i passi dell'amore

di SlightlyMad
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** ultima notte ***
Capitolo 2: *** 3 settimane dopo-pomeriggio ***
Capitolo 3: *** 3 settimane dopo-sera ***
Capitolo 4: *** 3 settimane dopo-notte ***
Capitolo 5: *** 6 mesi dopo ***



Capitolo 1
*** ultima notte ***


Sta per andare via.-Sta per andare via- pensava. Lo guardava impotente vestirsi lentamente, troppo distrutto per guardarlo in faccia. Brian era steso sul letto, ancora nudo, sudato: nella sua mente balenava velocemente anzi vorticosamente ogni azione, ogni momento passato col suo Raggio di Sole. Poteva ancora sentirlo sotto di sè che lo abbracciava, lo teneva stretto, mentre lui pregava che quell'istante fosse eterno, che lui, Brian Kinney, potesse restare dentro l'amore della sua vita per sempre. E ora questo se ne stava andando. Per sempre.

  L'appartamento era buio. Solo una luce illuminava lo spazio necessario affinchè Justin potesse finire di prepararsi, una luce che al contempo impediva a Brian di scorgere leggere lacrime sul volto di Justin, e viceversa. Non che ce ne fosse bisogno; Brian non aveva la forza d voltarsi, di staccare il suo viso madido di sudore e di lacrime da quel cuscino, su cui per quattro anni aveva posato la testa il suo amato, nonchè tutti i suoi altri uomini, a cui non aveva mai voluto rinunciare. Odorava quel cuscino; cercava di cogliere ancora il sapore del suo amato; lo vedeva ancora davanti agli occhi,l o sentiva ancora sulla sua pelle. Desiderava rimanere in quello stato per sempre, rifiutando mentalmente ciò che stava già accadendo, quando questo suo stesso timore si materializzò nel modo più dolce possibile: un bacio sul collo,il respiro caldo, le labbra umide che esalavano un ultimo straziante addio. Brian trattenne le lacrime: già troppe ne aveva versate, già troppo dolore aveva provato e fatto provare a quel ragazzo, troppo giovane per sopportare un amore mancato, ma di certo più forte di quanto fosse lui. Lo sentì andare verso la porta. Justin si bloccò. Era arrivato fino a lì da solo,compiendo ogni minimo gesto con indicibile pesantezza, e ora, quell'atto fatale, inevitabile ma al contempo così impossibile da compiere, nonostante fosse così imminente, gli sembrava cosi distante, come dovesse fare ancora tanti passi per arrivare a quell'infima porta, che per quanto sicura e forte fosse, non lo aveva mai trattenuto nè dentro nè fuori quelle quattro mura. Ancora una volta, Justin se ne stava andando, e Brian non stava cercando di fermarlo. E' sempre stato cosi, Brian Kinney: non ha mai cercato di impedire che qualcosa accadesse mostrando i suoi veri sentimenti. Fra loro non c'erano mai stati lucchetti, nè per trattenerli insieme, nè separati. E non c'erano neanche allora, quando potevano aiutarli. Toccava a loro decidere. Anzi, toccava a Brian, nonostante avesse già preso una fatale decisione che lo avrebbe reso infelice per la vita. In quel momento era come se quella vita di solitudine fosse già cominciata, spietata e inesorabile.

  Justin guardò verso il letto. Era tutto immobile. Era davvero solo. Come sempre d'altronde. Si asciugò gli occhi con la manica. Raccolse i bagagli che pochi giorni prima aveva riportato in quell'appartamento. Li portò oltre la porta. Quanto la odiava quella porta scorrevole. Provò a tirarla; gli mancarono le forze. Ci riprovò mentre un senso di frustrazione misto a rabbia si faceva spazio nella sua malinconia trasformatasi prima in tristezza e successivamente in disperazione. Si sentiva ridicolo, infantile a non riuscire a chiudere quella stramaledetta porta, ma insistette con più determinazione quando sentì un rumore dalla camera da letto. Brian si era alzato. I suoi passi nel buio, che sembravano rimbombare sul pavimento lucido, lo portarono infine verso l'armadio, dove cominciò ad aprire i cassetti e a maneggiare le grucce senza un vero scopo.

