Alimenti la mia autodistruzione come benzina sul fuoco.

di Kezia95
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6. ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7. ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8. ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9. ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10. ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11. ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12. ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1. ***


 
 Come in un sogno.
Come quando senti che c’è qualcosa di strano in quello che stai vivendo, eppure ti piace dannatamente tanto.
Leggero, come il sole che investe la stanza in un fascio di luce.
Come un presagio, troppo forte da ignorare, troppo spaventoso da ascoltare.
Come i due occhi verdi che si spalancano, ignari di tutto, insonnoliti e felici come due fili d’erba.
Porta le mani al viso e si stropiccia le guance.
Lei. Un miscuglio tra una fata e una roccia.
Una cascata di lava scende dalla sua testa, da quella fronte pallida come la luna.
Capelli. Capelli rossi. Tanti capelli rossi, ricci.
Il freddo del pavimento, lo senti anche tu?
Sotto ai tuoi piedi, mentre scendi dal letto, seccato di dover incominciare una nuova giornata, ma curioso di sapere cosa accadrà.
Barcollante, come se fosse ubriaca di sonno.
Ubriaca di noia.
Il soffice pelo di un lupo contro le sue gambe, avvolte da una leggera seta color panna.
Non lo so, potresti sorridere ora..
Bussa alla porta, guardati intorno.
Sei pronta? Dai dai, è divertente, facciamo questo scherzetto.
Un cane si getta su un letto in stile orientale, un corpo sobbalza sotto le coperte ricamate con fili d’oro, una risata esplode, mandando in frantumi il silenzio tanto venerato.
La tua migliore amica, quel sorriso che hai visto tante volte, ma ogni volta è come la prima, quelle orecchie che hanno ascoltato tutto di te.
Come due bambine, le ragazze si sorridono.
Guarda, il tempo si è fermato.
Immobili, insonnolite, divertite.
Poi il suono del telefono a spezzare ancora una volta il silenzio, carico di gioia.
Rumore di unghie che slittano sul palchetto, scalpiccio di piedi nudi sul pavimento.

Si sposta i capelli dal viso e afferra il cellulare.
 

Un  minuto, un secondo e tutto si spezza.
Frantumi.
Cocci di una serenità fin troppo lunga.
Una voce.
Quella voce.
Ricordi. A valanghe. Lacrime. Quelle mai versate. Ferme in gola. Forza, deve parlare.
 “Kezia..ciao”
Ciao. Addio. Metti giù il telefono, vorrebbe dirgli.
Invece risponde: “Ciao, Bryan..”
“Come stai?”
Furia cieca. Rabbia feroce. La voglia di chiudere la conversazione, andarlo a prendere e tirargli due schiaffi.
“Bene, tu?”
Bugia. Non sta bene. Kezia non sta bene, non ora che ha risentito la sua voce.
“Bene..ascolta, oggi pomeriggio vado con alcuni amici a suonare.. ti andrebbe di venire?”
Il panico ha il colore dell’arcobaleno. Si passa per il rosso, per il giallo e via così.
Ricordi. Ancora ricordi. Un viso conosciuto troppo bene. Parole mai dimenticate.
“Uhm sì okay…dove e a che ora?”
La mente umana ha risorse infinite. La lucidità con cui la ragazza pronuncia questa frase ne è l’esempio.
Una sagoma si appoggia allo stipite della porta guardandola incuriosita.
Una curiosità che rasenta la paura quando Lèonor vede il viso pallido dell’amica.
“Okay..Okay…sì..sì ci sarò..ciao. Ciao.”
Quando ti manca il fiato, quando vedi i colori intorno a te sbiadire. Quando la testa gira come una trottola e i tuoi sensi sono pari a zero.
Ecco, così si sente in questo momento Kezia.
Alza lo sguardo e incontra quello dell’amica.
Come la paura che ti assale prima di una verifica, come la paura di cadere dalla bici, come la paura di qualcosa di intangibile.
“Chi era?” sussurra Lèonor.
Respira. Con calma. Si sopravvive anche a questo sai?
“Bryan.”
Un nome. Come uno sparo. Un silenzio rumoroso cala tra loro due, fatto di ricordi e di frasi sussurrate tra le braccia dell’amica.
“Oggi pomeriggio vado a suonare con lui e dei suoi amici”
Occhi che si spalancano. Una bocca che si richiude lentamente, quasi a voler assaporare quelle parole.
“Sei…sei sicura Kezia?”
“Sì, certo”
Scalpiccio di piedi sul pavimento. Unghie di cane che slittano sul pavimento.
Una cucina bella. Disordinata. Caotica. O forse no, forse è la cucina più ordinata del mondo.
Non lo so. So solo che in questo momento tutto balla, tutto oscilla, creando un rumore assordante di pensieri.
“Fai un caffè anche a me?” chiede Lèonor, ma si accorge che l’amica ha le mani deboli, la coordinazione cervello-corpo è K.O.
Si avvicina al tavolo e le strappa la caffettiera di mano, con uno sguardo che dice “Faccio io, vatti a sedere”.
La sedia di legno si rivela un ottimo sostegno, un valido appiglio mentre Kezia sta per sprofondare nel terrore.
Il volto è freddo tra le sue mani, l’indecisione la congela fuori e dentro.
Un fiume di caffè bollente sembra scaldarla un po’.
“Allora” inizia Lèonor col fare complice di un’amica che si appresta a vestire la sposa “cosa ti metti?”
Un sorriso malizioso si dipinge sulle labbra di Kezia. Ha lo stesso colore dei suoi capelli.
“Non lo so…pensavo..”
La mano amica che tante volte hai stretto, in questi momenti ha la dolce sembianza di un salvagente, buttato da un angelo per tirarti fuori dai guai.
Dai sorridi Kezia.
C’è lei al tuo fianco.
 
