A divine love

di Martyx1988
(/viewuser.php?uid=51220)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Petali di ciliegio ***
Capitolo 2: *** Nuova primavera ***
Capitolo 3: *** Scrivilo su un biglietto ***
Capitolo 4: *** Scappatella ***
Capitolo 5: *** La stella più luminosa ***
Capitolo 6: *** Posso avere questo ballo? ***
Capitolo 7: *** Rabbia e delusione ***
Capitolo 8: *** Discesa dall'Olimpo ***
Capitolo 9: *** Risvegli ***
Capitolo 10: *** Rivelazioni ***
Capitolo 11: *** Complicazioni ***
Capitolo 12: *** L'inizio di una nuova battaglia ***
Capitolo 13: *** Primi scontri ***
Capitolo 14: *** L'Abbandono dell'Amore ***
Capitolo 15: *** Strategie ***
Capitolo 16: *** Tempesta ***
Capitolo 17: *** Un amore divino ***
Capitolo 18: *** In fuga ***
Capitolo 19: *** La potenza di un dio ***
Capitolo 20: *** Di nuovo insieme ***
Capitolo 21: *** Prima di partire ***
Capitolo 22: *** Vulcano ***
Capitolo 23: *** Alle pendici del monte ***
Capitolo 24: *** I tre Ciclopi ***
Capitolo 25: *** Spine di Rosa ***
Capitolo 26: *** Nati dall'avorio ***
Capitolo 27: *** Redenzione ***
Capitolo 28: *** Preludio ***
Capitolo 29: *** L'Armatura di Afrodite ***
Capitolo 30: *** L'ultimo valzer ***
Capitolo 31: *** Attenti a quei due ***
Capitolo 32: *** Un tramonto sul mare ***



Capitolo 1
*** Prologo - Petali di ciliegio ***


A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea dell'Amore")

PROLOGO - Petali di ciliegio

Petali rosa cadevano dal ciliegio che adornava il giardino dell'orfanotrofio. Il leggero vento primaverile li faceva volare a mezz'aria e roteare in eleganti virtuosismi, ed espandeva il loro profumo tutt'intorno. Un piccolo petalo si posò su una gamba di un bambino seduto sull'altalena, e su di esso cadde poco dopo un'innocente lacrima. Piangeva il bambino, rimasto solo al mondo, appena arrivato all'orfanotrofio dopo un lungo viaggio dalla fredda Russia.
Un altro petalo ballerino andò a decorare il cerchietto bianco che ornava i capelli biondi di una bambina, sul cui viso splendeva un'espressione dolce e sorridente. Teneva le braccia dietro la schiena, in una mano stringeva il braccio di pezza di una bambola. Osservava il bimbo sull'altalena, biondo come lei, più o meno della sua età, il cui pianto silenzioso era scandito dal cigolare delle catene, che si muvevano avanti e indietro seguendo la spinta dei suoi piedi sul terreno.
"Perchè piangi?" gli chiese genuinamente.
Il bambino azò gli occhi azzurri ancora colmi di lacrime, incontrando quelli verdi e luminosi di lei. Continuava a sorridere, dolce. Il bimbo abbass di nuovo lo sguardo sulle sue gambe.
"La mia mamma è morta" rispose mestamente, tirando su col naso "Gli altri bambini non vogliono giocare con me". Un singhiozzo. "Sono rimasto solo". Strinse le catene dell'altalena tra le mani nel tentativo di soffocare i singhiozzi.
"Allora non devi piangere"
La limpidezza nella voce della bambina lo sorprese e tornò a guardarla meravigliato. Stava ancora sorridendo, tutto del suo viso sorrideva, mettendo in evidenza le paffute guance rosee, in tinta coi petali di ciliegio che le danzavano intorno. Al bimbo parve persino di vedere una luce intorno alla sua sagoma, quasi non fosse reale ma un semplice frutto della sua immaginazione.
La bimba continuò a parlare senza perdere il sorriso. "Anche la mia mamma e il mio papà sono morti. Ho pianto tanto. Però poi ho pensato che loro non avrebbero voluto vedermi piangere. E penso che nemmeno la tua mamma lo voglia"
Rimase sbalordito dalla semplicità con cui pronunciò quelle sagge parole, e ne capì al contempo la profonda verità. Si asciugò le lacrime col braccio e si alzò dall'altalena, cercando di sorridere.
"Come ti chiami?" gli chiese lei, ancora più sorridente.
"Hyoga. E tu?"
"Io sono Ayame. E questa è Susie". Gli mostrò la bambola di pezza che fino a quel momento aveva tenuto dietro la schiena. "Se vuoi puoi giocarci"
"I maschi non giocano con le bambole"
Sul viso della bimba apparve per un attimo un'espressione perplessa, rimpiazzata subito dopo dal candido sorriso di prima.
"Hai ragione, che sciocca"
"Comunque grazie" disse Hyoga, ormai contagiato dalla solarità di Ayame. In risposta ricevette una breve e cristallina risata.
"Signorina Ayame, è ora di andare!" urlò una donna dal cancello dell'orfanotrofio.
"Tienila lo stesso" Ayame mise in mano a Hyoga la bambola "Ti farà compagnia quandoti sentirai solo. Ciao!". Lo salutò con la manina prima di iniziare a correre verso il cancello.
"No...Aspetta! Io non posso tenerla!" le gridò dietro Hyoga agitando la bambola.
"Tornerò a riprenderla un giorno! E' la mia preferita!" gli rispose Ayame, prima di sparire dietro la portiera di una lussuosa auto nera.

Sotto consiglio di roxrox ho voluto provare a sviluppare la One-shot che ho pubblicato ieri (o meglio stanotte :D)...non asicuro un regolare aggiornamento, vista la sfilza di fic iniziate e ancora in sospeso, spero cmq che leggerete e apprezzerete la storia!

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Nuova primavera ***


A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea dell'Amore")

Capitolo 1 - Nuova Primavera

Quella mattina il collegio St. Charles era più rumoroso del solito, le risate dei bambini sembravano quintuplicate rispetto agli altri giorni e oltre ad esse se ne potevano distinguere altre più adulte, ma da una parte ancora infantili. I precedenti ospiti del collegio erano andati a fare visita ai loro piccoli amici insieme alla signorina Saori e a Tatsumi, e così Seiya, Shiryu, Shun, Hyoga e gli altri cavalieri si erano trovati alle prese con litigi di massa, pianti più simili ad alluvioni e scherzi di vario tipo. La faccia di Seiya era infatti ricoperta da una vasta gamma di colori a tempera che lo rendevano più simile a un clown che a un cavaliere, i lunghi capelli di Shiryu erano stati presi d'assalto dalle bambine che si stavano divertendo ad acconciarli nei modi più disparati, mentre Shun stava intrattenendo un gruppetto di bambini apparentemente più tranquilli insegnando loro a disegnare.
Il tutto avveniva sotto un tiepido sole primaverile e davanti ai gelidi occhi azzurri di Hyoga, che aveva preferito starsene in disparte e osservare divertito la scena. Accanto a lui, seduta su una semplice panchinadi legno, Saori rideva di gusto.
Videro poi una bambina correre loro incontro urlando, inseguita dal solito Smarty, forse il bambino più dispettoso del collegio. Hyoga e Saori si scambiarono uno sguardo d'intesa e decisero di intervenire, il ragazzo bloccò Smarty  afferrandolo per il colletto e sollevandolo, permettendo così alla bimba di andarsi a rifugiare da Saori.
"Lasciami, lasciami andare! Avanti, Hyoga, mettimi giù!" Smarty si dimenava senza sosta calciando l'aria con i piedi.
"Neanche per sogno, non si importunano le bambine così"
"Non me ne importa niente di lei, voglio solo il suo giocattolo!"
"Puoi scordartelo, Smarty! Finiresti per romperlo!". La bambina fece seguire una sonora linguaccia alla sua risposta.
"Sei veramente antipatica e brutta lo sai?!?" sbraitò il ragazzino, provocando il pianto isterico della bambina, che inondò di lacrime l'abito di Saori.
"Ma bravo!" lo rimproverò Hyoga "Chiedile immediatamente scusa"
"Non ci penso nemmeno!"
Hyoga lo sollevò ancora di più, portando il suo viso all'altezza dei suoi occhi. "Non voglio ripetermi". Il suo sguardo non ammetteva repliche.
"Uff...e va bene, scusa" brontolò Smarty. La bambina sembrò calmarsi e, sollevata la testa, si asciugò le lacrime con la manicha della camicetta.
"Si può sapere qual è il giocattolo che ha creato tanto trambusto?" domandò gentilmente Saori, sorridendo ai due bambini. Nel frattempo Hyoga aveva rimesso a terra Smarty, pur continuando a tenerlo d'occhio.
La bimba mostrò alla ragazza una bambola di pezza molto vecchia e a tratti sgualcita, ma ancora in buono stato e di ottima fattura, che subito attirò l'attenzione di Hyoga.
"Bah, è bruttissima e vecchia. Tientela pure!" bofonchiò Smarty, tornando a giocare con gli altri bambini.
"Non è vero, sarai tu brutto!" trillò la bambina, lasciando cadere la bambola per lanciarsi all'inseguimento dell'amichetto.
Saori rise divertita, poi si chinò a raccogliere la bambola e la porse a Hyoga. "Mi era sembrato ti interessasse".
"No, solo...ricordavo di averla vista tra i giocattoli del collegio quando ero piccolo, tutto qui"
Saori annuì. "Prendila comunque". Avvicinò ancora di più la bambola al cavaliere, che la prese con delicatezza, e andò verso il resto del gruppo.
Si era completamente dimenticato dell'esistenza di quella bambola e, a vederla in quello stato si sentì in colpa. Quella bambina, Ayame, gliel'aveva lasciata per non farlo sentire solo, dicendo che un giorno sarebbe tornata a riprenderla. Cosa avrebbe detto nel trovarla sgualcita e sporca. Si diede dello stupido, erano anni che la bambola era al collegio e mai nessuno era venuto a reclamarla, perchè sarebbe dovuto accadere proprio in quel momento? Rappresentava però un ricordo troppo bello per lasciarla in quello stato.
"Ehi, Erii!" si diresse verso la zona del cortile dove gli altri stavano giocando. Una ragazza bionda, minuta, si affrettò a corrergli incontro.
"Dimmi, Hyoga" disse sorridendo al ragazzo, rossa in viso per la seppur breve corsa e non solo.
"Dici che si può rimettere in sesto questa bambola?" gliela mostrò. Erii la prese in mano con attenzione.
"Beh, è un po' malconcia ma non perduta. Qualche punto qua e là e tornerà come nuova. Ma come mai vuoi che la aggiusti?"
"Così. E' un bel giocattolo ed è un peccato lasciarlo in queste condizioni"
"D'accordo, mi ci metto subito"
"Grazie, Erii. Sei sempre molto gentile"
Il rossore sul volto della ragazza si fece più vistoso e, nel tentativo di non farsi vedere da Hyoga, si voltò di scatto e tornò verso il collegio. Il ragazzo sorrise, conscio dei sentimenti che animavano la fanciulla. Anche lui li aveva provati per qualche tempo, ma si era poi accorto di non amare Erii come meritava e aveva preferito restarle amico, situazione che lei aveva accettato apparentemente volentieri. La vide uscire dal collegio con in mano un cestino, probabilmente contenente tutto ciò che le sarebbe servito per rattoppare la bambola.
Gli venne in mente il giorno in cui la ricevette, anni prima, e si voltò a guardare l'altalena, ancora in piedi da allora. Cosa invece non esisteva più era l'albero di ciliegio, abbattuto per creare uno spazio giochi all'aperto, con scivoli, giostre e quant'altro.
A Hyoga non sembrava neanche fosse primavera senza quell'albero. In quel tandem di ricordi riaffiorò anche l'immagine solare di Ayame, sorridente e luminosa, che lo incoraggiava a non essere triste, che gli offriva parte di lei perchè non si sentisse più solo. Purtroppo poche volte aveva potuto sfruttare quel dono, il suo destino non era quello di essere un bambino normale la cui infanzia sarebbe trascorsa in mezzo ai giochi e ai coetanei. Era dovuto diventare un uomo prima degli altri, e come lui anche Seiya, Shiryu e i suoi amici. Il tempo dei giochi era durato poco per lui.
Un colpo di clacson proveniente da una lussuosa automobile scura posteggiata davanti al cancello lo svegliò dai suoi pensieri. Si avvicinò alla macchina, da cui sbucò un brizzolato autista in divisa.
"Mi scusi, è questo il collegio St. Charles?" gli chiese gentilmente.
"Sì, esatto"
"Molto bene". L'uomo corse intorno alla macchina fino a raggiungere la portiera del passeggero dietro, che aprì con eleganza.
"Siamo arrivati, signorina Ayame"
Ayame?!? pensò Hyoga, sorpreso. No, non poteva essere lei, sarebbe stata una coincidenza impossibile. Oppure non si trattava di coincidenze, ma di uno strano gioco del destino. Attese con trepidazione che il passeggero uscisse dall'auto. Il cuore gli si fermò quando ai suoi occhi apparve un roseo viso sorridente contornato da una cascata di capelli biondissimi e su cui spiccavano due luminosi occhi verdi.


Eccomi di nuovo qui! Spero di non aver deluso le vostre aspettative, questo capitolo è nato tra una pausa tra lo studio di Chimica Inorganica e quello di Chimica Organica, perciò se vedete comparire formule in mezzo al testo perdonate :P...no scherzo, potrebbe comunque esserci qualche errore di battitura, portate pazienza ma sono in periodi di esami su esami...
Ringrazio roxrox, ti con zero e sole a mezzanotte per il loro appoggio e tutti gli altri silenziosi lettori!

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Scrivilo su un biglietto ***


A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea dell'Amore")

Capitolo 2 - Scrivilo su un biglietto

Quando si accorse della sua presenza davanti a lei, Ayame spalancò gli occhi e sul suo incantevole viso comparve un'espressione di stupore.
"Ayame, cosa fai lì impalata. Devo scendere" gracchiò una voce dall'interno della vettura. La ragazza parve ridestarsi da un sogno, sbattè più volte le palpebre e si voltò verso l'auto.
"Perdonami, Tata, mi sono persa nei ricordi" ribattè dolcemente, mentre si scostava per lasciar uscire una donna allampanata e arcigna, coi capelli grigi imprigionati in uno stretto chignon. L'esile corpo era rivestito da un austero tailleur dello stesso colore della chioma, corredato di borsetta in tinta e totalmente in contrasto col leggero abito lilla e bianco indossato da Ayame, che le lasciava scoperte le gambe dal ginocchio in giù e metteva i risalto la corporatura minuta ma matura della fanciulla. Tra i capelli biondi spiccava infine un nastro della stessa fantasia dell'abito, che raccoglieva parte della folta chioma in una mezza coda.
Hyoga non riusciva a staccarle gli occhi di dosso, oltre che per la sua straordinaria bellezza anche per la strabiliante somiglianza che la ragazza aveva con la sua defunta madre. Eccetto il colore degli occhi e qualche particolare del viso, tutto di Ayame gli ricordava la sua cara mamma.
"Ehi, tu!" gracchiò la donna per attirare la sua attenzione "Non sai che è da maleducati fissare le persone?"
"Come? Cosa?" balbettò il ragazzo, diventando paonazzo per la brutta figura che aveva appen collezionato. Vide Ayame coprirsi la bocca mentre rideva. Hyoga non potè non notare quanto fosse simile alla bambina di molti anni fa. "Oh, che cafone! Perdonatemi, signore!". Si prostrò in numerosi e agitati inchini, inalberandosi in innumerevoli scuse.
"Sì, sì, va bene" lo fermò la Tata "Ora puoi gentilmente aprirci il cancello, ragazzo?"
"Certamente". Hyoga si precipitò verso uno degli stipiti del cancello e premette un pulsante giallo. Con un sonoro scatto si attivò il meccanismo che aprì i due battenti permettendo alle due donne di entrare.
"Grazie" conguettò Ayame passandogli accanto e, almeno così parve a Hyoga, strizzando l'occhio sinistro nella sua direzione. Il ragazzo la osservò per qualche istante chiedendosi se si fosse sognato tutto. Dall'espressione che aveva assunto appena scesa dalla macchina sembrava averlo riconosciuto, eppure non lo aveva nemmeno salutato, nè chiesto chi fosse. Decisamente non si ricordava di lui, l'occhiolino doveva essere semplicemente un suo solito gesto di ringraziamento. Premette nuovamente il tasto per chiudere il cancello e si diresse verso gli altri.
Vide Ayame parlare vivacemente con Saori, probabilmente dovevano conoscersi da molto tempo. Del testo, a giudicare dall'auto con cui si era presentata, Ayame doveva essere benestante quando la signorina Kido, e tra gente di rango ci si conosce tutti.
Una volta raggiunto il resto del gruppo, Seiya lo avvicinò e si appoggiò col gomito alla sua spalla.
"Amico, pensavamo volessi fare compagnia al cancello per tutto il pomeriggio" rise il ragazzo.
"Meglio che farmi dipingere la faccia da pagliaccio" rispose Hyoga seccato, ma, una volta guardato in volto l'amico, non riuscì a non trattenere una risata "Hai visto che faccia hai? Ahahhahahah!"
"Perchè? Che c'è che non va?". Si specchiò nel vetro di una finestra. "E' solo un po' colorata, non ci trovo niente di strano!"
"No, se lavori in un circo". Anche Shiryu e Shun avevano iniziato a prendere in giro Seiya, che cercava in tutti i modi di togliersi il colore dalla faccia.
"Posso avere la vostra attenzione, per favore?" intervenne Saori, rivolta a tutti quanti. "Volevo presentarvi la mia cara amica Ayame Kobayashi. E' venuta qui dall'isola di Cipro, dove la sua famiglia vive da generazioni, e resterà con noi per qualche tempo"
"Ciao a tutti!" salutò la ragazza con freschezza "E' un piacere conoscervi". Sentì qualcuno tirare dolcemente la gonna del vestito, abbassò gli occhi e incontrò quelli castani di una bambina sorridente.
"Signorina, lo sa che è davvero bella?" trillò la bambina, ciondolando a destra e a sinistra.
"Ti ringrazio, piccola! Sei davvero molto gentile". Un grande sorriso le illuminò il volto, facendo saltare il cuore a Hyoga.
"Ma perchè e venuta da noi?" domandò con arroganza Smarty mentre osservava Ayame imbronciato e con le braccia conserte.
"Beh, sono venuta per farvi due domande, e chi risponderà giusto riceverà un premio".
Subito i bambini la circondarono urlando per l'impazienza. "Però dovete fare i bravi e sedervi intorno a me". Tutti obbedirono più o meno immediatamente.
"Speriamo sia qualcosa da mangiare" commentò Sancho sfregandosi le mani.
"Ma pensi sempre a mangiare? E comunque vincerò io, vedrai" gli rispose Smarty.
"Molto bene" intervenne Ayame, ponendo fine alla conversazione tra i due. "Domanda numero uno: chi mi sa dire quanti giorni mancano a Natale?"
Subito si alzò un brusio di voci concitate che contavano con l'aiuto di tutte le dita a loro disposizione, e poco dopo iniziarono a saltare fuori numeri su numeri, uno più improbabile dell'altro. Smarty sembrava un pallottoliere della lotteria.
"Bene, ci siete andati tutti molto vicini" Ayame tentò di porre fine alla gara al numero più alto che si era venuta a creare. "Passiamo alla prossima domanda, la più importante". I bambini si fecero subito attenti. "Credete nella magia?" domandò con fare misterioso la ragazza.
Dopo qualche secondo di silenzio, in cui avvenirono scambi di sguardi perplessi, la voce di Smarty si levò su tutte.
"Ehi! Ma che razza di domanda è questa? Ci ha preso per scemi?!?"
Ayame rise. "Ne deduco che tu non credi alla magia, Smarty"
"No, affatti, sono tutte frottole...Un momento, come sai il mio nome?"
La ragazza si strinse nelle spalle assumendo un'espressione innocente. "Beh, potrei aver tirato ad indovinare...oppure potrei essere magica"
Sì, è la parola giusta pensò Hyoga, che non si era perso un attimo del divertente gioco creato da Ayame.
"Naaaah, mi stai prendendo in giro! Te l'ha detto qualcuno prima" protestò Smarty, mettendo il broncio.
"Va bene, Smarty, visto che non ci credi ti farò vedere una cosa in gran segreto. Vieni qui"
Con sguardo scettico, il bambino si alzò e raggiunge Ayame, che si chinò su di lui mostrandogli il pugno chiuso.
"Sai cosa c'è qua dentro?" gli sussurrò.
"Come faccio a saperlo se non me la fai vedere?"
"Oh ma non si può vedere. Qui dentro c'è polvere magica e se qualcuno la vede perde il suo potere e diventa semplice sabbia"
"Secondo me stai raccontando un sacco di fandonie"
"Uhm, sei un tipo Se non vedo non credo eh? Molto bene"
Ayame si rialzò, continuando a tenere il pugno stretto. Sul suo viso era stampata un'espressione soddisfatta. Lentamente alzò il pugno in cielo, per poi scagliarne velocemente il contenuto a terra. Ci fu un piccolo scoppio e si alzò un polverone che finì negli occhi dei bambini, che subito presero a strofinarseli con le mani e a tossire. Quando le nube di terra si dissolse, un coro di "Ooooohh" e "Woooow!" si alzò tra i bambini, estasiati dai numerosi pacchi regalo che erano comparsi vicino ad Ayame.
"Quanti regali"
"Per chi sono?"
"Beh" rispose Ayame "Visto che nessuno di voi mi ha detto quanti giorni mancano a Natale, ma ci siete andati tutti vicini, ho deciso di premiare tutti. Però attenzione". I bambini, già pronti per assalire i pacchi, si bloccarono. "C'è un regalo per ciascuno di voi, nè più nè meno, chiaro?"
"Sì, sì, sì" canticchiarono i bambini, per poi avventarsi sui doni come fosse veramente il giorno di Natale.
Ayame li osservò sorridente insieme a tutti gli altri adulti, eccetto la Tata, che si avvicinò velocemente alla ragazza e l'afferrò per un braccio.
"Tu e i tuoi soliti giochetti da bambini" la rimproverò sottovoce "Stiamo solo perdendo tempo e sprecando soldi"
"Sto solo cercando di condividere la mia fortuna con qualcuno che ne ha bisogno, Tata. Non mi sembra uno spreco di soldi"
"Pensala come vuoi, ma
il denaro che la tua famiglia ha messo da parte non scivolerà più via tra le tue dita una volta che ti sarai sistemata come si conviene"
Una volta che la Tata si fu allontanata, Ayame si concesse un sospiro e per un attimo lasciò cadere il suo solito sorriso in un'espressione sconsolata. Lasciò vagare lo sguardo, che presto incontrò quello glaciale di Hyoga. Il ragazzo aveva notato il repentino cambio d'umore di Ayame dopo la conversazione con l'altra donna e in quel momento la osservava preoccupato. Non sembrava minimamente interessato all'allegra conversazione che Seiya e gli altri avevano intavolato, la sua attenzione era tutta per lei.
Ayame abbassò lo sguardo, imbarazzata da tutte quelle attenzioni, e vide lì vicino la stessa bambina che le aveva fatto i complimenti per la sua bellezza intenta a giocare col suo regalo, una scatola di pastelli e pennarelli. La osservò per un po', poi tornò ad osservare Hyoga, che nel mentre si era messo a parlare con una delle ragazze del collegio, bionda, molto carina e, notò Ayame, innamorata. Stava porgendo al ragazzo una bambola, che lei conosceva bene, e riuscì a captare le parole del giovane.
"Grazie per averla rimessa a posto, Erii. E' perfetta"
Il sorriso le tornò spontaneamente e nello stesso momento le venne un'idea. Si chinò vicino alla bambina e le chiese un pennarello e un foglio di carta, che lei le cedette volentieri. Scribacchiò poche parole sul foglio, lo piegò e si rivolse alla bambina.
"Me lo faresti un grosso favore?"
La bimba annuì vistosamente.
"Lo porteresti a quel ragazzo biondo laggiù? Io ti aspetto qui per giocare insieme"
"Va bene!" rispose la bambina allegra. Si diresse saltellando verso Hyoga, che stava ancora parlando con Erii della bambola, quindi gli porse il biglietto.
"Che cos'è? Un tuo disegno?" le chiese divertito.
"No, no. Te lo manda lei" si voltò per indicare col ditino Ayame, che stava giocando insieme a Sancho e al suo regalo.
Hyoga prese il biglietto dalla mano della bimba, si congedò gentilmente da Erii e si allontanò dal resto del gruppo. Aprì il foglio lantamente, quasi ci fosse una bomba dentro. In grafia ordinata ed elegante Ayame aveva scritto le seguenti parole:

Ci vediamo al porto domani mattina alle dieci.
Porta anche Susie, spero tu l'abbia trattata come si conviene ;P

Ayame

Hello a tutti!
Ringrazio roxrox, ti con zero e piciottina75 per i commenti e spero do non aver deluso nessuno col nuovo capitolo...
Attendo altri commenti!
Baci!

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Scappatella ***


A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea dell'Amore")

Capitolo 3 - Scappatella

Mancavano pochi minuti allo scoccare delle dieci e la zona del porto pullulava già di gente. Marinai, commercianti, lavoratori, semplici visitatori passeggiavano per la strada accompagnati dalle loro chiacchiere mattutine, pronti per un nuovo giorno uguale agli altri. Ma non Hyoga, per lui non era un giorno uguale agli altri, anzi, probabilmente si sarebbe ricordato di quella giornata per tutta la vita. Non sapeva nemmeno lui il motivo preciso di quella sensazione, ma il fatto che con lui, quella mattina, ci sarebbe stata Ayame la rendeva ai suoi occhi qualcosa che valeva la pena ricordare.
La campana diede il primo dei dieci rintocchi quando il ragazzo si fermò a pochi metri dall'imboccatura del porto. Ayame era davanti a lui, appoggiata con le braccia al muretto, intenta ad osservare l'orizzonte, dove tra il colore del mare e quello limpidi del cielo si notava poca differenza. Era diversa dal giorno prima, i lunghi capelli erano raccolti in una coda alta da un anonimo elastico cui però erano sfuggite alcune lunghe ciocche che la ragazza aveva sistemato dietro le orecchie con l'aiuto di qualche forcina, mentre all'elegante abito lilla aveva sostituito una candida camicia e un paio di jeanse leggeri, il tutto completato da un paio di ballerine in tinta con la camicetta.
Hyoga ebbe la piacevole sensazione di trovarsi di fronte ad una ragazza normale, se così si sarebbe mai potuta definire Ayame, e non più all'irraggiungibile ragazza altolocata del giorno prima, il cui comportamento non aveva fatto altro che confondergli le idee. Eppure, se gli aveva dato appuntamento, voleva dire che qualcosa si ricordava di lui. Guardò la bambola che teneva in mano, Erii aveva fatto davvero un bel lavoro, c'era poca differenza tra l'oggetto che aveva ricevuto da bambino e quello che stava osservando in quel momento.
L'eco dell'ultimo rintocco sparì tra i flutti del mare.
"Ehi, bell'addormentato, non mi sembra carino far aspettare una signora"
Hyoga alzò lo sguardo e incrociò quello a metà tra il divertito e l'imbronciato di Ayame. Si voltò poi a guardare la torre dell'orologio, che segnava le dieci precise.
"Tu mi hai detto di venire alle dieci" indicò la torre con la mano libera "E sono le dieci. Perfettamente puntuale". Nella sua mente pensò che non avrebbe mai risposto così alla ragazza del giorno prima, anzi, probabilmente avrebbe fatto scena muta.
"Sì, ma io sono qui da prima delle dieci e ti ho dovuto aspettare comunque" obiettò lei senza cambiare espressione.
"Allora eri tu in anticipo, non io in ritardo"
"Uffa, non ti si può proprio fregare a te, eh?" protestò lei "E comunque poca confidenza, è solo la terza volta in tutta la tua vita che mi vedi"
Terza volta? Questo voleva dire che...
"Ma allora..." si bloccò quando si accorse di stare parlando alla schiena di Ayame. Questa girò leggermente il capo rivolgendogli quel sorriso che il ragazzo ormai conosceva bene.
"Certo che mi sono ricordata di te! Appena ti ho visto" gli strizzò l'occhio, proprio come il giorno prima. Nella mente di Hyoga iniziò a farsi largo l'idea che non fosse un gesto abituale.
"Allora, vogliamo andare?" lo incalzò lei, e il ragazzo, senza farselo ripetere due volte la raggiunse in poche falcate. Iniziarono a passeggiare lungo la strada che fiancheggiava la costa.
"Mi dispiace per ieri, ma non potevo far capire alla Tata che ti conoscevo" riprese lei.
"Ah, quindi è l'Arpia il problema"
"Arpia?". Ayame rise a sentire il soprannome della Tata e Hyoga si unì a lei.
"Sì, è stato Seiya a chiamarla così"
"Seiya era quello con la faccia tutta dipinta?". Hyoga annuì. "Mi sembrava un tipo un po' fuori dalle righe"
"E' ancora un bambinone, però sul campo di battaglia...". Hyoga sperò di essersi interrotto in tempo, sapeva quanto poteva essere rischioso essere a conoscenza della loro vera identità. La stessa Saori si era raccomandata affinchè fossero più cauti nel rivelare il loro segreto. Ayame, però, era troppo sveglia per lasciarsi sfuggire i particolare interessanti.
"Campo di battaglia?". Ayame si era fermata, incuriosita.
"Sì...nel senso...sai quando si gioca fra amici...a pallone o a freesbee...sono come delle battaglie no?...beh lui è uno che non molla mai".
Attese qualche secondo nella speranza che Ayame avesse creduto alle sue parole. Anche lei lo stava scrutando, e il suo sguardo era molto eloquente. Non me la dai a bere dicevano silenziosamente i suoi occhi. Dopo poco riprese a guardare davanti a sè e a camminare.
"Sarà, ma secondo me ha qualche rotella fuori posto"
Hyoga si fece distanziare di qualche metro per poter tirare un sospiro di sollievo, quindi tornò ad affiancare la ragazza. Doveva stare più attento, se voleva proteggerla. Perchè Hyoga provava verso di lei un instintivo sentimento di protezione, voleva che rimanesse solare e pura per sempre, che non vedesse la brutalità della guerra, come lui e i suoi compagni. Non l'avrebbe messa in pericolo.
"Come ci siamo fatti silenziosi" constatò lei, osservandolo di sottecchi.
"No, è che...pensavo"
"L'ho notato"
"Allora..." il ragazzo tentò di riattaccare il discorso "La Tata lo sa che sei qui?". Era una domanda stupida e lo sapeva, ma era la prima che gli era venuta in mente.
"Naturalmente no" Ayame spiazzò completamente Hyoga. Non sembrava affatto preoccupata della sua situazione.
"Quindi non sa che sei fuori? Con me?". Gli ritornò in mente lo sguardo arcigno che la donna gli aveva rivolto il giorno prima, quando era rimasto a fissare Ayame come un ebete.
"No, te l'ho appena detto". La cosa sembrava non toccarla.
"Ma...se lo scopre? Se non ti trova in casa o dovunque voi alloggiate?"
"Allora sarei nei guai"
"E non ti preoccupi minimamente?!? Insomma...ti daranno per dispersa e se...se ti trovano con me io posso dire addio alla mia testa"
"Ehi, stai tranquillo ok?"
Ayame gli si era parata davanti e lo aveva fermato posandogli le mani sulle spalle. Sorrideva come sempre, ma stavolta con un pizzico di furbizia negli occhi verdi, che parevano ancora più luminosi.
"E' molto improbabile che mi trovino e, nella remotissima ipotesi che accada, dirò che è tutta colpa mia"
"E ti crederanno?"
"Non è mica la prima volta che scappo di casa per qualche ora"
"E meno male che er Seiyaq quello fuori dalle righe"
"Che vuoi dire?"
"Che non sei proprio come avevo immaginato che fossi"
"Cioè?" Ayame iniziò ad osservare Hyoga intensamente, curiosa di sapere cosa pensava.
"Ti immaginavo molto più tranquilla, voglio dire..."
"Come Saori?"
"Sì, come la signorina Saori"
Ayame abbassò lentamente le braccia, che le ricaddero lungo i fianchi, e distolse lo sguardo dagli occhi azzurri di Hyoga, portandolo verso un punto indefinito al di là del pavimento piastrellato della strada. Il sorriso le era del tutto scomparso.
Hyoga iniziò a darsi dell'idiota per quello che aveva detto, anche se mai avrebbe pensato che Ayame avrebbe reagito così.
"Accidenti, scusami, non volevo farti stare male" le mise le mani sulle spalle, come lei aveva fatto poco prima "E comunque, io ti preferisco così come sei"
Ayame alzò lentamente il capo, mostrando due occhi ricolmi di lacrime, che a Hyoga parvero più belli del solito. Il ragazzo le sorrise, un sorriso sincero, che la ragazza aveva visto poche volte e che su di lui, pensò, stava davvero bene. Non riuscendo più a trattenersi lasciò che i singhiozzi le salissero spontanei dalla gola e che le lacrime le rigassero il viso, che affondò nel petto muscoloso del ragazzo, bagnandogli la canottiera blu che indossava.
Hyoga, dopo un breve momento di sorpresa, intenerito da quel comportamento le cinse le spalle con le braccia, lasciando che si sfogasse. Se molti anni prima era stata Ayame a consolarlo, adesso toccava a lui.

Si erano spostati sulla spiaggia, lontani dagli sguardi interrogativi della gente. Da qualche minuto stavano osservando i gabbiani volare all'orizzonte sopra le vele delle numerose barche che solcavano il mare. I singhiozzi di Ayame si erano calmati, ma Hyoga voleva che fosse lei a parlare per prima. Non se la sentiva di indagare sul motivo di quello sfogo, non voleva forzarla. Sarebbe stata solo una sua scelta parlarne con lui.
"Fosse per la Tata sarei tutto il giorno chiusa in un convento" iniziò la ragazza a bassa voce, continuando a fissare l'orizzonte. Hyoga si voltò verso di lei, attento.
"Mi ha allevata dopo che sono morti i miei genitori, e ha notato subito il mio temperamento un pochino ribelle. Diceva che non era adatto ad una bambina coi miei natali e per tutta la vita mi ha educato all'etichetta e alle buone maniere. Ma io non ce la facevo ad essere così, mi sentivo finta. Allora, quando non c'era o non poteva vedermi, scappavo di casa. Non facevo niente di strano, passeggiavo soltanto, guardavo vetrine, mangiavo, ma almeno potevo farlo a modo mio. In quei momenti non ero la discendente della ricca famiglia Kobayashi, ero solo Ayame, e mi piaceva da matti! La povera Tata non mi ha mai scoperta, tanto erano plausibili le mie scuse e tanta era la fiducia che aveva in me. Poi ho iniziato a dare quello che avevo in beneficienza a chi ne aveva più bisogno, come il collegio St. Charles, ma secondo la Tata è solo uno spreco di soldi. Così ha deciso...di sistemarmi"
"Sistemarti? In che senso?" la domanda sorse spontanea a Hyoga.
"Lo scoprirai presto. Domani ci sarà una festa a casa nostra, in onore della mia sistemazione. Vieni e lo scoprirai"
"Quindi è tutto previsto per domani"
"Esatto, per questo oggi mi sono concessa questa scappatella. Volevo vivere ancora un giorno da Ayame, e ho voluto viverlo con te, perchè mi hai ricordato quando potevo essere ancora me stessa, senza freni"
Hyoga rimuginò qualche secondo sulle parole della ragazza. Prese la bambola dalla tasca dei pantaloni, la guardò e prese la sua decisione.
"Molto bene, allora questa sarà la migliore scappatella di sempre. Non te la dimenticherai, fidati". Si alzò in piedi e guardò in basso verso Ayame con sguardo fiero.
La ragazza lo osservò prima perplessa, poi divertita. "E immagino che sarai tu a renderla memorabile"
"Esatto"
"E come?"
"Vediamo...intanto cerca di prendere Susie" . Le sventolò la bambola davanti agli occhi, ma, quando Ayame tentò di afferrarla, gliela tolse da sotto le mani.
"Ehi, così non vale!" protestò lei, che subitò si lanciò sul ragazzo per riprenderla. Ancora una volta Hyoga si scansò, e poi ancora e ancora, finchè non si ritrovarono a rincorrersi per la spiaggia come due bambini. Ed era proprio quello che il ragazzo voleva: Ayame sarebbe stata ancora per un giorno la bambina sorridente e solare dei suoi ricordi.
Le restituì la bambola quando vide che era del tutto esausta, e passò il resto della giornata ad assecondare i desideri di Ayame, fino a quando non sparì dietro il muro di cinta della sua grande casa, come il sole all'orizzonte nell'ora del tramonto.

Salve a tutti!!
Rieccomi col nuovo capitolo :) Lo so che non succede ancora nulla a livello di azione, ma pazientate e sarete accontentati ;P
So di aver usato il termine scappatella in modo improprio, però suonava bene e comunque, essendoci di mezzo un ragazzo, mi sembrava abbastanza azzeccato...
Ringrazio roxrox, Snow Fox e ti con zero per i commenti, sono contenta di essere riuscita a farvi apprezzare un pochino i bronzini, come li chiamate voi, e sono anche contenta che vi sia piaciuta la Tata.
Continuate a leggere e commentare!

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** La stella più luminosa ***


A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea dell'Amore")

Capitolo 4 - La stella più luminosa

Il cielo era illuminato a giornodai raggi della luna piena, che si riflettevano sull'acqua della fontana che adornava l'immenso giardino della casa di Saori Kido e riverberavano sul pallido volto del giovane cavaliere sdraiato sul bordo di marmo. Con le mani incrociate dietro la testa, Hyoga osservava il firmamento, concentrato sulla stella più brillante, Venere, la prima ad apparire quando tramonta il sole e l'ultima ad andarsene al sopraggiungere dell'alba. Era ciò che di più simile aveva trovato agli occhi di Ayame, e da quando se n'era andata non aveva fatto altro che osservarla. Gli sembrò addirittura più luminosa del solito, più viva.
"Ah, eccoti!" esclamò una voce, seguita da un rumore di passi che venivano verso di lui. Non si era nemmeno accorto della presenza di Shun prima che gli parlasse, fatto insolito per un cavaliere della sua esperienza. Si mise a sedere sul bordo della fontana e Shun gli si posizionò accanto.
"Sei sparito per tutto il giorno, ti avevamo dato per disperso"
"Già. Ho avuto un impegno" rispose pacato Hyoga.
"E questo impegno aveva per caso i capelli biondi e lunghi, gli occhi verdi e un'Arpia come badante?"
Hyoga lanciò a Shun uno sguardo sorpreso e al contempo preoccupato, più eloquente di qualsiasi risposta.
"Guarda che prima o poi ci cascano tutti" continuò il ragazzo, sorridendo.
"Io non sono cascato proprio in niente" rispose Hyoga brusco.
"Ah no? E' da quando ti vedevi con Erii che non hai quell'aria trasognata"
"Stavo solo guardando il cielo e le stelle"
"No, tu stavi guardando una stella, e precisamente quella". Indicò Venere con l'indice, per poi tornare a guardare l'amico. Hyoga aveva ripreso a fissare la stella rapito, facendo sfuggire una risatina a Shun.
"Sai cos'è, vero?". Hyoga non si mosse da dov'era. Conosceva già la risposta, e tutto quello che ne sarebbe conseguito.
"La dea dell'amore, colei che tutto può sul cuore degli uomini e non solo. Nessuno può sfuggirle" continuò Shun, anche lui intento a contemplare Venere.
"Pensi davvero che ci sia cascato?" chiese Hyoga.
"Non lo penso solo io, a dirla tutta"
"Oh, allora è proprio grave"
"No, è nell'ordine delle cose"
"Come ho fatto a non accorgermene?"
"Non è una cosa che si può controllare, tantomeno prevedere ed evitare. Succede e basta. Solo che..."
"Che cosa?". Hyoga aveva notato il cambiamento nel tono di voce di Shun, si era fatto più teso e nervoso, degno della sua attenzione.
"Diciamo che non sei stato molto fortunato" disse il cavaliere di Andromeda tutto d'un fiato, concentratissimo sulle punte dei suoi piedi.
"Puoi spiegarti meglio?" In che senso non sono stato fortunato?" incalzò Hyoga in apprensione.
Shun rimase in silenzio qualche secondo, ponderando le parole da usare. Non era una cosa semplice da dire, specialmente ad uno nelle condizioni di Hyoga, ma in quanto suo migliore amico si sentiva in dovere di farlo. Prese un bel respiro e parlò.
"Ayame si deve sposare". Fece una pausa in attesa di qualche reazione strana dell'amico, ma Hyoga rimase immobile a fissarlo.
"Domani ci sarà una festa nel suo palazzo e verrà annunciato il suo fidanzamento con il discendente di una casata nobiliare giapponese in declino"
Hyoga annuì e abbassò lo sguardo sulle sue ginocchia. Non si azzardò a guardare il cielo, la vista di Venere gli avrebbe ricordato subito Ayame, mentre da quel momento avrebbe dovuto fare tutto il contrario.
"Mi dispiace, Hyoga". Shun gli posò una mano sulla spalla per confortarlo.
"A dire la verità ne ero già a conoscenza" il cavaliere del cigno guardò mestamente l'amico, che in risposta gli lanciò uno sguardo interdetto.
"Oggi mi è scoppiata a piangere tra le braccia" riprese il biondo "E poi mi ha raccontato tutto, anche del fatto che si sarebbe sistemata. Il problema, Shun, è che io ci sono cascato già quando avevo neanche sei anni e ho escluso subito, senza rendermente conto, che per sistemazione intendesse il matrimonio. E adesso non so cosa fare"
Hyoga si prese la testa fra le mani, cercando di scacciare l'orrenda visione di Ayame con un altro uomo al suo fianco. Ma più si sforzava, più l'immagine diventava nitida, più sentiva Ayame lontana. Forse l'unico modo per non cadere ancora più a fondo era davvero dimenticarla.
Si alzò in piedi, tenendo sempre lo sguardo basso. Shun lo osservò preoccupato.
"Tutto bene?" gli chiese.
"Sì, non preoccuparti. Però domani non verrò alla festa e devo dirlo alla signorina Saori"
"Come vuoi" Shun si alzò e gli passò accanto "Ma non puoi continuare a scappare dall'amore"

Il salone del grande palazzo era gremito di invitati, esponenti dell'alta finanza, le maggiori cariche politiche, qualsiasi persona sembrasse contare qualcosa era presente. Per questo Shun, Seiya e Shiryu si chiedevano il motivo della loro presenza.
Erano stati costretti a vestirsi da damerini, ma a nessuno dei tre donava lo smocking, specialmente a Shiryu, con quei capelli lunghi c'entrava poco e niente. Ma Ayame aveva talmente insistito perchè ci fossero anche loro che Saori non se l'era sentita di deluderla e li aveva costretti con la forza ad entrare in quei completi freschi di sartoria. Solo per fare da tappezzeria.
"La prossima volta che mi invitano ad una festa del genere mi do malato come ha fatto Hyoga" bofonchiò Seiya, prima di addentare l'ennesimo salatino.
"I motivi per cui non è qui sono ben altri, lo sai" puntualizzò Shun "Però hai ragione, ho trovato più facile affrontare il dio dei morti che questa calca di nomi altisonanti" aggiunse, sfuggendo all'ennesimo sguardo maliziosamente provocatorio dell'ennesima moglie infedele.
"Finalmente vi abbiamo trovati!" trillò la voce allegra di Ayame, che li aveva raggiunti insieme a Saori. 
Il contrasto tra le due amiche era notevole: al sobrio abito bianco e ricco di pizzi di Saori si contrapponeva quello azzurro e blu più giovanile di Ayame, stretto sul busto ma morbido dalla vita fino a metà tibia. Sul viso roseo, leggermente colorato da un trucco acqua e sapone e incorniciato dai capelli biondi lasciati sciolti e decorati solo da qualche finto nontiscordardime qua e là, regnava il solito sorriso, che ad un occhio più attento sarebbeperò risultato meno luminoso del solito.
"Non vedo Hyoga" constatò la ragazza "Come mai non è venuto?"
"Prova a indovinare" sbottò Seiya, senza nemmeno guardarla. Ayame rimase interdetta dalle sue parole e guardò prima il ragazzo, poi Saori.
"Non ascoltarlo" disse lei "Hyoga è solo malato e non ce l'ha fatta a venire". Un leggero isterismo si poteva notare nella sua voce, ma riuscì in qualche modo a convincer Ayame, la cui attenzione si rivolse poi ad un altro punto della sala.
"Perdonatemi, devo assentarmi un momento".
Si allontanò a passo svelto, rivolgendo brevi risposte a coloro che la salutavano. Raggiunse in breve la Tata, che la stava aspettando in fondo al grande salone.
"Eccoti finalmente" la rimproverò, per poi prenderla per un braccio e trascinarla poco lontano, dove un gruppetto di quattro, forse cinque uomini parlottavano fra loro.
"Perdonate l'attesa signori"
Quattro di loro si aprirono, lasciando libera la visuale al quinto, un giovane ragazzo dai capelli rossi e la carnagione cadaverica, smunto e con gli occhi infossati, seduto su una sedia a rotelle. Puntò subito le piccole iridi marroni su Ayame.
"Signor Satou, spero si ricordi della mia Ayame" riprese la Tata.
"Come dimenticare una simile bellezza. Spero che valga lo stesso per lei" rispose con voce fievole il ragazzo, continuando ad osservare Ayame.
"Certo che mi ricordo di te, Josuke". Come poteva dimenticarselo, era comparso in casa sua dopo una sua ennesima bravata. La sua sistemazione, il suo futuro marito, colui che avrebbe saputo gestire al meglio il suo patrimonio. Cercò di sorridere a Josuke e di non incolparlo del suo infelice destino, in fondo anche nel suo caso la scelta era stata fatta da altri. Scelta da cui aveva capito di poter trarre solo vantaggi e che quindi aveva accettato senza discussioni.
"Oggi è il grande giorno, Ayame" continuò il ragazzo, spingendo la sedia a rotelle per avvicinarsi a lei. Gli altri uomini e la Tata si allontanarono con discrezione.
"Già, finalmente ci siamo". Un'impazienza forzata trapelò dalle sue parole.
"Non mi sembri molto entusiasta"
"No...è solo...non riesco ancora ad abituarmi all'idea che sarò moglie...così giovane". Ayame sapeva che Josuke era la persona più buona del mondo e non era suo desiderio ferirlo.
"Beh, questa sera sarà solo annunciato il fidanzamento. Per le nozze ci vorrà ancora tempo. E comunque l'idea spaventa anche me"
"Davvero?"
"Non sai quanto" si avvicinò ancora di più e le prese con dolcezza la mano "Ho paura di non renderti felice, Ayame. So che non è stata una tua scelta e ti giuro che mi impegnerò affinchè possiamo essere ugualmente una famiglia felice"
Ayame lo guardò con tenerezza, colpita dalla comprensione e dalle dolci parole di Josuke.
"Ne sono sicura" rispose a fil di voce. Sentì le lacrime pungere sotto le palpebre, ma non erano di gioia e commozione, come forse pensò Josuke, che le sorrise dolcemente.
"Scusa, ho bisogno di prendere un po' d'aria"
Ayame si allontanò seguita dallo sguardo di Josuke, che non riuscì a vedere le lacrime sgorgare prepotenti dai suoi occhi. Cercò di tenere la testa bassa per nasconderle alla vista degli ospiti, coloro che erano venuti ad assistere alla scomparsa della vecchia Ayame, sorridente e solare, per veder nascere quella nuova, moglie devota di un uomo che non avrebbe mai amato, ma a cui non avrebbe potuto dare alcuna colpa per la sua infelicità. Spalancò la grande porta-finestra e uscì sull'immensa balconata rivolta verso il giardino, per mostrare al cielo il suo volto rigato dal pianto.

Una mano si posò sulla spalla si Shun, che si voltò di scatto incrociando lo sguardo glaciale di Hyoga, perfetto dentro il suo smocking. Anche Seiyae Shiryu si voltarono verso di lui.
"Che ci fai qui?" domandò Seiya sorpreso.
"Non volevo più scappare" rispose rivolto soprattutto a Shun, che annuì sorridente. "Dov'è?" gli chiese subito dopo.
"L'ho vista uscire sul balcone di gran fretta. Credo sia la tua occasione"
Hyoga sospirò e si immerse a passo deciso tra gli invitati, diretto alle grandi vetrate.

Buongiorno a tutti!
Ho notato con piacere che quasi tutti avevate capito come avrei sistemato Ayame, ma non preoccupatevi, tutto andrà secondo i piani. L'entrata di Josuke era necessaria per l'evolversi della storia, non sarà solo una comparsa...
Ringrazio tutti i lettori, roxrox, ti con zero e Snow Fox che continuano a commentare, cosa che mi fa molto molto molto piacere, e coloro che hanno inserito questa storia tra i preferiti :)
Al prossimo aggiornamento!

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Posso avere questo ballo? ***


A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea dell'Amore")

Capitolo 5 - Posso avere questo ballo?

La luce della luna sembrava tutta concentrata attorno a lei, si rifletteva sui suoi capelli d'oro, illuminava i fiori tra le ciocche come fossero piccole fate imprigionate in essere, rendendola un'apparizione ancora più magica. Stava appoggiata all'elegante ed elaborata balaustra del balcone dandogli le spalle, con lo sguardo concentrato sul cielo. Era a pochi passi da lui eppure gli sembrava così lontana e irraggiungibile, ora che sapeva tutta la verità. Ma era anche l'unico motivo per cui aveva cambiato idea e non era il tipo da tirarsi indietro. Hyoga prese un respiro profondo.
"E' davvero una bella serata" disse cercando di ostentare sicurezza e avanzando a passi lenti e cadenzati.
Ayame si voltò di scatto e e gli mostrò gli occhi arrossati dal pianto. L'espressione felicemente sorpresa che le si dipinse sul volto non contribuì però ad allontanare la preoccupazione dall'animo del ragazzo, che subito si fece serio e le si avvicinò.
"Stai bene?" le chiese in apprensione. Mosse il braccio per posarle una mano sul suo, ma si bloccò pochi istanti dopo. Però non lasciò andare il suo sguardo nemmeno per un secondo. Fu lei la prima ad abbassarlo.
"Sì, ora va meglio". Ayame prese a contorcersi le mani.
Non si era mai sentita così prima, in presenza di nessuno. Eppure Hyoga la metteva in soggezione, la rendeva nervosa ma al contempo le portava allegria. Forse era solo dovuto al ricordo della splendida giornata passata assieme poco più di ventiquattr'ore prima, o all'altro ricordo che li legava e che ricordava ad Ayame i giorni più belli della sua vita.
"Come procede la festa?" domandò Hyoga per alleggerire l'atmosfera.
"Uno schifo. E' tutto saluti e riverenze, bicchieri di champagne e rutti trattenuti. Non fa per me"
"E' un peccato, visto che è stata fatta per te"
"Già, è una chiara immagine di come sarà la mia vita dopo stasera"
Di nuovo la tristezza velò i suoi occhi, una tristezza che a Hyoga pareva innaturale vedere in Ayame e che gli faceva piangere il cuore. Avrebbe voluto che si sfogasse su di lui come il giorno prima, avrebbe voluto stringerla e consolarla con un abbraccio. Ma non poteva farlo, per rispetto nei suoi confronti.
"Ma tu non eri malato?" riprese la ragazza, tornando a guardarlo.
"Guarisco in fretta, se necessario" sorrise lui, notando con piacere che anche Ayame lo fece in risposta "E ho pensato che avessi bisogno di me, motivo più che valido per sconfiggere un insignificante virus"
Tu non sai quanto si ritrovò a pensare Ayame senza accorgersene, e nemmeno si rese conto dello sguardo adorante con cui lo stava fissando. D'un tratto trovò gli occhi limpidi di Hyoga irresistibili e desiderò con tutta se stessa di essere tra le sue forti braccia, il cui tono muscolare appariva sotto lo smocking nero, esattamente come la mattina precedente.
Guardò un attimo attraverso le vetrate, soffermando lo sguardo su Josuke, intento a parlare con alcuni vecchi magnati dell'industria giapponese. Aveva accettato il matrimonio più per compassione che per altro, quel povero ragazzo le aveva sempre dimostrato una devozione forse eccessiva e probabilmente dovuta alle sue sfortunate condizioni, ma era riuscito in qualche modo a fare breccia nel suo cuore e a farsi voler bene da lei. Anche Hyoga l'aveva fatto, però in modo diverso.
"E' lui la tua sistemazione, vero?" domandò il ragazzo, che le si era affiancato e osservava insieme a lei Josuke. Ayame si limitò ad annuire.
"Mi sembra un bravo ragazzo"
"Sì, lo è"
"Beh se da una parte è sfortunato, dall'altra è molto fortunato"
Ayame si voltò a guardarlo.
"Sposerà la donna più dolce e bella che abbia mai messo piede su questa terra"
Gli occhi di Hyoga erano tutti per lei, e lo stesso valeva per quelli di Ayame. In quel momento la piccola orchestra dentro al salone iniziò a suonare un valzer, il primo ballo della serata.
"A chi hai concesso il primo ballo?" le chiese Hyoga.
"A nessuno di importante. E tu?"
"Non so ballare"
"Lo concederesti a me?"
"Ayame ti ho appena detto che non so ballare"
"Allora ti insegnerò io, se ti va"
Le era tornato quel sorriso furbesco sul viso, che aveva ormai dimenticato le lacrime da un pezzo.
"Sarà un'impresa titanica, lo sai?"
"No, è più facile di quanto sembri"
Ayame abbandonò le alte scarpe col tacco azzurre e si avvicinò a Hyoga. Anche senza tacchi, gli arrivava poco sotto il mento, era alta per essere una ragazza. Gli prese entrambe le mani, nella sinistra posizionò la sua minuta mano destra e appoggiò la sua destra sulla zona lombare della sua schiena. Infine Ayame adagiò la sua mano sinistra sulla spalla del ragazzo.
"Adesso avvicinati di più a me"
"Potrei pestarti i piedi"
"Non importa"
Hyoga eseguì, trovandosi col mento all'altezza della fronte di Ayame. Il profumo dei suoi capelli gli inondò le narici e chiuse un attimo gli occhi per goderselo.
"Bene, adesso segui sempre questo ritmo: un-due-tre, un-due-tre..."
Iniziarono a muoversi goffamente, ma presto Hyoga prese confidenza e si sciolse, continuando però a girare in tondo.
"Se continuiamo così ci girerà la testa fra poco" constatò sorridendo.
"Allora cambia direzione. Portami dove vuoi"
Non se lo fece ripetere due volte, rafforzò la presa sulla sua mano e la strinse di più a sè, guidandola così giù per gli scalini e in mezzo al giardino. Si lasciò traspostare dai battiti del suo cuore quando l'orchestra fu troppo lontana perchè potessero sentire la musica, e Ayame sembrava fidarsi totalmente di lui, si muoveva con disinvoltura e leggerezza sul prato, lo assecondava nei giri e nelle prese, si lasciava sollevare in aria quasi volesse imparare a volare.
Avevano ormai raggiunto il fondo del grande giardino quando Ayame mise in piede in fallo e rischiò di cadere, prontamente soccorsa da Hyoga, che la afferrò per la vita con entrambe le braccia, mentre lei fece lo stesso attorno al suo collo. Le loro iridi furono vicine come non mai, l'uno si specchiava nelle nere pupille dell'altra e ne sentiva il battito accelerato, il respiro caldo e affannato sul viso. Impercettibilmente e probabilmente senza accorgersene si avvicinarono di più l'uno all'altro, chiudendo gli occhi e dischiudendo di poco le labbra, per poi azzerare la distanza fra loro unendosi in un tenero bacio. Hyoga la strinse ancora di più a sè e cercò di approfondire il contatto, trovando il consenso di Ayame, le cui labbra si dischiusero come un bocciolo di rosa. La ragazza si lasciò timidamente guidare in quella nuova marea di sensazioni irrazionali dal giovane, il cui tocco esperto ma gentile la faceva rabbrividire da capo a piedi.
"AYAME!!" il grido della Tata riecheggiò per tutto il giardino e arrivò nitido alle loro orecchie, costringendoli a separarsi bruscamente e a guardare verso la direzione da cui era provenuto. La ragazza tornò però subito a guardare Hyoga.
"AYAME!!"
"Non andare" la supplicò Hyoga, stringendola ancora di più.
"Non posso" rispose lei semplicemente.
"Sì che puoi, devi solo stare qui con me"
"AYAME!!"
La ragazza si liberò gentilmente dalla sua presa e, sorridendo, gli accarezzò la guancia.
"Devo andare"
Si allontanò lentamente sa lui continuando ad osservarlo, quindi si voltò e corse verso il palazzo, pronta a declamare al mondo la sua decisione.