  CLOC

  La porta si era chiusa. Justin ci era riuscito in un impeto di rabbia, manifestatosi nel realizzare che quei passi non stavano puntando verso la porta. Quel suono poteva significare una cosa sola: si erano separati. Justin non faceva più parte della sua vita, nè Brian della sua. Brian sapeva di doverlo accettare.

-Vivrà la sua vita- continuava a ripetersi -con me non avrebbe potuto-

Dovevea farsene una ragione;ma non poteva. Solo, in piedi, nudo, al freddo, senza di lui non riusciva a vedere la sua vita in modo diverso: vuota, sterile.

NO.

Non poteva. Non voleva. Le guance rosse, rigate, gli occhi gonfi e sorriso sul volto, colse l'attimo come non aveva mai fatto prima. Prese in fretta qualche vestito che si infilò nel tragitto verso la porta: la lasciò spalancata mentre scendeva di corsa le scale.

  -Justin, JUSTIN-

Quel nome non era mai uscito così forte e alto da quella bocca e continuò a uscire fino alla strada. Justin era lì sul marciapiede, in attesa di un taxi. Il suo Raggio di Sole gli stava indicando la via da seguire, l'uomo che avrebbe voluto essere per il resto della sua vita.

-Justin!- gridò un'ultima volta.

Corse verso il suo amato,senza essersi accorto che i loro corpi erano adesso bagnati da un'incessante pioggia primaverile.

-Brian,che cosa..-

Brian lo interruppe -Justin, io ti amo, ti amo, ti amo- pronunciando queste parole gli prese la testa con tutt'e due le mani strusciando la guancia su quella dell'amato.

-Io non ti posso lasciare- continuava, le labbra che sfioravano ancora quella pelle bagnata e fredda -abbiamo sprecato troppo tempo separati....io voglio stare con te, solo con te, sempre con te-

Justin in lacrime non potè che ribattere flebilmente -Ne abbiamo già parlato, sacrificheresti la tua vita per me,io non voglio..-

Brian intervenne più sicuro -L'unico modo in cui potrei sacrificare la mia vita sarebbe lasciarti andare adesso.Justin, io ti amo..Pensi, pensi che scopare in giro mi renderà mai felice? Pensi che il mio lavoro mi renderà felice?-

Queste rivelazioni lasciarono Justin sconvolto.

-Tu mi renderai felice- continuò,mentre una luce gli illuminava gli occhi.

-Lo so per certo,perchè mi hai sempre reso felice... mi rendi felice ogni volta che ti guardo.-

Dicendo queste cose, aveva stretto ancora di più la presa: le sue mani cercavano di abbracciare il più possibile del suo amato, mentre gli dava intensi baci dove poteva; una mano stringeva le spalle, mentre l'altra la vita; le labbra erano all'altezza dell'orecchio e fu allora che disse:

-Troverò una soluzione- Lo allontanò per guardarlo negli occhi -Troverò una soluzione-

Un taxi nel frattempo si era avvicinato quatto quatto. -Devo andare- disse Justin con la voce rotta, interrotto da Brian che ripeteva:

-Troverò una soluzione,troverò una soluzione per stare insieme-

Continuò questa straziante melodia finchè Justin non fu salito sul taxi, in lacrime, ma con un sorriso che finalmente spuntava alla vista del suo amato, che si era spogliato completamente davanti a lui di tutte le sue paure, le sue insicurezze, le sue debolezze come non aveva mai fatto, neanche dopo quel suo primo TI AMO, pronunciato poche settimane addietro.

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Capitolo 2
*** 3 settimane dopo-pomeriggio ***


