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di PanteraNera94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Bambina ***
Capitolo 2: *** Emarginata ***
Capitolo 3: *** Tortura ***
Capitolo 4: *** Ansie ***
Capitolo 5: *** Grande Festa ***
Capitolo 6: *** Confusione ***
Capitolo 7: *** Preoccupazioni ***
Capitolo 8: *** Sorprese ***
Capitolo 9: *** Gelosia ***
Capitolo 10: *** Vacanza ***
Capitolo 11: *** Discussioni ***
Capitolo 12: *** Silenzi ***



Capitolo 1
*** Bambina ***


Capitolo 1: Bambina

 

Tutto era buio e silenzioso, la mia casa era un’oasi di pace e niente turbava il mio sonno. Correvo leggiadra nella foresta, come una puledra che compie i suoi primi passi e crede di essere più veloce del vento, quando, da lontano, la sagoma di un lupo rossiccio fece comparire sul mio volto un sorriso splendente. Stavo per arrivare a toccare Jake, ma un colpo secco mi fece tornare alla realtà. Aprii gli occhi e vidi la porta della mia camera socchiusa. Non c'era bisogno di sapere chi fosse entrato, mia madre era troppo attenta e premurosa per essere l'artefice di quel rumore, per non parlare poi di mio padre. L'unica persona nella mia famiglia che non si curava di tenere a freno il suo entusiasmo era...

Alice!». La sua risata squillante risuonò nella stanza, pulsando nella mia testa ancora addormentata. Alice stavo dormendo!». Il mio doveva essere un rimprovero, ma quello che uscì fuori fu un piccolo lamento flebile.

Andiamo! Il sole è già sorto da un bel po'! Non vorrai dormire tutto il giorno?».

Alice, sono le sette! » urlai, indignata.

Appunto» disse ridendo.

Cosa vuoi saperne tu che non dormi?».

Niente storie, giù dal letto!» disse e si infilò nel mio armadio. Mi misi a sedere e mi guardai intorno. A volte mi chiedevo come facesse Alice ad essere sempre così di buon’umore.

Sei sola?» le chiesi distrattamente.

No, c'è Jasper».

Mi dici che stai facendo lì dentro? I vestiti sono sempre gli stessi!».

Ti piacerebbe!» urlò seccata. “Sto prendendo quelli che hai già messo, così li diamo in beneficenza”. Sbuffai. Questo lato del mio carattere l'avevo ereditato da mia madre: non amavo fare shopping e non mi interessava se quello che indossavo era firmato o meno. Peccato che ad Alice interessasse, eccome!

Alice, ne hai ancora per molto?.

“Vuoi aiutarmi?”.

“No!” risposi subito. “Vado a salutare Jasper”.

Uscii di corsa dalla stanza, chiudendomi la porta alle spalle, superai il salone e uscii fuori. Ad accogliermi, una verdeggiante foresta nel pieno del suo splendore, anche se era pieno inverno, e, seduto sulle scale, con la sua solita aria non curante, c'era Jasper. Era bello come un dio greco e il suo aspetto da eterno ragazzo gli conferiva un che di divino.

“Ciao zio!” esclamai sedendomi accanto a lui.

“Non chiamarmi zio, mi fai sentire vecchio” disse sorridendomi. Ricambiai e dissi: “Che fai qui fuori?”.

“Beh, credevo di disturbare. Cos'è? Alice ti ha cacciata?” chiese, ridendo.

“No, sono scappata” gli risposi, unendomi alla sua risata. “Dove sono mamma e papà?” domandai cercando di tornare seria.

“Sono a caccia, o meglio, a giocare da qualche parte...” rispose lanciandomi un sorriso eloquente. Sospirai. Chissà se avrei mai trovato qualcuno che fosse riuscito ad amarmi come mio padre amava mia madre... o che sarebbe riuscito ad affrontare un mondo a lui sconosciuto per amore... A interrompere i miei pensieri fu la voce squillante di Alice.

“Renesmee, Jasper!”.

Io e Jasper ci guardammo con complicità e ci precipitammo in camere mia. Lui mi sorpassò e mi tenne la porta aperta. Entrai e notai subito due enormi buste ai piedi del mio letto con i vestiti che non avevano superato l'esame di Alice. Lei mi guardò sorridente e indicò il letto su cui aveva poggiato i vestiti che avrei dovuto indossare quel giorno. Mi avvicinai al letto con passo lento ed esitante, intimorita dagli abbinamenti architettati dalla mente contorta di mia zia. Appoggiato su di esso c'erano un maglioncino nero con appuntato a destra un fiocco scozzese e sotto una minigonna con la stessa fantasia del fiocco. Guardai Alice con un misto di sorpresa e rabbia. Lei ricambiò lo sguardo un po' annoiata e disse: “Andiamo, niente storie. Mettiteli e basta”.

“Ma, Alice, non è il mio genere!” mi lamentai.

“Quando mi dirai qual è il tuo genere, forse ti ascolterò” disse sorridendo.

“Almeno fammi mettere le scarpe da ginnastica...” implorai.

“Non se ne parla! Quegli stivaletti sono adorabili!”.

“Solo per te” sbuffai.

“Nessie, mi deludi. Il tuo senso estetico è pari a quello di tua madre! Ma non ti ho insegnato niente?”.

“Lascia perdere, Alice” dissi con aria sconfitta.

“Bene, allora fila in bagno. Mentre tu, Jasper, vai a portare quelle buste fuori”.

“Agli ordini” rispose lui sorridendo.

“Quando la smetterete di fare tutto quello che dice?” domandai arrabbiata.

“Piccola Nessie,” ribatté Jasper, “ne hai da imparare...” finì guardando Alice. Sbuffai insofferente e così, sicura del fatto che non l’avrei avuta vinta, presi i miei vestiti e mi catapultai in bagno, chiudendomi la porta alle spalle. Certo quello non avrebbe fermato un vampiro, ma mi avrebbe assicurato un po' di privacy. Analizzai di nuovo i vestiti con aria inorridita e poi cominciai a ravviare i capelli. Appena finito, uscii dal bagno e trovai Alice ad aspettarmi, impaziente come sempre.

“Pronta?”.

“Si, andiamo” risposi rassegnata. Chiusi la porta della mia stanza e raggiunsi Alice e Jasper che chiacchieravano tranquillamente.

“Perché Rosalie non è venuta?” chiesi tutt’a un tratto, pensando all’altra mia zia, con la quale andavo molto più d’accordo. Lei era in grado di evitare la mia tortura giornaliera sul look.

“L'ho convinta che saresti sopravvissuta un'ora senza di lei” disse Alice, ridendo.

“Oppure volevi assicurarti che nessuno ti mettesse i bastoni fra le ruote” controbatté Jasper, unendosi alla sua risata. Alice ricambiò il sorriso e si presero per mano, quando i suoi occhi si persero nel vuoto. Io e Jasper rimanemmo in attesa che tornasse tra noi e quando i suoi occhi ci cercarono, capimmo che la visione era terminata. Poi Alice urlò: “Un matrimonio!”.

“Di chi?” chiesi curiosa.

“Sam ed Emily” disse. Scoppiai a ridere.

“Cosa hai da ridere?” domandarono lei e Jasper in coro al che guardai Alice con aria di sfida.

“I licantropi non ti lasceranno organizzare il matrimonio” gongolai con un ghigno stampato in faccia.

“No,” disse seria “ma tu dovrai pur vestirti!” aggiunse guardandomi di traverso. “Chissà se dovremmo vestirci elegante...” continuò, pensierosa. “Beh, i Cullen devono sempre fare bella figura, vero amore?” concluse girandosi verso Jasper.

“Certo” rispose lui accondiscendente.

“Vogliamo andare? Siamo in ritardo” dichiarai, irritata.

“Okay” dissero in coro. Così cominciammo a sfrecciare nella foresta. Potevo sentire tutto: gli uccelli che cantavano, l'acqua di un ruscello che scorreva e magari, se mi fossi concentrata, avrei sentito anche le risate dei miei genitori. Arrivati a metà strada Alice digrignò i denti.

“Fantastico! E' arrivato il cane” constatò acida.

“Smettila, Alice” la rimproverai. Non sopportavo quando prendeva in giro Jacob, lui era il mio migliore amico. Neanche un secondo dopo dai cespugli apparvero due grossi lupi, uno più grande e dal pelo rossiccio mentre l'altro più esile e color sabbia.

“Ciao Jake” dissi, voltandomi verso il primo. Poi mi rivolsi all'altro: “Ciao Seth!”. I due lupi guairono a mo' di saluto, poi si guardarono per un millesimo di secondo e Seth sparì nella foresta.

“Va in ricognizione?” chiesi. Jake mi guardò e fece cenno di sì con il muso. Sorrisi e dissi: “Tu vieni a casa?”. Jacob fece di nuovo cenno di sì e così ci precipitammo verso la casa. Non ci vollero più di cinque minuti e ci ritrovammo di fronte alla maestosa casa Cullen. Alice, Jasper ed io entrammo e andai a salutare i miei nonni, mentre Jake, rimasto fuori, si ritrasformava. Poi mi accomodai accanto a Rose ed Emmett, seduti tranquillamente sul divano. Lei mi rivolse un sorriso splendente, mentre io ricambiai con un'occhiataccia.

“C'è qualcosa che non va?” domandò preoccupata.

“Non hai visto come sono vestita?” risposi brusca. Notando il mio abbigliamento, Emmett scoppiò in una grande risata.

“Già,” disse sghignazzando, “cos'è, Alice? Non sai che Carnevale è a febbraio?”.

“Cosa vuoi capirne tu Emm?” gli rispose Alice con aria indignata. A interrompere il battibecco tra Alice ed Emmett fu l'entrata di Jacob. Esme gli andò subito incontro, rivolgendogli un gran sorriso che Jacob ricambiò cortese.

“Il frigo è tuo” disse lei.

“Grazie, Esme” gli rispose cordiale Jake.

“Attento a non rompere niente, cane” lo apostrofò Rose.

“Ehy, bionda” disse subito Jacob ridendo. “Sai come si chiama una bionda che si tinge i capelli di nero?”.

“Va’ a mangiare Jake” lo fermai per prevenire l'ennesima litigata.

“Lo sai?”. Ma Jacob non si arrendeva facilmente. “Intelligenza artificiale!” esclamò sghignazzando.

“Ora basta cane!” ringhiò Rosalie. “Va’ a mangiare”.

“Il tuo umorismo è uguale a zero, bionda” disse Jake con finta delusione e poi si precipitò in cucina. Rimanemmo a chiacchierare finché non udimmo i passi dei miei genitori. La grande porta bianca si aprì e mio padre fece la sua comparsa. Mi cercò con lo sguardo tra i suoi familiari e, quando mi trovò, mi regalò un gran sorriso che ricambiai. Subito dopo entrò mia madre. Le andai incontro e ci abbracciammo, mentre mio padre ci raggiunse e mi stampò un bacio sulla fronte. Terminati i saluti, tornai a sedermi accanto a Rose. Mio padre si avvicinò ad Emmett e disse: “Allora questa partecipazione di matrimonio?”. La sua voce era sempre perfetta e bellissima.

“Il capobranco si sposa” disse Rose con una certa acidità nella voce. Non potei fare almeno di darle una gomitata come ammonimento. Lei mi lanciò un’occhiataccia che ricambiai e poi osservai mio padre intento a leggere i pensieri di tutti. Quel suo lato a volte poteva dare fastidio: il suo potere equivaleva a niente privacy e per un adolescente era una tragedia, soprattutto quando le compagnie che frequentavi, i licantropi, non gli andavano molto a genio. A rompere quel silenzio che si era fatto alquanto pesante fu Alice con il suo solito entusiasmo:  “Dovremmo vestirci elegante, no?” disse scrutando in modo particolare me e mia madre, che ci scambiammo uno sguardo avvilito. Mio padre, ridendo, si avvicinò a lei per darle il suo sostegno, mentre io mi accasciai sul divano, abbattuta. Non sarei riuscita a sopportare una giornata di shopping, diciamo che non era uno dei miei passatempi preferiti, anzi tutt’altro.

“Che bello! Ancora shopping” gongolò Alice, niente avrebbe mai fermato il suo estro creativo che, per chi non condivideva, poteva essere alquanto irritante. Intanto Jake, avendo finito di mangiare, uscì dalla cucina e fu puntato subito da Alice: “Anche per te, cane!” disse come se fosse ovvio. Jacob le rispose con un sorriso non curante e disse: “Certo, certo”, il che significava che non gliel'avrebbe data vinta. Finita la conversazione, tutti ripresero ciò che stavano facendo prima dell’arrivo dei miei: loro si sedettero al pianoforte, Carlisle tornò nello studio, Alice e Jasper sparirono mentre Emmett faceva zapping tenendo abbracciata Rose che continuò a conversare con me.  Mio padre cominciò a suonare la canzone che aveva composto quando aveva conosciuto mia madre e, in poco tempo, l'aria si riempì di una dolce sinfonia, che mi sarebbe anche piaciuta, se non l'avessi ascoltata almeno un milione di volte. Invece ora mi irritava.

“Che strazio!” esclamò Jake con aria annoiata, passando davanti al pianoforte per venire da me. La cosa che ammiravo di più di Jacob era che diceva sempre ciò che pensava senza mai preoccuparsi dell’opinione altrui.

“Guarda chi è arrivato, lo strazio fatto persona!” lo canzonò mia madre. Lui rispose con un inchino molto teatrale e si accomodò ai miei piedi.

“Senti che puzza!” esclamò Rosalie scostandosi il più possibile da lui. “Non so come tu faccia a stargli vicino” continuò.

“E io non so come faccia a sopportare te” disse Jacob. “Guarda che se ogni tanto fossi meno bisbetica, non ti mangerebbe nessuno!” sghignazzò. Rosalie digrignò i denti e Jacob fece finta di tremare.

“La smettete!” li rimproverai. “Sapete solo litigare!” continuai scoppiando a ridere. Alla mia risata si unì quella di Jacob mentre Rose alzò gli occhi al cielo e prese a parlare con Emmett. Io e Jake ci guardammo, lui mi offrì la mano ed io gliela strinsi forte. Una nota discorde mi fece sobbalzare improvvisamente: mio padre aveva smesso di suonare interrompendo la canzone nel peggiore dei modi.  Jake stava per lasciarmi la mano ma gli feci capire, mediante il mio potere, che io non volevo e non avevo paura di mio padre. Così lui desistette.

“Cosa c'è?” chiese mia madre preoccupata.

“Nulla” rispose mio padre evidentemente contrariato. Mia madre percepì che quella reazione era dovuta a me e si girò a guardarmi. Vidi la rabbia crescere nei suoi occhi quando si accorse della mia mano stretta in quella di Jake, ma la ignorai e la strinsi più forte. In quel momento mio padre esplose: si alzò di botto e disse con voce apparentemente calma: “Dobbiamo andare” e mi lanciò uno sguardo truce.

“Io resto ancora un po'“ gli risposi noncurante. Se pensava che solo lui potesse rimanere calmo in queste situazioni si sbagliava di grosso.

“No, tu vieni” disse e questa volta sembrò una vera e propria minaccia.

“Devo ancora studiare con Esme” mi giustificai con calma. Non che lo studio mi interessasse più di tanto, ma volevo restare lì, era ora che mio padre imparasse ad accettare Jacob.

“Studierai a casa” disse serio. A quel punto Jake si alzò facendomi sobbalzare e, stringendo ancora la mia mano, la mise in bella mostra davanti a tutti.

 “Ha detto che vuole restare” disse con aria minacciosa. Jake era sempre pronto a prendere le mie parti e io gliene ero sempre stata grata. Ma mio padre non si arrendeva facilmente: “Tu non sei nessuno per dirmi cosa pensa mia figlia!” urlò. Jacob si fece minaccioso e cominciò a tremare, così sciolsi la presa e gli misi una mano sulla spalla. Lui incrociò il mio sguardo che gli supplicava di calmarsi. A quel punto fu mio padre ad avvicinarsi minaccioso, ma non avrei lasciato che gli facesse del male. Il mio sguardo si fece duro e gli feci arrivare le mie urla mute avvertendolo di stare in campana: “Non gli farai del male, smettila subito e calmati. Lo so che mi senti, non fare finta di niente!”. Ma non mi ascoltò minimamente. Stavo per fare il primo passo tra il lupo e il vampiro, quando fu mia madre a parlare: “Dai, Nessie, andiamo” disse con una supplica muta negli occhi. “Jake vieni anche tu?” continuò rivolgendosi nel modo più gentile possibile a Jacob. Sulla sua faccia si aprì subito un sorriso trionfale e con un ghigno di rivolse a mio padre: “Con piacere”. Ci dirigemmo alla porta e quando passai di fronte a mio padre vidi lo sguardo duro e arrabbiato che mi lanciò, ma non abbassai lo sguardo. Gli tenni testa finché lui non ringhiò e volse lo sguardo altrove. Prese mia madre per la mano e si avviò all'uscita. Io e Jacob ci scambiammo un sorriso trionfale e gli feci percepire la mia gioia mentre raggiungevamo i miei all'uscita. “Il peggio è passato” gli dissi e lui mi sorrise fiero. Fui l'ultima ad uscire da casa Cullen, mi chiusi la grande porta alle spalle e subito affiancai Jake. La foresta innevata era un vero spettacolo, la neve sotto i miei piedi era soffice e gli alberi sembravano vivi ed accoglienti. Nulla turbava la loro quiete a parte il gracchiare di un grande corvo nero posatosi su un albero di fronte alla grande casa bianca. Ci incamminammo piano, nessuno aveva voglia di correre. Il silenzio tra me e Jake non era pesante, ma complice e questo rendeva mio padre a dir poco nervoso. Camminando, ammiravo i riflessi del sole sull'anello, con inciso il simbolo dei Cullen, che portavo all’anulare della mano destra.

“Cos'hai da guardare? E' orrendo!” disse Jake facendomi sobbalzare. Gli lanciai un’occhiataccia.

“E' bellissimo invece!”. Lui fece una smorfia e ci mettemmo a ridere. “Preferisci la collana?” chiesi e tirai fuori il gioiello che mi aveva regalato mia madre il mio primo Natale. Passai le dita sulla scritta in francese che diceva: “Più della mia stessa vita”.

“Chissà dove saremmo ora, se fosse andato tutto storto” disse Jacob pensieroso.

“E' andata come doveva andare, Jake” dissi sospirando “e poi non so come farei senza di loro” continuai guardando i miei genitori.

“Creano più problemi di quanti ne risolvano” affermò Jake sbuffando.

“Beh, lo fanno tutti i genitori, per questo esistono gli amici licantropi, no?” dissi sorridendogli.

“Già, amici...” sospirò Jake, ma prima che finisse la frase si vide arrivare in faccia una palla di neve, al che scoppiai a ridere. “Ehy!” urlò divertito “Nessie, così non vale, mi ha preso alla sprovvista!”.

“Dove sono i tuoi super”sensi, lupo?” lo presi in giro ridendo.

“Se ti prendo...” disse cominciando a correre e lanciando palle di neve. Era come essere tornati bambini: correvamo senza pensieri, non avevamo problemi, tutto era più semplice. Jacob mi lanciò una palla di neve dritta dietro la schiena e mi fece sfuggire un urlo. Per vendicarmi, preparai una palla bella grossa, presi la mira e lanciai. Mancai Jacob di un soffio ma, in compenso, presi in pieno la testa dell'enorme lupa grigia appena uscita dalla foresta che, lanciandomi uno sguardo truce, emise un ululato tremendo.

“Scusa, Leah” dissi cercando di apparire il più mortificata possibile, ma fu difficile trattenere le risate quando Jake scoppiò a ridere. Leah mostrò i denti ad entrambi, seccata e infastidita.

“Dai” disse Jacob, ritornando serio. “Stavamo solo giocando”. La lupa sbuffo con rabbia. I miei genitori, vedendo che non li stavamo seguendo, tornarono indietro.

“Ciao Leah” dissero in coro, ma lei non li considerò minimamente. Leah odiava i vampiri, odiava chi rideva, odiava chi scherzava, in realtà era difficile trovare qualcosa che amava, a parte mettere i bastoni fra le ruote  a tutti. Jake mi aveva detto che prima di essere lasciata da Sam, per sua cugina, era simpatica. Difficile a credersi, ma quello che sapevo dell'amore era che poteva cambiarti la vita. Quando ti innamoravi mettevi la tua intera esistenza nelle mani dell'altro, consapevole del fatto che avrebbe potuto distruggerti con una sola parola. Morale della favola: tutti dovevano essere gentili con Leah ma lei era libera di ringhiarti contro ogni volta che voleva.

“Devi dirmi qualcosa?” chiese Jake con l'aria del vero alfa.  A quel punto tutti guardammo mio padre, l'unico in grado di sentire i pensieri della lupa grigia. Lui alzò un sopracciglio e disse: “Vuole un giorno libero, deve comprarsi un vestito”. Rimanemmo tutti allibiti: nessuno aveva immaginato che Leah avrebbe partecipato al matrimonio. Allora la lupa, accorgendosi delle nostre espressioni, sbuffò e guardò mio padre in attesa che traducesse.

“Dice che è sempre sua cugina” spiegò mio padre sorridendo. Jake era rimasto sbalordito, ma conservò il suo solito tono scherzoso e disse: “Okay, ma prima avverti Quil che vi scambiate il turno”. Leah annuì e fece per andarsene.

“E mi raccomando” continuò Jacob guardandola. “I vestiti per le donne sono quelli con la gonna!” disse scoppiando a ridere. Leah ringhiò e sparì nella foresta.

“Dovresti smetterla di prenderla in giro” dissi a Jake rimproverandolo mentre ricominciavamo a camminare.

“Tanto Leah sa stare al gioco” disse Jake non curante.

“Leah sa stare al gioco? Ma in che mondo vivi? Stava per staccarti un braccio!” ribattei, cercando di nascondere la preoccupazione, ma fu tutto inutile.

“Sei preoccupata Nessie?” notò Jacob guardandomi con aria superiore.

“No, ma che dici!” risposi, girando la faccia dall'altro lato.

“Allora che ti importa?” disse sghignazzando.

“Niente, lascia perdere” continuai imbarazzata. Jake scoppiò a ridere e io gli tirai un pugno sulla spalla. “Vuoi staccarmelo tu il braccio?” disse offrendomi la spalla.

“Sai essere ser...”. Ma non riuscii a finire la frase che Jake mi spinse facendomi perdere l'equilibrio e facendomi cadere nella neve fresca. “Jacob Black!” urlai infuriata.

“Presente” disse lui divertito. Mi rannicchiai sul terreno, mi misi in posizione, e saltai facendolo cadere a sua volta.

“Così impari!” risi. Poi mi alzai e cominciai a correre, superando i miei genitori e alzando la neve dietro di me. Jacob si alzò in un lampo e cominciò a corrermi dietro. Sfrecciare tra gli alberi era naturale, evitarli ancora più facile. La corsa mi inebriava, mi sentivo libera, un tutt'uno con la natura che mi circondava. Impiegammo due minuti e poi ci ritrovammo di fronte alla mia casetta. Mi avvicinai ad essa, la sua immagine era accogliente come sempre, la foresta intorno a lei le dava un che di misterioso. L'aria era calma e limpida, come nel più bel paradiso... I miei genitori erano già entrati in casa mentre io rimasi fuori ad aspettare Jacob che uscì dai cespugli ancora pieno di neve. Vedendolo così, non riuscii a trattenere una risata.

“Fai ridere anche me” disse lui.

“Certo, se vuoi ti porto uno specchio!” esclamai, continuando a ridere.

“Hai vinto una battaglia, non la guerra!” urlò e io continuai a ridere.

“Penso che un'altra guerra ci aspetti dentro casa” dissi, cercando di tornare seria.

“Sono i tuoi genitori, non i miei” ribatté pronto.

“E' vero, ma sono quasi sicura che se la prenderanno anche con te” dissi convinta.

“Tuo padre mi da sui nervi!” urlò Jacob improvvisamente.

“Dobbiamo avere pazienza” lo ammonii.

“E' facile parlare per te” sbuffò. Allora mi avvicinai, cercai il suo sguardo e, quando i nostri occhi si trovarono, sussurrai: “Jake, mi prometti che non farai niente di male, succeda quel che succeda?”. Lui mi guardò smarrito, come imbarazzato dalla nostra improvvisa vicinanza.

“Va bene” concesse tornando in sé. “Ma sia chiaro: lo faccio solo per te, Nessie”.

“Grazie, Jake” dissi sorridendogli.

“Dai, andiamo” sbuffò lui. Aprii la porta ed entrammo. Mio padre era di spalle e stava inequivocabilmente baciando mia madre. Non so perché, ma questo mi fece rabbia: lui poteva dimostrare tutto il suo affetto a mia madre ed io non potevo stringere la mano ad un amico? Era incoerente, era pura ipocrisia! Il mio viso rimase impassibile, così come la mia voce.

“Jacob, vieni. Andiamo in camera mia” dissi spostando il mio sguardo su Jake.

“Tu non vai da nessuna parte con lui!”. L'urlo di mio padre mi fece sobbalzare: ora aveva superato i limiti. Tutta la rabbia che avevo represso si scatenò ma io non la frenai, non volevo. Desideravo che lui la vedesse, perché sapevo benissimo che la avvertiva. Doveva capire, non c'erano mezzi termini. Era ora che imparasse a comprendermi.

“Perché no?” urlai e in quelle due parole riuscii a riassumere tutto ciò che stavo provando. Non vedevo più niente, nulla di quello che avevo intorno aveva senso. C'eravamo solo noi quattro. Se il resto del mondo fosse andato a fuoco non mi sarei sorpresa particolarmente perché, in confronto al fuoco che sentivo dentro di me, non sarebbe stato niente.

“Perché lo dico io!” fu la risposta secca di mio padre. Incrociai i suoi occhi: la battaglia che si venne a creare fu indescrivibile.

“Edward, basta...” disse mia madre calma. Per lei dopotutto era facile rimanere calma, aveva tutto quello che voleva. Niente le era stato mai negato. “E voi due, non potete stare in salotto?”. Era veramente insopportabile quando faceva così. Per lei era tutto semplice, ma è normale se tutto il tuo mondo riguarda una sola persona! Dopotutto cosa sarebbe cambiato nella sua vita se io e Jake fossimo andati in camera mia? Sapevamo entrambe che mio padre avrebbe controllato tutto! Prima che perdessi completamente la calma e le rispondessi per le rime, fu Jake ad intervenire: “Perché? Non facciamo nulla di male!”.

“Jacob, smettila!” gridò mia madre come se bastasse a calmare gli animi. Lei sapeva essere perfettamente, incoerentemente egoista. Avrei voluto tanto vedere se fosse riuscita a rimanere calma se qualcuno, senza una spiegazione logica, le vietasse di vedere mio padre. Sapevo solo che se fosse successo in quel momento le avrei riso in faccia e urlato “Cosa si prova?” con un ghigno stampato in viso.

“Di fare cosa?!” urlò Jake e mai domanda fu più sensata.

“Okay... Jacob è meglio se ora te ne vai” disse mio padre, avvicinandosi pericolosamente a Jacob. Se avesse osato toccarlo poteva star certo che non gliel'avrei mai perdonato.

“No” gli rispose secco Jake.

“Papà smettila!” gli urlai adirata. “Jacob può rimanere quanto gli pare! Non sopporto quando mi tratti da bambina!”. Praticamente: sempre.

“Tu sei una bambina!” controbatté mia madre. Certo, forse avevo solo sei anni ma, da molti punti di vista, ero più coerente di lei.

“Ho solo sei anni, è vero, ma ne dimostro almeno quindici!” gridai di rimando.

“Ti risulta che le ragazzine di quindici anni stiano chiuse in camera con i loro ragazzi?”. Ragazzi? Jacob non era il mio ragazzo! Mia madre era ridicola, si arrampicava sugli specchi. Jake ed io eravamo solo amici e lei o mio padre non potevano impedircelo.

“No! Ma Jacob non è il mio “ragazzo”“. Misi un po' troppa enfasi sull'ultima parola, almeno speravo che mia madre avesse capito il concetto.

“Nemmeno con i loro amici, se è questo quello che vuoi dire!”. Se sperava che con questa precisazione mi avrebbe smosso di un passo si sbagliava di grosso. Ero perfettamente cosciente di quello che intendevano, ma né io né Jake avevamo la minima intenzione di infrangere le regole e questo i miei genitori non volevano proprio capirlo.

“Perché non vuoi che stiamo insieme? Cosa c'è di male?” intervenne Jacob, con l'aria di chi sapeva già che non avrebbe ottenuto niente. I miei genitori non solo erano freddi, ma anche duri come il marmo. Eppure anche il marmo più duro si leviga.

“Jacob non fare finta di non capire!” urlò mio padre. “E’ una bambina! Deve comportarsi come tale!”. Sempre la solita storia. A volte diventavano ripetitivi e noiosi, eppure mi sembrava di avergli dimostrato più volte che la mia maturità cresceva insieme al mio corpo.

“Certo” gli rispose Jacob. “Ma, invece, ti stava benissimo quando entravi nella camera di Bella, di notte, all'insaputa di Charlie”. Quelle parole fecero letteralmente infuriare mio padre. Vidi la ragione scomparire dai suoi occhi e avvertii la calma ricomparire dentro di me. I suoi movimenti furono fluidi e veloci e in un attimo Jacob volò dall'altro lato della stanza, scontrandosi contro la parete, su cui si formò un enorme crepa. Prima che mio padre tornasse a colpirlo raggiunsi Jake, che ansimava cercando di non trasformarsi, mentre mia madre si parò davanti a mio padre, calmandolo. Gli presi la mano: “Scusa, Jake, è tutto colpa mia” gli dissi usando il mio potere e lui mi accennò un sorriso mentre dalla mia bocca continuavano a sgorgare parole che non riuscivo a fermare: “Stai bene? Tutto a posto? Niente di rotto?” e Jake, paziente, continuava a fare cenno di sì col capo.

“Renesmee” sussurrò mia madre “Vai in camere tua, per favore”. Alzai la testa e incrociai il suo sguardo, nei miei occhi era tornata l'ira, ma lo shock di aver visto Jake in quelle condizioni mi aveva bloccato la voce.

“Mamma... ti prego...” fu tutto ciò che riuscii a dire.

“Vai, ci penso io”. Certo, bastava che ci pensava lei e poi andava tutto bene. “Vi rivedrete stasera”. Sarebbe stato meglio per lei che quella fosse stata una promessa. “Jake, mi dispiace, devo andare, a stasera” gli dissi sfiorandogli la mano. In quel momento il mio potere era il mio unico modo per comunicare e sapevo che mio padre ci stava ascoltando, tanto peggio per lui. Mi alzai e corsi in camera mia, chiudendomi la porta alle spalle. Mi tolsi gli stivaletti e li gettai in un angolo, presi il primo libro che mi capitò tra le mani e mi gettai sul letto. Era il libro delle poesie di Tennyson, quello che mia madre mi leggeva quando ero piccola, aveva un effetto rilassante su di me. Lo aprii a caso e cominciai a leggere i primi versi che mi trovai davanti:

 

Stammi vicina quando la mia luce si sta spegnendo
Quando il sangue mi scorre lento e i nervi mi pizzicano
e formicolano, e il cuore è malato
e tutte le ruote dell’essere sono lente.

 

A interrompere la mia lettura fu l'entrata di mio padre. Rimase sulla porta in attesa che io lo degnassi della mia attenzione, ma feci finta di niente.

“Renesmee...?” sussurrò incerto.

“Vattene!” urlai con tutta la rabbia che avevo, almeno la voce era tornata. Era proprio vero che quelle poesie mi calmavano anche se in quel momento poteva risultare il contrario.

“Penso di doverti delle scuse” mormorò con una voce pentita.

“Non è a me che devi delle scuse” gli risposi brusca.

“Sai che non mi scuserei mai con Jacob” disse, enfatizzando l'ultima parola. Allora alzai al testa, incrociai il suo sguardo e dissi: “Allora non abbiamo più niente da dirci”.

“Renesmee, io ti capisco....” cominciò, ma lo interruppi subito: “No! Non dire che mi capisci! Se tu mi capissi davvero non cacceresti Jake ogni volta!” dissi tutto d'un fiato. Lui abbassò lo sguardo: nei suoi occhi vidi quanto ci stava male e questo fece stare male anche me.

“So che questo ti fa stare male, ma cerca di capirmi! Sei mia figlia...” lasciò la frase a metà e poi mi guardò con una supplica muta negli occhi.

“Non volevamo fare niente di male e tu lo sai meglio di chiunque altro” dissi guardandolo negli occhi.

“Io non prevedo il futuro” mi rispose acido.

“Si” sbuffai, “ma sapevamo entrambi che saresti rimasto in ascolto. Come del resto farai stasera”.

Stasera?” chiese sorpreso.

“Si” gli risposi convinta. “Vedrò Jake. L'ha detto mamma. Ricordi?”.

“Si” disse lui rassegnato. “Beh, il minimo che possa fare, per farmi perdonare, è cercare di fare il bravo...”. Non  gli diedi il tempo di finire la frase che gli allacciai le braccia al collo.

“Grazie, papà!” urlai felice. Lui rise e io mi unii a lui. Fu una risata liberatoria.

“Ti voglio bene” disse lui.

“Anche io” risposi tornando sul letto. Non appena alzai gli occhi, era già uscito dalla stanza. Così, sospirai e ripresi il libro tra le mani. Stavolta il peggio era davvero passato.

 

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NDA: spero vi sia piaciuto e, se è così, mi raccomando, fatemelo sapere! Per chi volesse: una mia amica sta scrivendo la versione dal punto di vista di Bella (Polar Lights). Ecco il link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=754281

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Capitolo 2
*** Emarginata ***


Capitolo 2: Emarginata

 

Il giorno, ormai, stava per terminare. Gli ultimi raggi di sole filtravano dalla finestra, creando nella mia stanza una rilassante penombra. Avevo letto tutto il pomeriggio, aspettando con trepidazione l'arrivo di Jake, ma il tempo sembrava non voler passare mai. Mi affacciai alla finestra, cercando di rimanere calma nell’attesa. Il sole ormai era nascosto dietro gli alberi e le montagne e il cielo appariva color rosso sangue. Quella analogia mi fece venire una certa sete e, senza che me ne accorgessi, la mia mano destra si fece strada tra le labbra, fino ad arrivare a sfiorare i canini. Dovevo andare a caccia, o trovare qualcosa da mangiare. Continuai ad osservare il cielo: c'erano molte nuvole che, grazie al sole, si accendevano di rosso o di rosa. L'apparente disordine del cielo mi fece ricordare le condizioni della mia stanza. Mi girai dando le spalle alla finestra e guardai la mia camera. Rendendomi conto delle pessime condizioni in cui si trovava, mi rimboccai le maniche e cominciai a mettere a posto. Raccolsi i vari libri sparsi per la camera e li riposi nella libreria, senza un ordine preciso. Poi presi gli stivali e li misi nella scarpiera a muro e, infine, mi dedicai alla scrivania. Era piena di braccialetti e cianfrusaglie varie che non avevano mai avuto una collocazione precisa. Mentre li riponevo in un piccolo portagioie notai, nell'angolo adiacente alla scrivania, qualcosa che brillava. Posai tutto quello che avevo tra le mani e mi chinai per raccoglierlo. Infilai la mano tra la scrivania e il muro, che correvano paralleli, e ne estrassi fuori una collana. La sollevai fino a farla arrivare di fronte al mio viso per osservarla meglio ma non riuscivo a ricordare dove l'avessi già vista. Avevo solo qualche vago ricordo. La esaminai ancora per qualche minuto quando, improvvisamente, nella mia mente fecero capolino due grandi occhi rossi: Aro. Era la collana che quel vampiro spietato aveva regalato a mia madre in occasione del suo matrimonio. In un attimo ebbi l’impulso di prendere quella collana e farla in mille pezzi, pensando a tutto quello che avevamo passato a causa dei Volturi e di come mi sentissi tremendamente in colpa, essendo perfettamente consapevole del fatto che era tutta colpa mia. Rimasi sola con i miei ricordi e con la collana che ancora penzolava davanti ai miei occhi. Non potevo lasciarmi prendere dalla malinconia di quei pensieri, ma cosa potevo farne di quella collana? In quel momento non mi vennero idee per liberarmene, così la riposi dove l'avevo trovata e mi stesi sul letto, in attesa che il mio lupo facesse la sua comparsa. A interrompere il mio flusso di pensieri, fu l'entrata di mio padre. Mi alzai dal letto e corsi ad abbracciarlo. Lui mi sorrise, divertito. Poi i suoi occhi si spensero e vidi chiaramente che quello che stava per dire non lo rendeva affatto felice.

“Stasera io e tua madre andremo a trovare Charlie” disse guardandomi negli occhi. “Tu e Jacob cercate di non fare troppi danni” continuò, senza neanche un po' d'entusiasmo.

“Non ti preoccupare” sbuffai. “Non faremo niente di male” finii la frase con tutta la convinzione possibile.

“Sta arrivando” mormorò improvvisamente mio padre. Io lo guardai sbalordita.

“Cosa?” gli chiesi. Avevo paura di non aver capito.

“Jacob sta arrivando” disse mio padre, scandendo le parole una ad una come se stesse parlando con una bambina.

“Come fai a...?” dissi, biascicando un po' le parole. A volte mi stupivo dei poteri della mia famiglia, non solo di quello di mio padre.

“Segnalatore radar incorporato” mi rispose lui, sorridendo. Non afferrai il motivo del suo improvviso cambio d’umore: era passato dalla noia per il fatto che Jacob stesse arrivando ad un sorriso improvviso. Senza aggiungere altro, andammo in salotto. Non feci neanche in tempo a sedermi sul divano, che mia madre cominciò con la sua predica.

“Mi raccomando...”. La solita frase che ci si aspetta da una madre ma, visto che avevo già parlato con mio padre, non avevo alcuna voglia di sorbirmi anche lei.

“Non temere, mamma” la interruppi incrociando il suo sguardo. “Papà mi ha già fatto la predica. Non faremo nulla” conclusi con un po' di amarezza. Mia madre, per niente scoraggiata, mi sorrise e non potei fare altro che ricambiare. Dopo pochissimi secondi avvertii la presenza di Jacob oltre la soglia della mia casetta. Anche i miei genitori lo percepirono.

“Vi lasciamo soli, allora” disse per concludere la breve conversazione. Li salutai con la mano e li seguii con lo sguardo. Mia madre si alzò elegantemente, prese mio padre per mano e insieme si avviarono all'uscita. Mio padre, passando al fianco di Jacob, non perse occasione di lanciargli un'occhiata di avvertimento, che lui neanche notò. Il suo sguardo era incollato a me.

“Ciao, Nessie” mi salutò sorridente.

“Ciao, lupo” gli risposi ricambiando il sorriso.

“Come te la passi?” chiese noncurante, accomodandosi al mio fianco sul divano.

“Bene, tu?” risposi di rimando.

“Non mi lamento” mi disse lui.

“Cosa hai fatto oggi?” domandai curiosa ma soprattutto per portare avanti la conversazione.

“Ho fatto un giro in spiaggia da solo e poi ho accompagnato in ricognizione Quil” disse, distrattamente. “E tu?” mi chiese, mostrando un po' più di interesse.

“Niente, ho sfogliato qualche libro e poi ho rimesso a posto la mia stanza” gli risposi, poco convinta.

“Le solite cose da Cullen” sbuffò.

“Non capisco proprio queste vostre avversità” ammisi, guardandolo negli occhi.

Lui rise. “I vampiri sono ripugnanti!” mi rispose, continuando a ridere.

“Non sono così male” contestai io.

“Lo sei anche tu,” disse lui “per metà” precisò, enfatizzando l'ultima parola.

“Quindi sono ripugnante anche io?”.

“Per metà” specificò, scoppiando a ridere.

“Ah! E' così, lupo?” dissi, dandogli un pugno e unendomi alla sua risata. Piano piano le risate si spensero, lasciando spazio solo ad un sorriso e poi a un vuoto di parole che sembrava incolmabile. Ci guardavamo in attesa che qualcuno dei due spezzasse quel silenzio insopportabile, ma non successe. Spostai lo sguardo sul tavolino di fronte al tavolo: sopra non c'era niente di speciale o che non avessi già visto un miliardo di volte. La casa era silenziosa e la foresta che la circondava stava andando a dormire. La penombra si stava trasformando in buio, così mi alzai ed andai ad accendere la luce. Mi accorsi degli occhi di Jake, confusi, che mi seguivano in ogni movimento.

“Che c’è? I vampiri non vedono al buio?” chiese, scettico.

“Si” gli risposi. “Ma preferisco la luce” continuai, sorridendo. Poi tornai a sedermi accanto a lui. Il silenzio si faceva sempre più pesante e l'imbarazzo cresceva ancora più velocemente.

“Hai fame?” domandai, improvvisamente, facendolo sobbalzare.

“Si” mi rispose, sorridendo. Come sempre.

“Bene, vediamo cosa trovo” mormorai, alzandomi e dirigendomi in cucina.

“Niente di rosso e liquido!” mi urlò Jacob, dal salotto. Aprii il frigorifero: c'era un po' di tutto ma non sapevo proprio cosa scegliere, così lo richiusi. Aprii la dispensa e presi un pacco di patatine fritte e le portai sul divano.

“Stiamo attenti a non sporcare” mi raccomandai.

Lui mi guardò: “Niente ketchup?” si lamentò.

“Hai detto che non volevi niente di rosso e di liquido” gli risposi, ridendo. Tornai in cucina e gli presi il ketchup, poi tornai in salotto e mi accomodai di fianco a lui, che aveva già iniziato a mangiare.

“Ehy!” mi lamentai. “Lasciane un po' anche a me” dissi, prendendogli la busta dalle mani.

“Da quand'è che i succhiasangue mangiano?” chiese cercando di riafferrare la busta.

“I vampiri, no” precisai mettendo molta enfasi nella parola “vampiro”. “Ma gli umani, si” continuai. “E' il bello di essere metà uno e metà l'altro” conclusi, ridendo. Lui desistette e mi lasciò la busta, continuammo a mangiare mentre io guardavo insistentemente l'orologio: ogni secondo passava lento e le grandi lancette nere sembravano immobili. Parevano volermi prendere in giro e io, stupida, continuavo a fissarle.

“Cosa metterai al matrimonio?” chiese Jake, cercando di uccidere il silenzio.

“Non lo so e anche se lo sapessi, probabilmente, non piacerebbe ad Alice. E tu?”.

“Siamo sulla stessa barca, Nessie” mi rispose, con un po' d'amarezza nella voce.

“Staresti bene in smoking” dissi, ridendo.

“E a te sta benissimo quella gonna scozzese” mi canzonò lui.

“Che fai, mi prendi in giro?” domandai.

“Anche se fosse?” mi sfidò con aria superiore.

“Vuoi rifarti per stamattina?”.

“Può darsi”.

“Non ce la faresti” decretai.

“E perché?” mi chiese.

“Perché una battuta non vale quanto una palla di neve in faccia” dissi, con aria severa.

“Te lo concedo” rispose lui, sarcastico. “Ma devi ammettere che le mie battute valgono molto di più delle tue” continuò.

“E in base a cosa?” gli chiesi, scettica.

“Sei solo una bambina, non puoi capire certe cose”. Gli diedi un pugno sulla spalla. “Non è colpa mia, se la tua testolina non ci arriva, Nessie!” si lamentò lui. Entrambi scoppiammo a ridere, ma, come era successo prima, le risate morirono velocemente e il silenzio tornò a far da padrone. Ormai le patatine erano finite e, con loro, anche gli argomenti di cui discutere. Non avevo niente da dire e sapevo perché: cosa pretendevo? Non ero mai uscita di casa, non avevo amici, a parte i licantropi. Ignoravo il mondo che si estendeva ai confini della foresta. Gli unici motivi per cui avevo il permesso di uscire erano andare a fare shopping con Alice, cosa che odiavo, o andare a trovare mio nonno Charlie. Durante gli anni, la mia reclusione mi era sempre un po' pesata, ma ci avevo fatto l'abitudine. Ogni tanto però tornava e si faceva sentire. Era meglio quando c'erano i miei genitori: anche se litigavamo, almeno avevamo qualcosa da fare.

“Oggi ci siamo presi una bella sgridata” constatai.

“Già” disse, con molta amarezza nella voce.

“Che c'è?” gli chiesi.

“Se non mi avessi fatto fare quella stupida promessa, ora tuo padre sarebbe in mille pezzi!” urlò, arrabbiato.

“Beh, allora è stato meglio così”.

“Preferisci lui a me” mi accusò.

“Jake, tu sei il mio migliore amico e lui è mio padre”.

“E allora?”.

“Non posso mettervi a confronto”. Lui distolse lo sguardo sussurrando qualcosa di incomprensibile ed io tornai a guardare le lancette. Erano passate due ore e i miei stavano per tornare. Non potevo lasciare che la conversazione finisse così.

“Jake...?” lo chiamai incerta.

“Si?” chiese lui tornando a guardarmi.

“Sei arrabbiato?” mormorai.

“No. Non potrei mai arrabbiarmi con te, Nessie”. Fece uno dei suoi migliori sorrisi jacobini.

“Ti voglio bene, Jake” dissi, abbracciandolo.

“Anche io, Nessie” rispose, ricambiando l'abbraccio. Restammo a fissarci per qualche minuto, poi lo scatto della serratura ci fece sobbalzare e i nostri occhi caddero sulla porta che si aprì velocemente. I miei genitori fecero la loro comparsa. Improvvisamente vidi gli occhi di Jake riempirsi di rabbia, si alzò noncurante e, dirigendosi verso la porta, disse: “Vabbè, io vado”.

“Ciao, Jake” dissi, un po' triste.

“A domani” aggiunse mia madre.

“Perché?” chiese Jacob, sorpreso.

“Alice mi ha chiamato” si lamentò. “Andiamo a fare shopping!” aggiunse, cercando di mettere un po' di entusiasmo nella voce ma ,come sempre, era una frana quando mentiva.

“Non vedo l'ora” rispose Jake, alzando gli occhi al cielo e poi se ne andò. Lo guardai chiudersi la porta alle spalle e rimasi a fissare la porta chiusa per un po'.

“Che ore sono?” chiesi, improvvisamente.

“Le dieci” rispose mio padre, per nulla sorpreso.

“Vabbè, io vado a letto” dissi alquanto scocciata. Avevo voglia di stare un po' da sola prima che qualcuno mi facesse domande che non volevo sentire riguardo la serata.

“Buona notte, tesoro” mi augurò mio padre, dandomi un bacio sulla fronte.

“'Notte” risposi assonnata. Mi diressi in camera mia, lentamente, e sentii i passi di mia madre che mi seguivano. Ero stata una stupida a pensare che sarebbe potuta finire così, feci un sospiro ed entrai in camera mia, lasciando la porta aperta per mia madre.

“Come è andata? Cosa avete fatto?” chiese lei, entrando ed accomodandosi sul letto.

“Bene” risposi, senza entusiasmo.

“Che c'è, amore?” domandò, cercando i miei occhi. “Avete litigato?” continuò quando incrociò il mio sguardo triste.

Magari” esclamai alzando un po' troppo la voce. “Avremmo detto qualcosa” mi lamentai. Poi la guardai con aria smarrita e le chiesi. “Mamma, perché io e Jake non abbiamo argomenti? Voi di cosa parlavate?”.

“Amore...” disse mia madre, comprensiva. “Tu vivi in segreto da sei anni: non vai a scuola, ne esci” continuò, spedita. “E' normale che tu e Jacob non sappiate di cosa parlare”. Quella era la verità, lo avevo pensato anche io prima, ma sentirmelo dire mi aveva fatto più male di quanto pensassi. Non volevo che le persone mi compatissero, anche se non lo facevano di proposito. Mi faceva sentire una vittima ed io non lo ero.

“Ma Jake è il tuo migliore amico” constatai. “Che cosa facevate... “prima”?” chiesi, curiosa.

“Beh, all'inizio decidemmo di aggiustare due moto” disse mia madre. Che cosa stupida. Cosa ci avrei fatto con una moto? Non potevo neanche farmi vedere in giro. “Per poi usarle per divertirci” aggiunse.

“Non ci pensare nemmeno” urlò mio padre, dal salone.

“Non ci stavo pensando, dovresti saperlo!” gli urlai di rimando.

“Ma più che altro ci raccontavamo della scuola, degli amici... degli amori” continuò mia madre. Avrebbe potuto evitarmi quella lista, mi fece sentire ancora più esclusa dal mondo. “E poi, molto spesso, litigavamo” ammise. Mi guardò in attesa che dicessi qualcosa, ma l'unica cosa costruttiva che mi venne in mente fu: “Ma io non vado a scuola”.

“Lo so, amore. Tra poco, se vuoi, potrai andarci” assicurò mia madre, con tantissima pena negli occhi. Questo mi fece rabbia. “Ma devi aspettare che la tua crescita termini”. Come se non lo sapessi già. Quello voleva dire un altro anno da rinnegata, senza amici, senza scuola, rinchiusa tra la mia casa, la foresta e la casa dei miei nonni. “E questo significa almeno altri sei mesi” dissi, con quanta più acidità potevo.

“Già” mi rispose mia madre. Poi aggiunse, sorridendo: “Dai, che domani ci rifacciamo con una bella giornata di shopping”. Fece finta di tremare. Ma non faceva ridere, anzi. Avrei preferito restare in casa, che andare in giro per la città a farmi trattare come un burattino da Alice. E poi, con quell'umore che mi ritrovavo, non sarei stata la solita ragazza gentile e accondiscendente. Purtroppo, non potei fare altro che annuire, tristemente. “Vieni qui” disse mia madre, e mi strinse tra le sue braccia. Per quanto fosse dura e fredda, con quel gesto mi diede tantissimo calore. “Tutto si sistemerà” proseguì. Avrei voluto tanto crederci. “E tu e Jake potrete stare insieme con tranquillità”.

“Lo spero” dissi, e ci speravo davvero. “Io gli voglio molto bene,mamma”. Questa frase mi riscaldò il cuore più del suo abbraccio.

“Benvenuta nel club” mi rispose, cercando di alleggerire la situazione, ma solo un miracolo ci sarebbe riuscito. “Cerca di dormire” si raccomandò, assumendo la voce di una madre molto protettiva. “Ti voglio bene” disse, alzandosi.

