Blood Legacy di Deilantha (/viewuser.php?uid=133509)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***
Capitolo 1 *** 1. ***
1.
Non fu una notte
facile per Vicky; a dire il vero quasi non
fu una notte. Non riuscì a prendere sonno se non alle prime
luci dell’alba, con
il risultato che si risvegliò a giorno inoltrato. La
segreteria era piena di
messaggi: sicuramente Coreen la stava cercando.
Ciò
che avevano vissuto il giorno precedente non era proprio
una giornata tipica e nessuna delle due doveva stare tanto bene. Ma in
quel
momento i pensieri di Vicky non erano rivolti a lei o alla sua amica.
Non
riusciva a smettere di pensare al modo in cui gli eventi erano
precipitati la
notte scorsa: Mike che le diceva addio, rubandole un bacio che sapeva
di
disperazione, un bacio che le aveva stretto il cuore… Mike
che aveva perso il
lavoro per lei, per starle accanto e seguirla in tutte quelle avventure
in cui
nemmeno riusciva a credere… Mike che aveva deciso di non
continuare più a
perdere se stesso dietro un mondo che non gli apparteneva, e dietro una
donna
che non riconosceva più, una donna che non si decideva a
prenderlo… quanto si
sentiva in colpa verso Mike!
Non aveva mai
provato un sentimento del genere nei suoi
confronti: il detective Celluci era grande e grosso e sapeva sempre
tenere
testa a chiunque. Il loro rapporto era da eguali, si ferivano, si
scontravano,
ma poi tutto passava davanti ad un bel pranzo cinese e ad una buona
birra.
Stavolta qualcosa si era rotto, però. Mike le aveva detto
addio; non avrebbe
più atteso, non era come un anno prima, quando lei aveva
interrotto la loro
relazione, in seguito all’abbandono della Polizia. Allora lui
era rimasto
sorpreso dalla sua decisione, ma aveva ancora tutte le speranze di
riconquistarla, di riprendersi la sua compagna che doveva solo
riadattarsi alla
sua vita con le
nuove carte che le aveva
dato il Destino… Invece quel Destino le carte le aveva
rimescolate davvero
bene!
E Mike ora era
diverso, si era allontanato: ferito, umiliato,
senza la sua donna, senza il suo lavoro, verso un futuro incerto che
lei, Vicky
Nelson, gli aveva servito su un piatto d’argento. Il tormento non riusciva a
lasciarla libera,
perché se il pensiero di Mike le causava angoscia,
c’era un altro terrificante
dolore che si era insinuato quasi contemporaneamente
all’addio di Celluci.
Quel Destino le
stava portando via tutto.
Risentiva ancora
la proposta di Henry: fuggire
insieme verso
luoghi più sicuri, dove lui avrebbe
potuto proteggerla meglio dal male che ormai la perseguitava. Sarebbero
stati
soli, e insieme, uniti contro la magia nera… Soli,
insieme…
Quanto avrebbe
voluto dirgli di sì!
Henry le era
entrato nel sangue (sì, bella metafora, per un
vampiro!), era diventato parte intrinseca di lei sin dal loro primo
incontro.
Le aveva detto che i suoi poteri non avevano effetto su di lei, ma come
poteva
esserne certa? E se era davvero così, la verità
era ancora più terrificante!
Temeva
ciò che sentiva per lui, non voleva cedere
all’istinto
di lasciarsi andare, perché sapeva che se si fosse rilassata
anche solo una
volta, avrebbe rischiato grosso, avrebbe rischiato il suo futuro.
Temeva il futuro
che poteva avere con Henry: i
suoi tentativi di sedurla nonostante tutti
i suoi rifiuti la gratificavano, ma lui era un seduttore da 400 anni,
sapeva
come far cadere una donna ai suoi piedi, e ogni notte riusciva nel suo
intento,
perché lei doveva essere diversa dai suoi incontri
giornalieri?
Sarebbe stata
una fonte di sostentamento fissa per lui? Per
questo la voleva?
Per lui era
facile, ma se lei si fosse lasciata andare,
sapeva che avrebbe perso il controllo, che avrebbe potuto nel tempo,
chiedergli
di essere trasformata come lui aveva fatto con Christina, per vivere il
loro
amore in eterno.
Ma due vampiri
non possono amarsi senza litigarsi il
rispettivo territorio di caccia. Se Henry l’avesse
trasformata alla fine, che
futuro avrebbero avuto? Ma se non l’avesse fatto, quanto
avrebbe sopportato
l’idea di invecchiare e
morire, sapendo
che per lui nulla sarebbe mutato? Che l’avrebbe lasciato
ancora giovane, bello
e affascinante come il primo giorno in cui si erano conosciuti. Come
poteva
sopportare di andare dritta
verso un
futuro simile?