Justin era su un letto, in una camera buia. Vi erano pochi spiragli di luce che provenivano da una tapparella mezza abbassata. C'era un'unica finestra in quella stanza: non era molto luminosa, e di certo non era utilizzata come studio in cui dipingere. Justin ne aveva preso uno in affitto per conto proprio: Dio quanto costava NY! Per fortuna aveva rispiarmiato abbastanza a Pittsburgh, non tanto, è pur vero, ma evitare spese come l'appartamento e la scuola, e allo stesso tempo continuare a lavorare gli aveva permesso di  raggranellare abbastanza da permettersi un piccolo studiolo, nel quale poteva farsi le ossa per cominciare a diventare un nome. Ma Justin lo voleva? Voleva la fama? Che cos'è la fama se non hai nessuno con cui condividerla? Prima della fama, comunque, avrebbe fatto meglio a pensare alla produzione. Erano passate tre settimane, e nonostante lo studiolo, la pace e la solitudine, gli sembrava impossibile lavorare come faceva un tempo: il ritmo era calato notevolmente anche se la creatività non aveva mai raggiunto picchi così alti. Anzi, avrebbe persino potuto dire che in quelle tre settimane aveva portato a termine alcuni dei suoi capolavori. Come si suol dire, pochi ma buoni.
 

 Era sdraiato sulla schiena, su quel letto incolore, in quella stanza incolore: in effetti non si addiceva molto ad un artista, ma come ho già detto, aveva un altro studio dove poteva sfoggiare la sua creatività. Era un ambiente particolarmente spoglio: l'artista non aveva bisogno di molto per pensare. Ed era esattamente ciò che faceva ogni volta che si ritrovasse in quell'anonima stanzetta. Pensava. Purtroppo, soltanto l'immaginazione più fervida avrebbe potuto carpire quei suoi pensieri così segreti. Così segreti che neppure il movimento occasionale di una mano in posti impensabili avrebbe potuto darcene un indizio. Movimento che non stava compiendo in quel momento, ma nonostane ciò, il pensiero rimaneva fisso, come la sua mano, adagiata come la gemella lungo i fianchi. Un pensiero fisso che niente avrebbe potuto schiodare: restava piantato nella mente, anche per ore. Non che per questo avesse smesso di mangiare o di dormire, per carità. Era solo come se uno strato permanente di malinconia gli imbiancasse gli occhi e ovattasse le orecchie, incapacitandolo a mostrare un minimo interesse alle piccole o grandi cose che fanno parte della quotidianetà della vita.

 Teneva un buon rapporto con la coinquilina, niente di troppo confidenziale, si intende, ma quantomeno socievole. Tuttavia era chiaro agli occhi di questa quanto egli fosse assente: ella aveva sempre interpretato questo stato permanente di riflessione come depressione, e forse non a torto. Depressione. E' così che interpretò anche quell'ennesimo giorno, mentre egli era chiuso in camera, al buio, chissà da quanto; come altro poteva interpretarlo?

 -Sì, io capiso, però capiscimi anche tu...Oh io di certo starei peggio, ma sono passate tre settimane! Vorrei solamente vederlo sorridere..-

Justin sentiva parlare la sua coinquilina: solo lei riusciva ad essere così drammatica al telefono. Con chi parlava? Justin sapeva la risposta.

-Lo so, Cathy- rispondeva una voce dall'altro capo del telefono.

-Lo so- continuava - ma gli ha detto che verrà, che troverà una soluzione per stare insieme...- 

-Sarà-  la interruppe bruscamente Cathy  -ma il fatto è che non ha chiamato nemmeno una volta.- 

-Gli ha detto che verrà. Fidati. Io conosco Brian: mantiene sempre le promesse. E sono sicura che anche lui desidera rivederlo, è solo che deve sistemare i suoi affari.- 

-Intanto Justin è sempre più triste- Cathy non fece in tempo a riprendere il discorso che una bussata alla porta interruppe il corso dei suoi pensieri, già un po' confusi. 

-Scusa, Daphne, hanno bussato, ti devo lasciare..ah, ma..hai parlato con Justin? Se vuoi te lo passo, solo che è ancora chiuso in came.. Ah  no? Ok,va bene. Ciao, ciao. Arrivo!- urlò rivolta allla porta, posando il telefono dove capitava.

-Arrivo- aprì la porta.

-Salve, ehm, sono un amico di Justin, da..da Pittsburgh..E' in casa?-

La bocca spalancata, gli occhi che squadravano quel bellissimo uomo, Cathy riuscì a balbettare: -Sì, sì certo, entri- 

-Ah, grazie- 

Era un uomo sui trentacinque, timido e impacciato: oltre che bello, anche adorabile!