“Anch'io, mamma” le risposi, mentre usciva. Quando mia madre uscì, il buio si impadronì della stanza. Non era buio per me, anzi, ci vedevo bene. Forse il buio era solo dentro di me. Così mi alzai dal letto e mi affacciai alla finestra. Intravedevo la luna da dietro le folte chiome degli alberi: quella sera non c'erano nuvole e il cielo si estendeva infinito. Per un attimo, mi sentii infinitamente piccola in confronto, ma poi spostai il mio sguardo più in alto, dove il cielo era dominato dalle stelle. Erano tutte uguali: piccoli punti di luce in un nero sconfinato. Dopo un po' scorsi la stella polare, al centro esatto del cielo. Era lì, bellissima, un punto di riferimento, una guida. Era uguale alle altre ma la sua luce brillava di più. Distolsi il mio sguardo dal cielo e mi stesi sul letto, il mio sguardo cadde subito sulla foto della mia famiglia posta sul comodino. Chiusi gli occhi, chiudendomi in me stessa e lasciai che i sogni, più belli della realtà, mi cullassero e mi trascinassero in un limbo dorato, almeno per una notte.

NDA:  Questo è il secondo capitolo di Pole Star ^^ spero vi sia piaciuto e sarei felice di conoscere i vostri pareri... Se volete leggere questa storia anche dal punto di vista di Bella trovate il link della storia nel primo capitolo ^^ inoltre nel primo capitolo potete trovare anche la copertina (creata da me) per la storia!! Buona lettura :D

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Capitolo 3
*** Tortura ***


Capitolo 3: Tortura

 

Il sole ormai stava sorgendo, impaziente di raggiungere il centro del cielo per rivendicare il suo  trono. I suoi primi raggi mi pizzicavano le palpebre, spronandole ad aprirsi, ma non ero ancora pronta a tornare al mondo reale, così infilai la testa sotto le coperte. Fuori dalla finestra, i primi animali si stavano svegliando e il loro canto sembrava chiamarmi ad entrare a far parte della realtà. Sembrava che quella giornata fosse impaziente di iniziare e l'unica a rimanere indietro fossi io. Sentivo i passi dei miei genitori già pronti per un nuovo giorno e, al tempo stesso, il mio letto che mi implorava di rimanere lì, ancora qualche minuto, un attimo solo, giusto il tempo di capire che il letto non poteva implorarmi di fare niente e rendermi conto che era solo la mia pigrizia ad inchiodarmi lì, in quel piccolo involucro di calore. 

“Amore!” urlò mia madre. “Svegliati!”. Mi rigirai nel letto, irritata. Non era giusto che la notte durasse un attimo e il giorno un’eternità. Spostai la coperta e fissai l'orologio, ancora mezza addormentata. Erano le otto e non avevo nessuna voglia di alzarmi, soprattutto sapendo quali sorprese riservava quella giornata. Sentii i passi di mio padre, che stava per aprire la porta, e velocemente rimisi la testa sotto le coperte, fingendomi addormentata.

“Andiamo, Nessie!” disse mio padre, ridendo. “Non vorrai far arrabbiare Alice!”. In realtà, quella prospettiva mi allettava alquanto e sul mio viso spuntò un sorriso crudele. Mi rigirai ancora nel letto, mormorando “Ancora cinque minuti”, ma non ero sicura che mio padre avesse capito. Dopotutto la mia voce era ancora impastata dal sonno.

“Lo sai che, se arrivate in ritardo, Alice verrà qui e insisterà per vestirti” mi avvisò mio padre, sapendo di aver colpito nel segno. I miei occhi si aprirono di scatto, la pigrizia svanì, così come il sonno e, tutt’a un tratto, il richiamo della foresta mi sembrava la più bella delle sinfonie.

“Sono sveglia!” sussurrai, togliendomi di dosso le coperte e stropicciandomi gli occhi.

“Bene” rispose mio padre, compiaciuto. “Vuoi fare colazione?”. Per quanto la sua richiesta e le sue uova mi tentassero, decisi che era meglio non perdere tempo.

“No, mangerò qualcosa dopo” dissi, alzandomi dal letto.

“Okay” replicò noncurante mio padre. “Sbrigati tua madre ti sta aspettando!”.

“E' ovvio! Lei non dome” gli risposi, sarcastica. Mi precipitai nell'armadio e presi le prime cose che trovai, poi afferrai le scarpe da ginnastica e mi diressi in bagno. Mi lavai e mi vestii e poi cominciai a pettinare i capelli che cadevano ribelli sulle mie spalle. Mi guardai un'ultima volta allo specchio: potei constatare soddisfatta che la felpa viola con i jeans non era poi così male e le scarpe da ginnastica nere non stonavano affatto. Aprii la porta e tornai nella mia camera, presi l'i”pod, indossai l'anello e la collana e mi diressi in salotto. Mi accomodai sul divano giusto in tempo per sentire il rombo di un’auto che aveva parcheggiato fuori casa nostra. Dopo pochi secondi mi ritrovai davanti Alice, supereuforica.

“Alice!” esclamò mia madre, sorpresa. “Che ci fai qui? Dovevamo vederci a casa di Carlisle alle nove!”.

Alice la guardò, rivolgendole un espressione estasiata.

“Si!” urlò, tutta contenta. “Ma ero troppo eccitata!”.

Non potei fare altro che alzare gli occhi al cielo. Non mi piaceva come era iniziata quella giornata, nell'aria c'era troppa gioia ed estasi che non riuscivo a condividere. Sapevo già che il seguito non sarebbe stato niente di speciale... ero su una montagna russa che cadeva sempre più giù, potevo solo sperare che mia madre ci facesse entrare qualche curva.

“Sei davvero strana” mi feci sfuggire, involontariamente. Vidi gli occhi di Alice guizzare su di me e prendere a studiarmi da capo a piedi. Distolsi lo sguardo e presi a guardare un punto impreciso. Tra qualche minuto Alice avrebbe cominciato a lamentarsi, ne ero certa.

“Ma cosa hai fatto?!” urlò indignata. Sbuffai. Dopotutto non avevo bisogno di prevedere il futuro per indovinare che Alice non avrebbe mai condiviso il mio modo di vestire.

“Perché?” dissi, irritata. “Cos'ho?”.

“Quella felpa! Quei jeans! Quelle scarpe!” mi rispose, quasi nauseata. Era irritante: ad Alice serviva un corso di tatto, ogni tanto avrebbe anche potuto dirmi che sapevo vestirmi.

“Facevi prima a dire “Il tuo abbigliamento!”“ intervenne Jacob, entrando in casa. Mi scappò un sorriso, Jake arrivava sempre nel momento giusto, sembrava quasi che lo facesse a posta.

“Ehy, Jake” lo salutò mia madre, con finto entusiasmo.

“Buongiorno, Jacob” disse mio padre, senza nascondendo il fastidio che la sua presenza provocava.

“Wow!” esclamò Jacob, guardandomi. “Che entusiasmo! Mi sto commuovendo!” continuò sorridendomi, e non potei fare altro che ricambiare, senza dire niente.

“Ma cosa diamine ti sei messo?!” urlò, improvvisamente, Alice. Non avevo mai fatto molto caso all'abbigliamento di Jacob ma, ora che Alice me lo avevo fatto notare, notai che indossava un bermuda e una t”shirt logora. “Almeno io mi sono vestita meglio”, pensai e quello fece comparire sul mio viso un sorrisetto ironico.

“Perché?” chiese Jake, confuso.

“Ti rendi conto che sto per portarti in alcuni dei negozi più importanti di Seattle?!” gridò Alice, adirata. Stava un po' esagerando: non c'era bisogno di arrabbiarsi in quel modo. Jake era sempre vestito così, avrebbe dovuto saperlo.

“E allora?” gli rispose Jake, indifferente. Alla fine era difficile far scomporre Jacob, soprattutto se non gli interessava quello che gli stavi dicendo e i vestiti non erano mai stati la sua più grande passione. Dopotutto un licantropo non può permettersi simili vizi con il rischio di farli scoppiare alla prima ondata di rabbia. Alice non si degnò neanche di rispondergli e si catapultò in camera dei miei genitori, mentre Jake mi guardava confuso e io ricambiavo con uno sguardo ironico. Fu velocissima. Tornò in una baleno da noi con in mano i vestiti di mio padre che aveva selezionato per Jake. Lo guardò per un attimo e gli lanciò gli indumenti che aveva tra le mani.

“Cosa sono questi?!” esclamò Jake, con un moto di ripugnanza nella voce.

“Quello che devi indossare” gli rispose Alice, come se fosse ovvio. Mi avvicinai un po' a Jake per sbirciare, tra le mani aveva un pantalone blu e un maglioncino chiaro, con scollo a V.

“Nemmeno se mi paghi!” urlò Jacob, nauseato.

“Muoviti!” ordinò Alice, di rimando. “Non ho tempo da perdere!”.

Jacob andò a cambiarsi, evidentemente di cattivo umore, grugnendo qualcosa di incomprensibile. Mi sentii a disagio: non era giusto che Alice imponesse a tutti il suo modo di fare, soprattutto a Jacob. Lui tornò in salotto con un'espressione furiosa, che mascherò subito sorridendomi. Lo guardai da capo a piedi. Certo, quel maglione risaltava la sua carnagione, ma non mi piaceva. Quello non era il mio Jake. Il mio Jake era semplice, con un gran sorriso che lo distingueva più di qualsiasi vestito. E soprattutto il mio Jake indossava sempre i bermuda e le t”shirt logore.

“Finalmente ti vedo vestito decentemente!” dichiarò Alice, compiaciuta. Non potei fare altro che arricciare il naso per far capire il mio disaccordo.

“Certo, certo” sputò tra i denti Jacob.

“Dai, andiamo!” urlò lei, entusiasta. Ma non vidi negli occhi di nessuno lo stesso entusiasmo, men che meno nei miei.

“Io e Nessie prendiamo la Porche” disse, indicandomi. Mi feci sfuggire uno sbuffo: mi avrebbe torturata per tutto il viaggio sulle ultime tendenze e sul fatto che una ragazza come me avrebbe dovuto seguire la moda, potendoselo permettere. “Bella tu prendi la Ferrari?” chiese Alice. Fare bella figura per lei era una priorità e la Ferrari nera di mia madre faceva molta più bella figura delle vecchia Volvo di mio padre che lei era solita usare. Vidi Jake guardare mia madre con aria implorante: lui adorava le auto e prima che diventasse un licantropo, amava passare il suo tempo a resuscitare rottami. La cosa sorprendente è che dopo funzionavano davvero.

“Va bene” rispose mia madre, accondiscendente.

“Vienimi dietro!” disse Alice, felice per l'imminente partenza. Poi si diresse verso la Porche, prendendomi per mano e trascinandomi verso la macchina gialla. Ebbi solo il tempo di sibilare: “Aiuto!”, invano, naturalmente. Nessuno poteva salvarmi da Alice. Mi accostai all’auto e guardai i miei genitori e Jacob attraverso le finestre. Mio padre stava baciando mia madre, dicendole qualcosa che non riuscii a sentire, mentre Jake faceva una smorfia che mi fece spuntare un sorriso sulla faccia. Poi mia madre lanciò le chiavi dell'auto a Jacob. Alice, spazientita, esclamò: “Finalmente!”. Salì in macchina ed io la imitai. L'auto partì in un lampo e tutto a un tratto la foresta cominciò a sfrecciare davanti ai miei occhi. La Ferrari ci stava seguendo. Il sole non era ancora alto nel cielo, si nascondeva dietro gli alberi e i suoi raggi giocavano con le foglie dei grandi abeti ricoperti di neve. Era bellissimo guardarli e perdersi nella loro perfezione.

“A cosa pensi?” mi chiese Alice, curiosa.

“Niente di interessante” le risposi.

“Non vedo l'ora di arrivare in città” gongolò, felice.

“Bene” dissi, poco convinta. “Almeno qualcuno di noi si divertirà”.

“Andiamo, Nessie!” si lamentò, con voce quasi petulante. “Non sarà così male!”.

“Trovaci un lato positivo, che non sia lo shopping, Alice” controbattei, guardandola negli occhi.

“Beh, c'è il cane!” disse, entusiasta.

“Alice, si chiama Jacob” le risposi, enfatizzando l'ultima parola. “E non sei stata affatto carina con lui” la rimproverai.

“Perché?”.

“Non dovevi costringerlo a mettersi quella roba” mi lamentai.

“Gli dona” disse, sarcastica.

“No, Jake non si metterebbe mai una cosa del genere! Non è da lui!”.

“Beh, è meglio che si abitui” sospirò Alice.

“Perché?” chiesi.

“Entrerà a far parte della famiglia molto presto” mi rispose, lanciandomi uno sguardo eloquente.

“Cosa stai dicendo, Alice?” domandai, irritata.

“Oh, andiamo, Nessie!” rise.

Sbuffai, irritata. “Alice, io e lui siamo solo amici!”.

“Per ora” continuò lei.

“Cosa vuoi saperne? Non puoi prevedere il mio futuro!” ribattei, seria.

“Non ne ho bisogno, si vede lontano un miglio!” disse, scoppiando in una grande risata.

Non risposi. Girai la testa, imbarazzata, verso il finestrino e tornai a guardare il paesaggio, che era mutato considerevolmente. Ormai la foresta andava diradandosi e le prime abitazioni cominciavano a prendere il loro posto.

“Altrimenti, perché ieri Edward avrebbe avuto quella reazione!” continuò, “Sa che sta per cambiare tutto!”.

“Hai sentito?” chiesi, stupita.

“Si, non sono sorda!” disse lei. “Dopo cosa è successo?”.

“Meglio che non ne parliamo, Alice” mi lamentai.

“Come vuoi”.

“Sai che Leah verrà al matrimonio?”.

“Bleah! Ci sarà solo un cane in più!” rispose, storcendo il naso.

“Uffa! Alice non sono cani!” urlai. Lei non rispose e io desistetti. Misi le cuffie dell'i”pod nelle orecchie e ricominciai a guardare fuori dal finestrino. Ormai la foresta era quasi scomparsa, stavamo per arrivare a Seattle.

“Nessie, mi senti?” mi chiese Alice, all'improvviso.

“Dipende da cosa vuoi dirmi” le risposi, sarcastica.

“Mi dispiace per averlo chiamato cane, come vuoi che lo chiami?” disse, con voce piatta.

“Ha un nome: Jacob” le risposi, scandendo l'ultima parola.

“Jacob” ripeté lei.

“Sai già cosa dovrò mettere?” le chiesi, desiderosa di evitare una giornata tra camerini.

“No” disse, ridendo. “Mi piace provare”.

“Fantastico!” sbuffai. La giornata proseguiva sempre peggio: ormai Alice non faceva altro che parlare di abiti e ogni tanto si degnava di chiedermi un parere su un colore o su particolare che non la convincevano molto. Più che altro, le rispondevo con “mmh” o “ah” a seconda del caso, ma non potevo dire di star seguendo la conversazione. Finalmente, la foresta scomparve del tutto e ci trovammo nel bel mezzo di Seattle, piena di persone, ma soprattutto piena di negozi che, solo a guardarli, mi facevano venire la nausea. Sembravano fare a gara a chi possedesse la vetrina più grande, cosicché un folto numero di ragazzine potesse fermarsi lì e squittire al cospetto di vestiti che non potevano neanche permettersi. Non avrei mai potuto capire cosa ci trovassero di divertente in tutto ciò anche perché la maggior parte di quei vestiti era orrenda ed era degna della loro attenzione solo perché di moda.

“Siamo arrivati!” esultò Alice, con il suo solito entusiasmo ed uscì dalla macchina. Sbuffando, la seguii mentre trotterellava verso mia madre e Jacob il quale aveva la mia stessa espressione annoiata. Mia madre sorrise ad Alice, cercando di mostrarsi almeno un po' entusiasta visto che lei non amava deludere le persone. Anche io, di solito, stavo attenta a non far male a nessuno, ma quella era proprio una giornata no e, anche volendo, il massimo dell'entusiasmo che sarei riuscita a mostrare non sarebbe mai stato sufficientemente convincente per nessuno. Quello che mia madre non voleva capire era che far demordere Alice era un'impresa da titani.

“Cominciamo da qui” esclamò con la sua vocina squillante. Cominciamo? Quanto tempo doveva restare lì? Quanti vestiti ci avrebbe obbligato ad indossare? Avevo voglia di scappare, mi guardai distrattamente intorno: volendo, non sarebbe stata un'impresa così ardua. Senza fiatare, seguii Alice verso il negozio. Era a due piani, più o meno come tutti gli altri, ma la sua vetrina era molto più grande e qualche ragazzina, che probabilmente a differenza mia quella mattina non aveva voglia di dormire, stava indicando cappelli, borsette o accessori vari ed emetteva un suono irritante ogni volta che leggeva un cartellino con su il prezzo. Entrammo nel negozio, mia madre ed Alice avanti, mentre io al fianco di Jacob mi guardavo intorno con aria alquanto inorridita. Non capivo che bisogno c'era di andare a quel matrimonio in abito elegante. La maggior parte dei licantropi usava la maglietta come optional, dopotutto era un matrimonio in spiaggia. Una festicciola tra amici, tanto Sam ed Emily vivevano già come fossero sposati.

“Posso aiutarvi?” chiese la commessa, con una voce roca ed un sorriso stampato sulla faccia. Alice la guardò con sufficienza, nessuno di noi si aspettava che avesse accettato l'aiuto di quella ragazza e la sua risposta non ci sorprese. “Facciamo da soli, grazie”. Poi diede le spalle alla commessa che irritata si allontanò, posizionandosi dietro la cassa e tenendoci d'occhio come se avesse paura che fossimo ladri.

“Jacob, aspettaci ai camerini” squittì Alice. A quanto pareva la chiacchierata in macchina era servita a qualcosa: ora aveva imparato a chiamare per nome il mio lupo. Probabilmente, quella era l'unica cosa positiva della giornata.

“Con immenso piacere” mormorò Jake e scappò in fretta come se avesse paura che Alice ci ripensasse, al che mi scappò un sorriso che scomparì quasi subito.

“Bella, Renesmee voi venite con me” ordinò lei e pregai che l'espressione di terrore puro che doveva essersi dipinta sul mio volto, fosse solo frutto della mia immaginazione. Alice, noncurante, cominciò a danzare tra gli abiti, confrontandoli e poggiando sul suo braccio quelli che più le piacevano. Ogni abito che aggiungeva era seguito da un mio sbuffo e da una sua occhiataccia, tanto sapevo che erano tutti per me. Quando Alice si accorse che il negozio era finito e che aveva esaminato ogni singolo indumento presente in esso, tornò verso di noi con un sorriso trionfale e con molti, troppi abiti adagiati sul braccio. Poi mi guardò per un attimo e porgendomi i vestiti disse: “Renesmee, prendi questi e provali tutti”.

“Alice, sei pazza!” Non trovavo aggettivo migliore, ma la mia protesta era inutile, avrei dovuto provare tutti gli abiti volente o nolente.

“Sbrigati! Prima cominci, prima finisci” decretò, voltandosi e andando ad accomodarsi con mia madre vicino a Jacob. Entrai nel camerino con i vestiti in mano. Era stretto, con un grande specchio e le pareti sbiadite, e come se non bastasse c'era un cattivo odore, di sudore o qualcosa del genere. Appoggiai gli abiti sull'appendiabiti e ne presi uno senza neanche guardarlo. Era una abitino turchese con qualche dettaglio bianco, cortissimo di quelli che si indossano per le discoteche. Velocemente, sfilai i jeans e la felpa appoggiandoli sull'unica sedia presente nel camerino, poi cercai di indossare quell'abitino. Provando a non strapparlo, litigavo con la cerniera che non voleva saperne di venire su.

“Andiamo...” mormoravo. “Così non va”. Continuando ad imprecare, tiravo la cerniera in tutti i modi possibili, finché con uno scatto non salì con mio grande sollievo. Mi guardai allo specchio: Alice avrebbe potuto dire tutto quello che voleva ma non avrei indossato mai quell'abito, era esageratamente corto e il turchese non era proprio il mio colore. Come se non bastasse mio padre non mi avrebbe mai permesso di uscire con quel vestito e mai come questa volta ero d'accordo con lui. Feci un lungo respiro ed uscii fuori, trovandomi davanti Alice, mia madre e Jake. Alice mi guardò attentamente, scrutando ogni curva ed ogni particolare di quell'abito. Spostai lo sguardo su mia madre, che diede una gomitata a Jacob, non sapevo perché ma comunque abbassai lo sguardo imbarazzata.

“Provane un altro, non mi piace come ti sta” sentenziò mia zia, dopo che ebbe finito di scrutarmi. Sbuffando, per la noia e per il sollievo mi rintanai di nuovo nel camerino, che sembrava un po' più accogliente di prima. Tirai giù la cerniera e rimisi l'abito sulla sua stampella, poi senza neanche guardare ne afferrai un altro. Era un abito rosso, più lungo del precedente ma non mi convinceva molto. Lo infilai subito senza pensarci e questa volta pregavo che piacesse ad Alice, anche se io non lo trovavo niente di che, avrei messo di tutto per far finire quella tortura. Uscii di nuovo dal camerino e trovai i miei accompagnatori di nuovo di fronte a me, in attesa, probabilmente che io uscissi. Alice prese di nuovo ad osservarmi ed io spostai lo sguardo, era irritante avere il suo sguardo perquisitore addosso.

“Provane un altro. Non mi piace come ti sta” ripeté mia zia per la seconda volta. Io, come per l'abito precedente, sbuffai e rientrai nel camerino accompagnata da un sorriso incoraggiante di mia madre. Senza troppe cerimonie sfilai anche quell'abito e lo rimisi al suo posto, poi, come se stessi pescando una carta da un mazzo, ne afferrai un altro. Quando lo alzai per vederlo meglio, rimasi alquanto basita. Era un vestitino verde, lungo più o meno come il precedente, decorato con fiorellini azzurri. Orrendo. Semplicemente, inguardabile. Come aveva fatto Alice a prendere un vestito del genere? Nel negozio ce n'erano centinaia più carini ma comunque lo indossai per non farli aspettare troppo. Come se ormai fosse diventata una cosa del tutto naturale, aprii il camerino e mi presentai di nuovo di fronte ad Alice, mia madre e Jake.  Quando vidi che mia zia mi stava scrutando e quindi stava prendendo in considerazione quel vestitino tremendo, sibilai: “Alice, come hai fatto a prendere in considerazione questo vestito? E' orrendo!”. Lei mi guardò per un altro secondo e poi, disse: “Non preoccuparti, non piace neanche a me. Puoi cambiarti”. Come un lampo mi richiusi nel camerino e potei notare con molto piacere che erano rimasti solo due vestiti, uno rosa ciclamino con una fascia sotto il seno che poi si apriva in un decina di balze fino a metà coscia, mentre l'altro era nero con una gonna un po' più lunga ed uno stile anni cinquanta. Li provai entrambi, notando con piacere che su qualsiasi dei due sarebbe caduta la scelta di mia zia, avrebbe trovato il mio consenso.

“Nessie, ti concedo di scegliere tra questi due... sono molto belli entrambi” mi concesse mia zia, al che mi girai verso lo specchio con l'abito rosa addosso e presi ad esaminarli entrambi. Dopo una breve meditazione capii che non sarei mai arrivata ad una conclusione, visto che a me piacevano entrambi e che non faceva nessuna differenza se avessi messo quello rosa o indossato quello nero. Così decisi di chiedere un aiuto...

“Jake...” lo chiamai, facendolo sobbalzare. “Tu cosa ne pensi?”.

“Io?” esclamò lui sorpreso.

“Si...” risposi, girandomi verso di lui. Mia madre gli sorrise incoraggiante mentre Jacob continuava a guardare confuso i due abiti senza sapere quale dei due scegliere.

“Forse” balbettò un attimo Jake. “quello rosa è più... adatto”.

“Si, forse hai ragione” acconsentii. Così, entrai per l'ultima volta nello spogliatoio e mi rivestii. Intanto, Alice aveva rimesso a posto i vestiti che avevamo scartato e si stava dirigendo alla cassa per pagare; mi unii a loro. Ero sollevata, la mia tortura era finita, quindi ora potevo star tranquilla e godermi il resto della passeggiata. Uscimmo dal negozio dopo che Alice ebbe pagato con la sua carta di credito; lei e mia madre camminavano avanti mentre io e Jake le seguivamo a pochi passi di distanza.

“Ora è il tuo turno!” esclamò Alice, indicando mia madre e nonostante fosse una cosa del tutto inusuale per un vampiro, mia madre rabbrividì. La sua espressione era comica, tanto che a me e Jake scappò un sorriso e trattenemmo le risate a stento.

“Oh, andiamo, Bella! Stai andando benissimo! Concedimi almeno quest'ultimo divertimento!” la pregò, come se non sapesse già che mia madre non aveva scelta.

“Basta che tu sappia già cosa dovrò indossare” mormorò mia madre, con l'aria di un cucciolo bastonato.

“Si, si certo” rise Alice, prendendo mia madre per un braccio e trascinandola verso una via piena di negozi; io e Jake non potemmo fare altro che seguirle. Mia madre in balìa di Alice era davvero divertente, mia zia non faceva altro che blaterare, ma sembrava che lei non la stesse minimamente calcolando.

“Come stai stamattina?” chiese, improvvisamente, Jacob.

“Benone” sospirai. “E tu?”.

“Anch'io...” rispose lui, scrutandomi. Chissà dove voleva arrivare o cosa voleva che gli rispondessi, comunque rimasi in attesa che continuasse, visto che non capivo cosa stava cercando.

“Sai” iniziò, un po' incerto. “Stamattina Quil ha portato Claire al parco giochi...era felicissima...dovresti conoscerla prima o poi...” finì, lanciandomi un'occhiata.  Non avevo mai visto Claire, sapevo solo che era la bambina per cui Quil aveva avuto l'imprinting quando lei aveva solo pochi anni di vita. Da come la descrivevano era una bambina allegra e vivace, ma non avevo mai avuto occasione di conoscerla, anche se mi sarebbe piaciuto molto.

“Mi piacerebbe molto...” risposi un po' triste. Purtroppo lo sconforto del giorno prima aveva lasciato un alone che non riuscivo ancora a lavar via, per fortuna la presenza di Jake era sempre un rimedio perfetto ai miei malumori.

“Durante le vacanza natalizie potresti fare un salto a La Push...non che sia meglio di Forks... ma almeno c'è il mare” propose, senza guardarmi. Aveva tutta l'aria del ragazzo impacciato che sta invitando una ragazza ad uscire, non sapendo che l'idea mi attirava molto. Non che adorassi il mare, ma la prospettiva di fare qualcosa di nuovo, di uscire per un giorno dagli schemi della mia vita monotona e scandita dalla solitudine di chi non conosce il mondo, mi allettava parecchio e speravo che i miei genitori, almeno questa volta, non mi mettessero i bastoni fra le ruote.

“Sarebbe bello” risposi con molto entusiasmo e Jake mi sorrise, probabilmente sollevato dal mio improvviso fervore.

“Potremmo fare molte cose!” affermò allegro. “Se c'è bel tempo, potremmo anche farci un bagno!”.

“Mi piacerebbe molto” risposi, sincera e lui mi regalò il suo sorriso jacobino migliore. Ad interrompere la nostra conversazione, fu l'entrata di mia madre ed Alice in un negozio sia per uomo che per donna. Li seguimmo lentamente e, questa volta, nessuna commessa ci venne incontro quando facemmo il nostro ingresso nel negozio. Era molto simile a quello precedente, anche se questo era adornato da decine di manichini bianchi vestiti nei modi più svariati, per il resto aveva anche lui file interminabili di vestiti che questa volta guardavo con più sollievo visto che nessuno di quei capi era destinato a me. Alice ci lasciò davanti ai camerini e poi sparì tra i vestiti, così mia madre si avvicinò a me e Jacob.

“Vi state divertendo, eh?” chiese, sorridendo.

“Il peggio è passato” risposi, sollevata.

“Per te!” esclamò Jake ed io e mia madre non riuscimmo a trattenere una risata, che finì con l'arrivo di Alice con in mano l'abito di mia madre.

“Provalo” le ordinò, come se non sapesse già come le stava. Mia madre, ubbidiente, entrò nel camerino e noi rimanemmo fuori ad aspettarla in silenzio. Dopo qualche secondo, uscì dal camerino con indosso un tubino blu scuro, molto aderente e con una scollatura appena accennata. Le stava d'incanto, non avrei saputo scegliere un vestito migliore per lei.

“Mamma, sei bellissima!” mormorai.

“Non oso immaginare cosa dirà Edward quando ti vedrà!” gongolò Alice, fiera della sua opera. Mia madre abbassò impercettibilmente la testa, un gesto istintivo che faceva ogni volta che avrebbe voluto arrossire, ma il suo corpo da vampira non glielo avrebbe mai permesso.

“Ora che Bella è sistemata, passiamo al caso più tragico” decise Alice, guardando Jacob. Il mio lupo le lanciò un’occhiataccia, ma mia zia non si fece trovare impreparata e gli rispose con una linguaccia. Non avevo mai visto un licantropo e un vampiro avere un rapporto così spensierato, sembrava quasi che fossero amici da una vita e non nemici giurati. Io e mia madre ridemmo insieme sottovoce, dopodiché lei andò a cambiarsi mentre Alice porse a Jacob gli indumenti che doveva indossare e lui, lentamente, si rintanò nel camerino al fianco di quello di mia madre. Jacob si lamentava e imprecava a bassa voce, probabilmente il vestito che Alice aveva scelto non era di suo gusto ma, se fosse stato per lui, si sarebbe presentato con i bermuda e una t”shirt logora. Intanto, mia madre uscì con il vestito che aveva scelto tra le mani, e si unì a noi mentre aspettavamo che Jake trovasse il coraggio di uscire. Uscì qualche secondo dopo, con l'aria di uno che si è trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato e, guardandosi allo specchio, sentenziò: “Sembro un cretino”. Non era il mio Jacob, non era il Jacob che eravamo abituati a vedere tutti i giorni, era una versione che non avevamo ancora conosciuto, ma Alice avrebbe dovuto essere fiera di se stessa. Jacob era stupendo. Aveva una giacca nera leggermente gessata di grigio scuro, come il pantalone che gli fasciava le gambe e ne risaltava i muscoli, mentre la giacca chiara ne risaltava la carnagione e lo rendeva più simile ad un modello che ad un indiano di La Push. Alice lo squadrò ancora un po’ e poi aggiunse: “Manca solo una cosa”. Si avvicinò lentamente, continuando a squadralo, poi alzò lo sguardo verso il collo di Jake e scrupolosamente gli annodò una cravatta grigia intonata perfettamente con il resto dello smoking. Si allontanò di qualche passo e poi, evidentemente soddisfatta, esclamò: “Ecco”.

“Sembro un cretino” ripeté Jacob, abbassando lo sguardo.

“Jake, stai benissimo” intervenni e lui mi lanciò uno sguardo sbalordito che ricambiai con un sorriso rassicurante, sperando che questo bastasse a convincerlo ad indossare lo smoking.

“Sembri un modello” continuò mia madre e Jake, guardandola leggermente frustato, rispose: “Non esagerare”.

“Non sto esagerando, davvero. Dovresti vestirti così più spesso” scherzò mia madre, ma non servi a consolare Jacob che con una smorfia di disgusto entrò di nuovo nel camerino e uscì quando ebbe rimesso i vestiti di mio padre. Pagammo con la carta di credito e poi uscimmo velocemente; ci dirigemmo dove avevamo lasciato le macchine e salimmo velocemente, come all'andata. Alice aveva tutta l'aria di una che riusciva a toccare il cielo con un dito, mentre blaterava sulla bellezza di tutti i vestiti e sulla figura che avremmo fatto al matrimonio, a differenza di tutti gli altri che non avevano il minimo gusto nel vestire.

“...e poi il lupo sta benissimo con lo smoking, non trovi?”.

“Si, gli sta molto bene” mormorai. Il resto del viaggio fu una noiosa sfilata di moda, completamente immaginata da Alice, di cui noi eravamo i protagonisti ed indossavamo i più svariati vestiti. Dopo iniziò la sfilza di consigli sul mio abbigliamento e su come avrei dovuto imparare a curare i particolari. La grande casa Cullen fu quasi un miraggio, quando apparve alla fine del vialetto che avevo percorso migliaia di volte, ma che Alice mi aveva fatto desiderare fino all'inverosimile. Mia zia fermò la sua macchina nel garage, mentre mia madre lasciò Jake davanti casa e poi ripartì salutandomi con la mano. Raggiunsi subito il mio lupo, che mi sorrise soddisfatto e insieme ci avviammo verso casa, mentre Alice ci raggiungeva in un attimo e superandoci urlò: “Jasper!”.

“Ti sei divertita?” chiese Jacob.

“E' stato piacevole” sospirai. “E tu?”.

“Piacevole” concesse. “Ma quel vestito...”

“Ti sta davvero bene!” esclamai. “Te lo assicuro”.

“Se lo dici tu, tanto tutti andranno in jeans e maglietta” si lamentò.

“Si, ma i Cullen devono distinguersi” scherzai e lui mi lanciò un'occhiataccia eloquente. Sorrisi, mentre entravamo in casa e non potei far a meno di notare gli sguardi sorpresi quando videro l'abbigliamento di Jacob. Lui salutando velocemente si defilò in cucina e io lo seguii in cerca di mia nonna.

“Jacob! Renesmee!” ci salutò, appena entrammo nella cucina.

“Ciao, nonna” la salutai, mentre Jake ricambiò con un “Buona sera” educato.

“Jacob il frigo è pieno” esclamò rivolgendosi al lupo, poi rivolgendosi a me aggiunse: “E tu sei pronta per la lezione?”.

“Certo” risposi, entusiasta.

“Bene, allora andiamo”.

“Ti raggiungo dopo” aggiunse Jacob, prima che uscissi dalla cucina. Seguii mia nonna per le scale, fino all'ufficio di mio nonno. Era stracolmo di libri come sempre e la cosa sorprendente era che crescevano sempre di più; avrebbe fatto invidia ad una qualsiasi libreria come quella di Forks. Ci sedemmo comode poi mia nonna prese un libro e me lo porse. Era un libro enorme, con la copertina in pelle marrone su cui c’era inciso in lettere dorate “Divina Commedia”.

“Dobbiamo leggere il V canto” mi informò mia nonna. Aprii lentamente il libro, che aveva l'aria vecchia e fragile, sfogliai piano le pagine finché non trovai il quinto capitolo.

“Ecco” dissi.

“Questo è il mio capitolo preferito” spiegò mia nonna. “Parla di Paolo e Francesca, avanti leggi” mi incoraggiò. Iniziai a leggere lentamente, con lo stesso tono che si usa per leggere una poesia, l'unica differenza era che questa poesie era lunga qualche pagina. Mia nonna rimaneva in silenzio, ascoltando attentamente ogni parola e guardando un punto lontano con gli occhi, come se immaginasse la scena o vi si immedesimasse in essa. “...Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende prese costui de la bella persona che mi fu tolta; e 'l modo ancor m'offende. Amor, ch'a nullo amato amar perdona, mi prese del costui piacer sì forte, che, come vedi, ancor non m'abbandona. Amor condusse noi ad una morte: “Caina attende chi a vita ci spense”...”. Quei versi stupendi e armonici risuonarono nella stanza come la più dolce delle melodie, provocando dentro di me un senso di inquietudine. L'amore di Paolo e Francesca era uno dei più forti che avessi mai visto e per quanto la loro storia fosse semplice il loro amore li rendeva speciali. Mia nonna sospirò piano e prese a guardare altrove, come se sentisse un collegamento tra lei e i due protagonisti di quel canto.

“Cosa c'è?” chiesi. Non rispose subito, il suo sguardo era ancora perso nel vuoto, poi guardò per un attimo il pavimento prima di arrivare ai miei occhi curiosi e cercare le parole adatte.

“Questo canto...” iniziò, sospirando. “Sembra che mi rispecchi”.

“Perché?” domandai, curiosa.

“Prendi me e Carlisle, il nostro amore è forte e la nostra vita eterna” spiegò. “Ma se un giorno una disgrazia ci portasse via quella che noi ci ostiniamo, ancora, a chiamare vita, penso che l'inferno sarebbe la nostra nuova dimora...”.

“Cosa dici!” esclamai, sorpresa. “Non conosco persone più buone di te e del nonno! Quale Dio vi manderebbe all'inferno?”.

Mia nonna mi sorrise materna, poi accarezzandomi una guancia, rispose: “Siamo vampiri, creature della notte, Dio è luce, come te”.

“Io sono per metà vampiro” risposi, fredda.

“Bambina mia, tu hai un'anima”.

“Certo che c'è l'ha!” intervenne Jacob, come se avesse ascoltato tutta la conversazione. “Ma tu e il dottore non potete andare all'inferno! Altrimenti, dovrebbero finirci tutti!”.

“Ha ragione” concessi, sorridendo al mio lupo, che aveva l'aria soddisfatta di chi pretendeva di aver ragione.

“Forse avete ragione” mormorò mia nonna. “Dopotutto, la speranza è l'ultima a morire”.

“Però, se proprio vuoi toglierti il dubbio, possiamo provare con la bionda!” esclamò Jake, scoppiando a ridere.

“Jake, smettila!” lo rimproverai, ridendo sotto i baffi e sperando che Rose non avesse sentito.

“Va bene, ragazzi” intervenne mia nonna. “Ricominciamo a leggere. Jacob tu ti unisci a noi?”.

“Si” rispose, un po' indeciso e poi si accomodò al mio fianco, mentre io continuavo a leggere. La lettura non fu tranquilla come prima dell'interruzione, visto che io o Jake interrompevamo molto spesso chiedendo un chiarimento o la traduzione di un verso che non ci era molto chiaro e mia nonna con molta pazienza, anche se si vedeva che le piaceva soffermarsi per spiegarci qualche aneddoto o solo per soddisfare la nostra curiosità, ci spiegava il senso delle frasi o dei concetti che non capivamo. “...Per più fiate li occhi ci sospinse quella lettura, e scolorocci il viso; ma solo un punto fu quel che ci vinse. Quando leggemmo il disiato riso esser basciato da cotanto amante, questi, che mai da me non fia diviso, la bocca mi basciò tutto tremante. Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse: quel giorno più non vi leggemmo avante”. Mentre che l'uno spirto questo disse, l'altro piangea; sì che di pietade io venni men così com'io morisse. E caddi come corpo morto cade...Finito” esclamai. Alzai lo sguardo verso l'orologio e notai che erano le otto e mezza, sorprendentemente ci eravamo lasciati trasportare dal libro e non ci eravamo neanche accorti dello scorrere del tempo.

“Bene” disse mia nonna, portando anche lei gli occhi verso le lancette dell'orologio. “Che ne dici di mangiare qui con Jacob? Poi Rose ti accompagna a casa”.

“D'accordo!” risposi, entusiasta. Scendemmo al piano di sotto e mia nonna ci preparò da mangiare, era strano vedere un vampiro in cucina ma ormai con mio padre ci avevo fatto l'abitudine, visto che amava cucinare per me e io apprezzavo molto la sua cucina. Mia nonna fu velocissima, ci preparò un piatto di farfalle al tonno con scaloppine di pollo e patate al forno.

“Ecco qui” esclamò soddisfatta. “Jacob ho cercato di toccarli il meno possibile”.

“Non preoccuparti, non è più un problema”. Mia nonna ci sorrise e poi uscì dalla cucina lasciandoci soli. Jacob finì di mangiare in un attimo, ma io ero un po' più lenta.

“E' una bella serata, non trovi?” chiese, improvvisamente.

“Si, la luna è magnifica” risposi senza pensarci.

“Trovo che questa giornata si sia conclusa nel migliore dei modi”.

“Non ci speravo nemmeno in un esito del genere” scherzai. Continuammo a parlare amabilmente tutta la serata, sembrava che tutti gli argomenti non trovati il giorno prima si affollassero tra le nostre parole, facendoci passare velocemente da un concetto ad un altro senza che neanche ce ne accorgessimo. Finito di mangiare, riponemmo i piatti e le posate nella lavastoviglie e poi raggiungemmo il resto dei Cullen nel soggiorno. Rose mi sorrise appena mi vide entrare e io non potei fare a meno di ricambiare il sorriso; poi avvicinandosi a passo di danza, esclamò:

“Sei pronta?”.

“Si, andiamo” risposi, subito.

“Hey, bionda” la chiamò Jake e Rosalie si girò verso di lui con un moto di ripugnanza. “Non è che mi daresti un passaggio?”. Si videro chiaramente i pensieri di Rose, attraverso i suoi occhi, andavano dall'istinto omicida verso il lupo che aveva di fronte alla rassegnazione quando vide Esme guardarla e attendere una risposta per lei scontata.

“Va bene, cane” acconsentì amaramente e poi velocemente si diresse verso l'uscita di casa Cullen. Salutai ad uno a uno tutti gli altri e augurando la buona notte uscii seguendo Rosalie che era già entrata nella sua Bmw e ci aspettava impaziente. Jacob mi superò e si accomodò al posto del passeggero, non capii se l'avesse fatto perché gli interessava davvero star seduto davanti o solo per fare un dispetto alla “bionda” come la chiamava lui. Rosalie non fece commenti, partì velocemente come se non vedesse l'ora di far finire quella tortura, mentre Jacob continuava a chiacchierare amabilmente con me, facendo saltare i nervi a Rose. Arrivammo a casa in un batter d'occhio, mia zia mi salutò e mi augurò la buona notte, prima di sfrecciare via a tutta forza e lasciare me e Jake di fronte casa.

“Buona notte, Nessie” disse, dandomi un bacio sulla fronte poi corse verso la foresta in procinto di trasformarsi ed ebbi solo il tempo di dirgli: “Buona notte anche a te”. Prima di vederlo sparire del tutto, mi diressi verso casa e con un sospiro aprii la porta. L'ululato di Jake mi colse alla sprovvista, avrei riconosciuto la sua voce tra mille, rimasi pietrificata per un attimo, finché non sentii la risposta di Leah e Seth che erano di guardia. Mi tranquillizzai ed entrai in casa, era vuota e buia, così accesi la luce e mi diressi in camera mia. Non sapevo dove fossero i miei genitori, l'unica cosa che mi avevano detto era che dovevano fare una cosa importante, ma non sapevo cosa. Mi rintanai nella mia stanza e lentamente, indossai il pigiama e poi mi diressi in bagno per lavarmi. Tornai nella mia camera e mi affacciai alla finestra con la speranza di veder arrivare i miei genitori, ma di loro non c'era neanche l'ombra. Così, decisi di andare a dormire, mi stesi sul letto e mi coprii con le coperte. Ripensando alla giornata trascorsa dovevo ammettere che non era stato così male, dopotutto era stato anche piacevole fare qualcosa di diverso. Ora però mi sentivo stanca, avevo solo voglia di dormire e di non pensare più a nulla, sentii di nuovo Jake ululare. Un ululato diverso: più pacifico, ma anche stanco, così decisi di addormentarmi col dolce suono della sua voce, che di umano aveva poco, ma che riscaldava più di un qualsiasi “Buona notte”.

NDA: spero che questo capitolo vi piaccia ^^ e mi farebbe piacere leggere i vostri pareri!! Grazie e buona lettura!

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Capitolo 4
*** Ansie ***


Capitolo 4: Ansie

 

Quella notte non sognai molto, o almeno qualunque cosa avessi sognato non era degna di essere ricordata. Mi svegliai lentamente, senza aprire gli occhi, cominciai a togliermi le coperte di dosso. Poi mi misi a sedere sul letto e pacatamente mi guardai intorno. Il sole, ormai, era già sorto e i suoi raggi giocando tra i rami degli alberi si riflettevano sul vetro della mia finestra, illuminando la mia stanza completamente. Sentii i miei genitori in salotto, intenti a parlare del più e del meno, probabilmente aspettavano che mi svegliassi. Scesi dal letto e mi diressi in salotto per dargli il buongiorno, ma quando aprii la porta una strana busta cadde dalla maniglia. Velocemente, mi abbassai a raccoglierla e la esaminai. Era una busta bianca del tutto anonima, così spinta dalla curiosità l'aprii, dopotutto se era attaccata alla porta di camera mia doveva essere destinata a me. Estrassi il bigliettino che vi era contenuto e lo lessi attentamente:

 

Tesoro, buon Natale! Spero che il mio regalo ti piaccia e che lo userai con giudizio e responsabilità. Detto questo, divertiti e fatti accompagnare da qualcuno a comprare i regali che desideri.

                                                       

                                                                                                                                                    Ti voglio bene, mamma.

 

Non capii subito cosa conteneva quella busta, visto che nella lettera di mia madre non era scritto. Così, infilai la mano attentamente e ne estrassi una scheda, la rigirai tra le mani e scoprii, con mia grande sorpresa, che era una carta di credito e che a quanto pareva era tutta per me. Trattenere le urla di gioia e i balli di festeggiamento fu un'impresa da titani, non riuscivo a crederci e non era tanto per la carta di credito, quello che mi faceva più piacere era che finalmente i miei genitori riuscivano a vedermi come un adolescente e non come una bambina di sei anni qualsiasi. Corsi nel salotto con un sorriso stampato in faccia e gettai le braccia al collo di mia madre, che mi strinse forte a se. “Grazie, è bellissima” le dissi con il mio potere, ero l'unica a poter trapassare il suo scudo e ogni tanto si dimostrava utile.

“Figurati” mormorò, felice, tra i miei capelli. Restammo abbracciate ancora qualche secondo, poi, quando sentii avvicinarsi mio padre, lasciai andare mia madre per salutare anche lui.

“Buongiorno” mi salutò, stampandomi un bacio sulla fronte. “Hai fame?”.

“Si!” risposi, senza neanche pensarci.

“Uova?”. Come se non lo sapesse già.

“Vada per le uova” dissi, sorridendogli. Elegante e leggiadro come sempre si diresse in cucina ed io e mia madre non potemmo fare altro che seguirlo, lei rimase appoggiata sul ciglio della porta a guardarci mentre io mi accomodai a tavola, impaziente che mio padre mi desse le sue uova.

“Oggi andiamo da Charlie” mi informò mia madre. “Vieni anche tu?”.

“Si” risposi subito, avevo tanta voglia di rivedere il mio nonno umano. “Dopo, però, posso andare a fare i regali?”.

“Basta che ti fai accompagnare da qualcuno” intervenne mio padre.

“Va bene” mormorai, quand'è che sarei potuta uscire per conto mio? Forse avrei dovuto aspettare la patente per avere un po' di libertà in più, ma per come era mio padre avrei dovuto aspettare altri cent'anni. Sorrise, improvvisamente, e mia madre lo guardò confusa. Doveva essere frustante per lei non capire i pensieri miei o di mio padre, visto che spesso comunicavamo così.

“Ecco, qui” esclamò mio padre, porgendomi un piatto con due uova.

“Grazie” dissi, guardando il piatto. Le uova avevano davvero un buon aspetto e senza aspettare un minuto di più, iniziai a mangiarle. Quando ebbi finito, misi il piatto nella lavastoviglie, mentre mia madre e mio padre sul ciglio della porta si guardavano imbambolati e poi mi diressi verso il bagno.

“Vado a lavarmi” li informai, ma non ero sicura che mi stessero ascoltando.

“Aspetta” mi fermò mio padre. Sbagliato, lui mi ascoltava sempre. Lo guardai interrogativa e lui, con il suo sorriso sghembo stampato in viso, estrasse un pacchetto dalla tasca dei jeans e me lo porse. Lo presi, un po' esitante, e lo analizzai. Aveva una forma rettangolare, ma era molto sottile, mentre la carta era rossa con disegni dorati. Lo rigirai tra le mani, non avevo la minima idea di cosa fosse, alzai lo sguardo verso mia madre ma era confusa quanto me, nessuna delle due si aspettava una cosa del genere. Mio padre alzò un sopracciglio e disse: “Allora, vuoi aprirlo?”.

Diedi un'ultima occhiata al pacchetto che avevo tra le mani, poi lentamente e con attenzione cominciai a togliere la carta rossa, intravidi subito il simbolo di una mela su uno sfondo argentato, ma non capii subito cos'era. Poi, tolsi il resto della carta, e girai lentamente l'i”phone che mi ero trovata tra le mani, sullo schermo illuminato c'era un messaggio:”Buon Natale, tesoro”.  Guardai mio padre con stupore, non ci potevo credere, tutto in un giorno, non era possibile. Dov'erano i miei genitori? Cosa ne avevano fatto di loro? Dovevano essersi coalizzati.

“E'...mio?” chiesi, sconcertata.

“E di chi altri se no?” rispose mio padre, ridendo. Guardai di nuovo il cellulare tra le mie mani, non ci credevo che era mio.  Fu l'istinto a guidarmi, quando gettai le braccia al collo a mio padre e gli sussurrai un “Grazie mille”. Al che lui scoppiò di nuovo a ridere, ma mi strinse a se e cominciò a cullarmi sul suo petto, come faceva quando ero solo una neonata, ma la sensazione di protezione che provavo, era sempre la stessa. Avevo il miglior papà del mondo e nessuno me lo avrebbe mai portato via, ne la vecchiaia ne il destino. Poi, mi lasciò andare e mentre mi allontanavo da lui continuavo a sorridergli incredula.

“Dai, ora, va a vestirti” intervenne mia madre e io annuendo corsi verso il bagno, dopo aver posato il cellulare sul mio comodino, dove vi trovai anche il resto della scatola. Mi vestii e lavai, velocemente come sempre, poi andai in salotto e vidi i miei genitori seduti sul divano a chiacchierare amabilmente.

“Allora andiamo?” esclamai, allegra.

“Si” risposero in coro i miei genitori e senza neanche pensarci uscimmo di casa, mentre mio padre teneva la porta aperta sia a me che a mia madre. La foresta era ancora innevata, anche se il sole non mancava affatto, forse faceva freddo per gli umani, ma io mi trovavo bene, ero a mio agio in mezzo a tutta quella neve.

“Vado a prendere la Volvo” ci informò mio padre e scomparì tra gli alberi, mentre mia madre lo seguiva con lo sguardo. Io, però, ero attratta da un altro rumore, un suono sordo che veniva dalla foresta, era ancora lontano ma qualcosa mi diceva che stava venendo verso di me. Il rumore sordo delle zampe divenne sempre più vicino, infatti dopo pochi secondi un enorme muso rossiccio sbucò dalla vegetazione. Jake, in un attimo, uscì dalla foresta e attraversando il poco spazio che ci divideva si avvicinò, poggiando l'enorme muso sulla mia spalla e io lo abbracciai. Mia madre si avvicinò velocemente.