Henry stava per
partire, nemmeno lui riusciva a sostenere più
la loro situazione, e soprattutto la crescente implicazione di Vicky
nella
magia nera; doveva cambiare territorio alla svelta e sarebbe partito da
lì a
pochi giorni. Perciò le aveva fatto quell’ultima
disperata richiesta: l’aveva
messa con le spalle al muro: “Vieni con me.”
Sentiva ancora
rimbombarle nella testa quella frase e ogni
volta si rivedeva mentre lo rifiutava per l’ennesima volta,
dandogli quella
palettata nel cuore che se fosse stata
fisica non avrebbe fatto così male. Ricordava il volto serio
e contratto mentre
riceveva il suo rifiuto, e ricordava anche che all’arrivo di
Mike i suoi occhi
si erano fatti lucidi: Henry, il vampiro
di 400 anni, il figlio illegittimo di uno dei re
più spietati della
storia, cresciuto imparando strategie militari, l’impassibile
e sarcastico
Henry Fitzroy, era lì con il cuore straziato e lo sguardo
dolente a causa sua!
Eppure sapeva
che dietro quel modo di fare aristocratico e
impassibile e quei modi affascinanti, c’era un uomo che per
amore aveva
rinunciato alla vita. Sapeva che il suo cuore fermo era pieno di
passione,
sapeva che nonostante le continue avventure notturne,
quell’uomo era capace
dell’amore più profondo… Ma non voleva
crederci.
Temeva, forse
più dei suoi stessi sentimenti, quelli di
Henry. E alla fine nell’indecisione, nel voler mantenere la
situazione in
bilico, ad un certo
punto le carte del
destino avevano giocato la loro ultima mano. Henry si era rinchiuso in
camera
sua, non le aveva più rivolto la parola, e ormai Vicky
poteva tranquillamente
pensare di averlo perduto, come aveva perso Mike.
Per fortuna
almeno, aveva di nuovo con sé Coreen. Aver
salvato la vita dell’amica era l’unica gioia che la
faceva sentire certa di
aver fatto la scelta giusta. Ma Astaroth era ancora là
fuori, e poteva rintracciarla
da un giorno all’altro: era marchiata e aveva usato i poteri
infernali in più
occasioni, era invischiata fino al collo con il male puro e doveva
trovare un
modo per annientarlo!
Ma senza Mike e soprattutto,
senza Henry.
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Capitolo 2 *** 2. ***
2.
Molly Bohan
sentì squillare il campanello di casa
all’improvviso: erano le sei del pomeriggio, Dylan era a
studiare in camera
sua, chi poteva mai essere? Andò ad aprire la porta e la
sorpresa di trovarsi
quella persona davanti fu davvero grande:
«Vicky!»
«Ciao Molly, come
sta…» Vicky non fece
in tempo a finire la
frase, che fu invasa dall’abbraccio della donna:
cercò di rilassarsi il più
possibile per non offenderla, ma odiava essere abbracciata, e sperava
che la
donna la lasciasse andare il prima possibile.
«Oh scusami,
dimenticavo che a te non piacciono troppo
queste manifestazioni d’affetto» e con un
sorriso davvero felice, la fece accomodare.
Molly Celluci
era la piccola della famiglia: sorella minore
di Mike, con un amore per la vita e per tutto ciò che
è passionale e istintivo,
ma anche una bontà di cuore ancora così
ingenuamente fanciullesca, che
spesso aveva scatenato le ansie
protettive del fratello maggiore che aveva sempre sentito il dovere di
proteggerla.
Il loro non era stato un padre modello, Mike aveva fatto di tutto per
non
assomigliargli minimamente, a cominciare dal prendersi presto delle
responsabilità, che nemmeno gli erano dovute. Durante gli
anni di accademia
lavorava part-time la sera per mantenere la madre e la sorella, si era
fatto in
quattro per la sua famiglia, per dare loro quello che un padre assente
e
ubriacone non aveva mai cercato
di dare.
Poi Molly conobbe Fred, e fu un amore travolgente a prima vista proprio
come lo
sognava lei, e in breve decise che quello sarebbe stato
l’uomo della sua vita .
Mike non approvava tutta quella fretta, voleva saperla al sicuro,
voleva
conoscere bene l’uomo con cui la sua sorellina stava per
legare la sua vita.
