama Bones si rivolse di nuovo a lui, ignorando le labbra arricciate del collega.
“Beh...” disse Lupin incerto, “di solito non c’è molto da ricordare... Sono episodi di... di autolesionismo... che durano ore, però...”. Madama Bones storse la bocca, come a sottolineare quanto fosse per lei irrilevante la precisazione. Lupin si raddrizzò sulla sedia, con espressione più sicura, e riprese: “...però ricordo sicuramente di aver inseguito Black che scappava nella Foresta Proibita. Poi qualcosa mi ha fermato... ci ha fermati entrambi credo...”. Lupin chinò la testa con uno sguardo concentrato, quasi volesse recuperare le proprie memorie dal pavimento. ”Mi ricordo di aver sentito freddo, molto freddo... di essermi sentito così debole da cadere a terra... e tutto si è fatto confuso, e ricordo di essermi mosso nella direzione opposta...”. Risollevò il capo e disse: “E poi nient’altro di particolare, ho vagato per la Foresta fino all’alba”.
“Da quel che risulta, quel freddo erano i Dissennatori che hanno aggredito Black e i ragazzi” annuì Madama Bones.
“E’ tutto?” domandò Braxton con forzata calma.
“Sì” rispose Lupin.
“Dunque...” ricominciò Braxton trafficando di nuovo con le sue carte, “Lei e Sirius Black avete frequentato gli stessi anni ad Hogwarts, è corretto?”
“Sì” disse Lupin lentamente, quasi con cautela.
“Quanto eravate legati?”
“Prego?” chiese Lupin perplesso.
“Eravate nello stesso dormitorio? Eravate vicini di banco? Vi frequentavate anche fuori le lezioni e durante le vacanze? Siete rimasti in contatto dopo gli studi?” domandò Braxton impaziente.
“Sembra che sappiate già la risposta...”
“Vogliamo sentirlo da Lei, Lupin”.
Lupin restò in silenzio qualche secondo. “Eravamo amici, sì” disse poi pacato.
“Frequentavate anche James Potter e Peter Minus, vero?”
“Sì”
“E poi cos’è successo?” ripeté Braxton atono. Di nuovo Lupin corrugò la fronte. Inspirò e pronunciò le parole in fretta, tutt’altro che ricercate come in precedenza:
“E poi Voi-Sapete-Chi è diventato potente e Lily e James Potter una volta terminati gli studi erano in pericolo, e Black è diventato il loro Custode Segreto e li ha venduti a lui”. La voce gli si incrinò, ma non smise di parlare. “Il giorno dopo si è scontrato con Peter Minus e l’ha ucciso insieme a dodici Babbani nel raggio di qualche metro”. Harry notò che gli occhi gli erano diventati lucidi, nonostante l’apparente distacco nel racconto. Sembrava essersi sfilato di netto una lama dal corpo nel vano sforzo di mitigare il dolore.  
“E Lei, signor Lupin...” Braxton esitò. “... Come ha reagito?”
Le labbra di Lupin tremarono appena.
“E’ stato devastante” disse in poco più di un sussurro. Ormai le iridi infuocate brillavano sotto la luce soffocante della segreta. Deglutì. “Black fu portato ad Azkaban, e io non l’ho più visto né contattato fino alla notte scorsa”
“Per quasi tredici anni, quindi” precisò Braxton, senza abbandonare il suo sguardo truce. “E cos’ha fatto per tutto questo tempo, signor Lupin? Come ha vissuto?”
Lupin aprì la bocca, ma la richiuse subito, e distolse bruscamente il viso, quasi Braxton l’avesse toccato.
“Vorrei sollevare un’obiezione” esclamò con freddezza Silente, alzandosi. “Come sottolineato dall’imputato stesso, il periodo dalla caduta di Lord Voldemort” – un fremito scosse la fila di maghi – “all’evasione di Sirius Black non ha alcun punto di contatto con quest’ultimo. E’ perciò assolutamente irrilevante come il signor Lupin abbia trascorso questi anni. Inoltre l’Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche è senz’altro informato di ogni movimento dei Lupi Mannari registrati nell’ultimo ventennio”
“Obiezione accolta” approvò Amelia Bones. “Signor Braxton, si limiti a domande pertinenti al caso ed eviti quelle ridondanti e retoriche” aggiunse aspra.
Harry non si sarebbe sorpreso se dalle narici dilatate di Braxton fosse uscito del fumo. Tuttavia disse: “Bene. Non ho altre domande”. E si sedette.
Madama Bones si massaggiò stancamente il setto nasale e annunciò: “Ascoltiamo i testimoni”
La McGranitt e Piton si alzarono insieme al Preside, l’una con le braccia lungo i fianchi e le dita delle mani compostamente incrociate, l’altro dritto come un palo che occhieggiava in tralice Silente.
“Professor Silente” cominciò Braxton, e improvvisamente abbandonò quell’atteggiamento di esasperante superiorità come un canotto afflosciato sulla riva. “Conferma alla Corte che quanto riferito dal signor Lupin corrisponde alla confessione di Black dopo l’aggressione di giugno?”
“No” rispose il preside con una nota di rammarico nella voce. “Come ho già espresso al Ministro della Magia, Sirius Black raccontò una versione completamente diversa, con la quale reclamava la sua innocenza. Sosteneva di non aver dato la caccia a Harry Potter, ma a Peter Minus, il quale avrebbe solo finto la sua morte per incastrarlo, poiché sarebbe lui il vero Mangiamorte e traditore di Lily e James Potter”
Altri sussurri concitati riempirono la sala come un vespaio.
“Silenzio...” disse Braxton a voce alta roteando gli occhi, e calò nuovamente il silenzio. “Il Ministro della Magia ha già messo a verbale questa dichiarazione, in effetti...” aggiunse pensieroso. “Professor Piton, Lei conferma la versione di Remus Lupin su quanto è successo?”
L’uomo annuì rigido, ma Harry si accorse che stringeva i pugni. “Confermo” disse glaciale. “Ho ripreso conoscenza e ho perlustrato i margini della Foresta. Non lontano ho trovato gli studenti e Black privi di sensi e li ho portati al castello. Non c’era traccia di... nessun altro
“Signor Lupin” disse Madama Bones, “Lei ha visto Peter Minus la notte del sei giugno?”
Harry trattenne il fiato.
“No” rispose Lupin risoluto scuotendo il capo. Il ragazzo, tuttavia, cominciò a notare il tremito delle sue mani appigliate alle catene.
“Crede che quanto confessato da Sirius Black sia vero? Che Peter Minus sia vivo e che sia un Mangiamorte?”
Lupin tacque, ormai incapace di nascondere il confuso tormento che lo stava consumando.
“Io...”. Deglutì. “Io non so cosa pensare” mentì infine, sospirando e abbassando il capo con tristezza. “E’... doloroso in ogni caso. Posso solo sperare che il Ministero scopra la verità”. Alzò lo sguardo con fierezza. “E posso solo assicurarvi che io non ho aiutato Sirius Black in alcun modo”
Nessuno parlò né si mosse per diversi secondi.
“Professor Piton” disse poi Braxton, “Lei ha mai nutrito sospetti nei confronti di Remus Lupin?”
Piton alzò un sopracciglio.
“Non posso negarlo” rispose pacato. “Tuttavia...” e per la prima volta guardò Lupin negli occhi, che mantenne il contatto visivo. L’espressione di entrambi era indecifrabile. “...Devo ammettere che si sono rivelati infondati a rigor di logica. Lupin era decisamente disarmato quando sono entrato nella Stamberga Strillante, e l’atteggiamento di Black nei suoi confronti non mi è sembrato amichevole”
Lupin parve ricominciare ad immettere aria nei polmoni, e i tratti del suo viso si addolcirono mentre fissava l’ex-collega.
“Professoressa McGranitt” si rivolse a lei Madama Bones, “può descriverci Remus Lupin in veste di studente e docente?”
L’insegnante alzò il mento e gonfiò il petto, lo sguardo che trasudava orgoglio come un soldato per la sua patria. “Era uno studente brillante e umile al tempo stesso, qualità che non ha perso col tempo nonostante la sua delicata condizione, come ho constatato io stessa” disse. “E’ tuttora molto stimato dai suoi ex-studenti per la pazienza e la dedizione con cui li coinvolgeva attivamente nelle lezioni, e ha sempre saputo dosare professionalità e umanità insieme. Personalmente lo stimo molto, sia come insegnante che come uomo”
Harry sorrise con tenerezza vedendo il volto di Lupin riprendere colore fino alla punta dei capelli ingrigiti mentre incollava la schiena alla sedia incantata e non osava posare gli occhi sulla professoressa. Silente sorrideva radioso.  
“Bene” sospirò Amelia Bones, alzandosi. “Il Wizengamot si prepari a votare”
Di nuovo l’ambiente si rianimò, mentre i maghi cominciarono a consultarsi tra loro, i dialoghi inframmezzati dal libero grattare delle piume e dallo scricchiolìo delle panche di legno.
“Va bene, ora silenzio” li richiamò con voce dura Madama Bones, e per l’ennesima volta sembrò che qualcuno avesse abbassato il volume di colpo. “La dichiarazione di colpevolezza per favoreggiamento personale prevede la condanna a cinque anni di reclusione ad Azkaban in una cella sorvegliata dalle guardie – con le dovute precauzioni contro la manifestazione mensile della Licantropia; la dichiarazione di colpevolezza per la sola violazione del Codice di Comportamento dei Lupi Mannari prevede il pagamento di una sanzione pari a cinquecento galeoni. In ogni caso, l’imputato verrà giudicato colpevole”
Lupin abbassò la testa, tenendo lo sguardo vitreo sulle proprie gambe. Non riusciva più a controllare il proprio respiro rapido e tremante, né a impedirsi di stringere convulsamente le catene che lo immobilizzavano. Perfino Harry aveva il cuore in gola mentre lo vedeva deglutire a fatica.
“Quanti a favore della condanna ad Azkaban?”
Harry prese a contare velocemente le braccia viola che si alzavano... Ventitré. Erano ventitré.
“Quanti a favore della sola sanzione?”
Le restanti trenta mani si alzarono titubanti, tra cui quella di Amelia Bones e – cosa che lasciò Harry senza parole – quella di Harvey Braxton, seppure quest’ultimo mantenesse ancora un ostinato sguardo torvo.
“Remus Lupin” lo chiamò Amelia Bones, nonostante l’uomo non avesse ancora alzato gli occhi, “sei condannato da questa Corte a versare una somma pari a cinquecento galeoni come sanzione per la violazione. Decadono le altre accuse. E’ tutto, l’udienza è terminata”
Con gli occhi sgranati dall’incredulità, Lupin alzò finalmente la testa. Le catene vibrarono e si sciolsero, penzolando dai braccioli con tonfi sordi, e tutti ricominciarono a borbottare e a riprendere la vita quotidiana. Lupin restò sulla sedia, massaggiandosi distrattamente le braccia con lo sguardo perso e continuando ad ansimare come se avesse corso. Silente e la McGranitt scesero i gradini per raggiungerlo, ma un’alta strega di mezz’età arrivò per prima e gli posò una mano sulla spalla. Lupin si alzò guardandola negli occhi. A Harry non sfuggì il velo di sudore che gli imperlava il labbro superiore.
“Conosco tuo padre, ragazzo” gli disse la strega con un sorriso malinconico. “Sarebbe così orgoglioso di te, se solo tu gli permettessi di contattarti...”
Per la prima volta in quel ricordo, Lupin si lasciò andare ad un sorriso felice, e strinse con calore le mani della donna. 