“Ciao, Jake” lo salutò e lui rispose con un latrato. Rimanemmo qualche altro secondo in silenzio, in cui io continuavo ad accarezzare la calda pelliccia del mio lupo, mentre mia madre continuava a guardarsi intorno alla ricerca di mio padre. Poi, Jake mi guardò interrogativo e io con il mio potere gli dissi: “Andiamo da Charlie” e lui annuì impercettibilmente con l'enorme muso. In quel momento, sentimmo il rombo di un auto che si faceva strada a fatica tra la vegetazione, ormai sulla Volvo i segni della vecchiaia si facevano sentire e la foresta non era mai stata la sua strada ideale. Mio padre fermò l'auto di fronte a noi e poi, scese per salutare Jacob.

“Buongiorno, Jacob” disse, formale. “Andiamo?” continuò rivolgendosi a noi. Mia madre annuì con la testa e fece per salire in macchina, quando mio padre alzò lo sguardo verso Jake, che probabilmente gli aveva fatto qualche domanda e lei seguì il suo sguardo.

“Torniamo tra qualche ora, credo” lo informò. “Si, dopo andiamo a casa di Carlisle”. Jacob, soddisfatto, annuì e dandomi un altro colpetto sulla spalla per salutarmi, sparì di nuovo tra la foresta. Io e mia madre salimmo velocemente sull'auto e mio padre partì in un attimo. Il viaggio fu breve e non ci diede il tempo di aprire un argomento importante, ci limitammo solo a fare futili considerazioni sul tempo o sulla neve, mentre io mi divertivo ad esplorare il mio nuovo cellulare e mio padre mi guardava soddisfatto.

“Ci sono già tutti i numeri che ti servono in rubrica” mi informò. Feci scorrere velocemente la rubrica alla ricerca di un numero che ero sicura mio padre non avrebbe mai inserito.

“No” sospirai. “Ne manca uno”.

“Quale?” chiese, sorpreso.

“Quello di Jacob”.

“Nessie, quel numero sarebbe inutile, Jacob non è mai a casa e non ha un cellulare” lo giustificò mia madre.

“Mi piacerebbe comunque averlo” insistetti.

“Puoi chiederlo a Jacob e aggiungerlo, quando vuoi” continuò mia madre.

“Si, credo che farò così”.

Continuai a giocare col cellulare in silenzio, mentre mio padre guardava dritto sulla strada e mia madre spostava lo sguardo da lui al finestrino.

“Da chi ti farai accompagnare?” chiese lei, improvvisamente.

Feci spallucce. “Non lo so ancora”.

“Potresti chiedere a Rose” mi suggerì.

“Avevo pensato anche io a lei” risposi, lasciando cadere così il discorso.

“Hai già in mente qualche regalo?” insistette lei, come se avesse paura del silenzio.

“No, non ancora” mormorai. “Idee?”.

“Non puoi farti consigliare da me” spiegò lei. “Non sono per niente brava a mentire”.

“Ricordati che non devi fare tardi” intervenne mio padre.

“Non preoccuparti” risposi. Mio padre stava per aggiungere qualcosa, ma ormai eravamo arrivati e la casa di mio nonno aveva già fatto la sua comparsa da un bel po'. Mio padre parcheggiò vicino all'auto della polizia e poi scendemmo. L'auto di mio nonno era un po' più malandata dell'ultima volta, chissà quando si sarebbero decisi a cambiarla, forse ci era affezionato e voleva andarci in pensione, visto che ormai non mancava molto. Ci avvicinammo alla porta e mia madre bussò con la mano, facendo attenzione a non lasciare un segno indelebile sulla fragile porta di legno. Mio nonno venne ad aprire un po' assonnato, era vestito con jeans e maglione come quando aveva il giorno libero, ma quando ci vide si illuminò, probabilmente aveva gradito la sorpresa.

“Ragazzi!” esclamò, sorpreso.

“Ciao, papà” lo salutò mia madre, abbracciandolo.

“Buongiorno, Charlie” disse mio padre.

“Nessie! Ci sei anche tu!” continuò guardandomi, quando lasciò andare mia madre e aprì le braccia verso di me  e gli andai incontro abbracciandolo.

“Diventi sempre più grande!” constatò. “Ma cosa fate qui fuori? Avanti, entriamo dentro, qui si gela!”. Io guardai mia madre che fece spallucce, probabilmente, lei come me non sentiva il freddo di cui parlava mio nonno, comunque entrammo in casa e ci accomodammo nel piccolo salotto di mio nonno. Lui seduto sulla poltrona, mentre noi tre sul divano.

“Allora, ragazzi” iniziò mio nonno. “Cosa avete deciso per Natale?”. La speranza che si accese nei suoi occhi era paragonabile a quella di qualsiasi bambino, mi fece un po' pena. Probabilmente, sentiva la nostra mancanza, la mancanza di una famiglia vera e se c'era una cosa che avrei dovuto rimproverare a mia madre era proprio quella di non passare un po' di tempo con mio nonno. Dopotutto, lui prima o poi non ci sarebbe stato più, visto che trasformarlo in un vampiro non era minimamente nelle sue intenzioni, avrebbe dovuto fare di tutto per passare un po' di tempo in più con lui.

“Seguiremo il tuo consiglio” rispose mia madre, mentre le si allargava un sorriso sul volto di pietra. “Tutti a casa Cullen e chiamerò anche mamma”. Mio nonno si illuminò ancora di più, sembrava che da un momento all'altro si mettesse a ballare e cantare al centro del salotto.

“Non sai quanto mi fai felice, Bells” la ringraziò. “Ci sarà anche Billy?”.

“Si e tutti i ragazzi di La Push” intervenni.

“Wow! Ci entreremo in casa?”.

“Certo” assicurò mio padre. La conversazione continuò per molto tempo, mio nonno era così felice che non la smetteva un attimo di parlare e mia madre si accontentava di dire “si” o semplicemente annuire, mentre mio padre se ne stava immobile e io mi guardavo intorno e seguivo un telegiornale alla tv. Dopo il telegiornale, partì subito un programma di cucina, mi guardai intorno fino a trovare l'orologio che segnava che era l'una e guardando quello stupido programma mi venne una certa fame. Mio padre, naturalmente, se ne accorse subito, mentre mia madre era ancora impegnata ad ascoltare gli aneddoti di mio nonno e le sue ultime avventure, se così si potevano definire, lavorative.

“Mamma” la chiamai e lei si girò verso di me sollevata, come se l'avessi salvata da una prigionia. “E' l'una e oggi devo andare a fare i regali” le ricordai.

“Perché non vi fermate a mangiare qui?” chiese, subito, mio nonno. “A chi devi fare i regali, tesoro?”.

“Devo fare i regali di Natale” lo informai.

“Posso accompagnarti io!” si offrì subito. Mia madre e mio padre si guardarono negli occhi allarmati, ma mio nonno non sembrava se ne fosse accorto e continuava a fissarmi speranzoso.

“Beh, sarebbe fantastico” balbettai. “Voi che ne dite?”. I miei genitori continuarono a guardare prima me e poi i loro occhi, non sapevano che fare e Charlie aspettava impaziente.

“Charlie...” intervenne mio padre, con il tono di chi vuole negare.

“Va bene!” lo interruppe mia madre. “Basta, che state attenti”. Mio padre la guardò adirato, probabilmente non era affatto d'accordo. Come avevo detto prima era iperprotettivo e per lui mio nonno non bastava a tenermi al sicuro dai guai che potevo trovare in una piccola, minuscola, città come Seattle.

“Allora, partiamo subito dopo pranzo” gongolò mio nonno. “Ordino il pranzo. Pizza?”.

“Vada per la pizza” risposi.

“Voi, ragazzi, avete fame?” chiese ai miei genitori.

“No, grazie” risposero in coro. Mio nonno senza fare commenti si alzò e si diresse in cucina, dove digitò lentamente il numero della pizzeria e cominciò ad ordinare la pizza.

“Cosa ti è venuto in mente?” quasi ringhiò mio padre.

“Cosa c'è di male?” chiese mia madre. Mio padre la guardò torvo ma non le rispose, come se la risposta fosse ovvia, come se non ci fosse neanche bisogno di chiedere cosa c'era di male. Dopotutto non c'era, si capivano benissimo le ragioni di mio padre, mio nonno era un umano, un semplice umano, fragile e ormai anche anziano, non avrebbe potuto proteggermi da nessuno, mio padre avrebbe preferito persino Jacob a lui. Ma era pur sempre il padre di mia madre e pur sempre mio nonno, non c'era niente di male se avessi passato un po' del mio tempo con lui, dopotutto cosa potevo incontrare di tanto pericolo a Seattle? Una banda armata? Ero resistente alle pallottole come i vampiri. Un gruppo di stupratori? Non ero forte quando un vampiro, ma avrei potuto ucciderli tutti senza il minimo sforzo. Per una volta ero io la più forte, per una volta non ero io quella che doveva essere protetta, ma quella che doveva proteggere e per una volta mio padre avrebbe anche potuto darmi un po' di fiducia, io non attiravo catastrofi come mia madre. Avevo vissuto sei anni in segreto e nessuno aveva mai sospettato della mia esistenza, ero brava a nascondermi avevo passato tutta la mia vita a farlo e non era un problema passare inosservata. Mia madre continuò a fissare mio padre, aspettandosi una risposta che non arrivò, così sospirando, disse: “Va bene, ne parliamo dopo”. Intanto mio nonno tornò in salotto ancora con il suo sorriso stampato in faccia e mi guardò fiero.

“La pizza sta arrivando!”.

“Fantastico!” esclamai, felice. Poi, prese il telecomando e cominciò a fare zapping cercando un telegiornale che non fosse già finito, mentre la tensione tra i miei genitori saliva sempre di più e diventava sempre più opprimente, tanto che mia madre non riusciva a stare ferma. Non sopportava essere in conflitto con mio padre, non entrava minimamente nei suoi orizzonti, così si alzò di scatto. Troppo, troppo velocemente, tanto che Charlie saltò dalla sedia e la fissò, lei sorrise e girandosi verso di me, mormorò: “Nessie, che ne dici se cominciamo a preparare la tavola?”.

“Va bene, mamma” risposi, alzandomi molto più lentamente e seguendola in cucina.

“Le cose sono dove le hai lasciate l'ultima volta, Bells” la informò mio nonno e riprese a guardare la tv. Mia madre entrò in cucina e sospirando si guardò intorno, cominciò ad aprire i mobili e a cercare quello che le serviva per poi passarmelo, così che io potessi posizionarlo sul tavolo. Si muoveva così velocemente che stentavo a riconoscerla, di solito mia madre era una persona calma e non si alterava facilmente, invece ora era agitata all'inverosimile e non riusciva neanche a controllarsi. Che esagerazione.

“Mamma, ti senti bene?” chiesi, con un po' di ingenuità nella voce.

“Si” balbettò. Ma continuava a muoversi così velocemente, i piatti nelle sue mani sembravano fogli di carta velina, così fragili che un soffio di vento li avrebbe strappati. Le afferrai il polso saldamente e lei si fermò per un attimo, ma non alzò lo sguardo verso di me, semplicemente si girò verso la finestra.

“Devi calmarti” le consigliai. “Finirai per rompere qualcosa”.

“Sono calma” disse lei.

“Davvero? A me non sembra” risposi, ridendo sotto i baffi. “Che ne dici, se ora ti siedi e qui finisco io?”. Automaticamente, si sedette sulla prima sedia che trovò e portò le braccia al petto, io girai intorno alla tavola fino a raggiungere la credenza ed iniziai a preparare la tavola, mentre lei continuava a guardar fuori. Sentimmo le ruote arrugginite di una bici percorrere il vialetto e poi avvicinarsi alla porta per bussare il campanello. Visto che nessuno si mosse dal proprio posto, pensai che fosse meglio andare ad aprire al poveretto che stava aspettando fuori, soprattutto se faceva così freddo come sosteneva mio nonno. Passando davanti al salotto mio nonno mi guardò e disse: “Nessie, i soldi sono sull'entrata”. Presi i soldi e mi diressi verso la porta, la aprii piano per non spaventare il ragazzo che aspettava fuori, con due cartoni fumanti in mano.

“Ciao” lo salutai. Era bassino, doveva avere sui sedici anni, aveva una faccia tonda e qualche problema con l'acne, mi squadrò da capo a piedi e poi, mi sorrise con aria imbambolata. “Ciao” balbetto. “Ho portato...le pizze”.

“Quanto ti devo?” chiesi, sorridendogli.

“Mmh...10$” mormorò.

“Ok” risposi. “Ecco a te”. Mi porse le pizze lentamente, attento a non sbilanciarsi per farle cadere, le presi con più sicurezza di quanto ne avesse lui e poi, sorridendogli, lo salutai e mi richiusi la porta alle spalle.

“Nonno, sono arrivate!” lo chiamai.

“Arrivo” esclamò. Si alzò rumorosamente dalla poltrone e si diresse in cucina, mio padre venne verso di me e mi sfilò le pizze di mano, sorridendo, e si diresse in cucina. Ci sedemmo tranquillamente attorno al tavolo e mia madre divise le pizze per me e mio nonno, posizionandole nel piatto. Cominciai a mangiare lentamente, mentre mio nonno riprese a parlare con mia madre, così facendo la distrasse un po' dalla tensione che c'era ancora con mio padre. Quando finimmo di parlare aiutai mia madre a lavare i piatti e lei iniziò con la predica.

“Mi raccomando, sta attenta” iniziò.

“Cosa vuoi che ci sia di pericoloso a Seattle?” chiesi, scettica.

“Non si può mai sapere”.

“Già, chissà cosa si può incontrare!” esclamai. “Magari un vampiro in vacanza...”

“Non scherzare!” rispose, ridendo.

“Andiamo! Lo stai dicendo solo perché papà non vuole che vada con Charlie” la rimproverai.

“Non è vero!” negò lei. “Sono solo preoccupata”.

“Se sei tanto preoccupata, perché hai detto si?”.

“Non volevo deludere Charlie” mormorò.

“Non preoccuparti, starò attenta” risposi, sorridendole.

“Grazie” disse, rincuorata e poi posò l'ultimo piatto nella credenza. Ci dirigemmo in salotto, dove mio padre e mio nonno continuavano a guardare la televisione senza proferir parola. Mi avvicinai a mio nonno e dissi:”Allora, andiamo?”

“Certo!” esclamò. “Vado a prendere la macchina della polizia”. Rimasi un attimo immobile, mi ero del tutto dimenticata che avremmo dovuto prendere quella macchina, era imbarazzante dover andare in giro con le sirene sul tetto dell'auto. Non sarei mai riuscita a passare inosservata così, ma cosa avrei dovuto fare?

“Non potremmo prendere la Volvo” chiesi, disperata.

“E come faranno i tuoi genitori?” mi chiese di rimando mio nonno.

“Non preoccuparti” intervenne mia madre. “Faremo una passeggiata”.

“Allora, vada per la Volvo” rispose mio nonno, sorridendo. Ormai per lui non contava con quale macchina dovessimo andare, bastava solo che andassimo insieme. Era davvero eccitato e non vedeva l'ora di partire e lasciarsi dietro Forks e tutto il resto. Mia madre tirò per un braccio mio padre, che di malavoglia la seguì fuori dalla casetta di mio nonno e ci aspettarono nel vialetto. Io aspettai che mio nonno indossasse il cappotto e poi uscimmo insieme.

“Allora ci vediamo stasera” mi salutò mia madre, dandomi un bacio sulla fronte e poi si allontanò. Mi si avvicinò mio padre con l'aria di chi avrebbe avuto voglia di afferrarmi e scappare il più lontano possibile, ma la sua parte da gentiluomo gli imponeva di stare in silenzio e lasciar perdere. “Non preoccuparti papà, andrà tutto bene”  gli dissi usando il mio potere, ma lui non si tranquillizzò neanche un po'. “Tieni acceso il cellulare” sibilò, a voce così bassa che mio nonno non riuscì a sentirlo. Annuii impercettibilmente, poi gli diedi un bacio sulla guancia e mi allontanai. Raggiunsi mio nonno, che intanto era già entrato in macchina e l'aveva messa in moto, e mi sedetti al posto del passeggero, allacciando la cintura per non far preoccupare ancora di più mio padre. Lui, intanto, aveva raggiungo mia madre e aspettavano che noi ce ne andassimo per tornare a casa, speravo solo che mio padre non esagerasse, lei si sentiva già abbastanza in colpa. Mio nonno partì e in un attimo ce li lasciammo alle spalle, mentre le case sfrecciavano al nostro fianco estrassi il cellulare e mi assicurai che non ci fosse il silenzioso, mio nonno mi guardò sott'occhio ed esclamò: “Wow! Chi te l'ha regalato quello?”.

“Papà, stamattina” risposi.

“Per Natale?”.

“Si”. Restammo in silenzio e io presi a guardare il paesaggio, Forks era sempre la stessa, non c'era niente di diverso persino le persone e i luoghi dove trovarle erano sempre uguali.

“Quando inizi la scuola, Nessie?” chiese, improvvisamente, mio nonno.

“Penso a Settembre” risposi, incerta.

“Andrai alla scuola di Forks?”.

“Non lo so, non abbiamo ancora deciso”. Il discorso morì così e io e mio nonno ci rintanammo ognuno nei propri pensieri, mentre io guardavo dal finestrino lui fischiettava allegramente.

“Siamo arrivati” mi informò, mentre parcheggiava. Spenta l'auto, scendemmo tranquillamente e poi seguii mio nonno per Seattle, visto che lui la conosceva molto meglio di me.

“Hai già qualche idea?” chiese mio nonno.

“Veramente, no” ammisi, sconsolata.

“Allora possiamo fare un giro per la città” disse, contento di poter prolungare quella gita. Camminammo tra i negozi, ce ne erano di tutti tipi, da quelli più strani a quelli che potevi trovare da per tutto. Passammo davanti ad un'enorme gioielleria e in vetrina vidi un bellissimo fermaglio d'oro tempestato di turchesi, mi venne subito in mente la figura slanciata di mia zia Rose, pensai che le sarebbe piaciuto.

“Entriamo un attimo qui?” chiesi a mio nonno.

“Cosa hai visto?” domandò lui.

“Quel fermaglio” risposi, indicando il gioiello dietro la vetrina. Mio nonno diede una veloce occhiata al fermaglio e poi mi guardò sbalordito.

“E come pensi di pagarlo?” chiese di nuovo.

“Ho la carta di credito” lo informai e lui facendo spallucce, mi aprì la porta. Entrai nella gioielleria e cominciai ad guardarmi intorno, era finemente decorata e nessun dettaglio era lasciato al caso. Mi si avvicinò una commessa vestita di tutto punto, come se fosse anche lei parte dell'arredamento e sorridendomi mi chiese: “Posso esservi utile?”.

“Si” risposi. “Quel fermaglio in vetrina, vorrei vederlo”.

“Certo”  rispose lei, poco convinta, forse pensava che la stessi prendendo in giro. Intanto, mi guardai intorno mentre la ragazza litigava con la vetrina che non ne voleva sapere di aprirsi.

“Nonno, cosa piaceva a mamma?” gli chiesi, sperando mi desse qualche idea.

“Beh, amava i libri e...tuo padre” balbettò lui. Bene, il nonno non era d'aiuto, dovevo cavarmela da sola. Mi avvicinai al bancone, dove c'erano tutti i ciondoli. Ce n'erano di tutti i tipi, fiori, farfalle, cuori, scorrevo piano con lo sguardo tutti i ciondoli finché non arrivai ad uno davvero particolare. Era una rosa del deserto, piccola come la falange di un dito e bellissima, non era come le normali rose del deserto che sembravano disordinate e non assomigliavano per niente a rose, ogni petalo, se così si potevano definire, partiva dal centro della pietra e si avvolgevano l'uno intorno all'altro, creando l'effetto di una vera rosa. Ogni petalo aveva il colore della sabbia, con varie venature più scure o più chiare, che percorrevano quasi ogni parte della pietra. Mi fece venire subito in mente il bracciale di mia madre con il lupo e il cuore, a pensarci bene non aveva niente che rappresentasse me sul quel bracciale, e quella rosa mi assomigliava molto, era rara come me. Intanto, la commessa mi si avvicinò con un sorriso nervoso sul volto e mi porse il fermaglio.

“Si, va bene” confermai. “Posso vedere anche quel ciondolo” continuai, indicando la rosa al di là del vetro. La commessa annuì e si accinse ad aprire la vetrine, mio nonno mi si avvicinò e mi tirò per un braccio sussurrando: “Guarda quel ciondolo”. Mi avvicinai alla vetrina a muro a lato del bancone, in bella mostra c'era una scatola di velluto contente un ciondolo d'oro bianco dalla forma ovale con un disegno astratto, che assomigliava vagamente ad una rosa, inciso su di esso.

“Scusi” chiamai la cassiera. “Quello è un porta”foto?”. Lei si avvicinò per capire di cosa parlassi e dopo aver guardato prima me e poi il ciondolò, rispose: “Si, porta due foto”.

“Bene, allora posso vedere anche quello?”. Mentre la commessa prendeva anche la collana, il mio cellulare vibrò prima di cominciare a suonare. Estrassi, velocemente, il cellulare e guardai il numero, naturalmente, era mio padre.

“Ciao, papà” lo salutai.

“Ciao, Nessie” ricambiò lui. “Dove sei?”.

“A Seattle” risposi senza pensarci e intanto cominciai a girovagare per il negozio, non riuscivo a stare ferma mentre parlavo al telefono.

“Lo so, che sei a Seattle” sibilò. “Precisamente, dove?”.

“Non posso dirtelo!” risposi. “Sto facendo i regali!”. Rimase in silenzio per qualche secondo e mi permise di fare un altro giro per il negozio, arrivai vicino alla vetrina di fronte a quella precedente. Conteneva solo penne di tutti i tipi e di tutte le grandezze, al centro appoggiata su un cuscino nero c'era una penna stilografica nera decorata con oro rosso e bianco e all'estremità con pietre preziose. Pensai subito a mio nonno paterno, quella penna era raffinata come lui e aveva un'aria antica che gli si addiceva alquanto.

“Papà, ci sei?” chiesi.

“Si, quando avete intenzione di tornare?”.

“Non lo so, mi manca solo qualche regalo”.

“Va bene, ma fa presto!”.

“Si, papà” risposi. “Ti voglio bene”.

“Anche io” rispose di rimando e chiuse la chiamata. La commessa mi si avvicinò con aria incerta e indicando il bancone, disse: “E' tutto sul bancone”.

“Si” risposi io. “Posso vedere anche questa penna?”. Lei mi guardò cercando di nascondere la rabbia, visto che le stavo facendo perdere molto tempo, ma visto che il negozio era vuoto non era una colpa molto grave. Mi avvicinai al bancone, attendendo che lei prendesse la penna e me la portasse. Arrivò in fretta e mise anche quella sul ripiano di vetro, io diedi una piccola occhiata a tutti gli oggetti e poi aprii il portafoglio per prendere le foto da mettere nell'ovale di mio padre. Le porsi alla commessa che con attenzione le posizionò ognuno al proprio posto e poi lo chiuse nella propria scatola.

“Sono regali?” chiese con negli occhi la speranza che non lo fossero.

“Si” risposi io e lei con un moto di rabbia, iniziò a fare i pacchetti. Mio nonno si avvicinò per guardare quello che avevo scelto e annuiva impercettibilmente ad ogni regalo che guardava e poi apprezzava.

“Cosa voleva tuo padre?” chiese, improvvisamente.

“Niente” sospirai. “Voleva sapere dove fossi”. Lui non rispose, visto che la ragazza dietro al bancone stava mettendo in una busta i vari pacchetti.

“Paga in contanti o carta di credito?” Stavo per rispondere ma mio nonno mi interruppe di nuovo rispondendo al telefono, poi indicando il cellulare che aveva tra le mani mi disse che andava a parlare fuori. Era l'occasione perfetta! Mi guardai intorno in cerca di qualcosa che avrebbe potuto essere il suo regalo e subito intravidi un orologio d'acciaio, finemente decorato ma non troppo appariscente. Era perfetto per lui, ma dovevo fare in fretta.

“Scusi, può prendere anche questo” esclamai con molta urgenza nella voce. La ragazza non riuscì a trattenere un sospiro, ma velocemente aprì la vetrina e mi mise tra le mani l'orologio, ritirandole subito quando sentì il calore che emanavano le mie dita.

“Si, va bene” sospirai. “Può incartarmelo?”. Lei non rispose, me lo sfilò dalle mani attenta a non toccarmi e velocemente lo incartò e lo mise nella busta con tutti gli altri.

“Contanti o carta di credito?” chiese di nuovo.

“Carta di credito” risposi, porgendole la carta di credito platino. Poi, dopo che me la restituì presi la busta con i vari pacchetti e raggiunsi mio nonno fuori, che stava ancora parlando al telefono.

“Va bene, Sue, allora ci vediamo stasera” sussurrava. “Ora, sono a Seattle con Nessie”.

“Mi raccomando, non fare tardi che si raffredda la cena” rispose lei.

“No, ma ora vado. Ciao” la salutò lui e le diede solo il tempo di dire “Ciao” che riattaccò. Rimise lentamente il cellulare nella tasca destra dei jeans e poi si girò verso di me, sorridente.

“Fatto?”.

“Si, mi mancano solo Jacob, Alice, Jasper, Esme ed Emmett”.

“Idee?”.

“No” risposi, sorridendogli. “E tu?”.

“Mi dispiace, piccola, non sono mai stato bravo con i regali” mormorò, mentre gli si dipingeva sul volto un sorriso impacciato. Continuammo a camminare per la città, passeggiando tranquillamente mi guardavo intorno, camminare con mio nonno era rilassante, lui non era lì per proteggermi e non ne aveva la minima intenzione, certo se ce ne fosse stato bisogno non avrebbe esitato a mettersi tra me e chiunque altro. Passammo davanti a vari cartelloni pubblicitari e ad attirare la mia attenzione fu un cartellone più grande degli altri, che pubblicizzava la vendita di biglietti per una sfilata di moda di un rinomato stilista.

“Secondo te, dove li vendono quei biglietti?” chiesi, improvvisamente, a mio nonno. Lui alzò lo sguardo verso il cartellone pubblicitario e poi si guardò intorno in cerca di una risposta.

“Forse lì” rispose, indicando un negozio che si trovava all'angolo di un incrocio. Ci avvicinammo e quando entrammo, facemmo  suonare un campanello ed un uomo sulla cinquantina si girò a guardarmi incuriosito.

“Posso esservi utile” chiese.

“Posso comprare qui i biglietti per quella sfilata?” domandai, indicando con un dito il cartello posto proprio di fronte al negozio.

“Si, certo” rispose, subito lui. “Quanti ne desidera?”.

“Due” risposi decisa, mi dispiaceva per Jasper ma qualcuno doveva pur accompagnare Alice e visto che io non ci tenevo minimamente, lui era la persona più adatta. Il negoziante fu molto veloce e mise i biglietti sul bancone.

“Può incartarmeli?” chiesi, educata. Lui annuì piano e prendendo un pacchetto blu ci infilò i due biglietti, poi velocemente lo incartò con una carta rossa e me lo porse. Lo presi e gli diedi in cambio la carta di credito, lui la guardò un attimo sorpreso, probabilmente non aveva mai visto una carta platino, e poi me la ridiede una volta effettuato il pagamento. Io e mio nonno uscimmo in silenzio e continuammo a percorre il marciapiede, quando ad interrompere il nostro silenzio fu lo squillo del mio cellulare. Non ci fu neanche bisogno di leggere il nome sul display, sapevo benissimo chi era...

“Papà?” risposi e mio nonno sbuffo.

“Nessie, dove sei?” ringhiò quasi mio padre.

“Sono sempre a Seattle” dissi, annoiata. “Dove vuoi che sia?”.

“Quanto tempo ci vuole ancora?”.

“Non lo so” sbuffai. “Sono solo le cinque, è pieno pomeriggio!”. Mio padre sbuffò e in lontananza sentivo la voce di qualcun'altro che sbraitava, ma non riuscii a capire chi fosse.

“Va bene” si lamentò mio padre. “Ma devi tornare prima delle sette”.

“Otto!” urlai.

“Sette e mezza! Altrimenti vengo a prenderti ora”.

“Va bene, va bene” risposi, scocciata.

“Ciao, tesoro” mi salutò lui e chiuse la chiamata, soddisfatto. Con un moto di rabbia rimisi in tasca il cellulare e mio nonno mi guardò di traverso.

“Cosa voleva ora?”.

“Devo tornare alle sette e mezza” sospirai e per quanto la tentazione di fare anche solo cinque minuti di ritardo mi allettasse alquanto, sapevo che ciò sarebbe stato uguale a non uscire più almeno per il resto della mia vita.

“Allora, dovremmo sbrigarci” scherzò mio nonno. “Sono già le cinque”. Risi insieme a lui, spensierata come non mai e continuammo a camminare sul marciapiede, fino ad arrivare davanti ad un negozio per architetti. “Nonno, possiamo entrare un attimo?” chiesi, prendendolo per un braccio e lui mi seguì nel negozio. Entrammo in un negozietto tutto disordinato, c'erano oggetti strani di cui non conoscevo il nome e altri che conoscevo impilati in modo precario ed erano pericolosamente traballanti. Io e mio nonno, con molta attenzione, ci avvicinammo al bancone e visto che non c'era nessuno premetti il campanello. Dopo qualche minuto, da una porta, con su un invito a non entrare, uscì una vecchietta vestita fin troppo elegantemente per quel negozio e si avvicinò il più velocemente possibile.

“Cosa posso fare per te, tesoro?” mi chiese, benevola.

“Vorrei un set per architetto” spiegai, brevemente.

“Certo, se aspetti un secondo lo prendo” rispose, sorridendo.

“Grazie” mormorai, mentre la signora tornava nel retro e si accingeva a prendere un set completo, lasciando me e mio nonno soli in quel disordinato negozietto.

“Che ordine” commento lui, come se mi avesse letto nel pensiero.

“Già” mormorai io, guardandomi intorno.

“Pensi che ti chiamerà qualcun'altro?” domandò mio nonno guardandomi negli occhi.

“Chi dovrebbe chiamarmi?” chiesi di rimando.

“Sono tutti così preoccupati” sibilò. “Come se io non sapessi proteggerti”.

“Papà è solo molto protettivo” mormorai, cercando di giustificare mio padre.

Lui sbuffò e poi aggiunse: “Ci manca solo che ora ti chiami Jacob”.

“Perché dovrebbe chiamarmi Jake?” domandai, scettica.

Lui mi guardò di traverso e poi disse: “Si vede lontano un miglio che ha una cotta per te!”.

“Io e Jake siamo solo amici!” sibilai e mio nonno sorrise sarcastico, ma non disse niente. Mi voltai verso il bancone e aspettai paziente che la signora tornasse con quello che mi serviva, intanto pensavo alla conversazione con mio nonno. Io e Jake eravamo solo amici e poi anche volendo non avrebbe potuto chiamarmi, lui non aveva un...cellulare! Era il regalo perfetto per il mio lupo, così avremmo potuto rimanere in contatto, felice della mia intuizione sorrisi all'anziana signora che intanto era tornata con in mano tutto quello che mi serviva.

“Ecco a te, piccola” mormorò porgendomi l'intero set.

“Può incartarmelo?” chiesi, educata.

“Certo” rispose, sfilandomi gli oggetti tra le mani e cominciando ad incartarli. Poi, me li ripose e dopo che ebbi pagato, la salutai educatamente ed uscii dal negozio con mio nonno alle spalle.

“Che ore sono?”.

“Non preoccuparti, Nessie, sono solo le cinque e mezza” rispose mio nonno, guardando il suo vecchio orologio ormai prossimo alla dipartita finale e mi sentii soddisfatta pensando che gliene avevo regalato uno nuovo.

“Chi ti manca?” domandò di nuovo mio nonno.

“Solo Emmett e Jake” risposi, velocemente.

“Cosa hai intenzione di regalargli?” chiese, impaziente, mio nonno.

“A Jacob avevo pensato di regalare un cellulare” dissi, convinta.

“C'è un negozio qui vicino” mi informò mio nonno e si diresse verso il negozio di cui parlava e io lo seguii, continuando a guardarmi intorno incuriosita da quel posto che non avevo mai visto e che mi piaceva molto. Arrivammo davanti ad un negozio con un enorme vetrina piena di cellulari di tutti i tipi e tutte le dimensioni, li guardai ad uno a uno cercandone qualcuno che potesse andare bene per Jake, finché il mio sguardo non cadde su un cellulare nero che si trovava in un angolo della vetrina. Mi abbassai per guardarlo meglio e lessi sotto il cartellino con su scritto “Nokia n97 nero”. Mi piaceva e probabilmente sarebbe piaciuto anche a Jake, così velocemente entrammo nel negozio e mi feci incartare il cellulare poi, uscimmo velocemente e mi fermai fuori dal negozio per chiedere un consiglio a mio nonno. Per il regalo ad Emmett ci avevo pensato molto mentre il ragazzo mi impacchettava il cellulare di Jake ed ero arrivata ad una conclusione, ma non sapevo proprio dove andare a cercare una cosa del genere.

“Nonno” lo chiamai, un po' incerta.

“Si, piccola?” chiese lui.

“Dove potrei comprare dell'attrezzatura da trekking?”.

Lui ci pensò un attimo, guardandosi intorno. “Non so se qui c'è un negozio, ma a Forks c'è quello dei Newton”.

“Perfetto!” risposi, sollevata.

“Allora, andiamo a prendere la macchina” esclamò mio nonno con il sorriso sulle labbra. Raggiungemmo la Volvo e velocemente, mio nonno mise in moto e cominciammo a sfrecciare tra le strade di Seattle. Non parlammo molto durante il tragitto, mio nonno, guardando una casa o l'altra mi raccontava la storia della famiglia che vi abitava e io ascoltavo interessata. Poi, arrivammo di fronte al negozio di articoli sportivi dei Newton e mio nonno mi raccontò della cotta che Mike, il figlio del proprietario, si era preso per mia madre quando lei andava alla scuola di Forks. Entrammo e ad accoglierci fu un ragazzo con un viso infantile e dai capelli biondo cenere. Ci guardò per un attimo, poi si aprì in un enorme sorriso.

“Buongiorno, ispettore Swan” salutò. Poi guardandomi intensamente, continuò: “Lei chi è?”. Mi avvicinai al bancone e porgendogli la mano, risposi: “Renesmee Cullen, tu sei?”.

“Mike... Mike Newton” balbettò. “Cullen, hai detto?”.

“Si, perché?”.

“No, niente. Avevo dei compagni di scuola con quel cognome” spiegò brevemente. Poi, riacquistando tutto il suo buon umore, aggiunse: “Cosa posso fare per voi?”. Stavo per rispondere, quando il trillo del cellulare ci interruppe per l'ennesima volta, guardai mio nonno, il cui sguardo era ricolmo di rabbia, e mormorai: “Puoi pensarci tu?”. Lui annuì e io dando la schiena al bancone, risposi al cellulare.

“Papà!” esclamai, adirata.

“Nessie, dove sei?” chiese lui.

“Sono le sei!” risposi, indignata.

“Dove sei?” ripeté lui, scandendo le parole una ad una.

“Mi passi mamma?” domandai, riacquistando la calma.

“Perché?” mormorò lui, sorpreso.

“Devo dirle una cosa” spiegai, brevemente. Sentii il vento che soffiava nel microfono, mentre mio padre si muoveva a velocità inumana verso mia madre. “Vuole te” mormorò, porgendole il telefono.

“Tesoro, come sta andando la gita?” iniziò lei.

“Mamma, togligli quel cellulare di mano!” sibilai.

Mia madre sospirò. “Scusa, lo sai che è ansioso”.

“E' la terza volta che mi chiama!”.

“Si, hai ragione. Farò il possibile” promise.

“Va bene, grazie” risposi, con evidente gratitudine nella voce.

“Divertiti, tesoro! E per favore, non fare tardi” mi salutò.

“Va bene, mamma” risposi e chiusi la chiamata. Raggiunsi mio nonno e Mike al bancone che stavano parlando amabilmente.

“Allora, come va l'università?” gli stava chiedendo mio nonno.

“Me la cavo” rispose lui, abbassando lo sguardo, probabilmente non gradiva quell'argomento. Quando mio nonno mi vide avvicinare, fissò la tasca dove avevo risposto il telefono e poi, sprezzante, disse: “Era Edward, vero?”.

Non ebbi il tempo di rispondere che intervenne Mike. “Edward? Edward è tuo padre?”.

“NO!” esclamai, subito. “Edward è solo mio fratello”. Mike non sembrava molto convinto ma tornò a sorridermi con aria imbambolata, mentre prendeva i vari pezzi del set che mi serviva.

“Ecco qui” disse, alla fine, soddisfatto. “Che ne dici?”. Cominciai ad esaminare i pezzi uno ad uno, controllando che non mancasse niente e che fossero tutti integri, lui continuava a fissarmi e io mi sentivo leggermente imbarazzata.

“Vieni qui, spesso?” chiese, improvvisamente.

“No” risposi, sincera. “Sono qui di passaggio”.

“Peccato” mormorò lui. “E cosa sei venuta a fare?”. Non sapevo cosa rispondergli, così gli lanciai un'occhiataccia e lui si ritirò subito. “Scusa” disse, grattandosi la nuca. “Non sono affari miei”.

“Credo che sia tutto a posto” continuai, risoluta indicando gli oggetti sul bancone. “Puoi incartarmeli?”.

“Certo” esclamò lui, felice che non me la fossi presa e iniziò ad incartare il mio regalo. Io e mio nonno aspettammo pazienti, finché lui non mi porse il pacco e io lo poggiai ai miei piedi per pagare. Mio nonno lo prese e disse: “Comincio a portarlo in macchina” ed uscì velocemente.

“Spero di rivederti presto” continuò Mike, senza perdere le speranze.

“Non penso che tornerò a Forks molto presto” mormorai, con finto rammarico.

“Dove vivi?”.

“Lontano” risposi, brusca.

“Fatto” esclamò, ridandomi la carta di credito.

“Allora, arrivederci” mi salutò, sorridendo.

“Ciao” sussurrai ed uscii velocemente dal negozio. Raggiunsi mio nonno, che mise subito in moto senza dire una parola e così continuò per tutto il viaggio. Probabilmente, era arrabbiato con mio padre perché non gli dava abbastanza fiducia e aveva perso tutta la sua voglia di parlare. Arrivammo davanti casa Cullen dopo una decina di minuti e mio nonno fermò la macchina proprio di fronte all'entrata. Sulla soglia c'erano già mio padre e Jacob, impazienti e dietro di loro mia madre che cercava di trattenerli inutilmente. Appena uscii dalla macchina mi si avvicinarono in un attimo e si aprirono in un sorriso liberatorio, da quant'è che andavano così d’accordo?

“Finalmente” esclamò mio padre abbracciandomi. Mio nonno era rimasto in macchina e mia madre gli si avvicinò per parlargli.

“Bells, perché non mi accompagni a casa” disse. “Così ti riporti la macchina”. Mio padre interruppe subito l'abbraccio e guardò mio nonno adirato, mentre Jacob raccoglieva tutti pacchetti. “Lasciala andare!”, mio padre mi prese per la mano, come se avessi cinque anni, e mi condusse in casa, poi andò a salutare mia madre e la guardò mentre partiva.

“Nessie, perché ci hai messo tanto?” chiese, tornando in casa.

“Avevi detto che dovevo tornare alle sette e mezza, sono le sei e mezza” lo informai. “Sono in netto anticipo”.

“Non dovevi andare con Charlie!” esclamò Jacob.

“Perché, no?” domandai, arrabbiata.

“E' pericoloso” rispose, calmo mio padre.

“Io non ho visto niente di pericoloso” esclamai.

“Ragazzi, basta!” intervenne mio nonno. “Nessie, ha passato una bella giornata con Charlie, non rovinategliela”.

“Comunque non succederà più” continuò Jacob e io gli lanciai un'occhiataccia, che lui ricambiò con uno sguardo protettivo e preoccupato. Mi si avvicinò, superando mio padre che non lo fermò e guardandomi negli occhi, mormorò: “Ci hai fatto preoccupare molto”.

“Mi dispiace, ma non posso farci niente! Io mi sono divertita” precisai.

“Mi fa piacere” rispose lui.

“Nessie, ora dobbiamo andare a casa” mi informò mio padre.

“Va bene”. Salutai tutti velocemente e augurandogli la buonanotte uscii di casa, seguita da mio padre e Jake. Corremmo per la foresta, ormai buia, probabilmente avevano fretta di arrivare a casa e io non avevo nulla in contrario. Arrivammo davanti casa e salutai Jake con un bacio sulla guancia e stranamente mio padre non disse niente, era troppo sollevato del mio ritorno e ancora preoccupato per mia madre. Jake sparì tra le foglie delle felci e potei sentire le sue zampe correre sulla neve e poi sparire in lontananza, per poi seguire mio padre in casa. Cenai, velocemente, e poi andai in bagno per lavarmi e indossare il pigiama. Mi infilai nel letto e chiusi gli occhi, attendendo che il sonno mi prendesse e mi portasse via con se. Però, il cigolio della porta che si apriva mi costrinse a non cedere ancora al sonno.

“Nessie” mi chiamò piano mio padre. “Dormi?”.

“No” mormorai, con la voce stanca. Mio padre lentamente venne a sedersi sul mio letto e io mi girai verso di lui, che mi guardava intensamente con i suoi occhi dorati.

“Hai gradito il mio regalo?”.

“Si, ma sto pensando di restituirtelo! Oggi è stato fin troppo utile!” scherzai e lui rise di buon umore.

“Mi dispiace, piccola” si scusò, accarezzandomi la fronte.

“Sai” iniziai. “Ho incontrato Mike Newton”. A quel nome un fremito percorse la schiena di mio padre e trasformò il suo sguardo, facendolo ridivenire preoccupato, mentre guardava il mio incontro con il suo ex compagno di scuola e quando vide che ci eravamo quasi traditi, gli scappò un sibilo.

“Non preoccuparti” dissi. “Non credo sospetti qualcosa”.

“Certo che no” esclamò lui. “Sicuramente, stava pensando a qualcun'altro”.

“Sei geloso?” chiesi, incredula e lui non rispose, al che scoppiai in una sonora risata.

“Andiamo, papà! Probabilmente non lo rivedrò più!” esclamai e lui sembrò rasserenarsi un po'.

“Ora, però, dormi” ordinò, sfiorandomi la fronte con un bacio ed uscendo velocemente dalla mia stanza, richiudendosi la porta alle spalle. Chiusi di nuovo gli occhi, sperando che nessuno mi interrompesse più, era stata una lunga giornata, anche se mi ero divertita molto con mio nonno e ora, pensandoci bene, anche la gelosia e la preoccupazione di mio padre erano divertenti. Non so quanto tempo ci misi per addormentarmi, l'ultima cosa che ricordo era la foto sul comodino dei miei genitori e il rombo di un'auto in lontananza. Dopodiché caddi in un sonno profondo e le uniche cose che mi fecero compagnia furono i sorrisi delle persone a me care, e il fischiettare allegro del mio caro nonno umano...


NDA: spero che questo capitolo vi piaccia e spero vogliate lasciarmi qualche commento!! Grazie in anticipo e buona lettura!!

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Capitolo 5
*** Grande Festa ***


Capitolo cinque: Grande festa

 

A risvegliarmi quella mattina non furono il raggi silenziosi e lucenti del sole che giocavano tra le mie ciglia, ne il canticchiare allegro di un uccellino o il trotto spensierato di un cerbiatto che aveva appena aperto gli occhi alla vita. Fu un ululare irreale e fastidioso, il battere dei rami contro la mia finestra e il gracchiare di uccelli che correvano a ripararsi nei loro caldi nidi, mentre il vento continuava a far rumore e i rami del pino vicino alla mia casetta non smettevano di batterci contro, sentii la porta aprirsi e i miei genitori entrare in casa. Mi rigirai nel letto sempre più irritata, possibile che non potessi svegliarmi in pace? Guardai l'orologio erano appena le otto e quello stupido ululare non voleva proprio saperne di tacere, mi venne voglia di aprire la finestra e sradicare quello stupido albero! Con un gemito mi alzai dal letto e guardai fuori, i vetri della finestra vibravano, tormentati dai rami pungenti del pino e dal vento ululante. Con un moto di rabbia mi tolsi la coperta di dosso e mi infilai le pantofole, per poi avvicinarmi alla finestra e guardare fuori. La neve c'era ancora, cosa del tutto normale il 23 dicembre, anche se il vento continuava a spostarla da una parte all'altra creando una nebbiolina irritante che non faceva penetrare i raggi del sole. Visto che ormai non mi sarei più addormentata, e anche volendo la foresta non ne voleva sapere di lasciarmi in pace, andai a salutare i miei genitori. Quella giornata era iniziata male, sperando che non peggiorasse sempre di più, mi sedetti al tavolo della cucina aspettando che mi madre mi preparasse la colazione. Questa mattina niente uova, infatti dovetti accontentarmi di una tazza di latte con qualche biscotto. Pazienza. Non c'era motivo di mettersi a polemizzare tanto sulla colazione, non volevo che il mio umore, già precario, degenerasse con una bella discussione mattutina. Ringraziando mia madre, mi alzai dal tavolo, misi la tazza nella lavastoviglie e poi mi diressi in bagno, lentamente. Mi lavai velocemente e poi mi diressi  nella mia camere per vestirmi, presi il cellulare, e poi tornai in salotto dove c'erano i miei genitori ad aspettarmi. Senza dire una parola, mio padre aprì la porta e aspetto che io e mia madre uscissimo. Mi guardai intorno con aria circospetta, il vento non aveva smesso di ululare e batteva sul mio viso con una certa insistenza, non che avessi freddo, ma dava alquanto fastidio. I miei genitori non ci badarono molto e cominciarono a correre nella foresta e io li seguii, correvano fianco a fianco, mentre io me ne stavo qualche passo più indietro, non perché non potessi raggiungerli, ma semplicemente preferivo correre per conto mio. Arrivati nei pressi della casa, la tormenta era quasi finita e il vento si era placato quasi del tutto, anche se di tanto in tanto continuava a colpirmi dietro la schiena.

“Tanya e Kate sono già qui” comunicò mio padre, tranquillo.

“Bene” rispose mia madre. Probabilmente era felice di rivedere le nostre cugine del clan di Denali, anche se io mi ero del tutto dimenticata che sarebbero arrivate oggi. Ero felice, almeno c'era una novità, nuove persone con cui poter parlare e passare il tempo, dopotutto Carmen mi era sempre stata simpatica e le sue sorelle erano gradevoli, saremmo sempre stati riconoscenti verso Kate per aver aiutato mia madre a rafforzare il mio scudo, infatti ci aveva salvati e ora era per lei come un semplice braccio in più. Entrando in casa, fummo accolti da una miriade di sorrisi, che non potemmo fare altro che ricambiare.

“Edward!” cinguettò la vampira dai capelli biondo”rossicci. Era Tanya, che con fare civettuolo, si avvicinò a mio padre abbracciandolo, fui colpita da una fitta nello stomaco, come se mi avessero dato un pugno e poi la rabbia mi fece vedere tutto rosso. Ero...gelosa? Di mio padre? Si! Chi era quella? Come si permetteva di prendersi tanta confidenza?! Con un moto di rabbia repressa mi diressi verso la sedia più vicina e mi ci sedetti, incrociando le braccia sul petto e prendendo a guardare fuori nell'attesa di Jake. Intanto, le domande che mi affollavano la testa erano parecchie, era lecito essere gelosa del proprio padre? Poteva quell'insignificante vampira distruggere la mia famiglia? Mio padre glielo avrebbe permesso o era solo il suo istinto da gentiluomo che gli imponeva di trattarla bene? Non riuscivo a darmi delle risposte, non avevo mai visto la mia famiglia in crisi e sicuramente l'espressione affrante e rassegnata di mia madre non aiutava affatto, cosa stava aspettando? Che glielo portasse via? Perché non si metteva in mezzo? Aveva paura di Tanya? Mah... i vampiri non li avrei mai capiti. Nel frattempo, Kate si avvicinò a mia madre, curiosa, e pronta ad intraprendere una conversazione, anche se mia madre non era dell'umore adatto.

“Bella, allora come prosegue la nuova vita?” chiese, cercando lo sguardo di mia madre, che però non lo staccava un attimo da mio padre, che scherzava e rideva con Tanya. Esasperante.

“Non credo di poter desiderare di più” rispose, sinceramente. “Renesmee è stupenda e sta crescendo benissimo e senza ostacoli” continuò, guardandomi. Senza ostacoli era un po' un esagerazione, anche noi come tutte le famiglie avevamo le nostre discussioni e i nostri momenti no, ma nel complesso potevo dire di non poter desiderare una famiglia migliore, naturalmente con il mio Jake era tutto più completo. “E...bhe...Edward e io ci amiamo sempre di più. La mia famiglia, inoltre, è la migliore che si possa desiderava”. Concludendo la frase, lanciò un'occhiata amorevole a tutti i componenti della famiglia presenti, lasciando per ultimo mio padre che si era girato per ascoltare la risposta. Finalmente, si accorse dell'espressione di mia madre e senza troppe cerimonie, lasciò Tanya alle sue chiacchiere e prendendo mia madre in braccio si sedette sulla sedia accanto alla mia, e quando mi guardò gli regalai un sorriso rincuorato che lui ricambiò con un'espressione un po' colpevole.

“Lo vedo...” puntualizzò Kate, voltandosi verso la sorella che aveva sul viso un'espressione delusa. La stima che avevo di Tanya era scesa, rasentando lo zero, e ora la sua presenza mi infastidiva e sapevo che probabilmente era lo stesso per mia madre. Ormai, tutti erano impegnati in una conversazione, a parte me ovviamente, che continuavo a guardare la finestra e tendevo le orecchie nell'attesa del mio Jacob.

“Renesmee” cinguettò di nuovo Tanya, e fui costretta a girarmi verso di lei, fingendo gentilezza. “Sei cresciuta così tanto che quasi non ti riconoscevo” aggiunse, alzandosi elegantemente dal divano e poggiandosi sulla mia sedia, continuando a sorridermi.

“Già” fu l'unica cosa garbata e sensata che mi venne in mente di dire e poi le sorrisi, chiedendomi se fosse più falso il mio o il suo di sorriso. La sua presenza così addosso mi dava alquanto fastidio, avevo voglia di darle una gomitata per farla spostare, ma non sarebbe stato molto carino da parte mia, così mi accontentai di girare il viso verso Kate, che stava per dire qualcosa.

