Employees.inc

di Bakabeans
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Why writing about FF7 is dangerous ***
Capitolo 2: *** This is NOT my job ***
Capitolo 3: *** The splattED cake ***
Capitolo 4: *** Just press the RED button ***
Capitolo 5: *** WTF?! ***
Capitolo 6: *** The Little BEE from somewhere ***
Capitolo 7: *** The cute, stuffed, CAT-shaped thing ***
Capitolo 8: *** What WORKS and what doesn't ***
Capitolo 9: *** INSPIREd ***
Capitolo 10: *** My LUCKY number ***



Capitolo 1
*** Why writing about FF7 is dangerous ***


Employees.Inc

Work at Shin-Ra, get your pay.

 

Why writing about FF7 is dangerous

Scrivere una fanfiction su Final Fantasy SETTE è pericoloso.

Insomma, è come prendere la Bibbia o quello che volete voi e scarabocchiarci sopra, correggere a scolorina e segnare con l'evidenziatore fucsia a brillantini. Rischiando che qualcosa come millemilioni di giocatori vengano a prendervi a mazzate e il Pianeta vi neghi il LifeStream.

Se poi volete scrivere una fanfiction su Effe Effe SETTE con personaggi originali moltiplicate quanto sopra per tantissimissimissimo.

Senza dimenticare che non c'è solo il SETTE. No. Sarebbe troppo facile e scontato.

E alla Square hanno un sacco di tempo libero.

 

*Dato che stavolta prendo in mano il malloppone di EffeEffeSette, devo mettere il disclaimer. Almeno qui.

Come tutti sapete, non è niente del mio sacco. Gli extra invece sì.

 

**Amate e adorate Youffie per tutte le operazioni di betaggio, le informazioni che mi ha passato e le rotture che le ho dato. Se non ci fosse stata lei con tanta santa pazienza, quello che segue non lo avrei mai scritto :D

A seguito, Gareth per aver avviato davanti ai miei occhi il primo cd di FF7 su un enorme schermo a LCD e Maru-chan per avermi ceduto per una settimana Ultimania Omega FF7AC edition.

Poi si ringraziano tutti quelli che da secoli e millenni spandono megabyte di documenti di Word nel fandom di FF7 (qui, chiamatela Frannie). Ormai ho imparato più da certe fanfiction che non avrei potuto dal gioco stesso, credo.

 

“Hataraku Otoko” (Tokyo Style, PUFFY)

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Capitolo 2
*** This is NOT my job ***


This is NOT my job

Il suo stipendio era miserrimo. La sua autostima ai minimi storici. Ed era lunedì mattina.

Rigirò stancamente l'insalata di pollo che aveva infilato nella scatoletta del pranzo: erano gli avanzi della cena precedente e ora il pollo aveva assunto una consistenza molliccia quasi quanto il suo ego. Le foglie di insalata completavano il triste quadretto, abbracciando flosce i pezzetti di carne.

Insomma, era lunedì. L'inizio della settimana di lavoro, sfruttamento e ancora sfruttamento.

Le avevano detto che entrando alla Shin-Ra.Inc sarebbe diventata ricca. Magari avrebbe persino avuto l'occasione della vita: fare carriera, prendere possesso del Pianeta, sposare il figlio del Presidente.

O anche un SOLDIER di Prima Classe.

Infilò con rabbia la forchetta in un pezzetto di pollo solitario: ecco il servizio che avrebbe riservato per uno qualsiasi di quei bellimbusti tutto muscoli e Mako.

Li odiava tutti.

SOLDIER, Shin-Ra e Pianeta.

Senza escludere il suo lavoro, naturalmente.

Guardò sconsolata la pila di documenti che la circondavano e che di lì a poco avrebbe dovuto caricarsi sulla braccia fino alla fotocopiatrice più vicina: il pomeriggio sarebbe stato completamente dedicato alle fotocopie... che poi avrebbe dovuto controllare una a una, ordinare e pinzare. Pinzare, ordinare e controllare. Fino a non farsi venire i crampi alle dita.

Ma non era solo quello che la deprimeva. Dopo le fotocopie sarebbe arrivato il momento peggiore della giornata.

Infilò un boccone di pollo, cercando di strozzarsi da sola.

Se fosse morta in quel momento non sarebbe stato poi così malaccio: si sarebbe risparmiata un nuovo, monotono pomeriggio di un qualsiasi lunedì della sua esistenza così come si svolgeva da sei mesi a quella parte.

Sfortunatamente aveva bisogno di soldi in quel Pianeta alla scatafascio, quindi doveva sopportare in silenzio ed accantonare i suoi malumori. Ingollò il pezzo di carne e la fogliolina d'insalata viscida, lasciando che facessero il loro viaggetto di non ritorno verso il suo stomaco.

O perlomeno questo era nelle sue intenzioni, dato che improvvisamente il suo fallito tentativo di suicidio sembrò potersi avverare sul serio.

"Vedo che stiamo battendo la fiacca qui ai piani alti!" gridò una voce alle sue spalle, mentre una sonora manata sulla schiena le distrusse definitivamente qualche vertebra. Lasciandola senza fiato e con un boccone di pollo incastrato da qualche parte.

Iniziò ad annaspare, tossendo e piangendo tutte le lacrime che nemmeno nottate di straordinari le facevano versare.

"Non seguire la luce! Sei troppo giovane per tornare al Pianeta!" la solita mano la scrollava, non facendo altro che peggiorare la situazione "Resisti, vado a chiamare Hojo e vedrai che risolverà tutto!"

La stava prendendo in giro. Gli effetti dei trattamenti Mako erano davvero devastanti per il cervello e i SOLDIER ne erano il risultato più che evidente.

Una branca di sempre-più-progressivamente minorati mentali e sempre-più-progressivamente maggiorati ormonali. Con la fissa per diventare l'Eroe degli Eroi o qualcosa di questo genere.

Finalmente il pollo tornò a fare il suo corso, inseguito dalla fogliolina: sospirò, controllando di essere effettivamente ancora viva e soprattutto di non esserlo al 67esimo piano.

Incontrò il luccichio della Mako che la fissava: "Pausa pranzo?"

"I SOLDIER stanno al 49..." lo ignorò, scavando la scatoletta con le punte "...prendi l'ascensore alle tue spalle e digita prima 4, poi 9. Teoricamente dovrebbe riportati da dove sei venuto"

"Credevo che a voi ragazze dei Piani Superiori piacessimo!" ridacchiò, sedendosi sulla sedia accanto e incrociando le gambe sul tavolo. Rimase a guardarlo senza alcuna espressione: "Certo, ma non i Third"

"Noi SOLDIER ora come ora siamo merce rara, lo sai? Non dovresti essere così... schizzinosa?"

Assassinò un nuovo pezzo di pollo: "Ti ho visto." osservò la carne agonizzante sulla punte "Stavi parlando con mio fratello... e tu lo sai bene cosa ti ho detto a riguardo, signor SOLDIER"

"Mai sentito parlare di libertà di parola ed espressione?"

"Alla Shin-Ra? Conosco la leggenda" ingollò il boccone masticando annoiata "Will, lo so che ti stai divertendo a vedermi impazzire..."

"Lasciagli fare un po' quello che vuole! Per il Pianeta, se avessi avuto IO una sorella come TE credo che a quest'ora invece di fare i miei bei soldi e vivere la mia interessantissima vita sarei a zappare riso a Wutai"

"Tu non andrai ancora a sputare una singola sillaba su quanto può essere figo diventare SOLDIER senza il mio permesso: è già a tenere le sue beneamate armi in mezzo a quelli della Guard, se lo faccia bastare!"

Per tutta risposta si mise a picchiettare i bon-bon che le legavano i capelli: "Suvvia, Cat! Gli ardori dell'adolescenza te li sei già dimenticati? Voglio diventare astronauta, pilota, spazzino degli Slums... SOLDIER..." la prese in giro "Con tutti questi terroristi più o meno organizzati che spuntano come e più delle margherite in giro per il Pianeta hai idea di quanti problemi potrebbero dare alla Compagnia?! Già i Turk sono impegnati a fare del loro peggio con quei quattro gatti che si ritrovano, qualche SOLDIER in più non farebbe male! I Guard sono utili, ma... Insomma, lo stipendio, Cat! Pensa a quanti Gil sonanti potrebbe guadagnare il tuo fratellino e tu la smetteresti di lamentarti delle fotocopie, giusto?!"

Si tappò le orecchie e chiuse gli occhi, contando mentalmente uno a uno tutti i giorni che la separavano dalla pensione.

"Lasciala in pace, non vedi che non le interessa il vile denaro?"

Alzò il capo, incontrando vistose macchie di sangue morto, secco e tendenzialmente fresco a pochi centimetri dal suo naso. Mise a fuoco quello che parecchi esperimenti prima doveva essere un camice bianco: "Buongiorno, stavo facendo due passi e ho sentito il vostro... scambio di opinioni?"

"Hojo ti lascia addirittura fare una passeggiata?!" aveva gridato Will, quasi crollando dalla sedia su cui era stravaccato "Woah, mi sa che passo anche io al Piano 67! Altro che SOLDIER, dì al tuo beneamato fratellino di darsi alla chimica e allo squartamento di innocenti animaletti!"

"Hai avuto problemi con l'avvelenamento da Mako, ultimamente?" commentò piatto l'altro, fissandolo "Se ne usi troppa o qualcuno casualmente ti ci mette in infusione per qualche lungo annetto, può dare qualche guaio con le funzioni celebrali..."

Cat si godette il breve momento di quiete che era inaspettatamente calato sulla sua pausa pranzo.

Da una parte dondolava con i suoi ipercubici capelli al vento Will Hunt, uno dei pochi SOLDIER a non essere scomparso nel nulla dopo i vari disastri in cui tutta la Shin-Ra era andata a sbattere negli anni precedenti (solo perché era entrato dopo). Dall'altra stava avvolto nel camice e nella sua fascia da lavoro Theo Hazard, uno dei tanti schiavi alle dipendenze del Dipartimento di Scienza e Ricerca (forse più temibile della Turks stessa).

In mezzo c'era lei, Cat Empitsu, la tuttofare personale del mastino obeso che sproloquiava contro la Compagnia solo a un piano sopra la sua testa: il Sindaco-di-nome-assai-scontento-della-cosa-e-che-non-avrebbe-mai-smesso-di-lamentarsene.

Sobbalzò sulla sedia, dando un'occhiata scocciata al PHS: "Vi lascio l'insalata..." si alzò con un gesto automatico raccogliendo faldoni e cartelline che i piedi corazzati di Will avevano gentilmente calciato più in là "...Ci sono ancora bravi impiegati che lavorano, qui..."

"Salverai il Pianeta a fotocopie, Cat!" la canzonò il SOLDIER, alzando in aria uno dei pacchi di fogli rilegati e scrutandolo "Questo è il trecentomillesimo rapporto sullo scoppio del Reattore al Settore Uno?! Ma a che servono tutti questi rapporti?"

"A fare il mio stipendio" replicò piatta, recuperando il plico e infilandolo sotto il braccio "E un posto sopra il Plate..."

Salì le scale che portavano dal Piano 61 al 62, biascicando qualche saluto ad altri impiegati di passaggio: "...Hart, potresti cortesemente toglierti dai piedi?"

"Dipende da quanto offre, signorina Empitsu." le sorrise sistemandosi la camicia "Qualsiasi tipo di offerta va bene"

Finse di ignorare i doppi sensi che uscivano da ogni sua sillaba: "Conosci l'Honey Bee Manor? Settore 6. Non è troppo distante da qui e qualsiasi tipo di offerta va benissimo." lo imitò, scivolandogli di fianco e appuntandosi mentalmente di aggiornare il numero di spilli con cui aveva infilzato la sua fotografia. A dispetto di quello che le aveva detto una negromante del Wall Market, non era ancora crepato a dovere.

Si chiuse in uno stanzino senza finestre per l'intero pomeriggio. Aveva sempre sperato che la luce verdognola della fotocopiatrice potesse avere un minimo effetto abbronzante, ma ormai si era arresa: sospirò mentre infilava l'ennesimo pacco di documenti dentro il cassetto, cercando di non pensare a quanto distanti fossero le sue misere ferie pagate. Fantasticare anche solo su Costa Del Sol era un colpo troppo duro per i suoi limiti depressivi del lunedì.

Si pinzò due dita e tagliò in successione pollice, indice e medio mentre impilava, controllava e univa con un monotono click i fogli che con i loro bordi erano un perenne attentato alle sue dita. Guardò imbronciata le piccole impronte sanguinolente che aveva lasciato qua e là sui margini bianchi: se mai l'avessero inseguita per mezzo Pianeta, quelli del Settore Investigazioni avrebbero avuto vita facile.

"Empitsu! Sto cercando te! Dove sei?! Il mio rapporto sul Settore Uno?! Hart lo hanno richiamato perché come al solito ci ha riprovato con tutte le tue colleghe, io mi chiedo che cosa abbia mai sbagliato nei confronti di questa azienda..."

Una graffetta le si infilò sotto l'unghia, mentre cercava di tenere il PHS incastrato tra collo e spalla: "Empitsu, nel mio ufficio! Entro dieci secondi! Un minimo di rispetto almeno da parte tua me lo merito come tuo superiore..!"

Non si sprecò nemmeno di rispondere. Chiuse la chiamata e corse fuori dallo stanzino, infilando sotto il braccio il plico del rapporto: ne aveva fotocopiati a centinaia sull'argomento, da quelli sull'entità media dei danni a quelli che inneggiavano alla distruzione dell'AVALANCHE per vie più o meno drastiche. Come l'idea geniale di far saltare in aria un intero Settore di Midgar.

Quando la porta scorrevole del minuscolo ufficio le si aprì davanti, ritrovò lo spelacchiato Sindaco-di-nome-e-assai-scontento-della-cosa ancora impegnato a sbraitare nel PHS.

"...Buonasera, signore..."

"Io la farò crollare questa Compagnia! Non è possibile! Io, il Sindaco della città..." si asciugò la fronte gettando un'occhiata storta ai fogli che Cat teneva stretti davanti a sé "...a fare da librario per le loro scartoffie! Questo non è lavoro, giusto Empitsu?! Restare sempre chiusi qui dentro in mezzo a tutta la loro burocrazia che non servirà certo a cambiare il Pianeta..!"

"Certo, signore..." Cat fece cadere con un tonfo il plico sulla scrivania, annusando l'aria da sgabuzzino che regnava. Non c'era neanche il bisogno di sforzarsi a prevedere i discorsi di Domino.

Una busta che le sventolava sotto il naso e i borbottii che continuavano a pochi centimetri dal suo orecchio la riportarono all'ordine: "...E fanno tutto come gli pare e piace, perché loro sono i signori della Shin-Ra, certo! Vengono a cambiarmi le carte in tavola solo perché vivono qualche piano più sopra del mio..!" sbatté la mano sui fogli ammucchiati "...Pure da postino mi fanno lavorare! Non gli basta che stia a fare da librario, no... Mi dicono che devo dare a un mio sottoposto una lettera o quel diamine che sia!"

Si ritrovò la busta appiccicata sulla fronte da quelle mani sudaticce: "Voglio sapere cosa si sono inventati di così urgente da abbassarmi a fare questi impieghi da stagista di ultima categoria..!" sbuffò allontanandosi e iniziò a camminare nervoso per lo studiolo continuando a fissarla torvo.

Represse una smorfia disgustata nel sentire la carta umidiccia e stropicciata: la strappò senza troppi complimenti e tirò fuori il foglio ben piegato che qualche povera vittima dei vari reparti dediti alla burocrazia aveva confezionato per lei.

Un avviso di trasferimento.

Pensò che probabilmente sarebbe stata mandata a fare fotocopie per qualche impiegatino di infimo grado parecchi piani più in basso. Fece scorrere gli occhi lungo le righe, saltando per riflesso automatico tutti i salamelecchi che ne impiastricciavano la buona metà.

Finalmente trovò il nome.

Reeve Tuesti. Dipartimento dello Sviluppo Urbano.

Alzò gli occhi al cielo: avrebbe coronato il suo sogno di diventare la prossima spazzina degli Slums.

"Ben fatto, Cat." pensò tra sé e sé, mentre incontrava lo sguardo corrucciato di Domino "Questa sì che sia chiama PROMOZIONE..."

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Capitolo 3
*** The splattED cake ***


The splattED cake

"...Reeve Tuesti? Forse l'unico in tutta la Shin-Ra a non aver bisogno di un buon analista?"

Cat aprì il frigorifero gettandosi un'occhiata alle spalle: da quando la stanza e mezzo che le era stata tanto generosamente elargita dalla Compagnia era diventata un ritrovo post-lavoro?

Will era comodamente sdraiato sul pavimento, intento a guardare qualche programma demente alla televisione (tanto per ridurre la speranza di vita dei suoi neuroni già manomessi), e Theo sfogliava una rivista senza troppo interesse.

Appoggiò le birre sul tavolo, mentre l'attenzione degli altri due tornava a livelli minimi di attività: "...Non hai niente da mangiare?"

"Non perché hai fatto dei bei complimenti al mio capo oltre all'esserti autoinvitato a casa mia ti lascio anche farmi fuori le provviste" mugugnò, impegnata a combattere con la linguetta "il mio stipendio non è come quello di voi SOLDIER"

"Ma anche LUI si è autoinvitato!" borbottò scocciato "E poi... per me questo posto ha un valore affettivo, sai?!"

Gli rivolse uno sguardo vacuo mentre il metallo le crocchiava sotto le dita: "...Non mi interessa"

"Tu stai avendo un periodo ribelle, giusto Cat?! Dal tipo solare e atletico come il sottoscritto sei passata al nerd otakuttiano! Ammettilo, quest'aria intrisa di Mako fino all'ultima particella ha iniziato a sortire questo genere di effetti, giusto?!"

Trattenendosi dallo scoppiare a ridere, cercò di ricomporre lentamente la frase: "...E che sarebbe un nerd ota-otakut-..?"

"La Mako diffusa non causa questo genere di effetti" la interruppe Theo, tamburellando sulla lattina che non aveva ancora aperto

"Fa i buchi nel cervello, te lo dico io. Diffusa, non diffusa o iniettata direttamente in vena." incalzò Cat ignorandolo completamente e schioccando di gioia le labbra mentre la birra le sciacquava via quell'inizio di settimana "Tanti, tantissimi buchi nel cervello..."

Theo la guardò incredulo: "...Ma no, non è mai stato scientificamente provato che..."