Per non far soffrire oltre le lettrici, eccovi il quinto capitolo! A breve inizieranno le avventure più interessanti, per ora siamo ancora sul mieloso...
Ringraziamenti a:
-roxrox: sì. Seiya non è mai stato un mostro di tatto, ma hp voluto anche che fosse il più divertente dei cinque Saint di bronzo...e continua a guardare Robin Hood la sera, che fa bene, anzi benissimo
-MeMs: il fatto che Josuke sia moribondo è funzionale e presto si capirà il perchè...e ci vorrà ancora molto prima che Hyoga si accasi del tutto, perciò continua a leggere!
-Snow Fox: il povero Hyoghino dovrà patire ancora per un po' prima di vivere felice e contento con Ayame...altrimenti avrei già finito la ff giusto?
-ti con zero: non ti ho fatta aspettare tanto, anche perchè questo è un pezzo che avevo in mente da tantissimo tempo e non vedevo l'ora di pubblicarlo!
Attendo con impazienza i vostri commenti!

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Rabbia e delusione ***


A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea dell'Amore")

Capitolo 6 - Rabbia e delusione

La Tata la stava aspettando in cima alla scala del balcone, con le braccia conserte e un'espressione di rimprovero in volto. Aveva cercato Ayame per tutta la sala, doveva presenziare all'annuncio del suo fidanzamento con Josuke, ma di lei nessuna traccia. Il ragazzo le aveva detto che era uscita sul terrazzo, ma di Ayame aveva trovato solo le scarpe.
La vide arrivare di corsa, col fiatone e la fronte imperlata di sudore, negli occhi una luce che non le aveva mai visto. Scrutò il buio giardino, in cerca di qualcosa che le spiegasse cosa aveva fatto la sua protetta in quei pochi minuti in cui l'aveva persa di vista, ma non vide niente.
"Cosa ci facevi in giardino?" domandò severa la donna, senza perdere di vista Ayame, che stava rapidamente salendo le scale.
"Ho fatto due passi per prendere un po' d'aria" rispose lei, riuscendo a fatica a celare l'emozione.
"Senza scarpe?". Con un cenno stizzito indicò le calzature abbandonate poco lontano.
"Mi facevano male i piedi"
Ayame superò la Tata e, prese le scarpe, iniziò ad armeggiare con i laccetti per reinfilarsele. Il suo volto fu colpito in pieno dalla luce proveniente dal salone, che mise in mostra un dettaglio che ai più sarebbe sfuggito e che contribuì a ridestare i sospetti della Tata.
"Hai le labbra rosse e gonfie"
Ayame trattenne il respiro per un secondo, spiazzata dalle parole della sua badante. Riuscì a trattenersi dal portarsi la mano alla bocca.
"Ho solo messo un po' di rossetto". Aggiustò l'ultimo laccetto e si rialzò. La Tata l'afferrò con poca grazia per il mento e passò un dito sulle labbra. Notando che non si era colorato di rosso, tornò a guardare la giovane ancora più infuriata.
"Con chi eri?"
"Con nessuno"
"Ayame non mentire, sono nata prima di te e so cosa fa diventare le labbra così"
"Un rossetto ad alta tenuta ed effetto labbra carnose"
Lo schiaffo arrivò senza darle il tempo di accorgersene, sonoro e bruciante. A quel punto anche Ayame iniziò a ribollire di rabbia e rivolse alla Tata uno sguardo furente.
"Non ti permetterò di mandare a monte tutto quanto solo per uno stupido capriccio da ragazzina"
"E' la mia vita e non puoi decidere cosa sia giusto o sbagliato per me. Forse quando ero bambina, ma ora non più"
"Sto solo cercando di mettere in atto il volere dei tuoi, che volevano il meglio per te, ma così me lo rendi impossibile, non lo capisci?". Lo sguardo della Tata si era trasformato da severo a sconsolato e Ayame non potè fare a meno di mettere da parte la rabbia.
"Sì, lo capisco, ma...non pensi che debba decidere io cosa è meglio per me?"
Le due donne si guardarono per attimi che sembrarono interminabili, durante i quali il cipiglio severo della Tata andò scemando, portando la donna a sciogliersi in un sommesso pianto tra le braccia di Ayame, che ricambiò il gesto sorridendo.
"Oh, bambina mia" singhiozzò la donna, accarezzando la chioma bionda della ragazza "Sei diventata grande e matura e non me ne sono accorta". Si allontanò da lei per prenderle il viso tra le mani. "E sei anche diventata una splendida ragazza, non mi meraviglio del fatto che qualcuno si sia invaghito di te"
Ayame sorrise, intenerita dalle sincere parole della Tata. Questa le poggiò le mani sulle spalle.
"Hai ragione, sei abbastanza grande da prendere la tua decisione. E qualunque essa sia, ti vorrò sempre bene"
"Anche io, Tata"
Le due donne entrarono nel grande salone e si posizionarono al centro di esso, quindi Ayame cercò di avere l'attenzione dei presenti, che subito formarono un cerchio attorno a loro, in silenziosa attesa. Josuke si portò in prima fila, gli occhietti infossati brillavano di trepidazione e sul viso smunto era disegnato un sorriso che andava oltre la semplice felicità. Ayame lo notò e le si strinse il cuore al pensiero di ciò che stava per fargli, ma si disse anche che era il meglio che potesse fare per entrambi. La ragazza prese un profondo respiro e iniziò a parlare.
"Conoscete tutti quanti il motivo della vostra presenza qui. La famiglia Kobayashi e la famiglia Satou si conoscono da generazioni, hanno avuto rapporti puramente di tipo affaristico ma anche d'amicizia, e quella che c'era tra mio padre e il padre di Josuke era molto profonda. Questo ha portato me e lui ad avvicinarci molto, fino a giungere a questa serata"
Ayame puntò lo sguardo sul ragazzo, che la fissava in adorazione. Ma la sua espressione felice scomparve quando la ragazza si fece d'improvviso seria.
"Per questo spero che tu non me vorrai male se ti dico che, per il bene di entrambi, non posso sposarti Josuke"
Immediatamente nella sala si alzarono brusii ed esclamazioni di sorpresa, accompagnati da sguardi indagatori e accusatori rivolti soprattutto ad Ayame. Quello della ragazza era però concentrato su Josuke, la cui dolorosa delusione si era dipinta sul suo viso scarno con tinte forti, che lo portarono a tramutare il dolore in rabbia.
"Perchè questo, Ayame?"
"Mi dispiace, sei l'ultima persona a cui avrei voluto fare un torto del genere. Sei buono, gentile e dolce e so che mi vuoi bene. Ma io non ne voglio a te allo stesso modo e un'unione tra noi ci porterebbe ad una vita fatta di dolore e delusioni. Spero che tu lo capisca, se non oggi, in futuro"
Mentre parlava si era avvicinata al ragazzo e fece per mettergli una mano sulla spalla, ma Joske si ritrasse con rabbia.
"Non toccarmi!"
Ayame indietreggiò spaventata da quella reazione e dall'espressione del ragazzo. Non lo credeva capace di provare tanto odio verso qualcuno e le dispiaceva da morire essere la causa di quel cambiamento repentino. Ma ciò che più la mise in allarma fu l'alone rosso che intravide attorno alle sue piccole pupille.
"Io non ti permetto di trattarmi così". Josuke respirava pesantemente, mentre avanzava verso di lei con la sedia a rotelle. Ayame si ritrovò ad indietreggiare di fronte a quello sguardo indemoniato. "Non ti permetto di giocare con me, hai capito Ayame?"
"Adesso basta, Josuke"
Saori era uscita dal cerchio di gente e si era affiancata all'amica, che notò nei suoi occhi, quasi viola, uno sguardo diverso, deciso, a tratti dorato. Di fronte ad esso, il ragazzo parve calmarsi e i suoi occhi tornarono normali. Guardò le due ragazze con espressione vuota, quindi fece un cenno e immediatamente un uomo vestito in smocking nero lo raggiunse, prese la carrozzella e spinse Josuke fuori dalla stanza.

Lo sguardo di Hyoga era fisso su un punto indefinito dello spazio, perso nell'oscurità che avvolgeva il giardino della casa della signorina Saori. Dopo che Ayame l'aveva lasciato per tornare nel salone e diventare la donna di qualcun altro, si era dato dell'idiota per aver solo pensato di avere una possibilità con lei, così lontana dal suo mondo. Era uscito direttamente dal giardino, evitando di passare per il salone, ed era corso fino a casa cercando di non pensare a lei. Una volta arrivato si era liberato brutalmente dello smocking per indossare la sua solita canotta azzurra e si era diretto verso il giardino per fare due passi, ma la vista di quel luogo, così simile a quello del palazzo di Ayame, gli aveva ricordato il breve momento passato con lei. Si era seduto sul primo gradino della breve scalinata che introduceva al giardino, immerso completamente nel ricordo di quel ballo, di quegli occhi, di quel bacio rubato. Si era illuso che lei potesse ricambiare i suoi sentimenti sentendo come aveva risposto al suo tocco, come si era lasciata andare, ma probabilmente solo lui aveva percepito tutto questo.
Le luci dell'ingresso del palazzo si accesero segnalando il ritorno di Saori e degli altri. Hyoga sentì che erano immersi in un'animata conversazione. Di certo stavano commentando l'imminente matrimonio tra Ayame e il suo promesso sposo e lui non era proprio in vena di ascoltare. Si alzò e, una volta rientrato, cercò di defilarsi senza essere notato. Invano.
"Ah, ecco il nostro eroe! Ma dove ti eri cacciato?"
L'esclamazione di Seiya, che teoricamente avrebbe dovuto farlo irritare, invece lo sorprese.
"Eroe?"
"Amico, te ne sei andato troppo presto e ti sei perso il meglio"
"Seiya, che diavolo stai dicendo?"
Il moro gli sorrise sornione e gli diede delle poderose pacche sulle spalle. "Caro Hyoga, ce l'hai fatta"
Ormai rassegnato a ricevere solo risposte poco chiare da Seiya, il ragazzo rivolse lo sguardo agli altri due cavalieri, entrambi sorridenti.
"Ayame non si sposa" iniziò Shun "Ha preso in mano la situazione durante la festa e ha annunciato la sua decisione"
Hyoga sentì il cuore accelerare i battiti. Non si era immaginato tutto quanto, Ayame aveva ricambiato davvero il suo bacio, provava davvero qualcosa per lui. Il desiderio di averla di nuovo tra le braccia lo colse improvvisamente.
"Devo andare da lei". Si avviò a passo deciso verso il portone, ma Saori lo bloccò prendendolo gentilmente per un braccio. Avrebbe proseguito nel suo percorso, se la fanciulla non gli avesse rivolto uno sguardo seriamente preoccupato.
"Aspetta, non è prudente"
"In che senso?"
Anche gli altri ragazzi si erano fatti interessati e si erano avvicinati a Saori. Questa si rivolse a Seiya, Shun e Shiryu.
"Non avete notato niente di strano quando Josuke si è arrabbiato? Non vi siete chiesti perchè sono intervenuta?"
Tutti e quattro si fecero seri, specialmente Hyoga, il cui sguardo interrogativo si fece insistente.
Saori riprese a parlare. "Ho paura che Ayame abbia scatenato qualcosa di molto pericoloso"

Buonasera a tutti!
La situazione comincia a farsi interessante, si vedono occhi di colori poco normali :D d'ora in poi inizierà il bello e ci sarà un po' più d'azione, promesso!
Ringraziamenti a:
-Morgana di Avalon: Hyoga è anche il mio cavaliere preferito :) il fatto che Josuke sia paralitico non è di poca importanza...e alla fine la Tata non è poi così diabolica
- roxrox: visto che alla fine Ayame non è proprio scappata scappata? Però ce ne vorrà ancora prima che quei due si trovino di nuovo in una situazione del genere, perciò continua a leggere mi raccomando!
- ti con zero: ecco qui il nuovo capitolo, mi escono di getto :) mi raccomando, continua a leggere e commentare!!
Grazie anche a chi legge silenziosamente!!

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Discesa dall'Olimpo ***


A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea dell'Amore")

Capitolo 7 - Discesa dall'Olimpo

Quella sera Venere era più luminosa del solito, notò Ayame, appoggiata al parapetto del grande balcone della sala da ballo, ormai tristemente vuota. Gli ospiti se n'erano andati ormai da molti minuti e la Tata e il resto del personale si era ritirato nelle proprie stanze per la notte. Lei invece era rimasta lì, ancora in abito a sera, sicura che non avrebbe preso sonno una volta entrata in camera. Si era messa allora a contemplare distrattamente il cielo, ripercorrendo più volte con la mente tutti gli avvenimenti della serata e sentendo un piacevole vuoto allo stomaco ogni volta che arrivava al momento del baci che si era scambiata con Hyoga nel buio del giardino. Ricordava ogni minima sensazione, ogni singolo brivido che quel tocco caldo e umido le aveva provocato, e il desiderio di riprovarli cresceva ogni volta. Fosse stato per lei, gli si sarebbe gettata tra le braccia subito dopo che Josuke se n'era andato, ma Hyoga sembrava come sparito nel nulla. La Tata era infine riuscita a dissuaderla dal correre verso la casa di Saori per rivederlo, non trovandolo rispettoso nei confronti del povero sposo rifiutato.
Mentre la sua mente si trastullava in pensieri e ricordi, il suo sguardo era caduto su quella stella onnipresente in cielo, che quella sera sembrava voler brillare più della Luna stessa. Non riuscì a non contemplarla con meraviglia, a non identificarsi in quello splendore, a non incuriosirsi quando la vide pulsare allo stesso ritmo del suo cuore, a non spaventarsi quando l'alone aureo della stella si espanse nella sua direzione, come un unico raggio, andando ad illuminarla nella sua interezza e a scaldarla col suo calore. Si sentì in pace, come se fosse sempre stata la sua dimensione ideale, e si lasciò andare al godimento di quel calore chiudendo gli occhi.
Una leggera brezza le accarezzò il viso e Ayame aprì gli occhi, incontrandone un paio blu e profondi davanti a lei, fluttuanti nel vuoto. Si lasciò scappare un urlo e indietreggiò, ma sulla sua bocca si pose delicatamente una mano diafana, da cui proveniva lo stesso calore della stella. Piano piano la mano e gli occhi divennero parte di una figura impossibile da definirsi umana, tanta era la bellezza mistica e il calore che essa emanava. Davanti ad Ayame era comparsa una donna dalla pelle innaturalmente candida e liscia, dal corpo perfetto in ogni suo dettaglio, dallo sguardo malizioso e irresistibile incorniciato da una morbida chioma tendente all'azzurro-argento. La leggera e succinta veste bianca lasciava poco di quel corpo all'immaginazione dell'osservatore, e le parti scoperte erano adornate cinture e bracciali dai motivi floreali e piumati, i cui colori richiamavano la chioma e le iridi della donna.
Osservava Ayame con sguardo benevolo e quasi materno, sorridente. La ragazza parve tranquillizzarsi un poco.
"Chi sei?" domandò a fil di voce tenendosi comunque a debita distanza.
"Io sono te" rispose la figura con voce cristallina e lontana, muovendo impercettibilmente le labbra carnose al punto giusto.
"Cosa...cosa vuol dire?". La risposta sibillina ricevuta le fece ritornare il timore nei confronti della donna.
"Esattamente quello che ho detto"
"Continuo a non capire"
"Non te l'hanno mai detto?"
"Cosa? Cosa dovevano dirmi?"
"Chi sei veramente"
"Io...io lo so chi sono" cercò di assumere un atteggiamento fiero "Sono Ayame Kobayashi, ultima discendente della famiglia Kobayashi"
"Sì, tu sei Ayame, ma sei anche qualcos'altro che si trova nel profondo della tua anima"
"Cosa c'è nella mia anima?". La piega che aveva preso il discorso la spaventava sempre più.
"Ci sono io"
"Smettila di farmi gli indovinelli!" urlò Ayame, che aveva iniziato a respirare affannosamente "Voglio sapere chi sei!"
"A quanto pare non sai niente. E va bene. Io sono la dea dell'amore e della bellezza, Afrodite"
Non fu la risposta a spiazzare Ayame, quanto la sensazione che provò nell'udire quel nome. Nel profondo, Ayame aveva sempre saputo chi fosse quella donna ultraterrena, ne aveva sempre conosciuto la natura, ma inconsapevolmente. La rivelazione di Afrodite era stata come un riportare a galla antichissimi ricordi che qualcuno aveva sigillato dentro di lei. La paura per la dea scomparve del tutto, lasciando spazio ad una insana voglia di sapere.
"Cosa vuoi da me?"
"Impedirti di commettere il più grave errore della tua vita"
"Perchè? Cosa ho fatto?"
"Sei andata contro il tuo destino, come me del resto. L'ultima volta che decisi di seguire il mio cuore, esso mi portò alla rovina e alla vergogna, e causò ingenti sofferenze al genere umano. Perchè è questa la conseguenza della furia di una divinità"
"E io con tutto questo cosa c'entro?"
"Il tuo rifiuto nei confronti del giovane Satou per seguire il tuo cuore è del tutto assimilabile al mio. Sono venuta perciò ad impedirti di portare nuovamente sofferenza al genere umano e a far sì che il tuo destino si compia, come le Moire hanno deciso"
"Mi stai obbligando a sposare Josuke contro la mia volontà? Mi spiace ma ho preso la mia decisione e non tornerò indietro. Tu più di tutti dovresti capirmi"
"Ti capisco eccome, Ayame. Ricordati che sono parte di te. Per questo motivo ho scelto il tuo corpo per reincarnarmi, sei ciò che di più simile a me esista sulla faccia della Terra. Ma proprio per questo sono venuta ad impedirti di compiere il mio stesso errore, a renderti migliore di me, a qualunque costo"
"E se non volessi?"
"Non hai scelta"
"C'è sempre una scelta, e io ho scelto di amare un'altra persona"
"Allora mi dispiace, Ayame, ma il prezzo che dovrai pagare sarà molto alto"
"Cosa...che vuol dire?"
Ma il tempo per le parole era terminato. Afrodite iniziò ad avanzare con passo deciso ed elegante verso di lei. Ayame indietreggiò rapidamente fino a toccare il vetro della porta-finestra con la schiena. Cercò a tentoni la maniglia, ma per quanto cercasse di forzarla il potere della dea la teneva bloccata. Afrodite continuò ad avanzare, non accennava a fermarsi nemmeno quando fu a pochi centimetri da Ayame. Fu pervasa da un calore incredibilmente piacevole, si sentì completa in ogni sua parte. Cadde a terra priva di sensi, un cuore argentato le comparve sulla spalla lasciata scoperta dal vestito.

La notte era piacevolmente calda, rinfrescata da una leggera brezza primaverile. Eppure il suo camino era acceso e in esso il fuoco scoppiettava vivo come non mai, lanciando sinistri riverberi sul viso del ragazzo. Dalle fiamme due occhi rossi lo scrutavano e un ghigno malefico lo rallegrava. Era lui, la sua essenza, la sua anima nascosta, e lo scrutava dalle fiamme che lui stesso aveva creato. Gli aveva proposto un patto, un accordo impossibile da rifiutare. Il vigore del corpo in cambio di ospitalità nel corpo stesso e di cieca obbedienza ai suoi ordini. Il tutto per raggiungere uno scopo comune.
Josuke stava già saggiando la sua parte di accordo, in piedi davanti a quelle fiamme innaturalmente rosse e vive. Osservava con occhi estasiati quell'essere sovrannaturale e infinitamente potente che lui stesso aveva risvegliato, guidato dall'odio verso l'unica creatura che avesse dimostrato di amarlo, ma che come tutti gli aveva poi meschinamente voltato le spalle. Ayame. Non riusciva a togliersela dalla testa, era un'ossessione. Ma più di lei lo era lui, il giovane dai capelli biondi con cui l'aveva vista ballare allontanarsi dalla festa per fare chissà cosa. Il solo pensiero lo faceva ribollire di rabbia e alimentava quel fuoco davanti a lui.
"Sì, Josuke, così". La bocca tra le fiamme si mosse lasciando uscire una voce quasi infernale "Odiali con tutto te stesso, risveglia il nostro potere e riprendiamoci ciò che ci spetta. Dimostriamo al mondo la nostra potenza. Abbattiamo chi ci ostacola. Io e te insieme"
"Insieme" ripetè Josuke, stringendo un pugno davanti a sè e sentendo la potenza del dio scorrergli nelle vene del braccio, fino a scaturire in una solleticante fiammata tutt'attorno alla sua mano chiusa. Le fiamme del camino si unirono a quelle da lui create, e il dio entrò nel suo corpo, completandolo. Gli occhi di Josuke si tinsero di rosso, la carnagione diafana divenne viva e purpurea sulle guance, i muscoli riacquistarono la vigorosità di un tempo.
La fiamma continuò a bruciare sul suo palmo aperto, quindi si divise in cinque fiammelle più piccole che subito schizzarono in cinque direzioni diverse.
"A me, Ciclopi di Efesto"

Buongiorno a tutti! Causa sciopero dei treni non sono potuta andare in facoltà e ne ho approfittato per aggiornare. Ho notato con piacere che molti hanno indovinato chi fossero le divinità in ballo in questa fic, spero però di non essere caduta nel banale :)
Ringraziamenti a:
-roxrox: eh sì, adesso cominciano i guai per Hyoga & Co. ma sapranno farsi valere come al solito...dimmi che ne pensi di questo capitolo!
-Krisalia Kinomiya: grazie per il commento al cap. precendente, sono contenta che ti piaccia la storia! Attendo un tuo parere su questo nuovo pezzo!
-MeMs: come avrai notato ci hai visto giusto, il dio zoppo è sceso tra noi :) spero che questo pezzo ti piaccia!
-ti con zero: eccoti accontentata, anche se dopo un po' di tempo :D spero di essermi fatta perdonare!

Grazie anche a tutti i lettori silenziosi! A presto!

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Risvegli ***


A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea dell'Amore")

Capitolo 8 - Risvegli

Sentì i raggi del sole riscaldarle il corpo e una frizzante brezza mattutina le scompigliò i capelli che le ricadevano disordinati sul viso. Sentì il torpore andarsene lentamente, lasciandole riprendere pian piano coscienza di sè. La prima cosa che realizzò fu di non trovarsi nella sua stanza, sdraiata sul letto, ma di giacere su qualcosa di duro, e se ne chiese il motivo. Ripensò alla sera precendente,  al ballo e al dopo. Rivide quella donna, se così poteva definirsi quella creatura, si ripetè ciò che le aveva detto nella mente. Afrodite. Possibile che fosse realmente lei? Non poteva essere semplicemente un sogno? E poi, che fine aveva fatto? Il suo corpo le diede la risposta, inviandole sensazioni di completezza che mai aveva provato, ma soprattutto di potere. Lo percepiva in ogni distretto del corpo, lo sentiva scorrere nelle vene, immenso. Quante cose avrebbe potuto fare con quel potere? In risposta a quella domanda nella sua mente prese forma l'immagine di un volto. Hyoga. In sottofondo rimbombò la voce della dea.
"...il prezzo che dovrai pagare sarà molto alto..."
Comprese allora i suoi piani. E ne fu spaventata. Si svegliò bruscemente.
"Hyoga! NO!"
Si sollevò da terra, ma due mani delicate la trattennero per le spalle.
"Calma, bambina. Va tutto bene". La Tata la guardava amorevolmente, carezzandole il viso per calmarla. Ma non era il momento per stare calmi.
"Tata, dobbiamo andare a salvarlo!" esclamò lei, tentando di alzarsi, ma la donna la bloccò e "Tesoro, adesso non agitarti" le disse.
"Ma dobbiamo andare! Lei lo vuole uccidere! Non possiamo permetterglielo!"
"Chi vuole uccidere?" chiese la donna pacatamente.
"Hyoga!" urlò lei con le lacrime che già sgorgavano prepotenti dai suoi occhi "Afrodite vuole uccidere Hyoga!"
L'espressione della Tata si addolcì, lasciando sconcertata Ayame. Possibile che non capisse? Che non avesse capito nulla della sera precedente?
"Non hai ancora capito, vero?" chiese ad Ayame in un fil di voce.
"Cosa? Cosa dovrei aver capito?"
Per la prima volta quella mattina sollevò lo sguardo, sempre rimasto concentrato sulla Tata. Cinque ragazze che non aveva mai visto la osservavano in piedi, dietro alla donna, con volti inespressivi. Avevano fisici tonici, segnati da duri allenamenti, ma visi dolci e belli, femminili. Tuniche corte e leggere coprivano i loro corpi ed erano a loro volta sormontate da quelle che potevano essere assimilate a corazze, non metalliche, ma di un materiale quasi trasparente e di colore diverso da fanciulla a fanciulla. Coprivano inoltre solo in parte i corpi delle cinque giovani. Tra i lunghi capelli, che tre di loro avevano lasciato sciolti e in balia del leggero vento, mentre due tenevano legati con articolate acconciature, spiccavano cerchietti dello stesso colore delle corazze, dai motivi piumati o floreali.
"Chi sono loro?" domandò Ayame alla Tata, sebbene fosse cosciente di avere la risposta dentro di sè.
Fu una delle cinque a risponderle, aveva i capelli rosa in tinta col colore della corazza e gli occhi di un blu profondo. Delle cinque era forse la più bella.
"Siamo state addestrate fina da bambine per servirti, mia dea. Noi siamo le cinque..."
"...Sacerdotesse di Afrodite" concluse lei senza quasi rendersene conto e meravigliandosi delle sue parole. Le guardò nuovamente, e si accorse di conoscerle una per una. Si alzò in piedi e si avvicinò a quella che aveva parlato.
"Psiche della Rosa"
"Per servirti, mia signora" la ragazza si prostrò in un delicato inchino, che fece comparire un sorriso sul volto di Ayame. La oltrepassò, portando la sua attenzione sulla Sacerdotessa più vicina a Psiche. Era bionda, più giovane dell'altra ragazza, con occhi nocciola che brillavano alla luce del sole. L'azzurro era invece il colore della sua corazza.
"Galatea della Spuma di Mare"
"Per servirti, mia signora" imitò Psiche nell'inchino.
Giunse il turno delle ultime tre Sacerdotesse. Erano tra loro molto simili d'aspetto, una castana, una corvina e una rossa di capelli, e i loro occhi richiamavano i riflessi dei loro capelli al sole. Le loro corazze, identiche in tutto e per tutto, erano color ametista, topazio e rubino.
"Aglaia del mirto, Eufrosine della Colomba e Talia del Passero"
"Per servirti, mia signora" recitarono in coro, inchinandosi.
Ayame le osservò tutte e cinque, ancora con la testa piena di mille dubbi, ma nel profondo soddisfatta e fiera delle giovani che aveva davanti. Non potè però non esternare il più grande dei suoi quesiti.
"Cosa ci fate qui?"
Fu Galatea questa volta a rispondere.
"Siamo venute a te per affiancarti nella tua missione"
"Missione?"
"Impedire che l'ira di Efesto si abbatta nuovamente sul mondo. La rabbia della sua reincarnazione lo ha risvegliato dal sonno in cui era caduto alla fine dell'era mitologica, insieme agli altri dei. Ha approfittato dell'occasione per vendicarsi del vostro tradimento, e vendicare quello della sua reinarnazione"
Quindi sono stata io a causare tutto questo pensò, rispondendosi affermativamente subito dopo.
"E come dovremmo fare?" domandò Ayame.
"Se si vuole evitare uno scontro" continuò Galatea "L'unica soluzione è che accettiate di tornare da lui e che lo sposiate. Allora lo spirito di Efesto si placherà e si riuscirebbero ad evitare catastrofi inimmaginabili per la Terra"
"No!" urlò Ayame, ma qualcosa in fondo al suo cuore le gridò che era l'unica cosa da fare, se voleva evitare di ricorrere ai mezzi drastici. Di nuovo gli apparve davanti Hyoga. Si lasciò cadere in ginocchio, subito sorretta da una delle Sacerdotesse, non capì quale nello stato di intontimento in cui si trovava. Anche la Tata le si fece appresso e le prese ad accarezzare la testa. Ayame la guardò con gli occhi colmi di lacrime.
"Tu sapevi?". Le parole le uscirono a fatica.
"Pensavo fossero solo stupide leggende. Lo stesso signor Kido mi aveva parlato di questa storia l'ultima volta che siamo venuti qui, anni fa. L'arrivo di queste ragazze, il marchio argentato sulla tua spalla e il fatto che tu le conosca sono però prove indiscutibili del tuo essere la dea Afrodite. E come tale devi portare a termine il tuo compito, per un bene superiore"
Si portò la mano alla spalla, sentendo una leggera protuberanza sulla pelle liscia. Un piacevole formicolio si irradiò subito dal marchio in tutto il corpo. Ayame si sentì sconfitta da se stessa.
"Tata io lo amo" disse tra i singhiozzi, provando compassione per se stessa.
"Lo so, bambina. E' per questo che devi lasciarlo e continuare per la tua strada. Altrimenti sarà anche lui una delle tante vittime, se non la prima"
"Pensi che Josuke sappia..."
"Non lo so, Ayame, ma per il bene di quel ragazzo e per il tuo bene segui il volere della dea"
Ayame strinse gli occhi e grosse lacrime sgorgarono dagli angoli dei suoi occhi. Non voleva farlo, non voleva rinunciare alla sua libertà e al suo amore. Davanti a lei presero allora forma i ricordi lontani della dea: navi, migliaia di navi che solcavano il mare, in direzione di una spiaggia su cui dominava una città dalle possenti mura, battaglie e scontri, fuoco e sangue, migliaia di morti, urla di dolore, donne e bambini in fuga. E tra queste una donna, bella oltre ogni dire, riccamente vestita, in fuga assieme ad un ragazzo di altrettanto nobile lignaggio. Non ebbe dubbi su chi fossero: Elena e Paride, in una Troia ormai distrutta dalle fiamme, nella cui piazza spiccava il fatidivo cavallo di legno.
Ecco a cosa porta l'andare contro il proprio destino si disse nel momento in cui la visione le mostrava la morte di Paride sotto gli occhi disperati di Elena.
Le immagini svanirono lentamente e Ayame tornò a guardare le donne accanto a lei. Psiche le si era accovacciata di fronte e la osservava intensamente.
"Va bene, lo lascerò" sussurrò Ayame, e vide un mezzo sorriso sorgere sul viso di Psiche.
"Concedetemi di portare il messaggio al ragazzo" disse in tono reverenziale, ma il diniego della dea fu indiscutibile. Una nuova luce riempiva ora gli occhi di Ayame, la consapevolezza dell'essere dea e dei suoi doveri che questo comportava le avevano conferito un'espressione sicura e altera. Si alzò in piedi rifiutando l'aiuto delle Sacerdotesse, quindi le guardò con fermezza.
"Sarò io stessa a comunicare a Hyoga la mia decisione. Voi mi accompagnerete. Si parte tra mezz'ora"

"Sei sicuro di ciò che dici?"
Il giovane uomo che lo sormontava aveva senza dubbio nella voce l'autorità del suo dio. I capelli rossi assumevano tonalità fiammanti alla luce del sole, la pelle colorita e liscia era un segno di forza e vigorosità, la posizione eretta e ben piantata sulle due possenti gambe gli conferivano un'ulteriore aura di potere. Poco lontano una sedia a rotelle giaceva rovesciata.
"Senza ombra di dubbio. Afrodite si è risvegliata e ha chiamato a sè le sue Sacerdotesse. Mia sorella è una di loro"
"Molto bene" disse lapidario "Il suo risveglio è una chiara indicazione che ha in mente qualcosa e sono curioso di sapere cosa. Attenderemo qui l'arrivo degli altri Ciclopi, quindi partirete in avanscoperta"
"Sì, mio signore"
Palemone della Lava si prostrò ancora di più ai piedi del suo dio e subito dopo si congedò da lui. Era stato il primo dei Ciclopi a rispondere alla chiamata, e poco prima della partenza era venuto a conoscenza della chiamata alle armi di sua sorella da parte della dea Afrodite. Una grande battaglia era dunque imminente, forse il preludio ad una guerra divina, brutale e senza esclusione di colpi, com'era stata la Guerra Sacra tra Hades e Atena. Chissà se sarebbe intervanuta questa volta la dea della Giustizia, nonostante lo scontro non la riguardasse affatto. Eppure Efesto l'aveva percepita, glielo aveva confessato poco prima, ne aveva scorto il cosmo negli occhi nella giovane Saori Kido. Il dio sembrava quasi intimorito dalla presenza della dea nei paraggi, ma a lui non faceva differenza. Un'altra guerra voleva dire altre occasioni di dimostrare la sua supremazia in battaglia, contro chi non aveva importanza, anzi, più erano i nemici, più era contento. Perchè lui, Palemone della Lava, era il più forte.

Here I am, carissimi lettori!
Si può dire che è arrivata la cavalleria :D I nomi delle Sacerdotesse sono il frutto di un pomeriggio in cui non mi allettava studiare Chimica, così come i nomi dei Ciclopi di Efesto...per ora ne compare solo uno di questi ultimi, ma presto arriveranno gli altri, non temete.
Ho cercato il più possibile di prendere i nomi di personaggi e cose che avessero un'affinità con le divinità citate...per Afrodite è stato relativamente semplice, anche se all'inizio Galatea doveva essere la Sacerdotessa del Limone, ma rischiavo di prendere botte da lei attraverso lo schiermo del pc, allora è diventata la Sacerdotessa dells Spuma di Mare da cui è nata la dea. Il personaggio di Galatea comprende inoltre due figure mitologiche diverse: la Nereide di cui era innamorato Polifemo e la statua di Pigmalione trasformata da Afrodite in donna per la gioia del suddetto scultore, che si era innamorato della sua opera.
Tra le Sacerdotesse si annoverano poi le tre Grazie, a cui ho associato la pianta e gli animali sacri ad Afrodite, quindi Psiche, ma non sto a raccontarvi tutta la storia perchp so per certo che la conoscete.
Tra i Ciclopi di Efesto solo tre di loro sono mitoligicamente ciclopi, gli altri due, tra cui Palemone, sono figure legate comunque ad Efesto...
Bene, dopo le note mitologiche, passiamo ai ringraziamenti:
-Krisalia Kinomiya: eh sì, il povero Hyoga è un tantino inguaiato, ma è troppo in gamba per farsi mettere i piedi in testa giusto? e visto che non bastavano i pennuti nella storia ne ho aggiunti altri, così possiamo aprire un parco ornitologico XD scherzi a parte spero che questo capitolo ti sia piaciuto!
-ti con zero: grazie mille, presto le nostre divinità ne combineranno delle belle! Dimmi che ne pensi di questo capitolo
-MeMs: giagià, i guai sono appena cominciati e sarà dura farli finire ;D attendo un tuo parere su questo nuovo pezzo!
-roxrox: sì, l'ho trovato uno spunto interessante, pochi si ricordano che Efesto e Afrodite erano sposati e lui nu poco cornutiello XD spero di non deludere le tue aspettative andando avanti!
-Morgana di Avalon: con l'evoluzione della storia i capitoli si allungheranno non temere, anche perchè i nuovi personaggi non saranno solo di contorno...per il nostro Hyoga si prospetta un periodo un po' pieno di tribolazioni! Spero che commenterai questo nuovo capitolo!
Un grazie anche ai lettori silenti!

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Rivelazioni ***


A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea dell'Amore")

Capitolo 9 - Rivelazioni

Odiava passare le notti insonni, ma il motivo che lo aveva tenuto sveglio quella notte era più che valido e piacevole. Ayame aveva rinunciato al matrimonio combinato, molto probabilmente per lui. Non ne aveva però la certezza, non conveniva prendere le parole di Seiya per oro colato. Inutile dre che in cuor suo sperava ardentemente che fosse così.
Eppure aveva la sensazione che la situazione non fosse così rosea come sembrava e che il timore della signorina Saori non fosse del tutto infondato. Qualcosa si stava agitando nell'aria, grandi forze si erano risvegliate durante la notte. E in cielo Venere non brillava più, era come sparita nel nulla. Se n'era accorto durante la sua veglia notturna, quando aveva capito che rigirarsi nel letto non sarebbe stato di alcun aiuto. Un'amara tristezza l'aveva avvolto, e un brutto presentimento si era insinuato nelle sue speranze.
Di malavoglia abbandonò la comodità del materasso per andare ad aprire a chi da qualche secondo stava bussando insistentemente alla sua porta. Incrociò l'espressione tesa di Shun.
"E' successo qualcosa?" domandò Hyoga saltando i convenevoli.
"Credo che tu debba scendere un momento" rispose lui in modo semplice e apatico.
"Shun, cosa è successo?" insistette lui, rafforzando la presa sulla maniglia.
"E' difficile da spiegare" la sua fermezza stava vacillando "Meglio che tu venga a vedere di persona"
"Va bene, mi cambio e sono giù"
Si vestì in fretta e uscì dalla stanza, quindiseguì Shun lungo i corridoi del palazzo, giù per le scale fino al grande salotto, la cui porta-finestra era aperta sul balcone. Per un attimo a Hyoga si fermò il cuore. Ayame era appoggiata con la schiena alla balaustra, lo sguardo rivolto verso un punto indefinito alla sua destra, i capelli lasciati in balia del leggero vento primaverile, che faceva aderire al corpo la morbida maglietta rosa.
Forse era colpa della luce del sole, che le illuminava totalmente il candido viso, forse delle sue fantasticazioni notturne, ma gli sembrò una persona diversa, più matura, più maliziosa, più donna, con un fascino a cui pochi avrebbero saputo resistere.
Iniziò ad avanzare come attratto da un calamita, ma dovette fermarsi bruscamente quando due figure femminili gli bloccarono la strada, risvegliandolo dall'incantesimo in cui era caduto.
"Dove credi di andare?" gli domandò sprezzante Psiche, squadrandolo da capo a piedi, esattamente come la sua compagna, Galatea. Hyoga osservò con attenzione entrambe e intuì che fossero qualcosa di molto simile ai cavalieri dalle corazze che portavano e, soprattutto, dal potente cosmo che emanavano. Arretrò di mezzo passo e si mise in guardia.
"Non lo dirò certo a te" le rispose a tono, provocando la scontata reazione di Psiche, che accorciò furibonda le distanze. La presa ferma di Galatea sulla sua spalla e l'ordine di Ayame evitarono il peggio.
"Adesso basta, Psiche" Ayame avanzò di qualche passo verso le Sacerdotesse "Lasciatelo passare"
Le due ragazze si allontanarono lasciando libero il passaggio a Hyoga, che le sorpassò cercando di ignorare le occhiate di sfida di Psiche. Rivolse allora lo sguardo ad Ayame e le sorrise, ma tornò subito serio quando lei gli voltò le spalle e tornò alla balaustra.
Dal canto suo, Ayame non aveva pensato che si sarebbe trovata così in difficoltà. Aveva pensato a cosa dirgli per tutto il tempo, ma ora che ce l'aveva di fronte le parole sembravano non voler venire fuori. Anzi, fosse stato per lei gli sarebbe corsa incontro. A quel pensiero la sua essenza divina prese il sopravvento, dandole la forza necessaria per affrontare la cosa.
"Ayame?" incalzò Hyoga. Lei si voltò decisa e il ragazzo notò il cambio d'espressione, e il brutto presentimento che già albergava in lui venne rafforzato.
"Perdonami per quello che sto per dirti" iniziò lei "Questo sarà il nostro ultimo incontro, Hyoga"
Fu come se il mondo gli fosse crollato addosso, insieme a tutti i castelli che avevano preso forma nella sua mente durante la notte. La sua notte di mere illusioni.
"Perchè?" riuscì solo a dire, abbassando lo sguardo. Il cuore di Ayame pianse a quella domanda ormai priva di speranza e avrebbe voluto con tutta se stessa perseverare nella decisione presa la sera prima, ma avrebbe solo messo in pericolo Hyoga.
"E' meglio per tutti e due, credimi" rispose lei, sforzandosi di tenere un tono di voce freddo "Il mio destino è sposare Josuke e non posso tirarmi indietro, o peggio andare contro di esso. Potrebbe essere un rischio, soprattutto per te"
"Questa poi!" commentò Seiya, che stava assistendo alla conversazione insieme a Shun e Shiryu. Subito Psiche intervenne.
"Hai qualcosa da ridire, per caso?"
"Non a te, Uovo di Pasqua"
"Come hai detto, prego?"
"Mi hai sentito"
"Smettetela!" ordinò Ayame. Psiche tornò subito al suo posto, ma Seiya perseverò con le critiche.
"Come ti permetti di darmi ordini? E come ti permetti di giocare con le persone?"
"Io non ho giocato con nessuno"
"E allora come lo definisci il tuo comportamento con Hyoga, eh?"
"Questi non sono affari tuoi, Seiya, stanne fuori"
"Neanche per sogno, bellezza, adesso mi ascolti. Hyoga è mio amico e tu lo stai trattando come una pezza da piedi. E sembra quasi che tu ne vada fiera, che tu goda nel vederlo così"
"Adesso stai esagerando, Seiya" si intromise Shiryu.
"No, invece, io mi sono stufato del suo comportamento da riccona. Le persone non sono usa e getta come le macchine fotografiche ed è ora che qualcuno glielo insegni"
Seiya iniziò ad avanzare con passo deciso verso Ayame, che però non si scompose e continuò a ricambiare il suo sguardo di sfida. Il suo incedere venne interrotto da una rosa che si conficcò davanti ai suoi piedi.
"Ma che...?" il ragazzo si guardò attorno, finchè non incontrò gli occhi furenti di Psiche, che reggeva tra le dita una rosa identica a quella davanti a lui.
"Non ti permetterò di farle del male"
"Questo lo vedremo, strega!" Seiya avanzò e di nuovo Psiche scagliò la sua rosa, stavolta molto più vicina ai piedi del ragazzo. "La prossima volta miro agli occhi"
"Adesso smettetela"
L'ordine, uscito dalla bocca di Hyoga, sorprese tutti, persino la stessa Ayame.
"Ma Hyoga..." tentò di protestare Seiya, ma il biondo lo bloccò con un gesto della mano, lo sguardo impassibile concentrato sulla ragazza davanti a lui. Ayame riuscì a sostenerlo solo grazie alla forza della dea.
"Tu non sei Ayame, vero?" Hyoga strinse gli occhi, come a voler scrutare nel profondo del suo animo. Lei raddrizzò le spalle e ricambiò lo sguardo indagatore.
"Chi pensi che sia se non Ayame?"
"Ayame non è così. Lei è ancora la bambina che ho conosciuto anni fa in un corpo da ragazza, non la donna imperscrutabile che ho di fronte. E poi queste...guerriere..."
"Sacerdotesse" la parola le scappò senza che nemmeno la pensasse, rafforzando i sospetti di Hyoga.
"Sacerdotesse" ripetè lui "Qualcosa di simile ai Cavalieri di Atena, quindi. Vuol dire che tu sei una divinità"
"Ma che sciocchezze vai dicendo" rise Ayame un po' isterica "Loro sono solo...le mie guardie del corpo...e Sacerdotesse è un nome che si sono date loro stesse". Perchè tanto timore che si scoprisse la sua vera identità? Non era una sua paura, fosse stato per lei avrebbe raccontanto tutto quanto. Ma Afrodite temeva qualcosa ed era diventata più guardinga dopo che Hyoga aveva menzionato i Cavalieri di Atena.
"Guardie del corpo?" domandò lui ridendo irritato "Non darmela a bere, Ayame! L'attacco della tua Sacerdotessa a Seiya era tutt'altro che normale"
"Ringrazia che non mi sono difeso, Uovo di Pasqua" sibilò Seiya a Psiche, che iniziò a mirare un punto in mezzo ai suoi occhi.
"Io non lo farei se fossi in te, Sacerdotessa della Rosa" proruppe una voce da dentro il salotto, e subito tutti perepirono il cosmo potente di Ikki della Fenice.
"Fratello!" esclamò Shun quando vide sbucare il ragazzo, seguito da Saori. Appena apparve la ragazza, Ayame percepì un'immensa forza provenire da lei e materializzarsi intorno alla sua figura come una brillante luce dorata. Una strana agitazione la pervase quando Saori puntò gli occhi su di lei, mostrandole i riflessi dorati che aveva intravisto la sera prima. Poi la sentì. Una grande potenza le fluì nelle vene, il simbolo sulla spalla prese a pulsare e una luce argentea la circondò. Il suo cosmo. Come se le avessero tolto qualcosa che le impediva la visual, Ayame riuscì a vedere i cosmi degli altri intorno a lei, da quelli potenti di Ikki e Psiche a quello di Shiryu, Seiya, Shun e...Hyoga. Anche lui possedeva un cosmo e molto potente, seppur infimo rispetto al suo.
"Ayame, cosa sta succedendo?" domandò Saori con una voce ai molti impercettibilmente diversa rispetto al normale.
"Non sono affari tuoi, Atena!" sibilò lei. Atena? Quindi anche Saori era una divinità? Afrodite l'aveva sempre saputo.
La sua risposta meravigliò tutti i presenti tranne Ikki, che evidentemente già sapeva e dal suo arrivo non aveva perso di vista un attimo Psiche. Quanto a Galatea, era tenuta sott'occhio da Shiryu, ma non aveva finora mostrato atteggiamenti bellicosi.
"Afrodite, esigo sapere il motivo della tua visita e della presenza delle tue Sacerdotesse"
La rivelazione sconvolse tutti, in particolare Hyoga. Si era dunque innamorato della dea dell'amore, ecco perchè gli era così difficile resisterle in quel momento. Ma perchè ostinarsi a tenere tutto nascosto? Doveva esserci qualcos'altro sotto che giustificava anche la presenza delle due Sacerdotesse.
"Non posso rivelartelo, sorella, mi dispiace" rispose Afrodite "Posso solo dirti che lo faccio per la vostra sicurezza  e ti chiedo quindi di non immischiarti in questa faccenda"
"C'entra Josuke?"
"Non insistere Atena! Non vi rivelerò niente e voi non verrete coinvolti" guardò Hyoga per un breve istante, poi tornò a concentrarsi su Saori. "E' stato bello rivederti, sorella e amica, ma è giunto il momento degli addii"
Anche Ayame ne fu consapevole, per questo aveva lasciato che la dea prendesse il controllo e chiudesse una volta per tutte la discussione.
Fece un cenno a Psiche e Galatea e si incamminò verso il salotto. Si fermò solo qualche istante vicino a Hyoga per sussurrargli "Perdonami, e dimenticami, se puoi" quindi procedette, seguita dalle due Sacerdotesse.

Il caldo nella stanza era insopportabile, sentiva la sottile tunica bianca appiccicata al suo corpo a causa del sudore che usciva copioso dai pori della sua pelle, causandole un'ulteriore sensazione di soffocamento. Ad appesantire il tutto, gli sguardi dei tre Ciclopi intorno a lui che la fissavano con ostinazione e sfida. Afrodite l'aveva scelta apposta come ambasciatrice perchè recapitasse il suo messaggio a Josuke. Eufrosine della Colomba, Sacerdotessa guerriera portatrice di pace. Un po' un controsenso, forse.
L'attesa si stava facendo snervante. Il giovane uomo davanti a lei aveva passato gli occhi sul messaggio quasi una decina di volte, senza nessun cenno di risposta. Eppure era un'offerta che andava esclusivamente a suo vantaggio, non avrebbe dovuto avere così tanti dubbi a riguardo. Quella situazione non le piaceva, e non le piaceva nemmeno lui, il dio Efesto. Qualcosa di malvagio albergava nei suoi occhi, troppo furbi e acuti per i suoi gusti. Aveva come la sensazione che la sua dea ci avrebbe rimesso più del dovuto. Si era trovata costretta ad infrangere i sogni di una giovane ragazza per salvare l'umanità, ma forse ad Efesto non bastava. Nel profondo, Eufrosine si augurò con tutta se stessa che le sue fossero solo elucubrazioni futili.
Finalmente alzò lo sguardo e la fissò intensamente con gli occhi color del fuoco.
"E' una proposta interessante quella della tua dea, Eufrosine della Colomba" esordì Josuke, un ghigno poco rassicurante sul volto "Non trovi anche tu?"
"Se lo dite voi, signore, deve essere così" rispose lei, senza sbilanciarsi.
"Non hai dunque opinioni a riguardo?"
"Sono solo un'ambasciatrice, non mi è permesso avere o esprimere pareri"
"Eppure qualcosa ti preoccupa, lo si nota sul tuo volto"
"La mia apprensione è tutta rivolta alla buona riuscita di questo accordo". Sperò di essere stata convincente.
"Come del resto la mia" il ragazzo si alzò dalla poltrona su cui sedeva, andando a sovrastare la sacerdotessa inchinata di fronte a lui "Tuttavia conosco Afrodite da tempi immemori e ho imparato a non fidarmi della sua sola parola. Non posso quindi darti ancora una risposta, attenderò che i fatti dimostrino la sua buona fede"
"Ma signore, vi assicuro che le intenzioni della mia dea sono totalmente veritiere, non avete da dubitare..."
"Così ho deciso! E poi, se è come dici tu, non avete nulla da temere. O sbaglio?"
"Sì, signore" si arrese Eufrosine, abbasando il capo.
Josuke le rese il messaggio e la congedò. "Ora puoi andare"
La Sacerdotessa lo prese senza proteste e si diresse a passo rapido verso l'uscita del palazzo, scortata da due dei tre Ciclopi che avevano presenziato all'ambasciata. Una volta fuori, chiusero la pesante porta di legno alle sue spalle. Talia e Aglaia, che erano rimaste ad attenderla fuori dal palazzo, le corsero incontro.
"Allora, com'è andata?" le domandò Talia in apprensione.
Eufrosine sospirò "Non come speravamo. Non ha dato nessuna risposta certa"
"Quindi ora che si fa?" chiese Aglaia, agitata come le sorelle d'armi.
"Si aspetta...e si spera che non accada niente di compromettente"

Chiedo perdono per la lunga attesa, ma gli esami universitari incombevano minacciosi. Spero di essere riuscita a farmi perdonare con questo capitolo, un po' più lungo e succoso degli altri (almeno credo).
Passiamo ai ringraziamenti:
-Morgana di Avalon: per le delucidazioni sui Ciclopi dovrai attendere ancora un pochino, nel frattempo ho cercato di caratterizzare alcune Sacerdotesse. Spero ti piaccia questo capitolo!
-ti con zero: Grazie mille! Sono contenta che ti siano piaciute le Sacerdotesse, spero di averle rese più interessanti con questo chapter! Attendo un tuo commento!
-roxrox: sigh, sob, lo ha proprio abbandonato...però nemmeno a lei ha fatto piacere, povera Ayame...dimmi che ne pensi di questo cap.!
-Krisalia Kinomiya: di sicuro il nostro paperotto c'è rimasto maluccio, per la sua reazione bisognerà vedere i prossimi capitoli, quindi continua a leggere e commentare mi raccomando!
-Snow Fox: bentornata!! Non ho aggiornato molto presto, ma spero comunque di aver soddisfatto la tua curiosità. Fammi sapere che ne pensi!
Un grazie ancora a chi ha aggiunto la storia tra i preferiti e ai lettori silenti!
A presto!

