Blood Legacy

di Deilantha
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***



Capitolo 1
*** 1. ***


1.



Non fu una notte facile per Vicky; a dire il vero quasi non fu una notte. Non riuscì a prendere sonno se non alle prime luci dell’alba, con il risultato che si risvegliò a giorno inoltrato. La segreteria era piena di messaggi: sicuramente Coreen la stava cercando.

Ciò che avevano vissuto il giorno precedente non era proprio una giornata tipica e nessuna delle due doveva stare tanto bene. Ma in quel momento i pensieri di Vicky non erano rivolti a lei o alla sua amica. Non riusciva a smettere di pensare al modo in cui gli eventi erano precipitati la notte scorsa: Mike che le diceva addio, rubandole un bacio che sapeva di disperazione, un bacio che le aveva stretto il cuore… Mike che aveva perso il lavoro per lei, per starle accanto e seguirla in tutte quelle avventure in cui nemmeno riusciva a credere… Mike che aveva deciso di non continuare più a perdere se stesso dietro un mondo che non gli apparteneva, e dietro una donna che non riconosceva più, una donna che non si decideva a prenderlo… quanto si sentiva in colpa verso Mike!

Non aveva mai provato un sentimento del genere nei suoi confronti: il detective Celluci era grande e grosso e sapeva sempre tenere testa a chiunque. Il loro rapporto era da eguali, si ferivano, si scontravano, ma poi tutto passava davanti ad un bel pranzo cinese e ad una buona birra. Stavolta qualcosa si era rotto, però. Mike le aveva detto addio; non avrebbe più atteso, non era come un anno prima, quando lei aveva interrotto la loro relazione, in seguito all’abbandono della Polizia. Allora lui era rimasto sorpreso dalla sua decisione, ma aveva ancora tutte le speranze di riconquistarla, di riprendersi la sua compagna che doveva solo riadattarsi alla sua  vita con le nuove carte che le aveva dato il Destino… Invece quel Destino le carte le aveva rimescolate davvero bene!

E Mike ora era diverso, si era allontanato: ferito, umiliato, senza la sua donna, senza il suo lavoro, verso un futuro incerto che lei, Vicky Nelson, gli aveva servito su un piatto d’argento.  Il tormento non riusciva a lasciarla libera, perché se il pensiero di Mike le causava angoscia, c’era un altro terrificante dolore che si era insinuato quasi contemporaneamente all’addio di Celluci.

Quel Destino le stava portando via tutto.

Risentiva ancora la proposta di Henry:   fuggire insieme  verso luoghi più sicuri, dove lui avrebbe potuto proteggerla meglio dal male che ormai la perseguitava. Sarebbero stati soli, e insieme, uniti contro la magia nera… Soli, insieme…

Quanto avrebbe voluto dirgli di sì!

Henry le era entrato nel sangue (sì, bella metafora, per un vampiro!), era diventato parte intrinseca di lei sin dal loro primo incontro. Le aveva detto che i suoi poteri non avevano effetto su di lei, ma come poteva esserne certa? E se era davvero così, la verità era ancora più terrificante!

Temeva ciò che sentiva per lui, non voleva cedere all’istinto di lasciarsi andare, perché sapeva che se si fosse rilassata anche solo una volta, avrebbe rischiato grosso, avrebbe rischiato il suo futuro.

Temeva il futuro che poteva avere con Henry:  i suoi tentativi di sedurla nonostante tutti i suoi rifiuti la gratificavano, ma lui era un seduttore da 400 anni, sapeva come far cadere una donna ai suoi piedi, e ogni notte riusciva nel suo intento, perché lei doveva essere diversa dai suoi incontri giornalieri?

Sarebbe stata una fonte di sostentamento fissa per lui? Per questo la voleva?

Per lui era facile, ma se lei si fosse lasciata andare, sapeva che avrebbe perso il controllo, che avrebbe potuto nel tempo, chiedergli di essere trasformata come lui aveva fatto con Christina, per vivere il loro amore in eterno.

Ma due vampiri non possono amarsi senza litigarsi il rispettivo territorio di caccia. Se Henry l’avesse trasformata alla fine, che futuro avrebbero avuto? Ma se non l’avesse fatto, quanto avrebbe sopportato l’idea di invecchiare  e morire, sapendo che per lui nulla sarebbe mutato? Che l’avrebbe lasciato ancora giovane, bello e affascinante come il primo giorno in cui si erano conosciuti. Come poteva sopportare di andare  dritta verso un futuro simile?

