Babylon

di Martyx1988
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - La Colonna ***
Capitolo 2: *** L'Angelo ***
Capitolo 3: *** Ombre dal passato ***
Capitolo 4: *** Verso il Santuario ***
Capitolo 5: *** Gemelli ***
Capitolo 6: *** Synagein ***
Capitolo 7: *** I bambini di Rodorio ***
Capitolo 8: *** Che cos'è l'amore? ***
Capitolo 9: *** Lacrime e Malinconia ***
Capitolo 10: *** Dal tramonto all'alba ***
Capitolo 11: *** Accompagnatore cercasi ***
Capitolo 12: *** Sabotaggi e contro-sabotaggi ***
Capitolo 13: *** Sovraccarico ***
Capitolo 14: *** Petali di ricordi ***
Capitolo 15: *** Bambini in fuga ***
Capitolo 16: *** Gioco di ruoli ***
Capitolo 17: *** Missioni impossibili ***
Capitolo 18: *** Rose, spine e veleni ***
Capitolo 19: *** Fili di legami ***
Capitolo 20: *** Incubi ***



Capitolo 1
*** Prologo - La Colonna ***


Babylon
(seguito di "A Divine Love")

Prologo – La Colonna

Un silenzio tombale era sceso sulla grande sala, talmente cupo che parve oscurare il sole, i cui raggi erano liberi di illuminare l’ampio ambiente passando per il lucernario sulla volta. Ma nemmeno il suo caldo chiarore era in grado di scacciare le tetre preoccupazioni che in quel momento tormentavano la mente del giovane uomo seduto sullo scranno d’oro in fondo alla sala.

Il gomito poggiato sul bracciale, la mano alla fronte a coprire gli occhi fissi e quasi vuoti di speranza, la chioma bionda a nascondere il resto del volto alla vista di altri, l’uomo tentava in tutti i modi di trovare una soluzione a quella tragica notizia appena arrivatagli.

Mai avrebbe pensato che qualcosa sarebbe arrivato a distoglierlo dal suo obiettivo primario. Ma mai, sapeva anche, era una parola pesante e da usare con parsimonia, proprio come egli aveva mancato di fare.

E ora iniziava a subirne le conseguenze, talmente gravanti da costringerlo a fare una cosa che gli bruciava fare: tornare sui suoi passi. Si giustificò al pensiero che lo faceva per amore della sua grande e potente famiglia, la cui memoria non voleva venisse dimenticata o rilegata in qualche borioso libro che il tempo avrebbe consunto.

Già pochi erano quelli che si ricordavano dei loro nomi, delle loro imprese, del loro potere. Ancora meno quelli che decidevano di servirli fedelmente. Altri nomi, altre famiglie erano nate per prendere il loro posto, per essere ricordate, le loro azioni esaltate, i loro insegnamenti tramandati.

Per questi nomi, alcuni avevano infine deciso di agire, di minacciare. Magra consolazione gli portò il pensiero che, alla fine, erano soltanto nomi.

Zeus sospirò e riprese la posizione eretta sul trono che gli si confaceva, puntando lo sguardo dorato sul suo messaggero. Hermes aveva portato la funesta ambasciata più velocemente possibile, quindi aveva atteso paziente la decisione finale del suo signore. Nulla trapelava dalle iridi color del fulmine del re degli dei, i muscoli del viso non accennavano a dare al volto severo un’espressione decifrabile, il respiro regolare non ingannava nessuna agitazione.

“Porta Apollo e Artemide al mio cospetto” ordinò secco. Hermes non si perse in inutili considerazioni e sparì fulmineo oltre l’apertura sulla volta.

In breve fu di ritorno, entrando dal pronao affiancato dalle divinità che il suo re desiderava vedere.

I divini gemelli si inchinarono al suo cospetto, figli devoti di un sovrano che stava perdendo il suo regno.

“Alzatevi” comandò Zeus, ed essi eseguirono.

“Cosa comanda il padre degli dei?” domandò Apollo reverente.

Zeus volse però lo sguardo alla sorella.

“Che ne è stato del Santuario di Atene?” le chiese.

“L’ho lasciato, come voi avete ordinato, dopo lo scontro con Atena e i suoi Cavalieri. Adesso è nelle mani degli esseri umani che ivi sono rimasti, fedeli ad una dea che non vi ha fatto ancora ritorno”

Dalle parole di Artemide trapelò il fastidio per il fallimento della sua missione sulla Terra e la sconfitta riportata contro la sorellastra, senza dubbio la favorita di Zeus.

“E la colonna?” indagò ulteriormente il dio.

“Intatta, mio signore. In quanto artefatto divino, non può essere scalfita da alcunché e il suo contenuto è rimasto quindi imprigionato in essa”

“Perdonatemi, divino Zeus” si intromise Apollo “Ma possiamo sapere a cosa queste informazioni sul Grande Tempio vi servano?”

“Il tempo per le spiegazioni è poco, quello per agire ancora meno” rispose Zeus, volgendo lo sguardo sulla divinità del Sole “Per ora sappiate che le vostre sorelle sulla Terra sono in grave pericolo e che se la minaccia che al momento incombe su di loro non sarà arginata in tempo, è possibile che raggiunga anche l’Olimpo”

“Ma è impossibile!” obiettò Apollo “Nessuno è mai riuscito a scalare l’Olimpo contro la volontà degli dei”

“I tempi del mito sono finiti, figlio mio” ribatté greve Zeus “Nuovi nemici premono alle nostre porte, ben più potenti di quelli di allora. L’era della supremazia di noi olimpici sta volgendo al termine e le continue reincarnazioni ne sono una dimostrazione. Ma là fuori c’è qualcuno che non solo vuole toglierci il potere, ma persino l’immortale vita”

I gemelli ammutolirono di fronte a quel presagio nefasto che fece crollare tutte le loro certezze. Era quasi impossibile credere alle parole di Zeus, ma il barlume di apprensione che infine trapelò dai suoi occhi li convinse che era tutto vero.

“Tuttavia un’azione tempestiva può andare a nostro vantaggio. Il nemico è ancora acerbo e, secondo le mie riflessioni, procederà per tentativi prima di organizzare un attacco studiato e deciso. È fondamentale estirpare il male prima che cresca troppo e acquisisca sicurezza”

“Come fare, allora, mio signore?” domandò Artemide, turbata.

“Attaccheranno sul fronte più debole, sulle reincarnazioni, sulle divinità in Terra, e lo faranno di sorpresa. Intervenire di persona ci esporrebbe troppo. Serve perciò inviare in soccorso delle vostre sorelle coloro che più si avvicinano a noi in potenza”

“Divino Zeus, non vorrete…”

“Sì, Apollo. È mio volere che la colonna venga distrutta, e che siate voi a farlo”


Una calma quasi irreale regnava al Grande Tempio, devastato dalla furia degli Angeli di Artemide e ormai irriconoscibile. Quel luogo di gloria e potenza non era altro che un cumulo di macerie tra le quali camminavano lenti gli ultimi guerrieri rimasti. Pieni di volontà avevano deciso di restare e di piegare le loro schiene affinché il Tempio tornasse al suo antico splendore, con le Dodici Case a svettare su tutti gli altri edifici e i loro futuri custodi sulla soglia.

Di quelli precedenti non era rimasto che quell’inquietante colonna al centro dell’area occupata dal Santuario, eretta a monito dagli dei per ricordare la punizione inflitta a chi osa ribellarsi al loro volere.

In molti avevano pregato, pianto, semplicemente atteso sotto gli sguardi di pietra dei volti dei Cavalieri d’Oro, nella speranza che un giorno la loro memoria fosse ristabilita e che altri prendessero e onorassero il loro posto alle Dodici Case.

Marin dell’Aquila poggiò una mano guantata sulla parete liscia della colonna, il volto mascherato sollevato a guardare uno solo dei volti, per non dimenticarne mai le fattezze. Molti mesi erano passati da quando i dodici guerrieri si erano sacrificati sotto il Muro del Lamento, nelle profondità degli Inferi, ma per lei il dolore era ancora bruciante.

Un potente cosmo alle sue spalle la fece voltare di scatto, pronta ad un eventuale combattimento, ma i suoi muscoli si rilassarono subito a sentire le parole di pace della dea Artemide.

“Ferma, donna, non sono bellicose le mie intenzioni”

Ben presto accorsero in molti alla colonna, richiamati dal potente cosmo della dea. Marin si affrettò a placare gli animi più irruenti. Dal gruppo si fece avanti Shaina, coperta dall’armatura di Ophiuco, per esprimere con un’unica voce il dubbio di molti.

“Qual è il motivo del vostro ritorno, dea Artemide?”

Lei e gli altri Cavalieri che un tempo erano stati devoti ad Atena erano passati sotto il suo comando una volta che Artemide aveva preso in mano il potere sulla Terra, ma l’unico motivo per cui l’avevano fatto era la totale devozione alle dea della giustizia, il cui volere non andava discusso, anche se contrario ai loro principi. Per Shaina era stato doloroso attaccare Seiya, ma non aveva avuto altra scelta.

“Non intendo occupare nuovamente il tempio” esordì la dea, distaccata “Eseguo solo gli ordini del divino Zeus, poi di me non vedrete più neanche l’ombra”

L’uditorio ammutolì quando Artemide allargò le braccia e un piccolo arco con una freccia incoccata comparve davanti a lei, puntando la colonna.

Marin si affrettò ad allontanarsi quando il dardo venne scoccato. L’esile punta perforò la possente colonna da parte a parte e una profonda crepa la venò lungo tutta l’altezza, andando a crearne altre più piccole in un’infinita ragnatela che, infine, esplose in un accecante bagliore di luce.

I presenti furono costretti a ripararsi gli occhi e, una volta cessato il bagliore, si meravigliarono di cosa aveva rivelato.

Artemide sembrava scomparsa, così come la colonna, di cui neanche un piccolo frammento era rimasto. In compenso, tutt’attorno al luogo in cui si trovava, immersi in un liquido viscoso e trasparente, stavano i corpi nudi dei Cavalieri d’Oro.

“Non è possibile” esclamò qualcuno.

“È un miracolo” gli fece eco qualcun altro.

Marin non disse niente. Lo stupore per ciò a cui aveva appena assistito le aveva fatto morire le parole in bocca. Non uno mancava all’appello, e oltre ai dodici custodi, anche il Gran Sacerdote Shion e Kanon erano tornati in forma corporea.

La Sacerdotessa dell’Aquila fu la prima che osò avvicinarsi con discrezione agli uomini, puntando verso la chioma castano chiara impregnata di quel liquido viscoso simile all’amnios che le arrivava alle caviglie. Si inginocchiò e lo voltò delicatamente sulla schiena, per poi pulirgli il volto con un lembo della sciarpa che teneva in vita. Quando glielo passò sul collo, non riuscì a trattenere un grido emozionato nel sentire che il battito carotideo era presente.

“Sono vivi!” esclamò allora, rivolta agli altri guerrieri.

“Presto, andate ad aiutarli” ordinò severa Shaina, efficiente come al solito. Lei stessa andò a soccorrere i leggendari guerrieri.

Una volta eliminato il liquido dal volto di Aiolia, Marin lo trascinò fuori dalla grande pozza in cui era stato immerso e ne coprì le nudità con un telo che qualcuno le porse. Al contatto con la terra scaldata dal sole, il corpo del Cavaliere del Leone iniziò a contrarsi in piccoli movimenti, quindi il petto riprese ad alzarsi e abbassarsi ritmicamente col respiro e le palpebre si socchiusero, rivelando gli occhi chiari e pieni di vita di Aiolia.

Nonostante quella nuova nascita, al Cavaliere non sfuggì l’ombra che incombeva sopra di lui, non minacciosa ma amorevole. Volse lo sguardo alla sua padrona e sorrise, gli occhi colmi di lacrime. Col tempo aveva imparato a scrutare oltre la maschera e a carpire le emozioni che agitavano la donna china su di lui. In quel momento era sicuro che anche lei stesse piangendo di gioia.

Sollevò piano un braccio e con la mano accarezzò il freddo metallo della maschera fin sotto il mento. Con poca forza la staccò dal volto di Marin, come aveva previsto bagnato da copiose lacrime.

“Sei tornato” sussurrò lei tremante “Non posso ancora crederci”

“Nemmeno io, Marin. Nemmeno io”

Di nuovo pieno di vigore, Aiolia si sollevò da terra poggiandosi su un gomito, per raggiungere le labbra umide e salate della sua amata, per nulla preoccupato che qualcuno potesse vederli. Gli dei gli avevano fatto grazia di una nuova vita ed era deciso più che mai a viverla appieno.


In breve tutti i Cavalieri si risvegliarono, non meno sorpresi del miracolo di cui erano stati protagonisti dei loro soccorritori. Molti di essi domandarono il motivo della loro resurrezione, ma nessuno seppe rispondere.

“Artemide ha solo detto che questo era il volere di Zeus” fu l’unica spiegazione che Shaina fu in grado di dare a Shion, mentre gli forniva degli abiti per coprirsi.

“Zeus, hai detto?” domandò il Gran Sacerdote, subito sorpreso ma poi preoccupato da quella notizia.

Era stato proprio Zeus a imprigionare lui e gli altri guerrieri nella colonna, per punirli dell’affronto fatto al signore degli Inferi. Per quale motivo aveva infine fatto marcia indietro? Cosa aveva avuto il potere di mettere in dubbio le azioni del re degli dei a tal punto?

Shion sollevò lo sguardo accigliato sull’amico di sempre che gli era seduto poco distante. Anche Dhoko aveva ascoltato le poche parole di Shaina e sul suo volto era dipinta la stessa preoccupazione del Celebrante. Gli dei erano rinomati per essere irremovibili nelle loro decisioni, e quell’eccezione aveva un retrogusto amaro.

La risata mista al pianto di un bambino di circa dieci anni spezzò momentaneamente la tensione. Kiki corse a perdifiato in mezzo ai presenti, incurante di chiunque urtasse, per gettarsi tra le braccia del suo fratello maggiore, inginocchiato a braccia aperte e pronto ad accoglierlo. Anche gli occhi di Mu dell’Ariete erano velati di lacrime e non tentò minimamente di frenare il pianto di gioia causato dal rivedere il suo fratellino.

Un sorriso si dipinse sul volto di tutti i presenti davanti a quella scena commovente quanto il bacio tra Aiolia e Marin di poco prima. Nessuno aveva osato commentare né lo fece in quel momento, tutti erano consapevoli di quanto fosse doloroso vedere un legame profondo spezzato dalla morte e quanta gioia portasse il vederlo improvvisamente ripristinato.

Un potente raggio di luce andò ad illuminare lo spazio in cui erano raccolti i Cavalieri e, poco dopo, la luminosa figura del dio Apollo comparve al suo interno, provocando scompiglio e suscitando mormorii preoccupati. Il dio sorrise e alzò entrambe le mani in segno di resa.

“Calmatevi” intimò con voce chiara ai presenti “Come mia sorella non è mia intenzione recarvi offesa. Sono solo portatore di istruzioni per i Cavalieri d’Oro”

I quattordici guerrieri si riunirono attorno ad Apollo, in fremente attesa.

“Zeus ha deciso di farvi grazia di una nuova vita per un motivo preciso” iniziò “Una nuova minaccia incombe sulla Terra, potenzialmente pericolosa anche per l’Olimpo stesso. Siete dunque stati chiamati ad arginarla prima che divenga talmente grande e potente da travolgere le schiere divine”

“Chi ci minaccia, divino Apollo?” domandò Shaka di Virgo reverente.

“Non conosciamo l’identità del nemico, ma in qualche modo siamo riusciti a carpirne i piani. I loro primi obiettivi sono le dee reincarnate che dimorano sulla Terra, il fronte debole della resistenza olimpica. Sarà un attacco a sorpresa che bisogna a tutti i costi prevenire…”

“Aspettate…perdonatemi, ma, avete detto ‘dee’? Chi altri si è reincarnato oltre ad Atena?” chiese incuriosito Milo di Scorpio.

“Afrodite ha deciso di lasciare la sua celeste dimora per restare accanto ad Atena e aiutarla nella difesa della Terra. Vivono entrambe a Tokyo ed è proprio lì che dovete andare. So che alcuni di voi sono al momento privi di armatura, distrutta nella lotta contro Hypnos nei Campi Elisi, ma se riuscirete ad intervenire tempestivamente allora si potrà porre rimedio. Ora come ora, però, ogni momento di indugio rischia di farci perdere tempestività nelle nostre azioni”

Tutti i guerrieri attorno a lui annuirono.

“Solo questo sono in grado di dirvi, Cavalieri, ma Zeus mi ha pregato di farvi un dono”

Apollo si voltò verso il pendio su cui una volta si ergevano le Dodici Case dello Zodiaco e levò una mano nella sua direzione. Il terreno sotto i loro piedi prese a tremare e con difficoltà riuscirono a mantenere l’equilibrio. Le macerie si librarono in aria sotto il comando del dio e, ordinatamente, andarono a ricostituire i dodici templi, di nuovo intatti e splendenti sotto la Tredicesima Casa del Gran Sacerdote.

I Cavalieri rivolsero al pendio sguardi meravigliati e increduli di fronte a quell’ennesimo miracolo.

Dhoko si fece avanti e ringraziò il dio da parte di tutti. Apollo chinò leggermente la testa in risposta.

“Ora basta indugiare. Siete al diretto servizio del sommo Zeus e la vostra missione è fondamentale per la sconfitta del nuovo nemico. Buona fortuna, Cavalieri”

Il dio del Sole scomparve davanti a loro nello stesso bagliore di luce con cui era giunto, lasciando i quattordici guerrieri con ancora mille domande in testa, ma determinati più che mai a compiere la missione loro affidata.

Buongiorno e buon weekend a tutti!

Come promesso, ecco a voi il lunghissimo prologo del secondo capitolo delle avventure di Ayame... che qui non c'è ma che presto arriverà :)

Spero sia di vostro gradimento e di essere riuscita un pochino ad incuriosirvi. Ringrazio Panenutella per la supervisione e auguro a tutti buona lettura!

Martyx

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Capitolo 2
*** L'Angelo ***


Babylon
(seguito di "A Divine Love")

1- L’angelo


Il salone delle feste di palazzo Kido non era mai stato così splendente come quella sera. Il grande lampadario di cristallo al centro del soffitto attirava i raggi luminosi dalle plafoniere alle pareti e dalle candele accese sulle tavolate per riverberarli tutt’attorno, ancora più sfolgoranti e ricchi di luce. Sotto di esso era uno sciamare di gente da un tavolo all’altro, da un piatto di antipasti alla grande torta a cinque piani, da una conversazione semiseria ad una barzelletta. Uomini, donne, vecchi e giovani si mescolavano in un carosello di voci e risate totalmente adatto all’occasione.

Era il compleanno di Saori Kido*. La fanciulla aveva approfittato dell’avvenimento per festeggiare anche la fine della battaglia contro Efesto, che aveva visto sul campo i suoi Cavalieri combattere spalla a spalla con le Sacerdotesse di Afrodite contro i Ciclopi del dio loro avversario. All’inizio era sembrata Afrodite la nemica da combattere, ma grazie a quell’amore di cui era reincarnazione la dea era passata dalla parte giusta.

Era stata lei la vera protagonista dello scontro decisivo contro Efesto, avvenuto ai piedi del cratere principale dell’isola di Vulcano, sotto gli occhi degli altri guerrieri e dell’Olimpo stesso, che aveva concesso ad Afrodite di restare sulla terra, accanto alla sorella ma, soprattutto, accanto all’uomo di cui era innamorata.

Saori, dalla sua postazione un po’ distaccata, sorrise nel vedere Hyoga e Ayame, ricca ereditiera nel cui corpo Afrodite si era reincarnata, dare dimostrazione di uno spiccato e inaspettato talento nel ballo latino-americano, a ritmo di una salsa improvvisata per l’occasione dalla piccola orchestra che Tatsumi aveva ingaggiato per l’occasione.

Come a raccogliere la sfida, alle danze si unirono poi Shun e Talia, dimostrando anch’essi di saper muovere i piedi con una certa bravura.

Dopo una piroetta, Ayame si accorse che Saori la stava guardando e, sorridente e raggiante come sempre, lasciò ad Hyoga l’onore e l’onere di insegnare qualche passo base ad un’invitata ormai avanti con l’età e dall’abito decisamente ingombrante per andare a recuperarla e tentare di coinvolgerla.

Andiamo, Saori! Non mi sono dannata anima e corpo per cambiarti il look per vederti fare da tappezzeria alla tua stessa festa”

Senza ascoltare le proteste dell’amica la trascinò al centro dell’improvvisata pista da ballo, affidandola alle cure di Shun e andando a riprendersi Hyoga, il quale, con un bacio focoso quanto la musica di sottofondo, le fece intendere quanto fosse contento del suo ritorno.

In quel momento erano semplicemente un ragazzo e una ragazza che si amavano. Era quello il ruolo che, in quella scena dello spettacolo che era la vita, dovevano recitare. Ciascuno dei ragazzi e delle ragazze presenti alla festa lo stava facendo, in attesa di quel cambio di scena che li avrebbe portati ad indossare nuovamente le armature. Ad essere Cavalieri e Sacerdotesse e divinità.

