Bec in the Wizarding World of Harry Potter

di ImMissBrightside
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Oook ... non ho mai scritto fanficion su Harry Potter, ma l'uscita imminente del film mi ha gasata, così eccola qui. 
Qualche informazione prima di inizare a leggere: i libri di J.K. Rowling non sono famosi in tutti il mondo e non sono stati fatti i film. La protagonista della storia è al corrente dei fatti perché ha trovato dei libri impolverati nella piccola biblioteca della sua città. 
Spero che vi piaccia. 

CAPITOLO 1. 
Il caldo sole di agosto le solleticò il volto. Che rabbia! Voleva restare a dormire ancora un po',ma il calore e la luce provenienti dall'esterno la infastidivano parecchio. Ricordava di aver chiuso per bene le tende azzurre la sera precedente, prima di andare a letto, in modo da non far entrare un solo raggio di sole al mattino. Forse aveva soltanto immaginato di averlo fatto quando era già sdraiata sul letto. Le sembrava inverosimile, però. Eppure non accennò il minimo movimento; non aveva intenzione di alzarsi e accostare le tende, non aveva voglia neppure di aprire gli occhi. Provò invano a voltarsi sul fianco destro, sul lato che dava le spalle alla finestra. Ma era già in quella posizione. Allora come mai il sole la colpiva in pieno viso?
Bec aprì gli occhi, poi li strizzò. Il sole accecante intensificò l'improvviso dolore alla testa. Si portò una mano sulla parte che le faceva male e, per suo enorme sollievo, la ritirò pulita senza alcun segno di brutte sorprese di colore rosso. Aveva avuto la spiacevole sensazione che qualcosa le stesse scendendo lungo la testa. Solo quando ebbe la certezza assoluta di non avere ferite di alcun genere, si accorse che non era nella sua camera. La sua stanza da letto era del suo colore preferito, il blu, e aveva le tende azzurre, col soffitto bianco e tantissime fotografie che ritraevano lei con la sua famiglia o i suoi amici attaccate alle pareti. Quella in cui si trovava adesso aveva i tendaggi scuri con una carta da parati a strisce verde scuro e bianco; l'armadio addossato alla parete di fronte al letto, accanto alla finestra, era vecchio e mal ridotto; il letto a baldacchino, sul quale era ancora stesa, aveva una macabra coperta nera; nel complesso quella camera metteva i brividi. 
Dove si trovava e, soprattutto, come ci era arrivata? Se non era sicura di aver chiuso la tenda, la sera prima, ciò di cui era certa nella maniera più assoluta era che si era addormentata nella sua camera. Un'ondata di panico si impossessò della sua persona. Quella non era casa sua e nemmeno quella di Valerie, la sua migliore amica, o di qualche componente della sua famiglia. Era da qualche parte chissà dove e ci era finita senza ricordare nulla di come ci fosse arrivata. Forse stava sognando oppure era tutto uno scherzo. Scartò entrambe le ipotesi: nonostante fosse incredibile quella situazione era troppo reale per essere un sogno, e se ne sarebbe accorta se qualcuno l'avesse portata via dalla sua camera. 
Cercò di ragionare e fece per alzarsi. Mise i piedi fuori dal letto, ma questi toccarono, sì, qualcosa di duro, ma non era il pavimento. Non appena la toccò (non aveva idea di cosa fosse, forse uno sgabello o un poggiapiedi), gracchiò qualcosa di incomprensibile, simile a un'imprecazione, e poi si alzò. 
In lontananza si sentì un urlo e solo dopo, quando Bec si ritrovò senza voce e con la gola bruciante, si accorse che era uscito dalla sua bocca. Con una mezza capriola, rotolò dall'altro capo del letto, afferrò la prima cosa che le era capitata a tiro, un'orribile lampada gialla, la puntò contro una specie di folletto con le orecchie lunghe proprio come il naso aquilino. Il viso rugoso e le mani nodose lo rendevano molto simile a un anziano, ma quelle orecchie non potevano appartenere a un essere umano, o almeno non a uno che era anatomicamente normale. 
Prima che potesse mettere il cervello in moto, sentì il rumore di parecchi passi avvicinarsi sempre di più alla camera in cui si trovava lei. Tenendosi a debita distanza da quell'essere borbottante e sempre puntandogli addosso la lampada, si allontanò dalla porta, giusto in tempo per vedere entrare nella camera una decina di persone, armate di bastoncini di legno puntati nella sua direzione. L'ultimo arrivò qualche secondo dopo, ma fu lui a far intuire a Bec che quella era una candid camera architettata perfettamente: Alastor Moody aveva appena fatto il suo ingresso con l'occhio blu elettrico che passava da lei al folletto. Non può essere!, fu il primo pensiero sensato che giunse alla sua mente dopo attimi di vuoto totale. Malocchio Moody era nella sua stessa camera, il personaggio di una saga che aveva letto era lì che la guardava in maniera sospettosa. E con lui c'erano altre persone che Bec riconobbe come Sirius Black, l'uomo dagli scuri capelli mossi lunghi fino alle spalle era entrato per primo nella camera con la bacchetta sguainata nella sua direzione; Remus Lupin, quello dai capelli grigi e l'aria malata; Arthur Weasley e sua moglie Molly, facilmente riconoscibili per i capelli rossi e le lentiggini; Tonks, in quell'occasione con i capelli di un viola scuro; Severus Piton, con la veste svolazzante dello stesso colore dei capelli neri, unti; Hestia Jones; Sturgis Podmore e, ovviamente, Albus Silente. Quasi l'intero Ordine della Fenice era davanti a lei. Il colpo di grazia giunse quando, nello stesso momento, fecero il loro ingresso il trio protagonista dei libri, Harry Potter, il cui nome dava il titolo alla saga, Ron Weasley e Hermione Granger, e poi i gemelli Fred e George Weasley. 
Rimase a fissarli tutti per un istante, poi iniziò a ridere. Sua sorella aveva fatto davvero un bel lavoro con la scenografia ed era stata ancora più brava con gli attori, che possedevano tutte le caratteristiche descritte nei libri. Probabilmente aveva contribuito anche Valerie con i "costumi di scena" e le riprese. Ignorando le espressioni confuse e ancor più allertate dei presenti, si mise alla ricerca di qualche oggetto particolare che potesse nascondere un videocamera al suo interno. Ebbe il tempo di voltarsi e aprire soltanto un cassetto prima che l'ordine di restare ferma e non muoversi giungesse imperioso alle sue orecchie. Quando ritornò alla precedente posizione, notò che gli attori corrispondenti a Sirius, Lupin e Hestia Jones avevano avanzato qualche passo nella sua direzione, a circa mezzo metro da lei con l'intenzione di essere in un certo senso minacciosi. Ciò non ebbe altro effetto se non aumentare il lato ridicolo e premeditato della situazione. Come potevano pensare che lei credesse di essere finita al numero 12 di Grimmauld Place? E per di più con l'Ordine della Fenice che cerca di intimidirla con una dei bastoncini di legno? 
Bec si aspettava che da un momento all'altro comparisse la sua famiglia con Valerie e insieme le gridassero "sorpresa" o le domandassero "piaciuto lo scherzo?". Quando ciò non avvenne prese a chiamarli, ma nessuno rispose o si presentò nella camera. Anzi Molly Weasley, somigliante a quella dei libri anche negli atteggiamenti, mandò via i figli e Harry e Hermione, che cercarono invano di convincere gli altri a rimanere per vedere cosa succedeva. 
Non appena quelli uscirono fuori controvoglia, Albus Silente, con tono pacato e tranquillo, chiese di abbassare le bacchette. Tutti fecero come gli era stato ordinato e Bec si sentì in dovere, per assecondarlo, di mettere giù la lampada che stringeva ancora tra le mani. La ripose sulla cassettiera alle sue spalle. 
- Come si chiama? - chiese ancora l'attore con la lunga barba argentea e gli occhiali a mezzaluna, mentre l'altro attore, quello che interpretava Malocchio, agitava il bastoncino di legno verso la porta e pronunciava qualcosa di incomprensibile. Doveva essere l'Incantesimo Imperturbabile di cui parlava Ginny Weasley, unica figlia femmina di Arthur e Molly, in Harry Potter e l'Ordine della Fenice, per evitare che orecchie indiscrete ascoltassero ciò che veniva detto durante le riunioni dell'Ordine. 
Bec dovette ammettere a sé stessa che come scherzo era davvero ben architettato, ma un famoso proverbio diceva "il gioco è bello quando dura poco" e quello era durato già abbastanza per i suoi gusti, senza contare lo spavento che le avevano fatto prendere al risveglio. - Come se voi non sapeste il mio nome - disse, con un misto di noia e sfrontatezza. Al poco credibile scambio di sguardi confusi tra i presenti decise di continuare a stare al gioco ancora per qualche minuto così poco dopo aggiunse: - Rebecca -, mettendo fine alla confusione generale. 
La ragazza ignorò del tutto la seconda domanda di Silente, troppo impegnata a cercare di carpire le parole che l'attore con l'aria malata aveva detto all'altro dai capelli lunghi. Era alla ricerca di qualsiasi cosa che li tradisse. Leggere il labiale non le fu di nessun aiuto, ma in suo soccorso venne lo stesso attore dicendo a Silente che era meglio se Kreacher non fosse presente. Silente annuì e Sirius colse al volo l'occasione per ordinagli di cucinare qualcosa per la cena. Bec si appuntò mentalmente di chiedere, alla fine della pagliacciata, come avevano fatto a creare l'elfo. Con una serie di insulti, identici parola per parola a quelli del libro, il piccolo elfo scomparve sotto i suoi occhi nel vero senso della parola. Un attimo prima era lì e quello dopo non c'era più. A quel punto Bec cadde nel confusione più totale e si rese conto che quello non poteva essere uno scherzo. Era impossibile scomparire in quel modo e il nanetto era troppo irreale per un essere normale. 
Si voltò nella direzione di quelli che credeva attori. Tutti la fissavano in attesa, probabilmente, che rispondesse alla domanda che Silente le aveva posto. Lei ricambiava il loro sguardo, sconvolta. Sembrava che ogni parte funzionante della sua persona fosse andata in standby perché il cervello non ne parlava di carburare, la bocca di aprirsi e dire qualcosa di sensato, ed era sicura che anche le braccia e le gambe non avrebbero risposto a nessuno stimolo. 
Doveva sembrare sul serio sconvolta, o peggio, perché Molly Weasley le chiese se stava bene, nel suo tipico tono materno. Bec le doveva fare tanta pena per parlarle in quel modo dopo che le aveva tenuto puntata contro la bacchetta per diversi minuti. - Vuoi dell'acqua? - le chiese. 
Bec avrebbe tanto voluto annuire, ma col terrore che dovesse assistere a una nuova magia, declinò l'offerta scuotendo il capo. Il fatto di aver pensato alla parola con la "m" rese reale quella situazione, più di quanto Bec avesse voluto e, finalmente, la mente aveva ripreso a lavorare. Ora sapeva dov'era e chi aveva davvero davanti. 
Prima che Silente le ripetesse la domanda, Bec iniziò a elencare i nomi dei presenti uno ad uno con una strano sorriso sulle labbra. Questa volta il sorriso non era dovuto al fatto che credesse che quello era uno scherzo da parte della sua famiglia, ma alla consapevolezza di trovarsi all'interno del libro con i suoi personaggi preferiti che le facevano domande e le chiedevano se stava bene. Aveva visto Harry Potter, per l'amor del cielo! E Ron e Hermione. I gemelli. 
A giudicare dalle facce preoccupate e sospettose, più di prima, dei presenti, Bec si rese conto che non era stata un'ottima mossa dire loro che sapeva dove si trovava e chi erano tutti i membri di un'organizzazione che doveva essere segreta e di cui ne erano al corrente soltanto i membri. Di conseguenza la maggior parte delle bacchette era saltate fuori ancora una volta, eccetto quelle di Silente e dei signori Weasley. Gli altri le avevano tirate fuori così in fretta che a Bec venne il dubbio che non le avessero mai rinfoderate oppure che le avessero impugnate per tutto il tempo. 
- Come conosci l'Ordine e questo posto? - chiese Lupin, mentre riponeva la bacchetta su ordine di Silente. 
Ecco la domanda da un milione di dollari, pensò Bec. Era prevedibile che la domanda fosse giunta prima o poi, il problema era che la risposta non era altrettanto prevedibile. O meglio, per lei era scontata, ma non poteva raccontare la storia dei libri anche a loro. Per quanto fosse una saga sulla magia in cui tutto era possibile, quella sarebbe sembrata una baggianata anche alle loro orecchie. Chi le avrebbe creduto se avesse raccontato loro che solo due sere prima aveva finito di leggere il settimo ed ultimo libro che li riguardava per l'ennesima volta e che sapeva il destino che sarebbe toccato ad ognuno di loro di lì a qualche mese o anno? Avrebbe tanto voluto smaterializzarsi con Kreacher per non dover rispondere, ma non ne era capace e quindi qualcosa doveva dire o sarebbe finita in guai seri. La prima cosa che le venne in mente fu: - Vengo dal futuro - 
Bec ebbe la sensazione di vedere la stessa espressione che aveva assunto lei poco prima. Tutti i membri dell'organizzazione la guardavano come se avesse tre teste, come Fuffi, il cane del primo libro. Presero a guardarsi tra di loro, poi si levò un chiacchiericcio generale, che cessò soltanto quando un gesto di Silente mise tutti a tacere, prima di chiedere spiegazioni. - Come ha fatto a tornare indietro nel tempo? -. Il tono pacato, calmo lasciava trapelare un pizzico di scetticismo. 
Bec fu tentata di addurre la colpa a una Giratempo, ma ciò non avrebbe spiegato il motivo del suo viaggio nel tempo, anzi le avrebbe causato molti più problemi di quelli che aveva già. Per questo motivo rispose che era stata tutta colpa di un incantesimo finito male da parte di una sua amica. Bec sperò con tutte le sue forze di essere stata credibile, ma quando il Piton, dal fondo della stanza, disse che non potevano essere accertarsi di ciò che stava dicendo, seppe che pochi le avevano creduto ed erano ancora più pochi quelli che avevano continuato a cederle dopo l'intervento di Piton. 
Le sembrava di far parte di un film di spionaggio e forse, agli occhi dei presenti, lei doveva essere una sorta di spia. E quella era la scena in cui lei, messa alle strette, doveva "cantare" per dimostrare di essere innocente. Il problema era che non sapeva cosa dire senza anticipare cose compromettenti. Guardando Streghe, un telefilm che davano alla tv, Bec aveva ascoltato milioni di volte la solita solfa dell'alterare il futuro, parlando troppo. Forse qualcosa di semplice sarebbe bastato. - L'insegnate di Difesa contro le Arti Oscure di quest'anno sarà Dolores Umbridge, che sarà presente all'udienza di Harry per aver usato l'Incanto Patronus fuori dalla scuola e in presenza di suo cugino Dudley, un babbano. E lei - rivolta a Silente - userà come testimone oculare la signora Figg -. 
Quando Silente non ebbe nulla da replicare, tutti ammutolirono e non dissero altro. Bec riusciva a vedere nella loro teste la domanda "come fa a saperlo?" come se fosse l'insegna luminosa di un ristorante, per questo aggiunse: - La storia di Harry Potter diventerà più famosa di quanto lo sia adesso -. 
Quelle parole sembravano aver consolidato la scusa che Bec aveva inventato per giustificare la sua presenza. Presto però tutti si incupirono. Non poteva essere per qualcosa che aveva detto, in fondo non aveva rivelato nulla che potesse essere pericoloso per il futuro. Quello più turbato di tutti era Sirius, seguito a ruota da Silente. - Si godrà la fama da vivo? - chiese il primo con la voce ridotta a un sussurro. Solo allora Bec, ripensando a ciò che aveva detto, intuì che quelle parole potevano essere fraintese, analizzando il contesto in cui si trovavano. Il Signore Oscuro era appena tornato da quelle parti. 
Bec annuì. - Si - disse poi, notando il sospiro di sollievo di Sirius. Li guardò uno ad uno e leggeva in ognuno di loro la curiosità di sapere se qualcun altro si sarebbe salvato. Un sorriso amaro le comparve sulle labbra quando notò che la maggior parte dei presenti in quella camera sarebbero morti. - Lui si - aggiunse la ragazza. A quelle parole Molly Weasley si portò una mano alla bocca e Bec pensò che fosse strano che proprio lei era stata la prima a reagire in quel modo. Nel settimo libro la sua famiglia avrebbe contato un componente in meno. 
Il primo a interrompere il silenzio religioso che si era creato nella stanza fu Silente. - Penso che sia opportuno che lei rimanga qui per un po' -. Bec non aveva mai udito parole più dolci e soavi. Passare qualche giornata in compagnia dei suoi beniamini era un sogno che si avverava. 
Senza più domande da parte di nessuno Bec e i membri dell'Ordine uscirono dalla camera e andarono al piano di sotto, in cucina per la cena. A detta di Molly Weasley, che si era ripresa in fretta dal momentaneo shock, Bec era un po' pallidina e del buon cibo l'avrebbe rimessa in sesto prima di riuscire a finire la parola "Knarl". La cucina era esattamente come descritta nel libro: il tavolo kilometrico al centro della lunga, ma stretta stanza, la vecchia credenza della famiglia Black addossata alla parete, le stoviglie che si lavavano da sole. Quando Bec si guardò intorno notò che oltre a lei, Kreacher e Molly Weasley non c'era più nessun altro. La donna si era già messa all'opera ai fornelli armata di bacchetta, guardando di sottecchi ciò che l'elfo domestico stava cucinando. - Vuole una mano? - chiese Bec gentilmente. 
- Oh non essere sciocca, cara. Siediti - le rispose con un gran sorriso. Poi a gran voce prese a chiamare i figli. 
Bec avrebbe tanto voluto fare un giro dell'enorme casa e ammirare l'albero genealogico della famiglia di Sirius attaccato alla parete del salotto, ma andare via le sembrava una mancanza di rispetto nei confronti della signora Weasley. Così, si mise a sedere nella sedia più lontana dalla porta e da Kreacher, che le dava i brividi probabilmente per come era saltato fuori da sotto il suo letto poco prima. In realtà avrebbe dovuto scusarsi con lui per averlo trattato come uno sgabello, ma non aveva il coraggio di avvicinarsi e, soprattutto, non aveva voglia di sentire l'arsenale di insulti indirizzati a lei. Di sicuro ne aveva già una decina a disposizione nel gonnellino. 
Anticipati dal crac di cui si parlava nel libro comparvero Fred e George sulla soglia della porta. Il fatto che erano vestiti allo stesso modo accentuava la sensazione che tra di loro ci fosse uno specchio, tanto erano identici. Non che Bec non avesse mai visto dei gemelli in vita sua, ma osservare loro due le procurava una strana sensazione. Alle loro spalle subito annunciò la sua presenza Ron, che si lamentava di non poter ancora materializzarsi; poi lo seguirono in ordine Hermione, Harry e Ginny Weasley, la più piccola della famiglia. Con molte probabilità i sei erano rimasti chiusi in camera a formulare ipotesi su ipotesi riguardanti l'Ordine, l'arma segreta di cui Sirius aveva parlato a Harry la sera del suo arrivo al Quartier Generale e, Bec ne era certa, aveva discusso anche di lei. Poteva dirlo dal modo in cui la guardavano sospettosi e forse anche un po' invidiosi per essere stata nella stessa stanza dell'Ordine quando alcuni di loro ci provavano da mesi. Probabilmente la credevano anche pazza per essere scoppiata a ridere in quella camera di fronte a tutti loro, mentre una decina di bacchette erano pronte a scagliare qualsiasi incantesimo rivolto alla sua persona. 
Molly Weasley diede ordini ben precisi ai figli di apparecchiare, preferibilmente senza fare uso della magia. Bec ebbe la sensazione che fosse per causa sua. I ragazzi si mossero tutti, anche Harry e Hermione, ai quali non era stato impartito nessun ordine. 
Bec tenne lo sguardo basso, rivolto al pavimento in legno. Non le piaceva restare con le mani in mano, mentre gli altri si davano da fare. Sentiva i loro sguardi mentre poggiavano le cose sul tavolo oppure quando tiravano un bicchiere fuori dalla credenza. - Sei la ragazza svenuta sul pavimento, vero? - chiese Ginny. osservandola da sopra la pila di piatti che aveva tra le mani. Allo sguardo confuso di Bec, la ragazza dai capelli rossi aggiunse: - Ti ha trovata mio fratello Bill in salotto -. 
Bec non sapeva di essere svenuta. Tutto ciò che lei sapeva era che si era svegliata in una camera da letto che non era la sua, con Kreacher che frugava sotto il letto. Di quello che era accaduto prima non aveva nessun ricordo, però fu immensamente grata a Bill, nonostante non l'avesse ancora nemmeno incontrato. Era in quella casa da pochi minuti e già le piaceva. 

Qualsiasi commento, negativo o positivo che sia, è sempre ben accetto. Quini recensite, recensite, recensite. 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Finalmente sono riuscita ad aggiornare la fanfiction. Questo capitolo è più lungo del primo, ma di poco. Spero nessuno si annoi nel leggerlo. Ci tenevo a ringraziare tutti quelli che hanno letto quello precedente, anche se non hanno recensito. Un ringraziamento speciale va quindi a FrancyWeasley (carino il nome!). 
Ok, ora basta. Via col capitolo. 

CAPITOLO 2.
Bec odiava quella casa! Erano bastate poche ore per farle cambiare idea radicalmente. Aveva passato una piacevole serata, rispondendo con attenzione alle domande che le venivano poste, finché, grazie all'aiuto di Sirius, non le era arrivato il vero significato delle parole di Silente di quella mattina. "Suppongo che sia opportuno che lei rimanga qui per un po'" le aveva detto non appena lei aveva finito di dimostrare che stava dicendo la verità riguardo il futuro. Ciò che il Preside intendeva dire, e Bec non aveva intuito, era che doveva rimanere lì, al numero 12 di Grimmauld Place, proprio come Sirius e Fierobecco: l'avrebbero intrappolata in gabbia d'oro, e per di più con Kreacher. Sarebbe impazzita, avrebbe dato di matto e avrebbe fatto qualsiasi cosa per poter prendere una boccata d'aria. Bec non era certo arrivata a sperare di frequentare Hogwarts, ma nemmeno rimanere in quelle quattro mura. Per quanto la preoccupazione dei membri dell'Ordine fosse a giusta ragione (temevano che Bec potesse finire in mani sbagliate non avendo alcuna conoscenza della magia), Bec non voleva sentirne di fare a modo loro e non aveva la più remota intenzione, piuttosto preferiva tornarsene a casa sua, nel suo mondo. E quello era il piano: tornare a casa.
Per questo motivo era seduta al centro del letto, con le gambe incrociate, in attesa che tutti fossero addormentati. La casa era silenziosa da un bel po', nessun rumore di stoviglie, urla di quadri, borbottii di Kreacher. Era giunto il momento di mettere il suo piano in atto. Con tutta la lentezza e delicatezza di cui era capace aprì la porta della sua camera e, ancor più lentamente, la richiuse alle proprie spalle. In punta di piedi scese tutte le rampe di scale, ben attenta non osservare più del dovuto quella specie di elfi sotto le campane di vetro, fino a trovarsi ai piedi della lunga scalinata dopo parecchi minuti. Fu in quell'istante che certi strani rumori le fecero balzare il cuore in gola. L'istinto le suggeriva di ritornarsene dritta in camera e riprovarci più tardi, o meglio ancora il giorno dopo, ma le gambe si mossero per conto loro, contro la sua volontà. Poteva essere solo qualcuno della casa, dal momento che nessuno poteva entrarci, ma rimpianse comunque di non aver preso la lampada gialla dalla cassettiera. I rumori provenivano dal salone e, per uscire, lei avrebbe dovuto passarci davanti. Si accostò al muro e, quando si sporse in avanti per vedere chi c'era al di là della parete, non ebbe il tempo di far partire l'urlo che si ritrovò a testa in giù, con una mano che le tappava la bocca. Per lo spavento aveva serrato gli occhi; riaprendoli vide i visi identici dei gemelli Weasley sottosopra.
- Se non urli - disse uno dei due con l'indice poggiato alla bocca - ti riporto giù -. Dal momento che la mano dell'altro gemello era ancora premuta sulla bocca di Bec, la ragazza si limitò ad annuire soltanto, tirando un sospiro di sollievo. A quel punto la pressione sulla bocca si allentò, così come il nodo alla caviglia, grazie a un incantesimo. Con l'aiuto dei gemelli, Bec ritornò con i piedi per terra.
Rimase alcuni secondi in silenzio, per riprendersi dallo spavento, mentre si chiedeva cosa ci facessero quei due laggiù. Quando gli fece la domanda, con un solo lungo passo, Fred e George si fecero ai suoi lati e le indicarono un secchio con dentro quelli che Bec riconobbe come i Doxy catturati nel pomeriggio. - Giusto. Per le Merendine Marinare - disse fra sé e sé, a voce troppo alta perché i gemelli non la sentissero.
I due si incupirono. - Te ne ha parlato Harry? - chiese sempre lo stesso dei due, preoccupato. Probabilmente temevano che la notizia dei loro esperimenti giungesse alle orecchie della madre con la stessa velocità con cui era arrivata a lei. Bec si affrettò a scuotere la testa, per togliere Harry dai guai e dire loro che li aveva sentiti parlare nel pomeriggio.
Rumori di passi, provenienti dal piano di sopra, echeggiarono nella casa ora silenziosa. Qualcuno stava andando esattamente nella loro direzione. In quel modo il piano sarebbe andato a farsi benedire e addio fuga. Bec doveva andare via di lì e doveva farlo in fretta, senza fregarsene di svegliare la mamma di Sirius. Fece per dirigersi verso la porta d'ingresso, ma una mano le afferrò il polso. - Sei maggiorenne? - le domandò uno dei due. All'istante Bec non capì il senso della domanda, poi, quando una specie di uncino la tirò per l'ombelico, capì che si stava Smaterializzando. Tutto ciò che vide in quei pochi attimi fu un groviglio di immagini indistinte e colori che velocemente diventavano sempre più scuri fino al nero. Non appena Bec sentì la schiena saldamente attaccata al pavimento, mentre Fred e George si scusavano per l'atterraggio maldestro, si fece largo un conato di vomito. Si portò una mano alla bocca e una allo stomaco, come se quei gesti le impedissero di fare quella brutta figura. Si alzò a fatica, con gli occhi fuori dalle orbite. Al suono di - Lumos - un raggio di luce si aprì da una bacchetta, giusto in tempo per evitare a Bec una testata nell'armadio davanti a lei. Si voltò per notare che i gemelli si erano infilati sotto le coperte di due letti singoli. - Svelta! Nasconditi da qualche parte - le suggerirono.
Senza pensarci e senza porre domande, Bec fece come le avevano detto e si infilò sotto uno dei due letti, quello più vicino alla porta, sospettando che da un momento all'altro qualcuno, sicuramente la signora Weasley, l'avrebbe varcata. La stanza ricadde nel buio totale. Proprio come aveva immaginato, la porta si aprì. Bec, però, non ebbe il coraggio di spostare la testa di un millimetro per vedere chi fosse. Non era importante, bisognava soltanto non farsi vedere. Quando la porta si richiuse, Bec si accorse di aver trattenuto il respiro.
- Puoi uscire adesso -. Col cuore che ancora le batteva contro il petto, Bec uscì dal sotto al letto, sentendosi molto simile al Kreacher di quella mattina. Abituatasi all'oscurità della stanza, riusciva a vedere Fred e George già all'opera, liberando la cassettiera di tutti i Doxy che erano stati in grado di infilarsi nella tasche dei pantaloni senza farsi vedere dalla madre. Si chiese chi dei due fosse Fred e chi George. Era davvero difficile distinguerli; ipotizzò che il primo fosse quello a destra e il secondo quello a sinistra.
- Perché eri giù? - chiese il gemello che pensava essere Fred.
- Cercavo di fuggire - rispose Bec. Non aveva alcun senso continuare a raccontare bugie a chiunque le facesse una domanda. Non ne aveva mai dette così tante in una sola giornata e non aveva mai sentito la necessità. In più non era nemmeno brava a dirle, o almeno i suoi genitori la scoprivano in un lampo. Lì sembrava invece che avesse sviluppato quella qualità, che però Bec non trovava particolarmente interessante. - L'Ordine vuole tenermi chiusa qui come Sirius per chissà quanto tempo -. Al solo pensiero sentiva rimontare la rabbia per una proposta così stupida. Non potevano tenerla là dentro come un carcerato in galera, concedendole di tanto in tanto l'ora d'aria per tenerla buona. La sua situazione non era come quella di Sirius, lei non era ricercata dall'intero mondo magico, nessuno era a conoscenza della sua esistenza se non coloro che abitavano quella casa e altri membri dell'Ordine.
Quando George le chiese il motivo, Bec rispose che di sicuro non le avrebbero creduto se avesse detto loro tutta la storia. E non intendeva soltanto quella vera del libro, ma anche quella esposta qualche ora prima. In realtà sapeva che se c'era qualcuno in grado di crederle erano proprio i gemelli e anche il trio, nonostante gli appelli alla logica di Hermione. - Mettici alla prova - disse Fred.
L'avete voluto voi, pensò Bec. Poi prese a parlare. - Ieri sera sono andata a dormire e quando mi sono svegliata mi sono ritrovata in questa casa con Kreacher che mi girava attorno - Prese un bel respiro per prepararsi alla parte che avrebbe creato qualche problema. Di quella che aveva appena raccontato tutti erano già a conoscenza. - Tutto quello che so su di voi o sull'Ordine l'ho letto in uno stupido libro in biblioteca. C'è una saga dedicata a tutti voi - disse indicandoli con un gesto repentino. Il nervosismo di poco prima era esploso ancora. Se non avesse mai messo piede in quella biblioteca, forse non si troverebbe in quella situazione. Ciò che la preoccupava era che adorava essere lì, anche se si creata la nomea di essere una svitata. Infatti sia Fred sia George la guardavano come se fosse una paziente scappata da qualche reparto del San Mungo. Avrebbe voluto dire "Ve l'avevo detto" ma non le sembrava il caso.
Stranamente i gemelli non iniziarono a ridere, né la presero di peso per portarla loro stessi all'ospedale. Se ne stavano lì a fissarla, il che metteva Bec in imbarazzo. Non si era preparata a una reazione del genere; si aspettava risa, prese in giro, e invece niente. Sembrava che non avessero ascoltato mezza parola, per come erano impegnati nelle loro riflessioni.
Senza che loro chiedessero nulla, Bec passò alla parte delle dimostrazioni. Fece mente locale alla ricerca di un qualche ricordo su di loro. Questo può andare bene, si disse quando trovò quello giusto. - Avete rubato la Mappa del Malandrino da Gazza e l'avete regalata a Harry il suo terzo anno a Hogwarts per permettergli di visitare Hogsmeade -. Da quello che Bec aveva letto, nessuno sapeva di quella storia se non Ron e Hermione e Lupin. Quindi i gemelli dovevano crederle per forza e in più non aveva balbettato, risultando più sicura di quello che diceva. Per qualche strano motivo, invece, Fred e George non parvero soddisfatti sotto l'espressione parecchio confusa.
- Come appare ... -
- ... e come scompare la Mappa? - iniziò prima l'uno e poi l'altro.
Bec aveva sempre desiderato poter dire quelle parole a qualcuno, che non fosse sua sorella o Valerie, senza risultare una malata di igiene mentale. Fece finta di tenere in mano una pergamena e nell'altro una bacchetta; puntò quest'ultima verso il foglio e: - Giuro solennemente di non avere buone intenzioni -. Finse di osservare la mano per qualche secondo e poi ancora: - Fatto il misfatto -. Il tono soddisfatto si rifletteva ancora di più nell’espressione radiosa del viso.
- Quindi saremmo in un libro? - chiese George, mentre si guardava attorno come se fosse alla ricerca del contorno di una pagina. A ricerca completata, riprese a fissare Bec, che più volte, durante la giornata, si era posta la stessa e identica domanda. - No, certo che no! ... Credo - scosse la testa - Ve l'ho detto: non ne ho idea di come sono arrivata qui -.
Il silenziò calò nella camera. Bec ripercorse tutti gli avvenimenti della giornata precedente, o di due giorni prima dal momento che erano le 3 del mattino, prima che andasse a dormire, ma non vi trovò nulla di strano fino al risveglio.
- Quale libro sarebbe questo? - disse Fred indicando lo spazio attorno a sé.
Bec non rispose subito. - Il quinto di sette libri - Temeva che i due iniziassero a sommergerla di domande alle quali lei non poteva rispondere. E poi, anche se avesse risposto, non voleva che fraintendessero le sue parole come era accaduto la mattina. Per sua fortuna invece Fred e George sembrarono intuire i suoi sospetti e non chiesero altro riguardo i libri.
- Se non vuoi rimanere qui, ti aiutiamo noi -
- Come? -
*
La mattina dopo quando Bec si svegliò, le sembrò di rivivere il giorno precedente. La luce filtrava ancora attraverso le finestre ben spalancate e il mal di testa era ritornato a farsi sentire per il suo piacere. Balzò giù dal letto, non prima di aver controllato ai suoi piedi in cerca del naso spigoloso di Kreacher, e andrò dritta in bagno. Si guardò allo specchio: i lunghi capelli neri erano un disastro, gli occhi erano circondati da due cerchi scuri, le palpebre erano semichiuse. In definitiva si sentiva un rottame e ne aveva anche l'aspetto. A quest'ultimo problema si poteva rimediare fortunatamente. Aprì il rubinetto e si gettò in faccia dell'acqua fredda, congelata. Dopo essersi lavata e cambiata con degli abiti puliti (accanto al suo letto aveva trovato un baule con tutte le sue cose all'interno, cosa molto strana), si legò i capelli in una coda di cavallo e fu pronta per la colazione.
La cucina era quasi vuota. C'erano soltanto la signora Weasley, che osservava pensierosa le stoviglie mentre si lavavano da sole, e Hermione e Sirius che leggevano la Gazzetta del Profeta. Il signor Weasley e Bill dovevano essere già al lavoro, mentre Harry, Ron, Ginny e i gemelli erano ancora a letto oppure in giro per la casa su ordine della signora Weasley. Bec salutò educatamente i presenti, che ricambiarono, alcuni con maggiore enfasi.
- Non hai dormito bene, cara? Hai l'aria stanca -. La signora Weasley si avvicinò a Bec e le afferrò il viso tra le mani, rigirandolo ben bene per osservarlo da ogni angolazione possibile. Bec supponeva che da un momento all'altro le si sarebbe staccata la testa e sarebbe rotolata sul pavimento. Con gli occhi spalancati, Bec le disse che andava tutto bene e che non c'era nulla di cui preoccuparsi. In realtà moriva dal sonno, ma il suo orologio indicava già le dieci e trenta e non voleva passare la giornata a letto. - Siediti e mangia qualcosa -.
Non appena la signora Weasley la lasciò andare, Bec fece come le aveva detto. Si sedette allo stesso posto del giorno prima, anche per stare lontana da Grattastichi. Diede un primo morso al biscotto, mentre si versava del latte nella tazza che la signora Weasley le aveva dato. Sirius le sembrava stranamente contento quella mattina e Bec ne attribuì il motivo alla sua presunta permanenza al numero 12. Era stato per così tanto tempo da solo che l'idea di avere un po' di compagnia l'aveva tirato su di morale. Bec pensò che si sarebbe accontentato di qualsiasi cosa che non borbottasse cose sgradevoli su di lui dalla mattina alla sera. Anche lei si sarebbe ridotta come lui in breve tempo se non andava via di lì. I gemelli dovevano pensare a qualcosa velocemente o sarebbe ritornata al piano originale. Pensando a loro, Fred e George annunciarono il loro ingresso con il solito crac. Augurarono il buongiorno a tutti e andarono ad occupare le sedie di fronte a Bec.
- Alla buon'ora - rinfacciò loro la madre. Bec non poté fare a meno di sentirsi tirata in causa dal momento che lei era arrivata non più di cinque minuti prima. - Mi dispiace che la tua camera sia allo stesso piano di Fred e George. Non avrai dormito per colpa loro - disse dolcemente rivolta a Bec. Il tono dolce poi divenne accusatorio ed era indirizzato ai figli - Cosa stavate combinando stanotte? -.
Bec si sentì avvampare le guance improvvisamente. Doveva essere dello stesso colore di Grattastinchi, acciambellato sulle gambe di Hermione Affondò lo sguardo nella tazza e non lo alzò fino a quando non fu sicura che tutta l'attenzione era rivolta a Fred, o almeno Bec pensava che fosse Fred, alzatosi per prendere una tazza dalla credenza alle sue spalle. - Non riuscivamo a dormire - disse con un tono fintamente dispiaciuto - E' sorprendente come di notte ci vengano idee brillanti - aggiunse marcando per bene la parola "idee". Con il sospetto che fosse diretto a lei, Bec si voltò nella sua direzione giusto in tempo per cogliere un sorriso fugace prima che il ragazzo tornasse a sedersi. A quel punto George colse l'occasione al volo di aggiungere il suo messaggio subliminale. - Esatto. Probabilmente succederà anche stanotte -. Eternamente grata ai gemelli, Bec rivolse a entrambi un sorriso radioso, che si affievolì all'istante quando si accorse che Hermione spostava ritmicamente lo sguardo da lei ai gemelli.
Dopo la colazione iniziarono le pulizie della casa tra le urla della madre di Sirius, che ora Bec trovava piuttosto fastidiose come i borbottii senza fine di Kreacher. Hermione più di una volta le si era avvicinata per scambiare due parole, porgendole strane domande. Bec ebbe l'impressione che volesse scoprire se i gemelli avevano qualcosa in mente. Al terzo tentativo di conversazione, i dubbi di Bec trovarono conferma. - I gemelli possono essere davvero fastidiosi quando vogliono - le aveva detto, dopo averle chiesto se Fred e George la infastidivano in qualche modo. Ovviamente Bec non aveva nulla di cui lamentarsi e non offrì alla strega appigli cui aggrapparsi, così i tentativi da parte di Hermione di estorcerle informazioni cessarono, anche se, Bec ne era sicura, di tanto in tanto non si lasciava sfuggire la possibilità di tenere d'occhio tutti e tre. Probabilmente era in attesa che da un momento all'altro i gemelli o lei facessero un passo falso. Le ricordava molto la signora Weasley del settimo libro, quando non voleva che Hermione, Harry e Ron parlassero tra di loro. Per fortuna, non si accorse di quando a turno, prima Fred e poi George o forse il contrario, le chiesero se aveva colto le informazioni tra le righe. Bec annuì con un solo cenno del capo e poi li mise in guardia dai sospetti di Hermione. - Bene! Perché ci servirà il suo aiuto più avanti - fu la risposta di George prima che si rimettesse a lavoro.
La mattina volò, così come il pomeriggio e la serata. Dopo cena, Bec si ritrovò per la seconda volta seduta al centro del letto con le gambe incrociate. L'inizio e la fine di quella giornata le erano sembrati dei deja-vù di quella precedente; l'unica differenza consisteva nel fatto che ora era in attesa di ascoltare un piano per restare, quando meno di ventiquattro ore prima stava progettando la fuga da quel posto. Era impaziente di sapere il piano e "conoscendo" i gemelli sapeva che era qualcosa di estremamente semplice e al contempo altamente rischioso.
Qualcuno bussò alla porta. Bec ebbe il sospetto che quello fosse il segnale che la invitava ad andare nella camera di Fred e George. Aprì la porta già immaginando le loro espressioni divertite, quando si ritrovò davanti un libro che stava per colpirla. Lo afferrò. Si chiuse la porta alle spalle e silenziosamente si diresse verso la camera adiacente alla sua. Senza bussare, per evitare rumori inutili, spalancò la porta. - Ecco a cosa vi servono i libri - disse Bec. - Allora? Sentiamo quest'idea brillante - aggiunse a bassa voce, ripetendo le stesse parole che aveva usato Fred quella mattina. Lui non sembrò accorgersene mentre trascinava insieme al fratello un grosso baule marrone scuro. Bec iniziò a rimpiangere di aver accettato il loro aiuto.
- Ecco qui! Il baule di George - disse Fred con fin troppo entusiasmo. Il baule, che doveva essere quello che il ragazzo usava per trasportare le sue cose a Hogwarts, era vuoto ad eccezione di un calzino spaiato che George si affrettò a gettare via.
Bec non riusciva a capire dove volevano arrivare. - Cosa dovrei farci? - chiese, timorosa di non voler sapere davvero la risposta.
- Il giorno della partenza per Hogwarts tu salterai qui dentro ... -
- ... E verrai con noi -
La ragazza li fissava incredula. Non sapeva se doveva ridere, ringraziare o dare fuori di matto. Forse tutte e tre le cose e poi andarsene via rassegnata per pianificare un nuovo progetto di fuga. Infatti così fece: mormorando un appena accennato "ciao" diede loro le spalle e si avvicinò alla porta, delusa.
I gemelli protestarono cercando di convincerla che era un piano geniale. - A parte il fatto che non avrei un posto dove stare - da quando aveva una casa enorme quasi tutta per sé in cui vivere, ora non avrebbe avuto nemmeno una camera con un letto e un bagno - e Sirius se ne accorgerebbe all'istante -. Iniziava ad innervosirsi, così cercò di riacquistare la calma. Almeno ci avevano provato.
- La riuscita del piano prevede proprio che Sirius se ne accorga il più in fretta possibile - spiegò Fred - così passeresti al massimo una notte in camera nostra -.
A quelle parole Bec sgranò gli occhi. - Dovrei stare in camera con voi due e Lee Jordan? - chiese esterrefatta. Non le creava problemi il fatto di dover dormire con dei ragazzi, ma i gemelli erano una cosa e Lee Jordan un'altra, nonostante fosse loro amico. Bec sapeva che era un tipo apposto, ma se avesse voluto sapere perché si trovava lì, loro cosa avrebbero inventato? Non potevano dirgli la verità.
Fred e George non parvero sorpresi dalla domanda, alla quale avevano già una risposta pronta. - Ci sarebbero le camere di Harry e Ron e quella di Hermione, ma loro le condividono con altri - disse George, che riprese prima che Bec potesse ribattere qualcosa. - Lee è nostro amico, non creerà problemi -. Sembrava che le avessero letto nel pensiero.
Bec avvertì l'inizio dell'ennesimo, tremendo mal di testa che le aveva fatto compagnia quei due giorni.
- Tu vieni con noi e dopo, quando Sirius si accorgerà che sei scomparsa, cercheremo di convincere Silente che per te sarebbe meglio restare sotto la rigida supervisione dei membri dell'Ordine piuttosto che di Sirius -. Una confusione mostruosa s'impadronì di Bec. Detto in quel modo il piano sembrava davvero geniale, ma presentava anche parecchie lacune come le modalità di viaggio, l'opera di convincimento e anche il fatto che Sirius doveva scoprire che era andata via prima di andare dal Preside non la convinceva più di tanto. Se qualcosa fosse andato storto, si sarebbe ritrovata intrappolata a Grimmauld Place prima di intravedere il Lago Nero. Ne vale sul serio la pena?, si chiese e a quel punto la risposta le fu semplice.
Prese un respiro profondo e: - Va bene, ma non voglio viaggiare tra i calzini di George -.
- Non preoccuparti ci saranno anche mutande e maglioni -