“Volevo subito condividere con voi un annuncio ma, visto il ritardo di Garrett, dovrò aspettare lui per parlarvene. Edward non osare anticipare nulla, voglio che sia una sorpresa!” cominciò tutto d'un fiato, per poi indicare mio padre, che teatralmente fece finta di sigillarsi la bocca con le dita. Alice e Jasper fecero il loro ingresso poco dopo, e lei aveva un'espressione da settimo cielo sul viso, ci guardò uno a uno finché non trovo Kate ed esclamò: “Kate ti sposi! Che bello! Non vedo l'ora!”.

“Alice!” sibilò lei, lanciandogli un'occhiataccia.

“E' insopportabile quando fa così” convenne mia madre, avendo ritrovato la sua calma.

“Ormai lo sapete tutti, quindi posso anche dirvi che siete tutti invitati, e anche Rosalie ed Emmett, ovviamente” continuò Kate, scoraggiata, lanciando un'occhiataccia ad Alice, che nonostante apparisse alquanto mortificata non riusciva a cancellare l'euforia dai suo occhi, tempo qualche secondo e sarebbe tornata alla carica.

“Certo, Kate. Faremo in modo che lo sappiano appena tornano” intervenne mia nonna.

“Lo sapranno sicuramente con una sorella del genere” concordò lei.

“Scusa, non sapevo volessi fare una sorpresa” si scusò Alice.

“Sei la  veggente peggiore che conosca” esclamai, scoppiando a ridere. Alice mi lanciò un'occhiataccia e poi, prese a bombardare Kate con domande su domande, che si moltiplicarono a dismisura quando capì che Kate non voleva un matrimonio in grande stile, voleva solo unirsi al suo amore per sempre, ma questo per Alice era un sacrilegio, per lei era semplicemente inammissibile. Quindi cominciò a dilungarsi su inutili speculazioni e a descrivere un matrimonio perfetto, mentre Kate l'ascoltava paziente.

“... ed è per questo che ti dico che organizzare un matrimonio come si deve è indispensabile...” continuava a ciarlare e in quel momento entrò il mio lupo, che aveva sentito solo l'ultima parte delle conversazione.

“No! Un altro matrimonio, no!” si lamentò, esasperato.

Kate lo guardò con disgusto e con ancora più disgusto gli rispose, dicendo: “Nessuno ti ha invitato, bastardo”. Non riuscii a descrivere la rabbia che mi assalì in quel momento, sapevo solo che se prima avevo visto rosso, ora semplicemente non ci vedevo più. Mio padre mi guardò preoccupato, ma io non lo degnai neanche di uno sguardo, continuavo a guardare la vampira che aveva osato chiamare “bastardo” il mio lupo e emisi un ringhio cupo e silenzioso, che avvertì solo mio padre.

“In tal caso dovrai fare a meno di me. Non vado da nessuna parte se Jacob non viene” sibilai a denti stretti. Jacob sorrise compiaciuto, mentre mia madre mi guardò accigliata, ma non ci feci minimamente caso. Nessuno parlava così al mio lupo. Nessuno.

“Renesmee” mi riprese mio padre, ma anche lui fu ignorato del tutto.

“Dai, sorellina, in fondo è solo una presenza sgradita. Di solito ce ne sono molte di più ai matrimoni!” esclamò Tanya, cercando di alleggerire la situazione, ma ottenne l'effetto opposto. Mi girai di scatto, lanciandole un'occhiataccia e poi, allungando il braccio verso mia madre, le dissi col mio potere: “Presenza indesiderata?! Ma con chi credono di parlare?! Io vado a fare una passeggiata con Jake. Devo calmarmi un po'“. Senza salutare nessuno, mi alzai e facendo cenno a Jake di seguirmi uscii di casa e mi richiusi la porta alle spalle sbattendola violentemente. Il vento ormai si era calmato e la foresta era tornata il posto sicuro e accogliente dei giorni prima. Io e Jake camminavamo fianco a fianco senza parlare, io guardavo a terra e facevo respiri veloci per calmarmi, mentre lui tranquillo come sempre osservava a turno me o la foresta.

“Comunque... non ci tenevo molto al matrimonio” mormorò, guardandomi.

Alzai lo sguardo verso di lui e facendo spallucce, risposi: “Lo so, ma non è questo il punto”.

“Non c'è bisogno di prendersela, non mi interessa l'opinione dei vampiri”.

“Beh, io esigo rispetto” sibilai e lui mi lanciò un'occhiata preoccupata. Non rispose, continuammo a camminare lentamente, la foresta era silenziosa e niente disturbava la nostra passeggiata e intanto, ero riuscita anche a calmarmi.

“Vuoi camminare tutto il pomeriggio?” chiese, improvvisamente.

“Cosa vuoi fare?” domandai di rimando.

“Per esempio, potremmo trovare qualcosa da mangiare” suggerì, speranzoso.

Risi di gusto, guardando dentro quei due occhi da bambino, estremamente belli. “Dove?”.

“Beh, il vecchio dice che non passo mai un po' di tempo da lui...” spiegò.

“E quindi, hai deciso di svuotargli il frigo?”.

“Nah, non tutto” convenne.

“Il resto lo mangio io” intervenne Seth, uscendo dalla foresta e dando una pacca sulla spalla a Jake. “Sono invitato, vero?”.

“Certo, Seth” risposi, subito.

“Ehy, Nessie” mi salutò, sorridendomi.

“Allora, andiamo” ordinò Jacob, avviandosi e io Seth lo seguimmo, parlando amabilmente del più e del meno. In quel momento, sentimmo il rombo di una macchina avvicinarsi a casa Cullen e ci voltammo curiosi.

“Chi è?” chiese Seth.

“Probabilmente, sono Renée  e Phil” spiegò Jacob. Sentii un'onda di curiosità avvolgermi e l'impulso di voler conoscere mia nonna, anche se non avrei mai potuto dirgli chi ero.

“Posso dare un'occhiata?” domandai, speranzosa.

“Nessie, è pericoloso”.

“Dai, non mi faccio vedere!” lo supplicai.

“Va bene” rispose, alzando gli occhi al cielo e sorridendomi. Mi lasciai i due licantropi alle spalle e corsi verso casa Cullen, nascondendomi tra i cespugli quando scorsi la macchina di Jasper. Mio zio fu il primo ad uscire e avvertì subito la nostra presenza, infatti mi lanciò un sorriso e mimò uno “Ciao” con le labbra, che io ricambia, probabilmente sentiva la mia curiosità. Dopo di lui uscì un uomo sulla cinquantina, con i capelli leggermente brizzolati e un sorriso simpatico stampato sul viso, mentre aiutava ad uscire una signora, che probabilmente era Renée. Portava i capelli a caschetto e anche lei sorrideva, guardando verso quello che avrebbe dovuto essere Phil, assomigliava vagamente a mia madre, probabilmente da umana mia madre le assomigliava di più.

“Ecco, ora possiamo andare?” bisbigliò Jake. “Ho fame”.

“Va bene” acconsentii. “Sei sempre il solito”. Senza aggiungere altro, cominciammo a correre nella foresta e in poco tempo raggiungemmo la spiaggia di La Push e poi la casa di Jake. Senza neanche bussare, il mio lupo aprì la porta, spaventando Paul, Rachel e Billy che stavano chiacchierando tranquillamente nel piccolo salotto della casa.

“Ti sembra il modo di entrare?” ringhiò Paul, irritabile come la solito.

“Volevamo fare una sorpresa!” scherzò Jacob.

“Ci sei riuscito benissimo” intervenne Rachel, mettendo una mano sulla spalla di Paul. “Ciao, Nessie”.

“Ciao” ricambiai, sorridendo.

Billy si avvicinò con la sua sedia a rotelle cigolante. “Scommetto che sei qui solo per svuotarmi il frigo”.

“Paul lo fa sempre” puntualizzò Jake. “Per una volta non può farlo anche il tuo figlio preferito?”.

“Ti lascio entrare solo perché c'è Nessie” sbuffò Billy, sorridendomi.

“Grazie, Billy”.

“Ci sono anche io!” si lamentò Seth.

“Sta zitto, moccioso!” esclamarono insieme Jacob e Paul, per poi scoppiare a ridere.

“Hey” intervenni. “Seth ha già ventidue anni”.

“Ben detto, Nessie” sorrise lui. Rachel si recò in cucina per cercare qualcosa da mangiare, mentre io e Jake preparavamo la tavola e lui di tanto in tanto chiedeva alla sorella di sbrigarsi, finché lei esasperata non lo ignorava del tutto. Alla fine, ci trovammo tutti intorno al tavolo, io in mezzo a Jake e Seth, Billy a capotavola e Rachel e Paul di fronte a noi.

“Allora” iniziò Billy “Domani grande festa a casa Cullen?”.

“Si” acconsentii. “Verrai, vero?”.

“Certo, i miei pregiudizi su quei vampiri non esistono più” assicurò.

“Hai solo voglia di uscire di qui” lo accusò Jacob, interrompendo un attimo il suo pranzo.

“Se mio figlio si degnasse di pensare a suo padre più spesso, non avrei questo bisogno”.

“Ma, Rachel vive praticamente qui!” si lamentò lui.

“Anche io, ho una vita Jacob” gli fece notare lei, mentre Paul e Seth se la ridevano.

“Beh, c'è Paul” puntualizzò lui.

“Io ho i turni di guardia” sibilò.

“Io ho un branco da portare avanti” spiegò Jacob.

“Inchiniamoci tutti al grande alfa!” esclamò Paul, sghignazzando.

“Jacob è un grande alfa” decretò Seth.

“Zitto, moccioso!” lo ammonì Paul.

“Almeno io non sono isterico” fu la risposta, improvvisa, di Seth, che scatenò una risata generale, ma che Paul non gradì affatto.

“Sta al tuo posto!” gli urlò.

“Andiamo, Paul, calmati stava solo scherzando” intervenne Rachel.

“So che ci saranno anche altri vampiri” iniziò Billy, cercando di cambiare argomento.

“Si, il clan di Denali” spiegai.

“Da dove vengono? Non ho mai sentito parlare di loro”.

“Vengono dall'Alaska” spiegai. “Non ci fanno visita spesso”.

“Per fortuna” mormorò Paul, lanciandomi un'occhiataccia. La conversazione non continuò molto, solo Billy aveva voglia di conversare, mentre i licantropi presenti non erano dell'umore giusto per avere una conversazione spensierata. Quando finimmo, salutammo tutti e poi uscimmo fuori, Seth andò via subito per il turno di guardia, mentre io e Jake passeggiavamo spensierati sulla spiaggia.

“Claire, sta attenta!” urlò, improvvisamente, Quil, distraendoci dalla nostra passeggiata.

“Non sono una bambina!” esclamò, la piccola Claire, facendo la linguaccia al licantropo che le stava correndo in contro. Però, lei non voleva che la prendesse, così cominciò a correre senza guardare avanti e andò a sbattere contro Jacob, cadendo rovinosamente a terra e scoppiando a piangere. Istintivamente, mi calai verso di lei e cominciai ad accarezzargli la testa, cercando di tranquillizzarla.

“Non piangere, su! Va tutto bene” mormoravo. Lei si asciugò gli occhi pieni di lacrime e mi guardò per la prima volta.

“Chi sei?” chiese, curiosa.

“Sono Renesmee” risposi, sorridendo. Intanto, Quil era arrivato e si calò anche lui per vedere se la piccola si era fatta male.

“Vuoi giocare con me?” domandò, speranzosa.

“Cosa ti va di fare?”. Claire decise di portarmi a fare un giro turistico per La Push e ordinò a Quil di non seguirci, ma sapevo benissimo che il suo lupo non ci avrebbe mollato un attimo, così come Jacob. Io ci ero abituata alla presenza costante e protettiva di Jake, probabilmente la piccola lo trovava al quanto irritante, anche se ci avrei scommesso che voleva a Quil un bene dell'anima. Restai con lei, finché il sole non cominciò a calare e la chiamata di mio padre, fu inevitabile.

“Nessie, dove sei?”.

“A La Push” spiegai, brevemente.

“E' ora di tornare, piccola” mi comunicò mio padre.

“Arriviamo, subito” acconsentii.

“Bene, vi aspetto al confine” disse e poi chiuse la chiamata. Non dovetti cercare per trovare Jacob, lui mi si avvicinò sorridendomi e disse: “E' scattato il coprifuoco?”.

“Devo tornare a casa” sospirai, tenendo ancora per mano Claire.

“Ma ci rivedremo ancora?” chiese lei.

“Certo, Claire” rispose Quil, uscendo dal suo nascondiglio. “Vi rivedrete anche domani”. Così salutai la piccola con un bacio che ricambiò e poi Quil, dirigendomi col mio lupo verso il confine dove mi aspettava mio padre. Lo trovammo poggiato ad un albero e appena mi vide spuntare dalle felci, si aprì in un grande sorriso, lasciando che il suo corpo di pietra riprendesse vita.

“Ti sei divertita?” chiese, abbracciandomi.

“Si” risposi, entusiasta. “Ho conosciuto Claire”.

“Mi fa piacere, hai fame?”.

“SI!” rispose Jacob al posto mio e mio padre lo guardò, sorridendo e alzando un sopracciglio.

“Non ho mai assaggiato la cucina dei vampiri” mugugnò.

“Ti stai auto”invitando?” chiese lui.

“No, mi sta invitando Nessie, vero?” domandò, guardandomi e ridendo, dissi: “Certo, Jake”.

“Va bene” sospirò mio padre. “Andiamo”. Cominciammo a sfrecciare di nuovo nella foresta, finché non arrivammo di fronte casa, mio padre mi tenne aperta la porta, ma prima che entrasse Jake gli passò davanti e lasciò la porta, che lui fermò con un calcio.

“Sembrate due bambini dispettosi” li rimproverai e loro risero di gusto. Io e Jake ci accomodammo a tavola, mentre mio padre si mise subito ai fornelli e il mio lupo lo guardava circospetto.

“Cosa c'è, lupo, hai paura che lo avveleni?” chiese mio padre.

“Mai fidarsi dei vampiri” mormorò lui.

“Potevi mangiare a casa tua” propose mio padre.

“Ma non avrei potuto darti fastidio” constatò lui.

“Ci saresti riuscito lo stesso”.

“Non lo metto in dubbio”. La conversazione finì lì e smisero per un po' di punzecchiarsi a vicenda, mentre io guardavo fuori dalla finestra e mi chiedevo quando sarebbe arrivata mia madre e Jake continuava a tenere d'occhio mio padre, sbuffando di tanto in tanto.

“Ma dov'è la velocità da vampiro?” si lamento. “Vuoi farmi morire di fame?”.

“Non preoccuparti, cane, non c'è pericolo”. In quel momento, mia madre varcò la soglia di casa e si catapultò in cucina, impaziente di rivedere me e mio padre, così impaziente che per un attimo non si accorse neanche di Jacob, forse ormai il mio lupo era diventato parte della famiglia, un elemento scontato.

“Sei tornata, finalmente” gioì mio padre, lasciando i fornelli per correre a salutarla e Jacob sbuffò di nuovo.

“Scusa, la mamma mi ha trattenuta” rispose lei a mo' di scuse.

“Quando potrò conoscerla anch'io?” chiesi, curiosa.

“Domani sera credo che sarà inevitabile che vi presenti. Ma ricordati che Carlisle ed Esme sono i tuoi genitori e dovrai chiamarci per nome, tutti quanti, anche Charlie. Tu lo conosci solo perché è mio padre, d’accordo?” spiegò mia madre, includendo anche la solita predica che mi ripeteva ogni volta da quando aveva deciso di invitarla per Natale.

“Certo, nessun problema” sentenziai.

“Come sta Renée?” chiese Jacob, entrando nella conversazione.

“Meglio di quando mi aspettassi, spero di non averla turbata troppo” rifletté mia madre, guardando mio padre in cerca di conferme.

“E’ solo sorpresa. Già quando me ne sono andato si stava riprendendo” convenne mio padre, mentre io voltavo il viso verso Jake che fissava i fornelli, affamato.

“Papà...cioè, Edward” sghignazzai. “Noi non abbiamo ancora mangiato”. Mio padre sorridendo, si avviò di nuovo ai fornelli e dopo un po' ci servì la nostra cena, che Jacob finì in un attimo, mentre mia madre mi si avvicinò poggiando un pacchetto quadrato e bianco vicino al mio gomito.

“Domani ricorda le lenti a contatto” sentenziò mia madre.

“Lo farò” risposi, studiando attentamente il pacchetto bianco e alzai lo sguardo solo quando a Jacob scappò un grugnito.

“Cosa c'è?” domandai.

“Maschereranno i tuoi occhi” rispose lui, semplicemente. Rimasi un attimo interdetta e poi abbassai lo sguardo imbarazzata.

“Capisco, perfettamente cosa intendi” intervenne mio padre, guardando mia madre.

“Stai forse insinuando che il colore dei miei occhi non ti piace?” scherzò lei.

“Non ho mai detto questo” rispose lui, scoppiando a ridere, poi le si avvicinò e le baciò, delicatamente la fronte. Poi, si rivolse a Jacob, dicendo: “E' ora di andare a dormire per i lupi”.

“Parla per te, succhiasangue” grugnì Jacob, con l'aria di un bambino capriccioso.

“Jacob, Renesmee deve andare a letto. Così va meglio?” spiegò mia madre.

“No, non ho più cinque anni” risposi, adesso sembravo io la bambina capricciosa.

“No, ne hai sei” mi corresse mio padre. “E comunque era solo un modo carino per dirgli che deve andarsene”.

“Facevi prima così” lo sfidò Jake.

“Bene allora che ci fai ancora qui?”  scherzò mio padre di rimando.

“Devo dare la buona notte”.

“Buona notte” gli augurò mio padre.

“Sogni d'oro” aggiunse mia madre e Jake si alzò, chiedendomi di accompagnarlo fuori e io lo seguii senza obbiettare. Arrivati sull'entrata socchiusi la porta dietro le mie spalle e lo guardai negli occhi.

“Allora, buona notte” sussurrò lui.

“Buona notte” mormorai, alzandomi sulle punte e dandogli un bacio sulla guancia, lui sorrise e scomparve tra le felci in un secondo. Rientrai in casa e guardando mio padre, dissi: “Non c'era bisogno di cacciarlo in quel modo”.

“Non conosci Jacob” spiegò mia madre.

“Si, invece”  la corressi io.

“Hai intenzione di perdonare Kate?” chiese mia madre, cambiando argomento.

Ci pensai su un attimo, non sapevo cosa fare, ma ormai una cosa era assodata. Non sarei andata da nessuna parte senza il mio lupo e nessuno vampiro o meno sarebbe riuscito a farmi cambiare idea.  “Devo pensarci” concessi.

“Magari mentre vai a dormire. Domani sarà una giornata molto lunga. È la vigilia di Natale” aggiunse mio padre, sorridendomi. Annuii e senza farmelo ripetere mi diressi in bagno, poi andai a lavarmi e finalmente potei stendermi nel mio letto. Nonostante tutto era stata una giornata interessante e la gita a La Push era stata davvero divertente, la piccola Claire era una bambina davvero interessante e simpatica. Per fortuna, quella sera il vento e la foresta avevano deciso di lasciarmi in pace, così addormentarmi e lasciarmi andare sotto le mie coperte non fu difficile, cadere in un mondo di sogni fu ancora più semplice. La mattina dopo non fu nessun agente atmosferico a svegliarmi, furono le urla di mia madre, che litigava con mio padre.

“Non è questo il punto, Edward!” urlò mia madre, adirata. Mi alzai subito dal letto alquanto spaventata, era la prima discussione così animata che avevano i miei genitori.

“E allora spiegamelo, perché non riesco a capire!” fu la risposta sempre più agitata di mio padre. Corsi nella loro camera da letto e mi fermai sulla soglia, nessuno dei due si era accorto della mia presenza.

“Non voglio che Tanya si faccia strane fantasie sul tuo conto!” continuò ad urlare mia madre.

“Che sta succedendo?” chiesi, con le lacrime agli occhi, quando entrambi si accorsero della mia presenza.

“Niente, amore. Vengo subito a prepararti la colazione” cercò di rassicurarmi mio padre, avvicinandosi e provando ad afferrare la mia mano, ma mi ritrassi istintivamente.

“Voglio sapere che succede!” urlai, ormai completamente sveglia. “E' per quella smorfiosa di Tanya, vero?”. Mia madre mi guardò alquanto sorpresa, probabilmente non si era accorta che anche io mi ero arrabbiata davanti al comportamento sconsiderato della vampira bionda.

“ Non è successo nulla. stavamo solo discutendo un po'. Ma ho già perdonato tuo padre e lui mi ha giurato che non si avvicinerà mai più a Tanya” assicurò mia madre, ma non vi convinse del tutto, poi lei si avvicinò e mi abbracciò.

“Certo, Nessie. Non c'è nulla di cui preoccuparsi” continuò mio padre, guardandomi negli occhi e poi baciandomi i capelli. “Me lo assicuri?” chiesi a mia madre, mediante il mio potere.

“Assolutamente” risposero entrambi in coro. A quel punto, la conversazione finì, ma io non ero del tutto convinta, sentivo ancora una strana ansia nell'aria, anche se i volti marmorei dei miei genitori non potevano darmi conferma, gli occhi vigili di mia madre erano per me un campanello d'allarme. Mio padre mi preparò la mia colazione preferita: uova all’occhio di bue, due fette di pane tostato, due fette di bacon abbrustolito, il tutto accompagnato da un bicchiere di succo d’arancia fresco. Mangiai di gusto, mio padre era sempre un ottimo cuoco, mentre mia madre si accomodò al mio fianco e prese a fissarmi, così come fece mio padre poggiandole le mani sulle spalle e guardandomi. Poi, lei alzò una mano e la poggiò su quella di mio padre, probabilmente cercava di rassicurarmi e io le sorrisi a mo' di conferma, ma non mi stava rassicurando affatto, anzi ogni secondo che passava sentivo la tensione crescere e non riuscivo a fermarla. Poi, mi alzai e dopo essere andata in bagno a lavarmi, mi diressi nella mia camera per vestirmi e lì, mi seguì mia madre. Mentre sceglievo qualcosa da mettermi, decisi di fare un po' più di chiarezza su quella storia.

“Mamma, sei sicura che vada tutto bene?”.

“Certo, amore. Non c'è nulla di cui preoccuparsi”. Non potendo guardarla negli occhi, visto che ero voltata verso l'armadio, non potei giudicare dai suoi occhi se stesse mentendo o meno, ormai ero diventata brava a leggere i vampiri.

“Lo spero” iniziai. “Anche io mi sono accorta di come guardavi Tanya ieri. C’è qualcosa che non so? Che è successo prima che io nascessi?”.

“Niente di importa” assicurò mia madre. “Anche se non è la prima volta che discutiamo di questo”.

“Spero sia l'ultima” sospirai.

“Lo sarà sicuramente” assicurò lei e avrei voluto tanto crederci. Il resto della giornata passò come se non fosse successo nulla, verso l'ora di pranzo arrivò Jacob e riuscii a distrarmi un po'. Anche se dopo pranzo, non potei fare a meno che parlarne con lui, che mi ascoltò e fu molto confortante per me avere qualcuno che mi ascoltasse, un amico con cui condividere i miei timori e un amico bravo a scacciarli come fece Jake, assicurandomi che i miei genitori si amavano molto e che non sarebbe bastata la smorfiosa di turno a farli separare. La sera arrivò anche troppo in fretta, tutti cominciammo a prepararci, io indossai  un abitino nero a palloncino con le maniche lunghe e dei dettagli in oro e argento sul bordo della gonna con un paio di scarpette ballerine con un tacco molto accennato, poi visto che non potevo mettere la collana di mia madre indossai due catenine una d’oro bianco ed una rosso, incrociate tra loro e con l’anello con il simbolo della mia famiglia. Dopodiché mi diressi in bagno per indossare le lentine, riuscii a guardarmi allo specchio solo per un attimo, visto che non riuscii più a riconoscermi evitai di incontrare  altre superfici riflettenti, era sorprendente come un solo dettaglio potesse trasformare una persona. Il mio lupo indossò degli abiti di mio padre, precisamente una camicia nera scollata e un jeans semplice che gli donava molto, infatti quella sera era più bello del solito. Quando fummo pronti ci dirigemmo in fretta verso casa Cullen, guardare mia madre negli fu un altro shock, anche se ormai l'avevo vista con gli occhi di quasi ogni colore esistente, color cioccolato come i miei, rossi, arancio, marrone fango, ambrati, ma questa strana tonalità marroncina mi mancava. Però, i miei genitori dissero che dovevano trattenersi ancora un po', così io e Jake arrivammo a casa Cullen prima di loro e trovammo la casa addobbata all'inverosimile, sembrava un enorme albero di Natale.

“Alice, cos'hai combinato?” scherzai e lei mi rispose con una linguaccia. In quel momento, entrarono i miei genitori, mano nella mano e sorridenti come non mai. Mi avvicinai a loro curiosa e chiesi: “Che cosa ha fatto, per farsi perdonare?”.

“Mi ha sorpreso, come sempre” rispose lei tutta contenta ed entrambi mi sorrisero, felici. Piano piano arrivarono tutti gli invitati dai quileute agli umani mancanti e finalmente fece il suo ingresso anche Renée, mia nonna, anche se lei non lo avrebbe mai saputo.

“L’ho detto e lo ripeto: Alice sei fantastica!” esclamò, sorpresa guardandosi intorno. Tutti cominciarono a parlare amabilmente, finché non arrivò il buffet e vidi un esercito di licantropi pronti a tuffarsi per mangiare il più possibile, ma la mia zietta previdente si fiondò subito davanti a loro.

“Ma non è giusto!” esclamò Seth, quando capì che avrebbero dovuto aspettare prima gli altri.

“Ingurgitereste tutto in un attimo, senza dare il tempo di avvicinarsi a nessuno” spiegò mia madre ed aveva perfettamente ragione. Seth rimase col broncio tutto il tempo, così come gli altri licantropi mentre io e il resto degli umani mangiavano di gusto e i vampiri cercavano di non dare nell'occhio mentre cedevano la loro porzione al primo lupo che gli capitava a tiro, il più felice della festa era mio nonno che continuava a correre di qua e di la estasiato. Io, Jacob, mia madre e mio padre eravamo in un angolo della casa a parlare, mentre gli altri si divertivano di qua e di la.

“Bella, sei perfetta stasera!” esclamò Renée avvicinandosi e io arretrai istintivamente di un passo.

“Grazie, mamma” rispose lei, poi indicandomi continuò. “Questa è Vanessa, la ragazza di cui ti ho parlato ieri”.

Feci un passo avanti e porgendogli la mano, dissi cortese: “Molto piacere di conoscerla, signora”.

“Ciao, Vanessa. Vedo che la bellezza è ereditaria nella famiglia di Edward” mi salutò lei e io arrossii leggermente, mentre Jake ridacchiava.

“Grazie, signora. La prego, mi chiami Nessie” risposi, cercando di far sparire l'imbarazzo.

“E tu puoi darmi del tu, siamo tutti una famiglia qui” aggiunse, poi finalmente si rivolse a Jacob e io colsi l'occasione per allontanarmi un attimo e prendere un bicchiere d'acqua per calmarmi del tutto e poi tornare al fianco del mio lupo. Appena mi vide tornare Renée mi rivolse di nuovo la parole, chiedendomi della mia precedente famiglie e di come mi trovavo in quella attuale.

“Edward è il miglior fratello del mondo e lui e Bella sono fantastici insieme. Sono fatti l’uno per l’altra”.

“Già, sono d'accordo con te”.

“Nessie, sono geloso. Da quando è Edward il miglior fratello del mondo?” intervenne Emmett, facendo scoppiare tutti in una sonora risata.

“Lo è sempre stato, Emm” risposi continuando a ridere. Poi, Rosalie chiese ai miei genitori di andare a ballare e loro si allontanarono leggermente preoccupati, lasciandomi da sola con Jake e Renée, che cominciò a parlarmi di mia madre, della Florida e di tutte le cose che facevano insieme, finché Jacob non ci interruppe.

“Vuoi ballare?” chiese, un po' impacciato. Rimasi un attimo interdette, poi fu Renée a spingermi verso di lui, dicendo: “Dai, su! Va a divertirti!”. Io e Jacob ballammo per tutto il tempo, continuando a prenderci in giro a vicenda, finché la festa non finì e dovemmo salutare tutti, inclusa Renée. Così arrivò finalmente il momento dei regali.

“Finalmente è finita!” sospirò Emmett. “Ora possiamo aprire i regali!”.

“Vado a prenderli!” cinguettò Alice, fiondandosi al piano di sopra e tornando con le braccia piene di pacchetti.

“Cominciamo da Renesmee, sicuramente la più gettonata” esclamò, porgendomi il primo pacco. “Questo è da parte di Carlisle ed Esme”. Aprii il pacco e ci trovai dentro un portatile di ultima generazione, non potei fare a meno di ringraziare tutti anche per i regali successivi. Poi, passammo a mia madre e il primo regalo che gli porse Alice era proprio il mio, così mi avvicinai a lei mentre lo apriva.

“Grazie, tesoro” disse con la statola ancora chiusa.

“Aprilo prima di ringraziarmi”. Lei lo aprì e rimase a fissare il ciondolo, così mi sentii in dovere di dargli una spiegazione. “Visto che indossi sempre il braccialetto con i simboli di Jake e di papà, volevo che avessi anche un ciondolo che mi rappresentasse e, bhè, la rosa del deserto mi rappresenta bene, credo. È molto rara e luccica appena alla luce del sole”. Lei mi guardò di nuovo, poi singhiozzando mi abbracciò e mi tenne stretta per un bel po', prima di sussurrare un “Grazie” e aggiungere il ciondolo al suo bracciale. Poi, iniziai a distribuire i miei regali agli altri, ricevendo abbracci, baci e anche lamentele, visto che Jasper non ere molto contento di dover accompagnare Alice alla sfilata. Dopodiché venne il turno di Jacob, che ricevette una moto nuova fiammante e che sembrava non volersene staccare più.

“Abbiamo finito, ora?” chiese mia madre.

“Non ancora” risposi. “Questo è per papà” iniziai, porgendo il pacchetto verso mio padre. “E questo è per Jake, se smette di giocare con quell’affare”. Mentre, Jake riponeva la moto, mio padre aprì il suo pacchetto e ne rimase sorpreso, fortunatamente era piaciuto anche a lui, infatti mi ringraziò e lo mise al collo. Jacob aprì il suo regalo e mi abbracciò quando ne scoprì il contenuto. “Questo Natale è stato bellissimo!” constato e nessuno di noi osò contraddirlo. Poi, ci preparammo per andare a casa, ma prima di uscire dalla porta vidi che Jake stava riponendo un pacchetto ancora incartato, così lasciai i miei genitori chiacchierare amabilmente con i miei zii e mi avvicinai a lui.

“Cos'è quello?” chiesi, facendolo sobbalzare.

“Niente” rispose, sbrigativo.

“Andiamo!” continuai. “Per chi era?”.

“Per te” mugugno.

“E perché non me lo dai?” dissi, porgendo la mano

“Perché non vale niente” sibilò.

“Lo voglio”.

Sbuffando, mi diede il pacchetto. Lo aprii e vi trovai dentro una cornice intagliata finemente, con la nostra foto. Non so perché, ma cominciai a piangere dalla gioia.

“Jake...” mormorai. “L'hai fatta tu?”.

“Si” rispose. “Ma perché piangi?”. Lo guardai e istintivamente gli buttai le braccia il collo, affondando la testa nella sua spalla e mormorando: “Hai ragione, è davvero il più del mondo!”.

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Capitolo 6
*** Confusione ***


Capitolo sei: Confusione


Ormai, eravamo alla fine di febbraio, i giorni successivi al Natale si erano trascinati lenti e noioso, anche se avevano ancora quell'aria magica che rimane dopo le feste, anche se era solo un alone sbiadito, una macchia che non cambiava l'andare di quei secondi tutti uguali. Quello era un giorno particolare, saremmo usciti un po' dagli schemi, c'era il matrimonio di Sam ed Emily e come si poteva immaginare erano tutti su di giri. Personalmente, ero ancora nel mio letto e non avevo proprio voglia di uscirne, era da tempo che non dormivo così bene, un sonno lungo, profondo, rilassato e soprattutto senza sogni ne incubi. Ma a quanto pare non tutti erano d'accordo con me, anzi mia zia era già qui...

Nessie!” cinguettò, entrando nella mia stanza. “Andiamo, giù dal letto!”. Mi rigirai nel letto sibilando, Alice non aveva neanche un po' di tatto e farsi svegliare da lei era irritante, soprattutto quando era super”eccitata e aveva qualche motivo in più per non rispettare il sonno altrui.

Su, Nessie, sei ancora li sotto?” continuò. Non le risposi, forse facendo così se ne sarebbe andata, ma sperare una cosa del genere era tipico di chi stava ancora dormendo o non conosceva mia zia e io stavo ancora dormendo, mi rigirai ancora nel letto e lei sbuffò spazientita, in un attimo mise le sue mani freddi suoi bordi della mia coperta e la tirò via, scaraventandola sulla poltrona.

Alice!” urlai. “La mia coperta!”.

Forza, giù dal letto!” esclamò, soddisfatta. In quel momento, qualcun altro fece il suo ingresso nella mia stanza, ma non mi girai neanche a guardarlo, visto che volevo dare le spalle a mia zia.

Nessie” mi chiamò mia madre, preoccupata. “Dov'è la coperta?”.

Indovina” sibilai. Mi alzai dal letto e la guardai, lei mi sorrise a mo' di scuse, poi Alice mi prese per un braccio e mi tirò giù dal letto, senza neanche aspettare che mettessi le pantofole.

Andiamo, sbrigati!” cinguettava, tutta contenta.

Alice, devo fare colazione!” le ricordai e lei mi guardò annoiata.

Mangerai al matrimonio!” constatò.

Ho fame ora!”.

Va bene” sbuffò. “Ma di a tuo padre di sbrigarsi”. Intanto, mia madre era rimasta sul ciglio della porta a godersi la scena, io tornai verso il letto e indossai le pantofole, poi andai a raccogliere la coperta, che giaceva disordinata sulla mia poltrona. Prima che potessi rimetterla sul letto, mia madre me la sfilò di mano e mormorò: “Non preoccuparti, tesoro, ci penso io”. Annuii e andai in salotto, lasciando sia lei che Alice nella mia stanza. Mio padre era già ai fornelli e quando entrai nella cucina, appoggiò la padella con le uova sul fuoco e venne a darmi un bacio sulla fronte, prima di ritornare a cucinare.

Svegliata bene?” chiese, tanto per parlare.

Secondo te?” domandai di rimando e lui scoppiò a ridere. Intanto, sentivo mia madre lamentarsi con Alice, ma non capii bene su cosa, parlavano di capelli e trucco, probabilmente Alice voleva una pettinatura adatta ad un matrimonio per lei, visto che mia madre aveva i capelli lunghi. Anche mio padre stava ascoltando, tendendo il suo corpo istintivamente verso la porta per sentire meglio, finché entrambe non ci raggiunsero in cucina.

Non hai neanche cominciato a mangiare?” chiese mia zia, incredula. Ma non aspettò che le rispondessi, subito si rivolse a mia madre, dicendo: “Anche lei dovrebbe farsi aggiustare i capelli”.

Mai!” obbiettai.

Alice, non esagerare” intervenne mio padre.

Cosa vuoi capirne tu?” chiese, ma non si aspettava una risposta.

Dobbiamo andare ad un matrimonio in spiaggia! Non c'è ne bisogno!”. Ma mio padre non intendeva dargliela vinta.

Uffa!” sbuffò mia zia.

Andiamo, Alice” cercò di consolarla mia madre. “Saremo, comunque, quelli più eleganti”.

Lo so” rispose, poi si illuminò di nuovo. “Vorrà dire che ci penserò al matrimonio di Kate”.

Sempre se verrò” constatai.

Sei ancora offesa?” chiese lei, incredula.

Non sono offesa” puntualizzai. “Ho detto che non ci sarei andata senza Jake e non intendo rimangiarmi le mie parole”.

Nessuno rispose, probabilmente sapevano che non avrei desistito molto facilmente o, nel caso di mia madre, stava pensando a come convincermi se l'invito per Jake non fosse arrivato, sarebbe stata una battaglia dura, chissà chi l'avrebbe spuntata, io però ero determinata a non dargliela vinta. Mio padre appoggiò le uova sul tavolo di fronte a me e poi raggiunse mia madre, mentre Alice era di nuovo nella mia stanza a preparare quello che avrei dovuto indossare. Mangiai lentamente, visto che non volevo che la tortura iniziasse troppo in fretta, non ero ancora pronta psicologicamente. Purtroppo non ci voleva molto a finire due uova, così lentamente mi alzai e riposi il piatto nella lavastoviglie per poi dirigermi in camera mia, dove Alice aveva già preparato il mio vestito sul letto con tutti i vari gioielli e le scarpe che avrei dovuto indossare. Sentivo nella stanza a fianco mia madre che chiacchierava con Alice, mentre indossava il suo vestito, beata lei che ormai era abituata a mia zia, per quanto le volessi bene non sapevo ancora se sarei mai riuscita a non sbuffare ogni volta che dovevamo andare a fare shopping o che dovevo indossare un suo vestito. Sarei voluta tanto rimanere ad ascoltare mia madre, ma come aveva detto mia zia, il tempo era poco e non potevamo andare in ritardo anche se Jacob non si era ancora presentato, probabilmente era ancora indeciso se venire o no, ma Alice non glie l'avrebbe perdonato. Andai a lavarmi, poi velocemente tornai nella mia camera, dove trovai mia zia ad aspettarmi e con il suo aiuto indossai il vestito, i gioielli e le scarpe, poi andammo in bagno dove si divertì a truccarmi, intanto mia madre era in salotto con mio padre, visto che avevano già finito di prepararsi. Quando avemmo finito, scendemmo al piano di sotto e raggiungemmo i miei genitori.

Dov'è il can...Jacob?” chiese mia zia, guardando la porta.

Non preoccuparti, Alice” la rassicurò mia madre. “Arriverà”.

Lo spero per lui” ringhiò lei.

Anch'io” sussurrai.

Sta arrivando” ci comunicò mio padre e tutti ci tendemmo verso la porta per ascoltare i passi felpati del lupo che si stava avvicinando. Jake entrò dopo essersi trasformato e aver indossato i suoi soliti jeans logori che Alice guardò con una smorfia.

Finalmente!” esclamò, avvicinandosi. “Muoviti, siamo in ritardo!”.

Sono felice di vederti anch'io!” mugugnò lui, mentre seguiva mia zia. Attendemmo qualche secondo in silenzio, l'unica cosa che disturbava il nostro silenzio erano i grugniti di Jacob e i rimproveri di Alice, mentre indossava lo smoking che gli avevamo comprato. “Tanto andranno tutti in jeans!”.

Non mi importa!” controbatté lei. “I Cullen devono distinguersi!”.

Io non sono un Cullen!”.

Passi la metà della tua vita nel nostro frigorifero! Questo dovrebbe farti ritenere almeno parte della famiglia!”.

Ecco, cosa succede a fidarsi dei succhiasangue!”.

Prima la smetti di lamentarti, prima finisci!”. Poi, ci fu qualche altro secondo di silenzio, in cui sentivamo solo Jacob brontolare, mentre finiva di vestirsi, quando la smise, ci tendemmo tutti verso la porta chiusa, finché un urlo non ci fece sobbalzare.

Non se ne parla! Io non esco così!”.

Alice alzò gli occhi al cielo e poi, bussò sulla porta chiusa. “Andiamo, esci di lì!”.

Non se ne parla! Io vengo col bermuda!”.

Non in questa vita, cane!” sbuffò lei. “O esci tu o entro io, chiaro?”.

Non lo farai!”.

Si, invece!” continuò lei. “Siamo in ritardo!”. Con un moto di rabbia, la porta si aprì e Jacob uscì con lo smoking e la cravatta allentata e con due occhi neri di rabbia, era ancora più bello quando era arrabbiato...ma cosa stavo dicendo? Come mi era venuto un pensiero del genere?! Girai gli occhi imbarazzata e mia madre mi lanciò un'occhiata preoccupata, mentre a mio padre scappò un sibilo.

Contenta?” stava dicendo Jake ad Alice, mentre lei gli aggiustava di nuovo la cravatta, poi ignorandolo di nuovo, si rivolse a noi, dicendo: “Bene, siamo pronti! Andiamo?”. Mio padre si alzò e senza fiatare aprì la porta, andando a prendere la macchina. Ero ancora sbalordita per quello che avevo pensato, non avevo mai visto Jacob da quel punto di vista, non lo aveva mai guardato come un ragazzo, ma sempre come un amico o un fratello, cosa era cambiato? Perché tutto ad un tratto non lo sentivo ne un fratello ne un amico, ma qualcosa di più? No, non era possibile, io e Jacob eravamo solo amici...solo amici.

S..si” balbettò mia madre e poi deglutì rumorosamente, lei non aveva sentito i miei pensieri, non sapeva cosa fosse successo a mio padre tutto ad un tratto, dovevo spiegarglielo io? No, meglio di no. Alice saltellò fuori e prese posto sulla Volvo, visto che mio padre era già arrivato, io mi sedetti al suo fianco, mentre Jacob stava per prendere posto vicino a me.

Jacob!” sibilò mio padre. “Tu siediti avanti!”. Io e Jake ci guardammo negli occhi, lui si chiedeva cosa avesse combinato questa volta, mentre il mio sguardo era un po' colpevole. Lui obbedì mentre mia madre si sedette al mio fianco, guardando mio padre preoccupata, probabilmente credeva fosse colpa sua, ma non sapeva cosa avesse fatto, così le sfiorai il braccio con la mano, dicendole, usando il mio potere: “Non preoccuparti, è colpa mia”. Lei sospirò, come aveva fatto a non prenderlo in considerazione? Poi, mi guardò interrogativa e continuai, dicendole: “Ti spiego tutto stasera! Mi dispiace, non volevo...”. Le lasciai la mano, prima di finire il pensiero e lei continuò a guardarmi, ma non ero pronta per dirglielo ora, mi serviva una giornata intera per trovare il coraggio di spiegarle tutto...sperando che una giornata bastasse. Arrivammo a casa Cullen, in un attimo, e li trovammo tutti pronti fuori dalla porta, così Alice raggiunse Jasper e noi ripartimmo alla volta di La Push. Il viaggio fu silenzioso, io mi allontanai da mia madre avvicinandomi al finestrino e prendendo a guardare fuori, mentre mi sentivo addosso gli occhi di mia madre e di mio padre e di conseguenza anche quelli di Jacob. Cercai di non pensarci, avevo solo voglia di scappare in quel momento, dovevo mettere in ordine i miei pensieri e quelle tre paia di occhi puntati addosso non aiutavano affatto, anzi servivano solo ad innervosirmi. Arrivammo a La Push e mio padre parcheggiò la macchina, vicino a quella di Carlisle e di Rosalie, durante il resto del viaggio mi ero innervosita parecchio, così uscire dalla macchina e lasciarli tutti lì fu un gesto istintivo, mia madre e Jacob si guardarono confusi, mentre mio padre mi seguì.

Aspetta!” sibilò.

Cosa c'è?” risposi, girandomi verso di lui.

Potresti almeno aspettare gli altri”.

Guarda, c'è Claire” lo informai, indicando la bambina sulla spiaggia. “Voglio salutarla”.

Ora?” domandò, trattenendo un sibilo.

Puoi continuare a tenermi d'occhio, se proprio devi!”.

Cosa sta succedendo?!” chiese mia madre esasperata, raggiungendoci.

Niente!” rispondemmo in coro io e mio padre.

A me non sembra!” continuò lei, sempre più irritata. “Si può sapere cosa è successo?”.

Io e mio padre ci guardammo furenti, probabilmente si aspettava che dicessi qualcosa, ma come avevo detto prima non avevo il coraggio di spiegarglielo ora, ma spiegarle cosa poi? Se non lo sapevo neanche io, non poteva pretendere che lo spiegassi a lei, così gli voltai le spalle, dicendo: “Io vado a salutare Claire” e li lasciai da soli lì, probabilmente ora mio padre si sarebbe sfogato con lei, sperando che bastasse per farlo calmare, rovinare il matrimonio di Sam per un litigio in famiglia non era proprio il modo migliore per fargli vedere di buon occhi i Cullen, visto che non tutti i quileute li vedevano come “vampiri”buoni”, anzi.

Ciao, Nessie!” urlò Claire, vedendomi arrivare e correndomi incontro.

Ciao, Claire!” risposi, mentre lei mi abbracciava e mi baciava entrambe le guance.

Ciao, Renesmee” mi salutò Quil, avvicinandosi e la piccola sbuffò, certo che non la lasciava sola neanche un attimo e io che pensavo che la mia famiglia fosse protettiva.

Ehy, Quil” esclamò Jacob arrivando, come non detto, dopotutto rispetto a me Claire era fortunata, lei aveva solo Quil, io avevo una scorta composta da un'intera famiglia di vampiri e tanto per non farci mancare niente anche un licantropo, poi che il mio papà”vampiro e l'amico”licantropo erano super protettivi erano solo un altro paio di maniche. Giocai un po' con Claire sulla spiaggia, sotto gli occhi protettivi dei due licantropi a qualche passo distanza, finché non mi si avvicinò Jacob.

Nessie, vuoi fare due passi?” chiese, distrattamente. “Visto che Claire deve andare a prepararsi”.

Va bene” risposi, salutando Claire e seguendolo.

Cos'aveva tuo padre?” domandò, improvvisamente, mentre passeggiavamo sulla spiaggia.

Non lo so” mugugnai, girandomi verso il mare.

Ah no?” sbuffò, sarcastico. “E perché continua a guardarmi come se volesse uccidermi?”.

Lo sai, com'è fatto...”balbettai.”E'...lunatico”.

Lunatico?”.

Si” risposi, arrossendo e lui scoppiò in una fragorosa risata. “Cos'hai da ridere?!”.

Andiamo, Nessie, dimmi la verità”.

Ehm...non ha gradito un...m..mio pensiero” balbettai.

E cosa hai pensato di tanto brutto?”.

Niente!” esclamai, mi stavo addentrando in un campo minato, dirlo a mia madre era già di per se difficile, ma parlarne con Jacob era del tutto inammissibile.

Non vuoi dirmelo?” chiese, il più ingenuamente possibile. “Era così brutto?”.

Tremendo” puntualizzai, ridendo. Continuò a fissarmi, ritornando serio e attendendo una risposta, che non potevo dargli, come avrei potuto spiegargli una cosa del genere? Cosa avrei dovuto dirgli? “Jacob mio padre è arrabbiato, solo perché ho pensato che sei bellissimo”? Non mi sembrava una cosa molto fattibile, come avrebbe dovuto reagire lui? Mi avrebbe riso in faccia o mi avrebbe preso in giro? Non so perché, ma entrambe le prospettive mi facevano male, sentivo un nodo in gola e non riuscivo a incrociare il suo sguardo, ma cosa mi era preso? Quello era Jacob, il mio Jacob, l'amico licantropo iperprotettivo a cui volevo un mondo di bene, quello che avrebbe fatto di tutto per me, e pure...e pure stava succedendo qualcosa, non vedevo più Jacob come un amico, era troppo banale, troppo semplice, semplicemente troppo...Ad interrompere i miei pensieri, fu Alice, che con tempismo perfetto corse verso di noi, tutta contenta.

Sta arrivando! Sta arrivando!” gongolò felice, prendendomi per mano e tirandomi verso l'altare improvvisato, che si trovava al centro della spiaggia. Jake ci seguì, sbuffando e prendemmo posto accanto ai miei genitori, osservai mio padre che sembrava essersi calmato un po', anche se i suoi occhi erano ancora ardenti, in compenso mia madre si era calmata e lo teneva per mano. Appena la musica iniziò a riempire l'aria, tutti i nostri sguardi vennero attirati all'inizio dell'anonimo tappeto color sabbia, su cui già sfilava la piccola Claire con le due fedi in mano e che dispensava sorrisi a tutti, mentre quando passò davanti a me alzò la manina e la agitò velocemente prima di farla tornare sotto il cuscino e guardarsi intorno per vedere se qualcuno aveva qualcosa da dire. Passò qualche altra nota prima che Emily fece il suo ingresso e come la piccola che l'aveva preceduta sorrideva a tutti e stava attenta a non inciampare nei tacchi. Aveva un vestito piuttosto semplice senza troppi dettagli, ma che scendeva bene sul suo corpo snello e risaltava la sua carnagione. Sam, invece, era vestito con un semplice smoking, ma niente a che vedere con quello che aveva Jacob, forse i Quileute avrebbero dovuto prendere in considerazione l'idea di farsi organizzare il matrimonio da Alice, che sbuffava dietro di me. “Guarda quel vestito non le sta proprio bene”, “E lui poi, ma chi lo ha vestito!?”, “Se avessi organizzato io il matrimonio sarebbe venuto molto meglio” e altre cose del genere, non sapevo con chi stava parlando, ma probabilmente si rivolgeva a mia madre. Il resto della cerimonia si svolse come al solito, pronunciarono le loro promesse e poi con i testimoni firmarono, dopodiché lanciammo il riso e lui ed Emily corsero insieme sulla spiaggia. Li lasciammo giocare ancora un po', poi piano piano ci avvicinammo a piccoli gruppi e ci disponemmo a semicerchio attendendo che la smettessero di giocare, poi Sam le prese la mano e lei ridendo lo seguì, mentre Claire le tirava la gonna e gridava: “Tira il bouquet! Tira il bouquet!”. Emily senza pensarci si girò di spalle e lanciò in aria il bouquet, il mazzo di fiori volò in aria, fermandosi per qualche secondo proprio d'avanti al sole, così che gli umani non poterono seguirlo con lo sguardo, poi in un millesimo di secondo cadde, quando mi colpì in testa fu istintivo alzare le mani per proteggermi e in compenso me lo ritrovai tra le mani, mentre tutti applaudivano e ridevano e io abbassavo lo sguardo imbarazzata.

Ora andiamo a mangiare” esclamò Sam, cercando di attirare l'attenzione. Tutti cominciarono a dirigersi verso il buffet, che non era altro che un tavolo di legno con cibi fatti in casa, ma che nonostante tutto non dovevano essere così male. Cercai mia madre tra la folla e quando la vidi era ancora incollata a mio padre, ma non ci badai molto, mi avvicinai a lei e le chiesi: “Mamma, cosa devo farne di questo?”.

