Che gran coppia di amiconi

di aoimotion
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Che gran coppia di amiconi ***
Capitolo 2: *** Hentai Collection ***
Capitolo 3: *** Shoichi VS Novantanovepercento ***
Capitolo 4: *** La sfida ***
Capitolo 5: *** Adorabile espressione ***
Capitolo 6: *** Ritorno alle origini ***
Capitolo 7: *** Uragano Spanner ***
Capitolo 8: *** Quando gli amiconi vanno al cinema ***
Capitolo 9: *** Bacio ***
Capitolo 10: *** La fine dell'incubo ***
Capitolo 11: *** Occhi che fondono ***
Capitolo 12: *** L'arrivo ***
Capitolo 13: *** Primo match ***
Capitolo 14: *** Secondo match ***
Capitolo 15: *** It's a PINCH! ***
Capitolo 16: *** Violenza ***
Capitolo 17: *** Goodbye ***
Capitolo 18: *** Postumi ***
Capitolo 19: *** Eroge e botole ***
Capitolo 20: *** Epic days ***
Capitolo 21: *** Separazione ***
Capitolo 22: *** Gli Avariati e i piccoli colpi di genio ***
Capitolo 23: *** VOOOOI ~ overture ***
Capitolo 24: *** Smarrire la via ***
Capitolo 25: *** Qualcuno ***
Capitolo 26: *** Coinquilini, molestie e genialità assortite ***
Capitolo 27: *** Anima rossa ***
Capitolo 28: *** Ricongiungimento ***
Capitolo 29: *** Dolce e salato ***
Capitolo 30: *** La solita routine ***
Capitolo 31: *** Nickname ***
Capitolo 32: *** Giri e girelle ***
Capitolo 33: *** Couch x Ouch ***
Capitolo 34: *** Papere sull'orlo di una crisi di nervi ***
Capitolo 35: *** I discorsi di una pannocchia OGM ***
Capitolo 36: *** Le effusioni di affetto di una mente contorta ***
Capitolo 37: *** Il seminario si tinge di marrone ***
Capitolo 38: *** Serial provola ***
Capitolo 39: *** Promessa di sesso ***
Capitolo 40: *** Merda! ***
Capitolo 41: *** Conti & Conti ***
Capitolo 42: *** Perché Shoichi vale ***
Capitolo 43: *** Costruire, distruggere, ricostruire ***
Capitolo 44: *** Un fottuto stronzo ***
Capitolo 45: *** Shoichi è una papera e Spanner lo dimostra ***
Capitolo 46: *** Epic Crash ***
Capitolo 47: *** Vittoria = COLLASSO ***
Capitolo 48: *** Vacanza premio in America ***
Capitolo 49: *** Fine...? ***



Capitolo 1
*** Che gran coppia di amiconi ***


c1 Spanner e Shoichi. Shoichi e Spanner.
Che gran coppia di amiconi.
Così amiconi che quando si trattava di costruire, programmare, montare, o - perché no? - distruggere qualcosa, erano sempre d'accordo su come procedere. Con calma, sangue freddo, e tanto, ma proprio tanto amore reciproco.



"Ma che diavolo stai facendo? Non vedi che quella vite lì non ci entra?"
"Shoichi, per favore, per una buona volta... fatti. I fatti. Tuoi."
"Ma se stai combinando un disastro di proporzioni cosmiche mi spieghi come posso farmi i fatti miei?!"
Spanner sospirò, tirando giù la mascherina che gli copriva il volto.
"Sei una palla, Shoichi. Perché non vai a rotolare da qualche altra parte? So perfettamente quello che sto facendo."
"No che non lo sai!" Gridò lui "Se lo sapessi veramente, intanto non mi staresti cacciando, e poi..."
Lo interruppe.
"E' proprio perché lo so che non ti voglio fra i piedi, amico mio." E gli diede un'altrettanta amichevole pacca sulla spalla che significava chiaramente fuori dalle palle.
Shoichi aprì la bocca per ribattere, ma quello che uscì fuori non fu che un miagolìo rauco.
"Sei... una bestia" disse infine voltandosi dall'altra parte "se esplode tutto non ti salti in mente di chiedere il mio aiuto, sia chiaro!"
"Se esplode tutto non avrò neanche il tempo di chiederlo, il tuo aiuto. E poi, francamente... sei l'ultima persona a cui mi rivolgerei, in questo caso."
L'ultima frase lo trafisse come un cacciavite. Anzi, come un martello pneumatico.
Shoichi fissò Spanner. Spanner fissò Shoichi.
Poi Spanner distolse lo sguardo, inforcò la mascherina opaca e tornò ad avvitare quella vite svitata che - secondo Irie - lì non ci sarebbe entrata né ora e né mai.
Sei davvero una bestia, Spanner... spero che ti esploda tutto in faccia!
E, pensato questo, il rosso uscì fuori dalla stanza.
O, almeno, era quello che stava per fare. Perché quando mise un piede fuori dalla porta, sentì il chiaro rumore del gas compresso che esce fuori da un ambiente a pressione elevata e che solitamente preannuncia uno scoppio imminente.
"Oh-ho..."
"Non mi dirai che..."
BOOOOOOM!
Un'esplosione di dimensioni contenute inglobò i due mancapitati meccanici, illuminando la stanza di bianco, di grigio e di nero carbone, disperdendo nell'aria polveri malefiche e ad alto contenuto tossico.
"Mh... mi sa che ho sbagliato a montare il conduttore..." disse Spanner grattandosi la testa perplesso, mentre i suoi capelli lentamente andavano a fuoco.
"Ma come puoi dire una cosa del genere, ora, in questa stanza, in questa condizione, dopo che ti ho avvertito cento volte che quello che stavi facendo era COMPLETAMENTE, IRREVERSIBILMENTE, VOLONTARIAMENTE sbagliato?!" Strillò Shoichi mentre vagava alla ricerca dei suoi occhiali. Ma se anche li avesse avuti sul naso, probabilmente non avrebbe comunque fatto notare all'altro che gli stava andando a fuoco la testa.
Proprio come un bravo amico.
"Ma quanto gridi, Shoichi. Perché non ti fai una camomilla? Anzi, forse una sega sarebbe meglio nel tuo caso."
"Una s..."
Ci impiegò un po' a realizzare quello che aveva sentito. In quel frangente, intanto, come se nulla fosse accaduto, Spanner aveva continuato a digitare una marea di dati sul computer portatile che si portava dietro ovunque, anche in bagno.
"Forse il problema si è verificato per un'interruzione del catodo dell'area A3... oppure perché il fascio di elettroni emesso dalla piastra a titanio è entrato in collisione con l'area B1... "
"Disgraziato! Animale! Idiota! Troglodita!" Urlò Shoichi al colmo della vergogna e della pazienza.
"Penna a sfera! Pannello solare! Spinterogeno! Caffeina!" Gridò l'altro di rimando, ovviamente senza staccare gli occhi dallo schermo.
"E così dovrei farmi una sega, eh?"
"Questo l'ho detto cinque minuti fa, Shoichi."
"Tsk. Si vede che non mi conosci affatto, Spanner."
"A me non sembra, francamente. Oh, ma guarda, il settore B1 è parzialmente fuso, come sospettavo. Ehi Shoichi, vieni a vedere un po'."
"MA MI STAI ASCOLTANDO? SMETTILA DI PARLARE CON ME E GUARDARE LO SCHERMO, PEZZO DI ASINO!"
Dopo quelle parole, seguirono due cose.
La prima, fu il quanto mai imbarazzante affanno di Shoichi, neanche avesse corso 20 piani a piedi.
La seconda, fu che Spanner aveva finalmente distolto lo sguardo dal monitor, tirata giù la maschera (di cui ormai rimaneva solo la montatura, dato che l'esplosione l'aveva mandata in frantumi) e guardato Shoichi con sguardo penetrante.
O meglio, fu a Shoichi che parve penetrante, perché anche le sue lenti erano andate a farsi benedire. In realtà, Spanner non lo stava neanche guardando, bensì stava consultando l'orologio dall'altra parte della stanza per vedere che ore fossero.
"Le 7 e mezza."
"Come?" Fece lui con un filo di voce.
"Sono le 7 e mezza, ho fame. Vado a ordinare una pizza, tu che gusto la vuoi?"
"Prendila ai peperoni... eh no, aspetta un attimo!"
"Non la vuoi con i peperoni? E allora come?"
"Non si tratta della pizza, cretino! Sto parlando della sega!" E fece il movimento chiarificatore.
"Ma io sto parlando della pizza" ribatté sereno Spanner "per le seghe c'è sempre tempo, non credi?"
Spanner si alzò in piedi, nero di polvere e con la testa parzialmente combustionata, con un'espressione rilassata, di chi si ritrova a spiegare le cose dei grandi ai grandi che però hanno il cervello dei piccoli.
"Non preoccuparti, amico mio. Dico davvero."
"Spanner... davvero, sei una bestia." Il tono di Shoichi era un misto fra la disperazione che accoglie tutti coloro che si sentono incompresi e la rassegnazione di chi vive con quella rara specie di essere umano chiamata «Spanner» e che per quanto li faccia sudare, patire e venir voglia di rotolare giù da un pendio, non cambierebbero mai con nessuno al mondo.
Neanche con il più tranquillo dei coinquilini.
Neanche con la più bella delle ragazze.
Neanche con il più brillante degli ingegneri.
Neanche con il più sofisticato dei robot.
"Allora vada per i peperoni?"
Forse, però, una pizza ai peperoni avrebbe anche potuto indurlo in tentazione.
Per fortuna non avrebbe dovuto mai scegliere fra il suo grande amico e la pizza ai peperoni.
"Vada per i peperoni..." Sospirò Shoichi, arrendevole.
Ma perché vince sempre lui?

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Capitolo 2
*** Hentai Collection ***


c2 "Sai, stavo pensando una cosa..."
"Tu?"
Shoichi si voltò verso Spanner con una smorfia.
"Sì, esattamente. Vuoi sentire?" Chiese sarcastico.
"Devo proprio? Sta per cominciare «Tutti pazzi per Nanami»..."
"Non mi dire che guardi questa roba, Spanner!"
Silenzio.
"Oh, mio, Dio..."
"Andiamo, come sei polemico... è solo un telefilm, no? Non smetterò mica di lavorare solo perché dedico 45 minuti del mio tempo a un programma televisivo."
"Come se il problema fosse questo... vabbè, se i tuoi neuroni vanno in fumo sono affari tuoi, quindi veniamo al dunque."
Spanner ascoltava, con attenzione. O perlomeno, fingeva di possederla. Piuttosto bene, anche.
"Ti ricordi di quel frigorif..."
"Aaaah" Spanner si tappò le orecchie distogliendo lo sguardo "non voglio sentire nulla."
"M-ma Spanner!" Piagnucolò Shoichi "Sarebbe di una comodità M-O-S-T-R-U-O-S-A!"
"Ne avevamo già discusso, Shoichi, sarebbe un acquisto inutile, roba del genere non dura, e tu dovresti saperlo."
Irie sbuffò, nascondendo la testa fra le braccia.
Entrambi si trovavano seduti per terra, circondati da cavi elettrici, polvere, monossido di carbonio e chiavi inglesi, e stavano lavorando a un acceleratore di raggi gamma.
Perché? Perché Spanner e Shoichi adoravano le invenzioni inutili. Il secondo anche più del primo.
Infatti, era per un acquisto inutile che si stavano confrontando: un frigorifero che faceva anche da forno.
Per una serie di spiegazioni molto scientifiche, un simile congegno non avrebbe retto più di 37 minuti (tempo calcolato da Spanner in persona) e avrebbe consumato tanti watt quanto ne avrebbero pagati ogni due mesi per 12 anni.
Vedendo l'amico soffrire, il biondo ragazzo decise di dire due paroline di conforto.
"Dai, non te la prendere..."
Silenzio.
"Non sai dire di meglio?!" Sbottò Shoichi con un gemito di sofferenza, nascondendosi ancora di più dentro le sue braccia, auto-inglobandosi in un abbraccio consolatore.
"Be', vediamo... che ne dici se stasera cucino io?"
"E questo dovrebbe consolarmi?"
"Mh... credo di... sì?"
"Spanner... sei un'idiota."
"Non capisco il perché di tanto rancore nei miei confronti, Shoichi. E dire che sono qui per consolarti... che ingrato che sei."
Il rosso sospirò. Non c'era proprio niente da fare con lui, era fatto così. Faceva sempre del suo meglio per tirarlo su, non glielo si poteva negare.
Peccato che, nel caso di Spanner, il suo meglio coincidesse con il suo peggio.
Ma che ci si poteva fare?
"Vabbè, vorrà dire che mi consolerò da solo." Shoichi si alzò in piedi, si grattò il gluteo destro, si guardò intorno e infine si diresse verso il portatile del'amico.
"Ti seghi?"
La domanda lo fece sussultare.
"M-ma la pianti??"
"E' che ti ci vedo proprio a stimolartelo per un motivo così idiota..."
"La tua gentilezza mi scalda il cuore e il tuo sorriso mi spinge ad andare avanti, davvero Spanner, ma adesso basta, potrei subire un'intossicazione."
"Capisco... allora io andrò a vedere Nanami, tu rimani pure qui nella tua intimità e soddisfa i tuoi bisogni come più ti aggrada. Saluti, Shoichi."
E detto questo, Spanner uscì dalla stanza, lasciando Shoichi da solo con il portatile in mano.
"Maledetto... come se potessi masturbarmi per un motivo simile!"
Il ragazzo si collegò a internet, poi puntò alla barra di ricerca.

h-e-n-t-a-i-c-o-l-l-e-c-t-i-o-n                              invio
Circa 1.710.000 risultati (0,19 secondi)

"Dopotutto... chi ha bisogno di un motivo?"

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Capitolo 3
*** Shoichi VS Novantanovepercento ***


c3 "Ah, Shoichi, a proposito di quell'accel..."
"Woo!"
La mano dentro i pantaloni di Shoichi sgusciò fuori con la velocità di un'anguilla.
Tuttavia, l'operazione mirata a chiudere la pagina hentai che occupava l'intero schermo del portatile di Spanner non fu altrettanto rapida.
"Sp-Spanner!"
"Ah, domando scusa, avrei dovuto immaginarlo. Ripasso più tardi..."
"N-no! Non è come sembra!"
"Ma di che stai parlando?" Chiese il biondo visibilmente perplesso.
"E-ecco... l'hentai, la mano, n-non è come sembra! Non mi stavo masturbando!"
Silenzio.
"Non ho mai pensato che ti stessi «masturbando», amico mio." Rispose Spanner annuendo gentilmente.
"Ah, d-davvero? Be', meglio così!"
"Tuttavia, sono sicuro al 99% che tu ti stessi abbondantemente segando."
Quelle parole fecero tremare il povero Shoichi, che divenne talmente tanto rosso che distinguere fra i suoi capelli e la sua faccia sarebbe stato impossibile per chiunque.
Non per Spanner, ovviamente.
"Mh... comunque, hai finito? Mi servirebbe la tua consulenza, Shoichi."
Il ragazzo non rispose.
"Shoichi?"
Ma ancora nessun segno di vita.
"Oh cielo, ma come sei infantile..." e si mosse per scuoterlo.
Ma quando lo fece, Shoichi sussultò come un epilettico.
"Wa-aah! N-non mi toccare!"
"Sì, sì, va bene, non ti tocco, è un momento delicato, la tua prima sega, ti senti scosso e bla bla bla, le solite storie. Adesso, vuoi venire con me in laboratorio o hai da fare?"
Shoichi annuì, poi tossì come per ricomporsi e infine si alzò in piedi, un po' barcollante.
"B... bene, dov'è questo generatore di particelle?" Chiese nel tentativo di darsi un contegno.
"E' un semplice acceleratore, vorrei ricordarti. Comunque l'ho spostato in laboratorio perché credo che sia estremamente sensibile alla luce e che esploda facilmente.
"Ah sì, giusto... comunque è ovvio, se non hai foderato l'interno con la pellicola isolante di manganese non puoi lavorarci con la luce."
"Mh."
Silenzio.
"Ma hai sentito quello che..."
Spanner gli mise un dito sulle labbra.
"Silenzio Shoichi, sto pensando."
A quel gesto, Shoichi si disse che sarebbe potuto arrossire violentemente, gridare un malmesso 
«ma che fai, cretino!?» e fuggire via in preda all'imbarazzo.
Tuttavia, per qualche strana ragione, non fece nulla, e approfittò di quella pausa per calmarsi - anzi, per calmarlo - , dato che, tutto sommato, quel contatto non gli provocava nessun fastidio.
"Non credo c'entri qualcosa la pellicola di manganese, francamente."
Nervi.
"Prima mi chiedi un aiuto, e poi quando te lo do dici che non c'entra?" Shoichi lo guardò con irritazione "Be', la prossima volta allora non scomodarmi e cavatela da solo!"
Il ragazzo gli diede malamente le spalle e si risedette sul pavimento, incrociando le braccia.
"Certo che è incredibile... i tuoi ormoni ballano con niente, Shoichi. Basta una sega per farti diventare lunatico?"
"Senti un po'!" Sbraitò "Fino a prova contraria, io sono tranquillissimo!"
"Verificata."
Shoichi non capì.
"Eh?"
"La prova contraria, dico. L'hai appena verificato tu stesso, il che significa che sei agitato come un epilettico e che io, Spanner, in quanto essere superiore e geneticamente modificato, ho vinto."
L'umorismo di Spanner era qualcosa di magico.
Davvero, bastava sentirgli fare del sarcasmo una volta per provare l'irrefrenabile impulso di buttarsi dalla finestra.
"Tu non sei normale... di' un po', è stato quel telefilm a ridurti così, vero?"
"O magari la tua idiozia mi ha finalmente contagiato, chi può dirlo..."
Ci fu un attimo di pausa.
Fu solo per un istante, ma Shoichi pensò di essere molto, molto fortunato.
"Vabbè, vabbè... lasciamo perdere. Fammi vedere questo acceleratore e vediamo se possiamo tirare fuori qualcosa."
"Ce ne hai messo di tempo!" Esclamò Spanner con un gesto eloquente.
E i due grandi, grandissimi amiconi si diressero verso il laboratorio.

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Capitolo 4
*** La sfida ***


c4 "M-ma è enorme! Spanner, come diavolo ci sei riuscito?!"
"Eh, che ti avevo detto? Con le medicine giuste anche un cosino può diventare gigantesco, e questa ne è la prova" Spanner sorrise compiaciuto "beh, perché non lo tocchi? Non morde, sai?"
"Non si tratta di mordere o non mordere... solo che così grosso, davvero, non l'avevo mai visto..." Shoichi continuò a fissare l'acceleratore di raggi gamma con gli occhi luccicanti, mentre le sue mani sudaticce esitavano nel toccarlo, temendo che si sarebbe potuto rimpicciolire di colpo se non fosse stato attento.
"Di solito questi affari non arrivato a misurare più di 15 cm" continuò "ma questo è... quantò sarà? 22? 25?"
"24,7, per l'esattezza. Dai Shoichi, ammettilo: sono un genio."
Che Spanner volesse essere apprezzato era comprensibile.
Che volesse essere venerato come un Dio, no.
"Eddai Spanner, adesso non montarti la testa... anche io ci sarei potuto riuscire, con le «medicine» giuste, come le chiami tu."
Per Shoichi era molto importante difendere la propria dignità di ingegnere.
A costo di mentire spudoratamente.
Ma poiché Spanner nel capitolo precedente si era già dichiarato un essere superiore e geneticamente modificato, non tardò a capirlo, e ovviamente ne approfittò.
Altrimenti, che razza di amico sarebbe?
"Possiamo fare una cosa" cominciò "siccome sono abbastanza sicuro che tu non possa costruire un acceleratore di raggi gamma di massa pari al mio nell'arco di 60 anni, ammesso che tu viva così a lungo, ti propongo di sfidarci in una gara di lunghezza dei nostri membri. Il più lungo vince. Semplice, no?"
Certo, era molto semplice in effetti.
Tuttavia, anche se le possibilità di vincere contro Spanner, in entrambe le sfide, erano vicine allo 0, Shoichi era convinto di poter almeno avvicinarsi alla grandezza di un misero aggeggio metallico, mentre con un aggeggio di carne c'era ben poco da fare.
Però... però!
Cavoli, Shoichi era un ingegnere! Lui costruiva ponti, strade, idranti, sedie a dondolo, bambole gonfiabili, tricicli senza ruote... lui aiutava la gente a vivere meglio, a essere più felice. E perdere contro Spanner era come ammettere davanti al mondo intero che lui non era un ingegnere, che non valeva niente, che ce l'aveva piccolo. L'intelletto, s'intende.
Poteva davvero rischiare così tanto?
Mentre invece, altra questione si poneva per il suo pene. Cosa aveva da perdere? Tanto, la ragazza non ce l'aveva e non ce l'avrebbe mai avuta (visto che la sua prospettiva di vita era più meno articolata così: Spanner - pizza ai peperoni - Spanner - esplosioni varie - Spanner - tutto il resto), Spanner si presupponeva non lo avrebbe deriso - sulla base di cosa, poi? - , che avrebbe dimostrato la sua maturità e magari insieme avrebbero costruito un allungatore di membri.
"Shoichi."
La voce di Spanner interruppe il flusso di pensieri del ragazzo.
"Shoichi, non per dire, ma l'ultima parola che ci siamo scambiati risale a... 27 minuti fa. Hai finito di pensare?"
"Ah, ehm... scusa. Ho deciso, comunque; ti mostrerò il mio pene."
"Ehi, guarda che non sono un ginecologo, non posso fare niente per certi tipi di problemi, Shoichi."
Lo stroncò con un sorriso pacifico e sereno.
Spanner aveva già raggiunto livelli da filosofo, mentre Shoichi annaspava nel deserto nella materialità.
Un ottimo risultato.
"Ma che hai capito, asino! Anche tu me lo mostrerai, è la sfida che mi hai lanciato tu, ricordi?"
"Ah, quella... scusami, me n'ero dimenticato. Ma è normale, considerando che te l'ho proposta 31 minuti or sono e che uno stesso concetto non riesce a rimanermi in testa troppo a lungo."
"Mi rendo conto di quanto fragile sia la tua mente, non preoccuparti. Quindi che facciamo, ci caliamo i pantaloni?"
"Non così in fretta, Shoichi. Prima abbiamo bisogno di un giudice che imparzialmente giudichi i nostri attributi."
"Un giudice? Che guardi i nostri peni? Ma sei folle?"
"Pensaci bene prima di rispondere così, Shoichi: un giudice potrebbe anche impietosirsi e far finta di non vedere bene."
Silenzio.
"E... sentiamo, chi sarebbe questo giudice?"
"Ma Gola Mosca, che domande! Ah, Junior ovviamente."
Ovviamente. Solo l'innocenza di un robottino poteva garantire quella parvenza di assolutamente falsa serietà che Spanner voleva dare a quella sfida fuori luogo che gli aveva lanciato solo per vedergli spendere 60 anni della sua vita a costruire un acceleratore grande almeno quanto il suo.
Questo perché Spanner era decisamente, e senza dubbio, il migliore amico di Irie Shoichi.

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Capitolo 5
*** Adorabile espressione ***


c5 "Gola Mosca, Gola Mosca, dove sei, Gola Mosca? ♪ "
"Spanner, ti supplico, non cantare."
"Mh? Perché no? Se possiedi una voce cristallina, come nel mio caso, è un peccato non farne uso."
"Voce cristallina? Ma se è più opaca della carta da forno!"
"Non riesco a cogliere la pertinenza del tuo esempio" ammise quieto Spanner "ma sono sicuro a priori che sarà di una stupidità disarmante, quindi reputo il non comprenderlo una fortuna che mi permetterà di vivere più a lungo." E terminò la frase con un largo sorriso.
Shoichi sospirò rassegnato. Del resto, sapeva benissimo che discutere con Spanner era come discutere con uno scolapasta, con la differenza che i suoi buchi, con un po' di fantasia, potevano sembrare tanti occhietti vispi che ti osservavano con interesse.
Gli occhi di Spanner invece erano inespressivi come quelli di un pesce.
Morto.
Davvero, ma che razza di pupille aveva?
"Ad ogni modo" proseguì il ragazzo dagli occhi inespressivi "la tua presenza non mi consente di trovare Gola Mosca, quindi per favore esci da questa stanza."
"E ti sembra un modo intelligente di mandar via le persone?"
"Non occorre che sia intelligente, Shoichi. Mi basta averti fuori di qui entro 20 secondi per essere contento."
"E se io non volessi uscire?"
Silenzio.
"Se tu non volessi uscire..." cominciò massaggiandosi la schiena che aveva tenuta incurvata fino a quel momento alla ricerca del piccolo androide "... mi basterà costringerti a farlo."
Shoichi deglutì.
"Ah, molto divertente! Come se tu potessi..."
Fu un istante.
Un istante davvero molto divertente. Per Spanner.
"W-aaa!"
"Adesso uscirai dalla stanza, Shoichi?"
"S-sei una bestia!!"
La porta della stanza si chiuse con un botto, e aldilà di questa poteva sentirsi Shoichi ansimare e piagnucolare a causa di quello che aveva appena visto.
Spanner si rialzò i pantaloni e le mutande con il gesto più naturale del mondo, e ricominciò a cercare Gola Mosca come se nulla fosse accaduto.

*

"E'... un animale! Un pervertito! Un, un... !"
"Un?" Chiese Spanner emergendo dal retro della cucina, l'immancabile espressione incolore e gli immancabili occhi vitrei.
"Tu! Cosa vuoi ancora da me?!" Gemette Shoichi indietreggiando, un coltello in mano e un adorabile grembiule a righe addosso.
"Oh, stai cucinando? Che bello."
"Non fare l'innocentino ora! C-come puoi presentarti qui davanti a me dopo... dopo quello che ho visto?!"
"Sembri una vecchia megera, Shoichi."
"E tu sei insopportabile e perverso!"
"Mh. Vado a farmi una doccia allora, ci vediamo dopo." E detto ciò, sparì nell'oscurità del corridoio.
"Non ho ancora finito con te, non osare andartene come se niente fosse! Ehi, mi hai sentito, dove stai scappando?!" Strillò Shoichi agitando il coltello in aria.
Ma in lontananza si sentì solo un «sega» di dubbia interpretazione.
"SPANNER, FOTTITI!!!"

*

Mentre faceva la doccia, Spanner pensava.
Pensava che forse, dopotutto, non valeva la pena di sfidare Shoichi a «chi ce l'aveva più lungo», dato che l'esito era piuttosto scontato. Eppure... l'idea di confrontarli lo solleticava in maniera leggermente perversa e malevola.
L'espressione che appare sul volto di Shoichi quando sta guardando l'oggetto di una sua sconfitta è qualcosa di assolutamente impagabile. Quell'espressione è oro puro!
E gli tornò in mente un episodio di alcuni mesi prima.
Shoichi e Spanner lavoravano entrambi come ingegneri presso una ditta di componenti elettronici, la cui fama tardava a diffondersi - ovvero, un chiosco di limonate in confronto era una celebrità - .
Il proprietario di tale fabbrica, un certo signor Aoka, un bel giorno aveva chiamato Shoichi nel suo ufficio (a dire il vero, aveva chiamato anche Spanner, ma questi aveva fatto finta di non sentire e si era messo a trapanare un muro qualunque adducendo alla «necessità di arieggiare i locali») e gli aveva detto:
"Irie, sono a conoscenza delle tue straordinarie doti da ingegnere."
"O-oh, l-la ringrazio molto, ma non sono poi così bravo! Cioè sì insomma, sono parecchio bravo, e anche intelligente e abile e..."
"Sì, Irie, ho capito. E' per questo che ti ho chiamato. Ho bisogno che tu faccia un... lavoro per me, se così possiamo chiamarlo."
"Sì?" Aveva chiesto Shoichi scodinzolando. Forse avrebbe finalmente ottenuto una promozione e un ufficio tutto suo, lontano da Spanner e dal suo umorismo alieno.
"Voglio che tu costruisca un piccolo androide, alto non più di 20 centimetri, che sia capace di servire il caffè e scambiare due parole con il sottoscritto. Se ci riuscirai entro 2 settimane, ti nominerò vice-direttore del reparto computer. In caso contrario rimarrai al posto che hai tutt'ora."
E per Shoichi nessuna prospettiva era più desolante.
Così si era fatto carico del progetto, rifiutando tutti gli aiuti che Spanner gli offriva e nutrendosi di pizza ai peperoni per 14 giorni consecutivi.
"In due faremmo prima, lo sai."
"Balle! Tu vuoi solo sabotare il mio lavoro, denigrare i miei sforzi e fotografare i miei fallimenti!"
"Sei una papera, Shoichi."
"Sì, sono una papera, adesso vai via e lasciami lavorare! La data di scadenza è fissata venerdì, oggi è mercoledì e io sono ancora a NIENTE!"
Shoichi ansimò dopo aver gridato l'ultima parola, accasciandosi sulla scrivania.
"Questa brutta abitudine che hai di farti venire le crisi epilettiche alla fine di una frase finirà per ucciderti, Shoichi."
Il ragazzo era troppo stanco per rispondere. Sapeva che più lo cacciava, più lui metteva radici, così decise di attivare l'antivirus del suo cervello e di bloccare tutte le onde sonore provenienti dalla fonte contrassegnata come Trojan, ovvero «Spanner.exe».
"Allora... potrei montare un sensore di movimento che reagisca con un allarme posto sulla porta dell'ufficio, in questo modo reagirebbe solo con chi entrerebbe e non con qualunque movimento..."
"Non funzionerebbe. Non ha senso costruire un sensore di movimento che reagisca quando si apre la porta, perché non è detto che questo avvenga con l'arrivo di una person da salutare."
"Mmm... sì, mi sembra una buona idea, farò decisamente così." E mosse le dita per tracciare uno schizzo su un foglio di carta.
"Shoichi?"
*Scrib scrib*
Spanner sospirò.
"Shoichi, ti amo. Non te l'ho mai detto prima perché... non ne ho avuto il tempo, ma ora te lo dico. Ecco, ti amo. Ah, l'avevo già detto, allora... vuoi sposarmi?"
*Scrib scrib*
"Shoichi, guarda il mio pene."
"Scrib --- Bene, è pronto. Ora non mi resta che fare un paio di calcoli..."
Spanner scosse il capo. Ormai Shoichi era andato, e la strada che stava percorrendo non lo avrebbe portato da nessuna parte. Così, decise di agire di conseguenza.
"Va bene, io tolgo il disturbo "aveva detto, avviandosi verso la porta "buon lavoro, Shoichi." E se n'era andato, sospirando profondamente.
Due giorni dopo, era venerdì.
Shoichi giaceva immobile dentro l'armadio della sua stanza, gli occhi spalancati a fissare l'oscurità e in grembo, tenuto stretto, un robottino con le antenne che mandava luce a intermittenza come un albero di natale.
Qualcuno bussò.
"Shoichi, sono io, posso entrare?"
"Io chi?"
"Hello Kitty, che domande. Ti sei scordato che vivi insieme a un così adorabile gattino antropomorfo?"
"Piantala..." mormorò aprendo un'anta e sbirciando fuori.
"Buh!"
"Aaargh!"
"Papera."
"Non ti sopporto!"
"Comincia a non sopportarmi venendo fuori dall'armadio, cretino."
"Non darmi del cretino, proprio tu che..."
"Proprio io che non lo sono affatto. Già, hai perfettamente ragione."
Al colmo della pazienza, Shoichi saltò giù dall'armadio con il piccolo androide stretto al petto.
"Oh, che carino, che cos'è? Un fermacarte?"
"Silenzio! Non. Dire. Una. Sola. Parola."
"Papera."
Shoichi fremette di rabbia, ma evitò di avventarsi contro Spanner per non rischiare di far del male al robottino.
"S... se non fosse che ho questo in braccio, ti avrei già preso a pugni!"
"Puoi sempre poggiarlo per terra e picchiarmi con calma più tardi, no?"
"E pensi veramente che poggierei Armonio sul pavimento?! Ah, povero illuso!"
"..."
Spanner apparve visibilmente confuso.
"Ar... monio?" Poi, l'illuminazione "Ah, ho capito, è così che si chiama il fermacarte. Ben nome, gli dona."
"Smettila, Spanner! Non è un fermacarte, e lo sai benissimo!" Gridò Shoichi visibilmente scosso.
"Va bene, va bene, scusami. Tieni, questo è per te."
E prima che il ragazzo dai capelli rossi potesse ribattere, Spanner gli porse un piccolo androide dalle fattezze umanoidi che teneva nascosto dietro la schiena, con un sorriso bonario.
"Ecco, prendi questo e portalo al signor Aoka."
Shoichi rimase senza parole.
"Ma cos..."
E cominciò a tremare.
"Ho pensato che se non potevo aiutarti con il tuo consenso, l'avrei fatto senza dirti nulla. Prendilo pure, è tuo." E insistette per porgerglielo.
Shoichi era senza parole.
Aprì la bocca diverse volte, ma la richiuse senza dire nulla.
Le braccia gli cedettero e il suo robottino cadde per terra con un tonfo.
"Ti è caduto Armonio, Shoichi."
"Tu... ma come hai... come... dove... perché?!"
"Perché siamo amici." Rispose semplicemente "E gli amici si aiutano a vicenda. Ma non fraintendermi, anche io voglio che tu cambi ufficio, per questo avevo un motivo in più per costruirlo." E di nuovo sorridette.
Lentamente, Shoichi lo prese con sé, poi raccolse anche Armonio e con timore li confrontò.
Davanti ai suoi occhi vi era un abisso, un buco nero di infinità gravità.
Mentre il suo pareva più la fusione  malriuscita di una vasta quantità di Lego, il robottino di Spanner era... proprio un robottino. La testa quadrata, le manine prensili, i piedi rettangolari, un simpatico display azzurro sullo stomaco e... una sottile striscia rosa che partiva dalla bocca.
"E' una linguaccia" precisò Spanner "è rivolta a te."
"Grazie tante..." disse Shoichi distogliendo lo sguardo.
E fu in quel momento che... la vide.
L'espressione dello sconfitto.
E Spanner, che non gli aveva mai visto un'espressione del genere sul viso, sgranò gli occhi ed entrò in estasi.
Davvero, non gli aveva mai visto una faccia così... adorabile.
Pensò davvero, anche se solo per poco, che in quel momento Shoichi fosse adorabile. E glielo disse, ovviamente.
"Sei adorabile, Shoichi."
"Eh?!" Esclamò lui avvampando "M-ma che cavolo dici?"
"Niente, non importa, lascia stare. Allora, glielo porterai? Ah, ovviamente sa parlare, e non solo quando entra qualcuno. Se premi quel pulsante grigio" e gli indicò un bottoncino sul retro della sua testa "e dici una frase, lui ti risponderà. Prova."
"Ah...? Davvero? P-proviamo..."
Gli tremavano le mani, e sentiva un caldo mostruoso.
"E-ehm... Spanner è un'idiota!" Gridò.
"A-n-che Sho-ichi, a-n-che Sho-ichi---"
Silenzio.
"Ahah" rise Spanner "ero sicuro che la prima frase con cui avresti fatto la prova sarebbe stata quella!"
Shoichi rimase in silenzio, turbato e interdetto. Provava una marea di sentimenti contrastanti, ma alcuni di questi non erano brutti, anzi... erano piacevoli.
Fu per questo che il ragazzo rabbrividì.
"B-bene" cercò di abbozzare un tono serio e contenuto "non era proprio necessario che tu lo costruissi, m-ma visto che l'hai fatto..."
"Visto che l'ho fatto?"
Tossì. "q-questo robottino lo tengo io!" Concluse infine.
"E che senso ha?" Si limitò a chiedere il biondo.
"Aaah, tu non puoi capire!"
"Tutte le volte che mi hai risposto con un «tu non puoi capire» ho sempre capito meglio di te, ma... per stavolta lasciamo perdere. Tanto è tuo, no? Fanne ciò che preferisci. Io vado a farmi una doccia." E si voltò verso la porta con l'intenzione di lasciare la stanza.
Solo che di colpo si fermò, e guardo Shoichi con occhi curiosi.
"Mh... ma perché eri dentro l'armadio?"
La domanda colpì di sorpresa Shoichi, che annaspò nel tentativo di trovare una scusa convincente. Del resto, non poteva mica dirgli che si era chiuso là dentro perché... perché...
"Shoichi?"
"Eh? Ah, eh?" Rinvenì lui di soprassalto.
"Lascia perdere, non rispondere. Vado, a dopo."
E uscì dalla stanza con un simpatico sorrisetto stampato in volto.
"Quell'espressione... la voglio rivedere."
Indossò l'accappatoio blu e si diresse verso la cucina, deciso a rinnovare la sfida.
Ma Shoichi non c'era. Al suo posto, un biglietto.
«Se credi che mi lascerò battere da te, Spanner... be', ti sbagli di grosso! Vedrai, tornerò, più forte di prima! AHAHAHAHAHAH»

«Ps: sono in laboratorio, non disturbare.»




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Capitolo 6
*** Ritorno alle origini ***


c6 "Pensa, Shoichi, pensa... come puoi farla pagare a Spanner?"
Seduto su uno sgabello di legno, con le mani che si stringevano la testa e gli occhiali di traverso, Shoichi tramava vendetta.
Per cosa, poi, non era ben chiaro.
Perché gli aveva mostrato il pene? Perché lo sottovalutava? Perché quando guardavano i documentari Spanner voleva sempre stare al centro del divano e lo costringeva a stare seduto per terra? Perché quando si parlava di ragazze - lui parlava di ragazze - Spanner stava zitto per un po', e dopo scoppiava a ridere?
Certo. Chiunque si sarebbe vendicato, arrivato a quel punto.
Erano cose gravi, per la miseria. Bullismo atroce. Violenza psicologica.
"Shoichi, sei qui dentro?"
La voce di Spanner lo fece sussultare.
"Cosa ci fai qui, Spanner? Non ti avevo forse scritto di non disturbare?"
"Non posso farci nulla, Shoichi" continuò lui da dietro la porta "purtroppo mi servono degli attrezzi per lavorare. Da bravo, fammi entrare..."
"No!" Esclamò lui con decisione "Dimmi quello che ti serve e te lo darò io."
Silenzio.
"Temo che non si possa fare." Rispose infine.
"Allora vai via."
"Allora, con permesso..."
E si sentì il violento rumore di una spalla che si schiantava contro la porta.
"Ma si può sapere che stai facendo, asino che non sei altro?!" Strillò Shoichi allontanandosi con un balzo "Non avrai mica intenzione di sfondare la porta!"
"Il tuo intuito è notevole come sempre, amico mio." E di nuovo un tonfo, poi un altro, e un altro ancora.
"Basta, basta, basta! Va bene, ti apro, maledizione!"
"Hai fatto la scelta giusta, Shoichi." Si complimentò non appena la porta fu aperta.
"Scelta? Ma se mi hai praticamente costretto!"
"Via, non dire così, ci siamo solo fraintesi."
"Mi domando con che faccia tu possa guardarmi e dirmi contemporaneamente certe frasi..."
Il biondo avanzò con un passo dentro il laboratorio, e si guardò intorno.
"Ah, eccola lì!" Esclamò Spanner compiaciuto, avvicinandosi a una vecchia cassetta degli attezzi rossa.
"Che cos'è?"
"Questa? La mia «riserva»." Rispose con un sorrisino altrettanto compiaciuto.
"Di che? Di neuroni?"
Shoichi si era avvicinato con circospezione alla misteriosa cassetta degli attrezzi, domandandosi quali preziosi strumenti contenesse.
E quando vide di cosa si trattava, esplose in un grido isterico.
"M-ma questi sono LECCALECCA!"
"Oh, davvero? Non erano vongole sotto sale?"
Shoichi cercò di reprimere il moto isterico che lentamente stava avvongendo il suo corpo.
"Spanner" la mano gli tremava mentre li indicava "quelli sono... leccalecca. Tu mi hai disturbato... per dei leccalecca."
"Non mi sembravi così impegnato, Shoichi. Te ne stavi lì, seduto su quello sgabello con un'espressione così allucinata che sembravi l'urlo di Munch."
"Questo non è ass..." Ma la frase gli morì in gola "Aspetta un momento..." Qualcosa si illuminò nella mente di Shoichi.
Indietreggiò con orrore, voltandosi alla sua destra.
E, in un angolo della stanza, la vide.
La mini-telecamera collegata alla porta di ingresso che si attivava quando qualcuno suonava il campanello.
"Non mi dirai che... !"
"Finalmente te ne sei ricordato!" Spanner battè le mani, compiaciuto.
Shoichi, senza parole, crollò sul pavimento.
Di nuovo. Gliel'aveva fatta di nuovo.
"Sai" continuò poi portando un leccalecca alla bocca "è buffo pensare che tu, molto probabilmente, eri convinto di trovarti nell'unica stanza in cui io non potessi vederti, quando invece è proprio l'unica che mi offre la visuale migliore. Credimi, è stato uno spasso osservarti mentre ti strappavi i capelli e borbottavi frasi incomprensibili."
Il ragazzo giaceva per terra, la bocca aperta, e fissava Spanner come il Team Rocket fissava Pikachu prima di essere scagliato lontano nell'atmosfera.
"Tieni" Disse il biondo porgendogli un leccalecca "è buono."
E fu in quel momento che Shoichi capì che non avrebbe mai vinto contro di lui.
Forse, dopotutto, Spanner era davvero un genio.
"Grazie." rispose lui, alzandosi da terra.
"Non c'è di che. Allora, hai pensato a qualche stretegia di battaglia?"
"No."
Quelle parole furono pronunciate quasi instantaneamente, e con molta leggerezza.
"No?" Domandò Spanner perplesso.
"Esatto." Continuò lui "Sai, ho capito che è inutile tentare di vincere contro di te... in un modo o nell'altro riesci sempre a mettermi sotto, Spanner. Non so come tu diavolo faccia, ma ci riesci, e anche piuttosto bene." Si fermò a cucciare un po' il leccalecca.
"Ma dai, non esagerare..." Rispose lui di rimando, leggermente imbarazzato.
Imbarazzato e spiazzato.
"No, dico sul serio. Non mi va più di spendere tempo a pensare a come batterti, come vendicarmi delle tue angherie. Ammetto la sconfitta, qui e ora."
Era serio, dannatamente serio.
Spanner lo guardò negli occhi, e vide che non vi era nessun segno di esitazione o forzatura.
Non era giusto. Lui si divertiva, con Shoichi. Era bello provocarlo con noncuranza, vederlo arrabbiare, infervorarsi per niente, arrossire violentemente, nascondersi imbarazzato, lanciargli addosso una marea di improperi, rincorrerlo per picchiarlo, lottare per il posto migliore sul divano la domenica sera... erano cose a cui Spanner non avrebbe voluto rinunciare, per nessun motivo al mondo. Altrimenti la sua vita sarebbe stata estremamente noiosa.
Fu per questo motivo che Spanner commise un gesto del tutto inaspettato.
Con uno scatto improvviso, portò il braccio destro all'indietro e caricò un pugno diretto alla faccia di Shoichi.
"Spanner?"
BAAAAAM!
Colpito dritto al naso!
Shoichi barcollò all'indietro, a metà fra fra il sorpreso e... il sorpreso, appoggiandosi a un piano dietro di lui per non perdere l'equilibrio.
"Scusa, Shoichi, niente di rotto spero."
"S-Spanner!" Gridò Shoichi scandalizzato, mentre il naso gli sanguinava copiosamente "Ma che ti dice quella testa di cazzo che ti ritrovi?!"
"Basta far parlare i nostri cervelli, Shoichi!" Esclamò Spanner in uno dei suoi rari momenti di euforia - ammesso che si potesse chiamare tale - "Vieni qui e colpiscimi, se hai le palle!"
"Con estremo piacere, pezzo di idiota!"
Ecco, così era decisamente meglio.
Questo era lo Shoichi a cui Spanner voleva bene: lo Shoichi che si arrabbiava, si inverforava, arrossiva, strepitava, e che cercava disperatamente di picchiarlo.
E mentre si rincorrevano, nello stretto laboratorio, rischiando di inciampare, vedendosi a malapena se non grazie alla poca luce che filtrava dal corridoio e stringendo fra i denti un leccalecca alla fragola... Spanner sorrise.
E si disse che non avrebbe potuto desiderare un amico migliore di lui.
Sennò, di chi si sarebbe fatto beffe quando non aveva niente da fare?





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Capitolo 7
*** Uragano Spanner ***


c7 "Spanner, come va con il conduttore?"
"Nanamiii! ~ "
Non era esattamente la risposta che si aspettava di ricevere.
"Stai guardando ancora quel telefilm idiota? Non ci posso credere..." 
Sullo schermo, una ragazza piangeva, immersa in una pioggia di petali di ciliegio.
Petali di ciliegio verdi.
"Shoichi, buzzurro!" Lamentò Spanner dal fondo del divano in cui era sprofondato "Non venirmi a parlare di conduttori mentre sto guardando Nanami!"
"Ma che roba è, Spanner?! Quei petali sono VERDI!"
"Acuta osservazione."
Ora la ragazza aveva raccolto un petalo, e gli stava parlando con accoramento.
«Oh, mai farusuto labu! Dove te ne sei andato?» Piangeva la ragazza.
"E lo chiedi a un petalo?!"
"Ma non capisci? Nanami lo chiede a un petalo perché il suo fidanzato si chiama Sakuro!"
Spanner era scandalizzato.
Ma Shoichi lo era ancora di più.
"E ti sembra un motivo valido?! E poi... che razza di nome è Sakuro? Ma dove è ambientata 'sta storia, su Marte?!"
"Non essere ridicolo" rispose Spanner "non è mica un telefilm di fantascienza."
"E quei petali VERDI??" Gridò Shoichi indicando lo schermo con disperazione.
"Ah, quelli... chi lo sa."
Chi lo sa?
"Io... ti ho decisamente sopravvalutato."
Shoichi stava per lasciare la camera di Spanner, quando quest'ultimo lo trattenne per la manica della maglietta.
"Aspetta, Shoichi, stai qui ancora un po', guardiamolo assieme."
Che proposta gentile.
E insulsa.
"Preferirei farmi asportare un rene che guardare questo scempio, Spanner."
"Suvvia... è un bel telefilm, sai? E insegna tante cose."
"E una di queste è che i petali di ciliegio sono verdi, magari?" Abbozzò Shoichi con sarcasmo.
Ma lunghi mesi di convivenza avevano insegnato a Spanner come eludere il sarcasmo dell'amico e a ritorcerglielo contro con il doppio della forza.
Curioso come invece Shoichi non avesse imparato affatto come si faceva.
"Tu ti definisci scienziato" cominciò Spanner sospirando "ma quando sei di fronte a un fenomeno scientificamente assurdo, te la dai a gambe."
"Tu mi stai dicendo che il fatto che quei petali siano verdi è qualcosa che io dovrei studiare?!" Esclamò Shoichi al colmo della misura.
"Non ho mai detto niente del genere, a dire il vero."
Silenzio.
Nanami intanto aveva abbandonato il petalo verde e si era lanciata contro la portiera di un auto.
«Aspetta, Sakuro! Sei qui? Non andare via, portami con te!»
«No, Nanami, questo non è possibile. Vedi... ho scoperto di essere gay!»
«Me ne fotto!» Esclamò la donzella con decisione «Io voglio solo scoparti, tutto il resto non conta!»
«N... Nanami...»
Una lacrime solcò le gote di Sakuro, che osservava Nanami dal finestrino della sua auto con adorazione.
«Sakuro!!» Strillò lei, e si introdusse nel veicolo passando per il finestrino con un balzo.
L'automobile partì a tutta velocità verso l'orizzonte, tinto in quel momento da un tramonto color rosso fuoco.
"Stanno andando all'inferno?" Chiese Shoichi che, intanto, si era stravaccato sul divano accanto all'amico.
"Che sfortuna, sei arrivato proprio alla fine dell'episodio" disse invece Spanner ignorando la domanda dell'altro "se te lo fossi visto tutto ti avrebbe fatto sicuramente un'impressione migliore."
"Migliore di quella che mi ha fatto ora? Allora ci troviamo di fronte a un vero must della programmazione televisiva degli ultimi anni!" Esclamò Shoichi alzando le braccia al cielo "... Ma fatemi il piacere." E ricrollò sopra Spanner, involontariamente.
"Ops, scusami" abbozzò lui con un colpetto di tosse, e fece per spostarsi, ma...
Spanner lo trattenne, cingendogli le spalle con il braccio.
"Non così in fretta, Shoichi."
"C-che diavolo fai?" Protestò Shoichi, e si mosse come per liberarsi da quella stretta.
Ma in realtà non stava facendo assolutamente nulla che potesse davvero scogliere la presa di Spanner.
"Sai, stavo pensando..." cominciò lui fissando il soffitto "che è da tanto tempo che io e te non andiamo al cinema."
"E con questo?" Biascicò Shoichi nel maldestro tentativo di fingere di sottrarsi al contatto con il biondo.
"Be', potremmo rimediare a questa mancanza. Anche oggi, magari."
"Scordatelo, abbiamo un sacco di lavoro da finire per domani. Non possiamo perdere tempo con queste cose, Spanner!"
"Semmai... sei tu ad avere un sacco di lavoro arretrato. Io ho già finito da un pezzo quello che dovevo fare."
Silenzio.
Shoichi, dopo essersi pietrificato qualche istante, lasciò cadere le braccia che fino a poco prima si stavano disperatamente divincolando. Poggiò la testa contro lo schienale del divano e fece uscire un lungo, lungo sospiro.
Poi, la tempesta.
"COSACOSACOSACOSACOSAAAA???"
"Ehm, calmati, Shoichi."
"Calmarmi?!" Esclamò balzando in piedi e puntandogli contro un indice minaccioso "Non ti vedo mai fare UN CAZZO, sempre a sfogliare manga o pettinarti il ciuffo, quando ti chiedo a che punto sei con il lavoro fai spallucce e dici «mh» come se ti avessi comunicato le previsioni del tempo, hai il tempo di vederti quell'aborto di programma che fanno tutti i pomeriggi su quel canale a pagamento che non ricordo neppure come si chiama, ti fai la doccia 5 VOLTE AL GIORNO nonostante non ti esca neppure UNA, e dico UNA goccia di sudore, e quelle rarissime volte in cui ho avuto il privilegio di vederti fare il culo, la tua espressione era così rilassata che più che avvitare un bullone sembrava CHE TI STESSI ABBRONZANDO!"
Ansimando violentemente, Schoichi cadde a terra stremato, senza tuttavia staccare gli occhi di dosso da Spanner.
"Semplicemente lavoro quando tu non mi vedi." Fu la pacata risposta di Spanner.
Dopo tutto l'ossigeno che aveva bruciato, il rosso si aspettava una risposta più soddisfacente.
"Bugiardo! Io ti guardo sempre e dico sempre e non ti vedo MAI fare una benemerita mazza!"
Shoichi, bisognava ammetterlo, sapeva opporre motivazioni convincenti quando era necessario.
Ma altrettanto onestamente andava ammesso che, in quanto a mettersi nei guai da solo, probabilmente era il migliore sulla faccia della terra.
E questo era un esempio lampante.
"Mi guardi... sempre?"
"Sì, esattamente!" Asserì lui convinto, non ancora cosciente appieno delle sue parole.
Spanner lo fissò, confuso.
Poi, fece una cosa che Shoichi non gli aveva mai visto fare.
Arrossì.
Arrossì pudicamente e si voltò dall'altra parte, grattandosi la testa e mormorando qualcosa di incomprensibile.
"Spanner, perché ti permetti di fare l'idiota in un momento simile?" Chiese lui, cercando di controllare il tono della sua voce che si stava trasformando in un miagolìo rauco. Ma si rese ben presto conto che qualcosa non andava.
Spanner si stava comportando in maniera anomala.
E chissà perché, in quel momento gli venne in mente una scena molto buffa.
Si immaginò di trovarsi una stazione meteo e di verificare con i suoi stessi occhi che un uragano di proporzioni gigantesche era in avvicinamento. L'uragano Spanner.
E fantasticò di afferrare il microfono ed eroicamente gridare: «L'uragano Spanner si sta avvicinando alle coste del Giappone con insolita violenza! Il suo comportamento è anomalo! Si prega la cittadinanza di rifugiarsi da qualche parte e attendere che passi! Passo (io)! E chiudo!»
Ma che fantasia esilarante.
"Spanner." chiamò Shoichi.
"Mh." Mugolò lui.
"Ecco! Lo stai facendo di nuovo! Di nuovo quel «mh» strafottente!"
"Mh."
Silenzio.
"Calma, Shoichi, mantieni la calma... è solo Spanner, ricordi? Solo. Spanner. Non è proprio il caso di perderci la testa."
Ma ormai l'aveva già persa.
"Aaaah, maledizione! Parlami, Spanner! Guardami! Considerami!"
Finalmente, lo guardò. Silenziosamente lo fissò per 10, 20, 60 secondi.
"Ho deciso."
Spanner ruppe il silenzio.
"Eh? Deciso cosa, scusami?"
"Io e te andremo al cinema. OGGI."
La decisione con cui aveva marcato la parola «oggi» non era decisamente consuetudine di Spanner, e Shoichi se ne accorse in un attimo.
Ancora un comportamento anomalo... ma mi prende in giro?!
"E tutto quello che ho detto da 10 minuti a questa parte?"
"E' proprio la risposta a tutto ciò che mi hai detto." Insistette, stavolta però con il suo consueto tono.
Il che spinse Shoichi all'esaurimento nervoso.
"Non è vero! Non è vero, cazzo! Hai praticamente ignorato quello che ho detto e hai pensato solo a te stesso! E sono sicuro, anzi, SICURISSIMO, che mentre io mi sgolavo come un povero scemo tu stavi beatamente pensando a quale film vedere! E magari anche a quale spettacolo andare! E a quale indumenti indossare!"
"Obiezione: io non penso mai a cosa indossare e metto sempre addosso la prima cosa che mi capita sotto mano."
"Obiezione? Chi sei, Phoenix Wright?! Non obbiettare a quello che grido, maledizione! E non puntarmi quell'indice contro, non con quell'espressione da pesce lesso!"
"Va bene. Allora, andiamo al cinema?" Chiese Spanner come se fosse la cosa più naturale del mondo.
"NO!"
"Dai..." supplicò "Voglio andare al cinema con il mio migliore amico, che male c'è?"
Migliore amico?
Non glielo aveva mai detto questo. Che lui era il suo migliore amico.
Ah, povero, piccolo, tenero Shoichi! Bastava così poco per distruggere i muri che si era costruito intorno! Solo le parole giuste al momento giusto, e quello sguardo da baccalà morto.
E il gioco era fatto.
"S... smettila di prendermi in giro!"
Ecco come Irie cercava miseramente di raccattare i granelli di sabbia e di ammassarseli ai lati.
"Non ti prendo in giro, Shoichi. Davvero, sei il mio migliore amico."
Ed ecco come Spanner l'uragano li spazzava via, lontano.
"... nonché unico." Aggiunse sottovoce.
"Ti ho sentito, sai?"
"Oops."
"Sei veramente un..." e sospirò, incapace di continuare a lamentarsi.
Del resto, era già stato ampiamente verificato nei capitoli precedenti che per Shoichi era geneticamente impossibile opporsi a Spanner. Non era perché aveva una personalità debole - non era questo il caso, per l'esattezza - , ma perché nel suo DNA vi era un nucleotide che inibiva sua capacità di resistenza prolungata al soggetto Spanner.
Quindi, si poteva tranquillamente affermare che Shoichi aveva un debole per Spanner.
Geneticamente, s'intende.
"Ho vinto." Dichiarò il biondo.
"Ah, quindi era questo il tuo obbiettivo!!" 
Ebbene sì. Spanner aveva deciso che sarebbe andato al cinema con il suo migliore amico e l'avrebbe fatto, a qualunque costo.
Questo perché, come ben sappiamo, il cuore ha delle ragioni che la ragione con conosce.
Figuriamoci, poi, quella di Shoichi.





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Capitolo 8
*** Quando gli amiconi vanno al cinema ***


c8 Arriva sempre il momento, nella vita di un uomo, in cui bisogna compiere una scelta.
Una scelta che cambierà il suo destino per sempre.
"Cosa mi metto?"
"Cosa guardiamo?"
La cosa esilarante era che quel venerdì ben due persone stavano per compiere una scelta cruciale, distanti pochi metri le une dalle altre e ignare dell'un l'altra condizione.
Semplicemente, perse nei loro dilemmi.
"Perché sono così nervoso, dannazione! Si tratta solo di un cinema!"
Shoichi provava a darsi un contegno rivolgendosi al se stesso riflesso nello specchio e contemporaneamente provando su di sè una marea di felpe a righe di cui variava solo il colore.
Dopotutto, quello era il suo primo appuntamento romantico con Spanner. Finalmente, avrebbero potuto tenersi per mano, condividere la stessa saliva, sverginarsi il sedere.
Ma anche no.
Ovviamente, non era questo quello a cui Shoichi mirava. E allora, perché era così nervoso?
Forse perché... era da tanto tempo che non usciva insieme a Spanner?
"Aaah, vada per questa!" Tagliò corto il ragazzo indossandola malamente.
Verde e gialla.
Pessima scelta, ma evidentemente Shoichi non la pensava così.
Sì osservò, soddisfatto del risultato. Con un gesto che significava all'incirca «ma vieni!» si sorrise, tossì per darsi un contegno e uscì dalla sua stanza, alla ricerca di Spanner.
Il quale Spanner, a sua volta, rifletteva con attenzione sulla scelta del film - cruciale ai fini del possibile risvolto sessuale con Shoichi - , e aveva ristretto la sua scelta a due concorrenti.
"Mh... «In fuga da Spanner-city» o «Alieni VS Vongole»? Cosa piacerebbe di più a Shoichi?"
"Sicuramente non il primo!"
"Oh, eccoti qui." Constatò Spanner con un sorriso "Bella felpa."
Shoichi era rimasto a lungo dietro la porta, indeciso se bussare o origliare.
Ma quando aveva sentito di una chiave inglese persino nel titolo di un film, non si era potuto trattenere e aveva aperto la porta di scatto con uno sguardo omicida.
"Risparmiami la tua ipocrisia."
"Sei ancora arrabbiato per prima?" Chiese con aria innocente.
"Certo che lo sono!"
Sbuffando, andò a sedersi su una sedia lì in giro e lo fissò corrucciato.
"Dai, non guardarmi così, mi fai sentire in colpa."
"E' esattamente quello che voglio" replicò lui con una smorfia "così impari a trascinarmi fuori di casa quando è l'ultima cosa che posso permettermi!"
"Su, su, vedrai che sarà divertente."
Si alzò dalla scrivania e chiuse il portatile con un rapido gesto della mano.
"Sì, un vero spasso..."
"Coraggio" e gli tese una mano "andiamo, Shoichi."
"N-non tendermi la mano, asino!" Esclamò Shoichi scansandola con un moto di imbarazzo.
"Ma su, non essere timido, siamo tra di noi..."
E mentre Spanner accelerava il passo tendendo anche l'altra mano, il povero Irie fuggiva scomposto avvampando sempre di più ogni metro percorso.
Che simpatici amiconi, Spanner e Shoichi.

*

Il cinema, questo sconosciuto.
Nonostante potesse sembrare il contrario, il cinema piaceva sia a Spanner che a Shoichi, a quest'ultimo in misura ancora maggiore del primo.
E allora perché tutta questa esitazione e pantomima?
"Shoichi, sei lento."
"Hai una vaga di quello che ho dovuto passare per poter comprare questo maledetto pop-corn, Spanner?"
"Dove sono i miei leccalecca?" Chiese invece, notando che l'amico non li recava con sé.
"Non rispondere alle mie domande con altre domande!"
Qualcuno si voltò a osservare la scena.
Ragazze, soprattutto. Che si misero a bisbigliare nel giro di due nanosecondi.
"Avanti Shoichi, così attiri l'attenzione." Gli fece notare Spanner, impassibile.
"Ma sei stato tu che! ... ah, ma che ti rispondo a fare..."
"Saggia decisione. Dicevo, dove sono i miei leccalecca?"
Insistente.
Insistente.
Troppo insistente.
"Li. Ho. Scordati." Sillabò il ragazzo con un largo sorriso.
Eccola, la vendetta di Shoichi.
Piccola e pungente come un ago da cucito.
Ma se il rosso faceva il sartino, Spanner faceva il cyborg.
"Valli. A. Prendere."
"Scor-da-te-lo."
Bisbigli, bisbligli.
Una ragazza indicò il biondo con approvazione, un'altra scosse il capo e indico il rosso, in estasi.
Spanner sospirò.
Che Shoichi stesse finalmente per spuntarla? Che le luci della ribalta lo stessero finalmente illuminando?
Niente di tutto questo, ovviamente.
"Se torni indietro a prenderli, ti farò un bel regalo."
"Balle."
"Dico sul serio. Ti comprerò una di quelle agendine tascabili elettroniche che ti salutano chiamandoti «Goshujin-sama»."
"Posso comprarmele anche da solo, grazie."
"Ma non lo fai."
Le ragazze scoppiarono a ridere.
Evidentemente, c'era qualcosa che a Shoichi sfuggiva. E Spanner, in quanto essere superiore e geneticamente modificato, ne stava sadicamente approfittando.
"N-non so cosa tu stia insinuando ma... ! Io sono perfettamente capace di comprare certe cose da solo!"
Per Shoichi, lo avevamo già visto nei capitoli precedenti, era molto importante difendere la propria dignità personale di fronte a Spanner.
Che poi stesse dando spettacolo di fronte a tutti con conseguente ilarità generale, era qualcosa su cui si poteva tranquillamente sorvolare.
"Va bene, ho capito. Allora ti comprerò una rivista hentai da 300 pagine, che ne dici?"
"S-Spanner! Non gridare queste cose in pubblico, è... imbarazzante!"
Solo imbarazzante?
"Allora vammi a comprare i leccalecca, e io la smetterò."
Eccola, la mossa finale di Spanner.
Intercetti il pugno dell'avversario, lo fermi, lo capovolgi, lo rispedisci al mittente e ci aggiungi anche un calcio nei testicoli.
Shoichi fremette di rabbia, stritolando la coppa di pop-corn.
"Questa è l'ultima volta che..."
"Sì, sì, va bene, adesso vai, il film sta per cominciare. Io farò i biglietti." E agitò la manina per salutarlo.
Maledicendo Spanner con tutto il sentimento possibile, Shoichi fece dietro front e si preparò ad affrontare una massa inferocita di persone che molto probabilmente non mangiavano da settimane.
Le ragazze - a cui si era aggiunta una discreta quantità di persone di svariatà età e sesso - avevano indicato lo sconfitto ridendo abbondantemente e facendo chiari gesti di vittoria a Spanner, che fissava l'amico allontanarsi con un sorriso.
"E ora... i biglietti."
Spanner si diresse speditamente verso la cassa per acquistarli, e aveva già tirato fuori il portafoglio verde a forma di ranocchia di cui andava tanto fiero, quando...
Un manifesto attirò la sua attenzione.
Un film horror.
"To', e questo? «Orrore Virtuale di Kiyoshi Kurosawa, un film che vi farà rimpiangere di essere nati».
"
Stranamente, Spanner si sentiva attratto da quel manifesto. Ma non capiva perché.
Tuttavia, più lo fissava e più la sua mente elaborava dati e lentamente un sorriso comparve sulla sua bocca.
E poi, il colpo di genio.
Spanner si voltò alla ricerca di Shoichi, e non lo trovò.
Perfetto, non è ancora tornato.
Di gran corsa si lanciò verso la cassa, scansando via una coppia di fidanzati che stava per acquistare anch'essa i biglietti.
"Scusate, scusate, sono di fretta, niente di personale. Due biglietti per quell'horror, grazie."
"Certo, aspetti un attimo..." rispose la cassiera perplessa.
"La prego, faccia in fretta" la incitò Spanner "potrebbe tornare da un momento all'altro."
"Ehm, mi scusi, di chi sta parlando?"
"Niente, lasci perdere" E le sfilò i biglietti dalle mani, porgendole al suo posto i soldi "Tenga pure il resto!" E si precipitò fuori dalla coda, attendendo trepidante Shoichi.
Neanche Spanner aveva molta considerazione per lo spettacolo che aveva appena inscenato, ma del resto... in quel momento la sua testa non avrebbe avuto in nessun modo il tempo di dedicarsi a simili inezie.
E poi, la vide.
La sua adorabile preda.
"Spanner, che tu sia maledetto nei secoli dei secoli!"
"Amen."
"Ecco i tuoi fottutissimi leccalecca" gli sibilò porgendoglieli "e adesso andiamo a vederci questo maledetto film, sono stanco di fare il tuo servo!"
"Quanto entusiamo!" Gioì lui "Bene, bene... buon segno."
"Tu sei pazzo..."
E allegramente si incamminarono verso la sala. Anzi, fu Spanner a muoversi nel vero senso della parola, mentre Shoichi si trascinava per inerzia dietro di lui.
Un ghigno comparve sul suo volto, ghigno che l'amico non ebbe il piacere di vedere.
La tenda fu scostata, la porta si aprì, un'enorme sala si rivelò davanti ai loro occhi.
"Dove vuoi sederti?" Chiese il biondo con innocenza.
"Davanti" mormorò lui con il broncio "perché si vedono meglio le battaglie galattiche." E distolse lo sguardo, imbarazzato.
Era così infantile e adorabile, pensò Spanner.
E presto lo sarebbe stato molto, molto di più.
"Va bene, come vuoi tu."
Mentre camminavano fra le file, Shoichi si soffermò a pensare.
Dopotutto, non è così male essere venuti qui. Mi mancava quest'atmosfera, quest'odore, questi suoni.
Che pensieri profondi, i suoi. Peccato che mal si sposassero con quello che sarebbe accaduto da lì a poco.
Altro che suoni.
Altro che odore.
Altro che atmosfera.
L'inferno aveva spalancato le sue porte e lo stava chiamando a gran voce. Sopra un colle, vestino di rosso cremisi e circondato da bestie demoniache, Spanner gli tendeva la mano, un sorriso pacifico dipinto in volto.
E come poteva Shoichi non afferrargliela?
"Ah, si sono spente le luci!" Un moto infantile lo pervase quando l'illuminazione si dileguò, lasciando la sala al buio.
"Vedo che ti stai divertendo." Abbozzò Spanner sprofondando nella sua poltrona.
"N-non è vero!" Biascicò lui "S-stavo solo constatando la cosa!"
"Credibile come un frullatore, Shoichi."
Il rosso borbottò qualcosa con tono offeso e si concentrò sullo schermo, con il quale sperava di avere più fortuna.
Illuso.
Improvvisamente, senza nessuna anticipazione, un urlò pervase la sala.
E proveniva dallo schermo nel quale il piccolo Shoichi aveva riposto le sue speranze.
"AAAAAAAAAAAAHHH!!!" Strillò lui buttandosi sopra Spanner.
"Mh? Che ti prende, Shoichi?"
"C-C-C-C-COSA E' STATO?!?" Continuò stringendosi alla sua maglietta.
Era interessante constatare come nessuno in sala stesse minimamente fiatando.
Un altro urlo attraversò l'aria, stavolta accompagnato visivamente dal primo piano di un viso putrefatto.
E di nuovo, Shoichi urlò.
E Spanner godeva, nel profondo del suo cuore.
"Cosa significa questo, Spanner?! Dov'è sono gli alieni e le vongole?!"
"Nell'altra sala." Rispose lui con semplicità.
E allora, Shoichi capì.
E tremò.
"I-io me ne vado!" Gridò cercando di alzarsi, ma Spanner lo afferrò per la felpa e lo tirò a sé, impedendogli la fuga.
"Scherzi? Abbiamo pagato il biglietto, ora ce lo vediamo, quindi stai buono e siediti. Anche sulle mie gambe, se hai paura."
"C-come se questo pot..."
«TU! Io... io ero sicuro di averti ucciso! Come puoi essere ancora vivo, Kyosuke?!»
«AAAAAGGWRBHRWWD!!!»
Splot. La testa di Kyosuke esplose e le sue cervella si dispersero nell'ambiente e soprattutto sulla faccia dell'uomo che aveva appena parlato.
Shoichi, capendo di non avere scampo, si risolse di svenire da qualche parte, ma un altro urlo di un altro attore - anche questo esploso dopo pochi istanti - lo riportò alla lucidità, senza pietà.
E il film era cominciato da appena 11 secondi.
Ce l'avrebbe fatta Shoichi a sopravvivere?


Precisazioni:
● Goshujin-sama è un appellativo che si rivolge solitamente al proprio padrone o, nel caso delle cameriere che lavorano nei locali a tema (le cosiddette Maid), al proprio cliente, e significa appunto "Padrone".
● Kiyoshi Kurosawa è il nome di un vero registra di horror giapponese :)





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Capitolo 9
*** Bacio ***


c9 Io sto... sognando?
No... ora ricordo... Spanner mi aveva fregato ancora, e... stavo guardando un film horror con lui, al cinema, ma... dopo aver urlato una trentina di volte, ricordo di essere svenuto... o forse, sono morto? Non riesco a ricordare...
«Shoichi.»
No... persino nella morte non mi lascia in pace...
«Shoichi, non andartene... afferra la mia mano!»
Ma sì, dopotutto... che importa, ormai?
Che importa delle angherie di Spanner, a questo punto? Niente, non importa più niente... La morte trascina via con sé ogni malessere, ogni dolore... non c'è più bisogno di lottare, basta lasciarsi trasportare dalla corrente... sì, dalla corrente...
«Shoichi...»
Sì, Spanner, io... ti perdono. Perdono tutto il male che mi hai inferto, tutta la sofferenza che ho patito a causa tua, io... ti perdono.
Sai, quando ero in vita... quando ero ancora in vita spesso mi chiedevo come fartela pagare, come vendicarmi... se ora ci ripenso, mi viene da ridere... e mi rendo conto di quanto insignificanti siano queste cose di fronte al perpetuo scorrere delle cose... Davvero, non avevo capito niente.
«Shoichi, ho finito i leccalecca, puoi comprarne degli altri?»
Sì, i leccalecca... povero Spanner... ancora legato a queste cose materiali, ancora legato a...
Cosa?
«Shoichi, svegliati, voglio i leccalecca!»
No, non ci credo.
Anche qui, tu... non hai nessuna compassione per me?!
Shoichi, con la testa poggiata sulle gambe di Spanner, sudava e si dimenava nel febbrile delirio, mentre il suo caro amico gli sussurrava frasi all'orecchio con l'intenzione di farlo rinvenire.
«Cosa significa tutto questo?! Saya, cosa stai... no, posa quella sega elettrica! No, no, NOOOOOOAAAAAAAARGWGWGHW!!!!!!!»
Sangue fresco sgorgava da Sado come alla fonte di Bandusia, e un urlò animale si propagò per l'intera sala.
"NOOOOO!" Gridò Shoichi spalancando di colpo gli occhi, alzando di scatto la testa.
Tuttavia, gli ci volle qualche secondo per capacitarsi della situazione, e durante quel frangente si voltò verso lo schermo, un po' confuso.
Ad accoglierlo, il cadavere parzialmente scuoiato di Sado, e Saya con un pezzo di fegato fra i denti, come fosse tabacco.
E, come era rinvenuto, altrettanto rapidamente svenne, ricadendo fragile sull'amico Spanner, che sorrideva tranquillo.
"Ah, amico mio..." disse carezzandogli la testa "è così bello vederti divertire, sai?"
Nessuno rispose. Shoichi stava di nuovo varcando il confine che separa il regno dei Vivi da quello dei Morti, e ad accoglierlo, ancora una volta... il volto sorridente di Spanner.
«Vieni, Shoichi, vieni...»
«No, pietaaaaaaà!!!»

*

Quando Shoichi infin rinvenne, la sala si era svuotata. Gente che rideva, imitava le morti cruente a cui aveva assistito, piangeva, sospirava, vomitava, ogni tipo di popolo stava abbandonando quel santuario dell'orrore. Ma tutti, nel bene o nel male, portavano sul volto un sorriso, seppur lieve in certi casi.
Questo perché nel profondo dei loro cuori, quelle persone si erano recate al cinema con l'intenzione, pura e sincera, di divertirsi, e di passare qualche ora in armonia con il prossimo, e - perché no? - anche con l'anteriore.
Shoichi, invece, che era stato trascinato lì dentro a forza e costretto a vedere un film dell'orrore con l'inganno, portava in volto una stupenda espressione allucinata.
"Non me l'aspettavo proprio..."
Spanner era rimasto seduto al suo posto, tenendo la testa dell'amico distesa sulle sue gambe, e ogni tanto gli dava qualche pacca di conforto fissando un punto lontano, oltre lo schermo ormai grigio.
Shoichi tremò con un sussulto, segno che stava ascoltando ciò che il biondo aveva da dire.
"Ehi, te lo saresti mai aspettato che alla fine quel virus era stato creato dalla sorella del vice-capo della moglie  dell'ammiraglio della seconda flotta diretta a Singapore? Io ci sono rimasto..."
Silenzio. Poi, un grugnito sommesso, quasi un gorgoglìo. Shoichi tese una mano verso il collo di Spanner, ma prima che questa potesse raggiungerla le forze lo abbandonarono, e il braccio ricadde come morto accanto al suo corpo.
"Sp..."
"Mh?"
"T... am..."
"Cosa? Non riesco a capire, Shoichi."
"Ti am..."
Ti ammazzo, avrebbe voluto dire.
Ma non ci riuscì.
E venne meno, lasciando la frase a metà.
E ovviamente... che cosa avrebbe mai potuto pensare, Spanner, che l'amico volesse dirgli?
"O-oh..." balbettò lui "Questo è... improvviso, come dire..." e si grattò la testa, imbarazzato.
La sua voce rimbombava per le pareti della sala, rendendo la scena ancor più patetica di quanto non lo fosse di per sé.


*

"Ooh, ohh..."
Uno Shoichi in fin di vita strisciava sotto le coperte invocando aiuto - non quello di Spanner, ovviamente - , la fronte imperlata di sudore e la bocca dischiusa in un pianto delirante.
"Mi domando come tu possa ridurti in questo stato per un film horror, Shoichi. Sei veramente una paperella, sai?"
"Z... stai... zit... bwleergh!"
Un conato di vomito soppresse le parole che con tanta fatica il rosso aveva cercato di tirar fuori, nonostante le sue condizioni.
Un liquido giallastro colò dalle sue labbra e si riversò un pavimento, come una mano di vernice fresca.
"Oh, oro liquido!" Commentò Spanner osservando le convulsioni di Shoichi come fossero la cosa più naturale del mondo.
Il ragazzo si voltò verso di lui con uno sguardo che di umano non aveva più nulla (neppure il colore degli occhi, solitamente verdi e ora tinti di un azzurro lucido che lo facevano sembrare un rospo) e mosse la bocca come per dire qualcosa - un insulto nella migliore delle ipotesi - , ma al suo posto venne fuori una cascata di giallo bile che andò a dipingere il pavimento di tenui tonalità solari.
Era il trionfo dell'arte.
E Shoichi cadde, come corpo morto cade.
Con l'unica differenza che mentre almeno Dante ebbe il conforto e il sostegno di una figura come Virgilio, lui non poteva contare che su Spanner, che come suggeriva il nome stesso non era più confortante di una chiave inglese su per il culo.
"Sei svenuto di nuovo?"
Silenzio.
Sospirando, il biondo si avvicinò al capezzale dell'amico e gli mise una mano sulla fronte.
"Non sono neanche riuscito a darti una risposta per quello che mi hai detto al cinema..." disse con rimpianto, scuotendo il capo "... perché, vedi, la verità è... che anche io ti amo, Shoichi."
E, chinandosi sul suo viso, congiunse le labbra con le sue, in un tenero bacio.





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Capitolo 10
*** La fine dell'incubo ***


c10 «Non sono neanche riuscito a darti una risposta per quello che mi hai detto al cinema... perché, vedi, la verità è... che anche io ti amo, Shoichi.»
Immerso in un funebre sonno, Shoichi sognava - più precisamente, delirava nel sogno - .
Sognava che Spanner gli avvicinava, gli toccava gentilmente la fronte, lo guardava dritto negli occhi (chiusi) e lo baciava, dicendogli che anche lui lo amava.
E rabbrividiva.
Poi, perché anche? Quando mai Shoichi gli aveva detto di amarlo? Quando mai lo aveva amato?
A tali domande, lui non poteva rispondere. Lo stato di incoscienza in cui versava non glielo permetteva, infatti.
Comunque, tale visione bastò per scandalizzarlo al punto da riportarlo forzatamente nel mondo reale.
"Nhg..." si sforzò di aprire un occhio, e la prima cosa che vide fu il volto di Spanner, impassibile come sempre.
"Ben svegliata, signora papera."
"Spanner, evanisci..." biascicò senza forze prima di ricadere sul materasso.
Addio, mondo dei sogni. Bentornata, irresistibile realtà.
"Come stai?" Chiese Spanner sinceramente preoccupato.
Ahah, bella questa.
"Splendidamente" rispose "perché, non riesci a scorgere il benessere riflesso nei miei occhi?"
"Purtroppo no, splendono così tanto che avrei bisogno degli occhiali da sole per guardarvi attraverso."
"Ahah. Molto divertente, Spanner... davvero, molto divertente."
Shoichi scostò le lenzuola bianche che lo ricoprivano, e poggiò lentamente i piedi per terra, stropicciandosi gli occhi.
Splash.
"Che cavolo ho..."
"Il tuo vomito."
Le capacità telepatiche di Spanner erano qualcosa che superava la coscienza umana.
Era pura follia.
Ed era spaventoso.
Shoichi si guardò i piedi, e vide che poggiavano su una chiazza gialla che sembrava... maionese? Vernice?
Tutto, ma non vomito. Avrebbe persino ammesso di aver calpescato un raggio solare, ma non il suo stesso vomito.
Purtroppo però, il tanfo nauseabondo che gli salì al naso non poteva essere né della maionese, né della vernice e né tantomeno di un raggio di sole.
"Spanner..."
"Sì?" Chiese lui, osservandolo con la solita espressione indecifrabile.
"Sei sicuro che questo sia vomito?"
"L'hai vomitato appena 5 minuti fa, non posso sbagliarmi."
Merda.
"Come mi suggerisci di procedere?" Chiese lui cercando di trattenere il grido che gli premeva dentro il petto.
"Tanto per cominciare, potresti farti una doccia..."
"Già, ottimo consiglio."
"Eh, sì."
Silenzio.
"Bene, allora io..." e fece per alzarsi, tremante.
"Attento a non scivolarci sopra, Shoichi."
Troppo tardi.
"Per chi mi hai presAAAAAGH!"
E, ovviamente, Shoichi cadde sopra Spanner.
Ma dai, era scontato. Anche se avesse perso l'equilibrio mentre Spanner si trovava in Marocco, gli sarebbe comunque finito addosso, in un modo o nell'altro. Era matematico.
"Sei davvero una papera, Shoichi. Una papera con le zampe storte."
"S-silenzio! Sono solo inciampato!" Gridò lui cercando di alzarsi da terra mentre i suoi piedi si agitavano confusi nell'aria.
"Sì, hai urtato i legami a idrogeno del vomito e sei precipitato in avanti sopra il mio stomaco, il tutto per puro caso e senza che qualcuno ti avesse avvertito di stare attento. Hai ragione, i fatti si sono svolti esattamente in questo modo."
Finalmente l'incubo cinema era finito, e Shoichi poteva di nuovo aspirare a vivere.
Succube di Spanner, suo eterno servo e possibile concubino, ma sempre meglio che svenire e vomitare a intervalli di 2 minuti, si disse.
Non che ne fosse poi molto convinto, ma... dettagli. Dopotutto la storia doveva andare avanti, in qualche modo, con o senza la sua approvazione. Anzi, senza di essa sarebbe stato ancora più divertente.
Dopotutto, tutti amano Shoichi.
Anche se quello che lo ama di più è e rimarrà sempre Spanner, ma questo era scontato.
E, ancora una volta, si ritornava alla solita vita, fatta di litigi, imprecazioni, dispetti, fallimenti, combustioni, e pizza ai peperoni.
Quella vita che i nostri due amiconi amavano tanto e a cui non avrebbero mai rinunciato per nulla al mondo.





