Principessa

di Nyappy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Pensieri ***
Capitolo 2: *** Domande ***
Capitolo 3: *** Bugie ***
Capitolo 4: *** Fuga ***
Capitolo 5: *** Rivelazioni ***
Capitolo 6: *** Appuntamento ***



Capitolo 1
*** Pensieri ***


Ti voglio così azzurro da spaccare il cielo
Tina

 

Erano anni che Tina guardava Sean da lontano, ed il motivo era semplice: lui era il principe della Parkview High.
Tutti conoscevano il suo nome e tutti lo rispettavano, i suoi modi gentili ed i sorrisi cortesi che rivolgeva a studenti e professori li conquistavano irrimediabilmente.
Sean era proprio un principe, il suo principino capelliperfetti e bacigentili –che non dava a lei- ma a Tina andava bene così, non era una principessa.
E no, non era nemmeno Cenerentola.
Era una semplice ragazza che si nascondeva dietro ai suoi lunghi capelli castani, che cercava di evadere dalla piatta vita di Lilburn grazie al portatile, ai libri ed il suo quaderno.
Amava pensare che forse un giorno qualcuno avrebbe letto quello che scriveva, anche se erano semplici frasi, quasi aforismi.
Non era mai riuscita a fissare tutta una giornata in una pagina, si limitava a due appunti, all’essenziale, e questo nelle sue mille sfumature quotidiane comprendeva guardare Sean, chiacchierare ed uscire con Lisa, fare un salto in biblioteca e leggere, smettere di essere Tina e diventare mille uomini e donne diverse, condividere i loro sorrisi e le loro lacrime.
Leggeva soprattutto storie d’amore –dopotutto in tutti i libri è presente- e a volte dopo aver terminato una storia particolarmente triste o felice, accucciata sulla sedia con le ginocchia appoggiate al tavolo, abbandonava indietro la testa e cercava di trattenere le lacrime.
Tina piangeva, era umana, ma odiava farlo –per questo si limitava ad un libro particolarmente emotivo alla settimana.
Quel pomeriggio era andata da Mitch in biblioteca proprio per prendere un libro di quel genere.
-Cosa prendi oggi?-, le aveva chiesto lui con un sorriso ritirando il volumetto del giorno prima.
-Pensavo di rileggere Jane Eyre.-, era un’idea venutale al momento mentre guardava i capelli scuri di Mitch illuminati da un raggio di sole che filtrava dalla finestra.
Anche se la biblioteca era moderna come il resto dell’edificio scolastico, i libri vecchi rendevano l’atmosfera solenne ed impregnavano l’aria della biblioteca con il loro odore vissuto.
-Jane Eyre sia.-, Mitch sorrideva sempre, anche se era costretto a lavorare lì per pagarsi gli studi.
Tina sarebbe impazzita al suo posto, anche se amava la biblioteca, ma Mitch sembrava amare davvero trascorrere i suoi pomeriggi trai volumi alla ricerca di nuove storie.
 
Una volta richiuso il libro sul tavolo, la sera, Tina s’immerse nei suoi pensieri –amava farlo.
L’amore di Jane per Rochester era così vero, tangibile… Jane lo amava anche se era un Vulcano e non un Apollo.
E Sean?
Oltre a quei capelli biondi e i caldi occhi nocciola –l’unica cosa veramente espressiva di lui- Tina non vedeva nulla.
Nessun’emozione sembrava agitare quel volto, nessuna passione nemmeno mentre baciava con delicatezza Liz.
Sean sembrava vuoto, così diverso dal passionale Rochester.
In quel momento si ricordò di quanto fosse bloccato il suo amore, a senso unico.
Tina conosceva molte cose di Sean –la sua maglietta preferita, la squadra di football che tifava e persino il numero che secondo i quiz di Facebook lo doveva rappresentare.
Sapeva che ogni volta che pioveva lo portava a scuola il fratello in macchina e che lui amava la sua bici bianca.
Ma il suo carattere, le sue emozioni, quelle non riusciva proprio a scorgerle.
Non che non si parlassero, frequentavano assieme Storia, Biologia e Matematica, e ogni tanto quando Tina entrava in classe e lo vedeva vicino alla porta lo salutava.
-‘Giorno Davis.-, chiamandolo per cognome dato che non avevano tutta quella confidenza, e lui le rispondeva con un cortese –Buongiorno Williams.-
Non le veniva nemmeno da arrossire, non ce n’era davvero il motivo.
Allontanò Jane Eyre dal tavolo per farlo sfuggire ad una lacrima che le scivolò sulla guancia prima di asciugarsi gli occhi.
Chi era lei? Né Cenerentola né una principessa, mentre Sean di sicuro era un principe azzurro –nel suo strano modo ma sì.
Sentì il cellulare vibrare in camera e si alzò per controllare, portando con sé il libro che infilò nella borsa con i testi scolastici.
Era Lisa, la sua migliore amica e beh, l’unica che le scrivesse mai.
“Indovina indovina indovina!”
Tina sorrise e digitò una risposta.
“Ti sei fatta finalmente i capelli rossi, vero?”
Erano settimana che Lisa si lagnava del suo colore, un nero particolarmente brillante che assieme agli occhi a mandorla ed il viso tondo la rendevano lo "stereotipo della donna asiatica" –che lei voleva abbattere.
“Rosso fuoco! Li vedrai domani. Notte!”
E anche Tina le augurò la buonanotte prima di controllare l’ora.
Erano già le dieci di sera, non aveva nemmeno mangiato.
Sua mamma era via per un aggiornamento ad Atlanta, suo padre girava per Daytona o qualche altra città della Florida probabilmente.
Tirò fuori dalla dispensa con un sospiro un pacchetto di cracker e si buttò sul letto per mangiucchiarli.

*

Anche quel giorno pioveva e per quanto avesse corso alla fine era arrivata davanti al portone della scuola con un ritardo considerevole.
Aveva praticamente perso la prima ora, ma la biancheria stesa fuori aveva la priorità rispetto ad un’ora di Matematica.
Però non era sola.
Seduto a terra con la testa sulle ginocchia c’era Sean, al riparo dalle gocce fredde.
-Anche tu in ritardo?-, non le venne nulla di più intelligente e si maledì per non aver rallentato il passo per pensare a qualcosa di migliore.
-Che vuoi?-, Sean alzò la testa di scatto per fissarla, le iridi nocciola colme di puro odio, e Tina arretrò di un passo sorpresa da quel tono irritato e quella reazione.
-Scusa, mi sono svegliato male.-, eppure Sean si ricompose subito sorridendole –quel sorriso di plastica tipicamente suo- e richiuse gli occhi.
Per non guardarla?
-Ti capisco.-, fece lei senza ricambiare.
Aveva… visto Sean? Lo aveva visto davvero, per la prima volta? Cos’era quello scatto di rabbia?
Entrambi non dissero più una parola, l’una intenta a fissare l’altro che aveva nuovamente gli occhi chiusi, quasi a schermarsi dallo sguardo di Tina.
Quando la campanella suonò lei entrò nell’edificio senza aspettarlo, lasciandolo ancora a terra.
 