Henry stava per partire, nemmeno lui riusciva a sostenere più la loro situazione, e soprattutto la crescente implicazione di Vicky nella magia nera; doveva cambiare territorio alla svelta e sarebbe partito da lì a pochi giorni. Perciò le aveva fatto quell’ultima disperata richiesta: l’aveva messa con le spalle al muro: “Vieni con me.”

Sentiva ancora rimbombarle nella testa quella frase e ogni volta si rivedeva mentre lo rifiutava per l’ennesima volta, dandogli  quella palettata nel cuore che se fosse stata fisica non avrebbe fatto così male. Ricordava il volto serio e contratto mentre riceveva il suo rifiuto, e ricordava anche che all’arrivo di Mike i suoi occhi si erano fatti lucidi: Henry, il vampiro  di 400 anni, il figlio illegittimo di uno dei re più spietati della storia, cresciuto imparando strategie militari, l’impassibile e sarcastico Henry Fitzroy, era lì con il cuore straziato e lo sguardo dolente a causa sua!

Eppure sapeva che dietro quel modo di fare aristocratico e impassibile e quei modi affascinanti, c’era un uomo che per amore aveva rinunciato alla vita. Sapeva che il suo cuore fermo era pieno di passione, sapeva che nonostante le continue avventure notturne, quell’uomo era capace dell’amore più profondo… Ma non voleva crederci.

Temeva, forse più dei suoi stessi sentimenti, quelli di Henry. E alla fine nell’indecisione, nel voler mantenere la situazione in bilico,  ad un certo punto le carte del destino avevano giocato la loro ultima mano. Henry si era rinchiuso in camera sua, non le aveva più rivolto la parola, e ormai Vicky poteva tranquillamente pensare di averlo perduto, come aveva perso Mike. 

Per fortuna almeno, aveva di nuovo con sé Coreen. Aver salvato la vita dell’amica era l’unica gioia che la faceva sentire certa di aver fatto la scelta giusta. Ma Astaroth era ancora là fuori, e poteva rintracciarla da un giorno all’altro: era marchiata e aveva usato i poteri infernali in più occasioni, era invischiata fino al collo con il male puro e doveva trovare un modo per annientarlo!

Ma senza Mike e soprattutto, senza Henry.









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Capitolo 2
*** 2. ***


2.



Molly Bohan sentì squillare il campanello di casa all’improvviso: erano le sei del pomeriggio, Dylan era a studiare in camera sua, chi poteva mai essere? Andò ad aprire la porta e la sorpresa di trovarsi quella persona davanti fu davvero grande:

«Vicky!»

«Ciao Molly, come sta…» Vicky non fece in tempo a finire la frase, che fu invasa dall’abbraccio della donna: cercò di rilassarsi il più possibile per non offenderla, ma odiava essere abbracciata, e sperava che la donna la lasciasse andare il prima possibile.

«Oh scusami, dimenticavo che a te non piacciono troppo queste manifestazioni d’affetto» e con un sorriso davvero felice, la fece accomodare.

Molly Celluci era la piccola della famiglia: sorella minore di Mike, con un amore per la vita e per tutto ciò che è passionale e istintivo, ma anche una bontà di cuore ancora così ingenuamente fanciullesca,  che spesso aveva scatenato le ansie protettive del fratello maggiore che aveva sempre sentito il dovere di proteggerla. Il loro non era stato un padre modello, Mike aveva fatto di tutto per non assomigliargli minimamente, a cominciare dal prendersi presto delle responsabilità, che nemmeno gli erano dovute. Durante gli anni di accademia lavorava part-time la sera per mantenere la madre e la sorella, si era fatto in quattro per la sua famiglia, per dare loro quello che un padre assente e ubriacone non aveva mai  cercato di dare. Poi Molly conobbe Fred, e fu un amore travolgente a prima vista proprio come lo sognava lei, e in breve decise che quello sarebbe stato l’uomo della sua vita . Mike non approvava tutta quella fretta, voleva saperla al sicuro, voleva conoscere bene l’uomo con cui la sua sorellina stava per legare la sua vita.

