A divine love di Martyx1988 (/viewuser.php?uid=51220)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Petali di ciliegio ***
Capitolo 2: *** Nuova primavera ***
Capitolo 3: *** Scrivilo su un biglietto ***
Capitolo 4: *** Scappatella ***
Capitolo 5: *** La stella più luminosa ***
Capitolo 6: *** Posso avere questo ballo? ***
Capitolo 7: *** Rabbia e delusione ***
Capitolo 8: *** Discesa dall'Olimpo ***
Capitolo 9: *** Risvegli ***
Capitolo 10: *** Rivelazioni ***
Capitolo 11: *** Complicazioni ***
Capitolo 12: *** L'inizio di una nuova battaglia ***
Capitolo 13: *** Primi scontri ***
Capitolo 14: *** L'Abbandono dell'Amore ***
Capitolo 15: *** Strategie ***
Capitolo 16: *** Tempesta ***
Capitolo 17: *** Un amore divino ***
Capitolo 18: *** In fuga ***
Capitolo 19: *** La potenza di un dio ***
Capitolo 20: *** Di nuovo insieme ***
Capitolo 21: *** Prima di partire ***
Capitolo 22: *** Vulcano ***
Capitolo 23: *** Alle pendici del monte ***
Capitolo 24: *** I tre Ciclopi ***
Capitolo 25: *** Spine di Rosa ***
Capitolo 26: *** Nati dall'avorio ***
Capitolo 27: *** Redenzione ***
Capitolo 28: *** Preludio ***
Capitolo 29: *** L'Armatura di Afrodite ***
Capitolo 30: *** L'ultimo valzer ***
Capitolo 31: *** Attenti a quei due ***
Capitolo 32: *** Un tramonto sul mare ***
Capitolo 1 *** Prologo - Petali di ciliegio ***
A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea
dell'Amore")
PROLOGO - Petali di ciliegio
Petali rosa cadevano dal ciliegio che
adornava il giardino dell'orfanotrofio. Il leggero vento primaverile li
faceva volare a mezz'aria e roteare in eleganti virtuosismi, ed
espandeva il loro profumo tutt'intorno. Un piccolo petalo si
posò su una gamba di un bambino seduto sull'altalena, e su
di esso cadde poco dopo un'innocente lacrima. Piangeva il bambino,
rimasto solo al mondo, appena arrivato all'orfanotrofio dopo un lungo
viaggio dalla fredda Russia.
Un altro petalo ballerino andò a decorare il cerchietto
bianco che ornava i capelli biondi di una bambina, sul cui viso
splendeva un'espressione dolce e sorridente. Teneva le braccia dietro
la schiena, in una mano stringeva il braccio di pezza di una bambola.
Osservava il bimbo sull'altalena, biondo come lei, più o
meno della sua età, il cui pianto silenzioso era scandito
dal cigolare delle catene, che si muvevano avanti e indietro seguendo
la spinta dei suoi piedi sul terreno.
"Perchè piangi?" gli chiese genuinamente.
Il bambino azò gli occhi azzurri ancora colmi di lacrime,
incontrando quelli verdi e luminosi di lei. Continuava a sorridere,
dolce. Il bimbo abbass di nuovo lo sguardo sulle sue gambe.
"La mia mamma è morta" rispose mestamente, tirando su col
naso "Gli altri bambini non vogliono giocare con me". Un singhiozzo.
"Sono rimasto solo". Strinse le catene dell'altalena tra le mani nel
tentativo di soffocare i singhiozzi.
"Allora non devi piangere"
La limpidezza nella voce della bambina lo sorprese e tornò a
guardarla meravigliato. Stava ancora sorridendo, tutto del suo viso
sorrideva, mettendo in evidenza le paffute guance rosee, in tinta coi
petali di ciliegio che le danzavano intorno. Al bimbo parve persino di
vedere una luce intorno alla sua sagoma, quasi non fosse reale ma un
semplice frutto della sua immaginazione.
La bimba continuò a parlare senza perdere il sorriso. "Anche
la mia mamma e il mio papà sono morti. Ho pianto tanto.
Però poi ho pensato che loro non avrebbero voluto vedermi
piangere. E penso che nemmeno la tua mamma lo voglia"
Rimase sbalordito dalla semplicità con cui
pronunciò quelle sagge parole, e ne capì al
contempo la profonda verità. Si asciugò le
lacrime col braccio e si alzò dall'altalena, cercando di
sorridere.
"Come ti chiami?" gli chiese lei, ancora più sorridente.
"Hyoga. E tu?"
"Io sono Ayame. E questa è Susie". Gli mostrò la
bambola di pezza che fino a quel momento aveva tenuto dietro la
schiena. "Se vuoi puoi giocarci"
"I maschi non giocano con le bambole"
Sul viso della bimba apparve per un attimo un'espressione perplessa,
rimpiazzata subito dopo dal candido sorriso di prima.
"Hai ragione, che sciocca"
"Comunque grazie" disse Hyoga, ormai contagiato dalla
solarità di Ayame. In risposta ricevette una breve e
cristallina risata.
"Signorina Ayame, è ora di andare!" urlò una
donna dal cancello dell'orfanotrofio.
"Tienila lo stesso" Ayame mise in mano a Hyoga la bambola "Ti
farà compagnia quandoti sentirai solo. Ciao!". Lo
salutò con la manina prima di iniziare a correre verso il
cancello.
"No...Aspetta! Io non posso tenerla!" le gridò dietro Hyoga
agitando la bambola.
"Tornerò a riprenderla un giorno! E' la mia preferita!" gli
rispose Ayame, prima di sparire dietro la portiera di una lussuosa auto
nera.
Sotto consiglio
di roxrox ho voluto provare a sviluppare la One-shot che ho pubblicato
ieri (o meglio stanotte :D)...non asicuro un regolare aggiornamento,
vista la sfilza di fic iniziate e ancora in sospeso, spero cmq che
leggerete e apprezzerete la storia!
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Capitolo 2 *** Nuova primavera ***
A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea
dell'Amore")
Capitolo 1 - Nuova Primavera
Quella mattina il collegio St. Charles era
più rumoroso del solito, le risate dei bambini sembravano
quintuplicate rispetto agli altri giorni e oltre ad esse se ne potevano
distinguere altre più adulte, ma da una parte ancora
infantili. I precedenti ospiti del collegio erano andati a fare visita
ai loro piccoli amici insieme alla signorina Saori e a Tatsumi, e
così Seiya, Shiryu, Shun, Hyoga e gli altri cavalieri si
erano trovati alle prese con litigi di massa, pianti più
simili ad alluvioni e scherzi di vario tipo. La faccia di Seiya era
infatti ricoperta da una vasta gamma di colori a tempera che lo
rendevano più simile a un clown che a un cavaliere, i lunghi
capelli di Shiryu erano stati presi d'assalto dalle bambine che si
stavano divertendo ad acconciarli nei modi più disparati,
mentre Shun stava intrattenendo un gruppetto di bambini apparentemente
più tranquilli insegnando loro a disegnare.
Il tutto avveniva sotto un tiepido sole primaverile e davanti ai gelidi
occhi azzurri di Hyoga, che aveva preferito starsene in disparte e
osservare divertito la scena. Accanto a lui, seduta su una semplice
panchinadi legno, Saori rideva di gusto.
Videro poi una bambina correre loro incontro urlando, inseguita dal
solito Smarty, forse il bambino più dispettoso del collegio.
Hyoga e Saori si scambiarono uno sguardo d'intesa e decisero di
intervenire, il ragazzo bloccò Smarty afferrandolo
per il colletto e sollevandolo, permettendo così alla bimba
di andarsi a rifugiare da Saori.
"Lasciami, lasciami andare! Avanti, Hyoga, mettimi giù!"
Smarty si dimenava senza sosta calciando l'aria con i piedi.
"Neanche per sogno, non si importunano le bambine così"
"Non me ne importa niente di lei, voglio solo il suo giocattolo!"
"Puoi scordartelo, Smarty! Finiresti per romperlo!". La bambina fece
seguire una sonora linguaccia alla sua risposta.
"Sei veramente antipatica e brutta lo sai?!?" sbraitò il
ragazzino, provocando il pianto isterico della bambina, che
inondò di lacrime l'abito di Saori.
"Ma bravo!" lo rimproverò Hyoga "Chiedile immediatamente
scusa"
"Non ci penso nemmeno!"
Hyoga lo sollevò ancora di più, portando il suo
viso all'altezza dei suoi occhi. "Non voglio ripetermi". Il suo sguardo
non ammetteva repliche.
"Uff...e va bene, scusa" brontolò Smarty. La bambina
sembrò calmarsi e, sollevata la testa, si asciugò
le lacrime con la manicha della camicetta.
"Si può sapere qual è il giocattolo che ha creato
tanto trambusto?" domandò gentilmente Saori, sorridendo ai
due bambini. Nel frattempo Hyoga aveva rimesso a terra Smarty, pur
continuando a tenerlo d'occhio.
La bimba mostrò alla ragazza una bambola di pezza molto
vecchia e a tratti sgualcita, ma ancora in buono stato e di ottima
fattura, che subito attirò l'attenzione di Hyoga.
"Bah, è bruttissima e vecchia. Tientela pure!"
bofonchiò Smarty, tornando a giocare con gli altri bambini.
"Non è vero, sarai tu brutto!" trillò la bambina,
lasciando cadere la bambola per lanciarsi all'inseguimento
dell'amichetto.
Saori rise divertita, poi si chinò a raccogliere la bambola
e la porse a Hyoga. "Mi era sembrato ti interessasse".
"No, solo...ricordavo di averla vista tra i giocattoli del collegio
quando ero piccolo, tutto qui"
Saori annuì. "Prendila comunque". Avvicinò ancora
di più la bambola al cavaliere, che la prese con
delicatezza, e andò verso il resto del gruppo.
Si era completamente dimenticato dell'esistenza di quella bambola e, a
vederla in quello stato si sentì in colpa. Quella bambina,
Ayame, gliel'aveva lasciata per non farlo sentire solo, dicendo che un
giorno sarebbe tornata a riprenderla. Cosa avrebbe detto nel trovarla
sgualcita e sporca. Si diede dello stupido, erano anni che la bambola
era al collegio e mai nessuno era venuto a reclamarla,
perchè sarebbe dovuto accadere proprio in quel momento?
Rappresentava però un ricordo troppo bello per lasciarla in
quello stato.
"Ehi, Erii!" si diresse verso la zona del cortile dove gli altri
stavano giocando. Una ragazza bionda, minuta, si affrettò a
corrergli incontro.
"Dimmi, Hyoga" disse sorridendo al ragazzo, rossa in viso per la seppur
breve corsa e non solo.
"Dici che si può rimettere in sesto questa bambola?" gliela
mostrò. Erii la prese in mano con attenzione.
"Beh, è un po' malconcia ma non perduta. Qualche punto qua e
là e tornerà come nuova. Ma come mai vuoi che la
aggiusti?"
"Così. E' un bel giocattolo ed è un peccato
lasciarlo in queste condizioni"
"D'accordo, mi ci metto subito"
"Grazie, Erii. Sei sempre molto gentile"
Il rossore sul volto della ragazza si fece più vistoso e,
nel tentativo di non farsi vedere da Hyoga, si voltò di
scatto e tornò verso il collegio. Il ragazzo sorrise,
conscio dei sentimenti che animavano la fanciulla. Anche lui li aveva
provati per qualche tempo, ma si era poi accorto di non amare Erii come
meritava e aveva preferito restarle amico, situazione che lei aveva
accettato apparentemente volentieri. La vide uscire dal collegio con in
mano un cestino, probabilmente contenente tutto ciò che le
sarebbe servito per rattoppare la bambola.
Gli venne in mente il giorno in cui la ricevette, anni prima, e si
voltò a guardare l'altalena, ancora in piedi da allora. Cosa
invece non esisteva più era l'albero di ciliegio, abbattuto
per creare uno spazio giochi all'aperto, con scivoli, giostre e
quant'altro.
A Hyoga non sembrava neanche fosse primavera senza quell'albero. In
quel tandem di ricordi riaffiorò anche l'immagine solare di
Ayame, sorridente e luminosa, che lo incoraggiava a non essere triste,
che gli offriva parte di lei perchè non si sentisse
più solo. Purtroppo poche volte aveva potuto sfruttare quel
dono, il suo destino non era quello di essere un bambino normale la cui
infanzia sarebbe trascorsa in mezzo ai giochi e ai coetanei. Era dovuto
diventare un uomo prima degli altri, e come lui anche Seiya, Shiryu e i
suoi amici. Il tempo dei giochi era durato poco per lui.
Un colpo di clacson proveniente da una lussuosa automobile scura
posteggiata davanti al cancello lo svegliò dai suoi
pensieri. Si avvicinò alla macchina, da cui sbucò
un brizzolato autista in divisa.
"Mi scusi, è questo il collegio St. Charles?" gli chiese
gentilmente.
"Sì, esatto"
"Molto bene". L'uomo corse intorno alla macchina fino a raggiungere la
portiera del passeggero dietro, che aprì con eleganza.
"Siamo arrivati, signorina Ayame"
Ayame?!?
pensò Hyoga, sorpreso. No, non poteva essere lei, sarebbe
stata una coincidenza impossibile. Oppure non si trattava di
coincidenze, ma di uno strano gioco del destino. Attese con
trepidazione che il passeggero uscisse dall'auto. Il cuore gli si
fermò quando ai suoi occhi apparve un roseo viso sorridente
contornato da una cascata di capelli biondissimi e su cui spiccavano
due luminosi occhi verdi.
Eccomi di nuovo qui! Spero di non aver deluso le vostre aspettative,
questo capitolo è nato tra una pausa tra lo studio di
Chimica Inorganica e quello di Chimica Organica, perciò se
vedete comparire formule in mezzo al testo perdonate :P...no scherzo,
potrebbe comunque esserci qualche errore di battitura, portate pazienza
ma sono in periodi di esami su esami...
Ringrazio roxrox, ti con zero e sole a mezzanotte per il loro appoggio
e tutti gli altri silenziosi lettori!
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Capitolo 3 *** Scrivilo su un biglietto ***
A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea
dell'Amore")
Capitolo 2 - Scrivilo su un
biglietto
Quando si accorse della sua presenza
davanti a lei,
Ayame spalancò gli occhi e sul suo incantevole viso comparve
un'espressione di stupore.
"Ayame, cosa fai lì impalata. Devo scendere"
gracchiò una
voce dall'interno della vettura. La ragazza parve ridestarsi da un
sogno, sbattè più volte le palpebre e si
voltò
verso l'auto.
"Perdonami, Tata, mi sono persa nei ricordi" ribattè
dolcemente,
mentre si scostava per lasciar uscire una donna allampanata e arcigna,
coi capelli grigi imprigionati in uno stretto chignon. L'esile corpo
era rivestito da un austero tailleur dello stesso colore della chioma,
corredato di borsetta in tinta e totalmente in contrasto col leggero
abito lilla e bianco indossato da Ayame, che le lasciava scoperte le
gambe dal ginocchio in giù e metteva i risalto la
corporatura
minuta ma matura della fanciulla. Tra i capelli biondi spiccava infine
un nastro della stessa fantasia dell'abito, che raccoglieva parte della
folta chioma in una mezza coda.
Hyoga non riusciva a staccarle gli occhi di dosso, oltre che per la sua
straordinaria bellezza anche per la strabiliante somiglianza che la
ragazza aveva con la sua defunta madre. Eccetto il colore degli occhi e
qualche particolare del viso, tutto di Ayame gli ricordava la sua cara
mamma.
"Ehi, tu!" gracchiò la donna per attirare la sua attenzione
"Non sai che è da maleducati fissare le persone?"
"Come? Cosa?" balbettò il ragazzo, diventando paonazzo per
la
brutta figura che aveva appen collezionato. Vide Ayame coprirsi la
bocca mentre rideva. Hyoga non potè non notare quanto fosse
simile alla bambina di molti anni fa. "Oh, che cafone! Perdonatemi,
signore!". Si prostrò in numerosi e agitati inchini,
inalberandosi in innumerevoli scuse.
"Sì, sì, va bene" lo fermò la Tata
"Ora puoi gentilmente aprirci il cancello, ragazzo?"
"Certamente". Hyoga si precipitò verso uno degli stipiti del
cancello e premette un pulsante giallo. Con un sonoro scatto si
attivò il meccanismo che aprì i due battenti
permettendo
alle due donne di entrare.
"Grazie" conguettò Ayame passandogli accanto e, almeno
così parve a Hyoga, strizzando l'occhio sinistro nella sua
direzione. Il ragazzo la osservò per qualche istante
chiedendosi
se si fosse sognato tutto. Dall'espressione che aveva assunto appena
scesa dalla macchina sembrava averlo riconosciuto, eppure non lo aveva
nemmeno salutato, nè chiesto chi fosse. Decisamente non si
ricordava di lui, l'occhiolino doveva essere semplicemente un suo
solito gesto di ringraziamento. Premette nuovamente il tasto per
chiudere il cancello e si diresse verso gli altri.
Vide Ayame parlare vivacemente con Saori, probabilmente dovevano
conoscersi da molto tempo. Del testo, a giudicare dall'auto con cui si
era presentata, Ayame doveva essere benestante quando la signorina
Kido, e tra gente di rango ci si conosce tutti.
Una volta raggiunto il resto del gruppo, Seiya lo avvicinò e
si appoggiò col gomito alla sua spalla.
"Amico, pensavamo volessi fare compagnia al cancello per tutto il
pomeriggio" rise il ragazzo.
"Meglio che farmi dipingere la faccia da pagliaccio" rispose Hyoga
seccato, ma, una volta guardato in volto l'amico, non riuscì
a
non trattenere una risata "Hai visto che faccia hai? Ahahhahahah!"
"Perchè? Che c'è che non va?". Si
specchiò nel
vetro di una finestra. "E' solo un po' colorata, non ci trovo niente di
strano!"
"No, se lavori in un circo". Anche Shiryu e Shun avevano iniziato a
prendere in giro Seiya, che cercava in tutti i modi di togliersi il
colore dalla faccia.
"Posso avere la vostra attenzione, per favore?" intervenne Saori,
rivolta a tutti quanti. "Volevo presentarvi la mia cara amica Ayame
Kobayashi. E' venuta qui dall'isola di Cipro, dove la sua famiglia vive
da generazioni, e resterà con noi per qualche tempo"
"Ciao a tutti!" salutò la ragazza con freschezza "E' un
piacere
conoscervi". Sentì qualcuno tirare dolcemente la gonna del
vestito, abbassò gli occhi e incontrò quelli
castani di
una bambina sorridente.
"Signorina, lo sa che è davvero bella?" trillò la
bambina, ciondolando a destra e a sinistra.
"Ti ringrazio, piccola! Sei davvero molto gentile". Un grande sorriso
le illuminò il volto, facendo saltare il cuore a Hyoga.
"Ma perchè e venuta da noi?" domandò con
arroganza Smarty
mentre osservava Ayame imbronciato e con le braccia conserte.
"Beh, sono venuta per farvi due domande, e chi risponderà
giusto riceverà un premio".
Subito i bambini la circondarono urlando per l'impazienza.
"Però
dovete fare i bravi e sedervi intorno a me". Tutti obbedirono
più o meno immediatamente.
"Speriamo sia qualcosa da mangiare" commentò Sancho
sfregandosi le mani.
"Ma pensi sempre a mangiare? E comunque vincerò io, vedrai"
gli rispose Smarty.
"Molto bene" intervenne Ayame, ponendo fine alla conversazione tra i
due. "Domanda numero uno: chi mi sa dire quanti giorni mancano a
Natale?"
Subito si alzò un brusio di voci concitate che contavano con
l'aiuto di tutte le dita a loro disposizione, e poco dopo iniziarono a
saltare fuori numeri su numeri, uno più improbabile
dell'altro.
Smarty sembrava un pallottoliere della lotteria.
"Bene, ci siete andati tutti molto vicini" Ayame tentò di
porre
fine alla gara al numero più alto che si era venuta a
creare. "Passiamo alla prossima domanda, la più importante".
I bambini si fecero subito attenti. "Credete nella magia?"
domandò con fare misterioso la ragazza.
Dopo qualche secondo di silenzio, in cui avvenirono scambi di sguardi
perplessi, la voce di Smarty si levò su tutte.
"Ehi! Ma che razza di domanda è questa? Ci ha preso per
scemi?!?"
Ayame rise. "Ne deduco che tu non credi alla magia, Smarty"
"No, affatti, sono tutte frottole...Un momento, come sai il mio nome?"
La ragazza si strinse nelle spalle assumendo un'espressione innocente.
"Beh, potrei aver tirato ad indovinare...oppure potrei essere magica"
Sì,
è la parola giusta pensò Hyoga, che
non si era perso un attimo del divertente gioco creato da Ayame.
"Naaaah, mi stai prendendo in giro! Te l'ha detto qualcuno prima"
protestò Smarty, mettendo il broncio.
"Va bene, Smarty, visto che non ci credi ti farò vedere una
cosa in gran segreto. Vieni qui"
Con sguardo scettico, il bambino si alzò e raggiunge Ayame,
che si chinò su di lui mostrandogli il pugno chiuso.
"Sai cosa c'è qua dentro?" gli sussurrò.
"Come faccio a saperlo se non me la fai vedere?"
"Oh ma non si può vedere. Qui dentro c'è polvere
magica e se qualcuno la vede perde il suo potere e diventa semplice
sabbia"
"Secondo me stai raccontando un sacco di fandonie"
"Uhm, sei un tipo Se
non vedo non credo eh? Molto bene"
Ayame si rialzò, continuando a tenere il pugno stretto. Sul
suo viso era stampata un'espressione soddisfatta. Lentamente
alzò il pugno in cielo, per poi scagliarne velocemente il
contenuto a terra. Ci fu un piccolo scoppio e si alzò un
polverone che finì negli occhi dei bambini, che subito
presero a strofinarseli con le mani e a tossire. Quando le nube di
terra si dissolse, un coro di "Ooooohh" e "Woooow!" si alzò
tra i bambini, estasiati dai numerosi pacchi regalo che erano comparsi
vicino ad Ayame.
"Quanti regali"
"Per chi sono?"
"Beh" rispose Ayame "Visto che nessuno di voi mi ha detto quanti giorni
mancano a Natale, ma ci siete andati tutti vicini, ho deciso di
premiare tutti. Però attenzione". I bambini, già
pronti per assalire i pacchi, si bloccarono. "C'è un regalo
per ciascuno di voi, nè più nè meno,
chiaro?"
"Sì, sì, sì" canticchiarono i bambini,
per poi avventarsi sui doni come fosse veramente il giorno di Natale.
Ayame li osservò sorridente insieme a tutti gli altri
adulti, eccetto la Tata, che si avvicinò velocemente alla
ragazza e l'afferrò per un braccio.
"Tu e i tuoi soliti giochetti da bambini" la rimproverò
sottovoce "Stiamo solo perdendo tempo e sprecando soldi"
"Sto solo cercando di condividere la mia fortuna con qualcuno che ne ha
bisogno, Tata. Non mi sembra uno spreco di soldi"
"Pensala come vuoi, ma
il denaro che la tua famiglia ha messo da parte non
scivolerà più via tra le tue dita
una volta che ti sarai sistemata come si conviene"
Una volta che la Tata si fu allontanata, Ayame si concesse un sospiro e
per un attimo lasciò cadere il suo solito sorriso in
un'espressione sconsolata. Lasciò vagare lo sguardo, che
presto incontrò quello glaciale di Hyoga. Il ragazzo aveva
notato il repentino cambio d'umore di Ayame dopo la conversazione con
l'altra donna e in quel momento la osservava preoccupato. Non sembrava
minimamente interessato all'allegra conversazione che Seiya e gli altri
avevano intavolato, la sua attenzione era tutta per lei.
Ayame abbassò lo sguardo, imbarazzata da tutte quelle
attenzioni, e vide lì vicino la stessa bambina che le aveva
fatto i complimenti per la sua bellezza intenta a giocare col suo
regalo, una scatola di pastelli e pennarelli. La osservò per
un po', poi tornò ad osservare Hyoga, che nel mentre si era
messo a parlare con una delle ragazze del collegio, bionda, molto
carina e, notò Ayame, innamorata. Stava porgendo al ragazzo
una bambola, che lei conosceva bene, e riuscì a captare le
parole del giovane.
"Grazie per averla rimessa a posto, Erii. E' perfetta"
Il sorriso le tornò spontaneamente e nello stesso momento le
venne un'idea. Si chinò vicino alla bambina e le chiese un
pennarello e un foglio di carta, che lei le cedette volentieri.
Scribacchiò poche parole sul foglio, lo piegò e
si rivolse alla bambina.
"Me lo faresti un grosso favore?"
La bimba annuì vistosamente.
"Lo porteresti a quel ragazzo biondo laggiù? Io ti aspetto
qui per giocare insieme"
"Va bene!" rispose la bambina allegra. Si diresse saltellando verso
Hyoga, che stava ancora parlando con Erii della bambola, quindi gli
porse il biglietto.
"Che cos'è? Un tuo disegno?" le chiese divertito.
"No, no. Te lo manda lei" si voltò per indicare col ditino
Ayame, che stava giocando insieme a Sancho e al suo regalo.
Hyoga prese il biglietto dalla mano della bimba,
si congedò gentilmente da Erii e si allontanò dal
resto del gruppo. Aprì il foglio lantamente, quasi ci fosse
una bomba dentro. In grafia ordinata ed elegante Ayame aveva scritto le
seguenti parole:
Ci vediamo al porto domani mattina alle dieci.
Porta anche Susie, spero tu l'abbia trattata come si conviene ;P
Ayame
Hello a tutti!
Ringrazio roxrox, ti con zero e piciottina75 per i commenti e spero do
non aver deluso nessuno col nuovo capitolo...
Attendo altri commenti!
Baci!
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Capitolo 4 *** Scappatella ***
A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea
dell'Amore")
Capitolo 3 - Scappatella
Mancavano pochi minuti allo scoccare delle
dieci e la zona del porto pullulava già di gente. Marinai,
commercianti, lavoratori, semplici visitatori passeggiavano per la
strada accompagnati dalle loro chiacchiere mattutine, pronti per un
nuovo giorno uguale agli altri. Ma non Hyoga, per lui non era un giorno
uguale agli altri, anzi, probabilmente si sarebbe ricordato di quella
giornata per tutta la vita. Non sapeva nemmeno lui il motivo preciso di
quella sensazione, ma il fatto che con lui, quella mattina, ci sarebbe
stata Ayame la rendeva ai suoi occhi qualcosa che valeva la pena
ricordare.
La campana diede il primo dei dieci rintocchi quando il ragazzo si
fermò a pochi metri dall'imboccatura del porto. Ayame era
davanti a lui, appoggiata con le braccia al muretto, intenta ad
osservare l'orizzonte, dove tra il colore del mare e quello limpidi del
cielo si notava poca differenza. Era diversa dal giorno prima, i lunghi
capelli erano raccolti in una coda alta da un anonimo elastico cui
però erano sfuggite alcune lunghe ciocche che la ragazza
aveva sistemato dietro le orecchie con l'aiuto di qualche forcina,
mentre all'elegante abito lilla aveva sostituito una candida camicia e
un paio di jeanse leggeri, il tutto completato da un paio di ballerine
in tinta con la camicetta.
Hyoga ebbe la piacevole sensazione di trovarsi di fronte ad una ragazza
normale, se così si sarebbe mai potuta definire Ayame, e non
più all'irraggiungibile ragazza altolocata del giorno prima,
il cui comportamento non aveva fatto altro che confondergli le idee.
Eppure, se gli aveva dato appuntamento, voleva dire che qualcosa si
ricordava di lui. Guardò la bambola che teneva in mano, Erii
aveva fatto davvero un bel lavoro, c'era poca differenza tra l'oggetto
che aveva ricevuto da bambino e quello che stava osservando in quel
momento.
L'eco dell'ultimo rintocco sparì tra i flutti del mare.
"Ehi, bell'addormentato, non mi sembra carino far aspettare una signora"
Hyoga alzò lo sguardo e incrociò quello a
metà tra il divertito e l'imbronciato di Ayame. Si
voltò poi a guardare la torre dell'orologio, che segnava le
dieci precise.
"Tu mi hai detto di venire alle dieci" indicò la torre con
la mano libera "E sono le dieci. Perfettamente puntuale". Nella sua
mente pensò che non avrebbe mai risposto così
alla ragazza del giorno prima, anzi, probabilmente avrebbe fatto scena
muta.
"Sì, ma io sono qui da prima delle dieci e ti ho dovuto
aspettare comunque" obiettò lei senza cambiare espressione.
"Allora eri tu in anticipo, non io in ritardo"
"Uffa, non ti si può proprio fregare a te, eh?"
protestò lei "E comunque poca confidenza, è solo
la terza volta in tutta la tua vita che mi vedi"
Terza volta? Questo voleva dire che...
"Ma allora..." si bloccò quando si accorse di stare parlando
alla schiena di Ayame. Questa girò leggermente il capo
rivolgendogli quel sorriso che il ragazzo ormai conosceva bene.
"Certo che mi sono ricordata di te! Appena ti ho visto" gli
strizzò l'occhio, proprio come il giorno prima. Nella mente
di Hyoga iniziò a farsi largo l'idea che non fosse un gesto
abituale.
"Allora, vogliamo andare?" lo incalzò lei, e il ragazzo,
senza farselo ripetere due volte la raggiunse in poche falcate.
Iniziarono a passeggiare lungo la strada che fiancheggiava la costa.
"Mi dispiace per ieri, ma non potevo far capire alla Tata che ti
conoscevo" riprese lei.
"Ah, quindi è l'Arpia il problema"
"Arpia?". Ayame rise a sentire il soprannome della Tata e Hyoga si
unì a lei.
"Sì, è stato Seiya a chiamarla così"
"Seiya era quello con la faccia tutta dipinta?". Hyoga
annuì. "Mi sembrava un tipo un po' fuori dalle righe"
"E' ancora un bambinone, però sul campo di battaglia...".
Hyoga sperò di essersi interrotto in tempo, sapeva quanto
poteva essere rischioso essere a conoscenza della loro vera
identità. La stessa Saori si era raccomandata
affinchè fossero più cauti nel rivelare il loro
segreto. Ayame, però, era troppo sveglia per lasciarsi
sfuggire i particolare interessanti.
"Campo di battaglia?". Ayame si era fermata, incuriosita.
"Sì...nel senso...sai quando si gioca fra amici...a pallone
o a freesbee...sono come delle battaglie no?...beh lui è uno
che non molla mai".
Attese qualche secondo nella speranza che Ayame avesse creduto alle sue
parole. Anche lei lo stava scrutando, e il suo sguardo era molto
eloquente. Non me la
dai a bere dicevano silenziosamente i suoi occhi. Dopo
poco riprese a guardare davanti a sè e a camminare.
"Sarà, ma secondo me ha qualche rotella fuori posto"
Hyoga si fece distanziare di qualche metro per poter tirare un sospiro
di sollievo, quindi tornò ad affiancare la ragazza. Doveva
stare più attento, se voleva proteggerla. Perchè
Hyoga provava verso di lei un instintivo sentimento di protezione,
voleva che rimanesse solare e pura per sempre, che non vedesse la
brutalità della guerra, come lui e i suoi compagni. Non
l'avrebbe messa in pericolo.
"Come ci siamo fatti silenziosi" constatò lei, osservandolo
di sottecchi.
"No, è che...pensavo"
"L'ho notato"
"Allora..." il ragazzo tentò di riattaccare il discorso "La
Tata lo sa che sei qui?". Era una domanda stupida e lo sapeva, ma era
la prima che gli era venuta in mente.
"Naturalmente no" Ayame spiazzò completamente Hyoga. Non
sembrava affatto preoccupata della sua situazione.
"Quindi non sa che sei fuori? Con me?". Gli ritornò in mente
lo sguardo arcigno che la donna gli aveva rivolto il giorno prima,
quando era rimasto a fissare Ayame come un ebete.
"No, te l'ho appena detto". La cosa sembrava non toccarla.
"Ma...se lo scopre? Se non ti trova in casa o dovunque voi alloggiate?"
"Allora sarei nei guai"
"E non ti preoccupi minimamente?!? Insomma...ti daranno per dispersa e
se...se ti trovano con me io posso dire addio alla mia testa"
"Ehi, stai tranquillo ok?"
Ayame gli si era parata davanti e lo aveva fermato posandogli le mani
sulle spalle. Sorrideva come sempre, ma stavolta con un pizzico di
furbizia negli occhi verdi, che parevano ancora più luminosi.
"E' molto improbabile che mi trovino e, nella remotissima ipotesi che
accada, dirò che è tutta colpa mia"
"E ti crederanno?"
"Non è mica la prima volta che scappo di casa per qualche
ora"
"E meno male che er Seiyaq quello fuori dalle righe"
"Che vuoi dire?"
"Che non sei proprio come avevo immaginato che fossi"
"Cioè?" Ayame iniziò ad osservare Hyoga
intensamente, curiosa di sapere cosa pensava.
"Ti immaginavo molto più tranquilla, voglio dire..."
"Come Saori?"
"Sì, come la signorina Saori"
Ayame abbassò lentamente le braccia, che le ricaddero lungo
i fianchi, e distolse lo sguardo dagli occhi azzurri di Hyoga,
portandolo verso un punto indefinito al di là del pavimento
piastrellato della strada. Il sorriso le era del tutto scomparso.
Hyoga iniziò a darsi dell'idiota per quello che aveva detto,
anche se mai avrebbe pensato che Ayame avrebbe reagito così.
"Accidenti, scusami, non volevo farti stare male" le mise le mani sulle
spalle, come lei aveva fatto poco prima "E comunque, io ti preferisco
così come sei"
Ayame alzò lentamente il capo, mostrando due occhi ricolmi
di lacrime, che a Hyoga parvero più belli del solito. Il
ragazzo le sorrise, un sorriso sincero, che la ragazza aveva visto
poche volte e che su di lui, pensò, stava davvero bene. Non
riuscendo più a trattenersi lasciò che i
singhiozzi le salissero spontanei dalla gola e che le lacrime le
rigassero il viso, che affondò nel petto muscoloso del
ragazzo, bagnandogli la canottiera blu che indossava.
Hyoga, dopo un breve momento di sorpresa, intenerito da quel
comportamento le cinse le spalle con le braccia, lasciando che si
sfogasse. Se molti anni prima era stata Ayame a consolarlo, adesso
toccava a lui.
Si erano spostati sulla spiaggia, lontani dagli sguardi interrogativi
della gente. Da qualche minuto stavano osservando i gabbiani volare
all'orizzonte sopra le vele delle numerose barche che solcavano il
mare. I singhiozzi di Ayame si erano calmati, ma Hyoga voleva che fosse
lei a parlare per prima. Non se la sentiva di indagare sul motivo di
quello sfogo, non voleva forzarla. Sarebbe stata solo una sua scelta
parlarne con lui.
"Fosse per la Tata sarei tutto il giorno chiusa in un convento"
iniziò la ragazza a bassa voce, continuando a fissare
l'orizzonte. Hyoga si voltò verso di lei, attento.
"Mi ha allevata dopo che sono morti i miei genitori, e ha notato subito
il mio temperamento un pochino ribelle.
Diceva che non era adatto ad una bambina coi miei natali e per tutta la
vita mi ha educato all'etichetta e alle buone maniere. Ma io non ce la
facevo ad essere così, mi sentivo finta. Allora, quando non
c'era o non poteva vedermi, scappavo di casa. Non facevo niente di
strano, passeggiavo soltanto, guardavo vetrine, mangiavo, ma almeno
potevo farlo a modo mio. In quei momenti non ero la discendente della
ricca famiglia Kobayashi, ero solo Ayame, e mi piaceva da matti! La
povera Tata non mi ha mai scoperta, tanto erano plausibili le mie scuse
e tanta era la fiducia che aveva in me. Poi ho iniziato a dare quello
che avevo in beneficienza a chi ne aveva più bisogno, come
il collegio St. Charles, ma secondo la Tata è solo uno
spreco di soldi. Così ha deciso...di sistemarmi"
"Sistemarti? In che senso?" la domanda sorse spontanea a Hyoga.
"Lo scoprirai presto. Domani ci sarà una festa a casa
nostra, in onore della mia sistemazione.
Vieni e lo scoprirai"
"Quindi è tutto previsto per domani"
"Esatto, per questo oggi mi sono concessa questa scappatella. Volevo
vivere ancora un giorno da Ayame, e ho voluto viverlo con te,
perchè mi hai ricordato quando potevo essere ancora me
stessa, senza freni"
Hyoga rimuginò qualche secondo sulle parole della ragazza.
Prese la bambola dalla tasca dei pantaloni, la guardò e
prese la sua decisione.
"Molto bene, allora questa sarà la migliore scappatella di
sempre. Non te la dimenticherai, fidati". Si alzò in piedi e
guardò in basso verso Ayame con sguardo fiero.
La ragazza lo osservò prima perplessa, poi divertita. "E
immagino che sarai tu a renderla memorabile"
"Esatto"
"E come?"
"Vediamo...intanto cerca di prendere Susie" . Le sventolò la
bambola davanti agli occhi, ma, quando Ayame tentò di
afferrarla, gliela tolse da sotto le mani.
"Ehi, così non vale!" protestò lei, che
subitò si lanciò sul ragazzo per riprenderla.
Ancora una volta Hyoga si scansò, e poi ancora e ancora,
finchè non si ritrovarono a rincorrersi per la spiaggia come
due bambini. Ed era proprio quello che il ragazzo voleva: Ayame sarebbe
stata ancora per un giorno la bambina sorridente e solare dei suoi
ricordi.
Le restituì la bambola quando vide che era del tutto
esausta, e passò il resto della giornata ad assecondare i
desideri di Ayame, fino a quando non sparì dietro il muro di
cinta della sua grande casa, come il sole all'orizzonte nell'ora del
tramonto.
Salve a tutti!!
Rieccomi col nuovo capitolo :) Lo so che non succede ancora nulla a
livello di azione, ma pazientate e sarete accontentati ;P
So di aver usato il termine scappatella in modo improprio,
però suonava bene e comunque, essendoci di mezzo un ragazzo,
mi sembrava abbastanza azzeccato...
Ringrazio roxrox, Snow Fox e ti con zero per i commenti, sono contenta
di essere riuscita a farvi apprezzare un pochino i bronzini, come li
chiamate voi, e sono anche contenta che vi sia piaciuta la Tata.
Continuate a leggere e commentare!
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Capitolo 5 *** La stella più luminosa ***
A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea
dell'Amore")
Capitolo 4 - La stella
più luminosa
Il cielo era illuminato a giornodai raggi
della luna
piena, che si riflettevano sull'acqua della fontana che adornava
l'immenso giardino della casa di Saori Kido e riverberavano sul pallido
volto del giovane cavaliere sdraiato sul bordo di marmo. Con le mani
incrociate dietro la testa, Hyoga osservava il firmamento, concentrato
sulla stella più brillante, Venere, la prima ad apparire
quando
tramonta il sole e l'ultima ad andarsene al sopraggiungere dell'alba.
Era ciò che di più simile aveva trovato agli
occhi di
Ayame, e da quando se n'era andata non aveva fatto altro che
osservarla. Gli sembrò addirittura più luminosa
del
solito, più viva.
"Ah, eccoti!" esclamò una voce, seguita da un rumore di
passi
che venivano verso di lui. Non si era nemmeno accorto della presenza di
Shun prima che gli parlasse, fatto insolito per un cavaliere della sua
esperienza. Si mise a sedere sul bordo della fontana e Shun gli si
posizionò accanto.
"Sei sparito per tutto il giorno, ti avevamo dato per disperso"
"Già. Ho avuto un impegno" rispose pacato Hyoga.
"E questo impegno aveva per caso i capelli biondi e lunghi, gli occhi
verdi e un'Arpia come badante?"
Hyoga lanciò a Shun uno sguardo sorpreso e al contempo
preoccupato, più eloquente di qualsiasi risposta.
"Guarda che prima o poi ci cascano tutti" continuò il
ragazzo, sorridendo.
"Io non sono cascato proprio in niente" rispose Hyoga brusco.
"Ah no? E' da quando ti vedevi con Erii che non hai quell'aria
trasognata"
"Stavo solo guardando il cielo e le stelle"
"No, tu stavi guardando una
stella, e precisamente quella". Indicò Venere con l'indice,
per
poi tornare a guardare l'amico. Hyoga aveva ripreso a fissare la stella
rapito, facendo sfuggire una risatina a Shun.
"Sai cos'è, vero?". Hyoga non si mosse da dov'era. Conosceva
già la risposta, e tutto quello che ne sarebbe conseguito.
"La dea dell'amore, colei che tutto può sul cuore degli
uomini e
non solo. Nessuno può sfuggirle" continuò Shun,
anche lui
intento a contemplare Venere.
"Pensi davvero che ci sia cascato?" chiese Hyoga.
"Non lo penso solo io, a dirla tutta"
"Oh, allora è proprio grave"
"No, è nell'ordine delle cose"
"Come ho fatto a non accorgermene?"
"Non è una cosa che si può controllare, tantomeno
prevedere ed evitare. Succede e basta. Solo che..."
"Che cosa?". Hyoga aveva notato il cambiamento nel tono di voce di
Shun, si era fatto più teso e nervoso, degno della sua
attenzione.
"Diciamo che non sei stato molto fortunato" disse il cavaliere di
Andromeda tutto d'un fiato, concentratissimo sulle punte dei suoi piedi.
"Puoi spiegarti meglio?" In che senso non sono stato fortunato?"
incalzò Hyoga in apprensione.
Shun rimase in silenzio qualche secondo, ponderando le parole da usare.
Non era una cosa semplice da dire, specialmente ad uno nelle condizioni
di Hyoga, ma in quanto suo migliore amico si sentiva in dovere di
farlo. Prese un bel respiro e parlò.
"Ayame si deve sposare". Fece una pausa in attesa di qualche reazione
strana dell'amico, ma Hyoga rimase immobile a fissarlo.
"Domani ci sarà una festa nel suo palazzo e verrà
annunciato il suo fidanzamento con il discendente di una casata
nobiliare giapponese in declino"
Hyoga annuì e abbassò lo sguardo sulle sue
ginocchia. Non
si azzardò a guardare il cielo, la vista di Venere gli
avrebbe
ricordato subito Ayame, mentre da quel momento avrebbe dovuto fare
tutto il contrario.
"Mi dispiace, Hyoga". Shun gli posò una mano sulla spalla
per confortarlo.
"A dire la verità ne ero già a conoscenza" il
cavaliere
del cigno guardò mestamente l'amico, che in risposta gli
lanciò uno sguardo interdetto.
"Oggi mi è scoppiata a piangere tra le braccia" riprese il
biondo "E poi mi ha raccontato tutto, anche del fatto che si sarebbe
sistemata. Il problema, Shun, è che io ci sono cascato
già quando avevo neanche sei anni e ho escluso subito, senza
rendermente conto, che per sistemazione intendesse il matrimonio. E
adesso non so cosa fare"
Hyoga si prese la testa fra le mani, cercando di scacciare l'orrenda
visione di Ayame con un altro uomo al suo fianco. Ma più si
sforzava, più l'immagine diventava nitida, più
sentiva
Ayame lontana. Forse l'unico modo per non cadere ancora più
a
fondo era davvero dimenticarla.
Si alzò in piedi, tenendo sempre lo sguardo basso. Shun lo
osservò preoccupato.
"Tutto bene?" gli chiese.
"Sì, non preoccuparti. Però domani non
verrò alla festa e devo dirlo alla signorina Saori"
"Come vuoi" Shun si alzò e gli passò accanto "Ma
non puoi continuare a scappare dall'amore"
Il salone del grande palazzo era gremito di invitati, esponenti
dell'alta finanza, le maggiori cariche politiche, qualsiasi persona
sembrasse contare qualcosa era presente. Per questo Shun, Seiya e
Shiryu si chiedevano il motivo della loro presenza.
Erano stati costretti a vestirsi da damerini, ma a nessuno dei tre
donava lo smocking, specialmente a Shiryu, con quei capelli lunghi
c'entrava poco e niente. Ma Ayame aveva talmente insistito
perchè ci fossero anche loro che Saori non se l'era sentita
di
deluderla e li aveva costretti con la forza ad entrare in quei completi
freschi di sartoria. Solo per fare da tappezzeria.
"La prossima volta che mi invitano ad una festa del genere mi do malato
come ha fatto Hyoga" bofonchiò Seiya, prima di addentare
l'ennesimo salatino.
"I motivi per cui non è qui sono ben altri, lo sai"
puntualizzò Shun "Però hai ragione, ho trovato
più
facile affrontare il dio dei morti che questa calca di nomi
altisonanti" aggiunse, sfuggendo all'ennesimo sguardo maliziosamente
provocatorio dell'ennesima moglie infedele.
"Finalmente vi abbiamo trovati!" trillò la voce allegra di
Ayame, che li aveva raggiunti insieme a Saori.
Il contrasto tra le due amiche era notevole: al sobrio abito bianco e
ricco di pizzi di Saori si contrapponeva quello azzurro e blu
più giovanile di Ayame, stretto sul busto ma morbido dalla
vita fino a metà tibia. Sul viso roseo, leggermente colorato
da un trucco acqua e sapone e incorniciato dai capelli biondi lasciati
sciolti e decorati solo da qualche finto nontiscordardime qua e
là, regnava il solito sorriso, che ad un occhio
più attento sarebbeperò risultato meno luminoso
del solito.
"Non vedo Hyoga" constatò la ragazza "Come mai non
è venuto?"
"Prova a indovinare" sbottò Seiya, senza nemmeno guardarla.
Ayame rimase interdetta dalle sue parole e guardò prima il
ragazzo, poi Saori.
"Non ascoltarlo" disse lei "Hyoga è solo malato e non ce
l'ha fatta a venire". Un leggero isterismo si poteva notare nella sua
voce, ma riuscì in qualche modo a convincer Ayame, la cui
attenzione si rivolse poi ad un altro punto della sala.
"Perdonatemi, devo assentarmi un momento".
Si allontanò a passo svelto, rivolgendo brevi risposte a
coloro che la salutavano. Raggiunse in breve la Tata, che la stava
aspettando in fondo al grande salone.
"Eccoti finalmente" la rimproverò, per poi prenderla per un
braccio e trascinarla poco lontano, dove un gruppetto di quattro, forse
cinque uomini parlottavano fra loro.
"Perdonate l'attesa signori"
Quattro di loro si aprirono, lasciando libera la visuale al quinto, un
giovane ragazzo dai capelli rossi e la carnagione cadaverica, smunto e
con gli occhi infossati, seduto su una sedia a rotelle.
Puntò subito le piccole iridi marroni su Ayame.
"Signor Satou, spero si ricordi della mia Ayame" riprese la Tata.
"Come dimenticare una simile bellezza. Spero che valga lo stesso per
lei" rispose con voce fievole il ragazzo, continuando ad osservare
Ayame.
"Certo che mi ricordo di te, Josuke". Come poteva dimenticarselo, era
comparso in casa sua dopo una sua ennesima bravata. La sua
sistemazione, il suo futuro marito, colui che avrebbe saputo gestire al
meglio il suo patrimonio. Cercò di sorridere a Josuke e di
non incolparlo del suo infelice destino, in fondo anche nel suo caso la
scelta era stata fatta da altri. Scelta da cui aveva capito di poter
trarre solo vantaggi e che quindi aveva accettato senza discussioni.
"Oggi è il grande giorno, Ayame" continuò il
ragazzo, spingendo la sedia a rotelle per avvicinarsi a lei. Gli altri
uomini e la Tata si allontanarono con discrezione.
"Già, finalmente ci siamo". Un'impazienza forzata
trapelò dalle sue parole.
"Non mi sembri molto entusiasta"
"No...è solo...non riesco ancora ad abituarmi all'idea che
sarò moglie...così giovane". Ayame sapeva che
Josuke era la persona più buona del mondo e non era suo
desiderio ferirlo.
"Beh, questa sera sarà solo annunciato il fidanzamento. Per
le nozze ci vorrà ancora tempo. E comunque l'idea spaventa
anche me"
"Davvero?"
"Non sai quanto" si avvicinò ancora di più e le
prese con dolcezza la mano "Ho paura di non renderti felice, Ayame. So
che non è stata una tua scelta e ti giuro che mi
impegnerò affinchè possiamo essere ugualmente una
famiglia felice"
Ayame lo guardò con tenerezza, colpita dalla comprensione e
dalle dolci parole di Josuke.
"Ne sono sicura" rispose a fil di voce. Sentì le lacrime
pungere sotto le palpebre, ma non erano di gioia e commozione, come
forse pensò Josuke, che le sorrise dolcemente.
"Scusa, ho bisogno di prendere un po' d'aria"
Ayame si allontanò seguita dallo sguardo di Josuke, che non
riuscì a vedere le lacrime sgorgare prepotenti dai suoi
occhi. Cercò di tenere la testa bassa per nasconderle alla
vista degli ospiti, coloro che erano venuti ad assistere alla scomparsa
della vecchia Ayame, sorridente e solare, per veder nascere quella
nuova, moglie devota di un uomo che non avrebbe mai amato, ma a cui non
avrebbe potuto dare alcuna colpa per la sua infelicità.
Spalancò la grande porta-finestra e uscì
sull'immensa balconata rivolta verso il giardino, per mostrare al cielo
il suo volto rigato dal pianto.
Una mano si posò sulla spalla si Shun, che si
voltò di scatto incrociando lo sguardo glaciale di Hyoga,
perfetto dentro il suo smocking. Anche Seiyae Shiryu si voltarono verso
di lui.
"Che ci fai qui?" domandò Seiya sorpreso.
"Non volevo più scappare" rispose rivolto soprattutto a
Shun, che annuì sorridente. "Dov'è?" gli chiese
subito dopo.
"L'ho vista uscire sul balcone di gran fretta. Credo sia la tua
occasione"
Hyoga sospirò e si immerse a passo deciso tra gli invitati,
diretto alle grandi vetrate.
Buongiorno a
tutti!
Ho notato con piacere che quasi tutti avevate capito come avrei
sistemato Ayame, ma non preoccupatevi, tutto andrà secondo i
piani. L'entrata di Josuke era necessaria per l'evolversi della storia,
non sarà solo una comparsa...
Ringrazio tutti i lettori, roxrox, ti con zero e Snow Fox che
continuano a commentare, cosa che mi fa molto molto molto piacere, e
coloro che hanno inserito questa storia tra i preferiti :)
Al prossimo aggiornamento!
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Capitolo 6 *** Posso avere questo ballo? ***
A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea
dell'Amore")
Capitolo 5 - Posso avere questo
ballo?
La luce della luna sembrava tutta
concentrata attorno a lei, si rifletteva sui suoi capelli d'oro,
illuminava i fiori tra le ciocche come fossero piccole fate
imprigionate in essere, rendendola un'apparizione ancora più
magica. Stava appoggiata all'elegante ed elaborata balaustra del
balcone dandogli le spalle, con lo sguardo concentrato sul cielo. Era a
pochi passi da lui eppure gli sembrava così lontana e
irraggiungibile, ora che sapeva tutta la verità. Ma era
anche l'unico motivo per cui aveva cambiato idea e non era il tipo da
tirarsi indietro. Hyoga prese un respiro profondo.
"E' davvero una bella serata" disse cercando di ostentare sicurezza e
avanzando a passi lenti e cadenzati.
Ayame si voltò di scatto e e gli mostrò gli occhi
arrossati dal pianto. L'espressione felicemente sorpresa che le si
dipinse sul volto non contribuì però ad
allontanare la preoccupazione dall'animo del ragazzo, che subito si
fece serio e le si avvicinò.
"Stai bene?" le chiese in apprensione. Mosse il braccio per posarle una
mano sul suo, ma si bloccò pochi istanti dopo.
Però non lasciò andare il suo sguardo nemmeno per
un secondo. Fu lei la prima ad abbassarlo.
"Sì, ora va meglio". Ayame prese a contorcersi le mani.
Non si era mai sentita così prima, in presenza di nessuno.
Eppure Hyoga la metteva in soggezione, la rendeva nervosa ma al
contempo le portava allegria. Forse era solo dovuto al ricordo della
splendida giornata passata assieme poco più di
ventiquattr'ore prima, o all'altro ricordo che li legava e che
ricordava ad Ayame i giorni più belli della sua vita.
"Come procede la festa?" domandò Hyoga per alleggerire
l'atmosfera.
"Uno schifo. E' tutto saluti e riverenze, bicchieri di champagne e
rutti trattenuti. Non fa per me"
"E' un peccato, visto che è stata fatta per te"
"Già, è una chiara immagine di come
sarà la mia vita dopo stasera"
Di nuovo la tristezza velò i suoi occhi, una tristezza che a
Hyoga pareva innaturale vedere in Ayame e che gli faceva piangere il
cuore. Avrebbe voluto che si sfogasse su di lui come il giorno prima,
avrebbe voluto stringerla e consolarla con un abbraccio. Ma non poteva
farlo, per rispetto nei suoi confronti.
"Ma tu non eri malato?" riprese la ragazza, tornando a guardarlo.
"Guarisco in fretta, se necessario" sorrise lui, notando con piacere
che anche Ayame lo fece in risposta "E ho pensato che avessi bisogno di
me, motivo più che valido per sconfiggere un insignificante
virus"
Tu non sai quanto
si ritrovò a pensare Ayame senza accorgersene, e nemmeno si
rese conto dello sguardo adorante con cui lo stava fissando. D'un
tratto trovò gli occhi limpidi di Hyoga irresistibili e
desiderò con tutta se stessa di essere tra le sue forti
braccia, il cui tono muscolare appariva sotto lo smocking nero,
esattamente come la mattina precedente.
Guardò un attimo attraverso le vetrate, soffermando lo
sguardo su Josuke, intento a parlare con alcuni vecchi magnati
dell'industria giapponese. Aveva accettato il matrimonio più
per compassione che per altro, quel povero ragazzo le aveva sempre
dimostrato una devozione forse eccessiva e probabilmente dovuta alle
sue sfortunate condizioni, ma era riuscito in qualche modo a fare
breccia nel suo cuore e a farsi voler bene da lei. Anche Hyoga l'aveva
fatto, però in modo diverso.
"E' lui la tua sistemazione, vero?" domandò il ragazzo, che
le si era affiancato e osservava insieme a lei Josuke. Ayame si
limitò ad annuire.
"Mi sembra un bravo ragazzo"
"Sì, lo è"
"Beh se da una parte è sfortunato, dall'altra è
molto fortunato"
Ayame si voltò a guardarlo.
"Sposerà la donna più dolce e bella che abbia mai
messo piede su questa terra"
Gli occhi di Hyoga erano tutti per lei, e lo stesso valeva per quelli
di Ayame. In quel momento la piccola orchestra dentro al salone
iniziò a suonare un valzer, il primo ballo della serata.
"A chi hai concesso il primo ballo?" le chiese Hyoga.
"A nessuno di importante. E tu?"
"Non so ballare"
"Lo concederesti a me?"
"Ayame ti ho appena detto che non so ballare"
"Allora ti insegnerò io, se ti va"
Le era tornato quel sorriso furbesco sul viso, che aveva ormai
dimenticato le lacrime da un pezzo.
"Sarà un'impresa titanica, lo sai?"
"No, è più facile di quanto sembri"
Ayame abbandonò le alte scarpe col tacco azzurre e si
avvicinò a Hyoga. Anche senza tacchi, gli arrivava poco
sotto il mento, era alta per essere una ragazza. Gli prese entrambe le
mani, nella sinistra posizionò la sua minuta mano destra e
appoggiò la sua destra sulla zona lombare della sua schiena.
Infine Ayame adagiò la sua mano sinistra sulla spalla del
ragazzo.
"Adesso avvicinati di più a me"
"Potrei pestarti i piedi"
"Non importa"
Hyoga eseguì, trovandosi col mento all'altezza della fronte
di Ayame. Il profumo dei suoi capelli gli inondò le narici e
chiuse un attimo gli occhi per goderselo.
"Bene, adesso segui sempre questo ritmo: un-due-tre, un-due-tre..."
Iniziarono a muoversi goffamente, ma presto Hyoga prese confidenza e si
sciolse, continuando però a girare in tondo.
"Se continuiamo così ci girerà la testa fra poco"
constatò sorridendo.
"Allora cambia direzione. Portami dove vuoi"
Non se lo fece ripetere due volte, rafforzò la presa sulla
sua mano e la strinse di più a sè, guidandola
così giù per gli scalini e in mezzo al giardino.
Si lasciò traspostare dai battiti del suo cuore quando
l'orchestra fu troppo lontana perchè potessero sentire la
musica, e Ayame sembrava fidarsi totalmente di lui, si muoveva con
disinvoltura e leggerezza sul prato, lo assecondava nei giri e nelle
prese, si lasciava sollevare in aria quasi volesse imparare a volare.
