Che gran coppia di amiconi di aoimotion (/viewuser.php?uid=121962)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Che gran coppia di amiconi ***
Capitolo 2: *** Hentai Collection ***
Capitolo 3: *** Shoichi VS Novantanovepercento ***
Capitolo 4: *** La sfida ***
Capitolo 5: *** Adorabile espressione ***
Capitolo 6: *** Ritorno alle origini ***
Capitolo 7: *** Uragano Spanner ***
Capitolo 8: *** Quando gli amiconi vanno al cinema ***
Capitolo 9: *** Bacio ***
Capitolo 10: *** La fine dell'incubo ***
Capitolo 11: *** Occhi che fondono ***
Capitolo 12: *** L'arrivo ***
Capitolo 13: *** Primo match ***
Capitolo 14: *** Secondo match ***
Capitolo 15: *** It's a PINCH! ***
Capitolo 16: *** Violenza ***
Capitolo 17: *** Goodbye ***
Capitolo 18: *** Postumi ***
Capitolo 19: *** Eroge e botole ***
Capitolo 20: *** Epic days ***
Capitolo 21: *** Separazione ***
Capitolo 22: *** Gli Avariati e i piccoli colpi di genio ***
Capitolo 23: *** VOOOOI ~ overture ***
Capitolo 24: *** Smarrire la via ***
Capitolo 25: *** Qualcuno ***
Capitolo 26: *** Coinquilini, molestie e genialità assortite ***
Capitolo 27: *** Anima rossa ***
Capitolo 28: *** Ricongiungimento ***
Capitolo 29: *** Dolce e salato ***
Capitolo 30: *** La solita routine ***
Capitolo 31: *** Nickname ***
Capitolo 32: *** Giri e girelle ***
Capitolo 33: *** Couch x Ouch ***
Capitolo 34: *** Papere sull'orlo di una crisi di nervi ***
Capitolo 35: *** I discorsi di una pannocchia OGM ***
Capitolo 36: *** Le effusioni di affetto di una mente contorta ***
Capitolo 37: *** Il seminario si tinge di marrone ***
Capitolo 38: *** Serial provola ***
Capitolo 39: *** Promessa di sesso ***
Capitolo 40: *** Merda! ***
Capitolo 41: *** Conti & Conti ***
Capitolo 42: *** Perché Shoichi vale ***
Capitolo 43: *** Costruire, distruggere, ricostruire ***
Capitolo 44: *** Un fottuto stronzo ***
Capitolo 45: *** Shoichi è una papera e Spanner lo dimostra ***
Capitolo 46: *** Epic Crash ***
Capitolo 47: *** Vittoria = COLLASSO ***
Capitolo 48: *** Vacanza premio in America ***
Capitolo 49: *** Fine...? ***
Capitolo 1 *** Che gran coppia di amiconi ***
c1
Spanner e Shoichi. Shoichi e
Spanner.
Che gran coppia di amiconi.
Così amiconi che quando si trattava di costruire,
programmare,
montare, o - perché no? - distruggere qualcosa, erano sempre
d'accordo
su come procedere. Con calma, sangue freddo, e tanto, ma proprio tanto amore
reciproco.
"Ma che diavolo stai facendo? Non vedi che quella vite lì
non ci entra?"
"Shoichi, per favore, per una buona volta... fatti. I fatti. Tuoi."
"Ma se stai combinando un disastro di proporzioni cosmiche mi spieghi
come posso farmi i fatti miei?!"
Spanner sospirò, tirando giù la mascherina che
gli copriva il volto.
"Sei una palla, Shoichi. Perché non vai a rotolare da
qualche altra parte? So perfettamente quello che sto facendo."
"No che non lo sai!" Gridò lui "Se lo sapessi veramente,
intanto non mi staresti cacciando, e poi..."
Lo interruppe.
"E' proprio perché
lo so che non ti voglio fra i piedi, amico mio." E gli diede
un'altrettanta amichevole
pacca sulla spalla che significava chiaramente fuori dalle palle.
Shoichi aprì la bocca per ribattere, ma quello che
uscì fuori non fu che un miagolìo rauco.
"Sei... una bestia" disse infine voltandosi dall'altra parte "se
esplode tutto non ti salti in mente di chiedere il mio aiuto, sia
chiaro!"
"Se esplode tutto non avrò neanche il tempo di chiederlo, il
tuo
aiuto. E poi, francamente... sei l'ultima persona a cui mi rivolgerei,
in questo caso."
L'ultima frase lo trafisse come un cacciavite. Anzi, come un martello
pneumatico.
Shoichi fissò Spanner. Spanner fissò Shoichi.
Poi Spanner distolse lo sguardo, inforcò la mascherina opaca
e
tornò ad avvitare quella vite svitata che - secondo Irie -
lì non ci sarebbe entrata né ora e né
mai.
Sei davvero una bestia,
Spanner... spero che ti esploda tutto in faccia!
E, pensato questo, il rosso uscì fuori dalla
stanza.
O, almeno, era quello che stava per fare. Perché quando mise
un
piede fuori dalla porta, sentì il chiaro rumore del gas
compresso che esce fuori da un ambiente a pressione elevata e che
solitamente preannuncia uno scoppio imminente.
"Oh-ho..."
"Non mi dirai che..."
BOOOOOOM!
Un'esplosione di dimensioni contenute inglobò i due
mancapitati
meccanici, illuminando la stanza di bianco, di grigio e di nero
carbone, disperdendo nell'aria polveri malefiche e ad alto contenuto
tossico.
"Mh... mi sa che ho sbagliato a montare il conduttore..." disse Spanner
grattandosi la testa perplesso, mentre i suoi capelli lentamente
andavano a fuoco.
"Ma come puoi dire una cosa del genere, ora, in questa stanza, in
questa condizione, dopo che ti ho avvertito cento volte che quello che
stavi facendo era COMPLETAMENTE, IRREVERSIBILMENTE, VOLONTARIAMENTE
sbagliato?!" Strillò Shoichi mentre vagava alla ricerca dei
suoi
occhiali. Ma se anche li avesse avuti sul naso, probabilmente non
avrebbe comunque fatto notare all'altro che gli stava andando a fuoco
la testa.
Proprio come un bravo amico.
"Ma quanto gridi, Shoichi. Perché non ti fai una camomilla?
Anzi, forse una sega sarebbe meglio nel tuo caso."
"Una s..."
Ci impiegò un po' a realizzare quello che aveva sentito. In
quel
frangente, intanto, come se nulla fosse accaduto, Spanner aveva
continuato a digitare una marea di dati sul computer portatile che si
portava dietro ovunque,
anche in bagno.
"Forse il problema si è verificato per un'interruzione del
catodo dell'area A3... oppure perché il fascio di elettroni
emesso dalla piastra a titanio è entrato in collisione con
l'area B1... "
"Disgraziato! Animale! Idiota! Troglodita!" Urlò Shoichi al
colmo della vergogna e della pazienza.
"Penna a sfera! Pannello solare! Spinterogeno! Caffeina!"
Gridò
l'altro di rimando, ovviamente senza staccare gli occhi dallo schermo.
"E così dovrei farmi una sega, eh?"
"Questo l'ho detto cinque minuti fa, Shoichi."
"Tsk. Si vede che non mi conosci affatto, Spanner."
"A me non sembra, francamente. Oh, ma guarda, il settore B1
è
parzialmente fuso, come sospettavo. Ehi Shoichi, vieni a vedere un po'."
"MA MI STAI ASCOLTANDO? SMETTILA DI PARLARE CON ME E GUARDARE LO
SCHERMO, PEZZO DI ASINO!"
Dopo quelle parole, seguirono due cose.
La prima, fu il quanto mai imbarazzante affanno di Shoichi, neanche
avesse corso 20 piani a piedi.
La seconda, fu che Spanner aveva finalmente distolto lo sguardo dal
monitor, tirata giù la maschera (di cui ormai rimaneva solo
la
montatura, dato che l'esplosione l'aveva mandata in frantumi) e
guardato Shoichi con sguardo penetrante.
O meglio, fu a Shoichi che parve penetrante, perché anche le
sue
lenti erano andate a farsi benedire. In realtà, Spanner non
lo
stava neanche guardando, bensì stava consultando l'orologio
dall'altra parte della stanza per vedere che ore fossero.
"Le 7 e mezza."
"Come?" Fece lui con un filo di voce.
"Sono le 7 e mezza, ho fame. Vado a ordinare una pizza, tu che gusto la
vuoi?"
"Prendila ai peperoni... eh no, aspetta un attimo!"
"Non la vuoi con i peperoni? E allora come?"
"Non si tratta della pizza, cretino! Sto parlando della sega!" E fece
il movimento chiarificatore.
"Ma io sto parlando della pizza" ribatté sereno Spanner "per
le seghe c'è sempre tempo, non credi?"
Spanner si alzò in piedi, nero di polvere e con la testa
parzialmente combustionata, con un'espressione rilassata, di chi si
ritrova a spiegare le cose dei grandi ai grandi che però
hanno
il cervello dei piccoli.
"Non preoccuparti, amico mio. Dico davvero."
"Spanner... davvero, sei una bestia." Il tono di Shoichi era un misto
fra la disperazione che accoglie tutti coloro che si sentono incompresi
e la rassegnazione di chi vive con quella rara specie di essere umano
chiamata «Spanner» e che per quanto li faccia sudare, patire e venir
voglia di rotolare giù da un pendio, non cambierebbero mai
con
nessuno al mondo.
Neanche con il più tranquillo dei coinquilini.
Neanche con la più bella delle ragazze.
Neanche con il più brillante degli ingegneri.
Neanche con il più sofisticato dei robot.
"Allora vada per i peperoni?"
Forse, però, una pizza ai peperoni avrebbe anche potuto
indurlo in tentazione.
Per fortuna non avrebbe dovuto mai scegliere fra il suo grande amico e
la pizza ai peperoni.
"Vada per i peperoni..." Sospirò Shoichi, arrendevole.
Ma perché
vince sempre lui?
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Hentai Collection ***
c2
"Sai, stavo pensando
una cosa..."
"Tu?"
Shoichi si voltò verso Spanner con una smorfia.
"Sì, esattamente. Vuoi sentire?" Chiese sarcastico.
"Devo proprio? Sta per cominciare «Tutti pazzi per
Nanami»..."
"Non mi dire che guardi questa roba, Spanner!"
Silenzio.
"Oh, mio, Dio..."
"Andiamo, come sei polemico... è solo un telefilm, no? Non
smetterò mica di lavorare solo perché dedico 45
minuti
del mio tempo a un programma televisivo."
"Come se il problema fosse questo... vabbè, se i tuoi
neuroni vanno in fumo sono affari tuoi, quindi veniamo al dunque."
Spanner ascoltava, con attenzione. O perlomeno, fingeva di possederla.
Piuttosto bene, anche.
"Ti ricordi di quel frigorif..."
"Aaaah" Spanner si tappò le orecchie distogliendo lo sguardo
"non voglio sentire nulla."
"M-ma Spanner!" Piagnucolò Shoichi "Sarebbe di una
comodità M-O-S-T-R-U-O-S-A!"
"Ne avevamo già discusso, Shoichi, sarebbe un acquisto
inutile, roba del genere non dura, e tu dovresti saperlo."
Irie sbuffò, nascondendo la testa fra le braccia.
Entrambi si trovavano seduti per terra, circondati da cavi elettrici,
polvere, monossido di carbonio e chiavi inglesi, e stavano lavorando a
un acceleratore di raggi gamma.
Perché? Perché Spanner e Shoichi adoravano le
invenzioni inutili. Il secondo anche più del primo.
Infatti, era per un acquisto inutile che si stavano confrontando: un
frigorifero che faceva anche da forno.
Per una serie di spiegazioni molto scientifiche, un simile congegno non
avrebbe retto più di 37 minuti (tempo calcolato da Spanner
in
persona) e avrebbe consumato tanti watt quanto ne avrebbero pagati ogni
due mesi per 12 anni.
Vedendo l'amico soffrire, il biondo ragazzo decise di dire due paroline
di conforto.
"Dai, non te la prendere..."
Silenzio.
"Non sai dire di meglio?!" Sbottò Shoichi con un gemito di
sofferenza, nascondendosi ancora di più dentro le sue
braccia,
auto-inglobandosi in un abbraccio consolatore.
"Be', vediamo... che ne dici se stasera cucino io?"
"E questo dovrebbe consolarmi?"
"Mh... credo di... sì?"
"Spanner... sei un'idiota."
"Non capisco il perché di tanto rancore nei miei confronti,
Shoichi. E dire che sono qui per consolarti... che ingrato che sei."
Il rosso sospirò. Non c'era proprio niente da fare con lui,
era
fatto così. Faceva sempre del suo meglio per tirarlo su, non
glielo si poteva negare.
Peccato che, nel caso di Spanner, il suo meglio coincidesse con il suo
peggio.
Ma che ci si poteva fare?
"Vabbè, vorrà dire che mi consolerò da
solo."
Shoichi si alzò in piedi, si grattò il gluteo
destro, si
guardò intorno e infine si diresse verso il portatile
del'amico.
"Ti seghi?"
La domanda lo fece sussultare.
"M-ma la pianti??"
"E' che ti ci vedo proprio a stimolartelo per un motivo così
idiota..."
"La tua gentilezza mi scalda il cuore e il tuo sorriso mi spinge ad
andare avanti, davvero Spanner, ma adesso basta, potrei subire
un'intossicazione."
"Capisco... allora io andrò a vedere Nanami, tu rimani pure
qui
nella tua intimità e soddisfa i tuoi bisogni come
più ti
aggrada. Saluti, Shoichi."
E detto questo, Spanner uscì dalla stanza, lasciando Shoichi
da solo con il portatile in mano.
"Maledetto... come se potessi masturbarmi per un motivo simile!"
Il ragazzo si collegò a internet, poi puntò alla
barra di ricerca.
h-e-n-t-a-i-c-o-l-l-e-c-t-i-o-n
invio
Circa 1.710.000 risultati (0,19 secondi)
"Dopotutto... chi ha bisogno di un motivo?"
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Shoichi VS Novantanovepercento ***
c3
"Ah, Shoichi, a
proposito di quell'accel..."
"Woo!"
La mano dentro i pantaloni di Shoichi sgusciò fuori con la
velocità di un'anguilla.
Tuttavia, l'operazione mirata a chiudere la pagina hentai che occupava
l'intero schermo del portatile di Spanner non fu altrettanto rapida.
"Sp-Spanner!"
"Ah, domando scusa, avrei dovuto immaginarlo. Ripasso più
tardi..."
"N-no! Non è come sembra!"
"Ma di che stai parlando?" Chiese il biondo visibilmente perplesso.
"E-ecco... l'hentai, la mano, n-non è come sembra! Non mi
stavo masturbando!"
Silenzio.
"Non ho mai pensato che ti stessi «masturbando»,
amico mio." Rispose Spanner annuendo gentilmente.
"Ah, d-davvero? Be', meglio così!"
"Tuttavia, sono sicuro al 99% che tu ti stessi abbondantemente segando."
Quelle parole fecero tremare il povero Shoichi, che divenne talmente
tanto rosso che distinguere fra i suoi capelli e la sua faccia sarebbe
stato impossibile per chiunque.
Non per Spanner, ovviamente.
"Mh... comunque, hai finito? Mi servirebbe la tua consulenza, Shoichi."
Il ragazzo non rispose.
"Shoichi?"
Ma ancora nessun segno di vita.
"Oh cielo, ma come sei infantile..." e si mosse per scuoterlo.
Ma quando lo fece, Shoichi sussultò come un epilettico.
"Wa-aah! N-non mi toccare!"
"Sì, sì, va bene, non ti tocco, è un
momento
delicato, la tua prima sega, ti senti scosso e bla bla bla, le solite
storie. Adesso, vuoi venire con me in laboratorio o hai da fare?"
Shoichi annuì, poi tossì come per ricomporsi e
infine si alzò in piedi, un po' barcollante.
"B... bene, dov'è questo generatore di particelle?" Chiese
nel tentativo di darsi un contegno.
"E' un semplice acceleratore, vorrei ricordarti. Comunque l'ho spostato
in laboratorio perché credo che sia estremamente sensibile
alla
luce e che esploda facilmente.
"Ah sì, giusto... comunque è ovvio, se non hai
foderato
l'interno con la pellicola isolante di manganese non puoi lavorarci con
la luce."
"Mh."
Silenzio.
"Ma hai sentito quello che..."
Spanner gli mise un dito sulle labbra.
"Silenzio Shoichi, sto pensando."
A quel gesto, Shoichi si disse che sarebbe potuto arrossire
violentemente, gridare un malmesso «ma che fai,
cretino!?» e fuggire via in preda all'imbarazzo.
Tuttavia, per qualche strana ragione, non fece nulla, e
approfittò di quella pausa per calmarsi - anzi, per calmarlo - , dato
che, tutto sommato,
quel contatto non gli provocava nessun fastidio.
"Non credo c'entri qualcosa la pellicola di manganese, francamente."
Nervi.
"Prima mi chiedi un aiuto, e poi quando te lo do dici che non c'entra?"
Shoichi lo guardò con irritazione "Be', la prossima volta
allora
non scomodarmi e cavatela da solo!"
Il ragazzo gli diede malamente le spalle e si risedette sul pavimento,
incrociando le braccia.
"Certo che è incredibile... i tuoi ormoni ballano con
niente, Shoichi. Basta una sega per farti diventare lunatico?"
"Senti un po'!" Sbraitò "Fino a prova contraria, io sono
tranquillissimo!"
"Verificata."
Shoichi non capì.
"Eh?"
"La prova contraria, dico. L'hai appena verificato tu stesso, il che
significa che sei agitato come un epilettico e che io, Spanner, in
quanto essere superiore e geneticamente modificato, ho vinto."
L'umorismo di Spanner era qualcosa di magico.
Davvero, bastava sentirgli fare del sarcasmo una volta per provare
l'irrefrenabile impulso di buttarsi dalla finestra.
"Tu non sei normale... di' un po', è stato quel
telefilm a ridurti così, vero?"
"O magari la tua idiozia mi ha finalmente contagiato, chi
può dirlo..."
Ci fu un attimo di pausa.
Fu solo per un istante, ma Shoichi pensò di essere molto,
molto fortunato.
"Vabbè, vabbè... lasciamo perdere. Fammi vedere
questo acceleratore e vediamo se possiamo tirare fuori qualcosa."
"Ce ne hai messo di tempo!" Esclamò Spanner con un gesto
eloquente.
E i due grandi, grandissimi amiconi si diressero verso il laboratorio.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** La sfida ***
c4
"M-ma è
enorme! Spanner, come diavolo ci sei riuscito?!"
"Eh,
che ti avevo detto? Con le medicine giuste anche un cosino
può
diventare gigantesco, e questa ne è la prova" Spanner
sorrise
compiaciuto "beh, perché non lo tocchi? Non morde, sai?"
"Non si
tratta di mordere o non mordere... solo che così grosso,
davvero, non
l'avevo mai visto..." Shoichi continuò a fissare
l'acceleratore di
raggi gamma con gli occhi luccicanti, mentre le sue mani sudaticce
esitavano nel toccarlo, temendo che si sarebbe potuto rimpicciolire di
colpo se non fosse stato attento.
"Di solito questi affari non arrivato a misurare più di 15
cm"
continuò "ma questo è... quantò
sarà? 22?
25?"
"24,7, per l'esattezza. Dai Shoichi, ammettilo: sono un genio."
Che Spanner volesse essere apprezzato era comprensibile.
Che volesse essere venerato come un Dio, no.
"Eddai Spanner, adesso non montarti la testa... anche io ci sarei
potuto riuscire, con le «medicine» giuste, come le
chiami
tu."
Per Shoichi era molto importante difendere la propria
dignità di ingegnere.
A costo di mentire spudoratamente.
Ma poiché Spanner nel capitolo precedente si era
già
dichiarato un essere superiore e geneticamente modificato, non
tardò a capirlo, e ovviamente ne approfittò.
Altrimenti, che razza di amico sarebbe?
"Possiamo fare una cosa" cominciò "siccome sono abbastanza
sicuro che tu non possa costruire un acceleratore di raggi gamma di
massa pari al mio nell'arco di 60 anni, ammesso che tu viva
così
a lungo, ti propongo di sfidarci in una gara di lunghezza dei nostri
membri. Il più lungo vince. Semplice, no?"
Certo, era molto semplice in effetti.
Tuttavia, anche se le possibilità di vincere contro Spanner,
in
entrambe le sfide, erano vicine allo 0, Shoichi era convinto di poter
almeno avvicinarsi alla grandezza di un misero aggeggio metallico,
mentre con un aggeggio di carne c'era ben poco da fare.
Però... però!
Cavoli, Shoichi era un ingegnere! Lui costruiva ponti, strade, idranti,
sedie a dondolo, bambole gonfiabili, tricicli senza ruote... lui
aiutava la gente a vivere meglio, a essere più felice. E
perdere
contro Spanner era come ammettere davanti al mondo intero che lui non
era un ingegnere, che non valeva niente, che ce l'aveva piccolo.
L'intelletto, s'intende.
Poteva davvero rischiare così tanto?
Mentre invece, altra questione si poneva per il suo pene. Cosa aveva da
perdere? Tanto, la ragazza non ce l'aveva e non ce l'avrebbe mai avuta
(visto che la sua prospettiva di vita era più meno
articolata
così: Spanner - pizza ai peperoni - Spanner - esplosioni
varie -
Spanner - tutto il resto), Spanner si presupponeva non lo avrebbe
deriso - sulla base di cosa, poi? - , che avrebbe dimostrato la sua
maturità e magari insieme avrebbero costruito un allungatore
di
membri.
"Shoichi."
La voce di Spanner interruppe il flusso di pensieri del ragazzo.
"Shoichi, non per dire, ma l'ultima parola che ci siamo scambiati
risale a... 27 minuti fa. Hai finito di pensare?"
"Ah, ehm... scusa. Ho deciso, comunque; ti mostrerò il mio
pene."
"Ehi, guarda che non sono un ginecologo, non posso fare niente per
certi tipi di problemi, Shoichi."
Lo stroncò con un sorriso pacifico e sereno.
Spanner aveva già raggiunto livelli da filosofo, mentre
Shoichi annaspava nel deserto nella materialità.
Un ottimo risultato.
"Ma che hai capito, asino! Anche tu me lo mostrerai, è la
sfida che mi hai lanciato tu, ricordi?"
"Ah, quella... scusami, me n'ero dimenticato. Ma è
normale,
considerando che te l'ho proposta 31 minuti or sono e che uno stesso
concetto non riesce a rimanermi in testa troppo a lungo."
"Mi rendo conto di quanto fragile sia la tua mente, non preoccuparti.
Quindi che facciamo, ci caliamo i pantaloni?"
"Non così in fretta, Shoichi. Prima abbiamo bisogno di un
giudice che imparzialmente giudichi i nostri attributi."
"Un giudice? Che guardi i nostri peni? Ma sei folle?"
"Pensaci bene prima di rispondere così, Shoichi: un giudice
potrebbe anche impietosirsi e far finta di non vedere bene."
Silenzio.
"E... sentiamo, chi sarebbe questo giudice?"
"Ma Gola Mosca, che domande! Ah, Junior ovviamente."
Ovviamente. Solo l'innocenza di un robottino poteva garantire quella
parvenza di assolutamente falsa serietà che Spanner voleva
dare
a quella sfida fuori luogo che gli aveva lanciato solo per vedergli
spendere 60 anni della sua vita a costruire un acceleratore grande
almeno quanto il suo.
Questo perché Spanner era decisamente, e senza dubbio, il
migliore amico di Irie Shoichi.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Adorabile espressione ***
c5
"Gola Mosca, Gola
Mosca, dove sei, Gola Mosca? ♪ "
"Spanner, ti supplico, non cantare."
"Mh? Perché no? Se possiedi una voce cristallina, come nel
mio caso, è un peccato non farne uso."
"Voce cristallina? Ma se è più opaca della carta
da forno!"
"Non riesco a cogliere la pertinenza del tuo esempio" ammise quieto
Spanner "ma sono sicuro a priori che sarà di una
stupidità disarmante, quindi reputo il non comprenderlo una
fortuna che mi permetterà di vivere più a lungo."
E
terminò la frase con un largo sorriso.
Shoichi sospirò rassegnato. Del resto, sapeva benissimo che
discutere con Spanner era come discutere con uno scolapasta, con la
differenza che i suoi buchi, con un po' di fantasia, potevano sembrare
tanti occhietti vispi che ti osservavano con interesse.
Gli occhi di Spanner invece erano inespressivi come quelli di un pesce.
Morto.
Davvero, ma che razza di pupille aveva?
"Ad ogni modo" proseguì il ragazzo dagli occhi inespressivi
"la
tua presenza non mi consente di trovare Gola Mosca, quindi per favore
esci da questa stanza."
"E ti sembra un modo intelligente di mandar via le persone?"
"Non occorre che sia intelligente, Shoichi. Mi basta averti fuori di
qui entro 20 secondi per essere contento."
"E se io non volessi uscire?"
Silenzio.
"Se tu non volessi uscire..." cominciò massaggiandosi la
schiena
che aveva tenuta incurvata fino a quel momento alla ricerca del piccolo
androide "... mi basterà costringerti a farlo."
Shoichi deglutì.
"Ah, molto divertente! Come se tu potessi..."
Fu un istante.
Un istante davvero molto
divertente. Per Spanner.
"W-aaa!"
"Adesso uscirai dalla stanza, Shoichi?"
"S-sei una bestia!!"
La porta della stanza si chiuse con un botto, e aldilà di
questa
poteva sentirsi Shoichi ansimare e piagnucolare a causa di quello che
aveva appena visto.
Spanner si rialzò i pantaloni e le mutande con il gesto
più naturale del mondo, e ricominciò a cercare
Gola Mosca
come se nulla fosse accaduto.
*
"E'... un animale! Un
pervertito! Un, un... !"
"Un?" Chiese Spanner emergendo dal retro della cucina, l'immancabile
espressione incolore e gli immancabili occhi vitrei.
"Tu! Cosa vuoi ancora da me?!" Gemette Shoichi indietreggiando, un
coltello in mano e un adorabile grembiule a righe addosso.
"Oh, stai cucinando? Che bello."
"Non fare l'innocentino ora! C-come puoi presentarti qui davanti a me
dopo... dopo quello che ho visto?!"
"Sembri una vecchia megera, Shoichi."
"E tu sei insopportabile e perverso!"
"Mh. Vado a farmi una doccia allora, ci vediamo dopo." E detto
ciò, sparì nell'oscurità del corridoio.
"Non ho ancora finito con te, non osare andartene come se niente fosse!
Ehi, mi hai sentito, dove stai scappando?!" Strillò Shoichi
agitando il coltello in aria.
Ma in lontananza si sentì solo un «sega» di dubbia
interpretazione.
"SPANNER, FOTTITI!!!"
*
Mentre faceva la doccia,
Spanner pensava.
Pensava che forse, dopotutto, non valeva la pena di sfidare Shoichi a
«chi ce l'aveva più lungo», dato che
l'esito era
piuttosto scontato. Eppure... l'idea di confrontarli lo solleticava in
maniera leggermente perversa e malevola.
L'espressione che appare
sul volto di
Shoichi quando sta guardando l'oggetto di una sua sconfitta
è
qualcosa di assolutamente impagabile. Quell'espressione è
oro
puro!
E gli tornò in mente un episodio di alcuni mesi
prima.
Shoichi e Spanner lavoravano entrambi come ingegneri presso una ditta
di componenti elettronici, la cui fama tardava a diffondersi - ovvero,
un chiosco di limonate in confronto era una celebrità - .
Il proprietario di tale fabbrica, un certo signor Aoka, un bel giorno
aveva chiamato Shoichi nel suo ufficio (a dire il vero, aveva chiamato
anche Spanner, ma questi aveva fatto finta di non sentire e si era
messo a trapanare un muro qualunque adducendo alla
«necessità di arieggiare i locali») e
gli aveva
detto:
"Irie, sono a conoscenza
delle tue straordinarie doti da ingegnere."
"O-oh, l-la ringrazio molto, ma non sono poi così
bravo!
Cioè sì insomma, sono parecchio bravo, e anche
intelligente e abile e..."
"Sì, Irie, ho capito. E' per questo che ti ho chiamato. Ho
bisogno che tu faccia un... lavoro per me, se così possiamo
chiamarlo."
"Sì?" Aveva chiesto Shoichi scodinzolando. Forse avrebbe
finalmente ottenuto una promozione e un ufficio tutto suo, lontano da
Spanner e dal suo umorismo alieno.
"Voglio che tu costruisca un piccolo androide, alto non più
di
20 centimetri, che sia capace di servire il caffè e
scambiare
due parole con il sottoscritto. Se ci riuscirai entro 2 settimane, ti
nominerò vice-direttore del reparto computer. In caso
contrario
rimarrai al posto che hai tutt'ora."
E per Shoichi nessuna
prospettiva era più desolante.
Così si era fatto carico del progetto, rifiutando tutti gli
aiuti che Spanner gli offriva e nutrendosi di pizza ai peperoni per 14
giorni consecutivi.
"In due faremmo prima, lo sai."
"Balle! Tu vuoi solo sabotare il mio lavoro, denigrare i miei sforzi e
fotografare i miei fallimenti!"
"Sei una papera, Shoichi."
"Sì, sono una papera, adesso vai via e lasciami lavorare! La
data di scadenza è fissata venerdì, oggi
è
mercoledì e io sono ancora a NIENTE!"
Shoichi ansimò dopo aver gridato l'ultima parola,
accasciandosi sulla scrivania.
"Questa brutta abitudine che hai di farti venire le crisi epilettiche
alla fine di una frase finirà per ucciderti, Shoichi."
Il ragazzo era troppo stanco per rispondere. Sapeva che più
lo
cacciava, più lui metteva radici, così decise di
attivare
l'antivirus del suo cervello e di bloccare tutte le onde sonore
provenienti dalla fonte contrassegnata come Trojan, ovvero
«Spanner.exe».
"Allora... potrei montare un sensore di movimento che reagisca con un
allarme posto sulla porta dell'ufficio, in questo modo reagirebbe solo
con chi entrerebbe e non con qualunque movimento..."
"Non funzionerebbe. Non ha senso costruire un sensore di movimento che
reagisca quando si apre la porta, perché non
è detto
che questo avvenga con l'arrivo di una person da salutare."
"Mmm... sì, mi sembra una buona idea, farò
decisamente
così." E mosse le dita per tracciare uno schizzo su un
foglio di
carta.
"Shoichi?"
*Scrib scrib*
Spanner sospirò.
"Shoichi, ti amo. Non te l'ho mai detto prima perché... non
ne
ho avuto il tempo, ma ora te lo dico. Ecco, ti amo. Ah, l'avevo
già detto, allora... vuoi sposarmi?"
*Scrib scrib*
"Shoichi, guarda il mio pene."
"Scrib --- Bene, è pronto. Ora non mi resta che fare un paio
di calcoli..."
Spanner scosse il capo. Ormai Shoichi era andato, e la strada che stava
percorrendo non lo avrebbe portato da nessuna parte. Così,
decise di agire di conseguenza.
"Va bene, io tolgo il disturbo "aveva detto, avviandosi verso la porta
"buon lavoro, Shoichi." E se n'era andato, sospirando profondamente.
Due giorni dopo, era venerdì.
Shoichi giaceva immobile dentro l'armadio della sua stanza, gli occhi
spalancati a fissare l'oscurità e in grembo, tenuto stretto,
un
robottino con le antenne che mandava luce a intermittenza come un
albero di natale.
Qualcuno bussò.
"Shoichi, sono io, posso entrare?"
"Io chi?"
"Hello Kitty, che domande. Ti sei scordato che vivi insieme a un
così adorabile gattino antropomorfo?"
"Piantala..." mormorò aprendo un'anta e sbirciando fuori.
"Buh!"
"Aaargh!"
"Papera."
"Non ti sopporto!"
"Comincia a non sopportarmi venendo fuori dall'armadio, cretino."
"Non darmi del cretino, proprio tu che..."
"Proprio io che non lo sono affatto. Già, hai perfettamente
ragione."
Al colmo della pazienza, Shoichi saltò giù
dall'armadio con il piccolo androide stretto al petto.
"Oh, che carino, che cos'è? Un fermacarte?"
"Silenzio! Non. Dire. Una. Sola. Parola."
"Papera."
Shoichi fremette di rabbia, ma evitò di avventarsi contro
Spanner per non rischiare di far del male al robottino.
"S... se non fosse che ho questo in braccio, ti avrei già
preso a pugni!"
"Puoi sempre poggiarlo per terra e picchiarmi con calma più
tardi, no?"
"E pensi veramente che poggierei Armonio sul pavimento?! Ah, povero
illuso!"
"..."
Spanner apparve visibilmente confuso.
"Ar... monio?" Poi, l'illuminazione "Ah, ho capito, è
così che si chiama il fermacarte. Ben nome, gli dona."
"Smettila, Spanner! Non è un fermacarte, e lo sai
benissimo!" Gridò Shoichi visibilmente scosso.
"Va bene, va bene, scusami. Tieni, questo è per te."
E prima che il ragazzo dai capelli rossi potesse ribattere, Spanner gli
porse un piccolo androide dalle fattezze umanoidi che teneva nascosto
dietro la schiena, con un sorriso bonario.
"Ecco, prendi questo e portalo al signor Aoka."
Shoichi rimase senza parole.
"Ma cos..."
E cominciò a tremare.
"Ho pensato che se non potevo aiutarti con il tuo consenso, l'avrei
fatto senza dirti nulla. Prendilo pure, è tuo." E insistette
per
porgerglielo.
Shoichi era senza parole.
Aprì la bocca diverse volte, ma la richiuse senza dire
nulla.
Le braccia gli cedettero e il suo robottino cadde per terra con un
tonfo.
"Ti è caduto Armonio, Shoichi."
"Tu... ma come hai... come... dove... perché?!"
"Perché siamo amici." Rispose semplicemente "E gli amici si
aiutano a vicenda. Ma non fraintendermi, anche io voglio che tu cambi
ufficio, per questo avevo un motivo in più per costruirlo."
E di
nuovo sorridette.
Lentamente, Shoichi lo prese con sé, poi raccolse anche
Armonio e con timore li confrontò.
Davanti ai suoi occhi vi era un abisso, un buco nero di
infinità gravità.
Mentre il suo pareva più la fusione malriuscita di
una
vasta quantità di Lego, il robottino di Spanner era...
proprio
un robottino. La testa quadrata, le manine prensili, i piedi
rettangolari, un simpatico display azzurro sullo stomaco e... una
sottile striscia rosa che partiva dalla bocca.
"E' una linguaccia" precisò Spanner "è rivolta a
te."
"Grazie tante..." disse Shoichi distogliendo lo sguardo.
E fu in quel momento che... la vide.
L'espressione dello sconfitto.
E Spanner, che non gli aveva mai visto un'espressione del genere sul
viso, sgranò gli occhi ed entrò in estasi.
Davvero, non gli aveva mai visto una faccia così...
adorabile.
Pensò davvero, anche se solo per poco, che in quel momento
Shoichi fosse adorabile. E glielo disse, ovviamente.
"Sei adorabile, Shoichi."
"Eh?!" Esclamò lui avvampando "M-ma che cavolo dici?"
"Niente, non importa, lascia stare. Allora, glielo porterai? Ah,
ovviamente sa parlare, e non solo quando entra qualcuno. Se premi quel
pulsante grigio" e gli indicò un bottoncino sul retro della
sua
testa "e dici una frase, lui ti risponderà. Prova."
"Ah...? Davvero? P-proviamo..."
Gli tremavano le mani, e sentiva un caldo mostruoso.
"E-ehm... Spanner è un'idiota!" Gridò.
"A-n-che Sho-ichi,
a-n-che Sho-ichi---"
Silenzio.
"Ahah" rise Spanner "ero sicuro che la prima frase con cui avresti
fatto la prova sarebbe stata quella!"
Shoichi rimase in silenzio, turbato e interdetto. Provava una marea di
sentimenti contrastanti, ma alcuni di questi non erano brutti, anzi...
erano piacevoli.
Fu per questo che il ragazzo rabbrividì.
"B-bene" cercò di abbozzare un tono serio e contenuto "non
era
proprio necessario che tu lo costruissi, m-ma visto che l'hai fatto..."
"Visto che l'ho fatto?"
Tossì. "q-questo robottino lo tengo io!" Concluse infine.
"E che senso ha?" Si limitò a chiedere il biondo.
"Aaah, tu non puoi capire!"
"Tutte le volte che mi hai risposto con un «tu non puoi
capire» ho sempre capito meglio di te, ma... per stavolta
lasciamo perdere. Tanto è tuo, no? Fanne ciò che
preferisci. Io vado a farmi una doccia." E si voltò verso la
porta con l'intenzione di lasciare la stanza.
Solo che di colpo si fermò, e guardo Shoichi con occhi
curiosi.
"Mh... ma perché eri dentro l'armadio?"
La domanda colpì di sorpresa Shoichi, che annaspò
nel
tentativo di trovare una scusa convincente. Del resto, non poteva mica
dirgli che si era chiuso là dentro perché...
perché...
"Shoichi?"
"Eh? Ah, eh?" Rinvenì lui di soprassalto.
"Lascia perdere, non rispondere. Vado, a dopo."
E uscì dalla stanza con un simpatico sorrisetto stampato in
volto.
"Quell'espressione... la
voglio rivedere."
Indossò l'accappatoio blu e si diresse verso la cucina,
deciso a rinnovare la sfida.
Ma Shoichi non c'era. Al suo posto, un biglietto.
«Se credi che mi lascerò battere da te, Spanner...
be', ti
sbagli di grosso! Vedrai, tornerò, più forte di
prima!
AHAHAHAHAHAH»
«Ps: sono in laboratorio, non disturbare.»
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Ritorno alle origini ***
c6
"Pensa, Shoichi,
pensa... come puoi farla pagare a Spanner?"
Seduto su uno sgabello di legno, con le mani che si stringevano la
testa e gli occhiali di traverso, Shoichi tramava vendetta.
Per cosa, poi, non era ben chiaro.
Perché gli aveva mostrato il pene? Perché lo
sottovalutava? Perché quando guardavano i documentari
Spanner
voleva sempre stare al centro del divano e lo costringeva a stare
seduto per terra? Perché quando si parlava di ragazze - lui parlava di
ragazze - Spanner stava zitto per un po', e dopo scoppiava a ridere?
Certo. Chiunque si sarebbe vendicato, arrivato a quel punto.
Erano cose gravi, per la miseria. Bullismo atroce. Violenza
psicologica.
"Shoichi, sei qui dentro?"
La voce di Spanner lo fece sussultare.
"Cosa ci fai qui, Spanner? Non ti avevo forse scritto di non
disturbare?"
"Non posso farci nulla, Shoichi" continuò lui da dietro la
porta
"purtroppo mi servono degli attrezzi per lavorare. Da bravo, fammi
entrare..."
"No!" Esclamò lui con decisione "Dimmi quello che ti serve e
te lo darò io."
Silenzio.
"Temo che non si possa fare." Rispose infine.
"Allora vai via."
"Allora, con permesso..."
E si sentì il violento rumore di una spalla che si
schiantava contro la porta.
"Ma si può sapere che stai facendo, asino che non sei
altro?!"
Strillò Shoichi allontanandosi con un balzo "Non avrai mica
intenzione di sfondare la porta!"
"Il tuo intuito è notevole come sempre, amico mio." E di
nuovo un tonfo, poi un altro, e un altro ancora.
"Basta, basta, basta! Va bene, ti apro, maledizione!"
"Hai fatto la scelta giusta, Shoichi." Si complimentò non
appena la porta fu aperta.
"Scelta? Ma se mi hai praticamente costretto!"
"Via, non dire così, ci siamo solo fraintesi."
"Mi domando con che faccia tu possa guardarmi e dirmi
contemporaneamente certe frasi..."
Il biondo avanzò con un passo dentro il laboratorio, e si
guardò intorno.
"Ah, eccola lì!" Esclamò Spanner compiaciuto,
avvicinandosi a una vecchia cassetta degli attezzi rossa.
"Che cos'è?"
"Questa? La mia «riserva»." Rispose con un
sorrisino altrettanto compiaciuto.
"Di che? Di neuroni?"
Shoichi si era avvicinato con circospezione alla misteriosa cassetta
degli attrezzi, domandandosi quali preziosi strumenti contenesse.
E quando vide di cosa si trattava, esplose in un grido isterico.
"M-ma questi sono LECCALECCA!"
"Oh, davvero? Non erano vongole sotto sale?"
Shoichi cercò di reprimere il moto isterico che lentamente
stava avvongendo il suo corpo.
"Spanner" la mano gli tremava mentre li indicava "quelli sono...
leccalecca. Tu mi hai disturbato... per dei leccalecca."
"Non mi sembravi così impegnato, Shoichi. Te ne stavi
lì,
seduto su quello sgabello con un'espressione così allucinata
che
sembravi l'urlo di Munch."
"Questo non è ass..." Ma la frase gli morì in
gola "Aspetta un momento..." Qualcosa si illuminò nella mente di
Shoichi.
Indietreggiò con orrore, voltandosi alla sua destra.
E, in un angolo della stanza, la vide.
La mini-telecamera collegata alla porta di ingresso che si attivava
quando qualcuno suonava il campanello.
"Non mi dirai che... !"
"Finalmente te ne sei ricordato!" Spanner battè le mani,
compiaciuto.
Shoichi, senza parole, crollò sul pavimento.
Di nuovo. Gliel'aveva fatta di nuovo.
"Sai" continuò poi portando un leccalecca alla bocca
"è buffo pensare che tu, molto probabilmente, eri convinto
di trovarti nell'unica stanza in cui io non potessi vederti, quando
invece è proprio l'unica che mi offre la visuale migliore.
Credimi, è stato uno spasso osservarti mentre ti strappavi i
capelli e borbottavi frasi incomprensibili."
Il ragazzo giaceva per terra, la bocca aperta, e fissava Spanner come
il Team Rocket fissava Pikachu prima di essere scagliato lontano
nell'atmosfera.
"Tieni" Disse il biondo porgendogli un leccalecca "è buono."
E fu in quel momento che Shoichi capì che non avrebbe mai
vinto contro di lui.
Forse, dopotutto, Spanner era davvero un genio.
"Grazie." rispose lui, alzandosi da terra.
"Non c'è di che. Allora, hai pensato a qualche stretegia di
battaglia?"
"No."
Quelle parole furono pronunciate quasi instantaneamente, e con molta
leggerezza.
"No?" Domandò Spanner perplesso.
"Esatto." Continuò lui "Sai, ho capito che è
inutile tentare di vincere contro di te... in un modo o nell'altro
riesci sempre a mettermi sotto, Spanner. Non so come tu diavolo faccia,
ma ci riesci, e anche piuttosto bene." Si fermò a cucciare
un po' il leccalecca.
"Ma dai, non esagerare..." Rispose lui di rimando, leggermente
imbarazzato.
Imbarazzato e spiazzato.
"No, dico sul serio. Non mi va più di spendere tempo a
pensare a come batterti, come vendicarmi delle tue angherie. Ammetto la
sconfitta, qui e ora."
Era serio, dannatamente serio.
Spanner lo guardò negli occhi, e vide che non vi era nessun
segno di esitazione o forzatura.
Non era giusto. Lui si divertiva, con Shoichi. Era bello provocarlo con
noncuranza, vederlo arrabbiare, infervorarsi per niente, arrossire
violentemente, nascondersi imbarazzato, lanciargli addosso una marea di
improperi, rincorrerlo per picchiarlo, lottare per il posto migliore
sul divano la domenica sera... erano cose a cui Spanner non avrebbe
voluto rinunciare, per nessun motivo al mondo. Altrimenti la sua vita
sarebbe stata estremamente noiosa.
Fu per questo motivo che Spanner commise un gesto del tutto inaspettato.
Con uno scatto improvviso, portò il braccio destro
all'indietro e caricò un pugno diretto alla faccia di
Shoichi.
"Spanner?"
BAAAAAM!
Colpito dritto al naso!
Shoichi barcollò all'indietro, a metà fra fra il
sorpreso e... il sorpreso, appoggiandosi a un piano dietro di lui per
non perdere l'equilibrio.
"Scusa, Shoichi, niente di rotto spero."
"S-Spanner!" Gridò Shoichi scandalizzato, mentre il naso gli
sanguinava copiosamente "Ma che ti dice quella testa di cazzo che ti
ritrovi?!"
"Basta far parlare i nostri cervelli, Shoichi!" Esclamò
Spanner in uno dei suoi rari momenti di euforia - ammesso che si
potesse chiamare tale - "Vieni qui e colpiscimi, se hai le palle!"
"Con estremo piacere, pezzo di idiota!"
Ecco, così era decisamente meglio.
Questo era lo Shoichi a cui Spanner voleva bene: lo Shoichi che si
arrabbiava, si inverforava, arrossiva, strepitava, e che cercava
disperatamente di picchiarlo.
E mentre si rincorrevano, nello stretto laboratorio, rischiando di
inciampare, vedendosi a malapena se non grazie alla poca luce che
filtrava dal corridoio e stringendo fra i denti un leccalecca alla
fragola... Spanner sorrise.
E si disse che non avrebbe potuto desiderare un amico migliore di lui.
Sennò, di chi si sarebbe fatto beffe quando non aveva niente
da fare?
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** Uragano Spanner ***
c7
"Spanner, come va con
il conduttore?"
"Nanamiii! ~ "
Non era esattamente la risposta che si aspettava di ricevere.
"Stai guardando ancora quel telefilm idiota? Non ci posso
credere..."
Sullo schermo, una ragazza piangeva, immersa in una pioggia di petali
di ciliegio.
Petali di ciliegio verdi.
"Shoichi, buzzurro!" Lamentò Spanner dal fondo del divano in
cui
era sprofondato "Non venirmi a parlare di conduttori mentre sto
guardando Nanami!"
"Ma che roba è, Spanner?! Quei petali sono VERDI!"
"Acuta osservazione."
Ora la ragazza aveva raccolto un petalo, e gli stava parlando con
accoramento.
«Oh, mai farusuto labu! Dove te ne sei andato?»
Piangeva la ragazza.
"E lo chiedi a un petalo?!"
"Ma non capisci? Nanami lo chiede a un petalo perché il suo
fidanzato si chiama Sakuro!"
Spanner era scandalizzato.
Ma Shoichi lo era ancora
di più.
"E ti sembra un motivo valido?! E poi... che razza di nome è
Sakuro? Ma dove è ambientata 'sta storia, su Marte?!"
"Non essere ridicolo" rispose Spanner "non è mica un
telefilm di fantascienza."
"E quei petali VERDI??" Gridò Shoichi indicando lo schermo
con disperazione.
"Ah, quelli... chi lo sa."
Chi lo sa?
"Io... ti ho decisamente sopravvalutato."
Shoichi stava per lasciare la camera di Spanner, quando quest'ultimo lo
trattenne per la manica della maglietta.
"Aspetta, Shoichi, stai qui ancora un po', guardiamolo assieme."
Che proposta gentile.
E insulsa.
"Preferirei farmi asportare un rene che guardare questo scempio,
Spanner."
"Suvvia... è un bel telefilm, sai? E insegna tante cose."
"E una di queste è che i petali di ciliegio sono verdi,
magari?" Abbozzò Shoichi con sarcasmo.
Ma lunghi mesi di convivenza avevano insegnato a Spanner come eludere
il sarcasmo dell'amico e a ritorcerglielo contro con il doppio della
forza.
Curioso come invece Shoichi non avesse imparato affatto come si faceva.
"Tu ti definisci scienziato" cominciò Spanner sospirando "ma
quando sei di fronte a un fenomeno scientificamente assurdo, te la dai
a gambe."
"Tu mi stai dicendo che il fatto che quei petali siano verdi
è qualcosa che io
dovrei studiare?!" Esclamò Shoichi al colmo
della misura.
"Non ho mai detto niente del genere, a dire il vero."
Silenzio.
Nanami intanto aveva abbandonato il petalo verde e si era lanciata
contro la portiera di un auto.
«Aspetta, Sakuro! Sei qui? Non andare via, portami con
te!»
«No, Nanami, questo non è possibile. Vedi... ho
scoperto di essere gay!»
«Me ne fotto!» Esclamò la donzella con
decisione
«Io voglio solo scoparti, tutto il resto non conta!»
«N... Nanami...»
Una lacrime solcò le gote di Sakuro, che osservava Nanami
dal finestrino della sua auto con adorazione.
«Sakuro!!» Strillò lei, e si introdusse
nel veicolo passando per il finestrino con un balzo.
L'automobile partì a tutta velocità verso
l'orizzonte, tinto in quel momento da un tramonto color rosso fuoco.
"Stanno andando all'inferno?" Chiese Shoichi che, intanto, si era
stravaccato sul divano accanto all'amico.
"Che sfortuna, sei arrivato proprio alla fine dell'episodio" disse
invece Spanner ignorando la domanda dell'altro "se te lo fossi visto
tutto ti avrebbe fatto sicuramente un'impressione migliore."
"Migliore di quella che mi ha fatto ora? Allora ci troviamo di fronte a
un vero must della programmazione televisiva degli ultimi anni!"
Esclamò Shoichi alzando le braccia al cielo "... Ma fatemi
il
piacere." E ricrollò sopra Spanner, involontariamente.
"Ops, scusami" abbozzò lui con un colpetto di tosse, e fece
per spostarsi, ma...
Spanner lo trattenne, cingendogli le spalle con il braccio.
"Non così in fretta, Shoichi."
"C-che diavolo fai?" Protestò Shoichi, e si mosse come per
liberarsi da quella stretta.
Ma in realtà non stava facendo assolutamente nulla che
potesse davvero scogliere la presa di Spanner.
"Sai, stavo pensando..." cominciò lui fissando il soffitto
"che
è da tanto tempo che io e te non andiamo al cinema."
"E con questo?" Biascicò Shoichi nel maldestro tentativo di
fingere di sottrarsi al contatto con il biondo.
"Be', potremmo rimediare a questa mancanza. Anche oggi, magari."
"Scordatelo, abbiamo un sacco di lavoro da finire per domani. Non
possiamo perdere tempo con queste cose, Spanner!"
"Semmai... sei tu
ad avere un sacco di lavoro arretrato. Io ho già finito da
un pezzo quello che dovevo fare."
Silenzio.
Shoichi, dopo essersi pietrificato qualche istante, lasciò
cadere le braccia che fino a poco prima si stavano disperatamente
divincolando. Poggiò la testa contro lo schienale del divano
e
fece uscire un lungo, lungo sospiro.
Poi, la tempesta.
"COSACOSACOSACOSACOSAAAA???"
"Ehm, calmati, Shoichi."
"Calmarmi?!" Esclamò balzando in piedi e puntandogli contro
un
indice minaccioso "Non ti vedo mai fare UN CAZZO, sempre a sfogliare
manga o pettinarti il ciuffo, quando ti chiedo a che punto sei con il
lavoro fai spallucce e dici «mh» come se ti avessi comunicato le
previsioni del tempo, hai il tempo di vederti quell'aborto di programma
che fanno tutti i pomeriggi su quel canale a pagamento che non ricordo
neppure come si chiama, ti fai la doccia 5 VOLTE AL GIORNO nonostante
non ti esca neppure UNA, e dico UNA goccia di sudore, e quelle
rarissime volte in cui ho avuto il privilegio di vederti fare il culo, la tua
espressione era così rilassata che più che
avvitare un bullone sembrava CHE TI STESSI ABBRONZANDO!"
Ansimando violentemente, Schoichi cadde a terra stremato, senza
tuttavia staccare gli occhi di dosso da Spanner.
"Semplicemente lavoro quando tu non mi vedi." Fu la pacata risposta di
Spanner.
Dopo tutto l'ossigeno che aveva bruciato, il rosso si aspettava una
risposta più soddisfacente.
"Bugiardo! Io ti guardo sempre
e dico sempre
e non ti vedo MAI fare una benemerita mazza!"
Shoichi, bisognava ammetterlo, sapeva opporre motivazioni convincenti
quando era necessario.
Ma altrettanto onestamente andava ammesso che, in quanto a
mettersi nei guai da solo, probabilmente era il migliore sulla faccia
della terra.
E questo era un esempio lampante.
"Mi guardi... sempre?"
"Sì, esattamente!" Asserì lui convinto, non
ancora cosciente appieno delle sue parole.
Spanner lo fissò, confuso.
Poi, fece una cosa che Shoichi non gli aveva mai visto fare.
Arrossì.
Arrossì pudicamente e si voltò dall'altra parte,
grattandosi la testa e mormorando qualcosa di incomprensibile.
"Spanner, perché ti permetti di fare l'idiota in un momento
simile?" Chiese lui, cercando di controllare il tono della sua voce che
si stava trasformando in un miagolìo rauco. Ma si rese ben
presto conto che qualcosa non andava.
Spanner si stava comportando in maniera anomala.
E chissà perché, in quel momento gli venne in
mente una scena molto buffa.
Si immaginò di trovarsi una stazione meteo e di verificare
con i
suoi stessi occhi che un uragano di proporzioni gigantesche era in
avvicinamento. L'uragano Spanner.
E fantasticò di afferrare il microfono ed eroicamente
gridare:
«L'uragano Spanner si sta avvicinando alle coste del Giappone
con
insolita violenza! Il suo comportamento è anomalo! Si prega
la cittadinanza di rifugiarsi da qualche parte e attendere che passi!
Passo (io)! E chiudo!»
Ma che fantasia esilarante.
"Spanner." chiamò Shoichi.
"Mh." Mugolò lui.
"Ecco! Lo stai facendo di nuovo! Di nuovo quel «mh» strafottente!"
"Mh."
Silenzio.
"Calma, Shoichi, mantieni la calma... è solo Spanner,
ricordi?
Solo. Spanner. Non è proprio il caso di perderci la testa."
Ma ormai l'aveva già persa.
"Aaaah, maledizione! Parlami, Spanner! Guardami! Considerami!"
Finalmente, lo guardò. Silenziosamente lo fissò
per 10, 20, 60 secondi.
"Ho deciso."
Spanner ruppe il silenzio.
"Eh? Deciso cosa, scusami?"
"Io e te andremo al cinema. OGGI."
La decisione con cui aveva marcato la parola «oggi»
non era
decisamente consuetudine di Spanner, e Shoichi se ne accorse in un
attimo.
Ancora un comportamento
anomalo... ma mi prende in giro?!
"E tutto quello che ho detto da 10 minuti a questa parte?"
"E' proprio la risposta a tutto ciò che mi hai detto."
Insistette, stavolta però con il suo consueto tono.
Il che spinse Shoichi all'esaurimento nervoso.
"Non è vero! Non è vero, cazzo! Hai
praticamente ignorato
quello che ho detto e hai pensato solo a te stesso! E sono sicuro,
anzi, SICURISSIMO, che mentre io mi sgolavo come un povero scemo tu
stavi beatamente pensando a quale film vedere! E magari anche a quale
spettacolo andare! E a quale indumenti indossare!"
"Obiezione: io non penso mai a cosa indossare e metto sempre addosso la
prima cosa che mi capita sotto mano."
"Obiezione? Chi sei, Phoenix Wright?! Non obbiettare a quello che
grido, maledizione! E non puntarmi quell'indice contro, non con
quell'espressione da pesce lesso!"
"Va bene. Allora, andiamo al cinema?" Chiese Spanner come se fosse la
cosa più naturale del mondo.
"NO!"
"Dai..." supplicò "Voglio andare al cinema con il mio
migliore amico, che male c'è?"
Migliore amico?
Non glielo aveva mai detto questo. Che lui era il suo migliore amico.
Ah, povero, piccolo, tenero Shoichi! Bastava così poco per
distruggere i muri che si era costruito intorno! Solo le parole giuste
al momento giusto, e quello sguardo da baccalà morto.
E il gioco era fatto.
"S... smettila di prendermi in giro!"
Ecco come Irie cercava miseramente di raccattare i granelli di sabbia e
di ammassarseli ai lati.
"Non ti prendo in giro, Shoichi. Davvero, sei il mio migliore amico."
Ed ecco come Spanner l'uragano li spazzava via, lontano.
"... nonché unico." Aggiunse sottovoce.
"Ti ho sentito, sai?"
"Oops."
"Sei veramente un..." e sospirò, incapace di continuare a
lamentarsi.
Del resto, era già stato ampiamente verificato nei capitoli
precedenti che per Shoichi era geneticamente impossibile opporsi a
Spanner. Non era perché aveva una personalità
debole -
non era questo il caso, per l'esattezza - , ma perché nel
suo
DNA vi era un nucleotide che inibiva sua capacità di
resistenza
prolungata al soggetto Spanner.
Quindi, si poteva tranquillamente affermare che Shoichi aveva un debole per Spanner.
Geneticamente, s'intende.
"Ho vinto." Dichiarò il biondo.
"Ah, quindi era questo il tuo obbiettivo!!"
Ebbene sì. Spanner aveva deciso che sarebbe andato al cinema
con il suo migliore
amico e l'avrebbe fatto, a qualunque costo.
Questo perché, come ben sappiamo, il cuore ha delle ragioni
che la ragione con conosce.
Figuriamoci, poi, quella di Shoichi.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** Quando gli amiconi vanno al cinema ***
c8
Arriva sempre il
momento, nella vita di un uomo, in cui bisogna compiere una scelta.
Una scelta che cambierà il suo destino per sempre.
"Cosa mi metto?"
"Cosa guardiamo?"
La cosa esilarante era che quel venerdì ben due persone
stavano
per compiere una scelta cruciale, distanti pochi metri le une dalle
altre e ignare dell'un l'altra condizione.
Semplicemente, perse nei loro dilemmi.
"Perché sono così nervoso, dannazione! Si tratta
solo di un cinema!"
Shoichi provava a darsi un contegno rivolgendosi al se stesso riflesso
nello specchio e contemporaneamente provando su di sè una
marea
di felpe a righe di cui variava solo il colore.
Dopotutto, quello era il suo primo appuntamento romantico con Spanner.
Finalmente, avrebbero potuto tenersi per mano, condividere la stessa
saliva, sverginarsi il sedere.
Ma anche no.
Ovviamente, non era questo quello a cui Shoichi mirava. E allora,
perché era così nervoso?
Forse perché... era da tanto tempo che non usciva insieme a
Spanner?
"Aaah, vada per questa!" Tagliò corto il ragazzo
indossandola malamente.
Verde e gialla.
Pessima scelta, ma evidentemente Shoichi non la pensava così.
Sì osservò, soddisfatto del risultato. Con un
gesto che
significava all'incirca «ma vieni!» si sorrise,
tossì per darsi un contegno e uscì dalla sua
stanza, alla
ricerca di Spanner.
Il quale Spanner, a sua volta, rifletteva con attenzione sulla scelta
del film - cruciale
ai fini del possibile risvolto sessuale con Shoichi - , e aveva
ristretto la sua scelta a due concorrenti.
"Mh... «In fuga da Spanner-city» o
«Alieni VS Vongole»? Cosa piacerebbe di
più a Shoichi?"
"Sicuramente non il primo!"
"Oh, eccoti qui." Constatò Spanner con un sorriso "Bella
felpa."
Shoichi era rimasto a lungo dietro la porta, indeciso se bussare o
origliare.
Ma quando aveva sentito di una chiave inglese persino nel titolo di un
film, non si era potuto trattenere e aveva aperto la porta di scatto
con uno sguardo omicida.
"Risparmiami la tua ipocrisia."
"Sei ancora arrabbiato per prima?" Chiese con aria innocente.
"Certo che lo sono!"
Sbuffando, andò a sedersi su una sedia lì in giro
e lo fissò corrucciato.
"Dai, non guardarmi così, mi fai sentire in colpa."
"E' esattamente quello che voglio" replicò lui con una
smorfia
"così impari a trascinarmi fuori di casa quando è
l'ultima cosa che posso permettermi!"
"Su, su, vedrai che sarà divertente."
Si alzò dalla scrivania e chiuse il portatile con un rapido
gesto della mano.
"Sì, un vero spasso..."
"Coraggio" e gli tese una mano "andiamo, Shoichi."
"N-non tendermi la mano, asino!" Esclamò Shoichi scansandola
con un moto di imbarazzo.
"Ma su, non essere timido, siamo tra di noi..."
E mentre Spanner accelerava il passo tendendo anche l'altra mano, il
povero Irie fuggiva scomposto avvampando sempre di
più ogni
metro percorso.
Che simpatici amiconi, Spanner e Shoichi.
*
Il cinema, questo sconosciuto.
Nonostante potesse sembrare il contrario, il cinema piaceva sia a
Spanner che a Shoichi, a quest'ultimo in misura ancora maggiore del
primo.
E allora perché tutta questa esitazione e pantomima?
"Shoichi, sei lento."
"Hai una vaga di quello che ho dovuto passare per poter comprare questo
maledetto pop-corn, Spanner?"
"Dove sono i miei leccalecca?" Chiese invece, notando che l'amico non
li recava con sé.
"Non rispondere alle mie domande con altre domande!"
Qualcuno si voltò a osservare la scena.
Ragazze, soprattutto. Che si misero a bisbigliare nel giro di due
nanosecondi.
"Avanti Shoichi, così attiri l'attenzione." Gli fece notare
Spanner, impassibile.
"Ma sei stato tu che! ... ah, ma che ti rispondo a fare..."
"Saggia decisione. Dicevo, dove sono i miei leccalecca?"
Insistente.
Insistente.
Troppo
insistente.
"Li. Ho. Scordati." Sillabò il ragazzo con un largo sorriso.
Eccola, la vendetta di Shoichi.
Piccola e pungente come un ago da cucito.
Ma se il rosso faceva il sartino, Spanner faceva il cyborg.
"Valli. A. Prendere."
"Scor-da-te-lo."
Bisbigli, bisbligli.
Una ragazza indicò il biondo con approvazione, un'altra
scosse il capo e indico il rosso, in estasi.
Spanner sospirò.
Che Shoichi stesse finalmente per spuntarla? Che le luci della ribalta
lo stessero finalmente illuminando?
Niente di tutto questo, ovviamente.
"Se torni indietro a prenderli, ti farò un bel regalo."
"Balle."
"Dico sul serio. Ti comprerò una di quelle agendine
tascabili
elettroniche che ti salutano chiamandoti
«Goshujin-sama»."
"Posso comprarmele anche da solo, grazie."
"Ma non lo fai."
Le ragazze scoppiarono a ridere.
Evidentemente, c'era qualcosa che a Shoichi sfuggiva. E Spanner, in
quanto essere superiore e geneticamente modificato, ne stava
sadicamente approfittando.
"N-non so cosa tu stia insinuando ma... ! Io sono perfettamente capace
di comprare certe cose da
solo!"
Per Shoichi, lo avevamo già visto nei capitoli precedenti, era molto importante difendere la propria
dignità personale di fronte a Spanner.
Che poi stesse dando spettacolo di fronte a tutti con conseguente
ilarità generale, era qualcosa su cui si poteva
tranquillamente
sorvolare.
"Va bene, ho capito. Allora ti comprerò una rivista hentai
da 300 pagine, che ne dici?"
"S-Spanner! Non gridare queste cose in pubblico, è...
imbarazzante!"
Solo
imbarazzante?
"Allora vammi a comprare i leccalecca, e io la smetterò."
Eccola, la mossa finale di Spanner.
Intercetti il pugno dell'avversario, lo fermi, lo capovolgi, lo
rispedisci al mittente e ci aggiungi anche un calcio nei testicoli.
Shoichi fremette di rabbia, stritolando la coppa di pop-corn.
"Questa è l'ultima volta che..."
"Sì, sì, va bene, adesso vai, il film sta per
cominciare.
Io farò i biglietti." E agitò la manina per
salutarlo.
Maledicendo Spanner con tutto il sentimento possibile, Shoichi fece
dietro front e si preparò ad affrontare una massa inferocita
di
persone che molto probabilmente non mangiavano da settimane.
Le ragazze - a cui si era aggiunta una discreta quantità di
persone di svariatà età e sesso - avevano
indicato lo
sconfitto ridendo abbondantemente e facendo chiari gesti di vittoria a
Spanner, che fissava l'amico allontanarsi con un sorriso.
"E ora... i biglietti."
Spanner si diresse speditamente verso la cassa per acquistarli, e aveva
già tirato fuori il portafoglio verde a forma di ranocchia
di
cui andava tanto fiero, quando...
Un manifesto attirò la sua attenzione.
Un film horror.
"To', e questo? «Orrore Virtuale di Kiyoshi Kurosawa, un film
che vi farà rimpiangere di essere nati». "
Stranamente, Spanner si sentiva attratto da quel manifesto. Ma non
capiva perché.
Tuttavia, più lo fissava e più la sua mente
elaborava dati e lentamente un sorriso comparve sulla sua bocca.
E poi, il colpo di genio.
Spanner si voltò alla ricerca di Shoichi, e non lo
trovò.
Perfetto, non
è ancora tornato.
Di gran corsa si lanciò verso la cassa,
scansando via una
coppia di fidanzati che stava per acquistare anch'essa i biglietti.
"Scusate, scusate, sono di fretta, niente di personale. Due biglietti
per quell'horror, grazie."
"Certo, aspetti un attimo..." rispose la cassiera perplessa.
"La prego, faccia in fretta" la incitò Spanner "potrebbe
tornare da un momento all'altro."
"Ehm, mi scusi, di chi sta parlando?"
"Niente, lasci perdere" E le sfilò i biglietti dalle mani,
porgendole al suo posto i soldi "Tenga pure il resto!" E si
precipitò fuori dalla coda, attendendo trepidante Shoichi.
Neanche Spanner aveva molta considerazione per lo spettacolo che aveva
appena inscenato, ma del resto... in quel momento la sua testa non
avrebbe avuto in nessun modo il tempo di dedicarsi a simili inezie.
E poi, la vide.
La sua adorabile preda.
"Spanner, che tu sia maledetto nei secoli dei secoli!"
"Amen."
"Ecco i tuoi fottutissimi leccalecca" gli sibilò
porgendoglieli
"e adesso andiamo a vederci questo maledetto film, sono stanco di fare
il tuo servo!"
"Quanto entusiamo!" Gioì lui "Bene, bene... buon segno."
"Tu sei pazzo..."
E allegramente si incamminarono verso la sala. Anzi, fu Spanner a
muoversi nel vero senso della parola, mentre Shoichi si trascinava per
inerzia dietro di lui.
Un ghigno comparve sul suo volto, ghigno che l'amico non ebbe il
piacere di vedere.
La tenda fu scostata, la porta si aprì, un'enorme sala si
rivelò davanti ai loro occhi.
"Dove vuoi sederti?" Chiese il biondo con innocenza.
"Davanti" mormorò lui con il broncio "perché si
vedono
meglio le battaglie galattiche." E distolse lo sguardo, imbarazzato.
Era così infantile e adorabile, pensò Spanner.
E presto lo sarebbe stato molto,
molto di
più.
"Va bene, come vuoi tu."
Mentre camminavano fra le file, Shoichi si soffermò a
pensare.
Dopotutto, non
è così male essere venuti qui. Mi mancava
quest'atmosfera, quest'odore, questi suoni.
Che pensieri profondi, i suoi. Peccato che mal si
sposassero con quello che sarebbe accaduto da lì a poco.
Altro che suoni.
Altro che odore.
Altro che atmosfera.
L'inferno aveva spalancato le sue porte e lo stava chiamando a gran
voce. Sopra un colle, vestino di rosso cremisi e circondato da bestie
demoniache, Spanner gli tendeva la mano, un sorriso pacifico dipinto in
volto.
E come poteva Shoichi non afferrargliela?
"Ah, si sono spente le luci!" Un moto infantile lo pervase quando
l'illuminazione si dileguò, lasciando la sala al buio.
"Vedo che ti stai divertendo." Abbozzò Spanner sprofondando
nella sua poltrona.
"N-non è vero!" Biascicò lui "S-stavo solo
constatando la cosa!"
"Credibile come un frullatore, Shoichi."
Il rosso borbottò qualcosa con tono offeso e si
concentrò
sullo schermo, con il quale sperava di avere più fortuna.
Illuso.
Improvvisamente, senza nessuna anticipazione, un urlò
pervase la sala.
E proveniva dallo schermo nel quale il piccolo Shoichi aveva riposto le
sue speranze.
"AAAAAAAAAAAAHHH!!!" Strillò lui buttandosi
sopra Spanner.
"Mh? Che ti prende, Shoichi?"
"C-C-C-C-COSA E' STATO?!?" Continuò stringendosi alla sua
maglietta.
Era interessante constatare come nessuno in sala stesse minimamente
fiatando.
Un altro urlo attraversò l'aria, stavolta accompagnato
visivamente dal primo piano di un viso putrefatto.
E di nuovo, Shoichi urlò.
E Spanner godeva, nel profondo del suo cuore.
"Cosa significa questo, Spanner?! Dov'è sono gli alieni e le
vongole?!"
"Nell'altra sala." Rispose lui con semplicità.
E allora, Shoichi capì.
E tremò.
"I-io me ne vado!" Gridò cercando di alzarsi, ma Spanner lo
afferrò per la felpa e lo tirò a sé,
impedendogli
la fuga.
"Scherzi? Abbiamo pagato il biglietto, ora ce lo vediamo, quindi stai
buono e siediti. Anche sulle mie gambe, se hai paura."
"C-come se questo pot..."
«TU! Io... io ero sicuro di averti ucciso! Come puoi essere
ancora vivo, Kyosuke?!»
«AAAAAGGWRBHRWWD!!!»
Splot. La
testa di Kyosuke esplose e le sue cervella si dispersero nell'ambiente
e soprattutto sulla
faccia dell'uomo che aveva appena parlato.
Shoichi, capendo di non avere scampo, si risolse di svenire da qualche
parte, ma un altro urlo di un altro attore - anche questo esploso dopo
pochi istanti - lo riportò alla lucidità, senza
pietà.
E il film era cominciato da appena 11 secondi.
Ce l'avrebbe fatta Shoichi a sopravvivere?
Precisazioni:
● Goshujin-sama è un appellativo che si rivolge solitamente
al
proprio padrone o, nel caso delle cameriere che lavorano nei locali a
tema (le cosiddette Maid), al proprio cliente, e significa appunto
"Padrone".
● Kiyoshi Kurosawa è il nome di un vero registra di horror
giapponese :)
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** Bacio ***
c9
Io sto... sognando?
No... ora ricordo... Spanner mi aveva fregato ancora, e... stavo
guardando un film horror con lui, al cinema, ma... dopo aver urlato una
trentina di volte, ricordo di essere svenuto... o forse, sono morto?
Non riesco a ricordare...
«Shoichi.»
No... persino nella morte non mi lascia in pace...
«Shoichi, non andartene... afferra la mia mano!»
Ma sì, dopotutto... che importa, ormai?
Che importa delle angherie di Spanner, a questo punto? Niente, non
importa più niente... La morte trascina via con
sé ogni
malessere, ogni dolore... non c'è più bisogno di
lottare,
basta lasciarsi trasportare dalla corrente... sì, dalla
corrente...
«Shoichi...»
Sì, Spanner, io... ti perdono. Perdono tutto il male che mi
hai
inferto, tutta la sofferenza che ho patito a causa tua, io... ti
perdono.
Sai, quando ero in vita... quando ero ancora in vita spesso mi chiedevo
come fartela pagare, come vendicarmi... se ora ci ripenso, mi viene da
ridere... e mi rendo conto di quanto insignificanti siano queste cose
di fronte al perpetuo scorrere delle cose... Davvero, non avevo capito
niente.
«Shoichi, ho finito i leccalecca, puoi comprarne degli
altri?»
Sì, i leccalecca... povero Spanner... ancora legato a queste
cose materiali, ancora legato a...
Cosa?
«Shoichi, svegliati, voglio i leccalecca!»
No, non ci credo.
Anche qui, tu... non hai nessuna compassione per me?!
Shoichi, con la testa poggiata sulle gambe di Spanner,
sudava e
si dimenava nel febbrile delirio, mentre il suo caro amico gli
sussurrava frasi all'orecchio con l'intenzione di farlo rinvenire.
«Cosa significa tutto questo?! Saya, cosa stai... no, posa
quella
sega elettrica! No, no, NOOOOOOAAAAAAAARGWGWGHW!!!!!!!»
Sangue fresco sgorgava da Sado come alla fonte di Bandusia, e un
urlò animale si propagò per l'intera sala.
"NOOOOO!" Gridò Shoichi spalancando di colpo gli occhi,
alzando di scatto la testa.
Tuttavia, gli ci volle qualche secondo per capacitarsi della
situazione, e durante quel frangente si voltò verso lo
schermo,
un po' confuso.
Ad accoglierlo, il cadavere parzialmente scuoiato di Sado, e Saya con
un pezzo di fegato fra i denti, come fosse tabacco.
E, come era rinvenuto, altrettanto rapidamente svenne, ricadendo
fragile sull'amico Spanner, che sorrideva tranquillo.
"Ah, amico mio..." disse carezzandogli la testa "è
così bello vederti divertire, sai?"
Nessuno rispose. Shoichi stava di nuovo varcando il confine che separa
il regno dei Vivi da quello dei Morti, e ad accoglierlo, ancora una
volta... il volto sorridente di Spanner.
«Vieni,
Shoichi, vieni...»
«No,
pietaaaaaaà!!!»
*
Quando
Shoichi infin rinvenne, la sala si era svuotata. Gente che rideva,
imitava le morti cruente a cui aveva assistito, piangeva, sospirava,
vomitava, ogni tipo di popolo stava abbandonando quel santuario
dell'orrore. Ma tutti, nel bene o nel male, portavano sul volto un
sorriso, seppur lieve in certi casi.
Questo perché nel profondo dei loro cuori, quelle persone si
erano recate al cinema con l'intenzione, pura e sincera, di divertirsi,
e di passare qualche ora in armonia con il prossimo, e -
perché
no? - anche con l'anteriore.
Shoichi, invece, che era stato trascinato lì dentro a forza
e
costretto a vedere un film dell'orrore con l'inganno, portava in volto
una stupenda espressione allucinata.
"Non me l'aspettavo proprio..."
Spanner era rimasto seduto al suo posto, tenendo la testa dell'amico
distesa sulle sue gambe, e ogni tanto gli dava qualche pacca di
conforto fissando un punto lontano, oltre lo schermo ormai grigio.
Shoichi tremò con un sussulto, segno che stava ascoltando
ciò che il biondo aveva da dire.
"Ehi, te lo saresti mai aspettato che alla fine quel virus era stato
creato dalla sorella del vice-capo della moglie
dell'ammiraglio
della seconda flotta diretta a Singapore? Io ci sono rimasto..."
Silenzio. Poi, un grugnito sommesso, quasi un gorgoglìo.
Shoichi
tese una mano verso il collo di Spanner, ma prima che questa potesse
raggiungerla le forze lo abbandonarono, e il braccio ricadde come morto
accanto al suo corpo.
"Sp..."
"Mh?"
"T... am..."
"Cosa? Non riesco a capire, Shoichi."
"Ti am..."
Ti ammazzo, avrebbe voluto dire.
Ma non ci riuscì.
E venne meno, lasciando la frase a metà.
E ovviamente... che cosa avrebbe mai potuto pensare, Spanner, che
l'amico volesse dirgli?
"O-oh..." balbettò lui "Questo è... improvviso,
come dire..." e si grattò la testa, imbarazzato.
La sua voce rimbombava per le pareti della sala, rendendo la scena
ancor più patetica di quanto non lo fosse di per
sé.
*
"Ooh, ohh..."
Uno Shoichi in fin di vita strisciava sotto le coperte invocando aiuto
- non quello di Spanner, ovviamente - , la fronte imperlata di sudore e
la bocca dischiusa in un pianto delirante.
"Mi domando come tu possa ridurti in questo stato per un film horror,
Shoichi. Sei veramente una paperella, sai?"
"Z... stai... zit... bwleergh!"
Un conato di vomito soppresse le parole che con tanta fatica il rosso
aveva cercato di tirar fuori, nonostante le sue condizioni.
Un liquido giallastro colò dalle sue labbra e si
riversò un pavimento, come una mano di vernice fresca.
"Oh, oro liquido!" Commentò Spanner osservando le
convulsioni di
Shoichi come fossero la cosa più naturale del mondo.
Il ragazzo si voltò verso di lui con uno sguardo che di
umano
non aveva più nulla (neppure il colore degli occhi,
solitamente
verdi e ora tinti di un azzurro lucido che lo facevano sembrare un
rospo) e mosse la bocca come per dire qualcosa - un insulto nella
migliore delle ipotesi - , ma al suo posto venne fuori una cascata di
giallo bile che andò a dipingere il pavimento di tenui
tonalità solari.
Era il trionfo dell'arte.
E Shoichi cadde, come corpo morto cade.
Con l'unica differenza che mentre almeno Dante ebbe il conforto e il
sostegno di una figura come Virgilio, lui non poteva contare che su
Spanner, che come suggeriva il nome stesso non era più
confortante di una chiave inglese su per il culo.
"Sei svenuto di nuovo?"
Silenzio.
Sospirando, il biondo si avvicinò al capezzale dell'amico e
gli mise una mano sulla fronte.
"Non sono neanche riuscito a darti una risposta per quello che mi hai
detto al cinema..." disse con rimpianto, scuotendo il capo "... perché, vedi, la verità è... che anche
io ti amo,
Shoichi."
E, chinandosi sul suo viso, congiunse le labbra con le sue, in un
tenero bacio.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** La fine dell'incubo ***
c10
«Non
sono neanche riuscito a darti
una risposta per quello che mi hai detto al cinema... perché, vedi, la
verità è... che anche io ti amo,
Shoichi.»
Immerso in un funebre
sonno, Shoichi sognava - più precisamente, delirava nel
sogno - .
Sognava che Spanner gli avvicinava, gli toccava gentilmente la fronte,
lo guardava dritto negli occhi (chiusi) e lo baciava, dicendogli che
anche lui lo amava.
E rabbrividiva.
Poi, perché anche? Quando mai
Shoichi gli aveva detto di amarlo? Quando mai lo aveva amato?
A tali domande, lui non poteva rispondere. Lo stato di incoscienza in
cui versava non glielo permetteva, infatti.
Comunque, tale visione bastò per scandalizzarlo al punto da
riportarlo forzatamente nel mondo reale.
"Nhg..." si sforzò di aprire un occhio, e la prima cosa che
vide fu il volto di Spanner, impassibile come sempre.
"Ben svegliata, signora papera."
"Spanner, evanisci..." biascicò senza forze prima di
ricadere sul materasso.
Addio, mondo dei sogni. Bentornata, irresistibile realtà.
"Come stai?" Chiese Spanner sinceramente preoccupato.
Ahah, bella questa.
"Splendidamente" rispose "perché, non riesci a scorgere il
benessere riflesso nei miei occhi?"
"Purtroppo no, splendono così tanto che avrei bisogno degli
occhiali da sole per guardarvi attraverso."
"Ahah. Molto divertente, Spanner... davvero, molto divertente."
Shoichi scostò le lenzuola bianche che lo ricoprivano, e
poggiò lentamente i piedi per terra, stropicciandosi gli
occhi.
Splash.
"Che cavolo ho..."
"Il tuo vomito."
Le capacità telepatiche di Spanner erano qualcosa che
superava la coscienza umana.
Era pura follia.
Ed era spaventoso.
Shoichi si guardò i piedi, e vide che poggiavano su una
chiazza gialla che sembrava... maionese? Vernice?
Tutto, ma non vomito. Avrebbe persino ammesso di aver calpescato un
raggio solare, ma non il suo stesso vomito.
Purtroppo però, il tanfo nauseabondo che gli salì
al naso
non poteva essere né della maionese, né della
vernice e
né tantomeno di un raggio di sole.
"Spanner..."
"Sì?" Chiese lui, osservandolo con la solita espressione
indecifrabile.
"Sei sicuro
che questo sia vomito?"
"L'hai vomitato appena 5 minuti fa, non posso sbagliarmi."
Merda.
"Come mi suggerisci di procedere?" Chiese lui cercando di trattenere il
grido che gli premeva dentro il petto.
"Tanto per cominciare, potresti farti una doccia..."
"Già, ottimo consiglio."
"Eh, sì."
Silenzio.
"Bene, allora io..." e fece per alzarsi, tremante.
"Attento a non scivolarci sopra, Shoichi."
Troppo tardi.
"Per chi mi hai presAAAAAGH!"
E, ovviamente, Shoichi cadde sopra Spanner.
Ma dai, era scontato. Anche se avesse perso l'equilibrio mentre Spanner
si trovava in Marocco, gli sarebbe comunque finito addosso, in un modo
o nell'altro. Era matematico.
"Sei davvero una papera, Shoichi. Una papera con le zampe storte."
"S-silenzio! Sono solo inciampato!" Gridò lui cercando di
alzarsi da terra mentre i suoi piedi si agitavano confusi nell'aria.
"Sì, hai urtato i legami a idrogeno del vomito e sei
precipitato
in avanti sopra il mio stomaco, il tutto per puro caso e senza che
qualcuno ti avesse avvertito di stare attento. Hai ragione, i fatti si
sono svolti esattamente in questo modo."
Finalmente l'incubo cinema era finito, e Shoichi poteva di nuovo
aspirare a vivere.
Succube di Spanner, suo eterno servo e possibile concubino, ma sempre
meglio che svenire e vomitare a intervalli di 2 minuti, si disse.
Non che ne fosse poi molto convinto, ma... dettagli. Dopotutto la
storia doveva andare avanti, in qualche modo, con o senza la sua
approvazione. Anzi, senza di essa sarebbe stato ancora più
divertente.
Dopotutto, tutti
amano Shoichi.
Anche se quello che lo ama di più è e
rimarrà sempre Spanner, ma questo era scontato.
E, ancora una volta, si ritornava alla solita vita, fatta di litigi,
imprecazioni, dispetti, fallimenti, combustioni, e pizza ai peperoni.
Quella vita che i nostri due amiconi amavano tanto e a cui non
avrebbero mai rinunciato per nulla al mondo.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 11 *** Occhi che fondono ***
c11
Era una giornata come
tante, nell'appartamento di Spanner e Shoichi.
Il sudore imperlava la fronte di Shoichi, che lavorara con dedizione a
una specie di... scatola quadrata di latta che in teoria, e solo in
teoria, avrebbe dovuto essere un tostapane.
Dal canto suo invece, Spanner se ne stava beatamente seduto alla
scrivania a digitare lettere su lettere, interrompendosi ogni tanto per
mugugnare "Mh" e andare a capo, ingerire ciò che rimaneva
del
suo leccalecca e andare a capo, pensare a Shoichi e andare a capo.
Il tutto ovviamente senza il minimo spendio di sudore.
"Spanner, hai finito di fare nulla?" Chiese Shoichi passandosi il dorso
della mano sulla tempia bagnata, un cacciavite scintillante nell'altra
mano e la tuta da lavoro parzialmente decomposta dal caldo.
"Mh. Vieni qui a vedere, Shoichi."
Ma come, non risponde
alle mie domande con altre domande?! Sono impressionato!
Ma non gli aveva comunque risposto, dunque fino a che
punto poteva considerarla una vittoria?
Decise di non indugiare in quel pensiero che si affiancò a
Spanner per guardare il monitor.
A un primo impatto, ciò che vide lo lasciò
visibilmente
perplesso; si avvicinò ancora di più allo schermo
e lesse
con maggiore attenzione, e il dubbio divenne... orrore.
"E lei chi
sarebbe?!" Strillò, indicando il monitor con un indice
tremolante.
Finalmente, era comparsa.
La rivale in amore di Shoichi.
"Mia cugina." Rispose lui.
Silenzio.
"E non hai altro da aggiungere?! E, e poi q-questa è... una
chat! Tu vai in chat senza dirmi nulla?! Ma come puoi, Spanner, come
hai potuto?! Nascondermi una cosa simile! Sono senza parole! Sei... sei
una bestia, Spanner!"
E menomale che era senza parole.
Spanner osservava l'amico perdere progressivamente il controllo della
sua integrità quale uomo, e trasformarsi lentamente in una
piccola donnina miope e shizzofrenica.
"Shoichi, la pressione..." Tentò di avvisarlo lui, scuotendo
il capo con rassegnazione.
"Io non soffro di pressione, asino!"
"Ah, già... allora, attento al diabete, eh."
"E neppure di diabete!!"
Shoichi sbattè una mano sulla scrivania, con decisione, e
fissò Spanner negli occhi.
A sua volta, Spanner fissò Shoichi con aria imperturbabile,
poggiando il mento sullo schienale della sedia e divaricando le gambe
ai due lati, come se si stesse pigramente stiracchiando.
"Stai ridendo." E indicò le labbra dell'altro che si erano
incurvate in un impercettibile sorriso.
"Non è vero! E' la tua faccia ad essere ridicola!"
Replicò in sua difesa, arrossendo.
"Allora ammetti che la mia faccia ridicola ha suscitato in te
ilarità."
"No, non lo ammetto!"
"Va bene, allora torniamo a fissarci."
Gli occhi di Spanner possedevano una straordinaria capacità
di
fusione. Se riuscivano a sciogliere persino un filamento di tungsteno,
che fonde a 3410°, quante possibilità aveva il
cervello di
Shoichi di uscire indenne da quello scambio di sguardi? Facciamo un
rapido calcolo.
Sulla base di alcuni dati sperimentali raccolti da Spanner in persona
(il quale si ritrova spesso, in mancanza di altri e più
genuini
passatempi, a fare esperimenti su se stesso) sappiamo che i suoi bulbi
oculari sono capaci di far aumentare la temperatura di un corpo di
32° al secondo. Dunque, impostando la proporzione 1 : 32 = x :
3410
otteniamo che è possibile raggiungere la temperatura di
fusione
del tungsteno in 106,5 secondi, un po' meno di 2 minuti.
Supponendo che il cervello di Shoichi abbia un punto di fusione vicino
ai 150° (sempre secondo i dati sperimentali raccolti da
Spanner, e
qui c'è da chiedersi come ne sia venuto a conoscenza),
ponendo x
: 150 = 106,5 : 3410 si ha → 4,68 secondi, che per
pietà
possiamo arrotondare a 5.
Dunque, a Spanner bastava guardare negli occhi Shoichi per 5 secondi per
fondergli il cervello.
Sperimentalmente mostruoso.
1...
"Shoichi..."
2...
"Non mi
fai paura, posso benissimo sostenere il tuo sguardo!"
3...
"Shoichi, la tua fronte..."
4...
"S-sto benissimo! N-n-non sto affatto ridendo!" Piccole goccie di
sudore gli bagnavano la tempia, e gli occhiali gli erano scivolati
lungo l'incavo del naso.
5...
"Shoichi?"
Shoichi resisteva stoicamente, fissando intensamente Spanner e non
accennando a mollare.
Tanto che persino il biondo rimase stupito, così tanto che
volle
accertarsi di non trovarsi di fronte a una proiezione olografica e
mosse un dito in sua direzione.
Ma quando il rosso venne toccato dal polpastrello di Spanner, non
poté resistere.
Quell'espressione da baccalà, quell'atteggiamento
impassibile, quelle movenze sinuose... a tutto c'era un limite.
"Ah...ah...."
"Mh? Ti arrendi?"
*Poke poke* - suono del dito di Spanner quando tocca la carne morbida
di Shoichi -
"Ahah...ah..."
*Poke poke*
"Ah..." E poi, il silenzio.