-Venga, venga di qua- Cathy lo accompagnò verso la camera di Justin. -Aspetti solo un secondo- gli fece un piccolo gesto con le dita, mentre preparava la voce per dire al suo coinquilino, senza prorompere in un risolino di complicità : -Justin,c'è un tuo amico da Pittsburgh, posso entrare?-

Justin rizzò le orecchie a quelle parole, ma stranamente non si mosse. Uno spiraglio di luce uscì dalla porta e si andò a unire a quelli provenienti dalla tapparella mezza abbassata. La porta si spalancò lentamente: al momento poteva provocare una lenta agonia, ma suscitò solamente una felice attesa, trionfale nel suo esito; entrambi sapevano cosa ci sarebbe stato dietro quella porta.

 Justin si mise seduto, poi balzò in piedi quasi senza peso verso il suo amato.

-Vi lascio soli- annunciò Cathy chiudendo la porta. -Perchè devono essere sempre così belli?- si fece sfuggire allontanatasi in salotto.

Dentro la stanza intanto, il semibuio era stato finalmente illuminato dal sorriso dei due volti. Nonostante fossero in una città straniera e in un ambiente anonimo, sembrò loro di essere finalmente a casa. Cathy intanto stava ossservando la porta, aspettando di vedere o sentire qualcosa. Dopo poco si stancò di aspettare e si adagiò sul divano a mangiucchiare e a leggere. Passarono due ore prima che i due amanti uscissero dalla porta: erano uguali a come Cathy li aveva lasciati, solo più felici. Ne dedusse che avevano solo parlato, magari si erano baciati, ma non molto altro. Fu forse quella la ragione per cui, usciti dalla stanza, Justin disse rivolto a lei: -Noi andiamo. Non aspettarmi. Potrei non ritornare fino a domani mattina-

Brian lo precedeva. Cathy trattenne Justin, alzandosi dal divano e andandogli a sussurrare nell'orecchio al che Justin congedò Brian, dicendogli che arrivava subito. Cathy approfittò dell'assenza di Brian per dire a Justin: -E' bellissimo, è assolutamente adorabile ed è ovvio quanto ti ama: se non lo sposi tu, lo farò io!-

Justin -mi sa che non sei il suo tipo- rispose scherzosamente.

Cathy riprese -Sul serio. Un uomo così non si trova tutti i giorni. Se lo ami come lui ama te, non lasciartelo sfuggire-

Justin: -Grazie, Cathy- disse baciandola sulla guancia.

Cathy lo osservò mentre si allontanava con la gioia negli occhi, e anche a lei spuntò un sorriso di soddisfazione: non lo aveva mai visto così felice

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Capitolo 3
*** 3 settimane dopo-sera ***


I due amanti salirono sulla macchina di Justin: lui sapeva dove andare. Discussero se la scelta di un motel fosse un po' azzardata, e alla fine Justin si arrese alle suppliche, seguite da un bacio dell'altro, di andare in un hotel vero. Arrivati all'hotel presero una stanza, e tennero di poco conto le occhiate del receptionist. Salirono in camera. Avevano preso una bella suite, anche se era solo per una notte: pareti rosse, grossi lampadari, tanta luce e un bel lettone matrimoniale. Chiusero la porta, e lì in piedi, Brian si avvicinò lentamente alle labbra del suo amato. Un solo bacio avviò il resto. Si diressero lentamente verso il letto. Non avevano fretta: volevano assaporare ogni singolo attimo, sentire il più possibile il corpo dell'altro sotto la punta delle dita, sulle labbra.Non avevano ancora cominciato a spogliarsi. Si stavano ancora accarezzando. Le mani oscillavano tra i capelli, fino ad arrivare al collo, alle labbra, al petto, alla schiena. Erano stati lontani troppo a lungo: volevano toccarsi, volevano sentire il calore del respiro dell'altro, le mani delicate ma decise sfiorare il ventre, i vestiti venire sfilati dai loro corpi. Fecero un ultimo passo verso il letto. Brian cominciò a scendere con i baci, fino a sfiorargli il collo, la clavicola. Senza fermare questi baci intensi ma posati, che assaporavano con calma il lembo di pelle che lambivano, cominciava a togliere la giacca dalle spalle dell'amato, e poi con la solita calma, la camicia dai pantaloni. Justin intanto, sopraffatto dalla passione e dall'amore con cui quei baci venivano dati, continuava ad affondare la mano nella chioma dell'altro, mentre cercava di riprendere il controllo sulla gemella, per indirizzarla alla cintura delll'amato.Ma Brian lo aveva preceduto: senza smettere di baciarlo (in verità più che baciarlo posava le labbra come su un altare, una superficie dura, ma sacra, che si teme che la saliva possa scalfire) gli aveva sfilato la camicia, tirandola prima fuori dai jeans, e poi pian piano slacciando i bottoni necessari a far passare la testa. In quell'istante, le due teste si separarono, anche se i corpi restarono incollati. Si guardarono: le mani erano ancora attaccate al corpo o alla testa dell'altro. Accennarono un sorriso: erano finalmente tornati. L'ispezione era finita; ora potevano cominciare.Si scambiarono uno sguardo di complicità, unirono di nuovo le labbra e si abbandonarono su quel letto dalle coperte rosse, lasciando ogni inibizione al passato.