Avevano ormai raggiunto il fondo del grande giardino quando Ayame mise
in piede in fallo e rischiò di cadere, prontamente soccorsa
da Hyoga, che la afferrò per la vita con entrambe le
braccia, mentre lei fece lo stesso attorno al suo collo. Le loro iridi
furono vicine come non mai, l'uno si specchiava nelle nere pupille
dell'altra e ne sentiva il battito accelerato, il respiro caldo e
affannato sul viso. Impercettibilmente e probabilmente senza
accorgersene si avvicinarono di più l'uno all'altro,
chiudendo gli occhi e dischiudendo di poco le labbra, per poi azzerare
la distanza fra loro unendosi in un tenero bacio. Hyoga la strinse
ancora di più a sè e cercò di
approfondire il contatto, trovando il consenso di Ayame, le cui labbra
si dischiusero come un bocciolo di rosa. La ragazza si
lasciò timidamente guidare in quella nuova marea di
sensazioni irrazionali dal giovane, il cui tocco esperto ma gentile la
faceva rabbrividire da capo a piedi.
"AYAME!!" il grido della Tata riecheggiò per tutto il
giardino e arrivò nitido alle loro orecchie, costringendoli
a separarsi bruscamente e a guardare verso la direzione da cui era
provenuto. La ragazza tornò però subito a
guardare Hyoga.
"AYAME!!"
"Non andare" la supplicò Hyoga, stringendola ancora di
più.
"Non posso" rispose lei semplicemente.
"Sì che puoi, devi solo stare qui con me"
"AYAME!!"
La ragazza si liberò gentilmente dalla sua presa e,
sorridendo, gli accarezzò la guancia.
"Devo andare"
Si allontanò lentamente sa lui continuando ad osservarlo,
quindi si voltò e corse verso il palazzo, pronta a declamare
al mondo la sua decisione.
Per non far
soffrire oltre le lettrici, eccovi il quinto capitolo! A breve
inizieranno le avventure più interessanti, per ora siamo
ancora sul mieloso...
Ringraziamenti a:
-roxrox: sì. Seiya non è mai stato un mostro di
tatto, ma hp voluto anche che fosse il più divertente dei
cinque Saint di bronzo...e continua a guardare Robin Hood la sera, che
fa bene, anzi benissimo
-MeMs: il fatto che Josuke sia moribondo è funzionale e
presto si capirà il perchè...e ci
vorrà ancora molto prima che Hyoga si accasi del tutto,
perciò continua a leggere!
-Snow Fox: il povero Hyoghino dovrà patire ancora per un po'
prima di vivere felice e contento con Ayame...altrimenti avrei
già finito la ff giusto?
-ti con zero: non ti ho fatta aspettare tanto, anche perchè
questo è un pezzo che avevo in mente da tantissimo tempo e
non vedevo l'ora di pubblicarlo!
Attendo con impazienza i vostri commenti!
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Capitolo 7 *** Rabbia e delusione ***
A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea
dell'Amore")
Capitolo 6 - Rabbia e delusione
La Tata la stava aspettando in cima alla scala del balcone, con le
braccia conserte e un'espressione di rimprovero in volto. Aveva cercato
Ayame per tutta la sala, doveva presenziare all'annuncio del suo
fidanzamento con Josuke, ma di lei nessuna traccia. Il ragazzo le aveva
detto che era uscita sul terrazzo, ma di Ayame aveva trovato solo le
scarpe.
La vide arrivare di corsa, col fiatone e la fronte imperlata di sudore,
negli occhi una luce che non le aveva mai visto. Scrutò il
buio
giardino, in cerca di qualcosa che le spiegasse cosa aveva fatto la sua
protetta in quei pochi minuti in cui l'aveva persa di vista, ma non
vide niente.
"Cosa ci facevi in giardino?" domandò severa la donna, senza
perdere di vista Ayame, che stava rapidamente salendo le scale.
"Ho fatto due passi per prendere un po' d'aria" rispose lei, riuscendo
a fatica a celare l'emozione.
"Senza scarpe?". Con un cenno stizzito indicò le calzature
abbandonate poco lontano.
"Mi facevano male i piedi"
Ayame superò la Tata e, prese le scarpe, iniziò
ad
armeggiare con i laccetti per reinfilarsele. Il suo volto fu colpito in
pieno dalla luce proveniente dal salone, che mise in mostra un
dettaglio che ai più sarebbe sfuggito e che
contribuì a
ridestare i sospetti della Tata.
"Hai le labbra rosse e gonfie"
Ayame trattenne il respiro per un secondo, spiazzata dalle parole della
sua badante. Riuscì a trattenersi dal portarsi la mano alla
bocca.
"Ho solo messo un po' di rossetto". Aggiustò l'ultimo
laccetto e
si rialzò. La Tata l'afferrò con poca grazia per
il mento
e passò un dito sulle labbra. Notando che non si era
colorato di
rosso, tornò a guardare la giovane ancora più
infuriata.
"Con chi eri?"
"Con nessuno"
"Ayame non mentire, sono nata prima di te e so cosa fa diventare le
labbra così"
"Un rossetto ad alta tenuta ed effetto labbra carnose"
Lo schiaffo arrivò senza darle il tempo di accorgersene,
sonoro
e bruciante. A quel punto anche Ayame iniziò a ribollire di
rabbia e rivolse alla Tata uno sguardo furente.
"Non ti permetterò di mandare a monte tutto quanto solo per
uno stupido capriccio da ragazzina"
"E' la mia vita e non puoi decidere cosa sia giusto o sbagliato per me.
Forse quando ero bambina, ma ora non più"
"Sto solo cercando di mettere in atto il volere dei tuoi, che volevano
il meglio per te, ma così me lo rendi impossibile, non lo
capisci?". Lo sguardo della Tata si era trasformato da severo a
sconsolato e Ayame non potè fare a meno di mettere da parte
la
rabbia.
"Sì, lo capisco, ma...non pensi che debba decidere io cosa
è meglio per me?"
Le due donne si guardarono per attimi che sembrarono interminabili,
durante i quali il cipiglio severo della Tata andò scemando,
portando la donna a sciogliersi in un sommesso pianto tra le braccia di
Ayame, che ricambiò il gesto sorridendo.
"Oh, bambina mia" singhiozzò la donna, accarezzando la
chioma
bionda della ragazza "Sei diventata grande e matura e non me ne sono
accorta". Si allontanò da lei per prenderle il viso tra le
mani.
"E sei anche diventata una splendida ragazza, non mi meraviglio del
fatto che qualcuno si sia invaghito di te"
Ayame sorrise, intenerita dalle sincere parole della Tata. Questa le
poggiò le mani sulle spalle.
"Hai ragione, sei abbastanza grande da prendere la tua decisione. E
qualunque essa sia, ti vorrò sempre bene"
"Anche io, Tata"
Le due donne entrarono nel grande salone e si posizionarono al centro
di esso, quindi Ayame cercò di avere l'attenzione dei
presenti,
che subito formarono un cerchio attorno a loro, in silenziosa attesa.
Josuke si portò in prima fila, gli occhietti infossati
brillavano di trepidazione e sul viso smunto era disegnato un sorriso
che andava oltre la semplice felicità. Ayame lo
notò e le
si strinse il cuore al pensiero di ciò che stava per fargli,
ma
si disse anche che era il meglio che potesse fare per entrambi. La
ragazza prese un profondo respiro e iniziò a parlare.
"Conoscete tutti quanti il motivo della vostra presenza qui. La
famiglia Kobayashi e la famiglia Satou si conoscono da generazioni,
hanno avuto rapporti puramente di tipo affaristico ma anche d'amicizia,
e quella che c'era tra mio padre e il padre di Josuke era molto
profonda. Questo ha portato me e lui ad avvicinarci molto, fino a
giungere a questa serata"
Ayame puntò lo sguardo sul ragazzo, che la fissava in
adorazione. Ma la sua espressione felice scomparve quando la ragazza si
fece d'improvviso seria.
"Per questo spero che tu non me vorrai male se ti dico che, per il bene
di entrambi, non posso sposarti Josuke"
Immediatamente nella sala si alzarono brusii ed esclamazioni di
sorpresa, accompagnati da sguardi indagatori e accusatori rivolti
soprattutto ad Ayame. Quello della ragazza era però
concentrato
su Josuke, la cui dolorosa delusione si era dipinta sul suo viso scarno
con tinte forti, che lo portarono a tramutare il dolore in rabbia.
"Perchè questo, Ayame?"
"Mi dispiace, sei l'ultima persona a cui avrei voluto fare un torto del
genere. Sei buono, gentile e dolce e so che mi vuoi bene. Ma io non ne
voglio a te allo stesso modo e un'unione tra noi ci porterebbe ad una
vita fatta di dolore e delusioni. Spero che tu lo capisca, se non oggi,
in futuro"
Mentre parlava si era avvicinata al ragazzo e fece per mettergli una
mano sulla spalla, ma Joske si ritrasse con rabbia.
"Non toccarmi!"
Ayame indietreggiò spaventata da quella reazione e
dall'espressione del ragazzo. Non lo credeva capace di provare tanto
odio verso qualcuno e le dispiaceva da morire essere la causa di quel
cambiamento repentino. Ma ciò che più la mise in
allarma
fu l'alone rosso che intravide attorno alle sue piccole pupille.
"Io non ti permetto di trattarmi così". Josuke respirava
pesantemente, mentre avanzava verso di lei con la sedia a rotelle.
Ayame si ritrovò ad indietreggiare di fronte a quello
sguardo
indemoniato. "Non ti permetto di giocare con me, hai capito Ayame?"
"Adesso basta, Josuke"
Saori era uscita dal cerchio di gente e si era affiancata all'amica,
che notò nei suoi occhi, quasi viola, uno sguardo diverso,
deciso, a tratti dorato. Di fronte ad esso, il ragazzo parve calmarsi e
i suoi occhi tornarono normali. Guardò le due ragazze con
espressione vuota, quindi fece un cenno e immediatamente un uomo
vestito in smocking nero lo raggiunse, prese la carrozzella e spinse
Josuke fuori dalla stanza.
Lo sguardo di Hyoga era fisso su un punto indefinito dello spazio,
perso nell'oscurità che avvolgeva il giardino della casa
della
signorina Saori. Dopo che Ayame l'aveva lasciato per tornare nel salone
e diventare la donna di qualcun altro, si era dato dell'idiota per aver
solo pensato di avere una possibilità con lei,
così
lontana dal suo mondo. Era uscito direttamente dal giardino, evitando
di passare per il salone, ed era corso fino a casa cercando di non
pensare a lei. Una volta arrivato si era liberato brutalmente dello
smocking per indossare la sua solita canotta azzurra e si era diretto
verso il giardino per fare due passi, ma la vista di quel luogo,
così simile a quello del palazzo di Ayame, gli aveva
ricordato
il breve momento passato con lei. Si era seduto sul primo gradino della
breve scalinata che introduceva al giardino, immerso completamente nel
ricordo di quel ballo, di quegli occhi, di quel bacio rubato. Si era
illuso che lei potesse ricambiare i suoi sentimenti sentendo come aveva
risposto al suo tocco, come si era lasciata andare, ma probabilmente
solo lui aveva percepito tutto questo.
Le luci dell'ingresso del palazzo si accesero segnalando il ritorno di
Saori e degli altri. Hyoga sentì che erano immersi in
un'animata
conversazione. Di certo stavano commentando l'imminente matrimonio tra
Ayame e il suo promesso sposo e lui non era proprio in vena di
ascoltare. Si alzò e, una volta rientrato, cercò
di
defilarsi senza essere notato. Invano.
"Ah, ecco il nostro eroe! Ma dove ti eri cacciato?"
L'esclamazione di Seiya, che teoricamente avrebbe dovuto farlo
irritare, invece lo sorprese.
"Eroe?"
"Amico, te ne sei andato troppo presto e ti sei perso il meglio"
"Seiya, che diavolo stai dicendo?"
Il moro gli sorrise sornione e gli diede delle poderose pacche sulle
spalle. "Caro Hyoga, ce l'hai fatta"
Ormai rassegnato a ricevere solo risposte poco chiare da Seiya, il
ragazzo rivolse lo sguardo agli altri due cavalieri, entrambi
sorridenti.
"Ayame non si sposa" iniziò Shun "Ha preso in mano la
situazione durante la festa e ha annunciato la sua decisione"
Hyoga sentì il cuore accelerare i battiti. Non si era
immaginato
tutto quanto, Ayame aveva ricambiato davvero il suo bacio, provava
davvero qualcosa per lui. Il desiderio di averla di nuovo tra le
braccia lo colse improvvisamente.
"Devo andare da lei". Si avviò a passo deciso verso il
portone,
ma Saori lo bloccò prendendolo gentilmente per un braccio.
Avrebbe proseguito nel suo percorso, se la fanciulla non gli avesse
rivolto uno sguardo seriamente preoccupato.
"Aspetta, non è prudente"
"In che senso?"
Anche gli altri ragazzi si erano fatti interessati e si erano
avvicinati a Saori. Questa si rivolse a Seiya, Shun e Shiryu.
"Non avete notato niente di strano quando Josuke si è
arrabbiato? Non vi siete chiesti perchè sono intervenuta?"
Tutti e quattro si fecero seri, specialmente Hyoga, il cui sguardo
interrogativo si fece insistente.
Saori riprese a parlare. "Ho paura che Ayame abbia scatenato qualcosa
di molto pericoloso"
Buonasera a tutti!
La situazione comincia a farsi interessante, si vedono occhi di colori
poco normali :D d'ora in poi inizierà il bello e ci
sarà un po' più d'azione, promesso!
Ringraziamenti a:
-Morgana di Avalon: Hyoga è anche il mio cavaliere preferito
:) il fatto che Josuke sia paralitico non è di poca
importanza...e alla fine la Tata non è poi così
diabolica
- roxrox: visto che alla fine Ayame non è proprio scappata
scappata? Però ce ne vorrà ancora prima che quei
due si trovino di nuovo in una situazione del genere, perciò
continua a leggere mi raccomando!
- ti con zero: ecco qui il nuovo capitolo, mi escono di getto :) mi
raccomando, continua a leggere e commentare!!
Grazie anche a chi legge silenziosamente!!
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Capitolo 8 *** Discesa dall'Olimpo ***
A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea
dell'Amore")
Capitolo 7 - Discesa dall'Olimpo
Quella sera Venere era più luminosa del solito,
notò Ayame, appoggiata al parapetto del grande balcone della
sala da ballo, ormai tristemente vuota. Gli ospiti se n'erano andati
ormai da molti minuti e la Tata e il resto del personale si era
ritirato nelle proprie stanze per la notte. Lei invece era rimasta
lì, ancora in abito a sera, sicura che non avrebbe preso
sonno una volta entrata in camera. Si era messa allora a contemplare
distrattamente il cielo, ripercorrendo più volte con la
mente tutti gli avvenimenti della serata e sentendo un piacevole vuoto
allo stomaco ogni volta che arrivava al momento del baci che si era
scambiata con Hyoga nel buio del giardino. Ricordava ogni minima
sensazione, ogni singolo brivido che quel tocco caldo e umido le aveva
provocato, e il desiderio di riprovarli cresceva ogni volta. Fosse
stato per lei, gli si sarebbe gettata tra le braccia subito dopo che
Josuke se n'era andato, ma Hyoga sembrava come sparito nel nulla. La
Tata era infine riuscita a dissuaderla dal correre verso la casa di
Saori per rivederlo, non trovandolo rispettoso nei confronti del povero
sposo rifiutato.
Mentre la sua mente si trastullava in pensieri e ricordi, il suo
sguardo era caduto su quella stella onnipresente in cielo, che quella
sera sembrava voler brillare più della Luna stessa. Non
riuscì a non contemplarla con meraviglia, a non
identificarsi in quello splendore, a non incuriosirsi quando la vide
pulsare allo stesso ritmo del suo cuore, a non spaventarsi quando
l'alone aureo della stella si espanse nella sua direzione, come un
unico raggio, andando ad illuminarla nella sua interezza e a scaldarla
col suo calore. Si sentì in pace, come se fosse sempre stata
la sua dimensione ideale, e si lasciò andare al godimento di
quel calore chiudendo gli occhi.
Una leggera brezza le accarezzò il viso e Ayame
aprì gli occhi, incontrandone un paio blu e profondi davanti
a lei, fluttuanti nel vuoto. Si lasciò scappare un urlo e
indietreggiò, ma sulla sua bocca si pose delicatamente una
mano diafana, da cui proveniva lo stesso calore della stella. Piano
piano la mano e gli occhi divennero parte di una figura impossibile da
definirsi umana, tanta era la bellezza mistica e il calore che essa
emanava. Davanti ad Ayame era comparsa una donna dalla pelle
innaturalmente candida e liscia, dal corpo perfetto in ogni suo
dettaglio, dallo sguardo malizioso e irresistibile incorniciato da una
morbida chioma tendente all'azzurro-argento. La leggera e succinta
veste bianca lasciava poco di quel corpo all'immaginazione
dell'osservatore, e le parti scoperte erano adornate cinture e
bracciali dai motivi floreali e piumati, i cui colori richiamavano la
chioma e le iridi della donna.
Osservava Ayame con sguardo benevolo e quasi materno, sorridente. La
ragazza parve tranquillizzarsi un poco.
"Chi sei?" domandò a fil di voce tenendosi comunque a debita
distanza.
"Io sono te" rispose la figura con voce cristallina e lontana, muovendo
impercettibilmente le labbra carnose al punto giusto.
"Cosa...cosa vuol dire?". La risposta sibillina ricevuta le fece
ritornare il timore nei confronti della donna.
"Esattamente quello che ho detto"
"Continuo a non capire"
"Non te l'hanno mai detto?"
"Cosa? Cosa dovevano dirmi?"
"Chi sei veramente"
"Io...io lo so chi sono" cercò di assumere un atteggiamento
fiero "Sono Ayame Kobayashi, ultima discendente della famiglia
Kobayashi"
"Sì, tu sei Ayame, ma sei anche qualcos'altro che si trova
nel profondo della tua anima"
"Cosa c'è nella mia anima?". La piega che aveva preso il
discorso la spaventava sempre più.
"Ci sono io"
"Smettila di farmi gli indovinelli!" urlò Ayame, che aveva
iniziato a respirare affannosamente "Voglio sapere chi sei!"
"A quanto pare non sai niente. E va bene. Io sono la dea dell'amore e
della bellezza, Afrodite"
Non fu la risposta a spiazzare Ayame, quanto la sensazione che
provò nell'udire quel nome. Nel profondo, Ayame aveva sempre
saputo chi fosse quella donna ultraterrena, ne aveva sempre conosciuto
la natura, ma inconsapevolmente. La rivelazione di Afrodite era stata
come un riportare a galla antichissimi ricordi che qualcuno aveva
sigillato dentro di lei. La paura per la dea scomparve del tutto,
lasciando spazio ad una insana voglia di sapere.
"Cosa vuoi da me?"
"Impedirti di commettere il più grave errore della tua vita"
"Perchè? Cosa ho fatto?"
"Sei andata contro il tuo destino, come me del resto. L'ultima volta
che decisi di seguire il mio cuore, esso mi portò alla
rovina e alla vergogna, e causò ingenti sofferenze al genere
umano. Perchè è questa la conseguenza della furia
di una divinità"
"E io con tutto questo cosa c'entro?"
"Il tuo rifiuto nei confronti del giovane Satou per seguire il tuo
cuore è del tutto assimilabile al mio. Sono venuta
perciò ad impedirti di portare nuovamente sofferenza al
genere umano e a far sì che il tuo destino si compia, come
le Moire hanno deciso"
"Mi stai obbligando a sposare Josuke contro la mia volontà?
Mi spiace ma ho preso la mia decisione e non tornerò
indietro. Tu più di tutti dovresti capirmi"
"Ti capisco eccome, Ayame. Ricordati che sono parte di te. Per questo
motivo ho scelto il tuo corpo per reincarnarmi, sei ciò che
di più simile a me esista sulla faccia della Terra. Ma
proprio per questo sono venuta ad impedirti di compiere il mio stesso
errore, a renderti migliore di me, a qualunque costo"
"E se non volessi?"
"Non hai scelta"
"C'è sempre una scelta, e io ho scelto di amare un'altra
persona"
"Allora mi dispiace, Ayame, ma il prezzo che dovrai pagare
sarà molto alto"
"Cosa...che vuol dire?"
Ma il tempo per le parole era terminato. Afrodite iniziò ad
avanzare con passo deciso ed elegante verso di lei. Ayame
indietreggiò rapidamente fino a toccare il vetro della
porta-finestra con la schiena. Cercò a tentoni la maniglia,
ma per quanto cercasse di forzarla il potere della dea la teneva
bloccata. Afrodite continuò ad avanzare, non accennava a
fermarsi nemmeno quando fu a pochi centimetri da Ayame. Fu pervasa da
un calore incredibilmente piacevole, si sentì completa in
ogni sua parte. Cadde a terra priva di sensi, un cuore argentato le
comparve sulla spalla lasciata scoperta dal vestito.
La notte era piacevolmente calda, rinfrescata da una leggera brezza
primaverile. Eppure il suo camino era acceso e in esso il fuoco
scoppiettava vivo come non mai, lanciando sinistri riverberi sul viso
del ragazzo. Dalle fiamme due occhi rossi lo scrutavano e un ghigno
malefico lo rallegrava. Era lui, la sua essenza, la sua anima nascosta,
e lo scrutava dalle fiamme che lui stesso aveva creato. Gli aveva
proposto un patto, un accordo impossibile da rifiutare. Il vigore del
corpo in cambio di ospitalità nel corpo stesso e di cieca
obbedienza ai suoi ordini. Il tutto per raggiungere uno scopo comune.
Josuke stava già saggiando la sua parte di accordo, in piedi
davanti a quelle fiamme innaturalmente rosse e vive. Osservava con
occhi estasiati quell'essere sovrannaturale e infinitamente potente che
lui stesso aveva risvegliato, guidato dall'odio verso l'unica creatura
che avesse dimostrato di amarlo, ma che come tutti gli aveva poi
meschinamente voltato le spalle. Ayame. Non riusciva a togliersela
dalla testa, era un'ossessione. Ma più di lei lo era lui, il
giovane dai capelli biondi con cui l'aveva vista ballare allontanarsi
dalla festa per fare chissà cosa. Il solo pensiero lo faceva
ribollire di rabbia e alimentava quel fuoco davanti a lui.
"Sì, Josuke, così". La bocca tra le fiamme si
mosse lasciando uscire una voce quasi infernale "Odiali con tutto te
stesso, risveglia il nostro potere e riprendiamoci ciò che
ci spetta. Dimostriamo al mondo la nostra potenza. Abbattiamo chi ci
ostacola. Io e te insieme"
"Insieme" ripetè Josuke, stringendo un pugno davanti a
sè e sentendo la potenza del dio scorrergli nelle vene del
braccio, fino a scaturire in una solleticante fiammata tutt'attorno
alla sua mano chiusa. Le fiamme del camino si unirono a quelle da lui
create, e il dio entrò nel suo corpo, completandolo. Gli
occhi di Josuke si tinsero di rosso, la carnagione diafana divenne viva
e purpurea sulle guance, i muscoli riacquistarono la
vigorosità di un tempo.
La fiamma continuò a bruciare sul suo palmo aperto, quindi
si divise in cinque fiammelle più piccole che subito
schizzarono in cinque direzioni diverse.
"A me, Ciclopi di Efesto"
Buongiorno a
tutti! Causa sciopero dei treni non sono potuta andare in
facoltà e ne ho approfittato per aggiornare. Ho notato con
piacere che molti hanno indovinato chi fossero le divinità
in ballo in questa fic, spero però di non essere caduta nel
banale :)
Ringraziamenti a:
-roxrox: eh sì, adesso cominciano i guai per Hyoga &
Co. ma sapranno farsi valere come al solito...dimmi che ne pensi di
questo capitolo!
-Krisalia Kinomiya: grazie per il commento al cap. precendente, sono
contenta che ti piaccia la storia! Attendo un tuo parere su questo
nuovo pezzo!
-MeMs: come avrai notato ci hai visto giusto, il dio zoppo è
sceso tra noi :) spero che questo pezzo ti piaccia!
-ti con zero: eccoti accontentata, anche se dopo un po' di tempo :D
spero di essermi fatta perdonare!
Grazie anche a tutti i lettori silenziosi! A presto!
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Capitolo 9 *** Risvegli ***
A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea
dell'Amore")
Capitolo 8 - Risvegli
Sentì i raggi del sole riscaldarle il corpo e una frizzante
brezza mattutina le scompigliò i capelli che le ricadevano
disordinati sul viso. Sentì il torpore andarsene lentamente,
lasciandole riprendere pian piano coscienza di sè. La prima
cosa
che realizzò fu di non trovarsi nella sua stanza, sdraiata
sul
letto, ma di giacere su qualcosa di duro, e se ne chiese il motivo.
Ripensò alla sera precendente, al ballo e al dopo.
Rivide
quella donna, se così poteva definirsi quella creatura, si
ripetè ciò che le aveva detto nella mente.
Afrodite.
Possibile che fosse realmente lei? Non poteva essere semplicemente un
sogno? E poi, che fine aveva fatto? Il suo corpo le diede la risposta,
inviandole sensazioni di completezza che mai aveva provato, ma
soprattutto di potere. Lo percepiva in ogni distretto del corpo, lo
sentiva scorrere nelle vene, immenso. Quante cose avrebbe potuto fare
con quel potere? In risposta a quella domanda nella sua mente prese
forma l'immagine di un volto. Hyoga. In sottofondo rimbombò
la
voce della dea.
"...il prezzo che dovrai
pagare sarà molto alto..."
Comprese allora i suoi piani. E ne fu spaventata. Si svegliò
bruscemente.
"Hyoga! NO!"
Si sollevò da terra, ma due mani delicate la trattennero per
le spalle.
"Calma, bambina. Va tutto bene". La Tata la guardava amorevolmente,
carezzandole il viso per calmarla. Ma non era il momento per stare
calmi.
"Tata, dobbiamo andare a salvarlo!" esclamò lei, tentando di
alzarsi, ma la donna la bloccò e "Tesoro, adesso non
agitarti"
le disse.
"Ma dobbiamo andare! Lei lo vuole uccidere! Non possiamo
permetterglielo!"
"Chi vuole uccidere?" chiese la donna pacatamente.
"Hyoga!" urlò lei con le lacrime che già
sgorgavano prepotenti dai suoi occhi "Afrodite vuole uccidere Hyoga!"
L'espressione della Tata si addolcì, lasciando sconcertata
Ayame. Possibile che non capisse? Che non avesse capito nulla della
sera precedente?
"Non hai ancora capito, vero?" chiese ad Ayame in un fil di voce.
"Cosa? Cosa dovrei aver capito?"
Per la prima volta quella mattina sollevò lo sguardo, sempre
rimasto concentrato sulla Tata. Cinque ragazze che non aveva mai visto
la osservavano in piedi, dietro alla donna, con volti inespressivi.
Avevano fisici tonici, segnati da duri allenamenti, ma visi dolci e
belli, femminili. Tuniche corte e leggere coprivano i loro corpi ed
erano a loro volta sormontate da quelle che potevano essere assimilate
a corazze, non metalliche, ma di un materiale quasi trasparente e di
colore diverso da fanciulla a fanciulla. Coprivano inoltre solo in
parte i corpi delle cinque giovani. Tra i lunghi capelli, che tre di
loro avevano lasciato sciolti e in balia del leggero vento, mentre due
tenevano legati con articolate acconciature, spiccavano cerchietti
dello stesso colore delle corazze, dai motivi piumati o floreali.
"Chi sono loro?" domandò Ayame alla Tata, sebbene fosse
cosciente di avere la risposta dentro di sè.
Fu una delle cinque a risponderle, aveva i capelli rosa in tinta col
colore della corazza e gli occhi di un blu profondo. Delle cinque era
forse la più bella.
"Siamo state addestrate fina da bambine per servirti, mia dea. Noi
siamo le cinque..."
"...Sacerdotesse di Afrodite" concluse lei senza quasi rendersene conto
e meravigliandosi delle sue parole. Le guardò nuovamente, e
si
accorse di conoscerle una per una. Si alzò in piedi e si
avvicinò a quella che aveva parlato.
"Psiche della Rosa"
"Per servirti, mia signora" la ragazza si prostrò in un
delicato
inchino, che fece comparire un sorriso sul volto di Ayame. La
oltrepassò, portando la sua attenzione sulla Sacerdotessa
più vicina a Psiche. Era bionda, più giovane
dell'altra
ragazza, con occhi nocciola che brillavano alla luce del sole.
L'azzurro era invece il colore della sua corazza.
"Galatea della Spuma di Mare"
"Per servirti, mia signora" imitò Psiche nell'inchino.
Giunse il turno delle ultime tre Sacerdotesse. Erano tra loro molto
simili d'aspetto, una castana, una corvina e una rossa di capelli, e i
loro occhi richiamavano i riflessi dei loro capelli al sole. Le loro
corazze, identiche in tutto e per tutto, erano color ametista, topazio
e rubino.
"Aglaia del mirto, Eufrosine della Colomba e Talia del Passero"
"Per servirti, mia signora" recitarono in coro, inchinandosi.
Ayame le osservò tutte e cinque, ancora con la testa piena
di
mille dubbi, ma nel profondo soddisfatta e fiera delle giovani che
aveva davanti. Non potè però non esternare il
più
grande dei suoi quesiti.
"Cosa ci fate qui?"
Fu Galatea questa volta a rispondere.
"Siamo venute a te per affiancarti nella tua missione"
"Missione?"
"Impedire che l'ira di Efesto si abbatta nuovamente sul mondo. La
rabbia della sua reincarnazione lo ha risvegliato dal sonno in cui era
caduto alla fine dell'era mitologica, insieme agli altri dei. Ha
approfittato dell'occasione per vendicarsi del vostro tradimento, e
vendicare quello della sua reinarnazione"
Quindi sono stata io a
causare tutto questo pensò, rispondendosi
affermativamente subito dopo.
"E come dovremmo fare?" domandò Ayame.
"Se si vuole evitare uno scontro" continuò Galatea "L'unica
soluzione è che accettiate di tornare da lui e che lo
sposiate.
Allora lo spirito di Efesto si placherà e si riuscirebbero
ad
evitare catastrofi inimmaginabili per la Terra"
"No!" urlò Ayame, ma qualcosa in fondo al suo cuore le
gridò che era l'unica cosa da fare, se voleva evitare di
ricorrere ai mezzi drastici. Di nuovo gli apparve davanti Hyoga. Si
lasciò cadere in ginocchio, subito sorretta da una delle
Sacerdotesse, non capì quale nello stato di intontimento in
cui
si trovava. Anche la Tata le si fece appresso e le prese ad accarezzare
la testa. Ayame la guardò con gli occhi colmi di lacrime.
"Tu sapevi?". Le parole le uscirono a fatica.
"Pensavo fossero solo stupide leggende. Lo stesso signor Kido mi aveva
parlato di questa storia l'ultima volta che siamo venuti qui, anni fa.
L'arrivo di queste ragazze, il marchio argentato sulla tua spalla e il
fatto che tu le conosca sono
però prove indiscutibili del tuo essere la dea Afrodite. E
come
tale devi portare a termine il tuo compito, per un bene superiore"
Si portò la mano alla spalla, sentendo una leggera
protuberanza sulla pelle liscia. Un piacevole formicolio si
irradiò subito dal marchio in tutto il corpo. Ayame si
sentì sconfitta da se stessa.
"Tata io lo amo" disse tra i singhiozzi, provando compassione per se
stessa.
"Lo so, bambina. E' per questo che devi lasciarlo e continuare per la
tua strada. Altrimenti sarà anche lui una delle tante
vittime,
se non la prima"
"Pensi che Josuke sappia..."
"Non lo so, Ayame, ma per il bene di quel ragazzo e per il tuo bene
segui il volere della dea"
Ayame strinse gli occhi e grosse lacrime sgorgarono dagli angoli dei
suoi occhi. Non voleva farlo, non voleva rinunciare alla sua
libertà e al suo amore. Davanti a lei presero allora forma i
ricordi lontani della dea: navi, migliaia di navi che solcavano il
mare, in direzione di una spiaggia su cui dominava una città
dalle possenti mura, battaglie e scontri, fuoco e sangue, migliaia di
morti, urla di dolore, donne e bambini in fuga. E tra queste una donna,
bella oltre ogni dire, riccamente vestita, in fuga assieme ad un
ragazzo di altrettanto nobile lignaggio. Non ebbe dubbi su chi fossero:
Elena e Paride, in una Troia ormai distrutta dalle fiamme, nella cui
piazza spiccava il fatidivo cavallo di legno.
Ecco a cosa porta
l'andare contro il proprio destino si disse nel momento in
cui la visione le mostrava la morte di Paride sotto gli occhi disperati
di Elena.
Le immagini svanirono lentamente e Ayame tornò a guardare le
donne accanto a lei. Psiche le si era accovacciata di fronte e la
osservava intensamente.
"Va bene, lo lascerò" sussurrò Ayame, e vide un
mezzo sorriso sorgere sul viso di Psiche.
"Concedetemi di portare il messaggio al ragazzo" disse in tono
reverenziale, ma il diniego della dea fu indiscutibile. Una nuova luce
riempiva ora gli occhi di Ayame, la consapevolezza dell'essere dea e
dei suoi doveri che questo comportava le avevano conferito
un'espressione sicura e altera. Si alzò in piedi rifiutando
l'aiuto delle Sacerdotesse, quindi le guardò con fermezza.
"Sarò io stessa a comunicare a Hyoga la mia decisione. Voi
mi accompagnerete. Si parte tra mezz'ora"
"Sei sicuro di ciò che dici?"
Il giovane uomo che lo sormontava aveva senza dubbio nella voce
l'autorità del suo dio. I capelli rossi assumevano
tonalità fiammanti alla luce del sole, la pelle colorita e
liscia era un segno di forza e vigorosità, la posizione
eretta e ben piantata sulle due possenti gambe gli conferivano
un'ulteriore aura di potere. Poco lontano una sedia a rotelle giaceva
rovesciata.
"Senza ombra di dubbio. Afrodite si è risvegliata e ha
chiamato a sè le sue Sacerdotesse. Mia sorella è
una di loro"
"Molto bene" disse lapidario "Il suo risveglio è una chiara
indicazione che ha in mente qualcosa e sono curioso di sapere cosa.
Attenderemo qui l'arrivo degli altri Ciclopi, quindi partirete in
avanscoperta"
"Sì, mio signore"
Palemone della Lava si prostrò ancora di più ai
piedi del suo dio e subito dopo si congedò da lui. Era stato
il primo dei Ciclopi a rispondere alla chiamata, e poco prima della
partenza era venuto a conoscenza della chiamata alle armi di sua
sorella da parte della dea Afrodite. Una grande battaglia era dunque
imminente, forse il preludio ad una guerra divina, brutale e senza
esclusione di colpi, com'era stata la Guerra Sacra tra Hades e Atena.
Chissà se sarebbe intervanuta questa volta la dea della
Giustizia, nonostante lo scontro non la riguardasse affatto. Eppure
Efesto l'aveva percepita, glielo aveva confessato poco prima, ne aveva
scorto il cosmo negli occhi nella giovane Saori Kido. Il dio sembrava
quasi intimorito dalla presenza della dea nei paraggi, ma a lui non
faceva differenza. Un'altra guerra voleva dire altre occasioni di
dimostrare la sua supremazia in battaglia, contro chi non aveva
importanza, anzi, più erano i nemici, più era
contento. Perchè lui, Palemone della Lava, era il
più forte.
Here I am,
carissimi lettori!
Si può dire che è arrivata la cavalleria :D I
nomi delle Sacerdotesse sono il frutto di un pomeriggio in cui non mi
allettava studiare Chimica, così come i nomi dei Ciclopi di
Efesto...per ora ne compare solo uno di questi ultimi, ma presto
arriveranno gli altri, non temete.
Ho cercato il più possibile di prendere i nomi di personaggi
e cose che avessero un'affinità con le divinità
citate...per Afrodite è stato relativamente semplice, anche
se all'inizio Galatea doveva essere la Sacerdotessa del Limone, ma
rischiavo di prendere botte da lei attraverso lo schiermo del pc,
allora è diventata la Sacerdotessa dells Spuma di Mare da
cui è nata la dea. Il personaggio di Galatea comprende
inoltre due figure mitologiche diverse: la Nereide di cui era
innamorato Polifemo e la statua di Pigmalione trasformata da Afrodite
in donna per la gioia del suddetto scultore, che si era innamorato
della sua opera.
Tra le Sacerdotesse si annoverano poi le tre Grazie, a cui ho associato
la pianta e gli animali sacri ad Afrodite, quindi Psiche, ma non sto a
raccontarvi tutta la storia perchp so per certo che la conoscete.
Tra i Ciclopi di Efesto solo tre di loro sono mitoligicamente ciclopi,
gli altri due, tra cui Palemone, sono figure legate comunque ad
Efesto...
Bene, dopo le note mitologiche, passiamo ai ringraziamenti:
-Krisalia Kinomiya: eh sì, il povero Hyoga è un
tantino inguaiato, ma è troppo in gamba per farsi mettere i
piedi in testa giusto? e visto che non bastavano i pennuti nella storia
ne ho aggiunti altri, così possiamo aprire un parco
ornitologico XD scherzi a parte spero che questo capitolo ti sia
piaciuto!
-ti con zero: grazie mille, presto le nostre divinità ne
combineranno delle belle! Dimmi che ne pensi di questo capitolo
-MeMs: giagià, i guai sono appena cominciati e
sarà dura farli finire ;D attendo un tuo parere su questo
nuovo pezzo!
-roxrox: sì, l'ho trovato uno spunto interessante, pochi si
ricordano che Efesto e Afrodite erano sposati e lui nu poco cornutiello
XD spero di non deludere le tue aspettative andando avanti!
-Morgana di Avalon: con l'evoluzione della storia i capitoli si
allungheranno non temere, anche perchè i nuovi personaggi
non saranno solo di contorno...per il nostro Hyoga si prospetta un
periodo un po' pieno di tribolazioni! Spero che commenterai questo
nuovo capitolo!
Un grazie anche ai lettori silenti!
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Capitolo 10 *** Rivelazioni ***
A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea
dell'Amore")
Capitolo 9 - Rivelazioni
Odiava passare le notti insonni, ma il motivo che lo aveva tenuto
sveglio quella
notte era più che valido e piacevole. Ayame aveva rinunciato
al
matrimonio combinato, molto probabilmente per lui. Non ne aveva
però la certezza, non conveniva prendere le parole di Seiya
per
oro colato. Inutile dre che in cuor suo sperava ardentemente che fosse
così.
Eppure aveva la sensazione che la situazione non fosse così
rosea come sembrava e che il timore della signorina Saori non fosse del
tutto infondato. Qualcosa si stava agitando nell'aria, grandi forze si
erano risvegliate durante la notte. E in cielo Venere non brillava
più, era come sparita nel nulla. Se n'era accorto durante la
sua
veglia notturna, quando aveva capito che rigirarsi nel letto non
sarebbe stato di alcun aiuto. Un'amara tristezza l'aveva avvolto, e un
brutto presentimento si era insinuato nelle sue speranze.
Di malavoglia abbandonò la comodità del materasso
per
andare ad aprire a chi da qualche secondo stava bussando
insistentemente alla sua porta. Incrociò l'espressione tesa
di
Shun.
"E' successo qualcosa?" domandò Hyoga saltando i convenevoli.
"Credo che tu debba scendere un momento" rispose lui in modo semplice e
apatico.
"Shun, cosa è successo?" insistette lui, rafforzando la
presa sulla maniglia.
"E' difficile da spiegare" la sua fermezza stava vacillando "Meglio che
tu venga a vedere di persona"
"Va bene, mi cambio e sono giù"
Si vestì in fretta e uscì dalla stanza,
quindiseguì Shun lungo i corridoi del palazzo,
giù per le
scale fino al grande salotto, la cui porta-finestra era aperta sul
balcone. Per un attimo a Hyoga si fermò il cuore. Ayame era
appoggiata con la schiena alla balaustra, lo sguardo rivolto verso un
punto indefinito alla sua destra, i capelli lasciati in balia del
leggero vento primaverile, che faceva aderire al corpo la morbida
maglietta rosa.
Forse era colpa della luce del sole, che le illuminava totalmente il
candido viso, forse delle sue fantasticazioni notturne, ma gli
sembrò una persona diversa, più matura,
più
maliziosa, più donna, con un fascino a cui pochi avrebbero
saputo resistere.
Iniziò ad avanzare come attratto da un calamita, ma dovette
fermarsi bruscamente quando due figure femminili gli bloccarono la
strada, risvegliandolo dall'incantesimo in cui era caduto.
"Dove credi di andare?" gli domandò sprezzante Psiche,
squadrandolo da capo a piedi, esattamente come la sua compagna,
Galatea. Hyoga osservò con attenzione entrambe e
intuì
che fossero qualcosa di molto simile ai cavalieri dalle corazze che
portavano e, soprattutto, dal potente cosmo che emanavano.
Arretrò di mezzo passo e si mise in guardia.
"Non lo dirò certo a te" le rispose a tono, provocando la
scontata reazione di Psiche, che accorciò furibonda le
distanze.
La presa ferma di Galatea sulla sua spalla e l'ordine di Ayame
evitarono il peggio.
"Adesso basta, Psiche" Ayame avanzò di qualche passo verso
le Sacerdotesse "Lasciatelo passare"
Le due ragazze si allontanarono lasciando libero il passaggio a Hyoga,
che le sorpassò cercando di ignorare le occhiate di sfida di
Psiche. Rivolse allora lo sguardo ad Ayame e le sorrise, ma
tornò subito serio quando lei gli voltò le spalle
e
tornò alla balaustra.
Dal canto suo, Ayame non aveva pensato che si sarebbe trovata
così in difficoltà. Aveva pensato a cosa dirgli
per tutto
il tempo, ma ora che ce l'aveva di fronte le parole sembravano non
voler venire fuori. Anzi, fosse stato per lei gli sarebbe corsa
incontro. A quel pensiero la sua essenza divina prese il sopravvento,
dandole la forza necessaria per affrontare la cosa.
"Ayame?" incalzò Hyoga. Lei si voltò decisa e il
ragazzo
notò il cambio d'espressione, e il brutto presentimento che
già albergava in lui venne rafforzato.
"Perdonami per quello che sto per dirti" iniziò lei "Questo
sarà il nostro ultimo incontro, Hyoga"
Fu come se il mondo gli fosse crollato addosso, insieme a tutti i
castelli che avevano preso forma nella sua mente durante la notte. La
sua notte di mere illusioni.
"Perchè?" riuscì solo a dire, abbassando lo
sguardo. Il
cuore di Ayame pianse a quella domanda ormai priva di speranza e
avrebbe voluto con tutta se stessa perseverare nella decisione presa la
sera prima, ma avrebbe solo messo in pericolo Hyoga.
"E' meglio per tutti e due, credimi" rispose lei, sforzandosi di tenere
un tono di voce freddo "Il mio destino è sposare Josuke e
non
posso tirarmi indietro, o peggio andare contro di esso. Potrebbe essere
un rischio, soprattutto per te"
"Questa poi!" commentò Seiya, che stava assistendo alla
conversazione insieme a Shun e Shiryu. Subito Psiche intervenne.
"Hai qualcosa da ridire, per caso?"
"Non a te, Uovo di Pasqua"
"Come hai detto, prego?"
"Mi hai sentito"
"Smettetela!" ordinò Ayame. Psiche tornò subito
al suo posto, ma Seiya perseverò con le critiche.
"Come ti permetti di darmi ordini? E come ti permetti di giocare con le
persone?"
"Io non ho giocato con nessuno"
"E allora come lo definisci il tuo comportamento con Hyoga, eh?"
"Questi non sono affari tuoi, Seiya, stanne fuori"
"Neanche per sogno, bellezza, adesso mi ascolti. Hyoga è mio
amico e tu lo stai trattando come una pezza da piedi. E sembra quasi
che tu ne vada fiera, che tu goda nel vederlo così"
"Adesso stai esagerando, Seiya" si intromise Shiryu.
"No, invece, io mi sono stufato del suo comportamento da riccona. Le
persone non sono usa e getta come le macchine fotografiche ed
è
ora che qualcuno glielo insegni"
Seiya iniziò ad avanzare con passo deciso verso Ayame, che
però non si scompose e continuò a ricambiare il
suo
sguardo di sfida. Il suo incedere venne interrotto da una rosa che si
conficcò davanti ai suoi piedi.
"Ma che...?" il ragazzo si guardò attorno, finchè
non
incontrò gli occhi furenti di Psiche, che reggeva tra le
dita
una rosa identica a quella davanti a lui.
"Non ti permetterò di farle del male"
"Questo lo vedremo, strega!" Seiya avanzò e di nuovo Psiche
scagliò la sua rosa, stavolta molto più vicina ai
piedi
del ragazzo. "La prossima volta miro agli occhi"
"Adesso smettetela"
L'ordine, uscito dalla bocca di Hyoga, sorprese tutti, persino la
stessa Ayame.
"Ma Hyoga..." tentò di protestare Seiya, ma il biondo lo
bloccò con un gesto della mano, lo sguardo impassibile
concentrato sulla ragazza davanti a lui. Ayame riuscì a
sostenerlo solo grazie alla forza della dea.
"Tu non sei Ayame, vero?" Hyoga strinse gli occhi, come a voler
scrutare nel profondo del suo animo. Lei raddrizzò le spalle
e ricambiò lo sguardo indagatore.
"Chi pensi che sia se non Ayame?"
"Ayame non è così. Lei è ancora la
bambina che ho conosciuto anni fa in un corpo da ragazza, non la donna
imperscrutabile che ho di fronte. E poi queste...guerriere..."
"Sacerdotesse" la parola le scappò senza che nemmeno la
pensasse, rafforzando i sospetti di Hyoga.
"Sacerdotesse" ripetè lui "Qualcosa di simile ai Cavalieri
di Atena, quindi. Vuol dire che tu sei una divinità"
"Ma che sciocchezze vai dicendo" rise Ayame un po' isterica "Loro sono
solo...le mie guardie del corpo...e Sacerdotesse è un nome
che si sono date loro stesse". Perchè tanto timore che si
scoprisse la sua vera identità? Non era una sua paura, fosse
stato per lei avrebbe raccontanto tutto quanto. Ma Afrodite temeva
qualcosa ed era diventata più guardinga dopo che Hyoga aveva
menzionato i Cavalieri di Atena.
"Guardie del corpo?" domandò lui ridendo irritato "Non
darmela a bere, Ayame! L'attacco della tua Sacerdotessa a Seiya era
tutt'altro che normale"
"Ringrazia che non mi sono difeso, Uovo di Pasqua" sibilò
Seiya a Psiche, che iniziò a mirare un punto in mezzo ai
suoi occhi.
"Io non lo farei se fossi in te, Sacerdotessa della Rosa" proruppe una
voce da dentro il salotto, e subito tutti perepirono il cosmo potente
di Ikki della Fenice.
"Fratello!" esclamò Shun quando vide sbucare il ragazzo,
seguito da Saori. Appena apparve la ragazza, Ayame percepì
un'immensa forza provenire da lei e materializzarsi intorno alla sua
figura come una brillante luce dorata. Una strana agitazione la pervase
quando Saori puntò gli occhi su di lei, mostrandole i
riflessi dorati che aveva intravisto la sera prima. Poi la
sentì. Una grande potenza le fluì nelle vene, il
simbolo sulla spalla prese a pulsare e una luce argentea la
circondò. Il suo cosmo. Come se le avessero tolto qualcosa
che le impediva la visual, Ayame riuscì a vedere i cosmi
degli altri intorno a lei, da quelli potenti di Ikki e Psiche a quello
di Shiryu, Seiya, Shun e...Hyoga. Anche lui possedeva un cosmo e molto
potente, seppur infimo rispetto al suo.
"Ayame, cosa sta succedendo?" domandò Saori con una voce ai
molti impercettibilmente diversa rispetto al normale.
"Non sono affari tuoi, Atena!" sibilò lei. Atena? Quindi
anche Saori era una divinità? Afrodite l'aveva sempre saputo.
La sua risposta meravigliò tutti i presenti tranne Ikki, che
evidentemente già sapeva e dal suo arrivo non aveva perso di
vista un attimo Psiche. Quanto a Galatea, era tenuta sott'occhio da
Shiryu, ma non aveva finora mostrato atteggiamenti bellicosi.
"Afrodite, esigo sapere il motivo della tua visita e della presenza
delle tue Sacerdotesse"
La rivelazione sconvolse tutti, in particolare Hyoga. Si era dunque
innamorato della dea dell'amore, ecco perchè gli era
così difficile resisterle in quel momento. Ma
perchè ostinarsi a tenere tutto nascosto? Doveva esserci
qualcos'altro sotto che giustificava anche la presenza delle due
Sacerdotesse.
"Non posso rivelartelo, sorella, mi dispiace" rispose Afrodite "Posso
solo dirti che lo faccio per la vostra sicurezza e ti chiedo
quindi di non immischiarti in questa faccenda"
"C'entra Josuke?"
"Non insistere Atena! Non vi rivelerò niente e voi non
verrete coinvolti" guardò Hyoga per un breve istante, poi
tornò a concentrarsi su Saori. "E' stato bello rivederti,
sorella e amica, ma è giunto il momento degli addii"
Anche Ayame ne fu consapevole, per questo aveva lasciato che la dea
prendesse il controllo e chiudesse una volta per tutte la discussione.
Fece un cenno a Psiche e Galatea e si incamminò verso il
salotto. Si fermò solo qualche istante vicino a Hyoga per
sussurrargli "Perdonami, e dimenticami, se puoi" quindi procedette,
seguita dalle due Sacerdotesse.
Il caldo nella stanza era insopportabile, sentiva la sottile tunica
bianca appiccicata al suo corpo a causa del sudore che usciva copioso
dai pori della sua pelle, causandole un'ulteriore sensazione di
soffocamento. Ad appesantire il tutto, gli sguardi dei tre Ciclopi
intorno a lui che la fissavano con ostinazione e sfida. Afrodite
l'aveva scelta apposta come ambasciatrice perchè recapitasse
il suo messaggio a Josuke. Eufrosine della Colomba, Sacerdotessa
guerriera portatrice di pace. Un po' un controsenso, forse.
L'attesa si stava facendo snervante. Il giovane uomo davanti a lei
aveva passato gli occhi sul messaggio quasi una decina di volte, senza
nessun cenno di risposta. Eppure era un'offerta che andava
esclusivamente a suo vantaggio, non avrebbe dovuto avere
così tanti dubbi a riguardo. Quella situazione non le
piaceva, e non le piaceva nemmeno lui, il dio Efesto. Qualcosa di
malvagio albergava nei suoi occhi, troppo furbi e acuti per i suoi
gusti. Aveva come la sensazione che la sua dea ci avrebbe rimesso
più del dovuto. Si era trovata costretta ad infrangere i
sogni di una giovane ragazza per salvare l'umanità, ma forse
ad Efesto non bastava. Nel profondo, Eufrosine si augurò con
tutta se stessa che le sue fossero solo elucubrazioni futili.
Finalmente alzò lo sguardo e la fissò
intensamente con gli occhi color del fuoco.
"E' una proposta interessante quella della tua dea, Eufrosine della
Colomba" esordì Josuke, un ghigno poco rassicurante sul
volto "Non trovi anche tu?"
"Se lo dite voi, signore, deve essere così" rispose lei,
senza sbilanciarsi.
"Non hai dunque opinioni a riguardo?"
"Sono solo un'ambasciatrice, non mi è permesso avere o
esprimere pareri"
"Eppure qualcosa ti preoccupa, lo si nota sul tuo volto"
"La mia apprensione è tutta rivolta alla buona riuscita di
questo accordo". Sperò di essere stata convincente.
"Come del resto la mia" il ragazzo si alzò dalla poltrona su
cui sedeva, andando a sovrastare la sacerdotessa inchinata di fronte a
lui "Tuttavia conosco Afrodite da tempi immemori e ho imparato a non
fidarmi della sua sola parola. Non posso quindi darti ancora una
risposta, attenderò che i fatti dimostrino la sua buona fede"
"Ma signore, vi assicuro che le intenzioni della mia dea sono
totalmente veritiere, non avete da dubitare..."
"Così ho deciso! E poi, se è come dici tu, non
avete nulla da temere. O sbaglio?"
"Sì, signore" si arrese Eufrosine, abbasando il capo.
Josuke le rese il messaggio e la congedò. "Ora puoi andare"
La Sacerdotessa lo prese senza proteste e si diresse a passo rapido
verso l'uscita del palazzo, scortata da due dei tre Ciclopi che avevano
presenziato all'ambasciata. Una volta fuori, chiusero la pesante porta
di legno alle sue spalle. Talia e Aglaia, che erano rimaste ad
attenderla fuori dal palazzo, le corsero incontro.
"Allora, com'è andata?" le domandò Talia in
apprensione.
Eufrosine sospirò "Non come speravamo. Non ha dato nessuna
risposta certa"
"Quindi ora che si fa?" chiese Aglaia, agitata come le sorelle d'armi.
"Si aspetta...e si spera che non accada niente di compromettente"
Chiedo perdono
per la lunga attesa, ma gli esami universitari incombevano minacciosi.
Spero di essere riuscita a farmi perdonare con questo capitolo, un po'
più lungo e succoso degli altri (almeno credo).
Passiamo ai ringraziamenti:
-Morgana di Avalon: per le delucidazioni sui Ciclopi dovrai attendere
ancora un pochino, nel frattempo ho cercato di caratterizzare alcune
Sacerdotesse. Spero ti piaccia questo capitolo!
-ti con zero: Grazie mille! Sono contenta che ti siano piaciute le
Sacerdotesse, spero di averle rese più interessanti con
questo chapter! Attendo un tuo commento!
-roxrox: sigh, sob, lo ha proprio abbandonato...però nemmeno
a lei ha fatto piacere, povera Ayame...dimmi che ne pensi di questo
cap.!
-Krisalia Kinomiya: di sicuro il nostro paperotto c'è
rimasto maluccio, per la sua reazione bisognerà vedere i
prossimi capitoli, quindi continua a leggere e commentare mi raccomando!
-Snow Fox: bentornata!! Non ho aggiornato molto presto, ma spero
comunque di aver soddisfatto la tua curiosità. Fammi sapere
che ne pensi!
Un grazie ancora a chi ha aggiunto la storia tra i preferiti e ai
lettori silenti!
A presto!
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Capitolo 11 *** Complicazioni ***
A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea
dell'Amore")
Capitolo 10 - Complicazioni
"Guarda che fra poco si forma un solco sul pavimento e Tatsumi non ne
sarà molto contento"
La battuta di Seiya
ebbe poco
effetto su Hyoga, che da parecchi minuti misurava a grandi passi il
salotto di palazzo Kido, pensieroso. Gli altri quattro cavalieri e
Saori erano nella stanza con lui, chi in piedi chi seduto, a rimuginare
su quanto era accaduto poco prima. La signorina Kido, subodorando che
qualcosa si muoveva nell'aria, aveva chiamato Ikki d'urgenza, in quanto
suo cavaliere più potente, e gli aveva esposto i suoi
sospetto,
confermati poi poco dopo dagli avvenimenti sul terrazzo. La presenza di
Afrodite in forma umana non era un buon auspicio e, secondo Saori,
dietro alla sua reincarnazione si nascondeva qualcos'altro. Non aveva
però mostrato atteggiamenti ostili e il pericolo di una
nuova
guerra sembrava per il momento lontano.
Gli stessi pensieri albergavano nella mente di Hyoga, che sembrava aver
accettato l'abbandono di Ayame, ma il cui atteggiamento lo lasciava
terribilmente perplesso.
"Seiya ha ragione, non risolvi niente andando avanti e indietro"
intervenne Shun, bloccando l'amico per la spalla. Hyoga
annuì e
si sedette su una poltrona lì vicino, congiungendo le mani
davanti alla bocca.
"Signorina Saori, non avete percepito nessun'altra forza questa notte?"
domandò Shiryu, in piedi vicino alla finestra.
"Non ne sono sicura" rispose la fanciulla "Ma ricordo benissimo le
pupille fiammeggianti di Josuke ieri sera. Mi verrebbe da pensare che
anche lui sia coinvolto, ma non so come"
"Poseidone, Ade, Artemide...e ora Afrodite. Cosa vogliono gli dei dagli
esseri umani per essere così insistenti?" domandò
Seiya
al vuoto.
"Questa volta niente" rispose Hyoga "Ayame è stata chiara,
vuole
che Atena ne resti fuori, così come noi. Penso sia l'unica
volta
in cui una divinità che non sia Atena stia cercando di
proteggerci"
"Come fai ad accettare questa situazione? E il modo in cui ti ha
trattato?"
"L'ha fatto per un buon motivo. E comunque è stata una sua
scelta, non posso farci niente e non devo fare niente, come tutti voi"
"Hyoga ha ragione" aggiunse Ikki "Agiremo solo se strettamente
necessario, quando il pericolo sarà realmente tangibile. Per
ora
continuiamo la nostra vita di sempre"
"Eppure io continuo ad avere un brutto presentimento" aggiunse Shun
pensieroso, osservando il fratello.
"Se così fosse, saremo pronti" concluse Ikki, prima di
dirigersi
verso la porta del salotto e uscire, seguito silenziosamente a ruota da
Hyoga e Saori. Shun, Seiya e Shiryu, però, rimasero nella
stanza
a scambiarsi occhiate.
"Noto che anche a voi non va a genio questa situazione di stallo"
commentò il Cavaliere di Pegasus a bassa voce, sogghignando.