Ma Molly fu irremovibile: non le interessava una cerimonia lussuosa, né un ricevimento  sfarzoso, non voleva che suo fratello si spaccasse ulteriormente la schiena per lei: ce l’avrebbe fatta da sola a costruire la sua vita. Il matrimonio di Molly era felice, e dopo qualche anno fu benedetto dall’arrivo di Dylan; lei avrebbe voluto dargli subito un fratello o una sorella, ma sembrava che il buon Dio non avesse in serbo per lei un’altra gravidanza, e così dopo qualche anno di tentativi, decise che si sarebbe concentrata  semplicemente sul suo piccolo miracolo… Il suo bambino che stava crescendo alla svelta, il suo bambino che aveva già raggiunto l’età di undici anni.

Molly era felice, e desiderava tanto che lo fosse anche suo fratello. Quando le portò a conoscere la sua collega Vicky Nelson, capì subito che erano molto più che partners di lavoro: era tangibile l’attrazione che li legava e anche il loro discutere continuo era tipico di coppie destinate a vivere assieme.

Era così felice che Mike avesse trovato la donna giusta per lui! Finalmente avrebbe potuto gioire anche lui, dopo tante sofferenze e privazioni. Quando all’improvviso Vicky lo aveva lasciato, Mike minimizzò, dicendo che era un momento di confusione, perché le era stata diagnosticata la retinite pigmentosa che l’avrebbe resa cieca, e che doveva solo  accettare il suo nuovo stato e tutto sarebbe tornato alla normalità. Infatti dopo qualche mese, Mike le disse che era tornato a frequentare Vicky. Anche Dylan le voleva bene, chiedeva spesso perché la zia Vicky non venisse più a trovarlo , e Molly desiderava davvero dirgli che un giorno sarebbe venuta. E in quel momento  era lì!

«Che piacere vederti, cara, sapessi quante volte ho sperato di rivederti, e a Dylan manchi tanto. Ora lo chiamo, sarà felicissimo di…»

«No, aspetta Molly» la interruppe Vicky. Non voleva incontrare Dylan, non finché non avesse prima parlato con Molly della persona che l’aveva spinta ad andare in quella casa.  «Devo parlarti, si tratta di...»

«... di Mike» Molly completò la frase senza battere ciglio; sentiva che c’era qualcosa che non andava in Mike da qualche giorno, e forse la visita di Vicky finalmente gliel’avrebbe rivelato.   

«Sì, si tratta di Mike… da quanto tempo non lo senti?» chiese Vicky

«È successo qualcosa a Mike, vero? Avete litigato più del solito? Oddio si è ferito? Sta male?»

«No, calmati Molly, Mike sta bene (per quanto gli possa essere concesso) ... È che… Ecco ho combinato un casino e…» Vicky si alzò all’improvviso dal divano del salotto e cominciò a girovagare per la stanza, in preda all’ansia e al senso di colpa: «In questi ultimi tempi ha rischiato molto per me, l’ho coinvolto in casi che non erano di sua attinenza, Crowley è andata su tutte le furie ma io non ci ho badato, credevo che bluffasse… Invece, la settimana scorsa… Mike ha perso il lavoro al dipartimento… A causa mia!»

Oh, l’aveva finalmente detto, si era tolta di dosso quel terribile peso, ora era pronta a sentire l’ira di Molly su di sé: aveva bisogno di una lavata di capo, voleva sprofondare nella vergogna e nel senso di colpa per aver distrutto la vita di Mike, per  poi reagire con tutte le energie necessarie a rimettergliela in sesto!

Ma Molly non si scompose: le brillavano gli occhi  e disse: «Ti ama davvero tanto Vicky, il suo lavoro era il caposaldo della sua vita prima di conoscerti, e l’ha sacrificato per te…»

Quelle parole, la colpirono più di una sfuriata: furono una coltellata che le fece perdere la terra da sotto i piedi, si sentì venir meno: “Ancora peggio Vicky, quanti danni hai fatto a quest’uomo?”

Molly la vide impallidire e la prese in tempo per la vita, evitando di farla cadere a terra.

«Vicky è tutto ok? Vuoi un po’ di tè caldo?»

«Molly hai sentito cosa ti ho detto, vero?  E tu stessa mi hai confermato quanto lui ci tenesse al suo lavoro. Tu dici che mi ama, ma io gli ho solo rovinato la vita!»

«Su Vicky, non essere così drastica. Certo dev’essere stato un duro colpo per lui, però credo che con te accanto avrà la forza di ricominciare…»

«Molly, è una settimana che non ho notizie di Mike; sono venuta qui per chiederti se sai dov’è, non riesco a rintracciarlo.»