 

Justin era sdraiato sotto l'amato: un brivido gli correva lungo la schiena ogni volta che quelle mani poderose e forti gli accarezzavano il petto, le braccia, le gambe, ora finalmente nude. Brian continuava a baciarlo e a far scivolare le dita su quella pelle morbida, molto più giovane ed elastica della sua. Si era spogliato anche lui, lasciando i vestiti sparpagliati sul pavimento. Erano completamente nudi.Restarono così, stesi l'uno sopra l'altro, a baciarsi e a strusciarsi per una buona mezz'ora: volevano affondare nel corpo dell'altro, stare così uniti da pensare le stesse cose e provare le stesse emozioni.Restarono così finchè Brian chiese, senza quasi interrompersi di baciare e toccare quella pelle delicatta: -I preservativi?- -Nella mia giacca- rispose Justin con un filo di voce, che tradiva che una nuova consapevolezza era nata in lui. Brian, senza urtare l'amato e dopo averlo baciato,si avviò in direzione della giacca, abbandonata sul pavimento poco dopo la porta di ingresso, lasciando Justin solo sul letto. Justin aveva uno sguardo terrorizzato, che si stava per riempire di lacrime da un momento all'altro, ma le trattenne; era come se stesse rivivendo la sua prima volta. Brian arrivò e appoggiò una scatolina sul letto. Ricominciò a baciarlo sul collo e non percepì il turbamento dell'amato. Gli prese le gambe e se le portò intorno alla vita. Allungò una mano verso la scatola, e ne tirò fuori un quadratino nero. Al ritorno della mano, volse lo sguardo al volto dell'amato e avvertì il suo timore -Ma stai tremando- disse in tono da papà che scopre il figlio fradicio che era corso fuori mentre pioveva -Cosa c'è?- provò a chiedere con sguardo interrogativo, accarezzandogli il volto sudato per i brividi. Cercando di calmare la voce Justin balbettò un -Ti amo- ma non riuscì a fermare le lacrime che stavano già traboccando al pensiero di quelle due parole. -Anch'io ti amo, ma.. ma perchè piangi?-disse Brian guardandolo dritto negli occhi. -Ho..ho aspettato così tanto questo momento- rispose Justin prorompendo in sonori singhiozzi. Brian fece un grande sorriso pieno d'amore e di compresione, a voler dire "anch'io tesoro", e gli diede un bacio. Si infilò il preservativo. Gli prese i fianchi con le mani, guardandolo negli occhi. Justin gli ricambiò un sorriso, ancora tremante. Teneva le braccia lungo i fianchi: pietrificato dall'emozione, era completamente abbandonato nelle mani del suo amato. Brian lo baciò un'altra volta socchiudendo gli occhi e tenendogli le coscie. Entrò molto lentamente. Voleva che fosse come la loro prima volta. A sentirlo finalmente dentro, Justin si ricordò improvvisamente di come erano state tutte le volte con lui. In quel momento voleva che stesse dentro di lui per sempre, e questo era il pensiero che aveva ogni volta che facevano l'amore. Emise un gemito. Era cominciato. 