-Secondo me è un robot.-, borbottò Lisa con la bocca piena prima di mandar giù un boccone di patate, insalata e hamburger.
Aveva davvero i capelli di un rosso brillante, ed era più luminosa che mai, in contrasto con quella giornata di pioggia così malinconica.
-Non esagerare.-, ribatté Tina pacata sorseggiando il suo succo.
-Ti dico di sì! Avrà avuto un corto circuito.-
Tina sospirò. Queste erano Lisa e le sue teorie –che difendeva fino al ridicolo.
-E allora come fa ad andare in piscina?-
-E’ foderato di gomma, no? Waterproof.-, Lisa le fece l’occhiolino e quando Tina vide Mitch avvicinarsi comprese che anche il poveretto avrebbe dovuto sentire un probabile complotto su robot assassini in combutta con gli alieni.
-Buon appetito.-, fece lui allegro prendendo la forchetta dal vassoio appena poggiato sul tavolo.
Veniva di rado a pranzo con gli altri studenti e quando lo faceva si sedeva sempre con loro, anche se rimaneva in silenzio ed interveniva solo se interpellato.
-Avevo giusto bisogno di te. Sean è un robot.-, sentenziò Lisa serissima e lui sbatté gli occhi un paio di volte.
-Ecco, volevo solo dirtelo.-
-Oh.-, Mitch conosceva l’umorismo di Lisa così tornò a mangiare con un sorriso –ed un sospiro di Tina.
-Mitch, posso darti qua il libro? Non sono sicura di riuscire a passare dopo.-
Lei aveva conservato il volume assieme a tutti gli altri libri nell’armadietto e l’aveva infilato di nuovo nella borsa all’inizio della pausa.
-Certo, un attimo che finisco l’insalata.-
 
Era da un po’ di pomeriggi che Tina e Lisa giravano per i negozi di antiquariato alla ricerca di qualcosa di diverso e quel giorno toccava al Flea Antique Depot.
-Me ne ha parlato mia nonna, è grandissimo, e insomma, lei se ne intende.-, aveva assicurato Lisa che adorava andare alla ricerca di gioielli vintage e particolari.
In effetti quel posto era una meraviglia per gli occhi, e Tina rimase ammaliata dalle statue, dai mobili dorati, dalle stoffe e dall’odore di vita del negozio.
-Collane!-, con questo grido di battaglia Lisa si gettò sul primo scaffale di bigiotteria trascinando Tina per mano, e là lei lo vide, sepolto tra le catenine, un ciondolo ellittico di modeste dimensioni tutto dorato con diversi ghirigori in rilievo e dello smalto blu scrostato.
Lo prese in mano e questo scattò con un tlac! Per rivelare un portafoto, come nei vecchi film, anche se al posto di un ritratto c’era un pezzetto di cartoncino azzurro.
Era stupendo.
Controllò il prezzo –trenta dollari- e fissò nuovamente il cartoncino dello stesso colore della camicia di Sean quella mattina.
Uscirono con due sacchetti, uno praticamente vuoto e l’altro pieno di cianfrusaglie, braccialetti ed anelli pacchiani.
 
Quella sera Tina cercò tra tutte le foto che le aveva passato Lisa un’immagine della giusta dimensione che ritraesse Sean, e quando ne trovò una dove i suoi occhi scuri erano liberi dai ciuffi dorati e le labbra accennavano ad un sorriso iniziò a ritagliarla, eliminando anche lo sfondo perché il suo viso si stagliasse nell’azzurro.
Era infantile, era ridicolo eppure doveva farlo, voleva portare sempre con sé una sua immagine, quella di un amore a senso unico.

Ciao a tutti :) questa nuova storia è il mio primo tentativo di originale romantica non slash. Non sono una grande fan delle immagini nelle storie, ma qua credo che ci stiano bene. Le ho trovate tutte su weheartit.com :) ho deciso inoltre d’inserire ad inizio capitoli gli “aforismi” di Tina come presentazione.
Lilburn è una cittadina della Georgia -come il font :) - Parkview High il liceo della città ed il Flea Antique Depot un negozio realmente esistente.
Amo documentarmi e presentare realtà tangibili nelle mie storie, per questo ho inserito anche Facebook –che rimarrà una citazione.
E questo primo capitolo è andato ;)
Nyappy

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Capitolo 2
*** Domande ***


Quando il cielo andrà in frantumi, allora ti capirò
 Sean

 
Tina era sempre attenta durante le ore di Letteratura, ed il motivo era semplice, era la sua materia preferita –anche se la voce stridula del prof riusciva a rendere sgradevole persino la melodia delle poesie di Emily Dickinson.
Proprio mentre prendeva appunti sulle figure retoriche di Serpe alzò gli occhi per incontrare la nuca di Sean, seduto due file davanti a lei, e realizzare che lui non stava scrivendo.
Strano, era sempre così diligente… le tornò in mente lo scatto di rabbia del giorno prima. Le due cose potevano essere legate, sì.
 
-Voglio gli occhi viola.-
-Ora non esagerare.-
Era una tattica di Lisa quella di parlare di continuo per distrarre l’amica, dato che Sean tra un boccone e l’altro stava probabilmente mangiando anche Liz e per Tina quella non era una bella vista.
-Hai ragione, sono meglio verdi.-, con un tintinnio di braccialetti Lisa si scostò i capelli dagli occhi.
-Oh, guarda chi c’è!-, prima di salutare allegramente Mitch, che sembrava spaesato ogni volta che entrava in mensa e si avvicinò a loro due con il vassoio in mano.
-Ciao Mitch.-, lo accolse Tina e  lui le sorrise prima di essere investito da un –Che ci fai qui per due giorni di fila?-
Si era abituato in fretta alla brusca giovialità di Lisa perché rispose con un tranquillo –Paula mi ha cacciato, dice che ho i polmoni così pieni di polvere da essere peggio di un fumatore.-
Paula era l’inserviente della scuola –non l’unica ma quella più conosciuta, era diventata leggenda da quando aveva buttato fuori Smith dalla Presidenza per sistemargli la scrivania.
-Ti serve un po’ di pausa.-, commentò Tina.
Insomma, lui rimaneva in biblioteca per troppo tempo, non usciva mai. Leggere su una panchina o sotto un albero era così rilassante –e sano.
Poi si accorse che lui le stava fissando il petto.
Strabuzzò gli occhi per dirgli qualcosa d’imbarazzato quando si accorse che il ciondolo preso il giorno prima le era uscito dalla maglietta e riposava sulla stoffa bianca in tutto il suo dorato splendore.
-Bello.-, e Mitch sembrava davvero sincero, -Posso?-, chiese porgendo la mano a distanza, e Tina prese il ciondolo tra le dita per posarlo sul suo palmo aperto.
Così posato e all’antica non era certo il tipo da prenderlo direttamente, in effetti.
-E’ pesante.-
-Vintage autentico.-, intervenne Lisa con la bocca piena.
Tina non immaginava certo che Mitch sfiorasse con il dito la superficie smaltata del gioiello e lo facesse scattare, rivelando il ritratto di Sean.
-Oh.-
Questo in effetti era molto imbarazzante e Tina si maledisse per non aver prestato più attenzione prima al ciondolo.
Era giusto un vezzo, eppure nella sua semplicità poteva essere pericoloso.
Mitch però non si scompose e si limitò a richiuderlo, le labbra increspate in un sorriso appena accennato prima di voltarsi.
Tina seguì i suoi occhi ed incontrò le mani di Liz che accarezzavano il viso di un impassibile Sean.
-Ti capisco.-, Mitch tornò a guardarla comprensivo e Tina si diede della stupida per aver dubitato di lui. Lo conosceva poco, certo, ma sapeva quanto fosse un bravo ragazzo.
-Quando avete finito di fare gli occhi dolci a Davis andiamo a prendere il dolce, ok?-
 
Sean era sempre gentile con tutti, anzi no, cortese.
Anche i saluti che ricambiava erano velati di quel vago senso di obbligo che spingevano Tina a volerlo conoscere.
Cosa faceva una volta a casa? Come passava i suoi pomeriggi liberi?
Lei voleva sapere. Non poteva essersi innamorata solo dei suoi occhi e di quel viso perfetto, doveva esserci per forza qualcosa di più profondo che l’attirava.
Forse… il mistero? Non che Sean fosse cupo o tenebroso, semplicemente tutti lo conoscevano nella stessa, superficiale maniera.
Anche Liz?
A volte Tina si chiedeva cos’avesse di tanto speciale Liz rispetto a lei, e concludeva che erano entrambe normali, piuttosto simili.
Certo, Liz era sempre a dieta e nominava il tennis in due conversazioni su tre, ma aveva sempre il sorriso sulle labbra e i suoi occhi grigi erano così luminosi che sì, Sean doveva essere rimasto incantato da quelli.
Tina cos’aveva? Banali occhi marroni, banali capelli castani, ed ogni volta che si guardava allo specchio notava solo la camicetta fuori posto o un ciuffo ribelle di capelli.
 