"Non è che la Shin-Ra sia esattamente famosa per la trasparenza delle informazioni" si sciolse i capelli prendendo un altro sorso "e io ho davvero pochissimi ricordi di fotocopie provenienti dal Piano 67"

"Ci arrangiamo a fare le fotocopie..." ribatté senza smettere di tormentare la lattina "...inoltre ci sono i computer per tenere tutte le informazioni. I computer o la testa."

Si portò le mani alle orecchie, scuotendo il capo di lato: "No, non parliamo di lavoro vi prego, per gli Dei! E poi se ancora non l'avete capito vi sto prendendo in giro! Il qui presente signor SOLDIER con le fisse adolescenziali e il nostro scienziato fin troppo professionale anche dopo l'orario di chiusura!"

"Sei già mezza ubriaca..?"

La porta si era aperta lasciando entrare il caos dell'esterno: il vociare della gente sulla strada, lo stridere delle auto e dei treni che entravano e uscivano dal Settore 6.

Lo sferragliare metallico delle ingombranti divise della Shin-Ra Guard però batteva qualsiasi altro rumore.

Mice Empitsu fece il suo traballante ingresso nella piccola stanza: "...Buonasera..." si chiuse la porta alle spalle appoggiando un pacchetto sul mobiletto accanto e iniziando a togliersi i pesanti scarponi d'ordinanza. Faceva una sensazione abbastanza pietosa quel ragazzino infilato a forza in una divisa palesemente troppo grande e troppo adulta. Ma era quello che aveva sempre voluto e per cui lei si trovava a consumare suole su e giù per i sessanta piani della Shin-Ra ogni giorno, controllando rapporti sulle selezioni per i test Mako e inseguendo stupidi SOLDIER dai capelli ipercubici e troppa parlantina.

"Mamma e papà non hanno spedito nulla per te." lo salutò di rimando Cat, appoggiandosi al tavolo "E non ho voglia di litigare, sappilo."

"Buona, buona... Lo abbiamo chiamato noi!" intervennero gli altri due, ricevendo in cambio un'occhiataccia

"Ti avevo detto di non parlare con lui, Will."

"Ma perché devo essere sempre io?!" esclamò offeso indicando Theo "Ci sono addirittura DUE persone qui! Fai bene i tuoi conti..."

Sospirò, cercando di contenere la voglia di scappare nel quartiere in ciabatte: "Ok, ammettiamo che non è una delle tue operazioni subdole... Cosa ci fa qua mio fratello e perché voi due vi siete imbucati bellamente a casa mia?"

Mice sembrò prendere coraggio, sistemandosi l'alto collettone della divisa: "Te ne sei dimenticata, vero?"

Cat fece vagare lo sguardo sui tre senza troppo entusiasmo. Seguì un silenzio divertito che la costrinse ad arrendersi definitivamente: "Penso che la riposta sia un sì..?"

"Sei incredibile! Come accidenti fai a ricordarti anche della riga sgrammaticata in mezzo a una delle tue migliaia di fotocopie e scordarti di queste cose!" Will le tirò scherzoso una ciocca "Altro che buchi nel cervello e Mako diffusa, la Mako te la mangi in quelle tue scatolette del pranzo!!!"

Sfuggì dalla presa con il doloroso risultato di un sinistro strappo un po' sopra l'orecchio: "Un giorno, giuro che ti toglierò a uno a uno tutti i tuoi spinotti stopposi..." sbottò, massaggiandosi la parte dolente "Avanti, smettetela di fare giri di parole e spiegatemi di che cosa mi sarei dimenticata."

Mice appoggiò sul tavolino il pacchetto: si sedette comodo per poi iniziare a scartarlo con tutta calma, sottolineando la cosa con un sorrisetto compiaciuto.

 Solo quando vide la prima fragola, una lampadina rotta nella testa di Cat si riaccese all'improvviso: "...CHE GIORNO E' OGGI?!"

"Te ne eri davvero dimenticata, eh?"

Fece le spallucce, mentre la forma di una candida torta guarnita di fragole rosse faceva la sua apparizione nella stanzetta di un appartamento aziendale come tanti altri in un buco del Settore 6. Era piccola (a malapena sarebbe bastata per tutti e quattro), un po' disastrata da ditate maldestre e senza decorazioni... ma era una torta di fragole. La torta per il suo compleanno.

"Non solo, giusto?" Theo aveva annuito nella sua direzione, riprendendola dalle fantasticherie ipercaloriche che avevano iniziato a galleggiarle in testa "Se non sbaglio c'è anche una promozione da festeggiare."

"Per diventare la prossima spazzina degli Slums." si era unito Will, pronto a mandare tutto alle erbacce come al solito. E per questo venne ignorato, come al solito.

Recuperò un coltello e qualche piatto pulito dalla fila gocciolante sopra il lavandino: vedere la lama scendere nella panna bianca le fece ricordare da quanto tempo in effetti non avesse mangiato altro che pollo in insalata. Gli stipendi della Shin-Ra per quadri infimi tuttofare come lei non erano esattamente tali da permettere qualcosa oltre il lusso della birra meno cara in circolazione.

"La prima fetta, andrebbe teoricamente alla festeggiata..." schiaffò la mano di Will dal piatto "...e anche la più grossa, grazie."

Rimase a guardare sognante la sua torta e solo dopo un po' si accorse delle dita noiose che le schioccavano davanti al naso: "Hai visite."

Ondeggiando, si alzò portando il piatto con sé e avviandosi verso la porta per controllare chi altri volesse imbucarsi di nuovo a casa sua con qualche pretesto: non avrebbe diviso le sue fragole con nessuno.

Quando dallo spioncino incrociò uno degli sguardi più disperati del Pianeta pensò che forse a Will un po' di dieta non avrebbe fatto poi così male.

"M-Mi d-di-dis-dispia-ace d-di-dis-s-sturbarti anche d-dopo il-l la-lavoro..." esordì con la sua vocina flebile una delle tante vittime che la Shin-Ra arruolava tra le sue file di fiere segretarie prendiappunti "...P-Però è-è-è urg-gente..."

Si fece da parte, lasciando scivolare all'interno l'unica persona in tutta la Compagnia che avrebbe davvero preferito un trasferimento come prossima spazzina degli Slums piuttosto che il supplizio che la attendeva ogni giorno.

"...E' t-tu-tutta o-oggi che ri-ridono... N-non ne po-potevo-vo più..."

Lala Ribon crollò davanti al tavolino, asciugandosi lacrime e mocciconi sulle maniche della giacca scura mentre con una mano cercava di sistemare i suoi capellini di un arancione incredibile, riottosi più di quelli di un SOLDIER.

"Scarlet ti ha ancora insultata?"

"...O-og-oggi era tro-troppo occu-pa-pa-ta..." singhiozzò scuotendo il capo "...A-ave-ve-veva di me-meglio a-a cui pen-pensa-a-re... P-più le-le cose so-no-no cat-ti-ti-ve e p-più le-le pia-a-cciono..."

Mentre tentava di comporre i p-pe-pe-zzi-i del discorso, Cat si allungò sul piatto di Will: "Tu devi mantenere il fisico, giusto?" e senza aggiungere altro lo porse a Lala, che non si curò troppo di capire come mai una fetta di torta le fosse comparsa sotto il naso: "...E-e-e sta-stavo passa-a-n-n-do con i-il t-thè qua-quan-n-do ho se-sen-n-ti-i-to..."

Un fragore di elicotteri si levò sopra le loro teste, in direzione del Settore 7.

Da quando i gruppi terroristici in giro per il mondo avevano iniziato a fare sul serio fuori dai loro soliti pub dei bassifondi, le serate a Midgar erano diventate più rumorose di quanto Cat non ricordasse dal giorno in cui aveva messo piede sul Plate. Se solo fosse riuscita ad avanzare tra le file di fotocopiatrici umane, avrebbe potuto sperare anche in un trasferimento dal suo Settore 6 a qualcosa di più decoroso. Una stanza e mezzo con balconcino al Settore 3, per esempio.

Sospirò, affondando scocciata il cucchiaio nella sua fetta: forse con il nuovo incarico per questo fantomatico Dipartimento per lo Sviluppo Urbano avrebbe potuto mangiare torte fresche addirittura una volta alla settimana. Magari in uno di quei locali abbastanza carini senza essere necessariamente costrette a gettarsi sulla tazza di caffè sbeccata a ogni passaggio di treno.

(Per l'ennesima volta in quella giornata, considerò come la sua vita sopra gli Slums fosse in effetti piuttosto misera)

Si appoggiò sul tavolino, soppesando pigramente il cucchiaio a mezz'aria: "...E cose avresti, sentito?" sbuffò in direzione di Lala, che presa dall'agitazione aveva lasciato il discorso a metà, fissando un punto sopra la sua fragola. Alla domanda, la vide sobbalzare sul posto, boccheggiando come il vecchio pesce rosso che teneva sulla sua scrivania del Dipartimento per lo Sviluppo Militare. E proprio come quel pesce senza squame, non le uscì una parola mentre sopra di loro passavano di nuovo gli elicotteri, ora diretti verso i Quartieri Generali.

 "Stasera i piloti stanno facendo gli straordinari, eh?" aveva fischiato Will, alzandosi verso la finestra e controllando il PHS. Cat avrebbe voluto ribattere qualcosa sul quanto sarebbe stato apprezzabile che anche lui si unisse alla nottata di straordinari, ma fu allora che sentì il rumore.

E quello cancellò definitivamente il giorno "in cui riuscì quasi a mangiare una torta e venne promossa", facendolo diventare il giorno "in cui la sua torta era stata decisamente rovinata".

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Capitolo 4
*** Just press the RED button ***


Just press the RED button

 

"Settore 6, stazione Honey-Bee. Il treno diretto al Settore O, Shin-Ra HQ, è in partenza dal binario 2. Preghiamo di fare attenzione alle porte in chiusura..."

 

Quella non era davvero la sua settimana più fortunata.

L'avevano trasferita per uno dei Dipartimenti più assurdi della Compagnia.

Il Settore a pochi metri dalla sua stanzetta era crollato.

La finestra della cucina si era smaterializzata.

E la sua torta era diventata un puntaspilli di schegge di vetro.

Insomma, il mondo si stava avviando verso un qualche funereo destino e lei non ne sapeva nulla. Ma soprattutto, si chiedeva se il Pianeta si potesse disintegrare in un giorno insignificante come il martedì di una qualsiasi settimana lavorativa.

Infatti, nonostante l'esplosione, i notiziari impazziti e la voragine nera tutto sembrava continuare come al solito.

Cat chinò il capo per riposare un po' mentre il treno la portava verso il Settore 0, il cuore di Midgar: aveva imparato a dormire in piedi, pressata tra tante altre divise come la sua, ventiquattrore infilate nelle costole e mani morte più o meno insistenti.

Gettò un'occhiata oltre le teste ciondolanti degli impiegati che si erano lanciati sui sedili davanti a lei: fuori scorreva il solito, monotono paesaggio fatto di palazzi arroccati l'uno sull'altro, appena illuminati dalla luce giallastra dei lampioni o dai bagliori verdognoli dei reattori in funzione.

Midgar non era bella. Era un cantiere, un'accozzaglia di metallo a cielo aperto nel mezzo del deserto, dove il verde era solo il colore della Mako.

Sospirò, lasciandosi dondolare dal rollio del treno sui binari. Per essere l'inizio della settimana aveva accumulato già la stessa stanchezza del venerdì sera. Tutto per colpa di quei fanatici-ecoterroristi-che-gli-Dei-li-maledissero degli Slums: un intero Settore era stato fatto saltare in aria, creando un buco nero che aveva inghiottito tutto quello che poteva esserci stato sopra o sotto il Plate. Proprio come avevano inneggiato di fare certe teste calde nei loro innumerevoli rapporti ai Piani Alti della Shin-Ra.

Una curiosa coincidenza. Così aveva pensato mentre ripuliva la stanza dai pezzi di vetro conficcatisi ovunque, facendosi tenere compagnia dai notiziari che per tutta la notte avevano gracchiato contro l'AVALANCHE. Aveva infatti dovuto arrangiarsi, come al solito. Lo stupido SOLDIER e suo fratello erano stati richiamati d'urgenza agli HQ, Theo aveva ricevuto un qualche messaggio minatorio sul PHS a riguardo di un nuovo campione, mentre Lala era svenuta dal terrore ed era rimasta KO fino alla mattina.

Un trillo del Sistema di Controllo ID la scosse dai pensieri, mentre il treno faceva il suo ingresso alla brutta stazione del Settore 0.

Le porte si aprirono con uno sbuffo, mentre tutti si affollavano meccanicamente verso l'uscita per iniziare la nuova giornata di lavoro. Cat fece lo stesso, fissando con sguardo vacuo davanti a sé, la piccola borsa da lavoro lasciata penzolare sulla spalla e il portatessere pronto a venire strisciato ai cancelli di uscita.

Si lasciò trasportare pigramente dalla scala mobile, ignorando gli altri impiegatini che si lanciavano in patetiche corsette, qualcuno addirittura già impegnato in qualche complicata conversazione con il capo sfruttatore di turno.

Trascinò I piedi fuori dalla stazione, passò la strada e salì la gradinata che portava all'Ingresso Principale. Senza neanche curarsi di alzare di un poco la testa per guardare il gigantesco monolite che erano gli HQ della Shin-Ra Electric Power Company.

“..Trasferita, Empitsu?”

La voce divertita di una delle tante tizie che stavano tranquille a rifarsi le unghie alla Lobby, le ricordò che quella mattina sarebbe stata un poco diversa da tante altre.

“..Deve ritirare la nuova ID, ora che è stata trasferita...” continuò, fingendo di controllare qualcosa di troppo importante sul terminale per degnarla solo di uno sguardo “..Dipartimento per lo Sviluppo Urbano, il signor Tuesti... Piano 65, ma ultimamente non si sa esattamente dove stia muovendo l'ufficio. Ci sono persone particolari anche qui alla Shin-Ra, sa?”

Cat lanciò il suo ormai inutile tesserino sul bancone, senza replicare al punzecchiamento: il pettegolezzo alla Lobby era lo sport aziendale. Il pettegolezzo sulla ex-segretarina dell'Honey-Bee Manor, sarebbe stato poi la specialità della prossima stagione.

Quel giorno decise di prendere l'ascensore. Le sue scalate a piedi dei 62 piani fino all'ufficio di Domino erano state una benedizione per qualsiasi minaccia di cellulite incombente, ma dopo una nottata di pulizie forzate, altri tre piani supplementari le facevano già dolere le caviglie. Si mise così in coda assieme a qualche altro gruppetto di impiegati qualsiasi, tutti con lo sguardo vacuo e fisso davanti a sè: la notizia del buco nero che si era aperto nel Settore 7 non era niente a confronto dell'inizio di una nuova, monotona e distruttiva giornata di ordinario lavoro. Finalmente, Cat riuscì a infilarsi nell'ascensore, nuovamente pressata come una sardina in scatola.

“..Eeehi, fate un pochino di spazio qui?”

Le porte dell'ascensore si riaprirono all'improvviso e tutti I comuni mortali che si erano incastrati alla meglio trattennero il fiato: la Turks era tornata dalla sue sbronze notturne e chiedeva gentilmente di poter fare tutti assieme un bel viaggetto fino a piano da destinarsi.

La fuga generale che ne seguì, liberò completamente l'ascensore. O quasi. Cat si era rintanata il più vicino possibile all'uscita, ma senza alcuna intenzione di mollare: non si sarebbe fatta sessantacinque piani di scale in attesa che I teppisti della compagnia smaltissero la sbornia post ho-fatto-fuori-un-fracco-di-bastardi-e-ci-ho-bevuto-sopra-per-non-dannarmi-troppo-l'anima.

“...Ruuude, I tuoi occhiali! Mi servono I tuoi occhiali, cazzo!”

Reno stava avendo una delle sue crisi isteriche, per cui se si fosse trovato per strada non avrebbe esitato un attimo a spezzare a suon di Lighting Rod il collo della prima persona che gli fosse capitata sotto tiro.

“RUDE! 'Sta luce mi AMMAZZA!!!” si era accasciato a terra premendo le mani contro gli occhi, ma senza che quella sorta di montagna dal cranio luccicante facesse una sola mossa “Cazzo, la prossima volta non mi smuovo neanche mi mandassero il bossazzo con qualche nuova menata, il triplo dello stipendio e tutto l'Honey-Bee disponibile aggratis!!! E io c'ho pensato, sai?! Del Sette non me ne fotte, ma il SEI! Ti dico, ci ho pensato dopo, ma se si è disintegrato anche quello...!!!”

Il trillio che annunciava l'arrivo al Piano 65 venne accolto da Cat con uno scatto oltre la porta automatica. Quando finalmente la sentì richiudersi alla sue spalle, tirò un sospiro di sollievo: ora poteva addirittura ricominciare a respirare.

Non avere paura della Turks era da incoscienti.

Le buone qualità dell'impiegato medio della Shin-Ra contavano, tra le infinite dosi di pazienza e autolesionismo, anche la capacità di capire che la protezione che la Compagnia poteva darti in quel Pianeta allo sfacelo aveva un suo limite. E la Turks era al di fuori della questione.

Cat si guardò attorno, nel silenzio del Piano 65: forse come aveva detto la tizia della Lobby stavano davvero trasferendo il Dipartimento in chissà quale sottoscala vattelapesca. Decise di gironzolare attorno, almeno per capire dove si trovasse la fotocopiatrice con cui avrebbe stretto nuova a duratura alleanza: se mai il signor Tuesti fosse arrivato e l'avesse cercata gli sarebbe bastato chiamarla. In quel senso, le urla di Domino contro di lei o Hart erano la quotidianità del Piano 62.

Scivolò da uno sgabuzzino intasato di scatoloni e pezzi metallici a un  ufficio assemblato alla meno peggio, da un bagno ridotto in condizioni da far pietà a un minuscolo laboratorio da bricolage casalingo. Le sue prospettive per il futuro e il suo intuito le parlavano di un nuovo capo single, di mezza età e con la passione per il fai-da-te; ovvero il tipo medio di frequentatore di allegri posticini come l'Honey-Bee Manor che avrebbe trascorso il resto della settimana a compiangerne la perdita.

Infine si ritrovò davanti alla porta della parte del Piano che aveva volutamente lasciato per ultima, la stanza circolare che occupava gran parte dello spazio e in cui sperava di trovare finalmente una fotocopiatrice.

Ma le sue speranze vennero profondamente deluse. Tutto quello che quella stanza conteneva era solo un banale, pignolo, dettagliato all'inverosimile modello di Midgar.