Anche il secondo capitolo è andato. Bene spero. Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate e se vale la pensa continuare. 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Ecco il terzo capitolo! Noooooo, molti diranno e mi dispiace. 
E per Francy ho solo una cosa da dire: a mali estremi, estremi rimedi! 

CAPITOLO 3
Il resto dell'estate passò velocemente. Sembrava che le giornate volassero in poche ore e, in più, le ore di luce iniziavano a diminuire, segno che la fine della bella stagione era ormai alle porte. Tra le varie pulizie, le lunghe chiacchierate con il signor Weasley sugli oggetti babbani che sembravano entusiasmarlo tanto e i tentativi degli altri di assistere alle riunioni dell'Ordine, Bec trascorse una delle sue estati più belle e divertenti. Più volte Fred e George avevano tentato di carpire informazioni sui libri, quasi sempre quelle che riguardavano i loro affari, per questo motivo Bec cercava di non restare mai troppo tempo sola con loro due. Passava la maggior parte del suo tempo insieme a Harry, Ron, Hermione e Ginny, sicura che in presenza di altre persone i gemelli non le avrebbero chiesto nulla. Ciò le permise di conoscere meglio, e non solo attraverso le righe di un libro, il trio, conquistandosi la fiducia di Hermione, che non la osservava più sospettosa. Era un bene, perché se davvero sarebbe riuscita ad arrivare a Hogwarts e restarci, loro erano le uniche persone che conosceva. 
La mattina della partenza, Bec era nervosa. Aveva aspettato con ansia sempre crescente quel giorno, che furono in molti a notarla e a chiederle come mai fosse eccitata. Bastò non rispondere le prime volte, scrollando soltanto le spalle, che le domande cessarono. I gemelli le chiesero di contenersi, almeno davanti alla madre che fiutava complotti a kilometri di distanza. Bec così fece: cercava di tenersi calma quando non era da sola e presto anche quando lo era. Sul finire di agosto mille dubbi l'attanagliarono. E se le cose non andavano per il verso giusto? E Sirius si fosse accorto che si era infilata nel baule di George, prima che riuscissero a salire sull'Espresso? Quando poi cercava di convincersi che tutto sarebbe andato per il meglio e che stava diventando paranoica, iniziava a dirsi che Silente non le avrebbe mai permesso di rimanere a Hogwarts e l'avrebbe rispedita al numero 12 in un battito di ciglia. Fatto sta che il primo giorno di settembre, Bec stava controllando di aver messo tutte le cose di cui aveva bisogno nel suo baule, mentre il cuore le martellava nel petto. 
Dopo aver fatto colazione (ovviamente Ron e Harry erano in ritardo), Bec salutò uno ad uno coloro che dovevano partire per la scuola, mettendo in atto le due scarse doti di attrice, con la speranza che nessuno sospettasse di nulla. Abbracciò prima le due ragazze, che le rivolsero due sorrisi mesti, e poi Harry e Ron. Anche loro quattro erano a conoscenza dei progetti dell'Ordine nei suoi confronti e avevano cercato di confortarla in quei giorni, ignari che presto Bec li avrebbe raggiunti tutti. Quando fu il turno di salutare Fred e George, Bec pregò che nulla la tradisse. - Ricorda di dar mangiare a Fierobecco prima di uscire - fu il loro sarcastico saluto. Bec non l'avrebbe trovato per nulla divertente se non sapesse che dietro quelle parole c'era un "ci vediamo fra poco" e quindi finse di essersi offesa, dando un pugno sul braccio di entrambi. 
Bec vide Hermione e Ginny scuotere la testa, lamentandosi della mancanza di tatto dei due ragazzi. La signora Weasley invece li richiamò. - Sei sicura di non voler venire alla stazione con noi? - chiese poi a Bec, gentilmente. Bec declinò l'offerta, dicendo che preferiva andare a domire ancora un po' prima che la mamma di Sirius ricominciasse a urlare a squarciagola. La signora Weasley, che sembrava alquanto dispiaciuta, annuì col capo. 
Scansando un borbottante Kreacher, Bec si catapultò nella camera dei gemelli. Aprì il baule, accresciuto nelle dimensioni di quel poco che bastava per contenervi Bec senza dover diventare una contorsionista, e ci si sedette. Per suo enorme contentezza, George l'aveva liberato di tutti i suoi vestiti (lui e Fred condividevano ne condividevano uno, che prima di arrivare a destinazione sarebbe scoppiato), subito dopo che la signora Weasley era andata a controllare che tutto fosse in ordine quella mattina. Quando sentì la donna rimproverare il ragazzo per non aver ancora preso il baule, Bec si affrettò a sdraiarvisi dentro. Un secondo dopo George comparve nella camera e, prima di chiudere il baule, fece l'incantesimo Testabolla a Bec per permetterle di respirare. Dopo tutto divenne buio e le unica cosa che Bec sentì fu: - Baule Locomotor -, prima di iniziare a ondeggiare a destra e sinistra. Cercò di non pensare al fatto che si sentisse in alto mare, mentre rimaneva immobile in quella posizione fetale per non far nessun rumore. Quando sentì la signora Weasley dire al figlio che poteva ancora usare le mani e una porta chiudersi, seppe che la prima parte del piano era andata a buon fine. 
Abituatasi all'oscurità del baule, Bec ci mise un po' prima di ritornare a vedere normalmente, quando mezz'ora dopo fu libera di uscire. Non appena si alzò in piedi, ebbe come la sensazione che tutte le ossa si fossero sgretolate in tanti piccoli pezzetti, raggruppati in fondo nei piedi. Tante formichine sembravano camminarle lungo le gambe e le braccia. Si stiracchiò come se si fosse appena svegliata e poi prese posto di fronte ai gemelli. - Non ci torno in quella trappola dopo - disse mentre si massaggiava la gamba destra per farla svegliare dall'intorpidimento. - Non mi sento più la schiena -. Le faceva parecchio male anche quella. Durante le prove per vedere quanto doveva essere ingrandito il baule, aveva intuito che avrebbe sentito dolore dopo, ma non immaginava che potesse arrivare a quel punto. E poi lei aveva una soglia di sopportabilità del dolore pari a zero. 
George finse di essere offeso, ma Bec aveva colto l'intenzione sarcastica della sua frase. - Un minimo di gratitudine sarebbe apprezzato -. Bec rispose che li avrebbe ringraziati soltanto alla fine quando era sicura che non c'erano più pericoli di fare dietrofront, ma in fondo sapeva che il ragazzo aveva ragione. Se non fosse stato per loro, in quel momento poteva essere in una casa enorme con Kreacher come unica compagnia. 
Le gambe si ripresero velocemente, dopo aver poggiato i piedi sul sedile accanto al suo, con la schiena ben dritta saldamente attaccata al finestrino. Le formichine erano scomparse. In quell'istante la porta dello scompartimento si aprì e Bec e gli altri vi videro entrare Lee Jordan, il Grifondoro cronista delle partite di Quidditch e migliore amico di Fred e George. Era normale che da un momento all'altro sarebbe spuntato. 
- Finalmente - sbottò George - dov'eri finito? -. Nessuno dei due sembrava preoccupato dell'arrivo improvviso dell'amico. Anzi, erano sollevati.
Il ragazzo non rispose nulla. Aveva una strana espressione in viso, che Bec riuscì a decifrare senza troppe difficoltà: sicuramente si stava chiedendo chi fosse la ragazza seduta con i suoi  amici dal momento che non l'aveva mai vista prima. Forse si aspettava di trovare Angelina, Alicia o Katie, altri membri della squadra di Quidditch. 
Quando Fred si accorse che Lee non accennava a entrare nello scompartimento, passò alle presentazioni. - Lee, lei è Rebecca -. Alle parole Bec rivolse un sorriso appena accennato al ragazzo, che sorrise di rimando. - Rimarrà con noi per un po' -. 
I gemelli le avevano assicurato che Lee non avrebbe creato alcun tipo di problemi durante il suo, sperando breve, soggiorno nella loro camera. In effetti dalla lettura dei libri, Bec si era fatta l'idea che fosse la versione meno irrequieta dei gemelli Weasley. Eppure aveva un'espressione perplessa. - Quando dici che resterà con noi, intendi ...? -. Lasciò la frase in sospeso. 
- Nella nostra camera - disse George. - Storia lunga - aggiunse poi Fred, quando vide la fronte aggrottata dell'amico. Per fortuna Lee non fece domande e finalmente si sedette accanto a Bec. 
In un battito di ciglio, i gemelli avevano tirato fuori la mercanzia da perfezionare. Bec li sentì parlare di affari e delle invenzioni estive messe a punto dai gemelli, per poi fare riferimento a test, cavie e alcuni ingredienti di cui avevano bisogno per migliorare certi prodotti. Bec fece come se non fossero lì. Solo dopo aver guardato il paesaggio verde fuori dal finestrino si accorse di essere sul treno che l'avrebbe portata a Hogwarts, la scuola che aveva letto nei suoi libri. Le sembrava così irreale trovarsi lì. Fino a quel momento tutto si era rivelato esattamente come aveva immaginato, eccetto la voce di Kreacher, che aveva ipotizzato fosse meno possente e un po' più stridula. 
Ripensò al quinto libro, letto qualche mese prima per la centesima volta. Harry doveva essere nel suo scompartimento in compagnia di Luna, Ginny e Neville che lo imbrattava di Puzzalinfa e da un momento all'altro Cho Chang sarebbe passata da quelle parti per salutarlo. Il pensiero di impedire a Harry di fare quella brutta figura si fece largo nella mente di Bec, ma dopotutto non era stato così imbarazzante e non avrebbe pregiudicato il futuro comportamento di Cho. Anche se Bec ricordava che Harry avrebbe voluto che Cho lo trovasse con gente diversa da Luna e Neville, tutti in risate per una sua battuta e certamente non ricoperto di Puzzlinfa. Tutto sommato poteva anche intervenire, no?
Fece cenno a George, seduto davanti a lei, di avvicinarsi. - Mi aiuti a fare una cosa? - gli chiese sottovoce per impedire che Lee capisse cosa stava dicendo. George annuì. Entrambi si alzarono dal loro posto, sotto gli sguardi confusi di Fred e Lee. Dopo aver detto ai due che andavano a prendere qualcosa dal carrello, Bec e George andarono alla ricerca dello scompartimento di Harry e gli altri il più velocemente possibile. Controllarono in tutti gli scompartimenti di quel vagone e passarono a quello successivo. Quando Bec lo intravide, fu troppo tardi per impedire che la Puzzalinfa esplodesse ovunque da quella piccola pianta tra le braccia di Neville, ma giusto in tempo per far avere anche a George la sua dose di liquido verde sulla faccia. Bec dovette faticare per reprimere una risata. Più disgustato che incavolato, George se ne tolse una manciata e in fretta lo spiaccicò sul viso di Bec, che per fortuna, cogliendo al volo le sue intenzioni, aveva serrato le labbra per evitare che quella robaccia le andasse a finisse in bocca, come era successo a Harry. 
I due scoppiarono a ridere e fuggirono prima che Harry si ripulisse gli occhiali e vedesse Bec. 
- Dovresti vederti - disse George mentre entravano nello scompartimento. Bec gli diede un pugno sul braccio. 
*
Il viaggio in treno durò parecchio e fu abbastanza scomodo. Era buio quando finalmente arrivarono alla stazione di Hogsmeade. Bec si rifiutò di entrare ancora una volta nel baule di George e, non appena i gemelli fecero tornare il suo delle dimensioni consuete, i tre e Lee Jordan si incamminarono verso la scuola. Bec si assicurò di restare alle spalle di Ron e Hermione che indicavano la strada a quelli del primo anno. Anche Bec ne avrebbe avuto bisogno se non avesse avuto due guide d'eccezione. Poter fare più di tre passi a piedi e non in uno stretto corridoio fu una stupenda sensazione. Per fortuna il giro sulla carrozza, quella trainata dai Thestral che Bec ovviamente non vedeva, fu breve e indolore. In poco tempo si ritrovarono davanti alla scuola. Su suggerimento dei gemelli, Bec si nascose all'ingresso del castello per non farsi vedere dal custode Gazza che girava da quelle parti mentre lisciava il pelo di Mrs Purr. Quando tutti furono entrati nella Sala Grande, Bec si mise alla ricerca della Sala Comune dei Grifondoro, che sapeva essere al settimo piano. Nonostante le difficoltà per via delle scale in continuo movimento, riuscì a trovare il quadro della Signora Grassa. Per fortuna ricordava che la password del quinto libro era Mimbulus Mimbletonia o sarebbe rimasta lì fuori tutta la durate del banchetto. Oltrepassò il buco dietro al ritratto con passo incerto, come se si sentisse fuoriposto. Poi, entrando del tutto e osservandola nella sua bellezza accogliente, quella sensazione sparì così come la tensione che l'aveva accompagnata in tutto il viaggio d'andata. La tensione era sparita e poteva godersi quel momento, tanto più se poteva essere uno degli ultimi se non l'unico. La Sala era esattamente come nei libri: si incantò ad osservare gli arazzi e i magnifici drappi rosso e oro che tappezzavano le pareti; saltò da un pouf all'altro e sedette su tutte le poltrone che occupavano la sala circolare, spalancando liberamente entrambe le braccia; infilò la testa nell'immenso camino, ancora spento, per guardare su. Era come trovarsi nel Paese dei Balocchi di Pinocchio. Il tour continuò nei dormitori; andò prima in quelli femminili e poi in quelli maschili, nella camera che Fred e George le avevano indicato come la loro. Non ebbe il tempo di sdraiarsi sull'ultimo di tutti e cinque i letti disposti in cerchio, che un tonfo sordo echeggiò nella camera vuota. Bec si voltò immediatamente verso la finestra e vide il povero Errol, il vecchio gufo della famiglia Weasley, appiccicato alla finestra con una lettera alla zampetta. Facendo appello al briciolo di coraggio che aveva, si avvicinò al pennuto e fece per prendere la lettera bianca su cui vi era scritto con grafia disordinata Fred e George Weasley, Dormitorio Grifondoro, Hogwarts. Come se avesse recuperato le forze di cui ormai era privo a causa dell'età, Errol prese a sbattere le ali velocemente, colpendo parecchie volte in faccia Bec prima che questa battesse la ritirata. Richiuse la piccola finestra e si accomodò sul letto più vicino. Fece scorrere le tende scarlatte fino a chiuderle, poi le riaprì e con un cuscino stretto tra le braccia si guardò intorno con più calma. Non riusciva a credere di essere davvero in quel posto, alla scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, quella scuola di cui lei aveva soltanto letto nelle pagine di alcuni libri e che, se tutto fosse andato secondo i piani, ci sarebbe rimasta (con quale scusa era ancora da definire; i gemelli facevano affidamento su un'idea geniale di Hermione). Avrebbe vissuto lì con Fred e George, Harry, Ron e Hermione e Ginny, avrebbe fatto nuove conoscenze e ... sarebbe stata lontana dalla sua famiglia per parecchio tempo. Si sentì male al ricordo dei suoi genitori e delle sue sorelle; non vedeva nessuno di loro da poco meno di un mese e già le mancavano terribilmente. Durante il soggiorno in Grimmauld Place non aveva avuto molte occasioni di pensare a loro con tutte le faccende domestiche che la signora Weasley le assegnava, ma ora che era da sola e con un bel po' di tempo per pensare, aveva il presentimento che la sua famiglia avrebbe occupato gran parte delle sue riflessioni. Devono essersi spaventati a morte quando non mi hanno vista arrivare per la colazione quel giorno, pensò. Si sentiva in colpa. Per fortuna però Silente, grazie a delle ricerche, aveva scoperto che i suoi genitori non ricordavano di avere una terza figlia e lo stesso valeva per le sorelle. Nessuno di loro aveva il minimo ricordo di Bec. "E' un bene" fu il primo pensiero della ragazza; in quel modo almeno loro non avrebbero sofferto per la sua assenza. 
- Il fatto che George ti abbia ceduto il suo baule non vuol dire che io debba dare lo stesso con il mio letto - disse una voce familiare. Era Fred. 
Bec si asciugò velocemente gli occhi, anche se non si era accorta di aver pianto. Poi balzò in piedi mormorando delle scuse sommesse. Non si voltò a guardare il ragazzo per evitare che lui vedesse gli occhi lievemente arrossati e un po' gonfi. Non aveva intenzione di mostrarsi come una bambina che piangeva perché non vedeva i genitori da una ventina di giorni o forse meno. 
Fred le si avvicinò. Bec aveva pensato che fosse perché si era accorto delle guance bagnate, invece lui sfilò qualcosa dai capelli. - Che ci fai con una piuma in testa? - le chiese, stringendo tra indice e pollice una lunga piuma marroncina. 
In quell'istante Bec si ricordò di Errol; quel gufo era ancora fuori la finestra. - E' arrivata una lettera per te e George, ma il vostro gufo non ha voluto darmela - sbottò innervosita al ricordo rinnovato delle ali in faccia. Ricordava di aver letto che era vecchio e stanco, ma non le aveva dato esattamente quell'impressione. Soltanto sbadato, probabilmente.
Prima che Bec potesse accorgersene, Fred aveva sfilato dalla zampa di Errol la lettera e la stava leggendo.  Non doveva essere molto lunga perché la lettura non impiegò che qualche secondo; e doveva esserci scritto qualcosa di positivo perché Fred continuava a sorridere. Il sorriso era ancora sulle sue labbra quando staccò gli occhi dalla pergamena. - Con un po' di fortuna resterai qui una sola notte - le disse prima di iniziare a spiegarle il contenuto della lettera. Era da parte dei suoi genitori, i quali chiedevano ai figli di inviare loro notizie su Bec, che a quanto pareva non era più a Grimmauld Place e nessuno sapesse dove fosse finita. Allora Bec capì il sorriso di Fred; ero lo stesso che aveva anche lei. Non pensava che tutto procedesse a quella velocità. 
- Però mi dispiace far preoccupare i tuoi genitori - aggiunse poco dopo, quando un senso di colpa improvviso le rovinò il momento. Fred si limitò a scrollare le spalle come a dire "che vuoi che sia?". 
La signora Weasley aveva sempre riservato a Bec il trattamento di una figlia e si comportava allo stesso modo con l'Harry dei libri quando passava gli ultimi giorni delle vacanze estive o quelle natalizie alla Tana. Lo stesso valeva per il signor Weasley, con il quale Bec aveva passato ore e ore a parlare degli oggetti babbani più stupidi e che a lei erano sempre sembrati tanto stupidi e scontati come le penne per scrivere, il cellulare aveva riscosso un successo particolare visto che permetteva di inviare messaggi e cominciare con le persone lontane con maggiore velocità rispetto alle lettere. Ma lei si era divertita e non le piaceva ricambiarli in quel modo che assolutamente non meritavano. Decise che appena Silente le avesse detto che sarebbe rimasta a Hogwarts (pensa positivo!, si era detta. Sei arrivata fin qui; è un segno!), avrebbe spedito loro una lettera via gufo per scusarsi. 
Bec si avvicinò alla finestra e la richiuse, mentre pensava a ciò che avrebbe scritto nella lettera per i signori Weasley. Fred era sdraiato a occhi chiusi sul letto che aveva occupato precedentemente Bec. - Dov'è George? - le chiese lei. Era abbastanza insolito vedere Fred senza George o viceversa. Non ricordava di averli mai visti separati durante le vacanze i giorni trascorsi al numero 12. 
Fred non riaprì gli occhi quando le rispose. - E' di sotto a pubblicizzare la mercanzia a quelli del primo anno -. 
Bec annuì più a se stessa che al ragazzo, che comunque non poteva vederla. Ricordava quella parte del libro, ma con George c'era anche Fred e lui invece era nel dormitorio con lei. - Perché non sei con lui? - chiese intuendo che ci fosse qualcosa sotto. Poi, sembrando che lo stesse cacciando, aggiunse: - Avrà bisogno di una mano, no? -. In realtà sapeva benissimo che non era così e che George era perfettamente in grado di cavarsela da solo, o con Lee, ma era stata la prima cosa a venirle in mente. 
- Abbiamo pensato che stasera ti faccio compagnia io - spiegò Fred - e domani dopo le lezioni lui -. Quella volta aveva aperto gli occhi e la stava osservando, forse per notare la sua reazione. 
In un primo momento Bec pensò che fosse una cosa tanto dolce che si stupì fosse un loro pensiero. Poi ci ripensò. - Non è necessario che mi facciate da balia -. Apprezzava il pensiero, sul serio, ma non voleva essere un peso maggiore di quello che già era ed era stata nell'accettare il loro aiuto. Fred e George avevano fatto così tanto per lei che Bec non sapeva come avrebbe potuto sdebitarsi. Probabilmente se avesse espresso a loro le sue intenzioni, i gemelli avrebbero colto la palla al balzo per usarla come topo da laboratorio per le Merendine Marinare. 
Quando si accorse che ciò non era servito a convincere Fred ad andare via disse: - E poi sono stanca -. Era vero! - Vorrei dormire -. Era stata una giornata lunga e soprattutto stressante. Una bella dormita non poteva farle che bene. 
Fred non si lasciò scomporre dalle parole della ragazza. - Puoi prendere questo letto - e le indicò quello di fronte al suo. - Alcuni studenti non sono ritornati a Hogwarts quest'anno -. 
Bec ricordava che anche i gemelli avevano pensato di non ritornarci, ma che l'avevano fatto soltanto per non dare un ulteriore dispiacere alla madre dopo il litigio con Percy, il terzo figlio della coppia. 
Bec andò in bagno e, dopo essersi infilata il pigiama, uscì con la speranza di non trovare più Fred. Infatti lui non c'era. Rincuorata si mise a letto e dopo pochi secondi era nel mondo dei sogni.

A\N: Bec è arrivata a Hogwarts! Ci rimarrà? Chi lo sa?! Io ovviamente. 
Bando alle ciance vorrei sapere cosa ne pensate quindi mi farebbe piacere se recensiste. 
Al prossimo capitolo. 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Sono riuscita a postare il quarto capitolo ... non l'avrei mai creduto possibile. Colgo l'occasione per ringraziare i nuovi e i vecchi recensori (fa tanto primo discorso di Silente!!). 
Questo capitolo è un po' più lungo degli altri quindi è meglio iniziare in fretta. Mi levo dai piedi. 