Chiunque fosse stato a conoscenza della doppia identità di quei giovani, avrebbe capito quale delle due parti preferivano recitare.

Nel ruolo di ricca ereditiera amante del divertimento e dello shopping, Ayame era perfetta e, soprattutto, si sentiva a suo agio, libera dalle responsabilità e dagli obblighi che l’essere dea comportava. A differenza di Saori, Ayame aveva patito fin da subito il suo ruolo di reincarnazione di Afrodite, che l’aveva quasi costretta a rinunciare a Hyoga. Il minimo che potesse fare era godersi quei momenti in cui Afrodite poteva essere messa da parte ed essere solo Ayame. Perché, come Saori aveva provveduto a dirle, in quanto reincarnazioni di divinità, per loro non c’era pace, ma solo tregue tra una guerra e l’altra. E Saori aveva il presentimento che quella tregua stesse per finire.

Si staccò gentilmente da Shun, il quale non parve accorgersi della preoccupazione sul volto della ragazza e tornò a ballare con Talia, quindi si diresse verso il fondo della sala, dove il grande portone in legno dava sul corridoio principale della villa. Aveva bisogno di silenzio per interpretare la marea di sensazioni che le agitavano il cuore.

Imboccò il corridoio sotto lo sguardo attento di Ayame.

Nonostante l’atteggiamento festaiolo e il contagioso buon umore, anche lei percepiva qualcosa di strano nell’aria. All’inizio aveva sperato che la festa riuscisse a distrarre Saori, ma il legame profondo della fanciulla con la Terra di cui era protettrice aveva avuto il sopravvento.

Tuttavia nessun altro aveva avvertito niente e, per evitare di creare allarmismi inutili, Ayame avrebbe continuato a comportarsi come sempre.

Il tocco dolce di Hyoga sulla schiena le fece intendere che anche lei era sotto sorveglianza speciale.

Qualche problema con Saori?” le chiese il ragazzo, apprensivo.

Ayame ripensò: niente allarmismi.

Nah, figurati! Semplicemente è ancora abituata alle sue feste mosce e non ad una cosa del genere”

Dicendo questo, Ayame accennò col capo al centro della sala, dove chiunque si stava lanciando in qualsiasi tipo di danza improvvisata.

Hyoga rise leggermente, dando ragione alla ragazza, quindi si voltò per raggiungere il cuore della festa, con Ayame dietro.

Accadde al terzo passo. Ayame lo percepì come un semplice alito di vento caldo sulla nuca lasciata scoperta dall’acconciatura spettinata, ma aveva la forza di una tempesta tropicale e urlava parole di sangue e morte. Parole rivolte a Saori.

I rumori attorno ad Ayame si fecero ovattati e distanti, tutti i suoi sensi erano concentrati su quella voce, quella presenza oltre la grande porta di legno che era riuscita a raggiungere con velocità impressionante persino per lei.

Sentì a malapena la sua voce che chiamava l’amica, arrivata quasi alla fine del corridoio. Vide distintamente quegli occhi grigi incombere su di lei, impietosi e inanimati. Esattamente come se li ricordava lei.

Non può essere…

Le grandi lampade appese al soffitto a volta si oscurarono quando le due ali di luce comparvero, enormi e minacciose, dalla schiena della creatura dagli occhi grigi sospesa sopra Saori.

La fanciulla, accortasi della potenza scaturita da quelle ali, prese a indietreggiare appena l’angelo iniziò a perdere di quota per abbattersi su di lei. Contemporaneamente Ayame mise tutte le sue forze nelle gambe, nella speranza che fossero sufficienti ad evitare l’ignota catastrofe di cui quell’angelo era portatore.

Come catalizzati entrambi da Saori, lei e l’angelo la raggiunsero nello stesso momento. O forse Ayame un attimo prima. Giusto il tempo per evitare che quello spillo pungesse Saori e colpisse, invece, il suo braccio.

Caddero tutti e tre a terra, e l’angelo perse le sue ali.

NO!” gridò con una voce che pareva provenire da un’altra dimensione.

Quasi a rappresentare un’eco per quel semplice monosillabo carico di rabbia, le vetrate del corridoio andarono in frantumi, e tre armature d’oro risplendettero alla luce artificiale dei lampadari, aiutandoli a riprendere la loro egemonia sulla stanza.

Ma Ayame non vide tutto questo né sentì le grida concitate dei Cavalieri giunti in loro soccorso contro quell’angelo.

In quel momento tutto il suo corpo era in preda alle convulsioni. I suoi sensi erano annebbiati e un’unica, travolgente sensazione pervadeva il suo corpo.

Afrodite stava scomparendo dall’anima di Ayame, lasciando al suo posto un vuoto sconfinato in grado di assorbire tutto come un buco nero. Esattamente come stava facendo con la vita di Ayame.


Hyoga oltrepassò la soglia del corridoio in tempo per vedere Ayame accasciarsi a terra come un burattino a cui si erano improvvisamente staccati i fili.

Ayame!” gridò con tutto il fiato che aveva in corpo, mentre muoveva il primo passo verso il fondo della sala.

Si fermò solo perché riconobbe la voce che accompagnò la stretta ferrea attorno al suo braccio. Una voce che mai più avrebbe pensato di udire.

No, fermo!” lo sollecitò Camus, piazzandosi davanti agli occhi increduli del suo allievo. Il Cavaliere non portava l’armatura, andata distrutta ai Campi Elisi, al contrario dei suoi compagni che si trovavano nel corridoio insieme a lui, intorno all’essere alato che aveva aggredito Ayame e Saori.

Aphrodite, Mu e Saga lo stavano tenendo sotto scacco, ma la creatura non sembrava preoccuparsene più di tanto. Nonostante le sue fattezze fossero in tutto e per tutto umane, nel suo sguardo c’era una luce buia che escludeva la sua appartenenza al genere umano.

Che cos’è? Cosa ha fatto ad Ayame?” domandò Hyoga a voce tremante, facendo vagare lo sguardo dalla creatura ad Ayame, al cui capezzale era rimasta Saori.

Camus lo guardò senza nascondere il dispiacere che provava in quel momento nell’essere senza una risposta plausibile. Deglutì la poca saliva che gli era rimasta in bocca e ne percepì un retrogusto amaro.

Alle loro spalle i battenti si chiusero col minimo rumore possibile. Voltandosi, Hyoga incrociò gli occhi cerulei di Shaka, anch’egli senza armatura, concentrati totalmente sulla situazione di stallo al centro del corridoio. Il Cavaliere della Vergine avanzò con passo deciso verso l’angelo privo di ali che gli stava rivolgendo un sorriso di scherno da dentro il cerchio umano in cui era imprigionato. Si fermò a pochi passi dal perimetro, perfettamente in grado di vedere il sudore freddo sulla fronte della creatura e di percepire il suo respiro affannato.

Stolti” sibilò tra un ansimo e l’altro “Non bastano cento di voi per fermarci”

Chi siete voi?” domandò inespressivo Shaka.

Siamo passato, presente e soprattutto futuro. L’unico futuro di questa terra” rispose risoluto, prima di allargare le braccia ricoperte dal tessuto nero della sua tenuta.

Dalla schiena della creatura ricomparvero le ali di luce. Nel vedere la loro lucentezza, la potenza che emanavano e la facilità con cui sbalzarono i tre Cavalieri da terra, Shaka dedusse che fossero l’equivalente del loro cosmo.

Le ali circondarono il loro padrone fino a che non un centimetro della sua figura fosse più visibile, coprendo anche la cupa risata che fuoriusciva dalla sua bocca. Poi, con un bagliore accecante, l’angelo sparì nel nulla.

Con malagrazia Hyoga si liberò dalla presa di Camus per andare a soccorrere Ayame, ancora a terra priva di sensi. Anche Shaka si era avvicinato alle due ragazze e, in quel momento era intento ad osservare qualcosa sul braccio di Ayame.

Hyoga si sentì mancare il cuore quando vide in che condizioni versava la sua donna. Il viso cereo era coperto da una patina di sudore freddo, le labbra avevano perso il colorito roseo di sempre. Tutto di lei faceva pensare che fosse morta.

No…” sussurrò appena il Cavaliere, cadendo in ginocchio accanto a Shaka, i cui occhi erano nuovamente chiusi.

C’è ancora vita in lei, seppur flebile” disse Shaka, concentrato sempre sul braccio di Ayame.

Ma il cosmo di Afrodite è praticamente scomparso” obiettò Saori, allarmata.

E più svanisce, più si prende le ultime briciole di vita di questa ragazza” sentenziò greve Mu. Insieme agli altri Cavalieri in armatura, si era avvicinato con cautela, per accertarsi che il pericolo fosse veramente svanito.

Concentrati su Ayame e sulle sue sorti, nessuno si accorse che il battente del portone si era leggermente aperto. Dopo un’iniziale confusione, fu la sorpresa a pervadere l’animo di Psiche alla vista del capannello in fondo alla sala.

Maestro?” esclamò quasi senza fiato.

Aphrodite dei Pesci si voltò al richiamo familiare della sua allieva, lasciando intravedere il volto cereo di Ayame, ancora riversa a terra.

Afrodite!”

Come Hyoga pochi attimi prima, anche Psiche si lanciò di corsa verso la sua dea, prontamente intercettata dal suo maestro.

No, Psiche, aspetta…”

Che le è successo?” domandò isterica, col volto già rigato dalle lacrime “Perché non si alza? Che ne è del suo cosmo?”

Shaka di Virgo, infastidito da quelle urla, voltò il capo per lanciare uno sguardo di rimprovero alla Sacerdotessa. Quando i loro occhi si incrociarono, Psiche sembrò placarsi. Socchiuse gli occhi e smise di opporre resistenza ad Aphrodite, che la lasciò andare.

Tu sei l’uomo più vicino agli dei, giusto?” chiese Psiche, come se quella dote fosse invece una colpa.

Shaka non rispose.

Puoi salvarla, non è vero?” incalzò ancora Psiche, avanzando di qualche passo.

Subito il Cavaliere dei Pesci la bloccò per un braccio.

So che puoi farlo!” esplose alla fine la Sacerdotessa, riprendendo a piangere. “Devi salvarla, hai capito?!?”

Ulteriori invettive vennero soffocate da Aphrodite, il quale attirò la sua allieva a sé, permettendole di sfogare la sua frustrazione.

Quanto a Shaka, chiuse gli occhi e abbassò il capo a terra.

È vero ciò che dice?” domandò la voce spezzata di Hyoga, le cui attenzioni non avevano mai abbandonato Ayame.

Posso provare” rispose Shaka, incerto.

Fallo, ti prego” fu la supplica che si sarebbe aspettato da Hyoga, ma che invece arrivò da Saori.

Sorpreso da quella richiesta accorata, percependo quasi come suo il dolore che permeava la sala in quel momento, trasformato in suono dal pianto di Psiche e in immagine dai volti distorti di Hyoga e di Atena, Shaka sospirò e si avvicinò ulteriormente al corpo di Ayame. La sollevò per il busto e, sorreggendola con una gamba, fece passare un braccio attorno al collo per poterle poggiare una mano sulla fronte. Posizionò l’altra mano all’altezza del cuore, quindi accese il suo cosmo.

Nessuno dei presenti osò chiedere cosa stesse facendo, se stesse riuscendo. Tutti rimasero in silenzio, in attesa, concentrati sul Cavaliere di Virgo e sulla ragazza tra le sue braccia, che poco prima era stata una potente dea. Non sapevano quanto arduo potesse essere ciò che Shaka stava facendo, non sapevano nemmeno cosa stesse facendo, perché mai era capitato qualcosa come quello che era avvenuto poco prima.

Quando il corpo di Ayame si rianimò d’improvviso, quando la sua bocca si spalancò per prendere una grossa boccata d’aria come dopo una prolungata apnea, quando la respirazione affannosa venne sostituita da un pianto a dirotto, capirono che Shaka ce l’aveva fatta.

Il suo cosmo risultò notevolmente provato da quell’impresa, ma tutti sapevano che si sarebbe ripreso in breve tempo. Egli stesso sembrava non fare troppo caso alla spossatezza, impegnato com’era a tranquillizzare Ayame, il cui corpo era scosso da forti tremiti e il cui pianto non accennava ad arrestarsi. Le braccia della ragazza erano strette al ventre, come se un dolore lancinante la attanagliasse in quella parte del corpo.

Va tutto bene, sei salva” le ripeteva Shaka a mo’ di litania nelle orecchie, ma Ayame non sembrava ascoltarlo e la sua stretta alla pancia aumentava ogni volta.

Shaka alzò lo sguardo allarmato su Saori, ricevendone in cambio uno ancora più preoccupato.

Hyoga diede voce alle inquietudini di tutti i presenti.

Ma che le prende?”

Né Shaka né Saori seppero dare risposta a quella domanda. Tuttavia essa ebbe il potere di riscuotere Ayame dal suo pozzo di disperazione. La ragazza sollevò il capo dalla spalla del Cavaliere e chiamò Hyoga con voce flebile.

Hyoga, sei qui?”

Ancora prima che lo chiedesse, il ragazzo era già al suo capezzale, con le braccia tese a raccoglierla da quelle di Shaka. Oltre le lacrime non ancora scese, vide due occhi che una volta erano di un verde splendente, ma la cui luce ora sembrava essersi spenta.

Subito Ayame si rannicchiò contro la sua spalla, nascondendo quello sguardo appena toccato dalla vita alla vista dei presenti, e riprese silenziosamente a piangere, una mano sempre sul ventre a coprire un vuoto che solo lei poteva percepire, buio e profondo come la disperazione.

*Il compleanno di Saori sarebbe il 1 settembre, ma per esigenze narrative l'ho modificato. Ogni cambiamento è comunque giustificato dall'avvertimento AU, come ogni modifica involontaria al carattere dei personaggi è coperta dall'OOC :)

Eccomi tornata col primo capitolo della storia!

Sono stata onoratissima delle recensioni che ho ricevuto e vi ringrazio, spero che questo capitolo sia altrettanto di vostro gradimento :)

Approfitto della domanda di uno dei recensori riguardo al titolo della storia: l'ho preso dall'omonimo un brano musicale degli Scars on Broadway, mi sembrava azzeccato per la fic e comunque avrà anche ruolo nella trama, seppur piccolo :)

Detto questo, buona lettura!

Martyx

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Capitolo 3
*** Ombre dal passato ***


Babylon
(seguito di "A Divine Love")

2 – Ombre dal passato


Era ormai notte inoltrata. Dei clamori della festa restavano solo alcune briciole sul pavimento del salone e un vago e offuscato ricordo, come se fosse stata tutta un’illusione.

Illusione poteva anche sembrare la scena che si presentava davanti agli occhi di Atena e dei Cavalieri di Bronzo, radunatisi tutti nel grande salone di villa Kido insieme ai redivivi Cavalieri d’Oro accorsi in aiuto della fanciulla pochi minuti prima.

All’appello mancava solo Hyoga, ritiratosi in stanza insieme ad Ayame. Nonostante Shaka fosse riuscito a tenerla in vita dopo l’attacco dell’angelo, la ragazza ne era uscita fortemente debilitata e priva di forze. Di comune accordo con il Cavaliere del Cigno, Saori aveva disposto che i due si ritirassero in stanza per permettere ad Ayame di riposare.

“E questo è tutto, Atena” sospirò Shaka esausto “Come avete potuto capire, nemmeno noi conosciamo questo nemico tanto temuto dagli dei. La creatura alata che vi ha attaccate stasera ne è la prima manifestazione effettiva”

Il Cavaliere della Vergine si concesse solo in quel momento di adagiarsi contro lo schienale del divano su cui era seduto e di chiudere gli occhi in quel breve momento di relax che la serata gli concedeva. Per riportare a coscienza Ayame gli era servita buona parte delle sue forze e la stanchezza derivatane gli aveva reso difficile tentare di spiegare il motivo del loro ritorno in vita così d’improvviso.

Atena accennò un movimento del capo per far intendere al suo sottoposto di aver compreso, quindi tornò ad osservare l’oggetto incriminato posto sul tavolino di cristallo al centro del salone.

Lei stessa aveva rinvenuto quello spillo dorato sul pavimento del corridoio non appena Hyoga aveva portato via Ayame. Era stata sul punto di prenderlo in mano quando Mu le aveva intimato di non farlo. Lui stesso l’aveva poi raccolto da terra, ponendo tra lo spillo e la pelle della sua mano la stoffa del mantello.

“Come può un oggetto così piccolo creare tanto danno?” domandò la dea al nulla, o forse allo spillo stesso, nella speranza che gli desse una risposta.

“Ho ragione di temere che avrebbe fatto danni ben peggiori, se solo avesse raggiunto il suo reale obiettivo”

Saga di Gemini si fece avanti dalla postazione un po’ discostata che aveva mantenuto fino a quel momento.

“Spiegati, Saga. Che intendi dire?” incalzò Saori, rivolgendo le sue attenzioni al Cavaliere.

“Quello spillo doveva pungere voi, Atena, ma per un fortuito caso ha invece ferito Afrodite. Ciò ha portato ad un ingente indebolimento del cosmo della dea e quasi al decesso della ragazza ospitante. Quasi. Ho ragione di credere che, nel vostro caso, la parola quasi sarebbe stata da escludere”

“Credo che Saga abbia ragione” intervenne Shaka, senza tentare di nascondere la stanchezza che permeava la sua voce “Per risvegliare Ayame, e con essa Afrodite, ho dovuto cercare in fondo all’anima della ragazza anche solo un bagliore della dea che albergava in essa. Devo ammettere che, per un attimo che mi è sembrato lungo una vita, ho temuto di non riuscirci, tanto era il vuoto che ho trovato dove un tempo stava l’anima di Ayame. Nonostante questo, ho continuato ad andare sempre più giù, a immergermi sempre più in quel buio, finché non ho trovato quel bagliore.

“Afrodite esisteva ancora dentro Ayame, ma era come se fosse caduta in un sonno eterno. Col mio cosmo ho solamente potuto ridare all’anima di Ayame la forza per tornare a pulsare, ma per la dea non sono riuscito a fare molto di più”

Il silenzio che cadde dopo quella spiegazione era pesante quanto una montagna.


Una volta tornati in stanza, Hyoga aveva adagiato Ayame sul letto e le era rimasto accanto anche dopo che la ragazza era caduta in un sonno profondo. Da quel momento non aveva tolto gli occhi un attimo dal suo petto, impaurito che il movimento ritmico dovuto al respiro, già debole, si arrestasse del tutto. Ogni tanto, però, il suo sguardo indugiava sul volto della ragazza, che nel sonno si era leggermente disteso. Del colorito roseo di un tempo, però, era rimasto solo un lieve accenno circoscritto alle labbra, non più prive di vita come dopo l’aggressione.

Hyoga non riusciva a capacitarsi della facilità con cui erano riusciti a risucchiare dal corpo di Ayame tutta l’energia e la voglia di vivere che la caratterizzavano, rendendola una semplice adolescente dall’aspetto emaciato e cagionevole. Quella non era la sua Ayame, ma meno della sua ombra. Giurò a se stesso che avrebbe fatto tutto il possibile per farla ritornare quella di un tempo.

Fu Ayame a risvegliarlo dai suoi pensieri di vendetta, aumentando la stretta attorno alla sua mano ed emettendo un debole lamento. Poco dopo prese ad agitarsi nel sonno, finché non si risvegliò di colpo spalancando gli occhi e sollevando il capo dal cuscino. Subito due leggere lacrime le scesero lungo le guance e la mano libera corse al ventre, stringendo la seta dell’abito elegante che ancora indossava.

Hyoga si sedette sul letto accanto a lei per tranquillizzarla.

“Va tutto bene, piccola. Sei al sicuro a casa di Saori. Ricordi?”

Gli occhi di Ayame saettarono dal volto del giovane alla stanza e, in breve, la ragazza parve calmarsi. Si rilassò e ripose il capo sul cuscino.

“Come ti senti?” le domandò Hyoga, poggiando la mano libera su quella che Ayame aveva sulla pancia. La risposta che la giovane gli diede riempì quel gesto di significato.

“Vuota…”

Tuttavia Hyoga non comprese e corrugò la fronte. Ayame riportò lo sguardo su di lui e cercò di spiegargli meglio.

“Come se dentro al mio corpo non ci fosse niente. Quel niente che ti rende pesante e ti opprime, che incombe come una minaccia, che ti risucchia le forze. La cosa peggiore è che so che, al posto di quel niente, dovrebbe esserci lei”

“Afrodite dici?”

Ayame annuì e strizzò gli occhi, lasciando uscire ancora due lacrime, forse le ultime che ancora poteva piangere. Hyoga le asciugò le guance col pollice.

“Probabilmente è solo una cosa momentanea, presto tornerà tutto normale, come prima che Afrodite entrasse in te”

“No, Hyoga. Non può più essere come prima del suo arrivo, non dopo quello che è successo con Efesto. Io e Afrodite siamo diventate una cosa sola, e perdere lei ha significato perdere una parte importante di me”

Il Cavaliere sospirò e, annuendo, abbassò il capo, per poi risollevarlo subito dopo.