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Complicazioni ***


A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea dell'Amore")

Capitolo 10 - Complicazioni

"Guarda che fra poco si forma un solco sul pavimento e Tatsumi non ne sarà molto contento"
La battuta di Seiya ebbe poco effetto su Hyoga, che da parecchi minuti misurava a grandi passi il salotto di palazzo Kido, pensieroso. Gli altri quattro cavalieri e Saori erano nella stanza con lui, chi in piedi chi seduto, a rimuginare su quanto era accaduto poco prima. La signorina Kido, subodorando che qualcosa si muoveva nell'aria, aveva chiamato Ikki d'urgenza, in quanto suo cavaliere più potente, e gli aveva esposto i suoi sospetto, confermati poi poco dopo dagli avvenimenti sul terrazzo. La presenza di Afrodite in forma umana non era un buon auspicio e, secondo Saori, dietro alla sua reincarnazione si nascondeva qualcos'altro. Non aveva però mostrato atteggiamenti ostili e il pericolo di una nuova guerra sembrava per il momento lontano.
Gli stessi pensieri albergavano nella mente di Hyoga, che sembrava aver accettato l'abbandono di Ayame, ma il cui atteggiamento lo lasciava terribilmente perplesso.
"Seiya ha ragione, non risolvi niente andando avanti e indietro" intervenne Shun, bloccando l'amico per la spalla. Hyoga annuì e si sedette su una poltrona lì vicino, congiungendo le mani davanti alla bocca.
"Signorina Saori, non avete percepito nessun'altra forza questa notte?" domandò Shiryu, in piedi vicino alla finestra.
"Non ne sono sicura" rispose la fanciulla "Ma ricordo benissimo le pupille fiammeggianti di Josuke ieri sera. Mi verrebbe da pensare che anche lui sia coinvolto, ma non so come"
"Poseidone, Ade, Artemide...e ora Afrodite. Cosa vogliono gli dei dagli esseri umani per essere così insistenti?" domandò Seiya al vuoto.
"Questa volta niente" rispose Hyoga "Ayame è stata chiara, vuole che Atena ne resti fuori, così come noi. Penso sia l'unica volta in cui una divinità che non sia Atena stia cercando di proteggerci"
"Come fai ad accettare questa situazione? E il modo in cui ti ha trattato?"
"L'ha fatto per un buon motivo. E comunque è stata una sua scelta, non posso farci niente e non devo fare niente, come tutti voi"
"Hyoga ha ragione" aggiunse Ikki "Agiremo solo se strettamente necessario, quando il pericolo sarà realmente tangibile. Per ora continuiamo la nostra vita di sempre"
"Eppure io continuo ad avere un brutto presentimento" aggiunse Shun pensieroso, osservando il fratello.
"Se così fosse, saremo pronti" concluse Ikki, prima di dirigersi verso la porta del salotto e uscire, seguito silenziosamente a ruota da Hyoga e Saori. Shun, Seiya e Shiryu, però, rimasero nella stanza a scambiarsi occhiate.
"Noto che anche a voi non va a genio questa situazione di stallo" commentò il Cavaliere di Pegasus a bassa voce, sogghignando.
"No, infatti" rispose Shiryu "E non siamo i soli"
"Cosa vuoi dire?" domandò Shun interessato.
"Anche le Sacerdotesse sono preoccupate. Se Psiche non l'ha dato a vedere, al contrario Galatea era seriamente in apprensione"
"Sei sicuro?" chiese Seiya.
"L'ho osservata bene e ne sono più che certo"
"Allora non resta che fare due chiacchiere con le Sacerdotesse"
"Sono d'accordo" assentì Shiryu.
"Anche io, ma forse è meglio che ci vada uno solo di noi" propose Shun, memore della tensione che si era creata tra Seiya e Psiche.
"Vorresti andare tu?" domandò Seiya.
"Beh, di sicuro dei tre sono il meno incline alla violenza"
Seiya e Shiryu si guardarono e furono d'accordo con l'amico.
"E sia, ma sta attento, sono pur sempre donne e quindi molto pericolose" disse infine il Cavaliere di Pegasus.
"Dipende da come le prendi"

Da più di mezz'ora le quattro ragazze cercavano di carpire qualche parola della conversazione tra Afrodite ed Eufrosine, chiamata ad esporre riguardo il suo incontro con Efesto, ma dallo spesso portone di legno dello studio non passava neanche un sussurro, il che non faceva che aumentare la loro apprensione. Delle quattro la più agitata era Galatea, che, ormai priva dell'armatura, si tormentava la semplice maglietta azzurra con cui l'aveva sostituita, insieme ad un paio di pantaloni bianchi al ginocchio, che risaltavano il fisico asciutto e a tratti acerbo. Delle cinque Sacerdotesse era, insieme a Talia, la più giovane e inesperta e questo non l'aiutava a stare tranquilla. Inoltre, era l'unica a conoscenza delle potenzialità di Efesto e dei suoi Ciclopi, e ne aveva grande timore.
La pallida mano di Talia afferrò la sua, obbligandola a lasciare la presa sull'indumento. Anche lei aveva sostituito l'armatura con abiti borghesi e i lunghi capelli rossi erano legati in una morbida coda di cavallo, da cui scappava qualche ricciolo ribelle. Sorrise all'amica per rassicurarla.
"Si risolverà tutto per il meglio, sta tranquilla" le disse, stringendole la mano. Galatea non potè fare a meno di lanciare un'occhiata verso la porta e sospirare.
Anche Aglaia e Psiche si voltarono verso di lei e le sorrisero.
"Abbiamo scongiurato il pericolo più grande" iniziò Aglaia "Atena e i suoi Cavalieri non interverranno in questa faccenda quindi non potrà succedere niente di compromettente"
"Io aspetterei a dirlo" intervenne Psiche "Non è gente che si arrende subito quella. Anzi, vi consiglio di stare molto attente in futuro"
"Secondo te potrebbero ancora metterci i bastoni fra le ruote, dopo quello che abbiamo detto loro oggi?" domandò Galatea in apprensione.
"E' possibile come no, ad ogni modo non dobbiamo sottovalutarli. Sembrano degli sprovveduti ma sono molto potenti e hanno già affrontato altre divinità in passato"
Psiche si rivolse a Talia, che annuì.
"E' perciò nostro compito fare in modo che non si intromettano. Quindi anche tuo, Galatea"
La giovane annuì, cercando di mostrarsi determinata e sicura di sè. Le tre Sacerdotesse le sorrisero, ma tornarono subito serie quando percepirono un cosmo nelle vicinanze. Era abbastanza insignificante, ma voleva comunque dire che qualche intruso era entrato nel palazzo. Si guardarono tutte e quattro, Galatea più preoccupata che mai e Psiche già sul piede di guerra. Fu Talia a prendere l'iniziativa.
"Ci penso io. Non sembra un cosmo ostile e ad ogni modo dovrei riuscire a cavarmela da sola"
"Sicura?" le domandò Aglaia, ricevendo in risposta un determinato cenno d'assenso.
"Voi comunque restate all'erta" concluse la Sacerdotessa, prima di correre lungo il corridoio verso l'uscita del palazzo. Una volta in cima alla scalinata d'ingresso fu in grado di percepire il cosmo sconosciuto più distintamente, e non le parve più così insignificante. Estrasse lentamente il flauto traverso dalla custodia che teneva appesa alla vita grazie ad una cintura in pelle marrone e prese a scendere le scale con cautela. Sentì il cosmo avvicinarsi sempre di più, proveniva da destra. Si aggiunse poi il rumore di passi sul marciapiede, un passo lento e cadenzato, finchè dietro le grate del cancello non comparve un ragazzo, che subito alzò le mani in segno di resa e indietreggiò di un passo.
"Uoh, calma! Sono disarmato"
Era di una singolare bellezza, molto androgina, notò Talia, con occhi e capelli dello stesso verde intenso, richiamato dalla maglietta, su cui spiccavano due bretelle bianche che si attaccavano ad un paio di pantaloni dello stesso colore.
"Chi sei? Cosa sei venuto a fare qui?" gli chiese ostile, stringendo più forte il flauto.
"Sono Shun, vengo da palazzo Kido e voglio solo parlare"
"La mia signora Afrodite non riceve nessuno"
"Ma io non voglio parlare con lei"
La risposta spiazzò Talia.
"E con chi allora?"
"Con te, per esempio" Shun la osservò meglio "Mi ricordi tanto una persona che ho incontrato tempo fa. Si chiamava Sorrento"
Di nuovo la sorpresa si dipinse sul volto della Sacerdotessa, che lentamente iniziò a capire.
"Hai combattuto contro di lui nella battaglia tra Atena e Poseidone?"
"Più che altro ho cercato di farlo ragionare. Non sono molto uno da risse" rise Shun, e contemporaneamente si avvicinò alle sbarre del cancello. "Allora mi fai entrare? Oppure preferisci uscire tu?"
"Nessuna delle due, ognuno resta dov'è"
"Come preferisci"
Talia continuò ad osservarlo e in effetti non gli sembrò affatto un tipo bellicoso. Forse non sarebbe stato un rischio troppo grosso lasciarlo entrare anche solo dal cancello.
"Non sembri un Cavaliere di Atena" constatò la ragazza mentre scendeva gli ultimi scalini e si portava alla sua altezza.
"Ormai lo prendo come un complimento" sorrise lui "E che mi dici di te, Sacerdotessa di Afrodite?"
Shun puntò i suoi occhi verdi in quelli violacei di lei, causandole un leggero rossore sulle guance che sorprese la stessa Talia e che la costrinse ad abbassare lo sguardo.
"Ecco...io...non lo so..."
"Per esempio, come fai a conoscere Sorrento?" incalzò lui per agevolarla.
"Lui è mio fratello"
"Sì, in effetti era abbastanza ovvia come cosa, visto che usate la stessa arma" fece un cenno allo strumento che teneva in mano. "Suppongo tu sia brava quanto lui ad usarlo"
"Mi ha insegnato lui, ma non credo di essere al suo livello"
"Beh fammi sentire qualcosa, no?"
E per la terza volta in pochi minuti Talia rimase di sasso di fronte al comportamento di Shun. Era il primo ad interessarsi così a lei, alla sua musica. Aveva sempre vissuto nell'ombra di suo fratello, ma non aveva mai patito questa sua posizione in secondo piano. Le bastava sapere che lui le voleva bene, come spesso le aveva dimostrato, e questo le bastava. Poi la chiamata di Poseidone e la sua partenza. E il senso di vuoto dentro di lei, che nessuno era mai più riuscito a colmare. Shun era il primo che, dopo la partenza di suo fratello, le dava tutte quelle attenzioni. Che fosse una tattica per farle abbassare la guardia? Eppure il suo viso sembrava così sincero e innocente...
"Cos'è, ti vergogni per caso?" incalzò il ragazzo "Scommetto che sei più brava di quanto tu stessa pensi"
Arrossì di nuovo e prese a manipolare con agitazione i flauto, facendo vagare lo sguardo in ogni dove tranne che su quegli occhi verdi e penetranti.
"Coraggio" continuò Shun, sorridendole amichevolmente.
Talia prese allora un bel respiro e avvicinò il flauto alle labbra, facendone uscire una melodia acuta ma dolce, soffice, a tratti malinconica. Era davvero molto brava e di conseguenza molto pericolosa, esattamente come il fratello. Chissà quali erano le sue potenzialità in battaglia? Eppure a Shun fece strano pensare a lei come ad una guerriera spietata e sanguinaria. Forse erano molto più simili di quanto egli stesso immaginava.
Talia smise di suonare quella breve melodia e riprese a tormentare los strumento e a guardarsi intorno.
"Complimenti, molto bella" commentò Shun sinceramente ammirato "E molto malinconica, segno che qualcosa ti turba"
"Come?" domandò lei confusa.
"La musica, come la pittura, la scultura e le altre arti, dicono sempre qualcosa di chi le pratica, e la tua melodia diceva che sei triste o preoccupata  per qualcosa. Sbaglio forse?"
Sapeva che era rischioso dire la verità ad un Cavaliere di Atena, ma quegli occhi non le trasmettevano altro se non sicurezza e comprensione, così decise di aprirsi.
"La mia signora Afrodite sta tentando di proteggere la Terra dall'ira di una pericolosa divinità, ma per il momento i suoi sforzi non hanno dato alcun risultato, se non quello di riuscire ad allontanare Atena e i suoi Cavalieri"
"Quale altra divinità è scesa in gioco?" domandò interessato Shun.
"Ecco io non so se..." iniziò lei, ma fu preceduta dalla voce potente di Psiche.
"Talia, che stai facendo?"
Lo sguardo furente della Sacerdotessa passò rapidamente dalla ragazza a Shun. "E tu cosa ci fai qui, Cavaliere?"
"Niente di particolare, facevo solo due chiacchiere con...Talia, giusto?"
"Non mi inganni, bamboccio, credevo che la mia signora fosse stata chiara questa mattina"
"Chiarissima, infatti me ne stavo giusto andando..."
"Bene, bene, bene!" commentò una voce sconosciuta proveniente dall'alto "A quanto pare avevamo ragione noi"
Tutti i tre rivolsero lo sguardo al cielo e incrociarono quello malignamente divertito di un uomo in armatura color cenere in piedi sulla balaustra del balcone, i cui occhi grigi scrutavano impertinenti le due ragazze e il giovane sotto di lui.
"Tu che sei?" domandò Psiche, iniziando ad accendere il suo cosmo.
"Ardalo della Scure è il mio nome, e sono Ciclope di Efesto"
"Efesto?!?" esclamò Shun, iniziando a capire cosa realmente stava accadendo. Lanciò un'occhiata interrogativa a Talia, che annuì timidamente col capo.
"Ah, allora siete voi i guastafeste!"
Seiya comparve d'improvviso sul muretto di cinta del palazzo, ricoperto dall'armatura di Pegasus e pronto all'attacco.
"Seiya, no! Che sei venuto a fare?" provò a fermarlo Shun.
"A salvarti la pelle, amico, e a divertirmi un po'"
"Non farmi ridere, Cavaliere di Pegasus!" commentò Ardalo "Non saresti in grado di schiacciare un moscerino"
"Ne ho proprio uno qua davanti, scommettiamo che ci riesco?"
Seiya si mise in posizione d'attacco, pronto a lanciare il suo fulmine di Pegasus, ma la mano ferma di Shiryu bloccò il suo polso.
"Dragone!"
"Seiya, non peggiorare le cose"
"Peggiorare?"
"Proprio non capisci, vero?" domandò stizzita Psiche, senza perdere di vista Ardalo "Non capisci perchè questo Ciclope è qui? Non comprendi il significato delle sue parole?"
"Vi stanno controllando" rispose Shun per lei, scrutando negli occhi di Talia "Ma non ho ancora capito perchè"
"E non sono affari vostri, quindi andatevene, per favore"
"Andiamo, Psiche, perchè mandarli via quando la cosa si fa interessante" commentò Ardalo "Tre Cavalieri di Atena che non sanno farsi i fatti loro. Non potevo chiedere di meglio"
"Non questa volta, Ardalo della Scure" intervenne la voce cristallina di Ayame, comparsa da poco sulla soglia del portone insieme alle restanti Sacerdotesse "E soprattutto non in casa mia. Ti pregherei inoltre di scendere dalla balaustra, è stato pulito poco fa"
Il Ciclope non se lo fece ripetere e, sogghignando, balzò dal terrazzo fino ai piedi della ragazza.
"Dea Afrodite" disse ossequioso, senza levarsi il ghigno dal volto.
"Vedo che Efesto non perde tempo a mettere in atto i suoi piani"
"Ci tiene a ciò che considera di sua proprietà e non vuole restare spiacevolmente sorpreso"
"Allora puoi pure comunicargli che ho tutte le intenzioni di mantenere fede al patto che gli ho presentato e che gli garantisco che Atena e i suoi Cavalieri non interverranno più" si voltò a scrutare uno per uno i tre ragazzi. Notò che Hyoga non era presente e se ne dispiacque molto, ma d'altra parte ciò stava a significare che aveva accettato di stare in disparte e che quindi era salvo. Quella mattina si erano dati il loro ultimo saluto.
"Ho la vostra parola?" domandò Ardalo.
"Hai la mia parola di Dea"
"E della vostra parte umana che mi dite? E' la più corruttibile e potrebbe compromettere tutto...argh!"
Ayame puntò gli occhi furenti sul Ciclope, che subito prese a contorcersi in preda agli spasmi, il fiato corto e il viso paonazzo.
"Non osare mai più mettere in discussione le mie parole" gli sibilò, prima di lasciarlo andare. Ardalo cadde a terra e cercò di riprendere fiato e calmare i battiti del cuore.
"Ora va', Ciclope, e comunica al tuo dio le mie parole" si voltò quindi verso i tre Cavalieri "E voi state alla larga da questo posto e da noi. Questa faccenda non riguarda Atena e non dovete mai più immischiarvi, sono stata chiara?"
I tre ragazzi annuirono mestamente e Shiryu e Seiya scesero dal muro per raggiungere Shun, che da dietro le sbarre osservava Talia mentre rientrava nel palazzo insieme ad Ayame e alle quattro Sacerdotesse. Prima che i battenti si chiudessero la fanciulla si voltò un'ultima volta verso di lui e gli rivolse un triste sorriso.

Hello! Eccomi tornata! Il capitolo precedente non ha riscosso molto successo, quindi spero di essere riuscita a rifarmi con questo :)
Premetto che Ardalo è il Ciclope peggio riuscito di tutta la schiera dei guerrieri di Efesto, ma trovare personaggi mitologici legati a questo dio è stato piuttosto difficile, per non dire quando ho dovuto accoppiarli con qualcosa di inerente al contesto mitologico del dio in questione...non so se sono riuscita a spiegarmi ma fa lo stesso :)
Ringraziamenti a:
-Krisalia Kinomiya: ho dato l'ultimo esame a inizio febbraio...chimica...tornando alla fic, Seiya continua a non smentirsi, come puoi vedere, e Shun intanto si dà da fare :) dimmi che ne pensi di questo capitolo!
-roxrox: come ho detto a Kri, Seiya continua a non deluderci con le sue uscire sarcastiche e continua a fare casini :D attendo un tuo commento a questo capitolo!
-MeMs: non è stato molto veloce come aggiornamento, ma è abbastanza corposo anche questo...Seiya continua nei suoi show hai visto? Mi raccomando commenta!
Un grazie ancora a chi ha inserito questa storia tra i preferiti e ai lettori silenti...a presto!

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** L'inizio di una nuova battaglia ***


A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea dell'Amore")

Capitolo 11 - L'inizio di una nuova battaglia

I rattoppi erano quasi invisibili, chiunque avesse aggiustato quella bambola aveva fatto un lavoro sopraffino e meticoloso. Differiva di poco dal giocattolo che aveva posseduto molti anni prima, e di cui si era privata volentieri per far felice un bambino meno fortunato di lei. Ora tra i due non sapeva chi fosse il meno fortunato. Forse Hyoga, che era stato sedotto e abbandonato in meno di due giorni, forse lei, che aveva dovuto rinunciare ai suoi sogni per un bene superiore, come le era stato detto dalla dea che attualmente albergava nel suo corpo.
Hyoga però non era venuto insieme agli altri Cavalieri quella mattina, a chiedere spiegazioni su quella situazione che a lei stessa continuava ad essere poco chiara. Era rimasto con molta probabilità a palazzo Kido, dimentico di lei. Non ci aveva messo molto a dimenticarla, a quanto pareva. Evidentemente non l'aveva colpito così nel profondo. Anzi, era quasi certa che la odiasse, che la vedesse come una nemica e che prima o poi si sarebbe presentato per combattere contro di lei. Non riuscì a bloccare quella piccola lacrima, prova di quanto quell'abbandono la rattristasse. E dopo di lei ne scesero altre, sempre più numerose, quindi si aggiunsero i singhiozzi, silenziosi.
Si abbracciò le ginocchia e pianse su di esse, bagnando il leggero abito bianco, i lunghi capelli biondi le nascosero il viso. Una mano gentile li scostò e li portò dietro l'orecchio di Ayame, che lentamente sollevò il capo dalle ginocchia. La Tata la stava guardando con sguardo dolce e comprensivo, seduta sul prato accanto a lei. Con la mano ruvida le accarezzò la guancia e col pollice lavò via le tracce lasciate dalle lacrime.
"Non ce la faccio Tata..." singhiozzò Ayame, riprendendo a piangere.
"Lo so, bambina, ma devi essere forte. Pensa che con questo tuo gesto stai salvando un sacco di vite, compresa quella della persona che ami"
"Peccato che lui non ami me.Oggi non è venuto insieme agli altri"
"Non vuol dire che non ti voglia bene. Può essere che ha capito il significato del tuo gesto e non vuole che tu corra rischi"
"Tu credi?"
"Non posso dartene la certezza. Ma se saperlo ti fa stare meglio, allora sì, credo di sì"
Ayame sospirò e tornò ad osservare la bambola che aveva in mano. Tutto ciò che le rimaneva di Hyoga. Promise a se stessa che non se ne sarebbe mai separata.
Una vampata di calore la colpì in pieno viso. Alzò lo sguardo, che incontrò quello infuocato di Josuke, al cui fianco, oltre ad Ardalo, era presente un altro Ciclope dall'armatura fiammante. Ayame fu colpita dal suo volto, che le rivordava qualcuno.
"E' davvero una bella bambola, Ayame" iniziò Josuke "Non ricordo di averla mai vista prima"
Ayame ritornò a guardare il vecchio amico, la cui figura era circondata da un tenue bagliore rosso che accese subito il suo cosmo argentato.
"Credevo di averla persa, ma Saori l'ha ritrovata al collegio tra i giochi dei bambini"
Josuke fece un cenno col capo, come di chi annuisce ma crede poco a ciò che gli è stato detto. Poi riprese "Già, la cara Saori, sempre ad aiutare gli amici"
Ayame comprese perfettamente dove il ragazzo voleva arrivare. Con uno sguardo fece intendere alla Tata di lasciarli soli e subito la donna si alzò e tornò in casa. La ragazza si alzò da terra e puntò gli occhi su quelli di Josuke.
"Hai qualcosa da dire forse?" domandò il ragazzo.
"Devi fidarti di me, Efesto" prese a parlare Afrodite "Atena non interferirà nei nostri piani. Ciò che è successo stamattina non c'entra con lei, i Cavalieri hanno agito di loro spontanea volontà"
"Può darsi, ma mi hai ingannato talmente tante volte che stento a credere alle tue parole"
"Te lo giuro sul mio onore di dea, non interferiranno"
"Perchè tanto timore, Afrodite? Come ho detto alla tua emissaria, se è vero che non ci metteranno i bastoni fra le ruote, non c'è motivo di dannarsi per farmelo credere, lo vedrò coi miei occhi. Oppure c'è qualcos'altro dietro?" Josuke la scrutò intensamente.
"No, non c'è nient'altro" si affrettò a rispondere. Troppo in fretta.
Josuke lanciò un'occhiata ai suoi due Ciclopi, sui volti dei quali si disegnò un leggero ghigno.
"Beh" riprese il ragazzo "Se proprio vuoi convincermi, c'è una cosa che potresti fare"
"E se la faccio, accetterai la mia proposta?"
"Certamente" rispose mellifluo, avvicinandosi a lei a passo lento. Le posò una mano sulla spalla sinistra e avvicinò la bocca al suo orecchio per sussurrarle qualcosa. Lentamente sul volto di Ayame si disegnò un'espressione sconvolta e la ragazza prese a respirare affannosamente. Josuke si allontanò lentamente come si era avvicinato e prese ad osservarla. Lo sguardo di Ayame era perso nel vuoto.
"Perchè tutto questo?" gli domandò.
"E' necessario, se vuoi che tutto vada per il meglio. Lo farai?"
Ayame sospirò, decisa ad abbandonarsi alla volontà della dea, sicura che non avrebbe avuto la forza di fare una cosa del genere.
"D'accordo"
Josuke sorrise soddisfatto, e scomparve esattamente com'era venuto insieme ai due Ciclopi. L'aria tornò finalmente fresca e respirabile e il sudore sul suo corpo iniziò ad asciugarsi. Non sarebbe voluta arrivare fino a questo punto, ma doveva aspettarselo, Efesto ne avrebbe approfittato. E lei aveva le mani legate. Si promise lo stesso una cosa: una volta terminata la missione, avrebbe difeso la Terra e i suoi abitanti fino allo stremo.
Sollevò il braccio e aprì la mano, mentre il simbolo sulla spalla prese a pulsare e a emanare raggi argentei che presero la forma di uno scettro, sulla cui cima un cuore argentato racchiudeva un rubino delle dimensioni di una noce. Lo scettro si posizionò nella sua mano e il rubino prese a brillare. Un corto abito greco si sostituì a quello bianco, con la scollatura larga che lasciava scoperta una spalla. Un braccio era coperto da una manica, mentre sull'altra spalla un'unica spallina teneva su l'abito. Eleganti sandali vestivano i suoi piedi, un cerchietto argentato tra i capelli biondi.
Volse lo sguardo alla sua destra, dove le cinque Sacerdotesse, tutte in armatura, erano inginocchiate e pronte alla battaglia. Psiche era la sola che la guardava, in attesa di ordini che non era necessario dare. Ad un cenno del suo capo quattro di loro partirono veloci in direzioni diverse. Eufrosine invece rimase al suo posto e alzò il capo verso la dea.
"Sai cosa devi fare" le disse Ayame, e la Sacerdotessa annuì col capo, prima di partire come le altre compagne.

In preda all'ira, Hyoga non era riuscito a fermare la sua mano, che, chiusa a pugno, aveva colpito a tutta forza Shun in pieno viso, mandandolo a terra insieme alla poltrona dietro di lui. A passi veloci si avvicinò nuovamente all'amico e lo sollevò prendendolo per il colletto della maglietta verde.
"Vi rendete conto di quello che avete fatto?" gli ringhiò a pochi centimetri dallla faccia, rivolgendosi anche agli altri due ragazzi presenti.
"Volevamo solo capire meglio la situazione" tentò di giustificarsi Seiya "Non sapevamo di essere spiati, nè tantomento da uno scagnozzo di Efesto. Se non fosse stato per lui sarebbe andato tutto liscio"
"Sta di fatto che avete peggiorato la situazione e ora Ayame è ancora più in difficoltà di prima"
"Se ti interessa tanto di quella ragazza allora perchè non hai fatto niente?" sbottò Shun, stanco dei cambi d'umore dell'amico.
Hyoga si voltò sorpreso verso di lui e per alcuni attimi lo fissò, occhi negli occhi. Quindi sospirò e lasciò la presa sulla sua maglia, sedendosi poi pesantemente per terra.
"Hyoga, ascolta" riprese Shiryu "Hai ragione, forse non saremmo dovuti intervenire. Ma ammetterai anche tu che questa situazione è strana e che Ayame è quella che più di tutti ci sta rimettendo. E se va avanti così non sarà la sola. Efesto ha oscuri piani in mente, lo si sente nell'aria, e potrebbe approfittare della devozione che Afrodite gli deve. Non ti sembra ingiusto tutto questo?"
Lo sguardo del ragazzo era fisso in un punto tra i suoi piedi, come ipnotizzato. Si sentiva impotente, non poteva fare nulla per aiutare la donna che amava, ogni suo gesto avrebbe solo peggiorato le cose. Ma stare con le mani in mano forse era peggio, soprattutto per la sua salute mentale. Le ultime parole che si erano scambiati gli ronzavano in testa tutto il giorno. Dimenticami se puoi. Come poteva dimenticarla? Come poteva chiedergli una cosa del genere? Era come chiedergli di dimenticarsi di essere Cavaliere. Era troppo essenziale per lui. Maledisse il destino, ancora una volta crudele nei suoi confronti, e tirò un pungo al pavimento.
"Non possiamo starcene con le mani in mano" continuò Shun calmo "Se Ayame e le sue Sacerdotesse saranno in difficoltà le aiuteremo, e se vi saranno nemiche le affronteremo"
"Non dirlo" lo pregò Hyoga, i cui occhi erano già velati di lacrime.
"E' una possibilità che non possiamo escludere. Nemmeno a me va a genio l'idea, come penso a tutti gli altri. Ma se c'è qualcuno che può cambiare le cose quello sei tu"
Hyoga gli rivolse uno sguardo interrogativo.
"Ayame non ti ha dimenticato, Hyoga, non può, come tu non puoi dimenticare lei. E questo può salvarla. Tu la puoi salvare. Ma devi volerlo molto intensamente, perchè dovrai vincere la volontà di Afrodite per farla tornare la ragazza di un tempo"
"Sono un semplice mortale, cosa posso contro una  divinità?"
"Fai quello che sai fare meglio"
Hyoga non capì dove volesse arrivare l'amico, che si spiegò meglio.
"Amala come non hai mai fatto in questi giorni, dimostrale che sei disposto a fare tutto per lei"
"E' controllata a vista dai Ciclopi, scatenerei l'ira di Efesto"
"Loro lasciali a noi, tu pensa alla tua bella" rispose Seiya per tutti.
Le menti dei quattro Cavalieri percepirono poi un cosmo estraneo nella casa, diverso dagli altri. Si sentirono pervasi da un senso di pace, persero totalmente la voglia di combattere. Era una sensazione bellissima, che raramente avevano provato. A Seiya, il più bellicoso dei quattro, diede fastidio, mentre gli altri si abbandonarono ad essa come un bambino tra le braccia della madre che gli sta cantando la ninna nanna. A stento si accorsero che la porta finestra si era spalancata con un lieve cigolo e uno sbuffo di vento, lasciando entrare una fanciulla in tunica bianca e armatura ambrata.
"La Pace dei Sensi porta ad un sonno pacifico ed eterno, senza ritorno" iniziò la fanciulla con voce cadenzata e melodiosa "Una pace simile a quella degli eroi nei Campi Elisi. E' una sensazione di benessere, di assenza di dolore, di apatia verso ciò che accade nel mondo. E fa cadere il nemico in mio potere affinchè gli possa dare il colpo di grazia. Fortunatamente per voi, Cavalieri, non sono qui come portatrice di morte ma come messaggera"
"E che messaggio mi porta la dea Afrodite?" rispose una voce dolce e potente, proveniente dalla porta del grande salotto. Saori stava sulla soglia della stanza, in mano lo scettro di Atena, intorno a lei il cosmo dorato brillava potente e annullò l'effetto dell'attacco della Sacerdotessa. I quattro Cavalieri si riscossero come appena svegli e, notata la presenza della ragazza, si misero subito in posizione di attacco. Lei però non si scompose, ma si rivolse a Saori.
"Non siete voi la destinataria del messaggio, Atena" disse con un lieve inchino "Bensì uno dei vostri Cavalieri, colui che prende potere dalle stelle del Cigno"
Hyoga spalancò gli occhi a quelle parole e sentì il cuore accelerare il ritmo. Un messaggio per lui. Da Ayame.
"Vi chiedo quindi di lasciarmi sola con quest'uomo. Vi prometto che non gli torcerò un capello"
"Neanche per sogno, mia cara, chissà cosa potresti fargli coi tuoi subdoli attacchi" intervenne Seiya, ricevendo in risposta un'espressione offesa.
"Osi mettere in discussione la mia parola, Cavaliere?"
"Seiya, possiamo fidarci" disse Saori "Eufrosine è portatrice di pace e la sua parola non cela il falso. Lasciali soli"
Il Cavaliere di Pegasus uscì dalla posizione d'attacco con un sonoro sbuffo e seguì i compagni e la fanciulla fuori dal salotto.
Tra i due ragazzi calò il silenzio per qualche istante che a Hyoga parvero ore interminabili. Eufrosine non accennava a proferir parola e restava a sguardo basso e occhi chiusi. Quando sentì di non potercela più fare prese l'iniziativa.
"Allora, cosa voleva dirmi Ayame??"
La Sacerdotessa finalmente alzò lo sguardo su di lui, uno sguardo scuro e messaggero di cattivi presagi.
"Una nuova battaglia è iniziata oggi" esordì lei "Una prova a cui il dio Efesto ha voluto sottoporre la mia signora"
"Una battaglia? Contro chi? Che tipo di prova?" Hyoga fu zittito da un gesto della mano della Sacerdotessa.
"Non ti è dato conoscere tutto questo e a me non è dato dirtelo. Quello che ti porto è un consiglio e un avvertimento, Cavaliere"
"Parla, ti ascolto" incalzò Hyoga, sempre più in apprensione. Eufrosibe trasse un lungo respiro, quindi continuò "Non lasciare mai questo palazzo"
"Cosa?"
"Finchè tutto non sarà tornato alla normalità non uscire da questa casa, per nessuna ragione al mondo, se ci tieni alla vita"
"Non capisco...che significa?"
"Non posso dirti altro, mi dispiace" Eufrosine si voltò per uscire dalla porta-finestra e ripartire, ma Hyoga non si accontentò di quel congedo.
"Invece io ho bisogno di sapere ancora una cosa"
Eufrosine si fermò a pochi passi dal balcone, sul suo volto un mezzo sorriso, comprensivo e non maligno. Per Hyoga era l'ultima occasione per porre quella fatidica domanda che gli ronzava in testa da una giornata intera. "Che ne sarà di Ayame dopo tutto questo?"
La Sacerdotessa si voltò di tre quarti e rivolse al ragazzo uno sguardo malinconico.
"Ha sofferto, sta soffrendo e soffrirà ancora, perchè questo è il suo destino e non può farci niente"
Invece di chiudere la conversazione e andarsene, però, Eufrosine si avvicinò a passo svelto a Hyoga e gli prese una mano tra le sue.
"Ma tu puoi fare qualcosa" gli disse a voce bassissima e piena di speranza, come i suoi occhi d'ambra.
"Cosa vuoi dire?"
"Salvala, ti prego!" lo implorò mentre lo lasciava andare e indietreggiava verso il balcone "Salva la mia signora, Cavaliere di Atena"
Dopodichè si voltò e corse via, lasciando Hyoga preda di mille domande.

Buongiorno a tutti! Ecco il nuovo capitolo :) è scritto un po' di getto quindi potrebbe risultare confusionario e con un sacco di errori, perciò mi scuso in anticipo...
Bene, ora i ringraziamenti:
-Krisalia Kinomiya: eh povero Hyoga, non è una situazione facile, però chissà cosa succederà adesso ;) dimmi che ne pensi di questo capitolo!
-ti con zero: grazie mille cara, sempre molto gentile e comprensiva :) spero che ti sia piaciuto questo nuovo pezzo!
-roxrox: perdonata :) eh si, Shun inizia a darsi da fare e il suo personaggio sarà determinante nella storia, perciò spero di non deluderti :)
-Morgana di Avalon: sì, uovo di pasqua è un epiteto dovuto ai capelli rosa e poi suonava bene :) fammi sapere che ne pensi di questo nuovo pezzo!
Un ringraziamento ancora a coloro che hanno inserito la storia tra i preferiti e a chi continua a leggere in silenzio!

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Primi scontri ***


A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea dell'Amore")

Capitolo 12 - Primi scontri

Il sole tramontava sul mare placido, accompagnato dal lieve infrangersi delle onde sulla spiaggia e dai richiami dei gabbiami, appollaiati
sugli alberi delle barche in porto o al largo e sui tetti delle case. Su uno di questi tetti, nascosta all'ombra di un alto camino, la giovane Galatea attendeva, con uno strano presentimento nel cuore. Avvertiva come una presenza alle sue spalle, qualcuno l'aveva seguita sin dalla partenza da palazzo Kobayashi, non l'aveva mai persa d'occhio, nè lo stava facendo ora. Non era però riuscita a dare un volto a quella presenza, non aveva percepito nessun cosmo che glielo permettesse. E nonostante tentasse di non badarci, la sua apprensione non faceva che aumentare.
Finalmente il suo obiettivo si fece avanti, inconsapevole del pericolo che stava correndo. Camminava tranquillamente sul lungomare, i lunghi capelli scuri agitati dalla brezza serale, gli occhi chiusi come se fosse in meditazione. Il suo passo era comunque deciso. Shiryu del Dragone. Galatea sentì il cuore accelerare i battiti e i muscoli tendersi, pronti allo scatto, ma il Cavaliere di Atena si fermò e aprì gli occhi, continuando a guardare davanti a sè.
"Volevi forse attaccarmi alle spalle, Sacerdotessa?" domandò pacato, voltandosi nella sua direzione. La giovane si chiese come avesse fatto a notarla, era sicura di essere riuscita a tenere nascosto il suo cosmo. Sospirò, a quel punto tanto valeva uscire allo scoperto. Balzò dal tetto a pochi metri da Shiryu, che seguì con gli occhi la sua leggiadra caduta. Uno sguardo di sfida era dipinto sul volto della giovane Sacerdotessa.
"Devi essere davvero molto in gamba se sei riuscito a percepire la mia presenza nonostante non mostrassi il mio cosmo. Vorrà dire che non commetterò l'errore di sottovalutarti" Galatea si mise in posizione d'attacco.
Shiryu, invece, non si mosse, ma continuò a parlare. "E' vero, sei stata molto brava a celare il tuo cosmo. Quello che non sai ancora nascondere è la tua apprensione"
La ragazza rimase spiazzata dall'affermazione del Cavaliere e spalancò gli occhi.
"L'ho roconosciuta subito" andò avanti Shiryu "Era la stessa che hai provato questa mattina a palazzo Kido. Ti ho tenuta d'occhio tutto il tempo e ora sarei in grado di distinguerla tra milioni di persone"
"Basta con le chiacchiere!" lo interruppe, impaurita dall'effetto che quelle parole avrebbero potuto avere su di lei "Dimostrami invece se sei bravo in combattimenti come a parlare. Indossa la tua armatura, avanti!"
"Purtroppo non ce l'ho con me e dovrò affrontarti senza, sempre che tu sia davvero convinta di volerlo fare"
"Ma certo che ne sono convinta! E con te disarmato sarà ancora più semplice"
"Questo è da vedere"
Anche Shiryu si mise in posizione d'attacco e accese il suo cosmo. Galatea lo percepì terribilmente potente, come pochi altri che aveva incontrato sul suo cammino. Ma alla fine erano tutti caduti e con quel Cavaliere non sarebbe andata diversamente. Si piegò leggermente sulle gambe prima di spiccare un salto altissimo. Una volta nel punto più alto sollevò entrambe le braccia sopra la testa avvicinando i palmi delle mani, su cui si venne velocemente formando una palla azzurra, simile ad un globo d'acqua marina. Quando raggiunse le dimensioni di una testa umana, Galatea scagliò la sfera contro Shiryu ad una velocità che lo costrinse a schivarla rotolando di lato. Una volta in piedi il Cavaliere guardò nel punto dove si era schiantato il globo e dove poco prima stava lui. Un cratere di due metri di diametro si apriva sulla strada, segno della potenza della tecnica della Sacerdotessa. Questa atterrò con leggiadria, tornando a fissarsi su Shiryu.
"Questa era la Profondità degli Abissi, una tecnica che sottopone l'avversario alla stessa pressione che si riscontra negli abissi oceanici fino a schiacciarlo. Mi sorprende che tu sia riuscito ad evitarlo, ma la prossima volta non accadrà"
Galatea si rimise il posizione, imitata dal Cavaliere, quindi spiccò nuovamente un balzo. Shiryu, però, fece lo stesso e, prima che la Sacerdotessa avesse il tempo di attaccarlo nuovamente le lanciò contro il Colpo Segreto del Drago Nascente, constringendola a pararsi con le braccia. La difesa fu però inutile e l'assalto dell'avversario la colpì in più punti, facendola cadere rovinosamente a terra, dove rimase immobile e dolorante.
Shiryu atterrò vicino a lei.
"Non ti toglierò la vita, Sacerdotessa. Non è mia abitudine combattere contro delle donne, specie se giovani come te, anche se devo ammettere che ti sei dimostrata all'altezza. Solo non capitare più sui miei passi o non sarò così clemente la prossima volta"
Senza guardarla passò oltre, ma dopo neanche un metro qualcosa lo bloccò all'altezza del polpaccio. Si voltò e notò una sostanza biancastra arrampicarsi per tutta la gamba fino a metà coscia. Lo stesso stava accadendo per l'altra gamba.
"Ma cosa..."
"Non avresti dovuto sottovalutarmi così tanto, Cavaliere. E' stato un grave errore"
Galatea si era rialzata e non sembrava aver patito troppo l'attacco di Shiryu, a parte qualche graffio e qualche livido qua e la. Il ragazzo si maledisse per non averla resa innocua quando poteva.
"Che cos'è questa sostanza?" le domandò riaccendendo il proprio cosmo e sperando che potesse venirgli utile.
"La mia Prigione d'Avorio non lascia scampo a chi vi cade dentro. E posso scegliere a mio piacimento come plasmarlo. Potrei per esempio coprirti del tutto fino a farti diventare una statua, oppure lasciarti così imprigionato in balia dei miei attacchi"
"Ne convengo, sei molto abile come guerriera, ma sbagli se pensi che me ne starò con le mani in mano mentre tu mi attacchi"
Scagliò nuovamente il Colpo Segreto contro l'avorio attorno alle sue gambe, ma non riuscì nemmeno a fargli un graffio. A quel punto iniziò seriamente a preoccuparsi.
Nel frattempo Galatea era già in volo pronta a lanciare la Profondita degli Abissi.
"Fatica sprecata, Cavaliere! Il mio avorio non si scalfisce così facilmente!"
La Sacerdotessa lanciò il globo contro di lui, che tentò di pararsi con le braccia. Man mano che la sfera si avvicinava poteva percepirne l'immensa potenza che lo schiacciava verso il suolo. Quando mancavano pochi centimetri dalle sue braccia, lo scudo dell'armatura del Dragone si frappose tra esse e l'attacco di Galatea, bloccandone l'avanzata. Shiryu potè così tirare un mezzo sospiro di sollievo, prima di afferrare lo scudo a resistere insieme a lui.
"Non basterà un semplice scudo a fermare il mio attacco, Dragone!"
Galatea mise ancora più energia e spinse la sfera contro lo scudo del Cavaliere. Shiryu sentì la forza nelle braccia venirgli meno e schiacciare sempre più lo scudo verso di lui. La grande forza dell'attacco aveva iniziato a creare delle crepe sul lastricato intorno a lui e a spingerlo sempre più a fondo nel terreno assieme ai blocchi d'avorio, che non accennavano a rompersi. Mise tutto il suo sforzo in un urlo liberitorio e deviò infine la sferà verso il mare. In breva sparì all'orizzonte. Aveva consumato un sacco della sua energia nel resistere a quell'attacco e ora aveva il fiato corto. Lo stesso valeva per Galatea, che non riusciva a spiegarsi per quale motivo il suo attacco non fosse andato a segno.
"Ringrazia la tua buona stella se ti sei salvato, Cavaliere, ma la prossima volta non andrà così"
Nuovamente si preparò a spiccare il salto, ma qualcosa le passò davanti fulmineo e due lingue di fuoco andarono a colpire i blocchi d'avorio attorno alle gambe di Shiryu, liberandolo. Questi all'inizio vacillò, ma una voltà ripreso l'equilibrio si mise in posizione d'attacco e prese a guardarsi attorno.
"Chi ha osato intromettersi?" domandò al nulla facendo saettare gli occhi in ogni dove, fino a quando non notarono Galatea. Era atterrita e tremava da capo a piedi, guardando un punto oltre le spalle del Cavaliere.
"Galatea, che succede?" le domandò, ma lei parve non sentirlo.
"Succede che è sempre la solita" rispose per lei una voce alle spalle di Shiryu. Il ragazzo si voltò e subit vide avanzare a passo lento un altro Cavaliere dall'armatura fiammeggiante e lo sguardo severo, straordinariamente somigliante alla Sacerdotesse dietro di lui.
"Qual è il tuo nome, Cavaliere, e perchè ci hai interrotti?" gli chiese Shiryu, dando le spalle alla Sacerdotessa.
"Palemone è il mio nome e sono un Ciclope di Efesto"
"E quale sarebbe il motivo della tua presenza qui?"
"Eseguo il mio compito di fratello maggiore" rise malignamente lui, tornando a guardare Galatea e rivolgendosi a lei "Non hai combattuto male, ma speravo in qualcosa di più"
Quelle parole parvero ridestarla e ridarle forza, perchè lo sguardo impaurito sparì dal suo volto per lasciare spazio ad un'espressione battagliera.
"Questa non è la tua battaglia, Palemone, tornatene dal tuo dio" gli urlò contro la fanciulla.
"Il mio dio mi ha chiesto di assicurarmi che il suo volere sia fatto, quindi il mio posto è qui"
"Non ho bisogno del tuo aiuto, era praticamente sconfitto se non avessi rotto i blocchi d'avorio"
"Certo, avresti usato ancora lo stesso attacco contro di lui, per la terza volta. E lui si sarebbe salvato con ancora più facilità"
"Cosa?"
"Sei inesperta e ingenua, sorellina, non meriti la carica che ti è stata assegnata!"
Una fiamma si accese attorno alla sua mano e una palla di fuoco sfrecciò velocissima verso di lei. Sarebbe stata colpita in pieno, se Shiryu non fosse intervenuto gettandosi su di lei e portandola a terra. La sfera di fuoco colpì un albero poco distante, disintegrandolo. Senza darle il tempo di realizzare quanto fosse accaduto, il Cavaliere si alzò in piedi parandosi a difesa davanti a lei.
"Spostati, Dragone, a te penserò dopo" ordinò Palemone mentre avanzava verso gli altri due.
"Ti sei intromesso nel nostro combattimento senza motivo alcuno, perciò prima mi libererò di te prima potrò continuare. Ma non ti permetterò di sfiorare Galatea neanche con un soffio"
"Molto bene, allora prima il dovere...e poi il piacere" ghignò il Ciclope e nuovamente la sua mano si infiammò "Preparati a ricevere l'Esplosione Vulcanica, Cavaliere di Atena!"
Shiryu non rispose alla provocazione ma posizionò meglio il suo scudo.
"Dragone, spostati" gli disse Galatea, che nel frattempo si era rialzata "E' una faccenda che non ti riguarda"
"Temo invece che questa faccenda riguardi entrambi e che voi Sacerdotesse non abbiate capito chi sia il vero nemico" rispose pacatamente lui, senza distogliere l'attenzione da Palemone. La ragazza rimase interdetta dalla risposta del Cavaliere e iniziò ad osservare il fratello. Uno sguardo malefico era dipinto sul suo viso, e nel vederlo un pensiero si fece strada nella mente della Sacerdotessa.
Se fosse la loro missione eliminare sia noi che i Cavalieri?
Palemone si stufò dell'attesa "Basta esitare! Dragone, preparati a soccombere!"
Mosse il primo passo verso Shiryu, ma sentì qualcosa bloccarlo e, voltandosi, notò un blocco d'avorio attorno alla sua gamba sinistra che lentamente cresceva. Un altro ricoprì la mano infuocata, spegnendo le fiamme.
"Shiryu, attaccalo!" urlò Galatea, e il Cavaliere non se lo fece ripetere due volte. Si lanciò contro di lui e lo colpì in pieno col Colpo Segreto del Drago Nascente, la cui potenza riuscì a spezzare l'avorio attorno ai due arti. Palemone volò lontano e cadde di schiena lasciando un profondo solco dietro di sè. A fatica sollevò il busto e vide Galatea e Shiryu pronti ad attaccarlo nuovamente. Non avrebbe mai accettato una sconfitta, il suo orgoglio non glielo avrebbe mai permesso. E comnque erano due contro uno, uno scontro impari in cui aveva poche possibilità di vincere. Decise che li avrebbe affrontati singolarmente più avanti, e nel frattempo avrebbe aumentato la sua forza. Si rialzò cercando di nascondere la spossatezza dovuta al colpo subito.
"Per questa volta vi lascio in vita, Cavalieri, ma al prossimo scontro l'unico vincitore sarò io, tenetelo bene a mente!"
Con un balzò sparì tra i tetti della città e tutt'intorno calò nuovamente il silenzio. Fu Galatea a romperlo.
"Perchè mi hai salvato la vita, Dragone?"
"Te l'ho spiegato poco fa, non sei tu il nostro reale nemico" si voltò per guardarla negli occhi "Ho combattuto contro di te perchè questo era il tuo volere, ma non ti ho mai riconosciuta come nemico Spero che tu e le tue compagne lo capiate prima che sia troppo tardi"
Le diede nuovamente le spalle e riprese il cammino che stava intraprendendo prima dell'arrivo della Sacerdotessa, ma questa nuovamente lo richiamò.
"Shiryu, aspetta!"
Il Cavaliere si fermò obbediente e tornò a guardarla. Galatea si privò dell'armatura davanti ai suoi occhi, restando con la sua semolice e candida tunica addosso. Vicino a lei i pezzi della corazza avevano formato una piccola onda marina leggermente opaca.
"Ho inteso le tue parole" riprese lei, sorridente e serena "E ti prometto che tu e i tuoi compagni non subirete più nessun'offesa da parte mia. Sono inoltre sicura che le mie compagne comprenderanno ciò che tu mi hai rivelato oggi e che ho riscontrato negli occhi di mio fratello"
"Ne sono molto contento, Galatea" ribattè Shiryu sorridendo di rimando.
"Non è lontano il giorno in cui combatteremo nuovamente fianco a fianco, Dragone"
"Sarà per me un onore, Sacerdotessa" concluse con un leggero inchino, prima di voltarsi nuovamente e riprendere a camminare, lo scudo ancora al braccio, i lunghi capelli scuri al vento.

Scusate il clamoroso ritardo, ho avuto un po' di problemi in casa e non sono riuscita ad aggiornare...
Ad ogni modo eccomi qui con un nuovo capitolo che spero sia di vostro gradimento. Non sono un fenomeno a descrivere le scene di combattimento, mi auguro di aver reso la situazione al meglio :)
Vi anticipo che da questo capitolo ci sarà un po' più d'azione, quindi spero di attirare di più il vostro interesse ;P
Passiamo ai ringraziamenti di rito:
-MeMs: già, i nostri due eroi stanno un po' patendo in questo momento e purtroppo questo cap non è incentrato su di loro ma su un'altro trio che ritroveremo in seguito...grazie di tutto, attendo un tuo commento!!
-Krisalia Kinomiya:  eheh, i tuoi commenti sono sempre spassosi, grazie mille! Seiya metallaro ce lo vedrei bene cmq :P dimmi che ne pensi di questo capitolo!
-roxrox: ma sì, Seiya in fondo è una sagoma :D però per gli svoglimenti della love story dovrete attendere ancora un pochino...spero ti sia piaciuto il nuovo cap!
Un grazie ancora a chi ha inserito la fic tra i preferiti e ai lettori silenziosi e fedeli...a presto!!