 
 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


 

 Bryan. Una testa bionda e due occhi che variavano dal castano al verde.
 

Una pelle fatta di ricordi, un profumo distillato dall’amore puro.
Bryan. La spensieratezza.
Gli urli, le litigate.
Bryan, il primo amore.
Erano cambiate tante cose dal primo giorno che si erano conosciuti, lui e Kezia.
Galeotta l’aria di montagna, il freddo e la gioia.
L’inizio della fine. L’inizio di una dolorosa sequenza di urli e pianti, porte sbattute e cellulari lanciati in aria.
Mani intrecciate, come i rami di un albero in fiore.
Pomeriggi scivolati, dalle loro mani, unte di felicità.
I tentativi di dimenticarlo, quel nome, quell’odore, quella sensazione, erano andati sprecati.
Kezia non era riuscita a cancellarlo dalla mente.
Continuavano ad assillarsi con battibecchi e piccole vendette. Come bambini dell’asilo.
Sintomo di un amore mai finito, forse.
E ora lui tornava, come un fulmine a ciel sereno, investendola con un uragano di emozioni, di ricordi.
Portava con sé una marea di lacrime, senza neanche saperlo.
Con quella sua chiamata aveva innescato una bomba a mano destinata a scoppiare in poco tempo.
Eppure lui che ne poteva sapere?
 
 
 
Che il tempo non passa più quando si è in agitazione è risaputo.
Che ogni piccolo dettaglio assuma proporzioni incredibili  quando stai per rivedere una persona dopo un tempo infinito  è risaputo.
Così Kezia è nella sua camera che misura a grandi passi il pavimento, seguita da una Lèonor con le braccia tese nell’atto di calmarla e farla sedere.
Si appoggia al comodino, chiude gli occhi e fa mente locale sul da farsi.
Passa davanti al grande specchio in soggiorno e si guarda a lungo.
I jeans grigi sono attillati alle sue gambe, i piedi si muovono veloci nelle comode scarpe da ginnastica.
La camicia a quadrettoni verdi fluttua dietro di lei, mentre la lunga collana le batte contro il ventre.
Ce la può fare.
“Quanto manca?” chiede a Lèonor.
“Poco, è meglio se iniziamo  ad uscire.”
Così, afferrate le borse e le chiavi della macchina, le due ragazze si tirano dietro la porta e scendono in strada.
La folla dell’ora di punta sembra amplificare le emozioni di Kezia, con un cuore che batte all’impazzata ed una gola chiusa da un nodo di ansia.
Con la tracolla rossa che le batte contro le ginocchia, mentre avanza in mezzo alla gente. Con la sua amica accanto, che sembra preoccupata quanto lei.
E nulla sembra avere più senso, quando stai per rivedere il tuo grande amore dopo più di un anno.
 
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3. ***


  

 Sta ancora respirando a pieni polmoni mentre aspetta con Lèonor Bryan all’entrata dell’edificio.

E’ agitata, non si può negare.
Eppure in fondo in fondo è tranquilla.
Nel senso che è consapevole di quello che sta facendo.
“Vabbè dai, ce la posso fare” sta dicendo a Lèonor ed in quel momento lo vede sbucare da dietro l’angolo.
Un tuffo al cuore.
Il sangue risale velocemente alla testa, ronzandole nelle orecchie.
Gli occhi si spalancano, come davanti ad un fantasma.
Le sue labbra si piegano in un sorriso, per metà vero e per metà di facciata.
“Ehi”
“Salve” riesce a dire con un filo d’ironia.
“Andiamo?”
“Andiamo”
Così dicendo passa accanto all’amica che le lancia un ultimo sguardo preoccupato, come una mamma che lascia la figlia a scuola.
 
“Come stai?” chiede Bryan scrutandole il volto.
E’ bella. Molto. Ancora di più dall’ultima volta che si erano visti. Sembra cambiata. Quella ragazza ha il diritto di essere felice.
“Bene..” risponde sorridente. Avrebbe voluto essere fuori dal suo corpo, per vedere la scena.
Sono così vicini, tanto che le loro mani si scontrano mentre camminano verso un pallido sole.
All’improvviso una porta sul retro si spalanca  e ne esce un ragazzo, con due chitarre, che sorridendo urla “Oh alla buon’ora! Vi stavamo aspettando!”
“Scusa scusa” bofonchia Bryan sorridendo a Kezia.
Mentre le Converse della ragazza strisciano sul palchetto della stanza d’ingresso.
Mentre dalle altre sale provengono suoni spezzati di strumenti.
Mentre si guarda attorno con occhi grandi.
Non sa che sta andando in contro all’inizio di una storia senza fine.


 L’imbarazzo è tangibile. Si può toccare con un dito. Anzi , con tutta la mano.
Una saletta non troppo grande, con una batteria nell’angolo e due amplificatori contro i muri.
Un’aria satura di parole mai dette, mescolata al profumo di legno.
Kezia si toglie lentamente la giacca di pelle, osservando i tre ragazzi tirare fuori dalle custodie le loro chitarre.
Mentre lei è sovrappensiero Bryan si schiarisce la voce “Danièl, lei è Kezia.”
Due grandi occhi castani si sollevano dal pavimento per posarsi sul suo viso che prende un leggero rossore, senza però inalterare il suo solito pallore.
“Piacere” biascica la ragazza.
“Piacere” dice esitando il ragazzo.
Cala un silenzio più freddo del ghiaccio. Scambi di sguardi, linee appena accennate tracciate con gli occhi legano la mente di Kezia, ingarbugliandola ancora di più.
Lui sa? Come l’avrà catalogata Bryan?
“E io sono Alex”
“Kezia”
Sembra essersi ripresa un poco, anche se non le è sfuggito lo sguardo insistente di Bryan su di lei.
“Bene, Kezia, tu prendi la mia chitarra, io suono la batteria” dice sicuro di sé.
Quel legno caldo, quella cinghia che ha il profumo dell’amore e del passato, quelle corde quasi logore che scivolano sotto le sue dita.
Il gioco si rivela divertente.
 