Le lezioni erano finite da poco e la scuola si era svuotata subito –a parte il campo da football, quel giorno la squadra aveva gli allenamenti.
Lisa era dovuta scappare per un pomeriggio in famiglia –era arrivata la zia Huan e non si vedevano da secoli- e Tina stava attraversando il corridoio dell’ala est diretta in biblioteca. Paula doveva aver finito il suo lavoro, no?
Superò tutte le file di armadietti e la porta dell’aula di Arte per sentire un rumore soffocato più avanti, come se qualcuno fosse sbattuto violentemente contro la parete. Era nei bagni?
Si avvicinò con cautela alle due porte vicine.
Che poteva fare lei, sola?
Non era decisamente sicura, però… qualcuno poteva essere stato male, magari una ragazza era svenuta ed era crollata sul pavimento.
Strinse forte la borsa dei libri ed aprì piano la porta del bagno delle ragazze, completamente deserto.
Stava per chinarsi a terra e controllare che nelle cabine non ci fosse nessuno quando sentì qualcosa sbattere sul muro in comune con il bagno dei maschi e trasalì.
No, qualcuno stava colpendo la parete volontariamente, altro che malore…
Ora era spaventata e valutò bene le sue opzioni.
Andare a controllare l’altra stanza era fuori discussione.
Poteva fuggire in biblioteca –come era entrata silenziosamente poteva uscire altrettanto in incognito- oppure poteva rimanere lì ed aspettare.
Tina non sentiva nessun rumore, solo quello del battito vagamente accelerato del suo cuore, quindi sapeva che nell’intera ala est doveva regnare il silenzio più assoluto.
Fece per avvicinarsi alla porta quando sentì quella dei maschi sbattere –e si nascose subito cercando di non farsi notare.
Chi poteva essere? Chi sbatteva contro i muri –o sbatteva qualcun altro? Sì, Tina era spaventata.
Quando sentì dei passi allontanarsi fece capolino dalla porta solo per riconoscere Sean in mezzo al corridoio, a capo chino e con la mano sinistra tener fermo il braccio destro.
Era stato lui a fare quello? Non si sentiva più nulla, quindi era solo.
La tentazione di seguirlo era forte, eppure… no, Tina sgusciò fuori dalla stanza diretta in biblioteca: sarebbe uscita dalla porta d’emergenza là.
Incontrare Sean, dargli e chiedergli spiegazioni sarebbe stato immensamente difficile, aveva ancora il battito del cuore accelerato dalla paura.
Ma sarebbe andata in fondo alla faccenda.
Prima quello scatto, poi quelle botte… ed il braccio centrava di certo qualcosa.

*

Quando Tina rivide Sean la mattina dopo questo aveva una spessa fasciatura che gli avvolgeva la destra, era in mezzo al corridoio tra gli altri studenti e Liz stava correndo via, in lacrime.
Sean stava andando in frantumi.
Non la sua immagine, quella no; tutti erano pronti a giurare che lui avesse usato tutto il tatto possibile e che Liz dovesse avergli fatto qualcosa di veramente odioso –la colpa era di lei.
Ma dentro, com’era Sean? A pezzi.
Pezzi che lo rendevano più umano: quegli occhi caldi finalmente pieni di qualcosa, la camminata debole e –ora Tina lo poteva dire con certezza- sofferente del giorno prima, sembrava che il dolore lo stesse colorando, lui bianco e azzurro e oro, aggiungeva dei colori cupi e vivi come il rosso, il nero.
-Ti giuro, per una volta non so cosa dire.-
Tina aveva raccontato tutto a Lisa durante il cambio dell’ora, dato che avevano Biologia assieme.
Prima Tina le aveva fatto raccontare l’incontro con i parenti e quello schianto di fratello del figlio del primo marito di zia Huan, poi le aveva riferito del suo pomeriggio.
E per far ammutolire Lisa dallo stupore ci voleva qualcosa di davvero grosso.
-Cioè si è fatto male da solo? Ma perché?-, già, era quello che si chiedeva anche Tina.
Perché tirare dei pugni al muro?
Non riusciva nemmeno a gioire per Liz –perché aveva sempre ammesso con se stessa la sua gelosia nei confronti di una persona che non la considerava nemmeno e l’antipatia immotivata per la ragazza.
-Non ne ho idea. Ho… un po’ paura.- le confidò Tina, e Lisa annuì lanciando un’occhiata al ciondolo sotto il maglioncino dell’amica.
-Ma quello non lo togli. Ah, l’amore!-, cercò di sdrammatizzare.
Quando entrò il professore il brusio cessò subito e Tina sfruttò quell’ora di ripasso così simile ad una messa solenne per riflettere.
Affrontare Sean? Fare finta di nulla? A lei importava, importava davvero, ma non sapeva come avvicinarlo, cosa dirgli… non poteva prevedere la sua reazione.
 
Quella sera non fece altro che pigri scarabocchi in matita sulla pagina nuova del quaderno.
Non aveva deciso di portare sempre con sé la foto di Sean senza un motivo.
Sì, l’avrebbe affrontato, lo avrebbe aiutato a raccogliere i pezzi e sistemarli assieme, se lui le avesse dato il permesso.


Emily Dickinson è la più grande poetessa americana. Sinceramente non mi piace, non mi ha mai detto nulla, ma ho dei gusti davvero difficili e Tina deve essere indipendente.
Mitch sta venendo fuori un tesoro. Poveretto. Far assistere Tina a questo crollo di Sean però sarebbe stato troppo. Troppo cliché ed immotivato. Credo che se sentiamo dei forti rumori non andiamo a vedere che succede, ci nascondiamo –succede per le sciocchezze così come per le cose serie.
Smith comunque è davvero il preside di Parkview High –Paula m’ispira come nome. Che succede a Sean? Lo vedrete :)
E' molto introspettiva questa storia, diversa dal mio solito -anche Tina ha una personalità che non ho mai trattato. E io amo gli occhi scuri, comunque. Banali? Sono meravigliosi!
Ringrazio Alletta96, la mia giuliaserpy e dagusia123 per i commenti allo scorso capitolo, vogliono dire davvero molto per me :D
Nyappy

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Capitolo 3
*** Bugie ***


Fammi assaggiare un bicchiere delle tue lacrime
Lisa


-Wong! Williams! Volete stare attente?-, Lisa e Tina trasalirono quando sentirono la voce tonante del professor Adams che le sgridava dalla lavagna.
-Ci scusi.-, fece Tina stringendo le labbra per poi prendere una matita e scrivere la risposta a Lisa su un pezzo di carta.
”Davvero lo faresti?”
“Certo” scrisse Lisa sul banco prima di aggiungere
“Insomma, non mi fido. T’insegnerò le mie mosse superspeciali di karate”
Avevano speso l’intera ora di Spagnolo progettando un modo per bloccare sean e parlargli; Lisa si era offerta di aspettarla e nascondersi da qualche parte per controllare la situazione da lontano.
Tina l’aveva fatta partecipe del piano non solo perché così poteva scorgerne i difetti –e lei non pensava minimamente che Sean potesse diventare pericoloso, anche se doveva ricredersi- e allo stesso tempo era costretta a metterlo in atto.
Questa volta non sarebbe rimasta a guardare da lontano.
 