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Capitolo 11
*** Occhi che fondono ***


c11 Era una giornata come tante, nell'appartamento di Spanner e Shoichi.
Il sudore imperlava la fronte di Shoichi, che lavorara con dedizione a una specie di... scatola quadrata di latta che in teoria, e solo in teoria, avrebbe dovuto essere un tostapane.
Dal canto suo invece, Spanner se ne stava beatamente seduto alla scrivania a digitare lettere su lettere, interrompendosi ogni tanto per mugugnare "Mh" e andare a capo, ingerire ciò che rimaneva del suo leccalecca e andare a capo, pensare a Shoichi e andare a capo.
Il tutto ovviamente senza il minimo spendio di sudore.
"Spanner, hai finito di fare nulla?" Chiese Shoichi passandosi il dorso della mano sulla tempia bagnata, un cacciavite scintillante nell'altra mano e la tuta da lavoro parzialmente decomposta dal caldo.
"Mh. Vieni qui a vedere, Shoichi."
Ma come, non risponde alle mie domande con altre domande?! Sono impressionato!
Ma non gli aveva comunque risposto, dunque fino a che punto poteva considerarla una vittoria?
Decise di non indugiare in quel pensiero che si affiancò a Spanner per guardare il monitor.
A un primo impatto, ciò che vide lo lasciò visibilmente perplesso; si avvicinò ancora di più allo schermo e lesse con maggiore attenzione, e il dubbio divenne... orrore.
"E lei chi sarebbe?!" Strillò, indicando il monitor con un indice tremolante.
Finalmente, era comparsa.
La rivale in amore di Shoichi.
"Mia cugina." Rispose lui.
Silenzio.
"E non hai altro da aggiungere?! E, e poi q-questa è... una chat! Tu vai in chat senza dirmi nulla?! Ma come puoi, Spanner, come hai potuto?! Nascondermi una cosa simile! Sono senza parole! Sei... sei una bestia, Spanner!"
E menomale che era senza parole.
Spanner osservava l'amico perdere progressivamente il controllo della sua integrità quale uomo, e trasformarsi lentamente in una piccola donnina miope e shizzofrenica.
"Shoichi, la pressione..." Tentò di avvisarlo lui, scuotendo il capo con rassegnazione.
"Io non soffro di pressione, asino!"
"Ah, già... allora, attento al diabete, eh."
"E neppure di diabete!!"
Shoichi sbattè una mano sulla scrivania, con decisione, e fissò Spanner negli occhi.
A sua volta, Spanner fissò Shoichi con aria imperturbabile, poggiando il mento sullo schienale della sedia e divaricando le gambe ai due lati, come se si stesse pigramente stiracchiando.
"Stai ridendo." E indicò le labbra dell'altro che si erano incurvate in un impercettibile sorriso.
"Non è vero! E' la tua faccia ad essere ridicola!" Replicò in sua difesa, arrossendo.
"Allora ammetti che la mia faccia ridicola ha suscitato in te ilarità."
"No, non lo ammetto!"
"Va bene, allora torniamo a fissarci."
Gli occhi di Spanner possedevano una straordinaria capacità di fusione. Se riuscivano a sciogliere persino un filamento di tungsteno, che fonde a 3410°, quante possibilità aveva il cervello di Shoichi di uscire indenne da quello scambio di sguardi? Facciamo un rapido calcolo.
Sulla base di alcuni dati sperimentali raccolti da Spanner in persona (il quale si ritrova spesso, in mancanza di altri e più genuini passatempi, a fare esperimenti su se stesso) sappiamo che i suoi bulbi oculari sono capaci di far aumentare la temperatura di un corpo di 32° al secondo. Dunque, impostando la proporzione 1 : 32 = x : 3410 otteniamo che è possibile raggiungere la temperatura di fusione del tungsteno in 106,5 secondi, un po' meno di 2 minuti.
Supponendo che il cervello di Shoichi abbia un punto di fusione vicino ai 150° (sempre secondo i dati sperimentali raccolti da Spanner, e qui c'è da chiedersi come ne sia venuto a conoscenza), ponendo x : 150 = 106,5 : 3410 si ha → 4,68 secondi, che per pietà possiamo arrotondare a 5.
Dunque, a Spanner bastava guardare negli occhi Shoichi per 5 secondi per fondergli il cervello.
Sperimentalmente mostruoso.
1...
"Shoichi..."
2...
"Non mi fai paura, posso benissimo sostenere il tuo sguardo!"
3...
"Shoichi, la tua fronte..."
4...
"S-sto benissimo! N-n-non sto affatto ridendo!" Piccole goccie di sudore gli bagnavano la tempia, e gli occhiali gli erano scivolati lungo l'incavo del naso.
5...
"Shoichi?"
Shoichi resisteva stoicamente, fissando intensamente Spanner e non accennando a mollare.
Tanto che persino il biondo rimase stupito, così tanto che volle accertarsi di non trovarsi di fronte a una proiezione olografica e mosse un dito in sua direzione.
Ma quando il rosso venne toccato dal polpastrello di Spanner, non poté resistere.
Quell'espressione da baccalà, quell'atteggiamento impassibile, quelle movenze sinuose... a tutto c'era un limite.
"Ah...ah...."
"Mh? Ti arrendi?"
*Poke poke* - suono del dito di Spanner quando tocca la carne morbida di Shoichi -
"Ahah...ah..."
*Poke poke*
"Ah..." E poi, il silenzio.
"Ma come, non ridi più?"
Poveretto, che delusione.
Spanner stava per rifare poke poke, ma non fece in tempo, perché un suono demoniaco lo anticipò.
"AAHAHAHAHAHAHWHAHAHDSUWHHAHAHAAH!!!!!!"
Il biondo balzò all'indietro con tutta la sedia alla vista di quella reazione paranormale.
"Shoichi, non sarebbe il caso di assumere qualche psicofarmaco? Lo dico per il tuo bene, non frainterdermi!"
"AAHAHAHAHAHWHWHAAGG...AH!"
Terra chiama Shoichi, Terra chiama Shoichi, rispondete!
Le comunicazioni sono interrotte, il pianeta è sotto attacco!
Gnewww! Zum Zum Zum! Bang Bang Bang! Y-ah!
Niente da fare... l'aveva perso.
Dunque, non rimaneva che una cosa da fare.
Spanner sapeva che, in casi di emergenza, esisteva una parolina magica capace di restituire a Shoichi il suo ben dell'intelletto. Questa parolina era...
"Shoichi, ho ordinato una pizza ai peperoni, ne vuoi una fetta?"
L'inganno della pizza.
"AHAHAHAHAHAH hai detto pizza?"
E' un miracolo, lo stiamo riprendendo!
"Sì, esatto, l'ho ordinata mentre tu ti autodistruggevi. Allora, ne vuoi una fetta?"
"Eh...ah... io... c-credo di sì..."
Il paziente è fuori pericolo, grazie alla maestria del neurochirurgho Spanner-san! Un applauso, gente!
"Bene, allora aspetta qui, vado a prenderla." E detto ciò, il biondo amico uscì dalla stanza in direzione del bagno (?).
"Ah... mi sento così strano... cosa è accaduto?" Shoichi si guardò le mani, come se avesse compiuto un qualche terribile delitto. Ma queste recavano solo visibili tracce di sudore, e nessun altro tipo di liquido le segnava.
Intanto, Spanner era di ritorno, recando in mano un... rotolo di carta igienica.
Shoichi lo osservò confuso.
"Ecco, tieni." E glielo porse.
"Spanner... questa non è una pizza ai peperoni." Sibilò lui, cercando di non gridare.
"Oh? E che cos'è?" Chiese allora lui, con voce sollecitevole.
"Questo è un... ma che cavolo ti rispondo a fare?!"
Congratulazioni, il paziente si è ristabilito e da adesso può ricominciare a fare il servo di Spanner. Complimenti per la riabilitazione!
"Bene, hai superato la prova, adesso possiamo discutere dell'argomento iniziale."
"Prova? Ma che hai in quella testa, vongole?!"
"No, leccalecca."
Ma dai, Shoichi, ancora a metterti contro Spanner? Non hai capito che ti inculerà sempre, qualunque cosa tu dica?
"Io ti... aaah, che male alla testa! Mi sento come se mi si fosse fuso il cervello!"
"«Come se»?"
"Che vorrebbe dire, questa domanda?"
Silenzio.
"Niente, Shoichi, niente. Dico davvero, va tutto bene." E gli diede una sonora pacca sulla spalla, sorridendo amabile.
Troppo amabile.
"Se va tutto bene allora io sono gay, Spanner." Ribattè lui con sarcasmo.
Ahah, Sho-chan! Ancora con questo sarcasmo? Non avevamo già detto che è impossibile per te arrecare danno a Spanner attraverso tale tecnica retorica?
"Appunto."
Ecco, come volevasi dimostrare.
Shoichi strinse i denti, tenendosi la testa fra le mani. Spanner lo osservava, paziente.
"Va bene, basta, mi arrendo... di cosa stavamo parlando prima che... succedesse tutto questo?"
Per il rosso era molto difficile parlare di cose come questo o quello, dato che non riusciva neppure a ricordare cosa fosse successo. L'unica cosa di cui era certo, però, era che Spanner lo avesse fregato di nuovo.
Ma bastava uno sguardo per capirlo, quindi non era qualcosa di così straordinario.
"Boh." Spanner fece spallucce e roteò gli occhi verso destra, guardando altrove.
"Ci stai pensando o mi stai solo ignorando?!"
"Boh."
"Shoichi, sii padrone di te stesso... guardalo, guarda la sua espressione! Puoi davvero odiare una persona così... in difficoltà?  Certo che no, tu sei buono e gentile... quindi adesso ignora Spanner e allontanati da lui, lentamente, un passo alla volta... un passo alla volta..." E lentamente cominciò a indietreggiare, tenendo lo sguardo fisso su Spanner, come fosse una bestia selvatica.
"Guarda che ti mangio, se scappi..." Lo minacciò con sorrisetto maligno, alzandosi lentamente dalla sedia.
"N-non fare brutti scherzi, Spanner! S-stammi lontano, pezzo di as..."
Ma era troppo tardi. Spanner gli era già saltato addosso immobilizzandolo con una tecnica segreta che gli avevano insegnato alle medie.
Si chiamava... «tecnica del castramento» e consisteva nell'immobilizzare le gambe della vittima attraverso le proprie, con un braccio impedire il movimento degli arti superiori e con l'altro minacciare un «massaggino» poco piacevole al membro dell'altro.
Bisognava vedere quanto «poco piacevole» sarebbe risultato il massaggino, dal punto di vista di Shoichi.
Chissà che Spanner non decidesse di raccogliere qualche «dato sperimentale» in proposito...
E fu così che sia Spanner che Shoichi dimenticarono temporaneamente l'argomento «cugina», in attesa di sviluppi più complessi e succosi.
Già... e se la cugina di Spanner si fosse rivelata una rivale del biondo, e non del rosso, come invece istintivamente si era portati a pensare? Cosa sarebbe mai accaduto? Spanner avrebbe lottato per difendere il suo amato dalle grinfie della parente? O avrebbero finito col consumare il loro rapporto proibito con un ambiguo triangolo lussurioso?
Tutte le risposte a queste inutili domande... nel prossimo capitolo!




"C-cosa stai facendo?! Spanner, non toccarmi il pene!"
"Via, via, che male c'è?"






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Capitolo 12
*** L'arrivo ***


c12 "Spanner!"
"Che c'è, Shoichi?" Domandò lui stringendo in mano il suo pene con volto inespressivo.
Shoichi si coprì gli occhi all'istante, scuotendo la testolina rossa per scacciare via dalla sua mente quell'immagine lussuriosa.
Lussuriosa? Volevo dire... sconcertante. Sì, proprio sconcertante.
"S-S-Spanner!" Gridò lui quasi piangendo "I-i-il tuo p-p..."
"Personal computer?"
"PENE!"
"Ah, intendo questo qui?" E lo indicò con l'altra mano.
"N-non agitarlo in quel modo, maledizione! E'... è...!"
"Eccitante?"
"No! E' scandaloso!!" Esclamò sbirciando da dietro le mani. Quando intravide il glande si voltò dall'altra parte piegandosi su se stesso ed emettendo muggiti.
"Stavo solo misurando la sua lunghezza quando è eretto" dichiarò grattandosi la testa "purtroppo però, mentre stavo per annotare i centimetri, sei entrato tu e sono venuto."
"Non dire queste cose!" Supplicò Shoichi sul punto di piangere "Io volevo solo dirti che mi ero ricordato del discorso che stavamo facendo qualche ora fa! Non di certo assistere alla... alla..."
"Alla mia venuta?"
"NON DIRLO COME SE FOSSI IL MESSIA, IDIOTA!"
L'urlo gli fece perdere l'equilibrio conquistato a fatica in quella posizione, e Shoichi cadde per terra, nel corridoio, appallottolato come un gomitolo di lana.
"Dove rotoli?" Chiese lui alzandosi da terra.
"Da nessuna parte! E-e non ti avvicinare, animale! Bestia! Asino!"
"Che buffo, sembra che tu stia elencando la mia scala evolutiva."
Shoichi continuò a muggire debolmente, coprendosi gli occhi fino a incrinare gli occhiali, finché Spanner non si risolse di rivestirsi, dato che girare con il pene al vento per casa era... come dire...
Una tentazione irrestibile.
Oops, intendevo... uno scempio ambulante.
E voi ci credete, vero? Bravi lettori!
Quando Spanner si rese nuovamente presentabile, Shoichi si alzò lentamente da terra, evitando però di incrociare il suo sguardo - in cui peraltro non avrebbe scorso nulla di più che il solito vuoto vitreo - e con un colpetto di tosse cominciò a parlare.
"A...allora, Spanner: mi sono ricordato che stavamo parlando di tua cugina, confermi?"
"Mh."
I nervi di Shoichi assunsero l'ormai consueto schieramento a «corda di violino».
"Spanner..." Incominciò, mentre una vena gli pulsava sulla fronte "Che ne diresti se approfondissimo il tuo concetto di «Mh»?"
"Mh, va bene. «Mh» può assumere il significato di: «sì», «no», «non lo so», «continua pure», «ho fame», «sto lavorando» «sto pensando», «Shoichi»."
"Capisco... e in questo caso, quale significato ha assunto?" Lo incitò lui mentre i tendini della sua bocca si distendevano innaturalmente verso destra e sinistra, in un sorriso che non era più forzato, ma che aveva superato i limiti di questo mondo.
Un sorriso alieno.
Proprio così. Shoichi aveva dovuto sviluppare capacità extra-terrestri per poter convivere con Spanner, essendo oltretutto quest'ultimo un OGM di primissima scelta.
Una pannocchia geneticamente modificata, se vogliamo.
"Il significato di «ho fame»."
Ovviamente, non avrebbe potuto rispondere in un modo più simpatico di questo.
Ma stavolta, Shoichi si era preparato.
"Non mi farò travolgere dalla tua simpatia" dichiarò lui incrociando le braccia "quindi prenderò quel tuo mugolìo da pesce morto come segno di approvazione e andrò avanti con il mio discorso!"
"Bravo, bravo!" Esultò la pannocchia battendo le mani "E' così che si fa, Presidente!"
Con un altro colpo di tosse, Shoichi si apprestò a continuare il discorso.
Ma l'aveva capito che lo stava prendendo in giro?
"Dunque... che sito era quello in cui ti trovavi qualche ora fa?"
"Un sito di incontri."
Silenzio.
Dal cuore di Shoichi si staccò un minuscolo frammento che esplose in polvere dorata e si disperse nella circolazione sanguigna.
"Ci sono entrato oggi per la prima volta perché mia cugina mi aveva inviato una mail chiedendomi di iscrivermi per contattarla lì." Aggiunse poi vedendo l'amico ondeggiare leggermente.
"Ah! C-capisco..." Disse riacquistando l'equilibrio e aggiunstandosi gli occhiali "Bene, prossima domanda: cosa vuole l'esimia cugina da te?"
Il quesito fu posto mentre un'ombra minacciosa sovrastava la figura di Shoichi. Tale ombra recava con sè un falce e un sorriso demoniaco.
Spanner agitò la manina.
"Chi stai salutando, scusa?"
"L'aura malefica che mi sorride alle tue spalle."
L'aura agitò la falce e si inchinò leggermente.
"Sì, molto divertente... vorresti rispondermi, per piacere?"
"Se non rispondo correttamente, vorrei almeno poter decidere della mia morte." Disse Spanner.
Ma non si stava rivolgendo a Shoichi, bensì allo spirito amocida dietro di egli, che annuì debolmente e tirò fuori un taccuino dalla tasca.
"Ok, allora... mi piacerebbe che la mia testa rimanesse intatta e che fosse messa in una di quelle capsule con l'acqua o limonata, non so bene di che liquido si tratti... tanto per capirci, la stessa fine che fa Lord Genome."
L'ombra annuì e scrisse. Poi lo guardò come se volesse chiedergli altre preferenze, ma Spanner scosse il capo con un sorriso pacifico.
"Per il testamento provvederò da me. Grazie per l'attenzione e buon lavoro, se ce ne sarà di bisogno."
Poi i due si salutarono, e l'aura malefica si dissolse come fumo.
Shoichi si chiese se valeva la pena di approfondire.
"Ma chi me lo fa fare..." Mormorò con un sospiro.
"Eccomi, ho finito. Stavo accordandomi con la Morte sulle modalità del mio trapasso."
"Certo, certo" tagliò corto lui per non impazzire "adesso che ti sei... accordato, che ne dici di rispondere?"
"Va bene. Mia cugina ha detto che vuole vedermi e che sarebbe venuta a trovarmi, visto che «sentiva l'impellente bisogno di precipitare fra le mie braccia». Testuali parole."
Mentre Spanner guardava i capelli di Shoichi che lentamente vincevano la costante di gravità e assumevano la forma di una medusa, si disse che aveva fatto bene a prendere prematuramente accordi con la signora ombra.
Quest'ultima apparve nuovamente alle spalle del rosso, agitando la falce, e Spanner le fece un gesto d'intesa con il pollice, dicendole «fatti avanti» con ammirabile stoicismo.
Ma qualcosa impedì a quest'ultima di avvicinarsi alla preda.
Una debole, piccola stella brillava nel cuore di Shoichi. Una stella color argento, che si chiamava «speranza».
Forse Shoichi avrebbe potuto ancora salvare la sua anima dalla depravazione. Doveva solo porre a Spanner un'altra domanda, e in base alla sua risposta decidere di darsi eventualmente al massacro del suo migliore amico.
"Spanner... tu vuoi che tua cugina ti salti addosso?"
O la va, o la spacca.
"No, che domande. L'unico che può saltarmi addosso e che non lo fa mai sei tu, Shoichi."
Ecco, glielo aveva detto.
Shoichi pensò che si trattasse di uno scherzo, ovviamente (troppo bello per essere vero), ma quando vide le guance di Spanner colorarsi di un tenue rosso porpora, sbiancò.
"Non prendermi in girò" mormorò voltandosi dall'altra parte "come se tu fossi gay..."
"E anche se fosse?" Chiese lui con un tono incredibilmente serio "Il sesso di chi mi sta accanto passa in secondo piano rispetto alla sua intelligenza, che stimo prima di ogni altra cosa."
Le orecchie di Shoichi avevano evidentemente qualche problema. O forse era la sua testa? Di certo quello che aveva sentito non poteva che essere solo una distorta proiezione auditiva delle reali parole della pannocchia OGM.
Però... quello era senza dubbio Spanner. Non poteva sbagliarsi.
Quelle parole, e il modo in cui le aveva pronunciate... erano suoi, dalla prima all'ultima sillaba.
"S-sei di ampie vedute, vedo..." Balbettò imbarazzato.
"Perché, tu no, Shoichi?"
Ampissime anche le sue, certo.
Dopotutto, Shoichi sarebbe stato perfettamente in grado di innamorarsi di una pannocchia, quindi chi più di lui poteva considerarsi di «ampie vedute»?
"Lasciamo stare questi discorsi, per favore... sono imbarazzanti."
"Va bene, come vuoi. Altre domande?"
Mi ami?
Non fece in tempo né a pensarlo, né ad avvampare per quel pensiero, né a sopprimerlo in un angolo della sua testa, perché il suono del campanello interruppe il loro tenero dialogo.
"Chi sarà, a quest'ora?"
"Mh. Credo che sia arrivata."
"Cosa, la pizza?" Domandò lui con un lampo di genio, reduce della precedente e traumatica esperienza.
"No, mia cugina."
Silenzio.
Il campanello suonò di nuovo, e una vocina isterica cominciò a chiamare il biondo a gran voce.
«Spanneruccio, sono arrivata! Aprimi la porta, non essere timido!»
"E' già qui?!?"
Ora sì che incominciavano i guai...


Precisazioni:
● Lord Genome è un personaggio appartenente all'anime "Tenge Toppa Gurren Lagann" ed è il re di Helix.



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Capitolo 13
*** Primo match ***


c13 «Cuginicchio... dai, apri la porta!»
Si sentì il legno tremare, probabilmente sottoposto a qualche spiacevole pressione sulla maniglia.
"Ti sta minacciando o cosa?!" Strillò Shoichi, a metà fra il terrorizzato e l'irritato.
Ma come si permetteva, quella? Disturbare il loro idillio, senza il minimo rispetto, e tentare pure di aprire la porta con la violenza!
"Arrivo, arrivo..." Sospirò Spanner muovendo un passo in direzione dell'uscio.
Ma Shoichi gli si abbarbicò alla gamba sussurrando un no colmo di dolore.
"No, no, no! Non aprire quella porta, Spanner! E' una trappola!"
"No, è solo mia cugina. Dai Shoichi, lasciami andare." E cercò di liberarsi da quella stretta, con delicatezza.
Ma Shoichi aveva ormai piantato radici e solo un diserbante avrebbe potuto scioglere la presa.
Continuava a scuotere la testa, mentre un verso simile a un muggito stanco si riversava sulla tuta dell'amico.
Pannocchio sospirò.
"Guarda che ci vado lo stesso, ad aprire la porta... con te che ti trascini attaccato alla mia gamba."
"Non oseresti mai."
Il tono era passato dal supplichevole al minaccioso in una frazione di secondo.
«Spanneroncino, dove sei? Perché non apri alla tua cuginetta del cuore? Ha percorso tanta strada per arrivare fin qui, lo sai!»
Ora Spanner sentiva chiaramente gravare su di sé una duplice minaccia.
Si grattò la testa, si guardò la gamba, si schiarì la voce, si voltò verso la porta, si mosse verso essa.
Il tutto contemporaneamente.
"Cos- dove stai andando, Spanner?"
Lunghi anni di esperienza in campo meccanico avevano insegnato al nostro biondo ragazzo che, solitamente, per rimediare a un malfunzionamento era molto più efficacie provocarne un altro e aspettare che questi si scontrassero e si eliminassero a vicenda, piuttosto che cercare di trattarli uno alla volta.
"Ad aprire la porta."
Solitamente, è il più forte a sopravvivere.
E il terzo gode, sempre.
"No, non farlo! Morirò!" Supplicò lui con le lacrime agli occhi, mentre il suo corpo scivolava inerme sul pavimento.
"E' la selezione naturale." Rispose lui facendo spallucce e trascinando la gamba come fosse un pirata.
La cugina, intanto, che aveva sentito un rumore di passi avvicinarsi, aveva smesso di gridare e stava dipingendo sul suo viso il sorriso più radioso e angelico possibile.
Il suo buonumore era stato inoltre accresciuto dopo che aveva sentito chiaramente il cugino trascinare con sé un sacco, che si figurò essere pieno di regali per lei. Batté le mani eccitata e si preparò a saltargli in groppa non appena avesse aperto la porta.
"Sto arrivando, sto arrivando." Ripetè quando fu vicino alla porta.
Shoichi, nel frattempo, mugolava triste, come un micetto sotto la pioggia.
Anzi, come una mucca mentre espleta i bisogni.
Moo, Moo!
Finalmente, la porta si aprì, e il cugino apparve in tutto il suo... pescioso splendore.
"Ma cia..." Cominciò a strillare, ma la vista di un essere umano legato alla caviglia di Spanner le asciugò la gola "E lui... chi è?" Chiese, prudente.
Poteva essere chiunque, anche il suo datore di lavoro. Non era saggio lasciarsi andare a smodate effusioni di affetto.
"Mia moglie." Rispose appoggiando un braccio al lato della porta.
Spanner era di gran lunga più alto di sua cugina, e in quella posizione sembrava ancora più imponente.
La ragazza ammirò l'altezza di lui, ma prima ancora di questo venne sorpresa dalla sua risposta.
"Ahah, ma dai Spanner, cosa mi dici? E' un uomo!" E mise una certa enfasi sprezzante nell'ultima parola, come se in quel momento per Shoichi valesse l'equivalenza uomo = porco.
Beh, però... era incagliato al suo Spanner, quindi più di un suino non poteva rappresentarle.
"Uomo? Oh, non poi così tanto..."
"S-Spanner!" Gridò lui allargando la bocca "Stai zitto, pezzo di asino che non sei altro!"
"Ben svegliata, mogliettina. Dormito bene?"
"Non sono tua moglie, idiota!"
"Ma come no? Conviviamo da anni, ormai... non rinnegare la verità."
"Q-quale verità?" Avvampò lui, staccandosi rapidamente dalla sua gamba e strisciando lontano, in preda alla vergogna.
"Ehi, tu!"
Quelle due parole bastarono a porre fine ai loro screzi da due soldi, portando instantaneamente l'attenzione su di lei, che impertinente indicava Shoichi con la punta dell'indice.
"Parli con me?" Fece lui, chiaramente ostile.
"Ecco, la lotta per il dominio del territorio è appena iniziata." Constatò Spanner con un sorriso. E cominciò un progressivo allontanamento che lo avrebbe portato dentro l'appartamento.
"Sì, proprio con te! Come ti permetti di insultare così il mio Spanner?"
"Ah! Mi viene da ridere! Come sarebbe a dire, il tuo Spanner? Non siete forse cugini?"
"E allora? I cugini possono sposarsi, è perfettamente legale... al contrario dei matrimoni gay!" Sghignazzò lei portando una mano alla bocca e guardandolo dall'alto in basso.
Certo, il fatto che Shoichi stesse scrisciando a terra non aiutava un granché la sua posizione.
"M-matrimoni gay??" Esclamò lui arrossendo "E c-chi ha parlato di matrimoni gay?!"
"Oh? Ma non sei tu quello che aveva qualcosa da ridere sull'aggettivo «mio», signor... Blood Peppers?"
Per la prima volta, la ragazza - di cui presto verrà svelato il nome, non preoccupatevi - fece caso alla scritta che campeggiava sulla maglietta di Schoichi.
Blood Peppers.
E in mezzo, un piccolo vasetto cilindrico della suddetta.
"Non guardare la mia maglietta! Stupida ragazzina senza seno!" E si coprì il petto con pudore.
Ecco, Shoichi ci ha appena svelato che la cugina di Spanner è piatta.
"C-cosa?! Ma come ti permetti, brutto... brutto... gyaaa!!" E si coprì il petto con vergogna, fissando Shoichi con rabbia.
Dopo essersi scrutati per qualche istante, come animali pronti a saltarsi addosso, entrambi si voltarono verso Spanner e gridarono: "Spanner, dì qualcosa!!!"
Ma Spanner non c'era più. Al suo posto vi era una sagoma bianca tratteggiata che lampeggiava a intermittenza.
Dopo un attimo di silenzio, lei gridò per prima.
"Hai visto? Lo hai fatto scappare!"
"Io!? Ma se sei stata tu a dare fuori matto, avresti fatto fuggire anche un albero di natale!"
"Prova a ripeterlo, se hai il coraggio!"
"Certo, quante volte vuoi!"
E l'avrebbe fatto davvero, se Spanner non fosse intervenuto con una caraffa di acqua in mano.
"Sto facendo del thé, mi vuoi dare una mano, Shoichi? E tu, Spannera, entra e accomodati."
Povero Shoichi, quanta tenerezza che gli aveva suscitato! E come era stato contento di vedergli tirare fuori le unghie, per lui!
Come non poteva venire in suo soccorso?
"Eddai, non chiamarmi così..." Piagnucolò lei con le lacrime agli occhi "... è brutto, Spannera, non mi piace!"
"E a me non piace il tuo nome. E poi, è troppo lungo per i miei gusti, e io detesto le cose lunghe. Preferisco quelle piccole e corte."
Shoichi rimase interdetto. Quello che stava succedendo... poteva considerla una vittoria personale? Poteva, vero?
Ma certo che poteva. E lo fece, e se la godette tutta, la sua vittoria.
Un sorriso beato gli si stampò sulla baccia.
"Shoichi, non dormire, aiutami a preparare il thé. Ho bisogno di un giapponese per farlo come si deve."
"Ma certo, Spanner! Andiamo a fare questo thé!"
La Pasqua era arrivata e si era incarnata in Shoichi, adornandolo di pizzi e fiocchi.
Il ragazzo si voltò Spannera con un'espressione che ricordava l'Assunzione.
"Spannera, ti faremo gustare un vero thé giapponese! Siediti pure e aspetta qui, faremo in fretta!"
La Pasqua perdona tutto e socializza col prossimo, gioendo della vita.
"E-ehi, aspettate un sec..."
Ma i due ragazzi erano già scomparsi oltre la porta, lasciando dietro di sé una scia di faville color oro.
E così, Shoichi aveva vinto questo round.
Ma non la guerra.
E che guerra che sarebbe imperversata...



Note dell'autrice: Blood Peppers è una scritta apparsa davvero sulla maglietta di Shoichi --> http://i52.tinypic.com/2hnyn1w.jpg





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Capitolo 14
*** Secondo match ***


c14 A intervalli regolari di 3 minuti, Shoichi emetteva una risatina soddisfatta.
Aveva ridacchiato quando aveva incominciato a riempire la caraffa.
Aveva ridacchiato quando aveva messo le foglie di thé in infusione.
Aveva ridacchiato quando Spanner gli aveva chiesto dove fossero le tazzine.
Aveva ridacchiato quando gliele aveva prese, rischiando di mandarle in frantumi.
Aveva ridacchiato quando stava versando il thé, rovesciandone metà sul tavolo.
E in tutto questo, Spanner si limitava a osservare l'amico, studiarne i segreti e fantasticare sulla sezione trasversale del suo cervello.
"Certo che..." Cominciò Shoichi in uno degli intervalli che intercorrevano fra una risatina isterica e l'altra "Tua cugina è davvero... davvero..."
Gli mancavano le parole.
"Sbrigati a trovare il termine giusto, prima che sopraggiunga di nuovo una crisi epilettica."
"Eh? di quale crisi stai... ehehehe. Ehehehe. Eh."
"Appunto."
Shoichi sembrò non capire. Continuava però a fissare Spanner, ridendo.
"Eheheheheehehehehe!"
"Ecco, l'abbiamo perso... lascia, lo servo io il thé a Spannera." E si mosse per prendere il vassoio prima che lo facesse il rosso, totalmente inconsapevole dei disturbi psichici che lo vessavano.
"Ehehe... no, no! Fammi pure servire il thé, sto bene!"
Spanner lo squadrò scettico.
"Il tuo concetto di «bene» è molto vasto, vedo..."
"Aehm!" Colpo di tosse "Io sto benissimo."
Come potrebbe stare male, del resto? Aveva vinto contro Spannera, la cugina di Spanner.
Spanner. Spannera. Spanner. Spannera. SpannerSpanneraSpannerSpanneraSpannerSpannera.
"Comunque, Spanner." Disse lui cercando di apparire serio. Tuttavia, poiché quello che si apprestava a dire era di un esilarante spaventoso, gli scappò un'altra risata che presto divenne delirio comico allo stato puro.
"Dica, signora papera."
"Ehm, ehm... ecco... tua cugina, S...Sp..."
"Mh?"
"Sp...Spa... no, non ci riesco, è troppo..." E scoppiò a ridere, come un forsennato.
"Shoichi?"
"S-sto bene! Sto bene, davvero... stavo dicendo, tua cugina Spa...Spannnnnngh... mf! AHAHAHAHAHAH!"
E di nuovo, si piegò sulle ginocchia tenendosi la pancia, mentre le lacrime si solcavano il volto copiose.
Persino Spanner fu costretto a ridere, giusto un pochino, giusto un istante. Non aveva mai visto Shoichi ridere così tanto in vita sua, sembrava sul punto di collassare.
E, detto francamente... gli possiamo dare torto?
"Shoichi... mhf." Cercò di trattenersi, giusto perché si trattava di lui, ma era davvero dura.
"Ahahah, oh mamma mia, sto... sto morendo! Ahahahahahah!"
"Sho... mhmf... ma tu guarda se devo farmi coinvolgere in queste... mhf!"
Poi, non ce la fece neppure lui.
Ed entrambi scoppiarono a ridere, a ridere, a ridere, fino allo sfinimento, fino a singhiozzare.
Fino a che...
"GYAAAA! U-un mostro! Aiuto, aiuto!"
Una voce fastidiosa non fece loro passare la voglia di ridere.
"Oh, che cazzo..."
"S-Shoichi" Balbettò lui, ancora sotto l'effetto dell'ilarità "Per favore, vai a vedere che cosa è accaduto a S... a mia cugina. Se esco dalla cucina in questo stato, potrei non rispondere della mia voce."
Lo sforzo compiuto da Spanner per conservare l'auto-controllo era davvero notevole, non c'è che dire.
Ma quello che doveva compiere Shoichi per trovare la forza di guardare negli occhi quella ragazza era... ancora più notevole.
"Cosa succede, signora?" Chiese il rosso per nulla interessato.
"U-un mostro! C'è un mos... ah, sei tu..."
"E chi speravi che fosse? Anzi, no, non dirmelo, ci arrivo da solo."
"Screanzato!" Starnazzò lei "Mi chiedo per quale motivo Spanner ti permetta di trattarmi in questo modo!"
"Forse perché sei... bah, lasciamo perdere, me ne vado."
"Ciao." Tagliò corto lei indignata.
Shoichi stava per ritornare in cucina, quando gli venne un'idea.
Così, un piccolo colpo di genio. Una pensata, una trovata.
"Quale sarebbe il tuo nome?"
Lei si voltò, lentamente.
"Spanner non te l'ha detto?"
Scosse il capo.
"Capisco. Beh, il mio nome è Jesscherryelaindelph."
Silenzio.
"Jes... cosa?"
"
Jesscherryelaindelph!" Ripetè lei spazientita.
"Jessc... ehm... come si scrive?"
"Oooh, insomma! Ma sei stupido?"
"Ah, IO sarei stupido!"
"Per forza!" Insistette lei, impettita.
"Su, su, beviamoci questo thé!"
La voce allegra (?) di Spanner interruppe la conversazione prima che questa degenerasse verso un vicolo senza uscita.
"Spannera, stavi litigando con Shoichi?"
"Uffa, non chiamarmi Spannera!"
"Va bene, allora non ti chiamo proprio. Shoichi, stavi lit... Shoichi?"
Ma Shoichi aveva ricominciato a ridere sentendo Spanner pronunciare il nome «Spannera» e stava ansimando disteso malamente sul divano del soggiorno, gli occhiali di traverso e la maglietta che gli lasciava scoperta mezzo stomaco.
"Cugino mio... perché vivi con un tale idiota?"
"Perché?" Fece lui, con un sorriso "Perché è il mio migliore amico, ecco perché."
"Cooooosa? Questo... nerd sarebbe il tuo migliore amico?! Sono sconvolta!"
Finalmente, qualcuno che dava del nerd a Shoichi.
Avanti, lo abbiamo pensato tutti quella volta che lo abbiamo visto con le cuffie giganti nelle orecchie, stile Bakuman, mentre in stato di semi-incoscienza si sparava la musica a tutto volume!
"Non dare del nerd a Shoichi..." Disse Spanner voltandosi verso di lui, mentre quest'ultimo si agitava convulsamente sul divano emettendo versi a metà fra una risata e un lamento "... esistono molti altri aggettivi più adatti a lui."
"Per esempio?"
"Beh... convulsivo mi sembra un termine appropriato per definirlo, non credi?"
"V-voi due!" Esclamò Shoichi voltandosi verso i cugini, le lacrime agli occhi e la voce ansimante "Cosa avete da dire alle mie spalle?!"
"Spanneruccio mi stava giusto dicendo che sei... convulsivo!"
"Cos...? S-Spanner! Ma che vai dicendo a quella... quella cretina?!"
Shoichi si alzò dal divano barcollando leggermente, si raddrizzò gli occhiali e si mosse verso di loro, in cerca di vendetta.
"Ohi, ohi!" Fece Spanner, portando le braccia in avanti per fermare una sua possibile caduta al suolo.
"Ma guardalo, sta venendo qui! Ha persino le lacrime agli occhi!" Civettò Spannera indicandolo con scherno.
"Certo, ho appena pianto dalle risate! Come fai a essere stupida da non accorgertene?"
"Come ti permetti, nerd! Vai a segarti con un porno piuttosto, sfi-ga-to!"
Ahi, questa faceva male.
Faceva male perché una scena del genere si era già verificata, e Spanner non tardò a ricordarsene.
"Ah, sì. Mi ricordo..." Cominciò lui, ma una mano si saldò alla sua bocca alla velocità della luce.
"Silenzio, silenzio!" Gemette lui, arrossendo violentemente "Non dire una sola parola, Spanner!"
"Mmfgnmh."
"Eh?"
"Mhfhgnm."
"EH?!"
"Mi spieghi come posso parlare se continui a mettermi la mano davanti alla bocca?"
"Noo, non toglierla!" E gliela ri-attaccò con veemenza, cercando contemporaneamente di trascinare via quel pericolo pubblico.
"Ah, ridicolo! Sei ridicolo, nerd! Diglielo pure tu, Spanner!"
"Mhfn!"
"Spanner, mi stai tradendo?!"
"Tradendo? Da quando sareste una coppia, nerd?"
"Non chiamarmi nerd, oca! E poi non sto parlando di «quel» tipo di tradimento!"
"Oca A ME? Oca A ME?! Ma io ti..." E si avventò contro Shoichi cercando di piantargli le unghia nella carne.
Ma i due litiganti non avevano fatto i conti con Spanner, la cui pazienza aveva raggiunto il limite consentito.
Così, prima che l'isterica cugina si avventasse contro l'isterico coinquilino, con un rapido gesto si liberò della presa di Shoichi (lo avrebbe potuto fare fin da subito, ma gli era sembrato scortese nei confronti dell'amico), si sovrappose fra i due con espressione indecifrabile e disse...
"Io vado a vedere Nanami, voi rimanete pure qui a divorarvi le carni. Mi ciberò di chi morirà per quando sarò di ritorno." E con un cenno della testa, lasciò la stanza per dirigersi in camera sua.
Shoichi e
Jesscherryelaindelph lo guardarono allontanarsi, impotenti.
Quando quest'ultimo scomparve inghiottito dall'oscurità del corridoio - ma era sempre buio, questo corridoio?! - , lentamente Shoichi parlò.
"Stavolta... abbiamo esagerato."
"Abbiamo? Sei tu che hai cominciato tutto, Shoichi!"
Shoichi? Lo chiamava per nome?
Quale affronto!
"Non chiamarmi per nome, mi... indispone. Chiamami Irie, se proprio devi, anche se preferirei che tu non mi chiamassi affatto."
"Guarda che non ci tengo a chiamarti... Irie."
La cugina sedette, in silenzio. Sembrava aver domato il suo spirito ribelle e mostrare per la prima volta il suo volto di essere umano. Shoichi la osservò, approfittando di quel momento di normalità, e constatò con una leggera sorpresa che Spannera assomigliava un po' a Spanner. Solo un po'.
I suoi capelli erano biondi, lunghi e tenuti ai lati da due codini (anzi, codoni). La sua espressione, quando non era irritante, era piuttosto spenta, con le palpebre troppo influenzate dalla forza di gravità. Era piatta - ah, ma si era già scoperto - e molto magra, sembrava uno stuzzicadenti venuto male. Il labbro superiore tendeva a coprire quello inferiore, in un perpetuo muso da gatto persiano che di attraente non aveva neanche il presentimento.
In sostanza, Spannera era un cesso di ragazza, esattamente come il cugino.
Ovviamente, stiamo scherzando.
Però posso garantire solo per la seconda parte della frase, quindi accontentatevi.
Tuttavia, Shoichi trovò in lei un... qualcosa di attraente. Era tutto a livello inconscio, per carità, però... c'era, e si sentiva.
Shoichi rabbrividì.
Non devo farmi influenzare dal fatto che assomigli a Spanner! Lei non ha niente di suo!
La ragazza si voltò verso di lui, come se si fosse sentita chiamata.
Lo osservò, di traverso, con la fronte corrugata e gli occhi perplessi.
"Lo sai, Irie? Sei davvero un cesso di ragazzo!" Esclamò infine con un sorriso perfidamente divertito.
E in quel momento... Shoichi comprese cosa significasse abbassare la guardia solo perché il suo avversario era una ragazza.
Si maledì per la sua debolezza al gene spanner, ma non ebbe la forza di controbattere.
Così, Shoichi aveva perso psicologicamente il secondo round, anche se a conti fatti si poteva contare più come un pareggio.
E allora, cosa sarebbe accaduto? Spanner avrebbe continuato a fare lo gnorri seduto in poltrona a guardare Nanami sul portatile, oppure avrebbe dichiarato apertamente il suo amore per qualcuno?
Le risposte a queste domande... nella prossima puntata!
See ya! ~



Note dell'autrice: suppongo che abbiate tutti chiara, nella mente, l'immagine di Takagi Akito di Bakuman, quindi non mi soffermo più di tanto.







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Capitolo 15
*** It's a PINCH! ***


c15 "Togliti."
"Levati di mezzo."
"Fatti da parte, nerd."
"Starnazza altrove, oca."
La porta della camera di Spanner si aprì di botto.
"Spanner, gradisci un gelato Valsoia?"
"Spanner, facciamoci una birretta come ai vecchi tempi!"
Il conteso in questione si voltò, con espressione impassibile.
"Shoichi, tu non bevi e non hai mai bevuto. L'unico lusso che ti concedi è un centilitro al mese di lemonsoda." Gli ricordò, succhiando il leccalecca che teneva in bocca.
"Ops, ho detto birra? Volevo dire... ehm, pokerino?" E con prontezza di spirito tirò fuori un mazzo di carte da sotto la maglietta.
"Shoichi, quella è una scatola di fiammiferi."
"Ma davvero?" Rise isterico, cercando meglio.
Poi si ricordò di averle messe dentro le mutande e ci infilò una mano in maniera poco ortodossa.
"Kyaaa! C-cosa stai facendo, pervertito! Porco!"
"Stai zitta, gallinaccia! Ah, eccole qui, sapevo di averle con me."
Era in dubbio se doveva sconvolgere di più il fatto che tenesse dei fiammiferi sotto la maglietta o un mazzo di carte dentro le mutande.
"Shoichi, né tu né io sappiamo giocare a poker."
"Sul serio? Bene, allora giochiamo con i fiammiferi, li ho portati apposta!"
Spanner scosse il capo, compatendo il coinquilino.
"Spanner, ignora questo pidocchio e gustati il gelato che ho portato appositamente per te!" E senza aspettare un cenno saltò in braccio al cugino, cercando di imboccarlo.
Spanner e Shoichi hanno detto no al colesterolo, ma non rinunciano alle seghe notturne.
Del gelato Valsoia, però, possono fare sicuramente a meno.
"Non lo voglio, non mi piace." Dichiarò lui girando la testa dall'altra parte "E poi ho già il leccalecca, come puoi vedere." E lo indicò con il dito.
"Oh, ma non ti preoccupare! Dai pure a me il leccalecca, lo gusterò io per te..." E avvicinò la bocca in maniera molto fraintendibile a quella di Spanner, che allontanava progressivamente la testa in attesa che Shoichi rinvenisse dal coma farmacologico e corresse a salvarlo.
"F..."
Aaah, finalmente.
"F-ferma! Maledetta! Non toccare Spanner con quelle tue labbra da gattaccio anemico!"
"Shoichi, non otterrai nulla strisciando sul pavimento, a meno che tu non voglia fare leva sulla sua pietà." Dichiarò Spanner indietreggiando ancora.
La posizione che quei due avevavo assunto stava diventando qualcosa di... trasgressivo.
Il povero Shoichi si sentì messo da parte, e cominciò a gridare.
"Come sei fastidioso, Irie! Perché non vai a masturbarti con quella bambola gonfiabile che hai dentro l'armadio?"
No! Aveva scoperto la bambola di plastica a forma di Spanner che Shoichi conservava gelosamente in uno scomparto segreto del suo guardaroba?
It's a PINCH!
Ovviamente Shoichi non possedeva nessuna bambola gonfiabile.
Solo un album di fotografie di Spanner scattate durante le sue innumerevoli docce.
Album, peraltro, donatogli da Spanner stesso con un sorriso che significava «usalo pure se ne hai di bisogno».
Mai aperto, s'intende.
Anche se... la tentazione c'era stata.
"Parli a me di masturbazione quando tu sei ancora una verginella di infima categoria? Ah, che coraggio! Se solo non mi facessi schifo ti avrei già violentato così tante volte da farti dimenticare persino come ti chiami!"
"Wow. Shoichi, perché non le tiri mai fuori queste frasi quando parli con me?" Chiese Spanner con ammirazione.
"T...TU!!!" Strillò Spannera saltando giù dalla poltrona e marciando verso Shoichi con passo infuocato "Maledetto porco schifoso, suino di merda! Perché non mi scopi allora, proprio qui, in questo momento, ah?! Non ne hai il coraggio, vero? Ti mancano le palle, vero?!"
"C-cosa hai detto?" La faccia di Shoichi divenne un pomodoro e istintivamente fece un passo indietro, spaventato dal sesso femminile di cui non sapeva assolutamente nulla.
Fu in quel momento, allora, che Spanner decise di intervenire.
Chiudendo la pagina di Media Player in cui il fotogramma di Nanami campeggiava in bella mostra, si alzò dalla poltrona e si mosse verso Shoichi, con passo lemme.
Quando lo vide avvicinarsi, il ragazzo provò l'irrefrenabile impulso di buttarsi fra le sue braccia in cerca di protezione, ma poiché il suo pene aveva sfortunatamente subito un'erezione causata dalle parole di Spannera non aveva osato muoversi di un centimetro.
"Shoichi."
Una parola, e lo strinse a sé.
Spannera osservò la scena con la bocca spalancata.
"Sp-Spanner!" Gemette lui a contatto con la sua immancabile tuta verde "Cosa diavolo fai?!"
"Ti fermo prima che tu possa perdere la verginità con mia cugina." Disse, cullandolo.
Non voleva che Shoichi la perdesse con un'altra persona che non fosse lui, ovviamente.
O semplicemente non voleva che la perdesse con un essere come Spannera.
"N...non l'avrei mai fatto..." Mormorò, mentre le gambe lentamente gli cedevano.
Il sonno stava prendendo il sopravvento su di lui, e la sua percezione della realtà si dissolse come nebbia mentre si abbandondava del tutto alle braccia di Spanner.
Si addormentò, bisbigliando ancora il suo nome.
"E adesso, mettiamo a dormire questa paperella di gomma." E se lo mise in spalla, portandolo sul suo letto.
"Cosa gli hai fatto?" Riuscì finalmente a chiedere Spannera, sconvolta dalla scena yaoi a cui suo malgrado aveva appena assistito.
"Ho inventato un nuovo tipo di tessuto: la stoffa soporifera, intrisa di cloroformio e sensibile solo per le piccole narici di Shoichi. L'idea mi è venuta quando mi sono chiesto come potessi convincerlo a fare sesso consenziente, realizzando che alla fine la cosa migliore era farlo addormentare per poi disporne a mio uso e consumo."
Un sorrisetto maligno gli si dipinse sulla bocca, in netto contrasto con la solita espressione vuota.
Spannera aprì la bocca, ma non le uscì alcun suono.
Stavolta, la vittoria spettava di diritto a Spanner, che con pochi e semplici gesti aveva neutralizzato entrambi i contendenti.
Tornò quindi a sedere, riaprì Media Player e proseguì con la visione di Nanami dall'esatto punto in cui l'aveva interrotta.

*

Erano seduti tutti e tre in soggiorno, e stavano consumando la loro cena.
Shoichi stava divorando una pizza ai peperoni di 68 centimetri di diametro.
Spanner stava addentando una caramella a forma di hamburger.
Spannera stava sorseggiando dell'aranciata.
A un certo punto, Shoichi ruppe il silenzio con un colpetto di tosse.
"Spannera" cominciò, senza ridere "mi piacerebbe consigliarti un albergo in cui passare la notte."
"Gentile da parte tua, ma io dormo qui."
Neanche il tempo di ILLUDERSI che almeno per la notte si sarebbe tolta dalle palle.
Naturalmente, Spanner continuò a consumare la sua cena - se così la si poteva definire - senza intromettersi nella discussione.
Come se lui fosse solo un ospite di passaggio, e di lì a poco avesse preso il suo fagotto e il suo sacco a pelo per continuare il suo lungo viaggio.
Come se quella non fosse casa sua.
Mentre le sue mandibole masticavano con passione, Shoichi parlò ancora.
"Non puoi. Non te lo permetto."
"Questa non è solo casa tua, ma lo è anche di Spanner. Lasciamo che anche lui prenda parte alla discussione, vero cuginicchio?"
Lui non rispose.
"Suppongo non si possa fare altrimenti..." Si arrese il rosso, sospirando.
Spannera sorrise compiaciuta.
"Allora, Spanneruccio... posso rimanere a dormire qui, stanotte?"
"Mh."
"Ha detto no."
"Ha detto sì."
Già, cosa voleva dire? Sì o no? O forse, «sto mangiando»?
Probabile la terza ipotesi.
In sostanza stava dicendo: fottetevela voi.
"Bene, è deciso, dormirò qui."
"Eh? Ah? Quando l'avresti deciso, scusami tanto?"
"Due secondi fa."
"Scordatelo, non ti voglio in casa nostra!"
"Se per questo neanche io vorrei che Spanner condividesse l'appartamento con un nerd segaiolo come te!"
"Io sono una persona utile alla società, gentile e simpatica!"
"Tu? Ah, mi viene da ridere! Ma se non sai neanche dove sia la vagina!"
Touché.
"E-e questo cosa c'entra? Neanche Spanner lo sa!" E lo indicò, per trascinarlo nella sua vergogna.
"Obiezione: io so benissimo dove si trova la vagina, nei corpi femminili."
Ma Spanner aveva addosso la cintura di sicurezza.
"Adesso parli però, eh?!"
"Mi sembra evidente che Spanner sia a favore del mio pernottamento, e visto che in ogni caso il tuo parere non conta, io resto!"
"Evidente un cazzo! Il fatto che lui mi stia prendendo in giro non significa niente, lo fa da tempo immemore, e non ha mai smesso, neppure per un giorno!"
Una nota di isterismo gli era suo malgrado scappata dalla bocca.
"Va bene, va bene! Visto che mi fai pena, propongo di giocarcela con una partita a sasso, carte e forbici!"
"Ci sto! Sono imbattibile in questo gioco!"
Non era assolutamente vero.
Si misero l'uno di fronte all'altra, e agitarono i pugni.
"Sasso!"
"Forbici!"
"Ah, ho vinto!"
"N-non ti scaldare tanto, è solo il primo round!"
Di nuovo.
"Forbici!"
"Carta!"
"Ho vinto di nuovo, ho vinto di nuovo!"
"Silenzio! Ti sto solo favorendo!"
Di nuovo.
"Sasso!"
"Forbici!"
Aveva perso.
"Ahah, schiappa!!"
"Hai barato! Hai sicuramente barato! Spanner, diglielo anche tu che ha barato!"
"Mh."
"Hai visto? Ha detto sì!"
"Che stai dicendo?! E' ovvio che voleva dire di no! Vero, Spanneruccio?"
"Mh."
E fu così che Shoichi perse a sasso, carta e forbici, e fu costretto ad acconsentire che Spannera dormisse da loro.
La serata era appena cominciata, e si sarebbe rivelata... molto, molto interessante.



Precisazioni:
● "It's a pinch" è una frase che ripete spesso Tsunashi Takuto, protagonista dell'anime Star Driver e significa "è un guaio" :)




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Capitolo 16
*** Violenza ***


c16 Ci sono cose che non si possono comprare.
E altre di cui non ci si può disfare neanche con lo sconto del 100%.
Jesscherryelaindelph era una queste.
A cominciare dal suo nome, che non passava neanche per la porta.
"Voglio dormire con Spanner!" Aveva dichiarato di colpo, dopo essere stata 42 minuti a crogiolarsi nella sua vittoria.
Nessuno avava fiatato.
Shoichi era catalessi plumbea e non accennava a riprendersi.
Spanner sorseggiava del thé verde con fare serafico, chiedendosi quando il suo paperotto sarebbe venuto a cavarlo fuori di impiccio.
E lei aveva preso quel silenzio per un tacito assenso, e si era messa a ridacchiare da sola, come un'idiota.
Del resto, era pur sempre cugina di Spanner.
Erano le 23:20 quando finalmente Shoichi diede segni di miglioramento.
Nel coma, agitò una mano cercando di afferrare il collo di Spannera, ma lei riusciva sempre a sfuggirgli e si abbarbicava a suo cugino, ancora più menefreghista e apatico del solito.
Shoichi sentiva dunque gravare su di sé la responsabilità della salvezza del coinquilino, e con un grande sforzo di volontà si era costretto ad aprire gli occhi.
Fatto ciò, aveva teso le orecchie alla ricerca di suoni sospetti, ma non aveva sentito volare una mosca.
E neanche un Mosca.
Questo era preoccupante.
Si mise a sedere, si stiracchiò e malamente si mise in piedi, guardandosi intorno.
Non vi era anima viva.
"Ho un brutto presentimento..." Mormorò mentre cercava di muoversi senza fare rumore, un piedino alla volta.
Le assi del pavimento scricchiolavano a ogni passo - e dove vivevano, in una catapecchia?! - perché ovviamente anche loro amavano prendersi gioco di quel piccolo frugolo rosso che era Shoichi.
Frugolando, arrivò alla sogliola della porta.
Il corridoio ovviamente era buio - ma no, ma cosa mi dite mai? - , ma quella sera sembrava ancora più buio del solito.
Sentiva che un qualcosa, nascosto nell'oscurità, l'avrebbe ghermito non appena si fosse introdotto nel corridoio, e rabbrividì.
"No, non posso mollare... Spanner ha bisogno di me!"
Così, il ragazzo di 26 anni suonati si fece coraggio e attraversò il corridoio, correndo come una papera a cui vogliono strappare le piume.
Avete presente la coda di Paperino? Ecco, immaginate che qualcuno la voglia violare. Come si sentirebbe Paperino?
Sudato come se avesse percorso in lungo e il largo il Minnesota per 100 volte, Shoichi giunse dall'altra parte.
Fiero dell'uomo coraggioso che era diventato (perché è giusto che un ragazzo di 26 anni suonati si complimenti con se stesso per aver vinto la paura del buio) si voltò verso l'oscurità dietro di sé e le uscì la lingua.
Poi gli sembrò di scorgere una figura inquietante, e immaginandosi che fosse la personificazione demoniaca del corridoio, offesa per la liguaccia, se la diede a gambe.
Ecco, ora era giunto davanti la camera di Spanner.
Accostò l'orecchio, e ascoltò.
Nessun rumore, nessun respiro.
"S-Spanner? Sono io, Shoichi." E bussò, con la mano tremante.
Nessuna risposta.
1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 secondi.
Il frugolo fece allora per cercare altrove, quando sentì un sussurro.
Appiccicò dunque il timpano alla porta, per verificare se avesse sentito bene.
"Shoichi, entra, ma non fare rumore."
Questa era... la sua voce!
"SPANNER, SEI VIVO!!!" Gridò lui spalancando la porta, dimostrando al compagno di essere in possesso di prodigiose facoltà intellettive.
Tralasciando l'espressione di Spanner che gridava «coglione» da tutte le parti, Shoichi si accorse di un corpo, che giaceva ai suoi piedi, immobile.
Spannera.
"Sssh! Ti sentirà!"
"Oh, scusa scusa!" E si tappò la bocca con entrambe le mani, scuotendo la testa e arrossendo, evidentemente divertito.
Era come quando, alle superiori, Spanner lo aveva coinvolto nel gioco «non svegliare il mastino», che consisteva nel passare davanti alla cuccia di un enorme cane da caccia di proprietà dei vicini di casa di Shoichi senza fare il minimo rumore.
In palio, un salatino decomposto.
Era stata l'unica volta in cui aveva vinto contro Spanner, ma quel salatino faceva veramente schifo.
Si avvicinò alla ragazza, e si inginocchio.
"Ti prego, dimmi che è morta."
"Ahimé no, non riesco ad ucciderla."
"Come sarebbe a dire, non riesci ad ucciderla? Dalle una sprangata in testa e il gioco è fatto, no?"
"Shoichi, dimentichi che prima di tutto io sono un ingegnere? Io non uccido a sprangate, ma con astuzia e furbizia."
"E' inutile usare l'astuzia quando hai a che fare con un surrogato di essere umano" Insistette Shoichi "davvero, con questo tipo di persone l'unica cosa da fare è..." E simulò un movimento simile a quello di Fred Flinstones.
"Non essere ridicolo. Voglio sbarazzarmene a Modo Mio - nei migliori supermercati (scusate, piccolo spazio pubblicitario) - e senza ricorrere alla violenza."
Spanner era proprio una persona di buon cuore.
Voleva uccidere, ma senza la forza bruta.
Voleva pur sempre uccidere, ma chi se ne frega? Era così carino quando mandava a fanculo l'etica per dedicarsi interamente alla robotica!
Shoichi poi, non ne parliamo. Un frugolo di ragazzo.
Da strapazzare di coccole.
"E sentiamo, come te ne vorresti sbarazzare?"
Non aspettava altro che quella domanda.
"Shoichi, guarda qui!" Gli disse, con gli occhi che gli brillavano di quella luce visibile solo quando si parlava di ingegneria.
Gli mostrò una piccola ventosa che sembrava uno sturalavandini in miniatura.
"Che cos'è?" Domandò lui, perplesso.
"Un disturbatore di onde celebrali! Quando lo attacchi sulla fronte di qualcuno, immediatamente comincia a inviare impulsi opposti a quelli dei neuroni del cervello in questione, fino a fonderlo. Dopodiché, basta che lo togli e nessuno saprà mai come è morta la vittima. Geniale, vero?"
Quando cavolo se l'è pensata una cosa così?!
Invece di mettere il proprio illustre genio al servizio dell'umanità, Spanner lo applicava in invenzioni inutili e pericolosamente mortali. Ma tanto, a chi importa? Il fascino di Spanner stava proprio in questo.
E quello di Shoichi stava nel fatto che, qualunque cosa fosse accaduta, lui lo avrebbe assecondato fino alla fine dei tempi.
In questo caso, comunque, l'invenzione non era altro che la messa in pratica del terrificante potere degli occhi di Spanner.
Altro che Sharingan.
Di fronte a contanto genuino entusiasmo, Frugolo non ebbe il cuore di dar voce alle sue perplessità, e si limitò ad annuire.
"Perché, però, non ha funzionato?"
"E' quello che mi piacerebbe capire."
Silenzio. Entrambi si misero a pensare a quale possibile motivazione si celasse dietro l'apparente malfunzionamento dell'invenzione.
Shoichi ragionò in questo modo.
Un disturbatore, che fa? Disturba.
Quindi un disturbatore di onde celebrari, che fa? Disturba le onde cerebrali.
Spanner, chi è? Un disturbatore di Shoichi.
Quindi, cosa fa? Disturba Shoichi.
E quando, invece, non lo disturba? Quando Shoichi non c'è.
E quando un disturbatore di onde cerebrali non può disturbare le onde cerebrali?
Quando queste sono assenti, evidentemente.
Dunque...
"Ho capito."
"Oh?" Esclamò Spanner, sorpreso.
"E' semplice. Tua cugina non pensa. Né quando è sveglia, né quando dorme."
"Ah."
Silenzio.
"Sì..." Disse "Effettivamente, credo che tu abbia ragione."
Altro silenzio.
"Vado a prendere una spranga."
"Aspetta, Shoichi, ti aiuto."
"...Gnh..."
Si paralizzarono, terrorizzati.
Si stava svegliando? Noooo!
Qualcuno la tramortisca, pietà!
"M... ma cosa... dove sono?"
"Shangai ni youkoso!" Improvvisò Spanner con un pessimo accento cinese.
"Uh? Oh... Spanner, che stai..."
"Ore wa nipponji janai. Ore wa... otoko janai. Atashi ga... onna no ko. Ato, Shoichi ga suki. Daisuki! Ne, Shoichi-kun?"
"S-Spanner, che diavolo dici!"
"Eh? Non capisco cosa dici..."
"Non importa, muori." E gli diede un colpo secco sul retro del corpo.
La ragazza cadde a terra, incosciente.
Shoichi osservò la scena sconvolto.
"Spanner... questa è violenza!"
"E dare sprangate non è pure violenza?"
"S-sì, ma!"
"Via, via" mi mise un braccio intorno alle spalle "andiamo a dormire e lasciamola qui. Domani nasconderemo il cadavere."
"Ma non è morta!!"
"Ah. Vabbè, domani la uccideremo. Andiamo?"
Come resistere a quell'invito?
Shoichi uscì dalla camera di Spanner, diretto nella sua, con un sorrisone stampato in faccia.
Sì, se lo sentiva.
Domani sarebbe stata una giornata fantastica.

*

Il giorno dopo, Spanner si diresse in cucina. Erano le 6 del mattino, e perciò si aspettava di non trovarci nessuno.
Ma ad attenderlo c'era Shoichi, i gomiti appoggiati al tavolo e la testa contro le sue mani intrecciate.
"Schoichi."
"Ah, Spanner, buongiorno."
"Come mai in piedi a quest'ora? Solitamente tu dormi parecchio."
"Sì, è vero, ma... stanotte ho fatto un sogno spaventoso che mi ha costretto ad alzarmi prima."
Spanner aprì il frigo, in cerca del cartone del latte.
"Ah sì? E che hai sognato?"
"Beh... ho sognato di trovarmi alle dipendenze di un marshmellow, che non faceva altro che dettarmi ordini e pretendeva di conquistare il mondo."
Spanner quasi sputò il latte che stava bevendo.
"Saranno i postumi di ieri sera." Gli disse con un sorriso.
Sarà effettivamente così?



Precisazioni:
● "Shangai ni youkoso!" e "Ore wa nipponji janai. Ore wa... etc" sono frasi in lingua giapponese che significano rispettivamente "Benvenuti a Shangai!" e "Io non sono giapponese. Io... non sono un uomo. Io... sono una ragazzina. E poi, mi piace Shoichi. Mi piace moltissimo! Vero, Shoichi-kun?"

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Capitolo 17
*** Goodbye ***


c17 Nella vita, così come nella quotidianità, ci vuole diplomazia.
Per i comuni mortali, questo non era più che un consiglio.
Per Shoichi e Spanner, la regola.
"Spanner, dov'è la mia crusca?"
Un silenzio molto diplomatico seguì dunque in risposta alla domanda di Shoichi.
"Spanner..." Un piede cominciò a battere ritmicamente sul pavimento.
Spanner sorseggiava il suo succo di mirtillo siberiano, gli occhi fissi dentro il bicchiere.
"Buono questo succo, dove l'abbiamo comprato?"
"Non ignorarmi!" Strillò quello cercando invano di farsi valere.
Sbattè i palmi delle mani sul tavolo davanti a lui, ben attento però a non guardarlo negli occhi.
"Mh? Ho qualcosa sul collo?"
"No, perdiana! Ma rispondimi quando ti parlo!"
"Va bene."
Silenzio.
"Spanner..."
La pazienza di Shoichi aveva già raggiunto la soglia della soglia della soglia.
"Dimmi."
E ora l'aveva appena varcata.
Mormorando frasi incomprensibili, Shoichi si prese la testa fra le mani e se la scosse violentemente, in più direzioni.
Mentre faceva ciò, i suoi piedi si alzavano da terra ritmicamente in una danza indiana volta a maledire il soggetto di fronte a lui.
E come se non bastasse, Spannera si era svegliata.
Perchè, ricordate, i guai non vengono mai da soli.
Non quelli di Shoichi perlomeno.
"Ma chi è che grida a quest'ora del mattino?" Strillò inviperita emergendo dall'oscurità del corridoio - rassegnatevi, le tenebre sono una prerogativa di questo corridoio - e agitando un cuscino per aria.
"Ti ci metti pure tu, adesso?"
"Buongiorno." Salutò Spanner, come se la sera prima non avesse tentato di ucciderla.
Perché nelle cose ci vuole diplomazia.
"Spanner, tesoro, buongiorno! Dormito bene?" E gli buttò addosso, parzialmente nuda.
Massì, tanto, chi se ne fregava di Shoichi?
"Non ignorarmi, oca!"
"Oh? Irie, non ti avevo visto."
"Bugiarda!"
"Spannera, potresti scendere dalle mie cosce?" Chiese Spanner poggiando il suo bicchiere ormai vuoto sul tavolo "Devo mettermi al lavoro."
Spanner che lavorava? Ma scherziamo?
Non è mica una sci-fic questa!
"TU?!" Esclamò Shoichi "Cioè... capisco, ti darò una mano."
Ma quando mai Spanner ha lavorato?!
"Gentile da parte tua, ma preferisco l'aiuto di mia cugina."
Silenzio.
"Ah! Sentito? Spanner vuole il mio aiuto! Fottiti, nerd! Nerd! Nerd!" Spannera gli uscì la lingua, dimenandosi come un'oca nello stagno.
"C...Cosa hai detto, Spanner? Il suo aiuto?!" Shoichi non poteva credere alle sue orecchie "Stai scherzando, vero?"
"Io non scherzo mai, Shoichi. Non te l'avevo già detto, in passato?"
"M-ma! Lei è un'idiota! Gli idioti possono solo aiutarsi fra di loro quando devono avvitare una lampadina!"
"Ehi, a chi stai dando dell'idiota?!"
"A te, Spannera, a te, a te e ancora te! Tié!" E le mostrò il medio con un atteggiamento serio e maturo, come si conveniva a una personalità della sua portata.
"Non vorrei rovinarti la festa, Shoichi, ma... mia cugina ha lavorato alla NASA, qualche anno fa."
Silenzio.
"Tua cugina COSA? Non ho sentito."
"Ha lavorato alla NASA."
"COSA? Non sento, ti dico."
Non è che non sentiva.
E non è che stesse fingendo di non sentire.
Solo che anni e anni di soprusi avevano fatto maturale, nel cervello di Shoichi, una specie di «salvavita»: ogni qualvolta Spanner diceva una parola o una frase che avrebbe potuto incrinare il suo già precario e fragile equilibrio psichico, una valvolina si metteva in funzione isolando la corteccia uditiva da tutte le onde sonore emesse da Spanner.
E poi parliamo tanto che Shoichi è cretino.
Insomma... gli esseri umani devono pur sopravvivere, no?
"Mia cugina era la prostituta di un tizio che lavorava come astronauta."
Spanner sapeva sempre come aggirare gli antivirus di Shoichi.
Era un Hacker, dopotutto. Oltre che un Cracker.
"Aaah, ora ho capito. Beh, congratulazioni allora!"
"Io non ero affatto una prostituta!!" Si difese lei, oltraggiata "Mi limitavo a... accompagnare quelli che stavano per partire."
"«Accompagnare»? E dove, al bagno?"
"S-sì! Esattamente!"
"Certo, capisco, è naturale... gli astronauti non sanno dove sono i bagni, alla NASA!"
"L-l'avevano ristrutturata da poco! Quindi era naturale che gli... astronauti, ecco, non sapessero dove fosse il bagno!"
"Ristrutturare la NASA?!" Shoichi scoppiò in una fragorosa risata "Bambina, sai almeno che cosa vuol dire l'acronimo «NASA»?"
Shoichi era una papera, ma quando si parlava di ingegneria spaziale diventava un Albatros.
"Certo che lo so!"
"Sentiamo, allora."
Silenzio.
"Spannera-san? C'è forse qualche problema?"
"N...non vedo perché dovrei dirlo a uno come te, che non sa neppure dove si trova la vagina!"
Ingegnoso, coprire una lacuna culturale con una lacuna mentale.
"Oh." La voce di Shoichi trasudava ego da tutti i pori "Oh, che ingenua... ieri ho solo finto di non saperlo, per non metterti in imbarazzo! Ovvio che so dov'è la vagina!"
Ovvio, certo.
Con tutte le vagine che aveva visto in vita sua...
"Cooosa? Spiacente, non ti crederò finché non verrai qui a indicarmela!"
"Stiamo sfociando nel porno..." Commentò Spanner che, nel frattempo, aveva abbandonato la sua sedia e si era diretto verso la dispensa, tirando fuori una scatola rossa.
"Con immens... ehi, Spanner! Quella è la mia crusca!" Esclamò Shoichi additandolo sconvolto.
"Questa? No Shoichi, ti stai sbagliando. Questa è la mia crusca, non la tua."
Terrore.
"S-sei cattivo, Spanner!" Uggiolò come un cane bastonato "Cattivo e prepotente! Ridammela!" E si sporse per togliergli il pacco dalle mani.
Ma anche nell'altezza il biondo lo superava abbondantemente.
Altezza, lunghezza e profondità.
Spanner aveva il pieno controllo delle tre dimensioni.
Era il signore dello spazio.
Mentre Shoichi lo era del tempo perso.
"Oh, Spanner..." Sospirò la cugina come in preda a un orgasmo "Sei così... virile!"
"Virile questo pesce morto? Ma stiamo scherzando?!"
"Ma come ti permetti, tu, di dare del pesce morto a mio cugino! Proprio tu che hai la voce di una ragazzina!"
Spanner trattenne una risata.
Dopotutto, anche lui aveva sempre pensato che la voce di Shoichi fosse irresistibilmente femminile.
Ma farselo dire da una come Spannera era...
"Tu! Oca del Campidoglio dei miei stivali!"
... così umiliante.
"Stai parlando con me, nerda?"
Nerda? Merda?
"Vedi altri volatili, qui intorno?"
Oh, io sì.
Li vedete anche voi, vero?
"Scusate, potrei avere un secondo la vostra attenzione?"
Quella ce l'aveva sempre, a dire il vero.
"Sì??" Fecerò in coro i due contendenti, voltandosi verso di lui con un amabile sorriso stampato in volto.
"Non riesco a ricordare il motivo per cui avete cominciato a litigare, ma... Spannera, vorresti venire ad aiutarmi?"
"Arrivo, tesoruccio mio!" E uscita la lingua a Shoichi, sgambettò verso il cugino, che osservava la scena inorridito.
Spanner... aveva dunque compiuto la sua scelta?
Il ragazzo cadde sulle ginocchia, tremante.
A quanto pare... la guerra aveva trovato il suo vincitore.
"Ecco, devi farmi un piacere" Stava spiegando il biondo alla cugina indicando il monitor del suo portatile "voglio che tu mi dica, una per una, le date in cui sono state caricate queste foto."
"Va bene, Spanneruccio!" E, paddino alla mano, aprì la cartella in cui esse erano contenute.
Shoichi intanto stava affrontando una grave crisi esistenziale, e sentiva la pizza ai peperoni della sera prima rivoltarsi dentro il suo stomaco premendo per uscire.
"Io... ho dunque fallito?" Continuava a ripetersi, il viso traviato dalla sofferenza "Spanner mi ha... rifiutato?"
Non voleva crederci. Continuava a scuotere la testolina rossa cercando di convincersi che fosse tutto un sogno, ma quando riapriva gli occhi vedeva i due cugini sorridere, l'uno all'altro, affiatati come... come lo erano stati loro, in un tempo lontano.
Che sofferenza, che dolore, che tristezza!
"Spanner... mi accorgo solo ora dei tuoi sentimenti per... Jesscherryelaindelph." Si fermò, provato dallo sforzo per aver cercato di pronunciare quel nome impronunciabile "In verità, ieri sera tu non avresti voluto ucciderla, vero? Era tutto calcolato... tu volevi solo che... lei fosse felice!"
Ma come fosse arrivato a una conclusione del genere, era un mistero.
"Allora, allora!" Spannera stava schiarendosi la voce "La prima foto è del... 14 febbraio di 5 anni fa!"
"Mh, 14 febbraio?" Spanner sembrava perplesso "Come si chiama la foto?"
"Guardateli, come si divertono!" Mormorava Shoichi a denti stretti.
"Si chiama, si chiama..."
Silenzio.
"Come si chiama?" Insistette lui.
"... «Io_e_il_mio_paperotto»?!"
"Ah, quella! Ok, ora ricordo, passa pure all'altra."
"Ma come sarebbe?! C-che significa tutto questo??"
Vinta dalla curiosità, Spannera aveva intanto aperto la foto.
E ciò che aveva visto... non le era piaciuto affatto.
Persino Shoichi venne attirato da quel titolo, e si alzò in piedi, barcollante, senza neanche prendersi la briga di arrossire per ciò che aveva appena sentito.
Corse verso il portatile e con uno spintone lanciò via la cugina, impossessandosi della postazione.
E poi, la vide.
"S...S...Spanner!" Balbettò avvampando bruscamente "M-ma questa... questa è...!"
Spanner se la rideva.
"Te la ricordi, Shoichi? Quel San Valentino di 5 anni fa..."
"Mi avevi giurato che quella foto l'avevi disintegrata!" Strillò, acquistando sempre più colore.
Eh, santo cielo, che paroloni!
"Sì, infatti l'avevo disintegrata... non prima di averne fatto una copia, però."
"Aaah, che vergogna!" Gemette, coprendosi gli occhi con le mani.
E dopo quella foto ne seguirono altre, e poi altre ancora, un database che ne compreneva 754.
E le commentarono tutte, dalla prima all'ultima.
O meglio, Spanner le commentava e Shoichi strillava come una donnina, tappandosi le orecchie o scappando per tutta la casa.
E ovviamente, a quel punto, Spanner lo rincorreva, lo riacciuffava, lo trascinava al computer, gli metteva una mano intorno alla vita, e... faceva partire la presentazione automatica.



"Ehi Shoichi, che bei capezzoli che hai qui!"
"Non lo direeeeee!!!"



E Spannera?
O, lei se ne era tornata da dove era venuta. Dall'America, per la precisione.
La visione di quelle foto l'aveva scandalizzata a tal punto che non sarebbe potuta rimanere un secondo di più... in quella casa di maniaci.
Aveva lasciato un biglietto, ma una folata di vento aveva fatto volare via.
Ma tanto, non importava a nessuno.



"Ehi, Spanner... non sarai stato troppo duro con tua cugina?"
Ora che si era tolta dalle scatole, Shoichi poteva pure fare la parte del bravo ragazzo.
"Io volevo solo che mi aiutasse a mettere a posto l'album fotografico, non era previsto che reagisse in quel modo."
"Bugiardo."
Entrambi si trovavano distesi sul pavimento, a osservare il soffitto, testa contro testa.
Shoichi era felice, perché era riuscito a riconquistare la sua pace, la sua casa, il suo migliore amico.
Spanner era felice, perché si era divertito un mondo alle loro spalle.
"A proposito, Spanner."
"Mh?
"Mentre tu eri distratto, ho lasciato un piccolo virus nel tuo computer, nella cartella delle foto. A quest'ora saranno già state cancellate tutte."
Ce l'aveva fatta.
Era riuscito a fargliela, una buona volta.
"Tanto ne ho un hard-disk pieno, in laboratorio."
O forse no.
"Cosa?!"
E così, la nostra saga giunge al termine.
Ma nuove avventure attendono i nostri due intrepidi ingegneri, circondati da cavi ad alta tensione, pannelli fotovoltaici e frullatori di seconda mano.
Pronti al prossimo capitolo? ~



Note dell'autrice: ho cambiato quasi tutti i titoli inglesi in italiano, perché mi è venuto in mente un risvolto in cui saranno molto più azzeccati e non volevo farne troppi in questa lingua.








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Capitolo 18
*** Postumi ***


c19 «Spanner, sono rimasta sconvolta! Non avrei mai immaginato che tu... con lui... oh, Dio, mi vengono i brividi... Vabbè, non è questo il punto. Mi stavo solo chiedendo - sai, giusto per sapere - in che modo avevi intenzione di dire a mamma che sei gay. Non vorrai mica che glielo dica io, spero! Ci stavi pensando, ammettilo! Perché non lo ammetti?! Oh, insomma, lasciamo perdere... mamma si arrabbierà un sacco, lo sai vero? E ci resterà malissimo. E verrà lì in Giappone a tirarti le orecchie e a riportarti subito in America. Che poi, di recente si è pure fissata con un tizio... una specie di psicologo, molto figo per carità, ma non mi sembra affatto intelligente! Cioè, dai, quale psicologo non ti fa pagare la prima seduta? Deve essere proprio un idiota! Proprio come quel tuo fidanzato lì... Ma sai, Spanner, perché non ci ripensi? Le ragazze sono belle, lo sai? Lo sai? Sì che lo sai! Sono intelligenti, carine, simpatiche, vestono bene, hanno le curve... gli uomini invece sono tutti pervertiti e senza cervello, proprio come quel tuo... Shoichi lì, oh mamma, il solo pronunciare il suo nome mi snerva! Quanto non lo sopporto! Non osare invitarmi al tuo matrimonio, intesi? Per nessun motivo, tanto non ci vengo, hai capito? Al massimo invitami al suo funerale... Ah, lo sai? Oggi mi sono comprata un cellulare nuovo, quello satellitare, così ti posso chiamare sempre! Sei contento, vero? Sì che lo sei, dai, ammettilo! Il tuo numero è... oh, no! Mi sono scordata di chiedertelo! Maledizione! E adesso come faccio, mi toccherà tornare in Giappone? Ahah, ma neanche per sogno, io quel nerd non lo voglio rivedere, mi fa senso... e poi odio i tipi con gli occhiali, tutti secchioni, tutti talpe, tutti segati da mattina a sera... e quei capelli rossi, poi! Sembra così... aggressivo, maligno! Uno di quelli che ti scoperebbe in un angolo se non ci fosse nessuno a guardarti! Brrr, Spanner, io proprio non ti capisco! Andarti a cercare uno così, quando avevi ME! Me, lo splendore in persona! Avrei rinunciato a tutto per te, lo sai! Eppure... Bah, uomini, siete tutti pazzi. Sono proprio contenta di essere nata donna! E poi sai che... oh no! E' tardissimo, devo andare dal parrucchiere! Diavolo, mi hai trattenuta un sacco, Spanner! Maledetto, dì qualcosa! Ecco, non parli... sei sempre il solito! Vabbè, io vado, ci sentiamo! Baci baci baci, e... dì a quel nerd di spararsi in bocca ^_^ Jess ♥»


"..."
"Shoichi?"
"Quanto ho sperato che il suo aereo precipitasse... ah, se l'ho sperato!"
Alzando le mani al cielo, Shoichi maledisse gli dei che non ascoltavano mai le sue preghiere.
Neanche fosse stato un egoista.
Voglio dire... la morte di Spannera avrebbe liberato il mondo, mica solo lui.
"Sarebbe sopravvissuta lo stesso" Dichiarò Spanner ciucciando il suo leccalecca "gente così non muore mai, purtroppo."
"L'hai detto."
Rimasero in silenzio, a contemplare la mail che Spannera aveva inviato al cugino non appena era arrivata in America.
Una carica di irresistibile simpatia si era già avvertita quando avevano letto il titolo «I'm alive, I'm in love!», ma il contenuto aveva superato qualunque aspettativa.
"L'hai notato" fece Shoichi dopo un po' "che si rivolge a te come se foste in diretta?"
"Ah, sì, è un vizio che ha sempre avuto fin da piccola" confermò lui "mi ricordo, ad esempio, quando in passato mi scriveva le lettere d'amore e nelle stesse si metteva a piangere perché mentre le scriveva non le dicevo che l'amavo."
Il sopracciglio di Shoichi fece un balzo.
"Lettere... d'amore?"
"Sì, sai, quelle con il cuoricino, profumate, che si mettono negli armadietti, dentro i panini, sotto la suola delle scarpe..."
"Sì, questo l'avevo capito, ma... tua cugina ti scriveva lettere d'amore?"
Perché quella ragazza lo sconvolgeva anche a 6000 km di distanza?
"Oh beh, sai com'è... è un periodo che attraversiamo tutti, quando siamo piccoli. E stupidi."
"Io no." Mormorò, offeso "Io non ho mai detto a mia sorella che l'amavo..."
"Probabilmente non te lo ricordi, ma lo avrai fatto."
L'aveva fatto? Il dubbio lo assalì.
Seguito immediatamente dalla vergogna.
"I-impossibile! Non direi mai a una persona che la amo se ciò non fosse vero!"
"Mh."
Silenzio.
"E tu piuttosto" cerco di deviare la conversazione su Spanner "le hai mai risposto?"
Lui lo guardò, sorpreso.
"E come, Shoichi? Le lettere che mi scriveva non arrivavano mai a destinazione, perché le bruciava prima di spedirle."
"Le bruciava?!"
"Per forza! Se credeva tutte le volte di non ricevere risposta..."
Non ci poteva credere.
Ma con quale pericolo pubblico, con quale creatura sovrannaturale avevano passato quelle 24 ore?!
Shoichi deglutì, ritenendosi fortunato ad essere ancora vivo.
"E scusa... allora tu come facevi a sapere che ti scriveva lettere d'amore?"
"Perché ogni volta che le scriveva, prima di bruciarle le appallottolava nel cestino della carta. Allora io le prendevo, le conservavo e le sostituivo con un foglio di carta accartocciato, e lei non si è mai accorta di niente."
"E queste lettere... che fine han fatto?"
Un sorriso maligno comparve sul volto di Spanner.
"Ce le ho tutte nel mio hard-disk... vuoi vederle?"
"E me lo chiedi pure?"

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Capitolo 19
*** Eroge e botole ***


c19 «You're my star ~ donna toki demo Kimi to Start ~ kakenukete iku You're my star ~ nerai sadamete  Kitto furimukaseru yo★»
Un'allegra musichetta proveniva dalle cuffie per elefante di Shoichi, il quale si dilettava nel compiere inutili esperimenti con l'aiuto di uno spago e di una forchetta. Il suo obbiettivo? E' presto detto.
Perdere tempo.
Secondo una credenza della famiglia Irie - tutti quanti individui geniali - perdere tempo significava ritrovarlo da qualche altra parte, magari per impiegarlo in faccende più produttive.
Dunque Shoichi, che aveva urgente bisogno di tempo da mettere parte, si affrettava a perdere quello di cui non poteva servirsi.
Il motivo?
Spanner, che domande.
Il fulcro della sua vita.
Il quale fulcro stava bussando da dieci minuti buoni alla porta dell'amico, senza successo.
"Shoichi" disse "è arrivata Spannera. Abbiamo scopato. Sono incinto. Mi accompagni dal ginecologo?"
Nessuna risposta.
O è morto - pensò - oppure non mi sente. Ma se fosse morto, lo avrei sentito stramazzare al suolo, per cui...
E aprì la porta.
Una gran pila di fogli troneggiava sulla scrivania di Shoichi, mentre quest'ultimo agitava nell'aria un utensile da cucina - un tridente, vide Spanner - e con l'altra mano faceva volteggiare un filo di spago. Poi giocava a rincorrerlo, e quando lo acchiappava emetteva una risatina stridula.
Intanto la corrente provocata da quei movimenti inutili aveva generato delle piccole trombe d'aria, che si avventavano con gusto contro le varie scartoffie giacenti un po' ovunque.
La stanza era praticamente al buio, illuminata solo dalla luce emessa dallo schermo del computer di Spanner - ehi, perché si trovava lì?! - e l'atmosfera tetra faceva sembrare Shoichi decisamente uno psicopatico.
Spanner mise inavvertitamente un piede su un foglio, stropicciandolo. Si chinò a raccoglierlo, e vide che si trattava di un modulo di acquisto. Ma il buio non gli permetteva di leggere cosa ci fosse scritto nel dettaglio, e quindi senza preavviso si diresse verso l'interruttore della luce, e lo azionò.
Shoichi il vampiro emise un grido di terrore e si voltò di scatto, cadendo dalla sedia.
"S-Spanner! Perché non hai bussato?!" Chiese lui nel panico mentre andava raccattando le sue cuffie giganti.
"L'ho fatto" rispose apprestandosi a leggere il modulo che teneva in mano "ma non mi hai sentito, avevi la musica a palla nelle orecchie."
"Nooo, cosa fai??" Gridò avventandosi contro Spanner prima che potesse leggere.
Sarebbe anche risultato coraggioso, se non fosse scivolato su un altro foglio lì in giro e finito con la faccia a terra.
"E questo, che sarebbe? Un eroge?"
"No, no, no!" si rialzò freneticamente e riuscì a strapparglielo di mano, ansimando.
O meglio, fu Spanner che permise a Shoichi di prenderglielo dalle mani, ovviamente.
Il povero ragazzo appallottolò il foglio e lo lanciò lontano, ma questi gli rimase attaccato alla mano sudaticcia, e quindi si limitò a finirgli ai piedi.
"Distanza percorda: 0,01 metri. Complimenti, è un nuovo record!"
"Hai... letto?"
"Qualcosa" ammise lui "ma abbastanza per farmi un'idea."
"Ma porca..." Shoichi scosse il capo, depresso.
"Era una sorpresa? Per me?" Aggiunse subito dopo, con una punta di speranza.
A Spanner piacevano tanto, le sorprese.
E Shoichi gliene faceva un sacco, ogni giorno.
Anche quando riusciva a beccarlo nudo come un pulcino, appena uscito dalla doccia, per lui era una sorpresa.
O quando riusciva a intravedergli il pene mentre in fretta cercava di celarlo, in preda alla vergogna, dopo un magro tentativo di masturbazione.
O quando la notte entrava nella sua stanza per vederlo dormire e lo trovava nelle posizioni più equivoche possibili.
Insomma, Shoichi era come l'ovetto Kinder.
"No, non era per te, Spanner."
Silenzio.
"Era per me" aggiunse "e sottolineo «era», dato che ora sarò costretto a condividerlo con te."
"Oh, non ci sono problemi. Non è necessario che tu condivida tutto con me, Shoichi."
"D...davvero?" Chiese lui, perplesso.
"Certo. Ma neanche io avrò l'obbligo di condividere tutto con te." E sorrise, amabile.
Amabile come un assassino che sta fantasticando su come tritarti la carne e su come condirla e spartirla col proprio cane.
"Questo è... un ricatto."
"Oh no, Shoichi, non prenderla così. E' più un accordo fra gentiluomini."
"Ovvero fra il servo e il padrone."
"Non essere così precipitoso. Possiamo ancora risolvere la questione."
"Risparmiami, ti supplico" sospirò Shoichi "giocheremo insieme all'eroge, non preoccuparti."
"Oh. Ho vinto."
"SILENZIO!"

*

"Buon...giorno, ehm... lei è il signor Irie?"
Un malmesso fattorino si presentò il giorno dopo alla porta dei nostri due eroi.
"In persona. Mi dia pure il pacco."
Spanner tese le mani verso lo scatolo di cartone che l'uomo teneva in mano, il berretto da notte calato sopra gli occhi e le pantofole a forma di rana ai piedi.
Costui tuttavia fece un passo indietro, leggermente inquieto, e porse al biondo alie--- ehm, al biondo signore in fronte a lui un taccuino.
"Prego" gli disse "firmi prima qui, per favore."
"Mh. Ha una penna?"
Gliela porse.
Con un singolo movimento della mano, Spanner firmò lì dove era richiesto, prese il pacco dalle mani del fattorino, lo congedò con un pacato «buona giornata» e richiuse la porta alle sue spalle.
"Che tipo..." mormorò questo scuotendo il capo "sembra uscito da una sit-com americ... eh? «Spanner»?!"
Il fattorino osservò sconvolto la firma che recava il suo pezzo di carta.
Poi si voltò di scatto e cominciò a bombardare la porta di pugni e strilli.
«Ehi, lei! Apra immediatamente questa porta! Ehi, dico a lei! Biondino!!!»
"Spanner, chi è?" Chiese un perplesso Shoichi sentendo il gran fracasso proveniente dall'esterno.
"Sarà uno stalker, non badarci." Rispose lui in cerca di un qualcosa per aprire il pacco "Shoichi, hai una fiamma ossidrica?"
"Per uno scatolone?!"
«Signor Irie, è lì dentro?! Sta bene?!»
Shoichi si voltò verso la porta, terrorizzato.
Stavano parlando con lui?
"N-no! Il signor Irie non c'è, è andato a... a..."
"A noleggiare un porno." Suggerì Spanner, che nel frattempo aveva impugnato un piede di porco e cercava di manomettere il meccanismo che teneva chiusa la scatola - lo scotch - .
"Non è vero! E' andato a tenere una conferenza sulla curvatura della materia!"
"Ma che dici, Icchi? Non ricordi che è uscito di casa bardato con la sciarpa, il cappello e gli occhiali da sole?"
Icchi?
Oh, mio, Dio.
"Che vuol dire? Fa freddo fuori!"
"Icchi, siamo in estate, vorrei ricordarti..."
Silenzio.
"S-soffre di ipotermia, lui! Lascialo in pace!!"
«I-io vado a chiamare la polizia!» Dichiarò infine il povero fattorino, che aveva cominciato a sudare copiosamente.
Quei due andavano denunciati.
Subito.
"A-aspetti, non è come sembra! Non siamo pazzi!"
Perché mi sto scusando con uno stalker?
"Lascialo perdere" dichiarò Spanner, impassibile "tanto non andrà lontano."
"Che... vorresti dire?" Shoichi deglutì.
Shoichi? Scusate, volevo dire Icchi.
Shoichi in questo momento stava acquistando riviste erotiche dall'altra parte della città.
Spanner aprì uno scoparto che si trovava in soggiorno, e in questo scoprì un grande pulsantone rosso.
Sappiamo tutti a cosa serviva, vero?
"Icchi, lo vedi questo tasto purpureo?"
"Non hai una domanda di riserva?!"
*Click*
Si sentì il fattorino gridare, la sua voce sempre più distante, mentre presumibilmente precipitava in qualche botola.
"Fatto." E si sfregò le mani, come per mandare via la polvere.
"Ma cosa sono queste trovate alla Warner Bros?!" Strillò Icchi inviperito, indicando il pulsantone "Chi sei, Bugs Bunny? Marvin il Marziano?!"
"Via, via, mi pare di aver messo un materasso alla fine della botola, per cui stai tranquillo."
"«Ti pare»??! Ma perché... finirò in carcere, lo sento! La mia vita è finita!"
Spanner, intanto, era finalmente riuscito ad aprire la confezione di cartone.
Gli ci era voluta una spada laser, ma ne era valsa la pena.
"Shoichi, guarda, la visual novel!"
"TU!" Urlò, con le mani fra i capelli "Come puoi pensare a una novel mentre un essere umano è appena caduto in una BOTOLA?!"
"Non mi sembra che il mondo smetta di girare quando Pippo cade in un tombino" rispose lui tranquillo "anzi, per qualche strano motivo sembrano tutti più felici."
Ancora una volta, Shoichi aveva inutilmente tentato di far ragionare Spanner, quando avrebbe solo dovuto assecondarlo e vivere cercando di cancellare dalla sua mente le immagini più sconvolgenti.
Lui non sapeva niente.
Non aveva visto niente.
Non aveva sentito niente.
Lui... era andato a comprare una rivista erotica vestito da vecchio dell'Alpe, la cosa non lo riguardava.
Rincuorato da questo pensiero, si avvicinò all'amico che teneva fra le mani la custodia del cd.
"Fai vedere un po'..."
"Prego" gliela mise in mano "io vado a prendere il computer, aspettami qui."
E si era dileguato nell'oscuro corridoio.
Vi toglierò una curiosità. In questo corridoio non sono state installate lampadine, per questo è sempre buio.
Il motivo? Un giorno lo scopriremo.
Che cosa ci riserverà il nostro eroge?
Che fine farà il fattorino?
Shoichi verrà schiacciato dai sensi di colpa e si impiccherà?
Lo sapremo nella prossima puntata!



