Io sono Dubhe dalla Terra del Sole... Io sono un'Assassina

di Aesir
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La schiava - assassina della Gilda ***
Capitolo 2: *** Sogni di sangue ***
Capitolo 3: *** L'Assassina e la Bestia ***



Capitolo 1
*** La schiava - assassina della Gilda ***


“Breathe in deep, and cleanse away our sins
And we'll pray that there's no God
To punish us and make a fuss”

- Muse, Fury

 

La schiava - assassina della Gilda

Mi chiamo Dubhe, dalla Terra del Sole.
Ho diciassette anni, e sto morendo.
Sto morendo da quando ho lasciato Selva, nove anni fa.
Pochi mi conoscono, nessuno sa chi io sia davvero.
Forse, nemmeno io.
Sono una ladra, ma non so che altro.
Mi accontento di questo, e basta.
Questa è la mia vita, lasciarmi portare dalla corrente.
Finora, ha sempre funzionato.
Vorrei che qualcuno mi strappasse da quest‘inferno, mi portasse via di qui.
Ma, in fondo, neppure ci spero così tanto.
La tenebra mi ammanta anche quando sono nella luce.
Perché io sono fatta così.
Percorro i corridoi della Gilda con sguardo vuoto, mettendo un piede davanti all‘altro, senza badare davvero a ciò che sto facendo.
I miei occhi si posano, sprezzanti, su coloro che hanno dato la loro vita per Thenaar.
Per coloro che servono un dio crudele.
Non sono altro che dei poveri bastardi, ma non provo alcuna pietà per loro.
E non temo Thenaar per questo.
Se ne vada all’inferno, non ci può essere un dio che permette cose del genere.
Il cielo, è sempre stato vuoto per me.
Qualcuno, una sagoma come tante, si fa di lato per lasciarmi passare, segue con gli occhi la mia figura.
Lo gelo con uno sguardo.
Sento di odiare questo luogo, questi uomini che non conosco, li odio tutti.
Vorrei vederli annegare nel loro sangue.
Ma non ho scelta.
O la Gilda, oppure dovrò sottomettermi alla Bestia che loro mi hanno messo nel cuore.
E questo, mai.
Io sono Dubhe, dalla Terra del Sole… io sono un’Assassina.

 

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Capitolo 2
*** Sogni di sangue ***


Sogni di sangue

Nella sua stanza, un buco umido che sapeva di stantio e di muffa, con il pugnale posato attentamente vicino a sé, Dubhe era immersa nel sonno.
Ma non era un sonno tranquillo; la ragazza si agitava, contorcendosi sotto le coperte, bagnata di sudore.
Era sempre così, ogni notte: ormai doveva solo aspettare i sogni, conosceva fin troppo bene il copione che doveva svolgersi.
Eppure, quella notte lo spettacolo fu molto diverso…
Cammino in una città. Palazzi di pietra, strade lastricate… sembra molto ricca.
Ma è così strana.
Mi guardo intorno, stupita: tutto questo posto, sembra essere costruita sull’acqua. Ci sono ponti ovunque, e battelli e strane barche con la punta rialzata che trasportano uomini o mercanzie. L’aria è impregnata di un odore salmastro; sembra la Terra del Mare, ma… non ho mai visto un posto del genere lì, e credo d’averla girata tutta.
È un luogo strano.
Colta da un dio o da un demone abbasso lo sguardo su di me.
Sono vestita… in maniera assurda come questo posto, almeno. Indosso un abito bianco, decorato, con il cappuccio, legato in vita da una cintura decorata d’argento, e sotto da una fascia rossa, nella quale v‘è il fodero del pugnale del Maestro. Sul bianco si scorgono sfumature dello stesso colore, come l’interno del mantello che ondeggia dietro di me, trattenuto sulla spalla destra.
Attorno al braccio sinistro porto un bracciale di cuoio, rinforzato e decorato da intarsi d’argento, e non appena aziono un meccanismo ne scatta fuori una lama lunga e sottile.
Mi premuro di nasconderla di nuovo, guardandomi intorno: fortunatamente non mi ha vista nessuno.
Non so a chi appartengano gli abiti che ho addosso, anche se un’idea me la sono fatta.
Sono vesti da Assassino.
Supero l’ennesimo ponte. Lo spettacolo che mi si apre davanti agli occhi è grandioso.
Stanno costruendo un edificio immenso, ai miei occhi sembra grande almeno come il palazzo reale a Makrat.
Mi avvicino ad un uomo e chiedo: “Scusi… cos’è quest’edificio?”
“È di fuori, vero?”, replica questo, in tono divertito.
Annuisco seccamente. “Me l’aspettavo”, continua questi “non c’è abitante di Venezia che non sa che quella è la Basilica di San Marco! Sarà un’opera grandiosa, una volta ultimata.” Sospira.
Un edificio religioso… e bene, ora so che questo luogo si chiama Venezia. Vediamo di farlo continuare a parlare.
“Perché ‘se sarà ultimata‘?”, chiedo.
“Sa, con i tempi che corrono…” fa, guardandomi. “Lei è giovane… e bella”, a questo commento non posso fare a meno di arrossire. “Ma immagino sappia che cosa sta succedendo in giro…”
“Eh, sì”, replico, non avendone la minima idea, ma sapendo che è il modo migliore per tagliar corto.
“Beh, devo proprio andare. È stato un piacere parlare con una fanciulla così graziosa. A rivederla!”
“Altrettanto”, mormoro.