Insomma, il signor Tuesti era davvero un appassionato di bricolage. O modellismo o come per il Pianeta si potessero chiamare quegli assurdi hobby da uomini rudi e duri.

“Schiacci il bottone rosso e distrugga il Settore 7 per me, signorina.”

Cat si voltò di scatto verso la porta, incontrando lo sguardo distrutto dell'unica persona in tutta la Shin-Ra a cui (solo in seguito lo avrebbe capito) uno psicanalista davvero bravo sarebbe servito tantissimo, ma che in quel frangente era il solo che sentisse un piccolo dolore dalle parti del cuore nei confronti della voragine che si era aperta a Midgar.

Reeve Tuesti entrò nella sala, massaggiandosi la fronte: “...Dunque, lei è la nuova segretaria? Piacere, io sono il suo nuovo capo.” la salutò stancamente, camminando lento verso la parte opposta del modellino “Vede, basta schiacciare un semplice bottone. E il mondo le crolla addosso.”

Restò a guardare l'esatta riproduzione in piccolo di quello che era successo poche ore prima: stupidamente, si chiese se nella miniatura del Settore 6 ci fosse anche il suo appartamentino coi vetri rotti e una torta spappolata.

“...Non è stata una mia idea, vorrei metterlo in chiaro.”

Cat fece spallucce: “E' stata l'AVALANCE.”

Reeve tamburellò con le dita sul bordo del Plate rimpicciolito, rendendo ancora più assurdo quel senso di strana onnipotenza, anche se di fatto era proprio ciò che la Compagnia aveva su quella brutta città in mezzo al deserto. E un po' su tutto il Pianeta.

“Siamo stati noi... Una decisione del Presidente, per colpire l'AVALANCHE.” la corresse senza troppi giri di parole, abbassando lo sguardo sul buco nero e fumante che si era creato nel giochino davanti a loro “E' bastato premere il bottone.”

Non ne rimase troppo sorpresa. Lei stessa, nel suo piccolo cervello da quadro medio, aveva pensato come l'esplosione fosse stata una curiosa coincidenza con gli strilli isterici di metà dei papaveri della Compagnia.

Probabilmente una qualsiasi altra persona del Pianeta avrebbe ovviamente obbiettato come sopra e sotto il Plate di quel Settore 7 non vivesse solo l'AVALANCHE.

Ma in quella brutta accozzaglia di cemento e acciaio nessuno era una 'qualsiasi persona del Pianeta': tutti erano abitanti di Midgar. E Midgar era la città della Shin-Ra.

“Stasera sarò in riunione con il Presidente, le devo chiedere il suo primo della lunga serie di straordinari della sua carriera... Empitsu?” si era avvicinato a lei, leggendo il suo cartellino di riconoscimento “A essere sincero non so a che cosa potrà mai servirmi una segretaria... Non ne ho mai avute prima, mi dovrà illuminare.”

“Faccio le fotocopie.”

Le rivolse un'occhiata divertita, lisciandosi la barbetta: “Spero di poterle dare qualcosa di più utile su cui lavorare. Oltre a schiacciare bottoni.”

Senza rendersene conto, Cat si ritrovò a guardare di nuovo il buco nero del modellino: anche se era un'impiegata della Shin-Ra e aveva il lavoro che aveva solo per lo stipendio mensile, era anche un'abitante di quel Pianeta allo scatafascio.

Midgar non era solo il modellino tirato a lucido dietro le sue spalle, ma una vera città sotto I suoi piedi. E un pezzo di quella città era stato inghiottito nottetempo. Assieme a tutti quelli che come lei stavano mangiando la sua stessa torta di fragole.

“Le squadre di recupero e la Shin-Ra Guard sono già state mandate al Settore 7, ma può ben immaginare a quanto poco possano servire.” sospirò Reeve “Il Dipartimento Urbano può solo costruire e ricostruire quello che è stato distrutto; cerchiamo però di non uscire dal Settore 0: la Midgar che esiste ora è molto diversa da quella che avevamo progettato sulla carta.”

In un angolino della sua testa, si chiese se l'Honey-Bee Manor fosse stato mai compreso o meno nei progetti di Midgar: essendo il suo architetto un uomo, temeva che certe fantasie leopardo rosa potessero anche essere sue.

“...Dimenticavo, Empitsu. Qui al Dipartimento per lo Sviluppo Urbano c'è una sola regola.” si era voltato mentre uscivano dalla sala “Noi non abbiamo un paio di giorni di vacanza. Neanche ce li venga a regalare il Presidente in persona. In caso di fine del mondo, però le concedo una settimana prima che il disastro di passaggio si abbatta sul Pianeta.”

Pensò che se mai il suo nuovo boss fosse stato in grado di prevedere il futuro, si sarebbe ben ricordata di quella settimana da trascorrere beatamente a Costa del Sol.

 **Sproloqui dell'Autrice.

@one winged angel: grazie per il commento :) le mie storie sono volte esattamente al 'ma dove andremo a parare, stavolta?' perchè tra me e i personaggi che mi trovo tra le mani c'è un rapporto di detestazione profonda. Per cui non faccio altro che scrivere quello che combinano loro. Mica quello che vorrei io. Il che è deprimente ._." Però alla fine un senso logico c'è sempre. Di solito al 328esimo capitolo. O nell'ultima parte, quarta riga in fondo di una serie. Mah, boh, chissà... :D *Reeve da' le dimissioni*

 

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Capitolo 5
*** WTF?! ***


WTF?!

La sua prima serata di straordinari al Dipartimento per lo Sviluppo Urbano era noiosa come le tante notti trascorse nell'ufficio di Domino a pinzare inutili scartoffie solo per il gusto di apporci una firmetta.

“...Quindi Hojo ha ricominciato con gli esperimenti umani?”

Fare domande di questo genere con lo stesso tono partecipe che si sarebbe potuto usare per la vivisezione di una ranocchia non era raro alla Shin-Ra. L'idea di finire come prossimo campione per il bene della Compagnia era la soluzione più preferibile e veloce al licenziamento. Si soffriva meno la fame e si veniva pagati piuttosto bene. L'unico problema era di dover andare a genio allo scienziato pazzo di turno: il dottor Hojo era abbastanza schizzinoso in fatto di campioni. Insomma, la scienza non andava certo sprecata sul primo impiegatucolo sulla via del suicidio per un errore nei bilanci.

Dall'altra parte dell'interfono, la voce di Theo risuonava più stanca del solito: “...Ibridazione.”

“Non avrei proprio idea di come si potrebbe ibridare...”

Cat comprendeva bene come certe battutine di infimo livello non fossero assolutamente adatte alla brava segretarina di un boss filantropo con la passione per il modellismo, ma anche il più dolce ragazzino di quindici anni arruolato nella SOLDIER diventava una inarrestabile macchina da guerra dopo pochi mesi di nutrimento a base di Mako e battaglie. L'effetto Shin-Ra sulla sensibilità dell'impiegato medio nei confronti del resto dell'umanità era ugualmente disastrosa. Certo, ogni tanto aveva anche lei, in qualità di abitante di quel Pianeta rinsecchito, un qualche sprazzo di comune sentimento per tutti quei bravi esseri umani che non lavoravano a una scrivania agli HQ.

Sfortunatamente, i suoi slanci di filantropia erano di durata limitata.

Aveva trascorso il resto della sua prima giornata di lavoro a un computer, monitorando alla meno peggio le squadre di soccorso e i Shin-Ra Guard inviati al Settore 7: era stato praticamente come guardare uno di quei film catastrofici sulla fine del mondo che andavano ultimamente tanto di moda.

Forse per il fatto che tutto era filtrato dallo schermo di pixel con la sua definizione alla meno peggio, forse perché su quella scatola tutto sembrava piccolo come la riproduzione nella sala del Piano 65...

O forse per il semplice motivo per cui anche lei era finalmente diventata un abitante di Midgar come tutti gli altri, dove ciascuno guardava al proprio tornaconto e se anche il vicino fosse crepato sarebbe comunque andato a riscuotere lo zucchero preso in prestito.

In effetti, di persone buone, a Midgar ne erano rimaste davvero poche.

“...A proposito di esperimenti sugli esseri umani. Theo, tu sei una brava persona, vero?” Cat sospirò, mentre sullo schermo del computer scorrevano i dati del Dipartimento di Scienza e Ricerca “...Dovresti farmi il solito favore.”

Nonostante un Settore sprofondato, un nuovo campione fresco e chissà quanti bei cadaveri da usare per il bene della scienza, la vita della Shin-Ra non era cambiata affatto. E l'avviso di reclutamento per nuovi SOLDIERs campeggiava bene in vista tra le tante notizie incoraggianti e patriottiche che la manovalanza della Sezione Comunicazioni e Relazioni Pubbliche aveva ipocritamente confezionato.

Se lei, Cat Empistsu, ventun anni, impiegatina qualsiasi tra le file della Shin-Ra.Inc, si era ritrovata a fare il lavoro che faceva non lo doveva certamente a una vocazione per le fotocopie.

Di gente finita malissimo per gli effetti collaterali della Mako ce ne era da ripopolare a nuovo tutto il Settore Sette. Ma a lei di tutta quelle gente sconosciuta non importava niente: a Midgar ognuno pensava al suo tornaconto, e quello bastava a riempirti la giornata.

Di suo fratello con la malsana passione per la SOLDIER non aveva purtroppo potuto avere lo stessa considerazione.

Mannaggia al Pianeta, erano stati i suoi genitori ad affidarglielo poco dopo averlo salutato sul treno diretto alla Capitale, mentre lei rispondeva innocentemente a una delle tante prenotazioni all'indirizzo dell'Honey-Bee Manor.

“...Ora devo andare, sta per cominciare la riunione...” la voce di Theo la scosse dai suoi pensieri, chiudendo la chiamata: una Ancient vestita di rosa e intrallazzata con un qualche bizzarro esperimento di ibridazione di specie batteva qualsiasi segretaria annoiata.

Rimase così a rimuginare nuovamente su quanto la sua vita fosse paragonabile a uno schifo, fino a quando la porta alle sue spalle non si aprì.

Lala era tornata con la cena, recuperata in uno dei distributori automatici della Palestra: “...C-Cat, è-è su-succes-so q-qualco-o-osa!” la sua voce squillante le arrivò dolorosamente alle orecchie, così come la penosa visione che le si presentò davanti. Niente tramezzini al retrogusto di tonno, solo un pesce rosso nella sua boccia.

“F-FLO NON E' LA-A CENA-A!” puntualizzò Lala, stringendosi al petto uno dei pesci rossi più vecchi della storia del Pianeta: Flo, l'animaletto da compagnia del Direttore del Dipartimento per lo Sviluppo e Ricerca Militare. Di cui quella donna odiosa non si curava minimamente e per cui la sua segretaria di turno faceva da bambinaia.

“...E allora cosa sarebbe la cena..?”

“L'AVA-A-LAN-NCHE!!!”

Inizialmente, pensò a quale piatto di Wutai mai potesse riferirsi. Solo qualche secondo dopo riuscì a mettere in fila le lettere e a capire che forse c'era stato qualche nuovo problemino con i soliti eco-terroristi-che-gli-Dei-li-maledissero.

“...C-ci do-o-bbiam-mo nascon-n-dere!” singhiozzò, proprio come un qualsiasi Flo fuori d'acqua “E-ero ne-e-l-lla Hal-l qua-a-ndo so-so-sono entra-a-ti e...”

Il telefono interno iniziò a squillare e Cat non aspettò il terzo squillo, come da manuale: qualche volta, tentare di dare un senso alle parole di Lala era un'impresa disperata e una gran perdita di tempo.

“...Dipartimento per lo Sviluppo Urbano, sono Empitsu. Il Direttore adesso non c'è...” sospirò stancamente, mentre accanto a lei Lala sembrava davvero un pesce boccheggiante.

CATTY, ABBIAMO UN PROBLEMA! Non ti muovere da quell'ufficio, per gli Dei!!!” non riuscì a trattenere una smorfia al nomignolo che Will le aveva appena appioppato “Prendi una qualsiasi cosa che faccia molto male e stattene ferma in quell'ufficio, ok?!”

Di nuovo il telefono le venne sbattuto in faccia con la stessa grazia come il Presidente avrebbe adoperato con una qualsiasi stagista di passaggio. Quel trattamento da nullità e la noia per la serata di straordinari non facevano altro che darle ulteriormente sui nervi. Avrebbe potuto tornarsene a casa, sistemare la finestra con lo scotch, prepararsi un qualcosa di liofilizzato pieno di additivi chimici e andarsene finalmente a dormire.

AVALANCHE, non AVALANCHE e fine del mondo che fosse.

“C-Cosa-a fa-fa-accia-am-mo?” Lala aveva ricominciato a tirare col naso, guardando sconsolata la boccia di Flo, forse nel terrore che venisse cucinato dai cattivi che aveva visto nella Hall. Cat fece spallucce, tamburellando sul telefono: o alla Shin-Ra erano talmente gonzi da lasciare che un gruppo di ecoterroristi-gli-Dei-li-fulminassero entrasse tranquillo dalla porta principale, oppure un SOLDIER con il cervello bucherellato aveva visto troppi film d'azione.

Il fatto che la ba-bal-l-bu-uziente-e segretarina del Dipartimento per lo Sviluppo Militare avesse visto effettivamente entrare il suddetto gruppo di gli-Dei-li-prendessero-tutti-a-calcioni-nel-sedere andava sfortunatamente a cozzare con l'idea che Will si fosse sniffato troppa Mako a merenda.

“Stiamo qui finché non arriva il mio capo.”

Era la soluzione migliore. Nessuna grana e di certo nessun eco-coso si sarebbe mai sprecato ad entrare in un simile, minuscolo ufficio vattelappesca tra i tanti piani della Shin-Ra HQ.

Sentì Lala afflosciarsi alle sue spalle, appoggiando a terra la boccia: “...W-Will è sta-ato gen-n-ti-tile ad a-a-avvisa-a-arti.”

“Anche tu sei venuta ad avvisarmi.” la corresse “Lui lo ha fatto solo per mostrare all'umanità quanto sia figo essere un SOLDIER col permesso di spaccare tutto a pugni.”

“N-non u-usa la spa-a-da, vero?”

Cat sbuffò scocciata: che il discorso si fosse spostato sulla SOLDIER non le piaceva per niente. Soprattutto per la pericolosa deviazione su un certo 3rd Class certificato come fallimento dal Dipartimento di Scienza e Ricerca.

Un fallimento sotto ogni aspetto.

Di esperimento, di SOLDIER e di essere umano.

E da cui aveva imparato una delle regole sacre di Midgar.

MAI innamorarsi di un SOLDIER.

Di certo, o avrebbe fatto una brutta fine in qualche posto sperduto, o gliela avresti volentieri fatta fare tu come ex.

“No. Non usa nessuna arma perché si è mangiato il cervello più di chiunque altro.”

Niente Buster Sword, Spada Potence o come per gli Dei si potessero chiamare quelle assi da stiro che i SOLDIER si portavano sulle spalle.

Solo due pugni per fare a botte come nelle peggiori bettole degli Slums.

“Q-Quel-li dell'A-AVALAN-NCHE... Mi e-è sem-m-bra-ato ci fo-osse-e un SO-SOLD-DIER c-con lo-o-ro. H-Ho vi-isto i suo-oi o-occhi.”

Una bambolina della Shin-Ra contro la Shin-Ra? Probabilmente apparteneva anche lui a quella alla massa di fantocci pieni di Mako e buchi, buttati fuori dai laboratori senza troppi complimenti per andare a rimpolpare qualche moribondo Settore degli Slums.

Ecco perché lei si trovava a fare ogni giorno i suoi bravi 66 Piani di scale.

Ed ecco perché aveva mollato il figoso SOLDIER di turno.

Per evitare che anche suo fratello facesse la stessa, misera fine.

O anche peggio.

Diventare un SOLDIER era stato il sogno di qualsiasi bambino di ogni villaggio disperso su quel Pianeta rinsecchito come una mela da quando la Shin-Ra aveva iniziato a dettare la storia. Anche dopo che quel famoso Sephiroth era misteriosamente scomparso, anche dopo che la maggior parte della stessa SOLDIER era stata spazzata via, l'idea di poter entrare a farne parte spiccava su tutti i disegni delle scuole elementari.

Perché entrare alla Shin-Ra, entrare alla SOLDIER significava un ottimo stipendio.

Era poter trasferire tutta la famiglia a Costa del Sol. Lontano da reattori, lontano da radiazioni, lontano da distese di deserto.

O almeno, questa era una delle speranze.

Delle poche che restavano al Pianeta.

Il PHS di Lala iniziò a squillare, facendola inciampare malamente sulla boccia di Flo: Cat si ritrovò a rincorrere quella cosetta squamosa e viscida per l'ufficio e una volta acciuffata, la ficcò di nuovo in quel poco di acqua che era rimasta.

“...B-bast-ta l'acqu-ua d-del ba-ba-agno-o!” Lala si era fiondata fuori dalla porta, dimentica dell'AVALANCHE, cercando di soffocare gli strilli isterici che uscivano dal ricevitore: la riunione doveva essere finita e Scarlet probabilmente aveva già iniziato a lamentarsi della piega in via di disfacimento.

Cat si trascinò fino al bagno del Piano 65. Mentre la boccia di Flo tornava piena per la gioia del suo minuscolo abitante, controllò le occhiaie che avevano iniziato a formarsi: pensò che due nottate senza sonno non fossero comunque tanto preoccupanti. Più pensiero le dava il fatto che quello fosse il suo primo giorno di lavoro per quel Dipartimento e fosse già costretta a fare gli straordinari notturni: vacanze e weekend iniziavano a rivelarsi inaspettatamente a rischio.

Tornò trotterellando al minuscolo ufficio, ma la voce del suo nuovo capo la bloccò sulla soglia. Per un semplice motivo di privacy.

“...Non rifaranno il Settore, mamma. Mi dispiace...”

Uno dei tanti sesto senso di Cat si mise al lavoro, combinando alla lunga lista di aggettivi che aveva affibbiato al suo boss nelle ultime ore una nuova etichetta: scapolone con madre al seguito.

“Puoi pensarci tu a papà? So che è difficile, ma il lavoro non mi dà tregua e il Presidente...”

Avrebbe voluto alzare una mano e considerarsi contraria al fatto che fosse così tanto oberato di lavoro: lei si stava addirittura annoiando a fare gli straordinari.

“...Non uscire di casa. Midgar non è più quella che avevo costruito, lo sai.”