-Ma non ho capito perché si è mollato con Liz, insomma, è una tettona.-
-Lisa!-, Tina squadrò male l’amica.
Da quando Liz non costituiva più un problema le era diventata molto più simpatica.
-E’ vero!-, si difese l’altra riponendo i libri nell’armadietto.
Era appena iniziata la pausa e dovevano rifinire il piano che traballava soprattutto nella prima fase, quella di avvicinamento.
Anche Tina sistemò i suoi effetti prima di chiudere l’armadietto e riporre la chiave nella tasca dei jeans.
Tutta quella situazione la rendeva inquieta ed insicura.
Sean era sempre stato uno dei suoi punti fermi, ma ora?
 
-Davis, puoi seguirmi un attimo?-, bene, l’aveva detto.
-Cook dell’altra classe deve parlarti.-, e aveva anche nominato il prof di Letteratura.
Alla fine Tina si era lasciata convincere da Lisa riguardo alla scusa da usare e inspirando forte si era avvicinata a Sean vicino agli armadietti e gli aveva rivolto la parola.
-Oh, d’accordo.-, lui le sorrise cordiale e infilò la mano sinistra in tasca.
Tutti sembravano credere alla scusa che aveva usato per giustificare la fasciatura –una caduta in bicicletta- ma lei si chiedeva il perché di tutta quella farsa, tutte quelle bugie.
Lo guidò attraverso i corridoi della scuola senza che si parlassero e raggiunta l’aula di Letteratura notò la porta socchiusa, ovvero il segnale di Lisa che aveva distratto il prof con successo.
Tina si sentiva abbastanza ridicola circa il discorso che si era preparata in testa –e tutto quel piano, ma stava andando tutto a meraviglia.
Gli aprì la porta e non appena lui entrò anche lei s’infilò nell’aula per richiudere la porta alle sue spalle.
-Cook non c’è.-, Sean si girò e Tina lo fissò negli occhi, in quelle iridi scure che in quel momento tradivano sorpresa.
-Cos’hai fatto alla mano?-, saltò tutto il pezzo iniziale del suo discorso rendendosi conto che ritardare nell’affrontarlo l’avrebbe portata a non affrontarlo affatto.
Perché si era fatto male da solo?
-Sono caduto dalla bici.-, ma questa era la risposta standard che aveva dato a tutti gli altri.
-Mi fai vedere le escoriazioni?-, lo mise alle strette perché poteva negare quello che aveva fatto con tutti tranne che lei.
-Williams, Cook mi deve davvero parlare o no? Avrei da fare.-, il tono di Sean era calmo come sempre anche se tradiva un filo d’irritazione.
-Due giorni fa, bagni dell’ala est.-, e solo in quel momento Tina si accorse di quanto fossero distanti, lei vicina alla porta, lui alla cattedra, -Io c’ero e c’eri anche tu.-
E quelle parole così semplici, quella confessione pur banale riuscirono a mandare in frantumi la maschera di Sean, gli occhi sbarrati e l’espressione incredula.
-Che intendi dire, Williams?-, solo la sua voce rimaneva la solita.
-Voglio dire che ti ho visto e sentito. Perché l’hai fatto?-, ora che l’aveva fatto scoprire non aveva intenzione di mollare. Quello era il vero Sean, nessun sorriso finto ma emozioni vere.
-Fatto cosa?-, sembrava davvero una persona diversa ed era una cosa completamente nuova per Tina.
Era meno perfetto e più lui.
-Non fare finta di non sapere, lo sai benissimo.-, rispose lei alzando il viso per fissarlo meglio, -Prendere a pugni i muri non è normale.-
-Tu non puoi capire.-, e per quanto il tono fosse trattenuto, Sean stava urlando.
-Fammi capire allora.-, Tina era seria, lo voleva fare davvero.
Voleva aiutarlo non perché fosse Sean.
In quel momento era solo un ragazzo che soffriva e si nascondeva –e quella non era la soluzione.
-Tu non hai fratelli, Williams.-, era tornato calmo anche se i suoi occhi, quelli no.
La fissavano taglienti come lame.
-Sei una piccola principessa viziata che vive nel suo castello di libri, vero?-
No, non era vero, non era vero.
Cosa poteva saperne Sean di quello che Tina poteva essere o non essere? Lui non la guardava in segreto da anni, non si chiedeva ogni giorno se fosse felice, non la seguiva con lo sguardo rimpiangendo di non essere più interessante.
Sean non la conosceva.
-Tu non hai fratelli.-, continuò lui, -Non ti puoi sentire tradita se tuo fratello fugge, se è tutta colpa tua, se non lo rivedrai mai più perché va a farsi uccidere per qualcosa di stupido in cui non crede.-
Ogni frase era un crescendo di rabbia e Tina era paralizzata.
-Non sei un’assassina se va a farsi uccidere per colpa tua.-
Ed era vero, Sean aveva ragione.
Tina non poteva capire e tutta quella situazione le sembrava così confusa ed irreale… ma la sofferenza di Sean era vera, la poteva scorgere nei suoi pugni contratti, gli occhi che sembravano urlare come lui.
Era per suo fratello –come Sean poteva essere un assassino?
-Hai ragione.-, ammise Tina con meno voce di quanto si aspettasse, -Non riesco a capire. Aiutami a riuscirci.-, gli chiese con dolcezza.
-Non ti deve interessare.-, la stroncò subito Sean voltandosi verso la finestra e Tina stava per ribattere qualcosa quando sentì la porta aprirsi e istintivamente fece un passo avanti.
Era Lisa.
-Sean Davis, impara a non alzare mai la voce contro una ragazza.-, disse semplicemente prima di prendere Tina per il braccio e spingerla fuori dall’aula.
-E nel caso te lo stessi chiedendo, no! Non faremo finta di nulla.-, aggiunse chiudendogli la porta in faccia.
 
-Non abbiamo concluso quasi nulla.-, Tina era seduta su una panchina del parco vicino a Lisa, che dondolava le gambe tirando calci all’aria.
-Scusa.-
Ma Tina non poteva biasimare l’amica per averla sottratta a Sean, sapeva quanto Lisa fosse sensibile riguardo a quelle cose, riusciva a comprenderla.
-Quindi centra quel figo di Jeff…-
Tina strinse le ginocchia con le braccia, sospirando.
-Ma sai che ho sentito che se ne è andato in Nord Carolina?-, s’illuminò Lisa ricordandosi di una qualche voce.
-Ha dei cos di andare finalmente college?-
Il fratello di Sean aveva due anni in più di loro, ma Atlanta era molto più vicina rispetto alla Carolina. Perché cambiare stato?
-Non chiederlo a me.-, Lisa agitò i braccialetti producendo un vivace tintinnio e Tina sorrise.
-Sai di preciso la città?-
-Port Royal mi pare, me l’ha detto la ragazza del supermercato.-
-Lisa?-
-Dimmi.-
-Grazie.-, per tutto quello che faceva per lei, compreso il tirarla su con dei braccialetti.
-Domani andiamo al Happy’s Antique comunque, ricordatelo.-
 
Tina era davanti al computer, la finestra di internet aperta su un motore di ricerca.
“Port Royal Carolina” digitò prima di scegliere automaticamente il primo risultato.
Quella era una cittadina poco più piccola di Lilburn, chissà perché Jeff Davis era fuggito lì.
Se lo sapeva anche la ragazza del supermercato non doveva essere un grande mistero, tra l’altro.
“Principalmente a causa dell’annessione delle aree vicine (inclusa Parris Island) la popolazione…”
Cliccò sul nome della zona annessa e solo guardando il titolo della nuova pagina capì.
Centro d’addestramento per Marines.
“…se va a farsi uccidere per colpa tua.”
 