Beh, penso che dovresti conservarlo” rispose lei, sorridendomi.

Ma sono fiori, seccheranno” constatai.

Puoi buttarlo” suggerì mio padre, gelido. Con un moto di rabbia gli misi il bouquet tra le mani e mentre lui lo guardava confuso, dissi sarcastica: “Perché non lo fai tu, visto che ci tieni tanto?”.

Non preoccuparti, Nessie” intervenne mia madre, sfilandoglielo dalle mani. “Ci penso io a questo”.

Grazie” mormorai, sorridendole.

Perché non vai a mangiare ora?” consigliò.

Si” riflettei. “Credo che assaggerò qualcosa”. Così dicendo mi diressi al tavolo dove, grazie ai licantropi, era quasi sparito tutto. Girai un po' intorno al tavolo, ma erano rimaste solo briciole e non sapevo proprio cosa prendere li in mezzo.

Ehy” mi chiamò Jake. “Hai mangiato?”.

No” risposi, un po' delusa. “Voi licantropi siete proprio veloci”.

Si” concesse lui. “Ma a volte anche previdenti”. Mi girai verso di lui, dando le spalle al tavolo, e me lo ritrovai davanti con un sorriso a trentadue denti, uno di quelli che mi madre avrebbe chiamato jacobino, e con un piatto rivolto verso di me. Lo presi velocemente per evitare il suo sguardo, visto che non volevo che il respiro mi mancasse di nuovo o che mio padre trovandosi nei paraggi, pensasse bene di uccidermi...

Allora” continuò lui. “Vuoi sederti o mangi in piedi?”.

Ok, sediamoci” concessi e lo seguii fino, mi portò vicino ad un tronco caduto sulla spiaggia e ci sedemmo lì, fianco a fianco.

Ti piace?” chiese, visto che aveva già finito di mangiare.

Si, molto” mormorai, guardando il mare.

In estate, potremmo fare il bagno” suggerì lui, seguendo il mio sguardo e non so perché ma quell'idea mi attirava più del lecito.

Si, mi piacerebbe tanto”.

Bella presa” constatò lui, cambiando argomento bruscamente.

Non l'ho preso!” mi giustificai. “Mi è caduto tra le mani!”.

Certo, Nessie!” sghignazzò, scoppiando a ridere e io mi dandogli un pugno sulla spalla, mi girai di nuovo verso il mare e mi persi tra le onde del mare, lasciando che i miei pensieri si infrangessero tra gli scogli proprio come quelle onde, anche se i miei pensieri non si infrangevano e non scomparivano come le onde, tornavano indietro e continuava a perseguitarmi.

Nessie!Nessie” fu la vocina di Claire a interrompere i miei pensieri.

Claire, dov'è Quil?” chiese Jacob.

Non lo so” mugugnò lei. “Vuoi giocare?”.

Claire, Nessie sta mangiando” intervenne Jake e la piccola lo guardò con due occhietti lucidi che avrebbero sciolto anche la pietra, ma Jacob era più deciso che mai e non gliela diede vinta.

Claire!” urlò Quil, arrivando di corsa e con due occhi allarmatissimi, come se non la vedesse da anni.

Non preoccuparti” risposi io. “Era qui con noi”.

Sai, che non devi allontanarti!” la sgridò lui, senza neanche prendermi in considerazione.

Voglio giocare con Nessie!” urlò lei, con l'aria di chi non avrebbe mai ammesso di essere nel torto.

Andiamo calmatevi” intervenni di nuovo. “Claire, andiamo a giocare in spiaggia”.

Non allontanatevi!” esclamarono in coro Jacob e Quil.

Non preoccupatevi” risposi sarcastica. “Non ho ancora intenzione di fuggire a nuoto nell'oceano”. Claire scoppiò a ridere, mentre mi tirava verso la spiaggia e cominciava a schizzarmi l'acqua, inzuppando il suo vestitino rosa a campana e le sue scarpette abbinate. Mi divertivo con lei, mi sentivo davvero spensierata ed era facile lasciarsi andare con il suono del mare, con il senso di infinito e di finito che nello stesso tempo riusciva a trasmetterti. Non so quanto tempo passai a giocare tra le onde, so solo che la prima volta che guardai l'orologio fu quando ci raggiunse Emily.

Hey, ragazze!” esclamò, avvicinandosi.

Ciao, Emily” le risposi, avvicinandomi, mentre Claire saltellava allegra in giro.

Vi state divertendo?”.

Certo, molto” risposi, entusiasta.

Immagino” concesse lei, guardandosi intorno. “Mi fa piacere che il bouquet l'abbia preso tu”.

Oh, ehm, grazie!” mormorai, arrossendo e mi chiesi quante volte ancora me lo avrebbero ricordato. Chiacchierai con lei ancora qualche minuto, poi si allontanò visto che doveva tenere compagnia anche agli altri ospiti, io estrassi il cellulare dalla tasca e guardai l'ora, erano le cinque, probabilmente tra qualche minuto saremmo tornati a casa e lì non osavo immaginare cosa sarebbe successo.

Allora, ti sei divertita?” mormorò Jacob, venendomi alle spalle.

Si e tu?” chiesi, distrattamente.

Avrei preferito giocare io con te sulla spiaggia ma non si può avere tutto nella vita”. Non so cosa mi prese in quel momento, forse mi era rimasta la spensieratezza di Claire o il calore della sua pelle, oppure il mare dietro di lui, ma alzai le mani sul suo petto e con tutta la forza che avevo lo scaraventai in acqua, anche con l'aiuto di uno sgambetto. Cadde all'indietro, alzando molta acqua e visto che si era tolto la giacca la camicia si bagnò diventando quasi trasparente e evidenziando i suoi addominali scolpiti, ma la cosa che attirò di più il mio sguardo fu il sorriso vendicatore che si sorrise sul suo volto.

E questo lo avresti fatto, perché...?”.

Per farti risparmiare tempo, ora sei tutto bagnato, contento?” sghignazzai.

Non era proprio questo che intendevo, ma...” interruppe la frase e prese a guardarmi maligno.

Non lo farai!” urlai, mettendomi a correre il più lontano possibile dalla spiaggia, ma lui era maledettamente veloce e mi afferrò i fianchi stando molto attento a bagnarmi tutta. Mi strinse forte e non mi lasciò andare, finché il mio vestito non iniziò a gocciale e poi, appoggiando il mento sulla mia spalla, sussurrò: “Ora va meglio!”.

E ora questo come lo spiego a mio padre?!”chiesi, allarmata.

Puoi dire che è stata Claire” suggerì lui. Gli lanciai un'occhiataccia, chi si sarebbe bevuto una storia del genere, una mezza”vampira che si faceva buttare in acqua da una bambina di nove anni?

Nessie, cosa hai combinato?” esclamò mia madre, arrivandomi alle spalle e Jacob mi lasciò subito andare.

Ehm, niente...sono caduta”balbettai, arrossendo.

Caduta?” domandò retoricamente, mia madre guardando Jacob, che distolse subito lo sguardo.

Dov'è papà?” chiesi per cambiare argomento.

E' andato a prendere la macchina” spiegò, tornando a guardarmi. “Ho pensato che se ti avesse vista, non avrebbe gradito molto”.

Bella, diventa sempre più saggia” rise Jacob. “E' una cosa da vampiri?”. Mia madre lo fulminò con lo sguardo, ma lui non perse il suo sorriso ed aggiunse: “Vado a prendere la giacca, non ti dispiace se rimango a cena vero?”. Lei non rispose, ma Jake non se ne curò molto, le diede le spalle e andò a riprendersi la giacca, che aveva lasciato sul ramo di un albero.

Non devi prendertela con lui” mormorai. “E' colpa mia”.

Hai idea di come ha reagito tuo padre?” mi chiese, fissandomi.

Non l'ho fatto apposta” spiegai, girandomi verso Jake.

Ci mancava!” sibilò con molta, troppa acidità nella voce.

Non è colpa mia, se non sono neanche libera di pensare!” urlai, infuriata. Lei non rispose, ma continuò a fissarmi arrabbiata, io le diedi le spalle e mi allontanai da lei, sibilando: “Vado da Jacob”. Credevo che mi avrebbe fermato, invece semplicemente rimase lì impalata a guardare il mare, forse avevo esagerato, ma avevo solo detto la verità, le avrei parlato la sera stessa appena Jacob fosse tornato a casa, non sapevo se mi avrebbe capito o se si sarebbe arrabbiata ancora di più, ma non importava...dovevo dirle la verità, dovevo sentirmi in pace con me stessa.

Andiamo?” chiesi a Jacob, arrivandogli alle spalle.

Si” rispose e mi affiancai a lui, mentre tornavamo sulla spiaggia.

Ora puoi dirmi a cosa stavi pensando?” domandò, distrattamente.

E' così importante?” sbuffai.

Se sei arrivata a litigare con Bella, si!” constatò lui.

Hai sentito?” chiesi, sorpresa.

Certo” rispose, ridendo. Intanto, eravamo arrivati da mia madre, che era rimasta impalata lì e fissava un gabbiano che aveva appena afferrato un pesce, almeno dava l'impressione di osservarlo.

Andiamo, Bells?” chiese Jacob, noncurante.

Si” rispose lei e si avviò verso la macchina che mio padre aveva fermato poco distante. Io e Jacob la seguimmo in silenzio ed entrambi fissavamo la volvo metallizzata, mia madre aveva già salutato per tutti quindi non potevamo neanche perdere tempo così, non volevo entrare in quella macchina, soprattutto con l'umore che si ritrovava mio padre. Mia madre si infilò subito al posto del passeggero, probabilmente aveva paura che lui dicesse di nuovo a Jacob di sedersi avanti e quando entrammo anche noi, lei gli prese la mano per rassicurarlo, ma non bastò...

Che avete combinato?!” ringhiò.

Non devo spiegazioni a te, succhiasangue!” lo liquidò in fretta Jacob.

Niente” spiegai con calma. “Sono solo caduta”.

Da sola?” chiese, sempre più irritato.

No”intervenne mia madre. “Stavamo giocando...l'ho spinta io...”.

Mio padre alzò un sopracciglio guardandola e io cominciai a pensare alla scena di me e mia madre che giocavamo sulla spiaggia, con un brillante finale: io che cadevo in mare e lei che se la rideva. Non so se mio padre ci credette o meno, ma sembrò calmarsi, mia madre stava decisamente migliorando come bugiarda, meglio così mi aveva evitato un'altra discussione, dovevo ricordarmi di ringraziarla...Il viaggio, come all'andata, non durò molto, l'aria era molto meno tesa e molto più respirabile, nessuno mi fissava e i miei genitori si tenevano ancora per mano. Quindi ebbi tutto il tempo per pensare, dovevo decidere in fretta cosa dire a mia madre, sapeva già cosa era successo, ma non sapevo se si fosse offesa per la mia risposta. Probabilmente, mi avrebbe chiesto da dove fosse uscito quel pensiero, ma a quella domanda non avrei saputo rispondere neanche io, era successo tutto così in fretta che non me ne ero neanche accorta, come quando guardando un oggetto pensi subito ad un aggettivo da dargli oppure quando ti fanno arrabbiare e gli rispondi senza pensarci. Secondo questo ragionamento pensavo che Jacob fosse bellissimo, cosa che non avevo mai negato, ma che sicuramente non avevo neanche mai pensato. Cosa era cambiato in lui? Cosa aveva ora in più? Perché tutto ad un tratto mi aveva fatto pensare che fosse bellissimo? Forse era lo smoking che gli donava particolarmente o l'aria accigliata che aveva in quel momento? E perché anche dopo non riuscivo più a guardarlo negli occhi o a considerarlo il mio amico di sempre? Una risposta balenò nella mia testa, un'intuizione piccola come una scintilla, istintivamente mi voltai verso di lui che guardava fuori, mentre continuava a fluttuarmi in testa quell'ipotesi, era possibile? Si, lo era. Non era lui ad essere cambiato e neanche il mondo intorno a me, l'unico cambiamento che era avvenuto era dentro di me, ero cambiata io e non si poteva più tornare indietro...

Finalmente!” esclamò Jacob, quando mio padre fermò la macchina e facendoci scendere, ripartì a tutta forza. Jake si incamminò subito verso casa, ormai era come entrare a casa sua, gli mancavano solo le chiavi.

Mamma?” mormorai.

Ne parliamo dopo” rispose lei, fredda come un pezzo di ghiaccio. Entrammo in casa e lei si diresse subito in cucina, dicendo: “Oggi preparo io da mangiare”. Si mise ai fornelli e cominciò a prepararci la cena mentre io e Jake, seduti al solito posto, ce ne stavamo in silenzio. Quando tornò mio padre si fermò sul ciglio della porta, senza fare troppi commenti. Preparò una cena veloce, che noi mangiammo ancora più velocemente.

Ehy, Nessie, vuoi cacciarmi stasera? Non hai mai mangiato così velocemente!”sghignazzò Jacob.

Sarebbe ora” si lamentò mio padre.

Credo che resterò qui ancora un po'“ rispose lui, adagiandosi comodo sulla sedia.

Ma non ce l'hai una casa tu?” chiese mio padre, esasperato.

Ci sono appena stato” constatò Jake.

Allora perché non ci torni?” intervenne mia madre.

Calmati, Bells! Stiamo solo scherzando. Vero, succhiasangue?”.

Si, amore” rispose mio padre, avvicinandosi a lei e cominciando a baciarle i capelli.

Bleah!” esclamò Jacob. “Forse sarà meglio che vada!”.

Era ora” commentò mio padre.

Ti accompagno” mormorai, alzandomi e aspettandolo sul ciglio della porta.

Ah, Bells!” la chiamò di nuovo, prima di uscire.

Cosa c'è ancora?”.

Lui cucina meglio di te!” urlò, scappando fuori e lo seguii, così mi persi la reazione di mia madre. Ci fermammo come al solito fuori alla porta di casa mia e lui mi guardò con quei due occhi grandi.

Allora non vuoi proprio dirmi cosa è successo?” sussurrò.

E' così importante?”.

Sono solo curioso” rispose, sorridendomi.

Mi dispiace, Jake” mormorai, abbassando lo sguardo. “Ma ora non posso proprio dirtelo”. Lui non rispose, così fui costretta ad alzare lo sguardo e lo fissai negli occhi, non erano arrabbiati erano solo pensierosi e continuò a guardarmi ancora per qualche secondo, prima di sorridere e dire: “Non preoccuparti, lo scoprirò prima o poi!”. Poi si calò su di me e quella sera fu lui a baciarmi sulla guancia e lasciarmi lì mezza stordita, prima di correre nella foresta, augurandomi la buona notte. Feci un respiro profondo, ormai era buio pesto e avevo ancora una cosa da fare, prima di permettere a quella giornata di finire per sempre. Entrai in casa e trovai mia madre ad aspettarmi sul ciglio della porta della cucina, senza dire niente andai in camera mia e lei mi seguì senza fiatare. Mi sedetti sul letto e la guardai aspettando che facesse lo stesso, ma rimase lì impalata in mezzo alla stanza, dopo essersi chiusa la porta alle spalle. Non disse niente e rimase a fissarmi, probabilmente attendeva che parlassi io e così decisi di togliermi subito quel nodo dalla gola.

Credo di doverti delle scuse” mormorai.

Credi?” rispose lei, fredda.

Scusa” sussurrai. Calò il silenzio, non sopportavo quella tensione, così la guardai, ma non mi stava fissando guardava fuori dalla finestra e si mordeva il labbro nervosa, forse cercava qualcosa da dire.

Mamma?” iniziai. “Io...io non so che mi è preso...non volevo”balbettai.

Lo so” rispose, risoluta. “Ti piace?” chiese improvvisamente, prendendomi alla sprovvista.

Cosa?!” esclamai, sorpresa. Lei sorrise e si sedette sul letto di fronte a me e guardandomi negli occhi, continuò a parlare. “Ti piace? Come ragazzo intendo”.

Mamma, non lo so” ammisi. “Sono confusa”. Ora ero io a guardare la finestra cercando qualcosa da dire, ma non sapevo proprio cosa risponderle, non avevo messo in conto una domanda del genere.

Certo, è un bel ragazzo” constatò.

Non l'ho mai visto come un ragazzo” confessai. “Solo come un amico”.

Stai crescendo” sentenziò lei. “Succede...”.

Mamma, non mi sono presa una cotta per Jacob” mormorai.

Nessie, ora sei confusa” rispose lei. “Ne riparliamo quando avrai le idee più chiare”.

E se fosse?” chiesi, guardandola.

Cosa c'è di male?”.

Papà è alquanto...geloso” sentenziai.

Non preoccuparti” sorrise lei. “Non ti metterà i bastoni fra le ruote”.

Se lo dici tu” mormorai. Lei mi si avvicinò e mi posò una mano sulla guancia sorridendo. “Ora dormi”. Mi allungai verso di lei e le diedi un bacio sulla guancia, sussurrandole: “Buona notte”. Lei si alzò e sorridendomi ancora, uscì dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle. Rimasi seduta in mezzo al letto con la luce fioca della luna che mi illuminava solo la metà del viso, mi girai verso il mio comodino dove c'era la cornice che mi aveva regalato il mio Jake. La presi tra le mani e con il dito seguii il contorno irregolare di un disegno che vi era inciso, poi guardai la foto e fissai il volto di Jacob e il mio. C'era qualcosa di diverso in quella foto, qualcosa che non rispettava più la realtà, io ero cambiata e non solo fisicamente, forse mi stavo davvero innamorando di lui, ma non poteva essere! No, dovevo esserne sicura prima di fare certe affermazioni. Rimisi la cornice al suo posto e poi, indossai il pigiami e mi infilai nel letto. Non riuscii a prendere sonno subito, avevo un chiodo fisso che non ne voleva sapere di lasciarmi in pace. Forse mi stavo davvero innamorando di Jacob, non era mai stato un semplice amico e lo sapevo bene, ma non avevo mai voluto ammetterlo a me stessa, io e lui eravamo legati da una legame speciale, quasi magico e niente avrebbe mai potuto spezzarlo. Allora era destino? Il mio destino che era già stato scritto, che non potevo cambiare, che non volevo cambiare. Se il destino esisteva e se il mio era già scritto, in un modo o nell'altro, Jacob ne sarebbe stato parte e non importava se era come fratello, come amico o come qualsiasi altra cosa lui volesse essere per me. Ci sarebbe stato e niente me lo avrebbe portato via, forse non era tanto male l'idea...forse ero da sempre innamorata di lui...faceva parte di me e io parte di lui. La mia stella polare stava pretendendo un posto più importante nel mio cielo, voleva essere il mio sole, la mia guida o forse ero io che lo volevo. No, poi non era così una cattiva idea...innamorarsi di Jacob. No, non lo era affatto...

NDA: spero che il capitolo vi piaccia ^^ purtroppo non potrò pubblicare per le prossime due settimane visto che non ci sono... ricomincerò appena torno!! Intanto leggetelo e fatemi sapere se vi piace :D grazie!! e buona lettura ^^

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Capitolo 7
*** Preoccupazioni ***


Capitolo 7: Preoccupazioni


Erano passati mesi dal matrimonio di Sam ed Emily, non erano cambiate molte cose dall'ora, i miei pensieri su Jacob non era cambiati, cercavo di guardarli da diversi punti di vista per capire bene i miei sentimenti verso di lui. Intanto, mio padre ci si era abituato e non mostrava più alcuna reazione, anche se avevo il sospetto che si tenesse tutto dentro e che prima o poi sarebbe scoppiato. Durante questi mesi ero cresciuta ancora, anche se sempre più lentamente, ormai ero quasi adulta, mancavano solo alcuni mesi prima che la mia crescita terminasse del tutto. Quel giorno ero sola in casa, i miei genitori erano stati invitati al matrimonio di una loro vecchia amica umana. Con i mesi se ne andarono anche l'inverno e la primavera, ora l'estate imperversava e il sole si vedeva molto più spesso, per quanto si potesse vedere a Forks. La foresta aveva perso quel suo alone incantato che gli conferiva la neve, ora era viva e verdeggiante. Anche se la foresta era sveglia e il sole giocava già sui vetri della mia finestra, non avevo alcuna voglia di svegliarmi, visto che i miei genitori non c'erano avevo deciso di godermi qualche ora in più di sonno, anche se mi sembrava strano che mio padre mi avesse lasciata da sola. Ma in quei momenti di dormiveglia non ci avevo fatto troppo casa, presa più che mai da un sogno che aveva tutta l'aria di essere bellissimo.

Nessie!” mi chiamò una voce che non riconobbi e che disturbò il mio sogno, ma non riuscì a svegliarmi, anche perché non capivo se era reale o faceva parte del mio sogno.

Nessie!” esclamò di nuovo la voce, disturbando notevolmente il mio sogno, così stizzita cercai di allontanarmi da lei, chiunque fosse, continuando a godermi il mio sogno.

Andiamo, Nessie!” sbuffò ancora, scuotendomi piano per un braccio. Il mio meraviglioso sogno andò in frantumi, non c'era più niente, neanche un appiglio per cercare di farlo tornare, niente. Al suo posto una rabbia ceca, com'era possibile che dovevano svegliarmi ogni mattina? A chiunque appartenesse quella voce, mi avrebbe sentita, eccome se mi avrebbe sentita. Con un movimento improvviso mi misi a sedere sul letto e mi girai verso la fonte della voce dicendo, mentre aprivo gli occhi: “Lasciami in p...”. Mi bloccai a metà frase, a fermarmi i due grandi occhi neri di Jacob che mi fissavano divertiti, lasciandomi senza fiato per un attimo...

Jacob!” esclamai.

Chi credevi che fossi?” sghignazzò.

Stavo dormendo!” mi lamentai, cambiando argomento.

Non è colpa mia!” si giustificò alzando le mani. “Me l'ha detto tua madre!”. Gli lanciai un'occhiata scettica e lui con aria superiore mi diede un biglietti scritto a mano che diceva:


Tesoro, siamo al matrimonio. Verrà Jacob a svegliarti, ci vediamo a casa di Carlisle, oggi pomeriggio.

Ti voglio bene, mamma.”


Gli ridiedi il bigliettino con un moto di rabbia e lui lo posò di nuovo sul comodino, poi con un sorriso, disse: “Dovresti essere felice!”.

Perché?” chiesi, curiosa.

Ti ho svegliato io!” constatò. A quel punto, la vecchia Renesmee gli avrebbe risposto per le rime, come fa un'amica e saremmo scoppiati insieme in una sonora risata, invece non ebbi il coraggio di dire niente, rimasi a guardare i suoi occhi neri e sorrisi.

Dobbiamo andare a casa di tuo nonno” mi informò, sorridendo.

Si” acconsentii. “Vado a prepararmi”.

Ti aspetto in salotto” rispose, alzandosi e dirigendosi in salotto. Rimasi un attimo seduta sul letto imbambolata, cercando di riprendere aria, dovevo smetterla di farmi mancare il respiro ogni volta che mi guardava, rischiavo di svenire. Dopodiché mi alzai e aprii l'armadio per vestirmi, optai per un t”shirt rossa e il solito jeans, che non poteva mai mancare. Quando ebbi finito mi diressi in salotto, dove Jacob stava guardando la TV, come fosse casa sua.

Hai fame?” chiesi, anche se era una domanda scontata.

Certo!” scattò, alzandosi dal divano e dirigendosi in cucina e sedendosi sulla sedia, che ormai era diventata sua. La solita tazza di latte con dei biscotti mi sembrava banale e non ne avevo neanche voglia, così decisi di provare a cucinare delle uova all'occhio di bue, come le faceva mio padre, dopotutto avevo visto mio padre farlo milioni di volte, potevo imitarlo senza problemi.

Che stai facendo?” chiese Jacob, preoccupato, mentre prendevo la padella.

Le uova all'occhio di bue” spiegai.

Vuoi una mano?” domandò, guardandomi.

Non ti fidi?” domandai di rimando.

Non vorrei dover pagare la casa al succhiasangue!” sghignazzò.

Allora, perché non mi aiuti?”.

Meglio di no” concesse. Allora, continuai a cucinare, conservando il sorriso che Jacob, come sempre, riusciva a far nascere sul mio volto. Contro ogni pronostico, le uova vennero bene e non le bruciai neanche, anche il mio lupo gradì, infatti non disse niente e non trovò nessun appiglio per prendermi in giro. Quando finimmo misi i piatti in lavastoviglie e poi mi diressi in bagno per lavarmi e quando ebbi finito, tornai in salotto, dove trovai Jake sul ciglio della porta della cucina ad aspettarmi, sorridendo.

Allora” esordì. “Andiamo?”.

Certo” esclamai, affiancandolo.

Andiamo a piedi o prendo la moto?”.

Ci pensai su un attimo e poi convenni per la passeggiata. “Meglio a piedi”.

Bene” concordò lui. “Meglio così”.

Perché?”.

Così stasera mi fermo a mangiare da te” ammiccò.

Tanto lo fai sempre!” puntualizzai.

Lo dici come se ti dispiacesse” constatò.

Tutt'altro!” esclamai, sorridendogli e dirigendomi fuori casa mia. Iniziammo a passeggiare, non avevo voglia di correre o di affrettarmi, la giornata era lunga, il sole splendeva e gli uccellini cantavano, il senso di pace che dava la foresta era impagabile e non avrei voluto rovinarlo con la mia corsa. Poi, camminare al fianco del mio lupo era davvero piacevole, lui era silenzioso quanto me, quindi non riuscivo a sentirlo, ma la sua presenza era inconfondibile e stare con lui da sola, mi piaceva. Per una volta, non dovevo preoccuparmi di censurare i miei pensieri per non far del male a mio padre e scatenare in lui reazioni inconsulte, potevo essere me stessa e potevo ammirarlo senza che nessuno mi sentisse, per una volta i miei pensieri sarebbero rimasti tali, segreti ed inviolati. Jacob aumentò il passo, fino ad affiancarsi a me e poi allungò la mano e presa la mia, non dissi niente, mi piaceva e non volevo rovinare quel momento, così gli strinsi la mano e continuai a camminare come se nulla fosse.

Oggi è proprio una bella giornata per i canoni di Forks, vero?” chiese.

Si, hai ragione” acconsentii.

Beh, tra poco finiranno” sbuffò.

Perché?” domandai, curiosa.

Inizia la scuola!” mi ricordò, portandomi indietro di qualche mese...


Era un giorno come tanti altri e la mia famiglia compreso Jacob era riunita nel salotto di casa mia, così decisi di fare a mio padre la domanda cruciale.

Papà” lo avevo chiamato.

Si?” aveva risposto lui, attirando anche l'attenzione di mia madre e Jake.

Sai, pensavo che visto che la mia crescita è quasi finita a settembre potrei iniziare la scuola”. Era rimasto in silenzio per qualche secondo e ne Jacob ne mia madre avevano avuto il coraggio di interromperlo, finché non parlò lui.

E quale scuola ti piacerebbe frequentare?” aveva chiesto, un po' teso.

Penso che quella di Forks vada più che bene!” avevo risposto con molta speranza nella voce, visto che stava prendendo in considerazione l'idea.

Nessie, non lo so” esordì.

Perché?” chiesi, un po' delusa.

Tu...da sola...”balbettò.

Si, che paura! Potrei inciampare e finire a faccia a terra!” esclamai con molto sarcasmo.

Non è questo” rispose, ridendo. “Sono solo preoccupato”.

Di cosa?”.

Sei hai solo la metà della sfortuna di tua madre, c'è da preoccuparsi eccome!” sghignazzò e mia madre, facendogli una smorfia, rise con lui.

Quindi?” chiesi, spazientita.

Non puoi andarci da sola” sentenzio.

Non ho bisogno della scorta!” gli ricordai.”So badare a me stessa!”.

Non lo mai messo in dubbio!” puntualizzò lui.

A me non sembra” constatai.

Qualcuno dovrà venire con te” decise.

Chi?” chiesi, scettica.

Non lo so” rispose. Restammo qualche minuto in silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri, sapevo che non me l'avrebbe mai data vinta, ma io non avrei ceduto, volevo andare a scuola, volevo avere una vita, non volevo dipendere sempre dalla mia famiglia, avevo il diritto di farmi una vita e poi vivere sempre in casa o nella foresta non era proprio il massimo.

Posso farcela benissimo da sola” sbuffai.

Non credo proprio” mi rispose lui, sorridendo.

Ma, Edward, tutti noi siamo stati a quella scuola troppo poco tempo fa. Gli insegnanti, le segretarie, potrebbero essere ancora gli stessi. Come giustificheresti la nostra presenza lì?” intervenne mia madre, lasciandolo completamente senza parole, anche se sapevo che la soluzione per lui era semplice, niente scuola. Avrei dovuto aspettare uno di loro o avremmo dovuto cambiare città...

Ci andrò io” si offrì Jake, improvvisamente, attirando su di se tutti i nostri sguardi.

Non se ne parla” rispose mio padre, secco.

Perché no, Edward?” intervenne mia madre. “Non è mai stato a scuola e poi non ha mai finito il liceo”.

Non hai mai finito il liceo?” sghignazzai, girandomi verso di lui, che si trovava al mio fianco.

Ehy! Qualcuno doveva pur occuparsi di te” esclamò, sorridendomi e io ricambiai. “Da che pulpito viene la predica!” continuò, imperterrito. “Non hai mai frequentato un anno di scuola!”.

Si, ma ne so più di te” risposi, pronta.

Questo è poco ma sicuro” intervenne mio padre, prima che Jacob gli rispondesse parlai io.

Per me va bene” feci notare a mio padre.

Per me no!” scandì le parole una a una.

Perché no?” chiese Jacob.

Io credo sia un'ottima idea” intervenne mia madre e lei e mio padre si guardarono attentamente per qualche minuto finché lui, sospirando, disse: “Va bene, ma vengo a prenderti io sia all'andata sia al ritorno”.

Perché?” chiedemmo io e Jacob in coro.

Nessie forse per il primo periodo è meglio che sia così” intervenne mia madre, con una supplica muta negli occhi.

Va bene”. Mi arresi a quella prospettiva, almeno sarei andata a scuola con Jacob e avrei potuto accontentare anche mio padre, facendomi venire a prendere. Mentre mi perdevo nel mio flashback, il mio lupo era immerso nei suoi pensieri, stringendomi ancora la mano, probabilmente a lui la prospettiva di andare a scuola non piaceva molto, mentre io non vedevo l'ora, conoscere nuove persone, fare nuove esperienze erano cose che avevo desiderato da tutta la vita.

La scuola di Forks non mi è mai piaciuta!” esclamò, improvvisamente.

Perché?” chiesi, curiosa.

Troppi visi pallidi! Come quel Mike Newton!” constatò.

Lo conosci?”.

Andai con lui al cinema con tua madre” sghignazzò.

Perché ridi?”.

Andammo a vedere un horror” iniziò a spiegare. “E lui uscì dalla sala per vomitare”.

Davvero?” risi.

Si e poi disse che era per la febbre!”.

Quanto tempo fa è successo?” domandai.

Lui si rabbuiò un attimo e cominciò a guardare oltre gli alberi, in un punto non precisamente definibile. “La sera prima della mia trasformazione...”.

Davvero?”.

Si” mormorò, continuando a guardare lontano.

Come è stata?” chiesi. “La trasformazione intendo”.

Ci penso un attimo, nei suoi occhi neri si vedevano le parole che cercava per spiegarmelo. “Confusa” balbettò. “Sentivo le voci che mi spiegavano tutto, molto diversa da quella dei vampiri”. La conversazione finì li, avevo tantissime altre domande da fargli, curiosità che avrei dovuto soddisfare, ma preferii non chiedergli più niente, non volevo turbarlo ulteriormente, così cambiai argomento.

Comunque hai scelto tu di venire a scuola con me” gli ricordai.

Solo per farti contenta” puntualizzò.

No” risposi. “Tu sei iperprotettivo almeno quanto mio padre”.

Non ti avrebbe mai lasciato andare da sola” spiegò.

Forse” acconsentii.

Dovresti almeno ringraziarmi” sghignazzò.

Non credo proprio!” esclamai. “Sai che scocciatura averti sempre trai piedi!”.

Ah, è così?” rise. “Inizia a correre!”. Senza guardarlo, lasciai la sua mano e cominciai ad allontanarmi, corsi nella foresta sentendo Jacob a qualche metro da me. Ormai, il sole era stato ricoperto dalle nuvole, dopotutto cosa mi potevo aspettare da Forks? Quindi, la foresta era in uno stato di penombra, che però non dava nessun fastidio ai miei occhi, vedevo benissimo. Cercai di allontanarmi il più possibile da Jacob, ma il lupo era maledettamente veloce anche da umano e sentivo i suoi ringhi scherzosi dietro la schiena.

Tanto non mi prendi!” urlai.

Questo è tutto da vedere!” ribatté, accelerando, pericolosamente, il passo. Continuai a correre, cercando un modo migliore per seminarlo, così che potessi averla vinta, anche se non era così facile fargli perdere le mie tracce, anzi era molto deciso a prendermi. Cominciavo a sentire le sue mani a qualche centimetro dalla mia schiena, era troppo troppo vicino, allora raccolsi tutte le mie forze nella punta dei piedi e saltai, allontanandomi di qualche metro e continuai a correre, finché non sparì alla mia vista. Quando non lo sentii più correre mi fermai, mi ero allontanata parecchio, non ero mai stata in quel tratto di foresta. Conoscendo il mio lupo era in agguato da qualche parte, pronto a saltarmi addosso appena avessi abbassato la guardia. Cominciai a passeggiare verso casa Cullen, guardandomi intorno e scattando ad ogni passo o rumore che sentivo. I miei sensi da vampiro erano concentratissimi e scrutavo la foresta cercando il mio lupo, che a quanto pareva era molto bravo a giocare a nascondino. Ad interrompere il mio gioco fu un odore, un odore pungente, che mi era familiare eppure che non sentivo da tempo. Istintivamente, cominciai a seguirlo, cercando di scavare nella mia mente dove lo avessi sentito, aveva una fragranza delicata che mi tentava, sapeva di...sapeva di...sangue! Dietro ai cespugli scorsi una figura umana, distesa immobile, coperta di fango e sangue, bianca come i vampiri, con gli occhi chiusi. Mi avvicinai, era un ragazza dai capelli biondi e il suo addome era squarciato, come se qualcuno lo avesse preso a morsi. Successe tutto in un secondo, mi trovai a combattere con me stessa, la mia parte umana che mi implorava di allontanarmi da lì, mentre la mia parte più mostruosa, quella da vampira, mi diceva di affondare i miei denti nella gola di quella ragazza. Rimasi immobile, mentre le due metà di me si scontravano, combattevano e cercavano di prendere il sopravvento l'uno sull'altro, l'angelo e il diavolo si affrontavano dentro di me, mentre io rimanevo ad aspettare, mentre quell'immagine si imprimeva per sempre nella mia mente. Quando la guerra dentro di me finì e una delle mie parti vinse...urlai. Non avevo mai gridato così forte, non avevo mai sentito la mia voce alzarsi così violentemente verso il cielo e squarciare l'equilibrio che vi si trovava lì, ma soprattutto non avevo mai sentito la foresta svuotarsi sotto le mie urla disumane. Non riuscivo più a muovermi. Non capivo niente. Non vedevo nient'altro a parte il cadavere, i suoi lividi su tutto il corpo, il suo ventre tumefatto, squarciato come se qualcuno lo avesse preso a morsi e le sue gambe afflosciate, aperte in modo del tutto innaturale, come se fossero staccate dal resto del corpo. Sapevo che non avrei dovuto rimanere lì a guardarla, sapevo che mi avrebbe torturata per troppo tempo, ma ora che la mia parte da vampira era stata messa a tacere, non avevo più la forza di muovermi. La mia debole e ipersensibile parte umana riusciva solo a piangere ed urlare, solo ad aspettare che qualcuno la salvasse, mentre quell'immagine si imprimeva nella mia testa. Per un attimo infinito, non cambiò nulla, rimasi immobile a piangere e a fissare la figura morta della ragazza, mentre cercavo di spiegarmi perché quell'immagine era così familiare, mentre la foresta continuava a tacere, spaventata a morte. A salvarmi arrivò il mio lupo, che prontamente mi tirò a se, cercando di calmarmi, quando capì il motivo della mia crisi di pianto.

Nessie, calmati, va tutto bene!” mormorava tra i miei capelli. “Va tutto bene”. Rimasi a piangere sulla sua spalla nuda, mentre lui continuava ad accarezzarmi i capelli e a cercare di calmarmi, neanche lui sapeva cosa fare, così rimanemmo lì ad aspettare che lui trovasse una soluzione. Finché ad attirare l'attenzione del mio lupo fu l'arrivo imminente di due vampiri, avevano un odore familiare, ma in quel momento non avrei riconosciuto nessuno, ero ancora troppo scossa, l'immagine di quella ragazza trai cespugli mi ronzava nella testa senza lasciarmi un attimo di pace.

Cosa è successo?” chiese Rose, arrivando.

Cos'è quest'odore di sangue?” domandò a sua volta Emmett.

C'è un cadavere” gli spiegò Jacob, con voce piatta, indicandogli i cespugli dove giaceva il corpo senza vita della ragazza. Emmett si allontanò passandoci al fianco, mentre Rose mi si avvicinò preoccupata.

Nessie, come stai?”.

Come vuoi che stia!” esclamò Jacob, adirato.

Non lo chiesto a te!” sbraitò Rose.

Io...io... sto b..bene” mormorai, senza staccarmi da Jacob.

Ora, andiamo a casa, piccola” sussurrò mia zia, accarezzandomi i capelli. Intanto, Emmett tornò, parlando con mio nonno al telefono.

Si, è impossibile che non senti l'odore” diceva.

In che condizioni è?” chiedeva mio nonno.

Assomiglia tantissimo a...”.

Rose e Jacob lo interruppero subito, gridando: “Emmett!”. Io alzai la testa dalla spalla di Jacob e lo guardai, cercando di capire a chi stava pensando, mentre Jacob e Rose continuavano a guardarlo arrabbiati, ero io quella che non doveva sapere niente, ma perché? A chi assomigliava quella ragazza?

E' meglio se noi andiamo” disse Jacob a Rose.

Vengo con voi” rispose lei.

Io aspetto Carlisle” ci informò Emmett. “Potrebbe aver bisogno di aiuto”. Rose annuì e cominciò a correre nella foresta, mentre io un po' riluttante mi allontanavo da Jacob, per iniziare a correre, ma lui non era molto d'accordo. Mi afferrò per le spalle in un attimo, non sentii più la terra sotto i piedi, mi ritrovai tra le sue braccia, con il suo viso a qualche centimetro di distanza, che mi sorrideva.

Non preoccuparti” mormorò. “Ti porto io”. Non gli risposi, appoggiai la testa sulla sua spalla e cominciai ad ascoltare il vento che ci soffiava addosso, mentre il mio lupo si faceva strada nella foresta.

A chi assomigliava?” chiesi, riprendendo un po' di lucidità.

A nessuno, Nessie” rispose subito.

Allora cosa stava dicendo Emmett?”.

Niente, stava parlando col dottore” mormorò, guardandomi. “Come stai?”.

Male” sussurrai.

Mi dispiace, è tutta colpa...” cominciò, ma lo fermai subito.

No, Jake, come facevi a saperlo”.

Se fossi stato più attento, ne avrei sentito l'odore” spiegò.

Non potevi saperlo” risposi. “Non tormentarti, per favore”. Continuò a correre nella foresta, immerso nei suoi pensieri e io nei miei, a chi poteva assomigliare quella ragazza? E perché nessuno voleva dirmelo? Feci violenza su me stessa per riesumare quell'immagine, per cercare di analizzarla in tutte le sue caratteristiche e cercare di compararla a qualcuno, che molto probabilmente, conoscevo bene. I lividi, le ossa rotte, la pelle bianca, il lago di sangue che aveva un odore diverso dal suo, che non le apparteneva, il suo ventre rigonfio in modo del tutto innaturale, malato. Eppure l'espressione sul suo viso era...felice? Serena? Contenta? Trionfante? Aveva vinto? Ma cosa? Era morta, cosa mai aveva potuto vincere quella ragazza? Quale guerra valeva la sua stessa vita? Forse il suo ventre non era malato, conteneva qualcosa? Era incinta? Se era incinta dov'era il bambino? E chi lo aveva tirato fuori a quel modo? Perché non le avevano permesso di partorirlo naturalmente? Rimasi a pensarci ancora, se era incita il bambino doveva essere da qualche parte, invece lì vicino non avevo sentito la presenza di nessun altro essere, forse ero troppo scossa e spaventata per avvertire la presenza di nessun altro, eppure avevo sentito arrivare il mio Jacob e i miei zii. E...se... no, non era possibile. Eppure...poteva essere che quel bambino si fosse fatto strada da solo nel corpo della madre? Ma quale bambino era capace di fare una cosa del genere? Forse lei era felice, perché, anche se solo per qualche secondo, gli era sopravvissuta, lo aveva visto, lo aveva tenuto tra le braccia. Ma nessuno bambino umano era capace di fare una cosa del genere, nessun bambino umano... e se quel bambino non lo era? Chi diceva che quel bambino era umano? Forse... forse era...un mezzo” vampiro!

Jacob!” esclamai, strappandolo ai suoi pensieri.

Si?” rispose lui, calmo.

A... mia madre!” singhiozzai, ricominciando a piangere. “Quella ragazza...”. Lui mi strinse a se protettivo, impedendomi di continuare a parlare e ricominciando a cercare di calmarmi.

No, piccola, va tutto bene” mormorava. “Calmati, non ci pensare”.

Non risposi, lasciai che continuasse a consolarmi, stavo bene tra le sue braccia, se non fosse per il mio umore a terra, sarei stata in paradiso. Ma non riuscivo a non pensarci, l'immagine di quella ragazza continuava a fluttuarmi in testa e non riuscivo a scacciarla, più cercavo di mandarla via, più lei tornava, più forte, più prepotente e ogni volta mi ci voleva sempre più forza d'animo per scacciarla, finché non caddi in un dormiveglia che mi salvò per un po'. Ritornai in me, solo quando casa Cullen fece la sua comparsa, tra gli alberi e Jake mormorò: “Siamo arrivati”. Infatti, solo dopo qualche secondo sentii la porta di casa Cullen aprirsi e mia nonna mi venne incontro, baciandomi la fronte e dicendo a Jacob di appoggiarmi sul divano. Rose era già lì e appena il mio lupo mi posò sul divano mi abbracciò, mentre lui si sedeva al mio fianco e io appoggiavo la testa sulla sua spalla. Mio nonno arrivò con Emmett verso l'ora di pranzo e venne subito da me.

Come stai?” chiese, premuroso.

Meglio” mormorai, con gli occhi pieni di lacrime.

Forse dovresti mangiare qualcosa” consigliò lui.

No” risposi, scuotendo la testa. “Non ho fame”.

Allora perché non provi a dormire?”.

Non gli risposi, decisa a chiedergli quello che volevo sapere. “Era incinta vero?”.

Lui mi guardò interdetto, mentre valutava l'idea di dirmi la verità o meno, poi guardandosi intorno, sospirò: “Si, Nessie”.

Di...un mezzo”vampiro?” balbettai.

Si” annuì, preoccupato.

E il bambino...?”.

Non lo so, piccola, lì non lo abbiamo trovato” spiegò.

E...il padre?” continuai a chiedergli.

Neanche” rispose. “Forse lo ha preso lui”.

Jacob” intervenne mia nonna. “Tu hai fame?”.

No, grazie” rispose lui, stanco.

Tu come stai?” chiese mio nonno.

Bene, dottore” rispose lui, stanco. Il resto del pomeriggio passò abbastanza in fretta, caduta in uno stato di semi”coscienza, l'unica cosa che vedevo era l'immagine di quella ragazza che non riuscivo proprio a scacciare, interrotta da sorrisi amichevoli, il caldo emanato da Jacob ed un migliaio di occhi ambrati che mi scrutavano preoccupati, mentre non riuscivo a fermare le lacrime che ormai non erano più sotto il mio controllo, così come il tremore che ebbi dopo. Intanto, l'immagine della ragazza mi girava nella testa, ancora e ancora, senza stancarsi ma stancando me, però notavo che ogni volta che la scacciavo e che lei ritornava era diversa, qualcosa in lei stava cambiando, ma cambiava così piano che non riuscivo a capire dove volesse arrivare. Sapevo solo che stava scavando dentro di me, come un tarlo, mi stava portando lontano nel tempo, così lontano che i ricordi erano sfocati, ma almeno erano tutti felici. Ma dove stava puntando? Cosa voleva farmi ricordare? Finché non arrivai ad un punto dove i ricordi, sotto forma di immagine, non c'erano più. Era pace, tranquillità, finché non mi manco l'aria, istintivamente mi allungai spezzando qualcosa...Il ricordo si tagliò, visto che al centro c'era solo un lungo momento di agonia, in cui non riuscivo a respirare e scalciavo, spezzavo tutto intorno a me eppure l'aria non arrivava, cominciai a farmi strada con i denti, ma non trovavo niente, niente aria, mi sentivo male, mi sentivo morire. Poi, davanti a me altri denti, denti adulti non come i miei e quando loro scomparirono, vidi la luce. Una stanza bianca e davanti a me un vampiro, bello, bello come un dio, ma mi guardava stanco. Io ero scioccata, facevo respiri veloci, ero viva, non riuscivo a crederci. Mentre guardavo questo ricordo, non riuscivo a collocarlo nel tempo, non riuscivo a capire a quanto tempo fa risalisse. Poi, il vampiro mi diede ad una donna e quando la guardai capii tutto, era il mio parto e quell'umana era mia madre...Aprii gli occhi, non volevo ricordare, non volevo più guardarla, perché quell'immagine scavava in me come una pala. Quando ero nata era stata solo felice di essere viva e di vedere la donna che avevo amato da sempre, ma dopo lo scontro con i Volturi, avevo sentito parlare i miei genitori del parto e mi ero sentita in colpa, non so perché, mia madre non mi aveva mai dato la colpa di niente, ma era come un istinto per me, mi sentivo in colpa per quello che le avevo inflitto, per averla costretta a cambiare per sopravvivermi, per la tortura che le avevo provocato.

Nessie, stai bene?” mi chiamò mia nonna. La guardai, stralunata, i tremori erano aumentati e tutti mi guardavano preoccupati.

Vuoi un po' d'acqua, tesoro?” chiese, accarezzandomi una guancia. Annuii e rimisi la testa sulla spalla di Jacob e lui mi strinse forte, mentre Rose continuava ad accarezzarmi i capelli. In quel momento, entrarono i miei genitori e mia madre appena mi vidi, esclamò: “Renesmee, cosa è successo?”.

Mi fiondai tra le sue braccia, urlando: “Mamma!”. Lei, anche non sapendo cosa era successo, mi cullava e cercava di consolarmi, mentre mio padre leggeva nella mente di tutti cosa era successo e ne restava pietrificato.

Perché non andiamo a casa, così puoi riposare?” mi chiese mia madre, guardandomi.

No, mamma. Non voglio andare a casa” risposi senza dare spiegazioni, ma non volevo tornare nella foresta, sapevo che il cadavere non c'era più, ma ora non ce la facevo proprio a tornarci.

Va bene, amore. Perché non vai a dormire un po' di sopra? Ti accompagno io” consiglio lei, annuii con la testa, forse se mi fossi addormentata per un po' non avrei più dovuto pensare a quella ragazza e a mia madre. Lei mi cinse un fianco e mi condusse nella vecchia camera di mio padre, dove c'era una grande letto matrimoniale, che aveva tutta l'aria di essere molto comodo.

Cerca di dormire un po'“ si raccomandò, prima di uscire dalla stanza. Mi stesi sul lato e mi resi conto di quanto ero stanca, così addormentarmi non fu così difficile. Caddi in un sonno profondo, per fortuna senza sogni, così potei riposare in pace. Dopo un po' però cominciai a sognare, anche se non volevo, avevo paura di quello che avrei potuto vedere. Mi ritrovai nella foresta a giocare con Jacob, come quella mattina e proprio come quella mattina, mi allontanai da lui e mi ritrovai in una foresta buia e subdola e fui costretta a prepararmi alla scena che avrei visto tra poco. Ma qualcosa cambiò, non ero più nella foresta, ma soprattutto non ero più me stessa, ero una neonata ed ero tra le braccia umane di mia madre, che mi sorrideva, dicendo: “Ti voglio bene, più della mia stessa vita”. Io le sorrisi a mia volta e poi alzandomi sulle mie deboli gambe da neonata, anche se a quell'età non avevo mai avuto una forza del genere, e poi con un balzo, sentii i miei denti affondare nella sua giugulare, mentre lei continuava a ripetermi che mi voleva bene sorridendo. Era troppo, non potevo sopportalo. Urlai. Un urlo così forte che riuscì a svegliarmi e mi ritrovai sul letto con la testa tra le mani a piangere. In un attimo, la stanza di mio padre di riempì, lui si sedette sul letto con me e prese ad accarezzarmi i capelli e io mi appoggiai a lui, continuando a piangere, mentre Jake mi accarezzava le caviglie.

Amore, non è successo nulla. Era solo un incubo” mi consolò mia madre, ma non riuscivo a smettere di piangere.

E’ stato orribile! Sapevo cosa aspettarmi ma invece è cambiato tutto, all’improvviso!” mormorai, scossa dai tremori.

Perché non torni a dormire? Sono sicura che non succederà più nulla. Se vuoi Jake può rimanere qui con te” mormorò lei, accarezzandomi una guancia. Jacob annuì e mi si avvicinò, mentre i miei genitori uscirono chiudendosi la porta alle spalle. Lui mi strinse a se forte e cominciò, di nuovo, ad accarezzarmi i capelli.