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Capitolo 3
*** 3. ***


3.



Il giorno dopo quello in cui aveva ridato il cuore a Coreen, fu il più difficile di tutti per Vicky: era sempre stata una donna forte, ma ricominciare tutto daccapo non era semplice, con quell’insieme di angoscia e senso di colpa che l’attanagliava. Certo, era anche inutile continuare ad indugiare nell’autocommiserazione…

Decise di farsi una doccia e chiamò Coreen per sapere come stava, ma la ragazza non rispose al telefono.

“Fantastico! È stata posseduta da un demone, ha vissuto per ore senza il suo cuore, e ha anche trovato la forza di uscire di casa… Sono davvero una pappamolle!”

Ma mentre rimuginava sui suoi meriti, un suono improvviso la fece trasalire: qualcuno stava bussando alla porta del suo appartamento.

«Coreen!»

«Ciao capo, ho pensato che ti avrei trovata qui più che in ufficio oggi, ci siamo stancate un po’ troppo ieri!» così dicendo fece un sorriso che si sforzava di essere allegro, anche se le tremava agli angoli.

“Sta cercando di risollevarmi il morale, lei a me! Oh, Coreen!”

La gentilezza della ragazza, scosse quel po’ di autocontrollo che ancora le restava, e Vicky si ritrovò ad abbracciare la sua amica. «Grazie Coreen»

Coreen non aveva trascorso una giornata propriamente rilassante con quel demone dentro di lei, e il particolare di avere avuto la cassa toracica vuota per qualche ora con uno squarcio nel petto, tendeva a farsi sentire quando respirava, per non parlare della cicatrice che ora era visibile dalle sue camicette e suoi corpetti… No, non era affatto un bel momento! Però nulla l’avrebbe preparata a quell’abbraccio: l’unica volta che si era permessa una familiarità simile con Vicky, era stata ammonita a non farlo più, e da allora aveva evitato qualsiasi dimostrazione fisica di affetto nei confronti del suo capo. Ma evidentemente, il dolore di Vicky per tutto ciò che era accaduto il giorno prima, l’aveva scossa a tal punto da farle desiderare quel contatto che mai aveva voluto. Coreen capì che non era il momento di fare strane esclamazioni e si lasciò andare all’abbraccio, godendosi quel “Grazie Coreen”, in un muto e caloroso conforto che scaldò i cuori di entrambe le ragazze.

 

«Come ti senti?»

Vicky era incredula: quella ragazza così esile aveva subito un trauma terribile eppure stava chiedendo a lei come si sentisse!

«Come mi sento io? Coreen ieri eri morta! Dovrei essere io a chiedertelo!»

«E allora chiedimelo: “Come ti senti, Coreen?”» disse scherzandoci su e dando alla frase un tono di noncuranza come se fosse qualcosa di ininfluente.

«Uff! Come ti senti, Coreen? È tutto a posto… lì?» Vicky indicò con gli occhi il petto della sua assistente, non avendo il coraggio di parlare esplicitamente del suo cuore.

«Beh, sento qualche dolorino quando  respiro, ma nel compenso, sono viva! E tutto grazie a te! Sai anche se Astaroth era dentro di me, io ero in parte cosciente, so quello che voleva da te, e poi ho saputo cosa hai sacrificato per ridarmi la vita… Non mi sdebiterò mai con te, Vicky!»

«Hai saputo?» Vicky temeva di conoscere la risposta a quella domanda, ma doveva conoscere, doveva sapere…

«Sì… Henry mi ha detto tutto.»

Eccola. La palettata che temeva, il solo sentir pronunciare quel nome le procurava un dolore immenso. Henry aveva parlato con Coreen…

Doveva essere stato quando si era rinchiuso in camera sua, mentre la ragazza era ancora sul letto a riprendere le energie. Avevano parlato di lei, allora?

Che si erano detti, che le aveva detto? E infondo; aveva più importanza? Lei lo aveva rifiutato, lui stava per andarsene,  la vita di Henry non le apparteneva più, se mai le fosse appartenuta…

«Vuoi sapere che mi ha detto?» Coreen si accomodò accanto a Vicky, sul piccolo divano a due posti nel soggiorno. Vicky giocherellò con una penna che era sul tavolino di fronte al divano: non sapeva cosa rispondere, era combattuta  tra il voler sapere e il voler evitare di farsi ancora del male: «Qualsiasi cosa ti abbia detto, non credo che sia una novità per me».







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