Era vero, Tina non aveva fratelli.
E Sean aveva ragione, lei non poteva rendersi conto appieno di quello che poteva provare lui.
Quando il primo anno Jeff  Davis era ancora al Parkview Sean era sempre con lui, erano davvero affiatati e Tina non poteva capire questo legame.
Perché Sean era rimasto tradito da lui –che colpa aveva?
Lo aveva visto umano, sofferente, vivo… voleva aiutarlo, non avrebbe rinunciato.
Voleva avere quel qualcosa in più che lo avrebbe fatto sorridere davvero, che gli avrebbe fatto brillare gli occhi, che lo avrebbe fatto parlare.
Una principessa viziata… sì, faceva male. Se Sean l’avesse conosciuta davvero probabilmente avrebbe detto altro, come libromane o innamorata di persone inesistenti, come diceva Lisa.
Tina voleva che smettessero di essere Tina e Sean per aiutarsi, perché riconosceva i suoi limiti, il suo non-agire che adesso voleva cambiare.


Io ho due fratelli, per la cronaca, e ricordo il panico che provai anni fa quando il più piccolo voleva tra le molte cose –diventare Papa, andare sulla Luna, diventare Goku- andare in guerra e aveva continuato con questa fissa per un bel po’. E la guerra, quella vera, non è un gioco.
Ma Tina non capisce il legame tra Sean e Jeff –che svilupperò per spiegare un po’ perché questo benedetto ragazzo sclera. E anche Lisa ha i suoi problemi, ma preferisco approfondire tutto dando importanza alle cose che ne meritano senza inserire flashback fini a se stessi.
La citazione di Port Royal è la traduzione della pagina Wikipedia –seguite le istruzioni e ci siete ;)
Vorrei ringraziare Alletta96 e dagusia123, spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto ragazze :)
Nyappy


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Capitolo 4
*** Fuga ***


Il tuo sguardo è freddo come il miele sulla pelle

 Mitch

 
Sean la stava guardando e quello non era un sogno.
Erano a Matematica e da quando Mahoney si era messo alla lavagna per spiegare un teorema che Sean si sporgeva leggermente in avanti per poterla fissare, Tina non sapeva cosa pensare: la classe era in penombra e Sean proprio davanti alla finestra.
Invece di seguire si era messa a leggere Emma, il libro che il giorno prima non era riuscita a finire.
Mitch era seduto vicino a lei e sembrava disperato, era la terza volta che faceva tremare il banco per cancellare un grafico, ma Tina non poteva aiutarlo.
Prese il segnalibro da sotto il banco e lo infilò nel volume facendolo sporgere leggermente in alto, poi lo richiuse e lo ripose nella borsa mettendosi a fare degli scarabocchi sul quaderno aperto.
Ovviamente Sean non le stava sorridendo e se fosse stato come Blackburn davanti a lei –che la nascondeva completamente alla vista del prof- Tina avrebbe avuto paura, invece si sentiva solo inquieta.
Pensava al giorno prima, a quello che doveva passare Sean, al suo essere spaventato per un azione che non le aveva rivelato.
Non appena la campanella suonò Tina raccolse tutto il materiale sul banco e dopo un –Ciao Mitch.- ricambiato da un sorriso disperato si diresse velocemente in bagno.
Lisa era rimasta a casa e le aveva mandato un messaggio, ma dato che Mahoney sembrava avere un sesto senso riguardo all’uso del cellulare in classe aveva preferito aspettare.
“Febbre e male agli occhi. Mi spiace per questo pomeriggio, fai la brava e stai lontana da Davis.”
Quando Lisa stava davvero male diventava molto meno ciarliera del solito e Tina le inviò una lunga risposta raccomandandole di stare a letto e di non trascinarsi per casa cercando di dimostrare di essere forte –perché la febbre era più forte di lei.
L’ora successiva era quella di Arte, la sua materia preferita dopo Letteratura; mentre la professoressa spiegava loro le novità dell’arte Romantica Tina riuscì a concentrarsi davvero e non pensare a Sean ed il suo strano sguardo.
 
-Williams.-
Dopo l’orma comune di Matematica Tina non aveva più visto Sean ed era uscita nel parco per mangiare il pranzo, era una bella giornata di sole e non c’era un filo di vento.
Quando lo vide avvicinarsi posò subito la forchetta sul vassoio e richiuse il libro poggiandolo sulla panchina.
Il suo sguardo era tornato quello di sempre, neutro.
-Tieni.-, non appena la raggiunse tirò fuori dalla tasca dei jeans il suo ciondolo e Tina spalancò gli occhi, sbiancando.
Si toccò il collo per verificare l’assenza della catenina –era proprio la sua collana, non si era nemmeno accorta di averla persa.
Era molto sensibile ed era probabile che Sean avesse già visto la foto all’interno, chissà cosa poteva pensare… si voleva seppellire.
-Dovresti metterci una foto dentro, però.-, aggiunse lui poggiando la collana sul palmo aperto di Tina, e quando si aprì lei incontrò ancora il cartoncino azzurro e nient’altro.
Vuoto, era vuoto.
-Dove l’hai trovato?-, gli chiese preoccupata. Chi le aveva sottratto quella foto, perché l’aveva fatto?
…come faceva Sean a sapere che quel ciondolo le apparteneva?
-Me l’ha dato Young.-
Mitch, era stato lui?
Tina ripose il ciondolo nella borsa senza saper bene cosa dire.
Perché Mitch lo aveva dato a Sean? Era stato lui a togliere la foto?
-Comunque ti devo parlare.-, finalmente Sean sedé sulla panchina, a distanza da lei, e percependo quel tono serio anche il suo imbarazzo scemò.
Era lì per chiederle aiuto? Voleva farle capire quello che stava soffrendo?
Si morse il labbro, nervosa ma pronta ad ascoltarlo.
Sean Davis –l’irraggiungibile principe della Parkview High- in una manciata di giorni aveva subito così tante trasformazioni ai suoi occhi da essere davvero un’altra persona.
E le voleva parlare.
-Riguardo a ieri…-
Tina lo incoraggiò annuendo.
Sembrava che Sean stesse calando la maschera e lei non poteva fare a meno d’indugiare su quegli occhi caldi capaci di diventare taglienti, di rinforzare qualsiasi parola uscisse da quelle labbra sottili con la loro espressività
-Mi dispiace, non so cosa mi sia preso.-
Ed in quel momento non erano dispiaciuti.
Tina sapeva benissimo cosa gli stesse accadendo: era arrivato ad un punto in cui non poteva più soffocare tutto quello che provava o ne sarebbe rimasto soffocato a sua volta, ma lo lasciò proseguire.
-E anche se la tua amica Wong ha detto che non dimenticherete…-
Esatto, non l’avrebbero fatto, non poteva chiedere loro questo.
-Vi prego, ti prego.-
Parlava lentamente e la fissava negli occhi, ma Tina non aveva intenzione di cedere, anche se quella era una preghiera sincera.
-No.-, disse semplicemente.
-Williams, è meglio per tutti, non è davvero una cosa importante.-, insisté Sean quasi supplicante, con voce bassa.
-Sì invece.-
Tina poteva accontentarlo o agire, per una volta.
Non poteva rimanere a guardare.
-Sì che è successo qualcosa, Sean, sei crollato.-, chiamarlo per nome sembrava così facile, suonava molto meglio di Davis.
Lui allontanò il busto, infastidito.
-Vuol dire che non puoi continuare così.-, invece lei si avvicinò, chinandosi appena in avanti.
Non era mai stata tanto coraggiosa in vita sua.
-Williams, cosa stai dicendo?-, chiese Sean con durezza, perché non riusciva realizzare la verità?
-Devi essere te stesso, ecco quello che sto dicendo. Ti devi sfogare e smettere di indossare sempre quel sorriso finto!-, Tina avrebbe voluto dirgli anche che era disposta ad ascoltarlo, che voleva capirlo, perché si era dato dell’assassino? ma Sean si alzò di scatto e dopo averle lanciato un occhiata indecifrabile, quella del solito principe, la lasciò per andare verso il portone della scuola.
Tina avrebbe potuto fermarlo, era ancora in tempo, a pochi passi da lui –eppure non lo fece.
Aveva appena fatto scappare Sean Davis, si era appena resa conto che lui non riusciva a sostenere la verità.