CAPITOLO 4
Quel primo settembre fu la giornata più faticosa della sua vita; non ricordava di essere mai crollata in quel modo, una volta sotto le coperte. Aveva ancora qualche parte del corpo dolorante e indolenzita per la mezz'ora rannicchiata nel baule di George, quindi quando fu distesa sul materasso morbido, con un venticello fresco proveniente da una finestra semiaperta che le solleticava il volto, aveva raggiunto la pace dei sensi, e anche il presagio di fallimento che le aveva fatto compagnia dalle prime luci del mattino, e si era acuito alla vista di Gazza, era scomparsi del tutto per fare posto a una piacevole sensazione ottimistica. Ma, per sua sfortuna, la pace durò troppo poco. Le sembrava di aver serrato le palpebre per qualche minuto, prima di riaprirle lievemente al suono di una voce femminile che la chiamava e le diceva di alzarsi. Dapprima il tono era tranquillo, dolce quasi materno tanto da far credere a Bec che fosse la madre a svegliarla dal suo sonno rigenerante. Quando le disse, tra uno sbadiglio e l'altro con gli occhi nuovamente chiusi nascosti dal cuscino sulla faccia, che quella mattina non se la sentiva di andare a scuola, la voce perse tutta la sua pacatezza e divenne più scorbutica e frettolosa. - Bec, alzati adesso! - 
La ragazza ci mise un po' a fare il punto della situazione e poi, quando ricordò di essere a Howarts nel dormitorio maschile, con orrore capì a chi apparteneva quella voce. Pallida come un cencio, buttò un'occhiata al di sopra del cuscino e vide una Hermione dall'aria non troppo paziente. Chiedendosi cosa ci facesse accanto al suo letto, si mise a sedere facendo da parte il cuscino. Su due letti diversi, di fronte quelli di Bec, c'erano anche Harry e Ron ancora troppo assonnati per prendere parte alla conversazione cui di lì a poco la loro amica avrebbe dato inizio. Hermione si sedette ai piedi del letto. Prima che Bec potesse chiederle come aveva scoperto che era lì, la strega rispose alla domanda come se l'avesse letta nella mente della ragazza. - Fred e George ci hanno raccontato tutto -. Bec non capì a cosa si riferisse con quel "tutto", ma non glielo chiese. Dall'espressione severa sul viso e dal tono decisamente intransigente, Bec non ebbe problemi a intuire che non approvava ciò che aveva fatto e probabilmente la riteneva un'irresponsabile per essersi fatta dei complici come Fred e George. Non osò immaginare la reazione di Hermione quando i gemelli le avevano riferito che erano stati loro ad aiutare Bec con la fuga dal numero 12; probabilmente li aveva minacciati di raccontare tutto alla McGranitt, o peggio alla madre. Harry e Ron, al contrario, non sembravano molto sorpresi o interessati, forse per il sonno. - Dovresti ritornare ... da Sirius - aggiunse, abbassando la voce verso la fine. 
Bec scosse la testa e allontanò quel pensiero nel momento stesso in cui l'aveva udito. Non aveva intenzione di ritornare in quella casa, non dopo tutte le ore passate a pianificare ogni cosa insieme a Fred e George; ora che era quasi giunta alla meta non avrebbe fatto dietro-front. Bec espose tutte le sue ragione, ritornando e aggiungendo molta enfasi al discorso del tenerla chiusa in casa e ricordò a Hermione che era stata proprio lei a dirle che era " una cosa terribile e senza senso ". - Allora le cose erano diverse - sbottò la ragazza incrociando le braccia sul petto. - E non immaginavo certo che saresti fuggita -. Dal punto di vista di Hermione, Bec era diventata una ricercata esattamente come Sirius, con la differenza che lei aveva molte meno persone che volevano trovarla e, ovviamente, il motivo di tale ricerca. Bec non capì come potesse paragonare le due situazioni, ma lasciò perdere. Dopo una piccola pausa silenziosa, rotta soltanto dai rumori provocati da Ron (si era alzato improvvisamente per frugare fra le cose dei fratelli), Hermione riattaccò la predica e le ricordò più volte, molte volte, che aiutandola sarebbe andata contro tutti i buoni propositi che aveva stabilito di raggiungere quell'anno da prefetto dei Grifondoro e che l'avrebbe fatto soltanto se Bec prometteva di non stare a sentire mai più i gemelli. 
Un sorriso raggiante si fece largo sulle labbra di Bec. - Quindi mi date una mano! -. Suonò più come una domanda che come un'esclamazione, ma non riusciva a credere che anche quella era fatta. Altre due tappe e tutto sarebbe finito. 
- Anche se Ron ed io non dovremmo - ribadì ancora Hermione con un mezzo sorriso, mentre lanciava occhiate torve nella direzione di Ron, di  cui si riusciva a vedere tutto li corpo steso sul pavimento, eccetto la testa infilata sotto un letto. Bec non si curò di chiedergli cosa stesse facendo lì per terra, troppo impegnata a pensare con cura le parole che avrebbero usato con Silente, sperando di risultare convincenti quanto più era possibile. - A dire il vero, penso che sia meglio andare prima dalla McGranitt - la interruppe Hermione quando Bec le chiese se Silente avrebbe accettato di vederli quel giorno stesso. - Se riusciamo a convincere lei sarà più facile con un membro dell' ... lo sai ... dalla nostra parte -. Il piano non faceva una piega a parole, ma metterlo in pratica si sarebbe rivelato più difficile di una dedoxizzazione con al comando la signora Weasley. 
Ron soltanto espresse a parole ciò che gli altri avevano solo pensato. - Non ci riusciremo mai, lo sapete, vero? -. Si era appena seduto accanto a Hermione ai piedi del letto di Bec con l'aria rassegnata. Anche lei, Bec, si era spenta di colpo e il sorriso radioso a trentadue denti di prima era scomparso per fare posto a un'espressione imbronciata. Se la McGranitt scopriva che era nel castello, avrebbe fatto in modo di riportarla lei stessa a Grimmauld Place. 
- Ciò non vuol dire che non possiamo provarci - disse Harry, che probabilmente si era svegliato del tutto soltanto in quel momento visto che fino ad allora non aveva aperto bocca. - Le diremo dove ti nascondi a patto che ci aiuti con Silente - aggiunse poco dopo, quando tre paia di occhi erano fussi su di lui. - Harry ha ragione - approvò Hermione con determinazione nella voce. 
In meno di dieci avevano già deciso con quali parole iniziare il discorso che avrebbero fatto alla professoressa McGranitt e quali tesi sostenere nel caso lei opponesse una strenue resistenza. Bec apprezzava davvero ciò che il trio stava facendo per lei; il loro contributo, come le avevano spiegato i gemelli, era estremamente necessario e utile dal momento che negli anni precedenti i tre avevano fatto cose che pochi si sarebbero sognati di fare e i professori ne andavano fieri, in più Hermione era considerata una studentessa modello, responsabile e giudiziosa, il che aiutava di certo. Fu deciso che avrebbero parlato con la McGranitt quel pomeriggio alla fine delle lezioni. Bec avrebbe tanto voluto che Harry, Ron e Hermione avessero avuto Trasfigurazione quella mattina, magari alla prima ora, ma ricordava benissimo che non era in orario il primo giorno di lezione. Ricordava anche che i Lunedì erano parecchio noiosi e decisamente impegnativi con due ore di Pozioni con Piton, per non parlare della prima lezione di Difesa contro le Arti Oscure con la Umbridge. Oggi Harry si beccherà la punizione e verrà spedito proprio dalla McGranitt a fine giornata, pensò Bec. Non si prospettava positivo per ciò che dovevano fare. - E' meglio andare prima dalla McGranitt - disse all'improvviso Bec. 
- Perché? - chiesero i tre in coro. 
Come gliel'avrebbe spiegato il motivo senza dire troppo? - Diciamo che la McGranitt non sarà incline ad ascoltare proposte azzardate -. La professoressa non era particolarmente arrabbiata alla notizia della punizione di Harry, ma Bec era sicura che non avrebbe giovato alla sua situazione andare subito dopo l'incontro con il mago. 
- Va bene, vuol dire che Harry, Ron ed io ci andremo prima di pranzo -. Quelle parole furono un vero schiaffo in faccia per Bec. Hermione era convinta che lei non sarebbe andata con loro. 
- Voglio esserci quando le parlerete - Da quell'incontro dipendeva il suo futuro imminente e non voleva starsene con le mani in mano mentre qualcun'altro faceva ciò che avrebbe dovuto fare lei fin dall'inizio. Apprezzava l'aiuto dei tre e avrebbe lasciato tutto nelle loro mani se la McGranitt era ben disposta, ma in caso contrario avrebbe detto la sua. 
Hermione scuoteva la testa. - Non se ne parla - disse autoritaria. Ciò infastidì Bec; Hermione non poteva dirle cosa poteva o non poteva fare. - Ti porterà da Silente e ... - 
- Non mi farò vedere - si apprestò a suggerire Bec. 
- E come? - squittì Hermione, segno che stava iniziano a perdere la calma e cercava di controllarsi senza riuscirci come vorrebbe. 
A quello Bec non aveva pensato, ma per sua fortuna giunse Ron in suo soccorso. - Potrebbe usare il mantello di Harry -. Geniale!
- Ronald! - sbottò Hermione, scattando in piedi. Aveva usato il nome per intero di Ron, quindi non le era piaciuto cosa aveva detto. 
L'espressione confusa abbandonò in fretta il volto di Ron. - Cosa? E' normale che voglia esserci - disse. 
Bec non poté fare a meno di sorridere a quella reazione. Non sapeva se Hermione era più incavolata per il fatto che era stata sopraffatta o perché Ron le era andato contro in una maniera così plateale. Era strano vedere quei due comportarsi come nei libri. Secondo Bec, era evidente fin dal secondo libro che Ron provasse un certo senso di protezione nei confronti della ragazza, che si era lasciata andare soltanto nel quarto ed era esplosa nel sesto con la storia di Lavanda Brown. Si vedeva lontano un miglio che erano fatti per stare insieme e se non avesse dovuto tenersi a bada con la storia dell'alterare il futuro, ci avrebbe messo lo zampino. 
Bec si premunì di cancellare il sorrisetto dalla faccia per evitare che Hermione si arrabbiasse ancora di più, ma fu felice di sentirle dire che sarebbero andati tutti e quattro. 
- Dove? - chiesero Fred e George all'unisono entrando, facendo sobbalzare i quattro ragazzi nel dormitorio. 
- Dalla McGranitt - li informò Harry, in piedi anche lui ora. 
Entrambi annuirono, ma non fecero domande. George si avvicinò al letto di Bec. - Ti abbiamo portato la colazione - disse porgendole qualcosa dall'aria non squisita, come la colazione che le preparava la signora Weasley. Ma con la fame che aveva avrebbe mangiato di tutto. Solo in quel momento sembrò notare che non toccava cibo da quasi un giorno intero, così come il suo stomaco che prese a reclamare, brontolando. 
Fino all'ora di pranzo Bec non sapeva quante ore erano passate perché a lei era sembrata una vita. Aveva pensato di andare nella Sala Comune, ma lì non avrebbe avuto certo più cose da fare. Si lavò e si vestì con tutta la calma possibile pensando e ripensando a quello che sarebbe successo di lì a qualche ora, mentre si pettinava con calma i lunghi capelli neri. Insieme a Hermione, Ron e Harry avevano stabilito che, se fosse riuscita ad avere il permesso dall'Ordine, la scusa che le permetteva di stare lì sarebbe stato uno scambio culturale con la scuola di Magia irlandese. Doveva soltanto assistere a qualche lezione di tanto in tanto senza dover prova delle doti magiche che di certo non aveva. L'unica che avrebbe potuto essere un ostacolo era la Umbridge, ma con la nuova politica di istruzione approvata dal Ministero e che appoggiava soltanto lei, Bec non avrebbe dovuto preoccuparsi di nulla, se non di far finta di leggere i capitoli che assegnava in classe. 
Finalmente quando Harry e Ron arrivarono con il mantello, Bec poté fare un giro della scuola (i corridoi per andare all'aula di Trasfigurazione) mentre si avviavano dalla professoressa McGranitt. Hermione era già lì e quando vide i suoi amici arrivare, entrò subito nell'aula. Bec si mise nell'angolo più lontano dalla scrivania della professoressa per timore che potesse accorgersi in qualche modo della sua presenza. - Cosa volete voi tre? -. A giusta ragione la professoressa sembrava leggermente sospettosa. Nei libri quando loro tre dovevano parlarle non era mai per qualcosa che loro dovessero sapere. 
Hermione prese un bel respiro profondo. - Avrà saputo che Bec non è più a ... - si interruppe, ma era evidente che stava per dire Grimmauld Place. La McGranitt annuì ancora più sospettosa, le labbra ridotte a una linea sottile bianca e gli occhi simili a quelli di un gatto pronto a balzare. - Bene, noi sappiamo dov'è -. 
Le labbra della professoressa si allargarono in un sorriso a cui i ragazzi non erano abituati perché si scambiarono una lunga occhiata, probabilmente per decidere hi avrebbe avuto il dispiacere di darle una delusione. Poi ripresero a guardare la donna, che fece per dire qualcosa senza riuscirci quando Ron la interruppe dopo aver mandato giù l'eccesso di saliva. - Le diremo dove si trova ad una sola condizione -. Come avevano immaginato l'espressione sollevata scomparve dal viso della donna, con un sopracciglio alzato che stava per "sarebbe a dire?". Ron, che ritenendo di aver già fatto il suo dovere, rimase in silenzio questa volta. - Verrà a stare qui a Hogwarts - disse Hermione. 
Il cuore di Bec prese a sbatacchiare nel petto e un nodo le attorcigliò le viscere, quando la McGranitt rimase in silenzio forse per valutare la proposta. Senza accorgersene Bec si era avvicinata tanto da poter vedere la professoressa osservare prima il pavimento, per poi ritornare sui tre ragazzi davanti alla propria scrivania. - Assolutamente no - disse semplicemente. - Il professor Silente è stato molto chiaro sull'argomento -. Con loro forse, ma a Bec nessuno si era preso la briga di spiegare nulla, eccetto Sirius e Lupin che avevano cercato di farle capire che quella era una decisione necessaria e ovviamente presa per il suo bene. 
- Ma non potete confinarla in una casa - sbottò Ron con le orecchie che diventano rosse. 
- Potrebbe rimanerci per mesi, addirittura anni, per quello che ne sappiamo - rincarò la dose Harry. Bec ebbe la sensazione che si riferisse anche Sirius. 
Gli attacchi di Harry e Ron non sembrarono sortire alcun effetto sulla McGranitt, che si limitava ad ascoltarlo imperturbabile, spostando lo sguardo dall'uno all'altro senza mostrare alcun segno di consenso o di dissenso. Bec era accanto alla cattedra. 
- Sa troppo - spiegò la professoressa, parlando sottovoce, nonostante non ci fosse nessuno. Sospirò prima di continuare. - Nelle mani sbagliate provocherebbe ... -. Lasciò la frase a mezz'aria per non dover esprimere a parole ciò che aveva immaginato sarebbe successo se le informazioni di Bec fossero giunte alle orecchie di Voldemort. Bec non riuscì a trovare senso nelle parole della donna, forse perché ancora non le sembrava possibile che dovesse preoccuparsi del peggior mago oscuro. Forse perché sapeva che non avrebbe mai potuto rivelargli qualcosa per avvantaggiarlo oppure perché non immaginava di incontrarlo sul serio. 
- Non cadrebbe nelle mani di nessuno se potesse stare qui -. Bec ebbe la sensazione che la discussione vertesse più su una palla che su di lei, ma capì il tentavo da parte di Hermione per cercare di far ragionare la McGranitt. - Qui c'è buona parte dell'Ordine (la professoressa la zittì, ma la strega continuò imperterrita come se non avesse parlato). Sarebbe al sicuro sotto la vostra supervisione - 
Bec vide la professoressa prendere ancora un sospiro, stringendo sempre di più le labbra che ormai non si vedevano. - Non so come voi tre abbiate fatto a portarla via -. Li guardava in una maniera che non lasciava presagire niente di buono. Bec si sentì in colpa per averli messi in quella situazione, quindi era giunto il momento di dare loro una mano e tirarli fuori dai guai. Fece per sfilarsi il mantello, ma la McGranitt riprese a parlare, scuotendo la testa. - Ne parlerò con Silente e vedremo cosa dirà -. 
Un grosso macigno sul cuore si dissolse nel petto di Bec e il cuore aveva mancato un battito. Avrebbe voluto andare ad abbracciare Harry, Ron e Hermione e anche la McGranitt. Sapeva benissimo che non era un " si, può stare qui ", ma non era nemmeno un " no ". E nonostante nulla lasciasse intendere che la Mcgranitt avrebbe messo una buona parola con Silente, Bec era contenta perché era un passo grandissimo verso l'ammissione.  
Sentì i tre ragazzi ringraziare la professoressa, contenti, mentre quella li cacciava mandandoli nella Sala Grande per il pranzo. Fecero per andarsene, con Bec alle loro spalle, attenta a non urtare nulla per l'eccitazione. - Signorina Hart -. Bec si voltò alle sue spalle. La professoressa stava facendo levitare delle pergamene dalla cattedra senza guardarle. - Dove ha alloggiato questa notte? -. 
Mi ha vista, disse Bec fra sé e sé. 
*
- Soltanto perché mi stavo togliendo il mantello - ribadì Bec per l'ennesima volta a Hermione; la ragazza proprio non riusciva a lasciar correre su quel dettaglio, mentre raccontavano a Fred e George come era andata la "chiacchierata" con la professoressa di Trasfigurazione. 
- Primo errore - disse alzando un dito Hermione. - Adesso stai compiendo il secondo - spuntò un'altro dito - Silente potrebbe scoprire che sei qui, vero? -. Si voltò a guardare Harry e Ron in cerca di appoggio. Ron non disse nulla troppo impegnato a mangiare per parlare, beccandosi occhiatacce torve da parte della ragazza. Harry invece disse che non contava nulla perché ormai tutto l'Ordine sapeva che Bec era a Hogwarts, nonostante fossero passati pochi minuti. 
- E poi non avrebbe senso rinchiuderla nel dormitorio - disse Fred, mentre si serviva con dell'altro pollo. 
Bec vide Hermione alzare gli occhi al cielo verso il soffitto incantato senza però aggiungere nulla. Bec pensò che non avrebbe aperto più bocca fino alla fine del pranzo, quando le avrebbe ordinato di filare nella Sala Comune al settimo piano. Così accadde. Nella discussione che seguì non aprì bocca, se non per mandare giù qualcosa spazientita. Il Quidditch non le interessava minimamente e Bec sapeva che presto il proprio interesse per quello sport sarebbe svanito con la stessa rapidità con cui i membri dell'Ordine erano venuti a conoscenza della sua presenza all'interno della scuola. Nel suo mondo non era mai stata un'accanita di sport, eccetto il nuoto. L'eccitazione che la spinse a chiedere a Harry, George e Fred di farle vedere qualcosa nel prossimo allenamento era dovuto soltanto al fatto che per lei era ancora una novità. In breve tempo il Quidditch avrebbe perso qualsiasi attrattiva. 
Una volta finito il pranzo (Bec non aveva toccato niente per non far insospettire qualcuno alla vista di cibo volante) tutti e sei si avviarono verso la Sala Comune. Hermione era ancora sotto silenzio stampa, che interruppe per qualche istante soltanto per far allontanare dei ragazzini del primo anno da Mrs Purr, la gatta di Gazza. Harry e Ron erano particolarmente impegnati a lamentarsi dell'orario di quell'anno e delle due ore di Pozioni con Piton subito prima di pranzare. - Mimbulus Mimbletonia - disse Ron alla Signora Grassa e attraversarono il buco del ritratto. Harry, Ron e Hermione si precipitarono a prendere i libri, visto che mancavano soltanto un paio di minuti all'inizio della prima lezione. Bec invece seguì Fred e George nel loro dormitorio. - Avete il turno di guardia insieme oggi? - disse loro mentre salivano la scala a chiocciola. 
I gemelli non notarono il tono duro che aveva usato. - Abbiamo un'ora libera - le spiegò Fred, il primo della fila. - Ci sono dei problemi con le Merendine Marinare - aggiunse George sconfortato. 
Bec ricordava esattamente cosa mancava tra gli ingredienti che avevano usato, ma si limitò soltanto a prenderli in giro canticchiando - So cosa vi serve, so cosa vi serve - mentre si gettava sul letto. Lee Jordan era già lì ad aspettare i suoi amici, ignorando Bec che faceva su e giù sul letto. I gemelli cercarono di corromperla per ottenere quell'informazione, ma, sussurrando, Bec disse loro che non poteva dirgli niente. I gemelli abbandonarono così i tentativi e si misero a lavoro. Bec, che non aveva niente da fare, li osservava senza davvero capire quello che stavano facendo, mentre giocherellava con la bacchetta di uno dei tre. Non aveva nulla da fare e avrebbe pagato oro per poter avere qualcosa in cui impegnarsi (fece rotolare la bacchetta sul letto). Era strano per lei dover stare sdraiata sul letto a rigirarsi i pollici dopo aver passato la prima parte dell'estate con il naso incollato ai libri per l'esame di maturità (aveva impugnato la bacchetta). E pensare che a breve avrebbe dovuto cominciare l'università, ma probabilmente non ci sarebbe mai andata (la bacchetta era puntata contro il suo cuscino). Non subito, almeno. Per il momento voleva godersi la presunta permanenza a Hogwarts, e poi doveva sistemare prima le cose con i suoi genitori, che non si ricordavano di lei. 
Nella frazione di un secondo tre cose accaddero contemporaneamente: una nuova ondata di senso di colpa le fece contorcere le viscere; qualcosa colpì la finestra; un lampo di luce rossa era partito dalla bacchetta e aveva ridotto il cuscino in un ammasso di piume svolazzanti. Bec, di tutti e tre, aveva dedicato particolare attenzione soltanto alla terza. Doveva avere gli occhi spalancati, grandi quanto un boccino da Quidditch. Non riusciva a credere a quello che era successo perché lei non poteva essere in grado di farlo: aveva appena fatto esplodere un cuscino con una bacchetta. Guardò la bacchetta stretta tra le mani con errore e poi la lanciò via, come se avesse preso la scossa. 
Si voltò verso Lee e i gemelli. Questi ultimi la guardavano sconcertati. - Come hai ...? - Bec scosse la testa. Poi la sorpresa sui loro volti scomparve e si formò un ghigno che non prometteva nulla di buono. Bec avrebbe tanto voluto chiedergli cosa avevano da sorridere, ma prima che potesse farlo, Fred le aveva lanciato il mantello dell'Invisibilità e le disse di seguire lui e il fratello. Senza chiedere spiegazioni, che comunque davanti a Lee non sarebbero state esaustive, fece come le aveva detto il ragazzo. Appena fuori dalla Sala Comune, George disse a Fred di andare a chiamare Piton, mentre lui e Bec andavano alla McGranitt. Bec non riusciva a capire nulla di quello che stava succedendo sia perché era ancora sconvolta per come aveva ridotto il cuscino, sia perché i gemelli non si prendevano la briga di spiegarle cosa stavano architettando. 
I tre si divisero. Bec e George iniziarono a correre, richiamati dai personaggi dei quadri che alludevano soltanto a George dal momento che Bec era nascosta sotto il mantello. Si fermarono davanti all'aula di Trasfigurazione in cerca della professoressa, o di un gatto, ma non la videro finché non spuntò dal nulla davanti ai loro occhi. Poi i ragazzini del primo anno, che si erano voltati alle loro spalle, presero a urlare. 
- Le gambe, signorina Hart! - disse professoressa con un tono che rasentava il disperato. Non doveva essere molto felice di rivederla, o avvertirla. 
Bec si affrettò ad aggiustare il mantello in modo che coprisse le gambe interamente. Non poté fare a meno di pensare con piacere al fatto che la professoressa McGranitt l'aveva chiamata per cognome e le fece uno strano effetto. Certo, per anni i professori l'avevano chiamata solo con il cognome, ma sentirlo da lei le diede una sorta di speranza in più. Era una cosa stupida, ma la fece sorridere. 
La professoressa mise tutti a tacere e prima di uscire ordinò ai ragazzini di iniziare a leggere il primo capitolo dell'enorme libro che avevano sul banco e poi di farne il riassunto. - Severus. Hanno chiamato anche te? -. 
In quel preciso istante Bec e George videro il professor Piton avvicinarsi seguito da Fred. - Sarà meglio per voi che ne valga davvero la pena - disse a denti stretti con la solita espressione indifferente. Chissà come aveva fatto Fred a convincerlo a farsi seguire. 
Con l'arrivo di Piton, Bec ci capì anche meno di quello che avevano in mente i gemelli. Di sicuro era per riferire loro quello che era appena successo nel dormitorio, ma non ne intuiva il motivo. Con un gran sorriso stampato in faccia, Fred e George, alternandosi nel racconto (ciò infastidì Piton), spiegarono ai due professori per filo e per segno cosa era successo. Piton non si scompose di una virgola con la sola differenza che non sembrava credere a una sola parola di quello che aveva ascoltato; la McGranitt spalancò gli occhi esterrefatta, sconvolti esattamente come i gemelli prima. Poi: - Seguiteci, voi tre - 
Non fu difficile indovinare dove li stessero conducendo. Al suono di "ape frizzola" gli scalini che conducevano all'ufficio di Silente si alzarono verso l'alto. Piton e McGranitt lasciarono andare prima i ragazzi e dopo, quando Bec riferì loro che era appena passata, loro li seguirono. A quel punto si sfilò il mantello di dosso e si aggiustò i capelli arruffati. La professoressa bussò alla porta e poi la spalancò senza aspettare una risposta. Il professor Silente era chino ad osservare Fanny la fenice. - Minerva, Severus, cosa succede? -. Ero lo stesso tono pacato che aveva usato con Bec quando le aveva detto che sarebbe rimasta a Grimmauld Place per un po', ma ora sembrava un po' più allarmato. Gli occhi dietro agli occhiali a mezzaluna si posarono su Bec. Non sembrava sorpreso di vederla lì. 
La McGranitt si avvicinò al preside a passi incerti. - Beh - cominciò lievemente imbarazzata, nonostante non ce ne fosse alcun motivo. - la signorina Hart ha appena scoperto di avere doti magiche -.
Se prima Silente non era sorprese, ora lo era. L'ultima volta che aveva visto Bec, la ragazza non era in grado di distinguere una bacchetta dal piede di un tavolo e ora se la ritrovava strega. Chiunque sarebbe rimasto in silenzio con l'espressione confusa. A quel pensiero Bec perse la cognizione del tempo e dello spazio. Rimase per chissà quanto tempo a pensare, con un vociare di sottofondo, che era una strega esattamente come Hermione, Ginny, la professoressa McGranitt, la signora Weasley. 
Si era persa gran parte del discorso, ma poi riprese ad ascoltare le voci attorno a sé. - Il professor Silente non vorrà certo lasciare una strega in giro, senza una buona educazione magica -. Fred stava parlando con la professoressa McGranitt, ma Bec era certa che stesse riferendosi in realtà a Silente. Ecco dove volevano arrivare. - E con le sue doti - aggiunse George. Bec ebbe la sensazione che non si riferisse a quelle magiche che aveva appena scoperto di avere. Le diede fastidio. 
La McGranitt fece per parlare, ma Silente la precedette. - Certo che no! -. Bec lo osservò stranita, così come i due professori. Come lei, Fred e George non pensavano che sarebbe stato tanto facile convincere il preside e Piton e McGranitt lo stavano guardando come se al posto della lunga barba argentea ci fosse Mrs Purr. - Ha pienamente ragione, signor Weasley. Ma la signorina Hart non rientra nel limite d'età e se la mettessimo al primo anno qualcuno potrebbe insospettirsi e non vogliamo che si indaghi su di lei. Tuttavia, la signorina non sa nulla di arti magiche -. Nei giorni passati a Grimmauld Place Bec aveva giustificato il fatto di non conoscere nulla della magia eccetto i nomi di alcuni incantesimi o pozioni grazie all'amicizia con la strega che l'avrebbe rispedita nel passato. - Quindi ho bisogno dell'approvazione di tutti i professori, ma nel suo caso mi accontenterò della professoressa McGranitt e del professor Piton -. Silente concluse il lungo discorso con un gran sorriso tra la barba argentea. Bec non riuscì a capire cosa ci trovasse di divertente in quello che aveva appena detto. Come poteva credere che i due professori le avrebbero permesso di restare sapendo che non sapeva nulla delle loro materie e non solo? Certo, era una fortuna che non avesse richiesto il giudizio di tutti, ma proprio i più severi della scuola doveva prendere? E proprio loro dovevano essere membri dell'Ordine? 
Silente si voltò a guardare i due professori accanto alla sua scrivania. La McGranitt non aveva mai smesso di fissarlo stupita nel tentativo di capire cosa gli passasse per la testa; Piton invece era impassibile come al solito, ma fu il primo dei due a esporre il proprio parere. Bec iniziò a temere di dover andarsene, mentre rivolgeva gli occhi al pavimento, rassegnata. Anche se non si era voltata a guardare i gemelli, aveva il presentimento che anche loro non fossero al settimo cielo. - Proporrei il quinto anno. Nella mia classe ci sono il signor Potter e il signor Weasley, non vedo il motivo per cui non dovrei accettare anche lei -. Bec non fece caso al tono mellifluo che il professore di Pozioni aveva usato, troppo su di giri per la risposta che aveva appena udito. Si diede un pizzico sulla mano per non iniziare a saltellare sul posto. Fred e George le avevano dato una pacca sulla spalla ciascuno, ignorando il commento sarcastico del professore su suo fratello. Certo, forse Harry e Ron non erano delle cime nella sua materie, ma Bec non era nemmeno lontanamente al loro livello. Anche Silente accennò a un sorriso; era sicuramente al corrente dei voti pessimi che i due Grifondoro avevano accumulato durante gli anni e che, solo Bec sapeva, si sarebbero ripetuti anche quell'anno. 
- Minerva? - la incitò il preside. 
Bec e i gemelli si voltarono a guardare la donna, speranzosi. Dopo qualche momento di esitazione anche lei disse cosa ne pensava. - Il quinto è l'anno dei G.U.F.O. - disse come se volesse ricordarlo al collega. Rivolse a un'ultima occhiata penetrante a Silente e poi riprese, quando vide che il preside non voleva aggiungere nulla al suo commento. - Solo se la signorina Granger le darà ripetizioni e ... - aggiunse quando Bec aveva sfoggiato l'ennesimo sorriso raggiante della giornata e stava per abbracciare Fred e George - dovrà sostenere degli esami mensili per controllare a che punto sono i suoi studi -. Anche dopo quella notizia il sorriso di Bec non scomparve, ma divenne più luminoso se era possibile. Ce l'aveva fatta! Neanche un'altro pizzico sulla mano riuscì a trattenerla dal fare un saltello questa volta. Non riusciva a crederci. 
Silente, sorridente, giunse le mani davanti alla lunga barba. - Bene, a quanto pare Grifondoro ha un nuovo acquisto -. 
Al meglio non c'era mai fine. Senza neanche essere sottoposta allo Smistamento col Cappello Parlante, Bec era finita tra i Grifondoro. Non la sorprese più di tanto: quella era la casa che Silente, nascondendolo a volte in modo maldestro, prediligeva; la casa della professoressa McGranitt; la casa di Harry Potter, il che avrebbe messa nel mirino anche del professor Piton. - Al più presto provvederemo al materiale per la scuola - riprese Silente, decisamente più serio. - Se non le dispiace, vorrei scambiare due parole con lei, signorina Hart. In privato -.

A\N: pessimo???

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Oook, a quanto pare il quarto capitolo non è piaciuto ... me lo aspettavo, neanche a me è piaciuto tanto e ho avuto molte difficoltà nel scriverlo. 
Spero che il quinto capitolo sia più gradito. 