"Ma come, non ridi più?"
Poveretto, che delusione.
Spanner stava per rifare poke poke, ma non fece in tempo,
perché un suono demoniaco lo anticipò.
"AAHAHAHAHAHAHWHAHAHDSUWHHAHAHAAH!!!!!!"
Il biondo balzò all'indietro con tutta la sedia alla vista
di quella reazione paranormale.
"Shoichi, non sarebbe il caso di assumere qualche psicofarmaco? Lo dico
per il tuo bene, non frainterdermi!"
"AAHAHAHAHAHWHWHAAGG...AH!"
Terra chiama Shoichi, Terra chiama Shoichi, rispondete!
Le comunicazioni sono interrotte, il pianeta è sotto attacco!
Gnewww! Zum Zum Zum! Bang Bang Bang! Y-ah!
Niente da fare... l'aveva perso.
Dunque, non rimaneva che una cosa da fare.
Spanner sapeva che, in casi di emergenza, esisteva una parolina magica
capace di restituire a Shoichi il suo ben dell'intelletto. Questa
parolina era...
"Shoichi, ho ordinato una pizza ai peperoni, ne vuoi una fetta?"
L'inganno della pizza.
"AHAHAHAHAHAH hai detto pizza?"
E' un miracolo, lo stiamo riprendendo!
"Sì, esatto, l'ho ordinata mentre tu ti autodistruggevi.
Allora, ne vuoi una fetta?"
"Eh...ah... io... c-credo di sì..."
Il paziente è fuori pericolo, grazie alla maestria del
neurochirurgho Spanner-san! Un applauso, gente!
"Bene, allora aspetta qui, vado a prenderla." E detto ciò,
il
biondo amico uscì dalla stanza in direzione del bagno (?).
"Ah... mi sento così strano... cosa è accaduto?"
Shoichi
si guardò le mani, come se avesse compiuto un qualche
terribile
delitto. Ma queste recavano solo visibili tracce di sudore, e nessun
altro tipo di liquido le segnava.
Intanto, Spanner era di ritorno, recando in mano un... rotolo di carta
igienica.
Shoichi lo osservò confuso.
"Ecco, tieni." E glielo porse.
"Spanner... questa non è una pizza ai peperoni."
Sibilò lui, cercando di non gridare.
"Oh? E che cos'è?" Chiese allora lui, con voce sollecitevole.
"Questo è un... ma che cavolo ti rispondo a fare?!"
Congratulazioni, il paziente si è ristabilito e da adesso
può ricominciare a fare il servo di Spanner. Complimenti per
la
riabilitazione!
"Bene, hai superato la prova, adesso possiamo discutere dell'argomento
iniziale."
"Prova? Ma che hai in quella testa, vongole?!"
"No, leccalecca."
Ma dai, Shoichi, ancora a metterti contro Spanner? Non hai capito che
ti inculerà sempre, qualunque cosa tu dica?
"Io ti... aaah, che male alla testa! Mi sento come se mi si fosse fuso
il cervello!"
"«Come se»?"
"Che vorrebbe dire, questa domanda?"
Silenzio.
"Niente, Shoichi, niente. Dico davvero, va tutto bene." E gli diede una
sonora pacca sulla spalla, sorridendo amabile.
Troppo amabile.
"Se va tutto bene allora io sono gay, Spanner." Ribattè lui
con sarcasmo.
Ahah, Sho-chan! Ancora con questo sarcasmo? Non avevamo già
detto che è impossibile per te arrecare danno a Spanner
attraverso tale tecnica retorica?
"Appunto."
Ecco, come volevasi dimostrare.
Shoichi strinse i denti, tenendosi la testa fra le mani. Spanner lo
osservava, paziente.
"Va bene, basta, mi arrendo... di cosa stavamo parlando prima che...
succedesse tutto questo?"
Per il rosso era molto difficile parlare di cose come questo o quello,
dato che non riusciva neppure a ricordare cosa fosse successo. L'unica
cosa di cui era certo, però, era che Spanner lo avesse
fregato
di nuovo.
Ma bastava uno sguardo per capirlo, quindi non era qualcosa di
così straordinario.
"Boh." Spanner fece spallucce e roteò gli occhi verso
destra, guardando altrove.
"Ci stai pensando o mi stai solo ignorando?!"
"Boh."
"Shoichi, sii padrone di te stesso... guardalo, guarda la sua
espressione! Puoi davvero odiare una persona così... in difficoltà?
Certo che no, tu sei buono e gentile... quindi adesso ignora
Spanner e allontanati da lui, lentamente, un passo alla volta... un
passo alla volta..." E lentamente cominciò a indietreggiare,
tenendo lo sguardo fisso su Spanner, come fosse una bestia selvatica.
"Guarda che ti mangio, se scappi..." Lo minacciò con
sorrisetto maligno, alzandosi lentamente dalla sedia.
"N-non fare brutti scherzi, Spanner! S-stammi lontano, pezzo di as..."
Ma era troppo tardi. Spanner gli era già saltato addosso
immobilizzandolo con una tecnica segreta che gli avevano insegnato alle
medie.
Si chiamava... «tecnica del castramento» e
consisteva
nell'immobilizzare le gambe della vittima attraverso le proprie, con un
braccio impedire il movimento degli arti superiori e con l'altro
minacciare un «massaggino» poco piacevole al membro
dell'altro.
Bisognava vedere quanto «poco piacevole» sarebbe
risultato il massaggino, dal punto di vista di Shoichi.
Chissà che Spanner non decidesse di raccogliere qualche
«dato sperimentale» in proposito...
E fu così che sia Spanner che Shoichi dimenticarono
temporaneamente l'argomento «cugina», in attesa di
sviluppi
più complessi e succosi.
Già... e se la cugina di Spanner si fosse rivelata una
rivale
del biondo, e non del rosso, come invece istintivamente si era portati
a pensare? Cosa sarebbe mai accaduto? Spanner avrebbe lottato per
difendere il suo amato dalle grinfie della parente? O avrebbero finito
col consumare il loro rapporto proibito con un ambiguo triangolo
lussurioso?
Tutte le risposte a queste inutili domande... nel prossimo capitolo!
"C-cosa stai facendo?! Spanner, non toccarmi il pene!"
"Via, via, che male c'è?"
|
Ritorna all'indice
Capitolo 12 *** L'arrivo ***
c12
"Spanner!"
"Che c'è, Shoichi?" Domandò lui stringendo in
mano il suo pene con volto inespressivo.
Shoichi si coprì gli occhi all'istante, scuotendo la
testolina
rossa per scacciare via dalla sua mente quell'immagine lussuriosa.
Lussuriosa? Volevo dire... sconcertante. Sì, proprio
sconcertante.
"S-S-Spanner!" Gridò lui quasi piangendo "I-i-il tuo p-p..."
"Personal computer?"
"PENE!"
"Ah, intendo questo qui?" E lo indicò con l'altra mano.
"N-non agitarlo in quel modo, maledizione! E'... è...!"
"Eccitante?"
"No! E' scandaloso!!" Esclamò sbirciando da dietro le mani.
Quando intravide il glande si voltò dall'altra parte
piegandosi
su se stesso ed emettendo muggiti.
"Stavo solo misurando la sua lunghezza quando è eretto"
dichiarò grattandosi la testa "purtroppo però,
mentre
stavo per annotare i centimetri, sei entrato tu e sono venuto."
"Non dire queste cose!" Supplicò Shoichi sul punto di
piangere
"Io volevo solo dirti che mi ero ricordato del discorso che stavamo
facendo qualche ora fa! Non di certo assistere alla... alla..."
"Alla mia venuta?"
"NON DIRLO COME SE FOSSI IL MESSIA, IDIOTA!"
L'urlo gli fece perdere l'equilibrio conquistato a fatica in quella
posizione, e Shoichi cadde per terra, nel corridoio, appallottolato
come un gomitolo di lana.
"Dove rotoli?" Chiese lui alzandosi da terra.
"Da nessuna parte! E-e non ti avvicinare, animale! Bestia! Asino!"
"Che buffo, sembra che tu stia elencando la mia scala evolutiva."
Shoichi continuò a muggire debolmente, coprendosi gli occhi
fino
a incrinare gli occhiali, finché Spanner non si risolse di
rivestirsi, dato che girare con il pene al vento per casa era... come
dire...
Una tentazione irrestibile.
Oops, intendevo... uno scempio ambulante.
E voi ci credete, vero? Bravi lettori!
Quando Spanner si rese nuovamente presentabile, Shoichi si
alzò
lentamente da terra, evitando però di incrociare il suo
sguardo
- in cui peraltro non avrebbe scorso nulla di più che il
solito
vuoto vitreo - e con un colpetto di tosse cominciò a parlare.
"A...allora, Spanner: mi sono ricordato che stavamo parlando di tua
cugina, confermi?"
"Mh."
I nervi di Shoichi assunsero l'ormai consueto schieramento a
«corda di violino».
"Spanner..." Incominciò, mentre una vena gli pulsava sulla
fronte "Che ne diresti se approfondissimo il tuo concetto di
«Mh»?"
"Mh, va bene. «Mh» può assumere il
significato di:
«sì», «no»,
«non lo so»,
«continua pure», «ho fame»,
«sto
lavorando» «sto pensando»,
«Shoichi»."
"Capisco... e in questo caso, quale significato ha assunto?" Lo
incitò lui mentre i tendini della sua bocca si distendevano
innaturalmente verso destra e sinistra, in un sorriso che non era
più forzato, ma che aveva superato i limiti di questo mondo.
Un sorriso alieno.
Proprio così. Shoichi aveva dovuto sviluppare
capacità
extra-terrestri per poter convivere con Spanner, essendo oltretutto
quest'ultimo un OGM di primissima scelta.
Una pannocchia geneticamente modificata, se vogliamo.
"Il significato di «ho fame»."
Ovviamente, non avrebbe potuto rispondere in un modo più
simpatico di questo.
Ma stavolta, Shoichi si era preparato.
"Non mi farò travolgere dalla tua simpatia"
dichiarò lui
incrociando le braccia "quindi prenderò quel tuo
mugolìo
da pesce morto come segno di approvazione e andrò avanti con
il
mio discorso!"
"Bravo, bravo!" Esultò la pannocchia battendo le mani "E'
così che si fa, Presidente!"
Con un altro colpo di tosse, Shoichi si apprestò a
continuare il discorso.
Ma l'aveva capito che lo stava prendendo in giro?
"Dunque... che sito era quello in cui ti trovavi qualche ora fa?"
"Un sito di incontri."
Silenzio.
Dal cuore di Shoichi si staccò un minuscolo frammento che
esplose in polvere dorata e si disperse nella circolazione sanguigna.
"Ci sono entrato oggi per la prima volta perché mia cugina
mi
aveva inviato una mail chiedendomi di iscrivermi per contattarla
lì." Aggiunse poi vedendo l'amico ondeggiare leggermente.
"Ah! C-capisco..." Disse riacquistando l'equilibrio e aggiunstandosi
gli occhiali "Bene, prossima domanda: cosa vuole l'esimia
cugina da te?"
Il quesito fu posto mentre un'ombra minacciosa sovrastava la figura di
Shoichi. Tale ombra recava con sè un falce e un sorriso
demoniaco.
Spanner agitò la manina.
"Chi stai salutando, scusa?"
"L'aura malefica che mi sorride alle tue spalle."
L'aura agitò la falce e si inchinò leggermente.
"Sì, molto divertente... vorresti rispondermi, per piacere?"
"Se non rispondo correttamente, vorrei almeno poter decidere della mia
morte." Disse Spanner.
Ma non si stava rivolgendo a Shoichi, bensì allo spirito
amocida
dietro di egli, che annuì debolmente e tirò fuori
un
taccuino dalla tasca.
"Ok, allora... mi piacerebbe che la mia testa rimanesse intatta e che
fosse messa in una di quelle capsule con l'acqua o limonata, non so
bene di che liquido si tratti... tanto per capirci, la stessa fine che
fa Lord Genome."
L'ombra annuì e scrisse. Poi lo guardò come se
volesse
chiedergli altre preferenze, ma Spanner scosse il capo con un sorriso
pacifico.
"Per il testamento provvederò da me. Grazie per l'attenzione
e buon lavoro, se ce ne sarà di bisogno."
Poi i due si salutarono, e l'aura malefica si dissolse come fumo.
Shoichi si chiese se valeva la pena di approfondire.
"Ma chi me lo fa fare..." Mormorò con un sospiro.
"Eccomi, ho finito. Stavo accordandomi con la Morte sulle
modalità del mio trapasso."
"Certo, certo" tagliò corto lui per non impazzire "adesso
che ti sei... accordato,
che ne dici di rispondere?"
"Va bene. Mia cugina ha detto che vuole vedermi e che sarebbe venuta a
trovarmi, visto che «sentiva l'impellente bisogno di
precipitare
fra le mie braccia». Testuali parole."
Mentre Spanner guardava i capelli di Shoichi che lentamente vincevano
la costante di gravità e assumevano la forma di una medusa,
si
disse che aveva fatto bene a prendere prematuramente accordi con la
signora ombra.
Quest'ultima apparve nuovamente alle spalle del rosso, agitando la
falce, e Spanner le fece un gesto d'intesa con il pollice, dicendole
«fatti avanti» con ammirabile stoicismo.
Ma qualcosa impedì a quest'ultima di avvicinarsi alla preda.
Una debole, piccola stella brillava nel cuore di Shoichi. Una stella
color argento, che si chiamava «speranza».
Forse Shoichi avrebbe potuto ancora salvare la sua anima dalla
depravazione. Doveva solo porre a Spanner un'altra domanda, e in base
alla sua risposta decidere di darsi eventualmente al massacro del suo
migliore amico.
"Spanner... tu vuoi che tua cugina ti salti addosso?"
O la va, o la spacca.
"No, che domande. L'unico che può saltarmi
addosso e che non lo fa mai sei tu, Shoichi."
Ecco, glielo aveva detto.
Shoichi pensò che si trattasse di uno scherzo, ovviamente
(troppo bello per essere vero), ma quando vide le guance di Spanner
colorarsi di un tenue rosso porpora, sbiancò.
"Non prendermi in girò" mormorò voltandosi
dall'altra parte "come se tu fossi gay..."
"E anche se fosse?" Chiese lui con un tono incredibilmente
serio
"Il sesso di chi mi sta accanto passa in secondo piano rispetto alla
sua intelligenza, che stimo prima di ogni altra cosa."
Le orecchie di Shoichi avevano evidentemente qualche problema. O forse
era la sua testa? Di certo quello che aveva sentito non poteva che
essere solo una distorta proiezione auditiva delle reali parole della
pannocchia OGM.
Però... quello era senza dubbio Spanner. Non poteva
sbagliarsi.
Quelle parole, e il modo in cui le aveva pronunciate... erano suoi,
dalla prima all'ultima sillaba.
"S-sei di ampie vedute, vedo..." Balbettò imbarazzato.
"Perché, tu no, Shoichi?"
Ampissime anche le sue, certo.
Dopotutto, Shoichi sarebbe stato perfettamente in grado di innamorarsi
di una pannocchia, quindi chi più di lui poteva considerarsi
di
«ampie vedute»?
"Lasciamo stare questi discorsi, per favore... sono imbarazzanti."
"Va bene, come vuoi. Altre domande?"
Mi ami?
Non fece in tempo né a pensarlo, né
ad avvampare
per quel pensiero, né a sopprimerlo in un angolo della sua
testa, perché il suono del campanello interruppe il loro
tenero
dialogo.
"Chi sarà, a quest'ora?"
"Mh. Credo che sia arrivata."
"Cosa, la pizza?" Domandò lui con un lampo di genio, reduce
della precedente e traumatica esperienza.
"No, mia cugina."
Silenzio.
Il campanello suonò di nuovo, e una vocina isterica
cominciò a chiamare il biondo a gran voce.
«Spanneruccio, sono arrivata! Aprimi la porta, non essere
timido!»
"E' già qui?!?"
Ora sì che incominciavano i guai...
Precisazioni:
● Lord Genome è un personaggio appartenente all'anime "Tenge
Toppa Gurren Lagann" ed è il re di Helix.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 13 *** Primo match ***
c13
«Cuginicchio...
dai, apri la porta!»
Si sentì il legno tremare, probabilmente sottoposto a
qualche spiacevole pressione sulla maniglia.
"Ti sta minacciando o cosa?!" Strillò Shoichi, a
metà fra il terrorizzato e l'irritato.
Ma come si permetteva, quella?
Disturbare il loro idillio, senza il minimo rispetto, e tentare pure di
aprire la porta con la violenza!
"Arrivo, arrivo..." Sospirò Spanner muovendo un passo in
direzione dell'uscio.
Ma Shoichi gli si abbarbicò alla gamba sussurrando un no
colmo di dolore.
"No, no, no! Non aprire quella porta, Spanner! E' una trappola!"
"No, è solo mia cugina. Dai Shoichi, lasciami andare." E
cercò di liberarsi da quella stretta, con delicatezza.
Ma Shoichi aveva ormai piantato radici e solo un diserbante avrebbe
potuto scioglere la presa.
Continuava a scuotere la testa, mentre un verso simile a un muggito
stanco si riversava sulla tuta dell'amico.
Pannocchio sospirò.
"Guarda che ci vado lo stesso, ad aprire la porta... con te che ti
trascini attaccato alla mia gamba."
"Non oseresti mai."
Il tono era passato dal supplichevole al minaccioso in una frazione di
secondo.
«Spanneroncino, dove sei? Perché non apri alla tua
cuginetta del cuore? Ha percorso tanta strada per arrivare fin qui, lo
sai!»
Ora Spanner sentiva chiaramente gravare su di sé una duplice
minaccia.
Si grattò la testa, si guardò la gamba, si
schiarì
la voce, si voltò verso la porta, si mosse verso essa.
Il tutto contemporaneamente.
"Cos- dove stai andando, Spanner?"
Lunghi anni di esperienza in campo meccanico avevano insegnato al
nostro biondo ragazzo che, solitamente, per rimediare a un
malfunzionamento era molto più efficacie provocarne un altro
e
aspettare che questi si scontrassero e si eliminassero a vicenda,
piuttosto che cercare di trattarli uno alla volta.
"Ad aprire la porta."
Solitamente, è il più forte a sopravvivere.
E il terzo gode, sempre.
"No, non farlo! Morirò!" Supplicò lui con le
lacrime agli
occhi, mentre il suo corpo scivolava inerme sul pavimento.
"E' la selezione naturale." Rispose lui facendo spallucce e trascinando
la gamba come fosse un pirata.
La cugina, intanto, che aveva sentito un rumore di passi avvicinarsi,
aveva smesso di gridare e stava dipingendo sul suo viso il sorriso
più radioso e angelico possibile.
Il suo buonumore era stato inoltre accresciuto dopo che aveva sentito
chiaramente il cugino trascinare con sé un sacco,
che si figurò essere pieno di regali per lei.
Batté le
mani eccitata e si preparò a saltargli in groppa non appena
avesse aperto la porta.
"Sto arrivando, sto arrivando." Ripetè quando fu vicino alla
porta.
Shoichi, nel frattempo, mugolava triste, come un micetto sotto la
pioggia.
Anzi, come una mucca mentre espleta i bisogni.
Moo, Moo!
Finalmente, la porta si aprì, e il cugino apparve in tutto
il suo... pescioso splendore.
"Ma cia..." Cominciò a strillare, ma la vista di un essere
umano
legato alla caviglia di Spanner le asciugò la gola "E lui...
chi
è?" Chiese, prudente.
Poteva essere chiunque, anche il suo datore di lavoro. Non era saggio
lasciarsi andare a smodate effusioni di affetto.
"Mia moglie." Rispose appoggiando un braccio al lato della porta.
Spanner era di gran lunga più alto di sua cugina, e in
quella posizione sembrava ancora più imponente.
La ragazza ammirò l'altezza di lui, ma prima ancora di
questo venne sorpresa dalla sua risposta.
"Ahah, ma dai Spanner, cosa mi dici? E' un uomo!" E mise una certa
enfasi sprezzante nell'ultima parola, come se in quel momento per
Shoichi valesse l'equivalenza uomo = porco.
Beh, però... era incagliato al suo Spanner, quindi
più di un suino non poteva rappresentarle.
"Uomo? Oh, non poi così tanto..."
"S-Spanner!" Gridò lui allargando la bocca "Stai zitto,
pezzo di asino che non sei altro!"
"Ben svegliata, mogliettina. Dormito bene?"
"Non sono tua moglie, idiota!"
"Ma come no? Conviviamo da anni, ormai... non rinnegare la
verità."
"Q-quale verità?" Avvampò lui, staccandosi
rapidamente
dalla sua gamba e strisciando lontano, in preda alla vergogna.
"Ehi, tu!"
Quelle due parole bastarono a porre fine ai loro screzi da due soldi,
portando instantaneamente l'attenzione su di lei, che impertinente
indicava Shoichi con la punta dell'indice.
"Parli con me?" Fece lui, chiaramente ostile.
"Ecco, la lotta per il dominio del territorio è appena
iniziata." Constatò Spanner con un sorriso. E
cominciò un
progressivo allontanamento che lo avrebbe portato dentro l'appartamento.
"Sì, proprio con te! Come ti permetti di insultare
così il mio
Spanner?"
"Ah! Mi viene da ridere! Come sarebbe a dire, il tuo Spanner? Non
siete forse cugini?"
"E allora? I cugini possono sposarsi, è perfettamente
legale...
al contrario dei matrimoni gay!" Sghignazzò lei portando una
mano alla bocca e guardandolo dall'alto in basso.
Certo, il fatto che Shoichi stesse scrisciando a terra non aiutava un
granché la sua posizione.
"M-matrimoni gay??" Esclamò lui arrossendo "E c-chi ha
parlato di matrimoni gay?!"
"Oh? Ma non sei tu quello che aveva qualcosa da ridere sull'aggettivo
«mio», signor... Blood Peppers?"
Per la prima volta, la ragazza - di cui presto verrà svelato
il
nome, non preoccupatevi - fece caso alla scritta che campeggiava sulla
maglietta di Schoichi.
Blood Peppers.
E in mezzo, un piccolo vasetto cilindrico della suddetta.
"Non guardare la mia maglietta! Stupida ragazzina senza seno!" E si
coprì il petto con pudore.
Ecco, Shoichi ci ha appena svelato che la cugina di Spanner
è piatta.
"C-cosa?! Ma come ti permetti, brutto... brutto... gyaaa!!" E si
coprì il petto con vergogna, fissando Shoichi con rabbia.
Dopo essersi scrutati per qualche istante, come animali pronti a
saltarsi addosso, entrambi si voltarono verso Spanner e gridarono:
"Spanner, dì qualcosa!!!"
Ma Spanner non c'era più. Al suo posto vi era una sagoma
bianca tratteggiata che lampeggiava a intermittenza.
Dopo un attimo di silenzio, lei gridò per prima.
"Hai visto? Lo hai fatto scappare!"
"Io!? Ma se sei stata tu a dare fuori matto, avresti fatto fuggire
anche un albero di natale!"
"Prova a ripeterlo, se hai il coraggio!"
"Certo, quante volte vuoi!"
E l'avrebbe fatto davvero, se Spanner non fosse intervenuto con una
caraffa di acqua in mano.
"Sto facendo del thé, mi vuoi dare una mano, Shoichi? E tu,
Spannera, entra e accomodati."
Povero Shoichi, quanta tenerezza che gli aveva suscitato! E come era
stato contento di vedergli tirare fuori le unghie, per lui!
Come non poteva venire in suo soccorso?
"Eddai, non chiamarmi così..." Piagnucolò lei con
le
lacrime agli occhi "... è brutto, Spannera, non mi piace!"
"E a me non piace il tuo nome. E poi, è troppo lungo per i
miei gusti, e io detesto le
cose lunghe.
Preferisco quelle piccole e corte."
Shoichi rimase interdetto. Quello che stava succedendo... poteva
considerla una vittoria personale? Poteva, vero?
Ma certo che poteva. E lo fece, e se la godette tutta, la sua vittoria.
Un sorriso beato gli si stampò sulla baccia.
"Shoichi, non dormire, aiutami a preparare il thé. Ho
bisogno di un giapponese per farlo come si deve."
"Ma certo, Spanner! Andiamo a fare questo thé!"
La Pasqua era arrivata e si era incarnata in Shoichi, adornandolo di
pizzi e fiocchi.
Il ragazzo si voltò Spannera con un'espressione che
ricordava l'Assunzione.
"Spannera, ti faremo gustare un vero thé giapponese! Siediti
pure e aspetta qui, faremo in fretta!"
La Pasqua perdona tutto e socializza col prossimo, gioendo della vita.
"E-ehi, aspettate un sec..."
Ma i due ragazzi erano già scomparsi oltre la porta,
lasciando dietro di sé una scia di faville color oro.
E così, Shoichi aveva vinto questo round.
Ma non la guerra.
E che guerra che sarebbe imperversata...
Note dell'autrice: Blood
Peppers
è una scritta apparsa davvero sulla maglietta di Shoichi
-->
http://i52.tinypic.com/2hnyn1w.jpg
|
Ritorna all'indice
Capitolo 14 *** Secondo match ***
c14
A intervalli regolari
di 3 minuti, Shoichi emetteva una risatina soddisfatta.
Aveva ridacchiato quando aveva incominciato a riempire la caraffa.
Aveva ridacchiato quando aveva messo le foglie di thé in
infusione.
Aveva ridacchiato quando Spanner gli aveva chiesto dove fossero le
tazzine.
Aveva ridacchiato quando gliele aveva prese, rischiando di mandarle in
frantumi.
Aveva ridacchiato quando stava versando il thé,
rovesciandone metà sul tavolo.
E in tutto questo, Spanner si limitava a osservare l'amico, studiarne i
segreti e fantasticare sulla sezione trasversale del suo cervello.
"Certo che..." Cominciò Shoichi in uno degli intervalli che
intercorrevano fra una risatina isterica e l'altra "Tua cugina
è
davvero... davvero..."
Gli mancavano le parole.
"Sbrigati a trovare il termine giusto, prima che sopraggiunga di nuovo
una crisi epilettica."
"Eh? di quale crisi stai... ehehehe. Ehehehe. Eh."
"Appunto."
Shoichi sembrò non capire. Continuava però a
fissare Spanner, ridendo.
"Eheheheheehehehehe!"
"Ecco, l'abbiamo perso... lascia, lo servo io il thé a
Spannera." E si mosse per prendere il vassoio prima che lo facesse il
rosso, totalmente inconsapevole dei disturbi psichici che lo vessavano.
"Ehehe... no, no! Fammi pure servire il thé, sto bene!"
Spanner lo squadrò scettico.
"Il tuo concetto di «bene» è molto
vasto, vedo..."
"Aehm!" Colpo di tosse "Io sto benissimo."
Come potrebbe stare male, del resto? Aveva vinto contro Spannera, la
cugina di Spanner.
Spanner. Spannera. Spanner. Spannera.
SpannerSpanneraSpannerSpanneraSpannerSpannera.
"Comunque, Spanner." Disse lui cercando di apparire serio. Tuttavia,
poiché quello che si apprestava a dire era di un esilarante
spaventoso, gli scappò un'altra risata che presto divenne
delirio comico allo stato puro.
"Dica, signora papera."
"Ehm, ehm... ecco... tua cugina, S...Sp..."
"Mh?"
"Sp...Spa... no, non ci riesco, è troppo..." E
scoppiò a ridere, come un forsennato.
"Shoichi?"
"S-sto bene! Sto bene, davvero... stavo dicendo, tua cugina
Spa...Spannnnnngh... mf! AHAHAHAHAHAH!"
E di nuovo, si piegò sulle ginocchia tenendosi la pancia,
mentre le lacrime si solcavano il volto copiose.
Persino Spanner fu costretto a ridere, giusto un pochino, giusto un
istante. Non aveva mai visto Shoichi ridere così tanto in
vita
sua, sembrava sul punto di collassare.
E, detto francamente... gli possiamo dare torto?
"Shoichi... mhf." Cercò di trattenersi, giusto
perché si trattava di lui, ma era davvero dura.
"Ahahah, oh mamma mia, sto... sto morendo! Ahahahahahah!"
"Sho... mhmf... ma tu guarda se devo farmi coinvolgere in queste...
mhf!"
Poi, non ce la fece neppure lui.
Ed entrambi scoppiarono a ridere, a ridere, a ridere, fino allo
sfinimento, fino a singhiozzare.
Fino a che...
"GYAAAA! U-un mostro! Aiuto, aiuto!"
Una voce fastidiosa non fece loro passare la voglia di ridere.
"Oh, che cazzo..."
"S-Shoichi" Balbettò lui, ancora sotto l'effetto
dell'ilarità "Per favore, vai a vedere che cosa è
accaduto a S... a mia cugina. Se esco dalla cucina in questo stato,
potrei non rispondere della mia voce."
Lo sforzo compiuto da Spanner per conservare l'auto-controllo era
davvero notevole, non c'è che dire.
Ma quello che doveva compiere Shoichi per trovare la forza di guardare
negli occhi quella ragazza era... ancora più notevole.
"Cosa succede, signora?"
Chiese il rosso per nulla interessato.
"U-un mostro! C'è un mos... ah, sei tu..."
"E chi speravi che fosse? Anzi, no, non dirmelo, ci arrivo da solo."
"Screanzato!" Starnazzò lei "Mi chiedo per quale motivo
Spanner ti permetta di trattarmi in questo modo!"
"Forse perché sei... bah, lasciamo perdere, me ne vado."
"Ciao." Tagliò corto lei indignata.
Shoichi stava per ritornare in cucina, quando gli venne un'idea.
Così, un piccolo colpo di genio. Una pensata, una trovata.
"Quale sarebbe il tuo nome?"
Lei si voltò, lentamente.
"Spanner non te l'ha detto?"
Scosse il capo.
"Capisco. Beh, il mio nome è Jesscherryelaindelph."
Silenzio.
"Jes... cosa?"
"Jesscherryelaindelph!"
Ripetè lei spazientita.
"Jessc... ehm... come si scrive?"
"Oooh, insomma! Ma sei stupido?"
"Ah, IO sarei stupido!"
"Per forza!" Insistette lei, impettita.
"Su, su, beviamoci questo thé!"
La voce allegra (?) di Spanner interruppe la conversazione prima che
questa degenerasse verso un vicolo senza uscita.
"Spannera, stavi litigando con Shoichi?"
"Uffa, non chiamarmi Spannera!"
"Va bene, allora non ti chiamo proprio. Shoichi, stavi lit... Shoichi?"
Ma Shoichi aveva ricominciato a ridere sentendo Spanner pronunciare il
nome «Spannera» e stava ansimando disteso malamente
sul
divano del soggiorno, gli occhiali di traverso e la maglietta che gli
lasciava scoperta mezzo stomaco.
"Cugino mio... perché vivi con un tale idiota?"
"Perché?" Fece lui, con un sorriso "Perché
è il mio migliore amico, ecco perché."
"Cooooosa? Questo... nerd
sarebbe il tuo migliore amico?! Sono sconvolta!"
Finalmente, qualcuno che dava del nerd a Shoichi.
Avanti, lo abbiamo pensato tutti quella volta che lo abbiamo visto con
le cuffie giganti nelle orecchie, stile Bakuman, mentre in stato di
semi-incoscienza si sparava la musica a tutto volume!
"Non dare del nerd a Shoichi..." Disse Spanner voltandosi verso di lui,
mentre quest'ultimo si agitava convulsamente sul divano emettendo versi
a metà fra una risata e un lamento "... esistono molti altri
aggettivi più adatti a lui."
"Per esempio?"
"Beh... convulsivo
mi sembra un termine appropriato per definirlo, non credi?"
"V-voi due!" Esclamò Shoichi voltandosi verso i cugini, le
lacrime agli occhi e la voce ansimante "Cosa avete da dire alle mie
spalle?!"
"Spanneruccio mi stava giusto dicendo che sei... convulsivo!"
"Cos...? S-Spanner! Ma che vai dicendo a quella... quella cretina?!"
Shoichi si alzò dal divano barcollando leggermente, si
raddrizzò gli occhiali e si mosse verso di loro, in cerca di
vendetta.
"Ohi, ohi!" Fece Spanner, portando le braccia in avanti per fermare una
sua possibile caduta al suolo.
"Ma guardalo, sta venendo qui! Ha persino le lacrime agli occhi!"
Civettò Spannera indicandolo con scherno.
"Certo, ho appena pianto dalle risate!
Come fai a essere stupida da non accorgertene?"
"Come ti permetti, nerd! Vai a segarti con un porno piuttosto, sfi-ga-to!"
Ahi, questa faceva male.
Faceva male perché una scena del genere si era
già verificata, e Spanner non tardò a
ricordarsene.
"Ah, sì. Mi ricordo..." Cominciò lui, ma una mano
si saldò alla sua bocca alla velocità della luce.
"Silenzio, silenzio!" Gemette lui, arrossendo violentemente "Non dire
una sola parola, Spanner!"
"Mmfgnmh."
"Eh?"
"Mhfhgnm."
"EH?!"
"Mi spieghi come posso parlare se continui a mettermi la mano davanti
alla bocca?"
"Noo, non toglierla!" E gliela ri-attaccò con veemenza,
cercando
contemporaneamente di trascinare via quel pericolo pubblico.
"Ah, ridicolo! Sei ridicolo, nerd!
Diglielo pure tu, Spanner!"
"Mhfn!"
"Spanner, mi stai tradendo?!"
"Tradendo? Da quando sareste una coppia, nerd?"
"Non chiamarmi nerd, oca! E poi non sto parlando di
«quel» tipo di tradimento!"
"Oca A ME? Oca A ME?! Ma io ti..." E si avventò contro
Shoichi cercando di piantargli le unghia nella carne.
Ma i due litiganti non avevano fatto i conti con Spanner, la cui
pazienza aveva raggiunto il limite consentito.
Così, prima che l'isterica cugina si avventasse contro
l'isterico coinquilino, con un rapido gesto si liberò della
presa di Shoichi (lo avrebbe potuto fare fin da subito, ma gli era
sembrato scortese nei confronti dell'amico), si sovrappose fra i due
con espressione indecifrabile e disse...
"Io vado a vedere Nanami, voi rimanete pure qui a divorarvi le carni.
Mi ciberò di chi morirà per quando
sarò di
ritorno." E con un cenno della testa, lasciò la stanza per
dirigersi in camera sua.
Shoichi e Jesscherryelaindelph
lo guardarono allontanarsi, impotenti.
Quando quest'ultimo scomparve inghiottito dall'oscurità del
corridoio - ma era sempre buio, questo corridoio?! - , lentamente
Shoichi parlò.
"Stavolta... abbiamo esagerato."
"Abbiamo? Sei tu che hai cominciato tutto, Shoichi!"
Shoichi? Lo chiamava per nome?
Quale affronto!
"Non chiamarmi per nome, mi... indispone. Chiamami Irie, se proprio
devi, anche se preferirei che tu non mi chiamassi affatto."
"Guarda che non ci tengo a chiamarti... Irie."
La cugina sedette, in silenzio. Sembrava aver domato il suo spirito
ribelle e mostrare per la prima volta il suo volto di essere umano.
Shoichi la osservò, approfittando di quel momento di
normalità, e constatò con una leggera sorpresa
che
Spannera assomigliava un po' a Spanner. Solo un po'.
I suoi capelli erano biondi, lunghi e tenuti ai lati da due codini
(anzi, codoni). La sua espressione, quando non era irritante, era
piuttosto spenta, con le palpebre troppo influenzate dalla forza di
gravità. Era piatta - ah, ma si era già scoperto
- e
molto magra, sembrava uno stuzzicadenti venuto male. Il labbro
superiore tendeva a coprire quello inferiore, in un perpetuo muso da
gatto persiano che di attraente non aveva neanche il presentimento.
In sostanza, Spannera era un cesso di ragazza, esattamente come il
cugino.
Ovviamente, stiamo scherzando.
Però posso garantire solo per la seconda parte della frase,
quindi accontentatevi.
Tuttavia, Shoichi trovò in lei un... qualcosa di
attraente. Era tutto a livello inconscio, per carità,
però... c'era, e si sentiva.
Shoichi rabbrividì.
Non devo farmi
influenzare dal fatto che assomigli a Spanner! Lei non ha niente di suo!
La ragazza si voltò verso di lui, come se si
fosse sentita chiamata.
Lo osservò, di traverso, con la fronte corrugata e gli occhi
perplessi.
"Lo sai, Irie? Sei davvero un cesso di ragazzo!" Esclamò
infine con un sorriso perfidamente divertito.
E in quel momento... Shoichi comprese cosa significasse abbassare la
guardia solo perché il suo avversario era una ragazza.
Si maledì per la sua debolezza al gene spanner, ma
non ebbe la forza di controbattere.
Così, Shoichi aveva perso psicologicamente il secondo round,
anche se a conti fatti si poteva contare più come un
pareggio.
E allora, cosa sarebbe accaduto? Spanner avrebbe continuato a fare lo
gnorri seduto in poltrona a guardare Nanami sul portatile, oppure
avrebbe dichiarato apertamente il suo amore per qualcuno?
Le risposte a queste domande... nella prossima puntata!
See ya! ~
Note dell'autrice:
suppongo che
abbiate tutti chiara, nella mente, l'immagine di Takagi Akito di
Bakuman, quindi non mi soffermo più di tanto.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 15 *** It's a PINCH! ***
c15
"Togliti."
"Levati di mezzo."
"Fatti da parte, nerd."
"Starnazza altrove, oca."
La porta della camera di Spanner si aprì di botto.
"Spanner, gradisci un gelato Valsoia?"
"Spanner, facciamoci una birretta come ai vecchi tempi!"
Il conteso in questione si voltò, con espressione
impassibile.
"Shoichi, tu non bevi e non hai mai bevuto. L'unico lusso che ti
concedi è un centilitro al mese di lemonsoda." Gli
ricordò, succhiando il leccalecca che teneva in bocca.
"Ops, ho detto birra? Volevo dire... ehm, pokerino?" E con prontezza di
spirito tirò fuori un mazzo di carte da sotto la maglietta.
"Shoichi, quella è una scatola di fiammiferi."
"Ma davvero?" Rise isterico, cercando meglio.
Poi si ricordò di averle messe dentro le mutande e ci
infilò una mano in maniera poco ortodossa.
"Kyaaa! C-cosa stai facendo, pervertito! Porco!"
"Stai zitta, gallinaccia! Ah, eccole qui, sapevo di averle con me."
Era in dubbio se doveva sconvolgere di più il fatto che
tenesse
dei fiammiferi sotto la maglietta o un mazzo di carte dentro le mutande.
"Shoichi, né tu né io sappiamo giocare a poker."
"Sul serio? Bene, allora giochiamo con i fiammiferi, li ho portati
apposta!"
Spanner scosse il capo, compatendo il coinquilino.
"Spanner, ignora questo pidocchio e gustati il gelato che ho portato
appositamente per te!" E senza aspettare un cenno saltò in
braccio al cugino, cercando di imboccarlo.
Spanner e Shoichi hanno detto no al colesterolo, ma non rinunciano alle
seghe notturne.
Del gelato Valsoia, però, possono fare sicuramente a meno.
"Non lo voglio, non mi piace." Dichiarò lui girando la testa
dall'altra parte "E poi ho già il leccalecca, come puoi
vedere."
E lo indicò con il dito.
"Oh, ma non ti preoccupare! Dai pure a me il leccalecca, lo
gusterò io per te..." E avvicinò la bocca in
maniera
molto fraintendibile a quella di Spanner, che allontanava
progressivamente la testa in attesa che Shoichi rinvenisse dal coma
farmacologico e corresse a salvarlo.
"F..."
Aaah, finalmente.
"F-ferma! Maledetta! Non toccare Spanner con quelle tue labbra da
gattaccio anemico!"
"Shoichi, non otterrai nulla strisciando sul pavimento, a meno che tu
non voglia fare leva sulla sua pietà." Dichiarò
Spanner
indietreggiando ancora.
La posizione che quei due avevavo assunto stava diventando qualcosa
di... trasgressivo.
Il povero Shoichi si sentì messo da parte, e
cominciò a gridare.
"Come sei fastidioso, Irie! Perché non vai a masturbarti con
quella bambola gonfiabile che hai dentro l'armadio?"
No! Aveva scoperto la bambola di plastica a forma di Spanner che
Shoichi conservava gelosamente in uno scomparto segreto del suo
guardaroba?
It's a PINCH!
Ovviamente Shoichi non possedeva nessuna bambola gonfiabile.
Solo un album di fotografie di Spanner scattate durante le sue
innumerevoli docce.
Album, peraltro, donatogli da Spanner stesso con un sorriso che
significava «usalo pure se ne hai di bisogno».
Mai aperto, s'intende.
Anche se... la tentazione c'era stata.
"Parli a me di masturbazione quando tu sei ancora una verginella di
infima categoria? Ah, che coraggio! Se solo non mi facessi schifo ti avrei
già violentato così tante volte da farti
dimenticare persino come ti chiami!"
"Wow. Shoichi, perché non le tiri mai fuori queste frasi
quando parli con me?" Chiese Spanner con ammirazione.
"T...TU!!!" Strillò Spannera saltando giù dalla
poltrona
e marciando verso Shoichi con passo infuocato "Maledetto porco
schifoso, suino di merda! Perché non mi scopi allora,
proprio
qui, in questo momento, ah?! Non ne hai il coraggio, vero? Ti mancano
le palle,
vero?!"
"C-cosa hai detto?" La faccia di Shoichi divenne un pomodoro e
istintivamente fece un passo indietro, spaventato dal sesso femminile
di cui non sapeva assolutamente nulla.
Fu in quel momento, allora, che Spanner decise di intervenire.
Chiudendo la pagina di Media Player in cui il fotogramma di Nanami
campeggiava in bella mostra, si alzò dalla poltrona e si
mosse
verso Shoichi, con passo lemme.
Quando lo vide avvicinarsi, il ragazzo provò l'irrefrenabile
impulso di buttarsi fra le sue braccia in cerca di protezione, ma
poiché il suo pene aveva sfortunatamente subito un'erezione
causata dalle parole di Spannera non aveva osato muoversi di un
centimetro.
"Shoichi."
Una parola, e lo strinse a sé.
Spannera osservò la scena con la bocca spalancata.
"Sp-Spanner!" Gemette lui a contatto con la sua immancabile tuta verde
"Cosa diavolo fai?!"
"Ti fermo prima che tu possa perdere la verginità con mia
cugina." Disse, cullandolo.
Non voleva che Shoichi la perdesse con un'altra persona che non fosse
lui, ovviamente.
O semplicemente non voleva che la perdesse con un essere come Spannera.
"N...non l'avrei mai fatto..." Mormorò, mentre le gambe
lentamente gli cedevano.
Il sonno stava prendendo il sopravvento su di lui, e la sua percezione
della realtà si dissolse come nebbia mentre si abbandondava
del
tutto alle braccia di Spanner.
Si addormentò, bisbigliando ancora il suo nome.
"E adesso, mettiamo a dormire questa paperella di gomma." E se lo mise
in spalla, portandolo sul suo letto.
"Cosa gli hai fatto?" Riuscì finalmente a chiedere Spannera,
sconvolta dalla scena yaoi a cui suo malgrado aveva appena assistito.
"Ho inventato un nuovo tipo di tessuto: la stoffa soporifera, intrisa
di cloroformio e sensibile solo per le piccole narici di Shoichi.
L'idea mi è venuta quando mi sono chiesto come potessi
convincerlo a fare sesso consenziente, realizzando che alla fine la
cosa migliore era farlo addormentare per poi disporne a mio uso e
consumo."
Un sorrisetto maligno gli si dipinse sulla bocca, in netto contrasto
con la solita espressione vuota.
Spannera aprì la bocca, ma non le uscì alcun
suono.
Stavolta, la vittoria spettava di diritto a Spanner, che con pochi e
semplici gesti aveva neutralizzato entrambi i contendenti.
Tornò quindi a sedere, riaprì Media Player e
proseguì con la visione di Nanami dall'esatto punto in cui
l'aveva interrotta.
*
Erano seduti tutti e tre in
soggiorno, e stavano consumando la loro cena.
Shoichi stava divorando una pizza ai peperoni di 68 centimetri di
diametro.
Spanner stava addentando una caramella a forma di hamburger.
Spannera stava sorseggiando dell'aranciata.
A un certo punto, Shoichi ruppe il silenzio con un colpetto di tosse.
"Spannera" cominciò, senza ridere "mi piacerebbe
consigliarti un albergo in cui passare la notte."
"Gentile da parte tua, ma io dormo qui."
Neanche il tempo di ILLUDERSI che almeno per la notte si sarebbe tolta
dalle palle.
Naturalmente, Spanner continuò a consumare la sua cena - se
così la si poteva definire - senza intromettersi nella
discussione.
Come se lui fosse solo un ospite di passaggio, e di lì a
poco
avesse preso il suo fagotto e il suo sacco a pelo per continuare il suo
lungo viaggio.
Come se quella non fosse casa sua.
Mentre le sue mandibole masticavano con passione, Shoichi
parlò ancora.
"Non puoi. Non te lo permetto."
"Questa non è solo casa tua, ma lo è anche di
Spanner.
Lasciamo che anche lui prenda parte alla discussione, vero cuginicchio?"
Lui non rispose.
"Suppongo non si possa fare altrimenti..." Si arrese il rosso,
sospirando.
Spannera sorrise compiaciuta.
"Allora, Spanneruccio... posso rimanere a dormire qui, stanotte?"
"Mh."
"Ha detto no."
"Ha detto sì."
Già, cosa voleva dire? Sì o no? O forse,
«sto mangiando»?
Probabile la terza ipotesi.
In sostanza stava dicendo: fottetevela
voi.
"Bene, è deciso, dormirò qui."
"Eh? Ah? Quando l'avresti deciso, scusami tanto?"
"Due secondi fa."
"Scordatelo, non ti voglio in casa nostra!"
"Se per questo neanche io vorrei che Spanner condividesse
l'appartamento con un nerd segaiolo come te!"
"Io sono una persona utile alla società, gentile e
simpatica!"
"Tu? Ah, mi viene da ridere! Ma se non sai neanche dove sia la vagina!"
Touché.
"E-e questo cosa c'entra? Neanche Spanner lo sa!" E lo
indicò, per trascinarlo nella sua vergogna.
"Obiezione: io so benissimo dove si trova la vagina, nei corpi
femminili."
Ma Spanner aveva addosso la cintura di sicurezza.
"Adesso parli però, eh?!"
"Mi sembra evidente che Spanner sia a favore del mio pernottamento, e
visto che in ogni caso il tuo parere non conta, io resto!"
"Evidente un cazzo! Il fatto che lui mi stia prendendo in giro non
significa niente, lo fa da tempo immemore, e non ha mai smesso, neppure
per un giorno!"
Una nota di isterismo gli era suo malgrado scappata dalla bocca.
"Va bene, va bene! Visto che mi fai pena, propongo di giocarcela con
una partita a sasso, carte e forbici!"
"Ci sto! Sono imbattibile in questo gioco!"
Non era assolutamente vero.
Si misero l'uno di fronte all'altra, e agitarono i pugni.
"Sasso!"
"Forbici!"
"Ah, ho vinto!"
"N-non ti scaldare tanto, è solo il primo round!"
Di nuovo.
"Forbici!"
"Carta!"
"Ho vinto di nuovo, ho vinto di nuovo!"
"Silenzio! Ti sto solo favorendo!"
Di nuovo.
"Sasso!"
"Forbici!"
Aveva perso.
"Ahah, schiappa!!"
"Hai barato! Hai sicuramente barato! Spanner, diglielo anche tu che ha
barato!"
"Mh."
"Hai visto? Ha detto sì!"
"Che stai dicendo?! E' ovvio che voleva dire di no! Vero, Spanneruccio?"
"Mh."
E fu così che Shoichi perse a sasso, carta e forbici, e fu
costretto ad acconsentire che Spannera dormisse da loro.
La serata era appena cominciata, e si sarebbe rivelata... molto, molto
interessante.
Precisazioni:
● "It's a pinch" è una frase che ripete spesso Tsunashi
Takuto,
protagonista dell'anime Star Driver e significa "è un guaio"
:)
|
Ritorna all'indice
Capitolo 16 *** Violenza ***
c16
Ci sono cose che non
si possono comprare.
E altre di cui non ci si può disfare neanche con lo sconto
del 100%.
Jesscherryelaindelph era una
queste.
A cominciare dal suo nome, che non passava neanche per la porta.
"Voglio dormire con Spanner!" Aveva dichiarato di colpo, dopo essere
stata 42 minuti a crogiolarsi nella sua vittoria.
Nessuno avava fiatato.
Shoichi era catalessi plumbea e non accennava a riprendersi.
Spanner sorseggiava del thé verde con fare serafico,
chiedendosi
quando il suo paperotto sarebbe venuto a cavarlo fuori di impiccio.
E lei aveva preso quel silenzio per un tacito assenso, e si era messa a
ridacchiare da sola, come un'idiota.
Del resto, era pur sempre cugina di Spanner.
Erano le 23:20 quando finalmente Shoichi diede segni di miglioramento.
Nel coma, agitò una mano cercando di afferrare il collo di
Spannera, ma lei riusciva sempre a sfuggirgli e si abbarbicava a suo
cugino, ancora più menefreghista e apatico del solito.
Shoichi sentiva dunque gravare su di sé la
responsabilità
della salvezza del coinquilino, e con un grande sforzo di
volontà si era costretto ad aprire gli occhi.
Fatto ciò, aveva teso le orecchie alla ricerca di suoni
sospetti, ma non aveva sentito volare una mosca.
E neanche un Mosca.
Questo era preoccupante.
Si mise a sedere, si stiracchiò e malamente si mise in
piedi, guardandosi intorno.
Non vi era anima viva.
"Ho un brutto presentimento..." Mormorò mentre cercava di
muoversi senza fare rumore, un piedino alla volta.
Le assi del pavimento scricchiolavano a ogni passo - e dove vivevano,
in una catapecchia?! - perché ovviamente anche loro amavano
prendersi gioco di quel piccolo frugolo rosso che era Shoichi.
Frugolando, arrivò alla sogliola della porta.
Il corridoio ovviamente era buio - ma no, ma cosa mi dite mai? - , ma
quella sera sembrava ancora più buio del solito.
Sentiva che un qualcosa, nascosto nell'oscurità, l'avrebbe
ghermito non appena si fosse introdotto nel corridoio, e
rabbrividì.
"No, non posso mollare... Spanner ha bisogno di me!"
Così, il ragazzo di 26
anni suonati si fece coraggio e attraversò il
corridoio, correndo come una papera a cui vogliono strappare le piume.
Avete presente la coda di Paperino? Ecco, immaginate che qualcuno la
voglia violare. Come si sentirebbe Paperino?
Sudato come se avesse percorso in lungo e il largo il Minnesota per 100
volte, Shoichi giunse dall'altra parte.
Fiero dell'uomo coraggioso che era diventato (perché
è giusto che un ragazzo di 26 anni suonati
si complimenti con se stesso per aver vinto la paura del buio) si
voltò verso l'oscurità dietro di sé e
le
uscì la lingua.
Poi gli sembrò di scorgere una figura inquietante, e
immaginandosi che fosse la personificazione demoniaca del corridoio,
offesa per la liguaccia, se la diede a gambe.
Ecco, ora era giunto davanti la camera di Spanner.
Accostò l'orecchio, e ascoltò.
Nessun rumore, nessun respiro.
"S-Spanner? Sono io, Shoichi." E bussò, con la mano tremante.
Nessuna risposta.
1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 secondi.
Il frugolo fece allora per cercare altrove, quando sentì un
sussurro.
Appiccicò dunque il timpano alla porta, per verificare se
avesse sentito bene.
"Shoichi, entra, ma non fare rumore."
Questa era... la sua voce!
"SPANNER, SEI VIVO!!!" Gridò lui spalancando la porta,
dimostrando al compagno di essere in possesso di prodigiose
facoltà intellettive.
Tralasciando l'espressione di Spanner che gridava
«coglione» da tutte le parti, Shoichi si accorse di
un
corpo, che giaceva ai suoi piedi, immobile.
Spannera.
"Sssh! Ti sentirà!"
"Oh, scusa scusa!" E si tappò la bocca con entrambe le mani,
scuotendo la testa e arrossendo, evidentemente divertito.
Era come quando, alle superiori, Spanner lo aveva coinvolto nel gioco
«non svegliare il mastino», che consisteva nel
passare
davanti alla cuccia di un enorme cane da caccia di proprietà
dei
vicini di casa di Shoichi senza fare il minimo rumore.
In palio, un salatino decomposto.
Era stata l'unica volta in cui aveva vinto contro Spanner, ma quel
salatino faceva veramente
schifo.
Si avvicinò alla ragazza, e si inginocchio.
"Ti prego, dimmi che è morta."
"Ahimé no, non riesco ad ucciderla."
"Come sarebbe a dire, non riesci ad ucciderla? Dalle una sprangata in
testa e il gioco è fatto, no?"
"Shoichi, dimentichi che prima di tutto io sono un ingegnere? Io non
uccido a sprangate, ma con astuzia e furbizia."
"E' inutile usare l'astuzia quando hai a che fare con un surrogato di
essere umano" Insistette Shoichi "davvero, con questo tipo di persone
l'unica cosa da fare è..." E simulò un movimento
simile a
quello di Fred Flinstones.
"Non essere ridicolo. Voglio sbarazzarmene a Modo Mio - nei migliori
supermercati (scusate, piccolo spazio pubblicitario) - e senza
ricorrere alla violenza."
Spanner era proprio una persona di buon cuore.
Voleva uccidere, ma senza la forza bruta.
Voleva pur sempre uccidere, ma chi se ne frega? Era così
carino
quando mandava a fanculo l'etica per dedicarsi interamente alla
robotica!
Shoichi poi, non ne parliamo. Un frugolo di ragazzo.
Da strapazzare di coccole.
"E sentiamo, come te ne vorresti sbarazzare?"
Non aspettava altro che quella domanda.
"Shoichi, guarda qui!" Gli disse, con gli occhi che gli brillavano di
quella luce visibile solo quando si parlava di ingegneria.
Gli mostrò una piccola ventosa che sembrava uno
sturalavandini in miniatura.
"Che cos'è?" Domandò lui, perplesso.
"Un disturbatore di onde celebrali! Quando lo attacchi sulla fronte di
qualcuno, immediatamente comincia a inviare impulsi opposti a quelli
dei neuroni del cervello in questione, fino a fonderlo.
Dopodiché, basta che lo togli e nessuno saprà mai
come
è morta la vittima. Geniale, vero?"
Quando cavolo se
l'è pensata una cosa così?!
Invece di mettere il proprio illustre genio al servizio
dell'umanità, Spanner lo applicava in invenzioni inutili e
pericolosamente mortali. Ma tanto, a chi importa? Il fascino di Spanner
stava proprio in questo.
E quello di Shoichi stava nel fatto che, qualunque cosa fosse accaduta, lui lo
avrebbe assecondato fino alla fine dei tempi.
In questo caso, comunque, l'invenzione non era altro che la messa in
pratica del terrificante potere degli occhi di Spanner.
Altro che Sharingan.
Di fronte a contanto genuino entusiasmo, Frugolo non ebbe il cuore di
dar voce alle sue perplessità, e si limitò ad
annuire.
"Perché, però, non ha funzionato?"
"E' quello che mi piacerebbe capire."
Silenzio. Entrambi si misero a pensare a quale possibile motivazione si
celasse dietro l'apparente malfunzionamento dell'invenzione.
Shoichi ragionò in questo modo.
Un disturbatore, che fa? Disturba.
Quindi un disturbatore di onde celebrari, che fa? Disturba le onde
cerebrali.
Spanner, chi è? Un disturbatore di Shoichi.
Quindi, cosa fa? Disturba Shoichi.
E quando, invece, non lo disturba? Quando Shoichi non c'è.
E quando un disturbatore di onde cerebrali non può
disturbare le onde cerebrali?
Quando queste sono assenti, evidentemente.
Dunque...
"Ho capito."
"Oh?" Esclamò Spanner, sorpreso.
"E' semplice. Tua cugina non
pensa. Né quando è sveglia,
né quando dorme."
"Ah."
Silenzio.
"Sì..." Disse "Effettivamente, credo che tu abbia ragione."
Altro silenzio.
"Vado a prendere una spranga."
"Aspetta, Shoichi, ti aiuto."
"...Gnh..."
Si paralizzarono, terrorizzati.
Si stava svegliando? Noooo!
Qualcuno la tramortisca, pietà!
"M... ma cosa... dove sono?"
"Shangai ni youkoso!" Improvvisò Spanner con un pessimo
accento cinese.
"Uh? Oh... Spanner, che stai..."
"Ore wa nipponji janai. Ore wa... otoko janai. Atashi ga... onna no ko.
Ato, Shoichi ga suki. Daisuki! Ne, Shoichi-kun?"
"S-Spanner, che diavolo dici!"
"Eh? Non capisco cosa dici..."
"Non importa, muori." E gli diede un colpo secco sul retro del corpo.
La ragazza cadde a terra, incosciente.
Shoichi osservò la scena sconvolto.
"Spanner... questa è violenza!"
"E dare sprangate non è pure violenza?"
"S-sì, ma!"
"Via, via" mi mise un braccio intorno alle spalle "andiamo a dormire e
lasciamola qui. Domani nasconderemo il cadavere."
"Ma non è morta!!"
"Ah. Vabbè, domani la uccideremo. Andiamo?"
Come resistere a quell'invito?
Shoichi uscì dalla camera di Spanner, diretto nella sua, con
un sorrisone stampato in faccia.
Sì, se lo sentiva.
Domani sarebbe stata una giornata fantastica.
*
Il giorno dopo, Spanner si
diresse in cucina. Erano le 6 del mattino, e perciò si
aspettava di non trovarci nessuno.
Ma ad attenderlo c'era Shoichi, i gomiti appoggiati al tavolo e la
testa contro le sue mani intrecciate.
"Schoichi."
"Ah, Spanner, buongiorno."
"Come mai in piedi a quest'ora? Solitamente tu dormi parecchio."
"Sì, è vero, ma... stanotte ho fatto un sogno
spaventoso che mi ha costretto ad alzarmi prima."
Spanner aprì il frigo, in cerca del cartone del latte.
"Ah sì? E che hai sognato?"
"Beh... ho sognato di trovarmi alle dipendenze di un marshmellow, che
non faceva altro che dettarmi ordini e pretendeva di conquistare il
mondo."
Spanner quasi sputò il latte che stava bevendo.
"Saranno i postumi di ieri sera." Gli disse con un sorriso.
Sarà effettivamente così?
Precisazioni:
● "Shangai ni youkoso!" e "Ore wa nipponji janai. Ore wa... etc" sono
frasi in lingua giapponese che significano
rispettivamente "Benvenuti a Shangai!" e "Io non sono giapponese. Io...
non sono un uomo. Io... sono una ragazzina. E poi, mi piace Shoichi. Mi
piace moltissimo! Vero, Shoichi-kun?"
|
Ritorna all'indice
Capitolo 17 *** Goodbye ***
c17
Nella vita,
così come nella quotidianità, ci vuole diplomazia.
Per i comuni mortali, questo non era più che un consiglio.
Per Shoichi e Spanner, la regola.
"Spanner, dov'è la mia crusca?"
Un silenzio molto diplomatico seguì dunque in risposta alla
domanda di Shoichi.
"Spanner..." Un piede cominciò a battere ritmicamente sul
pavimento.
Spanner sorseggiava il suo succo di mirtillo siberiano, gli occhi fissi
dentro il bicchiere.
"Buono questo succo, dove l'abbiamo comprato?"
"Non ignorarmi!" Strillò quello cercando invano di farsi
valere.
Sbattè i palmi delle mani sul tavolo davanti a lui, ben
attento però a non guardarlo negli occhi.
"Mh? Ho qualcosa sul collo?"
"No, perdiana! Ma rispondimi quando ti parlo!"
"Va bene."
Silenzio.
"Spanner..."
La pazienza di Shoichi aveva già raggiunto la soglia della
soglia della soglia.
"Dimmi."
E ora l'aveva appena varcata.
Mormorando frasi incomprensibili, Shoichi si prese la testa fra le mani
e se la scosse violentemente, in più direzioni.
Mentre faceva ciò, i suoi piedi si alzavano da terra
ritmicamente in una danza indiana volta a maledire il soggetto di
fronte a lui.
E come se non bastasse, Spannera si era svegliata.
Perchè, ricordate, i guai non vengono mai da soli.
Non quelli di Shoichi perlomeno.
"Ma chi è che grida a quest'ora del mattino?"
Strillò
inviperita emergendo dall'oscurità del corridoio -
rassegnatevi,
le tenebre sono una prerogativa di questo corridoio - e agitando un
cuscino per aria.
"Ti ci metti pure tu, adesso?"
"Buongiorno." Salutò Spanner, come se la sera prima non
avesse tentato di ucciderla.
Perché nelle cose ci vuole diplomazia.
"Spanner, tesoro, buongiorno! Dormito bene?" E gli buttò
addosso, parzialmente nuda.
Massì, tanto, chi se ne fregava di Shoichi?
"Non ignorarmi, oca!"
"Oh? Irie, non ti avevo visto."
"Bugiarda!"
"Spannera, potresti scendere dalle mie cosce?" Chiese Spanner poggiando
il suo bicchiere ormai vuoto sul tavolo "Devo mettermi al lavoro."
Spanner che lavorava? Ma scherziamo?
Non è mica una sci-fic questa!
"TU?!" Esclamò Shoichi "Cioè... capisco, ti
darò una mano."
Ma quando mai Spanner ha
lavorato?!
"Gentile da parte tua, ma preferisco l'aiuto di mia
cugina."
Silenzio.
"Ah! Sentito? Spanner vuole il mio
aiuto! Fottiti, nerd! Nerd! Nerd!" Spannera gli uscì la
lingua, dimenandosi come un'oca nello stagno.
"C...Cosa hai detto, Spanner? Il suo
aiuto?!" Shoichi non poteva credere alle sue orecchie "Stai scherzando,
vero?"
"Io non scherzo mai, Shoichi. Non te l'avevo già detto, in
passato?"
"M-ma! Lei è un'idiota! Gli idioti possono solo aiutarsi fra
di loro quando devono avvitare una lampadina!"
"Ehi, a chi stai dando dell'idiota?!"
"A te, Spannera, a te, a te e ancora te! Tié!" E le
mostrò il medio con un atteggiamento serio e maturo, come si
conveniva a una personalità della sua portata.
"Non vorrei rovinarti la festa, Shoichi, ma... mia cugina ha lavorato
alla NASA, qualche anno fa."
Silenzio.
"Tua cugina COSA? Non ho sentito."
"Ha lavorato alla NASA."
"COSA? Non sento, ti dico."
Non è che non sentiva.
E non è che stesse fingendo di non sentire.
Solo che anni e anni di soprusi avevano fatto maturale, nel cervello di
Shoichi, una specie di «salvavita»: ogni qualvolta
Spanner
diceva una parola o una frase che avrebbe potuto incrinare il suo
già precario e fragile equilibrio psichico, una valvolina si
metteva in funzione isolando la corteccia uditiva da tutte le onde
sonore emesse da Spanner.
E poi parliamo tanto che Shoichi è cretino.
Insomma... gli esseri umani devono pur sopravvivere, no?
"Mia cugina era la prostituta di un tizio che lavorava come astronauta."
Spanner sapeva sempre come aggirare gli antivirus di Shoichi.
Era un Hacker, dopotutto. Oltre che un Cracker.
"Aaah, ora ho capito. Beh, congratulazioni allora!"
"Io non ero affatto una prostituta!!" Si difese lei, oltraggiata "Mi
limitavo a... accompagnare
quelli che stavano per partire."
"«Accompagnare»? E dove, al bagno?"
"S-sì! Esattamente!"
"Certo, capisco, è naturale... gli astronauti non sanno dove
sono i bagni, alla NASA!"
"L-l'avevano ristrutturata da poco! Quindi era naturale che gli...
astronauti, ecco, non sapessero dove fosse il bagno!"
"Ristrutturare la NASA?!" Shoichi scoppiò in una fragorosa
risata "Bambina, sai almeno che cosa vuol dire l'acronimo
«NASA»?"
Shoichi era una papera, ma quando si parlava di ingegneria spaziale
diventava un Albatros.
"Certo che lo so!"
"Sentiamo, allora."
Silenzio.
"Spannera-san? C'è forse qualche problema?"
"N...non vedo perché dovrei dirlo a uno come te, che non sa
neppure dove si trova la vagina!"
Ingegnoso, coprire una lacuna culturale con una lacuna mentale.
"Oh." La voce di Shoichi trasudava ego da tutti i pori "Oh, che
ingenua... ieri ho solo finto
di non saperlo, per non metterti in imbarazzo! Ovvio che so
dov'è la vagina!"
Ovvio, certo.
Con tutte le vagine che aveva visto in vita sua...
"Cooosa? Spiacente, non ti crederò finché non
verrai qui a indicarmela!"
"Stiamo sfociando nel porno..." Commentò Spanner che, nel
frattempo, aveva abbandonato la sua sedia e si era diretto verso la
dispensa, tirando fuori una scatola rossa.
"Con immens... ehi, Spanner! Quella è la mia crusca!"
Esclamò Shoichi additandolo sconvolto.
"Questa? No Shoichi, ti stai sbagliando. Questa è la mia crusca, non la
tua."
Terrore.
"S-sei cattivo, Spanner!" Uggiolò come un cane bastonato
"Cattivo e prepotente! Ridammela!" E si sporse per togliergli il pacco
dalle mani.
Ma anche nell'altezza il biondo lo superava abbondantemente.
Altezza, lunghezza e profondità.
Spanner aveva il pieno controllo delle tre dimensioni.
Era il signore dello spazio.
Mentre Shoichi lo era del tempo perso.
"Oh, Spanner..." Sospirò la cugina come in preda a un
orgasmo "Sei così... virile!"
"Virile questo pesce morto? Ma stiamo scherzando?!"
"Ma come ti permetti, tu, di dare del pesce morto a mio cugino! Proprio
tu che hai la voce di una ragazzina!"
Spanner trattenne una risata.
Dopotutto, anche lui aveva sempre pensato che la voce di Shoichi fosse irresistibilmente
femminile.
Ma farselo dire da una come Spannera era...
"Tu! Oca del Campidoglio dei miei stivali!"
... così umiliante.
"Stai parlando con me, nerda?"
Nerda? Merda?
"Vedi altri volatili, qui intorno?"
Oh, io sì.
Li vedete anche voi, vero?
"Scusate, potrei avere un secondo la vostra attenzione?"
Quella ce l'aveva sempre, a dire il vero.
"Sì??" Fecerò in coro i due contendenti,
voltandosi verso di lui con un amabile sorriso stampato in volto.
"Non riesco a ricordare il motivo per cui avete cominciato a litigare,
ma... Spannera, vorresti venire ad aiutarmi?"
"Arrivo, tesoruccio mio!" E uscita la lingua a Shoichi,
sgambettò verso il cugino, che osservava la scena inorridito.
Spanner... aveva dunque compiuto la sua scelta?
Il ragazzo cadde sulle ginocchia, tremante.
A quanto pare... la guerra aveva trovato il suo vincitore.
"Ecco, devi farmi un piacere" Stava spiegando il biondo alla cugina
indicando il monitor del suo portatile "voglio che tu mi dica, una per
una, le date in cui sono state caricate queste foto."
"Va bene, Spanneruccio!" E, paddino alla mano, aprì la
cartella in cui esse erano contenute.
Shoichi intanto stava affrontando una grave crisi esistenziale, e
sentiva la pizza ai peperoni della sera prima rivoltarsi dentro il suo
stomaco premendo per uscire.
"Io... ho dunque fallito?" Continuava a ripetersi, il viso traviato
dalla sofferenza "Spanner mi ha... rifiutato?"
Non voleva crederci. Continuava a scuotere la testolina rossa cercando
di convincersi che fosse tutto un sogno, ma quando riapriva gli occhi
vedeva i due cugini sorridere, l'uno all'altro, affiatati come... come
lo erano stati loro, in un tempo lontano.
Che sofferenza, che dolore, che tristezza!
"Spanner... mi accorgo solo ora dei tuoi sentimenti per...
Jesscherryelaindelph." Si fermò, provato dallo sforzo per
aver
cercato di pronunciare quel nome impronunciabile "In verità,
ieri sera tu non avresti voluto ucciderla, vero? Era tutto calcolato...
tu volevi solo che... lei fosse felice!"
Ma come fosse arrivato a una conclusione del genere, era un mistero.
"Allora, allora!" Spannera stava schiarendosi la voce "La prima foto
è del... 14 febbraio di 5 anni fa!"
"Mh, 14 febbraio?" Spanner sembrava perplesso "Come si chiama la foto?"
"Guardateli, come si divertono!" Mormorava Shoichi a denti stretti.
"Si chiama, si chiama..."
Silenzio.
"Come si chiama?" Insistette lui.
"... «Io_e_il_mio_paperotto»?!"
"Ah, quella! Ok, ora ricordo, passa pure all'altra."
"Ma come sarebbe?! C-che significa tutto questo??"
Vinta dalla curiosità, Spannera aveva intanto
aperto la foto.
E ciò che aveva visto... non le era piaciuto affatto.
Persino Shoichi venne attirato da quel titolo, e si alzò in
piedi, barcollante, senza neanche prendersi la briga di arrossire per
ciò che aveva appena sentito.
Corse verso il portatile e con uno spintone lanciò via la
cugina, impossessandosi della postazione.
E poi, la vide.
"S...S...Spanner!" Balbettò avvampando bruscamente "M-ma
questa... questa è...!"
Spanner se la rideva.
"Te la ricordi, Shoichi? Quel San Valentino di 5 anni fa..."
"Mi avevi giurato che quella foto l'avevi disintegrata!"
Strillò, acquistando sempre più colore.
Eh, santo cielo, che paroloni!
"Sì, infatti l'avevo disintegrata... non prima di averne
fatto una copia, però."
"Aaah, che vergogna!" Gemette, coprendosi gli occhi con le mani.
E dopo quella foto ne seguirono altre, e poi altre ancora, un database
che ne compreneva 754.
E le commentarono tutte, dalla prima all'ultima.
O meglio, Spanner le commentava e Shoichi strillava come una donnina,
tappandosi le orecchie o scappando per tutta la casa.
E ovviamente, a quel punto, Spanner lo rincorreva, lo riacciuffava, lo
trascinava al computer, gli metteva una mano intorno alla vita, e...
faceva partire la presentazione automatica.
"Ehi Shoichi, che bei capezzoli che hai qui!"
"Non lo direeeeee!!!"
E Spannera?
O, lei se ne era tornata da dove era venuta. Dall'America, per la
precisione.
La visione di quelle foto l'aveva scandalizzata a tal punto che non
sarebbe potuta rimanere un secondo di più... in quella casa
di
maniaci.
Aveva lasciato un biglietto, ma una folata di vento aveva fatto volare
via.
Ma tanto, non importava a nessuno.
"Ehi, Spanner... non sarai stato troppo duro con tua cugina?"
Ora che si era tolta dalle scatole, Shoichi poteva pure fare la parte
del bravo ragazzo.
"Io volevo solo che mi aiutasse a mettere a posto l'album fotografico,
non era previsto che reagisse in quel modo."
"Bugiardo."
Entrambi si trovavano distesi sul pavimento, a osservare il soffitto,
testa contro testa.
Shoichi era felice, perché era riuscito a riconquistare la sua pace, la sua casa, il suo migliore amico.
Spanner era felice, perché si era divertito un mondo alle
loro spalle.
"A proposito, Spanner."
"Mh?
"Mentre tu eri distratto, ho lasciato un piccolo virus nel tuo
computer, nella cartella delle foto. A quest'ora saranno già
state cancellate tutte."
Ce l'aveva fatta.
Era riuscito a fargliela, una buona volta.
"Tanto ne ho un hard-disk pieno, in laboratorio."
O forse no.
"Cosa?!"
E così, la nostra saga giunge al termine.
Ma nuove avventure attendono i nostri due intrepidi ingegneri,
circondati da cavi ad alta tensione, pannelli fotovoltaici e frullatori
di seconda mano.
Pronti al prossimo capitolo? ~
Note dell'autrice: ho
cambiato quasi
tutti i titoli inglesi in italiano, perché mi è
venuto in
mente un risvolto in cui saranno molto più azzeccati e non
volevo farne troppi in questa lingua.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 18 *** Postumi ***
c19
«Spanner,
sono rimasta
sconvolta! Non avrei mai immaginato che tu... con lui... oh, Dio, mi
vengono i brividi... Vabbè, non è questo il
punto. Mi
stavo solo chiedendo - sai, giusto per sapere - in che modo avevi
intenzione di dire a mamma che sei gay. Non vorrai mica che glielo dica
io, spero! Ci stavi pensando, ammettilo! Perché non lo
ammetti?!
Oh, insomma, lasciamo perdere... mamma si arrabbierà un
sacco,
lo sai vero? E ci resterà malissimo. E verrà
lì in
Giappone a tirarti le orecchie e a riportarti subito in America. Che
poi, di recente si è pure fissata con un tizio... una specie
di
psicologo, molto figo per carità, ma non mi sembra affatto
intelligente! Cioè, dai, quale psicologo non ti fa pagare la
prima seduta? Deve essere proprio un idiota! Proprio come quel tuo
fidanzato lì... Ma sai, Spanner, perché non ci
ripensi?
Le ragazze sono belle, lo sai? Lo sai? Sì che lo sai! Sono
intelligenti, carine, simpatiche, vestono bene, hanno le curve... gli
uomini invece sono tutti pervertiti e senza cervello, proprio come quel
tuo... Shoichi lì, oh mamma, il solo pronunciare il suo nome
mi
snerva! Quanto non lo sopporto! Non osare invitarmi al tuo matrimonio,
intesi? Per nessun motivo, tanto non ci vengo, hai capito? Al massimo
invitami al suo funerale... Ah, lo sai? Oggi mi sono comprata un
cellulare nuovo, quello satellitare, così ti posso chiamare
sempre! Sei contento, vero? Sì che lo sei, dai, ammettilo!
Il
tuo numero è... oh, no! Mi sono scordata di chiedertelo!
Maledizione! E adesso come faccio, mi toccherà tornare in
Giappone? Ahah, ma neanche per sogno, io quel nerd non lo voglio
rivedere, mi fa senso... e poi odio i tipi con gli occhiali, tutti
secchioni, tutti talpe, tutti segati da mattina a sera... e quei
capelli rossi, poi! Sembra così... aggressivo, maligno! Uno
di
quelli che ti scoperebbe in un angolo se non ci fosse nessuno a
guardarti! Brrr, Spanner, io proprio non ti capisco! Andarti a cercare
uno così, quando avevi ME! Me, lo splendore in persona!
Avrei
rinunciato a tutto per te, lo sai! Eppure... Bah, uomini, siete tutti
pazzi. Sono proprio contenta di essere nata donna! E poi sai che... oh
no! E' tardissimo, devo andare dal parrucchiere! Diavolo, mi hai
trattenuta un sacco, Spanner! Maledetto, dì qualcosa! Ecco,
non
parli... sei sempre il solito! Vabbè, io vado, ci sentiamo!
Baci
baci baci, e... dì a quel nerd di spararsi in bocca ^_^ Jess
♥»
"..."
"Shoichi?"
"Quanto ho sperato che il suo aereo precipitasse... ah, se l'ho
sperato!"
Alzando le mani al cielo, Shoichi maledisse gli dei che non ascoltavano
mai le sue preghiere.
Neanche fosse stato un egoista.
Voglio dire... la morte di Spannera avrebbe liberato il mondo, mica solo
lui.
"Sarebbe sopravvissuta lo stesso" Dichiarò Spanner
ciucciando il
suo leccalecca "gente così non muore mai, purtroppo."
"L'hai detto."
Rimasero in silenzio, a contemplare la mail che Spannera aveva inviato
al cugino non appena era arrivata in America.
Una carica di irresistibile simpatia si era già avvertita
quando
avevano letto il titolo «I'm alive, I'm in love!»,
ma il
contenuto aveva superato qualunque
aspettativa.
"L'hai notato" fece Shoichi dopo un po' "che si rivolge a te come se
foste in diretta?"
"Ah, sì, è un vizio che ha sempre avuto fin da
piccola"
confermò lui "mi ricordo, ad esempio, quando in passato mi
scriveva le lettere d'amore e nelle stesse si metteva a piangere
perché mentre
le scriveva non le dicevo che l'amavo."
Il sopracciglio di Shoichi fece un balzo.
"Lettere... d'amore?"
"Sì, sai, quelle con il cuoricino, profumate, che si mettono
negli armadietti, dentro i panini, sotto la suola delle scarpe..."
"Sì, questo l'avevo capito, ma... tua cugina ti scriveva
lettere d'amore?"
Perché quella ragazza lo sconvolgeva anche a 6000 km di
distanza?
"Oh beh, sai com'è... è un periodo che
attraversiamo tutti, quando siamo piccoli. E stupidi."
"Io no." Mormorò, offeso "Io non ho mai detto a mia sorella
che l'amavo..."
"Probabilmente non te lo ricordi, ma lo avrai fatto."
L'aveva fatto? Il dubbio lo assalì.
Seguito immediatamente dalla vergogna.
"I-impossibile! Non direi mai a una persona che la amo se
ciò non fosse vero!"
"Mh."
Silenzio.
"E tu piuttosto" cerco di deviare la conversazione su Spanner "le hai
mai risposto?"
Lui lo guardò, sorpreso.
"E come, Shoichi? Le lettere che mi scriveva non arrivavano mai a
destinazione, perché le bruciava prima di spedirle."
"Le bruciava?!"
"Per forza! Se credeva tutte le volte di non ricevere risposta..."
Non ci poteva credere.
Ma con quale pericolo pubblico, con quale creatura sovrannaturale
avevano passato quelle 24 ore?!
Shoichi deglutì, ritenendosi fortunato ad essere ancora vivo.
"E scusa... allora tu come facevi a sapere che ti scriveva lettere
d'amore?"
"Perché ogni volta che le scriveva, prima di bruciarle le
appallottolava nel cestino della carta. Allora io le prendevo, le
conservavo e le sostituivo con un foglio di carta accartocciato, e lei
non si è mai accorta di niente."
"E queste lettere... che fine han fatto?"
Un sorriso maligno comparve sul volto di Spanner.
"Ce le ho tutte nel mio hard-disk... vuoi vederle?"
"E me lo chiedi pure?"
|
Ritorna all'indice
Capitolo 19 *** Eroge e botole ***
c19
«You're my
star ~ donna toki demo ★ Kimi to Start ~ kakenukete
iku ★
You're
my star ~ nerai sadamete ★ Kitto furimukaseru yo★»
Un'allegra musichetta proveniva dalle cuffie per elefante di Shoichi,
il quale si dilettava nel compiere inutili esperimenti con l'aiuto di
uno spago e di una forchetta. Il suo obbiettivo? E' presto detto.
Perdere tempo.
Secondo una credenza della famiglia Irie - tutti quanti individui
geniali - perdere tempo significava ritrovarlo da qualche altra parte,
magari per impiegarlo in faccende più produttive.
Dunque Shoichi, che aveva urgente bisogno di tempo da mettere parte, si
affrettava a perdere quello di cui non poteva servirsi.
Il motivo?
Spanner, che domande.
Il fulcro della sua vita.
Il quale fulcro stava bussando da dieci minuti buoni alla porta
dell'amico, senza successo.
"Shoichi" disse "è arrivata Spannera. Abbiamo scopato. Sono
incinto. Mi accompagni dal ginecologo?"
Nessuna risposta.
O è morto
- pensò - oppure
non mi sente. Ma se fosse morto, lo avrei sentito stramazzare al suolo,
per cui...
E aprì la porta.
Una gran pila di fogli troneggiava sulla scrivania di Shoichi, mentre
quest'ultimo agitava nell'aria un utensile da cucina - un tridente,
vide Spanner - e con l'altra mano faceva volteggiare un filo di spago.
Poi giocava a rincorrerlo, e quando lo acchiappava emetteva una
risatina stridula.
Intanto la corrente provocata da quei movimenti inutili aveva generato
delle piccole trombe d'aria, che si avventavano con gusto contro le
varie scartoffie giacenti un po' ovunque.
La stanza era praticamente al buio, illuminata solo dalla luce emessa
dallo schermo del computer di Spanner - ehi, perché si
trovava
lì?! - e l'atmosfera tetra faceva sembrare Shoichi
decisamente uno psicopatico.
Spanner mise inavvertitamente
un piede su un foglio, stropicciandolo. Si chinò a
raccoglierlo,
e vide che si trattava di un modulo di acquisto. Ma il buio non gli
permetteva di leggere cosa ci fosse scritto nel dettaglio, e quindi
senza preavviso si diresse verso l'interruttore della luce, e lo
azionò.
Shoichi il vampiro emise un grido di terrore e si voltò di
scatto, cadendo dalla sedia.
"S-Spanner! Perché non hai bussato?!" Chiese lui nel panico
mentre andava raccattando le sue cuffie giganti.
"L'ho fatto" rispose apprestandosi a leggere il modulo che teneva in
mano "ma non mi hai sentito, avevi la musica a palla nelle orecchie."
"Nooo, cosa fai??" Gridò avventandosi contro Spanner prima
che potesse leggere.
Sarebbe anche risultato coraggioso, se non fosse scivolato su un altro
foglio lì in giro e finito con la faccia a terra.
"E questo, che sarebbe? Un eroge?"
"No, no, no!" si rialzò freneticamente e riuscì a
strapparglielo di mano, ansimando.
O meglio, fu Spanner che permise a Shoichi di prenderglielo dalle mani,
ovviamente.
Il povero ragazzo appallottolò il foglio e lo
lanciò
lontano, ma questi gli rimase attaccato alla mano sudaticcia, e quindi
si limitò a finirgli ai piedi.
"Distanza percorda: 0,01 metri. Complimenti, è un nuovo
record!"
"Hai... letto?"
"Qualcosa" ammise lui "ma abbastanza per farmi un'idea."
"Ma porca..." Shoichi scosse il capo, depresso.
"Era una sorpresa? Per me?" Aggiunse subito dopo, con una punta di
speranza.
A Spanner piacevano tanto, le sorprese.
E Shoichi gliene faceva un
sacco, ogni giorno.
Anche quando riusciva a beccarlo nudo come un pulcino, appena uscito
dalla doccia, per lui era una sorpresa.
O quando riusciva a intravedergli il pene mentre in fretta cercava di
celarlo, in preda alla vergogna, dopo un magro tentativo di
masturbazione.
O quando la notte entrava nella sua stanza per vederlo dormire e lo
trovava nelle posizioni più equivoche possibili.
Insomma, Shoichi era come l'ovetto Kinder.
"No, non era per te, Spanner."
Silenzio.
"Era per me" aggiunse "e sottolineo «era», dato che
ora sarò costretto a condividerlo con te."
"Oh, non ci sono problemi. Non è necessario che tu condivida
tutto con me, Shoichi."
"D...davvero?" Chiese lui, perplesso.
"Certo. Ma neanche io avrò l'obbligo di condividere
tutto con te." E sorrise, amabile.
Amabile come un assassino che sta fantasticando su come tritarti la
carne e su come condirla e spartirla col proprio cane.
"Questo è... un ricatto."
"Oh no, Shoichi, non prenderla così. E' più un
accordo fra gentiluomini."
"Ovvero fra il servo e il padrone."
"Non essere così precipitoso. Possiamo ancora risolvere la
questione."
"Risparmiami, ti supplico" sospirò Shoichi "giocheremo
insieme all'eroge, non preoccuparti."
"Oh. Ho vinto."
"SILENZIO!"
*
"Buon...giorno, ehm... lei
è il signor Irie?"
Un malmesso fattorino si presentò il giorno dopo alla porta
dei nostri due eroi.
"In persona. Mi dia pure il pacco."
Spanner tese le mani verso lo scatolo di cartone che l'uomo teneva in
mano, il berretto da notte calato sopra gli occhi e le pantofole a
forma di rana ai piedi.
Costui tuttavia fece un passo indietro, leggermente inquieto, e porse
al biondo alie--- ehm, al biondo signore in fronte a lui un taccuino.
"Prego" gli disse "firmi prima qui, per favore."
"Mh. Ha una penna?"
Gliela porse.
Con un singolo movimento della mano, Spanner firmò
lì
dove era richiesto, prese il pacco dalle mani del fattorino, lo
congedò con un pacato «buona giornata» e
richiuse la
porta alle sue spalle.
"Che tipo..." mormorò questo scuotendo il capo "sembra
uscito da una sit-com americ... eh? «Spanner»?!"
Il fattorino osservò sconvolto la firma che recava il suo
pezzo di carta.
Poi si voltò di scatto e cominciò a bombardare la
porta di pugni e strilli.
«Ehi, lei! Apra immediatamente questa porta! Ehi, dico a lei!
Biondino!!!»
"Spanner, chi è?" Chiese un perplesso Shoichi sentendo il
gran fracasso proveniente dall'esterno.
"Sarà uno stalker, non badarci." Rispose lui in cerca di un
qualcosa per aprire il pacco "Shoichi, hai una fiamma ossidrica?"
"Per uno scatolone?!"
«Signor Irie, è lì dentro?! Sta
bene?!»
Shoichi si voltò verso la porta, terrorizzato.
Stavano parlando con lui?
"N-no! Il signor Irie non c'è, è andato a... a..."
"A noleggiare un porno." Suggerì Spanner, che nel frattempo
aveva impugnato un piede di porco e cercava di manomettere il
meccanismo che teneva chiusa la scatola - lo scotch - .
"Non è vero! E' andato a tenere una conferenza sulla
curvatura della materia!"
"Ma che dici, Icchi? Non ricordi che è uscito di casa
bardato con la sciarpa, il cappello e gli occhiali da sole?"
Icchi?
Oh, mio, Dio.
"Che vuol dire? Fa freddo fuori!"
"Icchi, siamo in estate, vorrei ricordarti..."
Silenzio.
"S-soffre di ipotermia, lui! Lascialo in pace!!"
«I-io vado a chiamare la polizia!»
Dichiarò infine
il povero fattorino, che aveva cominciato a sudare copiosamente.
Quei due andavano denunciati.
Subito.
"A-aspetti, non è come sembra! Non siamo pazzi!"
Perché mi sto
scusando con uno stalker?
"Lascialo perdere" dichiarò Spanner,
impassibile "tanto non andrà lontano."
"Che... vorresti dire?" Shoichi deglutì.
Shoichi? Scusate, volevo dire Icchi.
Shoichi in questo momento stava acquistando riviste erotiche dall'altra
parte della città.
Spanner aprì uno scoparto che si trovava in soggiorno, e in
questo scoprì un grande pulsantone rosso.
Sappiamo tutti a cosa serviva, vero?
"Icchi, lo vedi questo tasto purpureo?"
"Non hai una domanda di riserva?!"
*Click*
Si sentì il fattorino gridare, la sua voce sempre
più
distante, mentre presumibilmente precipitava in qualche botola.
"Fatto." E si sfregò le mani, come per mandare via la
polvere.
"Ma cosa sono queste trovate alla Warner Bros?!" Strillò
Icchi
inviperito, indicando il pulsantone "Chi sei, Bugs Bunny? Marvin il
Marziano?!"