Aspettò che la telefonata terminasse, prima di fare la sua entrata abbracciata alla boccia del pesce rosso del Dipartimento per lo Sviluppo Militare.

Reeve era seduto di spalle, sulla stessa sedia morbidosa su cui lei aveva trascorso gran parte della serata. Guardava oltre la finestra, le spalle curve nel completo di quell'assurdo blu elettrico.

Pensandoci bene, in fondo, alla Shin-Ra Corporation facevano il bello e cattivo tempo una palla di lardo color cacca, un armadio verde bottiglia e una scollacciata di rosso vestita ex-prostituta del Wall Market: non ci si poteva certo aspettare chissà quali picchi di stile.

Scosse il capo, cercando di non deviare dal momento pieno di pathos in cui stava versando Midgar e il suo capo: era stato fatto crollare un intero Settore della città sulle teste di tutti i suoi abitanti per (tentare di) far fuori una manica di eco-terroristi-gli-Dei-bruciassero-le-loro-mine.

L'AVALANCHE.

Una lampadina si riaccese nella testa di Cat, mentre appoggiava la boccia di Flo sulla scrivania vicina: “...Ah, signore, poco fa è arrivata una chiamata dalla SOLDIER su un gruppo dell'AVALANCHE che è riuscito a infiltrarsi...”

Reeve non la degnò di un'occhiata. Continuava a fissare davanti a sé, oltre la finestra che dava sull'oscurità della notte di Midgar.

Cat poteva ben capire come certe pose da uomo vissuto e tormentato dai suoi demoni interiori sulla responsabilità di aver fatto fuori centinaia, migliaia di persone di un Settore che sarebbe stato lasciato fumante per i secoli a venire fossero molto cool, ma “...Credo ci sia un problema di sicurezza interna, signore...”

Niente, nessuna reazione. Era come parlare con uno di quei pupazzi meccanici con le pile scariche che vendevano per pochi Gil al Wall Market.

“Mi lasci da solo.” sospirò Reeve, massaggiandosi la fronte “E si porti dietro quella boccia, per favore.”

E così, nel cuore della notte, Cat Empitsu, ventun anni, neo-segretaria del Dipartimento per lo Sviluppo Urbano, si era ritrovata fuori da quello che avrebbe dovuto essere il suo ufficio, in compagnia di una boccia di vetro e di un pesce rosso.

Senza ben capire che fosse successo, la cosa più intelligente che le riuscì fu di scendere le scale verso il Piano 64, recuperare una delle coperte aziendali e infilarsi nella prima brandina libera della Rest Room deserta.

Prima di addormentarsi pensò a Flo, che placidamente ripeteva il suo giretto in tondo nella fresca acqua di rubinetto: almeno l'animaletto della Compagnia una casetta integra e senza cocci di finestra vaganti ce l'aveva.

Nascere come essere umano su quel Pianeta allo scatafascio era davvero la peggiore delle maledizioni.

Ecco spiegato perché nei videogiochi nessun giocatore con un minimo di buon senso avrebbe mai scelto la sua nobile razza a due zampe.

O perlomeno, questo era quello che le aveva insegnato Theo mentre bofonchiava qualcosa senza staccare gli occhi dallo schermo. O ancora, era quello che aveva imparato da Will, per il quale era meglio mangiare Mako e biscotti piuttosto che zappare riso a Wutai.

Insomma, la sua umana vita era un autentico schifo.

 

***__*Sproloquio dell'Autrice: ci mancava solo il pesce rosso. Dopo polipi, gatti neri e bambini che collezionano teste di Fungongo.

Grazie, grazie, grazie a Youffie per il betaggio. Sarò ridondante, ma è giusto dare di Cesare quel che è di Cesare.

 

@Poisonerlady: perché ho affibbiato alla povera Catty il cognome di "Matita"? Uhm, dunque… Nella prima versione della storia questa tenera (?) e dolce (?) ragazza avrebbe dovuto essere caratterizzata da una matita dietro l'orecchio. Però poi ho pensato come 'la matita dietro l'orecchio' andasse molto meglio a un Certo Capo Dipartimento di nostra conoscenza ;) Inoltre non so perché nella mia immagine della segretaria media, la matita è essenziale. E poi è un cognome musicale, carino, ci sta bene col nome "Cat".

Potrei passare ORE a discutere di particolari idioti come i nomi dei personaggi, specie se li riprendo dal mio amato-odiato giapponese. Ci son fanfiction che ho (sfortunatamente) scritto in cui tutto ruota attorno al nome dei poveri diavoli che ritrovo sulla tastiera :D

Nomen omen, come si vuol dire.

Grazie per la domanda!

 

@The one winged angel: concordo con tutta la sfilza di aggettivi che hai dato a Cat. Solo che più che 'involontariamente buffona' direi che è lei proprio una lamentosa di prima categoria… Ma come hai giustamente detto anche tu, non si sa mai che la piatta vita di una segretarina sfruttata non possa ribaltarsi.

Anche se dalla regia mi dicono che NON ne sono troppo fiduciosi.

 

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Capitolo 6
*** The Little BEE from somewhere ***


The Little BEE from somewhere

 

CERCASI giovani pulzelle di piacente aspetto per impiego di PR.

 

Così diceva l'annuncio.

Lei, Cat Empitsu, non era né piacente né pulzella, ma aveva disperatamente bisogno di un lavoro. Lontano da reattori e deserto, deserto e reattori.

A Midgar i suoi genitori avevano dei parenti che vivevano negli Slums e quello le bastava per avere una sistemazione provvisoria almeno fino a quando non si fosse ambientata e fosse riuscita a trovare qualche metro quadro per la sua piacente e giovane persona.

Suo fratello l'aveva salutata con uno sbuffo: “Cercano prostitute, Cat.” aveva puntualizzato dall'altezza dei suoi quattordici anni appena compiuti, mentre la mamma soffocava un singhiozzo nel fazzoletto “Carine. E tu non appartieni alla categoria.”

“Anche alla Shin-Ra cercano SOLDIER. Alti un metro e ottanta, muscolosi e senza il moccio a naso. Tu invece rientri benissimo nella categoria, giusto?” gli aveva dato un buffetto sulla testa con la stessa forza che avrebbe riservato a uno scappellotto “Quando sarai cresciuto vieni a trovarmi a Midgar.”

Papà aveva tossicchiato qualcosa mentre l'accompagnava verso la stazione, ma non era riuscito a dire nulla di paterno o che la convincesse minimamente a restare in quella landa desolata un po' prima delle Wastelands.

Deserto e reattori, reattori e deserto.

Non avrebbe potuto dire niente neanche a fare uno sforzo d'immaginazione.

Così era partita su uno scalcagnato convoglio in direzione della Capitale del Mondo.

Proprio come avevano fatto altre due persone prima di lei: il bulletto delle elementari che ci aveva provato con tutto il paesino fino ad arrendersi e cercare nuove fidanzate altrove, e la sua controparte intelligente e tranquilla che piuttosto di marcire nello stesso reattore del suo parentado era scappato sul primo treno al minimo dell'età consentita.

Cat Empitsu.

Will Hunt.

Theo Hazard.

Tre come tanti altri, tanti altri che si erano addormentati su un traballante treno attraverso gli accecanti deserti delle Wastelands, per poi risvegliarsi nel bagliore verdognolo della Mako di cui si tingevano l'acciaio e il ferro di una qualsiasi stazione degli Slums.

 

“Lì cercano solo prostitute.”

Questo era stato il commento stanco che le era stato riservato, ma aveva preferito non aggiungere nulla e continuare a mangiare sotto la luce della lampadina a Mako. Ogni tanto qualche scintilla verde andava a schiantarsi sulla  tavola traballante e quello non faceva altro che convincerla sempre di più: ora che era scappata dal deserto, doveva scappare dagli Slums.

Sarebbe servito molto più tempo, ma poteva riuscirci. E magari trovare addirittura un impiego qualsiasi alla stessa Shin-Ra.Inc.

Per poi fare carriera, sposare un SOLDIER e sistemarsi per la vita.

Bastava solo aspettare un poco. Sapeva che alla Shin-Ra erano sempre alla ricerca di nuovi soggetti che si distogliessero dalla comune marmaglia del Pianeta. E lei poteva considerarsi nella categoria.

Predire il futuro non era cosa che una qualunque prostituta del famoso Honey-Bee Manor sapesse fare.

Certo, non sempre ci azzeccava e non sempre quello che vedeva era chiaro, ma qualche volta stupiva anche se stessa.

Fu con quella convinzione che qualche giorno dopo essere arrivata a Midgar ed essere torchiata da tutti i parenti riuniti nel tentativo di distoglierla dai suoi propositi, uscì da quella casetta buia sotto il Plate e si incamminò verso il Settore 6, diretta alla luccicante e kitish stamberga rosa fluo meglio nota come Honey-Bee Manor.

Era piuttosto deprimente pensare a come un bordello fosse l'unica cosa che negli Slums andasse oltre la semplice sopravvivenza. Laggiù tutto sembrava essere sempre a un passo dal crollare sotto il peso del Plate, che se non fosse stato per qualche sporadico squarcio, per gli Slums era il grigio e infinito paradigma del cielo.

Il costruttore di Midgar doveva essere stato un qualche maniaco con scarso amore per il prossimo. E l'Honey-Bee Manor era il pallido e artificioso tentativo di supplirne.

Luci rosa e gialle al neon, una manica di omaccioni dagli odori più disparati in attesa fuori dall'ingresso e qualche buttafuori forse meno raccomandabile degli stessi clienti.

Cat strinse i denti e proseguì meccanicamente oltre le scale, sostenendo lo sguardo della montagna che le si era parata davanti: “Buongiorno, voglio lavorare qui.”

Ostentare fiducia in se stessi. Questo era il primo punto del Manuale per l'impiego sicuro. Di cui tanto sicura non lo era neanche lei, ma era armata di un buona dose di spray al peperoncino. Di nuovo, senza essere sicura che potesse davvero funzionare.

L'uomo l'aveva squadrata con lo stesso sguardo che avrebbe riservato a una gallina al mercato, per poi biascicare qualcosa al PHS.

“Poteva anche vestirsi di meno, miss.” L'aveva presa in giro, mentre dall'eloquente tendina rossa, appariva una delle scodinzolanti Bees, l'acchiappava per il colletto e la trascinava dentro.

Riuscì solo a gettare un'occhiata di sfuggita alla sala circolare blu e gialla, prima di venire quasi lanciata di peso in quella che sembrava una stanza per il trucco, dove altre Bees alzarono all'unisono un sopracciglio per poi scambiarsi una risatina soffocata.

Il buon Don aveva recuperato della strada tante ragazze degli Slums per farne poi delle rispettabili lavoratrici. Prostitute intrattenitrici vestite da apina.

E lei, Cat Empitsu, brillante laureata di un qualsiasi buco ai margini del Pianeta conosciuto e neo-trasferita a Midgar, stava per andare a fare la stessa, identica, miseranda fine.

Nella pacchianissima sala rossa e oro in cui era stata scortata da altri compratori di galline da mercato, il buon Don Corneo aveva fissato un punto impreciso tra il suo collo e l'ombelico.

"Sei un po' scialbina, eh?" aveva commentato, tamburellando sulla pancia pelosa che spuntava da sotto la camicia sbottonata "E cosa ti avrebbe portato da me, il Don del Settore 6?"

Cat si trattenne dal replicare che era abbastanza ovvio.

"Vorrei mi lasciaste lavorare qui."

La squadrò passandosi il sigaro da una parte all'altra delle labbra umidicce: "Cosa sai fare?"

Iniziare il suo curriculum con un predire il futuro, se e quando mi riesce di azzeccarci non le sembrò l'idea migliore. Vivendo poi in un paesino ai confini del mondo, con gli uomini era stata pure abbastanza sfortunata.

"...Le fotocopie. So fare le fotocopie."

Davvero, non le era venuta idea migliore.

 

Dal giorno in cui Cat aveva visto tracciarsi il suo futuro di fotocopiatrice umana, era trascorso un monotono anno.

C'erano però state diverse cose illuminanti.

Per esempio, capire che lavorare all'Honey-Bee Manor era come andare a letto con mezza Midgar senza nemmeno sborsare un centesimo di Gil.

Aveva poi visto omaccioni in aderenti tutine colorate muovere i loro sodi culetti gioiosi alle parole del loro leader spirituale, il baffuto signor Mukki. Ed era stata più volte invitata a unirsi al loro gaio gruppo per apprezzare i piaceri di un buon bagno caldo dopo la giornata di lavoro: aveva sempre gentilmente declinato, ricevendo a ogni rifiuto decine di improponibili mutandine. Perché mai all'Honey-Bee si scambiassero mutandine come souvenir era per lei ancora un mistero.

Così come era un mistero il motivo per cui improvvisamente fosse sembrato tanto urgente includere una segretaria nello sgangherato personale di quel bordello. A cosa esattamente servisse una prendiappunti tra maniaci, travestiti e mitomani di ogni genere era davvero più misterioso di migliaia di mutandine zebrate.

Comunque, la vita dell'Honey-Bee Manor era meno peggio di quanto Cat non si fosse aspettata, se solo non fosse stato il brutto presentimento di come la sua esistenza si fosse improvvisamente arenata sotto il cemento degli Slums. Questo, nella sua piccola mente di nullità qualsiasi, era ben diverso dalla minuscola speranza di gloria e denaro che aveva rinchiuso nella valigia mentre si lasciava alle spalle il deserto delle Wastelands.

Fu una sera come tante altre che accaddero in successione una serie di eventi a seguito dei quali finalmente si mosse un qualche strano ingranaggio nelle arrugginite ruote di quella cosa assurda chiamata destino.

Naturalmente, niente di cui lei fosse riuscita ad avere una minima visione.

Mettendo un poco di ordine nei pensieri, poteva dire che quegli eventi erano essenzialmente tre, ma era troppo occupata a fantasticare su altro piuttosto che fare attenzione proprio a un piccolo, evento numero tre.

Prima di tutto, ci fu l'allegra telefonata da parte di sua madre per singhiozzare come suo fratello fosse in partenza per Midgar e di prendersi cura di lui. Con tutto il complicato significato che il 'prendersi cura di lui' avrebbe implicato.

Poi ci fu l'apparizione di Will, e fu quel momento in cui Cat sentì la sensazione per cui decise di dare ascolto alle lagne del suo parentado, rimboccarsi le maniche e tornare alla sua scalata degli Slums.

Per tornare ai suoi propositi di campagnola arrivista, le era bastato un semplice sguardo, dritto negli occhi del SOLDIER impettito davanti al bancone.

C'era qualcosa che brillava là in fondo. Qualcosa di troppo abbagliante e tinto di quello stesso colore che la Shin-Ra andava ogni giorno a sottrarre a quel grumolo di roccia sospeso nell'Universo.

Qualcosa che non era umano.

Cat era stata abbastanza professionale da rimettersi a testa china sullo scalcagnato computer di diciassettesima mano con cui cercava di tenere in ordine le bizzarrie notturne degli Slums.

"…A nome di chi devo prenotare?" aveva tamburellato sulla tastiera, per poi battere diligentemente le sei lettere che in quel momento per lei non avevano alcun significato. Tuesti per lei ancora non era che un qualsiasi impiegato della Shin-Ra, abbastanza annoiato e snob da portarsi dietro addirittura un SOLDIER per assicurarsi una stanza di lusso al bordello dei bassifondi.

"Sai, mentre venivamo qui ho detto al signor Tuesti che sai leggere il futuro." La voce di Will aveva richiamato l'attenzione di Cat dal computer. Erano rimasti soli nella Hall, dopo che Don Corneo si era precipitato strisciante e tutto salamelecchi verso quell'impiegato troppo ingessato per lo standard medio dell'Honey-Bee.

"Sembrava interessato, sai?"

Cat alzò gli occhi al cielo: Will non era cambiato per nulla dal bulletto chiacchierone che era stato nel loro villaggio disperso nelle Wastelands.

"Gli ho detto di quella volta che hai azzeccato sull'infinitesima probabilità che un fulmine a ciel sereno mi colpisse." ridacchiò "Mi avevi appena scaricato, ricordi?"

"E' stata una punizione divina, Will."

"Io invece considero un evento quanto mai fortuito, scoprirti qui all'Honey-Bee. Iniziava a mancarmi la tua faccia sempre scocciata." le diede un buffetto sulla testa, sporgendosi sul bancone "Più tardi provo a chiedere al giochino del signor Tuesti quante possibilità potrei di nuovo avere con te…"

Cat ignorò la connessione che era andata elaborandosi nel cervello di Will, ormai tristemente fuso da fulmini e bombardato di Mako: "…Un giochino?"

"Non ho capito bene cosa sia, non mi interessano i pupazzi da ragazzine. So solo che Corneo voleva qualcosa per ravvivare il solito tran-tran del posto e il signor Tuesti ha battuto tutti sul tempo." si lasciò sfuggire un sorrisetto sornione "Sarà anche un Capo Dipartimento, ma per quanto ne dica gli Slums comunque gli piacciono…"

Non esisteva bravo impiegato e padre di famiglia della Shin-Ra che Cat non avesse visto trascorrere qualche serata all'Honey-Bee. Dallo scribacchino di infimo livello al Presidente. Nessun moralismo e nessun pensiero nella noia di quell'accozzaglia di acciaio nel bel mezzo delle Wastelands.

Quando i gridolini di Don Corneo annunciarono il ritorno della combriccola nella Hall, stavolta Cat si sforzò di degnare più di un'occhiata di routine al signor Capo Dipartimento, che tutto impettito richiamò Will con un gesto e fece la sua trionfale uscita tra le luci al neon.

 

Una sera parecchio tempo dopo la visita del Capo Dipartimento, mentre si sedeva al suo luccicante bancone all'ingresso dell'Honey-Bee Manor, il Don l'aveva fatta chiamare.

Cat aveva fissato quella grassa testa pelata, mentre gli occhietti acquosi del Don puntavano il solito punto non ben specificato tra il suo collo e lo stomaco.

“Tu qui non faresti strada. Sono stato contattato dalla Shin-Ra e mi han detto che han trovato il lavoro giusto per te. Quindi puoi prendere i fogli dove c'è scritto tutto quello che ti serve e tornare a casa.” aveva aspirato una boccata dal sigaro floscio che teneva tra le grassocce mani ingiallite “Naturalmente io sono il Don e sono buono, quindi ti pago tutto il mese. Perché ricorda che il Don è una brava persona qui al Wall Market.”

E così aveva lasciato che Mukki e i suoi affiliati la stringessero in un sudaticcio abbraccio collettivo, aveva ricevuto qualche nuovo paio di mutandine e aveva infine potuto togliersi le ridicole antennine delle Bees.