Va tutto bene, piccola” mormorava. “Ora cerca di dormire”. Mi stesi sul letto, mentre lui continuava ad accarezzarmi la guancia e così mi addormentai. Di nuovo un sonno profondo e di nuovo sperai di non sognare e quando mio padre mi prese in braccio, non mi svegliai ma caddi in un tranquillo dormiveglia che mi impediva di sognare. Rimasi così durante tutto il viaggio in macchina, ma quando mio padre mi portò nella mia stanza e mi mise sul letto, coprendomi, ricaddi nel mio sonno. Non so dopo quanto tempo, ma ricominciai a sognare. Ero di nuovo nella foresta con Jacob, ma la foresta non era buia, era identica a quella della mattina. Io e Jacob giocavamo felici e io cercavo di allungare quel momento perché sapevo come andava a finire quella storia, per prevenire mi stavo già preparando a quello che inevitabilmente avrei dovuto vedere. Il sogno andò avanti e mi ritrovai da sola nella foresta, andando verso quei cespugli contro la mia volontà e come avevo immaginato dietro ai cespugli c'era il cadavere. Mi avvicinai e capii subito che quello non era il cadavere che avevo visto la mattina, era diverso, seppur essenzialmente uguale. Mi avvicinai a quella figura e quando la riconobbi rimasi pietrificata, era mia madre. Bianca, ricoperta di lividi, il sangue che ancora le sgorgava dalla pancia malata e la colonna vertebrale rotta, sembrava morta. Mentre cercavo di svegliarmi e di uscire da quell'incubo, quella figura si mosse, a fatica alzò la testa verso di me e mi guardò con i suoi occhi umani marrone cioccolato, come i miei, e poi, con la fronte imperlata di sudore e i segni della gravidanza, mi sorrise, dicendo: “Renesmee...sei bellissima”. Le stesse parole che mi disse appena nata, ma ora ebbero un altro effetto. Urlai, ma questa volta le mie urla non bastarono a svegliarmi, continuavo ad avere davanti agli occhi il suo viso sorridente e allo stesso tempo raccapricciante.

Renesmee, svegliati!” urlò mia madre e riuscii ad aprire gli occhi e mi ritrovai di fronte la mia famiglia, che mi guardava preoccupata.

Mamma!” esclamai piangendo, mentre guardavo gli occhi pieni di tormento di mia madre.

Sono qui, amore” rispose mia madre, accarezzandomi.

Jacob, andiamo” sussurrò mio padre, uscendo dalla mia stanza.

Shh” mormorò mio padre, facendosi seguire da Jake fuori la porta. Ormai, avevo smesso di piangere, anche se continuavo a tremare e guardavo mia madre che stava decidendo cosa dire.

Amore, tu sai perché stai facendo questi incubi?” chiese, diretta.

No” risposi, anche se lo sapevo, non volevo parlargliene, non ora almeno.

Non sei così facilmente impressionabile” constatò. “e la cosa mi ha lasciata interdetta fino a quando non ho assistito al tuo sogno”. Rimasi un attimo interdette, mia madre aveva assistito al mio incubo e aveva capito tutto, dovevo aspettarmelo e ora dovevo dirle la verità.

Davvero?” esclamai. “Mamma, mi dispiace per tutto quello che devo averti fatto passare! Non potevo immaginare...”.

Lei mi posò subito due dita sulle labbra. “Shh” iniziò. “Tu e tuo padre siete la cosa migliore che mi sia mai capitata in vita mia e valete tutte le sofferenze possibili. Renesmee, io ti ho sempre amata, da quando ho saputo della tua esistenza. Ho combattuto contro tuo padre, contro Jacob, con solo Rosalie dalla mia parte per tenerti in vita. Tutti volevano che mi liberassi di te perché mi stavi uccidendo, ma io confidavo in tuo padre che mi avrebbe trasformato nel momento del parto. Non ho mai lasciato che insinuassero il minimo dubbio in me. Tu, il prodotto dell’amore che unisce me ed Edward, valevi più della mia stessa vita e questo sentimento non fa altro che crescere ogni giorno. Edward fece di tutto per dissuadermi, chiedendo addirittura a Jacob di darmi un figlio, se avessi voluto, ma una cosa non capiva: io volevo te e nessun altro. Anche lui, però, cominciò ad amarti quando riuscì a sentire i tuoi pensieri. Ricordo quel giorno come se fosse ieri: pensasti che mi volevi bene e che ti piaceva la voce di tuo padre...” parlava velocemente, assorta dal suo discorso, ma non facevo molto fatica a seguirla. “E, per quanto riguarda tutti gli altri, non hanno potuto fare a meno di amarti appena ti hanno vista, compreso Jacob. Da allora non si è separato da te per più di un giorno... Con tutto questo volevo solo dirti che non devi sentirti in colpa per me, anzi. Dovresti essere contenta di avermi dato una ragione in più per continuare a vivere”. Non risposi subito, troppo presa dai miei pensieri, che mio padre e Jake mi odiassero per quello che avevo fatto non c'era da stupirsi, ma che mia madre mi amava così tanto era davvero strano, come si fa ad amare chi ti sta uccidendo? Come puoi dare la tua vita per una creatura che neanche conosci? Aveva detto che ero il coronamento dell'amore tra lei e mio padre, forse era così, ma comunque se mio padre fosse stato come tutti gli altri lei sarebbe morta e sarebbe morta felice come quella ragazza? O mi avrebbe odiata a quel punto? Non lo sapevo e non lo avrei mai saputo, ma ora ciò che contava era cancellare l'agonia dagli occhi di mia madre, se dovevo sentirmi in colpa dovevo fare in modo che non facessi soffrire nessuno a parte me, così le sorrisi.

Grazie, mamma” risposi, semplicemente.

Di nulla. Ora, però, ti conviene tranquillizzare anche tuo padre e Jake. Sono molto preoccupati per te” convenne, sorridendomi.

Come se non avessero sentito tutto” scherzai, sperando che mio padre non avesse sentito anche il mio ragionamento.

Probabile” concesse, porgendomi la mano che afferrai per alzarmi dal letto e raggiungere Jake e mio padre in salotto.

Come va?” chiese, subito, Jacob appena mi vide arrivare.

Molto meglio, grazie” gli sorrisi.

Avete fame?” chiese mio padre, alzandosi.

Non ho mangiato oggi” lo informai.

Neanche io” intervenne Jacob, sorridendomi.

Questo è grave!” esclamò mia madre e tutti ci unimmo in una sonora risata, per scacciare il malumore di quella giornata. La serata finì benissimo, contro ogni pronostico, e io ero felice di avere una famiglia come quella, anche se mai niente avrebbe cancellato dentro di me il senso di colpa, che mi sarei portata dentro per sempre. Forse un giorno sarebbe cambiato tutto, forse avrei dimenticato il senso di colpa verso mia madre, visto che il suo amore mi disarmava e mi rendeva felice, senza che avessi avuto più bisogno di niente. Se quel giorno sarebbe arrivato, non avrei potuto che fare una cosa, ringraziare ancora mia madre per il suo amore incondizionato.

NDA:  Questo capitolo è molto particolare visto quello che succede ma è anche uno dei miei preferiti! Spero vi piaccia come piace a me e mi piacerebbe leggere i vostri pensieri!Grazie e buona lettura!!

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Capitolo 8
*** Sorprese ***


Capitolo 8: Sorprese


Era passata circa una settimana da quando avevo ritrovato il cadavere nella foresta, gli incubi, come era facile immaginare, non erano finiti, anzi sembravano non volermi lasciare in pace e quando sembrava che li dimenticassi per un attimo, i giornali parlavano di altra ragazze ritrovate nelle stesse condizioni ma ai confini della foresta. Quella mattina il cielo era nuvolo e il sole non ne voleva proprio sapere di spuntare, rimanendo dietro la coltre di nuvole che a Forks era quasi perenne. I miei genitori non c'erano, non sapevo dov'erano, avevano detto che era una sorpresa e visto che non leggevo nel pensiero come mio padre non sapevo di cosa stessero parlando. Quindi, quella mattina sarebbe venuta a svegliarmi Alice, ma previdente mi ero alzata un'ora prima e quando arrivò ero già pronta. Quando arrivò non fece molto caso al mio abbigliamento, aveva la testa altrove e i suoi occhi ambrati sembravano persi nel nulla, mentre complottava tra se e se di qualche piano, che ci avrebbe coinvolti tutti.

Buongiorno!” cinguettò. “Già pronta?”.

Mi sono svegliata presto” spiegai.

Bene!” esultò. “Dobbiamo parlare”.

Di cosa?” chiesi, un po' preoccupata. Prima che mi rispondesse, mi sedetti sul divano e lei fece lo stesso, poi, aprendosi in un enorme sorriso, cominciò a parlare.

Tra poco sarà l'anniversario dei tuoi genitori”.

Ad agosto” riflettei.

Si”concordò. “Hai già pensato cosa regalargli?”.

Bhe, non lo so” balbettai. “Non gli ho mai regalato niente”.

Intendevo qualcosa di originale!” si lamentò.

Ma...”.

Ascoltami!” ordinò. “Che ne dici di una vacanza all'Isola Esme?”.

E questo sarebbe originale?” sghignazzai. “Sbaglio o ci hanno fatto il viaggio di nozze?”.

Meglio di niente!” puntualizzò.

Bhe, io ci sto!” esultai e lei si illuminò di nuovo.

Bene!” esclamò. “Io gli faccio le valige!”.

Non avevo dubbi”.

Ti farò trovare i biglietti nella tua stanza” spiegò. “Deciderai tu come darglieli”.

Va bene” accettai e poi Alice storse la bocca, guardando verso la porta.

E' arrivato il tuo amichetto” mi informò, come se non lo avessi già sentito.

Sei sola?”.

No, Jasper è rimasto fuori” spiegò e dopo neanche un attimo, Jasper entrò con una smorfia sul volto, seguito da Jacob con il suo solito sorriso splendente.

Potresti almeno mettere una maglietta” lo rimproverò Alice.

Non puoi dirmi come vestire oggi!” ribatté lui. “Non dobbiamo andare a nessun matrimonio”.

Per ora” intervenne Jasper.

Cosa significa?”.

E' arrivata la partecipazione” lo informai.

Ma è un matrimonio tra vampiri!” si lamentò.

No, è un matrimonio come si deve!” puntualizzò Alice.

E quindi?”.

Dovremo vestirci eleganti” sorrise lei.

No!” sbuffò lui. “Io non vengo!”.

Jake, non è carino rifiutare un invito” intervenni.

Appunto” concordò Alice. “Ora andiamo”. Lei e Jasper veloci e leggiadri di diressero fuori dalla porta, mentre io e Jake li raggiungemmo con più calma. Cominciammo a correre nella foresta, i miei zii ci precedevano mentre io e il mio lupo li seguivamo a qualche metro di distanza, chiacchierando.

Allora, dormito bene?” chiese, guardandomi.

Si” mormorai, girandomi verso la foresta.

Altri incubi”.Non era una domanda.

Va un po' meglio” mentii.

Ah si?” domandò, scettico.

Va un po' meglio, Jake” spiegai. “Non preoccuparti”.

Sai che non devi sentirti in colpa, vero?”.

Si” mormorai.

Nessie?” mi chiamò, severo.

Non ci riesco, Jacob, è più forte di me!” esclamai.

Ma non ha senso”.

Non è detto che debba avercelo!”.

Nessie, non ho mai visto nessuno amarti come ti ha amato tua madre!” continuò.

Non centra niente” sussurrai. “Le ho fatto male lo stesso”.

Dove sono i tuoi genitori?” chiese, per cambiare discorso.

Non lo so” ammisi. “Hanno detto che era una sorpresa”. Per il resto della corsa non parlammo, Jacob era immerso nei suoi pensieri e i suoi occhi che guardavano oltre la foresta, mi toglievano il respiro. Arrivati a casa Cullen, ci accorgemmo subito della presenza dei miei genitori. Entrammo in casa e li trovammo seduti sul divano ad attenderci, appena ci videro mio padre si alzò e stampandomi un bacio sulla fronte, mormorò: “Abbiamo una sorpresa per te!”.

Cos'è?” risposi, guardandomi intorno.

Lo scoprirai molto presto!” sussurrò, prendendomi la mano come se avessi cinque anni e portandomi fuori casa, dietro di noi Jake e mia madre ci seguivano a poca distanza. Arrivati sul retro della casa, entrammo nel garage, dove sfilavano le macchine dei miei nonni e dei miei zii lucenti e nuove come sempre.

Cosa dobbiamo fare qui?” domandai, guardandomi intorno. Ad interrompere la fila di macchine perfette, ce n'era una coperta da un telo nero e fu proprio di fronte a quell'auto che mio padre si fermò.

Avanti” mi incitò. “Togli il telo”.

E' mia?” chiesi, sorpresa, avvicinandomi al telo che la ricopriva.

Ti aiuto!” esultò, entusiasta, Jake e insieme scoprimmo la macchina nera che vi si trovava sotto, era completamente nera metallizzata dalle forme eleganti e sportive, il genere di auto che poteva appartenere solo ai Cullen, ma quella era tutta mia.

E' una...” mormorai.

Spyder 5.2 FSI quattro” rispose mio padre, come se noi potessimo capire ciò che stava dicendo.

Tradotto per i comuni mortali?” sorrise mia madre.

Un'audi R8!” esulto Jacob. “Quando possiamo provarla?”.

Quando Nessie avrà imparato a guidare” spiegò mio padre, come se fosse ovvio.

Allora mai!” si lamentò Jake. “Ma questa macchina non è ancora in commercio, come hai fatto?”.

Niente è impossibile per i Cullen” scherzò mia madre. “E' a prova di proiettili o di missili?”.

Di missili” rispose mio padre, come se fosse ovvio e mia madre rise.

Chi me lo insegnerà?” chiesi, lanciando un'occhiataccia a Jacob.

Io” intervenne Jasper, entrando dalla porta e io gli sorrisi. “Ma con la Volvo” spiegò. “Non vorrai rovinarla, giusto?”.

Giusto” risposi. “Quando iniziamo?”.

Subito” sorrise, tenendomi aperta la porta, io abbracciai i miei genitori, sussurrandogli un “grazie” ed uscii fuori accompagnata da Jacob e trovammo la Volvo ad aspettarci fuori. Jasper salì al posto del passeggero e mi fece segno di accomodarmi al posto di guida, non dovette aspettare molto... Mi accomodai ed allacciai la cintura di sicurezza, non si poteva mai sapere, mentre Jasper attendeva paziente. Prima che iniziassimo la porta posteriore si aprì ed entrò Jake, con il suo solito sorriso stampato in faccia.

Che ci fai qui?” chiese Jasper.

Voglio assistere!” esultò.

Solo se non dai fastidio” lo avvertì.

Non ti assicuro niente” minacciò Jake e Jasper sbuffò.

Iniziamo” continuò, rivolgendosi a me. “Allora, queste sono le marce...”

Non dovresti iniziare prima dai pedali?” intervenne Jake.

Se permetti, cane, sono io il maestro” puntualizzò Jasper.

Non sei molto bravo” sbuffò. Jasper lo ignorò e continuò a spiegarmi a cosa serviva ogni singolo tasto presente in quell'abitacolo, mentre io cercavo di seguire e memorizzare il più possibile, anche se la maggior parte delle cose le dimenticavo appena finiva di pronunciarle e lo costringevo a ripeterle.

La stai solo confondendo!” sbuffò Jake.

No” intervenni, per troncare la discussione imminente. “Credo di aver capito”.

Bene” esultò Jake. “Allora, metti in moto!”.

Non ancora” intervenne Jasper. “Devo finire di spiegare...”

Voi vampiri parlate sempre così tanto?” chiese Jake.

Tu, invece, quando imparerai a stare zitto?”.

Quando metterà in moto la macchina”.

Vuoi provare?” mi domandò Jasper, protettivo.

Proviamo” annuii e misi in moto la Volvo, che partì con delle fusa soffuse. Ripetendo nella mia mente quello che Jasper mi aveva detto prima, anche se le idee erano molto confuse, così quando mio zio si accorse della mia insicurezza cominciò a guidarmi passo passo e la macchina finalmente si mosse da terra.

Bene, Nessie ora ingrana la seconda e gira a destra”.

No” intervenne Jacob. “Deve ingranare la terza e poi dove vuoi andare a destra!?”. Continuarono a discutere, mentre io cercavo di richiamarli all'ordine inutilmente, ormai era impossibile farli ritornare all'ordine, così desistetti e mi concentrai sulla macchina, visto che non potevo contare sull'aiuto di Jasper, dovevo fare tutto da sola, ma con loro che mi urlavano cosa fare, successe l'inevitabile...Persi il controllo, l'auto sbandò pericolosamente e Jasper non riuscì a riprenderne il controllo, facendoci finire dritti contro un albero. La povera Volvo cominciò a fumare e l'albero si inclinò pericolosamente verso di noi, ma per fortuna mio padre era già arrivato e lo fermò prima che potesse caderci addosso, mentre noi uscivamo dalla macchina.

Renesmee!” esclamò mia madre, venendomi incontro, appena uscii dall'abitacolo.

Sto bene” la informai. “Ma con quei due è impossibile guidare”.

Hai ragione” convenne mia madre, guardando mio padre che cercava di farli smettere di urlare e discutere, ma visto che Jake ci provava gusto e che mio zio non accettava provocazione, era un'impresa titanica cercare di dividerli, ma lui non si arrendeva. Io e mia madre rimanemmo lì in attesa, lei sembrava un po' preoccupata, mentre guardava mio padre litigare con quei due, quando finalmente tornò la calma si avvicinarono tutti e mia madre tirò un sospiro di sollievo.

Rosalie, sta arrivando” mi informò mio padre. “Così potrai ricominciare”.

Non posso concentrarmi se loro due urlano” convenni.

Il cane non viene” mi informò Jasper.

Questo lo dici tu!” controbatté il mio lupo, deciso a non demordere.

Se proprio ci tieni” lo sfidò Jasper. “Il bagagliaio è libero, cane!”.

Basta!” intervenni. “Sembrate due bambini!”.

Il cane resta fuori” sibilò Jasper.

Resta fuori tu, succhiasangue!” esclamò Jake. “Con la tua teoria non le insegni niente”.

Nessie, chi vuoi che te lo insegni?” chiese mio padre, mettendomi in difficoltà.

Ehm” non seppi cosa dire, ci sarebbe rimasti male entrambi se avessi scelto uno dei due, cosa avrei dovuto fare? Certo, avrei voluto Jake al mio fianco, per motivi che mi sembravano alquanto ovvi, ma volevo molto bene a mio zio e non volevo ferire il suo orgoglio, preferendolo al mio lupo. Una soluzione sensata sarebbe stata non scegliere nessuno dei due, così non avrebbero potuto offendersi...ma chi?

Mamma?” la chiamai e lei mi guardò sorpresa, probabilmente pensava che volessi un consiglio.

Si, tesoro?” chiese.

Vuoi insegnarmelo tu?” le domandai, prendendo tutti alla sprovvista, tranne mio padre, ovviamente. Lei scrutò Jasper e Jake, nessuno dei due sembrava turbato da quella scelta, il mio lupo stava già sghignazzando immaginandosi cosa avremmo potuto combinare insieme io e mia madre.

Va bene” esclamò lei, felice.

Bells” la chiamò Jake.

Si?”.

Se prometto di stare zitto, posso assistere?” sghignazzò.

D'accordo” rispose alzando gli occhi al cielo. Aspettammo pazienti che Rose finisse di sistemare la Volvo, mentre la coltre di nubi si faceva sempre più spessa, mi sorpresi che non iniziò a piovere. Quando Rose ebbe finito risalimmo in macchina, mia madre al posto del passeggero e Jake al solito posto. Questa volta mettere in moto e partire fu più semplice e con i consigli di mia madre, non fu affatto difficile muoversi per la foresta e più andavo bene, più la delusione di Jake saliva. Quando presi un po' di confidenza con l'auto, accelerai, ormai non avevo più bisogno dei consigli di mia madre, era diventato tutto così semplice, così naturale, sembrava fossi nata per guidare.

Santo cielo! Renesmee rallenta!” urlò mia madre.

Perché?” chiesi, scettica, non stavamo andando così veloci.

Stai andando a 180!” esclamò.

Che razza di vampiro sei, Bells?” chiese Jacob, ridendo.

Rallenta!” continuò e io dovetti arrendermi, vidi la lancetta scendere fino ai cento e li mi fermai.

Va bene, così?” sbuffai.

Potresti rallentare un altro po'“ convenne lei.

Ma stiamo andando così piano!” esclamai.

Così è piano?” chiese, scettica e poi, improvvisamente, scoppiò a ridere. Io e Jake ci guardammo e poi le lanciammo due occhiate scettiche, era impazzita o cosa?

Bella ti senti bene?” domandò Jake.

Si, scusate” rispose, guardando fuori. Io continuai a guidare, chiedendole di tanto in tanto cosa volesse dire un cartello e cercando di memorizzarlo, mentre Jake guardava la strada. Ad interrompere i nostri pensieri fu lo squillo del cellulare di mia madre.

Alice?” rispose.

Bella, dove siete?”.

Vicino Forks” spiegò mia madre.

Fate retromarcia subito!” esclamò. “Abbiamo organizzato una partita di baseball con i licantropi!”.

Cosa?” urlammo in coro io, mia madre e Jake.

SI!” cinguettò tutta contenta. “Andiamo tornate a casa!”. La chiamata finì e noi tre ci guardammo scettici, i vampiri e i licantropi in una partita di baseball? Erano completamente impazziti? Comunque nessuno di noi aveva intenzione di mettergli i bastoni tra le ruote, sarebbe stato un buon modo per cominciare ad attenuare i dissapori tra le due specie e se tutto fosse andato bene, ci saremmo anche divertiti molto.

Io non so giocare a baseball” mormorai, mentre fissavo la lancetta dei chilometri che saliva.

E qual è il problema?” esultò Jake, tutto contento. “Tanto i vampiri non hanno chance”.

Vedremo!” rispose mia madre, combattiva. “Comunque qualcuno te lo insegnerà non preoccuparti”. Continuai a guidare verso casa tranquillamente, interrotta solo da mia madre che mi ripeteva di rallentare e di Jake che diceva che dovevamo arrivare il più in fretta possibile. Arrivati a casa Cullen, feci un po' di fatica per parcheggiare la macchina, ma alla fine ci riuscii senza fare danni. Ad aspettarci c'erano già tutti i licantropi con Claire ed Emily ad accompagnarli e anche tutti i vampiri erano già pronti per la partita, quando li raggiungemmo Alice porse a me e mia madre le tute che avremmo dovuto indossare e quando fummo pronte li raggiungemmo nella radura che avevano scelto come campo da gioco. Mentre gli altri posizionavano le basi Jasper ed Emmett mi spiegavano le regole del gioco, era alquanto semplice dovevo battere, correre o prendere la palla. I vampiri avrebbero battuto per primi e con la mia solita fortuna sarei stata la prima a battere, così mi feci dare un paio di dritte da mio padre su come centrare la palla senza uccidere nessuno. Naturalmente a lanciare la palla era Jacob, che aveva tutta l'aria di volermi prendere un po' in giro e io avevo paura di cadere e farmi male da sola cercando di afferrare una delle sue palle. Dopo avermi studiato con lo sguardo lanciò la palla, seguirla con lo sguardo fu facile e mossi la mazza da baseball cercando di prenderla, ma deviò improvvisamente andando a finire nel guantone di Colin.

Strike!” urlò Emily, che faceva da arbitro, mentre Jake cominciava a ridere.

Vai, Nessie!” urlò Claire, da bordo campo. “Puoi prenderla!”. La ringraziai con un sorriso e concentrai tutti i miei sensi su Jacob, questa non sarebbe passata potevo giurarlo. I miei sensi da vampira erano completamente concentrati su ogni elemento che mi circondava e quando il mio lupo lanciò la palla, seguirla e colpirla fu semplice, ma non rimasi a guardare dove o quanto lontano l'avessi lanciata, corsi vero la prima base e poi verso la seconda, dove dovetti fermarmi per non essere eliminata. La partita durò ancora per molto tempo, le due squadre si contendevano la vittoria e spesso erano pari o al massimo a dividerli uno o due punti, troppo facili da recuperare. Così quella guerra tra creature mistiche durò fino a notte fonda, lasciando poi i licantropi stanchissimi ma ancora determinata a combattere e a vincere, anche io ero molto stanca, ma l'adrenalina che si respirava nell'aria mi dava tantissima forza. Claire si addormentò appoggiata ad un albero e Quil fu costretto a farsi sostituire per riportarla a casa. I vampiri, invece, non avevano di questi problemi, avrebbero potuto continuare a giocare per tutta la notte, visto che il temporale che si era impadronito di Forks non voleva proprio saperne di andarsene e io speravo che non si spostasse verso casa nostra, dormire con gli alberi che battevano sulla finestra o con il vento che ululava era impossibile. Mio padre, sempre molto apprensivo, era l'unico che di tanto in tanto mi chiedeva se fossi stanca o se avessi bisogno di fermarmi un attimo, ma otteneva sempre risposte negative visto che non avevo alcuna voglia di riposarmi ne di abbandonare la partita. Mia madre e Jake erano davvero eccitati e lui sembrava l'unico dei licantropi a non sentire la stanchezza, mentre mia madre si stava divertendo un mondo e sembrava voler continuare così tutta la notte. Verso mezzanotte il temporale finì lasciando spazio ad una pioggerella leggera che non giustificava i tuoni e la partita venne interrotta. I licantropi si congedarono senza troppe cerimonie, solo Jake e Seth rimasero un po' più a lungo, per poi andarsene quando anche i Cullen stavano per tornare a casa e naturalmente, Jake mi salutò con un bacio sulla guancia che mi lasciò attonita per un bel po'. Tornammo a casa in un silenzio complice, ci eravamo battuti bene e nessuno si era mai arreso. Quando arrivammo a casa mi precipitai in camera mia e come avevo pensato i biglietti erano sul letto e le valige nella camera dei miei genitori, pronte per l'uso. Così presi i biglietti tra le mani e li raggiunsi in salotto, trovandoli sul divano a chiacchierare e a baciarsi.

Mamma? Papà?” li chiamai. “Devo dirvi una cosa”.

Vieni qui” rispose mia madre, facendomi posto sul divano. Li guardai per un attimo, poi distolsi per un attimo lo sguardo, non mi ero preparata un discorso e non sapevo da dove iniziare, così decisi di dire la verità e niente di più.

Tra poco arriverà il vostro anniversario” cominciai.

Si” rispose mia madre, girandosi verso mio padre e baciandolo.

Io ed Alice abbiamo deciso di farvi un regalo” continuai, mentre gli occhi di mia madre si accendevano di curiosità.

Non dovevate” disse mio padre.

Potevi aspettare che te lo dicessi io!” mi lamentai.

Scusa, ero troppo curioso” sghignazzò lui.

Così non vale” sbuffai.

Vorreste dirlo anche me?” chiese mia madre, irritata.

Scusa” rispondemmo in coro io e mio padre, mentre le porgevo i biglietti. Lei li studiò per un attimo e poi esclamò: “Andiamo all'Isola Esme!?” e io e mio padre ridemmo. Lei mi buttò le braccia al collo e mi strinse forte a se, fino a farmi mancare il respiro e se avesse potuto si sarebbe messa a piangere, mentre io e mio padre la stringevamo forte tra le nostre braccia...

NDA: Spero che questo capitolo vi piaccia :D e mi piacerebbe sapere cosa ne pensate!! Buona lettura.

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Capitolo 9
*** Gelosia ***


Capitolo 9: Gelosia


Guardare fuori dal finestrino mentre la macchina correva veloce era un gesto ormai naturale per me. Più che altro mi serviva a pensare, visto che il paesaggio non offriva niente degno di nota, ma anche se ci fosse stato qualcosa di bello sarebbe stato rovinato dalla pioggia insistente che ci perseguitava da quando eravamo partiti. Eravamo diretti a Denali per il matrimonio di Kate, tutti sembravano molto eccitati da quell'avvenimento, tutti a parte Jake, che di tanto in tanto sbuffavo immaginandosi come sarebbe stato partecipare ad un matrimonio di soli vampiri. Alice, come al solito, era stata semplicemente incontenibile, l'unica fortuna era che aveva scelto Esme e Rosalie come accompagnatrici per i negozi, sottraendomi da un altro supplizio tra i camerini. Arrivare a Denali significava un giorno e mezzo di viaggio e mi stavo chiedendo perché non avessimo preso un aereo o qualcosa del genere, forse non c'erano voli per l'Alaska ma non ne ero così sicura. Quando arrivammo l'accoglienza fu piuttosto calorosa, infatti mio padre ricevette un'accoglienza anche troppo calorosa...Tanya. Non era difficile da immaginare, ma quella vampira mi dava letteralmente sui nervi, con il suo vestitino rosa confetto sembrava una bambola di porcellana, di quelle che sogni la notte nei tuoi peggiori incubi. Ma lei non sembrava proprio farci caso, ignorò completamente il resto dei Cullen prendendo in possesso mio padre, mentre io continuavo a fissare mia madre che non si decideva a fare niente, non le era bastata l'ultima litigata? Perché non interveniva? Dopodiché cominciammo ad avvicinarci alle sedie, per fortuna visto che Tanya era una delle testimoni non poté sedersi con noi e lasciò almeno per tutta la cerimonia mio padre in pace. Cosa che non fece con il mio lupo...di tanto in tanto lo fulminava con delle occhiate e lui cercava di sopportarla, cosa che non riuscivo a fare io, stava esagerando, stava decisamente esagerando...Finalmente Kate fece il suo ingresso, aveva un abito bianco molto semplice ma bellissimo e i capelli acconciati con una pettinatura davvero stupenda e a completare il quadro il sorriso che rivolgeva al suo vampiro vicino all'altare. Anche Garrett era vestito molto bene e attendeva impaziente che la sua sposa lo raggiungesse. La cerimonia fu molto tradizionale e quando finì tutti ci alzammo per applaudire, mentre i due sposi correvano sotto la pioggia di riso. Dopo ci dividemmo in piccoli gruppi e cominciammo a parlare amabilmente, mentre Tanya tornava all'attacco con mio padre e il suono delle sue risatine false mi rendeva sempre più nervosa, soprattutto vedendo che mio padre rideva con lei. Isolarsi dal resto del gruppo fu inevitabile e quando ne ebbi abbastanza mi diressi fuori dalla porta, un altro secondo in quella casa e sarei saltata addosso alla vampira bionda, sempre se non l'avesse fatto prima mia madre...vana speranza. Jacob mi seguì, probabilmente stanco dell'atmosfera ingiustificatamente ostile che gli si era creata intorno, così ci ritrovammo entrambi sotto un grande pino secolare coperto di neve.

Non li sopporto più” esordì lui.

Mi dispiace, Jake” risposi, sincera. “Non pensavo fossero così ostili”.

Vorrei tanto sapere perché mi hai trascinato qui” sbuffò.

Per principio!” esclamai, arrossendo.

Principio!?” sibilò lui.

Scusa” mormorai, abbassando lo sguardo.

Lui mi studiò per due minuti e poi riprese parlare. “E tu che ci fai qui fuori?”.

Cosa?” sussurrai, sorpresa.

Perché sei uscita qui fuori?” ripeté.

Volevo prendere un po' d'aria” spiegai.

Sei gelosa” sghignazzò lui.

No, non è vero!” esclamai.

Ah, no?” domandò.

Solo un po'“ ammisi.

Beh, la bionda sta esagerando” constatò.

Esagerando è dire poco” mormorai.

Tuo padre sa badare a se stesso” sentenziò lui.

Lui si” sbottai. “Il problema è mia madre...”.

Perché?”.

Non reagisce!” sbuffai. “Se ne sta lì e non fa niente!”.

Bella non è aggressiva” rispose lui.

Non è questo il discorso!”.

E qual è, allora?” chiese, confuso.

E' suo marito, dovrebbe farsi valere!” conclusi.

Forse è meglio se facciamo due passi” consiglio. “Devi calmarti un po'“.

Hai ragione” mormorai, seguendolo. Cominciammo a camminare nella foresta, era molto simile a quella di Forks durante l'inverno, di certo lì la neve non mancava e mi chiedevo se fosse così tutto l'anno, doveva essere un po' noioso. Mentre camminavo continuavo a guardare Jake, la sua carnagione risaltata dallo smoking e dalla neve era semplicemente stupenda, sentivo dentro di me il bisogno di toccarla per capire se fosse vera o solo frutto della mia immaginazione, mentre giravo lo sguardo per l'imbarazzo. Quei pensieri mi mettevano sempre a disagio, pensavo a quei momenti in cui la nostra era solo un'amicizia spensierata e niente di più, solo complicità...ora per me era cambiato tutto e mi chiedevo se fosse cambiato anche per lui o se mi vedesse ancora come la bambina che ero stata solo qualche mese prima. Ci sedemmo sotto un pino secolare ricoperto di neve, sotto i suoi rami il sole quasi non arrivava ma il nostro calore bastava per far sciogliere il primo strato di neve. Io e Jake rimanemmo il silenzio guardando ognuno di fronte a se immerso nei nostri pensieri, aspettando che l'altro dicesse qualcosa.

Comunque hai ragione” esordì. “Tua madre dovrebbe reagire”.

Non lo farà mai” sbuffai.

La speranza è l'ultima a morire” sghignazzò lui.

Cos'hai da ridere? E' una cosa seria!” esclamai.

Te la prendi troppo!” constatò. “Tuo padre non smetterà mai di amare tua madre”.

Ma litigheranno di nuovo” mormorai, abbassando lo sguardo.

Sei preoccupata?” chiese, ansioso.

Non mi va che litighino per quella stupida” spiegai. “Non è giusto”.

Non preoccuparti, andrà tutto bene” sussurrò, poggiandomi una mano sul viso e attirandomi a se. Sotto il suo braccio e appoggiata alla sua spalla era tutto più facile, era molto più facile essere ottimisti e non pensare più a niente, mentre il suo profumo mi invadeva e mi faceva vedere il mondo più roseo.

Comunque non ci pensare” continuò. “Se la caveranno, come sempre”.

Lo spero” mormorai, appoggiando di nuovo la testa sulla sua spalla. Rimanemmo in quella posizione un attimo eterno, poi lui mi prese il mento tra le dite e lo alzò per guardarmi negli occhi. Non vidi più niente. Gli occhi di Jacob invasero il mio campo visivo, il nero delle sue pupille mi attirava a se come un buco nero, mentre anche il resto del suo viso si avvicinava, millimetro dopo millimetro...il tempo si fermò come il mio respiro mentre aspettavo che le nostre labbra si toccassero, mentre continuavo a desiderarle, mentre dentro di me si faceva strada una convinzione, prepotente e tagliente come un coltello, fino ad arrivare al mio cuore... amavo Jacob. Lo avevo sempre amato. Non ero niente senza di lui, non avevo mai vissuto senza di lui e mai avrei voluto farlo, silenzioso e invisibile come un puma si era fatto strada dentro di me, mettendo radici e facendomi dipendere da lui. Le sue labbra continuavano ad avvicinarsi, eppure erano sempre troppo lontane, avrei voluto chiudere quella distanza, avrei voluto toccarlo, sentivo il bisogno di sentirlo sotto le mie mani, di baciare le sue labbra. Non ero niente senza di lui. Ero come un albero senza foglie o un sole senza i suoi raggi. Dopotutto, che cos'è un albero senza foglie? Solo la fotografia sbiadita di una vita passata. E un sole senza raggi? Solo un immenso deserto di terra e di buio, il regno delle tenebre. Ormai le sue labbra sfioravano le mie e il mio cuore batteva all'impazzata, c'era solo Jacob...ora c'era solo lui. Jacob. Jacob. Jacob. Le sue labbra, la sua pelle, ad un centimetro...uno solo...solo un attimo...

Nessie!” urlò Emmett. Io e Jake ci allontanammo di scatto con uno sbuffo di rabbia e prendemmo a guardare a terra imbarazzati. Poi, ci alzammo e velocemente raggiunsi mio zio, mentre Jake rimase in dietro.

Dovresti ringraziarmi” sogghignò Emmett.

Perché?” chiesi, irritata.

Beh, non credo che tuo padre avrebbe apprezzato” constatò.

Ci hai visti!?” esclamai, sorpresa.

Certo” confermò.

Non dirai niente a papà, vero?” lo supplicai.

Tuo padre ora è impegnato” sghignazzò.

Anche tu!” esclamai.

Non ci pensare” rise. “Stanno per lanciare il bouquet, magari prendi anche questo”.

Non credo proprio” mormorai, imbarazzata. Mentre camminavamo un urlo di gioia si alzò dalla casa dove si trovava il ricevimento, probabilmente era l'urlo di gioia di chi aveva afferrato il bouquet e sarei stata felice che non fosse toccato a me se quell'urlo non fosse appartenuto a Tanya...mi lasciai Emmett alle spalle, accelerando il passo e Jake mi affiancò, questa volta non l'avrebbe passata liscia.

Visto, Edward? L’ho preso io! Chissà cosa significa!” continuava a gracchiare, mentre io quasi correvo dalla rabbia.

Tanya, che ne dici di staccarti da mio marito?” sibilò mia madre, mentre spalancavo la porta. Non ci potevo credere, finalmente mia madre stava reagendo, finalmente quell'oca avrebbe avuto quello che si meritava, speravo solo che mia madre non si facesse intimorire.

Non sarai gelosa, Bella...” continuò la vampira bionda, senza il minimo ritegno.

No” mentì mia madre. “E' solo che mi infastidisce il tuo atteggiamento nei suoi confronti”. Mia madre non era brava a mentire, per quanto il suo volto serafico fosse privo di espressioni umane e non avesse più la facoltà di arrossire, piangere o dare segni di nervosismo, non sapeva mentire...Era una frana, lo era sempre stata e non sarebbe mai cambiata, da questo lato ero più simile a mio padre, anche se con lui mentire era del tutto inutile, con gli altri poteva funzionare. Tanya non si scoraggiò, decisa a non darla vinta a mia madre.

Davvero? Non me ne sono accorta” rispose, fingendo innocenza. Gli occhi di mia madre si infiammarono e una risatina nacque dietro di me, mi girai curiosa di capire chi stesse ridendo, come se non fosse ovvio...

Secondo me, se le danno!” sghignazzò Emmett.

No” rispose, calmo, Jasper. “Non credo proprio”.

Scommettiamo?” mormorò il fratello, allungandogli la mano.

Siete del tutto fuori luogo!” li sgridai. “Vi sembra il caso?”.

Nessie ha ragione” sibilò Alice, preoccupata e i due sbuffando tornarono a guardare mia madre e Tanya.

Strano” sibilò mia madre. “Io me ne accorgo quando mi comporto da oca in cerca di dote”. Emmett e Jasper scoppiarono a ridere, Alice corse verso Garrett spaventata da una sua visione, sul mio volto e su quello del mio lupo si aprì un sorriso fiero e maligno allo stesso tempo, mentre la vampira bionda accecata dalla rabbia cominciò a ringhiare e si scaraventò su mia madre. Mio padre si accovacciò di fronte a lei in posizione di difesa, non avrebbe mai permesso che Tanya sfiorasse solo con un dito mia madre, mentre io e Jake ci limitavamo a ringhiare ai bordi di quello che stava diventando un campo da combattimento. Garrett prese Tanya per la vita e la portò via, però questo fece arrabbiare ancora di più mia madre che si accovaccio pronta ad attaccare, mentre la vampira bionda si dimenava tra le braccia del novello sposo.

Jake” mormorai. “Ti prego, fermala”. Il mio lupo non se lo fece ripetere due volte, in un attimo, veloce e aggraziato fu alle spalle di mia madre e afferrandola, la trascinò fuori. Io e mio padre li seguimmo, chiudendo la porta alle spalle.

Bella...” cominciò subito mio padre.

Non voglio parlare con te, Edward!” gridò lei, isterica. Con gli occhi accesi di rabbia si voltò e corse via verso la foresta, scomparendo in un attimo. Jacob mi guardò e io gli fece cenno di seguirla, mia madre in certe situazioni era imprevedibile e il mio lupo sapeva come tirare su il morale a chi gli stava intorno e senza ribattere corse verso il punto dove mia madre era scomparsa. Mio padre, imperterrito, si diresse a passo svelto verso la foresta, lasciandomi da sola in mezzo alla neve.

Dove vai?!” urlai, alle sue spalle, ma lui non mi rispose e continuò a marciare. Lo seguii e gli bloccai la strada, ma lui cercò di evitarmi, così lo presi per un braccio.

Papà, fermati!” gridai. “Vuole stare da sola”.

Devo parlarle” farfugliò, confuso. “Devo farmi perdonare”.

Non ora” mormorai. “La farai solo arrabbiare di più”. Finalmente si girò verso di me e mi guardò negli occhi, era disperato, sembrava che stesse per crollare a pezzi. Non ce la facevo a vederlo così, quell'oca non si rendeva conto di ciò che aveva fatto?

Papà, perché non ci sediamo?” chiesi, incerta. Lui annuì piano e insieme ci dirigemmo sotto un pino e lui si lasciò cadere sulla neve, mentre io mi accovacciai accanto a lui.

Ti perdonerà” esordii, ma le parole mi uscirono incerte e confuse, non capii se era una domanda o una affermazione.

Sono stato uno stupido!” ringhiò, coprendosi il viso con le mani e rimanendo immobile, come una statua.

Non è stata colpa tua” mormorai, con le lacrime agli occhi.

Si, invece!” gridò. “Dovevo saperlo! Avrei dovuto immaginarlo!”.

Calmati!” sibilai. “Così non risolvi nulla”.

Ma lui non mi ascoltò, cominciò a scuotere la testa e continuava a farfugliare cose senza senso.

Persino Jacob se ne è accorto!” mormorò in fine.

Perché non ti distrai un po'?” chiesi, sperando di riuscire a tirarlo su di morale.

Non posso pensare a qualcos'altro!” spiegò.

So che i vampiri possono pensare a più cose contemporaneamente” convenni, desiderosa di cambiare argomento. “Non puoi fare uno sforzo?”.

Hai ragione” mormorò, alzando la testa e guardandomi in attesa che parlassi. In quel momento, capii che non sapevo di cosa parlare, scavai nella mia testa cercando un argomento, ma non mi venne niente, così decisi di chiedergli qualcosa di non troppo lontano da noi.

Come ti farai perdonare?” domandai, scrutandolo.

Le chiederò scusa” rispose, semplicemente.

Solo?”.

Cos'altro dovrei fare?” chiese di rimando.

Non lo so” ammisi. “Qualcosa di speciale!”.

Forse hai ragione” convenne e divenne pensieroso. Attesi pazientemente che trovasse un modo per farsi perdonare, intanto mi guardavo intorno, chissà quanto tempo ci avrebbe messo Jake...mia madre era più malleabile di mio padre.

Idea!” esultò.

Allora?” chiesi, curiosa.

Lui mi guardò vittorioso e sorridendo, iniziò a descrivere il suo piano. “La porto al ristorante dove siamo usciti la prima volta e poi...” si bloccò di colpo e mi guardò supplichevole. “Puoi dormire da Carlisle, Nessie? Vorrei la casa tutta per noi almeno stanotte”.

Certo” concordai. “Non c'è problema”.

Sarà perfetto” continuò, entusiasta, ma poi la sua voce si spense. “Sempre se mi perdonerà”.

Perché non dovrebbe?” risposi, irritata.

Forse hai ragione” convenne.

Sarà perfetto” risposi, ripetendo le sue parole. Mio padre iniziò a guardare diritto di fronte a se, non capii bene cosa stesse pensando, forse immaginava come sarebbe andata la serata oppure come chiedere scusa a mia madre. Comunque non ritenni fosse il casa di interrompere le sue riflessioni, visto che non si stava deprimendo o dando la colpa a se stesso. Dopo qualche secondo Jacob uscì dalla foresta e mi venne incontro sorridendo, il che mi fece presagire che fosse andato tutto bene con mia madre. Mi alzai velocemente e lo raggiunsi.

Papà, noi rientriamo, okay?” lo avvertii e lui annuì impercettibilmente con la testa. Io e Jake ci dirigemmo verso la casa dove si era tenuta la cerimonia, lasciandolo sotto l'albero in attesa di mia madre. Quando entrammo vidi subito Kate che parlava animatamente con Alice e mi avvicinai istintivamente per ascoltare la conversazione, mentre Jake rimase dietro di me.

Non è stata colpa di Bella” stava spiegando Alice.

Poteva evitarmi la scenata” si lagnò la vampira bionda.

Lo sai che tua sorella ha esagerato” la rimproverò mia zia.

Ma è fatta così!” sibilo Kate. “Bella non doveva sentirsi così sotto pressione per nulla”. Le due vampire continuarono a battibeccare per un bel po' e io non sapevo se intervenire o meno, ma anche se l'avessi fatto avrei finito per difendere mia madre e litigare con Kate proprio come stava facendo Alice e non volevo dare il colpo di grazia al suo matrimonio...

Uffa” sbuffò Jake alle mi spalle. “Secondo me non la smettono più”.

Si, hai ragione” convenni. “Cosa facciamo?”.

Non lo so” rispose, pensieroso.

Mi sa che dovrò chiamare Jasper” spiegai, dirigendomi verso mio zio. Stava parlando amabilmente con Emmett e Garrett delle ultime partite di baseball. Mi avvicinai con circospezione cercando di non disturbare e afferrandogli la mano, gli dissi, usando il mio potere: “Puoi aiutarmi?”. Lui sobbalzò e poi mi guardò sorpreso e senza dire una parola mi seguì, lontano dai due vampiri con cui stava conversando.

Cosa c'è, Nessie?” chiese.

Alice sta litigando con Kate per quello che è successo prima” spiegai. “Potresti calmarla un po'?”. Ma ormai Jasper non mi guardava più, protettivo com'era, stava già raggiungendo Alice e stava già usando il suo potere visto che Kate cominciava a sorridere e i tratti del suo viso di pietre si stavano già distendendo.

Comunque non è successo niente” convenne la vampira bionda. “Poteva andarci molto peggio!”.

Si, hai ragione” sentenziò Alice, ricambiando il sorriso. “Ora scusami” concluse, correndo verso di me e tirando un sospiro di sollievo.

Grazie” farfugliò.

Non preoccuparti” risposi, sorridendole. “Quando rientreranno i miei?”.

Tua madre tra qualche minuti” spiegò, mentre guardava nel futuro. “E' meglio che si sbrighi”.

Si, hai ragione” concessi, se mia madre doveva chiedere scusa a Kate era meglio che lo facesse mentre era ancora sotto l'effetto del potere di Jasper. Come al solito le visione di Alice era infallibili e dopo pochi minuti mia madre entrò dalla porta principale e mia zia le si avvicinò subito.

La prossima volta interverrò, sappilo” sibilò lei, risentita.

Te ne sarei grata” rispose mia madre, con aria colpevole.

Ti conviene andare adesso che Jasper sta usando il suo potere” le consigliò Alice, tornando serena.

Giusto” convenne mia madre con un po' di nervosismo.

Andrà bene” la rassicurò Alice.

Grazie Alice” rispose mia madre e sospirando si diresse verso Kate.

A dopo” la salutò mia zia e si diresse verso di noi, pensierosa.

Andrà tutto bene, Alice?” le chiesi, preoccupata.

Non ti fidi delle mie visioni?” ribatté lei, sorridendo.

No” risposi, ridendo ed entrambe rimanemmo ad ascoltare la conversazione tra mia madre e Kate. Non stavamo litigando, anzi Kate sorrideva e sembrava scherzasse, mentre mia madre era alquanto sollevate e non era più arrabbiata, così si congedò poco dopo dalla novella sposa dicendo che aveva qualcun altro con cui doversi scusare. Intuendo che si trattasse di mio padre mi avvicinai e le dissi: “Papà è fuori, sul retro”.

Grazie” rispose lei, defilandosi e uscendo dalla porta velocemente. Mi avvicinai a Jacob che era rimasto dietro di me tutto il tempo e sorridendogli lo presi per mano e ci spostammo lontano dagli altri.

Com'è andata con mia madre?” chiesi, curiosa.

Come al solito” rispose, sbrigativo.

In che senso?” domandai.

Non è difficile far riprendere tua madre” mormorò. “E' sempre la stessa...”

Sempre la stessa?”.

Si” esclamò, sorridendo. “Prima che tuo padre la trasformasse avevo paura che dopo sarebbe cambiata...sarebbe diventata come tutti loro, una pietra viva...ma devo ammettere che è sempre la stessa e se potesse ancora farlo, continuerebbe ad inciampare dappertutto” concluse, ridendo. Stavo per aggiungere qualcosa, ma in quel momento entrarono i miei genitori e ci avvertirono che era ora di tornare a casa. Così cominciammo a salutare tutti e com'è di consuetudine, iniziammo dalla sposa, mentre Jake rimaneva a distanza e si limitava a ringraziare e salutare evitando il contatto fisico. Mentre salutavo Carmen e il suo compagno, vidi tornare Tanya e dirigersi verso mio padre per salutarlo.

Ciao, Edward” cinguettò. “Mi raccomando vieni a trovarci più spesso”. Il singolare era casuale o fin troppo premeditato? Mia madre si scostò per permettere a Tanya di abbracciare mio padre, invece lui, per fortuna, la trattenne e si allontanò dalla vampira.

Arrivederci, Tanya” la salutò, severo. Lasciando la vampira con un'espressione indecifrabile sul volto, a metà strada tra l'incredulità e la furia. Mentre attorno a noi calò il silenzio e io, invece, gioivo dentro perché finalmente mio padre si era ribellato alle attenzioni superfluo di quell'oca. Tanya stava per dire qualcosa di molto poco cortese, visto che mio padre la interruppe subito.

Bella è mia moglie ed io la sostengo e le do ragione sempre, in ogni caso” spiegò mio padre, lasciandola senza parole e io non riuscii a trattenere un sorrisino maligno.

Ora sarà meglio andare” intervenne Alice, per evitare un'altra discussione. “Il viaggio è lungo”. Senza aggiungere altro ci dirigemmo fuori la porta e ci lasciammo il matrimonio e il clan di Denali alle spalle. Era stata una lunga giornata, ora avevo solo voglia di dormire un po' e non pensare più a niente...ammesso che i miei incubi me lo avrebbero permesso.

Finalmente” sbottò Jacob, appena fummo arrivati davanti alle macchine.

Dai” sospirai. “Non è stato così male”.

Spero che questo sia davvero l'ultimo matrimonio dell'anno” sbuffò. “Non ne posso più”.

Ammesso imprevisti” intervenne Alice. “E' l'ultimo”.

Spero che le tue visioni siano corrette” sentenziò lui.

Lo sono” sibilò lei.

Bene” sospirò il mio lupo. “Non avrai più motivo di farmi indossare uno smoking”.

No” mormorò Alice. “Ma domani sera vi farò vedere il vostro guardaroba per la scuola!”.

Cosa!?” urlammo all'unisono io e Jake.

Visto che non vedo più il futuro, credo che resterete a casa Cullen” spiegò. “Ci divertiremo!”. Non aspettò che rispondessi e subito corse verso la sua auto, mentre Jacob mi guardava incredulo.

Ho promesso a mio padre che domani potranno stare da soli a casa” mi giustificai.

Fantastico” sbuffò il mio lupo.

Andiamo” esclamai. “Non è una tragedia!”.