Ma Molly fu
irremovibile: non le interessava una cerimonia
lussuosa, né un ricevimento
sfarzoso,
non voleva che suo fratello si spaccasse ulteriormente la schiena per
lei: ce
l’avrebbe fatta da sola a costruire la sua vita. Il
matrimonio di Molly era
felice, e dopo qualche anno fu benedetto dall’arrivo di
Dylan; lei avrebbe
voluto dargli subito un fratello o una sorella, ma sembrava che il buon
Dio non
avesse in serbo per lei un’altra gravidanza, e
così dopo qualche anno di
tentativi, decise che si sarebbe concentrata
semplicemente sul suo piccolo miracolo… Il suo
bambino che stava
crescendo alla svelta, il suo bambino che aveva già
raggiunto l’età di undici
anni.
Molly era
felice, e desiderava tanto che lo fosse anche suo
fratello. Quando le portò a conoscere la sua collega Vicky
Nelson, capì subito
che erano molto più che partners di lavoro: era tangibile
l’attrazione che li
legava e anche il loro discutere continuo era tipico di coppie
destinate a
vivere assieme.
Era
così felice che Mike avesse trovato la donna giusta per
lui! Finalmente avrebbe potuto gioire anche lui, dopo tante sofferenze
e
privazioni. Quando all’improvviso Vicky lo aveva lasciato,
Mike minimizzò,
dicendo che era un momento di confusione, perché le era
stata diagnosticata la
retinite pigmentosa che l’avrebbe resa cieca, e che doveva
solo accettare il
suo nuovo stato e tutto sarebbe
tornato alla normalità. Infatti dopo qualche mese, Mike le
disse che era
tornato a frequentare Vicky. Anche Dylan le voleva bene, chiedeva
spesso perché
la zia Vicky non venisse più a trovarlo , e Molly desiderava
davvero dirgli che
un giorno sarebbe venuta. E in quel momento era
lì!
«Che piacere
vederti, cara, sapessi quante volte ho
sperato di rivederti, e a Dylan manchi tanto. Ora lo chiamo,
sarà felicissimo
di…»
«No, aspetta Molly» la interruppe
Vicky. Non voleva incontrare Dylan, non
finché non avesse prima parlato con Molly della persona che
l’aveva spinta ad
andare in quella casa. «Devo parlarti,
si tratta di...»
«... di Mike» Molly
completò la frase senza battere ciglio; sentiva
che c’era qualcosa che non andava in Mike da qualche giorno,
e forse la visita
di Vicky finalmente gliel’avrebbe rivelato.
«Sì,
si tratta di Mike… da quanto tempo non lo senti?» chiese Vicky
«È
successo
qualcosa a Mike, vero? Avete
litigato più del solito? Oddio si è ferito? Sta
male?»
«No, calmati
Molly, Mike sta bene (per quanto gli possa
essere concesso) ... È che… Ecco ho combinato un
casino e…» Vicky si
alzò all’improvviso dal
divano del salotto e cominciò a girovagare per la stanza, in
preda all’ansia e
al senso di colpa: «In questi ultimi
tempi ha rischiato molto per me, l’ho coinvolto in casi
che non erano di sua attinenza, Crowley è andata su tutte le
furie ma io non ci
ho badato, credevo che bluffasse… Invece, la settimana
scorsa… Mike ha perso il
lavoro al dipartimento… A causa mia!»
Oh,
l’aveva finalmente detto, si era tolta di dosso quel
terribile peso, ora era pronta a sentire l’ira di Molly su di
sé: aveva bisogno
di una lavata di capo, voleva sprofondare nella vergogna e nel senso di
colpa
per aver distrutto la vita di Mike, per
poi reagire con tutte le energie necessarie a
rimettergliela in sesto!
Ma Molly non si
scompose: le brillavano gli occhi
e disse: «Ti ama davvero
tanto Vicky, il suo lavoro era il
caposaldo della sua vita prima di conoscerti, e l’ha
sacrificato per te…»
Quelle parole,
la colpirono più di una sfuriata: furono una
coltellata che le fece perdere la terra da sotto i piedi, si
sentì venir meno: “Ancora
peggio Vicky, quanti danni hai fatto
a quest’uomo?”
Molly la vide
impallidire e la prese in tempo per la vita,
evitando di farla cadere a terra.
«Vicky
è tutto ok? Vuoi un po’ di tè caldo?»
«Molly hai
sentito cosa ti ho detto, vero? E
tu stessa mi hai confermato quanto lui ci
tenesse al suo lavoro. Tu dici che mi ama, ma io gli ho solo rovinato
la vita!»
«Su Vicky, non
essere così drastica. Certo dev’essere
stato un duro colpo per lui, però credo che con te accanto
avrà la forza di
ricominciare…»
«Molly,
è una settimana che non ho notizie di Mike;
sono venuta qui per chiederti se sai dov’è, non
riesco a rintracciarlo.»