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Capitolo 4
*** 3 settimane dopo-notte ***


Fu la notte più intensa della loro vita. Dopo aver fatto l'amore una prima volta, si addormentarono distrutti, uno sul petto dell'altro, con le coperte che scivolavano sui loro corpi madidi di sudore e ancora uniti. Brian si svegliò spaesato in quella stanza d'albergo. Ruotò gli occhi. Una chioma bionda si stagliava sul suo petto. Realizzò che era dell'amato; questo lo stava stringendo con tutte e due le braccia, una sotto la schiena e l'altra sul ventre. Il lenzuolo era scivolato durante la notte, lasciando coperte solamente le gambe dell'amato. Dalla sua prospettiva riusciva a vedere una natica nuda, la cui gamba fasciata dal lenzuolo stava avvinghiando quella di Brian. Si mise a fissare l'amato dormiente: aveva un' espressione finalmente rilassata, quasi beata. Era assolutamente risoluto dal non staccarsi dal suo uomo, e Brian ne era contento. Era davvero un angelo, il suo Raggio di Sole. Brian non si era mai soffermato a guardarlo dormire, ma ora che lo faceva, capiva quanta dolcezza avesse perso del loro rapporto e del suo amato. Evidentemente disturbato dal suo sguardo, Justin si svegliò mugolando; restò qualche secondo a guardarsi attorno, poi, realizzato che era sul petto del suo uomo, si voltò a guardarlo e gli regalò un bel sorriso soddisfatto. Ignorò il sapore di stantio che aveva in bocca e, con ancora il sorriso stampato in faccia e gli occhi socchiusi, schioccò un bacio sulla bocca dell'amato.-Buongiorno splendore- disse Brian con la voce più sveglia, ma ancora un po' impastata.-E' già giorno?- replicò Justin.-No, veramente non è ancora spuntata l'alba.- disse Brian guardando verso le finestre. Brian si mise a scompigliare la testa bionda dell'altro, ancora appoggiata a lui, mentre Justin passava leggermente la mano sul petto dell'amato. I due sguardi erano lontani: uno puntava il soffitto, l'altro un punto imprecisato della parete davanti, probabilmente le tende. Alla fine Justin, che aveva un'espressione pensierosa in volto, ruppe il silenzio. -A che ora è il tuo volo?-Purtroppo quell'amara consapevolezza si stava già insinuando nei loro animi fino a poco prima spensierati. -Alle 9- rispose Brian. Justin teneva lo sguardo fisso: l'espressione si era ora oscurata da un velo di malinconia. -Ma tornerò- riprese Brian, intuendo la reazione dell'amato, anche se non poteva vederlo in faccia.Si alzò a sedere e obbligò Justin a guardarlo negli occhi -Tornerò- ripetè -sto già organizzando l'apertura di una nuova sede. Non sai di quanta burocrazia c'è bisogno. Devo trovare il posto, gli impiegati, devo cedere l'incarico della sede di Pittsburgh a un nuovo direttore..- -Chi hai scelto?- lo interruppe Justin, in realtà non molto interessato.-Cynthia, naturalmente. E' la più qualificata- Smise di parlare,avendo notato che gli occhi dll'altro si erano abbassati, e l'espressione, che voleva essere noncurante, faceva trasparire un grande senso di solitudine.-E mentre sono via-riprese con un altro piglio -vorrei che tu scegliessi delle case da vedere- Lo sguardo di Justin ritornò negli occhi di Brian,e si fece più interessato. Brian continuò.-così ogni volta che verrò mi mostrerai quali case vuoi vedere e ne sceglieremo una insieme- Un sorriso si allargò rapidamente sul volto di Justin, rivelandolo per quello che era: un Raggio di Sole. -Lo farò, amore- confermò. Si guardarono intensamente Una nuova consapevolezza sorse nei loro animi: avevano poco tempo e dovevano sfruttarlo. Ignorarono la stanchezza dovuta al poco sonno, e la fame dovuta al digiuno, e riunirono i corpi in un amplesso che avrebbero voluto durasse per sempre.