“No No No! No Kezia, devi fare l’altro accordo. Guarda.”
Di nuovo, il sangue che ronza nelle orecchie, le gambe che cedono.
Bryan si mette dietro a lei, mostrandole come eseguire la nota che serve.
Ovvio, lei non capisce un cavolo di quello che le sta dicendo, sente solo il suo respiro sul collo.
Intorno non c’è più nulla.
Non ci sono più né Danièl né Alex.
Gira leggermente la testa e si trovano faccia a faccia.
Le loro labbra sono separate da pochi centimetri e una barriera di ricordi.
Poi bruscamente Bryan torna a sedersi.
Kezia alza lo sguardo ed incontra quello di Danièl.
Devono essere molto amici, i due.
Si capiscono al volo.
Eppure vede anche altro dentro a quelle pupille nere.
Ma non riesce a decifrarlo. Non ancora.
 

 

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4. ***


 

 Si sente un impiastro.

Eppure le piace stare lì, in mezzo a quei pazzi, dove tutti i problemi sembrano essere scomparsi.
Spesso si volta, ma non riesce a sostenere lo sguardo di Bryan, colmo di tristezza e di amore andato a male.
Danièl la osserva, come se volesse leggerle dentro. E’ costretta a stare con gli occhi bassi, fissi sulle corde che vibrano, perché ancora troppo debole per lasciarsi scoprire.
Nonostante tutto, un sorriso perenne è dipinto sulle sue labbra.
 
“Guarda, così si fa” dice Danièl avvicinandosi a lei, per farle imparare, ancora una volta, un accordo.
“No Danièl, faccio io” ribatte Bryan mettendosi tra i due.
Un nodo strettissimo di imbarazzo si forma attorno alle corde vocali di Kezia, che riesce tuttavia ad emettere una risata che può sembrare normale.
“Bryan, sta’ al tuo posto. Lascia che le spieghi io.”
“Danièl, forse non hai capito”
Quattro parole che dicono tutto quello che era stato nell’aria fino a poco prima.
I ragazzi rimangono qualche secondo a guardarsi e poi Bryan volta le spalle.
“Bene si ecco devi fare così…indice sulla prima corda..”
Kezia si impegna, cerca di capire, ma lo sguardo ferito di Bryan le è rimasto davanti agli occhi.
Risponde con frasi spezzettate, mostrandosi interessata e vogliosa di imparare, mentre tutto quello che riesce a capire è che vorrebbe correre dal ragazzo seduto, ferito, sulla sedia ed abbracciarlo.
Nulla dura per sempre.
Nemmeno quel pomeriggio.
 
 
“Bene, è stata una bella suonata” dice Bryan per spezzare il silenzio che regna nella saletta mentre ognuno mette in ordine le proprie cose.
“Si si” risponde freddo Danièl.
Kezia sorride.
Alex emette un suono che sembra un sì.
 
Per la seconda volta le Converse di Kezia strisciano sul palchetto, mentre sul braccio regge la giacca e mentre aspetta che Bryan restituisca i cavi all’addetto.
Accanto a lei c’è Danièl, che non si perde un suo movimento.
“Non hai freddo?”
Kezia rimane stupita della domanda. Da quando un ragazzo si interessa se lei ha freddo?
Rimane interdetta e poi gli sorride con gli occhi, e con la bocca, e risponde “Adesso mi metto la giacca”
“Ahn!” esclama lui sorridendo a sua volta.

 
 
 
 
Fuori è diventato quasi buio, il sole è scomparso e l’aria tiepida le accarezza il volto.
 
 
 
“Bè io devo scappare, ciao ragazzi..”
Bryan l’attira a sé e con una mano le scompiglia i lunghi capelli.
Kezia gli sorride da sotto le ciglia e mentre si allontana saluta con la mano gli altri ragazzi, che in risposta le urlano un “ciao!”
 
Svolta l’angolo e si ferma. Si appoggia al muretto e si sistema i capelli ancora arruffati.
Fluttua leggera sul marciapiede.
Sentire di nuovo la sua mano tra i suoi capelli l’ha lasciata senza fiato, strozzata dai ricordi e dall’amore mai cessato.
Che ancora una volta, mentre la cartella le batte contro le gambe, mentre il fiato le muore in gola, le lacrime le salgono gli occhi.
L’incertezza del futuro la uccide.
Non sa se lo rivedrà.
Però ci spera.
 
Arriva fino al secondo isolato e vede la macchina di Lèonor. Come promesso è venuta a prenderla.
Si butta sul sedile anteriore e chiude gli occhi, apprezzando il dolce profumo dell’amica e il silenzio che aleggia.
“Tutto bene?”
“Sì..portami a casa…stasera ti racconto.”
Così, come era partita, era tornata alla sua soffitta.
Era ancora viva.
Ma qualcosa la smuoveva dentro.
E non sapeva cosa fosse.
Forse, era un segnale d’allarme.
Un semaforo arancione.
Un “Warning” stampato sul suo cuore.
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5. ***