CAPITOLO 5
Bec annuì alla richiesta del preside di Hogwarts, la scuola che avrebbe frequentato anche lei dopo aver scoperto di possedere (ancora non si spiegava come fosse possibile) poteri magici. Silente voleva parlarle di qualcosa in privato, così la professoressa McGranitt e il professor Piton si affrettarono a uscire dall'ufficio e portarono con loro Fred e George, che avevano fatto orecchio da mercante. Bec avrebbe tanto voluto che rimanessero con lei, in fondo loro (e anche il trio come le aveva spiegato Hermione mentre andavano verso la Sala Grande per il pranzo) erano a conoscenza del suo piccolo segreto; non c'era motivo per tenerli fuori. Ma Bec non disse nulla e così era rimasta sola con il vecchio preside. Non passò molto tempo prima che Bec scoprisse il motivo della chiacchierata intima. 
- Ci sono alcune cose da stabilire prima che lei vada a Diagon Alley - disse Silente seduto nella poltrona dietro alla scrivania, stracolma di oggetti e pergamene. Con un gesto della mano invitò Bec a sedersi. Bec fece come le aveva detto con la mente già per le strade di Diagon Alley. - Come ho anticipato, non vogliamo che qualcuno indaghi su di lei. A chiunque le farà delle domande, risponderà che ha studiato a casa con un insegnante privato, che purtroppo si è rivelato incapace nel suo lavoro e che quindi lei vuole raggiungere un livello di studio adeguato. In questo modo giustificherà gli esami mensili che la professoressa McGranitt ha proposto -. L'espressione seria di Silente si sciolse in un sorriso finale.
Bec non aveva ascoltato una parola di quello che le aveva spiegato il preside, aveva annuito di tanto in tanto per dare dimostrazione di seguire, ma con la testa era a tutt'altra parte. Nello stesso momento le affollarono la mente un milione di pensieri che fino ad allora non si erano manifestati. Si chiedeva con chi avrebbe dormito nel dormitorio e sperava di trovarsi bene con le compagne che lo occupavano da prima di lei. Non vedeva l'ora di raccontare tutto a Harry, Ron e Hermione per vedere la loro reazione ed era curiosa di sapere cosa avrebbe detto la ragazza alla notizia delle ripetizioni. Nel frattempo mentalmente era già da Olivander alla ricerca della bacchetta adatta a lei (la bacchetta che l'avrebbe scelta, come le avrebbe ricordato il vecchio negoziante), oppure da Madama McClan per la divisa rigorosamente nera e ancora al Ghirigoro per tutti i libri e le boccette di inchiostro e le penne d'aquila. E perché no? anche un gelato da Florian Fortebraccio. Certo avrebbe speso parecchi soldi, ma ... Aspetta, quali soldi?, si chiese. Non aveva uno zellino nelle tasche. Prima che potesse esprimere a parole il suo problema a Silente, il preside la richiamò all'attenzione. 
- Capisco perfettamente che vorrebbe essere con i suoi amici per gioire in questo momento, ma ho ancora qualcosa da chiederle -. L'espressione seria era riapparsa sul viso di Silente, ma questa volta sembrava più accorto, il che fece intuire a Bec che quello che le avrebbe detto di lì a poco era il vero motivo per cui l'aveva trattenuta in primo luogo. Così, riservandosi di chiedere come avrebbe comprato tutte le cose per la scuola in un secondo momento, prestò la sua completa attenzione al preside. - C'è qualcun altro, oltre i signori Weasley, il signor Potter e la signorina Granger, a conoscenza della sua situazione? -. Bec scosse la testa. - Devo chiederle allora di non raccontarlo più a nessuno -. Stavolta Bec annui. Era una proposta ragionevole, molto più di quella di confinarla in una casa. E poi non aveva nessun'altro a cui dirlo, o almeno nessun altro di cui si fidasse a tal punto da raccontare una cosa del genere. Si domandò se fosse il caso raccontare anche a quelli dell'Ordine la storia dei libri. Quando si era risvegliata a Grimmauld Place, si era fatta prendere dal panico e, non sapendo come era finita in quella situazione, aveva inventato quella scusa che ora non aveva più senso portare avanti. In fin dei conti non cambiava nulla: lei ancora sapeva troppo e l'Ordine comunque l'avrebbe tenuta d'occhio. E poi se gli altri le avevano creduto tanto facilmente, perché non potevano loro? Ci avrebbe pensato con più calma nel dormitorio quella notte. 
Col sospetto che non fosse finita lì, Bec osservò Silente alzarsi dalla poltrona, girare intorno alla scrivania e andare verso la finestra. - Ciò che è molto più importante è che lei non dica a nessuno, ripeto nessuno, gli avvenimenti futuri -. Il tono serio fece rabbrividire Bec. Silente stava guardando il paesaggio al di là della lastra di vetro, senza davvero osservarlo. - Qualsiasi cosa potrebbe alterarlo e non mi sembra il caso - disse, accennando a un sorriso - dal momento che mi è parso di capire che tutto andrà a buon fine -. 
Le ultime parole le diedero l'occasione di ripensare a ciò che sarebbe accaduto. Voldemort sarebbe stato sconfitto, Hogwarts sarebbe ritornata nelle mani sicure della McGranitt, i mangiamorte non avrebbero rappresentato più un pericolo per il mondo magico. Ma a che prezzo?, disse fra sé e sé. Centinaia di feriti e morti durante la Battaglia che, con quello che lei sapeva, potevano evitare. Per non parlare delle vittime precedenti allo scontro finale, tra cui Silente stesso. - A dire il vero, qualcosa potrebbe essere cambiata -. 
Silente fece ritorno a grandi passi alla scrivania. Guardò Bec come se volesse farle entrare qualcosa nella testa con il solo potere dello sguardo. - Per quanto piacerebbe anche a me evitare qualche spiacevole incidente -. Aveva centrato il punto della questione. - E' così che deve andare e lei deve promettermi che non farà nulla per cambiare le cose -. 
Bec non sapeva cosa rispondere. L'idea di fare qualcosa per impedire alcuni "spiacevoli incidenti", come Silente li aveva definiti, non l'aveva mai nemmeno sfiorata prima di quel momento. Ma ora che era consapevole di avere quel potere, non poté fare a meno di ponderare con cura la possibilità di non riuscire a mantenere la promessa. Così facendo, Silente la rispedirebbe sul primo Espresso di ritorno, a costo di farci salire soltanto lei, da Sirius. Lui, si, che le avrebbe dato ascolto volentieri. - E va bene. Non farò nulla -. Non aveva altra scelta. Anche con Sirius dalla sua parte, l'Ordine non avrebbe permesso a nessuno dei due di fare cose avventate. 
Con quelle parole di congedò dall'ufficio di Silente. Quella chiacchierata era riuscita a buttarla giù di morale sul serio, cosa che non credeva possibile dopo che il piano era stato più che perfetto. Non riusciva a capire per quale motivo Silente non voleva sfruttare la sua presenza per migliorare ulteriormente la situazione. Con il suo aiuto potevano far finire in un lampo l'intera questione Voldemort, evitando morti e sofferenze inutili. Avrebbe rivelato i posti dove erano custoditi gli Horcrux, li avrebbero distrutti con una bella scorta di zampe di Basilisco e il gioco era fatto. Ovviamente non sarebbe stato così semplice come dirlo a parole, ma il senso era quello. Bec andò a sedersi su una panchina di pietra in cortile per calmarsi prima di ritornare nella Sala Comune. A parte pochi studenti, che Bec non riuscì a identificare, il cortile era deserto. Tutti erano ancora a lezione. O quasi tutti. 
- Sei nuova, vero? -
Bec alzò lo sguardo per vedere chi era dotato di tanta perspicacia. I suoi occhi ebbero il piacere di posarsi su un ragazzo di bell'aspetto dai capelli biondi e gli occhi verdi. Il nervosismo sembrava essere sparito di colpo. - E' così evidente? - chiese, sperando che la risposta fosse un no e che il ragazzo stesse solo tentando di provarci con lei. 
Il ragazzo sorrise e si ritagliò un posto accanto a Bec sulla panchina. - Un po'. Sembri ... -. Ci mise qualche istante per trovare il termine che riteneva giusto. - ... disorientata -. 
A quanto pareva Bec dava davvero l'impressione di essere nuova, il che non era un bene per lei che voleva tenere un profilo basso. Il ragazzo dovette interpretare male il silenzio di Bec perché si affrettò a scusarsi e a correggere il tiro. - Intendevo dire che ... -. 
Bec non gli diede modo di continuare. - Ho capito. Non preoccuparti -. 
In quel preciso istante la campanella suonò. Bec giurò di aver sentito il ragazzo mormorare qualcosa del tipo "ricominciamo da capo", ma non ne era sicura perché quasi nello stesso momento lui si presentò. - Sono Roger Davies -. Il nome le era familiare, quindi l'aveva letto da qualche parte tra le pagine del libro. Se la memoria non la ingannava era il capitano della squadra di Quidditch di Corvonero. 
- Rebecca Hart - rispose, ricambiando il sorriso che Roger le stava rivolgendo. Quando sorrideva era davvero carino. 
- Da quale scuola vieni? - le chiese. 
Bec si trovò particolarmente in difficoltà. Non aveva ascoltato una parola di quello che le aveva detto Silente. Le sembrava di aver sentito in qualche parte del discorso le parole "insegnante", "lavoro" e "livello di studio", ma non riusciva a comporre una frase di senso compiuto su due piedi. E anche se ci fosse riuscita, doveva essere sicura che era la stessa cosa che le aveva detto Silente. Era stata troppo impegnata a pensare a Diagon Alley. Quest'ultimo pensiero le ricordò che non aveva mezza moneta con sé. Si era dimenticata di parlarne con Silente. 
Per quanto le piacesse la compagnia di Roger, preferì non combinare nessun guaio e quando vide Harry, Ron e Hermione camminare lungo il corridoio opposto col collo lungo, si scusò con il ragazzo e andò via di corsa. 
- Proprio te stavamo cercando - le disse Ron, quando si trovarono faccia a faccia. - E' arrivata questa per te -. Le tese una lettera. Bec si chiese come mai ce l'avesse Ron, ma senza pensarci più di tanto, la aprì. Erano un paio di righe da parte della signora Weasley, che a quanto pareva era sollevata proprio come il marito di sapere che era al sicuro a Hogwarts ed era contenta per la sua ammissione. Le chiedeva, inoltre, di non lasciarsi più trascinare dalle idee folli di Fred e George. In un poscritto finale avvisava Bec che Lupin la aspettava nelle vicinanze della capanna di Hagrid verso le quattro per accompagnarla per le sue spese scolastiche. Bec guardò l'ora; mancava poco alle quattro. Dopo una veloce spiegazione per trovare la capanna di Hagrid, Bec si diresse al limitare della Foresta Proibita, esattamente dov'era la dimora del mezzogigante. Avrebbe tanto voluto incontrare Hagrid, ma sapeva troppo bene che era ancora occupato per via dei lavoretti che Silente gli aveva affidato e non sarebbe passato poco tempo prima di poter conoscerlo. Il suo desiderio di conoscere Hagrid di persona era pari alla curiosità di entrare in casa sua. Purtroppo da lontano riuscì a scorgere la figura pallida di Lupin, che l'aspettava con le mani infilate nelle tasche dei pantaloni. 
Insieme si avviarono lungo il sentiero che li avrebbe portati verso i cancelli della scuola. - Allora, raccontami come hai fatto? -. Non ci volle un genio per capire che si stava riferendo alla fuga da Grimmauld Place. Il racconto finì qualche passo prima di raggiungere l'enorme cancello. - Per questo passavate giornate intere nelle vostre camere - disse Lupin riferendosi alle lunghe ore che Bec e i gemelli avevano passato sul pavimento per far si che ogni cosa fosse perfetta. 
Dopo aver varcato i cancelli, essendo fuori dai confini della scuola, Lupin e Bec poterono Smaterializzarsi tranquillamente a Diagon Alley. La sensazione di nausea non abbandonò Bec per molto tempo, non permettendole di godersi a pieno la passeggiata lungo la strada deserta, fatta a eccezione di qualche mago dall'aria stramba. - Come faccio a comprare le cose per la scuola? -. 
Lupin non sembrò affatto sorpreso da quella domanda, infatti aveva già sfilato da sotto la giacca un sacchetto pieno di monetine sonanti. - Non preoccuparti, ha provveduto Silente - le spiegò. 
Sentendosi in colpa per essersi fatta prestare dei soldi che non sapeva come restituire (in un modo o nell'altro avrebbe trovato il modo), non si lasciò andare a grandi spese in un primo momento. Lupin doveva aver intuito le sue intenzioni di spendere quanto meno era possibile perché di tanto in tanto chiedeva a Bec se era sicura della compera che stava per fare e di solito le domande cadevano quando la ragazza era indecisa tra un prodotto costoso e uno più economico. Quando poi gli oggetti iniziarono a farsi più interessanti non riuscì a resistere alla tentazione, e dimentica dell'intenzione iniziale prese a comprare qualsiasi cosa le capitasse sottotiro. Finite le compere, Lupin con una Materializzazione Congiunta riportò Bec davanti al cancello della scuola. La ragazza lo ringraziò, anche per averle lasciato il sacchetto con i soldi rimanenti, e si avviò a passi svelti verso il castello. Senza che se ne fosse accorta si era fatto buio anche se le sembrava di essersi allontanata soltanto per un'ora o due.  
Il castello era stranamente silenzioso. Notando che era quasi ora di cena, Bec suppose che tutti erano già nella Sala Grande in attesa della cena. Si diresse verso il settimo piano, facendo attenzione alle scale ballerine. Anche la Sala Comune era deserta, fatta eccezione di due ragazze sedute sul divano davanti al camino scoppiettante, occupate in una conversazione fitta. 
- Tu dei essere quella nuova - le disse una ragazza dalla pelle scura; altrettanto scure erano le tante treccine. Deve essere Angelina Johnson, pensò Bec, ignorando per un momento il fatto che ormai la notizia del suo arrivo si era diffusa. -  Sei nel nostro dormitorio - aggiunse l'altra ragazza, bionda e, anche se seduta, particolarmente alta. Lei è Alicia Spinnet invece, disse ancora fra sé e sé. 
Come era possibile che fosse nel loro dormitorio se loro due erano al settimo anno come i gemelli? Solo in quel momento si ricordò che non li vedeva da quando Silente aveva chiesto di parlare in privato con lei. Si aspettava di trovarli fuori l'ufficio una volta uscita, ma loro non c'erano. - Fred e George sono nella Sala Grande? - chiese loro Bec. Angelina Johnson e Alicia Spinnet erano le compagne di squadra dei gemelli e in più erano loro amiche, quindi loro forse sapevano dove erano finiti i due. 
- Già conosci Fred e George? -. Non sapendo come rispondere, Bec si limitò ad annuire. Era strano che il giorno del suo arrivo conoscesse già qualcuno con quella confidenza. - Dormirei con la bacchetta in mano se fossi in te - disse Angelina con un sorriso malizioso mentre osservava Alicia di sbieco. La ragazza le scoccò un'occhiata torva e poi una gomitata nel fianco. - Ha una cotta per George da anni - continuò Angelina, ignorando del tutto la gomitata dell'amica, mentre si divertiva a prenderla in giro. 
In un primo momento Bec rimase sorpresa della notizia visto che nei libri non si accennava a niente del genere (ovviamente, pensò) e poi perché proprio colei che stava morendo dalle risate in quel momento avrebbe sposato George. Si stampò comunque un sorriso finto sulle labbra. - Non gli dirò niente - la rassicurò Bec. 
Subito dopo passarono alle presentazioni; ci aveva preso con entrambe. - Chi altro c'è nel dormitorio? - chiese Bec, mentre insieme alle compagne si avviava verso la Sala Grande. Era strano non dover più girare col mantello (si appuntò mentalmente di andare a recuperarlo nell'ufficio di Silente), ma ciò che la rendeva felice era che finalmente poteva mangiare. Aveva una fame che poteva divorare qualsiasi cosa.  
- Katie Bell e Natalie Curtis - le rispose Alicia. Katie Bell? Non era al sesto anno? Come faceva a stare con loro che erano del settimo? Non ci diede molto peso però, in fondo anche lei era con loro ed era solo al quinto anno. - Katie è nella squadra di Quidditch con noi, siamo Cacciatrici. Poi ci sono Fred e George come Battitori e Harry Potter come Cercatore - aggiunse Angelina quando entrarono nella Sala Grande. Come Bec aveva immaginato tutta la scuola era lì riversata già con i nasi incollati ai piatti. Cercò con lo sguardo lungo il tavolo dei Grifondoro, annuendo senza pensare a ciò che Angelina le aveva chiesto. Fred e George erano seduti accanto a Lee e qualche posto più in là c'erano Harry, Ron e Hermione. 
- Reb, siediti qui - le disse George indicando un posto vuoto tra lui e Fred. Bec lanciò uno sguardo divertito a Angelina, che cercava di trattenere una risata. Alicia non si era accorta di nulla o forse faceva finta, così senza indugiare Bec andò a sedersi tra i gemelli. Le chiesero cosa le aveva detto Silente. - Mi ha fatto promettere che non farò nulla per cambiare le cose - andò al sodo Bec con la voce annoiata. Era ancora infastidita da quella promessa, ma presto il fatto di poter mettere qualcosa sotto i denti le fece dimenticare ogni cosa spiacevole. Aveva preso di tutto e un po' per rifarsi di tutti pasti che aveva saltato in quei due giorni; aveva addirittura trangugiato due porzioni di dessert. Con la pancia sul punto di scoppiare e le palpebre pesanti dall'improvvisa sonnolenza, se ne andò nella Sala Comune seguita da Fred, George e Lee. Il fuoco caldo non fece che aumentare la voglia di andarsene a letto e dormire fino alla mattina seguente, ma era troppo presto e se andava a dormire a quell'ora alle cinque era bella che sveglia. 
- Hai deciso quali materie seguire? - le chiese Fred, seduto accanto a lei. 
Bec scosse la testa debolmente. La ragazza non era ancora arrivata a quel punto e non aveva avuto il tempo di pensarci senza un secondo libero. Ma Fred aveva ragione, doveva scegliere le materie che voleva seguire oltre a quelle obbligatorie. - Quali sono? - 
Alternandosi Fred e George le dissero quali erano le cinque materie facoltative fra le quali avrebbe dovuto scegliere. - A parte Cura delle Creature Magiche cosa vorresti fare? - le chiese Lee come se scegliere quella materia fosse la cosa più naturale del mondo. 
Bec lo fissò come se voleva ucciderlo. - Non ho intenzione di seguirla questa materia - gli spiegò con un tono di disgusto. 
- Tutti vogliono fare Cura delle Creature Magiche - protestò George. - E' la materia più semplice -
Bec non aveva nulla contro la materia e sapeva che George aveva perfettamente ragione sul fatto che era sull'orario di tutti. Probabilmente non avrebbe esitato a sceglierla se non avesse avuto una paura tremenda di qualsiasi animale che volava, strisciava, nuotava, con una o più zampe. Praticamente la spaventava tutto il genere animale. Per questo non aveva comprato nessun animale a Diagon Alley e si era tenuta ben lontana dal Serraglio Stregato. Ma questo non lo avrebbe detto ai gemelli, altrimenti con molte probabilità si sarebbe ritrovata qualche stupido ragno nei vestiti o un gatto tra le braccia o ancora la rana di Neville Paciock in testa. A loro si limitò a dire che non le piaceva. 
- Divinazione allora - propose Fred. - Lì non avresti problemi - le sussurrò all'orecchio per non farsi sentire da Lee. Anche George era dello stesso parere perché non perse occasione di dirglielo, ma a differenza del fratello non aveva sentito la necessità di non dirlo a voce alta. Eppure Lee non sembrava incuriosito, forse perché era dell'idea che con la Cooman chiunque fosse dotato di una fervida immaginazione poteva andare alla grande. Il problema di Bec era proprio quello: oltre al terrore degli animali, non aveva un briciolo di fantasia. Non le erano serviti a molto i tanti libri letti da piccola. 
- Penso che farò Babbanologia - disse ignorando gli sguardi perplessi dei tre ragazzi. In quella materia sicuramente non avrebbe avuto problemi di alcun genere visto che aveva vissuto da Babbana per diciotto anni. - E ... -  
- Sceglierei Antiche Rune se fossi in te. E' davvero una bella materia - disse Hermione sbucando dal buco dietro al ritratto, insieme a Harry e Ron. Harry non sembrava particolarmente felice quella sera e non era difficile immaginarne il motivo. Ma Bec non vedeva l'ora di parlare con Hermione. Aveva bisogno di sapere se l'avrebbe aiutata con gli esami, però non fu necessario porle la domanda. - Ti darò una mano io con le cose degli altri anni - le disse ritagliandosi un posto sul divano tra Bec e Fred. Bec la ringraziò un centinaio di volte benché in fondo era sicura che la ragazza non le avrebbe mai negato un aiuto. Forse perché amava fare quel genere di cose o semplicemente perché non era in grado di farsi da parte quando qualcuno era in difficoltà. 
- Non puoi dire sul serio - sbottò Fred rivolto a Hermione. - E' come dire che Storia della Magia è la materia più interessante del mondo -. Harry, George, Lee e Ron ridacchiarono alle parole di Fred. Anche Bec sorrise. Da quello che la ragazza aveva letto le lezioni del professor Ruf erano davvero di una noia tremenda tanto che nessuno ascoltava una parola di quello che diceva. L'unica volta in cui i ragazzi avevano davvero ascoltato ciò che aveva da dire era stato nel secondo libro quando il professore, riluttante, aveva spiegato loro cos'era la Camera dei Segreti; appena si era concluso il piccolo racconto tutti ritornarono a distrarsi, tranne ovviamente Hermione. 
- Storia della Magia E' interessante! - 
Il battibecco tra Fred e Hermione andò avanti a lungo e si concluse solo quando Bec acconsentì a scegliere anche Divinazione, per enorme disappunto di Hermione e felicità di Fred. Bec in realtà non voleva fare nessuna delle due materie, ma dal momento che qualcosa doveva pur scegliere non replicò. Dopodiché ognuno si ritirò nel proprio dormitorio. 
Il mattino seguente Bec si svegliò abbastanza presto. Non che volesse, ma gli occhi si erano aperti e non ci fu modo di riaddormentarsi. Doveva essere appena spuntato il sole perché se spostava le tendine del letto a baldacchino riusciva a vedere le pareti del dormitorio colorate di un arancione tenue. Le altre stavano ancora dormendo e dal russare di alcune Bec intuì che ci sarebbe voluto ancora del tempo prima che si svegliassero. Cercando di fare quanto meno rumore era possibile per evitare di svegliarle, si alzò dal letto e in breve tempo si vestì. Di solito faceva colazione in pigiama, ma da quando si era risvegliata nel mondo di Harry Potter era stata costretta a cambiare quest'abitudine. E poi moriva dalla voglia di mettersi la divisa per vedere ancora una volta come le stava. Si guardò allo specchio un paio di minuti prima di distogliere lo sguardo dalla ragazza che le stava davanti. Non era mai stata un tipo vanitoso, ma le piaceva che tutto fosse in ordine a partire dai capelli per finire alle scarpe. Era scrupolosa, ecco tutto. 
Dopo essersi vestita andò nella Sala Grande. Si annoiava a starsene nel dormitorio o nella Sala Comune ad aspettare che qualcuno si svegliasse. Contrariamente a come aveva immaginato la Sala Grande non era vuota. Certo, non c'erano molte persone, ma si aspettava che a quell'ora non ci fosse nessuno. Andò a sedersi al tavolo della sua casa sotto lo sguardo penetrante della professoressa McGranitt, che era già lì. Bec ebbe la sensazione che dovesse dirle qualcosa e, quando la vide venire nella sua direzione, capì che aveva ragione. 
- Questo è il suo orario, signorina Hart - le disse la donna porgendole una pergamena con una tabella sopra.
Bec gli diede un'occhiata veloce e si stupì di trovarci già le materie che aveva scelto soltanto la sera prima. - Come sapeva quali materie ho intenzione di frequentare? - chiese Bec, ma quando alzò lo sguardo dalla tabella la professoressa McGranitt già non c'era più. 
Scuotendo la testa riguardò l'orario. Subito dopo colazione aveva due ore di Incantesimi e due ore di Trasfigurazione consecutive. Dopo pranzo invece aveva un'ora libera e poi avrebbe dovuto seguire Erbologia. Se quello era solo il Martedì, si chiedeva cosa doveva aspettarsi gli altri giorni. 
Era arrivata alla terza ora del Giovedì (Pozioni) quando qualcuno alle sue spalle si schiarì la gola, probabilmente per annunciare la sua presenza. Bec si voltò. Al suo fianco c'era Roger Davies, il ragazzo carino che si era presentato il giorno prima. 
- E' il tuo orario? - le chiese sedendosi accanto a lei. Bec annuì. - Quali materie segui? - 
- Divinazione, Antiche Rune e Babbanologia - rispose con un tono orgoglioso che nemmeno lei si spiegava.  
Roger si ritirò indietro con disgusto quando sentì la materia Antiche Rune. Sorrise al fatto che quello era l'effetto che la materia aveva sulla maggior parte delle persone. Ciò la fece dubitare di aver scelto bene. 
- Anche io seguivo Divinazione, ma poi ho lasciato perdere - le disse Roger. - La Cooman non la finiva di ripetermi che sarei finito giù dalla scopa entro la fine della stagione -
- E? - lo incitò Bec ansiosa di sapere il continuo. 
Roger rivolse gli occhi al soffitto. - Un battitore dei Serpeverde mi ha tirato un Bolide e sono caduto, per questo ho mollato - Non era esattamente il finale che Bec si aspettava visto che nei libri era specificato che la Cooman non era mai riuscita a predire nulla eccetto le due profezie riguardanti Harry e Voldemort. 
- Babbanologia è ok invece - continuò Roger quando si accorse che Bec non intendeva aggiungere nulla. Si fece più vicino a lei fino a sfiorarle la gamba con la propria e poi le rivolse l'ennesimo sorriso. 
Bec ancora una volta si ritrovò a pensare che quello era il sorriso più carino che avesse mai visto e di certo non le dispiaceva il fatto che il ragazzo gliene aveva rivolti in gran quantità dal giorno precedente. 
Uno scalpiccio proveniente dall'ingresso della Sala Grande annunciò l'arrivo di un gruppo numeroso di Serpeverde, che andò a sedersi al proprio tavolo ormai al completo. Dall'ultima volta che Bec aveva controllato, la Sala si era affollata notevolmente e anche i tavoli di Tassorosso, Corvonero e Grifondoro, soprattutto i primi due, si erano riempiti. A quel punto qualsiasi tipo di dolce comparve sul tavolo, insieme a marmellate e latte. 
- Sono pochi i Serpeverde che seguono Babbanologia e quelli che la studiano lo fanno solo prendere in giro le abitudini dei babbani - le spiegò Roger che era ancora intento a osservare i membri della casa verde-argento. - Il fatto di essere Purosangue gli ha dato alla testa - concluse ritornando con lo sguardo a Bec, con un'espressione indecifrabile. Ma Bec aveva colto nel tono di voce un tale disappunto che non gli fu difficile immaginare che non approvava il comportamento di certe persone. 
E' un bene, pensò Bec. Anche a lei non andavano parecchio a genio quei palloni gonfiati. Anche se era sicura al cento per cento che tra di loro qualcuno sano di mente doveva esserci, anche se non dava a vederlo. Lo stesso Draco Malfoy alla fine avrebbe dimostrato di non essere quel completo deficiente che ci teneva a dimostrare in giro. - E' strano - iniziò Bec. - La materia dovrebbe essere d'obbligo per i Purosangue visto che non sanno niente -. A Bec subito venne in mente il signor Weasley. Cero, forse non bisognava esserne ossessionati come lui, ma non era nemmeno necessario snobbarli. Forse era l'orgoglio a farla parlare in quel modo, ma quante cose avevano i babbani di cui i molti maghi non erano nemmeno a conoscenza? La tv era una di quelle: l'oggetto più gettonato tra i "comuni mortali" e se uno di loro se lo ritrovava davanti, iniziava a prenderlo a calci e pugni perché secondo loro era una vecchia scatola inutile. E i computer? Santa cosa quelli! Per non parlare dei telefoni o i cellulari e ... 
Avrebbe continuato all'infinito se Roger non avesse interrotto i suoi pensieri. - Certi Purosangue la seguono e la trovano anche interessante - disse mentre indicava sé stesso impettito con un tono orgoglioso che ricordava tanto Percy Weasley ai tempi in cui era Caposcuola a Hogwarts. 
Proprio come se i riferimenti mentali a quella famiglia avevano richiamato i gemelli, Fred e George fecero il loro ingresso in Sala Grande con due ghigni identici che si affievolirono quando scorsero Bec in compagnia di un ragazzo. - Fraternizzi col nemico - disse Fred alla ragazza quando le fu accanto col fratello, senza staccare gli occhi da Roger. Bec gli lanciò un'occhiataccia torva, ma si rilassò non appena si accorse che Roger non se l'era presa. Anzi, sorrideva divertito e salutò i gemelli come solo un macho sapeva fare ... biascicando un cognome con tono mellifluo. Lo stesso fecero i gemelli e Bec scosse la testa. Lo sport era davvero un gran cosa (anche se lei era una schiappa quasi in tutto), ma era anche una fonte inesauribile di competizioni, talvolta malsane. 
- Pensò che me ritornerò al mio tavolo adesso - disse piano Roger, scoccando un ultimo sguardo ai gemelli, che se erano ancora in piedi, quasi come se il ragazzo avesse occupato i loro posti. Poi ritornò a guardare Bec e con un'espressione decisamente più dolce le disse che avrebbero continuato a parlare in un altro momento. Bec si limitò ad annuire e sorridergli. 
A quel punto Fred e George si accomodarono, uno alla destra di Bec e uno alla sua sinistra, e attesero che Roger si fosse allontanato quel tanto che bastava perché non potesse sentire. - Quello è Roger Davies - le disse George mentre versava del latte in una tazza. Probabilmente dal tono che aveva usato, voleva cercare di far capire a Bec che aveva sbagliato a dargli corda. - E' il capitano della squadra di Quidditch di Corvonero - aggiunse Fred con la bocca piena. 
Le labbra di Bec si allargarono in un sorriso perché ci aveva preso; ricordava bene. - Stavamo parlando di scuola -. Era vero. Anche se il discorso stava prendendo una piega diversa, sostanzialmente avevano parlato di quello fino a un momento prima che venissero interrotti. Prima che i gemelli potessero esporle per bene quale grave errore avesse compiuto fraternizzando con il nemico, come aveva detto Fred, si assicurò di attirare la loro attenzione con il suo orario, puntando in particolare all'ora libera subito dopo pranzo. - Mi date una mano con il volo? -. Sapeva che si sarebbe pentita di aver chiesto proprio a loro una cosa del genere, ma non aveva altra scelta. Hermione non sembrava un'esperta in fatto di manici di scopa e Harry e Ron, anche se avrebbero di gran lunga preferito farle compagnia e insegnarle, non avrebbero saltato un'ora il secondo giorno di lezioni. I gemelli invece le sembravano più propensi a saltare qualche ora noiosa di Pozioni, Storia della Magia o chissà che altro. 
Fred e George si scambiarono una lunga occhiata che sembrava più una conversazione silenziosa, una di quelle cose telepatiche molto usuali tra gemelli. Poi quando sembrò che avessero trovato un punto d'accordo, parlarono. - Ogni cosa ha un prezzo, cara Rebecca - le disse George con un ghigno furbo che non prometteva nulla di buono. La sensazione che si sarebbe pentita era diventata una conferma. 
- Non farò da cavia per i vostri esperimenti - ci tenne a precisare Bec. Dio solo sapeva quanto sangue avrebbe perso se mangiava del Torrone Sanguinolento oppure se avesse vomitato anche gli occhi con una Pasticca Vomitosa, a maggior ragione se non erano ancora perfezionati. 
Fred accennò un sorriso furbo almeno quanto quello del fratello. - Abbiamo già i nostri dipendenti -. Bec si ritrovò a pensare che non voleva essere nei panni dei ragazzi del primo anno. - C'è una cosa di cui George ed io abbiamo bisogno -
In un primo momento Bec fece finta di non capire a cosa stesse alludendo Fred per non rischiare di dargli l'idea nel caso non stavano pensando alla stessa cosa. - Sai a cosa ci stiamo riferendo - le disse George quando Bec glielo chiese fingendo un'aria innocente che purtroppo non era riuscita a ingannarli. Era ovvio che i gemelli volevano l'ingrediente che gli serviva per le Merendine Marinare, ma come Bec aveva detto loro non poteva dirglielo. Eppure ... cosa poteva mai succedere di tanto grave se rivelava loro che avevano bisogno dell'essenza di Purviscolo? Al massimo avrebbe evitato a dei ragazzini innocenti e irresponsabili per essersi offerti come cavie di finire da Madama Chips. Bec cercò di auto-convincersi che lo stava facendo anche per il bene dei primini e non solo per un suo tornaconto personale. Prese un altro biscotto e poi: - E va bene, ma ve lo dirò alla fine -. Se proprio doveva sottostare ai loro ricatti, era giusto che dettasse lei le regole del gioco. 
Il primo giorno di lezione non si rivelò particolarmente interessante per Bec, e molto di più per gli altri. Quasi tutti i professori avevano esordito col mettere in guardia gli studenti dall'importanza dei G.U.F.O., che gli alunni del quinto anno dovevano sostenere alla fine dell'anno scolastico. Secondo il piccolo professor di Incantesimi, Vitious, l'esito di quelle prove avrebbe determinato il futuro di ognuno dei presenti nell'aula. Poi passò con la ripetizione degli Incantesimi di Appello. La professoressa McGranitt si era occupata personalmente di avvisare tutti i professori delle carenze che Bec presentava in alcune materie puntando il dito contro un certo professore incapace (ecco cosa c'entrava il professore con il suo livello di studio, pensò Bec ricordando i pezzi della conversazione con Silente). Con l'aiuto di Hermione, e soprattutto mooolta pazienza, Bec riuscì a far avvicinare a sé un piccolo libro di pochi centimetri. Alla fine della lezione se ne andava in giro con un sorriso da orecchio a orecchio, nonostante il professore le avesse assegnato molti più compiti che agli altri visto che lei doveva recuperare i programmi di quattro anni. 
Ci pensò la professoressa McGranitt a spazzare via il buonumore di Bec. Gli Incantesimi Evanescenti erano difficili e nessuno alla fine delle due ore era riuscito a far scomparire le lumache. Quali speranze aveva Bec di farcela? Per quanto avesse voluto togliere quelle cose dalla sua vista, non ce l'avrebbe mai fatta. L'eccezione fu, senza ombra di dubbio, Hermione; lei era riuscita a far scomparire la viscida lumaca al terzo tentativo e al quarto anche quella di Bec non era più sul banco. Mentre la professoressa assegnava dieci punti a Grifondoro, Bec sentì Ron dire a Harry che la sua lumaca gli sembrava più pallida. Proprio come aveva fatto Vitious, anche McGranitt sommerse Bec di compiti. 
Bec fu tentata di unirsi a Harry e Ron in biblioteca per studiare dal momento che era già indietro, ma aveva bisogno di qualcosa da mettere sotto i denti o avrebbe preso a morsi il primo libro che le capitava a tiro. Quando entrò in Sala Grande, Fred e George erano già seduti al tavolo che confabulavano con un Lee attento e assorto. Gettando la borsa sul tavolo con un tonfo rumoroso, Bec si sedette davanti ai tre e si portò entrambi le mani nei capelli. - Scommetto che neanche voi due siete già indietro con i compiti - sbottò con uno sbuffo annoiato.  
- L'avevamo immaginato - iniziò George, lasciando poi che il fratello continuasse. - Così abbiamo pensato a qualcosa che poteva tirarti su -. 
L'intera durata del pranzo fu occupata dai tentativi da parte di Bec di scoprire cosa avevano organizzato quei due. Quando le fu evidente che non avevano intenzione di anticiparle nulla, Bec lasciò perdere e iniziarono a parlare dell'imminente lezione di volo, che si svolse nel campo di Quidditch. La ragazza non vedeva l'ora di montare sulla sua scopa, ma George smorzò il suo entusiasmo quando le disse che era meglio usare delle scope della scuola per le prime volte. Bec non colse subito il senso di quelle parole, ma il significato le fu ben chiaro non appena riuscì a mettere cinque centimetri di distanza tra la punta dei suoi piedi e il manto verde del campo. 
Fred e George erano qualche metro più alto di lei e snocciolavano consigli su consigli. - Piegati leggermente in avanti ... così va bene ... no, ora vai a destra ... NON TROPPO -. Prima che uno dei due fosse abbastanza vicino a Bec da afferrarla, la ragazza si ritrovò stesa sul pavimento col ginocchio che le pulsava dal dolore. Fred e George alle sue spalle ululavano dalle risate, ma Bec li lasciò perdere e, rimettendosi in piedi, montò ancora una volta la scopa. I tre tentativi successivi finirono con lo stesso risultato del primo, con la differenza che cambiava la parte del corpo dolorante. Alla quarta prova riuscì a rimanere in equilibrio e fu in grado di portarsi addirittura alla stessa altezza dei gemelli, che, nonostante le fossero stati vicini dopo la prima caduta, l'avevano lasciata cadere comunque per il loro divertimento. 
Con qualche livido di troppo sparso per il corpo, Bec si diresse alle serre di Erbologia dove si riunì col trio. Prese posto accanto a Hermione e attese che la professoressa Sprite spiegasse alla classe che cosa dovevano fare in quella classe. Bec non riuscì a prestare attenzione se non per qualche secondo nell'intervallo di tempo tra l'ennesima spiegazione dell'importanza dei G.U.F.O. e l'entrata in scena di cacca di drago, del fertilizzante che la professoressa aveva lodato con gli occhi luccicanti. Alla fine della lezione, la maggioranza dei puzzolenti Grifondoro si era diretta nella Sala Grande per la cena. Bec rimase accanto a Harry, Ron e Hermione all'ingresso quando vide Angelina arrivare furiosa con gli occhi puntati su Harry. 
Bec non ebbe modo di sentire più di due parole prima che il professor Piton la chiamasse a gran voce. - Signorina Hart, venga qui subito -. Era stranamente pallido, sicuramente più pallido dell'ultima volta che l'aveva visto. Si affrettò a raggiungerlo, circa a metà del tavolo di Grifondoro con tutti i suoi compagni di casa che la osservavano. - Sa dirmi cosa è questa? -. Piton le porse una pergamena rosa. Bec lesse velocemente ciò che vi era scritto. Fin dai primi righi era evidente che era una sorta di dichiarazione d'amore indirizzata al professore; cercava di fare del suo meglio per non scoppiare a ridere. Poi vide la sua firma sotto e con uno scatto repentino della testa, si voltò a guardare prima i gemelli, che ridevano divertiti, e poi passò a Piton. - Non l'ho scritta io - disse semplicemente in sua difesa, ma sapeva che ogni tentativo di discolparsi era inutile. 
Il pallore del professore scomparve e lasciò il posto a un colorito violaceo che non prometteva nulla di buono. E infatti le diede una punizione per il resto della settimana. - E anche voi due - disse puntando Fred e George. 
Incavolata e con la puzza di cacca di drago che la seguiva ovunque, Bec andò a sedersi al tavolo e notò con stupore che nemmeno la punizione appena ricevuta era riuscita a togliere quei sorrisini dalla faccia dai gemelli. – Allora? Ti abbiamo tirata su di morale? – le chiese Fred. 
Bec sgranò gli occhi. Avevano davvero dato una lettera d’amore al professor Piton col suo nome? E avevano anche l’ardire di chiederle se le era piaciuto lo scherzo? – In che modo una punizione poteva tirarmi su di morale? – chiese furiosa almeno quanto Angelina prima. Ora aveva anche meno tempo per studiare! 
- Abbiamo visto come nascondevi le risate prima che vedessi il tuo nome - fu l'unica risposta di George. 