*

-Hai finito Emma?-
Tina aveva trovato Mitch sempre al bancone della biblioteca, nascosto dalle pile di libri nuovi che dovevano essere catalogati ed immerso nella lettura.
-No, ti devo solo parlare.-, solo lui e Lisa sapevano della foto, dopotutto, e le premeva sapere perché avesse dato la sua collana a Sean e dove l’avesse trovata.
-E’ per Sean, vero?-, lui armeggiò un attimo nell’astuccio aperto vicino al computer e tirò fuori la foto.
-Pensavo che così anche se si fosse aperto non saresti finita… insomma, in una situazione imbarazzante, l’ho trovato a terra vicino al tuo banco.-
Questo fece sentire Tina tanto stupida. Ancora una volta, come poteva dubitare di Mitch? Si sentiva piuttosto meschina.
-Grazie.-, ripose la piccola immagine in tasca, stando attenta a non piegarla, -La prossima volta però dimmelo, non farmi preoccupare.-, aggiunse sorridendo.
-Scusa, ma dopo non ti ho più vista. E’ andata tutto bene la chiacchierata?-
E quando Tina uscì dalla biblioteca pensò che la Parkview non aveva un solo principe.
Uno era perfetto, di facciata ed in rovina, l’altro si nascondeva e bisognava andare a cercarlo per conoscerlo.
 
-Se scappa non è un vero uomo. Te l’ho detto che è un robot.-, le casse del computer trasmisero la voce nasale di Lisa –che probabilmente aveva il portatile a letto, sulle gambe.
Dato che non erano potute andare al Happy’s Antique avevano deciso di fare una lunga chiamata via internet e spulciare i cataloghi vintage online.
-Oddio, questo è stupendo.-, Lisa le inviò l’immagine di un braccialetto enorme con diversi pendenti e lacci intrecciati.
-Non puoi metterlo a scuola.-, le ricordò Tina sorridendo. Era carino sì, un po’ troppo esagerato per i suoi gusti.
-Hai ragione… ma adesso cos’hai intenzione di fare con lui?-
-Non so.-, Tina si appoggiò allo schienale della sedia portando le ginocchia al petto, come sempre quando doveva affrontare una situazione critica.
-Non ha detto nulla riguardo a suo fratello, sembrava tranquillo. Vedrò domani immagino.-, allungò una mano per cambiare finestra con un click del mouse.
-Brava.-, Lisa si soffiò il naso rumorosamente lamentandosi per il neo-aquisito raffreddore prima di aggiungere –Ma lascia a casa quel portafoto, ha creato già i suoi problemi.-


Emma è un libro di Jane Austen che adoro. I nomi delle materie sono in maiuscolo comunque perché sono corsi –devo sempre controllare ogni volta xD
Finalmente si sono parlati in modo tranquillo e pacifico –e lei l’ha pure chiamato per nome. Sean non demorde comunque –lo farà, lo farà. Mitch sta venendo fuori davvero un tesoro.
Ringrazio dagusia123 e Alletta96 per aver commentato lo scorso capitolo, grazie ragazze! :)
Nyappy

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Capitolo 5
*** Rivelazioni ***


Veleno –ti stava soffocando con il suo gusto dolce

 Sean

 
Quando durante la pausa Liz si era avvicinata a Sean sedendosi vicino a lui, Tina si era quasi convinta che al suonare della campanella sarebbero usciti dalla mensa mano nella mano.
Sean voleva tornare quello di sempre, no?
Liz aveva i capelli sciolti e anche dal suo tavolo Tina riusciva a vedere le sue labbra rosate e le ciglia miracolosamente più lunghe –voleva davvero riconquistarlo.
Piluccava distrattamente dal piatto, guardando attentamente quei due, la smorfia forzata di Sean, la sua mano sul tavolo, Liz che sbatteva gli occhi, che gli toccava il braccio… finché non si alzò di scatto e si diresse verso la porta con passo veloce, spiazzando tutti gli spettatori.
Cosa…
-Cosa stai facendo?-, Liz diede voce ai pensieri di Tina con un tono irritato e quasi furioso, ma la risposta di Sean lasciò tutti allibiti.
-Salvo le mie orecchie dai tuoi strilli isterici.-, era calato il silenzio e la sua voce era chiara e tranquilla, stava persino sorridendo.
Il principe della Parkview non avrebbe mai potuto ribattere così ad una ragazza, quello era Sean, il vero Sean!
Tina si alzò con più calma e portò il suo vassoio al carrello prima di uscire dalla mensa per raggiungerlo, lanciando un’ultima occhiata a Liz, impegnata a sfogarsi con le amiche ad alta voce.
Lo individuò in fondo al corridoio e fece una piccola corsa per arrivargli alle spalle; lui si girò appena per controllare chi fosse.
-Ce l’ha fatta.-, gli disse semplicemente Tina.
-Ho fatto cosa?-, Sean tornò a camminare. Non sembrava avere davvero una direzione ma lei seguì comunque le sue lunghe falcate –con un po’ di fatica.
-Sei stato naturale. Tu.-
Lui sbuffò, -Liz riesce a tirare fuori il peggio di me.-
Tina si sporse per osservare meglio il suo viso: era tornato quello di sempre, si stava soffocando di nuovo.
-Non è il peggio.-, iniziò pensierosa, -Sei tu. Fingere di essere sempre gentili con tutti, quello è il peggio. E’ mentire.-
Sean si fermò all’improvviso e lei quasi inciampò in lui, fermandosi giusto un passo prima.
-Williams, perché lo stai facendo?-, lui si era girato nel porgerle questa domanda e ora la stava fissando negli occhi.
Respiro.
Tina voleva che Sean fosse sincero, autentico..
Respiro.
Quindi doveva dirgli la verità? Sarebbe stato da ipocrita mentire.
Respiro.
Tina voleva che si fidasse di lei, anche se la sua risposta avrebbe potuto allontanarlo.
-Perché mi piaci.-
Non c’era davvero bisogno di arrossire o distogliere lo sguardo, era la verità, gli stava mostrando la vera Tina, eppure in quel momento voleva tanto nascondere il viso.
Sean sapeva di piacere a tutte, no? Per lui non doveva essere una tragedia o una novità, non sembrava sorpreso, però... Tina non voleva essere come Liz. Le bastava che lui fosse vero.
-Capisco.-, Sean si mise a fissare un punto sul soffitto, stringendo le labbra, -Ti ho detto delle cose abbastanza spiacevoli però.-
Esatto, ma almeno erano i suoi veri pensieri, anche se facevano male.
-Sì.-, ammise Tina guardando in basso, -Sono comunque meglio del tuo sorriso finto.-
-Nessuno si è mai lamentato del mio sorriso a parte Jeff.-, notò Sean velocemente, quasi come se stesse parlando più a se stesso che a Tina.
Lei rimase in silenzio, senza saper bene cosa fare o dire.
Era una conversazione quasi surreale, tranquilla dopo tutte le altre, più intima.
-Tu vuoi che cambi.-, disse lui spezzando il silenzio del corridoio, il brusio della mensa appena udibile.
-No.-, precisò lei tornando a guardarlo, -Non devi cambiare. Devi essere te, senza censure e senza bugie.-
-Comunque agli occhi degli altri dovrei cambiare., Sean incrociò le braccia quasi per difendersi, -Diventare da un giorno all’altro un autentico bastardo.-
-Non credo che tu lo sia davvero.-
In mezzo al corridoio, uno davanti all’altra senza guardarsi contemporaneamente.
-Tu non mi conosci.-, ed un sorriso illuminò il viso di Sean, allegro ed amaro allo stesso tempo, Tina lo imitò inconsapevolmente.
-Ma voglio farlo.-
-E se fossi io a non volerlo?-
Non riusciva a cogliere il senso di tutte quelle domande che sembravano nascondere qualcosa, ma gli rispose comunque.
-Allora prima non mi avresti risposto.-
La campanella interruppe la conversazione e con la sua solita espressione di sempre Sean la salutò prima di proseguire verso gli armadietti, -Ci vediamo domani allora.-
Tina aveva tanto bisogno di fare il punto della situazione.