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** L'Abbandono dell'Amore ***


A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea dell'Amore")

Capitolo 13 - L'Abbandono dell'Amore

La sera era calata da qualche minuto, gettando nell'oscurità l'intera città, che ormai si doveva affidare all'illuminazione artificiale dei lampioni. Nonostante questo il buio regnava come sovrano incontrastato in quella zona di periferia, non molto lontata dal porto. Per questo motivo i sensi di Psiche erano ancora più all'erta. Sapeva di non essere molto lontana dal suo obiettivo e farsi cogliere di sorpresa sarebbe stato uno smacco troppo grande da sopportare, orgogliosa com'era. Una rosa era già pronta nella sua mano, le mancava solo il pretesto per lanciarla.
Sbucò sulla banchina dopo aver attraversato lo stretto vicolo tra due capannoni in cemento armato e la luce degli sparuti lampioni ancora funzionanti le diede quasi fastidio, ma non abbassò la guardia. Un lieve brusio attirò la sua attenzione e subito la rosa volò nella direzione di provenienza del flebile rumore. Il suo percorso fu però interrotto da un'affilata piuma di metallo, che la recise tra corolla e stelo. I petali rossi si dispersero attorno al cadavere del fiore, sotto gli occhi attoniti di Psiche. Non si aspettava lui come avversario.
"Non ti sfugge niente, Sacerdotessa" disse una voce roca nell'oscurità.
Pian piano una figura si delineò sotto i raggi di un lampione, e dall'ombra sbucò il volto battagliero di Ikki della Fenice, il cui corpo era interamente ricoperto dall'armatura di Phoenix.
"Sbaglio o è sorpresa quella dipinta sul tuo volto?" le domandò ghignando.
"In effetti ero alla ricerca di qualcun altro, ma così sarà più divertente" rispose risoluta lei, agitando una nuova rosa davanti ai suoi luminosi occhi blu.
"Se è divertimento che cerchi, sarai accontentata..."
"Eccellente!"
"...a tempo debito" concluse lui, riprendendo ad avanzare verso Psiche, già pronta all'attacco.
"Cos'altro ti fa indugiare, Cavaliere?" domandò seccata lei, guardandolo accigliata.
"Io combatto solo se il mio avversario ha motivazioni valide per farlo. Allora diventa egli stesso una motivazione valida perchè io combatta"
"L'unico motivo che udirai da me sarà la devozione assoluta verso la mia dea e la fiducia cieca nei suoi ordini"
"Sei proprio convinta che sia questo il suo volere?"
Psiche esitò. Nella sua mente riapparvero le immagini di quel pomeriggio e della visita che Afrodite aveva ricevuto. Lei era per caso di passaggio per il giardino quando Efesto era comparso, insieme ai due Ciclopi, davanti alla dea nel giardino del palazzo. Prontamente si era nascosta dietro una siepe, silenziosa, senza dare nell'occhio, e aveva osservato tutta la conversazione tra le due divinità, seppur senza carpire una sola parola. Ma le espressioni che di volta in volta si erano dipinte sul volto della signorina Ayame erano state molto più eloquenti, così come quelle di Efesto. Infine aveva visto l'ultimo barlume di speranza abbandonare la fanciulla e la dea prendere pieno possesso del suo corpo, per compiere un gesto meschino e inutile. Eliminare Atena e i suoi Cavalieri per prendere possesso della Terra al suo posto. Secondo Afrodite era però l'unico modo per proteggere l'umanità dalla follia del dio e lei e le sue compagne, in quanto Sacerdotesse, non avevano altra scelta se non obbedire.
"Certo che ne sono convinta" rispose alla fine Psiche, nuovamente combattiva e fiera.
Ikki abbassò lo sguardo e sospirò.
"Allora dovrai cercare il tuo divertimento da un'altra parte"
Psiche rimase allibita dalle sue parole. Si stava rifiutando di combattere contro di lei perchè trovava le sue motivazioni futili. Era un atteggiamento che non riusciva a concepire e che la mandava su tutte le furie. Anni e anni di duro addestramento per sentirsi snobbare così da un semplice Cavaliere di Atena. Lo intravide appena quando le passò accanto camminando lentamente e senze degnarla di uno sguardo. Era un'umiliazione troppo grande da sopportare, non poteva permettergli di andarsene così.
"Se credi che ti lasci andare via così ti sbagli di grosso!" urlò con tutto il fiato che aveva in corpo mentre si voltava per scagliare la sua rosa contro l'avversario.
Ikki fermò il fiore con la mano a pochi centimetri dal suo viso e si trovò occhi negli occhi con Psiche, la cui furia le aveva permesso di espandere il proprio cosmo fin quasi al limite. La Sacerdotessa lo colpì in pieno ventre, scagliandolo contro il palo che si piegò all'impatto con la schiena del Cavaliere. Ripartì poi subito all'attacco senza nemmeno dargli il tempo di rialzarsi, ma il ragazzo se ne accorse e riuscì a schivare il colpo appena in tempo, facendolo andare a vuoto. Prontamente Ikki fu in piedi e, approfittando nel momentaneo smarrimento della giovane, scagliò le sue Ali della Fenice contro Psiche prendendola in pieno. Ricadde sul bordo della banchina, in precario equilibrio. Quel Cavaliere era davvero potente, il più forte di tutti i Cavalieri di Bronzo, come lei lo era delle Sacerdotesse. Con grande sfozo e mossa da questo pensiero, Psiche si rialzò. Ikki era ancora davanti a lei ma non sembrava intenzionato ad attaccarla.
"Sei molto forte, Cavaliere della Fenice" gli disse Psiche asciugandosi un rivolo di sangue che le era sceso dal labbro "Ma ci vuole ben altro per sconfiggermi"
Pensò erroneamente di averlo provocato, ma Ikki si limitò a voltarsi ed imboccare uno dei vicoli tra i capannoni, provocando ancora di più l'ira della Sacerdotessa. Psiche si lanciò nuovamente all'attacco coprendo a grandi balzi la distanza tra lei e il Cavaliere, ma una volta che lo ebbe a tiro questi l'afferrò per il polso e la scaraventò a terra, bloccandole entrambe le braccia.
"Ti ho già detto che con te non combatterò" le sibilò a pochi centimetri dal viso 
"E allora io ti rispondo che sarai costretto a farlo!"
Puntellò il piede sulla sua pancia e si liberò di lui mandandolo contro delle casse di legno, quindi si rimise in piedi.
"Adesso scoprirai cosa vuol dire essere abbandonati dall'amore" nella sua mano comparve una rosa bianca. Ikki, risollevatosi col busto, spalancò gli occhi alla vista del fiore, l'arma più letale del Cavaliere d'oro dei Pesci.
"Hai riconosciuto la rosa bianca, l'arma più letale di Aphrodite dei Pesci, mio maestro d'armi"
"Così sei l'allieva prediletta del Cavaliere della Dodicesima Casa" rispose lui, rimessosi in piedi e libero dalle schegge di legno "Avevo sentito parlare tanto della sua cara allieva, ma pensavo fosse una Sacerdotessa del Grande Tempio, non una guerriera di Afrodite"
"Il mio maestro mi giudicò troppo potente per essere un semplice Cavaliere d'Argento e riteneva la mia bellezza troppo preziosa per essere celata da una maschera, così divenni devota alla dea Afrodite e la migliore tra le sue Sacerdotesse. Per questo motivo non accetto che il mio avversario abbandoni il campo di battaglia senza essersi prima confrontato con me e abbia dimostrato di essermi superiore o sia perito nel tentativo. Ma a quanto ho capito hai una certa fretta, quindi ti sconfiggerò nel più breve tempo possibile e questa rosa bianca sarà la tua carnefice. L'Abbandono dell'Amore ti risucchierà ogni briciola di amore che possiedi nel cuore tingendosi di rosso, lasciandoti alla stregua di un vegetale perso negli abissi della disperazione. Addio Ikki della Fenice!"
Psiche lanciò il fiore che fulmineo andò a conficcarsi nel petto del Cavaliere, trapassando l'armatura. Ikki arretrò di qualche passo barcollante ma non cadde. Mantenne lo sguardo fisso sui suoi piedi, gli occhi in ombra sotto l'elmo della Fenice. Percepiva la trepidante attesa di Psiche, di fronte a lui. La sentiva convinta di avere la vittoria in pugno, di averlo lasciato senza scampo. La intravide agitarsi una volta resasi conto che la rosa nel suo petto non accennava a cambiare colore ma restava candida e immaccolata. Un sorriso colmo di tristezza si dipinse sul suo viso e alzò lo sguardo piantando gli occhi fiammeggianti su di lei.
"Non è possibile! La rosa è rimasta bianca nonostante sia nel tuo petto da parecchi secondi ormai. Come hai fatto, spiegami!" l'agitazione nella voce da Psiche era lampante.
"E' semplice, Psiche: non puoi togliere l'amore a chi l'ha già perso"
"Cosa? Che vuoi dire?"
"Come tutti gli esseri umani ho amato, e tanto. Ma l'oggetto del mio amore se n'è andato tempo fa, portandosi dietro tutti i sentimenti che provavo nei suoi confronti. Da allora l'amore non ha più albergato nel mio cuore, ne è rimasto completamente arido. Per questo motivo la tua rosa non si tingerà di rosso nè ora nè tra cento anni"
"No, non ci credo. Nessun essere umano può vivere senza amore!"
"E' vero, ma esistono tanti tipi d'amore e tutti in grado di rendere dignitosa una vita. Io vadi avanti grazie all'amore per mio fratello Shun e l'affetto verso i miei amici e compagni di battaglia, ma è un amore che tu non puoi scalfire nè tanto meno di cui puoi privarmi"
Psiche arretrò, sconvolta dalle rivelazioni del Cavaliere. Si sorprese a tremare come una foglia di fronte a quello sguardo severo e deciso.
"Hai paura, Psiche. Fai bene, perchè ora scoprirai cosa vuol dire navigare in un mare di disperazione!"
In poche falcate, senza lasciarle il tempo di reagire, Ikki le fu davanti con l'indice puntato alla fronte. Sentì qualcosa dentro la sua testa, come trapassata da una saetta, e per qualche istante fu incapace di muoversi. Il suo avversario era dietro di lei e le dava le spalle ma il suo sguardo era fisso su un punto oltre il vicolo. Non sembrava cambiato niente da prima che ricevesse il colpo. Smise di trattenere il fiato e rilassò il corpo, quindi si voltò verso Ikki.
Le si parò davanti uno spettacolo agghiacciante: il corpo del Cavaliere era completamente avvolto dalle fiamme, che avevano bruciato buona parte della carne lasciando intravedere qualche osso sotto di essa. Psiche trattenne un urlo e si portò le mani al viso. Subito dopo si accorse che le fiamme erano tutte intorno a lei, anche dove poco prima non c'erano, e che diventavano sempre più alte. Si voltò indietro e corse lungo il vicolo fino alla banchina, appena lambita dal fuoco che stava divorando l'intera città. Ciò che vide fu forse più raccapricciante. I corpi degli altri Cavalieri e delle sue compagne Sacerdotesse erano a terra, semplici scheletri inceneriti coperti dalle armature praticamente inutilizzabili. In mezzo a loro i Ciclopi di Efesto gongolavano di fronte a tanta morte e distruzione guardando un punto ben preciso. Anche Psiche prese a guardare in quella direzione e subito la paura la attanagliò. Afrodite era a terra, ricoperta di bruciature e stanca. Poco distante Atena giaceva con un ferro rovente conficcato in pancia. Un altro roteava nelle mani di Efesto, ritto sopra le due dee, un ghigno malefico dipinto sul volto. Schivò senza difficoltà un attacco di poca potenza proveniente da dietro la sua schiena, e nel campo visivo di Psiche apparve il Cavaliere del Cigno, privo di armatura e provato dallo scontro, ma ancora deciso a combattere nonostante la flebile luce del suo cosmo.
Hyoga tentò un altro attacco, che Efesto parò con poca difficoltà con una mano, sciogliendo i fiocchi di neve della Polvere di Diamanti. Dalla stessa mano partì poi una palla di fuoco che colpì il Cavaliere in pieno petto per poi diffondere le fiamme su tutto il corpo del ragazzo. L'urlo di Ayame squarciò l'aria coprendo il crepitio delle fiamme che lentamente divoravano il giovane Hyoga, ormai a terra privo di vita. La fanciulla si lanciò poi contro Efesto brandendo lo scettro, ma il dio si scansò di lato conficcandole contemporaneamente il ferro ardente nel petto.
Psiche restò a guardare quello spettacolo di morte impotente, gli occhi ricolmi di lacrime e le membra scosse da forti tremiti. Quando Efesto le puntò gli occhi addosso sentì il suo corpo paralizzarsi e impedirle qualsiasi movimento, lasciando così via libera alla sfera infiammata di Efesto.
"NO!" urlò disperata la Sacerdotessa, portandosi le mani sul capo e accucciandosi a terra.
Due forti braccia la sorressero per le spalle e un calore piacevole la avvolse. Aprì gli occhi incontrando la spalla muscolosa di Ikki. Non c'erano fiamme intorno a loro, nè cadaveri bruciati. Tutto era come prima ma nonostante questo Psiche continuava a tremare e singhiozzare.
"Perdonami" iniziò il Cavaliere della Fenice "Non è mia usanza usare il Fantasma Diabolico contro una donna, ma volevo che ti rendessi conto di cosa potrebbe succedere se questa lotta tra noi continuasse"
"Ho visto il futuro?" sussurrò la Sacerdotessa senza alzare lo sguardo.
"No, ho solo risvegliato le tue paure inconscie. Prima che iniziassi ad attaccarmi ho letto nei tuoi occhi la preoccupazione e il timore delle conseguenze delle tue azioni. Ma la tua testardaggine, o forse determinazione, ti impedivano di vedere oltre e di capire chi sono i tuoi nemici da combattere. Non siamo noi quelli da combattere, ma quelle ombre che ora ci osservano dall'alto"
"Ombre?" Psiche tentò di alzare lo sguardo ma Ikki le prese il capo spigendola ancora di più contro la sua spalla.
"Efesto non si fida della tua dea, non si è mai fidato. Ha solo approfittato della sua obbedienza per mettere in atto i suoi piani di conquista. E i suoi Ciclopi vegliano sul vostro operato"
Solo in quel momento Psiche si accorse di un altro cosmo ostile ma quieto nelle vicinanze, in osservazione.
"Ti chiedo nuovamente scusa, Psiche"
"Per cosa?"
"Per questo"
Ikki la colpì con forza in pieno ventre, togliendole il respiro e facendola svenire sulla sua spalla. La prese poi in braccio e fece qualche passo lungo il vicolo.
"E' stato uno scontro molto interessante" commentò una voce dall'alto, dopodichè Ardalo della Scure saltò giù dal tetto del capannone atterrando dietro a Ikki. "Avrò molto da riferire al mio signore"
Il Cavaliere rispose senza voltarsi "Di' allora al tuo dio che sentirà ancora parlare di Ikki della Fenice e di Psiche della Rosa", quindi riprese il suo cammino, ignorando la risata di scherno del Ciclope.
Una volta fuori dalla zona del porto in breve tempo raggiunse palazzo Kido. Shun gli aprì la porta per lasciarlo entrare.
"Psiche!" esclamò la giovane Galatea, rifugiatasi a palazzo dopo lo scontro con Shiryu, sotto suggerimento delle altre Sacerdotesse. La fanciulla corse incontro a Ikki per sincerarsi delle condizioni della sua compagna.
"E' solo svenuta, non è il caso di allarmarsi" la tranquillizzò il Cavaliere, prima di riprendere il suo cammino lungo il corridoio e quindi su per le scale, fino alla sua stanza, dove stese la Sacerdotessa sul letto. Rimase ad osservarla qualche istante. Il suo volto era ancora leggermente bagnato dalle lacrime e di tanto in tanto si contraeva in smorfie di orrore e paura. Doveva avere un po' esagerato col Fantasma Diabolico, ma era l'unico modo che conoscesse per mostrarle la verità. Doveva però aver risvegliato anche altri ricordi dolorosi che l'avevano letteralmente sconvolta. Col pollice asciugò l'ultima lacrima sfuggita all'angolo dei suoi occhi e cercò di scaldarla col suo cosmo finchè sul volto non le si dipinse un'espressione rilassata.
"Secondo te ha capito?" gli domandò Saori, sulla soglia della camera.
"Sì, penso di sì"

Perdonatemi per quest'altra lunga attesa, ma sono ricominciate le lezioni e il tempo è tornato ad essere poco =)
Auguro a tutti quanti una buona lettura nella speranza che questo capitolo vi piaccia!
Ora i dovuti ringraziamenti:
-roxrox: grazie! Eh sì, con le buone o con le cattive vedi che iniziano a capire ;) spero ti piaccia il nuovo cap!
-Krisalia Kinomiya: quante domande! Eheh, avrai tutte le tue risposte a tempo debito mia cara, intanto dimmi che ne pensi di questo nuovo capitolo!
Un grazie anche a chi ha messo la fic tra i preferiti e ai silenti ma onnipresenti lettori =)
A presto!

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Strategie ***


A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea dell'Amore")

Capitolo 14 - Strategie

Era una notte più cupa delle altre. Non una stella brillava in cielo, dense nubi cariche di pioggia erano giunte a coprirle e solo la luna riusciva a far passare qualche timido raggio attraverso di esse. Presto o tardi sarebbe scoppiato un temporale, e non solo con pioggia e fulmini. La situazione si faceva ogni minuto più tesa e minacciava di volgere al peggio. Galatea non aveva fatto ritorno a palazzo e anche Psiche sembrava ritardare. Delle altre tre Sacerdotesse ancora nessuna notizia. Eppure quei pensieri non sembravano turbare Ayame, anzi la rendevano sempre più apatica e spenta, succube di una volontà superiore, burattino nelle mani degli dei e soprattutto di quel dio che su di lei rivendicava diritti millenari e di questo approfittava. E lei non poteva ribellarsi, pena un mondo di distruzione. Dopo tante battaglie per evitarlo, non poteva diventarne la causa. Si sentiva fiera della sua intercessione presso gli dei perchè fermassero i gemelli divini, venuti a spodestare Atena dal suo legittimo trono. Atena, la sua sorella preferita, nonostante qualche passato diverbio a causa di una mela. Si era reincarnata per permetterle di mantenere la pace tra gli uomini, invece stava succedendo l'esatto contrario. A cosa erano servite allora tutte le sue parole davanti al divino Zeus, tutta quella determinazione che non aveva mai immaginato di avere ma che l'affetto per la sorella aveva risvegliato potente. Tutte le sue certezze stavano crollando, persino quella che dall'alba dei tempi guidava la sua vita immortale. Credeva di sapere tutto sull'amore, di poterlo governare a suo piacimento, ma la tempesta di sentimenti che la sua parte umana continuava a provare non faceva altro che metterla in difficoltà e portarla a porsi delle domande. Nel frattempo il volto di Hyoga e i ricordi legati ad esso si alternavano nella sua mente, e agitavano qualcosa in lei.
"Atena, ti prego proteggilo..." si scoprì a sussurrare al vuoto, con voce rotta da un pianto a stento trattenuto.

Il cielo iniziò lentamente a rischiararsi, colorandosi di un grigio tetro e pesante, portatore di inquietudine. Era stata una notte insonne a palazzo Kido, per tutti quanti, da Hyoga, la cui prigionia iniziava a stare stretta, a Psiche, risvegliatasi poco dopo il suo arrivo e ora intenta ad osservare le nubi dalla vetrata del salotto, accanto alla sua compagna Galatea. Erano entrambe prive dell'armatura e vestite di abiti borghesi sotto cui spiccavano i fisici allenati e asciutti. Se però Galatea sembrava rassegnata ad attendere lo svolgersi degli eventi, l'agitazione di Psiche aumentava col passare del tempo, rendendo l'atmosfera più tesa del normale.
Entrambe sobbalzarono quando Shun e Ikki entrarono nel salone.
"Tutto bene?" domandò cordialmente il più giovane.
"Sì, grazie" rispose docile Galatea, tentando anche di sorridere.
"No che non va bene" ribattè Psiche quasi in contemporanea, guadagnandosi uno sguardo di rimprovero da parte della bionda, cui però non fece molto caso "Non dovremmo essere qui con le mani in mano ma là fuori a combattere" col dito indicò un punto oltre la vetrata e il parco.
"Per ottenere cosa? Una guerra tra tre divinità?" intervenne brusco Ikki "Hai idea di cosa comporterebbe uno scontro simile?"
I due si guardarono qualche secondo negli occhi, finchè la fanciulla non abbassò lo sguardo, rassegnata.
"Non è facile nemmeno per noi sapere che la Terra sta correndo un grave pericolo e non poter fare comunque niente. Possiamo solo tentare di limitare i danni finchè Efesto non esce completamente allo scoperto e rivela i suoi piani, ma fino ad allora camminiamo tutti sul filo di un rasoio e non possiamo rischiare di cadere a causa di gesti avventati"
Lo sguardo della Sacerdotessa si fece più cupo e Galatea le carezzò il braccio per confortarla.
"Ikki ha ragione, allo stato delle cose non possiamo fare niente"
"Ma la nostra dea è in pericolo" tentò di ribattere, seppur debolmente "Dobbiamo salvarla dalla morsa di Efesto"
"Non è combattendo con più foga che riuscireste nell'intento" disse Shun "Afrodite è convinta di fare la cosa giusta appoggiando i piani di Efesto e finchè non si convince lei del contrario..."
Il ragazzo si interruppe e prese a fissare un punto nel vuoto, il volto contratto in un'espressione concentrata. Poteva funzionare, ma aveva bisogno di un aiuto dall'altra parte.
"Shun, che succede?" gli chiese Ikki preoccupato, e si sorprese nel ricevere in risposta uno sguardo soddisfatto.
"Si può fare" disse solamente il fratello più a se stesso che al piccolo uditorio, quindi si rivolse alle due Sacerdotesse ignorando completamente le domande di Ikki "Dov'è Talia?"

Teoricamente non sarebbe dovuta stare in quel luogo, il suo compito era di tutt'altra natura e da tutt'altra parte. La stanchezza della ronda notturna iniziava però a farsi sentire sia fisicamente sia mentalmente. Aveva scelto quel piccolo parcogiochi per riposarsi. Vicino alla zona delle giostre era stato costruito uno stagno artificiale dove alcune papere sguazzavano. Le stava osservando dal praticello lì vicino, su cui si era adagiata libera dell'armatura del passero, col suo fedele flauto in mano. Nonostante il cielo grigio sentiva il cuore un po' più in pace e una sensazione di leggerezza la pervadeva. Avvicinò lo strumento alle labbra e prese a suonare una melodia improvvisata scritta su un immaginario pentagramma su cui le note si stampavano nel momento stesso in cui venivano suonate. Alle sue orecchie giunse un suono allegro, dal ritmo vivace e colorato. Le tornarono in mente le parole di quel Cavaliere e dovette ammettere che erano vere. Non c'era niente che esprimesse al meglio il suo stato d'animo più della sua musica. Sorridente riprese a suonare, dando un ulteriore impronta di allegria al brano. Si interruppe quando percepì la presenza di un cosmo familiare dietro di lei.
"Perdonami, non volevo interromperti" le disse sorridente Shun, vestito della sua armatura ma senza apparenti intenzioni bellicose "Ti prego, continua"
"Io non posso" fu la mesta risposta di Talia, che subito abbassò li sguardo di fronte ai limpidi occhi verdi del ragazzo.
"Perchè no?"
"Perchè ora dovrò combatterti"
Shun fece qualche passo verso di lei, scrutandola. "Ma non vuoi" disse infine.
"Non importa ciò che voglio" ribattè lei decisa, tornando a incrociare il suo sguardo "Questo è il mio dovere"
Sì alzò in piedi e subito l'armatura andò a posizionarsi sul suo esile corpo. Shun invece non si mosse dalla sua posizione, ma continuò a guardare intensamente la Sacerdotessa. Poteva leggere nei suoi occhi quanto fosse poco determinata a combatterlo e soprattutto quanto le costasse cercare di non darlo a vedere, invano. Si azzardò ad avanzare ancora, ma Talia arretrò. Stringeva il flauto con talmente tanta forza che le sue nocche erano quasi bianche. Shun andò ancora avanti, lentamente, senza smettere di guardarla.
"Nemmeno io voglio combatterti, Talia" le disse dolcemente.
"Allora perchè indossi l'armatura?" ribattè lei continuando ad arretrare.
"Precauzione. Più che altro è stato mio fratello ad insistere. Ad ogni modo, sono venuto a cercarti perchè ho bisogno del tuo aiuto"
La Sacerdotessa gli rivolse uno sguardo interrogativo. Quel ragazzo diventava ogni giorno di più un mistero per lei. Un mistero che era curiosa di scoprire.
"Del mio aiuto? E per cosa?"
"Per risolvere questa spinosa situazione in cui ci troviamo tutti noi"
"Non possiamo intrometterci nei piani degli dei, possiamo solo sottostare alle loro decisioni"
"Anche se sono sbagliate e dannose per l'intera umanità?"
Talia non rispose ma abbassò lo sguardo.
"Efesto ci sta mettendo gli uni contro le altre per toglierci di mezzo e poter dominare la Terra senza nessuno che lo ostacoli. Sta approfittando di Afrodite facendole credere che questo sia l'unico modo per non mettere in mezzo gli esseri umani, ma i suoi piani sono altri. Abbiamo il dovere di fare qualcosa"
L'enfasi con cui Shun aveva portato avanti il discorso sorprese Talia ed ebbe il potere di convincerla che le sue parole fossero giuste. Non leggeva menzogna negli occhi limpidi del Cavaliere, solo tanta determinazione.
"Ma cosa possiamo fare?"
Shun sorrise vedendo la ragazza accondiscendente e si liberò dell'armatura, ormai sicuro che non l'avrebbe più attaccato. Talia fece lo stesso e si avvicinò di qualche passo a lui.
"Vedi, Talia, so cosa vuol dire ospitare una divinità nel proprio corpo" iniziò lui e subito uno sguardo incuriosito si dipinse sul volto della Sacerdotessa "Tempo fa Ade aveva scelto me per ospitare la sua anima. All'inizio ero rimasto succube, non mi sentivo in grado di fronteggiare tanta potenza. Poi ho visto mio fratello che tentava di risvegliarmi, e dopo anche Atena, allora mi sono fatto forza e alla fine sono riuscito a imporre il mio volere allo spirito di Ade, che è stato costretto ad abbandonare il mio corpo"
"Quindi vuoi provare a fare lo stesso con Afrodite?"
"Non proprio, Afrodite non è malvagia. Voglio solo provare a ridare forza ad Ayame, perchè riesca a far ragionare la dea in lei. In questo modo si concilieranno e probabilmente la loro potenza aumenterà"
"E come pensi di fare?"
"Io non farò nulla, sarà Hyoga a risvegliare Ayame"
Talia ci riflettè un po' su, quindi annuì "Hai ragione, è l'unico che possa farla ragionare. Ma allora noi cosa c'entriamo?"
"Dobbiamo solo trovare il pretesto per farli incontrare, solo loro due"
"Magari in un posto che ricordi loro i momenti passati assieme"
"Sì esatto! E credo anche di conoscerlo"
"Perfetto!"
Si guardarono negli occhi, uno più sorridente dell'altro. Il volto di Talia era ora più luminoso e rilassato, più bello del solito. Le vide le guance imporporirsi sotto il suo sguardo. Abbassò gli occhi, imbarazzata.
"Grazie per quello che state facendo" disse timidamente, mordendosi poi il labbro inferiore.
"Grazie a te che hai scelto di aiutarmi invece che combattermi" rise lui, avvicinandosi fino a pochi centimetri da lei.
Talia alzò gli occhi per pochi secondi, quindi tornò a guardare altrove.
"Non...non sarei mai riuscita a combatterti, nemmeno se fossi stata costretta. Bella Sacerdotessa di Afrodite che sono"
"Bellissima direi" la voce di Shun era ridotta ad un sussurro che solo lei era riuscita a sentire. Sentì il volto andarle in fiamme e il respiro mancarle. A fatica riuscì ad ordinare una frase di senso compiuto per riprendere il discorso.
"A-allora...dobbiamo trovare questo fantomatico pretesto, non credi?" disse arretrando di qualche passo, cercando sempre di evitare gli occhi smeraldini del Cavaliere.
Shun sorrise divertito da quel comportamento. Lui stesso si era sorpreso di aver osato così tanto con Talia. L'aveva vista solo una volta ed era stato uno scambio di battute non molto cordiale, ma lo stesso le era rimasta impressa. All'inizio pensava fosse per colpa della somiglianza con Sorrento, ma quando al suo pensiero di era scoperto col battito accelerato si era dovuto ricredere. Forse era il suo essere una Sacerdotessa della dea dell'amore la causa di tutto.
Si sedettero sul prato e iniziarono a pianificare il tutto, intavolando un discorso contornato di risate e momenti di ilarità, come fossero due amici di vecchia data che non si vedevano da tempo. Nonostante il grigiore del cielo era come se un piccolo sole brillasse sopra di loro. In breve pianificarono tutto e passarono il resto del tempo a chiacchierare del più e del meno e ad allietarsi con la musica suonata megistralmente da Talia. Erano riusciti a creare un'isola di felicità in un mare di tensione e tristezza, il tutto sotto gli occhi studiosi di Arge dell'Incudine, che già pregustava il momento in cui avrebbe comunicato al suo dio i piani che i due ragazzi avevano escogitato. Si era tenuto a debita distanza tutto il tempo, invisibile ai loro occhi troppo presi gli uni da quelli dell'altra, ma comunque a portata d'orecchio. Non era riuscito a carpire alla perfezione tutto, ma a grandi linee aveva compreso la strategia elaborata dal Cavaliere di Andromeda e ciò bastava. Quei poveri illusi si erano messi nel sacco da soli.
Soddisfatto, prese lentamente ad arretrare senza perdere di vista i due cospiratori, per poi voltarsi del tutto e iniziare a correre velocissimo, ma un cosmo potente e fin troppo conosciuto lo costrinse a fermarsi.
"Lasci andare così le tue prede?" lo schernì Palemone, appoggiato con apparente noncuranza al tronco di un albero "Hai paura di uscire sconfitto da un eventuale scontro?"
"Immagino tu sappia molto bene come ci si sente, vero Palemone?" ribattè risoluto il Ciclope, guardando il compagno di sbieco. Questi non rispose, ma cercò di ammortizare il colpo basso.
"E comunque" riprese Arge "ho qualcosa di molto più utile da fare"
"Sì, ti ho visto mentre origliavi le solari conversazioni dei due piccioncini. Perchè non mi riveli cosa hai scoperto?"
"Farò rapporto direttamente al divino Efesto, senza intercessioni"
"Come siamo malfidati"
"Ne ho tutti i motivi. Sarai anche il più potente dei Ciclopi ma resti un vile traditore ai miei occhi"
"La fama della mia potenza ha evidentemente superato quella della mia reputazione, spingendo il nostro signore a chiedere nuovamente i miei servigi. Dovresti fartene una ragione"
"Comunque sia da me non saprai niente"
"Vorrà dire che andrò a caccia di pesci più grossi. Ho saputo di un certo Cavaliere del Cigno a zonzo per la città"
"E' compito di Sterope sorvegliare quel Cavaliere, perciò stanne fuori"
"Io prendo ordini solo dal divino Efesto"
Detto questo, Palemone spiccò un salto e sparì tra le fronde degli alberi, lasciando Arge a ribollire di rabbia.

Sto recuperando le lunghissime attese a cui vi ho sottoposti/e ultimamente, e gli eterni viaggi in treno che mi devo sorbire per andare in università mi aiutano :)
Stiamo piano piano arrivando al punto cruciale della storia e a breve ritorneranno i nostri due protagonisti, che vi anticipo si troveranno in un pasticcio mastodontico...
I dovuti ringraziamenti a:
-roxrox: come ha detto lo stesso Ikki, lui e Psiche faranno ancora parlare di loro...intanto qui si forma una nuova coppia :) spero ti piaccia questo cap!
-ti con zero: tranquilla, bentornata! Grazie mille, sono contenta :) spero di non averti delusa in questo nuovo pezzo!
-Krisalia Kinomiya: eh Psiche, Psiche... ne vedremo delle belle :) grazie per i tuoi divertentissimi commenti! E' un onore essere tra i tuoi preferiti :)
-MeMs: spero di non averti fatto attendere troppo...qui non ci sono scontri purtroppo, ma spero ti piaccia comunque :)

Ringrazio poi come sempre coloro che hanno scelto questa fic come preferita e i lettori silenziosi.
A presto!!

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Tempesta ***


A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea dell'Amore")

Capitolo 15 - Tempesta

Un tuono esplose in lontananza, il primo di quella che sarebbe stata una lunga serie. Neanche un secondo prima un lampo aveva anticipato alla Terra il suo arrivo, illuminando tutto ciò che era intorno a lui. L'armatura bianca del Cigno si era accesa di riflessi diamantini in quel guizzo di luce, diventando più bella e allo stesso tempo più temibile del solito. Anche lo sguardo del suo Cavaliere non lasciava presagire nulla di buono. Dopo averla fissata per istanti interminabili, durante i quali si era posto mille domande cui non aveva saputo rispondere, si era deciso ad indossarla per compiere il suo dovere, nonostante le continue pressioni da parte della signorina Saori e dei suoi compagni e il cupo avvertimento di Eufrosine, che per tutto il tempo in cui era rimasto a palazzo non lo aveva perso di vista. Ma in quanto Cavaliere non poteva accettare di rimanere con le mani in mano mentre gli altri Cavalieri rischiavano la vita per le strade della città in nome di Atena. La loro missione era anche la sua e non c'erano motivi validi per esonerarlo dal compierla. Nemmeno avere salva la vita.
Camminava risoluto Hyoga, senza guardare nessuno in faccia. Poca era la gente per le strade, nemmeno un'anima batteva quella davanti a lui, una stradina secondaria e buia, a tratti inquietante. Un altro tuono, un gatto miagolò spaventato e una finestra sbattè in balia del vento che piano piano si alzava. Arrivò alla fine di quel vicolo per ritrovarsi sulla strada principale, stranamente deserta. Sulla sua destra vide il collegio, in cortile non c'era nessun bambino a giocare nonostante fosse mattina inoltrata. Distolse lo sguardo e passò avanti, diretto verso la spiaggia. Due occhi blu seguirono il suo cammino da dietro una finestra.

"Come se n'è andato??" domandò incredulo Shun a Seiya, cui poco prima aveva chiesto dove fosse Hyoga.
"Non ha voluto sentire ragioni. Abbiamo provato in tutti i modi a convincerlo a restare, ma niente" rispose il Cavaliere pacatamente, anche se nella sua voce si poteva notare una nota di preoccupazione.
"Questa non ci voleva"
"Comunque non c'è da preoccuparsi, sa cavarsela benissimo da solo nel caso dovesse incontrare qualche Sacerdotessa o Ciclope o chi per essi"
"Non è questo il punto, Seiya. Bisogna fare in modo che si incontri con Ayame e che le faccia tornare la ragione. Se incappasse in un Ciclope sarebbe la fine per tutti noi"
"E' praticamente impossibile che quei due si incontrino. Ayame è segregata nel suo palazzo, come pensi di farla uscire da lì?"
"Con un pretesto" rispose una voce non appartenente a Shun ma proveniente da dietro di lui. Entrambi i Cavalieri rivolsero l'attenzione verso la sorgente della voce e scoprirono che era stata Eufrosine a parlare.
"Mi sbaglio forse, Cavaliere?"
"No era proprio questo il piano" sorrise il ragazzo.
"Piano?" domandò Seiya confuso.
"L'abbiamo architettato io e Talia. Abbiamo pensato tutta la mattina a trovare un pretesto per farli incontrare giù alla spiaggia in modo che parlassero da soli e che Hyoga risvegliasse l'anima di Ayame. Ma il fatto che non sia più in casa complica le cose non di poco"
"Posso dirvi che il Cavaliere del Cigno era diretto proprio alla spiaggia l'ultima volta che l'ho visto" intervenne la Sacerdotessa.
"E' un'ottima notizia, non resta che portarci Ayame allora..."
Il suo entusiasmo venne frenato dallo sguardo torvo di Eufrosine, che aveva smesso di guardare i Cavalieri per concentrarsi su un punto indefinito davanti a lei.
"Talia...anche a palazzo Kobayashi qualcosa è andato storto" disse dopo qualche secondo di silenzio. Dovettero attendere ancora meno prima che una voce limpida ma preoccupata chiamasse a gran voce il nome del Cavaliere di Andromeda. In breve Talia raggiunse gli altri sulla soglia del grande portone di palazzo Kido, agitata.
"Talia che è successo?"
"Afro...Ayame non è palazzo" disse tutto d'un fiato "La Tata mi ha detto che è uscita poco dopo l'alba diretta alla spiaggia e da allora non è più tornata"
Che il destino sia dalla nostra parte? si domandò Shun, riuscendo a rallegrarsi un minimo di quella notizia. Ma l'espressione imparita di Talia non lasciava presagire altre buone notizie.
"C'è qualcos'altro?" domandò Eufrosine, anticipandolo.
"Appena ho saputo mi sono diretta verso la spiaggia, ma non ho potuto continuare. Ho percepito il cosmo di Palemone, più potente e arrabbiato che mai. L'ho seguito per un po', finchè non mi sono accorta che stava andando verso un altro potente cosmo"
"Hyoga!" esclamò Seiya, ricevendo in risposta solo un vigoroso cenno del capo "Però poi ha interrotto la sua corsa e cambiato direzione"
"Non c'è un secondo da perdere allora" disse con fermezza Eufrosine, rivolta verso tutti "Io e Talia raggiungeremo Afrodite alla spiaggia"
"E noi penseremo a trovare Hyoga prima che lo trovi Mister Falò" concluse per lei Seiya, ricevendo un cenno d'assenso da parte di Shun. "Speriamo di avere fortuna questa volta"

Un fulmine si delineò preciso all'orizzonte, saettando in più direzioni, per poi sparire nel nulla. Il mare agitato dal vento forte si infrangeva con prepotenza sulla scogliera arrivando a bagnare la passeggiata  a ridosso del mare. Hyoga era giunto fin laggiù senza incontrare nessun nemico sul suo cammino, ma qualcosa gli diceva che non mancava molto. Mosse ancora qualche passo, ma si fermò quando qualcuno lo chiamò a gran voce dalla strada da cui era provenuto. Il Cavaliere si voltò e vide Erii correre a perdifiato verso di lui, con gli occhi già pieni di lacrime. Gli arrivò vicino e riprese fiato, quindi parlò.
"Stai di nuovo andando a combattere?"
"Sto solo andando a compiere il mio dovere e tu non dovresti essere qui, è troppo pericoloso" rispose lui brusco, dandole le spalle intenzionato a proseguire.
"Aspetta, ti prego!" lo fermò di nuovo la ragazza "Vai a combattere per lei, non è vero?"
"Combatto per la mia dea, come sempre"
"Ma c'entra anche quella ragazza, Ayame"
Hyoga non rispose, ma qualcosa gli si agitò nel petto a sentir nominare Ayame.
"Non so spiegarmi perchè" riprese Erii "Forse dopo che Eris è entrata nel mio corpo ho acquisito una qualche capacità che mi permette di riconoscere una divinità. E ho visto una divinità in Ayame, molto bella e seducente, e i tuoi occhi erano solo per lei quel pomeriggio"
"Non era ancora dea quel giorno"
"Ma era destinata ad esserlo, come me. E un uomo non può amare una dea"
"Questo non c'entra niente con quello che devo fare!" le urlò voltandosi a guardarla.
"Ti farà soffrire e basta!" rispose con lo stesso tono, in lacrime "Ti prego non andare"
Hyoga sospirò, commosso dalla preoccupazione della giovane e da quanto bene ancora gli volesse.
"Mi dispiace, Erii, non posso farlo"
Si voltò nuovamente ma prima che potesse fare un passo la ragazza lo abbracciò da dietro, scoppiando a piangere sulla sua schiena.
"Che cosa devo fare per non lasciarti andare?...Come posso convincerti a restare con me?"
"Non puoi, Erii" rispose mestamente il Cavaliere, sapendo di doverle dare un gran dolore "Ti ho voluto bene e te ne voglio ancora, ma non come vorresti tu. E mi duole profondamente dirti che forse il mio cuore è sempre e solo appartenuto ad Ayame, anche se l'ho scoperto solo pochi giorni fa"
La sentì irrigidirsi dietro di lui e trattenere i singhiozzi. Non era fiero di averle detto la verità, ma continuare ad illuderla sarebbe stato anche peggio e non meritava di soffrire per lui.
"Forse hai ragione tu e sono solo uno sciocco a pensare che una dea possa ricambiare il mio amore, ma non posso neanche non provare e vivere col rimpianto". Le prese delicatamente le mani e la staccò dalla sua schiena, per poi voltarsi a guardarla "Perciò ora compierò il mio dovere di Cavaliere di Atena e se arriveremo allo scontro con Afrodite tenterò il tutto per tutto"
Erii non rispose ma abbassò lo sguardo, rassegnata. Le sue lacrime andarono a bagnare la strada in piccole gocce cristalline. Sentì i passi di Hyoga allontanarsi sempre più velocemente fino a diventare una corsa, e quando non le sentì più cadde in ginocchio dando libero sfogo al pianto che trattteneva ormai da troppo tempo.

Dopo neanche un minutò incrociò Shun e Seiya lungo la strada, entrambi in armatura e molto sollevati nel vederlo. Lo stesso non valeva per lui.
"Che ci fate qui? Non ho bisogno di balie o guardie del corpo" esordì bruscamente.
"Tranquillo, non è nostra intenzione fermarti" rispose Seiya con fare circospetto, notò Hyoga.
"Dobbiamo risolvere una volta per tutte questa situazione" continuò Shun facendosi avanti "Non possiamo più permettere ad Efesto di fare il bello e il cattivo tempo. I suoi Ciclopi controllano ogni mossa nostra e delle Sacerdotesse e non escludo che ce ne sia uno alle tue calcagna in questo momento"
Istintivamente Hyoga allertò tutti i sensi, ma non percepì niente di strano e soprattutto nessun cosmo ostile.
"Cosa pensate di fare, allora?" domandò ai due compagni.
"Dobbiamo convincere Afrodite che sta sbagliando e soprattutto che Efesto la sta usando per i suoi scopi. Dobbiamo spingerla a reagire"
"E qui entri in gioco tu" intervenne Seiya con un ghigno divertito sul volto.
"Io?"
"Devi andare da Ayame prima che lo facciano i Ciclopi"
"Sapete anche voi che il palazzo di Ayame è ben custodito"
"Le Sacerdotesse sono dalla nostra parte e ci aiuteranno, ma comunque Ayame non si trova a palazzo in questo momento"
La notizia lasciò Hyoga di stucco e subito andò in apprensione per lei. Senza la protezione delle sue Sacerdotesse era un bersaglio facile per Efesto e i suoi scagnozzi. D'altra parte quella situazione poteva anche andare a suo vantaggio. La volontà di Afrodite sarebbe stata più vulnerabile e quella di Ayame avrebbe potuto prendere il sopravvento se fosse riuscita a convincerla.
"Allora dov'è?"
"Alla spiaggetta del porto" rispose Shun.
Perchè era andata proprio lì? Forse anche lei legava a quella spiaggia un bel ricordo, quel bel ricordo. Quando era ancora Ayame, una ragazza che non era pronta a diventare donna, tanto meno dea, e che con lui aveva riscoperto le gioie di essere bambina. Sotto gli occhi di Seiya e Shun il volto di Hyoga cambiò, e da tetro quale era diventato dopo il primo incontro con Afrodite e le Sacerdotesse tornò luminoso e pieno di voglia di combattere.
"Ai Ciclopi pensiamo noi, tu corri dalla tua bella" lo incitò Seiya, strizzandogli l'occhio come segno di complicità. Il Cavaliere del Cigno non se lo fece ripetere due volte e, date le spalle ai compagni, iniziò a correre verso il porto.

La dolce Susie la scrutava coi suoi occhi acquosi, inespressiva, le ciocche bionde agitate dal vento prepotente e portatore di tempesta. Ma in quello sguardo vuoto Ayame leggeva accusa e delusione, non solo in quel momento, bensì dal giorno in cui aveva detto addio alla vita che aveva scelto. E ogni volta che la prendeva in mano e la guardava i ricordi rincorrevano i sentimenti e la dea Afrodite vacillava in balia del loro turbine. In mezzo a tutto c'era sempre lui, coi suoi occhi di ghiaccio che sapevano però scaldare il cuore, coi suoi sorrisi comprensivi che gli illuminavano il volto. Un tempo era stata lei a ridonargli il sorriso e dopo anni lui aveva ricambiato il gesto. Ma il destino aveva deciso qualcos'altro per loro e lei era stata costretta ad abbandonarsi ad esso. E Susie non gliel'aveva perdonata. A volte si sentiva una sciocca a pensare che quella semplice bambola di pezza potesse pensare ed esprimersi, ma forse tutto era dovuto al fatto che lei stessa si sentiva delusa. Delusa dal suo comportamento, dalla sua poca forza di volontà. Già, la volontà. Non sapeva nemmeno più se era ancora padrona del suo corpo oppure se era Afrodite a comandarla. Non sapeva più chi era. Si sentiva completa con la dea dentro di sè, ma infelice perchè doveva sottostare al suo volere. E in quel momento la dea voleva che si liberasse una volta per tutte di quella bambola, ultimo ricordo della sua vita da semplice umana. Solo così avrebbero potuto raggiungere lo stadio ultimo, di perfetta coesione tra corpo e spirito. Sarebbero state una cosa sola, un essere umano e divino, potente e in grado di portare a termine la missione. Eppure ancora qualcosa di Ayame si rifiutava di gettare quell'oggetto che tanto aveva influenzato la sua vita.
Un altro fulmine e poi il tuono a far tremare la terra, ma ancora nessuna goccia cadde dal cielo. Solo tanto vento a scompigliarle la lunga chioma e ad appiccicarle l'abito rosa al corpo. Nonostante fosse smanicata, Ayame non sembrava sentire alcun freddo sulla sua pelle candida, nemmeno quando gli spruzzi d'acqua la raggiungevano. Restava immobile sulla spiaggia, le onde a lambirle i piedi scalzi, una lotta senza tregua dentro di lei e nessuno che sembrava prevalere. Voci confuse presero a vorticarle in testa e con esse si fece largo un dolore pungente. Lasciò cadere la bambola, che venne raccolta dai flutti del mare, e si portò le mani alle tempie stringendo gli occhi.
Susie rimase qualche secondo in balia dell'acqua agitata, finchè una mano protetta da un bracciale non la raccolse. Hyoga ripulì la bambola dalla sabbia bagnata e accese il suo cosmo per asciugarla, attirando così l'attenzione di Ayame.
"Ho fatto del mio meglio per rimetterla a posto" le disse il Cavaliere continuando a guardare il giocattolo "Evidentemente non è bastato, se sei venuta qui per buttarla via"
Alzò lo sguardo su Ayame. Aveva ancora le mani vicino al capo e lo guardava con gli occhi verdi spalancati dall'incredulità. Tra tutte le persone che poteva incontrare, mai avrebbe immaginato di trovare lui su quella spiaggia. Dentro di lei sentì la lotta farsi più accesa e la sua parte umana trovare vigore. Ma Afrodite le ricordò prontamente il presagio di morte per lui e tutti gli altri esseri umani se mai avesse scelto di seguire il suo cuore, e a quello non seppe resistere. Lasciò che la dea prendesse il sopravvento, che il suo abito mutasse di forma e colore e che lo scettro di Afrodite le comparisse in mano. Gli occhi persero di luminosità e divennero sottili fessure cariche di sfida.
"Preparati a combattere, Cavaliere!"

Ciao a tutti!
Sono tornata non troppo presto ma neanche troppo tardi =) Cavoli non pensavo di riuscire a scrivere quindici capitoli prima del fatidico incontro sulla spiaggia, spero non vi siate annoiati/e cari lettori ^^
Questo capitolo è fatto di varie scene, come avete potuto notare, nuova tecnica di scrittura che spero sia riuscita.
Ora i ringraziamenti:
-MeMs: grazie! Nemmeno qui si vedono scontri, ma non tarderanno a tornare, seppur più avanti =) spero ti sia piaciuto, a presto!
-roxrox: tranquilla che il tuo Shun non te lo tocca nessuno, ma per esigenze di copione è necessario che tubi un po' con la dolce Talia...ad ogni modo sa di appartenere solo a te ^^ a presto, baci!
-kikka_hiwatari: benvenuta cara! Qui il nostro Hyoga ha più fan che capelli ^^ sono contenta di aver acquistato una nuova lettrice fammi sapere che ne pensi di questo capitolo! A presto!
-Krisalia Kinomiya: eh il nostro Hyocchan va dove lo porta il cuore e il senso del dovere...ma più il cuore direi ^^ grazie dei tuoi divertentissimi commenti a presto!
Grazie anche a che ha preferito questa storia e a chi l'ha solo letta!
Alla prossima!

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Un amore divino ***


A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea dell'Amore")

Capitolo 16 - Un amore divino

Si spaventò della naturalezza con cui pronunciò quell'ammonimento, come se non ci fosse altro di importante in quel momento se non battere l'uomo davanti a lei. Ma una cosa era minacciare, un'altra era agire, e in quella circostanza agire equivaleva a dire uccidere l'uomo che amava. Una cosa che Ayame non concepiva e che Afrodite non avrebbe provato piacere a fare, ma per il bene di tutta la Terra era necessario. Hyoga però non sembrava minimamente preoccupato dalle sue intenzioni bellicose. Teneva sempre in mano Susie e la guardava con occhi inespressivi e spenti, come se vederla non provocasse niente dentro di lui. Si sorprese quando realizzò che quella freddezza la turbava e le procurava dispiacere. Come poteva proprio lei, la più bella e la più amata delle dee, soffrire nel sentirsi in qualche modo rifiutata. Perché era proprio sofferenza quella che stava provando, mentre fissava quegli occhi di ghiaccio che mai erano stati così freddi in sua presenza. Sebbene lo avesse trattato male
le ultime volte che si erano visti, in lui era sempre riuscita a scorgere un po' d'amore nei confronti di Ayame, un amore che aveva tutte le sembianze di una devozione, qualcosa che aveva sempre pensato fosse inconcepibile per quegli uomini che più che altro ricercavano il piacere che l'amore può dare. Ma Hyoga era diverso, amava profondamente Ayame, di un amore che lei stessa non riusciva a comprendere e che in qualche modo l'aveva turbata e indotta a farla pensare. E più pensava più i ricordi di Ayame prendevano piede, diventavano parte di lei, la sommergevano. Si era scoperta infine a provare qualcosa per quel giovane ardito che l'aveva costretta a scendere dall'Olimpo e che all'inizio aveva visto più come un intralcio ai suoi piani di riparazione.
Ma vederlo così inespressivo e duro era una pugnalata al cuore che persino lei, che era dea, aveva difficoltà a sopportare.
"Chi è che parla, tu o la dea che alberga in te?" disse Hyoga dopo attimi che le sembrarono ore, ma con un tono distaccato che la turbò ulteriormente. Dovette far ricorso a tutto il suo orgoglio di divinità per non cedere a quei sentimenti a lei così sconosciuti.
"Non esistono nè l'una nè l'altra, siamo un'unica persona, un'unica identità, votata a perseguire un obiettivo. E tu sei solo un ostacolo sul mio cammino"
"Eppure non mi hai ancora attaccato"
Afrodite restò spiazzata, ma tornò subito in sè.
"Non sono tipo da attaccare di sorpresa, non sarebbe leale"
"Già, la lealtà...come quella che stai dimostrando ad Efesto, giusto? Anche lui sta facendo la stessa cosa?"
Non riuscì a rispondere prontamente e iniziò a dare i primi segni di tentennamento.
"Non rispondi. Allora lo farò io per te. No. Efesto sta solo usando la tua devozione per i suoi scopi. Vuole farti credere che sia solo una prova, che le uniche vittime saremo noi Cavalieri di Atena ma non è vero. Dopo di noi verranno tutti quelli che oseranno intralciarlo, fino all'ultimo bambino di questo mondo. E tu sarai la sua carnefice. E' questo che vuoi, Ayame?"
L'animo della ragazza si ridestò a sentire il suo nome. Spalancò gli occhi e tentò di parlare, ma le parole non arrivarono, sopraffatte dal senso di colpa che, più riprendeva coscienza di sè, più le attanagliava il cuore. Si rimproverò per aver ceduto, per essere rimasta succube di una volontà che non era la sua. Ma nella sua testa Afrodite continuava a ripeterle che era la cosa giusta, che non c'era altro modo.
"Non c'è altro modo..." riuscì a sussurrare mentre abbassava lo sguardo.
"C'è sempre un altro modo" rispose Hyoga con un tono che non era più ostile "Le tue Sacerdotesse lo hanno capito, perchè tu ti ostini a non voler vedere la realtà delle cose? Non siamo noi i nemici, ma Efesto. Ci ha messi gli uni contro gli altri per convenienza, perchè sapeva che Atena gli avrebbe impedito di raggiungere il suo scopo. Chi ti dice che, quando non gli servirai più, non farà la stessa cosa con te?"
Ayame tornò a guardarlo. Si era avvicinato di qualche passo, la bambola sempre in mano e uno sguardo compassionevole sul volto. Fosse stato per lei avrebbe ceduto, ma Afrodite continuava ad opporsi.
"Me se mi schierassi contro di lui, le conseguenze sarebbero tragiche" ribattè con nuovo vigore "E ci andrebbe di mezzo l'intera umanità. Se invece lo assecondo, una volta terminata questa lotta mi assumerò io la responsabilità di proteggere gli uomini, in nome dell'affetto che mi lega ad Atena"
"Sei così sicura che Efesto asseconderà le tue richieste? Che ti lascerà il potere sull'umanità? Non potrebbe volerlo per sè?"
Era una possibilità che aveva sempre escluso a priori. Il motivo della venuta di Efesto era uno e uno solo: avere la sua rivalsa su di lei, vendicarsi dei torti  e dei tradimenti subiti.
"No" rispose fermamente "Efesto vuole solo umiliarmi per tutte le volte che l'ho tradito. Ma in fondo mi vuole bene, come potrebbe non volermente?"
"Afrodite, quanto ti sopravvaluti!" rise amaramente Hyoga "Sì, è vero, sei la dea della bellezza e dell'amore. Ma quello innamorato e respinto è Josuke e non Efesto. Ha approfittato della delusione del ragazzo per i suoi scopi, ma non è l'amore che lo guida"
"Efesto è innamorato di me, non c'è nient'altro che lo muove!" urlò Afrodite.
"Io sono innamorato di te, Ayame! Io sono qui a cercare di farti ragionare!" rispose con lo stesso tono Hyoga, poi cercò subito dopo di calmarsi e, per dimostrare la veridicità delle sue parole, si liberò dell'armatura "Io non voglio ingannarti"
Ad Ayame mancò il respiro, come anche ad Afrodite. Gli occhi di Hyoga si erano nuovamente riaccesi a quell'aperta dichiarazione, la guardavano con amore, come avevano sempre fatto. Un amore che, in tutta la sua eterna vita di dea, mai aveva visto negli occhi di qualcuno.
La amava. Nonostante tutto quello che gli aveva detto e fatto, la amava ancora. Nonostante fosse in parte dea, le era ancora devoto. E lei anche lo amava, non aveva mai smesso di amarlo. Ma Afrodite? Poteva la dea dell'amore ricambiare quel sentimento tanto umano quanto divino? Il fatto era che nemmeno lei aveva mai visto una cosa del genere, un amore talmente incondizionato da riuscire a sopportare tutto quanto. Era qualcosa a cui nemmeno lei sapeva di poter resistere.
Lentamente, la nebbia che aleggiava nella mente di Ayame andò dissolvendosi. Quel senso di completezza che le pesava sul cuore divenne leggero come una piuma. Il calore della dea le pervase il corpo, la riempì di energia. Divennero una cosa sola. I poteri e l'esperienza della dea, l'animo e la coscienza della ragazza.
Hyoga assistette alla sua trasformazione, meravigliato e allo stesso tempo spaventato dal fatto di aver in qualche modo risvegliato qualcosa di grosso. Alla fine di tutto però vide il corpo di Ayame emanare un'aura argentea, uguale a quella che l'attorniava quel giorno di primavera di tanti anni prima e lo interpretò come un segno positivo. Una nuova luce brillava nei suoi occhi verdi, che tornarono a concentrarsi su di lui e in breve si riempirono di lacrime. Le vesti greche si dissolsero, lo scettrò cadde sulla sabbia per poi scomparire anche lui.
"Ayame" si azzardò a dire con un fil di voce, allargando leggermente le braccia.
"Hyoga" rispose lei con la voce spezzata dal pianto, prima di gettarsi fra le sue braccia piangendo come una bambina. Il ragazzo la strinse forte carezzandole i setosi capelli biondi. Anche i suoi occhi divennero lucidi per le lacrime, dovute alla gioia di essere riuscito nell'intento che si era prefisso, ma soprattutto di aver ritrovato la ragazza che aveva conosciuto qualche giorno prima e che aveva scoperto di amare da tempo immemore, dea o non dea. La strinse ancora di più a sè e le baciò la testa, inebriandosi del profumo dei suoi capelli mischiato a quello salino del mare i cui schizzi li raggiungevano sempre più numerosi.
"Ti amo, Ayame" sussurrò "Sei sempre stata la più bella per me, l'unica vera dea dell'amore"
I singhiozzi di lei aumentarono e le sue mani strinsero ancora di più la canotta blu del ragazzo. Hyoga sorrise intenerito da quel pianto e le scostò i capelli che le coprivano il viso, alzandoglielo poi leggermente con due dita sotto il mento. Ayame aprì gli occhi, arrossati dal pianto ma forse più luminosi di prima.
"Spero sia un pianto di gioia" rise lui, ancora commosso "Ti scongiuro, non contraddirmi"
La ragazza sorrise e scosse la testa vigorosamente "Non potrebbe essere diversamente. Ti amo anche io"
Con le braccia gli circondò il collo e lo baciò con dolcezza, riversando in quel lieve tocco tutto l'amore che gli aveva poc'anzi dichiarato. Sentì il Cavaliere fare lo stesso, e poco dopo sentì le sue labbra bagnarsi di lacrime salate, che sgorgavano copiose dagli occhi chiusi di Hyoga. Si staccò leggermente e, poggiando una mano sulla sua guancia, gliel'asciugò col pollice.
"Stai piangendo" gli disse teneramente.
"Come potrebbe essere altrimenti! Temevo di averti persa per sempre"
"Anche io avevo paura di essermi persa, ma grazie a te ho ritrovato la via...e non solo io" rise alla fine.
Improvvisamente, però, Hyoga si irrigidì e il suo sguardo divenne serio e preoccupato. La strinse con più forza a sè.
"Hyoga..." iniziò, ma lui le posò due dita sulle labbra in cenno di fare silenzio.
"C'è qualcuno"
Con gli occhi iniziò a scrutare tutto attorno e il suo cosmo si accese. Ayame provò a fare lo stesso, ma non successe niente. Riprovò di nuovo, invano. Hyoga interruppe i suoi tentativi spingendola improvvisamente dietro di sè; l'armatura tornò a ricoprirlo in un batter d'occhio e il suo cosmo divenne più potente. Una risata divertira riecheggiò nell'aria e, da dietro le spalle del Cavaliere, Ayame scorse un Ciclope dall'armatura rossa uscire da dietro un ammasso di scogli, quello stesso Ciclope che le aveva fatto visita il giorno prima insieme ad Efesto e che somigliava a Galatea. Emanava un cosmo potente e malvagio, come il suo sguardo, piantato su Hyoga quasi volesse perforarlo.
"Che scena patetica!" commentò sempre con lo stesso ghigno sul volto "E' stata una cosa talmente sdolcinata da far venire il voltastomaco"
"Chi sei e cosa vuoi da noi?" domandò combattivo Hyoga, coprendo ancora di più Ayame, i cui tentativi di accendere il proprio cosmo continuavano ad andare a vuoto.
"Sono Palemone della Lava, Ciclope di Efesto, e tu e la tua donzella siete le mie prede per il signore del fuoco"
"Questo è tutto da vedere!"
Hyoga si mise in posizione d'attacco, subito imitato da Palemone. Sentì la mano leggera e tremante di Ayame poggiarsi sulla sua schiena.
"Non riesco ad accendere il mio cosmo" gli sussurrò terrorizzata.
"Cosa?" rispose lui, cercando di non darlo a vedere al suo avversario.
"Io e Afrodite siamo diventate una cosa sola, ma ora non riesco più a sfruttarne i poteri"
"Maledizione! Resta dietro di me"
"Problemi, Cavaliere?" domandò il Ciclope sarcastico.
"Al momento l'unico mio problema sei tu, fiammiferino"
"Fossi in te farei poco il sarcastico, vista la tua condizione di inferiorità"
"E secondo te perchè sarei in inferiorità?"
"Perchè sono il Ciclope più potente delle schiere di Efesto"
"Vola basso, fratello!" intimò una voce nuova, proveniente dalla passeggiata in alto. I due sfidanti e Ayame alzarono lo sguardo per vedere la giovane Galatea, vestita della sua armatura, guardare con occhi infuocati il Ciclope. Hyoga e Ayame rimasero sorpresi dalla rivelazione, ma preferirono indagare in un altro momento. La Sacerdotessa continuò "Devo forse ricordarti l'esito del tuo scontro contro il Cavaliere del Dragone?"
"Non ti intromettere, Galatea!" urlò Palemone senza nemmeno degnarla di uno sguardo, e contemporaneamente un liquido infuocato circondò la ragazza, per poi solidificarsi intorno a lei imprigionandola.
"No! Galatea!" gridò Ayame avanzando, ma Hyoga la fermò con un braccio e le fece cenno col capo di guardare. Shun e Seiya avevano affiancato la Sacerdotessa, mentre Talia ed Eufrosine si erano appostate sugli scogli dietro al Ciclope. Questi però non sembrava minimamente preoccupato e l'espressione ghignante rimase invariata. Nuovi zampilli di lava fuoriuscirono dal terreno sotto di loro, ma solo Shun e Talia furono in grado di scampare alla prigione di lava solidificata.
"Potete arrivare anche in cinquecento! Creerei altrettante Prigioni di Lava e vi ci farei soffocare dentro!"
"Ti sopravvaluti, Ciclope!" lo ammonì Talia, prima di imboccare il flauto e intonare il suo Canto del Passero. Dallo strumento scaturì una piacevole melodia, ma alle orecchie di Palemone arrivò un suono stridulo e perforante che lo costrinse a tapparsi le orecchie e cadere in ginocchio per sottrarsi a quella tortura.
"Hyoga!" chiamò a gran voce Shun "La simbiosi tra Afrodite e Ayame non è ancora completa e al momento è una ragazza normale senza alcun potere. Pensiamo noi a Palemone, tu portala in salvo!"
Il Cavaliere annuì per poi voltarsi verso la ragazza a braccia tese "Vienimi in braccio, andremo più veloci"
Ayame si aggrappò al suo collo senza esitare e Hyoga la prese sotto le gambe, quasi pesasse quanto una piuma. Spiccò poi un salto e atterrò sulla passeggiata, poi un altro fin sopra un tetto, fino a sparire all'orizzonte nuvoloso.