A/N: Allora? Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate del capitolo in generale e delle amicizie che si stanno creando tra i vari personaggi. 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Finalmente era venerdì. Ciò voleva dire che la prima estenuante, lunga settimana a Hogwarts era giunta al termine. Ma ciò che rendeva davvero Bec felice era il fatto che quel pomeriggio non doveva andare nell'aula di Pozioni per scontare quella che doveva essere la sua ultima giornata di punizione insieme ai gemelli. Non che Piton avesse avuto pietà della sua situazione scolastica, ma aveva accettato di posticipare l'ultimo giorno di punizione al Sabato, mattina e pomeriggio, su intercessione della professoressa McGranitt. La squadra di Grifondoro aveva i provini per il nuovo portiere quel giorno e non poteva già contare sulla presenza di Harry, che era in punizione con la Umbridge. Senza il suo intervento, anche i gemelli avrebbero dovuto assentarsi e con mezza squadra fuori non aveva senso scegliere un portiere. Ovviamente Bec si era appellata al suo diritto di astenersi se Fred e George aveva il permesso di farlo.
Così, alle cinque di quel Venerdì pomeriggio, Bec era seduta sugli spalti insieme a Lee Jordan e Hermione, che ovviamente continuava a fare i berretti per gli elfi domestici che lavoravano a Hogwarts, non sapendo che era Dobby a prenderli tutti in realtà. Nessuno aveva il coraggio di dirle che il suo era tutto lavoro sprecato.
La squadra era già tutta in campo con la divisa scarlatta visibile anche a kilometri di distanza sullo sfondo grigio e tenebroso del cielo. I sette aspiranti portieri erano raggruppati accanto ai tre cerchi che a turno avrebbero dovuto difendere di lì a qualche minuto. Alcuni parlottavano tra di loro, altri facevano finta di ascoltare mentre si dondolavano avanti e indietro sull scopa, e poi c'era Ron. Lui era di sicuro quello più nervoso di tutti: se ne stava leggermente in disparte, con lo sguardo perso nel vuoto e il colorito del viso che passava dal bianco-latte al verde, poi al viola e dopo ancora al rosso a intervalli regolari. Bec ebbe l'impressione che avrebbe vomitato da un momento all'altro oppure che avrebbe voltato la scopa per far ritorno al castello dopo l'ennesima risata di scherno da parte dei fratelli, che continuavano a girare come trottole mentre facevano finta di lanciare un Bolide potentissimo nella sua direzione.
Quando Angelina richiamò la squadra all'ordine, il primo degli aspiranti portieri si posizionò davanti al cerchio centrale mentre gli altri si fecero da parte. Era un ragazzo mingherlino che sembrava sapere il fatto suo sulla scopa, ma la coordinazione mano-occhio non era il suo forte visto che si era lasciato sfuggire per ben due volte consecutive la Pluffa tiratagli da Katie. Al secondo ci pensò Alicia e di certo non fece una figura migliore lasciando entrare la palla in modo maldestro. La terza persona era una ragazza, Vicky Frobisher.
- Due galeoni che si becca un Bolide di Fred e George - disse Lee a Bec con un sorriso furbo che ricordava vagamente quello dei gemelli. Bec gli scoccò uno sguardo divertito e si affrettò a stringergli la mano, in segno che accettava la sfida. Hermione, che aveva distolto l'attenzione dallo pseudo-berretto per un attimo, le rivolse un'occhiata di rimprovero, che Bec evitò con maestria e si concentrò sul provino di Vicky. La ragazza era davvero brava e, anche se non si trovò a dover evitare nessun tiro insidioso di Fred e George, fece davvero un ottimo lavoro parando due tiri di Angelina e uno di Alicia. Con un sorriso che andava da orecchio a orecchio, Bec riscosse la sua vincita da un riluttante Lee.
Il ragazzo tentò di riprendersi i suoi soldi quando fu il turno di un ragazzo dall'aria stralunata che sembrava essere finito lì per caso. Quando Angelina, scoraggiata, lo rimandò al suo posto, Bec restituì i due galeoni a Lee, ma riuscì a vincerne tre nel momento in cui il quinto portiere si liberò a meraviglia del Bolide di Fred. Avrebbe voluto dire a Hermione che non stava imbrogliando perché, a parte due parole, nel libro i provini non erano stati descritti essendo raccontati dal punto di vista di Harry, ma con Lee davanti non fu possibile. 
La sesta persona a cimentarsi fu Ron, che si appostò qualche centimetro più a destra del cerchio centrale. Aveva di nuovo il volto rosso dalla vergogna e l'aria di chi intendeva battere la ritirata e a Bec sembrò che le mani gli tremassero troppo, ma l'ultimo spicchio di sole al di là della montagna era sparito da un pezzo e iniziava a essere difficile notare quel genere di cose. Avrebbe tanto voluto rassicurarlo che ce l'avrebbe fatta ad avere li posto in squadra, o almeno avrebbe voluto dire a Fred e George di non metterlo in difficoltà. Ma non ce ne fu bisogno: Fred e George avevano limitato al minimo i tiri nella direzione del fratello e quei pochi che avevano tirato nella sua area, giusto per dimostrare che erano ancora loro, Ron li schivò abbastanza bene e aveva addirittura parato uno dei due tiri di Katie e uno di Alicia. Nello stesso momento in cui Ron si avvicinava agli spalti col suo colorito usuale, Lee tirava fuori dalla tasca l'ennesimo galeone e lo consegnava nelle mani di Bec.
- Avete visto? - urlò Ron sovraeccitato. - Sono andato abbastanza bene, non vi pare? -
L'eccitazione di Ron si tramutò ben presto in una ansiosa preoccupazione quando la squadra si ritirò negli spogliatoi per decidere. Continuava a volare su e giù davanti a Lee, Bec e Hermione, rivolgendo sguardi supplichevoli alla seconda perché gli dicesse in anteprima se avesse ottenuto il posto, probabilmente per prepararsi mentalmente in caso contrario. Quando Bec, impietosita, stava per aprire bocca e dirgli che sarebbe stato il nuovo portiere dei Grifondoro, cinque macchie scarlatte schizzarono dall'uscita degli spogliatoi e si portarono al centro del campo. Il mezzo sorriso di Fred e George preoccupò maggiormente Ron, che si avviò lentamente dopo aver deglutito l'eccesso di saliva.
Quando alla fine Angelina annunciò non troppo convinta ai sette che proprio Ron era stato scelto tra tutti, il ragazzo scaricò lo stress accumulato con urlo liberatorio, che a Bec ricordò tanto Tarzan. Anche Hermione era contenta e la non finiva di gridare "bravo" al suo migliore amico. Fred e George poi, fingendo di non essere contenti, si limitarono a dargli una pacca sulla schiena ciascuno e poi si catapultarono di nuovo verso gli spogliatoi, seguiti dal resto della squadra (Ron compreso) e gli altri per cambiarsi.
Quella sera fu festa nella Sala Comune dei Grifondoro. Chissà come i gemelli e Lee erano riusciti a procurarsi della Burrobirra e nel giro di pochi minuti non c'era ragazzo o ragazza senza un boccale pieno del liquido biondo. Ron raccontò ai suoi compagni una decina di volte come era andato il suo provino, esagerando qualche particolare e sostenendo di non essersi preoccupato neanche per mezzo secondo. Hermione e Bec ascoltarono solo le prime due versioni, che si discostavano solo di poco da quella originale, prima di ritirarsi in un angolo. Mentre Hermione riprendeva a sferruzzare i suoi orribili berretti, calzini o quello che erano, Bec osservava come i ragazzini del primo anno si disponevano in cerchio attorno a Fred, mentre George scartava quelle dovevano essere le loro Merendine Marinare. Poi Lee si cimentò in una dimostrazione pratica e vomitò la cena e la Burrobirra in un secchio. Pasticche Vomitose.
Bec scosse la testa. Quei due erano tanto folli quanto geniali. - Non esiste mago che può metterli nel sacco - mormorò mentre si girava con la poltrona in modo che Hermione non li vedesse infrangere le regole.
- Credo invece che esista - disse Hermione con un sorriso lungimirante.
Bec non si era accorta di aver parlando ad alta voce. - Senza offesa, ma tu e la signora Weasley evidentemente non ci siete riuscite e Harry non mi sembra il tipo - scherzò Bec e poi bevve la sua Burrobirra. Per quanto Hermione provasse a far capire a quei due che non dovevano testare i loro prodotti sui primini non era riuscita a farglielo entrare in testa, e anche la signora Weasley sapeva che era una battaglia persa in partenza quando i figli si mettevano qualcosa in testa perché riuscivano sempre a neutralizzare i suoi sforzi.
- Io stavo parlando di te - commentò semplicemente Hermione.
Bec la fissò per qualche istante, ponderando con attenzione se era il caso di portarla a letto. - Niente più Burrobirra per te - disse prendendole il boccale dalle mani. Ovviamente Bec sapeva che la ragazza non era neanche lontanamente brilla, ma comunque non riusciva a capire da dove aveva tirato fuori quell'idea totalmente errata. Lei, Bec, che riusciva a imbrogliare Fred e George Weasley?
Hermione poggiò il primo berretto-calzino pronto sulle gambe e si riprese il boccale. - A te danno ascolto e ti hanno sicuramente raccontato  tutto sulle loro invenzioni -. Quello era vero. I gemelli avevano addirittura discusso di come volevano disporre i loro prodotti nel negozio di scherzi una volta trovati i locali, ma non contava nulla. Tutti sapevano che quando i gemelli si chiudevano nella loro stanza o erano troppo tranquilli stavano tramando qualcosa oppure erano impegnati con le loro esplosioni. Non ci voleva di certo la palla di cristallo per capirlo! E poi anche se non gliel'avessero detto, Bec sapeva comunque tutto quello che avrebbero fatto. - Per non parlare del fatto che ti hanno aiutata ad arrivare fin qui, quando potevano lasciarti perdere visto che ti avevano appena conosciuta -. Anche quello era vero e a dir la verità anche Bec si era domandata spesso e volentieri perché i gemelli si erano dati tanto da fare per portarla via da Grimmauld Place. Ma dall'ammettere che si erano comportati da amici nei suoi confronti fin dall'inizio ad arrivare al punto di dire che avrebbe era capace di fregarli ce ne voleva.
- Smettila - le disse Bec infastidita quando Hermione si stampò in faccia un sorrisetto compiaciuto. - Non mi va di portarti da Madama Chips a quest'ora -. E vuotò ciò che rimaneva nel suo boccale con un sol sorso, tossendo un po' alla fine.
Hermione sbadigliò rumorosamente e prese anche lei un sorso di Burrobirra. - Dico solo che tra voi c'è un rapporto speciale - disse scrollando le spalle. Poi si abbassò a prendere dell'altra lana dal pavimento.
Bec approfittò di quell'attimo di distrazione e si voltò a guardare i gemelli, che stavano cercando di far ingoiare a quelli del primo anno col naso insanguinato una pallina viola. Con dei gesti confusi Fred le disse di continuare a distrarre Hermione così, Bec tornò alla sua posizione. - E' lo stesso rapporto che ho con te, Harry e Ron - disse ora lievemente confusa.
Hermione sorrise e ciò infastidì ancora di più Bec. - Certo... ma con loro è diverso - spiegò come se fosse la cosa più scontata del mondo. La ragazza la guardava come se adesso fosse lei a dover accompagnare Bec in infermeria.
Era ovvio che Hermione stava alludendo a qualcosa, ma Bec non riusciva ad arrivarci. Forse perché era stanca dopo l'ennesima lunga giornata, o forse perché era tardi. Diede un'occhiata veloce all'orologio sul polso, la cui lancetta lunga era puntata sull'undici e quella corta sul tre, proprio sul minuscolo cinque che indicava il giorno. Era il cinque settembre.
- E' il mio compleanno -. O meglio ciò che rimaneva del suo compleanno, solo quarantacinque minuti. Se ne era dimenticata del tutto, cosa che non era mai accaduta. Di solito iniziava a parlarne una settimana prima con la sua famiglia e cercava di scoprire i regali che i suoi amici e parenti le avevano fatto, ma ora si era proprio eclissato dalla sua mente. Erano successe troppe cose insieme.
Hermione fissò Bec con gli occhi ridotti a due fessure nel tentativo di capire cosa c'entrasse con quello di cui stavano parlando, poi con un gran sorriso le fece gli auguri.
- Per cosa? -
Bec sussultò, nonostante la Sala Comune fosse piena di gente che parlava e urlava. Alle sue spalle c'erano Ron, ancora visibilmente eccitato per la faccenda dei provini, con indosso la vecchia maglia di Oliver Baston, Fred e George, e poi Harry, sulla cui mano arrossata era evidente uno squarcio grondante di sangue. Quest'ultimo non sembrava di certo in vena di feste e Bec sapeva il perché. Aveva appena finito la punizione con la Umbridge e doveva raccontare a Hermione del dolore alla cicatrice quando la professoressa gli aveva toccato il braccio. Doveva trovare una scusa per far andare via tutti di lì, ma come? Forse poteva... Una mano davanti agli occhi la riportò alla realtà. - Che c'è? -
- Ecco perché non voglio diventare vecchio - sussurrò Ron all'orecchio di Harry a voce non troppo bassa, consapevole che Bec l'avrebbe sentito.
La ragazza lo fissò con un sopracciglio alzato e poi gli mollò un calcio sugli stinchi. Aveva soltanto diciannove anni, non era poi molto più grande di loro. Vedere Ron zampettare su una gamba sola fece ridere per un paio di secondi tutti, anche Harry parve accennare un sorriso forzato. Dovevano andare via di lì, non che fosse importante parlarne all'istante con Hermione (se non l'avesse fatto quella sera, gliene avrebbe parlato il giorno dopo), ma almeno si sarebbe tranquillizzato a parlarne con la sua migliore amica. Bastava una scusa, oppure la verità. - Togliamoci da qui noi quattro - disse, mentre si alzava, indicando sé stessa, Ron e i gemelli. - Harry deve parlare con Hermione -. In un primo momento Harry non sembrò capire a cosa si stava riferendo, poi le rivolse un'occhiata riconoscente e Bec gli sorrise in risposta. A volte dire la verità semplifica le cose.
Ron aveva finito di saltellare tendendosi la gamba e sembrava parecchio incuriosito da ciò che aveva da dire Harry così decise di rimanere con loro. Bec non si intromise, tanto sarebbe stata questione di poche ore e anche lui ne sarebbe venuto a conoscenza.
- Cosa deve dirgli? - le chiese Fred, mentre si allontanavano dal trio.
Bec si guardò attorno, ben attenta a evitare gli sguardi incuriositi dei gemelli. - Ci vorrebbe un po' di musica -
*
Il risveglio del giorno dopo fu tremendo e non perché il sonno impediva a Bec di alzarsi. No, anzi, lei era andata a letto presto da quello che aveva sentito nella Sala Grande. Secondo alcune voci a colazione, la festa nella Sala Comune era andata avanti ancora un'oretta dopo che Bec si era ritirata nel suo dormitorio con Katie Bell e ed era finita soltanto quando la professoressa McGranitt era giunta, avvolta in una lunga vestaglia verde bottiglia, a mettere fine al baccano che i ragazzi stavano facendo. No, non voleva alzarsi perché, subito dopo aver buttato giù un biscotto imburrato, doveva andare nell'aula di Pozioni per la punizione con il professor Piton. Se ripensava al motivo per il quale doveva tagliare le zampette gracili di rane morte come ingredienti per le pozioni oppure doveva riordinare fiale, ampolle e bottigline colorate in ordine di grandezza nell'aula di Piton, il sangue iniziava a ribollirle nelle vene. Fred e George avevano mandato a Piton una lettera d'amore su pergamena rosa a suo nome e ovviamente il professore le aveva dato una punizione. Ciò le aveva causato non pochi problemi nel corso della settimana. Con i programmi di quattro anni in sette materie arretrati più le altre che aveva scelto, non aveva avuto un solo minuto per rilassarsi e godersi quello che le stava accadendo. L'unica piccola soddisfazione era che Piton aveva deciso di punire anche quei due cretini, che avevano avuto il buon senso di sghignazzare alla vista del volto viola di professore.
Quella mattina Piton le chiese di disporre in ordine alfabetico gli ingredienti della sua dispensa mentre Fred e George avrebbero dovuto ripulire i calderoni usati il giorno prima, il tutto rigorosamente senza fare uso della magia ovviamente. Quando Bec entrò nel piccolo, ma maledettamente troppo fornito sgabuzzino sotto lo sguardo di Piton, sbarrò gli occhi. C'erano centinaia e centinaia di recipienti di tutte le forme, grandezze e colori con dentro l'inimmaginabile. Si tirò su le maniche della camicia azzurra fino ai gomiti e si mise a lavoro. Aculei di porcospino ... Artemisia ... Asfodelo ...
A metà mattinata era giunta soltanto alla lettera G a causa di alcuni problemi tecnici. Si era ritrovata davanti allo sciroppo di elleboro e non sapeva se era il caso di metterlo sotto la lettera E o più avanti sotto la lettera S. Problemi come quelli si era ripetuti molte volte e soprattutto con le parti del corpo degli animali.
- Può andare adesso - le disse in tono mellifluo Piton verso l'ora di pranzo. - La aspetto questo pomeriggio alle cinque -
Bec rivolse gli occhi al cielo mentre se ne andava diretta verso la Sala Grande. Oltre che inutile, si era rivelata anche noiosa come punizione. Era normale che lo fosse, altrimenti chi veniva punito non capiva di aver sbagliato. Ma Bec non aveva imparato assolutamente niente dal momento che lei non aveva fatto niente, se non imparare a controllare i conati di vomito di fronte a certe schifezze. E i gemelli erano cause perse, Fred e George non avrebbero mai capito che fare scherzi, usare poveri ragazzini come cavie, prendere in giro i professori erano cose sbagliate, o l'avrebbero capito al loro primo anno.
Per quanto Bec avesse voluto andare in biblioteca per studiare e cercare di mettersi in pari, non poteva evitare i brontolii del suo stomaco. Quando entrò nella Sala Grande, ovviamente piena, né i gemelli né il trio era presente al tavolo dei Grifondoro. Guardando lungo il tavolo una seconda volta, andò a sedersi accanto a Katie Bell e Lee Jordan. I due stavano parlando del primo weekend a Hogsmeade, ma si interruppero quando videro Bec col muso lungo.
- Era così terribile? - le chiese Katie guardandola con uno sguardo preoccupato mentre prendeva un boccone di pasticcio di rognone.
Katie era decisamente la compagna di dormitorio con cui Bec andava maggiormente d'accordo. Non era ossessionata dal Quidditch come Angelina, non parlava costantemente di George come Alicia ed era senza ombra di dubbio più loquace di Natalie. Durante quella prima settimana si era offerta di sostituire i gemelli per le lezioni di volo di Bec e la ragazza non nè poté essere più contenta visto che Katie non la faceva cadere di proposito per farsi due risate.
Bec scosse la testa, mentre si versava del succo di zucca fresco. Vuotò il bicchiere. - Mi ha fatto riordinare la dispensa degli ingredienti - spiegò come se quelle poche parole dovessero bastare a far capire l'orrore della mattinata che aveva passato.
Lee si limitò a scrollare le spalle, non troppo colpito. Bec avrebbe voluto vedere lui tra code di topi, ramoscelli rinsecchiti e sanguisughe terrificanti. - Almeno non hai fatto a pezzi altre rane -. Bec annuì, non era il caso di lamentarsi con quei precedenti. - Fred e George dove sono? - le chiese ancora Lee.
- Devono essere ancora nei sotterranei - disse dopo aver buttato giù una bella dose di pasticcio. - Loro dovevano pulire dei calderoni -.
Per un paio di istanti nessuno dei tre parlò, troppo impegnati a mangiare. Bec avrebbe voluto chiedere a loro due cosa avevano fatto, ma non voleva rovinarsi l'unico momento tranquillo della giornata sentendosi dire che si erano divertiti giocando a Spara Schiocco oppure che avevano dormito fino alle dieci. Poi Katie disse qualcosa che fece morire dal ridere sia Bec che Lee.
- Dovresti vendicarti -
Quando Bec finì di ridere, si ritrovò ad ammettere a sé stessa che quel pensiero l'aveva tentata più volte dal martedì sera, ma ogni volta l'aveva respinto con una sensazione di sconfitta. Avrebbe tanto voluto vendicarsi e farsi due risate alle loro spalle, ma da sola non ce l'avrebbe mai fatta e poi non sapeva cosa fargli. Per non parlare del fatto che era impossibile burlarsi dei re degli scherzi. Eppure...
Katie la stava ancora fissando come se il silenzio di Bec significasse che stava prendendo in considerazione la proposta. - Ti daremo una mano noi due - disse con uno strano luccichio negli occhi mentre indicava prima lei e poi Lee.
Bec si aspettava che Lee scoppiasse ancora una volta in risate e quando non lo fece lo trovò molto strano. Ora che erano in tre l'idea di prendersi gioco dei gemelli non le sembrava così tanto difficile da mettere in pratica, ma c'era ancora un problema. - Anche se accettassi, e non sto dicendo che voglio farlo, che genere di scherzo potremmo fare? -
La domanda non ebbe una risposta e non solo perché anche Katie e Lee non sapevano cosa fare, ma anche perché i gemelli erano appena spuntati alle loro spalle distrutti e dall'aria stanca. - Lo odio - li sentì borbottare disgustati Bec, il che le fece venire in mente Kreacher e il suo disprezzo per chiunque vivesse sotto il suo stesso tetto. - Ci ha fatto pulire un migliaio di calderoni - disse George guardandosi i palmi delle mani. - Devono brillare per quando ritornerò - aggiunse Fred imitando alla perfezione al voce atona di Piton.
A quelle parole il tasso di soddisfazione di Bec crebbe a dismisura e dovette faticare per nascondere il sorriso sulle labbra.
Per tutto il resto del pranzo nessuno disse una parola. I gemelli erano silenziosi e non poteva significare nulla di buono, ma visto che la loro rabbia era indirizzata al professor Piton, Bec non aveva nulla di cui preoccuparsi. D'altro canto anche lei aveva la mentre troppo impegnata per parlare. Con l'immaginazione che si ritrovava non le venne nessuno scherzo interessante da sottoporre al giudizio di Lee e Katie quindi non le rimaneva che affidarsi a loro due nella fase dell'invenzione e poi si sarebbe data da fare nella messa in pratica.
Dopo pranzo Bec si catapultò nella Sala Comune per prendere i libri che le servivano e poi andò di corsa in biblioteca. Durante la settimana aveva fatto passi da gigante grazie all'aiuto di Hermione, che le aveva insegnato una buona parte degli incantesimi del primo anno e qualcuno semplice del secondo. Quello che a Bec veniva meglio era Alohomora per aprire le porte, ma se la cavava con Wingardium Leviosa e Incendio. Gli altri doveva metterli ancora a punto anche se non sapeva dove ritagliarsi un po' di tempo per perfezionarli con i compiti delle altre materie. Giusto per renderle la vita più facile, Piton le aveva assegnato un tema extra sulla Pozione del Ghiaccio, la pozione che aveva usato Harry nel primo libro per non sentire il calore delle fiamme. Per sfortuna di Bec, non c'erano gli ingredienti e Hermione si era rifiutata di dirglieli. "Dovrai andare in biblioteca" le aveva detto qualche sera prima, ma con tutto quello che aveva da fare, Bec aveva trovato il tempo solo quel sabato dopo pranzo.
Piton non poteva darle la ricerca sulla Pozione Polisucco? Sapeva a cosa serviva e ricordava addirittura alcuni degli ingredienti, quindi non aveva bisogno dell'autorizzazione di un professore per prendere De Potentissimis Potionibus dal Reparto Proibito. E poi Harry, Ron e Hermione avrebbero potuto darle una mano visto che loro l'avevano usata già una volta e si sarebbe ripetuto anche in futuro. Deve essere divertente prendere le sembianze di qualcun altro, pensò Bec. Mi trasformerei in Silente e abolirei la cacca di drago dalle serre di Erbologia.
A quel pensiero le labbra si curvarono in un sorriso che doveva sembrare malefico a chiunque lo vedesse. Le era venuta un'idea per lo scherzo dei gemelli strepitosa e doveva dirla assolutamente a Katie e Lee prima che se ne dimenticasse. Chiuse il libro che stava consultando con un tonfo e, senza preoccuparsi degli sguardi severi di Madama Pince mentre la oltrepassava correndo, si avviò verso la Sala Comune dei Grifondoro. Vi trovò Katie che chiacchierava con Alicia e Natalie e Lee che giocava a Spara Schiocco con George mentre Fred li osservava.
- Perfino George ed io studiamo di più - le disse Fred appena vide Bec entrare.
La ragazza non gli diede peso e fece cenno a Katie di raggiungerla. Per il momento lo avrebbe detto soltanto a lei. A Lee lo avrebbe detto più tardi, o forse no visto che era troppo amico di Fred e George; poteva tradirle.
Bec portò Katie fuori sulle scale in modo che nessuno sentisse e attese qualche istante per riprendersi dalla corsa forsennata. - Ho trovato lo scherzo perfetto - disse ancora a fatica per via del fiatone. - Potremmo preparare la Pozione Polisucco e diventare uno dei due -. Era geniale! Come aveva fatto a non pensarci prima? In quel modo potevano fare di tutto senza essere incolpate e i gemelli avrebbero avuto una dose della loro stessa medicina.
La stessa espressione di furba comprensione si dipinse sul viso di Katie. - Chi preparerà la pozione? -
- Lo farai tu - le disse Bec. - Sei brava in Pozioni -
La chiacchierata non poté andare avanti a lungo ed ebbero il tempo di pianificare solo poche cose prima che Bec ritornasse in biblioteca per studiare, cosa che le risultò particolarmente difficile. Non riusciva a concentrarsi con gli occhi di Madama Pince puntati costantemente su di lei e con tutte le idee per lo scherzo che le ballavano in mente. Stava progettando di prendere gli ingredienti che le servivano dalla dispensa di Piton visto che lei aveva libero accesso quel pomeriggio. Al problema sorveglianza-serrata-di-Piton ci avrebbe pensato Katie, o almeno così aveva detto a Bec.
Alle cinque meno un quarto Bec aveva combinato poco e niente con il suo tema, ma non disperò; lo avrebbe finito (anche se iniziato era il verbo più adatto) il giorno dopo, magari supplicando Hermione di darle una dritta. Quando Bec arrivò davanti alla dispensa, Piton era già lì che la aspettava, contento come una pasqua all'idea di passare un pomeriggio intero a fare da secondino. - Si metta subito a lavoro - le disse e Bec così fece.
Cercando con gli occhi gli ingredienti di cui aveva bisogno, metteva in ordine gli altri e nel frattempo si chiedeva anche come avrebbe fatto a prenderli. Non aveva assolutamente idea di cosa aveva in mente Katie quando aveva detto a Bec "lascia fare a me" ed era un guaio perché di ogni minimo rumore pensava fosse un segnale. Sospettava che da un momento all'altro si sentisse un'esplosione oppure un puzzo incredibile (in stile Weasley) che avrebbero indotto Piton ad allontanarsi, ma nulla giunse nelle prime due ore. Poi, quando Bec aveva adocchiato tutti gli ingredienti e ne aveva memorizzato le postazioni, sentì la voce di Katie. Bec non riuscì a sentire quello che gli aveva detto, ma seppe che aveva funzionato quando Piton le disse minaccioso che avrebbe controllato una ad una ogni bottiglietta prima di andare via al seguito di Katie. Prima che Bec potesse farsi prendere dal panico per non aver portato con sé nessuna fiala dove mettere gli ingredienti, vide spuntare un Lee sorridente.
- Sbrigati, tutto qui dentro -
Bec afferrò la prima fiala e la riempì di polvere di corno di Bicorno; lo stesso avvenne con la pelle tritata di Girilacco e la centinodia. Poi Lee si allontanò e Bec ritornò a lavoro, non facendo caso agli occhi vitrei nel contenitore che aveva in mano.