"No, infatti" rispose Shiryu "E non siamo i soli"
"Cosa vuoi dire?" domandò Shun interessato.
"Anche le Sacerdotesse sono preoccupate. Se Psiche non l'ha dato a
vedere, al contrario Galatea era seriamente in apprensione"
"Sei sicuro?" chiese Seiya.
"L'ho osservata bene e ne sono più che certo"
"Allora non resta che fare due chiacchiere con le Sacerdotesse"
"Sono d'accordo" assentì Shiryu.
"Anche io, ma forse è meglio che ci vada uno solo di noi"
propose Shun, memore della tensione che si era creata tra Seiya e
Psiche.
"Vorresti andare tu?" domandò Seiya.
"Beh, di sicuro dei tre sono il meno incline alla violenza"
Seiya e Shiryu si guardarono e furono d'accordo con l'amico.
"E sia, ma sta attento, sono pur sempre donne e quindi molto
pericolose" disse infine il Cavaliere di Pegasus.
"Dipende da come le prendi"
Da più di mezz'ora le quattro ragazze cercavano di carpire
qualche parola della conversazione tra Afrodite ed Eufrosine, chiamata
ad esporre riguardo il suo incontro con Efesto, ma dallo spesso portone
di legno dello studio non passava neanche un sussurro, il che non
faceva che aumentare la loro apprensione. Delle quattro la
più
agitata era Galatea, che, ormai priva dell'armatura, si tormentava la
semplice maglietta azzurra con cui l'aveva sostituita, insieme ad un
paio di pantaloni bianchi al ginocchio, che risaltavano il fisico
asciutto e a tratti acerbo. Delle cinque Sacerdotesse era, insieme a
Talia, la più giovane e inesperta e questo non l'aiutava a
stare
tranquilla. Inoltre, era l'unica a conoscenza delle
potenzialità
di Efesto e dei suoi Ciclopi, e ne aveva grande timore.
La pallida mano di Talia afferrò la sua, obbligandola a
lasciare
la presa sull'indumento. Anche lei aveva sostituito l'armatura con
abiti borghesi e i lunghi capelli rossi erano legati in una morbida
coda
di cavallo, da cui scappava qualche ricciolo ribelle. Sorrise all'amica
per rassicurarla.
"Si risolverà tutto per il meglio, sta tranquilla" le disse,
stringendole la mano. Galatea non potè fare a meno di
lanciare
un'occhiata verso la porta e sospirare.
Anche Aglaia e Psiche si voltarono verso di lei e le sorrisero.
"Abbiamo scongiurato il pericolo più grande"
iniziò
Aglaia "Atena e i suoi Cavalieri non interverranno in questa faccenda
quindi non potrà succedere niente di compromettente"
"Io aspetterei a dirlo" intervenne Psiche "Non è gente che
si
arrende subito quella. Anzi, vi consiglio di stare molto attente in
futuro"
"Secondo te potrebbero ancora metterci i bastoni fra le ruote, dopo
quello che abbiamo detto loro oggi?" domandò Galatea in
apprensione.
"E' possibile come no, ad ogni modo non dobbiamo sottovalutarli.
Sembrano degli sprovveduti ma sono molto potenti e hanno già
affrontato altre divinità in passato"
Psiche si rivolse a Talia, che annuì.
"E' perciò nostro compito fare in modo che non si
intromettano. Quindi anche tuo, Galatea"
La giovane annuì, cercando di mostrarsi determinata e sicura
di
sè. Le tre Sacerdotesse le sorrisero, ma tornarono subito
serie
quando percepirono un cosmo nelle vicinanze. Era abbastanza
insignificante, ma voleva comunque dire che qualche intruso era entrato
nel palazzo. Si guardarono tutte e quattro, Galatea più
preoccupata che mai e Psiche già sul piede di guerra. Fu
Talia a
prendere l'iniziativa.
"Ci penso io. Non sembra un cosmo ostile e ad ogni modo dovrei riuscire
a cavarmela da sola"
"Sicura?" le domandò Aglaia, ricevendo in risposta un
determinato cenno d'assenso.
"Voi comunque restate all'erta" concluse la Sacerdotessa, prima di
correre lungo il corridoio verso l'uscita del palazzo. Una volta in
cima alla scalinata d'ingresso fu in grado di percepire il cosmo
sconosciuto più distintamente, e non le parve più
così insignificante. Estrasse lentamente il flauto
traverso
dalla custodia che teneva appesa alla vita grazie ad una cintura in
pelle marrone e prese a scendere le scale con cautela. Sentì
il
cosmo avvicinarsi sempre di più, proveniva da destra. Si
aggiunse poi il rumore di passi sul marciapiede, un passo lento e
cadenzato, finchè dietro le grate del cancello non comparve
un
ragazzo, che subito alzò le mani in segno di resa e
indietreggiò di un passo.
"Uoh, calma! Sono disarmato"
Era di una singolare bellezza, molto androgina, notò Talia,
con
occhi e capelli dello stesso verde intenso, richiamato dalla maglietta,
su cui spiccavano due bretelle bianche che si attaccavano ad un paio di
pantaloni dello stesso colore.
"Chi sei? Cosa sei venuto a fare qui?" gli chiese ostile, stringendo
più forte il flauto.
"Sono Shun, vengo da palazzo Kido e voglio solo parlare"
"La mia signora Afrodite non riceve nessuno"
"Ma io non voglio parlare con lei"
La risposta spiazzò Talia.
"E con chi allora?"
"Con te, per esempio" Shun la osservò meglio "Mi ricordi
tanto
una persona che ho incontrato tempo fa. Si chiamava Sorrento"
Di nuovo la sorpresa si dipinse sul volto della Sacerdotessa, che
lentamente iniziò a capire.
"Hai combattuto contro di lui nella battaglia tra Atena e Poseidone?"
"Più che altro ho cercato di farlo ragionare. Non sono molto
uno
da risse" rise Shun, e contemporaneamente si avvicinò alle
sbarre del cancello. "Allora mi fai entrare? Oppure preferisci uscire
tu?"
"Nessuna delle due, ognuno resta dov'è"
"Come preferisci"
Talia continuò ad osservarlo e in effetti non gli
sembrò
affatto un tipo bellicoso. Forse non sarebbe stato un rischio troppo
grosso lasciarlo entrare anche solo dal cancello.
"Non sembri un Cavaliere di Atena" constatò la ragazza
mentre scendeva gli ultimi scalini e si portava alla sua altezza.
"Ormai lo prendo come un complimento" sorrise lui "E che mi dici di te,
Sacerdotessa di Afrodite?"
Shun puntò i suoi occhi verdi in quelli violacei di lei,
causandole un leggero rossore sulle guance che sorprese la stessa Talia
e che la costrinse ad abbassare lo sguardo.
"Ecco...io...non lo so..."
"Per esempio, come fai a conoscere Sorrento?" incalzò lui
per agevolarla.
"Lui è mio fratello"
"Sì, in effetti era abbastanza ovvia come cosa, visto che
usate
la stessa arma" fece un cenno allo strumento che teneva in mano.
"Suppongo tu sia brava quanto lui ad usarlo"
"Mi ha insegnato lui, ma non credo di essere al suo livello"
"Beh fammi sentire qualcosa, no?"
E per la terza volta in pochi minuti Talia rimase di sasso di fronte al
comportamento di Shun. Era il primo ad interessarsi così a
lei,
alla sua musica. Aveva sempre vissuto nell'ombra di suo fratello, ma
non aveva mai patito questa sua posizione in secondo piano. Le bastava
sapere che lui le voleva bene, come spesso le aveva dimostrato, e
questo le bastava. Poi la chiamata di Poseidone e la sua partenza. E il
senso di vuoto dentro di lei, che nessuno era mai più
riuscito a
colmare. Shun era il primo che, dopo la partenza di suo fratello, le
dava tutte quelle attenzioni. Che fosse una tattica per farle abbassare
la guardia? Eppure il suo viso sembrava così sincero e
innocente...
"Cos'è, ti vergogni per caso?" incalzò il ragazzo
"Scommetto che sei più brava di quanto tu stessa pensi"
Arrossì di nuovo e prese a manipolare con agitazione i
flauto,
facendo vagare lo sguardo in ogni dove tranne che su quegli occhi verdi
e penetranti.
"Coraggio" continuò Shun, sorridendole amichevolmente.
Talia prese allora un bel respiro e avvicinò il flauto alle
labbra, facendone uscire una melodia acuta ma dolce, soffice, a tratti
malinconica. Era davvero molto brava e di conseguenza molto pericolosa,
esattamente come il fratello. Chissà quali erano le sue
potenzialità in battaglia? Eppure a Shun fece strano pensare
a
lei come ad una guerriera spietata e sanguinaria. Forse erano molto
più simili di quanto egli stesso immaginava.
Talia smise di suonare quella breve melodia e riprese a tormentare los
strumento e a guardarsi intorno.
"Complimenti, molto bella" commentò Shun sinceramente
ammirato "E molto malinconica, segno che qualcosa ti turba"
"Come?" domandò lei confusa.
"La musica, come la pittura, la scultura e le altre arti, dicono sempre
qualcosa di chi le pratica, e la tua melodia diceva che sei triste o
preoccupata per qualcosa. Sbaglio forse?"
Sapeva che era rischioso dire la verità ad un Cavaliere di
Atena, ma quegli occhi non le trasmettevano altro se non sicurezza e
comprensione, così decise di aprirsi.
"La mia signora Afrodite sta tentando di proteggere la Terra dall'ira
di una pericolosa divinità, ma per il momento i suoi sforzi
non
hanno dato alcun risultato, se non quello di riuscire ad allontanare
Atena e i suoi Cavalieri"
"Quale altra divinità è scesa in gioco?"
domandò interessato Shun.
"Ecco io non so se..." iniziò lei, ma fu preceduta dalla
voce potente di Psiche.
"Talia, che stai facendo?"
Lo sguardo furente della Sacerdotessa passò rapidamente
dalla ragazza a Shun. "E tu cosa ci fai qui, Cavaliere?"
"Niente di particolare, facevo solo due chiacchiere con...Talia,
giusto?"
"Non mi inganni, bamboccio, credevo che la mia signora fosse stata
chiara questa mattina"
"Chiarissima, infatti me ne stavo giusto andando..."
"Bene, bene, bene!" commentò una voce sconosciuta
proveniente dall'alto "A quanto pare avevamo ragione noi"
Tutti i tre rivolsero lo sguardo al cielo e incrociarono quello
malignamente divertito di un uomo in armatura color cenere in piedi
sulla balaustra del balcone, i cui occhi grigi scrutavano impertinenti
le due ragazze e il giovane sotto di lui.
"Tu che sei?" domandò Psiche, iniziando ad accendere il suo
cosmo.
"Ardalo della Scure è il mio nome, e sono Ciclope di Efesto"
"Efesto?!?" esclamò Shun, iniziando a capire cosa realmente
stava accadendo. Lanciò un'occhiata interrogativa a Talia,
che
annuì timidamente col capo.
"Ah, allora siete voi i guastafeste!"
Seiya comparve d'improvviso sul muretto di cinta del palazzo, ricoperto
dall'armatura di Pegasus e pronto all'attacco.
"Seiya, no! Che sei venuto a fare?" provò a fermarlo Shun.
"A salvarti la pelle, amico, e a divertirmi un po'"
"Non farmi ridere, Cavaliere di Pegasus!" commentò Ardalo
"Non saresti in grado di schiacciare un moscerino"
"Ne ho proprio uno qua davanti, scommettiamo che ci riesco?"
Seiya si mise in posizione d'attacco, pronto a lanciare il suo fulmine
di Pegasus, ma la mano ferma di Shiryu bloccò il suo polso.
"Dragone!"
"Seiya, non peggiorare le cose"
"Peggiorare?"
"Proprio non capisci, vero?" domandò stizzita Psiche, senza
perdere di vista Ardalo "Non capisci perchè questo Ciclope
è qui? Non comprendi il significato delle sue parole?"
"Vi stanno controllando" rispose Shun per lei, scrutando negli occhi di
Talia "Ma non ho ancora capito perchè"
"E non sono affari vostri, quindi andatevene, per favore"
"Andiamo, Psiche, perchè mandarli via quando la cosa si fa
interessante" commentò Ardalo "Tre Cavalieri di Atena che
non sanno farsi i fatti loro. Non potevo chiedere di meglio"
"Non questa volta, Ardalo della Scure" intervenne la voce cristallina
di Ayame, comparsa da poco sulla soglia del portone insieme alle
restanti Sacerdotesse "E soprattutto non in casa mia. Ti pregherei
inoltre di scendere dalla balaustra, è stato pulito poco fa"
Il Ciclope non se lo fece ripetere e, sogghignando, balzò
dal terrazzo fino ai piedi della ragazza.
"Dea Afrodite" disse ossequioso, senza levarsi il ghigno dal volto.
"Vedo che Efesto non perde tempo a mettere in atto i suoi piani"
"Ci tiene a ciò che considera di sua proprietà e
non vuole restare spiacevolmente sorpreso"
"Allora puoi pure comunicargli che ho tutte le intenzioni di mantenere
fede al patto che gli ho presentato e che gli garantisco che Atena e i
suoi Cavalieri non interverranno più" si voltò a
scrutare uno per uno i tre ragazzi. Notò che Hyoga non era
presente e se ne dispiacque molto, ma d'altra parte ciò
stava a significare che aveva accettato di stare in disparte e che
quindi era salvo. Quella mattina si erano dati il loro ultimo saluto.
"Ho la vostra parola?" domandò Ardalo.
"Hai la mia parola di Dea"
"E della vostra parte umana che mi dite? E' la più
corruttibile e potrebbe compromettere tutto...argh!"
Ayame puntò gli occhi furenti sul Ciclope, che subito prese
a contorcersi in preda agli spasmi, il fiato corto e il viso paonazzo.
"Non osare mai più mettere in discussione le mie parole" gli
sibilò, prima di lasciarlo andare. Ardalo cadde a terra e
cercò di riprendere fiato e calmare i battiti del cuore.
"Ora va', Ciclope, e comunica al tuo dio le mie parole" si
voltò quindi verso i tre Cavalieri "E voi state alla larga
da questo posto e da noi. Questa faccenda non riguarda Atena e non
dovete mai più immischiarvi, sono stata chiara?"
I tre ragazzi annuirono mestamente e Shiryu e Seiya scesero dal muro
per raggiungere Shun, che da dietro le sbarre osservava Talia mentre
rientrava nel palazzo insieme ad Ayame e alle quattro Sacerdotesse.
Prima che i battenti si chiudessero la fanciulla si voltò
un'ultima volta verso di lui e gli rivolse un triste sorriso.
Hello! Eccomi
tornata! Il capitolo precedente non ha riscosso molto successo, quindi
spero di essere riuscita a rifarmi con questo :)
Premetto che Ardalo è il Ciclope peggio riuscito di tutta la
schiera dei guerrieri di Efesto, ma trovare personaggi mitologici
legati a questo dio è stato piuttosto difficile, per non
dire quando ho dovuto accoppiarli con qualcosa di inerente al contesto
mitologico del dio in questione...non so se sono riuscita a spiegarmi
ma fa lo stesso :)
Ringraziamenti a:
-Krisalia Kinomiya: ho dato l'ultimo esame a inizio
febbraio...chimica...tornando alla fic, Seiya continua a non smentirsi,
come puoi vedere, e Shun intanto si dà da fare :) dimmi che
ne pensi di questo capitolo!
-roxrox: come ho detto a Kri, Seiya continua a non deluderci con le sue
uscire sarcastiche e continua a fare casini :D attendo un tuo commento
a questo capitolo!
-MeMs: non è stato molto veloce come aggiornamento, ma
è abbastanza corposo anche questo...Seiya continua nei suoi
show hai visto? Mi raccomando commenta!
Un grazie ancora a chi ha inserito questa storia tra i preferiti e ai
lettori silenti...a presto!
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Capitolo 12 *** L'inizio di una nuova battaglia ***
A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea
dell'Amore")
Capitolo 11 - L'inizio di una
nuova battaglia
I rattoppi erano quasi
invisibili,
chiunque avesse aggiustato quella bambola aveva fatto un lavoro
sopraffino e meticoloso. Differiva di poco dal giocattolo che aveva
posseduto molti anni prima, e di cui si era privata volentieri per far
felice un bambino meno fortunato di lei. Ora tra i due non sapeva chi
fosse il meno fortunato. Forse Hyoga, che era stato sedotto e
abbandonato in meno di due giorni, forse lei, che aveva dovuto
rinunciare ai suoi sogni per un bene superiore, come le era stato detto
dalla dea che attualmente albergava nel suo corpo.
Hyoga però non era venuto insieme agli altri Cavalieri
quella
mattina, a chiedere spiegazioni su quella situazione che a lei stessa
continuava ad essere poco chiara. Era rimasto con molta
probabilità a palazzo Kido, dimentico di lei. Non ci aveva
messo
molto a dimenticarla, a quanto pareva. Evidentemente non l'aveva
colpito così nel profondo. Anzi, era quasi certa che la
odiasse,
che la vedesse come una nemica e che prima o poi si sarebbe presentato
per combattere contro di lei. Non riuscì a bloccare quella
piccola lacrima, prova di quanto quell'abbandono la rattristasse. E
dopo di lei ne scesero altre, sempre più numerose, quindi si
aggiunsero i singhiozzi, silenziosi.
Si abbracciò le ginocchia e pianse su di esse, bagnando il
leggero abito bianco, i lunghi capelli biondi le nascosero il viso. Una
mano gentile li scostò e li portò dietro
l'orecchio di
Ayame, che lentamente sollevò il capo dalle ginocchia. La
Tata
la stava guardando con sguardo dolce e comprensivo, seduta sul prato
accanto a lei. Con la mano ruvida le accarezzò la guancia e
col
pollice lavò via le tracce lasciate dalle lacrime.
"Non ce la faccio Tata..." singhiozzò Ayame, riprendendo a
piangere.
"Lo so, bambina, ma devi essere forte. Pensa che con questo tuo gesto
stai salvando un sacco di vite, compresa quella della persona che ami"
"Peccato che lui non ami me.Oggi non è venuto insieme agli
altri"
"Non vuol dire che non ti voglia bene. Può essere che ha
capito
il significato del tuo gesto e non vuole che tu corra rischi"
"Tu credi?"
"Non posso dartene la certezza. Ma se saperlo ti fa stare meglio,
allora sì, credo di sì"
Ayame sospirò e tornò ad osservare la bambola che
aveva
in mano. Tutto ciò che le rimaneva di Hyoga. Promise a se
stessa
che non se ne sarebbe mai separata.
Una vampata di calore la colpì in pieno viso.
Alzò lo
sguardo, che incontrò quello infuocato di Josuke, al cui
fianco,
oltre ad Ardalo, era presente un altro Ciclope dall'armatura fiammante.
Ayame fu colpita dal suo volto, che le rivordava qualcuno.
"E' davvero una bella bambola, Ayame" iniziò Josuke "Non
ricordo di averla mai vista prima"
Ayame ritornò a guardare il vecchio amico, la cui figura era
circondata da un tenue bagliore rosso che accese subito il suo cosmo
argentato.
"Credevo di averla persa, ma Saori l'ha ritrovata al collegio tra i
giochi dei bambini"
Josuke fece un cenno col capo, come di chi annuisce ma crede poco a
ciò che gli è stato detto. Poi riprese
"Già, la
cara Saori, sempre ad aiutare gli amici"
Ayame comprese perfettamente dove il ragazzo voleva arrivare. Con uno
sguardo fece intendere alla Tata di lasciarli soli e subito la donna si
alzò e tornò in casa. La ragazza si
alzò da terra
e puntò gli occhi su quelli di Josuke.
"Hai qualcosa da dire forse?" domandò il ragazzo.
"Devi fidarti di me, Efesto" prese a parlare Afrodite "Atena non
interferirà nei nostri piani. Ciò che
è successo
stamattina non c'entra con lei, i Cavalieri hanno agito di loro
spontanea volontà"
"Può darsi, ma mi hai ingannato talmente tante volte che
stento a credere alle tue parole"
"Te lo giuro sul mio onore di dea, non interferiranno"
"Perchè tanto timore, Afrodite? Come ho detto alla tua
emissaria, se è vero che non ci metteranno i bastoni fra le
ruote, non c'è motivo di dannarsi per farmelo credere, lo
vedrò coi miei occhi. Oppure c'è qualcos'altro
dietro?"
Josuke la scrutò intensamente.
"No, non c'è nient'altro" si affrettò a
rispondere. Troppo in fretta.
Josuke lanciò un'occhiata ai suoi due Ciclopi, sui volti dei
quali si disegnò un leggero ghigno.
"Beh" riprese il ragazzo "Se proprio vuoi convincermi, c'è
una cosa che potresti fare"
"E se la faccio, accetterai la mia proposta?"
"Certamente" rispose mellifluo, avvicinandosi a lei a passo lento. Le
posò una mano sulla spalla sinistra e avvicinò la
bocca
al suo orecchio per sussurrarle qualcosa. Lentamente sul volto di Ayame
si disegnò un'espressione sconvolta e la ragazza prese a
respirare affannosamente. Josuke si allontanò lentamente
come si
era avvicinato e prese ad osservarla. Lo sguardo di Ayame era perso nel
vuoto.
"Perchè tutto questo?" gli domandò.
"E' necessario, se vuoi che tutto vada per il meglio. Lo farai?"
Ayame sospirò, decisa ad abbandonarsi alla
volontà della
dea, sicura che non avrebbe avuto la forza di fare una cosa del genere.
"D'accordo"
Josuke sorrise soddisfatto, e scomparve esattamente com'era venuto
insieme ai due Ciclopi. L'aria tornò finalmente fresca e
respirabile e il sudore sul suo corpo iniziò ad asciugarsi.
Non
sarebbe voluta arrivare fino a questo punto, ma doveva aspettarselo,
Efesto ne avrebbe approfittato. E lei aveva le mani legate. Si promise
lo stesso una cosa: una volta terminata la missione, avrebbe difeso la
Terra e i suoi abitanti fino allo stremo.
Sollevò il braccio e aprì la mano, mentre il
simbolo
sulla spalla prese a pulsare e a emanare raggi argentei che presero la
forma di uno scettro, sulla cui cima un cuore argentato racchiudeva un
rubino delle dimensioni di una noce. Lo scettro si posizionò
nella sua mano e il rubino prese a brillare. Un corto abito greco si
sostituì a quello bianco, con la scollatura larga che
lasciava
scoperta una spalla. Un braccio era coperto da una manica, mentre
sull'altra spalla un'unica spallina teneva su l'abito. Eleganti sandali
vestivano i suoi piedi, un cerchietto argentato tra i capelli biondi.
Volse lo sguardo alla sua destra, dove le cinque Sacerdotesse, tutte in
armatura, erano inginocchiate e pronte alla battaglia. Psiche era la
sola che la guardava, in attesa di ordini che non era necessario dare.
Ad un cenno del suo capo quattro di loro partirono veloci in direzioni
diverse. Eufrosine invece rimase al suo posto e alzò il capo
verso la dea.
"Sai cosa devi fare" le disse Ayame, e la Sacerdotessa annuì
col capo, prima di partire come le altre compagne.
In preda all'ira, Hyoga non era riuscito a fermare la sua mano, che,
chiusa a pugno, aveva colpito a tutta forza Shun in pieno viso,
mandandolo a terra insieme alla poltrona dietro di lui. A passi veloci
si avvicinò nuovamente all'amico e lo sollevò
prendendolo
per il colletto della maglietta verde.
"Vi rendete conto di quello che avete fatto?" gli ringhiò a
pochi centimetri dallla faccia, rivolgendosi anche agli altri due
ragazzi presenti.
"Volevamo solo capire meglio la situazione" tentò di
giustificarsi Seiya "Non sapevamo di essere spiati, nè
tantomento da uno scagnozzo di Efesto. Se non fosse stato per lui
sarebbe andato tutto liscio"
"Sta di fatto che avete peggiorato la situazione e ora Ayame
è ancora più in difficoltà di prima"
"Se ti interessa tanto di quella ragazza allora perchè non
hai
fatto niente?" sbottò Shun, stanco dei cambi d'umore
dell'amico.
Hyoga si voltò sorpreso verso di lui e per alcuni attimi lo
fissò, occhi negli occhi. Quindi sospirò e
lasciò
la presa sulla sua maglia, sedendosi poi pesantemente per terra.
"Hyoga, ascolta" riprese Shiryu "Hai ragione, forse non saremmo dovuti
intervenire. Ma ammetterai anche tu che questa situazione è
strana e che Ayame è quella che più di tutti ci
sta
rimettendo. E se va avanti così non sarà la sola.
Efesto
ha oscuri piani in mente, lo si sente nell'aria, e potrebbe
approfittare della devozione che Afrodite gli deve. Non ti sembra
ingiusto tutto questo?"
Lo sguardo del ragazzo era fisso in un punto tra i suoi piedi, come
ipnotizzato. Si sentiva impotente, non poteva fare nulla per aiutare la
donna che amava, ogni suo gesto avrebbe solo peggiorato le cose. Ma
stare con le mani in mano forse era peggio, soprattutto per la sua
salute mentale. Le ultime parole che si erano scambiati gli ronzavano
in testa tutto il giorno. Dimenticami
se puoi.
Come poteva dimenticarla? Come poteva chiedergli una cosa del genere?
Era come chiedergli di dimenticarsi di essere Cavaliere. Era troppo
essenziale per lui. Maledisse il destino, ancora una volta crudele nei
suoi confronti, e tirò un pungo al pavimento.
"Non possiamo starcene con le mani in mano" continuò Shun
calmo
"Se Ayame e le sue Sacerdotesse saranno in difficoltà le
aiuteremo, e se vi saranno nemiche le affronteremo"
"Non dirlo" lo pregò Hyoga, i cui occhi erano già
velati di lacrime.
"E' una possibilità che non possiamo escludere. Nemmeno a me
va
a genio l'idea, come penso a tutti gli altri. Ma se c'è
qualcuno
che può cambiare le cose quello sei tu"
Hyoga gli rivolse uno sguardo interrogativo.
"Ayame non ti ha dimenticato, Hyoga, non può, come tu non
puoi
dimenticare lei. E questo può salvarla. Tu la puoi salvare.
Ma
devi volerlo molto intensamente, perchè dovrai vincere la
volontà di Afrodite per farla tornare la ragazza di un tempo"
"Sono un semplice mortale, cosa posso contro una
divinità?"
"Fai quello che sai fare meglio"
Hyoga non capì dove volesse arrivare l'amico, che si
spiegò meglio.
"Amala come non hai mai fatto in questi giorni, dimostrale che sei
disposto a fare tutto per lei"
"E' controllata a vista dai Ciclopi, scatenerei l'ira di Efesto"
"Loro lasciali a noi, tu pensa alla tua bella" rispose Seiya per tutti.
Le menti dei quattro Cavalieri percepirono poi un cosmo estraneo nella
casa, diverso dagli altri. Si sentirono pervasi da un senso di pace,
persero totalmente la voglia di combattere. Era una sensazione
bellissima, che raramente avevano provato. A Seiya, il più
bellicoso dei quattro, diede fastidio, mentre gli altri si
abbandonarono ad essa come un bambino tra le braccia della madre che
gli sta cantando la ninna nanna. A stento si accorsero che la porta
finestra si era spalancata con un lieve cigolo e uno sbuffo di vento,
lasciando entrare una fanciulla in tunica bianca e armatura ambrata.
"La Pace dei Sensi porta ad un sonno pacifico ed eterno, senza ritorno"
iniziò la fanciulla con voce cadenzata e melodiosa "Una pace
simile a quella degli eroi nei Campi Elisi. E' una sensazione di
benessere, di assenza di dolore, di apatia verso ciò che
accade
nel mondo. E fa cadere il nemico in mio potere affinchè gli
possa dare il colpo di grazia. Fortunatamente per voi, Cavalieri, non
sono qui come portatrice di morte ma come messaggera"
"E che messaggio mi porta la dea Afrodite?" rispose una voce dolce e
potente, proveniente dalla porta del grande salotto. Saori stava sulla
soglia della stanza, in mano lo scettro di Atena, intorno a lei il
cosmo dorato brillava potente e annullò l'effetto
dell'attacco
della Sacerdotessa. I quattro Cavalieri si riscossero come appena
svegli e, notata la presenza della ragazza, si misero subito in
posizione di attacco. Lei però non si scompose, ma si
rivolse a
Saori.
"Non siete voi la destinataria del messaggio, Atena" disse con un lieve
inchino "Bensì uno dei vostri Cavalieri, colui che prende
potere
dalle stelle del Cigno"
Hyoga spalancò gli occhi a quelle parole e sentì
il cuore accelerare il ritmo. Un messaggio per lui. Da Ayame.
"Vi chiedo quindi di lasciarmi sola con quest'uomo. Vi prometto che non
gli torcerò un capello"
"Neanche per sogno, mia cara, chissà cosa potresti fargli
coi
tuoi subdoli attacchi" intervenne Seiya, ricevendo in risposta
un'espressione offesa.
"Osi mettere in discussione la mia parola, Cavaliere?"
"Seiya, possiamo fidarci" disse Saori "Eufrosine è
portatrice di pace e la sua parola non cela il falso. Lasciali soli"
Il Cavaliere di Pegasus uscì dalla posizione d'attacco con
un
sonoro sbuffo e seguì i compagni e la fanciulla fuori dal
salotto.
Tra i due ragazzi calò il silenzio per qualche istante che a
Hyoga parvero ore interminabili. Eufrosine non accennava a proferir
parola e restava a sguardo basso e occhi chiusi. Quando
sentì di
non potercela più fare prese l'iniziativa.
"Allora, cosa voleva dirmi Ayame??"
La Sacerdotessa finalmente alzò lo sguardo su di lui, uno
sguardo scuro e messaggero di cattivi presagi.
"Una nuova battaglia è iniziata oggi" esordì lei
"Una
prova a cui il dio Efesto ha voluto sottoporre la mia signora"
"Una battaglia? Contro chi? Che tipo di prova?" Hyoga fu zittito da un
gesto della mano della Sacerdotessa.
"Non ti è dato conoscere tutto questo e a me non
è dato
dirtelo. Quello che ti porto è un consiglio e un
avvertimento,
Cavaliere"
"Parla, ti ascolto" incalzò Hyoga, sempre più in
apprensione. Eufrosibe trasse un lungo respiro, quindi
continuò
"Non lasciare mai questo palazzo"
"Cosa?"
"Finchè tutto non sarà tornato alla
normalità non
uscire da questa casa, per nessuna ragione al mondo, se ci tieni alla
vita"
"Non capisco...che significa?"
"Non posso dirti altro, mi dispiace" Eufrosine si voltò per
uscire dalla porta-finestra e ripartire, ma Hyoga non si
accontentò di quel congedo.
"Invece io ho bisogno di sapere ancora una cosa"
Eufrosine si fermò a pochi passi dal balcone, sul suo volto
un
mezzo sorriso, comprensivo e non maligno. Per Hyoga era l'ultima
occasione per porre quella fatidica domanda che gli ronzava in testa da
una giornata intera. "Che ne sarà di Ayame dopo tutto
questo?"
La Sacerdotessa si voltò di tre quarti e rivolse al ragazzo
uno sguardo malinconico.
"Ha sofferto, sta soffrendo e soffrirà ancora,
perchè
questo è il suo destino e non può farci niente"
Invece di chiudere la conversazione e andarsene, però,
Eufrosine
si avvicinò a passo svelto a Hyoga e gli prese una mano tra
le
sue.
"Ma tu puoi fare qualcosa" gli disse a voce bassissima e piena di
speranza, come i suoi occhi d'ambra.
"Cosa vuoi dire?"
"Salvala, ti prego!" lo implorò mentre lo lasciava andare e
indietreggiava verso il balcone "Salva la mia signora, Cavaliere di
Atena"
Dopodichè si voltò e corse via, lasciando Hyoga
preda di mille domande.
Buongiorno a
tutti! Ecco il nuovo capitolo :) è scritto un po' di getto
quindi potrebbe risultare confusionario e con un sacco di errori,
perciò mi scuso in anticipo...
Bene, ora i ringraziamenti:
-Krisalia Kinomiya: eh povero Hyoga, non è una situazione
facile, però chissà cosa succederà
adesso ;) dimmi che ne pensi di questo capitolo!
-ti con zero: grazie mille cara, sempre molto gentile e comprensiva :)
spero che ti sia piaciuto questo nuovo pezzo!
-roxrox: perdonata :) eh si, Shun inizia a darsi da fare e il suo
personaggio sarà determinante nella storia,
perciò spero di non deluderti :)
-Morgana di Avalon: sì, uovo di pasqua è un
epiteto dovuto ai capelli rosa e poi suonava bene :) fammi sapere che
ne pensi di questo nuovo pezzo!
Un ringraziamento ancora a coloro che hanno inserito la storia tra i
preferiti e a chi continua a leggere in silenzio!
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Capitolo 13 *** Primi scontri ***
A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea
dell'Amore")
Capitolo 12 - Primi scontri
Il sole tramontava sul
mare placido,
accompagnato dal lieve infrangersi delle onde sulla spiaggia e dai
richiami dei gabbiami, appollaiati sugli alberi delle barche in
porto o al largo e sui
tetti delle case. Su uno di questi tetti, nascosta all'ombra di un alto
camino, la giovane Galatea attendeva, con uno strano presentimento nel
cuore. Avvertiva come una presenza alle sue spalle, qualcuno l'aveva
seguita sin dalla partenza da palazzo Kobayashi, non l'aveva mai persa
d'occhio, nè lo stava facendo ora. Non era però
riuscita
a dare un volto a quella presenza, non aveva percepito nessun cosmo che
glielo permettesse. E nonostante tentasse di non badarci, la sua
apprensione non faceva che aumentare.
Finalmente il suo obiettivo si fece avanti, inconsapevole del pericolo
che stava correndo. Camminava tranquillamente sul lungomare, i lunghi
capelli scuri agitati dalla brezza serale, gli occhi chiusi come se
fosse in meditazione. Il suo passo era comunque deciso. Shiryu del
Dragone. Galatea sentì il cuore accelerare i battiti e i
muscoli
tendersi, pronti allo scatto, ma il Cavaliere di Atena si
fermò
e aprì gli occhi, continuando a guardare davanti a
sè.
"Volevi forse attaccarmi alle spalle, Sacerdotessa?" domandò
pacato, voltandosi nella sua direzione. La giovane si chiese come
avesse fatto a notarla, era sicura di essere riuscita a tenere nascosto
il suo cosmo. Sospirò, a quel punto tanto valeva uscire allo
scoperto. Balzò dal tetto a pochi metri da Shiryu, che
seguì con gli occhi la sua leggiadra caduta. Uno sguardo di
sfida era dipinto sul volto della giovane Sacerdotessa.
"Devi essere davvero molto in gamba se sei riuscito a percepire la mia
presenza nonostante non mostrassi il mio cosmo. Vorrà dire
che
non commetterò l'errore di sottovalutarti" Galatea si mise
in
posizione d'attacco.
Shiryu, invece, non si mosse, ma continuò a parlare. "E'
vero,
sei stata molto brava a celare il tuo cosmo. Quello che non sai ancora
nascondere è la tua apprensione"
La ragazza rimase spiazzata dall'affermazione del Cavaliere e
spalancò gli occhi.
"L'ho roconosciuta subito" andò avanti Shiryu "Era la stessa
che
hai provato questa mattina a palazzo Kido. Ti ho tenuta d'occhio tutto
il tempo e ora sarei in grado di distinguerla tra milioni di persone"
"Basta con le chiacchiere!" lo interruppe, impaurita dall'effetto che
quelle parole avrebbero potuto avere su di lei "Dimostrami invece se
sei bravo in combattimenti come a parlare. Indossa la tua armatura,
avanti!"
"Purtroppo non ce l'ho con me e dovrò affrontarti senza,
sempre che tu sia davvero convinta di volerlo fare"
"Ma certo che ne sono convinta! E con te disarmato sarà
ancora più semplice"
"Questo è da vedere"
Anche Shiryu si mise in posizione d'attacco e accese il suo cosmo.
Galatea lo percepì terribilmente potente, come pochi altri
che
aveva incontrato sul suo cammino. Ma alla fine erano tutti caduti e con
quel Cavaliere non sarebbe andata diversamente. Si piegò
leggermente sulle gambe prima di spiccare un salto altissimo. Una volta
nel punto più alto sollevò entrambe le braccia
sopra la
testa avvicinando i palmi delle mani, su cui si venne velocemente
formando una palla azzurra, simile ad un globo d'acqua marina. Quando
raggiunse le dimensioni di una testa umana, Galatea scagliò
la
sfera contro Shiryu ad una velocità che lo costrinse a
schivarla
rotolando di lato. Una volta in piedi il Cavaliere guardò
nel
punto dove si era schiantato il globo e dove poco prima stava lui. Un
cratere di due metri di diametro si apriva sulla strada, segno della
potenza della tecnica della Sacerdotessa. Questa atterrò con
leggiadria, tornando a fissarsi su Shiryu.
"Questa era la Profondità degli Abissi, una tecnica che
sottopone l'avversario alla stessa pressione che si riscontra negli
abissi oceanici fino a schiacciarlo. Mi sorprende che tu sia riuscito
ad evitarlo, ma la prossima volta non accadrà"
Galatea si rimise il posizione, imitata dal Cavaliere, quindi
spiccò nuovamente un balzo. Shiryu, però, fece lo
stesso
e, prima che la Sacerdotessa avesse il tempo di attaccarlo nuovamente
le lanciò contro il Colpo Segreto del Drago Nascente,
constringendola a pararsi con le braccia. La difesa fu però
inutile e l'assalto dell'avversario la colpì in
più
punti, facendola cadere rovinosamente a terra, dove rimase immobile e
dolorante.
Shiryu atterrò vicino a lei.
"Non ti toglierò la vita, Sacerdotessa. Non è mia
abitudine combattere contro delle donne, specie se giovani come te,
anche se devo ammettere che ti sei dimostrata all'altezza. Solo non
capitare più sui miei passi o non sarò
così
clemente la prossima volta"
Senza guardarla passò oltre, ma dopo neanche un metro
qualcosa
lo bloccò all'altezza del polpaccio. Si voltò e
notò una sostanza biancastra arrampicarsi per tutta la gamba
fino a metà coscia. Lo stesso stava accadendo per l'altra
gamba.
"Ma cosa..."
"Non avresti dovuto sottovalutarmi così tanto, Cavaliere. E'
stato un grave errore"
Galatea si era rialzata e non sembrava aver patito troppo l'attacco di
Shiryu, a parte qualche graffio e qualche livido qua e la. Il ragazzo
si maledisse per non averla resa innocua quando poteva.
"Che cos'è questa sostanza?" le domandò
riaccendendo il proprio cosmo e sperando che potesse venirgli utile.
"La mia Prigione d'Avorio non lascia scampo a chi vi cade dentro. E
posso scegliere a mio piacimento come plasmarlo. Potrei per esempio
coprirti del tutto fino a farti diventare una statua, oppure lasciarti
così imprigionato in balia dei miei attacchi"
"Ne convengo, sei molto abile come guerriera, ma sbagli se pensi che me
ne starò con le mani in mano mentre tu mi attacchi"
Scagliò nuovamente il Colpo Segreto contro l'avorio attorno
alle
sue gambe, ma non riuscì nemmeno a fargli un graffio. A quel
punto iniziò seriamente a preoccuparsi.
Nel frattempo Galatea era già in volo pronta a lanciare la
Profondita degli Abissi.
"Fatica sprecata, Cavaliere! Il mio avorio non si scalfisce
così facilmente!"
La Sacerdotessa lanciò il globo contro di lui, che
tentò
di pararsi con le braccia. Man mano che la sfera si avvicinava poteva
percepirne l'immensa potenza che lo schiacciava verso il suolo. Quando
mancavano pochi centimetri dalle sue braccia, lo scudo dell'armatura
del Dragone si frappose tra esse e l'attacco di Galatea, bloccandone
l'avanzata. Shiryu potè così tirare un mezzo
sospiro di
sollievo, prima di afferrare lo scudo a resistere insieme a lui.
"Non basterà un semplice scudo a fermare il mio attacco,
Dragone!"
Galatea mise ancora più energia e spinse la sfera contro lo
scudo del Cavaliere. Shiryu sentì la forza nelle braccia
venirgli meno e schiacciare sempre più lo scudo verso di
lui. La
grande forza dell'attacco aveva iniziato a creare delle crepe sul
lastricato intorno a lui e a spingerlo sempre più a fondo
nel
terreno assieme ai blocchi d'avorio, che non accennavano a rompersi.
Mise tutto il suo sforzo in un urlo liberitorio e deviò
infine
la sferà verso il mare. In breva sparì
all'orizzonte.
Aveva consumato un sacco della sua energia nel resistere a
quell'attacco e ora aveva il fiato corto. Lo stesso valeva per Galatea,
che non riusciva a spiegarsi per quale motivo il suo attacco non fosse
andato a segno.
"Ringrazia la tua buona stella se ti sei salvato, Cavaliere, ma la
prossima volta non andrà così"
Nuovamente si preparò a spiccare il salto, ma qualcosa le
passò davanti fulmineo e due lingue di fuoco andarono a
colpire
i blocchi d'avorio attorno alle gambe di Shiryu, liberandolo. Questi
all'inizio vacillò, ma una voltà ripreso
l'equilibrio si
mise in posizione d'attacco e prese a guardarsi attorno.
"Chi ha osato intromettersi?" domandò al nulla facendo
saettare
gli occhi in ogni dove, fino a quando non notarono Galatea. Era
atterrita e tremava da capo a piedi, guardando un punto oltre le spalle
del Cavaliere.
"Galatea, che succede?" le domandò, ma lei parve non
sentirlo.
"Succede che è sempre la solita" rispose per lei una voce
alle
spalle di Shiryu. Il ragazzo si voltò e subit vide avanzare
a
passo lento un altro Cavaliere dall'armatura fiammeggiante e lo sguardo
severo, straordinariamente somigliante alla Sacerdotesse dietro di lui.
"Qual è il tuo nome, Cavaliere, e perchè ci hai
interrotti?" gli chiese Shiryu, dando le spalle alla Sacerdotessa.
"Palemone è il mio nome e sono un Ciclope di Efesto"
"E quale sarebbe il motivo della tua presenza qui?"
"Eseguo il mio compito di fratello maggiore" rise malignamente lui,
tornando a guardare Galatea e rivolgendosi a lei "Non hai combattuto
male, ma speravo in qualcosa di più"
Quelle parole parvero ridestarla e ridarle forza, perchè lo
sguardo impaurito sparì dal suo volto per lasciare spazio ad
un'espressione battagliera.
"Questa non è la tua battaglia, Palemone, tornatene dal tuo
dio" gli urlò contro la fanciulla.
"Il mio dio mi ha chiesto di assicurarmi che il suo volere sia fatto,
quindi il mio posto è qui"
"Non ho bisogno del tuo aiuto, era praticamente sconfitto se non avessi
rotto i blocchi d'avorio"
"Certo, avresti usato ancora lo stesso attacco contro di lui, per la
terza volta. E lui si sarebbe salvato con ancora più
facilità"
"Cosa?"
"Sei inesperta e ingenua, sorellina, non meriti la carica che ti
è stata assegnata!"
Una fiamma si accese attorno alla sua mano e una palla di fuoco
sfrecciò velocissima verso di lei. Sarebbe stata colpita in
pieno, se Shiryu non fosse intervenuto gettandosi su di lei e
portandola a terra. La sfera di fuoco colpì un albero poco
distante, disintegrandolo. Senza darle il tempo di realizzare quanto
fosse accaduto, il Cavaliere si alzò in piedi parandosi a
difesa
davanti a lei.
"Spostati, Dragone, a te penserò dopo" ordinò
Palemone mentre avanzava verso gli altri due.
"Ti sei intromesso nel nostro combattimento senza motivo alcuno,
perciò prima mi libererò di te prima
potrò
continuare. Ma non ti permetterò di sfiorare Galatea neanche
con
un soffio"
"Molto bene, allora prima il dovere...e poi il piacere"
ghignò
il Ciclope e nuovamente la sua mano si infiammò "Preparati a
ricevere l'Esplosione Vulcanica, Cavaliere di Atena!"
Shiryu non rispose alla provocazione ma posizionò meglio il
suo scudo.
"Dragone, spostati" gli disse Galatea, che nel frattempo si era
rialzata "E' una faccenda che non ti riguarda"
"Temo invece che questa faccenda riguardi entrambi e che voi
Sacerdotesse non abbiate capito chi sia il vero nemico" rispose
pacatamente lui, senza distogliere l'attenzione da Palemone. La ragazza
rimase interdetta dalla risposta del Cavaliere e iniziò ad
osservare il fratello. Uno sguardo malefico era dipinto sul suo viso, e
nel vederlo un pensiero si fece strada nella mente della Sacerdotessa.
Se fosse la loro
missione eliminare sia noi che i Cavalieri?
Palemone
si stufò dell'attesa "Basta esitare! Dragone, preparati a
soccombere!"
Mosse il primo passo verso Shiryu, ma sentì qualcosa
bloccarlo
e, voltandosi, notò un blocco d'avorio attorno alla sua
gamba
sinistra che lentamente cresceva. Un altro ricoprì la mano
infuocata, spegnendo le fiamme.
"Shiryu, attaccalo!" urlò Galatea, e il Cavaliere non se lo
fece
ripetere due volte. Si lanciò contro di lui e lo
colpì in
pieno col Colpo Segreto del Drago Nascente, la cui potenza
riuscì a spezzare l'avorio attorno ai due arti. Palemone
volò lontano e cadde di schiena lasciando un profondo solco
dietro di sè. A fatica sollevò il busto e vide
Galatea e
Shiryu pronti ad attaccarlo nuovamente. Non avrebbe mai accettato una
sconfitta, il suo orgoglio non glielo avrebbe mai permesso. E comnque
erano due contro uno, uno scontro impari in cui aveva poche
possibilità di vincere. Decise che li avrebbe affrontati
singolarmente più avanti, e nel frattempo avrebbe aumentato
la
sua forza. Si rialzò cercando di nascondere la spossatezza
dovuta al colpo subito.
"Per questa volta vi lascio in vita, Cavalieri, ma al prossimo scontro
l'unico vincitore sarò io, tenetelo bene a mente!"
Con un balzò sparì tra i tetti della
città e
tutt'intorno calò nuovamente il silenzio. Fu Galatea a
romperlo.
"Perchè mi hai salvato la vita, Dragone?"
"Te l'ho spiegato poco fa, non sei tu il nostro reale nemico" si
voltò per guardarla negli occhi "Ho combattuto contro di te
perchè questo era il tuo volere, ma non ti ho mai
riconosciuta
come nemico Spero che tu e le tue compagne lo capiate prima che sia
troppo tardi"
Le diede nuovamente le spalle e riprese il cammino che stava
intraprendendo prima dell'arrivo della Sacerdotessa, ma questa
nuovamente lo richiamò.
"Shiryu, aspetta!"
Il Cavaliere si fermò obbediente e tornò a
guardarla.
Galatea si privò dell'armatura davanti ai suoi occhi,
restando
con la sua semolice e candida tunica addosso. Vicino a lei i pezzi
della corazza avevano formato una piccola onda marina leggermente opaca.
"Ho inteso le tue parole" riprese lei, sorridente e serena "E ti
prometto che tu e i tuoi compagni non subirete più
nessun'offesa
da parte mia. Sono inoltre sicura che le mie compagne comprenderanno
ciò che tu mi hai rivelato oggi e che ho riscontrato negli
occhi
di mio fratello"
"Ne sono molto contento, Galatea" ribattè Shiryu sorridendo
di rimando.
"Non è lontano il giorno in cui combatteremo nuovamente
fianco a fianco, Dragone"
"Sarà per me un onore, Sacerdotessa" concluse con un leggero
inchino, prima di voltarsi nuovamente e riprendere a camminare, lo
scudo ancora al braccio, i lunghi capelli scuri al vento.
Scusate il
clamoroso ritardo, ho avuto un po' di problemi in casa e non sono
riuscita ad aggiornare...
Ad ogni modo eccomi qui con un nuovo capitolo che spero sia di vostro
gradimento. Non sono un fenomeno a descrivere le scene di
combattimento, mi auguro di aver reso la situazione al meglio :)
Vi anticipo che da questo capitolo ci sarà un po'
più
d'azione, quindi spero di attirare di più il vostro
interesse ;P
Passiamo ai ringraziamenti di rito:
-MeMs: già, i nostri due eroi stanno un po' patendo in
questo
momento e purtroppo questo cap non è incentrato su di loro
ma su
un'altro trio che ritroveremo in seguito...grazie di tutto, attendo un
tuo commento!!
-Krisalia Kinomiya: eheh, i tuoi commenti sono sempre
spassosi,
grazie mille! Seiya metallaro ce lo vedrei bene cmq :P dimmi che ne
pensi di questo capitolo!
-roxrox: ma sì, Seiya in fondo è una sagoma :D
però per gli svoglimenti della love story dovrete attendere
ancora un pochino...spero ti sia piaciuto il nuovo cap!
Un grazie ancora a chi ha inserito la fic tra i preferiti e ai lettori
silenziosi e fedeli...a presto!!
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Capitolo 14 *** L'Abbandono dell'Amore ***
A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea
dell'Amore")
Capitolo 13 - L'Abbandono
dell'Amore
La sera era calata da qualche minuto, gettando nell'oscurità
l'intera città, che ormai si doveva affidare
all'illuminazione
artificiale dei lampioni. Nonostante questo il buio regnava come
sovrano incontrastato in quella zona di periferia, non molto lontata
dal porto. Per questo motivo i sensi di Psiche erano ancora
più
all'erta. Sapeva di non essere molto lontana dal suo obiettivo e farsi
cogliere di sorpresa sarebbe stato uno smacco troppo grande da
sopportare, orgogliosa com'era. Una rosa era già pronta
nella
sua mano, le mancava solo il pretesto per lanciarla.
Sbucò sulla banchina dopo aver attraversato lo stretto
vicolo
tra due capannoni in cemento armato e la luce degli sparuti lampioni
ancora funzionanti le diede quasi fastidio, ma non abbassò
la
guardia. Un lieve brusio attirò la sua attenzione e subito
la
rosa volò nella direzione di provenienza del flebile rumore.
Il
suo percorso fu però interrotto da un'affilata piuma di
metallo,
che la recise tra corolla e stelo. I petali rossi si dispersero attorno
al cadavere del fiore, sotto gli occhi attoniti di Psiche. Non si
aspettava lui
come avversario.
"Non ti sfugge niente, Sacerdotessa" disse una voce roca
nell'oscurità.
Pian piano una figura si delineò sotto i raggi di un
lampione, e
dall'ombra sbucò il volto battagliero di Ikki della Fenice,
il
cui corpo era interamente ricoperto dall'armatura di Phoenix.
"Sbaglio o è sorpresa quella dipinta sul tuo volto?" le
domandò ghignando.
"In effetti ero alla ricerca di qualcun altro, ma così
sarà più divertente" rispose risoluta lei,
agitando una
nuova rosa davanti ai suoi luminosi occhi blu.
"Se è divertimento che cerchi, sarai accontentata..."
"Eccellente!"
"...a tempo debito" concluse lui, riprendendo ad avanzare verso Psiche,
già pronta all'attacco.
"Cos'altro ti fa indugiare, Cavaliere?" domandò seccata lei,
guardandolo accigliata.
"Io combatto solo se il mio avversario ha motivazioni valide per farlo.
Allora diventa egli stesso una motivazione valida perchè io
combatta"
"L'unico motivo che udirai da me sarà la devozione assoluta
verso la mia dea e la fiducia cieca nei suoi ordini"
"Sei proprio convinta che sia questo il suo volere?"
Psiche esitò. Nella sua mente riapparvero le immagini di
quel
pomeriggio e della visita che Afrodite aveva ricevuto. Lei era per caso
di passaggio per il giardino quando Efesto era comparso, insieme ai due
Ciclopi, davanti alla dea nel giardino del palazzo. Prontamente si era
nascosta dietro una siepe, silenziosa, senza dare nell'occhio, e aveva
osservato tutta la conversazione tra le due divinità, seppur
senza carpire una sola parola. Ma le espressioni che di volta in volta
si erano dipinte sul volto della signorina Ayame erano state molto
più eloquenti, così come quelle di Efesto. Infine
aveva
visto l'ultimo barlume di speranza abbandonare la fanciulla e la dea
prendere pieno possesso del suo corpo, per compiere un gesto meschino e
inutile. Eliminare Atena e i suoi Cavalieri per prendere possesso della
Terra al suo posto. Secondo Afrodite era però l'unico modo
per
proteggere l'umanità dalla follia del dio e lei e le sue
compagne, in quanto Sacerdotesse, non avevano altra scelta se non
obbedire.
"Certo che ne sono convinta" rispose alla fine Psiche, nuovamente
combattiva e fiera.
Ikki abbassò lo sguardo e sospirò.
"Allora dovrai cercare il tuo divertimento da un'altra parte"
Psiche rimase allibita dalle sue parole. Si stava rifiutando di
combattere contro di lei perchè trovava le sue motivazioni
futili. Era un atteggiamento che non riusciva a concepire e che la
mandava su tutte le furie. Anni e anni di duro addestramento per
sentirsi snobbare così da un semplice Cavaliere di Atena. Lo
intravide appena quando le passò accanto camminando
lentamente e
senze degnarla di uno sguardo. Era un'umiliazione troppo grande da
sopportare, non poteva permettergli di andarsene così.
"Se credi che ti lasci andare via così ti sbagli di grosso!"
urlò con tutto il fiato che aveva in corpo mentre si voltava
per
scagliare la sua rosa contro l'avversario.
Ikki fermò il fiore con la mano a pochi centimetri dal suo
viso
e si trovò occhi negli occhi con Psiche, la cui furia le
aveva
permesso di espandere il proprio cosmo fin quasi al limite. La
Sacerdotessa lo colpì in pieno ventre, scagliandolo contro
il
palo che si piegò all'impatto con la schiena del Cavaliere.
Ripartì poi subito all'attacco senza nemmeno dargli il tempo
di
rialzarsi, ma il ragazzo se ne accorse e riuscì a schivare
il
colpo appena in tempo, facendolo andare a vuoto. Prontamente Ikki fu in
piedi e, approfittando nel momentaneo smarrimento della giovane,
scagliò le sue Ali della Fenice contro Psiche prendendola in
pieno. Ricadde sul bordo della banchina, in precario equilibrio. Quel
Cavaliere era davvero potente, il più forte di tutti i
Cavalieri
di Bronzo, come lei lo era delle Sacerdotesse. Con grande sfozo e mossa
da questo pensiero, Psiche si rialzò. Ikki era ancora
davanti a
lei ma non sembrava intenzionato ad attaccarla.
"Sei molto forte, Cavaliere della Fenice" gli disse Psiche asciugandosi
un rivolo di sangue che le era sceso dal labbro "Ma ci vuole ben altro
per sconfiggermi"
Pensò erroneamente di averlo provocato, ma Ikki si
limitò
a voltarsi ed imboccare uno dei vicoli tra i capannoni, provocando
ancora di più l'ira della Sacerdotessa. Psiche si
lanciò
nuovamente all'attacco coprendo a grandi balzi la distanza tra lei e il
Cavaliere, ma una volta che lo ebbe a tiro questi l'afferrò
per
il polso e la scaraventò a terra, bloccandole entrambe le
braccia.
"Ti
ho già detto che con te non combatterò" le
sibilò a pochi centimetri dal viso
"E allora io ti rispondo che sarai costretto a farlo!"
Puntellò il piede sulla sua pancia e si liberò di
lui
mandandolo contro delle casse di legno, quindi si rimise in piedi.
"Adesso scoprirai cosa vuol dire essere abbandonati dall'amore" nella
sua mano comparve una rosa bianca. Ikki, risollevatosi col busto,
spalancò gli occhi alla vista del fiore, l'arma
più
letale del Cavaliere d'oro dei Pesci.
"Hai riconosciuto la rosa bianca, l'arma più letale di
Aphrodite dei Pesci, mio maestro d'armi"
"Così sei l'allieva prediletta del Cavaliere della
Dodicesima
Casa" rispose lui, rimessosi in piedi e libero dalle schegge di legno
"Avevo sentito parlare tanto della sua cara allieva, ma pensavo fosse
una Sacerdotessa del Grande Tempio, non una guerriera di Afrodite"
"Il mio maestro mi giudicò troppo potente per essere un
semplice
Cavaliere d'Argento e riteneva la mia bellezza troppo preziosa per
essere celata da una maschera, così divenni devota alla dea
Afrodite e la migliore tra le sue Sacerdotesse. Per questo motivo non
accetto che il mio avversario abbandoni il campo di battaglia senza
essersi prima confrontato con me e abbia dimostrato di essermi
superiore o sia perito nel tentativo. Ma a quanto ho capito hai una
certa fretta, quindi ti sconfiggerò nel più breve
tempo
possibile e questa rosa bianca sarà la tua carnefice.
L'Abbandono dell'Amore ti risucchierà ogni briciola di amore
che
possiedi nel cuore tingendosi di rosso, lasciandoti alla stregua di un
vegetale perso negli abissi della disperazione. Addio Ikki della
Fenice!"