“Allora ti prometto che Afrodite sarà vendicata, che tu sarai vendicata. Quando quegli esseri torneranno se la vedranno con me e pagheranno per quello che ti hanno fatto”

Ayame sorrise debolmente, ma subito si corrucciò, come se un pensiero improvviso l’avesse indotta a riflettere. Poco dopo chiese ad Hyoga di aiutarla a rialzarsi. Il ragazzo si raccomandò di fare piano, per evitare capogiri, ma Ayame sembrò sopportare bene il cambio di posizione e, una volta seduta, si avventò sul cassetto del suo comodino. Ne estrasse un portagioie in legno cesellato, rivelando sotto di esso una fotografia dai margini leggermente rovinati. La tirò fuori con cautela, quasi scottasse, e la mostrò ad Hyoga.

L’immagine ritraeva una classica famiglia, composta dai genitori e da due bambini, un maschio di cinque anni o poco più, dall’aria corrucciata, e una bambina di pochi mesi ma con due inconfondibili occhi verdi e luminosi.

“Questa è la mia famiglia, molto prima della morte dei miei genitori” spiegò Ayame.

“Non mi avevi mai detto di avere un fratello” le fece notare Hyoga, indicando il bambino.

“È scomparso poco dopo che è stata scattata quella foto”

“Lo stesso incidente dei tuoi genitori?”

“No, qualche anno prima”

“E per cosa è morto?”

Ayame attese qualche secondo prima di rispondere, greve.

“Ho detto che è scomparso, non che è morto”

Solo allora Hyoga alzò lo sguardo dalla fotografia per guardare Ayame, che prontamente gli diede ulteriori spiegazioni.

“Una mattina i miei genitori sono entrati nella sua stanza. Hanno trovato il letto disfatto e la finestra spalancata. E Mikio non c’era più. Lo hanno cercato per quasi un anno, ma alla fine si sono arresi, accettando l’ipotesi che fosse stato rapito per poi chiedere un riscatto e che qualcosa fosse andato storto prima che questo venisse richiesto. Il suo corpo non è mai stato ritrovato e adesso so il perché”

Ayame vide gli occhi di Hyoga farsi due fessure. Forse prevedeva come sarebbe continuato il discorso.

“Mikio non è mai morto. È stato rapito, è scomparso per quasi diciotto anni e ora è tornato. La creatura che ha attaccato Saori nel corridoio è mio fratello”

Da sottili fessure che erano, gli occhi di Hyoga si fecero grandi per lo stupore. Riportò la sua attenzione alla fotografia, concentrandosi sul bambino col broncio in primo piano.

“L’ho capito dagli occhi. Anche nella foto ha le iridi grigie e minacciose. Doveva essere già segnato al tempo di quello scatto” spiegò ulteriormente Ayame.

“Che vuoi dire?” domandò Hyoga, ancora confuso.

“Dopo la morte dei miei genitori, ho chiesto tante volte alla Tata di parlarmi della mia famiglia. Avevo così pochi ricordi e tutti così approssimativi. Una volta, parlando di Mikio, mi disse che era nato con gli occhi verdi come i miei e che caratterialmente mi somigliava. Poi, all’improvviso, è cambiato. Non ha mai più sorriso, teneva sempre lo stesso broncio della foto, e i suoi occhi hanno perso il colore limpido di sempre, per diventare grigi e tenebrosi. Dopo poco tempo da quella trasformazione è scomparso, portato via da chissà quali forze”

La stanchezza prese di nuovo il sopravvento su Ayame, che si appoggiò con un sospiro alla spalla di Hyoga. Questi prontamente le circondò le spalle con un braccio e le diede un leggero bacio sulla fronte.

“Pensi che ti abbia riconosciuta?” chiese poi.

Ayame cambiò posizione in modo da poter vedere la fotografia. Anche in quel modo gli occhi di Mikio riuscivano ad incuterle timore e a risvegliare orrendi ricordi.

“Non lo so” rispose infine, sussurrando appena “Forse non ricorda più nulla della sua vita precedente oppure il rivedermi non gli ha fatto alcun effetto particolare”

“Ad ogni modo penso sia importante che Saori e gli altri sappiano quello che mi hai raccontato. In qualche modo rappresenta un punto di partenza”

“Puoi farlo tu per me?”

Hyoga percepì quella richiesta come se fosse una supplica.

“Ma certo! Però non mi va di lasciarti sola. Cerco una delle ragazze e le dico di venire qui, ok?”

Ayame si limitò ad annuire. Hyoga mise da parte la fotografia e la aiutò a distendersi a letto. Chiuse subito gli occhi e rallentò la frequenza del respiro. Il ragazzo capì che non ci avrebbe messo molto ad addormentarsi di nuovo. Con un bacio a fior di labbra, le augurò un sonno ristoratore e privo di sogni.


Ayame attese finché non sentì l’inconfondibile suono della porta che si chiudeva alle spalle di Hyoga, quindi riaprì gli occhi e si rimise a sedere sul letto.

Accanto a lei era rimasto il portagioie. Lo prese e lo aprì lentamente, forse temendo ciò che conteneva.

Tra gli innumerevoli ninnoli che ne riempivano l’interno, Ayame frugò fino a trovare un sacchettino di velluto color porpora, chiuso all’estremità da un nastrino di raso dorato. Aprì anch’esso con estrema lentezza e ne svuotò delicatamente il contenuto sul palmo della mano. Una semplice catenina in oro bianco reggeva un’elegante “M” dello stesso materiale, con rifiniture in oro giallo.

Ayame posò il sacchettino e si appese il ciondolo al collo, quindi sollevò la lettera e sospirò.

Mikio, che cosa sei diventato?

A voi il secondo capitolo :)

Spero sia di vostro gradimento e che l'arrivo del fratello scomparso non sia troppo scontato nè patetico :) Buona lettura!

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Capitolo 4
*** Verso il Santuario ***


Babylon
(seguito di "A Divine Love")

3 – Verso il Santuario


Nonostante le persiane chiuse e le tende tirate, un esile raggio di sole riuscì ad infiltrarsi tra le barriere per andare a riscaldare un punto circoscritto sulla guancia di Ayame. Su quel punto comparve un leggero rossore, che un tempo avrebbe donato alla ragazza, ma che ora metteva in risalto quanto fosse pallida e debole.

Ayame dormiva profondamente, probabilmente non stava nemmeno sognando.

A Psiche dispiaceva doverla svegliare, ma era tardi. Per tutto. Per la colazione, per risolvere quella situazione, per qualsiasi cosa riguardasse quella che era stata la sua dea, era tardi.

La Sacerdotessa la scosse leggermente dalla spalla, chiamandola sottovoce.

Ayame si svegliò con lentezza, negli occhi tutto il vuoto che portava dentro. Si voltò per vedere chi l’aveva destata e sorrise debolmente a Psiche, che ricambiò con più vigore.

Era bella, Psiche, tra le donne più belle che avesse mai visto, con labbra rosee e carnose e occhi limpidi, di chi ha sofferto ma è andata avanti. Ayame si chiese se anche lei sarebbe riuscita ad andare avanti.

Come stai?” le chiese Psiche, premurosa.

Meno stanca, ma sempre uno straccio” rispose sincera Ayame.

Psiche annuì e l’aiutò ad alzarsi. Ayame non ebbe nessun problema a cambiare posizione, come non ne ebbe a mettersi in piedi. Vacillò solo un pochino per il fatto di essere rimasta sdraiata tanto tempo.

Il vestito che indossava era ancora quello della festa e aveva i capelli tutti annodati e ancora duri per la lacca che le aveva tenuto in posizione l’acconciatura. Sentiva quindi il bisogno di farsi una doccia e Psiche la assistette per tutto il tempo, per intervenire prontamente nel caso fosse stata di nuovo male.

Ma, a parte la spossatezza e la solita sensazione di vuoto che provava dentro, Ayame stava bene.

Una volta che Ayame si fu asciugata e vestita, Psiche le disse che era necessario che scendesse in salotto per delle questioni importanti.

Ayame non si sentiva in grado di affrontare neanche una questione banale, figurarsi quelle importanti.

Scese comunque insieme alla Sacerdotessa e con lei varcò la soglia del salotto di Saori.

L’amica sedeva sul divano, con accanto Hyoga, che subito si alzò per andarle incontro. Sugli altri divani e poltrone sedevano altri uomini. Ayame ne riconobbe solo uno, il primo viso che aveva visto dopo essere caduta nell’abisso. Era un personaggio curioso, con un’aria mistica enfatizzata dagli occhi perennemente chiusi. Lei però li ricordava azzurri come il mare e rassicuranti.

Hyoga e Psiche l’accompagnarono al divano di Saori e Ayame si sedette tra l’amica e il ragazzo, che le teneva la mano.

Gli altri presenti si presentarono. I loro nomi erano Mu, Saga, Camus e Aphrodite. Il mistico, invece, si chiamava Shaka. Erano tutti Cavalieri d’Oro, le spiegò Saori, devoti ad Atena come lo erano il suo Hyoga e gli altri Cavalieri di Bronzo.

Ho sentito parlare molto di voi” sorrise Ayame, cercando di mostrarsi più affabile e meno penosa del solito. “Soprattutto di te, Aphrodite dei Pesci. È merito tuo se Psiche figura tra le schiere della dea Afrodite”.

È stato per me un onore allenare una futura Sacerdotessa di Afrodite” rispose composto il bel Cavaliere.

Era strano, sia Aphrodite che lei stessa parlavano della dea che era stata come se fosse un’entità astratta e lontana.

Ayame cercò di riprendere a sorridere e si rivolse stavolta a Camus.

Tu, invece, hai addestrato Hyoga alla manipolazione delle energie fredde”

Esatto, Afrodite, e non posso che ritenermi soddisfatto del guerriero, ma soprattutto dell’uomo che è diventato”

Ayame sorrise grata al Cavaliere dell’Acquario per il suo tentativo di farla sentire ancora una dea. Ma in quel momento era l’ultima cosa che si sentiva di essere.

C’è un motivo per cui abbiamo disturbato il vostro riposo… “ iniziò Mu, ma Ayame lo interruppe subito.

Vi prego, tutti quanti. Non sono più una dea, è inutile continuare a mentirci a vicenda, perciò niente riverenza e niente ‘voi’. Non l’ho mai voluto da dea e non lo voglio ora”.

I cinque Cavalieri annuirono, quindi Mu proseguì. “Dunque, Ayame, è difficile da spiegare in poche parole. Suppongo saprai a quale sorte fummo destinati dagli dei”

Ayame annuì. Zeus aveva voluto che tutti gli dei dell’Olimpo assistessero all’imprigionamento delle anime dei Cavalieri d’Oro nella Colonna nel Santuario. Non le era sembrato giusto, al tempo, ma non aveva potuto farci niente.

Bene. A quanto pare, è stato Zeus in persona a volere il nostro ritorno. Voleva che evitassimo quello che stava per succedere ieri sera”

Stava per succedere? Non capisco…” Ayame si sentì in qualche modo offesa da quell’affermazione, come se ciò che le era accaduto fosse cosa di poco conto rispetto a qualcos’altro.

Non eri tu l’obiettivo dell’Angelo, Ayame” spiegò Mu. “Il suo bersaglio era Atena, ma nella colluttazione ha colpito te, e questo è stato un bene per due motivi. Atena si è salvata e Shaka è stato in grado di salvare te. Se l’Angelo avesse colpito Atena, sarebbe morta sul colpo”

A quel punto, vedendo Ayame confusa, intervenne Saga.

Quello che Mu sta cercando di dirti è che il tuo sacrificio non è stato vano. Hai mostrato ai nostri nuovi nemici che il loro piano aveva una falla piuttosto grossa, hai salvato Atena e hai dato a noi il tempo di rimediare alla nostra mancanza. Probabilmente se fossimo arrivati poco prima saremmo riusciti a proteggervi entrambe. Ti chiedo scusa a nome di tutti per questo”

Ayame, colpita dalle parole del Cavaliere dei Gemelli, sorrise e fece cenno col capo che non era necessario scusarsi.

Adesso ho abbastanza capito, anche se alcuni particolari ancora mi sfuggono, ma non penso siano fondamentali”

Mu riprese la parola.

Sta di fatto, comunque, che sei uscita dallo scontro enormemente indebolita e la dea dentro di te è assopita”

Assopita. Quindi Afrodite non l’ha abbandonata completamente! Non potè non rallegrarsi di quella notizia.

Sei un bersaglio facile per i nostri nemici, perché sicuramente tenteranno di rimediare all’errore commesso, Ayame. Dobbiamo quindi portarti in un luogo sicuro”

Qui non è abbastanza sicuro?” domandò Ayame, conoscendo però già la risposta.

Non per te, purtroppo. Temo che dovrai venire con noi al Grande Tempio”

Ayame sospirò e si voltò a guardare Hyoga. Le bastò un’occhiata per capire che lui non sarebbe venuto ad Atene con lei, che sarebbe rimasto lì a Tokyo per proteggere la sua dea.

Tornò a rivolgersi ai Cavalieri d’Oro. “Quando partiamo?”


Di nuovo nella sua stanza, con la fedele Psiche ad aiutarla a preparare i bagagli, Ayame si guardò un’ultima volta intorno, per ricordare ogni momento meraviglioso passato in quel luogo dopo la sconfitta di Efesto.

Non era solo la sua stanza, la condivideva con Hyoga. Su quel letto avevano fatto l’amore e si erano coccolati tante volte, sul terrazzo si erano scattati tante fotografie, più o meno serie, e in bagno si erano dati battaglia molte volte con l’acqua, per poi finire di nuovo a fare l’amore.

Posò sul letto tutto ciò che aveva raccolto in bagno, vicino alla sacca che Psiche aveva preparato. Anche con le ragazze aveva vissuto momenti indimenticabili. Le venne in mente il loro primo pigiama party, passato, come voleva la tradizione, a farsi la manicure e raccontarsi pettegolezzi più o meno peccaminosi sui maschi. Non avrebbe mai dimenticato le espressioni imbarazzate di Galatea nel sentire i commenti delle sue compagne sugli uomini.

Insieme a Psiche, tentò di far entrare tutto il voluminoso beauty case nella sacca. A missione compiuta, Psiche sospirò vistosamente.

Qualcosa non va?” si preoccupò subito Ayame, notando lo sguardo basso della Sacerdotessa.

Questa rialzò la testa, risoluta come sempre, ed espose il problema.

Voglio venire ad Atene con te”

Dopo la decisione di partire coi Cavalieri d’Oro, Ayame aveva predisposto che le Sacerdotesse restassero invece a Tokyo, per affiancare i Cavalieri e proteggere Atena. Aveva dovuto insistere un po’ per convincerle, ma, alla fine, tutte avevano ceduto. O almeno, così le era parso.

Psiche, starò bene anche senza il vostro aiuto. Bastano i Cavalieri d’Oro per proteggermi…”

Non voglio venire per te” la interruppe bruscamente l’amica, che subito si corresse “Voglio dire, anche per te, ma il fatto è che… ho bisogno di andarmene da qui. E tu sai perché”

Sì, lo sapeva. Durante lo scontro con Efesto, Psiche si era innamorata del Cavaliere della Fenice, Ikki, ma non era riuscita a scalfirne il cuore di pietra ed era andata incontro ad un netto rifiuto che l’aveva ferita nell’orgoglio, oltre che nel cuore. Probabilmente sperava che Atene le desse la possibilità di ritornare ad essere la Psiche energica e sicura di un tempo.

Ho già parlato col mio maestro e con Saori e loro sono d’accordo” si affrettò ad aggiungere Psiche.

Allora chi sono io per andare contro ai tuoi desideri?”

Felice come poche volte lo era stata, Psiche abbracciò Ayame ringraziandola mille volte. Presa, poi, una maniglia del borsone ciascuna, fecero per portare il bagaglio al pian terreno. Una volta aperta la porta, però, si imbatterono in Galatea. Aveva il pugno chiuso sollevato a mezz’aria. Probabilmente erano minuti che stava lì davanti alla porta, incerta se bussare o meno.

Sia ad Ayame che a Psiche sembrò più nervosa del solito. Deglutì molte volte prima di iniziare a parlare.

Io volevo sapere se… insomma… se potevo venire con te ad Atene”

Ayame si trovò in difficoltà. L’aver acconsentito alla richiesta di Psiche quasi la costringeva ad accogliere anche quella di Galatea. Psiche, però, le aveva dato una valida motivazione.

Perché vorresti venire con me?” le chiese allora, curiosa.

Galatea prese un respiro profondo, quindi spiegò tutto.

Sono sempre stata la più piccola, la più timorosa, la più inesperta, la più tutto e… non voglio più esserlo. Voglio crescere e so che ad Atene posso farlo”

Era strano sentire un discorso del genere uscire dalla bocca di Galatea, l’unica delle Sacerdotesse ad essere nata ai tempi del mito e quindi, in termini di anni, la più anziana. Ma molti di quegli anni li aveva passati sotto forma di statua d’avorio, insieme a suo fratello Palemone, che in quel momento era in giro per il mondo al fianco di Julian Solo e Sorrento.

Ayame e Psiche si lanciarono uno sguardo di approvazione e Ayame rispose alla sua Sacerdotessa. “Ok, puoi venire con noi”

Indicò Psiche a Galatea, facendole intendere che sarebbero state in tre a partire, quel pomeriggio. La ragazza abbracciò le amiche con trasporto e corse subito nella sua stanza a preparare i bagagli.

Mentre scendeva le scale, Ayame si accorse che il pensiero di andare ad Atene in compagnia delle sue due Sacerdotesse le faceva pesare di meno l’allontanamento da Hyoga, che comunque le sarebbe mancato come l’aria.

Terzo capitolo per voi :) Per il momento non sono ancora lunghissimi nè emozionanti, me ne rendo conto, ma il movimento arriverà, promesso ;) Buona lettura!

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Capitolo 5
*** Gemelli ***


Babylon
(seguito di "A Divine Love")

4 – Gemelli

Per andare in aeroporto, Saori aveva messo a disposizione tre delle sue vetture private, con tanto di autista.

Quattro dei cinque Cavalieri d’Oro sarebbero tornati ad Atene, mentre Saga sarebbe rimasto a Tokyo assieme ad Atena e presto altri due Cavalieri lo avrebbero raggiunto.

Saori e Hyoga avrebbero accompagnato Ayame e le Sacerdotesse all’aeroporto. Una macchina portò loro tre e i bagagli di Ayame, Camus, Shaka e Mu ne avrebbero occupata un’altra mentre Psiche e Galatea avrebbero viaggiato con l’ultima auto insieme ad Aphrodite.

Dopo essersi accomiatati dai restanti Cavalieri di Bronzo e dalle Sacerdotesse, che accettarono di buon grado la partenza di due delle loro compagne, salirono tutti quanti a bordo e partirono verso l’aeroporto, dove un aereo della fondazione Kido li avrebbe condotti ad Atene.

Saori prese posto a fianco dell’autista e diede istruzione che venisse abbassato il separé tra le due file di posti, per lasciare un po’ di intimità ad Ayame e Hyoga. I due ragazzi, tuttavia, non parlarono durante il viaggio, perché c’erano troppe cose da dire, una più malinconica dell’altra. Avrebbero reso il distacco più difficile.

Ayame teneva sempre una mano sul ventre, con quella di Hyoga sopra a stringerla.

Le trafficate strade di Tokyo sfilavano davanti ai finestrini oscurati dell’auto, in un tripudio di modernità e tecnologia. Da quello che si ricordava e che le avevano detto del Santuario, era un luogo diametralmente opposto a quello, legato alle antiche tradizioni e al buon lavoro manuale.

Ma non erano dettagli fondamentali, dopotutto sarebbe rimasta là il tempo necessario ad arginare e debellare questa nuova minaccia. Dopodiché sarebbe tornato tutto come prima. Tutto tranne lei, probabilmente.

Ben presto i grattacieli cominciarono a diminuire, lasciando spazio alle case di periferia, più distanziate e basse, e quindi ai capannoni industriali e agli hangar dell’aeroporto. In pochi minuti le auto raggiunsero il posto di blocco del terminal. Saori diede poche indicazioni all’agente nel gabbiotto e questi sollevò la sbarra di metallo per consentire loro l’accesso. L’hangar privato della fondazione Kido non era molto lontano e in pochi secondi il loro viaggio terminò.

Scesero tutti dalle vetture, mentre Ayame e Hyoga rimasero ancora in auto.

Non sarà per molto tempo, vedrai” cercò di tirarla su Hyoga, circondandole le spalle con un braccio.

Lo so” rispose lei cercando di sembrare convinta. “Ma poi dopo? Cosa farò quando sarò tornata? Non sono più una dea, non appartengo più al vostro mondo”

Appartieni al mio” ribatté con convinzione Hyoga, mentre prendeva il viso di Ayame tra le mani per costringerla a guardarlo. “E io al tuo. Siamo quasi morti per questo, ricordi? Non sarà un Angelo sbucato dal nulla a rovinare tutto”

Rincuorata da quelle parole, Ayame gli gettò le braccia al collo e lo baciò per l’ultima volta, mettendo in quel gesto tutto l’amore che provava per Hyoga.

Quando uscirono dalla macchina, solo Saori e le Sacerdotesse erano ancora a terra.

Ayame salutò con un caloroso abbraccio l’amica e si raccomandarono prudenza a vicenda.