Altre note
Solo qualche precisazione: dire che mi intendo poco di giurisprudenza è dire poco. Ho dovuto effettuare ardue ricerche su Gùgol per certi termini, condizioni, pene e sanzioni e differenze tra legislature internazionali, e sì, prendo amichevolmente a braccetto Madama Licenza Poetica, vi pregherei di non farmi notare le assurdità giuridiche che ho scritto. L'unica cosa certa è che nel mondo di Harry Potter esiste il Wizengamot, il Codice dei Lupi Mannari, il Dipartimento delle Creature Magiche, la divisione Esseri/Bestie, eccetera eccetera. Altra cosa: quando Lupin dice a Harry alla fine del romanzo che Silente è riuscito a convincere il Ministero che lui stava cercando di salvarli, beh, qui no, a quanto pare non è riuscito a convincere tutti tutti, come dice la McGranitt. Altra cosa ancora: secondo la biografia di Lupin su Pottermore, nonostante i Licantropi debbano essere registrati al Ministero, il piccolo Remus nascose la sua condizione per tutta l'infanzia e adolescenza. Tuttavia, mi è sembrato logico che dopo il casino nel terzo libro, Lupin sarebbe finito come minimo ad Azkaban per essere un Lupo Mannaro clandestino, quindi in tutte le mie Fanfiction si è dichiarato nel primo post-dopoguerra. Ultima cosa (non dirò "ultimissima"): Braxton, personaggio inventato, alla fine vota a favore della mera sanzione, e il motivo è riassumibile in una frase di Sirius: il mondo non è diviso tra brava gente e Mangiamorte. In fondo Braxton, qui, faceva il suo lavoro. Grazie a tutti, perché se avete letto fin qui vuol dire che mi avete perdonata xD Abbraccio di gruppo! Meg


 

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Capitolo 14
*** Non si abbandona un fratello ***


 Questa volta, Harry riconobbe la tetra cucina di Grimmauld Place.  Con una fitta di dolore, vide il suo padrino, Sirius, che aiutava Lupin a scendere le scale. Quest’ultimo sembrava gravemente ferito: era avvolto in un pesante mantello strappato in alcuni punti, e il sangue che fuoriusciva dal lungo taglio sulla tempia contrastava con il colorito cinereo del suo volto. Sembrava reggersi a stento sulle gambe, e lungo il percorso fu sul punto di svenire, sorretto prontamente da Sirius, il quale non sembrava minimamente sorpreso, solo un po’ preoccupato.

“Siediti qui” disse Sirius, sospingendo l’amico verso una sedia. Lupin si sedette lentamente, respirando a fondo.
“Io ancora non capisco perché non posso venire con te” brontolò Sirius mentre trafficava con delle bottigliette nella credenza.
“Te l’ho detto mille volte, Felpato” rispose Lupin stancamente.
“Dimmelo di nuovo” insisté Sirius con la testa nella credenza.
Lupin sospirò. “A parte il fatto che Silente vuole che tu rimanga qui, perché saresti preda facile per Voldemort e perché potrebbe usarti per arrivare a Harry” disse paziente, “comunque...” s’incupì leggermente. “È passato molto tempo, Sirius. Troppo, in effetti. Non sono più quello di una volta...”
“Sciocchezze” sentenziò Sirius, voltandosi con alcune bottigliette in mano e agitando la bacchetta. Un paio di forbici uscirono da un cassetto e presero a tagliare strisce della garza che Sirius aveva poggiato sul tavolo. “Facesti le stesse storie quando eravamo a Hogwarts, eppure siamo riusciti a tenerti a bada...”
Lupin scosse debolmente il capo. “C’era anche un cervo, Sirius” disse piano. “E il mio stato emotivo di quindicenne era decisamente migliore di questo. E poi ci volle un bel po’ prima che riusciste a tenermi sotto controllo, prima che vi riconoscessi... Sono passati quindici anni dall’ultima volta. Hai visto cos’è successo quando ho dimenticato la Pozione Antilupo...”
Sirius si sedette di fronte a lui, bagnando una garza con il liquido verde di una bottiglietta. “Se non mi ricordo male, ho vinto io” disse con un sorrisetto. “Ti brucerà un po’...” aggiunse, poggiando la garza sulla tempia insanguinata di Lupin, che sussultò chiudendo gli occhi, ma non aprì bocca.
“Remus...” disse Sirius dopo un minuto di silenzio in cui aveva tamponato la ferita di Lupin. Quest’ultimo riaprì gli occhi. “So che ti sembrerà strano sentirlo dire da me, ma... Grazie”
Lupin lo fissò confuso. “Per cosa?”
Sirius esitò. Evidentemente non era tipo da lasciarsi andare a sentimentalismi. “Ecco, non appena... Non appena hai visto Peter sulla mappa, tu... tu non ci hai pensato su due volte, sei corso alla Stamberga senza avvisare nessuno. Non hai creduto a lui, nonostante tutti gli argomenti a suo favore, ma a me, ben prima che io ti dessi una spiegazione. Quella notte ho ritrovato più che la libertà, sai. Ho ritrovato Lunastorta”
Cominciò a mescolare altre due pozioni in una ciotola e vi immerse un’altra garza, non osando incrociare il suo sguardo. Lupin lo fissava perplesso, come se non riuscisse a credere che proprio Sirius Black stesse mostrando la sua gratitudine in quel modo. Poi sorrise e disse semplicemente:
“Non si abbandona un fratello, Felpato”
Sirius ricambiò il sorriso, ma vi era qualcosa di... “malandrino” sul suo volto. Infatti, disse in fretta:
“Posso-venire-con-te?”
“No” rispose Lupin con fermezza, sebbene avesse un’espressione divertita, come se si aspettasse che Sirius avrebbe approfittato del suo momento di debolezza. Lui lo guardò contrariato:
“Tirati su la manica” disse freddamente. Lupin obbedì, e Harry poté vedere un profondo morso sul suo braccio destro, dal quale fuoriusciva un liquido che assomigliava orribilmente a un acido misto a sangue.
“Questo” sussurrò Sirius, con gli occhi ridotti a fessure, “è per tutti i tuoi ‘no’, nella speranza che tu metta un po’ di giudizio in quella testolina da Prefetto che ti ritrovi e che cambi idea”
Lupin ridacchiò, ma smise subito, quando Sirius poggiò la garza sulla ferita. La sua espressione cambiò in una smorfia di dolore, il respiro si fece affannoso, la fronte madida di sudore. “Aspetta...” sussurrò a denti stretti.
“Ancora un po’” disse Sirius risoluto. Aveva abbandonato l’amarezza, ora guardava concentrato la ferita dell’amico. “Resisti...”
Lupin si lasciò sfuggire un gemito, e si tappò la bocca mordendosi le nocche. Istintivamente ritrasse il braccio, ma Sirius aveva i riflessi pronti, e glielo tenne fermo.
“Ho quasi finito” disse, continuando a tamponargli il morso. Poi, prese rapidamente una lunga fascia di garza e l’avvolse attorno al braccio con fare deciso, come se avesse eseguito l’operazione già tante volte. Lupin sembrava di nuovo sul punto di svenire, il volto di un bianco cadaverico.
“Devi smetterla di morderti” disse Sirius severo.
“Avevo fame” rispose Lupin.
"Prendi la Pozione Antilupo"
"Severus non ne vuole sapere di prepararla, lo sai..."
“La prossima volta portati un panino, allora” esclamò Sirius accigliato. I due si guardarono in silenzio, poi scoppiarono a ridere.
“Mi ero dimenticato delle BDSB...” disse Lupin.
“Di che?”
“Battute Degne di Sirius Black”
“Questa, poi...” ridacchiò Sirius asciugandosi le lacrime. “Da dove venne fuori?”
“Da James, dopo la tua ennesima battuta demente...” rispose Lupin con un gran sorriso.
“Ah già, dopo il suo ennesimo tentativo di uscire con la Evans!”
Lupin annuì. “Era stata una giornata tremenda per tutti, e tu te ne sei uscito con qualcosa riguardo le corna di Ramoso e la Evans... Per lui fu la ciliegina sulla torta...”
Scoppiarono a ridere di nuovo. Poi smisero, ed entrambi caddero in un silenzio nostalgico.
“Mi mancano” disse Sirius infine.
“Anche a me” sussurrò Lupin.
Sirius sollevò la manica di Lupin fino alla spalla, scoprendo altri due graffi profondi, ma meno gravi. Poi prese quella che Harry riconobbe come l’Essenza di Dittamo.
“Quel ragazzo me lo ricorda così tanto” disse Sirius, facendo cadere alcune gocce sulle ferite.
“Solo fisicamente” precisò Lupin. “Ha preso da entrambi i genitori, ma non è ‘tutto suo padre’, come si suol dire...”
“Lo so cosa vuoi dirmi” sbuffò Sirius, richiudendo la fiala con un tappo di sughero e prendendo un altro pezzo di garza. “Non è James. Lo so benissimo che non è lui, ma non posso fare a meno vedere lui quando vedo Harry, sono due gocce d’acqua, e...” esitò, “James se n’è andato così all’improvviso...”. Guardò l’amico dubbioso, mentre gli fasciava la spalla. “È così sbagliato?”
Lupin lo guardò tranquillo. “No, Sirius” disse, “non è questo che è sbagliato. È sbagliato che tu tratti Harry come James. Harry non è tuo amico, è il tuo figlioccio. Ha quindici anni, ha molto da imparare, e devi riconoscere che le cose che ha affrontato non sono normali per la sua età. Ha bisogno di un padre”
Harry si aspettava che Sirius ribattesse, invece si limitò a scrollare le spalle. Si rese conto che il giudizio di Lupin era il solo del quale il padrino si fidava ciecamente.
“Tu sei molto più bravo in queste cose” mormorò tetro. Lupin sorrise.
“Non si è mai abbastanza bravi in queste cose” disse. Di nuovo, una smorfia di dolore attraversò il suo volto pallido.
“Cosa c’è?” domandò Sirius preoccupato.
“Niente” si affrettò a dire l’altro. Sirius iniziò a tastargli la gamba sinistra, e Lupin sussultò. Per tutta risposta, lui gli tolse la scarpa e arrotolò piano i pantaloni fino al ginocchio. Un altro profondo taglio attraversava la gamba da parte a parte.
“Quando avevi intenzione di dirmelo?” chiese Sirius a denti stretti.
“Non è maledetta, quella” rispose Lupin, passandosi una mano sul volto stanco. “Mi sono tagliato”
“Lunastorta, tutti ti considerano buono e caro, ma solo io so quanto tu sia maledettamente orgoglioso...Questa è la tua maledizione” disse Sirius, scuotendo il capo. Fece per prendere un’altra garza, ma allungando il braccio fece cadere la boccetta del dittamo, che per fortuna era chiusa.
“Accidenti, la sbadataggine di Tonks è contagiosa” ridacchiò. Poi intinse la garza nell’Essenza, e guardò l’amico divertito.
“Non credere che non me ne sia accorto, caro il mio Lunastorta” disse malizioso.
“Di cosa?” chiese Lupin a denti stretti, dal momento che Sirius stava tamponando il taglio, che, al contrario delle altre ferite, cominciava a rimarginarsi.
“Andiamo...” lo stuzzicò Sirius. “Guarda che se ne sono accorti tutti di come vi guardate...”
“Ehm...di... come ci guardiamo?” chiese Lupin confuso.
Sirius lo guardò incredulo. “Non dirmi che ce ne siamo accorti tutti tranne il diretto interessato!”
“Sirius...” disse Lupin leggermente irritato, poiché l’amico continuava a medicargli la ferita senza effettivamente guardarla. “Si può sapere di che stai parlando?”
Sirius continuò a curargli la ferita, che si era quasi completamente rimarginata. Sembrava che si stesse trattenendo dal ridergli in faccia.
“Lunastorta, Lunastorta...” disse con fare paterno. “Tu e Tonks non smettete di lanciarvi occhiate, pare che abbiate la calamita agli occhi. E lei fa cadere di tutto, dico di tutto, quando ci sei tu nella stessa stanza. L’altra volta sembravi perso in un altro mondo, mentre ti parlavo, e la Luna Piena non era neanche lontanamente alle porte...”
Il volto di Lupin riacquistò un po’ di colore. “Hai finito?” sbottò.
“Di curare il taglio sì” rispose Sirius con aria innocente. Mise mise la garza sul tavolo e poggiò le mani sulle ginocchia, guardando Lupin con aria di sfida. “Allora?”
“Allora cosa?”
“Ti sei preso una cotta per Tonks?”
Lupin evitò il suo sguardo, con il pretesto di controllare la fasciatura al braccio. La sua espressione era indecifrabile, ma a quanto pareva non per Sirius, che esclamò:
“No! Questo è più di una cotta...”. Sgranò gli occhi. “Lunastorta, tu ti sei innamorato!”
“Piantala, Felpato” disse Lupin guardandolo accigliato. Sirius sghignazzò e disse:
“Chi l’avrebbe mai detto che anche i Lupi Mannari hanno un cuore...”
“Chi l’avrebbe mai detto che i cani hanno un cervello...”
“Beh, cosa aspetti? Diglielo!” disse Sirius emozionato.
“Non c’è niente da dire” disse Lupin risoluto.
“Andiamo, Remus, non sarà come le altre, lei lo sa già cosa sei...”
“Bene, allora saprà anche perché non voglio stare con lei”
“Orgoglioso e anche testardo, aggiungerei” disse Sirius scocciato. “Lasciatelo dire, con i ragazzi ci sai fare, ma con le femmine, amico, lì casca l’Ippogrifo”
“Chissà il perché” disse Lupin sarcastico. Poi si passò una mano sul volto stanco, e non appena Sirius aprì di nuovo bocca, lo bloccò:
“Felpato... Sono letteralmente a pezzi. Non potremmo parlarne domani?”
“Ti lascio andare solo se prometti che il mese prossimo vengo con te” disse Sirius incrociando le braccia. “Sono chiuso in questa gabbia da mesi, rischio di impazzire. So benissimo tenere testa ai cocciuti come te, e voglio vedere quale membro del Ministero o Mangiamorte voglia arrischiarsi a catturare un cane in compagnia di un Lupo Mannaro, senza contare che non è nemmeno certo che sia il famigerato Black”
“Ma perché vuoi rischiare?”
“Perché non si abbandona un fratello”
Lupin lo guardò senza rispondere. Dopo qualche istante di silenzio, sospirò.
“E va bene” disse, forse più per la stanchezza che per vera convinzione. Sirius sorrise soddisfatto, poi lo aiutò ad alzarsi.
“Andiamo, ti porto a letto”
E la cucina svanì come il fumo.