Psiche lanciò il fiore che fulmineo andò a
conficcarsi
nel petto del Cavaliere, trapassando l'armatura. Ikki
arretrò di
qualche passo barcollante ma non cadde. Mantenne lo sguardo fisso sui
suoi piedi, gli occhi in ombra sotto l'elmo della Fenice. Percepiva la
trepidante attesa di Psiche, di fronte a lui. La sentiva convinta di
avere la vittoria in pugno, di averlo lasciato senza scampo. La
intravide agitarsi una volta resasi conto che la rosa nel suo petto non
accennava a cambiare colore ma restava candida e immaccolata. Un
sorriso colmo di tristezza si dipinse sul suo viso e alzò lo
sguardo piantando gli occhi fiammeggianti su di lei.
"Non è possibile! La rosa è rimasta bianca
nonostante sia
nel tuo petto da parecchi secondi ormai. Come hai fatto, spiegami!"
l'agitazione nella voce da Psiche era lampante.
"E' semplice, Psiche: non puoi togliere l'amore a chi l'ha
già perso"
"Cosa? Che vuoi dire?"
"Come tutti gli esseri umani ho amato, e tanto. Ma l'oggetto del mio
amore se n'è andato tempo fa, portandosi dietro tutti i
sentimenti che provavo nei suoi confronti. Da allora l'amore non ha
più albergato nel mio cuore, ne è rimasto
completamente
arido. Per questo motivo la tua rosa non si tingerà di rosso
nè ora nè tra cento anni"
"No, non ci credo. Nessun essere umano può vivere senza
amore!"
"E' vero, ma esistono tanti tipi d'amore e tutti in grado di rendere
dignitosa una vita. Io vadi avanti grazie all'amore per mio fratello
Shun e l'affetto verso i miei amici e compagni di battaglia, ma
è un amore che tu non puoi scalfire nè tanto meno
di cui
puoi privarmi"
Psiche arretrò, sconvolta dalle rivelazioni del Cavaliere.
Si
sorprese a tremare come una foglia di fronte a quello sguardo severo e
deciso.
"Hai paura, Psiche. Fai bene, perchè ora scoprirai cosa vuol
dire navigare in un mare di disperazione!"
In poche falcate, senza lasciarle il tempo di reagire, Ikki le
fu
davanti con l'indice puntato alla fronte. Sentì qualcosa
dentro
la sua testa, come trapassata da una saetta, e per qualche istante fu
incapace di muoversi. Il suo avversario era dietro di lei e le dava le
spalle ma il suo sguardo era fisso su un punto oltre il vicolo. Non
sembrava cambiato niente da prima che ricevesse il colpo. Smise di
trattenere il fiato e rilassò il corpo, quindi si
voltò
verso Ikki.
Le si parò davanti uno spettacolo agghiacciante: il corpo
del
Cavaliere era completamente avvolto dalle fiamme, che avevano bruciato
buona parte della carne lasciando intravedere qualche osso sotto di
essa. Psiche trattenne un urlo e si portò le mani al viso.
Subito dopo si accorse che le fiamme erano tutte intorno a lei, anche
dove poco prima non c'erano, e che diventavano sempre più
alte.
Si voltò indietro e corse lungo il vicolo fino alla
banchina,
appena lambita dal fuoco che stava divorando l'intera città.
Ciò che vide fu forse più raccapricciante. I
corpi degli
altri Cavalieri e delle sue compagne Sacerdotesse erano a terra,
semplici scheletri inceneriti coperti dalle armature praticamente
inutilizzabili. In mezzo a loro i Ciclopi di Efesto gongolavano di
fronte a tanta morte e distruzione guardando un punto ben preciso.
Anche Psiche prese a guardare in quella direzione e subito la paura la
attanagliò. Afrodite era a terra, ricoperta di bruciature e
stanca. Poco distante Atena giaceva con un ferro rovente conficcato in
pancia. Un altro roteava nelle mani di Efesto, ritto sopra le due dee,
un ghigno malefico dipinto sul volto. Schivò senza
difficoltà un attacco di poca potenza proveniente da dietro
la
sua schiena, e nel campo visivo di Psiche apparve il Cavaliere del
Cigno, privo di armatura e provato dallo scontro, ma ancora deciso a
combattere nonostante la flebile luce del suo cosmo.
Hyoga tentò un altro attacco, che Efesto parò con
poca
difficoltà con una mano, sciogliendo i fiocchi di neve della
Polvere di Diamanti. Dalla stessa mano partì poi una palla
di
fuoco che colpì il Cavaliere in pieno petto per poi
diffondere
le fiamme su tutto il corpo del ragazzo. L'urlo di Ayame
squarciò l'aria coprendo il crepitio delle fiamme che
lentamente
divoravano il giovane Hyoga, ormai a terra privo di vita. La fanciulla
si lanciò poi contro Efesto brandendo lo scettro, ma il dio
si
scansò di lato conficcandole contemporaneamente il ferro
ardente
nel petto.
Psiche restò a guardare quello spettacolo di morte
impotente,
gli occhi ricolmi di lacrime e le membra scosse da forti tremiti.
Quando Efesto le puntò gli occhi addosso sentì il
suo
corpo paralizzarsi e impedirle qualsiasi movimento, lasciando
così via libera alla sfera infiammata di Efesto.
"NO!" urlò disperata la Sacerdotessa, portandosi le mani sul
capo e accucciandosi a terra.
Due forti braccia la sorressero per le spalle e un calore piacevole la
avvolse. Aprì gli occhi incontrando la spalla muscolosa di
Ikki.
Non c'erano fiamme intorno a loro, nè cadaveri bruciati.
Tutto
era come prima ma nonostante questo Psiche continuava a tremare e
singhiozzare.
"Perdonami" iniziò il Cavaliere della Fenice "Non
è mia
usanza usare il Fantasma Diabolico contro una donna, ma volevo che ti
rendessi conto di cosa potrebbe succedere se questa lotta tra noi
continuasse"
"Ho visto il futuro?" sussurrò la Sacerdotessa senza alzare
lo sguardo.
"No, ho solo risvegliato le tue paure inconscie. Prima che iniziassi ad
attaccarmi ho letto nei tuoi occhi la preoccupazione e il timore delle
conseguenze delle tue azioni. Ma la tua testardaggine, o forse
determinazione, ti impedivano di vedere oltre e di capire chi sono i
tuoi nemici da combattere. Non siamo noi quelli da combattere, ma
quelle ombre che ora ci osservano dall'alto"
"Ombre?" Psiche tentò di alzare lo sguardo ma Ikki le prese
il capo spigendola ancora di più contro la sua spalla.
"Efesto non si fida della tua dea, non si è mai fidato. Ha
solo
approfittato della sua obbedienza per mettere in atto i suoi piani di
conquista. E i suoi Ciclopi vegliano sul vostro operato"
Solo in quel momento Psiche si accorse di un altro cosmo ostile ma
quieto nelle vicinanze, in osservazione.
"Ti chiedo nuovamente scusa, Psiche"
"Per cosa?"
"Per questo"
Ikki la colpì con forza in pieno ventre, togliendole il
respiro
e facendola svenire sulla sua spalla. La prese poi in braccio e fece
qualche passo lungo il vicolo.
"E' stato uno scontro molto interessante" commentò una voce
dall'alto, dopodichè Ardalo della Scure saltò
giù
dal tetto del capannone atterrando dietro a Ikki. "Avrò
molto da
riferire al mio signore"
Il Cavaliere rispose senza voltarsi "Di' allora al tuo dio che
sentirà ancora parlare di Ikki della Fenice e di Psiche
della
Rosa", quindi riprese il suo cammino, ignorando la risata di scherno
del Ciclope.
Una volta fuori dalla zona del porto in breve tempo raggiunse palazzo
Kido. Shun gli aprì la porta per lasciarlo entrare.
"Psiche!" esclamò la giovane Galatea, rifugiatasi a palazzo
dopo
lo scontro con Shiryu, sotto suggerimento delle altre Sacerdotesse. La
fanciulla corse incontro a Ikki per sincerarsi delle condizioni della
sua compagna.
"E' solo svenuta, non è il caso di allarmarsi" la
tranquillizzò il Cavaliere, prima di riprendere il suo
cammino
lungo il corridoio e quindi su per le scale, fino alla sua stanza, dove
stese la Sacerdotessa sul letto. Rimase ad osservarla qualche istante.
Il suo volto era ancora leggermente bagnato dalle lacrime e di tanto in
tanto si contraeva in smorfie di orrore e paura. Doveva avere un po'
esagerato col Fantasma Diabolico, ma era l'unico modo che conoscesse
per mostrarle la verità. Doveva però aver
risvegliato
anche altri ricordi dolorosi che l'avevano letteralmente sconvolta. Col
pollice asciugò l'ultima lacrima sfuggita all'angolo dei
suoi
occhi e cercò di scaldarla col suo cosmo finchè
sul volto
non le si dipinse un'espressione rilassata.
"Secondo te ha capito?" gli domandò Saori, sulla soglia
della camera.
"Sì, penso di sì"
Perdonatemi per
quest'altra lunga attesa, ma sono ricominciate le lezioni e il tempo
è tornato ad essere poco =)
Auguro a tutti quanti una buona lettura nella speranza che questo
capitolo vi piaccia!
Ora i dovuti
ringraziamenti:
-roxrox: grazie! Eh sì, con le buone o con le cattive vedi
che iniziano a capire ;) spero ti piaccia il nuovo cap!
-Krisalia Kinomiya: quante domande! Eheh, avrai tutte le tue risposte a
tempo debito mia cara, intanto dimmi che ne pensi di questo nuovo
capitolo!
Un grazie anche a chi ha messo la fic tra i preferiti e ai silenti ma
onnipresenti lettori =)
A presto!
|
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Capitolo 15 *** Strategie ***
A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea
dell'Amore")
Capitolo 14 - Strategie
Era una notte più cupa delle altre. Non una stella brillava
in
cielo, dense nubi cariche di pioggia erano giunte a coprirle e solo la
luna riusciva a far passare qualche timido raggio attraverso di esse.
Presto o tardi sarebbe scoppiato un temporale, e non solo con pioggia e
fulmini. La situazione si faceva ogni minuto più tesa e
minacciava di volgere al peggio. Galatea non aveva fatto ritorno a
palazzo e anche Psiche sembrava ritardare. Delle altre tre Sacerdotesse
ancora nessuna notizia. Eppure quei pensieri non sembravano turbare
Ayame, anzi la rendevano sempre più apatica e spenta,
succube di
una volontà superiore, burattino nelle mani degli dei e
soprattutto di quel dio che su di lei rivendicava diritti millenari e
di questo approfittava. E lei non poteva ribellarsi, pena un mondo di
distruzione. Dopo tante battaglie per evitarlo, non poteva diventarne
la causa. Si sentiva fiera della sua intercessione presso gli dei
perchè fermassero i gemelli divini, venuti a spodestare
Atena
dal suo legittimo trono. Atena, la sua sorella preferita, nonostante
qualche passato diverbio a causa di una mela. Si era reincarnata per
permetterle di mantenere la pace tra gli uomini, invece stava
succedendo l'esatto contrario. A cosa erano servite allora tutte le sue
parole davanti al divino Zeus, tutta quella determinazione che non
aveva mai immaginato di avere ma che l'affetto per la sorella aveva
risvegliato potente. Tutte le sue certezze stavano crollando, persino
quella che dall'alba dei tempi guidava la sua vita immortale. Credeva
di sapere tutto sull'amore, di poterlo governare a suo piacimento, ma
la tempesta di sentimenti che la sua parte umana continuava a provare
non faceva altro che metterla in difficoltà e portarla a
porsi
delle domande. Nel frattempo il volto di Hyoga e i ricordi legati ad
esso si alternavano nella sua mente, e agitavano qualcosa in lei.
"Atena, ti prego proteggilo..." si scoprì a sussurrare al
vuoto, con voce rotta da un pianto a stento trattenuto.
Il cielo iniziò lentamente a rischiararsi, colorandosi di un
grigio tetro e pesante, portatore di inquietudine. Era stata una notte
insonne a palazzo Kido, per tutti quanti, da Hyoga, la cui prigionia
iniziava a stare stretta, a Psiche, risvegliatasi poco dopo il suo
arrivo e ora intenta ad osservare le nubi dalla vetrata del salotto,
accanto alla sua compagna Galatea. Erano entrambe prive dell'armatura e
vestite di abiti borghesi sotto cui spiccavano i fisici allenati e
asciutti. Se però Galatea sembrava rassegnata ad attendere
lo
svolgersi degli eventi, l'agitazione di Psiche aumentava col passare
del tempo, rendendo l'atmosfera più tesa del normale.
Entrambe sobbalzarono quando Shun e Ikki entrarono nel salone.
"Tutto bene?" domandò cordialmente il più giovane.
"Sì, grazie" rispose docile Galatea, tentando anche di
sorridere.
"No che non va bene" ribattè Psiche quasi in contemporanea,
guadagnandosi uno sguardo di rimprovero da parte della bionda, cui
però non fece molto caso "Non dovremmo essere qui con le
mani in
mano ma là fuori a combattere" col dito indicò un
punto
oltre la vetrata e il parco.
"Per ottenere cosa? Una guerra tra tre divinità?" intervenne
brusco Ikki "Hai idea di cosa comporterebbe uno scontro simile?"
I due si guardarono qualche secondo negli occhi, finchè la
fanciulla non abbassò lo sguardo, rassegnata.
"Non è facile nemmeno per noi sapere che la Terra sta
correndo
un grave pericolo e non poter fare comunque niente. Possiamo solo
tentare di limitare i danni finchè Efesto non esce
completamente
allo scoperto e rivela i suoi piani, ma fino ad allora camminiamo tutti
sul filo di un rasoio e non possiamo rischiare di cadere a causa di
gesti avventati"
Lo sguardo della Sacerdotessa si fece più cupo e Galatea le
carezzò il braccio per confortarla.
"Ikki ha ragione, allo stato delle cose non possiamo fare niente"
"Ma la nostra dea è in pericolo" tentò di
ribattere, seppur debolmente "Dobbiamo salvarla dalla morsa di Efesto"
"Non è combattendo con più foga che riuscireste
nell'intento" disse Shun "Afrodite è convinta di fare la
cosa
giusta appoggiando i piani di Efesto e finchè non si
convince
lei del contrario..."
Il ragazzo si interruppe e prese a fissare un punto nel vuoto, il volto
contratto in un'espressione concentrata. Poteva funzionare, ma aveva
bisogno di un aiuto dall'altra parte.
"Shun, che succede?" gli chiese Ikki preoccupato, e si sorprese nel
ricevere in risposta uno sguardo soddisfatto.
"Si può fare" disse solamente il fratello più a
se stesso
che al piccolo uditorio, quindi si rivolse alle due Sacerdotesse
ignorando completamente le domande di Ikki "Dov'è Talia?"
Teoricamente non sarebbe dovuta stare in quel luogo, il suo compito era
di tutt'altra natura e da tutt'altra parte. La stanchezza della ronda
notturna iniziava però a farsi sentire sia fisicamente sia
mentalmente. Aveva scelto quel piccolo parcogiochi per riposarsi.
Vicino alla zona delle giostre era stato costruito uno stagno
artificiale dove alcune papere sguazzavano. Le stava osservando dal
praticello lì vicino, su cui si era adagiata libera
dell'armatura del passero, col suo fedele flauto in mano. Nonostante il
cielo grigio sentiva il cuore un po' più in pace e una
sensazione di leggerezza la pervadeva. Avvicinò lo strumento
alle labbra e prese a suonare una melodia improvvisata scritta su un
immaginario pentagramma su cui le note si stampavano nel momento stesso
in cui venivano suonate. Alle sue orecchie giunse un suono allegro, dal
ritmo vivace e colorato. Le tornarono in mente le parole di quel
Cavaliere e dovette ammettere che erano vere. Non c'era niente che
esprimesse al meglio il suo stato d'animo più della sua
musica.
Sorridente riprese a suonare, dando un ulteriore impronta di allegria
al brano. Si interruppe quando percepì la presenza di un
cosmo
familiare dietro di lei.
"Perdonami, non volevo interromperti" le disse sorridente Shun, vestito
della sua armatura ma senza apparenti intenzioni bellicose "Ti prego,
continua"
"Io non posso" fu la mesta risposta di Talia, che subito
abbassò li sguardo di fronte ai limpidi occhi verdi del
ragazzo.
"Perchè no?"
"Perchè ora dovrò combatterti"
Shun fece qualche passo verso di lei, scrutandola. "Ma non vuoi" disse
infine.
"Non importa ciò che voglio" ribattè lei decisa,
tornando
a incrociare il suo sguardo "Questo è il mio dovere"
Sì alzò in piedi e subito l'armatura
andò a
posizionarsi sul suo esile corpo. Shun invece non si mosse dalla sua
posizione, ma continuò a guardare intensamente la
Sacerdotessa.
Poteva leggere nei suoi occhi quanto fosse poco determinata a
combatterlo e soprattutto quanto le costasse cercare di non darlo a
vedere, invano. Si azzardò ad avanzare ancora, ma Talia
arretrò. Stringeva il flauto con talmente tanta forza che le
sue
nocche erano quasi bianche. Shun andò ancora avanti,
lentamente,
senza smettere di guardarla.
"Nemmeno io voglio combatterti, Talia" le disse dolcemente.
"Allora perchè indossi l'armatura?" ribattè lei
continuando ad arretrare.
"Precauzione. Più che altro è stato mio fratello
ad insistere. Ad ogni modo, sono venuto a cercarti perchè ho
bisogno del tuo aiuto"
La Sacerdotessa gli rivolse uno sguardo interrogativo. Quel ragazzo
diventava ogni giorno di più un mistero per lei. Un mistero
che
era curiosa di scoprire.
"Del mio aiuto? E per cosa?"
"Per risolvere questa spinosa situazione in cui ci troviamo tutti noi"
"Non possiamo intrometterci nei piani degli dei, possiamo solo
sottostare alle loro decisioni"
"Anche se sono sbagliate e dannose per l'intera umanità?"
Talia non rispose ma abbassò lo sguardo.
"Efesto ci sta mettendo gli uni contro le altre per toglierci di mezzo
e poter dominare la Terra senza nessuno che lo ostacoli. Sta
approfittando di Afrodite facendole credere che questo sia l'unico modo
per non mettere in mezzo gli esseri umani, ma i suoi piani sono altri.
Abbiamo il dovere di fare qualcosa"
L'enfasi con cui Shun aveva portato avanti il discorso sorprese Talia
ed ebbe il potere di convincerla che le sue parole fossero giuste. Non
leggeva menzogna negli occhi limpidi del Cavaliere, solo tanta
determinazione.
"Ma cosa possiamo fare?"
Shun sorrise vedendo la ragazza accondiscendente e si liberò
dell'armatura, ormai sicuro che non l'avrebbe più attaccato.
Talia fece lo stesso e si avvicinò di qualche passo a lui.
"Vedi, Talia, so cosa vuol dire ospitare una divinità nel
proprio corpo" iniziò lui e subito uno sguardo incuriosito
si
dipinse sul volto della Sacerdotessa "Tempo fa Ade aveva scelto me per
ospitare la sua anima. All'inizio ero rimasto succube, non mi sentivo
in grado di fronteggiare tanta potenza. Poi ho visto mio fratello che
tentava di risvegliarmi, e dopo anche Atena, allora mi sono fatto forza
e alla fine sono riuscito a imporre il mio volere allo spirito di Ade,
che è stato costretto ad abbandonare il mio corpo"
"Quindi vuoi provare a fare lo stesso con Afrodite?"
"Non proprio, Afrodite non è malvagia. Voglio solo provare a
ridare forza ad Ayame, perchè riesca a far ragionare la dea
in
lei. In questo modo si concilieranno e probabilmente la loro potenza
aumenterà"
"E come pensi di fare?"
"Io non farò nulla, sarà Hyoga a risvegliare
Ayame"
Talia ci riflettè un po' su, quindi annuì "Hai
ragione,
è l'unico che possa farla ragionare. Ma allora noi cosa
c'entriamo?"
"Dobbiamo solo trovare il pretesto per farli incontrare, solo loro due"
"Magari in un posto che ricordi loro i momenti passati assieme"
"Sì esatto! E credo anche di conoscerlo"
"Perfetto!"
Si guardarono negli occhi, uno più sorridente dell'altro. Il
volto di Talia era ora più luminoso e rilassato,
più
bello del solito. Le vide le guance imporporirsi sotto il suo sguardo.
Abbassò gli occhi, imbarazzata.
"Grazie per quello che state facendo" disse timidamente, mordendosi poi
il labbro inferiore.
"Grazie a te che hai scelto di aiutarmi invece che combattermi" rise
lui, avvicinandosi fino a pochi centimetri da lei.
Talia alzò gli occhi per pochi secondi, quindi
tornò a guardare altrove.
"Non...non sarei mai riuscita a combatterti, nemmeno se fossi stata
costretta. Bella Sacerdotessa di Afrodite che sono"
"Bellissima direi" la voce di Shun era ridotta ad un sussurro che solo
lei era riuscita a sentire. Sentì il volto andarle in fiamme
e
il respiro mancarle. A fatica riuscì ad ordinare una frase
di
senso compiuto per riprendere il discorso.
"A-allora...dobbiamo trovare questo fantomatico pretesto, non credi?"
disse arretrando di qualche passo, cercando sempre di evitare gli occhi
smeraldini del Cavaliere.
Shun sorrise divertito da quel comportamento. Lui stesso si era
sorpreso di aver osato così tanto con Talia. L'aveva vista
solo
una volta ed era stato uno scambio di battute non molto cordiale, ma lo
stesso le era rimasta impressa. All'inizio pensava fosse per colpa
della somiglianza con Sorrento, ma quando al suo pensiero di era
scoperto col battito accelerato si era dovuto ricredere. Forse era il
suo essere una Sacerdotessa della dea dell'amore la causa di tutto.
Si sedettero sul prato e iniziarono a pianificare il tutto, intavolando
un discorso contornato di risate e momenti di ilarità, come
fossero due amici di vecchia data che non si vedevano da tempo.
Nonostante il grigiore del cielo era come se un piccolo sole brillasse
sopra di loro. In breve pianificarono tutto e passarono il resto del
tempo a chiacchierare del più e del meno e ad allietarsi con
la
musica suonata megistralmente da Talia. Erano riusciti a creare
un'isola di felicità in un mare di tensione e tristezza, il
tutto sotto gli occhi studiosi di Arge dell'Incudine, che
già
pregustava il momento in cui avrebbe comunicato al suo dio i piani che
i due ragazzi avevano escogitato. Si era tenuto a debita distanza tutto
il tempo, invisibile ai loro occhi troppo presi gli uni da quelli
dell'altra, ma comunque a portata d'orecchio. Non era riuscito a
carpire alla perfezione tutto, ma a grandi linee aveva compreso la
strategia elaborata dal Cavaliere di Andromeda e ciò
bastava.
Quei poveri illusi si erano messi nel sacco da soli.
Soddisfatto, prese lentamente ad arretrare senza perdere di vista i due
cospiratori, per poi voltarsi del tutto e iniziare a correre
velocissimo, ma un cosmo potente e fin troppo conosciuto lo costrinse a
fermarsi.
"Lasci andare così le tue prede?" lo schernì
Palemone, appoggiato con apparente noncuranza al tronco di un albero
"Hai paura di uscire sconfitto da un eventuale scontro?"
"Immagino tu sappia molto bene come ci si sente, vero Palemone?"
ribattè risoluto il Ciclope, guardando il compagno di
sbieco. Questi non rispose, ma cercò di ammortizare il colpo
basso.
"E comunque" riprese Arge "ho qualcosa di molto più utile da
fare"
"Sì, ti ho visto mentre origliavi le solari conversazioni
dei due piccioncini. Perchè non mi riveli cosa hai scoperto?"
"Farò rapporto direttamente al divino Efesto, senza
intercessioni"
"Come siamo malfidati"
"Ne ho tutti i motivi. Sarai anche il più potente dei
Ciclopi ma resti un vile traditore ai miei occhi"
"La fama della mia potenza ha evidentemente superato quella della mia
reputazione, spingendo il nostro signore a chiedere nuovamente i miei
servigi. Dovresti fartene una ragione"
"Comunque sia da me non saprai niente"
"Vorrà dire che andrò a caccia di pesci
più grossi. Ho saputo di un certo Cavaliere del Cigno a
zonzo per la città"
"E' compito di Sterope sorvegliare quel Cavaliere, perciò
stanne fuori"
"Io prendo ordini solo dal divino Efesto"
Detto questo, Palemone spiccò un salto e sparì
tra le fronde degli alberi, lasciando Arge a ribollire di rabbia.
Sto recuperando
le lunghissime
attese a cui vi ho sottoposti/e ultimamente, e gli eterni viaggi in
treno che mi devo sorbire per andare in università mi
aiutano :)
Stiamo piano piano arrivando al punto cruciale della storia e a breve
ritorneranno i nostri due protagonisti, che vi anticipo si troveranno
in un pasticcio mastodontico...
I dovuti
ringraziamenti a:
-roxrox: come ha detto lo stesso Ikki, lui e Psiche faranno ancora
parlare di loro...intanto qui si forma una nuova coppia :) spero ti
piaccia questo cap!
-ti con zero: tranquilla, bentornata! Grazie mille, sono contenta :)
spero di non averti delusa in questo nuovo pezzo!
-Krisalia Kinomiya: eh Psiche, Psiche... ne vedremo delle belle :)
grazie per i tuoi divertentissimi commenti! E' un onore essere tra i
tuoi preferiti :)
-MeMs: spero di non averti fatto attendere troppo...qui non ci sono
scontri purtroppo, ma spero ti piaccia comunque :)
Ringrazio poi come sempre coloro che hanno scelto questa fic come
preferita e i lettori silenziosi.
A presto!!
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Capitolo 16 *** Tempesta ***
A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea
dell'Amore")
Capitolo 15 - Tempesta
Un tuono esplose in lontananza, il primo di quella che sarebbe stata
una lunga serie. Neanche un secondo prima un lampo aveva anticipato
alla Terra il suo arrivo, illuminando tutto ciò che era
intorno
a lui. L'armatura bianca del Cigno si era accesa di riflessi diamantini
in quel guizzo di luce, diventando più bella e allo stesso
tempo
più temibile del solito. Anche lo sguardo del suo Cavaliere
non
lasciava presagire nulla di buono. Dopo averla fissata per istanti
interminabili, durante i quali si era posto mille domande cui non aveva
saputo rispondere, si era deciso ad indossarla per compiere il suo
dovere, nonostante le continue pressioni da parte della signorina Saori
e dei suoi compagni e il cupo avvertimento di Eufrosine, che per tutto
il tempo in cui era rimasto a palazzo non lo aveva perso di vista. Ma
in quanto Cavaliere non poteva accettare di rimanere con le mani in
mano mentre gli altri Cavalieri rischiavano la vita per le strade della
città in nome di Atena. La loro missione era anche la sua e
non
c'erano motivi validi per esonerarlo dal compierla. Nemmeno avere salva
la vita.
Camminava risoluto Hyoga, senza guardare nessuno in faccia. Poca era la
gente per le strade, nemmeno un'anima batteva quella davanti a lui, una
stradina secondaria e buia, a tratti inquietante. Un altro tuono, un
gatto miagolò spaventato e una finestra sbattè in
balia
del vento che piano piano si alzava. Arrivò alla fine di
quel
vicolo per ritrovarsi sulla strada principale, stranamente deserta.
Sulla sua destra vide il collegio, in cortile non c'era nessun bambino
a giocare nonostante fosse mattina inoltrata. Distolse lo sguardo e
passò avanti, diretto verso la spiaggia. Due occhi blu
seguirono
il suo cammino da dietro una finestra.
"Come se n'è andato??" domandò incredulo Shun a
Seiya, cui poco prima aveva chiesto dove fosse Hyoga.
"Non ha voluto sentire ragioni. Abbiamo provato in tutti i modi a
convincerlo a restare, ma niente" rispose il Cavaliere pacatamente,
anche se nella sua voce si poteva notare una nota di preoccupazione.
"Questa non ci voleva"
"Comunque non c'è da preoccuparsi, sa cavarsela benissimo da
solo nel caso dovesse incontrare qualche Sacerdotessa o Ciclope o chi
per essi"
"Non è questo il punto, Seiya. Bisogna fare in modo che si
incontri con Ayame e che le faccia tornare la ragione. Se incappasse in
un Ciclope sarebbe la fine per tutti noi"
"E' praticamente impossibile che quei due si incontrino. Ayame
è
segregata nel suo palazzo, come pensi di farla uscire da lì?"
"Con un pretesto" rispose una voce non appartenente a Shun ma
proveniente da dietro di lui. Entrambi i Cavalieri rivolsero
l'attenzione verso la sorgente della voce e scoprirono che era stata
Eufrosine a parlare.
"Mi sbaglio forse, Cavaliere?"
"No era proprio questo il piano" sorrise il ragazzo.
"Piano?" domandò Seiya confuso.
"L'abbiamo architettato io e Talia. Abbiamo pensato tutta la mattina a
trovare un pretesto per farli incontrare giù alla spiaggia
in
modo che parlassero da soli e che Hyoga risvegliasse l'anima di Ayame.
Ma il fatto che non sia più in casa complica le cose non di
poco"
"Posso dirvi che il Cavaliere del Cigno era diretto proprio alla
spiaggia l'ultima volta che l'ho visto" intervenne la Sacerdotessa.
"E' un'ottima notizia, non resta che portarci Ayame allora..."
Il suo entusiasmo venne frenato dallo sguardo torvo di Eufrosine, che
aveva smesso di guardare i Cavalieri per concentrarsi su un punto
indefinito davanti a lei.
"Talia...anche a palazzo Kobayashi qualcosa è andato storto"
disse dopo qualche secondo di silenzio. Dovettero attendere ancora meno
prima che una voce limpida ma preoccupata chiamasse a gran voce il nome
del Cavaliere di Andromeda. In breve Talia raggiunse gli altri sulla
soglia del grande portone di palazzo Kido, agitata.
"Talia che è successo?"
"Afro...Ayame non è palazzo" disse tutto d'un fiato "La Tata
mi
ha detto che è uscita poco dopo l'alba diretta alla spiaggia
e
da allora non è più tornata"
Che il destino sia dalla
nostra parte?
si domandò Shun, riuscendo a rallegrarsi un minimo di quella
notizia. Ma l'espressione imparita di Talia non lasciava presagire
altre buone notizie.
"C'è qualcos'altro?" domandò Eufrosine,
anticipandolo.
"Appena ho saputo mi sono diretta verso la spiaggia, ma non ho potuto
continuare. Ho percepito il cosmo di Palemone, più potente e
arrabbiato che mai. L'ho seguito per un po', finchè non mi
sono
accorta che stava andando verso un altro potente cosmo"
"Hyoga!" esclamò Seiya, ricevendo in risposta solo un
vigoroso cenno del capo "Però poi ha interrotto la sua corsa
e cambiato direzione"
"Non c'è un secondo da perdere allora" disse con fermezza
Eufrosine, rivolta verso tutti "Io e Talia raggiungeremo Afrodite alla
spiaggia"
"E noi penseremo a trovare Hyoga prima che lo trovi Mister
Falò"
concluse per lei Seiya, ricevendo un cenno d'assenso da parte di Shun.
"Speriamo di avere fortuna questa volta"
Un fulmine si delineò preciso all'orizzonte, saettando in
più direzioni, per poi sparire nel nulla. Il mare agitato
dal vento forte si infrangeva con prepotenza sulla scogliera arrivando
a bagnare la passeggiata a ridosso del mare. Hyoga era giunto
fin laggiù senza incontrare nessun nemico sul suo cammino,
ma qualcosa gli diceva che non mancava molto. Mosse ancora qualche
passo, ma si fermò quando qualcuno lo chiamò a
gran voce dalla strada da cui era provenuto. Il Cavaliere si
voltò e vide Erii correre a perdifiato verso di lui, con gli
occhi già pieni di lacrime. Gli arrivò vicino e
riprese fiato, quindi parlò.
"Stai di nuovo andando a combattere?"
"Sto solo andando a compiere il mio dovere e tu non dovresti essere
qui, è troppo pericoloso" rispose lui brusco, dandole le
spalle intenzionato a proseguire.
"Aspetta, ti prego!" lo fermò di nuovo la ragazza "Vai a
combattere per lei, non è vero?"
"Combatto per la mia dea, come sempre"
"Ma c'entra anche quella ragazza, Ayame"
Hyoga non rispose, ma qualcosa gli si agitò nel petto a
sentir nominare Ayame.
"Non so spiegarmi perchè" riprese Erii "Forse dopo che Eris
è entrata nel mio corpo ho acquisito una qualche
capacità che mi permette di riconoscere una
divinità. E ho visto una divinità in Ayame, molto
bella e seducente, e i tuoi occhi erano solo per lei quel pomeriggio"
"Non era ancora dea quel giorno"
"Ma era destinata ad esserlo, come me. E un uomo non può
amare una dea"
"Questo non c'entra niente con quello che devo fare!" le
urlò voltandosi a guardarla.
"Ti farà soffrire e basta!" rispose con lo stesso tono, in
lacrime "Ti prego non andare"
Hyoga sospirò, commosso dalla preoccupazione della giovane e
da quanto bene ancora gli volesse.
"Mi dispiace, Erii, non posso farlo"
Si voltò nuovamente ma prima che potesse fare un passo la
ragazza lo abbracciò da dietro, scoppiando a piangere sulla
sua schiena.
"Che cosa devo fare per non lasciarti andare?...Come posso convincerti
a restare con me?"
"Non puoi, Erii" rispose mestamente il Cavaliere, sapendo di doverle
dare un gran dolore "Ti ho voluto bene e te ne voglio ancora, ma non
come vorresti tu. E mi duole profondamente dirti che forse il mio cuore
è sempre e solo appartenuto ad Ayame, anche se l'ho scoperto
solo pochi giorni fa"
La sentì irrigidirsi dietro di lui e trattenere i
singhiozzi. Non era fiero di averle detto la verità, ma
continuare ad illuderla sarebbe stato anche peggio e non meritava di
soffrire per lui.
"Forse hai ragione tu e sono solo uno sciocco a pensare che una dea
possa ricambiare il mio amore, ma non posso neanche non provare e
vivere col rimpianto". Le prese delicatamente le mani e la
staccò dalla sua schiena, per poi voltarsi a guardarla
"Perciò ora compierò il mio dovere di Cavaliere
di Atena e se arriveremo allo scontro con Afrodite tenterò
il tutto per tutto"
Erii non rispose ma abbassò lo sguardo, rassegnata. Le sue
lacrime andarono a bagnare la strada in piccole gocce cristalline.
Sentì i passi di Hyoga allontanarsi sempre più
velocemente fino a diventare una corsa, e quando non le
sentì più cadde in ginocchio dando libero sfogo
al pianto che trattteneva ormai da troppo tempo.
Dopo neanche un minutò incrociò Shun e Seiya
lungo la strada, entrambi in armatura e molto sollevati nel vederlo. Lo
stesso non valeva per lui.
"Che ci fate qui? Non ho bisogno di balie o guardie del corpo"
esordì bruscamente.
"Tranquillo, non è nostra intenzione fermarti" rispose Seiya
con fare circospetto, notò Hyoga.
"Dobbiamo risolvere una volta per tutte questa situazione"
continuò Shun facendosi avanti "Non possiamo più
permettere ad Efesto di fare il bello e il cattivo tempo. I suoi
Ciclopi controllano ogni mossa nostra e delle Sacerdotesse e non
escludo che ce ne sia uno alle tue calcagna in questo momento"
Istintivamente Hyoga allertò tutti i sensi, ma non
percepì niente di strano e soprattutto nessun cosmo ostile.
"Cosa pensate di fare, allora?" domandò ai due compagni.
"Dobbiamo convincere Afrodite che sta sbagliando e soprattutto che
Efesto la sta usando per i suoi scopi. Dobbiamo spingerla a reagire"
"E qui entri in gioco tu" intervenne Seiya con un ghigno divertito sul
volto.
"Io?"
"Devi andare da Ayame prima che lo facciano i Ciclopi"
"Sapete anche voi che il palazzo di Ayame è ben custodito"
"Le Sacerdotesse sono dalla nostra parte e ci aiuteranno, ma comunque
Ayame non si trova a palazzo in questo momento"
La notizia lasciò Hyoga di stucco e subito andò
in apprensione per lei. Senza la protezione delle sue Sacerdotesse era
un bersaglio facile per Efesto e i suoi scagnozzi. D'altra parte quella
situazione poteva anche andare a suo vantaggio. La volontà
di Afrodite sarebbe stata più vulnerabile e quella di Ayame
avrebbe potuto prendere il sopravvento se fosse riuscita a convincerla.
"Allora dov'è?"
"Alla spiaggetta del porto" rispose Shun.
Perchè era andata proprio lì? Forse anche lei
legava a quella spiaggia un bel ricordo, quel bel ricordo. Quando era
ancora Ayame, una ragazza che non era pronta a diventare donna, tanto
meno dea, e che con lui aveva riscoperto le gioie di essere bambina.
Sotto gli occhi di Seiya e Shun il volto di Hyoga cambiò, e
da tetro quale era diventato dopo il primo incontro con Afrodite e le
Sacerdotesse tornò luminoso e pieno di voglia di combattere.
"Ai Ciclopi pensiamo noi, tu corri dalla tua bella" lo
incitò Seiya, strizzandogli l'occhio come segno di
complicità. Il Cavaliere del Cigno non se lo fece ripetere
due volte e, date le spalle ai compagni, iniziò a correre
verso il porto.
La dolce Susie la scrutava coi suoi occhi acquosi, inespressiva, le
ciocche bionde agitate dal vento prepotente e portatore di tempesta. Ma
in quello sguardo vuoto Ayame leggeva accusa e delusione, non solo in
quel momento, bensì dal giorno in cui aveva detto addio alla
vita che aveva scelto. E ogni volta che la prendeva in mano e la
guardava i ricordi rincorrevano i sentimenti e la dea Afrodite
vacillava in balia del loro turbine. In mezzo a tutto c'era sempre lui,
coi suoi occhi di ghiaccio che sapevano però scaldare il
cuore, coi suoi sorrisi comprensivi che gli illuminavano il volto. Un
tempo era stata lei a ridonargli il sorriso e dopo anni lui aveva
ricambiato il gesto. Ma il destino aveva deciso qualcos'altro per loro
e lei era stata costretta ad abbandonarsi ad esso. E Susie non
gliel'aveva perdonata. A volte si sentiva una sciocca a pensare che
quella semplice bambola di pezza potesse pensare ed esprimersi, ma
forse tutto era dovuto al fatto che lei stessa si sentiva delusa.
Delusa dal suo comportamento, dalla sua poca forza di
volontà. Già, la volontà. Non sapeva
nemmeno più se era ancora padrona del suo corpo oppure se
era Afrodite a comandarla. Non sapeva più chi era. Si
sentiva completa con la dea dentro di sè, ma infelice
perchè doveva sottostare al suo volere. E in quel momento la
dea voleva che si liberasse una volta per tutte di quella bambola,
ultimo ricordo della sua vita da semplice umana. Solo così
avrebbero potuto raggiungere lo stadio ultimo, di perfetta coesione tra
corpo e spirito. Sarebbero state una cosa sola, un essere umano e
divino, potente e in grado di portare a termine la missione. Eppure
ancora qualcosa di Ayame si rifiutava di gettare quell'oggetto che
tanto aveva influenzato la sua vita.
Un altro fulmine e poi il tuono a far tremare la terra, ma ancora
nessuna goccia cadde dal cielo. Solo tanto vento a scompigliarle la
lunga chioma e ad appiccicarle l'abito rosa al corpo. Nonostante fosse
smanicata, Ayame non sembrava sentire alcun freddo sulla sua pelle
candida, nemmeno quando gli spruzzi d'acqua la raggiungevano.
Restava immobile sulla spiaggia, le onde a lambirle i piedi scalzi, una
lotta senza tregua dentro di lei e nessuno che sembrava prevalere. Voci
confuse presero a vorticarle in testa e con esse si fece largo un
dolore pungente. Lasciò cadere la bambola, che venne
raccolta dai flutti del mare, e si portò le mani alle tempie
stringendo gli occhi.
Susie rimase qualche secondo in balia dell'acqua agitata,
finchè una mano protetta da un bracciale non la raccolse.
Hyoga ripulì la bambola dalla sabbia bagnata e accese il suo
cosmo per asciugarla, attirando così l'attenzione di Ayame.
"Ho fatto del mio meglio per rimetterla a posto" le disse il Cavaliere
continuando a guardare il giocattolo "Evidentemente non è
bastato, se sei venuta qui per buttarla via"
Alzò lo sguardo su Ayame. Aveva ancora le mani vicino al
capo e lo guardava con gli occhi verdi spalancati
dall'incredulità. Tra tutte le persone che poteva
incontrare, mai avrebbe immaginato di trovare lui su quella spiaggia.
Dentro di lei sentì la lotta farsi più accesa e
la sua parte umana trovare vigore. Ma Afrodite le ricordò
prontamente il presagio di morte per lui e tutti gli altri esseri umani
se mai avesse scelto di seguire il suo cuore, e a quello non seppe
resistere. Lasciò che la dea prendesse il sopravvento, che
il suo abito mutasse di forma e colore e che lo scettro di Afrodite le
comparisse in mano. Gli occhi persero di luminosità e
divennero sottili fessure cariche di sfida.
"Preparati a combattere, Cavaliere!"
Ciao a tutti!
Sono tornata non troppo presto ma neanche troppo tardi =) Cavoli non
pensavo di riuscire a scrivere quindici capitoli prima del fatidico
incontro sulla spiaggia, spero non vi siate annoiati/e cari lettori ^^
Questo capitolo è fatto di varie scene, come avete potuto
notare, nuova tecnica di scrittura che spero sia riuscita.
Ora i ringraziamenti:
-MeMs: grazie! Nemmeno qui si vedono scontri, ma non tarderanno a
tornare, seppur più avanti =) spero ti sia piaciuto, a
presto!
-roxrox: tranquilla che il tuo Shun non te lo tocca nessuno, ma per
esigenze di copione è necessario che tubi un po' con la
dolce Talia...ad ogni modo sa di appartenere solo a te ^^ a presto,
baci!
-kikka_hiwatari: benvenuta cara! Qui il nostro Hyoga ha più
fan che capelli ^^ sono contenta di aver acquistato una nuova lettrice
fammi sapere che ne pensi di questo capitolo! A presto!
-Krisalia Kinomiya: eh il nostro Hyocchan va dove lo porta il cuore e
il senso del dovere...ma più il cuore direi ^^ grazie dei
tuoi divertentissimi commenti a presto!
Grazie anche a che ha preferito questa storia e a chi l'ha solo letta!
Alla prossima!
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Capitolo 17 *** Un amore divino ***
A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea
dell'Amore")
Capitolo 16 - Un amore divino
Si spaventò della naturalezza con cui pronunciò
quell'ammonimento, come se non ci fosse altro di importante in quel
momento se non battere l'uomo davanti a lei. Ma una cosa era
minacciare, un'altra era agire, e in quella circostanza agire
equivaleva a dire uccidere l'uomo che amava. Una cosa che Ayame non
concepiva e che Afrodite non avrebbe provato piacere a fare, ma per il
bene di tutta la Terra era necessario. Hyoga però non
sembrava
minimamente preoccupato dalle sue intenzioni bellicose. Teneva sempre
in mano Susie e la guardava con occhi inespressivi e spenti, come se
vederla non provocasse niente dentro di lui. Si sorprese quando
realizzò che quella freddezza la turbava e le procurava
dispiacere. Come poteva proprio lei, la più bella e la
più amata delle dee, soffrire nel sentirsi in qualche modo
rifiutata. Perché era proprio sofferenza quella che stava
provando, mentre fissava quegli occhi di ghiaccio che mai erano stati
così freddi in sua presenza. Sebbene lo avesse trattato male
le
ultime volte che si erano visti,
in lui era sempre riuscita a scorgere un po' d'amore nei confronti di
Ayame, un amore che aveva tutte le sembianze di una devozione, qualcosa
che aveva sempre pensato fosse inconcepibile per quegli uomini che
più che altro ricercavano il piacere che l'amore
può
dare. Ma Hyoga era diverso, amava profondamente Ayame, di un amore che
lei stessa non riusciva a comprendere e che in qualche modo l'aveva
turbata e indotta a farla pensare. E più pensava
più i
ricordi di Ayame prendevano piede, diventavano parte di lei, la
sommergevano. Si era scoperta infine a provare qualcosa per quel
giovane ardito che l'aveva costretta a scendere dall'Olimpo e che
all'inizio aveva visto più come un intralcio ai suoi piani
di
riparazione.
Ma vederlo così inespressivo e duro era una pugnalata al
cuore
che persino lei, che era dea, aveva difficoltà a sopportare.
"Chi è che parla, tu o la dea che alberga in te?" disse
Hyoga
dopo attimi che le sembrarono ore, ma con un tono distaccato che la
turbò ulteriormente. Dovette far ricorso a tutto il suo
orgoglio
di divinità per non cedere a quei sentimenti a lei
così
sconosciuti.
"Non esistono nè l'una nè l'altra, siamo un'unica
persona, un'unica identità, votata a perseguire un
obiettivo. E
tu sei solo un ostacolo sul mio cammino"
"Eppure non mi hai ancora attaccato"
Afrodite restò spiazzata, ma tornò subito in
sè.
"Non sono tipo da attaccare di sorpresa, non sarebbe leale"
"Già, la lealtà...come quella che stai
dimostrando ad Efesto, giusto? Anche lui sta facendo la stessa cosa?"
Non riuscì a rispondere prontamente e iniziò a
dare i primi segni di tentennamento.
"Non rispondi. Allora lo farò io per te. No. Efesto sta solo
usando la tua devozione per i suoi scopi. Vuole farti credere che sia
solo una prova, che le uniche vittime saremo noi Cavalieri di Atena ma
non è vero. Dopo di noi verranno tutti quelli che oseranno
intralciarlo, fino all'ultimo bambino di questo mondo. E tu sarai la
sua carnefice. E' questo che vuoi, Ayame?"
L'animo della ragazza si ridestò a sentire il suo nome.
Spalancò gli occhi e tentò di parlare, ma le
parole non
arrivarono, sopraffatte dal senso di colpa che, più
riprendeva
coscienza di sè, più le attanagliava il cuore. Si
rimproverò per aver ceduto, per essere rimasta succube di
una
volontà che non era la sua. Ma nella sua testa Afrodite
continuava a ripeterle che era la cosa giusta, che non c'era altro modo.
"Non c'è altro modo..." riuscì a sussurrare
mentre abbassava lo sguardo.
"C'è sempre un altro modo" rispose Hyoga con un tono che non
era
più ostile "Le tue Sacerdotesse lo hanno capito,
perchè
tu ti ostini a non voler vedere la realtà delle cose? Non
siamo
noi i nemici, ma Efesto. Ci ha messi gli uni contro gli altri per
convenienza, perchè sapeva che Atena gli avrebbe impedito di
raggiungere il suo scopo. Chi ti dice che, quando non gli servirai
più, non farà la stessa cosa con te?"
Ayame tornò a guardarlo. Si era avvicinato di qualche passo,
la
bambola sempre in mano e uno sguardo compassionevole sul volto. Fosse
stato per lei avrebbe ceduto, ma Afrodite continuava ad opporsi.
"Me se mi schierassi contro di lui, le conseguenze sarebbero tragiche"
ribattè con nuovo vigore "E ci andrebbe di mezzo l'intera
umanità. Se invece lo assecondo, una volta terminata questa
lotta mi assumerò io la responsabilità di
proteggere gli
uomini, in nome dell'affetto che mi lega ad Atena"
"Sei così sicura che Efesto asseconderà le tue
richieste?
Che ti lascerà il potere sull'umanità? Non
potrebbe
volerlo per sè?"
Era una possibilità che aveva sempre escluso a priori. Il
motivo
della venuta di Efesto era uno e uno solo: avere la sua rivalsa su di
lei, vendicarsi dei torti e dei tradimenti subiti.
"No" rispose fermamente "Efesto vuole solo umiliarmi per tutte le volte
che l'ho tradito. Ma in fondo mi vuole bene, come potrebbe non
volermente?"
"Afrodite, quanto ti sopravvaluti!" rise amaramente Hyoga
"Sì,
è vero, sei la dea della bellezza e dell'amore. Ma quello
innamorato e respinto è Josuke e non Efesto. Ha approfittato
della delusione del ragazzo per i suoi scopi, ma non è
l'amore
che lo guida"
"Efesto è innamorato di me, non c'è nient'altro
che lo muove!" urlò Afrodite.
"Io sono innamorato di te, Ayame! Io sono qui a cercare di farti
ragionare!" rispose con lo stesso tono Hyoga, poi cercò
subito
dopo di calmarsi e, per dimostrare la veridicità delle sue
parole, si liberò dell'armatura "Io non voglio ingannarti"
Ad Ayame mancò il respiro, come anche ad Afrodite. Gli occhi
di
Hyoga si erano nuovamente riaccesi a quell'aperta dichiarazione, la
guardavano con amore, come avevano sempre fatto. Un amore che, in tutta
la sua eterna vita di dea, mai aveva visto negli occhi di qualcuno.
La amava. Nonostante tutto quello che gli aveva detto e fatto, la amava
ancora. Nonostante fosse in parte dea, le era ancora devoto. E lei
anche lo amava, non aveva mai smesso di amarlo. Ma Afrodite? Poteva la
dea dell'amore ricambiare quel sentimento tanto umano quanto divino? Il
fatto era che nemmeno lei aveva mai visto una cosa del genere, un amore
talmente incondizionato da riuscire a sopportare tutto quanto. Era
qualcosa a cui nemmeno lei sapeva di poter resistere.
Lentamente, la nebbia che aleggiava nella mente di Ayame
andò
dissolvendosi. Quel senso di completezza che le pesava sul cuore
divenne leggero come una piuma. Il calore della dea le pervase il
corpo, la riempì di energia. Divennero una cosa sola. I
poteri e
l'esperienza della dea, l'animo e la coscienza della ragazza.
Hyoga assistette alla sua trasformazione, meravigliato e allo stesso
tempo spaventato dal fatto di aver in qualche modo risvegliato qualcosa
di grosso. Alla fine di tutto però vide il corpo di Ayame
emanare un'aura argentea, uguale a quella che l'attorniava quel giorno
di primavera di tanti anni prima e lo interpretò come un
segno
positivo. Una nuova luce brillava nei suoi occhi verdi, che tornarono a
concentrarsi su di lui e in breve si riempirono di lacrime. Le vesti
greche si dissolsero, lo scettrò cadde sulla sabbia per poi
scomparire anche lui.
"Ayame" si azzardò a dire con un fil di voce, allargando
leggermente le braccia.
"Hyoga" rispose lei con la voce spezzata dal pianto, prima di gettarsi
fra le sue braccia piangendo come una bambina. Il ragazzo la strinse
forte carezzandole i setosi capelli biondi. Anche i suoi occhi
divennero lucidi per le lacrime, dovute alla gioia di essere riuscito
nell'intento che si era prefisso, ma soprattutto di aver ritrovato la
ragazza che aveva conosciuto qualche giorno prima e che aveva scoperto
di amare da tempo immemore, dea o non dea. La strinse ancora di
più a sè e le baciò la testa,
inebriandosi del
profumo dei suoi capelli mischiato a quello salino del mare i cui
schizzi li raggiungevano sempre più numerosi.
"Ti amo, Ayame" sussurrò "Sei sempre stata la più
bella per me, l'unica vera dea dell'amore"
I singhiozzi di lei aumentarono e le sue mani strinsero ancora di
più la canotta blu del ragazzo. Hyoga sorrise intenerito da
quel
pianto e le scostò i capelli che le coprivano il viso,
alzandoglielo poi leggermente con due dita sotto il mento. Ayame
aprì gli occhi, arrossati dal pianto ma forse più
luminosi di prima.
"Spero sia un pianto di gioia" rise lui, ancora commosso "Ti scongiuro,
non contraddirmi"
La ragazza sorrise e scosse la testa vigorosamente "Non potrebbe essere
diversamente. Ti amo anche io"
Con le braccia gli circondò il collo e lo baciò
con
dolcezza, riversando in quel lieve tocco tutto l'amore che gli aveva
poc'anzi dichiarato. Sentì il Cavaliere fare lo stesso, e
poco
dopo sentì le sue labbra bagnarsi di lacrime salate, che
sgorgavano copiose dagli occhi chiusi di Hyoga. Si staccò
leggermente e, poggiando una mano sulla sua guancia,
gliel'asciugò col pollice.
"Stai piangendo" gli disse teneramente.
"Come potrebbe essere altrimenti! Temevo di averti persa per sempre"
"Anche io avevo paura di essermi persa, ma grazie a te ho ritrovato la
via...e non solo io" rise alla fine.
Improvvisamente, però, Hyoga si irrigidì e il suo
sguardo
divenne serio e preoccupato. La strinse con più forza a
sè.
"Hyoga..." iniziò, ma lui le posò due dita sulle
labbra in cenno di fare silenzio.
"C'è qualcuno"
Con gli occhi iniziò a scrutare tutto attorno e il suo cosmo
si
accese. Ayame provò a fare lo stesso, ma non successe
niente.
Riprovò di nuovo, invano. Hyoga interruppe i suoi tentativi
spingendola improvvisamente dietro di sè; l'armatura
tornò a ricoprirlo in un batter d'occhio e il suo cosmo
divenne
più potente. Una risata divertira riecheggiò
nell'aria e,
da dietro le spalle del Cavaliere, Ayame scorse un Ciclope
dall'armatura rossa uscire da dietro un ammasso di scogli, quello
stesso Ciclope che le aveva fatto visita il giorno prima insieme ad
Efesto e che somigliava a Galatea. Emanava un cosmo potente e malvagio,
come il suo sguardo, piantato su Hyoga quasi volesse perforarlo.
"Che scena patetica!" commentò sempre con lo stesso ghigno
sul
volto "E' stata una cosa talmente sdolcinata da far venire il
voltastomaco"
"Chi sei e cosa vuoi da noi?" domandò combattivo Hyoga,
coprendo
ancora di più Ayame, i cui tentativi di accendere il proprio
cosmo continuavano ad andare a vuoto.
"Sono Palemone della Lava, Ciclope di Efesto, e tu e la tua donzella
siete le mie prede per il signore del fuoco"
"Questo è tutto da vedere!"
Hyoga si mise in posizione d'attacco, subito imitato da Palemone.
Sentì la mano leggera e tremante di Ayame poggiarsi sulla
sua
schiena.
"Non riesco ad accendere il mio cosmo" gli sussurrò
terrorizzata.
"Cosa?" rispose lui, cercando di non darlo a vedere al suo avversario.
"Io e Afrodite siamo diventate una cosa sola, ma ora non riesco
più a sfruttarne i poteri"
"Maledizione! Resta dietro di me"
"Problemi, Cavaliere?" domandò il Ciclope sarcastico.
"Al momento l'unico mio problema sei tu, fiammiferino"
"Fossi in te farei poco il sarcastico, vista la tua condizione di
inferiorità"
"E secondo te perchè sarei in inferiorità?"
"Perchè sono il Ciclope più potente delle schiere
di Efesto"
"Vola basso, fratello!" intimò una voce nuova, proveniente
dalla
passeggiata in alto. I due sfidanti e Ayame alzarono lo sguardo per
vedere la giovane Galatea, vestita della sua armatura, guardare con
occhi infuocati il Ciclope. Hyoga e Ayame rimasero sorpresi dalla
rivelazione, ma preferirono indagare in un altro momento. La
Sacerdotessa continuò "Devo forse ricordarti l'esito del tuo
scontro contro il Cavaliere del Dragone?"
"Non ti intromettere, Galatea!" urlò Palemone senza nemmeno
degnarla di uno sguardo, e contemporaneamente un liquido infuocato
circondò la ragazza, per poi solidificarsi intorno a lei
imprigionandola.
"No! Galatea!" gridò Ayame avanzando, ma Hyoga la
fermò
con un braccio e le fece cenno col capo di guardare. Shun e Seiya
avevano affiancato la Sacerdotessa, mentre Talia ed Eufrosine si erano
appostate sugli scogli dietro al Ciclope. Questi però non
sembrava minimamente preoccupato e l'espressione ghignante rimase
invariata. Nuovi zampilli di lava fuoriuscirono dal terreno sotto di
loro, ma solo Shun e Talia furono in grado di scampare alla prigione di
lava solidificata.
"Potete arrivare anche in cinquecento! Creerei altrettante Prigioni di
Lava e vi ci farei soffocare dentro!"
"Ti sopravvaluti, Ciclope!" lo ammonì Talia, prima di
imboccare
il flauto e intonare il suo Canto del Passero. Dallo strumento
scaturì una piacevole melodia, ma alle orecchie di Palemone
arrivò un suono stridulo e perforante che lo costrinse a
tapparsi le orecchie e cadere in ginocchio per sottrarsi a quella
tortura.
"Hyoga!" chiamò a gran voce Shun "La simbiosi tra Afrodite e
Ayame non è ancora completa e al momento è una
ragazza
normale senza alcun potere. Pensiamo noi a Palemone, tu portala in
salvo!"