*
La domenica fu terrificante. Così come Harry e Ron, Bec aveva passato tutta la giornata a studiare dividendosi tra la biblioteca (Hermione si era categoricamente rifiutata di darle una mano) e la Sala Comune. Non erano gli unici in quella situazione, ma ciò non contribuì a farli star meglio. E nemmeno l'idea dello scherzo ai gemelli sembrò tirare su Bec visto che avevano bisogno della ricetta.
Il lunedì fu anche peggio. Il professor Ruf di Storia della Magia aveva dato il meglio di sé, stando alle parole di Ron, che aveva definito quella lezione la peggiore di sempre. Era difficile da credere visto che l'aveva detto anche per la precedente. Le due ore di Pozioni furono più movimentate grazie a qualche esplosione di Seamus Finnigan e vedere il volto livido di Piton di certo aveva migliorato ulteriormente l'umore di Bec dopo che il professore le aveva assegnato un buon voto al tema sulla Pozione del Ghiaccio. L'ora di pranzo Bec la passo con le tazzine di té in mano, scrutandone il fondo alla ricerca di qualche indizio sul futuro di Ron. Aveva fatto del suo meglio e si era impegnata, ma non ci aveva capito niente con tutte quelle foglioline lì dentro. Hermione per sfortuna non poteva darle una mano e Harry e Ron non erano certo migliori di lei in quella materia. Alla fine optò per l'imbroglio su suggerimento di Harry e Ron. Scrisse sul quaderno che Ron avrebbe fatto una pessima figura alla prima partita di Quidditch. Senza far vedere agli altri quello che aveva scritto si diresse prima verso la Torre Nord nella classe di Divinazione. La professoressa lesse le poche righe che Bec aveva scritto e nonostante fosse soddisfatta dal fatto che la ragazza era riuscita a vedere qualcosa, le disse che la prossima volta doveva portarle la tazzina per controllare che non avesse interpretato male i disegni. Difesa contro le Arti Oscure si svolse come al solito: la Umbridge assegnò il capitolo da leggere, tutti misero via le bacchette e Harry si beccò l'ennesima punizione.
Avendo saltato il pranzo, a cena Bec ingurgitò quantità industriali di cibo sotto gli sguardi attoniti del trio, compreso Ron. Angelina era arrivata come un furia per la seconda volta in una settimana nella direzione di Harry e l'aveva strigliato per bene per essersi fatto mettere di nuovo in punizione dalla Umbridge; la discussione finì solo grazie all'intevento della professoressa McGranitt.
Quella sera nella Sala Comune aleggiava una strana atmosfera tesa. Era passata una settimana dall'inizio delle lezioni e nessuno poteva sopportare la professoressa Umbridge e i suoi metodi di studio approvati dal caro Cornelius Caramell, del quale secondo Bec la professoressa era innamorata. Il Ministro della Magia aveva avuto la geniale idea di nominarla Inquisitore Supremo di Hogwarts, posizione che le conferiva il potere di ispezionare le lezioni dei professori, giudicare il loro lavoro e se questo si rivelava inadatto, i professori erano messi in verifica per un certo periodo di tempo, come sarebbe accaduto alla Cooman e poi a Hagrid, una volta tornato. Non era difficile indovinare cosa succedeva dopo il periodo di verifica.
Di certo la professoressa Umbridge non avrebbe avuto niente da ridire dopo aver assistito a una lezione di Hermione. La ragazza si stava davvero dando da fare per mettere Bec in pari con i programmi, ma era troppo esigente, ricordava la McGranitt in un certo senso. Aveva detto a Bec di continuare a leggere Storia della Magia di Bathilda Bath quella sera e anche se Bec non ne aveva assolutamente voglia lo fece. In un contesto in cui lei non era stanca morta e il sonno non minacciava di prenderla a ogni fine paragrafo, avrebbe trovato interessanti quelle cose sui folletti, sugli elfi e i maghi passati, ma purtroppo lei era sul serio stanca e assonnata. In più era l'unica rimasta in Sala Comune, visto che Harry le aveva appena dato la buonanotte.
- Se vuoi che Harry ci provi con te dovrai impegnarti molto più di così - disse la voce di Fred alle sue spalle.
Ormai la conosceva così bene che non sentì il bisogno di voltarsi per controllare, anche se non aveva il minimo senso quello che stava dicendo. - Perché dovrei volerlo? - chiese tranquilla, mentre Fred si sedeva accanto a lei sul divano davanti al fuoco.

- Ti piace Harry, non è così? -
Bec scosse lentamente la testa con un sorriso. - La mia è solo ammirazione nei confronti del suo personaggio - spiegò. Harry era abbastanza carino e aveva fatto cose grandiose in passato e ne avrebbe fatte di altrettante in futuro, per non parlare dell'aiuto che offriva a Bec, ma a lei non piaceva. O almeno non nel senso che intendeva Fred.
- E di Roger Davies che mi dici? - continuò Fred con una punta di ironia mista a qualcos'altro che Bec non riconobbe. - Ammiri anche lui? -
Quella chiacchierata stava assumendo i tratti di un interrogatorio senza lampada fluorescente puntata in faccia. Bec si ritrovò ad arrossire alle parole del ragazzo. Non le era mai piaciuto parlare della sua vita privata con qualcuno che non fosse Valerie, la sua migliore amica, e c'erano cose che anche lei non sapeva. Nei giorni precedenti lei e Roger si erano incontrati poche volte e per poco tempo quindi non c'era stata occasione di parlarsi anche se Bec avesse voluto. Katie e Alicia insistevano col dirle che Roger era interessato, ma non sapeva se crederci. Alicia probabilmente voleva convincerla solo per essere sicura che Bec non mettesse gli occhi su George, e ora che aveva scoperto il lato scherzoso di Katie temeva che la stesse prendendo in giro. Ma se anche Fred glielo aveva appena detto, forse c'era un motivo?
Non rispose alla domanda e scrollò le spalle, ritornando a fissare la strega capellona che combatteva contro un drago sul suo libro. - Vorrei conoscere tuo fratello Charlie - disse all'improvviso. Non sopportava il silenzio che si era creato nella stanza, anche se era grata a Fred per non aver continuato sulla questione Roger.
Fred sembrava disgustato. - Se mi dici che è il tuo personaggio preferito ti infilo su per il camino - disse indicando l'enorme camino rosso. A quanto pareva l'idea di che qualcuno possa preferire qualcuno della famiglia che non fosse lui non gli piaceva. Rimase a fissarla evidentemente in attesa di una sua risposta.
- Se ti dicessi chi preferisco non mi crederesti -. Non poteva essere il contrario, ne era sicura. Probabilmente si aspettava che il suo preferito fosse Harry visto che era il protagonista del libri e invece non era così.
- Se dici Fred Weasley non c'è nulla di strano - la rassicurò il ragazzo col petto in bella mostra.
Bec volse gli occhi al cielo, cercando di reprimere una risata. - Tu e tuo fratello siete al secondo posto della mia classifica -. Non era soltanto per togliergli quel sorrisetto compiaciuto dalla faccia, ma era vero. I gemelli Weasley erano stati i suoi personaggi preferiti fino al terzo libro, anche se non tutta l'attenzione era rivolta a loro. Poi con l'arrivo di nuovi personaggi, erano scesi al secondo posto e non si erano mossi da lì fino al settimo libro.
Fred fece finta di essersi offeso e si mise una mano sul petto. Nonostante stesse scherzando, Bec intravide un senso di delusione negli occhi. - Sai che ora devi dirmi chi c'è prima di me -. Non era una domanda.
Dopo vari tentativi Fred riuscì a cavarle da bocca che era stato battuto da Lupin e non poté capire come era possibile che le piacesse un ex-professore lupo mannaro. Ma era stato una sorta di amore a prima vista; fin dal primo momento le era piaciuto per come riusciva a mettere a loro agio i suoi studenti e per la dolcezza e la gentilezza con cui trattava tutti. In più le piaceva l'idea che il professor Piton non lo sopportasse. Dovette ammettere, mentre leggeva la parte in cui il trio si ritrovava alla Stamberga Strillante con Sirius e Lupin nel terzo libro, che all'inizio aveva creduto che Lupin era sempre stato dalla parte di Sirius per uccidere Harry,ma poi per fortuna non si era rivelato così. Le venivano le lacrime agli occhi se pensava che nel settimo libro sarebbe morto. E anche Fred che le stava davanti.
Eliminando gli ultimi pensieri continuò a parlare ancora un po' con Fred. Il sonno che prima era sparito era ritornato a renderle le palpebre pesanti, così decise che era ora di andare a letto. Fred concordò e entrambi si diressero verso il loro dormitorio, quando a Bec venne in mente una parte della conversazione avuto con Hermione qualche giorno prima.
- Hey, Fred - chiamò. Il ragazzo rispuntò dalla ai piedi della scala a chiocciola. - Posso farti una domanda? -. Fred acconsentì. - Perché mi avete dato una mano ad andare via dal Quartier Generale? -. Non capiva come le fosse venuto in mente, ma aveva bisogno di una risposta. Come aveva detto Hermione, i gemelli non la conoscevano che da poche ore quando si erano offerti di aiutarla, quindi avrebbero potuto fregarsene e indicarle la porta d'ingresso nel caso non sapesse dov'era oppure avrebbero potuto dire tutto ai genitori o all'Ordine. Invece, si erano comportati da amici.
- Pensa a quante volte avresti visto Lupin - scherzò. Poi Bec gli rivolse uno sguardo annoiato che stava a dire "non tirare mai più fuori questa storia" e Fred scrollò le spalle. - Non saprei. Ti abbiamo vista in difficoltà e ... - si fermò. Bec ebbe l'impressione che dovesse dire qualcosa di importante e, stranamente, serio. Ma Fred la smentì. - E poi sapevi delle Merendine Marinare, non potevamo lasciarti andare via -.
Bec annuì e gli sorrise in risposta. Andò nel suo dormitorio già silenzioso e, dopo essersi messa il pigiama, si infilò sotto le coperte. Ripensò a ciò che le aveva detto Fred pochi minuti prima. Non era la risposta che avrebbe voluto sentire. Da come l'aveva vista lei, l'avevano aiutata soltanto perché gli aveva fatto compassione e magari se lei non avesse tentato di andare via, loro non si sarebbero mai scomodati a rivolgerle la parola, come avevano durante la cena. Lasciò perdere quel pensiero, riflettendo che non era andata in quel modo. E poi quella delle Merendine le era sembrata tutta una scusa. Era evidente che Fred stava per aggiungere qualcos'altro ma per una strana ragione non l'aveva fatto. Forse perché era una cosa che lei non doveva sapere. Però era strano che Fred si tenesse qualcosa per sé. Avrebbe fatto bene a domandare anche a George.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Ecco il capitolo nuovooo. Come sempre curiosa di sapere cosa ne pensate e ringranzio tutti quelli che la leggono, commentano e la mettono tra le seguite, ricordate etc etc. 

CAPITOLO 7
Con l'arrivo di ottobre, l'aria estiva era stata del tutto spazzata via dai primi freddi autunnali e le piogge incessanti. Erano molti gli studenti che già giravano per i corridoi della scuola avvolti nei loro mantelli neri coi colletti alzati per ripararsi dalle improvvise folate di vento gelido ed erano anche di più quelli che si catapultavano nelle proprie sale comuni per piazzarsi davanti ai camini e riscaldarsi. Bec faceva parte di entrambi gli schieramenti. Passava metà della giornata a sfregarsi le mani nel tentativo di fargli acquistare calore, ma era un'impresa ardua. Arrivare alle serre di Erbologia (materia che non le stava particolarmente a cuore) diventava sempre di più un problema perché significava uscire fuori al freddo, sotto la pioggia.
Ma ottobre voleva anche dire esame di Incantesimi, che ormai era giunto. Bec era riuscita a imparare tutti gli incantesimi più importanti grazie all'aiuto di Hermione che aveva aumentato non solo le ore di studio, ma le aveva anche intensificate poco alla volta. Senza di lei sicuramente non ce l'avrebbe mai fatta. E doveva un grazie anche a Katie che di tanto in tanto la aiutava a ripetere le formule degli incantesimi quando non era impegnata con i suoi compiti o quando non doveva correre ad aggiungere ingredienti per la Pozione Polisucco. Anche i gemelli avevano contribuito con il ripasso, così come Harry, Ron e Lee.
La sera prima dell'esame fu il turno di Roger.  La McGranitt aveva concesso a entrambi di rimanere in biblioteca oltre il coprifuoco per studiare dal momento che appartenevano a due case differenti e non potevano incontrarsi in nessuna delle due sale comuni. Roger si rivelò un buon insegnante. All'inizio fu un po' impacciato e nervoso, poi quando riuscì a rilassarsi ci prese gusto e quasi si divertì a interrogare Bec. Per sua fortuna, la ragazza aveva avuto una strepitosa insegnate e seppe rispondere a qualsiasi domanda e riuscì bene in tutti gli incantesimi. Per questo quella sera non ebbe bisogno di un gran numero di ore di studio. Circa un paio d'ore dopo l'inizio del ripasso lei e Roger erano sulle scale mobili che portavano alla Torre dov'era la Sala Comune di Grifondoro. Roger aveva insistito per accompagnarla, ma da quando erano usciti dall'aula di Trasfigurazione non aveva detto una parola. Giocherellava con l'orlo della manica e teneva gli occhi bassi al pavimento. Bec giurò di averlo visto un paio di volte aprire la bocca per poi richiuderla fingendo uno sbadiglio. Era parecchio strano. E cosa più strana, quando furono giunti di fronte al ritratto sonnecchiante della Signora Grassa lui le augurò la buona notte e rimase lì, impalato. La guardava qualche istante e poi ritornava a fissare la punta delle sue scarpe. Bec aveva l'impressione che dovesse dirle qualcosa, ma quando gli chiese se c'era qualcosa che non andava, lui rispose che era tutto okay e andò via a grandi passi.
Mettendo da parte il comportamento bizzarro di Roger, si ritirò nel dormitorio. Tutte le ragazze già dormivano (e russavano) quindi non ebbe occasione di scambiare due parole con nessuna delle quattro. Si infilò presto il pigiama e poi sotto le coperte. Non passò molto tempo prima che si addormentasse e ancor meno prima che dovesse svegliarsi di nuovo con Hermione accanto che tirava  fuori dal baule la divisa pulita e le diceva di alzarsi. Bec si strofinò gli occhi e si mise a sedere. Quando mise a fuoco le immagini attorno a sé, vide che i letti delle compagne erano già vuoti e ancora sfatti. Aveva dormito così tanto?, pensò. La sera prima non si era fatto tardi e non era nemmeno particolarmente stanca (altri giorni lo era stata di più).
In pochi minuti si lavò e si vestì sotto lo sguardo vigile di Hermione che osservava la stanza disgustata. In effetti non era molto ordinata, ma non era neanche degna di una tale espressione nauseata. - Che hai? - le chiese quando la vide scuotere la testa mentre uscivano.
In un primo momento la strega non rispose, ma poi fu più forte di lei, doveva dire ciò che la infastidiva. - Dovreste farvi il letto la mattina -. Con il vago sospetto che quel commento fosse legato agli elfi domestici, Bec si affrettò ad annuire e dirle che dal giorno dopo in poi lo avrebbe fatto. In fondo le doveva così tanto che un piccolo sforzo come quello non le sarebbe costato nulla.
Insieme le due ragazze andarono a colazione. Fino a quel momento Bec non aveva saputo quanto nervosa fosse. La bocca si rifiutava di aprirsi e accogliere qualsiasi cosa che fosse cibo. Non rivolse altro che sorrisi a tutti quelli che le dicevano di non preoccuparsi perché sarebbe andato tutto bene visto che aveva lavorato duramente fino allo sfinimento. Ma non riusciva a crederci. O meglio, sapeva che aveva studiato tanto e che gli Incantesimi le venivano bene, ma la sua carriera scolastica le aveva insegnato che a volte quando sentiva di essere pronta e di poter fare un esame o un interrogazione perfetta, qualcosa andava sempre storto: i professori le chiedevano qualcosa che lei ignorava del tutto, non esponeva la lezione come voleva perché iniziava a mangiarsi le parole per via del nervosismo, oppure finiva col dimenticare qualcosa di importante che poteva garantirle un ottimo voto. Non capitava spesso, ma quelle rare volte che si verificava una cosa del genere lei si sentiva a terra e non sopportava di vedere lo sguardo deluso negli occhi dei suoi genitori. Entrambi le dicevano che non era successo nulla di irreparabile, che la prossima volta sarebbe andata meglio, ma Bec avrebbe preferito mille volte che se la prendessero con lei.
Col terrore che le scorreva nelle vene al posto del sangue, si avviò verso l'aula di Vitious mentre Hermione le sussurrava cose all'orecchio che Bec non stava ascoltando. La professoressa McGranitt aveva dato a Hermione il permesso di saltare la sua lezione quella mattina per assistere all'esame. Bec avrebbe preferito rimanere da sola.
Il sorriso incoraggiante del piccolo professore le infuse un pizzico di fiducia in sé stessa, ma non abbastanza da farle smettere di torturarsi le mani. Poi tirò fuori la bacchetta dalla borsa e attese che si partisse con il primo incantesimo. Con tutta la lentezza del mondo, Vitious si arrampicò sulla pila di libri dietro la scrivania, srotolò una pergamena abbastanza lunga (Bec sperò che non dovesse essere riempita con tutti gli incantesimi che le avrebbe chiesto), poi scandì bene il nome del primo incantesimo: - Wingardium Leviosa - e prese a scribacchiare sulla pergamena.
Bec deglutì con la speranza di buttare in fondo che le si era bloccato in gola. Ricordando perfettamente i consigli di Hermione sulla rotazione del polso e la decisione necessaria nel tono di voce, la ragazza fece levitare un paio di libri che erano sulla cattedra di Vitious. Non appena i libri si alzarono in aria sentì il nervosismo abbandonarla velocemente, quasi come se fosse confluito tutto all'interno della bacchetta e poi espulso non appena aveva pronunciato la formula dell'Incantesimo di Levitazione. Si scoprì abbastanza calma anche quando il professore aveva ripreso a scrivere sulla pergamena probabilmente il voto di quella prima magia riuscita molto bene a giudicare dai pollici insù di Hermione. La professoressa McGranitt le aveva spiegato che a ogni prova, in quel caso incantesimo, il professore le avrebbe attribuito un voto che andava da Eccezionale, il voto più alto, a Desolante, il più basso. Soltanto se riusciva a prendere come voto finale almeno Accettabile avrebbe passato l'esame senza dover sostenerlo ancora una volta fino all'arrivo dei G.U.F.O. alla fine dell'anno scolastico.
Rotto il ghiaccio con il primo incantesimo, il resto dell'esame fu una passeggiata. Vitious non la finiva di farle i complimenti per il perfetto Incantesimo di Appello ricordandole che già dalla prima lezione aveva dimostrato una buona predisposizione per quel genere di magia. Non le chiese di dimostrare parecchie cose (una decina di incantesimi in tutto) e quindi l'esame non durò molto; alla fine della seconda ora sia Bec sia Hermione erano in Sala Comune per prendere i libri di Rune Antiche.
A ora di pranzo Katie si fiondò su di lei e Bec le raccontò per filo e per segno come era andato il suo esame mentre Hermione correva da Harry e Ron per farsi dire cosa si era persa a Trasfigurazione e Cura delle Creature Magiche.
- Quando ti dirà il voto? - chiese Katie ora meno preoccupata.
Bec scosse il capo. - Entro la fine della giornata -. Anche lei non vedeva l'ora di sapere con che voto aveva passato l'esame, perché di sicuro l'aveva superato. Anche Hermione gliel'aveva detto più volte.
Quando tutte e due le ragazze si sedettero accanto alle loro compagne di dormitorio, una mano si posò sulla spalla di Bec. Era di Roger.
- Posso parlarti un secondo? -
Bec annuì e si alzò, non prima di far roteare gli occhi agli sguardi maliziosi di Katie e Alicia. Sapeva a cosa stavano pensando, ma si rifiutò di pensarci anche lei.
Mentre si avviavano fuori dalla affollata e rumorosa Sala Grande, Roger sembrava parecchio nervoso. Come la sera precedente ora che Bec ci pensava, quando aveva avuto l'impressione che dovesse dirle qualcosa. Imboccarono un nuovo corridoio che Bec non aveva mai visto, quando Roger si decise a dire qualcosa.
- Com'è andato l'esame? -. La voce echeggiò all'interno del corridoio vuoto. Ormai le voci degli altri a pranzo non si sentivano più.
Cercando di tenere a bada gli sguardi delle compagne, si disse che il ragazzo voleva soltanto chiederle dell'esame per essere gentile. - Bene - si limitò in assenza di altro da dire. Aveva la bocca impastata come se si fosse appena svegliata e lo stomaco si stava contorcendo. Per quanto cercava di auto-convincersi che Roger non poteva essere interessato a lei, non poté fare a meno di crogiolarsi nel pensiero di loro due insieme come coppia. Se prima non era sicura che Roger le piacesse, ora non aveva più dubbi.
- Mi fa piacere -. Il sorriso scomparve in fretta dalle sue labbra. - Devo chiederti una cosa - disse all'improvviso tradendo un nervosismo che sicuramente voleva tenere celato.
Bec guardò prima il pavimento e poi lui. La stava fissando dall'alto della sua altezza (Bec gli arrivava al naso). - Domani c'è la prima visita dell'anno a Hogsmeade -. A quel punto Bec capì che Katie e Alicia avevano ragione. - E volevo chiederti di venirci con me -
Le labbra di Bec subito si curvarono in un sorriso luminoso al suono di quelle parole così melodiose. Scoprì di essere da parecchio tempo in attesa di un gesto chiaro da parte sua che le permetteva di  capire che era davvero interessato a lei. In attesa di ritrovare il contegno necessario per parlare, annuì.
Anche Roger sorrise. - Bene -. Il sollievo era evidente perché non stava più giocherellando con la manica della camicia.
Il pomeriggio di lezioni passò velocemente e senza intoppi, perfino Erbologia fu innocua. Forse perché era ancora troppo estasiata per via dell'esame superato, oppure perché la prospettiva di vedere Hosmeade per la prima volta la eccitava non poco, ma di sicuro c'entrava il suo appuntamento con Roger. Si era persa a fantasticare con la testa poggiata sui palmi delle mani e i gomiti sul banco mentre il professor Ruf blaterava qualcosa riguardo i folletti del 1859, ignorando anche le gomitate nei fianchi che Hermione le tirava non appena era sicura che il professore non poteva vederla. Anche Harry e Ron si accorsero dello stato catatonico in cui era caduta, ma non indagarono troppo impegnati a giocare per conto loro nascosti dietro due ragazzoni di Tassorosso.
Quando finalmente le lezioni pomeridiane finirono Bec andò di corsa nell'aula dove aveva sostenuto l'esame qualche ora prima. Come al solito, Vitious era appollaiato sull'alta pila di libri che riponeva le pergamene e tirava fuori le piume dalle boccette di inchiostro nero. Con un colpo di bacchetta fece volare via tutto all'interno di un piccolo armadio in fondo all'aula.
- E' qui per il voto, non è vero, signorina Hart? - squittì mentre si riportava coi piedi sul pavimento. Era davvero piccoletto.
Bec annuì con la testa e si avvicinò per prendere il foglio di pergamena che Vitious le stava porgendo. Si costrinse a leggere il tutto prima di arrivare al voto, ma poi, curiosa, passò oltre la breve lista degli incantesimi eseguiti e vide una "E" bella grossa in fondo alla pagine che stava per Eccezionale. Esattamente il voto in cui sperava. La giornata non poteva andare meglio.
Il buonumore si protrasse per tutto il resto della giornata e non fece che aumentare quando i gemelli colsero al volo l'occasione di festeggiare il suo primo esame andato a meraviglia. A quei due bastava un niente per far festa.
La mattina seguente si svegliò con un gran sorriso sulle labbra, contenta che il weekend fosse arrivato e che quella mattina sarebbe andata a Hogsmeade con Roger. L'eccitazione la fece da padrona mentre si lavava e si sceglieva con cura quale maglia mettere sui jeans scuri che aveva già tirato fuori dal baule; alla fine scelse quella bianca a collo alto. A giudicare dalla luce che filtrava dalle piccole finestre fuori era una bella giornata soleggiata, ma da quando era lì, oltre a tutte la cose della scuola, aveva imparato che il tempo era parecchio instabile.
Stava allacciando le scarpe quando Alicia entrò e le disse che Fred, George e Lee la stavano aspettando nella Sala Grande. Bec fece caso alla nota di invidia nella voce quando pronunciò il nome di George. Con calma e tranquillità legò i lacci anche della seconda scarpa e poi diede una sistemata ai capelli ribelli; li legò in una pratica coda di cavallo. Dopo un ultima capatina allo specchio per vedere la sua immagine riflessa, salutò le compagne di dormitorio, che le augurarono buona fortuna con Roger, e si avviò lungo la scala a chiocciola.
Ad aspettarla nella Sala Grande, a maggior ragione più rumorosa del solito, c'erano i tre moschettieri seduti al tavolo.
- Perché voi ragazze dovete sempre farvi aspettare? - disse Lee non appena vide Bec a portata di orecchio.
La ragazza ignorò il commento di Lee e afferrò un biscotto. - Buongiorno anche a te, Lee -. Quello del ragazzo doveva essere il modo di salutare una persona di mattina appena la vede. - Ho dormito benissimo, grazie per avermelo chiesto -. Ed era vero. Non aveva mai dormito con la testa più leggera, sgombra da pensieri negativi o problemi.
Lee fece per dire qualcosa, ma Bec lo precedette. - Perché mi avete fatto venire così in fretta? - chiese lanciando uno sguardo divertito a Lee, che era con la testa in una tazza di latte. I due erano diventati subito amici dal momento che passavano parecchio tempo insieme seduti a parlare sugli spalti del campo di Quidditch quando i gemelli si allenavano con il resto della squadra. E poi il fatto di tramare alle spalle di Fred e George li aveva uniti. Tutti e quattro, loro due e i gemelli, erano diventati quasi inseparabili. Certo, essere l'unica ragazza del gruppetto a volte si rivelava un problema perché una chiacchierata tra donne serviva. Non che sentisse la necessità di sparlare ore e ore su capelli, trucchi e ragazzi, ma di tanto in tanto le faceva piacere distrarsi dalle esplosioni e da nasi sanguinanti. 
- Ti stavamo aspettando per andare al villaggio - disse Fred.
- Oh -. Il biscotto sembrò dileguarsi nello stomaco di Bec. Con i festeggiamenti del giorno precedente aveva dimenticato di dire ai ragazzi che non sarebbe andata con loro. - Avrei già un altro impegno -. Le dispiaceva da morire perché avevano parlato molte volte di come sarebbe stata la sua prima giornata a Hosgmeade, progettando di farle visitare tutto il villaggio e promettendo di lasciare Zonko soltanto come ultima fermata del tour.
I tre la stavano fissando sconcertati. - Pensavo che venissi con noi - E delusi. Ciò la fece stare peggio.
La situazione di certo non migliorò quando Bec sentì una voce alle sue spalle chiamarla a gran voce. Da lontano vide Roger salutarla con la mano. Ricambiò il saluto e poi ritornò a guardare i tre amici, che guardavano ancora alle spalle della ragazza. - La prossima volta verrò con voi -.
Fred soltanto annuì col capo, ma con l'espressione indifferente. Lui sembrava aver preso bene il fatto che non andava con loro. Perché le dava fastidio? - Sarà meglio che andiamo allora - replicò asciutto. Girò i tacchi e si allontanò, seguito dagli altri due. - Ci vediamo dopo alla Testa di Porco -.
E' vero! Quel giorno c'era l'incontro alla Testa di Porco per l'Esercito di Silente. Aveva completamente scordato anche quello, nonostante Hermione glielo avesse ripetuto un migliaio di volte la sera prima durante la festicciola in sui onore. C'era qualcosa che ancora ricordava? Si, Roger. Ed era a pochi metri da lei con un gran sorriso sulle labbra. Bec si sforzò di mettere da parte il senso di colpa nei confronti dei gemelli e Lee, stampandosi a sua volta un finto, radioso sorriso sulla faccia. Dare buca a Roger non era neanche lontanamente da prendere in considerazione, ma le sarebbe piaciuto andare con i suoi amici.
Si avvicinò lentamente al ragazzo, cercando di rimandare quel momento all'infinito. Roger la salutò con un bacio sulla guancia, che fece diventare le guance di Bec color rosso papavero. In un altro momento si sarebbe goduta quel bacio e le sarebbe piaciuto parecchio, ma adesso stava decidendo se era meglio sprofondare nel pavimento oppure correre via. Ovviamente non era per colpa del bacio. O meglio, era perché la Sala Grande si stava affollando a vista d'occhio e alcuni studenti di Grifondoro, tra cui Harry, Ron e Hermione, avevano assistito alla scena in diretta. Vide i tre amici sgranare gli occhi e decise che era meglio sprofondare. - Andiamo - disse al ragazzo, guardando la punta delle scarpe per non fargli vedere che era arrossita, cosa impossibile visto che era a mezzo metro da lei. Non aveva nulla nei confronti di Roger, lui era perfetto, ma non le piacevano le effusioni in pubblico.
I due si incamminarono lungo il sentiero della scuola, dal quale si poteva il campo di Quidditch. - E' la tua prima volta a Hogsmeade, sarai eccitata - commentò il ragazzo osservandola.
Bec ebbe l'impressione che Roger stesse indagando per scoprire se era entusiasta all'idea del loro appuntamento, consapevole che fino a quel momento non si era dimostrata particolarmente al settimo cielo. - Oh si -. Gli scoccò un sorriso veloce che si spense non appena vide le sagome dei gemelli e Lee un centinaio di metri più avanti di loro lungo il sentiero. Il senso di colpa faticava a sparire. In fondo aveva deciso di andare con loro da molto tempo prima che Roger le chiedesse di uscire e invece lei gli aveva dato buca all'ultimo minuto.
Durante tutto il resto della passeggiata i due rimasero in silenzio. Era evidente a entrambi l'imbarazzo che aleggiava sulle loro teste. Fu Roger il primo a rompere il ghiaccio nuovamente quando le mostrò le vetrine di alcuni negozi non appena si addentrarono nel villaggio. Era molto simile a Diagon Alley dal punto di vista di negozi magici, ma si respirava un'aria del tutto diversa probabilmente perché era abitato da soli maghi. Di conseguenza era più facile incontrare gente stramba vestita in maniera eccentrica. Entrarono in quasi tutti i negozi. Quello che Bec preferì in assoluto fu il paradiso dei dolciumi, Mielandia: aveva passato in quel negozio più di un'ora guardando tutti i tipi di caramelle, dolci e gomme da masticare. Aveva comprato di tutto e di più, facendo una grande scorta di Fildimenta, Piperille Nere, Rospi alla Menta e Pallini Acidi (gli Scarafaggi a Grappolo si rifiutò addirittura di guardarli, così come le Lumache Gelatinose).
Quando finalmente Bec decise che era giunta l'ora di uscire alla luce del sole, quest'ultimo era coperto da una grossa nuvola grigia che non prometteva nulla di buono. La temperatura era calata di qualche grado. - Andiamo a bere qualcosa? - le chiese Roger mentre da lontano si intravedeva già l'insegna dei Tre Manici di Scopa. Il pub non era molto grande e conteneva di sicuro molte più persone di quante riusciva a ospitarne, ma era caldo e accogliente. Intravidero un tavolino in fondo alla sala vuoto per miracolo con tutta la gente che lo attorniava.
Bec si guardava intorno come se fosse circondata di regali il giorno di Natale. Non le sembrava vero di essere proprio in quel locale di cui aveva tanto letto nei libri. Le faceva uno strano effetto, soprattutto quando Madama Rosmerta si avvicinò per prendere l'ordinazione. Entrambi presero una Burrobirra.
Roger sembrava di nuovo nervoso, guardando in qualsiasi direzione eccetto in quella di Bec. Forse perché ora non c'erano dolci o scope a far loro compagnia; erano soli, rendendo maggiormente l'idea di un appuntamento.
- Vitious mi ha dato Eccezionale - disse, ricordandosi di non avergli riferito ancora il voto dell'esame del giorno precedente. Quello le era sembrato un ottimo argomento di cui parlare per rompere nuovamente il silenzio che si era creato, ma non pensava certo che avrebbe fatto esplodere una bomba a orologeria. Roger prese a parlare e non la smise più per il nervosismo. Passava da un argomento all'altro con estrema facilità e velocità, interrompendosi solo nelle rare volte che permetteva a Bec di dire due parole. A lei stava più che bene. Non era mai stata un tipo di molte parole (una parola è poca e due sono troppe, le diceva sempre la mamma); in effetti lei si vedeva meglio nei panni di ascoltatrice anche se con Roger le stava venendo faticoso anche quello.
Il tempo passò in fretta. Roger era passato alla seconda Burrobirra e Bec stava cercando i modo di dirgli che doveva andare via all'incontro con il resto degli studenti alla Testa di Porco. Più volte aveva pensato di portarlo con sé, ma poi le chiacchiere con cui le aveva riempito la testa e il fatto di non sapere se potersi fidare la convinsero a tenere la bocca chiusa. E se a lui i metodi della Umbridge piacevano e li approvava? Se gli avesse raccontato cosa avevano in mente, probabilmente l'Esercito di Silente non sarebbe mai nato perché Roger avrebbe potuto denunciare il tutto alla professoressa. Fatto stava che doveva andare via di lì o Hermione l'avrebbe scuoiata viva.
Bec, persa nei suoi pensieri, non si accorse che il sottofondo musicale che le offriva il chiacchiericcio di Roger non c'era più. Lo guardò.
- Qualcosa che non va? - le chiese lui preoccupato.
Bec colse al volo l'occasione. - A dire il vero dovrei andare ... in un posto adesso -. Non sapeva più come andare avanti per non dargli l'impressione sbagliata.
A quelle parole la preoccupazione del ragazzo aumentò, segno che aveva interpretato male le parole di Bec. - Ti stai annoiando? - chiese. - Se vuoi possiamo andare da un'altra parte -.
- No, assolutamente. Mi sto divertendo - mentì - Se vuoi possiamo vederci dopo -
Roger non parve molto convinto, ma comunque non oppose resistenza quando Bec si alzò per andare via dopo averlo salutato con la promessa che dopo sarebbe andata a cercarlo.
Senza una guida incontrò qualche difficoltà a trovare la Testa di Porco. Quando finalmente vide il cinghiale che perdeva sangue seppe che era arrivata a destinazione grazie a una gentile strega che le aveva indicato la via. Tutti gli studenti erano già lui riuniti in semicerchio attorno a Harry e Hermione e a dire il vero la riunione era anche cominciata, anche se non da parecchio dal momento che, prima che tutti si girassero nella sua direzione per vedere chi era entrato, Bec aveva sentito Zacharias Smith chiedere a Harry di Cedric Diggory, il ragazzo che era morto l'anno prima per mano di Voldemort in persona, davanti agli occhi di Harry, durante l'ultima prova del Torneo Tremaghi. Ignorando l'occhiataccia torva di Hermione a causa del ritardo, andò a sedersi a grandi passi nella sedia vuota accanto a Ron. Il ragazzo non era mai stato così attento, tanto che se Bec gli chiedeva cosa avevano detto fino a quel momento probabilmente avrebbe ripetuto tutto parola per parola.
Dal momento che sapeva esattamente come sarebbe andata la riunione e che proprio per questo motivo non poteva aggiungere nulla "che poteva alterare il corso degli eventi", come le aveva detto Hermione (in realtà l'aveva proprio minacciata), si permise di fare il punto della situazione.
Aveva cominciato la scuola da poco più di un mese e già le sembrava che fosse iniziata da otto per quanto aveva studiato. Non aveva mai passato così tanto tempo sui libri come in quel mese, neanche per l'esame di Stato e di sicuro non l'avrebbe fatto nemmeno all'università. L'università, pensò. Fin da quando aveva sedici anni il suo sogno era quello di andare in Italia dalla nonna e frequentare gli studi medici e se non si fosse ritrovata in una camera da letto che esiste soltanto in un vecchio libro, a quell'ora aveva già iniziato con i corsi. Stando al progetto che aveva messo a punto, sua sorella maggiore Hazel l'avrebbe raggiunta di lì a qualche mese e insieme avrebbero vissuto per un po' con la nonna, per poi trovare una casa tutta loro per poter ospitare i loro genitori e Eve, la sorella di quattro anni. Tutti e quattro le mancavano in una maniera assurda. Non era mai stata lontana da casa e da loro, se non per qualche gita scolastica di una settimana, ma in quel caso sapeva che finito il viaggio li avrebbe rivisti. Anche se non erano propriamente la sua famiglia (era stata adottata praticamente alla nascita) era come se lo fossero e in diciannove anni non aveva mai nutrito il desiderio di conoscere i suoi veri genitori, contenta di quelli che già aveva.
Ron le diede una gomitata nei fianchi. - Perché stai piangendo? - sussurrò.
Stava piangendo? Si portò una mano agli occhi e si accorse che erano umidi. In fretta si asciugò le lacrime che erano  già colate lungo la guance e poi passò agli occhi per impedire che delle nuove uscissero. Assicurò a Ron che andava tutto bene e decise che era meglio se ascoltava Harry e Hermione parlare. - Di che stanno parlando? - chiese a Ron.
- Ci serve un posto dove riunirci e allenarci - le rispose prima di proporre l'aula di Trasfigurazione della McGranitt, che l'anno precedente aveva offerto a Harry per permettergli di prepararsi al Torneo. L'ipotesi fu bocciata come tutte quelle seguirono. Fu tentata di chiedere a Ron se secondo era il caso di dire già dove si sarebbero tenute le riunione dell'ES, che non aveva ancora un nome in quel momento. Hermione però l'avrebbe fatta in mille pezzi se parlava. E poi le venne in mente un'idea. Dicendosi che lo faceva solo per far iniziare prima le vere lezioni di Difesa contro le Arti Oscure, tirò Ron più vicino e gli suggerì il posto dove si sarebbero incontrati fino a quando la Umbridge non li avrebbe beccati.
- La Stanza delle Necessità? - urlò Ron titubante, facendola sembra molto più una domanda che una folgorazione.
Hermione non ci mise molto tempo a capire che era stata Bec a dirglielo, ma non disse nulla.
Deciso il posto dove incontrarsi, tutti firmarono il foglio di pergamena che Hermione aveva già pronto. Poi pian piano tutti si dileguarono, chi parlando ancora dell'incontro, chi invece decideva cosa fare delle ultime ore che rimanevano prima di tornare al castello. Anche Bec decise di andare via in fretta e non perché aveva promesso a Roger di andare a cercarlo, ma per evitare Hermione.