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Capitolo 3 *** 3. ***
3.
Il giorno dopo
quello in cui aveva ridato il cuore a Coreen,
fu il più difficile di tutti per Vicky: era sempre stata una
donna forte, ma
ricominciare tutto daccapo non era semplice, con
quell’insieme di angoscia e
senso di colpa che l’attanagliava. Certo, era anche inutile
continuare ad
indugiare nell’autocommiserazione…
Decise di farsi
una doccia e chiamò Coreen per sapere come
stava, ma la ragazza non rispose al telefono.
“Fantastico!
È stata posseduta
da un demone, ha vissuto per ore senza il suo cuore, e ha anche trovato
la
forza di uscire di casa… Sono davvero una
pappamolle!”
Ma mentre
rimuginava sui suoi meriti, un suono improvviso la
fece trasalire: qualcuno stava bussando alla porta del suo appartamento.
«Coreen!»
«Ciao capo, ho
pensato che ti avrei trovata qui più che
in ufficio oggi, ci siamo stancate un po’ troppo ieri!» così
dicendo fece un sorriso che si
sforzava di essere allegro, anche se le tremava agli angoli.
“Sta
cercando di
risollevarmi il morale, lei a me! Oh, Coreen!”
La gentilezza
della ragazza, scosse quel po’ di autocontrollo
che ancora le restava, e Vicky si ritrovò ad abbracciare la
sua amica. «Grazie Coreen»
Coreen non aveva
trascorso una giornata propriamente rilassante
con quel demone dentro di lei, e il particolare di avere avuto la cassa
toracica vuota per qualche ora con uno squarcio nel petto, tendeva a
farsi
sentire quando respirava, per non parlare della cicatrice che ora era
visibile
dalle sue camicette e suoi corpetti… No, non era affatto un
bel momento! Però
nulla l’avrebbe preparata a quell’abbraccio:
l’unica volta che si era permessa
una familiarità simile con Vicky, era stata ammonita a non
farlo più, e da
allora aveva evitato qualsiasi dimostrazione fisica di affetto nei
confronti
del suo capo. Ma evidentemente, il dolore di Vicky per tutto
ciò che era
accaduto il giorno prima, l’aveva scossa a tal punto da farle
desiderare quel
contatto che mai aveva voluto. Coreen capì che non era il
momento di fare strane
esclamazioni e si lasciò andare all’abbraccio,
godendosi quel “Grazie Coreen”,
in un muto e caloroso conforto che scaldò i cuori di
entrambe le ragazze.
«Come ti senti?»
Vicky era
incredula: quella ragazza così esile aveva subito
un trauma terribile eppure stava chiedendo a lei
come si sentisse!
«Come mi sento
io? Coreen ieri eri morta! Dovrei essere
io a chiedertelo!»
«E allora
chiedimelo: “Come ti senti, Coreen?”» disse
scherzandoci su e dando alla
frase un tono di noncuranza come se fosse qualcosa di ininfluente.
«Uff! Come ti
senti, Coreen? È tutto a posto… lì?» Vicky
indicò con gli occhi il petto della
sua assistente, non avendo il coraggio di parlare esplicitamente del
suo cuore.
«Beh, sento
qualche dolorino quando respiro,
ma nel compenso, sono viva! E tutto
grazie a te! Sai anche se Astaroth era dentro di me, io ero in parte
cosciente,
so quello che voleva da te, e poi ho saputo cosa hai sacrificato per
ridarmi la
vita… Non mi sdebiterò mai con te, Vicky!»
«Hai saputo?» Vicky temeva di
conoscere la risposta a quella
domanda, ma doveva conoscere, doveva sapere…
«Sì…
Henry mi ha detto tutto.»
Eccola. La
palettata che temeva, il solo sentir pronunciare
quel nome le procurava un dolore immenso. Henry aveva parlato con
Coreen…
Doveva essere
stato quando si era rinchiuso in camera sua,
mentre la ragazza era ancora sul letto a riprendere le energie. Avevano
parlato
di lei, allora?
Che si erano
detti, che le aveva detto? E infondo; aveva più
importanza? Lei lo aveva rifiutato, lui stava per andarsene, la vita di Henry non le
apparteneva più, se
mai le fosse appartenuta…
«Vuoi sapere che
mi ha detto?» Coreen si
accomodò accanto a Vicky,
sul piccolo divano a due posti nel soggiorno. Vicky
giocherellò con una penna
che era sul tavolino di fronte al divano: non sapeva cosa rispondere,
era
combattuta tra il
voler sapere e il
voler evitare di farsi ancora del male: «Qualsiasi cosa
ti abbia detto, non credo che sia una
novità per me».
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