Arrampicati, forza.
Striscia nell’ombra, muoviti
Una guardia, attenta.
Il soldato si volta, gli passo alle spalle e, prima di riuscire a fermarmi, incomprensibilmente il mio braccio scatta in avanti e gli taglio la gola con la lama da polso.
Stringo i denti, pronta a sentire la Bestia ruggire.
Invece niente, silenzio assoluto.
Per un attimo contemplo l’assurdità della cosa: sono libera.
Dentro di me, non ne capisco il motivo, sento altresì che quella vittima è inevitabile, che la missione dev’essere portata a compimento: è un imperativo che non capisco, ma sento di dover eseguire.
Ma nulla è ciò in confronto al fatto di essermi sbarazzata della maledizione.
La gioia mi invade, facendomi commettere un passo falso.
Una seconda guardia mi vede, grida…
Salto, facendo una capriola e atterrando in una balla di fieno, senza danni.
Mi toccherà attendere.
Non so perché sto facendo ciò, ma sento che lo devo fare, l‘ho già detto: il mio corpo avanza quasi autonomamente.
Non so se Nihal s’è sentita così, nella ricerca che dovette compiere per trovare i santuari, ma l’ho sempre immaginata in questo modo, quando leggevo le Cronache.
Mi arrampico di nuovo, salto, mi nascondo, torno ad arrampicarmi.
Giungo ad una finestra aperta.
Scivolo dentro in silenzio.
C’è un uomo che dorme, in una stanza piena di velluti, suppellettili e di oggetti d’oro.
Contrariamente alle mie abitudini mi dirigo non verso di questi, ma in direzione dell’uomo addormentato.
Dal braccio scatta fuori la mia lama e lo trafiggo.
È giusto.
In pace requiescat*, penso.
Che cosa significa? Mi chiedo subito dopo.
Sento un rumore, lo scricchiolio di una porta.
“Ehi! Ferma!” grida qualcuno.
Dannazione!
Corro, mi arrampico, mi acquatto dietro i muri, evito per un pelo di finire in un canale e alla fine mi nascondo in un vicolo, dei quali questa Venezia sembra essere piena.
Mi hanno scoperta, però l’omicidio è andato a buon fine.
Ripulisco con fare distratto la mia lama.
Io sono Dubhe della Terra del Sole… io sono un’Assassina.
Mi dileguo, pensando al mio successivo obiettivo…
Accidenti, successivo obiettivo di cosa?, penso.
Non importa, so che ho una missione da compiere e mi basta.

_______________________
* 'Riposi in pace',
in latino

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Capitolo 3
*** L'Assassina e la Bestia ***


L’Assassina e la Bestia

Un colpo allo sterno, una fitta che mi fa gemere.
Lonerin si volta verso di me, sembra preoccupato.
Gli ho appena raccontato la storia della mia vita disgraziata, e mi è stato a sentire, per quel che ho visto.
Tutto pur di non parlare del Tiranno… al diavolo, di Aster.
Colui che quarant’anni fa ha messo a ferro e fuoco il Mondo Emerso, ed è stato ucciso da Nihal, l’ultima mezzelfa.
Ma adesso Nihal non c’è… e cosa faremo se Aster tornerà?
Mi sforzò di volgere l’attenzione a Lonerin.
“Tutto bene?”, mi chiede.
Mi sforzo di assumere un’aria contegnosa e annuire.
Non voglio la pietà di nessuno.
Dentro di me sento che il mio posto non è qui, ma nascosta fra le ombre, scivolando fra i palazzi, con un pugnale in mano, sola e maledetta.
Chissà se mai incontrerò qualcuno che mi farà cambiare idea.
Dentro di me, inoltre, sento premere.
C’è qualcuno, qui.
“Qualcuno”, dico, in un sussurro.
A questo punto può essere solo un genere di persona.
Un Assassino della Gilda.
La Bestia ruggisce nel mio petto, non ce la faccio a trattenerla.
“Vattene”, ringhio a Lonerin, un suono, me ne rendo conto benissimo, più da animle che da essere umano.
“Vattene, o non rispondo di me stessa!”
Non controllo nemmeno se ha capito o no ciò che gli ho detto: la mia mente è pervasa da un arcana festa di morte, che anela alla distruzione di chi sta per arrivare.
Non mi dispiace neanche un po’.
Mentre vedo l’Assassino l’ultimo pensiero che mi passa per la mente è una frase.
Devo averla letta da qualche parte, o udita in sogno.
Sorrido malevola.
Io sono Dubhe della Terra del Sole… io sono un’Assassina.
Nulla è leale.
Tutto è lecito.

 

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