Ciao a tutti!
Siamo giunti finalmente al punto da cui è nata tutta questa storia. Per esigenze di copione è venuto un po' diverso dalla one-shot, soprattutto negli scambi di battute, ma spero comunque di averne mantenuto lo spirito =) vi anticipo che il prossimo capitolo vi ricorderà sicuramente qualcosa ^^
Ora i ringraziamenti di rito:
-ti con zero: non preoccuparti, tanto la fic non scappa ^^ grazie mille, sono contenta ti sia piaciuto, spero di non aver deluso le te aspettative con questo pezzo...alla prossima baci!
-roxrox: mi è dispiaciuto spezzare il cuore alla povera Erii, ma le solite esigenze di copione lo hanno richiesto (in realtà mi è sempre stata sull'anima, insieme a quell'altra, Flare)...e finalmente Ayame si ripiglia!! Spero ti sia piaciuto il pezzo, grazie e baci!
-Krisalia Kinomiya: hai visto che alla fine si sono messe d'accordo? ^^ solo che i problemi sono appena cominciati...grazie, spero ti sia piaciuto questo cap!
-kikka_hiwatari: il nostro Hyoga non fallisce mai ^^ grazie per la recensione, dimmi che ne pensi di questo capitolo! Baci!
Grazie poi, come sempre, a chi ha preferito questa storia e a chi l'ha solo letta!
A presto, baci!

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** In fuga ***


A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea dell'Amore")

Capitolo 17 - In fuga

Ben presto i tetti scomparvero sotto i piedi di Hyoga per lasciare il posto a strade sterrate, sentieri, rami d'albero e, infine, alla nuda roccia delle brulle montagne che sovrastavano la città. Solo allora il Cavaliere decise di concedersi un po' di riposo. Aveva corso ininterrottamente per non avrebbe saputo dire quanto, sempre con Ayame in braccio, stretta a lui fiduciosa. Era stata una corsa silenziosa, il fiato era troppo prezioso per poter essere sprecato in inutili chiacchiere, anche se di cose ce n'erano da dire. Nonostante fossero braccati, infatti, la felicità nel cuore di Hyoga era tangibile e avrebbe voluto gridarla al mondo intero, prima fra tutte ad Ayame. Al contrario, la fanciulla sentiva un grandissimo senso di colpa pesarle sul cuore, per aver messo tutti i suoi amici in quella situazione pericolosa, per non aver capito le vere intenzioni di Josuke e per aver assecondato Efesto nel suo piano di conquista, pensando di essere nel giusto, ma soprattutto per aver fatto soffrire Hyoga inutilmente. Le riusciva difficile guardarlo negli occhi senza provare vergogna, nonostante non avessero mai smesso di amarsi, e ancora più complicato le risultava dirgli qualcosa.
Il Cavaliere la fece scendere a terra e si appoggiò alla parete rocciosa per riprendere fiato, sempre coi sensi all'erta. Ayame invece si discostò da lui con lo sguardo basso.
"Non percepisco nessun cosmo nemico" disse Hyoga una volta calmato il respiro "Per il momento dovremmo essere al sicuro"
Si voltò nella direzione della ragazza e si preoccupò nel vederla così cupa in volto mentre si tormentava le mani. Abbandonò l'appoggio della roccia per andare verso di lei e prenderle delicatamente una mano.
"Ayame, tutto bene?"
Lei alzò gli occhi incrociando per un attimo i suoi azzurrissimi, ma subito abbassò lo sguardo pensando a qualcosa da dire.
"Niente, sono solo...preoccupata perchè i Ciclopi ci stanno alle calcagna...tutto qui" si sforzò di sorridere per risultare più credibile agli occhi di Hyoga, che però non fu del tutto convinto della sua risposta, anche se preferì non indagare oltre. Tornò a scrutare il territorio intorno a loro. Era una zona arida, povera di vegetazione salvo qualche rado arbusto e muschi e licheni sulle rocce. Il sentiero su cui si trovavano era costeggiato a destra da una ripida parete rocciosa e a sinistra da una distesa di massi probabilmente caduti a seguito di una frana. Il cielo plumbeo si apriva poi sopra le loro teste e un vento portatore di tempesta soffiava incessantemente, avvertendoli dell'imminente arrivo della pioggia.
Ayame si strinse nelle braccia cercando di scaldare le braccia scoperte. Hyoga se ne accorse e la abbracciò, accendendo il cosmo quel tanto che bastava a scaldarla un po'. La ragazza non riuscì a non bearsi di quel calore e di quel contatto.
"Credo sia meglio trovare un riparo" riprese Hyoga "Tra poco verrà a piovere e tu stai congelando. Inoltre qui siamo ancora troppo allo scoperto"
La scostò di poco da lui e le prese il mento per costringerla a guardarlo "Te la senti di camminare un po'?" fece cenno ai suoi piedi completamente scalzi.
Lei annuì seria e gli diede la mano, facendolo procedere davanti a lei. Seguirono il sentiero per circa mezz'ora, finchè Ayame non resistette più alle piaghe che ke si erano aperte sotto i piedi e fu costretta a fermarsi. Alcune avevano anche preso a sanguinare.
"Non puoi continuare in queste condizioni. Vieni, ti porto io" si offrì il Cavaliere porgendole le braccia.
"Ma così ti rallenterò la marcia...e poi mi hai già portato in braccio per molto tempo, non voglio pesarti in altro modo" protestò lei.
Hyoga sospirò e sorrise, quindi la prese di peso cogliendola alla sprovvista.
"Non dire mai più una cosa del genere, chiaro?" le sussurrò a pochi centimetri dal volto "Sono un Cavaliere e per te sono disposto a dare la vita, perciò niente storie"
Ayame rimase colpita dalle sue parole e, non sapendo come ribattere, si limitò ad annuire. Ripresero il cammino e Ayame notò con sorpresa che il dolore col tempo si affievoliva e le piaghe si riemarginavano perfettamente. Lo prese come un chiaro segno che il potere di Afrodite non l'aveva abbandonata ma era ancora in lei, sopito. Passarono ancora parecchi minuti prima che una rientranza nella parete rocciosa apparisse davanti ai loro occhi. Non poteva definirsi una caverna, la sua profondità era minima, ma bastava comunque per offrire un riparo ai due fuggiaschi. Vi si rifugiarono appena in tempo per evitare la pioggia, che in pochi secondi prese a scendere copiosa. I due rimasero ad osservarla dal loro nascondiglio, in silenzio. Non passò molto che un altro rumore oltre allo scrosciare della pioggia giunse alle orecchie del Cavaliere. Hyoga si voltò, perchè era da dietro di lui che proveniva quel rumore, un singhiozzare sommesso di chi ha raggiunto il limite e non può più trattenere il pianto. Tipico di Ayame, tenersi tutto dentro fino ad esplodere. La guardò teneramente e si avvicinò a lei, che non appena lo sentì vicino si gettò tra le sue braccia dando libero sfogo al suo pianto.
"Mi dispiace...per tutto..." riuscì a dire tra i singhiozzi "E' tutta colpa mia...non merito il vostro aiuto...non merito niente..."
"Non dire così" la consolò Hyoga, come quel giorno al porto, carezzandole la testa "Hai agito pensando di fare del bene, è stato Josuke ad ingannarti e ad approfittare di te. Non darti colpe che non sono tue"
"Io volevo solo salvarti" rispose lei, che nel frattempo si era calmata "Volevo tenerti lontano dall'ira di Efesto, al sicuro"
"Lo so, Ayame"
La fanciulla sollevò lo sguardo e incontrò il volto sorridente del Cavaliere, nei cui occhi di ghiaccio vedeva rifulgere tutto il suo amore per lei. Bastò questo a farle tornare il sorriso e ad alleggerirle il cuore. Gli gettò le braccia al collo affondando il viso nei suoi capelli biondi e lo sentì stringerla forte in vita fino a sollevarla da terra. Dopo pochi secondi, però, sentì Hyoga irrigidirsi e lasciare la presa, posandola dolcemente a terra, lo sguardo concentrato rivolto verso l'uscita. Anche Ayame provò a concentrarsi e, con piacevole sorpresa, riuscì a percepire un presenza avvicinarsi, anche se non avrebbe saputo riconoscerla.
"Sta arrivando?" domandò a Hyoga in apprensione.
Lui annuì col capo, continuando a fissare l'esterno, dove la pioggia non aveva cessato di cadere.
"Se restiamo qui facciamo la fine del topo. Dobbiamo uscire sotto la pioggia, ci rallenterà ma probabilmente farà la stessa cosa con lui"
"Va bene, andiamo"
Hyoga la prese per mano e insieme uscirono dalla caverna, in balia dell'acqua e del vento, riprendendo il sentiero lasciato poco prima. Sbucarono ben presto in un crepaccio, alla loro destra sempre la parete di roccia, alla loro sinistra un burrone senza fondo. Il vento prese a soffiare più forte, costringendo i due ragazzi a restare molto vicini alla parete rocciosa per evitare di cadere giù. Il leggero vestito di Ayame si era inzuppato in un batter d'occhio, appiccicandosi al suo corpo come una seconda pelle che, invece du scaldarla, aiutava il freddo ad entrarle nelle ossa.
Continuarono a procedere rasenti alla montagna per parecchi minuti fino a quando non apparve davanti a loro la fine del crepaccio, in corrispondenza del punto d'unione tra i due picchi. Ayame si permise di tirare un sospiro di sollievo troppo azzardato, perchè non appena mossero il primo passo verso la meta un'esplosione riecheggiò nell'aria e una frana cadde dalla parete di roccia, ostruendo il sentiero. Hyoga si gettò immediatamente sulla ragazza per proteggerla col suo corpo dai massi. Una volta finita la frana una voce crudelmente diverità coprì l'ormai onnipresente rumore della pioggia.
"Ah ah ah! Ops, volevate forse andare da quella parte?" li prese in giro Palemone, scrutandoli dall'alto di una sporgenza sopra le loro teste.
Entrambi i ragazzi sollevarono lo sguardo e incontrarono la smorfia compiaciuta del Ciclope, apparentemente incolume e il cui cosmo rifulgeva più del solito.
"Non sembrate felici di vedermi" continuò "E pensare che mi sono dato così tanto da fare per mettere fuori gioco i vostri compagni il prima possibile...che delusione!"
"Che cosa vuoi?" domandò sprezzante Hyoga, portando Ayame dietro di lui.
"Oh due cosucce da niente: uccidere te e prendere lei"
"Spiacente, non posso accontentarti in entrambi i casi"
Senza esitare Hyoga scagliò contro Palemone la Polvere di Diamanti, ma il Ciclope la schivò con un salto che lo fece atterrare sul sentiero a poca distanza da loro.
"Cavaliere, come puoi pensare di sconfiggermi con colpi così deboli?!? Sono molto più potente di te, perciò forse conviene che ti arrendi e mi lasci fare il mio dovere"
"Tendi sempre a sopravvalutarti, Ciclope, e mi spiace informarti che il tuo dovere è in netto contrasto col mio"
"Come vuoi"
Palemone lanciò la sua Esplosione Vulcanica in contemporanea con la Polvere di Diamanti di Hyoga. I due colpi si incontrarono esattamente a metà strada e nessuno dei due cedeva il passo all'altro, erano di uguale potenza. Ayame osservava la scena da dietro le spalle del Cavaliere, pensando ad un modo per aiutarlo. Notò poi che la pioggia intorno a Hyoga si solidificava in piccole gocce ghiacciate ed ebbe un'idea.
"Hyoga, la pioggia!" gli disse e il ragazzo afferrò al volo il suggerimento aumentando il suo cosmo fino al limite. Riuscì così a congelare le gocce di pioggia e a convogliarle attorno al suo colpo, che fu così in grado di sopraffare quello di Palemone e di colpire il Ciclope, che cadde a terra col braccio destro congelato.
In breve fu però di nuovo in piedi e accendendo il suo cosmo infuocato scongelò il braccio.
"Sei furbo, ma sei anche stremato" constatò Palemone notando il fiato corto del ragazzo "Sarà ancora più facile eliminarti ora. Ma prima mi prenderò la tua bella"
Ad Hyoga bastò decifrare l'espressione sul volto del Ciclope per capirne le intenzioni e spingere via Ayame prima che la Prigione di Lava la intrappolasse. Palemone ne creò velocemente un'altra dietro di lei, che fu rapida a scansarsi. La sua mano sinistra rimase però imprigionata nella colonna di lava solida.
"No, Ayame!"
"E ora tu, Cavaliere!" urlò Palemone lanciando nuovamente l'Esplosione Vulcanica contro Hyoga.
"Hyoga, attento!" urlò lei e istintivamente lo prese per un braccio con la mano libera togliendolo dalla traiettoria del colpo, che andò a distruggere la colonna di lava che teneva Ayame bloccata. Si trovarono però entrambi sbilanciati oltre il ciglio del burrone, senza nessun appiglio a cui aggrapparsi. Ayame vide il volto contratto dalla rabbia di Palemone allontanarsi velocemente e poi sparire dal suo campo visivo. Non riuscì nemmeno ad urlare in quei pochi secondi di volo che a lei parvero interminabili, si sentì completamente estraniata dal suo corpo in caduta libera, finchè uno strattone al braccio non la risvegliò e si ritrovò con la guancia contro il pettorale bagnato dell'armatura del Cigno. Subito dopo il calore del cosmo di Hyoga la circondò. Ci fu un fruscio e il loro volo si arrestò d'improvviso, ma Ayame aspettò ancora qualche istante prima di aprire gli occhi. I suoi piedi non toccavano il terreno ma erano sospesi nel vuoto, così come quelli di Hyoga, che la stringeva forte a sè. Alzò il capo e vide che l'armatura del Cigno era ora dotata di un paio d'ali bianche che tenevano lei e il Cavaliere a mezz'aria.
"Un piccolo gadget creato dal sangue di Atena" ironizzò Hyoga in risposta allo sguardo meravigliato di Ayame. Lo sforzo lo aveva però privato di molte energie e la ragazza lo vide sudare e col fiato corto.
"Per quante volte ancora mi salverai la vita?"
"Finchè ce ne sarà bisogno"
"Ma tu sei un Cavaliere di Atena, non di Afrodite"
"E' vero, ma sono devoto a te più che alla mia dea e in modo completamente diverso"
"Oh Hyoga" sussurrò lei sulle labbra del Cavaliere, prima che un urlo disumano squarciasse il cielo più proromente di un tuono.
"ESPLOSIONE VULCANICA!!!"
Nonostante avesse gli occhi socchiusi Ayame notò benissimo le innumerevoli sfere di fuoco che provenivano nella loro direzione. Troppe per poterle evitare tutte, tanto meno pararle.
"Hyoga!"
Il Cavaliere voltò leggermente il capo verso la cima del burrone, per poi rivoltarsi e coprire Ayame con tutto il suo corpo.
"Hyoga, no!" provò a dire lei, ma il colpo li raggiunge prima che potesse fare qualcosa, prendendo il Cavaliere in piena schiena e mozzandogli il fiato. Le ali sulla sua schiena scomparvero e la loro caduta riprese più veloce di prima. Questa volte però Ayame riuscì a restare lucida e vide con largo anticipo la sporgenza contro cui sarebbero sicuramente andati a schiantarsi se non avesse avuto la prontezza di spingere via il corpo svenuto di Hyoga in modo da passare ai lati. Superato l'ostacolo lo riafferrò per un braccio e chiuse gli occhi, in attesa della fine di quella interminabile caduta.

Ciao a tutti!
Come sicuramente avrete notato, questo cap e il prossimo prendono spunto dalla puntata della prima serie in cui Saori e Seiya sono alle prese con Shaina e Damian del Corvo...però mi era talmente piaciuta quella parte che non ho resistito a scriverne a una versione Ayame-Hyoga ^^ perdonate la scopiazzatura quindi, ma concedetemelo come piccolo sfizio =)
Ora i ringraziamenti di rito:
-Krisalia Kinomiya: ahahah, grazie per il tuo divertentissimo commento cara! Vedrai che presto o tardi Palemone avrà una bella lezione ;)
-roxrox: grazie mille cara, sto cercando di mantenermi fedele ai personaggi per quanto mi sia possibile, sono contenta che almeno con quello principale ci stia riuscendo :) a presto baci!
-ti con zero: ho fatto più in fretta che ho potuto ;) grazie mille! Sono io ora a commuovermi per tutti i vostri complimenti :')
-kikka_hiwatari: grazie, eccoti qua il seguito, non molto original, però spero ti piaccia lo stesso :) a presto baci!
Grazie poi, come sempre, a chi ha preferito questa storia, a chi la segue e a chi l'ha solo letta!
A presto, baci!

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** La potenza di un dio ***


A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea dell'Amore")

Capitolo 18 - La potenza di un dio

Il cielo aveva dato sfogo alla propria rabbia, riversando ogni singola goccia di pioggia sulla quella Terra che forse troppo presto aveva sperato nelle soleggiate giornate primaverili. Ma il tempo per la rabbia era finito, toccava al sole riscaldare ed asciugare le creature terrestri vittime dell'acquazzone. Esso risplendeva più vivido che mai nel cielo, libero dalle nuvole grigie che lo coprivano dal primo mattino. I suoi raggi arrivavano a baciare ogni singolo granello di terra, dando ad ogni cosa un colore brillante e quasi innaturale. Piccoli arcobaleni spuntavano poi dalle gocce di pioggia che non ne volevano sapere di abbandonare le foglie e i fili d'erba su cui si erano adagiate. Una di esse si era posata su un'anonima fogliolina verde, troppo piccola per reggere il suo peso ancora a lungo. Ogni secondo che passava la sfera trasparente si spostava di qualche millimetro lungo il solco centrare della foglia, finchè questa non si inclinò lasciandola cadere sul viso candido di una fanciulla addormentata ai piedi della montagna.
Ayame si ridestò al tocco gentilee fresco della piccola goccia, e subito si ritrovò abbagliata dai raggi del sole che la colpivano in pieno volto, scaldandola. Il vestito era ancora bagnato e freddo, ma ora poteva sopportarlo. Aprì lentamente gli occhi e cercò di mettere a fuoco il paesaggio attorno a lei. Un immenso prato verde si estendeva tutt'intorno a lei. Qua e la fiori multicolori spezzavano la distesa verde creando piccoli gruppi arcobaleno. Sembrava un piccolo paradiso terrestre, dove la pioggia non aveva portato alcun danno, anzi pareva aver rinvigorito la vivacità dei colori dei fiori. Il cuore di Ayame non potè non emozionarsi di fronte ad un simile spettacolo, e si chiese come fosse giunta fino a lì. La risposta arrivò più rapida e dolorosa del previsto e la costrinse ad alzare lo sguardo. Sopra di lei la montagna si ergeva imponente e impietosa fin dove i suoi occhi potevano vedere. Riuscì a scorgere con difficoltà la sporgenza contro cui avevano rischiato di schiantarsi lei e Hyoga. Al pensiero del Cavaliere riportò l'attenzione al prato in cui entrambi erano presumibilmente atterrati, ma da seduta non riuscì a scorgere nulla. Una volta in piedi potè apprezzare meglio lo splendore di quel prato, ma solo per pochi istanti prima di concentrarsi per trovare Hyoga. Un luccichio alla sua destra l'aiutò a trovarlo. I raggi del sole colpivano in pieno l'armatura del Cigno facendola rifulgere come se fosse di nuova fattura. In parte sollevata, Ayame corse nella sua direzione e in breve fu al suo capezzale.
Il Cavaliere era riverso a terra prono, con lo schienale dell'armatura completamente bruciato e una grossa ustione sulla schiena, dove la corazza non arrivava. Anche se impercettibilmente, però, respirava ancora, seppur a fatica e non sembrava avere altre ferite, nonostante la caduta. Ayame ringraziò tutti gli dei per quel miracolo e iniziò a guardarsi attorno pensando a come portare Hyoga in salvo, ma nessuna idea le venne in mente. Era sola, in un posto che non conosceva e apparentemente senza vie d'uscita, con un grande potere sopito dentro di lei e quindi inutilizzabile. Sbattè un pugno a terra per sfogare la rabbia che quell'ultima constatazione portò con sè.
"Oh, come siamo furiose!" commentò una voce ormai ben conosciuta. Ayame si voltò per incontrare nuovamente gli occhi infuocati di Palemone, che sghignazzava sotto i baffi.
"Sai, è sorprendente vederti ancora in piedi e incolume" continuò il Ciclope avanzando "nonostante la caduta e il piccolo sfogo che mi sono concesso appena siete spariti oltre il ciglio del burrone"
"Già, proprio un capriccio" ribattè sprezzante Ayame, serrando i pugni dalla rabbia che la vista del Ciclope inspiegabilmente le procurava. Non era mai successo le altre volte e doveva ammettere che era una sensazione strana ma.
"Comunque, sono qui per terminare il mio lavoro, perciò se gentilmente ti spostassi potrei porre fine alle sofferenze di quel poveretto e portarti dal mio signore"
Sempre più in collera Ayame si alzò in piedi e si posizionò a difesa di Hyoga.
"Toccalo anche solo con un dito e puoi considerarti morto"
"Come siamo intraprendenti e combattive, Afrodite! E, per curiosità, come pensi di farmi fuori?"
La ragazza serrò le labbra, non sapendo come ribattere all'obiezione e suscitando una risata ilare in Palemone.
"Parole al vento, le tue! Il potere della dea ti ha abbandonata, sei solo un semplice essere umano"
"Io sono la reincarnazione di Afrodite e non osare mai più metterlo in dubbio!"
"No, tu sei solo fortunata ad essere ancora viva!"
Palemone le scagliò contro l'Esplosione Vulcanica mettendoci tutta la sua rabbia dentro, ma il colpo svanì a pochi centimetri dal csmo di Ayame, inghiottito da un raggio di luce argentata.
"Ma cosa...?"
Il corpo della ragazza era interamente circondato dall'aura argentea, la cui potenza colpì con forza la mente del Ciclope che riconobe il quell'aura un cosmo di dimensioni enormi, di fronte al quale il suo era infima cosa. Rimase paralizzato di fronte a tanta potenza.
Anche Ayame non si muoveva. Il simbolo sulla spalla riluceva ai raggi del sole, sentiva un grande potere scorrerle nelle vene, vedeva un ricordo vivido nella mente: lei che sprigionava quello stesso potente cosmo mentre cadeva abbracciata a Hyoga e frenava così la caduta di entrambi, per poi rotolare lontano dal Cavaliere sfinita per lo sforzo. Era la prova che stava aspettando. Alzò gli occhi su Palemone.
"Ora vedrai chi è realmente Afrodite"
Espanse ulteriormente il suo cosmo, producendo un'onda d'urto che agitò l'erba e i fiori intorno a lei e scagliò Palemone lontano. Quando si rialzò il Ciclope non si trovò più di fronte ad una fanciulla indifesa, ma ad una donna in abito greco dai riflessi d'argento, con un bastone a doppia falce in mano e uno sguardo combattivo negli occhi. Ciò che di più vicino ad una dea poteva esserci. Provò un timore reverenziale nei suoi confronti, subito sostituito dalla sete di gloria alla prospettiva di sconfiggere una divintà neonata e potente come Afrodite. Dopotutto ci era riuscito quel buffone di un Cavaliere di Atena, lui non poteva essere da meno.
"Dea Afrodite" ghignò in direzione di Ayame.
In risposta lo sguardo della ragazza si fece più truce e la stretta sull'arma più salda. L'Esplosione Vulcanica non tardò ad arrivare. Ayame lo vide avvicinarsi ad una lentezza sorprendente e innaturale e la bastò spostarsi di pochi centimetri per schivare il colpo. Possedeva un potere spaventoso. Dopo pochi secondi un muro di lava le si parò davanti e si solidificò attorno a lei, ma le bastò un minimo di concentrazione in più per mandarlo in frantumi.
"La tua arroganza è fastidiosa, Palemone" disse rivoltà al Ciclope.
"Sarò anche arrogante, ma sono pur sempre l'uomo che ti sconfiggerà, dea o umana che sia"
Un'altra Esplosione Vulcanica. Questa volta Ayame non la schivò, ma lasciò che rimbalzasse sul suo cosmo per tornare indietro più veloce di prima e colpire il Ciclope in pieno petto. Palemone cadde a terra e in un lampo Ayame gli fu addosso, la lama di una delle due falci puntata alla gola.
"La sola cosa che sei ai miei occhi è un traditore, di quelli che sputano nel piatto in cui mangiano, i peggiori a parer mio" sibilò Ayame con gli occhi piantati sul viso del Ciclope.
"Che ne puoi sapere tu?"
"Tutto quello che c'è da sapere. Hai tradito lo stesso dio che ti ha dato la vita, hai voluto assecondare la tua ambizione e la tua brama di potere, senza accontentarti del grande dono che ti era stato fatto. O forse mi sbaglio?"
"Eppure Efesto mi ha richiamato al suo servizio"
"Già ma cosa ti aspetta se lo tradirai un'altra volta? Efesto non è così stolto da richiamare uno come te tra le sue fila senza cautelarsi. E tornare ad essere una statua di avorio è un incentivo non indifferente per restargli fedele. L'unica pecca in tutto questo è che anche la povera Galatea è destinata alla tua stessa fine, oggi come allora"
"Già, Galatea, la tua protetta, colei a cui tu hai dato la vita e che hai nominato Sacerdotessa nonostante la sua incapacità"
"Sarà forse giovane e inesperta, ma almeno mi è fedele e combatte per gli ideali in cui crede e non per la gloria"
"Oh sì, l'amore. L'ideale più stupido per cui rischiare la vita"
Ayame avvicinò ancora di più la lama alla gola del Ciclope "Ti rammento che è stato proprio l'amore che tanto disprezzi a convincere gli dei a darti la vita. L'amore dei tuoi genitori che tu hai brutalmente ucciso per poter attuare indisturbato il tuo piano. Hai tentato di farti beffe degli dei rubando ad Efesto tuo protettore il fuoco sacro. Lo volevi barattare con l'immortalità. Ma nemmeno allora avevi capito con chi avevi a che fare, e un dio non può essere ricattato. Avorio eri all'inizio e avorio sei tornato, così come Galatea che invece non aveva colpa alcuna"
"Bene, ora che mi hai dimostrato la tua onniscenza che intendi fare di me?"
"Potrei tagliarti la gola come fosse pane, oppure disintegrarti con la sola forza del pensiero. Diciamo che avrei l'imbarazzo della scelta se volessi, ma per tua fortuna non sono così incline a togliere la vita alla gente"
"Che magnanimità"
"Voglio che torni dal tuo dio e che gli riferisci che Afrodite lo verrà a cercare, dovunque egli si nasconda, per porre fine a questa inutile battaglia una volta per tutte"
"E se non lo faccio?"
"Sarà considerato tradimento"
Ayame si alzò in piedi lasciando libero Palemone, che fece lo stesso senza perderla di vista un istante. Il cosmo di Afrodite era ancora acceso e potente come prima, segno che le sue intenzioni erano serie. Furente in volto, il Ciclope spiccò un salto fino ad un alto picco tra le montagne, per poi sparire in mezzo ad esse.
Solo quando non percepì più il suo cosmo Ayame si concesse di spegnere il suo e rilassarsi. La doppia falce, ormai inutile, scomparve dalle sue mani e la ragazza si voltò verso il corpo ancora esanime di Hyoga. Sentiva distintamente la vita scorrere in lui, seppur fievole. In breve gli fu nuovamente accanto. Sembrava dormire un sonno pacifico, come un bambino. Rivisse per un attimo il loro primo incontro. Sarebbe stato tutto più semplice se fossero rimasti entrambi due persone comuni, senza dei o Cavalieri a complicare le cose. Ma le cose non si potevano cambiare e, secondo Ayame, sarebbero stati abbastanza forti da superare anche questa battaglia, insieme. Se c'era una cosa che aveva capito da quella storia era che da sola poteva combinare ben poco. Avere Hyoga al suo fianco, sapere che la amava incondizionatamente, le dava invece una forza di combattere che nemmeno lei sapeva di avere.
Con delicatezza lo girò su un fianco, facendo attenzione a non toccargli la bruciatura sulla schiena. Gli scostò poi i capelli biondi dalla guancia e vi posò delicatamente la mano destra, mentre la sinistra sorreggeva il capo del Cavaliere. Accese infine il suo cosmo e lo concentrò sul palmo della mano. In breve l'ustione scomparve dalla schiena del ragazzo, che riprese inconsciamente a respirare con facilità. Ayame ebbe però un capogiro, forse aveva chiesto troppo ai suoi rinati poteri di dea. Sentì il simbolo sulla spalla prudere e spegnersi, al posto dell'abito greco tornò ad indossare il suo rosa e bagnato, quindi svenne nuovamente sul prato, con la testa di Hyoga sul grembo.

La prima a scorgerli tra i fiori e i fili d'erba fu Eufrosine, che non esitò a richiamare i compagni che erano venuti con lei in cerca dei due fuggiaschi. Appena li vide in lontananza fece loro cenno di seguirla e, balzando da una roccia all'altra, atterrò sul grande prato, raggiunta poco dopo da Galatea, Talia, Shun e Seiya. Nessuno di loro percepì cosmi nemici nelle vicinanze, perciò si diressero tutti e cinque verso i due corpi svenuti.
Erano entrambi bagnati e provati dalla fuga, ma comunque abbracciati, se un abbraccio poteva definirsi la strana posizione in cui erano messi. Hyoga aveva il capo abbandonato sul ventre di Ayame e il resto del corpo scomposto. Quanto alla ragazza, teneva con una mano la testa del Cavaliere e per il resto era sdraiata come se fosse a letto.
"Quei due non me la contato giusta" commentò Seiya, subito zittito da una gomitata in pancia da parte di Shun.
"Sono ancora vivi e sembra stiano bene" constatò Eufrosine sentendo i loro battiti "Probabilmente sono provati dalla camminata e dallo scontro con Palemone"
"Nessuno dei due mostra delle ferite" constatò Shun "Potrebbe essere che Afrodite e Ayame abbiano completato la simbiosi"
"Questo andrebbe tutto a nostro vantaggio. Avere un'altra divinità al nostro fianco ci sarà d'aiuto" ribattè Seiya, mentre andava ad aiutare Eufrosine a sollevare Hyoga. Shun si caricò invece Ayame in braccio.
"Beh, direi che a questo punto possiamo considerarci alleati no?" domandò Shun rivolto soprattutto a Galatea, che arrossì e incassò la testa fra le spalle.
"Diciamo di sì, Cavaliere" rispose Galatea per lei "Ma questo non ti dà il diritto di fare il cascamorto con nessuna di noi"
"Non so di cosa tu stia parlando" rise il Cavaliere, lanciando uno sguardo divertito a Talia "E ora basta con le chiacchiere, dobbiamo portare i due amanti in ospedale"


Son tornata!
Lo so, ci ho messo un po', ma doveva studiarmela bene la rinascita di Afrodite. Ho esteso la storia di Galatea anche a Palemone per spiegare la sua vicenda di tradimento ecc ecc, anche se so che qui non è molto chiara, ma prometto che nei prossimi capitoli la renderò più lineare.
Ora i ringraziamenti di rito:
- Krisalia Kinomiya: Palemone si è ricevuto una bella ramanzina, visto? E ha pure rischiato la capoccia ^^ spero ti sia piaciuto il cap!
- roxrox: e invece no, la storia continua! Però abbiamo superato la metà...credo ^^ buona lettura, grazie! Un bacio!
- ti con zero: tempismo perfetto mia cara! Eh si vede che sono una romanticona tutta zucchero e miele ^^ grazie del tuo commento, a presto!
- kikka_hiwatari: sì Palemone è proprio un rompibolle, ma avrà la lezione che si merita vedrai, la studierò nei minimi dettagli ^^ grazie per il tuo commento a presto!
Ringrazio anche chi segue la storia, chi l'ha preferita e chi l'ha solo letta, sperando che continui a farlo ^^
A presto!

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Di nuovo insieme ***


A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea dell'Amore")

Capitolo 19 - Di nuovo insieme

Non seppe dire dopo quanto tempo aveva ripreso conoscenza, potevano essere passati pochi minuti come giorni interi. L'ultima cosa che ricordava era il volto contratto ghignante ma sconfitto di Palemone, impotente contro la sua potenza. La ricordava ancora meglio del Ciclope, una sensazione di onnipotenza mai provata, che l'aveva esaltata ma al tempo stesso spaventata, portandola a chiedersi se sarebbe stata in grado di controllarla in futuro come aveva fatto contro Palemone.
Sentì di non essere più nel prato fiorito dove si era risvegliata l'ultima volta. Era senza dubbio sdraiata su un letto a lei non familiare, in una stanza che aveva un odore strano, quasi fosse stata disinfettata. Quel particolare le fece venire in mente dove probabilmente era stata portata e quando finalmente Ayame aprì gli occhi le sue supposizioni si rivelarono esatte.
Si trovava in una piccola stanza d'ospedale baciata dai caldi raggi del sole che filtravano attraverso le candide tende, irradiando la loro luce in tutta la camera. Il suo era l'unico letto presente, affiancato da un piccolo comodino su cui era stato posato un vaso di rose magnificamente sbocciate. Guardando davanti a sè vide che un altro tavolo più grande sembrva cedere sotto il peso dei fiori che vi erano stati posati sopra. Non potè non sorridere a quella visione, quindi si mise a sedere con cautela e tornò ad osservare il vaso di rose, ma non scorse nessun biglietto che le potesse dire chi gliee aveva donate. Sempre lentamente si alzò dal letto e poggiò i piedi scalzi sul pavimento freddo. Si accorse di essere vestita solo di una canottiera verde acqua e di un paio di pantaloncini corti e che i suoi capelli erano stati legati all'altezza della nuca. Li sciolse per raccoglierli nuovamente in una croccia disordinata, quindi si diresse verso il grosso tavolo. Con grande piacere vide molti bigliettini spuntare tra i fiori, che le dissero che erano doni delle sue Sacerdotesse e dei Cavalieri, nonchè della cara Saori e della sua fedele Tata.
Un allegro vociare le giunse alle orecchie e, lasciati perdere i fiori, andò a guardare fuori dalla finestra, che dava direttamente sull'immenso giardino dell'ospedale. Vide molte infermiere in divisa bianca passeggiare assieme ai pazienti tra le aiuole del parco e chiacchierare allegramente con loro. Spaziando con lo sguardo notò poi, sotto un grande salice, un gruppo più nutrito di persone tra cui non spiccava nessuna infermiera. Le fu però impossibile non notare la testa bionda di Hyoga, anche lui in abiti da ospedale ma apparentemente in perfetta forma. Il cuore accelerò i battiti nel vederlo sano, salvo e sorridente e, senza pensarci due volte, si precipitò fuori dalla stanza, andando a sbattere contro qualcuno che si rivelò essere la Tata.
"Ayame, sei già in piedi? Stai bene? Forse dovresti stare a letto..."
"Oh no, cara Tata, sto benissimo, non sono mai stata meglio!" esclamò Ayame abbracciando la donna con trasporto.
"Oh beh, in questo caso..." la Tata scostò la ragazza da lei per guardarla negli occhi, felice come non lo era mai stata "Vai dal tuo Cavaliere"
Ayame ampliò il suo sorriso illuminando ulteriormente gli occhi verdi e, dopo aver schioccato un bacio sulla guancia della Tata, corse lungo i corridoi dell'ospedale in cerca dell'uscita. Quasi tutti i dottori e gli infermieri le intimarono di non correre perchè era pericoloso, ma non li stette ad ascoltare, aveva troppa fretta di riabbracciare il suo Hyoga, l'uomo che l'aveva salvata da se stessa.
Dopo aver percorso infiniti corridoi e sceso innumerevoli scalini, finalmente ritornò sotto i caldi raggi del sole che picchiavano sulla candida facciata dell'edificio, una grande villa in stile vittoriano completamente restaurata e adattata ai bisogni di ciascun paziente. La vista che le si presentò davanti era un perfetto ritratto della primavera in corso: fiori in boccio, alberi carichi di foglie, erba verde e rigogliosa, uccellini cinguettanti e aria frizzantina ma piacevole. Si beò qualche istante di quell'esplosione di vita, quindi prese a cercare con lo sguardo l'albero che aveva visto dalla sua stanza. Probabilmente però la sua stanza dava sull'altro lato del giardino, cui si poteva accedere dall'atrio principale attraverso un'entrata secondaria. Nuovamente all'aria aperta, Ayame scrutò ogni singolo centimetro del parco finchè non trovò il grande salice, sotto le cui fronde, però, non c'era più nessuno.
Non si lasciò scoraggiare e si rivolse alla prima infermiera che le passò accanto chiedendole se per caso sapeva dove fossero andati.
"Mi spiace signorina" rispose lei gentilmente "Ma non ho proprio visto nessuno, sa il parco è grande e dislocato su due piani"
"Due piani?"
"Sì, vede laggiù quella scalinata? Porta alla parte bassa del parco, che da sul mare. E' il doppio di questa intorno all'ospedale"
"Ah, grazie" si concedò scoraggiata Ayame, quindi sospirò e iniziò a perlustrare con lo sguardo tutt'intorno, percorrendo i vialetti di ghiaia senza dare peso ai sassolini che le pungevano la pianta dei piedi. Non ci mise molto a coprire tutta la parte alta del parco, senza successo, così si avviò verso la scalinata indicatale dall'infermiera per iniziare a setacciare la parte inferiore. La vista che le si presentò la lasciò senza fiato in senso positivo e negativo: era di una bellezza indescrivibile, con una grande fontana zampillante circondata da cespugli in fiore, ed era enorme, forse più grande di quello del suo palazzo.
"Oh, povera me..." sospirò, lasciandosi cadere sul primo scalino "Non li troverò mai"
"Trovare chi?"
"I miei amici..." rispose Ayame senza nemmeno rivolgere uno sguardo al suo biondo e divertito interlocutore "e quello che forse posso considerare il mio ragazzo. Dopo tutto quello che è successo penso proprio di sì, però sai com'è, bisogna andarci coi piedi di piombo con queste cose...inoltre io sono una dea reincarnata e lui un Cavaliere, la relazione potrebbe rivelarsi complicata, ma è così dolce...e tenero...e bello..." sospirò di beatitudine immaginando di avere davanti il suo Hyoga "...e non lo troverò mai in questo parco immenso e pieno di gente"
"Magari è più vicino di quanto pensi" commentò l'altro, divertito nel vedere lo sguardo sognante di Ayame diventare via via più interdetto e finalmente girarsi verso di lui, diventando un misto tra il sorpreso, lo sconvolto e l'irresistibilmente felice.
Hyoga rise a vedere tutte quelle emozioni mischiate tutte assieme. "Scusa ma non ho resistito! Sei buffissima quando sogni ad occhi aperti!"
"Cosa?...Io non sogno ad occhi aperti!" Ayame si alzò impettita.
"Certo!...'Ma è così dolce...e tenero...e bello...'...chissà chi è quasto fantomatico quasi-forse fidanzato"
"Uno che da come mi prende in giro forse non ci tiene abbastanza ad esserlo!" sbottò Ayame, voltandosi e mettendo il broncio.
Hyoga non smise di sorridere sornione mentre si avvicinava con passo lento verso di lei. La vide buttare due o tre volte l'occhio dietro la spalla, quindi lasciar cadere le braccia lungo i fianchi e girarsi sbuffandogli in faccia un "Vai al diavolo, Hyoga!" prima di gettargli le braccia al collo e baciarlo con trasporto.
La pace e la gioia che quel contatto dava ad entambi erano indescrivibili. Sembrava che si fossero sempre appartenuti senza saperlo, che il loro destino fosse stare assieme e che null'altro contasse. A malincuore si separarono, seppur restando abbracciati.
"Come stai?" gli chiese Ayame.
"Una favola! Grazie a te"
"Come sai che sono stata io a guarirti?"
"Ho sentito il tuo cosmo dentro di me, e lo sento ancora adesso. Caldo, vitale, pieno d'amore per me. Sinceramente non riesco ancora a crederci, ho paura che sia tutto un sogno e che tu non sia realmente mia"
"Anche io ho avuto paura di perderti per la mia cecità, ma ora siamo qui, io e te di nuovo insieme. E ci dovranno solo provare a separarci un'altra volta. Non sanno di cosa può essere capace una dea dell'amore su tutte le furie"
Risero insieme, scambiandosi ancora qualche rapido bacio, quindi Hyoga la prese per mano portandola dagli altri. Un'altra piccola scalinata portava alla parte inferiore del parco e il resto del gruppo si era riunito in un piccolo gadzebo poco distante da essa.
La prima a correrle incontro fu Saori, che per una volta lasciò da parte il galateo per abbracciarla con tutta la sua forza.
"Perdonami Saori, per tutto" disse Ayame all'amica una volta sciolto l'abbraccio.
"Per quanto mi riguarda, non è successo assolutamente niente"
"Già, tanto quelli che rischiano la pelle siamo sempre noi" commentò Seiya, ricevendo un manrovescio sulla nuca da parte di Psiche "L'unica cosa che stai rischiando di rimetterci è la lingua!"
Le cinque Sacerdotesse si avvicinarono poi ad Ayame e fecero per inchinarsi, ma la ragazza le bloccò con un gesto della mano."Vi prego, lasciamo stare le formalità. Sarò anche dea ma sono soprattutto una ragazza normale e come tale voglio essere trattata, perciò niente più 'Mia signora' o 'Mia dea'...mi fanno anche sentire vecchia!"
Le Sacerdotesse si guardarono, incerte sul cosa rispondere, ma nei loro occhi si poteva leggere la loro piena approvazione e rivolsero quindi ad Ayame un cenno di assenso.
"Ehi non è giusto! Perchè noi dobbiamo essere tutti inchini e riverenze e loro no?" protestò Seiya.
"Perchè le teste calde come te vanno tenute sotto controllo, Seiya!" rispose Hyoga.
"Ricorda chi ti ha portato dal dottore, biondino!"
"Guarda che non hai fatto mica tutto da solo! Ti ho aiutato anche io a portarlo" intervenne Eufrosine.
"Sì ma tutto il peso alla fine ce l'avevo io, tu facevi solo finta di sorreggerlo"
"Oppure non sei abbastanza forte da sopportarne il peso, al contrario di me"
"Vorresti insinuare che sono una mezza calzetta?"
"No, una intera" rispose Psiche, aggiungendoci in cosa una boccaccia e suscitando l'ilarità di tutti. Nessuno badò ai borbottii di Seiya, che continuava a sostenere che fosse tutta una congiura contro di lui.
"Andiamo, Seiya, non prendertela!" disse Shun dandogli delle pacche sulla spalla "E' solo che ti presti molto bene"
"E poi fa bene ridere un po', tra una battaglia e l'altra" affermò Ayame, lasciando che il suo sorriso si spegnesse un pochino.
"Che vuoi dire?" le domandò Saori dopo che le si fu affiancata.
"Efesto non si arrenderà così facilmente, anzi sarà furioso dopo la nostra fuga e scatenerà la sua ira sulla Terra mentre attende il mio arrivo"
"Potrebbe non attenderlo" constatò Ikki.
"Ho dato istruzioni precise a Palemone di riferirgli che sarei andata da lui per la resa dei conti"
"Ayame, no!" protestò Hyoga, prendendola con forza per un braccio.
Lei sospirò e sorrise mestamente. "So che voi Cavalieri avete già affrontato in passato delle divinità e le avete sconfitte, ma questa volta è diverso, la faccenda riguarda me ed Efesto"
"Non ti lasceremo fare nuovamente tutto da sola!"
"Non è quello che ho detto. Il vostro aiuto mi sarà prezioso e sarà necessario che uniate le vostre forze a quelle delle ragazze per sconfiggere i Ciclopi e arrivare da Efesto. Io sarò già là e vi aspetterò per lo scontro finale. Ma devo andare da sola e su questo non voglio discussioni"
"Pensi di farcela?" le chiese Saori.
"Devo, per il bene di tutti"
"Partirai subito?" domandò Seiya
"Partirò quando sarà il momento giusto. Solo le stelle potranno dirmi quando, anche se temo che non passerà molto tempo"
"E noi cosa faremo una volta che te ne sarai andata?" le chiese Aglaia a nome di tutte le Sacerdotesse.
"Risponderete ad Atena come avete sempre fatto con me, saprà guidarvi con saggezza come ha fatto finora coi suoi Cavalieri"
"Come desideri"
"Bene, e ora via quelle facce tristi! Non ho investito dottori e infermiere per vedere dei musi lunghi!"

Salve a tutti!!
Si sente che si sta avvicinando il periodo esami, ma prometto farò il possibile per aggiornare appena ne avrò l'occasione :) piccola tregua per i nostri eroi in questo ospedale che, lo ammetto, sembra più che altro un paradiso terrestre o un locus amenus petrarchesco, ma doveva dare una sensazione di pace e beatitudine e la mia testolina ha creato ciò.
Ho pronte per voi ben 5 sorprese 5 e oggi vi posto la prima, se mi riesce:
Sacerdotessa1 
Secondo voi chi è l'allegra fanciulla?
Intanto ringraziamo, come di consueto:
-roxrox: forse non ho soddisfatto la tua curiosità, ma pazienta un po' e sarai accontentata cara :) grazie per il commento, un bacio!
-Krisalia Kinomiya: sì dai, ti concedo di fare da orsacchiotto ai due piccioncini, ma soprattutto di suonarle a Palemone :D grazie per il tuo sempre spassosissimo commento, a presto baci!
-MeMs: grazie cara, sono contenta che continui a seguire la storia :) qui non c'è molto movimento ma presto tornerà! A presto baci!
-kikka_hiwatari: eccoti il nuovo chappy, un po' in ritardo però immancabile :) grazie per il commento a presto! Kiss!
Grazie anche a chi preferisce, segue o solo legge la fic!
A presto, baci!

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Prima di partire ***


A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea dell'Amore")

Capitolo 20 - Prima di partire

Ayame e Hyoga vennero dimessi dall'ospedale la sera stessa e, per festeggiare, venne organizzato un pigiama party in casa Kobayashi cui parteciparono tutti, dai Cavalieri alle Sacerdotesse alla Tata fino allo schivo Tatsumi, che si rivelò il mattatore della festa. In quelle ore non vi fu differenza tra dee, cavalieri o semplici esseri umani. Erano solo persone con tanta voglia di divertirsi e di non pensare al passato, nè tantomeno al futuro. Ma, inevitabilmente, l'occhio di Ayame cadeva ogni tanto fuori dalla finestra, su quella stella tornata luminosa come pochi giorni prima. Il timore che cambiasse qualcosa in lei, che le dicesse che era venuto il momento di partire, era sempre presente e non se ne sarebbe andato fino alla fine di quella guerra.
Fortunatamente Venere rimase candida e luminosa per molti giorni a seguire, durante i quali Efesto e i suoi Ciclopi non si fecero vedere, concedendo una rilassante e piacevole tregua ai loro futuri avversari. Le Sacerdotesse poterono così apprezzare le gioie di una vita normale, Galatea fra tutte, il cui legame col fratello ne metteva a serio rischio l'incolumità. Sebbene fosse la più giovane, era l'unica la cui nascita risaliva all'era mitologica, durante la quale era venuta alla luce come semplice statua d'avorio insieme a Palemone. Afrodite ed Efesto avevano poi dato loro vita, consacrandoli al loro culto, ma il tradimento del giovane Ciclope aveva condannato entrambi a tornare statue d'avorio, fino all'era moderna.
Vedere le sue ragazze spensierate e ilari diede ad Ayame una gioia indescrivibile. Talia, dopo un'iniziale resistenza, aveva ceduto ai tentativi di approccio di Shun e passò la maggior parte del tempo insieme a lui; i battibecchi tra Psiche e Seiya erano diventati una colonna sonora costante delle loro giornate, nonostante la ragazza avesse iniziato a nutrire un certo interesse, purtroppo non ricambiato, per Ikki, tra tutti il più schivo e silenzioso. Ayame avrebbe voluto intervenire, ma l'aridità del cuore del Cavaliere, causata dalla perdita della sua amata Esmeralda, glielo impediva. Era inoltre consapevole che qualcun altro sarebbe arrivato per la sua Sacerdotessa.

Fu durante una notte particolarmente limpida e fresca che, im mezzo al firmamento di stelle candide, Venere si tinse di rosso. Il resto del mondo l'avrebbe vista come la stella bianca e luminosa di sempre, ma agli occhi di Ayame assunse cupe tinte di fuoco, che risvegliarono in lei la voglia di combattere. Nel momento in cui cambiò colore si trovava sul grande terrazzo del palazzo di Saori, quasi avesse presentito che era giunto il momento degli addii. Sospirò e iniziò ad allontanarsi dalla balaustra in marmo camminando all'indietro, senza perdere d'occhio la stella. Il suo richiamo era troppo forte per resisterle, ma c'era una cosa che prima doveva fare. Alzò gli occhi verso una delle finestre del primo piano, ancora lievemente illuminata nonostante fosse tardi. Il suo cuore accelerò i battiti. Aveva paura, ma doveva farlo.
In breve fu davanti alla porta della stanza di Hyoga. Il suo respiro era affannato e le tremavano le gambe, ma quando il ragazzo le apparve davanti, sorridente, riuscì a rilassarsi. Era a torso nudo, probabilmente si stava preparando per andare a dormire, a giudicare dall'espressione piacevolmente sorpresa che gli si dipinse sul volto.
"Ehi, non pensavo fossi ancora qui" le disse prima di chinarsi per darle un leggero bacio a fior di labbra.
"Posso entrare?" domandò lei invece di fornire spiegazioni. Il Cavaliere le lasciò libero il passaggio e chiuse poi la porta.
L'agitazione la colse nuovamente e Ayame prese a tormentarsi le mani, particolare che a Hyoga non sfuggì.
"Va tutto bene, Ayame?" le chiese circondandole le spalle con un braccio.
A quel tocco le salì un brivido lungo la schiena e quasi le cedettero le gambe quando, alzando lo sguardo, incontrò gli occhi azzurri di Hyoga. La voglia di lui crebbe a dismisura e dovette far ricorso a tutto il suo autocontrollo per non fare gesti avventati. Prima che potesse chiederle qualcos'altro annuì in risposta alla sua domanda.
"Sono rimasta perchè mi sono ricordata che dovevo chiederti una cosa molto importante"
"Chiedi pure, allora"
Ayame prese un bel respiro e disse tutto d'un fiato "Vuoi passare la notte con me?"
Hyoga restò spiazzato dalla proposta di Ayame e si accigliò. Non che non avesse capito il senso della richiesta, ma nonostante tutto una strana paura lo prese, dovuta forse al fatto che aveva a che fare con la dea dell'amore in persona.
"In che senso...passare la notte?" chiese titubante, non riuscendo però a staccarsi da Ayame. Gli risultò ancora più impossibile quando lei gli rivolse uno sguardo che non era mai stato così sensuale e irresistibile.
"In tutti i sensi" rispose lei a voce bassa, facendosi più vicina e poggiando le mani calde sul suo petto "Voglio vederti... toccarti... annusarti... assaporarti... sentirti..."
Le sue parole divennero sempre più un sussurro a fior di labbra, che Hyoga non esitò a imprigionare tra le sue in un bacio impaziente e ricambiato appieno.
"Io voglio averti" ribattè lui in affanno mentre prendeva il respiro per poi ributtarsi nella bocca della sua dea, il cui corpo perfetto era ormai alla mercè delle sue mani.
In breve furono liberi dei vestiti, pelle contro pelle, ventre contro ventre, bacino contro bacino, in un nuovo ballo al ritmo dei loro gemiti e dei loro sospiri. La paura aveva lasciato il posto alla passione, all'amore carnale consumato con dolcezza, dove non importava provare piacere per se stessi ma farlo provare all'altro. L'innata esperienza della dea fece durare quella danza d'amore una notte intera, fatta di carezze, baci languidi e infiammati, sguardi intensi e gemiti strozzati, fino all'apice, sopraggiunto insieme al sole del nuovo giorno.
Sudati e sfiniti, Ayame e Hyoga caddero subito in un sonno profondo l'una tra le braccia dell'altro, un leggero lenzuolo a coprire i loro corpi ancora frementi d'eccitazione ma pienamente soddisfatti. Il sonno di Ayame durò però poco, perchè il richiamo della stella si fece potente e la costrinse a sciogliersi dall'abbraccio del suo uomo e, una volta rivestita, a partire alla volta di Vulcano, dopo un lieve bacio d'addio e una piccola lacrima.

Il letto emanava ancora il calore del suo corpo e dalle lenzuola saliva il suo profumo, ma di Ayame non c'era neanche l'ombra quando Hyoga si svegliò. Capì dove era andata ancora prima di porsi la domanda. Come aveva detto quel giorno in ospedale, sarebbe dovuta andare da sola, mentre Atena e gli altri l'avrebbero raggiunta dopo.
Sospirò e si avvicinò alle lenzuola per inebriarsi del profumo di cui erano impregnate e che aveva potuto annusare per tutta la notte precedente, mentre Ayame gli si concedeva. Era stato il suo primo uomo, anche se l'essere la reincarnazione della dea dell'amore l'aveva resa audace e sensuale come una donna esperta. Aveva fatto l'amore con una dea ed era stato magico, divino, un'esperienza indimenticabile. Se gli avessero detto tempo prima che sarebbe successo, non ci avrebbe creduto.
Ma ora la sua dea era in viaggio verso Efesto e lui doveva raggiungerla. Si staccò malvolentieri dalle lenzuola e, dopo una breve risciacquata, si vestì per andare ad avvertire gli altri compagni. Erano già tutti svegli e riuniti nella grande sala del palazzo, insieme alle Sacerdotesse e a Saori, la quale non gli diede il tempo di parlare.
"Sappiamo già tutto, Hyoga. Ayame è partita alla volta di Vulcano"
"Se ci sbrighiamo, forse riusciamo a raggiungerla" disse Seiya, subito smentito da Psiche.
"Afrodite, come Efesto e Atena, ha il dono del teletrasporto. Sarà già sul posto ora"
"Atena sa teletrasportarsi?"
"Non più" rispose la giovane dea "E' una capacità tipica delle divinità neonate, quali Efesto e Afrodite. Io l'ho persa ormai da molto tempo"
"Allora conviene davvero sbrigarsi, se non vogliamo arrivare tardi" concluse Ikki, ricevendo uno sguardo d'assenso da parte di tutti, Hyoga in special modo.