Il Cavaliere annuì per poi voltarsi verso la ragazza a
braccia tese "Vienimi in braccio, andremo più veloci"
Ayame si aggrappò al suo collo senza esitare e Hyoga la
prese
sotto le gambe, quasi pesasse quanto una piuma. Spiccò poi
un
salto e atterrò sulla passeggiata, poi un altro fin sopra un
tetto, fino a sparire all'orizzonte nuvoloso.
Ciao a tutti!
Siamo giunti finalmente al punto da cui è nata tutta questa
storia. Per esigenze di copione è venuto un po' diverso
dalla
one-shot, soprattutto negli scambi di battute, ma spero comunque di
averne mantenuto lo spirito =) vi anticipo che il prossimo capitolo vi
ricorderà sicuramente qualcosa ^^
Ora i ringraziamenti di rito:
-ti con zero: non preoccuparti, tanto la fic non scappa ^^ grazie
mille, sono contenta ti sia piaciuto, spero di non aver deluso le te
aspettative con questo pezzo...alla prossima baci!
-roxrox: mi è dispiaciuto spezzare il cuore alla povera
Erii, ma le solite esigenze di copione lo hanno richiesto (in
realtà mi è sempre stata sull'anima, insieme a
quell'altra, Flare)...e finalmente Ayame si ripiglia!! Spero ti sia
piaciuto il pezzo, grazie e baci!
-Krisalia Kinomiya: hai visto che alla fine si sono messe d'accordo? ^^
solo che i problemi sono appena cominciati...grazie, spero ti sia
piaciuto questo cap!
-kikka_hiwatari: il nostro Hyoga non fallisce mai ^^ grazie per la
recensione, dimmi che ne pensi di questo capitolo! Baci!
Grazie poi, come sempre, a chi ha preferito questa storia e a chi l'ha
solo letta!
A presto, baci!
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Capitolo 18 *** In fuga ***
A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea
dell'Amore")
Capitolo 17 - In fuga
Ben presto i tetti scomparvero sotto i piedi di Hyoga per lasciare il
posto a strade sterrate, sentieri, rami d'albero e, infine, alla nuda
roccia delle brulle montagne che sovrastavano la città. Solo
allora il Cavaliere decise di concedersi un po' di riposo. Aveva corso
ininterrottamente per non avrebbe saputo dire quanto, sempre con Ayame
in braccio, stretta a lui fiduciosa. Era stata una corsa silenziosa, il
fiato era troppo prezioso per poter essere sprecato in inutili
chiacchiere, anche se di cose ce n'erano da dire. Nonostante fossero
braccati, infatti, la felicità nel cuore di Hyoga era
tangibile
e avrebbe voluto gridarla al mondo intero, prima fra tutte ad Ayame. Al
contrario, la fanciulla sentiva un grandissimo senso di colpa pesarle
sul cuore, per aver messo tutti i suoi amici in quella situazione
pericolosa, per non aver capito le vere intenzioni di Josuke e per aver
assecondato Efesto nel suo piano di conquista, pensando di essere nel
giusto, ma soprattutto per aver fatto soffrire Hyoga inutilmente. Le
riusciva difficile guardarlo negli occhi senza provare vergogna,
nonostante non avessero mai smesso di amarsi, e ancora più
complicato le risultava dirgli qualcosa.
Il Cavaliere la fece scendere a terra e si appoggiò alla
parete
rocciosa per riprendere fiato, sempre coi sensi all'erta. Ayame invece
si discostò da lui con lo sguardo basso.
"Non percepisco nessun cosmo nemico" disse Hyoga una volta calmato il
respiro "Per il momento dovremmo essere al sicuro"
Si voltò nella direzione della ragazza e si
preoccupò nel
vederla così cupa in volto mentre si tormentava le mani.
Abbandonò l'appoggio della roccia per andare verso di lei e
prenderle delicatamente una mano.
"Ayame, tutto bene?"
Lei alzò gli occhi incrociando per un attimo i suoi
azzurrissimi, ma subito abbassò lo sguardo pensando a
qualcosa
da dire.
"Niente, sono solo...preoccupata perchè i Ciclopi ci stanno
alle
calcagna...tutto qui" si sforzò di sorridere per risultare
più credibile agli occhi di Hyoga, che però non
fu del
tutto convinto della sua risposta, anche se preferì non
indagare
oltre. Tornò a scrutare il territorio intorno a loro. Era
una
zona arida, povera di vegetazione salvo qualche rado arbusto e muschi e
licheni sulle rocce. Il sentiero su cui si trovavano era costeggiato a
destra da una ripida parete rocciosa e a sinistra da una distesa di
massi probabilmente caduti a seguito di una frana. Il cielo plumbeo si
apriva poi sopra le loro teste e un vento portatore di tempesta
soffiava incessantemente, avvertendoli dell'imminente arrivo della
pioggia.
Ayame si strinse nelle braccia cercando di scaldare le braccia
scoperte. Hyoga se ne accorse e la abbracciò, accendendo il
cosmo quel tanto che bastava a scaldarla un po'. La ragazza non
riuscì a non bearsi di quel calore e di quel contatto.
"Credo sia meglio trovare un riparo" riprese Hyoga "Tra poco
verrà a piovere e tu stai congelando. Inoltre qui siamo
ancora
troppo allo scoperto"
La scostò di poco da lui e le prese il mento per
costringerla a
guardarlo "Te la senti di camminare un po'?" fece cenno ai suoi piedi
completamente scalzi.
Lei annuì seria e gli diede la mano, facendolo procedere
davanti
a lei. Seguirono il sentiero per circa mezz'ora, finchè
Ayame
non resistette più alle piaghe che ke si erano aperte sotto
i
piedi e fu costretta a fermarsi. Alcune avevano anche preso a
sanguinare.
"Non puoi continuare in queste condizioni. Vieni, ti porto io" si
offrì il Cavaliere porgendole le braccia.
"Ma così ti rallenterò la marcia...e poi mi hai
già portato in braccio per molto tempo, non voglio pesarti
in
altro modo" protestò lei.
Hyoga sospirò e sorrise, quindi la prese di peso cogliendola
alla sprovvista.
"Non dire mai più una cosa del genere, chiaro?" le
sussurrò a pochi centimetri dal volto "Sono un Cavaliere e
per
te sono disposto a dare la vita, perciò niente storie"
Ayame rimase colpita dalle sue parole e, non sapendo come ribattere, si
limitò ad annuire. Ripresero il cammino e Ayame
notò con
sorpresa che il dolore col tempo si affievoliva e le piaghe si
riemarginavano perfettamente. Lo prese come un chiaro segno che il
potere di Afrodite non l'aveva abbandonata ma era ancora in lei,
sopito. Passarono ancora parecchi minuti prima che una rientranza nella
parete rocciosa apparisse davanti ai loro occhi. Non poteva definirsi
una caverna, la sua profondità era minima, ma bastava
comunque
per offrire un riparo ai due fuggiaschi. Vi si rifugiarono appena in
tempo per evitare la pioggia, che in pochi secondi prese a scendere
copiosa. I due rimasero ad osservarla dal loro nascondiglio, in
silenzio. Non passò molto che un altro rumore oltre allo
scrosciare della pioggia giunse alle orecchie del Cavaliere. Hyoga si
voltò, perchè era da dietro di lui che proveniva
quel
rumore, un singhiozzare sommesso di chi ha raggiunto il limite e non
può più trattenere il pianto. Tipico di Ayame,
tenersi
tutto dentro fino ad esplodere. La guardò teneramente e si
avvicinò a lei, che non appena lo sentì vicino si
gettò tra le sue braccia dando libero sfogo al suo pianto.
"Mi dispiace...per tutto..." riuscì a dire tra i singhiozzi
"E'
tutta colpa mia...non merito il vostro aiuto...non merito niente..."
"Non dire così" la consolò Hyoga, come quel
giorno al
porto, carezzandole la testa "Hai agito pensando di fare del bene,
è stato Josuke ad ingannarti e ad approfittare di te. Non
darti
colpe che non sono tue"
"Io volevo solo salvarti" rispose lei, che nel frattempo si era calmata
"Volevo tenerti lontano dall'ira di Efesto, al sicuro"
"Lo so, Ayame"
La fanciulla sollevò lo sguardo e incontrò il
volto
sorridente del Cavaliere, nei cui occhi di ghiaccio vedeva rifulgere
tutto il suo amore per lei. Bastò questo a farle tornare il
sorriso e ad alleggerirle il cuore. Gli gettò le braccia al
collo affondando il viso nei suoi capelli biondi e lo sentì
stringerla forte in vita fino a sollevarla da terra. Dopo pochi
secondi, però, sentì Hyoga irrigidirsi e lasciare
la
presa, posandola dolcemente a terra, lo sguardo concentrato rivolto
verso l'uscita. Anche Ayame provò a concentrarsi e, con
piacevole sorpresa, riuscì a percepire un presenza
avvicinarsi, anche se non avrebbe saputo riconoscerla.
"Sta arrivando?" domandò a Hyoga in apprensione.
Lui annuì col capo, continuando a fissare l'esterno, dove la
pioggia non aveva cessato di cadere.
"Se restiamo qui facciamo la fine del topo. Dobbiamo uscire sotto la
pioggia, ci rallenterà ma probabilmente farà la
stessa
cosa con lui"
"Va bene, andiamo"
Hyoga la prese per mano e insieme uscirono dalla caverna, in balia
dell'acqua e del vento, riprendendo il sentiero lasciato poco prima.
Sbucarono ben presto in un crepaccio, alla loro destra sempre la parete
di roccia, alla loro sinistra un burrone senza fondo. Il vento prese a
soffiare più forte, costringendo i due ragazzi a restare
molto
vicini alla parete rocciosa per evitare di cadere giù. Il
leggero vestito di Ayame si era inzuppato in un batter d'occhio,
appiccicandosi al suo corpo come una seconda pelle che, invece du
scaldarla, aiutava il freddo ad entrarle nelle ossa.
Continuarono a procedere rasenti alla montagna per parecchi minuti fino
a quando non apparve davanti a loro la fine del crepaccio, in
corrispondenza del punto d'unione tra i due picchi. Ayame si permise di
tirare un sospiro di sollievo troppo azzardato, perchè non
appena mossero il primo passo verso la meta un'esplosione
riecheggiò nell'aria e una frana cadde dalla parete di
roccia,
ostruendo il sentiero. Hyoga si gettò immediatamente sulla
ragazza per proteggerla col suo corpo dai massi. Una volta finita la
frana una voce crudelmente diverità coprì l'ormai
onnipresente rumore della pioggia.
"Ah ah ah! Ops, volevate forse andare da quella parte?" li prese in
giro Palemone, scrutandoli dall'alto di una sporgenza sopra le loro
teste.
Entrambi i ragazzi sollevarono lo sguardo e incontrarono la smorfia
compiaciuta del Ciclope, apparentemente incolume e il cui cosmo
rifulgeva più del solito.
"Non sembrate felici di vedermi" continuò "E pensare che mi
sono
dato così tanto da fare per mettere fuori gioco i vostri
compagni il prima possibile...che delusione!"
"Che cosa vuoi?" domandò sprezzante Hyoga, portando Ayame
dietro di lui.
"Oh due cosucce da niente: uccidere te e prendere lei"
"Spiacente, non posso accontentarti in entrambi i casi"
Senza esitare Hyoga scagliò contro Palemone la Polvere di
Diamanti, ma il Ciclope la schivò con un salto che lo fece
atterrare sul sentiero a poca distanza da loro.
"Cavaliere, come puoi pensare di sconfiggermi con colpi così
deboli?!? Sono molto più potente di te, perciò
forse
conviene che ti arrendi e mi lasci fare il mio dovere"
"Tendi sempre a sopravvalutarti, Ciclope, e mi spiace informarti che il
tuo dovere è in netto contrasto col mio"
"Come vuoi"
Palemone lanciò la sua Esplosione Vulcanica in contemporanea
con la Polvere di Diamanti di Hyoga. I due colpi si incontrarono
esattamente a metà strada e nessuno dei due cedeva il passo
all'altro, erano di uguale potenza. Ayame osservava la scena da dietro
le spalle del Cavaliere, pensando ad un modo per aiutarlo.
Notò
poi che la pioggia intorno a Hyoga si solidificava in piccole gocce
ghiacciate ed ebbe un'idea.
"Hyoga, la pioggia!" gli disse e il ragazzo afferrò al volo
il
suggerimento aumentando il suo cosmo fino al limite. Riuscì
così a congelare le gocce di pioggia e a convogliarle
attorno al
suo colpo, che fu così in grado di sopraffare quello di
Palemone
e di colpire il Ciclope, che cadde a terra col braccio destro congelato.
In breve fu però di nuovo in piedi e accendendo il suo cosmo
infuocato scongelò il braccio.
"Sei furbo, ma sei anche stremato" constatò Palemone notando
il fiato corto del ragazzo "Sarà ancora più
facile eliminarti ora. Ma prima mi prenderò la tua bella"
Ad Hyoga bastò decifrare l'espressione sul volto del Ciclope
per capirne le intenzioni e spingere via Ayame prima che la Prigione di
Lava la intrappolasse. Palemone ne creò velocemente un'altra
dietro di lei, che fu rapida a scansarsi. La sua mano sinistra rimase
però imprigionata nella colonna di lava solida.
"No, Ayame!"
"E ora tu, Cavaliere!" urlò Palemone lanciando nuovamente
l'Esplosione Vulcanica contro Hyoga.
"Hyoga, attento!" urlò lei e istintivamente lo prese per un
braccio con la mano libera togliendolo dalla traiettoria del colpo, che
andò a distruggere la colonna di lava che teneva Ayame
bloccata. Si trovarono però entrambi sbilanciati oltre il
ciglio del burrone, senza nessun appiglio a cui aggrapparsi. Ayame vide
il volto contratto dalla rabbia di Palemone allontanarsi velocemente e
poi sparire dal suo campo visivo. Non riuscì nemmeno ad
urlare in quei pochi secondi di volo che a lei parvero interminabili,
si sentì completamente estraniata dal suo corpo in caduta
libera, finchè uno strattone al braccio non la
risvegliò e si ritrovò con la guancia contro il
pettorale bagnato dell'armatura del Cigno. Subito dopo il calore del
cosmo di Hyoga la circondò. Ci fu un fruscio e il loro volo
si arrestò d'improvviso, ma Ayame aspettò ancora
qualche istante prima di aprire gli occhi. I suoi piedi non toccavano
il terreno ma erano sospesi nel vuoto, così come quelli di
Hyoga, che la stringeva forte a sè. Alzò il capo
e vide che l'armatura del Cigno era ora dotata di un paio d'ali bianche
che tenevano lei e il Cavaliere a mezz'aria.
"Un piccolo gadget creato dal sangue di Atena" ironizzò
Hyoga in risposta allo sguardo meravigliato di Ayame. Lo sforzo lo
aveva però privato di molte energie e la ragazza lo vide
sudare e col fiato corto.
"Per quante volte ancora mi salverai la vita?"
"Finchè ce ne sarà bisogno"
"Ma tu sei un Cavaliere di Atena, non di Afrodite"
"E' vero, ma sono devoto a te più che alla mia dea e in modo
completamente diverso"
"Oh Hyoga" sussurrò lei sulle labbra del Cavaliere, prima
che un urlo disumano squarciasse il cielo più proromente di
un tuono.
"ESPLOSIONE VULCANICA!!!"
Nonostante avesse gli occhi socchiusi Ayame notò benissimo
le innumerevoli sfere di fuoco che provenivano nella loro direzione.
Troppe per poterle evitare tutte, tanto meno pararle.
"Hyoga!"
Il Cavaliere voltò leggermente il capo verso la cima del
burrone, per poi rivoltarsi e coprire Ayame con tutto il suo corpo.
"Hyoga, no!" provò a dire lei, ma il colpo li raggiunge
prima che potesse fare qualcosa, prendendo il Cavaliere in piena
schiena e mozzandogli il fiato. Le ali sulla sua schiena scomparvero e
la loro caduta riprese più veloce di prima. Questa volte
però Ayame riuscì a restare lucida e vide con
largo anticipo la sporgenza contro cui sarebbero sicuramente andati a
schiantarsi se non avesse avuto la prontezza di spingere via il corpo
svenuto di Hyoga in modo da passare ai lati. Superato l'ostacolo lo
riafferrò per un braccio e chiuse gli occhi, in attesa della
fine di quella interminabile caduta.
Ciao a tutti!
Come sicuramente avrete notato, questo cap e il prossimo prendono
spunto dalla puntata della prima serie in cui Saori e Seiya sono alle
prese con Shaina e Damian del Corvo...però mi era talmente
piaciuta quella parte che non ho resistito a scriverne a una versione
Ayame-Hyoga ^^ perdonate la scopiazzatura quindi, ma concedetemelo come
piccolo sfizio =)
Ora i ringraziamenti di rito:
-Krisalia Kinomiya: ahahah, grazie per il tuo divertentissimo commento
cara! Vedrai che presto o tardi Palemone avrà una bella
lezione ;)
-roxrox: grazie mille cara, sto cercando di mantenermi fedele ai
personaggi per quanto mi sia possibile, sono contenta che almeno con
quello principale ci stia riuscendo :) a presto baci!
-ti con zero: ho fatto più in fretta che ho potuto ;) grazie
mille! Sono io ora a commuovermi per tutti i vostri complimenti :')
-kikka_hiwatari: grazie, eccoti qua il seguito, non molto original,
però spero ti piaccia lo stesso :) a presto baci!
Grazie poi, come sempre, a chi ha preferito questa storia, a chi la
segue e a chi l'ha solo letta!
A presto, baci!
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Capitolo 19 *** La potenza di un dio ***
A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea
dell'Amore")
Capitolo 18 - La potenza di un
dio
Il cielo aveva dato sfogo alla propria rabbia, riversando ogni singola
goccia di pioggia sulla quella Terra che forse troppo presto aveva
sperato nelle soleggiate giornate primaverili. Ma il tempo per la
rabbia era finito, toccava al sole riscaldare ed asciugare le creature
terrestri vittime dell'acquazzone. Esso risplendeva più
vivido che mai nel cielo, libero dalle nuvole grigie che lo coprivano
dal primo mattino. I suoi raggi arrivavano a baciare ogni singolo
granello di terra, dando ad ogni cosa un colore brillante e quasi
innaturale. Piccoli arcobaleni spuntavano poi dalle gocce di pioggia
che non ne volevano sapere di abbandonare le foglie e i fili d'erba su
cui si erano adagiate. Una di esse si era posata su un'anonima
fogliolina verde, troppo piccola per reggere il suo peso ancora a
lungo. Ogni secondo che passava la sfera trasparente si spostava di
qualche millimetro lungo il solco centrare della foglia,
finchè questa non si inclinò lasciandola cadere
sul viso candido di una fanciulla addormentata ai piedi della montagna.
Ayame si ridestò al tocco gentilee fresco della piccola
goccia, e subito si ritrovò abbagliata dai raggi del sole
che la colpivano in pieno volto, scaldandola. Il vestito era ancora
bagnato e freddo, ma ora poteva sopportarlo. Aprì lentamente
gli occhi e cercò di mettere a fuoco il paesaggio attorno a
lei. Un immenso prato verde si estendeva tutt'intorno a lei. Qua e la
fiori multicolori spezzavano la distesa verde creando piccoli gruppi
arcobaleno. Sembrava un piccolo paradiso terrestre, dove la pioggia non
aveva portato alcun danno, anzi pareva aver rinvigorito la
vivacità dei colori dei fiori. Il cuore di Ayame non
potè non emozionarsi di fronte ad un simile spettacolo, e si
chiese come fosse giunta fino a lì. La risposta
arrivò più rapida e dolorosa del previsto e la
costrinse ad alzare lo sguardo. Sopra di lei la montagna si ergeva
imponente e impietosa fin dove i suoi occhi potevano vedere.
Riuscì a scorgere con difficoltà la sporgenza
contro cui avevano rischiato di schiantarsi lei e Hyoga. Al pensiero
del Cavaliere riportò l'attenzione al prato in cui entrambi
erano presumibilmente atterrati, ma da seduta non riuscì a
scorgere nulla. Una volta in piedi potè apprezzare meglio lo
splendore di quel prato, ma solo per pochi istanti prima di
concentrarsi per trovare Hyoga. Un luccichio alla sua destra
l'aiutò a trovarlo. I raggi del sole colpivano in pieno
l'armatura del Cigno facendola rifulgere come se fosse di nuova
fattura. In parte sollevata, Ayame corse nella sua direzione e in breve
fu al suo capezzale.
Il Cavaliere era riverso a terra prono, con lo schienale dell'armatura
completamente bruciato e una grossa ustione sulla schiena, dove la
corazza non arrivava. Anche se impercettibilmente, però,
respirava ancora, seppur a fatica e non sembrava avere altre ferite,
nonostante la caduta. Ayame ringraziò tutti gli dei per quel
miracolo e iniziò a guardarsi attorno pensando a come
portare Hyoga in salvo, ma nessuna idea le venne in mente. Era sola, in
un posto che non conosceva e apparentemente senza vie d'uscita, con un
grande potere sopito dentro di lei e quindi inutilizzabile.
Sbattè un pugno a terra per sfogare la rabbia che
quell'ultima constatazione portò con sè.
"Oh, come siamo furiose!" commentò una voce ormai ben
conosciuta. Ayame si voltò per incontrare nuovamente gli
occhi infuocati di Palemone, che sghignazzava sotto i baffi.
"Sai, è sorprendente vederti ancora in piedi e incolume"
continuò il Ciclope avanzando "nonostante la caduta e il
piccolo sfogo che mi sono concesso appena siete spariti oltre il ciglio
del burrone"
"Già, proprio un capriccio" ribattè sprezzante
Ayame, serrando i pugni dalla rabbia che la vista del Ciclope
inspiegabilmente le procurava. Non era mai successo le altre volte e
doveva ammettere che era una sensazione strana ma.
"Comunque, sono qui per terminare il mio lavoro, perciò se
gentilmente ti spostassi potrei porre fine alle sofferenze di quel
poveretto e portarti dal mio signore"
Sempre più in collera Ayame si alzò in piedi e si
posizionò a difesa di Hyoga.
"Toccalo anche solo con un dito e puoi considerarti morto"
"Come siamo intraprendenti e combattive, Afrodite! E, per
curiosità, come pensi di farmi fuori?"
La ragazza serrò le labbra, non sapendo come ribattere
all'obiezione e suscitando una risata ilare in Palemone.
"Parole al vento, le tue! Il potere della dea ti ha abbandonata, sei
solo un semplice essere umano"
"Io sono la reincarnazione di Afrodite e non osare mai più
metterlo in dubbio!"
"No, tu sei solo fortunata ad essere ancora viva!"
Palemone le scagliò contro l'Esplosione Vulcanica mettendoci
tutta la sua rabbia dentro, ma il colpo svanì a pochi
centimetri dal csmo di Ayame, inghiottito da un raggio di luce
argentata.
"Ma cosa...?"
Il corpo della ragazza era interamente circondato dall'aura argentea,
la cui potenza colpì con forza la mente del Ciclope che
riconobe il quell'aura un cosmo di dimensioni enormi, di fronte al
quale il suo era infima cosa. Rimase paralizzato di fronte a tanta
potenza.
Anche Ayame non si muoveva. Il simbolo sulla spalla riluceva ai raggi
del sole, sentiva un grande potere scorrerle nelle vene, vedeva un
ricordo vivido nella mente: lei che sprigionava quello stesso potente
cosmo mentre cadeva abbracciata a Hyoga e frenava così la
caduta di entrambi, per poi rotolare lontano dal Cavaliere sfinita per
lo sforzo. Era la prova che stava aspettando. Alzò gli occhi
su Palemone.
"Ora vedrai chi è realmente Afrodite"
Espanse ulteriormente il suo cosmo, producendo un'onda d'urto che
agitò l'erba e i fiori intorno a lei e scagliò
Palemone lontano. Quando si rialzò il Ciclope non si
trovò più di fronte ad una fanciulla indifesa, ma
ad una donna in abito greco dai riflessi d'argento, con un bastone a
doppia falce in mano e uno sguardo combattivo negli occhi.
Ciò che di più vicino ad una dea poteva esserci.
Provò un timore reverenziale nei suoi confronti, subito
sostituito dalla sete di gloria alla prospettiva di sconfiggere una
divintà neonata e potente come Afrodite. Dopotutto ci era
riuscito quel buffone di un Cavaliere di Atena, lui non poteva essere
da meno.
"Dea Afrodite" ghignò in direzione di Ayame.
In risposta lo sguardo della ragazza si fece più truce e la
stretta sull'arma più salda. L'Esplosione Vulcanica non
tardò ad arrivare. Ayame lo vide avvicinarsi ad una lentezza
sorprendente e innaturale e la bastò spostarsi di pochi
centimetri per schivare il colpo. Possedeva un potere spaventoso. Dopo
pochi secondi un muro di lava le si parò davanti e si
solidificò attorno a lei, ma le bastò un minimo
di concentrazione in più per mandarlo in frantumi.
"La tua arroganza è fastidiosa, Palemone" disse
rivoltà al Ciclope.
"Sarò anche arrogante, ma sono pur sempre l'uomo che ti
sconfiggerà, dea o umana che sia"
Un'altra Esplosione Vulcanica. Questa volta Ayame non la
schivò, ma lasciò che rimbalzasse sul suo cosmo
per tornare indietro più veloce di prima e colpire il
Ciclope in pieno petto. Palemone cadde a terra e in un lampo Ayame gli
fu addosso, la lama di una delle due falci puntata alla gola.
"La sola cosa che sei ai miei occhi è un traditore, di
quelli che sputano nel piatto in cui mangiano, i peggiori a parer mio"
sibilò Ayame con gli occhi piantati sul viso del Ciclope.
"Che ne puoi sapere tu?"
"Tutto quello che c'è da sapere. Hai tradito lo stesso dio
che ti ha dato la vita, hai voluto assecondare la tua ambizione e la
tua brama di potere, senza accontentarti del grande dono che ti era
stato fatto. O forse mi sbaglio?"
"Eppure Efesto mi ha richiamato al suo servizio"
"Già ma cosa ti aspetta se lo tradirai un'altra volta?
Efesto non è così stolto da richiamare uno come
te tra le sue fila senza cautelarsi. E tornare ad essere una statua di
avorio è un incentivo non indifferente per restargli fedele.
L'unica pecca in tutto questo è che anche la povera Galatea
è destinata alla tua stessa fine, oggi come allora"
"Già, Galatea, la tua protetta, colei a cui tu hai dato la
vita e che hai nominato Sacerdotessa nonostante la sua
incapacità"
"Sarà forse giovane e inesperta, ma almeno mi è
fedele e combatte per gli ideali in cui crede e non per la gloria"
"Oh sì, l'amore. L'ideale più stupido per cui
rischiare la vita"
Ayame avvicinò ancora di più la lama alla gola
del Ciclope "Ti rammento che è stato proprio l'amore che
tanto disprezzi a convincere gli dei a darti la vita. L'amore dei tuoi
genitori che tu hai brutalmente ucciso per poter attuare indisturbato
il tuo piano. Hai tentato di farti beffe degli dei rubando ad Efesto
tuo protettore il fuoco sacro. Lo volevi barattare con
l'immortalità. Ma nemmeno allora avevi capito con chi avevi
a che fare, e un dio non può essere ricattato. Avorio eri
all'inizio e avorio sei tornato, così come Galatea che
invece non aveva colpa alcuna"
"Bene, ora che mi hai dimostrato la tua onniscenza che intendi fare di
me?"
"Potrei tagliarti la gola come fosse pane, oppure disintegrarti con la
sola forza del pensiero. Diciamo che avrei l'imbarazzo della scelta se
volessi, ma per tua fortuna non sono così incline a togliere
la vita alla gente"
"Che magnanimità"
"Voglio che torni dal tuo dio e che gli riferisci che Afrodite lo
verrà a cercare, dovunque egli si nasconda, per porre fine a
questa inutile battaglia una volta per tutte"
"E se non lo faccio?"
"Sarà considerato tradimento"
Ayame si alzò in piedi lasciando libero Palemone, che fece
lo stesso senza perderla di vista un istante. Il cosmo di Afrodite era
ancora acceso e potente come prima, segno che le sue intenzioni erano
serie. Furente in volto, il Ciclope spiccò un salto fino ad
un alto picco tra le montagne, per poi sparire in mezzo ad esse.
Solo quando non percepì più il suo cosmo Ayame si
concesse di spegnere il suo e rilassarsi. La doppia falce, ormai
inutile, scomparve dalle sue mani e la ragazza si voltò
verso il corpo ancora esanime di Hyoga. Sentiva distintamente la vita
scorrere in lui, seppur fievole. In breve gli fu nuovamente accanto.
Sembrava dormire un sonno pacifico, come un bambino. Rivisse per un
attimo il loro primo incontro. Sarebbe stato tutto più
semplice se fossero rimasti entrambi due persone comuni, senza dei o
Cavalieri a complicare le cose. Ma le cose non si potevano cambiare e,
secondo Ayame, sarebbero stati abbastanza forti da superare anche
questa battaglia, insieme. Se c'era una cosa che aveva capito da quella
storia era che da sola poteva combinare ben poco. Avere Hyoga al suo
fianco, sapere che la amava incondizionatamente, le dava invece una
forza di combattere che nemmeno lei sapeva di avere.
Con delicatezza lo girò su un fianco, facendo attenzione a
non toccargli la bruciatura sulla schiena. Gli scostò poi i
capelli biondi dalla guancia e vi posò delicatamente la mano
destra, mentre la sinistra sorreggeva il capo del Cavaliere. Accese
infine il suo cosmo e lo concentrò sul palmo della mano. In
breve l'ustione scomparve dalla schiena del ragazzo, che riprese
inconsciamente a respirare con facilità. Ayame ebbe
però un capogiro, forse aveva chiesto troppo ai suoi rinati
poteri di dea. Sentì il simbolo sulla spalla prudere e
spegnersi, al posto dell'abito greco tornò ad indossare il
suo rosa e bagnato, quindi svenne nuovamente sul prato, con la testa di
Hyoga sul grembo.
La prima a scorgerli tra i fiori e i fili d'erba fu Eufrosine, che non
esitò a richiamare i compagni che erano venuti con lei in
cerca dei due fuggiaschi. Appena li vide in lontananza fece loro cenno
di seguirla e, balzando da una roccia all'altra, atterrò sul
grande prato, raggiunta poco dopo da Galatea, Talia, Shun e Seiya.
Nessuno di loro percepì cosmi nemici nelle vicinanze,
perciò si diressero tutti e cinque verso i due corpi svenuti.
Erano entrambi bagnati e provati dalla fuga, ma comunque abbracciati,
se un abbraccio poteva definirsi la strana posizione in cui erano
messi. Hyoga aveva il capo abbandonato sul ventre di Ayame e il resto
del corpo scomposto. Quanto alla ragazza, teneva con una mano la testa
del Cavaliere e per il resto era sdraiata come se fosse a letto.
"Quei due non me la contato giusta" commentò Seiya, subito
zittito da una gomitata in pancia da parte di Shun.
"Sono ancora vivi e sembra stiano bene" constatò Eufrosine
sentendo i loro battiti "Probabilmente sono provati dalla camminata e
dallo scontro con Palemone"
"Nessuno dei due mostra delle ferite" constatò Shun
"Potrebbe essere che Afrodite e Ayame abbiano completato la simbiosi"
"Questo andrebbe tutto a nostro vantaggio. Avere un'altra
divinità al nostro fianco ci sarà d'aiuto"
ribattè Seiya, mentre andava ad aiutare Eufrosine a
sollevare Hyoga. Shun si caricò invece Ayame in braccio.
"Beh, direi che a questo punto possiamo considerarci alleati no?"
domandò Shun rivolto soprattutto a Galatea, che
arrossì e incassò la testa fra le spalle.
"Diciamo di sì, Cavaliere" rispose Galatea per lei "Ma
questo non ti dà il diritto di fare il cascamorto con
nessuna di noi"
"Non so di cosa tu stia parlando" rise il Cavaliere, lanciando uno
sguardo divertito a Talia "E ora basta con le chiacchiere, dobbiamo
portare i due amanti in ospedale"
Son tornata!
Lo so, ci ho messo un po', ma doveva studiarmela bene la rinascita di
Afrodite. Ho esteso la storia di Galatea anche a Palemone per spiegare
la sua vicenda di tradimento ecc ecc, anche se so che qui non
è molto chiara, ma prometto che nei prossimi capitoli la
renderò più lineare.
Ora i ringraziamenti di rito:
- Krisalia Kinomiya: Palemone si è ricevuto una bella
ramanzina, visto? E ha pure rischiato la capoccia ^^ spero ti sia
piaciuto il cap!
- roxrox: e invece no, la storia continua! Però abbiamo
superato la metà...credo ^^ buona lettura, grazie! Un bacio!
- ti con zero: tempismo perfetto mia cara! Eh si vede che sono una
romanticona tutta zucchero e miele ^^ grazie del tuo commento, a presto!
- kikka_hiwatari: sì Palemone è proprio un
rompibolle, ma avrà la lezione che si merita vedrai, la
studierò nei minimi dettagli ^^ grazie per il tuo commento a
presto!
Ringrazio anche chi segue la storia, chi l'ha preferita e chi l'ha solo
letta, sperando che continui a farlo ^^
A presto!
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Capitolo 20 *** Di nuovo insieme ***
A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea
dell'Amore")
Capitolo 19 - Di nuovo insieme
Non seppe dire dopo quanto tempo aveva ripreso conoscenza, potevano
essere passati pochi minuti come giorni interi. L'ultima cosa che
ricordava era il volto contratto ghignante ma sconfitto di Palemone,
impotente contro la sua potenza. La ricordava ancora meglio del
Ciclope, una sensazione di onnipotenza mai provata, che l'aveva
esaltata ma al tempo stesso spaventata, portandola a chiedersi se
sarebbe stata in grado di controllarla in futuro come aveva fatto
contro Palemone.
Sentì di non essere più nel prato fiorito dove si
era
risvegliata l'ultima volta. Era senza dubbio sdraiata su un letto a lei
non familiare, in una stanza che aveva un odore strano, quasi fosse
stata disinfettata. Quel particolare le fece venire in mente dove
probabilmente era stata portata e quando finalmente Ayame
aprì
gli occhi le sue supposizioni si rivelarono esatte.
Si trovava in una piccola stanza d'ospedale baciata dai caldi raggi del
sole che filtravano attraverso le candide tende, irradiando la loro
luce in tutta la camera. Il suo era l'unico letto presente, affiancato
da un piccolo comodino su cui era stato posato un vaso di rose
magnificamente sbocciate. Guardando davanti a sè vide che un
altro tavolo più grande sembrva cedere sotto il peso dei
fiori
che vi erano stati posati sopra. Non potè non sorridere a
quella
visione, quindi si mise a sedere con cautela e tornò ad
osservare il vaso di rose, ma non scorse nessun biglietto che le
potesse dire chi gliee aveva donate. Sempre lentamente si
alzò
dal letto e poggiò i piedi scalzi sul pavimento freddo. Si
accorse di essere vestita solo di una canottiera verde acqua e di un
paio di pantaloncini corti e che i suoi capelli erano stati legati
all'altezza della nuca. Li sciolse per raccoglierli nuovamente in una
croccia disordinata, quindi si diresse verso il grosso tavolo. Con
grande piacere vide molti bigliettini spuntare tra i fiori, che le
dissero che erano doni delle sue Sacerdotesse e dei Cavalieri,
nonchè della cara Saori e della sua fedele Tata.
Un allegro vociare le giunse alle orecchie e, lasciati perdere i fiori,
andò a guardare fuori dalla finestra, che dava direttamente
sull'immenso giardino dell'ospedale. Vide molte infermiere in divisa
bianca passeggiare assieme ai pazienti tra le aiuole del parco e
chiacchierare allegramente con loro. Spaziando con lo sguardo
notò poi, sotto un grande salice, un gruppo più
nutrito
di persone tra cui non spiccava nessuna infermiera. Le fu
però
impossibile non notare la testa bionda di Hyoga, anche lui in abiti da
ospedale ma apparentemente in perfetta forma. Il cuore
accelerò
i battiti nel vederlo sano, salvo e sorridente e, senza pensarci due
volte, si precipitò fuori dalla stanza, andando a sbattere
contro qualcuno che si rivelò essere la Tata.
"Ayame, sei già in piedi? Stai bene? Forse dovresti stare a
letto..."
"Oh no, cara Tata, sto benissimo, non sono mai stata meglio!"
esclamò Ayame abbracciando la donna con trasporto.
"Oh beh, in questo caso..." la Tata scostò la ragazza da lei
per
guardarla negli occhi, felice come non lo era mai stata "Vai dal tuo
Cavaliere"
Ayame ampliò il suo sorriso illuminando ulteriormente gli
occhi
verdi e, dopo aver schioccato un bacio sulla guancia della Tata, corse
lungo i corridoi dell'ospedale in cerca dell'uscita. Quasi tutti i
dottori e gli infermieri le intimarono di non correre perchè
era
pericoloso, ma non li stette ad ascoltare, aveva troppa fretta di
riabbracciare il suo Hyoga, l'uomo che l'aveva salvata da se stessa.
Dopo aver percorso infiniti corridoi e sceso innumerevoli scalini,
finalmente ritornò sotto i caldi raggi del sole che
picchiavano
sulla candida facciata dell'edificio, una grande villa in stile
vittoriano completamente restaurata e adattata ai bisogni di ciascun
paziente. La vista che le si presentò davanti era un
perfetto
ritratto della primavera in corso: fiori in boccio, alberi carichi di
foglie, erba verde e rigogliosa, uccellini cinguettanti e aria
frizzantina ma piacevole. Si beò qualche istante di
quell'esplosione di vita, quindi prese a cercare con lo sguardo
l'albero che aveva visto dalla sua stanza. Probabilmente
però la
sua stanza dava sull'altro lato del giardino, cui si poteva accedere
dall'atrio principale attraverso un'entrata secondaria. Nuovamente
all'aria aperta, Ayame scrutò ogni singolo centimetro del
parco
finchè non trovò il grande salice, sotto le cui
fronde,
però, non c'era più nessuno.
Non si lasciò scoraggiare e si rivolse alla prima infermiera
che
le passò accanto chiedendole se per caso sapeva dove fossero
andati.
"Mi spiace signorina" rispose lei gentilmente "Ma non ho proprio visto
nessuno, sa il parco è grande e dislocato su due piani"
"Due piani?"
"Sì, vede laggiù quella scalinata? Porta alla
parte bassa
del parco, che da sul mare. E' il doppio di questa intorno all'ospedale"
"Ah, grazie" si concedò scoraggiata Ayame, quindi
sospirò
e iniziò a perlustrare con lo sguardo tutt'intorno,
percorrendo
i vialetti di ghiaia senza dare peso ai sassolini che le pungevano la
pianta dei piedi. Non ci mise molto a coprire tutta la parte alta del
parco, senza successo, così si avviò verso la
scalinata
indicatale dall'infermiera per iniziare a setacciare la parte
inferiore. La vista che le si presentò la lasciò
senza
fiato in senso positivo e negativo: era di una bellezza indescrivibile,
con una grande fontana zampillante circondata da cespugli in fiore, ed
era enorme, forse più grande di quello del suo palazzo.
"Oh, povera me..." sospirò, lasciandosi cadere sul primo
scalino "Non li troverò mai"
"Trovare chi?"
"I miei amici..." rispose Ayame senza nemmeno rivolgere uno sguardo al
suo biondo e divertito interlocutore "e quello che forse posso
considerare il mio ragazzo. Dopo tutto quello che è successo
penso proprio di sì, però sai com'è,
bisogna
andarci coi piedi di piombo con queste cose...inoltre io sono una dea
reincarnata e lui un Cavaliere, la relazione potrebbe rivelarsi
complicata, ma è così dolce...e tenero...e
bello..."
sospirò di beatitudine immaginando di avere davanti il suo
Hyoga
"...e non lo troverò mai in questo parco immenso e pieno di
gente"
"Magari è più vicino di quanto pensi"
commentò
l'altro, divertito nel vedere lo sguardo sognante di Ayame diventare
via via più interdetto e finalmente girarsi verso di lui,
diventando un misto tra il sorpreso, lo sconvolto e l'irresistibilmente
felice.
Hyoga rise a vedere tutte quelle emozioni mischiate tutte assieme.
"Scusa ma non ho resistito! Sei buffissima quando sogni ad occhi
aperti!"
"Cosa?...Io non sogno ad occhi aperti!" Ayame si alzò
impettita.
"Certo!...'Ma
è così dolce...e tenero...e bello...'...chissà
chi è quasto fantomatico quasi-forse fidanzato"
"Uno che da come mi prende in giro forse non ci tiene abbastanza ad
esserlo!" sbottò Ayame, voltandosi e mettendo il broncio.
Hyoga non smise di sorridere sornione mentre si avvicinava con passo
lento verso di lei. La vide buttare due o tre volte l'occhio dietro la
spalla, quindi lasciar cadere le braccia lungo i fianchi e girarsi
sbuffandogli in faccia un "Vai al diavolo, Hyoga!" prima di gettargli
le braccia al collo e baciarlo con trasporto.
La pace e la gioia che quel contatto dava ad entambi erano
indescrivibili. Sembrava che si fossero sempre appartenuti senza
saperlo, che il loro destino fosse stare assieme e che null'altro
contasse. A malincuore si separarono, seppur restando abbracciati.
"Come stai?" gli chiese Ayame.
"Una favola! Grazie a te"
"Come sai che sono stata io a guarirti?"
"Ho sentito il tuo cosmo dentro di me, e lo sento ancora adesso. Caldo,
vitale, pieno d'amore per me. Sinceramente non riesco ancora a
crederci, ho paura che sia tutto un sogno e che tu non sia realmente
mia"
"Anche io ho avuto paura di perderti per la mia cecità, ma
ora siamo qui, io e te di nuovo insieme. E ci dovranno solo provare a
separarci un'altra volta. Non sanno di cosa può essere
capace una dea dell'amore su tutte le furie"
Risero insieme, scambiandosi ancora qualche rapido bacio, quindi Hyoga
la prese per mano portandola dagli altri. Un'altra piccola scalinata
portava alla parte inferiore del parco e il resto del gruppo si era
riunito in un piccolo gadzebo poco distante da essa.
La prima a correrle incontro fu Saori, che per una volta
lasciò da parte il galateo per abbracciarla con tutta la sua
forza.
"Perdonami Saori, per tutto" disse Ayame all'amica una volta sciolto
l'abbraccio.
"Per quanto mi riguarda, non è successo assolutamente niente"
"Già, tanto quelli che rischiano la pelle siamo sempre noi"
commentò Seiya, ricevendo un manrovescio sulla nuca da parte
di Psiche "L'unica cosa che stai rischiando di rimetterci è
la lingua!"
Le cinque Sacerdotesse si avvicinarono poi ad Ayame e fecero per
inchinarsi, ma la ragazza le bloccò con un gesto della
mano."Vi prego, lasciamo stare le formalità. Sarò
anche dea ma sono soprattutto una ragazza normale e come tale voglio
essere trattata, perciò niente più 'Mia signora'
o 'Mia dea'...mi fanno anche sentire vecchia!"
Le Sacerdotesse si guardarono, incerte sul cosa rispondere, ma nei loro
occhi si poteva leggere la loro piena approvazione e rivolsero quindi
ad Ayame un cenno di assenso.
"Ehi non è giusto! Perchè noi dobbiamo essere
tutti inchini e riverenze e loro no?" protestò Seiya.
"Perchè le teste calde come te vanno tenute sotto controllo,
Seiya!" rispose Hyoga.
"Ricorda chi ti ha portato dal dottore, biondino!"
"Guarda che non hai fatto mica tutto da solo! Ti ho aiutato anche io a
portarlo" intervenne Eufrosine.
"Sì ma tutto il peso alla fine ce l'avevo io, tu facevi solo
finta di sorreggerlo"
"Oppure non sei abbastanza forte da sopportarne il peso, al contrario
di me"
"Vorresti insinuare che sono una mezza calzetta?"
"No, una intera" rispose Psiche, aggiungendoci in cosa una boccaccia e
suscitando l'ilarità di tutti. Nessuno badò ai
borbottii di Seiya, che continuava a sostenere che fosse tutta una
congiura contro di lui.
"Andiamo, Seiya, non prendertela!" disse Shun dandogli delle pacche
sulla spalla "E' solo che ti presti molto bene"
"E poi fa bene ridere un po', tra una battaglia e l'altra"
affermò Ayame, lasciando che il suo sorriso si spegnesse un
pochino.
"Che vuoi dire?" le domandò Saori dopo che le si fu
affiancata.
"Efesto non si arrenderà così facilmente, anzi
sarà furioso dopo la nostra fuga e scatenerà la
sua ira sulla Terra mentre attende il mio arrivo"
"Potrebbe non attenderlo" constatò Ikki.
"Ho dato istruzioni precise a Palemone di riferirgli che sarei andata
da lui per la resa dei conti"
"Ayame, no!" protestò Hyoga, prendendola con forza per un
braccio.
Lei sospirò e sorrise mestamente. "So che voi Cavalieri
avete già affrontato in passato delle divinità e
le avete sconfitte, ma questa volta è diverso, la faccenda
riguarda me ed Efesto"
"Non ti lasceremo fare nuovamente tutto da sola!"
"Non è quello che ho detto. Il vostro aiuto mi
sarà prezioso e sarà necessario che uniate le
vostre forze a quelle delle ragazze per sconfiggere i Ciclopi e
arrivare da Efesto. Io sarò già là e
vi aspetterò per lo scontro finale. Ma devo andare da sola e
su questo non voglio discussioni"
"Pensi di farcela?" le chiese Saori.
"Devo, per il bene di tutti"
"Partirai subito?" domandò Seiya
"Partirò quando sarà il momento giusto. Solo le
stelle potranno dirmi quando, anche se temo che non passerà
molto tempo"
"E noi cosa faremo una volta che te ne sarai andata?" le chiese Aglaia
a nome di tutte le Sacerdotesse.
"Risponderete ad Atena come avete sempre fatto con me, saprà
guidarvi con saggezza come ha fatto finora coi suoi Cavalieri"
"Come desideri"
"Bene, e ora via quelle facce tristi! Non ho investito dottori e
infermiere per vedere dei musi lunghi!"
Salve a tutti!!
Si sente che si sta avvicinando il periodo esami, ma prometto
farò il possibile per aggiornare appena ne avrò
l'occasione :) piccola tregua per i nostri eroi in questo ospedale che,
lo ammetto, sembra più che altro un paradiso terrestre o un
locus amenus petrarchesco, ma doveva dare una sensazione di pace e
beatitudine e la mia testolina ha creato ciò.
Ho pronte per voi ben 5 sorprese 5 e oggi vi posto la prima, se mi
riesce:
Secondo voi chi è l'allegra fanciulla?
Intanto ringraziamo, come di consueto:
-roxrox: forse non ho soddisfatto la tua curiosità, ma
pazienta un po' e sarai accontentata cara :) grazie per il commento, un
bacio!
-Krisalia Kinomiya: sì dai, ti concedo di fare da
orsacchiotto ai due piccioncini, ma soprattutto di suonarle a Palemone
:D grazie per il tuo sempre spassosissimo commento, a presto baci!
-MeMs: grazie cara, sono contenta che continui a seguire la storia :)
qui non c'è molto movimento ma presto tornerà! A
presto baci!
-kikka_hiwatari: eccoti il nuovo chappy, un po' in ritardo
però immancabile :) grazie per il commento a presto! Kiss!
Grazie anche a chi preferisce, segue o solo legge la fic!
A presto, baci!
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Capitolo 21 *** Prima di partire ***
A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea
dell'Amore")
Capitolo 20 - Prima di partire
Ayame e Hyoga vennero dimessi dall'ospedale la sera stessa e, per
festeggiare, venne organizzato un pigiama party in casa Kobayashi cui
parteciparono tutti, dai Cavalieri alle Sacerdotesse alla Tata fino
allo schivo Tatsumi, che si rivelò il mattatore della festa.
In quelle ore non vi fu differenza tra dee, cavalieri o semplici esseri
umani. Erano solo persone con tanta voglia di divertirsi e di non
pensare al passato, nè tantomeno al futuro. Ma,
inevitabilmente, l'occhio di Ayame cadeva ogni tanto fuori dalla
finestra, su quella stella tornata luminosa come pochi giorni prima. Il
timore che cambiasse qualcosa in lei, che le dicesse che era venuto il
momento di partire, era sempre presente e non se ne sarebbe andato fino
alla fine di quella guerra.
Fortunatamente Venere rimase candida e luminosa per molti giorni a
seguire, durante i quali Efesto e i suoi Ciclopi non si fecero vedere,
concedendo una rilassante e piacevole tregua ai loro futuri avversari.
Le Sacerdotesse poterono così apprezzare le gioie di una
vita normale, Galatea fra tutte, il cui legame col fratello ne metteva
a serio rischio l'incolumità. Sebbene fosse la
più giovane, era l'unica la cui nascita risaliva all'era
mitologica, durante la quale era venuta alla luce come semplice statua
d'avorio insieme a Palemone. Afrodite ed Efesto avevano poi dato loro
vita, consacrandoli al loro culto, ma il tradimento del giovane Ciclope
aveva condannato entrambi a tornare statue d'avorio, fino all'era
moderna.
Vedere le sue ragazze spensierate e ilari diede ad Ayame una gioia
indescrivibile. Talia, dopo un'iniziale resistenza, aveva ceduto ai
tentativi di approccio di Shun e passò la maggior parte del
tempo insieme a lui; i battibecchi tra Psiche e Seiya erano diventati
una colonna sonora costante delle loro giornate, nonostante la ragazza
avesse iniziato a nutrire un certo interesse, purtroppo non ricambiato,
per Ikki, tra tutti il più schivo e silenzioso. Ayame
avrebbe voluto intervenire, ma l'aridità del cuore del
Cavaliere, causata dalla perdita della sua amata Esmeralda, glielo
impediva. Era inoltre consapevole che qualcun altro sarebbe arrivato
per la sua Sacerdotessa.
Fu durante una notte particolarmente limpida e fresca che, im mezzo al
firmamento di stelle candide, Venere si tinse di rosso. Il resto del
mondo l'avrebbe vista come la stella bianca e luminosa di sempre, ma
agli occhi di Ayame assunse cupe tinte di fuoco, che risvegliarono in
lei la voglia di combattere. Nel momento in cui cambiò
colore si trovava sul grande terrazzo del palazzo di Saori, quasi
avesse presentito che era giunto il momento degli addii.
Sospirò e iniziò ad allontanarsi dalla balaustra
in marmo camminando all'indietro, senza perdere d'occhio la stella. Il
suo richiamo era troppo forte per resisterle, ma c'era una cosa che
prima doveva fare. Alzò gli occhi verso una delle finestre
del primo piano, ancora lievemente illuminata nonostante fosse tardi.
Il suo cuore accelerò i battiti. Aveva paura, ma doveva
farlo.
In breve fu davanti alla porta della stanza di Hyoga. Il suo respiro
era affannato e le tremavano le gambe, ma quando il ragazzo le apparve
davanti, sorridente, riuscì a rilassarsi. Era a torso nudo,
probabilmente si stava preparando per andare a dormire, a giudicare
dall'espressione piacevolmente sorpresa che gli si dipinse sul volto.
"Ehi, non pensavo fossi ancora qui" le disse prima di chinarsi per
darle un leggero bacio a fior di labbra.
"Posso entrare?" domandò lei invece di fornire spiegazioni.
Il Cavaliere le lasciò libero il passaggio e chiuse poi la
porta.
L'agitazione la colse nuovamente e Ayame prese a tormentarsi le mani,
particolare che a Hyoga non sfuggì.
"Va tutto bene, Ayame?" le chiese circondandole le spalle con un
braccio.
A quel tocco le salì un brivido lungo la schiena e quasi le
cedettero le gambe quando, alzando lo sguardo, incontrò gli
occhi azzurri di Hyoga. La voglia di lui crebbe a dismisura e dovette
far ricorso a tutto il suo autocontrollo per non fare gesti avventati.
Prima che potesse chiederle qualcos'altro annuì in risposta
alla sua domanda.
"Sono rimasta perchè mi sono ricordata che dovevo chiederti
una cosa molto importante"
"Chiedi pure, allora"
Ayame prese un bel respiro e disse tutto d'un fiato "Vuoi passare la
notte con me?"
Hyoga restò spiazzato dalla proposta di Ayame e si
accigliò. Non che non avesse capito il senso della
richiesta, ma nonostante tutto una strana paura lo prese, dovuta forse
al fatto che aveva a che fare con la dea dell'amore in persona.
"In che senso...passare la notte?" chiese titubante, non riuscendo
però a staccarsi da Ayame. Gli risultò ancora
più impossibile quando lei gli rivolse uno sguardo che non
era mai stato così sensuale e irresistibile.
"In tutti i sensi" rispose lei a voce bassa, facendosi più
vicina e poggiando le mani calde sul suo petto "Voglio vederti...
toccarti... annusarti... assaporarti... sentirti..."
Le sue parole divennero sempre più un sussurro a fior di
labbra, che Hyoga non esitò a imprigionare tra le sue in un
bacio impaziente e ricambiato appieno.
"Io voglio averti" ribattè lui in affanno mentre prendeva il
respiro per poi ributtarsi nella bocca della sua dea, il cui corpo
perfetto era ormai alla mercè delle sue mani.
In breve furono liberi dei vestiti, pelle contro pelle, ventre contro
ventre, bacino contro bacino, in un nuovo ballo al ritmo dei loro
gemiti e dei loro sospiri. La paura aveva lasciato il posto alla
passione, all'amore carnale consumato con dolcezza, dove non importava
provare piacere per se stessi ma farlo provare all'altro. L'innata
esperienza della dea fece durare quella danza d'amore una notte intera,
fatta di carezze, baci languidi e infiammati, sguardi intensi e gemiti
strozzati, fino all'apice, sopraggiunto insieme al sole del nuovo
giorno.
Sudati e sfiniti, Ayame e Hyoga caddero subito in un sonno profondo
l'una tra le braccia dell'altro, un leggero lenzuolo a coprire i loro
corpi ancora frementi d'eccitazione ma pienamente soddisfatti. Il sonno
di Ayame durò però poco, perchè il
richiamo della stella si fece potente e la costrinse a sciogliersi
dall'abbraccio del suo uomo e, una volta rivestita, a partire alla
volta di Vulcano, dopo un lieve bacio d'addio e una piccola lacrima.
Il letto emanava ancora il calore del suo corpo e dalle lenzuola saliva
il suo profumo, ma di Ayame non c'era neanche l'ombra quando Hyoga si
svegliò. Capì dove era andata ancora prima di
porsi la domanda. Come aveva detto quel giorno in ospedale, sarebbe
dovuta andare da sola, mentre Atena e gli altri l'avrebbero raggiunta
dopo.
Sospirò e si avvicinò alle lenzuola per
inebriarsi del profumo di cui erano impregnate e che aveva potuto
annusare per tutta la notte precedente, mentre Ayame gli si concedeva.
Era stato il suo primo uomo, anche se l'essere la reincarnazione della
dea dell'amore l'aveva resa audace e sensuale come una donna esperta.
Aveva fatto l'amore con una dea ed era stato magico, divino,
un'esperienza indimenticabile. Se gli avessero detto tempo prima che
sarebbe successo, non ci avrebbe creduto.
Ma ora la sua dea era in viaggio verso Efesto e lui doveva
raggiungerla. Si staccò malvolentieri dalle lenzuola e, dopo
una breve risciacquata, si vestì per andare ad avvertire gli
altri compagni. Erano già tutti svegli e riuniti nella
grande sala del palazzo, insieme alle Sacerdotesse e a Saori, la quale
non gli diede il tempo di parlare.
"Sappiamo già tutto, Hyoga. Ayame è partita alla
volta di Vulcano"
"Se ci sbrighiamo, forse riusciamo a raggiungerla" disse Seiya, subito
smentito da Psiche.
"Afrodite, come Efesto e Atena, ha il dono del teletrasporto.
Sarà già sul posto ora"
"Atena sa teletrasportarsi?"
"Non più" rispose la giovane dea "E' una capacità
tipica delle divinità neonate, quali Efesto e Afrodite. Io
l'ho persa ormai da molto tempo"
"Allora conviene davvero sbrigarsi, se non vogliamo arrivare tardi"
concluse Ikki, ricevendo uno sguardo d'assenso da parte di tutti, Hyoga
in special modo.
L'isola di Vulcano, una delle isole Eolie, deve il suo nome ai numerosi
crateri vulcanici qui presenti, ai piedi del maggiore dei quali stava
Ayame. La terra sotto i suoi piedi tremava tanta era
l'attività del magma sotto di essa, segno inconfutabile
della presenza di Efesto sull'isola. Davanti a lei, un arco di lava
solidificata segnava l'ingresso nei territori del dio del fuoco, che la
attendeva in cima al ripido sentiero tra i rigagnoli di lava.
Intenzionata a portare a termine la sua missione, Ayame fece per
muovere il primo passo, ma un cosmo potentissimo la costrinse a
fermarsi e a mettersi in guardia. Dopo pochi secondi un giovane in
abiti altolocati, dai lunghi capelli color del mare al vento, le si
mostrò, seguito da un suonatore di flauto traverso
somigliante in tutto alla giovane Talia. Il giovane si fermò
a pochi passi da lei e si inchinò ossequioso.