Angolo autrice:
Ehm...Lo so, questo capitolo è un po' lunghetto, e fondamentalmente non succede niente di che. Volevo descrivere il rapporto di profonda amicizia tra Lupin e Sirius, nonché le loro opinioni in merito a certi argomenti, come Harry, Tonks, i Malandrini, ecc. Siate clementi ;) Grazie!

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Capitolo 15
*** Fino alla fine ***


 Oh, no. Questo no. La vista di ciò che si presentò agli occhi di Harry fu un pugno allo stomaco. Conosceva fin troppo bene quel luogo, benché l’avesse visitato solo una volta, per poi desiderare che non fosse mai esistito: Ufficio Misteri, Camera della Morte. Con suo immenso sollievo, non era il ricordo della battaglia, come si aspettava. La stanza era immersa in un silenzio innaturale. Sarebbe stata vuota, se non fosse stato per una magra figura solitaria, immobile davanti ad un arco. Quell’arco.
Harry si avvicinò cauto a Lupin, quasi timoroso di disturbarlo, ma nessun passo riecheggiò tra le pareti quando prese a scendere i gradini di quell’arena avvolta nel mistero. Quando finalmente lo raggiunse, benché ne fosse ancora inspiegabilmente attratto, non ebbe il coraggio di guardare il velo, che continuava ad ondeggiare come se Sirius fosse appena trapassato, ma si voltò verso il mago. Non erano rare le volte in cui il ragazzo aveva incontrato difficoltà nel decifrarlo, eppure stavolta, forse perché non vi era nessun altro, riuscì a leggere più di un’emozione sul suo sguardo: aveva gli occhi puntati sul velo, ma tutto ciò che parevano trasmettere era dolore, incredulità e rabbia. Tutto in uno sguardo vitreo, che sembrava sporgersi verso un profondo abisso, diviso tra la tentazione di lasciarsi risucchiare e il bisogno di restare aggrappato all’orlo e cercare di non cadere. O forse era solo la sensazione di rivivere quell’incubo ad ispirare Harry nella sua interpretazione. Dopo la morte di Sirius, gli era sembrato di restare aggrappato solo per un senso innato del dovere, per poi trovare finalmente la forza di allontanarsi da quello strapiombo e continuare a camminare in un’altra direzione. Preso com’era dal suo dolore, si era dimenticato che qualcun altro poteva provarlo, che qualcun altro poteva capirlo e consolarlo come Silente non era riuscito a fare, qualcun altro che aveva perso più di un compagno dell’Ordine. Il suo migliore amico.
Esternamente, Lupin sembrava incredibilmente tranquillo. Il suo respiro regolare era l’unico suono che Harry percepiva, ora che gli era vicino. Notò che aveva ancora la bacchetta stretta nella mano destra, ma entrambe le braccia giacevano inerti lungo i fianchi.
Harry non seppe quanti minuti passarono di fronte all’arco, aveva completamente perso la cognizione del tempo. Gli sembrava di essere caduto in uno stato di trance, pervaso da una profonda tristezza, eppure era un dolore quasi piacevole. Ricordò quando si era imbattuto nello Specchio delle Brame, diversi anni prima, e si rese conto che quei sentimenti potevano essere gli stessi di allora. Il trovarsi lì, a condividere quella sofferenza con Lupin, sembrava alleviarla leggermente, finché non gli venne in mente, per l’ennesima volta, di essere dentro un ricordo. Forse, però, non era poi così diverso da una situazione reale...
Sobbalzò rumorosamente quando sentì una voce aspra dietro di sé che disse:
“Ah. Sei qui”
Si voltò di scatto, e con sua enorme sorpresa scorse l’inconfondibile veste scura di Severus Piton sovrastare le panche di pietra della Camera. Lupin, dal canto suo, non si era mosso di un millimetro.
“Mi spiace interrompere la tua autocommiserazione, Lupin, ma tra poco questo posto pullulerà di Auror” disse Piton con la stessa voce aspra.
“Arrivo” disse finalmente Lupin, la voce pervasa dalla stanchezza, poco più di un sussurro. Harry lo guardò. La sua espressione non era cambiata, ma all’improvviso sembrava spossato. Non come dopo una battaglia o con l’avvicinarsi della luna piena. Sembrava semplicemente stanco di essere lì, come se il solo esistere fosse faticoso. 
“Allora?” chiese Piton dopo qualche secondo.
“Non c’è bisogno che mi accompagni” rispose Lupin.
“Silente crede di sì” ribatté Piton con una smorfia. “Sappiamo entrambi che cos’è quell’arco”
“Temi che possa attraversarlo?” chiese Lupin casualmente, come se stesse parlando del tempo.
“Io?” Piton alzò un sopracciglio. “Mi lascerebbe completamente indifferente. Potrei sempre dire di essere arrivato troppo tardi”
Lupin sorrise. Un sorriso spento, privo del solito calore.
“Già, potresti” disse. “Meglio farlo sembrare un suicidio che un incidente”
“Non ho intenzione di sporcarmi le mani, Lupin, se è questo che intendi” commentò Piton sprezzante.
“Allora lasciami in pace”
“Credimi, l’avrei già fatto da un pezzo se non volessi portare a termine l’ingrato compito che ho ricevuto da Silente di portarti fuori da qui”
Lupin sembrava non avere la forza di ribattere, né di voltarsi perlomeno a guardarlo. Piton cominciò a discendere in fretta la scalinata, profondamente irritato dal suo comportamento. Quando raggiunse Lupin, estrasse la bacchetta e gliela puntò contro, ma prima che potesse formulare un incantesimo, l’altro disse con un sussurro:
“Le senti anche tu?”
Piton si bloccò di colpo, guardandolo confuso, la mano sospesa a mezz’aria.
“Che cosa?” chiese con voce annoiata.
“Le voci” rispose Lupin, così piano che sembrava cercare di non svegliare qualcuno. Piton si passò una mano sul volto, esasperato. Era chiaro che pensava che l’ex-collega avesse perso la testa, alla fine. Ma Harry si accorse solo in quel momento dei bisbigli che provenivano dal velo. Erano appena udibili, molto più flebili di quelli che aveva sentito lui quando si era avvicinato all’arco la prima volta, ma era sicuro di sentirli.
“Io non sento niente, Lupin” sbottò Piton, che cominciava a spazientirsi. “Ora vedi di spicciarti, se non vuoi perdere quel briciolo di dignità che ti resta mentre ti trascino fuori di qui col guinzaglio”
Lupin sospirò e distolse finalmente lo sguardo dal velo, depositandolo sul pavimento. Lentamente si voltò verso Piton, non parendo minimamente turbato quando vide la bacchetta puntatagli contro il petto, limitandosi a fissarla con blando interesse. Il professore di Pozioni gli strattonò il braccio destro disgustato, e i due si Smaterializzarono con un sonoro schiocco.
 
La scena cambiò...
 