"Via, via, mi pare di aver messo un materasso alla fine della botola,
per cui stai tranquillo."
"«Ti
pare»??! Ma perché... finirò in
carcere, lo sento! La mia vita è finita!"
Spanner, intanto, era finalmente riuscito ad aprire la confezione di
cartone.
Gli ci era voluta una spada laser, ma ne era valsa la pena.
"Shoichi, guarda, la visual novel!"
"TU!" Urlò, con le mani fra i capelli "Come puoi pensare a
una
novel mentre un essere umano è appena caduto in una BOTOLA?!"
"Non mi sembra che il mondo smetta di girare quando Pippo cade in un
tombino" rispose lui tranquillo "anzi, per qualche strano motivo
sembrano tutti più felici."
Ancora una volta, Shoichi aveva inutilmente tentato di far ragionare
Spanner, quando avrebbe solo dovuto assecondarlo e vivere cercando di
cancellare dalla sua mente le immagini più sconvolgenti.
Lui non sapeva niente.
Non aveva visto niente.
Non aveva sentito niente.
Lui... era andato a comprare una rivista erotica vestito da vecchio
dell'Alpe, la cosa non lo riguardava.
Rincuorato da questo pensiero, si avvicinò all'amico che
teneva fra le mani la custodia del cd.
"Fai vedere un po'..."
"Prego" gliela mise in mano "io vado a prendere il computer, aspettami
qui."
E si era dileguato nell'oscuro corridoio.
Vi toglierò una curiosità. In questo corridoio
non sono
state installate lampadine, per questo è sempre buio.
Il motivo? Un giorno lo scopriremo.
Che cosa ci riserverà il nostro eroge?
Che fine farà il fattorino?
Shoichi verrà schiacciato dai sensi di colpa e si
impiccherà?
Lo sapremo nella prossima puntata!
Precisazioni:
● La
canzone che sta ascoltando
Shoichi è "S.t.a.r.S" di Inoue Marina, uno special musicale
dell'anime Tengen Toppa Gurren Lagann --->
www.youtube.com/watch?v=Mo0Ijfea9NA
● Nell'immaginario
collettivo,
i ragazzi che comprano riviste erotiche solitamente si "mascherano"
alla bell'e meglio per non fargli riconoscere da eventuali amici e/o
conoscenti :D
PS: ---> i55.tinypic.com/30k7kpc.jpg
|
Ritorna all'indice
Capitolo 20 *** Epic days ***
c20
Se c'era una cosa che
Shoichi aveva imparato nella vita, era quella di non fidarsi mai degli
acquisti online.
Lui sapeva che aspettavano solo un pollo come lui per fregarlo, lui lo
sapeva.
Eppure, questa volta non aveva fatto nulla per sfuggire alla rete, e
questa lo aveva inglobato senza pietà.
Spanner ritrovò il coinquilino che era il ritratto della
gaiezza.
"Shoichi?" Domandò, cauto, immaginando una reazione isterica
di proporzioni cosmiche.
Ma niente di simile avvenne.
In risposta, si udì solo un pacato lamento.
"Mi hanno... fregato..." Mormorò con un sussurro, scuotendo
il dvd e imputando a lui la colpa del suo malessere.
"Perché? C'è una pubblicità sulle
dentiere al posto dell'eroge?"
"No... c'è un altro gioco, un certo
«Epic-qualcosa», non si riesce neppure a leggere il
titolo esatto..."
"Dai qui." Spanner gli prese il gioco dalle mani e lo inserì
nel lettore del pc.
"Ma cosa fai?" Sbottò quello, senza energia "Lascia stare,
Spanner... non mi va di giocare a qualcosa che non so neanche
cos'è..."
"Ma Shoichi, perché sei così depresso? E' pur
sempre un gioco che hai pagato, almeno guardiamo cos'è, no?"
Shoichi emise un tenue lamento e cercò di alzarsi dalla
sedia su cui si era abbandonato.
La verità era che aveva sperato di dimenticarsi del povero
fattorino precipitato chissà dove attraverso l'eroge, ma ora
che
era venuto a mancare il secondo, il primo aveva fatto la stessa fine.
"Ecco, sta caricando."
"Sai che divertimento..."
Si aprì una schermata di gioco alquanto sospetta.
Infatti, le uniche due azioni disponibili
erano «register»
e «login», e la
finestra stessa non presentava icone di chiusura o di rimpicciolimento.
"E' un fake, esci."
Ma Spanner aveva già cliccato sul tasto per registrarsi, con
un'inquietante luce negli occhi.
"Perché fai sempre di testa tua?!" Gridò Shoichi,
opponendosi alle sue intenzioni, ovviamente senza successo.
Un braccio di Spanner era già abbondantemente sufficiente
per mettere a tacere qualunque rimostranza da parte sua.
"Non è un fake, al massimo è un «not
closable»."
"Spanner... stai cercando di metterti contro di me?"
Spanner si voltò a guardarlo.
"Ora ti incenerisco il cervello" disse, e gli prese la faccia tra le
mani, fissandolo dritto negli occhi.
Come un animale che sente su di sé il respiro del predatore
ed
è incapace di fuggire, così Shoichi rimase
immobile,
sconcertato e terrorizzato, sentendo di perdere il controllo sul suo
corpo.
Tuttavia, inaspettatamente, quella condizione era anche... piacevole.
Avere il volto di Spanner a un palmo dal suo era sufficiente per non
smarrire la ragione, e abbastanza per fargli salire il sangue alla
testa. Da queste due condizioni, evidentemente in conflitto fra di
loro, ne derivò la forza per distogliere lo sguardo e
spingere
via Spanner, rimpicciolendosi fino a diventare un puffo rosso.
Oh, il Grande Puffo!
"Smettila" mormorò guardando altrove, la testa bassa che
ciondolava ancora provata dallo sforzo "a-avanti, vediamo di che si
tratta e poi spegniamo tutto." Disse, nel tentativo di raccattare la
sua compostezza, sbriciolatasi in tanti minuscoli pezzi.
"Certo." Disse Spanner, per niente convincente.
Un'improvvisa e agghiacciante risata frantumò
l'aria intorno a loro.
"C-c-che cosa
è questo?!" Gridò Shoichi in preda all'orrore,
allontanandosi dallo schermo con uno spasmo represso.
"Sembra un MMORPG" Constatò Spanner impassibile.
"Questo lo vedevo anch'io! Intendo dire, come diavolo siamo finiti a
giocare a un gioco di ruolo ONLINE??"
"Ah, quindi ci vuoi giocare?"
"N-non ho mai detto questo!" Shoichi si affannava nel tentativo di non
far credere al coinquilino cose che poi gli avrebbe ritorto contro.
Ma era troppo tardi.
Il cervello di Spanner procedeva ormai a ruota libera, e niente avrebbe
potuto fermare la sua folle corsa.
"Spanner, NON. CLICCARE. NIENTE."
Tre parole, tre minacce, tre proiettili.
"Io non sto facendo nulla, Shoichi. E' il puntatore che si muove da
solo."
Perfettamente
a vuoto.
"Menti!"
"Io non mento mai."
Una musichetta si era intanto fatta largo nei loro condotti uditivi.
Sapete, una di quelle trombette ridicole che somigliano a quelle degli
stadi. E stava intonando una melodia decisamente familiare.
«A long time
ago, in a galaxy far, far away...»
"Ma questo è l'incipit di Star Wars!!"
"To', è vero. Che carino."
"Non è carino, è un plagio!" Gridò
Shoichi in
preda alla rabbia "Quale infima creatura si è permessa di
inserire la colonna sonora di Guerre Stellari, protetta da copyright,
in un altrettanto infimo RPG di seconda mano?? AH???"
"Ahi, Shoichi sta passando al lato oscuro della forza..."
"Non ci posso credere" continuò il rosso indignato "voglio
nome
e cognome del produttore! Vado a riempirlo di pugni, quella bestia!
Vado a denunciarlo! Vado a strozzarlo con le mie stesse mani! Vado a,
a...!!"
"Shoichi."
"Che vuoi?!"
"Alla voce «nome» posso inserire il mio, e a quella
di «cognome» il tuo? Sai, io non ce l'ho."
Irie Spanner.
Però, non suona male!
"Fa' pure... ehi! Che diavolo stai... non osare registrarti! Non osare
giocarci! Non osare! Non osare!"
"Dunque, «età»...
vuole quella effettiva o quella cerebrale? Perché
nell'ultimo
caso dovrei fare la media fra la mia e la tua... mh."
Shoichi si avventò contro il coinquilino, la fiamma della
follia
riflessa nei suoi occhiali, ma questi si scansò appena due
secondi dopo l'impatto, lasciando che si schiantasse sul tavolo.
"«Professione»... Shoichi, una
via di mezzo fra nullafacente e genio meccanico?"
"Testa di cazzo,
fermati!"
"No, «testa di cazzo» non va bene...
mh..."
"Ridammi quel portatile, subito!" Intimò Shoichi.
Tuttavia non risultò molto serio, poiché
gli
occhiali di traverso lo facevano sembrare niente più che un
nerd
disoccupato che non scopa da anni.
Ah, ma è proprio la descrizione di Shoichi.
"Va bene, tieni."
"D...davvero? Cioè! Bene, hai capito senza troppe
difficoltà, bravo Spanner!"
"Tu..." Shoichi
tremava, la fronte bassa e la voce rotta dalla rabbia "COSA HAI
FATTOOOOO????"
"Mi sono registrato. Ci
siamo registrati, per essere precisi."
Silenzio.
«A long time
ago, in a galaxy far, far away...»
"Stai zitto, pezzo di merda!!!!"
"Non te la prendere con lui, Shoichi. Prenditela con me piuttosto, su."
Spanner sapeva che non l'avrebbe mai fatto.
Per questo stava lì, con le braccia aperte, a sorridere
pacatamente.
Ma stavolta aveva fatto male i conti, e la vendetta si era compiuta nel
breve lasso di un battito di ciglia.
Due mani che lasciavano la presa, due lenti che riflettevano
l'espressione incredula di Spanner - per quanto incredulo possa essere
un pesce morto - un sorriso maligno che lentamente appariva sulle sue
labbra.
E poi, il tonfo.
Il computer cadde a terra, spaccandosi in due.
L'immancabile leccalecca, fido compagno di tante avventure, cadde dalla
bocca di Spanner, frantumandosi in piccoli cristalli rosa.
La sua bocca era semi-aperta, come se volesse dire qualcosa, ma non ci
riuscisse.
Shoichi, intanto, aveva cominciato a tremare, spaventato dalla sua
violenza, e stava indietreggiando.
"M-mi dispiace!" Gridò, sconvolto "N-non ho di cosa mi sia
preso!"
"Shoichi."
"EH! Ah, s-sì?"
Spanner emise una specie di rantolo soffocato.
Un principio di risata.
"Spanner...san?"
"Mhf." Si mise una mano davanti alla bocca, cercando di trattenersi
"Mhf... mfahahah!"
Scoppiò a ridere come mai l'aveva visto in tutta la sua
vita, tenendosi addirittura lo pancia.
Persino Spannera non lo aveva spinto a tanto.
Deve essere lo shock...
poverino,
cosa ho fatto? Sono un violento assassino, dunque? Il fattorino nella
botola era solo il principio di una follia più grande?!
"Spanner, mi dispiace, davvero... ti prego, non ridere in
questo modo, io... scusami. Non voglio vederti così."
"S-Shoichi" balbettò lui a fatica, cercando di reprimere il
moto
ilare che si era violentemente impossessato di lui "Shoichi"
ripetè "quello... era il tuo portatile! Ahahahah!"
"Sì, Spanner, va bene, adesso calmati... ok? Ti aiuto ad
al---"
Il mio COSA?
Pannocchio non sembrava intenzionato a smettere di ridere,
e questo diede molto
da pensare al povero Shoichi.
"S-stai scherzando, vero? Quello era il TUO portatile, vero Spanner?"
"Mhf. Sei troppo divertente, Shoichi, ti prego di allontanarti, non
sono abituato a ridere così tanto... mhf." E si mise una
mano
davanti alla bocca, respirando profondamente.
Era evidente che in quelle parole c'era tutto, tranne una bugia.
Del resto, sappiamo tutti che Spanner non mente mai.
Shoichi corse al computer spaccato in due, e lo capovolse.
E vide la sua targhetta, con scritto sopra "SHOICHI" a caratteri
cubitali, e svenne sul colpo.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 21 *** Separazione ***
c21
Shoichi giaceva per
terra, due
spirali al posto degli occhi, un pezzo di portatile sullo stomaco e i
bermuda che lasciavano intravedere il bordo delle mutande.
Sì, insomma, era molto sexy.
Infatti, Spanner provò più volte l'impulso di...
come si
può dire? Ammanettarlo, spogliarlo e fargli indossare una
tuta
due volte lui? Sì, suppongo che si possa definire
così.
Ovviamente ciò non era vero, ma fa sempre piacere citare personaggi a caso.
Ad ogni modo, il nostro Spanner aveva deciso di prendersi seriamente
cura di Shoichi.
Molto seriamente.
Così seriamente che, dopo aver inserito senza successo tre
dita
lungo la sua faringe, le aveva ritirato scuotendo la testa ed era
andato simpaticamente a farsi i cavoli suoi.
Non prima di aver dato una fugace leccatina alle dita intrinse di bava,
s'intende.
"Mh. Sanno di pollo." Aveva detto.
Poi le aveva leccate di nuovo, sempre più affamato,
finché... non era giunto alla conclusione di avere fame.
E si era diretto in cucina per procurarsi un leccalecca al gusto di
pollo.
Shoichi, intanto, forse a causa del provvidenziale intervento di
Spanner, si era destato, e stava osservando il soffitto con gli occhi
sbarrati.
"Il mio... il mio..."
Sentiva un peso sullo stomaco, ma non aveva la forza di vedere cosa
fosse.
Il coinquilino era intanto ritornato dalla cucina.
"Oh, bene, ti sei svegliato."
"Spanner, dissolviti" rispose senza guardarlo "la tua presenza
è un attentato alla mia salute."
"Va bene, vado a giocare a Epic, tu rimani pure qui a fare la muffa,
quando se ne sarà accumulata abbastanza tornerò
qui e la
studierò. Saluti, Shoichi." E si allontanò,
diretto in
camera sua.
Rimasto solo, il nostro eroe si tirò a sedere con un
profondo sospiro.
Prese in mano il pezzo di computer che gli aveva pressato l'addome fino
a quel momento e se lo mise accanto, guardandolo con malinconia.
"Mi mancherai, amico mio... scusami se non sono stato molto presente."
Il pc lo ignorò, anzi, sembrò voltarsi sdegnato
dall'altra parte, causando in Shoichi una profonda fitta di dolore.
Ma il rosso sapeva che era inutile piangere sul latte versato, e
giudicandosi troppo sensibile agli svenimenti si tirò in
piedi,
con risolutezza.
"La vita va avanti" si disse, scuotendo il capo per liberarsi da quei
pensieri "forza, andiamo a cercare informazioni su questo oltraggioso
gioco virtuale!"
La prospettiva di avere qualcuno su cui sfogare la sua frustrazione
repressa lo faceva sentire decisamente di buonumore.
*
"Spanner, sono io, posso
entrare?"
"Entra pure."
Shoichi aprì la porta e si schiarì la voce.
"Ehm. Puoi prestarmi il tuo portatile?"
"No."
"Eh? Come no?!"
Spanner si voltò, con un sospiro.
"Sono impegnato al momento, come puoi notare" e spinse la sedia da un
lato per mostrargli la schermata di Epic Days.
"Quello non è essere impegnati, quello è
distruggersi il cervello!"
"Tu dici? Io invece lo trovo molto interessante, perché non
lo provi insieme a me?"
"Mai!" Dichiarò convinto Shoichi "Non giocherò a
un gioco che plagia le musiche altrui!"
Spanner lo osservò, l'immancabile espressione incolore.
"Posso fare qualcosa per convincerti?"
"Per quale motivo ci tieni così tanto? Vuoi diventare scemo
insieme a qualcun altro?"
"Se volessi diventare scemo insieme a qualcun altro, come dici tu,
chiederei di unirsi a me a qualcuno che non lo è
già, no?"
"Molto divertente Spanner, davvero, molto divertente. Sul serio, sto
facendo un grosso sforzo per trattenermi dallo rotolare per terra dalle
risate, devi credermi."
Il biondo lo guardò negli occhi, impassibile.
"Non so se sei cattivo o solo molto, molto stupido." Disse infine, con
uno strano tono di voce.
Cosa stava cercando di dire... Spanner?
"Cattivo? Stupido?" Sbottò Shoichi "E in base a cosa,
sentiamo!"
Silenzio.
"Lascia stare, non capiresti."
"Cosa? Ehi, non sottovalutarmi così tanto, Spanner!"
Ma Spanner si era già voltato verso il computer, riprendendo
a fare quello che stava facendo.
E cioè, nulla.
E nulla avrebbe fatto, finché Shoichi non fosse stato
insieme a lui.
Ma Shoichi - che il diavolo se lo porti! - proprio non riusciva ad
afferrare un concetto così delicato.
Non poteva riuscirci, del resto, perché capire quello che
passava per la mente di Spanner era impresa assai ardua anche per il
diretto interessato, che nel profondo del cuore si domandava da cosa
gli derivasse quella sottile apatia, e quella lieve stizza nei
confronti dell'amico che non faceva nessuno sforzo per capire - cosa,
però, non lo sapeva neppure lui - .
"Va bene, Spanner, come vuoi. Io esco, tornerò stasera." E
si
voltò verso la porta, sperando con tutto il cuore che
qualcuno
lo fermasse.
Ma quel qualcuno rimase immobile, sperando che fosse l'altro a
voltarsi, irritato, gridandogli contro, arrossendo, cercando di
picchiarlo, sbuffando, sbattendo i piedi, maledicendolo, voltandosi
dall'altra parte, cercando di sfuggire alle sue amichevoli strette.
Una sola di queste azioni, o tutte in una volta.
Non aveva importanza, lui le voleva.
Ma niente di tutto questo avvenne, e la casa piombò in un
cupo silenzio.
*
Vestito come un ragazzino
delle medie, Shoichi vagava per la città.
Magari sarebbe potuto andare davvero a comprarsi un porno, tanto, che
importava?
Si chiese che cosa non andasse in lui, e cosa in Spanner. E per qualche
strano motivo, sentiva tutte le colpe convergere su di lui.
Scosse il capo, triste.
Non riusciva neanche a dire se avessero litigato oppure no, e il dubbio
lo soffocava.
Perché era andato via? Perché aveva lasciato solo
Spanner? Era solo un bambino, maledizione!
Ok, forse non era un bambino, ma... non avrebbe dovuto lasciarlo solo
ugualmente.
Perché Spanner faceva davvero fatica a capire i sentimenti,
suoi
e degli altri, e nonostante Shoichi fosse la persona di cui meglio li
comprendeva... non avrebbe dovuto lasciarlo solo, per nessun motivo.
A ogni passo, sentiva un piede rammaricato premere per tornare indietro
e un piede orgoglioso forzarlo ad andare avanti (dove, poi?).
Come risultato, Shoichi rimase fermo davanti a un bar dall'aspetto
malfamato per circa 20 venuti, incapace di andare sia avanti che
indietro.
Chiunque l'avesse visto, avrebbe detto che era un imbecille a cui si
erano incollate le scarpe sull'asfalto.
Noi invece lo guardiamo e pensiamo che sia un imbecille e punto.
"Ehi, moccioso, che cazzo ci fai impalato davanti al mio locale? Cerchi
rogne per caso, ah?!"
Un losco figuro era intanto apparso sulla soglia della porta, e lo
squadrava con disgusto.
Un nerd di merda, si disse, e sentì il bisogno di spaccargli
la faccia in mille pezzi.
"N-no signore! Davvero, io stavo solo..."
Ma Dio... sembrava la copia sputata di Harry Potter quando gliela
stanno per mettere in culo!
"Ma lo sai che hai proprio una bella
faccia di cazzo?! Vieni qui che ti distruggo, pezzo di
merda!"
Ma che ha questo tizio,
le mestruazioni?!
Ah, Shoichi, Shoichi.
Come se tu sapessi cosa sono le mestruazioni.
Come se tu sapessi che ce le hanno solo le donne.
"M-magari un'altra volta!" E cominciò a correre lontano dal
pericolo, in maniera decisamente ridicola.
Svoltò un angolo, ma era un vicolo cieco.
Era in trappola.
Aho, Shoichi! Ma stai a dormire o cosa?!
"Eccoti qui, puttanella! Vieni che ti rompo le ossa, bastardo del mio
cazzo!"
"Aspetti!" Gridò facendosi scudo le braccia "La prego,
arriviamo a un accordo! Le offro..."
100 yen? I miei
occhiali? Il mio sedere?
"Offrimi le tue ossa, stronzo! Te le
restituirò, non preoccuparti!"
In quel momento, nella mente di Shoichi era apparso un inquietante
flashback.
Gli ritornarono in mente le innumerevoli volte in cui Spanner gli aveva
fregato le sue cose, per poi restituirgliele puntualmente il giorno
dopo.
Si era sempre chiesto che cosa se ne facesse, di quella roba.
E soprattutto, perché fossero tutti oggetti lunghi e sottili.
Non sapeva rispondersi 11 anni fa, e tutt'ora per lui era un autentico
mistero.
E questo dovrebbe bastare a fare di lui un perfetto cretino.
"N-non solo mie, non gliele posso dare!"
"Ah, che cazzo stai a dire, puttana? Devo farti leccare il mio culo?!"
"Nooo, per carità!" Esclamò lui disgustato.
In quel momento, Shoichi firmò la sua condanna.
*
"Shoichi..."
Disteso sul suo letto, Spanner fissava il soffitto, incerto.
Si sentiva solo, quando non c'era il suo amico. Così solo
che aveva quasi paura.
"Forse dovrei uscire a cercarlo..." Si disse, pensoso.
E bisognoso di lui.
Ma poi scosse il capo. Per lui era impossibile uscire da solo.
Da quanti anni è che uscivano sempre in coppia, loro due?
Non se lo ricordava più, com'era uscire da soli.
E soffriva, perché Shoichi a quanto pare se lo ricordava
benissimo.
Non era un disagiato come lui, evidentemente.
Ripensò a tutte le volte in cui aveva dato del cretino al
suo
coinquilino, rendendosi pian piano conto che lui, in confronto, non era
poi tanto meglio.
Si alzò, fissando un punto lontano nell'aria.
Dopotutto, che importava se usciva? Che importava se si perdeva?
Doveva pur provare a cercarlo, il suo Shoichi.
Rimanere solo in casa o solo per strada... nel secondo caso poteva
almeno sperare di incontrarlo, da qualche parte.
Scese dal letto e si diresse all'armadio, determinato.
"Ti troverò, Shoichi, e a quel punto... faremo una bella,
lunga chiaccherata."
Con questi pensieri, afferrò un paio di vestiti qualsiasi,
li
indossò e si precipitò fuori di casa, alla sua
disperata
ricerca.
*
Shoichi, lo sappiamo, era un
tipo estremamente riflessivo.
Non era raro per lui chiedersi, a un certo punto della sua vita, come
fosse arrivato a una situazione di un certo tipo, come avesse potuto
una scelta ripercuotesi in un certo modo, e via discorrendo.
Non era dunque strano, mentre si ritrovava legato come un salame in un
garage di periferia, chiedersi come avesse potuto arrivare a quel punto.
Mugolò, disperato.
Alla sua destra, un ragazzone grasso e puzzolente russava
profondamente, tenendo fra le mani un manico di scopa con cui intendeva
seviziarlo al suo risveglio - o semplicemente picchiarlo a sangue - .
Fece qualche saltello in direzione opposta, ma non riusciva
praticamente a muovere un muscolo. Oltretutto non aveva neppure gli
occhiali, e la sua vista in quel momento era quella di una talpa
idrofoba.
E in ultimo, ma non meno importante, Spanner non era con lui.
Gli venne da piangere, a Shoichi.
Si dimenò, come un pesce, e ricadde stanco sul pavimento
mentre il fazzoletto che teneva in bocca si impregnava della sua saliva.
Vieni a salvarmi,
Spanner... quando ti vedrò, dovrò farti un, ehm,
discorso piuttosto imbarazzante.
Sperava, mettendo in gioco la sua dignità di
uomo, di compiangere gli dei misericordiosi, che in cambio gli avrebbero
mandato dal cielo il suo salvatore.
Magari in sella a un niveo destriero.
Magari a bordo di un Gola Mosca.
Oh, ma che importava il mezzo? I fatti, sono i fatti che contano!
Smise di lottare e si affidò completamente a quella
speranza.
Poi, chiuse gli occhi e si addormentò, stanco e
infreddolito, senza sapere se si sarebbe risvegliato vivo o morto.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 22 *** Gli Avariati e i piccoli colpi di genio ***
c22
Spanner
non era mai stato uno sprovveduto, perché la strada che
aveva
scelto di intraprendere non glielo avrebbe mai consentito.
E neppure la persona con cui aveva deciso di dividere l'appartamento al
pianoterra che gli piaceva tanto, e che costava maledettamente tanto.
"Mi scusi, ha per caso visto passare questo ragazzo?"
E Spanner aveva pensato bene di uscire di casa munito di una foto di
Shoichi, da mostrare a qualcuno - praticamente tutti - nella speranza
che lo riconoscessero, e magari gli dicessero «ah, ho visto
un
tipo simile invocare il nome di Spanner ai piedi di un
crocifisso» oppure «ah, quello? Era seduto ai piedi
di una
voragine dandosi ripetutamente dell'imbecille».
Ma tutti avevano scosso il capo, senza eccezioni.
Solo un paio di ragazze avevano esclamato un «che carinooo!~
Se
lo ritrovi ce lo presenti?», ma lui le aveva fulminate con lo
sguardo, inducendole alla fuga.
O meglio, Spanner non si era reso conto di averlo fatto, e aveva
semplicemente pensato che si fossero ricordate di colpo di aver
lasciato il gas acceso o una cosa del genere.
Capita, in Giappone.
Glielo aveva detto Shoichi, e lui ci aveva sempre creduto.
"Ma dove sei finito?" Si ripetè, stringendo la foto fra le
dita.
Quella foto... sembrava guardarlo con affetto.
Ritraeva Shoichi in uno dei suoi rari momenti di euforia, ed era stata
scattata ai tempi dell'università di ingegneria robotica e
aerospaziale.
Due lauree avevano, questi idioti.
E stavano sempre a litigare come bambini, a farsi i dispetti, a darsi
dello stupido, dell'asino, del disturbato, del gay... proprio come due
amiconi.
Eppure... Dio, se si volevano bene.
Si adoravano, Spanner e Shoichi. Solo che non lo sapevano, non lo
capivano, e mascheravano quell'amore viscerale sotto una patina di
burle e scaramucce.
Lo Shoichi di quella foto, era uno Shoichi solare come non lo vedeva da
tempo. Il suo sorriso era di una gioia, di una vitalità
straordinaria - la stessa vitalità che Spanner gli invidiava
tanto - e la sua espressione era colma di amicizia, di rispetto e di
fiducia verso di lui.
Gli mancava, lo ammise.
Gli mancavano i giorni in cui tutto quello su cui mettevano mano gli
esplodeva in faccia, quando la robotica era ancora un mistero
insondabile e riparare un tostapane era il loro traguardo
più
grande. Quei giorni pieni di allegria, quando si inventavano le idee
più assurde, quando stavano svegli tutta la notte per
completare
il loro prototipo, quando non arrivavano in tempo alle lezioni, quando
i compiti li sommergevano, quando la tesina era un disastro, quando la
mensa della scuola faceva schifo, quando finivano i leccalecca, quando
le ragazze li squadravano con sospetto, quando i ragazzi sabotavano i
loro lavori, quando i professori si complimentavano con loro, quando i
loro progetti erano così tanti che non sarebbero bastate
cento
vite per realizzarli tutti...
E, per la prima volta, Spanner si sentì pienamente
responsabile.
Della scomparsa di Shoichi, della scomparsa di quel tempo felice.
Si sentiva responsabile, lui, con quell'espressione impassibile, con
quegli occhi inespressivi... era lui ad averlo reso così
scontroso?
Il vecchio Shoichi rideva molto, e si arrabbiava poco. Era sempre
lì, pronto ad accogliere ogni idea, ogni trovata, senza mai
dire
di no, ponderando tutto, ragionando, modificando qualcosa - se
necessario - e poi gli tendeva quella mano così calorosa, e
gli
diceva «facciamolo», qualunque cosa fosse.
Forse era in quei momenti che lui si era...?
Scosse il capo, per non perdersi in quei piacevoli pensieri.
"Prima ti ritrovo" si disse, a fior di labbra "e prima potrò
cominciare a fare esperimenti sul tuo cervello, Shoichi."
Lo vedete anche voi l'amore che sprigiona Spanner, tutti quei
fiorellini, le farfalle, gli gnomi, Pollicino... no, solo io? Peccato.
*
"Che ne facciamo di quello
scarto di moccioso?"
Seduti a un tavolo da poker, quattro uomini stavano decidendo del
destino di Shoichi.
"Propongo di scioglierlo nell'acido." Disse uno.
"Perché non lo violentiamo? Sono sicuro che
«quel» buco è ancora vergine..." Disse
un altro.
"Tagliamogli il pene e arrostiamolo, almeno ci guadagneremo qualcosa."
Disse un altro ancora.
Non c'è che dire, Shoichi stava simpatico veramente a un sacco di gente.
"Feccia!!" Gridò il capo, sbattendo violentemente i pugni
sul tavolo "Non è così che si elimina la gente!"
"Ha ragione Zanzara, teste di cazzo! Non è così
che si
ammazzano le persone! Non siamo mica «L'otto per
Mille!»"
"Nessuno ha chiesto il tuo parere del cazzo, Narvalo! Chiudi quella
fogna e vatti a sparare in bocca!"
"Via, via, Zanza-chan, non mi sembra il caso di..."
"Vuoi forse morire, Lucia? E se inculiamo te anziché quel
cazzo di fottutissimo ragazzino deficiente?"
"Ancora? Ma sarebbe la sesta volta, Zanza-chwan! ~ Dai un po' di tregua
al mio povero sederino innocente... Kyu!♥"
"Che spettacolo disgustoso..."
"Ma sentitelo! Ha parlato Vippi, la feccia della feccia!"
"Chi sarebbe feccia della feccia, Narvalo? Devo farti vedere l'inferno
ancora una volta perché tu riesca a capire con chi hai a che
fare?"
"Ma fottiti, frocio, che non fai paura a una minchia!"
"Silenzio, teste di cazzo!!!"
Tutti tacquero, sibilando ingiurie ai danni dei compagni.
"Se vogliamo sbarazzarci di quella puttanella da due soldi..."
continuò Zanzara, cominciando a girare intorno per la stanza
"Dobbiamo farlo come solo noi sappiamo fare!"
"Ben detto, Zanza-chan! Io sono con lui eh, non solo nel letto ~"
"Tsé! Facciamo come dice la signora feccia, tanto a me non
frega un cazzo!"
"E neppure a me... ma tanto, finché pagate voi, giocate
quanto volete."
"Bene! Ora che tutte le merde di cane qui presenti sono d'accordo col
sottoscritto, possiamo dare inizio all'operazione! Per gli Avariati!"
"Per gli Avariaaatiii ~"
"Inculati, non dirò mai una frase del genere."
"Se mi pagate, forse potrei fare un piccolo sforzo..."
"Tappatevi quelle cloache da due soldi, feccia! Inneggiate il nome
della nostra banda, altrimenti l'operazione andrà a puttane
e
con lei le vostre insignificanti vite del cazzo!"
"Perché non ti sei scelto un nome migliore, stronzo di un
Zanzara?! Invece di costringerci ogni volta a ripetere 'sto nome di
merda per il tuo sadico piacere malato del TUO CAZZO!!"
"Chiuda la fogna,
Lucia, tu sei gay e non conti un cazzo!"
"M-ma Narva-chan!"
"«Narva-chan» il mio culo!!"
"Chiudete la fogna, pezzi di cazzo!!"
A Zanzara erano saltati i nervi, un'altra volta.
Ma come doveva fare, con quei picciotti? Con Narvalo poi, non ne
parliamo... Se lo sarebbe calpestato sotto i piedi!
Non prima di avergli dato della feccia una ventina di volte. Come
minimo.
Non prima di averlo sculacciato. Come minimo.
Non prima di esserselo scopato dentro lo sgabuzzino del covo. Come
minimo.
Non prima di avergli chiesto la mano. O il culo. Come minimo.
Ma siccome non poteva, si consolava con Lucia.
Logico, no?
"Zanzara, prendi una decisione, accidenti a te! Cosa ne dobbiamo fare
di quel moccioso idrofobo?"
"Sto pensando faccia di cazzo, aspetta un momento."
Silenzio.
"Portatemi da lui" sentenziò infine "voglio vederla con i
miei occhi, quella merda di cane"
Vai Shoichi, non avere paura! Le zanzare si schiacciano con una mano!
Per i narvali invece, ehm, temo che la questione si complichi...
Cosa farà il nostro piccolo nerd idrofobo?
Riuscirà a
salvare la pelle (e le palle) dalle grinfie degli Avariati? Spanner
giungerà a salvarlo? Moriranno tutti in un clamoroso colpo
di
scena? Lo scopriremo della prossima puntata!
See ya ~
"Zanza-chaaan, mi fa male il culetto! ~ Potresti essere più
delicato la prossima volta? ♥"
"Taci, feccia!!" Imprecò Zanzara, pensando che... forse
quella
testa di cazzo di Narvalo non avrebbe fatto tante storie, per una
penetrata o due.
O tre.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 23 *** VOOOOI ~ overture ***
c23
Narvalo era sempre
stato un bravo ragazzo.
A scuola aiutava sempre i compagnetti in difficoltà, sia il
cane
avesse devastato i loro appunti, sia il fratellino avesse divorato
preventivamente il loro pasto, sia soffrissero di dissenteria e altre
patologie varie.
Poi aveva incontrato Zanzara, ed era diventato un ragazzo cattivo.
*
"Narva-chan,
dove vai?" Chiese Lucia con apprensione al
prima-buono-ora-cattivo-ragazzo che stava correndo a perdifiato per i
corridoi di quel locale di appena 30 mq che era il loro covo.
Covo. Mfff.
Meglio un covone di fieno, a 'sto punto.
"A salvare il culo a quel ragazzino di merda" sibilò senza
fermarsi.
"Oh, Narvy! Che uomo premuroso che sei!"
"Taci, puttana" Fu la premurosa risposta del nostro amico cetaceo.
"Non parlarmi così, sono sensibile, lo sai!"
Protestò Lucy Heartphilia agitando piccoli pugni griffati
nell'aria.
Volevo dire, Lucia, la squillo degli Avariati.
La cicciolina di Zanzara.
La rivale in amore di Narvalo.
La mamma di Vippi. Ma questa è un'altra storia, non
dilunghiamoci troppo.
Mentre il nostro preistorico cetaceo correva di gran corsa verso il
magazzino nel quale era imprigionato un certo nerd diversamente abile
di nostra conoscenza, un insetto estivo stava caricando il suo doppio
pungiglione a propulsione atomica.
Un bipene? Mannò, solo la gran coppia d'assi costituita da
due
Beretta di seconda mano acquistate al mercatino dell'usato. Certo,
Zanzara avrebbe preferito entrare in un vero negozio di armi da fuoco,
spiaccicare sul tavolo una bella banconota da... parecchi yen (Zanzara
era porello, non conosceva il valore del denaro) e vantarsi con i suoi
ridicoli sottoposti fino alla nausea. Ma non aveva potuto farlo,
perché le Beretta erano state subito tolte dal mercato in
quanto
considerate «estremamente criminose e assassinose»,
e
così si era dovuto rivolgere a un mercatino di seconda mano.
Pistole Beretta, spariscono in fretta.
"Dov'è Narvalo?" Chiese imperioso a Vippi, il quale stava
allegramente facendosi i fatti suoi.
"Non ne ho idea." Disse, ma mentiva, perché sapeva benissimo
dove si era diretto Narvalo con tanta premura...
"Vippi, faccia di culo,
sto andando
da quel moccioso in magazzino. Non dirlo al boss, sennò ti
spacco il culo, anzi, la faccia. Ma tanto sono la stessa cosa per te."
"Mi sto seriamente chiedendo per quale motivo tu me lo abbia detto..."
"Perché tu hai occhi ovunque, e l'avresti scoperto comunque,
e
avresti fatto la spia mettendomi nei guai con quella testa di cazzo di
Zanzara, ecco perché." Aveva risposto lui sputando catarro
per
terra come un vero duro. Gli mancava solo una benda sull'occhio e la
gamba di legno, e il premio come miglior cosplayer di Pirati dei
Caraibi non glielo avrebbe tolto nessuno.
"Ah, capisco. E suppongo tu sappia che il mio silenzio costa caro..."
Vippi si era sfregato le manine con aria avida - non che si potesse
vedere la sua espressione, visto che si ostinava a girare con un
passamontagna perennemente calato sulla testa - e aveva teso un piccolo
palmo, reclamando carta moneta.
"Piccolo..." Sibilò un'ingiuria fra i denti e mise mano al
portafoglio, con gran piacere del nano malefico di fronte a lui.
"Due mazzette basteranno." Disse con un sorrisetto soddisfatto.
"Spero vivamente che un giorno vengano a prenderti gli assistenti
sociali e che tu finalmente ti tolga di torno, Vippi. La tua presenza
è un problema per le mie palle."
"Non essere ridicolo, le tue palle hanno un problema a prescindere
dalla mia presenza. Non imputare a me le cose in cui non sei bravo."
Poi ci fu un piccolo massacro che non riporto
perché ho
masso raiting giallo e la violenza non è consentita in
questa
adorabile storiella, ma voi volate pure con la fantasia.
"Quel figlio di cacata ha pensato bene di sparire proprio ora che mi
serve... che feccia inaffidabile."
"Ehh..." Aveva sospirato Vippi con apparente convinzione,
indietreggiando leggermente.
Niente di strano che a Zanzara venisse improvvisamente voglia di
provare su di lui una delle sue Beretta gemelle.
Poi gli sarebbe bastato farlo passare per un incidente. Come aveva
sempre fatto, del resto.
Ripensò a tutti i cadaveri che gli era toccato nascondere
nei
posti più insospettabili, e un brivido gli percorse la
schiena.
Avrebbe potuto essere il prossimo.
"Vippi." Le improvvise parole del boss suonavano chiaramente come
una minaccia.
"Dica." Rispose Vippi fingendo quiete.
Se alza il gomito
scappa, se alza il gomito scappa, se alza il gomito SCAPPA.
"Sei ASSOLUTAMENTE sicuro di non sapere dov'è
Narvalo?"
Oh porca...
*
"Era quello che avrei dovuto
fare fin dall'inizio..."
Muovendosi svelto fra i vicoli della città, Spanner stava
ritornando verso casa.
Aveva abbandonato la ricerca? Si era stufato di correre dietro a
Shoichi? Voleva forse abbandonarlo al suo destino e fare qualcosa di
indecente?
Ma certo che no! Aveva solo avuto un'idea geniale.
Sì, avete capito bene, un'altra.
Ma per parlarvi di quest'idea geniale, è necessario prima
svelare un piccolo segreto che Spanner si porta dietro da molti, molti
mesi...
Era capitato, una sera d'inverno, che Shoichi avesse una voglia matta
di una certa pizza ai peperoni da un certo locale in periferia, il
quale si trovava in quel periodo sprovvisto di telefono.
A nulla erano valse le proteste di Spanner, che non voleva per nessun
motivo uscire di casa.
"Fa freddo" aveva
dichiarato "e poi io non la voglio, la pizza ai peperoni."
"Va bene, come vuoi" aveva risposto lui, rassegnato "vorrà
dire che andrò io a prenderla, tu aspettami qui buono."
"Ma è buio, e poi... non mi piace rimanere da solo." Aveva
mugolato Spanner, rannicchiandosi ancora di più fra le sue
braccia, seduto sul divano del soggiorno.
Com'era carino, aveva pensato Shoichi. Ma non poteva farsi corrompere
tutte le volte da quel faccino triste - ricordate che solo Shoichi
riusciva a distinguere le impercettibili differenze fra un'espressione
a pesce e qualunque altra - e risoluto si era preparato per uscire.
"Allora vado... tornerò presto, va bene?"
"Mh" Mugolò lui, senza guardarlo "Non dimenticare la
sciarpa."
"Oh, grazie..." Mormorò Shoichi arrossendo, felice che
l'amico
si preoccupasse per lui "A-allora vado!" Ripetè per darsi un
contegno "Ci... ci vediamo dopo, Spanner."
"Sì, Shoichi. Torna presto..."
Il frugoletto si fermò di colpo, convinto di aver sentito un
sussurro familiare.
"Hai detto qualcosa?" Chiese voltandosi, ma in risposta ottenne solo la
consueta espressione impassibile.
Credendosi pazzo e/o troppo innamorato, aveva scosso il capo ed era
uscito fuori di casa, nella buia e fredda sera.
Ma si sa, i frugoletti dovrebbero sempre uscire in coppia.
Così, se vengono aggrediti, uno può frugolare e
distrarre
il nemico, e l'altro scappare verso la stazione di polizia
più
vicina.
Mentre invece, quando sono da soli, hanno il potere offensivo di un
porro.
"Aaah! C-chi va là?" Gridava Shoichi puntualmente ogni 20
passi al nulla profondo che credeva lo seguisse.
Scambiava ogni ombra per un mostro, ogni gatto per una strega e la luna
piena gli sembrava un enorme disco volante gremito di alieni venuti a
conquistare il mondo.
Non che avesse qualcosa in contrario contro gli alieni, anzi, gli
piacevano e anche tanto - e magari avrebbero governato pure meglio
delle persone - , ma in quel momento aveva solo due pensieri: la pizza
e Spanner. Tutto il resto doveva attendere.
Dopo aver camminato per 40 minuti, era finalmente giunto alla pizzeria,
era entrato, aveva ordinato la pizza, aveva aspettato altri 30 minuti
che gliela preparassero, aveva pagato e se n'era andato.
Peccato solo che avesse sbagliato la strada del ritorno per cinque volte,
ritornando a casa esattamente 3 ore dopo esserne partito.
"T-tadaimaa!" Gridò, timidamente.
Ad accoglierlo, disteso sul divano a fissare il soffitto, uno Spanner
in decomposizione avanzata.
"S-Spanner! Cosa è successo, che cosa hai?!"
"Shoichi..." Bisbigliò senza forze "Sei... tornato..." E,
dopo
aver pronunciato quelle parole, gli si era addormentato fra le braccia
che l'avevano scosso per farlo rinvenire.
Il proprietario di quelle braccia era rimasto immobile a lungo, prima
di realizzare che l'amico stava dormendo.
Ma il sorriso gentile che gli si era stampato in faccia non l'aveva
abbandonato neanche per un istante.
Il giorno dopo Spanner si era recato da Shoichi - che non aveva ancora
smesso di sorridere - e gli aveva fatto leccare un nuovo tipo di
leccalecca, senza gusto né colore.
"Che cos'è questo, Spanner?"
"Un leccalecca che lascia una traccia sul DNA di chi lo mangia.
Così ti troverò sempre, se ti allontanerai da me."
"Cos---" Shoichi balbettò, avvampando di colpo "C-che dici,
Spanner! Perché d-dovresti..."
"Perché non voglio più rischiare di smarrirti in
giro.
E', come dire... mi provoca una spiacevole sensazione, non averti
vicino. Non la so spiegare molto bene, quindi scusami se non sono
chiaro."
"S-Spanner!" Gemette quello, imbarazzato.
"Cosa c'è?" Chiese perplesso.
No, proprio non ci arrivava da solo.
E questo era il motivo per cui Spanner stava ritornando di
gran corsa a casa. Lì, lo avrebbe trovato in un attimo.
E a quel punto... sarebbe corso dal suo prezioso coinquilino.
*
"Come sarebbe a dire che non
riuscite a trovarlo?!"
Un cetaceo palesemente adirato stava lentamente strozzando il grasso e
oleoso sottoposto che aveva il compito di tenere d'occhio Shoichi.
"N-non so come... coohf coh, s-spiegar cooof aaargh cof blergh"
"E piantala, pezzo di cazzo!!" Narvalo scagliò il pover'uomo
lontano da sé, digrignando i denti per la rabbia.
"N-Narva-chan..." Balbettò Lucia "Cerca di calmarti,
sarà sicuramente qui intorno!"
"Se è così allora TROVALO! Su-bi-to!"
"M-ma Narvy!"
"SILEEEENZIO!!" Ceto-chan caricò un pugno diretto al viso di
Lucia, che però schivò abilmente con un saltello
impaurito.
"Non mi piaci quando fai così!" Gemette tristemente
"Dov'è il mio Narva-chan che gioca sempre con me al dottore?"
"Io non gioco con te al dottore, frocio di merda! Risparmiati queste
affermazioni per quella testa di cazzo di Zanzara!"
"Chi sarebbe la testa di cazzo, Narvalo?"
Silenzio.
Lucia e Narvalo si voltarono lentamente verso l'origine di quella voce,
pur sapendo fin troppo bene a chi appartenesse.
E il terrore scese su di loro.
"Zanzara! Cosa ci fai tu qui?" Gridò Ceto-chan agitando un
insetticida.
Cioè,
volevo dire, un pugno.
"Potrei farti la
stessa domanda,
feccia. Ma sarò magnanimo e lascerò che le tue
ultime
parole siano un commovente discorso d'addio al glorioso gruppo degli
Avariati."
Narvy
intravide dietro la schiena del suo boss un hobbit che cercava di
celare la sua presenza alla bell'e meglio, e ringhiò.
Vippi! Lo sapevo che eri
un figlio di mignotta!
"Zanzara, non è come sembra"
mormorò con
l'accortezza di chi tenta di salvare la pelle "c'è
una spiegazione."
"Lasciami indovinare, volevi che ti spezzassi il collo con le mie
stesse mani. Complimenti, sei riuscito nel tuo intento." E si
avvicinò pericolosamente al nostro
amico, scrosciando la
cartilagine delle sue mani.
"Zanzara, il moccioso che abbiamo preso è Irie Shoichi!"
Silenzio.
"Mi fa piacere. Adesso muori."
"MA CAZZO!" Gridò allora Narvalo al colmo della misura
"Possibile che questo nome non ti dica nulla?!"
"Mica posso ricordarmi di tutti quelli con cui hai fatto la puttana" fu
la simpatica risposta che ricevette il cetaceo.
E Zanza avanzava. Ora aveva messo mano alle sue Beretta e si preparava
a estrarle dal fodero come un vero cowboy.
Avete presente Lucky Luke? Ecco, ci siamo capiti.
"Non si tratta di questo!" Ringhiò Narvalo senza negare
l'affermazione del suo capo.
Dopotutto... con qualcuno si doveva pur sfogare, se con Zanzara non era
possibile. O no?
Diamo alle zanzare quello che è delle zanzare e ai narvali
quello che è dei narvali.
"Ah, allora questo Irie è tuo marito? Congratulazioni
vivissime,
sarà orgoglioso di avere un eroe di guerra per moglie!"
La coppia d'assi fece la sua apparizione, rilucendo nella
semi-oscurità del magazzino.
"Ma come fai a non ricordarti di quel servizio al telegiornale di
qualche giorno fa, Zanzara? Eppure eri presente anche tu, mentre lo
trasmettevano!"
"Io non guardo i telegiornali, feccia. Mi irrita parecchio sentire che
qualche testa di cazzo è morta ammazzata da qualcuno che non
sono io, mi fa solo venir voglia di far saltare le cervella a quanta
più gente possibile."
"Quindi non hai sentito dei due studenti prodigio che si sono laureati
con il massimo dei voti all'università di Tokyo e di cui
nessuno
tutt'ora ha superato la brillante media scolastica?"
Zanza si fermò.
"La cosa dovrebbe interessarmi?" Chiese, con un'impercettibile nota di
esitazione della voce.
"Certo che dovrebbe interessarti - testa
di cazzo! ma
questo non lo disse - non eri tu quello che andava predicando che nella
banda ci volessero più persone sveglie e che tu eri l'unico
genio indiscusso degli Avariati perché tutti noi non eravamo
altro che capre analfabete che avrebbero fatto meglio a cuocere con la
glassa di agrumi e servire ben calde e poi buttarne gli avanzi in una
discarica abbandonata ai confini del mondo?"
"Vedo che te lo ricordi tutto, l'insulto. Brava feccia!"
Era vero, Narvalo lo ricordava tutto.
Perché si sa, gli uomini ricordano troppo bene le cose che
li fanno soffrire.
"E'... è vero, boss" abbozzò Vippi uscendo
dall'anonimato
quando credette che la situazione si stesse distendendo "l'hai detto
molte altre volte, che volevi qualche persona sveglia nel gruppo.
Sarebbe un peccato ammazzarlo... no?"
Zanza taceva, impassibile.
Poi, come per miracolo, abbassò le Beretta fino a riporle
nel fodero.
"Dov'è ora, quel moccioso di merda?" Chiese guardando
Narvalo negli occhi.
"Non lo so" rispose lui, sostenendo il suo sguardo "sembra scomparso.
Supponiamo che si trovi qui da qualche parte, nascosto."
"«Supponiamo»? Chi, tu e la tua combriccola di
neuroni scaduti?"
"No, io e l'idiota gay con cui scopi tutte le notti."
"Problemi in proposito?"
"Tanto il culo è il tuo. O il suo. Mica il mio."
"Ragazzi!" Cinguettò Lucia sovrapponendosi fra i due "Non
litigate, vi prego! Narva-chan..." E si voltò verso di lui
con
un sorriso ammiccante "Posso giocare anche con te, se vuoi ♥
Non
devi vergognarti, sai?"
"Preferirei morire di meningite fulminante piuttosto che fare una cosa
del genere con un finocchio come te" sibilò il cetaceo con
la
morte negli occhi.
Quella di Lucia, ovviamente.
"Finitela di flirtare, mi date la nausea. Trovate quel moccioso entro
15 minuti, prima che ci ripensi." E detto questo, Zanzara si
voltò e se ne tornò da dove era venuto, con Vippi
al
seguito.
"Ehi, dove state andando voi due? Aiutateci a cercarlo, voi! Dico a
voi! VOI! VOOOOOOOI!"
"Naaarvy! ~ Cos'era quel vocione roco?" Chiese Lucia inorridendo.
"E, e io che cazzo ne so, frocio!?" Esclamò lui sorpreso
almeno quanto l'altro.
Che fosse l'inizio di un nuovo tormentone?
E Shoichi? Che fosse evaporato? Che fosse precipitato in una botola e
ricongiuntosi con il vecchio fattorino? E Spanner, riuscirà
a
tornare a casa sano e salvo? Tutte le risposte a queste domande,
ovviamente, nel prossimo capitolo ~
"VOOOOOI! VOOOOOI! VOOOOOOOOOOOOI!"
"Narva-chan, ti prego, smetti di fare questo versaccio rauco!"
"N-non è roco! E' figo invece, pezzo di merda che non sei
altro!
Feccia! Non criticare la mia voce, faccia di culo! Testa di minchia!"
Bofonchiò Narvalo, mentre cominciava ad affezionarsi al suo
«VOOOOI» profondo e intimidatorio.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 24 *** Smarrire la via ***
c24
Sono... salvo?
Incassato
dentro una cassa scassata del magazzino, Shoichi osservava con occhi di
talpa la situazione.
E il suo cervello lavorava, instancabile. Perché, come qualcuno ha detto da qualche parte,
Shoichi era stato sempre capace di vedere il quadro completo.
Era proprio un tipo incredibile.
Ma adesso la narratrice smetterà di fare queste citazioni a caso,
altrimenti cadrà vittima di spasmi ilari indomabili e la
storia non la racconterà più nessuno.
Vi piacerebbe, eh feccie?
Ops, un'altra. Cof, scusate, torniamo a noi...
Che fortuna essersi
svegliati mentre
quel grassone dormiva! E che paura quel manico di scopa! Ma per fortuna
sono riuscito a fuggire, sono un genio!
Eh sì, Shoichi era veramente un genio. Del
resto, era sempre stato capace di vedere il qu--- ok basta, la smetto.
Sentì una fitta alla schiena, e comprese che la posizione in
cui
si trovava era delle migliori, ma sfortunatamente non aveva modo di
cambiarla, e rimase lì, con il sedere a ponte, agitando i
fianchi in maniera equivoca.
Per fortuna, gli scatoloni di magazzino erano da sempre rinomati per la
loro scarsa libido, quindi non c'era nessun problema.
Oltretutto che Spanner non era nei paraggi, ma questo era un discorso a
parte.
Adesso dovrei cercare di
liberarmi da
queste corde, ma è... ma quanto cavolo le hanno strette?!
Volevano arrostirmi come una salsiccia? Aiuto, ho paura, voglio tornare
a casa!
Shoichi era il perfetto esempio di uomo virile...
Spanner, vieni a
salvarmi! Sto per farmi addosso dalla paura!
Coraggioso...
E poi è
c-così buio qui dentro, non vedo nulla! Dov'è
l'interruttore, maledizione?
Privo di rimpianti...
Non sono ancora riuscito
a vedere un
orgia fra donne! E neppure a mangiare il gelato con la cannuccia! E
neppure ad appendere un quadro in soggiorno! E neppure a vedere gli
alieni! E neppure...
E pronto a morire con il sorriso sulle labbra...
Morire?! Ma non
scherziamo! N-non voglio morire! Buuuuh!
Per questo esisteva Spanner. Per tenere sotto controllo il
grado di entropia nell'universo e impedire il suo collasso.
Ebbene sì... quella pannocchia era un'eroina. Per Shoichi.
Cioè, per il mondo... sì, sì, per il
mondo.
L'importante è crederci.
Allora Shoichi, adesso
stai calmo...
ok? Ecco, così... respira, respira... andrà tutto
bene,
intesi? Anche se non vedi a un palmo dal naso, andrà bene lo
stesso, fidati di me, cioè, di te, va bene? Piano, striscia
via
da qui...
"VOOOOOOOI! Dove sei, testa di cazzo di un moccioso? Vieni
fuori che dobbiamo parlare!"
Proprio mentre stava per strisciare via, lontano dallo scatolone, una
voce minacciosa gli fece gelare il sangue nelle vene.
Narvalo.
Non ve lo aspettavate, vero? Sono un genio dei colpi di scena, parola.
Aiuto, Gozilla!!!
Arrotolandosi come la carta igienica intorno a un tubo di
cartone, Shoichi si ripiegò su se stesso diventando un
tutt'uno
con il legno marcio, smettendo di respirare e pensare. Avrebbe fermato
pure il cuore, se poi avesse saputo come farlo ripartire.
Però...
sarebbe interessante
poter fermare il cuore a proprio piacimento, quando torno a casa devo
parlarne con Spanner... no, aspetta! Non devo pensare, mi
sentirà! Noooooooo!
Povero, che sofferenza.
Perché non porre fine al suo dolore, mi chiedo?
"Narva-chan, non sarebbe meglio accendere la luce?" Chiese Lucia
timidamente.
Solitamente non aveva problemi a rivolgersi a Narvalo (tanto questi
cetacei non sono molto intelligenti), ma in quel momento il caro amico
gli sembrava molto, molto arrabbiato.
"Non credi che se ci fosse l'avrei già accesa, Lucia del mio
culo?" Gridò lui agitando la fluente chioma bianca. I vari
fermagli d'argento che avevano l'arduo compito di tenere a posto le
ciocche nivee tintinnarono come sonagli, e il suo catenone d'oro gli
girò per tre volte intorno al collo, emettendo
un'inquietante
luce dorata.
"Ma certo che c'è la luce, Narvuccio!" Cinguettò
lui con un saltello fatato.
E allora accendetela,
porca miseria!
"Coooosa? Zanzara mi aveva detto non c'era!"
"Ma che sciocchezza" esclamò Lucia agitando un dito in segno
di
diniego "e tutte le volte che sono venuti qui gli scaricatori di porto,
da dove pensavi venisse la luce?"
Narvalo spalancò gli occhi, sconcertato.
"M-mi aveva detto che erano le candele! Io l'avevo pensato che non
potevano emanare una luce così forte, ma lui, ma lui! Lui mi
aveva detto che erano le candele, maledizione! E io ci ho creduto!"
Una nota di dolore risuonò nelle parole di Narvalo, che
strinse
i pugni foderati da guantoni di pelle di pantera nera e
tremò,
preda della rabbia e della delusione.
"N...Narva-chan?"
"VOOOOOOOOOI!" Gridò, disperato, nel buio del magazzino.
Praticamente gli avevano appena rivelato che Babbo Natale non esiste.
Che il coniglio di Pasqua te lo mangi a cena con le patate. Che la
Befana non è altro che Lucia travestito. Che Vippi non
è
uno gnomo rompicazzi ma un rompicazzi e basta.
"VOOOOOOOOOI!" Ripetè, addolorato.
«mmf»
Silenzio.
"Narvy, hai... hai sentito anche tu?"
"VOOOO--- cosa?!" Chiese lui inferocito per essere stato interrotto.
No, cosa ho fatto!?
Shoichi, esilarato da quello scambio di battute, non era
stato capace di trattenere una risata soffocata.
E l'avevano sentito.
Ora non avrebbe riso più, di sicuro.
"Ho sentito qualcuno... soffocare" rispose Lucia pensoso "o forse stava
ridendo?"
Quell'ultima parola fu come un colpo di pistola.
Qualcosa si accese in Narvalo, i cui capelli avevano preso ad
ondeggiare in maniera preoccupante.
"Lucia, ci sono troppi spifferi qui, non trovi? I miei capelli
ondeggiano." La calma gelida con cui aveva pronunciato quelle parole
facevano presagire una tempesta di proporzioni apocalittiche.
Shoichi non ne sarebbe uscito vivo, di sicuro.
"Ehm, Narvaletto, stai calmo..." Ma quando Lucie tese le sue mani verso
di lui, una scossa elettrica gliele fulminò, sprigionando
nell'aria uno sgradevole odore di gomma bruciata.
Sono morto. Spanner,
perdonami se ti lascio solo, ma... non sopravviverò, lo
sento... ti prego, perdonami...
Shoichi avrebbe fatto la stessa fine dei guanti di Lucia,
di sicuro.
"Lucia... accendi la luce." Tuonò Narvalo imperioso, e Lucia
non poté far altro che obbedire, terrorizzato.
Di fronte all'ineluttabilità del suo destino, Shoichi
poté solo pregare in un miracolo di nome Spanner.
*
Spanner
aveva tutta l'intenzione di tornare a casa, fiondarsi nell'oscuro
laboratorio di Dexter e trovare Shoichi grazie al suo sagace rilevatore
di sagaci tracce di DNA, anch'esso estremamente sagace (era quello di
Shoichi dopotutto).
Ma si sa, troppa sagacia tende a causare alcuni... problemi.
Come per esempio, quello di perdersi per strada e fissare l'orizzonte
come alla ricerca dell'isola che non c'è - e proprio
stavolta,
posso assicurarvi che non c'era neppure l'ombra della più
blanda
isola pedonale - .
"Temo di essermi perso" concluse Spanner accorgendosi che l'orizzonte
non stava fornendo nessuna utile indicazione per imboccare la via
giusta "quindi adesso io dovrei prima ritrovare me stesso, e poi
Shoichi. Giusto?"
Ehi, a chi lo stai chiedendo? Io non posso mica risponderti!
Spanner scosse il capo. Era proprio un bel grattacapo.
"Forse anche io avrei dovuto mandare giù un po' di quel
leccalecca trasparente... però, poi come avrei fatto a
trovarmi?"
Quali dilemmi, signori. Quali misteri insondabili.
"Mh. E se aspettassi l'alba?"
Semplicemente geniale.
"Però... Shoichi potrebbe essere stato mandato nello spazio,
per
quel momento. Non posso rischiare, devo sbrigarmi a tornare a casa."
C'era da chiedersi dove pensava fosse Schoichi, se in mano a dei
rettiliani o rinchiuso nella capsula di un Sayan.
Scosse il capo e si prese il faccione fra le mani, per riassestare i
propri pensieri.
"Proverò a tornare da dove sono venuto" dichiarò
infine "di solito funziona, per ritrovare la strada di casa."
Certo. Per Hansel e Gretel, forse.
E mentre Spanner rimetteva i piedi esattamente dove li aveva poggiati
qualche minuto prima, le Pleiadi splendevano beffarde nel cielo.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 25 *** Qualcuno ***
c25
"Diffidare sempre del
caso."
Spanner era... un ragazzo sveglio. La sua indole da
scienziato/ingegnere/inventore/azzeccagarbugli e quant'altro lo aveva
sempre guidato verso la retta via, come un faro che avverte una
bagnarola solitaria della presenza degli scogli, impedendole il
naufragio.
Non si fidava, non poteva fidarsi delle coincidenze, del caso. Non era
decisamente nel suo stile.
Per lui, tutto aveva una spiegazione, niente succedeva senza motivo.
E il fatto che Shoichi si trovasse in brutte - pessime - mani e che lui
avesse smarrito la strada di casa erano due fenomeni strettamente
legati fra di loro.
Questo ovviamente secondo il quanto mai perspicace ragionamento
condotto dal nostro amico biondoso.
"Diffidare sempre del caso. Non devo lasciarmi ingannare."
Spanner aveva seguito il consiglio che si era dato da solo in una sera
d'estate mentre le Pleiadi lassù scommettevano sulla sua
infermità mentale, ed era tornato sui suoi passi. Ma aveva
incontrato un qualcosa che prima, poteva scommetterci il leccalecca,
non c'era mai stato.
Un cartello.
Il cartello, ameno come un fagiolo essiccato, recava due frecce.
Una diceva «Shoichi» e l'altra diceva
«casa».
Così, un cartello piantato nel bel mezzo della strada.
Succede, in Giappone,
aveva
pensato Pannocchio. Shoichi glielo aveva sempre detto che nella
nippo-terra ne succedevano di tutti i colori e i sapori, e lui ci aveva
creduto, come aveva creduto a tanti altri aneddoti divertenti usciti
dalla bocca dell'altrettanto divertente coinquilino.
Ma a questo... no, l'intelletto gli imponeva di non credere. Di non
fidarsi, addirittura.
Perché quel cartello... portava con sé una quanto
mai vistosa contraddizione di fondo.
"E' impossibile che Shoichi si trovi dall'altra parte di casa.
Perché per trovare Shoichi io devo per forza tornarci, a
casa.
Quindi questo cartello è truffaldino." Dedusse Spanner con
un
ragionamento impeccabile.
Che monello, questo cartello.
Spanner annuì a se stesso, convinto di quello che aveva
appena
affermato. Così imboccò senza indugi la via di
casa,
ignorando la freccia che indicava la possibile ubicazione di Shoichi.
Qualcuno sbuffò nell'ombra.
"Non ci posso credere... ha ignorato il mio cartello?!"
Qualcuno si alzò in piedi, massaggiandosi la schiena.
"Spanner, sei proprio un, un! UN!" Continuò a ripetere
«un» finché qualcuno da una finestra
gridò:
«Qui vogliamo dormire! Stai zitta, puttana!!» e
allegò a quel tenue vociare un secchio d'acqua di fonte
(fonte
inquinata), richiudendo la persiana con un tonfo sordo.
Qualcuno non gradì.
"M-ma insomma! Screanzati!" Strillò agitando il testone
dorato "Voi non sapete cosa sto tentando di fare!"
«Noi ce ne fottiamo di cosa vuoi fare tu, a noi interessa
cosa
dobbiamo fare NOI, e cioè D-O-R-M-I-R-E! Vai a prostituirti
da
un'altra parte, fogna!!!»
Qualcuno singhiozzò. Perché doveva essere
trattato così, questo qualcuno? Era ingiusto!
Qualcuno avrebbe potuto offendersi. Qualcuno doveva essere apprezzato
di più. Qualcuno stava facendo del suo meglio.
Sì, qualcuno. Ma chissà chi.
Spanner si voltò, convinto di aver sentito uno
gridò.
Ma poi ricordò di non avere tempo da perdere, scosse il capo
e
corse verso la direzione indicatagli dal cartello. Almeno a qualcosa
gli era servito, questo cartello.
Qualcuno era stato così gentile da metterglielo davanti.
Spanner ringraziò mentalmente qualcuno, senza
sapere a chi si stesse rivolgendo.
E qualcuno, nell'oscurità dilagante, si chiedeva
perché il mondo ce l'avesse con lui.
Ma si sa, il mondo ce l'ha sempre con qualcuno.
*
"Qualcuno qui ha riso. Questo
qualcuno adesso diventerà il mio zerbino personale, quindi
farebbe meglio a uscire fuori."
Narvalo emanava raggi γ che il carbonio 14 sarebbe evaporato in una
manciata di secondi se si fosse trovato lì nei paraggi.
Sarebbe stato divertente confrontare le sue radiazioni con il potere
fondente degli occhi di Spanner, e vedere chi sarebbe esploso prima.
Sono sicura che a qualcuno piacerebbe scoprirlo.
"Ehm, ehm... ovunque tu sia, per il bene di Narva-chan, ma soprattutto
per il mio, esci fuori!" Supplicò Lucia con voce rotta dal
terrore.
Cosa faccio? Cosa
faccio? Cosa faccio?!
Shoichi tremava, celato alla vista dei due loschi uomini,
e
stringeva nelle mani una santina di Spanner con dietro una preghiera
della buonanotte.
O meglio, avrebbe voluto. Ma nei suoi pugni vi era solo sudore, e al
sudore non puoi aggrapparti quando ti stanno per fare la pelle. Puoi
solo sperare che i tuoi nemici ci scivolino sopra, ma sfortunato come
sei ti sarebbero caduti addosso, magari dandoti inavvertitamente una
gomitata nei testicoli.
Questo era Irie Shoichi: un concentrato di sfiga, sudore e disperazione.
In quel momento più che mai.
"Ascoltami bene, Irie Shoichi, te lo dirò una volta
soltanto, quindi apri quelle orecchie del cazzo che ti ritrovi."
Come fa a sapere il mio
nome? In quale giro di maniaci del porno sono finito?!
Shoichi aveva paura che l'essere che lo stava pacatamente
minacciando fosse un fanatico dell'hentai, a cui magari aveva soffiato
una rivista indecente da sotto il naso in quella fumetteria in
periferia. E non gliela aveva ancora perdonata.
Certa gente sa essere davvero vendicativa, certe volte.
Ehi, aspetta un attimo, questo significa che... Shochi, pervertito!
Compri davvero riviste porno!? Sono sconvolta!
Ma no, non è vero. Shoichi non è materialmente
capace di
recarsi in una fumetteria e comprare una rivista indecente. Si
scioglierebbe prima di arrivare alla cassa.
"Se non esci fuori con le buone, ora... andrò di corsa a
squarciare il tuo amico Spanner con le mie stesse mani. E dopo
squarcerò te, ovviamente."
Ma era scontato questo.
Shoichi deglutì, mentre la sua vescica si preparava a
giocargli un tiro mancino. Mancinissimo.
Spanner!
La sua mente divenne una distesa innevata al cui centro
troneggiava la testa mozzata di Spanner, e una lacrima gli
solcò
le gote rosee. Non avrebbe permesso che quel povero ragazzo venisse
scotennato dal primo che passava.
E lentamente... uscì allo scoperto, strisciando
dignitosamente
verso Narvalo, che quando lo vide a stento si trattenne dal saltargli
addosso.
"S-sono qui... per favore, non fare del male a Spanner."
Altrimenti non saprei
proprio con chi dividere l'affitto.
"Eccolo qui, il nostro pulcino infreddolito e bagnato!"
Esclamò
Lucia sollevato correndogli incontro con le braccia spalancate.
"GYAAA!" Quasi si strozzò con la sua saliva quando lo vide
incedere verso di lui con passo effeminato, e fece una capriola
all'indietro, impaurito.
To', ho fatto la
capriola!
Shoichi, a un passo dalla morte, si complimentava con se
stesso per le sue prospere doti atletiche.
"Povero, come grida! E' proprio spaventato! Lo voglio! ~ Narvaletto,
posso toccargli il sederino? Daiiii ~"
"Non chiedermi queste cose, finocchio! Sei una feccia, chiudi quella
boccaccia e dissolviti!"
"M-ma! Io lo voglio, sigh! Non essere buzzurroso, Narva-chwan, Kyuuu ~"
"«Kyuuu»? Chi sei, un moe?"
"Sì, sono moe! Sho-icchi!" Cinguettò in estasi
"Ma lo sai che sei proprio un-bel-ragazzotto?"
"Prego?!"
"Yum! ♥ Ti andrebbe di fare le porcate con Lucia?
♥"
Shoichi osservava l'uomo che gli stava parlando, cercando di mettere a
fuoco correttamente l'immagine dello scandalo ambulante che gli si era
parato di fronte.
E improvvisamente... la sua urina reputò opportuno fare una
gita fuori porta.
"Oh, no!" Esclamò il frugolo mentre i pantaloni gli si
inzuppavano di pipì "Mi sono fatto addosso!" E gemette, al
colmo
dell'imbarazzo.
Perché è normale dire queste cose a degli
sconosciuti che vogliono la tua vita. Normalissimo.
D'obbligo, oserei.
"VOOOOOOOI!" Tuonò Narvalo "Lucia, piantala di molestare il
moccioso! Non abbiamo tempo da perdere, Zanzara sarà qui a
momenti!"
"Zanzara? Io ho paura delle zanzare!" Non appena sentì la
parola
«zanzara» Shoichi cominciò a rotolare a
destra e a
manca, tentando la fuga.
"Dove scappi, aborto di uomo?" E Narvalo, che amava le cose che si
muovono, gli corse dietro, come un micino.
"Voi due! Dobbiamo rendere presentabile Shoicchino, altrimenti Zanzy si
arrabbierà!" E Lucia, che era un maniaco, corse dietro ai
due
bei possenti omoni.
Shoichi tremava, crossando sul pavimento. E sperava che qualcuno lo
salvasse dalla sua miserabile condizione.
Il suo desiderio si sarebbe esaudito? Qualcuno sarebbe arrivato? Lo
scopriremo nel prossimo episodio! Kyu ♥
|
Ritorna all'indice
Capitolo 26 *** Coinquilini, molestie e genialità assortite ***
c26
"N-non fatemi del
male! Vi dirò tutto, lo giuro, ma non fatemi del male!"
Dopo lunghe peripezie per il magazzino, Narvalo era riuscito ad
afferrare Shoichi per i capelli e gli aveva puntato uno dei suoi
fermargli per capelli alla gola, in mancanza di più
credibili
strumenti di tortura.
"VOOOOOI! Cosa dovresti dirci, moccioso?"
"Narvy! Non capisci? Vuole rivelarci di essere vergine! Vero,
Sho-icchi? ~"
Era vero?
"S-sì, esatto! Sono vergine, per cui, per cui... lasciatemi
andare!!" Piagnucolò con la faccia annerita dalla polvere e
dallo sporco del luogo. Era pronto a tutto pur di andarsene, anche a
dire cose inutili solo per compiacere i suoi carcerieri.
"Lo sapevo! ~ Cucciolo, ti va di perdere la verginità con
me?
Sono bravo, sai? Narva-chan è testimone..." E si
voltò
verso il compagno, ammiccando "Vero, honey?"
"Honey? Ma vai a cagare"
Maledizione, era tardi! Zanzara sarebbe potuto venire da un momento
all'altro, trovando niente più che un moccioso pisciatosi
addosso. La loro vita era in mano al buon (?) senso di Lucia, l'unico
che avrebbe potuto prestare al ragazzo un paio di pantaloni della sua
misura per renderlo presentabile.
Ma Lucia non voleva collaborare, preferendo a tale attività
la molestia sessuale.
Erano decisamente nella
merda.
"S-sento freddo, ho i pantaloni bagnati, sono senza occhiali e non c'è Spanner con
me
quindi per favore lasciatemi andare! Cosa vi ho fatto?!" E
cominciò ad agitare le gambine, come un bimbo a cui stanno
per
cambiare il pannolino.
Quando Lucia vide la chiazza bagnata in mezzo ai pantaloni di quel
frugoletto che si agitava scioccamente, emise un gemito di piacere.
"Narvaletto, guardalo? Non è... a~do~ra~bi~le? Cielo, il mio
pene vuole violarlo!" E mosse il bacino verso Shoichi, spingendo
l'aria, provocando in Narvalo un conato di vomito notevole.
Che, sommato al fatto che erano nei guai fino al collo, lo portava a
voler porre fine alla vita di tutti i presenti.
Lui compreso.
Ma si chiese da chi avrebbe dovuto cominciare il massacro.
Il moccioso che si
è pisciato
addosso o questo pervertito di merda? Oppure comincio da me e lascio
che sia Zanzara a scuoiarli vivi?
E mentre ci pensava, Lucia era già saltato
addosso a Shoichi, mirando al suo piccolo e imbarazzato membro.
"C-cosa fai? No, non toccarlo!"
Non toccarlo,
è piccolo! Poi mi prenderai in giro, anziché
volermi violentare!
"Perché no? E' così grazioso, e tu
sei così... puro!"
Puro? La sua mente era già stata violata tanto tempo fa.
Spanner poteva vantare anche questo, fra i suoi innumerevoli primati.
"Non voglio! Voglio farlo con la persona che amo!" Protestò
serrando le cosce più che potè, rotolando di lato
per
sfuggire a quei tentacoli lussuriosi.
"Siamo tutti fratelli, dobbiamo amarci a vicenda, tutti quanti! Quindi
amami, piccolo Shoichi, amami e concedimi il tuo casto culetto rosa!"
Lucia aveva uno strano concetto della fratellanza. Per lui chiunque
potesse essere violentato era come un fratello.
Commovente, vero?
Infatti Shoichi si mise a piangere.
"Spanner, dove sei? Aiutami, ho paura! Perdonami se ti ho lasciato
solo, perdonami!" Calde lacrime cominciarono a scendere dai suoi occhi
cecati, e per la prima volta Lucia arrestò la sua folle
corsa.
Si fermò, indietreggiando.
"Questo Spanner... è davvero così importante per
te?"
"Certo che lo è! Lui è il mio migliore amico, lui
è il mio... coinquilino."
Eh, un coinquilino. Un supereroe, praticamente.
"Il tuo... coinquilino?"
"E-esatto!"
Silenzio.
Lucia scosse il capo, rassegnato.
"Va bene" disse aggiustandosi gli occhiali da sole che portava sul naso
"non mi prenderò la tua verginità ~"
Shoichi tirò un sospiro di sollievo.
Allora anche i cattivi avevano un cuore, dopotutto!
"Grazie infinite! Grazie davvero! E ora, ehm... potreste lasciarmi
andare?"
Ma quante pretese, Shoichi! Già sei scampato a una violenza,
ora vuoi pure andartene?
"Pensi che questo Spanneruccio verrà a salvarti?" Chiese
invece Lucia, ignorando la domanda.
E Shoichi, la cui furbizia faceva invidia a una sedia, rispose con
accoramento.
"Certo che verrà! Lui è... il mio coinquilino,
dopotutto."
E si sa, i coinquilini sono come fratelli. Nel momento in cui decidi di
dividere l'affitto con un altro essere umano, hai automaticamente
aggiunto un posto a tavola per il cenone di Natale in famiglia.
Lucia sorrise, felice.
"Benissimo! ~ Aspetterò che Spanner-chan venga a prenderti e
consumeremo uno splendido rapporto a tre! Niente di meglio!"
Shoichi era un fottutissimo genio.
Veramente... le potenze mondiali se lo sarebbero conteso fino alla
morte, se ne fossero venute a conoscenza.
Per questo si comportava da cretino, per celare il suo fine intelletto.
E ovviamente, Spanner gli dava una mano. Perché la
corraborazione è indispensabile... fra coinquilini.
Proprio in quel momento, Narvalo finì di pensare.
Aveva preso una decisione. Sofferta, ma l'aveva presa.
Cominciò pertanto a togliersi i pantaloni di pelle di daino
svedese comprati a Instambul per l'anniversario della fondazione del
gruppo degli Avariati - ricorrenza del cazzo, secondo lui, buona solo a
ubriacarsi di Vodka di pessima qualità - , attirando
l'attenzione del pene di Lucia.
"Narvy! Oh, amore! Sei geloso e vuoi possedermi prima che lo facciano
loro? Kyuuu ♥"
"VOOOOOOOOI! Vorrei spaccarti la faccia, altro che possederti!"
Calò definitivamente le brache e le porse al malcapitato
Shoichi
"P...prendi questi e indossali, moccioso di merda!"
Shoichi li osservò, senza capire.
"Ehm... non ci vedo, cosa sono?" Chiese imbarazzato.
"PANTALONI!" Imprecò quello lanciandoglieli addosso "Ora
mettiti
questi cazzo di pantaloni e renditi presentabile entro 30 secondi,
altrimenti procederò a disintegrarti!"
"S-s-sissignore!" Scattò lui, alzandosi.
Ma ricadde al suolo, incapace di mantenere l'equilibrio.
I salami non sono fatti per stare in piedi, del resto.
"Pezzo di idiota! Lucia, dagli una mano tu!" E indicò il
compagno di fronte a lui, avvolto da una spessa coltre di cuori rosa
"Pezzo di cazzo, mi senti? VOOOOOOOOOI!"
"Kyuuu ♥ Na-r-vy! Non gridare con quel vocione, mi
impaurisci!"
"Me ne fotto! Dagli una mano a cambiarsi, io mi volterò per
non
assistere al nauseante spettacolo! E vedete di fare in fretta, stronzi!"
"Vaaa bene ♥ Shoicchino, vieni da papà Lucia..."
E tese
le braccia in direzione di quel frugoletto tutto pipì e
lacrime.
"M-mi basta che sciogliate le corde, il resto l-lo faccio da me!"
Balbettò tremante, temendo per il suo didietro.
"Oh, no! Non preoccuparti, non farò niente!" Disse, mentre
si leccava le labbra e agitava il bacino verso di lui.
Ma non c'è mica bisogno di pensar male per questi motivi.
*
Grazie al provvidenziale
cartello messo in bella mostra per Spanner da qualcuno, il biondo
ingegnere era finalmente riuscito a imboccare la strada giusta.
Esultò, quando vide la sua casetta in lontananza.
"Mh, non mi ricordavo fosse così... quadrata."
Mormorò
accelerando il passo. Presto avrebbe scoperto dove si trovava Shoichi,
non c'era un secondo da perdere!
Ignorando il fatto che il suo appartamento gli sembrasse più
cubico del solito - forse, magari, perché non usciva mai di
casa? - si immise nel vialetto e arrivò alla porta di casa.
Pose la sua mano sulla maniglia, e l'aprì.
O almeno... l'intenzione era quella.
Ma la porta non si aprì. Beh, ovvio, era chiusa a chiave.
Il problema era... dov'erano le chiavi?
Frugò nelle sue tasche, ma non le trovò. Non
aveva perso
quella brutta abitudine di dimenticare le chiavi di casa dentro casa
stessa, ogni tanto.
Per di più, stavolta non c'era proprio nessuno che potesse
ricordarglielo, perché Shoichi era disperso in azione.
Sospirò.
"Devo averle lasciate dentro... sono uno stupido."
Spanner si grattò la testa, sentendosi colpevole.
Cosa avrebbe potuto fare? Un sacco di cose, a dire il vero.
Ma poiché il suo concetto di ingegnere non andava oltre le
invenzioni inutili, non era capace di fare quello che per un piede di
porco era un gioco da ragazzi.
Si chiese come dovesse agire.
"Potrei farmi aiutare da Shoichi... ah, ma Shoichi è morto,
già."
Ma non darlo per spacciato, maledizione!
"Potrei rimpicciolirmi e passare da sotto la porta. Quindi mi
servirebbe un rimpicciolitore di ingegneri, solo che per costruirlo mi
servirebbe il laboratorio..."
Perché proprio di ingegneri? Non discriminiamo il genere
umano!
Oh, è vero. A Spanner non importa del genere umano,
finché lui e Shoichi sono entrambi ingegneri.
"E se passassi dal camino?"
Ehi, questa sì che è una buona idea!
"Ah, ma... noi non abbiamo un camino. Abbiamo solo la stufa elettrica.
Mi introduco nel cavo della corrente? Ma per farlo dovrei inventare un
aggeggio che mi consenta di trasformarmi in un fascio di elettroni, e
per farlo..."
Non me lo dire! Hai bisogno del laboratorio!
"...Ah, che cosa assurda. Come se potessi costruire una cosa del
genere."
E il rimpicciolitore di ingegneri sì?!
Spanner scosse il capo, triste. Le sue idee geniali venivano liquidate
pochi secondi dopo, e quel che era peggio...
Era uscito di casa senza leccalecca.
La carenza di zuccheri stava cominciando a farsi sentire...
"Non riesco a ragionare come vorrei... cosa posso fare?" Sembrava sul
punto di dissolversi nel vento.
«Ah, non ricordavo fossi così citrullo,
Spanner!»
Una voce femminile lo fece trasalire. Il ragazzo si voltò di
scatto, e vide davanti ai suoi occhi una figura femminile.
"Ma tu... ma tu sei... aspetta, ci conosciamo?" Chiese perplesso, non
riconoscendo il volto della donna.
"Per forza, stupido! Ho il cappuccio sul volto!" La donna se lo tolse,
spazientita.
Spanner sgranò gli occhi.
"Questo volto..."
"Questo volto?" Chiese speranziosa.
"... Non mi dice nulla." Concluse grattandosi la fronte.
"Ma come!? Maledizione, sono Brandenbeltafrond, tua zia!"
Silenzio.
Poi, il lampo di genio.
"Ah, zia Spanny!" Esclamò, contento "Che ci fai qui? Pensavo
fossi morta!"
Anche lei? Ma non è possibile!
"Non è Spanny, è Brandenbeltafrond!"
Sbottò lei agitando un dito "Perché non hai
ancora imparato il nome della tua zietta, Spanner? Mi deludi
profondamente!"
"Zia" disse lui ignorandola beatamente "puoi aiutarmi ad aprire questa porta?"
"Ovvio che pos--- ehi, aspetta un secondo! Non hai risposto alla mia
domanda! Nipote fedifrago!"
Spanny gridò, invano.
Adesso che una misteriosa zia era giunta dal nulla profondo, qualcosa
sarebbe cambiato? Riusciranno i nostri eroi a salvare Shoichi dalla sua
fine certa? Lo sapremo nel prossimo episodio!
Note dell'autrice: bene,
anche questo andato. Manca poco alla fine! (della saga, non della
storia xD) Spero che il capitolo vi sia piaciuto, mi sono impegnata
molto per scriverlo :)
Grazie come sempre a tutti (Eiko, Hiromi, Nagipon, Steffa) e a tutti
gli altri (vi citerei, se sapessi chi foste :P) che leggono!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 27 *** Anima rossa ***
c27
Spanner era uno dei
migliori
ingegneri sulla faccia della terra, e aveva una moltitudine
impressionante di parenti dispersi sulla faccia della terra.
Ma quelli che gli erano più legati erano senza dubbio quelli
dell'America, la sua terra natale. Spannera, per esempio, era una di
questi.
Ma Spannera, come già accennato in precedenza, e come la
logica
ci porta a pensare, aveva una madre. Questa madre era la zia Spanny, la
donna che in questo momento stava disperatamente tentando di scassinare
la serratura della porta della casa di Spanner servendosi solo del suo
fascino e di una foglia di lattuga.
"Mio caro nipote..." Cominciò picchettando sulla maniglia
"Questa porta è blindata, per caso?"
Spanner sospirò.
"Zia, non puoi aprire questa porta utilizzando un ortaggio. L'abbiamo
costruita io e Shoichi, dopotutto."
Ma certo, che domande. Volete forse che una porta costruita da una gran
coppia di amiconi come loro possa venire violata da una foglia verde?
Non scherziamo, per favore.
Con chi credete di avere a che fare?!
"Maledizione" sibilò lei dandole un pugno "la situazione sta
precipitando. Se neppure io riesco ad aprirla..."
Sì, la situazione stava davvero precipitando.
Spanner sentì la gravità terrestre gravargli
addosso con l'imminenza di una condanna a morte.
Sentì che Shoichi stava correndo un enorme pericolo, e lui
non poteva fare nulla per aiutarlo.
Sentì che il suo sangue stava subendo un pericoloso calo di
zuccheri.
E il suo pensiero volò ai leccalecca nascosti nella vecchia
cassetta degli attrezzi.
"Zia, posso sapere come mai sei venuta in Giappone?" Chiese, per
distrarsi da tutti quegli allarmanti pensieri.
La zia Spanny si pietrificò. Era stato tirato fuori un
discorso molto, molto delicato.
"Perché, mi chiedi?" Rispose voltandosi lentamente.
"Sì" insistette lui. Il suo cervello stava lentamente
cominciando a liquefarsi, lo sentiva.
"Beh... la questione è molto semplice."
La donna mollò la lattuga e il suo charme, pose le sue mani
sui
fianchi, si schiarì la voce e cominciò a parlare.
"Jess mi ha raccontato tutto."
Silenzio.
"Ho capito, va bene."
"Non ho finito!" Gridò scuotendo il capo "Mi aspettavo
almeno un po' di collaborazione da parte tua, Spanner!"
Silenzio.
"Temo di non capire." Disse infine, con voce inespressiva.
"Santo cielo, certo che voi uomini siete proprio ottusi!"
«Voi uomini»? Oh, no.
Spanner è un caso a parte. E Shoichi pure.
Tutti gli altri uomini sono semplici molluschi, non si può
parlare di ottusità.
L'ottusità è il genio oltre i 90°,
è un dono,
un prodigio. E' un insulto affermare che tutti gli uomini siano ottusi.
"Mh." Fece lui, chiaramente interessato alla discussione.
Spanny gemette, frustrata. Evidentemente non sapeva proprio come fosse,
vivere a contatto con Spanner.
Almeno in questo Shoichi era sicuramente un pro, pace all'anima sua.
"Vabbè, lasciamo perdere..." Gli pose una mano sulla spalla,
scuotendo la testa "Spanner, rispondimi sinceramente: sei gay?"
"Sì."
Silenzio.
"Davvero?"
"No."
Silenzio.
La zia sospirò, allontanandosi da Spanner. Era evidente che
fosse in un momento molto delicato della sua vita e che le sue tendenze
sessuali non fossero ben definite.
Evidente e naturale, aggiunse.
In realtà, Spanner aveva semplicemente spento il cervello e
inserito il pilota automatico, causa la mancanza di zuccheri nel
serbatoio. Avrebbe risposto a ogni domanda prima con un
«sì» e poi con un
«no», a prescindere da
cosa chiedessero.
"E... pensi di..." Tossì "... fare sul serio, con questo
«Shoichi»?"
"Sì."
"Ma lo ami?"
"No."
Spanny spalancò gli occhi, non potendo credere a
ciò che aveva sentito.
Dunque... suo nipote voleva solo divertirsi? E l'amore? No, era
inammissibile!
"Spanner... tu ti fidi dei miei consigli, vero?"
"Sì."
"E sai che la zietta pensa sempre prima al tuo bene, vero?"
"No."
"No? Bene, ora lo sai. Spanner!"
"Sì."
"Promettimi che farai sul serio solo con la persona amata! Promettimelo
in quanto nipote!"
"No."
"Spanner! Mi stai disobbedendo?"
"Sì."
Silenzio. Spanny era sconvolta.
Non ricordava di aver lasciato suo nipote così... il suo
Spanner
era sempre stato un ragazzino vivace (?), scrupoloso e ubbidiente, e
ora invece...