Speriamo” concluse Jake. “Ora andiamo, ci stanno aspettando”. Velocemente, salimmo sulla Volvo e mio padre mise in moto e partì. Non sapevo più se volevo dormire o meno, così cominciai a guardare fuori dal finestrino. Nessuno parlava, l'unica cosa che rompeva il silenzio che si era creato era la radio che stava trasmettendo una canzone che neanche conoscevo e quindi non ci prestai molta attenzione. Dopo un po' però il sonno ebbe la meglio e appoggiando la testa sulla spalla del mio lupo, mi addormentai. Per fortuna non sognai nulla e mi lascia cullare dal ringhio del motore della Volvo, finché non caddi in un sonno più profondo e abbandonai ogni contatto col mondo esterno. Non sapevo da quanto tempo dormissi, a risvegliarmi fu il mio lupo che mi chiamava piano.

Cosa c'è?” chiesi, ancora prima di aprire gli occhi.

Ci fermiamo ad un autogrill, hai fame?” domandò mia madre.

Un po'“ ammisi, iniziando a guardarmi intorno. Dovevano essere passate un paio d'ore, visto che probabilmente non eravamo più in Alaska.

Ti prendo anche qualcosa per cambiarti, forse il vestito ti da fastidio” continuò mia madre.

Non più di tanto” risposi, infatti era come se avessi un semplice jeans, non mi dava il benché minimo fastidio. Mio padre scese dall'auto per andare a prenderci qualcosa da mangiare, mentre io e mia madre ci dirigemmo nei bagni per cambiarci. Non parlammo molto, scambiammo giusto un paio di commenti sul tempo e sul viaggio e poi tornammo all'auto. Anche Jake e mio padre si era cambiati e lui stava già addentando uno dei due panini che mio padre aveva preso per lui. Quando mi vide arrivare sorrise e mi porse il mio panino, lo ringraziai mentalmente e ripresi il mio posto nell'auto. Mangiai lentamente mentre il viaggio continuava, invece il mio lupo finì i suoi panini in un batter d'occhio e cominciò a guardare fuori con gli occhi stanchi, probabilmente si sarebbe addormentato presto...Quando finii mi guardò sorridente e disse:”Hai ancora sonno?”.

Un po'“ ammisi.

Puoi stenderti se vuoi” continuò, sorridente. Ricambiai il sorriso e senza farmelo ripetere poggiai la testa sulle sue gambe e chiusi gli occhi, sentii solo che mi prendeva la mano e poi caddi, di nuovo, in un sonno profondo. Non sognai nulla, però dentro di me si insinuò una strana pace che mi cullò per tutto il viaggio, non sapevo cosa fosse cambiato, mi sentivo bene e tanto bastava...

Quando arrivammo, Jake mi svegliò di nuovo dolcemente e insieme scendemmo dall'auto. Tutti tirarono un sospiro di sollievo di fronte alla grande casa Cullen che non era mai stata così accogliente. La mia famiglia non ci mise niente a riprendere le vecchie abitudini, i miei nonni andarono a caccia mentre Emmett si posizionò sul divano davanti alla TV e Rose accanto a lui. Alice si avvicinò pronta a prenderci in ostaggio per l'intera serata, ma mio padre la precedette.

Alice” la chiamò.

Non preoccuparti, Edward” rispose lei. “Ci divertiremo un mondo!”.

Me lo auguro” rispose mio padre, guardando la mia espressione affranta.

Allora vi aspetto dentro” cinguettò e sparì in un lampo.

Vado a vedere se trovo qualcosa da mangiare” mormorò Jake ed entrò anche lui in casa, rassegnato al suo destino.

Allora” dissi. “Hai organizzato tutto?”.

Tutto pronto” mi assicurò, sorridente.

Allora, cosa aspetti?” chiesi. “Vai!”.

Volevo avvertire, Alice” si giustificò, ridendo. “E poi volevo ringraziarti, ancora”.

Non preoccuparti” risposi, avvicinandomi e baciandolo sulla guancia. “Vai, ci vediamo domani”. Ricambiò il bacio e corse verso mia madre, mentre io sospirando entrai in casa. Alice non si vedeva, probabilmente era al piano di sopra con Jasper, così mi diressi in cucina dove trovai Jake seduto a tavola che mangiava.

Ho preso qualcosa per te” mi informò, appena mi vide entrare, indicando il piatto sul tavolo.

Grazie” risposi e mi sedetti a tavola. Mangiammo in silenzio e Jake, stranamente, non divorò tutto in un lampo, probabilmente cercava una scusa per non doversi sorbire Alice. Purtroppo la cena non durò a lungo e quando finimmo, mi alzai per mettere a posto, mentre Jake mi aspettava sul ciglio della porta.

Cosa facciamo ora?” chiese, quando gli andai incontro.

Non lo so” ammisi.

Cerchiamo di evitare tua zia” sussurrò, cercando di non farsi sentire.

Troppo tardi” cinguettò una voce dietro di lui. “Forza, andiamo!”. Alice superò Jake e prendendomi per mano mi portò nella camera di mio padre, poi, dopo essersi assicurata che anche il mio lupo l'avesse seguita, si defilò dicendo che doveva prendere i nostri vestiti. Io e Jake rimanemmo in silenzio, aspettandola, era inutile cercare di consolarsi, Alice ci avrebbe annoiati a morte e lo sapevamo benissimo entrambi.

Eccomi” esclamò, con le braccia cariche di vestiti e dietro di lei entrò Jasper con il resto.

Non sapevo avessi un complice” l'accusò Jacob.

Non sono un complice” si lamentò Jasper. “Sono un ostaggio!”.

Finitela di lamentarvi” li rimproverò lei. “Da dove iniziamo?”.

Che ne dici se iniziamo dalla parte in cui tu te ne vai?” si lagnò Jake.

Attento, cane” lo ammonì Jasper, ma Jacob non lo calcolò minimamente. Quello che venne dopo, come potevamo immaginare, fu tormentato dalla noia e da attacchi di sonno frequenti. Io e Jake cercavamo di mostrare attenzione, ma era del tutto inutile, tanto Alice parlava da sola e non c'era neanche bisogno di capire cosa stesse dicendo. Sapevo solo che la fila di vestiti non finiva mai, erano tutti diversi e probabilmente bellissimi, ma appena me ne mostrava un altro dimenticavo quello precedente, non che volessi ricordarlo. Jacob faceva fatica a tenere gli occhi aperti e ogni tanto mi lanciava uno sguardo implorante, come se io potessi fare qualcosa, infatti gli rispondevo con una scrollata di spalle mentre la fila di vestiti continuava...Finché non persi la concezione del tempo e tutto quello che avvertivo era la voce di Alice e la sua sfilata che continuava, non poteva farmi subire una cosa del genere dopo un viaggio lungo come quello! Probabilmente a lei non interessava se io fossi attenta o no, le servivano solo un paio di spettatori...

Alice!” esclamò mia nonna e subito mi risvegliai dal mio stato di torpore. “Guardali stanno dormendo in piedi!”.

Avevo quasi finito” convenne lei. “Mancava solo questo, gli accessori magari un altro giorno”.

Va bene” acconsentì mia nonna. “Ma dopo li lasci dormire”.

D'accordo” mormorò lei. Girai lo sguardo in cerca di un orologio e notai che erano appena le undici, avevo dormito in piedi per un paio d'ore... Alice ci mostrò l'ultimo vestito e dopo aver ricevuto un paio di apprezzamenti forzati, ci augurò la buona notte e ci lasciò soli.

Ora va a dormire, piccola” mormorò mia nonna, accarezzandomi una guancia. Annuii e mi diressi in bagno per prepararmi ad andare a letto. Quando tornai sentii mia nonna parlare con Jake, lei era materna con tutti, l'unica dei vampiri che si preoccupava, davvero, di come stesse Jake, a parte mia madre ovviamente...

Sicuro, che non vuoi rimanere?”.

Si, non preoccuparti” mormorava Jake, assonnato. “Devo dare il cambio ad Embry”.

Ma sei così stanco!” lo rimproverò mia nonna. “Dovresti riposare!”.

Sto bene” sorrise Jake, per rassicurarla e mia nonna, a malincuore, dovette lasciarlo andare.

Carino il pigiama” esclamò appena mi vide.

Grazie” risposi, senza scompormi.

Beh, ora devo andare” m'informo. “Ci vediamo domani”.

Ciao” risposi, un po' triste. Lui mi diede un bacio sulla guancia, che durò un po' più degli altri e poi andò via. Mi avvicinai al letto e lentamente mi stesi, sotto gli occhi protettivi di mia nonna. Le augurai la buona notte, lei mi diede un bacio sulla fronte e andò via, chiudendosi la porta alle spalle. Non ci misi molto ad addormentarmi, purtroppo non ritrovai la pace che avevo trovato in macchina e non capivo perché. Pensavo che l'avessi superato, che finalmente gli incubi fossero scomparsi, ma non era così...ricominciarono e ora come se non bastasse c'era anche Tanya a popolarli. Mi strappava via mio padre e poi faceva del male a mia madre, in una danza che proseguì per tutta la notte, probabilmente. Finché non capii, era stato il mio Jacob a tener lontano gli incubi, ma lui non c'era e io da sola non potevo farcela. Così non potevo che reagire come tutte le notti, stringere forte il cuscino, chiudere gli occhi e sperare che il sole sorgesse il prima possibile...

NDA: spero che questo capitolo vi sia piaciuto e mi piacerebbe leggere i vostri pensieri ^^ grazie e buona lettura!!

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Capitolo 10
*** Vacanza ***


Capitolo 10: Vacanza


Ricordati che ti chiamerò tre volte al giorno, quindi tieni il cellulare acceso e non dimenticarlo da qualche parte”. Annuii piano senza ascoltare, ormai la paternale andava avanti da un quarto d'ora e l'agitazione di mio padre cresceva mano a mano che l'orario della sua partenza si avvicinava. Io non ero preoccupata ne ansiosa, me ne stavo seduta su una delle valige, mentre mio padre faceva avanti e indietro per metterle in macchina e mia madre prendeva le ultime cose che mancavano. Quando mio padre uscì di nuovo, sospirai e lo seguii con lo sguardo attraverso la finestra.

Spero che non mi chiami ogni cinque minuti” mormorai, continuando a guardarlo.

Gli sequestrerò il cellulare” rispose mia madre, ridendo. Intanto mio padre era tornato, pronto per prendere la prossima valigia e mi sorrise a mo' di scuse, come se avesse sentito tutta la conversazione. Quando ebbero finito li accompagnai sul ciglio della porta per aspettare Jake.

Nessie, mi raccomando...” ricominciò mio padre, sempre più agitato.

Papà è una vacanza!” sibilai. “Devi divertirti, io starò bene”.

Non era molto convinto, sarei stata un suo pensiero fisso. “Tre volte al giorno, non te lo dimenticare”.

Si” sbuffai e lui rise, divertito. Rimanemmo in silenzio per qualche minuto, poi mia madre impaziente iniziò a guardarsi intorno, a differenza di mio padre non vedeva l'ora di partire e lasciarsi Forks alle spalle e non la biasimavo per questo.

Ma dov'è Jacob?!” esclamò infine.

Starà arrivando, amore” la rassicurò mio padre. “L'aereo è tra un'ora”. Mia madre non rispose, ma continuò a guardare tra gli alberi alla ricerca del più piccolo suono o movimento che avesse potuto presagire l'arrivo del mio lupo. Anche io non vedevo l'ora che partisse, un'intera settimana da sola con Jake, la mia carta di credito e la mia macchina nuova, cosa potevo volere di più dalla vita? Dopo circa un quarto d'ora Jake spuntò in forma umana dai cespugli di fronte la mia casetta e si avvicinò svelto con un gran sorriso stampato in faccia.

Finalmente!” sibilò mia madre.

Jacob” lo salutò mio padre, quando ci raggiunse.

Non potevi venire in forma di lupo?” lo sgridò mia madre.

Andiamo, Bells!” si giustificò lui. “Solo cinque minuti di ritardo”.

Ora è meglio che andiamo” continuò lei, senza rispondergli. Mi si avvicinò e mi abbracciò, continuando a ringraziarmi. “Divertitevi” mormorai, mentre si allontanava, lasciando spazio a mio padre.

Nessie?” chiese lui, severo.

Si, papà, tre volte al giorno” sbuffai, sorridendogli e lui mi strinse forte a se, come se non volesse lasciarmi. Poi, allontanandosi, lanciò un'occhiata di avvertimento a Jacob che gli rispose con un sorriso compiaciuto, prima che lui salisse in macchina. Li guardammo andare via, quando la macchina sparì tra i cespugli rientrammo in casa e ci accomodammo sul divano.

Perché hai fatto tardi?” chiesi a Jake.

Sono venuto con la moto” rispose, ridendo.”Cosa vuoi fare oggi?”.

Non lo so” risposi. “Di certo non voglio rimanere qui”.

Claire mi sta implorando di rivederti” sghignazzò lui. “E mio padre dice che non vado mai a trovarlo”.

Allora si va a La Push!” esclamai, contenta.

Esatto” rispose lui.

Allora vado a prepararmi” mormorai, fiondandomi in camera mia. Presi la prima borsa che mi trovai davanti, ci infilaii un costume e una felpa e un jeans di ricambio, nel caso Jake avesse deciso di buttarmi in acqua vestita. Poi presi il telefono e velocemente composi il numero di Alice, che rispose al primo squillo.

Nessie?”.

Ciao, Alice” risposi. “Volevo solo dirti che stamattina vado a La Push con Jake”.

Va bene”mormorò. “Ma stasera fate un salto anche qui!”.

D'accordo” esclamai. “Ora però devo andare, ciao!”. Chiusi la chiamata e raggiunsi Jake nel soggiorno, lui mi guardò un attimo e poi, chiese: “Andiamo?”.

Andiamo” concordai e lo seguii fuori casa. Mi assicurai che il cellulare fosse nella sua tasca e che non ci fosse il silenzioso, stavo per rimetterlo in tasca quando squillò tra le mie mani.

Papà?” chiesi, sconcertata. “Avete dimenticato qualcosa?”.

No, Nessie” rispose lui. “Cosa stavi facendo?”.

Niente” spiegai. “Stavo per andare a La Push con Jake”.

Ah” sussurrò. “Sta attenta”.

Si, papà” lo rassicurai. “Dove siete?”.

Stiamo per imbarcarci” mormorò. “Ora però vado, tesoro”.

Va bene, papà” lo salutai.

Già, mi manchi” sbuffò lui. “Ti voglio bene”.

Anch'io” risposi e attaccai. Jacob, intanto, era andato a riprendere la moto che aveva lasciato tra i cespugli ed era tornato, fermandosi di fronte a me, sorridendo soddisfatto. Velocemente rimisi il cellulare nella tasca dei jeans e poi salii sulla moto.

Tieniti forte!” mi avvisò Jake e io, senza farmelo ripetere, mi aggrappai alla sua schiena. La moto partì in un attimo e insieme alla polvere si alzò anche un ruggito assordante, subito cominciò a sfrecciare nella foresta evitando gli alberi agilmente. Visto che rimanemmo nella foresta, evitando strade e traffico, dimezzammo la durata del viaggio e arrivati a La Push trovammo Quil e Claire sulla spiaggia che giocavano come al solito. Nessuno dei due ci vide e io seguii Jake nel suo garage, dove posò con cura la moto attento a non danneggiarla e poi, ci dirigemmo insieme sulla spiaggia e io andai incontro a Claire.

Claire” la chiamai. Appena mi vide il suo viso si illuminò e mi corse incontro urlando: “Nessie, Nessie!”. Aprii le braccia, istintivamente, e lei mi buttò le braccia al collo ridendo. Raggiungemmo Quil e Jake che scherzavano sulla spiaggia scambiandosi pugni amichevoli.

Allora” li chiamò Claire, con la sua vocina squillante. “cosa facciamo oggi?”.

Cosa vuoi fare, piccola?” chiese Quil, sempre pronto ad esaudire ogni sui piccolo capriccio.

Il bagno!” urlò lei, saltellando.

Vado a mettermi il costume” mormorai al mio lupo, mentre Claire era già salita sulle spalle di Quil e insieme stavano andando ad immergersi tra le onde. Jacob non rispose, allora mi diressi verso casa sua, così da potermi cambiare. Ma prima che mi allontanassi troppo, il mio lupo mi fu alle spalle e mi prese per un braccio.

Non c'è ne bisogno” mormorò. Cercai di liberarmi, ma la presa ferrea di Jacob si spostò dal mio braccio alla vita e senza troppe cerimonie mi alzò da terra, trascinandomi verso la spiaggia. Prima che Jacob mi facesse fare un bel tuffo tra le onde, il mio cellulare squillò e lui fu costretto a rimettermi sulla spiaggia, sbuffando. Non ebbi neanche bisogno di controllare il nome sul display. “Papà?”.

Ciao, tesoro” mi salutò come se niente fosse. “Cosa stai facendo?”.

Stavo per fare il bagno” risposi, mentre cercavo di allontanarmi da Jake. Salvare i vestiti era ancora nei miei piani...

Con chi?” chiese mio padre.

Con Jake, Claire e Quil” mormorai, guardandomi intorno.

Va bene” sospirò lui. “Allora ti lascio divertire”.

Potresti provare a farlo anche tu” suggerii. “Avevi detto tra volte al giorno, non in un'ora”.

Rise di gusto e quando la risata si spense, disse: “Hai ragione, tesoro, divertiti!”.

Ciao, papà” lo salutai.

Ciao, Nessie” rispose e attaccò. Misi il cellulare nella borsa per evitare che si bagnasse e cercai, di nuovo, di raggiungere la casa di Jake. Ma lui era proprio lì che mi aspettava, appoggiato alla veranda, sorridente. Mi venne incontro e non riuscii a scappare, questa volta mi prese in braccio e corse verso il mare, per non rischiare di essere di nuovo interrotto da qualcuno, mentre io gli urlavo: “No! Jake, fammi cambiare!”. Ma lui ridendo mi lasciò cadere in acqua, mentre Claire rideva e batteva le mani insieme a Quil. In un attimo mi ritrovai sommersa, con il sedere sul fondale e le onde che si infrangevano sulla mia schiena, comunque riuscivo ancora a sentire le risate di Claire e dei due licantropi. Mi alzai velocemente e ridendo mi avventai sul mio lupo cercando di farlo cadere, il risultato fu che mi ritrovai sul petto nudo del mio licantropo, mentre lui se la rideva steso sul fondale. La giornata passò in fretta tra schizzi, urla e risate. A pranzo ci fermammo da Billy che fu molto contento di riavere suo figlio a casa, insieme a noi, come al solito c'erano Rachel e Paul ormai inseparabili. Mangiammo tranquillamente e dopo io e Jake facemmo una passeggiata da soli sulla spiaggia. Non parlammo di niente in particolare, eravamo solo felici di essere un po' da soli. Quando il sole cominciò a calare decidemmo di andare a casa Cullen, anche se sapevamo che Alice avrebbe continuato a torturarci con la storia dei vestiti per la scuola. Salutai tutti velocemente e poi raggiunsi Jake nel suo garage, intento a portare fuori la moto.

Se tua zia ricomincia con la storia della scuola, giuro che me ne vado!” sibilò.

Non puoi” risposi, sorniona. “Devi rimanere con me, l'hai promesso!”.

A tua zia non dispiacerà torturarti per tutta la notte!” scherzò.

Si diverte di più a torturare te” constatai.

Andiamo” mi chiamò, sorridendo. “Salta su”. Velocemente, salii sulla moto e mi aggrappai alle sue spalle, mentre partiva. Questa volta non passammo per la foresta, ma usammo la strada abituale. Qualcosa mi diceva che stava facendo di tutto per perdere tempo e io non avevo nulla in contrario. Arrivammo a casa Cullen quando ormai era quasi buio e gli ultimi raggi di sole giocavano tra gli aghi di pino, creando sul terreno strani disegni danzanti. Ad accoglierci a casa Cullen fu mia nonna e, con mia grande sorpresa, Alice e Jasper non erano in casa.

Dov'è Alice?” chiesi.

Sono andati a caccia” sussurrò, titubante, mia nonna. Poi si defilò in cucina dicendo che doveva prepararci la cena. In casa c'era una strana atmosfera, probabilmente era successo qualcosa e nessuno voleva mettermi al corrente dell'accaduto. Jacob fece finta di niente e seguì mia nonna in cucina, mentre io mi accomodai sul divano, vicino a Rose.

Cosa hai fatto oggi?” chiese, subito.

Siamo stati in spiaggia” risposi, senza pensarci.

Ti sei divertita?” continuò, cercando di portare avanti la conversazione.

Molto” esclamai, soddisfatta. Era stata una giornata meravigliosa ed ero sicura che il resto della settimana sarebbe andato ancora meglio. Rosalie non aggiunse altro e io ispezionai con gli occhi la stanza in cerca di qualcosa che non quadrasse, ma non vi trovai niente. Mio nonno, come al solito, era nel suo studio, potevo sentire le pagine dei libri girarsi una dopo l'altra molto velocemente, poi i miei occhi caddero su Emmett che faceva zapping con aria arrabbiata e infastidita. Quello era l'unico particolare che non quadrava, ma non ci feci molto caso... Rimanemmo un po' in silenzio, quando sentii il mio cellulare vibrare. Scattai verso la mia borsa e risposi, prima ancora che la mia mano fosse arrivata sul mio viso.

Papà?” risposi.

Ciao, Nessie!” esclamò lui.

Dove siete?” chiesi curiosa.

Sulla spiaggia” scherzò lui.

Com'è l'isola?”.

Bellissima” spiegò. “Esattamente come la ricordavo”.

La tua memoria è infallibile...” mormorai, contenta.

Tu dove sei?” continuò mio padre.

Siamo a casa Cullen”

Nessie è pronto!” mi chiamò mia nonna.

E' meglio che tu vada” consigliò mio padre.

Va bene” risposi. “Allora ci sentiamo domani?”.

Perché?” sbottò lui.

Hai detto tre volte al giorno” spiegai. “Mi hai già chiamata tre volte”.

Va bene” sospirò. “Allora buonanotte”.

Buonanotte” risposi ridendo, non era una cosa che si augurava spesso ai vampiri. Misi il telefono nella tasca dei jeans, andai in cucina e trovai Jake era già seduto a tavola e mi aspettava impaziente. Mi sedetti a tavola e cominciammo a mangiare, mentre mia nonna si allontanò.

Vuoi dormire qui o andiamo a casa?” chiese Jake, mentre finiva il piatto di pasta.

Voglio andare a casa” risposi, pensierosa.

Bene” mormorò lui, molto sollevato da quella prospettiva. Dopo cena, rimanemmo un altro po' con i miei zii e poi tornammo a casa. Come la prima, volta Jake non usò le strade ma attraversammo la foresta che ormai era immersa nel buio e i suoi abitanti dormivano tranquilli, a parte qualche eccezione come un gufo appollaiato su un albero nell'attesa di una preda. Per quanto fosse buio e la foresta illuminata solo dal leggero bagliore della luna, riuscivo a vedere ogni piccolo dettaglio che ad un normale umano sarebbe rimasto celato. Arrivati a casa Jake lasciò la moto all'entrata e poi mi seguì in casa.

Hai visto com'erano tesi i miei zii?” chiesi, prendendolo in contropiede. Non avevo dimenticato gli strani atteggiamenti della mia famiglia e sapevo che se fosse successo qualcosa Jacob non ne sarebbe stato tenuto all'oscuro.

Io non ho notato niente” si giustificò.

Mi sarò impressionata” sospirai, se pensava che sarebbe finita li si sbagliava. Non ero una bambina e non volevo essere trattata come tale.

Allora vado a cambiarmi” continuai, chiudendomi in bagno. Jake aspettò paziente nel soggiorno che finissi e dopo lo raggiunsi. Lo trovai che fissava il divano accigliato.

Che stai facendo?” lo scrutai.

Non posso dormire qui” si lamentò. “Questo divano è troppo piccolo”. Mi avvicinai al divano e confrontai, mentalmente, la grandezza delle sue spalle e quella del divano. No, non ci sarebbe mai entrato, almeno che non avesse voluto dormire per metà sul pavimento, ma non era molto comoda come idea.

No, hai ragione” sospirai. Cominciai a guardarmi intorno cercando una soluzione, gli unici letti disponibili erano quello dei miei genitori e il mio. Fallo dormire nel letto dei miei genitori era fuori discussione, i miei genitori non avrebbero gradito la puzza. L'alternativa era fallo dormire con me, cosa che mio padre non avrebbe apprezzato per niente, anzi, avrebbe cacciato fuori Jacob a calci. Ma, mio padre non doveva saperlo per forza... chissà perché l'idea di disubbidire mi dava sempre una scarica di adrenalina, dopotutto mascherare l'odore sarebbe stato facile, se Jake aveva passato la settimana con me era normale che una volta o due gli era capitato di entrare in camera mia o sedersi sul mio letto. Per fare quel ragionamento ci misi circa mezzo secondo e rivalutando l'idea mi sembrò sempre più entusiasmante.

Puoi dormire con me” mormorai, abbassando lo sguardo.

Tuo padre mi ucciderebbe” constatò lui, ironicamente.

Non è detto che debba saperlo” sorrisi, maliziosa.

Se la metti così” acconsentì, imitando il mio sorriso. Ci dirigemmo in camera mia e lui mi prese per mano, quel contatto così casuale mi scatenò una miriade di sensazioni diverse. Il caldo della sua mano, la forza della sua stretta e il sorriso che era rimasto sul suo volto fecero si che il mio corpo venisse inondato da brividi di calore che mi attraversarono velocemente e che poi si riunirono nel mio stomaco e rimasero lì per un bel po'. Lui si adagiò lentamente sul mio letto e aspettò paziente che spegnessi il cellulare, poi mi accoccolai accanto a lui, poggiando la testa sul suo petto nudo e mi addormentai mentre mi accarezzava i capelli...


Il giorno dopo non fu affatto facile svegliarsi, sarei potuta rimanere anche tutto il giorno accoccolata sul petto del mio licantropo. Ma decisi di alzarmi e visto che Jake non ne voleva sapere, cominciai a lavarmi e poi andai a preparare la colazione. Quando fu pronta la misi in tavola e mi diressi in camera mia per svegliare il mio licantropo, sorprendentemente era già sveglio e lo trovai seduto sul letto che contemplava la stanza ancora mezzo addormentato.

La colazione è pronta” lo informai.

Bene” rispose, sorridendomi e seguendomi in cucina. Non ci mise molto a finire tutto quello che avevo preparato, mentre io me la presi più con comodo.

Cosa facciamo oggi?” chiese, curioso.

Potremmo andare da Charlie” riflettei.

Si” acconsentì. “E' una buona idea”. Finita la colazione, cominciai a rimettere in ordine la cucina mentre Jake si dava una rinfrescata. Poi, sempre in sella alla sua moto, ci dirigemmo a casa di mio nonno. Jake posò la moto nel vialetto e poi, insieme andammo verso la porta di mio nonno. Bussammo due volte, poi l'uscio della porta si aprì e con nostra grande sorpresa, fu Leah ad accoglierci in casa.

Ciao, Leah” la salutai.

Ciao, Nessie” rispose lei con sufficienza.

Cosa ci fai qui?”.

Jacob!” urlò Seth venendoci incontro. “Ehy, Nessie!”.

Ciao, Seth” intonammo in coro io e il mio lupo.

Rimaniamo a pranzo” ci informò Leah, prima di farci entrare. Mio nonno chiacchierava amabilmente con Sue e nessuno dei due si era accorto del nostro ingresso.

Ciao, nonno” lo salutai.

Lui sorpreso, si alzò di scatto e mi venne incontro. “Nessie!”.

Come stai?” gli chiesi, premurosa.

Benissimo e tu? Dove sono i tuoi genitori?” domandò guardandosi intorno, ma trovò solo Jake.

Diciamo che si sono presi una vacanza” ironizzai.

E tu che ci fai qui?” continuò.

Ho pensato di venirti a trovare” spiegai.

Hai fatto benissimo!” esclamò, illuminandosi. Ci accomodammo in salotto, che con tutti quei licantropi sembrava ancora più piccolo. Io, Sue e Leah eravamo sedute sul divano, mentre mio nonno si era posizionato sulla sua poltrona e Jake e Seth erano seduti a terra a pochi passi da me. Mio nonno parlava del più e del meno, quindi non ci prestai molta attenzione e cominciai a fare zapping sulla TV nuova che gli avevamo regalato, finché una frase di Sue non attirò la mia attenzione...

E di tutte quelle ragazze morte, che mi dici?” chiese, preoccupata. “State indagando?”.

Facciamo il possibile” rispose, sconfortato mio nonno. “Ma arriviamo sempre un attimo dopo”.

Avete qualche indizio?” domandò Sue sempre più preoccupata.

No, purtroppo” mormorò mio nonno. “Chiunque sia è un maestro in queste cose”.

Hai visto la partita di baseball?” intervenne Jacob per troncare quel discorso.

No” spiegò mio nonno. “Ieri abbiamo fatto gli straordinari”.

Come mai?” chiesi, innocentemente.

Ne hanno trovata un'altra” mi informò. “Proprio di fronte al negozio dei Newton”.

Ah, si?” risposi, sarcastica, lanciando un'occhiataccia a Jacob, che, come al solito, fece finta di niente. Ora quadrava tutto, l'assenza di Alice e Jasper la sera prima, il nervosismo di Emmett e la tensione che si respirava a casa Cullen. Cercai di nascondere la rabbia, ma non fu semplice, così andai in cucina ad aiutare Sue a preparare il pranzo, per distrarmi un po'. Mangiai in silenzio, mentre mio nonno continuava ad intrattenere una discussione che non stavo seguendo e rispondevo solo quando ero interpellata. Comunque fu una giornata piacevole e come la precedente finì in fretta e per fortuna mio padre mi aveva chiamata solo una volta. La sera arrivò in fretta e fummo costretti a salutare e ad andare via, salii sulla moto senza dire una parola e invece di aggrapparmi alle sue spalle, usai solo i piedi per tenermi in equilibrio e lui non disse niente... Arrivati a casa Cullen si respirava un'atmosfera molto più serena, giustamente pensavano di averla scampata. Ad accoglierci fu Alice che era già sul punto di ricominciare con i suoi discorsi sulla moda, ma probabilmente la mia espressione le fece cambiare idea.

Grazie per avermi detto che ne avevano trovata un'altra” sputai, appena entrata nel salotto.

Io non ero d'accordo!” si difese subito Emmett.

Tu volevi solo andare con loro!” lo accusò Rose.

Questo non cambia le cose” sibilai.

Mi dispiace, tesoro” mormorò mio nonno.

Non sono una bambina” esclamai, stizzita. “E non voglio essere trattata come tale!”.

Hai ragione” concluse mio nonno. “Non succederà più”. Finita la discussione mi diressi in cucina, dove mia nonna aveva già preparato la cena. Io e Jake mangiammo in silenzio e quando avemmo finito, tornammo a casa, dopo aver dato la buona notte a tutti.

Nessie” mormorò lui, appena entrati in casa.

Non pensare di passarla liscia” lo accusai. “Tu sapevi tutto!”.

Volevamo solo proteggerti” si giustificò.

Mentendomi?” chiesi, sarcastica.

Ehy, tutti sbagliano!” esclamò.

Si” concessi. “Ma quando la smetterai di considerarmi una bambina?!”.

Io non ti considero una bambina” rispose, semplicemente. Poi, di fronte al mio silenzio si avvicinò e stringendomi al suo petto, mormorò: “Mi perdoni?”.

Mi prometti che non accadrà più?” mormorai.

Promesso”.

Non ci fu bisogno di dire altro, insieme ci dirigemmo nella mia camera e come la sera precedente, mi addormentai sul suo petto caldo, cullata dal suo respiro...


Il giorno dopo, il risveglio non fu tanto piacevole. Il battere dei rami sulla finestra e il rumore della pioggia insistente che si abbatteva contro il vetro mi svegliarono violentemente. Mi guardai intorno confusa, dopotutto non ero ancora pronta per svegliarmi...guardai la sveglia: le cinque, fantastico! Sapevo che non sarei riuscita a riaddormentarmi, quindi mi alzai per non disturbare il mio lupo che al contrario dormiva come se niente fosse. Era bellissimo nell'incoscienza in cui lo costringeva il sonno e il respiro regolare e profondo mi calmava più di qualsiasi altra cosa. Mi diressi in salotto chiudendo piano la porta e mi posizionai sul divano, accendendo la TV. Probabilmente mi appisolai di nuovo, perché quando chiusi gli occhi ero sicura fossero le cinque, mentre quando li riaprii erano circa le otto. Dopotutto in soggiorno non si sentiva la pioggia, quindi riaddormentarmi fu molto più facile.

Oggi non si esce” constatò il mio lupo, arrivandomi alle spalle.

Mi sa di no” sospirai, triste.

Che ci facevi sul divano?” chiese, curioso.

Mi sono svegliata perché la pioggia mi dava fastidio” spiegai.

Va bene” concesse. “La colazione è pronta”. Mi alzai sorpresa e felice e lo seguii in cucina. Si era dato da fare, aveva preparato uova, bacon, biscotti e latte e fui felice di sedermi a tavola per assaggiare la cucina del mio lupo. Nonostante avesse preparato una colazione per quattro, non ci mise più di qualche minuto per finire la sua porzione e mentre aspettava che io finissi, fischiettava felice.

E' una tempesta in piena regola” riflettei, una volta tornati in salotto.

Già” rispose lui. “E in pieno agosto!”.

C'è poco da stupirsi” convenni. “Siamo a Forks!”.

E' vero” concesse. “Allora cosa facciamo oggi?”.

Non lo so” mormorai. “Cosa vuoi fare?”. Non rispose, prese il telecomando e mettendosi comodo sul divano cominciò a cercare un programma interessante. Allora mi alzai e mi diressi in camera mia, dove presi un libro che mi aveva consigliato mia madre “Orgoglio e pregiudizio” di Jane Austen. Era uno dei suoi preferiti e anche mio nonno quando seppe che lo stavo leggendo fu contento della mia scelta e mi consigliò di leggere anche gli altri libri della Austen. Tornai in salotto e sedendomi sul divano, cominciai a sfogliare i libri tranquillamente, mente il mio lupo guardava la TV.

Hai intenzione di leggere tutto il giorno?” sbuffò.

Hai idee migliori?” chiesi, curiosa.

Uffa!” si lamentò. “E pensare che oggi volevo andare a caccia!”.

Possiamo andarci domani” consigliai. “Non penso che pioverà”.

Si, hai ragione” concesse. “Ma oggi cosa facciamo?”.

Non lo so” riflettei.

Cominciamo a buttare quel libro!” scherzò, sfilandomelo dalle mani e alzandolo in aria, dove non potevo arrivare.

Ridammelo!”esclamai, mentre saltellavo per cercare di riprendermelo, conscia che fosse tutto inutile.

Non hai un camino?” chiese, divertito.

Non osare!” sibilai. Lui si alzò dal divano, tenendo sempre il libro in aria, e cominciò ad indietreggiare mano a mano che mi avvicinavo per cercare di prenderlo. Cosa che era fisicamente impossibile, visto che lui era alto due metri e io poco più di un metro e sessantacinque... Avrei potuto saltare, ma così avrei rotto qualcosa e non volevo correre il rischio di dover correre in capo al mondo per poterla sostituire, così continuavo a seguirlo per tutta la casa, senza ottenere risultati.

Andiamo, Jake!”.

Perché?” chiese, noncurante. “Io mi sto divertendo!”. Non ebbi il tempo di rispondere, che sentii il cellulare vibrare nella mia stanza, così, per non far aspettare mio padre, corsi a rispondere. La conversazione non fu lunga, ma Jake si annoiò lo stesso e andò a sedersi sul divano, lasciando il libro sulla scrivania. Mio padre non si sorprese affatto che a Forks piovesse e mi raccontò un po' quello che stavano facendo loro sull'isola e dopo i soliti saluti, attaccai. Tornata in salotto, Jake era di nuovo seduto sul divano intento a guardare la TV, così silenziosamente mi avvicinai e staccai la spina dal muro.

Cosa stai facendo!?” sibilò.

Se io non posso leggere, tu non puoi guardare la televisione” spiegai.

Allora cosa vuoi fare?” chiese, alzandosi.

Mi guardai intorno ancora una volta e poi gli risposi. “Come te la cavi a dama?”.

Cosa?” domandò, sconcertato.

Che c'è di male?”.

Vada per la dama” concesse, con un sorriso ironico. Corsi nel mio armadio e cominciai a cercare la scatola della dama, ma fu più difficile di quanto credessi. Alice con tutti quei vestiti doveva averla spostata in fondo all'armadio. Speravo solo che non l'avesse buttata per sbaglio, alla fine mi affidai al mio olfatto e quando sentii l'odore di un vecchio scatolo, fui sicura di averla trovata. Passammo tutta la mattinata a giocare a dama, visto che dopo le prima incertezze, Jake cominciò a divertirsi sul serio e amava prendermi in giro ogni volta che riusciva a fare dama o a mangiarmi una pedina, per non parlare poi di quando riusciva a vincere. L'ora di pranzo arrivò senza neanche che ce ne accorgessimo, anche perché sorprendentemente mio padre non mi aveva ancora chiamata, forse mia madre aveva trovato una maniera efficace per tenerlo distratto. Io e Jake ci divertimmo a preparare il pranzo insieme e a criticare a vicenda la cucina altrui. Dopo pranzo decidemmo di guardare un film, la scelta fu ardua visto che i film di mia madre erano abbastanza vecchi e secondo Jake anche noiosi, aveva tutti i tipi di Romeo e Giulietta e tutti film del genere, alla fine optammo per una commedia. Una commedia che in fin dei conti non faceva ridere così tanto, anzi, era anche noiosa. Così appoggiai la testa sulla spalla del mio lupo, che per poco non si addormentava. Intanto, la pioggia imperterrita non voleva saperne di finire e quel film andava avanti da circa due ore e non voleva proprio saperne di finire. Durante il pomeriggio mi avevano chiamata mio padre e mia nonna, entrambi volevano sapere cosa stessi facendo e se mi stessi annoiando e ad entrambi dovetti mentire per evitare che Alice o qualcun altro arrivasse a farci compagnia.

Il tuo gusto nello scegliere i film è quasi peggiore di quello di tua madre” scherzò il mio lupo.

Questo lo hai scelto tu!” lo accusai. “Io preferivo una delle versioni di Romeo e Giulietta”.

Che noia!” brontolò. “Tanto già lo sai che muoiono entrambi!”.

Cosa c'entra?!” esclamai, alzandomi per guardarlo negli occhi. “E' il resto della storia che conta!”.

Certo” sorrise, sarcastico. “Il loro amore eterno!”.

Proprio quello!” sbuffai. Lui mi guardò serio un attimo e poi sorrise scuotendo la testa.

Cosa c'è?” chiesi.

Scrollò le spalle e poi ridendo, rispose: “Tanto muoiono!”. Gli diedi un pugno sul braccio e mi unii alla sua risata, era sorprendete come riuscisse a ridere su qualunque cosa, anche su una storia romantica come quella di Romeo e Giulietta. Quando la risata si spense, continuammo a fissarci negli occhi, come se cercassi una risposta o qualcosa del genere, neanche lo sapevo... quando lo guardavo negli occhi perdevo la concezione del tempo e dello spazio e non riuscivo neanche a riflettere lucidamente. Mentre formulavo quei pensieri mi accorsi che il braccio che aveva messo sulle mie spalle stava stringendo la presa e che il suo viso si stesse avvicinando lentamente a me. Desiderai chiudere gli occhi e lasciarmi andare a quel momento, sicura che questa volta non ci sarebbe stato nessuno ad interromperci, ma la parte più ragionevole di me mi ricordò che mio padre lo avrebbe preso come un tradimento, avrebbe pensato che avessimo aspettato che lui non ci fosse a tenerci d'occhio per lasciarci andare. Non volevo ferire mio padre, ma non volevo ferire neanche il mio lupo, comunque alla fine a malincuore decisi che quello non era il momento giusto. Mi alzai di scatto, sfuggendo alla sua presa.

E'...è... meglio che vada a preparare la cena” balbettai e mentre mi allontanavo, lo vidi sorridere come se se lo aspettasse. Scappai in cucina e cominciai a preparare la cena, non sapevo neanche quello che stavo facendo, ero troppo agitata per pensarci. Mi fermai solo quando mi accorsi che le grandi braccia di Jake, si appoggiavano sul piano della cucina, costringendomi tra lui e i mobili di fronte a me. Quando mi girai, me lo ritrovai col viso a pochi centimetri dal mio, che mi scrutava senza dire niente. Rimanemmo così un istante infinito e poi la sua mano destra si alzò, posizionandosi sotto il mio mento per portarlo all'altezza del suo viso.

Jake...io...io...” balbettai, incapace di formulare una frase coerente.

Ti amo” rispose lui, con tutto l'ardore di cui era capace la sua voce. Non mi diede neanche il tempo rispondergli, che le sue labbra furono sulle mie e questa volta non mi opposi, non volevo farlo. Ogni cellula presente nel mio corpo si sporgeva verso di lui, mentre le sue mani scesero sui miei fianchi e mi portarono verso il muro, dove mi ci costrinsero con un leggera spinta. Tutti le preoccupazioni, tutte le paure erano scomparse, non ricordavo più niente e non volevo farlo, vivevo quel momento come fosse il più bello della mia vita e niente poteva interromperlo. Lontanamente, come se provenisse da un altro pianeta, sentii la vibrazione insistente di un cellulare, ma lo ignorai, chiunque fosse avrebbe aspettato. Quando il baciò finì, mi ritrovai a guardarlo negli occhi e questa volta le parole non mi mancarono.

Ti amo” mormorai e lui sorrise, felice, poi per un'ultima volta avvicinò di nuovo le nostre labbra delicatamente, prima di lasciarmi andare. Non dicemmo niente, lui si sedette a tavola e io ripresi a preparare la cena. Mi sentivo felice, non ero mai stata così in pace con me stessa, sentivo che Jake era tutto quello che volevo e niente riuscì a turbare la serenità di quella sera. Dopo cena richiamai mio padre e riuscii a nascondere tutta la mia euforia, inscenando anche un po' di noia per la giornata passata a far niente. Poi mi accoccolai tra le braccia del mio lupo e questa volta invece che un bacio sulla guancia, mi diede la buonanotte con un bacio vero e proprio che mi fece scivolare in un sonno leggero e felice...


Il giorno dopo il risveglio conservò la gioia del giorno prima e come avevo predetto in cielo splendeva il sole. Mi alzai di scattò quando mi accorsi che Jacob non era al mio fianco e mi precipitai in cucina dove lo trovai a preparare la colazione come il giorno prima.

Buongiorno” lo salutai felice, mentre mi avvicinavo a lui.

Ciao, tesoro” mi salutò, mentre mi accarezzava i capelli. “Allora, oggi a caccia?”.

Si” risposi, eccitata. “Ho voglia di sangue”.

Bleah!” scherzò lui, facendo una smorfia. Dopo fatto la colazione, andammo subito a caccia. Fu più facile concentrarsi una volta che lui si fu trasformato, anche se non la smetteva di spingermi con il suo enorme muso o di leccarmi la faccia. Alla fine abbattemmo un cervo a testa e dopo che ebbi finito di bere il suo sangue, mi guardai intorno chiedendomi cosa avremmo potuto fare quel giorno. Mentre mi avvicinavo a Jake, che si ripuliva il muso nel fiume, ci raggiunsero anche Seth e Leah. Si scambiarono qualche sguardo e poi i due lupi sparirono nella foresta.

Cosa volevano?” chiesi, curiosa e lui scrollo le enormi spalle.

Cosa facciamo ora?” domandai, ancora. Lui corse nella foresta, dove non potessi vederlo e quando tornò era in forma umana.

Cosa vuoi fare?” esclamò, sorridente.

Non lo so” mugugnai.

Alla fine decidemmo di andare a casa Cullen, dove passammo una giornata piacevole insieme ai miei zii. Naturalmente, evitammo di metterli al corrente che io e Jake stavano insieme... quella parola mi sembrava alquanto inusuale, strana... Non volevamo scatenare liti, Rose non avrebbe reagito bene e mi bastava immaginare la reazione di mio padre, solo per rabbrividire. Il resto della giornata passò in modo tranquillo, Jake era bravo a mentire quando non c'era nessuno che poteva leggergli nel pensiero. Anche le giornate che mancavano all'arrivo dei miei genitori passarono felici e spensierate, anche se più passava il tempo più mi rendevo conto di ciò che avevamo fatto e mi preoccupava la reazione di mio padre. Non sapevo ancora se dirglielo o meno, mi faceva paura pensare che avrebbe potuto impedirmi di stare con Jacob e non sapevo proprio come affrontare la situazione. Jake dal canto suo non era molto d'aiuto, il suo menefreghismo non coincideva molto con la mia preoccupazione e per giunta non potevo parlarne con nessuno, visto che i miei parenti vampiri non ne sarebbero stati molto più entusiasti di mio padre. Purtroppo i due giorni rimanenti passarono troppo in fretta e alla fine del secondo dovetti affrontare il discorso con Jacob.

Pensi che dovremmo dirlo a mio padre?” chiesi, sedendomi accanto a lui sul divano.

Perché?” domandò, scettico.

Non penso che la prenderà bene” spiegai.

Non la prenderebbe bene comunque” insistette.

Si” risposi. “Ma ora lui non c'è... lo prenderebbe come un tradimento...”.

Ti fai troppi problemi” sbuffò.

Forse non avremmo dovuto” sospirai.

Perché?!” esclamò.

Mi fa paura la reazione che potrebbe avere” mormorai. Jacob mi si avvicinò con aria protettiva e mi avvolse tra le sue possenti braccia, poggiando il mento sulla mia testa.

Non permetterò che ti succeda nulla” mi rassicurò.

So che lui non mi farebbe del male” spiegai. “Ho solo paura di perderti”.

Ti ho aspettata per sette anni” sussurrò. “Non sarà di certo tua padre a dividerci”.

Ti amo, Jake”.

Ora lo so”. Alzai la testa per guardarlo e i nostri sguardi si incrociarono, mentre Jake riuniva le nostre labbra ancora una volta. Quando le nostre labbra si separarono, rimanemmo in silenzio a guardare il vuoto. Pensai a come sarebbe stato il ritorno dei miei genitori, Jacob non era bravo a tenere i suoi pensieri per sé e io non avevo capito se volevo dirglielo o meno... forse avrei dovuto parlarne con mia madre, visto che l'idea di affrontare mio padre non mi sfiorava nemmeno, avrei potuto lasciare a lei l'ingrato compito...Comunque era meglio se Jake non ci fosse stato, per evitare incidenti...

Jake” lo chiamai. “Penso che tu non dovrei essere qui al ritorno dei miei”.

Perché?” chiese, noncurante.

Non vorrei che ti scappasse qualcosa...”.

Se proprio ci tieni” mormorò.

Grazie” sospirai.

NDA: Questo è un capitolo bellissimo finalmente c'è il primo bacio ** lo adoro solo per questo. Spero che vi piaccia quanto piace a me e mi farebbe piacere ricevere i vostri pareri. Grazie e buona lettura.

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Capitolo 11
*** Discussioni ***


Capitolo 11


Mi affacciai alla finestra, il cielo era ricoperto di nuvole, sembrava triste e spento. Io, invece, non ero ne triste ne spenta, anzi, ero molto euforica e non solo perché di li a poco sarebbero ritornati i miei genitori, ma perché la mia vita era radicalmente cambiata in quella settimana, un attimo e tutto aveva preso una piega diversa, una piega che forse per uno spettatore esterno era scontata, ma per me non lo era affatto. L'unica nota dolente era che non potevo parlarne con i miei genitori, loro non avrebbero capito, per loro ero ancora una bambina di sette anni, ma io non mi sentivo tale. Osservavo il vialetto che conduceva a casa mia, ancora qualche secondo e da quella foresta avrebbe fatto la sua comparsa la Aston Martin di mio padre. Non ebbi nemmeno il tempo di finire di formulare quella frase nella mia mente, che annunciandosi con un rombo di motore, apparve la macchina di mio padre. Quell'immagine mi provocò un attacco d'ansia, il mio cuore cominciò a battere all'impazzata, molto più forte del suo normale ritmo, e come se non bastasse, cominciai a sudare freddo. Non potevo permettermi di farmi vedere in quelle condizioni, persino un umano si sarebbe accorto che ero agitata fino all'inverosimile, dovevo calmarmi e dovevo farlo ora. Chiusi gli occhi e cercai di di scacciare tutti pensieri, fino a ritrovarmi da sola con me stessa. Poi la porta di casa si aprì e sobbalzai. “Renesmee cerca di sembrare il più naturale possibile” mi dissi e raggiunsi il salotto di corsa, ripetendomi “ Non pensare a Jacob, non pensare a Jacob...”.

Bentornati!” esclamai, sorpresa di quanto la mia voce fosse naturale. Corsi verso mia madre e l'abbracciai, fu piacevole sentire di nuovo la sua pelle fredda a contatto con la mia.

Mi sei mancata, amore” disse mia madre, tra i miei capelli.

Anche tu, mamma” le risposi e per quanto fosse vero, una parte di me avrebbe voluto che non fosse mai tornata, una parte di me non avrebbe neanche voluto essere li in quel momento e mai come allora, quella parte di me aveva tutto il mio appoggio. Poi entrò mio padre, sorridente come sempre, posò le valige sulla soglia e guardando la casa come se la vedesse per la prima volta, disse: “Casa,dolce casa”. Mi irrigidii appena lo vidi entrare e cercai di fare di tutto per non pensare a Jacob, osservavo cose che non avevo mai osservato, mi perdevo in speculazioni su cose inutili, tutto pur di salvare il mio segreto. Poi mio padre mi guardò e qualcosa nei suoi occhi brillò, mi venne incontro e mi abbracciò. “Ciao, tesoro” disse, poi guardo prima me e poi mia madre. “Leah, deve dirmi qualcosa. Sta aspettando nel bosco. Torno subito” continuò. Diede un bacio a mia madre e scomparì oltre la soglia di casa, mia madre non gli staccò gli occhi di dosso finché lui non scomparve alla sua vista e per un attimo sembrò che stesse per alzarsi e seguirlo di corsa e così facendo mi avrebbe fatto un grande favore. Io e mia madre ci dirigemmo in camera mia, lei si sedette sul letto mentre io rimasi in piedi, a debita distanza.