Le tre ragazze salirono poi sulla scaletta che conduceva al portellone dell’aereo. All’ultimo gradino, Ayame si voltò ancora una volta per guardare Hyoga, che le sorrise e la salutò sollevando una mano. Anche lei sorrise. Ce l’avrebbero fatta anche quella volta.


Il viaggio verso Atene fu lungo ma piacevole. L’aereo era fornito di ogni comfort e il personale riuscì a mettere tutti a proprio agio.

Ayame si sedette insieme a Psiche e Galatea, mentre i Cavalieri rimasero in disparte. Shaka si isolò del tutto andando ad occupare un sedile in fondo. Rimase lì, in silenzio e ad occhi chiusi, per tutta la durata del viaggio.

Gli altri tre si alternarono per andare a controllare la situazione di Ayame e delle altre ragazze, ma non si intrattennero mai con loro e spesso rifuggivano i loro sguardi, come se si sentissero in imbarazzo, soprattutto nei confronti di Psiche e Galatea. Solo Aphrodite si comportava normalmente da quel punto di vista, ma nemmeno lui fu di molte parole.

Atterrarono dopo quasi cinque ore di volo. A causa del fuso orario, ad Atene era ancora pomeriggio pieno al momento del loro arrivo, ma le ragazze si sentivano stanche come se fossero le due di notte.

All’aeroporto montarono su due taxi che portarono tutti alle pendici dell'Acropoli di Atene. Nessuna delle tre badò troppo al monumentale altopiano. Da lì proseguirono a piedi, costeggiando il sito. I Cavalieri si caricarono i loro bagagli e le guidarono tra viuzze attorno all’Acropoli, gremite di turisti, fino ad un piccolo negozio di fiori poco in vista.

Quando entrarono, quelli che Ayame identificò come i proprietari dell'attività si inchinarono al passaggio dei Cavalieri e guardarono lei e le Sacerdotesse con curiosità. Gli altri quattro salutarono la coppia con un minimo cenno del capo, quindi condissero le ragazze sul retro del negozio. Lì, tra innumerevoli vasi colmi di fiori e varie casse di legno, si intravedeva appena un'anonima porticina di legno appena socchiusa.

Mu la aprì, lasciando che l'abbagliante luce del sole illuminasse l'ambiente, e la varcò per primo, seguito a ruota dal resto della compagnia.

Ayame si era aspettata di vedere qualcosa di simile ad un cortile spoglio, con qualche attrezzo abbandonato in disordine. Oltre la porta, invece, si estendeva un vicoletto pavimentato di ciottoli e affiancato da entrambi i lati da piccole abitazioni di legno e mattoni. La sensazione di essere piombata improvvisamente in un'altra epoca tolse il fiato ad Ayame, che rimase sulla soglia a fissare il panorama di fronte a lei a bocca aperta.

Camus sorrise nel vedere l'espressione stupefatta della ragazza. “Benvenuta a Rodorio” le disse, riportandola così con gli occhi ad altezza d'uomo.

È il villaggio che precede il Tempio e ne custodisce il segreto. La bottega del fioraio, invece, ne nasconde il passaggio” spiegò il Cavaliere dopo che Ayame gli si fu affiancata. “Appartiene più al nostro mondo che a quello 'esterno'”

Sembra di essere tornati indietro nel tempo” confermò lei, mentre continuava a guardarsi intorno. Altre vie si aprivano tra le abitazioni. Imboccarono una di esse e raggiunsero quella che doveva essere la piazza principale del villaggio. Una fontana di marmo sorgeva al centro dello spiazzo. A ridosso delle abitazioni, invece, sorgevano numerose bancarelle in cui si vendeva e comprava una gran varietà di prodotti, principalmente alimentari e manufatti d'artigianato.

Gli abitanti si voltarono al loro passaggio per inchinarsi come al solito ai Cavalieri, mentre i bambini agitavano le mani sorridenti ed emozionati di vedere quelli che, pensò Ayame, consideravano i loro eroi. Le ragazze, invece, furono raggiunte dai soliti sguardi curiosi, a cui si aggiunsero alcuni mormorii e commenti sommessi.

Non badateci” disse loro Aphrodite “Non sono abituati a vederci in compagnia di donne senza una maschera sul volto”

Beh, che si abituino” ribattè contrariata Psiche “Perchè non ho nessuna intenzione di indossarne una”

Mi sarei stupito del contrario, mia cara” commentò il suo maestro con un mezzo sorriso.

Superata la piazza, si immersero nuovamente nei vicoli stretti di Rodorio, per poi sbucare ai piedi di un'imponente scalinata di marmo. Risaliva tutto il pendio del monte ed era intervallata, a distanze più o meno regolari, da maestosi templi, ognuno in uno stile diverso. Una di esse era a pochi scalini di distanza da loro.

Benvenute al Grande Tempio!” annunciò Mu, più sorridente e affabile del solito. “E benvenute nella mia casa. La Prima, la Casa dell’Ariete”

Come all'entrata nel villaggio, Ayame, insieme a Galatea, ammirò estasiata la magnificenza delle Tredici Case, le dodici dello Zodiaco più la Tredicesima, dimora del Gran Sacerdote e ultimo ostacolo al tempio più imponente di tutti, quello della dea Atena.

Che è successo qui?” domandò invece Psiche, che sembrava quasi sconvolta a quella visione. “Non c’erano tutte queste macerie quando me ne sono andata. Sono rimaste in piedi solo le Dodici Case!”

Molte battaglie sono state combattute qui” si accinse a spiegare Aphrodite. “Non ultime quelle contro Hades e Artemide, che hanno ridotto tutto il Santuario ad un cumulo di sassi. Per volere di Zeus e per mano di Apollo, le Tredici Case sono state riportate all’antico splendore, ma per il resto serviranno ancora mesi e mesi di lavoro”

Chissà come doveva essere prima che accadesse tutto ciò” disse Ayame, sempre contemplando le facciate immense dei tredici templi.

Il gruppo passò attraverso il colonnato della Casa dell’Ariete e arrivò al cospetto della Seconda Casa, quella del Toro.

Un uomo nerboruto e dalla folta chioma castana attendeva dinanzi al tempio. Ayame pensò che era l’uomo più grosso che avesse mai visto.

Salirono la breve scalinata che conduceva al pronao del tempio e si fermarono davanti all’omone. L’espressione severa che teneva non piacque per niente alle ragazze.

Salve, Aldebaran” salutò Mu, cordiale. “Queste giovani saranno nostre ospiti per qualche tempo. Ti presento Psiche e Galatea, Sacerdotesse di Afrodite, mentre questa è Ayame, reincarnazione della dea”

Un tempo, aggiunse Ayame nella sua testa, ma cercò di mostrarsi affabile.

L’uomo chiamato Aldebaran le squadrò per bene, prima di distendersi in un larghissimo sorriso e dare il suo caloroso benvenuto a tutte e tre.

Finalmente un po’ di facce nuove in questo mortorio!” esclamò poi, circondando col suo immenso braccio Ayame e caricandosi in spalla la sua borsa. “Le ultime visite che abbiamo ricevuto non sono state molto amichevoli e molti di noi ci hanno lasciato le penne, me compreso. Ma adesso siamo di nuovo in sella, vero ragazzi?”

Aldebaran riuscì a strappare ad Ayame il primo sorriso spontaneo dall’incidente. Si offrì di accompagnare le tre fanciulle nella visita alle restanti case e, vista la grande simpatia dell’omone, nessuna obiettò.

Il Cavaliere del Toro si mise in testa alla piccola comitiva, con Ayame subito dietro e gli altri a seguire. Salirono fino alla Terza Casa, quella dei Gemelli, che in teoria sarebbe dovuta essere vuota. Si fermarono comunque all’ingresso.

Kanon!” tuonò Aldebaran. “Ci sei?”

La sua voce riecheggiò tra le possenti colonne di marmo, ma nessuna risposta giunse alle loro orecchie.

Chi è Kanon?” domandò Ayame, incuriosita.

Il gemello di Saga” spiegò cupo Camus, sempre cercando con lo sguardo qualche segno di vita dell’inquilino della Terza. “Suo fratello gli ha affidato il compito di custodire la Terza, mentre lui è a Tokyo”

Ayame annuì e prese a guadarsi intorno, nel tentativo di scorgere questo fantomatico Kanon da qualche parte. Nonostante i richiami sempre più potenti di Aldebaran, però, nessuno si fece vivo.

Mu prese in mano la situazione e guidò tutti attraverso la Casa.

Una volta entrata, Ayame sollevò lo sguardo verso il soffitto del tempio, talmente alto che si scorgeva a malapena. Percepiva qualcosa in quella Casa, una specie di formicolio alla nuca, come se qualcuno la stesse osservando.

Vagò con gli occhi per tutto il soffitto fino alla prima fila di colonne, quindi giù lungo una di esse, finché non incrociò due occhi blu oltreoceano che la fissavano severi.

Quello che doveva essere Kanon uscì dall’ombra, sempre guardandola con uno sguardo impenetrabile. Era identico al fratello, ma anche totalmente diverso, e la incuriosiva.

Non si era accorta di essere rimasta indietro finché Galatea non la richiamò. Il resto del gruppo era già fuori dalla Terza, ai piedi della scalinata che conduceva alla Casa del Cancro.

Arrivo!” rispose Ayame, e gettò un ultimo sguardo tra le colonne. Di Kanon, però, nessuna traccia.

Raggiunse svelta gli altri, ripromettendosi che sarebbe tornata alla Terza.

Proseguendo lungo l’immensa scalinata di marmo, le tre ragazze fecero la conoscenza dei restanti Cavalieri d’Oro e delle loro variopinte personalità.

Alla fine della salita, appena fuori dalla Casa dei Pesci, la ragazza potè finalmente stilare un elenco sommario dei dieci Cavalieri:

- Mu dell’Ariete: affabile, cortese, disponibile, ma troppo;

- Aldebaran del Toro: mitico;

- Kanon dei Gemelli: da definire molto presto;

- Death Mask del Cancro: inquietante;

- Aiolia del Leone: tutto d’un pezzo, un gran pezzo;

- Shaka della Vergine: mistico;

- Dhoko della Bilancia: non pervenuto;

- Milo dello Scorpione: simpatico ma dall’occhio lungo, soprattutto su Psiche;

- Aiolos del Sagittario: non pervenuto;

- Camus dell'Acquario: da sciogliere;

- Shura del Capricorno: un po’ troppo tutto d’un pezzo;

- Aphrodite dei Pesci: elegante.

Avrebbe voluto esporre la sua classificazione alle compagne, ma l’inizio della loro conversazione fu interrotto dall’arrivo del Gran Sacerdote del Santuario.

Shion dell’Ariete aveva l’aspetto di un ventenne e il piglio di un uomo saggio e subito incusse reverenza nelle tre ragazze. Si presentò con freddezza e le guidò all’interno della Tredicesima Casa. Congedò i quattro Cavalieri d’Oro sulla soglia della Sala del Trono, quindi entrò con le tre ragazze al seguito.

La sala era immensa e tappezzata di arazzi che ritraevano le più epiche battaglie del mito, alternate a specchi e statue di marmo di dei ed eroi. Lungo il pavimento fino allo scranno d’oro era steso un tappeto rosso dai motivi dorati.

Shion non prese posto sul trono, ma si fermò poco dopo l’ingresso e si rivolse alle tre fanciulle.

Vi do il benvenuto al Grande Tempio di Atene. Come ben sapete, per noi è strano che donne guerriere girino per il complesso a volto scoperto, ma non siete devote ad Atena, quindi non serve che sottostiate alle nostre regole. Vi pregherei comunque di seguire in linea di massima le altre, soprattutto per il vostro bene, Afrodite. Sarebbe più facile, per noi, proteggervi, se vi limitaste a rimanere nei confini del Santuario, sotto il nostro controllo”

Ayame annuì, ma non disse una parola. Il distacco che Shion stava dimostrando nei loro confronti l’aveva subito messa a disagio. Inoltre aveva notato una nota di diffidenza mentre pronunciava il nome di Afrodite, segno che non si fidava di lei. Probabilmente aveva le sue buone ragioni, ma la cosa la mise comunque in soggezione.

Voi alloggerete qui alla Tredicesima, con me. Voi, Psiche, avete una stanza a vostra disposizione alla Casa dei Pesci, col vostro maestro, mentre Galatea sarà ospitata da Camus dell’Acquario all’Undicesima. Sarete abbastanza vicine alla vostra dea da poter accorrere in suo soccorso in qualsiasi momento”

Le due Sacerdotesse annuirono.

Le porte della sala si aprirono, e una giovane donna dai capelli rossi e dal volto mascherato fece capolino.

Mi avete fatto chiamare, Eccellenza?”

Sì, Marin. Accompagna le due Sacerdotesse alle rispettive stanze, io mostrerò ad Afrodite la sua”

Marin annuì riverente e fece spazio a Psiche e Galatea, che recuperarono i bagagli lasciati dai Cavalieri all’ingresso della stanza ed uscirono dal tempio, promettendo ad Ayame che sarebbero tornate a trovarla.

Questa seguì Shion attraverso gli intricati corridoi della Tredicesima. All’imbocco di uno di essi, il Celebrante si fermò davanti ad una porta e la invitò ad entrare con un semplice gesto della mano.

La stanza era immensa, con un letto a baldacchino al centro, di fronte ad un grosso comò, e fiancheggiato da un armadio gigantesco. Due poltrone e un tavolino di vetro erano posti davanti alla grande porta-finestra che dava su un terrazzo affacciato sul mare.

Grazie” disse Ayame, sforzandosi di essere cordiale.

Shion mosse appena il capo, quindi se ne andò, chiudendosi la porta alle spalle.


Nonostante il viaggio e le novità della giornata, quella notte Ayame non riuscì a prendere sonno. Cercò di attribuire la cosa al jet lag, ma in fondo al cuore sapeva che il motivo era un altro. Era ancora lontano il giorno in cui sarebbe riuscita a ritornare l'Ayame di un tempo, e forse quel giorno non sarebbe mai arrivato.

Arresasi una volta per tutte all'insonnia, la ragazza si alzò dal letto e si sporse dal piccolo terrazzo della sua stanza alla Tredicesima casa del Santuario. Accolse il piacevole soffio della calda notte greca che subito le lambì il corpo, coperto solo dal leggero pigiama estivo, e lasciò vagare lo sguardo oltre l'orizzonte marino baciato dai raggi della luna. Per la prima volta dall'aggressione, Ayame dovette ammettere di sentirsi in pace. Il peso dell'assenza di Afrodite, seppur sempre presente, non sembrava gravoso come a Tokyo, e la calorosa accoglienza che aveva ricevuto al suo arrivo, se non si contava quella del Gran Sacerdote, era riuscita a rendere l'allontanamento da Hyoga meno drammatico. Nonostante questo, le mancava comunque come manca l'ossigeno ad un uomo che sta affogando.

Lasciando vagare lo sguardo, Ayame studiò le Dodici Case dello Zodiaco ad una ad una, ancora meravigliata dalla loro imponenza e contemporanea eleganza. Tanti stili diversi per tante personalità diverse. Una fra tutte aveva attirato la sua attenzione quel pomeriggio. L'alone di mistero che attorniava l'abitante della Terza Casa dei Gemelli, Kanon, l'attraeva come una calamita. Stava giusto osservando quel tempio quando, dal lato di esso rivolto alla scogliera, il Cavaliere uscì a passo cadenzato. Un flebile canto si sparse per tutto il tempio, carico di tristezza e malinconia.

Ayame non resistette e, afferrato al volo un leggero golf di cotone, uscì dalla sua stanza e dalla Tredicesima, incurante di qualsiasi possibile sorveglianza,e si precipitò giù per la ripida scalinata che fiancheggiava le Dodici Case, rallentando solo in prossimità del colonnato della Casa dei Gemelli.

Come previsto, il canto veniva da lì, e precisamente dalla scogliera. Ayame si addentrò cauta all'interno dell'imponente tempio, in cerca dell'uscita laterale.

Gli altri Cavalieri l'avevano avvertita dell'effetto di quella Casa sui visitatori. Molti ci si erano persi, col fisico e con la mente, a causa delle illusioni elaborate dai loro custodi. Quella notte, però, il custode non sembrava curarsi della sicurezza del suo tempio.

Ayame procedette comunque con prudenza, fino a trovare l'apertura verso il mare.

Kanon era sul ciglio della scogliera e le dava le spalle. Aveva lo sguardo rivolto al cielo e alla luna gridava il suo canto. Ayame si appoggiò ad una colonna in rovina lì vicino e ascoltò assorta quelle parole tristi e rivelatrici di un animo profondo racchiuso dentro una dura scorza di freddezza, finché le stelle in cielo non iniziarono a brillare e muoversi al ritmo della melodia. O così almeno le sembrò.

La ragazza levò gli occhi al cielo, a contemplare quella visione di astri cadenti e galassie turbinanti, totalmente coinvolta nel canto liberatore di Kanon di Gemini da non accorgersi di nient'altro attorno a lei. Sapeva che c'era molto di più del guerriero imperturbabile in quegli occhi profondi come abissi. Ne stava avendo la prova in quel momento.

Tutto cessò, poi, all'improvviso. La magia scomparve e in Ayame si fece strada la consapevolezza. Voltò rapida lo sguardo verso la scogliera. Kanon si era accorto di lei e la stava fissando, duro e inespressivo. Riuscì comunque a farla sentire un'intrusa. Dopotutto, era esattamente quello che era in quel momento. Sentiva di aver varcato un confine proibito.

Che ci fai qui?” le domandò con voce atona Kanon.

Ayame aprì e chiuse la bocca un paio di volte, prima di biascicare un sottilissimo “Mi dispiace...”. Nel frattempo aveva inconsapevolmente iniziato ad arretrare. Bastò un passo di Kanon nella sua direzione per convincerla ad aumentare la velocità. Perse però l'equilibrio e cadde a terra. Rialzatasi velocemente, voltò le spalle al Cavaliere e corse dentro il tempio e verso la Tredicesima.


A niente valsero i richiami di Kanon. La ragazza scappò lesta dentro la Casa dei Gemelli, forse urlando ancora uno “Scusami” affannato nella sua direzione. La vide risalire velocemente verso la dimora di Shion, agile come un'amazzone e fragile come un fuscello al vento.

Era stata la sua fragilità a fargli notare che c'era qualcun altro alla scogliera. La faccia dura gli era venuta di riflesso, come sempre quando aveva a che fare con qualcuno. Solo che, almeno per quella sera, non l'aveva desiderata.

Ad ogni modo, la ragazza nel cui corpo una volta era reincarnata Afrodite era scappata e Kanon aveva perso l'unica occasione per poterle parlare. Shion non gli avrebbe mai permesso di avvicinarsi a lei. Probabilmente nemmeno lui l'avrebbe fatto, se fosse stato al posto del Gran Sacerdote.

Eppure c'era qualcosa in Ayame – era così che si chiamava la ragazza, se aveva ben capito – che lo attraeva e lo incuriosiva. Sebbene ne fosse stata la reincarnazione fino a pochi giorni prima, era sicuro che in lei ci fosse molto di più della bellezza e frivolezza caratteristiche di Afrodite.

Mentre faceva lentamente ritorno alla Terza Casa, il suo sguardo cadde su qualcosa di luccicante a terra. Sembrava un ciondolo. Si chinò per controllare meglio. Il ciondolo era a forma di M, appeso ad una semplice catenina. Doveva essere caduto ad Ayame nella fretta di scappare da lui. Lo raccolse e se lo mise in tasca, ripromettendosi di restituirlo alla ragazza il giorno dopo. E magari anche di parlare con lei, chissà.

Ecco il quarto capitolo! Le nostre tre fanciulle sono giunte al Santuario, chissà cosa combineranno in questo mondo di machi ;) 

So che 'Kanon che canta' non è una cosa che tutti si aspettano di vedere... nemmeno lui si aspetta che qualcuno lo veda cantare, a dire la verità :P ad ogni modo, nella mia mente contorta la sua canzone è "Go the distance" di Michael Bolton, se voi avete pensato a qualcos'altro, sarei curiosa di vedere (e magari sentire) le vostre canzoni :)

A presto!

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Capitolo 6
*** Synagein ***


Babylon
(seguito di "A Divine Love")

5 – Synagein

Quando sorse il sole su quella prima mattina greca, Ayame era già in piedi, nonostante non avesse la minima idea di casa avrebbe potuto fare per il resto della giornata. Pochi minuti dopo che i raggi del sole ebbero lambito il suo corpo in attesa davanti alla finestra, qualcuno bussò alla sua porta. Ayame si trovò davanti una ragazzina di massimo quindici anni, vestita decisamente all'antica, con in mano un vassoio ricco di vivande.

La vostra colazione, signorina” sorrise la bambina, porgendoglielo.

Oh, grazie” rispose lei sorpresa, prendendo il cabaret.

Il Gran Sacerdote vuole che scendiate nella Sala del Trono tra un'ora, per il Synagein” continuò la ragazzina, sempre con voce cristallina e allegra.

D'accordo, grazie dell'informazione”

Mi ha anche detto che gradirebbe che voi veniste in abiti consoni alla situazione”

Nient'altro?” indagò Ayame, evitando di guardare com'era vestita.

No, questo è tutto quello che dovevo dirvi. Adesso vado, devo aiutare la mia mamma col bucato. Ci vediamo domani mattina, signorina!”