Precisazioni:
La canzone che sta ascoltando Shoichi è "S.t.a.r.S" di Inoue Marina, uno special musicale dell'anime Tengen Toppa Gurren Lagann ---> www.youtube.com/watch?v=Mo0Ijfea9NA
Nell'immaginario collettivo, i ragazzi che comprano riviste erotiche solitamente si "mascherano" alla bell'e meglio per non fargli riconoscere da eventuali amici e/o conoscenti :D
PS: ---> i55.tinypic.com/30k7kpc.jpg








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Capitolo 20
*** Epic days ***


c20 Se c'era una cosa che Shoichi aveva imparato nella vita, era quella di non fidarsi mai degli acquisti online.
Lui sapeva che aspettavano solo un pollo come lui per fregarlo, lui lo sapeva.
Eppure, questa volta non aveva fatto nulla per sfuggire alla rete, e questa lo aveva inglobato senza pietà.
Spanner ritrovò il coinquilino che era il ritratto della gaiezza.
"Shoichi?" Domandò, cauto, immaginando una reazione isterica di proporzioni cosmiche.
Ma niente di simile avvenne.
In risposta, si udì solo un pacato lamento.
"Mi hanno... fregato..." Mormorò con un sussurro, scuotendo il dvd e imputando a lui la colpa del suo malessere.
"Perché? C'è una pubblicità sulle dentiere al posto dell'eroge?"
"No... c'è un altro gioco, un certo «Epic-qualcosa», non si riesce neppure a leggere il titolo esatto..."
"Dai qui." Spanner gli prese il gioco dalle mani e lo inserì nel lettore del pc.
"Ma cosa fai?" Sbottò quello, senza energia "Lascia stare, Spanner... non mi va di giocare a qualcosa che non so neanche cos'è..."
"Ma Shoichi, perché sei così depresso? E' pur sempre un gioco che hai pagato, almeno guardiamo cos'è, no?"
Shoichi emise un tenue lamento e cercò di alzarsi dalla sedia su cui si era abbandonato.
La verità era che aveva sperato di dimenticarsi del povero fattorino precipitato chissà dove attraverso l'eroge, ma ora che era venuto a mancare il secondo, il primo aveva fatto la stessa fine.
"Ecco, sta caricando."
"Sai che divertimento..."
Si aprì una schermata di gioco alquanto sospetta.
Infatti, le uniche due azioni disponibili erano «register» e «login», e la finestra stessa non presentava icone di chiusura o di rimpicciolimento.
"E' un fake, esci."
Ma Spanner aveva già cliccato sul tasto per registrarsi, con un'inquietante luce negli occhi.
"Perché fai sempre di testa tua?!" Gridò Shoichi, opponendosi alle sue intenzioni, ovviamente senza successo.
Un braccio di Spanner era già abbondantemente sufficiente per mettere a tacere qualunque rimostranza da parte sua.
"Non è un fake, al massimo è un «not closable»."
"Spanner... stai cercando di metterti contro di me?"
Spanner si voltò a guardarlo.
"Ora ti incenerisco il cervello" disse, e gli prese la faccia tra le mani, fissandolo dritto negli occhi.
Come un animale che sente su di sé il respiro del predatore ed è incapace di fuggire, così Shoichi rimase immobile, sconcertato e terrorizzato, sentendo di perdere il controllo sul suo corpo.
Tuttavia, inaspettatamente, quella condizione era anche... piacevole.
Avere il volto di Spanner a un palmo dal suo era sufficiente per non smarrire la ragione, e abbastanza per fargli salire il sangue alla testa. Da queste due condizioni, evidentemente in conflitto fra di loro, ne derivò la forza per distogliere lo sguardo e spingere via Spanner, rimpicciolendosi fino a diventare un puffo rosso.
Oh, il Grande Puffo!
"Smettila" mormorò guardando altrove, la testa bassa che ciondolava ancora provata dallo sforzo "a-avanti, vediamo di che si tratta e poi spegniamo tutto." Disse, nel tentativo di raccattare la sua compostezza, sbriciolatasi in tanti minuscoli pezzi.
"Certo." Disse Spanner, per niente convincente.
Un'improvvisa e agghiacciante risata frantumò l'aria intorno a loro.




XD





"C-c-che cosa è questo?!" Gridò Shoichi in preda all'orrore, allontanandosi dallo schermo con uno spasmo represso.
"Sembra un MMORPG" Constatò Spanner impassibile.
"Questo lo vedevo anch'io! Intendo dire, come diavolo siamo finiti a giocare a un gioco di ruolo ONLINE??"
"Ah, quindi ci vuoi giocare?"
"N-non ho mai detto questo!" Shoichi si affannava nel tentativo di non far credere al coinquilino cose che poi gli avrebbe ritorto contro.
Ma era troppo tardi.
Il cervello di Spanner procedeva ormai a ruota libera, e niente avrebbe potuto fermare la sua folle corsa.
"Spanner, NON. CLICCARE. NIENTE."
Tre parole, tre minacce, tre proiettili.
"Io non sto facendo nulla, Shoichi. E' il puntatore che si muove da solo."
Perfettamente a vuoto.
"Menti!"
"Io non mento mai."
Una musichetta si era intanto fatta largo nei loro condotti uditivi.
Sapete, una di quelle trombette ridicole che somigliano a quelle degli stadi. E stava intonando una melodia decisamente familiare.
«A long time ago, in a galaxy far, far away...»
"Ma questo è l'incipit di Star Wars!!"
"To', è vero. Che carino."
"Non è carino, è un plagio!" Gridò Shoichi in preda alla rabbia "Quale infima creatura si è permessa di inserire la colonna sonora di Guerre Stellari, protetta da copyright, in un altrettanto infimo RPG di seconda mano?? AH???"
"Ahi, Shoichi sta passando al lato oscuro della forza..."
"Non ci posso credere" continuò il rosso indignato "voglio nome e cognome del produttore! Vado a riempirlo di pugni, quella bestia! Vado a denunciarlo! Vado a strozzarlo con le mie stesse mani! Vado a, a...!!"
"Shoichi."
"Che vuoi?!"
"Alla voce «nome» posso inserire il mio, e a quella di «cognome» il tuo? Sai, io non ce l'ho."
Irie Spanner.
Però, non suona male!
"Fa' pure... ehi! Che diavolo stai... non osare registrarti! Non osare giocarci! Non osare! Non osare!"
"Dunque, «
età»... vuole quella effettiva o quella cerebrale? Perché nell'ultimo caso dovrei fare la media fra la mia e la tua... mh."
Shoichi si avventò contro il coinquilino, la fiamma della follia riflessa nei suoi occhiali, ma questi si scansò appena due secondi dopo l'impatto, lasciando che si schiantasse sul tavolo.
Professione»... Shoichi, una via di mezzo fra nullafacente e genio meccanico?"
"Testa di cazzo, fermati!"
"No, «
testa di cazzo» non va bene... mh..."
"Ridammi quel portatile, subito!" Intimò Shoichi.
Tuttavia non risultò molto serio, poiché gli occhiali di traverso lo facevano sembrare niente più che un nerd disoccupato che non scopa da anni.
Ah, ma è proprio la descrizione di Shoichi.
"Va bene, tieni."
"D...davvero? Cioè! Bene, hai capito senza troppe difficoltà, bravo Spanner!"




xd




"Tu..." Shoichi tremava, la fronte bassa e la voce rotta dalla rabbia "COSA HAI FATTOOOOO????"
"Mi sono registrato. Ci siamo registrati, per essere precisi."
Silenzio.
«A long time ago, in a galaxy far, far away...»
"Stai zitto, pezzo di merda!!!!"
"Non te la prendere con lui, Shoichi. Prenditela con me piuttosto, su."
Spanner sapeva che non l'avrebbe mai fatto.
Per questo stava lì, con le braccia aperte, a sorridere pacatamente.
Ma stavolta aveva fatto male i conti, e la vendetta si era compiuta nel breve lasso di un battito di ciglia.
Due mani che lasciavano la presa, due lenti che riflettevano l'espressione incredula di Spanner - per quanto incredulo possa essere un pesce morto - un sorriso maligno che lentamente appariva sulle sue labbra.
E poi, il tonfo.
Il computer cadde a terra, spaccandosi in due.
L'immancabile leccalecca, fido compagno di tante avventure, cadde dalla bocca di Spanner, frantumandosi in piccoli cristalli rosa.
La sua bocca era semi-aperta, come se volesse dire qualcosa, ma non ci riuscisse.
Shoichi, intanto, aveva cominciato a tremare, spaventato dalla sua violenza, e stava indietreggiando.
"M-mi dispiace!" Gridò, sconvolto "N-non ho di cosa mi sia preso!"
"Shoichi."
"EH! Ah, s-sì?"
Spanner emise una specie di rantolo soffocato.
Un principio di risata.
"Spanner...san?"
"Mhf." Si mise una mano davanti alla bocca, cercando di trattenersi "Mhf... mfahahah!"
Scoppiò a ridere come mai l'aveva visto in tutta la sua vita, tenendosi addirittura lo pancia.
Persino Spannera non lo aveva spinto a tanto.
Deve essere lo shock... poverino, cosa ho fatto? Sono un violento assassino, dunque? Il fattorino nella botola era solo il principio di una follia più grande?!
"Spanner, mi dispiace, davvero... ti prego, non ridere in questo modo, io... scusami. Non voglio vederti così."
"S-Shoichi" balbettò lui a fatica, cercando di reprimere il moto ilare che si era violentemente impossessato di lui "Shoichi" ripetè "quello... era il tuo portatile! Ahahahah!"
"Sì, Spanner, va bene, adesso calmati... ok? Ti aiuto ad al---"
Il mio COSA?
Pannocchio non sembrava intenzionato a smettere di ridere, e questo diede molto da pensare al povero Shoichi.
"S-stai scherzando, vero? Quello era il TUO portatile, vero Spanner?"
"Mhf. Sei troppo divertente, Shoichi, ti prego di allontanarti, non sono abituato a ridere così tanto... mhf." E si mise una mano davanti alla bocca, respirando profondamente.
Era evidente che in quelle parole c'era tutto, tranne una bugia.
Del resto, sappiamo tutti che Spanner non mente mai.
Shoichi corse al computer spaccato in due, e lo capovolse.
E vide la sua targhetta, con scritto sopra "SHOICHI" a caratteri cubitali, e svenne sul colpo.






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Capitolo 21
*** Separazione ***


c21 Shoichi giaceva per terra, due spirali al posto degli occhi, un pezzo di portatile sullo stomaco e i bermuda che lasciavano intravedere il bordo delle mutande.
Sì, insomma, era molto sexy.
Infatti, Spanner provò più volte l'impulso di... come si può dire? Ammanettarlo, spogliarlo e fargli indossare una tuta due volte lui? Sì, suppongo che si possa definire così.
Ovviamente ciò non era vero, ma fa sempre piacere citare personaggi a caso.
Ad ogni modo, il nostro Spanner aveva deciso di prendersi seriamente cura di Shoichi.
Molto seriamente.
Così seriamente che, dopo aver inserito senza successo tre dita lungo la sua faringe, le aveva ritirato scuotendo la testa ed era andato simpaticamente a farsi i cavoli suoi.
Non prima di aver dato una fugace leccatina alle dita intrinse di bava, s'intende.
"Mh. Sanno di pollo." Aveva detto.
Poi le aveva leccate di nuovo, sempre più affamato, finché... non era giunto alla conclusione di avere fame.
E si era diretto in cucina per procurarsi un leccalecca al gusto di pollo.
Shoichi, intanto, forse a causa del provvidenziale intervento di Spanner, si era destato, e stava osservando il soffitto con gli occhi sbarrati.
"Il mio... il mio..."
Sentiva un peso sullo stomaco, ma non aveva la forza di vedere cosa fosse.
Il coinquilino era intanto ritornato dalla cucina.
"Oh, bene, ti sei svegliato."
"Spanner, dissolviti" rispose senza guardarlo "la tua presenza è un attentato alla mia salute."
"Va bene, vado a giocare a Epic, tu rimani pure qui a fare la muffa, quando se ne sarà accumulata abbastanza tornerò qui e la studierò. Saluti, Shoichi." E si allontanò, diretto in camera sua.
Rimasto solo, il nostro eroe si tirò a sedere con un profondo sospiro.
Prese in mano il pezzo di computer che gli aveva pressato l'addome fino a quel momento e se lo mise accanto, guardandolo con malinconia.
"Mi mancherai, amico mio... scusami se non sono stato molto presente."
Il pc lo ignorò, anzi, sembrò voltarsi sdegnato dall'altra parte, causando in Shoichi una profonda fitta di dolore.
Ma il rosso sapeva che era inutile piangere sul latte versato, e giudicandosi troppo sensibile agli svenimenti si tirò in piedi, con risolutezza.
"La vita va avanti" si disse, scuotendo il capo per liberarsi da quei pensieri "forza, andiamo a cercare informazioni su questo oltraggioso gioco virtuale!"
La prospettiva di avere qualcuno su cui sfogare la sua frustrazione repressa lo faceva sentire decisamente di buonumore.


*

"Spanner, sono io, posso entrare?"
"Entra pure."
Shoichi aprì la porta e si schiarì la voce.
"Ehm. Puoi prestarmi il tuo portatile?"
"No."
"Eh? Come no?!"
Spanner si voltò, con un sospiro.
"Sono impegnato al momento, come puoi notare" e spinse la sedia da un lato per mostrargli la schermata di Epic Days.
"Quello non è essere impegnati, quello è distruggersi il cervello!"
"Tu dici? Io invece lo trovo molto interessante, perché non lo provi insieme a me?"
"Mai!" Dichiarò convinto Shoichi "Non giocherò a un gioco che plagia le musiche altrui!"
Spanner lo osservò, l'immancabile espressione incolore.
"Posso fare qualcosa per convincerti?"
"Per quale motivo ci tieni così tanto? Vuoi diventare scemo insieme a qualcun altro?"
"Se volessi diventare scemo insieme a qualcun altro, come dici tu, chiederei di unirsi a me a qualcuno che non lo è già, no?"
"Molto divertente Spanner, davvero, molto divertente. Sul serio, sto facendo un grosso sforzo per trattenermi dallo rotolare per terra dalle risate, devi credermi."
Il biondo lo guardò negli occhi, impassibile.
"Non so se sei cattivo o solo molto, molto stupido." Disse infine, con uno strano tono di voce.
Cosa stava cercando di dire... Spanner?
"Cattivo? Stupido?" Sbottò Shoichi "E in base a cosa, sentiamo!"
Silenzio.
"Lascia stare, non capiresti."
"Cosa? Ehi, non sottovalutarmi così tanto, Spanner!"
Ma Spanner si era già voltato verso il computer, riprendendo a fare quello che stava facendo.
E cioè, nulla.
E nulla avrebbe fatto, finché Shoichi non fosse stato insieme a lui.
Ma Shoichi - che il diavolo se lo porti! - proprio non riusciva ad afferrare un concetto così delicato.
Non poteva riuscirci, del resto, perché capire quello che passava per la mente di Spanner era impresa assai ardua anche per il diretto interessato, che nel profondo del cuore si domandava da cosa gli derivasse quella sottile apatia, e quella lieve stizza nei confronti dell'amico che non faceva nessuno sforzo per capire - cosa, però, non lo sapeva neppure lui - .
"Va bene, Spanner, come vuoi. Io esco, tornerò stasera." E si voltò verso la porta, sperando con tutto il cuore che qualcuno lo fermasse.
Ma quel qualcuno rimase immobile, sperando che fosse l'altro a voltarsi, irritato, gridandogli contro, arrossendo, cercando di picchiarlo, sbuffando, sbattendo i piedi, maledicendolo, voltandosi dall'altra parte, cercando di sfuggire alle sue amichevoli strette.
Una sola di queste azioni, o tutte in una volta.
Non aveva importanza, lui le voleva.
Ma niente di tutto questo avvenne, e la casa piombò in un cupo silenzio.

*

Vestito come un ragazzino delle medie, Shoichi vagava per la città.
Magari sarebbe potuto andare davvero a comprarsi un porno, tanto, che importava?
Si chiese che cosa non andasse in lui, e cosa in Spanner. E per qualche strano motivo, sentiva tutte le colpe convergere su di lui.
Scosse il capo, triste.
Non riusciva neanche a dire se avessero litigato oppure no, e il dubbio lo soffocava.
Perché era andato via? Perché aveva lasciato solo Spanner? Era solo un bambino, maledizione!
Ok, forse non era un bambino, ma... non avrebbe dovuto lasciarlo solo ugualmente.
Perché Spanner faceva davvero fatica a capire i sentimenti, suoi e degli altri, e nonostante Shoichi fosse la persona di cui meglio li comprendeva... non avrebbe dovuto lasciarlo solo, per nessun motivo.
A ogni passo, sentiva un piede rammaricato premere per tornare indietro e un piede orgoglioso forzarlo ad andare avanti (dove, poi?).
Come risultato, Shoichi rimase fermo davanti a un bar dall'aspetto malfamato per circa 20 venuti, incapace di andare sia avanti che indietro.
Chiunque l'avesse visto, avrebbe detto che era un imbecille a cui si erano incollate le scarpe sull'asfalto.
Noi invece lo guardiamo e pensiamo che sia un imbecille e punto.
"Ehi, moccioso, che cazzo ci fai impalato davanti al mio locale? Cerchi rogne per caso, ah?!"
Un losco figuro era intanto apparso sulla soglia della porta, e lo squadrava con disgusto.
Un nerd di merda, si disse, e sentì il bisogno di spaccargli la faccia in mille pezzi.
"N-no signore! Davvero, io stavo solo..."
Ma Dio... sembrava la copia sputata di Harry Potter quando gliela stanno per mettere in culo!
"Ma lo sai che hai proprio una bella faccia di cazzo?! Vieni qui che ti distruggo, pezzo di merda!"
Ma che ha questo tizio, le mestruazioni?!
Ah, Shoichi, Shoichi.
Come se tu sapessi cosa sono le mestruazioni.
Come se tu sapessi che ce le hanno solo le donne.
"M-magari un'altra volta!" E cominciò a correre lontano dal pericolo, in maniera decisamente ridicola.
Svoltò un angolo, ma era un vicolo cieco.
Era in trappola.
Aho, Shoichi! Ma stai a dormire o cosa?!
"Eccoti qui, puttanella! Vieni che ti rompo le ossa, bastardo del mio cazzo!"
"Aspetti!" Gridò facendosi scudo le braccia "La prego, arriviamo a un accordo! Le offro..."
100 yen? I miei occhiali? Il mio sedere?
"Offrimi le tue ossa, stronzo! Te le restituirò, non preoccuparti!"
In quel momento, nella mente di Shoichi era apparso un inquietante flashback.
Gli ritornarono in mente le innumerevoli volte in cui Spanner gli aveva fregato le sue cose, per poi restituirgliele puntualmente il giorno dopo.
Si era sempre chiesto che cosa se ne facesse, di quella roba.
E soprattutto, perché fossero tutti oggetti lunghi e sottili.
Non sapeva rispondersi 11 anni fa, e tutt'ora per lui era un autentico mistero.
E questo dovrebbe bastare a fare di lui un perfetto cretino.
"N-non solo mie, non gliele posso dare!"
"Ah, che cazzo stai a dire, puttana? Devo farti leccare il mio culo?!"
"Nooo, per carità!" Esclamò lui disgustato.
In quel momento, Shoichi firmò la sua condanna.

*

"Shoichi..."
Disteso sul suo letto, Spanner fissava il soffitto, incerto.
Si sentiva solo, quando non c'era il suo amico. Così solo che aveva quasi paura.
"Forse dovrei uscire a cercarlo..." Si disse, pensoso.
E bisognoso di lui.
Ma poi scosse il capo. Per lui era impossibile uscire da solo.
Da quanti anni è che uscivano sempre in coppia, loro due? Non se lo ricordava più, com'era uscire da soli.
E soffriva, perché Shoichi a quanto pare se lo ricordava benissimo.
Non era un disagiato come lui, evidentemente.
Ripensò a tutte le volte in cui aveva dato del cretino al suo coinquilino, rendendosi pian piano conto che lui, in confronto, non era poi tanto meglio.
Si alzò, fissando un punto lontano nell'aria.
Dopotutto, che importava se usciva? Che importava se si perdeva?
Doveva pur provare a cercarlo, il suo Shoichi.
Rimanere solo in casa o solo per strada... nel secondo caso poteva almeno sperare di incontrarlo, da qualche parte.
Scese dal letto e si diresse all'armadio, determinato.
"Ti troverò, Shoichi, e a quel punto... faremo una bella, lunga chiaccherata."
Con questi pensieri, afferrò un paio di vestiti qualsiasi, li indossò e si precipitò fuori di casa, alla sua disperata ricerca.

*

Shoichi, lo sappiamo, era un tipo estremamente riflessivo.
Non era raro per lui chiedersi, a un certo punto della sua vita, come fosse arrivato a una situazione di un certo tipo, come avesse potuto una scelta ripercuotesi in un certo modo, e via discorrendo.
Non era dunque strano, mentre si ritrovava legato come un salame in un garage di periferia, chiedersi come avesse potuto arrivare a quel punto.
Mugolò, disperato.
Alla sua destra, un ragazzone grasso e puzzolente russava profondamente, tenendo fra le mani un manico di scopa con cui intendeva seviziarlo al suo risveglio - o semplicemente picchiarlo a sangue - .
Fece qualche saltello in direzione opposta, ma non riusciva praticamente a muovere un muscolo. Oltretutto non aveva neppure gli occhiali, e la sua vista in quel momento era quella di una talpa idrofoba.
E in ultimo, ma non meno importante, Spanner non era con lui.
Gli venne da piangere, a Shoichi.
Si dimenò, come un pesce, e ricadde stanco sul pavimento mentre il fazzoletto che teneva in bocca si impregnava della sua saliva.
Vieni a salvarmi, Spanner... quando ti vedrò, dovrò farti un, ehm, discorso piuttosto imbarazzante.
Sperava, mettendo in gioco la sua dignità di uomo, di compiangere gli dei misericordiosi, che in cambio gli avrebbero mandato dal cielo il suo salvatore.
Magari in sella a un niveo destriero.
Magari a bordo di un Gola Mosca.
Oh, ma che importava il mezzo? I fatti, sono i fatti che contano!
Smise di lottare e si affidò completamente a quella speranza.
Poi, chiuse gli occhi e si addormentò, stanco e infreddolito, senza sapere se si sarebbe risvegliato vivo o morto.





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Capitolo 22
*** Gli Avariati e i piccoli colpi di genio ***


c22 Spanner non era mai stato uno sprovveduto, perché la strada che aveva scelto di intraprendere non glielo avrebbe mai consentito.
E neppure la persona con cui aveva deciso di dividere l'appartamento al pianoterra che gli piaceva tanto, e che costava maledettamente tanto.
"Mi scusi, ha per caso visto passare questo ragazzo?"
E Spanner aveva pensato bene di uscire di casa munito di una foto di Shoichi, da mostrare a qualcuno - praticamente tutti - nella speranza che lo riconoscessero, e magari gli dicessero «ah, ho visto un tipo simile invocare il nome di Spanner ai piedi di un crocifisso» oppure «ah, quello? Era seduto ai piedi di una voragine dandosi ripetutamente dell'imbecille».
Ma tutti avevano scosso il capo, senza eccezioni.
Solo un paio di ragazze avevano esclamato un «che carinooo!~ Se lo ritrovi ce lo presenti?», ma lui le aveva fulminate con lo sguardo, inducendole alla fuga.
O meglio, Spanner non si era reso conto di averlo fatto, e aveva semplicemente pensato che si fossero ricordate di colpo di aver lasciato il gas acceso o una cosa del genere.
Capita, in Giappone.
Glielo aveva detto Shoichi, e lui ci aveva sempre creduto.
"Ma dove sei finito?" Si ripetè, stringendo la foto fra le dita.
Quella foto... sembrava guardarlo con affetto.
Ritraeva Shoichi in uno dei suoi rari momenti di euforia, ed era stata scattata ai tempi dell'università di ingegneria robotica e aerospaziale.
Due lauree avevano, questi idioti.
E stavano sempre a litigare come bambini, a farsi i dispetti, a darsi dello stupido, dell'asino, del disturbato, del gay... proprio come due amiconi.
Eppure... Dio, se si volevano bene.
Si adoravano, Spanner e Shoichi. Solo che non lo sapevano, non lo capivano, e mascheravano quell'amore viscerale sotto una patina di burle e scaramucce.
Lo Shoichi di quella foto, era uno Shoichi solare come non lo vedeva da tempo. Il suo sorriso era di una gioia, di una vitalità straordinaria - la stessa vitalità che Spanner gli invidiava tanto - e la sua espressione era colma di amicizia, di rispetto e di fiducia verso di lui.
Gli mancava, lo ammise.
Gli mancavano i giorni in cui tutto quello su cui mettevano mano gli esplodeva in faccia, quando la robotica era ancora un mistero insondabile e riparare un tostapane era il loro traguardo più grande. Quei giorni pieni di allegria, quando si inventavano le idee più assurde, quando stavano svegli tutta la notte per completare il loro prototipo, quando non arrivavano in tempo alle lezioni, quando i compiti li sommergevano, quando la tesina era un disastro, quando la mensa della scuola faceva schifo, quando finivano i leccalecca, quando le ragazze li squadravano con sospetto, quando i ragazzi sabotavano i loro lavori, quando i professori si complimentavano con loro, quando i loro progetti erano così tanti che non sarebbero bastate cento vite per realizzarli tutti...
E, per la prima volta, Spanner si sentì pienamente responsabile.
Della scomparsa di Shoichi, della scomparsa di quel tempo felice.
Si sentiva responsabile, lui, con quell'espressione impassibile, con quegli occhi inespressivi... era lui ad averlo reso così scontroso?
Il vecchio Shoichi rideva molto, e si arrabbiava poco. Era sempre lì, pronto ad accogliere ogni idea, ogni trovata, senza mai dire di no, ponderando tutto, ragionando, modificando qualcosa - se necessario - e poi gli tendeva quella mano così calorosa, e gli diceva «facciamolo», qualunque cosa fosse.
Forse era in quei momenti che lui si era...?
Scosse il capo, per non perdersi in quei piacevoli pensieri.
"Prima ti ritrovo" si disse, a fior di labbra "e prima potrò cominciare a fare esperimenti sul tuo cervello, Shoichi."
Lo vedete anche voi l'amore che sprigiona Spanner, tutti quei fiorellini, le farfalle, gli gnomi, Pollicino... no, solo io? Peccato.

*

"Che ne facciamo di quello scarto di moccioso?"
Seduti a un tavolo da poker, quattro uomini stavano decidendo del destino di Shoichi.
"Propongo di scioglierlo nell'acido." Disse uno.
"Perché non lo violentiamo? Sono sicuro che «quel» buco è ancora vergine..." Disse un altro.
"Tagliamogli il pene e arrostiamolo, almeno ci guadagneremo qualcosa." Disse un altro ancora.
Non c'è che dire, Shoichi stava simpatico veramente a un sacco di gente.
"Feccia!!" Gridò il capo, sbattendo violentemente i pugni sul tavolo "Non è così che si elimina la gente!"
"Ha ragione Zanzara, teste di cazzo! Non è così che si ammazzano le persone! Non siamo mica «L'otto per Mille!»"
"Nessuno ha chiesto il tuo parere del cazzo, Narvalo! Chiudi quella fogna e vatti a sparare in bocca!"
"Via, via, Zanza-chan, non mi sembra il caso di..."
"Vuoi forse morire, Lucia? E se inculiamo te anziché quel cazzo di fottutissimo ragazzino deficiente?"
"Ancora? Ma sarebbe la sesta volta, Zanza-chwan! ~ Dai un po' di tregua al mio povero sederino innocente... Kyu!♥"
"Che spettacolo disgustoso..."
"Ma sentitelo! Ha parlato Vippi, la feccia della feccia!"
"Chi sarebbe feccia della feccia, Narvalo? Devo farti vedere l'inferno ancora una volta perché tu riesca a capire con chi hai a che fare?"
"Ma fottiti, frocio, che non fai paura a una minchia!"
"Silenzio, teste di cazzo!!!"
Tutti tacquero, sibilando ingiurie ai danni dei compagni.
"Se vogliamo sbarazzarci di quella puttanella da due soldi..." continuò Zanzara, cominciando a girare intorno per la stanza "Dobbiamo farlo come solo noi sappiamo fare!"
"Ben detto, Zanza-chan! Io sono con lui eh, non solo nel letto ~"
"Tsé! Facciamo come dice la signora feccia, tanto a me non frega un cazzo!"
"E neppure a me... ma tanto, finché pagate voi, giocate quanto volete."
"Bene! Ora che tutte le merde di cane qui presenti sono d'accordo col sottoscritto, possiamo dare inizio all'operazione! Per gli Avariati!"
"Per gli Avariaaatiii ~"
"Inculati, non dirò mai una frase del genere."
"Se mi pagate, forse potrei fare un piccolo sforzo..."
"Tappatevi quelle cloache da due soldi, feccia! Inneggiate il nome della nostra banda, altrimenti l'operazione andrà a puttane e con lei le vostre insignificanti vite del cazzo!"
"Perché non ti sei scelto un nome migliore, stronzo di un Zanzara?! Invece di costringerci ogni volta a ripetere 'sto nome di merda per il tuo sadico piacere malato del TUO CAZZO!!"
"A me, a me piace! ♪"
"Chiuda la fogna, Lucia, tu sei gay e non conti un cazzo!"
"M-ma Narva-chan!"
"«Narva-chan» il mio culo!!"
"Chiudete la fogna, pezzi di cazzo!!"
A Zanzara erano saltati i nervi, un'altra volta.
Ma come doveva fare, con quei picciotti? Con Narvalo poi, non ne parliamo... Se lo sarebbe calpestato sotto i piedi!
Non prima di avergli dato della feccia una ventina di volte. Come minimo.
Non prima di averlo sculacciato. Come minimo.
Non prima di esserselo scopato dentro lo sgabuzzino del covo. Come minimo.
Non prima di avergli chiesto la mano. O il culo. Come minimo.
Ma siccome non poteva, si consolava con Lucia.
Logico, no?
"Zanzara, prendi una decisione, accidenti a te! Cosa ne dobbiamo fare di quel moccioso idrofobo?"
"Sto pensando faccia di cazzo, aspetta un momento."
Silenzio.
"Portatemi da lui" sentenziò infine "voglio vederla con i miei occhi, quella merda di cane"
Vai Shoichi, non avere paura! Le zanzare si schiacciano con una mano!
Per i narvali invece, ehm, temo che la questione si complichi...
Cosa farà il nostro piccolo nerd idrofobo? Riuscirà a salvare la pelle (e le palle) dalle grinfie degli Avariati? Spanner giungerà a salvarlo? Moriranno tutti in un clamoroso colpo di scena? Lo scopriremo della prossima puntata!
See ya ~




"Zanza-chaaan, mi fa male il culetto! ~ Potresti essere più delicato la prossima volta? ♥"
"Taci, feccia!!" Imprecò Zanzara, pensando che... forse quella testa di cazzo di Narvalo non avrebbe fatto tante storie, per una penetrata o due.
O tre.





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Capitolo 23
*** VOOOOI ~ overture ***


c23 Narvalo era sempre stato un bravo ragazzo.
A scuola aiutava sempre i compagnetti in difficoltà, sia il cane avesse devastato i loro appunti, sia il fratellino avesse divorato preventivamente il loro pasto, sia soffrissero di dissenteria e altre patologie varie.
Poi aveva incontrato Zanzara, ed era diventato un ragazzo cattivo.

*

"Narva-chan, dove vai?" Chiese Lucia con apprensione al prima-buono-ora-cattivo-ragazzo che stava correndo a perdifiato per i corridoi di quel locale di appena 30 mq che era il loro covo.
Covo. Mfff.
Meglio un covone di fieno, a 'sto punto.
"A salvare il culo a quel ragazzino di merda" sibilò senza fermarsi.
"Oh, Narvy! Che uomo premuroso che sei!"
"Taci, puttana" Fu la premurosa risposta del nostro amico cetaceo.
"Non parlarmi così, sono sensibile, lo sai!" Protestò Lucy Heartphilia agitando piccoli pugni griffati nell'aria.
Volevo dire, Lucia, la squillo degli Avariati.
La cicciolina di Zanzara.
La rivale in amore di Narvalo.
La mamma di Vippi. Ma questa è un'altra storia, non dilunghiamoci troppo.
Mentre il nostro preistorico cetaceo correva di gran corsa verso il magazzino nel quale era imprigionato un certo nerd diversamente abile di nostra conoscenza, un insetto estivo stava caricando il suo doppio pungiglione a propulsione atomica.
Un bipene? Mannò, solo la gran coppia d'assi costituita da due Beretta di seconda mano acquistate al mercatino dell'usato. Certo, Zanzara avrebbe preferito entrare in un vero negozio di armi da fuoco, spiaccicare sul tavolo una bella banconota da... parecchi yen (Zanzara era porello, non conosceva il valore del denaro) e vantarsi con i suoi ridicoli sottoposti fino alla nausea. Ma non aveva potuto farlo, perché le Beretta erano state subito tolte dal mercato in quanto considerate «estremamente criminose e assassinose», e così si era dovuto rivolgere a un mercatino di seconda mano.
Pistole Beretta, spariscono in fretta.
"Dov'è Narvalo?" Chiese imperioso a Vippi, il quale stava allegramente facendosi i fatti suoi.
"Non ne ho idea." Disse, ma mentiva, perché sapeva benissimo dove si era diretto Narvalo con tanta premura...
"Vippi, faccia di culo, sto andando da quel moccioso in magazzino. Non dirlo al boss, sennò ti spacco il culo, anzi, la faccia. Ma tanto sono la stessa cosa per te."
"Mi sto seriamente chiedendo per quale motivo tu me lo abbia detto..."
"Perché tu hai occhi ovunque, e l'avresti scoperto comunque, e avresti fatto la spia mettendomi nei guai con quella testa di cazzo di Zanzara, ecco perché." Aveva risposto lui sputando catarro per terra come un vero duro. Gli mancava solo una benda sull'occhio e la gamba di legno, e il premio come miglior cosplayer di Pirati dei Caraibi non glielo avrebbe tolto nessuno.
"Ah, capisco. E suppongo tu sappia che il mio silenzio costa caro..." Vippi si era sfregato le manine con aria avida - non che si potesse vedere la sua espressione, visto che si ostinava a girare con un passamontagna perennemente calato sulla testa - e aveva teso un piccolo palmo, reclamando carta moneta.
"Piccolo..." Sibilò un'ingiuria fra i denti e mise mano al portafoglio, con gran piacere del nano malefico di fronte a lui.
"Due mazzette basteranno." Disse con un sorrisetto soddisfatto.
"Spero vivamente che un giorno vengano a prenderti gli assistenti sociali e che tu finalmente ti tolga di torno, Vippi. La tua presenza è un problema per le mie palle."
"Non essere ridicolo, le tue palle hanno un problema a prescindere dalla mia presenza. Non imputare a me le cose in cui non sei bravo."
Poi ci fu un piccolo massacro che non riporto perché ho masso raiting giallo e la violenza non è consentita in questa adorabile storiella, ma voi volate pure con la fantasia.
"Quel figlio di cacata ha pensato bene di sparire proprio ora che mi serve... che feccia inaffidabile."
"Ehh..." Aveva sospirato Vippi con apparente convinzione, indietreggiando leggermente.
Niente di strano che a Zanzara venisse improvvisamente voglia di provare su di lui una delle sue Beretta gemelle.
Poi gli sarebbe bastato farlo passare per un incidente. Come aveva sempre fatto, del resto.
Ripensò a tutti i cadaveri che gli era toccato nascondere nei posti più insospettabili, e un brivido gli percorse la schiena. Avrebbe potuto essere il prossimo.
"Vippi." Le improvvise parole del boss suonavano chiaramente come una minaccia.
"Dica." Rispose Vippi fingendo quiete.
Se alza il gomito scappa, se alza il gomito scappa, se alza il gomito SCAPPA.
"Sei ASSOLUTAMENTE sicuro di non sapere dov'è Narvalo?"
Oh porca...

*

"Era quello che avrei dovuto fare fin dall'inizio..."
Muovendosi svelto fra i vicoli della città, Spanner stava ritornando verso casa.
Aveva abbandonato la ricerca? Si era stufato di correre dietro a Shoichi? Voleva forse abbandonarlo al suo destino e fare qualcosa di indecente?
Ma certo che no! Aveva solo avuto un'idea geniale.
Sì, avete capito bene, un'altra.
Ma per parlarvi di quest'idea geniale, è necessario prima svelare un piccolo segreto che Spanner si porta dietro da molti, molti mesi...
Era capitato, una sera d'inverno, che Shoichi avesse una voglia matta di una certa pizza ai peperoni da un certo locale in periferia, il quale si trovava in quel periodo sprovvisto di telefono.
A nulla erano valse le proteste di Spanner, che non voleva per nessun motivo uscire di casa.
"Fa freddo" aveva dichiarato "e poi io non la voglio, la pizza ai peperoni."
"Va bene, come vuoi" aveva risposto lui, rassegnato "vorrà dire che andrò io a prenderla, tu aspettami qui buono."
"Ma è buio, e poi... non mi piace rimanere da solo." Aveva mugolato Spanner, rannicchiandosi ancora di più fra le sue braccia, seduto sul divano del soggiorno.
Com'era carino, aveva pensato Shoichi. Ma non poteva farsi corrompere tutte le volte da quel faccino triste - ricordate che solo Shoichi riusciva a distinguere le impercettibili differenze fra un'espressione a pesce e qualunque altra - e risoluto si era preparato per uscire.
"Allora vado... tornerò presto, va bene?"
"Mh" Mugolò lui, senza guardarlo "Non dimenticare la sciarpa."
"Oh, grazie..." Mormorò Shoichi arrossendo, felice che l'amico si preoccupasse per lui "A-allora vado!" Ripetè per darsi un contegno "Ci... ci vediamo dopo, Spanner."
"Sì, Shoichi. Torna presto..."
Il frugoletto si fermò di colpo, convinto di aver sentito un sussurro familiare.
"Hai detto qualcosa?" Chiese voltandosi, ma in risposta ottenne solo la consueta espressione impassibile.
Credendosi pazzo e/o troppo innamorato, aveva scosso il capo ed era uscito fuori di casa, nella buia e fredda sera.
Ma si sa, i frugoletti dovrebbero sempre uscire in coppia.
Così, se vengono aggrediti, uno può frugolare e distrarre il nemico, e l'altro scappare verso la stazione di polizia più vicina.
Mentre invece, quando sono da soli, hanno il potere offensivo di un porro.
"Aaah! C-chi va là?" Gridava Shoichi puntualmente ogni 20 passi al nulla profondo che credeva lo seguisse.
Scambiava ogni ombra per un mostro, ogni gatto per una strega e la luna piena gli sembrava un enorme disco volante gremito di alieni venuti a conquistare il mondo.
Non che avesse qualcosa in contrario contro gli alieni, anzi, gli piacevano e anche tanto - e magari avrebbero governato pure meglio delle persone - , ma in quel momento aveva solo due pensieri: la pizza e Spanner. Tutto il resto doveva attendere.
Dopo aver camminato per 40 minuti, era finalmente giunto alla pizzeria, era entrato, aveva ordinato la pizza, aveva aspettato altri 30 minuti che gliela preparassero, aveva pagato e se n'era andato.
Peccato solo che avesse sbagliato la strada del ritorno per cinque volte, ritornando a casa esattamente 3 ore dopo esserne partito.
"T-tadaimaa!" Gridò, timidamente.
Ad accoglierlo, disteso sul divano a fissare il soffitto, uno Spanner in decomposizione avanzata.
"S-Spanner! Cosa è successo, che cosa hai?!"
"Shoichi..." Bisbigliò senza forze "Sei... tornato..." E, dopo aver pronunciato quelle parole, gli si era addormentato fra le braccia che l'avevano scosso per farlo rinvenire.
Il proprietario di quelle braccia era rimasto immobile a lungo, prima di realizzare che l'amico stava dormendo.
Ma il sorriso gentile che gli si era stampato in faccia non l'aveva abbandonato neanche per un istante.
Il giorno dopo Spanner si era recato da Shoichi - che non aveva ancora smesso di sorridere - e gli aveva fatto leccare un nuovo tipo di leccalecca, senza gusto né colore.
"Che cos'è questo, Spanner?"
"Un leccalecca che lascia una traccia sul DNA di chi lo mangia. Così ti troverò sempre, se ti allontanerai da me."
"Cos---" Shoichi balbettò, avvampando di colpo "C-che dici, Spanner! Perché d-dovresti..."
"Perché non voglio più rischiare di smarrirti in giro. E', come dire... mi provoca una spiacevole sensazione, non averti vicino. Non la so spiegare molto bene, quindi scusami se non sono chiaro."
"S-Spanner!" Gemette quello, imbarazzato.
"Cosa c'è?" Chiese perplesso.
No, proprio non ci arrivava da solo.
E questo era il motivo per cui Spanner stava ritornando di gran corsa a casa. Lì, lo avrebbe trovato in un attimo.
E a quel punto... sarebbe corso dal suo prezioso coinquilino.

*

"Come sarebbe a dire che non riuscite a trovarlo?!"
Un cetaceo palesemente adirato stava lentamente strozzando il grasso e oleoso sottoposto che aveva il compito di tenere d'occhio Shoichi.
"N-non so come... coohf coh, s-spiegar cooof aaargh cof blergh"
"E piantala, pezzo di cazzo!!" Narvalo scagliò il pover'uomo lontano da sé, digrignando i denti per la rabbia.
"N-Narva-chan..." Balbettò Lucia "Cerca di calmarti, sarà sicuramente qui intorno!"
"Se è così allora TROVALO! Su-bi-to!"
"M-ma Narvy!"
"SILEEEENZIO!!" Ceto-chan caricò un pugno diretto al viso di Lucia, che però schivò abilmente con un saltello impaurito.
"Non mi piaci quando fai così!" Gemette tristemente "Dov'è il mio Narva-chan che gioca sempre con me al dottore?"
"Io non gioco con te al dottore, frocio di merda! Risparmiati queste affermazioni per quella testa di cazzo di Zanzara!"
"Chi sarebbe la testa di cazzo, Narvalo?"
Silenzio.
Lucia e Narvalo si voltarono lentamente verso l'origine di quella voce, pur sapendo fin troppo bene a chi appartenesse.
E il terrore scese su di loro.
"Zanzara! Cosa ci fai tu qui?" Gridò Ceto-chan agitando un insetticida.
Cioè, volevo dire, un pugno.
"Potrei farti la stessa domanda, feccia. Ma sarò magnanimo e lascerò che le tue ultime parole siano un commovente discorso d'addio al glorioso gruppo degli Avariati."
Narvy intravide dietro la schiena del suo boss un hobbit che cercava di celare la sua presenza alla bell'e meglio, e ringhiò.
Vippi! Lo sapevo che eri un figlio di mignotta!
"Zanzara, non è come sembra"  mormorò con l'accortezza di chi tenta di salvare la pelle "c'è una spiegazione."
"Lasciami indovinare, volevi che ti spezzassi il collo con le mie stesse mani. Complimenti, sei riuscito nel tuo intento." E si avvicinò pericolosamente al nostro amico, scrosciando la cartilagine delle sue mani.
"Zanzara, il moccioso che abbiamo preso è Irie Shoichi!"
Silenzio.
"Mi fa piacere. Adesso muori."
"MA CAZZO!" Gridò allora Narvalo al colmo della misura "Possibile che questo nome non ti dica nulla?!"
"Mica posso ricordarmi di tutti quelli con cui hai fatto la puttana" fu la simpatica risposta che ricevette il cetaceo.
E Zanza avanzava. Ora aveva messo mano alle sue Beretta e si preparava a estrarle dal fodero come un vero cowboy.
Avete presente Lucky Luke? Ecco, ci siamo capiti.
"Non si tratta di questo!" Ringhiò Narvalo senza negare l'affermazione del suo capo.
Dopotutto... con qualcuno si doveva pur sfogare, se con Zanzara non era possibile. O no?
Diamo alle zanzare quello che è delle zanzare e ai narvali quello che è dei narvali.
"Ah, allora questo Irie è tuo marito? Congratulazioni vivissime, sarà orgoglioso di avere un eroe di guerra per moglie!"
La coppia d'assi fece la sua apparizione, rilucendo nella semi-oscurità del magazzino.
"Ma come fai a non ricordarti di quel servizio al telegiornale di qualche giorno fa, Zanzara? Eppure eri presente anche tu, mentre lo trasmettevano!"
"Io non guardo i telegiornali, feccia. Mi irrita parecchio sentire che qualche testa di cazzo è morta ammazzata da qualcuno che non sono io, mi fa solo venir voglia di far saltare le cervella a quanta più gente possibile."
"Quindi non hai sentito dei due studenti prodigio che si sono laureati con il massimo dei voti all'università di Tokyo e di cui nessuno tutt'ora ha superato la brillante media scolastica?"
Zanza si fermò.
"La cosa dovrebbe interessarmi?" Chiese, con un'impercettibile nota di esitazione della voce.
"Certo che dovrebbe interessarti - testa di cazzo! ma questo non lo disse - non eri tu quello che andava predicando che nella banda ci volessero più persone sveglie e che tu eri l'unico genio indiscusso degli Avariati perché tutti noi non eravamo altro che capre analfabete che avrebbero fatto meglio a cuocere con la glassa di agrumi e servire ben calde e poi buttarne gli avanzi in una discarica abbandonata ai confini del mondo?"
"Vedo che te lo ricordi tutto, l'insulto. Brava feccia!"
Era vero, Narvalo lo ricordava tutto.
Perché si sa, gli uomini ricordano troppo bene le cose che li fanno soffrire.
"E'... è vero, boss" abbozzò Vippi uscendo dall'anonimato quando credette che la situazione si stesse distendendo "l'hai detto molte altre volte, che volevi qualche persona sveglia nel gruppo. Sarebbe un peccato ammazzarlo... no?"
Zanza taceva, impassibile.
Poi, come per miracolo, abbassò le Beretta fino a riporle nel fodero.
"Dov'è ora, quel moccioso di merda?" Chiese guardando Narvalo negli occhi.
"Non lo so" rispose lui, sostenendo il suo sguardo "sembra scomparso. Supponiamo che si trovi qui da qualche parte, nascosto."
"«Supponiamo»? Chi, tu e la tua combriccola di neuroni scaduti?"
"No, io e l'idiota gay con cui scopi tutte le notti."
"Problemi in proposito?"
"Tanto il culo è il tuo. O il suo. Mica il mio."
"Ragazzi!" Cinguettò Lucia sovrapponendosi fra i due "Non litigate, vi prego! Narva-chan..." E si voltò verso di lui con un sorriso ammiccante "Posso giocare anche con te, se vuoi ♥ Non devi vergognarti, sai?"
"Preferirei morire di meningite fulminante piuttosto che fare una cosa del genere con un finocchio come te" sibilò il cetaceo con la morte negli occhi.
Quella di Lucia, ovviamente.
"Finitela di flirtare, mi date la nausea. Trovate quel moccioso entro 15 minuti, prima che ci ripensi." E detto questo, Zanzara si voltò e se ne tornò da dove era venuto, con Vippi al seguito.
"Ehi, dove state andando voi due? Aiutateci a cercarlo, voi! Dico a voi! VOI! VOOOOOOOI!"
"Naaarvy! ~ Cos'era quel vocione roco?" Chiese Lucia inorridendo.
"E, e io che cazzo ne so, frocio!?" Esclamò lui sorpreso almeno quanto l'altro.
Che fosse l'inizio di un nuovo tormentone?
E Shoichi? Che fosse evaporato? Che fosse precipitato in una botola e ricongiuntosi con il vecchio fattorino? E Spanner, riuscirà a tornare a casa sano e salvo? Tutte le risposte a queste domande, ovviamente, nel prossimo capitolo ~





"VOOOOOI! VOOOOOI! VOOOOOOOOOOOOI!"
"Narva-chan, ti prego, smetti di fare questo versaccio rauco!"
"N-non è roco! E' figo invece, pezzo di merda che non sei altro! Feccia! Non criticare la mia voce, faccia di culo! Testa di minchia!" Bofonchiò Narvalo, mentre cominciava ad affezionarsi al suo «VOOOOI» profondo e intimidatorio.




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Capitolo 24
*** Smarrire la via ***


c24 Sono... salvo?
Incassato dentro una cassa scassata del magazzino, Shoichi osservava con occhi di talpa la situazione.
E il suo cervello lavorava, instancabile. Perché, come qualcuno ha detto da qualche parte, Shoichi era stato sempre capace di vedere il quadro completo.
Era proprio un tipo incredibile.
Ma adesso la narratrice smetterà di fare queste citazioni a caso, altrimenti cadrà vittima di spasmi ilari indomabili e la storia non la racconterà più nessuno.
Vi piacerebbe, eh feccie?
Ops, un'altra. Cof, scusate, torniamo a noi...
Che fortuna essersi svegliati mentre quel grassone dormiva! E che paura quel manico di scopa! Ma per fortuna sono riuscito a fuggire, sono un genio!
Eh sì, Shoichi era veramente un genio. Del resto, era sempre stato capace di vedere il qu--- ok basta, la smetto.
Sentì una fitta alla schiena, e comprese che la posizione in cui si trovava era delle migliori, ma sfortunatamente non aveva modo di cambiarla, e rimase lì, con il sedere a ponte, agitando i fianchi in maniera equivoca.
Per fortuna, gli scatoloni di magazzino erano da sempre rinomati per la loro scarsa libido, quindi non c'era nessun problema.
Oltretutto che Spanner non era nei paraggi, ma questo era un discorso a parte.
Adesso dovrei cercare di liberarmi da queste corde, ma è... ma quanto cavolo le hanno strette?! Volevano arrostirmi come una salsiccia? Aiuto, ho paura, voglio tornare a casa!
Shoichi era il perfetto esempio di uomo virile...
Spanner, vieni a salvarmi! Sto per farmi addosso dalla paura!
Coraggioso...
E poi è c-così buio qui dentro, non vedo nulla! Dov'è l'interruttore, maledizione?
Privo di rimpianti...
Non sono ancora riuscito a vedere un orgia fra donne! E neppure a mangiare il gelato con la cannuccia! E neppure ad appendere un quadro in soggiorno! E neppure a vedere gli alieni! E neppure...
E pronto a morire con il sorriso sulle labbra...
Morire?! Ma non scherziamo! N-non voglio morire! Buuuuh!
Per questo esisteva Spanner. Per tenere sotto controllo il grado di entropia nell'universo e impedire il suo collasso.
Ebbene sì... quella pannocchia era un'eroina. Per Shoichi. Cioè, per il mondo... sì, sì, per il mondo.
L'importante è crederci.
Allora Shoichi, adesso stai calmo... ok? Ecco, così... respira, respira... andrà tutto bene, intesi? Anche se non vedi a un palmo dal naso, andrà bene lo stesso, fidati di me, cioè, di te, va bene? Piano, striscia via da qui...
"VOOOOOOOI! Dove sei, testa di cazzo di un moccioso? Vieni fuori che dobbiamo parlare!"
Proprio mentre stava per strisciare via, lontano dallo scatolone, una voce minacciosa gli fece gelare il sangue nelle vene.
Narvalo.
Non ve lo aspettavate, vero? Sono un genio dei colpi di scena, parola.
Aiuto, Gozilla!!!
Arrotolandosi come la carta igienica intorno a un tubo di cartone, Shoichi si ripiegò su se stesso diventando un tutt'uno con il legno marcio, smettendo di respirare e pensare. Avrebbe fermato pure il cuore, se poi avesse saputo come farlo ripartire.
Però... sarebbe interessante poter fermare il cuore a proprio piacimento, quando torno a casa devo parlarne con Spanner... no, aspetta! Non devo pensare, mi sentirà! Noooooooo!
Povero, che sofferenza.
Perché non porre fine al suo dolore, mi chiedo?
"Narva-chan, non sarebbe meglio accendere la luce?" Chiese Lucia timidamente.
Solitamente non aveva problemi a rivolgersi a Narvalo (tanto questi cetacei non sono molto intelligenti), ma in quel momento il caro amico gli sembrava molto, molto arrabbiato.
"Non credi che se ci fosse l'avrei già accesa, Lucia del mio culo?" Gridò lui agitando la fluente chioma bianca. I vari fermagli d'argento che avevano l'arduo compito di tenere a posto le ciocche nivee tintinnarono come sonagli, e il suo catenone d'oro gli girò per tre volte intorno al collo, emettendo un'inquietante luce dorata.
"Ma certo che c'è la luce, Narvuccio!" Cinguettò lui con un saltello fatato.
E allora accendetela, porca miseria!
"Coooosa? Zanzara mi aveva detto non c'era!"
"Ma che sciocchezza" esclamò Lucia agitando un dito in segno di diniego "e tutte le volte che sono venuti qui gli scaricatori di porto, da dove pensavi venisse la luce?"
Narvalo spalancò gli occhi, sconcertato.
"M-mi aveva detto che erano le candele! Io l'avevo pensato che non potevano emanare una luce così forte, ma lui, ma lui! Lui mi aveva detto che erano le candele, maledizione! E io ci ho creduto!"
Una nota di dolore risuonò nelle parole di Narvalo, che strinse i pugni foderati da guantoni di pelle di pantera nera e tremò, preda della rabbia e della delusione.
"N...Narva-chan?"
"VOOOOOOOOOI!" Gridò, disperato, nel buio del magazzino.
Praticamente gli avevano appena rivelato che Babbo Natale non esiste. Che il coniglio di Pasqua te lo mangi a cena con le patate. Che la Befana non è altro che Lucia travestito. Che Vippi non è uno gnomo rompicazzi ma un rompicazzi e basta.
"VOOOOOOOOOI!" Ripetè, addolorato.
«mmf»
Silenzio.
"Narvy, hai... hai sentito anche tu?"
"VOOOO--- cosa?!" Chiese lui inferocito per essere stato interrotto.
No, cosa ho fatto!?
Shoichi, esilarato da quello scambio di battute, non era stato capace di trattenere una risata soffocata.
E l'avevano sentito.
Ora non avrebbe riso più, di sicuro.
"Ho sentito qualcuno... soffocare" rispose Lucia pensoso "o forse stava ridendo?"
Quell'ultima parola fu come un colpo di pistola.
Qualcosa si accese in Narvalo, i cui capelli avevano preso ad ondeggiare in maniera preoccupante.
"Lucia, ci sono troppi spifferi qui, non trovi? I miei capelli ondeggiano." La calma gelida con cui aveva pronunciato quelle parole facevano presagire una tempesta di proporzioni apocalittiche.
Shoichi non ne sarebbe uscito vivo, di sicuro.
"Ehm, Narvaletto, stai calmo..." Ma quando Lucie tese le sue mani verso di lui, una scossa elettrica gliele fulminò, sprigionando nell'aria uno sgradevole odore di gomma bruciata.
Sono morto. Spanner, perdonami se ti lascio solo, ma... non sopravviverò, lo sento... ti prego, perdonami...
Shoichi avrebbe fatto la stessa fine dei guanti di Lucia, di sicuro.
"Lucia... accendi la luce." Tuonò Narvalo imperioso, e Lucia non poté far altro che obbedire, terrorizzato.
Di fronte all'ineluttabilità del suo destino, Shoichi poté solo pregare in un miracolo di nome Spanner.

*

Spanner aveva tutta l'intenzione di tornare a casa, fiondarsi nell'oscuro laboratorio di Dexter e trovare Shoichi grazie al suo sagace rilevatore di sagaci tracce di DNA, anch'esso estremamente sagace (era quello di Shoichi dopotutto).
Ma si sa, troppa sagacia tende a causare alcuni... problemi.
Come per esempio, quello di perdersi per strada e fissare l'orizzonte come alla ricerca dell'isola che non c'è - e proprio stavolta, posso assicurarvi che non c'era neppure l'ombra della più blanda isola pedonale - .
"Temo di essermi perso" concluse Spanner accorgendosi che l'orizzonte non stava fornendo nessuna utile indicazione per imboccare la via giusta "quindi adesso io dovrei prima ritrovare me stesso, e poi Shoichi. Giusto?"
Ehi, a chi lo stai chiedendo? Io non posso mica risponderti!
Spanner scosse il capo. Era proprio un bel grattacapo.
"Forse anche io avrei dovuto mandare giù un po' di quel leccalecca trasparente... però, poi come avrei fatto a trovarmi?"
Quali dilemmi, signori. Quali misteri insondabili.
"Mh. E se aspettassi l'alba?"
Semplicemente geniale.
"Però... Shoichi potrebbe essere stato mandato nello spazio, per quel momento. Non posso rischiare, devo sbrigarmi a tornare a casa."
C'era da chiedersi dove pensava fosse Schoichi, se in mano a dei rettiliani o rinchiuso nella capsula di un Sayan.
Scosse il capo e si prese il faccione fra le mani, per riassestare i propri pensieri.
"Proverò a tornare da dove sono venuto" dichiarò infine "di solito funziona, per ritrovare la strada di casa."
Certo. Per Hansel e Gretel, forse.
E mentre Spanner rimetteva i piedi esattamente dove li aveva poggiati qualche minuto prima, le Pleiadi splendevano beffarde nel cielo.





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Capitolo 25
*** Qualcuno ***


c25 "Diffidare sempre del caso."
Spanner era... un ragazzo sveglio. La sua indole da scienziato/ingegnere/inventore/azzeccagarbugli e quant'altro lo aveva sempre guidato verso la retta via, come un faro che avverte una bagnarola solitaria della presenza degli scogli, impedendole il naufragio.
Non si fidava, non poteva fidarsi delle coincidenze, del caso. Non era decisamente nel suo stile.
Per lui, tutto aveva una spiegazione, niente succedeva senza motivo.
E il fatto che Shoichi si trovasse in brutte - pessime - mani e che lui avesse smarrito la strada di casa erano due fenomeni strettamente legati fra di loro.
Questo ovviamente secondo il quanto mai perspicace ragionamento condotto dal nostro amico biondoso.
"Diffidare sempre del caso. Non devo lasciarmi ingannare."
Spanner aveva seguito il consiglio che si era dato da solo in una sera d'estate mentre le Pleiadi lassù scommettevano sulla sua infermità mentale, ed era tornato sui suoi passi. Ma aveva incontrato un qualcosa che prima, poteva scommetterci il leccalecca, non c'era mai stato.
Un cartello.
Il cartello, ameno come un fagiolo essiccato, recava due frecce.
Una diceva «Shoichi» e l'altra diceva «casa».
Così, un cartello piantato nel bel mezzo della strada.
Succede, in Giappone, aveva pensato Pannocchio. Shoichi glielo aveva sempre detto che nella nippo-terra ne succedevano di tutti i colori e i sapori, e lui ci aveva creduto, come aveva creduto a tanti altri aneddoti divertenti usciti dalla bocca dell'altrettanto divertente coinquilino.
Ma a questo... no, l'intelletto gli imponeva di non credere. Di non fidarsi, addirittura.
Perché quel cartello... portava con sé una quanto mai vistosa contraddizione di fondo.
"E' impossibile che Shoichi si trovi dall'altra parte di casa. Perché per trovare Shoichi io devo per forza tornarci, a casa. Quindi questo cartello è truffaldino." Dedusse Spanner con un ragionamento impeccabile.
Che monello, questo cartello.
Spanner annuì a se stesso, convinto di quello che aveva appena affermato. Così imboccò senza indugi la via di casa, ignorando la freccia che indicava la possibile ubicazione di Shoichi.
Qualcuno sbuffò nell'ombra.
"Non ci posso credere... ha ignorato il mio cartello?!"
Qualcuno si alzò in piedi, massaggiandosi la schiena.
"Spanner, sei proprio un, un! UN!" Continuò a ripetere «un» finché qualcuno da una finestra gridò:
«Qui vogliamo dormire! Stai zitta, puttana!!» e allegò a quel tenue vociare un secchio d'acqua di fonte (fonte inquinata), richiudendo la persiana con un tonfo sordo.
Qualcuno non gradì.
"M-ma insomma! Screanzati!" Strillò agitando il testone dorato "Voi non sapete cosa sto tentando di fare!"
«Noi ce ne fottiamo di cosa vuoi fare tu, a noi interessa cosa dobbiamo fare NOI, e cioè D-O-R-M-I-R-E! Vai a prostituirti da un'altra parte, fogna!!!»
Qualcuno singhiozzò. Perché doveva essere trattato così, questo qualcuno? Era ingiusto!
Qualcuno avrebbe potuto offendersi. Qualcuno doveva essere apprezzato di più. Qualcuno stava facendo del suo meglio.
Sì, qualcuno. Ma chissà chi.
Spanner si voltò, convinto di aver sentito uno gridò.
Ma poi ricordò di non avere tempo da perdere, scosse il capo e corse verso la direzione indicatagli dal cartello. Almeno a qualcosa gli era servito, questo cartello.
Qualcuno era stato così gentile da metterglielo davanti. Spanner ringraziò mentalmente qualcuno, senza sapere a chi si stesse rivolgendo.
E qualcuno, nell'oscurità dilagante, si chiedeva perché il mondo ce l'avesse con lui.
Ma si sa, il mondo ce l'ha sempre con qualcuno.

*

"Qualcuno qui ha riso. Questo qualcuno adesso diventerà il mio zerbino personale, quindi farebbe meglio a uscire fuori."
Narvalo emanava raggi γ che il carbonio 14 sarebbe evaporato in una manciata di secondi se si fosse trovato lì nei paraggi.
Sarebbe stato divertente confrontare le sue radiazioni con il potere fondente degli occhi di Spanner, e vedere chi sarebbe esploso prima. Sono sicura che a qualcuno piacerebbe scoprirlo.
"Ehm, ehm... ovunque tu sia, per il bene di Narva-chan, ma soprattutto per il mio, esci fuori!" Supplicò Lucia con voce rotta dal terrore.
Cosa faccio? Cosa faccio? Cosa faccio?!
Shoichi tremava, celato alla vista dei due loschi uomini, e stringeva nelle mani una santina di Spanner con dietro una preghiera della buonanotte.
O meglio, avrebbe voluto. Ma nei suoi pugni vi era solo sudore, e al sudore non puoi aggrapparti quando ti stanno per fare la pelle. Puoi solo sperare che i tuoi nemici ci scivolino sopra, ma sfortunato come sei ti sarebbero caduti addosso, magari dandoti inavvertitamente una gomitata nei testicoli.
Questo era Irie Shoichi: un concentrato di sfiga, sudore e disperazione.
In quel momento più che mai.
"Ascoltami bene, Irie Shoichi, te lo dirò una volta soltanto, quindi apri quelle orecchie del cazzo che ti ritrovi."
Come fa a sapere il mio nome? In quale giro di maniaci del porno sono finito?!
Shoichi aveva paura che l'essere che lo stava pacatamente minacciando fosse un fanatico dell'hentai, a cui magari aveva soffiato una rivista indecente da sotto il naso in quella fumetteria in periferia. E non gliela aveva ancora perdonata.
Certa gente sa essere davvero vendicativa, certe volte.
Ehi, aspetta un attimo, questo significa che... Shochi, pervertito! Compri davvero riviste porno!? Sono sconvolta!
Ma no, non è vero. Shoichi non è materialmente capace di recarsi in una fumetteria e comprare una rivista indecente. Si scioglierebbe prima di arrivare alla cassa.
"Se non esci fuori con le buone, ora... andrò di corsa a squarciare il tuo amico Spanner con le mie stesse mani. E dopo squarcerò te, ovviamente."
Ma era scontato questo.
Shoichi deglutì, mentre la sua vescica si preparava a giocargli un tiro mancino. Mancinissimo.
Spanner!
La sua mente divenne una distesa innevata al cui centro troneggiava la testa mozzata di Spanner, e una lacrima gli solcò le gote rosee. Non avrebbe permesso che quel povero ragazzo venisse scotennato dal primo che passava.
E lentamente... uscì allo scoperto, strisciando dignitosamente verso Narvalo, che quando lo vide a stento si trattenne dal saltargli addosso.
"S-sono qui... per favore, non fare del male a Spanner."
Altrimenti non saprei proprio con chi dividere l'affitto.
"Eccolo qui, il nostro pulcino infreddolito e bagnato!" Esclamò Lucia sollevato correndogli incontro con le braccia spalancate.
"GYAAA!" Quasi si strozzò con la sua saliva quando lo vide incedere verso di lui con passo effeminato, e fece una capriola all'indietro, impaurito.
To', ho fatto la capriola!
Shoichi, a un passo dalla morte, si complimentava con se stesso per le sue prospere doti atletiche.
"Povero, come grida! E' proprio spaventato! Lo voglio! ~ Narvaletto, posso toccargli il sederino? Daiiii ~"
"Non chiedermi queste cose, finocchio! Sei una feccia, chiudi quella boccaccia e dissolviti!"
"M-ma! Io lo voglio, sigh! Non essere buzzurroso, Narva-chwan, Kyuuu ~"
"«Kyuuu»? Chi sei, un moe?"
"Sì, sono moe! Sho-icchi!" Cinguettò in estasi "Ma lo sai che sei proprio un-bel-ragazzotto?"
"Prego?!"
"Yum! ♥ Ti andrebbe di fare le porcate con Lucia? ♥"
Shoichi osservava l'uomo che gli stava parlando, cercando di mettere a fuoco correttamente l'immagine dello scandalo ambulante che gli si era parato di fronte.
E improvvisamente... la sua urina reputò opportuno fare una gita fuori porta.
"Oh, no!" Esclamò il frugolo mentre i pantaloni gli si inzuppavano di pipì "Mi sono fatto addosso!" E gemette, al colmo dell'imbarazzo.
Perché è normale dire queste cose a degli sconosciuti che vogliono la tua vita. Normalissimo.
D'obbligo, oserei.
"VOOOOOOOI!" Tuonò Narvalo "Lucia, piantala di molestare il moccioso! Non abbiamo tempo da perdere, Zanzara sarà qui a momenti!"
"Zanzara? Io ho paura delle zanzare!" Non appena sentì la parola «zanzara» Shoichi cominciò a rotolare a destra e a manca, tentando la fuga.
"Dove scappi, aborto di uomo?" E Narvalo, che amava le cose che si muovono, gli corse dietro, come un micino.
"Voi due! Dobbiamo rendere presentabile Shoicchino, altrimenti Zanzy si arrabbierà!" E Lucia, che era un maniaco, corse dietro ai due bei possenti omoni.
Shoichi tremava, crossando sul pavimento. E sperava che qualcuno lo salvasse dalla sua miserabile condizione.
Il suo desiderio si sarebbe esaudito? Qualcuno sarebbe arrivato? Lo scopriremo nel prossimo episodio! Kyu ♥





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Capitolo 26
*** Coinquilini, molestie e genialità assortite ***


c26 "N-non fatemi del male! Vi dirò tutto, lo giuro, ma non fatemi del male!"
Dopo lunghe peripezie per il magazzino, Narvalo era riuscito ad afferrare Shoichi per i capelli e gli aveva puntato uno dei suoi fermargli per capelli alla gola, in mancanza di più credibili strumenti di tortura.
"VOOOOOI! Cosa dovresti dirci, moccioso?"
"Narvy! Non capisci? Vuole rivelarci di essere vergine! Vero, Sho-icchi? ~"
Era vero?
"S-sì, esatto! Sono vergine, per cui, per cui... lasciatemi andare!!" Piagnucolò con la faccia annerita dalla polvere e dallo sporco del luogo. Era pronto a tutto pur di andarsene, anche a dire cose inutili solo per compiacere i suoi carcerieri.
"Lo sapevo! ~ Cucciolo, ti va di perdere la verginità con me? Sono bravo, sai? Narva-chan è testimone..." E si voltò verso il compagno, ammiccando "Vero, honey?"
"Honey? Ma vai a cagare"
Maledizione, era tardi! Zanzara sarebbe potuto venire da un momento all'altro, trovando niente più che un moccioso pisciatosi addosso. La loro vita era in mano al buon (?) senso di Lucia, l'unico che avrebbe potuto prestare al ragazzo un paio di pantaloni della sua misura per renderlo presentabile.
Ma Lucia non voleva collaborare, preferendo a tale attività la molestia sessuale.
Erano decisamente nella merda.
"S-sento freddo, ho i pantaloni bagnati, sono senza occhiali e non c'è Spanner con me quindi per favore lasciatemi andare! Cosa vi ho fatto?!" E cominciò ad agitare le gambine, come un bimbo a cui stanno per cambiare il pannolino.
Quando Lucia vide la chiazza bagnata in mezzo ai pantaloni di quel frugoletto che si agitava scioccamente, emise un gemito di piacere.
"Narvaletto, guardalo? Non è... a~do~ra~bi~le? Cielo, il mio pene vuole violarlo!" E mosse il bacino verso Shoichi, spingendo l'aria, provocando in Narvalo un conato di vomito notevole.
Che, sommato al fatto che erano nei guai fino al collo, lo portava a voler porre fine alla vita di tutti i presenti.
Lui compreso.
Ma si chiese da chi avrebbe dovuto cominciare il massacro.
Il moccioso che si è pisciato addosso o questo pervertito di merda? Oppure comincio da me e lascio che sia Zanzara a scuoiarli vivi?
E mentre ci pensava, Lucia era già saltato addosso a Shoichi, mirando al suo piccolo e imbarazzato membro.
"C-cosa fai? No, non toccarlo!"
Non toccarlo, è piccolo! Poi mi prenderai in giro, anziché volermi violentare!
"Perché no? E' così grazioso, e tu sei così... puro!"
Puro? La sua mente era già stata violata tanto tempo fa.
Spanner poteva vantare anche questo, fra i suoi innumerevoli primati.
"Non voglio! Voglio farlo con la persona che amo!" Protestò serrando le cosce più che potè, rotolando di lato per sfuggire a quei tentacoli lussuriosi.
"Siamo tutti fratelli, dobbiamo amarci a vicenda, tutti quanti! Quindi amami, piccolo Shoichi, amami e concedimi il tuo casto culetto rosa!"
Lucia aveva uno strano concetto della fratellanza. Per lui chiunque potesse essere violentato era come un fratello.
Commovente, vero?
Infatti Shoichi si mise a piangere.
"Spanner, dove sei? Aiutami, ho paura! Perdonami se ti ho lasciato solo, perdonami!" Calde lacrime cominciarono a scendere dai suoi occhi cecati, e per la prima volta Lucia arrestò la sua folle corsa.
Si fermò, indietreggiando.
"Questo Spanner... è davvero così importante per te?"
"Certo che lo è! Lui è il mio migliore amico, lui è il mio... coinquilino."
Eh, un coinquilino. Un supereroe, praticamente.
"Il tuo... coinquilino?"
"E-esatto!"
Silenzio.
Lucia scosse il capo, rassegnato.
"Va bene" disse aggiustandosi gli occhiali da sole che portava sul naso "non mi prenderò la tua verginità ~"
Shoichi tirò un sospiro di sollievo.
Allora anche i cattivi avevano un cuore, dopotutto!
"Grazie infinite! Grazie davvero! E ora, ehm... potreste lasciarmi andare?"
Ma quante pretese, Shoichi! Già sei scampato a una violenza, ora vuoi pure andartene?
"Pensi che questo Spanneruccio verrà a salvarti?" Chiese invece Lucia, ignorando la domanda.
E Shoichi, la cui furbizia faceva invidia a una sedia, rispose con accoramento.
"Certo che verrà! Lui è... il mio coinquilino, dopotutto."
E si sa, i coinquilini sono come fratelli. Nel momento in cui decidi di dividere l'affitto con un altro essere umano, hai automaticamente aggiunto un posto a tavola per il cenone di Natale in famiglia.
Lucia sorrise, felice.
"Benissimo! ~ Aspetterò che Spanner-chan venga a prenderti e consumeremo uno splendido rapporto a tre! Niente di meglio!"
Shoichi era un fottutissimo genio.
Veramente... le potenze mondiali se lo sarebbero conteso fino alla morte, se ne fossero venute a conoscenza.
Per questo si comportava da cretino, per celare il suo fine intelletto.
E ovviamente, Spanner gli dava una mano. Perché la corraborazione è indispensabile... fra coinquilini.
Proprio in quel momento, Narvalo finì di pensare.
Aveva preso una decisione. Sofferta, ma l'aveva presa.
Cominciò pertanto a togliersi i pantaloni di pelle di daino svedese comprati a Instambul per l'anniversario della fondazione del gruppo degli Avariati - ricorrenza del cazzo, secondo lui, buona solo a ubriacarsi di Vodka di pessima qualità - , attirando l'attenzione del pene di Lucia.
"Narvy! Oh, amore! Sei geloso e vuoi possedermi prima che lo facciano loro? Kyuuu ♥"
"VOOOOOOOOI! Vorrei spaccarti la faccia, altro che possederti!" Calò definitivamente le brache e le porse al malcapitato Shoichi "P...prendi questi e indossali, moccioso di merda!"
Shoichi li osservò, senza capire.
"Ehm... non ci vedo, cosa sono?" Chiese imbarazzato.
"PANTALONI!" Imprecò quello lanciandoglieli addosso "Ora mettiti questi cazzo di pantaloni e renditi presentabile entro 30 secondi, altrimenti procederò a disintegrarti!"
"S-s-sissignore!" Scattò lui, alzandosi.
Ma ricadde al suolo, incapace di mantenere l'equilibrio.
I salami non sono fatti per stare in piedi, del resto.
"Pezzo di idiota! Lucia, dagli una mano tu!" E indicò il compagno di fronte a lui, avvolto da una spessa coltre di cuori rosa "Pezzo di cazzo, mi senti? VOOOOOOOOOI!"
"Kyuuu ♥ Na-r-vy! Non gridare con quel vocione, mi impaurisci!"
"Me ne fotto! Dagli una mano a cambiarsi, io mi volterò per non assistere al nauseante spettacolo! E vedete di fare in fretta, stronzi!"
"Vaaa bene ♥ Shoicchino, vieni da papà Lucia..." E tese le braccia in direzione di quel frugoletto tutto pipì e lacrime.
"M-mi basta che sciogliate le corde, il resto l-lo faccio da me!" Balbettò tremante, temendo per il suo didietro.
"Oh, no! Non preoccuparti, non farò niente!" Disse, mentre si leccava le labbra e agitava il bacino verso di lui.
Ma non c'è mica bisogno di pensar male per questi motivi.

*

Grazie al provvidenziale cartello messo in bella mostra per Spanner da qualcuno, il biondo ingegnere era finalmente riuscito a imboccare la strada giusta.
Esultò, quando vide la sua casetta in lontananza.
"Mh, non mi ricordavo fosse così... quadrata." Mormorò accelerando il passo. Presto avrebbe scoperto dove si trovava Shoichi, non c'era un secondo da perdere!
Ignorando il fatto che il suo appartamento gli sembrasse più cubico del solito - forse, magari, perché non usciva mai di casa? - si immise nel vialetto e arrivò alla porta di casa.
Pose la sua mano sulla maniglia, e l'aprì.
O almeno... l'intenzione era quella.
Ma la porta non si aprì. Beh, ovvio, era chiusa a chiave.
Il problema era... dov'erano le chiavi?
Frugò nelle sue tasche, ma non le trovò. Non aveva perso quella brutta abitudine di dimenticare le chiavi di casa dentro casa stessa, ogni tanto.
Per di più, stavolta non c'era proprio nessuno che potesse ricordarglielo, perché Shoichi era disperso in azione.
Sospirò.
"Devo averle lasciate dentro... sono uno stupido."
Spanner si grattò la testa, sentendosi colpevole.
Cosa avrebbe potuto fare? Un sacco di cose, a dire il vero.
Ma poiché il suo concetto di ingegnere non andava oltre le invenzioni inutili, non era capace di fare quello che per un piede di porco era un gioco da ragazzi.
Si chiese come dovesse agire.
"Potrei farmi aiutare da Shoichi... ah, ma Shoichi è morto, già."
Ma non darlo per spacciato, maledizione!
"Potrei rimpicciolirmi e passare da sotto la porta. Quindi mi servirebbe un rimpicciolitore di ingegneri, solo che per costruirlo mi servirebbe il laboratorio..."
Perché proprio di ingegneri? Non discriminiamo il genere umano!
Oh, è vero. A Spanner non importa del genere umano, finché lui e Shoichi sono entrambi ingegneri.
"E se passassi dal camino?"
Ehi, questa sì che è una buona idea!
"Ah, ma... noi non abbiamo un camino. Abbiamo solo la stufa elettrica. Mi introduco nel cavo della corrente? Ma per farlo dovrei inventare un aggeggio che mi consenta di trasformarmi in un fascio di elettroni, e per farlo..."
Non me lo dire! Hai bisogno del laboratorio!
"...Ah, che cosa assurda. Come se potessi costruire una cosa del genere."
E il rimpicciolitore di ingegneri sì?!
Spanner scosse il capo, triste. Le sue idee geniali venivano liquidate pochi secondi dopo, e quel che era peggio...
Era uscito di casa senza leccalecca.
La carenza di zuccheri stava cominciando a farsi sentire...
"Non riesco a ragionare come vorrei... cosa posso fare?" Sembrava sul punto di dissolversi nel vento.
«Ah, non ricordavo fossi così citrullo, Spanner!»
Una voce femminile lo fece trasalire. Il ragazzo si voltò di scatto, e vide davanti ai suoi occhi una figura femminile.
"Ma tu... ma tu sei... aspetta, ci conosciamo?" Chiese perplesso, non riconoscendo il volto della donna.
"Per forza, stupido! Ho il cappuccio sul volto!" La donna se lo tolse, spazientita.
Spanner sgranò gli occhi.
"Questo volto..."
"Questo volto?" Chiese speranziosa.
"... Non mi dice nulla." Concluse grattandosi la fronte.
"Ma come!? Maledizione, sono Brandenbeltafrond, tua zia!"
Silenzio.
Poi, il lampo di genio.
"Ah, zia Spanny!" Esclamò, contento "Che ci fai qui? Pensavo fossi morta!"
Anche lei? Ma non è possibile!
"Non è Spanny, è Brandenbeltafrond!" Sbottò lei agitando un dito "Perché non hai ancora imparato il nome della tua zietta, Spanner? Mi deludi profondamente!"
"Zia" disse lui ignorandola beatamente "puoi aiutarmi ad aprire questa porta?"
"Ovvio che pos--- ehi, aspetta un secondo! Non hai risposto alla mia domanda! Nipote fedifrago!"
Spanny gridò, invano.
Adesso che una misteriosa zia era giunta dal nulla profondo, qualcosa sarebbe cambiato? Riusciranno i nostri eroi a salvare Shoichi dalla sua fine certa? Lo sapremo nel prossimo episodio!






Note dell'autrice: bene, anche questo andato. Manca poco alla fine! (della saga, non della storia xD) Spero che il capitolo vi sia piaciuto, mi sono impegnata molto per scriverlo :)
Grazie come sempre a tutti (Eiko, Hiromi, Nagipon, Steffa) e a tutti gli altri (vi citerei, se sapessi chi foste :P) che leggono!