Credevo che ti avremmo trovato con Jacob, dov'è adesso?” chiese mia madre, curiosa. Non mi aiutava affatto, perché doveva per forza parlare di Jake? Cercai di rimanere impassibile e di risponderle senza destare sospetti.

E' andato a parlare con il resto del branco” Per fortuna ero brava quasi quanto mio padre a mentire, in realtà io e Jake avevamo deciso, di comune accordo, che era meglio che lui non ci fosse al ritorno dei miei genitori, tanto per evitare imprevisti. “Dovevano decidere...qualcosa” finii la frase, con più convinzione possibile.

Noto che sei molto informata” disse mia madre e poi si mise a ridere, la sua risata mi fece sobbalzare, cosa del tutto innaturale per me, pregai che non se ne fosse accorta.

Già” le risposi, il mio corpo ormai sprizzava nervosismo da tutti i pori. Guardai mia madre negli occhi e vidi che mi scrutava insistentemente, aveva capito qualcosa, dovevo calmarmi. “Renesmee sta calma, non fare passi falsi” continuavo a ripetermi.

Renesmee, cosa c'è?” mi chiese improvvisamente, rimase impietrita, il respiro mi si blocco in gola e cercai di formulare nella mia mente una scusa coerente. Ma prima che potessi parlare, prima che chiunque potesse fare qualcosa, la porta della mia camera si spalancò ed entro un vampiro... Si, un vampiro, non mio padre, quello che avevo davanti non era mio padre, aveva gli occhi infiammati di chi è pronto ad uccidere e il suo corpo sembrava pronto a saltarmi addosso, mio padre non aveva mai avuto quella espressione e mi pietrificò con i suoi occhi dorati.

Perché lo hai fatto?!” mi urlò contro, abbassai lo sguardo, non riuscivo a sostenere il suo. I miei occhi caddero sulle mie mani che in pratica si stavano torturando a vicenda e sibilai “Leah”. Non potevo credere che mi avesse tradito così, sapevo che Leah era acida, ma non avrei immaginato che fosse anche cattiva e calcolatrice, sapeva benissimo cosa sarebbe successo se mio padre avesse scoperto il mio segreto!

Per quanto avevi intenzione di tenercelo nascosto?!” urlò di nuovo mio padre infuriato, alzai gli occhi e lo guardai in faccia. “Siccome eri così attenta a non pensare a Jacob prima!” finì la frase, quasi ringhiando.

Papà, calmati!” gridai a mia volta, stava notevolmente esagerando, tanta rabbia per niente. “Non esagerare! Non è successo niente!” conclusi la frase, alzando notevolmente la voce.

Non dirmi di calmarmi! Io e tua madre ti abbiamo dato fiducia e tu ne hai approfittato!” mi accusò. In un attimo mi fece sentire una traditrice, una che non merita niente, ma non era così, un bacio non era una cosa che si può premeditare, è una cosa che succede e basta!

Smettila! Non ho approfittato di nulla! E' solo successo!” dissi a mia discolpa, mi sentivo come un imputato in una camera giudiziaria, ma non avevo il ruolo del serial killer spietato che merita la pena, avevo il ruolo di uno che non ha fatto niente e che sta per avere una pena peggiore di quella del serial killer. Passò un lungo istante in cui, io e mio padre ci guardammo in cagnesco, senza dire ne pensare nulla, come due animali che si studiano prima dell'attacco finale e io non ero di certo il più forte dei due, ma quello era un incontro a cui non potevo sottrarmi, ne andava della mia felicita futura.

Non lo rivedrai più!” urlò mio padre. In un attimo mi cadde il mondo addosso, aveva colpito nel segno, ma non potevo arrendermi, non potevo smettere di lottare. La rabbia in attimo si placò e dai miei occhi cominciò a scendere un fiume di lacrime, che rigandomi il viso, mi facevano sentire debole e per una volta, una bimba davanti ad un vampiro e non più una figlia davanti a suo padre.

Non puoi farmi questo! Sai cosa significherebbe per me! Sai benissimo cosa si prova!” Lo accusai e intanto le lacrime scendevano inarrestabili e per la prima volta non volevo nasconderle, non ne sentivo alcun bisogno.

Non ho altra scelta!” Si giustificò mio padre, come se quello bastasse a calmarmi o fosse una ragione valida per impedirmi di vedere Jacob, non avevo scelta, anche se avrei dovuto implorarlo in ginocchio o combatterlo non mi sarei arresa, avevo bisogno di Jacob, era la mia vita e lui non poteva negarmi la vita, un padre non può negare la vita a sua figlia, ma un vampiro? La mia domanda continuò a danzarmi in testa, ma non c'era tempo per certe speculazioni, dovevo fare qualcosa e dovevo farlo subito.

Sai che ho bisogno di Jake! Non posso vivere senza di lui!” urlai e pregai che mi ascoltasse, che per una volta non facesse di testa sua, ma negli occhi di mio padre non c'era alcuna traccia di cedimento, anzi, erano sempre più duri e freddi.

Non lo rivedrai più, punto” sbraitò, come per chiudere il discorso. Rimasi un attimo a guardarlo, un attimo per capire cosa significavano quelle parole e perché mio padre, l'uomo che avrebbe dovuto sempre aiutarmi, aveva deciso di uccidermi nel modo più lento e doloroso possibile. Le lacrime continuarono a scendere, ma a loro si unì una rabbia ceca, che per una volta mi fece sentire davvero la mia parte di vampira, però quelle due emozioni insieme crearono un mix letale e mi fecero dire cose che mai, in tutta la mia esistenza, avrei detto a mio padre. “Come puoi essere così perfido?!” gli chiesi, ma la mia domanda era inutile e davanti all'indifferenza dei suoi occhi, la mia rabbia crebbe fino a farmi esplodere. “Sei un mostro! Io ti odio!” rimasi sconcertata da quello che avevo detto, anche perché lo avevo detto a mio padre. Ma non ebbi neanche il tempo di abbozzare una scusa, che vidi la mano di mio padre alzarsi e colpirmi in pieno viso. Lo schiaffo mia fece perdere l'equilibrio, caddi all'indietro e in una frazione di secondo mi ritrovai a terra, scossa da tremori, con il sapore del sangue in bocca, il mio sangue! Portai una mano sul labbro constatando che si era rotto, alzai gli occhi verso mio padre, ma mi ritrovai di fronte a mia madre, con lo sguardo quasi impazzito. “Cosa hai fatto?!” urlò a mio padre, che non le rispose, ma rimase a guardare. Mia madre mi porse la mano e la presi, mi alzai e mi lasciai condurre in macchina, non sapevo perché la stessi seguendo, dopotutto mi ero solo rotta il labbro, cose che capitano quando hai per padre un vampiro isterico. Salii in macchina senza fiatare, mentre le lacrime cominciava a scarseggiare e la rabbia prendeva il sopravvento su di me. Mia madre stava per aprire la portiera, ma venne bloccata da mio padre. “Guido io” disse e lei non si oppose. Aprì la portiere, si sedette accanto a me e posò, delicatamente, il mio viso sul suo petto. Ormai le lacrime era scomparse e l'unico sentimento che ancora sentivo era la rabbia. Il labbro non mia faceva tanto male e tutto questo era superfluo e inadeguato, ma mia madre era molto apprensiva e ora non avevo voglia di mettermi a litigare anche con lei. Dopotutto quello che mi faceva più male era quello che mi aveva detto mio padre, non potevo credere che mi avesse proibito di vedere Jake, ma soprattutto che avesse perso la calma in quel modo. Arrivammo a casa Cullen in baleno e appena entrati il mio sangue allarmò tutta la famiglia. Carlisle e Rose mi si avvicinarono subito, con lo sguardo notevolmente preoccupato.

Cosa è successo? Perché Renesmee sta perdendo sangue?” chiese Rosalie a mia madre.

Lascia perdere, Rose” le rispose mia madre. Lasciar perdere? E perché mai? Dopotutto i miei genitori mi avevano insegnato che nella vita bisogna prendersi le proprie responsabilità, non era ora che mio padre rispondesse a qualcuno delle sue azioni? Beh, in quel momento, Rosalie mi sembrava la persona più adatta.

Perché mai?!” domandai, acida. Ma in quel momento, tutti erano preoccupati della mia salute, come se fossi stata appena investita o cose del genere, perché nessuno si ricordava che ero per metà vampiro?

Portiamola nel mio studio” disse Carlisle, con tono professionale.

Grazie” rispose mia madre, come se mio nonno le stesse facendo una favore.

Allora si può sapere cosa è successo?!” chiese Rose, notevolmente innervosita.

Mia madre a quel punto fu costretta a dire la verità. “Edward le ha dato uno schiaffo” confessò, tutto d'un fiato.

Cosa?!” urlarono, sorpresi, sia Carlisle che Rose. Rosalie scomparì in un attimo e per un secondo temetti che staccasse la testa a mio padre, questo avrebbe fatto arrabbiare notevolmente mia madre e una faida in famiglia non era la cosa migliore in quel momento. Sentii Rosalie sbraitare contro mio padre ed Emmett che cercava di calmarla, inutilmente. Mia madre si allarmò e disse: “Carlisle, posso lasciarla qui fino a quando non hai finito?”

Certo, Bella” rispose, mio nonno. “La rifaccio accompagnare da Rosalie appena ho fatto”

Grazie” disse mia madre e dallo sguardo sembrava veramente grata a Carlisle. Poi mi baciò sulla fronte e scomparve, sentii lei e mio padre che uscivano di casa.

Ti fa male?” mi chiese mio nonno.

No” dissi, acida. “Non c'era bisogno di venire fino a qui, guarirà in poco tempo” conclusi.

Tua madre è molto apprensiva” Confermò mio nonno. Rimanemmo in silenzio, mentre lui mi tamponava il labbro con dell'acqua ossigenata e io, intanto, osservavo lo studio. Era in ordine e perfetto come sempre, pieno di libri e quadri.

Non devi avercela con lui” sospirò mio nonno, sempre pronto a proteggere tutti.

Come faccio a non farlo?” gli chiesi, sincera.

Devi dargli tempo” mi rispose.

Ha avuto sette anni”

Renesmee, in sette anni non si diventa adulti”

Non sono una bambina” dissi, acida.

Lo so” sospirò.

Ma lui non vuole capirlo” conclusi la frase per lui.

Si” acconsentì.

Allora cosa dovrei fare? Aspettare che sia lui a dirmi “Bene, da oggi puoi innamorarti”?”

Nessie, hai ragione”

Ma?” chiesi, scettica.

Ma lui è sempre tuo padre”

Tu non gli hai impedito di amare mia madre e lei era un umano quando si sono conosciuti”

Perché avrei dovuto? Lei era quello che lui voleva”

E Jacob è quello che voglio io!” Gli dissi quasi urlando. A interrompere la nostra discussione fu l'entrata di Rosalie. La guardai negli occhi, era arrabbiata e avrebbe volentieri preso a calci o distrutto qualcosa, ma in quel momento le interessava solo la mia salute.

Come stai?” chiese, guardando il mio labbro rotto.

Bene” sbuffai, quante volte avrei dovuto ripetere quella parola?

Io ho finito, puoi riportarla a casa, Rose” concluse mio nonno. Io mi alzai in piedi e diedi un bacio a mio nonno sulla guancia per poi seguire Rosalie in silenzio. Uscimmo da casa Cullen e ci dirigemmo sulla BMW di mia zia, mi sedetti al posto del passeggero e aspettai che Rose mettesse in moto.

Cosa hai combinato?” mi chiese, ancora infuriata.

Dobbiamo parlarne per forza?” la supplicai. Lei fece cenno di si con la testa, quando faceva così assomigliava tantissimo a mio padre, chissà se glielo avessi detto come avrebbe reagito.

Abbiamo litigato”.

Questo lo vedo” disse, girandosi verso di me. “Vorrei sapere il motivo”.

Ho baciato Jacob” confessai. La macchina sbandò notevolmente e Rose evitò per un pelo un albero, che però con un ramo le rigò la portiera posteriore. Io rimasi impassibile, dopotutto Rosalie era solo mia zia.

Cosa hai fatto?!” urlò, furiosa.

Andiamo, Rose” la pregai. “Non farmi la predica anche tu! E' successo e basta!”

Cosa vuoi che ti dica, allora?” urlò di nuovo.

Visto? Era meglio non parlarne!” dissi. “E poi non sono fatti tuoi e neanche di mio padre!” conclusi, acida.

Scusa tanto se ci preoccupiamo per te!” ribatté lei.

Cos'ha Jacob che non va?”

Vuoi che ti faccia una lista scritta o posso dirtelo a voce?” disse lei, sarcastica.

I vostri pregiudizi sui licantropi a me non interessano!” le urlai contro.

Lei sbuffò, fermando la macchina. “Siamo arrivati”

Mia madre arrivò di corsa e mi aprì la portiera, mi guardava con i suoi occhi apprensivi e preoccupati, probabilmente aveva avuto una discussione con mio padre. “Come va ,amore?” mi chiese mia madre, ma la ignorai, non volevo rivolgerle la parola, ne a lei ne tanto meno a mio padre.

Ciao, Renesmee, spero che tuo padre non ti stacchi la testa a morsi!” mi salutò Rosalie, sarcastica.

Grazie, Rose, ti voglio bene anch'io” le risposi e lei mi sorrise ironica. Chiusi la portiera e senza guardare mia madre mi diressi verso casa, entrai nel salotto e non degnai della mia attenzione neanche mio padre, dirigendomi in fretta in camera mia e quando sentii i passi di mia madre dietro di me, chiusi la porta sbattendola violentemente e sperai che capisse che non volevo parlare. Mi accasciai a terra, ancora con le spalle attaccate alla porta e prendendomi il viso tra le mani, scoppiai a piangere. Non potevo credere che quello che era successo era tutto vero, mi rifiutavo di crederci, volevo che fosse solo un incubo, volevo sentire la sveglia che mi avrebbe riportato alla realtà, ma niente. Passarono secondi interminabili, continuavo a piangere e non sapevo cosa fare, come mi sarei opposta ai miei genitori? Come li avrei convinti ad accettare Jacob? Solo ora mi accorgevo che quello domande non erano nuove, ma sempre le stesse, mio padre non aveva mai accettato Jacob e solo un miracolo avrebbe potuto fargli cambiare idea. In quel momento, l'unica cosa che desideravo era che il mio lupo fosse lì e che sdrammatizzasse quella situazione con una delle sue battute. Volevo solo che lui fosse accanto a me, ma più lo cercavo più mi accorgevo che non c'era e questo era strano, non ci avevo mai pensato, ma Jacob c'era sempre stato. Lui aveva recitato per me la parte del fratello maggiore, del migliore amico e ora lo amavo, lo amavo come i polmoni amano l'aria. No, non mi sarei arresa, lui era tutto per me e io non avrei lasciato che l'egoismo di mio padre me lo portasse via. A distogliermi dai miei pensieri fu la discussione dei miei genitori, forse ascoltarli in silenzio mi avrebbe distratto un po'.

Edward, ti prego” lo pregò mia madre. “Non posso vederla così”

Nemmeno io, ma cosa vuoi che faccia? Prima o poi si riprenderà” affermò mio padre, quella frase mi fece investire da una nuova ondata di rabbia, si riprenderà? Ma in che mondo viveva? Se si aspettava che io dimenticassi Jake, come si dimentica un ragazzo qualunque per cui hai una semplice cotta, si sbagliava di grosso e glielo avrei dimostrato.

No, non lo farà e lo sai benissimo” affermo mia madre. “Se ha preso un minimo di ostinazione dai genitori, sai che non lo farà” constatò lei, finendo la frase e non sapeva quanto avesse ragione.

Bella” la chiamò mio padre. “Io e te avevamo altri motivi per essere ostinati” si giustificò. Avrei voluto sentire la risposta di mia madre, ma il mio cellulare squillò facendomi sobbalzare. Mi alzai di corsa e lo afferrai, non lessi neanche chi era, lo sapevo benissimo.

Ciao, Jake” dissi, fingendo un po' di entusiasmo.

Ciao, piccola, come va?” mi rispose lui, tutto allegro.

Ho avuto giornate migliori, Jake” sospirai, malinconica.

Di che parli?”

Perché non lo chiedi a Leah?” gli risposi, acida. “Potresti chiederle, magari, cosa ha pensato davanti a mio padre” conclusi, con molta più acidità nella voce. Ci fu un lungo minuto di silenzio in cui ne io ne lui dicemmo niente e quando la tensione salì alle stelle, fu lui a parlare.

E lui come l'ha presa?”chiese, preoccupato.

Oh, bene!” dissi, sarcastica. “Stava per spaccarmi la mascella” conclusi.

Cosa?!” urlò, adirato. “Renesmee” scandì il mio nome lettera per lettera. “Dimmi che stai scherzando!”

Ti sembra che stia scherzando, Jake?” Non mi rispose, sentii una porta sbattere e il motore di una moto fare le fusa.

Jacob, cosa vuoi fare?” chiesi, allarmata. Ma lui non mi rispose, dall'altro capo del telefono sentivo solo il vento che fischiava nel microfono.

Jacob!” urlai.

Sta calma” urlò. “Sto arrivando” E chiuse la chiamata, rimasi con il cellulare ancora attaccato all'orecchio, cosa voleva fare? Ero preoccupatissima, mio padre era già arrabbiato, l'arrivo di Jacob non avrebbe fatto altro che peggiorare la situazione. Quando sentii le fusa delle moto, uscii di corsa da camera mia e quando arrivai nel salotto Jacob aveva già fatto la sua comparsa.

Io e te dobbiamo parlare” disse Jake, non lo avevo mai visto così arrabbiato, di solito era sempre allegro e sorridente.

Non potrei essere più d'accordo” gli rispose mio padre, che non si era calmato neanche un po'.

No!” mormorammo io e mia madre insieme, ero preoccupatissima per Jake e anche se non volevo ammetterlo, neanche a me stessa, era preoccupata anche per mio padre. Jacob non aggiunse niente e uscì, mia madre prese mio padre per mano e lo seguirono.

Renesmee rimani qui” disse mia madre, ma non l'ascoltai nemmeno, non poteva pretendere che io rimanessi in disparte, non in quella situazione. Mio padre lasciò la mano di mia madre, si diresse fuori e io non potei fare altro che accodarmi a lui. Arrivammo nella foresta, per la prima volta non mi sembrava accogliente, era come se sapesse che di li a poco sarebbe successo qualcosa di veramente brutto e lei sarebbe rimasta immobile e impassibile, come negli ultimi cent'anni. Mio padre e Jacob si posizionarono, indifferentemente, uno d'inanzi all'altro. Mentre mia madre si posizionò davanti a me, come se fossi io quella che stava per fare a botte con un lupo o con un vampiro.

Come hai osato toccarla?!” urlò Jacob.

Come hai osato baciarla?!” gli rispose di rimando mio padre.

Ormai è grande, fa ciò che vuole!” urlò di nuovo Jake e aveva ragione non ero più una bambina.

E' ancora una bambina!” urlò mio padre. Sempre la stessa storia era diventato noioso e ripetitivo, ma quando si sarebbe accorto che non ero più una bambina?

No! Ha quasi diciotto anni!” protestò Jacob.

Tecnicamente ne ha ancora sette!” constatò mio padre.

Non dire stupidaggini!”urlò Jake. “La sua maturità ed il suo fisico sono pari ad una ragazza di diciotto anni”

Questo non significa che tu possa fare ciò che vuoi!” constatò mio padre.

Se non l'avesse voluto anche lei, non l'avrei fatto!” urlò Jacob. Ma così facendo, fece scattare mio padre, che si avvicinò pericolosamente, si scagliò su di lui ma, per fortuna, Jake rispose prontamente all'attacco. Mi scappò un urlo e la preoccupazione salì alle stelle, mentre un altro urlo stava per scapparmi dalla gola, Jake diede un pugno a mio padre e lui volo ad una decina di metri di distanza, fermato da un albero che colpì in pieno. Stavo per correre verso Jake, ma mia madre mi spinse e caddi all'indietro, ma perché oggi qualsiasi cosa facessi mi ritrovavo a terra?! Mia madre si parò davanti a mio padre fermandolo e io mi rialzai di scatto e corsi verso Jake, che intanto si era trasformato e ringhiava contro mio padre. Mi parai davanti al suo muso, cercando di attirare la sua attenzione, ma quando vidi che puntava ancora a mio padre, gli poggiai la mano sul muso. “Jake, calmati, va tutto bene”. Vidi i suoi grandi occhi marroni scendere verso di me e guardarmi come se mi vedessero per la prima volta, guaì piano come a scusarsi di quello che aveva appena fatto, sorrisi e gli dissi : “Non preoccuparti, Jake, va tutto bene!” Quando sentii l'odore dei tre lupi che erano venuti per portare via Jake, mi venne un nodo in gola, non volevo che mi lasciasse di nuovo, volevo che restasse ancora lì con me. Non mi ero accorta che la mia mano era ancora sul muso di Jake, lui guaì dispiaciuto e io allora gli dissi per rincuorarlo: “Non preoccuparti, Jake, ti amo!”. Lui mi guardò con quei suoi grandi occhi e poi si lasciò trascinare via da Seth, Quil ed Embry. Rimasi a fissarlo, finché non scomparì del tutto e poi, senza guardare nessuno, mi girai e corsi in camera mia, sbattendo la porta. Guardai la mia stanza, non sapevo cosa fare, mi guardavo intorno senza sapere cosa volevo o cosa fare. Non volevo piangere di nuovo, non volevo disperarmi o accrescere la rabbia che provavo per mio padre, avevo bisogno solo di stare un po' da sola. Indossai il pigiama, tranquillamente, cercando di non pensare a niente e poi mi infilai nel letto. Mi misi a guardare il soffitto, lasciando che i ricordi mi assalissero, ripensai a ogni volta che avevo passato del tempo con Jake, a ogni volta che lui mi aveva protetta o che mi aveva fatto ridere con una delle sue battute. A distogliermi dai miei ricordi fu la porta che si aprì piano, probabilmente, mia madre pensava che mi fossi addormentata, così, visto che non volevo parlare con lei, chiusi gli occhi e finsi di dormire. Si sedette al bordo del mio letto e prese ad accarezzarmi i capelli. Mi sentivo come un gatto che se ne sta appollaiato sulle gambe della sua vecchia padrona, tranquillamente, desideroso delle carezze di quelle mani vecchie e nodose. Restammo così per qualche ora, cominciavo ad annoiarmi, non riuscivo a dormire, ma non avevo neanche il coraggio di aprire gli occhi e parlare con mia madre, sperai che se andasse e che mi lasciasse in pace. Purtroppo mia madre non era della stessa idea e rimanemmo così ancora per qualche ora, non sapeva che la mia pazienza non era eterna? Prima o poi mi sarei stufata, ma per ora mi facevo bastare la poca pazienza che mi restava, meglio non esagerare con i litigi oggi. Come un ancora di salvezza, la porta di camera mia si aprì piano ed entrò mio padre. Non potei guardarlo in faccia, visto che dovevo fingermi addormentata, ma dalla sua voce avrei giurato che fosse pentito.

Bella...” sussurrò per non disturbarmi. “C'è Alice che vorrebbe andare a caccia con te”. Mia madre esitò, probabilmente, non voleva lasciare la sua postazione e io invece, pregai che Alice la trascinasse fuori anche senza la sua volontà. Consapevole del fatto che non l'avrebbe avuta vinta, mia madre si alzò e dandomi un bacio sulla fronte, uscì senza fiatare. La porta si chiuse alle loro spalle e io rimasi finalmente da sola. Mi misi a sedere sul letto, avevo ancora sonno, anche perché non si poteva dire che avessi dormito, ma non avevo intenzione di tornare a letto. La porta di casa si chiuse, mia madre ed Alice erano uscite, e in casa eravamo rimasti solo io e mio padre. Questo mi provocava una certa ansia, non sai mai cosa aspettarti da un padre isterico, soprattutto se tuo padre è un vampiro. Sentii i passi di mio padre che facevano avanti e indietro dalla porta di camera mia al soggiorno, forse voleva parlarmi o scusarsi, ma non avrei accettato ne di parlare con lui ne tanto meno scusarlo. Non so per quanto tempo continuò così, non avevo certo intenzione di stare lì ad aspettare lui, quindi accesi il computer e mi misi a navigare un po' sul sito della mia futura scuola. Poi sentii mio padre avvicinarsi con più decisione alla mia porta, ma prima che mettesse la mano sulla maniglia, visto che non volevo parlarci, gli feci capire chiaramente che non era desiderato. “Vattene, non voglio parlare con te!” sibilai e lui desistette subito, come se gli avessi fatto un favore cacciandolo. Mi aveva fatto passare la voglia di stare al computer, così lo chiusi con un colpo secco e tornai a letto, sperando di addormentarmi. Mi rigirai nel letto ancora per qualche ora, ma quando capii che non mi sarei addormentata, decisi che una buona colazione faceva al caso mio. Uscii da camera mia, chiudendomi la porta alle spalle, mio padre era ancora seduto sul divano. Corsi verso la cucina e lo ignorai completamente, aprii il frigorifero e presi una bottiglia di latte e poi, dalla credenza afferrai un pacco di biscotti al cioccolato. Poggiai i biscotti sul tavolo e poi misi a bollire il latte, mentre aspettavo che bollisse, mi sedetti sul tavolo e cominciai a sgranocchiare i biscotti. Improvvisamente, sentii mio padre alzarsi e dirigersi verso la cucina, certo che non si arrendeva mai!

Non hai capito?” chiesi, acida. “Ti ho detto che non voglio parlarti!”

Renesmee...io...io...” balbettò, pentito.

Non voglio ascoltarti!” urlai. “Lasciami in pace” Lui sospirò, sconfitto, e tornò sul divano. Intanto il latte era pronto, presi la mia tazza rossa preferita e bevvi piano il latte bollente. Quando ebbi finito, tornai in camera mia e chiudendomi la porta, mi precipitai sul letto. Intanto sentii la porta aprirsi, probabilmente mia madre era tornata e ora si sarebbe rimessa a parlare o discutere di nuovo. Invece contro ogni pronostico, la porta della mia camera si aprii.

Tesoro? Posso?” chiese, esitando.

Mamma?” risposi, sorpresa. Lei entrò, chiudendosi la porta alle spalle e accomodandosi sul letto.

Cosa c'è?” le domandai, scettica.

Come stai?” sussurrò. Che domanda stupida? Come potevo stare bene?

Rispondere “male” sarebbe un eufemismo” risposi, acida. Abbassai gli occhi verso il copriletto e con la coda dell'occhio vidi che stava sorridendo, fissandomi. Chissà cosa le passava per la testa, mia madre era imprevedibile.

Ho fatto di tutto per convincerlo...ma è irremovibile” sussurrò, un po' imbarazzata.

Lo so, ho sentito” le risposi, ironica.

Davvero?” chiese, sorpresa. Come se non sapesse che il mio udito era quasi pari al suo.

Si...è molto difficile non ascoltare quando hai un udito fenomenale” dissi, sarcastica.

Mi dispiace...ma io credo di capirlo” mi rispose, con aria pentita. Ma questo non bastò a calmarmi, ora mio padre era diventato quello buono? Mia madre era insopportabile ed ipocrita, prima litigava con mio padre e poi lo difendeva.

E' ovvio che tu lo capisci!” urlai, adirata.

Non è quello che voglio dire. Tu non sai cosa è successo prima della tua nascita. Tuo padre è solo geloso” mi rispose a sua discolpa.

E cosa sarebbe successo?” chiesi, irritata. Mia madre sembrava titubante, come se non sapesse se dirmi o meno quello che voleva confessarmi.

Okay... Prima della tua nascita Jacob era innamorato di me” confessò tutto d'un fiato. Rimasi per un attimo interdetta, senza sapere cosa dire, Jacob innamorato di mia madre? Quell'idea non mi aveva mai sfiorato. Comunque non era il caso di farne un dramma, dopotutto era giusto che Jake avesse avuto una vita quando io non ero neanche lontanamente in programma.

Il nostro primo bacio fu assolutamente indesiderato, tant’è che Edward non se ne rammaricò più di tanto, ma il secondo bacio glielo chiesi io, dopo aver accettato la proposta di matrimonio di tuo padre. Anche se ne rimase sconvolto non me lo fece notare, confortando me per ciò che avevo fatto. Ora capisci perché è geloso di Jacob? Lui ha sempre voluto ciò che, per Edward, era suo” continuò mia madre, finendo quella strana storia.

Il fatto che posso capirlo non significa che non combatterò per ottenere ciò che è giusto che io abbia” le spiegai con calma, se si aspettava che con quella confessione sarebbe riuscita a farmi desistere si sbagliava di grosso.

Non esagerare” mi rimproverò mia madre, come se fosse colpa mia.

Perché?! È stato lui a cominciare! E poi tu dovresti saperlo: non posso vivere senza Jacob! È come se fosse il mio punto di riferimento, la mia stella polare privata... io lo amo” La mia confessione la lasciò interdetta, ma non mi importava, tanto lo sapeva già, certo sentirselo dire faceva un altro effetto, ma non era colpa mia era lei che si era messa in quella situazione.

Cercherò di farlo ragionare, okay? Ma tu cerca di comportarti come si deve” mormorò, piano.

Lo farò solo se lui sarà il primo a comportarsi come si deve” dissi, ironica. A quel punto mia madre si alzò e senza dire niente uscì dalla mia camera lasciandomi di nuovo nella mia solitudine. Rimasi di nuovo sola nella mia stanza, cercai di ascoltare il discorso dei miei genitori, ma probabilmente stavano parlando a bassa voce e non riuscii a sentire niente. Visto che non avevo niente da fare rifeci il letto e poi andai in bagno a lavarmi e vestirmi. Intanto i miei genitori erano usciti di casa, senza dire niente. Non mi arrabbiai con loro per questo, dopotutto visto che loro potevano essere felici dovevano approfittare di quella felicità. Mi diressi in cucina, volevo preparami il pranzo, ma mentre mi accingevo a prendere gli ingredienti, il mio cellulare squillò.

Ciao, Jake!” Ero felicissima che mi avesse chiamata.

Ciao, piccola!” disse, tutto contento. “Come te la passi?”.

Bene, tu?”

Bene, hai una voce stanca, come mai?”

Non ho dormito molto”

Neanche io” disse, ridendo. “Cosa fai oggi?”

Non lo so, tu?”

Le solite cose” mi rispose un po' annoiato.”Ora devo andare, mi manchi già, piccola”.

Anche tu, Jake” dissi con le lacrime agli occhi. “Ti amo”

Ti amo” sussurrò e chiuse la chiamata. Rimisi il cellulare nella tasca dei jeans e ricominciai a cucinare. Mangiavo lentamente, guardando fuori dalla finestra, non assaporavo nemmeno quello che stavo mangiando, era come se non avesse senso sentire il sapore di quello che avevo in bocca se Jake non c'era. Sentivo che tutto quello che facevo era inutile, guardavo la cucina, cercando una ragione a tutto questo, ma non c'erano ragioni, l'unica cosa che avrebbe potuto farmi sentire utile in quel momento non c'era e come se non bastasse, non c'era neanche mia madre, lei non mi avrebbe lasciata sola e speravo che tornasse in fretta. Intanto nemmeno la musica riusciva a dare uno scopo a quella giornata, era una giornata come tante altre, una di quelle che passa indifferentemente e che ti lascia in bocca un sapore amaro, il sapore di un giorno che non ricorderai.


NDA: scuste se vi ho fatto aspettare tanto per questo capitolo ^^ spero ne sia valsa la pena!! Fatemi sapere cosa ne pensate ^^ buona lettura!

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Capitolo 12
*** Silenzi ***


Capitolo 12: Silenzi


Non avevo mai odiato così tanto la mia stanza e tutto quello che essa conteneva. Era diventata la mia prigione, mi ci ero rinchiusa volontariamente da quando mio padre aveva perso il lume della ragione e non ne uscivo mai, era da giorni che non mangiavo e che passavo il tempo a fissare il regalo natalizio di Jake. Aspettavo le sue telefonate come se fossero la medicina al mio male, ma non bastavano... non bastavano mai. Cercavo rifugio tra le mie lenzuola che avevano ancora l'aroma della sua pelle tra le pieghe che lo avevano ospitato durante le notti passate insieme. Di tanto in tanto le mie zie venivano a trovarmi, cercando di convincermi ad uscire dalla mia stanza oppure a consolare mia madre, oppressa da qualcosa che non riusciva a capire. Ero arrabbiata anche con lei. Non faceva niente per aiutarmi, non parlava con mio padre e non prendeva una posizione. Mio padre era sempre più indifferente e si comportava come se niente fosse, facendomi infuriare ancora di più, ormai non provava neanche a chiedermi scusa per lo schiaffo e sembrava non sentirsi neanche più in colpa. Chissà come non mi ero ancora messa a spaccare i mobili...

Quel giorno passava fiacco e lento come tutti gli altri, ormai i miei genitori avevano rinunciato a cercare di farmi uscire da camera mia o a farmi mangiare. Stesa sul letto, stringevo il cuscino, lasciando che la rabbia e la depressione si sfocassero come sempre in un pianto inutile. Stanca di quella routine mi alzai di malavoglia dal letto e mi diressi di fronte alla mia libreria. Feci scorrere piano il dito sulla copertina di tutti i libri e mi fermai ad “Orgoglio e pregiudizio”... sorrisi al ricordo, l'ultima volta che avevo preso quel libro ero con Jake ed era il giorno più bello della mia vita. Senza pensarci neanche lo presi dalla libreria e mi stesi sul letto, cominciando a sfogliarlo. Dopo che ebbi letto circa una decina di pagine, il cellulare vibrò. Praticamente, corsi a prenderlo, purtroppo era solo un messaggio. Beh, meglio di niente... Lo aprii e lessi sconcertata il testo: “Sto arrivando”. Non ebbi neanche il tempo di mandargli un messaggio per pregarlo di non farlo e di tornare a casa che sentii qualcuno che bussava alla porta. Sospirando, lasciai cadere il cellulare sul letto e corsi in soggiorno, uscendo dopo giorni dalla mia stanza.

Che ci fai tu qui?” ringhiò mio padre, appena ebbe aperto la porta.

Andiamo, Edward. È passata una settimana, la punizione è durata abbastanza” spiegò Jake, sperando che mio padre lo ascoltasse e cercando di entrare in casa.

Ma mio padre gli si parò subito davanti. “Non mi sembra che qualcuno ti abbia invitato ad entrare”.

Credo che quella regola valga solo per i vampiri” rispose Jake, cercando di alleggerire la situazione. Era bello sapere che neanche lui si era arreso al divieto di mio padre e vederlo lì a discutere con lui sapendo di non avere speranze mi faceva sentire ancora più sicura del suo amore. Era sempre bellissimo, anche se il suo viso portava i segni della tristezza e della depressione che lo affliggevano ormai da una settimana, cercava di nasconderlo con un sorriso ma la tensione che leggevo nei suoi occhi non poteva essere nascosta.

Vattene. Adesso” sibilò minaccioso mio padre, facendo aumentare ancora di più la mia rabbia. Mia madre gli si avvicinò, pensai che stesse per prendere una posizione, che volesse aiutarci, invece...

Jake, vai...” mormorò, quasi dispiaciuta.

Ma, Bella...” protestò debolmente Jake. Io rimasi in silenzio, avevo compreso le parole di mia madre e non riuscivo a capacitarmi di quello che stava facendo. Non era giusto, non poteva abbandonarmi anche lei, era l'unica su cui avevo contato fino ad un attimo prima. Stavo aspettando che reagisse e che mi aiutasse e invece, era questo il risultato? Ora mio padre aveva ragione?

Vai” continuò lei, decisa. Jacob rimase un attimo sorpreso da quelle parole, poi si arrese e guardando mia madre con un'occhiata che la incolpava di tutto quello che stava provando in quel momento.

Da te non me lo sarei aspettato” sibilò tra i denti e prima di uscire mi lanciò un'occhiata disperata che non potei fare altro che ricambiare con altrettanta disperazione. Quando la porta si chiuse, una rabbia ceca mi invase, mi diressi a grandi passi verso la mia stanza e con un moto di rabbia, senza neanche pensarci, strappai la collana di mia madre dal mio collo e la scagliai contro il muro. Prima di chiudermi la porta alle spalle e cominciare a piangere senza ritegno, non erano più lacrime silenziose quelle che scendevano dai miei occhi erano disperate e disperati erano i singhiozzi che non riuscivo più a trattenere. L'unico motivo che mi costringeva a lasciare la mia stanza erano le lezioni di mio nonno che si erano raddoppiate da quando aveva saputo che avrei dovuto incominciare la scuola. Come se non sapesse che avrei potuto affrontare la scuola senza neanche aprire un libro per tutto quello che mi aveva insegnato. Il viaggio a piedi per raggiungere casa Cullen non era affatto difficile da affrontare e quel giorno fu ancora più facile visto che mia madre aveva capito che doveva starmi lontana. Arrivati a casa Cullen non mi fermai neanche a salutare, subito raggiunsi mio nonno nella sua stanza e lui iniziò con la sua lezione. Argomento del giorno: la meiosi.

La meiosi è la divisione di una cellula madre diploide in quattro cellule figlie aploidi. Si dice cellula aploide quella cellula che ha il corredo cromosomico dimezzato rispetto a quello della cellula madre...”. Mio nonno parlava come un libro di scienze e di solito era anche affascinante per me perdermi tra atomi, cellule e organi vari, soprattutto quando mio nonno si perdeva in speculazioni su licantropi, vampiri o mezzi-vampiri. Ma quel giorno non ero proprio dell'umore adatto e sapevo che anche se mio nonno si fosse accorto della mia distrazione avrebbe continuato spedito senza farci troppo caso. Ma l'unico pensiero fisso quel giorno era Jacob, avrei dato di tutto pur di riuscire a vederlo anche solo un'ora. Non capivo come mio padre riuscisse ad infliggermi una tortura simile, senza neanche farsi venire i sensi di colpa o cercare di spiegarmi le sue assurde ragioni. Ero arrabbiatissima con lui e odiavo tutto quello che stava infliggendo a Jacob, ma ora la rabbia che provavo per lui era niente rispetto al rancore che portavo a mia madre, ancora non riuscivo a capacitarmi di quello che aveva fatto e non glielo avrei mai perdonato, almeno che non avesse fatto qualcosa per rimediare...

Cos’è una triade?” sibilò, improvvisamente, mio padre entrando nello studio di mio nonno.

Ehm, cosa?” risposi, disorientata, prima di accorgermi chi fosse a farmi al domanda. “Sto studiando con Carlisle, non con te!” continuai, furiosa.

Cerca di prestare più attenzione e di pensare meno al cane” mi rimproverò.

Non osare chiamarlo “cane”!” strillai, furiosa.

Calma” ci ammonì mio nonno. “Torniamo alla lezione. Nessie se qualcosa non ti è chiaro, dimmelo” aggiunse, ignorando mio padre che usciva a grandi passi dalla stanza.

Come va, Nessie?” sospirò mio nonno.

Male” risposi, senza neanche guardarlo. “Scusa se non ti sto ascoltando”.

Non preoccuparti, piccola” mi rassicurò. “Ripeteremo le lezioni appena starai meglio”.

Grazie” mormorai, riconoscente.

Vuoi parlarne?” domandò premuroso.

Cosa c'è da dire?” esplosi. “Non vedo Jacob da una settimana e mezzo e papà non vuole perdonarmi”.

Pensi ti serva il suo perdono?”.

No” risposi, sarcastica. “Mi serve il suo permesso”.

Forse dovresti cercare di importi” sussurrò, guardando verso la porta.

Come?” chiesi, curiosa.

Se non lo capisce con le buone...” lasciò la frase a metà e mi lanciò un sorriso eloquente. Tornati a casa mi richiusi nella mia camera e rifiutai di nuovo la cena, mentre pensavo a quello che mi aveva detto mio nonno. Dopotutto aveva ragione, dovevo dimostrare a mio padre che non mi sarei arresa e che avrei lottato per Jacob anche se ciò significava mettermi contro di lui... Purtroppo i giorni passavano senza che mi venissi niente in mente e le chiamate di Jake non mi bastavano più per andare avanti, così in un momento di disperazione e di rabbia lanciai contro il muro un portagioie. Si aprì appena tocco la parete lasciando cadere ogni singolo oggetto al suo interno e uno in particolare attirò la mia attenzione. Un bracciale dei Quileute intrecciato, mi chinai a raccoglierlo e lo riconobbi subito era il bracciale che Jake mi aveva regalato il mio primo Natale. Purtroppo non mi andava più, però visto che ero decisa a portarlo a tutti i costi decisi di cercare un modo per riuscire ad indossarlo di nuovo. Mentre mi adoperavo per il bracciale, mi accorsi solo vagamente che mia madre era uscita, lasciandomi sola in casa con mio padre. La cosa non mi preoccupava più tanto, non mi avrebbe dato fastidio, ormai ci aveva rinunciato. Mi chinai sul resto degli oggetti che erano rimasti a terra e raccolsi un bracciale di caucciù, lo portai sulla scrivania e attentamente gli sfilai i vari ciondoli che vi erano agganciati. Non avevo mai indossato quel bracciale, quindi non ne avrei sentito la mancanza, anche perché appena Alice lo avesse trovato, sarebbe finito nella spazzatura. Mi ci volle un bel po' per capire come fare ad unire i due bracciali, alla fine con calma e pazienza cercai di far scivolare il cordoncino nero tra gli intrecci del bracciale di Jacob. Ci misi molto tempo, visto che quando riuscii ad infilarmelo al polso, sentii mia madre rientrare. Ammirai per un attimo la mia opera, mi era venuto proprio bene e non sarei stata più costretta a toglierlo. Ad attirare la mia attenzione furono le urla improvvisa dei miei genitori dal soggiorno e mi avvicinai alla porta per ascoltarli.

Cosa dovrei fare? Rimangiarmi tutto e chiedere scusa per qualcosa che hanno fatto loro? Sapevano entrambi come avrei reagito ma ciò non li ha frenati da fare qualcosa di tanto stupido” urlò mio padre.

Stai dicendo che il primo bacio di nostra figlia è una cosa stupida?” sibilò mia madre, difendendomi, quasi mi fece venire i sensi di colpa per quello che avevo pensato prima di lei...

Sto dicendo che non lo sarebbe stato se fosse avvenuto con maggiore cognizione di causa”.

Sono stanca di discutere sempre di questo argomento” esplose mia madre.

Anch'io” sibilò mio padre.

Perfetto” continuò mia madre.

Anch'io” mormorai tra me e me. Ero stanca di stare alle sue regole, stanca di dover sopportare le sue paranoie, come aveva detto mio nonno era ora che mi imponessi, non mi ritenevo più una bambina era ora che lo dimostrassi a tutti... Approfittando della discussione che continuava tra i miei genitori, escogitai un piano, mio padre era troppo impegnato a discutere con mia madre per pensare a me. Sarei scappata, avrei aspettato che lui si distraesse e poi sarei andata via, avrei preso la mia macchina sul retro e poi avrei attraversato una parte di foresta, fino ad arrivare sulla strada principale e scappare a La Push. Presi le chiavi e me le infilai in tasca, nell'altra misi il cellulare, conscia che avrei risposto solo ad una persona se mi avesse chiamata. Poi presi un giubbotto nel caso avessi avuto freddo, anche se era improbabile a fine agosto. Non sapevo quanto sarebbe durata la mia fuga, ne quanto tempo ci avrebbe messo mio padre a scoprirmi, mentre mi perdevo nei miei pensieri fu lo squillo del mio cellulare...

Jake” risposi, rianimandomi.

Ciao, tesoro” mi salutò. “Cosa fai di bello?”.

Niente” mormorai, parlargli della mia fuga non era molto saggio da parte mia e poi adoravo l'effetto sorpresa. “E tu?”.

Niente” sussurrò, scoraggiato. “Mi manchi”.

Anche tu, Jake” biascicai, quasi in lacrime.

Ti amo”.

Anch'io” risposi, prima di chiudere la chiamata. Quando rimisi a posto il cellulare era quasi ora di cena, così ricominciai a leggere un libro per non insospettire mio padre.

Renesmee, la cena è pronta” mi chiamò mia madre, come se non conoscesse già la risposta a quell'affermazione.

Non ho fame” risposi, semplicemente.

Dai, amore... dovrai uscire dalla tua stanza prima o un poi...” si lamentò.

Ore non ne ho voglia” sibilai. Mia madre per fortuna si arrese e io ripresi a leggere il mio libro, finché non sentii mio padre uscire con qualcuno, Jasper probabilmente. Non persi tempo. In un attimo, saltai dalla finestra e raggiunsi la mia macchina, gettai il giubbotto sul sedile del passeggero e poi misi in moto. Silenziosa e veloce come solo una macchina nuova può essere cominciò a sfrecciare nella foresta. Non mi ci volle molto per arrivare sulla strada asfaltata e da lì il conta chilometri sfiorò i duecento chilometri orari, così arrivai a La Push in men che non si dica. Parcheggiai di fronte la casa del mio lupo, lasciando la macchina in bella mostra e corsi subito a bussare alla porta. Ci volle un po' prima che avvertissi il cigolare della sedia di Billy che veniva ad aprire.

Nessie?” chiese, assonnato appena ebbe aperto la porta. “Ma cosa ci fai qui?”.

Billy, non uccidermi” implorai. “Jake è in casa?”.

Si, ma cosa succede?” domandò.

Grazie” farfugliai mentre correvo nella stanza del mio licantropo. Aprii la porta e lo trovai addormentato sul suo letto, era così bello da non sembrare reale. Mi avvicinai piano a lui e cominciai scuotergli una spalla.

Jake? Jake?” mormoravo. “Sono Nessie! Avanti, svegliati!”.

Chi? Cosa?” sussurrò, ancora mezzo addormentato.

Sono io!” esclamai.

Jacob aprì gli occhi e poi si mise a sedere sul letto, guardandosi intorno confuso. “Ma che ore sono?” sibilò.

Jake!” urlai, buttandogli le braccia al collo.

Nessie?” chiese, sorpreso. “Renesmee, cosa ci fai qui?”.

Sono scappata” spiegai, fiera.

Si aprì subito in un grande sorriso e ricambiò l'abbraccio. “Sei grande!”.

Jake, mi sei mancato così tanto!” singhiozzai sulla sua spalla, mentre le prime lacrime cominciavano a farsi spazio sul mio viso.

Va tutto bene” mi consolò lui, accarezzandomi i capelli.

Cosa facciamo?” mormorai, calmandomi. Lui continuò ad accarezzarmi i capelli e poi mi attirò a se, poggiando le sue labbra sulle mie e poi, rispose: “Andiamo in spiaggia”.

Va bene”. Andammo insieme sulla spiaggia e cominciammo a passeggiare e a ritrovare il buon'umore, passò circa mezz'ora prima che lo squillo del suo cellulare ci interrompesse.

Pronto, Bella? Senti, prima che tu possa dire qualsiasi cosa...» rispose Jake, già pronto a scusarsi.

Jacob, sta’ zitto. Edward sta venendo lì ed è furioso. Non sono riuscita a coprire la fuga di Renesmee e dille che di questo faremo i conti più tardi...» controbbattè mia madre, sorprendendoci entrambi.

Dici sul serio?».

No, per finta! Jacob, sto arrivando. Non vi muovete da dove siete» scherzò lei, furiosa.

Okay, ciao» mormorò Jacob.

Ciao” rispose lei, chiudendo la chiamata.

Merda!” mi sfuggì.

Cosa sono queste parole, eh?” mi prese in girò Jacob.

Come fai ad essere così calmo ?!” gli chiesi. “Mi ucciderà!”.

No” esclamò lui, prendendomi per la vita. “Non glielo permetterò, ora sei con me e non riuscirà a separarci di nuovo”.

Grazie, Jake” sorrisi.

Di niente, piccola” mormorò, mentre si chinava su di me e mi stringeva forte tra le sue braccia. In quel momento, il rombo di due macchine attirarono la nostra attenzione. Prima arrivò mio padre che si

catapultò da Billy e quando non trovò Jacob si diresse verso di noi a velocità disumana. Jacob mi si parò d'avanti e cercò di calmare il tremore che lo avvolgeva.

Renesmee!” urlò mio padre. “Come hai osato disubbidirmi?!”.

Papà, calmati” mormorai, mentre mia madre si avvicinava a noi.

Edward, non ti permetterò di farle del male, non davanti a me!” intervenne Jacob, assicurandosi che fossi alle sue spalle.

Jacob, te l’ho detto. Non ripeto mai lo stesso errore due volte” sibilò mio padre.

Non mi sembra!” gli fece notare il mio lupo.

Lei è mia” ringhiò mio padre, con la voce bassa e minacciosa.

Lei è mia!” ribatté Jacob, mentre le braccia non la smettevano di tremargli.

Io non sono proprio di nessuno!” intervenni, offesa, scostandomi un po' da Jacob.

Renesmee, vieni subito a casa!” ordinò mio padre, furioso.

No!” urlai.

Lei fa ciò che vuole!” ringhiò Jacob, mentre mi avvicinavo ancora una volta a lui.

Lei fa ciò che dico io!”.

Ora basta!” intervenne mia madre, prendendoci tutti di sorpresa. “Renesmee può rimanere ma fino a mezzanotte. Non un minuto di più” decretò. “Edward, noi andiamo a casa”. Nessuno si mosse, ma io non

riuscii a trattenere l'impulso di correre verso mia madre e abbracciarla, dicendole: “Grazie, mamma”.

Non fare tardi” mormorò tra i miei capelli.

Te lo prometto”.

Grazie, Bells” la ringraziò il mio lupo riconoscente, prima di prendermi per mano e portarmi in casa.

Cosa sta succedendo?” chiese Billy, mentre entravamo.

Niente!” rispondemmo, ridendo io e Jake. Andammo nella sua stanza e ci stendemmo sul letto, come durante la settimana in cui i miei non c'erano.

Non ci credo che è finita” mormorai sul suo petto.

Invece è proprio così” esclamò lui contento, stringendomi a se. “Ora nessuno ci darà più fastidio”.

Puoi dirlo forte” risposi, prima di alzarmi e lasciare che mi baciasse ancora una volta, come aveva fatto la prima volta e come avrebbe potuto fare ancora tante e tante altre volte, perché ora nessuno avrebbe potuto più impedircelo...

NDA:  So di avervi fatto aspettare tanto per questo capitolo purtroppo la scuola mi ha tenuta occupata e mi ha costretta a rimandarne la pubblicazione varie volte ^^ comunque spero vi piaccia e fatemi sapere

cosa ne pensate!!

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