Fecero l'amore tre volte: la prima passionale, la seconda quasi arrabbiata, alla terza la loro voglia andava di poco oltre la loro stanchezza. Si ritrovarono sul divano: Justin era sdraiato pancia in sù e Brian era lì accanto,schiacciato contro lo schienale,col volto sul petto dell'altro.Si stavano passando una sigaretta.Erano quasi le 7: non aveva senso dormire.

-Stai dipingendo qualcosa in questo momento?-

-Ho qualche progetto in corso, sì-

-Non ho visto niente a casa tua-

-Ho preso in affitto uno studio in cui lavorare. Cristo! Non hai idea di quanto costino gli appartamenti qui.-

-Ce l'avrò presto.-

-Sei sicuro di volerne comprare uno, con l'apertura di una nuova sede?-

-Certo che sì- Brian gli diede un bacio sul petto, vicino al capezzolo.

-Intendo dire,magari è un po' prematuro,forse...rischioso investire in un nuovo ufficio e in una casa-

-Kinnetik ha fatturato abbastanza, e poi se tu puoi permetterti l'affitto di una casa e di uno studio...-

-Già,intanto ho dovuto utilizzare tutti i miei risparmi e continuo a fare i doppi turni in un diner-

-E riesci anche a fare l'artista!Certo che sei proprio un genio versatile..- dicendo queste cose si era allungato verso il volto dell'amato, dove gli schioccò un bacio. Poi la sua espressione si mutò in scherzosamente sospettosa e gli chiese:-Ma oggi non lavori?-

-Inizio alle 10-

-Stai cercando di dirmi che non hai fretta?-

-Esatto- disse Justin mentre un sorriso s'allargava sul suo viso.

-E che mi accompagnerai all'aeroporto?-

-Hmm- Justin strinse le labbra e socchiuse gli occhi -solo se te lo meriti-

-Ah sì,eh?-

-Hm,hm-

-Bene- affermò fermamente Brian e cominciò a scivolare verso i piedi. dell'amato.-Guardiamo se questo può andare-Justin stava ora sorridendo con la bocca aperta, gli occhi che si muovevano gioiosi in direzione dell'amato,sparito sotto il lenzuolo.

 

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Capitolo 5
*** 6 mesi dopo ***