"E' colpa di questo Shoichi, vero? E' lui che ti ha ridotto
così!"
"No."
"Lo stai coprendo, vero?"
"Sì."
"Ecco, lo sapevo! Spanner, tu tornerai con me in America! Giuro sulla
mia collezione di chicchi di riso che ti riporterò indietro!"
"No."
Silenzio.
Spanny si costrinse a mantenere la calma. Suo nipote era... sicuramente
confuso. Sì, lo era. Non poteva fargliene una colpa, lei era
grande e queste cose le capiva. Le perdonava. Le correggeva, con amore
e pazienza.
Non poteva prendersela con il suo adorato Spanner. Lui non aveva fatto
niente. Il problema era quel ragazzo, Shoichi. Era sua la colpa, sua e
di nessun altro.
"Va bene, facciamo così: accantoniamo questo discorso per un
po'
e dedichiamoci alla ricerca del tuo amico Shoichi, va bene?"
"Sì" disse lui, la cui attenzione era stata un poco attirata
dalle ultime parole "va bene. Cerchiamo Shoichi."
Ah, l'amore. Tinge di rosso fragola ogni cosa, e ridona la vita a chi
l'ha perduta.
"E cerchiamo Shoichi..." Mormorò lei a denti stretti.
Però, rifletté poi, trovarlo non sarebbe stato
così male, no? Almeno gliel'avrebbe fatta pagare per i danni
morali causati al povero nipote ipocondriaco.
Era un vero peccato che non spuntasse mai nessun parente di Shoichi -
non per forza stretto, anche un tredicesimo grado sarebbe andato bene -
a rivendicare la sanità mentale del frugolo. Che poi, ce
n'era
veramente tanta da
rivendicare.
Ma proprio tanta.
Fu in quel momento che Spanny estrasse dalla tesca un telefono
cellulare rosa.
Con movimenti esperti, digitò una serie di numeri che
corrispondevano a un ben noto covo di manigoldi - di cui non vi svelo
il nome perché sono sicura che non ne avete la
più
pallida e state annaspando come marmotte per scoprire di chi sto
parlando - e attese in linea che qualcuno rispondesse.
«Risponde la segreteria telefonica del numero:
feccia-muori-crepa-stronzo-cazzo-rifiuto-merda-sparati-vivagliavariati;
Dopo il segnale acustico, può lasciare il suo messaggio:
sono
occupato, feccia. Lasciami un messaggio e ti faccio saltare le
palle.»
"Zanzara, sono Brand. Il ragazzo è ancora con voi?"
«Ah, sei tu... che cosa vuoi ancora?»
"Sto venendo a prenderlo, non torcetegli un capello! Lo voglio vivo, al
mio arrivo!"
«Vivo? Non posso assicurarti niente, puttana. Tu fai in
fretta, e forse gli avrò solo carbonizzato
una gamba.»
"Zia, con chi stai parlando?"
"Niente caro, niente, non preoccuparti --- PUTTANA A ME?! Ma come osi,
brutto..."
«Bla, bla, bla. Quanto parli, donna? Mi hai rotto,
fottiti.»
La comunicazione si interruppe di colpo, lasciando zia Spanny
visibilmente scossa.
Spanner, ovviamente, non aveva capito niente. E la ossservava, un poco
confuso, senza realmente desiderare di sapere.
L'unica cosa che gli premeva era ritrovare Shoichi, il resto poteva
anche passare in secondo piano.
C'era da domandarsi in che rapporti stessero Brand(on) e il gruppo
degli Avariati.
C'era da domandarsi, appunto. Mica da rispondersi.
Sennò dove sta il bello?
"Spanner, andiamo a prendere Shoichi."
Come faceva sua zia a sapere dove fosse? Boh.
A quanto pare, erano solo dettagli.
"Mh, andiamo." Rispose lui annuendo.
Aveva un solo rimpianto, mentre si allontanavano da casa. Di non avere
il bocca il suo leccalecca alla fragola.
*
"Narva-chan, non pensi che gli
vengano un po'... larghetti?"
"Chiudi la bocca, Lucia. Per il bene di entrambi, chiudi la bocca."
Chiunque avesse visto Shoichi in quel momento, non avrebbe esitato
neppure per un istante a pensare che fosse il cosplay di Capiran
Harlock solo uscito molto
male. Lui stesso, del resto, si sentiva molto
«sperduto nella galassia», totalmente incapace di
prevedere
quale piega avrebbero preso gli eventi.
Non che non ci avesse provato. Era da quando l'avevano legato come un
salame che si chiedeva quale fine avrebbe fatto.
E puntualmente, le sue previsioni venivano smentite dall'entrata in
scena di qualche personaggio dalla dubbia moralità.
Per esempio, proprio quando credeva di esser sfuggito al lercioso uomo
rotondo che gli faceva la guardia con un grosso manico di scopa in
mano, un uomo dai lunghi capelli bianchi era apparso a dargli la caccia
senza pietà.
E proprio quando credeva che il suddetto uomo lo avrebbe ridotto in
poltiglia e sparso i suoi resti ai mastini del porto, un... uomo palesemente
omosessuale gli era saltato addosso con movenze sinuose e provocanti.
E proprio quando stava per dire addio alla sua verginità
consumata ogni notte dietro una donna inesistente con le tette giganti,
l'uomo innevato che credeva volesse farne briciole si era tolto i
pantaloni, porgendoglieli con un moto stizzito quanto imbarazzato.
E proprio quando
credeva che un'orgia fosse vicina, i due uomini si erano messi a
discutere animatamente dimenticandosi di lui.
"Lucia, feccia! Che cosa hai appena detto?!" Urlò lui
afferandolo per il colletto della camicia e fissandolo con occhi di
bragia.
"N-niente!" Gridò impaurito "Non ho detto niente,
Narva-chan!"
"Bugiardo!" Un rosso porpora colorava le guance del povero Narvalo
mentre stringeva le dita al colletto "Tu mi hai... tu mi hai sentito!"
Il tono con cui aveva appena pronunciato quelle parole aveva un
qualcosa di assolutamente mortificato, che ti faceva venir voglia di
tapparti le orecchie per non sentire.
"M-ma è stato solo un momento! E poi non l'ho detto a
nessuno, giuro!"
"Sarà... sarà meglio per te!" Lasciò
la presa con
un moto di stizza e si voltò verso Shoichi, fissandolo con
odio.
"Ehi, piratucolo. Spero per te che la tua piscia sia evaporata,
altrimenti sarò costretto a tagliarti il pene. E tu non vuoi
che
succeda, vero?"
Shoichi rimase interdetto.
Non è che il pene gli servisse poi a molte cose. Urinare,
forse. E magari a masturbarsi, quando ne aveva il coraggio.
Per il resto non era che un peso inutile, e se in cambio della
liberazione avesse dovuto cederlo a terzi, beh... poteva anche farci un
pensierino.
Dopotutto è importante calcolare sempre pro e contro di ogni
situazione.
Stava per mormorare un debole «fate pure», quando
un'immagine gli apparse nella mente.
Spanner.
E si disse che sì, il pene gli sarebbe potuto ancora servire
a qualcosa.
Quindi strinse le gambe per proteggere il suo piccolo membro umidiccio
dalle intenzioni malvagie di quel buzzurro in bermuda.
Scosse il testone rosso. Non voleva che gli venisse asportata la
virilità.
Già quella psicologica se l'era fumata stando dietro a
Spanner.
Se poi gli toglievano pure quell'ultimo brandello di mascolina
dignità...
Narvalo annuì, compiaciuto.
E si rivoltò verso Lucia, fulminandolo.
"La prossima che tiri fuori ancora questa storia... giuro che ti
ammazzo. Ti
ammazzo."
Lucia deglutì. Non gli piaceva molto il modo in cui aveva
rimarcato quelle due parole.
"V-va bene, Narva-chan... ora però facciamo la pace, va
bene?"
Gli tese una manina, tremante.
Lui la guardò, con disprezzo.
"Vuoi che te la amputi?"
La ritirò in una frazione di secondo.
"K-kyuu ~" Mormorò, triste.
Per poter risalire alle origini di questo improvviso e strambo
dibattito, bisogna tornare a qualche giorno prima, quando Narvalo stava
guardando la televisione di soggiorno, approfittando del fatto che
Zanzara si stesse facendo il bagno nel catino...
«Kaze wo kiru
tsubame no you ni, isshun de mezasu aoi umi e... ikeru nara!
YEA!»
Lucia era stato attirato da un canto rauco, e si era avvicinato alla
sua origine. Per tutta risposta, aveva trovato Narvalo mentre teneva in
mano una spada giocattolo, agitandola con convinzione, cantando
«Anima Rossa» a squarciagola. In tivù,
Ichigo e la
sua combriccola si facevano a pezzi fra di loro mentre Aizen, o
più semplicemente Shoichi senza occhiali, se la ridava
sfregandosi le manine.
Fra la folla di idioti, Lucia credette di scorgere qualcosa, o
qualcuno, che assomigliava molto a Narva. Ma fu un istante,
perché la sigla aveva già cambiato soggetto.
Sbattè le palpebre, incredulo per ciò che aveva
appena visto.
Ovviamente, si disse, non avrebbe dovuto per nessun motivo al mondo
disturbare Narvaletto mentre si divertiva così tanto a
imitare
quei personaggi dallo straordinario spessore psicologico. Non sarebbe
stato corretto.
Mosse un piedino per tornare sui suoi passi, quando...
"Ichigo, stronzo! Proteggi Rukia, non vedi che è in
pericolo?!
Feccia! Non temere Rukia-chin, sto per correre a salvarti! Altro che
fragole!"
Narvalo si era lanciato contro il televisore, brandendo la sua spada
giocattolo, e gli aveva dato un colpo così forte da
spaccarlo in
due.
A tale tonfo, era seguito il silenzio.
E dopo il silenzio, la necessità di disfarsi delle macerie.
Dopo essersi guardato intorno per accertarsi che nessuno avesse
sentito, aveva preso le due metà della tivù e se
le era
messe sotto l'ascella, portandole via da qualche parte.
Consapevole di aver assistito a qualcosa che non avrebbe mai dovuto
vedere, Lucia deglutì e corse via, cercando di rimuovere
quell'immagine dalla mente. Ma, sfortunatamente, non ci
riuscì.
E quando Narvalo, prima, si era messo a gridare
«VOOOOI»
con tono rauco, non era riuscito a trattenersi dal dirgli che se
continuava così non avrebbe più potuto cantare le
opening
dei suoi anime preferiti. E neppure salvare Rukia dalle grinfie di
qualcuno (praticamente tutti i tizi dell'anime).
Ed era finita come era finita, malauguratamente.
Dopo aver applicato una svolta ai pantaloni alla bell'e
meglio,
Shoichi si era alzato in piedi tenendo ancora fra le mani la corda con
cui era stato legato. La mancanza degli occhiali stava diventando
insopportabile.
"Sono... sono pronto" mormorò terrorizzato "dove dobbiamo
andare?"
"VOOOOOOOOI!"
"A-aì!?"
"Da nessuna parte, pisciasotto. Aspettiamo il boss e basta."
"Ah, ehm. Va bene."
Silenzio.
"Ehm..."
"Che cazzo vuoi?!"
"NIENTE!" Scattò Shoichi scuotendo le mani, impaurito
"Davvero, niente!"
E così, sprofondati nel silenzio, Narvalo, Lucia e Shoichi
rimasero fermi nel buio del magazzino, aspettando Zanzara.
Spanner... vieni presto,
per
favore... prometto che non cercherò più di
nasconderti i
tuoi fiocchi d'avena, la mattina! Lo giuro! Per cui... ti supplico,
vieni a salvarmi!
Sarebbe arrivata, la nostra pannocchia geneticamente
modificata? In attesa di risposta... ascoltiamo Anima
Rossa.
«Kaze o kiru
tsubame no you ni, isshun de mezasu aoi umi e... ikeru nara!»
Note
dell'autrice: sento che questo capitolo vi farà schifo T_T
mi scuso per la mia incapacità, perdonatemi T_T
Grazie sempre a tutti quelli che leggono e seguono, eh :)
PS: avete afferrato la citazione? xD
PPS: causa il momento depressione in cui verso da qualche ora a questa
parte, non assicuro il rilascio perpetuo T_T scusate ma, ehm; purtroppo
la scarsa fiducia in me stessa gioca brutti scherzetti... *coff*
PPPS: Steffa... io ti aspetto, eh xD *minaccia con un sorriso*
|
Ritorna all'indice
Capitolo 28 *** Ricongiungimento ***
c28
"Bene. Ripeti con me,
moccioso. «VOOOOOOOI!»"
"Aehm... v-vooooi!"
Narvalo scosse il capo, spazientito.
"Non ci siamo! Devi essere più... più convinto!
Più violento! Forza, ripeti ancora,
«VOOOOOI»!"
"E'... è proprio necessario?"
Shoichi si stava chiedendo, dal profondo del suo cuore, quale assurda
combinazione di circostanze lo avesse portato a quella situazione.
Ci stava pensando da un po'. Se non avesse tentato di comprare
quell'eroge, se
Spanner non avesse installato quel gioco, se - deglutì al
pensiero - quel fattorino non fosse precipitato nella botola... forse
avrebbe scampato tutto questo.
"Certo che lo è, sterco! Come vorresti presentarti al capo,
sennò? AH?!"
Lo sguardo che gli rivolse Narvalo possedeva una carica omicida
notevole, pensò.
Curioso come riuscisse finalmente a riflettere sulla sua condizione con
così tanta lucidità e distacco. Si dice che tutti
coloro
che sono prossimi alla morte ci riescano, in fondo.
Ormai non rimpiangeva più la mancanza di occhiali, anzi, era
quasi contento di vedere tutto sfuocato. La realtà era
troppo
assurda, non voleva sprecare gradi per osservarla più di
quanto
non stesse già facendo.
Shoichi sospirò, stanco. Davvero, aveva completamente perso
le
forze. Fasciato in pantaloni che non erano suoi e puzzavano di topo
morto, con le mutande umide per l'urina, i capelli impolverati a causa
del rotolamento, e... Lucia che continuava a emettere gridolini
impazienti, alle sue spalle, battendo le mani entusiasta, la cosa
migliore che avrebbe potuto fare era smettere di pensare e
semplicemente attendere la sua fine. Qualunque essa fosse stata.
E per la prima volta pensò che, in confronto, la vita con
Spanner era la più pura delle gioie. E promise a se stesso
che
non se ne sarebbe lamentato mai più, se mai fosse riuscito a
scamparla.
"Ehm... v...VOI!"
"Troppo breve! Prolungalo! Sentilo in gola!"
Sentilo in gola?!
"Ci provo, ci provo! VOOI!"
"NO! Di più cazzo, di più!"
"Dateci dentro, ragazzi miei! Spingi Shoichi, spingi! Sentilo in gola,
divoralo! Assaporalo!"
Era quanto mai evidente che Lucia stesse parlando di tutt'altra cosa.
"Lucia, testa di cazzo, non ti intromettere! Questo è il mio
addestramento!"
"Nyuu, antipatico!" E gli uscì la lingua per mostrare tutta
la sua disapprovazione.
Il che dovette probabilmente apparire terribilmente divertente agli
occhi cecati di Shoichi, che emise una piccola risata sommessa,
pentendosi immediatamente di essersela fatta scappare.
"Tu, piccolo stronzo! Lo trovi così divertente?"
"Ehm, io? Neanche un po', giuro!"
"Davvero? Allora ripeti con me:
«VOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOI!»"
"N-non è un po' troppo lungo?" Chiese lui grattandosi la
testa, incerto.
"Più è lungo meglio è! Coraggio,
ripetilo!"
Shoichi si schiarì la voce con un colpo di tosse. Dopotutto,
che
importava? Avrebbe continuato a dare del voi all'aria sparsa
nell'atmosfera perché così voleva il suo
aguzzino. E nel
frattempo avrebbe atteso la venuta di un uomo che a detta loro era
ancora più spaventoso e malvagio di Narvalo e Lucia.
Perfetto, semplicemente perfetto.
Si chiese per cosa avesse studiato la fisica quantistica e la curvatura
della materia per tutti questi anni, se in una situazione del genere si
rivelavano semplicemente inutili.
Magari avrebbe potuto chiedere aiuto a un protone, si disse. Magari si
sarebbe commosso e l'avrebbe aiutato.
Ma anche no.
"Ti stai divertendo, rifiuto umano?"
Una voce interruppe i suoi pensieri, e fulminò con molta
probabilità le altre due menti brillanti che si trovavano
insieme a lui.
Si voltò, molto lentamente, seguito a pochissima distanza da
Narva-chan e Lucia.
"Boss!" Esclamò quest'ultimo "Finalmente sei arrivato, ti
aspettavamo con ansia!" Cinse le spalle di Shoichi e lo
indicò
con l'altro dito, fiero "Guarda, l'abbiamo ritrovato! Non è
adorabile? ~"
"E questo lattante chi sarebbe?" Chiese Zanzara grattandosi un
orecchio, per niente interessato. Incedette verso di loro con passo
lento, ma qualcosa che teneva nell'altra mano fece gelare loro il
sangue nelle vene.
Beretta. Salumi Beretta.
Cioè, pistola Beretta.
"E quella pistola, Zanzara?" Chiese Narvalo, sudando leggermente.
Sentiva che la domanda era retorica, ma volle accertarsi comunque delle
intenzioni del suo boss.
"Oh, questa? Solo un piacevole passatempo." Rispose lui, con un leggero
sbadiglio.
E intanto, fissava Irie Shoichi con un sopracciglio leggermente
inarcato. E non riusciva a ricordare cosa ci facesse un ragazzino nel
loro covo.
Shoichi, dal canto suo, aveva perduto quella patina di uomo vissuto che
si era faticosamente costruito per preservare se stesso dalla
situazione demenziale in cui era andato a finire, e stava
progressivamente aumentando le micro-oscillazioni del suo corpo,
producendo un piccolo sisma molto simpatico e tenero.
Aldilà del fatto che reputare un terremoto tenero era un
eufemismo, qualunque cosa provenisse dalla sua persona emanava
necessariamente una carica pucci. Necessariamente.
Mentre era indeciso fra la possibilità di salutare
quell'uomo
spaventoso o trovare sollievo nel venir meno, Zanzara si mosse nella
sua direzione, finché non si portò a pochissima
distanza
dal suo viso.
Grugnì, cercando di ricordare chi fosse.
"Sei" inarcò entrambi i sopraccigli "la nuova cameriera?"
Silenzio.
Lo era? Non lo era? Lui di certo non lo sapeva.
"Pezzo di cazzo! Il moccioso è Irie Shoichi, l'abbiamo
trovato!
Non sei forse venuto per lui?!" Berciò Narvalo diffondendo
un
po' di sputo qua e là. Malauguratamente, qualche goccia di
esso
colpì il mantellaccio di ecopelle di Zanzara, evaporando
instantaneamente.
"Feccia, mi hai bagnato lo scialle. Adesso morirai."
"Ti ostini a chiamare scialle
questo ridicolo pezzo di stoffa sintetica?"
Una beretta fece partire un colpo, che perforò il muro
dietro di loro.
Shoichi si fece addosso - di nuovo - chiedendosi come lo avrebbe
spiegato al cetaceo a poca distanza da lui, ammesso che dopo fosse avanzato
del tempo per questi dettagli.
Lucia portò le mani agli angoli della bocca e
cinguettò un «oh my god» di dubbia
interpretazione.
Narvalo aprì la bocca per dire qualcosa, ma il suo boss gli
infilò la canna della pistola giù per gola,
sibilando
minacce.
"Parla e sei morto." Disse, e lentamente la sua bocca si
incurvò in un sorrisetto sardonico e compiaciuto di
sé.
Questo
era uno degli esempi più significativi del rapporto di
amore,
fiducia e rispetto che legavano i membri degli Avariati. Un rapporto
fatto di affetto, comprensione reciproca, e tanto, tantissimo terrore
represso.
E nascosto a forza
nella tasca dei pantaloni.
Lentamente la estrasse
fuori, prese
la giacca di daino di Lucia e vi pulì l'arma, umida per il
contatto con la trachea del sottoposto.
"Ah, rifiuto. Già che ci sei, spiegami per quale motivo sei
in mutande. Voglio farmi due risate."
Shoichi sentì una morsa di terrore stringersi attorno al suo
collo.
L'interpellato non parlò, poiché gli era stato
ordinato
di non farlo, e si limitò a indicare il moccioso presso di
lui.
Zanzara si voltò di nuovo verso Shoichi, con un'espressione
alla
quale, oltre la perplessità, si era aggiunto il sadico
piacere
nell'aver trovato - con ragionevole certezza - un nuovo giocattolo per
il proprio personale sollazzo.
"Così, tu saresti Irie Shoichi. Il mio nuovo antistress." Disse, pur non
avendo la minima idea di cosa quel nome avrebbe dovuto suggerirgli.
Ma in fondo, non hai bisogno di sapere l'identità di
qualcuno
che a breve smarrirà la sua coscienza nell'angolo
più
profondo della sua mente. Puoi sempre affidargli un numero di
matricola, per comodità.
Lui annuì impercettibilmente.
"Troppo lungo da ricordare. Da adesso in poi sei semplicemente la
matricola 51, siine orgoglioso."
"M-matricola 51? Perché proprio 51?" Domando Shoichi, con la
gola improvvisamente secca.
"Perché è il primo numero che mi è
venuto in mente. Problemi?"
Oh, certo che sì. Una valanga
di problemi stavano rotolando verso lui con moto uniformemente
accelerato, e presto lo avrebbe travolto, lasciandolo esanime sotto uno
spesso manto di... cose simpatiche.
"N-nessuno!"
Zanzara scoppiò a ridere, felice di aver trovato un nuovo
schiavo da seviziare.
In fondo, era questa la vita di Shoichi. Passare da un padrone
all'altro.
Prima era stato il servo di Spanner, e prima ancora della sua dolce
sorellina anoressica. Adesso lo sarebbe stato di un bruto vestito da
Batman armato di artiglieria leggera.
Tutto regolare.
Shoichi sorrise, arrendevole. La sua vita era finita davvero degnamente.
O forse no...
«Fermo là, Zanzara! Cosa stai facendo al
ragazzo?»
Una voce irruppe violenta nell'aria intorno a loro, frantumandola con
quella nota di isterismo femminile tipica delle donne di
mezz'età che si credono giovani pulzelle appena sbocciate.
Quella voce apparteneva a zia Spanny.
"Eh?" Fece Zanzara, voltandosi sghembo verso l'origine di quel suono
fastidioso "Ah, sei tu. Ciao feccia!" Agitò una beretta nel
vuoto in segno di amichevole saluto.
Amichevole.
"Non gli hai fatto del male, vero?" Chiese lei, prudente.
"Se intendi fisicamente, no" rispose lui con noncuranza, fissando la
sua pistola preferita "ma per i danni mentali non posso garantire,
spiacente."
"«Danni mentali»? Beh, poco male, andrà
bene lo stesso!"
Certo, chissenefrega dopotutto? Sono solo danni mentali.
Nel momento in cui raggiungi una certa quantità di problemi
alle
sinapsi, non vale neanche più la pena di considerarli.
Quando Shoichi vide la donna muoversi decisa verso di lui,
pensò
che ancora una volta le sue aspettative erano state tradite. Infatti,
proprio mentre si preparava mentalmente a compiacere quell'uomo sadico
di fronte a lui, l'ennesimo personaggio senza senso era saltato fuori
dal nulla, probabilmente per trascinarlo via con sé verso
chissà quali allucinanti avventure.
Però.
Però... un'altra figura attirò la sua attenzione.
Qualcun altro era entrato nel magazzino, silenziosamente, guardandosi
intorno con... quell'espressione che Shoichi conosceva molto, troppo
bene.
Strinzzò gli occhi cecati, cercando di mettere a fuoco il
soggetto in questione.
Quel modo di camminare pacifico e tranquillo... no, non poteva crederci.
La figura in questione si passò una mano sul mento,
pensante. E a quel punto, Shoichi non ebbe più alcun dubbio.
"SPANNER!!!!" Urlò colmo di gioia correndo a sua volta
incontro
al suo migliore amico, sorpassando in curva Spanny, la quale si era
voltata inorridita verso quel ragazzo che puzzava di... urina?
"Mh?" Spanner si voltò un poco, fissando il ragazzo che gli
stava venendo addosso, e passando rapidamente la visuale sulla zia
incredula che berciava alle sue spalle.
Il tutto, ovviamente, senza mai perdere la sua innata compostezza.
"Mi sei mancato tanto!!" Shoichi gli saltò addosso con le
lacrime agli occhi, strusciando il suo testone sulla maglietta
dell'amico e continuando a ripetere il nome del suo adorato coinquilino.
"Uh..." Fece lui, perplesso "Per caso ci conosciamo?"
Silenzio.
Shoichi alzò lentamente gli occhi, fino a incontrare quelli
di Spanner.
"Non... non ti ricordi più chi sono?" Mormorò,
incredulo.
Certo, avrebbe dovuto sospettarlo. Spanner era quello che si
dimenticava di una cosa quando lo vedeva per molto tempo, ed erano
già passate diverse ore dal suo rapimento.
Normale, si ripetè, che lui non si ricordasse più
chi era.
Anche se aveva sperato... di essere un'eccezione. Anche nella fisica
esistono le eccezioni, no? Anche lui avrebbe potuto esserlo.
Ma forse, ancora una volta, aveva sbagliato i suoi calcoli. Per
Spanner, Shoichi non era che un simpatico ragazzotto da bistrattare e a
cui far pagare metà del tuo affitto. Né
più
né meno.
Spanner lo fissò, compiendo uno sforzo che sarebbe
stato
oltremodo impossibile - causa l'impellente bisogno di zuccheri - se non
avesse scorto, nell'essere abbarbicato alla sua persona, un che di
straordinariamente familiare.
Una calda fiammella cominciò pian piano ad accendersi nel
suo
petto, e Spanner aprì gli occhi, folgorato da
un'illuminazione.
"Shoichi, sei tu? Non ti ricordavo così trash!"
Esclamò,
prima allibito e poi tanto contento. Fece per ricambiare l'abbraccio,
ma la papera si scansò starnazzando.
"Io non sono trash! Sono solo un povero sfortunato! E, e poi!"
Gridò, additandolo risentito "E' tutta colpa tua! Sempre!"
"Sì, sì, va bene" gli afferrò la nuca
e se la
strinse al cuore "non ci lasceremo più, va bene? Adesso stai
buono e riposa."
Ma Spanner aveva dimenticato di non indossare la sua tuta soporifera. Per
questo motivo, Shoichi non avrebbe mai potuto addormentarsi fra le sue
braccia.
Eppure... quelle semplici parole bastarono a trasmettergli una calma e
una dolcezza davvero toccanti.
"Non ti sopporto..." Mormorò affondando il viso nei suoi
indumenti, felice di essersi ricongiunto al suo migliore
amico/coinquilino/padrone e quant'altro.
Poco lontano Zanzara, Narvalo e Lucia osservavano la scena.
"Bah, feccia..." Mormorò il capo riponendo la beretta nel
fodero
"Ehi, puttana! Prenditi quei due mocciosi e sparisci da qui, prima che
ci ripensi!"
"Aehm" Lucia si schiarì la voce "Zanza-chan, non credo che
dovresti parlarle così, voglio dire... è pur
sempre,
beh..."
"Per una volta concordo con questo finocchio da due soldi" Narvalo
sgracchiò per terra con nonchalance "Dimentichi di chi
è
flglia?"
Silenzio.
"Puttana, vuoi andartene sì o no? Devo impiombarti il
cervello per fartelo capire?"
Zanzara aveva ignorato, con estrema semplicità, le parole
dei suoi sottoposti.
Il motivo, però, non era che non reputava le loro
argomentazioni degne di nota. Semplicemente non aveva idea di
quello che stessero dicendo.
Ma un boss non può lasciar trasparire la sua ignoranza,
qualunque sia la materia sulla quale essa verta. Deve sempre fingere di
avere in pugno la situazione, di essere una spanna sopra gli altri, di
aver chiara ogni cosa, dall'inizio alla fine.
E lui, onestamente, ci riusciva benissimo.
La zia Spanny aveva nel frattempo riottenuto il controllo di
sé, preparato il suo sorriso migliore, e camminato verso i
due giovani abbracciati con le peggiori intenzioni possibili.
A metà fra il bisogno di sfogare con Shoichi l'odio represso
che nutriva per Zanzara e la certezza - ormai ampiamente dimostrata -
che il giovane dai capelli rossi avesse portato suo nipote a mala
strada, gli tese una mano con espressione pacifica.
"Tu sei Shoichi-kun, vero? Piacere di conoscerti, sono
Brandenbeltafrond, la zia di Spanner. Va tutto bene?"
Certo, e come poteva andare male? Pur pregno di urina e sporcizia, la
nostra paperella addestrata faceva ormai un tutt'uno con il nostro
ingegnere preferito. E niente era più beatificante di
ciò, in quel momento.
"Sì!" Esplose lui annuendo convinto "Sto... sto benissimo!
Benissimo! Benissimissimo!" E si strinse ancora di più a
Spanner, che gli accarezzò la testa pacificamente,
sorridendo.
Aaahh, Spanner! ~ Non
sono mai stato così felice di vederti come oggi!
"Zia" disse Pannocchio "grazie per avermi portato da
Shoichi, anche se non so come tu facessi a sapere dove si trovasse.
Davvero, grazie."
La zia annuì, soddisfatta.
"Oh, è stato un piacere mio caro. Adesso, che ne dite di
tornare a casa? Il povero Shoichi vorrà sicuramente farsi
una doccia, vero Shoichi-kun?"
"Sì, ne avrei proprio, ehm..." sentì quel
fastidiossimo umido in mezzo alle gambe "Un gran bisogno."
Chissà se
posso farla insieme a Spanner...
"Mh? Shoichi, sei diventato improvvisamente bollente?"
Spanner gli toccò la fronte con la mano libera, perplesso
"Ti è salita la febbre?"
Shoichi ringraziò di non avere il bacino a contatto con il
corpo dell'amico. Ringraziò davvero profondamente che
lui non potesse sentire la sua... come dire... gaiezza, ecco.
"N-n-non farci caso!" Biascicò staccandosi improvvisamente
da lui "S-sto bene! Sono solo..."
Fradicio di urina,
puzzolente come un topo di fogna e impolverato come un reperto
archeologico?
Tossì, per ricomporsi.
"Sono solo un po' stanco, davvero. Mi farebbe davvero piacere tornare a
casa..." Si alzò in piedi, insicuro, ma Spanner fu lesto e
lo sorresse, impedendogli di infrangersi contro il pavimento e
spaccarsi in mille cocci.
"G-grazie" mormorò, rosso in viso.
Dal profondo del suo cuore, zia Spanny avrebbe voluto prendere quel
ragazzino strabico che si aggrappava senza motivo a suo nipote e
spedirlo nell'atmosfera con un biglietto di sola andata.
Ma continuò a sorridere, come una brava mammina.
"Forza, forza, andiamo a casa tesori miei!" Cinguettò
allegra, spingendoli verso l'uscita.
Prima di lasciare per sempre quel magazzino degli orrori, si
voltò verso i tre lestofanti in fondo e li freddò
con un'occhiata omicida.
Poi increspò le labbra in un tenero riso da Nonna Papera, e
scomparve nel buio della notte.
"Tsé, quella donna... uno di questi giorni la ammazzo. La
faccio a pezzi e me la mangio col pane."
Zanzara si era voltato sdegnato dall'altra parte, ludicando la sua
pistola con i boxer di Narvalo, trascinandolo inevitabilmente con
sé, mentre Lucia li inseguiva saltellando prima su un piede
e poi su altro.
Si sentì un «VOOOOOOI» in lontananza,
probabilmente quando - con la scusa di pulire la sua arma - il boss gli
aveva calato le mutande fino ai piedi, accelerando poi il passo
(praticamente correndo via) fino a scomparire dietro un angolo.
"Zanzara del cazzo, ti auguro una morte lenta e dolorosa!!" Aveva
imprecato l'uomo tirandoseli su con fare imbarazzato e scomposto.
"Su Narva-chwan, il boss è solo un giocherellone, lo sai!"
"Stai zitto tu, pezzo di merda!"
*
Grazie alla Spanner-mobile,
come l'aveva chiamata il suddetto quando l'aveva vista per la prima
volta, i tre erano finalmente giunti nei pressi di casa.
"Shoichi, come ti senti? Siamo quasi arrivati, non ti preoccupare." Gli
disse Pannocchio dandogli confortanti, piccole pacche sulle spalle.
"Uhm, sto bene, non preoccuparti per me." Rispose lui con uno sguardo
che significava pressappoco «preoccupati per me fino alla
morte». Ma anche senza che lui lo desiderasse... Spanner
l'avrebbe fatto lo stesso.
Perché? Perché loro erano dei grandi amiconi, e
non si sarebbero mai lasciati. Mai.
"COFF COFF!" Disse improvvisamente la zia, seduta al volante della
macchina.
Non è che aveva tossito. Aveva proprio detto «coff
coff» come fosse un vocabolo in uso.
"Coffee?" Domando il nipote sul sedile posteriore, perplesso "Mh, forse
hai ragione, ci vorrebbe un po' di caffé per Shoichi.
Però a lui non piace, quindi non si può fare
nulla."
Lui si era chiesto, lui si era risposto. Il resto non aveva alcuna
importanza.
"Non parlo del caffé, Spanner. Volevo solo farvi presente
che siamo... arrivati?"
L'affermazione divenne domanda quando zia Spanny si accorse di una
strana macchina azzurra parcheggiata davanti casa loro.
Una volante della polizia.
E subito la deformazione professionale le gridò
«Sbanda! Crossa! Vola!», e lei magari lo avrebbe
fatto pure - dato che nel suo lavoro queste situazioni erano la regola
- se non avesse avuto due cretini sul retro.
Il senso comune le impose dunque di accostare al vialetto,
prudentemente, scendere dall'auto e andare incontro ai due agenti
appoggiati sul cofano della loro auto.
"Buonasera, posso esservi utile?" Chiese, affabile.
I due la guardarono, perplessi. Poi tirarono fuori un foglio di carta e
se lo misero davanti al naso, leggendo.
"Ehm... lei è il signor Spanner?"
"Sono la zia" rispose lei prudente "ma cosa è successo? Mio
nipote non ha mai organizzato festini a luci rosse, se è
questo che vuole sapere!"
Oh, nessuno ne aveva mai dubitato. Soprattutto perché
Spanner neanche sapeva cosa fossero, i festini a luci rosse.
Anzi, probabilmente lui avrebbe detto qualcosa tipo «cosa
sono? Piccole festicciole con i neon color porpora?» e
succhiato più forte il suo leccalecca, attirato da tutto
ciò che era rosso.
"Qui ci risulta che il signor Spanner ha attentato alla vita di Jun
Keitake, fattorino di professione, facendolo precipitare in un tombino
che sboccava nelle fogne."
La donna rimase interdetta. Poi si voltò verso l'auto, con
espressione furiosa.
Maledetto Irie Shoichi,
hai traviato mio nipote così tanto?!
"Spanner, puoi scendere un momento dall'auto? Ci sono dei
signori che vogliono parlarti!"
Silenzio.
"Non posso, Shoichi si è addormentato sulla mia spalla e non
voglio spostarmi." Fu la risposta, giunta qualche secondo dopo
rimbombando nel cuore della notte.
La situazione aveva un che di tragi-comico, il che spinse la zia a
gridare più forte.
"Questi signori dicono che hanno organizzato una gara di invenzioni e
volevano invitarti, Spanner! Se non esci fuori da quella vettura entro
un minuto, se ne andranno senza averti invitato!"
Silenzio.
"Qual è il premio?" Sentì chiedere, mentre la
portiera si apriva leggermente, titubante.
"Un sacco di leccalecca, quindi sbrigati e scendi dalla macchina, ORA!"
Silenzio.
La portiera si aprì. Spanner ne emerse, correndo incontro ai
due agenti.
"Facciamo presto" disse "sono riuscito a spostare Shoichi senza
svegliarlo, ma non so quanto durerà. Anzi, posso iscrivere
anche lui alla gara?"
"Ehm... signor Spanner, lei è accusato del tentato omicidio
di Jun Keitake, fattorino di professione... come intende rispondere di
questo?"
"«fattorino di professione»? Esiste anche l'hobby
del fattorino?" Chiese lui, grattandosi la testa incerto.
Domanda che ci siamo posti tutti, probabilmente.
Uno dei due si voltò verso il collega.
"La possiamo prendere come una confessione, suppongo..."
L'altro annuì. Un paio di manette apparirono nelle loro
mani, pronte a portar Spanner in prigione.
Ma zia Spanny si oppose.
"Fermi. Lasciatemi parlare con questo Keitake, sistemerò io
la questione."
"Signora, non credo che lei..."
Un calcio rotante mise a tacere il malcapitato.
"So quel faccio. Mi porti da lui." Ordinò all'altro che
rimaneva, pietrificato dallo shock.
"Q-questo è oltraggio a pubblico ufficiale! E' in arresto!"
"Sì, certo, certo... senta. Prima mi porta da questo signore
tanto simpatico e dopo mi arresta, che ne dice?"
Il poliziotto la fissò, inebetito, e qualcosa gli disse che
avrebbe fatto meglio a seguire le sue direttive.
"Mi segua..." Disse infine, indicandole un'altra volante poco lontano.
Prima di allontanarsi, zia Spanny sorrise al nipote.
"Tranquillo caro, adesso ci pensa la zietta a risolvere tutto, va bene?"
Lui la fissò, inespressivo.
"Va bene. Ricorda di iscrivere anche Shoichi, mi raccomando." Disse
infine accennando a un pacato sorriso.
"Ma certo tesoro, tu entra pure in casa e aspettatemi lì,
ok?"
"Mh, va bene." Disse, e senza aggiungere altro si voltò
verso la vettura, raggiunse Shoichi e si sedette sul sedile posteriore.
Dopo aver fatto ciò, con pochi e semplici gesti pose
nuovamente la testa dell'amico sulla sua spalla, e poi
appoggiò la sua su quella massa di capelli rossi, e chiuse
gli occhi, addormentandosi anche lui come un bimbo.
Un bimbo felice.
Note dell'autrice: non
posso credere di aver scritto così tanto... come ci sono
riuscita? O_O *allibita* oh beh, mi auguro che dopo tutta questa fatica
(piacevole, ma sepre fatica) i miei lettori mi diano un parere *colpo
di tosse*; ah, ne approfitto per ringraziare tutti quelli che leggono e
seguono :) spero di avervi allietato ^^
PS: mi scuso
per il ritardo, dovevo pubblicare un'ora fa ma non ho smesso
più di scrivere più *coff*
PPS: vi
piace il mio nuovo avatar? *bimbaminkia* Lo riconoscete, vero?
*doppiamente bimbaminkia*
|
Ritorna all'indice
Capitolo 29 *** Dolce e salato ***
c29
"Voi due!"
Una voce biasimata riportò Spanner e Shoichi, piacevolmente
addormentati l'uno sull'altro, alla realtà.
Pannocchio aprì un occhio - due sarebbero stati troppi - e
fissò la zia, incerto.
"Chi sei?" Le chiese.
"Una tua parente."
Silenzio.
"Ah, zia, sei tu." Concluse con uno sbadiglio pigro "Non ti avevo
riconosciuta."
Reprimendo gli istinti primordiali che stavano nascendo in lei, con un
colpo di tosse riprese a parlare.
Tanto la sua vendetta sarebbe giunta presto, molto presto.
Perché qualcuno
avrebbe dovuto pagare per tutto ciò.
Così, uno a caso. Shoichi, per esempio.
Che si ostinava a riposare beato sulla spalla del nipote, irriverente e
ardito.
"Spanner" disse "ho dimenticato che tu non hai le chiavi
di
casa, perché le hai lasciate dentro. Vuoi che chiami i
Bassotti
per scassinare la serratura?"
"Non vedo..." Si stiracchiò le braccia "come un branco di
cani
possa vincere il complesso meccanismo che tiene sigillata la porta."
Spanner, ovviamente, non poteva sapere che i
«Bassotti» a
cui si riferiva sua zia non erano semplici animali, bensì
una
banda di malfattori che operava attivamente a Paperopoli e che
trascorreva la propria infausta esistenza all'interno di una roulotte.
Solo lei infatti, che possedeva un'impressionante cultura sui Marvel e
sulla Walt Disney con annessa una spropositata collezione di Topolini e
gadget, avrebbe potuto sparare una simile citazione nel cuore della
notte, quando era evidente che non importava a nessuno.
"M-ma io stavo parlando di... i-insomma, la banda Bassotti, i... i
Beagle Boys, n... non li conosci?"
Peccato che Spanny non fosse consapevole di questo piccolo particolare.
Spanner negò con un breve cenno del capo.
La zia cadde in una breve ma intensa crisi depressiva.
Nel frattempo, Shoichi si era svegliato. Più cecato di prima,
ma si era svegliato.
Con gran dispiacere di qualcuno.
"G-gyu" mormorò sbadigliando "Spanner... dov'è la
mia marmellata di albicocche?"
"Nella dispensa." Rispose quello facendogli «pat
pat» sulla testolina arruffata. Shoichi mugolò
soddisfatto.
"Però" aggiunse poi Spanner leggermente scontento "non
possiamo
entrare in casa perché ho lasciato le chiavi sul tavolo
della
cucina."
"Uh... ne ho un altro paio dentro le mu... mutande, se non sbaglio..."
E cercò di infilare una mano dentro i boxer per estrarle.
Ma Pannocchio lo fermò, scuotendo il capo.
"Lascia. Le prendo io."
"M-ma Spanner!" Protestò lui arrossendo "Non... non puoi
fare una cosa del genere!"
"Mh? Perché no?"
"Beh... l-le mie mutande sono... sono..." Si perse profondamente in
quel «sono» da cui non sembrava capace di uscire.
Per fortuna zia Spanny gli venne in aiuto, con il viso stravolto e gli
occhi sgranati in un tentativo sovrumano di divorare mediante il nervo
ottico quell'individuo rossiccio chiaramente
lussurioso e colpevole.
"Spanner, tesoro... non puoi infilare le tue manine dentro la
biancheria di un estraneo!"
Lui arricciò il naso, offeso.
"Shoichi non è un estraneo!" Ribattè "Io e lui
siamo una
cosa sola" si voltò verso l'altra parte di se stesso e
sorrise
tranquillo "... vero, Shoichi?"
Il suo pene trovò quell'affermazione molto divertente, e
cercò di uscire dalle sue mutande per andarlo a ringraziare
come
si conveniva a un membro educato.
Ma la papera, che era tanto cattiva, glielo impedì con un
gesto
poco dignitoso. E subito cominciò a quackeggiare, piena di
vergogna.
"S-S-S-Spanner! Non devi dire queste cose! Non devi... oh mamma mia!
C-cosa ti passa per quella testa?!"
"Mh? Che ho detto?"
"Ma come che hai detto!" Lo indicò senza guardarlo,
annaspando
nella sua vergogna "Non devi dire che siamo una cosa sola!"
Non di fronte agli
altri, almeno!
Lui parve intristirsi, dopo aver ascoltato quelle parole.
Incurvò la bocca in una smorfia di delusione,
mugolò
qualcosa osservando un punto lontano oltre il finestrino e
mormorò un «come vuoi...» che sapeva
tanto di dolore
profondo.
Proprio non comprendeva, Spanner. Proprio non comprendeva che Shoichi
desiderava solo consumare la loro passione lontani da sguardi
indiscreti. Povero, che strazio.
Invece, com'era prevedibile, zia Spanny colse al volo l'erotica
sfumatura di quelle parole sillabbate con pudico quanto finto
imbarazzo. Ma si costrinse ancora una volta a reprimire il suo istinto
animale, riservandosi di vendicare il nipote offeso (?) in un secondo
momento.
Sorrise, amena.
"Come siete... pucci!"
Sputò letteralmente l'ultima parola mentre i suoi capillari
esplodevano in successione. Presto le sarebbe uscito il sangue dalle
orecchie, e quel punto nessuno sarebbe sopravvissuto. Doveva cercare di
calmarsi.
"C-comunque!" Shoichi portò un dito al naso, credendo di
trovarvici gli occhiali.
Ma non li aveva, ovviamente.
E allora il suo faccione divenne mesto, e i suoi occhioni si tinsero di
blu. Cioè, non è vero. Era per rendere il dolore,
scusate.
Non ho gli occhiali sul
naso! Non posso aggiustarmi le lenti! Non posso darmi un contegno! Sono
fregato!
Esattamente. Con nessuna montatura da raddrizzare, falliva
miseramente il tentativo di ricomporre la sua figura di genio
incompreso. Era solo un cretino imbarazzato, e fine.
Era una tragedia.
"Shoichi, ti prude il naso?" Chiese Spanner, fissandolo di traverso. In
verità era ancora un pochino giù
perché Shoichi
gli aveva rimproverato quella frase, e quindi non voleva preoccuparsi
per lui.
Ma sfortunatamente, l'amore ebbe la meglio.
L'amore per le domande superflue buone solo ad attaccar bottone per far
pace.
Povero Spanner, era ancora un grande bambinone teneroso.
"Ma che naso e naso! Non trovo i miei occhiali!" Sbottò lui
poco
tenerosamente, ferendo ancora il piccolo cuoricino di quella pannocchia
venuta al mondo solo per essere mangiata da Shoichi durante un tramonto
suggestivo.
"U-uh" si grattò il testone biondoso "forse li hai lasciati
in quel magazzino vicino al porto?"
Bravo Spanner, cerca di riguadagnare posizioni!
Shoichi spalancò gli occhi e ricadde esasperato sul sedile.
"Oh, mio, dio..." Si passò una mano sul volto madido di
sudore.
A quel punto, zia Spanny non ebbe più alcun dubbio. Non che
prima ne avesse, in fondo, ma... aveva sperato che nel profondo del suo
cuore traviato Shoichi fosse un bravo ragazzo. E invece si stava
rivelando il bastardo che era, a spese dell'adorato nipote allampato.
Era giunto il momento di PAGARE.
"Non vorrei interrompere il tuo frustramento, Shoichi-kun, ma... non
dovresti trattare così Spanner. E' un ragazzo fragile, lo
sai."
Shoichi la fissò con espressione allucinata.
"Q-questo qui" e lo indicò, tremante "sarebbe un... ragazzo
fragile?"
"Sì, lo è. Guarda, non vedi come piange?"
Si voltarono a osservare Spanner.
Che non stava affatto piangendo, tra l'altro. E neanche sembrava
esserne in procinto.
"Mh?" Fece lui quando sentì l'attenzione dei presenti
convergere su di lui.
"MA NON STA PIANGENDO!" Strillò Shoichi sul punto di svelare
a tutti la sua personalità di tsundere.
Eccola, la prova finale! Adesso avrebbe potuto calciorotarlo senza
riserve, e l'avrebbe fatto se un'idea molto, molto più
crudele
non le avesse attraversato il cervello con la stessa affilatezza e
pericolosità di una scimitarra iraniana.
Sorrise, compiaciuta del suo genio malefico.
"Ohoh! Hai ragione, sono proprio una burlona! Ohoh!"
No, il suo piano non consisteva nel fare il cosplay di Babbo Natale, se
è questo che state pensando.
Il paperotto la fissò spaesato, senza capire. Era solo una
gran burlona, questa donna?
"Ma suvvia! Che aspettate a tornare a casa vostra? Fa freddo qui in
macchina!" E sfoggiò un sorriso che quelli della Mentadent
avrebbero pagato oro, se solo fossero stati tanto intraprendenti da
avere il coraggio di fissarlo a occhio nudo.
Per fortuna il problema non si era posto, visto che Shoichi non vedeva
un cazzo e
Spanner vagava con la mente in chissà quali pensieri
sagacemente sagaci.
"E-ehm, sì, prendo le ch---"
"Noooo, le prendo io!" E gli infilò una mano dentro i boxer
andando a pizzicare mister virilità senza il minimo tatto.
Shoichi ebbe un sussulto. Spanner sgranò gli occhi,
impercettibilmente.
"Il mio!" Gridò, ma l'urlo gli morì in gola.
"Oh, eccole qui!" Le estrasse con molta nonchalance, soddisfatta.
"L-lei ha appena, appena! Appena! APPENA!" Ma non riuscì a
completare la frase, ripetendo stancamente
«appena», incapace di far valere la sua opinione da
volatile.
Povero Shoichi. Era decisamente il brutto anatroccolo della situazione.
Spanny gliele porse, increspando le labbra rosate in un riso gentile.
"Prendi, caro. Salite a casa e riposate, ok?"
Incapace di ribattere, fu Spanner a parlare per lui.
"Lo faremo. Grazie dell'aiuto zia, ci vediamo."
Il modo in cui pronunciò quelle parole trasudava
irritazione, nei limiti del consentito. Oltretutto, Spanner non
capì molto bene quello che sentiva, e decise che non avrebbe
approfondito finché non avesse fatto il pieno di zuccheri.
Per il suo bene.
"Shoichi, andiamo?" Aggiunse tendendogli una mano, che però
lui non afferrò, troppo sconvolto da ciò che era
appena accaduto.
"Che gli è preso?" Chiese Spanny, senza capire.
"Devono esserglisi rotti i testicoli." Rispose incolore, e senza
aggiungere altro se lo caricò sulle spalle, tenendo in mano
le chiavi che li avrebbero condotti nella loro casa.
Ovvio che gli si erano rotti i testicoli. Non poteva entrare in coma
solo perché una zia Spanny in calore gli aveva sfiorato il
pene. Altrimenti gli sarebbe esplosa la prostrata, se si fosse trattato
di Spanner.
Potrebbe essere un buon escamotage per porre degnamente fine alle
vicende della storia, effettivamente.
*
Aaaaah, casa dolce casa!
Erano trascorse molte ore dal quel traumatico rapimento, ed erano
felici di tornare nella loro accogliente dimora.
Spanner era
felice di tornare nella loro accogliente dimora. Shoichi era troppo
impegnato a smarrire la sua coscienza altrove per gioire di qualcosa.
"Siamo tornati a casa, sei contento, Shoichi?"
Silenzio.
"Mh. Oh beh, pazienza. Portiamo questa papera a letto, prima che perda
il piumaggio."
Oh, quale tenerezza.
Nonostante la testa gli pesasse da morire e il suo corpo reclamasse
zucchero a gran voce, decise che prima di ogni cosa si sarebbe occupato
del suo amico. Se l'era promesso, nella disperata solitudine.
Che non appena lo avesse ritrovato, avrebbe messo lui al primo posto.
Tenendolo stretto per impedirgli di scivolare via,
attraversò l'oscuro corridoio - vi è mancato,
vero? - e giunse davanti alla sua camera. Uno strano senso di quiete lo
avvolse, quando aprì la porta.
"Questa casa sarebbe stata troppo grande per una persona sola." Disse,
non si capiva se a Shoichi o semplicemente a se stesso.
Sorrise. Dietro di lui sentì il pulcino mormorare frasi
sconnesse, vicino al suo orecchio.
"Ehi, Shoichi, mi fai il solletico!" Disse piegando il collo per
scansare il caldo venticello.
Poi, si bloccò. Sentì un'improvvisa fitta agli
occhi, che gli fece male.
Si passò una mano sulla fronte, e sentì che
pulsava violentemente. La carenza di zuccheri si stava facendo
insopportabile.
Si avviò rapido verso il letto di Shoichi, vi
depositò l'amico ancora in catalessi, agitò una
mano non vista per salutarlo e corse alla cassetta degli attrezzi in
laboratorio, per ingoiarne l'intero contenuto.
*
Il laboratorio era un po' come
la gabbietta del Mignolo e del Prof, come il deposito di Zio Paperone,
come la soffitta di Pippo, per Spanner e Shoichi. Era il loro mondo,
dove le loro idee più astruse e inutili prendevano forma
terrorizzando il mondo. Era... un luogo molto speciale, per loro.
Spanner lo capì subito, quando accese la luce della camera e
fissò, come inebetito, tutta la gran massa di roba robottosa
sparsa sul pavimento, incollata ai muri, appesa al soffitto. Un
silenzio pacifico regnava là dentro, quella notte. Solo il
neon tremolante, quasi a dargli il bentornato, emanava piccoli mormorii
elettrici.
Dopo essersi ripreso, avanzò verso la scatolotta
rettangolare rossa dove teneva i suoi leccalecca e ne estrasse tre,
tutti alla fragola - c'erano solo alla fragola del resto - , e se li
sparò in bocca in un disperato bisogno di carboidrati
semplici.
"Finalmente" sospirò ciucciandoli con passione "mi siete
mancati anche voi, sapete?"
Ovviamente nessuno rispose, ma tanto Spanner sapeva che era una domanda
retorica.
Si godette il loro sapore per qualche minuto, rilassando i muscoli che
fino a quel momento erano stati tesi per lo sforzo di mantenersi
sveglio e pensante.
E quando lo fece, accadde una cosa strana.
I leccalecca acquisirono uno strano sapore, un sapore che lui non aveva
mai sentito.
"E questo?" Si chiese, senza capire cosa stesse trasmettendo quella
sensazione di... salato alle sue papille gustative.
Continuò a chiederselo per molto tempo, finché
non esaurì il dolciume a sua disposizione. E allora comprese
che era ora di indossare il suo berretto da notte e il suo pigiama a
righe bianche e nere che lo facevano sembrare un carcerato, e mettersi
a letto.
E poiché il sonno lo stava vincendo del tutto, decise di non
lavarsi i denti e di passare direttamente per la sua stanza, senza
neanche darsi un occhio allo specchio.
E fu un peccato.
Perché, se avesse deciso di lavarsi quei dentini
miracolosamente indenni dalla carie, e se avesse scrutato anche solo
per un momento la sua immagine riflessa... forse avrebbe capito da cosa
era stata causata quella nota salata nei suoi leccalecca.
Forse.
Note dell'autrice: T_T
mi dispiace di non aver inserito la parte sconcia che si aspettava qualcuno, ma posso
assicurare che sarà la prima che metterò nel
prossimo capitolo, che tra l'altro ho già praticamente
scritto :) purtroppo non ho trovato modo di inserirla armonicamente, e
non volevo rischiare di far diventare il capitolo una porcheria *coff*
Ringrazio come sempre tutti quelli che commentano o che hanno
commentato, Hiromi, Eiko, Steffa, Seki, Nagipon, iMato, EDXWIN,
Principessa di Cristallo, Yellonski e corpseCHU, tutti quelli che
leggono e tutti quelli che seguono e preferiscono, fra i quali ci sono
anche: iceSCREAM, Chloe, Hime, Morrigan89, Recchan e RikaaKawaii. Ah,
finalmente vi ringrazio tutti come si deve (più o meno) xD
Beh, che dire? Ci vediamo al prossimo capitolo, spero molto presto :)
PS: non
è che l'ultima parte di Spanner è OOC?
|
Ritorna all'indice
Capitolo 30 *** La solita routine ***
c30
Ritornare alla vita di
tutti i
giorni rappresenta, per chiunque abbia l'occasione di abbandonare
«la solita routine» anche solo per qualche ora, un
modo
come un altro per apprezzare ciò che si è sempre
dato per
scontato.
Shoichi, per esempio.
Erano le 6 del mattino quando Spanner, dalle profondità del
suo
letto, sbarrò gli occhi e fissò il soffitto
grigio sopra
la sua testa. Immediatamente, quasi fosse stato un riflesso instintivo,
il suo pensiero corse all'amico dormiente o comante nella stanza
accanto.
"Shoichi." Disse, come se il suo nome fosse una verità
ineluttabile a cui nessuno - tantomeno una pannocchia - poteva
sottrarsi. Urgeva andare a controllare le sue condizioni, prudeva
di sincerarsi del suo stato. Era un'azione che Spanner avrebbe dovuto
compiere necessariamente ed entro i prossimi 5 minuti. Altrimenti -
sentiva - avrebbe perso l'occasione di assistere a qualcosa di
assolutamente spettacolare.
Sì. La sua indole di uomo di scienza (?) lo sentiva. Si
stava
sicuramente verificando un fenomeno straordinario. E lui vi doveva
assistere, altrimenti...
Rabbrividì. Non voleva neanche pensarci.
Con poche mosse cybernetiche scostò le coperte stratificate
sul
suo colpo a lampione e pose le sue gambe sul freddo pavimento. Un
brivido brividoso gli corse lungo il corpo, come una scossa elettrica.
"Il fenomeno. E' in corso. Devo controllare."
Scossa che lui scambiò per qualche percezione
extra-sensoriale,
poiché si lanciò contro la porta correndo
successivamente
verso la camera del coinquilino, una strana eccitazione che si scorreva
nel sangue e la certezza che avrebbe trovato una sorpresina firmata
Shoichi ad attenderlo. Sicuro.
Quando arrivò davanti alla porta della sua stanza e pose una
mano sulla maniglia, si bloccò, perplesso. Una forza
misteriosa
gli impediva di entrare, ma lui non capiva cosa fosse. Era come se...
"... Che Shoichi abbia installato un antifurto a raggi gamma per
impedirmi l'accesso al suo territorio?" Si chiese, nel tentativo di
spiegare quella sensazione di disagio che provava.
Che cosa ci fosse poi da rubare, poi, rimaneva un mistero.
Ah, forse... Spanner stava ammettendo che qualcuno potesse rapirlo nel
sonno? Lui, per esempio?
Oh, quante volte ne aveva avuto l'intenzione. Ma poi aveva sempre
desistito, poiché una vocina nella sua testa gli diceva che
non
era bello approfittarsi degli esseri umani inermi. Immediatamente lui
si
diceva «ma è Shoichi, il mio migliore amico, che
male
c'è?» e allora un'altra vocina interveniva dicendo
che non
era bello approfittarsi delle papere indifese. E lui a quel punto
rinunciava, non trovando argomenti convincenti da opporre a quella tesi.
Ma stavolta ce l'aveva. La scienza
lo stava chiamando. E la scienza prevale su ogni cosa, sempre.
Forte di questa convinzione, aprì la porta.
"Ehi,
Shoichi."
La camera dell'amato coinquilino era immersa nell'oscurità e
nel
silenzio dell'alba, mentre il suddetto si ritrovava disteso sul letto,
con le lenzuola al vento, a dormire beatamente.
Un sorriso ebete era stampato sulla sua faccia e un piccolo rivoletto
di saliva colava placido dalle sue labbra dischiuse.
"Mh? Ti sei cambiato?" Chiese, ma ovviamente nessuno rispose. Ma non
gli serviva conferma, perché poteva benissimo vedere con i
suoi
occhi il pigiama azzurro di Shoichi adornare il suo piccolo e fragile
corpo.
Allora non era così sprovveduto, pensò.
Dopotutto
aveva avuto la forza di cambiarsi i vestiti, anche se i suoi capelli
rimanevano in uno stato pietoso.
Si presumeva dunque che quella mattina l'amico si sarebbe fatto una
corroborante doccia.
Sorrise, leggermente maligno. E si ricordò del motivo per
cui amava la scienza.
Anche noi la amiamo, vero?
"A quanto
pare stai ancora dormendo..." Si avvicinò piano a Shoichi,
osservandone il viso beato.
Sentì una piccola fitta al petto, ma non fu in grado di
vagliarne la causa.
Seguito da questo dolorino, avvertì un vago senso di
irritazione. Seguito, a sua volta, da un altrettanto vago senso di
contentezza.
Spanner si grattò il capo, senza capire per quale motivo
stesse
cominciando a provare emozioni così contrastanti fra di loro.
La scienza lo stava mettendo alla prova, non c'era altra spiegazione.
Anche quando corri a bordo di uno scooter verso l'università
e
ti scontri con un chiosco ambulante di porchette, anche lì
è la scienza che ti mette alla prova.
La scienza è ovunque, è in noi... è
dietro di te.
Voltati, e la vedrai.
Paura, eh? Allora rilassati e continua a leggere, presto
sarà tutto finito.
"Ng..."
All'improvviso, Shoichi emise un piccolo verso.
"Shoichi?"
Spanner si avvicinò all'amico. Si stava forse svegliando?
"...ner..."
"Mh?"
"S... Spanner..." Mormorò nel sonno, sorridendo stupidamente
al pronunciare quelle parole.
Spanner arrossì leggermente.
"Mi stai chiamando?" Chiese, mentre la bocca cominciava a incurvarsi in
un sorriso divertito e le sue guance a colorarsi di un tenue rosa.
E di nuovo portò una mano al petto, sentendolo palpitare.
Qualcosa non andava. Si toccò la fronte, era caldo. E come
se
non bastasse, i pantaloni del coinquilino erano calati quel tanto che
bastava per
intravedere l'elastico di un paio di mutande gialle.
Mutande
che risultarono abbastanza familiari al nostro biondo amico, che
si propose di verificare l'ipotesi che gli era appena passata per la
testa.
Il tutto in nome della
scienza, ovviamente.
Perché era sicuramente lei la responsabile del suo
batticuore.
Dai, chi di noi non ha le palpitazioni quando sta per fare una scoperta
straordinaria? E accertarsi del tipo di biancheria indossata da Shoichi
è per forza una
scoperta straordinaria.
Lentamente,
mise un dito sul bordo dei pantaloni. A quel contatto, Shoichi
sussultò.
"Mh..."
Cominciò successivamente ad abbassarglieli, piano per non
svegliarlo, finché non lasciò completamente
scoperta la
biancheria del ragazzo.
"Orsi, lo sapevo." Spanner annuì, soddisfatto.
Come aveva supposto, Shoichi stava indossando i boxer gialli con gli
orsetti che gli aveva regalato qualche tempo prima per il suo
compleanno, e ne fu molto contento.
Il frugoletto rosso mugolò qualcosa di indistinto, e parve
sentire freddo per essere stato scoperto. Il pancino
cominciò a
tremare, intirizzito.
A quella vista, Spanner ebbe l'ennesimo sussulto. Ah, quanto amava la
scienza!
Si chiese se non fosse quindi il caso di tagliare la corda, dato che
aveva verificato la sua ipotesi e dato che troppe sensazioni anomale lo
mettevano a disagio.
E l'avrebbe fatto, se non avesse visto... quella cosa.
Un'erezione.
Sgranò gli occhi, sorpreso.
"E questo?" Si chiese perplesso, quando notò l'anomalo
rigonfiamento nei pantaloni di Shoichi.
E poiché gli uomini assetati di sapere non esitano mai
nell'andare incontro a un fenomeno sconosciuto offerto e sponsorizzato
dalla gentilissima e onnipresente scienza,
così Spanner non
esitò nemmeno per istante a porre una mano sul pene
dell'amico.
Solo perché era un uomo assetato di sapere, ovviamente.
Ricordate: l'importante è crederci.
"U-uh ~" Gemette lui, niente affatto infastidito dall'improvviso tocco.
Non appena ebbe posto correttamente il proprio palmo e i propri
polpastrelli su quella collinetta tutta carne e lussuria e
realizzò che si trattava di quello che si trattava,
ritirò la mano con una velocità impressionante,
con uno
scatto quasi violento, e soprattutto... con la sensazione di avere 40
di febbre.
"Non mi sento... molto bene." Dichiarò toccandosi la fronte
e barcollando all'indietro.
Forse la scienza l'aveva messo alla prova troppo duramente. O forse
attribuire ogni responsabilità alla scienza era solo un modo
molto simpatico di fuggire le proprie responsabilità.
Spanner scosse il capo, confuso. Guardò la mano che aveva
toccato il pene di Shoichi, e lentamente le appropinquò il
viso,
odorandola.
"Lavanda..." Mormorò compiaciuto. Era un bell'odore, la
lavanda.
Sapeva di... cose pulite e graziose.
Di mutande gialle con gli orsi, per esempio.
Eppure, sentì che quel profumo non era ciò che
avrebbe
voluto trovare. Ma non seppe dire cosa si aspettasse al suo posto, e
attribuì il suo smarrimento al fatto che avesse lo stomaco
vuoto
e niente in bocca da succhiare.
Ma c'era il pene di Shoichi! Ah, ma non poteva ancora praticare
la fellatio.
Beh, peccato. Sarà per la prossima volta.
Con un leggero sospiro si voltò verso la porta e si diresse
in
cucina, lasciando che la paperella facesse sogni oscenamente
pannocchiosi fino al suo risveglio.
*
"Spanner."
"Mh?"
"Mi hai fatto qualcosa mentre dormivo, vero?"
Silenzio.
"Io?" Chiese incredulo, indicandosi con un dito "Io sono innocente."
Disse infine con voce incolore.
Shoichi sospirò. Erano le 7 del mattino e lui si era appena
svegliato, stravolto per quello che aveva sognato.
Sognato? Oh, no... quelle sensazioni erano troppo vere per essere
solo un mero prodotto della fase REM.
Spanner, dal canto suo, sedeva in cucina con un bavaglino legato al
collo e un bicchiere di spremuta d'arancia in mano, e lo fissava con
occhi vuoti.
Sentì una familiare sensazione di rabbia impossessarsi
di lui, ma decise di reprimerla per non rovinare il loro primo, vero
incontro che non fosse sotto l'effetto dell'urina o dell'ipoglicemia di
uno dei due.
E sperò che anche Spanner, conscio di ciò,
cercasse di collaborare.
Ma Pannocchio aveva già ottenuto prima quello che voleva, e
la vita poteva ricominciare esattamente
da dove l'avevano lasciata.
"Spanner" cominciò con un colpo di tosse "ecco, a proposito
di ieri..."
Silenzio.
"Dì qualcosa, santo cielo!"
"Io?" Ripetè di nuovo "Non stavi parlando tu? Non volevo
interromperti."
Calma, Shoichi, calma.
E' mattino, e
Spanner è sempre una bestia al mattino. Cioè, lo
è
a tutte le ore del giorno, ma la mattina più che mai.
Quindi...
sopporta, presto sarà tutto finito.
"Sì, allora... grazie per essere venuto in mio
soccorso,
ieri. Se non ci fossi stato tu, io... molto probabilmente avrei fatto
una brutta fine."
Beh, non è che ti sia andata molto meglio tornando a vivere
con Spanner. Ma sono dettagli, dettagli.
"Mh. Ah. Sì. Prego."
Silenzio.
No, decisamente Spanner non voleva collaborare.
"Spanner... non hai proprio nient'altro da dire? Pensaci, su." La calma
gelida con cui pose quell'invito gli scivolò addosso con
grazia,
depositandosi ai piedi del tavolo. Prima o poi qualcuno l'avrebbe
raccolta, quindi non importava se rimaneva lì un pochino.
"Mh, una cosa sì." Spanner sorrise mandando giù
l'acido ascorbico nel bicchiere "Shoichi."
"Cosa?" Chiese lui, leggermente speranzioso. Forse dopotutto qualcosa
era finalmente cambiato, nella loro routine.
Le sue iridi si illuminarono, ispirate dalla felicità che
presto avrebbe pervaso le sue parole.
"Andiamo a giocare a Epic Days!" Esclamò, aprendo gli occhi
e sorridendo gioioso.
"EH?!" Shoichi lo fissò incredulo. No, non poteva aver
pronunciato quelle parole, no!
"Andiamo a giocare, andiamo a giocare!" Ripeté una
cantilena, alzandosi dalla sedia e avvicinandosi all'amico sconvolto.
"T... tu!!! Come puoi dire una cosa del genere, in un momento simile,
in questa sede, con quel bavaglio al collo?!" Strillò la
papera
prendendosi la testa con un gesto che sarebbe presto ritornato a essere
la regola, in casa loro.
Perché dopotutto... quella routine non sarebbe mai cambiata,
in nessun modo.
E nessun rapimento avrebbe potuto modificare l'inesorabile corso degli
eventi, sia fosse stato ad opera di un gruppo di squilibrati dal nome
ridicolo o alieni del pianeta Paperus.
"Ma come, non vuoi giocare?"
"NO!" Gridò lui additandolo "E mi chiedo come possa venirmi
in mente una cosa simile!"
Dovremmo abbracciarci e
dichiararci eterna amicizia, e tu mi parli di RPG online?! Ma fai
schifo, Spanner!
"Vuoi... ah! Ci sono." Pannocchiò
schioccò le
dita. Come aveva fatto a non pensarci prima? "Vuoi segarti, vero? Hai
ragione, l'astinenza è..."
"NOOOO!!!" Corse verso di lui e cercò di colpirlo con un
debole e flaccido pugno che esaurì la sua forza prima ancora
di
sfiorargli il naso "Sei un asino, Spanner! Non ti sopporto, non ti
sopporto!"
"Shoichi, non ti preoccupare, io non giudico le persone da questo.
Davvero."
"Sì che lo fai! E, e poi! Non è q-questo il
problema, stupido Spanner!"
"E qual è, allora? Non capisco."
E non capiva davvero, purtroppo.
Purtroppo per Shoichi, aggiungerei. E menomale per noi.
Shoichi si allontanò dall'amico, con un profondissimo
sospiro.
Qualche divinità aveva esaudito la sua preghiera. Tutto,
aveva supplicato. Tutto, pur di
sfuggire agli Avariati. Tutto, anche vivere con Spanner per
l'eternità.
E lui l'avrebbe sopportato, perché non si sputa nel piatto
che
ti offre Dio, anche se possibilmente sta scommettendo con qualche santo
per vedere quanto duri - e magari è anche il primo a puntare
sul
tempo minore - .
Ma lui non avrebbe potuto accettare il suo destino con un sorriso. Non
era un martire, era solo un uomo.
Con la voce da ragazzina, ma pur sempre un uomo.
E perciò avrebbe gridato, gridato e gridato. E si convinse
che
gridando quotidianamente, qualcosa sarebbe cambiato nella loro solita
routine. E si aggrappò a quel pensiero, per sopravvivere a
Spanner.
"Shoichi, giochiamo?"
"Va bene, giochiamo. Ma sappi che me la pagh---"
"Sì, sì, d'accordo" gli cinse le spalle con un
sorriso "andiamo di là, su..."
"E c-che diavolo fai? Non starmi così vicino, è
imbarazzante!"
Le sue grida non udite si persero nel corridoio, mentre i due simpatici
amiconi si dirigevano a passo spedito verso il soggiorno.
Una giornata fantastica li stava aspettando, aldilà di
quella porta...
Note dell'autrice: in
realtà questo capitolo era già pronto ieri sera,
ma se lo
pubblicavo oggi non avrei avuto niente da darvi da mangiare u_u quindi
mangiate e spero che vi piaccia, come sempre :) ringrazio ShadowSun che
ha aggiunto la storia ai preferiti, Seki, Eiko e TemHayato per aver
commentato :) grazie davvero, grazie :D
PS: quella
frase a effetto
(come no) a fine capitolo è un'anticipazione di quello che
accadrà veramente, nel caso in cui sembrasse solo una
simpatica
minaccia al vento xD
PPS: trentesimo
capitolo! Per festeggiare voglio 30 recensioni in più u_u
*fa la prepotente*
PPPS: a
dirla tutta mi era anche passato per la testa di far terminare la
storia qui e aggiungere poi un seguito da qualche parte *colpo di
tosse*, ma poi ho pensato che per il vostro bene era meglio non farlo
:D ho fatto bene? u_u
|
Ritorna all'indice
Capitolo 31 *** Nickname ***
c31
PREMESSA: dedico questo capitolo a
Eiko-chan, che è tanto buona con me <3 sì,
è una motivazione più che sufficiente u_u enjoy ;)
~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~
"Shoichi, tieni, te lo regalo. Tanto a me non serve."
"Asp... cosa? Sei serio?"
Shoichi fissava incredulo le mani di Spanner, mentre queste reggevano
salde fra le dita un computer portatile rosso.
"Certo, io sono sempre serio. Coraggio, è tuo adesso."
"N-no" si allontanò dall'amico scuotendo mani e testa
imbarazzato "Non... non posso accettarlo, Spanner!"
Pannocchio lo fissò, perplesso.
"Perché?" Domandò infine, fissandolo con
espressione interrogativa.
Shoichi distolse lo sguardo, rosso in volto.
"Beh... il mio computer si è rotto perc---"
Ma non poté finire la frase, perché la voce del
coinquilino lo strappò brutalmente, e pur con tanta calma,
dalle sue misere considerazioni.
"Non è che si è rotto da solo, sei stato tu a
romperlo."
Una precisazione che ci voleva come il pane, senza dubbio.
"Non mi sembra, come dire... il caso di precisarlo, ecco. Sappiamo
tutti chi è stato a romperlo, no?"
"Sì" Spanner sorrise pacifico "sei stato tu, infatti."
Silenzio.
Shoichi sentì un gran mal di testa sopraggiungere beffardo
all'interno della sua povera e stanca scatola cranica, e si chiese
quanto valesse la pena di portare avanti quella conversazione inutile.
O almeno, provò a chiederselo. Perché di fatto fu
lui a
riprendere il discorso, infervorato, mentre un neurone solitario
cercava un perché, nel deserto della sua depravazione
mentale.
"Ci tieni così tanto a farmelo dire?!" Esclamò
stringendo i pugni sudaticci e fissandolo con astio profondo.
Spanner sorrise ancora, sempre di più. Le sue labbra erano
ormai diventate un ghigno divertito e i suoi occhi avevano acquistato
quel lampo sinistro che tanto terrorizzava il suo coinquilino, qualora
avesse avuto il piacere di poterlo vedere.
Cosa in quel momento otticamente impossibile, per Shoichi.
"Sì." Disse, come fosse la cosa più ovvia del
mondo.
E lo era, a dirla tutta.
"Ah, sì?" Raccolse le sue poche, deboli forze e lo
sfidò, coraggioso "Ebbene, io non lo dirò!"
Seguì a tale affermazione una risata soddisfatta e plateale,
durante la quale il biondo coinquilino si limitò a
osservarlo,
senza mai abbandonare la sua espressione che preannunciava una vittoria
imminente e schiacciante. Le labbra si strinsero intorno al bastoncino
del leccalecca e la lingua succhiò avida il succo di
fragola, gorgogliando di piacere.
"Shoichi."
"Sì, mister
leccalecca?" L'amico rise di nuovo, stavolta
più istericamente, portando le mani al soffitto con gesto
malefico.
Goccioline di bava rugiadosa si dispersero nell'ambiente e gli occhi si
scurirono a causa della crudeltà che brillava in loro.
Presto avrebbe evocato uno scettro puccio e sarebbe diventato una Mahou
Shoujo. E Spanner avrebbe fatto la Tomoyo della situazione.
"Ci ho ripensato, non ti regalerò questo computer. Nelle tue
mani non è al sicuro." Spanner sembrò avvilito
mentre
pronunciava quelle parole, ma noi tutti sappiamo che non lo era affatto.
Anche Shoichi avrebbe dovuto saperlo. Eppure, forse a causa del
satanismo che lo aveva posseduto, non rifletté adeguatamente
sulla situazione e preferì dare fiato alla bocca
inutilmente,
come si conveniva a una papera isterica quando si accorge del
cacciatore che la sta puntando con la spingarda nascosto dalle canne di
bambù.
"Solo perché l'ho fatto cadere una volta, non significa che
sia
un buono a nulla!" Sbottò indignato "E poi ricordati che
l'ho
fatto apposta a farlo cadere, perché pensavo fosse il tuo!"
E lo
indicò, mentre piccole e calde lacrime premevano per uscire.
Il suo computer, compagno di tante avventure... distrutto. Gli venne da
piangere, di nuovo. Forse pensava di aver superato quel trauma, ma
quando gli apparve nella mente l'immagine dello schermo, orribilmente
mutilato, e quando pensò alle sue mani che lasciavano la
presa
senza pietà... non poté trattenersi.
Spanner gli diede una pacca, amichevolmente.
"Su, non piangere. Non sei un buono a nulla per questo motivo, Shoichi."
"S... Spanner..." Mormorò, mentre la follia malefica
evaporava
lasciandolo inerme e cuccioloso "Io... non volevo che finisse
così... ne avevamo..." Si lasciò scappare un
singhiozzo
mortificato "... passate così tante!!"
"Lo so, Shoichi. Lo so."
Un urlo disperato si propagò nell'aria, colmo di strazio e
dolore.
"I-i-il m-mio com-computer.... buuuuuh!" Pianse, aggrappandosi a
Spanner che lo sorreggeva solido come una quercia.
A questo servivano gli amici, dopotutto. A consolarti per la perdita di
un tuo caro. A fregarti in curva, anche.
Come lui.
"Tu non volevi rompere il tuo computer, vero?" Gli chiese,
carezzandogli il testolone rosso.
"No, no! I-io non... non volevo, non volevo! Uhaaaaaaa!" Gli strinse il
pigiama con forza, cercando di scacciare il senso di colpa.
Il suo computer... non c'era più. E niente avrebbe potuto
riportarlo indietro.
Esattamente la stessa condizione in cui versava la sua
dignità.
E Spanner sorrise, soddisfatto.
"Hai appena ammesso di aver rotto il tuo computer, Shoichi. Sei stato
davvero bravo."
Ma il più bravo era stato lui, senza alcun dubbio.
E quando, lentamente, Shoichi se ne rese conto, un grido si
propagò per l'intero appartamento, scuotendo il cielo e la
terra.
Era l'urlo dell'eterno sconfitto.
Shoichi se l'era detto, che gridando e gridando qualcosa sarebbe
cambiato. Lui ci credeva, in quella promessa. E qualcosa era
effettivamente cambiato, grazie a quei piccoli urli pregni di dolore e
disperazione.
Il modo in cui Spanner, suo eterno amico nel bene e nel male, aveva
ricominciato a fregarlo. Perché c'era qualcosa di voluto e
studiato nel modo in cui lo stava di nuovo spingendo verso il baratro.
C'era una volontà più consapevole delle proprie
possibilità, curiosa di percorrere strade sempre nuove al
fine di mettere alla prova il povero essere umano di cui disponeva a
suo uso e consumo.
Ebbene sì: Spanner si era finalmente evoluto. E una nuova
mossa si era aggiunta al suo già vasto set di attacchi.
Con l'unica differenza che, mentre i pokemon per esigenze di tattica
non possono tenere più di quattro mosse, lui poteva
utilizzarle tutte
e anche contemporaneamente, e ciò lo rendeva una macchina da
guerra straordinaria.
E Shoichi, sarebbe per sempre rimasto uno Psyduck con il mal di testa?
O anche lui avrebbe presto abbracciato la sua forma di Golduck?
"Spanner... sei assolutamente sicuro di essere una persona, tu?"
Vi era un limite a ciò che Spanner poteva fare e dire come
essere umano, oltre il quale diventava impossibile giustificare le sue
azioni come semplici «passatempi e voluttuosità
annesse», come invece faceva il suo ameno coinquilino.
"Non posso essere certo della mia identità di essere umano"
ammise ruotando gli occhi "ma sono assolutamente convinto del fatto che
tu, Shoichi, sia niente più che una papera."
Ci vu un attimo di silenzio, silenzio in cui entrambi - seppur in modi
diversi - augurarono amore e serenità perpetua l'uno
all'altro.
Finita questa, nulla più li avrebbe tenuti lontani dal loro
obbiettivo: Epic Days.
"Andiamo a giocare a questo maledetto RPG, Spanner. Prima che le mie
sinapsi si sciolgano e mi colino dalle orecchie."
"Oh! Pensi sia veramente possibile una cosa del genere?" Gli occhi del
biondo ingegnere/uomo di scienza si illuminarono di sincero entusiasmo
"Perché non facciamo una prova? Ho sempre voluta vederla,
io, una sinapsi liquida!"
"Taci!" Gridò Shoichi additandolo "Adesso noi giochiamo e
punto! Anzi, mi prendo il computer che mi hai gentilmente
offerto e lo installo pure lì, così giochiamo in
due."
"Mh, ottima idea. Così sarà più
divertente..."
Il modo in cui Spanner aveva pronunciato quell'ultima frase suonava
tanto come un periodo incompiuto.
Frugolo se ne accorse, e si voltò verso di lui squadrandolo
interrogativo
"Vuoi aggiungere qualcosa?" Chiese, prudente.
"Mh?"
Ma, evidentemente, Spanner non sentiva il bisogno di aggiungere
alcunché. Sorrise, quieto, e scosse il capo.
"Bah..." Un mormorìo fu l'ultimo suono udibile, prima che i
due cominciassero a preparare il loro campo di battaglia.
*
"Hai installato?"
"Ho installato."
"Sei pronto a giocare, Shoichi?"
"Prontissimo."
"Bene."
"Bene."
Una cosa che Spanner e Shoichi avevano spesso messo da parte, nel loro
contrastato rapporto, era quel senso di intesa che li aveva resi
così uniti all'università tanto da essere
scambiati per due omosessuali ovunque andassero. Quell'intesa, quel
cenno del capo, quel gioco di sguardi così evidente che
chiunque ne rimaneva stordito e folgorato.
Ora, finalmente, avevano l'occasione per ricreare quella magica
atmosfera.
«A long time ago, in a galaxy
far, far away...»
O forse no.
"Di nuovo tu!" Strillò Shoichi paperando (?) contro lo
schermo del portatile rosso, dono di Spanner.
"Shoichi, non perderti dietro a una trombetta, pensa a giocare" gli
fece notare l'amico scuotendo il capo "ecco, guarda. Qui c'è
la schermata per scegliere il proprio personaggio."
"Eh? Dove?" Chiese lui scrutando il computer improvvisamente
più motivato. Evidentemente non vedeva l'ora di incarnarsi
in un possente guerriero palestrato armato di sega elettrica che
potesse riscattare la sua patetica persona.
"Qui, la vedi?" Spanner si sporse verso di lui indicandogli con il dito
l'opzione interessata.
"N-non starmi così vicino!" Protestò Shoichi
senza però allontanarsi da lui "O-ora me ne vado!"
"No!" Esclamò l'altro instintivamente al sentirgli
pronunciare quelle parole.
Shoichi lo fissò, senza capire.
"Spanner... ?"
"Ah, uh. Scusami." Fece lui grattandosi la testa incerto.
Shoichi spalancò gli occhi, improvvisamente.
"Sei arrossito!" Constatò toccandogli la guancia "Sei
arrossito!" Ripeté, mentre la sua esclamazione diventava
risata.
Le guance di Spanner si erano effettivamente colorate di un tenue e
pallido rosso che non era sfuggito agli occhi di Shoichi, finalmente
equipaggiati con un vecchio paio di occhiali dalla montatura viola. E
quel gaudio spontaneo che proveniva dalla sua bocca aperta in un largo
sorriso lo fece arrossire ancora di più.
E, per la prima volta, Spanner fece una cosa che non aveva mai fatto:
mentire.
"Non... non è vero." Dichiarò, per niente
convinto, distogliendo lo sguardo. Gonfiò la guancia che
Shoichi continuava a punzecchiargli con stizza infantile e
succhiò il suo leccalecca in cerca di sostegno.
Era... davvero strano.
Che cosa era quella strana sensazione che stava provando? E poi...
aveva appena mentito? Lui? E come c'era riuscito?
Il piccolo Irie Shoichi lo guardò, rapito. O meglio, lui non
era consapevole del trasporto con cui i suoi occhi stavano osservando
quella figura avvolta in un pigiama a righe bianche e nere con indosso
un cappellino nero col pon pon. Pensò solo che Spanner, in
quel momento, fosse... davvero una persona.
Fu proprio lui il primo a riprendere in mano il discorso, imbarazzato
da quel silenzio.
"Comunque!" Tossì "Forza, creiamo il nostro personaggio.
Suggerirei di riflettere con cura sulla scelta da fare, studiare bene
pro e contro di ciascuna categoria e decidere con cognizione di causa."
Il discorso che fece Shoichi era sicuramente convincente e maturo. Lui
stesso, dopo averlo fatto, arricciò il naso compiaciuto di
sé.
Peccato solo che dopo circa 3 secondi dall'aver pronunciato l'ultima
parola, un possente guerriero stellare colpì di brutto la sua
attenzione, mandando a quel paese ogni riflessione altamente
professionale prima citata.
"Oh cavoli! Ma questo guerriero è una potenza disumana!
Vediamo quanto attacco ha... NO! Non ci credo! Ma è... ok,
calma Shoichi, non lasciarti ingannare, solitamente questi pg hanno una
difesa oscenamente bassa e--- oh cazzo!
M-ma è assurdo! Ma come può avere sia attacco che
difesa così... così pro! Spanner, hai
visto? Spanner!"
Spanner era lì, che lo osservava, sorridendo divertito.
Shoichi grugnì, offeso.
"Perché non pensi a scegliere un pg anche tu, invece di star
lì a fissarmi come se fossi uno spettacolo divertente?"
"Ma tu sei uno
spettacolo divertente, Shoichi" soffocò una risatina che
avrebbe solo turbato il giovane cuore del rosso amico "e poi ho
già scelto il mio personaggio: guarda." E gli
mostrò un chiromante vestito di grigio con le orecchie a
punta e un librone in mano che ricordava tanto la Bibbia.
"Ma sei serio? Questi pg sono di supporto, Spanner!" Sbottò
quello "A chi dovresti fare da supporto, tu?"
"A te, che domande." Rispose lui con una semplicità
disarmante e un sorriso pacifico e sereno.
Effettivamente, la cosa era piuttosto strana. Spanner che supportava
Shoichi era un po' come Topolino che supporta Pippo, e a rendere il
tutto ancora più inusuale era il fatto che solitamente le
cose erano avvenute esattamente al contrario.
Con una miserabilità che ricordava il servilismo, oltretutto.
Shoichi arrossì, mischiando faccia e capelli.
"Non mentire! Tu non mi aiuti, mi maledici alle spalle!"
"Ma non è vero" gli accarezzò la testolina "ti
proteggerò dai bruti che vorranno farti a pezzi, non
preoccuparti."
Se al posto di dire «farti a pezzi» avesse detto
«farti del male», probabilmente la frase avrebbe
fatto scoppiare il piccolo cuore sincopatico di Shoichi.
Per (s)fortuna, questo non avvenne. E lui mormorò qualcosa
di indistinto e si allontanò un po' dall'amico, guardando
altrove.
"D... decidiamo un nick, dai" si aggiustò la montatura
"qualcosa che sia d'impatto, mi raccomando."
Spanner annuì.
"Io il mio l'ho già scelto. Vuoi sentire?"
"Ovvio, che domande! Allora, come ti chiami?"
Il biondo coinquilino sorrise, soddisfatto.
"«Spappop»." Disse.
Il silenzio scese sul mondo.
"Spappop."
Spanner annuì, compiaciuto.
Il silenzio scese sul sistema solare.
"Cosa... sarebbe?"
"La fusione del mio nome con i lollipop."
Il silenzio scese sulla galassia.
Shoichi rimase interdetto. Avrebbe dovuto piangere o avrebbe dovuto
ridere?
"Non ti piace?" Chiese Spanner, innocente. Povero, dopo tutta
l'inventiva dimostrata il suo amico lo liquidava così?
Che bestia.
"Oh, beh. Se ti dicessi di sì mentirei spudoratamente."
Il silenzio scese sull'universo.
"Apprezzo la tua sincerità, ma a me piace e quindi lo
tengo." Rispose Spanner, coraggioso.
Shoichi sospirò.
"Va bene, tienilo. Il mio, vediamo..."
"SHOICHI! GUARDA LÀ, C'E' SPANNERA!"
"Cosa?!? Dove??" Shoichi si voltò di scatto verso la
direzione indicata dal dito di Spanner, scrutando il nulla alla ricerca
della sua presenza "Non la vedo!"