Harry e Lupin si trovavano nella stanza di Sirius a Grimmauld Place. Non era come quando Harry vi era entrato per la prima volta: era pulita e ordinata, ogni oggetto al suo posto, non un granello di polvere ricopriva l’elegante arredamento. Lupin passeggiava distratto per la stanza, le mani affondate nelle tasche degli abiti trasandati. Di tanto in tanto si fermava per osservare malinconico i poster e le immagini babbani, ma lo sguardo era assente, perso in chissà quali pensieri o ricordi... finché non si posò sulla foto animata di quattro ragazzi a braccetto. 
A quella vista, qualcosa sembrò spezzarsi dentro di lui. Quella maschera di vetro si infranse, mentre i suoi occhi brillarono, riprendendo vita. E con essa, anche il dolore sembrò farsi strada nel suo cuore, sciogliendo il ghiaccio che lo ricopriva. Lupin alzò lentamente un braccio, e con mano tremante accarezzò la lucida superficie della fotografia e i suoi abitanti, soffermandosi sul ragazzo dai capelli chiari all’estrema destra, come a volerlo consolare in qualche modo, per qualche motivo, nonostante sembrasse felice insieme ai suoi amici, cristallizzato per sempre in quegli istanti del passato. Il suo futuro, invece, respirò a fondo, e si aggrappò con delicatezza alla fotografia, quasi a chiedere aiuto a quei ragazzi, un sostegno che nessuno di loro gli poteva più dare. Come se all’improvviso ne fosse anche lui consapevole, Lupin lasciò andare l’immagine e indietreggiò lentamente, fino a toccare il letto di Sirius. Si sedette piano, mordicchiandosi le labbra, gli occhi lucidi. Poi, nascose il volto in una mano, e il suo corpo cominciò a sussultare, mentre singhiozzi quasi impercettibili riempirono la stanza. Harry deglutì e si sedette sul materasso, che non si adattò al suo corpo, e si appoggiò quasi inconsciamente alla spalla del mago, che ora si massaggiava le braccia come se avesse freddo, rabbrividendo, mentre le lacrime scivolavano senza freni sul viso segnato. Avrebbe voluto dirgli quanto gli dispiaceva che le cose fossero andate così per colpa sua, che anche lui sentiva terribilmente la mancanza del padrino. Avrebbe voluto ringraziarlo per averlo salvato dall’arco, per avergli sbattuto in faccia la realtà subito, senza permettergli di abbandonarsi a mere illusioni... Per essere stato, in quegli attimi che erano parsi eterni, il padre che non aveva mai avuto, per essere stato forte quando lui ne aveva bisogno...
Di colpo, sussultarono entrambi, quando sentirono una voce lontana, come quella di un fantasma...
“Sirius”
Harry si guardò intorno, ma Lupin fu più rapido di lui, e individuò subito la fonte del rumore: si asciugò rapido le lacrime e spostò il cuscino, che rivelò un antico specchietto dall’aria familiare. Lo prese e se lo rigirò tra le dita, osservando incuriosito il volto occhialuto incorniciato da arruffati capelli corvini che ricambiava speranzoso lo sguardo dalla superficie di vetro. Il ragazzo nello specchio parlò di nuovo, scandendo le parole:
“Sirius Black!”
La speranza nei suoi occhi verdi si tramutò in profonda delusione, e il volto scomparve. Lupin continuò a fissare lo specchio. Un’altra voce riempì la stanza, stavolta molto più chiara e più profonda, che non sembrava turbare affatto l’uomo accanto a Harry...
 
“Sono sicuro che, un giorno, quel bambino avrà bisogno di te. Tu ci sarai?”
“Fino alla fine”
 
Ed Harry capì. Capì cosa avesse spinto Lupin ad accettare la cattedra di Difesa a Hogwarts, ad ascoltarlo paziente e ad insegnargli l’Incanto Patronus, ad accorrere all’Ufficio Misteri, ad offrirsi di aiutarlo nella ricerca degli Horcrux invece di scappare, quando aveva paura della sua futura famiglia, a combattere nella Battaglia di Hogwarts... ad essere sempre lì, quando Harry ne aveva bisogno. Lupin aveva mantenuto la promessa fatta a Lily, ed Harry si rese conto, in un impeto di orgoglio, che Lily Potter aveva mantenuto la sua.


Angolo autrice:
Salve, gente! Grazie per esservi sorbiti anche questo capitolo. Lo so, Piton direbbe..."Siamo sentimentali?!-.-", in quanto azione non succede niente di che, però, dai, questo Missing Moment ha anche le sue piccole rivelazioni xD
Mi dispiace per chi aspettava Tonks, sarebbe dovuta essere in questo capitolo, ma poi sarebbe risultato troppo lungo, così la metterò nel prossimo, promesso!
DELUCIDAZIONI: sooooo... Mamma Row ha detto che le voci dall'arco, che non è altro che il confine tra vivi e morti, rappresenta la fede che ognuno ha nell'aldilà: Luna le sente fortissimo, perché, essendo molto spirituale, crede fermamente nella vita dopo la morte; Hermione, più razionale, non le sente affatto, mentre Harry, che ha visto la morte anche troppe volte, ne è attratto, prova un'inspiegabile curiosità. Bene, quindi mi sono presa la libertà di interpretare la fede di Lupin: per me, è una persona molto profonda, la cui fede è stata messa a dura prova dalla licantropia e dalle numerose morti dei suoi cari, perciò si "aggrappa" alla fievole speranza che gli rimane in un aldilà, ecco perché le voci sono più flebili di quelle che sente Harry, quasi impercettibili. Piton non crede nell'aldilà, per cui non sente niente. Ovviamente questa è solo la mia opinione :)
La scena finale fa riferimento all'episodio, alla fine del quinto, in cui Harry cerca, invano, di contattare Sirius con lo Specchio a Doppio Senso.
Lupin ricorda una voce... Ma se vi dico altro, pecco di Spoiler ;)
Vi prego, recensite numerosi *.* Grazie!

 

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Capitolo 16
*** Nessuna pozione può guarirmi ***


Si udì un tonfo e un gemito dal piano inferiore, e Lupin ed Harry sussultarono. Il primo sfoderò la bacchetta e si precipitò allarmato fuori dalla stanza, mentre le urla della madre di Sirius riempivano l’edificio. Il ragazzo lo seguì, ma si fermò di colpo all’inizio dell’ultima rampa di scale, rischiando di sbattere contro il mago, che guardava dall’alto una giovane strega dai corti capelli rosa, distesa a pancia in giù con accanto un portaombrelli abbattuto.
“Tonks!” la chiamò, mentre il volto si rilassava e lui abbassava la bacchetta. Lei balzò in piedi con una velocità sorprendente, e alzò lo sguardo.
“Ciao, Remus!” gridò, cercando di sovrastare gli strilli dei ritratti e diventando rossa come un papavero. Lupin si affrettò a raggiungerla, mentre lei trascinava la pesante zampa di troll al suo posto. Poi, entrambi si voltarono verso il ritratto della signora Black e presero a lanciarle rapidi Schiantesimi.
Tuuuu!” urlò la vecchia contro Lupin. “Sudicio ibrido! Bestia! Come osi?! Uscite immediatamente dalla casa dei miei padri, feccia!
“EHI, BADA A COME PARLI!” urlò Tonks di rimando, mentre strattonava una tenda per chiuderla.
Come osi?! Traditrice del tuo sangue! Sporca babbana!
Ma il resto delle sue cruenti parole venne soffocato da un’ultima, potente luce rossa, scaturita da entrambe le bacchette, e il ritratto sparì finalmente dietro le tende. Seguirono altri Schiantesimi, mirati a zittire il resto degli antenati urlanti. Quando nella casa regnò il silenzio, i due tirarono un sospiro di sollievo. Poi si abbracciarono amichevolmente con un vago sorriso sui volti.
“Come stai?” chiese Lupin preoccupato.
“Bene, grazie, completamente rimessa in sesto” rispose Tonks. Esitò: “E tu...tu stai bene?”
“Sì, sto bene” disse Lupin, ma il suo sorriso parve forzato.
“C’è qualcun altro? Molly e Arthur...?”
“No, sono alla Tana. Ci...ci sono solo io qui”
Lupin tacque e guardò in basso con tristezza. Tonks si mordicchiò le labbra, come se si stesse maledicendo per aver detto una cosa sbagliata. Lui rialzò lo sguardo e chiese casualmente:
“E tu cosa ci fai qui?”
“Io? Oh, sono... Mi sono ricordata di aver lasciato il mantello, l’ultima volta, siamo usciti tutti di corsa...”
Si interruppe imbarazzata, tormentandosi una ciocca di capelli.
“Ti va una tazza di tè?” buttò lì Lupin, rompendo il silenzio.
“Sì, grazie” rispose Tonks, lieta della distrazione. Lupin si avviò verso il seminterrato, ma dopo soli due passi si voltò, e con un ghigno divertito tese la mano.
“Meglio non correre rischi” disse. Tonks sbuffò, ma accettò il suo aiuto nella lunga traversata verso la cucina.
La strega si sedette al lungo tavolo di legno, mentre Lupin trafficò con il bollitore, volgendole le spalle. Harry notò che Tonks lo fissava assorta, la testa appoggiata su una mano. Lupin picchiettò due volte l’utensile con la bacchetta, e quello cominciò a fischiare all’istante, con il vapore che usciva dall’apertura. Poi prese dalla credenza delle bustine e due tazze con inciso lo stemma dei Black e vi versò l’acqua. 
“Zucchero?” chiese con una strana voce.
“Sì, due zollette, grazie” rispose Tonks, sbattendo le palpebre e scuotendo la testa, come per scacciare un pensiero. Lui obbedì. Avrebbe potuto eseguire il tutto con semplici incantesimi, ma Harry aveva l’impressione che fosse vagamente a disagio. Quando si voltò, però, la sua espressione era tranquilla, se non malinconica. Si sedette accanto a Tonks e le porse la tazza, ed entrambi sorseggiarono il tè in silenzio. Harry sentì una piccola fitta allo stomaco, quando l’immagine dei due gli ricordò di un pomeriggio di Halloween, in cui era rimasto a girovagare solitario per Hogwarts e il nuovo professore di Difesa Contro le Arti Oscure l’aveva invitato nel suo ufficio... 
“Conoscevi Walburga Black?”
La voce di Tonks lo riscosse dai ricordi.
“Non proprio, ci incontravamo solo alla stazione di King’s Cross, quando tornavo da scuola” rispose Lupin abbassando la tazza, pensieroso. “Credo che abbia sempre avuto dei sospetti, ma mai le prove, ovviamente, se è questo che ti stai chiedendo”
“Era una donna spregevole. E il suo ritratto non è da meno” brontolò Tonks.
“Almeno a lei posso sbattere le tende in faccia” disse Lupin con amarezza. “Mi dispiace per quello che ti ha detto...”
“A me?” Tonks sgranò gli occhi. “Figurati! Sono fiera di quello che sono, me ne infischio della nobile e antichissima casata dei Black tugiur piur
In una situazione normale, Lupin avrebbe ridacchiato, e Tonks avrebbe assunto scherzosamente un’espressione offesa, per la mancanza di apprezzamento della sua pronuncia francese, una scena che Harry aveva visto più volte durante le cene a Grimmauld Place. Invece, i due continuarono a bere in silenzio. All’improvviso, Tonks fece una smorfia di dolore, e si passò la mano dietro la testa.
“Va tutto bene?” chiese Lupin allarmato.
“Sì, sì, tutto bene, sta’ tranquillo” rispose lei, muovendo la mano come se stesse scacciando un insetto. Poi posò la tazza sul tavolo. “Cioè, no, non va tutto bene. Non va bene per niente”. Si prese la testa fra le mani.
Lupin continuò a fissarla preoccupato.
“Vuoi che ti accompagni al San Mungo...?”
Tonks sorrise amaramente e scosse il capo, senza alzare lo sguardo.
“Nessuna pozione può guarirmi, Remus” disse. La sua espressione mutò all’improvviso in una smorfia di dolore, le labbra arricciate e gli occhi lucidi, e batté leggermente una mano sul tavolo, girando la testa da qualsiasi lato che non fosse quello di Lupin.
“Tonks...” sussurrò quest’ultimo desolato, prendendole delicatamente una mano. “Che succede? Ti prego, parlami...”
Lei si passò una mano sul volto e trasse un paio di respiri profondi per calmarsi.
“Oh, mi dispiace” disse con voce soffocata. “Odio fare così, Malocchio non me lo perdonerebbe” aggiunse irritata, asciugandosi in fretta le ciglia umide. “È che... proprio non ce la faccio più...”. Deglutì, mentre nuove lacrime le riempirono gli occhi.
Lupin Evocò un fazzoletto e glielo porse. “Io non sono Malocchio” disse. “Lo sai che puoi dirmi tutto quello che vuoi”
“È colpa mia, Remus!” esplose Tonks, stringendo convulsamente il fazzoletto con mani tremanti.
“Di cosa stai parlando?” chiese Lupin con dolcezza.
“S-se avessi...” balbettò lei. “Se avessi battuto Bellatrix a d-duello...Invece di f-farmi colpire come un’idiota...Lo so, non ti biasimo se mi odi, se Harry mi odia, io stessa non riesco a guardarmi allo specchio...”
“Tonks, smettila” disse Lupin con fermezza. “Guardami, ascoltami”
Lei lo guardò, mentre le posava delicatamente le mani sulle spalle.
“Io non ti odio” disse risoluto. “E nemmeno Harry, ne sono sicuro”. Harry non poteva dirsi più che d'accordo.
“È una guerra, Tonks” continuò Lupin. “È colpa di tutti e di nessuno. Sirius...”
Tacque di colpo e chiuse gli occhi, come per incassare un colpo. Deglutì e riprese, più deciso:
“Sirius non è il primo, e non sarà l’ultimo, purtroppo. Non puoi biasimarti se non hai sconfitto un Mangiamorte in un duello. A volte la bravura non basta, è una questione di fortuna, o Destino, chiamalo come vuoi. Sei un’Auror, lo sai meglio di me. È una catena di eventi, Tonks, e non è l’ultimo anello ad essere responsabile. Non fartene una colpa”
Tonks continuava a fissarlo, come persa nel suo sguardo. Entrambi sembravano non riuscire a staccare gli occhi dall'altro, e inconsciamente si stavano avvicinando sempre di più, il respiro che accelerava leggermente. Harry sperò con tutto il cuore che non stesse succedendo quello che pensava, ma i due erano anche troppo vicini. Le loro labbra si sfiorarono appena, finché...
“Scusami”
Lupin si ritrasse, sbattendo le palpebre, confuso. “Scusami, io...”
“N-no, scusami tu, io...” balbettò Tonks, tornando rossa pomodoro, scostandosi distrattamente i capelli dal viso. Si alzò di scatto, tormentandosi le mani e guardandosi attorno disorientata. Anche Lupin si alzò, sistemando la sedia sotto il tavolo e schiarendosi nervosamente la gola.
“Beh, io...” cominciò Tonks.
“Sì...”
“Io devo andare...”
“Sì, anch'io...Ti accompagno alla...”
“Non ce n'è bisogno, conosco la strada”
“Allora...” Lupin esitò, passandosi una mano dietro la testa. “Ci vediamo domani...”
“Domani?” chiese Tonks perplessa.
“Sì, andiamo a prendere i ragazzi alla stazione, ricordi?”
“Ah già”. Tonks rise nervosamente e si batté una mano sulla fronte. “È vero, i ragazzi... Allora, sì, a domani”
E si voltò verso la porta.
“Tonks!” la chiamò Lupin. Lei si voltò raggiante.
“Sì?”
“Questo dev'essere tuo” rispose lui, Appellando con la mano un mantello color verde acqua da una sedia dall'altra parte del tavolo.
“Oh, sì, ero venuta apposta!” esclamò lei. “Grazie, ciao!” e uscì in fretta, rivolgendogli un ultimo, caldo sorriso.
“Ciao” la salutò Lupin impacciato, mentre, per la prima volta, un sorriso sincero gli illuminò il volto.
Harry ridacchiò felice, scuotendo il capo e pensando a come quei due fossero così diversi, eppure si completavano in qualche modo, come lui e Ginny.
E la scena cambiò ancora...