A\N: E' un po' più piccolo degli altri capitoli e onestamente non ho avuto il tempo di rileggerlo, quindi non so nemmeno io come è venuto. Di solito quando rileggo i capitoli ci trovo degli errori grammaticali che fanno spavento. 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Il nuovo capitolo è qui. Mi sono decisa ad aggionare soltanto adesso anche se avevo il capitolo pronto da un paio di giorni. Il motivo è che non mi convince molto e ho provato a modificarlo più di una volta, ma ogni volta mi veniva peggio quindi ... eccolo qui. Ringrazio come sempre tutti quelli che hanno messo la fic tra i preferiti, seguiti e ricordate e ovviamente un grazie speciale va a quelli che la resenciscono e visto che lo fa solo Pexima, Grazie Pexima! 


CAPITOLO 8
Tutto era pronto. Ora che anche l'ultimo ingrediente (un pezzo della persona nella quale ci si vuole trasformare) era stato aggiunto, la Pozione Polisucco era giunta a termine e bella pronta per essere bevuta. Il problema era che il colore rossiccio ricordava troppo quello dei capelli di Fred e George. 
- Sei sicura che vada bene? - chiese Bec, osservando quell'intruglio dall'aspetto orribile da una distanza di sicurezza, quasi avesse paura che scoppiasse. 
Katie parve offendersi del commento. - Certo, che ne sono sicura -. Eppure neanche lei sembrava parecchio convinta delle sue stesse parole. Aveva assunto l'identica espressione disgustata di Bec al solo guardarla da più vicino. 
Pochi istanti dopo il silenzio che si era creato nella camera fu spezzato da una porta che si apriva. Col fiato sospeso le due ragazze videro comparire la figura slanciata di Lee con il piccolo Colin Canon che stringeva come sempre la sua immancabile macchina fotografica tra le mani. Il ragazzino aveva acconsentito a scattare un paio di fotografie con la promessa di poter fare una lunga chiacchierata con il suo idolo. Harry ovviamente era totalmente all'oscuro, ma Lee era convinto che una volta assistito allo scherzo fatto ai gemelli non avrebbe opposto alcuna resistenza. E se poi non voleva saperne, potevano sempre legarlo a una sedia con Colin accanto a lui. 
- L'avete già bevuta? - chiese Lee mentre lanciava a Katie e Bec due sacchettini bianchi, non molto pesanti. 
Le due ragazze strabuzzarono gli occhi. - Chi ha detto che dobbiamo farlo noi? -. Bec, e a quanto pareva anche Katie, non aveva nessuna intenzione di trasformarsi in qualsiasi cosa che somigliasse anche lontanamente ai gemelli. Non che avesse problemi a diventare uno dei due, ma l'idea di assumere le sembianze di uomo non la allettava più tanto. Doveva essere strano trovarsi improvvisamente un ragazzo, senza più seno e ... beh diverse lì sotto. Fin dall'inizio Bec aveva pensato che Lee avrebbe bevuto la pozione dal momento che era un ragazzo che si trasformava in un altro ragazzo; non aveva certo mai preso in considerazione l'idea di farlo lei stessa o di farlo fare a Katie. Non se ne parlava. - Non berrò né ora né mai quella roba -
La pozione in effetti aveva cominciato a fumare più di prima e diventava sempre più scura. Ora era di un rosso vivo, quasi come il sangue che esce da una ferita. 
- Non indosserò mai degli abiti femminili - protestò Lee con le braccia incrociate sul petto. Sembrava un bambino di sette anni che fa i capricci. 
Bec scosse il capo. - Ma non sarai tu a indossarli - disse cercando di tenere il tono di voce il più basso possibile. Iniziava ad innervosirsi perché il tempo passava e la pozione ribolliva come se Katie l'avesse rimessa a riscaldare sulla fiamma. Era diventata bordeaux. 
Lee si stava avvicinando. - Fuori forse, ma dentro sono io - spiegò il ragazzo, puntellandosi il petto. - E' una questione di principio -. A quanto pareva indossare una gonna o un costume da bagno femminile infliggeva un duro colpo alla virilità di Lee, ignorando il fatto che la vera virilità non stava nel non vestirsi con abiti da donna. Maschi!
Colin Canon assisteva alla scena senza dire una parola, spostando lo sguardo da Bec a Lee e viceversa. Poi toccò a Katie e ciò che disse mise fine a ogni discussione. - E va bene - sbuffò - lo farò io - disse attirando su di sé gli sguardi attoniti di Bec e Lee che si girarono in un sol colpo verso di lei. La ragazza aveva messo una mano sulla spalla di Lee e lo stava riconducendo alla porta dal quale era venuto. - Non ho intenzione di spogliarmi davanti a te - aggiunse e con una bella spinta Lee fu fuori e la porta si richiuse sul suo naso. 
Bec stava fissando Katie ancora come se provenisse da un lontanissimo pianeta di un'altra galassia. - Mi dici perché l'hai fatto? -. Katie non rispose alla domanda dell'amica, troppo impegnata a versare dell'altra pozione in un bicchiere e buttarci dentro qualcosa, che a causa della distanza Bec non riuscì a identificare. Poi lo poggiò accanto a quello color cremisi. Bec osservò il tutto senza fare domande e continuò anche quando Katie le ordinò di mettersi il bikini che Lee era riuscito a procurarsi. - Non avevi detto che l'avresti fatto tu? -. Se Katie aveva cambiato idea facilmente, lei no. 
Ma Katie non aveva cambiato idea perché stava tirando fuori dal sacchetto anche l'altro costume da bagno e poi si nascose dietro una tenda che era apparsa nella Stanza delle Necessità. Con il presentimento che nulla stava per andare per il verso giusto, andò dietro l'altra tenda che era comparsa e mise su un bikini color paglino a fiorellini. 
Quando uscì allo scoperto, Katie stava indugiando davanti ai due bicchieri di pozione con indosso soltanto un costume azzurro con delle paperelle gialle. - Dobbiamo sbrigarci - disse a Bec battendo i denti dal freddo. In effetti stare mezze nude a novembre non era il massimo del divertimento, ovviamente nulla in confronto a quello che stavano per fare. Anche Bec si avvicinò al tavolo sul quale erano poggiati i due bicchieri e afferrò quello color cremisi dal momento che Katie aveva scelto quello che conteneva della robaccia giallastra. - Non ci avrai messo dei capelli di Lee -. Se l'aveva fatto era ufficialmente la persona migliore che Bec conoscesse. 
Il sorriso di Katie fece intuire a Bec che aveva visto giusto e col sorriso sulle labbra entrambe vuotarono i due bicchieri. Il sapore, si poteva dire, era anche peggio di come si presentava. Non sapeva dire se sapeva di piscio di folletto, come aveva detto Moody, non avendo mai assaggiato nulla del genere per grazia di Dio, ma di certo non era sciroppo alla fragola. Prima di quanto avesse immaginato, la trasformazione iniziò e una strana sensazione di calore partì da qualche parte imprecisata del suo corpo per poi propagarsi lentamente in tutte le direzioni. Non aveva più freddo. Era come se la pelle avesse preso a bollire esattamente come la pozione qualche istante prima che la bevessero e poi tutto finì con la stessa velocità con cui era iniziato. Troppo codarda per vedere come era diventata, decise che avrebbe dato prima un'occhiata a Katie. Soltanto che Katie non c'era più. Nello stesso punto in cui era lei prima, adesso c'era Lee in carne ed ossa con addosso il costume con le papere. Se quella situazione non fosse stata la più strana in cui si era mai ritrovata, Bec sarebbe scoppiata in risate. A ridere invece era Colin, tanto che aveva fatto cadere la macchina fotografica. 
- Avanti con queste fotografie e facciamola finita - disse Katie guardando nella direzione di Bec. Era difficile dire se fosse più divertita o disgustata. 
Il piccolo Colin, che cercava di reprimere una nuova ondata di risa, prese la macchina fotografica dal pavimento e puntò l'obiettivo verso le due ragazze. Bec e Katie si misero in posa e un paio di flash illuminarono la Stanza delle Necessità. Dopodiché Colin sparì per sviluppare le fotografie. 
Non appena l'ora a disposizione si esaurì, le ragazze tolsero il costume ( -Penso che mi terrò il mio- disse Bec) e ritornarono nella loro divisa felici come una Pasqua. Non avevano mai adorato tanto quella divisa. Poi andarono, seguite anche da Lee, nella loro Sala Comune in attesa di Colin. 
- Bec ed io ci occupiamo delle fotografie - disse a Lee indicando con un gesto repentino un centinaio di immagini. - Tu avvisaci se qualcuno scende - 
Erano le due del mattino quindi era difficile che qualcuno si alzasse nel cuore della notte, ma Lee doveva stare fuori dai piedi o avrebbe visto le sue fotografie in costume da bagno. In poco tempo l'intera Sala Comune fu tappezzata di fotografie di due ragazzi in bikini; ce n'erano ovunque: sulla bacheca degli annunci, sul camino a mo' di calza per la Befana, sugli arazzi, sparsi sul pavimento e su ogni sedia e pouf c'erano cinque o sei fotografie. Non impiegarono molto tempo; alle tre e un quarto circa Bec e Katie stavano facendo ritorno silenziosamente al loro dormitorio dopo essersi assicurate che Lee non andasse a sbirciare. Pregustandosi quello che sarebbe accaduto di lì a qualche ora, Bec si addormentò con un gran sorriso sulle labbra. 
La mattina, quando Katie la svegliò, Bec non voleva saperne di alzarsi. Nonostante avesse gli occhi come due fessure, era riuscita a vedere che Angelina, Alicia e Natalie erano ancora nei loro letti beatamente addormentate, e quindi voleva dire che era ancora presto per alzarsi. Ma Katie la trascinò comunque fuori dal letto e a quel punto Bec fu costretta a vestirsi e andare a fare colazione più presto di quello che aveva previsto dopo sole cinque ore e mezzo circa di sonno. 
Nella Sala Grande già c'era qualche povera anima in piedi, la maggior parte dei quali erano professori. Presto però molti più studenti cominciarono ad arrivare e non fu difficile sentire quelli di Grifondoro giungere. Il solito scalpiccio era accompagnato quella mattina da uno scroscio di risa che di rado era possibile vedere prima delle lezioni. Alcuni studenti delle altre case li osservavano come se fossero dei pazzi usciti dal San Mungo, altri invece si lasciavano trascinare dalle risate anche senza saperne il motivo mentre i professori cercavano di zittire tutti. Fu un sollievo vedere però che nessuno era riuscito a staccare le fotografie; ciò voleva dire che Colin stava facendo un buon lavoro nell'impedire che qualcuno se ne andasse in giro con quelle immagini. Il tempo di farle vedere anche a Fred, George e Lee e poi sarebbero scomparse dalla circolazione. Sarebbe rimasta soltanto la copia che Bec custodiva in fondo al suo baule sotto la coltre di abiti. 
Per l'arrivo dei tre ragazzi non si dovette aspettare molto. Un'ondata di fischi da parte dei ragazzi di Grifondoro li accolse non appena misero piede all'interno della Sala Grande; prima fra tutti Ron che era addirittura balzato sulla panca. Inspiegabilmente Fred e George avevano cucito in faccia lo stesso sorrisino di sempre, forse con le guance un po' più arrossate. Lee, invece, era furioso. Cercava lungo il tavolo della sua casa con gli occhi che gli uscivano fuori dalle orbite, poi quando individuò Bec e Katie si buttò a capofitto nella loro direzione. 
- Voi due! - disse indicano prima Katie e poi Bec. Era talmente arrabbiato che non riusciva a parlare; apriva la bocca e poi la richiudeva pentito. Probabilmente gli erano venuti in mente un paio di insulti con cui definire le due ragazze, ma quando stava per dirli o li giudicava troppo offensivi per uno scherzo innocente oppure si rendeva conto che dopotutto era colpa sua se era finito in mezzo a quella storia dal momento che si era rifiutato di bere la pozione. Alla fine comunque rinunciò a qualsiasi tentativo di apostrofarle e si mise a sedere con l'umore nero, immergendo la testa nella tazza di latte. 
Fred e George andarono a sedersi pochi istanti dopo, scansando tutti i cretini che cercavano di infilargli dei fogliettini di pergamena nelle borse. - E' stato geniale - disse George scoccando un bacio sulla guancia di Bec, mentre si sedeva accanto a lei. Seduta proprio davanti a Bec, Alicia non ne fu molto contenta. Le lanciò occhiate torve tutta la durata della colazione. 
Fred le diede una pacca sulla spalla prima di mettersi a sedere vicino a Alicia, ma stranamente non stava più ridendo. 
- Lee ci ha raccontato tutto -. George sembrava fuori di sé dall'eccitazione, molto più contento di quando era lui a fare uno scherzo a qualcuno. - Non me lo sarei mai aspettato. Sono fiero di te -. 
Lungo il tavolo tutti stavano ancora ridendo nonostante gli sforzi dei professori per fargli abbassare il tono di voce. Lee impallidiva a vista d'occhio cercando di sprofondare all'interno della tazza. 
- Da quanto tempo ci stavate lavorando su? - chiese Fred mentre imburrava una fetta biscottata. Il malumore sembrava sparito. 
- Ci vuole un mese per preparare la pozione - rispose Bec compiaciuta. - L'ultimo ingrediente l'abbiamo aggiunto questa notte nella Stanza delle Necessità - aggiunse, sussurrando l'ultima parte a George per evitare che orecchie indiscrete ascoltassero quello che aveva detto. 
- E qual era? - 
- Qualcosa della persona in cui ci si vuole trasformare - disse Katie, inserendosi nella discussione. - Noi abbiamo usato dei capelli -
Fred diede un bel morso alla fetta imburrata. - Hai usato un mio capello o di George? - chiese, troppo interessato alle modalità dello scherzo. Ma copiare scherzi già fatti non era nello stile dei gemelli quindi non c'era pericolo di fare la stessa fine.  
George sorrise. - Se è stata lei - indicò Bec - a prenderlo, allora può averlo preso solo da te - disse indicando il fratello sghignazzando. 
In effetti era riuscita a prendere proprio un capello di Fred, ma cosa voleva dire George? Se non avesse aggiunto quel sorriso, Bec non avrebbe mai e poi mai pensato al motivo di quella frase. Anche la strana reazione di Fred le diede da pensare. All'improvviso era diventato tutto teso e le guance avevano ripreso ad arrossarsi come prima. E ora stava cercando di deviare il discorso. - Quando l'hai preso? -. Anche lui sembrava sicuro che il capello era suo, nonostante Bec non avesse ancora risposto. 
- Ieri dopo l'allenamento di Quidditch - rispose sospettosa. 
Fred parve offeso dalla risposta. - Ecco perché mi giravi attorno - sbottò, quasi indignato. 
Per il resto della giornata l'argomento portante fu lo scherzo fatto ai gemelli e Lee. Non c'era studente che ormai non ne parlasse. La notizia si era diffusa anche tra gli studenti delle altre case, grazie a certi Grifondoro dalla bocca troppo larga. Nuove ondate di risa si scatenavano ogni volta che Fred e George o Lee passavano e fischi ammiccanti echeggiavano nei corridoio vuoti. A ora di pranzo fu una catastrofe perché anche Nick-Quasi-Senza-Testa aveva saputo dello scherzo e non aveva perso occasione di prendere in giro i tre; la testa continuava a cadergli di lato dal troppo ridere. Sempre nella Sala Grande, Harry aveva smesso di ridere non appena Katie gli aveva spiegato come avevano fatto a convincere Colin Canon a scattare le fotografie; il ragazzo passò circa un'ora a parlare con il suo più grande fan e fingeva interesse annuendo distrattamente di tanto in tanto. 
A fine giornata, comunque, l'interesse per lo scherzo iniziò a scemare almeno tra quelli che dopo le lezioni avrebbero dovuto raggiungere la Stanza delle Necessità per la prima riunione di Difesa contro le Arti Oscure con Harry come professore. Quella sera al posto delle tendine dove Katie e Bec si erano cambiate qualche ora prima c'erano scaffali con Spioscopi, Sensori Segreti e altri oggetti che potevano rivelarsi utili; c'era un enorme Avversaspecchio scheggiato e al muro le librerie erano colme di libri che fecero illuminare gli occhi di Hermione. Dopo aver finalmente deciso che il gruppo si sarebbe chiamato Esercito di Silente e che Harry ne era a capo (per conferirgli autorità, aveva detto Hermione), si passò alla parte pratica. Harry decise che era il caso di iniziare col semplice, o almeno quello che lui riteneva semplice. Bec ebbe non poche difficoltà con Expelliarmus soprattutto se era in coppia con uno come George. 
Fred si era rifiutato di fare coppia con lei, sostenendo che non voleva perché contro di lei avrebbe dovuto trattenersi. Lee ce l'aveva ancora con lei, quindi si disse concorde con Fred e i due fecero coppia. Esibendosi in tutta la sua serietà con una linguaccia rivolta a entrambi, afferrò il braccio di George e si allontanò dai due maschilisti convinti. George era decisamente più bravo di lei e l'aveva disarmata parecchie volte, facendo volare la bacchetta un paio di metri lontano da lei. Bec, al contrario, non ci era riuscita mezza volta. Era al pari di Neville; forse anche peggio. 
- Posso farti una domanda? - chiese rivolta a George improvvisamente. George annuì. - Cosa intendevi a colazione quando hai detto che avrei potuto prendere solo un ... - 
- Un capello di Fred? - continuò lui, interrompendola. Confermai. - Niente, lascia perdere - 
Poi al suono di Expelliarmus, la bacchetta di Bec volò verso la porta, sfiorando di poco la testa di Dean Thomas. Andò a prenderla. George la seguì. - Avanti, dimmelo - lo incitò. 
- Non è niente, davvero - spiegò, consegnando la bacchetta a Bec. - Non avrei dovuto dirlo - 
Queste parole non fecero altro che aumentare i dubbi di Bec. Gli rivolse un'occhiata sospettosa, al quale George non reagì come aveva sperato. 
- Sei una ragazza intelligente, potresti scoprirlo da sola - 
George osservò Bec qualche istante con il solito sorrisetto furbo stampato in faccia. Sembrava nel bel mezzo di una decisione difficile; probabilmente stava decidendo se si sarebbe divertito di più a dirle direttamente la verità o se era il caso di farle scoprire tutto da sola come aveva detto. Doveva essere giunto alla conclusione che valeva la pena assistere alla reazione di Bec perché dopo un po' disse, scrollando le spalle: - Mi sono accorto che da un po' di tempo Fred si comporta in maniera diversa nei tuoi confronti - 
Se era possibile, quella risposta era riuscita a complicare ulteriormente la mente di Bec. In che senso si comportava diversamente? Dovette aspettare un paio di minuti per porre la domanda al ragazzo perché Harry li aveva appena richiamati per essersi persi in chiacchiere. Stava prendendo sul serio il suo ruolo. - Che genere di cambiamenti? - chiese a bassa voce non appena Harry fu dall'altro lato della stanza, troppo preso dai progressi di Cho Chang per notare che lei e George non stavano più allenandosi. 
Ancora una volta George scrollò le spalle. - Niente di che. Continuiamo con l'allenamento - disse impugnando la propria bacchetta. Non poteva iniziare a dire qualcosa e poi tirarsi indietro. 
Lei gli rivose un'occhiata supplichevole e lui fece roteare gli occhi annoiato. - Mi sbagliavo. Sei stupida -. Bec non si offese perché era impegnata a capire dove fossero andati a finire con quella discussione. George sembrava più confusionario del solito, il che era difficile anche solo da pensare. - Gli piaci! - sbottò quando Bec si limitò ad osservarlo BLANKLY. 
Bec scoppiò a ridere. Da come l'aveva detto sembrava la cosa più scontata del mondo, quasi come se lei avesse commesso un reato a non accorgersene da sola. - E' ridicolo! - disse ancora in preda alle risate. Le faceva male lo stomaco. 
- Ho paura di no - fu l'unica risposta di George. 
- Se ti stai vendicando per lo scherzo puoi fare di meglio - sbottò la ragazza, poi iniziò a scuotere la testa. - E' impossibile che io piaccia a Fred -. Non che non si reputasse abbastanza carina da piacergli, ma era certa che lui la vedeva soltanto come un'amica, esattamente come lei vedeva lui. Era come se lo conoscesse da una vita. Non aveva mai pensato a lui dal punto di vista romantico. Certo, era carino, e molto anche, ma ... George le stava facendo sicuramente uno scherzo. - Non c'è nessuna differenza tra il modo in cui si comporta Fred nei miei confronti e il modo in cui ti comporti tu - spiegò la ragazza. Entrambi si divertivano a farle scherzi o a proporle di fare da cavia, entrambi le davano una mano con le lezioni (strano a dirsi, ma vero!) e l'avevano anche aiutata con l'esame di Volo che aveva sostenuto qualche giorno prima. 
George sbuffò. - Non dirmi che non ti sei accorta della faccia che ha fatto quando ti ho dato quel bacio sulla guancia oggi a colazione - disse tutto d'un fiato. Poi gridò "Expelliarmus" per far volare via la bacchetta di Bec perché Harry era di nuovo nei paraggi. 
Bec ci pensò su. In effetti le era sembrato infastidito ma aveva pensato che era per via dello scherzo. E poi gli era passata subito. Non era la prima volta che George le dava un bacio sulla guancia per sommo dispiacere di Alicia. Provò a disarmare George per non far insospettire Harry, ma non riuscì nemmeno a fargli rotolare la bacchetta in mano. - Forse piaccio a te e non a lui - scherzò per cercare di cambiare il discorso. 
- Forse hai ragione - disse sorridendo. 
- Meglio di no - replicò Bec.  
- Perché no? - 
Bec scosse la testa. - Perché c'è qualcuno che conosco che è interessato a te -. Forse non avrebbe dovuto dire nulla, ma in fondo non aveva fatto nomi. Non c'erano possibilità che George poteva capire che stava parlando proprio di Alicia. 
- E' una fortuna allora che tu non mi piaccia - 
Fingendosi dispiaciuta, Bec si mise una mano sul petto esattamente sul cuore. Inscenò delle lacrime a cui nessuno avrebbe creduto, forse nemmeno lei. 
George rise. - Mi dispiace, ma conosco qualcuno a cui farebbe piacere tirarti su - disse indicando da qualche parte. 
Bec non ebbe bisogno di voltarsi nella direzione in cui stava puntando per capire che si stava riferendo a Fred. - Idiota - 
La prima lezione dell'ES si rivelò utile per parecchie persone; alla fine soltanto Bec e Neville avevano ancora problemi, anche se la ragazza era migliorata parecchio da quando non si esercitava più con George. Harry aveva provato a farla lavorare con Neville, sperando forse che insieme avrebbero capito dove sbagliavano, ma non fu la decisione più saggia che aveva preso. Insieme, Bec e Neville, attentarono alla vita di Seamus e Calì, che era accanto a loro, circa dieci volte in tre minuti. Per evitare che qualcuno si facesse del male Harry si affrettò a separarli e lui lavorò con Neville e Bec andò con Hermione. Nonostante aveva la testa piena di quello che le aveva detto George, riuscì a far volare la bacchetta di Hermione un paio di volte. 
*
Nelle settimane seguenti le lezioni dell'ES diminuirono per via della prima partita della stagione di Quidditch, Grifondoro contro Serpeverde. Angelina aveva ben specificato che le riunioni del gruppo di Difesa non dovevano coincidere con gli allenamenti della squadra, anche se quest'ultima non ebbe molte occasioni per farlo dal momento che Piton prenotava il campo costantemente. I rapporti tra gli studenti delle due case si inasprirono ulteriormente, se ciò era possibile. La povera Alicia era finita in infermeria perché il capitano dei Serpeverde con un incantesimo le aveva fatto crescere le sopracciglia a dismisura; Piton si era rifiutato di credere ai testimoni e sosteneva che la ragazza aveva soltanto esagerato con un Incantesimo di Ricrescita per i capelli. Nei corridoi, e anche nelle aule a dirla tutta, le prese in giro di Draco Malfoy rivolte a Harry erano aumentate ed erano indirizzate anche a Ron. La differenza tra i due era che Harry ci era abituato, avendolo sopportato per circa cinque anni ormai, ma in quel campo Ron era una sorta di novellino. Per questo, la gelida mattina della partita, sembrava aver acquisito di nuovo lo stesso colorito che aveva ai provini. A colazione mangiò poco e niente e nonostante gli incoraggiamenti da parte dei compagni di casa, niente riuscì a rincuorarlo a parte, per una piccola frazione di secondo, il bacio che Hermione gli aveva dato sulla guancia. 
Bec cercò in tutti i modi di evitare lui, Ron e i gemelli. Se qualcuno di loro le avesse fatto una domanda sulla partita non era sicura che sarebbe riuscita a tenersi tutto dentro. C'erano delle cose da dire per tutti e quattro. Ron avrebbe fatto una figura pessima, e gli altri tre sarebbero stati espulsi dalla squadra. Lungo la strada per il campo, però, disse a Lee e Hermione che li avrebbe raggiunti più tardi. - Mi sono dimenticata di prendere i guanti -. Ed era vero, ma l'aveva detto soltanto per non far insospettire Hermione. Se la ragazza avesse scoperto cosa aveva intenzione di fare, l'avrebbe uccisa. Iniziò a correre come una forsennata verso gli spogliatoi, giungendo a destinazione a corto d'aria. Inizialmente riuscì a scorgere soltanto Angelina e Alicia, già pronte nella loro divisa scarlatta, poi balzò fuori anche Katie. - Dove sono gli altri? - chiese all'amica. Harry, Ron, Fred e George non era in vista da nessuna parte. 
Proprio mentre Katie le diceva che i ragazzi si stavano cambiando, spuntò Fred ancora mezzo svestito con indosso soltanto il pantalone; la maglia appallottolata in mano. Istintivamente Bec si girò in un'altra direzione, coprendosi gli occhi con una mano. Poi recuperando il lume della ragione, ritornò a fissarlo cercando in tutti i modi di non scendere oltre il mento. - Vuoi vestirti? - sbottò innervosita. Ma cosa le prendeva? Non era la prima volta che lo vedeva a torso nudo, era già capitato un paio di volte prima o dopo gli allenamenti di Quidditch, ma non aveva mai reagito in quella maniera. Perché quella volta era diverso? 
Fred la fissò divertito. - Suppongo tu abbia visto anche altro -. 
Bec sapeva che si stava riferendo a quando qualche settimana prima  gli aveva fatto lo scherzo della Pozione Polisucco e del fatto che era diventata lui. - Sei disgustoso! - disse con una smorfia. Però Fred aveva ragione: in quell'occasione l'aveva visto anche meno vestito di come lo era in quel momento, ma non le aveva fatto nessun effetto se si escludeva il ribrezzo per essere diventata un ragazzo. Cosa le stava succedendo? - Sbrigati o prenderai freddo - si affrettò ad aggiungere quando si accorse che anche Katie la stava fissando confusa. 
Sempre più divertito Fred fece come la ragazza gli aveva detto. - Cosa volevi? - le chiese quando la testa uscì dalla maglia. I capelli erano spettinati e Bec non poté fare a meno di notare che in quel modo gli stavano meglio, gli donava un'aria più... La vuoi smettere!?, disse a sè stessa. Che ti prende?
Costringendosi a non fare caso agli sguardi straniti dei due amici quando la videro scuotere il capo per far uscire certi pensieri dalla testa, disse che aveva bisogno di parlare con lui, George e Harry. Fred andò a chiamarli e, intuendo che quella era una cosa tra loro, Katie si allontanò e andò da Alicia per dare una controllata alle sue sopracciglia. Angelina non c'era più. Quando arrivarono, i tre ragazzi erano già avvolti nella divisa rossa che si abbinava alle orecchie di Ron, mentre il volto grigio avrebbe fatto invidia al pelo di un topo. 
- Che carina, sei venuta di nuovo di dirci buona fortuna - la prese in giro George, dandole un buffetto sulla testa che lo scombinò i capelli. 
Bec fere roteare gli occhi e lasciò correre. Doveva sbrigarsi perché la partita stava per iniziare e Hermione avrebbe potuto insospettirsi per tutto il tempo che era stata via. Mentre correva aveva pensato con quali parole dire agli amici che quella sarebbe stata la loro ultima partita, ma non riuscendoci si era ripromessa che li avrebbe messi soltanto in guardia sul comportarsi bene con la speranza che capissero qualcosa. - Cercate di divertirvi e vedete di stare tranquilli più che potete, soprattutto voi tre - e indicò Harry, George e Fred, che la osservavano non molto convinti. 
Tutti e quattro, anche se il consiglio non era diretto propriamente a Ron, annuirono quando Angelina arrivò e disse che aveva saputo la formazione dei Serpeverde. A quel punto Bec andò via e augurò un'ultima volta buona fortuna a tutta la squadra. 
Gli spalti erano colmi di gente e assolutamente tutti occupati se non per l'unico posto che Hermione aveva riservato a Bec accanto a lei. - Dove sono i guanti? - chiese sospettosa. 
Bec si guardò in attesa che una scusa le piovesse dal cielo. - Non li ho trovati - balbettò poco convinta, ma l'ingresso in campo della squadra di Grifondoro riuscì a distrarre Hermione quel tanto che bastava da farle dimenticare di Bec. I Serpeverde avevano preso a intonare PERCHE' WEASLEY E' IL NOSTRO RE che per fortuna non era ancora giunta alle orecchie di Ron, che si avviava ricurvo verso gli anelli. Si poteva essere tanto stupidi? Ovviamente se eri Serpeverde la stupidità non aveva limiti quando si parlava di competizioni. Addirittura i sette giocatori aveva indossato la spilla e facevano di tutto per mostrarla fieri sul petto. Tiger e Goyle, i due bestioni amiconi di Draco Malfoy, facevano roteare le mazze da battitori tirate a lucido nella vana speranza di risultare minacciosi. 
Dopo che i capitani ebbero stretto l'uno la mano dell'altro, Madama Bumb ordinò agli altri di montare sulle scope e poi il fischio d'inizio si confuse tra gli altri fischi e le urla degli spettatori. La partita fu un vero disastro per Ron, che nei primi dieci minuti era riuscito a far passare quattro volte la Pluffa mentre le orecchie diventavano di fuoco. Fu sul punteggio di 40 a 10 per Serpeverde che Harry riuscì ad afferrare, una manciata di secondi prima di Malfoy, il Boccino facendo vincere la partita ai Grifondoro. Harry ebbe il tempo di vedere la curva rosso-oro balzare in piedi con un boato prima di essere atterrato da un Bolide tiratogli da Tiger. Il fischio di Madama Bumb si confuse ancora una volta e si sentì a stento. Tutti volarono nella direzione di Harry e anche Malfoy. 
Dall'alto fu impossibile sentire cosa si dicessero, anche se Bec ne aveva un vago ricordo. Il tempo di pochi minuti e vide Angelina, Alicia e Katie sforzarsi per cercare di trattenere Fred dallo scaraventarsi su Malfoy, mentre Harry e George già gliene stavano dando di santa ragione. A fermarli fu Madama Bumb, rendendo visibile dagli spalti il naso sanguinante di Harry e il labbro gonfio di George; Fred ancora cercava di liberarsi. Non appena Harry e George si allontanarono per andare nell'ufficio della professoressa McGranitt, Bec si affrettò a raggiungere gli spogliatoi accompagnata dalle risate di scherno dei Serpeverde. Vi trovò Angelina fare avanti e indietro, quasi tracciando un solco nel pavimento, e borbottava cose incomprensibili; Alicia e Katie stavano discutendo animatamente con Fred, furente; Ron non era in vista da nessuna parte.
- Avreste dovuto lasciarmi - continuava a ripetere Fred. - L'avrei fatto a pezzi - 
Bec si avvicinò al terzetto. Non le sembrava il caso di dire "te l'avevo detto" in quel momento, ma avrebbe tanto voluto. 
Alicia era furiosa. - E cosa avresti concluso? - urlò la ragazza. Poi si voltò a guardare Bec e: - Diglielo anche tu che avrebbe fatto una stupidaggine - disse allontanandosi insieme a Katie. - Forse a te darà ascolto -. Le due ragazze andarono da Angelina che ormai sembrava incapace di fermarsi, sull'orlo di una crisi di nervi. Era una bella seccatura alla sua prima partita da capitano ritrovarsi in un quel guaio. 
Fred si era buttato pesantemente su una sedia, senza il minimo cenno di volersi calmare. - Lo sapevi, non è così? -. Bec annuì. Non sapeva come comportarsi in una situazione del genere; in quei mesi non aveva mai visto Fred così arrabbiato. - Quando stamattina ci hai detto di stare tranquilli immaginavo che c'era qualcosa sotto, ma non avrei mai pensato a niente di tutto questo -. Aveva il capo poggiato contro la parete, con le nocche che bianche tanto che stringeva i pugni. 
Bec si sedette accanto a lui, gli mise una mano sulla spalla. - E' stato da stupidi -. Fred abbassò lo sguardo. - Ma se lo meritava - aggiunse quando si accorse dello sguardo di Fred. 
- Cosa succederà a Harry e George? - chiese. 
- Beh ... -

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Non ci credo di essere già arrivata al nono capitolo. Non ho ancora stabilito cosa succederà da questo capitolo in poi, ma penso che le cose cambieranno leggermente. Ho già il finale in mente però e non so se è un bene o un male perché devo fare di tutto per far coincidere le cose. Ma ritornando al presente, spero che anche questo capitolo piaccia. 