"I miei omaggi, dea Afrodite"
"Poseidone, qual buon vento ti porta tra le brulle alture di Vulcano?"
rispose Ayame a tono.
"Sono ormai molti mesi che vago per il mondo, insieme al mio fedele
Generale, Sorrento, per allietare i bisognosi con i miei doni e la sua
musica. Il caso ha voluto che mi trovassi nei paraggi quando ho
percepito il potente cosmo di una divinità neonata in cima a
questo vulcano, e un altro di egual potenza avvicinarsi ad esso. Non ho
saputo resistere alla curiosità"
"Il tuo Generale mi ricorda moltissimo una mia Sacerdotessa, Talia"
"E' mia sorella" rispose il giovane suonatore "Vi sarei molto grato se
mi deste qualche informazione su di lei. E' tanto che non la vedo"
Ayame sorrise intenerita, quindi rispose "E' una delle mie migliori
guerriere e l'ultima volta che l'ho vista era in splendida forma"
Sorrento ringraziò sorridendo la dea e lasciò
nuovamente la parola a Poseidone.
"Lo scontro tra due divinità neonate e ciò che di
più apocalittico si riesca ad immaginare"
"Cercherò di controllare la mia potenza. Non è
mio interesse distruggere la terra, anzi, tutto il contrario"
"In nome dell'amicizia con Atena"
"Sì, infatti"
"Allora guiderò qui i suoi Cavalieri perchè ti
diano un aiuto. Nel mentre, che il tuo cammino verso Efesto sia privo
di pericoli"
Ayame ringraziò con un cenno, prima di incamminarsi lungo il
sentiero alla volta del tempio di Efesto e di Josuke.
E dopo aver terminato gli
esami (per quest'anno) torna ad aggiornare la sua fic più
bella e seguita!
Scusate per l'interminabile attesa, ma sono stata sull'orlo dello
sclero e mi sono dovuta riprendere...ma ora ecco qua il cap numero 20!
Purtroppo, la fanciulla in foto non è Ayame, ritentate con
questa:
Dai è molto più semplice no?
Passiamo ai ringraziamenti:
-ti con zero: non preoccuparti, in ritardo o puntuale il tuo commento
è sempre gradito :) un ospedale così nn so se
esiste, ma mi applicherò xkè lo costruiscano ;)
spero ti sia piaciuto il nuovo pezzo!
-Krisalia Kinomiya: ecco a te il nuevo capitulo, spero sia di tuo
gradimento! Grazie per i tuoi commenti grandiosi e puntuali!
-roxrox: e qui diventano ancora più pucciosi, no? Grazie per
il tuo commento, spero ti sia piaciuto il nuovo cap"
-kikka_hiwatari: grazie di tutto cara, spero ti piaccia il nuovo pezzo!
Buona lettura!
Grazie anche a chi segue la storia, a chi l'ha messa tra i preferiti e
a chi l'ha solo letta.
Alla prossima, baci!
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Capitolo 22 *** Vulcano ***
A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea
dell'Amore")
Capitolo 21 - Vulcano
Il jet privato della fondazione Kido atterrò sulla pista
dell'aeroporto dopo nemmeno un'ora da quando Tatsume l'aveva richiesto.
Saori, insieme ai Cavalieri e alle Sacerdotesse, tutti già
vestiti delle loro armature, l'attendevano nell'hangar, in
trepidazione. Ogni minuto che passava Ayame si avvicinava sempre
più alla cime di Vulcano. Ogni secondo perso diminuiva
l'attesa
per lo scontro tra Efesto e Afrodite.
Il pilota scese dal velivolo con un balzo e corse verso Saori.
"Partiremo non appena avremo fatto rifornimento di carburante!"
urlò per farsi sentire sopra il rombare dei motori "Il
viaggio
fino in Italia è il più lungo che il jet abbia
mai
affrontato e non possiamo rischiare di rimanere a secco a
metà"
"Sta bene! Provvedete subito!" rispose Saori.
"Non possiamo attendere oltre, Milady!" protestò
però Hyoga avvicinandosi alla fanciulla.
"Vuoi avere la certezza di raggiungere Ayame, sì o no?" gli
domandò allora lei, severa.
Il Cavaliere non rispose ma si limitò ad abbassare lo
sguardo,
pur rimanendo teso. Saori sospirò e gli posò una
mano
sulla spalla in gesto di conforto.
"La raggiungeremo in tempo, te lo prometto"
"Non posso perderla un'altra volta"
"Non accadrà. Nessuno di noi vuole che accada"
Hyoga annuì e rivolse lo sguardo all'aereo fermo sulla
pista. Il
vuoto che gli aveva lasciato Ayame gli pesava sul cuore come un
macigno. Era come se gli avessero tolto un pezzo di anima, il
più importante, e sentiva il bisogno impellente di andarlo a
riprendere. Desiderò come mai aveva fatto di non essere un
semplice essere umano, ma di possedere un potere, qualsiasi
capacità gli avesse permesso di coprire la distanza tra lui
e
l'isola di Vulcano in meno di un battito di ciglia. Mai come allora si
sentì impotente e inetto.
"Non sai cosa darei per poterlo aiutare in questo momento" disse Shun,
che non aveva perso di vista l'amico per tutta la mattinata.
Talia, al suo fianco, gli prese la mano tra le sue.
"Lo desideriamo tutti. Ma niente può farlo stare meglio se
non
ritrovare e riabbracciare Ayame. Noi possiamo solo fare in modo che
ciò accada e per questo ci vuole pazienza"
Shun si voltò verso la Sacerdotessa, che ricambiò
il suo
sguardo intenso arrossendo leggermente. Strinse la presa sulle sue mani.
"Voglio che mi prometti una cosa, Talia"
"Qualsiasi cosa"
"Promettimi che, alla fine di tutto, tornerai da me sana e salva, e
suonerai per me la tua melodia più bella"
"Solo se lo fai anche tu"
"Te lo prometto, ma non assicuro niente sulla melodia"
Si concessero entrambi un leggero sorriso, prima di suggellare il
giuramento con un leggero bacio.
Poco distante, Psiche sorrise intenerita, nonostante l'amaro sapore che
le salì in bocca. Si chiese in cuor suo se qualcuno le
avrebbe
mai chiesto di non morire per tornare da lui. Il suo carattere era
sempre stato troppo duro perchè un uomo potesse fare breccia
nel
suo cuore. L'unico che ci era riuscito aveva però un animo
più duro del suo e impossibile anche solo da scalfire.
Forse,
come la Psiche della leggenda, doveva attendere l'arrivo di un dio per
trovare la sua anima gemella, come era successo ad Afrodite e Hyoga.
Loro, però, erano andati contro ogni mito esistente.
Anche l'animo della giovane Galatea era irrequieto. Un nuovo scontro
col fratello, forse l'ultimo, l'attendeva sulle pendici di Vulcano.
Sarebbe stata all'altezza? Il fatto che i loro destini fossero legati
dall'alba dei tempi avrebbe influito sul loro destino? Serrò
gli
occhi per scacciare l'ansia e la paura che le ribollivano nel petto.
Due mani possenti sulle spalle glieli fecero riaprire per la sorpresa e
i suoi occhi nocciola incontrarono lo sguardo azzurro intendo di Shiryu.
"Non lasciare che la paura abbia il sopravvento"
"Non riesco a liberarmene" ribattè lei con voce tremante.
"Infatti non devi. Se controllata, la paura può diventare
una
grande alleata. Ma se lasci che ti pervada l'animo, allora partirai
già sconfitta"
Galatea sospirò e annuì col capo.
"Il fatto che tu sia più giovane e inesperta di tuo fratello
non
deve per forza metterti in svantaggio nei suoi confronti. Devi credere
in te stessa quel tanto che basta per essere più forte di
lui"
"Ci proverò"
"Ci riuscirai"
"Milady!" chiamò il pilota "Il jet è pronto a
partire"
Quando un arco di lava ancora incandescente e quattro volte
più
grosso di quello che segnava l'inizio del sentiero le si
parò
davanti, Ayame capì di essere arrivata a destinazione. Ad
ogni
passo aveva percepito l'atmosfera farsi sempre più
incandescente
e, nonostante non sentisse per niente la stanchezza, era completamente
ricoperta di sudore.
Dietro al grande arco si estendeva un colonnato rosso fuoco, in mezzo
al quale scorreva un ribollente fiume di lava, con al centro una
passerella di pietra. In fondo, scolpita nella roccia, si intravedeva
una breve scalinata, anch'essa fiancheggianta da colonne incandescenti,
che conduceva ad un piccolo altipiano roccioso e coperto da quelle che
sembravano nuvole basse, da cui si poteva dominare tutta la zona. Alle
spalle del pianoro, imponente come un titano, il cratere maggiore
dell'isola faceva uscire lunghi lingue di lava bollente.
Doveva essere lì che Efesto l'attendeva, perciò
non
indugiò oltre e, passato l'arco, mosse i primi passi sulla
passerella rocciosa. Questa sprofondò di qualche centimetro
nella lava, ma non diede poi altri segni di cedimento fino a quando
Ayame non giunse dall'altra parte. Una volta scesa, tornò a
galleggiare come prima. Posò allora il piede sul primo
scalino,
quando un cosmo conosciuto attirò la sua attenzione. Non
aveva
intenzioni ostili, ma lo trovò ugualmente fastidioso.
"Non ti è bastata la lezione che ti ho dato al nostro ultimo
incontro, Ciclope?" domandò Ayame a Palemone con tono
tagliente.
Il Ciclope uscì da dietro una delle colonne infuocate, un
ghigno malignamente divertito sulle labbra.
"Mia cara Afrodite, avete fatto presto a giungere al cospetto del mio
signore"
"Non mi piace far aspettare le persone"
"O forse desiderate essere sconfitta il più in fretta
possibile?"
"Credimi, sono più che intenzionata a fare in modo che non
accada"
"Naturalmente!" esclamò Palemone con un teatrale gesto delle
braccia "Tutto per salvare la Terra e i suoi meschini abitanti!"
"Posso ricordarti che, se non fosse stato per me, oltre che per Efesto,
a quest'ora non avresti nemmeno un corpo? Non ti conviene sputare nel
piatto in cui hai tanto desiderato mangiare"
"Perchè accontentarsi di essere un semplice essere umano,
quando puoi essere un dio?"
"Un uomo che si eleva a divinità! Hai già tentato
in
passato, Palemone, e penso sia inutile ricordarti a cosa ciò
ha
portato"
"Sì, avete ragione. Ho capito che l'inganno non è
l'arma
giusta. Ho capito che frutta di più l'accondiscendenza. Per
questo motivo ho fatto in modo che Efesto si fidasse ciecamente di me,
nonostante il tradimento, che mi eleggesse a suo braccio destro e che
mi promettesse la vita eterna. Ad una condizione, ovviamente"
"Sarebbe?". L'allusione di Palemone non le piacque affatto e, per
precauzione, allertò tutti i sensi.
"Non voglio rovinarvi la sorpresa, mia dea. Sarà lui stesso
a
svelarvelo tra qualche istante. Mi ha solo mandato in avanscoperta, nel
caso Atena e i suoi Cavalieri arrivassero prima del previsto. Ma quando
vi ho intravista, non ho resistito a mettervi la pulce nell'orecchio.
Consideratela una piccola rivincita per la sconfitta di qualche giorno
fa"
Palemone scese fino alla fine della scalinata e indugiò
vicino ad Ayame.
"A presto, Afrodite. Quando sarò anche io
divinità, ti assicuro che non sarò io ad essere
umiliato"
Il Ciclope ripercorse a ritroso la strada che l'aveva portata
lì e scomparve dietro al grande arco di lava.
Pervasa dalla rabbia, Ayame prese a salire la scalinata più
velocemente possibile, finchè il grande altipiano non si
aprì davanti al suo sguardo. In mezzo ad esso si aprivano
dei
piccoli crateri fumanti, i cui sbuffi avevano creato la nube che aveva
visto dal basso. Non sembrava esserci anima viva oltre a lei, ma
nonostante ciò si addentrò tra i piccoli bacini
con
cautela. Dopo qualche metro il fumo si diradò, permettendole
di
vedere il grande trono roccioso in cima a tre bassi scalini intagliati
nella montagna. Seduto sullo scranno, Efesto era assorto nei suoi
pensieri, ma si ridestò subito appena percepì lo
sguardo
intenso di Ayame addosso.
"Cara Afrodite! Benvenuta nella mia umile dimora! Accomodati, prego!"
Ayame non ebbe neanche il tempo di reagire che dei fili invisibili la
presero per polsi, vita e caviglie, costringendola ad arretrare e a
sedersi su un piccolo trono dorato e abilmente intagliato. Tutti i
tentativi per liberarsi dai lacci furono inutili.
"Che significa?" domandò infuriata al dio davanti a lei, che
sorrideva soddisfatto.
"Non è ancora tempo per affrontarci, Afrodite"
iniziò a spiegare Josuke mentre scendeva dal trono "Non
sarebbe
giusto non lasciare ai tuoi Cavalieri nemmeno un'opportunità
di
salvarti. Attenderemo assieme il loro arrivo sull'isola e osserveremo
la loro risalita per il vulcano. Naturalmente, durante il tragitto
dovranno affrontare i miei Ciclopi. Per ogni mio guerriero abbattuto,
uno dei lacci che ti lega al Trono di Era svanirà"
"E se tutti i Ciclopi verranno sconfitti?"
"Allora potrai scontrarti con me. Ti conviene augurarti che facciano in
fretta perchè, più starai seduta sul trono,
più il
tuo cosmo si indebolirà, assorbito dai lacci. Ad essere
sincero,
Afrodite, temo che tu abbia perso in partenza"
"Non sottovalutare i Cavalieri di Atena, nè tantomeno le mie
Sacerdotesse"
"Non l'ho fatto, infatti. Ma mi sono assicurato che almeno uno dei miei
Ciclopi resti in vita. Il desiderio di Palemone di diventare un dio
è talmente forte che non risparmierà nessun colpo
per
uccidere tutti i tuoi adorati Cavalieri"
"Solo contro dieci non potrà fare molto"
"Ma io non gli ho chiesto di affrontarli tutti. Ce n'è uno
in
particolare che desidero vedere in viaggio verso l'Ade" le si fece
più vicino e avvicinò le labbra al suo orecchio
"Indovina chi
è?"
Facile immaginarlo quanto doloroso. "Hyoga" rispose Ayame a denti
stretti.
"Esatto, perciò mettiti comoda e goditi lo spettacolo, mia
cara". Con un gesto della mano fece ruotare il trono verso il ciglio
dell'altipiano "Purtroppo per te non so se avrà un lieto
fine"
Ehm, lo so, questo
ritardo è imperdonabile e merito la fustigazione online, ma
posso assicurarvi che questa ff non resterà inconclusa...e
infatti eccovi il cap 21 :) è un po' breve ma pazientate e
avrete capitoli succosi nei prossimi post.
Per quanto riguarda il giochino dei disegni, vi svelerò le
prime due fanciulle: erano rispettivamente Talia e Psiche.
Eccone un'altra:
Sperando che mi seguano ancora, ringrazio i lettori e commentatori:
-ti con zero: non preoccuparti cara, l'importante è che
continui a seguire la ff come stai facendo :) ti suguro una buona
lettura e buon lavoro con la tesi! Bacio!
-kikka_hiwatari: grazie cara, sono contenta che ti sia piaciuto :)
spero che valga lo stesso per questo nuovo cap! Alla prossima baci!
-Krisalia Kinomiya: eh già, sono proprio in zona,
perciò occhio a qualche scossa sismica dell'incavolato
Efesto :D tranquilla, come promesso, qusta ff non sarà
insoluta, ci tengo troppo per lasciarla a metà e -piccola
anticipazione- stiamo già elucubrando un sequel o.O buona
lettura baci!
Grazie anke ai lettori silenziosi, a chi segue la fic e a chi l'ha
messa tra i preferiti.
A presto!
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Capitolo 23 *** Alle pendici del monte ***
A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea
dell'Amore")
Capitolo 22 - Alle pendici del
monte
Gli occhi blu di Poseidone
scrutavano
intensamente la cima del vulcano, attenti e concentrati sull'ammasso di
nubi bianche dentro cui era sparita poco prima Afrodite. Il cosmo della
giovane dea era immensamente potente, al pari di quello di Efesto, ed
entrambi erano perfettamente percettibili da miglia di distanza. Anche
il suo era stato così, al tempo in cui era una
divinità
neonata, reincarnata da poco nel corpo del giovane Julian Solo che
ancora in quel momento stava abitando. Al tempo la sua grande potenza
gli aveva dato alla testa, facendo nascere in lui smanie di conquista
che aveva assecondato senza remore. Sconfitto e reso impotente da Atena
e dai suoi Cavalieri, aveva avuto il tempo di riflettere sulle sue
azioni e di redimersi in qualche modo, vagando insieme al suo fidato
generale Sorrento per il mondo ad aiutare ed allietare i bisognosi e
intervenendo nella Guerr Sacra contro Hades inviando ai Cavalieri nei
Campi Elisi le armature d'oro. In tutto questo tempo il suo cosmo era
diventato meno potente, ma si era arricchito di un'esperienza e una
saggezza impagabili, che l'avevano spinto a dare manforte anche in
quell'ultimo scontro tra divinità. Aveva la certezza che
Afrodite avrebbe usato le sue potenzialità con parsimonia,
ma
non poteva giurare lo stesso riguardo a Efesto, la cui sete di potere
non era dissimile dalla sua.
Un impercettibile cambiamento nel cosmo di Afrodite lo mise in allarme.
Qualcosa di imprevisto era successo in cima al monte. Si sarebbe
aspettato un'esplosione di potenza, la terra che tremava, il vulcano in
agitazione. Invece il cosmo della dea era cambiato, si era leggermente
indebolito...e continuava a farlo. Lentamente ma inesorabilmente, il
potere di Afrodite stava diminuendo.
"Che sta succedendo?" domandò tra i denti al monte
silenzioso e imperioso.
"Mio signore?" chiese Sorrento, ugualmente preoccupato, facendosi
più vicino al dio.
"Qualcosa non va lassù. E i Cavalieri tardano ad arrivare"
rispose Poseidone sempre più preoccupato.
"E' iniziata la battaglia?"
"No, ma per una ragione sconosciuta il cosmo di Afrodite si sta
indebolendo ugualmente. Se non arrivano in tempo, ci saranno poche
speranze per lei di sopravvivere"
"Ma, com'è possibile una cosa del genere?"
"Come la freccia di Betelgeuse e la Colonna Portante del mare. Efesto
deve aver trovato uno stratagemma simile"
"Bisogna intervenire, allora!"
"Sono ancora prigioniero del sigillo di Atena, il mio cosmo
è
infima cosa rispetto al loro e tu potresti fare ben poco. Possiamo solo
sperare che i Cavalieri non tardino troppo, più tempo passa,
meno ne avranno a disposizione per salvarla"
Poseidone si voltò e diede le spalle al monte, iniziando a
scrutare il mare con la stessa intensità.
"Il nostro compito è attendere il loro arrivo qui e metterli
in
guardia sui pericoli che andranno ad affrontare. Non è
ancora
tempo che il dio del mare torni sul campo di battaglia"
Un'altra goccia della sua forza la abbandonò, e il laccio
che le
teneva il polso sinistro legato al bracciolo del trono
brillò
per un breve istante, prima di tornare opaco e nebuloso. Ayame strinse
il pugno per frenare la rabbia che lentamente stava montando dentro di
lei e lanciò uno sguardo carico d'odio a Efesto, in piedi
davanti a lei. Impassibile come una statua, il dio stava guardando
l'orizzonte dall'alto del suo incandescente maniero, oltre le nubi di
fumo, in attesa dell'inizio degli scontri. I suoi Ciclopi si erano
posizionati lungo i vari sentieri che conducevano alla cima del
Vulcano, pronti ad accogliere qualsiasi Cavaliere o Sacerdotessa si
fosse presentato al loro cospetto. L'ordine era uno soltanto: nessuno
doveva arrivare ai piedi del trono di Efesto, nessuno di loro doveva
morire e cedere il passo. Ad ognuno di essi era legato il cosmo di
Afrodite e la loro caduta avrebbe significato una riacquisizione delle
forze da parte della dea. E se c'era una cosa che Efesto voleva evitare
era uno scontro con lei.
"Sembra che i tuoi salvatori tardino ad arrivare" commentò
con
amaro sarcasmo, senza neanche voltarsi, ma percependo la rabbia di
Afrodite che cresceva nel suo cuore.
"Non puoi vincere, Efesto. Il tuo folle piano non andrà in
porto. Sei in minoranza, due divinità contro una. Che
speranze
pensi di avere?"
"Posso ricordarti, mia cara, che una delle due divinità a me
nemiche si sta lentamente indebolendo a pochi metri da me?"
"Non ti permetterò di sconfiggermi così
vigliaccamente.
Mi libererò da questa prigione e te la farò
pagare per
tutto, puoi contarci"
"Puoi chiamarmi vigliacco quanto vuoi, Afrodite, ma se adesso ti
ritrovi in una situazione così scomoda è solo per
colpa
tua. Hai scelto di spezzare un cuore, di renderlo vulnerabile alla mia
volontà. Se avessi accettato la proposta di matrimonio del
povero Josuke a quest'ora non ci sarebbe il minimo pericolo che la
Terra cada sotto il mio potere"
"Josuke non farebbe mai una cosa del genere. Ha un cuore buono e
gentile, io lo so. E' da qualche parte nascosto, ma c'è
ancora e
mi auguro con tutta me stessa che riesca a prendere il sopravvento su
di te, Efesto"
"Hahaha! E come può, di grazia? Io e Josuke siamo una cosa
sola,
ormai. Siamo diventati un tutt'uno molto prima di te" Efesto si
voltò mostrando ad Ayame la sua faccia malignamente
divertita
"Il cuore di quel ragazzo non è così buono come
pensi. O
meglio, lo era, prima che tu glielo riducessi in briciole"
"Tu menti!" gridò furibonda Afrodite, gli occhi velati dalle
lacrime "La tua malvagità non è la sua. Tu non
sei il
ragazzo cui ho imparato a voler bene e che ho apprezzato per la sua
forza di volontà. Josuke non è il mostro che ora
è
qui davanti a me"
A quelle parole, qualcosa si riscosse nell'animo di Efesto, una leggera
turbolenza che ridiede ai suoi occhi una lucentezza umana. Il
cambiamento non sfuggì ad Ayame e la ragazza
tentò di
approfittarne.
"Josuke, ascoltami, ti prego" lo implorò con voce accorata
"Fai
cessare tutto questo. Non ha senso ciò che stai facendo,
milioni
di persone moriranno per le mire di conquista di un dio che non ha
nulla a che spartire con te. Tu non sei così, io lo so, ti
conosco. Abbiamo passato tanto tempo assieme e ho visto quanta
bontà alberga nel tuo cuore. Non lasciare che la sua
cattiveria
ne prenda il posto. Torna ad essere il mio Josuke, ti scongiuro"
"Ayame..." sussurrò debolmente Josuke.
"Sì, Josuke, sono io. Sono la tua amica Ayame, e ti voglio
bene"
"Davvero?" domandò lui con fare da bambino, muovendo un
passo verso di lei.
"Ma certo!"
"Mi ami?" chiese ancora, speranzoso.
Il viso di Ayame si contrasse in un'espressione dispiaciuta.
Probabilmente, se avesse mentito, tutto quanto si sarebbe potuto
risolvere. Ma nell'eventualità in cui Efesto avesse scoperto
la
sua bugia le conseguenze sarebbero state disastrose. Inoltre non ce
l'avrebbe fatta a rinnegare il suo amore per Hyoga.
"Non posso amarti, Josuke, lo sai. Provo per te un affetto sincero, ma
non ti amo. Ti sto chiedendo di accontentarti di questo e di porre fine
a questa follia. Io ti starò vicina, continuerò a
farlo e
potrai contare su di me per qualsiasi cosa..."
"Basta!!" urlò Josuke, una maschera di rabbia dipinta sul
volto.
"Ti prego, Josuke, ascoltami! Manda via Efesto dal tuo corpo. Devi
resistere alla sua volontà, non farti schiacciare dal suo
odio"
"STA ZITTA!" esplose il dio, concentrando la sua rabbia su Afrodite. I
lacci che la tenevano prigioniera si accesero di rosso e si strinsero
attorno a lei, provocandole un dolore lancinante in tutto il corpo.
Tentò di trattenersi, ma alla fine dovette liberare un acuto
urlo di dolore che riecheggiò per tutta la montagna, fino
alle
orecchie di Poseidone, la cui attenzione fu nuovamente sul vulcano. Il
brusco e repentino calo nel cosmo di Afrodite non era per niente un
buon segno e stava a significare che il tempo stringeva.
"Mio signore!" lo chiamò Sorrento emozionato "Stanno
arrivando!"
Julian portò lo sguardo verso il punto indicatogli dal suo
Generale, un cumulo di bianche nuvole contro cui si stagliava una
piccola sagoma nera che velocemente prese le sembianze di un
elicottero. Sorrento iniziò ad agitare le braccia per
attirare
l'attenzione del pilota.
"Stiamo arrivando,
Poseidone" disse Atena nella mente del dio "Vi abbiamo visti"
In breve il velivolo arrivò a sorvolare il piccolo pianoro
su
cui Julian e Sorrento li stavano aspettando. Ad uno ad uno i Cavalieri
scesero dall'elicottero, leggermente sorpresi di trovarsi di fronte
Poseidone. La prima delle Sacerdotesse a mettere piede a terra fu
Talia, che subito si gettò tra le braccia aperte del
fratello,
sotto lo sguardo sorridente di Shun.
"Che bello rivederti, sorellina!" disse commosso il Generale stringendo
la ragazza fino al soffocamento, quindi la staccò
leggermente da
sè per osservarla meglio "Sono proprio fiero di te"
"Grazie" rispose Talia lasciandosi sfuggire una lacrima per l'emozione
e la contentezza.
Nel frattempo anche le altre Sacerdotesse e Atena erano scese e
l'elicottero aveva ripreso il volo in cerca di un eliporto sulla
terraferma.
"A cosa dobbiamo la tua presenza qui, Poseidone?" domandò
Saori a Julian, per niente preoccupata per la sua presenza.
"Ero nei dintorni quando ho percepito due cosmi conosciuti e molto
potenti" iniziò a raccontare il dio "Non pretendo di dare
una
mano durante lo scontro nelle condizioni in cui sono, ma ho pensato di
poter essere utile in altro modo"
"Sai qualcosa riguardo ad Efesto e ai suoi Ciclopi?" gli chiese Ikki.
"Non è mai stato un tipo bellicoso. E' strano vederlo in
questa
veste e devo dire che è sempre stato sottovalutato. Ha armi
molto potenti a sua disposizione e in una di queste è stata
intrappolata Afrodite"
"Intrappolata?" scattò Hyoga, andando a pararsi davanti a
Poseidone "Che significa, spiegati!"
Il comportamento irruento del Cavaliere non scompose Julian, che prese
un profondo respiro e iniziò a spiegare.
"Afrodite è caduta vittima del Trono di Era" Saori
spalancò gli occhi al sentir nominare l'arma di Efesto, ma
gli
altri guerrieri non parvero capire, perciò Poseidone
continuò.
"E' un trono d'oro di raffinata fattura, forgiato ai tempi del mito da
Efesto per punire Era del disprezzo che aveva dimostrato nei suoi
confronti. Anche allora i guerrieri devoti ad Era dovettero ingaggiare
un'ardua battaglia contro i Ciclopi per liberare la loro dea e anche
velocemente. Il Trono è strettamente legato ai cinque
guerrieri
di Efesto perchè ad ognuno di loro corrisponde un laccio
dello
scranno, capace di assorbire l'energia vitale di chi vi è
imprigionato. Solo sconfiggendo i cinque Ciclopi è possibile
liberare Afrodite dalla sua prigionia, e bisogna farlo prima che il suo
cosmo si esaurisca"
La spiegazione di Poseidone fece cadere un silenzio sepolcrale tra i
Cavalieri e il volto sconvolto del guerriero del Cigno era emblema del
sentimento che tutti in quel momento stavano provando.
"Non c'è un minuto da perdere quindi" sentenziò
allora
Saori, facendosi largo tra i ragazzi "Dobbiamo risalire il Vulcano il
più velocemente possibile"
"Potremmo dividerci in squadre" propose Shiryu "Siamo dieci e dobbiamo
affrontare cinque nemici. E' probabile che siano dislocati in vari
punti del sentiero, quindi si potrebbe percorrere i vari sentieri che
portano alla cima a coppie. Non sarà leale combattere in due
contro uno, ma non mi sembra che i Ciclopi siano mai stati altrettando
corretti con noi"
"Sono d'accordo" disse Seiya "Speriamo di beccarci l'accendino
ambulante, ho un conto in sospeso con lui"
"Strano, tu non hai mai conti in sospeso" commentò con amaro
sarcasmo Psiche.
"Non c'è tempo per scherzare, Cavalieri" li riprese Saori,
gli
occhi già velati di un'aurea dorata "Dividetevi in coppie e
percorrete i sentieri fino alla cima della montagna. Ayame ha
già perso molto del suo cosmo. Io resterò qui a
supportarla donandole il mio finchè non arriverete alla cima"
"Penserò io a proteggerti, Atena" si offrì
Sorrento, inchinandosi davanti alla dea, che sorrise e annuì.
Davanti a lei le coppie si erano formate: Shiryu sarebbe salito insieme
alla giovane Galatea, che aveva preso sotto la sua ala protettiva;
Psiche sarebbe stata affiancata da Ikki, Seiya da Aglaia, Hyoga da
Eufrosine e Shun da Talia. Saori osservò ciascuna delle
coppie
intensamente.
"Buona fortuna ragazzi" augurò poi loro, prima che i dieci
guerrieri schizzassero lungo i sentieri alla velocità della
luce.
Eccomi
tornata! Purtroppo gli aggiornamenti saranno più dilazionati
prossimamente, sto cercando di portare avanti altri progetti che si
erano arenati ma che sono riuscita a riprendere, perciò
pardonne
moi se potete!
Ecco il cap. 22, i nostri guerrieri tornano a combattere contro i
Ciclopi. Preannuncio che non sarò molto prolissa nelle
descrizioni dei combattimenti, per il semplice motivo che non sono
capace :D perciò arriveremo velocemente allo scontro finale
con
Efesto :)
La Sacerdotessa della scorsa volta era Galatea, quella di questo
capitolo sarà...(rullo di tamburi)...Eufrosine!
E ora i dovuti ringraziamenti a:
-ti con zero: grazie di tutto e bentornata tra noi! Spero che questo
capitolo ti piaccia! Un bacio alla prossima!
-kikka_hiwatari: già già, tutto nelle mani dei
nostri bronzini che si apprestano a scalare il monte :) grazie del
commento, buona lettura e fammi sapere che ne pensi, mi raccomando!
-Krisalia Kinomiya: scusa ancora per l'attesa invernale, ecco a te il
nuovo capitolo! Spero ti piaccia :) grazie del fedele commento e alla
prossima!
Grazie a tutti quelli che leggono solo, che seguono e preferiscono
questa ff :)
A presto!
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Capitolo 24 *** I tre Ciclopi ***
A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea
dell'Amore")
Capitolo 23 - I tre Ciclopi
Il respiro di Ayame si era
fatto via via
più faticoso, man mano che il Trono assorbiva il suo cosmo.
Lo
scatto d'ira che aveva provocato in Efesto aveva accelerato
notevolmente il processo, inducendola a pensare che fosse veramente
finita per lei e che l'arrivo di Saori coi rinforzi sarebbe stato del
tutto inutile. Sudore freddo imperlava la fronte e il viso della dea,
la cui vista ogni tanto si faceva offuscata.
L'aiuto di un cosmo conosciuto arrivò improvviso e piacevole
come una ventata d'aria fresca e Afrodite riprese lucidità e
parte delle forze, sufficienti affinchè riassumesse una
posizione sul Trono degna di lei. Incrociò subito lo sguardo
sorpreso e furente di Efesto, a cui quella ripresa non era sfuggita, e
un sorriso soddisfatto si dipinse sul suo volto.
"A quanto pare è arrivata la cavalleria" gli disse con
tagliente
ironia e una nuova speranza nel cuore. Atena era con lei, non l'avrebbe
abbandonata finchè non sarebbe stata libera dalla morsa di
quella trappola, e, insieme a lei, erano arrivati anche i Cavalieri e
le sue Sacerdotesse. Ne percepiva distintamente i cosmi che risalivano
le pendici del vulcano lungo diversi sentieri e altrettanto bene
sentiva le aure dei Ciclopi farsi loro incontro.
Efesto ritornò a scrutare oltre la coltre di nubi, non
più spavaldo e divertito ma serio e preoccupato per l'esito
di
quello scontro che poco prima aveva dato per scontato.
"Ci sono ancora cinque Ciclopi da sconfiggere, prima che tu sia libera
e i Cavalieri al mio cospetto. E' presto per cantar vittoria"
affermò con quanta più sicurezza possibile Efesto.
"Appunto, è presto. Non dimenticarlo mai" lo mise in guardia
Ayame "Anche se siamo dei ci sono variabili che non possiamo
controllare nè evitare di tenere in considerazione. Sarebbe
un
errore che si paga con la rovina e le divinità cadute sotto
i
colpi di Atena ne sono un esempio"
"Grazie per l'avvertimento, ma conosco anche io la storia dei miei
simili e non sono così stolto da non aver imparato nulla. Lo
ammetto, la mossa di Atena mi ha sorpreso, ma la tua vita è
legata ai miei Ciclopi e non è lei che dovranno affrontare,
ma
dei semplici mortali. Perciò, come vedi, la Bilancia pende
sempre a mio favore, senza contare l'asso nella manica chiamato
Palemone"
"Per ora, forse, ma non sottovalutare il nemico. Prevedo che ci saranno
svolte interessanti"
"Staremo a vedere. Stanno per iniziare degli spettacoli interessanti
quaggiù" sospirò "E' proprio un peccato che tu te
li
perda"
Ayame tornò allora a concentrarsi sui cosmi lungo il pendio,
alla ricerca di uno in particolare di cui seguire la risalita. Hyoga
stava percorrendo uno dei tanti sentieri sterrati insieme ad Eufrosine,
la quale faticava a tenere il passo del Cavaliere, spinto dalla
bramosia di salvare la ragazza a qulsiasi costo.
"Ehi, Principe Azzurro, rallenta!" gli intimò la
Sacerdotessa,
prendendolo per un braccio "Se arrivi spompato in cima al vulcano,
cadrai sotto i colpi di Efesto in un nanosecondo"
"Il cosmo di Ayame si sta spegnendo!" protestò lui, ma non
riuscì a liberarsi dalla presa ferma di Eufrosine.
"Atena è con lei e il processo è notevolmente
rallentato. Te ne saresti accorto se avessi rallentato un attimo"
Hyoga cercò allora di calmarsi e concentrarsi ed
effettivamente
riuscì a percepire il cosmo di Afrodite, meno debole di
quanto
si aspettasse.
"Non temere per me"
gli disse Ayame nella mente una volta sfiorata quella del Cavaliere "Concentrati sulla scalata e sui
nemici che dovrai affrontare.
Io ti aspetto qui"
"Resisti ancora un po',
Ayame. Sto arrivando"
ribattè Hyoga, lo sguardo perso oltre la cortina di bianche
nubi
di vapore che nascondevano la cima del vulcano ai suoi occhi.
Gli parve di sentirla sorridere e anche lui lo fece, quindi si
voltò verso Eufrosine.
"Hai ragione, scusami. Avevo perso di vista la nostra vera missione"
"Non c'è una vera missione e una falsa, Cavaliere, ma un
unico
obiettivo. Soltanto, per raggiungerlo occorre fare un passo alla volta
e non essere avventati. Non so quali siano le nostre
possibilità
di vittoria, ma agendo in questo modo sicuramente ne avremo di
più"
"Sì, sono d'accordo. Grazie" sorrise Hyoga un po'
più calmo nell'animo, come forse voleva Eufrosine.
Ripresero a camminare lungo il sentiero, a passo sostenuto ma
ragionevole per entrambi, finchè Hyoga non si
fermò di
colpo, in guardia.
"Che c'è?" domandò subito Eufrosine, aguzzando i
sensi.
Ciò che percepì le diede la risposta. "Non
è
possibile"
"Forse i sentieri si incrociano" azzardò Hyoga.
"O forse è un trucco"
"Imitare i cosmi degli altri è impossibile, Eufrosine"
"Ma non ingannare le menti. Potrebbe volerci far credere che stia
arrivando gente amica per farci abbassare la guardia" spiegò
la
Sacerdotessa, sempre guardandosi attorno.
"Allora non lo faremo, ma dobbiamo comunque proseguire"
Procedettero cauti ancora per qualche minuto, finchè non
raggiunsero un crocevia in cui altri due sentieri si intersecavano al
loro per diventare uno unico che continuava a risalire il monte. Hyoga
ed Eufrosine fecero per continuare, senza però perdere di
vista
gli altri due percorsi, quando un fruscio di foglie attirò
la
loro attenzione. Subito accesero i cosmi e si misero in guardia, gli
occhi puntati sul sentiero centrale e fittamente coperto di felci. Poco
dopo, assieme al fruscio sentirono una voce ansimare, come se qualcuno
stesse portando un peso. Hyoga ed Eufrosine si guardarono dubbiosi, per
poi tornare ad osservare il sentiero quando la voce emise un ultimo e
più acuto lamento e qualcosa di metallico cade a terra.
"Aglaia!" esclamò Eufrosine, riconoscendo la sorella d'armi,
corrucciata e affaticata. Quanto a Hyoga, stava cercando di capire il
motivo per cui Seiya era privo di sensi a terra.
"Che ci fate qui?" domandò la mora Sacerdotessa, ansimando
leggermente.
"Il nostro sentiero arriva fino qua insieme al tuo e a quell'altro"
spiegò Eufrosine.
"Perchè Seiya è...svenuto?" domandò
allora Hyoga, sempre guardando il compagno.
"E' come se si fosse preso una grandissima sbronza" rispose Aglaia
serafica, lanciandò uno sguardo schifato verso il Cavaliere.
"Ok, ma perchè?" insistette Hyoga.
"Non stava un attimo zitto nè diceva qualcosa di
intelligente"
"In più Aglaia non ha molta pazienza" aggiunse una terza
voce
femminile, proveniente dall'altro sentiero che giungeva all'incrocio e
appartenente a Talia. Poco dopo di lei apparve anche Shun, che
subitò rivolse a Seiya uno sguardo divertito. Anche a Hyoga
scappò una risata, ma si costrinse a tornare subito serio.
"Posso capire le tue motivazioni, Aglaia, ma sarebbe meglio se ora lo
facessi tornare sobrio"
"A me sembra di maggior utilità in questo stato, almeno per
le mie orecchie" ribattè la Sacerdotessa.
"Sì, ma se dobbiamo combattere serve che sia sveglio e
attivo.
So che può risultare un rompiscatole di prima categoria, ma
sul
campo di battaglia è uno che non si tira indietro e al
momento
ci sarebbe molto utile" spiegò di nuovo Hyoga.
Aglaia non si scompose più di tanto, ma si limitò
ad una
scrollata di spalle e ad uno schiocco di dita. Seiya, sotto di lei,
emise un lungo grugnito mentre riprendeva conoscenza e si tirava su a
sedere, tenendosi la testa.
"Che è successo?" domandò più a se
stesso che a
qualcuno in particolare. Realizzò poi la presenza degli
altri
guerrieri oltre ad Aglaia.
"Voi che ci fate lungo il nostro sentiero?"
"Siamo arrivati ad un incrocio comune" spiegò Shun
"Perciò dovremo continuare tutti assieme lungo questa strada
comune"
Seiya annuì e si alzò in piedi nonostante fosse
stato
incosciente fino a pochi secondi prima, sorridente e pieno di energie.
"Finalmente avrò qualcuno con cui parlare. Miss Simpatia qui
a
fianco si è rivelata peggio di Psiche, in quanto a sense of
humour"
Aglaia gli lanciò un'occhiata assassina, ma subito si fece
seria e concentrata, così come gli altri attorno.
"Sentite anche voi?" domandò Eufrosine, con tutti i sensi
all'erta.
"Sì" rispose Hyoga, ugualmente attento "Non ho mai sentito
questi cosmi, ma sono molto simili a quello di Palemone,
perciò
devono appartenere a qualche altro Ciclope che non abbiamo ma
incontrato"
"Per fortuna tua, Cavaliere di Atena!" aggiunse una voce tonante dalla
boscaglia, annunciando la comparsa di tre uomini in armature brillanti
dalle tonalità metalliche, dal fisico massiccio e
l'espressione
truce.
"Voi chi siete?" chiese loro Shun, posizionatosi insieme a Hyoga e
Seiya davanti alle Sacerdotesse.
"Siamo Ciclopi di Efesto, moscerino" rispose il più grosso
dei tre "Io sono Arge dell'Incudine"
Gli altri due si indentificarono come Bronte del Martello e Sterope
della Tenaglia.
"Dunque, a quanto ho capito, siete i pagliacci che dobbiamo sconfiggere
per raggiungere la cima" precisò Seiya, il cui cosmo si era
già acceso.
"Attento a chi chiami pagliaccio, moccioso" minacciò Bronte,
serrando contemporaneamente una mano a pugno, che subito venne
circondato da un'aura grigio cenere. Eufrosine bloccò,
però,
l'attacco ancora prima che partisse, immobilizzando il braccio di
Bronte con un ramo d'ulivo. Il Ciclope guardò furente la
pianta
e si liberò con uno strattone.
"Era giusto per ricordarti che ci siamo anche noi" spiegò la
Sacerdotessa, affiancandosi ai Cavalieri assieme ad Aglaia e Talia.
"Solo perchè siete in sei pensate di avere la vittoria in
pugno?" chiese ghignante Sterope e alla sua risata si unirono gli altri
Ciclopi.
"Non siamo tipi da sottovalutare il nemico" rispose Hyoga "Ad ogni modo
abbiamo una certa fretta, quindi, se non vi dispiace, iniziate a
combattere"
"Se avete così tanta fretta di andare all'altro mondo, ben
felici di accontentarvi!"
I tre Ciclopi si lanciarono all'attacco, ingaggiando una lotta serrata
ciascuno con due guerrieri, cui seppero tener testa senza troppe
difficoltà anche grazie alla considerevole mole. Cavalieri e
Sacerdotesse li attaccavano come se stessero combattendo da soli, senza
una tattica precisa, risultando così prevedibili e
vulnerabili.
Con un potente destro Arge spedì contemporaneamente Shun e
Talia contro un albero, il cui tronco si spezzò a cadde
rumorosamente a terra, mancando di poco i due combattenti, ma
nascondendoli alla vista del Ciclope sotto le sue fronde.
"Così non va affatto bene" ansimò Talia "Saremo
sopraffatti in un batter d'occhio se continuiamo a combattere a
casaccio"
"Hai ragione" asserì Shun "Presi singolarmente sono forti
come due di noi messi assieme, e scommetto che hanno qualche asso nella
manica che non hanno ancora rivelato"
"E che ci schiaccerà come sardine inscatolate"
A riprova delle loro supposizioni, in aria si levò potente
il grido unisono dei tre Ciclopi, che lanciarono il loro Attacco
Combinato contro i quattro restanti guerrieri avversari, atterrandoli
all'istante. Hyoga ricadde pesantemente tra i rami dell'albero, vicino
a Shun. Era ricoperto da numerose ferite non gravi, ma la potenza del
colpo gli aveva mozzato il respiro.
"Hyoga!" lo chiamò Shun, ma il Cavaliere del Cigno non fece
in tempo a rendersi conto dell'amico che Sterope lo prese per il collo
e lo sollevò sopra di lui.
"E tu saresti la cimice che ha scatenato l'ira del nostro signore? Se
non avessimo l'ordine preciso di farti fuori, ti lascerei a strisciare
nella polvere, tanta è la pena che mi fai"
"Risparmiami la tua pietà, Ciclope" ribattè a
fatica Hyoga, tentando di resistere alla morsa della sua mano "Sappi
che non mi arrenderò così facilmente. Ho una
missione da compiere per cui sarei felice di sacrificare la mia vita,
ma non qui e non per mano tua"
"Temerario il paperotto!" rise Bronte, andando ad affiancare Sterope
"Vorrà dire che, come premio, sarai l'ultimo a soccombere
sotto il nostro Attacco Combinato. Ma lascia che ti anticipi una
cosuccia: nella remota ipotesi in cui tu riesca a sconfiggere tutti e
tre - molto remota, oserei dire - scordati di raggiungere la cima del
vulcano con ancora un briciolo di vita in corpo. Sei il ricercato
numero uno e la taglia sulla tua testa è molto alta. Non hai
scampo"
Sterope lo lasciò ricadere tra i rami con poca grazia. Le
mani di Hyoga corsero subito alla gola e prese a tossire forte. Shun,
che aveva assisitito a tutta la scena da sotto le fronde, raggiunse
l'amico per sincerarsi sulle sue condizioni.
"Ehi, tutto bene?"
"Dobbiamo escogitare qualcosa, altrimenti non riusciremo mai a
sconfiggerli" biascicò il Cavaliere, mentre in sottofondo
Seiya e le altre due Sacerdotesse avevano ripreso ad attaccare senza
esclusione di colpi, ma restando sempre in netto vantaggio. Anche Talia
si unì a loro e prese a suonare il suo Canto del Passero,
che riuscì a bloccare i tre Ciclopi. Continuando a suonare,
la Sacerdotessa lanciò un'occhiata eloquente in direzione di
Shun, che ritornò allo scoperto e, aiutato Hyoga a
rialzarsi, raggiunse i compagni al centro dell'incrocio.
"Serve inventare qualcosa di efficace, altrimenti non ne usciamo vivi"
disse Shun, mentre insieme a Hyoga rimetteva in piedi gli altri.
"E possibilmente alla svelta" aggiunse Hyoga "Non so per quanto ancora
possa andare avanti Talia".
"Forse ho un'idea" si fece avanti Eufrosine "Noi Grazie abbiamo un
attacco combinato, ma serve solo a intontire l'avversario, non lo mette
definitivamente al tappeto"
"Però può liberare a voi la strada per dare ai
Ciclopi il colpo definitivo" continuò Aglaia, dopo aver
compreso la proposta della compagna.
"Non possiamo fare altro che tentare" concluse Seiya, in accordo con
gli altri due Cavalieri.
Le Sacerdotesse annuirono e si andarono ad affiancare a Talia.
Eufrosine le disse qualcosa nell'orecchio e la Sacerdotessa
cambiò melodia, emettendone una più lenta e
soporifera. Contemporaneamente Aglaia incrociò le braccia
davanti a sè e su di esse presero a crescere dei sottili
rami di mirto carichi di foglie e bacche, da cui scaturì una
piacevole fragranza che profumò tutta l'aria attorno,
concentrandosi soprattutto attorno ai tre Ciclopi. Eufrosine, invece,
chiuse gli occhi e congiunse le mani, da cui partirono fasci di luce
bianca che incanalarono ulteriormente la melodia e il profumo verso gli
avversari. I Ciclopi iniziarono a sentirsi rintontiti e assonnati e
tentarono di rimanere in piedi nonostante l'ebbrezza e la sonnolenza.
"Adesso, Cavalieri!" esortò infine Aglaia, sempre
concentrata sugli obiettivi.
Shun, Seiya e Hyoga non se lo fecero ripetere due volte e, come le loro
tre compagne, concentrarono il Fulmine di Pegasus, la Polvere di
Diamanti e la Catena di Andromeda alla massima potenza contro i
Ciclopi, i quali, a causa dei sensi rallentanti, non fecero in tempo a
parare i colpi e vennero sbalzati in aria. Le loro armature andarono in
frantumi prima che i loro corpi ricadessero a terra senza vita.
Percependo i loro cosmi azzerati, i Cavalieri e le Sacerdotesse si
concessero un sospiro di sollievo. La mente di Hyoga andò
subito a cercare il cosmo di Ayame. La maggior parte del cosmo che era
stato assorbito tornò in lei e la velocità di
assorbimento diminu notevolmente. Il Cavaliere del Cigno si concesse un
sorriso trionfante ma anche carico di impazienza. Ormai solo un
ostacolo lo divideva dal liberare Ayame e il mondo dalla minaccia di
Efesto. Bastò solo quel pensiero a fargli riprendere le
forze per andare avanti.
PERDOOOOOOOOOOONO per
questa attesa interminabile, ma ho promesso che porterò a
termine questa fic e così sarà, parola di Martyx
:D
E via! Tre Ciclopi fatti fuori in un colpo solo! Non è che
non abbia voglia di descrivere tutti gli scontri, però era
carino vedere le tre donzelle in azione assieme a far ubriacare tre
omoni grandi e grossi...o no? Inoltre penso che vedere Seiyaprivo di
sensi dalla sbronza indotta di Aglaia sia impagabile XD. A proposito,
ecco la mia versione della Sacerdotessa del Mirto:
And now, i dovuti ringraziamenti a chi con tanta pazienza segue ancora
questa fic :)
-kikka_hiwatari: grazie per il fedele commento e per gli auguri, spero
che questo cap un po' più movimentato ti piaccia :) a presto!
-Krisalia Kinomiya: chiedo perdono per la mancata razione di
Hyosità, spero che questo cap in cui è
protagonista ti faccia tornare il buon umore :) grazie dei tuoi
commenti!
Grazie anche a chi, nonostante tutto, continua a leggere, seguire e
preferire questa fic :)
A presto (spero)!
|
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Capitolo 25 *** Spine di Rosa ***
A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea
dell'Amore")
Capitolo 24 - Spine di Rosa
Con entrambe le gambe e un
braccio libero, la sensazione di prigionia che fino a quel momento
aveva oppresso Ayame si attenuò, anche grazie alla
riacqiuisizione del cosmo che i tre lacci le avevano assorbito. Tre
Ciclopi abbattuti in un colpo solo era più di quanto si
sarebbe aspettata a così poca distanza dall'inizio della
battaglia e non potè fare a meno di rallegrarsene.
Significava che più della metà del lavoro dei
Cavalieri e delle Sacerdotesse era compiuto.
Bttò un rapido sguardo al suo carceriere, appostato sul
ciglio dell'altopiano. Efesto sembrava non troppo preoccupato dalla
pesante perdita, probabilmente confidava nelle capacità dei
due Ciclopi rimasti ed era convinto che avrebbero saputo ripareggiare
gli equilibri.
Stando a quanto si ricordava dei due guerrieri, Ardalonon sembrava
costituire un grosso pericolo, mentre Palemone, arricchito
dall'esperienza data dalla sua longeva età, era molto
più potente e determinato a soddisfare il suo signore, allo
scopo di raggiungere il suo egoistico obiettivo di divenire immortale.
Suo grande punto debole era, però, l'eccessiva superbia.
Nonostante questo, Ayame sapeva che non si sarebbe fermato
finchè non avesse ucciso Hyoga, come Efesto desiderava, e
questo lo rendeva oltremodo temibile.
La dea tornò a concentrarsi sugli scontri lungo il pendio
del vulcano. Il gruppo reduce dal primo confronto continuava compatto
la sua salita e non sembrava troppo provato dal combattimento. Proche e
Ikki stavano risalento invece dal lato destro della montagna, Shiryu e
Galatea da quello sinistro. nessuna delle due coppie sembrava aver
ancora incontrato difficoltà.
Una grande esplosione di energia attirò l'attenzione di
Ayame su Psiche e Ikki, la cui corsa era appena stata bruscamente
interrotta da un Ciclope. Un altro scontro stava per cominciare.
Nonostante l'attacco a sorpresa, Psiche e Ikki riuscirono a restare
illesi evitando la lama di energia lanciata contro di loro e che aveva
aperto una grossa crepa nel terreno, lasciando intravedere un sottile
filo di lama incandescente tra i due lembi.
I due combattenti, uno su ciascun lato della fenditura, si misero in
guardia, in attesa che il nemico si facesse avanti. L'eco di una
divertita risata raggiunse le loro orecchie, poco dopo il cosmo di
Ardalo della Scure divenne percettibile e il Ciclope si
mostrò ai suoi avversari.
"Fortunato me!" esclamò fingendo sorpresa nel vederli "Mi
trovo davanti al Cavaliere e alla Sacerdotessa più forti
delle schiere di Atena e Afrodite"
"E non stai tremando di paura" constatò Psiche, sull'onda
dell'amara ironia di Ardalo "Notevole!"
"Perchè dovrei? Sarei in grado di sconfiggere entrambi con
una mano sola"
"La superbia nan ha mai aiutato sul campo di battaglia, Ciclope" lo
ammonì Ikki, rimasto invece serio e impassibile.
"Fossi in te, Cavaliere, oenserei con più apprensione alla
mia vita che ai difetti altrui"
Detto questo, Ardalo lanciò il suo primo Fendente Letale,
dando inizio allo scontro. In breve la lotta fu serrata e iniziarono a
saettare rose e piume di fenice, che il Ciclope evitò con
notevole agilità per poi rispondere con Fendenti di
eguale potenza. La superiorità numerica
avantaggiò Ikki e Psiche finchè la stanchezza non
sopraggiunse e i colpi di Ardalo presero ad andare a segno.
Che non fosse un avversario da sottovalutare, lo avevano saputo fin da
subito, ma mai si sarebbero immaginati che il Ciclope dimostrasse tanta
resistenza. Era anch'egli affaticato e solo qualche graffio gli segnava
le carni lasciate scoperte dall'armatura, ma l'intensità del
suo cosmo non sembrava diminuita, così come la sua
determinazione.
"Vi vedo un po' in difficoltà, signori" li
schernì con un sorrisetto sbieco.
"Non è un problema che ti riguarda" sbottò subito
Psiche.
"Ma non posso fare a meno di notare che sia una situazione quantomeno
curiosa" continuò Ardalo, avanzando di qualche passo "I
numeri dovrebbero dare ragione a voi, invece, a giudicare dal vostro
fiato corto, mi sembrate in notevole difficoltà"
Il Cavaliere e la Sacerdotessa non risposero, ma rimasero a guardare
accigliati il Ciclope.
"Voglio perciò essere magnanimo con voi" proseguì
questi, sollevando la mano destra "Combatterò usando solo
una mano, come già vi avevo anticipato. Così
saremo ad armi pari"
"Come osi?!"
Gli occhi di Psiche si ridussero a due fessure sottili mentre
inceneriva Ardalo con lo sguardo. Ikki le afferrò deciso una
spalla, intimandole silenziosamente di non agire in modo avventato,
quindi prese la parola.
"In quanto guerrieri devoti ad una divinità, abbiamo un
onore da manterere e con questa offerta tu lo stai calpestando" disse
senza mezzi termini "Combatteremo tutti quanti al meglio delle nostre
possibilità, come abbiamo fatto sino ad ora, e chi
sarà obiettivamente più forte vincerà"
"Rifiutate quindi la mia vantaggiosa proposta?" si sorprese Ardalo.
"Hai sentito quello che ha detto, no?"
Il Ciclope sorrise maligno al tono impaziente di Psiche, la rosa
già in mano, pronta ad essere lanciata.
"Bene" disse infine, non trovando nessun segno di cedimento negli
sguardi dei suoi avversari "Cercherò di farvi morire con
dignità"
Il colpo che lanciò subito dopo fu talmente rapido che
nè Psiche nè Ikki riuscirono ad evitarlo,
tantomeno a pararlo. Finirono entrambi contro gli alberi radi che
crescevano sulle pendici del monte. Ikki riuscì a
riprendersi in tempo per evitare un secondo attacco, diretto solo alui.
Si slanciò di lato e nel punto in cui prima era appoggiata
la sua testa Ardalo aprì un buco che attraversava l'intero
tronco dell'albero. Il successivo scricchiolio emanato dalla pianta in
procinto di cadere distrasse il Ciclope quel tanto che bastò
al Cavaliere della Fenice per riuscire a colpirlo.
Ardalo provò a ripararsi, ma la potenza del colpo associata
alla vicinanza da cui era stato lanciato lo sbalzarono di parecchi
metri, facendolo atterrare su una macchia di cespugli che fiancheggiava
il sentiero.
Il tronco si spezzò del tutto e il fusto dell'albero prese a
cadere proprio in direzione di Psiche, ancora a terra dolorante.
Immediatamente Ikki scattò e spostò in malo modo
la Sacerdotessa dalla traiettoria di caduta.
Il tonfo arrivò pochi secondi dopo e l'albero
mancò i due guerrieri di neanche un metro.
Passato il pericolo, Ikki si sollevò da terra quel tanto che
bastava per non gravare su Psiche, ancora visibilmente disorientata.
Alla Sacerdotessa bastò uno sguardo all'albero abbattuto per
capire a quale pericolo fosse scampata.
"Tutto bene?" le chiese Ikki, non seppe dire se per semplice
formalità o perchè era veramente preoccupato. Non
si erano rivolti la parola per tutto il tragitto. Psiche aveva sempre
camminato dietro al Cavaliere, il quale non si era mai voltato verso di
lei, nemmeno per verificare che ci fosse ancora. Aveva provato, ogni
tanto, a fissare intensamente la sua schiena, ma senza ottenere alcun
effetto. Ikki si era poi fermato all'improvviso e, sempre dandole la
schiena, aveva provveduto a spegnere ogni minima speranza ancora nel
cuore della ragazza.