 

 

Angolo autrice:

Ehilà! Anzi, wotcher! Se state leggendo questo, vuol dire che probabilmente avete letto anche il capitolo, per cui vi ringrazio di cuore ^^
Ecco Tonks, come promesso, con la sua sbadataggine in tutto il suo splendore! Ovviamente sarebbe stato leggermente imbarazzante per Harry assistere ad una scena d'amore, per cui accontentiamoci dell'inizio xD Secondo me, infatti, Lupin non ha respinto subito Tonks, c'è stato un bacio vero e proprio (preferisco pensare che non siano andati oltre, perché al posto di Tonks mi sarei offesa per aver fatto la parte della usa-e-getta).

DELUCIDAZIONI: Il titolo è riferito non solo alla frase di Tonks, ma anche e soprattutto al fatto che l'amore è una malattia incurabile. È il seguito del capitolo precedente, dopo che Lupin ha visto Harry nello specchio. È, quindi, la sera prima del ritorno da Hogwarts, in cui vediamo Lupin e Tonks tanto affabili, tranquilli e sorridenti, chissà perché... Beh, ecco il plausibile motivo ;) Se ben ricordate, nel sesto si pensa che Tonks abbia “il senso di colpa del sopravvissuto”, e che questo sia il motivo della sua depressione, nonostante Lupin abbia “cercato di convincerla”, come spiega Hermione. Ho pensato che il fatto che Lupin l'abbia consolata fosse vero, ma che questa sia rimasta la “scusa” (a meno che non ci si aggiunga anche il senso di colpa per davvero) della sua depressione.
Eheh, quando i maghi sono a disagio, preferiscono fare tutto a mano, come Molly quando va a prendere ad Hagrid il whisky, nel settimo. Ovviamente, Lupin è una di quelle persone che stanno sempre bene, anche quando stanno per morire.
“Ci sono solo io qui”: sigh, Lupin viveva con Sirius, ricordate? È la prima volta che si ritrova in casa Black da solo...
“L'ultima volta siamo usciti tutti di corsa...”: l'ultima volta che Tonks è stata al Quartier Generale, sono dovuti correre tutti in aiuto di Harry all'Ufficio Misteri, e Sirius è... Ops,Tonks!
Cosa direbbe la signora Black se sapesse che suo figlio degenere frequentava un Lupo Mannaro? O_o Meno male che è morta prima, ma ho voluto immaginare la sua reazione.
Ah, nelle mie FF, Tonks non cambia colore a seconda delle sensazioni, perché ormai riesce a controllare le sue trasformazioni: l'unica volta in cui avviene il contrario, nel libro, è quando è depressa, e non riesce a trasformarsi diversamente. Ecco perché Tonks arrossisce solo sul viso, senza che i capelli diventino rossi a loro volta..
Bah, credo sia tutto, per qualsiasi chiarimento, fate un fischio... o una recensione, magari *.*
L'angolo autrice è diventato più lungo del capitolo. Ok, passo e chiudo. Ciao!


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Capitolo 17
*** Nulla da perdere ***


Remus Lupin e Albus Silente sedevano uno di fronte all'altro nell'ufficio di quest'ultimo. Se non fosse stato per la loro presenza, Harry avrebbe detto di essere uscito dal Pensatoio. La stanza era esattamente come l'aveva lasciata, tranne che per la mancanza del ritratto di Silente appeso alla parete circolare.
L'espressione sul volto del Preside non era allegra come ai Tre Manici di Scopa. Sembrava preoccupato e addolorato al tempo stesso. Lupin, invece, dava a Harry le spalle, per cui non riusciva a vederlo. Il ragazzo si avvicinò, ponendosi alla destra della scrivania, ma prima di volgere lo sguardo verso Lupin, si accorse della mano annerita di Silente posata su un bracciolo della sua grande sedia. Capì di trovarsi nel periodo intorno ai suoi sedici anni... e all'improvviso intuì anche cosa ci faceva Lupin nell'ufficio del Preside. La guerra contro Lord Voldemort imperversava, e l'Ordine della Fenice necessitava di ogni sua risorsa.
"Sei sicuro, allora? Non vuoi neanche pensarci?" stava dicendo Silente con voce grave. Harry si voltò verso Lupin, la cui espressione – ora la vide – era più cupa che mai. Sembrava un uomo distrutto, una persona che ormai non ha più nulla da perdere. I suoi occhi opachi avevano perso tutta la loro vivacità, quasi dentro non ci fosse più un'anima.
"Sono sicuro" disse. Anche nella voce si percepiva qualcosa di diverso: era una voce stanca, e non vi era traccia della dolcezza che la caratterizzava.
Silente sospirò.
"Il compito che ti ho affidato è sicuramente la richiesta più difficile che ti abbia mai fatto, Remus" disse, sporgendosi un poco verso il suo interlocutore. "Vorrei farti alcune raccomandazioni"
"La ascolto, Preside" disse Lupin, anche se continuava a mantenere uno strano distacco. Silente lo fissò per qualche secondo, poi disse:
"Ricordati chi sei, Remus, sempre. Non perdere te stesso"
"Ho già perduto me stesso" sussurrò Lupin, abbassando lo sguardo.
"Molti anni fa" continuò Silente, "avvisai un bambino del suo diritto ad entrare ad Hogwarts. Commisi un terribile errore. Forse non saremmo a questo punto se non avessi avuto compassione di lui"
Lupin rialzò gli occhi.
"Anni più tardi mi recai nella dimora di un altro bambino..." Silente sorrise per la prima volta. "E non mi ero sbagliato"
"Quel bambino non c'è più" mormorò Lupin sconsolato.
"No" disse Silente. "C'è l'uomo straordinario che è diventato. L'uomo che io sto supplicando di rimanere tale. L’uomo che mi confessò, sedici anni fa, di non appartenere al mondo dei licantropi. Non sapeva neanche lui cosa fosse, ma di una cosa mi disse di essere certo: di far parte dell’Ordine della Fenice"
D'un tratto gli occhi di Lupin parvero brillare di luce propria, anche se il suo volto era ancora depresso. Era come se una fiamma si stesse facendo strada nella coltre di tristezza che l'avvolgeva. Esitò.
"E se non avessi scelta?" chiese con voce tremante.
“Si può sempre scegliere” rispose Silente, senza smettere di sorridere. “E tu hai già fatto la tua scelta: nello stesso momento in cui hai messo piede nella bottega del signor Olivander per essere scelto da una bacchetta. Nello stesso momento in cui hai acconsentito alle mie condizioni e hai messo piede in questa scuola. Nello stesso momento in cui hai accettato di far parte dell'Ordine. Nel momento in cui, nonostante tu abbia subito molte perdite, sei rimasto tra i maghi, accettando le loro regole, cercando un lavoro, quando invece sarebbe stato così semplice dimenticare e vivere tra quelli che chiami 'simili'. Il solo fatto che tu disprezzi quello che sei ogni mese dovrebbe convincerti di quale sia la tua strada. Combatti ogni giorno contro i pregiudizi, dimostrando che sono completamente infondati. Non provi alcun desiderio nemmeno lontanamente simile a quelli che provi durante la luna piena. Non dimenticare queste scelte, Remus”
Lupin tacque, lo sguardo fisso sulla scrivania. Poi si alzò lentamente, voltò le spalle a Silente e avanzò piano verso la finestra che aveva di fronte. Pioveva, quel giorno, ma doveva essere pioggia estiva: gli alberi erano in fiore, qualche rondine svolazzava ancora in cerca di riparo, e anche il cielo non era così grigio e cupo. Harry si avvicinò al mago e lo osservò. Lupin tirò fuori la bacchetta dalla veste e la rigirò tra le dita. La guardò quasi con affetto. La agitò con un movimento complicato, e all'improvviso dal vasetto blu sul davanzale crebbe un rametto di nontiscordardimé, che sbocciavano ad una velocità sorprendente.
“Lo sai perché provi tanto dolore nella trasformazione?” sussurrò Silente. “Semplicemente perché, mentre la parte consapevole di te si arrende, il tuo inconscio cerca con tutte le forze di opporsi”
Lupin distolse lo sguardo dai fiori e lo posò sul mondo esterno. Poi si voltò di nuovo verso Silente, questa volta con espressione risoluta. Annuì deciso.
“Bene” disse il Preside compiaciuto, ma tornò subito serio. “La tua non sarà una missione facile. Sarai tentato: Greyback cercherà di convincerti che i Lupi Mannari vivano meglio, che sia una cosa positiva lasciarsi andare all'istinto. Io non posso sapere quale sia la cosa giusta, nessuno lo sa. Non posso fare altro che chiederti, supplicarti, di rimanere dalla nostra parte”
Silente tacque per qualche istante, poi aggiunse:
“Se c'è una cosa che può aiutarti, pensa alla promessa che mi facesti anni fa. E pensa a chi ti starà aspettando, nonostante tu ti ostini a respingerla”
Harry notò un impercettibile fremito delle dita, sommato all'espressione addolorata che si dipinse sul volto di Lupin. Lui appoggiò un gomito alla parete e la fronte alla mano, coprendosi gli occhi.
“Quella donna è la mia rovina...” mormorò stancamente. “La mia rovina...”
“O forse è la tua speranza” suggerì Silente.
“Per favore, non renda le cose più difficili” disse Lupin, cominciando a massaggiarsi le palpebre.
“Oh, non ne ho intenzione” sorrise ancora una volta l'anziano mago. “Suppongo che troppe persone siano decise a rovinarti l'esistenza a forza di insistere”
“Già...” confermò Lupin. Mosse rapidamente una mano come a voler scacciare un insetto fastidioso. “C'è dell'altro? Riguardo alla missione, intendo”
Silente annuì. “Volevo chiederti” esordì, “se negli ultimi anni tu ti sia cimentato nell'arte dell'Occlumanzia”
“Intende gli anni del dopoguerra?” chiese Lupin. “Sì, sono entrato un po' in contatto con l'Occlumanzia, ma non l'ho mai padroneggiata”
“Si accede facilmente ai tuoi ricordi?”
“Non facilmente, ma non posso assicurare niente”
Fu Silente ad alzarsi questa volta. Aprì l'armadio nero che Harry stesso aveva aperto poche ore prima, e tirò fuori il bacile di pietra dove lui stesso si trovava in quel momento.
“Se ritieni opportuno proteggere i ricordi e le informazioni che pervadono troppo la tua mente, non esitare a usare questo. Prometto la massima discrezione”
Harry avvertì una specie di fastidio in fondo allo stomaco, qualcosa che riconobbe come vergogna. Lui sicuramente non era stato proprio discreto. Guardò Lupin sollevare la bacchetta verso la tempia destra ed estrarne un lungo filo argenteo, che posò sulla superficie del Pensatoio. L'immagine che si formò al suo interno era abbastanza nitida: era l'ufficio di Silente visto dall'alto.
D'un tratto la stanza si deformò, così come le persone che la occupavano, e la scena cambiò...