L'isola di Vulcano, una delle isole Eolie, deve il suo nome ai numerosi crateri vulcanici qui presenti, ai piedi del maggiore dei quali stava Ayame. La terra sotto i suoi piedi tremava tanta era l'attività del magma sotto di essa, segno inconfutabile della presenza di Efesto sull'isola. Davanti a lei, un arco di lava solidificata segnava l'ingresso nei territori del dio del fuoco, che la attendeva in cima al ripido sentiero tra i rigagnoli di lava. Intenzionata a portare a termine la sua missione, Ayame fece per muovere il primo passo, ma un cosmo potentissimo la costrinse a fermarsi e a mettersi in guardia. Dopo pochi secondi un giovane in abiti altolocati, dai lunghi capelli color del mare al vento, le si mostrò, seguito da un suonatore di flauto traverso somigliante in tutto alla giovane Talia. Il giovane si fermò a pochi passi da lei e si inchinò ossequioso.
"I miei omaggi, dea Afrodite"
"Poseidone, qual buon vento ti porta tra le brulle alture di Vulcano?" rispose Ayame a tono.
"Sono ormai molti mesi che vago per il mondo, insieme al mio fedele Generale, Sorrento, per allietare i bisognosi con i miei doni e la sua musica. Il caso ha voluto che mi trovassi nei paraggi quando ho percepito il potente cosmo di una divinità neonata in cima a questo vulcano, e un altro di egual potenza avvicinarsi ad esso. Non ho saputo resistere alla curiosità"
"Il tuo Generale mi ricorda moltissimo una mia Sacerdotessa, Talia"
"E' mia sorella" rispose il giovane suonatore "Vi sarei molto grato se mi deste qualche informazione su di lei. E' tanto che non la vedo"
Ayame sorrise intenerita, quindi rispose "E' una delle mie migliori guerriere e l'ultima volta che l'ho vista era in splendida forma"
Sorrento ringraziò sorridendo la dea e lasciò nuovamente la parola a Poseidone.
"Lo scontro tra due divinità neonate e ciò che di più apocalittico si riesca ad immaginare"
"Cercherò di controllare la mia potenza. Non è mio interesse distruggere la terra, anzi, tutto il contrario"
"In nome dell'amicizia con Atena"
"Sì, infatti"
"Allora guiderò qui i suoi Cavalieri perchè ti diano un aiuto. Nel mentre, che il tuo cammino verso Efesto sia privo di pericoli"
Ayame ringraziò con un cenno, prima di incamminarsi lungo il sentiero alla volta del tempio di Efesto e di Josuke.

E dopo aver terminato gli esami (per quest'anno) torna ad aggiornare la sua fic più bella e seguita!
Scusate per l'interminabile attesa, ma sono stata sull'orlo dello sclero e mi sono dovuta riprendere...ma ora ecco qua il cap numero 20!
Purtroppo, la fanciulla in foto non è Ayame, ritentate con questa:
Sacerdotessa2
Dai è molto più semplice no?
Passiamo ai ringraziamenti:
-ti con zero: non preoccuparti, in ritardo o puntuale il tuo commento è sempre gradito :) un ospedale così nn so se esiste, ma mi applicherò xkè lo costruiscano ;) spero ti sia piaciuto il nuovo pezzo!
-Krisalia Kinomiya: ecco a te il nuevo capitulo, spero sia di tuo gradimento! Grazie per i tuoi commenti grandiosi e puntuali!
-roxrox: e qui diventano ancora più pucciosi, no? Grazie per il tuo commento, spero ti sia piaciuto il nuovo cap"
-kikka_hiwatari: grazie di tutto cara, spero ti piaccia il nuovo pezzo! Buona lettura!
Grazie anche a chi segue la storia, a chi l'ha messa tra i preferiti e a chi l'ha solo letta.
Alla prossima, baci!

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Vulcano ***


A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea dell'Amore")

Capitolo 21 - Vulcano

Il jet privato della fondazione Kido atterrò sulla pista dell'aeroporto dopo nemmeno un'ora da quando Tatsume l'aveva richiesto. Saori, insieme ai Cavalieri e alle Sacerdotesse, tutti già vestiti delle loro armature, l'attendevano nell'hangar, in trepidazione. Ogni minuto che passava Ayame si avvicinava sempre più alla cime di Vulcano. Ogni secondo perso diminuiva l'attesa per lo scontro tra Efesto e Afrodite.
Il pilota scese dal velivolo con un balzo e corse verso Saori.
"Partiremo non appena avremo fatto rifornimento di carburante!" urlò per farsi sentire sopra il rombare dei motori "Il viaggio fino in Italia è il più lungo che il jet abbia mai affrontato e non possiamo rischiare di rimanere a secco a metà"
"Sta bene! Provvedete subito!" rispose Saori.
"Non possiamo attendere oltre, Milady!" protestò però Hyoga avvicinandosi alla fanciulla.
"Vuoi avere la certezza di raggiungere Ayame, sì o no?" gli domandò allora lei, severa.
Il Cavaliere non rispose ma si limitò ad abbassare lo sguardo, pur rimanendo teso. Saori sospirò e gli posò una mano sulla spalla in gesto di conforto.
"La raggiungeremo in tempo, te lo prometto"
"Non posso perderla un'altra volta"
"Non accadrà. Nessuno di noi vuole che accada"
Hyoga annuì e rivolse lo sguardo all'aereo fermo sulla pista. Il vuoto che gli aveva lasciato Ayame gli pesava sul cuore come un macigno. Era come se gli avessero tolto un pezzo di anima, il più importante, e sentiva il bisogno impellente di andarlo a riprendere. Desiderò come mai aveva fatto di non essere un semplice essere umano, ma di possedere un potere, qualsiasi capacità gli avesse permesso di coprire la distanza tra lui e l'isola di Vulcano in meno di un battito di ciglia. Mai come allora si sentì impotente e inetto.
"Non sai cosa darei per poterlo aiutare in questo momento" disse Shun, che non aveva perso di vista l'amico per tutta la mattinata.
Talia, al suo fianco, gli prese la mano tra le sue.
"Lo desideriamo tutti. Ma niente può farlo stare meglio se non ritrovare e riabbracciare Ayame. Noi possiamo solo fare in modo che ciò accada e per questo ci vuole pazienza"
Shun si voltò verso la Sacerdotessa, che ricambiò il suo sguardo intenso arrossendo leggermente. Strinse la presa sulle sue mani.
"Voglio che mi prometti una cosa, Talia"
"Qualsiasi cosa"
"Promettimi che, alla fine di tutto, tornerai da me sana e salva, e suonerai per me la tua melodia più bella"
"Solo se lo fai anche tu"
"Te lo prometto, ma non assicuro niente sulla melodia"
Si concessero entrambi un leggero sorriso, prima di suggellare il giuramento con un leggero bacio.
Poco distante, Psiche sorrise intenerita, nonostante l'amaro sapore che le salì in bocca. Si chiese in cuor suo se qualcuno le avrebbe mai chiesto di non morire per tornare da lui. Il suo carattere era sempre stato troppo duro perchè un uomo potesse fare breccia nel suo cuore. L'unico che ci era riuscito aveva però un animo più duro del suo e impossibile anche solo da scalfire. Forse, come la Psiche della leggenda, doveva attendere l'arrivo di un dio per trovare la sua anima gemella, come era successo ad Afrodite e Hyoga. Loro, però, erano andati contro ogni mito esistente.
Anche l'animo della giovane Galatea era irrequieto. Un nuovo scontro col fratello, forse l'ultimo, l'attendeva sulle pendici di Vulcano. Sarebbe stata all'altezza? Il fatto che i loro destini fossero legati dall'alba dei tempi avrebbe influito sul loro destino? Serrò gli occhi per scacciare l'ansia e la paura che le ribollivano nel petto. Due mani possenti sulle spalle glieli fecero riaprire per la sorpresa e i suoi occhi nocciola incontrarono lo sguardo azzurro intendo di Shiryu.
"Non lasciare che la paura abbia il sopravvento"
"Non riesco a liberarmene" ribattè lei con voce tremante.
"Infatti non devi. Se controllata, la paura può diventare una grande alleata. Ma se lasci che ti pervada l'animo, allora partirai già sconfitta"
Galatea sospirò e annuì col capo.
"Il fatto che tu sia più giovane e inesperta di tuo fratello non deve per forza metterti in svantaggio nei suoi confronti. Devi credere in te stessa quel tanto che basta per essere più forte di lui"
"Ci proverò"
"Ci riuscirai"
"Milady!" chiamò il pilota "Il jet è pronto a partire"

Quando un arco di lava ancora incandescente e quattro volte più grosso di quello che segnava l'inizio del sentiero le si parò davanti, Ayame capì di essere arrivata a destinazione. Ad ogni passo aveva percepito l'atmosfera farsi sempre più incandescente e, nonostante non sentisse per niente la stanchezza, era completamente ricoperta di sudore.
Dietro al grande arco si estendeva un colonnato rosso fuoco, in mezzo al quale scorreva un ribollente fiume di lava, con al centro una passerella di pietra. In fondo, scolpita nella roccia, si intravedeva una breve scalinata, anch'essa fiancheggianta da colonne incandescenti, che conduceva ad un piccolo altipiano roccioso e coperto da quelle che sembravano nuvole basse, da cui si poteva dominare tutta la zona. Alle spalle del pianoro, imponente come un titano, il cratere maggiore dell'isola faceva uscire lunghi lingue di lava bollente.
Doveva essere lì che Efesto l'attendeva, perciò non indugiò oltre e, passato l'arco, mosse i primi passi sulla passerella rocciosa. Questa sprofondò di qualche centimetro nella lava, ma non diede poi altri segni di cedimento fino a quando Ayame non giunse dall'altra parte. Una volta scesa, tornò a galleggiare come prima. Posò allora il piede sul primo scalino, quando un cosmo conosciuto attirò la sua attenzione. Non aveva intenzioni ostili, ma lo trovò ugualmente fastidioso.
"Non ti è bastata la lezione che ti ho dato al nostro ultimo incontro, Ciclope?" domandò Ayame a Palemone con tono tagliente.
Il Ciclope uscì da dietro una delle colonne infuocate, un ghigno malignamente divertito sulle labbra.
"Mia cara Afrodite, avete fatto presto a giungere al cospetto del mio signore"
"Non mi piace far aspettare le persone"
"O forse desiderate essere sconfitta il più in fretta possibile?"
"Credimi, sono più che intenzionata a fare in modo che non accada"
"Naturalmente!" esclamò Palemone con un teatrale gesto delle braccia "Tutto per salvare la Terra e i suoi meschini abitanti!"
"Posso ricordarti che, se non fosse stato per me, oltre che per Efesto, a quest'ora non avresti nemmeno un corpo? Non ti conviene sputare nel piatto in cui hai tanto desiderato mangiare"
"Perchè accontentarsi di essere un semplice essere umano, quando puoi essere un dio?"
"Un uomo che si eleva a divinità! Hai già tentato in passato, Palemone, e penso sia inutile ricordarti a cosa ciò ha portato"
"Sì, avete ragione. Ho capito che l'inganno non è l'arma giusta. Ho capito che frutta di più l'accondiscendenza. Per questo motivo ho fatto in modo che Efesto si fidasse ciecamente di me, nonostante il tradimento, che mi eleggesse a suo braccio destro e che mi promettesse la vita eterna. Ad una condizione, ovviamente"
"Sarebbe?". L'allusione di Palemone non le piacque affatto e, per precauzione, allertò tutti i sensi.
"Non voglio rovinarvi la sorpresa, mia dea. Sarà lui stesso a svelarvelo tra qualche istante. Mi ha solo mandato in avanscoperta, nel caso Atena e i suoi Cavalieri arrivassero prima del previsto. Ma quando vi ho intravista, non ho resistito a mettervi la pulce nell'orecchio. Consideratela una piccola rivincita per la sconfitta di qualche giorno fa"
Palemone scese fino alla fine della scalinata e indugiò vicino ad Ayame.
"A presto, Afrodite. Quando sarò anche io divinità, ti assicuro che non sarò io ad essere umiliato"
Il Ciclope ripercorse a ritroso la strada che l'aveva portata lì e scomparve dietro al grande arco di lava.
Pervasa dalla rabbia, Ayame prese a salire la scalinata più velocemente possibile, finchè il grande altipiano non si aprì davanti al suo sguardo. In mezzo ad esso si aprivano dei piccoli crateri fumanti, i cui sbuffi avevano creato la nube che aveva visto dal basso. Non sembrava esserci anima viva oltre a lei, ma nonostante ciò si addentrò tra i piccoli bacini con cautela. Dopo qualche metro il fumo si diradò, permettendole di vedere il grande trono roccioso in cima a tre bassi scalini intagliati nella montagna. Seduto sullo scranno, Efesto era assorto nei suoi pensieri, ma si ridestò subito appena percepì lo sguardo intenso di Ayame addosso.
"Cara Afrodite! Benvenuta nella mia umile dimora! Accomodati, prego!"
Ayame non ebbe neanche il tempo di reagire che dei fili invisibili la presero per polsi, vita e caviglie, costringendola ad arretrare e a sedersi su un piccolo trono dorato e abilmente intagliato. Tutti i tentativi per liberarsi dai lacci furono inutili.
"Che significa?" domandò infuriata al dio davanti a lei, che sorrideva soddisfatto.
"Non è ancora tempo per affrontarci, Afrodite" iniziò a spiegare Josuke mentre scendeva dal trono "Non sarebbe giusto non lasciare ai tuoi Cavalieri nemmeno un'opportunità di salvarti. Attenderemo assieme il loro arrivo sull'isola e osserveremo la loro risalita per il vulcano. Naturalmente, durante il tragitto dovranno affrontare i miei Ciclopi. Per ogni mio guerriero abbattuto, uno dei lacci che ti lega al Trono di Era svanirà"
"E se tutti i Ciclopi verranno sconfitti?"
"Allora potrai scontrarti con me. Ti conviene augurarti che facciano in fretta perchè, più starai seduta sul trono, più il tuo cosmo si indebolirà, assorbito dai lacci. Ad essere sincero, Afrodite, temo che tu abbia perso in partenza"
"Non sottovalutare i Cavalieri di Atena, nè tantomeno le mie Sacerdotesse"
"Non l'ho fatto, infatti. Ma mi sono assicurato che almeno uno dei miei Ciclopi resti in vita. Il desiderio di Palemone di diventare un dio è talmente forte che non risparmierà nessun colpo per uccidere tutti i tuoi adorati Cavalieri"
"Solo contro dieci non potrà fare molto"
"Ma io non gli ho chiesto di affrontarli tutti. Ce n'è uno in particolare che desidero vedere in viaggio verso l'Ade" le si fece più vicino e avvicinò le labbra al suo orecchio "Indovina chi è?"
Facile immaginarlo quanto doloroso. "Hyoga" rispose Ayame a denti stretti.
"Esatto, perciò mettiti comoda e goditi lo spettacolo, mia cara". Con un gesto della mano fece ruotare il trono verso il ciglio dell'altipiano "Purtroppo per te non so se avrà un lieto fine"

Ehm, lo so, questo ritardo è imperdonabile e merito la fustigazione online, ma posso assicurarvi che questa ff non resterà inconclusa...e infatti eccovi il cap 21 :) è un po' breve ma pazientate e avrete capitoli succosi nei prossimi post.
Per quanto riguarda il giochino dei disegni, vi svelerò le prime due fanciulle: erano rispettivamente Talia e Psiche.
Eccone un'altra:
Sacerdotessa3
Sperando che mi seguano ancora, ringrazio i lettori e commentatori:
-ti con zero: non preoccuparti cara, l'importante è che continui a seguire la ff come stai facendo :) ti suguro una buona lettura e buon lavoro con la tesi! Bacio!
-kikka_hiwatari: grazie cara, sono contenta che ti sia piaciuto :) spero che valga lo stesso per questo nuovo cap! Alla prossima baci!
-Krisalia Kinomiya: eh già, sono proprio in zona, perciò occhio a qualche scossa sismica dell'incavolato Efesto :D tranquilla, come promesso, qusta ff non sarà insoluta, ci tengo troppo per lasciarla a metà e -piccola anticipazione- stiamo già elucubrando un sequel o.O buona lettura baci!
Grazie anke ai lettori silenziosi, a chi segue la fic e a chi l'ha messa tra i preferiti.
A presto!

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Alle pendici del monte ***


A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea dell'Amore")

Capitolo 22 - Alle pendici del monte

Gli occhi blu di Poseidone scrutavano intensamente la cima del vulcano, attenti e concentrati sull'ammasso di nubi bianche dentro cui era sparita poco prima Afrodite. Il cosmo della giovane dea era immensamente potente, al pari di quello di Efesto, ed entrambi erano perfettamente percettibili da miglia di distanza. Anche il suo era stato così, al tempo in cui era una divinità neonata, reincarnata da poco nel corpo del giovane Julian Solo che ancora in quel momento stava abitando. Al tempo la sua grande potenza gli aveva dato alla testa, facendo nascere in lui smanie di conquista che aveva assecondato senza remore. Sconfitto e reso impotente da Atena e dai suoi Cavalieri, aveva avuto il tempo di riflettere sulle sue azioni e di redimersi in qualche modo, vagando insieme al suo fidato generale Sorrento per il mondo ad aiutare ed allietare i bisognosi e intervenendo nella Guerr Sacra contro Hades inviando ai Cavalieri nei Campi Elisi le armature d'oro. In tutto questo tempo il suo cosmo era diventato meno potente, ma si era arricchito di un'esperienza e una saggezza impagabili, che l'avevano spinto a dare manforte anche in quell'ultimo scontro tra divinità. Aveva la certezza che Afrodite avrebbe usato le sue potenzialità con parsimonia, ma non poteva giurare lo stesso riguardo a Efesto, la cui sete di potere non era dissimile dalla sua.
Un impercettibile cambiamento nel cosmo di Afrodite lo mise in allarme. Qualcosa di imprevisto era successo in cima al monte. Si sarebbe aspettato un'esplosione di potenza, la terra che tremava, il vulcano in agitazione. Invece il cosmo della dea era cambiato, si era leggermente indebolito...e continuava a farlo. Lentamente ma inesorabilmente, il potere di Afrodite stava diminuendo.
"Che sta succedendo?" domandò tra i denti al monte silenzioso e imperioso.
"Mio signore?" chiese Sorrento, ugualmente preoccupato, facendosi più vicino al dio.
"Qualcosa non va lassù. E i Cavalieri tardano ad arrivare" rispose Poseidone sempre più preoccupato.
"E' iniziata la battaglia?"
"No, ma per una ragione sconosciuta il cosmo di Afrodite si sta indebolendo ugualmente. Se non arrivano in tempo, ci saranno poche speranze per lei di sopravvivere"
"Ma, com'è possibile una cosa del genere?"
"Come la freccia di Betelgeuse e la Colonna Portante del mare. Efesto deve aver trovato uno stratagemma simile"
"Bisogna intervenire, allora!"
"Sono ancora prigioniero del sigillo di Atena, il mio cosmo è infima cosa rispetto al loro e tu potresti fare ben poco. Possiamo solo sperare che i Cavalieri non tardino troppo, più tempo passa, meno ne avranno a disposizione per salvarla"
Poseidone si voltò e diede le spalle al monte, iniziando a scrutare il mare con la stessa intensità.
"Il nostro compito è attendere il loro arrivo qui e metterli in guardia sui pericoli che andranno ad affrontare. Non è ancora tempo che il dio del mare torni sul campo di battaglia"

Un'altra goccia della sua forza la abbandonò, e il laccio che le teneva il polso sinistro legato al bracciolo del trono brillò per un breve istante, prima di tornare opaco e nebuloso. Ayame strinse il pugno per frenare la rabbia che lentamente stava montando dentro di lei e lanciò uno sguardo carico d'odio a Efesto, in piedi davanti a lei. Impassibile come una statua, il dio stava guardando l'orizzonte dall'alto del suo incandescente maniero, oltre le nubi di fumo, in attesa dell'inizio degli scontri. I suoi Ciclopi si erano posizionati lungo i vari sentieri che conducevano alla cima del Vulcano, pronti ad accogliere qualsiasi Cavaliere o Sacerdotessa si fosse presentato al loro cospetto. L'ordine era uno soltanto: nessuno doveva arrivare ai piedi del trono di Efesto, nessuno di loro doveva morire e cedere il passo. Ad ognuno di essi era legato il cosmo di Afrodite e la loro caduta avrebbe significato una riacquisizione delle forze da parte della dea. E se c'era una cosa che Efesto voleva evitare era uno scontro con lei.
"Sembra che i tuoi salvatori tardino ad arrivare" commentò con amaro sarcasmo, senza neanche voltarsi, ma percependo la rabbia di Afrodite che cresceva nel suo cuore.
"Non puoi vincere, Efesto. Il tuo folle piano non andrà in porto. Sei in minoranza, due divinità contro una. Che speranze pensi di avere?"
"Posso ricordarti, mia cara, che una delle due divinità a me nemiche si sta lentamente indebolendo a pochi metri da me?"
"Non ti permetterò di sconfiggermi così vigliaccamente. Mi libererò da questa prigione e te la farò pagare per tutto, puoi contarci"
"Puoi chiamarmi vigliacco quanto vuoi, Afrodite, ma se adesso ti ritrovi in una situazione così scomoda è solo per colpa tua. Hai scelto di spezzare un cuore, di renderlo vulnerabile alla mia volontà. Se avessi accettato la proposta di matrimonio del povero Josuke a quest'ora non ci sarebbe il minimo pericolo che la Terra cada sotto il mio potere"
"Josuke non farebbe mai una cosa del genere. Ha un cuore buono e gentile, io lo so. E' da qualche parte nascosto, ma c'è ancora e mi auguro con tutta me stessa che riesca a prendere il sopravvento su di te, Efesto"
"Hahaha! E come può, di grazia? Io e Josuke siamo una cosa sola, ormai. Siamo diventati un tutt'uno molto prima di te" Efesto si voltò mostrando ad Ayame la sua faccia malignamente divertita "Il cuore di quel ragazzo non è così buono come pensi. O meglio, lo era, prima che tu glielo riducessi in briciole"
"Tu menti!" gridò furibonda Afrodite, gli occhi velati dalle lacrime "La tua malvagità non è la sua. Tu non sei il ragazzo cui ho imparato a voler bene e che ho apprezzato per la sua forza di volontà. Josuke non è il mostro che ora è qui davanti a me"
A quelle parole, qualcosa si riscosse nell'animo di Efesto, una leggera turbolenza che ridiede ai suoi occhi una lucentezza umana. Il cambiamento non sfuggì ad Ayame e la ragazza tentò di approfittarne.
"Josuke, ascoltami, ti prego" lo implorò con voce accorata "Fai cessare tutto questo. Non ha senso ciò che stai facendo, milioni di persone moriranno per le mire di conquista di un dio che non ha nulla a che spartire con te. Tu non sei così, io lo so, ti conosco. Abbiamo passato tanto tempo assieme e ho visto quanta bontà alberga nel tuo cuore. Non lasciare che la sua cattiveria ne prenda il posto. Torna ad essere il mio Josuke, ti scongiuro"
"Ayame..." sussurrò debolmente Josuke.
"Sì, Josuke, sono io. Sono la tua amica Ayame, e ti voglio bene"
"Davvero?" domandò lui con fare da bambino, muovendo un passo verso di lei.
"Ma certo!"
"Mi ami?" chiese ancora, speranzoso.
Il viso di Ayame si contrasse in un'espressione dispiaciuta. Probabilmente, se avesse mentito, tutto quanto si sarebbe potuto risolvere. Ma nell'eventualità in cui Efesto avesse scoperto la sua bugia le conseguenze sarebbero state disastrose. Inoltre non ce l'avrebbe fatta a rinnegare il suo amore per Hyoga.
"Non posso amarti, Josuke, lo sai. Provo per te un affetto sincero, ma non ti amo. Ti sto chiedendo di accontentarti di questo e di porre fine a questa follia. Io ti starò vicina, continuerò a farlo e potrai contare su di me per qualsiasi cosa..."
"Basta!!" urlò Josuke, una maschera di rabbia dipinta sul volto.
"Ti prego, Josuke, ascoltami! Manda via Efesto dal tuo corpo. Devi resistere alla sua volontà, non farti schiacciare dal suo odio"
"STA ZITTA!" esplose il dio, concentrando la sua rabbia su Afrodite. I lacci che la tenevano prigioniera si accesero di rosso e si strinsero attorno a lei, provocandole un dolore lancinante in tutto il corpo. Tentò di trattenersi, ma alla fine dovette liberare un acuto urlo di dolore che riecheggiò per tutta la montagna, fino alle orecchie di Poseidone, la cui attenzione fu nuovamente sul vulcano. Il brusco e repentino calo nel cosmo di Afrodite non era per niente un buon segno e stava a significare che il tempo stringeva.
"Mio signore!" lo chiamò Sorrento emozionato "Stanno arrivando!"
Julian portò lo sguardo verso il punto indicatogli dal suo Generale, un cumulo di bianche nuvole contro cui si stagliava una piccola sagoma nera che velocemente prese le sembianze di un elicottero. Sorrento iniziò ad agitare le braccia per attirare l'attenzione del pilota.
"Stiamo arrivando, Poseidone" disse Atena nella mente del dio "Vi abbiamo visti"
In breve il velivolo arrivò a sorvolare il piccolo pianoro su cui Julian e Sorrento li stavano aspettando. Ad uno ad uno i Cavalieri scesero dall'elicottero, leggermente sorpresi di trovarsi di fronte Poseidone. La prima delle Sacerdotesse a mettere piede a terra fu Talia, che subito si gettò tra le braccia aperte del fratello, sotto lo sguardo sorridente di Shun.
"Che bello rivederti, sorellina!" disse commosso il Generale stringendo la ragazza fino al soffocamento, quindi la staccò leggermente da sè per osservarla meglio "Sono proprio fiero di te"
"Grazie" rispose Talia lasciandosi sfuggire una lacrima per l'emozione e la contentezza.
Nel frattempo anche le altre Sacerdotesse e Atena erano scese e l'elicottero aveva ripreso il volo in cerca di un eliporto sulla terraferma.
"A cosa dobbiamo la tua presenza qui, Poseidone?" domandò Saori a Julian, per niente preoccupata per la sua presenza.
"Ero nei dintorni quando ho percepito due cosmi conosciuti e molto potenti" iniziò a raccontare il dio "Non pretendo di dare una mano durante lo scontro nelle condizioni in cui sono, ma ho pensato di poter essere utile in altro modo"
"Sai qualcosa riguardo ad Efesto e ai suoi Ciclopi?" gli chiese Ikki.
"Non è mai stato un tipo bellicoso. E' strano vederlo in questa veste e devo dire che è sempre stato sottovalutato. Ha armi molto potenti a sua disposizione e in una di queste è stata intrappolata Afrodite"
"Intrappolata?" scattò Hyoga, andando a pararsi davanti a Poseidone "Che significa, spiegati!"
Il comportamento irruento del Cavaliere non scompose Julian, che prese un profondo respiro e iniziò a spiegare.
"Afrodite è caduta vittima del Trono di Era" Saori spalancò gli occhi al sentir nominare l'arma di Efesto, ma gli altri guerrieri non parvero capire, perciò Poseidone continuò.
"E' un trono d'oro di raffinata fattura, forgiato ai tempi del mito da Efesto per punire Era del disprezzo che aveva dimostrato nei suoi confronti. Anche allora i guerrieri devoti ad Era dovettero ingaggiare un'ardua battaglia contro i Ciclopi per liberare la loro dea e anche velocemente. Il Trono è strettamente legato ai cinque guerrieri di Efesto perchè ad ognuno di loro corrisponde un laccio dello scranno, capace di assorbire l'energia vitale di chi vi è imprigionato. Solo sconfiggendo i cinque Ciclopi è possibile liberare Afrodite dalla sua prigionia, e bisogna farlo prima che il suo cosmo si esaurisca"
La spiegazione di Poseidone fece cadere un silenzio sepolcrale tra i Cavalieri e il volto sconvolto del guerriero del Cigno era emblema del sentimento che tutti in quel momento stavano provando.
"Non c'è un minuto da perdere quindi" sentenziò allora Saori, facendosi largo tra i ragazzi "Dobbiamo risalire il Vulcano il più velocemente possibile"
"Potremmo dividerci in squadre" propose Shiryu "Siamo dieci e dobbiamo affrontare cinque nemici. E' probabile che siano dislocati in vari punti del sentiero, quindi si potrebbe percorrere i vari sentieri che portano alla cima a coppie. Non sarà leale combattere in due contro uno, ma non mi sembra che i Ciclopi siano mai stati altrettando corretti con noi"
"Sono d'accordo" disse Seiya "Speriamo di beccarci l'accendino ambulante, ho un conto in sospeso con lui"
"Strano, tu non hai mai conti in sospeso" commentò con amaro sarcasmo Psiche.
"Non c'è tempo per scherzare, Cavalieri" li riprese Saori, gli occhi già velati di un'aurea dorata "Dividetevi in coppie e percorrete i sentieri fino alla cima della montagna. Ayame ha già perso molto del suo cosmo. Io resterò qui a supportarla donandole il mio finchè non arriverete alla cima"
"Penserò io a proteggerti, Atena" si offrì Sorrento, inchinandosi davanti alla dea, che sorrise e annuì.
Davanti a lei le coppie si erano formate: Shiryu sarebbe salito insieme alla giovane Galatea, che aveva preso sotto la sua ala protettiva; Psiche sarebbe stata affiancata da Ikki, Seiya da Aglaia, Hyoga da Eufrosine e Shun da Talia. Saori osservò ciascuna delle coppie intensamente.
"Buona fortuna ragazzi" augurò poi loro, prima che i dieci guerrieri schizzassero lungo i sentieri alla velocità della luce.


Eccomi tornata! Purtroppo gli aggiornamenti saranno più dilazionati prossimamente, sto cercando di portare avanti altri progetti che si erano arenati ma che sono riuscita a riprendere, perciò pardonne moi se potete!
Ecco il cap. 22, i nostri guerrieri tornano a combattere contro i Ciclopi. Preannuncio che non sarò molto prolissa nelle descrizioni dei combattimenti, per il semplice motivo che non sono capace :D perciò arriveremo velocemente allo scontro finale con Efesto :)
La Sacerdotessa della scorsa volta era Galatea, quella di questo capitolo sarà...(rullo di tamburi)...Eufrosine!
Sacerdotessa4
E ora i dovuti ringraziamenti a:
-ti con zero: grazie di tutto e bentornata tra noi! Spero che questo capitolo ti piaccia! Un bacio alla prossima!
-kikka_hiwatari: già già, tutto nelle mani dei nostri bronzini che si apprestano a scalare il monte :) grazie del commento, buona lettura e fammi sapere che ne pensi, mi raccomando!
-Krisalia Kinomiya: scusa ancora per l'attesa invernale, ecco a te il nuovo capitolo! Spero ti piaccia :) grazie del fedele commento e alla prossima!
Grazie a tutti quelli che leggono solo, che seguono e preferiscono questa ff :)
A presto!

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** I tre Ciclopi ***


A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea dell'Amore")

Capitolo 23 - I tre Ciclopi

Il respiro di Ayame si era fatto via via più faticoso, man mano che il Trono assorbiva il suo cosmo. Lo scatto d'ira che aveva provocato in Efesto aveva accelerato notevolmente il processo, inducendola a pensare che fosse veramente finita per lei e che l'arrivo di Saori coi rinforzi sarebbe stato del tutto inutile. Sudore freddo imperlava la fronte e il viso della dea, la cui vista ogni tanto si faceva offuscata.
L'aiuto di un cosmo conosciuto arrivò improvviso e piacevole come una ventata d'aria fresca e Afrodite riprese lucidità e parte delle forze, sufficienti affinchè riassumesse una posizione sul Trono degna di lei. Incrociò subito lo sguardo sorpreso e furente di Efesto, a cui quella ripresa non era sfuggita, e un sorriso soddisfatto si dipinse sul suo volto.
"A quanto pare è arrivata la cavalleria" gli disse con tagliente ironia e una nuova speranza nel cuore. Atena era con lei, non l'avrebbe abbandonata finchè non sarebbe stata libera dalla morsa di quella trappola, e, insieme a lei, erano arrivati anche i Cavalieri e le sue Sacerdotesse. Ne percepiva distintamente i cosmi che risalivano le pendici del vulcano lungo diversi sentieri e altrettanto bene sentiva le aure dei Ciclopi farsi loro incontro.
Efesto ritornò a scrutare oltre la coltre di nubi, non più spavaldo e divertito ma serio e preoccupato per l'esito di quello scontro che poco prima aveva dato per scontato.
"Ci sono ancora cinque Ciclopi da sconfiggere, prima che tu sia libera e i Cavalieri al mio cospetto. E' presto per cantar vittoria" affermò con quanta più sicurezza possibile Efesto.
"Appunto, è presto. Non dimenticarlo mai" lo mise in guardia Ayame "Anche se siamo dei ci sono variabili che non possiamo controllare nè evitare di tenere in considerazione. Sarebbe un errore che si paga con la rovina e le divinità cadute sotto i colpi di Atena ne sono un esempio"
"Grazie per l'avvertimento, ma conosco anche io la storia dei miei simili e non sono così stolto da non aver imparato nulla. Lo ammetto, la mossa di Atena mi ha sorpreso, ma la tua vita è legata ai miei Ciclopi e non è lei che dovranno affrontare, ma dei semplici mortali. Perciò, come vedi, la Bilancia pende sempre a mio favore, senza contare l'asso nella manica chiamato Palemone"
"Per ora, forse, ma non sottovalutare il nemico. Prevedo che ci saranno svolte interessanti"
"Staremo a vedere. Stanno per iniziare degli spettacoli interessanti quaggiù" sospirò "E' proprio un peccato che tu te li perda"
Ayame tornò allora a concentrarsi sui cosmi lungo il pendio, alla ricerca di uno in particolare di cui seguire la risalita. Hyoga stava percorrendo uno dei tanti sentieri sterrati insieme ad Eufrosine, la quale faticava a tenere il passo del Cavaliere, spinto dalla bramosia di salvare la ragazza a qulsiasi costo.
"Ehi, Principe Azzurro, rallenta!" gli intimò la Sacerdotessa, prendendolo per un braccio "Se arrivi spompato in cima al vulcano, cadrai sotto i colpi di Efesto in un nanosecondo"
"Il cosmo di Ayame si sta spegnendo!" protestò lui, ma non riuscì a liberarsi dalla presa ferma di Eufrosine.
"Atena è con lei e il processo è notevolmente rallentato. Te ne saresti accorto se avessi rallentato un attimo"
Hyoga cercò allora di calmarsi e concentrarsi ed effettivamente riuscì a percepire il cosmo di Afrodite, meno debole di quanto si aspettasse.
"Non temere per me" gli disse Ayame nella mente una volta sfiorata quella del Cavaliere "Concentrati sulla scalata e sui nemici che dovrai affrontare. Io ti aspetto qui"
"Resisti ancora un po', Ayame. Sto arrivando" ribattè Hyoga, lo sguardo perso oltre la cortina di bianche nubi di vapore che nascondevano la cima del vulcano ai suoi occhi.
Gli parve di sentirla sorridere e anche lui lo fece, quindi si voltò verso Eufrosine.
"Hai ragione, scusami. Avevo perso di vista la nostra vera missione"
"Non c'è una vera missione e una falsa, Cavaliere, ma un unico obiettivo. Soltanto, per raggiungerlo occorre fare un passo alla volta e non essere avventati. Non so quali siano le nostre possibilità di vittoria, ma agendo in questo modo sicuramente ne avremo di più"
"Sì, sono d'accordo. Grazie" sorrise Hyoga un po' più calmo nell'animo, come forse voleva Eufrosine.
Ripresero a camminare lungo il sentiero, a passo sostenuto ma ragionevole per entrambi, finchè Hyoga non si fermò di colpo, in guardia.
"Che c'è?" domandò subito Eufrosine, aguzzando i sensi. Ciò che percepì le diede la risposta. "Non è possibile"
"Forse i sentieri si incrociano" azzardò Hyoga.
"O forse è un trucco"
"Imitare i cosmi degli altri è impossibile, Eufrosine"
"Ma non ingannare le menti. Potrebbe volerci far credere che stia arrivando gente amica per farci abbassare la guardia" spiegò la Sacerdotessa, sempre guardandosi attorno.
"Allora non lo faremo, ma dobbiamo comunque proseguire"
Procedettero cauti ancora per qualche minuto, finchè non raggiunsero un crocevia in cui altri due sentieri si intersecavano al loro per diventare uno unico che continuava a risalire il monte. Hyoga ed Eufrosine fecero per continuare, senza però perdere di vista gli altri due percorsi, quando un fruscio di foglie attirò la loro attenzione. Subito accesero i cosmi e si misero in guardia, gli occhi puntati sul sentiero centrale e fittamente coperto di felci. Poco dopo, assieme al fruscio sentirono una voce ansimare, come se qualcuno stesse portando un peso. Hyoga ed Eufrosine si guardarono dubbiosi, per poi tornare ad osservare il sentiero quando la voce emise un ultimo e più acuto lamento e qualcosa di metallico cade a terra.
"Aglaia!" esclamò Eufrosine, riconoscendo la sorella d'armi, corrucciata e affaticata. Quanto a Hyoga, stava cercando di capire il motivo per cui Seiya era privo di sensi a terra.
"Che ci fate qui?" domandò la mora Sacerdotessa, ansimando leggermente.
"Il nostro sentiero arriva fino qua insieme al tuo e a quell'altro" spiegò Eufrosine.
"Perchè Seiya è...svenuto?" domandò allora Hyoga, sempre guardando il compagno.
"E' come se si fosse preso una grandissima sbronza" rispose Aglaia serafica, lanciandò uno sguardo schifato verso il Cavaliere.
"Ok, ma perchè?" insistette Hyoga.
"Non stava un attimo zitto nè diceva qualcosa di intelligente"
"In più Aglaia non ha molta pazienza" aggiunse una terza voce femminile, proveniente dall'altro sentiero che giungeva all'incrocio e appartenente a Talia. Poco dopo di lei apparve anche Shun, che subitò rivolse a Seiya uno sguardo divertito. Anche a Hyoga scappò una risata, ma si costrinse a tornare subito serio.
"Posso capire le tue motivazioni, Aglaia, ma sarebbe meglio se ora lo facessi tornare sobrio"
"A me sembra di maggior utilità in questo stato, almeno per le mie orecchie" ribattè la Sacerdotessa.
"Sì, ma se dobbiamo combattere serve che sia sveglio e attivo. So che può risultare un rompiscatole di prima categoria, ma sul campo di battaglia è uno che non si tira indietro e al momento ci sarebbe molto utile" spiegò di nuovo Hyoga.
Aglaia non si scompose più di tanto, ma si limitò ad una scrollata di spalle e ad uno schiocco di dita. Seiya, sotto di lei, emise un lungo grugnito mentre riprendeva conoscenza e si tirava su a sedere, tenendosi la testa.
"Che è successo?" domandò più a se stesso che a qualcuno in particolare. Realizzò poi la presenza degli altri guerrieri oltre ad Aglaia.
"Voi che ci fate lungo il nostro sentiero?"
"Siamo arrivati ad un incrocio comune" spiegò Shun "Perciò dovremo continuare tutti assieme lungo questa strada comune"
Seiya annuì e si alzò in piedi nonostante fosse stato incosciente fino a pochi secondi prima, sorridente e pieno di energie.
"Finalmente avrò qualcuno con cui parlare. Miss Simpatia qui a fianco si è rivelata peggio di Psiche, in quanto a sense of humour"
Aglaia gli lanciò un'occhiata assassina, ma subito si fece seria e concentrata, così come gli altri attorno.
"Sentite anche voi?" domandò Eufrosine, con tutti i sensi all'erta.
"Sì" rispose Hyoga, ugualmente attento "Non ho mai sentito questi cosmi, ma sono molto simili a quello di Palemone, perciò devono appartenere a qualche altro Ciclope che non abbiamo ma incontrato"
"Per fortuna tua, Cavaliere di Atena!" aggiunse una voce tonante dalla boscaglia, annunciando la comparsa di tre uomini in armature brillanti dalle tonalità metalliche, dal fisico massiccio e l'espressione truce.
"Voi chi siete?" chiese loro Shun, posizionatosi insieme a Hyoga e Seiya davanti alle Sacerdotesse.
"Siamo Ciclopi di Efesto, moscerino" rispose il più grosso dei tre "Io sono Arge dell'Incudine"
Gli altri due si indentificarono come Bronte del Martello e Sterope della Tenaglia.
"Dunque, a quanto ho capito, siete i pagliacci che dobbiamo sconfiggere per raggiungere la cima" precisò Seiya, il cui cosmo si era già acceso.
"Attento a chi chiami pagliaccio, moccioso" minacciò Bronte, serrando contemporaneamente una mano a pugno, che subito venne circondato da un'aura grigio cenere. Eufrosine bloccò, però, l'attacco ancora prima che partisse, immobilizzando il braccio di Bronte con un ramo d'ulivo. Il Ciclope guardò furente la pianta e si liberò con uno strattone.
"Era giusto per ricordarti che ci siamo anche noi" spiegò la Sacerdotessa, affiancandosi ai Cavalieri assieme ad Aglaia e Talia.
"Solo perchè siete in sei pensate di avere la vittoria in pugno?" chiese ghignante Sterope e alla sua risata si unirono gli altri Ciclopi.
"Non siamo tipi da sottovalutare il nemico" rispose Hyoga "Ad ogni modo abbiamo una certa fretta, quindi, se non vi dispiace, iniziate a combattere"
"Se avete così tanta fretta di andare all'altro mondo, ben felici di accontentarvi!"
I tre Ciclopi si lanciarono all'attacco, ingaggiando una lotta serrata ciascuno con due guerrieri, cui seppero tener testa senza troppe difficoltà anche grazie alla considerevole mole. Cavalieri e Sacerdotesse li attaccavano come se stessero combattendo da soli, senza una tattica precisa, risultando così prevedibili e vulnerabili.
Con un potente destro Arge spedì contemporaneamente Shun e Talia contro un albero, il cui tronco si spezzò a cadde rumorosamente a terra, mancando di poco i due combattenti, ma nascondendoli alla vista del Ciclope sotto le sue fronde.
"Così non va affatto bene" ansimò Talia "Saremo sopraffatti in un batter d'occhio se continuiamo a combattere a casaccio"
"Hai ragione" asserì Shun "Presi singolarmente sono forti come due di noi messi assieme, e scommetto che hanno qualche asso nella manica che non hanno ancora rivelato"
"E che ci schiaccerà come sardine inscatolate"
A riprova delle loro supposizioni, in aria si levò potente il grido unisono dei tre Ciclopi, che lanciarono il loro Attacco Combinato contro i quattro restanti guerrieri avversari, atterrandoli all'istante. Hyoga ricadde pesantemente tra i rami dell'albero, vicino a Shun. Era ricoperto da numerose ferite non gravi, ma la potenza del colpo gli aveva mozzato il respiro.
"Hyoga!" lo chiamò Shun, ma il Cavaliere del Cigno non fece in tempo a rendersi conto dell'amico che Sterope lo prese per il collo e lo sollevò sopra di lui.
"E tu saresti la cimice che ha scatenato l'ira del nostro signore? Se non avessimo l'ordine preciso di farti fuori, ti lascerei a strisciare nella polvere, tanta è la pena che mi fai"
"Risparmiami la tua pietà, Ciclope" ribattè a fatica Hyoga, tentando di resistere alla morsa della sua mano "Sappi che non mi arrenderò così facilmente. Ho una missione da compiere per cui sarei felice di sacrificare la mia vita, ma non qui e non per mano tua"
"Temerario il paperotto!" rise Bronte, andando ad affiancare Sterope "Vorrà dire che, come premio, sarai l'ultimo a soccombere sotto il nostro Attacco Combinato. Ma lascia che ti anticipi una cosuccia: nella remota ipotesi in cui tu riesca a sconfiggere tutti e tre - molto remota, oserei dire - scordati di raggiungere la cima del vulcano con ancora un briciolo di vita in corpo. Sei il ricercato numero uno e la taglia sulla tua testa è molto alta. Non hai scampo"
Sterope lo lasciò ricadere tra i rami con poca grazia. Le mani di Hyoga corsero subito alla gola e prese a tossire forte. Shun, che aveva assisitito a tutta la scena da sotto le fronde, raggiunse l'amico per sincerarsi sulle sue condizioni.
"Ehi, tutto bene?"
"Dobbiamo escogitare qualcosa, altrimenti non riusciremo mai a sconfiggerli" biascicò il Cavaliere, mentre in sottofondo Seiya e le altre due Sacerdotesse avevano ripreso ad attaccare senza esclusione di colpi, ma restando sempre in netto vantaggio. Anche Talia si unì a loro e prese a suonare il suo Canto del Passero, che riuscì a bloccare i tre Ciclopi. Continuando a suonare, la Sacerdotessa lanciò un'occhiata eloquente in direzione di Shun, che ritornò allo scoperto e, aiutato Hyoga a rialzarsi, raggiunse i compagni al centro dell'incrocio.
"Serve inventare qualcosa di efficace, altrimenti non ne usciamo vivi" disse Shun, mentre insieme a Hyoga rimetteva in piedi gli altri.
"E possibilmente alla svelta" aggiunse Hyoga "Non so per quanto ancora possa andare avanti Talia".
"Forse ho un'idea" si fece avanti Eufrosine "Noi Grazie abbiamo un attacco combinato, ma serve solo a intontire l'avversario, non lo mette definitivamente al tappeto"
"Però può liberare a voi la strada per dare ai Ciclopi il colpo definitivo" continuò Aglaia, dopo aver compreso la proposta della compagna.
"Non possiamo fare altro che tentare" concluse Seiya, in accordo con gli altri due Cavalieri.
Le Sacerdotesse annuirono e si andarono ad affiancare a Talia. Eufrosine le disse qualcosa nell'orecchio e la Sacerdotessa cambiò melodia, emettendone una più lenta e soporifera. Contemporaneamente Aglaia incrociò le braccia davanti a sè e su di esse presero a crescere dei sottili rami di mirto carichi di foglie e bacche, da cui scaturì una piacevole fragranza che profumò tutta l'aria attorno, concentrandosi soprattutto attorno ai tre Ciclopi. Eufrosine, invece, chiuse gli occhi e congiunse le mani, da cui partirono fasci di luce bianca che incanalarono ulteriormente la melodia e il profumo verso gli avversari. I Ciclopi iniziarono a sentirsi rintontiti e assonnati e tentarono di rimanere in piedi nonostante l'ebbrezza e la sonnolenza.
"Adesso, Cavalieri!" esortò infine Aglaia, sempre concentrata sugli obiettivi.
Shun, Seiya e Hyoga non se lo fecero ripetere due volte e, come le loro tre compagne, concentrarono il Fulmine di Pegasus, la Polvere di Diamanti e la Catena di Andromeda alla massima potenza contro i Ciclopi, i quali, a causa dei sensi rallentanti, non fecero in tempo a parare i colpi e vennero sbalzati in aria. Le loro armature andarono in frantumi prima che i loro corpi ricadessero a terra senza vita.
Percependo i loro cosmi azzerati, i Cavalieri e le Sacerdotesse si concessero un sospiro di sollievo. La mente di Hyoga andò subito a cercare il cosmo di Ayame. La maggior parte del cosmo che era stato assorbito tornò in lei e la velocità di assorbimento diminu notevolmente. Il Cavaliere del Cigno si concesse un sorriso trionfante ma anche carico di impazienza. Ormai solo un ostacolo lo divideva dal liberare Ayame e il mondo dalla minaccia di Efesto. Bastò solo quel pensiero a fargli riprendere le forze per andare avanti.


PERDOOOOOOOOOOONO per questa attesa interminabile, ma ho promesso che porterò a termine questa fic e così sarà, parola di Martyx :D
E via! Tre Ciclopi fatti fuori in un colpo solo! Non è che non abbia voglia di descrivere tutti gli scontri, però era carino vedere le tre donzelle in azione assieme a far ubriacare tre omoni grandi e grossi...o no? Inoltre penso che vedere Seiyaprivo di sensi dalla sbronza indotta di Aglaia sia impagabile XD. A proposito, ecco la mia versione della Sacerdotessa del Mirto:
Sacerdotessa5
And now, i dovuti ringraziamenti a chi con tanta pazienza segue ancora questa fic :)
-kikka_hiwatari: grazie per il fedele commento e per gli auguri, spero che questo cap un po' più movimentato ti piaccia :) a presto!
-Krisalia Kinomiya: chiedo perdono per la mancata razione di Hyosità, spero che questo cap in cui è protagonista ti faccia tornare il buon umore :) grazie dei tuoi commenti!
Grazie anche a chi, nonostante tutto, continua a leggere, seguire e preferire questa fic :)
A presto (spero)!

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Spine di Rosa ***


A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea dell'Amore")

Capitolo 24 - Spine di Rosa

Con entrambe le gambe e un braccio libero, la sensazione di prigionia che fino a quel momento aveva oppresso Ayame si attenuò, anche grazie alla riacqiuisizione del cosmo che i tre lacci le avevano assorbito. Tre Ciclopi abbattuti in un colpo solo era più di quanto si sarebbe aspettata a così poca distanza dall'inizio della battaglia e non potè fare a meno di rallegrarsene. Significava che più della metà del lavoro dei Cavalieri e delle Sacerdotesse era compiuto.
Bttò un rapido sguardo al suo carceriere, appostato sul ciglio dell'altopiano. Efesto sembrava non troppo preoccupato dalla pesante perdita, probabilmente confidava nelle capacità dei due Ciclopi rimasti ed era convinto che avrebbero saputo ripareggiare gli equilibri.
Stando a quanto si ricordava dei due guerrieri, Ardalonon sembrava costituire un grosso pericolo, mentre Palemone, arricchito dall'esperienza data dalla sua longeva età, era molto più potente e determinato a soddisfare il suo signore, allo scopo di raggiungere il suo egoistico obiettivo di divenire immortale. Suo grande punto debole era, però, l'eccessiva superbia. Nonostante questo, Ayame sapeva che non si sarebbe fermato finchè non avesse ucciso Hyoga, come Efesto desiderava, e questo lo rendeva oltremodo temibile.
La dea tornò a concentrarsi sugli scontri lungo il pendio del vulcano. Il gruppo reduce dal primo confronto continuava compatto la sua salita e non sembrava troppo provato dal combattimento. Proche e Ikki stavano risalento invece dal lato destro della montagna, Shiryu e Galatea da quello sinistro. nessuna delle due coppie sembrava aver ancora incontrato difficoltà.
Una grande esplosione di energia attirò l'attenzione di Ayame su Psiche e Ikki, la cui corsa era appena stata bruscamente interrotta da un Ciclope. Un altro scontro stava per cominciare.