 Kezia scosta leggermente le mani dalla tazza bollente di tè. Il caldo della ceramica  fa uno strano contrasto con il gelo della sua pelle.
Lei e Lèonor sono sedute attorno al tavolo della cucina, mentre fuori è calato il buio.
Mentre il traffico di automobili aumenta.
Mentre sembra di poter sentire il ronzio dei pensieri di Kezia.
“E così me ne sono andata…” conclude il racconto.
Ha parlato senza prendere fiato, come una corsa per la vittoria, come una corsa per la salvezza.
Come se la mancanza d’aria nei suoi polmoni potesse ridarle la ragione.
In fondo non era accaduto nulla di speciale.
Ma erano state quelle emozioni, quell’uragano di ricordi a farla palpitare il cuore.
“Speri di rivederlo?”
“Sì. Lo spero davvero. Ma non lo cercherò io.” Dice sollevando gli occhi dalla tovaglia a strisce colorate.
Inizia a grattarsi con furia un polso. Quando è nervosa lo fa sempre.
Poi si attorciglia i capelli intorno alle dita.
Non ha nessuna intenzione di svestirsi, la sua sciarpa ha ancora il profumo del pomeriggio appena passato.
L’amica rimane a guardarla, mentre lei sembra su un altro pianeta.
Improvvisamente, ancora una volta, il cellulare interrompe il silenzio.
E’ un messaggio.
Lèonor si fionda verso il divano dove è appoggiata la borsa e afferra il telefono.
Kezia blocca il respiro. Le si attorciglia lo stomaco.
Lèonor rimane qualche secondo a guardare lo schermo.
Poi alza lo sguardo e incrocia due occhi verdi che tremano.
“E’ Bryan. Dice che deve parlarti. Vuole che vi vediate domani al Mistral.”
La ragazza assimila lentamente le informazioni.
Si alza e strappa di mano il cellulare all’amica. Vuole vedere con i suoi occhi.
Legge il messaggio quattro volte, dopodiché lo getta sul divano.
Si accascia sulla sedia.
Le vuole parlare.
Di cosa?
Che ci sia la possibilità di un nuovo inizio?
La possibilità di essere di nuovo felici insieme?
La possibilità di amarsi, forse.

 Comunque, dopo aver pensato e ripensato, dopo essere stata sul punto di mandare tutto a quel paese, Kezia aveva risposto che andava bene, andava bene vedersi al Mistral per pranzo.
Così ora è appena uscita dalla doccia, con i lunghi ricci rossi bagnati che le ricadono sulle spalle bianche, avvolta in un accappatoio verde acqua.
Può sembrare apatica, ma non lo è.
Dentro di lei si scatenano pensieri di ogni tipo, piccole predizioni su quello che si sarebbero detti.
Come si sarebbe comportato lui, e come si sarebbe comportata lei.
Forse sarebbe stato il tanto atteso giorno dell’addio.
Ma a questo lei non vuole proprio pensarci.
Non ora.
 
Il sole è tiepido. I suoi capelli svolazzano a destra e sinistra, seguendo la sciarpa nera avvolta al suo collo.
Si sente gli occhi gonfi, eppure non lo sono.
Sente un nodo in gola, eppure riesce a parlare.
Quando entra nella sala del ristorante si guarda intorno.
E’ ancora in tempo a tornare indietro.
Può ancora correre a casa e scrivergli che sta male e che sarà per un’altra volta.
Ma la curiosità la spinge avanti, facendole percorrere il lungo corridoio.
Non ci mette tanto a trovarlo.
E’ già lì, seduto ad un tavolo che guarda fuori dalla finestra, con il mento appoggiato ad una mano.
Kezia si avvicina lentamente.
Lo vuole guardare così, assorto nei suoi pensieri.
Si siede delicatamente sulla panca di legno lucido facendolo trasalire.
“Scusa, non ti avevo sentita arrivare” dice passandosi una mano tra i capelli.
“Scusa me, se ti ho spaventato” ribatte Kezia con un sorriso accennato sulle labbra.
Anche lui le sta sorridendo.
Ma tutto questo svanisce in poco.
Possono leggere la tristezza nei loro occhi, come se il copione fosse già scritto, e che stesse a loro ora pronunciare le battute conclusive.
“Ascolta Bryan..mi ha fatto piacere rivederti ieri. E anche oggi.”
Lui annuisce distrattamente.
Il cuore di Kezia si riempie di lacrime, come i suoi occhi.
Lui non è interessato a lei.
E’ solo un altro atto sadico quello che sta compiendo.
Fare del male a lei. Fare del male a lui stesso. E’ bravissimo in questo.
“Sì anche a me fa piacere rivederti.”
Entrambi abbassano lo sguardo.
Kezia scopre che la tovaglia bianca è estremamente interessante.
“Il fatto è che non possiamo più andare avanti così” dice Bryan.
Lei soffoca le lacrime in gola, sente gli occhi pizzicare.
“Sei tu che stai facendo tutto questo! Io vivevo bene anche senza di te!” sbotta Kezia alzandosi in piedi.
Bryan rimane interdetto da quella rabbia che vede negli occhi della ragazza. Della ragazza che in fondo ama. Della ragazza che mai farebbe soffrire.
“Calma Kezia. Usciamo.” Così dicendo si avviano verso il portone.
Kezia non può più fermare le lacrime ormai. Esse scendono copiosamente sul suo volto.