“Dimmi che non è vero”
Lupin e Tonks comparvero seduti al tavolo di un pub. Lei aveva i capelli color topo, lui rigirava nervosamente un coltello tra le mani.
“Tonks...” cominciò Lupin.
“Come hai potuto accettare?!” sibilò Tonks con una nota di disperazione nella voce. Lupin sospirò e disse:
“Non mi è rimasto più niente, Tonks... niente. Tanto vale andare da un Dissennatore e chiedergli se ho ancora qualcosa dentro...”
“Non puoi dire sul serio” lo interruppe lei.
Lupin tacque. Harry fu attraversato da un brivido.
“Quindi io sarei 'niente'?” chiese Tonks con un moto di stizza.
“Esatto” rispose lui senza esitare, ma non osava guardarla.
“Bugiardo” sentenziò Tonks. “Non riesci neanche a mentire a te stesso. Maledizione, Remus, sei tu, sei tu il masochista. Non provare a dire che il destino ti è avverso o baggianate simili. Tu ti ostini a reprimere l'amore che provi per me, e sempre tu hai accettato questa maledetta missione...”
“Ne sono consapevole” disse Lupin con freddezza.
“E allora diamine, tu non hai niente perché non vuoi niente. Perché? Pensi di non meritarlo?”
“Penso che sia tu a non meritare tutto questo”
“Ah sì? Guardami, allora. Guarda come sto male e dimmi: me lo merito?”
Lupin si ostinava a mantenere gli occhi fissi sul coltello. Dopo un po' disse solo:
“Passerà”
Tonks rimase senza parole. Lupin si alzò e si allontanò senza salutarla, varcando la soglia del pub. Harry volse un ultimo sguardo a Ninfadora. Gli mancava molto. Lei prese il coltello che Lupin aveva lasciato, e lo conficcò con violenza nel legno.
Harry seguì Lupin fuori dal pub, e scoprì di trovarsi a Hogsmeade. Aveva smesso di piovere, ma i raggi solari non riuscivano a penetrare le nuvole. Il mago si appoggiò al muro del pub e si lasciò scivolare in basso, prendendosi la testa fra le mani. Tutto si fece confuso, e il ricordo cambiò di nuovo...

 

Angolo autrice:
Salve a tutti! In questo capitolo vediamo Silente affidare a Lupin la missione tra i Lupi Mannari. Sì, Lupin è depresso, ancora una volta: Sirius è morto, c'è la guerra, è innamorato di Tonks... e chi più ne ha più ne metta, per questo pover'uomo. Ebbene sì, abbiamo anche scoperto perché vi ritrovate a leggere questa raccolta: Piton usa il Pensatoio nel quinto per liberarsi del suo peggior ricordo; Lupin lo usa per non farsi smascherare durante la sua missione. E' vero, il Pensatoio non cancella i ricordi dalla mente, ma ho pensato che potesse almeno liberarla da quelli più invadenti, insistenti, e spingerli più a fondo e meno in superficie. Altrimenti perché Piton usa il Pensatoio? Spero che Pottermore non smentisca nulla xD
Se c'è qualcosa che non è chiaro, chiedete ;) Un enorme grazie a chi ha letto fino alla fine e a chi recensirà, e a chi ha già recensito, ovviamente, siete fantastici! ^^ Buone feste!
Meg

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Capitolo 18
*** Ricordi ***


Un nuovo turbinio di colori, Harry cominciò ad avvertire mal di testa. Questa volta finì in una stanza. Sembrava un monolocale. Poteva vedere anche i fornelli e un divano letto. Doveva essere abbastanza economico: i muri erano ricoperti di muffa, i mobili vecchi e scrostati.
In piedi vicino alla porta d'ingresso c'era Lupin e, ancora, Tonks. Lui guardava in basso, l'espressione addolorata. Lei, invece, sembrava che si stesse trattenendo da una sfuriata, lo sguardo duro, le labbra contratte, e lo squadrava da capo a piedi. Evidentemente Harry li aveva colti in un silenzio imbarazzante. Finalmente Lupin aprì bocca:
"Non c'è nient'altro da dire" disse con voce fredda. Tonks annuì risoluta.
"Bene" rispose. Si voltò verso la porta e tese una mano sulla maniglia arrugginita. Lupin strinse i pugni, come a cercare di mantenere un certo autocontrollo, invece di impedirle di andarsene.
Tonks voltò la testa verso di lui un'ultima volta.
"Buona fortuna per la tua missione, Remus" disse, con gli occhi improvvisamente lucidi.
Lui deglutì e alzò lo sguardo. Riuscì a balbettare un "Grazie", poi lei uscì dall'appartamento, sbattendo la porta.
Lupin sospirò, poi si diresse lentamente al divano letto, si sedette e si prese la testa fra le mani, coprendosi gli occhi. Improvvisamente l'ambiente diventò confuso, tutto sbiadì, ed Harry si ritrovò immerso in altri ricordi, più vecchi, più confusi...

Un campo di grano...Un bambino stava correndo...Harry sentiva il suo respiro affannoso, il rumore delle spighe che cedevano sotto i suoi piedi... Due occhi gialli lo stavano inseguendo... Il bambino incespicava sempre di più, finché non cadde a terra, esausto... Un ringhio sommesso... Harry non riusciva a vedere bene, aveva la vista offuscata...
"Ti prego... Ti prego..." udì sussurrare una voce infantile e ansimante. Il bambino giaceva a terra, tremante e con gli occhi sbarrati, le ginocchia sbucciate. Davanti a lui riuscì a distinguere solo una massa di peli neri. Poi un grido agghiacciante... E non vide più nulla...

Di nuovo tornarono immagini, questa volta un poco più nitide... Dei ragazzini correvano e ridevano su un prato, si buttavano a terra... Harry li sentiva cantare un Girotondo... Uno di loro si alzò. Sembrava il più grande, aveva quell'aria da leader spaccone che gli ricordava tanto Dudley. Andò incontro ad un ragazzino più piccolo, poteva avere sei o sette anni... Lupin da bambino. Il viso era già segnato da piccole cicatrici, gli abiti erano sporchi di terra. Guardava speranzoso gli altri che giocavano.
"Ciao! Posso giocare con voi?" chiese timidamente al più grande. Quello fece un cenno di diniego.
"Mia madre dice che non posso giocare con te" disse imperioso.
"E perché?" domandò Lupin con espressione triste.
"Che non lo sai?" il tono del ragazzino si era fatto più duro. "Perché sei un mostro, no?"
Lupin trasalì. Gli altri bambini avevano smesso di giocare, e si erano avvicinati al più grande per osservare la scena.
"Vattene!" gridò il leader. "Non vogliamo giocare con te!" e diede a Lupin uno spintone che lo fece cadere a terra. I bambini risero sonoramente. Lupin aveva gli occhi lucidi, ma si rialzò.
"Che fai, piangi?" disse il ragazzino. "Guardate, ragazzi, Remmy piange!"
I bambini risero ancora più forte.
"Io non sto piangendo!" gridò Lupin, sebbene gli tremasse la voce. L'altro ridacchiò, poi si voltò e tornò con il resto del gruppo a giocare, mentre il piccolo Lupin si asciugava furtivamente le lacrime...

I ricordi continuavano a vorticare...Un'altra stanza, in penombra... Un bambino accasciato a terra, in preda agli spasimi... Le sue urla riempirono le orecchie di Harry... Voleva aiutarlo, ma non sapeva come... Il bambino cominciò a strisciare sul pavimento verso una porta. Si aggrappò alla maniglia, ma era chiusa a chiave. Allora cominciò ad implorare, accasciandosi sul legno:
"Mamma..." chiamò singhiozzando. "Mamma, ti prego... Apri la porta..."
Harry udì una voce femminile dall'altra parte che piangeva. "Non posso, tesoro... Non posso..." diceva.
"Mamma... fa tanto male...aiutami..." disse il bambino con un certo sforzo.
"La mamma è qui, tesoro... Andrà tutto bene..." rispose la voce.
Un altro urlo da parte del bambino... Che non era più un bambino... Si stava trasformando... Harry udì un ringhio e le urla disperate della donna fuori la porta...