Nonostante l'attacco a sorpresa, Psiche e Ikki riuscirono a restare illesi evitando la lama di energia lanciata contro di loro e che aveva aperto una grossa crepa nel terreno, lasciando intravedere un sottile filo di lama incandescente tra i due lembi.
I due combattenti, uno su ciascun lato della fenditura, si misero in guardia, in attesa che il nemico si facesse avanti. L'eco di una divertita risata raggiunse le loro orecchie, poco dopo il cosmo di Ardalo della Scure divenne percettibile e il Ciclope si mostrò ai suoi avversari.
"Fortunato me!" esclamò fingendo sorpresa nel vederli "Mi trovo davanti al Cavaliere e alla Sacerdotessa più forti delle schiere di Atena e Afrodite"
"E non stai tremando di paura" constatò Psiche, sull'onda dell'amara ironia di Ardalo "Notevole!"
"Perchè dovrei? Sarei in grado di sconfiggere entrambi con una mano sola"
"La superbia nan ha mai aiutato sul campo di battaglia, Ciclope" lo ammonì Ikki, rimasto invece serio e impassibile.
"Fossi in te, Cavaliere, oenserei con più apprensione alla mia vita che ai difetti altrui"
Detto questo, Ardalo lanciò il suo primo Fendente Letale, dando inizio allo scontro. In breve la lotta fu serrata e iniziarono a saettare rose e piume di fenice, che il Ciclope evitò con notevole agilità per poi rispondere con Fendenti di eguale potenza. La superiorità numerica avantaggiò Ikki e Psiche finchè la stanchezza non sopraggiunse e i colpi di Ardalo presero ad andare a segno.
Che non fosse un avversario da sottovalutare, lo avevano saputo fin da subito, ma mai si sarebbero immaginati che il Ciclope dimostrasse tanta resistenza. Era anch'egli affaticato e solo qualche graffio gli segnava le carni lasciate scoperte dall'armatura, ma l'intensità del suo cosmo non sembrava diminuita, così come la sua determinazione.
"Vi vedo un po' in difficoltà, signori" li schernì con un sorrisetto sbieco.
"Non è un problema che ti riguarda" sbottò subito Psiche.
"Ma non posso fare a meno di notare che sia una situazione quantomeno curiosa" continuò Ardalo, avanzando di qualche passo "I numeri dovrebbero dare ragione a voi, invece, a giudicare dal vostro fiato corto, mi sembrate in notevole difficoltà"
Il Cavaliere e la Sacerdotessa non risposero, ma rimasero a guardare accigliati il Ciclope.
"Voglio perciò essere magnanimo con voi" proseguì questi, sollevando la mano destra "Combatterò usando solo una mano, come già vi avevo anticipato. Così saremo ad armi pari"
"Come osi?!"
Gli occhi di Psiche si ridussero a due fessure sottili mentre inceneriva Ardalo con lo sguardo. Ikki le afferrò deciso una spalla, intimandole silenziosamente di non agire in modo avventato, quindi prese la parola.
"In quanto guerrieri devoti ad una divinità, abbiamo un onore da manterere e con questa offerta tu lo stai calpestando" disse senza mezzi termini "Combatteremo tutti quanti al meglio delle nostre possibilità, come abbiamo fatto sino ad ora, e chi sarà obiettivamente più forte vincerà"
"Rifiutate quindi la mia vantaggiosa proposta?" si sorprese Ardalo.
"Hai sentito quello che ha detto, no?"
Il Ciclope sorrise maligno al tono impaziente di Psiche, la rosa già in mano, pronta ad essere lanciata.
"Bene" disse infine, non trovando nessun segno di cedimento negli sguardi dei suoi avversari "Cercherò di farvi morire con dignità"
Il colpo che lanciò subito dopo fu talmente rapido che nè Psiche nè Ikki riuscirono ad evitarlo, tantomeno a pararlo. Finirono entrambi contro gli alberi radi che crescevano sulle pendici del monte. Ikki riuscì a riprendersi in tempo per evitare un secondo attacco, diretto solo alui. Si slanciò di lato e nel punto in cui prima era appoggiata la sua testa Ardalo aprì un buco che attraversava l'intero tronco dell'albero. Il successivo scricchiolio emanato dalla pianta in procinto di cadere distrasse il Ciclope quel tanto che bastò al Cavaliere della Fenice per riuscire a colpirlo.
Ardalo provò a ripararsi, ma la potenza del colpo associata alla vicinanza da cui era stato lanciato lo sbalzarono di parecchi metri, facendolo atterrare su una macchia di cespugli che fiancheggiava il sentiero.
Il tronco si spezzò del tutto e il fusto dell'albero prese a cadere proprio in direzione di Psiche, ancora a terra dolorante. Immediatamente Ikki scattò e spostò in malo modo la Sacerdotessa dalla traiettoria di caduta.
Il tonfo arrivò pochi secondi dopo e l'albero mancò i due guerrieri di neanche un metro.
Passato il pericolo, Ikki si sollevò da terra quel tanto che bastava per non gravare su Psiche, ancora visibilmente disorientata. Alla Sacerdotessa bastò uno sguardo all'albero abbattuto per capire a quale pericolo fosse scampata.
"Tutto bene?" le chiese Ikki, non seppe dire se per semplice formalità o perchè era veramente preoccupato. Non si erano rivolti la parola per tutto il tragitto. Psiche aveva sempre camminato dietro al Cavaliere, il quale non si era mai voltato verso di lei, nemmeno per verificare che ci fosse ancora. Aveva provato, ogni tanto, a fissare intensamente la sua schiena, ma senza ottenere alcun effetto. Ikki si era poi fermato all'improvviso e, sempre dandole la schiena, aveva provveduto a spegnere ogni minima speranza ancora nel cuore della ragazza.
"Per il tuo bene, lascia perdere" le aveva detto, senza giri di parole "Come di ho detto quella sera al porto, non sono più in grado di amare qualcuno all'infuori di mio fratello. E' una causa persa, abbandonala"
Psiche non aveva ribattuto, schiacciata da quell'inaspettata e dolorosa intimazione. Di nuovo tra loro era caduto il silenzio, forse più pesante delle parole del Cavaliere. La Sacerdotessa aveva ricacciato in fondo al cuore il magone a fatica e per tutto il tempo aveva evitato lo sguardo di Ikki. Si costrinse a farlo anche in quel momento, prima di rispondere al ragazzo con un asciutto "Sì, sto bene"
Ikki non idagò oltre e si rimise in piedi, tornando a guardare in direzione di Ardalo, anch'egli pronto per un nuovo attacco. Il colpo infertogli da Ikki aveva avuto i suoi effetti, un rivolo di sangue correva lungo la guancia del Ciclope e l'elmo non gli copriva più il capo.
Con un bazo Ardalo fu di nuovo sul sentiero, in guardia come i suoi avversari.
"Ora è il mio turno"
Psiche scartò di lato e sorpassò il Cavaliere, per poi lanciarsi contro l'avversario. Dalle sue mani partirono tre rose che il Ciclope prontamente evitò. Quando furono uno di fronte all'altro, la Sacerdotessa spiccò un salto e si portò sopra di lui. Colto di sorpresa, Ardalo sollevò lo sguardo giusto in tempo per vedere un cerchio di rose scendere verso di lui e circondarlo.
"Spine di Rosa!" urlò Psiche, e i fiori lanciati poco prima prolungarono i loro steli andando a imprigionare Ardalo, la cui carne venne dilaniata dalle numerose spine che adornavano i tralci. Il sangue del Ciclope inizò a colare lungo gli steli, la cui stretta aumentava sempre di più. Gli sforzi di Ardalo per liberarsi acceleravano poi l'effetto dell'attacco. Psiche atterrò alle sue spalle, tra le dita teneva la candida rosa dell'Abbandono dell'Amore. Con lentezza disarmante aggirò l'avversario imprigionato, sempre giocherellando col fiore.
Ardalo la guardò sprezzante. "Non penserai che basti così poco a mettermi fuori gioco, vero?"
Psiche non parve ascoltarlo, intenta a studiare ogni singolo petalo della rosa bianca. Ardalo si agitò nella morsa in cui era costretto.
"Io non lo farei" sugger' disinteressata Psiche, senza alzare lo sguardo "Più ti muovi, più le spine penetreranno nella tua carne, più sangue perderai"
"Beh, non ho assolutamente intenzione di morire dissanguato"
Il Ciclope si mosse ancora e le spire si strinsero ulteriormente attorno a lui.
"Nemmeno io ho intenzione di aspettare tutto questo tempo"
Psiche avvicinò la corolla immaccolata della rosa alla guancia insanguinata di Ardalo e i suoi petali si venarono subito di rosso.
"Con questa rosa piantata nel cuore, tutto l'amore che in esso è contenuto verrà assorbito e la corolla pian piano diventerà rossa, lasciandoti allo stato di un vegetale incapace di qualsiasi buon sentimento"
"E' questa l'alternativa che mi si prospetta?" chiese Ardalo, ostentando la maggior sicurezza possibile.
"Preferisci l'oblio del Palazzo di Zefiro, forse? O magari il Fantasma Diabolico"
Psiche accennò col capo a Ikki, in parte divertito dalla melliflua crudeltà della Sacerdotessa.
"Non uno dei colpi che mi hai elencato mi ucciderà sul momento"
"E' vero, ma di sicuro ci renderebbe più facili le cose" asserì Ikki, prima di lanciare numerose piume di fenice che recisero i tralci delle rose di Psiche. Ardalo cadde sulle ginocchia, ansimante.
"Tuttavia non è onorevole morire senza avere la possibilità di difendersi"
"Sei completamente impazzito?" protestò la Sacerdotessa.
Ikki la ignorò, concentrato anima e corpo sul suo nemico. Nonostante l'ingente quantità di sangue perso, il suo cosmo era ancora potente e in quel momento ardeva fino ai limiti estremi.
"Un solo colpo, Cavaliere" ringhiò Ardalo mentre si rimetteva in piedi "E verrà deciso chi sarà il vincitore"
Ikki annuì serio.
"Ikki, non puoi fare di testa tua"
Psiche avanzò risoluta verso il Cavaliere, con tutte le intenzioni di fermarlo, ma questi la spinse via in malo modo e senza neppure degnarla di uno sguardo. Accese quindi il cosmo, pronto a scagliare contro Ardalo le Ali della Fenice. Le continue proteste della Sacerdotessa divennero presto un suono distatene e appena percettibile. Nelle sue orecchie aveva solo il battito del suo cuore e il rumore dei passi suoi e di Ardalo, sempre più vicino e già con la mano a taglio alzata.
Spiccarono il salto contemporaneamente, i loro colpi si scontrarono all'apice della parabola in un bagliore argento e arancione che accecò Psiche, rimasta suo malgrado a terra e costretta ad osservare l'epilogo dello scontro senza esserne protagonista.
Con sincronia perfetta, i due avversari atterrarono pochi secondi dopo, con leggerezza, il ginocchio coperto dalla corazza poggiato a terra e lo sguardo basso.
"Sei degno della tua fama, Ikki di Phoenix" disse Ardalo con un amaro sorriso sulle labbra. Sollevò poi lo sguardo ad incontrare gli occhi azzurri di Psiche, poco distante.
"Avrei voluto battermi anche con te"
La confessione del Ciclope fu seguita da un colpo di tosse e numerose gocce di sangue caddero sul terreno.
"Peccato"
Ardalo perse l'equilibrio e si accasciò di lato, un rivolo di sangue che usciva dall'angolo della bocca, gli occhi spenti ancora semi-aperti.
Psiche fissava il corpo inerme del Ciclope con gli occhi sbarrati e la mente vuota. Notò comunque Ikki che si alzava e si voltava verso l'avversario caduto, concedendogli uno sguardo di pochi secondi, prima di rivolgersi alla Sacerdotessa.
"Mi dispiace"
Psiche sollevò lo sguardo, sorpresa e confusa.
"Non meritava la morte lenta che gli stavi infliggendo"
"Invece io meritavo questo trattamento, secondo te"
Non era una domanda, ma una dura affermazione. Ikki non ribattè, vedeva dallo sguardo della ragazza che l'invettiva non era finita.
"Ascoltami bene, Cavaliere. Puoi illudermi, puoi ignorarmi, puoi maltrattarmi, puoi persino spezzarmi il cuore, ma fino a prova contraria sono una Sacerdotessa di Afrodite, una guerriera tua pari, perciò non ti è permesso di impedirmi di fare ciò per cui sono nata: combattere per la mia dea e difenderla a costo della vita. Non so se ciò che hai fatto sia stato per evitarmi una morte certa, un gesto compassionevole verso Ardalo o un puro atto egoistico e sinceramente non mi interessa. Sta di fatto che non dovrà mai più succedere"
"Ti ho già detto che mi dispiace" ribattè freddo Ikki.
"Non me ne faccio niente delle tue scuse!" urlò Psiche di rimando, con le lacrime agli occhi dalla rabbia "Hai già interferito abbastanza con la mia vita e sei andato oltre il limite. Da questo momento in avanti la nostra squadra non esiste più e le nostre strade si divideranno, e puoi giurarci che farò in modo che non si incontrino un'altra volta"
Senza dargli la possiblilità di replicare, la Sacerdotessa superò Ikki e riprese il suo cammino verso la cima del vulcano. Non un'emozione era trasparita dagli occhi scuri del Cavaliere della Fenice, aveva ascoltato lo sfogo di Psiche senza batter ciglio nè interromperla, si era assunto la responsabilità delle sue colpe.
Per il bene di Psiche, anche lui avrebbe fatto in modo che le loro strade non si incrociassero più.




Dai, questa volta sono stata brava e non vi ho fatte aspettare tanto (chi è rimasto, ovviamente) :)
La lunga attesa per il cap precedente si è fatta sentire, visto il semi-deserto di commenti, ma non importa, qualcuno ha comunque letto e a prescindere da tutto questa storia verrà terminata, anche perchè la mia mente diabolica sta elaborando una specie di sequel (me spera che questo stuzzichi l'attenzione ^^).
Poco Hyo-Aya in questo cap, ma scoppia ahimè una coppia :( povera la nostra Psiche, che qualcuno la consoli!!
A questo punto, ringrazio kikka_hiwatari per il suo fedele commentuccio :) spero che questo cap sia di suo gradimento, c'è un po' più di action ma siamo quasi alle battute finali e, per restare in stile Kurumada, non se ne può fare a meno ;) grazie anche a chi segue la storia, la preferisce e la legge soltanto.
A presto!

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** Nati dall'avorio ***


A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea dell'Amore")

Capitolo 25 - Nati dall'avorio

Un altro potente cosmo si spense, il quarto nell'arco di breve tempo. Erano partiti da poco più di un'ora e a quanto pareva solo un ultimo Ciclope mancava da sconfiggere. Galatea rallentò il passo fino a fermarsi.
"Hai sentito?" domandò al suo compagno si squadra, non riuscendo a nascondere la nota d'ansia che permeava la sua voce.
Anche Shiryu si fermò e, scrutando tutt'attorno con gli occhi scuri, annuì.
"A questo punto resta solo Palemone"
Alla constatazione del Cavaliere, Galatea trattenne per un istante il respiro. Nonostante essere insieme a Shiryu le infondesse sicurezza, la prospettiva di un nuovo scontro col fratello la mandava in apprensione. Insieme, già una volta erano riusciti a sconfiggerlo, ma qualcosa in lei le diceva che in quel frangente non sarebbe stato altrettando semplice, tutt'al più per il fatto che era l'ultimo Ciclope rimasto in vita.
"Non temere, Galatea" cercò di rassicurarla il Dragone, stringendole affettuosamente una spalla "So che puoi farcela. Ricorda ciò che ti ho detto all'aeroporto"
Galatea trasse un sospiro profondo e annuì, cercando di sembrare il più sicura possibile. Shiryu le sorrise e le si affiancò per riprendere il cammino.
"Ti va di spiegarmi meglio che legame c'è tra te e Palemone? Se ho ben capito, la vostra nascita risale a tempi molto antichi"
"E' così" rispose Galatea senza esitazioni, per poi iniziare a raccontare "Io e Palemone siamo nati ai tempi del mito, quando tutte le leggende tramandate sino ad oggi stavano avendo luogo. Non nascemmo, come tutti i bambini, da una madre normale. Nostro padre, Pigmalione, perse la sua amata precocemente, prima che potesse dargli degli eredi. Deciso a restare fedele al suo amore, non si risposò, ma scolpì due statue d'avorio con l'aspetto che avrebbe voluto avessero i suoi figli. Ci mise così tanta passione e così tanto amore che, a lavoro compiuto, attese una notte intera che le statue iniziassero a parlare. Quando, però, realizzò che erano solo statue, la disperazione lo colse e pregò gli dei che esaudissero il suo desiderio di avere dei figli, altrimenti si sarebbe tolto la vita.
"Afrodite ascoltò la sua preghiera e ne parlò all'allora suo sposo, Efesto, e insieme decisero di esaudire l'accorato desiderio di Pigmalione. Si presentarono a lui in sogno quella notte stessa, dicendogli che avrebbero dato vita alle due statue a patto che i figli venissero consacrati alle due divinità e le servissero come guerrieri. Pigmalione accettò l'offerta.
"La mattina seguente, al suo risveglio, memore del sogno, Pigmalione corse nella stanza dove teneva le due statue e vi trovò solamente due piedistalli vuoti. La porta che dava all'esterno era aperta e, una volta varcatala, vide due giovani, un ragazzo e una ragazza, con le esatte fattezze delle sue statue, che si guardavano intorno attoniti e sorpresi. Efesto e Afrodite ci avevano dato realmente la vita e ci avevano anche spiegato il patto stipulato con nostro padre, ma in quel momento tutta la nostra attenzione era per quel mondo ai nostri occhi nuovo. Sentimmo Pigmalione cadere in ginocchio e piangere di gioia e, voltatici verso di lui, lo riconoscemmo immediatamente come il nostro creatore. Quando gli fummo vicini ci abbracciò con foga e ci disse che eravamo esattamente come ci aveva immaginati, terribilmente simili alla sua defunta moglie.
"Ci diede i nostri nomi e, da quel giorno, per noi iniziò una semplice vita da umani. Io ero stata concepita come figlia minore di un paio d'anni rispetto a Palemone, ma nonostante questo fummo subito inseparabili. Amavo mio fratello e mio padre più di ogni cosa al mondo e sapevo che per loro era lo stesso.
"Efesto e Afrodite ci reclamarono qualche anno dopo. Promettemmo a nostro padre che saremmo tornati non appena ci fosse stato possibile, dopodichè non vidi più Pigmalione nè Palemone per molti mesi, durante i quali Afrodite mi addestrò come sua Sacerdotessa, assieme alle altre mie quattro compagne. Era la più giovane e inesperta delle cinque, ma la volontà di mantenere la promessa fatta a mio padre mi spinse a non arrendermi mai. La dea mi aveva preso sotto la sua ala protettrice, mi considerava una sua creatura, e per questo le sono ancora eternamente grata.
"Iniziai ad avere notizie di Palemone da altri guerrieri consacrati alle divinità. A quanto pareva era dotato per il combattimento e in breve era diventato il miglior Ciclope delle schiere di Efesto, temuto e rispettato dai suoi compagni. Ero così fiera di lui, ma non sapevo che oltre al talento fosse cresciuta in lui anche un'innata superbia, che mai era uscita quando vivevamo con nostro padre. Ispirato dalla storia di Prometeo e bramoso della vita eterna, Palemone approfittò della fiducia che Efesto riponeva in lui per rubare il Fuoco Sacro dalle sue fucine, intenzionato a restituirlo solo in cambio dell'immortalità. Si credeva talmente scaltro e potente da non pensare affatto alla supremazia degli dei sugli uomini. Efesto ebbe ragione di lui in breve tempo e sottopose il suo caso al consiglio degli dei. La decisione di Zeus fu immediata e irremovibile: Palemone sarebbe tornato ad essere ciò che era in origine, una statua d'avorio.
"Afrodite, però, si oppose facendo notare che la punizione si sarebbe estesa anche a me, che di colpe non ne avevo. La ritrasformazione, infatti, richiedeva la partecipazione di entrambe le divinità e non poteva essere circoscritta solo a mio fratello. Zeus si dimostrò dispiaciuto della cosa, ma non voleva correre altri rischi. Gli stessi Efesto e Afrodite si premurarono di comunicare la decisione degli dei a Pigmalione, il quale per la disperazione si tolse la vita prima di rivederci trasformati nuovamente in statue d'avorio. Afrodite custodì la mia nel suo tempio a Cipro, Efesto fece lo stesso con mio fratello qui, a Vulcano. Avorio eravamo all'inizio e avorio tornammo, fino al risveglio delle divinità"
Era la prima volta che Galatea ripercorreva la sua triste storia davanti a qualcuno. Durante la sua precedente e breve vita non aveva avuto rapporti se non con la sua famiglia e le sue compagne di combattimento, ormai rilegate nella memoria delle leggende. Shiryu e i suoi compagni erano stati i primi estranei entrati nella sua vita. Si ricordava anche dei loro predecessori, nell'aspetto li ricordavano molto. Si chiese come sarebbe stata la sua discendente se la sua vita avesse continuato a scorrere senza intoppi.
"Le vostre vite sono unite anche nella morte?" chiese Shiryu curioso.
"Non lo so, ma non penso che Palemone avrebbe tentato di uccidermi la prima volta se così fosse stato"
"Sì, lo penso anch'io. Anche perchè non sarebbe giusto, hai già pagato un prezzo alto per i suoi errori, ma seguirlo fino alla morte non sarebbe corretto nei confronti della lealtà che tu, invece, hai sempre dimostrato"
Galatea sorrise grata alle parole del Cavaliere e, in cuor suo, sperò che il legame con Palemone si fermasse effettivamente alla trasformazione in avorio, altrimenti lo scontro imminente l'avrebbe condannata per sempre.
Il cosmo tanto atteso finalmente si fece sentire, ma subito entrambi si accorsero che Palemone non era sul loro cammino, bensì aveva interrotto quello di altri.
Shiryu lanciò un rapido sguardo alla Sacerdotessa, che gliene restituì uno teso ma determinato. Ad un cenno del capo di Galatea, il Cavaliere si inoltrò nella rada vegetazione in direzione del cosmo di Palemone.

"Guarda, guarda, quanti bei pesciolini sono caduti nella rete!" cantilenò Palemone una volta balzato sulla gabbia di lava che aveva eretto attorno alle Tre Grazie, Shun e Seiya.
"Sei solo un vigliacco!" gli urlò contro Seiya, il pugno già chiuso e pronto a lanciare il Fulmine di Pegasus, ma Palemone rimediò subito bloccandoglielo dentro una nuova colonna si lava.
"Via, Cavaliere, non costringermi a coprirvi totalmente di lava" ghignò il Ciclope dall'altra parte della grata di roccia. Pensando di non essere vista, Talia fece per imboccare il suo flauto, ma un'altra vampata di lava la imprigionò completamente, lasciandole solo il volto fuori. Subito dopo anche gli altri prigionieri subirono la stessa sorte.
"A mali estremi" sospirò Palemone, per poi scendere dalla gabbia e dirigersi verso un'altra colonna di lava, poco distante. Una volta davanti ad essa, ne colpì a palmo aperto la punta, che si sgretolò rivelando il volto ansimante e desideroso d'aria di Hyoga.
"Scusa l'attesa, i tuoi amici sono stati difficili da acquietare"
"Non sei degno dell'armatura che porti, Palemone. La tua slealtà ti rende pari al più infimo verme"
"Oh, temo di non poter sopportare quest'offesa" rise il Ciclope "Fossi in te mi preoccuperei per la mia vita, invece di sputare inutili ingiurie"
"Credi di avermi messo in scacco così facilmente?" ostentò Hyoga, mentre si arrovellava per cercare una possibile via di fuga.
"Amico, ne sono pienamente convinto! Inoltre è inutile che ti scervelli, non c'è modo per liberarsi dalla Prigione di Lava. Sei completamente alla mia mercè, ossia ad un passo dalle porte degli Inferi"
Sul palmo di Palemone comparve una sfera infuocata che il Ciclope iniziò ad avvicinare sempre più al volto di Hyoga, rigato dal sudore per il calore emanato dal globo oltre che per lo sforzo di liberarsi. Mentre il fuoco si faceva inesorabilmente sempre più vicino, la mente del Cavaliere andò ad Ayame. Non era stato in grado di salvarla. Come un allocco era caduto nella trappola del Ciclope di fronte a lui e i suoi sogni erano sfumati come neve al sole. Cercò di ricordare ogni particolare di Ayame, del suo volto, del suo corpo, della sua voce, perchè la sua fosse l'ultima immagine rievocata dalla sua mente, perchè fosse l'ultima cosa vista mentre era in vita.
"Hyoga!" riecheggiò la voce della ragazza nella sua mente.
"Perdonami, Ayame" pensò lui di rimando "Non sono stato in grado di salvarti questa volta"
"Non hai nulla da farti perdonare, amore mio. Hai dimostrato il tuo valore, mi hai dimostrato fino a che punto sei pronto a spingerti per me. E' molto più di quanto io meriti"
"Avrei voluto vederti un'ultima volta"
"Mi rivedrai" disse inaspettatamente la voce, sicura "Apri gli occhi"
Hyoga obbedì, convinto di trovarsi davanti il sorriso maligno di Palemone illuminato dalla sua sfera di fuoco, ma ciò che gli si parò davanti fu un muro bianco e liscio da cui spuntava la mano agitata del Ciclope, rimasta imprigionata nella parete.
"Shiryu! Galatea!" urlò Shun dall'altra parte, prima che la sua voce venisse coperta dal fragore di rocce frantumate.
Appena ebbe realizzato ciò che era successo dall'altra parte del muro d'avorio, vide la mano di Palemone stringersi a pugno e, con grande sforzo distruggere la parete liberando così il braccio del Ciclope. Questi dovette subito rispondere ad un attacco diretto di Shiryu, mentre la giovane Sacerdotessa balzava verso di lui, una grande sfera azzurra tra le mani che rapida andò a colpire la colonna di roccia in cui era imprigionato, liberandolo.
Il Cavaliere si rimise subito in piedi e fece per andare a dare manforte al compagno, ma Galatea lo bloccò.
"No! Devi andare avanti e liberare Afrodite" gli ordinò risoluta la giovane e, senza attendere risposta, gli diede le spalle per andare a liberare gli altri guerrieri. Palemone, però, liberatosi momentaneamente di Shiryu, la bloccò.
"Vai, Hyoga!" lo esortò nuovamente il Cavaliere del Dragone, prima di riprendere a combattere contro il Ciclope per lasciarli libera la via.
Hyoga ringraziò col pensiero entrambi, quindi girò i tacchi e prese a correre a perdifiato verso la cima del Vulcano, ormai prossima.

Buonasera e Buona Pasqua a tutti!
Questo cap si è fatto attendere non tanto per la prima parte, quanto per la seconda, che ho dovuto macchinare per bene :) non è uscito lunghissimo, ma da qui cominciano le battute finali dello scontro e un po' di suspance ci vuole. Inoltre devo preparere bene l'incontro tra Hyoga e Ayame, non posso improvvisare ;P
Cooooomunque, per quanto riguarda la storia dei fratellini, ho dovuto modificare il mito per esigenze di copione, spero che nessun classicista la prenda a male!
Passando ai ringraziamenti, uno speciale va alla fedelissima kikka_hiwatari, il cui commento alla mia storia non manca mai :) spero che questo capitolo ti piaccia!
Ringrazio poi, come sempre, chi segue la storia, chi l'ha inserita tra i preferiti e chi la legge soltanto :)
A presto!

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** Redenzione ***


A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea dell'Amore")

Capitolo 26 - Redenzione

L'eco dello scontro che si stava svolgendo poco sotto di lui raggiungeva a sprazzi le sue orecchie, alternata al fruscio delle foglie sotto i suoi piedi veloci e allo schiocco dei rami che si spezzavano al suo rapido passaggio.
Ogni urlo, ogni colpo, ogni tonfo sordo accresceva in Hyoga il desiderio di fare dietro front e andare ad aiutare i suoi compagni. Ma poi si ricordava che loro stavano combattendo per permettergli di raggiungere sano e salvo la cima del vulcano e che, se fosse tornato indietro, avrebbe rischiato di farsi uccidere e di rendere tutto vano.
Per questo motivo, ad ogni urlo, ad ogni colpo, ad ogni tonfo sordo, Hyoga accelerava il passo della sua corsa, portando al limite il suo corpo, fin quasia volare.
Il sentiero lo portò davanti ad un fiume di lava contornato da un colonnato cangiante e attraversato da una passerella di pietra lunga abbastanza da permettere di arrivare dall'altra parte. Hyoga si domandò se quella lastra fosse anche abbastanza resistente da impedirgli di sprofondare in quel fiume di fuoco.
Come aveva fatto Ayame non molto tempo prima, poggiò cauto un piede sul lastrone. Questo sprofondò di qualche millimetro, ma dimostrò di saper resistere la suo peso. Allo stesso modo si comportò lungo tutto il percorso, finchè Hyoga non raggiunse il lato opposto del fiume.
Le colonne rosse, finito il fiume, adesso fiancheggiavano una grezza scalinata ricavata direttamente dalla roccia e pervasa dal potere di Efesto. Efesto che era lassù, assieme ad Ayame.
Non gli servirono altri incentivi per iniziare a salire la scalinata.
In breve si ritrovò avvolto da una densa nebbia impregnata di zolfo che gli impediva di vedere ad un palmo dal suo naso e che lo costrinse a rallentare la corsa. Si accorse che la salita era terminata quando, sollevato un piede per salire l'eventuale gradino successivo, non trovò l'appoggio di quest'ultimo e si sbilanciò in avanti. Riacquistato subito l'equilibrio, allertò tutti i sensi nella speranza di percepire un eventuale attacco a sorpresa da parte di Efesto.
Il caldo che avvertiva su quell'altopiano risultò difficilmente sopportabile, soprattutto per lui, padrone delle energie fredde. Presto il sudore gli impregnò tutti gli abiti e alcune gocce caddero dalla fronte sui suoi occhi, annebbiandogli la vista già compromessa dalla nebbia.
Nonostante tutto, Hyoga continuò a procedere, tra svuffi di vapore e passi falsi in buche incandescenti, finchè la nebbia non iniziò a diradarsi e a permettergli di vedere tutt'attorno. Una sagoma indistinta si stagliò contro il bianco del vapore. Sembrava seduta e si muoveva energicamente, come a voler liberare qualcosa che si era incastrato da qualche parte.
Hyoga socchiuse gli occhi nel tentativo di distinguere qualcosa di più e mosse gli ultimi passi che lo portarono fuori dalla coltre di nebbia. Ciò che vide gli fece esplodere il cuore di gioia e rabbia allo stesso tempo.
Ayame era seduta su un trono dorato, ad esso legata da un etereo nastro che le circondava il polso destro. Il suo cosmo divino era tornato potente, anche se non nella sua pienezza e in parte aiutato da quello di Atena.
La ragazza continuava a forzare il laccio, ma tutti i suoi sforzi si risolvevano in un inutile spreco di energie. Fu lei per prima ad accorgersi della presenza di Hyoga. Come lui, sembrò felice e scontenta allo stesso tempo.
"Hyoga! Cosa ci fai qui?"
Il Cavaliere accorse da Ayame, sordo all'allarmismo della dea, e tentò di afferrare il nastro attorno al suo polso. Le sue dita, però, si chiusero a vuoto sul nulla.
"Non puoi fare niente per liberarmi" spiegò amareggiata Ayame, stringendo il pugno ancora chiuso di Hyoga con la mano libera.
Il Cavaliere sollevò su di lei uno sguardo contorto dalla rabbia che gli suscitava il sentirsi impotente.
"Solo con la caduta di Palemone sarò libera"
"Palemone cadrà molto presto" promise solenne Hyoga "Ed Efesto a seguire"
Prese tra le sue la mano di Ayame e se la portò alle labbra. "Torneremo a Tokyo insieme, te lo prometto"
Afroidite sorrise, commossa da tanta determinazione, ma tornò subito seria.
"Allora và via da qui" ordinò a Hyoga, che la guardò sorpreso.
"Cosa?"
"Devi andare via oppure Efesto ti ucciderà"
A quelle parole, il Cavaliere si alzò in piedi e prese ad espandere il suo cosmo.
"Che vanga pure. Io sono pronto"
"No, tu non capisci" insistette però lei, riportandolo alla sua altezza tirandolo per un braccio "Uccidere te è un desiderio di Josuke, non di Efesto. E' l'ultimo ostacolo per la completa simbiosi tra i due. Finchè ciò non avviene le nostre possibilità di vittoria restano buone. E, a parte questo, non sopporterei di vederti morire senza poter fare niente"
Di fronte al silenzioso pianto di Ayame, Hyoga non potè fare altro che sorridere intenerito e sfiorare le labbra umide della ragazza con le sue.
"Io sono un Cavaliere di Atena, Ayame" riprese poi lui, ancora più risoluto "Scappare non è una parole che appartiene al mio vocabolario. E da quando ti ho conosciuta, non lo è neanche morire"
Hyoga si rialzò in piedi, senza  mollare la presa sulla mano di Ayame.
"Se ci sarà da affrontare Efesto, lo farò. E resisterò finchè Palemone non sarà sconfitto e tu libera di prendere il mio posto per sconfiggerlo definitivamente"
"Un proposito onorevole, Cavaliere"
La voce melliflua di Efesto li raggiunse dalla sinistra di Hyoga. Questi si voltò verso il nuovo interlocutore senza il minimo accenno di timore. Efesto stava avanzando, armato e coperto dalla sua armatura, con un sorriso spavaldo sul viso.
"Tuttavia mi sembra arduo da mantenere, non trovi?"
"Non lo metto in dubbio, ma non sarà questo a fermarmi"
Hyoga lasciò il confortevole tocco di Ayame per andare ad affrontare il dio.
"Prevedevo che avresti risposto qualcosa del genere. Dopotutto, ho imparato una cosa in questi giorni sul tuo conto"
Un bagliore infuocato passò rapido negli occhi di Efesto e Hyoga venne sbalzato via, molto oltre il trono su cui siedeva Ayame.
Il tono di Efesto, da mellifluo, divenne di colpo duro.
"Solo la morte è in grado di fermarti"

Una vibrazione sotto i suoi piedi avvertì Galatea che una nuova colonna di lava stava per emergere dal terreno. Fece un balzo all'indietro appena in tempo per vedere il fluido infuocato solidificarsi davanti ai suoi occhi. Non potè, però, contare mentalmente fino a uno che la roccia si frantumò, lasciando Palemone libera di colpirla. Poco servirono le sue braccia incrociate davanti al viso, la forza che il Ciclope aveva messo nel pugno la spedì contro il tronco di un albero, che si spezzò al duro impatto con la schiena di Galatea e cadde rumorosamente, imprigionando la Sacerdotessa.
Palemone non ebbe il tempo di gioire che si trovò a dover fronteggiare nuovamente Shiryu. Si sorprese della tenacia di quell'uomo, ancora desideroso di combattere nonostante Palemone gli avesse dimostrato più e più volte, in quell'alternarsi di scontri contro lui e Galatea, che Shiryu era lungi dall'essere alla sua altezza.
Schivò con facilità il colpo segreto del Cavaliere, che cadde in ginocchio subito dopo averlo lanciato, esausto.
"Sul serio vuoi continuare a combattere in quelle condizioni?"
Nel tono del Ciclope Shiryu avvertì divertimento misto a sorpresa, ma non ci badò.
"Ho buone ragioni per farlo" ansimò il Cavaliere, rimettendosi a fatica in piedi "Tutti noi le abbiamo"
"E' ammirevole da parte vostra , dico davvero" ribattè Palemone, senza sforzarsi di mascherare lo scherno nelle sue parole "E lo comprendo benissimo, perchè ne ho una anch'io, di buona ragione per farvi fuori"
"Già, ed è talmente egoistica da far ribrezzo persino agli dei stessi" sibilò Galatea alle sue spalle, ancora schiacciata dal peso dell'albero. Palemone non reputò il suo intervento degno di risposta, ma, nonostante questo, la Sacerdotessa continuò.
"Avevi tutto, Palemone. Una famiglia che ti amava, una casa e un letto su cui dormire la notte e un fuoco per scaldarti quando faceva freddo. Ma soprattutto avevi una vita, donatati da quegli dei che con uno schiocco di dita possono toglierla a chiunque desiderino. E tu cos'hai fatto?"
"Lo so cos'ho fatto!" urlò allora Palemone, voltandosi verso la sorella "Non c'è bisogno che me lo ricordiate ogni volta. Tu, Afrodite, Efesto, tutti. Ma che cosa ne potete sapere di me? Del perchè ho fatto quello che ho fatto? Dimmi, sorellina, pensi che quegli dei che tanto veneri si meritino l'immortalità? Sono egoisti, frivoli e lunatici, danno e tolgono la vita a loro piacimento, esattamente come hai detto tu. E chiamano noi a morire per loro, noi che consideriamo la vita come qualcosa di prezioso ed inestimabile. Ti sembra giusto tutto questo? A me no. Oggi come allora penso di meritare l'immortalità come e più di tutto l'Olimpo messo assieme"
Nel crescendo delle parole di Palemone, il Ciclope aveva caricato l'Esplosione Vulcanica nascente sul palmo della mano con tutta la rabbia che covava in cuore. Alla fine della sua invettiva, scagliò la sfera di fuoco contro la sorella.
L'esplosione sollevò un gran polverone che annebbiò la vista a tutti quanti e al suo fragore si sovrapposero i richiami allarmati di Cavalieri e Sacerdotesse verso Galatea.
Quando polvere e fumo si furono diradati, Palemone potè finalmente osservare il risultato del suo scatto d'ira.
"Ma cosa?" esclamò sorpreso e ancora più furibondo, quando vide il disco d'oro dello scettro di Atena posto a protezione della sorella, nuovamente libera dopo che l'esplosione aveva sbalzato l'albero che la teneva prigioniera.
Sulla radura cadde il silenzio. Poseidone e Sorrento, subito dietro a Saori, aiutarono la Sacerdotesse ad alzarsi e si posero ai lati della dea, che fissava inespressiva Palemone.
"Come avete osato intromettervi?" la aggredì Palemone in preda alla collera "La questione non vi riguarda"
"Tutto ciò che coinvolge i miei Cavalieri mi riguarda" replicò lei calma "Inoltre sono qui per darti le risposte che cerchi, o almeno per provarci"
"Risposte?" rise lui con scherno "Le ho già avute le mie rispose e non me ne servono altre"
"Quelle sono le risposte che ti sei dato tu, non quelle delle divinità che tanto disprezzi e che non hai mai osato chiedere ad Efesto. Io sono qui, davanti a te, in rappresentanza dell'Olimpo"
"E che cosa ha da dire l'Olimpo a sua difesa?" fu allora l'affronto lanciato da Palemone.
"Che hai ragione"
La risposta di Atena spiazzò tutto l'uditorio, Palemone compreso, il quale si sentì subito preso in giro. La dea riprese a parlare prima che potesse replicare.
"Noi dei siamo meschini e capricciosi e, quando ci è concesso dal fato, decidiamo delle vite degli uomini. C'è solo una cosa, però, di cui non hai tenuto conto, Palemone. Esattamente come voi uomini, anche noi dei possiamo imparare, e abbiamo imparato che senza voi uomini, noi non esistiamo. Non sto parlando solo di chi, come i Cavalieri, ha votato la propria vita a servire gli dei, ma anche della gente comune, che si appella a noi per ogni seppur minima richiesta, dando così un significato alla nostra esistenza. Consci di tutto ciò, alcuni di noi hanno capito che era sbagliato decidere delle vite degli uomini in base ai nostri piaceri, perchè, proprio come hai detto tu, quelle vite sono ciò che di più prezioso possiedono.
Da allora ci siamo impegnati a conoscere e comprendere gli uomini, a partire da quelli che a noi erano più devoti. Posso assiurarti che conosco i cuori e gli animi di ogni mio Cavaliere, e lo stesso Afrodite e Poseidone. E sono inoltre convinta che, se anche Efesto lo avesse fattol non ti avrebbe mai chiesto di schierarti contro tua sorella, facendo perno sul tuo orgoglio e sulla tua voglia di eccellere"
"Che cosa volete insinuare?" domandò con voce insinuante il Ciclope.
"Che sei stato ingannato dal tuo stesso dio" rispose Atena serafica "Si è approfittato di te e del tuo desiderio di divenire immortale per soggiogarti totalmente al suo volere. Probabilmente sapeva che non saresti riuscito a fermare tutti i Cavalieri, o che saresti morto nel tentativo. In questo modo sarebbe riuscito a toglierti di mezzo senza sporcarsi le mani, liberandosi così della seccatura che riteneva tu fossi"
"Non è vero!" urlò iracondo il Ciclope, scagliando una potente Esplosione Vulcanica contro la dea.
Neppure stavolta. però, il colpo andò a buon fine, poichè incontrò un muro d'avorio sul suo cammino. Dall'altra parte dei frammenti che caddero a seguito dell'impatto, Palemone incontrò lo sguardo limpido di sua sorella Galatea. A Palemone sembrò di non vederle quell'espressione in volto da tempi immemori e si scoprì stranamente felice di ritrovarla di nuovo addosso a Galatea.
"Io ti consco, Palemone" esordì dolce la Sacerdotessa "E so che non sei il Ciclope spietato che ci vuoi far credere di essere"
"Taci" sibilò lui, ma Galatea non gli diede retta.
"No, voglio che tu mi ascolti" continuò "Atena ti sta dando la possibilità di scegliere da che parte stare, mentre io sto cercando di convincerti a scegliere la nostra parte"
"Se pensate che questo possa liberare Afrodite dal trono, vi sbagliate" obiettò lui "Solo la mia morte può farlo, perciò cosa ne verrebbe a voi?"
"Un alleato potente per la nostra causa" rispose Atena.
"Riavrei mio fratello al mio fianco" aggiunse commossa Galatea, mentre si liberava dall'armatura pezzo dopo pezzo "E non dovrei più combatterci contro"
"E, se lo vorrai, io potrò affiancare a Sorrento un nuovo Generale degli Abissi" concluse Julian, intervenendo per la prima volta nella conversazione.
Palemone guardò il dio dietro Atena sconcertato, ma a poco a poco l a sia espressione si contrasse nuovamente in una smorfia furibonda.
"Tu menti" lo accusò, puntandogli il dito contro "Ciò che mi dici è improponibile, non si può spezzare un giuramento fatto ad un dio per servirne un altro. Volete solo ingannarmi, tutti quanti"
"No, Palemone, non è così" prese parola Galatea, avanzando verso il fratello. Questi la scacciò in malo modo, ma la Sacerdotessa non cedette. "E' vero, non si può spezzare un giuramento fatto ad un dio, ma, una volta sconfitto Efesto, potrai scegliere il tuo destino, come guerriero al servizio degli dei o come uomo libero. Quella di Poseidone è soltanto una delle tante alternative che ti si porranno davanti. Adesso, invece, che opzioni hai? Uccidere o essere ucciso. E, qualunque sarà la tua sorte, ad Efesto importerà ben poco. Per lui saranno solo un leggero vantaggio o un piccolo inconveniente a seconda"
"Pensi che a qualcun altro importi di più, invece?" replicò il Ciclope, testardo.
"A me sì, perchè sei pur sempre mio fratello. E ti voglio bene, nonostante tutto"
Alla fine della battaglia più estenuante della sua vita, Palemone rimase senza parole per ribattere, con un gran vuoto dentro e una miriade di domande in testa. Tuttavia sapeva che gli bastava alzare lo sguardo per riempire in gran parte quel vuoto che lo rendeva così simile alla statua che fu e che, in quel momento come allora, poteva ridargli la vita.
Guardò gli occhi ricolmi di lacrime della sorella e si sciolse assieme a lei, le cui candide braccia andarono subito a circondargli il collo. Quell'abbraccio gli riportò alla memoria innumerevoli e piacevoli ricordi che aveva inspiegabilmente represso, accecato dall'odio verso gli dei. No, verso uno solo di loro.
Si scostò gentilmente da Galatea e caricò un'Esplosione Vulcanica sul palmo della mano.
"Cosa vuoi fare?" domandò Galatea, restando all'erta come tutti i presenti.
Palemone scagliò il colpo sulla gabbia di roccia che teneva prigionieri gli altri guerrieri, rendendo loro la libertà. Non badò poi molto alle esclamazioni di sorpresa che seguirono al suo gesto. La sua attenzione fu subito rivolta alla cima del vulcano. Là avrebbe compiuto la sua ultima azione da Ciclope.




Ooooooooook è da Pasqua che non continuo questa storia, gesto imperdonabile da me e da tutti voi. Il fatto è che è stato un periodo che definirlo stressante è fargli un complimento, ma durante il quale, tuttavia, ho studiato molto per questo capitolo, che alla fine, come al solito, non p venuto come avevo pianificato all'inizio.
E' che a Palemone, alla fine, mi ci sono pure affezionata e mi spiaceva sacrificarlo, ecco. Alla fine sono riuscita a trovare un modo per farlo rimanere in vita, spero sia non tanto chiaro ma quanto meno convincente :)
Risponderò ai commenti via posta, nel frattempo ringrazio chi continuerà a leggere questa storia, chi la segue, chi l'ha inserita fra le preferite e chi l commenta in generale :)
A presto, spero!

Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** Preludio ***


A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea dell'Amore")

Capitolo 27 - Preludio

Freddo, caldo. Bianco, rosso. Fuoco, ghiaccio. E ad ogni turno il caldo, il rosso, il fuoco sopraffaceva con minor difficoltà l'avversario.
Era uno scontro impari, lo era stato sin da prima che cominciasse. Ad ogni nuovo e sempre più debole assalto, Hyoga veniva respinto con maggior facilità da Efesto e la sua forza si affievoliva enormemente.
Ayame aveva smesso di implorare pietà quasi subito, vedendo la voluta sordità di Efesto alle sue preghiere, per rivolgere quelle suppliche ai Cavalieri che ancora si trovavano alle pendici del monte, affinchè sconfiggessero in fretta Palemone.
La ragazza teneva gli occhi chiusi, per paura di assistere ad un nefasto esito dello scontro, ma alle sue orecchie i tonfi sordi, le grida di Hyoga e le risate di Efesto giungevano distinti e raccapriccianti.
Dovette, però, spalancarli quando, costernata, si accorse che il cosmo di Palemone si stava avvicinando al cratere. La sorpresa divenne incredulità, e quest'ultima terrore, quando il Ciclope emerse dalla coltre di vapore, avanzando a passo lento e cadenzato verso di lei. Ayame prese a scuotere la testa automaticamente, sempre con lo sguardo fisso su Palemone.
Alla fine l'ennesimo schianto la ridestò. Il corpo di Hyoga volò in direzione del Ciclope, che prontamente lo afferrò per le spalle.
"NO!" urlò Ayame, per poi prendere a strattonare il laccio eterneo che ancora la teneva legata al Trono.
"Palemone" disse Efesto, quasi sorpreso, una volta accortosi di lui.
"Mio signore" strascicò il Ciclope, voltandosi appena verso il dio.
Ayame smise di dimenarsi. C'era qualcosa di strano in Palemone, in Efesto, in quella situazione di stallo.
Stando agli accordi, Palemone aveva il compito di eliminare Hyoga, e quale miglior occasione se non quella per farlo?
Eppure il Ciclope non si muoveva.
Sul suo volto era scomparsa la piccola nota di follia e spavalderia che lo contraddistingueva.
Ayame si concentrò sul pendio del vulcano. Cavalieri e Sacerdotesse erano ancora in vita e pieni di forze.

Il Palemone di qualche minuto prima avrebbe gridato di gioia se si fosse trovato in quella situazione, con il Cavaliere del Cigno inerme fra le sue braccia e nessuno nei dintorni a poterlo salvare.
Il Palemone di quel momento, il nuovo Palemone, invece, aveva bisogno che l'uomo che stava sorreggendo resistesse ancora un po'.
Efesto era a pochi metri da lui, con indosso l'armatura e un'espressione moderatamente sorpresa sul volto. Sospettava qualcosa?
Palemone sollevò Hyoga fino a portarlo con l'orecchio all'altezza delle sue labbra.
"Resisti ancora un po', Cavaliere" gli disse, provocando un sussulto nel corpo ustionato e privo di forze del guerriero.
Hyoga aprì gli occhi, per poi spalancarli alla vista del Ciclope.
"Solo pochi minuti" ripetè Palemone, quindi accese il suo cosmo, ridando un po' di forza al Cavaliere, che fu così nuovamente in grado di stare in piedi.
"Palemone, che succede?" domandò Efesto corrucciato. Nel mentre si era fatto più vicino.
"Ora colpiscimi" ordinò di nuovo il Ciclope.
Hyoga non se lo fece ripetere, più per riscattarsi di tutto quello che il Ciclope aveva fatto passare a lui e ad Ayame che per altro, e gli diede un pugno nel ventre. Palemone si accasciò a terra col respiro mozzo.
Il Cavaliere si volse allora verso Efesto, il cosmo acceso al massimo per l'assalto finale.
"Ancora non ti arrendi, Cavaliere? Ti reggi a malapena in piedi" gli fece notare Efesto in tono canzonatorio "Inoltre l'effetto sorpresa l'hai già sprecato con quel buono a nulla di Palemone"
"Pensa a difenderti" reagì Hyoga, quindi partì all'attacco, in risposta al silenzioso invito del dio di farsi avanti.

Nonostante la situazione non le fosse ancora del tutto chiara, il fatto che Palemone avesse lasciato Hyoga in vita dava ad intendere che non fosse più loro nemico.
Il Ciclope, di fronte a lei, si rialzò non appena Hyoga ebbe impegnato Efesto in un nuovo scontro. Si fece vicino al trono a cui Ayame era imprigionata, mantenendo lo sguardo serio fisso sul suo polso destro, mentre quello della dea viaggiava fulmineo dal volto del Ciclope al laccio che la teneva legata.
Nulla trapelava dall'espressione di Palemone, se non una forte determinazione.
"Puoi farcela?" gli domandò Afrodite titubante.
"Devo" fu la risoluta risposta del Ciclope.
Con un movimento rapidissimo Palemone afferrò il laccio che, a differenza di quanto successo poco prima con Hyoga, non si sottrasse alla sua presa, ma divenne di un rosso cangiante.
Ayame sentì il respiro mancargli d'improvviso e le energie defluire dal corpo lungo il braccio, mentre Palemone lanciò un urlo di dolore agghiacciante che riecheggiò in tutta l'isola. La mano che teneva il laccio si fece subito rossa e prese a bruciare, ma Palemone non lasciò mai la presa e continuò a tirare, finchè i due lembi non si staccarono dal trono.
Il laccio infuocato si dissolse nell'aria. Sul palmo di Palemone rimase una grossa ustione ricoperta di bolle e ancora sfrigolante. Il Ciclope se la reggeva per il polso con l'altra mano, respirando profondamente in attesa che il dolore si placasse.
Un'esile ed eterea mano gli ricoprì il palmo e un cosmo caldo lo invase fino al cuore. Il dolore sparì in pochi secondi e dell'ustione non rimase più alcun segno.
Palemone alzò la testa per ringraziare chi l'aveva curato, ma di fronte a lui trovò solo il Trono di Era, vuoto.
Gli bastò comunque percepire il potente cosmo a poca distanza da lui, lo stesso da cui era stato invaso, per capire che era riuscito nella sua missione.
Afrodite era libera.

Per l'ennesima volta le fiamme lo avvolsero, impietose, bruciandogli la pelle già ustionata dove l'armatura non arrivava a coprirla. Hyoga rurlò, nascondendo il sinistro sfrigolio del fuoco sulla carne e provocando un ghignò trionfante sul volto del suo avversario.
"Ti arrendi?" domandò divertito Efesto, ma non attese risposta e scagliò il corpo privo di sensi del Cavaliere del Cigno di lato, con noncuranza.
Rimase ad osservarlo qualche istante, compiaciuto del fumo dall'odore acre che ancora circondava quello che era stato il suo avversario, in amore per Josuke, il guerra per Efesto.
"Direi di sì" si rispose alla fine, per poi voltarsi verso il trono.
Il sorriso gli scomparve totalmente dal volto nel vederlo vuoto. In un modo che non riusciva a concepire, Afrodite era sfuggita alla sua prigione, e anche Palemone sembrava scomparso nel nulla. Non morto, come avrebbe dovuto essere, ma semplicemente svanito nel nulla. Un'ipotesi su come Afrodite avesse fatto a liberarsi iniziò a farsi strada nella mente del dio, il quale fece di tutto per scartarla, nonostante le prove che la dimostravano fossero molte.
"Non è possibile" sussurrò infine a mezza voce, prima che un cosmo pari al suo esplodesse tutt'attorno.
Tornò a guardare doce aveva lasciato il corpo di Hyoga e un'accecante luce argentata lo colpì agli occhi. Una volta dissoltasi, Efesto si ritrovò davanti Afrodite in tutta la sua bellezza e piena potenza, il volto serio e imperturbabile da bambola di porcellana incorniciato dai luminosi capelli biondi, l'esile corpo avvolto nella drappeggiante veste greca e lo scettro in mano.
"Possibilissimo, se non sai tenerti accanto i tuoi alleati" gli disse con tono di sfida.
Ancora sconvolto dalla svolta che avevano preso gli eventi, Efesto lanciò un'occhiata oltre la dea di fronte a lui, e vide Palemone, spoglio dell'armatura, sorreggere il Cavaliere del Cigno ancora privo di sensi, ma guarito da tutte le ustioni che lui stesso gli aveva provocato poco prima.
Un lampo di rabbia passò negli occhi fulvi del dio e subito dopo una fragorosa esplosione scosse l'altopiano dietro Afrodite.
Questa non si scompose finchè ulteriore stupore non comparve sul volto di Efesto, nel vedere che i suoi obiettivi non erano stati scalfiti dalla sua ira. La dea sorrise, soddisfatta.
"E' una faccenda tra te e me. Lascia fuori tutti gli altri"
"Quindi sei tu che li proteggi" intuì Efesto, riprendendosi dalle spiacevoli sorprese. "Per quanto resisterai, io mi chiedo?"
"Se prometti che non li toccherai, non sarà necessario proteggerli"
"E tu ti fideresti?" domandò di rimando Efesto, allusivo.
Afrodite non rispose.
"Appunto" commentò il dio. "Mi piacerebbe sapere anche un'altra cosa, se posso"
"Che altro ti serve sapere?" chiese Afrodite, sempre in guardia.
"Dimmi, Afrodite, come pensi di sconfiggere me e proteggere loro senza armatura?"

Correre veloce con il peso di Hyoga sulle spalle era tutt'altro che facile, ma doveva farcela e approfittare del momento di tregua per allontanarsi il più possibile dal campo di battaglia.
Come riparo scelse un ammasso di giganteschi detriti vulcanici poco oltre il Trono di Era, vicino al versante meridionale del vulcano. Poggiò il Cavaliere con la schiena contro un masso, provocandogli un gemito di dolore che lo ridestò.
"Ce l'hai fatta, pennuto" rise Palemone, sorreggendolo mentre si metteva nella posizione meno dolorosa possibile "La tua dea è libera e pronta a rimettere in riga il suo ex marito"
"E l'armatura?" domandò Hyoga, che parve non cogliere l'ironia delle parole di Palemone.
"Armatura?" ripetè il Ciclope corrucciandosi.
Era un dettaglio a cui non aveva badato. Palemone si sporse oltre la roccia per controllare.
Le due divinità stavando continuando a studiarsi, girando in tondo e probabilmente dicendosi qualcosa di inudibile da quella distanza. Afrodite indossava sempre e solo la sua solita leggera veste.
"Oh, no!" esclamò a mezza voce Palemone, tornando dal Cavaliere. "Tu sai dov'è?" gli chiese poi, cogliendolo alla sprovvista.
"Cosa?"
"Sai dove Afrodite tiene nascosta la sua armatura?" ripetè il Ciclope.
"No, non sapevo neanche che ne possedesse una fino a poco fa. E' stato Efesto a parlarmene, mentre mi faceva arrosto"
"Ogni divinità ne ha una" spiegà Palemone "E può nasconderla in tutti i modi e in tutti i luoghi possibili e immaginabili"
Hyoga annuì, ricordando il nascondiglio scelto da Atena per la sua: la statua della dea in cima al Grande Tempio.
"Dobbiamo scoprire dove Afrodite ha nascosto la sua e portargliela, altrimenti durerà poco contro Efesto" concluse il Ciclope, senza nascondere un certo allarmismo.
"Potrebbero saperlo le Sacerdotesse" suggerì Hyoga.
"E' meglio che si affrettino a salire, allora"
Quasi avesse sentito l'ultima affermazione, Galatea spuntò pochi secondi dopo dal sentiero ovest, seguita da Shiryu e dagli altri guerrieri. Appena scorse il fratello lo chiamò a gran voce e corse ad abbracciarlo, mentre gli altri Cavalieri andavano a sincerarsi delle condizioni di Hyoga. Il Cavaliere e Palemone dileguarono in convenevoli in poche brevi batture, per portare all'attenzione dei compagni il problema dell'armatura di Afrodite.
"Noi non ne sappiamo niente" disse sconsolata Galatea, alla fine delle spiegazioni.
"Sì, Afrodite non ci ha mai parlato della sua armatura" aggiunse Aglaia. "Per quanto ne sappiamo potrebbe trovarsi ancora nel luogo in cui è stata lasciata ai tempi del mito"
"Oppure, se non l'ha mai utilizzata, potrebbe trovarsi nel luogo d'origine di tutte le armature divine" ipotizzò Eufrosine, per poi spiegare meglio la sua teoria. "Afrodite non ha mai partecipato ad una guerra sacra. Questa è la prima volta che scende in campo contro un'altra divinità"
"E quale sarebbe il luogo d'origine di un'armatura divina?" domandò Seiya, dando voce al dubbio di tutti.
"Un luogo da cui solo la divinità è in grado di estrarla" rispose Palemone quasi in un sussurro, con lo sguardo volto verso quello che sarebbe stato il campo di una portentosa battaglia.






Eccomi tornata, con un aggiornamento e una favolosa notizia: ho un mese di tempo per dedicarmi a tuuuuuuuuuutte le mie storie rimaste indietro, senza dover pensare ad esami e quant'altro, quindi spero di recuperare le interminabili attese a cui ho sottoposto i miei lettori/le mie lettrici in questo periodo e portarmi a tiro con la conclusione della storia (ebbene sì, ormai non manca molto).
Prima di pubblicare il cap mi sono letta alcuni passi della fic e ho notato delle incongruenze che, una volta terminata la storia, prometto di correggere.
Nel frattempo, buona lettura e grazie ancora a chi mi segue in tutti i modi che il sito propone :)
A presto!

Ritorna all'indice


Capitolo 29
*** L'Armatura di Afrodite ***


A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea dell'Amore")

Capitolo 28 - L'Armatura di Afrodite

"Il cuore delle Sacerdotesse?!?" domandarono in coro tutti i presenti alla rivelazione di Palemone.
"Esatto, è lì che sono nascosti i vari pezzi dell'armatura di Afrodite" rimarcò sicuro il Ciclope.
"Ma com'è possibile?" chiese ancora Talia. "Voglio dire, perchè non ne sapevamo niente o non ci siamo accorte di niente una volta che Afrodite ci ha richiamate? A parte Galatea, noi altre apparteniamo a quest'epoca. Alla nostra consacrazione non è successo niente di strano che potesse essere ricondotto all'avere l'armatura dentro di noi"
"Non so spiegartelo nemmeno io, perchè neanche ai tempi del mito c'è stato un qualche segnale che ci avesse fatto intendere tutto questo" rispose il Ciclope e Galatea annuì. "Io neanche sapevo di avere un pezzo di armatura nel cuore"
"Posso solo spiegarvi il perchè di tutto questo" si propose Palemone.
Nessuno degli altri guerrieri obiettò, così il ragazzo iniziò a raccontare.
"Le armature divine furono forgiate ai tempi del mito da Efesto in persona. Le prime ad essere completate furono quelle dei tre fratelli, Zeus, Poseidone e Ade, ma questi subito approfittarono della potenza di quelle armi per farsi guerra a vicenda. Poseidone e Ade iniziarono a muovere contro Zeus per il dominio dell'Olimpo ed egli, per proteggere il suo trono ed evitare che altre guerre tra dei scoppiassero una volta che tutte le divinità fossero state munite della loro armatura, decise di nasconderle. Scelse così i cuori di tutti i guerrieri sacri agli dei, facendo in modo che le armature potessero essere chiamate solo per un motivo più che valido e non futile come la conquista di potere.
Tenne nascosto tutto quanto agli altri dei, per evitare che si creassero da sè quel valido motivo che serviva e per fare in modo che scoprissero tutto quanto a fatto compiuto. Sperava in questo modo di educare le divinità a combattere per fini più nobili. Con alcune ha funzionato, con altre meno"
Finito il racconto, la terra sotto i loro piedi prese a tremare e, pochi secondi dopo, una potentissima onda d'urto li investì, facendoli cadere a terra.
Pur consapevoli di cosa stesse succedendo alle loro spalle, tutti i guerrieri si voltarono verso l'altipiano, dove lo scontro tra Afrodite ed Efesto era cominciato e sembrava procedere senza esclusione di colpi.
"Quindi, se ho capito bene, Afrodite non ha ancora avuto una motivazione valida per richiamare la sua armatura" constatò Shiryu, mentre si rialzava in piedi.
"A quanto pare, no" confermò Palemone.
"Che cosa intendi per 'valido motivo'?" domandò allora Hyoga, i cui dolori per lo scontro contro Efesto gli rendevano ancora difficile lo stare in piedi.
"Ogni divinità ne ha uno caratteristico" spiegò il Ciclope "Atena una giustizia mancata, Ares l'esito sbagliato di una guerra, Ade una morte ingiusta..."
"Quindi per Afrodite c'entrerà qualcosa l'amore" dedusse il Cavaliere del Cigno, facendosi sempre più pensoso.
Palemone annuì.
Una nuova onda d'urto li colpì, e poco dopo Afrodite volò nella loro direzione, colpita in pieno dal Fuoco Divino di Efesto. Una volta in prossimità dei guerrieri, il volo di Afrodite si arrestò come se la dea si fosse scontrata contro un muro. Ayame cadde a terra, ma si rialzò subito e ripartì all'attacco, nonostante il suo cosmo fosse più debole di prima.
"Ci sta proteggendo" disse una nuova voce alle loro spalle. Psiche e Ikki erano arrivati e subito volsero la loro attenzione allo scontro in atto.
Gli altri ragazzi spiegarono velocemente la questione dell'armatura a Psiche, che comunque non si scompose, suscitando qualche perplessità nelle compagne.
"Lo sapevi già, per caso?" le chiese Talia.
"No, ma in caso contrario sarebbe cambiato qualcosa? Solo Afrodite può richiamare la sua armatura"
La risposta lapidaria di Psiche sorprese tutti quanti. La Sacerdotessa aveva sempre dimostrato un carattere focoso ed impulsivo, lontano mille miglia dalla composta freddezza di adesso. Era bastata quella salita a cambiarla così profondamente, oppure il suo nuovo comportamento era il culmine di un processo che durava da più tempo?
L'arrivo di un'altra, potentissima scossa non diede a nessuno il tempo di pensare alla risposta più plausibile.