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Capitolo 27
*** Anima rossa ***


c27 Spanner era uno dei migliori ingegneri sulla faccia della terra, e aveva una moltitudine impressionante di parenti dispersi sulla faccia della terra.
Ma quelli che gli erano più legati erano senza dubbio quelli dell'America, la sua terra natale. Spannera, per esempio, era una di questi.
Ma Spannera, come già accennato in precedenza, e come la logica ci porta a pensare, aveva una madre. Questa madre era la zia Spanny, la donna che in questo momento stava disperatamente tentando di scassinare la serratura della porta della casa di Spanner servendosi solo del suo fascino e di una foglia di lattuga.
"Mio caro nipote..." Cominciò picchettando sulla maniglia "Questa porta è blindata, per caso?"
Spanner sospirò.
"Zia, non puoi aprire questa porta utilizzando un ortaggio. L'abbiamo costruita io e Shoichi, dopotutto."
Ma certo, che domande. Volete forse che una porta costruita da una gran coppia di amiconi come loro possa venire violata da una foglia verde? Non scherziamo, per favore.
Con chi credete di avere a che fare?!
"Maledizione" sibilò lei dandole un pugno "la situazione sta precipitando. Se neppure io riesco ad aprirla..."
Sì, la situazione stava davvero precipitando.
Spanner sentì la gravità terrestre gravargli addosso con l'imminenza di una condanna a morte.
Sentì che Shoichi stava correndo un enorme pericolo, e lui non poteva fare nulla per aiutarlo.
Sentì che il suo sangue stava subendo un pericoloso calo di zuccheri.
E il suo pensiero volò ai leccalecca nascosti nella vecchia cassetta degli attrezzi.
"Zia, posso sapere come mai sei venuta in Giappone?" Chiese, per distrarsi da tutti quegli allarmanti pensieri.
La zia Spanny si pietrificò. Era stato tirato fuori un discorso molto, molto delicato.
"Perché, mi chiedi?" Rispose voltandosi lentamente.
"Sì" insistette lui. Il suo cervello stava lentamente cominciando a liquefarsi, lo sentiva.
"Beh... la questione è molto semplice."
La donna mollò la lattuga e il suo charme, pose le sue mani sui fianchi, si schiarì la voce e cominciò a parlare.
"Jess mi ha raccontato tutto."
Silenzio.
"Ho capito, va bene."
"Non ho finito!" Gridò scuotendo il capo "Mi aspettavo almeno un po' di collaborazione da parte tua, Spanner!"
Silenzio.
"Temo di non capire." Disse infine, con voce inespressiva.
"Santo cielo, certo che voi uomini siete proprio ottusi!"
«Voi uomini»? Oh, no.
Spanner è un caso a parte. E Shoichi pure.
Tutti gli altri uomini sono semplici molluschi, non si può parlare di ottusità.
L'ottusità è il genio oltre i 90°, è un dono, un prodigio. E' un insulto affermare che tutti gli uomini siano ottusi.
"Mh." Fece lui, chiaramente interessato alla discussione.
Spanny gemette, frustrata. Evidentemente non sapeva proprio come fosse, vivere a contatto con Spanner.
Almeno in questo Shoichi era sicuramente un pro, pace all'anima sua.
"Vabbè, lasciamo perdere..." Gli pose una mano sulla spalla, scuotendo la testa "Spanner, rispondimi sinceramente: sei gay?"
"Sì."
Silenzio.
"Davvero?"
"No."
Silenzio.
La zia sospirò, allontanandosi da Spanner. Era evidente che fosse in un momento molto delicato della sua vita e che le sue tendenze sessuali non fossero ben definite.
Evidente e naturale, aggiunse.
In realtà, Spanner aveva semplicemente spento il cervello e inserito il pilota automatico, causa la mancanza di zuccheri nel serbatoio. Avrebbe risposto a ogni domanda prima con un «sì» e poi con un «no», a prescindere da cosa chiedessero.
"E... pensi di..." Tossì "... fare sul serio, con questo «Shoichi»?"
"Sì."
"Ma lo ami?"
"No."
Spanny spalancò gli occhi, non potendo credere a ciò che aveva sentito.
Dunque... suo nipote voleva solo divertirsi? E l'amore? No, era inammissibile!
"Spanner... tu ti fidi dei miei consigli, vero?"
"Sì."
"E sai che la zietta pensa sempre prima al tuo bene, vero?"
"No."
"No? Bene, ora lo sai. Spanner!"
"Sì."
"Promettimi che farai sul serio solo con la persona amata! Promettimelo in quanto nipote!"
"No."
"Spanner! Mi stai disobbedendo?"
"Sì."
Silenzio. Spanny era sconvolta.
Non ricordava di aver lasciato suo nipote così... il suo Spanner era sempre stato un ragazzino vivace (?), scrupoloso e ubbidiente, e ora invece...
"E' colpa di questo Shoichi, vero? E' lui che ti ha ridotto così!"
"No."
"Lo stai coprendo, vero?"
"Sì."
"Ecco, lo sapevo! Spanner, tu tornerai con me in America! Giuro sulla mia collezione di chicchi di riso che ti riporterò indietro!"
"No."
Silenzio.
Spanny si costrinse a mantenere la calma. Suo nipote era... sicuramente confuso. Sì, lo era. Non poteva fargliene una colpa, lei era grande e queste cose le capiva. Le perdonava. Le correggeva, con amore e pazienza.
Non poteva prendersela con il suo adorato Spanner. Lui non aveva fatto niente. Il problema era quel ragazzo, Shoichi. Era sua la colpa, sua e di nessun altro.
"Va bene, facciamo così: accantoniamo questo discorso per un po' e dedichiamoci alla ricerca del tuo amico Shoichi, va bene?"
"Sì" disse lui, la cui attenzione era stata un poco attirata dalle ultime parole "va bene. Cerchiamo Shoichi."
Ah, l'amore. Tinge di rosso fragola ogni cosa, e ridona la vita a chi l'ha perduta.
"E cerchiamo Shoichi..." Mormorò lei a denti stretti. Però, rifletté poi, trovarlo non sarebbe stato così male, no? Almeno gliel'avrebbe fatta pagare per i danni morali causati al povero nipote ipocondriaco.
Era un vero peccato che non spuntasse mai nessun parente di Shoichi - non per forza stretto, anche un tredicesimo grado sarebbe andato bene - a rivendicare la sanità mentale del frugolo. Che poi, ce n'era veramente tanta da rivendicare.
Ma proprio tanta.
Fu in quel momento che Spanny estrasse dalla tesca un telefono cellulare rosa.
Con movimenti esperti, digitò una serie di numeri che corrispondevano a un ben noto covo di manigoldi - di cui non vi svelo il nome perché sono sicura che non ne avete la più pallida e state annaspando come marmotte per scoprire di chi sto parlando - e attese in linea che qualcuno rispondesse.
«Risponde la segreteria telefonica del numero: feccia-muori-crepa-stronzo-cazzo-rifiuto-merda-sparati-vivagliavariati; Dopo il segnale acustico, può lasciare il suo messaggio: sono occupato, feccia. Lasciami un messaggio e ti faccio saltare le palle.»
"Zanzara, sono Brand. Il ragazzo è ancora con voi?"
«Ah, sei tu... che cosa vuoi ancora?»
"Sto venendo a prenderlo, non torcetegli un capello! Lo voglio vivo, al mio arrivo!"
«Vivo? Non posso assicurarti niente, puttana. Tu fai in fretta, e forse gli avrò solo carbonizzato una gamba.»
"Zia, con chi stai parlando?"
"Niente caro, niente, non preoccuparti --- PUTTANA A ME?! Ma come osi, brutto..."
«Bla, bla, bla. Quanto parli, donna? Mi hai rotto, fottiti.»
La comunicazione si interruppe di colpo, lasciando zia Spanny visibilmente scossa.
Spanner, ovviamente, non aveva capito niente. E la ossservava, un poco confuso, senza realmente desiderare di sapere.
L'unica cosa che gli premeva era ritrovare Shoichi, il resto poteva anche passare in secondo piano.
C'era da domandarsi in che rapporti stessero Brand(on) e il gruppo degli Avariati.
C'era da domandarsi, appunto. Mica da rispondersi.
Sennò dove sta il bello?
"Spanner, andiamo a prendere Shoichi."
Come faceva sua zia a sapere dove fosse? Boh.
A quanto pare, erano solo dettagli.
"Mh, andiamo." Rispose lui annuendo.
Aveva un solo rimpianto, mentre si allontanavano da casa. Di non avere il bocca il suo leccalecca alla fragola.

*

"Narva-chan, non pensi che gli vengano un po'... larghetti?"
"Chiudi la bocca, Lucia. Per il bene di entrambi, chiudi la bocca."
Chiunque avesse visto Shoichi in quel momento, non avrebbe esitato neppure per un istante a pensare che fosse il cosplay di Capiran Harlock solo uscito molto male. Lui stesso, del resto, si sentiva molto «sperduto nella galassia», totalmente incapace di prevedere quale piega avrebbero preso gli eventi.
Non che non ci avesse provato. Era da quando l'avevano legato come un salame che si chiedeva quale fine avrebbe fatto.
E puntualmente, le sue previsioni venivano smentite dall'entrata in scena di qualche personaggio dalla dubbia moralità.
Per esempio, proprio quando credeva di esser sfuggito al lercioso uomo rotondo che gli faceva la guardia con un grosso manico di scopa in mano, un uomo dai lunghi capelli bianchi era apparso a dargli la caccia senza pietà.
E proprio quando credeva che il suddetto uomo lo avrebbe ridotto in poltiglia e sparso i suoi resti ai mastini del porto, un... uomo palesemente omosessuale gli era saltato addosso con movenze sinuose e provocanti.
E proprio quando stava per dire addio alla sua verginità consumata ogni notte dietro una donna inesistente con le tette giganti, l'uomo innevato che credeva volesse farne briciole si era tolto i pantaloni, porgendoglieli con un moto stizzito quanto imbarazzato.
E proprio quando credeva che un'orgia fosse vicina, i due uomini si erano messi a discutere animatamente dimenticandosi di lui.
"Lucia, feccia! Che cosa hai appena detto?!" Urlò lui afferandolo per il colletto della camicia e fissandolo con occhi di bragia.
"N-niente!" Gridò impaurito "Non ho detto niente, Narva-chan!"
"Bugiardo!" Un rosso porpora colorava le guance del povero Narvalo mentre stringeva le dita al colletto "Tu mi hai... tu mi hai sentito!"
Il tono con cui aveva appena pronunciato quelle parole aveva un qualcosa di assolutamente mortificato, che ti faceva venir voglia di tapparti le orecchie per non sentire.
"M-ma è stato solo un momento! E poi non l'ho detto a nessuno, giuro!"
"Sarà... sarà meglio per te!" Lasciò la presa con un moto di stizza e si voltò verso Shoichi, fissandolo con odio.
"Ehi, piratucolo. Spero per te che la tua piscia sia evaporata, altrimenti sarò costretto a tagliarti il pene. E tu non vuoi che succeda, vero?"
Shoichi rimase interdetto.
Non è che il pene gli servisse poi a molte cose. Urinare, forse. E magari a masturbarsi, quando ne aveva il coraggio.
Per il resto non era che un peso inutile, e se in cambio della liberazione avesse dovuto cederlo a terzi, beh... poteva anche farci un pensierino.
Dopotutto è importante calcolare sempre pro e contro di ogni situazione.
Stava per mormorare un debole «fate pure», quando un'immagine gli apparse nella mente.
Spanner.
E si disse che sì, il pene gli sarebbe potuto ancora servire a qualcosa.
Quindi strinse le gambe per proteggere il suo piccolo membro umidiccio dalle intenzioni malvagie di quel buzzurro in bermuda.
Scosse il testone rosso. Non voleva che gli venisse asportata la virilità.
Già quella psicologica se l'era fumata stando dietro a Spanner. Se poi gli toglievano pure quell'ultimo brandello di mascolina dignità...
Narvalo annuì, compiaciuto.
E si rivoltò verso Lucia, fulminandolo.
"La prossima che tiri fuori ancora questa storia... giuro che ti ammazzo. Ti ammazzo."
Lucia deglutì. Non gli piaceva molto il modo in cui aveva rimarcato quelle due parole.
"V-va bene, Narva-chan... ora però facciamo la pace, va bene?"
Gli tese una manina, tremante.
Lui la guardò, con disprezzo.
"Vuoi che te la amputi?"
La ritirò in una frazione di secondo.
"K-kyuu ~" Mormorò, triste.
Per poter risalire alle origini di questo improvviso e strambo dibattito, bisogna tornare a qualche giorno prima, quando Narvalo stava guardando la televisione di soggiorno, approfittando del fatto che Zanzara si stesse facendo il bagno nel catino...
«Kaze wo kiru tsubame no you ni, isshun de mezasu aoi umi e... ikeru nara! YEA!»
Lucia era stato attirato da un canto rauco, e si era avvicinato alla sua origine. Per tutta risposta, aveva trovato Narvalo mentre teneva in mano una spada giocattolo, agitandola con convinzione, cantando «Anima Rossa» a squarciagola. In tivù, Ichigo e la sua combriccola si facevano a pezzi fra di loro mentre Aizen, o più semplicemente Shoichi senza occhiali, se la ridava sfregandosi le manine.
Fra la folla di idioti, Lucia credette di scorgere qualcosa, o qualcuno, che assomigliava molto a Narva. Ma fu un istante, perché la sigla aveva già cambiato soggetto.
Sbattè le palpebre, incredulo per ciò che aveva appena visto.
Ovviamente, si disse, non avrebbe dovuto per nessun motivo al mondo disturbare Narvaletto mentre si divertiva così tanto a imitare quei personaggi dallo straordinario spessore psicologico. Non sarebbe stato corretto.
Mosse un piedino per tornare sui suoi passi, quando...
"Ichigo, stronzo! Proteggi Rukia, non vedi che è in pericolo?! Feccia! Non temere Rukia-chin, sto per correre a salvarti! Altro che fragole!"
Narvalo si era lanciato contro il televisore, brandendo la sua spada giocattolo, e gli aveva dato un colpo così forte da spaccarlo in due.
A tale tonfo, era seguito il silenzio.
E dopo il silenzio, la necessità di disfarsi delle macerie.
Dopo essersi guardato intorno per accertarsi che nessuno avesse sentito, aveva preso le due metà della tivù e se le era messe sotto l'ascella, portandole via da qualche parte.
Consapevole di aver assistito a qualcosa che non avrebbe mai dovuto vedere, Lucia deglutì e corse via, cercando di rimuovere quell'immagine dalla mente. Ma, sfortunatamente, non ci riuscì.
E quando Narvalo, prima, si era messo a gridare «VOOOOI» con tono rauco, non era riuscito a trattenersi dal dirgli che se continuava così non avrebbe più potuto cantare le opening dei suoi anime preferiti. E neppure salvare Rukia dalle grinfie di qualcuno (praticamente tutti i tizi dell'anime).
Ed era finita come era finita, malauguratamente.
Dopo aver applicato una svolta ai pantaloni alla bell'e meglio, Shoichi si era alzato in piedi tenendo ancora fra le mani la corda con cui era stato legato. La mancanza degli occhiali stava diventando insopportabile.
"Sono... sono pronto" mormorò terrorizzato "dove dobbiamo andare?"
"VOOOOOOOOI!"
"A-aì!?"
"Da nessuna parte, pisciasotto. Aspettiamo il boss e basta."
"Ah, ehm. Va bene."
Silenzio.
"Ehm..."
"Che cazzo vuoi?!"
"NIENTE!" Scattò Shoichi scuotendo le mani, impaurito "Davvero, niente!"
E così, sprofondati nel silenzio, Narvalo, Lucia e Shoichi rimasero fermi nel buio del magazzino, aspettando Zanzara.
Spanner... vieni presto, per favore... prometto che non cercherò più di nasconderti i tuoi fiocchi d'avena, la mattina! Lo giuro! Per cui... ti supplico, vieni a salvarmi!
Sarebbe arrivata, la nostra pannocchia geneticamente modificata? In attesa di risposta... ascoltiamo Anima Rossa.




«Kaze o kiru tsubame no you ni, isshun de mezasu aoi umi e... ikeru nara!»








Note dell'autrice: sento che questo capitolo vi farà schifo T_T mi scuso per la mia incapacità, perdonatemi T_T
Grazie sempre a tutti quelli che leggono e seguono, eh :)
PS: avete afferrato la citazione? xD
PPS: causa il momento depressione in cui verso da qualche ora a questa parte, non assicuro il rilascio perpetuo T_T scusate ma, ehm; purtroppo la scarsa fiducia in me stessa gioca brutti scherzetti... *coff*
PPPS: Steffa... io ti aspetto, eh xD *minaccia con un sorriso*



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Capitolo 28
*** Ricongiungimento ***


c28 "Bene. Ripeti con me, moccioso. «VOOOOOOOI!»"
"Aehm... v-vooooi!"
Narvalo scosse il capo, spazientito.
"Non ci siamo! Devi essere più... più convinto! Più violento! Forza, ripeti ancora, «VOOOOOI»!"
"E'... è proprio necessario?"
Shoichi si stava chiedendo, dal profondo del suo cuore, quale assurda combinazione di circostanze lo avesse portato a quella situazione.
Ci stava pensando da un po'. Se non avesse tentato di comprare quell'eroge, se Spanner non avesse installato quel gioco, se - deglutì al pensiero - quel fattorino non fosse precipitato nella botola... forse avrebbe scampato tutto questo.
"Certo che lo è, sterco! Come vorresti presentarti al capo, sennò? AH?!"
Lo sguardo che gli rivolse Narvalo possedeva una carica omicida notevole, pensò.
Curioso come riuscisse finalmente a riflettere sulla sua condizione con così tanta lucidità e distacco. Si dice che tutti coloro che sono prossimi alla morte ci riescano, in fondo.
Ormai non rimpiangeva più la mancanza di occhiali, anzi, era quasi contento di vedere tutto sfuocato. La realtà era troppo assurda, non voleva sprecare gradi per osservarla più di quanto non stesse già facendo.
Shoichi sospirò, stanco. Davvero, aveva completamente perso le forze. Fasciato in pantaloni che non erano suoi e puzzavano di topo morto, con le mutande umide per l'urina, i capelli impolverati a causa del rotolamento, e... Lucia che continuava a emettere gridolini impazienti, alle sue spalle, battendo le mani entusiasta, la cosa migliore che avrebbe potuto fare era smettere di pensare e semplicemente attendere la sua fine. Qualunque essa fosse stata.
E per la prima volta pensò che, in confronto, la vita con Spanner era la più pura delle gioie. E promise a se stesso che non se ne sarebbe lamentato mai più, se mai fosse riuscito a scamparla.
"Ehm... v...VOI!"
"Troppo breve! Prolungalo! Sentilo in gola!"
Sentilo in gola?!
"Ci provo, ci provo! VOOI!"
"NO! Di più cazzo, di più!"
"Dateci dentro, ragazzi miei! Spingi Shoichi, spingi! Sentilo in gola, divoralo! Assaporalo!"
Era quanto mai evidente che Lucia stesse parlando di tutt'altra cosa.
"Lucia, testa di cazzo, non ti intromettere! Questo è il mio addestramento!"
"Nyuu, antipatico!" E gli uscì la lingua per mostrare tutta la sua disapprovazione.
Il che dovette probabilmente apparire terribilmente divertente agli occhi cecati di Shoichi, che emise una piccola risata sommessa, pentendosi immediatamente di essersela fatta scappare.
"Tu, piccolo stronzo! Lo trovi così divertente?"
"Ehm, io? Neanche un po', giuro!"
"Davvero? Allora ripeti con me: «VOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOI!»"
"N-non è un po' troppo lungo?" Chiese lui grattandosi la testa, incerto.
"Più è lungo meglio è! Coraggio, ripetilo!"
Shoichi si schiarì la voce con un colpo di tosse. Dopotutto, che importava? Avrebbe continuato a dare del voi all'aria sparsa nell'atmosfera perché così voleva il suo aguzzino. E nel frattempo avrebbe atteso la venuta di un uomo che a detta loro era ancora più spaventoso e malvagio di Narvalo e Lucia.
Perfetto, semplicemente perfetto.
Si chiese per cosa avesse studiato la fisica quantistica e la curvatura della materia per tutti questi anni, se in una situazione del genere si rivelavano semplicemente inutili.
Magari avrebbe potuto chiedere aiuto a un protone, si disse. Magari si sarebbe commosso e l'avrebbe aiutato.
Ma anche no.
"Ti stai divertendo, rifiuto umano?"
Una voce interruppe i suoi pensieri, e fulminò con molta probabilità le altre due menti brillanti che si trovavano insieme a lui.
Si voltò, molto lentamente, seguito a pochissima distanza da Narva-chan e Lucia.
"Boss!" Esclamò quest'ultimo "Finalmente sei arrivato, ti aspettavamo con ansia!" Cinse le spalle di Shoichi e lo indicò con l'altro dito, fiero "Guarda, l'abbiamo ritrovato! Non è adorabile? ~"
"E questo lattante chi sarebbe?" Chiese Zanzara grattandosi un orecchio, per niente interessato. Incedette verso di loro con passo lento, ma qualcosa che teneva nell'altra mano fece gelare loro il sangue nelle vene.
Beretta. Salumi Beretta.
Cioè, pistola Beretta.
"E quella pistola, Zanzara?" Chiese Narvalo, sudando leggermente. Sentiva che la domanda era retorica, ma volle accertarsi comunque delle intenzioni del suo boss.
"Oh, questa? Solo un piacevole passatempo." Rispose lui, con un leggero sbadiglio.
E intanto, fissava Irie Shoichi con un sopracciglio leggermente inarcato. E non riusciva a ricordare cosa ci facesse un ragazzino nel loro covo.
Shoichi, dal canto suo, aveva perduto quella patina di uomo vissuto che si era faticosamente costruito per preservare se stesso dalla situazione demenziale in cui era andato a finire, e stava progressivamente aumentando le micro-oscillazioni del suo corpo, producendo un piccolo sisma molto simpatico e tenero.
Aldilà del fatto che reputare un terremoto tenero era un eufemismo, qualunque cosa provenisse dalla sua persona emanava necessariamente una carica pucci. Necessariamente.
Mentre era indeciso fra la possibilità di salutare quell'uomo spaventoso o trovare sollievo nel venir meno, Zanzara si mosse nella sua direzione, finché non si portò a pochissima distanza dal suo viso.
Grugnì, cercando di ricordare chi fosse.
"Sei" inarcò entrambi i sopraccigli "la nuova cameriera?"
Silenzio.
Lo era? Non lo era? Lui di certo non lo sapeva.
"Pezzo di cazzo! Il moccioso è Irie Shoichi, l'abbiamo trovato! Non sei forse venuto per lui?!" Berciò Narvalo diffondendo un po' di sputo qua e là. Malauguratamente, qualche goccia di esso colpì il mantellaccio di ecopelle di Zanzara, evaporando instantaneamente.
"Feccia, mi hai bagnato lo scialle. Adesso morirai."
"Ti ostini a chiamare scialle questo ridicolo pezzo di stoffa sintetica?"
Una beretta fece partire un colpo, che perforò il muro dietro di loro.
Shoichi si fece addosso - di nuovo - chiedendosi come lo avrebbe spiegato al cetaceo a poca distanza da lui, ammesso che dopo fosse avanzato del tempo per questi dettagli.
Lucia portò le mani agli angoli della bocca e cinguettò un «oh my god» di dubbia interpretazione.
Narvalo aprì la bocca per dire qualcosa, ma il suo boss gli infilò la canna della pistola giù per gola, sibilando minacce.
"Parla e sei morto." Disse, e lentamente la sua bocca si incurvò in un sorrisetto sardonico e compiaciuto di sé.
Questo era uno degli esempi più significativi del rapporto di amore, fiducia e rispetto che legavano i membri degli Avariati. Un rapporto fatto di affetto, comprensione reciproca, e tanto, tantissimo terrore represso.
E nascosto a forza nella tasca dei pantaloni.
Lentamente la estrasse fuori, prese la giacca di daino di Lucia e vi pulì l'arma, umida per il contatto con la trachea del sottoposto.
"Ah, rifiuto. Già che ci sei, spiegami per quale motivo sei in mutande. Voglio farmi due risate."
Shoichi sentì una morsa di terrore stringersi attorno al suo collo.
L'interpellato non parlò, poiché gli era stato ordinato di non farlo, e si limitò a indicare il moccioso presso di lui.
Zanzara si voltò di nuovo verso Shoichi, con un'espressione alla quale, oltre la perplessità, si era aggiunto il sadico piacere nell'aver trovato - con ragionevole certezza - un nuovo giocattolo per il proprio personale sollazzo.
"Così, tu saresti Irie Shoichi. Il mio nuovo antistress." Disse, pur non avendo la minima idea di cosa quel nome avrebbe dovuto suggerirgli.
Ma in fondo, non hai bisogno di sapere l'identità di qualcuno che a breve smarrirà la sua coscienza nell'angolo più profondo della sua mente. Puoi sempre affidargli un numero di matricola, per comodità.
Lui annuì impercettibilmente.
"Troppo lungo da ricordare. Da adesso in poi sei semplicemente la matricola 51, siine orgoglioso."
"M-matricola 51? Perché proprio 51?" Domando Shoichi, con la gola improvvisamente secca.
"Perché è il primo numero che mi è venuto in mente. Problemi?"
Oh, certo che sì. Una valanga di problemi stavano rotolando verso lui con moto uniformemente accelerato, e presto lo avrebbe travolto, lasciandolo esanime sotto uno spesso manto di... cose simpatiche.
"N-nessuno!"
Zanzara scoppiò a ridere, felice di aver trovato un nuovo schiavo da seviziare.
In fondo, era questa la vita di Shoichi. Passare da un padrone all'altro.
Prima era stato il servo di Spanner, e prima ancora della sua dolce sorellina anoressica. Adesso lo sarebbe stato di un bruto vestito da Batman armato di artiglieria leggera.
Tutto regolare.
Shoichi sorrise, arrendevole. La sua vita era finita davvero degnamente.
O forse no...
«Fermo là, Zanzara! Cosa stai facendo al ragazzo?»
Una voce irruppe violenta nell'aria intorno a loro, frantumandola con quella nota di isterismo femminile tipica delle donne di mezz'età che si credono giovani pulzelle appena sbocciate.
Quella voce apparteneva a zia Spanny.
"Eh?" Fece Zanzara, voltandosi sghembo verso l'origine di quel suono fastidioso "Ah, sei tu. Ciao feccia!" Agitò una beretta nel vuoto in segno di amichevole saluto.
Amichevole.
"Non gli hai fatto del male, vero?" Chiese lei, prudente.
"Se intendi fisicamente, no" rispose lui con noncuranza, fissando la sua pistola preferita "ma per i danni mentali non posso garantire, spiacente."
"«Danni mentali»? Beh, poco male, andrà bene lo stesso!"
Certo, chissenefrega dopotutto? Sono solo danni mentali.
Nel momento in cui raggiungi una certa quantità di problemi alle sinapsi, non vale neanche più la pena di considerarli.
Quando Shoichi vide la donna muoversi decisa verso di lui, pensò che ancora una volta le sue aspettative erano state tradite. Infatti, proprio mentre si preparava mentalmente a compiacere quell'uomo sadico di fronte a lui, l'ennesimo personaggio senza senso era saltato fuori dal nulla, probabilmente per trascinarlo via con sé verso chissà quali allucinanti avventure.
Però.
Però... un'altra figura attirò la sua attenzione.
Qualcun altro era entrato nel magazzino, silenziosamente, guardandosi intorno con... quell'espressione che Shoichi conosceva molto, troppo bene.
Strinzzò gli occhi cecati, cercando di mettere a fuoco il soggetto in questione.
Quel modo di camminare pacifico e tranquillo... no, non poteva crederci.
La figura in questione si passò una mano sul mento, pensante. E a quel punto, Shoichi non ebbe più alcun dubbio.
"SPANNER!!!!" Urlò colmo di gioia correndo a sua volta incontro al suo migliore amico, sorpassando in curva Spanny, la quale si era voltata inorridita verso quel ragazzo che puzzava di... urina?
"Mh?" Spanner si voltò un poco, fissando il ragazzo che gli stava venendo addosso, e passando rapidamente la visuale sulla zia incredula che berciava alle sue spalle.
Il tutto, ovviamente, senza mai perdere la sua innata compostezza.
"Mi sei mancato tanto!!" Shoichi gli saltò addosso con le lacrime agli occhi, strusciando il suo testone sulla maglietta dell'amico e continuando a ripetere il nome del suo adorato coinquilino.
"Uh..." Fece lui, perplesso "Per caso ci conosciamo?"
Silenzio.
Shoichi alzò lentamente gli occhi, fino a incontrare quelli di Spanner.
"Non... non ti ricordi più chi sono?" Mormorò, incredulo.
Certo, avrebbe dovuto sospettarlo. Spanner era quello che si dimenticava di una cosa quando lo vedeva per molto tempo, ed erano già passate diverse ore dal suo rapimento.
Normale, si ripetè, che lui non si ricordasse più chi era.
Anche se aveva sperato... di essere un'eccezione. Anche nella fisica esistono le eccezioni, no? Anche lui avrebbe potuto esserlo.
Ma forse, ancora una volta, aveva sbagliato i suoi calcoli. Per Spanner, Shoichi non era che un simpatico ragazzotto da bistrattare e a cui far pagare metà del tuo affitto. Né più né meno.
Spanner lo fissò, compiendo uno sforzo che sarebbe stato oltremodo impossibile - causa l'impellente bisogno di zuccheri - se non avesse scorto, nell'essere abbarbicato alla sua persona, un che di straordinariamente familiare.
Una calda fiammella cominciò pian piano ad accendersi nel suo petto, e Spanner aprì gli occhi, folgorato da un'illuminazione.
"Shoichi, sei tu? Non ti ricordavo così trash!" Esclamò, prima allibito e poi tanto contento. Fece per ricambiare l'abbraccio, ma la papera si scansò starnazzando.
"Io non sono trash! Sono solo un povero sfortunato! E, e poi!" Gridò, additandolo risentito "E' tutta colpa tua! Sempre!"
"Sì, sì, va bene" gli afferrò la nuca e se la strinse al cuore "non ci lasceremo più, va bene? Adesso stai buono e riposa."
Ma Spanner aveva dimenticato di non indossare la sua tuta soporifera. Per questo motivo, Shoichi non avrebbe mai potuto addormentarsi fra le sue braccia.
Eppure... quelle semplici parole bastarono a trasmettergli una calma e una dolcezza davvero toccanti.
"Non ti sopporto..." Mormorò affondando il viso nei suoi indumenti, felice di essersi ricongiunto al suo migliore amico/coinquilino/padrone e quant'altro.
Poco lontano Zanzara, Narvalo e Lucia osservavano la scena.
"Bah, feccia..." Mormorò il capo riponendo la beretta nel fodero "Ehi, puttana! Prenditi quei due mocciosi e sparisci da qui, prima che ci ripensi!"
"Aehm" Lucia si schiarì la voce "Zanza-chan, non credo che dovresti parlarle così, voglio dire... è pur sempre, beh..."
"Per una volta concordo con questo finocchio da due soldi" Narvalo sgracchiò per terra con nonchalance "Dimentichi di chi è flglia?"
Silenzio.
"Puttana, vuoi andartene sì o no? Devo impiombarti il cervello per fartelo capire?"
Zanzara aveva ignorato, con estrema semplicità, le parole dei suoi sottoposti.
Il motivo, però, non era che non reputava le loro argomentazioni degne di nota. Semplicemente non aveva idea di quello che stessero dicendo.
Ma un boss non può lasciar trasparire la sua ignoranza, qualunque sia la materia sulla quale essa verta. Deve sempre fingere di avere in pugno la situazione, di essere una spanna sopra gli altri, di aver chiara ogni cosa, dall'inizio alla fine.
E lui, onestamente, ci riusciva benissimo.
La zia Spanny aveva nel frattempo riottenuto il controllo di sé, preparato il suo sorriso migliore, e camminato verso i due giovani abbracciati con le peggiori intenzioni possibili.
A metà fra il bisogno di sfogare con Shoichi l'odio represso che nutriva per Zanzara e la certezza - ormai ampiamente dimostrata - che il giovane dai capelli rossi avesse portato suo nipote a mala strada, gli tese una mano con espressione pacifica.
"Tu sei Shoichi-kun, vero? Piacere di conoscerti, sono Brandenbeltafrond, la zia di Spanner. Va tutto bene?"
Certo, e come poteva andare male? Pur pregno di urina e sporcizia, la nostra paperella addestrata faceva ormai un tutt'uno con il nostro ingegnere preferito. E niente era più beatificante di ciò, in quel momento.
"Sì!" Esplose lui annuendo convinto "Sto... sto benissimo! Benissimo! Benissimissimo!" E si strinse ancora di più a Spanner, che gli accarezzò la testa pacificamente, sorridendo.
Aaahh, Spanner! ~ Non sono mai stato così felice di vederti come oggi!
"Zia" disse Pannocchio "grazie per avermi portato da Shoichi, anche se non so come tu facessi a sapere dove si trovasse. Davvero, grazie."
La zia annuì, soddisfatta.
"Oh, è stato un piacere mio caro. Adesso, che ne dite di tornare a casa? Il povero Shoichi vorrà sicuramente farsi una doccia, vero Shoichi-kun?"
"Sì, ne avrei proprio, ehm..." sentì quel fastidiossimo umido in mezzo alle gambe "Un gran bisogno."
Chissà se posso farla insieme a Spanner...
"Mh? Shoichi, sei diventato improvvisamente bollente?" Spanner gli toccò la fronte con la mano libera, perplesso "Ti è salita la febbre?"
Shoichi ringraziò di non avere il bacino a contatto con il corpo dell'amico. Ringraziò davvero profondamente che lui non potesse sentire la sua... come dire... gaiezza, ecco.
"N-n-non farci caso!" Biascicò staccandosi improvvisamente da lui "S-sto bene! Sono solo..."
Fradicio di urina, puzzolente come un topo di fogna e impolverato come un reperto archeologico?
Tossì, per ricomporsi.
"Sono solo un po' stanco, davvero. Mi farebbe davvero piacere tornare a casa..." Si alzò in piedi, insicuro, ma Spanner fu lesto e lo sorresse, impedendogli di infrangersi contro il pavimento e spaccarsi in mille cocci.
"G-grazie" mormorò, rosso in viso.
Dal profondo del suo cuore, zia Spanny avrebbe voluto prendere quel ragazzino strabico che si aggrappava senza motivo a suo nipote e spedirlo nell'atmosfera con un biglietto di sola andata.
Ma continuò a sorridere, come una brava mammina.
"Forza, forza, andiamo a casa tesori miei!" Cinguettò allegra, spingendoli verso l'uscita.
Prima di lasciare per sempre quel magazzino degli orrori, si voltò verso i tre lestofanti in fondo e li freddò con un'occhiata omicida.
Poi increspò le labbra in un tenero riso da Nonna Papera, e scomparve nel buio della notte.
"Tsé, quella donna... uno di questi giorni la ammazzo. La faccio a pezzi e me la mangio col pane."
Zanzara si era voltato sdegnato dall'altra parte, ludicando la sua pistola con i boxer di Narvalo, trascinandolo inevitabilmente con sé, mentre Lucia li inseguiva saltellando prima su un piede e poi su altro.
Si sentì un «VOOOOOOI» in lontananza, probabilmente quando - con la scusa di pulire la sua arma - il boss gli aveva calato le mutande fino ai piedi, accelerando poi il passo (praticamente correndo via) fino a scomparire dietro un angolo.
"Zanzara del cazzo, ti auguro una morte lenta e dolorosa!!" Aveva imprecato l'uomo tirandoseli su con fare imbarazzato e scomposto.
"Su Narva-chwan, il boss è solo un giocherellone, lo sai!"
"Stai zitto tu, pezzo di merda!"

*

Grazie alla Spanner-mobile, come l'aveva chiamata il suddetto quando l'aveva vista per la prima volta, i tre erano finalmente giunti nei pressi di casa.
"Shoichi, come ti senti? Siamo quasi arrivati, non ti preoccupare." Gli disse Pannocchio dandogli confortanti, piccole pacche sulle spalle.
"Uhm, sto bene, non preoccuparti per me." Rispose lui con uno sguardo che significava pressappoco «preoccupati per me fino alla morte». Ma anche senza che lui lo desiderasse... Spanner l'avrebbe fatto lo stesso.
Perché? Perché loro erano dei grandi amiconi, e non si sarebbero mai lasciati. Mai.
"COFF COFF!" Disse improvvisamente la zia, seduta al volante della macchina.
Non è che aveva tossito. Aveva proprio detto «coff coff» come fosse un vocabolo in uso.
"Coffee?" Domando il nipote sul sedile posteriore, perplesso "Mh, forse hai ragione, ci vorrebbe un po' di caffé per Shoichi. Però a lui non piace, quindi non si può fare nulla."
Lui si era chiesto, lui si era risposto. Il resto non aveva alcuna importanza.
"Non parlo del caffé, Spanner. Volevo solo farvi presente che siamo... arrivati?"
L'affermazione divenne domanda quando zia Spanny si accorse di una strana macchina azzurra parcheggiata davanti casa loro.
Una volante della polizia.
E subito la deformazione professionale le gridò «Sbanda! Crossa! Vola!», e lei magari lo avrebbe fatto pure - dato che nel suo lavoro queste situazioni erano la regola - se non avesse avuto due cretini sul retro.
Il senso comune le impose dunque di accostare al vialetto, prudentemente, scendere dall'auto e andare incontro ai due agenti appoggiati sul cofano della loro auto.
"Buonasera, posso esservi utile?" Chiese, affabile.
I due la guardarono, perplessi. Poi tirarono fuori un foglio di carta e se lo misero davanti al naso, leggendo.
"Ehm... lei è il signor Spanner?"
"Sono la zia" rispose lei prudente "ma cosa è successo? Mio nipote non ha mai organizzato festini a luci rosse, se è questo che vuole sapere!"
Oh, nessuno ne aveva mai dubitato. Soprattutto perché Spanner neanche sapeva cosa fossero, i festini a luci rosse.
Anzi, probabilmente lui avrebbe detto qualcosa tipo «cosa sono? Piccole festicciole con i neon color porpora?» e succhiato più forte il suo leccalecca, attirato da tutto ciò che era rosso.
"Qui ci risulta che il signor Spanner ha attentato alla vita di Jun Keitake, fattorino di professione, facendolo precipitare in un tombino che sboccava nelle fogne."
La donna rimase interdetta. Poi si voltò verso l'auto, con espressione furiosa.
Maledetto Irie Shoichi, hai traviato mio nipote così tanto?!
"Spanner, puoi scendere un momento dall'auto? Ci sono dei signori che vogliono parlarti!"
Silenzio.
"Non posso, Shoichi si è addormentato sulla mia spalla e non voglio spostarmi." Fu la risposta, giunta qualche secondo dopo rimbombando nel cuore della notte.
La situazione aveva un che di tragi-comico, il che spinse la zia a gridare più forte.
"Questi signori dicono che hanno organizzato una gara di invenzioni e volevano invitarti, Spanner! Se non esci fuori da quella vettura entro un minuto, se ne andranno senza averti invitato!"
Silenzio.
"Qual è il premio?" Sentì chiedere, mentre la portiera si apriva leggermente, titubante.
"Un sacco di leccalecca, quindi sbrigati e scendi dalla macchina, ORA!"
Silenzio.
La portiera si aprì. Spanner ne emerse, correndo incontro ai due agenti.
"Facciamo presto" disse "sono riuscito a spostare Shoichi senza svegliarlo, ma non so quanto durerà. Anzi, posso iscrivere anche lui alla gara?"
"Ehm... signor Spanner, lei è accusato del tentato omicidio di Jun Keitake, fattorino di professione... come intende rispondere di questo?"
"«fattorino di professione»? Esiste anche l'hobby del fattorino?" Chiese lui, grattandosi la testa incerto.
Domanda che ci siamo posti tutti, probabilmente.
Uno dei due si voltò verso il collega.
"La possiamo prendere come una confessione, suppongo..."
L'altro annuì. Un paio di manette apparirono nelle loro mani, pronte a portar Spanner in prigione.
Ma zia Spanny si oppose.
"Fermi. Lasciatemi parlare con questo Keitake, sistemerò io la questione."
"Signora, non credo che lei..."
Un calcio rotante mise a tacere il malcapitato.
"So quel faccio. Mi porti da lui." Ordinò all'altro che rimaneva, pietrificato dallo shock.
"Q-questo è oltraggio a pubblico ufficiale! E' in arresto!"
"Sì, certo, certo... senta. Prima mi porta da questo signore tanto simpatico e dopo mi arresta, che ne dice?"
Il poliziotto la fissò, inebetito, e qualcosa gli disse che avrebbe fatto meglio a seguire le sue direttive.
"Mi segua..." Disse infine, indicandole un'altra volante poco lontano.
Prima di allontanarsi, zia Spanny sorrise al nipote.
"Tranquillo caro, adesso ci pensa la zietta a risolvere tutto, va bene?"
Lui la fissò, inespressivo.
"Va bene. Ricorda di iscrivere anche Shoichi, mi raccomando." Disse infine accennando a un pacato sorriso.
"Ma certo tesoro, tu entra pure in casa e aspettatemi lì, ok?"
"Mh, va bene." Disse, e senza aggiungere altro si voltò verso la vettura, raggiunse Shoichi e si sedette sul sedile posteriore.
Dopo aver fatto ciò, con pochi e semplici gesti pose nuovamente la testa dell'amico sulla sua spalla, e poi appoggiò la sua su quella massa di capelli rossi, e chiuse gli occhi, addormentandosi anche lui come un bimbo.
Un bimbo felice.







Note dell'autrice: non posso credere di aver scritto così tanto... come ci sono riuscita? O_O *allibita* oh beh, mi auguro che dopo tutta questa fatica (piacevole, ma sepre fatica) i miei lettori mi diano un parere *colpo di tosse*; ah, ne approfitto per ringraziare tutti quelli che leggono e seguono :) spero di avervi allietato ^^
PS: mi scuso per il ritardo, dovevo pubblicare un'ora fa ma non ho smesso più di scrivere più *coff*
PPS: vi piace il mio nuovo avatar? *bimbaminkia* Lo riconoscete, vero? *doppiamente bimbaminkia*





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Capitolo 29
*** Dolce e salato ***


c29 "Voi due!"
Una voce biasimata riportò Spanner e Shoichi, piacevolmente addormentati l'uno sull'altro, alla realtà.
Pannocchio aprì un occhio - due sarebbero stati troppi - e fissò la zia, incerto.
"Chi sei?" Le chiese.
"Una tua parente."
Silenzio.
"Ah, zia, sei tu." Concluse con uno sbadiglio pigro "Non ti avevo riconosciuta."
Reprimendo gli istinti primordiali che stavano nascendo in lei, con un colpo di tosse riprese a parlare.
Tanto la sua vendetta sarebbe giunta presto, molto presto. Perché qualcuno avrebbe dovuto pagare per tutto ciò.
Così, uno a caso. Shoichi, per esempio.
Che si ostinava a riposare beato sulla spalla del nipote, irriverente e ardito.
"Spanner" disse "ho dimenticato che tu non hai le chiavi di casa, perché le hai lasciate dentro. Vuoi che chiami i Bassotti per scassinare la serratura?"
"Non vedo..." Si stiracchiò le braccia "come un branco di cani possa vincere il complesso meccanismo che tiene sigillata la porta."
Spanner, ovviamente, non poteva sapere che i «Bassotti» a cui si riferiva sua zia non erano semplici animali, bensì una banda di malfattori che operava attivamente a Paperopoli e che trascorreva la propria infausta esistenza all'interno di una roulotte. Solo lei infatti, che possedeva un'impressionante cultura sui Marvel e sulla Walt Disney con annessa una spropositata collezione di Topolini e gadget, avrebbe potuto sparare una simile citazione nel cuore della notte, quando era evidente che non importava a nessuno.
"M-ma io stavo parlando di... i-insomma, la banda Bassotti, i... i Beagle Boys, n... non li conosci?"
Peccato che Spanny non fosse consapevole di questo piccolo particolare.
Spanner negò con un breve cenno del capo.
La zia cadde in una breve ma intensa crisi depressiva.
Nel frattempo, Shoichi si era svegliato. Più cecato di prima, ma si era svegliato.
Con gran dispiacere di qualcuno.
"G-gyu" mormorò sbadigliando "Spanner... dov'è la mia marmellata di albicocche?"
"Nella dispensa." Rispose quello facendogli «pat pat» sulla testolina arruffata. Shoichi mugolò soddisfatto.
"Però" aggiunse poi Spanner leggermente scontento "non possiamo entrare in casa perché ho lasciato le chiavi sul tavolo della cucina."
"Uh... ne ho un altro paio dentro le mu... mutande, se non sbaglio..." E cercò di infilare una mano dentro i boxer per estrarle.
Ma Pannocchio lo fermò, scuotendo il capo.
"Lascia. Le prendo io."
"M-ma Spanner!" Protestò lui arrossendo "Non... non puoi fare una cosa del genere!"
"Mh? Perché no?"
"Beh... l-le mie mutande sono... sono..." Si perse profondamente in quel «sono» da cui non sembrava capace di uscire.
Per fortuna zia Spanny gli venne in aiuto, con il viso stravolto e gli occhi sgranati in un tentativo sovrumano di divorare mediante il nervo ottico quell'individuo rossiccio chiaramente lussurioso e colpevole.
"Spanner, tesoro... non puoi infilare le tue manine dentro la biancheria di un estraneo!"
Lui arricciò il naso, offeso.
"Shoichi non è un estraneo!" Ribattè "Io e lui siamo una cosa sola" si voltò verso l'altra parte di se stesso e sorrise tranquillo "... vero, Shoichi?"
Il suo pene trovò quell'affermazione molto divertente, e cercò di uscire dalle sue mutande per andarlo a ringraziare come si conveniva a un membro educato.
Ma la papera, che era tanto cattiva, glielo impedì con un gesto poco dignitoso. E subito cominciò a quackeggiare, piena di vergogna.
"S-S-S-Spanner! Non devi dire queste cose! Non devi... oh mamma mia! C-cosa ti passa per quella testa?!"
"Mh? Che ho detto?"
"Ma come che hai detto!" Lo indicò senza guardarlo, annaspando nella sua vergogna "Non devi dire che siamo una cosa sola!"
Non di fronte agli altri, almeno!
Lui parve intristirsi, dopo aver ascoltato quelle parole. Incurvò la bocca in una smorfia di delusione, mugolò qualcosa osservando un punto lontano oltre il finestrino e mormorò un «come vuoi...» che sapeva tanto di dolore profondo.
Proprio non comprendeva, Spanner. Proprio non comprendeva che Shoichi desiderava solo consumare la loro passione lontani da sguardi indiscreti. Povero, che strazio.
Invece, com'era prevedibile, zia Spanny colse al volo l'erotica sfumatura di quelle parole sillabbate con pudico quanto finto imbarazzo. Ma si costrinse ancora una volta a reprimire il suo istinto animale, riservandosi di vendicare il nipote offeso (?) in un secondo momento.
Sorrise, amena.
"Come siete... pucci!" Sputò letteralmente l'ultima parola mentre i suoi capillari esplodevano in successione. Presto le sarebbe uscito il sangue dalle orecchie, e quel punto nessuno sarebbe sopravvissuto. Doveva cercare di calmarsi.
"C-comunque!" Shoichi portò un dito al naso, credendo di trovarvici gli occhiali.
Ma non li aveva, ovviamente.
E allora il suo faccione divenne mesto, e i suoi occhioni si tinsero di blu. Cioè, non è vero. Era per rendere il dolore, scusate.
Non ho gli occhiali sul naso! Non posso aggiustarmi le lenti! Non posso darmi un contegno! Sono fregato!
Esattamente. Con nessuna montatura da raddrizzare, falliva miseramente il tentativo di ricomporre la sua figura di genio incompreso. Era solo un cretino imbarazzato, e fine.
Era una tragedia.
"Shoichi, ti prude il naso?" Chiese Spanner, fissandolo di traverso. In verità era ancora un pochino giù perché Shoichi gli aveva rimproverato quella frase, e quindi non voleva preoccuparsi per lui.
Ma sfortunatamente, l'amore ebbe la meglio.
L'amore per le domande superflue buone solo ad attaccar bottone per far pace.
Povero Spanner, era ancora un grande bambinone teneroso.
"Ma che naso e naso! Non trovo i miei occhiali!" Sbottò lui poco tenerosamente, ferendo ancora il piccolo cuoricino di quella pannocchia venuta al mondo solo per essere mangiata da Shoichi durante un tramonto suggestivo.
"U-uh" si grattò il testone biondoso "forse li hai lasciati in quel magazzino vicino al porto?"
Bravo Spanner, cerca di riguadagnare posizioni!
Shoichi spalancò gli occhi e ricadde esasperato sul sedile.
"Oh, mio, dio..." Si passò una mano sul volto madido di sudore.
A quel punto, zia Spanny non ebbe più alcun dubbio. Non che prima ne avesse, in fondo, ma... aveva sperato che nel profondo del suo cuore traviato Shoichi fosse un bravo ragazzo. E invece si stava rivelando il bastardo che era, a spese dell'adorato nipote allampato.
Era giunto il momento di PAGARE.
"Non vorrei interrompere il tuo frustramento, Shoichi-kun, ma... non dovresti trattare così Spanner. E' un ragazzo fragile, lo sai."
Shoichi la fissò con espressione allucinata.
"Q-questo qui" e lo indicò, tremante "sarebbe un... ragazzo fragile?"
"Sì, lo è. Guarda, non vedi come piange?"
Si voltarono a osservare Spanner.
Che non stava affatto piangendo, tra l'altro. E neanche sembrava esserne in procinto.
"Mh?" Fece lui quando sentì l'attenzione dei presenti convergere su di lui.
"MA NON STA PIANGENDO!" Strillò Shoichi sul punto di svelare a tutti la sua personalità di tsundere.
Eccola, la prova finale! Adesso avrebbe potuto calciorotarlo senza riserve, e l'avrebbe fatto se un'idea molto, molto più crudele non le avesse attraversato il cervello con la stessa affilatezza e pericolosità di una scimitarra iraniana.
Sorrise, compiaciuta del suo genio malefico.
"Ohoh! Hai ragione, sono proprio una burlona! Ohoh!"
No, il suo piano non consisteva nel fare il cosplay di Babbo Natale, se è questo che state pensando.
Il paperotto la fissò spaesato, senza capire. Era solo una gran burlona, questa donna?
"Ma suvvia! Che aspettate a tornare a casa vostra? Fa freddo qui in macchina!" E sfoggiò un sorriso che quelli della Mentadent avrebbero pagato oro, se solo fossero stati tanto intraprendenti da avere il coraggio di fissarlo a occhio nudo.
Per fortuna il problema non si era posto, visto che Shoichi non vedeva un cazzo e Spanner vagava con la mente in chissà quali pensieri sagacemente sagaci.
"E-ehm, sì, prendo le ch---"
"Noooo, le prendo io!" E gli infilò una mano dentro i boxer andando a pizzicare mister virilità senza il minimo tatto.
Shoichi ebbe un sussulto. Spanner sgranò gli occhi, impercettibilmente.
"Il mio!" Gridò, ma l'urlo gli morì in gola.
"Oh, eccole qui!" Le estrasse con molta nonchalance, soddisfatta.
"L-lei ha appena, appena! Appena! APPENA!" Ma non riuscì a completare la frase, ripetendo stancamente «appena», incapace di far valere la sua opinione da volatile.
Povero Shoichi. Era decisamente il brutto anatroccolo della situazione.
Spanny gliele porse, increspando le labbra rosate in un riso gentile.
"Prendi, caro. Salite a casa e riposate, ok?"
Incapace di ribattere, fu Spanner a parlare per lui.
"Lo faremo. Grazie dell'aiuto zia, ci vediamo."
Il modo in cui pronunciò quelle parole trasudava irritazione, nei limiti del consentito. Oltretutto, Spanner non capì molto bene quello che sentiva, e decise che non avrebbe approfondito finché non avesse fatto il pieno di zuccheri.
Per il suo bene.
"Shoichi, andiamo?" Aggiunse tendendogli una mano, che però lui non afferrò, troppo sconvolto da ciò che era appena accaduto.
"Che gli è preso?" Chiese Spanny, senza capire.
"Devono esserglisi rotti i testicoli." Rispose incolore, e senza aggiungere altro se lo caricò sulle spalle, tenendo in mano le chiavi che li avrebbero condotti nella loro casa.
Ovvio che gli si erano rotti i testicoli. Non poteva entrare in coma solo perché una zia Spanny in calore gli aveva sfiorato il pene. Altrimenti gli sarebbe esplosa la prostrata, se si fosse trattato di Spanner.
Potrebbe essere un buon escamotage per porre degnamente fine alle vicende della storia, effettivamente.

*

Aaaaah, casa dolce casa!
Erano trascorse molte ore dal quel traumatico rapimento, ed erano felici di tornare nella loro accogliente dimora.
Spanner era felice di tornare nella loro accogliente dimora. Shoichi era troppo impegnato a smarrire la sua coscienza altrove per gioire di qualcosa.
"Siamo tornati a casa, sei contento, Shoichi?"
Silenzio.
"Mh. Oh beh, pazienza. Portiamo questa papera a letto, prima che perda il piumaggio."
Oh, quale tenerezza.
Nonostante la testa gli pesasse da morire e il suo corpo reclamasse zucchero a gran voce, decise che prima di ogni cosa si sarebbe occupato del suo amico. Se l'era promesso, nella disperata solitudine.
Che non appena lo avesse ritrovato, avrebbe messo lui al primo posto.
Tenendolo stretto per impedirgli di scivolare via, attraversò l'oscuro corridoio - vi è mancato, vero? - e giunse davanti alla sua camera. Uno strano senso di quiete lo avvolse, quando aprì la porta.
"Questa casa sarebbe stata troppo grande per una persona sola." Disse, non si capiva se a Shoichi o semplicemente a se stesso.
Sorrise. Dietro di lui sentì il pulcino mormorare frasi sconnesse, vicino al suo orecchio.
"Ehi, Shoichi, mi fai il solletico!" Disse piegando il collo per scansare il caldo venticello.
Poi, si bloccò. Sentì un'improvvisa fitta agli occhi, che gli fece male.
Si passò una mano sulla fronte, e sentì che pulsava violentemente. La carenza di zuccheri si stava facendo insopportabile.
Si avviò rapido verso il letto di Shoichi, vi depositò l'amico ancora in catalessi, agitò una mano non vista per salutarlo e corse alla cassetta degli attrezzi in laboratorio, per ingoiarne l'intero contenuto.

*

Il laboratorio era un po' come la gabbietta del Mignolo e del Prof, come il deposito di Zio Paperone, come la soffitta di Pippo, per Spanner e Shoichi. Era il loro mondo, dove le loro idee più astruse e inutili prendevano forma terrorizzando il mondo. Era... un luogo molto speciale, per loro.
Spanner lo capì subito, quando accese la luce della camera e fissò, come inebetito, tutta la gran massa di roba robottosa sparsa sul pavimento, incollata ai muri, appesa al soffitto. Un silenzio pacifico regnava là dentro, quella notte. Solo il neon tremolante, quasi a dargli il bentornato, emanava piccoli mormorii elettrici.
Dopo essersi ripreso, avanzò verso la scatolotta rettangolare rossa dove teneva i suoi leccalecca e ne estrasse tre, tutti alla fragola - c'erano solo alla fragola del resto - , e se li sparò in bocca in un disperato bisogno di carboidrati semplici.
"Finalmente" sospirò ciucciandoli con passione "mi siete mancati anche voi, sapete?"
Ovviamente nessuno rispose, ma tanto Spanner sapeva che era una domanda retorica.
Si godette il loro sapore per qualche minuto, rilassando i muscoli che fino a quel momento erano stati tesi per lo sforzo di mantenersi sveglio e pensante.
E quando lo fece, accadde una cosa strana.
I leccalecca acquisirono uno strano sapore, un sapore che lui non aveva mai sentito.
"E questo?" Si chiese, senza capire cosa stesse trasmettendo quella sensazione di... salato alle sue papille gustative.
Continuò a chiederselo per molto tempo, finché non esaurì il dolciume a sua disposizione. E allora comprese che era ora di indossare il suo berretto da notte e il suo pigiama a righe bianche e nere che lo facevano sembrare un carcerato, e mettersi a letto.
E poiché il sonno lo stava vincendo del tutto, decise di non lavarsi i denti e di passare direttamente per la sua stanza, senza neanche darsi un occhio allo specchio.
E fu un peccato.
Perché, se avesse deciso di lavarsi quei dentini miracolosamente indenni dalla carie, e se avesse scrutato anche solo per un momento la sua immagine riflessa... forse avrebbe capito da cosa era stata causata quella nota salata nei suoi leccalecca.
Forse.







Note dell'autrice: T_T mi dispiace di non aver inserito la parte sconcia che si aspettava qualcuno, ma posso assicurare che sarà la prima che metterò nel prossimo capitolo, che tra l'altro ho già praticamente scritto :) purtroppo non ho trovato modo di inserirla armonicamente, e non volevo rischiare di far diventare il capitolo una porcheria *coff*
Ringrazio come sempre tutti quelli che commentano o che hanno commentato, Hiromi, Eiko, Steffa, Seki, Nagipon, iMato, EDXWIN, Principessa di Cristallo, Yellonski e corpseCHU, tutti quelli che leggono e tutti quelli che seguono e preferiscono, fra i quali ci sono anche: iceSCREAM, Chloe, Hime, Morrigan89, Recchan e RikaaKawaii. Ah, finalmente vi ringrazio tutti come si deve (più o meno) xD
Beh, che dire? Ci vediamo al prossimo capitolo, spero molto presto :)
PS: non è che l'ultima parte di Spanner è OOC? 




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Capitolo 30
*** La solita routine ***


c30 Ritornare alla vita di tutti i giorni rappresenta, per chiunque abbia l'occasione di abbandonare «la solita routine» anche solo per qualche ora, un modo come un altro per apprezzare ciò che si è sempre dato per scontato.
Shoichi, per esempio.
Erano le 6 del mattino quando Spanner, dalle profondità del suo letto, sbarrò gli occhi e fissò il soffitto grigio sopra la sua testa. Immediatamente, quasi fosse stato un riflesso instintivo, il suo pensiero corse all'amico dormiente o comante nella stanza accanto.
"Shoichi." Disse, come se il suo nome fosse una verità ineluttabile a cui nessuno - tantomeno una pannocchia - poteva sottrarsi. Urgeva andare a controllare le sue condizioni, prudeva di sincerarsi del suo stato. Era un'azione che Spanner avrebbe dovuto compiere necessariamente ed entro i prossimi 5 minuti. Altrimenti - sentiva - avrebbe perso l'occasione di assistere a qualcosa di assolutamente spettacolare.
Sì. La sua indole di uomo di scienza (?) lo sentiva. Si stava sicuramente verificando un fenomeno straordinario. E lui vi doveva assistere, altrimenti...
Rabbrividì. Non voleva neanche pensarci.
Con poche mosse cybernetiche scostò le coperte stratificate sul suo colpo a lampione e pose le sue gambe sul freddo pavimento. Un brivido brividoso gli corse lungo il corpo, come una scossa elettrica.
"Il fenomeno. E' in corso. Devo controllare."
Scossa che lui scambiò per qualche percezione extra-sensoriale, poiché si lanciò contro la porta correndo successivamente verso la camera del coinquilino, una strana eccitazione che si scorreva nel sangue e la certezza che avrebbe trovato una sorpresina firmata Shoichi ad attenderlo. Sicuro.
Quando arrivò davanti alla porta della sua stanza e pose una mano sulla maniglia, si bloccò, perplesso. Una forza misteriosa gli impediva di entrare, ma lui non capiva cosa fosse. Era come se...
"... Che Shoichi abbia installato un antifurto a raggi gamma per impedirmi l'accesso al suo territorio?" Si chiese, nel tentativo di spiegare quella sensazione di disagio che provava.
Che cosa ci fosse poi da rubare, poi, rimaneva un mistero.
Ah, forse... Spanner stava ammettendo che qualcuno potesse rapirlo nel sonno? Lui, per esempio?
Oh, quante volte ne aveva avuto l'intenzione. Ma poi aveva sempre desistito, poiché una vocina nella sua testa gli diceva che non era bello approfittarsi degli esseri umani inermi. Immediatamente lui si diceva «ma è Shoichi, il mio migliore amico, che male c'è?» e allora un'altra vocina interveniva dicendo che non era bello approfittarsi delle papere indifese. E lui a quel punto rinunciava, non trovando argomenti convincenti da opporre a quella tesi.
Ma stavolta ce l'aveva. La scienza lo stava chiamando. E la scienza prevale su ogni cosa, sempre.
Forte di questa convinzione, aprì la porta.
"Ehi, Shoichi."
La camera dell'amato coinquilino era immersa nell'oscurità e nel silenzio dell'alba, mentre il suddetto si ritrovava disteso sul letto, con le lenzuola al vento, a dormire beatamente.
Un sorriso ebete era stampato sulla sua faccia e un piccolo rivoletto di saliva colava placido dalle sue labbra dischiuse.
"Mh? Ti sei cambiato?" Chiese, ma ovviamente nessuno rispose. Ma non gli serviva conferma, perché poteva benissimo vedere con i suoi occhi il pigiama azzurro di Shoichi adornare il suo piccolo e fragile corpo.
Allora non era così sprovveduto, pensò. Dopotutto aveva avuto la forza di cambiarsi i vestiti, anche se i suoi capelli rimanevano in uno stato pietoso. 
Si presumeva dunque che quella mattina l'amico si sarebbe fatto una corroborante doccia.
Sorrise, leggermente maligno. E si ricordò del motivo per cui amava la scienza.
Anche noi la amiamo, vero?
"A quanto pare stai ancora dormendo..." Si avvicinò piano a Shoichi, osservandone il viso beato.
Sentì una piccola fitta al petto, ma non fu in grado di vagliarne la causa.
Seguito da questo dolorino, avvertì un vago senso di irritazione. Seguito, a sua volta, da un altrettanto vago senso di contentezza.
Spanner si grattò il capo, senza capire per quale motivo stesse cominciando a provare emozioni così contrastanti fra di loro.
La scienza lo stava mettendo alla prova, non c'era altra spiegazione.
Anche quando corri a bordo di uno scooter verso l'università e ti scontri con un chiosco ambulante di porchette, anche lì è la scienza che ti mette alla prova.
La scienza è ovunque, è in noi... è dietro di te.
Voltati, e la vedrai.
Paura, eh? Allora rilassati e continua a leggere, presto sarà tutto finito.

"Ng..."
All'improvviso, Shoichi emise un piccolo verso.
"Shoichi?"
Spanner si avvicinò all'amico. Si stava forse svegliando?
"...ner..."
"Mh?"
"S... Spanner..." Mormorò nel sonno, sorridendo stupidamente al pronunciare quelle parole.
Spanner arrossì leggermente.
"Mi stai chiamando?" Chiese, mentre la bocca cominciava a incurvarsi in un sorriso divertito e le sue guance a colorarsi di un tenue rosa.
E di nuovo portò una mano al petto, sentendolo palpitare.
Qualcosa non andava. Si toccò la fronte, era caldo. E come se non bastasse, i pantaloni del coinquilino erano calati quel tanto che bastava per intravedere l'elastico di un paio di mutande gialle.
Mutande che risultarono abbastanza familiari al nostro biondo amico, che si propose di verificare l'ipotesi che gli era appena passata per la testa.
Il tutto in nome della scienza, ovviamente.
Perché era sicuramente lei la responsabile del suo batticuore.
Dai, chi di noi non ha le palpitazioni quando sta per fare una scoperta straordinaria? E accertarsi del tipo di biancheria indossata da Shoichi è per forza una scoperta straordinaria.
Lentamente, mise un dito sul bordo dei pantaloni. A quel contatto, Shoichi sussultò.
"Mh..."
Cominciò successivamente ad abbassarglieli, piano per non svegliarlo, finché non lasciò completamente scoperta la biancheria del ragazzo.
"Orsi, lo sapevo." Spanner annuì, soddisfatto.
Come aveva supposto, Shoichi stava indossando i boxer gialli con gli orsetti che gli aveva regalato qualche tempo prima per il suo compleanno, e ne fu molto contento.
Il frugoletto rosso mugolò qualcosa di indistinto, e parve sentire freddo per essere stato scoperto. Il pancino cominciò a tremare, intirizzito.
A quella vista, Spanner ebbe l'ennesimo sussulto. Ah, quanto amava la scienza!
Si chiese se non fosse quindi il caso di tagliare la corda, dato che aveva verificato la sua ipotesi e dato che troppe sensazioni anomale lo mettevano a disagio.
E l'avrebbe fatto, se non avesse visto... quella cosa.
Un'erezione.
Sgranò gli occhi, sorpreso.
"E questo?" Si chiese perplesso, quando notò l'anomalo rigonfiamento nei pantaloni di Shoichi.
E poiché gli uomini assetati di sapere non esitano mai nell'andare incontro a un fenomeno sconosciuto offerto e sponsorizzato dalla gentilissima e onnipresente scienza, così Spanner non esitò nemmeno per istante a porre una mano sul pene dell'amico.
Solo perché era un uomo assetato di sapere, ovviamente.
Ricordate: l'importante è crederci.
"U-uh ~" Gemette lui, niente affatto infastidito dall'improvviso tocco.
Non appena ebbe posto correttamente il proprio palmo e i propri polpastrelli su quella collinetta tutta carne e lussuria e realizzò che si trattava di quello che si trattava, ritirò la mano con una velocità impressionante, con uno scatto quasi violento, e soprattutto... con la sensazione di avere 40 di febbre.
"Non mi sento... molto bene." Dichiarò toccandosi la fronte e barcollando all'indietro.
Forse la scienza l'aveva messo alla prova troppo duramente. O forse attribuire ogni responsabilità alla scienza era solo un modo molto simpatico di fuggire le proprie responsabilità.
Spanner scosse il capo, confuso. Guardò la mano che aveva toccato il pene di Shoichi, e lentamente le appropinquò il viso, odorandola.
"Lavanda..." Mormorò compiaciuto. Era un bell'odore, la lavanda.
Sapeva di... cose pulite e graziose.
Di mutande gialle con gli orsi, per esempio.
Eppure, sentì che quel profumo non era ciò che avrebbe voluto trovare. Ma non seppe dire cosa si aspettasse al suo posto, e attribuì il suo smarrimento al fatto che avesse lo stomaco vuoto e niente in bocca da succhiare.
Ma c'era il pene di Shoichi! Ah, ma non poteva ancora praticare la fellatio.
Beh, peccato. Sarà per la prossima volta.
Con un leggero sospiro si voltò verso la porta e si diresse in cucina, lasciando che la paperella facesse sogni oscenamente pannocchiosi fino al suo risveglio.

*

"Spanner."
"Mh?"
"Mi hai fatto qualcosa mentre dormivo, vero?"
Silenzio.
"Io?" Chiese incredulo, indicandosi con un dito "Io sono innocente." Disse infine con voce incolore.
Shoichi sospirò. Erano le 7 del mattino e lui si era appena svegliato, stravolto per quello che aveva sognato.
Sognato? Oh, no... quelle sensazioni erano troppo vere per essere solo un mero prodotto della fase REM.
Spanner, dal canto suo, sedeva in cucina con un bavaglino legato al collo e un bicchiere di spremuta d'arancia in mano, e lo fissava con occhi vuoti.
Sentì una familiare sensazione di rabbia impossessarsi di lui, ma decise di reprimerla per non rovinare il loro primo, vero incontro che non fosse sotto l'effetto dell'urina o dell'ipoglicemia di uno dei due.
E sperò che anche Spanner, conscio di ciò, cercasse di collaborare.
Ma Pannocchio aveva già ottenuto prima quello che voleva, e la vita poteva ricominciare esattamente da dove l'avevano lasciata.
"Spanner" cominciò con un colpo di tosse "ecco, a proposito di ieri..."
Silenzio.
"Dì qualcosa, santo cielo!"
"Io?" Ripetè di nuovo "Non stavi parlando tu? Non volevo interromperti."
Calma, Shoichi, calma. E' mattino, e Spanner è sempre una bestia al mattino. Cioè, lo è a tutte le ore del giorno, ma la mattina più che mai. Quindi... sopporta, presto sarà tutto finito.
"Sì, allora... grazie per essere venuto in mio soccorso, ieri. Se non ci fossi stato tu, io... molto probabilmente avrei fatto una brutta fine."
Beh, non è che ti sia andata molto meglio tornando a vivere con Spanner. Ma sono dettagli, dettagli.
"Mh. Ah. Sì. Prego."
Silenzio.
No, decisamente Spanner non voleva collaborare.
"Spanner... non hai proprio nient'altro da dire? Pensaci, su." La calma gelida con cui pose quell'invito gli scivolò addosso con grazia, depositandosi ai piedi del tavolo. Prima o poi qualcuno l'avrebbe raccolta, quindi non importava se rimaneva lì un pochino.
"Mh, una cosa sì." Spanner sorrise mandando giù l'acido ascorbico nel bicchiere "Shoichi."
"Cosa?" Chiese lui, leggermente speranzioso. Forse dopotutto qualcosa era finalmente cambiato, nella loro routine.
Le sue iridi si illuminarono, ispirate dalla felicità che presto avrebbe pervaso le sue parole.
"Andiamo a giocare a Epic Days!" Esclamò, aprendo gli occhi e sorridendo gioioso.
"EH?!" Shoichi lo fissò incredulo. No, non poteva aver pronunciato quelle parole, no!
"Andiamo a giocare, andiamo a giocare!" Ripeté una cantilena, alzandosi dalla sedia e avvicinandosi all'amico sconvolto.
"T... tu!!! Come puoi dire una cosa del genere, in un momento simile, in questa sede, con quel bavaglio al collo?!" Strillò la papera prendendosi la testa con un gesto che sarebbe presto ritornato a essere la regola, in casa loro.
Perché dopotutto... quella routine non sarebbe mai cambiata, in nessun modo.
E nessun rapimento avrebbe potuto modificare l'inesorabile corso degli eventi, sia fosse stato ad opera di un gruppo di squilibrati dal nome ridicolo o alieni del pianeta Paperus.
"Ma come, non vuoi giocare?"
"NO!" Gridò lui additandolo "E mi chiedo come possa venirmi in mente una cosa simile!"
Dovremmo abbracciarci e dichiararci eterna amicizia, e tu mi parli di RPG online?! Ma fai schifo, Spanner!
"Vuoi... ah! Ci sono." Pannocchiò schioccò le dita. Come aveva fatto a non pensarci prima? "Vuoi segarti, vero? Hai ragione, l'astinenza è..."
"NOOOO!!!" Corse verso di lui e cercò di colpirlo con un debole e flaccido pugno che esaurì la sua forza prima ancora di sfiorargli il naso "Sei un asino, Spanner! Non ti sopporto, non ti sopporto!"
"Shoichi, non ti preoccupare, io non giudico le persone da questo. Davvero."
"Sì che lo fai! E, e poi! Non è q-questo il problema, stupido Spanner!"
"E qual è, allora? Non capisco."
E non capiva davvero, purtroppo.
Purtroppo per Shoichi, aggiungerei. E menomale per noi.
Shoichi si allontanò dall'amico, con un profondissimo sospiro.
Qualche divinità aveva esaudito la sua preghiera. Tutto, aveva supplicato. Tutto, pur di sfuggire agli Avariati. Tutto, anche vivere con Spanner per l'eternità.
E lui l'avrebbe sopportato, perché non si sputa nel piatto che ti offre Dio, anche se possibilmente sta scommettendo con qualche santo per vedere quanto duri - e magari è anche il primo a puntare sul tempo minore - .
Ma lui non avrebbe potuto accettare il suo destino con un sorriso. Non era un martire, era solo un uomo.
Con la voce da ragazzina, ma pur sempre un uomo.
E perciò avrebbe gridato, gridato e gridato. E si convinse che gridando quotidianamente, qualcosa sarebbe cambiato nella loro solita routine. E si aggrappò a quel pensiero, per sopravvivere a Spanner.
"Shoichi, giochiamo?"
"Va bene, giochiamo. Ma sappi che me la pagh---"
"Sì, sì, d'accordo" gli cinse le spalle con un sorriso "andiamo di là, su..."
"E c-che diavolo fai? Non starmi così vicino, è imbarazzante!"
Le sue grida non udite si persero nel corridoio, mentre i due simpatici amiconi si dirigevano a passo spedito verso il soggiorno.
Una giornata fantastica li stava aspettando, aldilà di quella porta...







Note dell'autrice: in realtà questo capitolo era già pronto ieri sera, ma se lo pubblicavo oggi non avrei avuto niente da darvi da mangiare u_u quindi mangiate e spero che vi piaccia, come sempre :) ringrazio ShadowSun che ha aggiunto la storia ai preferiti, Seki, Eiko e TemHayato per aver commentato :) grazie davvero, grazie :D
PS: quella frase a effetto (come no) a fine capitolo è un'anticipazione di quello che accadrà veramente, nel caso in cui sembrasse solo una simpatica minaccia al vento xD
PPS: trentesimo capitolo! Per festeggiare voglio 30 recensioni in più u_u *fa la prepotente*
PPPS:  a dirla tutta mi era anche passato per la testa di far terminare la storia qui e aggiungere poi un seguito da qualche parte *colpo di tosse*, ma poi ho pensato che per il vostro bene era meglio non farlo :D ho fatto bene? u_u



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Capitolo 31
*** Nickname ***


c31 PREMESSA: dedico questo capitolo a Eiko-chan, che è tanto buona con me <3 sì, è una motivazione più che sufficiente u_u enjoy ;)

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"Shoichi, tieni, te lo regalo. Tanto a me non serve."
"Asp... cosa? Sei serio?"
Shoichi fissava incredulo le mani di Spanner, mentre queste reggevano salde fra le dita un computer portatile rosso.
"Certo, io sono sempre serio. Coraggio, è tuo adesso."
"N-no" si allontanò dall'amico scuotendo mani e testa imbarazzato "Non... non posso accettarlo, Spanner!"
Pannocchio lo fissò, perplesso.
"Perché?" Domandò infine, fissandolo con espressione interrogativa.
Shoichi distolse lo sguardo, rosso in volto.
"Beh... il mio computer si è rotto perc---"
Ma non poté finire la frase, perché la voce del coinquilino lo strappò brutalmente, e pur con tanta calma, dalle sue misere considerazioni.
"Non è che si è rotto da solo, sei stato tu a romperlo."
Una precisazione che ci voleva come il pane, senza dubbio. 
"Non mi sembra, come dire... il caso di precisarlo, ecco. Sappiamo tutti chi è stato a romperlo, no?"
"Sì" Spanner sorrise pacifico "sei stato tu, infatti."
Silenzio.
Shoichi sentì un gran mal di testa sopraggiungere beffardo all'interno della sua povera e stanca scatola cranica, e si chiese quanto valesse la pena di portare avanti quella conversazione inutile.
O almeno, provò a chiederselo. Perché di fatto fu lui a riprendere il discorso, infervorato, mentre un neurone solitario cercava un perché, nel deserto della sua depravazione mentale.
"Ci tieni così tanto a farmelo dire?!" Esclamò stringendo i pugni sudaticci e fissandolo con astio profondo.
Spanner sorrise ancora, sempre di più. Le sue labbra erano ormai diventate un ghigno divertito e i suoi occhi avevano acquistato quel lampo sinistro che tanto terrorizzava il suo coinquilino, qualora avesse avuto il piacere di poterlo vedere.
Cosa in quel momento otticamente impossibile, per Shoichi.
"Sì." Disse, come fosse la cosa più ovvia del mondo.
E lo era, a dirla tutta.
"Ah, sì?" Raccolse le sue poche, deboli forze e lo sfidò, coraggioso "Ebbene, io non lo dirò!"
Seguì a tale affermazione una risata soddisfatta e plateale, durante la quale il biondo coinquilino si limitò a osservarlo, senza mai abbandonare la sua espressione che preannunciava una vittoria imminente e schiacciante. Le labbra si strinsero intorno al bastoncino del leccalecca e la lingua succhiò avida il succo di fragola, gorgogliando di piacere.
"Shoichi."
"Sì, mister leccalecca?" L'amico rise di nuovo, stavolta più istericamente, portando le mani al soffitto con gesto malefico. Goccioline di bava rugiadosa si dispersero nell'ambiente e gli occhi si scurirono a causa della crudeltà che brillava in loro.
Presto avrebbe evocato uno scettro puccio e sarebbe diventato una Mahou Shoujo. E Spanner avrebbe fatto la Tomoyo della situazione.
"Ci ho ripensato, non ti regalerò questo computer. Nelle tue mani non è al sicuro." Spanner sembrò avvilito mentre pronunciava quelle parole, ma noi tutti sappiamo che non lo era affatto.
Anche Shoichi avrebbe dovuto saperlo. Eppure, forse a causa del satanismo che lo aveva posseduto, non rifletté adeguatamente sulla situazione e preferì dare fiato alla bocca inutilmente, come si conveniva a una papera isterica quando si accorge del cacciatore che la sta puntando con la spingarda nascosto dalle canne di bambù.
"Solo perché l'ho fatto cadere una volta, non significa che sia un buono a nulla!" Sbottò indignato "E poi ricordati che l'ho fatto apposta a farlo cadere, perché pensavo fosse il tuo!" E lo indicò, mentre piccole e calde lacrime premevano per uscire.
Il suo computer, compagno di tante avventure... distrutto. Gli venne da piangere, di nuovo. Forse pensava di aver superato quel trauma, ma quando gli apparve nella mente l'immagine dello schermo, orribilmente mutilato, e quando pensò alle sue mani che lasciavano la presa senza pietà... non poté trattenersi.
Spanner gli diede una pacca, amichevolmente.
"Su, non piangere. Non sei un buono a nulla per questo motivo, Shoichi."
"S... Spanner..." Mormorò, mentre la follia malefica evaporava lasciandolo inerme e cuccioloso "Io... non volevo che finisse così... ne avevamo..." Si lasciò scappare un singhiozzo mortificato "... passate così tante!!"
"Lo so, Shoichi. Lo so."
Un urlo disperato si propagò nell'aria, colmo di strazio e dolore.
"I-i-il m-mio com-computer.... buuuuuh!" Pianse, aggrappandosi a Spanner che lo sorreggeva solido come una quercia.
A questo servivano gli amici, dopotutto. A consolarti per la perdita di un tuo caro. A fregarti in curva, anche.
Come lui. 
"Tu non volevi rompere il tuo computer, vero?" Gli chiese, carezzandogli il testolone rosso.
"No, no! I-io non... non volevo, non volevo! Uhaaaaaaa!" Gli strinse il pigiama con forza, cercando di scacciare il senso di colpa.
Il suo computer... non c'era più. E niente avrebbe potuto riportarlo indietro.
Esattamente la stessa condizione in cui versava la sua dignità. 
E Spanner sorrise, soddisfatto.
"Hai appena ammesso di aver rotto il tuo computer, Shoichi. Sei stato davvero bravo."
Ma il più bravo era stato lui, senza alcun dubbio.
E quando, lentamente, Shoichi se ne rese conto, un grido si propagò per l'intero appartamento, scuotendo il cielo e la terra.
Era l'urlo dell'eterno sconfitto.
Shoichi se l'era detto, che gridando e gridando qualcosa sarebbe cambiato. Lui ci credeva, in quella promessa. E qualcosa era effettivamente cambiato, grazie a quei piccoli urli pregni di dolore e disperazione.
Il modo in cui Spanner, suo eterno amico nel bene e nel male, aveva ricominciato a fregarlo. Perché c'era qualcosa di voluto e studiato nel modo in cui lo stava di nuovo spingendo verso il baratro. C'era una volontà più consapevole delle proprie possibilità, curiosa di percorrere strade sempre nuove al fine di mettere alla prova il povero essere umano di cui disponeva a suo uso e consumo.
Ebbene sì: Spanner si era finalmente evoluto. E una nuova mossa si era aggiunta al suo già vasto set di attacchi.
Con l'unica differenza che, mentre i pokemon per esigenze di tattica non possono tenere più di quattro mosse, lui poteva utilizzarle tutte e anche contemporaneamente, e ciò lo rendeva una macchina da guerra straordinaria.
E Shoichi, sarebbe per sempre rimasto uno Psyduck con il mal di testa? O anche lui avrebbe presto abbracciato la sua forma di Golduck?
"Spanner... sei assolutamente sicuro di essere una persona, tu?"
Vi era un limite a ciò che Spanner poteva fare e dire come essere umano, oltre il quale diventava impossibile giustificare le sue azioni come semplici «passatempi e voluttuosità annesse», come invece faceva il suo ameno coinquilino.
"Non posso essere certo della mia identità di essere umano" ammise ruotando gli occhi "ma sono assolutamente convinto del fatto che tu, Shoichi, sia niente più che una papera."
Ci vu un attimo di silenzio, silenzio in cui entrambi - seppur in modi diversi - augurarono amore e serenità perpetua l'uno all'altro.
Finita questa, nulla più li avrebbe tenuti lontani dal loro obbiettivo: Epic Days.
"Andiamo a giocare a questo maledetto RPG, Spanner. Prima che le mie sinapsi si sciolgano e mi colino dalle orecchie."
"Oh! Pensi sia veramente possibile una cosa del genere?" Gli occhi del biondo ingegnere/uomo di scienza si illuminarono di sincero entusiasmo "Perché non facciamo una prova? Ho sempre voluta vederla, io, una sinapsi liquida!"
"Taci!" Gridò Shoichi additandolo "Adesso noi giochiamo e punto! Anzi, mi prendo il computer che mi hai gentilmente offerto e lo installo pure lì, così giochiamo in due."
"Mh, ottima idea. Così sarà più divertente..."
Il modo in cui Spanner aveva pronunciato quell'ultima frase suonava tanto come un periodo incompiuto.
Frugolo se ne accorse, e si voltò verso di lui squadrandolo interrogativo
"Vuoi aggiungere qualcosa?" Chiese, prudente.
"Mh?"
Ma, evidentemente, Spanner non sentiva il bisogno di aggiungere alcunché. Sorrise, quieto, e scosse il capo.
"Bah..." Un mormorìo fu l'ultimo suono udibile, prima che i due cominciassero a preparare il loro campo di battaglia.

*

"Hai installato?"
"Ho installato."
"Sei pronto a giocare, Shoichi?"
"Prontissimo."
"Bene."
"Bene."
Una cosa che Spanner e Shoichi avevano spesso messo da parte, nel loro contrastato rapporto, era quel senso di intesa che li aveva resi così uniti all'università tanto da essere scambiati per due omosessuali ovunque andassero. Quell'intesa, quel cenno del capo, quel gioco di sguardi così evidente che chiunque ne rimaneva stordito e folgorato.
Ora, finalmente, avevano l'occasione per ricreare quella magica atmosfera.
«
A long time ago, in a galaxy far, far away...»
O forse no.
"Di nuovo tu!" Strillò Shoichi paperando (?) contro lo schermo del portatile rosso, dono di Spanner.
"Shoichi, non perderti dietro a una trombetta, pensa a giocare" gli fece notare l'amico scuotendo il capo "ecco, guarda. Qui c'è la schermata per scegliere il proprio personaggio."
"Eh? Dove?" Chiese lui scrutando il computer improvvisamente più motivato. Evidentemente non vedeva l'ora di incarnarsi in un possente guerriero palestrato armato di sega elettrica che potesse riscattare la sua patetica persona.
"Qui, la vedi?" Spanner si sporse verso di lui indicandogli con il dito l'opzione interessata.
"N-non starmi così vicino!" Protestò Shoichi senza però allontanarsi da lui "O-ora me ne vado!"
"No!" Esclamò l'altro instintivamente al sentirgli pronunciare quelle parole.
Shoichi lo fissò, senza capire.
"Spanner... ?"
"Ah, uh. Scusami." Fece lui grattandosi la testa incerto.
Shoichi spalancò gli occhi, improvvisamente.
"Sei arrossito!" Constatò toccandogli la guancia "Sei arrossito!" Ripeté, mentre la sua esclamazione diventava risata.
Le guance di Spanner si erano effettivamente colorate di un tenue e pallido rosso che non era sfuggito agli occhi di Shoichi, finalmente equipaggiati con un vecchio paio di occhiali dalla montatura viola. E quel gaudio spontaneo che proveniva dalla sua bocca aperta in un largo sorriso lo fece arrossire ancora di più.
E, per la prima volta, Spanner fece una cosa che non aveva mai fatto: mentire.
"Non... non è vero." Dichiarò, per niente convinto, distogliendo lo sguardo. Gonfiò la guancia che Shoichi continuava a punzecchiargli con stizza infantile e succhiò il suo leccalecca in cerca di sostegno.
Era... davvero strano.
Che cosa era quella strana sensazione che stava provando? E poi... aveva appena mentito? Lui? E come c'era riuscito?
Il piccolo Irie Shoichi lo guardò, rapito. O meglio, lui non era consapevole del trasporto con cui i suoi occhi stavano osservando quella figura avvolta in un pigiama a righe bianche e nere con indosso un cappellino nero col pon pon. Pensò solo che Spanner, in quel momento, fosse... davvero una persona.
Fu proprio lui il primo a riprendere in mano il discorso, imbarazzato da quel silenzio.
"Comunque!" Tossì "Forza, creiamo il nostro personaggio. Suggerirei di riflettere con cura sulla scelta da fare, studiare bene pro e contro di ciascuna categoria e decidere con cognizione di causa."
Il discorso che fece Shoichi era sicuramente convincente e maturo. Lui stesso, dopo averlo fatto, arricciò il naso compiaciuto di sé.
Peccato solo che dopo circa 3 secondi dall'aver pronunciato l'ultima parola, un possente guerriero stellare colpì di brutto la sua attenzione, mandando a quel paese ogni riflessione altamente professionale prima citata.
"Oh cavoli! Ma questo guerriero è una potenza disumana! Vediamo quanto attacco ha... NO! Non ci credo! Ma è... ok, calma Shoichi, non lasciarti ingannare, solitamente questi pg hanno una difesa oscenamente bassa e--- oh cazzo! M-ma è assurdo! Ma come può avere sia attacco che difesa così... così pro! Spanner, hai visto? Spanner!"
Spanner era lì, che lo osservava, sorridendo divertito.
Shoichi grugnì, offeso.
"Perché non pensi a scegliere un pg anche tu, invece di star lì a fissarmi come se fossi uno spettacolo divertente?"
"Ma tu sei uno spettacolo divertente, Shoichi" soffocò una risatina che avrebbe solo turbato il giovane cuore del rosso amico "e poi ho già scelto il mio personaggio: guarda." E gli mostrò un chiromante vestito di grigio con le orecchie a punta e un librone in mano che ricordava tanto la Bibbia.
"Ma sei serio? Questi pg sono di supporto, Spanner!" Sbottò quello "A chi dovresti fare da supporto, tu?"
"A te, che domande." Rispose lui con una semplicità disarmante e un sorriso pacifico e sereno.
Effettivamente, la cosa era piuttosto strana. Spanner che supportava Shoichi era un po' come Topolino che supporta Pippo, e a rendere il tutto ancora più inusuale era il fatto che solitamente le cose erano avvenute esattamente al contrario.
Con una miserabilità che ricordava il servilismo, oltretutto.
Shoichi arrossì, mischiando faccia e capelli.
"Non mentire! Tu non mi aiuti, mi maledici alle spalle!"
"Ma non è vero" gli accarezzò la testolina "ti proteggerò dai bruti che vorranno farti a pezzi, non preoccuparti."
Se al posto di dire «farti a pezzi» avesse detto «farti del male», probabilmente la frase avrebbe fatto scoppiare il piccolo cuore sincopatico di Shoichi.
Per (s)fortuna, questo non avvenne. E lui mormorò qualcosa di indistinto e si allontanò un po' dall'amico, guardando altrove.
"D... decidiamo un nick, dai" si aggiustò la montatura "qualcosa che sia d'impatto, mi raccomando."
Spanner annuì.
"Io il mio l'ho già scelto. Vuoi sentire?"
"Ovvio, che domande! Allora, come ti chiami?"
Il biondo coinquilino sorrise, soddisfatto.
"«Spappop»." Disse.
Il silenzio scese sul mondo.
"Spappop."
Spanner annuì, compiaciuto.
Il silenzio scese sul sistema solare.
"Cosa... sarebbe?"
"La fusione del mio nome con i lollipop."
Il silenzio scese sulla galassia.
Shoichi rimase interdetto. Avrebbe dovuto piangere o avrebbe dovuto ridere?
"Non ti piace?" Chiese Spanner, innocente. Povero, dopo tutta l'inventiva dimostrata il suo amico lo liquidava così?
Che bestia.
"Oh, beh. Se ti dicessi di sì mentirei spudoratamente."
Il silenzio scese sull'universo.
"Apprezzo la tua sincerità, ma a me piace e quindi lo tengo." Rispose Spanner, coraggioso.
Shoichi sospirò.
"Va bene, tienilo. Il mio, vediamo..."
"SHOICHI! GUARDA LÀ, C'E' SPANNERA!"
"Cosa?!? Dove??" Shoichi si voltò di scatto verso la direzione indicata dal dito di Spanner, scrutando il nulla alla ricerca della sua presenza "Non la vedo!"
"E' scappata, sta andando nella mia stanza per odorare le mie mutande, anticipala, Shoichi!" Lo fissò con occhi così spalancati che temette potessero cadergli per terra "CORRI!"
"V-v-vado! Spannera, dove sei, maledetta donna??" Shoichi rotolò via all'inseguimento di Spannera.
La quale, ovviamente, era stata solo un pretesto per allontanare l'amato paperotto svampito.
Perché, vi chiedete? Suvvia, ci potete arrivare da soli.
"Bene, e ora inseriamo questo nick."
«E' inutile che ti nascondi, Spannera! So benissimo che sei qui!!»
Spanner rise.
"Shoichi, sei fantastico, riesci persino a vedere mia cugina dove non c'è..." Portò una mano alla bocca, divertito, mentre con l'altra scriveva il nome di battaglia del suo caro amicone.
Si sentirono dei passi strascicarsi fino al luogo da cui erano partiti.
"SPANNER, MALEDETTO!"
"Mh?" Si voltò verso Shoichi, fingendo di non capire "Non l'hai acciuffata?"
"Non c'è nessuna Spannera qui, pezzo di asino!"
Se n'era accorto in meno del tempo del previsto, questo bisognava riconoscerlo.
Ma ormai... era troppo tardi.
E poi, la vide.
Quella mano sul portatile.
E in un istante, realizzò ogni cosa.
"Non mi dire che..."
La sua bocca si deformò in un sorriso perverso.
"Troppo tardi, Shoichi."
Ormai era fatta, e non si poteva più tornare indietro.
"«Darkwing Duck»??!"
Shoichi si voltò verso Spanner, e lo fissò incredulo.
"Dagli addosso, Duck!" Canzonò lui sventolando un pollice in segno di incoraggiamento.
Bene, era tutto pronto. Spappop e Darkwing Duck avrebbero conquistato il mondo di Epic Days.
Era il loro destino.