Cat Empitsu, vent'anni, qualche mese e qualche giorno, aveva finalmente avuto l'occasione di dare la scalata agli Slums che aveva tanto sognato.

 

***

“...Catty, seguimi in ufficio.”

La vocina stridula che la destò bruscamente dai sogni del suo primo giorno di straordinari non era quella della piccola sveglia che tante volte aveva afferrato e scaraventato contro il muro. Non era nemmeno paragonabile a quella controllata e cool del suo nuovo e pensieroso capo.

Cat sbatté lentamente le palpebre, mettendo a fuoco il musetto peloso che sorrideva a pochi centimetri dal suo naso: "Reeve mi ha detto ti cercarti e ti ho trovata. Ora vuole che tu venga con me in ufficio."

Era un gatto. Con mantello, coroncina e stivaletti.

Se fino a quel giorno aveva pensato che le stranezze di Midgar si potessero riassumere nello sbrilluccicare dell'Honey-Bee Manor, probabilmente avrebbe dovuto rivedere la sua teoria.

 

***____***__

**Sproloqui dell'Autrice: un hug a quelle due anime che continuano ad avere la forza e la costanza di seguire una fanfiction in cui NON succede niente (e se succede qualcosa lo sapete già). E anche alla mia Beta, che sopporta come ancora non distingua Guil da Gil :D

Dunque, una brutta notizia. Ritorno all'università. Quindi meno aggiornamenti. E sono frutto di un anno e mezzo di parolacce via mail e battute sulla spalla virtuali, eh. Mi ci vuole un bel po' di tempo anche solo per scrivere cinque capitoli.

Grazie a tutti per la pazienza e la lettura, honey <3

 

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Capitolo 7
*** The cute, stuffed, CAT-shaped thing ***


The cute, stuffed, CAT-shaped thing

 

Era un gatto con mantello, coroncina e stivaletti. Parlante, per di più.

Stupidamente, Cat controllò che Flo fosse ancora nella sua boccia, strappando a quella faccia di volpe una risata stridula: "…Anche se è il pesce di quella Scarlet, non sono così meschino!" saltò dalla brandina trascinandosi dietro buona parte della coperta e rotolando sgraziatamente sul pavimento "Allora, andiamo?"

La lunga lista di nomignoli, qualità e aggettivi che aveva stilato nella sua prima giornata di lavoro andò ulteriormente ad allungarsi mentre aggiungeva una nuova nota: Reeve Tuesti, scapolone con parenti al seguito, appassionato di bricolage… ha un gatto parlante con gli stivali.

"…Non sono un vero gatto. Per esempio, non posso mangiare i pesci: danneggerebbero tutti i meccanismi interni." sentenziò tutta orgogliosa quella strana creaturina, come se le avesse letto nel pensiero  "Reeve mi ha costruito, sai?"

Cat rimase immobile sulla ginocchia, stringendo dubbiosa la boccia di Flo: "Dunque, cosa saresti?"

"Non ho un nome, Reeve ha detto che vuole un parere esterno per decidere." si sistemò la coroncina di latta, alzando il musetto verso di lei "A me però piace il tuo nome, sai?"

Camminavano lungo il corridoio silenzioso, l'uno davanti l'altra: "Cat è un diminutivo. Sai cos'è un diminutivo?" gli rispose dopo un po', come se stesse parlando a un bambino buffamente travestito per un qualche carnevale "Il mio nome è Cait, proprio come il gatto delle favole che raccontano a Nord."

Se quegli occhietti cuciti avessero potuto aprirsi, avrebbero brillato: "Mi chiamerò Cait, allora." Rimase un attimo pensieroso, passandosi la manina guantata sul mento: "Mi serve anche un cognome, però. Quel gatto ha anche un cognome?"

"Ne possiamo parlare più tardi… Cait?"

Il signor Capo Dipartimento era comparso davanti a loro con uno sguardo ancora più distrutto di quello che aveva accolto Cat davanti al modellino di Midgar. Il che non faceva presagire nulla di buono.

"Reeve, ora ho un nome!" esultò gettandosi tutto saltelli verso il suo creatore "Ora manca solo il cognome e poi sarò un gatto vero!"

"Ne discutiamo più tardi… Cait. Ora dobbiamo parlare con la signorina Empitsu." lo interruppe "Siamo entrati in una nuova era della Compagnia proprio mentre lei non era presente e ci terrei ad aggiornarla a riguardo."

Le sembrò di cogliere qualche genere di ironia nei suoi confronti, e cercò di capire che cosa volesse mai intendere con tutti quei paroloni altisonanti.

Rimasero immobili nel corridoio, l'uno di fronte all'altra e la strana creatura chiamata Cait nel mezzo. Cat pensò che se per aggiornarla bastavano due chiacchiere in piedi, la situazione non doveva essere poi tanto disperata.

E avrebbero potuto anche prendersi un caffè ai distributori automatici.

"L'AVALANCHE si è introdotta qui alla Shin-Ra."

Si trattenne dall'aggiungere che lei aveva cercato di avvisarlo a proposito, ma era stata beatamente ignorata.

"Il Presidente è stato ucciso."

In quel momento decise di tenere la bocca chiusa fino alla fine. I passati trascorsi della nottata sembravano peggiori dell'essere costrette a dormire su una brandina aziendale con un pesce rosso.

"Sephiroth. Immagino che lei ben sappia di chi si tratti."

 Annuì meccanicamente, cercando di mettere ordine alle frasi sconnesse che avrebbero dovuto chiarire come mai nonostante fosse ormai mattina i corridoi della Compagnia fossero tanto silenziosi.

"E' stato Sephiroth a uccidere il Presidente. E qualcos'altro ha ucciso tutto quello che ha trovato sul suo cammino fino ai laboratori."

Cat provò a tendere le orecchie per sentire la voce di qualche impiegato lamentoso o il semplice aprirsi delle porte scorrevoli. Ma non riuscì a sentire niente; niente che il suo cervello avesse registrato in tutto quel tempo come la Shin-Ra del primo mattino. Lo scalpiccio delle scarpe d'ordinanza, gli insulti che uscivano dai PHS già arroventati, l'aprirsi e chiudersi degli ascensori.

"L'AVALANCHE è riuscita a fuggire da qui con il nuovo soggetto di Hojo. Ed è a riguardo dell'AVALANCHE che il nuovo Presidente mi ha affidato l'incarico." abbassò lo sguardo su Cait per poi alzarlo su di lei "Più esattamente, direi che questo incarico riguarda tutti e tre."

La vocetta stridula di Cait invase il corridoio: "Andiamo in missione!" esultò, brandendo in aria un assurdo megafono gigante "Andiamo da quell'AVALANCHE!"

"A una ragazza più o meno della sua età potrebbero piacere i gatti robot?" Reeve ignorò gli strilli allegri della sua creazione "In particolare, lei cosa ne pensa di un gatto robot capace di prevedere il futuro?"

Un Cait Sith. Il fortune-teller delle favole dei paesi a Nord.

"Un suo amico della SOLDIER mi aveva parlato qualche tempo fa della sua capacità di vedere il futuro: certo, non mi serve che tutte le previsioni di Cait siano esatte, ne basta anche solo una ben azzeccata... per guadagnarci la fiducia del gruppo."

Tutto iniziava a farsi troppo complicato per una semplice chiacchierata da corridoio. Anzi, era tutto troppo assurdo per essere vero.

Il Presidente morto, Sephiroth vivo.

"Ho controllato personalmente lo stato delle sue conoscenze. Non si preoccupi, stanno bene. Ora le devo chiedere di concentrarsi su quello che le dico. Sono ordini del nuovo Presidente."

Il nuovo Presidente, meglio noto come lo Scapolo d'Oro Rufus Shin-Ra (ovvero il motivo Numero Uno per cui la maggior parte delle impiegate facevano il lavoro che facevano. I maschietti avevano il mito di Sephiroth, le femminucce il buon partito. Insomma, la Compagnia si reggeva su grandi e nobili ideali) era volato a Junon. Lasciando gli HQ lordi di sangue e interiora per dedicarsi ad allestire una bella parata in mondovisione.

Manie di grandezza da ragazzino viziato.

Anche il signor Reeve aveva detto lo stesso, quindi Cat poteva ripeterlo all'infinito senza rischiare di venire licenziata per una quisquilia come 'ingiurie a superiori'. Articolo 683bis comma 35.

"L'AVALANCHE è ora il secondo problema per noi della Shin-Ra. La preoccupazione maggiore, come può ben comprendere anche lei, è il ritorno di Sephiroth. O chi per lui, ovviamente."

In quel momento -come poteva ben comprendere anche un pesce rosso- si era chiesta che cosa c'entrasse un discorso del genere da parte del suo nuovo capo, uno scapolo con parenti al seguito appassionato di modellismo e pupazzi meccanici.

L'AVALANCHE era fuggita da Midgar su un furgoncino e una motocicletta bellamente rubati dagli espositori dell'Exhibit Room verso una meta vattelapesca. Sephiroth sembrava gironzolare per il Pianeta in compagnia di un corpo senza testa e una spada lunga qualche chilometro. Il suo capo non usciva dagli HQ da qualche decennio e invitava chiunque a non mettere il naso fuori casa. E per di più la sua occupazione maggiore era quella di assemblare piccoli pezzi di Midgar.

Di conseguenza, chiedersi che ruolo potesse mai avere il Capo Dipartimento Reeve Tuesti nella corsa al recupero dell'AVALANCHE era una domanda del tutto lecita.

"Così come io vorrei sapere da quando anche la SOLDIER è candidata alle pulizie generali."

Le inutili lamentele di Will rimasero senza risposta. Nessuno commentò con qualche parola di commiserazione l'occhio nero lasciatogli da una sventola di terrorista sbucata da dietro l'angolo, che aveva fatto da ritornello a tutta la giornata. Perché lui l'AVALANCHE l'aveva combattuta. Perdendo miseramente contro la sopraccitata terrorista solo perché a farle da spalla aveva un bulldog degli Slums e un tizio che assomigliava troppo a uno dei giochini di Hojo. Più correttamente, uno dei giochini di Hojo finiti male.

"Siamo crollati ancora di numero. Se Hojo e Heidhegger non ricominciano a fare nuove selezioni, della SOLDIER rimaniamo solo noi degli HQ e quei pochi sparsi nei reattori in giro. E abbiamo un'AVALANCHE da recuperare. E un Sephiroth, per il Pianeta."

Fuori dall'ingresso principale della Shin-Ra.Inc, la vita trascorreva tranquilla come ogni giorno. Forse per lo stridere dei treni e il borbottare dei motori delle auto del Settore 0 sembrava proprio la solita, brutta Midgar.

Il Pianeta allo scatafascio che Cat aveva visto ogni mattina.

Solo che ora era un pochino più allo scatafascio del solito.

"Hanno davvero una faccia da terroristi, non trovi?" Will sbirciò la cartellina da sopra la sua spalla "Specie quello biondo… Killer psico-sociopatico o qualcosa del genere. Imbottito di Mako, aggiungerei."

Cat fece spallucce tornando ai fascicoli che le erano stati sbattuti in faccia da un qualche sottoposto di Heidegger: anche se certe volte lei stessa si era chiesta come facessero certi della Turks a essere ancora in piedi tra sbronze e fallimenti assortiti, doveva ammettere che quelli del Dipartimento di Pubblica Sicurezza sapevano fare il loro meschino lavoro. Naturalmente, solo dopo aver messo da parte l'ideuzza di trovarsi sempre e comunque nel bel mezzo di un film d'azione-spara-spara-ammazzali-tutti di quinta categoria.

"Estendendo la tua brillante teoria, anche tu apparterresti alla famiglia del killer psico-sociopatico." commentò piatto Theo, aggiustandosi il cerottone che avrebbe dovuto sistemargli il naso, pietosamente rottosi dopo una rovinosa caduta dalle scale per sfuggire al qualcosa che aveva sterminato un buon numero di schiavi del Dipartimento di Scienza e Ricerca. Schiavi ormai definitivamente ex-colleghi, dei quali il buon dottor Hojo aveva dato ordine di raccoglierne in fretta i resti e buttarli nel condotto di scarico più vicino.

Cat approfittò nuovamente del momento di silenzio che era calato tra i due per sfogliare i fascicoli: un ex-minatore, una ex-barista, un ex-soggetto di studi sull'ibridazione, uno strambo felino arancione e un killer psico-sociopatico dal passato sconosciuto.

Avrebbe dovuto inventarsi una previsione più o meno azzeccata sul futuro di uno dei gruppi di terroristi peggio assortiti della storia del Pianeta, affidarla a un gatto meccanico di peluche e sperare che la cosa funzionasse?

Probabilmente la risposta che il signor Reeve aveva era un . Niente altro che un sì.

"Io dico di no. Non è possibile." che gli occhi colorati di Mako potessero addirittura emettere scintille, non era un dato certo. Tutto intento a torturare la coroncina di latta del nuovo pupazzo da compagnia della sua ex-ex-ex-ragazza, in quel preciso momento Will avrebbe potuto essere candidato come nuovo soggetto di studio sull'argomento: "Non può farcela da solo; deve avere un qualche congegno lì dentro per poter muoversi. E pure un qualche genere di coscienza artificiale per attentare al pesce di Scarlet."

"Non esistono le coscienze artificiali." puntualizzò Theo, afferrando malamente il neo-battezzato Cait Sith per il mantellino rosso "Ma tu di intelligenza è ovvio che ne sappia davvero poco."

Il pupazzo cercò di divincolarsi dalla presa, agitando le zampine e levando gli stessi strilli acuti di una cavia in vivisezione, cosa a cui probabilmente tutti quelli del Dipartimento di Scienza e Ricerca dovevano essere ben abituati.  

"Lascialo stare, se dovesse rompersi…" Cat cercò di mettere fine alla disperazione della bestiola, anche se pure lei aveva iniziato a porsi qualche domanda esistenziale sullo strano marchingegno che il signor Tuesti l'aveva incaricata di portare a spasso per i corridoi fino a nuovo ordine.

Doveva trovarne difetti e apportare suggerimenti utili per l'interazione con il gruppo dell'AVALANCHE.

"Il Capo del tuo Dipartimento crede davvero che questa cosetta qui riuscirà a tenere il passo con quelli?" commentò saccente Theo, che aveva iniziato a muovere la sua nuova cavia in un complicato esperimento di stretching pomeridiano "Guarda che zampine. Sarà anche a forma di gatto e sarà amato da voi ragazze, ma quelli corrono su una motocicletta e nemmeno con della Mako nei suoi cosiddetti circuiti potrebbe reggere. Se il Presidente avesse affidato questo genere di incarichi a noi della Ricerca…"

Dietro di lui, Will iniziò a fargli il verso: l'orgoglio degli schiavi del dottor Hojo era piuttosto noto anche tra quelle teste pompate della SOLDIER.

"Il tuo capo era troppo occupato a pensare ad altro. Lascialo stare, vale tutto il mio prossimo stipendio." Tagliò corto Cat, mentre un finalmente libero Cait Sith si lanciava verso di lei per poi nascondersi tremante dietro la sua schiena. Affastellando piccole maledizioni che sarebbero state utilissime per un futuro come veggente in un qualche angolo del Wall Market.

Dove l'assurdità era di casa.

Rimasero a guardare senza troppo interesse il traffico che continuava a scorrere davanti agli HQ: un'altra notte stava per calare su Midgar e nessuno di loro sembrava avere avuto il minimo permesso di prendere il primo treno e tornarsene a casa. O meglio, questo riguardava Cat, ancora preoccupata per la sua finestra in frantumi in un buco qualsiasi del triste Settore 6. Probabilmente anche quella sera avrebbe dovuto dormire su una brandina aziendale, in compagnia di un gatto meccanico.

Si alzò in piedi, facendo rovinare a terra Cait che dal momento in cui si era liberato non le aveva più staccato le zampine dalla giacca: "Vado a sentire se il mio capo si è inventato qualcosa di geniale per allungare le estremità anteriori dei suoi peluche meccanici…" abbassò lo sguardo al musetto offeso sotto le sue ginocchia "…Vieni anche tu, a meno che non voglia conoscere i bellissimi Laboratori del Piano 67…"

"Potresti portarmi sulle spalle."

Will non si preoccupò di soffocare una risata, mentre Theo sbuffò di rimando: "Ora ha persino delle pretese?"

"Oh, non sarai geloso di un ammasso di pelo sintetico e coscienza artificiale!" lo punzecchiò l'altro, facendo l'occhiolino in direzione di Cait "Tenero, carino e diretto. Così ci si lavora le ragazze!"

"Non metto in discussione l'intelligenza superiore degli esseri umani a un robot destinato ai bordelli…" bofonchiò sistemando la fascia da lavoro che gli era caduta sugli occhi "…Intendevo solo dire che…"

"Probabilmente è una buona idea?" Cat si piegò sulle ginocchia, poggiando i fascicoli sul gradino "L'hai detto anche tu che con le sue zampine non sarebbe in grado di reggere il passo. Se qualcuno gli prestasse delle gambe più lunghe potrebbe invece riuscirci benissimo."

Assai contento e senza alcuna intenzione di nascondere la gioia per la rivincita, Cait trotterellò dietro di lei, arrampicandosi sulla sua schiena per poi mettersi a cavalcioni sulle spalle: "Però non vedo niente!" e così detto si alzò su quelle zampette assurde, aggrappandosi senza troppi complimenti ai pon-pon della neo-eletta segretaria del suo creatore.

"Tira un solo capello e sarò io il tuo prossimo incubo. Ancor prima del dottor Hojo." lo minacciò Cat, ignorando gli strilli vittoriosi della cosina abbarbicata sulla sua testa. Salutò con un cenno i due, facendo retro-front oltre la grande porta scorrevole della Compagnia Elettrica Più Potente del Mondo.

Con un gatto meccanico sulle spalle.

Una spia, di nome Cait Sith.

 

***____*_**___*

Sproloqui dell'Autrice: (coff-coff) sì, uhm, sono tornata. Per un solo capitolo, ma almeno poi ho l'ansia giusta per continuare questa cosa qui.

Transizione, gente, transizione. E le email di "macomesarebbeadirechehaiilbloccodelloscrittore?!" della mia beta.

Forse perché non sono una scrittrice e quindi logicamente non dovrei averlo :D

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Capitolo 8
*** What WORKS and what doesn't ***


What WORKS and what doesn't

 

Il signor Reeve le aveva regalato una mappa del Pianeta, già opportunamente segnata da un pennarello rosso su "Midgar". Al suo intento didattico aveva unito poi una scatolina piena di puntine colorate: "Ne metta una su Kalm. Hanno lasciato da poco la città e sembra si stiano dirigendo verso Junon."