"E' scappata, sta andando nella mia stanza per odorare le mie mutande,
anticipala, Shoichi!" Lo fissò con occhi così
spalancati che temette potessero cadergli per terra "CORRI!"
"V-v-vado! Spannera, dove sei, maledetta donna??" Shoichi
rotolò via all'inseguimento di Spannera.
La quale, ovviamente, era stata solo un pretesto per allontanare
l'amato paperotto svampito.
Perché, vi chiedete? Suvvia, ci potete arrivare da soli.
"Bene, e ora inseriamo questo nick."
«E' inutile che ti nascondi, Spannera! So benissimo che sei
qui!!»
Spanner rise.
"Shoichi, sei fantastico, riesci persino a vedere mia cugina dove non
c'è..." Portò una mano alla bocca, divertito,
mentre con l'altra scriveva il nome di battaglia del suo caro amicone.
Si sentirono dei passi strascicarsi fino al luogo da cui erano partiti.
"SPANNER, MALEDETTO!"
"Mh?" Si voltò verso Shoichi, fingendo di non capire "Non
l'hai acciuffata?"
"Non c'è nessuna Spannera qui, pezzo di asino!"
Se n'era accorto in meno del tempo del previsto, questo bisognava
riconoscerlo.
Ma ormai... era troppo tardi.
E poi, la vide.
Quella mano sul portatile.
E in un istante, realizzò ogni cosa.
"Non mi dire che..."
La sua bocca si deformò in un sorriso perverso.
"Troppo tardi, Shoichi."
Ormai era fatta, e non si poteva più tornare indietro.
"«Darkwing Duck»??!"
Shoichi si voltò verso Spanner, e lo fissò
incredulo.
"Dagli addosso, Duck!" Canzonò lui sventolando un pollice in
segno di incoraggiamento.
Bene, era tutto pronto. Spappop e Darkwing Duck avrebbero conquistato
il mondo di Epic Days.
Era il loro destino.
«Della notte
è il solo re, cercalo e vedrai, sbuca dalle tenebre e
risolve i guai... se c'è un cattivo lui, lui lo
prenderà! Darkwing Duck!»
Note
dell'autrice: finalmente l'ho finito :D evvai! Come sono
contenta ^^ beh, che dire? Godetevelo ;) ci ho messo tutta il cuore per
scriverlo eh u_u
PS: grazie
a Contenebratio, LysandaBlack e Tem per aver messo la storia nei
preferiti :D
|
Ritorna all'indice
Capitolo 32 *** Giri e girelle ***
c32
Si dice che i nerd non
abbiano una vita sociale.
Si dice che i nerd non sappiano dove si trovi la vagina nelle ragazze.
Si dice che i nerd tendano a riprodursi per gemmazione.
Si dice che i nerd non mangino verdura.
Si dice che i nerd sappiano tutto quello che le persone normali non
sanno, e che non sappiano ciò che a tutto il mondo
è
invece chiaro.
Però... c'è una cosa che i nerd possono vantare
con tutto il loro cuore.
La grande amicizia che li lega profondamente gli uni agli altri.
"Spanner, deve caderti un asteroide in testa! Deve venirti il morbillo
selvaggio! Deve crescerti la barba sotto i piedi!"
Per esempio, quella che legava indissolubilmente Shoichi e Spanner.
"Solo perché ho già completato la prima quest?"
"No! Perché mi hai messo un nome orribile, c-come pensi che
possa giocare su un gioco online quando tutti possono vedere questo
nickname ridicolo!?"
Spanner sospirò. Si avvertiva un che di piacevolmente
divertito
nel modo in cui aveva lasciato che l'aria gli fuggisse dai polmoni e
nel modo in cui si era voltato verso l'amico imprecante.
Lo fissò, sorridendo leggermente.
"E' più semplice ammettere che non sei capace di parlare con
il
sindaco della tua città per farti consegnare la mappa della
contea di Jukkyu, anziché accampare scuse ridicole, Shoichi."
Il ragazzo spalancò gli occhi nell'udire quelle parole
chiaramente beffarde a suo indirizzo.
Non sopportava di vederlo così rilassato, certe volte. Non
lo
sopportava, perché quella calma serena lo stroncava prima
ancora
che lui potesse aprire la sua boccuccia rosata e replicare in qualunque modo.
Come pretendere di accendere il fuoco sulla legna pregna di pioggia.
Era esattamente la stessa cosa.
Stessa. Cosa.
"Spanner, non è vero e tu lo sai. Tu mi hai..." Si morse il
labbro per non gridare "Mi hai... dato
il nome di una papera in maschera. Tu... t-tu non ti rendi conto di
quello che hai fatto, vero? Non percepisci il ridicolo che suscita quel
nome, vero?"
Il leccalecca si sciolse un po' di più a contatto con la sua
lingua.
"Oh. Certo che lo percepisco, altrimenti non avrebbe avuto senso farlo,
non credi?"
Logica inoppugnabile. Quando era così, Shoichi poteva solo
tacere e gridare morte
nella sua piccola testa finché essa non esplodeva con un
tonfo umidiccio.
Ed era ciò che, molto probabilmente, sarebbe avvenuto da
lì a poco.
"Perché sei sempre così... così, ah,
che strazio!
Non riesco a trovare neanche le parole!" Lo indicò, rosso in
volto per i nervi che lo stavano possedendo "E' sempre, sempre colpa tua,
Spanner!"
Il piccolo pugno sinistro si strinse fino a sbiancare le nocche,
cercando di calmare la sua furia repressa.
Spanner lo osservò senza fare una piega.
"Così simpatico,
forse?"
La simpatia era effettivamente di famiglia, in casa loro. Non c'era un
solo giorno che Spanner e Shoichi non trascorressero nella
più
profonda simpatia. Tutto, fra quelle quattro mure grigie, gridava simpatia a gran
voce.
Anche in quel momento. Soprattutto in quel momento.
"Simpatico, tu?!" Shoichi si lasciò scappare una risatina
isterica "Spanner, tu non sei simpatico. Tu sei malevolo,
è diverso."
Il povero malcapitato inarcò leggermente un sopracciglio,
fingendo stupore.
"Che cattiveria da parte tua, Shoichi. Non mi vuoi più bene?"
Sbatté le palpebre nel tentativo di sedurlo. Shoichi
distolse lo sguardo, perché ne sarebbe stato effettivamente capace.
E la cosa non andava affatto bene.
"N-non mischiare così discorsi che non hanno nessun legame,
ora!" Sbottò paonazzo. Gli occhiali avevano cominciato la
loro
lenta discesa giù per il naso sudato. Quanto tempo avrebbero
impiegato per infrangersi sul freddo pavimento?
"Il bene e la simpatia vanno a braccetto, amico mio" la patina di uomo
vissuto che Spanner era capace di ergersi intorno in certi momenti
sfiorava l'ascetismo più puro e incorrotto "se non mi reputi
simpatico, come puoi volermi bene?"
"Sai che c'è?" Fece allora Shoichi incrociando le braccia al
petto "C'è che è esattamente quello di cui tento
disperatamente di convincermi ogni santo giorno della mia esistenza!"
"Mh?"
"Non mugolare, cretino!!" Shoichi sbatté un piedino per
terra,
avvilito. Avrebbe tanto voluto farsi valere, ma povero com'era non ci
riusciva mai. E Spanner ne approfittava sempre, perché era
malevolo e buzzurro.
Eppure... i sentimenti di affetto che nutriva per quell'ameba
inespressiva avevano dell'incredibile. E forse, anche dello stupido.
"Mh. Va bene, non mugolo. Oh, un messaggio privato!"
Un puntatore a forma di spada laser si mosse verso una piccola busta
dorata comparsa nell'angolo destro dello schermo.
Shoichi sgranò gli occhi, strozzandosi con le parole avrebbe
voluto pronunciare a suo danno ma che gli erano morte instantaneamente
in gola nel momento in cui aveva sentito Spanner pronunciare quella
frase.
Fu un attimo, e la papera volò sulla pannocchia a serrargli
il braccio per impedirgli la lettura.
"Nooooo!" Gridò, scuotendo i capelli rossi "Non aprire,
vogliono solo ingannarti!"
C'era qualcosa di disperato in quelle parole, qualcosa che rendeva
chiari i secondi fini di quell'avvertimento.
Qualcosa che solleticava l'ego vellutato di Spanner, accrescendone la
stima e la fiducia in sé, ma soprattutto aumentando sempre
di
più i suoi sentimenti di varia natura che
provava per l'amico impaperato.
Quella busta non sarebbe rimasta chiusa a lungo.
"Solo se ammetti di volermi bene."
"Mai!"
"Ok, allora la apro."
"Noooo! E-e va bene! L-lo dirò, ma tu giura che non la apri!"
"Va bene, giuro." Spanner sorrise quietamente.
L'avrebbe aperta mentre lui era distratto. Sarebbe bastato dirgli di
aver intravisto Spannera nel cesto della biancheria e lui sarebbe
instantaneamente partito all'arrembaggio.
Matematico.
Con un profondo respiro, Shoichi si allontanò dal biondo
amico.
Lo fissò, mordendosi leggermente il labbro inferiore e
avvertendo una calura tropicale di ignota provenienza.
L'espressione di Spanner era vitrea, ma si intravedeva chiaramente un
lampo di sadico piacere al loro interno.
Una scintilla maligna che brillava a intermittenza, nascondendosi
dietro il cristallino e facendo capolino prima da un lato e poi
dall'altro. Era come se un omino malefico, un piccolo gnomo, fosse
celato aldilà delle sue pupille, e sbirciasse ogni tanto da
dietro la cornea per osservare quel piccolo Shoichi infervorato che
lentamente colava a picco come una bagnarola.
La sua bocca era tesa come la linea dell'orizzonte, ma lui fu certo di
scorgere un tenue tremore, in quelle labbra che cercavano di formare
una retta perfetta.
Un tremore eccitato che gli diede i brividi.
Doppiamente i brividi, quando si accorse che i primi erano tutt'altro
che spiacevoli.
Quella situazione era decisamente
pericolosa.
Soprattutto quando un vecchio amico viene a farti visita quando meno te
lo aspetti, e tu ansimi dietro la porta cercando una scusa per non
farlo entrare.
O in questo caso, uscire.
"Spanner." Shoichi cercò di racchiudere tutto il suo
coraggio in quella parola "Spanner. Ti voglio bene."
L'interessato sorrise, compostamente. Non c'era una particolare
soddisfazione in quelle labbra, solo una sottile felicità
che
avrebbe affettato ogni cosa.
Il suo sguardo perse instantaneamente quella scintilla di tenera
malvagità che lo aveva animato fino a qualche secondo prima,
e
si sciolse in graziosi frammenti brillanti. Frammenti che riflettevano
gli occhi divenuti languidi di Shoichi.
"Anche io." Rispose, e mise in quelle parole un affetto sincero, che
nessuno avrebbe potuto cogliere se non Shoichi, che si stava
liquefacendo in piedi davanti a lui.
"Non... era necessario che lo dicessi." Mormorò
nascondendosi
codardamente dietro le sue lenti "Non sai mentire, Spanner."
"Sì, non so mentire." Una nota diversa dal solito
risuonò
in quelle quattro parole, una nota che costrinse Shoichi ad alzare lo
sguardo e a fissarlo dritto nelle iridi azzurre "Questo dovrebbe essere
abbastanza per farti capire che non sto mentendo."
E coronò quelle parole con un altro sorriso, che lo
stroncò miseramente da capo a piedi, denudandolo di ogni
difesa.
"Maledizione!" Gridò Shoichi grattandosi la testa
convulsamente
"Perché sai essere così... ah, che mal di testa!"
Nascose il suo voltò fra le mani per non mostrare la sua
faccia
rossa di contentezza repressa e di tanto, tanto genuino imbarazzo.
Spanner stava godendo così tanto di quello spettacolo che
avrebbe potuto persino sputare il leccalecca che teneva in bocca e
inzuccherarsi la circolazione semplicemente guardandolo.
Ma non lo fece, ovviamente. Perché quella pucciosa
performance
doveva ancora raggiungere il suo apice, e sapeva che Shoichi era solo
all'inizio del suo percorso.
"Shoichi, perché non vieni a sederti accanto a me?
Così giochiamo insieme."
La strega cattiva gli stava offrendo una mela.
Era avvelenata?
Era finta?
Era OGM?
Non avrebbe mai potuto saperlo.
Solo una cosa appariva chiara e ineluttabile: quella mela andava accettata,
necessariamente.
"Sei bravo a far passare gli ordini per inviti, Spanner" Shoichi si
lasciò andare a un sorriso inaspettatamente divertito "va
bene,
mi siedo accanto a te. Mi è venuta voglia di fartene vedere
di
tutti i colori." Era quanto mai evidente che le sue sinapsi erano state
divorate da una volontà superiore.
La volontà della mela.
"Da quando ci conosciamo, ti risulta che ti abbia mai obbligato a fare
qualcosa?"
"Oh, non qualcosa.
Diciamo molte cose,
Spanner. Diciamo molte cose."
Spanner represse una risata divertita con la mano destra.
"Ma quelli erano scambi equivalenti, non obblighi." Ribatté,
cercando di mantenere solida la sua immagine di uomo vissuto.
"Certo. Io ti do una pepita d'oro e tu fai altrettanto" gli si
avvicinò protendendo le braccia verso di lui "poi io lucido
quel
sassolino e scopro che è pirite di fiume. E se guardo ancora
meglio mi accorgo è che solo plastica verniciata di giallo."
Gli fu davanti e lo fissò dall'alto, le braccia ora
incrociate al petto, indispettite.
"Ecco, sono questi i tuoi scambi equivalenti, Spanner."
Un riso soffocato gli scappò dalle labbra passando per la
fessura del leccalecca.
"Sei sagace, Shoichi." Si complimentò con lui "Per essere
una papera."
Fu un istante, e Shoichi gli saltò addosso con foga, mirando
al suo ricciolo ribelle.
"Ora te la strappo, quella maledetta
girella!" Berciò affondando le dita nei suoi
capelli biondi e tirando con tutte le forze.
"Ahi, Sho--- mi fai male!" Protestò lui sul punto di
scoppiare a
ridere, con conseguente ingerimento di leccalecca e bastoncino annesso
"Smettila, santo cielo! Ahi, Shoichi! Cos-- no, non tirare, mi fai
male! Ahi!"
"No! Adesso te lo strappo e lo brucio nel camino!"
"Ma noi non ce l'abbiamo, il camino!"
"E allora lo affittiamo, non mi importa!"
La lotta andò avanti per alcuni minuti, e vi lascio
immaginare come sia finita.
Intanto, noi spostiamo la nostra attenzione in un altro luogo.
Si cambia continente, gente! Destinazione... America!
*
Seduta
su una grande poltrona girevole in pelle di ghepardo, una donna
scrutava i tetti di New York con espressione insoddisfatta.
Vi è mancata, vero?
"Albert. Avevo chiesto un
succo di granoturco, minuti orsono. Non è ancora arrivato,
sai dirmi il perché?"
"No, Miss Brandenbeltafron."
"Albert, sei inutile." Replicò la donna scacciandolo con un
rapido gesto della mano "Adesso vai via, devo tramare vendetta."
"Come desidera, Miss Brandenbeltafron."
L'uomo scomparve in una nube di fumo, lasciando zia Spanny sola con i
suoi pensieri.
Irie Shoichi.
Così si chiama l'uomo che ha traviato mio nipote.
Si morse il labbro. Avrebbe pagato, se l'era ripromesso. Ma doveva
essere una vendetta perfetta e crudele, come si conveniva a una donna
del suo calibro.
La presidentessa della Bolt Corporation, la più grande
azienda di componenti meccanici del mondo.
Corteggiata da migliaia di uomini ricchi sfondati e incalliti evasori
fiscali.
Venerata da ogni meccanico del pianeta.
Tranne uno... suo nipote. Ma questa, signori, è un'altra
storia.
Si morse il labbro, ancora. La tensione le stava divorando il cervello
impedendole di ragionare lucidamente.
Pose le mani sui bracci della poltrona, stringendoli con forza.
Rannicchiò le gambe fasciate in una minigonna a spacco e le
portò allo stomaco, appallottolandosi. Gli stivali col tacco
a spillo si diedero la spinta iniziale e lei cominciò a
girare, girare e girare. Il mondo si faceva improvvisamente meno
pragmatico quando in groppa alla sua poltrona si divertiva a ruotare su
se stessa.
"Ah... ora mi sento meglio." Sospirò di piacere e chiuse gli
occhi, cercando di riprendere in mano il flusso dei suoi pensieri.
Ma sfortunatamente, quella condizione era fin troppo divertente. E
decise che avrebbe potuto pensare dopo
a una vendetta adeguata e nel frattempo godersi quell'effimero sollazzo.
Una figura, tuttavia, apparve all'improvviso al centro della stanza
recando con sé un telefono.
"Miss Brandenbeltafron." Disse "Il signor Narvalo è in linea
e desidera parlarvi."
Zia Spanny non interruppe il suo giro.
"Davvero? Digli che sto lavorando al Resurrettore e non posso
rispondere."
Qualcuno berciò dall'altra parte della cornetta.
«VOOOOOOI! Testa di cazzo, so benissimo che stai girando su
quella poltrona di merda, la sento cigolare persino da qui! Non
mentire!»
La donna sospirò, afflitta. Perché non la
lasciavano in pace? Perché uno come Narvalo la stava
disturbando?
Tese una mano per afferrare il telefono al volo e se lo
portò all'orecchio, strafottente.
"Che vuoi?" Disse, semplicemente.
Ci fu un momento di silenzio, in cui zia Spanny sperò che il
suo interlocutore fosse morto di qualcosa.
Ma le sue speranze vennero infrante quando l'uomo dai lunghi capelli
bianchi cominciò una frase molto, molto interessante.
"Zanzara mi ha detto che ha trovato il modo perfetto per compiere la
tua vendetta, ma in cambio vuole che Irie Shoichi lavori per lui."
Quelle parole ebbero lo stesso effetto di una cannonata. Spanny
incurvò le labbra in un sorriso appena accennato e pose il
tacco sinistro sul pavimento, per fermare il suo giro.
"Dì al tuo capo che non è necessario: ho appena
escogitato il modo perfetto per punire quel ragazzetto efebico."
Seguì a quell'affermazione una potente e plateale risata,
che scosse le fondamente del suo ufficio da cima a fondo.
Che cosa aveva in mente, la zia Spanny? E cosa Zanzara? Potranno avere
mai pace, Shoichi e Spanner? Lo sapremo nella prossima puntata.
Forse.
See ya!
Note dell'autrice: capitolo
di passaggio, se non vi piace insultatemi pure aehm. E' destino che
questi due non possano mai vivere sereni. Cioè, Spanner
è sereno, Shoichi no xD
Ringrazio come sempre tutti, non ho il tempo di farlo singolarmente
quindi scusatemi :( e scusate il ritardo >_> (e
l'aggiornamento quotidiano andò a farsi fottere :D)
|
Ritorna all'indice
Capitolo 33 *** Couch x Ouch ***
c33
Di nuovo, per Eiko, non affetto.
<3
~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~
"Tu! Avevi promesso che non l'avresti aperta!"
"L'aggressione al mio ricciolo non era prevista, Shoichi."
Spanner si stava apprestando a leggere il messaggio privato che gli era
giunto su Epic Days, con gran disappunto e stizza di Shoichi, che
sedeva accanto a lui e che lo stava fissando con un'espressione colma
di rancore.
"E' colpa tua, che mi provochi sempre!" Gracchiò l'altro
atteggiandosi a megera "Io non sono una persona violenta, ma con te
è impossibile stare calmi!"
Era vero, Shoichi non era una persona violenta.
Semplicemente tendeva all'isterismo, e la sua mente si
riempiva
di pensieri senza senso, e soffriva di lancinanti dolori alla testa nel
bel mezzo della notte, e sognava spesso Spanner mentre lo immergeva in
un liquido verdastro, e si sentiva inudito e messo da parte, e si
aggrappava al suo coinquilino come una cozza fa con il suo scoglio, ed
era allergico all'ironia degli altri, in particolare quella delle
chiavi inglesi, e tendeva spesso all'impotenza anche quando lavorava da solo, e
batteva i piedi quando veniva ignorato, e aveva cercato di strappare a
Spanner il suo prezioso boccolo puccioso.
Ma non era una persona violenta.
"E' vero, non sei una persona violenta. Sei una papera violenta."
"Prova a ripeterlo!" Agitò un pugno dichiarandogli aperta
ostilità e digrignando i denti in un ringhio tutto
fuorché minaccioso "Ripetilo e giuro che ti picchio,
Spanner!"
"Ecco, visto? Sei violento, Shoichi." Lo fissò dritto negli
occhi "Violentissimo."
Aggiuse poi con aria vagamente solenne.
Le loro facce erano così vicine che Shoichi poté
sentire
l'aroma di fragola inebriargli il cervello e per un attimo
sentì
l'impellente bisogno di staccargli la testa a morsi. Ma furono solo
pochi istanti, e il suo bel viso si tinse di rosso, come sempre.
Spanner sorrise, compiaciuto del suo immenso potere.
Poi, con grazia, fece una lieve pressione sul paddino del portatile e
la busta dorata sullo schermo rivelò il suo selvaggio
contenuto.
Shoichi balzò all'indietro rotolando giù dal
divano e
sbattendo la testa a terra. Gli occhiali gli saltarono via dal naso e
andarono a finire dentro un piccolo vaso di terra che fortunatamente si
trovava lì nei paraggi (?). I pantaloni del pigiama si erano
impigliati per un attimo a una sporgenza del sofà,
denunadolo
parzialmente alla fine della caduta. Piccole papere cominciarono allora
a girargli intorno, starnazzando.
Il biondo individuo ammirò dal profondo del cuore quel
ruzzolamento improvviso, chiedendosi quali leggi della fisica avesse
sovvertito l'amico per compiere quella mirabile giravolta.
"Come ci sei riuscito?" Chiese con voce colma di emozione, affacciando
da sopra lo schienale.
Ma tutto ciò che vide fu il corpo inerme di un uomo che
spudoratamente offriva al mondo lo spettacolo delle sue mutande gialle,
in silenzio.
Svenuto, presumibilmente.
O morto, forse.
Le X che aveva al posto degli occhi non erano facilmente interpretabili.
Di certo però non significava che, solo perché
avesse ben due ics sulla
faccia, era canditato al decimo posto di qualcosa. Ma
è meglio precisare, perché le zanzare in estate
sono più feroci del solito.
Spanner osservò la carcassa di Shoichi per alcuni secondi,
cercando di trarne qualche informazione.
Ma tutto ciò che desunse era che l'amico non era portato per
gli
sport, preferendo a essi il più salutare e tranquillo gioco dell'oca.
E lui faceva il dado. Il dado che gli dava sempre i numeri sbagliati,
quelli che lo facevano cadere nelle trappole.
Poi Shoichi si stufava di lanciare quel dado difettosso e si lanciava
da solo, un po' ovunque, come in quel momento.
E finiva per darli lui, i numeri.
"Shoichi?" Chiamò, vago. Nessuno rispose.
Spanner sospirò, rassegnato. Era meglio lasciarlo riposare,
dopotutto.
E per distrarsi, cominciò a leggere il contenuto del
messaggio privato che gli aveva mandato una certa S3fhy e che adesso
sostava con il suo pg «infermiera sexy» davanti al
grinch grigio che rispondeva al nome di Spappop.
«hey,
spappop-kun. mi sembri un
tipo forte e determinato, il tuo nome è come un grido di
battaglia, sento il potere scorrerti nel sangue <3 ti va di
expare
con me? ho bisogno di qualcuno che mi protegga dai mob della caverna di
Plato, sai... >_> è un posto pericolosissimo!
e con te...
beh, credo che mi sentirei più al sicuro.
allora, vieni?
*-*»
Spanner scosse il capo, divertito.
«Cara S3fhy, ti
ringrazio molto
per il tuo invito. Purtroppo adesso devo dar da mangiare ai polli, sai,
vivo in una piccola fattoria alle falde del Kilimangiaro e giusto ora
una delle mie papere è svenuta sul pavimento.
Però se
aspetti qualche minuto penso che potrò venire a
expare con
te. Mi aspetterai?»
L'infermiera sullo schermo fece qualche passo verso il
chiromante spaziale. Poi cominciò ad agitare la siringa
gigante
che teneva fra le mani, senza però arrecargli alcun danno.
Smise
di colpo e si mise a girargli intorno, una, due, tre volte,
finché non si fermò nuovo davanti a lui.
Un'altra busta gialla era apparsa sullo schermo e Spanner, perplesso,
la aprì.
«va bene :D ti
aspetto! non
metterci troppo, altrimenti ci sarà troppa gente e non
potrò droppare i cerotti volanti dei servi del male
ç_ç»
Era tutto inaspettatamente molto esilarante. E lui voleva
condividere quell'esilio (?) con Shoichi, a tutti i costi.
Si alzò dunque dal divano, posando con cura il portatile sul
cuscino. Fece il giro largo e quando gli fu accanto gli diede un calcio
sul fianco sinistro, per farlo rinvenire.
"Shoichi, sveglia, dobbiamo andare a..." Si fermò a
riflettere,
un piede sul suo stomaco "... Non ho ben capito dove dobbiamo andare,
ma non fa niente. Coraggio, rinvieni."
Continuò ripetutamente a percuotere il fianco di Shoichi,
che si
agitava nel delirio cercando di riportare la propria coscienza alla
realtà.
Ma non ci riuscì, con disappunto dell'uomo di scienza
lì accanto.
Il quale si risolse di passare a forme più estreme di
violenza.
Dovete sapere che Shoichi possedeva una zona molto sensibile al
contatto, che coincideva con i lobi delle orecchie. Quei piccoli e
teneri pezzi di carne erano inaspettatamente delicati e il minimo tocco
gli provocava delle impercettibili palpitazioni. Spanner lo aveva
imparato a sue spese (spese di Shoichi ovviamente), e nonostante non
avesse mai voluto approfittarne, stavolta non si sarebbe trattenuto.
La causa per la quale stava operando era nobile, più nobile
del
rispetto che aveva sempre nutrito per le orecchie del frugoletto
lì in coma.
Si inginocchiò accanto a lui, e avvicinò la sua
bocca al
suo viso. Gli fu così vicino che quasi avrebbe potuto
baciarlo,
giusto per vederlo sclerare dopo,
ma preferì passare subito al sodo.
Con un singolo, rapido movimento della mascella strinse il piccolo lobo
rosa fra i denti.
Una scossa elettrica folgorò Shoichi, che sbarrò
gli
occhi come evocato dall'Ade ed emise un verso colmo di paura e
sorpresa.
"A~ahwyuuughhh!!!"
"Ciao, Shoichi."
"Sp-- awwaargh!" I brividi continuavano a percorrere la sua schiena,
lasciandogli appena il tempo di biascicare una sillaba o due "Brrrrrr!"
"Bene, vado a scrivere a Sefhy che stiamo arrivando." Si
issò
sulle ginocchia e si diresse verso il computer, mentre Shoichi lo
fissava fuori di sé. Tese una mano nel tentativo di
fermarlo, ma
non ci riuscì. Il braccio ricadde sul parquet con un tonfo,
e si
fece pure male.
Gridò di dolore.
«S3fhy, la mia
papera è appena rinvenuta. Ha un pg anche lei,
può unirsi a noi?»
"Sp... Span... c-cosa stai... stai s... oooff" il frugoletto, con una
forza che gli veniva tutta dalla disperazione, si era intanto issato in
piedi, tremante.
"Scrivo a Sefhy che andiamo a expare."
Silenzio.
"Cosa hai detto?" Il ragazzo si animò della
lucidità che
sopraggiunge quando il mondo sembra girare al contrario giusto per
farti uscire di senno. Non sarebbe durata a lungo, ma forse sarebbe
riuscito a capire qualcosa.
Forse.
"Che andiamo ad accumulare punti esperienza insieme. Sai, quelle cose
tipo salire di livello, armarsi fino ai denti..."
"Spanner." La voce calma e gelida di Shoichi interruppe il suo flusso
di parole.
"Mh?"
"Chi. E'. Sefhy."
"E' una domanda o una constatazione?"
"Tu lo sai che cosa è."
Busta gialla nell'angolo dello schermo.
"No che non lo so. Oh, un altro messaggio. Vediamo..."
«uhuh xDD sei
troppo lol, spappop-kun! certo, una papera fa sempre comodo! xD
uhuh!»
"Questa Sefhy ha appena detto una cosa molto vera."
Commentò Spanner con un sorrisetto compiaciuto.
Si voltò a fissare Shoichi, colmo di affetto.
Adorabile paperotta rossa.
"Dunque è una lei... capisco, Spanner. Anche per te
è giunto il momento."
"Mh? Di cosa?" E nel frattempo le sue mani danzavano sulla tastiera,
componendo un messaggio di assenso.
"Ti sei innamorato!" Strillò Shoichi di colpo indicandolo
sconvolto "C-come hai potuto?!"
"Mh? Di cosa?"
Il messaggio era stato completato e spedito celermente.
«La pensiamo
allo stesso modo, mi fa piacere. Solo un momento e la faccio collegare,
va bene?»
"Non riciclare le frasi solo perché ti fa comodo!!"
Sentiva che la lucidità gli stava scivolando via dalle dita
sottili e che presto sarebbe sparita in una fessura del pavimento,
lasciandolo freddo e indifeso contro la follia aliena di Spanner.
"Mh. Shoichi, andiamo." Disse semplicemente, e col dito
indicò il posto vuoto accanto a lui.
Voleva la sua compagnia, e lo stava chiamando.
"DOVE?!" Berciò quello al limite della sua
razionalità "Perché non mi rispondi, Spanner?!"
"Uh... bello."
Silenzio.
"... Eh?"
Shoichi lo fissò senza capire. Non che fino a quel momento
avesse capito qualcosa, ma stavolta era certo che quello che avesse
appena detto Spanner era completamente
privo di senso.
Messaggio.
«certo ^^
però sbrigatevi, sta per buttarsi la folla! O.o»
Spanner si voltò verso Shoichi, muto.
"Shoichi, giochiamo."
Qualcosa si incrinò. Un neurone esplose, e dopo di lui un
altro, e poi un altro ancora.
Sangue colò dal naso di Shoichi, che impotente fissava
Spanner.
Le cose non erano mai state così folli.
*
"E poi, e poi, sapete? Mi ha
afferrato le spalle e mi ha detto che mi amava!"
"No, ma dai! E tu che gli hai detto?"
"Ahah, volete saperlo eh? Eeeh, e io-non-ve-lo-di-co! Bleew!"
"Jess, sei cattiva! ~ Anche noi vogliamo sapere, non tenerci sulle
spine!"
"E invece sì! Oh, ma quello non è... Bob!"
Un ragazzotto tarchiato ed efebico sedeva a un bar, divorando biscotti
al cioccolato con espressione assente. Si voltò lentamente
verso
il marciapiede opposto quando si sentì chiamare da una voce
femminile.
Vide una ragazza anoressica che, circondata da un branco di amiche
più anoressiche di lei, lo salutava allegramente.
Oh, sta attraversando la strada
per venire qui, pensò mentre Jess zampettava
qua e là cercando di passare con il rosso.
Inclinò un poco lo sguardo vestro destra, e intravide con la
coda dell'occhio un camion che si stava avvcinando a gran
velocità.
Sorrise appena, e tornò a ingozzarsi di dolci come se nulla
fosse.
Jess gonfiò le guance, indispettita. Perché non
si
sbracciava anche lui? Perché non correva a salutarla come
fosse
il suo angelo? Perché?!
Guardò di sottecchi le sue amiche, che la fissavano
perplesse.
Ne va della mia
reputazione!, gridò nella sua piccola testa
biondiccia.
"Ah... ahah! S-sicuramente non mi ha riconosciuta! Beh è
ovvio, oggi sono persino più bella del solito!"
Nessuno rise alla sua affermazione, e nessuno mutò
espressione.
"Jess..." Azzardò una delle sue amiche "Sei sicura di
conoscere quel... coso
flaccido?"
Un moto di disgusto impregnò le sue ultime parole, quasi
stesse parlando di una bestia piuttosto che di un essere umano.
Jess la corresse con un piccolo colpo di tosse.
"Sicurissima, non posso sbagliarmi. Sicuramente non riesce a vedermi
bene da qui, non c'è..." Si voltò verso Bob, e
notò con improvviso orrore che si era alzato dalla sua sedia
e
che stava per allontanarsi da lì "... altraspiegazione
fermooooo!"
Spannera si lanciò nella strada, coraggiosa, con divino
tempismo. Il camion passò, incurante dell'esile figura che
gli si
era parata innanzi.
Le sue amiche strillarono di febbrile terrore, tremando come in preda a
qualche strano tipo di orgasmo di gruppo.
Bob osservò dall'altra della strada la scena, e
ringraziò mentalmente chiunque fosse alla guida di quel
veicolo.
I passanti si fermarono per assistere a quello che sarebbe stato uno
dei tanti incidenti della mattina, sperando che non durasse troppo a
lungo e chiedendosi mentalmente se dopo avessero avuto il tempo di
prendere un caffé.
Jess si voltò verso l'uomo che stava per investirla e gli
lanciò uno sguardo interrogativo, poi stupito e infine
inorridito.
Non posso morire! Non
prima che Bob mi abbia salutata!
Le motivazioni che animavano in quel momento la mente di
Spannera erano senza dubbio pure e limpide come uno specchio d'acqua.
Ma c'era dell'altro, racchiuso in quel piccolo cuore.
Una figura bionda che la osservava senza particolare interesse - o
forse sì? - e che sembrava trovare più piacere
nel tenere
alti nella mano un paio di occhiali grandi quanto due pannelli solari
mentre un ragazzo rossiccio gli saltellava intorno, cercando di
raggiungerli.
Quel ragazzo... lei lo conosceva bene.
Una stizza infuocata le annebbiò il cervello, costringendola
a concentrarsi su quello che le stava accadendo.
Non c'era più Bob, in quella minuscola scatola cranica. Ora
era Irie Shoichi il protagonista del suo film mentale.
Il suo rivale in amore.
E capì che non sarebbe stato lo scontro con un camion a 60
chilometri orari a metterla fuori gioco.
"Ehi, tu!" Gridò puntandogli contro un indice minaccioso
"Fermati subito, tu non sai chi sono io!"
Il camion ovviamente non si fermò, anzi, qualcuno
giurò di averlo visto accelerare quasi
impercettibilmente.
Evidentemente non lo sa
davvero.
"Jess!" Pigolarono in coro le amiche.
Ma ricordiamoci di chi era figlia Spannera. Lei aveva... i mezzi, e proprio
per questo motivo niente l'avrebbe uccisa.
Niente.
Fu la prontezza di spirito a salvarla da una fine certa e dolorosa. Si
accorse, infatti, che il corpo del camion era molto alto e cinquanta
centimetri buoni lo separavano dall'asfalto - ovviamente se si
escludevano le ruote - .
E lei era magra, magrissima.
E piatta, ammise dopo qualche secondo. A denti stretti.
Con un piccolo tuffò si lanciò sotto il veicolo
in corsa, che le passò sopra senza farle un solo graffio.
Nonostante fosse magra e piatta, bisognava riconoscere che aveva un culo mostruoso.
Il camion frenò qualche metro più avanti, e un
vecchietto
trafelato riversò tutto il suo cordoglio sulla povera (?)
vittima.
"Signorina, signorina!" Gridò disperato cascando
giù dal
sedile "S-- ahi! S-signorina, sta bene??" Si alzò in fretta
dall'asfalto non ancora rovente e corse verso Jess, mortificato.
"JESS!!!" Gridarono le amiche precipitandosi verso di lei "Jess, va
tutto bene? Sei ferita?"
La stoica donzella si alzò, perfettamente integra.
"Ragazze, sto benissimo. Non dovete preoccuparvi!" Scoppiò
in
una gloriosa risata che avrebbe dovuto, secondo lei, lavare l'onta
subita da Bob.
Il quale, deluso dal mancato decesso, schiocchò la lingua
con disappunto e se andò.
Spannera lo osservò allontanarsi, incredula. Come aveva
potuto? Come aveva osato, quel... maledetto!
Per fortuna, però, sembrava che le sue amiche avessero
dimenticato lo spiacevole malinteso di prima e che fossero
più
concentrate sull'incidente appena sventato.
Ingoiò pertanto il rospo, ripromettendosi vendetta in un
secondo momento - tanto lei sapeva dove
trovarlo - , e concentrandosi piuttosto sulla popolarità che
aveva appena conquistato con il suo coraggioso gesto.
"Jess, sei stata fantastica!" Gracchiò Felicia, la
più
grande fra le amiche di lei "Io non sarei mai riuscita a lanciarmi
sotto un camion in corsa! Sarà tutta la danza classica che
hai
fatto da piccola!"
"Oh beh, che vuoi farci? Quando si è atletiche e
leggiadre..."
Si grattò al testa, sicura di sé, mentre il suo
petto
pianuroso si gonfiava di infantile orgoglio.
"Jess, Jess, potresti rifarlo? Non sono riuscita a scattarti una foto
come si deve!"
"Coooosa!? Abby! E adesso io cosa metto sullo status di Facebook?"
L'amica affondò nella vergogna, stringendo a sé
il suo
piccolo telefonino grigio. Si sentiva indegna di stare al cospetto di
Jess, dopo quello che aveva fatto.
Anzi, dopo quello che non
aveva fatto.
Ma quella ragazza bionda, dal nome così impronunciabile,
sapeva anche sorridere e perdonare.
Le posò una mano sulla spalle e scosse il capo.
"M-mi dispiace" mormorò la ragazzina sull'orlo di una crisi
di pianto.
"Non fa niente Abby. Ci sarà una prossima volta,
sicuramente. E
sarà ancora più spettacolare di questa, promesso."
Abby alzò lo sguardo fino a incontrare gli occhi marroni di
lei.
"P... promesso?"
Spannera annuì, serena.
Poi, si strinsero in un abbraccio sincero e affettuoso.
Ahah, bella questa.
"Ehi, Jess!" Strepitò un'altra amica - l'ultima, per nostra
fortuna - agitando le braccia sottili con entusiasmo "L'hai visto anche
tu, vero? Vero?"
"Cosa, Columbine?" Chiese lei pacatamente, sentendo ancora l'influsso
della patina da donna vissuta che si era costruita addosso.
"Il film, Jess! Quel filmino mentale che... sì insomma,
quello
che vedono tutti quelli che stanno per morire! L'hai visto anche tu,
vero?"
La perse in un istante.
"Sììììì! E'
stato spettacolare, Bin!
Ho rivisto la mia vita in un lampo, troppo figo!" Allargò la
bocca in uno spasmo eccitato e le prese la mani per condividere con
l'amica la gioia del filmino.
"E cosa hai visto? Cosa hai visto?"
"Ho visto...!"
Irie Shoichi?
Jess tacque, perplessa. L'ultima cosa che aveva visto
chiaramente era stata proprio la sagoma di quel nerd di merda. Ma
come avrebbe dovuto spiegarlo alle sue esuberanti amiche?
Bin la guardò, con gli occhi che mandavano lampi verdi a
intermittenza.
"Ehm." Fece lei, lasciandole le mani "Ehm... n-niente di importante!
Ahah! Davvero, non è niente che valga la pena di raccontare!"
L'amica la fissò, leggermente confusa.
"Jess?" Azzardò, non molto convinta di quelle parole.
Per fortuna, il vecchietto camionista venne involontariamente in suo
soccorso.
"La ragazza sarà sconvolta per l'incidente! La prego, mi
permetta di accompagnarla all'ospedale!"
"A-all'ospedale?" Un leggero tremore le uscì dalle labbra,
tremore si affrettò a nascondere con una risata gradassa
"AHAHAHA! Non ne ho bisogno, tante grazie!"
Spannera aveva una fottuta paura degli ospedali, per sua sfortuna. Per
questo il destino le aveva infuso dentro una salute di ferro e una
fortuna fuori dal comune.
Un destino di nome mamma.
"Sei sicura, Jess? Mi sembri palliduccia..." Bin non sembrava molto
convinta.
"Jess, santo cielo, come sei stoica!"
Abby adorava pronunciare parole di cui sapeva appena il significato.
"Ovvio, Jess è un'atleta!" Felicia credeva davvero che Jess
avesse una costituzione d'acciaio inossidabile.
"R-ragazze..." Spannera si voltò verso di loro, commossa.
Com'era bello avere delle amiche!
Ma soprattutto... si stupì molto nel pensare, in un
minuscolo angolino della sua mente, che forse anche l'avere
un rivale, tutto sommato, in fin dei conti, dopotutto, era una bella
cosa.
Spannera, la cui materia grigia costituiva solo il 2% della sua intera
persona, non comprese il motivo di quel pensiero.
E, come con tutte le altre che non aveva capito nel corso della sua
giovane vita - ed erano, bisogna dirlo, davvero tante - si
limitò ad archiviarlo in un anfratto solitario a
metà fra il cervelletto e la clavicola, dove era sicura che
niente e nessuno l'avrebbe mai raggiunto.
Note dell'autrice:
devo ammetterlo, mi sono innamorata del personaggio di Spannera.
All'inizio la mia idea era quella di gettare nella mischia niente
più che una cavia per tirare fuori qualche situazione
imbarazzante, ma... voi me l'aveve fatta amare, mannaggia
ç_ç e adesso non posso sottrarmi dal farla
ricomparire sulla scena :D spero che non dispiaccia a nessuno.
Come forse avrete
notato, ho provato a donare a questa povera anima un minimo di spessore
psicologico (sì, lo so che state ridendo fragorosamente alle
mie spalle in questo momento), visto che anche da una senzaCervello
(:D) può nascere qualcosa di divertente.
Ah, e vi do un consiglio. Se avete notato o intuito qualcosa in questo
capitolo, qualunque essa sia, beh... avete ragione.
Qualcosa c'è. Non
siete voi che vi fate i viaggi mentali u_ù chi ha occhi per
intendere intenda *balla*
Adesso, dedichiamoci ai ringraziamenti. Che non servono a nulla
perché la mia gratitudine vi scivola addosso come acqua
sulla cera (?), lo so, lo sento.
e__e
Un grazie speciale va a:
Nagipon, che mi stima (una lira) e mi supporta sempre
<3; iMato,
con cui è un piacere parlare e di cui apprezzo il sagace
umorismo (:D); Seki,
perché commenta ogni capitolo e mi fa tanto contenta :); Tsubasari, il
piccolo genio u_u; Contenebratio
perché... perché sì <3;
E un grazie sincero a
tutti quelli che leggono e che seguono e che preferiscono,
perché siete davvero tanti. :)
PS: non ho citato Eiko perché... beh, il
capitolo è per lei, serve aggiungere altro?
Bene, il mio sproloquio è finito. Andate in pace.
PPS: questo
capitolo è stato un colpo di fortuna, non mi aspettavo di
poterlo pubblicare. Beh, meglio così ( °3°) ~
:D
|
Ritorna all'indice
Capitolo 34 *** Papere sull'orlo di una crisi di nervi ***
c34
«spappop-kun,
dietro di te!!!1»
«Sefhy,
un cervo volante sta per saltarti addosso, stai attenta.»
«ma
quale cervo volante??»
«Non
avevi detto che ti servivavo... ah. Forse erano i cerotti volanti dei
servi del male?»
«sì,
esat»
Un mostro non meglio identificabile come una tartaruga ninja immersa
nella pece sollevò la sua ascia tentando di colpire
l'infermiera
sexy di fronte a lui, in un magro tentativo di abbordaggio -
così pensò Spanner - che si risolse con una
puntura nel
sedere da parte di quest'ultima.
«Tutto
bene?»
«alla
grande»
L'infermiera sexy raccolse il cerotto volante che aveva lasciato il
servo del male dopo la sua disfatta.
«ahahahahaha
preso!!»
«Buon per te.
Darkwing Duck, tutto bene? Perché ti sei nascosto dietro una
roccia?»
Il guerriero sudaticcio non rispose.
Lo fece la papera che lo ruolava, però.
"Spanner, non chiamarmi! Non devi chiamarmi! Non con la chat pubblica
almeno! P-per favore!"
"Ma non c'è niente di male nel chiamarsi come un'eroe
mascherato" Replicò Spanner pacatamente "a me piace."
Shoichi si morse il labbro per trattenere il solito e patetico fremito
di rabbia.
"Certo, l'hai scelto tu appositamente per deridermi! Perché
sei... sei..."
Sentì una mano poggiarsi sulle sue spalle e non ebbe bisogno
neanche di guardarlo negli occhi, per sapere che espressione avesse.
I suoi movimenti parlavano per lui, ormai l'aveva capito da tempo.
"Shoichi, non ti preoccupare." Disse semplicemente, scuotendo il capo.
"Ti rendi conto, vero, che quello che dici non ha il MINIMO senso?"
"Mh? Perché dici così?"
Shoichi si chiese quanto valesse la pena di rispondergli. In fondo,
quelle conversazioni di fatto non portavano mai a nulla di concreto,
visto che seguivano sempre lo stesso schema:
- Spanner fa qualcosa di dispettoso nei suoi confronti;
- Shoichi si ribella e comincia ad atteggiarsi a megera con gran
sollazzo del di lui inquilino;
- Spanner ribatte con calma flemmatica pronunciando una frase che
apparentemente non ha senso, e attentamente neppure;
- Shoichi smarrisce il ben dell'intelletto nel tentativo di capire
l'incapibile;
- Spanner si stufa e fa altro, lasciandolo lì sul punto di
implodere;
Erano al... terzo punto. Lui doveva impedire a se stesso che il quarto
prendesse forma.
"Lascia stare, Spanner. Guarda, Sefhy
ti sta chiamando!" Un sorriso inquietante apparve sulla
sua bocca quando pronunciò il nickname dell'utente.
"Ho visto, ho visto" le dita di Spanner cominciarono a scrivere un
altro messaggio rivolto alla gentile crocerossina, la quale aveva
cominciato a saltare addosso a tutti i servi del male che le passavano
accanto.
E sembrava divertirsi un mondo, oltretutto.
«S3fhy, il mio
compagno dice per lui questa è robetta, vorrebbe andare da
qualche altra parte.»
"Spanner! Non è vero, che cavolo dici??"
Shoichi prese il polso di Spanner e glielo strinse debolmente, nel
tentativo fallito in partenza di fermarlo.
Doveva provarci lo stesso però, ne andava del suo onore.
Il coinquilino si voltò verso di lui e fece qualcosa che
sembrava, molto alla lontana, una specie di occhiolino.
Probabilmente gli era entrata una pulce nell'occhio. O forse un cervo
volante. Fatto sta che, in quel momento, ammiccare era l'ultima cosa
che Spanner avrebbe dovuto fare.
L'ultima. Prima veniva la lunga serie di scuse che Shoichi avrebbe
voluto e dovuto ricevere da lui entro la mezza età.
Povero illuso.
"Lo faccio per poter rimanere da soli. Non vuoi?"
C'era qualcosa di simile alla seduzione in quelle iridi piatte e
stanche di vivere, notò Shoichi degluendo saliva inesistente.
Qualcosa di... irresistibilmente invitante.
Era dunque questo... il potere degli OGM?
Spanner si sporse un po' verso di lui, fissandolo dritto negli occhi.
Un muro di vetro impediva loro di fondersi l'uno dentro l'altro in un
vortice di passione e follia, niente più che un paio di
lenti.
Spesse, certo, ma solo lenti.
"Non vuoi?" Ripeté, lascivo.
Ma dove cavolo ha
imparato a essere così maledettamente provocante?!
Shoichi era un debole, lo era sempre stato nella vita. A
complicare le cose in quel momento, però, c'erano ben due
fattori.
Il primo di questi era la totale immunodeficienza al gene Spanner, che
comprendeva con ragionevole certezza tutta la sua famiglia fin dalle
origini delle origini.
Il secondo di questi era la verginità che lo
contraddistingueva
dal quel lontano 3 Dicembre di tanti anni fa e che non l'aveva mai
abbandonato. MAI.
A questi due se ne poteva poi aggiungere un terzo, che riguardava la
gelosia nei confronti di qualunque altro essere vivente che era vicino
a Spanner e che sembrava sempre passarsela meglio di lui.
Non è che sembrava, di fatto era così. Ma
ingannarsi da soli non costava niente, dopotutto.
"N-non starmi così vicino!" Sbottò allontanandosi
da lui
quanto bastava da non sentire l'odore di fragola proveniente dalla sua
bocca "S... se vuoi che andiamo da un'altra parte d-dillo e basta,
senza tanti giri di parole!"
Spanner lo fissò, divertito. Era troppo, troppo semplice
metterlo sotto. Si chiese per quanto ancora ci avrebbe trovato gusto,
nel prenderlo in giro.
Poi lo vide aggiustarsi gli occhiali scuotendo la testa a destra e a
manca, mormorando frasi sconnesse in cui c'era sempre uno
«Spanner» di troppo, e sorrise.
No, non si sarebbe mai stancato di burlarsi di lui. Neanche fra un
milione di anni, neanche incarnandosi in cento, mille corpi. Qualunque
fosse la loro vita, il loro mondo, il loro universo, lui non l'avrebbe
mai lasciato.
Perché era immensamente piacevole e gratificante stare con
lui,
anche solo per il gusto di vederlo andare fuori di matto, totalmente
incapace di darsi qualcosa di lontanamente simile a un contegno.
Era davvero bella la vita. Prima di conoscerlo, non l'aveva mai
apprezzata così tanto, non aveva mai sentito quella
scintilla
che spinge le persone ad alzarsi ogni mattina, perché sanno
di
dover fare qualcosa di bello, importante o semplicemente necessario.
Glielo doveva, sicuramente glielo doveva: perché mai nessun
robot lo avrebbe sollazzato fino a quel punto, nessun robot gli avrebbe
mai riempito la vita come faceva lui.
Lo sguardo di Spanner si colmò lentamente di un sentimento
molto
simile alla gratitudine, sentimento che però non venne
esternato
e che rimase solo nella sua testa biondosa.
"Andiamo da un'altra parte, allora." Disse, riportando l'attenzione
sulla schermata di Epic Days. Shoichi lo fissò confuso, ma
non
disse nulla. Per una volta sentiva che la sua salute mentale non era a
rischio, quindi... perché sprecare energie?
La busta dorata che annunciava l'arrivo di un messaggio privato si era
intanto materializzata nell'angolo dello schermo, con l'unica
differenza che stavolta non si trattava di S3fhy.
Un altro utente aveva fatto la sua gloriosa comparsa.
"Guarda" Spanner indicò il nuovo mittente con la punta
dell'indice "un altro giocatore che mi contatta."
"Che ti contatta?" Ah, certo, che ti
contatta. Chissà perché a me nessuno
dice niente, chissà perché!"
Sprazzi di indignazione zampillavano da quella frase come schizzi di
acqua fresca da una fontana, in un torrido pomeriggio estivo. Era
così... ah, era così corroborante,
quella vocina isterica.
"Sarà che non interessi a nessuno" rispose Spanner facendo
spallucce "... beh, meglio per me."
Le parole di afflizione che stavano per lasciare la bocca di Shoichi si
volatilizzarono senza lasciare traccia.
Ma la sua piccola testa non si abbandonò alla dolcezza,
presunta o tale che fosse, di quelle parole, e rifletté.
Un momento. Che sia un
nuovo tipo di insulto?
"Cosa... intendi dire?"
Spanner si voltò verso di lui, guardandolo negli occhi senza
esitazione.
"Che mi piace averti tutto per me, Shoichi."
Quelle parole ebbero l'effetto del Viagra.
"Sp-Spanner!" Strillò Shoichi avvampando "Non dire cose che
posso fraintendere!"
E quante frasi aveva frainteso, in quegli anni. Quante, quante frasi.
Perché, bisognava riconoscerlo, a Shoichi dopotutto piaceva
fraintendere. Era un modo come un altro per illudersi senza sentirsi in
colpa.
"Mh? Che c'è da fraintendere?"
Fingeva, Spanner, di non capire. Shoichi questo lo sapeva,
perché Spanner non era mai stato un fenomeno con le bugie.
Lo sapeva, eppure si lasciava ingannare con una facilità
disarmante.
"N-niente" mormorò distogliendo lo sguardo "lascia stare,
Spanner. Lascia... stare." Un sospirò gli uscì
involontariamente dalla bocca, sospiro che per varie ragioni Spanner
reputò molto interessante.
Decise inaspettatamente di non soffermarcisi più di tanto, e
aprì la busta gialla di un certo Maffin che
lampeggiava stancamente.
«ahahahahahaahah
nome di merdaaaaaaa :°DDDDD»
Silenzio.
Altro messaggio.
«ooooo scusa!!
volevo scriverlo all'altro, scusaaaaa xDDD looooool!»
Silenzio.
Sul pc di Shoichi apparve una bustina gialla.
"Apriamola." Propose Spanner con noncuranza.
"NO!"
"Ok, allora la apro io."
"F-fermo dove sei, brutto... no! NO!"
«ahahahahahaahah
nome di merdaaaaaaa :°DDDDD»
"Ecco, ora ha già più senso."
"Ma io non ti sopporto! Sei... un mostro, Spanner! N-non sei umano, mi
rifiuto di pensare che tu sia un essere umano! Cosa si nasconde dietro
quella pelle sintetica, AH?!"
Domanda che ci siamo posti tutti, e di cui da tempo conosciamo la
risposta.
Spanner lo osservò con occhi vitrei, tentando di penetrargli
la carne. E ci sarebbe riuscito - forse - , se non avesse smesso per
dedicarsi a hobby più salutari.
Il trollaggio.
"Adesso rispondo a Maffin."
"Non mi ignorare, asino!" Strillò Shoichi disperato "Stavi
parlando con me! Non mi ignorare!"
Ma era ormai troppo tardi. Non c'era più spazio per Shoichi
nella mente del biondo amicone, che stava lì davanti al pc,
tutto assorto nella sua meditazione. Qual era il metodo migliore per
rispondere a un così esilarante messaggio? Avrebbe dovuto
dire che Darkwing Duck era nientepopodimeno che! ... il suo gracile
coinquilino? E che lui ovviamente
era il maschio dominante di casa?
Erano quesiti davvero complessi, e darsi una risposta rappresentava in
quel momento la priorità. A nulla valevano gli starnazzi di
Shoichi, relegato così a comparsa di quel lungo ed
estenuante film che era la vita di Spanner.
"Caro Maffin..." Chissà perché tutti i suoi
messaggi cominciavano in questo modo. Abitudine? Educazione? Umorismo
sagace?
Le possibilità erano infinite. La risposta, solo una.
Shoichi stava lì, fissandolo impotente. Spanner stava per
fare qualcosa di buzzurro, doveva assolutamente fermarlo.
La prima cosa che gli venne in mente per raggiungere il suo nobile
obbiettivo, fu quella di saltargli addosso e cercare, con la violenza,
di disarmarlo. Ma le parole del coinquilino gli ritornarono in mente,
dure e crudeli.
Shoichi, sei violento...
Violentissimo...
Mi ucciderai nel sonno...
Mostro, mostro...
Ricordi chi ha ucciso Megavolt?
Sei stato tu...
Tu...
TU!!!
"Noooo!"
"... e mi trovo qui, a constatare con un tenue sorriso, che anche tu
stimi quantomai ilare quello pseudonimo che... Mh? Che succede,
Shoichi?"
"Spanner!" Gracchiò in preda a una crisi di nervi "Io...
sono davvero così cattivo?!"
Spanner lo guardò, incerto.
La sua testa deve essere
andata in cortocircuito. Di nuovo.
L'incertezza divenne potenza e la potenza divenne
immoralità. Spanner sentì la forza scorrergli nel
sangue e sorrise, deliziato dal suo immenso potere.
"Sì, lo sei." Gli rispose, poggiando il suo sguardo sullo
schermo e continuando a scrivere come se nulla fosse accaduto "... che
dimostra quanto diversamente abili siano i giovini ai nostri giorni, e
quanto aiuto bisogni loro donare, quanto amore, quanta sincera..."
Shoichi perse ben presto la cognizione del tempo e dello spazio,
accasciandosi sul divano con sguardo vacuo e assente.
E gli tornò in mente il fattorino che Spanner aveva fatto
precipitare nella botola. Già, chissà se era
ancora vivo... lui non lo sapeva. Lui... aveva ignorato ogni cosa.
Aveva fatto finta di non vedere, di non sentire. Si era reso complice
di un grave delitto e la coscienza richiamava il suo sangue.
Lui... era un assassino.
"La mia vita è finita. Vado a costituirmi alla polizia."
Disse, pensando di non essere udito. Ma quelle parole non sfuggirono
alle sensibili orecchie di Spanner, che rise sommessamente e smise per
un attimo di scrivere, voltandosi verso di lui per la seconda volta.
"Shoichi, stavo scherzando. Non sei cattivo."
Il ragazzo non rispose. Lentamente si alzò dal divano,
fissando il vuoto di fronte a lui, e si avviò lemme lemme
verso il telefono. Voleva chiamarla davvero, la polizia?
"Sono un assassino e devo pagare. Sono un assassino e devo pagare. Sono
un assassino e devo pagare. Sono..."
"Shoichi?"
"... un assassino e devo pagare. Sono un assassino e devo pagare. Sono
un assassino e devo pagare."
"Shoichi, mi senti? Shoichi?"
No, non lo sentiva. Decisamente
non lo sentiva. E il telefono si avvicinava sempre di
più.
Fu in quel momento che Spanner si risolse di fare una cosa
semplicissima.
Posò il computer sul divano, si alzò da esso con
un movimento fludo delle gambe e si diresse a passo lesto verso
Shoichi, che era evidentemente incapace di intendere e di volere.
"Shoichi, aspetta." Lo prese una mano e lo trattenne, con gentilezza
"Non sei un assassino. Sei una paperella di gomma, e le paperelle di
gomma sono inoffensive, lo sai."
Silenzio.
Con una lentezza esasperante, il rosso frugolo inclinò la
testa verso di lui.
"Non se vengono ingoiate." Sentenziò senza pietà
per se stesso.
"Nessuno ti ha ingoiato, io non lo permetterei" ribatté
sicuro "dopotutto, sei la mia
paperella di gomma. Solo io posso ingoiarti."
L'ombra che era scesa sul suo sguardo scomparve, lasciando il posto a
due occhi verdi che di cattivo non avevano neanche il sentore.
Bingo.
"I-i-ingoiare?" Balbettò, fissandolo intensamente "Mi
vuoi... ingoiare?"
"Chi lo sa." Rispose, vago.
"E'... un sì?"
"No, è un «chi lo sa» a tutti gli
effetti."
E vaffanculo.
"E... chi lo sa?"
"Chi lo sa."
"Spanner!" Sbottò Shoichi spazientito "Sii chiaro, per
favore!"
"Mh. Non mi hai chiesto tu di non parlare in modo tale che tu potessi
fraintendere?"
"M-ma se parli così mi fai fraintendere ancora di
più!"
Spanner sembrò offeso dal quel ripiego. Gli
lasciò la mano, indietreggiando un pochino.
"Non è così. Sto imputando a terzi la
responsabilità di ciò che dico, quindi tu non hai
alcun modo per fraintendere le mie parole. Ammetti semplicemente che
credi solo a quello che ti piace credere, Shoichi." Una punta di
rimproverò risuonò in quella frase, ferendo il
piccolo amico scarlatto di fronte a lui.
"Non è vero! Io non credo solo a ciò che mi piace
credere."
Giusto. Lui crede anche
e soprattutto
a quello che gli piace credere. C'è una sostanziale
differenza, se mi permettete.
"Certo, e io magari mi sono chiamato Darkwing Duck in un MMORPG solo
per farmi deridere dalla gente."
"Sì, l'hai fatto! Con l'unica differenza che ci sono andato
di mezzo IO!"
Silenzio.
"Mh. Mi è venuta fame, vado a mangiare qualcosa..."
"Adesso te ne vai, vero?! Spanner!"
"Mh? Vuoi qualcosa anche tu, Shoichi?"
"Aaah, la mia... la mia testa!"
"Ah, vuoi un'aspirina? Mi pare che ne è rimasta qualcuna..."
Shoichi si lasciò andare a un grido disperato, accasciandosi
sul pavimento. L'impotenza lo perseguitava ovunque ormai, persino
lì. Non avrebbe mai più avuto pace, mai
più.
Sorridendo pacifico, Spanner scomparve nell'ormai noto corridoio. Il
ragazzo rimase dunque solo con i suoi pensieri, in stato
semi-vegetativo, quando...
«A long
time ago, in a galaxy far, far away...»
... una musichetta
irritante irruppe nel silenzio del suo dolore.
Ma come osava, quella trombetta?
Shoichi, però, era troppo debole per ribellarsi a quel
suono. Rimase lì, muto, tenendosi la testa premuta contro le
mani e gli occhi chiusi con violenza quasi dolorosa.
E così sarebbe rimasto, se...
... una voce inquietante non
lo avesse strappato con prepotenza dal suo coma.
E adesso? Un torneo galattico si profilava all'orizzonte, sommandosi ai
già numerosi disturbi psichici di Shoichi: come sarebbe
andata a finire?
La risposta a questa domanda... nella prossima puntata.
Forse.
Note dell'autrice: ok,
lo ammetto, questo capitolo è più demenziale che
comico. Scusatemi, sono i deliri della febbre çAç
e non potevo non aggiornare, sennò con che faccia scrivo nel
profilo "aggiornamento compreso fra le 18 e le 50 ore" ? Che poi
neanche le conto io, 50 ore xD ma fa figo dirlo u_u
Spero che vi sia piaciuto ugualmente. Ditemi che vi è
piaciuto, vi prego T_T buaaah. Va bene dai, basta sproloquiare.
Ringrazio come sempre tutti quelli che leggono, seguono e preferiscono,
e mi auguro di non star cominciando a deludervi
ç_ç ma basta deprimersi, allegria! xD
*si eclissa* :3
|
Ritorna all'indice
Capitolo 35 *** I discorsi di una pannocchia OGM ***
c35
iMato, questo capitolo
è per te! GO-DI-TE-LO! UAHUAHAUAHAUAHAUHU!
~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~
Spanner pensava di conoscere molto
bene il suo coinquilino. Che fosse un libro aperto, qualcuno che per
quanto si sforzasse di celargli la sua persona, non faceva che mettersi
a nudo da solo, rivelando molto più di quanto avrebbe
voluto.
Era da un po' di tempo che ci pensava. Quando Shoichi se ne era andato
di casa, in preda al risentimento, lo aveva stupito di nuovo, dopo
tanto tempo. Lo aveva spiazzato, mostrandogli qualcosa di totalmente
inaspettato.
Qualcosa che non avrebbe mai voluto vedere in lui.
Sì, Shoichi gli aveva dimostrato che anche lui, quando
voleva - e per sua fortuna non voleva mai - , era capace
di usare il pugno di ferro, ribellarsi alla sua prepotenza e fare
fagotto.
Certo, poi si era cacciato in un guaio dopo l'altro, era ritornato a
casa fradicio di scarto renale e senza occhiali, e gli era saltato
addosso con slancio affettuoso e disperato. Più disperato
che
affettuoso, forse. Probabile. Sicuramente.
Insomma, quella fuga era stata disastrosa. Ma gli aveva insegnato una
cosa importante: non dare Shoichi per scontato.
In nessun caso.
"Shoichi, guarda, ti ho portato la tua crusca preferi... ta?"
Sprofondato sul divano a causa della posizione a cuneo in cui si era
accomodato, Shoichi osservava con attenzione e sconcerto lo schermo del
pc che teneva sulle cosce. La sua espressione tradiva agitazione, ma
soprattutto sembrava sul punto di aprirsi in una smorfia di
disperazione.
"Spanner" disse, senza alzare gli occhi "vieni un attimo qui, per
favore."
"Cosa succede?" Chiese Spanner, leggermente perplesso. Si sedette
vicino all'amico, molto
vicino,
ma inaspettatamente Shoichi non fece una piega. Sembrava che qualcosa
di superiore gli avesse rubato quasi completamente l'attenzione.
E la cosa lo infastidiva. E non poco.
Si sporse per guardare la schermata, notando che Darkwing Duck sostava
davanti a un bivio, molleggiando sulle gambe e agitando leggermente la
sua ascia a due mani.
"Da che... ehm, parte
devo
andare per arrivare alla... città da cui siamo
partiti?"
Domandò con un lieve imbarazzo, aggiustandosi la montatura
degli
occhiali con un gesto ormai divenuto consueto e che Spanner conosceva
bene.
"Perché vuoi tornare indietro?" Domandò con
noncuranza.
Shoichi non rispose. Emise un pacato mugolìo e si nascose
codardamente dietro le sue lenti, convinto forse che la breve
permanenza in cucina avesse provocato in Spanner la comparsa di una
prespiopia precoce.
Come se Spanner potesse ammalarsi.
Come se Spanner fosse soggetto al passare delle stagioni.
Come se Spanner risentisse dell'effetto serra.
Come se Spanner avesse davvero 25 anni.
Spanner era un essere trascendentale. Era sul pianeta Terra per nulla
più che una fatalità.
E Shoichi viveva con lui per nulla più che sfiga. Sfiga per
lui, s'intende.
"Shoichi, guarda che ti vedo."
Il ragazzo dai capelli rossi lo guardò di sottecchi, per
verificare che le parole dell'amico fossero vere.
"E' inutile che mi guardi con la coda dell'occhio" aggiuse poi con un
sospiro "vedo benissimo anche quello."
"Ma come fai a vedermi? L'angolazione non dovrebbe permettertelo!"
"Non ho bisogno di «vederti» con gli occhi, mi
basta
vederti col cuore." Ribatté quello con un certo trasporto
che di
serio non aveva nulla.
"Parole sprecate in bocca a te, Spanner, visto che molto probabilmente
non sai neanche quello che stai dicendo."
"E tu non sai quanto puoi essere chiaro ed evidente quando cerchi di
ripiegarti su te stesso per non farti vedere dagli altri. Che poi... a
pensarci bene, gli altri sarei io."
"Spanner, questa conversazione sta prendendo una brutta piega. Come
sempre, aggiungerei. Quindi, per favore... vuoi gentilmente indicarmi
la via da percorrere per ritornare da dove sono VENUTO?!" Shoichi
pronunciò l'ultima frase con un moto isterico che tradiva
un'inquietudine di fondo di dubbia natura. Spanner se ne accorse, e
decise di indagare più a fondo.
E quale modo migliore, se non provocarlo fino all'esaurimento?
"Dunque, vediamo... ci sono tre animali: un tasso, un canguro e... un
archaeopteryx."
"L'archaeopteryx si è estinto da migliaia di anni! E poi
cosa diavolo..."
"Sssh. Lasciami finire." Gli pose gentilmente un dito sulle labbra,
meditabondo. "Ecco, sì. Ci sono questi tre animali: uno dice
sempre la verità, l'altro dice sempre le bugie e l'altro
ancora
dice la verità solo se gli dai una caramella alla fragola.
Se
gliela dai di un altro sapore ti dice una bugia e ti stacca la testa,
ed è GAME OVER."
"Spanner!" Berciò Shoichi spostandogli la mano "Per... per
favore! Non farmi venire il mal di testa, dimmi solo da che parte devo
andare oppure faccio da solo!"
Silenzio.
"Sì, allora. Il primo animale dice..."
"SPANNER!"
"... Che se vai a destra verrai preso in ostaggio da una pompa di
benzina cattiva; il secondo animale-"
"SPA-NNER!"
"Dimmi."
Lo fissò con sguardo assente, e Shoichi credette di potersi
tuffare in quegli occhi inespressivi e affogare nelle
profondità
dell'oceano, senza alcuna possibilità di ritorno.
Cosa faccio? Cado preda
dell'ictus o annego in alto mare?
"Spanner... ascolta." Gli pose una mano sulla spalla nel
tentativo di emulare la sua patina di uomo vissuto "Io devo solo
tornare in città, non è necessario che tu mi
ponga questi
indovinelli, per quanto possano essere simpatici e divertenti."
"Veramente fanno schifo, io lo dicevo solo per provocarti una crisi di
nervi."
La perfidia di quel ragazzo superava ogni umana comprensione,
soprattutto quella di Shoichi, e ogni sforzo compiuto alla disperata
ricerca di un dialogo fra esseri umani venne brutalmente schiacciato
sotto il peso di una cattiveria più grande di lui.
"E CI SEI RIUSCITO EGREGIAMENTE, BESTIA!"
Spanner sorrise, compiaciuto di sé. Sì... il suo
coinquilino era finalmente andato in modalità Berserk e lui
poteva spadroneggiare in tutta libertà.
"Shoichi, non dovrei dirtelo, ma... credo di aver intravisto Spannera
dentro la lavastoviglie."
Era facile, in fondo. Dare fuoco a un mucchietto di foglie secche.
Rosse e pregne di quella benzina che Shoichi produceva in proprio da
tempo immemorabile.
Altro che bollini Tamoil: ancora un po' e ci si sarebbe potuto comprare
il distrubutore intero, con quei punti.
E infatti...
Shoichi
si issò sul divano usando la mano a mo' di visiera. "Cos- lei è qui?!"
"Ma certo che è qui. Pensi che mentirei su un argomento del
genere?"
La domanda sottointendeva un no di fondo molto preciso, e mirava alla
distruzione di Shoichi con altrettanta precisione.
La cosa curiosa era che il suo coinquilino sembrava non conservare mai
memoria delle esperienze passate, essendo capace di cascare nello
stesso scherzo più e più volte senza sospettare
nulla.
Era disarmante.
Era bello.
Spanner aveva un concetto molto puntiglioso di bellezza. E Shoichi era
bellezza pura, per lui.
Non, però, nel modo in cui l'altro avrebbe sperato.
Perché in qualcosa sperava, no? Sicuramente.
"Hai ragione, Spannera è un pericolo pubblico, non puoi aver
mentito!" Esclamò, perfettamente convinto delle sue parole
"Adesso ci penso io, Spanner! Ma sappi che dopo sarà il tuo
turno di pagare!"
"Ma certo, ci mancherebbe altro. Vai pure a dissezionare mia cugina, io
sto buono qui e ti aspetto."
"Bene." Bonfonchiò l'ultima parola, balzò
giù dal divano, atterrò male e cadde per terra,
si rialzò guardandosi intorno nella speranza che Spanner non
avesse visto, e notò che lui stava osservando il soffitto
boccheggiando. Sorrise, rincuorato. Si rialzò, cadde di
nuovo, si accertò di nuovo che Spanner non avesse assistito
alla scena, e lo vide contarsi le righe del pigiama. Tirò un
sospiro di sollievo, si alzò da terra - era ora! - ,
saltellò via senza dire una parola, e scomparve nel
corridoio.
Quando Spanner fu certo che l'amico fosse scomparso altrove, si
lasciò andare a una specie di risata sommessa. Una specie
però, perché non era molto chiaro il verso che
emise, non era facile da classificare. Forse un delfino ci sarebbe
riuscito. O anche un basilisco in calore.
Ma, anche qui, le possibilità erano infinite e la risposta
una sola di esse.
«Spannera, vieni fuori, ho voglia di possederti con la
forza!»
"Anche io, Shoichi!" Gridò di rimando all'udire quelle
parole, ma in risposta ottenne il silenzio e si immaginò la
faccia di Shoichi divenire di mille colori, prima di stazionare
definitamente sul rosso, come una roulette malefica.
«N-non parlavo con te, Spanner! Parlavo con
Spannera!» Era abbastanza ridicolo pronunciare i due nomi
insieme, visto che suonavano estremamente simili. Era come il paradosso
del nessuno, paradosso con il quale Polifemo non andava molto d'accordo.
O forse le due cose non avevano alcun legame, se non per la sfiga
potente che accomunava Shoichi a Polifemo. E Spanner a Ulisse. E poi,
effettivamente, la loro vita era davvero un'odissea senza fine.
O meglio, l'odissea era specialmente per Spanner, eroe all'eterna
ricerca della conoscenza e contemporaneamente avvolto dalle calde
coperte di casa. Shoichi era più sperduto nell'Inferno, ai
piedi del colle, con le iene ridens a burlarsi di lui per poi
spartirselo a suon di morsi.
E Beatrice? Oh beh... lei era a Rokkenjima. A giocare a chi sclera
prima con Battler. E siccome le persone disturbate sclerano con
inaspettata difficoltà, il loro gioco sarebbe durato circa
per... sì, l'eternità.
"Certo, certo!" Spanner, lo stregone dorato, sorrise. Il suo barattolino era
davvero divertente, oh se lo era.
Ma qualcos'altro attirò la sua attenzione.
Sullo schermo del pc di Shoichi era apparso, in alto, un messaggio
lampeggiante, che recava un messaggio parecchio interessante.
«Epic Days vuole te!», diceva, e ogni dieci
lampeggiamenti appariva uno smile inquietante che assomigliava molto
all'espressione di Spanner quando tenta di aprirsi in un sorriso
gioviale.
Un po' come il pagliaccio della McDonald's quando tenta di far ridere
l'hamburger dentro l'Happy Meal, per renderlo più saporito.
Senza successo.
"Ah, ora ho capito perché vuole tornare indietro. E non
voleva dirmi niente, lui..."
Spanner incurvò le labbra verso il basso, offeso. E il suo
pigiama fece lo stesso, perché essi in quel momento erano
come una cosa sola. Era sempre così la mattina, del resto.
Poi, per tutto il resto della giornata, Spanner preferiva entrare in
simbiosi con la sua appassionante e variopinta tuta verde, con cui
condivideva il segreto della stoffa soporifera.
C'era da domandarsi cosa mai avesse potuto dedurre Spanner da quel
messaggio ridicolo, ma si sa, le pannocchie sono sempre una spanna
sopra gli esseri umani. Come per i cerchi del grano.
Avanti, non l'avete capito? Sono le pannocchie a gestire il traffico.
Ed è Spanner a scrivere la coreografia. Nella duplice veste
di pannocchia e alieno.
Decise che valeva la pena di investigare.
«Cara S3fhy,
sai nulla a proposito di iniziative che lampeggiano in alto sullo
schermo che desiderano l'utente a cui esse si rivolgono?»
Silenzio.
Busta gialla.
«eh?
o_o»
«No, non sai
nulla. Non fa niente. :9»
Invio.
"Oh, no. Ho scritto male la faccina."
Risposta.
«no,
è che non ho capito un ca**o di quello che hai detto
xDDD»
"Ecco, lo sapevo. Colpa della faccina venuta male."
«Scusami,
volevo sorriderti. :)»
Silenzio.
Messaggio.
«eh??? o__O ma
che stai a dire? ._.»
«Mh. La faccina di prima era venuta male, volevo scrivere uno
smile ma non ci sono riuscito.»
Silenzio.
Silenzio.
Silenzio.
Poi, busta gialla.
«non capisco
veramente un accidente, ma vabbè, tanto... ci vediamo
Darkwing Duck, io stacco! byeeee :DDDDD»
L'infermiera sexy svanì in una nuvola di fumo rosa. Il servo
del male che stava per segarla in due fermò di colpo la sua
azione e si mise a correre intorno al punto in cui fino a un attimo
prima vi era sostato il nemico.
Povero servo del male. E povero server di gioco, più
primitivo di un Macintosh a carbone.
La sua operazione di spionaggio industriale era fallita, ma c'era
ancora una mente a cui poteva chiedere aiuto.
Maffin.
«Caro Maffin,
mi chiedevo... tu sai nulla di un certo messaggio che dice di volere
te?»
Silenzio.
Busta gialla.
«ahahahahahahaah
Darkwing Duck nome di merda!!!!11
:°°°D»
"Ah, è vero. Ecco perché Sefhy non sapeva nulla,
avrà pensato che fossi l'altro."
«No, no. Sono
Spappop, ma scrivo da questo pg.»
Silenzio.
Risposta.
«aaah capisco!
io però non so niente di messaggi mi disp :((( magari
qualcuno mi volesse, ma non mi vuole mai nessuno e sono tanto triste
sob sob T_T»
«Va bene,
ciao.»
Silenzio.
Silenzio.
Silenzio.
Silenzio.
Silenzio.
Busta gialla!
«lo sai che la
mia ragazza mi ha laciato dicnedomi che ero troppo fissato con i giochi
virtuali e non me l'ha più data e sono in asitenza da giorni
T____T e poi mi ha pure detto che ce l'ho piccolo e che faccio schifo e
che dovrei impiccarmi T__T sob sob, tu mi capisci bero? sì
che mi capisci DDDDD:»
"Mh? Ma che vuole questo?"
Spanner cominciò a digitare una risposta cortese ma decisa
con l'intenzione di liberarsi dell'inopportuno tortino, quando un suono
attirò la sua attenzione.
Una voce, un grido che lui conosceva molto bene. Era Shoichi.
«Eccoti! Ti ho trovata, Spannera!»
Spanner aprì un po' più gli occhi, confuso.
Quelle parole... non avrebbero mai dovuto essere pronunciate.
"Spannera è qui?"
Qualcosa di oscuro si profilava all'orizzonte?
Note dell'autrice:
questo capitolo NON mi piace, per niente. Ci sono dei riferimenti
anormali che rendono tutto molto sclerotico e brutto e, e...
ç_ç *piange* insomma, perdonatemi
ç_ç è tutta colpa sua, SUA! *ringhia*
Vedi tu che cose mi fa scrivere, quella... aaaargh! *muore*
Ok, basta. Giusto che dal prossimo capitolo si torna a fare sul serio.
Lo giuro, quindi non abbandonatemi ç__ç *crisi di
abbandono*
Ringrazio sentitamente:
Nagipon ed Eiko,
perché mi sostengono sempre <3, e anche Contenebratio che
ieri ha avuto la pazienza di parlare con un caso patologico come me xD
grazie <3
Ringrazio anche Kagami
per la recensione alla one-shot e per i preferiti <3 grazie cara
<3 e La tsundere
Miharu per i complimenti immeritati <3
Questi sono i ringraziamenti speciali. Ma ringrazio di vero cuore tutti
gli altri, Seki
al primo posto. Grazie <3 grazie perché seguite,
leggete, commentate e preferite. Grazie <3 Quanto mi piacerebbe
conoscere il parere anche di chi non ha mai commentato, ma che segue e
preferisce T_T aw, non pensiamoci <3
Troppi cuori .__. mi sto ammalando xD
|
Ritorna all'indice
Capitolo 36 *** Le effusioni di affetto di una mente contorta ***
c36
A Pyon-kun ed Eiko-chin, con
stima. ★
~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~
"Shoichi, hai trovato Spannera?"
La voce di Spanner risuonò per la casa silenziosa. Un timore
non
pronunciato aleggiava attraverso l'aria e la polvere, e i suoi passi si
erano fatti più circospetti.
Che cosa si sarebbe dovuto aspettare? Sua cugina in carne ed ossa? Un
ologramma? Una proiezione ortogonale?
Non ne aveva idea. Tutto era possibile, quando si trattava di Spannera.
Poi, improvvisamente, un urlo.
«Pezzo di merda! Come diavolo mi hai chiamato?»
«Aaaah! S-Spanner! Aiutami!»
Quella non era la voce di sua cugina, ci avrebbe scommesso un rene. E
allora, quale altro essere vivente aveva invaso il loro territorio?
Urgeva verificarlo.
Divaricando quanto più possibile le gambe per correre
più
velocemente, Spanner si precipitò in cucina, dove aveva
detto di
aver visto Spannera per l'ultima volta.
Poco importava che in questo modo sembrasse un T-rex a caccia di uova.
Tanto a nessuno importava, men che meno a lui.
"Shoichi, va tutto bene?"
Una figura dai lunghi capelli gialli sostava berciando davanti al
coinquilino, che nel frattempo si era riversato per terra tendendo le
braccia a mo' di scudo.
"P-per favore, non farmi del male!" Pigolò Shoichi
arraccando
all'indietro "Mi dispiace, ti darò tutto quello che vorrai,
ma
non farmi del male!"
Spanner si chiese chi fosse l'uomo o la donna che fissava il suo amico
con occhi infuocati, e come mai lui sembrasse averlo riconosciuto.
Forse Shoichi conosceva persone di cui lui non sapeva niente?
Quando il ragazzo dai capelli rossi si accorse che il biondo amico era
venuto in suo soccorso, strisciò sul pavimento fino ad
abbarbicarsi alla sua gamba, piagnucolando. "Spanner, ti prego, mandalo
via! Mandalo via!"
"Ma chi è?" Domandò allora lui, che cominciava a
sentirsi l'escluso della situazione.
Ragione voleva che l'essere berciante e sputacchioso di fronte a loro
sembrasse una specie di transessuale di dubbia moralità, il
che
alimentò le fantasie poco ortodosse di Spanner, che aveva
già ricostruito personalmente i fatti e immaginato le cose
più strane e curiose.
Puntò un dito verso il sospetto individuo, sguardo vitreo e
postura altera. "Chi sei, tu?" Chiese, rendendosi conto che
domandandolo al diretto interessato avrebbe fatto prima, dato che
Shoichi sembrava diventato una gelatina putrefatta.
"VOOOOOI!" Rispose quello, disperdendo gocce di bava al vento di
ponente.
"«Voi»? Sei noi?"
"Non hai capito, testa di cazzo! Io sono..."
Si fermò, impietrito. Avrebbe davvero dovuto
dire come si chiamava? Lo avrebbe dovuto dire? Sul serio?
La faccenda si andava a complicare. Quale serietà avrebbe
mai
potuto ispirare una persona che portava il nome di un cetaceo in via di
estinzione? Quale timore avrebbe mai potuto incutere un nome del
genere, che faceva ridere persino lui, quando era ubriaco, arrivando a
sfottersi da solo davanti allo specchio?
Si passò una mano sulla fronte, madida di sudore.
"... Alberto Parapiglia." Disse infine, a denti stretti.
Ci fu un attimo di silenzio.
"Alberto Parapiglia." Ripeté Spanner, per memorizzarlo.
"Posso chiamarti Spannapiglia?"
"Come cazzo ti pare. Non sono venuto qui per conversare con voi, ma
solo per dirvi due parole e PUNTO."
"Quindi sei venuto per conversare con noi."
"VOOOOOOOI!"
"Sì, esatto, con noi."
"S-Spanner! Per favore, non provocarlo! E'... è un
pericolosissimo criminale!" Implorò ad un certo punto
Shoichi,
additandolo tremante.
"Chi, Spannapiglia?"
"Il suo nome non è Spannapiglia, Spanner! Smettila di... spannerizzare tutti
i nomi che non ti piacciono!"
"Il tuo non l'ho spannerizzato, però. Non ne sei lieto?"
"M-ma ti sembra questo il momento?!"
"VOOOOOOOOI! Piantatela di bisticciare come due finocchi, maledizione!
Ho poco tempo a mia disposizione!"
I due coinquilini si voltarono verso Spannapiglia, l'uno fissandolo con
terrore e l'altro con gelida calma.
"Di' pure, Spannapiglia. Ti ascoltiamo."
"E non chiamarmi Spannapiglia, che cazzo!" Gridò
Spannapiglia
agitando le braccia in chiaro segno di disapprovazione "Se proprio devi
darmi un soprannome, b-beh... chiamami Narvalo, ecco!"
Silenzio.
"No." Disse semplicemente, con crudeltà.
"Ma perché?! Che cosa hai contro i narvali? Sei uno a favore
delle pellicce, vero? Te lo si legge in faccia!"
Era la prima volta che qualcuno sosteneva di poter leggere qualcosa
sulla faccia di Spanner. Persino Shoichi aveva dovuto faticare anni per
scorgere il segno di qualcosa
nella sua espressione a buco nero perpetuo.
Shoichi deglutì. Era stato superato da un lestofante
sbraitante? Ormai chiunque era meglio di lui, in poche parole.
Chiunque.
Persino Mary Sue.
"Non mi interesso di pellicce. Preferisco i Lego o l'Allegro Chirurgo."
Spanner la buttò lì, sul vago, guardandosi
intorno
fintamente noncurante. Succhiò il suo leccalecca e
mugolò
qualcosa di indistinto, probabilmente un canto celtico.
Narvalo lo osservò, chiedendosi seriamente quale forza
primordiale l'avesse spinto a recarsi da quei due babbei quando aveva
milioni di cose più importanti da fare. Milioni.
Da quando Shoichi era scampato al rapimento e Brandenbeldafron aveva
sfidato apertamente Zanzara - o chiusamente, avrebbe detto lui - , le
cose al covo non avevano fatto altro che peggiorare.
Il suo boss era diventato ancora più incazzoso di prima,
sparando un proiettile per ogni stronzata che usciva dalla bocca dei
suoi sottoposti. Tant'è che molti avevano preferito
chiudersi in
un tetro silenzio, per salvare la pelle.
Vippi aveva preso una settimana di ferie e aveva affittato una stanza
in un albergo in montagna, lontano da tutto e da tutti.
Lucia aveva cominciato ad addobbare le piante con fiocchi e lustrini,
gioendo sommessamente del suo splendido
lavoro.
Lui aveva smesso di portargli il caffé in ufficio e glielo
faceva arrivare con una carriola dalla finestra dietro la scrivania.
Carriola a cui immancabilmente Zanzara sparava, mancava, frantumando il
vetro in mille pezzi e lanciando un grido animalesco. E poi Narvalo
raccattava i cocci o se li ritrovava nella cena precotta, mischiati
alle carotine.
No, lui non avrebbe affatto dovuto trovarsi lì. A parlare
con
quei due mocciosi senza palle. Era solo una perdita di tempo,
nonché di dignità.
Forse più di tempo, si disse. In fondo, la
dignità la perdeva anche quando era al covo.
Soprattutto quando era al covo.
"Per il vostro bene, ignorerò i tuoi commenti inopportuni e
passerò al sodo." Il signor Parapiglia prese un bel respiro
e si
apprestò a parlare. Spanner lo fissò
imperturbabile,
chiedendosi che cosa avesse da dire quella specie di spaventapasseri
con la gobba.
Gobba.
"Un attimo. Che cosa è quella cosa che hai sulla schiena?
Sei un gobbo?"
La domanda lo colpì a bruciapelo, ferendolo profondamente.
Qualcuno se n'era accorto, alla fine.
"E' vero, che cosa è quel..." Shoichi si unì allo
stupore
dell'amico, ma non terminò la frase perché
Narvalo lo
fulminò con lo sguardo.
Perché me
sì e lui no?!,
si chiese frustato. Perché anche un masnadiero di tal
fattura si
permetteva di fare delle distinzioni fra chi andava molestato e chi no?
E perché era sempre lui ad andarci di mezzo?
Domande che non avrebbero mai trovato una risposta. Ma era bello
porsele, rendeva quella parvenza di giustizia che ormai era morta da
tempo immemore in casa loro, sepolta da una valanga di prepotenze e
dispetti.
"Lasciate stare, mocciosi, non potreste capire."
In realtà, non vedeva l'ora di raccontarlo a qualcuno. Ma
avrebbero dovuto pregarlo per fargli sputare il rospo.
Pregarlo.
Peccato solo che a nessuno importasse.
"Va bene" disse Spanner, portavoce del pensiero collettivo "allora
parlaci del motivo per cui sei venuto qui."
"VOOOOOOOI! Ti arrendi per così poco?!"
La delusione di Spannapiglia era tangibile. Del resto, da uno come
Spanner non ci si poteva aspettare niente di meno.
Tuttavia, qualcosa non andò per il verso giusto. Qualcosa
solleticò la sua indole accidiosa fino a quasi a
sconvolgerlo,
nei limiti imposti dai suoi muscoli facciali.