*

Sembrava quasi che Sean fosse un ragno, impegnato per anni a tessere la sua tela di abitudini e finzione, intrappolando tutti –perché Tina era riuscita a scappare?
Fortuna forse –ma Lisa le aveva detto destino.
Nessuno si è mai lamentato del mio sorriso a parte Jeff
Jeff era la causa del suo crollo e lei lo stava incoraggiando. Chissà, forse erano simili?
Tina era sdraiata sul letto con la testa appoggiata al quaderno e la mano sull’insalatiera piena, per evitare di farla cadere. Ancora due giorni e la mamma sarebbe tornata.
Riguardando quel quaderno aveva notato quanto Sean ci fosse in quelle pagine, anche se era solo da pochi giorni che lo vedeva davvero, gli parlava davvero e lo ascoltava.
-Questo è il tuo momento.-, le aveva detto Lisa al telefono, -Sii la Tina di sempre e lo stenderai, parola mia.-

*

Di Mitch non c’era l’ombra, Lisa doveva tornare il giorno dopo e  Tina aveva deciso di pranzare nel parco della scuola, sulla solita panchina: era un posto tranquillo, la giornata era splendida per stare un po’ al sole ed in giro c’erano pochi studenti.
Aveva finito Emma il giorno prima e aveva deciso di rileggere il Ritratto di Dorian Gray, ma nel poggiare la borsa vicino al vassoio il suo sguardo si posò sulla figura seduta di Sean appoggiata al muro della scuola, all’ombra.
Aveva la testa chinata e i capelli dorati gli coprivano gli occhi, ma sembrava tranquillo e stava mangiando il suo panino con un piccolo sorriso.
Non sembrava averla notata ma certo era strano mangiare lì e non in mensa –c’erano tante panchine nel parco, perché proprio il muro?
Tina sistemò il vassoio in modo che non scivolasse, si mise la borsa a tracolla e facendo attenzione  a no rovesciare il bicchiere di succo si avvicinò a Sean.
-Ti da fastidio il sole?-, lui non alzò lo sguardo ma la salutò con un cenno del capo, e lei interpretò questo come un via libera.
Appoggiò il vassoio a terra e si sedé poco distante da lui, giusto per non essere troppo invadente.
-No, ma mangiare da soli non è il massimo.-
In effetti lei trascorreva sempre la pausa pranzo con Lisa, per fortuna era già praticamente guarita.
-Già.-
Nonostante quello di fatto mangiarono da soli, senza parlarsi davvero se non per scambiarsi commenti sullo strano gusto dell’insalata o il colore fluorescente delle patatine fritte.
Non era male comunque stare con Sean, era meglio il silenzio di tante chiacchiere forzate se lui non voleva parlare.
-Sai, credo che la mensa dovrebbe smettere di fare spaghetti il giovedì se non sono capaci di cucinarli in modo decente.-, notò Sean quasi alla fine fissando perplesso il blocco compatto di spaghetti che Donna della mensa aveva sbattuto sul piatto a Tina e che lei non era riuscita a rifiutare.
Era piuttosto acido il suo tono.
-Cercano di variare un po’, non puoi sopravvivere a panini imbottiti, no?-, Tina avvicinò la forchetta agli spaghetti, punzecchiandoli.
Non erano così terribili dopotutto.
-Scommetto che non hai mai mangiato del vero Italiano, o Cinese.-, fece Sean e Tina ammise di ripiegare sempre in caso di necessità sul piccolo supermercato vicino a casa.
-Devi assaggiare i burritos del Los Hermanos, lo conosci? E’ in centro.-
Chissà perché ora stavano parlando di cibo messicano… ma perché Sean conosceva tutti quei ristoranti? Non mangiava a casa?
-L’ho solo visto da fuori.-
-Hanno la migliore salsa nachos di tutta Lilburn, te l’assicuro.-
Così amichevole e spontaneo non era male, era davvero un’altra persona.
-Domani sera c’è il menu a prezzo fisso, io ci sarò. Ti andrebbe di venire?-
-Certo!-
Aveva accettato senza nemmeno pensarci più di tanto, le era sembrato naturale come accettare un invito di Lisa, ed ora sorridevano entrambi, seduti vicini con i vassoi sulle gambe e quello che era un appuntamento ad attenderli.


Un capitolo partito molto serio e terminato con un sorriso, perché Sean si sta finalmente lasciando andare e non è una cattiva persona. Ho visto il menu del Los Hermanos, è interattivo, una figata unica! E Sean conosce tutti i ristoranti per un motivo…
Ringrazio la mia giuliaserpy, dagusia123 e Alletta96 per i commenti, vogliono dire davvero molto per me :)
Nyappy

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Capitolo 6
*** Appuntamento ***


Erano macchie di colore, è diventato il tuo sorriso
 Lisa


-Lisa è tornaa~ta!-
Quella mattina Tina l’aveva aspettata davanti al portone della scuola per diversi minuti dopo il suono della campanella, ma non poteva certo permettersi di arrivare in ritardo da Mahoney.
Si era chiesta dove mai potesse essere finita Lisa –che le aveva assicurato il suo ritorno- solo per scoprire in seguito che era dovuta passare in infermeria per certificare la guarigione.
Ora Lisa era davanti a lei e canticchiava qualcosa sulle crocchette di patate e l’insalata della mensa.
-Mi sei mancata, lo sai?-
Tina aspettò che l’amica appoggiasse il vassoio sul tavolo prima di abbracciarla e Lisa ridacchiò stringendola a sua volta.
Sentirsi via internet era un conto, vedersi dal vivo però era molto meglio.
-Però dovresti metterti una sciarpa.-
Le due si voltarono per incontrare il sorriso di Mitch.
-Le sciarpe sono per i depressi che vogliono un cappio al collo.-, replicò Lisa con un sorriso smagliante prima di tuffarsi sul suo piatto e lasciare Mitch basito.
-Comunque.-, borbottò con la bocca piena mentre anche Tina si era messa a mangiare, -Oggi pensavo di venire per le quattro, va bene?-
Tina annuì.
Riflettendo a mente fredda sull’appuntamento era una cosa che la rendeva parecchio nervosa –accettare era stato così facile, eppure ora era davvero insicura.
Di cosa avrebbero parlato? Com’era Sean fuori da scuola? Come si doveva vestire –era stata Lisa a sollevare questo problema.
-Mmh, non mi ha detto ieri se ti viene a prendere o no.-
-No.-, Tina lanciò una veloce occhiata al solito tavolo di Sean ma non lo trovò, -Anche perché sono più vicina io.-
-Sarebbe stato più carino se ti avesse portato in macchina.-
Ma Sean usava sempre la sua bici bianca per muoversi, sarebbe stato tutto meno che carino fargli da peso –e magari cadere.
-Stasera esci?-, Mitch sollevò lo sguardo dal suo vassoio per incontrare il viso di Tina che gli sorrise.
-Sì.-
-Con Davis!-, aggiunse Lisa allegramente, -Finalmente una persona vera invece della carta.-
-Non trovo nulla di male ad innamorarsi della carta.-, si difese Tina memore di discussioni appassionate modelli e cantanti contro personaggi dei libri.
-Infatti.-, disse Mitch lanciando una rapida occhiata sotto al tavolo, alla borsa appoggiata alla sedia.
-Bah.-
 