Ayame non fece i tempo a ricambiare il saluto che la bambina era già scomparsa dietro il muro del corridoio.

Richiuse la porta alle sue spalle e posò il vassoio sul tavolino davanti alla finestra. La colazione abbondante comprendeva due fette di pane, uova sbattute, una mela, una tazza di latte e un bicchiere di succo di frutta. Ayame spiluccò qualcosa qua e là, pensando a quale dei suoi vestiti poteva essere adeguato per il Synagein, la riunione dei dodici Cavalieri d'Oro al cospetto di Atena e del suo Celebrante.

Non aveva mai posseduto abiti tradizionali, nemmeno quando era ancora una dea. Non voleva sfigurare in mezzo a tutti quanti, ma, al contempo, non concepiva tutto quel tradizionalismo.

Finita la colazione tentò di abbinare qualcuno dei suoi abiti in modo che somigliasse vagamente a qualcosa di greco, con scarsi risultati.

Quando bussarono di nuovo alla porta, Ayame aprì e si trovò davanti la sua salvezza.

Galatea teneva in mano una candida e semplice veste di lino, fresca di bucato.

Quando mi hanno comunicato del Synagein, ho pensato che ti sarebbe servito qualcosa del genere” sorrise la Sacerdotessa, accennando al vestito.

Non puoi neanche immaginare quanto ci hai azzeccato!” esclamò Ayame, tirando poi un sospiro di sollievo mentre lasciava entrare l'amica.

Galatea notò la confusione che regnava nella stanza e si lasciò scappare una risata.

Hai cercato una soluzione alternativa?”

Sì, ma con pessimi risultati. Grazie al cielo sei arrivata tu” rispose Ayame, iniziando a spogliarsi.

È bastato chiedere un po' in giro per ottenerne qualcuna in prestito per tutte e tre” spiegò Galatea.

Spero solo che non sia obbligatorio usarle anche per girare per il tempio. Non credo che potrei resistere”

A me sembra di essere tornata a casa invece” ribattè Galatea con tenerezza, mentre fissava alcuni fermagli sulle spalline dell'abito con maestria.

Ayame sorrise. “Ti trovi bene qui?”

Galatea scosse le spalle. “Mi sento più a mio agio. Il Santuario è ciò che di più simile ai miei ricordi abbia mai visto. Però è solo il primo giorno, magari tra un po' di tempo rimpiangerò tutte le comodità del ventunesimo secolo. Anche se devo dire che le Case dei Cavalieri d'Oro non sono così antiche come sembrano. Camus possiede una cucina con ogni genere di elettrodomestico”

Non mi sembra di aver visto nulla del genere alla Casa dei Gemelli” commentò senza pensarci Ayame.

Galatea fermò a mezz'aria la mano con cui stava acconciando una ciocca di capelli dell'altra ragazza. Ayame notò l'espressione sorpresa della Sacerdotessa e si affrettò a raccontarle quanto avvenuto la notte precedente.

Forse avevo talmente fretta di togliermi di torno, che non ho badato a guardare in giro” concluse con semplicità Ayame. L'espressione sconvolta sul volto di Galatea però non se ne andò.

Sei entrata nella Casa dei Gemelli... di notte?” ripetè dopo qualche secondo, scandendo bene le parole.

Sì, ma non è successo niente di strano. Te l'ho detto, quel Kanon mi incuriosisce. C'è molto di più di quanto non dia a vedere”

A me mette i brividi quasi quanto Death Mask” disse Galatea, che aveva ripreso ad annodare i capelli di Ayame con cura.

Come fai a dirlo, se non l'hai mai visto?” domandò l'altra bionda, incuriosita.

L'ho incrociato mentre salivo a portarti la veste. Mi ha anche chiesto se potevo dirti che ti stava cercando, ma dovevi vedere che faccia aveva mentre mi parlava”

Ayame si alzò di scatto dalla poltrona, rischiando di strapparsi la ciocca di capelli che Galatea le stava pettinando.

Kanon vuole vedermi?” domandò incredula all'amica.

Sì, ha detto così” rispose lei, preoccupata dall'eccessiva reazione di Ayame. Dal canto suo, questa non sapeva se essere spaventata o elettrizzata dalla cosa. Forse voleva metterla in guardia nel caso le fosse venuta un'altra volta l'idea di entrare in casa sua di nascosto. Forse voleva dirle di stare alla larga da lui, se non voleva rischiare la vita. Forse voleva soltanto parlarle.

Sopraffatta dalla curiosità, Ayame uscì di corsa dalla stanza, senza badare ai richiami di Galatea. Superato l'intrico di corridoi che separavano la sua stanza dall'ingresso, andò quasi a sbattere contro qualcosa di metallico, che si scansò all'ultimo momento.

Accidenti!” esclamò Milo, divertito. “Non avevo mai visto nessuno così impaziente di partecipare ad un Synagein”

No, io... veramente stavo cercando Kanon” spiegò Ayame, leggermente imbarazzata.

Kanon? Non ti basto io?” ammiccò il Cavaliere, per poi concludere il teatrino con una risata e indicare ad Ayame che Kanon era fuori dal Palazzo.

Questa lo ringraziò e uscì dal Tempio.

Kanon era in cima alla scalinata, seduto sull'ultimo gradino, con lo sguardo perso oltre le Dodici Case. Non indossava un'armatura d'oro come gli altri. Pur essendo sempre dorata, la fattura era diversa.

Ayame gli giunse a pochi metri di distanza e cercò di attirare la sua attenzione con un timido “Ciao”.

Kanon si voltò per vedere chi l'aveva distolto dai suoi pensieri. Mostrò ad Ayame il solito sguardo di pietra, quindi si alzò con molta calma, raccolse l'elmo dell'armatura, che pose sotto il braccio sinistro, e la raggiunse.

Senza dargli il tempo di ribattere, Ayame si lanciò in una lunghissima giustificazione degli avvenimenti della sera prima.

Senti, mi dispiace per ieri notte. Lo so, non è educato entrare in casa degli altri senza permesso, ma non riuscivo a dormire e ti ho visto dal terrazzo mentre cantavi. Mi sono incuriosita e sono scesa, ma ti giuro che non volevo spiarti o cose del genere, solo che sei l'unico Cavaliere che non avevo visto. Cioè, ci siamo visti, ma per poco, e su di te non mi hanno detto molto, allora pensavo che potesse essere una buona occasione per conoscerci, ma ho scelto il momento sbagliato e...”

Io non volevo parlarti di questo” la interruppe Kanon. Il suo tono di voce era monocorde, distaccato, ma potente.

Ayame rimase interdetta qualche secondo, prima di ribattere. “Ah, no?”

Kanon ribadì la cosa scuotendo leggermente la testa, quindi allungò la mano destra chiusa a pugno verso la ragazza.

Deve esserti caduta ieri sera, mentre scappavi” le spiegò, sempre inespressivo.

Ayame aprì la mano e Kanon vi lasciò cadere il ciondolo di Mikio.

Grazie” sorrise Ayame. “Pensa che non me ne ero nemmeno accorta”

Se lo riagganciò subito al collo e lo nascose sotto la veste.

Stava meglio con l'abbigliamento che avevi ieri” disse Kanon, spiazzando totalmente la ragazza, che lo guardò con tanto d'occhi.

Suppongo sia stato Shion ad intimarti di vestirti così”continuò lui, accennando alla veste.

Sì, infatti. Perché, sto male?” domandò Ayame preoccupata.

Dubito che qualcosa stia male, addosso a te, però diciamo che non è il tuo genere. Comunque il supplizio durerà poco, non sarete torturate a lungo”

Detto questo, Kanon la superò con noncuranza ed entrò nella Tredicesima, lasciando Ayame basita in cima alla scalinata.

Quell'uomo era riuscito ad essere gentile, ironico e gentiluomo con poche parole e senza mai cambiare tono di voce.

La ragazza si voltò appena in tempo per vedere il suo marcato profilo greco scomparire dietro una colonna e una domanda le sorse spontanea: chi era Kanon di Gemini?

Il richiamo di Psiche dal fondo della scalinata la fece tornare alla realtà. Anche la Sacerdotessa era in abiti tradizionali, ma, dopo anni di abbigliamento moderno, anche lei non sembrava a suo agio dentro quella palandrana bianca.

Insieme le due ragazze rientrarono al Tempio, dove si riunirono a Galatea per fare il loro ingresso nella sala del trono.

Altri dieci seggi erano stati aggiunti a fianco dello scranno del Gran Sacerdote, in due file da cinque per lato. Tre sgabelli finemente intagliati e adorni di cuscini rossi chiudevano il rettangolo. Le tre ragazze sarebbero state, dunque, faccia a faccia col Gran Sacerdote.

La maggior parte dei Cavalieri aveva preso posto e ammazzava l'attesa chiacchierando. Ayame e le due Sacerdotesse presero posto senza proferir parola, intimorite da tutta quella magnificenza, e si presero istintivamente per mano.

Mentre si guardava intorno nervosa, Ayame incrociò di nuovo lo sguardo di Kanon di Gemini, il quale, a differenza degli altri, non stava parlando con nessuno dei presenti. Lei abbozzò un mezzo sorriso e il Cavaliere le rispose con un impercettibile movimento dell'angolo della bocca che perturbò di poco la sua solita espressione insondabile.

Non le era mai successo di sentirsi un pesce fuor d'acqua. Aveva sempre avuto la capacità di adattarsi a tutte le situazioni, ma quella le sembrava troppo al di fuori della sua portata. La grandiosità di tutto il complesso del Santuario e di quella sala in particolare, poi, avevano il potere di metterla in soggezione. Era avvezza a palazzi e opulenza, ma il Grande Tempio faceva parte di un'altra epoca, di un altro mondo a cui, ormai, sentiva di non appartenere più.

Il silenzio calò bruscamente nella sala, segnando l'entrata del Celebrante. Shion, a capo scoperto e con la lunga tunica blu addosso, si sedette sul trono, dando ufficialmente inizio al Sinaygen. I suoi occhi scuri puntarono subito sulle tre donne di fronte a lui. Iniziò a parlare fissando intensamente Ayame, seduta rigidamente sullo sgabello centrale. La ragazza sostenne lo sguardo.

Tutti voi sapete il motivo della nostra presenza qui” disse senza perdersi in preamboli. “Un nuovo misterioso nemico ci minaccia. Non solo noi esseri umani, ma anche gli dei dell'Olimpo. Zeus in persona ha dovuto mettere da parte gli antichi rancori per avere i mezzi per fronteggiare questo pericolo. Noi. Sulla Terra siamo i guerrieri più potenti, secondi solo alle reincarnazioni stesse. Reincarnazioni che ci è stato ordinato di proteggere. Ed è quello che faremo.

Abbiamo rischiato che il nemico portasse a compimento la sua prima mossa, ma un caso fortuito ha fatto sì che ciò non accadesse e ci ha dato la possibilità di rimediare. La dea Afrodite si è sacrificata per sua sorella Atena, rendendo vano l'attacco di questi Angeli. Tuttavia la dea non ne è uscita incolume. È rimasta imprigionata nel suo involucro, esposta al più semplice nemico come un comune essere umano”

A sentirsi definire involucro, Ayame avrebbe voluto far notare al Gran Sacerdote che era presente e sentiva benissimo ogni sua parola. E involucro non era proprio un complimento.

Ayame era la reincarnazione di Afrodite” proseguì Shion, indicandola con una mano “Ma adesso è una comune mortale e ci è stato affidato il compito di proteggerla. Due delle Sacerdotessa di Afrodite si sono rese disponibili per aiutarci in questa missione. Alloggeranno qui, insieme ad Ayame, per tutto il tempo necessario, ossia finché il nemico non sarà sconfitto o reso incolume. Nel frattempo, per motivi di sicurezza, Ayame non dovrà uscire dai confini del Tempio per nessun motivo. Il che significa che voi dovrete fare in modo che ciò non accada”

Ayame ne aveva abbastanza di sentire parlare di lei in terza persona, come se non fosse presente.

Non preoccupatevi, Gran Sacerdote” si intromise di forza, zittendo Shion “Non ho ancora tendenze suicide e so obbedire agli ordini”

Allora suppongo non ti dispiacerà se ti ordino di non uscire più dalla Tredicesima di notte”

La ragazza non riuscì a ribattere prontamente, dando l'opportunità al Celebrante di riprendere il discorso.

Mi auguro inoltre che le Sacerdotesse siano disponibili a rafforzare questa sorveglianza, motivo per il quale hanno preso alloggio nelle due Case immediatamente precedenti a questo palazzo. Queste sono le mie disposizioni” concluse, concedendosi di appoggiarsi allo schienale del trono. “Qualcuno di voi ha qualcosa da aggiungere?”

Dopo qualche secondo di silenzio, rotto solo da lievi bisbigli, la voce di Shaka si fece largo fra tutte.

Avrei una proposta, Eccellenza” esordì il Cavaliere della Vergine, per poi mettersi in piedi in modo che tutti potessero sentirlo.

Shion gli diede il permesso di procedere.

Dopo l'attacco a palazzo Kido, ho avuto modo di sondare l'anima di Ayame. Volevo solo precisare che Afrodite non è imprigionata all'interno della ragazza, ma quasi addormentata e incapace di risvegliare se stessa e i suoi poteri. Detto questo, io penso di poterla risvegliare, ovviamente con la collaborazione di Ayame. Se si sottoporrà a delle sedute giornaliere insieme a me, e non metto in dubbio che ci metterà tutto l'impegno richiesto, Afrodite ha buone probabilità di risvegliarsi in lei. Ayame e Afrodite potranno tornare ad essere una cosa sola come un tempo”

Ayame ringraziò mentalmente mille volte Shaka per la sua proposta. Almeno qualcuno sembrava veramente interessato a lei. Shion soppesò le parole del Cavaliere per qualche secondo, prima di rispondere.

E sia, Shaka. Sarai il mentore di Ayame in questo tentativo di recupero dei poteri. Se non altro per qualche ora sarà strettamente sorvegliata. Altre proposte?”

Come agiremo se gli Angeli tenteranno di attaccarci?” domandò Kanon, senza giri di parole.

Cercherò informazioni sul loro conto nella Biblioteca del Tempio...”

La Biblioteca è andata distrutta, Eccellenza” gli fece notare il Cavaliere. “L'unica raccolta di libri a cui potete accedere è la Biblioteca Pubblica di Atene, al momento”

Grazie dell'appunto, Generale. Perché allora non andate voi per primo a cercare informazioni là?”

Quelle poche battute bastarono ad Ayame per stimare Kanon e odiare Shion ancora di più. E poi, perché Kanon era stato chiamato Generale?

La testimonianza diretta di Ayame potrebbe venirmi utile. Se ho ben capito, l'Angelo che l'ha attaccata è suo fratello e questo indizio potrebbe essere un buon punto di partenza per le ricerche”

Sono sicuro che potrai avere tutte le informazioni che vorrai dai quattro Cavalieri che si sono recati a Tokyo e che hanno assistito alla scena. Non è necessario che parli direttamente con lei. Questo per evitare malintesi di ogni sorta tra te e la nostra dea addormentata”

A quelle parole, per la prima volta, la maschera impassibile di Kanon si incrinò. Una profonda ruga andò a solcargli la fronte e gli occhi lampeggiarono in direzione del Gran Sacerdote. L'intervento pronto di Mu, che poggiò una mano sul copri-spalla del compagno, bastò a calmare l'animo del Generale.

Direi che è tutto, per il momento” concluse Shion, alzandosi dal trono. Tutti i presenti lo imitarono, con gran gioia di Ayame, che cominciava a sentire l'atmosfera farsi pesante e insostenibile.


Una volta fuori dalla Sala del Trono, Ayame sentì il bisogno di uscire dal tempio per prendere una boccata d'aria e calmare i bollenti spiriti.

Poteva accettare un atteggiamento di distacco da parte di Shion, ma non il disprezzo così per partito preso. E la reazione alla sua fuga notturna della sera prima le sembrava eccessiva. Non era una bambina, sapeva benissimo badare a se stessa, senza per forza impedirle di uscire dai confini del Tempio. Dopotutto, dovevano proteggerla, non rinchiuderla.

Mentre i pensieri si rincorrevano nella sua testa, Ayame iniziò a percepire un senso di oppressione al petto. Il respiro si era fatto più affannoso e il caldo le pareva insopportabile. Presto iniziarono a comparirle punti neri nel campo visivo, quindi perse forza nelle gambe, che non furono più in grado di sorreggerla.

Sentì a malapena una voce allarmata chiamarla, forse quella di Galatea, mentre con quella che le parve una lentezza estenuante cadeva a terra. Quando avrebbe dovuto toccare terra, però, due braccia forti giunsero in suo soccorso e la sorressero cingendola per la vita e risollevandola con estrema facilità.

Aveva la vista ancora annebbiata e non riuscì a distinguere i lineamenti del suo soccorritore, né vide in che luogo la stava portando. Percepì soltanto un cambio di luce, da cui intuì che doveva averla riportata dentro alla Tredicesima, quindi sentì che la poggiava su una superficie dura e fredda, lasciandole le gambe sollevate.

Una mano grande e callosa si poggiò sulla sua fronte, che scoprì essere ricoperta di sudore freddo, e le scostò le ciocche bagnate dal viso.

Pian piano la sensazione opprimente scemò e Ayame ritornò a vedere nitidamente. Subito incrociò due occhi blu che la fissavano seri. Se fosse stata bene, probabilmente avrebbe sorriso nel constatare che il suo soccorritore era Kanon.

Si sta riprendendo” affermò col suo solito tono monocorde, per poi prenderle il polso tra le dita.

A quelle parole altri due volti entrarono nel suo campo visivo, totalmente diversi da quello imperturbabile del Generale. Psiche e Galatea erano infatti visibilmente preoccupate, la seconda in special modo e, pensò Ayame, più per il fatto di essere in compagnia di Kanon che per le sue effettive condizioni di salute.

Kanon le lasciò il polso e accompagnò le sue gambe, che aveva tenuto alte con un braccio fino a quel momento, finché non poggiarono sulla panca.

Come ti senti?” chiese ad Ayame.

Meglio, grazie”

Adesso prova ad alzarti lentamente e a metterti seduta” le disse. Non appena Ayame ebbe sollevato la schiena, Kanon la cinse con un braccio per sorreggerla nel caso avesse avuto di nuovo un mancamento. A parte un lieve giramento di testa, però, la ragazza non ebbe alcun problema e il Generale lasciò la presa.

Il Synagein fa questo effetto a molte persone, non è niente di grave” commentò Kanon, sorprendendo Ayame quando un mezzo sorriso comparve sul suo volto.

E tu le hai sempre soccorse tutte?” domandò lei, sorridendo a sua volta.

Solo quelle più interessanti”

Kanon!”

Il richiamo del Gran Sacerdote rimbombò per tutto l'ingresso. Ayame lo trovò più fastidioso del solito e non era sicura che fosse per colpa del malore di poco prima.

Il Generale si alzò prontamente, senza più nemmeno l'ombra del sorriso in volto.

Sì, Eccellenza” rispose poi con poca enfasi.

Ti suggerisco di affrettarti ad andare ad Atene, la Biblioteca potrebbe chiudere” gli fece notare senza nemmeno tentare di nascondere il sarcasmo delle sue parole.

Kanon tuttavia non reagì, ma si congedò rapidamente da tutti loro e sparì lungo la scalinata delle Dodici Case.

Dovresti andare nelle tue stanze a riposarti, Ayame” suggerì invece a lei. “Sei evidentemente ancora cagionevole e spossata dal viaggio. Un po' di riposo di farà bene”

Shion non le diede nemmeno il tempo di ribattere che si richiuse la porta della Sala del Trono alle spalle.

Sono convinta che a lui farebbe bene qualcos'altro, invece” commentò Ayame fra i denti, per poi rimettersi velocemente in piedi. Psiche e Galatea accorsero subito da lei, ma la ragazza sembrava aver ripreso le ottime condizioni di sempre.

Tornò nella sua stanza a passo marziale, con le due Sacerdotesse dietro. Una volta che Psiche si fu richiusa la porta alle spalle, Ayame esplose.

Che si strozzi col pranzo, sua Eccellenza capelli color acido!” esordì infatti, slacciando con poca grazia la cintura che aveva in vita. “'Non ti dispiace se ti ordino di qui...', 'Ti suggerisco di fare di là...', 'Dovresti di su...'... E io ti suggerisco di esplodere, pallone gonfiato!”

Gettò quel che restava del suo abito sul letto e si infilò le prime cose che le capitarono sotto mano, quindi uscì sul terrazzino. Sfogò tutta la sua ira urlando epiteti poco fini per Shion al mare che aveva di fronte, quindi prese un respiro profondo e tornò in stanza, dove Psiche e Galatea la osservavano ammutolite. Non l'avevano mai vista così arrabbiata e si ritennero molto fortunate che fosse successo in un momento in cui era priva di poteri.