«Della notte è il solo re, cercalo e vedrai, sbuca dalle tenebre e risolve i guai... se c'è un cattivo lui, lui lo prenderà! Darkwing Duck!»







Note dell'autrice: finalmente l'ho finito :D evvai! Come sono contenta ^^ beh, che dire? Godetevelo ;) ci ho messo tutta il cuore per scriverlo eh u_u
PS: grazie a Contenebratio, LysandaBlack e Tem per aver messo la storia nei preferiti :D






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Capitolo 32
*** Giri e girelle ***


c32 Si dice che i nerd non abbiano una vita sociale.
Si dice che i nerd non sappiano dove si trovi la vagina nelle ragazze.
Si dice che i nerd tendano a riprodursi per gemmazione.
Si dice che i nerd non mangino verdura.
Si dice che i nerd sappiano tutto quello che le persone normali non sanno, e che non sappiano ciò che a tutto il mondo è invece chiaro.
Però... c'è una cosa che i nerd possono vantare con tutto il loro cuore.
La grande amicizia che li lega profondamente gli uni agli altri.




"Spanner, deve caderti un asteroide in testa! Deve venirti il morbillo selvaggio! Deve crescerti la barba sotto i piedi!"
Per esempio, quella che legava indissolubilmente Shoichi e Spanner.
"Solo perché ho già completato la prima quest?"
"No! Perché mi hai messo un nome orribile, c-come pensi che possa giocare su un gioco online quando tutti possono vedere questo nickname ridicolo!?"
Spanner sospirò. Si avvertiva un che di piacevolmente divertito nel modo in cui aveva lasciato che l'aria gli fuggisse dai polmoni e nel modo in cui si era voltato verso l'amico imprecante.
Lo fissò, sorridendo leggermente.
"E' più semplice ammettere che non sei capace di parlare con il sindaco della tua città per farti consegnare la mappa della contea di Jukkyu, anziché accampare scuse ridicole, Shoichi."
Il ragazzo spalancò gli occhi nell'udire quelle parole chiaramente beffarde a suo indirizzo.
Non sopportava di vederlo così rilassato, certe volte. Non lo sopportava, perché quella calma serena lo stroncava prima ancora che lui potesse aprire la sua boccuccia rosata e replicare in qualunque modo. Come pretendere di accendere il fuoco sulla legna pregna di pioggia. Era esattamente la stessa cosa.
Stessa. Cosa.
"Spanner, non è vero e tu lo sai. Tu mi hai..." Si morse il labbro per non gridare "Mi hai... dato il nome di una papera in maschera. Tu... t-tu non ti rendi conto di quello che hai fatto, vero? Non percepisci il ridicolo che suscita quel nome, vero?"
Il leccalecca si sciolse un po' di più a contatto con la sua lingua.
"Oh. Certo che lo percepisco, altrimenti non avrebbe avuto senso farlo, non credi?"
Logica inoppugnabile. Quando era così, Shoichi poteva solo tacere e gridare morte nella sua piccola testa finché essa non esplodeva con un tonfo umidiccio.
Ed era ciò che, molto probabilmente, sarebbe avvenuto da lì a poco.
"Perché sei sempre così... così, ah, che strazio! Non riesco a trovare neanche le parole!" Lo indicò, rosso in volto per i nervi che lo stavano possedendo "E' sempre, sempre colpa tua, Spanner!"
Il piccolo pugno sinistro si strinse fino a sbiancare le nocche, cercando di calmare la sua furia repressa.
Spanner lo osservò senza fare una piega.
"Così simpatico, forse?"
La simpatia era effettivamente di famiglia, in casa loro. Non c'era un solo giorno che Spanner e Shoichi non trascorressero nella più profonda simpatia. Tutto, fra quelle quattro mure grigie, gridava simpatia a gran voce.
Anche in quel momento. Soprattutto in quel momento.
"Simpatico, tu?!" Shoichi si lasciò scappare una risatina isterica "Spanner, tu non sei simpatico. Tu sei malevolo, è diverso."
Il povero malcapitato inarcò leggermente un sopracciglio, fingendo stupore.
"Che cattiveria da parte tua, Shoichi. Non mi vuoi più bene?"
Sbatté le palpebre nel tentativo di sedurlo. Shoichi distolse lo sguardo, perché ne sarebbe stato effettivamente capace. E la cosa non andava affatto bene.
"N-non mischiare così discorsi che non hanno nessun legame, ora!" Sbottò paonazzo. Gli occhiali avevano cominciato la loro lenta discesa giù per il naso sudato. Quanto tempo avrebbero impiegato per infrangersi sul freddo pavimento?
"Il bene e la simpatia vanno a braccetto, amico mio" la patina di uomo vissuto che Spanner era capace di ergersi intorno in certi momenti sfiorava l'ascetismo più puro e incorrotto "se non mi reputi simpatico, come puoi volermi bene?"
"Sai che c'è?" Fece allora Shoichi incrociando le braccia al petto "C'è che è esattamente quello di cui tento disperatamente di convincermi ogni santo giorno della mia esistenza!"
"Mh?"
"Non mugolare, cretino!!" Shoichi sbatté un piedino per terra, avvilito. Avrebbe tanto voluto farsi valere, ma povero com'era non ci riusciva mai. E Spanner ne approfittava sempre, perché era malevolo e buzzurro.
Eppure... i sentimenti di affetto che nutriva per quell'ameba inespressiva avevano dell'incredibile. E forse, anche dello stupido.
"Mh. Va bene, non mugolo. Oh, un messaggio privato!"
Un puntatore a forma di spada laser si mosse verso una piccola busta dorata comparsa nell'angolo destro dello schermo.
Shoichi sgranò gli occhi, strozzandosi con le parole avrebbe voluto pronunciare a suo danno ma che gli erano morte instantaneamente in gola nel momento in cui aveva sentito Spanner pronunciare quella frase.
Fu un attimo, e la papera volò sulla pannocchia a serrargli il braccio per impedirgli la lettura.
"Nooooo!" Gridò, scuotendo i capelli rossi "Non aprire, vogliono solo ingannarti!"
C'era qualcosa di disperato in quelle parole, qualcosa che rendeva chiari i secondi fini di quell'avvertimento.
Qualcosa che solleticava l'ego vellutato di Spanner, accrescendone la stima e la fiducia in sé, ma soprattutto aumentando sempre di più i suoi sentimenti di varia natura che provava per l'amico impaperato.
Quella busta non sarebbe rimasta chiusa a lungo.
"Solo se ammetti di volermi bene."
"Mai!"
"Ok, allora la apro."
"Noooo! E-e va bene! L-lo dirò, ma tu giura che non la apri!"
"Va bene, giuro." Spanner sorrise quietamente.
L'avrebbe aperta mentre lui era distratto. Sarebbe bastato dirgli di aver intravisto Spannera nel cesto della biancheria e lui sarebbe instantaneamente partito all'arrembaggio.
Matematico.
Con un profondo respiro, Shoichi si allontanò dal biondo amico.
Lo fissò, mordendosi leggermente il labbro inferiore e avvertendo una calura tropicale di ignota provenienza.
L'espressione di Spanner era vitrea, ma si intravedeva chiaramente un lampo di sadico piacere al loro interno.
Una scintilla maligna che brillava a intermittenza, nascondendosi dietro il cristallino e facendo capolino prima da un lato e poi dall'altro. Era come se un omino malefico, un piccolo gnomo, fosse celato aldilà delle sue pupille, e sbirciasse ogni tanto da dietro la cornea per osservare quel piccolo Shoichi infervorato che lentamente colava a picco come una bagnarola.
La sua bocca era tesa come la linea dell'orizzonte, ma lui fu certo di scorgere un tenue tremore, in quelle labbra che cercavano di formare una retta perfetta.
Un tremore eccitato che gli diede i brividi.
Doppiamente i brividi, quando si accorse che i primi erano tutt'altro che spiacevoli.
Quella situazione era decisamente pericolosa.
Soprattutto quando un vecchio amico viene a farti visita quando meno te lo aspetti, e tu ansimi dietro la porta cercando una scusa per non farlo entrare.
O in questo caso, uscire.
"Spanner." Shoichi cercò di racchiudere tutto il suo coraggio in quella parola "Spanner. Ti voglio bene."
L'interessato sorrise, compostamente. Non c'era una particolare soddisfazione in quelle labbra, solo una sottile felicità che avrebbe affettato ogni cosa.
Il suo sguardo perse instantaneamente quella scintilla di tenera malvagità che lo aveva animato fino a qualche secondo prima, e si sciolse in graziosi frammenti brillanti. Frammenti che riflettevano gli occhi divenuti languidi di Shoichi.
"Anche io." Rispose, e mise in quelle parole un affetto sincero, che nessuno avrebbe potuto cogliere se non Shoichi, che si stava liquefacendo in piedi davanti a lui.
"Non... era necessario che lo dicessi." Mormorò nascondendosi codardamente dietro le sue lenti "Non sai mentire, Spanner."
"Sì, non so mentire." Una nota diversa dal solito risuonò in quelle quattro parole, una nota che costrinse Shoichi ad alzare lo sguardo e a fissarlo dritto nelle iridi azzurre "Questo dovrebbe essere abbastanza per farti capire che non sto mentendo."
E coronò quelle parole con un altro sorriso, che lo stroncò miseramente da capo a piedi, denudandolo di ogni difesa.
"Maledizione!" Gridò Shoichi grattandosi la testa convulsamente "Perché sai essere così... ah, che mal di testa!"
Nascose il suo voltò fra le mani per non mostrare la sua faccia rossa di contentezza repressa e di tanto, tanto genuino imbarazzo.
Spanner stava godendo così tanto di quello spettacolo che avrebbe potuto persino sputare il leccalecca che teneva in bocca e inzuccherarsi la circolazione semplicemente guardandolo.
Ma non lo fece, ovviamente. Perché quella pucciosa performance doveva ancora raggiungere il suo apice, e sapeva che Shoichi era solo all'inizio del suo percorso.
"Shoichi, perché non vieni a sederti accanto a me? Così giochiamo insieme."
La strega cattiva gli stava offrendo una mela.
Era avvelenata?
Era finta?
Era OGM?
Non avrebbe mai potuto saperlo.
Solo una cosa appariva chiara e ineluttabile: quella mela andava accettata, necessariamente.
"Sei bravo a far passare gli ordini per inviti, Spanner" Shoichi si lasciò andare a un sorriso inaspettatamente divertito "va bene, mi siedo accanto a te. Mi è venuta voglia di fartene vedere di tutti i colori." Era quanto mai evidente che le sue sinapsi erano state divorate da una volontà superiore.
La volontà della mela.
"Da quando ci conosciamo, ti risulta che ti abbia mai obbligato a fare qualcosa?"
"Oh, non qualcosa. Diciamo molte cose, Spanner. Diciamo molte cose."
Spanner represse una risata divertita con la mano destra.
"Ma quelli erano scambi equivalenti, non obblighi." Ribatté, cercando di mantenere solida la sua immagine di uomo vissuto.
"Certo. Io ti do una pepita d'oro e tu fai altrettanto" gli si avvicinò protendendo le braccia verso di lui "poi io lucido quel sassolino e scopro che è pirite di fiume. E se guardo ancora meglio mi accorgo è che solo plastica verniciata di giallo."
Gli fu davanti e lo fissò dall'alto, le braccia ora incrociate al petto, indispettite.
"Ecco, sono questi i tuoi scambi equivalenti, Spanner."
Un riso soffocato gli scappò dalle labbra passando per la fessura del leccalecca.
"Sei sagace, Shoichi." Si complimentò con lui "Per essere una papera."
Fu un istante, e Shoichi gli saltò addosso con foga, mirando al suo ricciolo ribelle.
"Ora te la strappo, quella maledetta girella!" Berciò affondando le dita nei suoi capelli biondi e tirando con tutte le forze.
"Ahi, Sho--- mi fai male!" Protestò lui sul punto di scoppiare a ridere, con conseguente ingerimento di leccalecca e bastoncino annesso "Smettila, santo cielo! Ahi, Shoichi! Cos-- no, non tirare, mi fai male! Ahi!"
"No! Adesso te lo strappo e lo brucio nel camino!"
"Ma noi non ce l'abbiamo, il camino!"
"E allora lo affittiamo, non mi importa!"
La lotta andò avanti per alcuni minuti, e vi lascio immaginare come sia finita.
Intanto, noi spostiamo la nostra attenzione in un altro luogo.
Si cambia continente, gente! Destinazione... America!

*

Seduta su una grande poltrona girevole in pelle di ghepardo, una donna scrutava i tetti di New York con espressione insoddisfatta.
Vi è mancata, vero?
"Albert. Avevo chiesto un succo di granoturco, minuti orsono. Non è ancora arrivato, sai dirmi il perché?"
"No, Miss Brandenbeltafron."
"Albert, sei inutile." Replicò la donna scacciandolo con un rapido gesto della mano "Adesso vai via, devo tramare vendetta."
"Come desidera, Miss Brandenbeltafron."
L'uomo scomparve in una nube di fumo, lasciando zia Spanny sola con i suoi pensieri.
Irie Shoichi. Così si chiama l'uomo che ha traviato mio nipote.
Si morse il labbro. Avrebbe pagato, se l'era ripromesso. Ma doveva essere una vendetta perfetta e crudele, come si conveniva a una donna del suo calibro.
La presidentessa della Bolt Corporation, la più grande azienda di componenti meccanici del mondo.
Corteggiata da migliaia di uomini ricchi sfondati e incalliti evasori fiscali.
Venerata da ogni meccanico del pianeta.
Tranne uno... suo nipote. Ma questa, signori, è un'altra storia.
Si morse il labbro, ancora. La tensione le stava divorando il cervello impedendole di ragionare lucidamente.
Pose le mani sui bracci della poltrona, stringendoli con forza. Rannicchiò le gambe fasciate in una minigonna a spacco e le portò allo stomaco, appallottolandosi. Gli stivali col tacco a spillo si diedero la spinta iniziale e lei cominciò a girare, girare e girare. Il mondo si faceva improvvisamente meno pragmatico quando in groppa alla sua poltrona si divertiva a ruotare su se stessa.
"Ah... ora mi sento meglio." Sospirò di piacere e chiuse gli occhi, cercando di riprendere in mano il flusso dei suoi pensieri.
Ma sfortunatamente, quella condizione era fin troppo divertente. E decise che avrebbe potuto pensare dopo a una vendetta adeguata e nel frattempo godersi quell'effimero sollazzo.
Una figura, tuttavia, apparve all'improvviso al centro della stanza recando con sé un telefono.
"Miss Brandenbeltafron." Disse "Il signor Narvalo è in linea e desidera parlarvi."
Zia Spanny non interruppe il suo giro.
"Davvero? Digli che sto lavorando al Resurrettore e non posso rispondere."
Qualcuno berciò dall'altra parte della cornetta.
«VOOOOOOI! Testa di cazzo, so benissimo che stai girando su quella poltrona di merda, la sento cigolare persino da qui! Non mentire!»
La donna sospirò, afflitta. Perché non la lasciavano in pace? Perché uno come Narvalo la stava disturbando?
Tese una mano per afferrare il telefono al volo e se lo portò all'orecchio, strafottente.
"Che vuoi?" Disse, semplicemente.
Ci fu un momento di silenzio, in cui zia Spanny sperò che il suo interlocutore fosse morto di qualcosa.
Ma le sue speranze vennero infrante quando l'uomo dai lunghi capelli bianchi cominciò una frase molto, molto interessante.
"Zanzara mi ha detto che ha trovato il modo perfetto per compiere la tua vendetta, ma in cambio vuole che Irie Shoichi lavori per lui."
Quelle parole ebbero lo stesso effetto di una cannonata. Spanny incurvò le labbra in un sorriso appena accennato e pose il tacco sinistro sul pavimento, per fermare il suo giro.
"Dì al tuo capo che non è necessario: ho appena escogitato il modo perfetto per punire quel ragazzetto efebico."
Seguì a quell'affermazione una potente e plateale risata, che scosse le fondamente del suo ufficio da cima a fondo.
Che cosa aveva in mente, la zia Spanny? E cosa Zanzara? Potranno avere mai pace, Shoichi e Spanner? Lo sapremo nella prossima puntata.
Forse.
See ya!






Note dell'autrice: capitolo di passaggio, se non vi piace insultatemi pure aehm. E' destino che questi due non possano mai vivere sereni. Cioè, Spanner è sereno, Shoichi no xD
Ringrazio come sempre tutti, non ho il tempo di farlo singolarmente quindi scusatemi :( e scusate il ritardo >_> (e l'aggiornamento quotidiano andò a farsi fottere :D)






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Capitolo 33
*** Couch x Ouch ***


c33 Di nuovo, per Eiko, non affetto. <3

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"Tu! Avevi promesso che non l'avresti aperta!"
"L'aggressione al mio ricciolo non era prevista, Shoichi."
Spanner si stava apprestando a leggere il messaggio privato che gli era giunto su Epic Days, con gran disappunto e stizza di Shoichi, che sedeva accanto a lui e che lo stava fissando con un'espressione colma di rancore.
"E' colpa tua, che mi provochi sempre!" Gracchiò l'altro atteggiandosi a megera "Io non sono una persona violenta, ma con te è impossibile stare calmi!"
Era vero, Shoichi non era una persona violenta.
Semplicemente tendeva all'isterismo, e la sua mente si riempiva di pensieri senza senso, e soffriva di lancinanti dolori alla testa nel bel mezzo della notte, e sognava spesso Spanner mentre lo immergeva in un liquido verdastro, e si sentiva inudito e messo da parte, e si aggrappava al suo coinquilino come una cozza fa con il suo scoglio, ed era allergico all'ironia degli altri, in particolare quella delle chiavi inglesi, e tendeva spesso all'impotenza anche quando lavorava da solo, e batteva i piedi quando veniva ignorato, e aveva cercato di strappare a Spanner il suo prezioso boccolo puccioso.
Ma non era una persona violenta.
"E' vero, non sei una persona violenta. Sei una papera violenta."
"Prova a ripeterlo!" Agitò un pugno dichiarandogli aperta ostilità e digrignando i denti in un ringhio tutto fuorché minaccioso "Ripetilo e giuro che ti picchio, Spanner!"
"Ecco, visto? Sei violento, Shoichi." Lo fissò dritto negli occhi "Violentissimo." Aggiuse poi con aria vagamente solenne.
Le loro facce erano così vicine che Shoichi poté sentire l'aroma di fragola inebriargli il cervello e per un attimo sentì l'impellente bisogno di staccargli la testa a morsi. Ma furono solo pochi istanti, e il suo bel viso si tinse di rosso, come sempre.
Spanner sorrise, compiaciuto del suo immenso potere.
Poi, con grazia, fece una lieve pressione sul paddino del portatile e la busta dorata sullo schermo rivelò il suo selvaggio contenuto.
Shoichi balzò all'indietro rotolando giù dal divano e sbattendo la testa a terra. Gli occhiali gli saltarono via dal naso e andarono a finire dentro un piccolo vaso di terra che fortunatamente si trovava lì nei paraggi (?). I pantaloni del pigiama si erano impigliati per un attimo a una sporgenza del sofà, denunadolo parzialmente alla fine della caduta. Piccole papere cominciarono allora a girargli intorno, starnazzando.
Il biondo individuo ammirò dal profondo del cuore quel ruzzolamento improvviso, chiedendosi quali leggi della fisica avesse sovvertito l'amico per compiere quella mirabile giravolta.
"Come ci sei riuscito?" Chiese con voce colma di emozione, affacciando da sopra lo schienale.
Ma tutto ciò che vide fu il corpo inerme di un uomo che spudoratamente offriva al mondo lo spettacolo delle sue mutande gialle, in silenzio.
Svenuto, presumibilmente.
O morto, forse.
Le X che aveva al posto degli occhi non erano facilmente interpretabili.
Di certo però non significava che, solo perché avesse ben due ics sulla faccia, era canditato al decimo posto di qualcosa. Ma è meglio precisare, perché le zanzare in estate sono più feroci del solito.
Spanner osservò la carcassa di Shoichi per alcuni secondi, cercando di trarne qualche informazione.
Ma tutto ciò che desunse era che l'amico non era portato per gli sport, preferendo a essi il più salutare e tranquillo gioco dell'oca.
E lui faceva il dado. Il dado che gli dava sempre i numeri sbagliati, quelli che lo facevano cadere nelle trappole.
Poi Shoichi si stufava di lanciare quel dado difettosso e si lanciava da solo, un po' ovunque, come in quel momento.
E finiva per darli lui, i numeri.
"Shoichi?" Chiamò, vago. Nessuno rispose.
Spanner sospirò, rassegnato. Era meglio lasciarlo riposare, dopotutto.
E per distrarsi, cominciò a leggere il contenuto del messaggio privato che gli aveva mandato una certa S3fhy e che adesso sostava con il suo pg «infermiera sexy» davanti al grinch grigio che rispondeva al nome di Spappop.
«hey, spappop-kun. mi sembri un tipo forte e determinato, il tuo nome è come un grido di battaglia, sento il potere scorrerti nel sangue <3 ti va di expare con me? ho bisogno di qualcuno che mi protegga dai mob della caverna di Plato, sai... >_> è un posto pericolosissimo! e con te... beh, credo che mi sentirei più al sicuro.
allora, vieni? *-*»
Spanner scosse il capo, divertito.
«Cara S3fhy, ti ringrazio molto per il tuo invito. Purtroppo adesso devo dar da mangiare ai polli, sai, vivo in una piccola fattoria alle falde del Kilimangiaro e giusto ora una delle mie papere è svenuta sul pavimento. Però se aspetti qualche minuto penso che potrò venire a expare con te. Mi aspetterai?»
L'infermiera sullo schermo fece qualche passo verso il chiromante spaziale. Poi cominciò ad agitare la siringa gigante che teneva fra le mani, senza però arrecargli alcun danno. Smise di colpo e si mise a girargli intorno, una, due, tre volte, finché non si fermò nuovo davanti a lui.
Un'altra busta gialla era apparsa sullo schermo e Spanner, perplesso, la aprì.
«va bene :D ti aspetto! non metterci troppo, altrimenti ci sarà troppa gente e non potrò droppare i cerotti volanti dei servi del male ç_ç»
Era tutto inaspettatamente molto esilarante. E lui voleva condividere quell'esilio (?) con Shoichi, a tutti i costi.
Si alzò dunque dal divano, posando con cura il portatile sul cuscino. Fece il giro largo e quando gli fu accanto gli diede un calcio sul fianco sinistro, per farlo rinvenire.
"Shoichi, sveglia, dobbiamo andare a..." Si fermò a riflettere, un piede sul suo stomaco "... Non ho ben capito dove dobbiamo andare, ma non fa niente. Coraggio, rinvieni."
Continuò ripetutamente a percuotere il fianco di Shoichi, che si agitava nel delirio cercando di riportare la propria coscienza alla realtà.
Ma non ci riuscì, con disappunto dell'uomo di scienza lì accanto.
Il quale si risolse di passare a forme più estreme di violenza.
Dovete sapere che Shoichi possedeva una zona molto sensibile al contatto, che coincideva con i lobi delle orecchie. Quei piccoli e teneri pezzi di carne erano inaspettatamente delicati e il minimo tocco gli provocava delle impercettibili palpitazioni. Spanner lo aveva imparato a sue spese (spese di Shoichi ovviamente), e nonostante non avesse mai voluto approfittarne, stavolta non si sarebbe trattenuto.
La causa per la quale stava operando era nobile, più nobile del rispetto che aveva sempre nutrito per le orecchie del frugoletto lì in coma.
Si inginocchiò accanto a lui, e avvicinò la sua bocca al suo viso. Gli fu così vicino che quasi avrebbe potuto baciarlo, giusto per vederlo sclerare dopo, ma preferì passare subito al sodo.
Con un singolo, rapido movimento della mascella strinse il piccolo lobo rosa fra i denti.
Una scossa elettrica folgorò Shoichi, che sbarrò gli occhi come evocato dall'Ade ed emise un verso colmo di paura e sorpresa.
"A~ahwyuuughhh!!!"
"Ciao, Shoichi."
"Sp-- awwaargh!" I brividi continuavano a percorrere la sua schiena, lasciandogli appena il tempo di biascicare una sillaba o due "Brrrrrr!"
"Bene, vado a scrivere a Sefhy che stiamo arrivando." Si issò sulle ginocchia e si diresse verso il computer, mentre Shoichi lo fissava fuori di sé. Tese una mano nel tentativo di fermarlo, ma non ci riuscì. Il braccio ricadde sul parquet con un tonfo, e si fece pure male.
Gridò di dolore.
«S3fhy, la mia papera è appena rinvenuta. Ha un pg anche lei, può unirsi a noi?»
"Sp... Span... c-cosa stai... stai s... oooff" il frugoletto, con una forza che gli veniva tutta dalla disperazione, si era intanto issato in piedi, tremante.
"Scrivo a Sefhy che andiamo a expare."
Silenzio.
"Cosa hai detto?" Il ragazzo si animò della lucidità che sopraggiunge quando il mondo sembra girare al contrario giusto per farti uscire di senno. Non sarebbe durata a lungo, ma forse sarebbe riuscito a capire qualcosa.
Forse.
"Che andiamo ad accumulare punti esperienza insieme. Sai, quelle cose tipo salire di livello, armarsi fino ai denti..."
"Spanner." La voce calma e gelida di Shoichi interruppe il suo flusso di parole.
"Mh?"
"Chi. E'. Sefhy."
"E' una domanda o una constatazione?"
"Tu lo sai che cosa è."
Busta gialla nell'angolo dello schermo.
"No che non lo so. Oh, un altro messaggio. Vediamo..."
«uhuh xDD sei troppo lol, spappop-kun! certo, una papera fa sempre comodo! xD uhuh!»
"Questa Sefhy ha appena detto una cosa molto vera." Commentò Spanner con un sorrisetto compiaciuto.
Si voltò a fissare Shoichi, colmo di affetto.
Adorabile paperotta rossa.
"Dunque è una lei... capisco, Spanner. Anche per te è giunto il momento."
"Mh? Di cosa?" E nel frattempo le sue mani danzavano sulla tastiera, componendo un messaggio di assenso.
"Ti sei innamorato!" Strillò Shoichi di colpo indicandolo sconvolto "C-come hai potuto?!"
"Mh? Di cosa?"
Il messaggio era stato completato e spedito celermente.
«La pensiamo allo stesso modo, mi fa piacere. Solo un momento e la faccio collegare, va bene?»
"Non riciclare le frasi solo perché ti fa comodo!!"
Sentiva che la lucidità gli stava scivolando via dalle dita sottili e che presto sarebbe sparita in una fessura del pavimento, lasciandolo freddo e indifeso contro la follia aliena di Spanner.
"Mh. Shoichi, andiamo." Disse semplicemente, e col dito indicò il posto vuoto accanto a lui.
Voleva la sua compagnia, e lo stava chiamando.
"DOVE?!" Berciò quello al limite della sua razionalità "Perché non mi rispondi, Spanner?!"
"Uh... bello."
Silenzio.
"... Eh?"
Shoichi lo fissò senza capire. Non che fino a quel momento avesse capito qualcosa, ma stavolta era certo che quello che avesse appena detto Spanner era completamente privo di senso.
Messaggio.
«certo ^^ però sbrigatevi, sta per buttarsi la folla! O.o»
Spanner si voltò verso Shoichi, muto.
"Shoichi, giochiamo."
Qualcosa si incrinò. Un neurone esplose, e dopo di lui un altro, e poi un altro ancora.
Sangue colò dal naso di Shoichi, che impotente fissava Spanner.
Le cose non erano mai state così folli.

*

"E poi, e poi, sapete? Mi ha afferrato le spalle e mi ha detto che mi amava!"
"No, ma dai! E tu che gli hai detto?"
"Ahah, volete saperlo eh? Eeeh, e io-non-ve-lo-di-co! Bleew!"
"Jess, sei cattiva! ~ Anche noi vogliamo sapere, non tenerci sulle spine!"
"E invece sì! Oh, ma quello non è... Bob!"
Un ragazzotto tarchiato ed efebico sedeva a un bar, divorando biscotti al cioccolato con espressione assente. Si voltò lentamente verso il marciapiede opposto quando si sentì chiamare da una voce femminile.
Vide una ragazza anoressica che, circondata da un branco di amiche più anoressiche di lei, lo salutava allegramente.
Oh, sta attraversando la strada per venire qui, pensò mentre Jess zampettava qua e là cercando di passare con il rosso.
Inclinò un poco lo sguardo vestro destra, e intravide con la coda dell'occhio un camion che si stava avvcinando a gran velocità.
Sorrise appena, e tornò a ingozzarsi di dolci come se nulla fosse.
Jess gonfiò le guance, indispettita. Perché non si sbracciava anche lui? Perché non correva a salutarla come fosse il suo angelo? Perché?!
Guardò di sottecchi le sue amiche, che la fissavano perplesse.
Ne va della mia reputazione!, gridò nella sua piccola testa biondiccia.
"Ah... ahah! S-sicuramente non mi ha riconosciuta! Beh è ovvio, oggi sono persino più bella del solito!"
Nessuno rise alla sua affermazione, e nessuno mutò espressione.
"Jess..." Azzardò una delle sue amiche "Sei sicura di conoscere quel... coso flaccido?"
Un moto di disgusto impregnò le sue ultime parole, quasi stesse parlando di una bestia piuttosto che di un essere umano.
Jess la corresse con un piccolo colpo di tosse.
"Sicurissima, non posso sbagliarmi. Sicuramente non riesce a vedermi bene da qui, non c'è..." Si voltò verso Bob, e notò con improvviso orrore che si era alzato dalla sua sedia e che stava per allontanarsi da lì "... altraspiegazione fermooooo!"
Spannera si lanciò nella strada, coraggiosa, con divino tempismo. Il camion passò, incurante dell'esile figura che gli si era parata innanzi.
Le sue amiche strillarono di febbrile terrore, tremando come in preda a qualche strano tipo di orgasmo di gruppo.
Bob osservò dall'altra della strada la scena, e ringraziò mentalmente chiunque fosse alla guida di quel veicolo.
I passanti si fermarono per assistere a quello che sarebbe stato uno dei tanti incidenti della mattina, sperando che non durasse troppo a lungo e chiedendosi mentalmente se dopo avessero avuto il tempo di prendere un caffé.
Jess si voltò verso l'uomo che stava per investirla e gli lanciò uno sguardo interrogativo, poi stupito e infine inorridito.
Non posso morire! Non prima che Bob mi abbia salutata!
Le motivazioni che animavano in quel momento la mente di Spannera erano senza dubbio pure e limpide come uno specchio d'acqua. Ma c'era dell'altro, racchiuso in quel piccolo cuore.
Una figura bionda che la osservava senza particolare interesse - o forse sì? - e che sembrava trovare più piacere nel tenere alti nella mano un paio di occhiali grandi quanto due pannelli solari mentre un ragazzo rossiccio gli saltellava intorno, cercando di raggiungerli.
Quel ragazzo... lei lo conosceva bene.
Una stizza infuocata le annebbiò il cervello, costringendola a concentrarsi su quello che le stava accadendo.
Non c'era più Bob, in quella minuscola scatola cranica. Ora era Irie Shoichi il protagonista del suo film mentale.
Il suo rivale in amore.
E capì che non sarebbe stato lo scontro con un camion a 60 chilometri orari a metterla fuori gioco.
"Ehi, tu!" Gridò puntandogli contro un indice minaccioso "Fermati subito, tu non sai chi sono io!"
Il camion ovviamente non si fermò, anzi, qualcuno giurò di averlo visto accelerare quasi impercettibilmente.
Evidentemente non lo sa davvero.
"Jess!" Pigolarono in coro le amiche.
Ma ricordiamoci di chi era figlia Spannera. Lei aveva... i mezzi, e proprio per questo motivo niente l'avrebbe uccisa.
Niente.
Fu la prontezza di spirito a salvarla da una fine certa e dolorosa. Si accorse, infatti, che il corpo del camion era molto alto e cinquanta centimetri buoni lo separavano dall'asfalto - ovviamente se si escludevano le ruote - .
E lei era magra, magrissima.
E piatta, ammise dopo qualche secondo. A denti stretti.
Con un piccolo tuffò si lanciò sotto il veicolo in corsa, che le passò sopra senza farle un solo graffio.
Nonostante fosse magra e piatta, bisognava riconoscere che aveva un culo mostruoso.
Il camion frenò qualche metro più avanti, e un vecchietto trafelato riversò tutto il suo cordoglio sulla povera (?) vittima.
"Signorina, signorina!" Gridò disperato cascando giù dal sedile "S-- ahi! S-signorina, sta bene??" Si alzò in fretta dall'asfalto non ancora rovente e corse verso Jess, mortificato.
"JESS!!!" Gridarono le amiche precipitandosi verso di lei "Jess, va tutto bene? Sei ferita?"
La stoica donzella si alzò, perfettamente integra.
"Ragazze, sto benissimo. Non dovete preoccuparvi!" Scoppiò in una gloriosa risata che avrebbe dovuto, secondo lei, lavare l'onta subita da Bob.
Il quale, deluso dal mancato decesso, schiocchò la lingua con disappunto e se andò.
Spannera lo osservò allontanarsi, incredula. Come aveva potuto? Come aveva osato, quel... maledetto!
Per fortuna, però, sembrava che le sue amiche avessero dimenticato lo spiacevole malinteso di prima e che fossero più concentrate sull'incidente appena sventato.
Ingoiò pertanto il rospo, ripromettendosi vendetta in un secondo momento - tanto lei sapeva dove trovarlo - , e concentrandosi piuttosto sulla popolarità che aveva appena conquistato con il suo coraggioso gesto.
"Jess, sei stata fantastica!" Gracchiò Felicia, la più grande fra le amiche di lei "Io non sarei mai riuscita a lanciarmi sotto un camion in corsa! Sarà tutta la danza classica che hai fatto da piccola!"
"Oh beh, che vuoi farci? Quando si è atletiche e leggiadre..." Si grattò al testa, sicura di sé, mentre il suo petto pianuroso si gonfiava di infantile orgoglio.
"Jess, Jess, potresti rifarlo? Non sono riuscita a scattarti una foto come si deve!"
"Coooosa!? Abby! E adesso io cosa metto sullo status di Facebook?"
L'amica affondò nella vergogna, stringendo a sé il suo piccolo telefonino grigio. Si sentiva indegna di stare al cospetto di Jess, dopo quello che aveva fatto.
Anzi, dopo quello che non aveva fatto.
Ma quella ragazza bionda, dal nome così impronunciabile, sapeva anche sorridere e perdonare.
Le posò una mano sulla spalle e scosse il capo.
"M-mi dispiace" mormorò la ragazzina sull'orlo di una crisi di pianto.
"Non fa niente Abby. Ci sarà una prossima volta, sicuramente. E sarà ancora più spettacolare di questa, promesso."
Abby alzò lo sguardo fino a incontrare gli occhi marroni di lei.
"P... promesso?"
Spannera annuì, serena.
Poi, si strinsero in un abbraccio sincero e affettuoso.
Ahah, bella questa.
"Ehi, Jess!" Strepitò un'altra amica - l'ultima, per nostra fortuna - agitando le braccia sottili con entusiasmo "L'hai visto anche tu, vero? Vero?"
"Cosa, Columbine?" Chiese lei pacatamente, sentendo ancora l'influsso della patina da donna vissuta che si era costruita addosso.
"Il film, Jess! Quel filmino mentale che... sì insomma, quello che vedono tutti quelli che stanno per morire! L'hai visto anche tu, vero?"
La perse in un istante.
"Sììììì! E' stato spettacolare, Bin! Ho rivisto la mia vita in un lampo, troppo figo!" Allargò la bocca in uno spasmo eccitato e le prese la mani per condividere con l'amica la gioia del filmino.
"E cosa hai visto? Cosa hai visto?"
"Ho visto...!"
Irie Shoichi?
Jess tacque, perplessa. L'ultima cosa che aveva visto chiaramente era stata proprio la sagoma di quel nerd di merda. Ma come avrebbe dovuto spiegarlo alle sue esuberanti amiche?
Bin la guardò, con gli occhi che mandavano lampi verdi a intermittenza.
"Ehm." Fece lei, lasciandole le mani "Ehm... n-niente di importante! Ahah! Davvero, non è niente che valga la pena di raccontare!"
L'amica la fissò, leggermente confusa.
"Jess?" Azzardò, non molto convinta di quelle parole.
Per fortuna, il vecchietto camionista venne involontariamente in suo soccorso.
"La ragazza sarà sconvolta per l'incidente! La prego, mi permetta di accompagnarla all'ospedale!"
"A-all'ospedale?" Un leggero tremore le uscì dalle labbra, tremore si affrettò a nascondere con una risata gradassa "AHAHAHA! Non ne ho bisogno, tante grazie!"
Spannera aveva una fottuta paura degli ospedali, per sua sfortuna. Per questo il destino le aveva infuso dentro una salute di ferro e una fortuna fuori dal comune.
Un destino di nome mamma.
"Sei sicura, Jess? Mi sembri palliduccia..." Bin non sembrava molto convinta.
"Jess, santo cielo, come sei stoica!" Abby adorava pronunciare parole di cui sapeva appena il significato.
"Ovvio, Jess è un'atleta!" Felicia credeva davvero che Jess avesse una costituzione d'acciaio inossidabile.
"R-ragazze..." Spannera si voltò verso di loro, commossa.
Com'era bello avere delle amiche!
Ma soprattutto... si stupì molto nel pensare, in un minuscolo angolino della sua mente, che forse anche l'avere un rivale, tutto sommato, in fin dei conti, dopotutto, era una bella cosa.
Spannera, la cui materia grigia costituiva solo il 2% della sua intera persona, non comprese il motivo di quel pensiero.
E, come con tutte le altre che non aveva capito nel corso della sua giovane vita - ed erano, bisogna dirlo, davvero tante - si limitò ad archiviarlo in un anfratto solitario a metà fra il cervelletto e la clavicola, dove era sicura che niente e nessuno l'avrebbe mai raggiunto.







Note dell'autrice: devo ammetterlo, mi sono innamorata del personaggio di Spannera. All'inizio la mia idea era quella di gettare nella mischia niente più che una cavia per tirare fuori qualche situazione imbarazzante, ma... voi me l'aveve fatta amare, mannaggia ç_ç e adesso non posso sottrarmi dal farla ricomparire sulla scena :D spero che non dispiaccia a nessuno.
Come forse avrete notato, ho provato a donare a questa povera anima un minimo di spessore psicologico (sì, lo so che state ridendo fragorosamente alle mie spalle in questo momento), visto che anche da una senzaCervello (:D) può nascere qualcosa di divertente.
Ah, e vi do un consiglio. Se avete notato o intuito qualcosa in questo capitolo, qualunque essa sia, beh... avete ragione.
Qualcosa c'è. Non siete voi che vi fate i viaggi mentali u_ù chi ha occhi per intendere intenda *balla*
Adesso, dedichiamoci ai ringraziamenti. Che non servono a nulla perché la mia gratitudine vi scivola addosso come acqua sulla cera (?), lo so, lo sento. e__e
Un grazie speciale va a: Nagipon, che mi stima (una lira) e mi supporta sempre <3; iMato, con cui è un piacere parlare e di cui apprezzo il sagace umorismo (:D); Seki, perché commenta ogni capitolo e mi fa tanto contenta :); Tsubasari, il piccolo genio u_u; Contenebratio perché... perché sì <3;
E un grazie sincero a tutti quelli che leggono e che seguono e che preferiscono, perché siete davvero tanti. :)
PS:
non ho citato Eiko perché... beh, il capitolo è per lei, serve aggiungere altro?
Bene, il mio sproloquio è finito. Andate in pace.
PPS: questo capitolo è stato un colpo di fortuna, non mi aspettavo di poterlo pubblicare. Beh, meglio così ( °3°) ~
:D




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Capitolo 34
*** Papere sull'orlo di una crisi di nervi ***


c34 «spappop-kun, dietro di te!!!1»
«Sefhy, un cervo volante sta per saltarti addosso, stai attenta.»
«ma quale cervo volante??»
«Non avevi detto che ti servivavo... ah. Forse erano i cerotti volanti dei servi del male?»
«sì, esat»
Un mostro non meglio identificabile come una tartaruga ninja immersa nella pece sollevò la sua ascia tentando di colpire l'infermiera sexy di fronte a lui, in un magro tentativo di abbordaggio - così pensò Spanner - che si risolse con una puntura nel sedere da parte di quest'ultima.
«Tutto bene?»
«alla grande»
L'infermiera sexy raccolse il cerotto volante che aveva lasciato il servo del male dopo la sua disfatta.
«ahahahahaha preso!!»
«Buon per te. Darkwing Duck, tutto bene? Perché ti sei nascosto dietro una roccia?»
Il guerriero sudaticcio non rispose.
Lo fece la papera che lo ruolava, però.
"Spanner, non chiamarmi! Non devi chiamarmi! Non con la chat pubblica almeno! P-per favore!"
"Ma non c'è niente di male nel chiamarsi come un'eroe mascherato" Replicò Spanner pacatamente "a me piace."
Shoichi si morse il labbro per trattenere il solito e patetico fremito di rabbia.
"Certo, l'hai scelto tu appositamente per deridermi! Perché sei... sei..."
Sentì una mano poggiarsi sulle sue spalle e non ebbe bisogno neanche di guardarlo negli occhi, per sapere che espressione avesse.
I suoi movimenti parlavano per lui, ormai l'aveva capito da tempo.
"Shoichi, non ti preoccupare." Disse semplicemente, scuotendo il capo.
"Ti rendi conto, vero, che quello che dici non ha il MINIMO senso?"
"Mh? Perché dici così?"
Shoichi si chiese quanto valesse la pena di rispondergli. In fondo, quelle conversazioni di fatto non portavano mai a nulla di concreto, visto che seguivano sempre lo stesso schema:
- Spanner fa qualcosa di dispettoso nei suoi confronti;
- Shoichi si ribella e comincia ad atteggiarsi a megera con gran sollazzo del di lui inquilino;
- Spanner ribatte con calma flemmatica pronunciando una frase che apparentemente non ha senso, e attentamente neppure;
- Shoichi smarrisce il ben dell'intelletto nel tentativo di capire l'incapibile;
- Spanner si stufa e fa altro, lasciandolo lì sul punto di implodere;
Erano al... terzo punto. Lui doveva impedire a se stesso che il quarto prendesse forma.
"Lascia stare, Spanner. Guarda, Sefhy ti sta chiamando!" Un sorriso inquietante apparve sulla sua bocca quando pronunciò il nickname dell'utente.
"Ho visto, ho visto" le dita di Spanner cominciarono a scrivere un altro messaggio rivolto alla gentile crocerossina, la quale aveva cominciato a saltare addosso a tutti i servi del male che le passavano accanto.
E sembrava divertirsi un mondo, oltretutto.
«S3fhy, il mio compagno dice per lui questa è robetta, vorrebbe andare da qualche altra parte.»
"Spanner! Non è vero, che cavolo dici??"
Shoichi prese il polso di Spanner e glielo strinse debolmente, nel tentativo fallito in partenza di fermarlo.
Doveva provarci lo stesso però, ne andava del suo onore.
Il coinquilino si voltò verso di lui e fece qualcosa che sembrava, molto alla lontana, una specie di occhiolino.
Probabilmente gli era entrata una pulce nell'occhio. O forse un cervo volante. Fatto sta che, in quel momento, ammiccare era l'ultima cosa che Spanner avrebbe dovuto fare.
L'ultima. Prima veniva la lunga serie di scuse che Shoichi avrebbe voluto e dovuto ricevere da lui entro la mezza età.
Povero illuso.
"Lo faccio per poter rimanere da soli. Non vuoi?"
C'era qualcosa di simile alla seduzione in quelle iridi piatte e stanche di vivere, notò Shoichi degluendo saliva inesistente.
Qualcosa di... irresistibilmente invitante.
Era dunque questo... il potere degli OGM?
Spanner si sporse un po' verso di lui, fissandolo dritto negli occhi. Un muro di vetro impediva loro di fondersi l'uno dentro l'altro in un vortice di passione e follia, niente più che un paio di lenti. Spesse, certo, ma solo lenti.
"Non vuoi?" Ripeté, lascivo.
Ma dove cavolo ha imparato a essere così maledettamente provocante?!
Shoichi era un debole, lo era sempre stato nella vita. A complicare le cose in quel momento, però, c'erano ben due fattori.
Il primo di questi era la totale immunodeficienza al gene Spanner, che comprendeva con ragionevole certezza tutta la sua famiglia fin dalle origini delle origini.
Il secondo di questi era la verginità che lo contraddistingueva dal quel lontano 3 Dicembre di tanti anni fa e che non l'aveva mai abbandonato. MAI. 
A questi due se ne poteva poi aggiungere un terzo, che riguardava la gelosia nei confronti di qualunque altro essere vivente che era vicino a Spanner e che sembrava sempre passarsela meglio di lui.
Non è che sembrava, di fatto era così. Ma ingannarsi da soli non costava niente, dopotutto.
"N-non starmi così vicino!" Sbottò allontanandosi da lui quanto bastava da non sentire l'odore di fragola proveniente dalla sua bocca "S... se vuoi che andiamo da un'altra parte d-dillo e basta, senza tanti giri di parole!"
Spanner lo fissò, divertito. Era troppo, troppo semplice metterlo sotto. Si chiese per quanto ancora ci avrebbe trovato gusto, nel prenderlo in giro.
Poi lo vide aggiustarsi gli occhiali scuotendo la testa a destra e a manca, mormorando frasi sconnesse in cui c'era sempre uno «Spanner» di troppo, e sorrise.
No, non si sarebbe mai stancato di burlarsi di lui. Neanche fra un milione di anni, neanche incarnandosi in cento, mille corpi. Qualunque fosse la loro vita, il loro mondo, il loro universo, lui non l'avrebbe mai lasciato.
Perché era immensamente piacevole e gratificante stare con lui, anche solo per il gusto di vederlo andare fuori di matto, totalmente incapace di darsi qualcosa di lontanamente simile a un contegno.
Era davvero bella la vita. Prima di conoscerlo, non l'aveva mai apprezzata così tanto, non aveva mai sentito quella scintilla che spinge le persone ad alzarsi ogni mattina, perché sanno di dover fare qualcosa di bello, importante o semplicemente necessario.
Glielo doveva, sicuramente glielo doveva: perché mai nessun robot lo avrebbe sollazzato fino a quel punto, nessun robot gli avrebbe mai riempito la vita come faceva lui.
Lo sguardo di Spanner si colmò lentamente di un sentimento molto simile alla gratitudine, sentimento che però non venne esternato e che rimase solo nella sua testa biondosa.
"Andiamo da un'altra parte, allora." Disse, riportando l'attenzione sulla schermata di Epic Days. Shoichi lo fissò confuso, ma non disse nulla. Per una volta sentiva che la sua salute mentale non era a rischio, quindi... perché sprecare energie?
La busta dorata che annunciava l'arrivo di un messaggio privato si era intanto materializzata nell'angolo dello schermo, con l'unica differenza che stavolta non si trattava di S3fhy.
Un altro utente aveva fatto la sua gloriosa comparsa.
"Guarda" Spanner indicò il nuovo mittente con la punta dell'indice "un altro giocatore che mi contatta."
"Che ti contatta?" Ah, certo, che ti contatta. Chissà perché a me nessuno dice niente, chissà perché!"
Sprazzi di indignazione zampillavano da quella frase come schizzi di acqua fresca da una fontana, in un torrido pomeriggio estivo. Era così... ah, era così corroborante, quella vocina isterica.
"Sarà che non interessi a nessuno" rispose Spanner facendo spallucce "... beh, meglio per me."
Le parole di afflizione che stavano per lasciare la bocca di Shoichi si volatilizzarono senza lasciare traccia.
Ma la sua piccola testa non si abbandonò alla dolcezza, presunta o tale che fosse, di quelle parole, e rifletté.
Un momento. Che sia un nuovo tipo di insulto?
"Cosa... intendi dire?"
Spanner si voltò verso di lui, guardandolo negli occhi senza esitazione.
"Che mi piace averti tutto per me, Shoichi."
Quelle parole ebbero l'effetto del Viagra.
"Sp-Spanner!" Strillò Shoichi avvampando "Non dire cose che posso fraintendere!"
E quante frasi aveva frainteso, in quegli anni. Quante, quante frasi.
Perché, bisognava riconoscerlo, a Shoichi dopotutto piaceva fraintendere. Era un modo come un altro per illudersi senza sentirsi in colpa.
"Mh? Che c'è da fraintendere?"
Fingeva, Spanner, di non capire. Shoichi questo lo sapeva, perché Spanner non era mai stato un fenomeno con le bugie.
Lo sapeva, eppure si lasciava ingannare con una facilità disarmante.
"N-niente" mormorò distogliendo lo sguardo "lascia stare, Spanner. Lascia... stare." Un sospirò gli uscì involontariamente dalla bocca, sospiro che per varie ragioni Spanner reputò molto interessante.
Decise inaspettatamente di non soffermarcisi più di tanto, e aprì la busta gialla di un certo Maffin che lampeggiava stancamente.
«ahahahahahaahah nome di merdaaaaaaa :°DDDDD»
Silenzio.
Altro messaggio.
«ooooo scusa!! volevo scriverlo all'altro, scusaaaaa xDDD looooool!»
Silenzio.
Sul pc di Shoichi apparve una bustina gialla.
"Apriamola." Propose Spanner con noncuranza.
"NO!"
"Ok, allora la apro io."
"F-fermo dove sei, brutto... no! NO!"
«ahahahahahaahah nome di merdaaaaaaa :°DDDDD»
"Ecco, ora ha già più senso."
"Ma io non ti sopporto! Sei... un mostro, Spanner! N-non sei umano, mi rifiuto di pensare che tu sia un essere umano! Cosa si nasconde dietro quella pelle sintetica, AH?!"
Domanda che ci siamo posti tutti, e di cui da tempo conosciamo la risposta.
Spanner lo osservò con occhi vitrei, tentando di penetrargli la carne. E ci sarebbe riuscito - forse - , se non avesse smesso per dedicarsi a hobby più salutari.
Il trollaggio.
"Adesso rispondo a Maffin."
"Non mi ignorare, asino!" Strillò Shoichi disperato "Stavi parlando con me! Non mi ignorare!"
Ma era ormai troppo tardi. Non c'era più spazio per Shoichi nella mente del biondo amicone, che stava lì davanti al pc, tutto assorto nella sua meditazione. Qual era il metodo migliore per rispondere a un così esilarante messaggio? Avrebbe dovuto dire che Darkwing Duck era nientepopodimeno che! ... il suo gracile coinquilino? E che lui ovviamente era il maschio dominante di casa?
Erano quesiti davvero complessi, e darsi una risposta rappresentava in quel momento la priorità. A nulla valevano gli starnazzi di Shoichi, relegato così a comparsa di quel lungo ed estenuante film che era la vita di Spanner.
"Caro Maffin..." Chissà perché tutti i suoi messaggi cominciavano in questo modo. Abitudine? Educazione? Umorismo sagace?
Le possibilità erano infinite. La risposta, solo una.
Shoichi stava lì, fissandolo impotente. Spanner stava per fare qualcosa di buzzurro, doveva assolutamente fermarlo.
La prima cosa che gli venne in mente per raggiungere il suo nobile obbiettivo, fu quella di saltargli addosso e cercare, con la violenza, di disarmarlo. Ma le parole del coinquilino gli ritornarono in mente, dure e crudeli.

Shoichi, sei violento...

Sei troppo violento...

Violentissimo...

Mi ucciderai nel sonno...

Mostro, mostro...

Ricordi chi ha ucciso Megavolt? Sei stato tu...

Tu...

TU!!!

"Noooo!"
"... e mi trovo qui, a constatare con un tenue sorriso, che anche tu stimi quantomai ilare quello pseudonimo che... Mh? Che succede, Shoichi?"
"Spanner!" Gracchiò in preda a una crisi di nervi "Io... sono davvero così cattivo?!"
Spanner lo guardò, incerto.
La sua testa deve essere andata in cortocircuito. Di nuovo.
L'incertezza divenne potenza e la potenza divenne immoralità. Spanner sentì la forza scorrergli nel sangue e sorrise, deliziato dal suo immenso potere.
"Sì, lo sei." Gli rispose, poggiando il suo sguardo sullo schermo e continuando a scrivere come se nulla fosse accaduto "... che dimostra quanto diversamente abili siano i giovini ai nostri giorni, e quanto aiuto bisogni loro donare, quanto amore, quanta sincera..."
Shoichi perse ben presto la cognizione del tempo e dello spazio, accasciandosi sul divano con sguardo vacuo e assente.
E gli tornò in mente il fattorino che Spanner aveva fatto precipitare nella botola. Già, chissà se era ancora vivo... lui non lo sapeva. Lui... aveva ignorato ogni cosa. Aveva fatto finta di non vedere, di non sentire. Si era reso complice di un grave delitto e la coscienza richiamava il suo sangue.
Lui... era un assassino.
"La mia vita è finita. Vado a costituirmi alla polizia." Disse, pensando di non essere udito. Ma quelle parole non sfuggirono alle sensibili orecchie di Spanner, che rise sommessamente e smise per un attimo di scrivere, voltandosi verso di lui per la seconda volta.
"Shoichi, stavo scherzando. Non sei cattivo."
Il ragazzo non rispose. Lentamente si alzò dal divano, fissando il vuoto di fronte a lui, e si avviò lemme lemme verso il telefono. Voleva chiamarla davvero, la polizia?
"Sono un assassino e devo pagare. Sono un assassino e devo pagare. Sono un assassino e devo pagare. Sono..."
"Shoichi?"
"... un assassino e devo pagare. Sono un assassino e devo pagare. Sono un assassino e devo pagare."
"Shoichi, mi senti? Shoichi?"
No, non lo sentiva. Decisamente non lo sentiva. E il telefono si avvicinava sempre di più.
Fu in quel momento che Spanner si risolse di fare una cosa semplicissima.
Posò il computer sul divano, si alzò da esso con un movimento fludo delle gambe e si diresse a passo lesto verso Shoichi, che era evidentemente incapace di intendere e di volere.
"Shoichi, aspetta." Lo prese una mano e lo trattenne, con gentilezza "Non sei un assassino. Sei una paperella di gomma, e le paperelle di gomma sono inoffensive, lo sai."
Silenzio.
Con una lentezza esasperante, il rosso frugolo inclinò la testa verso di lui.
"Non se vengono ingoiate." Sentenziò senza pietà per se stesso.
"Nessuno ti ha ingoiato, io non lo permetterei" ribatté sicuro "dopotutto, sei la mia paperella di gomma. Solo io posso ingoiarti."
L'ombra che era scesa sul suo sguardo scomparve, lasciando il posto a due occhi verdi che di cattivo non avevano neanche il sentore.
Bingo.
"I-i-ingoiare?" Balbettò, fissandolo intensamente "Mi vuoi... ingoiare?"
"Chi lo sa." Rispose, vago.
"E'... un sì?"
"No, è un «chi lo sa» a tutti gli effetti."
E vaffanculo.
"E... chi lo sa?"
"Chi lo sa."
"Spanner!" Sbottò Shoichi spazientito "Sii chiaro, per favore!"
"Mh. Non mi hai chiesto tu di non parlare in modo tale che tu potessi fraintendere?"
"M-ma se parli così mi fai fraintendere ancora di più!"
Spanner sembrò offeso dal quel ripiego. Gli lasciò la mano, indietreggiando un pochino.
"Non è così. Sto imputando a terzi la responsabilità di ciò che dico, quindi tu non hai alcun modo per fraintendere le mie parole. Ammetti semplicemente che credi solo a quello che ti piace credere, Shoichi." Una punta di rimproverò risuonò in quella frase, ferendo il piccolo amico scarlatto di fronte a lui.
"Non è vero! Io non credo solo a ciò che mi piace credere."
Giusto. Lui crede anche e soprattutto a quello che gli piace credere. C'è una sostanziale differenza, se mi permettete.
"Certo, e io magari mi sono chiamato Darkwing Duck in un MMORPG solo per farmi deridere dalla gente."
"Sì, l'hai fatto! Con l'unica differenza che ci sono andato di mezzo IO!"
Silenzio.
"Mh. Mi è venuta fame, vado a mangiare qualcosa..."
"Adesso te ne vai, vero?! Spanner!"
"Mh? Vuoi qualcosa anche tu, Shoichi?"
"Aaah, la mia... la mia testa!"
"Ah, vuoi un'aspirina? Mi pare che ne è rimasta qualcuna..."
Shoichi si lasciò andare a un grido disperato, accasciandosi sul pavimento. L'impotenza lo perseguitava ovunque ormai, persino lì. Non avrebbe mai più avuto pace, mai più.
Sorridendo pacifico, Spanner scomparve nell'ormai noto corridoio. Il ragazzo rimase dunque solo con i suoi pensieri, in stato semi-vegetativo, quando...
«A long time ago, in a galaxy far, far away...»
... una musichetta irritante irruppe nel silenzio del suo dolore.
Ma come osava, quella trombetta?
Shoichi, però, era troppo debole per ribellarsi a quel suono. Rimase lì, muto, tenendosi la testa premuta contro le mani e gli occhi chiusi con violenza quasi dolorosa.
E così sarebbe rimasto, se...





torneo






... una voce inquietante non lo avesse strappato con prepotenza dal suo coma.
E adesso? Un torneo galattico si profilava all'orizzonte, sommandosi ai già numerosi disturbi psichici di Shoichi: come sarebbe andata a finire?
La risposta a questa domanda... nella prossima puntata.
Forse.








Note dell'autrice: ok, lo ammetto, questo capitolo è più demenziale che comico. Scusatemi, sono i deliri della febbre çAç e non potevo non aggiornare, sennò con che faccia scrivo nel profilo "aggiornamento compreso fra le 18 e le 50 ore" ? Che poi neanche le conto io, 50 ore xD ma fa figo dirlo u_u
Spero che vi sia piaciuto ugualmente. Ditemi che vi è piaciuto, vi prego T_T buaaah. Va bene dai, basta sproloquiare. Ringrazio come sempre tutti quelli che leggono, seguono e preferiscono, e mi auguro di non star cominciando a deludervi ç_ç ma basta deprimersi, allegria! xD
*si eclissa* :3









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Capitolo 35
*** I discorsi di una pannocchia OGM ***


c35 iMato, questo capitolo è per te! GO-DI-TE-LO! UAHUAHAUAHAUAHAUHU!
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Spanner pensava di conoscere molto bene il suo coinquilino. Che fosse un libro aperto, qualcuno che per quanto si sforzasse di celargli la sua persona, non faceva che mettersi a nudo da solo, rivelando molto più di quanto avrebbe voluto.
Era da un po' di tempo che ci pensava. Quando Shoichi se ne era andato di casa, in preda al risentimento, lo aveva stupito di nuovo, dopo tanto tempo. Lo aveva spiazzato, mostrandogli qualcosa di totalmente inaspettato.
Qualcosa che non avrebbe mai voluto vedere in lui.
Sì, Shoichi gli aveva dimostrato che anche lui, quando voleva - e per sua fortuna non voleva mai - , era capace di usare il pugno di ferro, ribellarsi alla sua prepotenza e fare fagotto.
Certo, poi si era cacciato in un guaio dopo l'altro, era ritornato a casa fradicio di scarto renale e senza occhiali, e gli era saltato addosso con slancio affettuoso e disperato. Più disperato che affettuoso, forse. Probabile. Sicuramente.
Insomma, quella fuga era stata disastrosa. Ma gli aveva insegnato una cosa importante: non dare Shoichi per scontato.
In nessun caso.
"Shoichi, guarda, ti ho portato la tua crusca preferi... ta?"
Sprofondato sul divano a causa della posizione a cuneo in cui si era accomodato, Shoichi osservava con attenzione e sconcerto lo schermo del pc che teneva sulle cosce. La sua espressione tradiva agitazione, ma soprattutto sembrava sul punto di aprirsi in una smorfia di disperazione.
"Spanner" disse, senza alzare gli occhi "vieni un attimo qui, per favore."
"Cosa succede?" Chiese Spanner, leggermente perplesso. Si sedette vicino all'amico, molto vicino, ma inaspettatamente Shoichi non fece una piega. Sembrava che qualcosa di superiore gli avesse rubato quasi completamente l'attenzione.
E la cosa lo infastidiva. E non poco.
Si sporse per guardare la schermata, notando che Darkwing Duck sostava davanti a un bivio, molleggiando sulle gambe e agitando leggermente la sua ascia a due mani.
"Da che... ehm, parte devo andare per arrivare alla... città da cui siamo partiti?" Domandò con un lieve imbarazzo, aggiustandosi la montatura degli occhiali con un gesto ormai divenuto consueto e che Spanner conosceva bene.
"Perché vuoi tornare indietro?" Domandò con noncuranza.
Shoichi non rispose. Emise un pacato mugolìo e si nascose codardamente dietro le sue lenti, convinto forse che la breve permanenza in cucina avesse provocato in Spanner la comparsa di una prespiopia precoce.
Come se Spanner potesse ammalarsi.
Come se Spanner fosse soggetto al passare delle stagioni.
Come se Spanner risentisse dell'effetto serra.
Come se Spanner avesse davvero 25 anni.
Spanner era un essere trascendentale. Era sul pianeta Terra per nulla più che una fatalità.
E Shoichi viveva con lui per nulla più che sfiga. Sfiga per lui, s'intende.
"Shoichi, guarda che ti vedo."
Il ragazzo dai capelli rossi lo guardò di sottecchi, per verificare che le parole dell'amico fossero vere.
"E' inutile che mi guardi con la coda dell'occhio" aggiuse poi con un sospiro "vedo benissimo anche quello."
"Ma come fai a vedermi? L'angolazione non dovrebbe permettertelo!"
"Non ho bisogno di «vederti» con gli occhi, mi basta vederti col cuore." Ribatté quello con un certo trasporto che di serio non aveva nulla.
"Parole sprecate in bocca a te, Spanner, visto che molto probabilmente non sai neanche quello che stai dicendo."
"E tu non sai quanto puoi essere chiaro ed evidente quando cerchi di ripiegarti su te stesso per non farti vedere dagli altri. Che poi... a pensarci bene, gli altri sarei io."
"Spanner, questa conversazione sta prendendo una brutta piega. Come sempre, aggiungerei. Quindi, per favore... vuoi gentilmente indicarmi la via da percorrere per ritornare da dove sono VENUTO?!" Shoichi pronunciò l'ultima frase con un moto isterico che tradiva un'inquietudine di fondo di dubbia natura. Spanner se ne accorse, e decise di indagare più a fondo.
E quale modo migliore, se non provocarlo fino all'esaurimento?
"Dunque, vediamo... ci sono tre animali: un tasso, un canguro e... un archaeopteryx."
"L'archaeopteryx si è estinto da migliaia di anni! E poi cosa diavolo..."
"Sssh. Lasciami finire." Gli pose gentilmente un dito sulle labbra, meditabondo. "Ecco, sì. Ci sono questi tre animali: uno dice sempre la verità, l'altro dice sempre le bugie e l'altro ancora dice la verità solo se gli dai una caramella alla fragola. Se gliela dai di un altro sapore ti dice una bugia e ti stacca la testa, ed è GAME OVER."
"Spanner!" Berciò Shoichi spostandogli la mano "Per... per favore! Non farmi venire il mal di testa, dimmi solo da che parte devo andare oppure faccio da solo!"
Silenzio.
"Sì, allora. Il primo animale dice..."
"SPANNER!"
"... Che se vai a destra verrai preso in ostaggio da una pompa di benzina cattiva; il secondo animale-"
"SPA-NNER!"
"Dimmi."
Lo fissò con sguardo assente, e Shoichi credette di potersi tuffare in quegli occhi inespressivi e affogare nelle profondità dell'oceano, senza alcuna possibilità di ritorno.
Cosa faccio? Cado preda dell'ictus o annego in alto mare?
"Spanner... ascolta." Gli pose una mano sulla spalla nel tentativo di emulare la sua patina di uomo vissuto "Io devo solo tornare in città, non è necessario che tu mi ponga questi indovinelli, per quanto possano essere simpatici e divertenti."
"Veramente fanno schifo, io lo dicevo solo per provocarti una crisi di nervi."
La perfidia di quel ragazzo superava ogni umana comprensione, soprattutto quella di Shoichi, e ogni sforzo compiuto alla disperata ricerca di un dialogo fra esseri umani venne brutalmente schiacciato sotto il peso di una cattiveria più grande di lui.
"E CI SEI RIUSCITO EGREGIAMENTE, BESTIA!"
Spanner sorrise, compiaciuto di sé. Sì... il suo coinquilino era finalmente andato in modalità Berserk e lui poteva spadroneggiare in tutta libertà.
"Shoichi, non dovrei dirtelo, ma... credo di aver intravisto Spannera dentro la lavastoviglie."
Era facile, in fondo. Dare fuoco a un mucchietto di foglie secche. Rosse e pregne di quella benzina che Shoichi produceva in proprio da tempo immemorabile.
Altro che bollini Tamoil: ancora un po' e ci si sarebbe potuto comprare il distrubutore intero, con quei punti.
E infatti...
Shoichi si issò sul divano usando la mano a mo' di visiera. "Cos- lei è qui?!"
"Ma certo che è qui. Pensi che mentirei su un argomento del genere?"
La domanda sottointendeva un no di fondo molto preciso, e mirava alla distruzione di Shoichi con altrettanta precisione.
La cosa curiosa era che il suo coinquilino sembrava non conservare mai memoria delle esperienze passate, essendo capace di cascare nello stesso scherzo più e più volte senza sospettare nulla. Era disarmante.
Era bello.
Spanner aveva un concetto molto puntiglioso di bellezza. E Shoichi era bellezza pura, per lui.
Non, però, nel modo in cui l'altro avrebbe sperato. Perché in qualcosa sperava, no? Sicuramente.
"Hai ragione, Spannera è un pericolo pubblico, non puoi aver mentito!" Esclamò, perfettamente convinto delle sue parole "Adesso ci penso io, Spanner! Ma sappi che dopo sarà il tuo turno di pagare!"
"Ma certo, ci mancherebbe altro. Vai pure a dissezionare mia cugina, io sto buono qui e ti aspetto."
"Bene." Bonfonchiò l'ultima parola, balzò giù dal divano, atterrò male e cadde per terra, si rialzò guardandosi intorno nella speranza che Spanner non avesse visto, e notò che lui stava osservando il soffitto boccheggiando. Sorrise, rincuorato. Si rialzò, cadde di nuovo, si accertò di nuovo che Spanner non avesse assistito alla scena, e lo vide contarsi le righe del pigiama. Tirò un sospiro di sollievo, si alzò da terra - era ora! - , saltellò via senza dire una parola, e scomparve nel corridoio.
Quando Spanner fu certo che l'amico fosse scomparso altrove, si lasciò andare a una specie di risata sommessa. Una specie però, perché non era molto chiaro il verso che emise, non era facile da classificare. Forse un delfino ci sarebbe riuscito. O anche un basilisco in calore.
Ma, anche qui, le possibilità erano infinite e la risposta una sola di esse.
«Spannera, vieni fuori, ho voglia di possederti con la forza!»
"Anche io, Shoichi!" Gridò di rimando all'udire quelle parole, ma in risposta ottenne il silenzio e si immaginò la faccia di Shoichi divenire di mille colori, prima di stazionare definitamente sul rosso, come una roulette malefica.
«N-non parlavo con te, Spanner! Parlavo con Spannera!» Era abbastanza ridicolo pronunciare i due nomi insieme, visto che suonavano estremamente simili. Era come il paradosso del nessuno, paradosso con il quale Polifemo non andava molto d'accordo.
O forse le due cose non avevano alcun legame, se non per la sfiga potente che accomunava Shoichi a Polifemo. E Spanner a Ulisse. E poi, effettivamente, la loro vita era davvero un'odissea senza fine.
O meglio, l'odissea era specialmente per Spanner, eroe all'eterna ricerca della conoscenza e contemporaneamente avvolto dalle calde coperte di casa. Shoichi era più sperduto nell'Inferno, ai piedi del colle, con le iene ridens a burlarsi di lui per poi spartirselo a suon di morsi.
E Beatrice? Oh beh... lei era a Rokkenjima. A giocare a chi sclera prima con Battler. E siccome le persone disturbate sclerano con inaspettata difficoltà, il loro gioco sarebbe durato circa per... sì, l'eternità.
"Certo, certo!" Spanner, lo stregone dorato, sorrise. Il suo barattolino era davvero divertente, oh se lo era.
Ma qualcos'altro attirò la sua attenzione.
Sullo schermo del pc di Shoichi era apparso, in alto, un messaggio lampeggiante, che recava un messaggio parecchio interessante.
«Epic Days vuole te!», diceva, e ogni dieci lampeggiamenti appariva uno smile inquietante che assomigliava molto all'espressione di Spanner quando tenta di aprirsi in un sorriso gioviale.
Un po' come il pagliaccio della McDonald's quando tenta di far ridere l'hamburger dentro l'Happy Meal, per renderlo più saporito.
Senza successo.
"Ah, ora ho capito perché vuole tornare indietro. E non voleva dirmi niente, lui..."
Spanner incurvò le labbra verso il basso, offeso. E il suo pigiama fece lo stesso, perché essi in quel momento erano come una cosa sola. Era sempre così la mattina, del resto. Poi, per tutto il resto della giornata, Spanner preferiva entrare in simbiosi con la sua appassionante e variopinta tuta verde, con cui condivideva il segreto della stoffa soporifera.
C'era da domandarsi cosa mai avesse potuto dedurre Spanner da quel messaggio ridicolo, ma si sa, le pannocchie sono sempre una spanna sopra gli esseri umani. Come per i cerchi del grano.
Avanti, non l'avete capito? Sono le pannocchie a gestire il traffico. Ed è Spanner a scrivere la coreografia. Nella duplice veste di pannocchia e alieno.
Decise che valeva la pena di investigare.
«Cara S3fhy, sai nulla a proposito di iniziative che lampeggiano in alto sullo schermo che desiderano l'utente a cui esse si rivolgono?»
Silenzio.
Busta gialla.
«eh? o_o»
«No, non sai nulla. Non fa niente. :9»
Invio.
"Oh, no. Ho scritto male la faccina."
Risposta.
«no, è che non ho capito un ca**o di quello che hai detto xDDD»
"Ecco, lo sapevo. Colpa della faccina venuta male."
«Scusami, volevo sorriderti. :)»
Silenzio.
Messaggio.
«eh??? o__O ma che stai a dire? ._.»
«Mh. La faccina di prima era venuta male, volevo scrivere uno smile ma non ci sono riuscito.»
Silenzio.
Silenzio.
Silenzio.
Poi, busta gialla.
«non capisco veramente un accidente, ma vabbè, tanto... ci vediamo Darkwing Duck, io stacco! byeeee :DDDDD»
L'infermiera sexy svanì in una nuvola di fumo rosa. Il servo del male che stava per segarla in due fermò di colpo la sua azione e si mise a correre intorno al punto in cui fino a un attimo prima vi era sostato il nemico.
Povero servo del male. E povero server di gioco, più primitivo di un Macintosh a carbone.
La sua operazione di spionaggio industriale era fallita, ma c'era ancora una mente a cui poteva chiedere aiuto.
Maffin.
«Caro Maffin, mi chiedevo... tu sai nulla di un certo messaggio che dice di volere te?»
Silenzio.
Busta gialla.
«ahahahahahahaah Darkwing Duck nome di merda!!!!11 :°°°D»
"Ah, è vero. Ecco perché Sefhy non sapeva nulla, avrà pensato che fossi l'altro."
«No, no. Sono Spappop, ma scrivo da questo pg.»
Silenzio.
Risposta.
«aaah capisco! io però non so niente di messaggi mi disp :((( magari qualcuno mi volesse, ma non mi vuole mai nessuno e sono tanto triste sob sob T_T»
«Va bene, ciao.»
Silenzio.
Silenzio.
Silenzio.
Silenzio.
Silenzio.
Busta gialla!
«lo sai che la mia ragazza mi ha laciato dicnedomi che ero troppo fissato con i giochi virtuali e non me l'ha più data e sono in asitenza da giorni T____T e poi mi ha pure detto che ce l'ho piccolo e che faccio schifo e che dovrei impiccarmi T__T sob sob, tu mi capisci bero? sì che mi capisci DDDDD:»
"Mh? Ma che vuole questo?"
Spanner cominciò a digitare una risposta cortese ma decisa con l'intenzione di liberarsi dell'inopportuno tortino, quando un suono attirò la sua attenzione.
Una voce, un grido che lui conosceva molto bene. Era Shoichi.
«Eccoti! Ti ho trovata, Spannera!»
Spanner aprì un po' più gli occhi, confuso. Quelle parole... non avrebbero mai dovuto essere pronunciate.
"Spannera è qui?"
Qualcosa di oscuro si profilava all'orizzonte?