Quel qualcosa... era Shoichi.
"No, a-aspetta! Raccontaci dell gobba, N... Narvalo-san!"
Sussultò, punto sul vivo. Allora a qualcuno importava,
dopotutto!
"Ah, quindi a te importa!" Gongolò Narvalo gonfiando il
petto "Brava feccia!"
"Shoichi?" Spanner guardò l'amico appeso alla sua gamba,
turbato. Qualcosa non tornava. Qualcosa stava andando contro i suoi
piani.
"Coraggio, Narvalo-san! Raccontaci delle tue, ehm... avventure!"
Shoichi lo incitò, sudando leggermente.
Sentiva che quell'uomo aveva spiacevoli cose da riferire. Era chiara e
distinta la sensazione di catastrofe imminente che sentiva pendere sul
suo collo, e doveva a tutti i costi impedirgli di parlare.
Anche a costo di deviare l'argomento su cose inutili come quella gobba
che aveva sulla schiena o del perché i suoi capelli fossero
gialli, e non nivei come al solito.
"Bene! Visto che ci tenete così tanto, ve ne
parlerò."
L'uomo si sedette sul pavimento, incrociando le gambe e corrugando la
fronte in segno di meditazione. Da dove avrebbe dovuto cominciare a
raccontare delle sue rovinose peripezie?
Si disse che conveniva partire dal principio, e così fece.
In
fondo, erano solo due mocciosi, che importava di raccontare come
andavano le cose alla base degli Avariati? Che importava se il suo boss
non lo degnava più di uno sguardo? Che importava se la sua
vita
stava andando in pezzi?
Niente. Lo avrebbe detto, senza peli sulla lingua.
Spanner si accovacciò, una strana sensazione dentro il
cuore, che gli impediva di ragionare lucidamente.
Shoichi si raddrizzò, ereggendo la schiena dritta, pronto
all'ascolto. Anche questo gli diede una strana sensazione, tanto da
costringerlo a ricercare un po' di più la vicinanza
dell'amico.
"Spanner, c-cosa stai facendo?"
"Mh. Mi riposo, sono stanco."
"Di fare?!" Sbraitò lui quando lo vide appoggiargli la testa
contro la sua spalla, pigramente e senza ritegno alcuno.
Non voleva che qualcuno li vedesse in atteggiamenti così
equivoci, perché la gente avrebbe potuto fraintendere il
loro
rapporto, pensare che fossero... molto intimi, ecco.
Il che era palesemente vero, ma non voleva che si sapesse in giro.
Perché un conto era vivere il proprio dramma in casa
propria,
lontani dal resto del mondo, isolandosi così in una
dimensione
in cui la giustizia poteva essere accantonata e in cui lui,
sì,
poteva anche essere bistrattato fino alla morte, tanto nessuno ne
sarebbe venuto a conoscenza.
Un conto era se un ospite, il primo dopo tanto tempo, assisteva a
quelle che lui chiamava «le effusioni di affetto di una mente
contorta», traendone personalissime ed errate conclusioni e -
perché no? - diffondendo tali pensieri al resto della
popolazione, spargendo in questo modo voci ambigue sul loro conto.
Perché sì, effettivamente, guardando Narvalo
negli occhi
non si poteva fare a meno di intendere che la sua intenzione primaria,
una volta lasciata quella casa, sarebbe stata proprio quella di andare
a dire a qualcuno che loro sembravano due gay.
Ma anche no.
"Allora! Praticamente..."
"E teoricamente?"
Silenzio.
"Vuoi morire, testa di cazzo?"
"Spanner! Per favore, non fare così!"
"Mi sento offeso." Dichiarò lui assottigliando gli occhi e
guardandolo vacuo "E non so perché."
"Eh?" Boccheggiò Shoichi, senza capire "Ti senti offeso?"
"VOOOOOOI! Piantatela con queste insulsaggini!" Vociò
Alberto
Parapiglia alias Cetaceo Estinto additando Spanner con odio "E tu,
moccioso, se hai qualche rimostranza sei pregato di dirmelo in faccia!"
Stava cominciando.
Lo scontro radioattivo tra Spanner e Narvalo stava incominciando.
Gli occhi del biondi giovine si introflessero, aumentando il loro
potere distruttivo.
Le radiazioni γ emanate dall'uomo gobbuto si intensificarono,
fino a diventare onde bianche ben visibili.
Due forze stavano per scontrarsi, e Shoichi sentì che la sua
vita era in pericolo. Ma era una papera, e come tale non sapeva cosa
fare, se non soffrire di un gran mal di testa.
"Spanner? Spanner?" Lo chiamò, incerto e impaurito. Spanner
non
rispose e fissò l'avversario, pronto a far fuoco. Un mirino
era
comparso dentro le sue pupille e presto avrebbe confermato il
«lock on» contro il nemico.
Questione di pochi
secondi.
"N-Narvalo-san? Narvalo-san? Pronto? Narvalo-san?"
Nessun berciare giunse in sua risposta. Nessuna violenza, nessun
terrore. Fermo e immobile, Spannapiglia scrutava l'antagonista con
gelida calma, controllando il flusso della sua radioattività.
Shoichi tremò, senza saper che fare.
E poi, non voleva vedere Spanner in quello stato. Lo faceva soffrire. E
preoccupare. E spaventare a morte.
Così, non gli rimase che una cosa da fare: affidarsi
all'istinto.
"Spanner, non fare così!" Gridò, lanciandoglisi
addosso
con foga impetuosa e cadendo entrambi rovinosamente sul pavimento.
Il collegamento fu interrotto bruscamente, e i suoi occhi si animarono
della loro consueta luce opaca.
"Shoichi?"
"Spanner!" Gioì "Sei tornato in te!"
Il ragazzo sbatté le palpebre, perplesso.
"Sì, ma... puoi spostarti? La tua gamba preme contro il mio
pene." Disse, leggermente divertito.
La reazione fu prevedibile, ma non per questo meno interessante.
"Waaa! S-scusa!"
"Figurati. E' sempre un piacere, per me."
"Non dire queste cose, dannazione!"
Narvalo, che aveva osservato la scena, smise di emanare radiazioni e
sospirò con un gemito di strazio. Perché stava
lì,
a perdere tempo con due bambocci?
"Se avete finito... io andrei avanti.
I due coinquilini si raddrizzarono, guardandolo con attenzione.
Sembravano... più sereni, in un certo senso.
Soprattutto il biondo, constatò. Che adesso lo stava
scrutando
pacificamente impassibile. Come se tutti i suoi problemi si fossero
improvvisamente risolti.
La sua mente, però, non arrivò a formulare quella
che era
la conclusione logica di quel ragionamento. Si fermò
lì,
troppo impaziente di raccontare delle sue avventure poco diplomatiche.
"Bene, ora che ho la vostra attenzione... cominciamo." Si
grattò
la testa, cercando di ricordare tutto quello che gli era successo
durante la strada. Cosa non certo facile. "Ecco, sì,
allora...
in poche parole, stavo venendo da voi. Però mentre
camminavo, mi
è venuta sete."
Silenzio.
"Vabbè, andiamo avanti..." Mormorò, deluso che
nessuno
commentasse il fatto, straordinario oltre ogni immaginazione, che gli
fosse venuta l'arsura alla gola.
Non riuscivano forse a connettere il fatto che fosse un Narvalo con il
fatto che avesse sete? Che tipi. Che feccia. Li avrebbe uccisi alla
fine di tutto, per passarsi il tempo.
"Allora ho visto un chiosco di limonata, gestito da un ragazzino con i
denti da coniglio. L'ho trovato divertente e ho deciso di prenderne un
bicchiere."
"I chioschi di limonata sono divertenti?"
"Silenzio! Tu non puoi capire." Lo lapidò con ferocia,
digrignando i denti.
Spanner fece spallucce e tacque, ubbidiente.
"Dicevo... mi sono fermato in questo chiosco. Ho chiesto al moccioso
«Ehi, quanto vuoi per un bicchiere di limonata?» e
lui mi
ha risposto così: «Quella nonsense è
più
cara, però è più buona».
Allora io ho
guardato sul bancone, e ho visto una limonata verdina con una targhetta
in basso che diceva «limonata con le erbette» e ho
sospettato che qualcosa non andasse per il vero giusto."
"Limonata nonsense... ehi, Shoichi, non ti piacerebbe provarla?"
Shoichi deglutì, e i suoi occhiali si appannarono. "Grazie
tante, ma mi basta il nonsense di questa casa."
"Quale nonsense?"
"Tu non puoi capire."
E di nuovo, un leggero fastidio si impossessò di lui.
Spanner prese la testa dell'amico e la strofinò contro il
suo
petto, cercando di arrecargli dolore, riuscendoci egregiamente.
"Bravo bambino, bravo bambino..."
"Ahia! M-mi tiri i capelli, mi tiri i cap--- ahi! Ahi! S-Spanner!
"VOOOOOOOI! Piantatela di fare casino, non ho finito!"
Berciò il
signor Parapiglia agitando un pugno in aria, che convinse Spanner a
lasciare andare Shoichi, che si scostò da lui con un barrito
sconcertato.
"Hai dei bei capelli, Shoichi."
"E' tutto quello che hai da dire dopo aver attentato alla mia vita?!"
"Su, su. Volevo solo dimostrarti il mio affetto." Rispose lui
sorridendo gentilmente. Il frugolo purpureo si costrinse ad abbassare
la cresta e a ingoiare l'abuso subito, come ogni volta.
Narvalo scosse il capo, avvilito. Ma riprese la narrazione,
perché ne andava del suo onore.
Una voce intervenne, dentro la sua coscienza, a chiedersi di quale
onore stesse parlando, ma lui la soppresse con una pedata e
tornò a parlare. "Quindi, siccome io sono una persona onesta
e
ho a cuore la giustizia, ho preso la caraffa di limonata per osservarla
meglio alla luce del sole. Il ragazzino si è messo a urlare,
dandomi del ladro, e mi ha lanciato lo spremi-agrumi addosso,
rovesciando la caraffa e facendo cadere il succo di limone sulla mia
chioma scintillante."
Silenzio.
"Dite qualcosa, feccia!"
"Bella giacca, dove l'hai presa? Sembra pelle di mammuth."
"Non parlavo mica del mio... oh, ti piace? Bella eh? L'ho comprata con
i saldi la scorsa estate, durante una gita a Rotterdam! Un vero
affare!" Narvalo si compiacé del fatto che qualcuno avesse
finalmente notato la sua giacca in pelle di pantera, e si
sentì
di buon umore.
"A Rotterdam vengono queste cose?" Esclamò Shoichi,
incredulo.
"Certo! E' un posto per gente di classe, mica per mocciosi senza
palle!" Berciò allegramente verso il soffitto, con le mani
sui
fianchi e i capelli giallognoli che ricadevo scomposti sul corpo.
"Comunque sia... mi è caduto il succo addosso, io mi sono
messo
a vociare, il ragazzino mi ha lanciato addosso l'intero chiosco, che
poi ho scoperto essere di cartone, e se l'è data a gambe.
Fine
della storia."
"Non era poi così lunga. E neppure così
interessante."
Constatò Spanner annoiato, mentre con la mano andava a
ricercare
la chioma di Shoichi per divertirsi con i suoi capelli, a discapito del
di lui inquilino.
"E' finita la parte che spiega perché ho i capelli in questo
stato, ma ora c'è la parte della gobba! Non ti interessa,
moccioso?"
Si scrutarono.
Si studiarono.
Si indagarono.
"No."
"VOOOOOOOI!"
No, decisamente a nessuno importava della sua gobba. Povero Narvalo,
che tristezza.
Eppure, non sentiva di essere una persona cattiva. Anzi, era un povero
martire che ogni giorno si districava fra omosessuali con la visiera,
boss con il grilletto facile e bambini dalla dubbia moralità.
Per non parlare... dei colleghi in missione estera. Deglutì,
quando ricordò che sarebbero presto tornati in Giappone.
Deglutì e a stento reprimette un grido disperato.
E poi, perché si trovava lì? Cosa lo aveva spinto
a recarsi dai due mocciosi? Quasi se n'era dimenticato.
"E' inutile star qui a perdere tempo con voi teste di cazzo. Vi
dirò solo il motivo per cui sono venuto e me ne
tornerò
da dove sono venuto."
"Non ne sembri troppo contento." Commentò Spanner, che nel
frattempo aveva attiratò a sé Shoichi usando la
sua testa
a mo' di antistress, con suo evidente imbarazzo. "E poi, bello il gioco
di parole. Quello del venuto,
dico. Anche a Shoichi piace venire, vero Shoichi?"
"Spanner, per favore, non dire queste cose! E smettila di affondare le
tue mani dentro i miei capelli, m-mi fai il solletico!"
"Oh? Davvero? E se faccio così?"
Shoichi sospirò di piacere, e cominciò a fare le
fusa.
"U-uh, smettila di... accarezzarmi dietro le orAAAAHAH! IL SOLLETICO!
I-IL SOLLETICO! NO, no, no, noooo!"
"VOOOOOOOI! Sappiate che Zanzara ha intenzione di mettere le mani sul
moccioso scarlatto!" Urlò, per attirare l'attenzione su di
sé.
Ci fu un momento di silenzio.
Spanner lasciò la presa e si sporse verso l'uomo che aveva
appena pronunciato quelle parole, fissandolo intensamente.
Così intensamente che Alberto Parapiglia sentì
qualcosa sciogliersi dentro il suo cervello, e indietreggiò
instintivamente.
"Non lo avrà." Sentenziò lapidario "Non gli
permetterò di avere Shoichi. Dopotutto..." Prese un bel
respiro, e ritornò a scrutarlo con più decisione
"... Io lo amo."
Note dell'autrice: corro
a nascondermi che è meglio °A° no, ma
seriamente... ci sono troppi riferimenti idioti in questo capitolo. Lei
sa di che parlo. Lo sa, lo deve sapere. Ne sono sicura.
(?) Ok, lasciamo perdere. Spero che vi sia piaciuto. Scusate se non
aggiorno più così velocemente, ma ho deciso di
prendermi un po' di tempo in più, per portarvi capitoli
all'altezza di voi u__u Ringrazio come sempre tutti quanti, per
l'appoggio (?) e le idee che mi date. Ci rivedremo domani con la febbre
del sabato sera :D a cui non importa a nessuno, ma non fa niente.
*va* :3
|
Ritorna all'indice
Capitolo 37 *** Il seminario si tinge di marrone ***
c37
Si racconta, nelle
leggende, che le parole abbiano un potere straordinario. Persino
più grande di quello di una spada.
Spanner, effettivamente, sembrava il paroliere per eccellenza.
Ciò che usciva dalla sua bocca, infatti, aveva la
capacità di trasformarsi in un allegro Ultimocanto.
C'erano tre turni, e dopo la vittima stramazzava al suolo. Shoichi
avrebbe dovuto raccogliere quante più informazioni possibili
in
quel breve lasso di tempo - tre battute - , evitare il KO e/o
possibilmente sconfiggere il suo avversario. L'impresa si prospettava
impossibile, ma siccome qualcuno un giorno disse «Gotta catch
'em
all!», non avendo di meglio da fare, anche Shoichi doveva
provarci.
Ad acchiapparli tutti, i suoi neuroni in fuga.
"A-aspetta... Spanner? Di chi stai parlando?"
"Mh?" Fece lui, voltandosi verso il coinquilino con sguardo assente.
Silenzio.
Ultimocanto
di Shoichi: meno 2!
Ultimocanto di Spanner: meno 999999999 periodico!
"Rispondimi, dannazione! S-stavi parlando di... me?"
"Mh. Ah. Sì, Shoichi."
Ultimocanto di Shoichi: meno 1!
Ultimocanto di Spanner: meno 999999999 periodico!
"E' me... che ami?" Sussurrò, con un filo di voce.
Che domanda stupida e insulsa. E chi dovrebbe amare, se non lui?
"No."
O forse no, in fondo.
Ultimocanto di Shoichi: meno 0!
Ultimocanto di Spanner: meno 999999999 periodico!
Shoichi è KO! Spanner vince 300 neuroni e una prugna.
Congratulazioni!
Lo scarlatto giovine ricadde al suolo, privo di PS, ossia di Protezione Spanner, con un
piccolo e dolce tonfo sordo.
Spanner lo vide precipitare, con scarso entusiasmo.
Si voltò verso Narvalo, che aveva assistito alla scena con
la bocca che sfiorava il pavimento, e parlò lapidario.
"Tu non hai visto niente. Niente."
"Eh, bella forza! Dopo quello che-"
"NIENTE."
Le parole risuonarono nell'aria come una minaccia che non lasciava via
di scampo. Il povero malcapitato deglutì, risolvendosi di
non
contraddirlo. Quel ragazzo... riusciva ad incutere una strana paura,
quando ci si metteva.
Una paura diversa da quella che, per esempio, trasmetteva Zanzara. Era
più... una paura psicologica. Qualcosa che minava
direttamente
al tuo cervello, senza mediazioni, distruggendoti dall'interno.
Qualcosa di assolutamente spaventoso.
Spanner era in possesso di quel potere. Spanner era indubbiamente il
maschio dominante. Spanner era, senza errori, un uomo capace di
tenergli testa.
Ma l'aveva capito subito, fin dallo scontro radioattivo, che era un
avversario di alta levatura. Forse lo aveva comunque sottovalutato un
po' troppo, ma non aveva dubitato che fosse comunque un
nemico da temere.
Era meglio intrattenere relazioni diplomatiche, per portare in salvo
capra e cavoli.
"Ca... capisco. Comunque! Ciò non toglie niente a quello che
ho
appena detto: Zanzara vuole Irie Shoichi e lo avrà, a costo
di
usare la violenza."
Che avrebbe usato a prescindere, anche e soprattutto se non ce ne fosse
stato bisogno. Perché era molto più divertente.
"Perché?" Chiese Spanner, guardando l'amico steso per terra
privo di sensi. Fu invaso da qualcosa di simile a un moto di tenerezza,
ma si trattenne dallo strapazzare quel cespuglio rosso e inerme.
Tanto, presto Narvalo sarebbe andato via. E Shoichi era duro a
rinvenire. Ragion per cui, non c'era da aver fretta.
Godersi l'attesa, era il primo passo verso un'esistenza felice. Godersi
l'attesa che separava le sue mani da quei capelli scarlatti, il
secondo. Abusare incessantemente di un corpo venuto meno, il terzo.
La via della perdizione sapeva essere davvero allettante.
"Perché ha fatto una specie di..."
Si fermò. Era un segreto importante, quello che stava per
rivelare. Faccende occulte che non sarebbero mai dovute uscire dallo
studio del boss. Parole pesanti, inconfessabili, che avrebbero
sconvolto una nazione. Era davvero il caso di farne parole con il primo
babbeo che capitava?
Lo guardò. Non vide incertezza nei suoi occhi, e
capì.
Capì che lui avrebbe capito. Lui avrebbe capito, con
lucidità e
intelligenza. Lui non era un babbeo, era un genio.
"Ha fatto una scommessa con Brandenbeltafron."
Silenzio.
"Il nome mi è vagamente familiare..." Commentò
Spanner, pensoso.
"E' una donna potente, non mi stupisce. Ha piegato migliaia di uomini
al suo volere."
"Così tanti?"
"Tanto per dire, non così tanti."
Silenzio.
"E quanti, allora?"
"Ma che cazzo ne so, io?!"
Silenzio.
"Spannapiglia, posso chiederti una cosa?"
"Non chiamarmi Spannapiglia, o giuro che ti riduco a brandelli."
"Mi sembri un po' agitato, gradisci un po' di crusca sottovuoto?"
"... Eh?"
Silenzio.
"Una pera?"
"VOOOOOOI!"
"Non siamo commestibili, mi dispiace."
Narvalo trattenne l'impulso prettamente violento che si stava
impossessando di lui. La sua idea di Spanner come genio era volata via,
spazzata dal vento di Levante, e non rimase che l'ombra dell'uomo che
era stato. E la cosa peggiore, era che lui non sembrava preoccuparsene
affatto. Si atteggiava a persona tranquilla, grattandosi con noncuranza
una guancia, poi un avanbraccio, poi il piede sinistro, il tutto
ondeggiando da destra a sinistra come un palloncino legato alla
staccionata.
Non si poteva proprio guardare. Era l'oscenità fatta
persona, quel ragazzo.
Persona?
Lo guardò meglio. Cosa aveva di umano, Spanner?
Gli occhi? Erano due chicchi di ghiaccio siberiano emersi dall'oceano
per combinazione celeste, senza voglia di vivere e di lasciar vivere.
Le guance? Quali guance? Dov'erano le guance di Spanner, un momento?
Non le aveva!
E la labbra? Era scomparse? Le aveva inghiottite? Ma come poteva essere
possibile?
Rabbrivì. Con quale essere
stava condividendo l'ossigeno, in quel momento?
Sentì un brivido percorrergli la schiena, quasi facendogli
male.
Dannazione, no!
"Mh? Che cosa stai facendo, Spannapiglia?"
"Impicciati degli affari tuoi, moccioso!" Vociò Narvalo,
protendendo le braccia verso la sua schiena, cercando di afferrare la
sua gobba. Spanner se ne accorse, e si sporse per osservare meglio, con
suo evidente disappunto. "Mi hai sentito? Voltati!"
"Non voglio."
"Ti disintegro, fai attenzione. Non provocarmi!"
"Hai la gobba. Sei malato? Vuoi un po' di acqua ossigenata?"
"VOOOOOOI!"
"Non siamo medicine, mi dispiace."
La sua pazienza stava correndo furiosamente verso un confine che non
andava superato. Povera sentirli, quegli zoccoli che si schiantavano
contro il terreno aspro e incolto, nel silenzio del deserto, con il
sole all'orizzonte a bagnare di purpurea luce le rocce prive di vita
che emergevano dalla sabbia bollente. Era uno scenario molto
affascinante, effettivamente. Ma lui sapeva che presto tutto questo si
sarebbe tramutato in un lago di sangue. E siccome Narvalo era, come si
è detto precedentemente, una persona di buon cuore, voleva
evitare di lasciarsi andare ad eccessiva violenza.
Non sarebbero bastati cento Omini Bianchi per lavare la sua anima
corrotta.
"Senti. Io sono venuto qui, maledizione a me, solo per avvisarvi dei
piani di Zanzara. Il resto, il vostro rapporto ambiguo compreso, non mi
interessa. Non cercare di coinvolgermi in questi giochetti gay, con me
non attacca."
Quel discorso, così serio e composto, gli aveva fatto
chiudere gli occhi e scuotere il capo, come un uomo vissuto.
Facendo ciò, inevitabilmente, non si era accorto che la
persona
- o quello che era - a cui si stava rivolgendo si era alzata e, con
un'abile manovra, si era posta dietro la sua schiena, forzando la gobba
ad uscire allo scoperto.
"Mh. Voglio vedere questa gobba." Disse, posizionando le mani alla sua
base e muovendola verso il collo. Narvalo berciò, adirato.
"Lascia stare la mia gobba, stronzo! Lasciala stare, lasciala stare,
lasciala stare!"
"No."
"TI AMMAZZO!"
Era tutto molto bello e appassionante.
Shoichi, intanto, languiva sul pavimento. Ignorato da tutti, solo e
freddo, lottava contro l'oscurità che tentava di portarsi
via la
sua anima. Strane immagini gli apparvero nel delirio, alcune molto
lussuriose, altre semplicemente diaboliche.
«Shoichi, ti
amo... fai l'amore con me...»
«Spanner! C-c-c-cosa stai dicendo?!»
Spanner incedeva verso di lui, oscillando come un pendolo svizzero.
Perché fosse svizzero, tuttavia, rimaneva un mistero.
Gli tese un palmo, sul quale era disegnato un piccolo perizoma zebrato.
Era molto fescion, lo ammise. Ma le cose rimanevano insensate, e lui
voleva liberarsi di quei sogni privi di senso. Urlò, ma
rimase
inudito.
Una mano gli coprì la cavità orale, e un paio di
occhi
scintillanti come il ghiaccio al sole lo fissarono, colmi di desiderio.
«Sssh... nessuno verrà a interromperci, stai
tranquillo, Shoichi...»
«Mmmhgmf!»
«Quel piccolo pene diverrà una proboscide, lascia
fare a me...»
Shoichi gridò, ancora più forte, ma nulla
cambiò.
E il terrore si fuse con il piacere sessuale, mentre lasciava che le
mani di Spanner rendessero quel piccolo amico un GRANDE amico.
Che gran coppia di amiconi, i loro apparati sessuali.
"Uh."
In quel frangente, Spanner era riuscito nel suo intento, privando
Narvalo della sua gobba. Senza di essa, l'uomo si sentì
menomato, e si nascose dietro il divano, lanciando lamenti colmi di
dolore.
"Come hai potuto, mostro?! Ridammela, ridammela! Ridammi la mia..." Le
parole gli morirono in gola.
"Perché avevi una boccia per pesci nella schiena,
Spannapiglia?"
"VOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOI!"
"Per noi? Oh, che pensiero cortese."
In quella casa... non c'era giustizia. Adesso lo sapeva anche lui.
Osservò il cadavere di Shoichi, che giaceva poco lontano, e
si
chiese come potesse quel ragazzetto vivere con un tipo come Spanner.
Come potesse sopravvivere
senza rischiare un ictus o una trombosi.
In verità, è bene dirlo, Shoichi queste cose le
rischiava
eccome. Perché non erano semplici mal di testa, quelli che
vessavano il suo stanco capo quotidinanamente. La cosa che lasciava
davvero perplessi, invece, era
come potesse sfuggire sempre alla morte, in quel modo.
Qualcuno doveva davvero odiarlo, lassù.
E mentre Narvalo piangeva, privato della sua boccia, qualcuno altrove
tramava vendetta...
*
Spannera era sempre stata una
brava ragazza.
Generosa, sensibile, paziente, disponibile, spiritosa, intelligente. Non
era dunque strano che si fosse circondata di persone altrettanto
generose, sensibili e bla bla bla.
E intelligenti.
Quello che lasciava perplessi, era invece il tipo di relazione che
aveva con certo Bob Maleno, un ragazzetto efebico e dai lineamenti
anonimi, con un'insana passione per i dolci e il sangue in
putrefazione. Solo il sangue, i dolci si voleva freschi e morbidi.
Almeno quelli.
Spannera e Bob si erano conosciuti a un seminario sui disturbi
dell'apparato escretore. Lui perché ne aveva bisogno, lei
perché non aveva un cazzo da fare. E così, fra un
cazzo e
l'altro, era riuscita ad attaccar bottone con lui.
"Ma questo seminario
è proprio stupido! Cioè... non dicono niente!"
Silenzio.
"Ehi, mi ascolti? Parlo con te, io!"
"Eh? Ah, che vuoi?" Bob si era messo subito sulla difensiva. Era stato
interrotto mentre disegnava un intestino crasso su un foglio di carta,
e quando qualcuno lo interrompeva in momenti così delicati,
lui
diventava una bestia. La guardò, sospettoso.
Era brutta, magra e certamete stupida. Perché era venuta a
un seminario sulla merda? Ricercava se stessa?
Si stupì della sua sagacia, e sorrise contento. Spannera
scambiò quel sorriso per un gesto di pace, e
annuì compiaciuta.
"Ciao! Sono Jess!"
"E-ehm... ciaaaaao."
"Come ti chiami?" Lo incanzò lei, leprottandogli intorno.
"Bob."
"Che merda di nome! Posso chiamarti Buraian?"
"Va bene."
"Evvai! Ehi Buraian, cosa sei venuto a fare in un posto di merda come
questo?"
"Volevo solo guarire dalla mia stit-"
"Ah ho capito! Che bravo!"
"Ma, veramente io n-"
"Buraian..." Il tono era improvvisamente cambiato, facendosi
orribilmente lascivo e suadente. Bob indietreggiò,
spaventato dall'improvvisa vicinanza della ragazza.
"C-che c'è?" Balbettò, cercando con lo sguardo
l'aiuto dei presenti. Ma nessuno incrociò i suoi occhi, e
ognuno di loro tirò dritto per la sua strada.
Il mondo lo aveva abbandonato.
"Senti..." Mise in mostra la sua scollatura inesistente "Mi...
presteresti dei soldi?"
Silenzio.
"Temo di non aver... capito."
"TI HO CHIESTO SE MI PRESTERESTI DEI SOLDI!"
Qualcuno si voltò, attirato dall'improvviso grido. Ma non
prestò soccorso al povero malcapitato, che fissava Spannera
incredulo e confuso. Una prostituta che si faceva pagare per avergli
permesso di vedere un petto piatto e scarno per tre secondi? Un nuovo
tipo di lavoro part-time, forse?
"Ma io... non ne ho." Rispose lui, scuotendo leggermente il capo "Non
ho denaro con me!"
"Cosa? Non è possibile."
"D-dico davvero, non ho denaro con me..."
"E con chi ce l'hai, allora?"
"E... eh?"
"Aaah, sei inutile!" Spannera si alzò, guandandosi intorno.
Aveva adescato lo sfigato sbagliato.
Si allontano da lui, puntando verso una signora impellicciata. Forse
con lei avrebbe avuto più fortuna, si disse.
Forse una signora impellicciata aveva con sé più
soldi di quanti avrebbe potuto averne un ragazzo vestito di quinta
mano, all'apparenza.
Forse. Era solo una possibilità, in fondo.
Molto in fondo.
Bob la osservò, mentre se ne andava, chiedendosi da quale
pianeta fossero sbarcati gli alieni che avrebbero conquistato il mondo,
e rimpiangendo mentalmente i politici che tanto disprezzava.
Ora non avrebbe osato dire più nulla all'indirizzo di
nessuno. Più nulla.
Con queste riflessioni nella testa, Bob Maleno si avviò
lentamente verso l'uscita, cercando di rimuovere il ricordo di
quell'essere immondo dalla sua testa.
Nel pugno sinistro, stringeva il suo intestino crasso.
"Me la pagherà, quel mostro!"
Dei tacchetti risuonavano nei bassifondi di New York, la
città dei veri duri.
Spannera avanzava, imperterrita, e niente e nessuno l'avrebbe fermata.
Bob Maleno. Sapeva dove trovarlo. Al seminario, a quel fottutissimo
seminario.
Sì. Lui era lì,
e lei lo avrebbe scovato.
E avrebbero fatto una lunga, lunga chiaccherata. Solo lei e lui. E
dalla porta, ne sarebbe uscito soltanto uno.
Ghignò, fiera del suo malefico intelletto. Il miglior
scenario possibile era già stato dipinto nella sua testa, e
nulla glielo avrebbe fatto dimenticare.
Era abituata a ottenere sempre quello che voleva. SEMPRE.
Avrebbe ottenuto le scuse di Bob, anzi, di Buraian. Non aveva
più senso chiamarlo con quel nome ridicolo, molto meglio
Buraian, sicuramente.
Pregustava la vittoria. La sentiva.
Rise, forte. Il suono si propagò per i vicoli di Niu Iourk,
facendone tremare le fondamenta. I gatti fuggirono, i topi ballarono, i
cani si tramutarono in bestie mitologiche.
E Jesscherryelaindelph avanzò in mezzo a loro, ostentando
potenza pura.
Note dell'autrice:
questo capitolo è una farsa assurda x°° ma
era necessario a preparare il seguito. GIURO che nel prossimo vi
farò morire tutti, tutti! *risata lontana*
Va bene, basta, vi lascio. Insultatemi pure. u__u
|
Ritorna all'indice
Capitolo 38 *** Serial provola ***
c38
DEVO dedicare questo capitolo a
due persone speciali <3 grazie Eiko, grazie Milli, grazie
ragazze ç_ç grazie sempre. <3
~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~
"Buraian, è inutile che ti nascondi! Lo so benissimo che sei
qui!"
Ce l'aveva fatta. Era riuscita a ritrovare il locale dove si era tenuto
il seminario sull'apparato escretore.
Si era persa cinque volte, aveva chiesto indicazioni a un tombino, si
era rotta un unghio strisciando nel lerciume e aveva perso una mazzetta
di capelli, ma ce l'aveva fatta.
Era fiera di sé, della sua prestanza atletica, del suo sauaffer.
Avrebbe pure riso del suo potere, se non si fosse ritrovata davanti
agli occhi... quella scena.
Una scena non prevista.
Una scena non voluta.
Una scena... degna di Niu Iourk.
Un cadavere.
Bob Maleno giaceva per terra, un'ascia conficcata nel cranio, i bulbi
oculari che trasbordavano dalle orbite, la lingua stesa verticalmente a
partire da delle labbra nere, schiuse in un ultimo, disperato tentativo
di chiedere aiuto.
La sua anima lo aveva abbandonato, fuggendo da quelle bocca contorta
dal dolore più profondo che un uomo possa provare in tutta
la
sua vita.
La morte.
L'ossimoro era figo. Se ne compiacque, ma non c'era tempo.
L'urgenza si impadronì di lei, spingendola ad avvicinarsi al
ragazzo steso per terra in una pozza di sangue.
Il suo preferito.
Lo guardò, le mancavano le parole. Tese una
mano, ma la
arrestò poco prima di toccare il manico dell'ascia che gli
segava in due la testa.
"Non vorrei rischiare di inquinare la scena del crimine!"
Esclamò, balzando all'indietro colta da un'improvvisa
illuminazione.
Sì. Lei aveva ritrovato il cadavere. Lei era lì,
da sola,
con Bob Maleno. Buraian. Quello del seminario di merda. Quello che non
le aveva voluto prestare una lira. Un penny. Uno yen. Uno zecchino.
Era lui.
Spannera si mise a riflettere. Il contrabbando di organi era molto
remunerativo, no? E lì c'era una miniera di organi,
oltretutto.
Si chiese se fossero in buono stato. Da quanto tempo poteva essere
deceduto, Bob Maleno? Lei non aveva le competenze mediche per
stabilirlo.
A denti stretti, lo ammise. L'allegro chirurgo non forniva conoscenze
tali da poter eseguire una diagnosi accurata in una manciata di secondi.
Nessuna sirena cretina l'avrebbe avvisata, se commetteva un errore. Era
sola.
Un moto di tristezza e smarrimento la scosse, ma fu solo
un istante. Era forte, lei. Niente e nessuno l'avrebbe piegata, MAI.
E poi... lo aveva con
sé.
Il suo fido compagno.
No... lei non era mai davvero sola.
Il suo cellulare la accompagnava in ogni avventura, eterno amico di
ogni giorno della sua vita.
No, lei non era mai davvero sola. Vanilia era con lei, sempre.
Fu una questione di pochi attimi, rubati al tempo con dispetto
fanciullesco. Una mano si introdusse nella borsetta e ne
tirò
fuori un rettangolino bianco variegato di striscioline rosate.
"No, ho sbagliato. Questo è il sorbetto di cartongesso per
gli abbordaggi dell'ultimo minuto."
Lo ripose, sicura di sé. Dopotutto, era solo cartongesso. E
non
ci si può mettere a strillare per del cartongesso, non siamo
mica bambini.
"Ah, eccolo! Vanilia!" Il cellulare si materializzò nella
sua
mano, impietosito forse da quella ricerca infruttuosa. "Vanilia,
presto! Chiama la mamma!"
Silenzio.
"Ah, vero. Devo comporre il numero."
Lo compose.
Il telefono cominciò a squillare. Spannera attese in linea,
paziente.
«Pronto?»
"Mamma, sono Jess! Come stai, tutto bene? Che faaai?"
«Oh, tesoro! Stavo...»
La donna all'altro capo del telefono esitò.
Nelle mani stringeva un action figure di Porky Pig, vestito da
idraulico, mentre alla tivù trasmettevano un documentario
sugli
evidenziatori al benzene. Era arduo da spiegare, sua figlia non avrebbe
capito.
Optò per una bugia.
«... Stavo raccogliendo le rape in giardino!»
"Davvero? Che bello!" Disse lei, ignorando cosa fossero le rape.
«Sì, è proprio bello! Ma dimmi Jess,
cosa ti occorre? Qualcuno sta facendo il prepotente con te?»
"Oh, no! Non si tratta di questo!" Cinguettò la fanciulla
arricciandosi distrattamente una cioccia di capelli "Vedi, ho trovato
un morto e non so come fargli l'autopsia!"
Silenzio.
«Ho capito. Allora... prendi lo zaino.»
"Sì." Spannera prese la sua borsa, pronta a usufruirne come
mamma le suggeriva.
Che donna, sua madre.
«Bene, ok... dovresti vedere un radiatore, giusto?»
"Un radiatore? Uh... Uhm... me lo descrivi, per favore?"
«Sì, allora... è tondo, ed è
bucherellato da
una parte. Dentro ci sono dei meccanismi complessi, te ne accorgi se lo
guardi da un'altra visuale.»
"Aspetta che cerco..."
Con la mano, frugò nella sua borsa. Frugò
lungamente,
finché le sue dita non toccarono qualcosa che sembrava
proprio
l'oggetto descritto da Spanny.
Un pezzo di ventilatore.
Ventilatore,
radiatore... non c'è molta differenza.
Con questi pensieri, riagguantò il cellulare. "L'ho trovato,
mamma! E ora, cosa devo fare?"
«Se premi il quadrato, dovrebbe darti l'opzione 'irradia',
giusto?»
"Eehhh... aspetta che guardo."
Si guardò intorno, ma non vide nessun quadrato. Poi
fissò
il ventilatore mutilato, e le sembrò che le sorridesse.
Sì, lui voleva aiutarla. Che importava, se non trovava la
figura piana di cui le stava parlando sua madre?
"Ho capito, ho capito tutto! Grazie mamma, poi ti faccio sapere!"
La conversazione si interruppe bruscamente, senza lasciare a Brand il
tempo di finire il suo lungo e complesso discorso.
*
"Tesoro? Tesoro?"
La linea aveva tristemente ceduto. Chissà come mai.
Spanny ripose il telefono con un sospiro.
"Porky Pig, cosa devo fare secondo te?"
L'action figure taceva, crudele.
"Porky... dai... siamo amici noi, no?"
Silenzio.
No. Porky Pig non aveva alcuna intenzione di collaborare. Neanche un
po'. E allora la donna, che necessitava di parlare con qualcuno di
intelligente, cominciò un lungo e straziante monologo.
"Sai, Porky... ho sempre cercato... di proteggere Jess. Ma vedi, lei...
è così indipendente!
C-così tanto che... che io stessa, alle volte, sai... mi
chiedo come faccia."
Nessun suono giunse in risposta, ma poco importava.
"E poi, quando mi ha detto che le piacevano le provole, io... non ho
saputo cosa dire. E sono rimasta zitta, ferendola. Perché
sì, io l'ho sicuramente ferita. Lei si aspettava qualcosa da
me,
dannazione! N-non lo so, che le facessi i complimenti magari, o che
l'aiutassi a scegliere la provola migliore, quando andava al
supermercato... e invece, io non l'ho fatto. Mi sono comportata in modo
meschino, e lei ne ha risentito!"
Ci fu una piccola pausa, e Spanny tirò su con il naso.
"A-anzi!" Gemette "Io... ho fatto una cosa orribile... io... le ho
nascosto le provole! Dentro il cartone del latte! Con il latte dentro!
Ti rendo conto, Porky? Ti rendi conto?! E lei... lei sai cosa ha fatto?
Sai cosa ha fatto lei?!"
Silenzio.
"Si è bevuta il latte con la provola! E mi ha anche
ringraziato,
per averglielo preparato! E' da quel giorno che... la sento
più
distante. Come se... come se avesse intuito l'inganno, capisci?
L'inganno della provola! E mi sono fatta così schifo, ma
così schifo, ma così schifo, ma così
schifo, ma
così schifo! ... Aspetta, che stavo dicendo?" Si
fermò,
perché aveva perso il filo del discorso.
Porky Pig inarcò una fella di lardo, perplesso.
Persa in quelle riflessioni, non si accorse che il suo fido maggiordomo
era intanto entrato nella stanza.
"Miss Brandenbeltafron, le porto cattive novelle."
"Albert!" Strepitò la donna nascondendo in fretta e furia la
statuina di plastica dietro la schiena "Quante volte ti ho detto che
prima di entrare devi bussare?"
"Neanche una, signora."
Silenzio.
"Ah."
Silenzio.
"Miss Brandenbeltafron, le porto cattive novelle."
"Cosa è successo, Albert!" Esclamò - non chiese, esclamò -
, entrando immediatamente nella parte. "Un nostro impiegato si
è dato all'ippica?"
"No signora. Sembra che un famoso serial killer si sia affaccendando
per i vicoli di New York, e che abbia già fatto fuori un
paio di
pensionati."
"Davvero? Chi?"
"E' importante, miss Brandenbeltafron?"
"No, ma fa figo chiederlo."
"Capisco. Allora le interesserà sapere che anche un nostro
impiegato è stato ucciso."
"Da chi?"
Silenzio.
"Dal serial killer." Rispose quello.
"Ah."
Silenzio.
"Signora?"
"Dimmi."
"Ecco... non sembra essere interessata."
"A cosa?"
"Al serial killer."
"Perché? Cosa ha fatto?"
"Ha ucciso un nostro dipendente."
"Chi?"
"Il serial killer."
Silenzio.
"COSA?!" Esplose allora lei, sgranando gli occhi "E quando è
successo? Come? Non ne sapevo niente!"
"La polizia ci ha appena chiamato, proprio per riferirci della
scoperta." Rispose l'uomo, scuotendo leggermente il capo "Deve essere
stato terribile."
Spanny rimase in silenzio, turbata. Non era la prima volta che si aveva
notizia di un serial killer, ma era la prima volta che qualcuno dei
suoi impiegati rimaneva ucciso. Le cose non quadravano, affatto.
Qualcosa le stava pericolosamente fuggendo dalla testa, e se ne
preoccupò.
"Albert, voglio esaminare la scena del crimine." Dichiarò,
avanzando verso il maggiordomo.
"Lo immaginavo. Due agenti attendono nella hall, vada pure da loro."
"Grazie, Albert. Lascio tutto nelle tue mani."
"Si fidi di me."
Sorrise, Spanny. Era un brav'uomo, Albert, poteva fidarsi di lui. Gli
avrebbe lasciato la conduzione dell'azienda per qualche ora, non
sarebbe accaduto niente.
Si mosse verso la porta, lisciandosi il tailleur in pelle di suino. Ma
quando stava per sfiorare la maniglia con le sue dita sottili, un
pensiero la colpì con violenza, facendola voltare di scatto
con
espressione allucinata.
"E non toccare la mia collezione di action figure, hai capito?!"
"Come desidera, miss Brandenbeltafron."
"... Bene."
Ora non ci sarebbe stato più alcun problemi.
Visibilmente sollevata, zia Spanny uscì dall'ufficio,
incedendo
verso il pianoterra del palazzo della Bolt Corporation sentendosi potente.
*
"Dunque,
vediamo se ho capito... hai visto questi pesciolini dentro la
fontanella e ti sei intenerito. Poi hai notato che nelle vicinanze
c'era una boccia vuota, e l'istinto ti ha spinto a metterceli dentro e
a portarteli a spasso. Per non farti scoprire te la sei nascosta dietro
la schiena, sigillandola con un grosso tappo di sughero sempre trovato
lì nelle vicinanze, e sei arrivato fin qui consapevole che
ti
avremmo chiesto che cosa fosse, per poterci negare una spiegazione
valida e... com'è che era... ah, sì. Berciarci in
faccia.
E' corretto?"
Nessuna risposta giunse alle sue orecchie. Narvalo, indispettito, gli
aveva dato le spalle e stava fissando il muro con cipiglio irritato.
Spanner gli osservò la schiena sgobbata, e fece spallucce.
Se non voleva rispondere, erano problemi suoi.
"Ehi, Spannapiglia. Non sarebbe ora che andassi via?"
"Io da qui non mi muovo, finché non mi chiedi scusa e non mi
ridai LA BOCCIA!"
Il biondo giovine tacque, pensoso. Poi guardò Shoichi, fece
due
rapidi calcoli, si grattò la testa perplesso, e infin decise.
"Va bene. Scusami se ti ho degobbato, tieni, ti ridò la
boccia."
"E chiamami Narvalo, stronzo!" Aggiunse poi, voltandosi verso di lui
arrabbiato.
Spanner annuì. "Va bene, Narvalo." Gli tese la boccia, in
segno di pace. E lui la strinse, accettando il pegno.
"Gra... grazie." Mormorò, schiarendosi la voce. In fondo,
quello
Spanner non era poi così terribile, pensò. Gli
aveva
ridato i suoi pesciolini senza fare troppe storie, si era scusato in
maniera accettabile e lo aveva chiamato per nome. Ci stava, dai.
"Bene. Adesso sparisci."
Mai parlare troppo presto.
"VOOOOOOOOOI!" In questi casi, Narvalo sapeva dire solo una cosa. Che
non aveva esattamente senso, ma rendeva perfettamente la sua
frustrazione repressa.
Come un bravo cetaceo disattato. Deriso persino da Flounder - e per
essere derisi da Flounder bisognava essere proprio caduti in basso
- , bistrattato nientepopodimeno che da! ... Scuttle, che neanche
sapeva chi fosse. Ma era un gran rompicoglioni, e tanto bastava.
Per non parlare di Eric e di re Tritone. Eh, gran signori quei due. Ma
questa, mio pubblico, è un'altra storia.
Colma di dolore e sofferenza, di pinne contrabbandate al porto di
Garibaldi, di sirene senza un nome né un
perché...
insomma, una storia dolorosa. Dolorosissima.
E il rating giallo non basterebbe, ragion per cui potete solo sognare.
Mentre la scienza vi guarda, serena. Perché la vita
è
così. Ma torniamo a Narvalo e la sua esistenza di merda.
"Che cosa è questo cambio di atteggiamento?!"
Gridò
quello balzando in piedi con scatto piratesco "Non mi stavi forse
congedando con pacata gentilezza, ah?!"
"No, vedi" Fece Spanner "è che vorrei rimanere solo con
Shoichi. Sai com'è..."
"No che non lo so, feccia! Come puoi trattare così qualcuno che
è venuto fin qui apposta per te? Sei scemo per caso?!"
Silenzio.
Ma stavolta... non era il solito silenzio. Non era il solito silenzio
che precedeva una frase ridicola o un risvolto impossibile.
Era... un silenzio inquietante. Cattivo, sì. Cattivo.
L'atmosfera si fece pesante, l'aria si surriscaldò,
l'ossigeno
divenne zolfo e lo zolfo azoto, per mezzo di una
trasformazione
chimica che a Lavoiser faceva una pernacchia, e anche due.
Proust neanche se lo filava, oltretutto. Ed era tutto molto buzzurro, e
Narvalo si preoccupò. Si agitò un po', ma non ci
fu
niente da fare. L'ambiente sembrava diventato la bocca di un forno
crematore.
"Spannapiglia."
Una parola attraversò l'inferno e lo colpì dritta
al
cervello, fulminandoglielo. Deglutì, mentre una strana
sensazione di terrore si
impadroniva di lui. Aprì la bocca per vociare, ma non
uscì nulla.
"Spannapiglia" continuò lui "sai che prima mi è inavvertitamente
caduto un po' di tedoazobartosio nella boccia per pesci?"
"Te... te... tedocazzoche?"
Balbettò lui, indietreggiando istintivamente. Che cosa
era... quella ombra alle sue spalle?
"Tedoazobartosio." Ripeté, con calma gelida "Un nuovo
composto
di mia invenzione." Spiegò, avanzando di un passo in sua
direzione. Improvvisamente, estrasse dai pantaloni un telecomando, al
centro del quale campeggiava un SINGOLO, ROSSO, CILINDRICO pulsantone.
Sì. Un pulsantone.
Un pulsantone.
Paura, eh? Altro che scienza.
"A-ah. Bello!" Rise istericamente Narvalo, al quale intanto era
ritornato il consueto colore di capelli, a causa dell'evaporazione
della limonata CON L'ERBETTE.
E la tua testa era tutta un glom,
e ripensò a quando Paperino deglutiva di fronte a uno Zio
Paperone in calore, e aveva paura.
Una fottutissima paura
E per la prima volta capì ogni cosa.
Mai più. Mai più avrebbe denigrato Paolino
Paperino.
Anzi, si ripromise che lo avrebbe tratto in salvo dallo zio sadico, la
prossima volta. Sì, lo avrebbe fatto. Come era vero che era
eterosessuale.
... Un momento.
"Spannapiglia, sai cosa succede se premo questo interruttore purpureo?"
Chiese, e sembrò un bambino indemoniato. Di quelli che
suscitavano tanto terrore, anche se non facevano assolutamente nulla.
"Ehm..." Ripensò a tutte le volte che Zanzara premeva tasti
a caso in qualunque ascensore, non
potendosi permettere neppure un paniere di vimini, e
rispose di conseguenza "... ti diverti?"
Perché sì, Spanner aveva proprio l'aria di uno
che non si
stava divertendo affatto. Che fosse represso, ecco. Quindi gli
sembrò una risposta gentile, da dare. interessata, da un
certo
punto di vista.
Un ghigno apparve sulle sue labbra screpolate.
"Risposta sbagliata."
Sentenziò, e lo pigiò, con malvagità.
Quello che avvenne poi, fu qualcosa di indescrivibilmente orrendo.
Qualcosa che avrebbe lasciato il cuore di Narvalo... per sempre segnato.
***
"Ehi, Shoichi."
"Dimmi, Spanner."
"Stavo pensando... che ne diresti di andare a vivere insieme?"
Shoichi sputò il succo al mirtillo siberiano che si stava
concedendo per la speciale occasione. "C-c-che cosa hai detto?"
"Ho chiesto se ti piacerebbe vivere insieme." Ripeté lui,
fissando un punto lontano nel cielo turchese.
Era un giorno di festa. Festa per loro, festa per tanti, festa per
tutti.
Festa per nessuno, quindi.
Perché se tutti festeggiano la medesima cosa, allora
è come se non si stesse festeggiando nulla.
C'erano variegati palloncini che fluttuavano nell'azzurro. Tanti
colori, una sola gioia.
La laurea.
Ebbene sì, ce l'avevavo fatta. Si erano laureati.
Loro due. Sì. Proprio loro.
Effettivamente, Shoichi stentava a crederci. Spanner no,
perché
era certo che li avrebbero promossi. Dopotutto, a suo tempo aveva
riposto molta fiducia nelle trappole che aveva disseminato per
l'università e nei dossier scottanti che aveva raccolto sui
professori. Naturale, invero.
C'era... un profumo di estate, nell'aria. C'era una freschezza e una
gioia che rendeva tutto più leggero, che faceva dimenticare
le
preoccupazioni, che faceva sorridere del nulla e per nulla. E nelle
risate, nella compagnia, c'era il silenzio. Il silenzio di chi
ascoltava il proprio cuore sussultare per la felicità del
traguardo raggiunto.
Sussultare, perché quella era l'ultima tappa. E la prima di
un'esistenza che offriva solo possibilità.
Ovviamente, e sottolineo ovviamente,
Spanner era un mito quando si trattava di rovinare i momenti magici
della vita. E poi ci si domandava perché Shoichi fosse
cresciuto
come un povero disgraziato.
"Ma così, all'improvviso? N-non so cosa rispondere sul
momento, Spanner! Cerca di capire, santo cielo!"
L'amico lo aveva guardato, inarcando un sopracciglio. Cioè,
l'intenzione era stata quella, ma poi i fatti si erano riversati sul
suo viso con un risultato diverso rispetto al proposito di partenza. Ma
Shoichi aveva imparato a interpretare gli sforzi dei suoi muscoli
facciali, e si era risolto di rispondere alla perplessità
del
giovine giallo in fronte alla sua rossa persona.
"E' inutile che mi guardi così!" Ribatté poi,
incrociando le braccia al petto. "Io ho ragione."
Silenzio.
"No, mi sono perso un momento. Chi è che ha ragione?" Lo
squadrò colmo di perplessita e riso represso "Tu?" e
pronunciò quel pronome come se fosse la cosa più
divertente del mondo. E lo era, con tutta probabilità.
La reazione fu canon, ovviamente.
"Spanner, non ti sopporto! Perché sei sempre
così, così, così maledettamente
cretino?!"
Spanner lo fissò, forse sgranando gli occhi. Si
indicò
con un dito innocente e scosse il capo, incredulo. "Shoichi, come puoi
dire una cosa del genere?" Chiese, sembrando sul punto di scoppiare in
lacrime.
Cioè, in verità non lo sembrava affatto. Ma
poiché
Shoichi, dopo aver tentato di far valere il suo pugno di ferro,
immancabilmente si sentiva in colpa per come aveva reagito, vedeva
automaticamente in lui qualche segno di cedimento. E scambiò
un
riflesso del sole per una lacrima luccicante. E scosse il capo,
maledicendo il lato malvagio della sua personalità.
"Scusa, scusa Spanner! N-non volevo, io, non volevo! G-giuro!"
Biascicò in evidente pena "Prometto che ci
penserò, v-va
bene? Lo giuro! Ti farò sapere, ok? Ok, Spanner? Spanner?
Spanner! No no no no! Non piangere ti supplico, non piangere! Non.
Piangere. No, no, no! Nooooooo!" Cominciò ad agitare
convulsamente le mani, tentando di fermare la caduta di quella che
sembrava una goccia di puro dolore.
Ecco. Adesso era diventato il cattivo della situazione. Adesso era
colpa sua. Adesso gli avrebbero sequestrato la laurea.
E il cappello.
Spalancò le orbite, inorridendo al pensiero.
No! Il cappello romboidale no!
"Shoichi." La voce di
Spanner interruppe il suo delirio ad occhi aperti.
"Cosa!?" Esclamò lui, dedicandogli la sua più
completa attenzione.
"Con le tue parole, mi hai ucciso. Ma se deciderai di vivere insieme,
potrei anche sopravvivere."
Silenzio.
E' un inganno!, gridava
un neurone con il dendrite sulle spalle. Per questo motivo, fu pestato
a sangue dai suoi compaesani e ridotto una sinapsodica frittatina.
No. Non c'era trucco né inganno, signori. E Shoichi doveva
necessariamente cadere, in, trappola.
Nonostante la frase sembrasse contraddittoria - e pure una presa per i
fondelli - , la paperotta si aggrappò a essa con tutte le
sue patetiche forze. E ci rimise, ovviamente.
Ma all'epoca... non avrebbe mai immaginato QUANTO ci avrebbe rimesso.
Non poteva neppure prevedire il SENTORE, di quello che sarebbe venuto
dopo di lui. Se ne fosse stato capace, forse ci avrebbe pensato
più volte, prima di lasciarsi andare a inutili
sentimentalismi che con Spanner stavano come l'aceto sulle provole.
***
Note dell'autrice: ...
non so che cosa dire. Questo capitolo fa schifo, vero? Avanti, lo so
che fa schifo ç_ç mi dispiace, vi sto deludendo!
E' solo che... come dire? Amo parlare di loro, non riesco ad arrivare a
un risvolto ç_ç però! Ho deciso di
fare una cosa graziosa! :3 mettere pezzi di frasi che
aggiungerò nel prossimo capitolo, così, per
stuzzicarvi. Sono un genio, nevvero?
MA STI CAZZI!
Un ringraziamento
speciale va a tutte coloro che mi hanno sostenuto fino ad
ora. Ragazze, grazie çAç voi non avete idea di
quanto le vostre opinioni possano confortare l'eterna indecisa che
sono. Vi stimo troppo T__T *si commuove*, grazie grazie grazie!
<3
Precisazione: l'ultima
parte è un flashback (si capiva suppongo), che non
è finito. Poi capirete perché l'ho messo. uwu
Sp'oilersssss... (si
consiglia la visione a un pubblico adulto.)
«Che cosa? Volete forse dirmi che il serial
killer potrebbe essere chiunque, anche uno scoiattolo delle
lande?»
«Ma... nelle lande non vivono gli scoiattoli, miss Branden...
signora.»
«APPUNTO!»
[...]
«Shoichi, sei contento? Narvalo se n'è andato,
adesso... siamo soli.»
[...]
«Vorrei tanto sapere chi me lo ha fatto fare! Questo
ventilatore non serve a niente!»
[...]
«Ma... chi sei, tu? Perché impugni una scimitarra
laser?»
[...]
«E' questo
che cosa sarebbe?»
«La mia parcella, signora.»
|
Ritorna all'indice
Capitolo 39 *** Promessa di sesso ***
cap39
Un pesce esplose con
un ploff pacato
e malvagio. La boccia si colorò di un tenue colore rosato,
mentre gli altri, porelli, si stringevano fra di loro per farsi forza.
Narvalo emise un verso colmo di dolore e si avventò contro
la
boccia (o il pulsantone?), tentando di appropiarsene. "Noooo, nooooo,
nooooooo! Che cosa hai fatto!? Timmy!!!"
"Si chiamava così? Oh. Poverino."
Mise enfasi crudele in quelle parole, e la scintilla della follia
risplendeva nelle sue vitree iridi turchesi.
Mosso a pietà, Spanner gli cedette la boccia, che l'uomo
afferrò con un balzo leonino, stringendola al petto con le
lacrime agli occhi. "Che bisogna c'era di coinvolgere anche loro?! Che
cosa ti avevano fatto, quei poveri pesciolini! Volevano solo una vita
felice, e nulla più! Nulla più! Mostro!!!"
Berciò,
ma una triste musicalità si poté avvertire in
quella voce
rotta dal pianto. Narvalo si accasciò per terra, scosso da
profondi singulti, mentre Spanner lo fissava privo di compassione.
"Se te ne vai, la smetto." Disse, e abbassò il braccio per
far
vedere che era disposto a un accordo "E ti regalerò il
pulsantone scarlatto."
Sembrava un bambino perfido con in pugno l'incubo in cui aveva fatto
precipitare il malcapitato.
Narvalo lo guardò, e si disse che quella sarebbe stata
l'ultima volta che avrebbe provato a comportarsi bene.
E fu così che passò definitivamente al lato
oscuro della forza.
"Me ne vado." Sibilò, alzandosi in piedi e smettendo di
piangere. "Me ne vado, ma tu pagherai per quello che hai fatto a Timmy.
Pagherai, moccioso."
Le sue parole erano dure, forti, aspre, di un uomo che non ha
più niente da perdere e che fissa Pallet Town con sguardo
rassegnato, mentre alle sue spalle si leva una tempesta di sabbia che
tutto avvolge. Guardò Spanner, dritto negli occhi. Era stato
umiliato, e Timmy aveva perduto la vita nello scontro. Lo avrebbe
vendicato, un giorno. Lo avrebbe fatto.
"Mh. Va bene, ciao."
Ma Spanner rovinò ogni
cosa. E la poesia morì, schiacciata dalla sua
indifferenza.
E fu il dolore.
"VOOOOOOOOOOOOI!"
Quanto mai prevedibile.
"Via, non c'è bisogno di piangere" lo rassicurò
Spanner, sorridendo come la peggiore delle emoticons "poi passa."
"MA! L-la boccia e e e il protocazzo e e T-Timmy! Timmy! Timmy Timmy
waaaa e il p-pulsantone e aaaaa e e e e fshhhhh auuuuuh!"
La sinapsi (l'unica di cui disponesse Narvalo) sublimò,
producendo una tenue nuvoletta verde
shocking che si diradò con il sole sprigionato
dal buonumore dell'altrettanto buon coinquilino.
Un minuto dopo, l'uomo si stava scapicollando fuori dall'abitazione
imprecando contro Eva e stringendo al seno la boccia per pesci.
Spanner, aveva, VINTO. Come. Sempre.
Perché le pause sono necessarie.
Gettò via il telecomando con annesso pulsantone che faceva
molto Megavolt, e si voltò verso il coinquilino.
Finalmente soli. Sogghignò appena e si avvicinò
al suo corpo, divenuto nel frattempo pallido e smorto.
*poke poke* "Shoichi, sei contento? Narvalo se n'è andato,
adesso... siamo soli."
Silenzio. Essendo in catalessi plumbea, l'amico non poteva certo
rispondergli.
Spanner questo lo sapeva. Però a nulla vale la conoscenza,
quando si è cattivi dentro. E non ci volle molto, prima che
mettesse in pratica uno dei suoi soliti metodi poco ortodossi volti a
risvegliare il corpo esanime di Shoichi.
Spanner si sedette accanto a lui, con le gambe incrociate, e
pensò. Erano avvenute molte cose strane, in quell'ultimo
periodo, e Shoichi era diventato sempre più schizzofrenico.
Adesso, il repertorio di frasi, impulsi e segnali che lui poteva
lanciargli per provocare una reazione (qualunque essa fosse, bella o
brutta, buona o cattiva) era aumentato di molto.
Avrebbe potuto dire «Spannera» , «pizza
ai
peperoni» , «sega» ; a queste si era
aggiunto anche
«Epic Days» , «Sefhy» ,
«Darkwing
Duck» , e anche la parola «Narvalo»
sembrava sortire
in lui effetti di qualche sorta. Ma se prese singolarmente queste
espressioni rappresentavano una concreta minaccia... quale potere
avrebbero avuto, se combinate tutte insieme nella stessa frase?
Urgeva verificarlo. Perché la scienza lo stava chiamando, e
lui doveva rispondere.
Che poi fosse soltanto la pubblicità di Media Shopping, non
aveva alcuna importanza. L'importante è partecipare, ma
soprattutto far partecipare.
Si schiarì la voce. "Shoichi, volevo dirti che..." si
avvicinò al suo orecchio, soffiandogli dentro alito caldo
"...
Darkwingduckhamangiatolatuapizzaipeperonimentresifacevaunasegalloraspanneralohavistoehadettoohohohgiochiamoaepicdays
eallorasonoandatituttiallacavernadiplatoconsephy punto."
Silenzio.
"Ah dimenticavo:
Narvaloèpropriounbellissimoragazzoemenesonoinnamoratoaprimavista
punto."
Una scossa.
Un'altra scossa.
Spanner annuì. "Epilessia in corso..."
Un braccio si alzò per aria. Ricadde. Si alzò
l'altro.
Ricadde pure lui. Si alzarono le gambe, e Shoichi fu in piedi,
nonostante il busto pendesse ancora pericolosamente all'indietro.
Pannocchio corse a sostenerlo, spigendogli la schiena in avanti,
attento a ogni minimo cambiamenti.
Poi, d'un tratto, un urlo squarciò l'aria.
Giunse da lontano, come un'eco che rimbalzava da chissà
quale
valle lontana, e si propagò nell'atmosfera con singolare
persistenza.
".....eeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeaaaaaaaaAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHH!!!!!!!!!!"
Era pure follia, un urlo che si ripiegava su se stesso, come se fosse
nato e perito nello stesso istante. Pura follia, pura bellezza, pura
arte. Spanner lo ascoltò ammirato, sorridendo soddisfatto e
chiudendo gli occhi.
E Shoichi rinvenne, sbarrando gli occhi come se fosse appena riemerso
da un terribile incubo.
Peccato solo che l'incubo fosse appena
ricominciato.
"SPHHHH-" Il richiamo gli morì in gola, come se ci fosse un
tappo a bloccare ogni suono. Si voltò verso il coinquilino,
le
pupille sporgenti e iniettate di sangue, e lo fissò con
espressione indecifrabile.
"Ehi." Fu la risposta.
Ci fu un attimo di silenzio.
E fu in quell'istante, che si compì un miracolo di singolar
fattura. Shoichi riacquistò il suo colorito, fece regredire
gli
occhi a qualcosa di umano, mutò espressione divenendo vacuo,
mosse un passo davanti a lui, si rizzò in piedi,
tossì, e
si voltò verso il biondo amico. "Spanner." Disse.
"Shoichi."
Silenzio.
"Ma è possibile mai che le tue frasi si esauriscano sempre a
QUESTO?!"
"Eccola che ricomincia..."
"Eccola? Sono un uomo io, per tua norma e-"
"No, intendevo la crisi isterica. Lo so che sei un uomo."
Silenzio.
"Ah, ecco, m-mi sembrava!"
"So che sei conosciuto come tale, perlomeno. Che poi tu lo sia davvero
o meno, è qualcosa che dovrei verificare quanto prima."
Silenzio.
"Spanner, io ti ammazzo."
"Quando vuoi."
"Ma non ora. Prima devo capire che cosa è successo. Spanner,
spiegami perché sono svenuto."
"Perché sei venuto? Mh... ti ho eccitato, suppongo."
"NO CAZZO!" Strillò lui lasciandosi andare alla
volgarità "Perché sono svenuto! Sve-nu-to!
E capiscila la nostra lingua, ogni tanto!"
"Eeh..." Spanner dimostrò la sua attenzione roteando gli
occhi e
fissando un batterio che strisciava al suolo. Si trattenne
dall'indicarglielo, ma la voglia era davvero forte.
Shoichi, ovviamente, smarrì la sua calma sempre
più in
basso, sempre più in basso, sempre più in
basso...
finché non toccò il fondo. Si prese la testa, la
agitò, cercò di resettare il cervello, e non
riuscendosi emise
un grido. Poi lo fissò, con odio, anche se non lo
scalfì
neanche di striscio.
Ma la sua disperazione non mirava a questo. No, era andata ben oltre
ormai, in una terra che superava qualcunque umanità, e
sfociava
nell'oblìo autoimposto. Dove, sperava, neanche Spanner lo
avrebbe raggiunto.
"Spanner, ascoltami. Io capisco che tu abbia dei problemi, che non stai
bene, che sei represso, davvero, io lo capisco. Ma questa, be',
è mancanza di rispetto bella e buona. Io te lo dico Spanner,
così non arriverai mai a niente. Hai 25 anni, dannazione.
Hai la
vita davanti, e ti comporti così! E non si tratta di me - si
trattava eccome invece - , io parlo per te. Per te!"
Silenzio.
"Questo mi fa capire molte cose..." Disse meditabondo, grattandosi il
mento "Shoichi, proprio non ti ricordi perché sei svenuto?"
"No, e sono sicuro che farei meglio a saperlo! Perciò
dimmelo, maledizione!"
"Ok. Allora non te lo dico."
Perché era così che dovevano andare le cose, e
che sempre sarebbero andate.
Shoichi regredì a placenta per non subire altri danni
mentali,
si racchiuse in posizione fetale e cominciò a rotolare in
giro.
Spanner scosse il capo, sereno. Presto gli sarebbe passato, e allora
avrebbero ricominciato a fare quello che stavano facendo prima.
Cioè la stessa cosa, ma a livelli meno debilitativi.
Perché Shoichi era prezioso, e doveva stare attento a non
romperlo. Lui era un ingegnere, ma aveva capito da tempo che non
l'avrebbe mai potuto riparare.
*
"Vorrei tanto sapere chi me lo
ha fatto fare! Questo ventilatore non serve a niente!"
Seduta sul pavimento, accanto al corpo ormai decomposto di Buraian,
Spannera imprecava contro il ventilatore che l'aveva tradita.
Tra le altre cose, era stato davvero strano, perché
all'inizio
sembravano andare molto d'accordo. Lei lo aveva guardato, e vi aveva
scorto il desiderio puro e sincero di darle una mano. E poi, quando
aveva provato ad accenderlo... non aveva trovato l'interruttore.
E allora si era messa a cercare quello stramaledetto quadrato, senza
successo. E poi, in un estremo tentativo di combinar qualcosa, lo aveva
puntato contro Bob gridando «Potere del cristallo di luna,
vieni
a meeee!!!», sperando che accadesse qualcosa.
Ma niente. Era rimasta sola, di nuovo, ed era tanto triste.
Lanciò il ventilatore lontano e sbuffò, con aria
contrita. Bob sembrò guardarla con scherno, e lei gli
uscì la lingua per fargli un dispetto.
Ovviamente nessuno rispose, e ciò non fece altro che acuire
il suo malumore. Ma Spannera era abbastanza sveglia da comprendere che
piangere sul latte versato sarebbe stato poco proficuo, e si risolse
pertanto di alzarsi in piedi e studiare accuratamente la situazione. Si
grattò la testa, osservando il cadavere, e lentamente la sua
testa si riempì di fantasiose congetture.
"Dunque... qui abbiamo un'ascia, un morto e una pozza di sangue. Come
possiamo collegare le tre cose?" Si avvicinò a Bob e lo
scrutò con cipiglio attento. Il giovane giaceva con le
braccia e le gambe aperte, e stava guardando verso il soffitto.
Improvvisamente, un'illuminazione la colse, e fece un saltello indietro
coprendosi la bocca.
"Ma certo... ho capito! Buraian stava facendo un angelo di neve!"
Esclamò, fiera della sua intuizione. Ma il suo entusiasmo
venne pian piano smorzato quando si accorse che sul posto non c'era
nessuna neve.
E allora il suo cervello, che non vedeva l'ora di condensarsi in una
nube e scappar via dalle orecchie, cominciò ad arrovellarsi
su inutili quesiti, che poco avevano a che spartire con l'omicidio ma
che erano estremamente divertenti a pensarsi.
"I casi sono due: o hanno rubato la neve, oppure la neve si
è sciolta. Non può esserci altra spiegazione."
Sì, il ragionamento era impeccabile. Perché a Niu
Iourk non era insolito che qualcuno si mettesse a trafugare neve dai
seminari, o al limite ghiaccio dai freezer. E non era insolito neanche
che la neve, invece di sciogliersi e divenire acqua, sublimasse
direttamente divenendo vapore e svanendo nell'atmosfera senza lasciar
traccia del suo passaggio.
Lei era una vera niuiorkese, dopotutto, e certe cose le sapeva bene.
Benissimo.
Decise tuttavia di mettere da parte la questione, perché i
dubbi costavano fatica, e si concentrò sul movente
dell'omicidio.
"Probabilmente, l'angelo che stava facendo era così brutto
che qualcuno non ci ha visto più e gli ha aperto in due il
cranio. Oppure ha visto in faccia il ladro e lui lo ha colpito. O
magari..."
Ma le sue conclusioni non ebbero mai un epilogo. Improvvisamente,
Spannera avvertì un rumore e si voltò di scatto
verso la sua fonte: lì, in piedi di fronte a lei, armato
come un mercenario, un uomo la fissava con sguardo atroce.
"Oh, ciao!" Esclamò "Chi sei?"
L'uomo tacque, e fece un passo verso di lei.
Vedendo che non le veniva data risposta, Spannera gonfiò la
guancia e sbuffò. "Ehi, dico a te! Mi senti? Brutto
maleducato!"
Il lestofante non accennava a fermare la sua avanzata. Lei se ne
accorse, ma prima di poter formulare qualunque altro pensiero, la sua
attenzione venne catturata da uno strumento che l'uomo impugnava nella
mano destra.
"Ma... chi sei, tu? Perché impugni una scimitarra laser?"
Domandò, con un filo di voce. E finalmente, l'uomo
arrestò la sua avanzata.
"Perché sono tuo padre" rispose, con voce elettronica.
Ci fu un momento di silenzio.
"Papà? Ma non eri morto?"
"GWAAAAAAAAAAA!" Senza alcun preavviso, lo strano figuro si
avventò contro Spanner agitando nell'aria la sua spada
colorata.
E in quel momento, lei capì.
Il quadrato, il radiatore, la morte di Bob, tutto si fece chiaro.
La spiegazione era molto semplice, in fondo, e si chiese come aveva
fatto a non pensarci subito.
Un sorriso apparve sulle sue labbra. I suoi capelli si liberarono dei
nastri che li tenevano legati e fluirono nel vento ruggente.
Spannera fece una capriola all'indietro, schivando il colpo e
ruzzolando con stile pochi metri più lontano. Si
rialzò con un singolo balzo e fissò il nemico con
una mano di fronte a sé, pronta a difendersi o ad attaccare.
Sì, ora lo sapeva. Quello non era altro che un videogame, e
lei ci era finita dentro. Capitava, a Niu Iourk, di finire dentro un
videogioco senza preavviso. E allora acquistavi la consapevolezza, il
potere, la forza, e il tuo nemico non era più niente. NIENTE.
Rise, Spannera, burlandosi del suo avversario. "Ora ho capito, certo.
Tu sei... Freezer!"
Certo, chi altri poteva essere sennò? Adesso la teoria
secondo cui un ladro si era introdotto al seminario per rubare la neve
apparava incontrovertibile. E lei ci era arrivata prima di tutti
quanti. Lei... era un genio.
Sentì la potenza fluire in lei, e gongolò beata.
Il suo nemico la fissava, senza proferir parola. Era rimasto sconvolto
dalla sua perspicacia?
Improvvisamente, si sentì un tonfo sordo.
Spannera smise di ridere, e si voltò a fissarlo. Aveva
lasciato cadere la sua spada laser, ed era crollato sulle ginocchia,
inerme. Aveva vinto. Come suo cugino in Giappone aveva vinto contro
Shoichi, lei stava avendo la meglio su Freezer. Sì, non
c'era che dire... loro due erano decisamente sulla stessa lunghezza
d'onda.
Perché dopotutto, seppur espressa in modi diversi, la loro
pazzia aveva qualcosa di innegabilmente simile. Lo si poteva scorgere
negli occhi dei malcapitati che ne subivano le conseguenze: quel
dolore, quell'oblio forzato in cui tentavano di smarrirsi per mettere
in salvo la coscienza... sì, tutto corrispondeva.
Spannera era, senza dubbio alcuno, cugina di Spanner.
"Ahahahahah! Ti arrendi, Freezer? Bene! Restituiscimi la neve, che ho
voglia di fare un bel pupazzo a forma di ca..."
Non riuscì a terminare la frase. Qualcosa glielo
impedì. Uno sparo, e poi una voce. Dei passo che si
affrettavano nella sua direzione, e quel viso.
"Mamma? Che ci fai tu in Street Fighter 5?" Chiese Spannera non appena
riconobbe il volto di Spanny.
"Tesoro!" Strepitò lei abbracciandola con slancio amorevole
"Che ci fai tu qui, in questo postaccio? Perché non sei a
sperperare il mio patrimonio con le tue amiche, come fai sempre?"
Silenzio.
"Oh, ma quello l'ho già fatto! Adesso però ero
entrata nel videogioco e stavo combattendo contro Freezer!" E
indicò l'uomo che giaceva inerme sul pavimento, la maschera
di Dart Fener a pendergli tristemente dal capo.
"Ah!" La donna si voltò verso di lui, e lo
squadrò selvaggiamente "Ispettore Bran, eccolo, l'abbiamo
trovato!" Gridò poi, additandolo.
Un uomo in sovrappeso caracollò all'interno del
locare, puntando la pistola davantì a se dalla parte
dell'impugnatura "Miss Tandemsbenbafrog, ha trovato l'assassino?!"
Muggì, guardandosi intorno.
"E' Brandenbeltafrond, idiota!"
"Mani in alto, furfante! Ti arresterò nel nome di New York e
dei suoi pacifici abitanti! Vieni fuori lentamente e con le mani in
alto!"
Ma lui non si mosse, perché non poteva venir fuori da nulla,
e perciò rimase fermo e in attesa. L'ispettore si
irritò e fece partire un colpo di pistola al contrario, che
lo colpì a un polmone e lo lasciò agonizzante per
terra.
Pochi minuti dopo, l'ispettore Bran moriva dissanguato al numero B63804
di Herbs Street.
E i cadaveri divennero due.
E la follia si centuplicò, divorando ogni cosa.
*
Shoichi aveva la strana
sensazione che qualcosa gli stesse sfuggendo dalla testa. Non se ne
stupì, certo, tante dovevano ormai essere le falle che
Spanner gli aveva aperto sul cranio, ma mai come in quel momento
sentì che qualcosa di troppo importante per essere
dimenticato stava minacciando di darsela a gambe con tanti saluti.
Era questo il motivo per cui girava per casa con le mani affondate
dentro i capelli, invocando il nome di Zeus e negoziando un paio di
chimere e qualche saetta di medio voltaggio.
Spanner, ovviamente, fingeva di non vedere. E si era messo a disegnare
strani cerchi sul pavimento, fingendosi autistico per passare
inosservato. Stava lì, chino, con un gessetto in mano
estratto da chissà dove, e stava disegnando due palle
ovoidali dalla dubbia interpretazione.
Caso volle - o più probabilmente Zeus - che Shoichi passasse
di lì, e lo vedesse scarabocchiare il pavimento con fare
infantile.
"Spanner, ho mal di testa."
Silenzio.
"Hai provato con il potassio?"
"Noi teniamo potassio in casa?"
"Certo. Pensavi davvero che quel sacchetto scuro nello sgabuzzino fosse
un regalo per il tuo settantesimo compleanno?"
Silenzio.
Spanner si voltò verso Shoichi, sgranando appena gli occhi.
"Non mi dire che ci avevi creduto."
Silenzio.
"Q-quindi tu... niente regalo... io... WAAAAAAAAA!"
Una crisi epilettica era presto sopraggiunta, costringendolo a
ripiegarsi su se stesso per limitare i danni. Era tutto molto triste e
buzzurro, ma Spanner sembrava divertirsi. Si alzò in piedi,
abbandonando il gessetto, e lo abbracciò con affetto. "Su,
su, ci sono qui io con te, non sei felice?"
"WAAAAAAAAAAAAA!"
"Sì, anche io te ne voglio, Shoichi."
Gli diede amorevoli pacche sulla schiena, e Shoichi sembrò
placarsi. Smise di urlare e si allontanò da lui, rosso in
volto.
"Spanner" ripetè "ho mal di testa."
"Sì."
Silenzio.
Il ragazzo attese, ma nessun suono giunse a completare quella parola.
Stava per ricominciare a gridare di dolore, quando fece caso a
ciò che stava disegnando Spanner.
"S-Spanner..." Disse, cercando di tornare in sé "... che
cosa è, quella cosa?"
"Oh, quella? Una papera."
Silenzio.
"Una papera." Shoichi sembrava sul punto di staccarsi la testa a morsi
dall'interno della mascella.
"Sì, non ti piace? Poi ci disegno un cacciatore accanto,
così non si sente sola."
Avvenne tutto in un istante. Le mani lasciarono la presa dei capelli, e
le braccia ricaddero parallele al corpo, allineandosi con esso.
No, non era più tempo di impedire a certi pensieri di
fuggire dai buchi della sua testa. Adesso era arrivato il momento di
gridare morte al
centro del mondo. Strinse i pugni, livido di ira repressa.
"Spanner, lo sai cosa facciamo per il mio settantesimo compleanno?"
"Sesso?"
"ESATTO!" Gridò lui afferrandogli il colletto con scarsa
forza ma tanta enfasi "Faremo sesso! Sesso! SESSO!" Ripeté,
scuotendolo come un sacco di patate. Spanner si era incollato sulle
labbra il miglior sorriso da ebete possibile, e si lasciava strattonare
a destra e a manca senza opporre resistenza. Quanto era bello, avere un
amico fragile e senza lucidità. Quanto tempo sarebbe
trascorso, prima che avesse afferrato appieno il significato di
ciò che stava dicendo? Ma soprattutto... in quanti modi
avrebbe cercato di rimangiarsi le sue parole, nascondendosi dietro un
folto piumaggio scarlatto?
Gli venne da ridere solo al pensiero.
"Certo, certo" disse lui, tutto contento, anticipando le sue mosse e
abbracciandolo stretto stretto e forte forte "faremo tutto quello che
vuoi, Shoichi, tutto quello che vuoi..." e intanto le sue braccia gli
passavano su e giù sopra il pigiama, come se volessero
riscaldarlo.
E Shoichi quackeggiava, sempre. Ignaro di tutto, esprimeva tutto il suo
rancore per il coinquilino, ma presto avrebbe si sarebbe reso conto
dell'ambigua situazione.
Ma a quel punto... nessuno sarebbe corso in suo soccorso.
Nessuno.
Note dell'autrice: ebbene
sì, finalmente, dopo anni, un nuovo capitolo (?); scusatemi,
è stato un periodo travagliato e sofferto, ma ora sono
tornata più forte di prima! STI CAZZI!
Ma non cincischiamo u_u spero che il capitolo vi sia piaciuto, e se per
caso notate qualcosa di strano... sì, c'è
qualcosa di strano 8D oh oh oh (?)
Un salutino a Hibari
Kyoite che ha aggiunto la storia fra le preferite e le
ricordate <3 grazie cara *A* <3
|
Ritorna all'indice
Capitolo 40 *** Merda! ***
c40
40esimo capitolo, yeah! Dobbiamo
festeggiare çAç fatemi festeggiare lettori,
è solo grazie a voi che vado avanti TwT *ringrazia tutti con
un profondo inchino*
~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~
"Non ci posso credere... non ci posso credere... che cosa ho fatto?!"
Con la testa racchiusa entro un morbido guscio fatto di esili braccia,
Shoichi sedeva sulla tavolozza del cesso domandandosi come avesse
potuto farsi gabbare in quella maniera. Come si fosse gabbato da solo,
per la precisione.
Perché, bisognava riconoscerlo, Spanner non aveva fatto
niente. Niente.
Ed era questa la cosa più sconvolgente.
Shoichi rifletté. In quale maniera avveniva il lungo e
tortuoso
processo che lo conduceva sempre e inevitabilmente alla medesima fine?
Quale impervio sentiero lo portava ogni volta ad auto-fottersi a quel
modo, come se fosse un babbeo?
Un pensiero gli fulminò la materia cerebrale. Che lui fosse
effettivamente un babbeo? Molte cose avrebbero avuto più
senso,
in quel modo.
E lui si sarebbe risparmiato la fatica di spiegarsele tutte.
Ecco! Era forse questa accidia viziosa, che gli toglieva ogni stimolo
alla conoscenza, ad averlo rovinato? Che fosse stata questa non-voglia
ormai consolidata a portarlo sulla via della perdizione? Che fine aveva
fatto la sua nobile indole da ingegnere? Dove era finito il suo spirito
di competizione, la sua proverbiale ratio, il suo
proverbiale caz...
"Shoichi, sei qui dentro?"
Non ebbe tempo di chiederselo. La fonte dei suoi guai era giunto a
distruggerlo, e lui era solo e indifeso su un water bianco come una
perla. La poesia del servizio igienico era notevole, ma in quel momento
serviva a ben poco.
"Spanner, vai via!" Imprecò rosso in volto "N-non ti voglio
parlare! Vai via!"
Silenzio. Che se fosse andato? Ovviamente no, e per una volta Shoichi
ne fu consapevole. Tese involontariamente i suoi muscoli e la
stitichezza gli arpionò lo stomaco con una stretta letale.
"Urgh!" Gemette, mentre un qualcosa di poco ortodosso stava ondeggiando
con altrettante ben poco ortodossità, incapace di scendere o
di
risalire.
Come un pendolo. E segnava i secondi, implacabile, mentre il silenzio
si propagava avvolgendo ogni cosa. E poi...
Ploff.
L'acqua si increspò, per effetto della dolce caduta. Shoichi
sospirò di piacere e agguantò la carta igienica.
O meglio, quella che afferrò non fu che la sua sagoma.
Perché essa non c'era.
Un solo nome si espanse per l'abitazione.
"SPANNEEEEEEEEEEEEER!"
"Dimmi." Fece lui, immediatamente, da dietro la porta. Non si era mosso
di un solo passo, per l'appunto.
Shoichi sussultò, perché tutto sommato non si
aspettava
che fosse lì. Ma non si perse d'animo ed espresse tutto il
suo
disappunto.
"Spanner, dov'è la carta igienica?"
"E' finita."
"Ma come finita?! E io che faccio?"
"Usa un asciugamano."
"E chi lo lava poi?"
Silenzio.
"Usa un asciugamano."
"Spanner!"
"Dimmi."
"VATTENE!"
"Ok."
Spanner si allontanò, ciondolando tranquillo. Shoichi rimase
solo, incapace di pulire il suo piccolo ano dallo scarto che il suo
fragile corpo aveva prodotto per lui. Anche gridare gli sembrava vano,
in quel momento, e si arrovellò per trovare una soluzione
alternativa che non prevedesse l'utilizzo della carta igienica o
dell'asciugamano.
La prima cosa che gli venne in mente, fu di alzarsi semplicemente dalla
tavolozza e farsi una doccia, lavandosi direttamente con l'acqua per
mandar via tutto in un colpo solo. Ma si ricordò che Spanner
lo
aveva reso stitico, e temette che le sue feci potessero otturare lo
scarico dell'acqua. Scartò dunque l'ipotesi, scuotendo
energicamente il capo, e maledisse il coinquilino perché gli
stava persino impedendo di espletare i propri bisogni.
Improvvisamente, sentì bussare alla porta.
"Spanner, che vuoi?"
"Ho trovato della carta igienica e sono venuto a portartela." Rispose
lui, atono.
Silenzio.
"Oh" fece Shoichi, colpito "b-be', grazie!"
"Sì."
Silenzio.
"Shoichi?"
"D-dimmi."
"Per dartela, si presume che io debba entrare."
"Ah. Ehm, non ci passa sotto la porta, no? Davvero?" La sua voce aveva
un che di piacevolmente isterico, che dentro le strette pareti del
bagno rimbalzava con un'eco piacevolmente femminile.
"No." Disse lui, e le sue parole non lasciavano spazio a dubbi di
qualunque sorta.
Shoichi deglutì a vuoto. "E-entra pure allora, io mi copro
con l'asc-"
Nello stesso momento in cui la porta si aprì di colpo, un
piede
aveva già coperto la distanza di un metro e mezzo, finendo
praticamente davanti a lui, e come niente Spanner fu lì.
E lo vide.
Shoichi aprì la bocca per bestemmiare, ma non
uscì nulla.
Spanner lo fissava - non lui - senza mutare espressione e senza
sbattere le palpebre.
"Shoichi... mi è appena sorto un dubbio."
"... Tienitelo."
Le mani corsero veloci al piccolo amico sperdutamente flaccido e lo
coprirono, sature di vergogna. Una vergogna feroce, che gli impediva
persino di respirare, tanto era grande il desiderio di scomparire con
lo scarico dell'acqua.
Ah, ma aveva appena... no, magari di sparire in un altro modo.
Magari.
Tanto, nella merda c'era già tutti i giorni. Non c'era
proprio bisogno di strafare.
"Scusa, posso toccartelo? Mi incuriosisce."
"M-ma c-c-che cavolo dici?! S-Spanner!" Annaspò lui
divenendo
color peperone, accartocciandosi su se stesso come un foglio di carta.
Spanner sorrise amenamente e si avvicinò a lui, tendendo una
mano verso ciò che aveva permesso, a suo tempo, a Mendel di
scoprire le leggi sulla genetica.
Le erbette.
Erbette che Gregor nascose usando piselli come copertura.
Perché
non si poteva proprio dire che in convento non gli avessero insegnato
nulla.
"Vai via, maniaco!" Gridò, invano.
"Ma è nel nome della scienza" si giustificò lui
"e poi forse potremmo fare qualcosa per lui, no? Non vuoi?"
"VAI VIA!" Shoichi balzò in piedi e si alzò i
pantaloni,
quasi con le lacrime agli occhi. Fuggì dal bagno sconvolto,
senza neanche tirare l'acqua, e scomparve dietro un angolo.
Esattamente due secondi e quarantotto decimi dopo, si sentì
un tonfo. Seguito da un grido. Seguito da un pianto.
Shoichi si era ferito. E Spanner, che per fortuna aveva con
sé
un rotolo di garza - la stessa con cui voleva che l'amico si
pulisse il sedere - , non esitò a soccorrerlo.
Perché era un bravo amico, e gli voleva bene. Ma questo,
signori, lo sappiamo tutti. Solo loro ancora non ne sono consapevoli.
Ma presto, qualcosa sopperirà alla mancanza. Molto presto.
*
"Mamma, l'ispettore
è morto?"