Sapete che vi dico?” riprese Ayame, ancora fremente. “Che ha fatto incazzare la persona sbagliata nel momento sbagliato. Celebrante di Atena o meno, se ne pentirà amaramente. Sarà l'estate peggiore di tutta la sua vita, vecchia e nuova”

Sicura che sia una buona idea?” si azzardò a chiedere Galatea. “Potrebbe non concederti più la sua protezione”

Staremo a vedere” concluse Ayame. “Ad ogni modo ci conviene scendere a Rodorio per il pranzo, ho bisogno di stare il più distante possibile da Shion per almeno cinque ore”

Ben ritrovati! Per fortuna nessuno mi ha linciato a parole per aver fatto cantare Kanon :)

In questo cap ho reso Shion un po' antipatico e forse un po' OOC, lo so, ma tutto verrà giustificato a tempo debito. In questa storia, poi, Ayame si comporterà più da ragazza 'normale' e abbandonerà la veste di reincarnazione di dea Kido style, primo perchè non è come la cara Saori (e infatti non si fa problemi a mandare a ramengo Shion, come avete visto), secondo perchè, anche come Afrodite, la vedo più fresca e spontanea, e comunque meno impostata di Atena. Di sicuro un comportamento che avrà delle conseguenze al Santuario (e che conseguenze!)

Basta anticipi! Buona lettura!

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Capitolo 7
*** I bambini di Rodorio ***


Babylon
(seguito di "A Divine Love")

6- I bambini di Rodorio


Galatea si asciugò col tovagliolo una goccia d'olio che le era scivolata sul mento dopo aver addentato la sua fetta di pane e olive. Erano secoli che non ne mangiava di così buoni, esattamente come erano secoli che non vedeva la sua dea così alterata.

Almeno adesso siamo sicure che Afrodite sia ancora viva” affermò dopo aver ingoiato il boccone, guardando in direzione di Ayame, intenta ad osservare con attenzione tutte le bancarelle del mercato di Rodorio. La sua ira sembrava in parte scemata, visti i sorrisi che dispensava a tutti i mercanti.

Cosa te lo fa pensare?” le domandò Psiche, seduta accanto a lei sul bordo della fontana in mezzo alla piazza.

Faceva sempre così quando un'altra divinità o chi per essa osava contraddirla” spiegò la Sacerdotessa. “Dopodichè entravamo in gioco noi, ci usava come spie per scoprire i punti deboli del povero malcapitato. Al che si rivolgeva a Eros e a quel punto iniziavano i guai seri. Ayame si è comportata esattamente come Afrodite faceva millenni fa, il che vuol dire che è ancora la nostra dea”

Dea o non dea, muovere guerra a Shion è comunque una pessima idea, a mio modesto parere” ribattè Psiche.

Già, anche a me non piace. Può essere, però, che un pomeriggio lontano dalle Case la aiuti a sbollire e a dimenticare”

Dimenticare cosa?” domandò Ayame mentre raggiungeva le compagne.

Il battibecco con Shion di poco fa” rispose Psiche.

Vuoi scherzare?!? Ho già in mente un paio di idee niente male per farlo uscire di testa”

La bionda addentò la sua fetta di pane e feta con un'espressione goduta in volto e andò a sedersi vicino ad una preoccupata Galatea.

Ayame, se ti cacciasse dal Tempio...”

Non mi caccerà dal Tempio, tranquille. È desiderio di Atena che io stia qui e Shion, in quanto Gran Sacerdote, non andrà mai contro i voleri della sua dea”

Spero vivamente che sia così” concluse Psiche, molto scettica a riguardo, prima che uno spruzzo d'acqua poco innocente la bagnasse completamente.

Psiche dovette fare appello a tutto il suo limitato autocontrollo per non esplodere, ma si voltò con uno sguardo furente in viso da rivolgere al malcapitato al solo scopo di avvertirlo a non farlo mai più.

Tutta la sua rabbia andò scemando quando incontrò quattro paia di limpidi occhi spaventati. I quattro bambini, due maschi e due femmine, sembravano essersi immobilizzati completamente una volta capito cosa avevano combinato e, probabilmente, non osavano muovere un muscolo per paura di scatenare l'ira di Psiche.

Ops! A quanto pare l'abbiamo fatta arrabbiare” rise una voce dietro la fontana.

La faccia divertita di Milo sbucò poco dopo, in netto contrasto con quella della Sacerdotessa.

Ti chiedo scusa da parte mia e loro” disse allora il Cavaliere, frapponendosi tra Psiche e i bambini. “Stavano solo giocando e lo spruzzo avrebbe dovuto colpire me, ma mi sono scansato. Non pensavo ci fosse qualcuno dietro”

Psiche non rispose, ma continuò ad osservare Milo, impassibile. Questi le tese una mano in segno di pace, sempre col sorriso sulle labbra. La ragazza la guardò qualche istante, prima di sospirare e stringergliela.

Solo perché siete bambini”

Lo prendo come un complimento” ribattè pronto Milo.

Sono tuoi amici, quindi” constatò Ayame, sopraggiunta assieme a Galatea. “Non ce li presenti?”

Ma certo! Bambini, queste belle signore sono Ayame, Galatea e Psiche. Staranno al Santuario per un po'. Belle signore, questi sono alcuni bambini dell'orfanotrofio”

Rodorio ha un orfanotrofio? Ma è un villaggio così piccolo!” esclamò sorpresa Galatea.

A quanto pare non è una condizione sufficiente per non abbandonare dei neonati” replicò Milo, lasciando trapelare una punta di amarezza. “Quasi tutti noi Cavalieri proveniamo da orfanotrofi. È più facile mandare un orfano ad allenarsi in qualche landa sperduta. Non hai nessuno da cui tornare, quindi nessun motivo perchè ti manchi casa”

Si voltò a guardare i quattro bambini, che avevano ripreso a giocare poco distanti.

Loro, per fortuna, non sono destinati a niente del genere”

Vieni spesso a trovarli?” gli domandò, Ayame, per poi sedersi sul bordo della fontana, in ascolto.

Appena posso, sì. Rodorio esiste per coprire il Santuario e i bambini del villaggio ci vedono come degli eroi, degli esempi da seguire, loro in particolare. Tutti noi veniamo al villaggio a turno per stare con loro, per dare ancora meglio il buon esempio, ma soprattutto, per far vedere loro che anche noi siamo esseri umani, non molto diversi da loro”

E' una cosa molto bella e molto nobile” constatò Galatea.

Non lo facevamo spesso, prima dello scontro con Hades. L'essere ritornati in vita, aver avuto questa nuova occasione, ci ha ridimensionati un po' tutti. Non capita tutti i giorni di tornare dall'aldilà e nessuno di noi è intenzionato a sprecare questa nuova vita. Stando coi bambini, mi sembra di riscattarmi di tutti gli sbagli del passato. E poi è divertente”

Abbiamo notato” commentò acida Psiche. “Io vado ad allenarmi in arena” disse poi, dirigendosi verso il Tempio. I bambini si bloccarono al suo passaggio e la osservarono finchè non fu scomparsa dietro un angolo.

Ho come l'impressione di non piacerle” notò Milo, senza però prenderla a male.

Diciamo che l'incidente con l'acqua è stato il primo passo falso lungo la tortuosa strada che porta al suo cuore” spiegò Ayame. “Sempre che a te questo interessi”

Beh, di sicuro si fa notare. E non credo che abbia il cuore di pietra come vuol dare a vedere”

Molto bene, rubacuori!” esclamò Ayame. “Allora l'unica cosa che devi fare è avere pazienza. Psiche è una rosa da curare con dedizione, perchè sbocci in tutto il suo splendore”

Lo terrò a mente”

Una campana lontana segnò lo scoccare dell'ora e parve risvegliare Milo dai suoi sogni su Psiche.

Accidenti! Si è fatto tardi e devo riportare i bambini all'orfanotrofio, ma confido che continueremo questo discorso un'altra volta”

Sorrise furbescamente e andò a radunare i bambini che stavano iniziando a sparpagliarsi tra le bancarelle. Questo lasciò il tempo a Galatea di parlare privatamente con Ayame.

Perdonami, Ayame, ma posso sapere che intenzioni hai?”

L'altra neanche si voltò a guardarla, teneva fisso lo sguardo sul Cavaliere.

Sento che è quello giusto” rispose convinta ed elettrizzata.

Giusto per cosa?”

Per Psiche, è l'uomo giusto per lei”

E come fai a saperlo con certezza?”

Non so spiegarlo” sospirò Ayame, voltandosi finalmente verso la Sacerdotessa. “È una sensazione, come un formicolio. L'ho provato non appena si sono guardati negli occhi. Ho capito che erano fatti l'uno per l'altra”

A Galatea parve che gli occhi verdi di Ayame avessero riacquistato un po' della loro luminosità originaria.

Ed è una cosa che ti succedeva anche prima?” indagò allora. “Voglio dire, prima dell'incidente, per esempio con Shun e Talia”

Non lo so” rispose Ayame, leggermente sconsolata. “Forse non ci ho dato peso o il fatto che adesso non abbia più i miei poteri fa sì che queste sensazioni siano più evidenti...”

Beh, è un buon segno no?” constatò allora Galatea, stringendo affettuosamente la spalla dell'amica. “Vuol dire che sei ancora Afrodite, anche se un pochino addormentata”

Sorrisero entrambe e Ayame ringraziò in cuor suo Galatea per il semplice fatto di essere lì e di essere così genuina e spontanea, anche se forse troppo insicura per essere una Sacerdotessa.

Milo le chiamò da lontano e fece loro cenno di raggiungerlo. Quando gli furono vicine, il Cavaliere sorrise loro, un po' imbarazzato e molto divertito.

Io e i bambini abbiamo pensato che sarebbe carino se faceste visita anche ai ragazzi che sono rimasti in orfanotrofio” disse quasi supplicandole di accettare.

Le due ragazze si dimostrarono entusiaste dell'idea, Ayame in particolare, che così aveva un motivo per restare lontana dalla Tredicesima e da Shion.

Al loro sì si levò un boato di gioia da parte dei bambini, i quali, sull'onda dell'entusiasmo, le trascinarono letteralmente attraverso le vie del villaggio fino all'agglomerato di edifici che costituiva l'orfanotrofio. Si trovava ai margini del piccolo paesino ed era formato da tre case a due piani disposte a ferro di cavallo, a delimitare un piccolo cortile ombreggiato adibito a spazio giochi per i suoi piccoli ospiti.

Una volta entrati, Milo le presentò come ospiti importanti da trattare con riguardo, ma le sue parole si persero tra le grida d'entusiasmo dei bambini, che subito coinvolsero le due ragazze nei loro giochi.

Ad Ayame venne in mente un giorno di poco tempo prima, quando era andata a portare un po' di gioia ai bambini di un altro orfanotrofio, a chilometri di distanza. Quella volta aveva reincontrato Hyoga e la sua vita era cambiata totalmente.

Mentre ricacciava indietro le lacrime di malinconia che le pizzicavano gli occhi, si chiese se anche quel giorno l'avrebbe condotta ad un incontro importante.

Forse lo fece per caso, o forse qualcuno o qualcosa aveva guidato il suo sguardo sul cortile, ad ogni modo la sua attenzione venne catturata da quel bambino, uno dei più grandi della casa. Se ne stava da solo, seduto sul bordo di pietra del pozzo ormai in disuso al centro del cortile.

Guardava i suoi compagni che si divertivano come se tutto quello non facesse per lui, forse pensando con arroganza di essere troppo grande per quel genere di cose. Oppure, come se fosse sicuro che quello non era il suo posto.

Ad Ayame venne in mente Kanon. Aveva la stessa espressione quella mattina al Sinaygen. E, le sembrò, anche gli stessi occhi.

Si era avvicinata a lui quasi senza accorgersene. In quel momento si stavano studiando, occhi negli occhi, ma nessuno dei due aveva intenzione di parlare.

Non vuoi giocare con noi?” chiese alla fine Ayame, accennando col capo al resto del gruppo radunato intorno a Milo e Galatea.

Il bambino scosse la testa con sufficienza e rivolse lo sguardo ad una lucertola che stava prendendo il sole sul pozzo.

Come ti chiami?” domandò ancora Ayame, che aveva preso quel silenzio come una sfida.

Proteo” rispose rapido il bambino, senza guardarla.

E' un nome importante”

No, invece. È un nome strano che nessuno ha”

Io conoscevo una persona che aveva il tuo nome”

Finalmente ottenne l'attenzione del ragazzino, che però la guardò ancora con un leggero scetticismo.

E chi era?”

Era un vecchio dio del mare, che sapeva trasformarsi a suo piacimento in quello che voleva per sfuggire agli uomini che gli chiedevano del loro futuro”

Te lo stai inventando”

Ti giuro che è tutto vero. Il giovanotto laggiù te lo può confermare, se vuoi”

Lo sguardo di Proteo andò allora a Milo, assalito da tre bambini agguerriti.

Lo sai chi è lui, vero?” chiese Ayame a Proteo, avendo notato un leggero luccichio negli occhi del bambino appena aveva accennato a Milo.

È un Cavaliere di Atena” rispose Proteo con tono reverenziale. La voce gli tremò leggermente a quelle parole.

Hai mai parlato con uno di loro?” indagò ulteriormente la ragazza.

Proteo scosse la testa. Tutto sul suo volto diceva che, però, avrebbe tanto voluto farlo.

Posso presentartelo, se vuoi” propose allora Ayame.

Davvero?”

Proteo si accese di entusiasmo a quell'offerta e colse di sorpresa la stessa Ayame, che però poteva capire cosa significavano i Cavalieri per quei bambini. Gliel'aveva detto anche Milo poco prima. Erano un esempio da imitare, ma soprattutto, rappresentavano la possibilità di un futuro glorioso con cui riscattare una vita iniziata con un abbandono.

Ma certo!” rispose allora lei, con lo stesso entusiasmo.

Proteo, però, cambiò improvvisamente espressione e perse tutta l'eccitazione di poco prima.

Grande, ma adesso non ne ho voglia” disse con aria noncurante e un'alzata di spalle. “Tanto girano sempre da queste parti, prima o poi lo conoscerò anche senza il tuo aiuto”

Oh, come vuoi tu, allora”

Beh... ci vediamo in giro, no?” chiese il bambino dopo essere balzato giù dal pozzo.

Credo di sì”

Proteo fece un cenno affermativo con la testa e si allontanò in direzione dell'entrata dell'orfanotrofio.

Per essere un bambino di sì e no otto anni, aveva un comportamento più adulto del normale. La stessa camminata rigida e composta stonava con il suo essere ancora fisicamente un bambino.

Spero non vi abbia offesa, signorina”

La voce di una delle istitutrici dell'orfanotrofio la riscosse dai suoi pensieri. La ragazza, che aveva all'incirca la sua età, la osservava sorridente ma anche visibilmente preoccupata.

No! Assolutamente, figurati” si affrettò a rispondere Ayame, sorridendo a sua volta.

La ragazza parve rilassarsi, ma si sentì comunque in dovere di motivare il comportamento di Proteo.

È un bambino difficile ed è diverso dagli altri ospiti dell'istituto” iniziò a spiegare. “Mentre tutti gli altri sono giunti qui perchè abbandonati davanti alla nostra porta, Proteo qui ci è nato”

La giovane istitutrice era riuscita ad captare la sua attenzione e Ayame si fece tutta orecchie.

Sua madre è stata una delle tante bambine abbandonate e mai adottate. Era ateniese d'origine, perchè è stata lasciata davanti alla porta che dà sulla città. Questo è l'unico edificio oltre al fioraio in contatto con Atene. Una volta cresciuta, sua madre rimase qui come istitutrice. Sembrava felice di stare coi bambini. Ma poi incontrò un uomo, e le cose cambiarono”

Perché? Cosa successe?” incalzò Ayame, ormai presa dalla narrazione.

La poverina si illuse di poter avere una vita diversa accanto a quell'uomo, dedicava a lui tutto il tempo libero e anche parte di quello che avrebbe dovuto passare coi ragazzi. Ma, come ho detto prima, fu tutta un'illusione. Un giorno quell'uomo scomparve, senza darle una spiegazione, lasciandole solo una creatura in grembo.

Lei non fu più la stessa da allora, trascurò la sua salute e quelle del bambino. Tutte noi riuscimmo in qualche modo a farle portare a termine la gravidanza, ma quando nacque Proteo, non sopravvisse alla notte”

Gli occhi della ragazza di velarono di lacrime. Probabilmente conosceva bene la mamma di Proteo, ma Ayame non volle indagare oltre. Per quella giovane sembrava già doloroso raccontare quella vicenda senza approfondimenti ulteriori.

L'istitutrice continuò. “Da subito Proteo si è dimostrato un bambino forte. È cresciuto sano nonostante i pochi mezzi che avevamo a disposizione. Tuttavia non ha mai dimostrato inclinazione a fare conoscenze e a stringere amicizie, di conseguenza anche gli altri bambini lo evitano e spesso lo prendono in giro, portandolo a reagire male e ad allontanarsi da loro”

Mi dispiace per lui” disse alla fine Ayame, sincera. “Anche se ci ho parlato poco assieme, mi è sembrato un bambino brillante e pieno di vita. Penso che abbia delle potenzialità che nemmeno lui conosce”

"Beh, è sempre stato molto agile. Più volte ci ha costretto ad andare a cercarlo in paese dopo che era scappato dalla finestra. Inoltre passa la maggior parte del suo tempo a costruirsi armi di legno e, a quanto dice lui, ad allenarsi con le sue creazioni”

Ah, adesso capisco l'ammirazione per i Cavalieri” commentò Ayame, ma la ragazza non sembrava contenta quanto lei.

È convinto che prima o poi anche lui diventerà un Cavaliere, ma nulla ha finora fatto pensare che quello possa essere il suo futuro”

Non è ancora detto, ha solo... quanti anni? Sette? Otto?”

Otto, sì”

L'istitutrice dovette chiudere la conversazione quando venne richiamata da una sua collega. Solo allora ad Ayame venne in mente di chiedere informazioni sul padre del bambino. Se aveva frequentato il villaggio per un certo periodo, qualcuno doveva conoscerlo.

Si stava già avvicinando alla ragazza, quando Galatea le venne incontro insieme a Milo.

Credo sia meglio tornare al Grande Tempio, adesso” suggerì la Sacerdotessa, ma la proposta non riempì di entusiasmo Ayame.

Guarda che non devi tornare per forza alla Tredicesima” le fece notare Milo. “Io devo raggiungere i miei allievi all'arena per gli allenamenti. Potreste rimanere ad assistere”

In questo caso, d'accordo” accettò Ayame.

Dopo aver salutato i bambini, i tre si avviarono verso l'arena dei combattimenti. Poco prima di arrivare a destinazione, Milo si affiancò ad Ayame e la prese in disparte.

Credo sia doveroso spiegarti il comportamento di Shion di questa mattina” iniziò il Cavaliere.

Ayame non ribattè, anche se sentì di non avere un'espressione entusiasta sul volto. Milo comunque continuò a spiegare.

Sai cosa è successo durante, diciamo, la sua prima nomina?”

Non di preciso. Ho sentito parlare della Notte degli Inganni, ma solo a grandi linee”

Quella notte un Cavaliere si è macchiato della colpa di tradimento, ha assassinato Shion e tentato di uccidere Atena, che allora era poco più che neonata. Lei si è salvata grazie all'intervento di un altro Cavaliere, la cui memoria è rimasta macchiata per troppo tempo. È normale, quindi, che, adesso che è di nuovo in vita e di nuovo sul trono del Santuario, Shion sia più diffidente del dovuto verso chiunque. L'ultima volta che si è fidato di qualcuno, è finito sotto tre metri di terra”

Con quelle parole, Milo si congedò da Ayame per andare dai suoi allievi. Tuttavia la ragazza non era soddisfatta della spiegazione del Cavaliere. Sapeva che c'era dell'altro, qualcosa che non volevano che sapesse ma che lei aveva notato.

Qualcosa che c'entrava con Kanon. Era chiaro che Shion non lo vedesse di buon occhio e che avrebbe fatto di tutto per tenere lontano il Generale il più possibile sia dal tempio che da lei.

Che fosse lui il traditore? Milo però aveva parlato di Cavaliere, non di Generale.

Non vide quasi nulla dell'allenamento di Milo, davanti a lei mille domande davano vita ad altre mille e la storia di Shion, quella di Proteo e il mistero intorno a Kanon si sovrapponevano l'una all'altra, in una matassa disordinata di fili che, prima o poi, sarebbe riuscita a dipanare.

Ciao a tutti!

Capitolo importante, introduce un personaggio determinante per una parte della storia... A voi capire quale ;)

Cosa ne pensate dell'orfanotrofio e dei suoi bambini? Spero che l'idea vi sia piaciuta :) Grazie, come sempre, a Panenutella per la sua consulenza!

A presto e buona lettura!

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Capitolo 8
*** Che cos'è l'amore? ***


Babylon
(seguito di "A Divine Love")

7- Che cos'è l'amore?

Quella notte, appena chiuse gli occhi, Ayame precipitò in uno degli incubi peggiori della sua vita. Precipitava e precipitava in un abisso senza fine, passando davanti a volti conosciuti e deformati. Hyoga, Kanon, Shion, Proteo. E tutti avevano gli occhi grigi. Come lui. Occhi che la guardavano cadere, maligni e impietosi, con ghigni che deturpavano quelli che lei aveva sempre visto come volti belli e piacevoli.

Ridevano di lei, che non era più niente, che non poteva più fare niente. Non poteva andare avanti, perchè la dea l'aveva abbandonata, né tornare indietro, perchè quella dea l'aveva cambiata per sempre.