Le immagini cambiarono di nuovo, più nitide... C'era Lupin, che aveva una ventina d'anni, con un anziano mago, entrambi fuori la porta di una casa di mattoni rossi.
"UN CALENDARIO LUNARE!" stava urlando il mago. "Cosa ci fa un calendario lunare in questa casa?!"
"Signor Jones..." esordì Lupin con aria supplichevole. "Posso spiegare..."
"Non ce n'è bisogno! Te lo dico IO cosa ci fa... Sarò anche vecchio, ma non sono rimbambito! Ecco perché c’erano volte in cui non tornavi... Sei un Lupo Mannaro!!”
“La prego signor Jones, la smetta di gridare...”
“Un Lupo Mannaro in casa mia!”
“Signor Jones, sono sempre io... !”
“Che ne so io, eh, che un bel giorno non mi ritrovo una bestia pulciosa in casa che vuole uccidermi?”
“Signor Jones, non farei mai una cosa del genere!” Lupin alzò la voce, allarmato. “Lei mi conosce, è da un anno che abito qui...”
“Non ci voglio neanche pensare che è da un anno che rischio la mia vita inconsapevolmente! Pensavo che voi bestie doveste essere dichiarati al Ministero!”
Lupin tacque, forse per incassare quell’insulto. Poi disse, con un visibile sforzo di mantenere la calma: “Lo sono, signor Jones, ma non riuscivo a trovare una casa, e se le avessi mostrato l’attestato si sarebbe rifiutato anche lei di affittarmela...”
“E lo credo bene! No che non te l’avrei affittata! Tra l’altro, sei anche in arretrato...” lo rimbeccò il mago.
“Non... non ho soldi, al momento...”
“Trovati un lavoro!”
“Lo sto cercando...”
“Sì, come no, un Lupo Mannaro che cerca un lavoro!” rise il vecchio. “Voi non sapete nemmeno cosa significhi vivere onestamente! Basta che rubate, minacciate e sbranate... Ibridi che non siete altro!”
Lupin sbiancò completamente, con l’aria di chi ha ricevuto una pugnalata.
“Via! Vattene!” gridò il signor Jones.
“Signor Jones... Non ho dove andare stanotte...” lo supplicò Lupin.
“Non è un problema mio. Dovresti ringraziarmi per non averti denunciato” sibilò l'altro.
Lupin sospirò, poi si avvicinò lentamente al signor Jones. Quest’ultimo indietreggiò, mentre avvicinava una mano alla bacchetta, ma Lupin si chinò semplicemente per prendere la valigia ai loro piedi. L’anziano mago sembrava imbarazzato, ma risalì i gradini dell'ingresso e rientrò in casa. Disse solo:
“Addio” e chiuse la porta sbattendola.

Un altro vortice di colori, ed Harry si ritrovò di nuovo nell'appartamento del Lupin adulto, che si stava massaggiando le tempie, gli occhi chiusi. Non fece in tempo a trarre un sospiro di sollievo, che anche quel ricordo svanì per passare al successivo.

 

 

Angolo autrice:

Hola, gente! Rieccomi qui con un nuovo capitolo! Questa Ff è un po' contorta...Allora...
All'inizio ci sono Lupin e Tonks, Tonks che ha provato a convinverlo a stare insieme, senza riuscirci. Poi Lupin si siede sul divano e... ricorda. Ricorda la notte in cui è stato morso, il giorno in cui i bambini non vollero più giocare con lui, ricorda una delle sue prime trasformazioni con la madre che aspettava fuori la porta, il giorno in cui fu sbattuto fuori della casa che aveva in affitto. Tutti ricordi collegati in un certo qual modo al fatto che non può stare con Tonks a causa della sua condizione, tutte le sofferenze che ha dovuto subire per la sua Licantropia.
Non so se sia possibile nel Pensatoio, ma mi piaceva l'idea di far vivere i ricordi nei ricordi :)
Spero che il capitolo vi sia piaciuto! Sarei molto contenta se lasciaste qualche recensione ^^ Grazie!
 

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Capitolo 19
*** Il coraggio ha molte facce ***


 Harry venne catapultato in un’altra stradina, ma questa volta l’atmosfera era completamente diversa. Sembrava un vicolo cieco, e aveva un’aria lugubre, quasi spettrale. Ricordava Notturn Alley. I muri erano stretti e grigi, il pavimento lastricato e sudicio, incrinato in più punti. Perfino il cielo nuvoloso sembrava una caratteristica di quel posto. A un tratto sentì dei passi, e comparve Lupin, che correva verso di lui, per poi fermarsi di colpo, rendendosi conto di non avere via d’uscita. In fretta, si appoggiò alla parete e guardò verso la direzione da cui era venuto, come per nascondersi. L’uomo era irriconoscibile: il viso era sporco e sudato, con una leggera barba incolta; era molto più magro del solito, come se non mangiasse da giorni; i vestiti erano stracciati, come se qualcuno avesse avuto l’intenzione di ridurli a brandelli; la sua espressione non era gentile come Harry ricordava, ma era un misto di paura e rabbia. Si udirono altri passi, e stavolta comparve niente meno che Fenrir Greyback. Quel volto a metà tra l’umano e il lupesco era inconfondibile. Harry sussultò quando, con una velocità impressionante, prese Lupin per la veste e gli puntò la bacchetta sul petto.
“Perché scappi, eh?” ringhiò furioso. “Allora, faccia d’angelo, dimmi perché dovrei fidarmi di te” continuò scuotendolo. “Credi che non me ne sia accorto? Quei graffi sono autoinflitti. Perché non ti trovi qualcuno con cui sfogarti, eh?

Lupin lo fissava con uno sguardo omicida che Harry non aveva mai visto prima. Si chiese se quello che aveva di fronte non fosse altro che l'effetto di una Pozione Polisucco.
“Preferisco non dare nell’occhio, te l’ho già detto” rispose il mago, con il respiro leggermente affannoso. “Non mi va di finire ad Azk...” ma non fece in tempo a finire la frase, perché Greyback lo afferrò per la gola e lo sbatté con violenza contro il muro.
“Ancora non ho capito da che parte stai” sibilò il lupo mannaro.
“Dalla mia” rispose Lupin con voce strozzata.
“Ne sei sicuro?” chiese l’altro aumentando la stretta.
“Odio i maghi” disse Lupin, mentre con una mano cercava di trattenere il braccio di Greyback. Per un attimo inspiegabile, Harry gli credette, ma conosceva bene Lupin, e sapeva che le sue parole non erano vere.
“E i Mangiamorte non sono meglio...”
“Però pensi che nemmeno i lupi mannari lo siano” lo interruppe Greyback.
“Ammetto che non ammiro quelli come te” disse Lupin. Harry fu sorpreso da questa risposta, ma poi capì il perché: Lupin sapeva che la situazione gli stava sfuggendo di mano. Era solo questione di tempo, prima che il lupo mannaro si accorgesse di chi aveva davvero di fronte: tanto valeva scoprire le carte un poco alla volta. Fingere di stare dalla parte di Greyback poteva solo peggiorare le cose, a quel punto.
Quest’ultimo lo scrutò in volto con uno sguardo perplesso.
“Questi occhi... Dove li ho già visti?”
Il poco colore sul viso di Lupin svanì, ma lui continuò imperterrito a mantenere la stessa espressione di odio e disprezzo.
“Chi ti ha morso, Faccia d’angelo?” insisté Greyback.
Lupin rise. Una risata priva di allegria e piena di amarezza.
“Magari lo sapessi” rispose.
Il lupo mannaro sogghignò, poi, sempre tenendolo per la gola, avvicinò i denti affilati al suo orecchio:
“Eppure” sussurrò maliziosamente, “mi è sembrato di sentire il tuo battito accelerare”
Lupin non rispose, né abbandonò quella maschera di rabbia.
Greyback continuò a studiarlo pensieroso. Poi, alzò un dito e con una delicatezza che non gli si addiceva cominciò a percorrere con l’artiglio le cicatrici di Lupin. Lui rabbrividì impercettibilmente, ma continuò a guardarlo con aria di sfida, ritraendosi istintivamente contro il muro. Greyback si passò la lingua sulle labbra, come se stesse pregustando una pietanza particolarmente succulenta, e fu forse quel gesto che spinse Lupin a distogliere bruscamente il viso, liberandosi dalle sue grinfie. Con uno scatto fulmineo, il lupo mannaro lo afferrò per i capelli ingrigiti e spettinati, puntandogli la bacchetta alla gola.
“NO!” gridò Harry, sebbene nessuno potesse sentirlo.
“Potrei ucciderti in questo stesso istante...” ringhiò Greyback.
“Fallo” disse Lupin con tono fermo, mentre il petto si abbassava e si alzava in fretta. “Non mi importa...”
Greyback sembrava colpito. Lo guardò con una strana espressione che rasentava la pietà.
“Non ti importa di vivere o di morire?” chiese curioso.
“La morte sarebbe una liberazione” disse Lupin con sicurezza, ma Harry notò che stava tremando leggermente. Anche Greyback doveva essersene accorto, perché rise e disse:
“Davvero?”
“L’istinto di sopravvivenza non è voglia di vivere” sussurrò Lupin. “Avanti...”
Harry ricordava bene che Lupin aveva raggiunto l’Ordine della Fenice, vivo e vegeto, la notte in cui era morto Silente, ma in quel momento non poté fare a meno di avere paura per lui. Per la seconda volta, però, rimase sorpreso nel vedere Greyback abbassare la bacchetta e lanciare Lupin contro la parete, facendolo cadere a terra.
“Ah” commentò, guardandolo con disprezzo dall’alto, “non ne vale la pena”. Poi gli tirò un calcio allo stomaco, mozzandogli il respiro.
“Ma non finisce qui, Faccia d’angelo” disse, e riponendo la bacchetta sotto gli abiti, si allontanò e svoltò l’angolo.
Lupin continuò a massaggiarsi lo stomaco, mentre riprendeva fiato. Harry fu lieto di vedere il veleno abbandonare i suoi occhi, che divennero preoccupati e guardinghi. Poi si sedette sulla pietra, poggiando la schiena contro il muro, respirando profondamente. Era chiaro che mentiva spudoratamente quando diceva che non gli importava di vivere o di morire. Lentamente tirò fuori la bacchetta dalla veste e mormorò:
Expecto Patronum
Un grosso animale argenteo apparve di fronte a Harry: un bellissimo lupo dagli occhi penetranti. Lupin tese una mano tremante verso il Patronus e lo sfiorò con la punta delle dita. Poi disse piano:
“Non ne ho ancora per molto”
Il lupo abbassò la testa, come per annuire, poi si voltò e corse verso l’uscita del vicolo, svanendo senza il minimo rumore.
Un familiare senso di colpa riempì il petto di Harry, mentre anche quel ricordo svaniva, rammentando le dure parole che aveva detto a Lupin quella sera a Grimmauld Place. Il rimorso era anche più doloroso, soprattutto dopo un’altra dimostrazione che Remus Lupin non era affatto un codardo.
 

 
Angolo autrice:
Lo so, questo capitolo è piuttosto cupo, ma mi sono sempre chiesta se Greyback si fosse mai accorto di Lupin, se l’avesse mai incontrato e se l’avesse riconosciuto, mentre lui faceva da spia tra i Lupi Mannari per Silente (sesto libro), così è nata questa fanfiction. Il punto di vista è quello di Harry, perché volevo che “si rendesse conto” di essersi sbagliato quando ha chiamato Lupin  ‘codardo’, anche se è stato utile per farlo rinsavire. :(
Spiegazioni sul Patronus di Lupin: forse vi state chiedendo il motivo per cui il Patronus di Lupin (indirizzato a Silente) è un lupo, dal momento che lui farebbe volentieri a meno della sua Licantropia. Innanzitutto il Patronus rispecchia la personalità del mago che lo evoca, e io non riesco a immaginare un altro animale che rappresenti Lupin: a parte il fatto che è un Lupo Mannaro, il lupo mi dà un senso sia di solitudine che di “calma e sangue freddo”, due caratteristiche di Remus; inoltre, il Patronus di Piton è una cerva, come quello di Lily, quindi probabilmente anche il Patronus di Tonks è lo stesso di Lupin. Un’altra giustificazione è che la Rowling ha spiegato (se non ricordo male) che quando i maghi si innamorano, il Patronus assume la forma della persona che amano, perché è a quella a cui pensano quando devono evocarlo, quella che sentono che dà loro protezione: magari Remus pensava alle notti di Luna Piena con i Malandrini la prima volta che ha evocato il suo, e il lupo racchiude tutti e quattro, giacché è alla base della loro storia. Una spiegazione un po’ fantasiosa, lo so, ma mi piace :)  Perché "Faccia d'angelo"? Perché ho sempre immaginato Lupin così, con l'espressione dolce, gli occhi azzurri e lo sguardo ancora da ragazzino, molto diverso dall'attore del film, per quanto egli lo interpreti magnificamente.