Spanny scosse il capo, mentre una singola lacrima le solcava il viso,
descrivendo un percorso che seguiva dolcemente la sua gota sinistra,
fino a colare dentro l'incavo del collo.
"Tesoro... non guardare. Non guardare la violenza che ti circonda!" Di
slancio, la donna abbracciò la figlia stringendosela al
petto,
per farle dimenticare le cose viste in quella stanza. Non avrebbe
permesso a Niu Iourk di traviarla, di farle sperimentare il dolore
della morte e della dannazione. No, non l'avrebbe fatto.
"Mamma..." Improvvisamente, la fanciulla si staccò da lei,
sorridendo dolcemente. "Mamma, non preoccuparti, è tutto a
posto!" Esclamò, radiosa "E' solo un gioco, possiamo sempre
caricare il salvataggio precedente!"
Silenzio.
"T-tesoro... non so come dirtelo, ma questo non è un
gioco..."
"Oh, dicono tutti così" la liquidò lei,
voltandosi
improvvisamente verso Freezer/Dart Fener e additandolo con espressione
incredula "Tu, piuttosto! Non sei forse stato sconfitto?
Perché
non te ne torni nell'arena?"
Il figuro non rispose, ma alzò la testa per incontrare il
suo
sguardo fattosi severo e sprezzante. Cosa vide, in quegli occhi? Cosa
scorse? Perché il suo cuore... stava battendo
così forte?
Era forse la tachicardia omeopatica che tornava a tormentarlo ancora?
Non fu in grado di rispondersi, ma qualcosa nella sua anima si accese
in maniera irreversibile.
Tremante, le tese una mano. Lei lo fissò, inarcando un
sopracciglio biondiccio.
"Vuoi stringermi la mano? Ahah, ma certo! E' chiaro, dopotutto ti ho
stracciato in combattimento!"
Ignorando il fatto che non fosse avvenuto nessun combattimento e che
lei si fosse limitata a schivare il suo maldestro attacco abbagliata
dal miraggio della potenza che scorreva in lei come Redbull al
pomodoro, Spannera gli tese a sua volta la mano.
"Jess, cosa fai? Non stringergli la mano, è pericoloso!"
Strillò la madre cercando di fermarla.
Ma fu troppo tardi.
Avvenne tutto in un istante. Il malfattore mascherato le
afferrò
la mano e la attirò a sé. Con l'altra mano
scostò
via la maschera da Dart Fener, e le loro labbra si incontrarono con un
bacio a stampo che durò cinque secondi netti.
Cinque secondi di pura follia, durante i quali la mente di Spannera si
tinse di bianco e ogni pensiero svanì come neve al sole.
Ma quando il contatto si interruppe, una lampadina si accese. Una
lampadina il cui tungsteno si credeva fuso da tempo immemore, e che
invece era lì, e brillava nella sua mente.
"P-P-P-PERVERTITO!" Gridò, gridando all'indietro sconvolta e
livida di rabbia "C-che cosa hai fatto, porco?! Porco schifoso!"
Spanny osservò la scena, mentre il suo sguardo diventava
vitreo e la sua coscienza precipitava in un abisso senza fondo.
E si incamminò lentamente verso il cadavere dell'ispettore
Bran, non vista da entrambi.
"M-mi dispiace!" Esclamò il giovane, tornato in
sé,
fissandola dritta negli occhi color nocciola con un pudico rossore alle
guance.
Era così... bella!
Così diversa da tutte altre, così... speciale,
ecco.
Sentì che nel suo cuore stava avvenendo una ossidoriduzione
e
divenne ancora più rosso, indietreggiando istintivamente.
Non
era preparato a questo, e non sapeva come fare. Come reagire, come
comportarsi.
"Ti dispiace? E cosa me ne faccio delle tue scuse? Ridammi il mio primo
bacio, MAIALE!" Cambiò strategia e gli volò
addosso,
scuotendolo con violenza nel tentativo, forse, di farglielo sputare
via. Ma ciò non avvenne, e la fanciulla cominciò
a
intristirsi sempre di più.
Ma per fortuna, lei non era sola. Spanny si trovava lì,
insieme
a lei, e l'avrebbe vendicata a qualunque costo. Sua madre sarebbe
sempre stata dalla sua parte, nel bene come nel male. E lei ne era
consapevole.
Per questo tirò su col naso e si voltò mestamente
verso
di lei, con un principio di lamento che quasi affiorava alle sue
labbra. Ma il tempo per esternarlo non ci fu mai. Perché una
follia non spiegabile a parole - non spiegabile e basta - si era
impadronita di lei, costringendola a impugnare la piccola magnum
dell'ispettore appena deceduto e a far partire un colpo che
risuonò nella stanza come il rintocco di una campana
infernale.
"Tu...
come hai osato baciare mia figlia?"
"M-mamma!"
Esclamò Spannera con i lucciconi agli occhi "Questo ragazzo
è stato tanto scortese con me! Fallo a pezzi!"
Forte di quelle parole, mamma Spanny fece partire un altro corpo, che
andò a conficcarsi quasi dietro la figura del ragazzo, che
fu
sfiorato alla guancia da quel colpo micidiale.
Fu in quel momento che egli realizzò che la sua vita era in
pericolo: con un balzo improvviso si caracollò fino alla
porta
sul retro, che richiuse alle sue spalle con un tonfo sordo prima di
buttarsi nella fuga più disperata.
E la donna, ovviamente, non esitò a seguirlo neanche per un
istante.
"Ti
ammazzerò, e di te farò polpette..." Sibilò con voce
funebre, incedendo a velocità folle dietro di lui.
Spannera rimase dunque sola, e riacquistata la lucidità ne
approfittò per riflettere.
Che cosa aveva fatto quel ragazzo? L'aveva baciata? Aveva poggiato le
sue labbra sulle sue? Senza il suo consenso? Non era possibile... come
era successo? Perché non era stata capace di fermarlo?
Perché lo aveva lasciato fare? Perché? Eppure...
"Un momento... questo significa che..." Poi, un ragionamento
particolarmente vizioso si insinuò fra i suoi arrugginiti
ingranaggi, e la sua bocca si aprì lentamente per lo stupore
e
la meraviglia. "Significa che... non sono più vergine!"
Ebbene sì. Spannera aveva perso la verginità con
Dart Fener. E ne era fiera.
E, immediatamente, il suo pensiero corse alle sue amiche. Glielo
avrebbe dovuto dire, a tutti i costi.
Estrasse Vanilia dalla borsa e compose rapida il numero di Columbine.
«Jess?»
"BIIIIIIIIIN!" Esplose lei con ben poca grazia "Non sai che cosa
è successo!!!"
"Oddiodiodiodiodiodio! Cosacosacosacosa?!" Esclamò l'amica
immediatamente contagiata dalla di lei furia.
"Ho perso la verginità!"
Silenzio.
"COSA?" Gracchiò dall'altra parte della linea, incredula.
"Sì!" Insistette "L'ho persa ti dico!"
Ora. Due domande si ponevano come ineluttabili di fronte a tanta
euforia, ma Bin sapeva di poterne scegliere solo una, e che pertanto
doveva essere oculata.
Molto oculata.
«Dove?» o «Con chi?» ? Quale
dubbio avrebbe
dovuto esprimere? Quale di essi avrebbe potuto esplicare meglio la
forte perplessità che sentiva dentro di sé?
«... Dove l'hai persa?» Chiese infine, vagliando la
possibilità che Jess non sapesse con quale persona (ammesso
che
fosse una persona) avesse compiuto il
grande passo.
"A un seminario!" Gracchiò lei, entusiasta.
«A un seminario?»
"Sì! Ah, e poi ci sono anche due cadaveri! E c'è
anche
Bob! Cioè, sì, Bob è qui come
cadavere, quindi in
realtà non c'è più lui... e poi c'era
anche mia
madre, solo che è partito al suo inseguimento!"
«All'inseguimento... di Bob?»
"No! All'inseguimento del tipo con cui ho perso la
verginità!"
«A-ah» Bin sentiva un gran mal di testa
sopraggiungere a vessarla senza
pietà alcuna, ma strinse i denti «E... su cosa era
il seminario?
E poi, Jess! Che significa che ci sono due cadaveri? Ma dove diavolo
sei finita?!»
"Merda!" Disse lei, semplicemente. Perché, in effetti, la
parola
riassumeva perfettamente l'essenza della situazione. Non c'era proprio
niente da dire, Spannera possedeva una notevole capacità di
sintesi. Niente di strano, considerando che si ritrovava il cervello di
una pigna.
«Merda?»
"Bin, voglio diffondere la notizia! Voglio che tutti sappiano che ho
perso la verginità! Connettiti con il mio account di
Facebook e
cambia il mio status!"
«Cambiare? Cosa? J-Jess, sei sicura di sentirti...»
"Certo! La password è, oh, però non dirla a
nessuno eh,
mi raccomando! Allora, la password è
«Jesslovescherryandspanner», con la Gei maiuscola,
capito?"
«Eh? Ah? Cos-»
"Bene, lascio tutto nelle tue mani! Ciao!" E la conversazione si
interruppe di botto, lasciando in asso una Bin palesemente perplessa.
*
"Spanner?"
"Mh?"
"E-ecco... ci ho riflettuto. Sulla tua proposta, dico."
Silenzio.
"E...?" Spanner lo incitò a terminare la frase, mentre la
sua lingua giocava con il leccalecca. Shoichi sospirò
profondamente.
"Rifiuto."
"... Perché?"
Nei suoi occhi vi si scorgeva la delusione, ma l'amico rossiccio
strinse i denti per non farsi influenzare. Quello che si apprestava a
dire era molto importante e serio, non gli avrebbe permesso di
influenzarlo.
"Perché tu hai cattive intenzioni." Gli disse, cercando di
apparire serio. Ma non ci riuscì, e Spanner lo
osservò senza fare una piega.
"E' vero." Ammise, candido.
"E lo ammetti pure?!"
"Ma non è un motivo valido per non accettare, ti pare? Io
voglio vivere con te, Shoichi." Disse, semplicemente. Non c'era enfasi
in quelle parole, ma lo colpirono comunque dritte al cuore, facendo
vacillare le sue misere intenzioni.
Shoichi si sgretolò sotto il peso di un'evidenza che non si
poteva più nascondere.
"Stupido! N-non dire queste cose, è imbarazzante!"
"Ma è la verità. Io voglio vivere con te,
Shoichi. Sei intelligente, la tua compagnia è la cosa
più piacevole che abbia mai sperimentato, e mi fai... come
esprimerlo? Divertire, credo sia il termine giusto. Sei buffo, Shoichi.
Per questo mi piaci."
Shoichi divenne una ciliegia e cominciò ad agitarsi
vistosamente. Ma non poteva fare un granché, considerando
che si trovavano a un bar gremito di gente, che lui era vestito in
maniera orrenda - la maledetta fretta di uscire - e che il suo frullato
alla fragola era pressocché intatto.
Nascose il viso dietro una montatura troppo esile e guardò
altrove, lontano, fuggendo le sue iridi turchesi come il ghiaccio.
"Smettila... l-lo sai che sono sensibile a queste cose! Lo dici apposta
per farmi capitolare, eh Spanner?"
"Dico solo la verità. Ah, ti ho mai detto che mi piace la
tua voce?"
"SPANNER!"
Qualcuno si voltò a osservarli, bisbigliando pettegolezzi in
cui il rosso ragazzo risultava l'uke della situazione - era palese, che
ci si poteva fare - , mentre lui si portava una mano alla bocca per
trattenere quello che sarebbe venuto dopo.
"Va bene, la smetto. Io però ti invito a pensarci ancora,
potresti ripensarci." Disse lui, apprestandosi ad alzarsi dal suo
posto. L'amico tentò di protestare, ma una mano corse a
scompigliargli i capelli. "Non dire niente, Shoichi, non dire niente."
Glieli carezzò con gentilezza e delicatezza, non come si
comportava con un componente meccanico, ma come ormai gli riusciva
naturale con lui. Lui arrossì ancora e ancora, senza
riuscire a parlare, e mugolò quando il contatto si
interruppe.
Spanner gli sorrise gentilmente, agitò una mano e si
allontanò dal locale, lasciandolo lì a
sciogliersi per effetto dell'energia cinetica prodotta dai suoi ormoni
in fermento e impossibili da arrestare.
Note
dell'autrice: non so, a voi come sembra il capitolo?
Bello? Brutto? Merda? Eh, magari merda x°°
vabbé, stendiamo un pietoso velo; se pensate che stia
perdendo di qualità DITEMELO, per l'amor del cielo e__e
comunque, adesso passiamo ai ringraziamenti vari ed eventuali:
Un doppio
ringraziamento/dedica va a Eiko e Milli, che si meritano
tutta la mia gratitudine çAç grazie ragazze,
grazie <3 siete la mia forza! u__u Avete fatto tanto per me, non
vi sarò mai grata abbastanza <3
Un saluto specialissimo
va a iMato e Nagipon, la prima a cui auguro taaaanta
fortuna, la seconda perché mi fa sempre morire (in senso
buono eh) <3 grazie donneH 8D
Un grazie dovuto a Golden
Brown e Mikhi, che hanno aggiunto rispettivamente la
storia fra le seguite e le ricordate <3 mi farebbe piacere
leggere un vostro commento alla storia, sarei davvero curiosa di sapere
che ne pensate *___* ebbene sì, vi sto proprio chiedendo di
recensire, sono una provola, perdonatemi çAç e
ignoratemi ò_ò
E un salutino caloroso e
dolce per Seki e Miharu la Tsundere, che mi hanno aggiunto
fra gli autori preferiti e la prima ha inserito la storia fra le
preferite <3 grazie carissime, grazie dal profondo del cuore
<3
UN GRAZIE GRANDE QUANTO
UNA CASA a tutti coloro che seguono e preferiscono: mi
piacerebbe che chi ha messo la storia fra i preferiti mi commentasse,
almeno una volta, giusto per sapere cosa ne pensa
ò_ò ma non vi obbligo mica, quindi fa niente
x°° grazie a chi legge, ovviamente. Sempre. <3
PS: ho
saputo che un certo R e N
segue la mia storia ò_ò ebbene giuovine, fatti
vedere! *addita*
|
Ritorna all'indice
Capitolo 41 *** Conti & Conti ***
c41
Dopo aver soccorso
Shoichi che,
morente, aveva giaciuto sul pavimento di casa, Spanner era tornato il
soggiorno e aveva preso ad armeggiare con il portatile, chiedendo
ripetutamente informazioni sul famoso Torneo Trespade e ignaro del
fatto che bisognasse presentarsi al consigliere comunale entro quattro
ore dall'avvenuto invito.
Di domandare al suo coinquilino, ovviamente, neanche se ne parlava.
Caso volle - la sfiga travestita da caso, per l'esattezza - che sulla
strada per il nulla galoppasse, in groppa a un Ippogrifo ansimante, un
possente guerriero stellare con un'armatura rosa shocking che
attirò rapidamente la sua attenzione.
«Perdonami,
Messero, posso farti una semplice domanda?»
L'Ippogrifo smise di ciondolare su una zampa sola e fermò la
sua corsa.
Dopo qualche secondo, un messaggio giunse sulla videata di Spanner.
«Dicami,
villico.»
"Oh, finalmente una persona educata e tranquilla." Il ragazzo
annuì compiaciuto e compose il messaggio con la fatidica
domanda.
«E' apparsa
sulla schermata di
Epic Days un messaggio che dice di "volere me", e mi chiedevo se tu ne
sapessi qualcosa.»
Silenzio.
Silenzio.
Silenzio.
Silenzio.
Silenzio.
Silenzio.
Silenzio.
Silenzio.
"Ma quanto ci mette?" Si chiese Spanner grattandosi un orecchio.
Poi, all'improvviso, apparve l'ambita busta gialla.
«E'
inconcepibile! Tu, un
miserabile grinch di livello 2, sei stato sorteggiato per il famigerato
Torneo Trespade?! TU! Come è possibile che tal glorioso fato
sia
capitato a te e non a me? Come? Ah, maledetto fellone! Mi trovo qui da
457 giorni, eppure giammai tal messaggio mi è apparso! E
invece
a te... ah, qual sventura, quale affronto, quale audacia! Meriteresti
di venir impiccato nella pubblica piazza! Masnadiero!
Buzzurro!»
"Torneo Trespade? Senti senti..."
«Oh, un torneo
quindi? Molto
interessante. Ma temo che ci sia stato un malinteso: non sono io il
partecipante, bensì un mio compagno.»
Il giovine andò con la mente all'amico, che come suo solito
era
da qualche parte senza coscienza e senza capacità di
intendere e
di volere. E si chiese come avesse potuto esser stato sorteggiato lui,
fra milioni di contendenti. Forse era un torneo di idioti? In tal caso,
aveva praticamente la vittoria in pugno.
Celermente giunse la risposta.
«Oh! Allor
tutto si fa chiaro.
Perdona l'aggressione, suppongo tu possa comprendere la frustrazione
mia... e dimmi, come si chiama il tuo compare?»
«Guarda,
è proprio
lì. Quel guerriero stellare simile a te, che si chiama
Darkwind
Duck, nascosto dietro una roccia. Lo vedi?»
Il guerriero tacque, probabilmente ricercando lo contendente suo,
ma appena pochi secondi dopo giunse la risposta.
«Ma
è di livello UNO!»
«Ebbene sì. E non ha neanche completato la prima
quest, se può interessarti.»
Probabilmente a Spanner sarebbe paciuto fingere noncuranza. Ma lui
sapeva che stava andando a solleticare corde sottili; gli erano bastate
poche parole, per comprendere la psicologia di Messero, e aizzare gente
contro Shoichi era sempre molto diventente. Così poteva
correre
a salvarlo e dire che era stato tutto merito suo.
Che uomo sagace.
Vide guerriero e Ippogrifo lanciarsi contro Darkwing Duck, senza
tuttavia riuscire a colpirlo. Non avrebbe potuto, del resto,
perché è risaputo che i personaggi deboli non
possono
essere attaccati dagli altri personaggi. Era un'agevolazione molto
comoda, per uno come Shoichi.
La mente di Spanner cominciò a galoppare a ruota libera,
calcolando un'infinità di possibilità,
perché,
come e quando. Lui era lì, aveva il gioco in mano e un
quoziente
intellettivo notevole. Senza contare il fatto che fosse libero di agire
come meglio gli aggradava, il che era una cosa buona, che non andava
sottovalutata.
Il giovine sorrise, e senza tergiversare oltre disconnesse Spappop per
impadronirsi del pg di Shoichi, in virtù del libero arbitrio
concesso a ciascun essere umano.
Ovviamente, facendo ciò lui non stava dimostrando di essere
una
persona a tutti gli effetti, ma semplicemente di possedere le doti
adatte per simulare la sua presunta appartenenza al genere umano. Il
che, anche lui, non guastava affatto.
Mentre Messero stava per lanciare un fendente trasversale al corpo
inutilmente muscoloso di Darkwing Duck, esso balzò
all'indietro,
molleggiando in maniera oltremodo ridicola, e si diede alla fuga sul
sentiero che lo avrebbe condotto alla città da cui erano
partiti.
E tutto si fece improvvisamente più chiaro.
"Ah, ecco perché Shoichi voleva tornare indietro..."
comprese
Spanner comodamente accoffolato sul divano, scrutando lo schermo con
occhi seri e riflettendo sulle potenzialità del personaggio
scelto dal suo coinquilino.
Non era decisamente nello stile di Shoichi, pensò, scegliere
un
alter ego di tal fattura, tutto muscoli e zero cervello. Semmai,
avrebbe dovuto sceglierne uno che non aveva neanche quelli, giusto per
aderire maggiormente alla realtà. O al limite, per non
sembrare
troppo stupido e inesperto, prendere un personaggio di supporto come il
suo. Così si sarebbero potuti aiutare a vicenda e passare
molte ore di piacevole sollazzo, insieme.
E anche questo non faceva di certo male.
Il pg del guerriero stellare non aveva un'elevata velocità,
e
quando correva sembrava più un babbuino con la sciatica.
Però, come a suo tempo aveva detto Shoichi, aveva un'elevata
forza d'attacco e anche una difesa resistente, il che lo rendeva
verosimilmente idoneo per... gli assalti frontali?
"Forse, dopotutto, Shoichi potrebbe anche vincere il torneo." Spanner
sorrise leggermente compiaciuto, mentre strane elucubrazioni si
facevano strada dentro la sua testa. Era il caos organizzato per
eccellenza, quello che si agitava sotto la sua calotta biondiccia.
Quello stesso caos organizzato che aveva il potere di disintegrare i
neuroni dell'amico a metri di distanza, emettendo vibrazioni nocive che
condensando davano la luce a una nube tossica e verdina, che fluttuando
leggera prendeva a stazionare sul suo testone rosso inviando impulsi
mortali per le sue sinapsi. Il tutto, ovviamente, sfoderando la sua
migliore faccia inespressiva, che l'Isola di Pasqua in confronto era
niente più che un covo di simpatici bricconcelli.
Mentre il giallo ingegnere era perso in siffatte riflessioni, una forma
di vita non più in vita che cercava di ritornare in vita
aveva
intanto sollevato un braccio, tendendolo verso una figura non meglio
identificata che esisteva solo nel suo delirio: Shoichi.
Ma và?
"SpannaH gfhewwb" bofonchiò, sbarrando gli occhi con orrore
e fissando un soffitto fin troppo conosciuto.
Tese un orecchio alla ricerca di rumori sospetti, e lentamente prese
coscienza di un insistente picchettare che gli ricordava molto il
rumore che facevano le dita quando premevano i tasti del computer.
Anche se la sua mente era ancora provata, non ci mise molto a capirne
l'origine.
"SPANNAHaaaha!" gridò, stavolta con più forza,
balzando
in piedi animato da forze sconosciute e primordiali, e marciando di
gran passo verso il soggiorno. "Sp-Spanner! Dove sei, cosa fai?!"
Affacciò dunque all'uscio, scrutando l'interno con fronte
aggrottata. Spanner era lì, paciosamente inoffensivo, mentre
pigiava sulla tastiera con aria tranzolla. Alzò gli occhi
dal
portatile, e quando incontrò i suoi sorrise allegramente.
"Shoichi, ti sei svegliato! Mi fa piacere."
"... Che stai facendo?"
"Mh?"
"... Perché te l'ho chiesto? Perché..."
Scosse il capo dandosi mentalmente del deficiente e fece per tornarsene
da dove era venuto, sfuggendo alla crudele realtà. Quella
realtà che non cambiava mai, e che tornava puntualmente a
vessarlo ogni qualvolta riemergeva dal suo oceano di oblio.
Eppure... qualcosa lo fermò.
Un momento.
Una lampadina si accese nella tua testa. Una spia rossa,
per la
precisione. Una di quelle che indica PERICOLO, tanto pericolo, un mare
di pericolo, tanto da potercisi fare il bagno.
"SPANNER!"
"Sì?" Domandò, senza alzare il capo che aveva
riabbassato vedendo il conquilino incedere lontano da lui.
"Quello... è il mio computer!"
"Questo? Ah, è vero" ammise, smettendo temporaneamente di
digitare tasti a una velocità inammissibile per l'occhio
umano
"ma non credo tu sia nella posizione migliore per dire qualcosa. Sai,
la promessa di fare sesso..."
"GYAAA! Non dirlo! Bestia, bestia, bestia! Noooo!" La faccia di Shoichi
divenne un pomodoro OGM ed egli cominciò a battere i piedi
palmati per terra, lasciando che gli occhali gli scivolassero via dal
naso con noncuranza. Spanner lo osservò, impassibile e
consapevole del controllo che esercitava su quella giovane mente. E si
disse che sì, in fondo poteva coinvolgere anche
lui, e che
anzi sarebbe stato ancora più divertente.
"Ehi, Shoichi, ho saputo del torneo Trespade. Sto andando a iscriverti"
il che non era vero, ma a bluffare in certe occasioni era un maestro
incontrastato "così puoi mostrare a tutti la tua potenza."
Silenzio.
"Mfff."
"NON RIDERE!"
"Non sto ridendo."
"Non è vero cazzo, non è vero! Smettila,
smettila,
abbi pietà di me, abbi pietà! T-ti ho pure
promesso che
faremo sesso, come puoi essere cos-"
"Ah? Quindi lo confermi?"
Spanner fu lesto a cogliere l'inghippo in cui Shoichi si stava
addetrando con ammirevole ingenuità. E lui non fu
altrettanto
rapido nel comprendere che quella domanda, indipentemente dalla sua
risposta, aveva appena sancito la sua fine.
"N-no! Intendevo dire che-"
"Sei davvero un gran porcone, lo sai? Non ti facevo così... abbietto."
"Non usare parole di cui neanche conosci il significato!"
Strillò additandolo, purpureo in volto, ricevendo in
risposta
quell'inconfondibile sorriso beffardo che lo avrebbe fatto ammalare di
ulcera (ora capiva che cosa erano quello fitte allo stomaco che sentiva
ogni tanto quando andava in bagno) entro un tempo relativamente breve.
Ma si sa, a casa loro il tempo era un concetto così
astratto che egli stesso esitava a introdursi nel loro appartamento, un
po' come Babbo Natale che non va a trovare chi non crede in lui.
"Non è vero, io so cosa significa abbietto."
Ribatté lui
calmo, muovendo Darkwing Duck verso la sua destinazione finale.
Shoichi lo osservò, incapace di articolare un solo suono di
senso compiuto. Osservò i movimenti delle sue dita,
così
fluidi e spensierati, e quasi gli venne da piangere. Perché
era
sempre lui lo sfigato della situazione, e Spanner pareva sempre appena
uscito dalla doccia? L'unica cosa che gli mancava era un Martini con
l'ombrellino in mano, giusto per fare tendenza, e le differenze fra lui
e un direttore di banca molto stronzo si sarebbero ridotte praticamente
a zero.
Eppure... Shoichi non si voleva arrendere. Non si era arreso di fronte
al mutuo a tasso variabile che gli era stato propinato all'acquisto
della loro modesta magione, non lo avrebbe fatto nei confronti del suo
losco coinquilino.
Anche se il tasso variabile... brrr, meglio non pensarci.
"Spanner, basta. Voglio intavolare una discussione seria con te."
Sentenziò improvvisamente Shoichi, muovendosi con passo
apparentemente sicuro verso Spanner "Sono stufo di urlarti contro, non
serve a niente e mi stanco soltanto. Ragion per cui, ti invito ad
assumere un portamento dignitoso e a rivolgermi un cenno di intesa per
concordare con quanto ho appena detto."
"Papera."
Silenzio.
Spanner sollevò gli occhi. "Mi hai chiesto un cenno di
intesa, te l'ho dato."
Silenzio.
"..."
"Shoichi?"
"... Basta."
Spanner vide Shoichi ritornarsene da dove era venuto, serrando i
piccoli pugni e mordendosi il labbro inferiore con stizza infantile.
Quando scomparve nell'oscuro corridoio, dapprima Pannocchio si
limitò a fare spallucce e a continuare la sua fuga verso la
città di partenza (dove, tra le altre cose, avrebbe dovuto
nuovamente chiedere delucidazioni a qualcuno), ma una sottile
sensazione di fastidio non gli permise di concentrarsi.
"Mh..." Mugugnò, prima di posare il computer sul divano e
dirigersi nella direzione in cui si era immesso Shoichi. Nel frattempo
Messero, che non aveva smesso un secondo di inseguirlo, gli fu addosso
e cominciò a menar fendenti per l'aria, mentre la schermata
si
ingolfava di buste gialle che sarebbero rimaste chiuse a lungo.
Fece un passo nel corridodio e tese un orecchio. Nessun suono giunse in
sua risposta, il che lo convinse a muoversi con estrema cautela in
direzione della cucina, finché...
«Gyahahau»
... una risata inquientante
non fendette l'aria intorno a lui.
"Shoichi?" Chiamo, prudente.
«Non
voglio più essere il~tuo~zimbello ♫, non voglio
più che
mi
esploda~il~cervello ♫ quindi adesso, con piano ardimento~so,
farò di te
un...» lo sentì cantare da dentro la cucina, con
voce
metallica che di umano non aveva più nulla, mentre impugnava
un
coltello e sminuzzava una cipolla.
Spanner capì tutto in un istante e soffocò una
risata ardimentosa che
avrebbe prudentemente conservato per dopo.
Dopo.
"Shoich- mfff" si affacciò alla porta, ma quando lo vide,
gli
occhi sgranati a fissare il nulla, la bocca distorta in un ghigno
pietoso e i capelli gonfi come se avesse la permanente, si mise una
mano sulle labbra e represse un moto così ilare che fu
costretto
a tornarsene da dove era venuto per non perire di divertimento sagace.
Ma Shoichi si accorse della sua presenza, e sempre con
quell'atteggiamento folle si voltò verso di lui e disse
"Spaaa~nner, coinquilino del mio cuore! Dove pensi di andare?"
"Così, mi faccio un giro... mfff"
"Ah? Stai forse ridendo
di
me~?" suggerì con aria festosamente macabra, avvicinandosi
verso
di lui tenendo stretto in pugno l'utensile da cucina.
"Ma chi, io? Mfff"
Silenzio.
"E questa, cosa sarebbe?"
"L'abbreviativo di «ma figurati»" spiegò
Spanner, improvvisamente serio.
Shoichi inarcò un sopracciglio. "Davvero?"
"Sì, davvero. Pensi che mentirei su un punto così
importante?"
La follia di Shoichi sembrò ritrarsi per un istante, e la
solita
espressione addolorata fece capolino oltre i suoi occhiali, umida e
triste. Ma fu un istante, appunto, e la pazzia tornò ad
adombrargli il viso senza scampo alcuno.
"Bugiardo." Mormorò, funereo "Tu... ti prendi gioco di meeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee..."
Come un palloncino che si scontra contro un cactus, il principio di
grido venne smorzato come un soffio crudele, mentre Shoichi smarriva
per sempre la sua integrità e cominciava ad abbattersi su
Spanner tendendo il coltello a mo' di arma. Lo era già di
suo,
effettivamente, ma in mano sua tutto tendeva ad assumere i valori di
attacco di un orso di pezza.
Sfortunatamente, Shoichi dimenticava sempre di essere una papera.
Pertanto, il suo arrembaggio non durò che una manciata di
secondi, e si risolse con la caduta di quest'ultimo sul pavimento,
mentre la posata scivolava sul parquet andando a rintanarsi sotto il
forno, atterrita come lui e più di lui.
"Touchdown, Shoichi."
"TU!" Sibilò con la faccia a terra, a tu per tu con una
molecola
di polvere "Sei insopportabile! Inconcepibile! Indefinibile! In..."
"Innamorato?" Suggerì lui roteando gli occhi verso lidi
lontani.
Il ragazzo si strozzò con la sua saliva e si
alzò,
incredibilmente si alzò, brandendo la sua dignità
a due
mani e sbuzzurrando parole oltremodo buzzurre.
Buzzurro.
Senza motivo
apparente, tale parola prese a tormentare la sua materia cerebrale
spingendolo sempre più in fondo a un baratro di cui aveva
dimenticato la profondità.
"Non farmi ridere, asino che non sei altro! Mostro! Alieno! D-da dove
vieni per la miseria, da Marte? Plutone? Qualche pianeta sconosciuto?!"
"Shoichi, calmati, ricorda sempre la tua omeopatia."
"Io non ho la omeopatia, Spanner!"
"Davvero? Ma tu pensa..."
"Smettila di prendermi in giro, maledizione! Cosa ti ho fatto di male,
cosa? COSA?!"
"Ma niente Shoichi, davvero, è solo un mal-"
"Aaaah, la mia testa! La mia povera testa, sta per esplodermi! Lo
sento, sta per esplodermi! Guarda, guardala come si gonfia! Ma chi sei
tu, chi sei?! Da dove vieni?! Non sei di questo mondo, non lo sei! NON
LO SEI!"
"Shoichi, sto cominciando a preoccuparmi" gli fece notare Spanner,
nonostante la sua espressione tradisse un menefreghismo notevole.
"Preoccuparti, tu?
Sono ANNI che mi bistratti, capisci Spanner, ANNI! Non mesi, non
settimane, non giorni! ANNI!"
"Avresti dovuto mettere i casi nell'ordine inverso a quello da te
proposto."
Silenzio.
"Dov'è il coltello? Datemi il coltello, datemelo! Ora!"
"«Datemelo»? Guarda che in questa casa ci abitiamo
solo noi due, Shoichi..."
"LO SO CAZZO! Altrimenti pensi che griderei in questo modo?! Voglio un
giudice per la miseria, voglio un giudice! Chiamate Phoenix Wright,
è un ordine! Un ordine!"
"Ma Phoenix Wright..." azzardò grattandosi la testa "... non
era un avvocato?"
Silenzio.
"Datemi un avvocato!!!"
"Vuoi che chiami Azzeccagarbugli? Anziché pagarlo con un
pollo, lo paghiamo con una pap..."
"TACI TU!" Vociò piroettando su se stesso e ricadendo sul
pavimento con un brutto tonfo, salvo poi rialzarsi dolorante e
sgambettare a destra e a manca come se avesse un vespone nelle mutande.
Cosa impedisse a Spanner di ridergli apertamente in faccia, non lo
sapeva neppure lui. Eppure, la voglia non gli mancava di certo.
E nemmeno il pretesto.
"Shoichi" tentò allora l'ameno coinquilino
"perché non
andiamo di là, a partecipare al torneo a cui sei stato
invitato?"
L'amico lo fissò come se gli occhi fossero in procinto di
scoppiargli, e spalancò la bocca rivelando le sue turgide
tonsille rosse, quelle che sembravano due grosse ciliegione mature.
Spanner deglutì, guardandole. Gli facevano sempre uno strano
effetto.
"Come puoi parlare al singolare e poi al plurale con tanta leggerezza?
Come? Se sono stato invitato io, come facciamo a partecipare in due?!"
Si sporse verso di lui come a ghermirlo, e ovviamente Spanner non si
sporse di un millimetro. Quando Shoichi era prossimo a toccare il suo
pigiama da carcerato, un salvavita si attivò nel suo
cervello e
lui arretrò, prudentemente, nascondendosi in qualche modo
dietro
il riflesso degli occhiali, sue uniche alleate in quel mondo colmo di
dolore.
"Shoichi, le tue lenti mi consentono di vedere perfettamente la tua
espressione."
O forse no.
"Tu!" Lo additò, tremando e gridando "in virtù di
quale forza malefica riesci a sovvertire le leggi della fisica? Sei
sempre stato così Spanner, da quando ti conosco! Undici anni
a cercare di capire quale influenza avesse il tuo corpo sul sistema
solare, undici a osservarti spasmodicamente alla ricerca di un
perché, undici anni! E nonostante ciò, non ho
ancora capito come fai!! Sconvolgi il mondo ogni giorno che passa, gli
agenti atmosferici ti fanno un baffo, il tempo ha PAURA di te! Il tuo
ciuffo sfida la forza di gravità con una presunzione che ha
del fantascientifico,
e poi, e poi..." La sua protesta si esaurì lentamente,
lasciandolo senza forze "... e poi, spiegami perché sono
ancora qui con te. Spiegami perché nonostante non abbia
più un solo neurone che non risenta della tua presenza, io
continuo a vivere qui, con te. Spiegamelo!" Terminò dunque
il suo sproloquio, ansimando leggermente, mentre Spanner lo osservava
senza mutare espressione, con la bocca che formava una perfetta linea
retta.
Dopo circa quattro o cinque secondi, quella line aretta si
spezzò, andando a creare un sorriso che Shoichi
stentò a riconoscere come suo.
"Come sei affettuoso, Shoichi, mi scaldi il cuore" e lo
fissò, senza smettere di sorridere, senza sbattere le
palpebre, come se volesse trapassarlo da parte a parte. Shoichi si
impaurì, ma cercò di non entrare nel panico e si
aggiustò la montatura degli occhiali per cercare di darsi un
contegno.
"N-non capisco dove la vedi, tu, questa affettuosità..."
Mormorò, sfuggendo al suo sguardo.
"Mi hai osservato per undici anni, sono... onorato, ecco. Grazie..."
Spanner aveva intanto cominciato a incedere pericolosamente verso di
lui, mentre nelle sue pupille turchesi brillava una scintilla di dubbia
natura. Tese le braccia davanti a sé, e quando fu in
prossimità del testone rosso del coinquilino, lo avvolse in
un abbraccio riappacificatore e se lo portò al petto,
cullandolo. "Ti voglio bene, Shoichi."
Il suddetto avvampò di colpo, sentendo il cuore pompare
sangue come un forsennato, e cominciò ad agitarsi
freneticamente. "Waa! Spanner, che fai? Lasciami!"
Ma lui non mollava la presa. "No, non voglio", disse, e Shoichi si
imbarazzò ancora di più. Ma, non sapendo cosa
fare, semplicemente non fece nulla e lo lasciò fare,
placando immediatamente ogni impeto di violenza nei suoi confronti.
"S-stupido Spanner..." Balbettò chiudendo gli occhi, con la
sensazione che presto avrebbe scontato tutto quel calore che lo stava
avvolgendo.
Però, in quel momento, bearsene non costava nulla. E decise
che sì, per una volta ritornare ai «vecchi
tempi» - anche se solo per finta, anche se poi lo avrebbe
ingannato, anche se poi si sarebbe disperato fino a vomitare l'anima -
lo avrebbe fatto sentire... bene.
"Però, la promessa che mi hai fatto è ancora
valida."
"Noooooo!"
Ma il conto era già arrivato, più celere del
previsto.
Note dell'autrice: dopo
quasi una settimana di pausa, ecco che ritorno con il capitolo 41 (?).
Che bello, direte voi! Ma anche no, perché il capitolo non
mi piace, non succede nulla, come al solito, e io tergiverso
çAç non lo faccio apposta, questi due si scrivono
da soli >_> non è colpa mia <_<
*se ne lava le mani*
Comunque... questo capitolo lo "dedico" a Milli, è
il primo che leggerà dopo la maratona che si è
fatta in questi giorni, quindi è speciale. Sentito, scimmia?
Bleeew >:P (?) Aww <3
Come sempre, grazie a tutti quelli che leggono. Grazie infininte. :)
PS: i
prossimi capitolo saranno più veloci, promesso! u_u
|
Ritorna all'indice
Capitolo 42 *** Perché Shoichi vale ***
c42
Dopo che Shoichi era
stato bistrattato a dovere, con conseguente fusione delle sue sinapsi,
e si era avvicinato un po' di più alla morte, Spanner aveva
deciso che era abbastanza, e aveva dunque proposto al degno compare di
tornare in soggiorno per dedicarsi attivamente al gioco più
fantasmagorico di tutti i tempi: Epic Days.
"Ma guarda, Messero è ancora lì." Disse Spanner,
quando da lontano scorse la figura del guerriero avventarsi con furia
cieca su Darkwing Duck.
"Chi?" Shoichi lo guardò, senza capire, ma la sua mente
aveva già cominciato ad evocare immagini preoccupanti che lo
spinsero a deglutire a vuoto.
"Messero, il giocatore a cui ho chiesto informazioni" spiegò
lui, chiarissimo "aspetto che gli scrivo due paroline..."
"NO!" Shoichi prese la mano di Spanner e la trattenne, fissandolo
corrucciato. "No. Per favore, lascia stare!"
Non avrebbe permesso a qualche insano di mente di distruggere il suo
cervello, non di nuovo. Per Spanner, ogni scusa era buona per mandare
in cortocircuito le sue stanche sinapsi: doveva impedirgli di trovare
benzina da gettare sul fuoco.
"Ma... Shoichi, è da 17 minuti che tenta di assaltarti,
qualcosa bisognerà pur dirgliela. No?"
Il coinquilino scosse energicamente il capo, e Spanner
sospirò.
Con un movimento gentile del braccio tentò di sciogliere la
presa di Shoichi, ma non ci riuscì, e le dita di lui
continuavano strenuamente ad aggrapparsi alle sue, quasi come se
fossero spaventate.
In realtà, lui lo sapeva, più che essere
spaventato Shoichi era traumatizzato:
gliene accadevano sempre di tutti i colori, era naturale che si
sentisse male in quel modo, che cominciasse a gridare, disperarsi,
tentare di ucciderlo.
Normale, si disse. E la colpa, lo ammise, era principalmente sua.
Certo, il suo amico rossiccio aveva una psiche fragile, che andava in
pezzi con niente - per Spanner, quelle forme di violenza psicologica
erano per l'appunto niente,
la maggior parte delle volte, segno che un possibile peggio sarebbe
ancora dovuto arrivare - , ma lui aveva il sacrosanto dovere di non
abusare di lui.
In nessun senso.
Il giovine sorrise, e gli pattò il testone rosso con la mano
libera. Shoichi mugolò qualcosa di buzzurroso, e gli
lasciò la mano, lasciandosi catturare da quell'effusione di
affetto che riusciva in parte a riscattare tutte le angherie subite nel
tempo.
Tuttavia... qualcosa non andò per il verso giusto.
"Un momento..."
"Mfff." Notando che stava finalmente cominciando a realizzare qualcosa, Spanner
si allontanò da lui di tre passi, mentre tentava di
soffocare una risata, l'ennesima. Non la soffocò per
educazione, di cui aveva una conoscenza piuttosto distorta,
bensì perché non voleva causare altri sconquassi
nel coinquilino, che molto probabilmente stava cercando di cogliere
quel sottile inganno che si era celato nelle sue parole, non senza un
certo sforzo.
"Spanner... hai detto assaltarti?"
"Mh."
Shoichi lo fissò, mentre gli occhiali, rifiutandosi di
mettere a fuoco la sua immagine, scivolavano inquieti sulla punta nel
naso. Neanche se li volle raddrizzare, Shoichi, tanta era la
concentrazione assassina che stava riversando in quello sguardo, che
ovviamente negli occhi altrui si traduceva in niente più che
un leggero prurito alla prostata.
"Che. Cosa. Hai. Fatto." Sillabò, improvvisamente paonazzo,
mentre strane immagini si facevano strada neurone dopo neurone,
traumatizzandoli senza pietà.
Eccolo lì, il piano di Spanner: perfettamente andato a segno.
Come sempre, del resto.
"Niente", rispose, fissandolo con un sorrisetto simpatico e beffardo
che ottenne solo di provocare in lui un principio di schizzofrenia.
"Sp-Spanner... n-non mi avrai mica messo contro qualcuno, vero?"
Silenzio.
Spanner fissò Shoichi, indeciso sulla risposta da dare.
Avrebbe potuto dirgli di sì, così lo avrebbe
visto sclerare fino a ridursi a una pantofola usata, salvo poi
rinascere dalle sue cenere impaperando l'intero appartamento e
seminando piume rosse per tutta la casa, piume che lui avrebbe in
seguito venduto su eBay spacciandole per penne di fenice, contento del
fatto che nessuno potesse vedere realmente da quale strano volatile
esse provenivano.
Ovviamente, tale discorso era puramente teorico, perché
né il rossiccio individuo lì presente era davvero
una papera, né lui avrebbe, in ogni caso, venduto le sue
piume su eBay. Se le sarebbe tenute, piuttosto, per usarle selvaggiamente a
proprio uso e consumo.
Oppure avrebbe potuto rispondere con un no secco e deciso - si fa per
dire - , aggiungendo poi qualche frase a effetto per farlo cadere ai
suoi piedi atteggiandosi a Leonida della situazione, com'era giusto che
fosse.
"Selvaggina." Disse invece, che non c'entrava niente con la domanda
posta da Shoichi, e neanche con il ragionamento appena compiuto, ma era
bella a pensarsi e dunque a dirsi.
Lui lo guardò con tanto d'occhi. "EH?!"
"No, niente, riflettevo sul fatto che sei diventato selvaggina per
Messero" spiegò, consapevole del fatto che più
che una delucidazione la sua era una vangata psicologica nella nuca,
che aveva il solo scopo di rintontirlo.
No, proprio non ce la faceva a lasciarlo in pace.
Eppure... Shoichi dovette scorgere in quella frase una parvenza di
normalità - si accontentava di poco, ormai - ,
perché ritornò al suo stato brado e si
grattò la fronte, respirando pesantemente come se volesse
incanalare più ossigeno possibile. "Quindi sei stato tu,
dico bene?"
Il suo tono fu inaspettatamente moderato, e Spanner se ne
rallegrò, tutto sommato, perché era bello
dialogare senza grida ogni tanto.
Per farlo delirare c'era sempre tempo, si disse.
Annuì, dunque, non mostrando segni di pentimento. Shoichi lo
fissò, con un'espressione indecifrabile, per alcuni secondi.
"Aaah, che scocciatura!" Esclamò infine, contro ogni
pronostico, andandosi a incuneare sul divano "Bene, torniamo da dove
siamo venuti... ah, ecco! Mi hai messo sulla strada giusta, grazie
Spanner!" e si posò il portatile sulle esili gambe,
muovendosi lungo il sentiero in cui l'aveva immesso il coinquilino.
Dopo poco, Spanner lo seguì, sedendosi accanto a lui e
sbirciando sul monitor, vagamente perplesso.
"Stai ignorando quei messaggi?" Gli chiese, sorpreso che non li aprisse.
"Non mi interessano" lo liquidò lui, sguardo fisso sulla
schermata, riflesso che si specchiava nelle sue lenti e perfetta
sincronia con ogni movimento delle dita, che si muovevano furiosamente
- eppure con singolare bellezza - sulla tastiera, nonostante gli
sarebbe bastato semplicemente tenere pigiata la freccietta che andava
avanti.
Era appena avvenuta... una metamorfosi. In quanto? Una decina di
istanti? E quando? Quando la sua mano era entrata a contatto con il la
tastiera del computer?
Spanner sgranò gli occhi quando si rese conto della
mutazione che si era appena verificata. Qualcosa di semplicemente
straordinario, che non vedeva da anni, e che in quel momento si era
presentata davanti ai suoi occhi con un tempismo che aveva
dell'incredibile, tanto era poco azzeccato e improvviso.
Gli punzecchiò la spalla con un dito, quasi con riverenza.
Ma egli non
si mosse.
"Shoichi?" Chiamò allora, con la voce che quasi gli tremava
per l'emozione.
"Cosa?" Chiese di rimando l'altro, con espressione perfettamente
concentrata e imperturbabile. Persino Darkwing Duck sembrava andare,
non si sapeva né come né perché,
più veloce rispetto a quando lo aveva manovrato lui.
Spanner sorrise come un ebete, mentre le sue iridi azzurre mandavano
sprazzi di luce fluorescente, tanta era la contentezza per
l'avvenimento.
Finalmente... l'aveva mostrato.
E il potenziale nerd di Shoichi si rivelò in tutta la sua
cosmica potenza.
*
"Dove scappi, masnadiero?!"
"E' stato un incidente!"
Riavutasi dal trauma che l'aveva gettata in un oceano di orrori in
stile splatter, zia Spanny stava inseguendo il briccone che aveva osato
rubare a sua figlia il primo bacio, sparando proiettili che avevano il
compito di ferirlo non
mortalmente, ma quel tanto che bastava da lasciarlo
arrancare per terra, tendendo una mano verso un cellulare che,
inquadrato dapprima in secondo e poi in primo piano, sarebbe stato
distrutto dal suo mortale tacco a spillo.
Perché a Niu Iourk è così che andavano
le cose, e potevi solo sperare di avere tu il coltello dalla parte del
manico.
O del fodero, in questo caso.
Un altro colpo partì dalla magnum sottratta al cadavere
dell'ispettore Bran, che gli sfiorò la guancia,
costringendolo a lanciarsi dentro un bidone della spazzatura per
sfuggire alle sue grinfie mortali.
"Dove sei, porco?! Esci fuori!"
Dart Fener tremò, mentre la spazzatura partecipava al suo
sgomento.
Ripensò al bacio che era appena avvenuto fra lui e quella
ragazza bionda, e arrossì violentemente. Perché
gli aveva fatto quell'effetto? Non gli era mai capitato, in tanti anni,
di provare una cosa simile. Eppure, non era la prima volta che faceva
il cosplayer, né che ne vedesse uno.
Ma mai nessuno era stato così simile a... lei.
"Sumika-chan..." mormorò, sentendo un improvviso calore
impossessarsi di lui.
Tal sussurrò non sfuggì alle orecchie di Spanny,
che fece partire un colpo in quella direzione, facendo tremare il
barile dentro il quale il ragazzo si era nascosto.
"Sei lì dentro, bestiaccia? Esci fuori e combatti!" Gli
intimò la donna, marciando verso di lui, mentre Niu Iourk
assisteva a quella violenza scuotendo i grattacieli.
Normale amministrazione, per una città come lei.
Un altro proiettile, e il barile cadde per terra rivelandone il suo
misero contenuto. Il giovine era lì, con la tutina nera
aderente sporca di pattume e i capelli castani che gli impreziosivano
il viso contornandolo di residui alimentari di varia natura. Quando
vide la canna della pistola fumare, rotolò fino a
schiantarsi al muro, e tese le braccia scuotendole, per discolparsi da
qualunque accusa. "Pietà!", strillò, con quanta
virilità avesse in corpo.
La donna lo fissò, inarcando un sopracciglio rifatto, e
abbassò l'arma mossa a compassione. Incedette verso di lui,
mentre i tacchi rimbombavano per i vicoli di quella città
senza leggi, e quando gli fu davanti lo afferrò per il
colletto e gli soffiò in faccia parole adirate.
"Qual è il tuo nome?" Domandò, pronta a
distruggerlo.
Lui deglutì. "Bryan, s-signora... Bryan Dudley..."
"... Promosso."
Spanny lasciò improvvisamente la presa, e Buraian v.2 cadde
per terra con un tonfo chiassoso. Si massaggiò il sedere e
la guardò, senza capire. "P-promosso?"
"Esatto." Di colpo, Spanny aveva un sigaro cubano in mano e lo stava
fumando beatamente, come se da ore non avesse fatto altro. Il come, il
quando e il perché, erano un mistero. Un mistero che era
destinato a rimanere irrisolto.
Perché, ricordate, i buffoni non svelano mai i loro trucchi.
"E... questo cosa significa?"
"Che ti perdono per aver baciato mia figlia" rispose lei, aspirando
fumo dentro i polmoni "e che dovrai lottare per conquistare il suo
cuore."
Il giovine sfortunato la guardò, senza ben capire cosa
stesse dicendo. "Ehm, e questo cosa si-"
Spanny gli fu addosso in una manciata di secondi, sovrastandolo e
guardandolo negli occhi con sguardo truce. "Devi liberarti del tuo raibaru, Buraian!"
Sbraitò "Devi uccidere Irie Shoichi!"
Silenzio.
Il ragazzo sgranò le pupille, incredulo. "I-Irie Shoichi?
QUEL Irie Shoichi?!" La sua espressione si animò di un
entusiasmo incontenibile. Sì alzò di colpo,
stringendo i pugni al petto e fissando la strana donna con le iridi
ambrate che mandavano fasci di luce psichedelica verso di lei.
Spiazzata da quella reazione esaltata, zia Spanny arretrò di
un passo, inarcando anche l'altro sopracciglio, che però non
era rifatto. "Conosci tal giovine?"
"Chi non conosce Irie Shoichi!?" Proseguì quello, perso nel
suo eccitato delirio "Non è stato lui quello che si
è laureato alla prestigiosa università di Tokyo
con il massimo dei voti? Sì! Lui e quell'altro... quello
biondo, com'è che si chiamava... Spank, forse?"
"E' SPANNER, IMBECILLE!"
"A-ah! Mi dispiace, mi scusi!"
"... Tsè... sbagliare così il nome di mio
nipote!" Vociò lei, puntandogli nuovamente la pistola alla
tempia "Però il nome di quell'essere primordiale e crudele
non lo sbaglia mai nessuno!"
Nella sua voce vibrava una nota di puro dolore ziesco, che poco aveva a
che fare con la follia che l'aveva accecata pochi minuti prima.
Perché lei, davvero, non aveva idea di come le cose
andassero in Giappone, ed era fermamente convinta che suo nipote fosse
un martire e Shoichi il carnefice. E se l'era immaginato più
volte, mentre vestito da dottore trovava ogni scusa per ascoltare i
battiti cardiaci del suo pene, e magari di esplorare altri lidi ignoti
e proibiti che avrebbero dovuto rimaner tali, ma che Spanner, fidandosi
ciecamente di lui e riponando in tal rosso ragazzo una grande fiducia,
gli avrebbe mostrato senza alcuna esitazione.
Mai interpretazione fu più lontana dalla verità,
ma lei questo non poteva saperlo, e ci si crogiolava liberamente in
quel pensiero, fremendo di rabbia ogni volta che la sua fantasia la
spingeva sempre un po' più in là di dove avrebbe
voluto arrivare.
Buraian avrebbe voluto ribattere, animato dalla grande ammirazione che
provava verso quello che, per lui, era il genio incontrastato
dell'ingegneria meccanica e aero-spaziale, ma la prudenza glielo
impedì.
E l'immagine di Spannera gli apparve nella mente, e il suo cuore perse
un battito. Davvero il suo idolo aveva a che fare con la gentil
fanciulla che gli aveva rubato l'anima? Con quella ragazza che era la
cosplayer perfetta di Sumiko-chan, il suo personaggio preferito del suo
eroge preferito?
"Ehm, dove si trova in questo momento Irie Shoichi?" Chiese dunque,
cercando di distrarre quella che sembrava verosimilmente una mamma
impazzita.
"Ah!" Esclamò lei alzando le braccia al cielo "Quel buffone
si trova in Giappone, in questo momento! Con mio nipote,
maledizione a lui!" Si morse il labbro inferiore per non dire di
peggio, mentre Buraian veniva posseduto da un forte senso di
depressione.
"Ah..." Mormorò, triste "E io che speravo fosse qui..."
"MA CI ARRIVERA'!" Berciò, lanciando la pistola in aria e
sbattendo un tacco per terra "Eccome se ci arriverà! Ce lo
trascinerò io a forza, a New York, e prima che possa
rendersene conto gli avrò fatto bere il mio coktail letale
fatto di succo al pomodoro e foglie di lattuga! AHAHAHAHAHAHAH!"
E mentre zia Spanny si abbandonava alla follia, muaheggiando con le
braccia tese a mo' di rami, il ragazzo dietro di lei si chiedeva che
cosa volessero dire le sue parole. E se da un lato temette per
l'incolumità di Irie Shoichi, dall'altro non poteva pensare
di avere a che fare con un siffatto rivale in amore, e che presto o
tardi avrebbe dovuto prendere una decisione.
Dal punto di vista prettamente spannystico, era davvero interessante
osservare come, nonostante non molto tempo prima avesse apertamente
dichiarato di aver escogitato un modo per farla pagare a quel ragazzetto efebico,
quella donna non avesse in realtà uno straccio di idea, e
che tutto verteva solo ed esclusivamente sulla cosa che a Spanny
riusciva meglio: il bluff.
Eppure, non avrebbe mai immaginato che il suo desiderio si sarebbe
presto avverato...
*
"Per te, Shoichi."
"Spanner? Ma sono le 6 del mattino!"
"Ah, vero."
Silenzio.
"Per te, Shoichi."
Il ragazzo sospirò, tendendo le mani verso quello che senza
occhiali sembrava un pacco. "Che cosa è? La tua collezione
di molecole d'aria?"
Spanner sorrise sornione. "Aprilo e lo scoprirai."
Shoichi prese in mano la scatola quadrata, strizzando gli occhi per
capire bene di cosa si trattasse, mentre il sonno gli annebbiava ancora
i neuroncelli, che stavano stiracchiando i loro piccoli dendriti e
preparandosi a una nuova, entusiasmante giornata all'insegna della
robotica.
O forse no, perché adesso che si erano laureati, forse gli
sarebbe convenuto cercarsi un lavoro.
Lontano da Spanner, si disse immediatamente.
Il più lontano possibile.
"Aspetta che non ci
vedo, vado a prendere gli occ-" ma non fece in tempo a finire la frase,
perché delle dita gentili gli avevano sfiorato le orecchie,
posizionandovici sopra due stanghette verdi che reggevano due lenti
calibrate esattamente per la sua miopia.
Shoichi arrossì violentemente, quando mettendo a fuoco
l'ambiente circostante vide il volto sorridente di Spanner, che lo
fissava con due occhi turchesi e sereni.
"B-buongiorno..." Mormorò, pensando che non si erano neppure
salutati, e che lui aveva aperto la borta sbraitando.
"'Giorno" ricambiò lui "dai, che aspetti? Aprilo, adesso ci
vedi."
"Eh, sì, un attimo!" Protestò lui, rimuovendo lo
scotch che teneva insieme le due estremità di cartone. "E
poi, aspetta un secondo... questi occhiali da dove li hai presi?"
"Quelli che ti ho appena dato? Li ho fatti io" rispose l'altro,
guardandosi intorno con noncuranza.
Shoichi tacque, confuso. E non è che l'orario gli fosse di
grande aiuto, ragion per cui si limitò a scuotere il capo,
riservandosi di riprendere il discorso in un altro momento.
Aprì dunque il pacco, e quel che vi trovò
all'interno dapprima non gli disse nulla, poi gli sconquassò
completamente cuore e cervello. Perché, nonostante in quel
momento fosse potenzialmente stupido e indifeso, riuscì a
connettere il fatto di trovarsi davanti Spanner e un paio di chiavi con
il discorso fatto il giorno prima, seduti in quel bar, mentre lui
arrossiva e si agitava come... sì, un idiota.
"Spanner! Q-queste sono... chiavi!"
"Sì" disse Spanner, annuendo energicamente "sono le chiavi
di casa mia." Precisò poi, con scarsa enfasi.
Shoichi avvampò, cadendo quasi all'indietro sul pavimento,
mentre la sua bocca tremava nel tentativo di articolare un suono che
avesse senso. "M-m-m-ma perché... ora, così...
a-all'improvviso... casa tua... S-Spanner!" Ansimò, scosso e
imbarazzatissimo.
Spanner ridacchiò sotto i baffi e gli pose una mano sulla
spalla. "Quando vuoi, Shoichi, la mia porta è sempre
aperta." E pronunciate queste parole, il biondo ragazzo
trotterellò pacificamente verso l'orizzonte, sul quale pigro
sorgeva il sole.
E Shoichi lo guardò allontanarsi, rosso in volto,
finché non scomparve come un miraggio. E si chiese se non
fosse stato tutto un sogno, o un'allucinazione, dato che la situazione
aveva dell'incongruo e anche del (velatamente) ridicolo.
Quando, però, strinse in mano quelle chiavi, comprese che
non stava affatto sognando. E tremò, purpureo in volto,
mormorando ingiurie modeste ai suoi danni.
"S-stupido Spanner..."
Note
dell'autrice: spinta dall'invidia, perché qui
sul fandom si aggiorna più presto di me ormai, mi decido a
pubblicare il capitolo 42, eeeh! *festa delle scimmie*
ò_ò ormai non sto più qui a dire che
non mi piace e bla bla bla, giudicate da voi xD spero comunque che vi
sia piaciuto, come sempre. :)
Dedico questo capitolo a
Matochuff, cara fanciulla <3 scusami se
non è alla tua altezza! çAç
Grazie come
sempre a tutti quelli che leggono, preferiscono e seguono, ma
soprattutto che recensiscono. Io adoro i vostri pareri, mi scaldano il
cuore, non smetterò mai di dirvi grazie
çAç grazie ragazze >_< E quanto mi
farebbe piacere che commentasse anche qualcun altro che legge
silenziosamente e basta TwT il mio desiderio verrà mai
esaudito? MISTERO. ò_ò (?)
Salutino speciale ad
Ari-chan <3 grazie per l'immagine, donna!
òAò/
PS: essendo
uscita la patch del quarto episodio di Umineko potrei ritardare di
brutto con la scrittura ò_ò perdonami, ma...
Umineko è Umineko. <3
|
Ritorna all'indice
Capitolo 43 *** Costruire, distruggere, ricostruire ***
c43
Quando Shoichi entrava
in modalità nerd, le cose erano sempre un po' più
facili, ma un po' meno divertenti.
Stava lì, a fissare intensamente il monitor, quasi al mondo
non
ci fosse altro, e in breve tempo era ritornato alla città di
partenza, parlato con il consigliere comunale, fattosi consegnare
l'invito ufficiale e rimasto in attesa della sua prima missione o di
qualsivoglia istruzione.
E Spanner non aveva fatto altro che osservarlo. Per tutto il tempo.
"Shoichi" esordì lui ad un certo punto, quasi con deferenza
"va tutto bene?"
"Benissimo, Spanner" rispose lui, con un tono leggermente diverso dal
solito. Non era la sua solita vocina graziosa e imbarazzata, e neppure quel tono di voce
che
sprizzava stizza infantile e guardinga, quasi temesse da un
momento all'altro una parola cattiva a suo indirizzo, che lo avrebbe
inevitabilmente ferito; era quella
gentilezza che si esprimeva attraverso un equilibrio raggiunto con
garbo, con naturalezza, che rendeva le sue parole serie e composte, e
allo stesso tempo calorose.
A Spanner tornò in mente il tempo
dell'università, e si
accorse - non senza un certo stupore - di rimpiangerlo un poco. Certo,
era oltremodo divertente provocare il suo coinquilino fino alla
sfinimento: però, anche riuscire ad avere un dialogo normale
con
lui, ogni tanto, non era cosa da poco. Gli era mancato, sì,
gli
era mancato molto. E quasi temette di non ricordarsi più
come si
faceva, a intrattenere una conversazione tranquilla. La sua testa si
era fatta parzialmente bianca, cosa che lo stupì abbastanza,
ma
poiché in quel momento Shoichi gli sembrava quanto mai
compassato e padrone di sé, lui non volle essere da meno.
"Ti serve una mano?" Domandò quindi, in cerca di una modesta
approvazione.
"Sì" rispose lui, sorridendo "ti ringrazio, Spanner. Prendi
il
tuo pg e seguimi, anche se..." si aggiustò le lenti sugli
occhiali, arrossendo tiepidamente "non riesco a immaginare cosa
potrò combinare, io, al livello uno."
Spanner lo vide, mentre ammetteva senza crisi isteriche o urla rabbiose
il suo svantaggio. Lo vide, mentre gli si imporporavano le guance,
mostrando un modesto imbarazzo che però avrebbe combattutto
con
impegno e abilità, come lui sapeva fare. Lo vide, quando
Shoichi
si voltò verso di lui e lo guardò, con quegli
occhi
verdi, come se si aspettasse di ricevere il suo aiuto, in una muta
richiesta di appoggio.
Sì, lui vide tutto questo. E qualcosa nella sua mente
scattò con la violenza di una molla.
"Shoichi..." mormorò, prima di balzargli addosso e
abbracciarlo
così forte che il computer quasi gli scivolò
dalle gambe,
e per poco non finì per terra.
"Sp-Spanner!" Ansimò lui "C-che combini?!"
Dapprima, il giovine non rispose. Solo qualche secondo dopo la stretta
si allentò, e lui si staccò guardandolo dritto
negli
occhi, con le gote leggermente arrossate. Spostò lentamente
il
suo sguardo verso le mani, che ancora stringevano il suo pigiama, e poi
lo riportò sul coinquilino, che lo fissava paonazzo, la
bocca
tremante e gli occhiali di traverso.
"... Non sei arrabbiato", disse, ma la sua fu più una
constatazione che una domanda. Shoichi, tuttavia, la intese come tale,
e rispose di conseguenza.
"N-no" fece, distogliendo lo sguardo "non lo sono, ma...
perché l'hai fatto?"
"Non lo so" ammise Spanner, ma dal suo tono di voce era evidente che
non si stava ponendo troppi problemi in proposito.
E sembrava... contento.
Molto contento.
"Posso abbracciarti di nuovo?" Gli domandò, innocente.
Shoichi aprì la bocca, storcendola in una smorfia di
vergogna, ma non si oppose e annuì docilmente.
Spanner sorrise felicemente e lo strinse di nuovo a sé,
chiuse
gli occhi e si beò del calore che emanava quel corpicino
tremante di bollori di dubbia interpretazione. Lo sentì
tremare,
e in un istante realizzò quale dramma si dovesse star
agitando
dentro di lui in quel momento: ricambiare o non ricambiare?
Indubbiamente, Spanner voleva essere ricambiato. Non solo
perché
ne avrebbe tratto un gran piacere, ma anche perché, in un
certo
senso, gli avrebbe permesso di tornare con la mente a quel felice
periodo di tanti anni prima, il periodo universitario, che era stato il
più bello della loro vita.
E ogni tanto capitava di pensarci, a quel tempo sereno in cui sembrava
che tutti i loro desideri potessero avverarsi in un battito di ciglia.
E forse, era un po' triste rendersi conto che pochi di questi si erano
realizzati.
Pur essendo, con ogni probabilità, i più
importanti di tutti.
"Ehi, Shoichi..."
"Mh?" Mormorò l'altro, ancora tremante, mentre con una mano
teneva il pc sulle cosce e con l'altra - la vide chiaramente - andava a
cercare a tentoni qualcosa
a
cui aggrapparsi. Gli fece tenerezza, quella manina vagabonda, e per
questa ragione gliela strinse affettuosamente, facendolo sussultare, ma
senza che protestasse in alcun modo.
"Ci pensi mai al periodo universitario?" Gli domandò, con un
tono pacato, che sembrava riferirsi a qualcosa di molto, molto lontano.
"Eh?" Lui lo guardò, e vide i suoi occhi osservare un punto
indefinito, oltre quello che la semplice vista poteva cogliere. E di
colpo, l'immagine di loro due mentre seduti sopra una panchina
disegnavano strani prototipi che avrebbero causato l'estasi o l'orrore
dei loro professori lo sovrastò, e qualcosa di tiepido e
dolce
gli sfiorò il cuore con talmente tanta grazia e talmente
tanta
gentilezza, che le lacrime gli salirono agli occhi senza che lui
potesse controllarle.
"Shoichi?" lo vide sottrarsi alla sua presa per andare a massaggiarsi
gli occhi gonfi da sotto gli occhiali. Si preoccupò, e gli
posò quella stessa mano sulla spalla, avvicinandosi a lui.
"Shoichi, stai bene?"
"S-sì, sto bene" lo rassicurò lui, un po' incerto
"è che mi sono tornati alla mente dei... ricordi, ecco."
Spanner lo guardò, senza proferir parola. Rimasero in
silenzio
per un po', uno a tirar su col naso, l'altro a meditare solo il cielo
sapeva su cosa. Ed era facile perdersi, in quel turbine di pensieri che
stentavano a trovare un ordine ben definito. Difficile, e a modo suo un
po' doloroso.
"Ricordi..." mormorò il ragazzo biondo, accavallando le
gambe e
cominciando a scrutare il soffitto alla ricerca di qualcosa "una volta,
quando eravamo alle superiori, mi dicesti che i ricordi sono come la
musica. Rammenti?" Mosse le iridi azzurre verso la sua figura, che
ricambiò quell'occhiata con un sorriso a fior di labbra e
una
piacevole sensazione di nostalgia.
"Sì, lo ricordo" rispose lui con voce tenue "mi sorprende
notare che anche tu non l'abbia dimenticato, Spanner."
"Mh" mugolò lui, riprendendo a fissare il soffitto
"com'è
che dicesti? «I ricordi e la musica si somigliano
perché
entrambe...»"
"... Sono come le note di uno spartito che si dispongono sul
pentagramma che è la nostra memoria, e se da soli possono
non
essere altro che semplici frammenti di immagini, insieme costituiscono la
melodia di una vita intera."
Pronunciò quelle parole così, come se fossero
nate in
quel preciso istante, da sole, e lo fece sorridendogli. Era un sorriso
splendido, e persino uno come Spanner era in grado di cogliere la
bellezza che c'era in quel viso, quando si apriva a lui in quel modo
così radioso. Da quanti anni
era
che non vedeva una cosa del genere sul suo volto? Non immaginava che
avrebbe potuto mancargli così tanto, il sorriso di Shoichi.
Quello che venne dopo fu semplicemente un riflesso istintivo.
Sussultò, quella dolce paperella rossa, quando Spanner gli
prese
le guance fra le mani e gli poggiò un delicato bacio sulla
fronte. Sussultò e prese fuoco, come un mucchietto di foglie
secche, e cominciò a balbettare uno
«Sp-» convulso e
inceppato, fissandolo con le pupille che quasi premevano per uscire
fuori dalle orbite. Fortuna che c'erano gli occhiali a impedirne la
caduta.
Quando si staccò da lui, gli sorrise con affetto. Lui
notò che le guance del biondo amico erano diventate rosse -
non
ai suoi livelli, certo - e che un impercettibile tremore animava le
labbra che l'avevano appena baciato sulla fronte.
"Spa... Spa... Spa..."
"Andiamo alle terme?"
Tremore che ben presto lo avrebbe contagiato, con tutt'altro
significato.
Shoichi allargò la bocca, inorridendo a quel commento
inopportuno che rovinava tutta la poesia di quell'istante, ma la
richiuse subito dopo per articolare una frase di senso compiuto che
potesse esprimere tutto il suo risentimento.
"Spanner... perché distruggi
sempre tutto?" Chiese, aggiustandosi la montatura e scuotendo il
testone contemporaneamente, cosicché gli occhiali
continuassero
a scivolargli via e che il suo gesto perdesse completamente di
significato pratico per ridursi tutto a una valenza metaforica che,
ovviamente, Spanner non intese affatto.
"Perché è ciò che fanno gli ingegneri"
rispose
lui, sibillino, fissandolo come se volesse esorcizzarlo "è
compito degli ingegneri distruggere quanto più possibile e
nel
minore tempo possibile."
"Dovrebbe essere loro compito costruire, non distruggere..."
ribatté Shoichi con un sospiro affranto. Dov'era finito il
momento malinconico di un minuto prima? Spazzato via dalla follia di
cotal individuo giallastro?
Ma perché?!
"Certo" disse "costruire e poi distruggere."
Ci fu un momento di silenzio, un silenzio sospetto, che
costrinse il rosso ragazzo a guardarlo, seppur di sottecchi.
"SPANNER!" E gridò, quando lo vide avventarsi su di lui,
prendergli il viso fra le mani - di nuovo - e scrutarlo così
in
profondità da perforargli le lenti e costringendolo ad
arretrare
mentalmente.
"Costruire, distruggere, e poi ricostruire", e mormoratogli queste
parole lo baciò di nuovo, sempre sulla fronte, per il
semplice
gusto di vederlo implodere lì sul posto.
Perché rivangare dolci ricordi era bello, ma dopotutto era
il
presente, quello che contava. Perché è solo
curandosi del
presente si costruisce il proprio futuro. E il loro futuro non avrebbe
potuto essere niente di più e niente di meno di quello.
Quello che successe dopo, non fu niente di particolarmente nuovo o
originale. Ma non per questo fu meno divertente.
*
Essendo
venuti a patti, Buraian e Spanny ritornarono al seminario nel
più assoluto silenzio. Solo i suoi tacchi a spillo
rimbombavano
fra i vicoli lerci, costringendo cani, gatti e topi a lasciar libero il
passaggio e a farsi da parte.
"Signora?" Chiamò Buraian, incerto.
"Che vuoi?" Fece lei, ma non sembrava minacciosa o aggressiva. Il
ragazzo tirò un sospirò di sollievo e si
toccò il
cuore, per rassicurarlo.
"Che relazione c'è fra lei e Irie Shoichi?"
Immediatamente, i passi smisero di rimbombare. Alcuni topi morirono dal
terrore, mentre cani e gatti si stringevano fra di loro tremando
terrorizzati.
Un viso inumato, deformato da una mostruosità grottesca, si
voltò ad osservarlo con lentezza esasperante.
"Irie
Shoichi ha... traviato mio nipote"
sussurrò, lugubre "e vuole impedire a
Jess di raggiungere la sua
felicitàààà!!!"
"Argh! V-va bene, ho capito, si calmi la prego! ... Anzi, in
realtà non ho capito, ehm..."
"Buaaaaaaaaaaaaargh!"
"HO CAPITO TUTTO!"
"... Ne sono lieta." E gli rivolse uno dei suoi celebri e quanto mai
falsi sorrisi da Nonna Papera, prima di ricominciare a camminare come
se nulla fosse accaduto. Buraian ansimò pesantemente,
sentendo
l'aria attorno a lui appesantirsi fino a soffocarlo, ma
continuò
a seguirla con la speranza di vedere la sua adorata Sumiko-chan.
*
"Uhm, uhm, uhm... che cosa
potrei fare dopo aver perso la verginità?"
Spannera stava, come al solito, riflettendo su questioni della massima
importanza, e non si accorse dell'arrivo di madre e ragazzo, che erano
nel frattempo pervenuti all'interno del locale.
"Tesoro, va tutto bene? Sono tornata!"
Quando udì la voce della madre, la fanciulla
rizzò le
orecchie e si girò di scatto verso di lei, correndole
incontro
strillando. "Mamma mamma, ho scoperto di essere vergine!" Disse, prima
di affondare nel suo petto, mentre Buraian sbirciava con la coda
dell'occhio le forme - quali forme? - di Spannera.
"Ma davvero? Che bello!" Commentò festosa la madre,
rivolgendo al giovine lì vicino un'occhiataccia
inceneritrice in una frazione di secondo.
"M-mi dispiace..." balbettò, impacciato "non volevo fare
quello che ho fatto, sono mortificato..."
"Buraian!" Ma, evidentemente, la giovine non era della stessa opinione.
In men che non si dica passò dal grembo della madre a quella
del ragazzo, sprizzando allegria congenita da tutti i pori "E' tutto
merito tuo!"
Gli cinse il collo con le braccia, stronfinando il testone spelacchiato
sulla sua tutina aderente, così forte che questi presero a
combustionare, sprigionando un fumo maleodorante che in quel momento a
Buraian parve incenso purissimo.
"S-S-S-S-Sumiko-chan!" Il cuore gli batteva così forte che
avrebbe potuto sfondargli la cassa toracica. Senza neanche pensarci
ricambiò l'abbraccio, ma quando lo fece Spannera
balzò all'indietro gracchiando isterica.
"Non toccarmi, tu! Solo io posso toccarti, capito?"
"Chiarissimo Sumiko-chan, ai tuoi ordini!~" E, ovviamente, a Buraian
andava bene così.
Perché una cosplayer così perfetta meritava
sicuramente il vassallaggio di un povero diavolo come lui, che non
aveva mai toccato una ragazza in tutta la sua miserabile vita.
E sì, in fondo si trattava solo di una competizione. Non
avrebbe mica dovuto uccidere letteralmente
Irie Shoichi, no? Era in senso figurato, solo in senso
figurato: sarebbero bastate due parole, un confronto amichevole,
qualche pacca sulle spalle e si sarebbe risolto tutto.
Ovviamente, il povero Buraian non poteva immaginare che il famigerato
Spanner, o Spank secondo altre fonti, fosse proprio il cugino della
ragazza di cui lui si stava innamorando e che a sua volta era
innamorata proprio di quel cugino che conviveva con il suo nemico in
amore che secondo la zia della sua nuova fiamma lo stava traviando e
che lui avrebbe dovuto sconfiggere perché stava impedendo
alla figlia di quella donna alias la cosplayer perfetta di Sumiko-chan
di condurre un'esistenza pacifica.
Se lo avesse immaginato, probabilmente gli sarebbe esploso il cervello.
Note dell'autrice: innanzitutto,
scusate se il capitolo è breve, ma forse non
potrò pubblicare per un po' q___q secondo poi, scusate
l'osceno OOC di Spanner nella prima parte, ne sono consapevole,
scusatemi, scusatemi davvero ç_ç se fa troppo
schifo ditemelo e la modifico eh *seria* e terzo... il pezzo finale
finale finale mi ha fatto sbarellare di brutto, mi sono fermata quattro
volte per rileggerlo e seguirne il filo x°°°
Cosa dire? Grazie a chi legge e commenta sempre <3 siete la mia giuoia! Al prossimo
capitolo!
PS: ho
notato che i flashback riscuotono molto successo, in tal caso signore
mie, perché non vi leggete il prequel? A me farebbe tanto
piacere leggere dei vostri commenti anche lì
çAç e... sì, sono così
disperata da farmi pubblicità da sola xD
---> http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=656719&i=1
<---
PPS: stesso
discorso per questa originale, di cui personalmente vado molto fiera:
c'è la stessa atmosfera "sagace" degli amiconi, anche se non
c'entra niente con loro. Se passate da lì mi fareste tanto
contenta <3 nessun obbligo, si intende :)
---> http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=688152&i=1
<---
|
Ritorna all'indice
Capitolo 44 *** Un fottuto stronzo ***
c44
«Ed
è con immenso piacere che ho il piacere di piacervi di
annunciarvi che, con il vostro piacere, il torneo Trespade è
ufficialmente aperto. Vi contenderete un dono ambito, lotterete
mettendo il gioco i vostri onori di guerrieri e rischierete la pelle in
scontri all'ultimo sangue. Il tutto, ricordiamo, in completa sicurezza e
convenienza. E piacere, ovviamente.»
Come aveva appena detto un grosso omone vestito da
salumiere che rispondeva al nome di 80vogliadipiacere,
immobile nella piazza della città, il famigerato torneo
Trespade era finalmente incominciato.
Con modesta gioia di due allegri coinquilini che, seduti sul divano di
casa loro, lottavano selvaggiamente per cause della massima importanza.
"Spanner, ridammi il mio computer! Sono io che devo muovere il mio
personaggio, non tu! C-che cosa è questo cambio di
atteggiamento
improvviso?! Non avevamo forse..."
Ripensò al garbo di Spanner mentre sfiorava la sua fronte
con le
sue labbra rosee come un tapiro morto imputridito, e gemette di
frustrazione. Perché tali immagini gli apparivano nella
mente
sempre nei momenti meno opportuni? Ci doveva pur essere un limite a
quanto poteva essere sconvenientemente tempistico, no? E
perché
sembrava coincidere con la linea più remota del
più
remoto degli orizzonti?
"Volevo solo darti un po' di vantaggio, Shoichi" ribatté
Spanner con tranquilla strafottenza "visto che mi sembravi in difficoltà."
Shoichi era SEMPRE in difficoltà, dal primo momento in cui
apriva gli occhi a quello in cui li chiudeva, avvolto nelle sue
coperte, certo che Spanner lo stesse fissando dal buco della serratura
con una strana luccicanza negli occhi, e che solo il credere (da parte
sua) che ci fosse un qualche meccanismo di auto-difesa (che di fatto
non c'era) lo tratteneva dall'introdursi nella stanza per fare esperimenti
burloni sul suo fragile corpo martoriato.
Che cosa voleva che fosse, per un ingegnere di tal fattura, una
serratura? L'avrebbe aperta servendosi soltanto del bastoncino dei
leccalecca in una manciata di secondi, aiutandosi - nei casi
più
estremi - con un peperone preso dalla dispensa. Ma evidentemente,
Spanner doveva avere delle ragioni estremamente sagaci per non
irrompere con misurato impeto in camera sua. Idiozia? Credenze
mistiche? Colpo della strega? Scaramanzia? Buone maniere americane? O
semplicemente...
THE GAME.
Era qualcosa che presto o tardi sarebbe venuto alla luce, Shoichi ne
era convinto. Dunque non si era posto il problema, anche se quando era
a letto si pietrificava per non mostrare al coinquilino dall'allegria
congenita e spaziale alcun segno di movimento. Doveva dimostrargli che lui, a letto, era
come un palo. Era un messaggio subliminale che gli inviava il cervello,
e non ci si poteva fare nulla.
Subliminale, appunto. Perché i neuroni passavano
direttamente
dallo stato solido a quello gassoso, e trovavano sempre delle orecchie
grandi come trombe dalle quali fuggire via, lontano, verso la
libertà.
"In difficoltà? AH!" Shoichi si lasciò andare a
una
gradassa e quanto mai plateale risata "Non essere così
ilare,
Spanner. E' evidente che tu sia estremamente confuso, perché
io..."
"... Sono una papera con gli occhiali. Sì, lo sapevo
già."
Silenzio.
"Spanner, perché ti comporti in questo modo?
Perché?!" La
sua voce si ruppe in un singulto disperato "C-come dovrei interpretare
i gesti di prima? Come dovrei... rispondere, io, di quella intesa? Di
quelle belle parole? Di quei ricordi portati alla luce? Rispondimi,
Spanner!"
"Devi imparare a guardare al futuro, Shoichi: non puoi rimanere sempre
in attesa del passato."
"Ma è successo CINQUE MINUTI FA!!!"
Silenzio.
"Shoichi, che cosa è il tamarindo?"
"Non cambiare discorso, maledizione!"
"Mh? Quale discorso?"
"Quello che ti ho appena fatto, dannazione! Quello delle belle parole!"
"Ah, quello delle belle parole, certo... quale?"
Shoichi si maledisse per non aver comprato quel randello color ciliegia
con disegnati sopra i pulcini quando ne aveva avuto l'occasione, un
paio di mesi fa. Perché non aveva proceduto all'acquisto?
Cosa lo aveva fatto desistere? Eppure, era così carino, e
stava bene dovunque, anche in garage!
Che poi loro due non possedessero un garage, era un altro paio di
maniche.
Che non sapessero guidare neanche la bicicletta, ma che facessero gli
sburoni dandosi al modellismo osceno e fantascientifico 24 ore su 24,
un altro paio di maniche ancora. Non loro, però.
Perché entrambi erano convinti, nel profondo del loro cuore,
che quella camicia fosse di esclusiva proprietà dell'altro e
che rivendicarne il possesso sarebbe stato un atto davvero deplorevole.
Prima regola della gran coppia di amiconi: non intralciarsi mai.
"Spanner, sei la cosa più
insopportabile di questo pianeta. Ci sono momenti in cui desidero
fortissimamente la tua morte, lo sai?"
"Come adesso?"
"Sì, come adesso. E mi dispero, quando mi rendo conto che
è totalmente impossibile aspettarsi una simile BOTTA DI
CULO!"
Spanner lo guardò, appena disgustato. "Come sei volgare",
commentò arricciando la bocca "dovresti essere
più... femminile."
Silenzio.
Delizioso fu il principio di moto che avrebbe permesso a Shoichi di
aggredire il pacato coinquilino tentando miseramente di farne polpette.
Ma fu, appunto, solo un principio: una voce colpì i loro
condotti uditivi con la stessa potenza di un martello pneumatico, prima
che potesse verificarsi un omicidio di qualche sorta ai danni di un
essere di qualche sorta.
Una voce metallica, che Shoichi conosceva bene e che temeva con tutto
il suo cuore...
"Ci mancava solo il conduttore
di questo gioco di merda!!" Vociò Shoichi spostando la sua
attenzione sul pc "Che cosa vuole proprio ora, eh? AH?!"
"... Conduttore?" Anche l'attenzione di Spanner si catalizzò
tutta sul computer, lanciandosi con apparente noncuranza sul
coinquilino scarlatto. "Dov'è? Dov'è il
conduttore? Dov'è?"
"Asp-- pesi Spanner, maledizione! Togliti!"
"No. Dov'è il conduttore?"
"Non c'è nessun conduttore, parlavo della voce che annuncia
sempre l'inizio di qualcosa di oltremodo stupido! Quella che abbiamo
appena sentito!"
Spanner tacque, immobile.
"Ah."
Silenzio.
"Spanner... potresti levarti,
dato che pesi quanto un macigno?"
"No."
"Motivo?"
"Sei comodo. Sei morbido." Disse, atono.
"S-Smettila! Non mi faccio abbindolare da te, hai capito?"
"Lo dici da anni" gli fece notare lui "non per niente sei una papera,
Shoichi."
Touché.
"Io non sono una papera! Sei tu a essere... a essere... qualcosa!"
La difficoltà in cui annaspava Shoichi aveva del commovente,
ma Spanner assottigliò gli occhi crudelmente, o
così parve. In verità, due moscerini gli erano
appena entrati uno nell'occhio destro e l'altro nel sinistro,
provocando lo strano fenomeno.
Tutte coincidenze, ovviamente. Perché era quanto mai
evidente che, lassù, qualcuno odiasse profondamente Irie
Shoichi.
"Qualcosa, eh? Vediamo, cosa potrei essere... che ne dici del
cacciatore?"
"NO!" Berciò lui mandandolo via.
"Perché? Così ti bracco" lui gli si
ributtò addosso con fare pigro e incurante.
"N-non voglio essere braccato, grazie! Non da uno che... ha i capelli
biondi!"
Improvvisare era bello, era arte. Ma per Shoichi era solo
un'ammucchiare una marea di parole insieme, nella vaga speranza che
prendessero forma e senso e che distruggessero il coinquilino
dall'espressione ioconda.
"E se me li tingo, posso braccarti?" Domandò lui, seguendo
la logica dell'amico.
"No, non puoi! Non devi braccarmi e basta, capito? La gente non si
bracca, p-per la miseria!"
"La gente no, ma le papere sì. E poi si cucinano al forno."
"Ma ti rendi conto di quello che dici? Sei un'assassino, una bestia!
U-un..."
"Proprio tu lo dici, che mi volevi colpire con il coltello..."
"Lo sapevi che... che non ci sarei riuscito!"
Eccola lì, la piuma fuori posto. Finalmente, qualcosa stava
cominciando a cedere a rivelarsi per quello che era, e non per quello
che disperatamente tentava di essere.
Shoichi ammetteva di essere un incapace, e lo ammetteva davanti a
Spanner. Che ne fosse pienamente consapevole o meno non era ben chiaro,
ma certamente tale affermazione aveva uno scopo ben preciso,
all'interno del quadro
completo di Irie Shoichi.
Il quadro completo di una papera con l'otite, per l'esattezza.
Lui lo guardò, imperscrutabile.
"Sono le intenzioni quelle che contano."
"Ma io non avevo neanche quelle! Sai benissimo che..."
"Che?"
Shoichi si torturò il labbro inferiore, distogliendo lo
sguardo e arrossendo. "C-che non sono capace di farti del male."
A sentir quelle parole, Spanner rimase leggermente stupito. Ma con gran
dispiacere dell'amico rosso, non disse nulla e si limitò a
mugugnare qualcosa di inconsistente, osservando il nulla al di
là del nulla in cui si celava un vuoto cosmico di ignote
dimensioni.
"Non dici niente?" mormorò, spiandolo di sottecchi.
"Cosa potrei dirti?" chiese, guardandolo e sorridendo appena. "Mh...
forse potrei cominciare col dirti che ti..."
"Hai sentito, Shoichi? Il tuo
primo combattimento sta per cominciare!" esclamò Spanner
simulando entusiasmo.
Shoichi fissò il monitor inorridito, avvicinando la faccia
alla schermata e afferrando il monitor con entrambe le mani, per
vederlo meglio. La bocca tremava, incapace di articolare una singola
parola, e gli occhiali minacciavo di scivolargli via dal naso con
volatile grazia.
Il suo primo scontro in qualità di partecipante al torneo
Trespade stava finalmente per iniziare. E il suo primo
avversario... era un fottuto stronzo.
Note di Vetro: gosh!
Con un mal di testa che ucciderebbe chiunque e la depressione over
9000, porto in trionfo (ma quale trionfo) il capitolo 44! Ci
avviciniamo al capitolo 48! SPANNER! Amore mio ambrato,
perché non esisti? Che tristezza signore mie, che
tristezza... çAç comunque sia, grazie come sempre
per aver letto, e... mi raccomando, non esitate e criticare il
capitolo, se ha qualcosa che non va. u__o
Un saluto speciale a
Milli ed Eiko-chin. ç_ç Sento di
avervi fatto uno sgarbo, perdonatemi. ç_ç
Un saluto anche a iMato,
che è tanto graziosa e divertente e... THE GAME. (?)