Era pomeriggio tardi e un bel tramonto stava già calando sulla città, illuminandola di colori che cambiavano rapidamente tonalità; gli arancioni, i rossi e i gialli del sole luccicavano sulle foglie secche che, pur morenti, riprendevano il colore del loro generatore, che si andava lui stesso spegnendo all'orizzonte come loro sull'asfalto grigio della Grande Mela, dove sarebbero scomparse sotto i passi frettolosi di quelle persone, ormai tante, che non ne osservano la fine, e non certo perchè troppo impegnate a prestare attenzione alla vita che le circonda. In questo intrecciarsi di piedi e di foglie, di vita e di morte,si affrettava agitato Brian, indifferente a queste dinamiche naturali, nonostante il suo sguardo fosse fisso sul marciapieede. Nella sua mente balenavano vorticosamente, come  le foglie intorno a lui, mille domande, mille dubbi, ma sapeva in cuor suo che facevano solamente da contorno a una solida decisione, che aveva già intenzione di prendere da molto tempo: era arrivata la sua occasione e non voleva sprecarla per "ansia da prestazione". Arrivò al portone del suo edificio. Non era mai arrivato così presto a casa, d'altronde si era preparato: erano due giorni che si metteva avanti col lavoro, anche perchè, pur essendo un libero professionista, aveva aperto da poco e non si poteva ancora permettere di modificare gli orari a suo piacere, visti gli obblighi per non venire affossato dal'assilante concorrenza pubblicitaria newyorkese. Salì le scale e giunse alla porta del suo appartamento col cuore in gola: abitavano all'ultimo piano, ma paradossalmente aveva scelto di fare le scale per rilassarsi. Deglutì prima di aprire la porta. Entrato in casa notò le luci accese ma non il suo amato, così si annunciò con un -Amore- Questo gli comparve davanti giungendo dalla camera da letto.-Ciao tesoro- lo accolse il suo Raggio di Sole dandogli un bacio che venne ricevuto volentieri; finalmente l'ondata di dolcezza di cui Brian aveva bisogno alla fine di ogni dura giornata lavorativa, anche se non l'avrebbe mai ammesso con Justin.
-Stavo per andare a fare una doccia- si congedò con questa frase lasciandolo parzialmente insoddisfatto.Brian lo osservò voltare l'angolo e chiudersi la porta del bagno dietro di sè. Partì lo scroscio della doccia. Lasciandosi ancora il cappotto addosso Brian si precipitò in cucina: era il posto perfetto! Infatti dopo ogni doccia Justin si portava al frigofero e si faceva una birra. Brian scelse accuratamente il posto adatto; il bancone era l'ideale: la sua estremità raggiungeva uno pseudocorridoio che portava sia alla camera da letto sia al bagno.Dopo aver fatto questo tipo di congetture cominciò a prendere sedie da sotto il tavolo e a rimetterle al loro a posto, chiedendosi quale posizione fosse migliore.Ah, al diavolo! Decise di rimanere in piedi. Svania l'agitazione per questi dettagli fondamentali cominciò a riappropriarsi della ragione ed ebbe l'accortezza di poggiare su una delle sedie che aveva riposto sotto al tavolo il cappotto che teneva ancora addosso. Lo scroscio si interruppe di colpo. Brian era pronto. Si aprì la porta del bagno, da cui uscì Justin , finalmente rilassato dall'acqua calda. -Stavo pensando- disse Justin arrivando in cucina con un asciugamano allacciato alla vita e con un'altro in mano, per asciugarsi la testa -perchè non usciamo stasera?Sono giorni che ..- si bloccò vedendo Brian in piedi davanti a lui con un'aria serena ma piena di trepidazione. Justin lo fissava con sguardo interrogativo,con un mezzo sorriso curioso.-Brian, che cosa..- Non finì neanche la frase. La sua attenzione si era  ormai catalizzata sul bordo del bancone di cucina. -Vuoi restare lì impalato o vuoi vedere cosa c'è dentro?- lo esortò con voce flebile ma sicura Brian. Justin si avvicinò al bancone: la sua mano, con ancora l'asciugamano stretto in pugno, scese dalla nuca.Prese la scatola e la portò più vicina a sè. Brian fece qualche passo posato verso di lui.  Justin aprì la scatola: i suoi occhi brillarono di una luce nuova. Brian era ora inginocchiato davanti lui e gli stava tenendo l'altra mano, ora priva di asciugamano.-Justin Taylor- disse Brian mentre guardava il suo amato negli occhi ormai lucidi -vuoi sposarmi?- - Per davvero questa volta?- Brian sorrise amorevolmente, ancora inginocchiato.-Sì, Sì- assentì Justin abbracciando Brian che si era finalmente alzato -Sì,Sì- Justin ripetè queste parole soffocandole tra i baci mentre Brian lo stringeva forte, sollevato dalla risposta, e quasi commosso dalla reazione. Si allontanarono un po' per guardarsi negli occhi.-Sì, ti sposo-
 
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Brian era sdraiato sul letto, a pancia in giù. Il lenzuolo blu del letto gli copriva soltanto una gamba. Nel buio Justin stava sgattaiolando in punta di piedi dalla camera da letto, nudo come il suo compagno.Passò per la cucina, guardando per terra cercando di non calpestare i vestiti sparsi per il pavimento.Prese il cordless dal bancone dlla cucina e si diresse verso il bagno; già che c'era raccolse per terra i suoi due asciugamani che aveva fatto cadere prima e li gettò tra la roba da lavare. Entrato in bagno chiuse la porta dietro di sè. Digitò un numero.Gli rispose una voce tutta affannata.-Mamma,mamma- parlava sotto voce -sono io...sì, lo  so che è tadi- disse con la voce ferma prima di ignorare le proteste della madre e mettersi a singhiozzare -me l'ha chiesto,Brian me l'ha chiesto...-
 

 

questo è il finale.ho scritto questo capitolo qualche mese dopo l'ultimo, e quindi anche il tono è un po' diverso(sopratutto dell'inizio; ero un po' depressa quando l'ho scritto)ma spero comunque che sia all'altezza delle vostre aspettative 

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