Note dell'autrice: questo capitolo NON mi piace, per niente. Ci sono dei riferimenti anormali che rendono tutto molto sclerotico e brutto e, e... ç_ç *piange* insomma, perdonatemi ç_ç è tutta colpa sua, SUA! *ringhia* Vedi tu che cose mi fa scrivere, quella... aaaargh! *muore*
Ok, basta. Giusto che dal prossimo capitolo si torna a fare sul serio. Lo giuro, quindi non abbandonatemi ç__ç *crisi di abbandono*
Ringrazio sentitamente: Nagipon ed Eiko, perché mi sostengono sempre <3, e anche Contenebratio che ieri ha avuto la pazienza di parlare con un caso patologico come me xD grazie <3
Ringrazio anche Kagami per la recensione alla one-shot e per i preferiti <3 grazie cara <3 e La tsundere Miharu per i complimenti immeritati <3
Questi sono i ringraziamenti speciali. Ma ringrazio di vero cuore tutti gli altri, Seki al primo posto. Grazie <3 grazie perché seguite, leggete, commentate e preferite. Grazie <3 Quanto mi piacerebbe conoscere il parere anche di chi non ha mai commentato, ma che segue e preferisce T_T aw, non pensiamoci <3
Troppi cuori .__. mi sto ammalando xD




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Capitolo 36
*** Le effusioni di affetto di una mente contorta ***


c36 A Pyon-kun ed Eiko-chin, con stima. ★
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"Shoichi, hai trovato Spannera?"
La voce di Spanner risuonò per la casa silenziosa. Un timore non pronunciato aleggiava attraverso l'aria e la polvere, e i suoi passi si erano fatti più circospetti.
Che cosa si sarebbe dovuto aspettare? Sua cugina in carne ed ossa? Un ologramma? Una proiezione ortogonale?
Non ne aveva idea. Tutto era possibile, quando si trattava di Spannera.
Poi, improvvisamente, un urlo.
«Pezzo di merda! Come diavolo mi hai chiamato?»
«Aaaah! S-Spanner! Aiutami!»
Quella non era la voce di sua cugina, ci avrebbe scommesso un rene. E allora, quale altro essere vivente aveva invaso il loro territorio? Urgeva verificarlo.
Divaricando quanto più possibile le gambe per correre più velocemente, Spanner si precipitò in cucina, dove aveva detto di aver visto Spannera per l'ultima volta.
Poco importava che in questo modo sembrasse un T-rex a caccia di uova. Tanto a nessuno importava, men che meno a lui.
"Shoichi, va tutto bene?"
Una figura dai lunghi capelli gialli sostava berciando davanti al coinquilino, che nel frattempo si era riversato per terra tendendo le braccia a mo' di scudo.
"P-per favore, non farmi del male!" Pigolò Shoichi arraccando all'indietro "Mi dispiace, ti darò tutto quello che vorrai, ma non farmi del male!"
Spanner si chiese chi fosse l'uomo o la donna che fissava il suo amico con occhi infuocati, e come mai lui sembrasse averlo riconosciuto. Forse Shoichi conosceva persone di cui lui non sapeva niente?
Quando il ragazzo dai capelli rossi si accorse che il biondo amico era venuto in suo soccorso, strisciò sul pavimento fino ad abbarbicarsi alla sua gamba, piagnucolando. "Spanner, ti prego, mandalo via! Mandalo via!"
"Ma chi è?" Domandò allora lui, che cominciava a sentirsi l'escluso della situazione.
Ragione voleva che l'essere berciante e sputacchioso di fronte a loro sembrasse una specie di transessuale di dubbia moralità, il che alimentò le fantasie poco ortodosse di Spanner, che aveva già ricostruito personalmente i fatti e immaginato le cose più strane e curiose.
Puntò un dito verso il sospetto individuo, sguardo vitreo e postura altera. "Chi sei, tu?" Chiese, rendendosi conto che domandandolo al diretto interessato avrebbe fatto prima, dato che Shoichi sembrava diventato una gelatina putrefatta.
"VOOOOOI!" Rispose quello, disperdendo gocce di bava al vento di ponente.
"«Voi»? Sei noi?"
"Non hai capito, testa di cazzo! Io sono..."
Si fermò, impietrito. Avrebbe davvero dovuto dire come si chiamava? Lo avrebbe dovuto dire? Sul serio?
La faccenda si andava a complicare. Quale serietà avrebbe mai potuto ispirare una persona che portava il nome di un cetaceo in via di estinzione? Quale timore avrebbe mai potuto incutere un nome del genere, che faceva ridere persino lui, quando era ubriaco, arrivando a sfottersi da solo davanti allo specchio?
Si passò una mano sulla fronte, madida di sudore.
"... Alberto Parapiglia." Disse infine, a denti stretti.
Ci fu un attimo di silenzio.
"Alberto Parapiglia." Ripeté Spanner, per memorizzarlo. "Posso chiamarti Spannapiglia?"
"Come cazzo ti pare. Non sono venuto qui per conversare con voi, ma solo per dirvi due parole e PUNTO."
"Quindi sei venuto per conversare con noi."
"VOOOOOOOI!"
"Sì, esatto, con noi."
"S-Spanner! Per favore, non provocarlo! E'... è un pericolosissimo criminale!" Implorò ad un certo punto Shoichi, additandolo tremante.
"Chi, Spannapiglia?"
"Il suo nome non è Spannapiglia, Spanner! Smettila di... spannerizzare tutti i nomi che non ti piacciono!"
"Il tuo non l'ho spannerizzato, però. Non ne sei lieto?"
"M-ma ti sembra questo il momento?!"
"VOOOOOOOOI! Piantatela di bisticciare come due finocchi, maledizione! Ho poco tempo a mia disposizione!"
I due coinquilini si voltarono verso Spannapiglia, l'uno fissandolo con terrore e l'altro con gelida calma.
"Di' pure, Spannapiglia. Ti ascoltiamo."
"E non chiamarmi Spannapiglia, che cazzo!" Gridò Spannapiglia agitando le braccia in chiaro segno di disapprovazione "Se proprio devi darmi un soprannome, b-beh... chiamami Narvalo, ecco!"
Silenzio.
"No." Disse semplicemente, con crudeltà.
"Ma perché?! Che cosa hai contro i narvali? Sei uno a favore delle pellicce, vero? Te lo si legge in faccia!"
Era la prima volta che qualcuno sosteneva di poter leggere qualcosa sulla faccia di Spanner. Persino Shoichi aveva dovuto faticare anni per scorgere il segno di qualcosa nella sua espressione a buco nero perpetuo.
Shoichi deglutì. Era stato superato da un lestofante sbraitante? Ormai chiunque era meglio di lui, in poche parole.
Chiunque.
Persino Mary Sue.
"Non mi interesso di pellicce. Preferisco i Lego o l'Allegro Chirurgo." Spanner la buttò lì, sul vago, guardandosi intorno fintamente noncurante. Succhiò il suo leccalecca e mugolò qualcosa di indistinto, probabilmente un canto celtico.
Narvalo lo osservò, chiedendosi seriamente quale forza primordiale l'avesse spinto a recarsi da quei due babbei quando aveva milioni di cose più importanti da fare. Milioni.
Da quando Shoichi era scampato al rapimento e Brandenbeldafron aveva sfidato apertamente Zanzara - o chiusamente, avrebbe detto lui - , le cose al covo non avevano fatto altro che peggiorare.
Il suo boss era diventato ancora più incazzoso di prima, sparando un proiettile per ogni stronzata che usciva dalla bocca dei suoi sottoposti. Tant'è che molti avevano preferito chiudersi in un tetro silenzio, per salvare la pelle.
Vippi aveva preso una settimana di ferie e aveva affittato una stanza in un albergo in montagna, lontano da tutto e da tutti.
Lucia aveva cominciato ad addobbare le piante con fiocchi e lustrini, gioendo sommessamente del suo splendido lavoro.
Lui aveva smesso di portargli il caffé in ufficio e glielo faceva arrivare con una carriola dalla finestra dietro la scrivania. Carriola a cui immancabilmente Zanzara sparava, mancava, frantumando il vetro in mille pezzi e lanciando un grido animalesco. E poi Narvalo raccattava i cocci o se li ritrovava nella cena precotta, mischiati alle carotine.
No, lui non avrebbe affatto dovuto trovarsi lì. A parlare con quei due mocciosi senza palle. Era solo una perdita di tempo, nonché di dignità.
Forse più di tempo, si disse. In fondo, la dignità la perdeva anche quando era al covo.
Soprattutto quando era al covo.
"Per il vostro bene, ignorerò i tuoi commenti inopportuni e passerò al sodo." Il signor Parapiglia prese un bel respiro e si apprestò a parlare. Spanner lo fissò imperturbabile, chiedendosi che cosa avesse da dire quella specie di spaventapasseri con la gobba.
Gobba.
"Un attimo. Che cosa è quella cosa che hai sulla schiena? Sei un gobbo?"
La domanda lo colpì a bruciapelo, ferendolo profondamente. Qualcuno se n'era accorto, alla fine.
"E' vero, che cosa è quel..." Shoichi si unì allo stupore dell'amico, ma non terminò la frase perché Narvalo lo fulminò con lo sguardo.
Perché me sì e lui no?!, si chiese frustato. Perché anche un masnadiero di tal fattura si permetteva di fare delle distinzioni fra chi andava molestato e chi no? E perché era sempre lui ad andarci di mezzo?
Domande che non avrebbero mai trovato una risposta. Ma era bello porsele, rendeva quella parvenza di giustizia che ormai era morta da tempo immemore in casa loro, sepolta da una valanga di prepotenze e dispetti.
"Lasciate stare, mocciosi, non potreste capire."
In realtà, non vedeva l'ora di raccontarlo a qualcuno. Ma avrebbero dovuto pregarlo per fargli sputare il rospo.
Pregarlo.
Peccato solo che a nessuno importasse.
"Va bene" disse Spanner, portavoce del pensiero collettivo "allora parlaci del motivo per cui sei venuto qui."
"VOOOOOOOI! Ti arrendi per così poco?!"
La delusione di Spannapiglia era tangibile. Del resto, da uno come Spanner non ci si poteva aspettare niente di meno.
Tuttavia, qualcosa non andò per il verso giusto. Qualcosa solleticò la sua indole accidiosa fino a quasi a sconvolgerlo, nei limiti imposti dai suoi muscoli facciali.
Quel qualcosa... era Shoichi.
"No, a-aspetta! Raccontaci dell gobba, N... Narvalo-san!"
Sussultò, punto sul vivo. Allora a qualcuno importava, dopotutto!
"Ah, quindi a te importa!" Gongolò Narvalo gonfiando il petto "Brava feccia!"
"Shoichi?" Spanner guardò l'amico appeso alla sua gamba, turbato. Qualcosa non tornava. Qualcosa stava andando contro i suoi piani.
"Coraggio, Narvalo-san! Raccontaci delle tue, ehm... avventure!" Shoichi lo incitò, sudando leggermente.
Sentiva che quell'uomo aveva spiacevoli cose da riferire. Era chiara e distinta la sensazione di catastrofe imminente che sentiva pendere sul suo collo, e doveva a tutti i costi impedirgli di parlare.
Anche a costo di deviare l'argomento su cose inutili come quella gobba che aveva sulla schiena o del perché i suoi capelli fossero gialli, e non nivei come al solito.
"Bene! Visto che ci tenete così tanto, ve ne parlerò." L'uomo si sedette sul pavimento, incrociando le gambe e corrugando la fronte in segno di meditazione. Da dove avrebbe dovuto cominciare a raccontare delle sue rovinose peripezie?
Si disse che conveniva partire dal principio, e così fece. In fondo, erano solo due mocciosi, che importava di raccontare come andavano le cose alla base degli Avariati? Che importava se il suo boss non lo degnava più di uno sguardo? Che importava se la sua vita stava andando in pezzi?
Niente. Lo avrebbe detto, senza peli sulla lingua.
Spanner si accovacciò, una strana sensazione dentro il cuore, che gli impediva di ragionare lucidamente.
Shoichi si raddrizzò, ereggendo la schiena dritta, pronto all'ascolto. Anche questo gli diede una strana sensazione, tanto da costringerlo a ricercare un po' di più la vicinanza dell'amico.
"Spanner, c-cosa stai facendo?"
"Mh. Mi riposo, sono stanco."
"Di fare?!" Sbraitò lui quando lo vide appoggiargli la testa contro la sua spalla, pigramente e senza ritegno alcuno.
Non voleva che qualcuno li vedesse in atteggiamenti così equivoci, perché la gente avrebbe potuto fraintendere il loro rapporto, pensare che fossero... molto intimi, ecco.
Il che era palesemente vero, ma non voleva che si sapesse in giro.
Perché un conto era vivere il proprio dramma in casa propria, lontani dal resto del mondo, isolandosi così in una dimensione in cui la giustizia poteva essere accantonata e in cui lui, sì, poteva anche essere bistrattato fino alla morte, tanto nessuno ne sarebbe venuto a conoscenza.
Un conto era se un ospite, il primo dopo tanto tempo, assisteva a quelle che lui chiamava «le effusioni di affetto di una mente contorta», traendone personalissime ed errate conclusioni e - perché no? - diffondendo tali pensieri al resto della popolazione, spargendo in questo modo voci ambigue sul loro conto.
Perché sì, effettivamente, guardando Narvalo negli occhi non si poteva fare a meno di intendere che la sua intenzione primaria, una volta lasciata quella casa, sarebbe stata proprio quella di andare a dire a qualcuno che loro sembravano due gay.
Ma anche no.
"Allora! Praticamente..."
"E teoricamente?"
Silenzio.
"Vuoi morire, testa di cazzo?"
"Spanner! Per favore, non fare così!"
"Mi sento offeso." Dichiarò lui assottigliando gli occhi e guardandolo vacuo "E non so perché."
"Eh?" Boccheggiò Shoichi, senza capire "Ti senti offeso?"
"VOOOOOOI! Piantatela con queste insulsaggini!" Vociò Alberto Parapiglia alias Cetaceo Estinto additando Spanner con odio "E tu, moccioso, se hai qualche rimostranza sei pregato di dirmelo in faccia!"
Stava cominciando.
Lo scontro radioattivo tra Spanner e Narvalo stava incominciando.
Gli occhi del biondi giovine si introflessero, aumentando il loro potere distruttivo.
Le radiazioni γ emanate dall'uomo gobbuto si intensificarono, fino a diventare onde bianche ben visibili.
Due forze stavano per scontrarsi, e Shoichi sentì che la sua vita era in pericolo. Ma era una papera, e come tale non sapeva cosa fare, se non soffrire di un gran mal di testa.
"Spanner? Spanner?" Lo chiamò, incerto e impaurito. Spanner non rispose e fissò l'avversario, pronto a far fuoco. Un mirino era comparso dentro le sue pupille e presto avrebbe confermato il «lock on» contro il nemico.
Questione di pochi secondi.
"N-Narvalo-san? Narvalo-san? Pronto? Narvalo-san?"
Nessun berciare giunse in sua risposta. Nessuna violenza, nessun terrore. Fermo e immobile, Spannapiglia scrutava l'antagonista con gelida calma, controllando il flusso della sua radioattività.
Shoichi tremò, senza saper che fare.
E poi, non voleva vedere Spanner in quello stato. Lo faceva soffrire. E preoccupare. E spaventare a morte.
Così, non gli rimase che una cosa da fare: affidarsi all'istinto.
"Spanner, non fare così!" Gridò, lanciandoglisi addosso con foga impetuosa e cadendo entrambi rovinosamente sul pavimento.
Il collegamento fu interrotto bruscamente, e i suoi occhi si animarono della loro consueta luce opaca.
"Shoichi?"
"Spanner!" Gioì "Sei tornato in te!"
Il ragazzo sbatté le palpebre, perplesso.
"Sì, ma... puoi spostarti? La tua gamba preme contro il mio pene." Disse, leggermente divertito.
La reazione fu prevedibile, ma non per questo meno interessante.
"Waaa! S-scusa!"
"Figurati. E' sempre un piacere, per me."
"Non dire queste cose, dannazione!"
Narvalo, che aveva osservato la scena, smise di emanare radiazioni e sospirò con un gemito di strazio. Perché stava lì, a perdere tempo con due bambocci?
"Se avete finito... io andrei avanti.
I due coinquilini si raddrizzarono, guardandolo con attenzione. Sembravano... più sereni, in un certo senso.
Soprattutto il biondo, constatò. Che adesso lo stava scrutando pacificamente impassibile. Come se tutti i suoi problemi si fossero improvvisamente risolti.
La sua mente, però, non arrivò a formulare quella che era la conclusione logica di quel ragionamento. Si fermò lì, troppo impaziente di raccontare delle sue avventure poco diplomatiche.
"Bene, ora che ho la vostra attenzione... cominciamo." Si grattò la testa, cercando di ricordare tutto quello che gli era successo durante la strada. Cosa non certo facile. "Ecco, sì, allora... in poche parole, stavo venendo da voi. Però mentre camminavo, mi è venuta sete."
Silenzio.
"Vabbè, andiamo avanti..." Mormorò, deluso che nessuno commentasse il fatto, straordinario oltre ogni immaginazione, che gli fosse venuta l'arsura alla gola.
Non riuscivano forse a connettere il fatto che fosse un Narvalo con il fatto che avesse sete? Che tipi. Che feccia. Li avrebbe uccisi alla fine di tutto, per passarsi il tempo.
"Allora ho visto un chiosco di limonata, gestito da un ragazzino con i denti da coniglio. L'ho trovato divertente e ho deciso di prenderne un bicchiere."
"I chioschi di limonata sono divertenti?"
"Silenzio! Tu non puoi capire." Lo lapidò con ferocia, digrignando i denti.
Spanner fece spallucce e tacque, ubbidiente.
"Dicevo... mi sono fermato in questo chiosco. Ho chiesto al moccioso «Ehi, quanto vuoi per un bicchiere di limonata?» e lui mi ha risposto così: «Quella nonsense è più cara, però è più buona». Allora io ho guardato sul bancone, e ho visto una limonata verdina con una targhetta in basso che diceva «limonata con le erbette» e ho sospettato che qualcosa non andasse per il vero giusto."
"Limonata nonsense... ehi, Shoichi, non ti piacerebbe provarla?"
Shoichi deglutì, e i suoi occhiali si appannarono. "Grazie tante, ma mi basta il nonsense di questa casa."
"Quale nonsense?"
"Tu non puoi capire."
E di nuovo, un leggero fastidio si impossessò di lui.
Spanner prese la testa dell'amico e la strofinò contro il suo petto, cercando di arrecargli dolore, riuscendoci egregiamente.
"Bravo bambino, bravo bambino..."
"Ahia! M-mi tiri i capelli, mi tiri i cap--- ahi! Ahi! S-Spanner!
"VOOOOOOOI! Piantatela di fare casino, non ho finito!" Berciò il signor Parapiglia agitando un pugno in aria, che convinse Spanner a lasciare andare Shoichi, che si scostò da lui con un barrito sconcertato.
"Hai dei bei capelli, Shoichi."
"E' tutto quello che hai da dire dopo aver attentato alla mia vita?!"
"Su, su. Volevo solo dimostrarti il mio affetto." Rispose lui sorridendo gentilmente. Il frugolo purpureo si costrinse ad abbassare la cresta e a ingoiare l'abuso subito, come ogni volta.
Narvalo scosse il capo, avvilito. Ma riprese la narrazione, perché ne andava del suo onore.
Una voce intervenne, dentro la sua coscienza, a chiedersi di quale onore stesse parlando, ma lui la soppresse con una pedata e tornò a parlare. "Quindi, siccome io sono una persona onesta e ho a cuore la giustizia, ho preso la caraffa di limonata per osservarla meglio alla luce del sole. Il ragazzino si è messo a urlare, dandomi del ladro, e mi ha lanciato lo spremi-agrumi addosso, rovesciando la caraffa e facendo cadere il succo di limone sulla mia chioma scintillante."
Silenzio.
"Dite qualcosa, feccia!"
"Bella giacca, dove l'hai presa? Sembra pelle di mammuth."
"Non parlavo mica del mio... oh, ti piace? Bella eh? L'ho comprata con i saldi la scorsa estate, durante una gita a Rotterdam! Un vero affare!" Narvalo si compiacé del fatto che qualcuno avesse finalmente notato la sua giacca in pelle di pantera, e si sentì di buon umore.
"A Rotterdam vengono queste cose?" Esclamò Shoichi, incredulo.
"Certo! E' un posto per gente di classe, mica per mocciosi senza palle!" Berciò allegramente verso il soffitto, con le mani sui fianchi e i capelli giallognoli che ricadevo scomposti sul corpo. "Comunque sia... mi è caduto il succo addosso, io mi sono messo a vociare, il ragazzino mi ha lanciato addosso l'intero chiosco, che poi ho scoperto essere di cartone, e se l'è data a gambe. Fine della storia."
"Non era poi così lunga. E neppure così interessante." Constatò Spanner annoiato, mentre con la mano andava a ricercare la chioma di Shoichi per divertirsi con i suoi capelli, a discapito del di lui inquilino.
"E' finita la parte che spiega perché ho i capelli in questo stato, ma ora c'è la parte della gobba! Non ti interessa, moccioso?"
Si scrutarono.
Si studiarono.
Si indagarono.
"No."
"VOOOOOOOI!"
No, decisamente a nessuno importava della sua gobba. Povero Narvalo, che tristezza.
Eppure, non sentiva di essere una persona cattiva. Anzi, era un povero martire che ogni giorno si districava fra omosessuali con la visiera, boss con il grilletto facile e bambini dalla dubbia moralità.
Per non parlare... dei colleghi in missione estera. Deglutì, quando ricordò che sarebbero presto tornati in Giappone. Deglutì e a stento reprimette un grido disperato.
E poi, perché si trovava lì? Cosa lo aveva spinto a recarsi dai due mocciosi? Quasi se n'era dimenticato.
"E' inutile star qui a perdere tempo con voi teste di cazzo. Vi dirò solo il motivo per cui sono venuto e me ne tornerò da dove sono venuto."
"Non ne sembri troppo contento." Commentò Spanner, che nel frattempo aveva attiratò a sé Shoichi usando la sua testa a mo' di antistress, con suo evidente imbarazzo. "E poi, bello il gioco di parole. Quello del venuto, dico. Anche a Shoichi piace venire, vero Shoichi?"
"Spanner, per favore, non dire queste cose! E smettila di affondare le tue mani dentro i miei capelli, m-mi fai il solletico!"
"Oh? Davvero? E se faccio così?"
Shoichi sospirò di piacere, e cominciò a fare le fusa.
"U-uh, smettila di... accarezzarmi dietro le orAAAAHAH! IL SOLLETICO! I-IL SOLLETICO! NO, no, no, noooo!"
"VOOOOOOOI! Sappiate che Zanzara ha intenzione di mettere le mani sul moccioso scarlatto!" Urlò, per attirare l'attenzione su di sé.
Ci fu un momento di silenzio.
Spanner lasciò la presa e si sporse verso l'uomo che aveva appena pronunciato quelle parole, fissandolo intensamente. Così intensamente che Alberto Parapiglia sentì qualcosa sciogliersi dentro il suo cervello, e indietreggiò instintivamente.
"Non lo avrà." Sentenziò lapidario "Non gli permetterò di avere Shoichi. Dopotutto..." Prese un bel respiro, e ritornò a scrutarlo con più decisione "... Io lo amo."








Note dell'autrice: corro a nascondermi che è meglio °A° no, ma seriamente... ci sono troppi riferimenti idioti in questo capitolo. Lei sa di che parlo. Lo sa, lo deve sapere. Ne sono sicura.
(?) Ok, lasciamo perdere. Spero che vi sia piaciuto. Scusate se non aggiorno più così velocemente, ma ho deciso di prendermi un po' di tempo in più, per portarvi capitoli all'altezza di voi u__u Ringrazio come sempre tutti quanti, per l'appoggio (?) e le idee che mi date. Ci rivedremo domani con la febbre del sabato sera :D a cui non importa a nessuno, ma non fa niente.
*va* :3




 

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Capitolo 37
*** Il seminario si tinge di marrone ***


c37 Si racconta, nelle leggende, che le parole abbiano un potere straordinario. Persino più grande di quello di una spada.
Spanner, effettivamente, sembrava il paroliere per eccellenza. Ciò che usciva dalla sua bocca, infatti, aveva la capacità di trasformarsi in un allegro Ultimocanto.
C'erano tre turni, e dopo la vittima stramazzava al suolo. Shoichi avrebbe dovuto raccogliere quante più informazioni possibili in quel breve lasso di tempo - tre battute - , evitare il KO e/o possibilmente sconfiggere il suo avversario. L'impresa si prospettava impossibile, ma siccome qualcuno un giorno disse «Gotta catch 'em all!», non avendo di meglio da fare, anche Shoichi doveva provarci.
Ad acchiapparli tutti, i suoi neuroni in fuga.
"A-aspetta... Spanner? Di chi stai parlando?"
"Mh?" Fece lui, voltandosi verso il coinquilino con sguardo assente.
Silenzio.


Ultimocanto di Shoichi: meno 2!
Ultimocanto di Spanner: meno 999999999 periodico!


"Rispondimi, dannazione! S-stavi parlando di... me?"
"Mh. Ah. Sì, Shoichi."


Ultimocanto di Shoichi: meno 1!
Ultimocanto di Spanner: meno 999999999 periodico!


"E' me... che ami?" Sussurrò, con un filo di voce.
Che domanda stupida e insulsa. E chi dovrebbe amare, se non lui?
"No."
O forse no, in fondo.


Ultimocanto di Shoichi: meno 0!
Ultimocanto di Spanner: meno 999999999 periodico!
Shoichi è KO! Spanner vince 300 neuroni e una prugna. Congratulazioni!


Lo scarlatto giovine ricadde al suolo, privo di PS, ossia di Protezione Spanner, con un piccolo e dolce tonfo sordo.
Spanner lo vide precipitare, con scarso entusiasmo.
Si voltò verso Narvalo, che aveva assistito alla scena con la bocca che sfiorava il pavimento, e parlò lapidario.
"Tu non hai visto niente. Niente."
"Eh, bella forza! Dopo quello che-"
"NIENTE."
Le parole risuonarono nell'aria come una minaccia che non lasciava via di scampo. Il povero malcapitato deglutì, risolvendosi di non contraddirlo. Quel ragazzo... riusciva ad incutere una strana paura, quando ci si metteva.
Una paura diversa da quella che, per esempio, trasmetteva Zanzara. Era più... una paura psicologica. Qualcosa che minava direttamente al tuo cervello, senza mediazioni, distruggendoti dall'interno. Qualcosa di assolutamente spaventoso.
Spanner era in possesso di quel potere. Spanner era indubbiamente il maschio dominante. Spanner era, senza errori, un uomo capace di tenergli testa.
Ma l'aveva capito subito, fin dallo scontro radioattivo, che era un avversario di alta levatura. Forse lo aveva comunque sottovalutato un po' troppo, ma non aveva dubitato che fosse comunque  un nemico da temere.
Era meglio intrattenere relazioni diplomatiche, per portare in salvo capra e cavoli.
"Ca... capisco. Comunque! Ciò non toglie niente a quello che ho appena detto: Zanzara vuole Irie Shoichi e lo avrà, a costo di usare la violenza."
Che avrebbe usato a prescindere, anche e soprattutto se non ce ne fosse stato bisogno. Perché era molto più divertente.
"Perché?" Chiese Spanner, guardando l'amico steso per terra privo di sensi. Fu invaso da qualcosa di simile a un moto di tenerezza, ma si trattenne dallo strapazzare quel cespuglio rosso e inerme.
Tanto, presto Narvalo sarebbe andato via. E Shoichi era duro a rinvenire. Ragion per cui, non c'era da aver fretta.
Godersi l'attesa, era il primo passo verso un'esistenza felice. Godersi l'attesa che separava le sue mani da quei capelli scarlatti, il secondo. Abusare incessantemente di un corpo venuto meno, il terzo.
La via della perdizione sapeva essere davvero allettante.
"Perché ha fatto una specie di..."
Si fermò. Era un segreto importante, quello che stava per rivelare. Faccende occulte che non sarebbero mai dovute uscire dallo studio del boss. Parole pesanti, inconfessabili, che avrebbero sconvolto una nazione. Era davvero il caso di farne parole con il primo babbeo che capitava?
Lo guardò. Non vide incertezza nei suoi occhi, e capì. Capì che lui avrebbe capito. Lui avrebbe capito, con lucidità e intelligenza. Lui non era un babbeo, era un genio.
"Ha fatto una scommessa con Brandenbeltafron."
Silenzio.
"Il nome mi è vagamente familiare..." Commentò Spanner, pensoso.
"E' una donna potente, non mi stupisce. Ha piegato migliaia di uomini al suo volere."
"Così tanti?"
"Tanto per dire, non così tanti."
Silenzio.
"E quanti, allora?"
"Ma che cazzo ne so, io?!"
Silenzio.
"Spannapiglia, posso chiederti una cosa?"
"Non chiamarmi Spannapiglia, o giuro che ti riduco a brandelli."
"Mi sembri un po' agitato, gradisci un po' di crusca sottovuoto?"
"... Eh?"
Silenzio.
"Una pera?"
"VOOOOOOI!"
"Non siamo commestibili, mi dispiace."
Narvalo trattenne l'impulso prettamente violento che si stava impossessando di lui. La sua idea di Spanner come genio era volata via, spazzata dal vento di Levante, e non rimase che l'ombra dell'uomo che era stato. E la cosa peggiore, era che lui non sembrava preoccuparsene affatto. Si atteggiava a persona tranquilla, grattandosi con noncuranza una guancia, poi un avanbraccio, poi il piede sinistro, il tutto ondeggiando da destra a sinistra come un palloncino legato alla staccionata.
Non si poteva proprio guardare. Era l'oscenità fatta persona, quel ragazzo.
Persona?
Lo guardò meglio. Cosa aveva di umano, Spanner?
Gli occhi? Erano due chicchi di ghiaccio siberiano emersi dall'oceano per combinazione celeste, senza voglia di vivere e di lasciar vivere.
Le guance? Quali guance? Dov'erano le guance di Spanner, un momento? Non le aveva!
E la labbra? Era scomparse? Le aveva inghiottite? Ma come poteva essere possibile?
Rabbrivì. Con quale essere stava condividendo l'ossigeno, in quel momento?
Sentì un brivido percorrergli la schiena, quasi facendogli male.
Dannazione, no!
"Mh? Che cosa stai facendo, Spannapiglia?"
"Impicciati degli affari tuoi, moccioso!" Vociò Narvalo, protendendo le braccia verso la sua schiena, cercando di afferrare la sua gobba. Spanner se ne accorse, e si sporse per osservare meglio, con suo evidente disappunto. "Mi hai sentito? Voltati!"
"Non voglio."
"Ti disintegro, fai attenzione. Non provocarmi!"
"Hai la gobba. Sei malato? Vuoi un po' di acqua ossigenata?"
"VOOOOOOI!"
"Non siamo medicine, mi dispiace."
La sua pazienza stava correndo furiosamente verso un confine che non andava superato. Povera sentirli, quegli zoccoli che si schiantavano contro il terreno aspro e incolto, nel silenzio del deserto, con il sole all'orizzonte a bagnare di purpurea luce le rocce prive di vita che emergevano dalla sabbia bollente. Era uno scenario molto affascinante, effettivamente. Ma lui sapeva che presto tutto questo si sarebbe tramutato in un lago di sangue. E siccome Narvalo era, come si è detto precedentemente, una persona di buon cuore, voleva evitare di lasciarsi andare ad eccessiva violenza.
Non sarebbero bastati cento Omini Bianchi per lavare la sua anima corrotta.
"Senti. Io sono venuto qui, maledizione a me, solo per avvisarvi dei piani di Zanzara. Il resto, il vostro rapporto ambiguo compreso, non mi interessa. Non cercare di coinvolgermi in questi giochetti gay, con me non attacca."
Quel discorso, così serio e composto, gli aveva fatto chiudere gli occhi e scuotere il capo, come un uomo vissuto.
Facendo ciò, inevitabilmente, non si era accorto che la persona - o quello che era - a cui si stava rivolgendo si era alzata e, con un'abile manovra, si era posta dietro la sua schiena, forzando la gobba ad uscire allo scoperto.
"Mh. Voglio vedere questa gobba." Disse, posizionando le mani alla sua base e muovendola verso il collo. Narvalo berciò, adirato.
"Lascia stare la mia gobba, stronzo! Lasciala stare, lasciala stare, lasciala stare!"
"No."
"TI AMMAZZO!"
Era tutto molto bello e appassionante.
Shoichi, intanto, languiva sul pavimento. Ignorato da tutti, solo e freddo, lottava contro l'oscurità che tentava di portarsi via la sua anima. Strane immagini gli apparvero nel delirio, alcune molto lussuriose, altre semplicemente diaboliche.
«Shoichi, ti amo... fai l'amore con me...»
«Spanner! C-c-c-cosa stai dicendo?!»
Spanner incedeva verso di lui, oscillando come un pendolo svizzero. Perché fosse svizzero, tuttavia, rimaneva un mistero.
Gli tese un palmo, sul quale era disegnato un piccolo perizoma zebrato. Era molto fescion, lo ammise. Ma le cose rimanevano insensate, e lui voleva liberarsi di quei sogni privi di senso. Urlò, ma rimase inudito.
Una mano gli coprì la cavità orale, e un paio di occhi scintillanti come il ghiaccio al sole lo fissarono, colmi di desiderio.
«Sssh... nessuno verrà a interromperci, stai tranquillo, Shoichi...»
«Mmmhgmf!»
«Quel piccolo pene diverrà una proboscide, lascia fare a me...»
Shoichi gridò, ancora più forte, ma nulla cambiò. E il terrore si fuse con il piacere sessuale, mentre lasciava che le mani di Spanner rendessero quel piccolo amico un GRANDE amico.
Che gran coppia di amiconi, i loro apparati sessuali.
"Uh."
In quel frangente, Spanner era riuscito nel suo intento, privando Narvalo della sua gobba. Senza di essa, l'uomo si sentì menomato, e si nascose dietro il divano, lanciando lamenti colmi di dolore.
"Come hai potuto, mostro?! Ridammela, ridammela! Ridammi la mia..." Le parole gli morirono in gola.
"Perché avevi una boccia per pesci nella schiena, Spannapiglia?"
"VOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOI!"
"Per noi? Oh, che pensiero cortese."
In quella casa... non c'era giustizia. Adesso lo sapeva anche lui. Osservò il cadavere di Shoichi, che giaceva poco lontano, e si chiese come potesse quel ragazzetto vivere con un tipo come Spanner. Come potesse sopravvivere senza rischiare un ictus o una trombosi.
In verità, è bene dirlo, Shoichi queste cose le rischiava eccome. Perché non erano semplici mal di testa, quelli che vessavano il suo stanco capo quotidinanamente. La cosa che lasciava davvero perplessi, invece, era come potesse sfuggire sempre alla morte, in quel modo.
Qualcuno doveva davvero odiarlo, lassù.
E mentre Narvalo piangeva, privato della sua boccia, qualcuno altrove tramava vendetta...

*

Spannera era sempre stata una brava ragazza.
Generosa, sensibile, paziente, disponibile, spiritosa, intelligente. Non era dunque strano che si fosse circondata di persone altrettanto generose, sensibili e bla bla bla.
E intelligenti.
Quello che lasciava perplessi, era invece il tipo di relazione che aveva con certo Bob Maleno, un ragazzetto efebico e dai lineamenti anonimi, con un'insana passione per i dolci e il sangue in putrefazione. Solo il sangue, i dolci si voleva freschi e morbidi. Almeno quelli.
Spannera e Bob si erano conosciuti a un seminario sui disturbi dell'apparato escretore. Lui perché ne aveva bisogno, lei perché non aveva un cazzo da fare. E così, fra un cazzo e l'altro, era riuscita ad attaccar bottone con lui.
"Ma questo seminario è proprio stupido! Cioè... non dicono niente!"
Silenzio.
"Ehi, mi ascolti? Parlo con te, io!"
"Eh? Ah, che vuoi?" Bob si era messo subito sulla difensiva. Era stato interrotto mentre disegnava un intestino crasso su un foglio di carta, e quando qualcuno lo interrompeva in momenti così delicati, lui diventava una bestia. La guardò, sospettoso.
Era brutta, magra e certamete stupida. Perché era venuta a un seminario sulla merda? Ricercava se stessa?
Si stupì della sua sagacia, e sorrise contento. Spannera scambiò quel sorriso per un gesto di pace, e annuì compiaciuta.
"Ciao! Sono Jess!"
"E-ehm... ciaaaaao."
"Come ti chiami?" Lo incanzò lei, leprottandogli intorno.
"Bob."
"Che merda di nome! Posso chiamarti Buraian?"
"Va bene."
"Evvai! Ehi Buraian, cosa sei venuto a fare in un posto di merda come questo?"
"Volevo solo guarire dalla mia stit-"
"Ah ho capito! Che bravo!"
"Ma, veramente io n-"
"Buraian..." Il tono era improvvisamente cambiato, facendosi orribilmente lascivo e suadente. Bob indietreggiò, spaventato dall'improvvisa vicinanza della ragazza.
"C-che c'è?" Balbettò, cercando con lo sguardo l'aiuto dei presenti. Ma nessuno incrociò i suoi occhi, e ognuno di loro tirò dritto per la sua strada.
Il mondo lo aveva abbandonato.
"Senti..." Mise in mostra la sua scollatura inesistente "Mi... presteresti dei soldi?"
Silenzio.
"Temo di non aver... capito."
"TI HO CHIESTO SE MI PRESTERESTI DEI SOLDI!"
Qualcuno si voltò, attirato dall'improvviso grido. Ma non prestò soccorso al povero malcapitato, che fissava Spannera incredulo e confuso. Una prostituta che si faceva pagare per avergli permesso di vedere un petto piatto e scarno per tre secondi? Un nuovo tipo di lavoro part-time, forse?
"Ma io... non ne ho." Rispose lui, scuotendo leggermente il capo "Non ho denaro con me!"
"Cosa? Non è possibile."
"D-dico davvero, non ho denaro con me..."
"E con chi ce l'hai, allora?"
"E... eh?"
"Aaah, sei inutile!" Spannera si alzò, guandandosi intorno.
Aveva adescato lo sfigato sbagliato.
Si allontano da lui, puntando verso una signora impellicciata. Forse con lei avrebbe avuto più fortuna, si disse.
Forse una signora impellicciata aveva con sé più soldi di quanti avrebbe potuto averne un ragazzo vestito di quinta mano, all'apparenza.
Forse. Era solo una possibilità, in fondo.
Molto in fondo.
Bob la osservò, mentre se ne andava, chiedendosi da quale pianeta fossero sbarcati gli alieni che avrebbero conquistato il mondo, e rimpiangendo mentalmente i politici che tanto disprezzava.
Ora non avrebbe osato dire più nulla all'indirizzo di nessuno. Più nulla.
Con queste riflessioni nella testa, Bob Maleno si avviò lentamente verso l'uscita, cercando di rimuovere il ricordo di quell'essere immondo dalla sua testa.
Nel pugno sinistro, stringeva il suo intestino crasso.
"Me la pagherà, quel mostro!"
Dei tacchetti risuonavano nei bassifondi di New York, la città dei veri duri.
Spannera avanzava, imperterrita, e niente e nessuno l'avrebbe fermata.
Bob Maleno. Sapeva dove trovarlo. Al seminario, a quel fottutissimo seminario.
Sì. Lui era , e lei lo avrebbe scovato.
E avrebbero fatto una lunga, lunga chiaccherata. Solo lei e lui. E dalla porta, ne sarebbe uscito soltanto uno.
Ghignò, fiera del suo malefico intelletto. Il miglior scenario possibile era già stato dipinto nella sua testa, e nulla glielo avrebbe fatto dimenticare.
Era abituata a ottenere sempre quello che voleva. SEMPRE.
Avrebbe ottenuto le scuse di Bob, anzi, di Buraian. Non aveva più senso chiamarlo con quel nome ridicolo, molto meglio Buraian, sicuramente.
Pregustava la vittoria. La sentiva.
Rise, forte. Il suono si propagò per i vicoli di Niu Iourk, facendone tremare le fondamenta. I gatti fuggirono, i topi ballarono, i cani si tramutarono in bestie mitologiche.
E Jesscherryelaindelph avanzò in mezzo a loro, ostentando potenza pura.








Note dell'autrice: questo capitolo è una farsa assurda x°° ma era necessario a preparare il seguito. GIURO che nel prossimo vi farò morire tutti, tutti! *risata lontana*
Va bene, basta, vi lascio. Insultatemi pure. u__u




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Capitolo 38
*** Serial provola ***


c38 DEVO dedicare questo capitolo a due persone speciali <3 grazie Eiko, grazie Milli, grazie ragazze ç_ç grazie sempre. <3
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"Buraian, è inutile che ti nascondi! Lo so benissimo che sei qui!"
Ce l'aveva fatta. Era riuscita a ritrovare il locale dove si era tenuto il seminario sull'apparato escretore.
Si era persa cinque volte, aveva chiesto indicazioni a un tombino, si era rotta un unghio strisciando nel lerciume e aveva perso una mazzetta di capelli, ma ce l'aveva fatta.
Era fiera di sé, della sua prestanza atletica, del suo sauaffer.
Avrebbe pure riso del suo potere, se non si fosse ritrovata davanti agli occhi... quella scena.
Una scena non prevista.
Una scena non voluta.
Una scena... degna di Niu Iourk.
Un cadavere.
Bob Maleno giaceva per terra, un'ascia conficcata nel cranio, i bulbi oculari che trasbordavano dalle orbite, la lingua stesa verticalmente a partire da delle labbra nere, schiuse in un ultimo, disperato tentativo di chiedere aiuto.
La sua anima lo aveva abbandonato, fuggendo da quelle bocca contorta dal dolore più profondo che un uomo possa provare in tutta la sua vita.
La morte.
L'ossimoro era figo. Se ne compiacque, ma non c'era tempo.
L'urgenza si impadronì di lei, spingendola ad avvicinarsi al ragazzo steso per terra in una pozza di sangue.
Il suo preferito.
Lo guardò, le mancavano le parole. Tese una mano, ma la arrestò poco prima di toccare il manico dell'ascia che gli segava in due la testa.
"Non vorrei rischiare di inquinare la scena del crimine!" Esclamò, balzando all'indietro colta da un'improvvisa illuminazione.
Sì. Lei aveva ritrovato il cadavere. Lei era lì, da sola, con Bob Maleno. Buraian. Quello del seminario di merda. Quello che non le aveva voluto prestare una lira. Un penny. Uno yen. Uno zecchino.
Era lui.
Spannera si mise a riflettere. Il contrabbando di organi era molto remunerativo, no? E lì c'era una miniera di organi, oltretutto.
Si chiese se fossero in buono stato. Da quanto tempo poteva essere deceduto, Bob Maleno? Lei non aveva le competenze mediche per stabilirlo.
A denti stretti, lo ammise. L'allegro chirurgo non forniva conoscenze tali da poter eseguire una diagnosi accurata in una manciata di secondi.
Nessuna sirena cretina l'avrebbe avvisata, se commetteva un errore. Era sola.
Un moto di tristezza e smarrimento la scosse, ma fu solo un istante. Era forte, lei. Niente e nessuno l'avrebbe piegata, MAI.
E poi... lo aveva con sé.
Il suo fido compagno.
No... lei non era mai davvero sola.
Il suo cellulare la accompagnava in ogni avventura, eterno amico di ogni giorno della sua vita.
No, lei non era mai davvero sola. Vanilia era con lei, sempre.
Fu una questione di pochi attimi, rubati al tempo con dispetto fanciullesco. Una mano si introdusse nella borsetta e ne tirò fuori un rettangolino bianco variegato di striscioline rosate.
"No, ho sbagliato. Questo è il sorbetto di cartongesso per gli abbordaggi dell'ultimo minuto."
Lo ripose, sicura di sé. Dopotutto, era solo cartongesso. E non ci si può mettere a strillare per del cartongesso, non siamo mica bambini.
"Ah, eccolo! Vanilia!" Il cellulare si materializzò nella sua mano, impietosito forse da quella ricerca infruttuosa. "Vanilia, presto! Chiama la mamma!"
Silenzio.
"Ah, vero. Devo comporre il numero."
Lo compose.
Il telefono cominciò a squillare. Spannera attese in linea, paziente.
«Pronto?»
"Mamma, sono Jess! Come stai, tutto bene? Che faaai?"
«Oh, tesoro! Stavo...»
La donna all'altro capo del telefono esitò.
Nelle mani stringeva un action figure di Porky Pig, vestito da idraulico, mentre alla tivù trasmettevano un documentario sugli evidenziatori al benzene. Era arduo da spiegare, sua figlia non avrebbe capito.
Optò per una bugia.
«... Stavo raccogliendo le rape in giardino!»
"Davvero? Che bello!" Disse lei, ignorando cosa fossero le rape.
«Sì, è proprio bello! Ma dimmi Jess, cosa ti occorre? Qualcuno sta facendo il prepotente con te?»
"Oh, no! Non si tratta di questo!" Cinguettò la fanciulla arricciandosi distrattamente una cioccia di capelli "Vedi, ho trovato un morto e non so come fargli l'autopsia!"
Silenzio.
«Ho capito. Allora... prendi lo zaino.»
"Sì." Spannera prese la sua borsa, pronta a usufruirne come mamma le suggeriva.
Che donna, sua madre.
«Bene, ok... dovresti vedere un radiatore, giusto?»
"Un radiatore? Uh... Uhm... me lo descrivi, per favore?"
«Sì, allora... è tondo, ed è bucherellato da una parte. Dentro ci sono dei meccanismi complessi, te ne accorgi se lo guardi da un'altra visuale.»
"Aspetta che cerco..."
Con la mano, frugò nella sua borsa. Frugò lungamente, finché le sue dita non toccarono qualcosa che sembrava proprio l'oggetto descritto da Spanny.
Un pezzo di ventilatore.
Ventilatore, radiatore... non c'è molta differenza.
Con questi pensieri, riagguantò il cellulare. "L'ho trovato, mamma! E ora, cosa devo fare?"
«Se premi il quadrato, dovrebbe darti l'opzione 'irradia', giusto?»
"Eehhh... aspetta che guardo."
Si guardò intorno, ma non vide nessun quadrato. Poi fissò il ventilatore mutilato, e le sembrò che le sorridesse.
Sì, lui voleva aiutarla. Che importava, se non trovava la figura piana di cui le stava parlando sua madre?
"Ho capito, ho capito tutto! Grazie mamma, poi ti faccio sapere!"
La conversazione si interruppe bruscamente, senza lasciare a Brand il tempo di finire il suo lungo e complesso discorso.

*

"Tesoro? Tesoro?"
La linea aveva tristemente ceduto. Chissà come mai.
Spanny ripose il telefono con un sospiro.
"Porky Pig, cosa devo fare secondo te?"
L'action figure taceva, crudele.
"Porky... dai... siamo amici noi, no?"
Silenzio.
No. Porky Pig non aveva alcuna intenzione di collaborare. Neanche un po'. E allora la donna, che necessitava di parlare con qualcuno di intelligente, cominciò un lungo e straziante monologo.
"Sai, Porky... ho sempre cercato... di proteggere Jess. Ma vedi, lei... è così indipendente! C-così tanto che... che io stessa, alle volte, sai... mi chiedo come faccia."
Nessun suono giunse in risposta, ma poco importava.
"E poi, quando mi ha detto che le piacevano le provole, io... non ho saputo cosa dire. E sono rimasta zitta, ferendola. Perché sì, io l'ho sicuramente ferita. Lei si aspettava qualcosa da me, dannazione! N-non lo so, che le facessi i complimenti magari, o che l'aiutassi a scegliere la provola migliore, quando andava al supermercato... e invece, io non l'ho fatto. Mi sono comportata in modo meschino, e lei ne ha risentito!"
Ci fu una piccola pausa, e Spanny tirò su con il naso.
"A-anzi!" Gemette "Io... ho fatto una cosa orribile... io... le ho nascosto le provole! Dentro il cartone del latte! Con il latte dentro! Ti rendo conto, Porky? Ti rendi conto?! E lei... lei sai cosa ha fatto? Sai cosa ha fatto lei?!"
Silenzio.
"Si è bevuta il latte con la provola! E mi ha anche ringraziato, per averglielo preparato! E' da quel giorno che... la sento più distante. Come se... come se avesse intuito l'inganno, capisci? L'inganno della provola! E mi sono fatta così schifo, ma così schifo, ma così schifo, ma così schifo, ma così schifo! ... Aspetta, che stavo dicendo?" Si fermò, perché aveva perso il filo del discorso.
Porky Pig inarcò una fella di lardo, perplesso.
Persa in quelle riflessioni, non si accorse che il suo fido maggiordomo era intanto entrato nella stanza.
"Miss Brandenbeltafron, le porto cattive novelle."
"Albert!" Strepitò la donna nascondendo in fretta e furia la statuina di plastica dietro la schiena "Quante volte ti ho detto che prima di entrare devi bussare?"
"Neanche una, signora."
Silenzio.
"Ah."
Silenzio.
"Miss Brandenbeltafron, le porto cattive novelle."
"Cosa è successo, Albert!" Esclamò - non chiese, esclamò - , entrando immediatamente nella parte. "Un nostro impiegato si è dato all'ippica?"
"No signora. Sembra che un famoso serial killer si sia affaccendando per i vicoli di New York, e che abbia già fatto fuori un paio di pensionati."
"Davvero? Chi?"
"E' importante, miss Brandenbeltafron?"
"No, ma fa figo chiederlo."
"Capisco. Allora le interesserà sapere che anche un nostro impiegato è stato ucciso."
"Da chi?"
Silenzio.
"Dal serial killer." Rispose quello.
"Ah."
Silenzio.
"Signora?"
"Dimmi."
"Ecco... non sembra essere interessata."
"A cosa?"
"Al serial killer."
"Perché? Cosa ha fatto?"
"Ha ucciso un nostro dipendente."
"Chi?"
"Il serial killer."
Silenzio.
"COSA?!" Esplose allora lei, sgranando gli occhi "E quando è successo? Come? Non ne sapevo niente!"
"La polizia ci ha appena chiamato, proprio per riferirci della scoperta." Rispose l'uomo, scuotendo leggermente il capo "Deve essere stato terribile."
Spanny rimase in silenzio, turbata. Non era la prima volta che si aveva notizia di un serial killer, ma era la prima volta che qualcuno dei suoi impiegati rimaneva ucciso. Le cose non quadravano, affatto. Qualcosa le stava pericolosamente fuggendo dalla testa, e se ne preoccupò.
"Albert, voglio esaminare la scena del crimine." Dichiarò, avanzando verso il maggiordomo.
"Lo immaginavo. Due agenti attendono nella hall, vada pure da loro."
"Grazie, Albert. Lascio tutto nelle tue mani."
"Si fidi di me."
Sorrise, Spanny. Era un brav'uomo, Albert, poteva fidarsi di lui. Gli avrebbe lasciato la conduzione dell'azienda per qualche ora, non sarebbe accaduto niente.
Si mosse verso la porta, lisciandosi il tailleur in pelle di suino. Ma quando stava per sfiorare la maniglia con le sue dita sottili, un pensiero la colpì con violenza, facendola voltare di scatto con espressione allucinata.
"E non toccare la mia collezione di action figure, hai capito?!"
"Come desidera, miss Brandenbeltafron."
"... Bene."
Ora non ci sarebbe stato più alcun problemi.
Visibilmente sollevata, zia Spanny uscì dall'ufficio, incedendo verso il pianoterra del palazzo della Bolt Corporation sentendosi potente.

*

"Dunque, vediamo se ho capito... hai visto questi pesciolini dentro la fontanella e ti sei intenerito. Poi hai notato che nelle vicinanze c'era una boccia vuota, e l'istinto ti ha spinto a metterceli dentro e a portarteli a spasso. Per non farti scoprire te la sei nascosta dietro la schiena, sigillandola con un grosso tappo di sughero sempre trovato lì nelle vicinanze, e sei arrivato fin qui consapevole che ti avremmo chiesto che cosa fosse, per poterci negare una spiegazione valida e... com'è che era... ah, sì. Berciarci in faccia. E' corretto?"
Nessuna risposta giunse alle sue orecchie. Narvalo, indispettito, gli aveva dato le spalle e stava fissando il muro con cipiglio irritato.
Spanner gli osservò la schiena sgobbata, e fece spallucce. Se non voleva rispondere, erano problemi suoi.
"Ehi, Spannapiglia. Non sarebbe ora che andassi via?"
"Io da qui non mi muovo, finché non mi chiedi scusa e non mi ridai LA BOCCIA!"
Il biondo giovine tacque, pensoso. Poi guardò Shoichi, fece due rapidi calcoli, si grattò la testa perplesso, e infin decise.
"Va bene. Scusami se ti ho degobbato, tieni, ti ridò la boccia."
"E chiamami Narvalo, stronzo!" Aggiunse poi, voltandosi verso di lui arrabbiato.
Spanner annuì. "Va bene, Narvalo." Gli tese la boccia, in segno di pace. E lui la strinse, accettando il pegno.
"Gra... grazie." Mormorò, schiarendosi la voce. In fondo, quello Spanner non era poi così terribile, pensò. Gli aveva ridato i suoi pesciolini senza fare troppe storie, si era scusato in maniera accettabile e lo aveva chiamato per nome. Ci stava, dai.
"Bene. Adesso sparisci."
Mai parlare troppo presto.
"VOOOOOOOOOI!" In questi casi, Narvalo sapeva dire solo una cosa. Che non aveva esattamente senso, ma rendeva perfettamente la sua frustrazione repressa.
Come un bravo cetaceo disattato. Deriso persino da Flounder - e per essere derisi da Flounder bisognava essere proprio caduti in basso - , bistrattato nientepopodimeno che da! ... Scuttle, che neanche sapeva chi fosse. Ma era un gran rompicoglioni, e tanto bastava.
Per non parlare di Eric e di re Tritone. Eh, gran signori quei due. Ma questa, mio pubblico, è un'altra storia.
Colma di dolore e sofferenza, di pinne contrabbandate al porto di Garibaldi, di sirene senza un nome né un perché... insomma, una storia dolorosa. Dolorosissima. E il rating giallo non basterebbe, ragion per cui potete solo sognare.
Mentre la scienza vi guarda, serena. Perché la vita è così. Ma torniamo a Narvalo e la sua esistenza di merda.
"Che cosa è questo cambio di atteggiamento?!" Gridò quello balzando in piedi con scatto piratesco "Non mi stavi forse congedando con pacata gentilezza, ah?!"
"No, vedi" Fece Spanner "è che vorrei rimanere solo con Shoichi. Sai com'è..."
"No che non lo so, feccia! Come puoi trattare così qualcuno che è venuto fin qui apposta per te? Sei scemo per caso?!"
Silenzio.
Ma stavolta... non era il solito silenzio. Non era il solito silenzio che precedeva una frase ridicola o un risvolto impossibile.
Era... un silenzio inquietante. Cattivo, sì. Cattivo.
L'atmosfera si fece pesante, l'aria si surriscaldò, l'ossigeno divenne zolfo e lo zolfo azoto, per mezzo di una trasformazione chimica che a Lavoiser faceva una pernacchia, e anche due.
Proust neanche se lo filava, oltretutto. Ed era tutto molto buzzurro, e Narvalo si preoccupò. Si agitò un po', ma non ci fu niente da fare. L'ambiente sembrava diventato la bocca di un forno crematore.
"Spannapiglia."
Una parola attraversò l'inferno e lo colpì dritta al cervello, fulminandoglielo. Deglutì, mentre una strana sensazione di terrore si impadroniva di lui. Aprì la bocca per vociare, ma non uscì nulla.
"Spannapiglia" continuò lui "sai che prima mi è inavvertitamente caduto un po' di tedoazobartosio nella boccia per pesci?"
"Te... te... tedocazzoche?" Balbettò lui, indietreggiando istintivamente. Che cosa era... quella ombra alle sue spalle?
"Tedoazobartosio." Ripeté, con calma gelida "Un nuovo composto di mia invenzione." Spiegò, avanzando di un passo in sua direzione. Improvvisamente, estrasse dai pantaloni un telecomando, al centro del quale campeggiava un SINGOLO, ROSSO, CILINDRICO pulsantone.
Sì. Un pulsantone.
Un pulsantone.
Paura, eh? Altro che scienza.
"A-ah. Bello!" Rise istericamente Narvalo, al quale intanto era ritornato il consueto colore di capelli, a causa dell'evaporazione della limonata CON L'ERBETTE.
E la tua testa era tutta un glom, e ripensò a quando Paperino deglutiva di fronte a uno Zio Paperone in calore, e aveva paura.
Una fottutissima paura
E per la prima volta capì ogni cosa.
Mai più. Mai più avrebbe denigrato Paolino Paperino. Anzi, si ripromise che lo avrebbe tratto in salvo dallo zio sadico, la prossima volta. Sì, lo avrebbe fatto. Come era vero che era eterosessuale.
... Un momento.
"Spannapiglia, sai cosa succede se premo questo interruttore purpureo?" Chiese, e sembrò un bambino indemoniato. Di quelli che suscitavano tanto terrore, anche se non facevano assolutamente nulla.
"Ehm..." Ripensò a tutte le volte che Zanzara premeva tasti a caso in qualunque ascensore, non potendosi permettere neppure un paniere di vimini, e rispose di conseguenza "... ti diverti?"
Perché sì, Spanner aveva proprio l'aria di uno che non si stava divertendo affatto. Che fosse represso, ecco. Quindi gli sembrò una risposta gentile, da dare. interessata, da un certo punto di vista.
Un ghigno apparve sulle sue labbra screpolate.
"Risposta sbagliata." Sentenziò, e lo pigiò, con malvagità.
Quello che avvenne poi, fu qualcosa di indescrivibilmente orrendo. Qualcosa che avrebbe lasciato il cuore di Narvalo... per sempre segnato.

***

"Ehi, Shoichi."
"Dimmi, Spanner."
"Stavo pensando... che ne diresti di andare a vivere insieme?"
Shoichi sputò il succo al mirtillo siberiano che si stava concedendo per la speciale occasione. "C-c-che cosa hai detto?"
"Ho chiesto se ti piacerebbe vivere insieme." Ripeté lui, fissando un punto lontano nel cielo turchese.
Era un giorno di festa. Festa per loro, festa per tanti, festa per tutti.
Festa per nessuno, quindi.
Perché se tutti festeggiano la medesima cosa, allora è come se non si stesse festeggiando nulla.
C'erano variegati palloncini che fluttuavano nell'azzurro. Tanti colori, una sola gioia.
La laurea.
Ebbene sì, ce l'avevavo fatta. Si erano laureati.
Loro due. Sì. Proprio loro.
Effettivamente, Shoichi stentava a crederci. Spanner no, perché era certo che li avrebbero promossi. Dopotutto, a suo tempo aveva riposto molta fiducia nelle trappole che aveva disseminato per l'università e nei dossier scottanti che aveva raccolto sui professori. Naturale, invero.
C'era... un profumo di estate, nell'aria. C'era una freschezza e una gioia che rendeva tutto più leggero, che faceva dimenticare le preoccupazioni, che faceva sorridere del nulla e per nulla. E nelle risate, nella compagnia, c'era il silenzio. Il silenzio di chi ascoltava il proprio cuore sussultare per la felicità del traguardo raggiunto.
Sussultare, perché quella era l'ultima tappa. E la prima di un'esistenza che offriva solo possibilità.
Ovviamente, e sottolineo ovviamente, Spanner era un mito quando si trattava di rovinare i momenti magici della vita. E poi ci si domandava perché Shoichi fosse cresciuto come un povero disgraziato.
"Ma così, all'improvviso? N-non so cosa rispondere sul momento, Spanner! Cerca di capire, santo cielo!"
L'amico lo aveva guardato, inarcando un sopracciglio. Cioè, l'intenzione era stata quella, ma poi i fatti si erano riversati sul suo viso con un risultato diverso rispetto al proposito di partenza. Ma Shoichi aveva imparato a interpretare gli sforzi dei suoi muscoli facciali, e si era risolto di rispondere alla perplessità del giovine giallo in fronte alla sua rossa persona.
"E' inutile che mi guardi così!" Ribatté poi, incrociando le braccia al petto. "Io ho ragione."
Silenzio.
"No, mi sono perso un momento. Chi è che ha ragione?" Lo squadrò colmo di perplessita e riso represso "Tu?" e pronunciò quel pronome come se fosse la cosa più divertente del mondo. E lo era, con tutta probabilità.
La reazione fu canon, ovviamente.
"Spanner, non ti sopporto! Perché sei sempre così, così, così maledettamente cretino?!"
Spanner lo fissò, forse sgranando gli occhi. Si indicò con un dito innocente e scosse il capo, incredulo. "Shoichi, come puoi dire una cosa del genere?" Chiese, sembrando sul punto di scoppiare in lacrime.
Cioè, in verità non lo sembrava affatto. Ma poiché Shoichi, dopo aver tentato di far valere il suo pugno di ferro, immancabilmente si sentiva in colpa per come aveva reagito, vedeva automaticamente in lui qualche segno di cedimento. E scambiò un riflesso del sole per una lacrima luccicante. E scosse il capo, maledicendo il lato malvagio della sua personalità.
"Scusa, scusa Spanner! N-non volevo, io, non volevo! G-giuro!" Biascicò in evidente pena "Prometto che ci penserò, v-va bene? Lo giuro! Ti farò sapere, ok? Ok, Spanner? Spanner? Spanner! No no no no! Non piangere ti supplico, non piangere! Non. Piangere. No, no, no! Nooooooo!" Cominciò ad agitare convulsamente le mani, tentando di fermare la caduta di quella che sembrava una goccia di puro dolore.
Ecco. Adesso era diventato il cattivo della situazione. Adesso era colpa sua. Adesso gli avrebbero sequestrato la laurea.
E il cappello.
Spalancò le orbite, inorridendo al pensiero.
No! Il cappello romboidale no!
"Shoichi." La voce di Spanner interruppe il suo delirio ad occhi aperti.
"Cosa!?" Esclamò lui, dedicandogli la sua più completa attenzione.
"Con le tue parole, mi hai ucciso. Ma se deciderai di vivere insieme, potrei anche sopravvivere."
Silenzio.
E' un inganno!, gridava un neurone con il dendrite sulle spalle. Per questo motivo, fu pestato a sangue dai suoi compaesani e ridotto una sinapsodica frittatina.
No. Non c'era trucco né inganno, signori. E Shoichi doveva necessariamente cadere, in, trappola.
Nonostante la frase sembrasse contraddittoria - e pure una presa per i fondelli - , la paperotta si aggrappò a essa con tutte le sue patetiche forze. E ci rimise, ovviamente.
Ma all'epoca... non avrebbe mai immaginato QUANTO ci avrebbe rimesso. Non poteva neppure prevedire il SENTORE, di quello che sarebbe venuto dopo di lui. Se ne fosse stato capace, forse ci avrebbe pensato più volte, prima di lasciarsi andare a inutili sentimentalismi che con Spanner stavano come l'aceto sulle provole.

***










Note dell'autrice: ... non so che cosa dire. Questo capitolo fa schifo, vero? Avanti, lo so che fa schifo ç_ç mi dispiace, vi sto deludendo! E' solo che... come dire? Amo parlare di loro, non riesco ad arrivare a un risvolto ç_ç però! Ho deciso di fare una cosa graziosa! :3 mettere pezzi di frasi che aggiungerò nel prossimo capitolo, così, per stuzzicarvi. Sono un genio, nevvero?
MA STI CAZZI!
Un ringraziamento speciale va a tutte coloro che mi hanno sostenuto fino ad ora. Ragazze, grazie çAç voi non avete idea di quanto le vostre opinioni possano confortare l'eterna indecisa che sono. Vi stimo troppo T__T *si commuove*, grazie grazie grazie! <3
Precisazione: l'ultima parte è un flashback (si capiva suppongo), che non è finito. Poi capirete perché l'ho messo. uwu








Sp'oilersssss... (si consiglia la visione a un pubblico adulto.)

«Che cosa? Volete forse dirmi che il serial killer potrebbe essere chiunque, anche uno scoiattolo delle lande?»
«Ma... nelle lande non vivono gli scoiattoli, miss Branden... signora.»
«APPUNTO!»

[...]

«Shoichi, sei contento? Narvalo se n'è andato, adesso... siamo soli.»

[...]

«Vorrei tanto sapere chi me lo ha fatto fare! Questo ventilatore non serve a niente!»

[...]

«Ma... chi sei, tu? Perché impugni una scimitarra laser?»

[...]

«E' questo che cosa sarebbe?»
«La mia parcella, signora.»


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Capitolo 39
*** Promessa di sesso ***


cap39 Un pesce esplose con un ploff pacato e malvagio. La boccia si colorò di un tenue colore rosato, mentre gli altri, porelli, si stringevano fra di loro per farsi forza.
Narvalo emise un verso colmo di dolore e si avventò contro la boccia (o il pulsantone?), tentando di appropiarsene. "Noooo, nooooo, nooooooo! Che cosa hai fatto!? Timmy!!!"
"Si chiamava così? Oh. Poverino." Mise enfasi crudele in quelle parole, e la scintilla della follia risplendeva nelle sue vitree iridi turchesi.
Mosso a pietà, Spanner gli cedette la boccia, che l'uomo afferrò con un balzo leonino, stringendola al petto con le lacrime agli occhi. "Che bisogna c'era di coinvolgere anche loro?! Che cosa ti avevano fatto, quei poveri pesciolini! Volevano solo una vita felice, e nulla più! Nulla più! Mostro!!!" Berciò, ma una triste musicalità si poté avvertire in quella voce rotta dal pianto. Narvalo si accasciò per terra, scosso da profondi singulti, mentre Spanner lo fissava privo di compassione.
"Se te ne vai, la smetto." Disse, e abbassò il braccio per far vedere che era disposto a un accordo "E ti regalerò il pulsantone scarlatto."
Sembrava un bambino perfido con in pugno l'incubo in cui aveva fatto precipitare il malcapitato.
Narvalo lo guardò, e si disse che quella sarebbe stata l'ultima volta che avrebbe provato a comportarsi bene.
E fu così che passò definitivamente al lato oscuro della forza.
"Me ne vado." Sibilò, alzandosi in piedi e smettendo di piangere. "Me ne vado, ma tu pagherai per quello che hai fatto a Timmy. Pagherai, moccioso."
Le sue parole erano dure, forti, aspre, di un uomo che non ha più niente da perdere e che fissa Pallet Town con sguardo rassegnato, mentre alle sue spalle si leva una tempesta di sabbia che tutto avvolge. Guardò Spanner, dritto negli occhi. Era stato umiliato, e Timmy aveva perduto la vita nello scontro. Lo avrebbe vendicato, un giorno. Lo avrebbe fatto.
"Mh. Va bene, ciao."
Ma Spanner rovinò ogni cosa. E la poesia morì, schiacciata dalla sua indifferenza.
E fu il dolore.
"VOOOOOOOOOOOOI!"
Quanto mai prevedibile.
"Via, non c'è bisogno di piangere" lo rassicurò Spanner, sorridendo come la peggiore delle emoticons "poi passa."
"MA! L-la boccia e e e il protocazzo e e T-Timmy! Timmy! Timmy Timmy waaaa e il p-pulsantone e aaaaa e e e e fshhhhh auuuuuh!"
La sinapsi (l'unica di cui disponesse Narvalo) sublimò, producendo una tenue nuvoletta verde shocking che si diradò con il sole sprigionato dal buonumore dell'altrettanto buon coinquilino.
Un minuto dopo, l'uomo si stava scapicollando fuori dall'abitazione imprecando contro Eva e stringendo al seno la boccia per pesci.
Spanner, aveva, VINTO. Come. Sempre.
Perché le pause sono necessarie.
Gettò via il telecomando con annesso pulsantone che faceva molto Megavolt, e si voltò verso il coinquilino.
Finalmente soli. Sogghignò appena e si avvicinò al suo corpo, divenuto nel frattempo pallido e smorto.
*poke poke* "Shoichi, sei contento? Narvalo se n'è andato, adesso... siamo soli."
Silenzio. Essendo in catalessi plumbea, l'amico non poteva certo rispondergli.
Spanner questo lo sapeva. Però a nulla vale la conoscenza, quando si è cattivi dentro. E non ci volle molto, prima che mettesse in pratica uno dei suoi soliti metodi poco ortodossi volti a risvegliare il corpo esanime di Shoichi.
Spanner si sedette accanto a lui, con le gambe incrociate, e pensò. Erano avvenute molte cose strane, in quell'ultimo periodo, e Shoichi era diventato sempre più schizzofrenico. Adesso, il repertorio di frasi, impulsi e segnali che lui poteva lanciargli per provocare una reazione (qualunque essa fosse, bella o brutta, buona o cattiva) era aumentato di molto.
Avrebbe potuto dire «Spannera» , «pizza ai peperoni» , «sega» ; a queste si era aggiunto anche «Epic Days» , «Sefhy» , «Darkwing Duck» , e anche la parola «Narvalo» sembrava sortire in lui effetti di qualche sorta. Ma se prese singolarmente queste espressioni rappresentavano una concreta minaccia... quale potere avrebbero avuto, se combinate tutte insieme nella stessa frase?
Urgeva verificarlo. Perché la scienza lo stava chiamando, e lui doveva rispondere.
Che poi fosse soltanto la pubblicità di Media Shopping, non aveva alcuna importanza. L'importante è partecipare, ma soprattutto far partecipare.
Si schiarì la voce. "Shoichi, volevo dirti che..." si avvicinò al suo orecchio, soffiandogli dentro alito caldo "... Darkwingduckhamangiatolatuapizzaipeperonimentresifacevaunasegalloraspanneralohavistoehadettoohohohgiochiamoaepicdays
eallorasonoandatituttiallacavernadiplatoconsephy punto."
Silenzio.
"Ah dimenticavo: Narvaloèpropriounbellissimoragazzoemenesonoinnamoratoaprimavista punto."
Una scossa.
Un'altra scossa.
Spanner annuì. "Epilessia in corso..."
Un braccio si alzò per aria. Ricadde. Si alzò l'altro. Ricadde pure lui. Si alzarono le gambe, e Shoichi fu in piedi, nonostante il busto pendesse ancora pericolosamente all'indietro. Pannocchio corse a sostenerlo, spigendogli la schiena in avanti, attento a ogni minimo cambiamenti.
Poi, d'un tratto, un urlo squarciò l'aria.
Giunse da lontano, come un'eco che rimbalzava da chissà quale valle lontana, e si propagò nell'atmosfera con singolare persistenza.
".....eeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeaaaaaaaaAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHH!!!!!!!!!!"
Era pure follia, un urlo che si ripiegava su se stesso, come se fosse nato e perito nello stesso istante. Pura follia, pura bellezza, pura arte. Spanner lo ascoltò ammirato, sorridendo soddisfatto e chiudendo gli occhi.
E Shoichi rinvenne, sbarrando gli occhi come se fosse appena riemerso da un terribile incubo.
Peccato solo che l'incubo fosse appena ricominciato.
"SPHHHH-" Il richiamo gli morì in gola, come se ci fosse un tappo a bloccare ogni suono. Si voltò verso il coinquilino, le pupille sporgenti e iniettate di sangue, e lo fissò con espressione indecifrabile.
"Ehi." Fu la risposta.
Ci fu un attimo di silenzio.
E fu in quell'istante, che si compì un miracolo di singolar fattura. Shoichi riacquistò il suo colorito, fece regredire gli occhi a qualcosa di umano, mutò espressione divenendo vacuo, mosse un passo davanti a lui, si rizzò in piedi, tossì, e si voltò verso il biondo amico. "Spanner." Disse.
"Shoichi."
Silenzio.
"Ma è possibile mai che le tue frasi si esauriscano sempre a QUESTO?!"
"Eccola che ricomincia..."
"Eccola? Sono un uomo io, per tua norma e-"
"No, intendevo la crisi isterica. Lo so che sei un uomo."
Silenzio.
"Ah, ecco, m-mi sembrava!"
"So che sei conosciuto come tale, perlomeno. Che poi tu lo sia davvero o meno, è qualcosa che dovrei verificare quanto prima."
Silenzio.
"Spanner, io ti ammazzo."
"Quando vuoi."
"Ma non ora. Prima devo capire che cosa è successo. Spanner, spiegami perché sono svenuto."
"Perché sei venuto? Mh... ti ho eccitato, suppongo."
"NO CAZZO!" Strillò lui lasciandosi andare alla volgarità "Perché sono svenuto! Sve-nu-to! E capiscila la nostra lingua, ogni tanto!"
"Eeh..." Spanner dimostrò la sua attenzione roteando gli occhi e fissando un batterio che strisciava al suolo. Si trattenne dall'indicarglielo, ma la voglia era davvero forte.
Shoichi, ovviamente, smarrì la sua calma sempre più in basso, sempre più in basso, sempre più in basso... finché non toccò il fondo. Si prese la testa, la agitò, cercò di resettare il cervello, e non riuscendosi emise un grido. Poi lo fissò, con odio, anche se non lo scalfì neanche di striscio.
Ma la sua disperazione non mirava a questo. No, era andata ben oltre ormai, in una terra che superava qualcunque umanità, e sfociava nell'oblìo autoimposto. Dove, sperava, neanche Spanner lo avrebbe raggiunto.
"Spanner, ascoltami. Io capisco che tu abbia dei problemi, che non stai bene, che sei represso, davvero, io lo capisco. Ma questa, be', è mancanza di rispetto bella e buona. Io te lo dico Spanner, così non arriverai mai a niente. Hai 25 anni, dannazione. Hai la vita davanti, e ti comporti così! E non si tratta di me - si trattava eccome invece - , io parlo per te. Per te!"
Silenzio.
"Questo mi fa capire molte cose..." Disse meditabondo, grattandosi il mento "Shoichi, proprio non ti ricordi perché sei svenuto?"
"No, e sono sicuro che farei meglio a saperlo! Perciò dimmelo, maledizione!"
"Ok. Allora non te lo dico."
Perché era così che dovevano andare le cose, e che sempre sarebbero andate.
Shoichi regredì a placenta per non subire altri danni mentali, si racchiuse in posizione fetale e cominciò a rotolare in giro. Spanner scosse il capo, sereno. Presto gli sarebbe passato, e allora avrebbero ricominciato a fare quello che stavano facendo prima.
Cioè la stessa cosa, ma a livelli meno debilitativi. Perché Shoichi era prezioso, e doveva stare attento a non romperlo. Lui era un ingegnere, ma aveva capito da tempo che non l'avrebbe mai potuto riparare.

*

"Vorrei tanto sapere chi me lo ha fatto fare! Questo ventilatore non serve a niente!"
Seduta sul pavimento, accanto al corpo ormai decomposto di Buraian, Spannera imprecava contro il ventilatore che l'aveva tradita.
Tra le altre cose, era stato davvero strano, perché all'inizio sembravano andare molto d'accordo. Lei lo aveva guardato, e vi aveva scorto il desiderio puro e sincero di darle una mano. E poi, quando aveva provato ad accenderlo... non aveva trovato l'interruttore.
E allora si era messa a cercare quello stramaledetto quadrato, senza successo. E poi, in un estremo tentativo di combinar qualcosa, lo aveva puntato contro Bob gridando «Potere del cristallo di luna, vieni a meeee!!!», sperando che accadesse qualcosa.
Ma niente. Era rimasta sola, di nuovo, ed era tanto triste. Lanciò il ventilatore lontano e sbuffò, con aria contrita. Bob sembrò guardarla con scherno, e lei gli uscì la lingua per fargli un dispetto.
Ovviamente nessuno rispose, e ciò non fece altro che acuire il suo malumore. Ma Spannera era abbastanza sveglia da comprendere che piangere sul latte versato sarebbe stato poco proficuo, e si risolse pertanto di alzarsi in piedi e studiare accuratamente la situazione. Si grattò la testa, osservando il cadavere, e lentamente la sua testa si riempì di fantasiose congetture.
"Dunque... qui abbiamo un'ascia, un morto e una pozza di sangue. Come possiamo collegare le tre cose?" Si avvicinò a Bob e lo scrutò con cipiglio attento. Il giovane giaceva con le braccia e le gambe aperte, e stava guardando verso il soffitto. Improvvisamente, un'illuminazione la colse, e fece un saltello indietro coprendosi la bocca.
"Ma certo... ho capito! Buraian stava facendo un angelo di neve!" Esclamò, fiera della sua intuizione. Ma il suo entusiasmo venne pian piano smorzato quando si accorse che sul posto non c'era nessuna neve.
E allora il suo cervello, che non vedeva l'ora di condensarsi in una nube e scappar via dalle orecchie, cominciò ad arrovellarsi su inutili quesiti, che poco avevano a che spartire con l'omicidio ma che erano estremamente divertenti a pensarsi.
"I casi sono due: o hanno rubato la neve, oppure la neve si è sciolta. Non può esserci altra spiegazione."
Sì, il ragionamento era impeccabile. Perché a Niu Iourk non era insolito che qualcuno si mettesse a trafugare neve dai seminari, o al limite ghiaccio dai freezer. E non era insolito neanche che la neve, invece di sciogliersi e divenire acqua, sublimasse direttamente divenendo vapore e svanendo nell'atmosfera senza lasciar traccia del suo passaggio.
Lei era una vera niuiorkese, dopotutto, e certe cose le sapeva bene.
Benissimo.
Decise tuttavia di mettere da parte la questione, perché i dubbi costavano fatica, e si concentrò sul movente dell'omicidio.
"Probabilmente, l'angelo che stava facendo era così brutto che qualcuno non ci ha visto più e gli ha aperto in due il cranio. Oppure ha visto in faccia il ladro e lui lo ha colpito. O magari..."
Ma le sue conclusioni non ebbero mai un epilogo. Improvvisamente, Spannera avvertì un rumore e si voltò di scatto verso la sua fonte: lì, in piedi di fronte a lei, armato come un mercenario, un uomo la fissava con sguardo atroce.
"Oh, ciao!" Esclamò "Chi sei?"
L'uomo tacque, e fece un passo verso di lei.
Vedendo che non le veniva data risposta, Spannera gonfiò la guancia e sbuffò. "Ehi, dico a te! Mi senti? Brutto maleducato!"
Il lestofante non accennava a fermare la sua avanzata. Lei se ne accorse, ma prima di poter formulare qualunque altro pensiero, la sua attenzione venne catturata da uno strumento che l'uomo impugnava nella mano destra.
"Ma... chi sei, tu? Perché impugni una scimitarra laser?" Domandò, con un filo di voce. E finalmente, l'uomo arrestò la sua avanzata.
"Perché sono tuo padre" rispose, con voce elettronica.
Ci fu un momento di silenzio.
"Papà? Ma non eri morto?"
"GWAAAAAAAAAAA!" Senza alcun preavviso, lo strano figuro si avventò contro Spanner agitando nell'aria la sua spada colorata.
E in quel momento, lei capì.
Il quadrato, il radiatore, la morte di Bob, tutto si fece chiaro.
La spiegazione era molto semplice, in fondo, e si chiese come aveva fatto a non pensarci subito.
Un sorriso apparve sulle sue labbra. I suoi capelli si liberarono dei nastri che li tenevano legati e fluirono nel vento ruggente.
Spannera fece una capriola all'indietro, schivando il colpo e ruzzolando con stile pochi metri più lontano. Si rialzò con un singolo balzo e fissò il nemico con una mano di fronte a sé, pronta a difendersi o ad attaccare.
Sì, ora lo sapeva. Quello non era altro che un videogame, e lei ci era finita dentro. Capitava, a Niu Iourk, di finire dentro un videogioco senza preavviso. E allora acquistavi la consapevolezza, il potere, la forza, e il tuo nemico non era più niente. NIENTE.
Rise, Spannera, burlandosi del suo avversario. "Ora ho capito, certo. Tu sei... Freezer!"
Certo, chi altri poteva essere sennò? Adesso la teoria secondo cui un ladro si era introdotto al seminario per rubare la neve apparava incontrovertibile. E lei ci era arrivata prima di tutti quanti. Lei... era un genio.
Sentì la potenza fluire in lei, e gongolò beata. Il suo nemico la fissava, senza proferir parola. Era rimasto sconvolto dalla sua perspicacia? 
Improvvisamente, si sentì un tonfo sordo.
Spannera smise di ridere, e si voltò a fissarlo. Aveva lasciato cadere la sua spada laser, ed era crollato sulle ginocchia, inerme. Aveva vinto. Come suo cugino in Giappone aveva vinto contro Shoichi, lei stava avendo la meglio su Freezer. Sì, non c'era che dire... loro due erano decisamente sulla stessa lunghezza d'onda.
Perché dopotutto, seppur espressa in modi diversi, la loro pazzia aveva qualcosa di innegabilmente simile. Lo si poteva scorgere negli occhi dei malcapitati che ne subivano le conseguenze: quel dolore, quell'oblio forzato in cui tentavano di smarrirsi per mettere in salvo la coscienza... sì, tutto corrispondeva.
Spannera era, senza dubbio alcuno, cugina di Spanner.
"Ahahahahah! Ti arrendi, Freezer? Bene! Restituiscimi la neve, che ho voglia di fare un bel pupazzo a forma di ca..."
Non riuscì a terminare la frase. Qualcosa glielo impedì. Uno sparo, e poi una voce. Dei passo che si affrettavano nella sua direzione, e quel viso.
"Mamma? Che ci fai tu in Street Fighter 5?" Chiese Spannera non appena riconobbe il volto di Spanny.
"Tesoro!" Strepitò lei abbracciandola con slancio amorevole "Che ci fai tu qui, in questo postaccio? Perché non sei a sperperare il mio patrimonio con le tue amiche, come fai sempre?"
Silenzio.
"Oh, ma quello l'ho già fatto! Adesso però ero entrata nel videogioco e stavo combattendo contro Freezer!" E indicò l'uomo che giaceva inerme sul pavimento, la maschera di Dart Fener a pendergli tristemente dal capo.
"Ah!" La donna si voltò verso di lui, e lo squadrò selvaggiamente "Ispettore Bran, eccolo, l'abbiamo trovato!" Gridò poi, additandolo.
Un uomo in sovrappeso caracollò all'interno del locare, puntando la pistola davantì a se dalla parte dell'impugnatura "Miss Tandemsbenbafrog, ha trovato l'assassino?!" Muggì, guardandosi intorno.
"E' Brandenbeltafrond, idiota!"
"Mani in alto, furfante! Ti arresterò nel nome di New York e dei suoi pacifici abitanti! Vieni fuori lentamente e con le mani in alto!"
Ma lui non si mosse, perché non poteva venir fuori da nulla, e perciò rimase fermo e in attesa. L'ispettore si irritò e fece partire un colpo di pistola al contrario, che lo colpì a un polmone e lo lasciò agonizzante per terra.
Pochi minuti dopo, l'ispettore Bran moriva dissanguato al numero B63804 di Herbs Street.
E i cadaveri divennero due.
E la follia si centuplicò, divorando ogni cosa.

*

Shoichi aveva la strana sensazione che qualcosa gli stesse sfuggendo dalla testa. Non se ne stupì, certo, tante dovevano ormai essere le falle che Spanner gli aveva aperto sul cranio, ma mai come in quel momento sentì che qualcosa di troppo importante per essere dimenticato stava minacciando di darsela a gambe con tanti saluti.
Era questo il motivo per cui girava per casa con le mani affondate dentro i capelli, invocando il nome di Zeus e negoziando un paio di chimere e qualche saetta di medio voltaggio.
Spanner, ovviamente, fingeva di non vedere. E si era messo a disegnare strani cerchi sul pavimento, fingendosi autistico per passare inosservato. Stava lì, chino, con un gessetto in mano estratto da chissà dove, e stava disegnando due palle ovoidali dalla dubbia interpretazione.
Caso volle - o più probabilmente Zeus - che Shoichi passasse di lì, e lo vedesse scarabocchiare il pavimento con fare infantile.
"Spanner, ho mal di testa."
Silenzio.
"Hai provato con il potassio?"
"Noi teniamo potassio in casa?"
"Certo. Pensavi davvero che quel sacchetto scuro nello sgabuzzino fosse un regalo per il tuo settantesimo compleanno?"
Silenzio.
Spanner si voltò verso Shoichi, sgranando appena gli occhi.
"Non mi dire che ci avevi creduto."
Silenzio.
"Q-quindi tu... niente regalo... io... WAAAAAAAAA!"
Una crisi epilettica era presto sopraggiunta, costringendolo a ripiegarsi su se stesso per limitare i danni. Era tutto molto triste e buzzurro, ma Spanner sembrava divertirsi. Si alzò in piedi, abbandonando il gessetto, e lo abbracciò con affetto. "Su, su, ci sono qui io con te, non sei felice?"
"WAAAAAAAAAAAAA!"
"Sì, anche io te ne voglio, Shoichi."
Gli diede amorevoli pacche sulla schiena, e Shoichi sembrò placarsi. Smise di urlare e si allontanò da lui, rosso in volto.
"Spanner" ripetè "ho mal di testa."
"Sì."
Silenzio.
Il ragazzo attese, ma nessun suono giunse a completare quella parola. Stava per ricominciare a gridare di dolore, quando fece caso a ciò che stava disegnando Spanner.
"S-Spanner..." Disse, cercando di tornare in sé "... che cosa è, quella cosa?"
"Oh, quella? Una papera."
Silenzio.
"Una papera." Shoichi sembrava sul punto di staccarsi la testa a morsi dall'interno della mascella.
"Sì, non ti piace? Poi ci disegno un cacciatore accanto, così non si sente sola."
Avvenne tutto in un istante. Le mani lasciarono la presa dei capelli, e le braccia ricaddero parallele al corpo, allineandosi con esso.
No, non era più tempo di impedire a certi pensieri di fuggire dai buchi della sua testa. Adesso era arrivato il momento di gridare morte al centro del mondo. Strinse i pugni, livido di ira repressa.
"Spanner, lo sai cosa facciamo per il mio settantesimo compleanno?"
"Sesso?"
"ESATTO!" Gridò lui afferrandogli il colletto con scarsa forza ma tanta enfasi "Faremo sesso! Sesso! SESSO!" Ripeté, scuotendolo come un sacco di patate. Spanner si era incollato sulle labbra il miglior sorriso da ebete possibile, e si lasciava strattonare a destra e a manca senza opporre resistenza. Quanto era bello, avere un amico fragile e senza lucidità. Quanto tempo sarebbe trascorso, prima che avesse afferrato appieno il significato di ciò che stava dicendo? Ma soprattutto... in quanti modi avrebbe cercato di rimangiarsi le sue parole, nascondendosi dietro un folto piumaggio scarlatto?
Gli venne da ridere solo al pensiero.
"Certo, certo" disse lui, tutto contento, anticipando le sue mosse e abbracciandolo stretto stretto e forte forte "faremo tutto quello che vuoi, Shoichi, tutto quello che vuoi..." e intanto le sue braccia gli passavano su e giù sopra il pigiama, come se volessero riscaldarlo.
E Shoichi quackeggiava, sempre. Ignaro di tutto, esprimeva tutto il suo rancore per il coinquilino, ma presto avrebbe si sarebbe reso conto dell'ambigua situazione.
Ma a quel punto... nessuno sarebbe corso in suo soccorso.
Nessuno.










Note dell'autrice: ebbene sì, finalmente, dopo anni, un nuovo capitolo (?); scusatemi, è stato un periodo travagliato e sofferto, ma ora sono tornata più forte di prima! STI CAZZI!
Ma non cincischiamo u_u spero che il capitolo vi sia piaciuto, e se per caso notate qualcosa di strano... sì, c'è qualcosa di strano 8D oh oh oh (?)
Un salutino a Hibari Kyoite che ha aggiunto la storia fra le preferite e le ricordate <3 grazie cara *A* <3




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Capitolo 40
*** Merda! ***


c40 40esimo capitolo, yeah! Dobbiamo festeggiare çAç fatemi festeggiare lettori, è solo grazie a voi che vado avanti TwT *ringrazia tutti con un profondo inchino*
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"Non ci posso credere... non ci posso credere... che cosa ho fatto?!"
Con la testa racchiusa entro un morbido guscio fatto di esili braccia, Shoichi sedeva sulla tavolozza del cesso domandandosi come avesse potuto farsi gabbare in quella maniera. Come si fosse gabbato da solo, per la precisione.
Perché, bisognava riconoscerlo, Spanner non aveva fatto niente. Niente. Ed era questa la cosa più sconvolgente.
Shoichi rifletté. In quale maniera avveniva il lungo e tortuoso processo che lo conduceva sempre e inevitabilmente alla medesima fine? Quale impervio sentiero lo portava ogni volta ad auto-fottersi a quel modo, come se fosse un babbeo?
Un pensiero gli fulminò la materia cerebrale. Che lui fosse effettivamente un babbeo? Molte cose avrebbero avuto più senso, in quel modo.
E lui si sarebbe risparmiato la fatica di spiegarsele tutte.
Ecco! Era forse questa accidia viziosa, che gli toglieva ogni stimolo alla conoscenza, ad averlo rovinato? Che fosse stata questa non-voglia ormai consolidata a portarlo sulla via della perdizione? Che fine aveva fatto la sua nobile indole da ingegnere? Dove era finito il suo spirito di competizione, la sua proverbiale ratio, il suo proverbiale caz...
"Shoichi, sei qui dentro?"
Non ebbe tempo di chiederselo. La fonte dei suoi guai era giunto a distruggerlo, e lui era solo e indifeso su un water bianco come una perla. La poesia del servizio igienico era notevole, ma in quel momento serviva a ben poco.
"Spanner, vai via!" Imprecò rosso in volto "N-non ti voglio parlare! Vai via!"
Silenzio. Che se fosse andato? Ovviamente no, e per una volta Shoichi ne fu consapevole. Tese involontariamente i suoi muscoli e la stitichezza gli arpionò lo stomaco con una stretta letale.
"Urgh!" Gemette, mentre un qualcosa di poco ortodosso stava ondeggiando con altrettante ben poco ortodossità, incapace di scendere o di risalire.
Come un pendolo. E segnava i secondi, implacabile, mentre il silenzio si propagava avvolgendo ogni cosa. E poi...
Ploff.
L'acqua si increspò, per effetto della dolce caduta. Shoichi sospirò di piacere e agguantò la carta igienica.
O meglio, quella che afferrò non fu che la sua sagoma. Perché essa non c'era.
Un solo nome si espanse per l'abitazione.
"SPANNEEEEEEEEEEEEER!"
"Dimmi." Fece lui, immediatamente, da dietro la porta. Non si era mosso di un solo passo, per l'appunto.
Shoichi sussultò, perché tutto sommato non si aspettava che fosse lì. Ma non si perse d'animo ed espresse tutto il suo disappunto.
"Spanner, dov'è la carta igienica?"
"E' finita."
"Ma come finita?! E io che faccio?"
"Usa un asciugamano."
"E chi lo lava poi?"
Silenzio.
"Usa un asciugamano."
"Spanner!"
"Dimmi."
"VATTENE!"
"Ok."
Spanner si allontanò, ciondolando tranquillo. Shoichi rimase solo, incapace di pulire il suo piccolo ano dallo scarto che il suo fragile corpo aveva prodotto per lui. Anche gridare gli sembrava vano, in quel momento, e si arrovellò per trovare una soluzione alternativa che non prevedesse l'utilizzo della carta igienica o dell'asciugamano.
La prima cosa che gli venne in mente, fu di alzarsi semplicemente dalla tavolozza e farsi una doccia, lavandosi direttamente con l'acqua per mandar via tutto in un colpo solo. Ma si ricordò che Spanner lo aveva reso stitico, e temette che le sue feci potessero otturare lo scarico dell'acqua. Scartò dunque l'ipotesi, scuotendo energicamente il capo, e maledisse il coinquilino perché gli stava persino impedendo di espletare i propri bisogni.
Improvvisamente, sentì bussare alla porta.
"Spanner, che vuoi?"
"Ho trovato della carta igienica e sono venuto a portartela." Rispose lui, atono.
Silenzio.
"Oh" fece Shoichi, colpito "b-be', grazie!"
"Sì."
Silenzio.
"Shoichi?"
"D-dimmi."
"Per dartela, si presume che io debba entrare."
"Ah. Ehm, non ci passa sotto la porta, no? Davvero?" La sua voce aveva un che di piacevolmente isterico, che dentro le strette pareti del bagno rimbalzava con un'eco piacevolmente femminile.
"No." Disse lui, e le sue parole non lasciavano spazio a dubbi di qualunque sorta.
Shoichi deglutì a vuoto. "E-entra pure allora, io mi copro con l'asc-"
Nello stesso momento in cui la porta si aprì di colpo, un piede aveva già coperto la distanza di un metro e mezzo, finendo praticamente davanti a lui, e come niente Spanner fu lì.
E lo vide.
Shoichi aprì la bocca per bestemmiare, ma non uscì nulla. Spanner lo fissava - non lui - senza mutare espressione e senza sbattere le palpebre.
"Shoichi... mi è appena sorto un dubbio."
"... Tienitelo."
Le mani corsero veloci al piccolo amico sperdutamente flaccido e lo coprirono, sature di vergogna. Una vergogna feroce, che gli impediva persino di respirare, tanto era grande il desiderio di scomparire con lo scarico dell'acqua.
Ah, ma aveva appena... no, magari di sparire in un altro modo.
Magari.
Tanto, nella merda c'era già tutti i giorni. Non c'era proprio bisogno di strafare.
"Scusa, posso toccartelo? Mi incuriosisce."
"M-ma c-c-che cavolo dici?! S-Spanner!" Annaspò lui divenendo color peperone, accartocciandosi su se stesso come un foglio di carta. Spanner sorrise amenamente e si avvicinò a lui, tendendo una mano verso ciò che aveva permesso, a suo tempo, a Mendel di scoprire le leggi sulla genetica.
Le erbette.
Erbette che Gregor nascose usando piselli come copertura. Perché non si poteva proprio dire che in convento non gli avessero insegnato nulla.
"Vai via, maniaco!" Gridò, invano.
"Ma è nel nome della scienza" si giustificò lui "e poi forse potremmo fare qualcosa per lui, no? Non vuoi?"
"VAI VIA!" Shoichi balzò in piedi e si alzò i pantaloni, quasi con le lacrime agli occhi. Fuggì dal bagno sconvolto, senza neanche tirare l'acqua, e scomparve dietro un angolo.
Esattamente due secondi e quarantotto decimi dopo, si sentì un tonfo. Seguito da un grido. Seguito da un pianto.
Shoichi si era ferito. E Spanner, che per fortuna aveva con sé un rotolo di garza - la stessa con cui voleva che l'amico si pulisse il sedere - , non esitò a soccorrerlo.
Perché era un bravo amico, e gli voleva bene. Ma questo, signori, lo sappiamo tutti. Solo loro ancora non ne sono consapevoli. Ma presto, qualcosa sopperirà alla mancanza. Molto presto.