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Capitolo 20
*** Non è mai un fallimento ***


Harry non si rese subito conto di quello che gli si presentò davanti agli occhi, finché non riconobbe le persone protagoniste della scena. C'erano cinque figure incappucciate, ma Harry riuscì a distinguere i lineamenti dei loro volti. Poteva vedere i peli scuri ricoprire la maggior parte del viso di quattro di loro, i denti sporchi e appuntiti scoperti in un ringhio famelico. Circondavano il quinto, occupando ogni lato da cui, presumeva Harry, sarebbe potuto fuggire, data la loro posizione di attacco, una gamba in avanti e una dietro, le braccia leggermente sollevate e le mani irsute aperte che sfoderavano unghie lunghe simili ad artigli.
Il sole stava tramontando, e illuminava debolmente la prateria deserta dove si trovavano. La figura più alta, che stava proprio di fronte a quella in mezzo al gruppo, si tolse il cappuccio: era Greyback. Ridacchiò sommessamente, poi disse:
"Credevi che non me ne sarei accorto, Remus Lupin?"
Harry sobbalzò e guardò l'uomo al centro. Anche lui scoprì il capo, e il proprietario del ricordo si rivelò. Il suo sguardo era accigliato, duro, ma il ragazzo notò che le mani tremanti tradivano la sua paura.
Greyback mise una mano nella tasca del mantello, forse l'unico indumento che indossava, giacché le gambe e i piedi erano nudi, come quelli degli altri. Ne estrasse una fiala vuota. A quella vista, gli occhi di Lupin si dilatarono allarmati. Si tastò fugacemente il mantello, mentre il panico si dipinse sul suo volto, il respiro accelerato. Il Lupo Mannaro tolse il tappo di sughero dalla fiala e l'annusò avidamente.
"Mmm..." disse con gli occhi chiusi. "Ortiche... Valeriana... Aconito..." Riaprì gli occhi. "Pozione Antilupo, presumo" concluse, richiudendo la fiala. "Bene... Questo semplifica le cose..."
Lupin girò su se stesso, ma non successe niente. Girò ancora, barcollando e guardandosi intorno disorientato. Greyback rise più forte.
"No no no, Remus" disse, muovendo l'indice come se avesse sorpreso un bambino a fare una marachella. "Non nel mio territorio. Ti piace l'idea? Un po' come ad Hogwarts, non trovi?"
Lupin si limitò a stringere i pugni.
"Avrei dovuto immaginarlo" Greyback sputò a terra. "'Non è giusto mordere gli umani, bla bla bla...'. Chi poteva esserci dietro se non tu? Tutte quelle panzane sull'umanità, l'uguaglianza... Solo per fregarmi gli alleati. Non ci credi nemmeno tu, Lupin"
Con uno scatto rapidissimo, quest'ultimo mosse un braccio per sfoderare la bacchetta, ma non fece nemmeno in tempo ad estrarne la punta, che Greyback balzò in avanti. Scaraventò Lupin a terra, e in un attimo fu sopra di lui, una mano che gli bloccava il collo, il viso vicinissimo a quello dell'altro.
"Potevi essere mio" sibilò minaccioso. "Potevi scegliere di stare dalla mia parte. Invece sei stato uno sciocco... come tuo padre"
Lupin cercava di divincolarsi, ma c'era qualcosa di strano: non sembrava avere la forza di reagire. Harry non l'aveva mai visto così spaventato, così inerme. Aveva gli occhi spalancati e boccheggiava sotto il peso del suo peggior nemico. Greyback gli strattonò con forza il braccio sinistro e strappò la manica, soffermandosi sulla cicatrice del morso che lui stesso gli aveva dato molti anni prima.
"Sento l'odore... del tuo terrore" gli sussurrò all'orecchio.
Harry si lanciò contro di lui, ma l'unico risultato fu quello di passargli attraverso. Accecato dalla rabbia, si era dimenticato di essere meno di un'ombra. Alzò gli occhi al cielo...
Gli ultimi raggi solari sparirono oltre le montagne lontane, e la luna si fece più luminosa, un cerchio perfetto. Greyback si alzò e si allontanò da Lupin, cominciando ad ululare col naso verso l'alto. Gli altri tre lo imitarono. Tremante, Lupin rotolò su se stesso, a pancia in giù. Camminò carponi spostandosi di qualche centimetro, ma una fitta improvvisa lo trattenne. Tirò fuori la bacchetta dalla veste e con le poche forze rimaste la tirò lontano. Poi gemette e cadde a terra, mentre gli ululati continuavano a riempire l'aria. Si coprì le orecchie con le mani e lanciò un grido, raggomitolato su se stesso, gli occhi chiusi, come se stesse rivivendo un incubo.
Questa volta il ricordo rimase nitido, ed Harry restò a guardare impotente la trasformazione dei Lupi Mannari. Tutti si contorcevano dalla sofferenza, ma Greyback sembrava goderne. Il ragazzo ricordò le parole di Silente, e si chiese quanti lo volessero davvero. Lupin cominciò a strisciare sull'erba, un braccio teso in avanti, le pupille contratte e i canini aguzzi. Poco prima che la sua testa prendesse una forma lupesca, mosse le labbra, e disse debolmente:
"Dora..."
In poco tempo, un meraviglioso lupo grigio e castano prese il posto dell'uomo. Ansimava e giaceva a terra su un fianco. Harry udì dei ringhi, e guardandosi attorno vide gli altri lupi che avanzavano verso di lui, i peli del collo ritti. Riconobbe Greyback perché era il più grosso e il più vicino, e ringhiava più forte degli altri. Qualcosa spinse Lupin a rialzarsi. Harry si aspettò una reazione pari alla precedente, invece il lupo scoprì i denti, anche se indietreggiava lentamente. Greyback lo assalì di nuovo, ma questa volta Lupin era pronto, e lo schivò, balzando di lato. La scena si ripresentò più volte, finché non si attaccarono entrambi nello stesso istante. Per un attimo, Harry rivide un grosso cane nero al posto del Lupo Mannaro, tanto il suo ricordo era simile alla visione che aveva davanti. Greyback mordeva e graffiava senza pietà, sembrava impazzito di rabbia. Con una feroce zampata, colpì Lupin sul muso, sbattendolo su un piccolo masso dietro di lui. Lupin provò a rialzarsi, ma anche gli altri gli furono addosso.
"Remus!" gridò Harry, ma nessuno poteva sentirlo. E poi...
Dal nulla, il ragazzo udì un canto. Una musica meravigliosa, che aveva già sentito prima. Da lontano, vide una figura rossa e oro che volava verso di loro. La riconobbe immediatamente.
Fanny.
Il suo richiamo sovrastette i ringhi furiosi dei Lupi Mannari, mentre la fenice volava sempre più basso, preparandosi ad attaccare. Harry stette a guardare col fiato sospeso il meraviglioso uccello di fuoco che aggrediva le bestie, che finalmente smisero di mordere Lupin per dare la caccia a lui. Fanny attaccò ancora e ancora, una fiamma impetuosa nella notte, poi volò più in alto, costringendo i lupi ad inseguirla, lontano. Poi il silenzio.
Harry aspettò circa mezz'ora a vegliare su Lupin, sebbene fosse consapevole di non potergli essere di alcun aiuto. Il lupo era ancora cosciente e si stava leccando le ferite. Alcune sembravano proprio profonde. A un tratto Fanny ritornò, sola. Lupin alzò il muso e uggiolò piano. Tentò di rialzarsi sulle zampe, ma cadde immediatamente. La fenice atterrò e gli si avvicinò, tubando sommessamente. Posò dolcemente la testa sul corpo dell'animale e pianse. Le lacrime scorrevano fluide dai suoi occhi sulle ferite. Harry notò che non si rimarginavano del tutto, sebbene smettessero perlomeno di sanguinare. Fanny sollevò il capo, e il lupo alzò debolmente una zampa in segno di ringraziamento.
Il ricordo si oscurò, per poi illuminarsi di nuovo...

Silente e un Lupin umano occupavano la scena. Si trovavano in un vicolo cieco, ma Harry non riuscì a capire di quale luogo. Forse Diagon Alley.
"Ho... Ho fallito..." stava dicendo Lupin un po' ansante a testa bassa. Come nel ricordo precedente, era sporco e sudato, il mantello ridotto a brandelli, il viso pallido e pieno di graffi, una benda che gli fasciava la mano sinistra.
"Se si tenta, non è mai un fallimento" disse Silente poggiandogli delicatamente una mano sulla spalla. "Hai fatto il possibile, Remus. Anche un solo Lupo Mannaro dalla nostra parte significa molto, e tu ne hai attirati più di uno. Vedrai che faranno la cosa giusta"
Ma Lupin scosse il capo rapidamente.
"Greyback mi ha attaccato, e io ero come... impietrito" disse Lupin incredulo, guardando Silente negli occhi.
"Hai avuto paura" disse quest'ultimo con semplicità. "E' normale. Sei un essere umano"
"Non negare l'evidenza, Albus" scattò Lupin, e una strana luce selvaggia attraversò i suoi occhi. "Non sono un essere umano"
"Sei più uomo di quanto ti ostini a credere, Remus" sentenziò Silente, e sembrava la sua ultima parola.
"Mentre ero in missione..." continuò Lupin, appoggiandosi al muro con una smorfia dolorante,"un ragazzino... ha detto qualcosa... a proposito di Hogwarts..."
Silente attese in silenzio.
"Ha sentito Greyback parlare con i Mangiamorte. Ha detto che Hogwarts non sarebbe stata più la stessa... dopo"
"Ha detto altro?" chiese Silente gravemente.
Lupin scosse di nuovo il capo.
"C-cosa voleva dire?" chiese, guardandolo. Silente lo fissò per qualche secondo con espressione enigmatica.
"Ci sono cose... che vanno al di là del nostro potere, Remus"
Harry capì a cosa si riferiva Silente, ma non poté fare a meno di immaginare lo sgomento che doveva provare Lupin in quel momento. Glielo leggeva negli occhi chiari.
Anche quel ricordo si oscurò del tutto, ed Harry non vide più nulla.

 

 

 

Angolo autrice:
Ciao a tutti! Eccomi qui con un nuovo capitolo. Solo un chiarimento:
Severus Piton non è l'unico a saper preparare la Pozione Antilupo. Si presume che gli Auror debbano essere anche degli esperti in pozioni per esercitare la professione, e l'Ordine della Fenice ne dispone, e poi può darsi che la si possa trovare anche a Diagon Alley, sebbene sia molto costosa. Quindi, almeno per questa volta, Remus la usa per restare lucido.
No, non avete saltato nessun capitolo: il ragazzino di cui Remus parla è solo Marcus di "We can always choose" ;)
Spero che il capitolo vi sia piaciuto =) Grazie mille a tutti per il sostegno in questa ardua impresa!
Meg

 

 

 

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