"Vanno a Junon, cazzo. E' diverso dal tuo fottutissimo condizionante."

Cat notò una minuscola venuzza iniziare a pulsare sulla tempia del suo capo: "Condizionale, signor Reno. Comunque, non c'entra con il mio discorso."

"Senti, c'è il mio bossazzo a rincorrere quelli dell'AVALANCHE. Basta e avanza senza che la scribacchina stia a fare la lezione di geografia al gatto."

"Non sono un gatto. Sono un automa meccanico in sembianza di felino." Commentò offeso Cait, sistemandosi la coroncina.

"Me ne fotto di cosa sei."

La venuzza pulsante del signor Reeve ebbe un guizzo: "…Reno, ho lasciato che Heidegger le permettesse di unirsi a noi nel suo periodo di convalescenza. Sarebbe pregato di collaborare."

Da dietro il suo pacco di fogli ancora caldi di fotocopiatrice, Cat lanciò un'occhiata al Turk dai capelli rossi, intento a tamburellare con il Teaser d'ordinanza sul braccio che aveva legato al collo: quella che lei aveva scambiato come una consueta sbornia di prima mattinata, era invece il pietoso risultato della missione al Settore 7. Distrutto il pilastro di sostegno, distrutto anche il braccio sinistro di uno dei fidatissimi del Dipartimento di Pubblica Sicurezza.

"Con una matricola. Mi hanno rimpiazzato con una matricola. Potevano rimpiazzarmi con te, scribacchina, e sarebbe stata la stessa fottuta cosa."

Annuì stupidamente, rintanandosi contro il muro: "Mi dispiace, signore."

Reeve tossicchiò, recuperando l'attenzione dello strano trio radunato nel minuscolo ufficio del Piano 65: "Il Presidente mi ha personalmente chiesto di collaborare alla mappatura dei movimenti dell'Avalanche,  unitamente alla Turks… Per questo lei è qui, signor Reno." Rimase per un attimo in silenzio, fissando compiaciuto la mappa del Pianeta dove la scritta "Midgar" campeggiava segnata dal suo bel pennarello rosso "Fino a quando non si sarà ripreso e potrà raggiungere i suoi compagni, ci potrebbe essere d'aiuto nel prevedere le loro mosse."

Reno lanciò in fischio di disapprovazione: "Ma te lo devo ripetere in wutaiano o proprio non comprendi?! C'è il bossazzo e Rude a inseguire quei cazzoni di terroristi, voi non servite a un maledetto accidenti."

E detto questo girò le pantofole verdognole dell'Infermeria, senza risparmiarsi di assestare un colpo deciso di Teaser alla porta. Giusto per far capire quanto fosse incazzato a bestia, fottutissimi impiegati del cazzo.

"Dunque, riprendendo il discorso. Pare che il signor Reno non sarà dei nostri." Commentò Cait, controllando con fare altezzoso i lembi che legavano il suo mantellino rosso "Dovremo darne comunicazione al Dipartimento di quell'Heidegger, Reeve."

"Dunque, riprendendo il discorso. Pare che l'AVALANCHE si stia dirigendo verso Junon." Si passò una mano sulla barbetta, tornando a guardare dove fino a poco prima Reno stava a schiumare contro il suo robottino meccanico "Junon. Dove si terrà la parata del Presidente."

"Pensa che proveranno a intromettersi?"

Considerando come molto probabilmente in mezzo all'AVALANCHE si trovava addirittura uno dei giocattolini di Hojo (aka, un ex-SOLDIER finito male), era abbastanza certo che qualcuno avrebbe avuto l'idea geniale di combinare qualche guaio. A meno che la barista di turno non prendesse a cazzottate quel qualcuno, costringendo il suo povero neurone a un nuovo giro del mondo o a un rinsavimento completo.

"Non è di nostra competenza. Ma la ringrazio per l'interesse per la sicurezza del nostro Presidente" Rispose il signor Tuesti, indirizzandole lo stesso sorriso di circostanza che avrebbe riservato a un complimento per la sua cravatta.

Tornarono a guardare la mappa: "Junon. Da lì in avanti l'unica possibilità che avranno di muoversi è una nave diretta a Costa del Sol."

La dolce carrellata di pensieri relativi a una futura vacanza tra mare, spiaggia e sole distolsero per un attimo Cat dal discorso del suo capo.

"…Come ha detto lei, signorina Empitsu, servirà qualcosa per stare al passo con l'AVALANCHE…"

"Qualcosa con le gambe lunghe. Come un Chocobo! Io voglio un Chocobo, come quelli che ho visto alla televisione, Reeve! Corrono e sono gialli! Voglio un Chocobo giallo!" intervenne Cait, saltellando: "Un-Chocobo-giallo-un-Chocobo-giallo-per-favore-Reeve!!!"

Il suo inventore per tutta risposta si limitò a scuotere la testa, senza preoccuparsi troppo del peluche meccanico appollaiato sulla sua schiena: "Non sarebbe abbastanza stabile e deperirebbe, mi dispiace."

"Un altro robot?" azzardò senza troppa convinzione Cat, scostandosi di qualche passo dalla parete contro cui si era rintanata. Di nuovo le venne rivolto un sorriso compiaciuto, come quello di un maestro delle elementari davanti alla scolaretta diligente: "Ha qualche idea a proposito? Un altro automa a forma di gatto gig-"

"IO sono un automa a forma di gatto! Solo IO, Reeve!!" strillò quella palla di pelo sintetica, tirandogli il colletto della camicia "Io sono l'UNICO Cait Sith e non ce ne saranno altri, Reeve!"

"Un Moguri gigante. Tu ne avevi uno da piccola e lo scalavi per avere la tua 'visione più alta delle cose' o una serie di paroloni di questo genere, giusto Catty?"

Cat fece una smorfia nel sentire la voce cantilenante di Will alle sue spalle, mentre i suoi spinotti facevano il loro trionfale ingresso oltre la porta: "Era piuttosto brutto, ma voi donne avete gusti discutibili e questo è un dato di fatto." Al signor Tuesti rivolse un sorriso tutto denti che avrebbe teoricamente dovuto essere condiviso per una questione di 'geni maschili e discorsi da uomini'. Ma venne beatamente ignorato, come al solito.

"Cosa la porta da noi, signor…?"

"Third Class SOLDIER, Hunt Will, Capodipartimento Tuesti!" si mise sull'attenti, per poi dare un'eloquente gomitata a Cat: "Sono amico suo. E Reno era fumante come una biscia quando è salito da noi di sopra e così gli ho chiesto cosa aveva da bestemmiare contro gli Dei. Così mi ha detto che stavate qua. E siccome tra un po' avevo voglia di mangiare ho pensato di andare a vedere come stava la mia Catty e ho sentito il discorso. Il Moguri sarebbe figo, no? Alle donne piacciono le cose tenere e carine anche se brutte. Aveva delle ali da pipistrello minuscole e viola stinto, ma lei lo adorava quindi potrebbe piacere anche alle due terroriste. Le conosco le ragazze, io!"

La stanzetta calò per qualche lentissimo secondo nel silenzio totale. Cat aveva addirittura smesso di respirare allo sguardo basito che per una frazione di secondo si era sostituita alla consueta imperturbabile espressione del suo capo. Ma forse fu proprio il cipiglio interessato che si sostituì alla sua solita e pacata verve a far definitivamente disperare Cat a proposito della salute mentale del signor Capodipartimento Tuesti: "Un Moguri gigante?"

"Potrebbero dare una mano quelli del Dipartimento di Ingegneria. Abbiamo di sicuro un Dipartimento di Ingegneria, giusto?!"

"Non ne abbiamo. Ma abbiamo…" Si interruppe, mentre tutta l'allegria che sembrava averlo contagiato svaniva improvvisamente. Pareva che anche solo continuare il discorso gli costasse fatica, costringendolo a massaggiarsi una tempia con tutta l'energia possibile per far arrivare le parole dal cervello alla lingua: "Ma abbiamo… Il Capodipartimento Scarlet. Del Dipartimento per lo Sviluppo Militare. O qualcosa di questo genere."

Il tono con cui fece il suo bravo punto della situazione interna della Compagnia fece comparire un curioso ghigno sulla faccina tutta sorrisi di Cait, che si rivolse al resto della combriccola un occhiolino divertito: "Oh, quella Scarlet lo costruirà subito. Di sicuro. Velocissimamente. Prontissima consegna chiavi in mano." Si grattò il mento con la zampina guantata: "Com'è che l'avevi chiamata l'ultima volta?"

Le piccole rivelazioni sugli aspetti peggiori delle persone non riguardavano solo segretarie pettegole o SOLDIER con manie di grandezza. Anche i gatti meccanici avevano il loro bel gossip.

Ma come al solito, Will non ci aveva capito un accidenti.

"Eh, wow, cioè! Allora avrete un Moguri meccanico entro domani mattina ancor prima di prendere il caffè!"

E tanto per sottolineare la spugna bucata in cui si era ridotto il suo cervello a furia di pasteggiare con la Mako a merenda, alzò in aria due pollicioni guantati in tutta la sua piena approvazione.

Nella Compagnia, Approvazione era una parola curiosa.

Davanti a un foglio firmato e controfirmato dal Presidente Shin-Ra in persona accompagnato dal timbrino di "URGENTE" nel suo bell'inchiostro rosso nell'angolo in alto a destra, chiunque non avrebbe sollevato un sopracciglio e si sarebbe messo al lavoro.

Approvazione immediata.

O perlomeno questa era l'idea, la filosofia di base del signor Tuesti.

Il fatto che avesse dovuto alzare di parecchi decibel la voce, battere i pugni sulla linda scrivania del Capodipartimento per lo Sviluppo Militare (facendo traballare pericolosamente la boccia del suo pesce rosso) e accusare le odiose KYA-HA-HA-HA a raffica per poi girare le suole delle sue lucide scarpe e sbattersi la porta alle spalle…

…dimostrava come fosse ancora un essere umano e non avesse sostituito una parte di sé con un qualche aggeggio meccanico della sua collezione.

Tornando alla "Richiesta di collaborazione interdipartimentale per lo sviluppo dell'automa meccanico Demo-Moguri", la telefonata inferocita del neo-Presidente all'indirizzo del suddetto Capodipartimento per lo Sviluppo Militare aveva comunque rimesso le cose a posto. E quelli di quella Scarlet si erano messi al lavoro. Sotto la supervisione di un Capodiparimento Tuesti dallo sguardo perso nel vuoto.

"Reeve, fosse per me non ci penserei due volte a buttarti fuori dalla Shin-Ra." aveva commentato acida tra un KYA-HA-HA-HA e l'altro, il ciuffo biondo che andava ballonzolando a ritmo della sua scollatura: "Rufus è ancora giovane, ma presto capirà che l'AVALANCHE non va certo consegnata alle tue idee idiote. Dovresti pensare a prenderti un periodo di riposo, sai? Potresti addirittura avere davvero un'idea geniale, facendo passare un po' di aria in quei tuoi ingranaggi."

"Il mio Dipartimento non prende giorni di vacanza." aveva seccamente replicato, abbassando per un attimo lo sguardo su Cat, che si era limitata ad annuire con forza dietro una risma di progetti: "Vedi di ricordare ai tuoi sottoposti di seguire scrupolosamente il modello-base che abbiamo dato loro come sample: in questo lavoro ci vuole precisione."

KYA-HA-HA.

Come se lei non lo sapesse.

Cait, dietro il suo musetto di pelo sintetico, si considerava comunque un'arma a tutti gli effetti: "Ovviamente meglio di quelle di quella Scarlet. Io non sono andato a tagliare le mani delle persone per dispetto!"

"Ma davvero?" lo aveva preso in giro Theo, che nemmeno troppo segretamente desiderava aprirlo in due non appena gli si fosse presentata l'occasione (come a questo riguardo aveva confessato sottovoce quasi metà del Dipartimento di Scienza e Ricerca contrario-al-riconoscimento-dei-Diritti-Umani) "E come, di grazia?"

Fu così che Cat dovette subire una nuova gomitata da Will, troppo divertito nel dimostrarle quanto il suo capo fosse effettivamente più flippato di quello che il suo assurdo completo blu elettrico potesse mascherare.

Un megafono.

L'arma finale per combattere il male del Pianeta era un megafono.

"E' collegato al mio nuovo amico. Me l'ha spiegato Reeve." Sorrise tutto orgoglioso Cait, rivolgendo uno sguardo affettuoso alla massa bianca ancora addormentata "Se lo accendo e parlo qui dentro, lui fa quello che dico io!"

"Quello che dice Tuesti. Tu sei solo un robot-giocattolo."

Nel laboratorio in cui erano rimasti in uno dei tanti straordinari, il commento di Theo fece sobbalzare la testolina di quella strana combinazione di ingranaggi e pelo sintetico: "No, quello che dico io." chinò il capo sul megafono dorato, rigirandolo tra le zampine guantate per poi agitarlo minaccioso contro il suo nuovo nemico "Voi di quell'Hojo siete tutti cattivi!"

"Ma no, è solo che se quelli della sua specie non capiscono come funziona qualcosa trovano ogni scusa per degradarla all'infimo stato di vermiciattolo." Sbuffò Cat, cercando di andare in soccorso del suo stipendio "Ora questa cattiva persona qui si scuserà…"

Theo incrociò le braccia sul camice più macchiato del solito, e si ritirò nel suo consueto silenzio offeso, fissando torvo un punto davanti a sé: "…Possiamo anche andarcene da qui, tanto ora come ora il suo amico Mog non funziona…"

"Io funziono da me. Funziono perché sono io." Le buffe orecchie a sventola di Cait si afflosciarono un poco, mentre tornava a guardare il megafono che ormai sembrava diventato tutto il suo mondo: "Reeve mi ha inventato, ma io… vivo da me. Nessuno mi dice di dire quello che dico adesso."

"Ha anche una PSICOLOGIA!" Rise Will, rubandogli la coroncina e mettendosela in testa: "Secondo me è tutto in questa cosa di latta! Da' un certo senso di onnipotenza, no?"

Il miagolio stizzito di Cait e il maledetto megafono fatto risuonare a centinaia di decibel in uno degli amati laboratori di Scarlet, venne poi segnato negli Annali-degli-Eventi-Idioti della Shin-Ra.Inc come Il Fatto che segnò la fine di qualsiasi buon rapporto tra il Dipartimento per lo Sviluppo Urbano e quello per la Sviluppo Militare.

L'automa meccanico dalle sembianze feline, meglio noto come il modello 01 della fortunata serie Cait Sith, il robottino con una spiccata personalità e un'altrettanto criptica psicologia…

…Avviò fuori da ogni programma il suo migliore amico, il Demo-Moogle tanto simile al pupazzo d'infanzia della segretaria del suo Reeve.

Un Demo-Moogle molto più simile a un marshmallow con le ali che con un pugno ben assestato mandò a gambe all'aria il SOLDIER antipatico che aveva rubato la coroncina del suo piccolo e felino amico.

Intento a rianimare a ceffoni il suddetto SOLDIER, Theo Hazard, schiavo qualsiasi del Dipartimento di Scienza e Ricerca, pensò che avrebbe fatto di tutto pur di poter scoprire con i suoi ferri del mestiere se anche quella massa informe avesse un qualche genere di coscienza artificiale.

Mentre veniva insultata da una Scarlet più paonazza del suo stesso scollacciato vestito, Cat invece pensò a come non vedesse l'ora di liberarsi in fretta del micio e della sua grossa palla di ingranaggi.

 

***_*

Sproloqui dell'autrice: Cait è come un bambino di 5 anni troppo chiacchierone e con la straordinaria abilità di poter essere odiato da tutti. Perché da quello che ho letto/visto in giro… ma c'è nessuno a cui Cait sia piaciuto come personaggio?! Povero signor Capodipartimento… D:

Uh sì, come e percome si muove Cait. E' Reeve, si arrangia lui, è metà e metà… Nemmeno quelli del Dipartimento di Scienza e Ricerca hanno ancora trovato una risposta.

…E io non sono così intelligente da darla. Rimaniamo nella nostra beata ignoranza. Per ora ;)

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Capitolo 9
*** INSPIREd ***


INSPIREd

 

Il giorno della parata in mondovisione dell'autoproclamatosi presidente Rufus Shin-Ra, sarebbe stato ricordato da Cat come il giorno benedetto dagli Dei in cui poté finalmente fare ritorno a casa. Il suo piccolo e personalissimo buco aziendale in un angolo qualsiasi del Settore 6.

Teneva la zampina di un Cait Sith più chiacchierino del solito, tutto eccitato per il suo primo giorno fuori dai corridoi della Compagnia: cosa che il signor Tuesti aveva approvata come positiva per la sua successiva spedizione on-the-spot all'inseguimento dell'AVALANCHE. Inoltre, avrebbe potuto capire come il suo creatore fosse un autentico genio dell'architettura urbana.

"I quartieri di Midgar sono brutti! Davvero Reeve ha costruito una città così triste?!" Puntualizzò non appena uscito dal vagone, storcendo il nasino e facendo guizzare i baffetti in segno di disapprovazione: "Ecco perché tutti lì dentro sono come te, Catty!"

Pensieri di Cat erano però rivolti a tutt'altro che prestare attenzione alle parole di un peluche meccanico: aveva ormai trascorso quasi una settimana negli HQ usando i cambi d'abito che aveva sempre tenuto nello striminzito armadietto aziendale e dormendo sulle brandine aziendali; l'idea di poter finalmente tornare al suo buco personale la rendeva addirittura felice.

Avrebbe baciato il pavimento, si sarebbe lanciata sotto la doccia a piangere tutte le sue lacrime lavorative e poi si sarebbe stappata una birra davanti alla televisione.

Cait Sith non figurava assolutamente tra le sue preoccupazioni.

Accelerò il passo mentre saliva le scale, trascinando dietro di sé le corte zampine del suo accompagnatore: pochi passi e avrebbe potuto lasciare il lavoro fuori dalla porta d'ingresso.

Sigillata.

Una svolazzante striscia di plastica gialla e nera stava debolmente a marcare l'entrata. Polizia di Midgar, Dipartimento di Pubblica Sicurezza, limite invalicabile.