"Per il tuo bene, lascia perdere" le aveva detto, senza giri di parole
"Come di ho detto quella sera al porto, non sono più in
grado di amare qualcuno all'infuori di mio fratello. E' una causa
persa, abbandonala"
Psiche non aveva ribattuto, schiacciata da quell'inaspettata e dolorosa
intimazione. Di nuovo tra loro era caduto il silenzio, forse
più pesante delle parole del Cavaliere. La Sacerdotessa
aveva ricacciato in fondo al cuore il magone a fatica e per tutto il
tempo aveva evitato lo sguardo di Ikki. Si costrinse a farlo anche in
quel momento, prima di rispondere al ragazzo con un asciutto
"Sì, sto bene"
Ikki non idagò oltre e si rimise in piedi, tornando a
guardare in direzione di Ardalo, anch'egli pronto per un nuovo attacco.
Il colpo infertogli da Ikki aveva avuto i suoi effetti, un rivolo di
sangue correva lungo la guancia del Ciclope e l'elmo non gli copriva
più il capo.
Con un bazo Ardalo fu di nuovo sul sentiero, in guardia come i suoi
avversari.
"Ora è il mio turno"
Psiche scartò di lato e sorpassò il Cavaliere,
per poi lanciarsi contro l'avversario. Dalle sue mani partirono tre
rose che il Ciclope prontamente evitò. Quando furono uno di
fronte all'altro, la Sacerdotessa spiccò un salto e si
portò sopra di lui. Colto di sorpresa, Ardalo
sollevò lo sguardo giusto in tempo per vedere un cerchio di
rose scendere verso di lui e circondarlo.
"Spine di Rosa!" urlò Psiche, e i fiori lanciati poco prima
prolungarono i loro steli andando a imprigionare Ardalo, la cui carne
venne dilaniata dalle numerose spine che adornavano i tralci. Il sangue
del Ciclope inizò a colare lungo gli steli, la cui stretta
aumentava sempre di più. Gli sforzi di Ardalo per liberarsi
acceleravano poi l'effetto dell'attacco. Psiche atterrò alle
sue spalle, tra le dita teneva la candida rosa dell'Abbandono
dell'Amore. Con lentezza disarmante aggirò l'avversario
imprigionato, sempre giocherellando col fiore.
Ardalo la guardò sprezzante. "Non penserai che basti
così poco a mettermi fuori gioco, vero?"
Psiche non parve ascoltarlo, intenta a studiare ogni singolo petalo
della rosa bianca. Ardalo si agitò nella morsa in cui era
costretto.
"Io non lo farei" sugger' disinteressata Psiche, senza alzare lo
sguardo "Più ti muovi, più le spine penetreranno
nella tua carne, più sangue perderai"
"Beh, non ho assolutamente intenzione di morire dissanguato"
Il Ciclope si mosse ancora e le spire si strinsero ulteriormente
attorno a lui.
"Nemmeno io ho intenzione di aspettare tutto questo tempo"
Psiche avvicinò la corolla immaccolata della rosa alla
guancia insanguinata di Ardalo e i suoi petali si venarono subito di
rosso.
"Con questa rosa piantata nel cuore, tutto l'amore che in esso
è contenuto verrà assorbito e la corolla pian
piano diventerà rossa, lasciandoti allo stato di un vegetale
incapace di qualsiasi buon sentimento"
"E' questa l'alternativa che mi si prospetta?" chiese Ardalo,
ostentando la maggior sicurezza possibile.
"Preferisci l'oblio del Palazzo di Zefiro, forse? O magari il Fantasma
Diabolico"
Psiche accennò col capo a Ikki, in parte divertito dalla
melliflua crudeltà della Sacerdotessa.
"Non uno dei colpi che mi hai elencato mi ucciderà sul
momento"
"E' vero, ma di sicuro ci renderebbe più facili le cose"
asserì Ikki, prima di lanciare numerose piume di fenice che
recisero i tralci delle rose di Psiche. Ardalo cadde sulle ginocchia,
ansimante.
"Tuttavia non è onorevole morire senza avere la
possibilità di difendersi"
"Sei completamente impazzito?" protestò la Sacerdotessa.
Ikki la ignorò, concentrato anima e corpo sul suo nemico.
Nonostante l'ingente quantità di sangue perso, il suo cosmo
era ancora potente e in quel momento ardeva fino ai limiti estremi.
"Un solo colpo, Cavaliere" ringhiò Ardalo mentre si
rimetteva in piedi "E verrà deciso chi sarà il
vincitore"
Ikki annuì serio.
"Ikki, non puoi fare di testa tua"
Psiche avanzò risoluta verso il Cavaliere, con tutte le
intenzioni di fermarlo, ma questi la spinse via in malo modo e senza
neppure degnarla di uno sguardo. Accese quindi il cosmo, pronto a
scagliare contro Ardalo le Ali della Fenice. Le continue proteste della
Sacerdotessa divennero presto un suono distatene e appena percettibile.
Nelle sue orecchie aveva solo il battito del suo cuore e il rumore dei
passi suoi e di Ardalo, sempre più vicino e già
con la mano a taglio alzata.
Spiccarono il salto contemporaneamente, i loro colpi si scontrarono
all'apice della parabola in un bagliore argento e arancione che
accecò Psiche, rimasta suo malgrado a terra e costretta ad
osservare l'epilogo dello scontro senza esserne protagonista.
Con sincronia perfetta, i due avversari atterrarono pochi secondi dopo,
con leggerezza, il ginocchio coperto dalla corazza poggiato a terra e
lo sguardo basso.
"Sei degno della tua fama, Ikki di Phoenix" disse Ardalo con un amaro
sorriso sulle labbra. Sollevò poi lo sguardo ad incontrare
gli occhi azzurri di Psiche, poco distante.
"Avrei voluto battermi anche con te"
La confessione del Ciclope fu seguita da un colpo di tosse e numerose
gocce di sangue caddero sul terreno.
"Peccato"
Ardalo perse l'equilibrio e si accasciò di lato, un rivolo
di sangue che usciva dall'angolo della bocca, gli occhi spenti ancora
semi-aperti.
Psiche fissava il corpo inerme del Ciclope con gli occhi sbarrati e la
mente vuota. Notò comunque Ikki che si alzava e si voltava
verso l'avversario caduto, concedendogli uno sguardo di pochi secondi,
prima di rivolgersi alla Sacerdotessa.
"Mi dispiace"
Psiche sollevò lo sguardo, sorpresa e confusa.
"Non meritava la morte lenta che gli stavi infliggendo"
"Invece io meritavo questo trattamento, secondo te"
Non era una domanda, ma una dura affermazione. Ikki non
ribattè, vedeva dallo sguardo della ragazza che l'invettiva
non era finita.
"Ascoltami bene, Cavaliere. Puoi illudermi, puoi ignorarmi, puoi
maltrattarmi, puoi persino spezzarmi il cuore, ma fino a prova
contraria sono una Sacerdotessa di Afrodite, una guerriera tua pari,
perciò non ti è permesso di impedirmi di fare
ciò per cui sono nata: combattere per la mia dea e
difenderla a costo della vita. Non so se ciò che hai fatto
sia stato per evitarmi una morte certa, un gesto compassionevole verso
Ardalo o un puro atto egoistico e sinceramente non mi interessa. Sta di
fatto che non dovrà mai più succedere"
"Ti ho già detto che mi dispiace" ribattè freddo
Ikki.
"Non me ne faccio niente delle tue scuse!" urlò Psiche di
rimando, con le lacrime agli occhi dalla rabbia "Hai già
interferito abbastanza con la mia vita e sei andato oltre il limite. Da
questo momento in avanti la nostra squadra non esiste più e
le nostre strade si divideranno, e puoi giurarci che farò in
modo che non si incontrino un'altra volta"
Senza dargli la possiblilità di replicare, la Sacerdotessa
superò Ikki e riprese il suo cammino verso la cima del
vulcano. Non un'emozione era trasparita dagli occhi scuri del Cavaliere
della Fenice, aveva ascoltato lo sfogo di Psiche senza batter ciglio
nè interromperla, si era assunto la
responsabilità delle sue colpe.
Per il bene di Psiche, anche lui avrebbe fatto in modo che le loro
strade non si incrociassero più.
Dai, questa volta sono
stata brava e non vi ho fatte aspettare tanto (chi è
rimasto, ovviamente) :)
La lunga attesa per il cap precedente si è fatta sentire,
visto il semi-deserto di commenti, ma non importa, qualcuno ha comunque
letto e a prescindere da tutto questa storia verrà
terminata, anche perchè la mia mente diabolica sta
elaborando una specie di sequel (me spera che questo stuzzichi
l'attenzione ^^).
Poco Hyo-Aya in questo cap, ma scoppia ahimè una coppia :(
povera la nostra Psiche, che qualcuno la consoli!!
A questo punto, ringrazio kikka_hiwatari per il suo fedele commentuccio
:) spero che questo cap sia di suo gradimento, c'è un po'
più di action ma siamo quasi alle battute finali e, per
restare in stile Kurumada, non se ne può fare a meno ;)
grazie anche a chi segue la storia, la preferisce e la legge soltanto.
A presto!
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Capitolo 26 *** Nati dall'avorio ***
A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea
dell'Amore")
Capitolo 25 - Nati dall'avorio
Un altro potente cosmo si
spense, il quarto
nell'arco di breve tempo. Erano partiti da poco più di
un'ora e
a quanto pareva solo un ultimo Ciclope mancava da sconfiggere. Galatea
rallentò il passo fino a fermarsi.
"Hai sentito?" domandò al suo compagno si squadra, non
riuscendo a nascondere la nota d'ansia che permeava la sua voce.
Anche Shiryu si fermò e, scrutando tutt'attorno con gli
occhi scuri, annuì.
"A questo punto resta solo Palemone"
Alla constatazione del Cavaliere, Galatea trattenne per un istante il
respiro. Nonostante essere insieme a Shiryu le infondesse sicurezza, la
prospettiva di un nuovo scontro col fratello la mandava in apprensione.
Insieme, già una volta erano riusciti a sconfiggerlo, ma
qualcosa in lei le diceva che in quel frangente non sarebbe stato
altrettando semplice, tutt'al più per il fatto che era
l'ultimo
Ciclope rimasto in vita.
"Non temere, Galatea" cercò di rassicurarla il Dragone,
stringendole affettuosamente una spalla "So che puoi farcela. Ricorda
ciò che ti ho detto all'aeroporto"
Galatea trasse un sospiro profondo e annuì, cercando di
sembrare
il più sicura possibile. Shiryu le sorrise e le si
affiancò per riprendere il cammino.
"Ti va di spiegarmi meglio che legame c'è tra te e Palemone?
Se
ho ben capito, la vostra nascita risale a tempi molto antichi"
"E' così" rispose Galatea senza esitazioni, per poi iniziare
a
raccontare "Io e Palemone siamo nati ai tempi del mito, quando tutte le
leggende tramandate sino ad oggi stavano avendo luogo. Non nascemmo,
come tutti i bambini, da una madre normale. Nostro padre, Pigmalione,
perse la sua amata precocemente, prima che potesse dargli degli eredi.
Deciso a restare fedele al suo amore, non si risposò, ma
scolpì due statue d'avorio
con l'aspetto che avrebbe voluto avessero i suoi figli. Ci mise
così tanta passione e così tanto amore che, a
lavoro
compiuto, attese una notte intera che le statue iniziassero a parlare.
Quando, però, realizzò che erano solo statue, la
disperazione lo colse e pregò gli dei che esaudissero il suo
desiderio di avere dei figli, altrimenti si sarebbe tolto la vita.
"Afrodite ascoltò la sua preghiera e ne parlò
all'allora
suo sposo, Efesto, e insieme decisero di esaudire l'accorato desiderio
di Pigmalione. Si presentarono a lui in sogno quella notte stessa,
dicendogli che avrebbero dato vita alle due statue a patto che i figli
venissero consacrati alle due divinità e le servissero come
guerrieri. Pigmalione accettò l'offerta.
"La mattina seguente, al suo risveglio, memore del sogno, Pigmalione
corse nella stanza dove teneva le due statue e vi trovò
solamente due piedistalli vuoti. La porta che dava all'esterno era
aperta e, una volta varcatala, vide due giovani, un ragazzo e una
ragazza, con le esatte fattezze delle sue statue, che si guardavano
intorno attoniti e sorpresi. Efesto e Afrodite ci avevano dato
realmente la vita e ci avevano anche spiegato il patto stipulato con
nostro padre, ma in quel momento tutta la nostra attenzione era per
quel mondo ai nostri occhi nuovo. Sentimmo Pigmalione cadere in
ginocchio e piangere di gioia e, voltatici verso di lui, lo
riconoscemmo immediatamente come il nostro creatore. Quando gli fummo
vicini ci abbracciò con foga e ci disse che eravamo
esattamente
come ci aveva immaginati, terribilmente simili alla sua defunta moglie.
"Ci diede i nostri nomi e, da quel giorno, per noi iniziò
una
semplice vita da umani. Io ero stata concepita come figlia minore di un
paio d'anni rispetto a Palemone, ma nonostante questo fummo subito
inseparabili. Amavo mio fratello e mio padre più di ogni
cosa al
mondo e sapevo che per loro era lo stesso.
"Efesto e Afrodite ci reclamarono qualche anno dopo. Promettemmo a
nostro padre che saremmo tornati non appena ci fosse stato possibile,
dopodichè non vidi più Pigmalione nè
Palemone per
molti mesi, durante i quali Afrodite mi addestrò come sua
Sacerdotessa, assieme alle altre mie quattro compagne. Era la
più giovane e inesperta delle cinque, ma la
volontà di
mantenere la promessa fatta a mio padre mi spinse a non arrendermi mai.
La dea mi aveva preso sotto la sua ala protettrice, mi considerava una
sua creatura, e per questo le sono ancora eternamente grata.
"Iniziai ad avere notizie di Palemone da altri guerrieri consacrati
alle divinità. A quanto pareva era dotato per il
combattimento e
in breve era diventato il miglior Ciclope delle schiere di Efesto,
temuto e rispettato dai suoi compagni. Ero così fiera di
lui, ma
non sapevo che oltre al talento fosse cresciuta in lui anche un'innata
superbia, che
mai era uscita quando vivevamo con nostro padre. Ispirato dalla storia
di Prometeo e bramoso della vita eterna, Palemone approfittò
della fiducia che Efesto riponeva in lui per rubare il Fuoco Sacro
dalle sue fucine, intenzionato a restituirlo solo in cambio
dell'immortalità. Si credeva talmente scaltro e potente da
non
pensare affatto alla supremazia degli dei sugli uomini. Efesto ebbe
ragione di lui in breve tempo e sottopose il suo caso al consiglio
degli dei. La decisione di Zeus fu immediata e irremovibile: Palemone
sarebbe tornato ad essere ciò che era in origine, una statua
d'avorio.
"Afrodite, però, si oppose facendo notare che la punizione
si
sarebbe estesa anche a me, che di colpe non ne avevo. La
ritrasformazione, infatti, richiedeva la partecipazione di entrambe le
divinità e non poteva essere circoscritta solo a mio
fratello.
Zeus si dimostrò dispiaciuto della cosa, ma non voleva
correre
altri rischi. Gli stessi Efesto e Afrodite si premurarono di comunicare
la decisione degli dei a Pigmalione, il quale per la disperazione si
tolse la vita prima di rivederci trasformati nuovamente in statue
d'avorio. Afrodite
custodì la mia nel suo tempio a Cipro, Efesto fece lo stesso
con
mio fratello qui, a Vulcano. Avorio eravamo all'inizio e avorio
tornammo, fino al risveglio delle divinità"
Era la prima volta che Galatea ripercorreva la sua triste storia
davanti a qualcuno. Durante la sua precedente e breve vita non aveva
avuto rapporti se non con la sua famiglia e le sue compagne di
combattimento, ormai rilegate nella memoria delle leggende. Shiryu e i
suoi compagni erano stati i primi estranei entrati nella sua vita. Si
ricordava anche dei loro predecessori, nell'aspetto li ricordavano
molto. Si chiese come sarebbe stata la sua discendente se la sua vita
avesse continuato a scorrere senza intoppi.
"Le vostre vite sono unite anche nella morte?" chiese Shiryu curioso.
"Non lo so, ma non penso che Palemone avrebbe tentato di uccidermi la
prima volta se così fosse stato"
"Sì, lo penso anch'io. Anche perchè non sarebbe
giusto,
hai già pagato un prezzo alto per i suoi errori, ma seguirlo
fino
alla morte non sarebbe corretto nei confronti della lealtà
che
tu, invece, hai sempre dimostrato"
Galatea sorrise grata alle parole del Cavaliere e, in cuor suo,
sperò che il legame con Palemone si fermasse effettivamente
alla
trasformazione in avorio, altrimenti lo scontro imminente l'avrebbe
condannata per sempre.
Il cosmo tanto atteso finalmente si fece sentire, ma subito entrambi si
accorsero che Palemone non era sul loro cammino, bensì aveva
interrotto quello di altri.
Shiryu lanciò un rapido sguardo alla Sacerdotessa, che
gliene
restituì uno teso ma determinato. Ad un cenno del capo di
Galatea, il Cavaliere si inoltrò nella rada vegetazione in
direzione del cosmo di Palemone.
"Guarda, guarda, quanti bei pesciolini sono caduti nella rete!"
cantilenò Palemone una volta balzato sulla gabbia di lava
che aveva eretto attorno alle Tre Grazie, Shun e Seiya.
"Sei solo un vigliacco!" gli urlò contro Seiya, il pugno
già chiuso e pronto a lanciare il Fulmine di Pegasus, ma
Palemone rimediò subito bloccandoglielo dentro una nuova
colonna si lava.
"Via, Cavaliere, non costringermi a coprirvi totalmente di lava"
ghignò il Ciclope dall'altra parte della grata di roccia.
Pensando di non essere vista, Talia fece per imboccare il suo flauto,
ma un'altra vampata di lava la imprigionò completamente,
lasciandole solo il volto fuori. Subito dopo anche gli altri
prigionieri subirono la stessa sorte.
"A mali estremi" sospirò Palemone, per poi scendere dalla
gabbia e dirigersi verso un'altra colonna di lava, poco distante. Una
volta davanti ad essa, ne colpì a palmo aperto la punta, che
si sgretolò rivelando il volto ansimante e desideroso d'aria
di Hyoga.
"Scusa l'attesa, i tuoi amici sono stati difficili da acquietare"
"Non sei degno dell'armatura che porti, Palemone. La tua
slealtà ti rende pari al più infimo verme"
"Oh, temo di non poter sopportare quest'offesa" rise il Ciclope "Fossi
in te mi preoccuperei per la mia vita, invece di sputare inutili
ingiurie"
"Credi di avermi messo in scacco così facilmente?"
ostentò Hyoga, mentre si arrovellava per cercare una
possibile via di fuga.
"Amico, ne sono pienamente convinto! Inoltre è inutile che
ti scervelli, non c'è modo per liberarsi dalla Prigione di
Lava. Sei completamente alla mia mercè, ossia ad un passo
dalle porte degli Inferi"
Sul palmo di Palemone comparve una sfera infuocata che il Ciclope
iniziò ad avvicinare sempre più al volto di
Hyoga, rigato dal sudore per il calore emanato dal globo oltre che per
lo sforzo di liberarsi. Mentre il fuoco si faceva inesorabilmente
sempre più vicino, la mente del Cavaliere andò ad
Ayame. Non era stato in grado di salvarla. Come un allocco era caduto
nella trappola del Ciclope di fronte a lui e i suoi sogni erano sfumati
come neve al sole. Cercò di ricordare ogni particolare di
Ayame, del suo volto, del suo corpo, della sua voce, perchè
la sua fosse l'ultima immagine rievocata dalla sua mente,
perchè fosse l'ultima cosa vista mentre era in vita.
"Hyoga!"
riecheggiò la voce della ragazza nella sua mente.
"Perdonami, Ayame"
pensò lui di rimando "Non
sono stato in grado di salvarti questa volta"
"Non hai nulla da farti
perdonare, amore mio. Hai dimostrato il tuo valore, mi hai dimostrato
fino a che punto sei pronto a spingerti per me. E' molto più
di quanto io meriti"
"Avrei voluto vederti
un'ultima volta"
"Mi rivedrai"
disse inaspettatamente la voce, sicura "Apri gli occhi"
Hyoga obbedì, convinto di trovarsi davanti il sorriso
maligno di Palemone illuminato dalla sua sfera di fuoco, ma
ciò che gli si parò davanti fu un muro bianco e
liscio da cui spuntava la mano agitata del Ciclope, rimasta
imprigionata nella parete.
"Shiryu! Galatea!" urlò Shun dall'altra parte, prima che la
sua voce venisse coperta dal fragore di rocce frantumate.
Appena ebbe realizzato ciò che era successo dall'altra parte
del muro d'avorio, vide la mano di Palemone stringersi a pugno e, con
grande sforzo distruggere la parete liberando così il
braccio del Ciclope. Questi dovette subito rispondere ad un attacco
diretto di Shiryu, mentre la giovane Sacerdotessa balzava verso di lui,
una grande sfera azzurra tra le mani che rapida andò a
colpire la colonna di roccia in cui era imprigionato, liberandolo.
Il Cavaliere si rimise subito in piedi e fece per andare a dare
manforte al compagno, ma Galatea lo bloccò.
"No! Devi andare avanti e liberare Afrodite" gli ordinò
risoluta la giovane e, senza attendere risposta, gli diede le spalle
per andare a liberare gli altri guerrieri. Palemone, però,
liberatosi momentaneamente di Shiryu, la bloccò.
"Vai, Hyoga!" lo esortò nuovamente il Cavaliere del Dragone,
prima di riprendere a combattere contro il Ciclope per lasciarli libera
la via.
Hyoga ringraziò col pensiero entrambi, quindi
girò i tacchi e prese a correre a perdifiato verso la cima
del Vulcano, ormai prossima.
Buonasera e Buona Pasqua
a tutti!
Questo cap si è fatto attendere non tanto per la prima
parte, quanto per la seconda, che ho dovuto macchinare per bene :) non
è uscito lunghissimo, ma da qui cominciano le battute finali
dello scontro e un po' di suspance ci vuole. Inoltre devo preparere
bene l'incontro tra Hyoga e Ayame, non posso improvvisare ;P
Cooooomunque, per quanto riguarda la storia dei fratellini, ho dovuto
modificare il mito per esigenze di copione, spero che nessun
classicista la prenda a male!
Passando ai ringraziamenti, uno speciale va alla fedelissima
kikka_hiwatari, il cui commento alla mia storia non manca mai :) spero
che questo capitolo ti piaccia!
Ringrazio poi, come sempre, chi segue la storia, chi l'ha inserita tra
i preferiti e chi la legge soltanto :)
A presto!
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Capitolo 27 *** Redenzione ***
A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea
dell'Amore")
Capitolo 26 - Redenzione
L'eco dello scontro che si
stava svolgendo poco
sotto di lui raggiungeva a sprazzi le sue orecchie, alternata al
fruscio delle foglie sotto i suoi piedi veloci e allo schiocco dei rami
che si spezzavano al suo rapido passaggio.
Ogni urlo, ogni colpo, ogni tonfo sordo accresceva in Hyoga il
desiderio di fare dietro front e andare ad aiutare i suoi compagni. Ma
poi si ricordava che loro stavano combattendo per permettergli di
raggiungere sano e salvo la cima del vulcano e che, se fosse tornato
indietro, avrebbe rischiato di farsi uccidere e di rendere tutto vano.
Per questo motivo, ad ogni urlo, ad ogni colpo, ad ogni tonfo sordo,
Hyoga accelerava il passo della sua corsa, portando al limite il suo
corpo, fin quasia volare.
Il sentiero lo portò davanti ad un fiume di lava contornato
da
un colonnato cangiante e attraversato da una passerella di pietra lunga
abbastanza da permettere di arrivare dall'altra parte. Hyoga si
domandò se quella lastra fosse anche abbastanza resistente
da
impedirgli di sprofondare in quel fiume di fuoco.
Come aveva fatto Ayame non molto tempo prima, poggiò cauto
un
piede sul lastrone. Questo sprofondò di qualche millimetro,
ma
dimostrò di saper resistere la suo peso. Allo stesso modo si
comportò lungo tutto il percorso, finchè Hyoga
non raggiunse il
lato opposto del fiume.
Le colonne rosse, finito il fiume, adesso fiancheggiavano una grezza
scalinata ricavata direttamente dalla roccia e pervasa dal potere di
Efesto. Efesto che era lassù, assieme ad Ayame.
Non gli servirono altri incentivi per iniziare a salire la scalinata.
In breve si ritrovò avvolto da una densa nebbia impregnata
di
zolfo che gli impediva di vedere ad un palmo dal suo naso e che lo
costrinse a rallentare la corsa. Si accorse che la salita era terminata
quando, sollevato un piede per salire l'eventuale gradino successivo,
non trovò l'appoggio di quest'ultimo e si
sbilanciò in
avanti. Riacquistato subito l'equilibrio, allertò tutti i
sensi
nella speranza di percepire un eventuale attacco a sorpresa da parte di
Efesto.
Il caldo che avvertiva su quell'altopiano risultò
difficilmente
sopportabile, soprattutto per lui, padrone delle energie fredde. Presto
il sudore gli impregnò tutti gli abiti e alcune gocce
caddero
dalla fronte sui suoi occhi, annebbiandogli la vista già
compromessa dalla nebbia.
Nonostante tutto, Hyoga continuò a procedere, tra svuffi di
vapore e passi falsi in buche incandescenti, finchè la
nebbia
non iniziò a diradarsi e a permettergli di vedere
tutt'attorno.
Una sagoma indistinta si stagliò contro il bianco del
vapore.
Sembrava seduta e si muoveva energicamente, come a voler liberare
qualcosa che si era incastrato da qualche parte.
Hyoga socchiuse gli occhi nel tentativo di distinguere qualcosa di
più e mosse gli ultimi passi che lo portarono fuori dalla
coltre
di nebbia. Ciò che vide gli fece esplodere il cuore di gioia
e
rabbia allo stesso tempo.
Ayame era seduta su un trono dorato, ad esso legata da un etereo nastro
che le circondava il polso destro. Il suo cosmo divino era tornato
potente, anche se non nella sua pienezza e in parte aiutato da quello
di Atena.
La ragazza continuava a forzare il laccio, ma tutti i suoi sforzi si
risolvevano in un inutile spreco di energie. Fu lei per prima ad
accorgersi della presenza di Hyoga. Come lui, sembrò felice
e
scontenta allo stesso tempo.
"Hyoga! Cosa ci fai qui?"
Il Cavaliere accorse da Ayame, sordo all'allarmismo della dea, e
tentò di afferrare il nastro attorno al suo polso. Le sue
dita,
però, si chiusero a vuoto sul nulla.
"Non puoi fare niente per liberarmi" spiegò amareggiata
Ayame,
stringendo il pugno ancora chiuso di Hyoga con la mano libera.
Il Cavaliere sollevò su di lei uno sguardo contorto dalla
rabbia che gli suscitava il sentirsi impotente.
"Solo con la caduta di Palemone sarò libera"
"Palemone cadrà molto presto" promise solenne Hyoga "Ed
Efesto a seguire"
Prese tra le sue la mano di Ayame e se la portò alle labbra.
"Torneremo a Tokyo insieme, te lo prometto"
Afroidite sorrise, commossa da tanta determinazione, ma
tornò subito seria.
"Allora và via da qui" ordinò a Hyoga, che la
guardò sorpreso.
"Cosa?"
"Devi andare via oppure Efesto ti ucciderà"
A quelle parole, il Cavaliere si alzò in piedi e prese ad
espandere il suo cosmo.
"Che vanga pure. Io sono pronto"
"No, tu non capisci" insistette però lei, riportandolo alla
sua
altezza tirandolo per un braccio "Uccidere te è un desiderio
di
Josuke, non di Efesto. E' l'ultimo ostacolo per la completa simbiosi
tra i due. Finchè ciò non avviene le nostre
possibilità di vittoria restano buone. E, a parte questo,
non
sopporterei di vederti morire senza poter fare niente"
Di fronte al silenzioso pianto di Ayame, Hyoga non potè fare
altro che sorridere intenerito e sfiorare le labbra umide della ragazza
con le sue.
"Io sono un Cavaliere di Atena, Ayame" riprese poi lui, ancora
più risoluto "Scappare non è una parole che
appartiene al
mio vocabolario. E da quando ti ho conosciuta, non lo è
neanche
morire"
Hyoga si rialzò in piedi, senza mollare la presa
sulla mano di Ayame.
"Se ci sarà da affrontare Efesto, lo farò. E
resisterò finchè Palemone non sarà
sconfitto e tu
libera di prendere il mio posto per sconfiggerlo definitivamente"
"Un proposito onorevole, Cavaliere"
La voce melliflua di Efesto li raggiunse dalla sinistra di Hyoga.
Questi si voltò verso il nuovo interlocutore senza il minimo
accenno di timore. Efesto stava avanzando, armato e coperto dalla sua
armatura, con un sorriso spavaldo sul viso.
"Tuttavia mi sembra arduo da mantenere, non trovi?"
"Non lo metto in dubbio, ma non sarà questo a fermarmi"
Hyoga lasciò il confortevole tocco di Ayame per andare ad
affrontare il dio.
"Prevedevo che avresti risposto qualcosa del genere. Dopotutto, ho
imparato una cosa in questi giorni sul tuo conto"
Un bagliore infuocato passò rapido negli occhi di Efesto e
Hyoga
venne sbalzato via, molto oltre il trono su cui siedeva Ayame.
Il tono di Efesto, da mellifluo, divenne di colpo duro.
"Solo la morte è in grado di fermarti"
Una vibrazione sotto i suoi piedi avvertì Galatea che una
nuova
colonna di lava stava per emergere dal terreno. Fece un balzo
all'indietro appena in tempo per vedere il fluido infuocato
solidificarsi davanti ai suoi occhi. Non potè,
però,
contare mentalmente fino a uno che la roccia si frantumò,
lasciando Palemone libera di colpirla. Poco servirono le sue braccia
incrociate davanti al viso, la forza che il Ciclope aveva messo nel
pugno la spedì contro il tronco di un albero, che si
spezzò al duro impatto con la schiena di Galatea e cadde
rumorosamente, imprigionando la Sacerdotessa.
Palemone non ebbe il tempo di gioire che si trovò a dover
fronteggiare nuovamente Shiryu. Si sorprese della tenacia di
quell'uomo, ancora desideroso di combattere nonostante Palemone gli
avesse dimostrato più e più volte, in
quell'alternarsi di
scontri contro lui e Galatea, che Shiryu era lungi dall'essere alla sua
altezza.
Schivò con facilità il colpo segreto del
Cavaliere, che cadde in ginocchio subito dopo averlo lanciato, esausto.
"Sul serio vuoi continuare a combattere in quelle condizioni?"
Nel tono del Ciclope Shiryu avvertì divertimento misto a
sorpresa, ma non ci badò.
"Ho buone ragioni per farlo" ansimò il Cavaliere,
rimettendosi a fatica in piedi "Tutti noi le abbiamo"
"E' ammirevole da parte vostra , dico davvero" ribattè
Palemone,
senza sforzarsi di mascherare lo scherno nelle sue parole "E lo
comprendo benissimo, perchè ne ho una anch'io, di buona
ragione
per farvi fuori"
"Già, ed è talmente egoistica da far ribrezzo
persino
agli dei stessi" sibilò Galatea alle sue spalle, ancora
schiacciata dal peso dell'albero. Palemone non reputò il suo
intervento degno di risposta, ma, nonostante questo, la Sacerdotessa
continuò.
"Avevi tutto, Palemone. Una famiglia che ti amava, una casa e un letto
su cui dormire la notte e un fuoco per scaldarti quando faceva freddo.
Ma soprattutto avevi una vita, donatati da quegli dei che con uno
schiocco di dita possono toglierla a chiunque desiderino. E tu cos'hai
fatto?"
"Lo so cos'ho fatto!" urlò allora Palemone, voltandosi verso
la
sorella "Non c'è bisogno che me lo ricordiate ogni volta.
Tu,
Afrodite, Efesto, tutti. Ma che cosa ne potete sapere di me? Del
perchè ho fatto quello che ho fatto? Dimmi, sorellina, pensi
che
quegli dei che tanto veneri si meritino l'immortalità? Sono
egoisti, frivoli e lunatici, danno e tolgono la vita a loro piacimento,
esattamente come hai detto tu. E chiamano noi a morire per loro, noi
che consideriamo la vita come qualcosa di prezioso ed inestimabile. Ti
sembra giusto tutto questo? A me no. Oggi come allora penso di meritare
l'immortalità come e più di tutto l'Olimpo messo
assieme"
Nel crescendo delle parole di Palemone, il Ciclope aveva caricato
l'Esplosione Vulcanica nascente sul palmo della mano con tutta la
rabbia che covava in cuore. Alla fine della sua invettiva,
scagliò la sfera di fuoco contro la sorella.
L'esplosione sollevò un gran polverone che
annebbiò la
vista a tutti quanti e al suo fragore si sovrapposero i richiami
allarmati di Cavalieri e Sacerdotesse verso Galatea.
Quando polvere e fumo si furono diradati, Palemone potè
finalmente osservare il risultato del suo scatto d'ira.
"Ma cosa?" esclamò sorpreso e ancora più
furibondo,
quando vide il disco d'oro dello scettro di Atena posto a protezione
della sorella, nuovamente libera dopo che l'esplosione aveva sbalzato
l'albero che la teneva prigioniera.
Sulla radura cadde il silenzio. Poseidone e Sorrento, subito dietro a
Saori, aiutarono la Sacerdotesse ad alzarsi e si posero ai lati della
dea, che fissava inespressiva Palemone.
"Come avete osato intromettervi?" la aggredì Palemone in
preda alla collera "La questione non vi riguarda"
"Tutto ciò che coinvolge i miei Cavalieri mi riguarda"
replicò lei calma "Inoltre sono qui per darti le risposte
che
cerchi, o almeno per provarci"
"Risposte?" rise lui con scherno "Le ho già avute le mie
rispose e non me ne servono altre"
"Quelle sono le risposte che ti sei dato tu, non quelle delle
divinità che tanto disprezzi e che non hai mai osato
chiedere ad
Efesto. Io sono qui, davanti a te, in rappresentanza dell'Olimpo"
"E che cosa ha da dire l'Olimpo a sua difesa?" fu allora l'affronto
lanciato da Palemone.
"Che hai ragione"
La risposta di Atena spiazzò tutto l'uditorio, Palemone
compreso, il quale si sentì subito preso in giro. La dea
riprese
a parlare prima che potesse replicare.
"Noi dei siamo meschini e capricciosi e, quando ci è
concesso
dal fato, decidiamo delle vite degli uomini. C'è solo una
cosa,
però, di cui non hai tenuto conto, Palemone. Esattamente
come
voi uomini, anche noi dei possiamo imparare, e abbiamo imparato che
senza voi uomini, noi non esistiamo. Non sto parlando solo di chi, come
i Cavalieri, ha votato la propria vita a servire gli dei, ma anche
della gente comune, che si appella a noi per ogni seppur minima
richiesta, dando così un significato alla nostra esistenza.
Consci di tutto ciò, alcuni di noi hanno capito che era
sbagliato decidere delle vite degli uomini in base ai nostri piaceri,
perchè, proprio come hai detto tu, quelle vite sono
ciò
che di più prezioso possiedono.
Da allora ci siamo impegnati a conoscere e comprendere gli uomini, a
partire da quelli che a noi erano più devoti. Posso
assiurarti
che conosco i cuori e gli animi di ogni mio Cavaliere, e lo stesso
Afrodite e Poseidone. E sono inoltre convinta che, se anche Efesto lo
avesse fattol non ti avrebbe mai chiesto di schierarti contro tua
sorella, facendo perno sul tuo orgoglio e sulla tua voglia di eccellere"
"Che cosa volete insinuare?" domandò con voce insinuante il
Ciclope.
"Che sei stato ingannato dal tuo stesso dio" rispose Atena serafica "Si
è approfittato di te e del tuo desiderio di divenire
immortale
per soggiogarti totalmente al suo volere. Probabilmente sapeva che non
saresti riuscito a fermare tutti i Cavalieri, o che saresti morto nel
tentativo. In questo modo sarebbe riuscito a toglierti di mezzo senza
sporcarsi le mani, liberandosi così della seccatura che
riteneva
tu fossi"
"Non è vero!" urlò iracondo il Ciclope,
scagliando una potente Esplosione Vulcanica contro la dea.
Neppure stavolta. però, il colpo andò a buon
fine,
poichè incontrò un muro d'avorio sul suo cammino.
Dall'altra parte dei frammenti che caddero a seguito dell'impatto,
Palemone incontrò lo sguardo limpido di sua sorella Galatea.
A
Palemone sembrò di non vederle quell'espressione in volto da
tempi immemori e si scoprì stranamente felice di ritrovarla
di
nuovo addosso a Galatea.
"Io ti consco, Palemone" esordì dolce la Sacerdotessa "E so
che
non sei il Ciclope spietato che ci vuoi far credere di essere"
"Taci" sibilò lui, ma Galatea non gli diede retta.
"No, voglio che tu mi ascolti" continuò "Atena ti sta dando
la
possibilità di scegliere da che parte stare, mentre
io sto
cercando di convincerti a scegliere la nostra parte"
"Se pensate che questo possa liberare Afrodite dal trono, vi sbagliate"
obiettò lui "Solo la mia morte può farlo,
perciò
cosa ne verrebbe a voi?"
"Un alleato potente per la nostra causa" rispose Atena.
"Riavrei mio fratello al mio fianco" aggiunse commossa Galatea, mentre
si liberava dall'armatura pezzo dopo pezzo "E non dovrei più
combatterci contro"
"E, se lo vorrai, io potrò affiancare a Sorrento un nuovo
Generale degli Abissi" concluse Julian, intervenendo per la prima volta
nella conversazione.
Palemone guardò il dio dietro Atena sconcertato, ma a poco a
poco l a sia espressione si contrasse nuovamente in una smorfia
furibonda.
"Tu menti" lo accusò, puntandogli il dito contro
"Ciò che mi dici è improponibile, non si
può spezzare un giuramento fatto ad un dio per servirne un
altro. Volete solo ingannarmi, tutti quanti"
"No, Palemone, non è così" prese parola Galatea,
avanzando verso il fratello. Questi la scacciò in malo modo,
ma la Sacerdotessa non cedette. "E' vero, non si può
spezzare un giuramento fatto ad un dio, ma, una volta sconfitto Efesto,
potrai scegliere il tuo destino, come guerriero al servizio degli dei o
come uomo libero. Quella di Poseidone è soltanto una delle
tante alternative che ti si porranno davanti. Adesso, invece, che
opzioni hai? Uccidere o essere ucciso. E, qualunque sarà la
tua sorte, ad Efesto importerà ben poco. Per lui saranno
solo un leggero vantaggio o un piccolo inconveniente a seconda"
"Pensi che a qualcun altro importi di più, invece?"
replicò il Ciclope, testardo.
"A me sì, perchè sei pur sempre mio fratello. E
ti voglio bene, nonostante tutto"
Alla fine della battaglia più estenuante della sua vita,
Palemone rimase senza parole per ribattere, con un gran vuoto dentro e
una miriade di domande in testa. Tuttavia sapeva che gli bastava alzare
lo sguardo per riempire in gran parte quel vuoto che lo rendeva
così simile alla statua che fu e che, in quel momento come
allora, poteva ridargli la vita.
Guardò gli occhi ricolmi di lacrime della sorella e si
sciolse assieme a lei, le cui candide braccia andarono subito a
circondargli il collo. Quell'abbraccio gli riportò alla
memoria innumerevoli e piacevoli ricordi che aveva inspiegabilmente
represso, accecato dall'odio verso gli dei. No, verso uno solo di loro.
Si scostò gentilmente da Galatea e caricò
un'Esplosione Vulcanica sul palmo della mano.
"Cosa vuoi fare?" domandò Galatea, restando all'erta come
tutti i presenti.
Palemone scagliò il colpo sulla gabbia di roccia che teneva
prigionieri gli altri guerrieri, rendendo loro la libertà.
Non badò poi molto alle esclamazioni di sorpresa che
seguirono al suo gesto. La sua attenzione fu subito rivolta alla cima
del vulcano. Là avrebbe compiuto la sua ultima azione da
Ciclope.
Ooooooooook è
da Pasqua che non continuo questa storia, gesto imperdonabile da me e
da tutti voi. Il fatto è che è stato un periodo
che definirlo stressante è fargli un complimento, ma durante
il quale, tuttavia, ho studiato molto per questo capitolo, che alla
fine, come al solito, non p venuto come avevo pianificato all'inizio.
E' che a Palemone, alla fine, mi ci sono pure affezionata e mi spiaceva
sacrificarlo, ecco. Alla fine sono riuscita a trovare un modo per farlo
rimanere in vita, spero sia non tanto chiaro ma quanto meno convincente
:)
Risponderò ai commenti via posta, nel frattempo ringrazio
chi continuerà a leggere questa storia, chi la segue, chi
l'ha inserita fra le preferite e chi l commenta in generale :)
A presto, spero!
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Capitolo 28 *** Preludio ***
A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea
dell'Amore")
Capitolo 27 - Preludio
Freddo, caldo. Bianco, rosso.
Fuoco, ghiaccio. E
ad ogni turno il caldo, il rosso, il fuoco sopraffaceva con minor
difficoltà l'avversario.
Era uno scontro impari, lo era stato sin da prima che cominciasse. Ad
ogni nuovo e sempre più debole assalto, Hyoga veniva
respinto
con maggior facilità da Efesto e la sua forza si affievoliva
enormemente.
Ayame aveva smesso di implorare pietà quasi subito, vedendo
la
voluta sordità di Efesto alle sue preghiere, per rivolgere
quelle suppliche ai Cavalieri che ancora si trovavano alle pendici del
monte, affinchè sconfiggessero in fretta Palemone.
La ragazza teneva gli occhi chiusi, per paura di assistere ad un
nefasto esito dello scontro, ma alle sue orecchie i tonfi sordi, le
grida di Hyoga e le risate di Efesto giungevano distinti e
raccapriccianti.
Dovette, però, spalancarli quando, costernata, si accorse
che il
cosmo di Palemone si stava avvicinando al cratere. La sorpresa divenne
incredulità, e quest'ultima terrore, quando il Ciclope
emerse
dalla coltre di vapore, avanzando a passo lento e cadenzato verso di
lei. Ayame prese a scuotere la testa automaticamente, sempre con lo
sguardo fisso su Palemone.
Alla fine l'ennesimo schianto la ridestò. Il corpo di Hyoga
volò in direzione del Ciclope, che prontamente lo
afferrò
per le spalle.
"NO!" urlò Ayame, per poi prendere a strattonare il laccio
eterneo che ancora la teneva legata al Trono.
"Palemone" disse Efesto, quasi sorpreso, una volta accortosi di lui.
"Mio signore" strascicò il Ciclope, voltandosi appena verso
il dio.
Ayame smise di dimenarsi. C'era qualcosa di strano in Palemone, in
Efesto, in quella situazione di stallo.
Stando agli accordi, Palemone aveva il compito di eliminare Hyoga, e
quale miglior occasione se non quella per farlo?
Eppure il Ciclope non si muoveva.
Sul suo volto era scomparsa la piccola nota di follia e spavalderia che
lo contraddistingueva.
Ayame si concentrò sul pendio del vulcano. Cavalieri e
Sacerdotesse erano ancora in vita e pieni di forze.
Il Palemone di qualche minuto prima avrebbe gridato di gioia se si
fosse trovato in quella situazione, con il Cavaliere del Cigno inerme
fra le sue braccia e nessuno nei dintorni a poterlo salvare.
Il Palemone di quel momento, il nuovo Palemone, invece, aveva bisogno
che l'uomo che stava sorreggendo resistesse ancora un po'.
Efesto era a pochi metri da lui, con indosso l'armatura e
un'espressione moderatamente sorpresa sul volto. Sospettava qualcosa?
Palemone sollevò Hyoga fino a portarlo con l'orecchio
all'altezza delle sue labbra.
"Resisti ancora un po', Cavaliere" gli disse, provocando un sussulto
nel corpo ustionato e privo di forze del guerriero.
Hyoga aprì gli occhi, per poi spalancarli alla vista del
Ciclope.
"Solo pochi minuti" ripetè Palemone, quindi accese il suo
cosmo,
ridando un po' di forza al Cavaliere, che fu così nuovamente
in
grado di stare in piedi.
"Palemone, che succede?" domandò Efesto corrucciato. Nel
mentre si era fatto più vicino.
"Ora colpiscimi" ordinò di nuovo il Ciclope.
Hyoga non se lo fece ripetere, più per riscattarsi di tutto
quello che il Ciclope aveva fatto passare a lui e ad Ayame che per
altro, e gli diede un pugno nel ventre. Palemone si accasciò
a
terra col respiro mozzo.
Il Cavaliere si volse allora verso Efesto, il cosmo acceso al massimo
per l'assalto finale.
"Ancora non ti arrendi, Cavaliere? Ti reggi a malapena in piedi" gli
fece notare Efesto in tono canzonatorio "Inoltre l'effetto sorpresa
l'hai già sprecato con quel buono a nulla di Palemone"
"Pensa a difenderti" reagì Hyoga, quindi partì
all'attacco, in risposta al silenzioso invito del dio di farsi avanti.
Nonostante la situazione non le fosse ancora del tutto chiara, il fatto
che Palemone avesse lasciato Hyoga in vita dava ad intendere che non
fosse più loro nemico.
Il Ciclope, di fronte a lei, si rialzò non appena Hyoga ebbe
impegnato Efesto in un nuovo scontro. Si fece vicino al trono a cui
Ayame era imprigionata, mantenendo lo sguardo serio fisso sul suo polso
destro, mentre quello della dea viaggiava fulmineo dal volto del
Ciclope al laccio che la teneva legata.
Nulla trapelava dall'espressione di Palemone, se non una forte
determinazione.
"Puoi farcela?" gli domandò Afrodite titubante.
"Devo" fu la risoluta risposta del Ciclope.
Con un movimento rapidissimo Palemone afferrò il laccio che,
a
differenza di quanto successo poco prima con Hyoga, non si sottrasse
alla sua presa, ma divenne di un rosso cangiante.
Ayame sentì il respiro mancargli d'improvviso e le energie
defluire dal corpo lungo il braccio, mentre Palemone lanciò
un
urlo di dolore agghiacciante che riecheggiò in tutta
l'isola. La
mano che teneva il laccio si fece subito rossa e prese a bruciare, ma
Palemone non lasciò mai la presa e continuò a
tirare,
finchè i due lembi non si staccarono dal trono.
Il laccio infuocato si dissolse nell'aria. Sul palmo di Palemone rimase
una grossa ustione ricoperta di bolle e ancora sfrigolante. Il Ciclope
se la reggeva per il polso con l'altra mano, respirando profondamente
in attesa che il dolore si placasse.
Un'esile ed eterea mano gli ricoprì il palmo e un cosmo
caldo lo
invase fino al cuore. Il dolore sparì in pochi secondi e
dell'ustione non rimase più alcun segno.
Palemone alzò la testa per ringraziare chi l'aveva curato,
ma di fronte a lui trovò solo il Trono di Era, vuoto.
Gli bastò comunque percepire il potente cosmo a poca
distanza da
lui, lo stesso da cui era stato invaso, per capire che era riuscito
nella sua missione.
Afrodite era libera.
Per l'ennesima volta le fiamme lo avvolsero, impietose, bruciandogli la
pelle già ustionata dove l'armatura non arrivava a coprirla.
Hyoga rurlò, nascondendo il sinistro sfrigolio del fuoco
sulla
carne e provocando un ghignò trionfante sul volto del suo
avversario.
"Ti arrendi?" domandò divertito Efesto, ma non attese
risposta e
scagliò il corpo privo di sensi del Cavaliere del Cigno di
lato,
con noncuranza.
Rimase ad osservarlo qualche istante, compiaciuto del fumo dall'odore
acre che ancora circondava quello che era stato il suo avversario, in
amore per Josuke, il guerra per Efesto.
"Direi di sì" si rispose alla fine, per poi voltarsi verso
il trono.
Il sorriso gli scomparve totalmente dal volto nel vederlo vuoto. In un
modo che non riusciva a concepire, Afrodite era sfuggita alla sua
prigione, e anche Palemone sembrava scomparso nel nulla. Non morto,
come avrebbe dovuto essere, ma semplicemente svanito nel nulla.
Un'ipotesi su come Afrodite avesse fatto a liberarsi iniziò
a
farsi strada nella mente del dio, il quale fece di tutto per scartarla,
nonostante le prove che la dimostravano fossero molte.
"Non è possibile" sussurrò infine a mezza voce,
prima che un cosmo pari al suo esplodesse tutt'attorno.
Tornò a guardare doce aveva lasciato il corpo di Hyoga e
un'accecante luce argentata lo colpì agli occhi. Una volta
dissoltasi, Efesto si ritrovò davanti Afrodite in tutta la
sua
bellezza e piena potenza, il volto serio e imperturbabile da bambola di
porcellana incorniciato dai luminosi capelli biondi, l'esile corpo
avvolto nella drappeggiante veste greca e lo scettro in mano.
"Possibilissimo, se non sai tenerti accanto i tuoi alleati" gli disse
con tono di sfida.
Ancora sconvolto dalla svolta che avevano preso gli eventi, Efesto
lanciò un'occhiata oltre la dea di fronte a lui, e vide
Palemone, spoglio dell'armatura, sorreggere il Cavaliere del Cigno
ancora privo di sensi, ma guarito da tutte le ustioni che lui
stesso gli aveva provocato poco prima.
Un lampo di rabbia passò negli occhi fulvi del dio e subito
dopo
una fragorosa esplosione scosse l'altopiano dietro Afrodite.
Questa non si scompose finchè ulteriore stupore non comparve
sul
volto di Efesto, nel vedere che i suoi obiettivi non erano stati
scalfiti dalla sua ira. La dea sorrise, soddisfatta.
"E' una faccenda tra te e me. Lascia fuori tutti gli altri"
"Quindi sei tu che li proteggi" intuì Efesto, riprendendosi
dalle spiacevoli sorprese. "Per quanto resisterai, io mi chiedo?"
"Se prometti che non li toccherai, non sarà necessario
proteggerli"
"E tu ti fideresti?" domandò di rimando Efesto, allusivo.
Afrodite non rispose.
"Appunto" commentò il dio. "Mi piacerebbe sapere anche
un'altra cosa, se posso"
"Che altro ti serve sapere?" chiese Afrodite, sempre in guardia.
"Dimmi, Afrodite, come pensi di sconfiggere me e proteggere loro senza armatura?"
Correre veloce con il peso di Hyoga sulle spalle era tutt'altro che
facile, ma doveva farcela e approfittare del momento di tregua per
allontanarsi il più possibile dal campo di battaglia.
Come riparo scelse un ammasso di giganteschi detriti vulcanici poco
oltre il Trono di Era, vicino al versante meridionale del vulcano.
Poggiò il Cavaliere con la schiena contro un masso,
provocandogli un gemito di dolore che lo ridestò.
"Ce l'hai fatta, pennuto" rise Palemone, sorreggendolo mentre si
metteva nella posizione meno dolorosa possibile "La tua dea
è libera e pronta a rimettere in riga il suo ex marito"
"E l'armatura?" domandò Hyoga, che parve non cogliere
l'ironia delle parole di Palemone.
"Armatura?" ripetè il Ciclope corrucciandosi.
Era un dettaglio a cui non aveva badato. Palemone si sporse oltre la
roccia per controllare.
Le due divinità stavando continuando a studiarsi, girando in
tondo e probabilmente dicendosi qualcosa di inudibile da quella
distanza. Afrodite indossava sempre e solo la sua solita leggera veste.
"Oh, no!" esclamò a mezza voce Palemone, tornando dal
Cavaliere. "Tu sai dov'è?" gli chiese poi, cogliendolo alla
sprovvista.
"Cosa?"
"Sai dove Afrodite tiene nascosta la sua armatura?" ripetè
il Ciclope.
"No, non sapevo neanche che ne possedesse una fino a poco fa. E' stato
Efesto a parlarmene, mentre mi faceva arrosto"
"Ogni divinità ne ha una" spiegà Palemone "E
può nasconderla in tutti i modi e in tutti i luoghi
possibili e immaginabili"
Hyoga annuì, ricordando il nascondiglio scelto da Atena per
la sua: la statua della dea in cima al Grande Tempio.
"Dobbiamo scoprire dove Afrodite ha nascosto la sua e portargliela,
altrimenti durerà poco contro Efesto" concluse il Ciclope,
senza nascondere un certo allarmismo.
"Potrebbero saperlo le Sacerdotesse" suggerì Hyoga.
"E' meglio che si affrettino a salire, allora"
Quasi avesse sentito l'ultima affermazione, Galatea spuntò
pochi secondi dopo dal sentiero ovest, seguita da Shiryu e dagli altri
guerrieri. Appena scorse il fratello lo chiamò a gran voce e
corse ad abbracciarlo, mentre gli altri Cavalieri andavano a sincerarsi
delle condizioni di Hyoga. Il Cavaliere e Palemone dileguarono in
convenevoli in poche brevi batture, per portare all'attenzione dei
compagni il problema dell'armatura di Afrodite.
"Noi non ne sappiamo niente" disse sconsolata Galatea, alla fine delle
spiegazioni.
"Sì, Afrodite non ci ha mai parlato della sua armatura"
aggiunse Aglaia. "Per quanto ne sappiamo potrebbe trovarsi ancora nel
luogo in cui è stata lasciata ai tempi del mito"
"Oppure, se non l'ha mai utilizzata, potrebbe trovarsi nel luogo
d'origine di tutte le armature divine" ipotizzò Eufrosine,
per poi spiegare meglio la sua teoria. "Afrodite non ha mai partecipato
ad una guerra sacra. Questa è la prima volta che scende in
campo contro un'altra divinità"
"E quale sarebbe il luogo d'origine di un'armatura divina?"
domandò Seiya, dando voce al dubbio di tutti.
"Un luogo da cui solo la divinità è in grado di
estrarla" rispose Palemone quasi in un sussurro, con lo sguardo volto
verso quello che sarebbe stato il campo di una portentosa battaglia.
Eccomi tornata, con un
aggiornamento e una favolosa notizia: ho un mese di tempo per dedicarmi
a tuuuuuuuuuutte le mie storie rimaste indietro, senza dover pensare ad
esami e quant'altro, quindi spero di recuperare le interminabili attese
a cui ho sottoposto i miei lettori/le mie lettrici in questo periodo e
portarmi a tiro con la conclusione della storia (ebbene sì,
ormai non manca molto).
Prima di pubblicare il cap mi sono letta alcuni passi della fic e ho
notato delle incongruenze che, una volta terminata la storia, prometto
di correggere.
Nel frattempo, buona lettura e grazie ancora a chi mi segue in tutti i
modi che il sito propone :)
A presto!
|
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Capitolo 29 *** L'Armatura di Afrodite ***
A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea
dell'Amore")
Capitolo 28 - L'Armatura di
Afrodite
"Il cuore delle
Sacerdotesse?!?" domandarono in coro tutti i presenti alla rivelazione
di Palemone.
"Esatto, è lì che sono nascosti i vari pezzi
dell'armatura di Afrodite" rimarcò sicuro il Ciclope.
"Ma com'è possibile?" chiese ancora Talia. "Voglio dire,
perchè non ne sapevamo niente o non ci siamo accorte di
niente
una volta che Afrodite ci ha richiamate? A parte Galatea, noi altre
apparteniamo a quest'epoca. Alla nostra consacrazione non è
successo niente di strano che potesse essere ricondotto all'avere
l'armatura dentro di noi"
"Non so spiegartelo nemmeno io, perchè neanche ai tempi del
mito
c'è stato un qualche segnale che ci avesse fatto intendere
tutto
questo" rispose il Ciclope e Galatea annuì. "Io neanche
sapevo
di avere un pezzo di armatura nel cuore"
"Posso solo spiegarvi il perchè di tutto questo" si propose
Palemone.
Nessuno degli altri guerrieri obiettò, così il
ragazzo iniziò a raccontare.
"Le armature divine furono forgiate ai tempi del mito da Efesto in
persona. Le prime ad essere completate furono quelle dei tre fratelli,
Zeus, Poseidone e Ade, ma questi subito approfittarono della potenza di
quelle armi per farsi guerra a vicenda. Poseidone e Ade iniziarono a
muovere contro Zeus per il dominio dell'Olimpo ed egli, per proteggere
il suo trono ed evitare che altre guerre tra dei scoppiassero una volta
che tutte le divinità fossero state munite della loro
armatura,
decise di nasconderle. Scelse così i cuori di tutti i
guerrieri
sacri agli dei, facendo in modo che le armature potessero essere
chiamate solo per un motivo più che valido e non futile come
la
conquista di potere.