 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6. ***


 L’aria fresca le da una botta di vita e le sembra di riprendere la ragione. Ma è una sensazione che svanisce appena Bryan le appoggia le mani sulle spalle e la scuote.
“Mi capisci? Non posso più fare nulla ormai. Ti ho persa da troppo tempo. Ed è stata colpa mia.”
Kezia rimane un attimo intontita. Assapora lettera per lettera le parole “è stata tutta colpa mia”.
Forte della rabbia troppo a lungo repressa si allontana da lui e lo guarda con uno sguardo acre, le labbra piegate all’ingiù.
“Sì Bryan. E’ colpa tua. Sei stato tu ad illudermi, ad uccidermi giorno dopo giorno, lentamente ed inesorabilmente. Ma è anche colpa mia. Perché sono ancora innamorata di te.”
Entrambi hanno gli occhi lucidi.
Nessuno dei due vuole credere alle parole dell’altro.
Nessuno vuole rendersi conto che quello non è un sogno, un brutto sogno, ma è la realtà.
Kezia si avvicina a lui e appoggia le mani sulle sue spalle.
Si sciolgono in un abbraccio.
Lei, scossa dai singhiozzi soffoca le lacrime nel suo profumo.
Lui, affoga nel dolore,  rosso come i suoi capelli, morbido come il suo lungo collo pallido.
Il tempo si ferma.
Due anime, lontane da così tanto tempo e finalmente ritrovate.
Due storie, fuse in una sola.
Kezia si aggrappa a Bryan mentre sprofonda in un mare di ricordi.
Improvvisamente lui la allontana, quasi bruscamente.
“Vattene..” sussurra con un filo di voce.
Forse non ha capito bene. Lui non le sta dicendo sul serio di andarsene.
“Vattene” ripete con voce più chiara.
Rimangono lì, impotenti, a guardarsi come due gatti incarogniti.
Kezia si volta e gira l’angolo.
Bryan sente il suo volto salato.
Kezia urla contro il cielo. Contro di lui. Contro la vita. Contro la stupidità.
Bryan sussurra insulti a se stesso.
Non c’è bisogno di spiegazioni ormai.
E’ tutto fin troppo chiaro.
Limpido. Cristallino.

 Kezia torna a casa e si getta sul letto. Continua a piangere. Non riesce a fermarsi.
Immediatamente Lèonor corre in camera sua, le scosta i capelli che si appiccicano al viso bagnato, le dice di calmarsi.
Non si può nemmeno lontanamente immaginare la situazione del cuore di Kezia in quel momento.
E’ qualcosa che va oltre la consapevolezza della fine e dell’addio.
E’ una sensazione, un presagio.
C’è qualcosa che non va in tutto questo.
Bryan non l’avrebbe mai lasciata andare per un motivo futile.
Ci deve essere qualcosa dietro.
O qualcuno.
 
La mattina può sembrarti uno strazio dopo una notte insonne.
Dopo un pomeriggio ed una sera passati a piangere, non riconosci più il tuo volto.
Non ti vuoi riconoscere, in due occhi cerchiati di nero e le labbra increspate.
Non vuoi pensare a quel dolore, non vuoi pensare a nulla.
Quando nemmeno un caffè riesce a dare una botta di vita al tuo cervello, quando continui a ripeterti a mente le parole dette, quando ogni istante passato ti sembra così lontano…
“Axl..Axl vieni qui” sussurra Kezia con voce rotta. Un grande lupo grigio le si avvicina.
Rimane a fissare quei grandi occhi color del ghiaccio, che dentro di loro hanno tutte le forze della natura.
Affonda le dita nel suo soffice pelo e questo le allevia almeno un poco il dolore.
Avrebbe voluto essere come lui, in parte.
Libera.


 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7. ***


 I giorni, lenti interminabili, pesanti come macigni.
Le ore, assassine, benzina sul fuoco dei ricordi.
Il silenzio, che avvolge tutto, niente escluso.
La calma prima della tempesta.
Come quando dici:“Merito di essere felice…datemi la felicità”
E non sai che la felicità è lì, dietro l’angolo.
Anche se non posso assicurare che sarà felicità.
Potrebbe essere una sorpresa amara.
 
Un numero sconosciuto appare sul display del cellulare di Kezia, mentre lei è stesa sul letto, il braccio abbandonato sulla fronte.
“Ciao, sono Danièl, ho chiesto il tuo numero a Bryan.”
Eccola, la tempesta preannunciata.
Che bella sorpresa.
Che bel colpo al cuore.
Che bella valanga di ricordi.
“Ah ciao..”
Le dita fredde di Kezia sfiorano appena lo schermo, digitando lettera per lettera, dando a quelle due parole tutto il peso necessario.
Invia.
E i minuti diventano interminabili.
Le paranoie si insinuano nella sua mente.
Sarà stato Bryan a dirgli di cercarmi? O l’ha fatto di sua spontanea volontà?
In fondo in fondo è anche un po’ felice.
Non se lo aspettava, ecco.
“Posso chiamarti?”
Certo che puoi chiamarla. Ha un disperato bisogno di parlare con qualcuno, non vuole riversare tutte le sue sofferenza su Lèonor, già impegnata con i suoi esami all’università.
“Certo”
Certo. Certo. Sicuro. Eppure non ha voglia di sentire una sola parola, ben consapevole che lui le parlerà di Bryan e allora lei ricadrà nel pozzo delle memorie incolte.
Pazienza.
Peggio di così non può andare.

 Al contrario, parlare con Danièl le dà un po’ di forza per andare avanti.
Non l’ha chiamata per farle la morale, semplicemente per scambiare quattro chiacchiere e si è mostrato disponibile ad ascoltarla, quando lei avrebbe voluto raccontare.
Era quella semplicità delle cose, quei sorrisi rivolti al telefono, quelle parole biascicate e quei sospiri intrasentiti.
Era quella pace di ciò che la circondava, la luce dopo il temporale.
Quelle voci che prendevano tutte le sfumature dell’arcobaleno, con quel velo di imbarazzo tipico di chi si sente per la seconda volta.
Le immagini, che sfrecciano veloci nella mente di una Kezia accoccolata sul divano, rattrappita eppure felice, un pochino più leggera d’animo.
Mentre aspetta che Lèonor  torni a casa riflette su quello che si sono detti e le scappa una risata.
Le farfalle le volano nello stomaco, come una ragazzina che si è presa una cotta, al solo pensiero di Danièl.
 