Il Martello di Efesto e lo Scettro di Afrodite, in modalità doppia falce, si scontrarono nuovamente e con maggior potenza di prima, potenza che si scatenò tutt'attorno facendo tremare persino l'aria calda dell'altopiano.
Le due divinità si allontanarono di nuovo e ripresero a combattere. Scambi veloci, schivate precise, colpi mirati, mosse agili. Lo scontro era praticamente alla pari, nonostante Afrodite non fosse protetta da un'armatura. In cuor suo, però, Ayame si chiedeva quanto avrebbe potuto resistere.
Falce e Martello si incrociarono ancora*. Efesto agganciò la punta arcuata dell'arma della sua avversaria e, fecendo leva, roteò il Martello costringendo Afrodite a dargli le spalle. Con un braccio attorno al collo attirò la dea a sè.
"Cominci a cedere, Afrodite" rise sibilando nel suo orecchio.
Ayame non rispose, si liberò dalla morsa e roteò la doppia falce, andando molto vicina a colpire il volto di Efesto, che però arretrò appena in tempo.
"Quanto pensi di resistere ancora?" le domandò allora, con arroganza.
"Abbastanza da riuscire a fermarti" fu la risposta risoluta di Ayame, prima di ripartire all'attacco.
Efesto l'attese in guardia. Accese il suo cosmo attorno al Martello, che divenne incandescente e iniziò a sprigionare fiamme. Al momento dell'impatto tra le due armi, Efesto agitò la sua dal basso verso l'alto, imprimento al suo colpo una potenza tale da sollevare in aria Afrodite e scagliarla di nuovo lontano da sè.
Ayame ricadde a parecchi metri di distanza dal suo avversario e rotolò per terra un paio di volte, prima di riuscire a rimettersi in piedi.
Il colpo che aveva ricevuto era di una potenza di molto superiore alla sua e stava a significare che Efesto doveva ancora giocarsi le sue armi migliori. Quelle che a lei non erano, al momento, concesse.
Si rimise comunque in piedi, decisa più che mai a dare il tutto per tutto pur di sconfiggere Efesto. Iniziò ad avanzare nella sua direzione, agitando la doppia falce in aria, eseguendo movimenti precisi e prestabiliti. Le due falci alle estremità presero ad illuminarsi e, quando Efesto scagliò nuovamente il suo Fuoco Divino, Afrodite rispose liberando le due lame di luce. Queste si fusero in aria e presero a roteare, creando un discol luminoso che riuscì a fendere la sfera di fuoco di Efesto, annullandone l'effetto, per poi dirigersi velocissima contro il dio. Efesto la schivò grazie ai riflessi pronti, lasciando che la Luce di Venere si scatenasse contro un complesso roccioso alle sue spalle.
Di nuovo riprese il corpo a corpo.
Afrodite iniziò ben presto ad accusare la stanchezza data dal precedente colpo, ma cercò di resistere a tutti gli assalti di Efesto. Questi si feceso via via più serrati e, alla fine, uno dei colpì superò la guardia di Ayame colpendola ad un fianco. Altri tre arrivarono in successione, al ventre, alla schiena e, infine al viso, facendola capitolare.
Ayame cadde a terra, ansimante e ferita. Lo scettro, che le era scappato di mano mentre cadeva, giaceva poco distante da lei. La ragazza si rialzò quel tanto che bastava per allungare una mano ed afferrare il bastone. Questo, però, sfuggì alla sua presa e, poco dopo, si dissolse.
"No..." sussurrò a malapena, accorgendosi poi che anche la sua veste era svanita, lasciandola con solo addosso i suoi abiti normali.
"Ayame!"
"NO!"
I richiami dei suoi amici giunsero distinti alle orecchie di Afrodite, che alzò lo sguardo sconsolato verso di loro. Erano molto vicini. Durante l'ultimo assalto doveva essere arretrata senza neanche accorgersene.
Incrociò subito lo sguardo di Hyoga, il più allarmato di tutti.
Tanto bastò a darle la forza per rialzarsi e rimettersi in guardia, nonostante fosse disarmata, debole e ferita.
Efesto la osservò qualche istante, quindi prese a ridere di gusto, ma questo non scompose minimamente Ayame.
"Cosa pensi di fare, in quelle condizioni?" le domandò con scherno.
"Di combattere contro di te, finchè mi rimarrà anche un solo alito di vita" rispose lei sicura.
Nei suoi occhi verdi brillò un riverbero argenteo e il suo cosmo si riaccese. Alcune delle ferite più superficiali scomparvero e Ayame acquisì nuova forza.
"Stai solo rimandando la tua fine di qualche minuto, Afrodite" disse Efesto, per nulla intimorito dal suo ritrovato vigore.
"Allora non risparmiarti"
Ayame attaccò per prima, servendosi solo del proprio corpo e dimostrando, nonostante la stanchezza, notevole agilità nello schivare i colpi di Efesto, sia diretti sia energetici. Alcune volte riuscì a coglierlo alla sprovvista e a colpirlo al volto o al petto, che l'armatura lasciava scoperti, ma non sembrarono avere molto effetto, se non quello di sorprenderlo. Ad un nuovo attacco di Ayame, però, Efesto riuscì ad afferrarla per un braccio. Dopo averle scoccato un'occhiata maligna, accese il suo cosmo e le scagliò contro il Fuoco Divino. Ayame venne presa in pieno ventre e scagliata lontano, poco distante da dove gli altri guerrieri osservavano lo scontro.
Senza pensare alle conseguente, Hyoga accorse al suo capezzale per controllare le sue condizioni. La ragazza respirava ancora, seppur debolmente, e presentava parecchie ustioni sul volto e sul petto, dove la stoffa dei suoi abiti si era carbonizzata.
Sentendo il contatto con le braccia amorevoli di Hyoga, Ayame aprì gli occhi e incontrò quelli azzurri e preoccupati di lui.
"Basta, Ayame, ritirati!" la esortò il Cavaliere "Non devi per forza farti uccidere"
"Non posso" sussurrò lei, riuscendo appena a muovere le labbra "Devo fermarlo"
Con uno sforzo immendo, tentò di mettersi a sedere, ma il dolore causatole dalle ustioni la fece cedere nuovamente.
"Spostatevi" ordinò poi, con voce affannosa.
"Cosa? Che dici?" chiese Hyoga, confuso.
"Ho detto che dovete spostarvi... e andare via"
Quasi costringendo il suo corpo a non sentire il dolore, Ayame si rimise in piedi e iniziò a muovere un passo verso Efesto. Hyoga le si parò davanti.
"Ayame, è una follia!"
"Ti ho detto di andare!" gridò lei disperata.
"No, io non ti lascio"
Hyoga tentò di riportarla indietro, ma Ayame resistette stoicamente.
"Hyoga, maledizione, vattene! Ucciderà anche te!"
"Tanto vale morire, se devo vivere una vita senza di te!"
"Ti accontento subito"
Ayame non ebbe il tempo di realizzare le parole di Efesto che il dio aveva già scagliato il suo colpo.
Hyoga venne preso in pieno. La sua armatura andò in pezzi e il fuocò bruciò in un batter d'occhio la canotta sotto di essa.
Agli occhi di Ayame procedette tutto al rallentatore. Sentì la presa su di lei, che prima era decisa, farsi sempre più debole e infine scomparire. Vide il suo volto spento accasciarsi sul petto, il suo corpo inerte venirle addosso. Le sue braccia si mossero automaticamente ad accompagnarne la caduta. Il corpo di Hyoga finì steso a terra, con Ayame sopra a scuoterlo disperata per le spalle.
"HYOGA, NO! Ti prego, apri gli occhi!"
Prese a schiaffeggiarlo con poca delicatezza, ma il Cavaliere non reagì a nessuno stimolo.
"Non puoi lasciarmi!" dagli occhi di Ayame le lacrime iniziarono a sgorgare copiose. "Non adesso! Hyoga! Hyoga, svegliati... amore mio... apri gli occhi..."
Alla fine, Ayame si abbandonò ad un pianto disperato sul petto immobile di Hyoga, stringendo tra le mani la canotta sgualcita, incurante di tutto e tutti attorno a lei. La disperazione che l'aveva invasa nel veder morire l'unico uomo che avesse mai amato, da umana come da dea, la rese cieca verso il resto del mondo, verso gli altri guerrieri, rimasti pietrificati dalla scena a cui avevano assistito, e soprattutto verso Efesto, che avanzava a passo cadenzato e con un ghigno malvagio in volto.
Quando i Cavalieri e le Sacerdotesse si accorsero della sua vicinanza, vennero subito sbalzati indietro da una semplice occhiata del dio. Questi sollevò poi il Martello incandescente sopra la schiena, scossa dai singhiozzi, di Ayame, e disse gelido "Non ho mai sopportato le scene patetiche"
Calò il colpo con tutta la sua forza. A pochi centimetri dalla schiena di Ayame, però, il Martello sembrò rimbalzare su una barriera invisibile, che lo scagliò indietro con una forza di molto superiore a quella del colpo. Efesto venne trascinato lontano insieme alla sua arma, incredulo a ciò che era successo. Atterrato in piedi, puntò subito lo sguardo verso la sua nemica.
Attorno a lei e al corpo del Cavaliere brillava di riflessi argentati una barriera invisibile.
Ma non era tutto. Efesto lo sapeva.
Uccidere Hyoga era stato il peggior errore della sua vita.

Galatea si sollevò su un gomito, ancora stordita dal colpo ricevuto, giusto in tempo per assistere al miracolo.
Dapprima la pervase una strana sensazione, un formicolio diffuso che presto si concentrò in un calore pungente all'altezza del cuore. Questo accelerò i battiti, che divennero più potenti, quasi volesse esplodere, quindi un raggio di luce uscì dal petto di Galatea, seguito da un altro e un altro ancora.
Subito la Sacerdotessa capì cosa stava succedendo. Si alzò lesta in piedi per vedere che anche alle sue compagne stava succedendo la stessa cosa. I Cavalieri intorno a loro osservavano il processo non sapendo se esserne meravigliati o spaventati. Soprattutto Shun sembrava molto preoccupato per Talia, ma questa aveva l'espressione di chi non era mai stata meglio in vita sua.
Tutt'attorno, poi, esplose una lice accecante. originata da Ayame, ancora china sul corpo di Hyoga. Le loro figure scomparvero nella luce, talmente potente di impedire a chiunque di vedere ad un palmo dal proprio naso.
Le Sacerdotesse non videro, quindi, quei raggi luminosi diventare delle piccole sfere di luce e fuoriuscire dal loro cuore. Sentirono solo quella strana sensazione abbandonarle, lasciandole come se nulla fosse successo. Percepirono poi un cosmo potentissimo provenire da un punto a poca distanza da loro. Lo riconobbero e capirono che il miracolo era avvenuto.
La luce andò rapidamente dissolvendosi e, una volta riaquistata la vista, Cavalieri e Sacerdotesse la videro.
Afrodite rifulgeva di energia, rivestita della sua armatura argentea ed elegante che la rendeva ancora più bella e temibile di quanto non fosse. Dalla schiena della dea partiva un paio d'ali di farfalla che sbattevano lentamente. Nella mano destra era ricomparsa la doppia falce, mentre il braccio sinistro reggeva il corpo di Hyoga, come se pesasse poco più di una piuma.
Afrodite stava baciando Hyoga, e il corpo del Cavaliere era circondato da un alone argentato che andò a curargli tutte le ferite subite.
In pochi secondi il corpo di Hyoga si rianimò. Il ragazzo poggiò saldamente i piedi a terra e si rimise in posizione eretta, senza più l'aiuto di Ayame. Non mollò le labbra di lei nemmeno per un attimo mentre si riprendeva.
Una volta guarito del tutto, Afrodite interruppe il contatto e guardò Hyoga intensamente.
"Quando la smetterai di salvarmi la vita?" le chiese lui, sorridendo.
Ayame sorrise di rimando. "Quando tu la smetterai di sacrificarti per me"
"Lo farò ogni volta che sarà necessario"
"Allora lo stesso vale per me"
Hyoga si riabbassò per baciarla ancora, ma Ayame lo respinse gentilmente, accennando col capo ad Efesto, che si era rialzato e la attendeva, fremente di rabbia.
"Allontanatevi adesso" ordinò perentoria Afrodite, avanzando di qualche passo. "Sarà molto peggio di prima"
Hyoga annuì. Era sicuro che, questa volta, ce l'avrebbe fatta con le sue forze. La determinazione non era mai mancata ad Ayame, adesso possedeva le armi necessarie per sopraffare Efesto una volta per tutte.

*Volevo precisare che non vi è alcun riferimento politico. L'immagine è venuta per  caso e solo dopo mi sono accorta che poteva essere in qualche modo fraintesa.



Salve a tutti!
Visto che non vi ho fatto aspettare tanto? Sono stata brava? (Voglio sentire un coro di sì ^^)
Capitolo succulento, che ci avvia alla conclusione degli scontri (ebbene sì) ma non delle sorprese :)
Attendo pareri! E intanto vi mostro le armature di Efesto e Afrodite (sono troppo complicate da descrivere =D)
Armatura Efesto Armatura Afrodite
A presto!

Ritorna all'indice


Capitolo 30
*** L'ultimo valzer ***


A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea dell'Amore")

Capitolo 29 - L'ultimo Valzer

Lo scontro riprese, più violento e serrato di prima. Nessuna delle due divinità voleva cedere il passo all'avversario e dimostrarsi, così, inferiore.
Schivate, parate, lampi di luce e lingue di fuoco si alternarono sotto gli occhi invisibili del cratere di Vulcano, la cui attività era aumentata, a segnare il ritmo di quel valzer di colpi che si stava ballando ai suoi piedi.
I guerrieri rimasti in disparte a guardare sapevano che quello sarebbe stato l'ultimo valzer, l'ultimo round di un combattimento che non sembrava voler decretare un vincitore.
La baldanza era sparita dal volto di Efesto dal momento in cui aveva attentato alla vita di Hyoga. Era stato l'errore fatale che aveva rovesciato le sorti dello scontro, prima nettamente a suo favore.
Afrodite, invece, non lasciava trapelare nulla se non una grande determinazione a mettere la parola fine a quella storia che con lei e per lei era iniziata, non pochi giorni prima ma ere fa, quando sulla potenza di Vulcano si raccontavano solo leggende e non si scrivevano libri di scienze.
Palemone e Galatea, di nuovo mano nella mano, come erano nati, di nuovo dalla stessa parte, osservavano lo scontro sussultando in contemporanea all'eco dei colpi più potenti.
Hyoga si aggrappava con tutte le sue rinnovate forse alla roccia vulcanica dietro cui si era riparato coi compagni, senza perdere di vista un attimo Ayame, stringendo la stretta ad ogni colpo che la dea metteva a segno o subiva.
Psiche stringeva i pugno attorno alle spine di una sua rosa, bucando il palmo della sua mano da cui sgorgava copiosamente sangue, pronta ad intervenire in aiuto della sua dea, fedele fino all'ultimo istante.
Aglaia, Eufrosine e Talia stavano con le teste vicine, come Botticelli le aveva ritratte secoli prima, ma senza quei visi allegri e sereni. Neanche loro volevano perdersi un attimo dell'ultimo capitolo di una storia che era stata anche la loro.
Gli altri Cavalieri fremevano ai lati del campo di battaglia, incapaci di stare con le mani in mano, abituati a danzare loro quell'ultimo valzer, insieme, e non avvezzi a fare da spettatori, ma consapevoli che, per quella volta, il loro posto era sulla scenografia e non al centro del palcoscenico.

Vulcano vomitò lingue di lava e zampilli di fuoco. Il cielo si coprì di cenere. Ad illuminare il campo, solo le fiamme.
Afrodite riuscì, alla fine, a disarmare Efesto del suo martello e a puntargli la lama alla gola. Si fermarono entrambi, col fiato corto e il viso intriso di sudore e cenere illuminato dalle esplosioni sopra di loro.
"Avanti, fallo!" la esortò Efesto, apparentemente disposto ad accettare l'oblio.
Ma Ayame non si mosse di un millimetro.
"Che stai aspettando, Afrodite, finiscimi!"
"NO!" urlò Ayame di rimando.
"Io non sono più Josuke!"
"Sì che lo sei!"
"Non puoi evitare di ucciderlo se mi vuoi sconfiggere. E' la tua unica occasione"
"Invece ti sbagli" sibilò Afrodite.
Con un movimento rapidissimo liberò la gola di Efesto dall'incombenza della lama e, con la doppia falce, descrisse un cerchio davanti a lei. La superficie lucida di uno specchio comparve tra le due divinità, andando a riflettere l'immagine di Efesto. Ciò che lo Specchio di Afrodite ritrasse, però, non era Efesto nel suo corpo reincarnato, ma il vero aspetto del dio, storpio ma muscoloso, con volto segnato da cicatrici e bruciature e coperto da una barba annerita dalla fuliggine e dalla cenere.
Dal petto di Josuke scaturì una luce rossa accompagnata da un urlo straziante che riecheggiò per tutta l'isola. Lo stesso urlo che uscì dalla bocca dell'immagine riflessa nello specchio. L'essenza di Efesto uscì dal corpo di Josuke opponendo una strenua resistenza, ma incapace di cedere davanti al richiamo del suo vero corpo ritratto nello specchio.
Quando anima e riflesso si furono riunite, lo specchio scomparve in una scintilla di luce.
Josuke cadde a terra, di nuovo con le gambe incapaci di reggere il suo peso, di nuovo col volto scavato e stanco.
Un'esplosione riecheggiò tutt'attorno. La terra tremò. Profonde crepe andarono a spezzare la roccia del vulcano e dell'isola, lasciando uscire la lava che fino a poco prima erano riuscite a contenere.
Dietro di lei, Cavalieri e Sacerdotesse iniziarono ad urlare, allarmati,
Afrodite, invece, non si scompose. Sapeva che sarebbe successo, che quello scontro non avrebbe avuto vincitori, che quel valzer doveva essere ballato in coppia, fino alla fine. Era il regalo di addio di Efesto per la sua sposa infedele.

Il cielo grigio divenne rosso fuoco, un cielo in fiamme da cui piovevano detriti roventi e comete incandescenti. Così Vulcano gridò al mondo la sconfitta del suo dio, senza il controllo del quale aveva la strada spianata per distruggere tutto attorno a lui. Cascate di lava si riversarono sull'altopiano sotto il cratere, la prima vittima della sua furia, costringendo gli insignificanti esseri umani a sparpagliarsi per non restare imprigionati sotto il fiume rovente. Ma la cascata deviò il suo decorso a mezz'aria e i detriti andarono ad accumularsi insieme a lei, creando una cupola vermiglia sopra quegli uomini che avevano sfidato Efesto e scalato i pendii della sua dimora.
Palemone si voltò verso il centro dell'altipiano. Era Afrodite a proteggerli, le braccia protese verso il cielo e il viso contratto nello sforzo immane di arginare quello sfogo della natura che lei non poteva controllare.
Mentre gli altri ancora cercavano di capire cosa stesse succedendo, il Ciclope raggiunse la dea e non vide sorpresa nei suoi occhi, solo un'amara consapevolezza.
"Prendi Josuke e portalo via" gli ordinò Afrodite, senza guardarlo nemmeno negli occhi.
"Lo sapevi, vero?"
"Ha importanza? Muoviti!"
Palemone la osservò ancora qualche istante, prima di obbedire. Quindi si caricò il corpo privo di sensi di Josuke in spalla e fece per tornare dagli altri, quando si vide il cammino bloccato da Hyoga.
"Che stai facendo? Dobbiamo salvare Ayame!" protestò il Cavaliere accennando al corpo che aveva ospitato il nemico fino a poco prima.
"Eseguo solo gli ordini"
Palemone proseguì per la sua strada, lasciando un Hyoga sconcertato alle spalle. Questi raggiunse poi rapido Ayame e la strattonò per un braccio, nel tentativo di convincerla ad andare, ma fu ributtato a terra dalla forza del suo cosmo.
"Vai e mettiti in salvo!" gli ordinò la ragazza, cedendo terreno alla forza della natura sopra di lei.
"No, io non ti lascio qui!" si oppose Hyoga, rimettendosi in piedi. Ma Ayame gli impedì nuovamente di avvicinarsi.
"Mettetevi in salvo sulla spiaggia" ribadì Afrodite. "Io vi raggiungerò"
Ayame ricacciò le lacrime negli occhi e tentò di vincere la potenza schiacciante di Vulcano.
"Ma come..." fece per domandare Hyoga, ma lo sguardo deciso di Ayame gli fece morire le parole in bocca.
"Ti fidi di me?" gli chiese invece lei.
"Sì, mi fido di te" rispose Hyoga senza esitare.
"Allora vai alla spiaggia e salvati. Io vi raggiungerò"
Il tono della ragazza non ammetteva repliche. Hyoga annuì e, seppur contro la sua volontà, si allontanò da lei.
Solo quando fu scomparso sotto l'altipiano, Ayame si concesse il lusso delle lacrime.

Il gruppo imboccò il sentiero più vicino e scese di corsa verso valle, spinto dalle esplosioni sempre più forti provenienti dal cratere. Ogni volta Hyoga si fermava e ogni volta doveva essere convinto con la forza a proseguire.
Il Cavaliere non potè fare a meno di pensare che, poco prima, aveva fatto quella strada o una simile al contrario e per i motivi esattamente opposti.
Un'altra spinta e di nuovo correva tra arbusti in fiamme e proiettili di fuoco, finchè raggiunsero le colonne rosse da cui si diramavano i tre sentieri. Ad attenderli c'erano Julian e Sorrento, che subito li esortarono a proseguire fino alla spiaggia, dove Atena li attendeva per portarli in salvo sull'elicottero.
Hyoga non potè fare a meno di lanciare un ultimo sguardo alla cima del monte, ormai quasi completamente coperta dal fumo nero rigurgitato da Vulcano.
Arriverà, si disse. Si fidava di Ayame. Per quanto ne sapeva lui, potevagià essere arrivata alla spiaggia per attenderli accanto a Saori. Sarebbe salita sull'elicottero con loro e avrebbero puntato su Tokyo. E una volta a Tokyo sarebbero tornati alla loro spiaggia, dove tutto era iniziato, finalmente liberi di amarsi.
Ma la spiaggia di Vulcano arrivò troppo presto e senza Ayame ad attenderli. Solo Saori e il pilota agitato che non vedeva l'ora di andarsene da quell'inferno.
Salirono tutti rapidamente, restavano solo Hyoga e Psiche a terra.
"Dobbiamo aspettare Ayame" disse il Cavaliere alla sua dea, prima che l'ennesima esplosione facesse tremare l'aria attorno a loro.
"E' troppo tardi" gli rispose Psiche.
"Non è vero!" protestò lui, ma la sua fiducia iniziava a vacillare.
"Dobbiamo andare, Hyoga!" lo esortò Saori, prendendolo per un braccio, ma lui si divincolò in malo modo e fece per tornare indietro, placcato da Psiche.
"Lasciami! Devo andare a riprenderla!"
"Non puoi, Hyoga!"
"Sì, invece! Togliti di mezzo!"
"Ma non capisci?!?" urlò alla fine Psiche, spingendolo a terra.
E quando Hyoga alzò gli occhi su Psiche, vide che stava piangendo.
"E' rimasta lassù per salvare noi. Per salvare te. Ti ha mentito per salvarti la vita! Non serve a niente tornare su, non puoi più fare niente!"
"NO!" gridò Hyoga mentre si dava lo slancio per correre in cima alla montagna. Ma Psiche fu più rapida. Gli soffiò qualcosa negli occhi. Dolore e rabbia sparirono nell'oblio in cui la Sacerdotessa lo fece cadere.
Seiya e Shiryu scesero per caricarlo sull'elicottero, infine salirono anche Saori e Psiche e il velivolo decollò.

In ginocchio, col peso della lava e delle fiamme sulle spalle e il rimbombo delle esplosioni nelle orecchie, Ayame percepì i loro cosmi allontanarsi velocemente dall'isola. E seppe che ce l'aveva fatta, che erano sani e salvi. Senza più lacrime da piangere, lasciò che il fuoco la inondasse. E lo fece col sorriso.


Dopo mooooooltissimo tempo sono tornata, e chiedo venia. Ho avuto poco tempo e quello che mi è servito per stendere questo cap me lo sono ritagliato a fatica. Spero comunque che ne sia valsa la pena :)
Posso dire con certezza che mancano ufficialmente due capitoli alla fine di questa eterna fanfiction che non la voleva sapere di trovare una conclusione.
Nell'attesa (spero non troppo lunga, farò in modo che non lo sia) degli ultimi atti, buona lettura!

Ritorna all'indice


Capitolo 31
*** Attenti a quei due ***


A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea dell'Amore")

Capitolo 30 - Attenti a quei due

Il giorno dopo i telegiornali si dilungarono a commentare l'improvviso aumento di attività di Vulcano. Nessun vulcanologo l'aveva previsto, l'isola non aveva dato segni di volersi risvegliare. La popolazione di Vulcano fu colta alla sprovvista, ma fortunatamente c'era stato il tempo necessario a far evacuare tutti prima dell'esplosione finale.
Dalle isole vicine videro partire l'ultimo elicottero giusto pochi attimi prima che un immenso fiume di lava e detriti si riversasse lungo il pendio del monte fino al mare. Aveva preso quota in mezzo al vapore che si era alzato dall'acqua ed era scomparso nel cielo ingrigito dalle polveri, diretto chissà dove.

Il giorno dopo il cataclisma, toccò agli esperti andare a valutare l'entità dei danni provocati dalla furia del vulcano. Vennero mandati in avanscoperta vulcanologi e membri della Protezione Civile italiana, insieme a vigili del fuoco e altre forze dell'ordine.
Le calcolatrici fumavano sotto le loro dita, quasi ad imitare le rocce ancora calde che li circondavano, mentre impazzivano a calcolare quanti soldi sarebbero occorsi per rimediare a quello sfacelo.
Un cellulare squillò tra la desolazione e i bisbigli, e il capo della Protezione Civile italiana rispose al numero sconosciuto comparso sul display.
La ruga di preoccupazione che aveva stampata sulla fronte si distese di colpo quando la sua espressione divenne di sorpresa e quindi di infinita gioia. Chiuse la comunicazione con dita tremanti e si rivolse ad un suo collega, avvicinatosi per sapere anche lui le novità.
"Una donazione... dalla fondazione Kido... per coprire una parte dei danni... è un miracolo!"
I due uomini richiamarono alcuni membri della squadra di spedizione per comunicare la notizia e decidere sul da farsi.
Due membri della squadra dei pompieri, invece, si allontanarono dal capannello, diretti verso l'altopiano sotto il cratere principale di Vulcano, che era stato delimitato con alcune transenne perchè considerata zona pericolosa.
I due pompieri scavalcarono agilmente le barriere e si voltarono per controllare di non essere visti, quindi si tolsero caschi e divise, che scomparvero magicamente appena toccarono terra, liberando l'aura lucente che attorniava i corpi dei due uomini.
"Ma quanto è generosa, la nostra sorellina!" commentò l'uomo dai capelli riccioli che sembravano perennemente scossi dal vento, mentre si sistemava la tunica sul petto.
"Bah, uno spreco!" commentò il compagno, coperto da una toga scarlatta e con tralci di vite tra i capelli ramati e attorno alla vita. Stappò una bottiglia di vino comparsa dal nulla e se ne scolò una golata. "Dovrebbe investire invece che fare beneficienza. In questo. Passito di Pantelleria, vendemmia del '98. Grande annata!"
Un'altra golata, quindi porse la bottiglia all'altro. "Ne vuoi un po'?"
L'altro lo guardò un po' di sbieco, poi scrollò le spalle e accettò la bottiglia. Dopo averla riconsegnata all'amico, i due presero ad arrampicarsi con agilità sulle macerie, guardandosi intorno, apparentemente in cerca di qualcosa.
"Certo che ci hanno dato dentro!" commentò l'uomo coi capelli mossi, mentre balzava col leggiadria da un masso ad un altro, tenuto in aria dai suoi calzari alati. "Se avessero messo tutta questa energia in altro, non si sarebbero separati"
"Hermes, lo sai meglio di me che Afrodite ci ha sempre messo energia. Solo, lo faceva con le persone giuste"
"Tipo te?" domandò Hermes, divertito.
"Tipo te e me. Ah! Che gran baccanale è stato, quello!"
"Già. Peccato che la pacchia sia finita, caro Dioniso. Afrodite adesso è innamorata"
"Ti prego, non pronunciare quella parola! Non ci sono ancora abituato"
Dioniso rabbrividì e cercò di rimediare con un'altra golata di vino.
Continuarono a perlustrare la zona in silenzio, smuovendo qualche rovente ogni tanto per vedere cosa ci fosse sotto. Trovarono sempre e solo altre pietre roventi.
"Ma sei sicuro che sia qui?" domandò Dioniso all'ennesima pietra smossa.
"Così ha detto papà, anche se non è stato molto preciso sul luogo. Ha detto che l'avremmo capito da soli che era il posto giusto"
"Perchè c'è un bagliore di luce argentata che spunta tra le rocce e pulsa e ci crescono sopra dei fiori?"
"Eh?"
Hermes si voltò verso il fratello, il cui sguardo era rapito da uno spettacolo singolare. Un cumulo di macerie era effettivamente attorniato da un'aura simile alla loro, dai riflessi d'argento, e sulle rocce prive di vita era fiorita una piccola colonia di fiori di campagna.
"Sì, potrebbe essere" decise Hermes, dopo qualche secondo di riflessione, quindi si librò in aria per raggiungere l'ammasso di rocce, seguito a ruota da Dioniso.
"Pratoline" constatò quest'ultimo, strappando un fiore dal praticello in miniatura sotto di lui. "Poteva impegnarsi un po' di più"
"Perdonala, ma è solo stata sepolta da qualche metro quadrato di lava. La prossima volta farà meglio" scherzò Hermes, prima di esortare il fratello ad aiutarlo a togliere tutti quei massi.
Dioniso fece scomparire la bottiglia di Passito e puntò una mano verso il cumulo, ad imitazione di Hermes.
Le pietre iniziarono a sollevarsi, prima le più piccole, poi quelle sempre più grandi, lasciando al bagliore sotto di loro la possibilità di rifulgere sempre di più. Alla fine, le ultime pietre permisero alle due divinità di vedere il corpo che stavano celando.
Afrodite era a terra, priva di sensi e ancora coperta dall'armatura, circondata da un alone di energia che l'aveva protetta dal fuoco e dalla lava.
Hermes e Dioniso depositarono le macerie poco lontano e si accovacciarono accanto al corpo della sorella.
"Non male, come corpo in cui reincarnarsi" commentò Diosino, attingendo nuovamente alla sua bottiglia di vino.
"Già, ha tutte le sue cosine al loro posto"
"Che spreco! Tutto questo ben di dio per un solo uomo"
"La nostra occasione per divertirci l'abbiamo avuta, fratellino. E' ora che cominci a guardarti intorno"
"Ma nessuna eguaglierà mai le sue capacità. Alle tue doti amatoriali, Afrodite"
Dioniso bevve alla salute della dea, sotto lo sguardo perplesso di Hermes, che fu però attratto poco dopo dalla teca in cui era racchiusa Afrodite, la quale emise un ultimo bagliore prima di scomparire. Assieme ad essa svanì anche l'armatura della dea, che rimase in abiti comuni.
Dopo qualche movimento involontario di mani e occhi, Afrodite riprese conoscenza e si guardò intorno finchè non incrociò gli sguardi apprensivi dei fratelli.
"Voi due che ci fate qui?" domandò sorpresa, mentre si rialzava a sedere.
"Siamo venuti a tirarti fuori, mia cara"
Afrodite fece vagare lo sguardo sull'altopiano che era stato teatro del suo combattimento contro Efesto e infine ricordò tutto: l'eruzione, la lava che colava, lei che permetteva agli altri di fuggire e si lasciava poi inghiottire dal fuoco.
"Ma che è successo?" domandò infine.
"Pare che il tuo cosmo ti abbia protetta dalla lava, racchiudendoti in una specie di bozzolo" le spiegò Hermes, per poi prendere la bottiglia di vino dalle mani del fratello per offrirla ad Afrodite.
Questa la accettò volentieri e mandò giù un sorso di Passito, quindi restituì la bottiglia ad un bramoso Dioniso.
"E voi che siete venuti a fare?" chiese ancora la dea.
"Sembrava che non volessi uscire dai sassi" rispose Dioniso.
"Ci ha mandati nostro padre per aiutarti" aggiunse Hermes. "Considera fondamentale che tu torni a Tokyo da Atena"
"E perchè?"
"Questo non me l'ha spiegato" ribattè dispiaciuto Hermes. "Sono un messaggero, non un segretario"
"E a te suppongo non abbia detto null'altro" dedusse Afrodite, rivolta a Dioniso.
"Se l'ha fatto, ero troppo ubriaco per capire" rispose lui con semplicità.
"Non stento a crederlo"
Afrodite si mise in piedi, ma un capigiro la costrinse ad appoggiarsi ad Hermes, prontamente intervenuto in suo soccorso.
"Grazie, ma togli pure la mano dal mio sedere. Non serve a reggermi in piedi"
"Sempre malpensante, Afrodite mia!"
"E comunque, come puoi pretendere che la mano non s'allunghi, con un corpo così?" le fece notare Dioniso.
"Millenni di esistenza e restate sempre due adolescenti infoiati" li rimproverò Afrodite. "Ma con me non attacca più"
"Lo sappiamo" replicò Dioniso, senza nascondere la sua delusione. "Sei inn... quella cosa lì"
"Si dice innamorata, Dioniso, e tu lo sei stato di Arianna, rammenti?"
"Errori di gioventù"
"Come ti pare. E' stato un piacere rivedervi, ragazzi"
Afrodite si congedò dai fratelli e prese a scendere verso valle.
"Si può sapere dove stai andando?"
Hermes era sbucato alle sue spalle e la osservava dall'alto, sospeso a mezz'aria come se fosse sdraiato su un lettino. Afrodite si fermò e lo guardò scocciata, prima di rispondere.
"A cercare un modo per tornare a Tokyo"
"Non puoi teletrasportarti?"
"Risponditi da solo"
"Ah già... "
Nel frattempo Afrodite era andata avanti. Questa volta fu Dioniso a bloccarle il passo.
"Perchè tanta fretta, sorellina? E' parecchio che non ci si vede"
"Sentite, io devo tornare a Tokyo, ok? Devo tornare da Hyoga, da Saori e dalle mie Sacerdotesse a dire loro che sto bene... e poi anche papà dice che è fondamentale che torni, quindi, gentilmente, ti sposti?"
"Quando te la facevi con Ares eri più affabile" le ricordò Dioniso mentre lo sorpassava.
"Perchè non me la facevo solo con Ares, ricordi?"
"Eccome! Eri tutta un fuoco, mentre adesso sei frigida"
Afrodite si fermò e si voltò verso il fratello col volto inviperito.
"Io sono frigida?"
"Nah, era solo un modo per farti fermare. Senti qui"
Dioniso le si avvicinò e le cinse le spalle con un braccio. Hermes li raggiunse subito dopo, imitando il fratello.
"Sei davvero... innamorata di questo... ?"
"Hyoga"
"Hyoga, certo. Lo ami davvero?"
"Non ti sei scomposto quando hai detto 'ami'"
"Perchè non ci devo pensare. Allora, lo ami?"
"Certo che lo amo!"
"Certo che lo ama!" le fece eco Hermes.
"Molto bene. A questo punto dobbiamo solo elaborare un piano" sentenziò Dioniso, lasciando la presa sulla sorella e andandosi a sedere su un masso.
"Un piano per che cosa, scusa?" chiese Afrodite, districandosi dalla presa di Hermes per raggiungere l'altro dio.
"Per la tua entrata in scena, ovvio" rispose serafico, mentre versava il Passito in un calice d'oro che aveva tirato fuori dalla tunica.
"No, non è ovvio. Senti, voglio solo tornare a Tokyo, e voglio tornarci il prima possibile"
"Fidati di me, Afrodite" la esortò Dioniso, mentre faceva roteare il liquido ambrato nel calice.
"No che non mi fido!"
"Sinceramente, Dioniso, nemmeno io mi fido di te" le diede man forte Hermes.
"E fate male. Quando sono ispirato le mie idee sono una vera bellezza. Adesso, sorellina, siediti e ascolta Dioniso tuo"
Afrodite sospirò e alla fine cedette. Sapeva che quei due non l'avrebbero lasciata in pace finchè non li avesse ascoltati. Si andò a sedere vicino a Dioniso, mentre Hermes osservava tutto da dietro le loro spalle, sempre volando.
Il dio fece vedere ad Afrodite qualcosa dentro il calice e iniziò a spiegare con enfasi il suo piano. La bionda sembrò rimanere colpita dall'inventiva del fratello e abbandonò l'espressione scocciata di poco prima.
Alla fine dovette ammetere che, quando Dioniso ci si metteva d'impegno, riusciva ad essere un vero genio.
"Allora, che ne dici?" domandò questi, alla fine della spiegazione.
"Dico che, se è proprio necessario e se proprio ci tieni, è andata"
"Grande! Vedrai, sarà un successone"
"Ma prima, via questi straccetti abbrustoliti" aggiunse Hermes con uno schiocco di dita.
Afrodite si ritrovò coperta da una semplice tunica bianca che nascondeva l'indispensabile. Non provò neanche a protestare, sarebbe stato inutile.
"Ed ora, via verso Tokyo!"
"Posso sapere come ci arriviamo a Tokyo?"
"Noi non siamo reincarnazioni, bambina" le ricordò Diosiso, accarezzandole una guancia. "Ti teletrasporteremo"
"A saperlo prima, ci evitavamo tutta questa messinscena" si lamentò Afrodite, prima di porgere la mano al fratello.
Scomparvero senza smuovere neanche un sasso.





Rieccomi qua!
Sono stata brava, vero?
Lo so, questi capitoli sono un po' corti e questo in particolare non è molto succoso, ho puntato soprattutto sulle gag e spero di esserci un minimo riuscita. Il tutto serve comunque a portare alla conclusione, che arriverà a breve.
Già, perchè questo è il penultimo capitolo di questa lunghissima storia che spero vi abbia appassionato un pochettino come ha appassionato me mentre la scrivevo.
Ma non è tempo di commenti di fine storia, visto che non è ancora finita, perciò buona lettura!

Ritorna all'indice


Capitolo 32
*** Un tramonto sul mare ***


A divine love
(sviluppo della One-shot "La dea dell'Amore")

Capitolo 31 - Un tramonto sul mare

Quando Hyoga riprese i sensi erano già arrivati a Tokyo. Era stato portato direttamente nella sua stanza e le sue ferite erano state curate senza che si accorgesse di nulla.
Al suo risveglio, insieme ai dolori e ad un leggero disorientamento, arrivò anche la consapevolezza che Ayame non c'era più. Solo in quel momento realizzò che avrebbe preferito continuare a dormire in eterno, per non dover sopportare l'enorme peso che la sofferenza per la perdita di Ayame aveva scaraventato sul suo cuore.
Si rifiutò di uscire dalla sua stanza per tutto il resto della giornata e per buona parte di quella dopo, cacciando in malo modo chiunque tentasse di fargli visita per risollevargli il morale.
Perchè non c'era assolutamente niente da risollevare, con Ayame se n'era andata la sua voglia di vivere una vita a cui solo lei era riuscita a dare senso.
Passò quelle interminabili ore abbracciando il cuscino su cui avevano dormito insieme neanche un giorno prima. Era ancora impregnato del suo odore e abbracciandolo gli sembrava di averla di nuovo tra le braccia, calda e morbida, totalmente abbandonata a lui, inesperta e audace al tempo stesso.
Allora Hyoga non sapeva che quella sarebbe stata la loro ultima notte insieme. Invece Ayame? Era consapevole del fatto che non avrebbe più rivisto l'uomo che stava amando così intensamente? Per quel motivo si era presentata alla sua porta quella sera? Per fare l'amore con lui e decretare definitivamente che lei era solo sua e che lo era stata fino alla morte?
Calò la notte che la mente del Cavaliere era ancora un turbine di domande senza risposta e di ricordi dolorosi. I raggi della luna piena entrarono delicati dalla finestra aperta illuminando la stanza altrimenti buia.
Hyoga si addormentò senza nemmeno accorgersi che in cielo Venere non brillava come al solito, ma si era fatta più vicina alla Luna sua sorella, quasi le stesse chiedendo aiuto per illuminare la tristezza di quell'uomo addormentato e dal cuore in frantumi.
Quella notte il guerriero rivisse le battaglie, l'amante sfiorò la pelle della sua donna con le labbra,
il ragazzo rise con l'amica ritrovata, il bambino sorrise alla bimba circondata dai petali rosa del ciliegio in fiore, mentre lei gli dava la sua bambola preferita. Quando si svegliò i suoi occhi partirono subito alla ricerca di quell'oggetto, di quell'unico ricordo che era sempre stato presente durante la sua storia con Ayame.
Si alzò dal letto, rovistando febbrilmente tra le sue cose per trovare la vecchia bambola di pezza, ma nella stanza non c'era. Poteva essere solo in un altro posto. Hyoga lasciò che i suoi piedi lo conducessero alla stanza di Ayame e che la sua mano abbassasse la maniglia.
Subito gli venne da piangere, ma sul suo viso spuntò anche un sorriso spontaneo.
La stanza di Ayame era immersa nel disordine più totale. Ayame era disordinata, se ne era quasi dimenticato. Ma quella stanza diceva anche qualcos'altro.
Le pareti erano tappezzate di fotografie, storte e sovrapposte, dei pochi momenti di serenità che erano riusciti a vivere tutti loro assieme. Facce buffe e pose improbabili si alternavano lungo i muri della stanza, e una sezione, quella esattamente sopra la testata del letto, era dedicata a loro due. C'erano foto del loro primo giorno insieme, quando ancora non sapevano di amarsi, nè cosa lei sarebbe diventata e cosa ciò avrebbe comportato. Non ricordava neanche che le avesse scattate, forse perchè quel giorno era stato talmente pieno di sorprese che era difficile ricordarsi ogni dettaglio. E poi loro due nel giardino di palazzo Kido, coi bambini dell'orfanotrofio, sulla spiaggia che li aveva visti mentre si dichiaravano amore reciproco.
Tutti piccoli indizi che dicevano che Ayame, in fondo, era una ragazza come tante altre. Non impostata e sempre perfetta come Saori, ma disordinata, disorganizzata, vittima della moda e attaccata alle cose semplici come una fotografia. O una bambola.
Susie era lì sul letto, tra magliette e calzoncini, coi suoi capelli di lana e il suo sorriso sottile come un filo di cotone. E gli occhi verdi come i suoi. Non ci aveva mai fatto caso.
La prese con le mani tremanti, sembrava timoroso di rovinarla, e rimase lì, in piedi in mezzo a quel caos di abiti, ad osservare quell'insieme di pezza che tanto era stato importante per lui. Per loro.
"Ah, sei qui!" esclamò Shun, sulla soglia della stanza, chiaramente sollevato di aver ritrovato l'amico. "Stavo cominciando a preoccuparmi"
Lo sguardo di Hyoga, però, non si alzò dalla bambola. Il Cavaliere si sedette sul letto.
"Vuoi qualcosa da mangiare? Sei a stomaco vuoto da ieri mattina" chiese Shun, azzardando un passo dentro la camera.
Hyoga scosse la testa, aggiungendo al gesto un sommesso "No, grazie".
"Va bene. Come vuoi"
Shun uscì dalla stanza e si richiuse la porta alle spalle.
Hyoga non attese lo scatto della serratura per scoppiare a piangere sui vestiti di raso della bambola tra le sue mani.

Shun raggiunse gli altri compagni in giardino, dove l'atmosfera era solo fintamente più allegra. Gli occhi delle Sacerdotesse erano ancora rossi di pianto e qualcuna non aveva ancora esaurito le lacrime.
Galatea stava seduta sul bordo della fontana e singhiozzava sulla spalla del fratello, mentre Psiche preferiva sfogare la sua tristezza lontana da occhi indiscreti, ma comunque sotto lo sguardo vigile di Ikki.
Il Cavaliere si andò a sedere su una panchina poco distante dal balcone, vicino a Talia, e le cinse le spalle col braccio.
"Si è svegliato?" gli chiese la Sacerdotessa, con la voce nasale di chi ha smesso di piangere da poco.
"L'ho trovato in camera di Ayame"
Una pausa troppo lunga, poi Talia riprese.
"Come sta?"
"Non l'ho mai visto così a terra. Ho paura che possa fare qualche sciocchezza" confessò Shun, stringendo di più Talia a sè.
"Sono convinta che basterà il ricordo di Ayame a fargli cambiare idea nel caso" cercò di tranquillizzarlo la Sacerdotessa.
"Lo spero"
Non trovarono altro da aggiungere. Talia cercò di rilassarsi e lasciò che i raggi del sole le asciugassero le guance. Shun, invece, non potè fare a meno di alzare lo sguardo verso la finestra della stanza di Ayame. Le persiane erano accostate, nessuno le aveva toccate da quando la ragazza aveva lasciato la stanza il giorno prima a chissà quale ora.
Sorprendentemente, anche i suoi occhi iniziarono a pizzicare a causa delle lacrime che premevano agli angoli. Shun sospirò per trattenerle.
"Non riesco ancora a realizzare che non ci sia più" disse poi.
"Io sono convinta che sia ancora viva, invece"
La decisione con cui Talia pronunciò quelle poche parole lo commosse. Afrodite li aveva sempre sorpresi con delle miracolose riprese all'ultimo secondo, tuttavia il Cavaliere era più propenso a credere che questa volta non ci sarebbe stato nessun miracolo. In cuor suo, però, dovette ammettere che lo sperava ardentemente.
L'arrivo di Ayame e delle ragazze aveva ridato un nuovo slancio alle loro vite. Poche volte, in qualità di Cavalieri, avevano avuto a che fare con delle donne e quell'esperienza era stata costruttiva per tutti quanti. A prescindere dai loro compiti di Sacri Guerrieri, poi, erano nate delle amicizie e delle complicità, e lui aveva conosciuto Talia e la sua musica. E tutto quanto era partito dall'arrivo di Ayame.
In quel momento, però, sembrava che tutto questo sarebbe anche dovuto finire con la dipartita della ragazza.
Ma era ancora troppo presto per pensarci. Bisognava aspettare che le ferite si rimarginassero, che la tristezza si attenuasse, per decidere la mossa successiva.
Una persiana sbattè contro il muro del palazzo e Shun, ancora prima di voltarsi, capì quale era.
Hyoga aveva spalancato la finestra della stanza di Ayame.

Quel luogo non meritava di stare al buio, nè bisognava rischiare che la puzza di chiuso vi ristagnasse dentro. Per questo motivo Hyoga spalancò le persiane. Chiuse gli occhi mentre i caldi raggi del sole lo colpivano.
Teneva ancora Susie stretta in una mano. Era stata lei a ricordargli la più importante lezione che Ayame gli aveva insegnato.
Reagire. Non lasciarsi sopraffare dagli eventi. Affrontare le situazioni difficili.
Doveva farlo per lei, per quel sorriso candido che lo aveva illuminato da bambino, per quegli occhi che l'avevano folgorato da giovane uomo.
Tornò nella sua stanza lasciando quella di Ayame esattamente com'era, si liberò degli abiti laceri e si concesse una doccia fredda e rigenerante, quindi uscì senza neanche asciugarsi i capelli, diretto alla palestra dove si allenavano nei periodi di pace come quello.
Lì dentro il tempo passò in fretta. Combattere l'aveva sempre aiutato a non pensare, ed era ciò di cui aveva bisogno in quel momento. Era solo in palestra, anche se poteva scommetterci che Shun o chi per lui erano nelle vicinanze, pronti ad assisterlo nel caso avesse avuto bisogno.
Quello, però, era un ostacolo che doveva superare da solo. Il tempo per l'aiuto degli amici sarebbe venuto.
Quando guardò di nuovo oltre le vetrate della palestra il sole stava tramontando all'orizzonte e tutto era tinto di rosso e oro. Il mare calmo riluceva di quegli stessi riflessi che, giorni prima, lo avevano accompagnato nel ritorno a casa dopo una magica giornata con Ayame, iniziata con un pianto sommesso in riva al mare.
Allora Hyoga si accorse che era ancora troppo presto per reagire, che aveva ancora tante lacrime da versare e che nessuno più di Ayame le meritava. Prese la bambola che aveva lasciato su una panca della palestra a guardarlo inespressiva e si diresse verso quella spiaggia, verso quel tramonto rosso che rapidamente calava all'orizzonte. Si sedette quindi sulla sabbia fine, lasciando che la schiuma del mare gli lambisse i piedi nudi.
Pianse silenziosamente, sempre con Susie tra le mani, ritornando a vivere dei ricordi che si era costruito con Ayame, rimpiangendo i gesti non fatti, assaporando i momenti intensi, godendo degli attimi di serenità che lei gli aveva donato.
"Perchè stai piangendo?" gli domandò una vocina lontana nel tempo e nello spazio, eppure talmente vicina da costringerlo a sollevare lo sguardo.
Una Ayame bambina lo osservava, sospesa sulla superficie del mare, con lo stesso vestito, lo stesso cerchietto, la stessa espressione luminosa di più di dieci anni prima. Non era possibile, non poteva che essere uno scherzo della sua mente, un miraggio. Eppure lei inclinò la testa e, senza smettere di sorridere, chiese ancora "Perchè sei triste, Cavaliere?"
"Perchè sono solo" rispose Hyoga, come aveva fatto da bambino. "Mi hai lasciato solo"
"Invece non sei solo" ribattè fresca lei. "Ti ho lasciato Susie, ricordi?"
Hyoga sollevò la bambola e si lasciò sfuggire un sorriso. "Certo che mi ricordo. E' l'unica cosa che mi rimane di te, assieme ai ricordi"
"Abbiamo tanti ricordi?" domandò lei, innocente e inconsapevole di quanto quella domanda facesse male.
"Non abbastanza" sussurrò lui, sempre guardando la bambola.
Silenzio, un leggero sciabordio dell'acqua, e poi un'altra voce parlò, adulta, vicina, agognata.
"Allora costruiamocene altri"
Hyoga sollevò gli occhi e se la ritrovò lì, sulla riva del mare, bella come un miraggio ed evanescente come una dea. Il Cavaliere sbattè più volte le palpebre, per scacciare le ultime lacrime e per vedere se quell'apparizione fosse solo frutto della sua immaginazione. Ma ad ogni battito Ayame era sempre lì, sempre più vera e bella. Allora si alzò in piedi, guardingo, seguito dagli occhi verdi di lei. Resto lì impalato a guardarla per qualche istante, prima di prendere coraggio ed allungare una mano. I suoi polpastrelli sfiorarono la pelle morbida della sua guancia e Ayame chiuse gli occhi a quel contatto, inclinando la testa perchè lui la toccasse con tutta la mano.
"Ayame... " la chiamò infine, e lei riaprì gli occhi, lucidi e luminosi come se li ricordava.
Furono subito l'uno tra le braccia dell'altra, a piangere e contemporaneamente a ridere di gioia, a baciarsi ripetutamente per non dimenticarsi mai più che sapore hanno le labbra di una persona amata che si credeva persa, ma che poi si è ritrovata, a giurarsi amore eterno come una coppia di sposi all'altare.
Una volta convintosi che Ayame era lì, che era tornata e che non se ne sarebbe più andata, Hyoga si decise a lasciarla andare un attimo per raccogliere la piccola Susie, caduta sulla spiaggia nella foga di quegli abbracci. Tornò quindi dalla ragazza e gliela porse.
"Non lasciarmi mai più da solo con lei" la supplicò mentre gliela porgeva.
"Te lo prometto" giurò Ayame.
"Torniamo a casa?" propose quindi il Cavaliere.
Ayame storse il naso. "La Tata mi costringerà a mettere a posto la stanza"
"Penso che quello sarà l'ultimo dei suoi pensieri quando ti vedrà, però sì, è necessario se vogliamo starci in due là dentro"
"Vuoi venire a stare nella mia stanza, quindi?"
"Se me lo permetterai, starò con te ogni singolo momento da qui all'eternità"
"Me lo prometti?"
"Te lo giuro"


The end






E siamo giunti alla fine di questa lunghissima avventura che è stata questa fanfiction!
Spero di non aver deluso nessuno col finale, ma era già in mente da parecchio e ci tenevo che fosse questo l'epilogo della mia storia. Storia che è durata (stento a crederci) più di due anni o.O (ma sono stata davvero così impegnata? Bah) ma che, come promesso, ho portato a termine :)
Poichè però mi sono affezionata al personaggio di Ayame, non mi va di abbandonarlo, perciò le sue avventure continueranno prossimamente su queste pagine web e spero che qualcuno le seguirà.
Nel frattempo ringrazio chi ha seguito questa storia, e siete stati in tanti, in questi due anni, e per fortuna non l'avete mai bocciata ma siete sempre stati soddisfatti del mio lavoro, anche quando io stessa non lo ero del tutto. E' grazie a voi e a questo sito se posso coltivare questa mia passione che è la scrittura, perciò vi ringrazio di tutto cuore per il supporto :)
Alla prossima avventura!
Martyx

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=313459