Infine arrivò il fondo dell'abisso, e con esso di nuovo quegli occhi grigi, enormi, terrificanti. Là in fondo c'era Mikyo ad aspettarla, con la bocca spalancata in una risata perfida che l'avrebbe inghiottita, condannandola al buio.

Sì svegliò urlando, il volto bagnato di lacrime e sudore, il cuore impazzito e quella sensazione di vuoto opprimente come non lo era mai stata.

La luce della luna invadeva la sua stanza, calda e benevola, e lo sciabordio del mare suonava per lei una ninna nanna dolce, che però non sarebbe riuscita a darle il riposo che cercava.

Come la notte precedente, Ayame scese dal letto e uscì sul terrazzo, nella speranza che il panorama riuscisse a cancellare le ultime immagini di quell'incubo che le erano rimaste in mente.

Il promontorio dove aveva visto Kanon la sera prima era deserto, la luce della luna proiettava le lunghe ombre delle antiche macerie fin sulla parete della Terza Casa. Eppure non le sembrarono ombre inquietanti, al contrario le davano una certa sicurezza, quella sicurezza che solo i posti speciali riescono a dare.

Shion sicuramente non avrebbe approvato un'altra sua fuga notturna, cosa che le diede un ulteriore motivo per pensare seriamente di uscire dalla Tredicesima e tornare là, al sicuro tra le colonne in rovina e i capitelli coperti di muschio.

Qualcuno bussò alla porta, interrompendo l'elaborazione del suo piano di fuga. Dall'altra parte della porta Ayame trovò Shion, in camicia da notte e chioma spettinata, che la fissava serio e le spense il mezzo sorriso che stava per nascerle sul volto.

Ho sentito urlare” disse il Gran Sacerdote. “Stai bene?”

Ayame non rispose subito. Nonostante fosse proprio minima, la preoccupazione del Celebrante per lei la sorprese.

Sì” rispose infine. “È stato solo un brutto sogno”

Bene. È meglio se torni a dormire, allora”

Ci proverò”

Shion fece un cenno minimo col capo, poi si allontanò lungo il corridoio per tornare nella sua stanza.

Richiusasi la porta alle spalle, Ayame decise di mettere da parte i piani di fuga per quella notte, come minimo gesto di gratitudine nei confronti della minima apprensione che Shion aveva dimostrato nei suoi confronti.

Tuttavia non tornò a dormire. Non voleva ripiombare nell'abisso di quell'incubo. Perchè sapeva che sarebbe ritornato, che non l'avrebbe lasciata in pace neanche per una notte da quella in avanti.

Tornò sul terrazzo e si sedette sulla balaustra, con la schiena appoggiata al muro del palazzo, ad ammirare il panorama intorno, per imprimerselo bene nella mente e rievocarlo quando l'abisso sarebbe tornato a farle visita.


Quando, la mattina successiva, la solita ragazzina venne a portarle la colazione, Ayame era già vestita e pronta per uscire.

Ho un messaggio per voi da parte del Cavaliere Shaka” le disse la bambina, dopo averle dato il vassoio. “Vuole che vi facciate trovare tra un'ora davanti al fioraio del villaggio”

Il fioraio?” domandò Ayame, pensando che fosse un luogo un po' strano per quello che avrebbero fatto. Di conseguenza le venne in mente che non aveva la minima idea di cosa Shaka le avrebbe fatto fare.

Esatto, davanti all'entrata del villaggio, tra un'ora”

D'accordo ehm... come ti chiami?”

Selene”

D'accordo, Selene, grazie dell'informazione. Io comunque mi chiamo Ayame e ti pregherei di darmi del tu, visto che non ho molti anni più di te”

Oh, va bene. Allora ciao!”

Selene scappò via esattamente come il giorno prima, sotto il sorriso divertito di Ayame.

Posò il vassoio e iniziò a mangiare, con più appetito rispetto alla mattina precedente e con un'involontaria fretta. L'idea del suo incontro con Shaka era riuscita ad elettrizzarla e sembrò dare un senso alla sua giornata e, soprattutto, al suo soggiorno ad Atene. Era partita con l'aspettativa di dover stare al Grande Tempio ad aspettare passiva l'evolversi degli eventi e, al massimo, di dover nascondersi durante un attacco da parte di questo nuovo nemico. Invece, da quella stessa mattina, con l'aiuto di Shaka, avrebbe provato a tornare quella di un tempo, anche solo in parte.

L'impazienza, alla fine, la portò ad abbandonare la sua mela mangiata a metà sul vassoio e a precipitarsi giù verso il villaggio. Sarebbe sicuramente arrivata con largo anticipo, ma meglio che in ritardo.

Il richiamo di Galatea la bloccò all'altezza dell'Undicesima Casa. La Sacerdotessa sbucò dalle colonne del tempio e la raggiunse.

Dove vai così di corsa?” le chiese incuriosita.

Al villaggio. Shaka mi ha dato appuntamento lì per iniziare le nostre... sedute di recupero poteri”

Bene, ottimo” esclamò Galatea soddisfatta.

Psiche?”

E' scesa poco fa con Aphrodite, andavano ad allenarsi all'arena”

E tu che fai?”

Galatea rispose con un'alzata di spalle.

Vieni con me?” le propose allora Ayame. Così avrebbe avuto qualcuno a farle compagnia durante l'attesa.

La Sacerdotessa accettò di buon grado e, insieme, le due ragazze continuarono la discesa verso Rodorio.

Nonostante fosse mattino presto, il villaggio era già nel pieno delle sue attività. Al mercato si contrattavano i prezzi delle merci, i bambini scorrazzavano per le strade, le donne spettegolavano e gli uomini si davano di gomito al loro passaggio.

Direi che la materia prima non manca, qui” commentò Ayame, una volta che due giovani guerrieri del Santuario le ebbero sorpassate. “Notato qualcuno di interessante, Galatea?”

Oh no, no-no, assolutamente no. A me non... interessa nessuno” rispose la Sacerdotessa, gesticolando e scuotendo la testa più del dovuto.

Io invece direi di sì” ribattè, infatti, Ayame. Prese sotto braccio l'amica e abbassò il tono della voce con fare cospiratorio. “Allora, chi è il fortunato?”

Nessuno, davvero” insistette Galatea. “Sono qui da neanche due giorni, dammi il tempo di guardarmi intorno”

Ayame non sembrò molto convinta dalla risposta della Sacerdotessa, ma lasciò correre, sicura che prima o poi avrebbe scoperto qualcosa.

Arrivarono davanti alla bottega del fioraio con una ventina di minuti di anticipo, ma anche Shaka aveva deciso di scendere un po' prima e le due ragazze dovettero attenderlo solo per dieci minuti scarsi.

Mi fa piacere vederti già qui. Pensavo di essere in anticipo... tanto meglio! Avremo più tempo a disposizione. Volete scusarmi un attimo?”

Le superò per entrare nel negozietto, dove andò direttamente a parlare col proprietario. Nel mentre qualcuno di inaspettato varcò l'altra soglia della bottega. Kanon fece giusto un rapido cenno a Shaka per salutarlo, quindi percorse rapido il vano nel negozio per uscire dal retro, dove Ayame e Galatea erano rimaste in attesa. Le due ragazze si allontanarono per lasciarlo passare e Ayame accennò un saluto alzando la mano. Kanon si limitò a guardarla con la solita espressione indecifrabile, quindi proseguì.

Che maleducato!” commentò Galatea.

Chissà dove sarà stato?” si chiese invece Ayame. Non l'aveva più visto da quando Shion l'aveva gentilmente mandato a cercare informazioni sugli Angeli alla biblioteca di Atene.

In biblioteca” rispose infatti Shaka, tornato con una cassetta di legno dalla bottega.

Fino ad ora? È partito ieri” si stupì la ragazza, ma il Cavaliere parve non scomporsi.

Si vede che aveva tanto da leggere. Se sei pronta, cominciamo. Galatea, grazie, ma qui non è necessaria la tua presenza. Perché non vai all'arena?”

Sulle prima la Sacerdotessa non seppe cosa rispondere. Non sapeva se sentirsi offesa o semplicemente accettare il consiglio di Shaka. Tuttavia non era un tipo permaloso come Psiche e sapeva che il Cavaliere non voleva assolutamente essere scortese. Semplicemente aveva bisogno di stare da solo con Ayame per fare il suo compito.

Galatea annuì, salutò e si diresse senza fretta verso l'arena.


Non è stato molto carino, da parte tua” fece notare Ayame a Shaka, dopo che Galatea era scomparsa all'angolo di un vicolo.

Posso assicurarti che ha capito alla perfezione le mie intenzioni” ribattè il Cavaliere serenamente.

Si incamminò quindi lungo il villaggio, con Ayame dietro. Camminarono per alcuni minuti in silenzio, che venne rotto dalla ragazza dopo alcuni minuti.

Volevo ringraziarti per quello che hai fatto per me, a Tokyo”

Era il minimo” sembrò giustificarsi Shaka, sempre con un tono serafico. “La missione che Zeus ci ha affidato era di proteggerti e abbiamo fallito. Dovevo rimediare in qualche modo e lo sto ancora facendo”

Quindi l'hai fatto solo per la missione che Zeus vi ha affidato”

No, a dire il vero” confessò lui. “L'ho fatto anche perché c'erano delle persone che stavano soffrendo per le tue condizioni”

Ayame sorrise, soddisfatta della spiegazione. Le sorse poi spontanea un'altra domanda.

Pensi che potrò mai tornare quella di un tempo?”

Shaka a quel punto si fermò. Erano in mezzo ad un incrocio, le due strade formavano un piccola piazzetta deserta, con al centro un albero d'ulivo protetto da una bassa ringhiera e circondato da una panca di pietra ad anello.

Il Cavaliere posò la cassetta sulla panca e si rivolse ad Ayame.

Mettiamola così: farò ogni cosa in mio potere per farti tornare quella di un tempo, se non una dea migliore”

Grande!”

Ma voglio la tua parola che farai qualsiasi cosa ti chiederò e con il massimo impegno” fu la precisa richiesta di Shaka.

Assolutamente” rispose Ayame risoluta.

Ottimo! Possiamo cominciare”

Shaka invitò Ayame a sedersi sulla panca vicino a lui, quindi aprì la misteriosa cassetta che si era portato appresso. Conteneva una dozzina di boccioli di rosa che ancora dovevano sbocciare.

Ayame rivolse uno sguardo perplesso al suo mentore.

Ho dovuto implorare Aphrodite di concedermi questi boccioli. Sono le rose più belle che esistano, ideali per te” spiegò il Cavaliere, senza però soddisfare Ayame.

E io cosa dovrei farci?” domandò infatti, scettica.

Per prima cosa, voglio che rispondi a questa domanda: che cos'è l'amore?”

La richiesta spiazzò la ragazza, che quasi si vergognò di non avere una risposta pronta da dargli. Shaka, però, non mostrò il minimo segno di impazienza.

L'amore è... insomma... “

Non avere fretta di rispondermi. Pensaci bene”

Ayame dovette ammettere di non averci mai pensato. Quando pensava all'amore, le veniva in mente Hyoga e come risposta le bastava. Ma quello era l'amore per lei, non l'amore in generale. Quello è quando due persone si vogliono talmente bene da pensare di non poter esistere l'una senza l'altra, perché solo l'esistenza dell'altro sembra dare loro...

... vita”

Come?” domandò Shaka, anche se aveva perfettamente capito.

L'amore è vita” ripetè Ayame con più convinzione.

Esatto, Ayame, ed è molto importante che tu lo sappia. Perché tu sei la dea dell'Amore ed è fondamentale che tu sia cosciente di ciò che sei, per poter tornare quello che eri. Mi segui?”

Penso di sì”

Bene. Se quindi tu sei la dea dell'Amore e l'amore è vita... “ Shaka indicò Ayame perché concludesse lei il sillogismo.

Allora io sono vita?” terminò infatti lei.

Precisamente! E puoi dare vita. Questo è il nostro punto di partenza”

Shaka prese un bocciolo dalla cassetta e lo porse alla ragazza, che lo accettò ancora incerta su cosa avrebbe dovuto farci.

Voglio che provi a farlo sbocciare semplicemente tenendolo in mano”

Ayame aggrottò la fronte, scettica sul fatto che far fiorire un bocciolo di rosa potesse restituirle i suoi poteri.

E ricordati la promessa. Farai tutto quello che ti dico e con il massimo impegno. A partire da ora”

Detto questo, Shaka richiuse la cassetta e se la mise sottobraccio mentre si alzava dalla panca.

Scusa, dove stai andando adesso?” gli chiese Ayame, sconcertata da tutta quella situazione.

È la mia ora di meditazione, ma tu resta pure qui, se vuoi, non sei obbligata a seguirmi. Tornerò per vedere i tuoi progressi”

Ayame non riuscì a ribattere in tempo, potè solo restare a guardare la schiena di Shaka che si allontanava e spariva dietro l'angolo di uno dei vicoli. Non poteva credere che l'aveva lasciata sola, in una piazzetta deserta, all'ombra di un ulivo rachitico con un bocciolo da far fiorire col pensiero.

Tuttavia aveva fatto una promessa e non voleva deludere Shaka. Prese un respiro profondo e si portò il fiore davanti agli occhi, iniziando a fissarlo intensamente. Il mal di testa la fece aspettare solo pochi minuti, prima di andarle a martellare il cranio.


Seppur con riluttanza, Galatea eseguì il velato ordine impartitole da Shaka e si diresse verso l'arena dei combattimenti. Per ritardare il momento dell'arrivo, procedette col passo più lento che riuscì a tenere, soffermandosi di quando in quando ad osservare qualcuno dei resti del Tempio.

Stare lontana da Ayame o da Psiche la faceva sentire scoperta e vulnerabile, un pesce fuor d'acqua in quel mondo tanto diverso da quello in cui era nata e a cui ancora non era abituata. Memore del motivo per cui aveva supplicato Ayame di portarla con sé ad Atene, però, Galatea si disse che quella poteva essere una buona occasione per mantenere il suo proposito. Preso un respiro profondo, coprì con passo deciso gli ultimi metri che la separavano dall'ingresso nell'arena.

La accolsero il clangore delle spade che cozzavano tra loro miste alle grida dei combattenti e alle incitazioni dei loro maestri. Quel giorno erano Camus e Aiolia a dividersi lo stadio. Il suo ospite stava seguendo in silenzio l'allenamento dei suoi allievi, ma Galatea capì dallo sguardo del Cavaliere che neanche il loro minimo errore sfuggiva al suo occhio.

La Sacerdotessa prese posto a metà delle gradinate e si mise ad osservare distrattamente i vari gruppi di allenamento. Dopo qualche minuto, vide Camus interrompere un duello con la spada tra due allievi e mostrare ad uno di loro il corretto movimento del polso per disarmare l'avversario. Galatea rimase incantata a fissarlo per quei lunghi istanti che il Cavaliere impiegò ad eseguire il movimento e un sospiro le uscì spontaneo dalle labbra, accompagnato da un battito un po' troppo forte nel petto. Subito si riscosse e tornò a far vagare lo sguardo, che sembrava però calamitato verso Camus. Di nuovo lo vide intercettare un pugnale lanciato maldestramente, correggere la posizione dei piedi di un'allieva, rimproverarne un altro per aver attaccato alle spalle il compagno.

Basta, è ridicolo” commentò ad alta voce mentre si alzava per andarsene, ma il richiamo di Milo la bloccò solo dopo un gradone.

Già vai via? Volevo scambiare due chiacchiere”

Galatea rimase sorpresa dalla richiesta, ma decise di restare.

No, stavo...cercando un po' d'ombra” s'inventò sul momento, indicando una zona ombreggiata poco distante. Si diresse là insieme a Milo, il quale poi si sedette sul gradone sotto al suo.

Complimenti per la colazione, comunque” esordì lui, pensando di farle piacere, ma l'espressione interdetta di Galatea lo obbligò a spiegarsi.

Vedi, ogni tanto...cioè, molto spesso, vado a fare colazione da Camus. Lui è un mago delle colazioni, sai? Stamattina, però, ha gentilmente condiviso con me quella che gli hai lasciato. Devo dire che non sei male neanche tu”

Oh, beh, grazie” pigolò la Sacerdotessa, cercando di nascondere l'imbarazzo. Aveva preparato quella colazione per farsi perdonare la sua assenza a cena, ma doveva essere solo una cosa per Camus, non per chiunque. Chissà se aveva anche letto il bigliettino che aveva lasciato sul tavolo vicino alla crostata?

Figurati!” ribattè Milo, risvegliandola dai suoi timori adolescenziali. “Allora, che mi sai dire della tua amica Psiche?”

In che senso?” chiese Galatea, che non pensava che per due chiacchiere il Cavaliere intendesse parlare di Psiche.

Sì, insomma, che tipo è, cosa le piace fare, il suo colore preferito, con quanti ragazzi è uscita...le solite cose” spiegò Milo con leggerezza.

La Sacerdotessa rimase interdetta qualche istante prima di rispondere.

Ecco, io non saprei... la conosco solo da un paio di mesi e di questo non mi ha mai parlato. In effetti, Psiche non è un tipo di molte parole, a meno che non ti voglia dare l'estremo saluto”

Strano” constatò Milo. “Io me la ricordo quando era una bambina e si allenava con Aphrodite. Era una piccola peste, sempre in movimento e a fare casino, specialmente quando ero nei dintorni. Pensavo addirittura che avesse una cotta per me ma, nel caso, deve esserle passata”

Esatto, sono rinsavita, fortunatamente”

Milo e Galatea si voltarono contemporaneamente per incrociare lo sguardo severo di Psiche che li osservava dall'alto della gradinata.

La Sacerdotessa scese verso di loro e si fermò vicino a Galatea, che subito abbassò gli occhi. L'espressione della compagna aveva l'inspiegabile potere di farla sentire in imbarazzo.

Quanto a Milo, accennò un saluto alzando la mano, ma Psiche lo ignorò e si rivolse a Galatea.

Hai voglia di allenarti? Aiolia ci lascia un po' di spazio”

La bionda balbettò qualche parola senza senso, prima di accettare l'offerta e rincorrere Psiche giù per i gradoni e attraverso l'arena. Il suo passo era così svelto che dovette correre per raggiungerla. Passarono tra i vari gruppi di allievi, ignorando le loro occhiate interessate e le proteste di Aiolia riguardo al fatto che erano motivo di distrazione, e si fermarono una volta raggiunto il deposito delle armi. Psiche iniziò ad indossare le protezioni, subito imitata da Galatea, in un silenzio teso che fu la prima a rompere.

Ti sarei grata se non facessi più di me il tuo argomento di conversazione con Milo” disse fredda Psiche, senza smettere di vestirsi.

Mi dispiace, sono stata colta alla sprovvista. Non ho detto niente, comunque. Non so niente di te che possa interessargli”

Meglio così” commentò infine Psiche, lasciandosi sfuggire un mezzo sorriso. “E stagli alla larga, potrebbe ripiegare su di te e, sinceramente, non è il tuo tipo”

No, decisamente no” confermò Galatea, non riuscendo ad evitare di lanciare un'occhiata furtiva verso Camus.

Una volta finito di vestirsi, scelsero le armi per il combattimento – Psiche una scure, Galatea una spada ad una mano – e si posizionarono nello spiazzo lasciato libero per loro.

Dopo qualche scambio di riscaldamento, diedero inizio al vero duello. Psiche dimostrò la grinta di sempre, ma Galatea oppose la resistenza e la determinazione giuste a far si che lo scontro procedesse in perfetta parità. Dopo non molto tempo, nell'arena presero a riecheggiare le urla di Camus e Aiolia che tentavano di riportare l'attenzione dei loro allievi sull'allenamento.

Le due Sacerdotesse continuarono comunque a combattere, finché alle orecchie di Galatea non giunse l'urlo allarmato di Milo.

Camus, ATTENTO!”

La bionda ebbe giusto pochi attimi per vedere i due pugnali volare dritti verso la schiena del Cavaliere dell'Undicesima Casa, dopodiché fu il suo istinto ad agire. Erse la barriera d'avorio giusto in tempo per bloccare una delle due lame a pochi centimetri dal dorso di Camus. L'altra venne deviata da una rosa di Psiche e cadde a terra poco distante.

Il silenzio cadde su tutto lo stadio, congelando il tempo.

Camus, che al richiamo di Milo si era accucciato a terra, osservava attonito la lama del pugnale che spuntava dalla cupola d'avorio che lo aveva protetto. Il Cavaliere dello Scorpione raggiunse il compagno quasi contemporaneamente ad Aiolia. Entrambi facevano vagare lo sguardo da Camus alla cupola d'avorio alla rosa, cercando di dare un ordine a quella marea di avvenimenti succedutisi nell'arco di pochi istanti, finché, sempre insieme, non rivolsero la loro attenzione a Galatea. Sul loro volto era disegnata una sorpresa quasi incredula.

Nel frattempo, Camus era uscito da sotto il guscio. Milo gli fu subito appresso.

Ehi, amico, stai bene?”

Il compagno annuì, quindi seguì lo sguardo del Cavaliere dello Scorpione e andò ad incrociare quello limpido di Galatea, che subito lo distolse, approfittando dei richiami provenienti da dietro le spalle dei due guerrieri.