 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8. ***


 Il vuoto è attorno a lei. Attorno ad una Kezia che ha smarrito la fiducia in se stessa e negli altri.
Manca qualcosa, quella voragine lasciata da Bryan nel suo cuore deve essere colmata.
Mentre è seduta al tavolo della cucina e beve un the bollente le torna alla mente Danièl.
Improvvisamente ricorda perfettamente quegli occhi così profondi che la scrutavano come se volessero curarla da un male oscuro, come se volessero amarla. Amarla più di ogni cosa. O almeno provarci.
In quell’istante il cellulare vibra facendola sobbalzare.
“Ehi, ciao, ti andrebbe di uscire oggi?”
E’ Danièl.
Kezia appoggia le mani sotto al mento. Non si sente ancora pronta, dopotutto, a vedersi con un altro ragazzo. La ferita è troppo fresca, sanguina ancora..
Ma nonostante tutto accetta.
“Sì certo, per che ora?”, scrive.
Aspetta con ansia una risposta. Le scappa un mezzo sorrisino. Oh via, Kezia, ma che stai facendo, il tuo cuore è ancora occupato da Bryan!- dice tra sé e sé.
Bugia. Sarebbe anche ora che se lo levasse dalla testa quello stronzo.
“Per le 4 al parco?”
“Va bene, a più tardi allora”
Kezia non esita mentre scrive. E’ come se fossero le battute di un copione, sempre lo stesso.
E lei deve seguirlo. Insomma, non può mica piangersi addosso per tutto il tempo!
Si alza di scatto e corre in camera. Spalanca le ante dell’armadio e, mani sui fianchi, rimane in contemplazione dei vestiti. Deve trovare qualcosa da mettersi!
Una risatina maliziosa. Poi un po’ più accentuata. Una risatina isterica, quasi.
Senza rendersene conto si ritrova sbattuta sul letto, con le guance ancora una volta umide.
Possibile che si debba sentire così in colpa? Non ha senso!
Non ha senso…quello che sta facendo…nulla ha più senso.
 
 
Il parco è già immerso nella leggera nebbia tipica d’ottobre, immerso nel silenzio, le panchine sono vuote, sugli alberi  scorrazza qualche solitario passerotto.
Kezia si guarda intorno, di Danièl non c’è traccia.
Così decide si sedersi s’una panchina. Mentre accarezza il freddo legno e un brivido le percorre la schiena inizia a pensare. Pensare se sta facendo la cosa giusta. Forse si sta lasciando trasportare troppo da un qualcosa…
Sospira lievemente e il suo cuore sobbalza. Due mani fredde le coprono delicatamente gli occhi.
Una, due risate esplodono in contemporanea mentre di scatto si volta all’indietro.
“Paura eh?” le sussurra Danièl.
Lei sorride. Ancora. Si sente una stupida. Non riesce a far altro, se non sorridere come un’ebete.
“Abbastanza grazie”
“Prego signora” le dice allargando in braccio per lasciarla alzare.


 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9. ***


 Kezia sprofonda le mani nelle tasche della giacca e si guarda la punta dei piedi. E’ imbarazzata, insomma, però felice.
E’ inconsapevole. Quando riguarderà quel parco, quando camminerà di nuovo tra quei prati non sarà più la stessa.
 
“E’ stato un bel pomeriggio, davvero, parlare con te mi rende felice” ammette lei guardandolo negli occhi.
Vi vede un moto di compassione, quasi, che la infastidisce. Lui sa. Sa quello che le ha fatto Bryan. Sa tutto. E vorrebbe aiutarla, ma son quelle situazioni difficili, in cui devi decidere se seguire il cuore o la mente.
“Sì, molto, spero di rivederti presto”
Kezia si alza in punta di piedi. Gli scocca un bacio sulla guancia e si volta, continuando per la sua strada. Non si volta, ma sa che lui è lì, immobile, che la guarda andar via mentre il cuore gli sobbalza in petto.
Il suo futuro sarebbe lì, a pochi metri di distanza, e lei se ne va, come solo lei sa fare, con un sorrisino sulle labbra e la certezza d’una speranza. Ricominciare daccapo. Ricominciare a vivere.
 
 
 
E’ appena entrata in casa quando un messaggio la riscuote dalle sue fantasie.
E’ Bryan.
No, non aprirlo. Cancellalo. Non leggero.
Si Kezia, devi aprirlo. Tu lo ami. Kezia tu ami Bryan. Leggi almeno cosa vuole.
“Non hai perso tempo, davvero!!”
Il cuore si ferma un istante. Pezzi di anima crollano a terra. Dolore. Rabbia. Paura.
Non può farci niente, se non autodistruggersi. È stata una stupida. Non sa, a dir la verità cosa sta facendo.
Sa solo che non risponde. Si rifiuta di pigiare sui tasti una misera risposta da mandargli. Nemmeno un breve insulto. Men che meno delle scuse.
Si butta sotto la doccia, lasciando che le lacrime si confondano con l’acqua calda.
 
“Kezia…ti sta distruggendo…devi smetterla..”
“Lo so, Lèonor, lo so. Non posso farci nulla. Son stata bene con lui..spero di rivederlo..”
L’amica si alza dal letto e la lascia riposare. Spegne la luce e le lancia un’ultima occhiata, come una mamma apprensiva.
Si chiude in camera sua e fissa il soffitto.
Perché  si sono accaniti su Kezia? È cos’ fragile, quella ragazza, non riesce a fregarsene…
Proprio vero, la fortuna è cieca, ma la sfiga ci vede benissimo.