*

"Mamma, l'ispettore è morto?"
Spanny scosse il capo, mentre una singola lacrima le solcava il viso, descrivendo un percorso che seguiva dolcemente la sua gota sinistra, fino a colare dentro l'incavo del collo.
"Tesoro... non guardare. Non guardare la violenza che ti circonda!" Di slancio, la donna abbracciò la figlia stringendosela al petto, per farle dimenticare le cose viste in quella stanza. Non avrebbe permesso a Niu Iourk di traviarla, di farle sperimentare il dolore della morte e della dannazione. No, non l'avrebbe fatto.
"Mamma..." Improvvisamente, la fanciulla si staccò da lei, sorridendo dolcemente. "Mamma, non preoccuparti, è tutto a posto!" Esclamò, radiosa "E' solo un gioco, possiamo sempre caricare il salvataggio precedente!"
Silenzio.
"T-tesoro... non so come dirtelo, ma questo non è un gioco..."
"Oh, dicono tutti così" la liquidò lei, voltandosi improvvisamente verso Freezer/Dart Fener e additandolo con espressione incredula "Tu, piuttosto! Non sei forse stato sconfitto? Perché non te ne torni nell'arena?"
Il figuro non rispose, ma alzò la testa per incontrare il suo sguardo fattosi severo e sprezzante. Cosa vide, in quegli occhi? Cosa scorse? Perché il suo cuore... stava battendo così forte? Era forse la tachicardia omeopatica che tornava a tormentarlo ancora? Non fu in grado di rispondersi, ma qualcosa nella sua anima si accese in maniera irreversibile.
Tremante, le tese una mano. Lei lo fissò, inarcando un sopracciglio biondiccio.
"Vuoi stringermi la mano? Ahah, ma certo! E' chiaro, dopotutto ti ho stracciato in combattimento!"
Ignorando il fatto che non fosse avvenuto nessun combattimento e che lei si fosse limitata a schivare il suo maldestro attacco abbagliata dal miraggio della potenza che scorreva in lei come Redbull al pomodoro, Spannera gli tese a sua volta la mano.
"Jess, cosa fai? Non stringergli la mano, è pericoloso!" Strillò la madre cercando di fermarla.
Ma fu troppo tardi.
Avvenne tutto in un istante. Il malfattore mascherato le afferrò la mano e la attirò a sé. Con l'altra mano scostò via la maschera da Dart Fener, e le loro labbra si incontrarono con un bacio a stampo che durò cinque secondi netti.
Cinque secondi di pura follia, durante i quali la mente di Spannera si tinse di bianco e ogni pensiero svanì come neve al sole.
Ma quando il contatto si interruppe, una lampadina si accese. Una lampadina il cui tungsteno si credeva fuso da tempo immemore, e che invece era lì, e brillava nella sua mente.
"P-P-P-PERVERTITO!" Gridò, gridando all'indietro sconvolta e livida di rabbia "C-che cosa hai fatto, porco?! Porco schifoso!"
Spanny osservò la scena, mentre il suo sguardo diventava vitreo e la sua coscienza precipitava in un abisso senza fondo.
E si incamminò lentamente verso il cadavere dell'ispettore Bran, non vista da entrambi.
"M-mi dispiace!" Esclamò il giovane, tornato in sé, fissandola dritta negli occhi color nocciola con un pudico rossore alle guance.
Era così... bella! Così diversa da tutte altre, così... speciale, ecco. Sentì che nel suo cuore stava avvenendo una ossidoriduzione e divenne ancora più rosso, indietreggiando istintivamente. Non era preparato a questo, e non sapeva come fare. Come reagire, come comportarsi.
"Ti dispiace? E cosa me ne faccio delle tue scuse? Ridammi il mio primo bacio, MAIALE!" Cambiò strategia e gli volò addosso, scuotendolo con violenza nel tentativo, forse, di farglielo sputare via. Ma ciò non avvenne, e la fanciulla cominciò a intristirsi sempre di più.
Ma per fortuna, lei non era sola. Spanny si trovava lì, insieme a lei, e l'avrebbe vendicata a qualunque costo. Sua madre sarebbe sempre stata dalla sua parte, nel bene come nel male. E lei ne era consapevole.
Per questo tirò su col naso e si voltò mestamente verso di lei, con un principio di lamento che quasi affiorava alle sue labbra. Ma il tempo per esternarlo non ci fu mai. Perché una follia non spiegabile a parole - non spiegabile e basta - si era impadronita di lei, costringendola a impugnare la piccola magnum dell'ispettore appena deceduto e a far partire un colpo che risuonò nella stanza come il rintocco di una campana infernale.
"Tu... come hai osato baciare mia figlia?"
"M-mamma!" Esclamò Spannera con i lucciconi agli occhi "Questo ragazzo è stato tanto scortese con me! Fallo a pezzi!"
Forte di quelle parole, mamma Spanny fece partire un altro corpo, che andò a conficcarsi quasi dietro la figura del ragazzo, che fu sfiorato alla guancia da quel colpo micidiale.
Fu in quel momento che egli realizzò che la sua vita era in pericolo: con un balzo improvviso si caracollò fino alla porta sul retro, che richiuse alle sue spalle con un tonfo sordo prima di buttarsi nella fuga più disperata.
E la donna, ovviamente, non esitò a seguirlo neanche per un istante.
"Ti ammazzerò, e di te farò polpette..." Sibilò con voce funebre, incedendo a velocità folle dietro di lui.
Spannera rimase dunque sola, e riacquistata la lucidità ne approfittò per riflettere.
Che cosa aveva fatto quel ragazzo? L'aveva baciata? Aveva poggiato le sue labbra sulle sue? Senza il suo consenso? Non era possibile... come era successo? Perché non era stata capace di fermarlo? Perché lo aveva lasciato fare? Perché? Eppure...
"Un momento... questo significa che..." Poi, un ragionamento particolarmente vizioso si insinuò fra i suoi arrugginiti ingranaggi, e la sua bocca si aprì lentamente per lo stupore e la meraviglia. "Significa che... non sono più vergine!"
Ebbene sì. Spannera aveva perso la verginità con Dart Fener. E ne era fiera.
E, immediatamente, il suo pensiero corse alle sue amiche. Glielo avrebbe dovuto dire, a tutti i costi.
Estrasse Vanilia dalla borsa e compose rapida il numero di Columbine.
«Jess?»
"BIIIIIIIIIN!" Esplose lei con ben poca grazia "Non sai che cosa è successo!!!"
"Oddiodiodiodiodiodio! Cosacosacosacosa?!" Esclamò l'amica immediatamente contagiata dalla di lei furia.
"Ho perso la verginità!"
Silenzio.
"COSA?" Gracchiò dall'altra parte della linea, incredula.
"Sì!" Insistette "L'ho persa ti dico!"
Ora. Due domande si ponevano come ineluttabili di fronte a tanta euforia, ma Bin sapeva di poterne scegliere solo una, e che pertanto doveva essere oculata. Molto oculata.
«Dove?» o «Con chi?» ? Quale dubbio avrebbe dovuto esprimere? Quale di essi avrebbe potuto esplicare meglio la forte perplessità che sentiva dentro di sé?
«... Dove l'hai persa?» Chiese infine, vagliando la possibilità che Jess non sapesse con quale persona (ammesso che fosse una persona) avesse compiuto il grande passo.
"A un seminario!" Gracchiò lei, entusiasta.
«A un seminario?»
"Sì! Ah, e poi ci sono anche due cadaveri! E c'è anche Bob! Cioè, sì, Bob è qui come cadavere, quindi in realtà non c'è più lui... e poi c'era anche mia madre, solo che è partito al suo inseguimento!"
«All'inseguimento... di Bob?»
"No! All'inseguimento del tipo con cui ho perso la verginità!"
«A-ah» Bin sentiva un gran mal di testa sopraggiungere a vessarla senza pietà alcuna, ma strinse i denti «E... su cosa era il seminario? E poi, Jess! Che significa che ci sono due cadaveri? Ma dove diavolo sei finita?!»
"Merda!" Disse lei, semplicemente. Perché, in effetti, la parola riassumeva perfettamente l'essenza della situazione. Non c'era proprio niente da dire, Spannera possedeva una notevole capacità di sintesi. Niente di strano, considerando che si ritrovava il cervello di una pigna.
«Merda?»
"Bin, voglio diffondere la notizia! Voglio che tutti sappiano che ho perso la verginità! Connettiti con il mio account di Facebook e cambia il mio status!"
«Cambiare? Cosa? J-Jess, sei sicura di sentirti...»
"Certo! La password è, oh, però non dirla a nessuno eh, mi raccomando! Allora, la password è «Jesslovescherryandspanner», con la Gei maiuscola, capito?"
«Eh? Ah? Cos-»
"Bene, lascio tutto nelle tue mani! Ciao!" E la conversazione si interruppe di botto, lasciando in asso una Bin palesemente perplessa.

*

"Spanner?"
"Mh?"
"E-ecco... ci ho riflettuto. Sulla tua proposta, dico."
Silenzio.
"E...?" Spanner lo incitò a terminare la frase, mentre la sua lingua giocava con il leccalecca. Shoichi sospirò profondamente.
"Rifiuto."
"... Perché?"
Nei suoi occhi vi si scorgeva la delusione, ma l'amico rossiccio strinse i denti per non farsi influenzare. Quello che si apprestava a dire era molto importante e serio, non gli avrebbe permesso di influenzarlo.
"Perché tu hai cattive intenzioni." Gli disse, cercando di apparire serio. Ma non ci riuscì, e Spanner lo osservò senza fare una piega.
"E' vero." Ammise, candido.
"E lo ammetti pure?!"
"Ma non è un motivo valido per non accettare, ti pare? Io voglio vivere con te, Shoichi." Disse, semplicemente. Non c'era enfasi in quelle parole, ma lo colpirono comunque dritte al cuore, facendo vacillare le sue misere intenzioni.
Shoichi si sgretolò sotto il peso di un'evidenza che non si poteva più nascondere.
"Stupido! N-non dire queste cose, è imbarazzante!"
"Ma è la verità. Io voglio vivere con te, Shoichi. Sei intelligente, la tua compagnia è la cosa più piacevole che abbia mai sperimentato, e mi fai... come esprimerlo? Divertire, credo sia il termine giusto. Sei buffo, Shoichi. Per questo mi piaci."
Shoichi divenne una ciliegia e cominciò ad agitarsi vistosamente. Ma non poteva fare un granché, considerando che si trovavano a un bar gremito di gente, che lui era vestito in maniera orrenda - la maledetta fretta di uscire - e che il suo frullato alla fragola era pressocché intatto.
Nascose il viso dietro una montatura troppo esile e guardò altrove, lontano, fuggendo le sue iridi turchesi come il ghiaccio. "Smettila... l-lo sai che sono sensibile a queste cose! Lo dici apposta per farmi capitolare, eh Spanner?"
"Dico solo la verità. Ah, ti ho mai detto che mi piace la tua voce?"
"SPANNER!"
Qualcuno si voltò a osservarli, bisbigliando pettegolezzi in cui il rosso ragazzo risultava l'uke della situazione - era palese, che ci si poteva fare - , mentre lui si portava una mano alla bocca per trattenere quello che sarebbe venuto dopo.
"Va bene, la smetto. Io però ti invito a pensarci ancora, potresti ripensarci." Disse lui, apprestandosi ad alzarsi dal suo posto. L'amico tentò di protestare, ma una mano corse a scompigliargli i capelli. "Non dire niente, Shoichi, non dire niente." Glieli carezzò con gentilezza e delicatezza, non come si comportava con un componente meccanico, ma come ormai gli riusciva naturale con lui. Lui arrossì ancora e ancora, senza riuscire a parlare, e mugolò quando il contatto si interruppe.
Spanner gli sorrise gentilmente, agitò una mano e si allontanò dal locale, lasciandolo lì a sciogliersi per effetto dell'energia cinetica prodotta dai suoi ormoni in fermento e impossibili da arrestare.












Note dell'autrice: non so, a voi come sembra il capitolo? Bello? Brutto? Merda? Eh, magari merda x°° vabbé, stendiamo un pietoso velo; se pensate che stia perdendo di qualità DITEMELO, per l'amor del cielo e__e comunque, adesso passiamo ai ringraziamenti vari ed eventuali:
Un doppio ringraziamento/dedica va a Eiko e Milli, che si meritano tutta la mia gratitudine çAç grazie ragazze, grazie <3 siete la mia forza! u__u Avete fatto tanto per me, non vi sarò mai grata abbastanza <3
Un saluto specialissimo va a iMato e Nagipon, la prima a cui auguro taaaanta fortuna, la seconda perché mi fa sempre morire (in senso buono eh) <3 grazie donneH 8D
Un grazie dovuto a Golden Brown e Mikhi, che hanno aggiunto rispettivamente la storia fra le seguite e le ricordate <3 mi farebbe piacere leggere un vostro commento alla storia, sarei davvero curiosa di sapere che ne pensate *___* ebbene sì, vi sto proprio chiedendo di recensire, sono una provola, perdonatemi çAç e ignoratemi ò_ò
E un salutino caloroso e dolce per Seki e Miharu la Tsundere, che mi hanno aggiunto fra gli autori preferiti e la prima ha inserito la storia fra le preferite <3 grazie carissime, grazie dal profondo del cuore <3
UN GRAZIE GRANDE QUANTO UNA CASA a tutti coloro che seguono e preferiscono: mi piacerebbe che chi ha messo la storia fra i preferiti mi commentasse, almeno una volta, giusto per sapere cosa ne pensa ò_ò ma non vi obbligo mica, quindi fa niente x°° grazie a chi legge, ovviamente. Sempre. <3
PS: ho saputo che un certo R e N segue la mia storia ò_ò ebbene giuovine, fatti vedere! *addita*


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Capitolo 41
*** Conti & Conti ***


c41 Dopo aver soccorso Shoichi che, morente, aveva giaciuto sul pavimento di casa, Spanner era tornato il soggiorno e aveva preso ad armeggiare con il portatile, chiedendo ripetutamente informazioni sul famoso Torneo Trespade e ignaro del fatto che bisognasse presentarsi al consigliere comunale entro quattro ore dall'avvenuto invito.
Di domandare al suo coinquilino, ovviamente, neanche se ne parlava.
Caso volle - la sfiga travestita da caso, per l'esattezza - che sulla strada per il nulla galoppasse, in groppa a un Ippogrifo ansimante, un possente guerriero stellare con un'armatura rosa shocking che attirò rapidamente la sua attenzione.
«Perdonami, Messero, posso farti una semplice domanda?»
L'Ippogrifo smise di ciondolare su una zampa sola e fermò la sua corsa.
Dopo qualche secondo, un messaggio giunse sulla videata di Spanner.
«Dicami, villico.»
"Oh, finalmente una persona educata e tranquilla." Il ragazzo annuì compiaciuto e compose il messaggio con la fatidica domanda.
«E' apparsa sulla schermata di Epic Days un messaggio che dice di "volere me", e mi chiedevo se tu ne sapessi qualcosa.»
Silenzio.
Silenzio.
Silenzio.
Silenzio.
Silenzio.
Silenzio.
Silenzio.
Silenzio.
"Ma quanto ci mette?" Si chiese Spanner grattandosi un orecchio.
Poi, all'improvviso, apparve l'ambita busta gialla.
«E' inconcepibile! Tu, un miserabile grinch di livello 2, sei stato sorteggiato per il famigerato Torneo Trespade?! TU! Come è possibile che tal glorioso fato sia capitato a te e non a me? Come? Ah, maledetto fellone! Mi trovo qui da 457 giorni, eppure giammai tal messaggio mi è apparso! E invece a te... ah, qual sventura, quale affronto, quale audacia! Meriteresti di venir impiccato nella pubblica piazza! Masnadiero! Buzzurro!»
"Torneo Trespade? Senti senti..."
«Oh, un torneo quindi? Molto interessante. Ma temo che ci sia stato un malinteso: non sono io il partecipante, bensì un mio compagno.»
Il giovine andò con la mente all'amico, che come suo solito era da qualche parte senza coscienza e senza capacità di intendere e di volere. E si chiese come avesse potuto esser stato sorteggiato lui, fra milioni di contendenti. Forse era un torneo di idioti? In tal caso, aveva praticamente la vittoria in pugno.
Celermente giunse la risposta.
«Oh! Allor tutto si fa chiaro. Perdona l'aggressione, suppongo tu possa comprendere la frustrazione mia... e dimmi, come si chiama il tuo compare?»
«Guarda, è proprio lì. Quel guerriero stellare simile a te, che si chiama Darkwind Duck, nascosto dietro una roccia. Lo vedi?»
Il guerriero tacque, probabilmente ricercando lo contendente suo, ma appena pochi secondi dopo giunse la risposta.
«Ma è di livello UNO!»
«Ebbene sì. E non ha neanche completato la prima quest, se può interessarti.»
Probabilmente a Spanner sarebbe paciuto fingere noncuranza. Ma lui sapeva che stava andando a solleticare corde sottili; gli erano bastate poche parole, per comprendere la psicologia di Messero, e aizzare gente contro Shoichi era sempre molto diventente. Così poteva correre a salvarlo e dire che era stato tutto merito suo.
Che uomo sagace.
Vide guerriero e Ippogrifo lanciarsi contro Darkwing Duck, senza tuttavia riuscire a colpirlo. Non avrebbe potuto, del resto, perché è risaputo che i personaggi deboli non possono essere attaccati dagli altri personaggi. Era un'agevolazione molto comoda, per uno come Shoichi.
La mente di Spanner cominciò a galoppare a ruota libera, calcolando un'infinità di possibilità, perché, come e quando. Lui era lì, aveva il gioco in mano e un quoziente intellettivo notevole. Senza contare il fatto che fosse libero di agire come meglio gli aggradava, il che era una cosa buona, che non andava sottovalutata.
Il giovine sorrise, e senza tergiversare oltre disconnesse Spappop per impadronirsi del pg di Shoichi, in virtù del libero arbitrio concesso a ciascun essere umano.
Ovviamente, facendo ciò lui non stava dimostrando di essere una persona a tutti gli effetti, ma semplicemente di possedere le doti adatte per simulare la sua presunta appartenenza al genere umano. Il che, anche lui, non guastava affatto.
Mentre Messero stava per lanciare un fendente trasversale al corpo inutilmente muscoloso di Darkwing Duck, esso balzò all'indietro, molleggiando in maniera oltremodo ridicola, e si diede alla fuga sul sentiero che lo avrebbe condotto alla città da cui erano partiti.
E tutto si fece improvvisamente più chiaro.
"Ah, ecco perché Shoichi voleva tornare indietro..." comprese Spanner comodamente accoffolato sul divano, scrutando lo schermo con occhi seri e riflettendo sulle potenzialità del personaggio scelto dal suo coinquilino.
Non era decisamente nello stile di Shoichi, pensò, scegliere un alter ego di tal fattura, tutto muscoli e zero cervello. Semmai, avrebbe dovuto sceglierne uno che non aveva neanche quelli, giusto per aderire maggiormente alla realtà. O al limite, per non sembrare troppo stupido e inesperto, prendere un personaggio di supporto come il suo. Così si sarebbero potuti aiutare a vicenda e passare molte ore di piacevole sollazzo, insieme.
E anche questo non faceva di certo male.
Il pg del guerriero stellare non aveva un'elevata velocità, e quando correva sembrava più un babbuino con la sciatica. Però, come a suo tempo aveva detto Shoichi, aveva un'elevata forza d'attacco e anche una difesa resistente, il che lo rendeva verosimilmente idoneo per... gli assalti frontali?
"Forse, dopotutto, Shoichi potrebbe anche vincere il torneo." Spanner sorrise leggermente compiaciuto, mentre strane elucubrazioni si facevano strada dentro la sua testa. Era il caos organizzato per eccellenza, quello che si agitava sotto la sua calotta biondiccia. Quello stesso caos organizzato che aveva il potere di disintegrare i neuroni dell'amico a metri di distanza, emettendo vibrazioni nocive che condensando davano la luce a una nube tossica e verdina, che fluttuando leggera prendeva a stazionare sul suo testone rosso inviando impulsi mortali per le sue sinapsi. Il tutto, ovviamente, sfoderando la sua migliore faccia inespressiva, che l'Isola di Pasqua in confronto era niente più che un covo di simpatici bricconcelli.
Mentre il giallo ingegnere era perso in siffatte riflessioni, una forma di vita non più in vita che cercava di ritornare in vita aveva intanto sollevato un braccio, tendendolo verso una figura non meglio identificata che esisteva solo nel suo delirio: Shoichi.
Ma và?
"SpannaH gfhewwb" bofonchiò, sbarrando gli occhi con orrore e fissando un soffitto fin troppo conosciuto.
Tese un orecchio alla ricerca di rumori sospetti, e lentamente prese coscienza di un insistente picchettare che gli ricordava molto il rumore che facevano le dita quando premevano i tasti del computer. Anche se la sua mente era ancora provata, non ci mise molto a capirne l'origine.
"SPANNAHaaaha!" gridò, stavolta con più forza, balzando in piedi animato da forze sconosciute e primordiali, e marciando di gran passo verso il soggiorno. "Sp-Spanner! Dove sei, cosa fai?!"
Affacciò dunque all'uscio, scrutando l'interno con fronte aggrottata. Spanner era lì, paciosamente inoffensivo, mentre pigiava sulla tastiera con aria tranzolla. Alzò gli occhi dal portatile, e quando incontrò i suoi sorrise allegramente. "Shoichi, ti sei svegliato! Mi fa piacere."
"... Che stai facendo?"
"Mh?"
"... Perché te l'ho chiesto? Perché..."
Scosse il capo dandosi mentalmente del deficiente e fece per tornarsene da dove era venuto, sfuggendo alla crudele realtà. Quella realtà che non cambiava mai, e che tornava puntualmente a vessarlo ogni qualvolta riemergeva dal suo oceano di oblio.
Eppure... qualcosa lo fermò.
Un momento.
Una lampadina si accese nella tua testa. Una spia rossa, per la precisione. Una di quelle che indica PERICOLO, tanto pericolo, un mare di pericolo, tanto da potercisi fare il bagno.
"SPANNER!"
"Sì?" Domandò, senza alzare il capo che aveva riabbassato vedendo il conquilino incedere lontano da lui.
"Quello... è il mio computer!"
"Questo? Ah, è vero" ammise, smettendo temporaneamente di digitare tasti a una velocità inammissibile per l'occhio umano "ma non credo tu sia nella posizione migliore per dire qualcosa. Sai, la promessa di fare sesso..."
"GYAAA! Non dirlo! Bestia, bestia, bestia! Noooo!" La faccia di Shoichi divenne un pomodoro OGM ed egli cominciò a battere i piedi palmati per terra, lasciando che gli occhali gli scivolassero via dal naso con noncuranza. Spanner lo osservò, impassibile e consapevole del controllo che esercitava su quella giovane mente. E si disse che sì, in fondo poteva coinvolgere anche lui, e che anzi sarebbe stato ancora più divertente.
"Ehi, Shoichi, ho saputo del torneo Trespade. Sto andando a iscriverti" il che non era vero, ma a bluffare in certe occasioni era un maestro incontrastato "così puoi mostrare a tutti la tua potenza."
Silenzio.
"Mfff."
"NON RIDERE!"
"Non sto ridendo."
"Non è vero cazzo, non è vero! Smettila,  smettila, abbi pietà di me, abbi pietà! T-ti ho pure promesso che faremo sesso, come puoi essere cos-"
"Ah? Quindi lo confermi?"
Spanner fu lesto a cogliere l'inghippo in cui Shoichi si stava addetrando con ammirevole ingenuità. E lui non fu altrettanto rapido nel comprendere che quella domanda, indipentemente dalla sua risposta, aveva appena sancito la sua fine.
"N-no! Intendevo dire che-"
"Sei davvero un gran porcone, lo sai? Non ti facevo così... abbietto."
"Non usare parole di cui neanche conosci il significato!" Strillò additandolo, purpureo in volto, ricevendo in risposta quell'inconfondibile sorriso beffardo che lo avrebbe fatto ammalare di ulcera (ora capiva che cosa erano quello fitte allo stomaco che sentiva ogni tanto quando andava in bagno) entro un tempo relativamente breve. Ma si sa, a casa loro il tempo era un concetto così astratto che egli stesso esitava a introdursi nel loro appartamento, un po' come Babbo Natale che non va a trovare chi non crede in lui.
"Non è vero, io so cosa significa abbietto." Ribatté lui calmo, muovendo Darkwing Duck verso la sua destinazione finale.
Shoichi lo osservò, incapace di articolare un solo suono di senso compiuto. Osservò i movimenti delle sue dita, così fluidi e spensierati, e quasi gli venne da piangere. Perché era sempre lui lo sfigato della situazione, e Spanner pareva sempre appena uscito dalla doccia? L'unica cosa che gli mancava era un Martini con l'ombrellino in mano, giusto per fare tendenza, e le differenze fra lui e un direttore di banca molto stronzo si sarebbero ridotte praticamente a zero.
Eppure... Shoichi non si voleva arrendere. Non si era arreso di fronte al mutuo a tasso variabile che gli era stato propinato all'acquisto della loro modesta magione, non lo avrebbe fatto nei confronti del suo losco coinquilino.
Anche se il tasso variabile... brrr, meglio non pensarci.
"Spanner, basta. Voglio intavolare una discussione seria con te." Sentenziò improvvisamente Shoichi, muovendosi con passo apparentemente sicuro verso Spanner "Sono stufo di urlarti contro, non serve a niente e mi stanco soltanto. Ragion per cui, ti invito ad assumere un portamento dignitoso e a rivolgermi un cenno di intesa per concordare con quanto ho appena detto."
"Papera."
Silenzio.
Spanner sollevò gli occhi. "Mi hai chiesto un cenno di intesa, te l'ho dato."
Silenzio.
"..."
"Shoichi?"
"... Basta."
Spanner vide Shoichi ritornarsene da dove era venuto, serrando i piccoli pugni e mordendosi il labbro inferiore con stizza infantile. Quando scomparve nell'oscuro corridoio, dapprima Pannocchio si limitò a fare spallucce e a continuare la sua fuga verso la città di partenza (dove, tra le altre cose, avrebbe dovuto nuovamente chiedere delucidazioni a qualcuno), ma una sottile sensazione di fastidio non gli permise di concentrarsi.
"Mh..." Mugugnò, prima di posare il computer sul divano e dirigersi nella direzione in cui si era immesso Shoichi. Nel frattempo Messero, che non aveva smesso un secondo di inseguirlo, gli fu addosso e cominciò a menar fendenti per l'aria, mentre la schermata si ingolfava di buste gialle che sarebbero rimaste chiuse a lungo.
Fece un passo nel corridodio e tese un orecchio. Nessun suono giunse in sua risposta, il che lo convinse a muoversi con estrema cautela in direzione della cucina, finché...


«Gyahahau»




... una risata inquientante non fendette l'aria intorno a lui.
"Shoichi?" Chiamo, prudente.

«Non voglio più essere il~tuo~zimbello ♫, non voglio più che mi esploda~il~cervello ♫ quindi adesso, con piano ardimento~so, farò di te un...» lo sentì cantare da dentro la cucina, con voce metallica che di umano non aveva più nulla, mentre impugnava un coltello e sminuzzava una cipolla.
Spanner capì tutto in un istante e soffocò una risata ardimentosa che avrebbe prudentemente conservato per dopo.
Dopo.
"Shoich- mfff" si affacciò alla porta, ma quando lo vide, gli occhi sgranati a fissare il nulla, la bocca distorta in un ghigno pietoso e i capelli gonfi come se avesse la permanente, si mise una mano sulle labbra e represse un moto così ilare che fu costretto a tornarsene da dove era venuto per non perire di divertimento sagace.
Ma Shoichi si accorse della sua presenza, e sempre con quell'atteggiamento folle si voltò verso di lui e disse "Spaaa~nner, coinquilino del mio cuore! Dove pensi di andare?"
"Così, mi faccio un giro... mfff"
"Ah? Stai forse ridendo di me~?" suggerì con aria festosamente macabra, avvicinandosi verso di lui tenendo stretto in pugno l'utensile da cucina.
"Ma chi, io? Mfff"
Silenzio.
"E questa, cosa sarebbe?"
"L'abbreviativo di «ma figurati»" spiegò Spanner, improvvisamente serio.
Shoichi inarcò un sopracciglio. "Davvero?"
"Sì, davvero. Pensi che mentirei su un punto così importante?"
La follia di Shoichi sembrò ritrarsi per un istante, e la solita espressione addolorata fece capolino oltre i suoi occhiali, umida e triste. Ma fu un istante, appunto, e la pazzia tornò ad adombrargli il viso senza scampo alcuno.
"Bugiardo." Mormorò, funereo "Tu... ti prendi gioco di meee
eeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee..."
Come un palloncino che si scontra contro un cactus, il principio di grido venne smorzato come un soffio crudele, mentre Shoichi smarriva per sempre la sua integrità e cominciava ad abbattersi su Spanner tendendo il coltello a mo' di arma. Lo era già di suo, effettivamente, ma in mano sua tutto tendeva ad assumere i valori di attacco di un orso di pezza.
Sfortunatamente, Shoichi dimenticava sempre di essere una papera. Pertanto, il suo arrembaggio non durò che una manciata di secondi, e si risolse con la caduta di quest'ultimo sul pavimento, mentre la posata scivolava sul parquet andando a rintanarsi sotto il forno, atterrita come lui e più di lui.
"Touchdown, Shoichi."
"TU!" Sibilò con la faccia a terra, a tu per tu con una molecola di polvere "Sei insopportabile! Inconcepibile! Indefinibile! In..."
"Innamorato?" Suggerì lui roteando gli occhi verso lidi lontani. Il ragazzo si strozzò con la sua saliva e si alzò, incredibilmente si alzò, brandendo la sua dignità a due mani e sbuzzurrando parole oltremodo buzzurre.
Buzzurro. Senza motivo apparente, tale parola prese a tormentare la sua materia cerebrale spingendolo sempre più in fondo a un baratro di cui aveva dimenticato la profondità.
"Non farmi ridere, asino che non sei altro! Mostro! Alieno! D-da dove vieni per la miseria, da Marte? Plutone? Qualche pianeta sconosciuto?!"
"Shoichi, calmati, ricorda sempre la tua omeopatia."
"Io non ho la omeopatia, Spanner!"
"Davvero? Ma tu pensa..."
"Smettila di prendermi in giro, maledizione! Cosa ti ho fatto di male, cosa? COSA?!"
"Ma niente Shoichi, davvero, è solo un mal-"
"Aaaah, la mia testa! La mia povera testa, sta per esplodermi! Lo sento, sta per esplodermi! Guarda, guardala come si gonfia! Ma chi sei tu, chi sei?! Da dove vieni?! Non sei di questo mondo, non lo sei! NON LO SEI!"
"Shoichi, sto cominciando a preoccuparmi" gli fece notare Spanner, nonostante la sua espressione tradisse un menefreghismo notevole.
"Preoccuparti, tu? Sono ANNI che mi bistratti, capisci Spanner, ANNI! Non mesi, non settimane, non giorni! ANNI!"
"Avresti dovuto mettere i casi nell'ordine inverso a quello da te proposto."
Silenzio.
"Dov'è il coltello? Datemi il coltello, datemelo! Ora!"
"«Datemelo»? Guarda che in questa casa ci abitiamo solo noi due, Shoichi..."
"LO SO CAZZO! Altrimenti pensi che griderei in questo modo?! Voglio un giudice per la miseria, voglio un giudice! Chiamate Phoenix Wright, è un ordine! Un ordine!"
"Ma Phoenix Wright..." azzardò grattandosi la testa "... non era un avvocato?"
Silenzio.
"Datemi un avvocato!!!"
"Vuoi che chiami Azzeccagarbugli? Anziché pagarlo con un pollo, lo paghiamo con una pap..."
"TACI TU!" Vociò piroettando su se stesso e ricadendo sul pavimento con un brutto tonfo, salvo poi rialzarsi dolorante e sgambettare a destra e a manca come se avesse un vespone nelle mutande.
Cosa impedisse a Spanner di ridergli apertamente in faccia, non lo sapeva neppure lui. Eppure, la voglia non gli mancava di certo.
E nemmeno il pretesto.
"Shoichi" tentò allora l'ameno coinquilino "perché non andiamo di là, a partecipare al torneo a cui sei stato invitato?"
L'amico lo fissò come se gli occhi fossero in procinto di scoppiargli, e spalancò la bocca rivelando le sue turgide tonsille rosse, quelle che sembravano due grosse ciliegione mature. Spanner deglutì, guardandole. Gli facevano sempre uno strano effetto.
"Come puoi parlare al singolare e poi al plurale con tanta leggerezza? Come? Se sono stato invitato io, come facciamo a partecipare in due?!" Si sporse verso di lui come a ghermirlo, e ovviamente Spanner non si sporse di un millimetro. Quando Shoichi era prossimo a toccare il suo pigiama da carcerato, un salvavita si attivò nel suo cervello e lui arretrò, prudentemente, nascondendosi in qualche modo dietro il riflesso degli occhiali, sue uniche alleate in quel mondo colmo di dolore.
"Shoichi, le tue lenti mi consentono di vedere perfettamente la tua espressione."
O forse no.
"Tu!" Lo additò, tremando e gridando "in virtù di quale forza malefica riesci a sovvertire le leggi della fisica? Sei sempre stato così Spanner, da quando ti conosco! Undici anni a cercare di capire quale influenza avesse il tuo corpo sul sistema solare, undici a osservarti spasmodicamente alla ricerca di un perché, undici anni! E nonostante ciò, non ho ancora capito come fai!! Sconvolgi il mondo ogni giorno che passa, gli agenti atmosferici ti fanno un baffo, il tempo ha PAURA di te! Il tuo ciuffo sfida la forza di gravità con una presunzione che ha del fantascientifico, e poi, e poi..." La sua protesta si esaurì lentamente, lasciandolo senza forze "... e poi, spiegami perché sono ancora qui con te. Spiegami perché nonostante non abbia più un solo neurone che non risenta della tua presenza, io continuo a vivere qui, con te. Spiegamelo!" Terminò dunque il suo sproloquio, ansimando leggermente, mentre Spanner lo osservava senza mutare espressione, con la bocca che formava una perfetta linea retta.
Dopo circa quattro o cinque secondi, quella line aretta si spezzò, andando a creare un sorriso che Shoichi stentò a riconoscere come suo.
"Come sei affettuoso, Shoichi, mi scaldi il cuore" e lo fissò, senza smettere di sorridere, senza sbattere le palpebre, come se volesse trapassarlo da parte a parte. Shoichi si impaurì, ma cercò di non entrare nel panico e si aggiustò la montatura degli occhiali per cercare di darsi un contegno.
"N-non capisco dove la vedi, tu, questa affettuosità..." Mormorò, sfuggendo al suo sguardo.
"Mi hai osservato per undici anni, sono... onorato, ecco. Grazie..." Spanner aveva intanto cominciato a incedere pericolosamente verso di lui, mentre nelle sue pupille turchesi brillava una scintilla di dubbia natura. Tese le braccia davanti a sé, e quando fu in prossimità del testone rosso del coinquilino, lo avvolse in un abbraccio riappacificatore e se lo portò al petto, cullandolo. "Ti voglio bene, Shoichi."
Il suddetto avvampò di colpo, sentendo il cuore pompare sangue come un forsennato, e cominciò ad agitarsi freneticamente. "Waa! Spanner, che fai? Lasciami!"
Ma lui non mollava la presa. "No, non voglio", disse, e Shoichi si imbarazzò ancora di più. Ma, non sapendo cosa fare, semplicemente non fece nulla e lo lasciò fare, placando immediatamente ogni impeto di violenza nei suoi confronti.
"S-stupido Spanner..." Balbettò chiudendo gli occhi, con la sensazione che presto avrebbe scontato tutto quel calore che lo stava avvolgendo.
Però, in quel momento, bearsene non costava nulla. E decise che sì, per una volta ritornare ai «vecchi tempi» - anche se solo per finta, anche se poi lo avrebbe ingannato, anche se poi si sarebbe disperato fino a vomitare l'anima - lo avrebbe fatto sentire... bene.
"Però, la promessa che mi hai fatto è ancora valida."
"Noooooo!"
Ma il conto era già arrivato, più celere del previsto.












Note dell'autrice: dopo quasi una settimana di pausa, ecco che ritorno con il capitolo 41 (?). Che bello, direte voi! Ma anche no, perché il capitolo non mi piace, non succede nulla, come al solito, e io tergiverso çAç non lo faccio apposta, questi due si scrivono da soli >_> non è colpa mia <_< *se ne lava le mani*
Comunque... questo capitolo lo "dedico" a Milli, è il primo che leggerà dopo la maratona che si è fatta in questi giorni, quindi è speciale. Sentito, scimmia? Bleeew >:P (?) Aww <3
Come sempre, grazie a tutti quelli che leggono. Grazie infininte. :)
PS: i prossimi capitolo saranno più veloci, promesso! u_u



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Capitolo 42
*** Perché Shoichi vale ***


c42 Dopo che Shoichi era stato bistrattato a dovere, con conseguente fusione delle sue sinapsi, e si era avvicinato un po' di più alla morte, Spanner aveva deciso che era abbastanza, e aveva dunque proposto al degno compare di tornare in soggiorno per dedicarsi attivamente al gioco più fantasmagorico di tutti i tempi: Epic Days.
"Ma guarda, Messero è ancora lì." Disse Spanner, quando da lontano scorse la figura del guerriero avventarsi con furia cieca su Darkwing Duck.
"Chi?" Shoichi lo guardò, senza capire, ma la sua mente aveva già cominciato ad evocare immagini preoccupanti che lo spinsero a deglutire a vuoto.
"Messero, il giocatore a cui ho chiesto informazioni" spiegò lui, chiarissimo "aspetto che gli scrivo due paroline..."
"NO!" Shoichi prese la mano di Spanner e la trattenne, fissandolo corrucciato. "No. Per favore, lascia stare!"
Non avrebbe permesso a qualche insano di mente di distruggere il suo cervello, non di nuovo. Per Spanner, ogni scusa era buona per mandare in cortocircuito le sue stanche sinapsi: doveva impedirgli di trovare benzina da gettare sul fuoco.
"Ma... Shoichi, è da 17 minuti che tenta di assaltarti, qualcosa bisognerà pur dirgliela. No?"
Il coinquilino scosse energicamente il capo, e Spanner sospirò. Con un movimento gentile del braccio tentò di sciogliere la presa di Shoichi, ma non ci riuscì, e le dita di lui continuavano strenuamente ad aggrapparsi alle sue, quasi come se fossero spaventate.
In realtà, lui lo sapeva, più che essere spaventato Shoichi era traumatizzato: gliene accadevano sempre di tutti i colori, era naturale che si sentisse male in quel modo, che cominciasse a gridare, disperarsi, tentare di ucciderlo.
Normale, si disse. E la colpa, lo ammise, era principalmente sua.
Certo, il suo amico rossiccio aveva una psiche fragile, che andava in pezzi con niente - per Spanner, quelle forme di violenza psicologica erano per l'appunto niente, la maggior parte delle volte, segno che un possibile peggio sarebbe ancora dovuto arrivare - , ma lui aveva il sacrosanto dovere di non abusare di lui.
In nessun senso.
Il giovine sorrise, e gli pattò il testone rosso con la mano libera. Shoichi mugolò qualcosa di buzzurroso, e gli lasciò la mano, lasciandosi catturare da quell'effusione di affetto che riusciva in parte a riscattare tutte le angherie subite nel tempo.
Tuttavia... qualcosa non andò per il verso giusto.
"Un momento..."
"Mfff." Notando che stava finalmente cominciando a realizzare qualcosa, Spanner si allontanò da lui di tre passi, mentre tentava di soffocare una risata, l'ennesima. Non la soffocò per educazione, di cui aveva una conoscenza piuttosto distorta, bensì perché non voleva causare altri sconquassi nel coinquilino, che molto probabilmente stava cercando di cogliere quel sottile inganno che si era celato nelle sue parole, non senza un certo sforzo.
"Spanner... hai detto assaltarti?"
"Mh."
Shoichi lo fissò, mentre gli occhiali, rifiutandosi di mettere a fuoco la sua immagine, scivolavano inquieti sulla punta nel naso. Neanche se li volle raddrizzare, Shoichi, tanta era la concentrazione assassina che stava riversando in quello sguardo, che ovviamente negli occhi altrui si traduceva in niente più che un leggero prurito alla prostata.
"Che. Cosa. Hai. Fatto." Sillabò, improvvisamente paonazzo, mentre strane immagini si facevano strada neurone dopo neurone, traumatizzandoli senza pietà.
Eccolo lì, il piano di Spanner: perfettamente andato a segno.
Come sempre, del resto.
"Niente", rispose, fissandolo con un sorrisetto simpatico e beffardo che ottenne solo di provocare in lui un principio di schizzofrenia.
"Sp-Spanner... n-non mi avrai mica messo contro qualcuno, vero?"
Silenzio.
Spanner fissò Shoichi, indeciso sulla risposta da dare. Avrebbe potuto dirgli di sì, così lo avrebbe visto sclerare fino a ridursi a una pantofola usata, salvo poi rinascere dalle sue cenere impaperando l'intero appartamento e seminando piume rosse per tutta la casa, piume che lui avrebbe in seguito venduto su eBay spacciandole per penne di fenice, contento del fatto che nessuno potesse vedere realmente da quale strano volatile esse provenivano.
Ovviamente, tale discorso era puramente teorico, perché né il rossiccio individuo lì presente era davvero una papera, né lui avrebbe, in ogni caso, venduto le sue piume su eBay. Se le sarebbe tenute, piuttosto, per usarle selvaggiamente a proprio uso e consumo.
Oppure avrebbe potuto rispondere con un no secco e deciso - si fa per dire - , aggiungendo poi qualche frase a effetto per farlo cadere ai suoi piedi atteggiandosi a Leonida della situazione, com'era giusto che fosse.
"Selvaggina." Disse invece, che non c'entrava niente con la domanda posta da Shoichi, e neanche con il ragionamento appena compiuto, ma era bella a pensarsi e dunque a dirsi.
Lui lo guardò con tanto d'occhi. "EH?!"
"No, niente, riflettevo sul fatto che sei diventato selvaggina per Messero" spiegò, consapevole del fatto che più che una delucidazione la sua era una vangata psicologica nella nuca, che aveva il solo scopo di rintontirlo.
No, proprio non ce la faceva a lasciarlo in pace.
Eppure... Shoichi dovette scorgere in quella frase una parvenza di normalità - si accontentava di poco, ormai - , perché ritornò al suo stato brado e si grattò la fronte, respirando pesantemente come se volesse incanalare più ossigeno possibile. "Quindi sei stato tu, dico bene?"
Il suo tono fu inaspettatamente moderato, e Spanner se ne rallegrò, tutto sommato, perché era bello dialogare senza grida ogni tanto.
Per farlo delirare c'era sempre tempo, si disse.
Annuì, dunque, non mostrando segni di pentimento. Shoichi lo fissò, con un'espressione indecifrabile, per alcuni secondi.
"Aaah, che scocciatura!" Esclamò infine, contro ogni pronostico, andandosi a incuneare sul divano "Bene, torniamo da dove siamo venuti... ah, ecco! Mi hai messo sulla strada giusta, grazie Spanner!" e si posò il portatile sulle esili gambe, muovendosi lungo il sentiero in cui l'aveva immesso il coinquilino. Dopo poco, Spanner lo seguì, sedendosi accanto a lui e sbirciando sul monitor, vagamente perplesso.
"Stai ignorando quei messaggi?" Gli chiese, sorpreso che non li aprisse.
"Non mi interessano" lo liquidò lui, sguardo fisso sulla schermata, riflesso che si specchiava nelle sue lenti e perfetta sincronia con ogni movimento delle dita, che si muovevano furiosamente - eppure con singolare bellezza - sulla tastiera, nonostante gli sarebbe bastato semplicemente tenere pigiata la freccietta che andava avanti.
Era appena avvenuta... una metamorfosi. In quanto? Una decina di istanti? E quando? Quando la sua mano era entrata a contatto con il la tastiera del computer?
Spanner sgranò gli occhi quando si rese conto della mutazione che si era appena verificata. Qualcosa di semplicemente straordinario, che non vedeva da anni, e che in quel momento si era presentata davanti ai suoi occhi con un tempismo che aveva dell'incredibile, tanto era poco azzeccato e improvviso.
Gli punzecchiò la spalla con un dito, quasi con riverenza. Ma egli non si mosse.
"Shoichi?" Chiamò allora, con la voce che quasi gli tremava per l'emozione.
"Cosa?" Chiese di rimando l'altro, con espressione perfettamente concentrata e imperturbabile. Persino Darkwing Duck sembrava andare, non si sapeva né come né perché, più veloce rispetto a quando lo aveva manovrato lui.
Spanner sorrise come un ebete, mentre le sue iridi azzurre mandavano sprazzi di luce fluorescente, tanta era la contentezza per l'avvenimento.
Finalmente... l'aveva mostrato.
E il potenziale nerd di Shoichi si rivelò in tutta la sua cosmica potenza.

*

"Dove scappi, masnadiero?!"
"E' stato un incidente!"
Riavutasi dal trauma che l'aveva gettata in un oceano di orrori in stile splatter, zia Spanny stava inseguendo il briccone che aveva osato rubare a sua figlia il primo bacio, sparando proiettili che avevano il compito di ferirlo non mortalmente, ma quel tanto che bastava da lasciarlo arrancare per terra, tendendo una mano verso un cellulare che, inquadrato dapprima in secondo e poi in primo piano, sarebbe stato distrutto dal suo mortale tacco a spillo.
Perché a Niu Iourk è così che andavano le cose, e potevi solo sperare di avere tu il coltello dalla parte del manico.
O del fodero, in questo caso.
Un altro colpo partì dalla magnum sottratta al cadavere dell'ispettore Bran, che gli sfiorò la guancia, costringendolo a lanciarsi dentro un bidone della spazzatura per sfuggire alle sue grinfie mortali.
"Dove sei, porco?! Esci fuori!"
Dart Fener tremò, mentre la spazzatura partecipava al suo sgomento.
Ripensò al bacio che era appena avvenuto fra lui e quella ragazza bionda, e arrossì violentemente. Perché gli aveva fatto quell'effetto? Non gli era mai capitato, in tanti anni, di provare una cosa simile. Eppure, non era la prima volta che faceva il cosplayer, né che ne vedesse uno.
Ma mai nessuno era stato così simile a... lei.
"Sumika-chan..." mormorò, sentendo un improvviso calore impossessarsi di lui.
Tal sussurrò non sfuggì alle orecchie di Spanny, che fece partire un colpo in quella direzione, facendo tremare il barile dentro il quale il ragazzo si era nascosto.
"Sei lì dentro, bestiaccia? Esci fuori e combatti!" Gli intimò la donna, marciando verso di lui, mentre Niu Iourk assisteva a quella violenza scuotendo i grattacieli.
Normale amministrazione, per una città come lei.
Un altro proiettile, e il barile cadde per terra rivelandone il suo misero contenuto. Il giovine era lì, con la tutina nera aderente sporca di pattume e i capelli castani che gli impreziosivano il viso contornandolo di residui alimentari di varia natura. Quando vide la canna della pistola fumare, rotolò fino a schiantarsi al muro, e tese le braccia scuotendole, per discolparsi da qualunque accusa. "Pietà!", strillò, con quanta virilità avesse in corpo.
La donna lo fissò, inarcando un sopracciglio rifatto, e abbassò l'arma mossa a compassione. Incedette verso di lui, mentre i tacchi rimbombavano per i vicoli di quella città senza leggi, e quando gli fu davanti lo afferrò per il colletto e gli soffiò in faccia parole adirate.
"Qual è il tuo nome?" Domandò, pronta a distruggerlo.
Lui deglutì. "Bryan, s-signora... Bryan Dudley..."
"... Promosso."
Spanny lasciò improvvisamente la presa, e Buraian v.2 cadde per terra con un tonfo chiassoso. Si massaggiò il sedere e la guardò, senza capire. "P-promosso?"
"Esatto." Di colpo, Spanny aveva un sigaro cubano in mano e lo stava fumando beatamente, come se da ore non avesse fatto altro. Il come, il quando e il perché, erano un mistero. Un mistero che era destinato a rimanere irrisolto.
Perché, ricordate, i buffoni non svelano mai i loro trucchi.
"E... questo cosa significa?"
"Che ti perdono per aver baciato mia figlia" rispose lei, aspirando fumo dentro i polmoni "e che dovrai lottare per conquistare il suo cuore."
Il giovine sfortunato la guardò, senza ben capire cosa stesse dicendo. "Ehm, e questo cosa si-"
Spanny gli fu addosso in una manciata di secondi, sovrastandolo e guardandolo negli occhi con sguardo truce. "Devi liberarti del tuo raibaru, Buraian!" Sbraitò "Devi uccidere Irie Shoichi!"
Silenzio.
Il ragazzo sgranò le pupille, incredulo. "I-Irie Shoichi? QUEL Irie Shoichi?!" La sua espressione si animò di un entusiasmo incontenibile. Sì alzò di colpo, stringendo i pugni al petto e fissando la strana donna con le iridi ambrate che mandavano fasci di luce psichedelica verso di lei.
Spiazzata da quella reazione esaltata, zia Spanny arretrò di un passo, inarcando anche l'altro sopracciglio, che però non era rifatto. "Conosci tal giovine?"
"Chi non conosce Irie Shoichi!?" Proseguì quello, perso nel suo eccitato delirio "Non è stato lui quello che si è laureato alla prestigiosa università di Tokyo con il massimo dei voti? Sì! Lui e quell'altro... quello biondo, com'è che si chiamava... Spank, forse?"
"E' SPANNER, IMBECILLE!"
"A-ah! Mi dispiace, mi scusi!"
"... Tsè... sbagliare così il nome di mio nipote!" Vociò lei, puntandogli nuovamente la pistola alla tempia "Però il nome di quell'essere primordiale e crudele non lo sbaglia mai nessuno!"
Nella sua voce vibrava una nota di puro dolore ziesco, che poco aveva a che fare con la follia che l'aveva accecata pochi minuti prima.
Perché lei, davvero, non aveva idea di come le cose andassero in Giappone, ed era fermamente convinta che suo nipote fosse un martire e Shoichi il carnefice. E se l'era immaginato più volte, mentre vestito da dottore trovava ogni scusa per ascoltare i battiti cardiaci del suo pene, e magari di esplorare altri lidi ignoti e proibiti che avrebbero dovuto rimaner tali, ma che Spanner, fidandosi ciecamente di lui e riponando in tal rosso ragazzo una grande fiducia, gli avrebbe mostrato senza alcuna esitazione.
Mai interpretazione fu più lontana dalla verità, ma lei questo non poteva saperlo, e ci si crogiolava liberamente in quel pensiero, fremendo di rabbia ogni volta che la sua fantasia la spingeva sempre un po' più in là di dove avrebbe voluto arrivare.
Buraian avrebbe voluto ribattere, animato dalla grande ammirazione che provava verso quello che, per lui, era il genio incontrastato dell'ingegneria meccanica e aero-spaziale, ma la prudenza glielo impedì.
E l'immagine di Spannera gli apparve nella mente, e il suo cuore perse un battito. Davvero il suo idolo aveva a che fare con la gentil fanciulla che gli aveva rubato l'anima? Con quella ragazza che era la cosplayer perfetta di Sumiko-chan, il suo personaggio preferito del suo eroge preferito?
"Ehm, dove si trova in questo momento Irie Shoichi?" Chiese dunque, cercando di distrarre quella che sembrava verosimilmente una mamma impazzita.
"Ah!" Esclamò lei alzando le braccia al cielo "Quel buffone si trova in Giappone, in questo momento! Con mio nipote, maledizione a lui!" Si morse il labbro inferiore per non dire di peggio, mentre Buraian veniva posseduto da un forte senso di depressione.
"Ah..." Mormorò, triste "E io che speravo fosse qui..."
"MA CI ARRIVERA'!" Berciò, lanciando la pistola in aria e sbattendo un tacco per terra "Eccome se ci arriverà! Ce lo trascinerò io a forza, a New York, e prima che possa rendersene conto gli avrò fatto bere il mio coktail letale fatto di succo al pomodoro e foglie di lattuga! AHAHAHAHAHAHAH!"
E mentre zia Spanny si abbandonava alla follia, muaheggiando con le braccia tese a mo' di rami, il ragazzo dietro di lei si chiedeva che cosa volessero dire le sue parole. E se da un lato temette per l'incolumità di Irie Shoichi, dall'altro non poteva pensare di avere a che fare con un siffatto rivale in amore, e che presto o tardi avrebbe dovuto prendere una decisione.
Dal punto di vista prettamente spannystico, era davvero interessante osservare come, nonostante non molto tempo prima avesse apertamente dichiarato di aver escogitato un modo per farla pagare a quel ragazzetto efebico, quella donna non avesse in realtà uno straccio di idea, e che tutto verteva solo ed esclusivamente sulla cosa che a Spanny riusciva meglio: il bluff.
Eppure, non avrebbe mai immaginato che il suo desiderio si sarebbe presto avverato...

*

"Per te, Shoichi."
"Spanner? Ma sono le 6 del mattino!"
"Ah, vero."
Silenzio.
"Per te, Shoichi."
Il ragazzo sospirò, tendendo le mani verso quello che senza occhiali sembrava un pacco. "Che cosa è? La tua collezione di molecole d'aria?"
Spanner sorrise sornione. "Aprilo e lo scoprirai."
Shoichi prese in mano la scatola quadrata, strizzando gli occhi per capire bene di cosa si trattasse, mentre il sonno gli annebbiava ancora i neuroncelli, che stavano stiracchiando i loro piccoli dendriti e preparandosi a una nuova, entusiasmante giornata all'insegna della robotica.
O forse no, perché adesso che si erano laureati, forse gli sarebbe convenuto cercarsi un lavoro.
Lontano da Spanner, si disse immediatamente.
Il più lontano possibile.
"Aspetta che non ci vedo, vado a prendere gli occ-" ma non fece in tempo a finire la frase, perché delle dita gentili gli avevano sfiorato le orecchie, posizionandovici sopra due stanghette verdi che reggevano due lenti calibrate esattamente per la sua miopia.
Shoichi arrossì violentemente, quando mettendo a fuoco l'ambiente circostante vide il volto sorridente di Spanner, che lo fissava con due occhi turchesi e sereni.
"B-buongiorno..." Mormorò, pensando che non si erano neppure salutati, e che lui aveva aperto la borta sbraitando.
"'Giorno" ricambiò lui "dai, che aspetti? Aprilo, adesso ci vedi."
"Eh, sì, un attimo!" Protestò lui, rimuovendo lo scotch che teneva insieme le due estremità di cartone. "E poi, aspetta un secondo... questi occhiali da dove li hai presi?"
"Quelli che ti ho appena dato? Li ho fatti io" rispose l'altro, guardandosi intorno con noncuranza.
Shoichi tacque, confuso. E non è che l'orario gli fosse di grande aiuto, ragion per cui si limitò a scuotere il capo, riservandosi di riprendere il discorso in un altro momento.
Aprì dunque il pacco, e quel che vi trovò all'interno dapprima non gli disse nulla, poi gli sconquassò completamente cuore e cervello. Perché, nonostante in quel momento fosse potenzialmente stupido e indifeso, riuscì a connettere il fatto di trovarsi davanti Spanner e un paio di chiavi con il discorso fatto il giorno prima, seduti in quel bar, mentre lui arrossiva e si agitava come... sì, un idiota.
"Spanner! Q-queste sono... chiavi!"
"Sì" disse Spanner, annuendo energicamente "sono le chiavi di casa mia." Precisò poi, con scarsa enfasi.
Shoichi avvampò, cadendo quasi all'indietro sul pavimento, mentre la sua bocca tremava nel tentativo di articolare un suono che avesse senso. "M-m-m-ma perché... ora, così... a-all'improvviso... casa tua... S-Spanner!" Ansimò, scosso e imbarazzatissimo.
Spanner ridacchiò sotto i baffi e gli pose una mano sulla spalla. "Quando vuoi, Shoichi, la mia porta è sempre aperta." E pronunciate queste parole, il biondo ragazzo trotterellò pacificamente verso l'orizzonte, sul quale pigro sorgeva il sole.
E Shoichi lo guardò allontanarsi, rosso in volto, finché non scomparve come un miraggio. E si chiese se non fosse stato tutto un sogno, o un'allucinazione, dato che la situazione aveva dell'incongruo e anche del (velatamente) ridicolo.
Quando, però, strinse in mano quelle chiavi, comprese che non stava affatto sognando. E tremò, purpureo in volto, mormorando ingiurie modeste ai suoi danni.
"S-stupido Spanner..."










Note dell'autrice: spinta dall'invidia, perché qui sul fandom si aggiorna più presto di me ormai, mi decido a pubblicare il capitolo 42, eeeh! *festa delle scimmie* ò_ò ormai non sto più qui a dire che non mi piace e bla bla bla, giudicate da voi xD spero comunque che vi sia piaciuto, come sempre. :)
Dedico questo capitolo a Matochuff, cara fanciulla <3 scusami se non è alla tua altezza! çAç
Grazie come sempre a tutti quelli che leggono, preferiscono e seguono, ma soprattutto che recensiscono. Io adoro i vostri pareri, mi scaldano il cuore, non smetterò mai di dirvi grazie çAç grazie ragazze >_< E quanto mi farebbe piacere che commentasse anche qualcun altro che legge silenziosamente e basta TwT il mio desiderio verrà mai esaudito? MISTERO. ò_ò (?)
Salutino speciale ad Ari-chan <3 grazie per l'immagine, donna! òAò/
PS: essendo uscita la patch del quarto episodio di Umineko potrei ritardare di brutto con la scrittura ò_ò perdonami, ma... Umineko è Umineko. <3


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Capitolo 43
*** Costruire, distruggere, ricostruire ***


c43 Quando Shoichi entrava in modalità nerd, le cose erano sempre un po' più facili, ma un po' meno divertenti.
Stava lì, a fissare intensamente il monitor, quasi al mondo non ci fosse altro, e in breve tempo era ritornato alla città di partenza, parlato con il consigliere comunale, fattosi consegnare l'invito ufficiale e rimasto in attesa della sua prima missione o di qualsivoglia istruzione.
E Spanner non aveva fatto altro che osservarlo. Per tutto il tempo.
"Shoichi" esordì lui ad un certo punto, quasi con deferenza "va tutto bene?"
"Benissimo, Spanner" rispose lui, con un tono leggermente diverso dal solito. Non era la sua solita vocina graziosa e imbarazzata,
e neppure quel tono di voce che sprizzava stizza infantile e guardinga, quasi temesse da un momento all'altro una parola cattiva a suo indirizzo, che lo avrebbe inevitabilmente ferito; era quella gentilezza che si esprimeva attraverso un equilibrio raggiunto con garbo, con naturalezza, che rendeva le sue parole serie e composte, e allo stesso tempo calorose. 
A Spanner tornò in mente il tempo dell'università, e si accorse - non senza un certo stupore - di rimpiangerlo un poco. Certo, era oltremodo divertente provocare il suo coinquilino fino alla sfinimento: però, anche riuscire ad avere un dialogo normale con lui, ogni tanto, non era cosa da poco. Gli era mancato, sì, gli era mancato molto. E quasi temette di non ricordarsi più come si faceva, a intrattenere una conversazione tranquilla. La sua testa si era fatta parzialmente bianca, cosa che lo stupì abbastanza, ma poiché in quel momento Shoichi gli sembrava quanto mai compassato e padrone di sé, lui non volle essere da meno.
"Ti serve una mano?" Domandò quindi, in cerca di una modesta approvazione.
"Sì" rispose lui, sorridendo "ti ringrazio, Spanner. Prendi il tuo pg e seguimi, anche se..." si aggiustò le lenti sugli occhiali, arrossendo tiepidamente "non riesco a immaginare cosa potrò combinare, io, al livello uno."
Spanner lo vide, mentre ammetteva senza crisi isteriche o urla rabbiose il suo svantaggio. Lo vide, mentre gli si imporporavano le guance, mostrando un modesto imbarazzo che però avrebbe combattutto con impegno e abilità, come lui sapeva fare. Lo vide, quando Shoichi si voltò verso di lui e lo guardò, con quegli occhi verdi, come se si aspettasse di ricevere il suo aiuto, in una muta richiesta di appoggio.
Sì, lui vide tutto questo. E qualcosa nella sua mente scattò con la violenza di una molla.
"Shoichi..." mormorò, prima di balzargli addosso e abbracciarlo così forte che il computer quasi gli scivolò dalle gambe, e per poco non finì per terra.
"Sp-Spanner!" Ansimò lui "C-che combini?!"
Dapprima, il giovine non rispose. Solo qualche secondo dopo la stretta si allentò, e lui si staccò guardandolo dritto negli occhi, con le gote leggermente arrossate. Spostò lentamente il suo sguardo verso le mani, che ancora stringevano il suo pigiama, e poi lo riportò sul coinquilino, che lo fissava paonazzo, la bocca tremante e gli occhiali di traverso.
"... Non sei arrabbiato", disse, ma la sua fu più una constatazione che una domanda. Shoichi, tuttavia, la intese come tale, e rispose di conseguenza.
"N-no" fece, distogliendo lo sguardo "non lo sono, ma... perché l'hai fatto?"
"Non lo so" ammise Spanner, ma dal suo tono di voce era evidente che non si stava ponendo troppi problemi in proposito.
E sembrava... contento. Molto contento.
"Posso abbracciarti di nuovo?" Gli domandò, innocente.
Shoichi aprì la bocca, storcendola in una smorfia di vergogna, ma non si oppose e annuì docilmente.
Spanner sorrise felicemente e lo strinse di nuovo a sé, chiuse gli occhi e si beò del calore che emanava quel corpicino tremante di bollori di dubbia interpretazione. Lo sentì tremare, e in un istante realizzò quale dramma si dovesse star agitando dentro di lui in quel momento: ricambiare o non ricambiare?
Indubbiamente, Spanner voleva essere ricambiato. Non solo perché ne avrebbe tratto un gran piacere, ma anche perché, in un certo senso, gli avrebbe permesso di tornare con la mente a quel felice periodo di tanti anni prima, il periodo universitario, che era stato il più bello della loro vita.
E ogni tanto capitava di pensarci, a quel tempo sereno in cui sembrava che tutti i loro desideri potessero avverarsi in un battito di ciglia. E forse, era un po' triste rendersi conto che pochi di questi si erano realizzati.
Pur essendo, con ogni probabilità, i più importanti di tutti.
"Ehi, Shoichi..."
"Mh?" Mormorò l'altro, ancora tremante, mentre con una mano teneva il pc sulle cosce e con l'altra - la vide chiaramente - andava a cercare a tentoni qualcosa a cui aggrapparsi. Gli fece tenerezza, quella manina vagabonda, e per questa ragione gliela strinse affettuosamente, facendolo sussultare, ma senza che protestasse in alcun modo.
"Ci pensi mai al periodo universitario?" Gli domandò, con un tono pacato, che sembrava riferirsi a qualcosa di molto, molto lontano.
"Eh?" Lui lo guardò, e vide i suoi occhi osservare un punto indefinito, oltre quello che la semplice vista poteva cogliere. E di colpo, l'immagine di loro due mentre seduti sopra una panchina disegnavano strani prototipi che avrebbero causato l'estasi o l'orrore dei loro professori lo sovrastò, e qualcosa di tiepido e dolce gli sfiorò il cuore con talmente tanta grazia e talmente tanta gentilezza, che le lacrime gli salirono agli occhi senza che lui potesse controllarle.
"Shoichi?" lo vide sottrarsi alla sua presa per andare a massaggiarsi gli occhi gonfi da sotto gli occhiali. Si preoccupò, e gli posò quella stessa mano sulla spalla, avvicinandosi a lui. "Shoichi, stai bene?"
"S-sì, sto bene" lo rassicurò lui, un po' incerto "è che mi sono tornati alla mente dei... ricordi, ecco."
Spanner lo guardò, senza proferir parola. Rimasero in silenzio per un po', uno a tirar su col naso, l'altro a meditare solo il cielo sapeva su cosa. Ed era facile perdersi, in quel turbine di pensieri che stentavano a trovare un ordine ben definito. Difficile, e a modo suo un po' doloroso.
"Ricordi..." mormorò il ragazzo biondo, accavallando le gambe e cominciando a scrutare il soffitto alla ricerca di qualcosa "una volta, quando eravamo alle superiori, mi dicesti che i ricordi sono come la musica. Rammenti?" Mosse le iridi azzurre verso la sua figura, che ricambiò quell'occhiata con un sorriso a fior di labbra e una piacevole sensazione di nostalgia.
"Sì, lo ricordo" rispose lui con voce tenue "mi sorprende notare che anche tu non l'abbia dimenticato, Spanner."
"Mh" mugolò lui, riprendendo a fissare il soffitto "com'è che dicesti? «I ricordi e la musica si somigliano perché entrambe...»"
"... Sono come le note di uno spartito che si dispongono sul pentagramma che è la nostra memoria, e se da soli possono non essere altro che semplici frammenti di immagini, insieme costituiscono la melodia di una vita intera."
Pronunciò quelle parole così, come se fossero nate in quel preciso istante, da sole, e lo fece sorridendogli. Era un sorriso splendido, e persino uno come Spanner era in grado di cogliere la bellezza che c'era in quel viso, quando si apriva a lui in quel modo così radioso. Da quanti anni era che non vedeva una cosa del genere sul suo volto? Non immaginava che avrebbe potuto mancargli così tanto, il sorriso di Shoichi.
Quello che venne dopo fu semplicemente un riflesso istintivo. Sussultò, quella dolce paperella rossa, quando Spanner gli prese le guance fra le mani e gli poggiò un delicato bacio sulla fronte. Sussultò e prese fuoco, come un mucchietto di foglie secche, e cominciò a balbettare uno «Sp-» convulso e inceppato, fissandolo con le pupille che quasi premevano per uscire fuori dalle orbite. Fortuna che c'erano gli occhiali a impedirne la caduta.
Quando si staccò da lui, gli sorrise con affetto. Lui notò che le guance del biondo amico erano diventate rosse - non ai suoi livelli, certo - e che un impercettibile tremore animava le labbra che l'avevano appena baciato sulla fronte.
"Spa... Spa... Spa..."
"Andiamo alle terme?"
Tremore che ben presto lo avrebbe contagiato, con tutt'altro significato.
Shoichi allargò la bocca, inorridendo a quel commento inopportuno che rovinava tutta la poesia di quell'istante, ma la richiuse subito dopo per articolare una frase di senso compiuto che potesse esprimere tutto il suo risentimento.
"Spanner... perché distruggi sempre tutto?" Chiese, aggiustandosi la montatura e scuotendo il testone contemporaneamente, cosicché gli occhiali continuassero a scivolargli via e che il suo gesto perdesse completamente di significato pratico per ridursi tutto a una valenza metaforica che, ovviamente, Spanner non intese affatto.
"Perché è ciò che fanno gli ingegneri" rispose lui, sibillino, fissandolo come se volesse esorcizzarlo "è compito degli ingegneri distruggere quanto più possibile e nel minore tempo possibile."
"Dovrebbe essere loro compito costruire, non distruggere..." ribatté Shoichi con un sospiro affranto. Dov'era finito il momento malinconico di un minuto prima? Spazzato via dalla follia di cotal individuo giallastro?
Ma perché?!
"Certo" disse "costruire e poi distruggere."
Ci fu un momento di silenzio, un silenzio sospetto, che costrinse il rosso ragazzo a guardarlo, seppur di sottecchi.
"SPANNER!" E gridò, quando lo vide avventarsi su di lui, prendergli il viso fra le mani - di nuovo - e scrutarlo così in profondità da perforargli le lenti e costringendolo ad arretrare mentalmente.
"Costruire, distruggere, e poi ricostruire", e mormoratogli queste parole lo baciò di nuovo, sempre sulla fronte, per il semplice gusto di vederlo implodere lì sul posto.
Perché rivangare dolci ricordi era bello, ma dopotutto era il presente, quello che contava. Perché è solo curandosi del presente si costruisce il proprio futuro. E il loro futuro non avrebbe potuto essere niente di più e niente di meno di quello.
Quello che successe dopo, non fu niente di particolarmente nuovo o originale. Ma non per questo fu meno divertente.

*

Essendo venuti a patti, Buraian e Spanny ritornarono al seminario nel più assoluto silenzio. Solo i suoi tacchi a spillo rimbombavano fra i vicoli lerci, costringendo cani, gatti e topi a lasciar libero il passaggio e a farsi da parte.
"Signora?" Chiamò Buraian, incerto.
"Che vuoi?" Fece lei, ma non sembrava minacciosa o aggressiva. Il ragazzo tirò un sospirò di sollievo e si toccò il cuore, per rassicurarlo.
"Che relazione c'è fra lei e Irie Shoichi?"
Immediatamente, i passi smisero di rimbombare. Alcuni topi morirono dal terrore, mentre cani e gatti si stringevano fra di loro tremando terrorizzati.
Un viso inumato, deformato da una mostruosità grottesca, si voltò ad osservarlo con lentezza esasperante.
"Irie Shoichi ha... traviato mio nipote" sussurrò, lugubre "e vuole impedire a Jess di raggiungere la sua felicitàààà!!!"
"Argh! V-va bene, ho capito, si calmi la prego! ... Anzi, in realtà non ho capito, ehm..."
"Buaaaaaaaaaaaaargh!"
"HO CAPITO TUTTO!"
"... Ne sono lieta." E gli rivolse uno dei suoi celebri e quanto mai falsi sorrisi da Nonna Papera, prima di ricominciare a camminare come se nulla fosse accaduto. Buraian ansimò pesantemente, sentendo l'aria attorno a lui appesantirsi fino a soffocarlo, ma continuò a seguirla con la speranza di vedere la sua adorata Sumiko-chan.

*

"Uhm, uhm, uhm... che cosa potrei fare dopo aver perso la verginità?"
Spannera stava, come al solito, riflettendo su questioni della massima importanza, e non si accorse dell'arrivo di madre e ragazzo, che erano nel frattempo pervenuti all'interno del locale.
"Tesoro, va tutto bene? Sono tornata!"
Quando udì la voce della madre, la fanciulla rizzò le orecchie e si girò di scatto verso di lei, correndole incontro strillando. "Mamma mamma, ho scoperto di essere vergine!" Disse, prima di affondare nel suo petto, mentre Buraian sbirciava con la coda dell'occhio le forme - quali forme? - di Spannera.
"Ma davvero? Che bello!" Commentò festosa la madre, rivolgendo al giovine lì vicino un'occhiataccia inceneritrice in una frazione di secondo.
"M-mi dispiace..." balbettò, impacciato "non volevo fare quello che ho fatto, sono mortificato..."
"Buraian!" Ma, evidentemente, la giovine non era della stessa opinione. In men che non si dica passò dal grembo della madre a quella del ragazzo, sprizzando allegria congenita da tutti i pori "E' tutto merito tuo!"
Gli cinse il collo con le braccia, stronfinando il testone spelacchiato sulla sua tutina aderente, così forte che questi presero a combustionare, sprigionando un fumo maleodorante che in quel momento a Buraian parve incenso purissimo.
"S-S-S-S-Sumiko-chan!" Il cuore gli batteva così forte che avrebbe potuto sfondargli la cassa toracica. Senza neanche pensarci ricambiò l'abbraccio, ma quando lo fece Spannera balzò all'indietro gracchiando isterica.
"Non toccarmi, tu! Solo io posso toccarti, capito?"
"Chiarissimo Sumiko-chan, ai tuoi ordini!~" E, ovviamente, a Buraian andava bene così.
Perché una cosplayer così perfetta meritava sicuramente il vassallaggio di un povero diavolo come lui, che non aveva mai toccato una ragazza in tutta la sua miserabile vita.
E sì, in fondo si trattava solo di una competizione. Non avrebbe mica dovuto uccidere letteralmente Irie Shoichi, no? Era in senso figurato, solo in senso figurato: sarebbero bastate due parole, un confronto amichevole, qualche pacca sulle spalle e si sarebbe risolto tutto.
Ovviamente, il povero Buraian non poteva immaginare che il famigerato Spanner, o Spank secondo altre fonti, fosse proprio il cugino della ragazza di cui lui si stava innamorando e che a sua volta era innamorata proprio di quel cugino che conviveva con il suo nemico in amore che secondo la zia della sua nuova fiamma lo stava traviando e che lui avrebbe dovuto sconfiggere perché stava impedendo alla figlia di quella donna alias la cosplayer perfetta di Sumiko-chan di condurre un'esistenza pacifica.
Se lo avesse immaginato, probabilmente gli sarebbe esploso il cervello.














Note dell'autrice: innanzitutto, scusate se il capitolo è breve, ma forse non potrò pubblicare per un po' q___q secondo poi, scusate l'osceno OOC di Spanner nella prima parte, ne sono consapevole, scusatemi, scusatemi davvero ç_ç se fa troppo schifo ditemelo e la modifico eh *seria* e terzo... il pezzo finale finale finale mi ha fatto sbarellare di brutto, mi sono fermata quattro volte per rileggerlo e seguirne il filo x°°°
Cosa dire? Grazie a chi legge e commenta sempre <3 siete la mia giuoia! Al prossimo capitolo!
PS: ho notato che i flashback riscuotono molto successo, in tal caso signore mie, perché non vi leggete il prequel? A me farebbe tanto piacere leggere dei vostri commenti anche lì çAç e... sì, sono così disperata da farmi pubblicità da sola xD
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http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=656719&i=1 <---
PPS: stesso discorso per questa originale, di cui personalmente vado molto fiera: c'è la stessa atmosfera "sagace" degli amiconi, anche se non c'entra niente con loro. Se passate da lì mi fareste tanto contenta <3 nessun obbligo, si intende :)
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http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=688152&i=1 <---



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Capitolo 44
*** Un fottuto stronzo ***


c44 «Ed è con immenso piacere che ho il piacere di piacervi di annunciarvi che, con il vostro piacere, il torneo Trespade è ufficialmente aperto. Vi contenderete un dono ambito, lotterete mettendo il gioco i vostri onori di guerrieri e rischierete la pelle in scontri all'ultimo sangue. Il tutto, ricordiamo, in completa sicurezza e convenienza. E piacere, ovviamente.»

Come aveva appena detto un grosso omone vestito da salumiere che rispondeva al nome di 80vogliadipiacere, immobile nella piazza della città, il famigerato torneo Trespade era finalmente incominciato.
Con modesta gioia di due allegri coinquilini che, seduti sul divano di casa loro, lottavano selvaggiamente per cause della massima importanza.
"Spanner, ridammi il mio computer! Sono io che devo muovere il mio personaggio, non tu! C-che cosa è questo cambio di atteggiamento improvviso?! Non avevamo forse..."
Ripensò al garbo di Spanner mentre sfiorava la sua fronte con le sue labbra rosee come un tapiro morto imputridito, e gemette di frustrazione. Perché tali immagini gli apparivano nella mente sempre nei momenti meno opportuni? Ci doveva pur essere un limite a quanto poteva essere sconvenientemente tempistico, no? E perché sembrava coincidere con la linea più remota del più remoto degli orizzonti?
"Volevo solo darti un po' di vantaggio, Shoichi" ribatté Spanner con tranquilla strafottenza "visto che mi sembravi in difficoltà."
Shoichi era SEMPRE in difficoltà, dal primo momento in cui apriva gli occhi a quello in cui li chiudeva, avvolto nelle sue coperte, certo che Spanner lo stesse fissando dal buco della serratura con una strana luccicanza negli occhi, e che solo il credere (da parte sua) che ci fosse un qualche meccanismo di auto-difesa (che di fatto non c'era) lo tratteneva dall'introdursi nella stanza per fare esperimenti burloni sul suo fragile corpo martoriato.
Che cosa voleva che fosse, per un ingegnere di tal fattura, una serratura? L'avrebbe aperta servendosi soltanto del bastoncino dei leccalecca in una manciata di secondi, aiutandosi - nei casi più estremi - con un peperone preso dalla dispensa. Ma evidentemente, Spanner doveva avere delle ragioni estremamente sagaci per non irrompere con misurato impeto in camera sua. Idiozia? Credenze mistiche? Colpo della strega? Scaramanzia? Buone maniere americane? O semplicemente...
THE GAME.
Era qualcosa che presto o tardi sarebbe venuto alla luce, Shoichi ne era convinto. Dunque non si era posto il problema, anche se quando era a letto si pietrificava per non mostrare al coinquilino dall'allegria congenita e spaziale alcun segno di movimento. Doveva dimostrargli che lui, a letto, era come un palo. Era un messaggio subliminale che gli inviava il cervello, e non ci si poteva fare nulla.
Subliminale, appunto. Perché i neuroni passavano direttamente dallo stato solido a quello gassoso, e trovavano sempre delle orecchie grandi come trombe dalle quali fuggire via, lontano, verso la libertà.
"In difficoltà? AH!" Shoichi si lasciò andare a una gradassa e quanto mai plateale risata "Non essere così ilare, Spanner. E' evidente che tu sia estremamente confuso, perché io..."
"... Sono una papera con gli occhiali. Sì, lo sapevo già."
Silenzio.
"Spanner, perché ti comporti in questo modo? Perché?!" La sua voce si ruppe in un singulto disperato "C-come dovrei interpretare i gesti di prima? Come dovrei... rispondere, io, di quella intesa? Di quelle belle parole? Di quei ricordi portati alla luce? Rispondimi, Spanner!"
"Devi imparare a guardare al futuro, Shoichi: non puoi rimanere sempre in attesa del passato."
"Ma è successo CINQUE MINUTI FA!!!"
Silenzio.
"Shoichi, che cosa è il tamarindo?"
"Non cambiare discorso, maledizione!"
"Mh? Quale discorso?"
"Quello che ti ho appena fatto, dannazione! Quello delle belle parole!"
"Ah, quello delle belle parole, certo... quale?"
Shoichi si maledisse per non aver comprato quel randello color ciliegia con disegnati sopra i pulcini quando ne aveva avuto l'occasione, un paio di mesi fa. Perché non aveva proceduto all'acquisto? Cosa lo aveva fatto desistere? Eppure, era così carino, e stava bene dovunque, anche in garage!
Che poi loro due non possedessero un garage, era un altro paio di maniche.
Che non sapessero guidare neanche la bicicletta, ma che facessero gli sburoni dandosi al modellismo osceno e fantascientifico 24 ore su 24, un altro paio di maniche ancora. Non loro, però. Perché entrambi erano convinti, nel profondo del loro cuore, che quella camicia fosse di esclusiva proprietà dell'altro e che rivendicarne il possesso sarebbe stato un atto davvero deplorevole.
Prima regola della gran coppia di amiconi: non intralciarsi mai.
"Spanner, sei la cosa più insopportabile di questo pianeta. Ci sono momenti in cui desidero fortissimamente la tua morte, lo sai?"
"Come adesso?"
"Sì, come adesso. E mi dispero, quando mi rendo conto che è totalmente impossibile aspettarsi una simile BOTTA DI CULO!"
Spanner lo guardò, appena disgustato. "Come sei volgare", commentò arricciando la bocca "dovresti essere più... femminile."
Silenzio.
Delizioso fu il principio di moto che avrebbe permesso a Shoichi di aggredire il pacato coinquilino tentando miseramente di farne polpette. Ma fu, appunto, solo un principio: una voce colpì i loro condotti uditivi con la stessa potenza di un martello pneumatico, prima che potesse verificarsi un omicidio di qualche sorta ai danni di un essere di qualche sorta.
Una voce metallica, che Shoichi conosceva bene e che temeva con tutto il suo cuore...





epic1





"Ci mancava solo il conduttore di questo gioco di merda!!" Vociò Shoichi spostando la sua attenzione sul pc "Che cosa vuole proprio ora, eh? AH?!"
"... Conduttore?" Anche l'attenzione di Spanner si catalizzò tutta sul computer, lanciandosi con apparente noncuranza sul coinquilino scarlatto. "Dov'è? Dov'è il conduttore? Dov'è?"
"Asp-- pesi Spanner, maledizione! Togliti!"
"No. Dov'è il conduttore?"
"Non c'è nessun conduttore, parlavo della voce che annuncia sempre l'inizio di qualcosa di oltremodo stupido! Quella che abbiamo appena sentito!"
Spanner tacque, immobile.
"Ah."
Silenzio.
"Spanner... potresti levarti, dato che pesi quanto un macigno?"
"No."
"Motivo?"
"Sei comodo. Sei morbido." Disse, atono.
"S-Smettila! Non mi faccio abbindolare da te, hai capito?"
"Lo dici da anni" gli fece notare lui "non per niente sei una papera, Shoichi."
Touché.
"Io non sono una papera! Sei tu a essere... a essere... qualcosa!"
La difficoltà in cui annaspava Shoichi aveva del commovente, ma Spanner assottigliò gli occhi crudelmente, o così parve. In verità, due moscerini gli erano appena entrati uno nell'occhio destro e l'altro nel sinistro, provocando lo strano fenomeno.
Tutte coincidenze, ovviamente. Perché era quanto mai evidente che, lassù, qualcuno odiasse profondamente Irie Shoichi.
"Qualcosa, eh? Vediamo, cosa potrei essere... che ne dici del cacciatore?"
"NO!" Berciò lui mandandolo via.
"Perché? Così ti bracco" lui gli si ributtò addosso con fare pigro e incurante.
"N-non voglio essere braccato, grazie! Non da uno che... ha i capelli biondi!"
Improvvisare era bello, era arte. Ma per Shoichi era solo un'ammucchiare una marea di parole insieme, nella vaga speranza che prendessero forma e senso e che distruggessero il coinquilino dall'espressione ioconda.
"E se me li tingo, posso braccarti?" Domandò lui, seguendo la logica dell'amico.
"No, non puoi! Non devi braccarmi e basta, capito? La gente non si bracca, p-per la miseria!"
"La gente no, ma le papere sì. E poi si cucinano al forno."
"Ma ti rendi conto di quello che dici? Sei un'assassino, una bestia! U-un..."
"Proprio tu lo dici, che mi volevi colpire con il coltello..."
"Lo sapevi che... che non ci sarei riuscito!"
Eccola lì, la piuma fuori posto. Finalmente, qualcosa stava cominciando a cedere a rivelarsi per quello che era, e non per quello che disperatamente tentava di essere.
Shoichi ammetteva di essere un incapace, e lo ammetteva davanti a Spanner. Che ne fosse pienamente consapevole o meno non era ben chiaro, ma certamente tale affermazione aveva uno scopo ben preciso, all'interno del quadro completo di Irie Shoichi.
Il quadro completo di una papera con l'otite, per l'esattezza.
Lui lo guardò, imperscrutabile.
"Sono le intenzioni quelle che contano."
"Ma io non avevo neanche quelle! Sai benissimo che..."
"Che?"
Shoichi si torturò il labbro inferiore, distogliendo lo sguardo e arrossendo. "C-che non sono capace di farti del male."
A sentir quelle parole, Spanner rimase leggermente stupito. Ma con gran dispiacere dell'amico rosso, non disse nulla e si limitò a mugugnare qualcosa di inconsistente, osservando il nulla al di là del nulla in cui si celava un vuoto cosmico di ignote dimensioni.
"Non dici niente?" mormorò, spiandolo di sottecchi.
"Cosa potrei dirti?" chiese, guardandolo e sorridendo appena. "Mh... forse potrei cominciare col dirti che ti..."





epic2






"Hai sentito, Shoichi? Il tuo primo combattimento sta per cominciare!" esclamò Spanner simulando entusiasmo.
Shoichi fissò il monitor inorridito, avvicinando la faccia alla schermata e afferrando il monitor con entrambe le mani, per vederlo meglio. La bocca tremava, incapace di articolare una singola parola, e gli occhiali minacciavo di scivolargli via dal naso con volatile grazia.
Il suo primo scontro in qualità di partecipante al torneo Trespade stava finalmente per iniziare. E il suo primo avversario... era un fottuto stronzo.