Fino a qualche giorno prima, Cat avrebbe semplicemente fatto marcia indietro alla Shin-Ra HQ perché qualcuno la consolasse sul suo triste e misero destino; ma in quel momento l'idea di risalire al Settore 0 le dava davvero la nausea più di qualsiasi altro lunedì mattina. Strappò il film con decisione, facendo poi scattare la serratura elettronica con un colpo secco: il professionalissimo Dipartimento di Pubblica Sicurezza non si era nemmeno preoccupato di disinserirla.

"Questa è la tua casa?"

Il musetto stupito di Cait fu più eloquente di qualunque altra parola: "Non ci metti niente dentro?" continuò, tirandole il bordo della giacca e indicando davanti a loro "Non c'è quasi niente lì dentro."

Cat guardò la tessera magnetica che teneva ancora in mano: se aveva aperto usandola, non poteva aver sbagliato casa.

Quella era casa sua e aveva un bruttissimo presentimento.

Corse dentro, lasciandosi Cait alle spalle mentre un unico pensiero iniziava ad attaccarsi a ogni suo singolo neurone: il frigo, non potevano averle rubato anche il frigo e tutte le birre che aveva comprato nella spesa della settimana.

Perché le sue birre erano economiche, quindi pessime. I bravi ladri avrebbero dovuto lasciarle almeno una misera lattina.

Ma piccola cucina era uno spettacolo desolato.

E del frigo nessuna traccia.

Allungò il collo nel bagno: niente birra, nemmeno nella corta vasca che le aveva tenuto compagnia in tante giornate decisamente NO. Come quella.

Appoggiando la testa al muro, si trascinò a tentoni nell'ultima stanza, che faceva da salotto, sala da pranzo e camera da letto. Con vista sul buco nero del Settore 7.

Da una finestra completamente smaterializzata.

Insomma, aveva solo scordato di mettere un bel tappetino con la scritta WELCOME sotto al vuoto che una volta era il muro di casa sua.

Per gli Dei, come avesse fatto a pensare di tornare dopo tutto quel tempo e credere di ritrovare tutto intatto, anzi addirittura amorevolmente ricostruito, era un'idea degna del cervello bucato di un qualsiasi SOLDIER di prima istanza a Midgar; una città di ladri e assassini.

Sbatté la testa contro quello che restava della parete, fissando il vuoto nero qualche tetto e uno sbarramento più in là.

In quella manciata di giorni, le avevano portato via tutto. Persino il materasso dentro l'armadio a muro. Addirittura il tavolino e i cuscini che metteva in un angolino prima di andarsi a coricare.

E, ancor peggio, le avevano rubato la birra. Birra da appena 10 Gil a lattina.

In quel Pianeta allo sbando, di gente disperata ce ne era davvero tanta.

"…Sono davvero costernato, non avevo pensato a questa eventualità, signorina Empitsu."

Mandando giù un singhiozzo, Cat si voltò: sul limitare della stanzetta stava Cait, le orecchie ancora più flosce di quelle che aveva visto al Laboratorio nella serata di straordinari. Teneva le zampine guantate in grembo, come se stesse pensando a cosa dire e guardava verso di lei, come se quei due occhietti cuciti la potessero vedere per davvero.

"…Avevo fatto esplicita richiesta al dottor Heidegger di sistemare la situazione, ma temo di essere stato frainteso."

Qualcosa di molto simile a una vecchia lampadina le si accese nella testa, ma prima che potesse pensare di aver battuto troppo forte contro il muro, il pupazzo tornò a parlare: "Sono Tuesti, signorina Empitsu."

Senza volerlo, le sue mascelle raggiunsero gli Slums, parecchi chilometri sotto di loro: "Ca-ca-CAPODIPARTIMENTO?!?!"

La vocetta stridula di Cait tornò per un attimo a risuonare nell'aria: "MI E' ENTRATO NELLA TESTA!" esclamò strozzato, mentre si stringeva il capo tra le zampine: "Lascia pensare A ME, REEVE!"

Cat crollò sul pavimento ancora impolverato di intonaco senza riuscire a capire cosa stesse succedendo. E senza riuscire a riprendere il controllo della sue mascelle.

Davanti a lei, il suo stipendio a forma di peluche stava combattendo una qualche battaglia con un altro se stesso non troppo simpatico ai suoi ingranaggi; e gli strilli che ben conosceva appartenere a Cait Sith si sovrapponevano alla voce appena un poco più alterata del suo stoico Capodipartimento.

Temendo che da lì a poco anche lui iniziasse a prendere a craniate il poco di muro rimasto, cercò di prendere coraggio e fare qualcosa per risolvere quell'assurda situazione: corse verso Cait per poi scrollarlo con forza quasi da staccargli quella testolina tutta pelo sintetico e baffetti.

E quello fu forse l'unico momento nella Storia in cui il signor Reeve e la sua invenzione la pensarono allo stesso modo.

"MI-ROMPI-LA-TESTA!!!" Esplosero in un unico e straziato urlo, che costrinse Cat a mollare di colpo la presa finendo contro la parete per lo spavento. E fu lì che restò, senza staccare di dosso gli occhi a quella buffa figurina nel suo mantello rosso.

Rimasero a studiarsi a vicenda, nel silenzio improvviso e pesante calato in quello che restava dell'interno 019 di un vicolo qualunque del Settore 6.

Finalmente, i baffetti di Cait si mossero: "…Mi dispiace."

"Chi è dei due che parla?"

Di nuovo scese una pausa imbarazzata a cui la vocetta originale cercò di trovare risposta: "Io. Credo."

Le stava iniziando a venire una terribile emicrania. E non aveva nemmeno una lattina di caffè concentrato a placarla: "E io non ci capisco niente…" sospirò "Tu sei Cait… E prima parlavi con la voce del mio capo. Ma cosa… che cosa sei? VENTRILOQUO?!"

Probabilmente il suo triste tentativo di ricomporre la situazione risultò piuttosto comico sia all'uno che all'altro, data la risata fragorosa in cui lo vide piegarsi sulla pancia, facendo rotolare la coroncina tra le macerie.

"E' difficile da spiegare… da qui." La voce del signor Tuesti era tornata, con quello che pareva gran disappunto di Cait, che aveva iniziato a massaggiarsi le tempie proprio come se lo stesse assalendo un mal di testa di proporzioni epocali.

"Mi devi avvisare quando vuoi parlare, REEVE. Rispetta il turno!" Singhiozzò di rimando quella che Cat aveva soprannominato la-vocina-originale: "Mi si rompono i… granaggi dentro!"

Un nuovo litigio. Cait aveva addirittura iniziato a correre per la stanza, sbatacchiando la testolina qua e là e turandosi le orecchie nel vano tentativo di vincere la battaglia contro il suo piantaladientrarminellatesta Reeve.

"Digli di smetterla!!!" si gettò urlante contro Cat, tirandola per il colletto: "Mi spappola il cervello, diglielo!!!"

"Calmati, Cait, non peggiorare la situazione!" replicò la voce del signor Tuesti, prima di venire soffocata dai miagolii stizziti della sua creatura: "Staccati dalla signorina Empitsu!"

"Rispetta il turno Reeve!!! Non è possibile fare due cose assieme!!!"

Sua madre glielo aveva sempre detto: gli uomini non sanno fare due cose contemporaneamente.

Una questione genetica, probabilmente.

O anche di ingranaggi.

"Uno. Alla.Volta."

Si zittirono entrambi e Cait mollò finalmente la presa dal suo colletto.

"Vorrei solo una birra. E una doccia. E mangiare degli spaghetti in brodo alla moda di Wutai con tanta carne di maiale ed extra cipolla." Sospirò Cat, cercando di non avere una crisi isterica davanti al suo boss: "Poi mi spiegherete cosa sta succedendo."

Dopo qualche attimo, la voce del signor Tuesti si sostituì senza troppe resistenze a quella del suo pupazzo meccanico: "Ora esagera un po' con le pretese, signorina Empitsu." Commentò quasi trattenendo una risata: "E' solo la mia segretaria, se lo ricordi."

Cat improvvisamente riprese coscienza di come dietro a quel musetto peloso stesse il suo capo, ma prima che potesse borbottare qualche scusa, la vocina di Cait tornò a risuonare in quello che era rimasto del suo appartamento: "Tu stai facendo un casino, Reeve. Sarai anche il boss, ma come boss esageri un po' con le pretese. Avere fame non è un pretendere troppo, anche io avrei fame se potessi averne, Reeve."

Fu così che le tonalità sgraziate e un po' stridule di quell'ammasso di pelo sintetico e ingranaggi riuscirono a risolvere la situazione e Cat Empitsu, ventuno anni e neo-derubata di tutti i suoi miseri averi, si ritrovò seduta davanti a una ciotola fumante di spaghetti in brodo alla moda di Wutai con tanta carne di maiale ed extra cipolla.

"Sul conto del Dipartimento, naturalmente." Il signor Tuesti spezzò con un colpo secco le bacchette per poi inzuppare con attenzione i triangolini dorati che galleggiavano nella sua ciotola: "E' interessante questa forma, non trova? La volpe. Un semplice triangolino di formaggio di soia fritto capace di rappresentare un intero mondo: Wutai è davvero un paese creativo."

Parlava troppo. 'Più del solito' non avrebbe dato l'esatta stima della confusione in cui il cervello di Cat stava lentamente affogando come i triangolini gialli nel piatto del suo capo.

"Inizialmente avevo pensato di andare da mia madre. Sa, è di Wutai proprio come i suoi spaghetti."

Cait non trattenne un sonoro sbadiglio, accasciandosi sul tavolino della bettola del Settore 3 in cui erano entrati con gran e segreto stupore della sua omonima in versione umana: Cat aveva visto cancellare dalla sua personale lista di aggettivi e maldicenze buona parte di tutto quello che definiva Reeve Tuesti come uno scapolo completamente asociale e agorafobico che dopo aver messo insieme Midgar non aveva il coraggio di uscire dal suo ufficio.

"Prego, inizi pure. Era da qualche tempo che non mi capitava di mangiare con qualcun altro, mi scusi per la conversazione noiosa." Le fece cenno con la mano, sollevando la sua ciotola: "Mentre mangia, vedrò di spiegarle un paio di retroscena. E mi scuso ancora per lo spavento di poco fa."

"Fa' parlare me, Reeve. Le so anche io le stesse cose che sai tu e non ho bisogno di mangiare." Cait balzò sul tavolino, guardandosi attorno con fare circospetto, poi diede un colpetto di tosse: "Io sono un affare topo-segreto."

Le lampadine alimentate a Mako illuminavano quanto bastava per non brancolare al buio nel piccolo locale, creando delle curiose ombre sul musetto del gatto meccanico che aveva iniziato il suo show personale: "Nemmeno alla Shin-Ra, nemmeno quella Scarlet o quell'Hojo sanno come faccio a essere così. Vivo, come un gatto vero." Un sorrisetto orgoglioso gli stirò le buffe orecchie a punta: "Reeve mi ha inspirato. Lui inspira le cose e quelle si muovono… Ovviamente io non sono una cosa."

Cat rimase con il suo boccone a mezz'aria, senza riuscire a capire: la spiegazione di Cait equivaleva ad averla sentita in Wutaiano classico con sottotitoli nella lingua degli Ancient.

"Guardi, una gru."

Il signor Tuesti aveva piegato in pochi secondi un foglietto di carta trovato chissà dove e ora glielo sventolava sotto il naso: "Le piacerebbe vederla volare?"

"Fosse un aereoplanino… Non sono mai riuscita a non farlo schiantare subito a terra." Ridacchiò di rimando data l'assurdità della conversazione, e ingollò un po' di maiale senza perdere di vista quel pezzettino bianco: "In che senso, 'volare'?"

Nei cartoni animati, quando i protagonisti avevano a che fare con un nuovo potere specialissimo da ottenere, di solito faticavano puntate su puntate per poi usarlo ogni cinque minuti.

Quella sera, Cat capì come il suo capo avesse imparato da un bel pezzo quel qualcosa di specialissimo che le fece ben comprendere come la Shin-Ra.Inc -tuttosommato- non si fondasse solo su macchinari e marchingegni.

E questo valeva anche per una delle persone più insospettabili dal deviare da quella via, approvata da tutte le Enciclopedie del Lavoratore della Compagnia.

Lo guardò avvicinare con entrambe le mani il foglietto ben piegato alle labbra, chiudere gli occhi per un istante e poi lasciarlo andare.

Una timida gru di carta iniziò a sbatacchiare le alette sopra il tavolo.

"Quello non si chiama 'volare', Reeve." Lo canzonò Cait, cercando di acchiappare il suo nuovo giochino, che si nascose sulla spalla di Cat tubando sommessamente: "E non è nemmeno un piccione."

"Non mi chieda, non lo so nemmeno io." Il signor Tuesti ignorò le frecciatine e le smorfie a cui pareva essere abituato: "La prima volta è stata un biscotto a forma di omino. Naturalmente, per Cait ci è voluto un po' di più."

Era stata la gru a parlare.

Cat poteva giurarlo sui batteri che infestavano i topi degli Slums.

Si guardò attorno, ma nessuno pareva essersi accorto di nulla. O aveva le visioni e sentiva strane voci, o c'era qualcosa in quella realtà di completamente fuori posto.

"Inspire, inspirare. Semplicemente, è una connessione mentale con il soggetto inanimato con cui si entra in contatto. Lo useremo per…" Spostò lo sguardo su Cait, ottenendo in cambio quella che probabilmente era un'occhiataccia stizzita. Sembrò quasi divertito dall'essere profondamente detestato, scompigliando il ciuffo ribelle della sua creaturina: "…Lo useremo per supportare questo miracolo di ingegneria elettronica durante la sua missione contro l'AVALANCHE. E ogni tanto avrò il permesso di fare qualche piccola intrusione, vero?"

"…Io… Io cosa c'entro, signore?" Cat riuscì debolmente a reagire a quella situazione assurda. Una specie di Creatore-architetto con la passione per il bricolage e il suo giocattolino meglio riuscito.

Il signor Tuesti si appoggiò al tavolo con fare grave, le mani sotto il mento: "Lei prevede il futuro. Cait non è in grado di fare certe cose da sé: basta una sola previsione azzeccata e riuscirà a ritagliarsi pienamente il suo ruolo all'interno dell'AVALANCHE, mi pareva di averglielo già spiegato."

"Sarò il loro fortune-teller! E Reeve mi ha già messo dentro la mia Limit se mai dovessi finire a combattere con quelli!" Buffamente prese una mano di Cat, stringendola con tutta la forza tra le sue zampine guantate: "Tu mi dici cosa devo dire quando saremo al Golden Saucer, poi mi arrangio! Faccio entrare solo te nella mia testa perché tu sei proprio sfortunata, Catty."

Fece passare lo sguardo dall'uno all'altro, ancora più scombussolata di quanto non fosse davanti allo spettacolo del suo appartamento svaligiato: "Il Golden Saucer?"

"Ci sono i Chocobo. E io voglio vedere i Chocobo!"

"Penso sia un posto abbastanza azzeccato per far stabilire il primo contatto tra Cait e l'AVALANCHE. Il Golden Saucer abbonda di stranezze e dato che il nostro Settore 6 è stato così gravemente danneggiato…" Per un attimo si oscurò in volto, proprio come se un bambino cattivo gli avesse distrutto il trenino preferito con una mazza da baseball: "…Dicevo, il Golden Saucer è una tappa obbligata. Dobbiamo tentare laggiù e offrir loro una previsione che non potrà far dir loro di no."

Cait annuì con foga, ridendo sguaiatamente: "Non accettiamo un no. Io voglio vedere se quello che mi farai dire si avvererà sul serio, Catty!"

Cat ripensò ai cartoni animati e ai loro poteri specialissimi.

Si chiese a quale puntata del suo fossero arrivati.

 

**___**_***

Sproloqui dell'Autrice

Pensavo al rapporto Cait-Reeve. Non so perché, ma di solito i robot non sono troppo allegri di dover sempre essere alle dipendenze di qualcuno.

Ho letto sulla Ultimania Omega di FF7 come nel gioco più volte ci fosse una sorta di clash di personalità tra Reeve e Cait che andava non tanto a finire in una lotta furiosa tra i due, ma si poteva riscontrare nel modo di parlare dell'odiato gatto meccanico. E da qui la domanda: ma Cait ha un suo 'io' o è sempre Reeve che gli sta dietro?

A mio parere, il nostro beneamato Capodipartimento Tuesti doveva avere già i suoi impegni agli HQ per cui impazzire, che avere tempo libero per preoccuparsi anche di tutto quello a cui andava incontro il suo giocattolino; così ho pensato: metà e metà. Cait ha la sua personalità (programmata da Reeve, ma con un certo margine di evoluzione) in cui ogni tanto il signor Tuesti può fare una capatina, metterlo a tacere e parlare per conto suo. E per sistemare il tutto, una versatilissima connessione mentale (o neuronale. Evangelion insegna), capace ogni tanto di incepparsi. Perché si sa, gli architetti sono esteti e certe volte costruiscono certe meravigliose castronate...

 

**Stupida parentesi sul cibo.

Cosa mangiano Cat e il signor Capodipartimento?

Chashu ramen per la prima (senza birra. Non interesserà a nessuno, ma la nostra segretaria ha avuto un po' di cervello a non sbronzarsi davanti al suo capo), kitsune udon  per il secondo.

Il chashu ramen è un piatto cinese che ho scoperto leggendo "20th Century Boys" e mi è semplicemente rimasto impresso, mentre la scelta del kitsune udon non è tanto causale: il piatto si chiama così perché si dice che le volpi in Giappone adorino le cose dolci (l'ingrediente principale è infatti il tofu fritto in una pastella dolce) e inoltre il triangolo richiama la forma del loro musetto :3

Per dovere di cronaca, Cait Sith è per molti aspetti a mio avviso simile all'idea di volpe come compare nel folklore giapponese: orecchie a punta, occhi chiusi, ha capacità divinatorie… e può 'traformarsi' in altro, ovvero l'essere umano che ci sta dietro. Però nella tradizione sarebbe una bella donna… UHM.

 

*Angolino della brutta notizia

Torno all'università. Addio lunghe settimane di pura nerdaggine a gogò.

Grazie a Youffie per i betaggi fin qui, Shining Leviathan, The One Winged Angel e Poisonerlady per aver letto! ;D

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Capitolo 10
*** My LUCKY number ***


My LUCKY number

 

Cat aveva trovato un nuovo passatempo: tamburellare sulla boccia di Flo, il pesce rosso del Capodipartimento per lo Sviluppo Militare.

"L-lo a-a-agiti, se f-fa-ai co-o-sì."