 Un vasetto di Nutella abbandonato sul comodino.
Un paio di jeans al rovescio sul pavimento.
Una mano a penzoloni dal letto, che stringe in un ultimo tentativo di resistenza un fazzoletto.
È tutto troppo vuoto, tutto troppo buio. Troppo silenzio.
Un falso silenzio.
In realtà è una giornata no, ecco.
Nulla di preoccupante, è semplicemente uno di quei giorni in cui ti perdi, in cui non sai più dove sbattere la testa.
Se in più soffri anche di una sviluppata doppia personalità sei fregato.
Inizi a lottare, contro i ricordi, contro i rimorsi, i rimpianti.
Eppure non ci puoi far nulla. Davvero, dico sul serio. Quando i ricordi s’impossessano di te non puoi far altro che soccombere.
Così, un fazzoletto troppo zuppo, un freddo troppo glaciale, ma non fuori, bensì dentro.
Un gelo nelle ossa, nel cuore.
L’indecisione. La confusione. E quando Kezia pensa ancora una volta a quello che sta combinando, un brivido le percorre la schiena, facendola sussultare.
Possibile che due semplici persone abbiano un tale potere su di lei? Tanto da ridurla ad un fantasma?
*Biip-biip*
La sveglia.
È finita la pacchia del week-end.
Una settimana incomincia.
Incomincia con i soliti movimenti automatici: alzarsi, lavarsi, vestirsi, far colazione, uscire.
E così è anche questa mattina.
Kezia si alza lentamente, apatica. Si dirige verso il bagno e la sua bocca si contrae in una smorfia di disgusto quando vede la sua immagine riflessa nello specchio.
Vede nero, tanto nero sul suo volto.
Che poi è una sua impressione. A parte il nero delle occhiaie è sempre lei. Forse.
Anzi, a dir la verità c’è qualcosa, linee di pensieri che hanno lasciato solchi nella sua pelle, ma ad occhio nudo è difficile notarli.
Comunque dopo il solito rituale prende la tracolla e scende in strada.
Questa mattina dovrebbe andare all’università.
Ma sarà l’aria fredda, gli occhi che bruciano, o la leggera nebbiolina, fatto sta che decide di andare un attimo al parco.
Dista poco, e lei è in anticipo, ha tutto il tempo.
Trova una panchina comoda, con una bella vista e si siede.
Ed è subito mezzogiorno.



 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10. ***


 Inorridita si risveglia da quel continuo sognare ad occhi aperti, che tanto spesso s’impossessa di lei, conducendola in un mondo parallelo.
Non fosse stato per lo squillare del cellulare sarebbe rimasta lì per chissà quanto ancora.
Si alza intorpidita, come chi ha dormito a lungo e male.
Ormai è spuntato il sole, dopo una lunga lotta contro le nuvole, ma il freddo non si è arreso ad andarsene.
Si stringe al petto il cappotto e si avvia lungo la strada che conduce a casa.
Non si stupisce di quello che ha fatto quella mattina. Le è capitato più volte.
Però questa volta, era stato diverso.
Era stato come fare un salto nel buio, nel vuoto, nella più completa incertezza del futuro.
Certo, uno dei suoi difetti è sempre stato quello di pensare troppo. Stavolta aveva davvero esagerato.
“Devo smetterla” si dice “ o mi ammalerò!”
Ma non sa, Kezia, che ormai malata lo è già.
 
“Kezia, non sei stata all’università oggi?!”
“No, mi son fermata al parco un attimo e ho perso la cognizione del tempo”
“Ahah sei sempre la solita.”
Getta la tracolla a terra e afferra il cellulare. Compone in fretta qualcosa. Un messaggio, un numero.
Un messaggio.
“Oggi hai da fare? Io sono libera, ho bisogno di vederti, Danièl.”
Pochi istanti, la risposta non si fa attendere.
Lancia il cappotto sul divano.
“Sono libero anche io. Alle 4 al parco, come sempre?”
Un tuffo al cuore. Senza motivo, tra l’altro. Gli ha chiesto lei di vedersi.
“Va bene, a dopo”
Rimane un attimo incantata. Fissa un punto distante.
Viene riscossa dal guaire di Axl che la chiama insistentemente.
“Arrivo…arrivo” biascica affondando ancora una volta le dita nel soffice pelo del cane.
 
“Che fai oggi pomeriggio?” chiede Kezia arrotolando sulla forchetta gli spaghetti.
“Vado da Anne e Clare..”
“Uhm, salutamele!”
Silenzio. Il rumore delle forchette sui piatti.
“E tu?”
“Mi vedo con Danièl”
Silenzio. Il ticchettio dell’orologio.
“Ti sei chiarita le idee?”
“Abbastanza da decidere di uscirci..”
“Meno male.”
Silenzio. Cani che abbaiano in strada.
Le sembra quasi una follia. Deve essere diventata pazza tutto d’un tratto.
Ma non le importa.
Non ora.
 
 