Tenne nascosto tutto quanto agli altri dei, per evitare che si
creassero da sè quel valido motivo che serviva e per fare in
modo che scoprissero tutto quanto a fatto compiuto. Sperava in questo
modo di educare le divinità a combattere per fini
più
nobili. Con alcune ha funzionato, con altre meno"
Finito il racconto, la terra sotto i loro piedi prese a tremare e,
pochi secondi dopo, una potentissima onda d'urto li investì,
facendoli cadere a terra.
Pur consapevoli di cosa stesse succedendo alle loro spalle, tutti i
guerrieri si voltarono verso l'altipiano, dove lo scontro tra Afrodite
ed Efesto era cominciato e sembrava procedere senza esclusione di colpi.
"Quindi, se ho capito bene, Afrodite non ha ancora avuto una
motivazione valida per richiamare la sua armatura" constatò
Shiryu, mentre si rialzava in piedi.
"A quanto pare, no" confermò Palemone.
"Che cosa intendi per 'valido motivo'?" domandò allora
Hyoga, i
cui dolori per lo scontro contro Efesto gli rendevano ancora difficile
lo stare in piedi.
"Ogni divinità ne ha uno caratteristico" spiegò
il
Ciclope "Atena una giustizia mancata, Ares l'esito sbagliato di una
guerra, Ade una morte ingiusta..."
"Quindi per Afrodite c'entrerà qualcosa l'amore" dedusse il
Cavaliere del Cigno, facendosi sempre più pensoso.
Palemone annuì.
Una nuova onda d'urto li colpì, e poco dopo Afrodite
volò
nella loro direzione, colpita in pieno dal Fuoco Divino di Efesto. Una
volta in prossimità dei guerrieri, il volo di Afrodite si
arrestò come se la dea si fosse scontrata contro un muro.
Ayame
cadde a terra, ma si rialzò subito e ripartì
all'attacco,
nonostante il suo cosmo fosse più debole di prima.
"Ci sta proteggendo" disse una nuova voce alle loro spalle. Psiche e
Ikki erano arrivati e subito volsero la loro attenzione allo scontro in
atto.
Gli altri ragazzi spiegarono velocemente la questione dell'armatura a
Psiche, che comunque non si scompose, suscitando qualche
perplessità nelle compagne.
"Lo sapevi già, per caso?" le chiese Talia.
"No, ma in caso contrario sarebbe cambiato qualcosa? Solo Afrodite
può richiamare la sua armatura"
La risposta lapidaria di Psiche sorprese tutti quanti. La Sacerdotessa
aveva sempre dimostrato un carattere focoso ed impulsivo, lontano mille
miglia dalla composta freddezza di adesso. Era bastata quella salita a
cambiarla così profondamente, oppure il suo nuovo
comportamento
era il culmine di un processo che durava da più tempo?
L'arrivo di un'altra, potentissima scossa non diede a nessuno il tempo
di pensare alla risposta più plausibile.
Il Martello di Efesto e lo Scettro di Afrodite, in modalità
doppia falce, si scontrarono nuovamente e con maggior potenza di prima,
potenza che si scatenò tutt'attorno facendo tremare persino
l'aria calda dell'altopiano.
Le due divinità si allontanarono di nuovo e ripresero a
combattere. Scambi veloci, schivate precise, colpi mirati, mosse agili.
Lo scontro era praticamente alla pari, nonostante Afrodite non fosse
protetta da un'armatura. In cuor suo, però, Ayame si
chiedeva
quanto avrebbe potuto resistere.
Falce e Martello si incrociarono ancora*. Efesto agganciò la
punta arcuata dell'arma della sua avversaria e, fecendo leva,
roteò il Martello costringendo Afrodite a dargli le spalle.
Con
un braccio attorno al collo attirò la dea a sè.
"Cominci a cedere, Afrodite" rise sibilando nel suo orecchio.
Ayame non rispose, si liberò dalla morsa e roteò
la
doppia falce, andando molto vicina a colpire il volto di Efesto, che
però arretrò appena in tempo.
"Quanto pensi di resistere ancora?" le domandò allora, con
arroganza.
"Abbastanza da riuscire a fermarti" fu la risposta risoluta di Ayame,
prima di ripartire all'attacco.
Efesto l'attese in guardia. Accese il suo cosmo attorno al Martello,
che divenne incandescente e iniziò a sprigionare fiamme. Al
momento dell'impatto tra le due armi, Efesto agitò la sua
dal
basso verso l'alto, imprimento al suo colpo una potenza tale da
sollevare in aria Afrodite e scagliarla di nuovo lontano da
sè.
Ayame ricadde a parecchi metri di distanza dal suo avversario e
rotolò per terra un paio di volte, prima di riuscire a
rimettersi in piedi.
Il colpo che aveva ricevuto era di una potenza di molto superiore alla
sua e stava a significare che Efesto doveva ancora giocarsi le sue armi
migliori. Quelle che a lei non erano, al momento, concesse.
Si rimise comunque in piedi, decisa più che mai a dare il
tutto
per tutto pur di sconfiggere Efesto. Iniziò ad avanzare
nella
sua direzione, agitando la doppia falce in aria, eseguendo movimenti
precisi e prestabiliti. Le due falci alle estremità presero
ad
illuminarsi e, quando Efesto scagliò nuovamente il suo Fuoco
Divino, Afrodite rispose liberando le due lame di luce. Queste si
fusero in aria e presero a roteare, creando un discol luminoso che
riuscì a fendere la sfera di fuoco di Efesto, annullandone
l'effetto, per poi dirigersi velocissima contro il dio. Efesto la
schivò grazie ai riflessi pronti, lasciando che la Luce di
Venere si scatenasse contro un complesso roccioso alle sue spalle.
Di nuovo riprese il corpo a corpo.
Afrodite iniziò ben presto ad accusare la stanchezza data
dal
precedente colpo, ma cercò di resistere a tutti gli assalti
di
Efesto. Questi si feceso via via più serrati e, alla fine,
uno
dei colpì superò la guardia di Ayame colpendola
ad un
fianco. Altri tre arrivarono in successione, al ventre, alla schiena e,
infine al viso, facendola capitolare.
Ayame cadde a terra, ansimante e ferita. Lo scettro, che le era
scappato di mano mentre cadeva, giaceva poco distante da lei. La
ragazza si rialzò quel tanto che bastava per allungare una
mano
ed afferrare il bastone. Questo, però, sfuggì
alla sua
presa e, poco dopo, si dissolse.
"No..." sussurrò a malapena, accorgendosi poi che anche la
sua
veste era svanita, lasciandola con solo addosso i suoi abiti normali.
"Ayame!"
"NO!"
I richiami dei suoi amici giunsero distinti alle orecchie di Afrodite,
che alzò lo sguardo sconsolato verso di loro. Erano molto
vicini. Durante l'ultimo assalto doveva essere arretrata senza neanche
accorgersene.
Incrociò subito lo sguardo di Hyoga, il più
allarmato di tutti.
Tanto bastò a darle la forza per rialzarsi e rimettersi in
guardia, nonostante fosse disarmata, debole e ferita.
Efesto la osservò qualche istante, quindi prese a ridere di
gusto, ma questo non scompose minimamente Ayame.
"Cosa pensi di fare, in quelle condizioni?" le domandò con
scherno.
"Di combattere contro di te, finchè mi rimarrà
anche un solo alito di vita" rispose lei sicura.
Nei suoi occhi verdi brillò un riverbero argenteo e il suo
cosmo
si riaccese. Alcune delle ferite più superficiali
scomparvero e
Ayame acquisì nuova forza.
"Stai solo rimandando la tua fine di qualche minuto, Afrodite" disse
Efesto, per nulla intimorito dal suo ritrovato vigore.
"Allora non risparmiarti"
Ayame attaccò per prima, servendosi solo del proprio corpo e
dimostrando, nonostante la stanchezza, notevole agilità
nello
schivare i colpi di Efesto, sia diretti sia energetici. Alcune volte
riuscì a coglierlo alla sprovvista e a colpirlo al volto o
al
petto, che l'armatura lasciava scoperti, ma non sembrarono avere molto
effetto, se non quello di sorprenderlo. Ad un nuovo attacco di Ayame,
però, Efesto riuscì ad afferrarla per un braccio.
Dopo
averle scoccato un'occhiata maligna, accese il suo cosmo e le
scagliò contro il Fuoco Divino. Ayame venne presa in pieno
ventre e scagliata lontano, poco distante da dove gli altri guerrieri
osservavano lo scontro.
Senza pensare alle conseguente, Hyoga accorse al suo capezzale per
controllare le sue condizioni. La ragazza respirava ancora, seppur
debolmente, e presentava parecchie ustioni sul volto e sul petto, dove
la stoffa dei suoi abiti si era carbonizzata.
Sentendo il contatto con le braccia amorevoli di Hyoga, Ayame
aprì gli occhi e incontrò quelli azzurri e
preoccupati di
lui.
"Basta, Ayame, ritirati!" la esortò il Cavaliere "Non devi
per forza farti uccidere"
"Non posso" sussurrò lei, riuscendo appena a muovere le
labbra "Devo fermarlo"
Con uno sforzo immendo, tentò di mettersi a sedere, ma il
dolore causatole dalle ustioni la fece cedere nuovamente.
"Spostatevi" ordinò poi, con voce affannosa.
"Cosa? Che dici?" chiese Hyoga, confuso.
"Ho detto che dovete spostarvi... e andare via"
Quasi costringendo il suo corpo a non sentire il dolore, Ayame si
rimise in piedi e iniziò a muovere un passo verso Efesto.
Hyoga
le si parò davanti.
"Ayame, è una follia!"
"Ti ho detto di andare!" gridò lei disperata.
"No, io non ti lascio"
Hyoga tentò di riportarla indietro, ma Ayame resistette
stoicamente.
"Hyoga, maledizione, vattene! Ucciderà anche te!"
"Tanto vale morire, se devo vivere una vita senza di te!"
"Ti accontento subito"
Ayame non ebbe il tempo di realizzare le parole di Efesto che il dio
aveva già scagliato il suo colpo.
Hyoga venne preso in pieno. La sua armatura andò in pezzi e
il
fuocò bruciò in un batter d'occhio la canotta
sotto di
essa.
Agli occhi di Ayame procedette tutto al rallentatore. Sentì
la
presa su di lei, che prima era decisa, farsi sempre più
debole e
infine scomparire. Vide il suo volto spento accasciarsi sul petto, il
suo corpo inerte venirle addosso. Le sue braccia si mossero
automaticamente ad accompagnarne la caduta. Il corpo di Hyoga
finì steso a terra, con Ayame sopra a scuoterlo disperata
per le
spalle.
"HYOGA, NO! Ti prego, apri gli occhi!"
Prese a schiaffeggiarlo con poca delicatezza, ma il Cavaliere non
reagì a nessuno stimolo.
"Non puoi lasciarmi!" dagli occhi di Ayame le lacrime iniziarono a
sgorgare copiose. "Non adesso! Hyoga! Hyoga, svegliati... amore mio...
apri gli occhi..."
Alla fine, Ayame si abbandonò ad un pianto disperato sul
petto
immobile di Hyoga, stringendo tra le mani la canotta sgualcita,
incurante di tutto e tutti attorno a lei. La disperazione che l'aveva
invasa nel veder morire l'unico uomo che avesse mai amato, da umana
come da dea, la rese cieca verso il resto del mondo, verso gli altri
guerrieri, rimasti pietrificati dalla scena a cui avevano assistito, e
soprattutto verso Efesto, che avanzava a passo cadenzato e con un
ghigno malvagio in volto.
Quando i Cavalieri e le Sacerdotesse si accorsero della sua vicinanza,
vennero subito sbalzati indietro da una semplice occhiata del dio.
Questi sollevò poi il Martello incandescente sopra la
schiena,
scossa dai singhiozzi, di Ayame, e disse gelido "Non ho mai sopportato
le scene patetiche"
Calò il colpo con tutta la sua forza. A pochi centimetri
dalla
schiena di Ayame, però, il Martello sembrò
rimbalzare su
una barriera invisibile, che lo scagliò indietro con una
forza
di molto superiore a quella del colpo. Efesto venne trascinato lontano
insieme alla sua arma, incredulo a ciò che era successo.
Atterrato in piedi, puntò subito lo sguardo verso la sua
nemica.
Attorno a lei e al corpo del Cavaliere brillava di riflessi argentati
una barriera invisibile.
Ma non era tutto. Efesto lo sapeva.
Uccidere Hyoga era stato il peggior errore della sua vita.
Galatea si sollevò su un gomito, ancora stordita dal colpo
ricevuto, giusto in tempo per assistere al miracolo.
Dapprima la pervase una strana sensazione, un formicolio diffuso che
presto si concentrò in un calore pungente all'altezza del
cuore.
Questo accelerò i battiti, che divennero più
potenti,
quasi volesse esplodere, quindi un raggio di luce uscì dal
petto
di Galatea, seguito da un altro e un altro ancora.
Subito la Sacerdotessa capì cosa stava succedendo. Si
alzò lesta in piedi per vedere che anche alle sue compagne
stava
succedendo la stessa cosa. I Cavalieri intorno a loro osservavano il
processo non sapendo se esserne meravigliati o spaventati. Soprattutto
Shun sembrava molto preoccupato per Talia, ma questa aveva
l'espressione di chi non era mai stata meglio in vita sua.
Tutt'attorno, poi, esplose una lice accecante. originata da Ayame,
ancora china sul corpo di Hyoga. Le loro figure scomparvero nella luce,
talmente potente di impedire a chiunque di vedere ad un palmo dal
proprio naso.
Le Sacerdotesse non videro, quindi, quei raggi luminosi diventare delle
piccole sfere di luce e fuoriuscire dal loro cuore. Sentirono solo
quella strana sensazione abbandonarle, lasciandole come se nulla fosse
successo. Percepirono poi un cosmo potentissimo provenire da un punto a
poca distanza da loro. Lo riconobbero e capirono che il miracolo era
avvenuto.
La luce andò rapidamente dissolvendosi e, una volta
riaquistata la vista, Cavalieri e Sacerdotesse la videro.
Afrodite rifulgeva di energia, rivestita della sua armatura argentea ed
elegante che la rendeva ancora più bella e temibile di
quanto
non fosse. Dalla schiena della dea partiva un paio d'ali di farfalla
che sbattevano lentamente. Nella mano destra era ricomparsa la doppia
falce, mentre il braccio sinistro reggeva il corpo di Hyoga, come se
pesasse poco più di una piuma.
Afrodite stava baciando Hyoga, e il corpo del Cavaliere era circondato
da un alone argentato che andò a curargli tutte le ferite
subite.
In pochi secondi il corpo di Hyoga si rianimò. Il ragazzo
poggiò saldamente i piedi a terra e si rimise in posizione
eretta, senza più l'aiuto di Ayame. Non mollò le
labbra
di lei nemmeno per un attimo mentre si riprendeva.
Una volta guarito del tutto, Afrodite interruppe il contatto e
guardò Hyoga intensamente.
"Quando la smetterai di salvarmi la vita?" le chiese lui, sorridendo.
Ayame sorrise di rimando. "Quando tu la smetterai di sacrificarti per
me"
"Lo farò ogni volta che sarà necessario"
"Allora lo stesso vale per me"
Hyoga si riabbassò per baciarla ancora, ma Ayame lo respinse
gentilmente, accennando col capo ad Efesto, che si era rialzato e la
attendeva, fremente di rabbia.
"Allontanatevi adesso" ordinò perentoria Afrodite, avanzando
di qualche passo. "Sarà molto peggio di prima"
Hyoga annuì. Era sicuro che, questa volta, ce l'avrebbe
fatta
con le sue forze. La determinazione non era mai mancata ad Ayame,
adesso possedeva le armi necessarie per sopraffare Efesto una volta per
tutte.
*Volevo precisare che non vi
è alcun riferimento politico. L'immagine è venuta
per caso e solo dopo mi sono accorta che
poteva essere in qualche modo fraintesa.
Salve a tutti!
Visto che non vi ho fatto aspettare tanto? Sono stata brava? (Voglio
sentire un coro di sì ^^)
Capitolo succulento, che ci avvia alla conclusione degli scontri
(ebbene sì) ma non delle sorprese :)
Attendo pareri! E intanto vi mostro le armature di Efesto e Afrodite
(sono troppo complicate da descrivere =D)
A presto!
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Capitolo 30 *** L'ultimo valzer ***
A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea
dell'Amore")
Capitolo 29 - L'ultimo Valzer
Lo scontro riprese,
più violento e serrato di prima. Nessuna delle due
divinità voleva cedere il passo all'avversario e
dimostrarsi, così, inferiore.
Schivate, parate, lampi di luce e lingue di fuoco si alternarono sotto
gli occhi invisibili del cratere di Vulcano, la cui attività
era aumentata, a segnare il ritmo di quel valzer di colpi che si stava
ballando ai suoi piedi.
I guerrieri rimasti in disparte a guardare sapevano che quello sarebbe
stato l'ultimo valzer, l'ultimo round di un combattimento che non
sembrava voler decretare un vincitore.
La baldanza era sparita dal volto di Efesto dal momento in cui aveva
attentato alla vita di Hyoga. Era stato l'errore fatale che aveva
rovesciato le sorti dello scontro, prima nettamente a suo favore.
Afrodite, invece, non lasciava trapelare nulla se non una grande
determinazione a mettere la parola fine a quella storia che con lei e
per lei era iniziata, non pochi giorni prima ma ere fa, quando sulla
potenza di Vulcano si raccontavano solo leggende e non si scrivevano
libri di scienze.
Palemone e Galatea, di nuovo mano nella mano, come erano nati, di nuovo
dalla stessa parte, osservavano lo scontro sussultando in contemporanea
all'eco dei colpi più potenti.
Hyoga si aggrappava con tutte le sue rinnovate forse alla roccia
vulcanica dietro cui si era riparato coi compagni, senza perdere di
vista un attimo Ayame, stringendo la stretta ad ogni colpo che la dea
metteva a segno o subiva.
Psiche stringeva i pugno attorno alle spine di una sua rosa, bucando il
palmo della sua mano da cui sgorgava copiosamente sangue, pronta ad
intervenire in aiuto della sua dea, fedele fino all'ultimo istante.
Aglaia, Eufrosine e Talia stavano con le teste vicine, come Botticelli
le aveva ritratte secoli prima, ma senza quei visi allegri e sereni.
Neanche loro volevano perdersi un attimo dell'ultimo capitolo di una
storia che era stata anche la loro.
Gli altri Cavalieri fremevano ai lati del campo di battaglia, incapaci
di stare con le mani in mano, abituati a danzare loro quell'ultimo
valzer, insieme, e non avvezzi a fare da spettatori, ma consapevoli
che, per quella volta, il loro posto era sulla scenografia e non al
centro del palcoscenico.
Vulcano vomitò lingue di lava e zampilli di fuoco. Il cielo
si coprì di cenere. Ad illuminare il campo, solo le fiamme.
Afrodite riuscì, alla fine, a disarmare Efesto del suo
martello e a puntargli la lama alla gola. Si fermarono entrambi, col
fiato corto e il viso intriso di sudore e cenere illuminato dalle
esplosioni sopra di loro.
"Avanti, fallo!" la esortò Efesto, apparentemente disposto
ad accettare l'oblio.
Ma Ayame non si mosse di un millimetro.
"Che stai aspettando, Afrodite, finiscimi!"
"NO!" urlò Ayame di rimando.
"Io non sono più Josuke!"
"Sì che lo sei!"
"Non puoi evitare di ucciderlo se mi vuoi sconfiggere. E' la tua unica
occasione"
"Invece ti sbagli" sibilò Afrodite.
Con un movimento rapidissimo liberò la gola di Efesto
dall'incombenza della lama e, con la doppia falce, descrisse un cerchio
davanti a lei. La superficie lucida di uno specchio comparve tra le due
divinità, andando a riflettere l'immagine di Efesto.
Ciò che lo Specchio di Afrodite ritrasse, però,
non era Efesto nel suo corpo reincarnato, ma il vero aspetto del dio,
storpio ma muscoloso, con volto segnato da cicatrici e bruciature e
coperto da una barba annerita dalla fuliggine e dalla cenere.
Dal petto di Josuke scaturì una luce rossa accompagnata da
un urlo straziante che riecheggiò per tutta l'isola. Lo
stesso urlo che uscì dalla bocca dell'immagine riflessa
nello specchio. L'essenza di Efesto uscì dal corpo di Josuke
opponendo una strenua resistenza, ma incapace di cedere davanti al
richiamo del suo vero corpo ritratto nello specchio.
Quando anima e riflesso si furono riunite, lo specchio scomparve in una
scintilla di luce.
Josuke cadde a terra, di nuovo con le gambe incapaci di reggere il suo
peso, di nuovo col volto scavato e stanco.
Un'esplosione riecheggiò tutt'attorno. La terra
tremò. Profonde crepe andarono a spezzare la roccia del
vulcano e dell'isola, lasciando uscire la lava che fino a poco prima
erano riuscite a contenere.
Dietro di lei, Cavalieri e Sacerdotesse iniziarono ad urlare, allarmati,
Afrodite, invece, non si scompose. Sapeva che sarebbe successo, che
quello scontro non avrebbe avuto vincitori, che quel valzer doveva
essere ballato in coppia, fino alla fine. Era il regalo di addio di
Efesto per la sua sposa infedele.
Il cielo grigio divenne rosso fuoco, un cielo in fiamme da cui
piovevano detriti roventi e comete incandescenti. Così
Vulcano gridò al mondo la sconfitta del suo dio, senza il
controllo del quale aveva la strada spianata per distruggere tutto
attorno a lui. Cascate di lava si riversarono sull'altopiano sotto il
cratere, la prima vittima della sua furia, costringendo gli
insignificanti esseri umani a sparpagliarsi per non restare
imprigionati sotto il fiume rovente. Ma la cascata deviò il
suo decorso a mezz'aria e i detriti andarono ad accumularsi insieme a
lei, creando una cupola vermiglia sopra quegli uomini che avevano
sfidato Efesto e scalato i pendii della sua dimora.
Palemone si voltò verso il centro dell'altipiano. Era
Afrodite a proteggerli, le braccia protese verso il cielo e il viso
contratto nello sforzo immane di arginare quello sfogo della natura che
lei non poteva controllare.
Mentre gli altri ancora cercavano di capire cosa stesse succedendo, il
Ciclope raggiunse la dea e non vide sorpresa nei suoi occhi, solo
un'amara consapevolezza.
"Prendi Josuke e portalo via" gli ordinò Afrodite, senza
guardarlo nemmeno negli occhi.
"Lo sapevi, vero?"
"Ha importanza? Muoviti!"
Palemone la osservò ancora qualche istante, prima di
obbedire. Quindi si caricò il corpo privo di sensi di Josuke
in spalla e fece per tornare dagli altri, quando si vide il cammino
bloccato da Hyoga.
"Che stai facendo? Dobbiamo salvare Ayame!" protestò il
Cavaliere accennando al corpo che aveva ospitato il nemico fino a poco
prima.
"Eseguo solo gli ordini"
Palemone proseguì per la sua strada, lasciando un Hyoga
sconcertato alle spalle. Questi raggiunse poi rapido Ayame e la
strattonò per un braccio, nel tentativo di convincerla ad
andare, ma fu ributtato a terra dalla forza del suo cosmo.
"Vai e mettiti in salvo!" gli ordinò la ragazza, cedendo
terreno alla forza della natura sopra di lei.
"No, io non ti lascio qui!" si oppose Hyoga, rimettendosi in piedi. Ma
Ayame gli impedì nuovamente di avvicinarsi.
"Mettetevi in salvo sulla spiaggia" ribadì Afrodite. "Io vi
raggiungerò"
Ayame ricacciò le lacrime negli occhi e tentò di
vincere la potenza schiacciante di Vulcano.
"Ma come..." fece per domandare Hyoga, ma lo sguardo deciso di Ayame
gli fece morire le parole in bocca.
"Ti fidi di me?" gli chiese invece lei.
"Sì, mi fido di te" rispose Hyoga senza esitare.
"Allora vai alla spiaggia e salvati. Io vi raggiungerò"
Il tono della ragazza non ammetteva repliche. Hyoga annuì e,
seppur contro la sua volontà, si allontanò da lei.
Solo quando fu scomparso sotto l'altipiano, Ayame si concesse il lusso
delle lacrime.
Il gruppo imboccò il sentiero più vicino e scese
di corsa verso valle, spinto dalle esplosioni sempre più
forti provenienti dal cratere. Ogni volta Hyoga si fermava e ogni volta
doveva essere convinto con la forza a proseguire.
Il Cavaliere non potè fare a meno di pensare che, poco
prima, aveva fatto quella strada o una simile al contrario e per i
motivi esattamente opposti.
Un'altra spinta e di nuovo correva tra arbusti in fiamme e proiettili
di fuoco, finchè raggiunsero le colonne rosse da cui si
diramavano i tre sentieri. Ad attenderli c'erano Julian e Sorrento, che
subito li esortarono a proseguire fino alla spiaggia, dove Atena li
attendeva per portarli in salvo sull'elicottero.
Hyoga non potè fare a meno di lanciare un ultimo sguardo
alla cima del monte, ormai quasi completamente coperta dal fumo nero
rigurgitato da Vulcano.
Arriverà,
si disse. Si fidava di Ayame. Per quanto ne sapeva lui,
potevagià essere arrivata alla spiaggia per attenderli
accanto a Saori. Sarebbe salita sull'elicottero con loro e avrebbero
puntato su Tokyo. E una volta a Tokyo sarebbero tornati alla loro
spiaggia, dove tutto era iniziato, finalmente liberi di amarsi.
Ma la spiaggia di Vulcano arrivò troppo presto e senza Ayame
ad attenderli. Solo Saori e il pilota agitato che non vedeva l'ora di
andarsene da quell'inferno.
Salirono tutti rapidamente, restavano solo Hyoga e Psiche a terra.
"Dobbiamo aspettare Ayame" disse il Cavaliere alla sua dea, prima che
l'ennesima esplosione facesse tremare l'aria attorno a loro.
"E' troppo tardi" gli rispose Psiche.
"Non è vero!" protestò lui, ma la sua fiducia
iniziava a vacillare.
"Dobbiamo andare, Hyoga!" lo esortò Saori, prendendolo per
un braccio, ma lui si divincolò in malo modo e fece per
tornare indietro, placcato da Psiche.
"Lasciami! Devo andare a riprenderla!"
"Non puoi, Hyoga!"
"Sì, invece! Togliti di mezzo!"
"Ma non capisci?!?" urlò alla fine Psiche, spingendolo a
terra.
E quando Hyoga alzò gli occhi su Psiche, vide che stava
piangendo.
"E' rimasta lassù per salvare noi. Per salvare te. Ti ha
mentito per salvarti la vita! Non serve a niente tornare su, non puoi
più fare niente!"
"NO!" gridò Hyoga mentre si dava lo slancio per correre in
cima alla montagna. Ma Psiche fu più rapida. Gli
soffiò qualcosa negli occhi. Dolore e rabbia sparirono
nell'oblio in cui la Sacerdotessa lo fece cadere.
Seiya e Shiryu scesero per caricarlo sull'elicottero, infine salirono
anche Saori e Psiche e il velivolo decollò.
In ginocchio, col peso della lava e delle fiamme sulle spalle e il
rimbombo delle esplosioni nelle orecchie, Ayame percepì i
loro cosmi allontanarsi velocemente dall'isola. E seppe che ce l'aveva
fatta, che erano sani e salvi. Senza più lacrime da
piangere, lasciò che il fuoco la inondasse. E lo fece col
sorriso.
Dopo mooooooltissimo
tempo sono tornata, e chiedo venia. Ho avuto poco tempo e quello che mi
è servito per stendere questo cap me lo sono ritagliato a
fatica. Spero comunque che ne sia valsa la pena :)
Posso dire con certezza che mancano ufficialmente due capitoli alla
fine di questa eterna fanfiction che non la voleva sapere di trovare
una conclusione.
Nell'attesa (spero non troppo lunga, farò in modo che non lo
sia) degli ultimi atti, buona lettura!
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Capitolo 31 *** Attenti a quei due ***
A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea
dell'Amore")
Capitolo 30 - Attenti a quei due
Il giorno dopo i telegiornali
si dilungarono a commentare l'improvviso aumento di attività
di Vulcano. Nessun vulcanologo l'aveva previsto, l'isola non aveva dato
segni di volersi risvegliare. La popolazione di Vulcano fu colta alla
sprovvista, ma fortunatamente c'era stato il tempo necessario a far
evacuare tutti prima dell'esplosione finale.
Dalle isole vicine videro partire l'ultimo elicottero giusto pochi
attimi prima che un immenso fiume di lava e detriti si riversasse lungo
il pendio del monte fino al mare. Aveva preso quota in mezzo al vapore
che si era alzato dall'acqua ed era scomparso nel cielo ingrigito dalle
polveri, diretto chissà dove.
Il giorno dopo il cataclisma, toccò agli esperti andare a
valutare l'entità dei danni provocati dalla furia del
vulcano. Vennero mandati in avanscoperta vulcanologi e membri della
Protezione Civile italiana, insieme a vigili del fuoco e altre forze
dell'ordine.
Le calcolatrici fumavano sotto le loro dita, quasi ad imitare le rocce
ancora calde che li circondavano, mentre impazzivano a calcolare quanti
soldi sarebbero occorsi per rimediare a quello sfacelo.
Un cellulare squillò tra la desolazione e i bisbigli, e il
capo della Protezione Civile italiana rispose al numero sconosciuto
comparso sul display.
La ruga di preoccupazione che aveva stampata sulla fronte si distese di
colpo quando la sua espressione divenne di sorpresa e quindi di
infinita gioia. Chiuse la comunicazione con dita tremanti e si rivolse
ad un suo collega, avvicinatosi per sapere anche lui le
novità.
"Una donazione... dalla fondazione Kido... per coprire una parte dei
danni... è un miracolo!"
I due uomini richiamarono alcuni membri della squadra di spedizione per
comunicare la notizia e decidere sul da farsi.
Due membri della squadra dei pompieri, invece, si allontanarono dal
capannello, diretti verso l'altopiano sotto il cratere principale di
Vulcano, che era stato delimitato con alcune transenne
perchè considerata zona pericolosa.
I due pompieri scavalcarono agilmente le barriere e si voltarono per
controllare di non essere visti, quindi si tolsero caschi e divise, che
scomparvero magicamente appena toccarono terra, liberando l'aura
lucente che attorniava i corpi dei due uomini.
"Ma quanto è generosa, la nostra sorellina!"
commentò l'uomo dai capelli riccioli che sembravano
perennemente scossi dal vento, mentre si sistemava la tunica sul petto.
"Bah, uno spreco!" commentò il compagno, coperto da una toga
scarlatta e con tralci di vite tra i capelli ramati e attorno alla
vita. Stappò una bottiglia di vino comparsa dal nulla e se
ne scolò una golata. "Dovrebbe investire invece che fare
beneficienza. In questo. Passito di Pantelleria, vendemmia del '98.
Grande annata!"
Un'altra golata, quindi porse la bottiglia all'altro. "Ne vuoi un po'?"
L'altro lo guardò un po' di sbieco, poi scrollò
le spalle e accettò la bottiglia. Dopo averla riconsegnata
all'amico, i due presero ad arrampicarsi con agilità sulle
macerie, guardandosi intorno, apparentemente in cerca di qualcosa.
"Certo che ci hanno dato dentro!" commentò l'uomo coi
capelli mossi, mentre balzava col leggiadria da un masso ad un altro,
tenuto in aria dai suoi calzari alati. "Se avessero messo tutta questa
energia in altro, non si sarebbero separati"
"Hermes, lo sai meglio di me che Afrodite ci ha sempre messo energia.
Solo, lo faceva con le persone giuste"
"Tipo te?" domandò Hermes, divertito.
"Tipo te e me. Ah! Che gran baccanale è stato, quello!"
"Già. Peccato che la pacchia sia finita, caro Dioniso.
Afrodite adesso è innamorata"
"Ti prego, non pronunciare quella parola! Non ci sono ancora abituato"
Dioniso rabbrividì e cercò di rimediare con
un'altra golata di vino.
Continuarono a perlustrare la zona in silenzio, smuovendo qualche
rovente ogni tanto per vedere cosa ci fosse sotto. Trovarono sempre e
solo altre pietre roventi.
"Ma sei sicuro che sia qui?" domandò Dioniso all'ennesima
pietra smossa.
"Così ha detto papà, anche se non è
stato molto preciso sul luogo. Ha detto che l'avremmo capito da soli
che era il posto giusto"
"Perchè c'è un bagliore di luce argentata che
spunta tra le rocce e pulsa e ci crescono sopra dei fiori?"
"Eh?"
Hermes si voltò verso il fratello, il cui sguardo era rapito
da uno spettacolo singolare. Un cumulo di macerie era effettivamente
attorniato da un'aura simile alla loro, dai riflessi d'argento, e sulle
rocce prive di vita era fiorita una piccola colonia di fiori di
campagna.
"Sì, potrebbe essere" decise Hermes, dopo qualche secondo di
riflessione, quindi si librò in aria per raggiungere
l'ammasso di rocce, seguito a ruota da Dioniso.
"Pratoline" constatò quest'ultimo, strappando un fiore dal
praticello in miniatura sotto di lui. "Poteva impegnarsi un po' di
più"
"Perdonala, ma è solo stata sepolta da qualche metro
quadrato di lava. La prossima volta farà meglio"
scherzò Hermes, prima di esortare il fratello ad aiutarlo a
togliere tutti quei massi.
Dioniso fece scomparire la bottiglia di Passito e puntò una
mano verso il cumulo, ad imitazione di Hermes.
Le pietre iniziarono a sollevarsi, prima le più piccole, poi
quelle sempre più grandi, lasciando al bagliore sotto di
loro la possibilità di rifulgere sempre di più.
Alla fine, le ultime pietre permisero alle due divinità di
vedere il corpo che stavano celando.
Afrodite era a terra, priva di sensi e ancora coperta dall'armatura,
circondata da un alone di energia che l'aveva protetta dal fuoco e
dalla lava.
Hermes e Dioniso depositarono le macerie poco lontano e si
accovacciarono accanto al corpo della sorella.
"Non male, come corpo in cui reincarnarsi" commentò Diosino,
attingendo nuovamente alla sua bottiglia di vino.
"Già, ha tutte le sue cosine al loro posto"
"Che spreco! Tutto questo ben di dio per un solo uomo"
"La nostra occasione per divertirci l'abbiamo avuta, fratellino. E' ora
che cominci a guardarti intorno"
"Ma nessuna eguaglierà mai le sue capacità. Alle
tue doti amatoriali, Afrodite"
Dioniso bevve alla salute della dea, sotto lo sguardo perplesso di
Hermes, che fu però attratto poco dopo dalla teca in cui era
racchiusa Afrodite, la quale emise un ultimo bagliore prima di
scomparire. Assieme ad essa svanì anche l'armatura della
dea, che rimase in abiti comuni.
Dopo qualche movimento involontario di mani e occhi, Afrodite riprese
conoscenza e si guardò intorno finchè non
incrociò gli sguardi apprensivi dei fratelli.
"Voi due che ci fate qui?" domandò sorpresa, mentre si
rialzava a sedere.
"Siamo venuti a tirarti fuori, mia cara"
Afrodite fece vagare lo sguardo sull'altopiano che era stato teatro del
suo combattimento contro Efesto e infine ricordò tutto:
l'eruzione, la lava che colava, lei che permetteva agli altri di
fuggire e si lasciava poi inghiottire dal fuoco.
"Ma che è successo?" domandò infine.
"Pare che il tuo cosmo ti abbia protetta dalla lava, racchiudendoti in
una specie di bozzolo" le spiegò Hermes, per poi prendere la
bottiglia di vino dalle mani del fratello per offrirla ad Afrodite.
Questa la accettò volentieri e mandò
giù un sorso di Passito, quindi restituì la
bottiglia ad un bramoso Dioniso.
"E voi che siete venuti a fare?" chiese ancora la dea.
"Sembrava che non volessi uscire dai sassi" rispose Dioniso.
"Ci ha mandati nostro padre per aiutarti" aggiunse Hermes. "Considera
fondamentale che tu torni a Tokyo da Atena"
"E perchè?"
"Questo non me l'ha spiegato" ribattè dispiaciuto Hermes.
"Sono un messaggero, non un segretario"
"E a te suppongo non abbia detto null'altro" dedusse Afrodite, rivolta
a Dioniso.
"Se l'ha fatto, ero troppo ubriaco per capire" rispose lui con
semplicità.
"Non stento a crederlo"
Afrodite si mise in piedi, ma un capigiro la costrinse ad appoggiarsi
ad Hermes, prontamente intervenuto in suo soccorso.
"Grazie, ma togli pure la mano dal mio sedere. Non serve a reggermi in
piedi"
"Sempre malpensante, Afrodite mia!"
"E comunque, come puoi pretendere che la mano non s'allunghi, con un
corpo così?" le fece notare Dioniso.
"Millenni di esistenza e restate sempre due adolescenti infoiati" li
rimproverò Afrodite. "Ma con me non attacca più"
"Lo sappiamo" replicò Dioniso, senza nascondere la sua
delusione. "Sei inn... quella cosa lì"
"Si dice innamorata,
Dioniso, e tu lo sei stato di Arianna, rammenti?"
"Errori di gioventù"
"Come ti pare. E' stato un piacere rivedervi, ragazzi"
Afrodite si congedò dai fratelli e prese a scendere verso
valle.
"Si può sapere dove stai andando?"
Hermes era sbucato alle sue spalle e la osservava dall'alto, sospeso a
mezz'aria come se fosse sdraiato su un lettino. Afrodite si
fermò e lo guardò scocciata, prima di rispondere.
"A cercare un modo per tornare a Tokyo"
"Non puoi teletrasportarti?"
"Risponditi da solo"
"Ah già... "
Nel frattempo Afrodite era andata avanti. Questa volta fu Dioniso a
bloccarle il passo.
"Perchè tanta fretta, sorellina? E' parecchio che non ci si
vede"
"Sentite, io devo tornare a Tokyo, ok? Devo tornare da Hyoga, da Saori
e dalle mie Sacerdotesse a dire loro che sto bene... e poi anche
papà dice che è fondamentale che torni, quindi,
gentilmente, ti sposti?"
"Quando te la facevi con Ares eri più affabile" le
ricordò Dioniso mentre lo sorpassava.
"Perchè non me la facevo solo con Ares, ricordi?"
"Eccome! Eri tutta un fuoco, mentre adesso sei frigida"
Afrodite si fermò e si voltò verso il fratello
col volto inviperito.
"Io sono frigida?"
"Nah, era solo un modo per farti fermare. Senti qui"
Dioniso le si avvicinò e le cinse le spalle con un braccio.
Hermes li raggiunse subito dopo, imitando il fratello.
"Sei davvero... innamorata di questo... ?"
"Hyoga"
"Hyoga, certo. Lo ami davvero?"
"Non ti sei scomposto quando hai detto 'ami'"
"Perchè non ci devo pensare. Allora, lo ami?"
"Certo che lo amo!"
"Certo che lo ama!" le fece eco Hermes.
"Molto bene. A questo punto dobbiamo solo elaborare un piano"
sentenziò Dioniso, lasciando la presa sulla sorella e
andandosi a sedere su un masso.
"Un piano per che cosa, scusa?" chiese Afrodite, districandosi dalla
presa di Hermes per raggiungere l'altro dio.
"Per la tua entrata in scena, ovvio" rispose serafico, mentre versava
il Passito in un calice d'oro che aveva tirato fuori dalla tunica.
"No, non è ovvio. Senti, voglio solo tornare a Tokyo, e
voglio tornarci il prima possibile"
"Fidati di me, Afrodite" la esortò Dioniso, mentre faceva
roteare il liquido ambrato nel calice.
"No che non mi fido!"
"Sinceramente, Dioniso, nemmeno io mi fido di te" le diede man forte
Hermes.
"E fate male. Quando sono ispirato le mie idee sono una vera bellezza.
Adesso, sorellina, siediti e ascolta Dioniso tuo"
Afrodite sospirò e alla fine cedette. Sapeva che quei due
non l'avrebbero lasciata in pace finchè non li avesse
ascoltati. Si andò a sedere vicino a Dioniso, mentre Hermes
osservava tutto da dietro le loro spalle, sempre volando.
Il dio fece vedere ad Afrodite qualcosa dentro il calice e
iniziò a spiegare con enfasi il suo piano. La bionda
sembrò rimanere colpita dall'inventiva del fratello e
abbandonò l'espressione scocciata di poco prima.
Alla fine dovette ammetere che, quando Dioniso ci si metteva d'impegno,
riusciva ad essere un vero genio.
"Allora, che ne dici?" domandò questi, alla fine della
spiegazione.
"Dico che, se è proprio necessario e se proprio ci tieni,
è andata"
"Grande! Vedrai, sarà un successone"
"Ma prima, via questi straccetti abbrustoliti" aggiunse Hermes con uno
schiocco di dita.
Afrodite si ritrovò coperta da una semplice tunica bianca
che nascondeva l'indispensabile. Non provò neanche a
protestare, sarebbe stato inutile.
"Ed ora, via verso Tokyo!"
"Posso sapere come ci arriviamo a Tokyo?"
"Noi non siamo reincarnazioni, bambina" le ricordò Diosiso,
accarezzandole una guancia. "Ti teletrasporteremo"
"A saperlo prima, ci evitavamo tutta questa messinscena" si
lamentò Afrodite, prima di porgere la mano al fratello.
Scomparvero senza smuovere neanche un sasso.
Rieccomi qua!
Sono stata brava, vero?
Lo so, questi capitoli sono un po' corti e questo in particolare non
è molto succoso, ho puntato soprattutto sulle gag e spero di
esserci un minimo riuscita. Il tutto serve comunque a portare alla
conclusione, che arriverà a breve.
Già, perchè questo è il penultimo
capitolo di questa lunghissima storia che spero vi abbia appassionato
un pochettino come ha appassionato me mentre la scrivevo.
Ma non è tempo di commenti di fine storia, visto che non
è ancora finita, perciò buona lettura!
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Capitolo 32 *** Un tramonto sul mare ***
A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea
dell'Amore")
Capitolo 31 - Un tramonto sul
mare
Quando Hyoga riprese i sensi
erano già arrivati a Tokyo. Era stato portato direttamente
nella sua stanza e le sue ferite erano state curate senza che si
accorgesse di nulla.
Al suo risveglio, insieme ai dolori e ad un leggero disorientamento,
arrivò anche la consapevolezza che Ayame non c'era
più. Solo in quel momento realizzò che avrebbe
preferito continuare a dormire in eterno, per non dover sopportare
l'enorme peso che la sofferenza per la perdita di Ayame aveva
scaraventato sul suo cuore.
Si rifiutò di uscire dalla sua stanza per tutto il resto
della giornata e per buona parte di quella dopo, cacciando in malo modo
chiunque tentasse di fargli visita per risollevargli il morale.
Perchè non c'era assolutamente niente da risollevare, con
Ayame se n'era andata la sua voglia di vivere una vita a cui solo lei
era riuscita a dare senso.
Passò quelle interminabili ore abbracciando il cuscino su
cui avevano dormito insieme neanche un giorno prima. Era ancora
impregnato del suo odore e abbracciandolo gli sembrava di averla di
nuovo tra le braccia, calda e morbida, totalmente abbandonata a lui,
inesperta e audace al tempo stesso.
Allora Hyoga non sapeva che quella sarebbe stata la loro ultima notte
insieme. Invece Ayame? Era consapevole del fatto che non avrebbe
più rivisto l'uomo che stava amando così
intensamente? Per quel motivo si era presentata alla sua porta quella
sera? Per fare l'amore con lui e decretare definitivamente che lei era
solo sua e che lo era stata fino alla morte?
Calò la notte che la mente del Cavaliere era ancora un
turbine di domande senza risposta e di ricordi dolorosi. I raggi della
luna piena entrarono delicati dalla finestra aperta illuminando la
stanza altrimenti buia.
Hyoga si addormentò senza nemmeno accorgersi che in cielo
Venere non brillava come al solito, ma si era fatta più
vicina alla Luna sua sorella, quasi le stesse chiedendo aiuto per
illuminare la tristezza di quell'uomo addormentato e dal cuore in
frantumi.
Quella notte il guerriero rivisse le battaglie, l'amante
sfiorò la pelle della sua donna con le labbra,
il ragazzo rise con l'amica ritrovata,
il bambino sorrise alla bimba circondata dai petali rosa del ciliegio
in fiore, mentre lei gli dava la sua bambola preferita. Quando si
svegliò i suoi occhi partirono subito alla ricerca di
quell'oggetto, di quell'unico ricordo che era sempre stato presente
durante la sua storia con Ayame.
Si alzò dal letto, rovistando febbrilmente tra le sue cose
per trovare la vecchia bambola di pezza, ma nella stanza non c'era.
Poteva essere solo in un altro posto. Hyoga lasciò che i
suoi piedi lo conducessero alla stanza di Ayame e che la sua mano
abbassasse la maniglia.
Subito gli venne da piangere, ma sul suo viso spuntò anche
un sorriso spontaneo.
La stanza di Ayame era immersa nel disordine più totale.
Ayame era disordinata, se ne era quasi dimenticato. Ma quella stanza
diceva anche qualcos'altro.
Le pareti erano tappezzate di fotografie, storte e sovrapposte, dei
pochi momenti di serenità che erano riusciti a vivere tutti
loro assieme. Facce buffe e pose improbabili si alternavano lungo i
muri della stanza, e una sezione, quella esattamente sopra la testata
del letto, era dedicata a loro due. C'erano foto del loro primo giorno
insieme, quando ancora non sapevano di amarsi, nè cosa lei
sarebbe diventata e cosa ciò avrebbe comportato. Non
ricordava neanche che le avesse scattate, forse perchè quel
giorno era stato talmente pieno di sorprese che era difficile
ricordarsi ogni dettaglio. E poi loro due nel giardino di palazzo Kido,
coi bambini dell'orfanotrofio, sulla spiaggia che li aveva visti mentre
si dichiaravano amore reciproco.
Tutti piccoli indizi che dicevano che Ayame, in fondo, era una ragazza
come tante altre. Non impostata e sempre perfetta come Saori, ma
disordinata, disorganizzata, vittima della moda e attaccata alle cose
semplici come una fotografia. O una bambola.
Susie era lì sul letto, tra magliette e calzoncini, coi suoi
capelli di lana e il suo sorriso sottile come un filo di cotone. E gli
occhi verdi come i suoi. Non ci aveva mai fatto caso.
La prese con le mani tremanti, sembrava timoroso di rovinarla, e rimase
lì, in piedi in mezzo a quel caos di abiti, ad osservare
quell'insieme di pezza che tanto era stato importante per lui. Per loro.
"Ah, sei qui!" esclamò Shun, sulla soglia della stanza,
chiaramente sollevato di aver ritrovato l'amico. "Stavo cominciando a
preoccuparmi"
Lo sguardo di Hyoga, però, non si alzò dalla
bambola. Il Cavaliere si sedette sul letto.
"Vuoi qualcosa da mangiare? Sei a stomaco vuoto da ieri mattina" chiese
Shun, azzardando un passo dentro la camera.
Hyoga scosse la testa, aggiungendo al gesto un sommesso "No, grazie".
"Va bene. Come vuoi"
Shun uscì dalla stanza e si richiuse la porta alle spalle.
Hyoga non attese lo scatto della serratura per scoppiare a piangere sui
vestiti di raso della bambola tra le sue mani.
Shun raggiunse gli altri compagni in giardino, dove l'atmosfera era
solo fintamente più allegra. Gli occhi delle Sacerdotesse
erano ancora rossi di pianto e qualcuna non aveva ancora esaurito le
lacrime.
Galatea stava seduta sul bordo della fontana e singhiozzava sulla
spalla del fratello, mentre Psiche preferiva sfogare la sua tristezza
lontana da occhi indiscreti, ma comunque sotto lo sguardo vigile di
Ikki.
Il Cavaliere si andò a sedere su una panchina poco distante
dal balcone, vicino a Talia, e le cinse le spalle col braccio.
"Si è svegliato?" gli chiese la Sacerdotessa, con la voce
nasale di chi ha smesso di piangere da poco.
"L'ho trovato in camera di Ayame"
Una pausa troppo lunga, poi Talia riprese.
"Come sta?"
"Non l'ho mai visto così a terra. Ho paura che possa fare
qualche sciocchezza" confessò Shun, stringendo di
più Talia a sè.
"Sono convinta che basterà il ricordo di Ayame a fargli
cambiare idea nel caso" cercò di tranquillizzarlo la
Sacerdotessa.
"Lo spero"
Non trovarono altro da aggiungere. Talia cercò di rilassarsi
e lasciò che i raggi del sole le asciugassero le guance.
Shun, invece, non potè fare a meno di alzare lo sguardo
verso la finestra della stanza di Ayame. Le persiane erano accostate,
nessuno le aveva toccate da quando la ragazza aveva lasciato la stanza
il giorno prima a chissà quale ora.
Sorprendentemente, anche i suoi occhi iniziarono a pizzicare a causa
delle lacrime che premevano agli angoli. Shun sospirò per
trattenerle.
"Non riesco ancora a realizzare che non ci sia più" disse
poi.
"Io sono convinta che sia ancora viva, invece"
La decisione con cui Talia pronunciò quelle poche parole lo
commosse. Afrodite li aveva sempre sorpresi con delle miracolose
riprese all'ultimo secondo, tuttavia il Cavaliere era più
propenso a credere che questa volta non ci sarebbe stato nessun
miracolo. In cuor suo, però, dovette ammettere che lo
sperava ardentemente.
L'arrivo di Ayame e delle ragazze aveva ridato un nuovo slancio alle
loro vite. Poche volte, in qualità di Cavalieri, avevano
avuto a che fare con delle donne e quell'esperienza era stata
costruttiva per tutti quanti. A prescindere dai loro compiti di Sacri
Guerrieri, poi, erano nate delle amicizie e delle
complicità, e lui aveva conosciuto Talia e la sua musica. E
tutto quanto era partito dall'arrivo di Ayame.
In quel momento, però, sembrava che tutto questo sarebbe
anche dovuto finire con la dipartita della ragazza.
Ma era ancora troppo presto per pensarci. Bisognava aspettare che le
ferite si rimarginassero, che la tristezza si attenuasse, per decidere
la mossa successiva.
Una persiana sbattè contro il muro del palazzo e Shun,
ancora prima di voltarsi, capì quale era.
Hyoga aveva spalancato la finestra della stanza di Ayame.
Quel luogo non meritava di stare al buio, nè bisognava
rischiare che la puzza di chiuso vi ristagnasse dentro. Per questo
motivo Hyoga spalancò le persiane. Chiuse gli occhi mentre i
caldi raggi del sole lo colpivano.
Teneva ancora Susie stretta in una mano. Era stata lei a ricordargli la
più importante lezione che Ayame gli aveva insegnato.
Reagire. Non lasciarsi sopraffare dagli eventi. Affrontare le
situazioni difficili.
Doveva farlo per lei, per quel sorriso candido che lo aveva illuminato
da bambino, per quegli occhi che l'avevano folgorato da giovane uomo.
Tornò nella sua stanza lasciando quella di Ayame esattamente
com'era, si liberò degli abiti laceri e si concesse una
doccia fredda e rigenerante, quindi uscì senza neanche
asciugarsi i capelli, diretto alla palestra dove si allenavano nei
periodi di pace come quello.
Lì dentro il tempo passò in fretta. Combattere
l'aveva sempre aiutato a non pensare, ed era ciò di cui
aveva bisogno in quel momento. Era solo in palestra, anche se poteva
scommetterci che Shun o chi per lui erano nelle vicinanze, pronti ad
assisterlo nel caso avesse avuto bisogno.
Quello, però, era un ostacolo che doveva superare da solo.
Il tempo per l'aiuto degli amici sarebbe venuto.
Quando guardò di nuovo oltre le vetrate della palestra il
sole stava tramontando all'orizzonte e tutto era tinto di rosso e oro.
Il mare calmo riluceva di quegli stessi riflessi che, giorni prima, lo
avevano accompagnato nel ritorno a casa dopo una magica giornata con
Ayame, iniziata con un pianto sommesso in riva al mare.
Allora Hyoga si accorse che era ancora troppo presto per reagire, che
aveva ancora tante lacrime da versare e che nessuno più di
Ayame le meritava. Prese la bambola che aveva lasciato su una panca
della palestra a guardarlo inespressiva e si diresse verso quella
spiaggia, verso quel tramonto rosso che rapidamente calava
all'orizzonte. Si sedette quindi sulla sabbia fine, lasciando che la
schiuma del mare gli lambisse i piedi nudi.
Pianse silenziosamente, sempre con Susie tra le mani, ritornando a
vivere dei ricordi che si era costruito con Ayame, rimpiangendo i gesti
non fatti, assaporando i momenti intensi, godendo degli attimi di
serenità che lei gli aveva donato.
"Perchè stai piangendo?" gli domandò una vocina
lontana nel tempo e nello spazio, eppure talmente vicina da
costringerlo a sollevare lo sguardo.
Una Ayame bambina lo osservava, sospesa sulla superficie del mare, con
lo stesso vestito, lo stesso cerchietto, la stessa espressione luminosa
di più di dieci anni prima. Non era possibile, non poteva
che essere uno scherzo della sua mente, un miraggio. Eppure lei
inclinò la testa e, senza smettere di sorridere, chiese
ancora "Perchè sei triste, Cavaliere?"
"Perchè sono solo" rispose Hyoga, come aveva fatto da
bambino. "Mi hai lasciato solo"
"Invece non sei solo" ribattè fresca lei. "Ti ho lasciato
Susie, ricordi?"
Hyoga sollevò la bambola e si lasciò sfuggire un
sorriso. "Certo che mi ricordo. E' l'unica cosa che mi rimane di te,
assieme ai ricordi"
"Abbiamo tanti ricordi?" domandò lei, innocente e
inconsapevole di quanto quella domanda facesse male.
"Non abbastanza" sussurrò lui, sempre guardando la bambola.
Silenzio, un leggero sciabordio dell'acqua, e poi un'altra voce
parlò, adulta, vicina, agognata.
"Allora costruiamocene altri"
Hyoga sollevò gli occhi e se la ritrovò
lì, sulla riva del mare, bella come un miraggio ed
evanescente come una dea. Il Cavaliere sbattè più
volte le palpebre, per scacciare le ultime lacrime e per vedere se
quell'apparizione fosse solo frutto della sua immaginazione. Ma ad ogni
battito Ayame era sempre lì, sempre più vera e
bella. Allora si alzò in piedi, guardingo, seguito dagli
occhi verdi di lei. Resto lì impalato a guardarla per
qualche istante, prima di prendere coraggio ed allungare una mano. I
suoi polpastrelli sfiorarono la pelle morbida della sua guancia e Ayame
chiuse gli occhi a quel contatto, inclinando la testa perchè
lui la toccasse con tutta la mano.
"Ayame... " la chiamò infine, e lei riaprì gli
occhi, lucidi e luminosi come se li ricordava.
Furono subito l'uno tra le braccia dell'altra, a piangere e
contemporaneamente a ridere di gioia, a baciarsi ripetutamente per non
dimenticarsi mai più che sapore hanno le labbra di una
persona amata che si credeva persa, ma che poi si è
ritrovata, a giurarsi amore eterno come una coppia di sposi all'altare.
Una volta convintosi che Ayame era lì, che era tornata e che
non se ne sarebbe più andata, Hyoga si decise a lasciarla
andare un attimo per raccogliere la piccola Susie, caduta sulla
spiaggia nella foga di quegli abbracci. Tornò quindi dalla
ragazza e gliela porse.
"Non lasciarmi mai più da solo con lei" la
supplicò mentre gliela porgeva.
"Te lo prometto" giurò Ayame.
"Torniamo a casa?" propose quindi il Cavaliere.
Ayame storse il naso. "La Tata mi costringerà a mettere a
posto la stanza"
"Penso che quello sarà l'ultimo dei suoi pensieri quando ti
vedrà, però sì, è
necessario se vogliamo starci in due là dentro"
"Vuoi venire a stare nella mia stanza, quindi?"
"Se me lo permetterai, starò con te ogni singolo momento da
qui all'eternità"
"Me lo prometti?"
"Te lo giuro"
The end
E siamo giunti alla fine
di questa lunghissima avventura che è stata questa
fanfiction!
Spero di non aver deluso nessuno col finale, ma era già in
mente da parecchio e ci tenevo che fosse questo l'epilogo della mia
storia. Storia che è durata (stento a crederci)
più di due anni o.O (ma sono stata davvero così
impegnata? Bah) ma che, come promesso, ho portato a termine :)
Poichè però mi sono affezionata al personaggio di
Ayame, non mi va di abbandonarlo, perciò le sue avventure
continueranno prossimamente su queste pagine web e spero che qualcuno
le seguirà.
Nel frattempo ringrazio chi ha seguito questa storia, e siete stati in
tanti, in questi due anni, e per fortuna non l'avete mai bocciata ma
siete sempre stati soddisfatti del mio lavoro, anche quando io stessa
non lo ero del tutto. E' grazie a voi e a questo sito se posso
coltivare questa mia passione che è la scrittura,
perciò vi ringrazio di tutto cuore per il supporto :)
Alla prossima avventura!
Martyx
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