Note di Vetro: gosh! Con un mal di testa che ucciderebbe chiunque e la depressione over 9000, porto in trionfo (ma quale trionfo) il capitolo 44! Ci avviciniamo al capitolo 48! SPANNER! Amore mio ambrato, perché non esisti? Che tristezza signore mie, che tristezza... çAç comunque sia, grazie come sempre per aver letto, e... mi raccomando, non esitate e criticare il capitolo, se ha qualcosa che non va. u__o
Un saluto speciale a Milli ed Eiko-chin. ç_ç Sento di avervi fatto uno sgarbo, perdonatemi. ç_ç
Un saluto anche a iMato, che è tanto graziosa e divertente e... THE GAME. (?)
Un grazie + <3 a Golden Brown, che mi riempie sempre di complimenti persino per le recensioni. Grazie, aww <3
Tanti cuori a Hibari Kyoite, che è gentilissima e mi stima anche se non ho proprio niente per cui essere stimata :)
E grazie infinite a Seki, che con il suo entusiasmo mi spinge sempre a fare meglio. <3
PS: Nagipyon, I miss u!!!1 






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Capitolo 45
*** Shoichi è una papera e Spanner lo dimostra ***


c45 "Non ci posso credere..."
"Di che ti lamenti, non era quello che volevi? Adesso puoi dimostrare a tutti quanto sei abile e potente."
"Spanner... per favore, sparisci."
Il povero e deleritto Darkwing Duck avanzava indomito verso la piazza, dove ad attenderlo c'era colui che rispondeva all'appellativo di Fottutostronzo. Era un energumeno con la pelle verde che indossava solo un paio di calzoncini neri aderenti che lasciavano intuire una virilità di qualche tipo. Virilità che Shoichi si sognava la notte, ignaro del fatto che essa fosse sempre accanto a lui.
Nei pantaloni di qualcun altro, però.
"Voglio assistere alla scena", dichiarò mettendosi comodo sul divano "voglio vedere come farai a distruggerlo."
"Colgo del sarcasmo nelle tue parole o sbaglio?" replicò acido Shoichi, squadrandolo male.
"Shoichi, non dire così. Sto semplicemente esprimendo tutta la mia curiosità verso l'incontro che ti aspetta. Tanto più che non sai assolutamente far nulla, il che rende tutto più interessante. Ma non preoccuparti, ci sono io qui con te."
"E' proprio per questo che ti avevo chiesto di sparire!"
Ad un certo punto, mentre il rosso coinquilino si preoccupava di esternare il suo rancore decennale per l'amico Pannocchio, un messaggio a caratteri cubitali apparve sulla sua schermata di gioco lampeggiando insistentemente. Shoichi lo guardò, prima di sfuggita, poi soffermandosi su di esso e inorridendo a ogni secondo. Il sorriso di Spanner, invece, si allargava esponenzialmente secondo la legge della dilatazione lineare dei solidi. O dei gas?
«Ehi, Darkwing Duck! Stima massima per il nome, anche tu appassionato di supereroi, eh? Sarà uno scontro leale!»
"Stima massima per le papere, semmai."
"Spanner, fai silenzio! Vai via! VAI VIA! Perché t-ti ostini a rimanere qui? VATTENE!"
Piuma dopo piuma, Shoichi si stava spogliando della sua dignità. Eppure, c'era qualcosa che sorreggeva il suo stanco corpo aerodimanico donandogli la forza di cui aveva bisogno: a dispetto del nome, il suo avversario sembrava una persona a posto.
Anche se chiunque paragonato a Spanner finiva per risultare una persona a posto.
Tranne Spannera, forse. Oh, ma lei era sua cugina, quindi non faceva TESTO!
"Secondo me ti prende in giro", affermò invece con uno strano pseudo-broncetto in volto, tipico di chi fa di tutto per mettere sotto una cattiva luce il nuovo amichetto del proprio amichetto senza preoccuparsi troppo di nasconderlo.
"Magari è una persona normale, no? Devono sempre prendermi in giro, le persone, solo perché... perché tu non sai fare altro?"
La frase risultò dolorosa, e Spanner si sentì punto sulla carne viva, lasciando che la sua espressione da pesce sulla graticola si storpiasse in una smorfia di sofferenza appena accennata. "Non è questo, Shoichi. Il fatto che è tu... mh..." si grattò la testa incerto, voltandosi dall'altra parte. In verità, più che dall'incertezza il nostro eroe giallo era preso da qualcosa di molto simile all'imbarazzo, che non gli consentiva di guardare Shoichi e contemporaneamente sorridergli beffardo come faceva ogni volta. E questo era male.
"... diciamo che tu appartieni a me."
Silenzio.
"... Che cosa hai detto?" chiese Shoichi con inaspettata calma. In verità questa era solo apparenza, perché dentro di lui si stavano agitando le forze della natura più mistiche e primordiali. Solo una forza di volontà impaperata riusciva a tenere insieme i legami fra le molecole che lo componevano, perché altrimenti si sarebbe parzialmente sciolto sul divano e, ovviamente, Spanner non avrebbe pulito. Perché era sempre lui che puliva, per un motivo o per un altro.
Sempre.
"Mh... cosa non ti è chiaro?"
"Ma come cosa non mi è chiaro?!" primo legame frantumato, parziale fusione della cute in prossimità delle orecchie "C-c-cioè, m-mi vieni a dire... te ne esci con... q-queste frasi, e e e poi m-mi chiedi cosa non mi è chiaro?!" secondo legame frantumato, parziale fusione della cute in prossimità delle gote. Quanto prima della fine?
"Dovresti smettere di cercare sempre un'interpretazione alternativa delle cose, e imparare a prenderle così come vengono. Come quando all'università Aki Mamoru ti disse che il tuo pene era piccolo, te lo ricordi?"
In quel momento una valanga di pensieri travolse la mente di Irie Shoichi, che in un istante rivide tutta la sua vita, e vide quanto le figure di merda l'avessero fatta da padrone in quei lunghi, lunghi anni. Arrossì violentemente e si voltò dall'altra parte boccheggiando, tentando di ribattere fermamente a quelle parole sprezzanti. "La sua era stata solo un'ipotesi!"
"Azzeccata", precisò lui con una punta di sarcasmo. Ma proprio una punta, per non rovinare il sapore di anatra arrosto che sentiva dentro la bocca.
"Era pur sempre un'ipotesi! E e e smettila di guardarmi in quel modo lussurioso!!"
"Lussurioso? Credo che ci sia un errore, io ti sto solo prendendo in giro."
"E del... del... dell'ap-partenerti, che mi dici...?" Mormorò lui spiandolo da dietro le lenti con fare prudente, come se si aspettasse una vangata psicologica da un momento all'altro.
"Ah, quello era vero. Noi ci apparteniamo, Shoichi, avresti dovuto capirlo da un po' ormai. Anzi, da ieri."
Silenzio.
"Da un po' o da ieri?"
"Un po' tutti e due."
"Ma che vuol dire?!"
"Mh. Proprio non ci arrivi, eh?"
"Sfido chiunque ad arrivarci!"
"Davvero? Prova a chiederlo a Fottutostronzo, chissà che non ne sia capace. Magari chiediglielo dopo l'incontro, giusto per correttezza."
Strane elucubrazioni ebbero tempo e voglia di farsi strada fra le sinapsi di una papera senza perché, mentre la suddetta cominciava a dare segni evidenti di una demenza senile destinata a espandersi a ogni singola cellula, fino a renderlo un pulcino incapace di intedere e di volere. Il che, molto probabilmente, era ciò a cui Spanner segretamente mirava.
"Non sarai geloso per caso, vero Spanner?"
I due ragazzuoli si guardarono negli occhi per qualche istante. Ma Shoichi, che pur tuttavia era una papera il cui istinto di sopravvivenza non era ancora scomparso del tutto, ebbe l'accortezza di distogliere lo sguardo per non incorrere a spiacevoli conseguenze di natura fondente, che nulla avevano a che fare con il cioccolato e che anzi erano tutto fuorché gradevoli da digerire. Spanner continuò a fissare la sua capoccia rossa, finché una leggerissima risata non sfuggì dalle sue labbra. "Lo sono", ammise con candore.
Qualcuno dovette esimersi dal rigraziarlo, con gran fatica e sforzo di qualcun altro. "S-Spanner!"
"Mh?"
"«Mh» un corno! Ti rendi conto anche solo vagamente di quello che hai appena detto?!"
"Sì, me ne rendo conto."
La risposta lo spiazzò. Shoichi lo guardò rosso, rossissimo, sentendosi bene e male insieme. Ma si sa, più per meno fa meno, quindi alla fine si sentì male e basta, come al solito. Lo additò, ma nulla uscì dalla sua bocca. Lo additò con entrambe le mani, e questa volta un miagolio degno di un gatto con la raucedine riuscì a venir fuori. "SpHAWgHHg", disse.
"Che fai, verseggi?"
"Awgosh!"
"Mfff" e Spanner se la rideva beato, annuendo convinto a quell'insieme di note stonate che volevano esprimere tutto il proprio imbuzzurrimento e che invece finivano per essere niente più che suoni sgradevoli a qualunque orecchio umano tranne il suo.
Ah, soave melodia.
E intanto, nella piazza di Epic Days era tutto un fermento, perché lo sfidante Darkwing Duck non si apprestava a cominciare il combattimento...
«Darkwing Duck è un impostore! Non si decide a salutare il suo sfidante e sta lì a fissare il vuoto!»
«si vede k è 1 xdente!!1 m kiedo cm mai labiano sheltoH!»
«
Ma non capite?! Sta caricando le sue energie per combattere al meglio delle sue forze!»
Le opinioni era contrastanti. C'era qualcuno lo difendeva, c'era tutto il server che lo accusava di codardia, ma erano dettagli. Shoichi in quel momento non era materialmente in grado di rivolgere l'attenzione al suddetto gioco, essendo stato risucchiato da un buco nero di natura spanneristica di cui non si vedeva la fine, ammesso che questa esistesse.
"Pwarh! Astrughw! Hyk!"
"Mi trovi d'accordo."
"AiiIIIiiuuuUUhH", ansimò.
"No, qui non mi trovi d'accordo", sorrise sereno. Una calma zen che aveva del peruviano, senza dubbio, e ciò doveva suscitare molte domande, dato che Spanner non era mai stato nel Perù in vita sua e pur tuttavia sembrava averne ereditato i caratteri più mistici e sibillini.
Lui, che era un meccanico. Lui, che era un genio indiscusso. Lui, che avrebbe dovuto fare il rottamatore di cervelli dato che come li distruggeva lui non li distruggeva nessuno. Eppure!, Spanner conduceva un'anonima esistenza in un appartamentucolo del Giappone che non brillava certo per gusto né per intelligenza complessiva dell'abitacolo.
Intelligenza vera, però. Quella che ti fa capire, per esempio, quando ti stai innamorando di qualcuno. Diciamo pure... di qualcuno di molto vicino a te.
La crusca, per esempio.
"Spa... S-Spanner!" riuscì infine a dire, respirando pesantemente con le orbite sporgenti "C-come, c-come... anf, pant, sbuff..."
"Che carino, sembri un fumetto!"
"GYARGH!"
"Ah, il tuo avversario si sta avvicinando a te. Vuole giocare?"
"Cos-AHWGH!" strozzandosi con la sua stessa saliva, dignitosamente parlando, Shoichi si scaraventò con violenza sul suo computer, ammaccandolo un pochino e fissandolo con orrore crescente. Ormai era quella l'emozione base che lo caratterizzava, e il merito... non era difficile comprendere a chi appartenesse. "Aiuto, sono fottuto!"
"Ma come, e tutto il coraggio di prima? Dov'è finito?"
"Dov'è finito...? Dov'è finito?! MI CHIEDI PURE DOV'E' FINITO??!"
"Ho come l'impressione che perderai questo scontro, chissà come mai."
Già, chissà come mai. Proprio inspiegabile, una simile percezione. E non si stava parlando solo del fatto che Shoichi fosse al livello 1. La sua arma era... sapete? una di quelle spade rettangolari, brutte, che sembrano palette per il calcestruzzo, che uccidono i nemici a suon di risate... e la sua armatura era una grossa lattina di fagioli sul marroncino merda secca che lo faceva sembrare un emerito cretino più di quanto non facesse già di per sé l'accoppiata guerriero stellare + nome del cazzo.
Insomma, ovunque andasse Irie Shoichi mostrava al mondo quanto fosse papera, ma soprattutto quanto fosse gosh.
Fottutostronzo incedeva pesantemente, eppur con vaga grazia, verso il pg sfigato del frugolo scarlatto, con di lui orrore. "Spanner, aiuto, che faccio? Mi vuole ammazzare!!"
"Shoichi, calma. E' solo un gioco, ricordi?"
"Ah, è vero" il ragazzo si aggiustò gli occhiali con un solo dito, perché il nerd che era in lui stava cercando di uscire dall'anonimato. Ci sarebbe riuscito?
Fottutostronzo si arrestò di fronte a Darkwing Duck, respirando pesantemente. Poi sollevò la sua incudine e si abbatté su di lui tagliando il personaggio a metà e rimpiendo lo schermo di sangue.






uhm









"..."
"Quanto sangue" fu il modesto commento di Spanner, che senza scomporsi osservava lo schermo annegare nel profondo rosso. Quando ogni cosa fu ricoperta dalla linfa scarlatta tanto che non si poteva più vedere alcunché, lentamente il sangue perse colore e rivelò una palla marcia di carne in putrefazione mischiata a pezzi di metallo di dubbia provenienza: era Darkwing Duck che era stato fatto a pezzi.
Spanner, da bravo amicone qual era, pose una mano sulla spalla del ragazzo, scuotendo mestamente il capo. "E' andata così, non prendertela."
Shoichi non disse una parola. Continuava a fissare lo schermo come rincoglionito, boccheggiando un tantino e mormorando lamenti inconsistenti che non ebbero la forza di prendere forma. Era comprensibile in fondo: il suo pg era stato devastato da un singolo colpo di ascia, senza nessun preavviso e annessa possibilità di scampo. Tutto ciò era molto triste e buzzurro, e Shoichi sentì i suoi occhi verdi inumidirsi appena. Non avrebbe mai immaginato di arrivare a sentire la mancanza di Darkwing Duck.
"Spanner... ho perso."
"Sì, ma non preoccuparti" lo consolò lui.
Dopo un attimo di smarrimento, Irie Papera si riprese. "G-giusto, hai ragione! C'è sempre il ripescaggio, no?"
"Veramente davo per scontato che ti rifugiassi in bagno lamentandosi della tua sfortuna."
"E cosa ci sarebbe di consolatorio in tutto ciò?!"
Spanner sorrise in maniera inquietante. "Sicuro di volerlo sapere?"
Shoichi deglutì. "No, grazie tante..."
"Bene, adesso diamoci da fare. Chiederò con Spappop come si partecipa al ripescaggio, tu intanto se vuoi vai pure in bagno."
"M-ma io non devo andare in bagno, maledizione!" gridò il rosso ragazzo colmo di frustrazione, afferrandogli una spalla e scuotendolo con forza pari a 1 newton "Smettila di trattarmi come un complessato!"
"Se preferisci posso trattarti come un paranoico. Anzi, come un paperanoico nel tuo caso."
"Non sono un pap...pape... eh?"
"Su, stai buono, aspetta che chiedo informazioni..."
"Fermo!" Shoichi si avventò su Spanner senza illudersi davvero di riuscire a fermarlo, cosa quanto mai improbabile, ma sperando così di poter sfogare la sua ira repressa.
Forse.
Spanner schivò l'assalto con la sua immancabile classe e il coinquilino atterrò infelicemente dall'altra parte del divano, sbattendo il naso sulla cucitura spessa e facendosi un male cane. Come al solito, del resto.
"Non hai ancora imparato a volare, eh? Tranquillo, te lo insegnerò io uno di questi giorni."
"Io non volo, idiota! Bestia! S-somaro! Brutto... brutta pannocchia!!"
Silenzio.
Spanner si pietrificò. Si voltò lentamente verso l'amico, fissandolo con un misto di orrore e curiosità. "Pannocchia?"
"E-ehm... sì! Pannocchia! Sei una pannocchia, Spanner!"
Silenzio.
"Le papere mangiano le pannocchie, lo sai?"
"NON E' VERO!"
"Sì che lo è, se sei ignorante in materia non è colpa mia."
"Ah, perché certo, tu sei un esperto di papere!" Puro sarcasmo gli gorgogliava in gola, un sarcasmo disperato e buzzurro che sottolineava un antico dolore che emergeva a ogni sopruso, ovvero con una media di 51 volte al giorno. Non era bello soffrire così, ma Shoichi sembrava stranamente averci fatto il callo e si lamentava quasi senza esserne consapevole. Non era la sua volontà a reclamare giustizia, bensì un impulso nervoso particolarmente soggetto alle prepotenze di Spanner, che - poveretto! - in qualche modo doveva pur tutelarsi.
"Mi sono documentato, effettivamente" ammise Spanner tornando a fissare il suo portatile "dato che convivo con una di queste creature. E ho scoperto tante cose interessanti, vuoi sentire?"
"NO!"
"Ok. Allora te le racconto. Innanzitutto..."
"Nooo! Non voglio sapere niente, NIENTE! Spanner, taci! Taci ho detto, mannaggia a te!"
"Va bene, va bene, non agitarti che poi ti spenni. Mfff, carina questa."
"Ma dove lo vedi tu che è carina? E' pessima, altro che carina!"
"Sei tu che hai un pessimo senso dell'umorismo, mio caro amico", disse Spanner sospirando con finto cordoglio "facciamo così: a partire dalle mie conoscenze ti dimostrerò che sei una papera. Ci stai?"
Shoichi aveva due possibiltà; rifiutarsi, destando infiniti sospetti e consentendo al sagace coinquilino di trarre personalissime conclusioni in merito al suo astenersi, oppure acconsentire, rischiando di dargliela vinta per davvero.
A quel punto, un singolo neurone pensò, mentre tutti gli altri erano distratti. Pensò che NO!, Irie Shoichi non era una papera, e che quindi non correva alcun rischio nell'accettare di ascoltare le parole del biondo giovine. Che poi Spanner avesse la capacità di trasformare la menzogna in verità, era un discorso a parte che poco aveva a che spartire con quella piccola, dolce e audace sinapsi.
"Va bene!" esclamò Shoichi annuendo energicamente "Prego, fammi vedere quanto sono papera!"
Il sorriso di Spanner divenne un ghigno spaventoso, e la purpurea papera nel profondo tremò. Pericolo, gridò il suo testone rosso. Ma era troppo tardi.
"Dunque... le papere legano la propria esistenza essenzialmente all'acqua", disse con serietà "e tu fai esattamente così."
"Ah, fregato!" Shoichi balzò in piedi e lo indicò beffardo "Io bevo poco, lo sai!"
Pensava di averlo fregato, di aver individuato la contraddizione nella sua testimonianza, ma così tristemente non fu. Spanner scosse il capo, in volto la stessa espressione di coloro che dall'alto osservano i miseri umani scontrarsi tra di loro, ciechi e sordi, a colpi di tud e sbang. E quack. "No, Shoichi, non mi riferisco all'acqua che ingerisci, ma a quella che rilasci."
Silenzio.
Shoichi inarcò un sopracciglio con un moto nervoso, aprendo appena la bocca come se non riuscisse a cogliere il senso di quell'espressione ma fosse a un passo dal farlo. "Sto parlando del sudore."
Spanner annuì. Shoichi ruggì. "Ma cosa c'entra?! C-come puoi, tu...!"
"Ok, prossima prova. Le papere sono state addomesticate per secoli, e tu infatti sei stato addomesticato fin dalla tua nascita. Prima c'è stata tua madre, poi tua sorella, e poi io."
Un che di piacevolmente maligno caratterizzava quel pronome personale posto alla fine della frase. Una goduria che poco aveva a che fare con i piaceri terreni, trascendendo la materialità e sfociando nell'aperto misticismo peruviano caratteristico del giallo individuo impannocchiato che rispondeva al nome (?) di Spanner.
"Non... non... non... non..."
"E poi ci sarebbe un'altra prova incontrovertibile: tu mi hai chiamato pannocchia, e come ti ho detto le pannocchie sono uno dei cibi preferiti delle papere. Quindi ciò significa che tu sei una papera e che..." arrossì appena prima di finire il periodo, e se quello che stava dicendo non fosse stato così mostruoso forse Shoichi l'avrebbe trovato persino carino "... io sono il tuo cibo preferito."
Insomma, ancora una volta Irie Shoichi aveva dato prova della sua straordinaria capacità di fottersi da solo dando anzi man forte al coinquilino dagli occhi celesti e spenti con cui viveva ormai da tanti anni. Questo perché, se vi era una parte del suo cervello che istintivamente si ribellava alle sue angherie, bisognava supporre con una ragionevole percentuale di successo che ve ne fosse un'altra che al contrario - e istintivamente anch'essa - appoggiasse le astruse teorie del suddetto ingegnere da strapazzo. Il motivo?
... L'amore.














Note di Vetro: dopo 9 giorni di astinenza, ecco a voi il 45esimo capitolo! Ah, come sono felice! Devo ammettere che all'inizio non mi piaceva come era venuto, ma poi mi sono divertita a scriverlo, quindi spero che voi vi siate divertiti a leggerlo <3 nel testo c'è una piccola, piccolissima dedica a una persona speciale che oggi compie gli anni, spero che l'abbia colto, glielo dovevo per tutto quello che ha fatto, aww <3 Scusatemi se, come sempre, in questo capitolo non succede nulla, ma vi giuro che non lo faccio apposta: sono loro che si raccontano, loro e loro soltanto! Io li assecondo e basta çAç (?). Comunque, ci avete fatto caso che sono passati... uh... 15 capitoli e siamo ancora alla famosa mattinata dopo il ricongiungimento? E' mostruoso! Non so se scoppiare a ridere come una iena o mettermi a piangere di quanto la tiro lunga çAç


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Capitolo 46
*** Epic Crash ***


c46 "Spanner, perché ti lasci andare a simili castronerie? Perché?!"
"Mh... vediamo..."
"Era una domanda retorica, non devi rispondermi! Maledizione, maledizione... ma perché ti ho detto sì? Perché..."
Shoichi si prese la testa fra le mani, lamentando dolore di varia natura. Spanner si grattava intanto il mento, riflettendo con attenzione sul quesito proposto dal coinquilino scarlatto. Perché aveva intrapreso quella discussione? Certo, per prendersi gioco di Shoichi senza dubbio, però... c'era qualcos'altro, lui lo sentiva distintamente. Ma per qualche strano motivo, non riusciva a identificare questo qualcosa. Era come se il pensiero si nascondesse dietro un neurone ogni volta che si avvicinava a lui, come se temesse di venire allo scoperto, quasi si trattasse di qualcosa di vergognoso o estremamente complicato.
"Shoichi, secondo te perché ho detto quelle cose?"
Shoichi smise di emettere vagiti e guardò Spanner come se volesse farne diserbante per il giardino. "E' esattamente quello che ti ho chiesto, genio!"
"Ah, giusto."
Silenzio.
"Shoichi?"
"Che vuoi?!"
"Posso farti una domanda?"
"Me l'hai appena fatta, Spanner..."
"Ah, vero."
Silenzio.
"Posso fartene due allora?"
"Ma sei reale o sei solo la mia immaginazione?! Perché sto cominciando a credere che tu sia solo il frutto di un mio incubo..."
"E da quanti anni sarebbe che sogni?"
"Troppi" ne convenne corrugando la fronte "veramente troppi..."
"Mi sembra che tu stia usando eccessivamente i puntini di sospensione alla fine di una frase, Shoichi."
"Eh?" il ragazzo non capì, e fissò Spanner con un misto di orrore e incredulità "Spanner, come faccio a usare i puntini di sospensione se stiamo parlando?"
"Mh, io li vedo." Fu la risposta della gentil pannocchia.
Risposta che, per natura sua e di chi l'aveva posta, faceva sorgere nella mente dell'interlocutore una serie impressionante di dubbi che andavano dalle origini dell'entità biologica o batterica con cui Irie Shoichi era entrato in contatto quel lontano giorno di tanti anni fa, alle condizioni di salute in cui doveva verosimilmente versare il cervello della persona, animale o cosa in questione. Tuttavia, mentre una persona normale tenderebbe a porsi le domande una per volta, magari senza darsi una risposta (poiché palesemente impossibile), Shoichi se le pose tutte e nello stesso momento, cosicché la sua materia cerebrale diventasse semplicemente - se non lo era già - materia cerebrolesa.
"M-m-m-m-ma! Cioè, cioè, cioè... m-ma tu... ma cosa... ma... perché... cioè... cioè..."
"Sembri una di quelle concorrenti dei reality quando viene loro chiesto chi è l'attuale presidente degli Stati Uniti", constatò Spanner pacificamente. Non c'era scherno nelle sue parole, solo una triste verità che si stava abbattendo sull'amico con l'ineluttabilità di un pietrone grigio e buzzurro. E in effetti le buzzurrie stavano pericolosamente contaminando il testone rosso di Shoichi, il quale cominciava già a dare segni di un malfunzionamento di qualche sorta.
"Perché, tu lo sai?!" riuscì infine a dire, approfittando del fatto che il ragazzo gli avesse dato un nuovo argomento su cui concentrarsi per dimenticare tutto il resto e non rischiare di sublimare prima del tempo.
"No."
"E allora?!"
"Ma io non boccheggio in questo modo se non lo so, tu sì."
Silenzio.
"Un momento... ma io so chi è l'attuale presidente degli Stati Uniti!"
Spanner lo guardò, sorridendo in maniera appena accennata. "Le tue conoscenze... sei certo che non siano solo il frutto della tua immaginazione? Puoi provare che ciò che sai è la realtà, e non l'apparenza?"
"Ma che vai sproloquiando, Spanner? Certo che posso!"
"No, non puoi."
Non c'era crudeltà in quelle parole, ma qualcosa di più simile a un'oscura certezza di fondo che richiedeva uno sforzo intellettuale notevole per essere colta in tutta la sua tenebrosa essenza. Sforzo intellettuale che Irie Shoichi non poteva compiere, rischiando di slogarsi il cervello e rimanere scemo per sempre, con immenso sollazzo del ridente coinquilino lì davanti a lui. Restava solo una cosa da fare...
"Spanner, io con te NON CI PARLO!"
Darsi alla childhood.
"Ma come sei infantile..."
"Infantile? Sei tu che sei una bestia, maledizione! Io sono qui che... tento di capire come funziona questo gioco del cavolo, e tu, tu che fai? Mi ostacoli!"
"Io?"
"Sì, proprio tu! Ed è inutile che mi ridi in faccia, hai capito? S-smettila subito, smettila, smettila!"
"Shoichi... mfff, per favore, non fare così" Spanner frenò una modesta risata che avrebbe con tutta probabilità stimolato l'amico a spennarsi più di quanto non stesse già facendo, e si voltò dall'altra parte ridacchiando appena. Shoichi fremette di rabbia e lo additò in maniera sconvolgente e sconvolta insieme. Sconvolgente perché quando lo fece gli occhiali gli caddero dal naso, cozzarono sulla tastiera del computer e premettero inavvertitamente e contemporaneamente cinque tasti, e sconvolta perché... oh be', storia vecchia, non vale la pena soffermarsi più di tanto.
Tornando invece alla combinazione di tasti, è bene fare un appunto; il mondo dei videogiochi è caratterizzato dalla presenza di simpatici codici che si chiamano trucchi, ma non per questo riservati all'esclusivo utilizzo del sesso femminile, anche se in questo caso il problema non si sarebbe posto un granché. Tali trucchi permettono ai giocatori truffaldini di comportarsi buzzurramente nei confronti del gioco con cui hanno a che fare, perché inevitabilmente riescono a vincere mediante il loro utilizzo. Ora... quel che in quel momento avvenne avrebbe lasciato di stucco il mondo intero. Persino Spanner e Shoichi, rinomati (?) meccanici/ingegneri/nullafacenti, ebbero di che stupirsi quando videro cosa era apparso sulla schermata di Epic Days.
"C-che cosa diavolo è questo?"
"Uh?" Spanner avvicinò il naso allo schermo per osservare con più attenzione lo strano messaggio materializzatosi improvvisamente al posto della visuale di gioco, su uno sfondo nero pece che aveva dell'inquietante. "«382378bcw9___crash.e.d.move_#{enter code.»", lesse con voce rapida e precisa, senza saltare né una lettera né un simbolo. "Sembra una finestra di imput."
Notando la calma di cui si era armato il coinquilino, Shoichi riacquistò il contegno perduto, raccolse gli occhiali senza i quali la sua vista era quella di una talpa morta e scrutò con scientifica curiosità il codice appena pronunciato da Spanner. "Sì, lo è ma... come si è aperta?"
"Saranno stati i tuoi occhiali", abbozzò lui senza entusiasmo.
"Ah, giusto! I miei occhiali!"
"Shoichi... non era un complimento."
Silenzio.
"Ah."
Silenzio.
"Ma potrebbe diventarlo se ammetti di essere una papera."
"Non sono una papera!!"
"Va bene, allora non era un complimento."
"Ma perché sovverti la realtà a tuo piacimento?!"
"Non faccio nulla di simile, ma finché si tratta di una mia frase posso farne ciò che voglio."
Si morse il labbro inferiore. Spanner aveva ragione. Non che fosse vero, ma il suo modo di porre la cosa risultava abbastanza convincente e pertanto Irie Papera giudicò prudente non addentrarsi oltre per non rischiare di lasciarci le penne.
In tutti i sensi.
"Lasciamo perdere", concesse, nonostante lui avesse in pugno la situazione più o meno come ce l'aveva la banda Bassotti ogni volta che fissava la cassaforte di Paperone mentre un'incudine stava precipitando, non vista, sulle loro teste "piuttosto, cerchiamo di scoprire che cosa è questa roba."
"Te l'ho detto, è una finestra di imput."
"Su questo siamo d'accordo. Quello che piacerebbe capire è... a cosa dà l'imput?"
"Mh... vediamo un po'..." Spanner mosse le sue dita verso la tastiera, andando a sfiorare senza timore quelle di Shoichi che si erano arpionate al computer con una violenza inquietante. Shoichi sussultò e volò all'indietro, non si seppe come, schiantando la nuca sul divano e mormorando parole di dolore, leggermente rosso in volto.
"C-che stai facendo?" domandò in apprensione.
"Provo a inserire il codice betaimput per capire se è un loop o meno", rispose lui digitando vari numeri e lettere in successione.
"Non è un loop, Spanner", ribatté aggiustandosi gli occhiali "deve essere una finestra per inserire i codici di gioco, quindi non può essere un loop."
"Mh, sì, forse hai ragione. Allora potremmo provare a inserire una sequenza binaria di tipo BLC e vedere che succede."
"Vuoi provocare il crash del sistema? Ehi, guarda che il pc è mio!"
"Vorrei ricordarti, Shoichi, che questo computer te l'ho regalato io. Quindi è come se fosse mio."
"M-ma che stai dicendo? Se me lo hai regalato è mio per forza!"
Silenzio.
"Mh, forse è vero. E allora facciamo che te l'ho prestato."
"Ma così non vale!"
Vedendo che l'amico si stava agitando, Spanner gli pose una mano sul testone arruffandolo un poco. "Su, su, stavo scherzando, non ti agitare."
A quelle parole, il piccolo paperotto si rimpicciolì diventando un pulcino rosso e palpitante, nascondendo la faccia fra le braccia e mugolando parole di vago dissenso. "Non prendermi in giro..."
"Non ti sto prendendo in giro", lo rassicurò.
"L'hai sempre detto tu che non scherzi mai..."
"Anche in quei casi stavo scherzando."
"Eh? M-ma che dici?"
"Mh... vediamo... {.001011011000101101001_betashipping#@_65bs7291na1.}; e vediamo come va." Con la schiena dritta, gli occhi attenti, i capelli biondi che in quel momento non si sapeva come sembravano più fulgidi e splendenti del solito, Spanner osservava lo schermo con una concentrazione tutta sua, che - Shoichi lo ammise deglutendo - aveva un che di affascinante. Ma mancava qualcosa per rendere quela visione ancora migliore, un dettaglio cruciale senza il quale il coinquilino perdeva parte del suo proverbiale fascino. Quel dettaglio, quell'accessorio era...
"Spanner, ma dove è finito il tuo leccalecca?" domandò Shoichi rendendosi improvvisamente conto che non si trovava più fra le sue labbra. Strano che se ne accorgesse solo adesso, considerando che le occasioni - o meglio, le scuse - per guardarle non mancavano mai, per un motivo o per un altro.
"Ah, quello?" Spanner non alzò gli occhi dal computer, corrugando appena la fronte con attenzione "Deve essere caduto da qualche parte prima."
"Da... qualche parte?"
In un attimo l'immagine di quella cosa intrisa di bava e appiccicata chissà dove - il divano, il muro, il pavimento, la magnolia versione mini che tenevano in soggiorno - gli invase il cervello, facendogli sorgere contrastanti sensazioni che ebbero come effetto complessivo quello di renderlo un tutt'uno con i suoi capelli.
"Sì, anzi, saresti così gentile da prendermene un altro?"
"Ma! Ma! Ma!"
"Suvvia, non è una richiesta così impegnativa, Shoichi."
Chiamare il suo nome mentre lui era in quelle condizioni era piuttosto pericoloso, effettivamente. E Spanner lo sapeva, più o meno. In quel momento però la sua mente era tutta per i codici, gli imput e i crash e quindi non prestò sufficiente attenzione alla reazione del paperoso coinquilino, che si ritrovò a muggire di frustrazione senza un perché.
Lui se ne accorse, e distolse lo sguardo per concentrarsi sull'amico. "Mh? Perché non vai?"
Ma lui non si muoveva. Continuava a balbettare qualcosa nascondendosi appallottolandosi reprimendosi compressandosi, rossissimo in volto e sudato come un maiale. Spanner si intenerì, e mosse una mano verso il suo testone. Ma quando stava per toccarlo, ci ripensò e decise di fare un'altra cosa.
Una cosa che aveva visto fare a Sakuro nel telefilm di Nanami.
"Shoichi, dai..." sussurrò suadente prendendogli il mento e costringendolo a guardarlo "poi, se vuoi... te lo faccio assaggiare."
E fu la fine.
"S-S-S-SPANNER!!" Gemette allontanandosi in fretta e furia e ansimando pesantemente "C-c-che diavolo fai?!"
"Cosa? Ti stavo solo... mh... seducendo, ecco."
"Seducendo?!"
"Sì, come fa Sakuro con Nanami", rispose serio.
"M-ma! Come puoi fare delle cose così... così... così equivoche?!"
"Che c'è di equivoco nel volerti sedurre? Sei esile, piccolo e femminile, non vedo dove stia il problema."
"Esile... p-piccolo... f... fe... f-femminile?!?"
"Non ripetere sempre quello che dico", lo ammonì con aria grave.
Shoichi boccheggiò incapace di parlare, ma il computer lo fece al posto suo.





ahah




"E questo?"
"Eh? Eh?" Shoichi guardò lo schermo e ci mise un po' a realizzare lo strano messaggio che era apparso sullo schermo del suo portatile. "E questo? Spanner, che hai fatto?!" Domandò colmo di angoscia, guardando prima lui e poi il pc, a scatti regolari di due secondi e mezzo.
"Ho solo portato in crash il sistema di gioco, niente di che. Credo."
"Niente di che? Cioè, hai distrutto tutta l'impalcatura che teneva insieme questo... coso dalla dubbia giocabilità! Come diavolo hai fatto, me lo spieghi?"
Leggero risentimento risuonava in quella vocina sottile, risentimento che si accompagnava alle guance leggermente gonfie del ragazzo e al verde dei suoi occhi fattosi misteriosamente ammonitore e imbuzzurrito. Come diavolo era riuscito a distruggere tutto il codice che stava alla base di quel gioco di ruolo online? Che trucco aveva utilizzato, quell'ingegnere da strapazzo?
Calma, Shoichi, non farti prendere dal panico. Anche tu ci sai fare con queste cose, non hai nulla da invidiare a Spanner, va bene? Lui ha solo... avuto fortuna, ecco. E il gioco aveva sicuramente un sacco di errori per conto suo, ragion per cui non hai motivo di sentirti inferiore.
"Shoichi?", chiamò Spanner notando l'amico perso in strane elucubrazioni sudaticce "Va tutto bene? Gradisci una gassosa?"
"No, Spanner!" esordì Irie Shoichi rinato dalle sue ceneri "Sto benissimo!"
"Non sembrerebbe, francamente"
"Oh, ma che vuoi sapere tu? Hai solo avuto fortuna, tutto qui" Shoichi si lasciò andare a una plateale risata, ma quando tentò di aggiustarsi gli occhiali per far sì che la luce riflessa su di essi nascondesse gli occhi in maniera molto figa, il dito gli scivolò sotto la montatura e andò a ficcarsi nella pupilla destra spostandogliela dall'orbita di circa 2,3 millimetri.
Un urlo animale si propagò per la magione.
"Shoichi, se non la smetti finirai per diventare cieco, lo sai?"
Spanner si limitò ad alzare una spalla di fronte alla sofferenza dell'amico, poi si alzò dal divano e si diresse dalla parte opposta della stanza.
"D-dove stai andando, Spanner? Ahiahiahi, che male, che male, che male..."
"A prendere un pezzo di carta", disse atono "e anche una penna, già."
"A fare?" insistette Shoichi massaggiandosi l'occhio con respiro pesante.
"Dobbiamo decifrare quel codice", rispose con scarsa enfasi. A quelle parole, il cuore di papera fece una piccola capriola. C'era qualcosa in ciò che aveva appena detto che lo aveva fatto sussultare, ma a un primo impatto non riuscì a capire di cosa si trattasse.
"Come hai detto?" La sua voce era incerta, la mano era ancora spiaccicata sull'occhio e il pigiama era umido di sudore in prossimità delle ascelle, ma nonostante tutto pareva essersi calmato.
"Quale parte del discorso non ti è chiara?"
"Tutto!"
"Ah, capisco. Be', è naturale. Voglio dire, so bene che hai parecchie difficoltà di recente, quindi non mi pare il caso di..."
"SPANNER!" berciò avvilito "P-per la miseria, ripeti semplicemente la frase! Che cosa ti sto chiedendo?!"
"Ok, ok, va bene. Dobbiamo decifrare quel codice, ho detto."
Mi chiedo come faccia a non aver capito una frase composta da quattro parole, si chiese in silenzio. Ma non lo disse, perché non gli sembrava opportuno farlo. Dopotutto quando si parlava di Shoichi le stranezze erano all'ordine del giorno, quindi era inutile fatica tentare di interpretarle secondo una chiave di lettura che si ispirasse direttamente alle leggi della logica. Questo, almeno, era ciò che pensava Spanner. E Shoichi era davvero fortunato a non poter sentire i suoi pensieri, perché altrimenti la sua reazione sarebbe stata degna della migliore delle casalinghe disperate. Certo, era già tranquillamente candidato al primo posto, ma lo spiacevole inconveniente di essere uomo poteva essere un ostacolo alla sua carriera.
Tch, sfiga.
"D... dobbiamo?"
I suoi occhi divennero una specie di lago dei cigni in cui era possibile scorgere Odette dedicarsi alla sua igiene intima e Derek suonare il tamburello a braccetto con Quasimodo, in un crossover che avrebbe fruttato milioni di prugne al cinema solo per la prima settimana di programmazione.
Spanner fece una smorfia. "Sì, ovvio. Da solo sarebbe troppo complicato."
Il che si poteva convertire in qualcosa tipo «se non fossi così pigro da fare schifo l'avrei fatto anche da solo», ma ovviamente non disse nemmeno questo. Anche perché non era così sicuro che fosse solo la pigrizia a spingerlo a farlo in coppia con Shoichi. Non l'amplesso, per la cronaca. Ma essendo la frase troppo lunga, qualcuno avrebbe potuto dimenticare quale fosse l'oggetto della discussione.
"Ma quindi... ti andrebbe bene anche se..." distolse teatralmente lo sguardo "... non fossi io ad aiutarti?"
Ecco, quella domanda poteva rappresentare un quesito interessante. "No, non andrebbe bene", ammise, leggermente sorpreso.
"P-perché?" lo incalzò sbattendo le ciglia a causa dell'ingresso di un moscerino dentro le pupille. Una lercia dimora, quella di Spanner e Shoichi. Prima il nome del marito, poi quello della moglie. Ma era la moglie a portare il cognome, dunque balance.
"Perché... mh... Shoichi, vammi a prendere un leccalecca."
Sviare l'argomento era la priorità del momento.
"Non deviare l'argomento!"
Ma Shoichi non l'avrebbe permesso.
"Quale argomento?"
Ma Spanner avrebbe trionfato come sempre.
"Quello di prima!"
E Shoichi l'avrebbe presa su per il retto come sempre.
"Ah, giusto. Vammi a prendere un leccalecca."
"Non lo farò!"
"Va bene. Allora io mi riprendo il computer."
"No! F-fermo, cosa stai-- fermo! No, ridammelo! E' mio!"
"Puoi dimostrarlo?"
"M-ma che vuol dire questa prepotenza improvvisa?!"
"Voglio un leccalecca, vammelo a prendere e io smetterò di vessarti con le mie argute angherie."
"Ti ho detto milioni di volte di non usare termini di cui non conosci il significato!!"
"E quante volte hai usato parole di cui non conoscevi il significato, Shoichi?"
"Cosa? Fammi un esempio!"
"Pene."
Silenzio.
"Lo capisci da solo, vero?"
"Io non ti sopporto!!"
"Che buzzurro che sei, Shoichi."
Irie Papera cominciò a starnazzare vistosamente, ma Spanner lo ignorò e si diresse a prendere il foglio e la penna con l'intenzione di decifrare il codice misterioso che era apparso sulla schermata di Epic Days. Ce l'avrebbero fatta, i nostri due amiconi, a impadronirsi definitivamente della rete? Questo e altri misteri... nella prossima puntata.















Note di Vetro: ebbene, amici e amiche di questa galassia, il capitolo 46 è qui per voi. Ne voglio approfittare per ringraziare Raindrops per aver messo la storia tra le preferite e per minacciarla di morte se non mi lascerà un parere :3 no ok, sto scherzando x°° però davvero, mi piacerebbe riceverne uno. Solo uno magari u_u coff, chiudiamo questa mia patetica parentesi e passiamo al capitolo.
... Non dirò quello che dico sempre, solo per non farmi sputare in faccia. Leggete e traetene personali conclusioni in merito, se vi va. Se non vi va... mi darò al buzzurraggio di provole. Voglio dedicare questo capitolo a Niah, augurandole di stare bene <3 anche se sono sicura che, forte com'è, non avrà problemi. Poi che altro? Ah, non mi sono dimenticata né di Spannera né dei flashback sparsi né del prequel. Poi capirete cosa intendo. °W°
Dimenticavo: ho scritto una valanga di stronzate per la parte nerd del capitolo, ma chissene dico io, chissene! (?)


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Capitolo 47
*** Vittoria = COLLASSO ***


c47 "Allora, cominciamo dalle prime due cifre..."
"Fermo dove sei, fellone!"
"Mh?"
Shoichi fissava il suo coinquilino sgomento, ma era in dubbio chi fosse più sgomento in quel momento, o chi non lo fosse. Era tutto molto confuso, e i neuroni di Irie sentivano chiaramente i loro dendriti evaporare a causa dell'aria che passava per i fori del testone rosso del suddetto, miserabile individuo.
"Spanner..." cominciò aggiustandosi gli occhiali "... sai che cosa vuol dire l'espressione «OOC»?"
"Mh... fammi pensare..."
"Quindi non lo sai!"
"Aspetta Shoichi, ci sto pensando... mh..." Spanner posò carta e penna e si mise a riflettere con espressione concentrata, meditando accuratamente sul significato di quella sigla. "Potrebbe essere... «oggetti oltremodo carini»?"
"Eh? Ma da dove ti vengono certe espressioni?!"
Da Nanami, avrebbe voluto dire. Ma l'amico non gliene diede modo. "Bah, non importa. Quello che stavo dicendo è che stiamo andando in OOC, Spanner. E la cosa è preoccupante."
Era molto preoccupante, effettivamente, andare OOC. Anche Spanner, dall'alto della sua girella biondiccia, sentiva sulle sue zebrate spalle il peso la gravità della situazione. Si accorò, sporgendosi verso Shoichi e sgranando gli occhi come un rospo disidratato. "Acciderbolina, che gran soqquadro!"
La storica intesa che li aveva sempre uniti si fece sentire chiaramente nel momento in cui fu necessario dare una degna risposta all'affermazione del compare. "Ma che caz...?"
"Shoichi, non si dicono le parolacce. Cattiva papera!"
"Ma ci provi gusto nel chiamarmi papera?! S-smettila subito, altrimenti..."
"Altrimenti cosa? Svolazzerai per casa seminando piume e discordia?"
Era quanto mai evidente che Irie Spanner - cognome della moglie - stesse andando in OOC. Il suo sarcasmo aveva qualcosa di nuovo, un sapore strano, nostalgico, che lo spingeva a essere... strano.
"Stureinj..." mormorò dunque grattandosi il mento, nell'apoteosi più gratificante della comprensione altrui a quello che usciva dalle sue labbra.
"Parli in inglese adesso?!"
Shoichi, ovviamente, era in menopausa. Quindi era piuttosto normale che si comportasse in quella maniera, considerando che Spanner - suo marito - non gli lasciava altra scelta.
... Una triste famiglia, la loro. E per fortuna che non avevano ancora avuto figli.
O forse sì?
"Uh? Non me ne ero accorto..." disse lui grattandosi il capo, incerto.
"Ma come devo fare con te..." l'irritazione di Shoichi era palpabile, senza ombra di dubbio. Si tolse nervosamente gli occhiali e vi alitò addosso per pulirne le lenti appannate e mettere a fuoco la ioconda persona lì nei paraggi.
"Vuoi liquefarli?" domandò la suddetta ioconda persona, indicando le lenti con un pigro indice.
"N-non dire idiozie, li sto solo pulendo!"
"Shoichi, andiamo, sappiamo tutti quanto puzza il tuo alito la mattina" fece Spanner con noncuranza, alzando le spalle e grattandosi un orecchio con fare faceto.
Shoichi prese la sua dignità, se la strappò di dosso e la lanciò via, lontano da lui. "Questo non è a-affatto vero! E poi vogliamo parlare del tuo alito, Spanner? Vogliamo proprio parlarne?!"
"Io non voglio parlarne, sei tu che vuoi parlarne."
"Ehmbe'? Mi sembra giusto spendere due parole in proposito!"
"Due parole, appunto. Tipo no comment" suggerì pacato l'amico, roteando gli occhi come una mangusta.
"Spanner, il tuo umorismo non è divertente, hai capito? Mi hai sentito? Non. E'. Divertente. Quindi è inutile che sogghigni, è inutile che adesso mi additi compassionevole, è inutile che mimi il loser, è tutto inutile! Io sono superiore!"
"Appunto, è inutile. E infatti non ho fatto nessuna delle cose che hai appena detto."
Silenzio.
"Spanner, per favore, ti scongiuro: va' all'inferno."
"Va bene" fece lui, accondiscendente "da che parte è?"
Il bullismo atroce si faceva sentire, invero. Shoichi percepì il pericolo gravare sulla sua foresta scarlatta infestata da pidocchi e streptococchi e attivò l'antivairus con l'ombrellino, ovvero Ameato, nella speranza di difendersi dall'occulta personalità di Spanner.
"Spanner, andiamo... sei uno scienziato e non sai da che parte è l'inferno?"
Dalla sua bocca scaturì una risata pregna di ego e presunzione, mentre il neon che illuminava stancamente il soggiorno si incurvò per sparare la sua luce a basso costo energetico sulle lenti di Shoichi, che in questo modo avrebbero acquisito la luminescenza di cui avevano bisogno per potersi considerare da nerd secchione.
Ma qualcosa andò per il verso sbagliato. Si dava il caso, infatti, che proprio in quel momento stesse volando per la loro spoglia dimora un vespone, il quale buzzava allegramente e incessantemente lungo tutto il suo randommoso percorso, e si dava il caso, oltretutto, che tal vespone avesse una particolare predisposizione per le anatre da passeggio.
Quando il vespone cominciò a volare buzzando nel corridoio, le sue antennine a strisce captarono un quackeggio che aveva del magnetico. Incuriosito, il vespone si introdusse in soggiorno e i suoi occhietti vispi e attenti videro una papera che si agitava furiosamente intorno al nulla. Il vespone trovò quell'atteggiamento molto divertente, e si avvicinò alla papera per osservarla da vicino.
"Ah ah ah, oh Spanner, povero ingenuo! Non sai da che parte è l'inferno, eh? Mi chiedo che cosa ti abbiano insegnato in quella stupida università che hai frequentato quando eri più giovane!"
"Shoichi, vorrei ricordarti che frequentavamo la stessa università..."
"Ah ah ah, Spanner non sa dov'è l'inferno, è inconc-"
"BUZZ!"
Il vespone si parò di fronte a Shoichi, accomodandosi sulla punta del suo naso e agitando la zampina in segno di educato saluto.
Ci fu un momento di silenzio.
Spanner fissò il vespone, e ridacchiò divertito.
Il vespone si pulì la zampina perché era un tipo educato e sistemato.
Shoichi tacque, poi aprì la bocca e infine lanciò un grido inumano che si propagò iocondo per tutto l'appartamento.
"GYAAAAAAAAAAAAAAEEEK!"
"Buzz!" Il vespone si allontanò impaurito, atterrando sul neon e scrutando Irie Duck con fare indispettito. Quella era ostilità aperta, per la miseria! L'avrebbe pagata cara, per essersi dimostrato così maleducato!
Il vespone si alzò in volo e partì all'attacco, mirando alla fronte di Shoichi che nel frattempo aveva improvvisato una conga nella speranza di evocare qualche scimmia infernale a cui chiedere aiuto, aiuto che il suo coinquilino gli avrebbe sicuramente negato.
Ma non fece in tempo. Il vespone lo trafisse senza ritegno, e perì nel coraggioso scontro. Anche Shoichi morì, ed entrambi gli esseri pluricellulari caddero al suolo con un tonfo sordo.
Spanner sgranò le pupille, si alzò dal divano e corse sul luogo del delitto. Era... uno spettacolo da gelare il sangue.
"Povero vespone..." sospirò affranto, raccogliendone il cadavere. Si muoveva appena, scosso da una profonda agonia. "Ti darò degna sepoltura, non temere!"
Spanner si alzò da terra e corse via, lasciando che Shoichi imputridisse con comodo. Così avrebbe potuto raccogliere la muffa al suo ritorno e farne un nuovo tipo di leccalecca come regalo di Natale per l'amico, ammesso che fosse sopravvissuto all'incidente.

*

Qualche minuto dopo il giovine scarlatto riprese i sensi. Ad accoglierlo, il volto sorridente e inespressivo al contempo di Spanner, storico coinquilino dall'intuito sopraffino e dal magico pipino. "Ciao, Shoichi."
"S-Spanner!" esclamò lui in un accesso di intelligenza "Dov'è la vespa?"
Il coinquilino lo squadrò interdetto. "Quale vespa?"
"M-ma come quale?! Quella che mi ha punto prima!"
Silenzio.
"Aaah, quella. Ma era un vespone, non una vespa. Era maschio."
"EH?!"
"Non te ne sei accorto? Era maschio", insistette annuendo "era gay."
Silenzio.
"EH?!?" insistette Shoichi, la cui intelligenza lo spingeva a porre quesiti sempre nuovi e vasti all'eterno amico dalla capigliatura ingannevole e sobillatrice.
"Comunque è morto. L'hai ucciso."
Silenzio.
"EEHH?!?!?"
"Però l'ho seppellito degnamente. Mi ha anche detto che ti perdonava, in punto di morte. Ha detto qualcosa tipo... mh... ah, sì: «perdonalo, Spanner, perché non sa quello che ha fatto!»"
COLLASSO.
Shoichi avverti con chiarezza l'esplosione a livello neurale che avvenne all'interno del tuo testone rosso e scompigliato e morbido come pagliericcio misto a sterco di mucca stitica, e ricadde sul pavimento boccheggiando in maniera quanto mai sagace, come del resto si addiceva alla sua brillante personalità di nullafaceto.
Ma Spanner, che era genio e pure malefico, glielo impedì. "Shoichi, mentre tu dormivi io ho decifrato il codice, sabotato la rete e fatto di te il vincitore del Torneo Trespade. Sei contento?"
Il cervello di Irie si paralizzò al sentir quelle parole. Si voltò lentamente verso il coinquilino con la migliore trollface possibile e immaginabile, e disse: "WTF?! LOL BITCH"
Spanner annuì rilassato. "Sì, capisco perfettamente."
COLLASSO.
E fu The end of Nerd.
"Ma come cazzo hai fatto?!"
"Mh, ho rispolverato le mie vecchie conoscenze in campo matematico, il resto era solo pulviscolo cosmico."
Se Spanner si permetteva di parlare di un codice a 231 cifre come pulviscolo cosmico, allora c'era qualcosa che non quadrava affatto. AFFATTO.
"B-be'..." Shoichi tentò coraggiosamente di salvarsi in curva "dopotutto abbiamo frequentato la stessa università, n-no? Ci sarei riuscito benissimo anche io!"
Ma Spanner aveva il propulsore a energia petica e vinse quella corsa, per l'ennesima volta. "No Shoichi... eravamo in corsi diversi."
COLLASSO.
Shoichi divenne color cemento armato. "N-non è vero!"
"Oh, invece sì. Per questo tu sai dov'è l'inferno e io no", disse Spanner con noncuranza, arricciando il suo ciuffo a spirale attorno al dito "semplicemente, abbiamo seguito percorsi diversi. Così tu sai dove si trova un posto che non esiste, e io so decifrare un codice a 231 cifre in poco più di cinque minuti. Direi che le capacità si equivalgono, o no?"
Era un modo come un altro per dire che fra i due amiconi intercorreva un abisso di ignota profondità.
Proprio in quel momento, proprio mentre Shoichi stava per prendere Spanner e violentarlo per fargliela pagare per tutte le angherie subite, una voce interruppe il loro idillio con violenza epica.








dd







Shoichi aveva dunque realmente vinto il Torneo Trespade? E cosa ci avrebbe guadagnato alla fine di tutta questa storia? Per rispondere a questa domanda... bisognerà aspettare l'avvento di una singolare avventura.






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Capitolo 48
*** Vacanza premio in America ***


c48 Vincere a un gioco come Epic Days significava senza dubbio qualcosa. Non era detto, certo, che fosse qualcosa di positivo.
E in effetti non lo era affatto.
Shoichi, il cui repertorio di emozioni si era ormai ridotto all'osso, boccheggiava di fronte allo schermo con l'espressione di chi non sa e non vuole sapere e sente che qualcuno o qualcosa lo costringerà a colmare la sua lacuna al più presto.
Spanner, per esempio. Che nonostante sapesse, in qualche modo lo avrebbe costretto a sapere per vie traverse. COME, era e sarebbe rimasto un mistero.
"Quindi non stavi bluffando! Hai davvero sabotato qualcosa, tu!"
L'amico annuì, placido. "Altrimenti non l'avrei detto, ti pare?"
"M-ma come diavolo... cioè, quanto sarò rimasto privo di sensi? Cinque minuti? Dieci? E' impossibile che in così poco tempo..."
"I fatti parlano chiaro", asserì Spanner con sguardo assente, il che a guardarsi risultava una contraddizione piuttosto divertente "tu eri irreversibilmente morto, e adesso sei il campione di questo RPG online dalle ignote origini. Sai spiegarlo in una maniera che mi dipinga totalmente estraneo alla faccenda?"
Spanner e Shoichi erano sempre stati degli atei convinti e affermati, ma il secondo, invero, era da qualche tempo che stava cominciando a credere nell'esistenza di qualche entità sovrannaturale che potesse spiegare il supplizio perpetuo a cui suo malgrado andava incontro ogni santo dì. Nonché - ma questo lo avrebbe ammesso a fatica, o non l'avrebbe ammesso affatto - a cui votarsi, nella speranza che tali torture psicologiche potessero presto vedere il loro epilogo. Triste, sicuramente, ma sempre meglio di niente.
Proprio in quel momento, effettivamente, Irie Shoichi desiderava con tutto se stesso potersi mettere in contatto con Zeus, Ade, Apollo, qualunque idiota dell'Olimpo - perché arrivati a certi livelli di tolleranza non importa neanche quale imbecille deve prestarti il suo potere, purché lo faccia - per cercare di contrastare la violenza discreta e sottile con cui si sentiva percosso in quell'esatto istante. Spanner, dal canto suo, non faceva nulla per contrastare quella sensazione di bullismo atroce che stava sovrastando il coinquilino, perché non solo non ne aveva alcuna voglia, ma anche se avesse voluto non avrebbe proprio saputo da che parte cominciare. Anche lui, dopotutto, sapeva comprendere un caso disperato, e Irie Shoichi rientrava innegabilmente nella suddetta cerchia di poveri disgraziati.
"N-non posso crederci... no, è assurdo, inconcepibile, mi rifiuto categoricamente di crederci..."
Tal miserabile essere, sudando copiosamente, cominciò a perdere l'equilibrio e ricadde esausto sul divano, una mano sulla fronte come se temesse che la testa potesse rotolargli via da un momento all'altro. "Ditemi che è solo un brutto sogno..."
"Shoichi, prendila con filosofia. Ci sarà un'altra occasione, no? Quando questa si verificherà potrai riscattarti." Ammesso che tu ci riesca, ma questo non lo disse. Si limitò a scrutarlo, imperscrutabile a sua volta, in attesa di un cenno di assenso o dissenso - tanto non gli importava cosa pensasse l'altro, finché ascoltava ciò che usciva dalla sua bocca - .
"Non voglio pietà gratuita" sibilò il giovane senza guardarlo "non mi serve, non la voglio."
"Non si sputa nel piatto in cui si mangia, lo sai".
"Vorresti dire che io sputo nel piatto in cui mangio? Anzi... vorresti dire che io mangio in questo piatto?!"
Lo faceva? Era davvero così sfigato?
Spanner annuì morbidamente com'era sua consuetudine. Shoichi si prese la testa fra le mani e la scosse violentemente, nella speranza, forse, che i suoi neuroni potessero darsi la carica a vicenda e formulare un pensiero coerente che andasse aldilà dell'asdnwjfwp a cui era in quel momento soggetto. Ma si sa, la speranza di ogni Irie (junior o senior che sia) è destinata a soccombere nel momento in cui viene a confrontarsi con un soggetto come quello che stava assistendo zitto e muto all'affannarsi inutile del compagno.
"Shoichi, perché non ti calmi? Non è la fine del mondo se ho decifrato quel codice senza di te, no?"
Qualcosa nella mente di Spanner gli aveva suggerito che una reazione appropriata a quella cortesia sarebbe stata, come minimo, un gesto di ringraziamento. Una parola di gratitudine, una stretta di mano, una pacca sulle spalle, un sorriso, anche brutto - ma i sorrisi di Shoichi non erano mai brutti - , qualcosa che gli facesse capire di aver fatto la cosa giusta. Perché, nonostante la parentesi comica del povero vespone buzzurro e buzzante, nonostante Spanner si fosse preoccupato più di quell'insetto dall'addome a strisce piuttosto che del suo scarlatto coinquilino... non significava che il loro rapporto si riducesse a una lunga e stancante sequela di angherie. Perlomeno, questo non era il suo intento: che poi la situazione si fosse evoluta in quel modo, be'... non era colpa sua.
Non solo sua, almeno. Perché anche Shoichi isterizzando isterizzando aveva la sua buona dose di peccato. Anche se non lo ammetteva e preferiva celarsi dietro un'apparenza quanto mai uke e tsundere, due cose che si sposavano perfettamente come il cacio sui maccheroni. Forse anche meglio.
"Spanner, sono cinque minuti! Trecento secondi! T-tu hai... cioè!"
Silenzio.
"Io ho cioato?"
"NO! Non farmi bestemmiare, per la miseria! C-ci manca solo questo per completare le mie disgrazie!"
"Credi forse nell'esistenza di un'entità trascendentale?" Spanner sembrava quasi disgustato "Shoichi, ogni uomo è arteficie del proprio destino, è da codardi attribuire la fonte delle proprie sciagure a qualcuno che con molta probabilità non esiste. O che, se esiste, non si sta di certo preoccupando della tua salute."
Ci fu ancora silenzio. Shoichi fissò Spanner come se volesse mutilargli un arto, mentre Spanner cominciò a far roteare gli occhi, perplesso. "Mi sto chiedendo se la cosa vale anche per le papere..."
"TACI, AMMASSO DI IDIOZIA!"
Shoichi balzò giù dal divano additandolo sconvolto. Spanner reprimette uno sbadiglio e non si diede neanche pena di inarcare un sopracciglio. "Mi hai sentito? D-di' qualcosa!"
"Sei una contraddizione vivente."
"NON QUESTO!"
"E cosa, allora?"
"T-u... aaah, la mia TESTA!"
"Mh?"
"NON MUGOLARE!"
"Va bene."
Silenzio.
"Shoichi?"
"CHE VUOI?!"
"Hai un erezione."
"IO C--- cosa...?"
Lo sguardo di Shoichi corse ai suoi pantaloni.
E fu l'orrore.
"C-c-c-che scherzo è mai questo?!" Cominciò a picchiare la piccola testolina, facendosi un male cane oltretutto inutilmente, perché il suo pene era in vena di scherzi e non faceva altro che risalire a galla, quasi per sfregio. Spanner ridacchiò appena. "E' davvero eccitante parlare con me? Sono colpito."
"N-non c'entra! Non ho idea del perché... dannazione, vuoi stare fermo? DORMI! Dormi, mannaggia a te, dormi! A-a cuccia! M-mi hai sentito?"
"Sì, ha ragione il tuo padrone, caro genitale... dormi, come hai sempre fatto e come sempre farai fino alla fine della tua miserabile esistenza!" Spanner annuì grave, avvicinando il muso alla virilità dell'amico e fissandola con sguardo attento. "Puzza. Ma lo lavi, ogni tanto?"
"M-m-ma che cosa dici, Spanner?! Certo che lo lavo!"
"Oh! Quindi sei come quelle persone che più non usano una cosa più la curano. Interessante..."
"S-senti un po', tu!" Shoichi raccolse i brandelli della sua dignità e li ricucì alla bell'e meglio, tentando di opporsi dall'oscura volontà del coinquilino dall'espressione faceta "Per tua norma e regola..."
"Non è né di norma né di regola quello che stai per dire, vorrei farti notare."
Silenzio.
"E-e tu come fai a sapere quello che stavo per dire?"
"Non lo so. Ma non lo sai neanche tu, quindi è come se lo sapessimo entrambi. Quindi come se lo sapessi solo io e basta."
Silenzio.
"... Spanner, ma tu che cosa sei? Sei un essere umano? Un alieno? Un vegetale? Anzi no, lo so cosa sei! Sei una pannocchia!"
"Ancora con questa storia?" Spanner si sporse verso l'amico, ma pareva quietamente interessato. "Spiegami perché sarei una pannocchia, Shoichi."
"B-be'..." il giovine aggiustò la montatura che perennemente tendeva al suolo attirata da una forza di gravità che sulla punta del suo naso sembrava centuplicarsi fino a sovvertire del tutto le leggi della fisica e disse: "i-il tuo nome... hai presente il nickname che ti sei scelto per giocare a Epic Days?"
"Intendi il gioco in cui ti ho fatto stravincere mentre eri in stato comatoso?"
"Non puntualizzare, maledizione!"
"Che c'è di male nel voler puntualizzare?"
"C'è che lo fai apposta per farmi dare fuori di matto, ecco la verità!"
Già, la verità.
Un concetto troppo astratto perché uno come Spanner potesse prenderne davvero atto. Era molto più semplice fare riferimento a un tipo di realtà ben definito, la stessa che si erano costruiti intorno in tutti quegli anni, la stessa che sembrava isolarli dal resto del mondo rendendoli una dimensione a parte, un'isola, un microcosmo separato dal resto dell'universo in cui ogni legge veniva aborrita in favore di una conduzione domestica che aveva del tragico e del sincopatico insieme.
"Sì, ho presente", disse allora lui per evitare che la conversazione degenerasse verso lidi da cui era impossibile scappare.
"EH?!" e ovviamente Shoichi gli venne incontro, facendo sfoggio di una prontezza di spirito che aveva del fantascientifico.
"Dico, ho presente il mio nick. Spappop, giusto?"
"Eh, sì, ma io stav-" venne però zittito da un paio di dita che gli acciuffarono le labbra stringendole come una molletta, con l'intenzione di sopprimere sul nascere qualunque ribellione verbale che si sarebbe dimostrata inutile e controproducente ai fini del loro sagacissimo dialogo.
Shoichi mugolò qualche vana protesta, com'era nel suo (triste) stile, e si sottrasse al contatto con il broncio stampato sul musetto deficiente che suo malgrado si ritrovava tutte le volte che arricciava il naso, stizzito; uno spettacolo da togliere il fiato.
Per le risate che riusciva a strappare anche a un macano cieco e depresso, con la cuperose, la sciatica, le emorroidi, il gomito del tennista e il virus dell'HIV.
"Limitati a proseguire il discorso, per favore. Potrebbe ritornare da un momento all'altro."
Shoichi, invero, aveva sempre avuto una certa fobia per gli esseri indefiniti che, in quanto tali, andavano contro ogni razionalità ed erano impossobili da inquadrare sotto un'ottica ben precisa, che magari li avrebbe potuti rendere meno spaventosi e più comprensibili ai sensi del siffatto scienziatucolo. E il fatto che il suo amico, che di certo non era rinomato né per la sicurezza che emanava né per il fascino con cui ammaliava le donne, gli uomoni e gli esseri neutri, stesse parlando volutamente di qualcosa senza attribuirle un soggetto di qualche tipo, alludendo malignamente ad essa al solo scopo di fargli drizzare i peli pubici dal terrore, non faceva altro che peggiorare una situazione che già di per sé risultava di una tristezza infinita e disarmante.
"CHI? COSA?" gracchiò dunque isterico, voltandosi verso il coinquilino con gli occhi usciti dalle orbite, il labbro sporgente e una tensione nervosa che gli percorreva l'intero corpo dalla punta dei piedi fino a quella dei capelli "METTI IL SOGGETTO ALLE FRASI, MALEDETTO SPANNER!"
Spanner rimase interdetto, fissando Shoichi che veniva rapito da un'entità buzzurra che voleva farne polpette, che rispondeva al nome di follia, chiedendosi perché la sua delicatezza o presunta tale non fosse stata recepita ed anzi invertita in qualcosa di molto più losco e maligno. Ma pur ponendosi quesiti di tale sorta, decise comunque di rispondere a ciò che il rosso giovine domandava per non turbare oltre la sua psiche già evidentemente compromessa.
"La tua erezione", sentenziò patetico.
"Eh? Ah?" Il suo sguardo corse ai pantaloni, ma nessun pony imbizzarrito cercava di eluderne la stretta sorveglianza. Sospirò appena e tornò in un lampo ad additarlo stravolto "D-devi smetterla di farmi venire un colpo dopo l'altro! Cosa fai se mi viene un infarto, AH?"
"Era destino", replicò pacioso.
"Era destino?! Proprio tu lo dici, che non credi in queste cose!"
"Se si parla di te, Shoichi, neppure io oso mettere in dubbio la sfortuna che ti perseguita."
Fece una piccola pausa e lo fissò intensamente negli occhi. "Perché è evidente che ti perseguita, mi sembra."
"Non è la sfortuna a perseguitarmi, sei TU che mi perseguiti!", gridò Shoichi esterefatto "Ogni mia disavventura, ogni mia... difficoltà! E' tutto opera tua, sei tu che saboti quotidianamente i server della mia esistenza rendendola sfigata e invivibile!"
Spanner rimase interdetto a sentire quelle parole. Guardò Shoichi negli occhi per una manciata di secondi, ma non fu capace di replicare alcunché. Era veramente lui l'arteficie del disagio dell'amico? Tutti i guai erano stati veramente causati da lui?
"... Mi dispiace, se le cose stanno effettivamente così." Il suo tono era umile e dispiaciuto, perché sentiva gravare su di sé il peso di una responsabilità che solo in quel momento sentiva chiaramente di avere. Ora, finalmente, riusciva a riconoscere quel senso di oppressione, di smarrimento e di confusione che lo aveva animato durante tutto l'arco di quella frustrante giornata, anzi, che lo accompagnava ormai da molto tempo ma che solo in quell'ultimo periodo aveva cominciato a manifestarsi con forza.
Del resto, se ci si pensava accuratamente, era facile da intuire. Trascorrevano le loro giornate dentro un appartamento che non era né bello né allegro, pur essendo almeno umanamente confortevole. Tralasciando il fatto che uno fosse una papera e l'altro una pannocchia e che quindi il concetto di umanamente confortevole potesse valere fino a un certo punto, in quella casa c'erano solo loro due. E uscivano poco. Quindi ogni guaio di Shoichi non poteva in nessun modo prescindere dalla sua persona, anzi, lui ne era la fonte diretta. La solitudine era qualcosa che non avevano mai rimpianto, ma Spanner comprese che forse, dopotutto, loro due erano in verità davvero soli. Soli, perché appartenevano a due sfere diverse che non si fondevano, ma si inglobavano a vicenda. I loro mondi si toccavano, ma non entravano in contatto divenendo una cosa sola. Ma non era stato sempre così, si disse poi. E allora, quand'è che i loro mondi avevano cominciato a toccarsi senza mai fondersi insieme? Quando era avvenuto il doloroso distacco? Quando le loro identità avevano cominciato a distinguersi nettamente, perdendosi in un ciclone di confusione di cui lui stesso, adesso, a stento riusciva a localizzare l'occhio?
"Comunque..." la voce sospirante di Shoichi lo riportò alla dura realtà, facendolo riemergere dalla bolla grigia in cui si era chiuso, immerso in una serie di pensieri senza inizio né fine che avevano il solo effetto di avvilirlo più del dovuto, in una maniera che non era capace di controllare. "Spappop mi ha fatto pensare ai... pop-corn, anche se tu l'hai scelto partendo da basi totalmente diverse. Quindi be', sì, il pop-corn si crea a partire dai chicchi di mais, quindi... pannocchia!"
"Ah..."
Era troppo... strano, per potersi deliziare di quella bizzarra associazione di idee. E Shoichi ci rimase visibilmente male. "Potresti anche dire qualcosa di più, ti pare? Le parole non ti costano mica!"
"Mh..."
Spanner! Ma mi stai ascoltando?!"
Era inconcepibile. Dopo che gli aveva persino detto il perché della pannocchia, reprimendo i suoi sentimenti di dolore per il modo in cui veniva puntualmente trattato da lui, Spanner si permetteva ancora di fare lo strafottente?
Proprio in quel momento si verificò un fatto interessante. Sulla schermata di Epid Days era apparso un messaggio, scritto in una maniera che risultava fin troppo seria per gli standard di un gioco come quello. Segnalò la sua comparsa con un bip incessante e logorroico, che spinse Shoichi ad avventarsi sul computer mentre Spanner lo fissava, ancora intorpidito dalla natura delle sue elucubrazioni mentali. "Ma che diavolo..."
«Congratulazioni!» recitava il messaggio, scritto in Verdana a grandezza 10 «Signor Whd29anksò, lei ha vinto il torneo Trespade con il suo pg, che risponde al nome di Darkwing Duck, e ciò le da il diritto di riscuotere il suo premio: una vacanza in America, e precisamente a New York, per due settimane con 0 spese! Si presenti all'areoporto di Kyoto entro 3 giorni dalla visualizzazione di questo messaggio, recando con sé il modulo che adesso le spediremo sul suo computer e che lei dovrà prodigarsi di stampare e compilare. Le auguriamo sentitamente una buona vacanza!»
Lette codeste parole, neanche fosse stato programmato - o forse sì - il gioco si arrestò, mostrando il consueto desktop con all'angolino un avviso di Outlook, che informava i gentili amiconi che era arrivato un nuovo messaggio di posta.
A quel punto, sia Shoichi che Spanner cominciarono a porsi una serie di leciti interrogativi che, com'era logico supporre, vedevano il primo affannarsi intorno al nulla e il secondo sfoggiare la sua migliore espressione da pesce martello con un tumore al fegato.
"Spanner... perché ti chiamano «signor Whdventinoveanksò»?"
"Suppongo che l'aver manomesso la struttura portante del gioco abbia provocato anche alcuni... effetti collaterali."
"E lo dici con questa flemma?!" Shoichi non poteva credere alle sue orecchie, ma per fortuna aveva smesso di farlo molto, molto tempo prima. Aveva capito che era fatica sprecata, e lui non era così prestante da potersi permettere di sperperare le sue energie in questo modo. "Va bene, prossima domanda... questo viaggio è per una persona sola, vero?"
La domanda fu pronunciata quasi con timore, in fondo al quale si celava malamente un istintivo sollievo che non sfuggì alle orecchie di Spanner. "Suppongo di sì", rispose atono "e la cosa ti fa piacere."
Non era una domanda, bensì una constatazione. E neanche felice. "Se devo essere sincero..." cominciò Shoichi fissando Spanner con una certa intensità di sguardo "ritengo che separarci per un po' non ci farebbe male."
"Shoichi... ci siamo ricongunti ieri, vorrei ricordarti. Vuoi già andartene da qualche altra parte? Per essere sequestrato, seviziato e sciolto nell'acido?"
"Q-questo non c'entra, è un viaggio già pagato di tutto punto!"
"Da una... associazione, o setta di cui non sai assolutamente nulla?"
"Che problema c'è? Pensi forse che adeschino la gente per venderla oltreoceano?"
"Chiunque guardandoti proverebbe l'istinto di rapirti, Shoichi." Anche io, pensò poi mentalmente, stupendosi sinceramente di quel pensiero. "E tu sei così indifeso che mi chiedo come tu faccia ad essere ancora vivo. Forse perché bene o male hai sempre vissuto fra quattro mura, mh."
"Io non sono indifeso! S-sono intelligente, e so usare sapientemente la lingua!"
Dopo la sua uscita, ne seguì una piccola pausa carica di enfasi notevole, nella quale Spanner si permise la fatica di inarcare appena un singolo
"Ti piacciono proprio così tanto queste frasi a doppio senso?"
"Doppio senso? Ma dove ce l... a-ah!!" Il viso di Shoichi si colorò di rosso e il giovine tentò di riacquistare la sua dignità con un modesto colpo di tosse "I-intendevo dire che so parlare bene!"
"Si vede".
"Taci! Comunque sia, ho intenzione di accettare quel premio!" dichiarò alzando piccoli pugni al soffitto "Sono certo che un po' di indipendenza ci farà bene, e... ci permetterà di capire alcune cose."
"Per esempio?" Lo scetticismo gli impastò la bocca fino a lasciarle dentro una spiacevolissima sensazione di amaro pungente. La mancanza del suo leccalecca cominciava a farsi sentire. Si guardò intorno, nella speranza di riuscire ad identificarne l'ubicazione, ma sfortunatamente non vide alcunché.
"Non mi sembri molto interessato", commentò altrettanto ironico Shoichi "che... diavolo stai cercando, mi fai venire il mal di testa se continui a voltarti a destra e a manca!"
"Il mio leccalecca" rispose secco "mi serve."
"Ti serve? Ti senti male?"
"Ti preoccupi per me, Shoichi?"
"Perché rispondi alle mie domande con altre domande?"
"Perché, è un problema?"
Silenzio.
"Ma cosa mi preoccupo a fare per uno come te..." si passò una mano sul viso, sospirando miserabilmente.
"Quindi ti stavi preoccupando?"
Nella sua voce si udì un accento appena sollevato, che Shoichi colse in pieno e che suo malgrado gli provocò un leggero imporporimento "N-non guardarmi con quella faccia! E' ovvio che mi preoccupi... anzi, NO! Non è ovvio maledizione, perché mi preoccupo? Tu non meriti la mia preoccupazione!" Lo additò, e sul suo indice comparve una spirale rossa indignata. Le sue guance si tinsero di scarlatto ancora di più, e gli occhiali gli si storsero sul naso rendendo la sua figura quanto di più approssimativo esistesse sulla Terra.
"E non ti preoccupi di lasciarmi qui da solo, a casa, andando in America per due settimane?"
Battere il ferro finché era caldo era l'unica cosa che poteva fare in quel momento. Non sapeva bene neanche lui che cosa desiderasse sentire, ma comprendeva appieno che quello era l'unico modo per estorcergli qualcosa.
"Confido nel fatto che non uscirai di casa di tua spontanea volontà, Spanner, a meno che tu non desideri sperimentare il brivido della città, cosa che ti sconsiglio caldamente."
"Quindi tu fai leva sul fatto che presumi che io rimanga qua dentro per quattordici giorni di fila senza mai mettere un piede fuori di casa?"
"E' così strano? Sono sempre io" e si prodigò di dire in corsivo quella parola battendosi un pugno sul petto glabro "e sottolineo IO a uscire al posto tuo, per qualunque cosa!"
"Appunto, quindi se tu non ci sarai dovrò uscire io, non ti pare?"
La domanda suonò sorprendentemente coerente, cosa che non mancò di irritare l'ingegnerucolo rossiccio. "Allora vorrà dire che starai attento! Oppure ti farai portare le cose a domicilio! Oppure morirai di fame e di sete e seppellirò il tuo cadavere AL MIO RITORNO!"
"Shoichi... non per essere cattivo, ma è molto più probabile che fra due settimane sarai tu ad essere diventato un cadavere, e non io."
Silenzio.
"Ah, è così?! BENE! Allora abbiamo finito di discutere, la decisione è presa, tanti saluti Spanner! Ti manderò una cartolina dal mio lussuosissimo attico di 800 metri quadri!" E pronunciate quelle parole, Shoichi sbottò esausto e si diresse a grandi passi verso la porta, con le braccia serrate e parallele al corpo e i piedi a papera che facevano un rumore simile a un battiscopa quando toccavano il pavimento. "Dove vai?", chiese Spanner cauto.
"A fare la valigia!" rispose quello "E non provare a seguirmi, sabotatore!"
"Non era nelle mie intenzioni".
"Bugiardo!" Un dito sporse dalla soglia, indicando un punto indefinito della stanza che verosimilmente doveva corrispondere alla sua posizione nello spazio "Scommetto che non vedevi l'ora di mettermi a soqquadro la camera!"
"Stai parlando con me, Shoichi?"
"E con chi altri sennò?!"
"E allora perché stai indicando il tavolo?"
Silenzio.
Senza dire una sola parola, il dito si ritirò nelle profondità del corridoio e si udirono dei passi strascicarsi, un uscio aprirsi lentamente e richiudersi poi con violenza, e oltre esso una risata metallica che di umano non aveva più nulla rieccheggiare fra le pareti della stanza di Irie Shoichi.
Fu proprio in quel momento che Spanner si ritròvò a pensare. A pensare che non era passato neanche un giorno e il suo coinquilino lo stava abbandonando, ancora. Si era ripromesso che gli avrebbe detto qualcosa di gentile, che lo avrebbe trattato meglio, ma invece sembrava che fossero giunti a un punto di non ritorno, un'altra volta.
La lingua guizzò dentro la bocca, dimentica che al suo interno non vi era alcun leccalecca. Ma non fu solo lei a guizzare, e Spanner avvertì un ignoto tremore che si espandeva in lungo e in largo per tutto il corpo scuotendolo fin dal profondo delle sue viscere.
Shoichi stava per partire per un viaggio che forse li avrebbe separati definitivamente e lui non sapeva assolutamente come comportarsi per fermarlo.
Mai come in quel momento aveva avvertito la gravità della situazione. E mai, come in quel momento, aveva desiderato essere davvero una persona.













Note di Vetro: sono molto fiera di questo capitolo, che ritengo essere uno dei migliori che abbia mai scritto. E finalmente, per la prima volta, sono riuscita a rendere per iscritto esattamente tutto ciò che sentivo dentro di me. Non potete immaginare la soddisfazione <3 colgo l'occasione per ringraziare DremerRock per aver messo la storia fra le preferite: grazie, davvero, di vero cuore :) e ringrazio anche Miharu e Fania per avermi messo fra gli autori preferiti (perdonatemi se abbrevio i vostri nomi), anche se l'ultima non credo legga questa storia ma fa nulla :D adesso, finalmente, entreremo nella parte cruciale di questa storia, che durera ancora un bel po' di capitoli, e forse - ma devo ancora ponderare con cura - finirà lì, ma nel senso che farò un seguito con una storia a parte. Ma è ancora tutto da vedere, appunto, quindi state tranquilli (?). Ringrazio sempre tutti quelli che leggono e, ripeto, mi piacerebbe ricevere un parere anche da chi non l'ha mai commentata. Se volete mi va bene anche privato, pfff x°° ma basta, sono patetica, mi eclisso. AH! Entro qualche giorno aggiornerò anche L'ossimoro dell'orchidea, se a qualcuno importa~
 ● Have a nice day!



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Capitolo 49
*** Fine...? ***


ahah Ehm... buongiorno a tutti, cari lettori di EFP. Io sono...
"Shoichi, perché non ci dai un taglio e vieni a darmi una mano con quel pannello solare?"
"Spanner... per l'amor del cielo, mi lasci in pace? Sto tentando di fare un discorso serio!"
Ehm... vogliate scusarmi, sfortunatamente il mio collega-
"Amico. Siamo amici, Shoichi, non colleghi".
"TACI!" Scusatemi ancora, ma quel babbeo non capisce mai quando è il momento di smetterla. Ecco, se n'è andato. Magnifico. Posso riprendere il mio discorso.
Allora! Il motivo per cui sono qui è che quella grande testa di cocco di Vetro, la persona che ha gettato me e mister Allegria Congenita in una bolgia infernale (infernale per me) di avvenimenti assurdi senza capo né coda, essendo ella una grande codarda, ha mandato il sottoscritto a spiegare che non può continuare la storia, ora come ora, e che quindi è costretta a metterla come completa in attesa di... un seguito. Sì, avete capito bene. Non c'è pace a questo mondo, è così. Speravo di essermene liberato ma quella pazza continua a tormentarci anche se non lo mette per iscritto.
All'inizio, così ha detto, aveva intenzione di andare oltre il quarantottesimo capitolo (AHAH, che coincidenze. 48, certo. Potevi arrivare al 51, no?! Ma no, ma certo, dedichiamo tutto a Spanner! Spanner di qua, Spanner di là, certo certo, continua così Vetro, continua così), ma poi non ha più combinato niente. Quindi, siccome la storia era arrivata, secondo lei e sottolineo secondo lei a una svolta interessante da "To be continued", ha deciso di terminare qui le cose in attesa di un seguito che chiamerà, sentite questa? DUE AMICONI A NEW YORK! Ridicolo, lo pensate anche voi, non è vero? Io gliel'ho detto. per tutta risposta mi ha fatto violentare da Spanner in una one-shot random, quindi non le dico più niente. Ma ricorda Vetro, ricorda: Irie Shoichi non dimentica.
... Stavamo dicendo? Ah, sì. Due amiconi a New York. Durerà un po' di capitoli, come sempre, visto che la signorina scrittrice ama le cose lunghe per far concorrenza ai rotoloni Regina. Penso che ormai l'abbiate imparato a vostre spese, no? Che pena che mi fate. Oh! Ma in senso buono, ovviamente. Non vi disprezzo mica! Solo che penso, chi ve lo fa fare a sorbirvi quello che scrive? Ci sono autrici decisamente migliori anche nel campo comico, quindi perché leggere di noi? Anche perché, vedete, Vetro si illude di far ridere. Sì, lei ne è... assolutamene convinta. Dovevate vedere come rideva quando scriveva del vespone che mi inseguiva! Stavo quasi per uscire da Nvu e strangolarla, ma poi la mia bontà ha avuto la meglio. E in ogni caso i geni non devono sporcarsi le mani.
In conclusione, comunque, questa storia vede qui il suo epilogo. Io non ho altro da dire, se deve aggiungere qualcosa che lo faccia lei. Ehi Vetro, lo so che sei qui, vieni fuori e abbi il coraggio di ammettere le tue colpe! ... Con permesso, vado ad aiutare quel mongospastico di Spanner. Ci si vede!

...


Ha insistito tanto per parlare, povero Shoichi. La faccenda del quarantottesimo capitolo non gli è andata per niente giù, voleva riscattarsi in qualche modo. Povero paperotto spaurito. Comunque sia, quello che ha detto è (quasi) perfettamente vero. Termino qui la storia, con 48 capitoli e un avviso, e vi dico: rimanete sintonizzati! Avrete ancora loro notizie. E con questo mi congedo pure io. Grazie di cuore a chi ha seguito questa storia, alle persone che l'hanno preferita e ricordata. Grazie per davvero. Non ho intenzione di far terminare le cose a tronzo, e poi è vero che se metto questa fra le completate mi viene più facile scrivere il seguito. Forse perché c'è un notevole salto che mi viene meglio scriverlo come cosa a parte. Va bene, basta ciance! Ci si vede gente, e grazie ancora per tutto quanto! <3

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