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11. ***


  
  “Eccomi”
“Eccoti”
Ancora una volta Kezia sprofonda le mani nelle tasche del cappotto e cammina affianco a lui.
“Cosa dovevi dirmi?”
Si fermano per un attimo. Lei solleva lo sguardo, quasi intimorita. Spalanca la bocca in un ingorgo di parole ma non riesce ad emettere alcun suono. Un nodo in gola le impedisce di respirare. Ripiega  s’un semplice e dolcissimo sorriso.
“Nulla, era una scusa per vederti”
Attenta..attenta a dove stai andando a finire..
“Oh ahah bè anche io volevo vederti” ribatte sorpreso Danièl ricominciando a camminare con la testa bassa. Kezia gli lancia un sorriso da sotto le ciglia e fa altrettanto.
“Sai, ieri ho visto Bryan..”
Ancora. No, non è possibile.. basta per l’amor del cielo!
“Ahn, si?”
“Già…era…era un po’ giù ecco, mi ha raccontato dell’ultima volta che vi siete visti”
Bene. Dunque Bryan va a raccontare tutto in giro.
“Cioè voglio dire l’ha raccontato solo  a me..”
“Ah bè sì non è stato un incontro piacevole quello..”
“Posso immaginare…”
“Non ho idea di perché mi abbia lasciata andare nonostante mi amasse ancora”
Silenzio. Il rumore dei loro passi sul selciato. La nebbia inizia ad avvolgerli, il tramonto è inoltrato ormai.
“Non ne ho idea…” dice Danièl con voce rotta.
Kezia sospira. Non vorrebbe pensarci, ma da un paio di giorni a questa parte Bryan è il suo pensiero ricorrente, quello che la sveglia la mattina e che non la lascia dormire di notte, quello che la fa piangere e alcune, rare, volte sorridere.
Ma ora accanto a lei c’è Danièl. Se ne ricorda all’improvviso, alza la testa e gli sorride.
 
Le giornate scivolano tranquille, ma le notti, bè quelle sono un’altra storia.
Alla luce è facile fingere un sorriso e tirare a campare.
Quando ti ritrovi da solo, nel buio…è lì che voglio vederti.
Non far finta di niente, ci sei passata anche tu, dai.
Sarà il silenzio, sarà lo spaventoso spavento della confusione…
Così, puntualmente, le notti di Kezia sono popolate da incubi di lacrime, torrenti d’angoscia, l’angoscia di chi ha il cuore ancora votato a qualcosa che è impossibile riavere.
Se da una parte Kezia aveva gli occhi di Danièl, dall’altra aveva il profumo di Bryan.
Aveva il futuro, ma voleva il passato.
Stava per avere la felicità, ma voleva l’autodistruzione.
È l’uomo, ostinatamente, appassionatamente attaccato alla sofferenza.
Non sarebbe stata una scelta facile, non lo sarebbe stata.
Non sarebbero state notti normali, quello mai.
 


 

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12. ***


 “Kezia, posso chiederti una cosa?”
Ancora una volta la nebbia li avvolge. Sono passati alcuni giorni dall’ultima volta che si sono visti e ora sono lì, su quella staccionata umida, con nient’altro da fare se non guardare le stelle che iniziano ad uscire, timide ed imbarazzate.
“Dimmi” risponde lei a bassa voce.
“Potresti amarmi? Come hai amato Bryan…”
Kezia si volta di scatto. La domanda era tangibile nell’aria, ma entrambi la stavano ignorando.
Improvvisamente qualcosa di folle scatta nel cuore di Kezia. Vorrebbe fuggire, lontano, dissolversi in quello stesso istante. Semplicemente perché non sa che rispondere.
“Certo..certo che potrei. Ma non puoi chiedermi di amarti tanto quanto ho amato Bryan. Siete diversi. Provo per voi amori diversi. Per lui provo l’insano amore che si prova per le cose che non si possono più avere.”
“E per me? Per me che tipo di amore provi”
Silenzio. Non si può far altro in momenti come questo, se non star in silenzio, lasciando che il vento risponda per noi.
È da codardi, sì, ma in quegli istanti ti accorgi di quanto peso abbiano le parole, che, bloccate attorno alle tue corde vocali, t’impediscono di pronunciare anche una stupida sillaba priva di senso.
Forse il tempo si ferma, per un istante anche il cuore dei due ragazzi si ferma.
“Mi dispiace, non possiamo stare insieme Danièl. Non è ancora ora.”
Il mondo oscilla, come appoggiato sulla bilancia dell’amore, la bilancia che tutto decide e che tutto distrugge.
“Capisco” e Danièl si alza indispettito, ferito, confuso.
Era convinto di essere ricambiato. Come aveva fatto a maturare una visione così distorta di loro due. Non trovava una spiegazione a tutto questo, mentre la frustrazione gli montava nell’anima.
“Allora sparisco guarda, continua pure ad amare un fantasma, sciocca”
Kezia si ferma di botto, puntando i piedi a terra.
“Cosa hai detto scusa?” chiede in un sibilo, mentre i suoi occhi si fanno rossi.
“Ho detto che puoi continuare ad amare un fantasma a cui non importa più nulla di te!”
Una folata di vento, due piedi che riprendono a camminare furiosamente. La verità fa male, molto. Soprattutto quando a fartelo notare è una persona che non ha letto il libretto d’istruzioni del tuo cuore.
“Guardami bene, Danièl. Tu non sai assolutamente niente di me, di quello che provo, e non sai nemmeno le ragioni per cui compio certe azioni. Guardami Danièl. Puoi vivere senza di me?”
“Kezia.. no non posso farlo”
“Allora ti propongo un compromesso. Amici o nulla.”
Amici o nulla. Amici o addio. Amici o…
Come potrebbe mai accettare una cosa del genere!? Lei è tutto ciò che vuole.. come può ridursi ad essere un semplice amico?!
“No Kezia, non possiamo essere amici”
Lei continua a camminare furiosamente per la sua strada. Non vuole guardarlo, non vuole ascoltarlo, non vuole amarlo.
Il suo cuore è ancora totalmente occupato da un ricordo, un fantasma, un illusione.
“Allora addio Danièl.”
Pronuncia queste parole con una decisione che avrebbe spaventato chiunque.
Ma Danièl rimane un attimo immobile.
Non sa che è il primo di una lunga serie di addii. Quella ragazza è nata per dire addio, come se fosse la più dolce delle parole.
Non resta che lasciarla andare. Se tutto quel che vuole è stare sola, ad amare un ricordo, a rimpiangere un presente, lasciamola fare.
Volta le spalle a quella via buia che nasconde una luminosa luce al suo interno e si avvia verso casa.

 

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