CAPITOLO 9
Si dice che il tempo passa in fretta quando ci si diverte. Bec non poté non notare il fondo di verità in quella frase. Anche novembre era passato e dicembre aveva portato con sé freddi insostenibili e nevicate fitte che ricoprivano il castello di un ghiacciato manto bianco, ma nonostante Bec fosse sommersa dai compiti tutti i giorni e aveva esami ogni mese (anche in quello di Trasfigurazione era riuscita a strappare una E, meritatissima a detta della professoressa McGranitt), stava passando forse i migliori giorni della sua vita da quando era nata. In quella scuola aveva trovato degli amici fantastici, mentre nel mondo al quale apparteneva prima ne aveva soltanto una di cui poteva fidarsi; aveva scoperto di non essere poi tanto normale come credeva di essere prima di risvegliarsi nel salotto del numero 12; e si stava impegnando in qualcosa che davvero le piaceva. Se tutto quello era destinato a finire da un momento all'altro non lo sapeva, l'unica cosa che le interessava era che si sentiva bene e si divertiva, come non faceva da molto tempo. Le mancavano Valerie e la sua famiglia, certo, ma dentro sapeva che prima o poi li avrebbe rivisti.
Un po' meno contenti di quel periodo erano Ron, Harry, Fred e George. Il primo per un motivo diverso dagli altri tre ma comunque legato al Quidditch. Dalla famosa partita contro Serpeverde tutti e quattro ne erano usciti in un certo modo sconfitti, nonostante la vittoria della squadra. Ron continuava a peggiorare man mano che gli allenamenti andavano avanti e il fatto che Bec aveva suggerito ad Angelina di provare Ginny come sostituta di Harry nel ruolo di Cercatore non gli era piaciuto neanche un po'. - Senza Cercatore non avremmo potuto più giocare - continuava a ripeterle quando si parlava di Quidditch e la fulminava con lo sguardo subito dopo ogni allenamento quando ritornava dagli spogliatoi. Ovviamente i tentativi di Bec di fargli capire che prima o poi Ginny sarebbe entrata in squadra si erano rivelati tanto inutili, quanto quelli di convincere Hermione che i suoi cappellini e calzini non servivano a nessun elfo domestico. Privato della cosa che gli veniva forse meglio, Harry non riusciva a capire come Ron potesse invidiarlo così tanto. Per lui il Quidditch era una sorta di oasi protetta che gli permetteva di dimostrare il meglio di sé, dove poteva essere sé stesso fregandosene di tutto e tutti, soprattutto quando poteva far mangiare la polvere a Malfoy. A Bec venne in mente più di una volta che Harry continuava a rimanere a Hogwarts soltanto perché altrimenti sarebbe ritornato dai Dursley e perché le lezioni dell'ES procedevano benissimo. Fred e George erano tutt'altra storia. Il giorno successivo alla squalifica, entrambi erano intrattabili: guardavano chiunque passasse nelle loro vicinanze in cagnesco, parlavano di rado e a parte qualche commento sporadico non accennarono più al Quidditch. Poi con il passare dei giorni le cose migliorarono: George aveva ritrovato in fretta la voglia di scherzare visto che tormentava Bec, ripetendole appena possibile di consolare Fred nel momento del bisogno. Da quando avevano avuto quella conversazione alla prima lezione di Difesa nella Stanza delle Necessità, Bec aveva osservato attentamente il comportamento di Fred nei suoi confronti e non ci aveva mai trovato nulla di strano, anzi forse era George quello che la trattava meglio, mentre Fred non perdeva occasione per prenderla in giro. Spesso aveva analizzato anche il proprio di comportamento verso Fred e, a differenza del ragazzo, si accorse che lei era cambiata. Gesti che prima le venivano così naturali, adesso li evitava, come il dargli una innocua pacca sulla spalla, oppure fargli un complimento in più; evitava di tifare per lui quando giocava a Spara Schiocco con George o Lee, arrossiva più di frequente quando era nei paraggi. Si era chiesta più volte se il motivo del suo cambiamento fosse dovuto al fatto che le piaceva Fred e non se ne era accorta come, ma quando ci pensava le veniva da ridere e quando riusciva a trattenere le risate per pura curiosità di immaginare come potrebbe essere tra loro due si bloccava di proposito. Insomma, non le poteva piacere Fred Weasley. Era, ormai poteva dirlo, il suo migliore amico (insieme a George), e semplicemente non riusciva a pensare a lui da quel punto di vista. Era più accurata negli atteggiamenti soltanto perché George le aveva detto quelle cose. Presto se ne sarebbe dimenticata e tutto sarebbe ritornato alla normalità anche per lei.
Anzi, prima inizio meglio è, si disse Bec. Con un spinta sui bracci della poltrona, balzò in piedi e andò dritta alla finestra. Il livello della neve che ricopriva il cortile era abbastanza alto e prometteva di alzarsi con tutti i fiocchi che stavano scendendo. Era una buona giornata per una bella lotta a palline di neve. Al diavolo il freddo e le mani gelate! La Sala Comune quella mattina era un vero e proprio mortorio, nonostante il giorno dopo fossero partiti tutti per la pausa natalizia. Fred e George erano seduti sul divano davanti al camino come sempre a lavorare alle loro invenzioni, Hermione era armata di lana e ferri per fare, imperterrita, altri cappellini, Harry e Dean si stavano sfidando a una partita all'ultimo sangue di scacchi dei maghi con Neville a fare da spettatore.
Un pomeriggio come quello non poteva essere buttato alle ortiche, standosene seduti a fare niente. Si avvicinò ai gemelli e sbirciò oltre le loro spalle, nonostante non le interessasse neanche un po' quello che stavano combinando. - Andate a mettervi guanti, cappello e sciarpa - disse perentoria. Sia Fred sia George la guardarono come se avesse appena confessato che tutti i venerdì sera lavorava come spogliarellista in un night club per pervertiti over-settanta. Cercò di non ridere della loro espressione.

- Perché? - chiese Fred, mettendo da parte i fogli di pergamena che stavano consultando. L'unica occasione in cui si poteva vedere quei due con delle pergamene in mano era quando stavano leggendo la lista degli ingredienti per i loro dolcetti malefici oppure quando facevano una sorta di inventario per il negozio.
Per non rischiare di avere una risposta negativa, Bec si allontanò ordinando di fare come lei aveva detto. - E anche voi - disse  rivolta a Harry e gli altri quando li superò per andare nel dormitorio a munirsi anche lei di indumenti anti-freddo. Infilò il giubbino e poi mise cappello e guanti (le sciarpe le odiava, le pizzicavano il collo). In meno di un minuto fu di nuovo nella Sala Comune, contenta di vedere che i gemelli e Hermione erano già pronti per andare. - Ci dici cosa dobbiamo fare? - le chiedevano a turno i tre, ma Bec si rifiutava di rispondere. Poco dopo comparvero Harry, Neville e Dean anche loro coperti in ogni dove, con soltanto la faccia all'aria.
- E' meglio che metti i guanti - consigliò a Neville, mentre si fiondava oltre il buco del ritratto e poi giù lungo tutte le scale ballerine che portavano all'ingresso della scuola. Non appena oltrepassò il grande portone, l'aria fredda la colpì in pieno viso, facendole quasi sperare di essersene rimasta al caldo della Sala Comune. Poi sentì i passi dei ragazzi alle sue spalle e capì che fare marcia indietro a quel punto non era una buona idea.
- Hey, Bec - la chiamò Roger, in compagnia dei suoi migliori amici di cui Bec conosceva soltanto qualche nome. - Dove state andando? - le chiese quando fu soltanto a qualche passo da lei. Gli amici alle sue spalle erano tutti rivolti nella direzione di Bec, fissandola. Dal giorno del loro appuntamento Bec e Roger non avevano affrontato la spinosa questione del "noi" e la loro relazione, se così poteva essere chiamata, era in stand-by, nel senso che non erano una coppia ma non si comportavano nemmeno da semplici amici. Erano molte le mattine che facevano colazione insieme al tavolo dei Grifondoro o dei Corvonero, quasi ogni sera Roger accompagnava Bec fino alla Sala Comune rosso-oro e i rari momenti liberi li passavano a chiacchierare. Fatto stava che nessuno dei due si decideva a fare la prima mossa quando era evidente che a lei piacesse lui e a lui piacesse lei.
Con un solo e deciso - Seguimi - riprese a camminare sempre più velocemente, ansiosa di trovare il posto giusto, ignorando i commenti spazientiti dietro di lei. "Io me torno dentro", "Qui si gela" oppure "E' diventata tutta matta" erano quelli che era riuscita a sentire meglio, gli altri erano soltanto mormorii incomprensibili che non si sforzò di capire. Quando ebbe trovato il posto adatto, dove la neve era bella abbondante, si calò improvvisamente e arrangiando alla bell'e meglio una pallina di neve, si alzò di colpo e la lanciò al primo di loro che le capitò davanti. Hermione, la malcapitata che si era beccata in faccia il suo tiro, rimase immobile qualche secondo con la faccia ricoperta a macchie di neve; con un sospiro fece sciogliere l'ammasso accanto alla bocca e con le mani si spostò quello più abbondante dagli occhi, per poi abbasarsi e lanciare anche lei una pallina. Sorpresa che la ragazza non aveva cercato di usare il suo status di prefetto per mettere fine alla battaglia che ancora doveva cominciare, Bec fece una nuova pallina ben più salda e compatta che si spiaccicò sul braccio di Harry.
Neanche il tempo di preparne una nuova che una decina di palline si alzarono in volo verso tutte le direzioni con l'intento di colpire il compagno più vicino. Bec non seppe dire quante palline di neve l'avevano colpita nei primi cinque minuti di gioco (sicuramente più di quante ne aveva lanciate), ma si ritrovò zuppa dalla testa ai piedi quando si ritrovò faccia a faccia con Dean, avversario dell'esercito nemico. Si erano delineate due squadre ben nette: Bec, Roger, Hermione, Harry e Neville da una parte e Dean, Fred, George e Lee dall'altra. Con un incantesimo davvero utile Hermione era riuscita a far diventare la neve della sua squadra di un bel verde acceso mentre quella della squadra avversaria era rossa in onore del colore dei capelli della metà dei suoi membri; il giocatore che veniva colpito da una pallina di neve del colore dell'altra squadra veniva eliminato dal gioco.
Dean si rivelò un osso duro da battere, perché in più di una occasione era stato vicinissimo dal colpire Bec ed eliminarla. Ma proprio l'ultima occasione gli fu fatale: Dean aveva appena messo Bec con le spalle al muro, non lasciandole alcuna via di uscita intrappolata tra di lui e un albero, quando alle sue spalle comparve Roger, armato di neve verde che andò a finire sulla nuca del nemico. Il nobile gesto del ragazzo però, per sua sfortuna, non lo salvò dal tiro perfetto di Fred, che da un buon Battitore quel era non aveva fallito. Con un gran sorriso sulle labbra, Fred osservò, senza mai abbassare la guardia, Roger che si allontanava dal campo di battaglia. - Mi toccherà eliminarti adesso - urlò con tutta la voce che aveva in gola rivolto a Bec.
La ragazza scosse la testa e si allontanò dall'albero velocemente. - Prima devi prendermi - gridò in risposta e poi prese a correre. I passi veloci alle sue spalle le fecero intuire che Fred la stava seguendo e il fatto che il rumore della neve si facesse sempre più nitido non prometteva nulla di buono per lei. Non aveva una meta ben precisa, zig-zagava alla ricerva di un posto dove nascondersi per prendere fiato e fare scorta di palline di neve colorate, ma Fred era troppo vicino per fermarsi. Cercò, sempre correndo, di vedere quanto vicino fosse sul serio. Controllando che davanti a sé aveva campo libero, si voltò indietro e con suo enorme piacere notò che il ragazzo non era poi così vicino come aveva pensato e soprattutto era a mani vuote; se si sbrigava aveva il tempo di appallottolare della neve, fare l'incantesimo per colorarla, poi lanciarla e con un po' di fortuna avrebbe potuto anche colpirlo. E così fece, soltanto che la troppa forza che aveva usato per far giungere la palla a destinazione aveva scaraventato quest'ultima ben oltre la testa di Fred e Fred si era fatto pericolosamente vicino. Se Bec avesse rallentato anche solo un po', Fred l'avrebbe raggiunta senza troppi problemi.
Ma Bec era stanca; le fitte al fianco sinistro aumentavano di frequenza e ormai non si sentiva più i polpacci. Ecco cosa succede quando si è fuori allenamento, pensò. Il problema era che lei non era mai stata "in allenamento" o in forma, perché lo sport le interessava meno di zero ed era troppo pigra per muoversi più dello stretto necessario. Risultato? Fred era riuscito a prenderla ed erano finiti entrambi al suolo. Bec si disse sollevata quando si accorse che non doveva più muovere le gambe come una forsennata e che avrebbe potuto respirare tranquillamente. Eppure non stava respirando poi molto più facilmente di prima e il motivo era che Fred era sopra di lei.
- Hai perso - riuscì a dire lui a fatica per via del fiatone. Neanche la stanchezza riusciva a farlo smettere di sorridere.
Bec cercò invano di toglierlo di dosso. - Non hai ancora vinto -. Scalciò con quanta forza gli era rimasta nelle gambe ormai esauste, ma non si alzarono più di mezzo millimetro perché Fred gliele aveva bloccate con le proprie e spostarlo non era una cosa molto facile. Gli anni da Battitore gli avevano fatto acquistare una forza non indifferente, soprattutto nelle braccia. Bec aveva anche cercato di mollargli un paio di schiaffi o pugni nel tentativo di allontanarlo quel poco per permetterle di filare via, ma non ci era riuscita perché anche le mani erano ferme sotto quelle del ragazzo. - Cosa vogliamo fare? - gli chiese, fingendo il suo miglior tono annoiato.
Fred non rispose, ma le sue intenzioni furono ben chiare a Bec. Erano così vicini che tra le loro bocche non c'erano più di cinque centimetri di distanza, i loro nasi quasi si sfioravano e i respiri si confondevano caldi tra di loro. I battiti del cuore di Bec aumentarono forse del doppio quando vide che gli occhi di Fred si erano posati sulle sue labbra e lentamente il ragazzo si stava avvicinando, accorciando quel distacco già minimo. Senza che se ne accorgesse si stava avvicinando anche lei, desiderosa di sapere, di provare quel bacio. Poi udì delle voci. Chiuse gli occhi e li riaprì velocemente. Cosa stava facendo? Scosse la testa violentemente e, con il pizzico di lucidità che era ancora in lei, prese tra le dita una manciata di neve e la buttai sul viso di Fred. Approfittarsi di quell'attimo di distrazione era stato un colpo basso, ma doveva togliersi da quella posione prima che qualcuno li vedesse. Così, senza nemmeno aspettare Fred, si alzò in piedi e si diresse nella direzione dove proveniva la voce.
Vide Harry comparire davanti a lei qualche passo dopo. - Che fine avete fatto? - domandò, coi capelli bagnati attaccati alla fronte. Solo in quel momento Bec si accorse che Fred era di nuovo alle sue spalle.
Nessuno dei due rispose alla domanda di Harry. Bec si aspettava che Fred trovasse una scusa convincente per spiegare come mai nessuno dei due era stato eliminato dal gioco, ma a quanto pareva neanche lui sapeva cosa dire. Alla fine, stufa dello sguardo indagatore di Harry, Bec si allontanò per fare ritorno al castello, mentre alle sue spalle sentì Harry interrogare Fred per lo strano comportamento della ragazza. Quando incontrò gli altri, fu costretta a rispondere un paio di volte che non era riuscita a eliminare Fred e che neanche lui ci era riuscito, senza mai alzare lo sguardo da terra, soprattutto in presenza ravvicinata di George. Aveva la sensazione che il ragazzo avrebbe potuto capire quello che era successo soltanto guardandola negli occhi. In effetti non era difficile capire che era successo qualcosa tra lei e Fred nei momenti che erano rimasti soli visto che entrambi erano taciturni e se la cosa era quasi normale per Bec, non sentire la voce di Fred per un minuto era molto strano.
Essendo ormai scomparso l'ultimo raggio di sole, tutti decisero che era giunta l'ora di fare ritorno al castello per cambiarsi in abiti caldi e asciutti. Lungo il tragitto Bec si sentì un paio di occhi costantemente puntati su di lei e, nelle rare volte che con la scusa di aggiustare i capelli lunghi gettava un'occhiata furtiva alle sue spalle, riuscì a scorgere un paio di volte Fred osservarla. Non appena i loro sguardi si incrociavano, lei ritornava a fissare davanti a sé più turbata e proponendosi di non voltarsi più. Anche George la lanciava occhiate curiose con la chiara intenzione di volerle parlare, sicuramente per sottoporla a un terzo grado, ma per sua sfortuna Lee lo aveva trascinato in una conversazione impegnativa e piuttosto animata con Dean. Harry e Neville, due passi di dietro di lei e Hermione, stavano discutendo ancora della "lotta" appena conclusa, con i denti che battevano dal freddo.
L'ingresso del castello era più affollato del solito quella sera; studenti che entravano o uscivano dalla Sala Grande chiacchierando e discutendo di qualcosa che era accaduto, riempivano l'ampio spazio. Era difficile riuscire a capire cosa si stessero dicendo e soprattutto perché guardassero nella direzione dei dieci amici appena ritornati dall'esterno. Le occhiate erano indirizzate a tutti, ma poi andavano a posarsi sempre sui gemelli. George diede una gomitata a Fred, che ancora non si era accorto di nulla; i due si rivolsero prima un'occhiata confusa e poi fissarono entrambi Bec. Volevano sapere cosa stava succedendo, ma anche Bec non aveva idea del perché tutti li guardassero, così scrollò le spalle e fece per allontanarsi. In quel momento arrivò Angelina. Molto strano dal momento che a quell'ora la squadra era impegnata con gli allenamenti.
- Eccovi, finalmente! -. Angelina aveva l'aria sbattuta, era come se non dormisse da una settimana e sembrava preoccupata. - Dove vi eravate cacciati? -. Si era avvicinata ai gemelli a grandi passi con lo stesso tono di rimprovero che rivolgeva ai due quando rallentavano gli allenamenti di Quidditch con i loro scherzi. - E' un'ora che vi sto cercando. Seguitemi - aggiunse facendo loro segno di seguirla. I due tentarono di chiederle se potevano cambiarsi prima, ma la ragazza fu irremovibile.
Facendo a botte con la curiosità che la spingeva a seguire i gemelli, Bec si costrinse ad avviarsi insieme agli altri nella Sala Comune per cambiarsi. Sia Fred che George erano ancora bagnati e col freddo che faceva di quei tempi potevano ammalarsi, quindi se Angelina non gli aveva concesso di cambiarsi voleva dire che era successo qualcosa di importante, che richiedeva la loro immediata presenza da qualche parte nel castello. Bec cercò di ricordare qualcosa di quel giorno, ma non le venne in mente nulla se non il fatto che era il giorno prima delle vacanze natalizie. Quella sera ci sarebbe stata l'ultima lezione dell'ES, il bacio tra Harry e Cho, il sogno di Harry riguardante l'aggressione del signor Weasley, ma niente che avesse a che fare propriamente con i gemelli. O meglio, niente che fosse scritto nel libro. Ma se non era scritto nel libro, allora non c'era nulla di cui preoccuparsi. Eppure Bec lo era. Fece una doccia veloce, infilò degli abiti asciutti e poi uscì in fretta e furia dal dormitorio per andare in quello dei gemelli. Avrebbe aspettato lì il loro ritorno.
Bec non dovette attendere molto prima che i gemelli rientrassero. A guardarli non sembrava successo niente di preoccupante, ma con loro non si poteva mai stare sicuri. - Dove siete stati?  chiese guardando prima uno e poi l'altro, magari soffermandosi meno sull'altro.
George si buttò pesantemente sul letto, esausto. - Ginny è caduta dalla scopa durante l'allenamento - spiegò mentre si sfilava le scarpe zuppe - e ora è in infermeria -.
Ginny in infermeria? - Come è successo? -
- Certi cretini di Serpeverde cantavano ancora quella canzone e lei si è distratta - rispose ancora George con nonchalance; sembrava quasi annoiato. - Non ha visto il Bolide... puoi immaginare come è andata a finire -.
Si, in effetti il finale era scontato, ma nel libro non c'era nessuna Ginny ferita. A dir la verità, Ginny non doveva essere nemmeno in squadra perché ne sarebbe entrata a far parte soltanto quel giorno a giudicare dall'annuncio di Angelina a Harry nella Stanza delle Necessità. Quindi era colpa di Bec se Ginny si trovava in quelle condizioni (beccarsi un Bolide e cadere dalla scopa non dovevano essere cose piacevoli)? Se non avesse mai suggerito ad Angelina di farle fare un provino, Ginny non si troverebbe in infermeria.
- E' da sola adesso? -. Doveva vedere come stava di persona e sentiva la necessità di scusarsi.
George scosse il capo. - Mamma e papà le stanno tenendo compagnia -. Detto ciò George si alzò e andò dritto in bagno col capo chino.
Il signor e la signora Weasley erano nella scuola. Il pensiero procurò a Bec un senso di contentezza improvviso, che presto però scomparve. Il signor Weasley era lì, nella scuola, e non al Ministero. Di lì a qualche ora Harry avrebbe dovuto sognare la sua aggressione, ma se lui non si trovava nel luogo dove doveva essere nel momento adatto le cose sarebbero cambiate drasticamente. E allora non avrebbe mandato soltanto Ginny in infermeria, ma avrebbe alterato tutto. - Sai a che ora andranno via i tuoi genitori? - chiese a Fred.
Fred non aveva detto una parola tutto il tempo, se ne era stato semplicemente seduto sul letto impegnato a guardare dritto davanti a lui con la faccia da cane bastonato. Era evidentemente e naturalmente arrabbiato per quello che era successo a Ginny. - Silente ha insistito perché rimanessero fino a domani - rispose atono il ragazzo. Se Bec lo conosceva anche solo un po', stava pensando di raggiungere quei Serpeverde e riuscire dove aveva fallito qualche settimana prima.
Era strano vederlo in quella maniera e di certo non era da lui, ma al momento avevano un problema più grande, molto più grande. Il signor Weasley doveva andarsene al più presto dalla scuola. - Tuo padre non può restare qui - disse a Fred senza pensare. Il ragazzo la guardò stranito. Dio, come faceva a spiegargli che il padre doveva essere aggredito? E anche se ci fosse riuscita, non era sicura che lui e George, o anche Ron, avrebbero lasciato andare il padre. Nessun figlio al mondo manderebbe il proprio padre incontro a un pericolo consapevolmente. E cosa doveva fare, allora? L'unica soluzione ragionevole era quella di cercare di convincere i gemelli a ... no, non poteva chiedergli di sacrificare il padre. Lei non lo avrebbe fatto col suo, neanche con la certezza che tutto sarebbe andato a buon fine come in quel caso.
- Cosa sta succedendo? -. Adesso nello sguardo di Fred non c'era più rabbia, ma preoccupazione. Doveva aver intuito che qualcosa non andava. Ormai era chiaro sia ai gemelli sia al trio che quando Bec dava dei "consigli" vaghi e poi non parlava più voleva dire che stava riflettendo su quello che sarebbe accaduto. E di solito non erano mai cose positive.
Bec si voltò a guardare Fred, rassegnata. Deglutì. - Nel libro tuo padre veniva aggredito da un serpente la sera prima delle vacanze natalizie - rispose senza troppi fronzoli. Era inutile girarci attorno quando il succo era quello. Con la storia del serpente si era mantenuta sul vago però; non le sembrava il caso di dire a Fred che il serpente in questione era Nagini, il fedele animale da compagnia di Voldemort.
Fred si prese qualche istante per digerire la notizia. - C'entra l'Ordine, non è così? - Bec annuì. - Cosa facciamo adesso? - chiese ancora cauto, fin troppo tranquillo.
Bec sollevò le spalle. - So soltanto che ho combinato un guaio - disse osservando la luna al di là della finestra. Maledizione a lei e alla sua bocca larga! Se avesse avuto la decenza di farsi gli affari suoi non si sarebbe ritrovata in quella situazione e avrebbe evitato parecchi problemi che ora le toccava risolvere. L'aggressione, si poteva dire, era l'evento portante di tutto il quinto libro, quello che avrebbe condotto a quel determinato finale; venendo a mancare niente sarebbe andato come doveva andare. Ma se Silente aveva insistito perché il signor Weasley rimanesse al castello, allora qualcun'altro avrebbe preso il suo posto al Ministero. In quel modo, e Bec si vergognò di aver pensato una cosa del genere, le cose non sarebbero cambiate parecchio. Un'aggressione ci sarebbe stata e con molte probabilità Harry l'avrebbe vista nei suoi sogni. Ma doveva avvisare qualcuno.
Bec balzò in piedi dal letto e corse fuori dal dormitorio urlando soltanto: - Ti spiego dopo - quando Fred le chiese dove stava andando. Aveva bisogno urgentemente di Silente perché, anche se quest'ultimo le aveva espressamente vietato di divulgare notizie riguardanti il futuro, doveva avere la certezza che anche al membro dell'Ordine, che avrebbe fatto la guardia all'Ufficio Misteri al posto del signor Weasley, sarebbe stata garantita la stessa rapidità di soccorso. Con le conseguenze avrebbe fatto i conti dopo.
La prima tappa alla ricerca del preside la portò in infermeria. Con un po' di fortuna era ancora lì con i Weasley. - Avete visto Silente? - chiese col fiato corto non appena mise piede in infermeria. Madama Chips la zittì furiosa, mentre Molly Weasley si stava avvicinando a Bec con le braccia aperte. La intrappolò in un abbraccio stritolante, mentre le ricordava che erano passati un paio di mesi da quando era andata via senza salutare. Bec avrebbe tanto voluto rimanere lì a chiacchierare del più e del meno, ma prima doveva trovare Silente, così ripeté la domanda. - E' andato al Quartier Generale dell'Ordine - le sussurrò il signor Weasley, attirando su di sé gli sguardi sospettosi di Madama Chips. La signora Weasley mollò al marito una gomitata nel fianco che non passò inosservata agli occhi di Bec.
Senza perdersi d'animo Bec si congedò dai due signori e riprese a correre, quella volta nella direzione dell'ufficio della professoressa McGranitt. Anche lei era un membro dell'Ordine. L'ufficio della Mcgranitt si trovava al primo piano, per cui non impiegò un po' di tempo per raggiungerlo. Senza bussare spalancò la porta dell'ufficio per non trovarvi nessuno al suo interno. Lungo la parete vi scorse una seconda porta e aprì anche quella senza bussare, ma anche quella stanza era vuota.
- Signorina Hart, cosa ci fa qui? - La professoressa McGranitt era livida in volto e a buon ragione visto che Bec era entrata nella sua camera da letto, invadendo il suo spazio personale. - Come...? -
Bec non le permise di continuare. - Chi sostituirà il signor Weasley al Ministero questa sera? - chiese mentre si apprestava ad uscire dalla camera su invito della McGranitt.
La professoressa le aveva messo una mano sulla spalla e la stava conducendo alla porta. - Non sono affari che la riguardano -.
- Verrà aggredito - cercò di dire a voce non troppo alta. Contrariamente a come aveva pensato, la McGranitt continuava ancora a cacciarla. Se Bec voleva che la ascoltasse, c'era soltanto una cosa che poteva fare. - Dal serpente di Lei-Sa-Chi - aggiunse quando fu ormai fuori dall'ufficio. Per fortuna non c'era nessuno nei dintorni.
La McGranitt si era fermata di colpo con la mano sul pomello della porta, pronta a richiuderla. - Non dica sciocchezze! - sbottò, quasi indignata, dopo essersi ripresa. - Come farebbe a entrare un serpente nel Ministero della Magia? - disse con il miglior tono scettico che riuscì a inscenare.
- Sa che sto dicendo la verità -. Non poteva non crederle sapendo che veniva dal futuro. Eppure la professoressa non aggiunse nulla. - E va bene, non mi interessa se lei non mi crede, l'importante è che l'aggressione avvenga e che soccorriate velocemente chiunque sia -.
Non ebbe tempo di aggiungere altro perché dal nulla sbucò la professoressa Umbridge avvolta nella solita nuvola rosa. - Signorina Hart, non dovrebbe girare per i corridoi a quest'ora - disse con quella sua vocetta dolce. Fissava Bec con gli occhi ben aperti e un sorriso beffardo sul viso.
Ci credo, pensò Bec. Non vedeva l'ora di mettere qualcuno in punizione. - Oh, beh... io... -
- Le ho chiesto io di venire, Dolores - si intromise la professoressa McGranitt. Il suo intervento era arrivato al momento giusto.
Gli occhi della Umbridge si rimpicciolirono di un paio di taglie; la somiglianza con una rana si accentuò. - Ne sono certa, Minerva, ma mi dispiacerebbe scoprire che lei preferisce certi allievi ad altri e anche il Ministro ne soffrirebbe se sapesse per caso una cosa del genere -. La dolcezza nel tono era svanita, ora era quasi divertito.
- Non è questo il caso - disse gelida la McGranitt. - Ho solo riferito alla signorina Hart che il prossimo esame lo sosterrà con lei a febbraio -
Bec non sapeva se stava dicendo sul serio o era una scusa di copertura, ma a ogni modo non si preoccupò più di tanto. Con la Umbridge avevano soltanto letto capitoli noiosi su fatture e cose del genere, quindi al massimo poteva farle qualche domanda. Non potendo più aggiungere nulla in presenza della Umbridge, Bec si allontanò pensando che era il caso di controllare i libri.

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