Lala le aveva lanciato uno sguardo disperato, stringendo convulsamente una penna tra le dita: "A-anche qu-quel g-gatto…"

I loro occhi si rivolsero verso la figurina nera appollaiata sulla scrivania: "Ho un nome." Puntualizzò stizzito, sistemandosi la coroncina di latta: "Cait Sith, per tua informazione."

"Numero Due. Cait Sith Numero Due."

La sensazione era la stessa di quando, da bambini, si perde il giocattolo a cui si è tanto affezionati e per cui ce ne viene regalato uno nuovo, del tutto identico all'originale.

"Numero Due." Ripeté meccanicamente Cat da dietro la boccia: "Sei il Numero Due."

"Reeve ti ha già detto che sono come il Cait che è andato dall'AVALANCHE." Avanzò a passettini fino al bordo dove Cat lo fissava con lo sguardo più cattivo che poteva avere: "Neanche a me piace avere qualcuno uguale al sottoscritto, ma in fondo nessuno di noi due è uguale all'altro. Io ora parlo con te, Cait parlerà con l'AVALANCHE e forse io mai. Ma in fondo, Catty, io rimango Cait Sith."

Cait Sith -Numero Uno- non era stato esattamente di quell'idea.

Cat stava sistemando le poche cose che erano rimaste del suo buco del Settore 6 nel monolocale aziendale che il signor Tuesti le aveva fatto assegnare: aveva addirittura previsto dei locali per le emergenze dei dipendenti. Come veggente poteva considerarsi persino migliore di lei.

"L'idea era di costruire degli appartamenti aziendali qui al Settore 0. Per i dipendenti che si trasferiscono lasciando le famiglie oltre le Wasteland, non so se capisce cosa intendo." Il suo filantropico capo probabilmente la considerava ancora più socialmente problematica di lui: "Gli attacchi terroristici. Non esiste solo l'AVALANCHE, sa."

"Mi aveva detto che il Settore 7 è stato fatto esplodere proprio dalla Shin-Ra, signore."

Si era zittito, tenendo in mano la tessera magnetica che avrebbe aperto a Cat la sua nuova esistenza dentro gli HQ: "…Le stavo dicendo come l'idea originale fosse precedente agli eventi del Settore 7."

"Reeve è una brava persona, ogni tanto. E ha anche delle idee geniali." Cait aveva iniziato a prendere a calcetti la porta ancora chiusa: "Vediamo un po' cosa ti sei inventato questa volta."

Il nuovo, minuscolo buco in cui Cat si sarebbe rintanata fino a nuovo ordine era così simile a quello di cui era stata derubata che non le ci volle più che qualche minuto per abituarsi.

"Spero non lo interpreti come un'invasione della sua privacy, ma ho fatto qualche ordine per le sue prime necessità, in base a quello che mi è stato riportato dal Dipartimento di Pubblica Sicurezza."

Le parole del signor Tuesti suonavano stranamente imbarazzate in quella stanzetta bianca e semivuota, dove impilate in un angolo stavano le prime necessità che sembravano essere così ovvie addirittura dai file degli scagnozzi di Heidegger.

Lattine di birra e spaghetti istantanei.

Il mondo non aveva bisogno d'altro per andare avanti. Almeno nell'ottica della Shin-Ra.

Cait fissava con i suoi occhietti cuciti la piccola montagnola degna di un rifugio di barboni degli Slums: "Potevi far portare anche una fotocopiatrice. Lei è quella che fa le fotocopie, giusto?"

La considerazione che la gente, la sua azienda e il gatto meccanico del suo capo avevano di lei, Cat Empitsu segretaria del Dipartimento per il Disfacimento e neo-traferita agli Shin-Ra HQ, era tutt'altro che rincuorante.

"Entro dopodomani, l'AVALANCHE arriverà al Golden Saucer. I Turks sono sulle loro tracce e pare che il gruppo conti nuovi membri oltre a quelli che sono fuggiti da Midgar. Il Dipartimento di Pubblica Sicurezza le farà avere i file del caso non appena saranno pronti."

Altri terroristi da analizzare per trovare la buona idea capace di far infiltrare una spia di pelo sintetico alla rincorsa di Sephiroth? Cat sperò che l'AVALANCHE non stesse così simpatica al Pianeta da contare qualche centinaio di quei nuovi membri.

"Io non voglio andare via, Reeve." Le orecchie di Cait Sith si erano pietosamente afflosciate, mentre gli tirava insistentemente il bordo della giacca: "Già dopodomani? È troppo presto, Reeve. Io voglio stare con Catty ancora un po' di più."

Calò improvvisamente un silenzio imbarazzato, per cui Cat dubitò che fosse stata effettivamente la personalità originale a parlare: "Non volevi vedere i Chocobo gialli al Golden Saucer?" Azzardò, cercando con lo sguardo un aiuto nel signor Tuesti, intento come al suo solito a rimirare dalla finestra il vuoto nulla di Midgar. E del tutto incurante di avere un felino di pezza aggrappato al suo vestito.

"Hai paura di romperti?"

Nessuna battuta sarebbe stata scelta peggiore per quelli che si potevano considerare i tesissimi nervi artificiali della sua creaturina. Una battuta degna del Dipartimento di Scienza e Ricerca davanti al primo essere umano di passaggio, o ancora di un Turk sbronzo e con il grilletto facile in giro per gli Slums.

"Hai paura di romperti, Cait?"

Reeve Tuesti era rimasto con lo sguardo fisso sulla finestra, probabilmente completamente dimentico del fatto di come quello non fosse il suo ufficio e non fosse solo in mezzo alle sue carte.

In quel momento la scarsa vena premonitrice di Cat formulò la più ovvia delle considerazioni: là fuori, c'era davvero il rischio che qualche circuito potesse fulminarsi e non certo per un mal di testa di proporzioni epocali. Il che sarebbe stato un bel problema perché la sacra missione del suo capo proseguisse al meglio, così bene da far ingoiare a Scarlett quel ciuffo ossigenato che le ballonzolava sempre davanti al naso.

Le zampine guantate di Cait si staccarono dalla giacca, ricadendo mollemente di lato: "…Posso restare con Catty?"

"Abbiamo ancora del lavoro da fare assieme alla signorina Empitsu, giusto?" Il signor Tuesti scambiò un'occhiata in direzione di Cat, che ancora non era riuscita ad afferrare quale fosse il suo ruolo in quella conversazione e quindi si limitò ad annuire con quanto più convincimento possibile. La farsa sembrò avere un certo effetto in quel cuoricino meccanico e sui suoi nervi, almeno per qualche secondo.

"Io sono l'unico e vero Cait Sith, non te lo dimenticherai?" Si era fiondato sulla sua gonna, tirandola insistentemente verso di lui. Era davvero ridotto a uno stato pietoso, con le orecchie sempre più flosce sotto quell'assurda coroncina di latta: "Non te lo dimenticherai, vero? Neanche quando arriveranno gli altri?"

"Gli altri?"

La smorfia su quel musetto di pelo sintetico l'avvisò dell'arrivo imminente di un'altra, robotica, crisi isterica: "Gli altri. La fortunata serie Cait Sith." Piagnucolò di rimando, stringendo ancor di più la presa sull'orlo: "Io sono solo il Numero Uno. Io non sono l'unico, Reeve me l'ha sempre detto… Ma anche se un altro Cait Sith dovesse comparire, non dimenticarti di me."

Da piccoli, tutti perdiamo il pupazzo a cui siamo tanto affezionati, a cui i nostri genitori provvederanno prontamente a trovare un rimpiazzo.

Ma, chissà perché, quel giocattolo nuovo fiammante non potrà mai sostituire davvero quello che si aveva prima.

Ci rimpiangiamo di non averlo mai abbracciato un'ultima volta.

E vorremmo aver saputo che di lì a poco non lo avremmo sarebbe più rivisto.

In quel cubicolo aziendale in un piano qualsiasi degli HQ della Shin-Ra.Inc, Cat stava avendo la possibilità che tutti i bambini del Pianeta avrebbero voluto avere. Il pupazzo che stava per perdere era ancora lì davanti a lei: poteva rendere giustizia di tutti quelli che scomparivano e che non avrebbero mai saputo di come, in fondo, fossero davvero indimenticabili.

Si abbassò sulle ginocchia, stringendo a sé quella strana combinazione di pelo sintetico e ingranaggi. Non sapeva se sotto ci fosse davvero un cuore meccanico, ma non c'era niente di male nel dare un abbraccio.

"Hugs are for free."

Così aveva scritto qualcuno. Addirittura all'HoneyBee Manor.

"È ora di andare, Cait."

Un mugugno sulla porta fece ritornare il Pianeta a girare sul suo asse e alle sue sfortune universali. Reno stava appoggiato allo stipite fissando cupo la scribacchina demente intenta a sfogare le sue patetiche lacune d'affetto sull'Ultima Stronzata di quello che si definiva il fottuto Capodipartimento del Casino Urbano.

Cat sentì le zampine guantate staccarsi da lei, mentre la solita vocina stridula tornava a riempire la stanza: "Reeve! Io ho una donna!"

Prima che potesse replicare a quella affermazione degna di un SOLDIER in astinenza, Cait le premette senza troppi complimenti il naso contro il suo.

"Sentite un po', ma questo lo porto via o avete da progettare un altro bordello dopo quello degli Slums? A me non spiacerebbe, sapete."

Il colpo secco del Teaser contro il muro non faceva altro che sottolineare ulteriormente i nervi scoperti del Turk, mentre la mano libera tamburellava pericolosamente contro la parete: "E già che si sono, ripeto mi scazza assai usare il mio elicottero per spedirlo a quel fottuto Golden Saucer…"

"La ringrazio ancora per la collaborazione, signor Reno." Reeve Tuesti acciuffò la sua creaturina per il mantello, dondolandola a mezz'aria: "Prego, faccio affidamento su di lei."

Mentre le scarpe del Turk si allontanavano lungo il corridoio, la stanza piombò improvvisamente in un silenzio a cui da qualche tempo Cat non era più abituata.

"Signorina Empitsu, vorrei che mi seguisse in ufficio." Si era abbassato sulle ginocchia, tendendole una mano: "Non si preoccupi. Tra poco sarà di nuovo tutto come prima."

Rimase un attimo imbambolata a fissare un punto oltre la spalla del suo capo prima di ritrovare un po' di buon senso e professionalità perché le gambe le rispondessero e potesse rimettersi in piedi: "…Come prima?"

La risposta del suo capo era sicuramente in fase di elaborazione: questo era stato l'ottimistico pensiero di Cat, mentre trotterellava dietro di lui lungo i corridoi del Piano 65, vuoti come al loro solito di esseri umani, ma misteriosamente venutisi a riempire di scatoloni accuratamente impilati contro le pareti.

"Lattine. Il cibo in scatola è una delle migliori invenzioni dell'umanità." Il signor Tuesti aveva indicato con orgoglio il quantitativo di alluminio di cui ora il suo spazio personale si era improvvisamente popolato. Cat appuntò mentalmente la nuova infatuazione per le lattine e stranamente le sembrò addirittura sensata, almeno per la media delle assurdità a cui il fantomatico Dipartimento per lo Sviluppo Urbano la stava abituando.

Lattine, alluminio, peluche con coroncine di latta: a tutto c'era una spiegazione logica.

Continuarono a camminare in silenzio, mentre le spalle del signor Tuesti si facevano più curve a ogni passo: aveva addirittura infilato entrambe le mani in tasca.

"Considero questo progetto un grande onore da parte della Compagna e degno della massima professionalità. Mi scusi per prima." Si era fermato pensieroso davanti a uno dei tanti uffici, irrigidendosi sul posto: "Mi rendo conto di come quello che sia successo sia andato ben oltre i limiti del suo contratto e di questa relazione lavorativa. Non era mia intenzione permettere una simile deviazione degli eventi, ma Cait Sith ha una sua personalità in evoluzione… Sfortunatamente quella non rientra nelle mie possibilità di controllo."

In pratica, voleva assicurarsi che non avesse frainteso e non stesse pensando a una scalata ai ranghi Shin-Ra con il solito trucchetto della relazione professionale dopo l'orario di lavoro.

Cat cercò di mantenere la stessa, imperturbabile espressione del suo capo: il obbiettivo del suo impiego alla Shin-Ra era tutt'altro. Certo, in quei giorni era stata molto presa da diverse e svariate catastrofi che si erano abbattute su di lei come la punizione ancestrale di un qualche dio degli Antichi, ma aveva tutta la situazione sotto controllo. O almeno, confidava in quel poco di umanità rimasta al Dipartimento di Scienza e Ricerca.

"Farò in modo che con il prossimo Cait Sith non si ripeta più nulla del genere."

La porta scorrevole si aprì dietro alla sua schiena, mentre le luci automatiche si accendevano con un ronzio illuminando l'interno.

Se i corridoi del Piano 65 erano stati stipati di scatolette in previsione della Fine del Pianeta, uno dei suoi uffici era stato stipato di robot meccanici a forma di gatto: Reeve Tuesti doveva avere molto tempo libero e di sicuro non lo aveva passato tra la tappezzeria leopardata dell'HoneyBee Manor.

E in quel momento, Cat Empitsu, 21 anni, segretaria full-time e neo-inquilina degli Alloggi Residenziali d'Emergenza degli Shin-Ra HQ, ebbe la sensazione di stare per andare davvero oltre la consueta relazione professionale.

"Qui è dove presumibilmente controlleremo Cait nei momenti in cui ci sarà bisogno di un intervento diretto." Distolse la sua attenzione dai cavi e dalle parti meccaniche tutto attorno, puntando un grosso e ingombrante schermo che pendeva dalla parete: "Almeno questo agli inizi. La situazione potrebbe richiedere degli interventi d'emergenza."

Si avvicinò al largo tavolo che sembrava essere stato trafugato direttamente dai Laboratori del Piano 67: un Cait Sith stava seduto con la schiena appoggiata alla parete, avvolto nel suo assurdo mantellino rosso e con la sua coroncina di latta in bilico sulle orecchie. Avrebbe potuto essere semplicemente lo stesso, ciarlante peluche rompiscatole che Cat aveva visto consegnare al Turk solo poco prima.

"Ricordo che il suo primo incontro con Cait Sith non sia stato dei migliori, ma anche quello non era mia intenzione: doveva averlo ritenuto divertente." Commentò, lisciandosi pensieroso la punta della barba "Ammetto di averlo pensato anche io, comunque non fraintenda. Non volevo prendermi gioco di lei."

Cat annuì senza potersi nascondere dietro la sua solita risma di fogli fotocopiati: "Quindi questo… Sarebbe uno degli altri?" Guardò meglio la forma familiare che stava addormentata davanti a lei: "Sembra proprio lo stesso."

"In fondo, sono esattamente l'uno la copia del precedente. Per questo non ci sarà nessun bisogno che lo saluti di nuovo." Aveva abbassato la voce, prendendo delicatamente quello che qualunque bambino del Pianeta avrebbe volentieri chiesto come regalo di compleanno, se solo ne avesse saputo l'esistenza: "È un Cait Sith, non un essere umano. Veda di non scordarlo."

Ma forse, la persona che in quello sgabuzzino disperso si era scordata di quel piccolo particolare era proprio lui.

Chinato su quel Cait Sith Numero Due, Reeve Tuesti, Capodipartimento per lo Sviluppo Urbano di Midgar ed Esimio Architetto di Ogni Cosa Progettata, sembrava davvero aver dimenticato di come attorno ci fosse il Pianeta, la Shin-Ra e la sua segretaria. Appoggiò le mani su quel pupazzo immobile, dallo stesso sguardo vuoto e sorridente che avrebbe potuto avere qualunque altro giocattolo su uno scaffale: lo strinse appena, mormorando qualcosa a fior di labbra che forse soltanto quelle orecchie appuntite avevano potuto sentire.

"Tra poco si sveglierà. Ora andiamo a salutare Cait."

Si era rialzato, prendendo sottobraccio Numero Due ancora addormentato, molle e silenzioso come solo un pupazzo avrebbe potuto essere. Cat pensò a come ogni tanto lasciava che la gru di carta regalatale alla bettola si sgranchisse le aluccie tra una risma di fotocopie e l'altra: persino quella cosetta così fragile ora sembrava più piena di vita del complicato insieme di parti meccaniche chiamato Cait Sith.

Camminarono per i corridoi stipati di scatolette, per poi infilare l'ascensore e salire verso il punto più alto di tutti gli HQ. Addirittura più in alto dello stesso Ufficio Presidenziale: ecco perché Reno si sentiva così autorizzato a intercalare imprecazioni su ogni cosa. Gli spazi in alto danno libero sfogo al senso di onnipotenza.

Il grosso e grigio elicottero B1A stava per partire, alzando polvere e vortici d'aria tutt'attorno. Nell'oscurità della sera, le luci di posizionamento illuminavano a malapena l'oblò tondo sul portellone, ma prima che l'elicottero si staccasse da terra, Cat riuscì a vedere una buffa zampina guantata fare un cenno di saluto oltre lo spesso vetro di protezione. Stupidamente, si ritrovò a ricambiare, sventolando meccanicamente la mano in aria.

Bye-bye, fairy cat Cait Sith.

 

*__**_*

"If another Caith Sith comes along, don't forget about me"

"There's plenty of stuffed toys like my body around, but there's only one me!"

 

Il fatto è che Cait Sith può rivelarsi addirittura un personaggio ANGST!

Poi è andato tutto a farsi benedire, ma vabbè. Insomma, è un pupazzo di pezza più lunatico di una apina dell'Honey Bee, creato da un architetto-ingegnere tra Leonardo da Vinci, Gustave Eiffel e Salomone, con lo stesso charme di Keanu Reeves e Ken Watanabe. Possiamo perdonargli di tutto, no?

Comunque, la storia delle lattine è vera: se avete mai letto il "The Case di Denzel" in "One the Way to a Smile", scoprirete la passione per il cibo in scatola da parte della madre di Reeve, la signora Ruvi.

 

Questo capitolo lo pubblico senza andare a rompere le scatole alla mia povera beta: dato che d'ora in avanti sarò pure io piuttosto impegnata con l'università fino a data abbastanza da destinarsi, con queste ultime righe la stramba e insensata storiella del gruppo di Employees della beneamata Shin-Ra.Inc entra on-hiatus.

Argh, odio doverlo dire.

Grazie per aver letto fin qui, spero di poter riprendere tutto al più presto anche se non mi piace pubblicare dopo mesi di assenza: si perde il filo del discorso e quindi fino a quando non potrò pubblicare in maniera più continuativa fermo la serie a questo punto. Almeno ha un senso. Più o meno.

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