Tina stava aspettando l’arrivo di Lisa sul divano, leggendo le ultime pagine di Tom Sawyer. Non sapeva esattamente perché avesse deciso di prendere quel libro, ma non le era dispiaciuto affatto rileggere uno dei classici della sua infanzia.
Già, quella settimana non aveva preso il suo solito libro emotivo –perché?
Non voleva più piangere, era da un po’ di giorni che semplicemente non ne sentiva più il bisogno e sorrideva anche quando non era con Lisa o gli altri.
Si sentiva straordinariamente bene –un po’ agitata, ma bene.
 
Era davanti all’entrata del locale, un posto decisamente informale con una grande insegna luminosa e le vetrate illuminate dalla calda luce dell’interno, la tipica melodia messicana che le arrivava alle orecchie.
Alla fine Lisa era riuscita a farle mettere la spilla con il sombrero –decisamente agghiacciante dato che il suddetto aveva occhi in rilievo e sonagli per mani- ma mentre aspettava la staccò dalla giacca e la ripose nella borsa.
Aveva insistito per rimanere semplice, la Tina di sempre: un dolcevita colorato, jeans e invece delle scarpe da ginnastica delle ballerine con un po’ di tacco. Per l’occasione si era anche raccolta i capelli in una crocchia elegante dietro la testa e… in effetti la spilla non centrava proprio nulla.
Mancavano cinque minuti alle sei e controllava di continuo l’ora sul cellulare, tirandolo fuori dalla borsa.
Non era stata una grande idea arrivare tanto prima, ma il sole illuminava ancora le strade e non era pericoloso.
 
-Scusa per il ritardo.-
Quando Sean arrivò perfettamente in orario Tina si sentì vagamente stupida.
Era a lei che importava davvero di quell’appuntamento e che stava probabilmente caricando ogni piccola cosa di significato, per lui poteva essere una normalissima cena.
-Fa niente, ero io in anticipo.-, gli sorrise nonostante queste premesse non rosee.
Insomma, si sentiva bene. Perché rovinare tutto?
Quando Sean le aprì la porta furono investiti da aria più calda ed un buon odore di cibo, ma non appena Tina entrò si ritrovò una figura alta davanti e poi il buio.
Ma che diavolo?!
-Hola, seňorita!-, una voce tonante la fece quasi sobbalzare e si accorse di avere un sombrero gigante in testa.
-Hola.-, mormorò con un filo di voce.
Non era decisamente preparata a tutto quello.
-Vieni, andiamo.-, Sean la prese per le spalle e la condusse verso un tavolo libero, dove Tina posò il cappello per sentire sotto la mano quella che era un’inconfondibile pettinatura rovinata.
-Ti stava bene il sombrero, sai?-, Sean si sedette con un ghigno divertito in viso e Tina scrollò la testa, rinunciando a sistemarsi i capelli e sedendosi a sua volta.
-Se lo dici tu… ma parlano solo spagnolo qui?-, allungò una mano per prendere il menu e posarne uno a Sean.
-No, è solo per fare scena.-
 
In realtà era piuttosto facile chiacchierare con Sean tra un burrito ed una tortilla, anche se Tina era convinta che si stesse ancora trattenendo era convinta di star scoprendo parola dopo parola sempre più Sean: i suoi commenti sarcastici sui professori –Adams e Cook gli stavano particolarmente antipatici-, sulla mensa e sul club di Arte erano un’assoluta novità per lei e lo incoraggiava a parlare con diverse domande.
-Non sto dicendo che non dovrebbero accettare tutti.-, le stava dicendo lui, -Ma dovrebbero avere più ordine. Sinceramente, i pannelli delle scale vicino ai bagni sono qualcosa d’inguardabile.-
-Secondo me sono carini, un po’ scuri ma carini.-
Lui inarcò appena un sopracciglio.
-Carini? Sembrano dei ninja appostati pronti a…-
All’inizio Tina non riuscì a capire perché si fosse fermato, era… era diverso parlare con lui quella sera. Forse perché lei aveva accettato di conoscerlo così com’era e lui stava cercando di essere naturale, ma era appunto così che Tina lo trovava: naturale.
Vero.
Poi comprese, ricordandosi di Jeff e lo sfondo del quadro che ricordava i vestiti militari.
La musica allegra e le luci ora stonavano incredibilmente con il viso di Sean, la maschera di neutralità tornata a nascondere tutto.
-Questa domenica sei libero?-, gli chiese lei all’improvviso.
Le era balenata in mente un’idea che andava ponderata bene ma non sembrava male.
-Perché?-, chiese lui pulendosi le mani con il tovagliolo, concentrandosi sul piatto.
-Pensavo, se ti va… potremmo andare  a Parris Island insieme.-
Al campo d’addestramento Sean avrebbe potuto rivedere Jeff e magari convincerlo a tornare a casa. Non era ancora troppo tardi, no?
Quando lui le lanciò uno sguardo duro Tina capì di aver decisamente esagerato.
-Come fai a saperlo? Non importa.-, aggiunse subito dopo Sean sistemandosi meglio sulla sedia e continuando a fissarla.
-Non accettano visitatori, sai?-, iniziò parlando piano e Tina fece fatica a sentirlo con tutto il chiasso del ristorante, -Gli lavano il cervello. A chi importa della famiglia se devi massacrare gente con figli e mogli? Meglio non pensarci, no?-
-Non dire così.-
-E’ vero.-, replicò Sean con un sorriso amaro, -Il fatto che nei tuoi libri non ne parlino non vuol dire che non sia vero. La gente muore.-
Doveva essersi accorto di aver alzato la voce perché si guardò attorno e fece un sorriso tirato.
-Prima stavamo dicendo…?-
 
Tutto il resto della serata aveva lasciato addosso a Tina uno spiacevole senso di colpa e Sean sembrava essere tornato il solito cortese principe, che le aveva pagato il conto e l’aveva accompagnata a casa guidando la bici a piedi.
-E’ strano, però. Abiti così vicina e non ci sei mai andata?-, erano sul vialetto di casa Williams ed era il momento degli imbarazzati saluti.
-Beh, da oggi sono una fan dei burritos.-
Il bilancio di quella serata era stato piuttosto fallimentare dopotutto.
-Quando ne avrai voglia fammi un fischio, ci sarò. A domani, Tina.-
E mentre lei lo salutava con la mano e lui si allontanava attraversando la strada, dovette ricredersi.
Forse non era andato così male.


Il primo appuntamento non è andato poi così tanto bene. Ma almeno lui l’ha chiamata per nome! Parris Island comunque è la città del campo d’addestramento, e la politica delle visite è quella. E io amo le sciarpe, tra parentesi xD ringrazio davvero tanto le mie super lettrici Alletta96 e dagusia123 :D
Nyappy

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