Un grazie + <3 a
Golden Brown, che mi riempie sempre di complimenti persino
per le recensioni. Grazie, aww <3
Tanti cuori a Hibari
Kyoite, che è gentilissima e mi stima anche se
non ho proprio niente per cui essere stimata :)
E grazie infinite a Seki,
che con il suo entusiasmo mi spinge sempre a fare meglio. <3
PS: Nagipyon, I miss
u!!!1
|
Ritorna all'indice
Capitolo 45 *** Shoichi è una papera e Spanner lo dimostra ***
c45
"Non ci posso
credere..."
"Di che ti lamenti, non era quello che volevi? Adesso puoi dimostrare a
tutti quanto sei abile e potente."
"Spanner... per favore, sparisci."
Il povero e deleritto Darkwing Duck avanzava indomito verso la piazza,
dove ad attenderlo c'era colui che rispondeva all'appellativo di Fottutostronzo.
Era un energumeno con la pelle verde che indossava solo un paio di
calzoncini neri aderenti che lasciavano intuire una virilità
di
qualche tipo. Virilità che Shoichi si sognava la notte,
ignaro
del fatto che essa fosse sempre accanto
a lui.
Nei pantaloni di qualcun altro, però.
"Voglio assistere alla scena", dichiarò mettendosi comodo
sul divano "voglio vedere come farai a distruggerlo."
"Colgo del sarcasmo nelle tue parole o sbaglio?" replicò
acido Shoichi, squadrandolo male.
"Shoichi, non dire così. Sto semplicemente esprimendo tutta
la
mia curiosità verso l'incontro che ti aspetta. Tanto
più
che non sai assolutamente far nulla, il che rende tutto più
interessante. Ma non preoccuparti, ci sono io qui con te."
"E' proprio per questo che ti avevo chiesto di sparire!"
Ad un certo punto, mentre il rosso coinquilino si preoccupava di
esternare il suo rancore decennale per l'amico Pannocchio, un messaggio
a caratteri cubitali apparve sulla sua schermata di gioco lampeggiando
insistentemente. Shoichi lo guardò, prima di sfuggita, poi
soffermandosi su di esso e inorridendo a ogni secondo. Il sorriso di
Spanner, invece, si allargava esponenzialmente secondo la legge della
dilatazione lineare dei solidi. O dei gas?
«Ehi, Darkwing Duck! Stima massima per il nome, anche tu
appassionato di supereroi, eh? Sarà uno scontro
leale!»
"Stima massima per le papere, semmai."
"Spanner, fai silenzio! Vai via! VAI VIA! Perché t-ti ostini
a rimanere qui? VATTENE!"
Piuma dopo piuma, Shoichi si stava spogliando della sua
dignità.
Eppure, c'era qualcosa che sorreggeva il suo stanco corpo
aerodimanico donandogli la forza di cui aveva bisogno: a dispetto del
nome, il suo avversario sembrava una persona a posto.
Anche se chiunque paragonato a Spanner finiva per risultare una persona
a posto.
Tranne Spannera, forse. Oh, ma lei era sua cugina, quindi non faceva
TESTO!
"Secondo me ti prende in giro", affermò invece con uno
strano
pseudo-broncetto in volto, tipico di chi fa di tutto per mettere sotto
una cattiva luce il nuovo amichetto del proprio amichetto
senza preoccuparsi troppo di nasconderlo.
"Magari è una persona normale, no? Devono sempre prendermi
in
giro, le persone, solo perché... perché tu non
sai fare
altro?"
La frase risultò dolorosa, e Spanner si sentì
punto sulla
carne viva, lasciando che la sua espressione da pesce sulla graticola
si storpiasse in una smorfia di sofferenza appena accennata. "Non
è questo, Shoichi. Il fatto che è tu... mh..." si
grattò la testa incerto, voltandosi dall'altra parte. In
verità, più che dall'incertezza il nostro eroe
giallo era
preso da qualcosa di molto simile all'imbarazzo, che non gli consentiva
di guardare Shoichi e contemporaneamente sorridergli beffardo come
faceva ogni volta. E questo era male.
"... diciamo che tu appartieni a me."
Silenzio.
"... Che cosa hai detto?" chiese Shoichi con inaspettata calma. In
verità questa era solo apparenza, perché dentro
di lui si
stavano agitando le forze della natura più mistiche e
primordiali. Solo una forza di volontà impaperata riusciva a
tenere insieme i legami fra le molecole che lo componevano,
perché altrimenti si sarebbe parzialmente sciolto sul divano
e, ovviamente,
Spanner non avrebbe pulito. Perché era sempre lui che
puliva, per un motivo o per un altro.
Sempre.
"Mh... cosa non ti è chiaro?"
"Ma come cosa non mi è chiaro?!" primo legame frantumato,
parziale fusione della cute in prossimità delle orecchie
"C-c-cioè, m-mi vieni a dire... te ne esci con... q-queste
frasi, e e e poi m-mi chiedi cosa non mi è
chiaro?!"
secondo legame frantumato, parziale fusione della cute in
prossimità delle gote. Quanto prima della fine?
"Dovresti smettere di cercare sempre un'interpretazione alternativa
delle cose, e imparare a prenderle così
come vengono. Come
quando all'università Aki Mamoru ti disse che il tuo pene
era
piccolo, te lo ricordi?"
In quel momento una valanga di pensieri travolse la mente di Irie
Shoichi, che in un istante rivide tutta la sua vita, e vide quanto le
figure di merda l'avessero fatta da padrone in quei lunghi,
lunghi
anni. Arrossì violentemente e si voltò dall'altra
parte
boccheggiando, tentando di ribattere fermamente a quelle parole
sprezzanti. "La sua era stata solo un'ipotesi!"
"Azzeccata", precisò lui con una punta di sarcasmo. Ma
proprio
una punta, per non rovinare il sapore di anatra arrosto che sentiva
dentro la bocca.
"Era pur sempre un'ipotesi! E e e smettila di guardarmi in quel modo
lussurioso!!"
"Lussurioso? Credo che ci sia un errore, io ti sto solo prendendo in
giro."
"E del... del... dell'ap-partenerti, che mi dici...?"
Mormorò
lui spiandolo da dietro le lenti con fare prudente, come se si
aspettasse una vangata psicologica da un momento all'altro.
"Ah, quello era vero. Noi ci apparteniamo, Shoichi, avresti dovuto
capirlo da un po' ormai. Anzi, da ieri."
Silenzio.
"Da un po' o da ieri?"
"Un po' tutti e due."
"Ma che vuol dire?!"
"Mh. Proprio non ci arrivi, eh?"
"Sfido chiunque ad arrivarci!"
"Davvero? Prova a chiederlo a Fottutostronzo, chissà che non
ne
sia capace. Magari chiediglielo dopo l'incontro, giusto per
correttezza."
Strane elucubrazioni ebbero tempo e voglia di farsi strada fra le
sinapsi di una papera senza perché, mentre la suddetta
cominciava a dare segni evidenti di una demenza senile destinata a
espandersi a ogni singola cellula, fino a renderlo un pulcino incapace
di intedere e di volere. Il che, molto probabilmente, era
ciò a
cui Spanner segretamente mirava.
"Non sarai geloso per caso, vero Spanner?"
I due ragazzuoli si guardarono negli occhi per qualche istante. Ma
Shoichi, che pur tuttavia era una papera il cui istinto di
sopravvivenza non era ancora scomparso del tutto, ebbe l'accortezza di
distogliere lo sguardo per non incorrere a spiacevoli conseguenze di
natura fondente, che nulla avevano a che fare con il cioccolato e che
anzi erano tutto fuorché gradevoli da digerire. Spanner
continuò a fissare la sua capoccia rossa, finché
una
leggerissima risata non sfuggì dalle sue labbra. "Lo sono",
ammise con candore.
Qualcuno
dovette esimersi dal rigraziarlo, con gran fatica e sforzo di qualcun altro.
"S-Spanner!"
"Mh?"
"«Mh» un corno! Ti rendi conto anche solo vagamente
di quello che hai appena detto?!"
"Sì, me ne rendo conto."
La risposta lo spiazzò. Shoichi lo guardò rosso,
rossissimo, sentendosi bene e male insieme. Ma si sa, più
per meno
fa meno, quindi alla fine si sentì male e basta, come al
solito.
Lo additò, ma nulla uscì dalla sua bocca. Lo
additò con entrambe le mani, e questa volta un miagolio
degno di
un gatto con la raucedine riuscì a venir fuori. "SpHAWgHHg",
disse.
"Che fai, verseggi?"
"Awgosh!"
"Mfff" e Spanner se la rideva beato, annuendo convinto a quell'insieme
di note stonate che volevano esprimere tutto il proprio imbuzzurrimento
e che invece finivano per essere niente più che suoni
sgradevoli
a qualunque orecchio umano tranne
il suo.
Ah, soave melodia.
E intanto, nella piazza di Epic Days era tutto un fermento,
perché lo sfidante Darkwing Duck non si apprestava a
cominciare
il combattimento...
«Darkwing Duck
è un impostore! Non si decide a salutare il suo sfidante e
sta lì a fissare il vuoto!»
«si
vede k è 1 xdente!!1 m kiedo cm mai labiano
sheltoH!»
«Ma non capite?! Sta caricando le
sue energie per combattere al meglio delle sue forze!»
Le opinioni era contrastanti. C'era qualcuno lo
difendeva, c'era tutto
il server
che lo accusava di codardia, ma erano dettagli. Shoichi in quel momento
non era materialmente in grado di rivolgere l'attenzione al suddetto
gioco, essendo stato risucchiato da un buco nero di natura
spanneristica di cui non si vedeva la fine, ammesso che questa
esistesse.
"Pwarh! Astrughw! Hyk!"
"Mi trovi d'accordo."
"AiiIIIiiuuuUUhH", ansimò.
"No, qui non mi trovi d'accordo", sorrise sereno. Una calma zen che
aveva del peruviano, senza dubbio, e ciò doveva suscitare
molte
domande, dato che Spanner non era mai stato nel Perù in vita
sua
e pur tuttavia sembrava averne ereditato i caratteri più
mistici
e sibillini.
Lui, che era un meccanico. Lui, che era un genio
indiscusso. Lui, che avrebbe dovuto fare il rottamatore di cervelli
dato che come li distruggeva lui non li distruggeva nessuno. Eppure!,
Spanner conduceva un'anonima esistenza in un appartamentucolo del
Giappone che non brillava certo per gusto né per
intelligenza
complessiva dell'abitacolo.
Intelligenza vera,
però. Quella che ti fa capire, per esempio, quando ti stai
innamorando di qualcuno. Diciamo pure... di qualcuno di molto vicino a
te.
La crusca, per esempio.
"Spa... S-Spanner!" riuscì infine a dire, respirando
pesantemente con le orbite sporgenti "C-come, c-come... anf, pant,
sbuff..."
"Che carino, sembri un fumetto!"
"GYARGH!"
"Ah, il tuo avversario si sta avvicinando a te. Vuole giocare?"
"Cos-AHWGH!" strozzandosi con la sua stessa saliva, dignitosamente
parlando, Shoichi si scaraventò con violenza sul suo
computer,
ammaccandolo un pochino e fissandolo con orrore crescente. Ormai era
quella l'emozione base che lo caratterizzava, e il merito... non era
difficile comprendere a chi appartenesse. "Aiuto, sono fottuto!"
"Ma come, e tutto il coraggio di prima? Dov'è finito?"
"Dov'è finito...? Dov'è finito?! MI CHIEDI PURE
DOV'E' FINITO??!"
"Ho come l'impressione che perderai questo scontro, chissà
come mai."
Già, chissà come mai. Proprio inspiegabile, una
simile
percezione. E non si stava parlando solo del fatto che Shoichi fosse al
livello 1. La sua arma era... sapete? una di quelle spade rettangolari,
brutte, che sembrano palette per il calcestruzzo, che uccidono i nemici
a suon di risate... e la sua armatura era una grossa lattina di fagioli
sul marroncino merda secca che lo faceva sembrare un emerito cretino
più di quanto non facesse già di per
sé
l'accoppiata guerriero stellare + nome del cazzo.
Insomma, ovunque andasse Irie Shoichi mostrava al mondo quanto fosse
papera, ma soprattutto quanto fosse gosh.
Fottutostronzo incedeva pesantemente, eppur con vaga grazia, verso il
pg sfigato del frugolo scarlatto, con di lui orrore. "Spanner, aiuto,
che faccio? Mi vuole ammazzare!!"
"Shoichi, calma. E' solo un gioco, ricordi?"
"Ah, è vero" il ragazzo si aggiustò gli occhiali
con un solo dito,
perché il nerd che era in lui stava cercando di uscire
dall'anonimato.
Ci sarebbe riuscito?
Fottutostronzo si arrestò di fronte a Darkwing Duck,
respirando
pesantemente. Poi sollevò la sua incudine e si
abbatté su
di lui tagliando il personaggio a metà e rimpiendo lo
schermo di
sangue.
"..."
"Quanto sangue" fu il modesto commento di Spanner, che senza scomporsi
osservava lo schermo annegare nel profondo rosso. Quando ogni cosa fu
ricoperta dalla linfa scarlatta tanto che non si poteva più
vedere alcunché, lentamente il sangue perse colore e
rivelò una palla marcia di carne in putrefazione mischiata a
pezzi di metallo di dubbia provenienza: era Darkwing Duck che era stato
fatto a pezzi.
Spanner, da bravo amicone qual era, pose una mano sulla spalla del
ragazzo, scuotendo mestamente il capo. "E' andata così, non
prendertela."
Shoichi non disse una parola. Continuava a fissare lo schermo come
rincoglionito, boccheggiando un tantino e mormorando lamenti
inconsistenti che non ebbero la forza di prendere forma. Era
comprensibile in fondo: il suo pg era stato devastato da un singolo
colpo di ascia, senza nessun preavviso e annessa possibilità
di
scampo. Tutto ciò era molto triste e buzzurro, e Shoichi
sentì i suoi occhi verdi inumidirsi appena. Non avrebbe mai
immaginato di arrivare a sentire la mancanza di Darkwing Duck.
"Spanner... ho perso."
"Sì, ma non preoccuparti" lo consolò lui.
Dopo un attimo di smarrimento, Irie Papera si riprese. "G-giusto, hai
ragione! C'è sempre il ripescaggio, no?"
"Veramente davo per scontato che ti rifugiassi in bagno lamentandosi
della tua sfortuna."
"E cosa ci sarebbe di consolatorio in tutto ciò?!"
Spanner sorrise in maniera inquietante. "Sicuro di volerlo sapere?"
Shoichi deglutì. "No, grazie tante..."
"Bene, adesso diamoci da fare. Chiederò con Spappop come si
partecipa al ripescaggio, tu intanto se vuoi vai pure in bagno."
"M-ma io non devo andare in bagno, maledizione!" gridò il
rosso
ragazzo colmo di frustrazione, afferrandogli una spalla e scuotendolo
con forza pari a 1 newton "Smettila di trattarmi come un complessato!"
"Se preferisci posso trattarti come un paranoico. Anzi, come un
paperanoico nel tuo caso."
"Non sono un pap...pape... eh?"
"Su, stai buono, aspetta che chiedo informazioni..."
"Fermo!" Shoichi si avventò su Spanner senza illudersi
davvero
di riuscire a fermarlo, cosa quanto mai improbabile, ma sperando
così di poter sfogare la sua ira repressa.
Forse.
Spanner schivò l'assalto con la sua immancabile classe e il
coinquilino atterrò infelicemente dall'altra parte del
divano,
sbattendo il naso sulla cucitura spessa e facendosi un male cane. Come
al solito, del resto.
"Non hai ancora imparato a volare, eh? Tranquillo, te lo
insegnerò io uno di questi giorni."
"Io non volo, idiota! Bestia! S-somaro! Brutto... brutta pannocchia!!"
Silenzio.
Spanner si pietrificò. Si voltò lentamente verso
l'amico,
fissandolo con un misto di orrore e curiosità. "Pannocchia?"
"E-ehm... sì! Pannocchia! Sei una pannocchia, Spanner!"
Silenzio.
"Le papere mangiano le pannocchie, lo sai?"
"NON E' VERO!"
"Sì che lo è, se sei ignorante in materia non
è colpa mia."
"Ah, perché certo, tu sei un esperto di papere!" Puro
sarcasmo
gli gorgogliava in gola, un sarcasmo disperato e buzzurro che
sottolineava un antico dolore che emergeva a ogni sopruso, ovvero con
una media di 51 volte al giorno. Non era bello soffrire
così, ma
Shoichi sembrava stranamente averci fatto il callo e si lamentava quasi
senza esserne consapevole. Non era la sua volontà a
reclamare
giustizia, bensì un impulso nervoso particolarmente soggetto
alle prepotenze di Spanner, che - poveretto! - in qualche modo doveva
pur tutelarsi.
"Mi sono documentato, effettivamente" ammise Spanner tornando a fissare
il suo portatile "dato che convivo con una di queste creature. E ho
scoperto tante cose interessanti, vuoi sentire?"
"NO!"
"Ok. Allora te le racconto. Innanzitutto..."
"Nooo! Non voglio sapere niente, NIENTE! Spanner, taci! Taci ho detto,
mannaggia a te!"
"Va bene, va bene, non agitarti che poi ti spenni. Mfff, carina questa."
"Ma dove lo vedi tu che è carina? E' pessima, altro che
carina!"
"Sei tu che hai un pessimo senso dell'umorismo, mio caro amico", disse
Spanner sospirando con finto cordoglio "facciamo così: a
partire
dalle mie conoscenze ti dimostrerò che sei una papera. Ci
stai?"
Shoichi aveva due possibiltà; rifiutarsi, destando infiniti
sospetti e consentendo al sagace coinquilino di trarre personalissime
conclusioni in merito al suo astenersi, oppure acconsentire, rischiando
di dargliela vinta per davvero.
A quel punto, un singolo neurone pensò, mentre tutti gli
altri
erano distratti. Pensò che NO!, Irie Shoichi non era una
papera,
e che quindi non correva alcun rischio nell'accettare di ascoltare le
parole del biondo giovine. Che poi Spanner avesse la
capacità di
trasformare la menzogna in verità, era un discorso a parte
che
poco aveva a che spartire con quella piccola, dolce e audace sinapsi.
"Va bene!" esclamò Shoichi annuendo energicamente "Prego,
fammi vedere quanto sono papera!"
Il sorriso di Spanner divenne un ghigno spaventoso, e la purpurea
papera nel profondo tremò. Pericolo,
gridò il suo testone rosso. Ma era troppo tardi.
"Dunque... le papere legano la propria esistenza essenzialmente
all'acqua", disse con serietà "e tu fai esattamente
così."
"Ah, fregato!" Shoichi balzò in piedi e lo indicò
beffardo "Io bevo poco, lo sai!"
Pensava di averlo fregato, di aver individuato la contraddizione nella sua
testimonianza, ma
così tristemente non fu. Spanner scosse il capo, in volto la
stessa espressione di coloro che dall'alto osservano i miseri umani
scontrarsi tra di loro, ciechi e sordi, a colpi di tud e sbang. E quack. "No,
Shoichi, non mi riferisco all'acqua che ingerisci, ma a quella che
rilasci."
Silenzio.
Shoichi inarcò un sopracciglio con un moto nervoso, aprendo
appena la bocca come se non riuscisse a cogliere il senso di
quell'espressione ma fosse a un passo dal farlo. "Sto parlando del
sudore."
Spanner annuì. Shoichi ruggì. "Ma cosa c'entra?!
C-come puoi, tu...!"
"Ok, prossima prova. Le papere sono state addomesticate per secoli, e
tu infatti sei stato addomesticato fin dalla tua nascita. Prima
c'è stata tua madre, poi tua sorella, e poi io."
Un che di piacevolmente maligno caratterizzava quel pronome personale
posto alla fine della frase. Una goduria che poco aveva a che fare
con i piaceri terreni, trascendendo la materialità e
sfociando nell'aperto misticismo peruviano caratteristico del giallo
individuo impannocchiato che rispondeva al nome (?) di Spanner.
"Non... non... non... non..."
"E poi ci sarebbe un'altra prova incontrovertibile: tu mi hai chiamato
pannocchia, e come ti ho detto le pannocchie sono uno dei cibi
preferiti delle papere. Quindi ciò significa che tu sei una
papera e che..." arrossì appena prima di finire il periodo,
e se quello che stava dicendo non fosse stato così mostruoso forse
Shoichi l'avrebbe trovato persino carino "... io sono il tuo cibo
preferito."
Insomma, ancora una volta Irie Shoichi aveva dato prova della sua
straordinaria capacità di fottersi da solo dando anzi man
forte al coinquilino dagli occhi celesti e spenti con cui viveva ormai
da tanti anni. Questo perché, se vi era una parte del suo
cervello che istintivamente si ribellava alle sue angherie, bisognava
supporre con una ragionevole percentuale di successo che ve ne fosse
un'altra che al contrario - e istintivamente anch'essa - appoggiasse le
astruse teorie del suddetto ingegnere da strapazzo. Il motivo?
... L'amore.
Note di Vetro: dopo
9 giorni di astinenza, ecco a voi il 45esimo capitolo! Ah, come sono
felice! Devo ammettere che all'inizio non mi piaceva come era venuto,
ma poi mi sono divertita a scriverlo, quindi spero che voi vi siate
divertiti a leggerlo <3 nel testo c'è una piccola,
piccolissima dedica a una persona speciale che oggi compie gli anni,
spero che l'abbia colto, glielo dovevo per tutto quello che ha fatto,
aww <3 Scusatemi se, come sempre, in questo capitolo non succede
nulla, ma vi giuro che non lo faccio apposta: sono loro che si
raccontano, loro e loro soltanto! Io li assecondo e basta
çAç (?). Comunque, ci avete fatto caso che sono
passati... uh... 15 capitoli e siamo ancora alla famosa mattinata dopo
il ricongiungimento? E' mostruoso! Non so se scoppiare a ridere come
una iena o mettermi a piangere di quanto la tiro lunga
çAç
|
Ritorna all'indice
Capitolo 46 *** Epic Crash ***
c46
"Spanner,
perché ti lasci andare a simili castronerie?
Perché?!"
"Mh... vediamo..."
"Era una domanda retorica, non devi rispondermi! Maledizione,
maledizione... ma perché ti ho detto sì?
Perché..."
Shoichi si prese la testa fra le mani, lamentando dolore di varia
natura. Spanner si grattava intanto il mento, riflettendo con
attenzione sul quesito proposto dal coinquilino scarlatto.
Perché aveva intrapreso quella discussione? Certo, per
prendersi
gioco di Shoichi senza dubbio, però... c'era qualcos'altro,
lui
lo sentiva distintamente. Ma per qualche strano motivo, non riusciva a
identificare questo qualcosa. Era come se il pensiero si nascondesse
dietro un neurone ogni volta che si avvicinava a lui, come se temesse
di venire allo scoperto, quasi si trattasse di qualcosa di vergognoso o
estremamente complicato.
"Shoichi, secondo te perché ho detto quelle cose?"
Shoichi smise di emettere vagiti e guardò Spanner come se
volesse farne diserbante per il giardino. "E' esattamente quello
che ti ho chiesto, genio!"
"Ah, giusto."
Silenzio.
"Shoichi?"
"Che vuoi?!"
"Posso farti una domanda?"
"Me l'hai appena fatta, Spanner..."
"Ah, vero."
Silenzio.
"Posso fartene due allora?"
"Ma sei reale o sei solo la mia immaginazione?! Perché sto
cominciando a credere che tu sia solo il frutto di un mio incubo..."
"E da quanti anni sarebbe che sogni?"
"Troppi" ne convenne corrugando la fronte "veramente troppi..."
"Mi sembra che tu stia usando eccessivamente i puntini di sospensione
alla fine di una frase, Shoichi."
"Eh?" il ragazzo non capì, e fissò Spanner con un misto di
orrore e incredulità "Spanner, come faccio a usare i puntini
di
sospensione se stiamo parlando?"
"Mh, io li vedo." Fu la risposta della gentil pannocchia.
Risposta che, per natura sua e di chi l'aveva posta, faceva sorgere
nella mente dell'interlocutore una serie impressionante di dubbi che
andavano dalle origini dell'entità biologica o batterica con
cui
Irie Shoichi era entrato in contatto quel lontano giorno di tanti anni
fa, alle condizioni di salute in cui doveva verosimilmente versare il
cervello della persona, animale o cosa in questione. Tuttavia, mentre
una persona normale tenderebbe
a porsi le domande una per volta, magari senza darsi una risposta
(poiché palesemente impossibile), Shoichi se le pose tutte e nello stesso momento,
cosicché la sua materia cerebrale diventasse semplicemente -
se non lo era già - materia cerebrolesa.
"M-m-m-m-ma! Cioè, cioè, cioè... m-ma
tu... ma
cosa... ma... perché... cioè...
cioè..."
"Sembri una di quelle concorrenti dei reality quando viene loro chiesto
chi è l'attuale presidente degli Stati Uniti",
constatò
Spanner pacificamente. Non c'era scherno nelle sue parole, solo una
triste verità che si stava abbattendo sull'amico con
l'ineluttabilità di un pietrone grigio e buzzurro. E in
effetti
le buzzurrie stavano pericolosamente contaminando il testone rosso di
Shoichi, il quale cominciava già a dare segni di un
malfunzionamento di qualche sorta.
"Perché, tu lo sai?!" riuscì infine a dire,
approfittando
del fatto che il ragazzo gli avesse dato un nuovo argomento su cui
concentrarsi per dimenticare tutto il resto e non rischiare di
sublimare prima del tempo.
"No."
"E allora?!"
"Ma io non boccheggio in questo modo se non lo so, tu sì."
Silenzio.
"Un momento... ma io so chi è l'attuale presidente degli
Stati Uniti!"
Spanner lo guardò, sorridendo in maniera appena accennata.
"Le
tue conoscenze... sei certo che non siano solo il frutto della tua
immaginazione? Puoi provare che ciò che sai è la
realtà, e non l'apparenza?"
"Ma che vai sproloquiando, Spanner? Certo che posso!"
"No, non puoi."
Non c'era crudeltà in quelle parole, ma qualcosa di
più
simile a un'oscura certezza di fondo che richiedeva uno sforzo
intellettuale notevole per essere colta in tutta la sua tenebrosa
essenza. Sforzo intellettuale che Irie Shoichi non poteva compiere,
rischiando di slogarsi il cervello e rimanere scemo per sempre, con
immenso sollazzo del ridente coinquilino lì davanti a lui.
Restava solo una cosa da fare...
"Spanner, io con te NON CI PARLO!"
Darsi alla childhood.
"Ma come sei infantile..."
"Infantile? Sei tu che sei una bestia, maledizione! Io sono qui che...
tento di capire come funziona questo gioco del cavolo, e tu, tu che
fai? Mi ostacoli!"
"Io?"
"Sì, proprio tu! Ed è inutile che mi ridi in
faccia, hai capito? S-smettila subito, smettila, smettila!"
"Shoichi... mfff, per favore, non fare così" Spanner
frenò una modesta risata che avrebbe con tutta
probabilità stimolato l'amico a spennarsi più di
quanto
non stesse già facendo, e si voltò dall'altra
parte
ridacchiando appena. Shoichi fremette di rabbia e lo additò
in
maniera sconvolgente e sconvolta insieme. Sconvolgente
perché
quando lo fece gli occhiali gli caddero dal naso, cozzarono sulla
tastiera del computer e premettero inavvertitamente
e contemporaneamente
cinque tasti, e sconvolta perché... oh be', storia vecchia,
non vale la pena soffermarsi più di tanto.
Tornando invece alla combinazione di tasti, è bene fare un
appunto; il mondo dei videogiochi è caratterizzato dalla
presenza di simpatici codici che si chiamano trucchi,
ma non per questo riservati all'esclusivo utilizzo del sesso femminile,
anche
se in questo caso il problema non si sarebbe posto un
granché.
Tali trucchi permettono ai giocatori truffaldini di comportarsi
buzzurramente nei confronti del gioco con cui hanno a che fare,
perché inevitabilmente riescono a vincere mediante il loro
utilizzo. Ora... quel che in quel momento avvenne avrebbe lasciato di
stucco il mondo intero. Persino Spanner e Shoichi, rinomati (?)
meccanici/ingegneri/nullafacenti, ebbero di che stupirsi quando videro cosa era apparso
sulla schermata di Epic Days.
"C-che cosa diavolo è questo?"
"Uh?" Spanner avvicinò il naso allo schermo per osservare
con
più attenzione lo strano messaggio materializzatosi
improvvisamente al posto della visuale di gioco, su uno sfondo nero
pece che aveva dell'inquietante.
"«382378bcw9___crash.e.d.move_#{enter code.»",
lesse con
voce rapida e precisa, senza saltare né una lettera
né un
simbolo. "Sembra una finestra di imput."
Notando la calma di cui si era armato il coinquilino, Shoichi
riacquistò il contegno perduto, raccolse gli occhiali senza
i
quali la sua vista era quella di una talpa morta e scrutò
con
scientifica curiosità il codice appena pronunciato da
Spanner.
"Sì, lo è ma... come si è aperta?"
"Saranno stati i tuoi occhiali", abbozzò lui senza
entusiasmo.
"Ah, giusto! I miei occhiali!"
"Shoichi... non era un complimento."
Silenzio.
"Ah."
Silenzio.
"Ma potrebbe diventarlo se ammetti di essere una papera."
"Non sono una papera!!"
"Va bene, allora non era un complimento."
"Ma perché sovverti la realtà a tuo piacimento?!"
"Non faccio nulla di simile, ma finché si tratta di una mia
frase posso farne ciò che voglio."
Si morse il labbro inferiore. Spanner aveva ragione. Non che fosse
vero, ma il suo modo di porre la cosa risultava abbastanza convincente
e pertanto Irie Papera giudicò prudente non addentrarsi
oltre
per non rischiare di lasciarci le penne.
In tutti i sensi.
"Lasciamo perdere", concesse, nonostante lui avesse in pugno la
situazione più o meno come ce l'aveva la banda Bassotti ogni
volta che fissava la cassaforte di Paperone mentre un'incudine stava
precipitando, non vista,
sulle loro teste "piuttosto, cerchiamo di scoprire che cosa
è questa roba."
"Te l'ho detto, è una finestra di imput."
"Su questo siamo d'accordo. Quello che piacerebbe capire
è... a cosa dà l'imput?"
"Mh... vediamo un po'..." Spanner mosse le sue dita verso la tastiera,
andando a sfiorare senza timore quelle di Shoichi che si erano
arpionate al computer con una violenza inquietante. Shoichi
sussultò e volò all'indietro, non si seppe come,
schiantando la nuca sul divano e mormorando parole di dolore,
leggermente rosso in volto.
"C-che stai facendo?" domandò in apprensione.
"Provo a inserire il codice betaimput per capire se è un
loop o
meno", rispose lui digitando vari numeri e lettere in successione.
"Non è un loop, Spanner", ribatté aggiustandosi
gli
occhiali "deve essere una finestra per inserire i codici di gioco,
quindi non può essere un loop."
"Mh, sì, forse hai ragione. Allora potremmo provare a
inserire una sequenza binaria di tipo BLC e vedere che succede."
"Vuoi provocare il crash del sistema? Ehi, guarda che il pc
è mio!"
"Vorrei ricordarti, Shoichi, che questo computer te l'ho regalato io.
Quindi è come se fosse mio."
"M-ma che stai dicendo? Se me lo hai regalato è mio per
forza!"
Silenzio.
"Mh, forse è vero. E allora facciamo che te l'ho prestato."
"Ma così non vale!"
Vedendo che l'amico si stava agitando, Spanner gli pose una mano sul
testone arruffandolo un poco. "Su, su, stavo scherzando, non ti
agitare."
A quelle parole, il piccolo paperotto si rimpicciolì
diventando
un pulcino rosso e palpitante, nascondendo la faccia fra le braccia e
mugolando parole di vago dissenso. "Non prendermi in giro..."
"Non ti sto prendendo in giro", lo rassicurò.
"L'hai sempre detto tu che non scherzi mai..."
"Anche in quei casi stavo scherzando."
"Eh? M-ma che dici?"
"Mh... vediamo... {.001011011000101101001_betashipping#@_65bs7291na1.};
e vediamo come va." Con la schiena dritta, gli occhi attenti, i capelli
biondi che in quel momento non si sapeva come sembravano più
fulgidi e splendenti del solito, Spanner osservava lo schermo con una
concentrazione tutta sua, che - Shoichi lo ammise deglutendo - aveva un
che di affascinante. Ma mancava qualcosa per rendere quela visione
ancora migliore, un dettaglio cruciale senza il quale il coinquilino
perdeva parte del suo proverbiale fascino. Quel dettaglio, quell'accessorio era...
"Spanner, ma dove è finito il tuo leccalecca?"
domandò
Shoichi rendendosi improvvisamente conto che non si trovava
più
fra le sue labbra. Strano che se ne accorgesse solo adesso,
considerando che le occasioni - o meglio, le scuse - per guardarle non
mancavano mai, per un motivo o per un altro.
"Ah, quello?" Spanner non alzò gli occhi dal computer,
corrugando appena la fronte con attenzione "Deve essere caduto da
qualche parte prima."
"Da... qualche parte?"
In un attimo l'immagine di quella cosa intrisa di bava e appiccicata
chissà dove - il divano, il muro, il pavimento, la magnolia
versione mini che tenevano in soggiorno - gli invase il cervello,
facendogli sorgere contrastanti sensazioni che ebbero come effetto
complessivo quello di renderlo un tutt'uno con i suoi capelli.
"Sì, anzi, saresti così gentile da prendermene un
altro?"
"Ma! Ma! Ma!"
"Suvvia, non è una richiesta così impegnativa,
Shoichi."
Chiamare il suo nome mentre lui era in quelle condizioni era piuttosto
pericoloso, effettivamente. E Spanner lo sapeva, più o meno.
In
quel momento però la sua mente era tutta per i codici, gli
imput
e i crash e quindi non prestò sufficiente attenzione alla
reazione del paperoso coinquilino, che si ritrovò a muggire
di
frustrazione senza un perché.
Lui se ne accorse, e distolse lo sguardo per concentrarsi sull'amico.
"Mh? Perché non vai?"
Ma lui non si muoveva. Continuava a balbettare qualcosa nascondendosi
appallottolandosi reprimendosi compressandosi, rossissimo in volto e
sudato come un maiale. Spanner si intenerì, e mosse una mano
verso il suo testone. Ma quando stava per toccarlo, ci
ripensò e
decise di fare un'altra cosa.
Una cosa che aveva visto fare a Sakuro nel telefilm di Nanami.
"Shoichi, dai..." sussurrò suadente prendendogli il mento e
costringendolo a guardarlo "poi, se vuoi... te lo faccio assaggiare."
E fu la fine.
"S-S-S-SPANNER!!" Gemette allontanandosi in fretta e furia e ansimando
pesantemente "C-c-che diavolo fai?!"
"Cosa? Ti stavo solo... mh... seducendo, ecco."
"Seducendo?!"
"Sì, come fa Sakuro con Nanami", rispose serio.
"M-ma! Come puoi fare delle cose così... così...
così equivoche?!"
"Che c'è di equivoco nel volerti sedurre?
Sei esile, piccolo e femminile, non vedo dove stia il
problema."
"Esile... p-piccolo... f... fe... f-femminile?!?"
"Non ripetere sempre quello che dico", lo ammonì con aria
grave.
Shoichi boccheggiò incapace di parlare, ma il computer lo
fece al posto suo.
"E questo?"
"Eh? Eh?" Shoichi guardò lo schermo e ci mise un po' a
realizzare lo strano messaggio che era apparso sullo schermo del suo
portatile. "E questo? Spanner, che hai fatto?!" Domandò
colmo di
angoscia, guardando prima lui e poi il pc, a scatti regolari di due
secondi e mezzo.
"Ho solo portato in crash il sistema di gioco, niente di che. Credo."
"Niente di che? Cioè, hai distrutto tutta l'impalcatura che
teneva insieme questo... coso dalla dubbia
giocabilità! Come diavolo hai fatto, me lo spieghi?"
Leggero risentimento risuonava in quella vocina sottile, risentimento
che si accompagnava alle guance leggermente gonfie del ragazzo e
al verde dei suoi occhi fattosi misteriosamente ammonitore e
imbuzzurrito. Come diavolo era riuscito a distruggere tutto il codice
che stava alla base di quel gioco di ruolo online? Che trucco aveva
utilizzato, quell'ingegnere da strapazzo?
Calma, Shoichi, non
farti prendere
dal panico. Anche tu ci sai fare con queste cose, non hai nulla da
invidiare a Spanner, va bene? Lui ha solo... avuto fortuna, ecco. E il
gioco aveva sicuramente un sacco di errori per conto suo, ragion per
cui non hai motivo di sentirti inferiore.
"Shoichi?", chiamò Spanner notando l'amico
perso in strane elucubrazioni sudaticce "Va tutto bene? Gradisci una
gassosa?"
"No, Spanner!" esordì Irie Shoichi rinato dalle sue ceneri
"Sto benissimo!"
"Non sembrerebbe, francamente"
"Oh, ma che vuoi sapere tu? Hai solo avuto fortuna, tutto qui" Shoichi
si lasciò andare a una plateale risata, ma quando
tentò
di aggiustarsi gli occhiali per far sì che la luce riflessa
su
di essi nascondesse gli occhi in maniera molto figa, il dito gli
scivolò sotto la montatura e andò a ficcarsi
nella
pupilla destra spostandogliela dall'orbita di circa 2,3 millimetri.
Un urlo animale si propagò per la magione.
"Shoichi, se non la smetti finirai per diventare cieco, lo sai?"
Spanner si limitò ad alzare una spalla di fronte alla
sofferenza
dell'amico, poi si alzò dal divano e si diresse dalla parte
opposta della stanza.
"D-dove stai andando, Spanner? Ahiahiahi, che male, che male, che
male..."
"A prendere un pezzo di carta", disse atono "e anche una penna,
già."
"A fare?" insistette Shoichi massaggiandosi l'occhio con respiro
pesante.
"Dobbiamo decifrare quel codice", rispose con scarsa enfasi. A quelle
parole, il cuore di papera fece una piccola capriola. C'era qualcosa in
ciò che aveva appena detto che lo aveva fatto sussultare, ma
a
un primo impatto non riuscì a capire di cosa si trattasse.
"Come hai detto?" La sua voce era incerta, la mano era ancora
spiaccicata sull'occhio e il pigiama era umido di sudore in
prossimità delle ascelle, ma nonostante tutto pareva essersi
calmato.
"Quale parte del discorso non ti è chiara?"
"Tutto!"
"Ah, capisco. Be', è naturale. Voglio dire, so bene che hai
parecchie difficoltà di recente, quindi non mi pare il caso
di..."
"SPANNER!" berciò avvilito "P-per la miseria, ripeti
semplicemente la frase! Che cosa ti sto chiedendo?!"
"Ok, ok, va bene. Dobbiamo decifrare quel codice, ho detto."
Mi chiedo come faccia a
non aver capito una frase composta da quattro parole,
si chiese in silenzio. Ma non lo disse, perché non gli
sembrava
opportuno farlo. Dopotutto quando si parlava di Shoichi le stranezze
erano all'ordine del giorno, quindi era inutile fatica tentare di
interpretarle secondo una chiave di lettura che si ispirasse
direttamente alle leggi della logica. Questo, almeno, era
ciò
che pensava Spanner. E Shoichi era davvero fortunato a non poter
sentire i suoi pensieri, perché altrimenti la sua reazione
sarebbe stata degna della migliore delle casalinghe disperate. Certo,
era già tranquillamente candidato al primo posto, ma lo
spiacevole inconveniente di essere uomo poteva essere un ostacolo alla
sua carriera.
Tch, sfiga.
"D... dobbiamo?"
I suoi occhi divennero una specie di lago dei cigni in cui era
possibile scorgere Odette dedicarsi alla sua igiene intima e Derek
suonare il tamburello a braccetto con Quasimodo, in un crossover che
avrebbe fruttato milioni di prugne al cinema solo per la prima
settimana di programmazione.
Spanner fece una smorfia. "Sì, ovvio. Da solo sarebbe troppo
complicato."
Il che si poteva convertire in qualcosa tipo «se non fossi
così pigro da fare schifo l'avrei fatto anche da
solo», ma
ovviamente non
disse nemmeno
questo. Anche perché non era così sicuro che
fosse solo
la pigrizia a spingerlo a farlo in coppia con Shoichi. Non l'amplesso,
per la cronaca. Ma essendo la frase troppo lunga, qualcuno avrebbe
potuto dimenticare quale fosse l'oggetto della discussione.
"Ma quindi... ti andrebbe bene anche se..." distolse teatralmente lo
sguardo "... non fossi io ad aiutarti?"
Ecco, quella domanda poteva rappresentare un quesito interessante. "No,
non andrebbe bene", ammise, leggermente sorpreso.
"P-perché?" lo incalzò sbattendo le ciglia a
causa
dell'ingresso di un moscerino dentro le pupille. Una lercia dimora,
quella di Spanner e Shoichi. Prima il nome del marito, poi quello della
moglie. Ma era la moglie a portare il cognome, dunque balance.
"Perché... mh... Shoichi, vammi a prendere un leccalecca."
Sviare l'argomento era la priorità del momento.
"Non deviare l'argomento!"
Ma Shoichi non l'avrebbe permesso.
"Quale argomento?"
Ma Spanner avrebbe trionfato come sempre.
"Quello di prima!"
E Shoichi l'avrebbe presa su per il retto come sempre.
"Ah, giusto. Vammi a prendere un leccalecca."
"Non lo farò!"
"Va bene. Allora io mi riprendo il computer."
"No! F-fermo, cosa stai-- fermo! No, ridammelo! E' mio!"
"Puoi dimostrarlo?"
"M-ma che vuol dire questa prepotenza improvvisa?!"
"Voglio un leccalecca, vammelo a prendere e io smetterò di
vessarti con le mie argute angherie."
"Ti ho detto milioni di volte di non usare termini di cui non conosci
il significato!!"
"E quante volte hai usato parole di cui non conoscevi il significato,
Shoichi?"
"Cosa? Fammi un esempio!"
"Pene."
Silenzio.
"Lo capisci da solo, vero?"
"Io non ti sopporto!!"
"Che buzzurro che sei, Shoichi."
Irie Papera cominciò a starnazzare vistosamente, ma Spanner
lo ignorò e si diresse a prendere il foglio e la penna con
l'intenzione di decifrare il codice misterioso che era apparso sulla
schermata di Epic Days. Ce l'avrebbero fatta, i nostri due amiconi, a
impadronirsi definitivamente della rete? Questo e altri misteri...
nella prossima puntata.
Note di Vetro: ebbene,
amici e amiche di questa galassia, il capitolo 46 è qui per
voi. Ne voglio approfittare per ringraziare Raindrops per aver
messo la storia tra le preferite e per minacciarla di morte se non mi
lascerà un parere :3 no ok, sto scherzando
x°° però davvero, mi piacerebbe riceverne
uno. Solo uno magari u_u coff, chiudiamo questa mia patetica parentesi
e passiamo al capitolo.
... Non dirò quello che dico sempre, solo per non farmi
sputare in faccia. Leggete e traetene personali conclusioni in merito,
se vi va. Se non vi va... mi darò al buzzurraggio di
provole. Voglio dedicare questo capitolo a Niah, augurandole di
stare bene <3 anche se sono sicura che, forte com'è,
non avrà problemi. Poi che altro? Ah, non mi sono
dimenticata né di Spannera né dei flashback
sparsi né del prequel. Poi capirete cosa intendo.
°W°
Dimenticavo: ho
scritto una valanga di stronzate per la parte nerd del capitolo, ma
chissene dico io, chissene! (?)
|
Ritorna all'indice
Capitolo 47 *** Vittoria = COLLASSO ***
c47
"Allora, cominciamo
dalle prime due cifre..."
"Fermo dove sei, fellone!"
"Mh?"
Shoichi fissava il suo coinquilino sgomento, ma era in dubbio chi fosse
più sgomento in quel momento, o chi non lo fosse. Era tutto
molto confuso, e i neuroni di Irie sentivano chiaramente i loro
dendriti evaporare a causa dell'aria che passava per i fori del testone
rosso del suddetto, miserabile individuo.
"Spanner..." cominciò aggiustandosi gli occhiali "... sai
che cosa vuol dire l'espressione «OOC»?"
"Mh... fammi pensare..."
"Quindi non lo sai!"
"Aspetta Shoichi, ci sto pensando... mh..." Spanner posò
carta e
penna e si mise a riflettere con espressione concentrata, meditando
accuratamente sul significato di quella sigla. "Potrebbe essere...
«oggetti oltremodo carini»?"
"Eh? Ma da dove ti vengono certe espressioni?!"
Da Nanami, avrebbe voluto dire. Ma l'amico non gliene diede modo. "Bah,
non importa. Quello che stavo dicendo è che stiamo andando
in
OOC, Spanner. E la cosa è preoccupante."
Era molto preoccupante, effettivamente, andare OOC. Anche Spanner,
dall'alto della sua girella biondiccia, sentiva sulle sue zebrate
spalle il peso la gravità della situazione. Si
accorò,
sporgendosi verso Shoichi e sgranando gli occhi come un rospo
disidratato. "Acciderbolina, che gran soqquadro!"
La storica intesa che li aveva sempre uniti si fece sentire chiaramente
nel momento in cui fu necessario dare una degna risposta
all'affermazione del compare. "Ma che caz...?"
"Shoichi, non si dicono le parolacce. Cattiva papera!"
"Ma ci provi gusto nel chiamarmi papera?! S-smettila subito,
altrimenti..."
"Altrimenti cosa? Svolazzerai per casa seminando piume e discordia?"
Era quanto mai evidente che Irie Spanner - cognome della moglie -
stesse andando in OOC. Il suo sarcasmo aveva qualcosa di nuovo, un
sapore strano, nostalgico, che lo spingeva a essere... strano.
"Stureinj..." mormorò dunque grattandosi il mento,
nell'apoteosi
più gratificante della comprensione altrui a quello che
usciva
dalle sue labbra.
"Parli in inglese adesso?!"
Shoichi, ovviamente, era in menopausa. Quindi era piuttosto normale che
si comportasse in quella maniera, considerando che Spanner - suo marito
- non gli lasciava altra scelta.
... Una triste famiglia, la loro. E per fortuna che non avevano ancora
avuto figli.
O forse sì?
"Uh? Non me ne ero accorto..." disse lui grattandosi il capo, incerto.
"Ma come devo fare con te..." l'irritazione di Shoichi era palpabile,
senza ombra di dubbio. Si tolse nervosamente gli occhiali e vi
alitò addosso per pulirne le lenti appannate e mettere a
fuoco
la ioconda persona lì nei paraggi.
"Vuoi liquefarli?" domandò la suddetta ioconda persona,
indicando le lenti con un pigro indice.
"N-non dire idiozie, li sto solo pulendo!"
"Shoichi, andiamo, sappiamo tutti quanto puzza il tuo alito la mattina"
fece Spanner con noncuranza, alzando le spalle e grattandosi un
orecchio con fare faceto.
Shoichi prese la sua dignità, se la strappò di
dosso e la
lanciò via, lontano da lui. "Questo non è
a-affatto vero!
E poi vogliamo parlare del tuo
alito, Spanner? Vogliamo proprio parlarne?!"
"Io non voglio parlarne, sei tu che vuoi parlarne."
"Ehmbe'? Mi sembra giusto spendere due parole in proposito!"
"Due parole, appunto. Tipo no
comment" suggerì pacato l'amico, roteando gli
occhi come una mangusta.
"Spanner, il tuo umorismo non è divertente, hai capito? Mi
hai
sentito? Non. E'. Divertente. Quindi è inutile che
sogghigni,
è inutile che adesso mi additi compassionevole, è
inutile
che mimi il loser,
è tutto inutile! Io sono superiore!"
"Appunto, è inutile. E infatti non ho fatto nessuna delle
cose che hai appena detto."
Silenzio.
"Spanner, per favore, ti scongiuro: va' all'inferno."
"Va bene" fece lui, accondiscendente "da che parte è?"
Il bullismo atroce si faceva sentire, invero. Shoichi
percepì il
pericolo gravare sulla sua foresta scarlatta infestata da pidocchi e
streptococchi e attivò l'antivairus con l'ombrellino, ovvero
Ameato,
nella speranza di difendersi dall'occulta personalità di
Spanner.
"Spanner, andiamo... sei uno scienziato e non sai da che parte
è l'inferno?"
Dalla sua bocca scaturì una risata pregna di ego e
presunzione,
mentre il neon che illuminava stancamente il soggiorno si
incurvò per sparare la sua luce a basso costo energetico
sulle
lenti di Shoichi, che in questo modo avrebbero acquisito la
luminescenza di cui avevano bisogno per potersi considerare da nerd secchione.
Ma qualcosa andò per il verso sbagliato. Si dava il caso,
infatti, che proprio in quel momento stesse volando per la loro spoglia
dimora un vespone, il quale buzzava allegramente e incessantemente
lungo tutto il suo randommoso percorso, e si dava il caso, oltretutto,
che tal vespone avesse una particolare predisposizione per le anatre da
passeggio.
Quando il vespone cominciò a volare buzzando nel corridoio,
le
sue antennine a strisce captarono un quackeggio che aveva del
magnetico. Incuriosito, il vespone si introdusse in soggiorno e i suoi
occhietti vispi e attenti videro una papera che si agitava furiosamente
intorno al nulla. Il vespone trovò quell'atteggiamento molto
divertente, e si avvicinò alla papera per osservarla da
vicino.
"Ah ah ah, oh Spanner, povero ingenuo! Non sai da che parte
è
l'inferno, eh? Mi chiedo che cosa ti abbiano insegnato in quella
stupida università che hai frequentato quando eri
più
giovane!"
"Shoichi, vorrei ricordarti che frequentavamo la stessa
università..."
"Ah ah ah, Spanner non sa dov'è l'inferno, è
inconc-"
"BUZZ!"
Il vespone si parò di fronte a Shoichi, accomodandosi sulla
punta del suo naso e agitando la zampina in segno di educato saluto.
Ci fu un momento di silenzio.
Spanner fissò il vespone, e ridacchiò divertito.
Il vespone si pulì la zampina perché era un tipo
educato e sistemato.
Shoichi tacque, poi aprì la bocca e infine lanciò
un
grido inumano che si propagò iocondo per tutto
l'appartamento.
"GYAAAAAAAAAAAAAAEEEK!"
"Buzz!" Il vespone si allontanò impaurito, atterrando sul
neon e
scrutando Irie Duck con fare indispettito. Quella era
ostilità
aperta, per la miseria! L'avrebbe pagata cara, per essersi dimostrato
così maleducato!
Il vespone si alzò in volo e partì all'attacco,
mirando
alla fronte di Shoichi che nel frattempo aveva improvvisato una conga
nella speranza di evocare qualche scimmia infernale a cui chiedere
aiuto, aiuto che il suo coinquilino gli avrebbe sicuramente negato.
Ma non fece in tempo. Il vespone lo trafisse senza ritegno, e
perì nel coraggioso scontro. Anche Shoichi morì,
ed
entrambi gli esseri pluricellulari caddero al suolo con un tonfo sordo.
Spanner sgranò le pupille, si alzò dal divano e
corse sul
luogo del delitto. Era... uno spettacolo da gelare il sangue.
"Povero vespone..." sospirò affranto, raccogliendone il
cadavere. Si muoveva appena, scosso da una profonda agonia. "Ti
darò degna sepoltura, non temere!"
Spanner si alzò da terra e corse via, lasciando che Shoichi
imputridisse con comodo. Così avrebbe potuto raccogliere la
muffa al suo ritorno e farne un nuovo tipo di leccalecca come regalo di
Natale per l'amico, ammesso che fosse sopravvissuto all'incidente.
*
Qualche
minuto dopo il giovine scarlatto riprese i sensi. Ad accoglierlo, il
volto sorridente e inespressivo al contempo di Spanner, storico
coinquilino dall'intuito sopraffino e dal magico pipino. "Ciao,
Shoichi."
"S-Spanner!" esclamò lui in un accesso di intelligenza
"Dov'è la vespa?"
Il coinquilino lo squadrò interdetto. "Quale vespa?"
"M-ma come quale?! Quella che mi ha punto prima!"
Silenzio.
"Aaah, quella. Ma era un vespone, non una vespa. Era maschio."
"EH?!"
"Non te ne sei accorto? Era maschio", insistette annuendo "era gay."
Silenzio.
"EH?!?"
insistette Shoichi, la
cui intelligenza lo spingeva a porre quesiti sempre nuovi e vasti
all'eterno amico dalla capigliatura ingannevole e sobillatrice.
"Comunque è morto. L'hai
ucciso."
Silenzio.
"EEHH?!?!?"
"Però l'ho seppellito degnamente. Mi ha anche detto che ti
perdonava, in punto di morte. Ha detto qualcosa tipo... mh... ah,
sì: «perdonalo, Spanner, perché non sa
quello che
ha fatto!»"
COLLASSO.
Shoichi avverti con chiarezza l'esplosione a livello neurale che
avvenne all'interno del tuo testone rosso e scompigliato e morbido come
pagliericcio misto a sterco di mucca stitica, e ricadde sul pavimento
boccheggiando in maniera quanto mai sagace, come del resto si addiceva
alla sua brillante personalità di nullafaceto.
Ma Spanner, che era genio e pure malefico, glielo impedì.
"Shoichi, mentre tu dormivi io ho decifrato il codice, sabotato la rete
e fatto di te il vincitore del Torneo Trespade. Sei contento?"
Il cervello di Irie si paralizzò al sentir quelle parole. Si
voltò lentamente verso il coinquilino con la migliore
trollface
possibile e immaginabile, e disse: "WTF?! LOL BITCH"
Spanner annuì rilassato. "Sì, capisco
perfettamente."
COLLASSO.
E fu The
end of Nerd.
"Ma come cazzo hai fatto?!"
"Mh, ho rispolverato le mie vecchie conoscenze in campo matematico, il
resto era solo pulviscolo cosmico."
Se Spanner si permetteva di parlare di un codice a 231 cifre come
pulviscolo cosmico, allora c'era qualcosa che non quadrava affatto.
AFFATTO.
"B-be'..." Shoichi tentò coraggiosamente di salvarsi in
curva
"dopotutto abbiamo frequentato la stessa università, n-no?
Ci
sarei riuscito benissimo anche io!"
Ma Spanner aveva il propulsore a energia petica e vinse quella corsa,
per l'ennesima volta. "No Shoichi... eravamo in corsi diversi."
COLLASSO.
Shoichi divenne color cemento armato. "N-non è
vero!"
"Oh, invece sì. Per questo tu sai dov'è l'inferno
e io no", disse Spanner con noncuranza, arricciando il suo ciuffo a
spirale attorno al dito "semplicemente, abbiamo seguito percorsi
diversi. Così tu sai dove si trova un posto che non esiste, e
io so decifrare un codice a 231 cifre in poco più di cinque
minuti. Direi che le capacità si equivalgono, o no?"
Era un modo come un altro per dire che fra i due amiconi intercorreva
un abisso di ignota profondità.
Proprio in quel momento, proprio mentre Shoichi stava per prendere
Spanner e violentarlo per fargliela pagare per tutte le angherie
subite, una voce interruppe il loro idillio con violenza epica.
Shoichi aveva dunque realmente
vinto il Torneo Trespade? E cosa ci avrebbe guadagnato alla fine di
tutta questa storia? Per rispondere a questa domanda...
bisognerà aspettare l'avvento di una singolare avventura.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 48 *** Vacanza premio in America ***
c48
Vincere a un gioco
come Epic Days significava senza dubbio qualcosa. Non era detto, certo,
che fosse qualcosa di positivo.
E in effetti non lo era affatto.
Shoichi, il cui repertorio di emozioni si era ormai ridotto all'osso,
boccheggiava di fronte allo schermo con l'espressione di chi non sa e
non vuole sapere e sente che qualcuno o qualcosa lo
costringerà a colmare la sua lacuna al più presto.
Spanner, per esempio. Che nonostante sapesse, in
qualche modo lo avrebbe costretto a sapere per vie traverse. COME, era
e
sarebbe rimasto un mistero.
"Quindi non stavi bluffando! Hai davvero sabotato qualcosa, tu!"
L'amico annuì, placido. "Altrimenti non l'avrei detto, ti
pare?"
"M-ma come diavolo... cioè, quanto sarò rimasto
privo di
sensi? Cinque minuti? Dieci? E' impossibile che in così poco
tempo..."
"I fatti parlano chiaro", asserì Spanner con sguardo
assente, il
che a guardarsi risultava una contraddizione piuttosto divertente
"tu
eri irreversibilmente morto, e adesso sei il campione di questo RPG
online dalle ignote origini. Sai spiegarlo in una maniera che mi
dipinga totalmente estraneo alla faccenda?"
Spanner e Shoichi erano sempre stati degli atei convinti e affermati,
ma il secondo, invero, era da qualche tempo che stava cominciando a
credere nell'esistenza di qualche entità sovrannaturale che
potesse spiegare il supplizio perpetuo a cui suo malgrado andava
incontro ogni santo dì. Nonché - ma questo lo
avrebbe
ammesso a fatica, o non l'avrebbe ammesso affatto - a cui votarsi,
nella speranza che tali torture psicologiche potessero presto vedere il
loro epilogo. Triste, sicuramente, ma sempre meglio di niente.
Proprio in quel momento, effettivamente, Irie Shoichi
desiderava
con tutto se stesso potersi mettere in contatto con Zeus, Ade, Apollo,
qualunque idiota dell'Olimpo - perché arrivati a certi
livelli
di tolleranza non
importa neanche quale imbecille deve prestarti il suo potere,
purché lo faccia -
per cercare di contrastare la violenza discreta e sottile con cui si
sentiva percosso in quell'esatto istante. Spanner, dal canto suo, non
faceva nulla per contrastare quella sensazione di bullismo atroce che
stava sovrastando il coinquilino, perché non solo non ne
aveva
alcuna voglia, ma anche se avesse voluto non avrebbe proprio saputo da
che parte cominciare. Anche lui, dopotutto, sapeva comprendere un caso
disperato, e Irie Shoichi rientrava innegabilmente nella suddetta
cerchia di poveri disgraziati.
"N-non posso crederci... no, è assurdo, inconcepibile, mi
rifiuto categoricamente di crederci..."
Tal miserabile essere, sudando copiosamente, cominciò a
perdere
l'equilibrio e ricadde esausto sul divano, una mano sulla fronte come
se temesse che la testa potesse rotolargli via da un momento all'altro.
"Ditemi che è solo un brutto sogno..."
"Shoichi, prendila con filosofia. Ci sarà un'altra
occasione,
no? Quando questa si verificherà potrai riscattarti." Ammesso che tu ci riesca,
ma questo non lo disse. Si limitò a scrutarlo,
imperscrutabile a
sua volta, in attesa di un cenno di assenso o dissenso - tanto non gli
importava cosa pensasse l'altro, finché ascoltava
ciò che
usciva dalla sua bocca - .
"Non voglio pietà gratuita" sibilò il giovane
senza guardarlo "non mi serve, non la voglio."
"Non si sputa nel piatto in cui si mangia, lo sai".
"Vorresti dire che io sputo nel piatto in cui mangio? Anzi... vorresti
dire che io mangio in questo
piatto?!"
Lo faceva? Era davvero così sfigato?
Spanner annuì morbidamente com'era sua consuetudine. Shoichi
si
prese la testa fra le mani e la scosse violentemente, nella speranza,
forse, che i suoi neuroni potessero darsi la carica a vicenda e
formulare un pensiero coerente che andasse aldilà
dell'asdnwjfwp
a cui era in quel momento soggetto. Ma si sa, la speranza di ogni Irie
(junior o senior che sia) è destinata a soccombere nel
momento
in cui viene a confrontarsi con un soggetto come quello che stava
assistendo zitto e muto all'affannarsi inutile del compagno.
"Shoichi, perché non ti calmi? Non è la fine del
mondo se ho decifrato quel codice senza di te, no?"
Qualcosa nella mente di Spanner gli aveva suggerito che una reazione
appropriata a quella cortesia sarebbe stata, come minimo, un gesto di
ringraziamento. Una parola di gratitudine, una stretta di mano, una
pacca sulle spalle, un sorriso, anche brutto - ma i sorrisi di Shoichi
non erano mai brutti
- ,
qualcosa che gli facesse capire di aver fatto la cosa giusta.
Perché, nonostante la parentesi comica del povero vespone
buzzurro e buzzante, nonostante Spanner si fosse preoccupato
più
di quell'insetto dall'addome a strisce piuttosto che del suo scarlatto
coinquilino... non significava che il loro rapporto si riducesse a una
lunga e stancante sequela di angherie. Perlomeno, questo non era il suo
intento: che poi la situazione si fosse evoluta in quel modo, be'...
non era colpa sua.
Non solo sua, almeno. Perché anche Shoichi isterizzando
isterizzando aveva la sua buona dose di peccato. Anche se non lo
ammetteva e preferiva celarsi dietro un'apparenza quanto mai uke e
tsundere, due cose che si sposavano perfettamente come il cacio sui
maccheroni. Forse anche meglio.
"Spanner, sono cinque minuti! Trecento secondi! T-tu hai...
cioè!"
Silenzio.
"Io ho cioato?"
"NO! Non farmi bestemmiare, per la miseria! C-ci manca solo questo per
completare le mie disgrazie!"
"Credi forse nell'esistenza di un'entità trascendentale?"
Spanner sembrava quasi disgustato "Shoichi, ogni uomo è
arteficie del proprio destino, è da codardi attribuire la
fonte
delle proprie sciagure a qualcuno che con molta probabilità
non
esiste. O che, se esiste, non si sta di certo preoccupando della tua
salute."
Ci fu ancora silenzio. Shoichi fissò Spanner come se volesse
mutilargli un arto, mentre Spanner cominciò a far roteare
gli
occhi, perplesso. "Mi sto chiedendo se la cosa vale anche per le
papere..."
"TACI, AMMASSO DI IDIOZIA!"
Shoichi balzò giù dal divano additandolo
sconvolto.
Spanner reprimette uno sbadiglio e non si diede neanche pena di
inarcare un sopracciglio. "Mi hai sentito? D-di' qualcosa!"
"Sei una contraddizione vivente."
"NON QUESTO!"
"E cosa, allora?"
"T-u... aaah, la mia TESTA!"
"Mh?"
"NON MUGOLARE!"
"Va bene."
Silenzio.
"Shoichi?"
"CHE VUOI?!"
"Hai un erezione."
"IO C--- cosa...?"
Lo sguardo di Shoichi corse ai suoi pantaloni.
E fu l'orrore.
"C-c-c-che scherzo è mai questo?!"
Cominciò a
picchiare la piccola testolina, facendosi un male cane oltretutto
inutilmente, perché il suo pene era in vena di scherzi e non
faceva altro che risalire a galla, quasi per sfregio. Spanner
ridacchiò appena. "E' davvero eccitante parlare con me? Sono
colpito."
"N-non c'entra! Non ho idea del perché... dannazione, vuoi
stare
fermo? DORMI! Dormi, mannaggia a te, dormi! A-a cuccia! M-mi hai
sentito?"
"Sì, ha ragione il tuo padrone, caro genitale... dormi, come
hai
sempre fatto e come sempre farai fino alla fine della tua miserabile
esistenza!" Spanner annuì grave, avvicinando il muso alla
virilità dell'amico e fissandola con sguardo attento.
"Puzza. Ma
lo lavi, ogni tanto?"
"M-m-ma che cosa dici, Spanner?! Certo che lo lavo!"
"Oh! Quindi sei come quelle persone che più non usano una
cosa più la curano. Interessante..."
"S-senti un po', tu!" Shoichi raccolse i brandelli della sua
dignità e li ricucì alla bell'e meglio, tentando
di
opporsi dall'oscura volontà del coinquilino dall'espressione
faceta "Per tua norma e regola..."
"Non è né di norma né di regola quello
che stai per dire, vorrei farti notare."
Silenzio.
"E-e tu come fai a sapere quello che stavo per dire?"
"Non lo so. Ma non lo sai neanche tu, quindi è come se lo
sapessimo entrambi. Quindi come se lo sapessi solo io e basta."
Silenzio.
"... Spanner, ma tu che
cosa sei? Sei un essere umano? Un alieno? Un vegetale?
Anzi no, lo so cosa sei! Sei una pannocchia!"
"Ancora con questa storia?" Spanner si sporse verso l'amico, ma pareva
quietamente interessato. "Spiegami perché sarei una
pannocchia,
Shoichi."
"B-be'..." il giovine aggiustò la montatura che perennemente
tendeva al suolo attirata da una forza di gravità che sulla
punta del suo naso sembrava centuplicarsi fino a sovvertire del tutto
le leggi della fisica e disse: "i-il tuo nome... hai presente il
nickname che ti sei scelto per giocare a Epic Days?"
"Intendi il gioco in cui ti ho fatto stravincere mentre eri in stato
comatoso?"
"Non puntualizzare, maledizione!"
"Che c'è di male nel voler puntualizzare?"
"C'è che lo fai apposta per farmi dare fuori di matto, ecco
la verità!"
Già, la verità.
Un concetto troppo astratto perché uno come Spanner potesse
prenderne davvero atto. Era molto più semplice fare
riferimento
a un tipo di realtà ben definito, la stessa che si erano
costruiti intorno in tutti quegli anni, la stessa che sembrava isolarli
dal resto del mondo rendendoli una dimensione a parte, un'isola, un
microcosmo separato dal resto dell'universo in cui ogni legge veniva
aborrita in favore di una conduzione domestica che aveva del tragico e
del sincopatico insieme.
"Sì, ho presente", disse allora lui per evitare che la
conversazione degenerasse verso lidi da cui era impossibile scappare.
"EH?!" e ovviamente Shoichi gli venne incontro, facendo sfoggio di una
prontezza di spirito che aveva del fantascientifico.
"Dico, ho presente il mio nick. Spappop, giusto?"
"Eh, sì, ma io stav-" venne però zittito da un
paio di
dita che gli acciuffarono le labbra stringendole come una molletta, con
l'intenzione di sopprimere sul nascere qualunque ribellione verbale che
si sarebbe dimostrata inutile e controproducente ai fini del loro
sagacissimo dialogo.
Shoichi mugolò qualche vana protesta, com'era nel suo
(triste)
stile, e si sottrasse al contatto con il broncio stampato sul musetto
deficiente che suo malgrado si ritrovava tutte le volte che arricciava
il naso, stizzito; uno spettacolo da togliere il fiato.
Per le risate che riusciva a strappare anche a un macano cieco e
depresso, con la cuperose, la sciatica, le emorroidi, il gomito del
tennista e il virus dell'HIV.
"Limitati a proseguire il discorso, per favore. Potrebbe ritornare da
un momento all'altro."
Shoichi, invero, aveva sempre avuto una certa fobia per gli esseri
indefiniti che, in quanto tali, andavano contro ogni
razionalità
ed erano impossobili da inquadrare sotto un'ottica ben precisa, che
magari li avrebbe potuti rendere meno spaventosi e più
comprensibili ai sensi del siffatto scienziatucolo. E il fatto che il
suo amico,
che di certo non
era rinomato né per la sicurezza che emanava né
per il fascino con cui
ammaliava le donne, gli uomoni e gli esseri neutri, stesse parlando volutamente di
qualcosa senza attribuirle un soggetto di qualche tipo, alludendo
malignamente ad essa al solo scopo di fargli drizzare i peli pubici dal
terrore, non faceva altro che peggiorare una situazione che
già
di per sé risultava di una tristezza infinita e disarmante.
"CHI? COSA?" gracchiò dunque isterico, voltandosi verso il
coinquilino con gli occhi usciti dalle orbite, il labbro sporgente e
una tensione nervosa che gli percorreva l'intero corpo dalla punta dei
piedi fino a quella dei capelli "METTI IL SOGGETTO ALLE FRASI,
MALEDETTO SPANNER!"
Spanner rimase interdetto, fissando Shoichi che veniva rapito da
un'entità buzzurra che voleva farne polpette, che rispondeva
al
nome di follia, chiedendosi perché la sua delicatezza o
presunta
tale non fosse stata recepita ed anzi invertita in qualcosa di molto
più losco e maligno. Ma pur ponendosi quesiti di tale sorta,
decise comunque di rispondere a ciò che il rosso giovine
domandava per non turbare oltre la sua psiche già
evidentemente
compromessa.
"La tua erezione", sentenziò patetico.
"Eh? Ah?" Il suo sguardo corse ai pantaloni, ma nessun pony
imbizzarrito cercava di eluderne la stretta sorveglianza.
Sospirò appena e tornò in un lampo ad additarlo
stravolto
"D-devi smetterla di farmi venire un colpo dopo l'altro! Cosa fai se mi
viene un infarto, AH?"
"Era destino", replicò pacioso.
"Era destino?! Proprio tu lo dici, che non credi in queste cose!"
"Se si parla di te, Shoichi, neppure io oso mettere in dubbio la
sfortuna che ti perseguita."
Fece una piccola pausa e lo fissò intensamente negli occhi.
"Perché è evidente
che ti perseguita, mi sembra."
"Non è la sfortuna a perseguitarmi, sei TU che mi
perseguiti!",
gridò Shoichi esterefatto "Ogni mia disavventura, ogni
mia...
difficoltà! E' tutto opera tua, sei tu che saboti
quotidianamente i server della mia esistenza rendendola sfigata e
invivibile!"
Spanner rimase interdetto a sentire quelle parole. Guardò
Shoichi negli occhi per una manciata di secondi, ma non fu capace di
replicare alcunché. Era veramente lui l'arteficie del
disagio
dell'amico? Tutti i guai erano stati veramente causati da lui?
"... Mi dispiace, se le cose stanno effettivamente così." Il
suo
tono era umile e dispiaciuto, perché sentiva gravare su di
sé il peso di una responsabilità che solo in quel
momento
sentiva chiaramente di avere. Ora, finalmente, riusciva a riconoscere
quel senso di oppressione, di smarrimento e di confusione che lo aveva
animato durante tutto l'arco di quella frustrante giornata, anzi, che
lo accompagnava ormai da molto tempo ma che solo in quell'ultimo
periodo aveva cominciato a manifestarsi con forza.
Del resto, se ci si pensava accuratamente, era facile da intuire.
Trascorrevano le loro giornate dentro un appartamento che non era
né bello né allegro, pur essendo almeno
umanamente
confortevole. Tralasciando il fatto che uno fosse una papera e l'altro
una pannocchia e che quindi il concetto di umanamente confortevole potesse
valere fino a un certo punto,
in
quella casa c'erano solo loro due. E uscivano poco. Quindi ogni guaio
di Shoichi non poteva in nessun modo prescindere dalla sua persona,
anzi, lui ne era la fonte diretta. La solitudine era qualcosa che non
avevano mai rimpianto, ma Spanner comprese che forse, dopotutto, loro
due erano in verità davvero soli. Soli, perché
appartenevano a due sfere diverse che non si fondevano, ma si
inglobavano a vicenda. I loro mondi si toccavano, ma non entravano in
contatto divenendo una cosa sola. Ma non era stato sempre
così,
si disse poi. E allora, quand'è che i loro mondi avevano
cominciato a toccarsi senza mai fondersi insieme? Quando era avvenuto
il doloroso distacco? Quando le loro identità avevano
cominciato
a distinguersi nettamente, perdendosi in un ciclone di confusione di
cui lui stesso, adesso, a stento riusciva a localizzare l'occhio?
"Comunque..." la voce sospirante di Shoichi lo riportò alla
dura
realtà, facendolo riemergere dalla bolla grigia in cui si
era
chiuso, immerso in una serie di pensieri senza inizio né
fine
che avevano il solo effetto di avvilirlo più del dovuto, in
una
maniera che non era capace di controllare. "Spappop mi ha fatto pensare
ai... pop-corn, anche se tu l'hai scelto partendo da basi totalmente
diverse. Quindi be', sì, il pop-corn si crea a partire dai
chicchi di mais, quindi... pannocchia!"
"Ah..."
Era troppo... strano, per potersi deliziare di quella bizzarra
associazione di idee. E Shoichi ci rimase visibilmente male. "Potresti
anche dire qualcosa di più, ti pare? Le parole non ti
costano
mica!"
"Mh..."
Spanner! Ma mi stai ascoltando?!"
Era inconcepibile. Dopo che gli aveva persino detto il
perché
della pannocchia, reprimendo i suoi sentimenti di dolore per il modo in
cui veniva puntualmente trattato da lui, Spanner si permetteva ancora
di fare lo strafottente?
Proprio in quel momento si verificò un fatto interessante.
Sulla
schermata di Epid Days era apparso un messaggio, scritto in una maniera
che risultava fin troppo seria per gli standard di un gioco come
quello. Segnalò la sua comparsa con un bip incessante e
logorroico, che spinse Shoichi ad avventarsi sul computer mentre
Spanner lo fissava, ancora intorpidito dalla natura delle sue
elucubrazioni mentali. "Ma che diavolo..."
«Congratulazioni!»
recitava il messaggio, scritto in Verdana a grandezza 10 «Signor
Whd29anksò, lei ha vinto il torneo Trespade con il suo pg,
che risponde al nome di Darkwing
Duck,
e ciò le da il diritto di riscuotere il suo premio: una
vacanza
in America, e precisamente a New York, per due settimane con 0 spese!
Si presenti all'areoporto di Kyoto entro 3 giorni dalla visualizzazione
di questo messaggio, recando con sé il modulo che adesso le
spediremo sul suo computer e che lei dovrà prodigarsi di
stampare e compilare. Le auguriamo sentitamente una buona
vacanza!»
Lette codeste parole, neanche fosse stato programmato - o
forse
sì - il gioco si arrestò, mostrando il consueto
desktop
con all'angolino un avviso di Outlook, che informava i gentili amiconi
che era arrivato un nuovo messaggio di posta.
A quel punto, sia Shoichi che Spanner cominciarono a porsi una serie di
leciti interrogativi che, com'era logico supporre, vedevano il primo
affannarsi intorno al nulla e il secondo sfoggiare la sua migliore
espressione da pesce martello con un tumore al fegato.
"Spanner... perché ti chiamano «signor
Whdventinoveanksò»?"
"Suppongo che l'aver manomesso la struttura portante del gioco abbia
provocato anche alcuni... effetti collaterali."
"E lo dici con questa flemma?!" Shoichi non poteva credere alle sue
orecchie, ma per fortuna aveva smesso di farlo molto, molto tempo
prima. Aveva capito che era fatica sprecata, e lui non era
così
prestante da potersi permettere di sperperare le sue energie in questo
modo. "Va bene, prossima domanda... questo viaggio è per una
persona sola, vero?"
La domanda fu pronunciata quasi con timore, in fondo al quale si celava
malamente un istintivo sollievo che non sfuggì alle orecchie
di
Spanner. "Suppongo di sì", rispose atono "e la cosa ti fa
piacere."
Non era una domanda, bensì una constatazione. E neanche
felice.
"Se devo essere sincero..." cominciò Shoichi fissando
Spanner
con una certa intensità di sguardo "ritengo che separarci
per un
po' non ci farebbe male."
"Shoichi... ci siamo ricongunti ieri, vorrei ricordarti. Vuoi
già andartene da qualche altra parte? Per essere
sequestrato,
seviziato e sciolto nell'acido?"
"Q-questo non c'entra, è un viaggio già pagato di
tutto punto!"
"Da una... associazione, o setta di cui non sai assolutamente nulla?"
"Che problema c'è? Pensi forse che adeschino la gente per
venderla oltreoceano?"
"Chiunque guardandoti proverebbe l'istinto di rapirti, Shoichi." Anche io,
pensò poi mentalmente, stupendosi sinceramente di quel
pensiero. "E tu sei così indifeso che mi chiedo come tu
faccia ad essere ancora vivo. Forse perché bene o male hai
sempre vissuto fra quattro mura, mh."
"Io non sono indifeso!
S-sono intelligente, e so usare sapientemente la lingua!"
Dopo la sua uscita, ne seguì una piccola pausa carica di
enfasi notevole, nella quale Spanner si permise la fatica di inarcare
appena un singolo
"Ti piacciono proprio così tanto queste frasi a doppio
senso?"
"Doppio senso? Ma dove ce l... a-ah!!" Il viso di Shoichi si
colorò di rosso e il giovine tentò di
riacquistare la sua dignità con un modesto colpo di tosse
"I-intendevo dire che so parlare bene!"
"Si vede".
"Taci! Comunque sia, ho intenzione di accettare quel premio!"
dichiarò alzando piccoli pugni al soffitto "Sono certo che
un po' di indipendenza ci farà bene, e... ci
permetterà di capire alcune cose."
"Per esempio?" Lo scetticismo gli impastò la bocca fino a
lasciarle dentro una spiacevolissima sensazione di amaro pungente. La
mancanza del suo leccalecca cominciava a farsi sentire. Si
guardò intorno, nella speranza di riuscire ad identificarne
l'ubicazione, ma sfortunatamente non vide alcunché.
"Non mi sembri molto interessato", commentò altrettanto
ironico Shoichi "che... diavolo stai cercando, mi fai venire il mal di
testa se continui a voltarti a destra e a manca!"
"Il mio leccalecca" rispose secco "mi serve."
"Ti serve? Ti senti male?"
"Ti preoccupi per me, Shoichi?"
"Perché rispondi alle mie domande con altre domande?"
"Perché, è un problema?"
Silenzio.
"Ma cosa mi preoccupo a fare per uno come te..." si passò
una mano sul viso, sospirando miserabilmente.
"Quindi ti stavi preoccupando?"
Nella sua voce si udì un accento appena sollevato, che
Shoichi colse in pieno e che suo malgrado gli provocò un
leggero imporporimento "N-non guardarmi con quella faccia! E' ovvio che
mi preoccupi... anzi, NO! Non è ovvio maledizione,
perché mi preoccupo? Tu non meriti la mia preoccupazione!"
Lo additò, e sul suo indice comparve una spirale rossa
indignata. Le sue guance si tinsero di scarlatto ancora di
più, e gli occhiali gli si storsero sul naso rendendo la sua
figura quanto di più approssimativo esistesse sulla Terra.
"E non ti preoccupi di lasciarmi qui da solo, a casa, andando in
America per due settimane?"
Battere il ferro finché era caldo era l'unica cosa che
poteva fare in quel momento. Non sapeva bene neanche lui che cosa
desiderasse sentire, ma comprendeva appieno che quello era l'unico
modo per estorcergli qualcosa.
"Confido nel fatto che non uscirai di casa di tua spontanea
volontà, Spanner, a meno che tu non desideri sperimentare il
brivido della città, cosa che ti sconsiglio caldamente."
"Quindi tu fai leva sul fatto che presumi che io rimanga qua dentro per
quattordici giorni di fila senza mai mettere un piede fuori di casa?"
"E' così strano? Sono sempre io" e si
prodigò di dire in corsivo quella parola battendosi un pugno
sul petto glabro "e sottolineo IO a uscire al posto tuo, per qualunque
cosa!"
"Appunto, quindi se tu non ci sarai dovrò uscire io, non ti
pare?"
La domanda suonò sorprendentemente coerente, cosa che non
mancò di irritare l'ingegnerucolo rossiccio. "Allora
vorrà dire che starai attento! Oppure ti farai portare le
cose a domicilio! Oppure morirai di fame e di sete e
seppellirò il tuo cadavere AL MIO RITORNO!"
"Shoichi... non per essere cattivo, ma è molto
più probabile che fra due settimane sarai tu ad essere
diventato un cadavere, e non io."
Silenzio.
"Ah, è così?! BENE! Allora abbiamo finito di
discutere, la decisione è presa, tanti saluti Spanner! Ti
manderò una cartolina dal mio lussuosissimo attico di 800
metri quadri!" E pronunciate quelle parole, Shoichi sbottò
esausto e si diresse a grandi passi verso la porta, con le braccia
serrate e parallele al corpo e i piedi a papera che facevano un rumore
simile a un battiscopa quando toccavano il pavimento. "Dove vai?",
chiese Spanner cauto.
"A fare la valigia!" rispose quello "E non provare a seguirmi,
sabotatore!"
"Non era nelle mie intenzioni".
"Bugiardo!" Un dito sporse dalla soglia, indicando un punto indefinito
della stanza che verosimilmente doveva corrispondere alla sua posizione
nello spazio "Scommetto che non vedevi l'ora di mettermi a soqquadro la
camera!"
"Stai parlando con me, Shoichi?"
"E con chi altri sennò?!"
"E allora perché stai indicando il tavolo?"
Silenzio.
Senza dire una sola parola, il dito si ritirò nelle
profondità del corridoio e si udirono dei passi
strascicarsi, un uscio aprirsi lentamente e richiudersi poi con
violenza, e oltre esso una risata metallica che di umano non aveva
più nulla rieccheggiare fra le pareti della stanza di Irie
Shoichi.
Fu proprio in quel momento che Spanner si ritròvò
a pensare. A pensare che non era passato neanche un giorno e il suo
coinquilino lo stava abbandonando, ancora. Si era ripromesso che gli
avrebbe detto qualcosa di gentile, che lo avrebbe trattato meglio, ma
invece sembrava che fossero giunti a un punto di non ritorno, un'altra
volta.
La lingua guizzò dentro la bocca, dimentica che al suo
interno non vi era alcun leccalecca. Ma non fu solo lei a guizzare, e
Spanner avvertì un ignoto tremore che si espandeva in lungo
e in largo per tutto il corpo scuotendolo fin dal profondo delle sue
viscere.
Shoichi stava per partire per un viaggio che forse li avrebbe separati
definitivamente e lui non sapeva assolutamente come comportarsi per
fermarlo.
Mai come in quel momento aveva avvertito la gravità della
situazione. E mai, come in quel momento, aveva desiderato essere
davvero una persona.
Note di Vetro: sono
molto fiera di questo capitolo, che ritengo essere uno dei migliori che
abbia mai scritto. E finalmente, per la prima volta, sono riuscita a
rendere per iscritto esattamente tutto ciò che sentivo
dentro di me. Non potete immaginare la soddisfazione <3 colgo l'occasione
per ringraziare DremerRock
per aver messo la storia fra le preferite: grazie,
davvero, di vero cuore :) e ringrazio anche Miharu e Fania per avermi
messo fra gli autori preferiti (perdonatemi se abbrevio i vostri nomi),
anche se l'ultima non credo legga questa storia ma fa nulla :D adesso,
finalmente, entreremo nella parte cruciale di questa storia, che durera
ancora un bel po' di capitoli, e forse - ma devo ancora ponderare con
cura - finirà lì, ma nel senso che
farò un seguito con una storia a parte. Ma è
ancora tutto da vedere, appunto, quindi state tranquilli (?). Ringrazio
sempre tutti quelli che leggono e, ripeto, mi piacerebbe ricevere un
parere anche da chi non l'ha mai commentata. Se volete mi va bene anche
privato, pfff x°° ma basta, sono patetica, mi eclisso.
AH! Entro qualche giorno aggiornerò anche L'ossimoro dell'orchidea,
se a qualcuno importa~ ● Have a nice day!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 49 *** Fine...? ***
ahah
Ehm... buongiorno a
tutti, cari lettori di EFP. Io sono...
"Shoichi, perché non ci dai un taglio e vieni a darmi una
mano con quel pannello solare?"
"Spanner... per l'amor del cielo, mi lasci in pace? Sto tentando di
fare un discorso serio!"
Ehm... vogliate scusarmi, sfortunatamente il mio collega-
"Amico. Siamo
amici, Shoichi, non colleghi".
"TACI!" Scusatemi ancora, ma quel babbeo non capisce mai quando
è il momento di smetterla. Ecco, se n'è andato.
Magnifico. Posso riprendere il mio discorso.
Allora! Il motivo per cui sono qui è che quella grande testa
di cocco di Vetro, la persona che ha gettato me e mister Allegria
Congenita in una bolgia infernale (infernale per me) di avvenimenti
assurdi senza capo né coda, essendo ella una grande codarda,
ha mandato il sottoscritto a spiegare che non può continuare
la storia, ora come ora, e che quindi è costretta a metterla
come completa in attesa di... un seguito. Sì, avete capito
bene. Non c'è pace a questo mondo, è
così. Speravo di essermene liberato ma quella pazza continua
a tormentarci anche se non lo mette per iscritto.
All'inizio, così ha detto, aveva intenzione di andare oltre
il quarantottesimo capitolo (AHAH, che coincidenze. 48, certo. Potevi
arrivare al 51, no?! Ma no, ma certo, dedichiamo tutto a Spanner!
Spanner di qua, Spanner di là, certo certo, continua
così Vetro, continua così), ma poi non ha
più combinato niente. Quindi, siccome la storia era
arrivata, secondo lei e sottolineo secondo lei
a una svolta interessante da "To be continued", ha deciso di terminare
qui le cose in attesa di un seguito che chiamerà, sentite
questa? DUE AMICONI A NEW YORK! Ridicolo, lo pensate anche voi, non
è vero? Io gliel'ho detto. per tutta risposta mi ha fatto
violentare da Spanner in una one-shot random, quindi non le dico
più niente. Ma ricorda Vetro, ricorda: Irie Shoichi non
dimentica.
... Stavamo dicendo? Ah, sì. Due amiconi a New York.
Durerà un po' di capitoli, come sempre, visto che la
signorina scrittrice ama le cose lunghe per far concorrenza ai rotoloni
Regina. Penso che ormai l'abbiate imparato a vostre spese, no? Che pena
che mi fate. Oh! Ma in senso buono, ovviamente. Non vi disprezzo mica!
Solo che penso, chi ve lo fa fare a sorbirvi quello che scrive? Ci sono
autrici decisamente migliori anche nel campo comico, quindi
perché leggere di noi? Anche perché, vedete,
Vetro si illude di far ridere. Sì, lei ne è...
assolutamene convinta. Dovevate vedere come rideva quando scriveva del
vespone che mi inseguiva! Stavo quasi per uscire da Nvu e strangolarla,
ma poi la mia bontà ha avuto la meglio. E in ogni caso i
geni non devono sporcarsi le mani.
In conclusione, comunque, questa storia vede qui il suo epilogo. Io non
ho altro da dire, se deve aggiungere qualcosa che lo faccia lei. Ehi
Vetro, lo so che sei qui, vieni fuori e abbi il coraggio di ammettere
le tue colpe! ... Con permesso, vado ad aiutare quel mongospastico di
Spanner. Ci si vede!
...
Ha insistito tanto per parlare, povero Shoichi. La faccenda del
quarantottesimo capitolo non gli è andata per niente
giù, voleva riscattarsi in qualche modo. Povero paperotto
spaurito. Comunque sia, quello che ha detto è (quasi)
perfettamente vero. Termino qui la storia, con 48 capitoli e un avviso,
e vi dico: rimanete sintonizzati! Avrete ancora loro notizie. E con
questo mi congedo pure io. Grazie di cuore a chi ha seguito questa
storia, alle persone che l'hanno preferita e ricordata. Grazie per
davvero. Non ho intenzione di far terminare le cose a tronzo, e poi
è vero che se metto questa fra le completate mi viene
più facile scrivere il seguito. Forse perché
c'è un notevole salto che mi viene meglio scriverlo come
cosa a parte. Va bene, basta ciance! Ci si vede gente, e grazie ancora
per tutto quanto! <3
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=653648
|