Maestro, perdonaci!” si prostrò in fretta uno degli allievi di Camus, seguito a ruota da un compagno. “Ci sono sfuggite di mano mentre provavamo a disarmarci e..:”

Va bene così” li interruppe Camus lapidario. I due ragazzi rimasero qualche secondo a bocca aperta. Probabilmente si aspettavano qualche sorta di punizione per il tentato omicidio.

Direi che per oggi può bastare” decretò allora Camus, rivolto anche agli altri suoi allievi.

I due colpevoli se la diedero velocemente a gambe, forse temendo un repentino cambio di idea del maestro.

Aiolia, invece, spronò i suoi a continuare l'allenamento.

Direi che può bastare anche per noi” disse Psiche, muovendo i primi passi verso il deposito delle armi.

Galatea la seguì a ruota, ma Camus la bloccò prendendola deciso per un polso. Alla Sacerdotessa morì in bocca qualsiasi parola avesse voluto dire, e non solo per quanto gelida fosse la mano del Cavaliere. La sensazione di freddo, però, scomparve quasi subito e Camus ne sembrò sorpreso.

Grazie” disse poi il Cavaliere, una volta ripresosi. “Ti devo la vita”

Sì...cioè, no...voglio dire...devo andare”

Galatea balbettò ancora qualche scusa mentre si liberava dalla presa di Camus per correre dietro a Psiche e si costrinse a non voltarsi mai.

Eccomi qui! Tempo di "meditazione" per Ayame, chissà se riuscirà a far sbocciare la rosa. E intanto Cavalieri e Sacerdotesse cominciano a guardarsi intorno :)  sono previste scintille! Appena ho un attimo risponderò alle recensioni, ad ogni modo grazie a tutti quelli che seguono la storia!

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Capitolo 9
*** Lacrime e Malinconia ***


Babylon
(seguito di "A Divine Love")

8- Lacrime e malinconia

Due stranezze nello stesso giorno era più di quanto Camus riuscisse a concepire. Prima si era distratto durante l'addestramento dei suoi allievi più giovani e ci aveva quasi rischiato la pelle. Mai in vita sua qualcosa era riuscito a distrarlo dai suoi impegni, qualunque essi fossero, dai più banali ai più importanti. E poi la sua mano che, al contatto con la pelle di Galatea, si era subito scaldata. Nemmeno questo era mai successo.

Essendo padrone delle energie fredde, anche con il cosmo al minimo la sua temperatura corporea è sempre stata più bassa del normale. All'inizio era stato solo un adattamento al clima rigido delle zone in cui si era allenato, poi, dopo la sconfitta contro Hyoga e la sua rinascita, aveva deciso di mantenere sempre e comunque il suo corpo ad una temperatura via via più bassa, allo scopo di raggiungere, quando sarebbe stato necessario, lo zero assoluto.

Eppure era bastato quell'attimo, quel breve contatto con la pelle chiara di Galatea, perché il gelo sparisse dalla sua mano ed uno strano calore lo pervadesse.

Perché? Perché con lei? Non sapeva nulla di quella ragazza, anche se doveva ammettere che, sin dal primo momento in cui l'aveva vista, a Tokyo, ne era rimasto affascinato. Aveva capito da subito che era diversa dalle altre, forse per la grande malinconia che i suoi occhi nocciola sembravano nascondere.

Di nuovo quel calore strano lo colse. Erano i suoi occhi, allora? Ma perché?

Cercò di eliminare dalla mente l'immagine dello sguardo di Galatea, quindi poggiò la mano sul primo gradino della scalinata che correva verso la Casa del Capricorno. Subito una sottile lastra di ghiaccio ricoprì tutti i gradini fino in fondo, un ghiaccio così freddo che nemmeno il caldo sole dell'estate greca riusciva a sciogliere.

Allora erano proprio i suoi occhi. Camus sospirò e prese a guardarsi la mano, sovrappensiero.

Se non vuoi visite, la prossima volta basta che lasci un messaggio a Shura. Non è necessario rendere la scalinata un campo di pattinaggio”

Il Cavaliere dell'Acquario lasciò perdere la distratta contemplazione della sua mano per dar retta all'amico in fondo alla scala. Milo stava saggiando con la punta della scarpa la consistenza della lastra di ghiaccio davanti a lui.

E comunque, hai fatto di meglio” commentò alla fine.

Lo so” sbottò Camus, rompendo il ghiaccio con un leggero pugno. “Dai, sali”

Milo lo raggiunse, facendo molta attenzione ad ogni gradino.

Siamo di umore grigetto, a quanto vedo. Ma forse lo sarei anche io se due miei allievi avessero tentato di assassinarmi”

Non è per quello” disse Camus, sempre intento a fissarsi la mano. Non diede, però, ulteriori spiegazioni.

E non vuoi dire al tuo amico Milo cos'è che ti turba?” tentò l'altro Cavaliere.

Se lo sapessi, te lo direi” sospirò Camus, lasciando perdere la mano e sperando di essere stato convincente. In realtà sapeva perfettamente cosa, o meglio, chi lo turbava, ma Milo non era la persona adatta per parlare di cose del genere. Sicuramente gli avrebbe dato del paranoico e, probabilmente, avrebbe avuto ragione.

Quindi ti sei rabbuiato così, tutto d'un tratto” dedusse Milo, seppur con un certo scetticismo.

Diciamo di sì” confermò l'amico, laconico.

Posso allora proporti un rimedio al tuo grigiore interiore?”

Dall'intonazione della voce, Camus capì che quello era l'argomento che Milo voleva affrontare sin dal principio e, quasi sicuramente, il motivo principale della sua visita. Gli fece cenno con la testa di andare avanti.

C'è una festa, giù ad Atene, venerdì sera. Pensavo di invitare Psiche, ma ho la sensazione di non starle molto simpatico. Se però facessimo un'uscita di gruppo magari accetterebbe. Tu potresti invitare Ayame, per esempio”

Non posso invitare Ayame! È la ragazza di Hyoga!” gli fece notare Camus, sconcertato.

Allora Galatea...” iniziò a proporre Milo, ma l'amico lo interruppe subito.

Sei impazzito?!?” scattò infatti Camus, sorprendendo non poco il Cavaliere dello Scorpione.

Neanche ti avessi chiesto di invitare una Gorgone, che cavolo!”

Non se ne parla. Io non inviterò Galatea, chiaro?” precisò Camus, mentre si alzava per rientrare in casa.

Mica ti ci devi fidanzare! È solo per fare un favore ad un amico. Andiamo, Camus!” lo implorò Milo, ma l'amico non volle sentir ragioni.

Dannazione, Milo! Sei adulto a sufficienza da poter chiedere ad una ragazza di uscire senza qualcuno che ti spalleggi, nella fattispecie il sottoscritto”

E tu sei già morto un numero sufficiente di volte per capire che, forse, è ora di sciogliersi un po'”.

Camus si bloccò sulla soglia della casa. Non era la prima volta che lui e Milo discutevano, ma questa volta l'amico sembrava essere più serio del solito, a giudicare dallo sguardo fermo che gli stava rivolgendo.

Siamo di nuovo in vita, Camus” continuò lo Scorpione, calmo ma con voce tremante. “Non a tutti è concessa un'occasione del genere e già in parecchi l'abbiamo capito. Un esempio su tutti: Marin e Aiolia. Io non sprecherò quest'opportunità, e tu?”

Milo non attese risposta, ma si voltò e scese la scalinata per tornare alla sua Casa. Camus rimase qualche istante a rimuginare sullo sfogo dell'amico. Era pienamente d'accordo con lui, non era nemmeno nelle sue intenzioni sprecare quella sua nuova vita, né, però, gli sembrava che stesse facendo qualcosa del genere. Lui e Milo avevano sempre avuto idee diverse sul come viversi la vita e, forse, per questo erano sempre andati così d'accordo. Se per Milo approfittare dell'occasione voleva dire provarci con Psiche, non per forza doveva valere la stessa cosa per lui.

Forte di questa convinzione, Camus rientrò in casa, ma si bloccò sulla soglia della cucina. Galatea stava armeggiando coi fornelli e un libro di cucina era aperto sul ripiano lì vicino, alla pagina della ricetta per il pastitsio greco. Si accorse della sua presenza quando si voltò per posare il piatto da portata sul ripiano di granito grigio al centro della stanza, dove di solito consumava i pasti.

Ciao” gli sorrise imbarazzata, con le guance imporporate e gli occhi leggermente più luminosi. Camus sentì di nuovo caldo e distolse lo sguardo da lei per posarlo sul piatto.

Ho tentato di cucinare qualcosa di tipico. Pensavo che, dopo la giornata di oggi, non avessi voglia di far da mangiare e così...”

Grazie per il pensiero, ma penso che stasera salterò” tagliò corto Camus, prima di avviarsi a occhi bassi verso la sua stanza, dopo aver borbottato un quasi incomprensibile “Buonanotte”.

Una volta al sicuro tra le mura della sua austera camera, Camus stava per girare la chiave e buttarsi a letto quando alle sue orecchie arrivarono stralci di una conversazione che Galatea stava avendo con Shura.

È tutto a posto qui? Poco fa è passato Milo e sembrava tutt'altro che allegro” chiese il Cavaliere a Galatea. Una pentola sbattuta in lavastoviglie e il portellone chiuso con poca grazia.

Non ne ho idea, mi spiace” fu la laconica risposta della Sacerdotessa.

Quello è pastitsio?” domandò poi Shura. “È una vita che non lo mangio”. Una risata alla battuta involontaria, ma gli parve solo di Shura.

Serviti pure. Qui è passato l'appetito a tutti”.

Passi affrettati lungo il corridoio, la porta della stanza degli ospiti sbattuta, la chiave girata nella toppa.

Sentì ancora Shura dire qualcosa, forse un ringraziamento, poi imitò la Sacerdotessa e si barricò in camera. Accese lo stereo e in breve partirono le note di uno dei tanti pezzi di musica classica della sua collezione. La musica era una delle poche cose che riuscisse a rasserenarlo, ma quella sera sembrava davvero una missione impossibile.

Zittì il brano appena iniziato e andò alla finestra. Il Santuario era immerso in un tripudio di oro e rosso. Da quando era tornato in vita, i tramonti gli sembravano uno più bello dell'altro. Aprì le imposte per godersi il calore dell'ultimo sole e la brezza fresca ma, una volta sportosi dal davanzale, rientrò subito.

Galatea era seduta sul suo davanzale e stava guardando anche lei all'orizzonte. Non si era accorta di lui, nonostante non avesse badato a non far rumore.

Uno strano senso di colpa gli attanagliò lo stomaco e l'espressione malinconica sul volto della ragazza non gli alleggeriva il peso. Sapeva che avrebbe dovuto chiederle scusa per non aver apprezzato il suo sforzo e la sua collaborazione, ma quell'insolito calore lo metteva a disagio ed era sicuro che sarebbe riuscito a rovinare tutto.

Non riusciva, però, a staccare gli occhi dal riflesso della ragazza sul vetro della sua finestra, l'unico modo che aveva in quel momento per guardarla senza trovarsi in difficoltà né essere scoperto. Galatea era una bellezza antica, statuaria, quasi irreale, e gli appariva fragile e bisognosa di protezione, nonostante sapesse che era una guerriera esattamente come lui.

Un raggio di sole passò attraverso gli alti palazzi di Atene e andò ad illuminarle il viso con un'angolazione tale che il risultato, sebbene fosse solo riflesso, tolse il fiato a Camus. Desiderò per un attimo possedere quell'immagine per sempre. E sapeva anche come fare per ottenerla. Afferrò la costosa reflex dalla scrivania e, calibrando perfettamente ogni movimento, scattò la foto a Galatea. Si ritrasse nuovamente nella stanza prima che lei potesse vederlo e premette il tasto della fotocamera per accedere alla gallery.

Non poté non sorridere davanti alla perfezione del suo risultato, ma ebbe solo poco tempo per contemplarlo, perché una guardia del Santuario bussò alla sua porta per comunicargli che il Gran Sacerdote desiderava vederlo con urgenza.


Dopo la giornata devastante passata a provare ad eseguire l'assurdo compito assegnatole da Shaka, la scalata fino alla Tredicesima le sembrò più faticosa del solito. Fosse poi servito a qualcosa. Neanche un petalo si era mosso, il bocciolo era rimasto chiuso come gli occhi del suo mentore. L'unica cosa ce ci aveva guadagnato era solo un martellante mal di testa.

Nonostante tutto, comunque, non le sfuggì il ciuffo rosa che scomparve dietro una delle colonne della Casa dei Pesci, accompagnato da un singhiozzo sommesso.

Psiche?” chiamò, spostandosi per vedere meglio. Nessuno rispose, e anche i singhiozzi sembrarono cessare.

Non convinta, Ayame arrivò fino al lato lungo del tempio dietro cui la sua Sacerdotessa era sparita. Nel frattempo i singhiozzi erano ripresi, ma sembravano comunque trattenuti.

Psiche era seduta a terra, appoggiata contro una colonna, col volto nascosto tra le braccia e le gambe al petto. Un altro singhiozzo scappò al suo controllo.

Senza dire niente, Ayame si avvicinò silenziosa all'amica e le accarezzò la testa. Psiche non sobbalzò, ma sollevò la testa lentamente per mostrarle il viso rigato di lacrime.

Ayame non l'aveva mai vista così disperata. Anzi, non aveva mai visto Psiche piangere.

Le si sedette accanto e le scostò alcune ciocche di capelli dal volto bagnato.

Non è cambiato nulla” gemette la Sacerdotessa.

Cosa non è cambiato?” le domandò Ayame dolcemente.

Io” singhiozzò Psiche. “Sono passati sei anni e io non sono riuscita a dimenticare”

Quindi non riguarda Ikki” dedusse la bionda. Psiche rispose scuotendo la testa. “Probabilmente non ha mai riguardato Ikki” 

Ti va di parlarne?” provò a domandare Ayame, ma di nuovo la Sacerdotessa fece di no col capo.

È un problema solo mio e sarò io a risolverlo” rispose, poi, con la sua tipica determinazione. Si asciugò gli occhi alla bell'e meglio e fece dei respiri profondi per calmarsi.

Com'è andata col santone?” chiese poi ad Ayame.

Un disastro” rispose la bionda amareggiata, mentre si massaggiava le tempie. Iniziò poi a raccontarle del suo pomeriggio, quando due voci provenienti dall'Undicesima attirarono la loro attenzione.

Raggiunta la scalinata che congiungeva i due templi, le ragazze videro Camus salire rapido, preceduto da un soldato semplice che gli stava spiegando sommariamente qualcosa.

Il Gran Sacerdote è nella Sala del Trono con il Generale Kanon e il Sommo Mu. Pare che quest'ultimo abbia portato notizie importanti dal Giappone”

Subito Ayame si fece più attenta. Seguì con lo sguardo i due uomini mentre entravano nella Casa dei Pesci per chiedere ad Aphrodite il permesso di passare. Quando questi glielo concesse, aggirò il perimetro del tempio e raggiunse l'uscita della Dodicesima in tempo per vedere Camus e il soldato salire la scalinata.

Chissà cos'è successo a Tokyo?” domandò Psiche, leggermente in apprensione.

Ayame ci rimuginò sopra qualche secondo, prima di prendere l'amica per mano e iniziare la salita verso la Tredicesima. Psiche cercò di protestare, ma la bionda neanche la sentì. Aveva bisogno di sapere qualcosa su Hyoga e gli altri e il fatto che Camus fosse stato chiamato non era, secondo lei, di buon auspicio.

L'ingresso alla Sala del Trono era presidiato da due guardie, una delle quali era il soldato che aveva condotto lì Camus e che stava uscendo dalla stanza in quel momento.

Psiche, riesci ad addormentarli?” chiese Ayame alla sua Sacerdotessa, senza perdere di vista la porta che, lentamente, si stava chiudendo.

Non mi sembra una buona idea, ad essere sincera...” iniziò ad obiettare la ragazza, ma quando Ayame si voltò per implorarla sia con lo sguardo che con le parole, dovette cedere.

Si avvicinò furtiva alle due guardie e soffiò loro addosso una fine polvere dorata che le fece subito crollare a terra, prive di sensi.

Ayame la raggiunse subito dopo, guardando con circospezione i due soldati svenuti.

Sicura che non si sveglieranno?” domandò, lasciando trapelare una notevole agitazione.

Psiche scosse la testa. “Usciranno dal Palazzo di Zefiro quando lo vorrò io”

La bionda annuì, quindi si avvicinò all'imponente porta della Sala del Trono, rimasta socchiusa. Le voci degli uomini all'interno erano lontane, ma dopo qualche secondo fu in grado di sentire le loro parole.

... e Atena?” domandò Camus, anch'egli in preda alla preoccupazione.

Sana e salva. Il suo intervento non si è reso necessario. Shun e Hyoga sono riusciti a disarmare l'Angelo prima che si avvicinasse a lei” gli spiegò Mu. “Lo spillo è stato inviato ad un laboratorio della fondazione Kido, per essere analizzato insieme a quello che ha colpito Ayame. Kiki è a Tokyo, al momento, e ci fornirà tutti i dettagli appena saranno pronti”

Almeno, finalmente, sapremo come stanno tentando di eliminare le divinità reincarnate” considerò Shion. “Hai trovato qualche spunto per continuare le tue ricerche, Kanon?” domandò poi il Gran Sacerdote. Dalla sua voce trapelava una stanchezza talmente grande, pensò Ayame, che riusciva persino a surclassare l'astio nei confronti del Generale. Ripensando alla sua giornata, i due dovevano essere in colloquio da poco dopo che lei e Galatea avevano incrociato Kanon al villaggio.

Se ho capito bene, non era lo stesso Angelo che ha ferito Afrodite” constatò il Generale.

Stando al racconto di Kiki, no. Era una donna, con le ali rosse e sembrava comandare il fuoco. È stata sopraffatta dall'acqua, o meglio, dal ghiaccio” confermò Mu.

Ma a quale prezzo...” commentò Camus. “Se Hyoga, il cui potere è pari a quello di un Cavaliere d'Oro, ha dovuto portare il suo cosmo al massimo rischiando la vita contro uno solo di loro, mi chiedo cosa dovremmo fare per contenere un attacco più massiccio...”

Le ultime parole giunsero alle orecchie di Ayame ovattate. Il suo cervello e il mondo intorno a lei si erano fermati molto prima, alla notizia che Hyoga era in pericolo di vita.

Il respiro le si fece pesante e la vista si annebbiò d'un tratto. Qualcosa di bagnato, lacrime probabilmente, le scendeva lungo le guance. Il vuoto all'addome divenne così opprimente da fare male e da toglierle l'aria. Iniziò a respirare affannosamente a bocca aperta, liberando ogni tanto qualche singhiozzo.

Qualcuno le prese il volto con le mani. Forse la stava chiamando, ma lei non sentiva nulla. La sua mente era totalmente nel pallone, non riusciva a ragionare. Vedeva solo immagini di Hyoga e di fiamme, alcune di pura fantasia, altre di ricordi non molto lontani di una guerra contro il fuoco.

Hyoga sopraffatto dall'Angelo del Fuoco. La sua unica ragione di vita che rischiava di morire. E lei era lì, tra quei quattro sassi antichi, impotente e inutile. Lontana da lui.

No.

Non per molto ancora.

La lucidità tornò in un baleno e con essa la determinazione che diede alle sue gambe la forza per fare quello scatto.

Si liberò delle attenzioni di Psiche e Galatea, che doveva essere giunta lì poco prima, ignorò totalmente i loro richiami e si lanciò lungo la scalinata delle Dodici Case. Iniziò ad attraversarle ad una ad una senza chiedere permessi di sorta. Pesci. Acquario. Capricorno. Sagittario.

Le gambe iniziarono a dolerle e il respiro a farsi affannoso, ma continuò a correre.

Scorpione. Bilancia. Vergine. Leone.

Sentiva i richiami dei custodi delle Case, ma non vi prestava ascolto. Non avrebbero capito.

Sulla soglia della Casa del Cancro udì altri passi dietro di lei. Incitandosi con un verso quasi animalesco, accelerò la sua corsa.

Era quasi alla fine. Gemelli. Toro.

Aldebaran era sulla soglia. Vide lei e chi le correva appresso. Tentò di placcarla, ma appena le sfiorò la pelle, si sentì un sinistro sfrigolio e un'imprecazione poco fine del Cavaliere. Ayame se lo lasciò alle spalle che si reggeva una mano, dolorante.

Passò l'ultima Casa, l'Ariete Bianco, e imboccò la via verso Rodorio. Era quasi arrivata alla curva a gomito che nascondeva le prime case alla vista, quando qualcuno l'afferrò per un braccio. Di nuovo udì quello sfrigolio e la persona dietro di lei soffocò un lamento, ma non mollò la presa. Ayame si sentì tirare indietro e due braccia forti la cinsero, impedendole qualsiasi movimento. Provò a dimenarsi ma fu tutto inutile, la corsa l'aveva stancata e chi la stava trattenendo era nettamente più forte.

Ayame, ferma!” le venne intimato.

Nella confusione dei suoi pensieri riconobbe la voce di Kanon, ma non era un buon motivo per arrendersi.

Lasciami! Devo andare da lui!” gridò lei in risposta, continuando a muoversi nel disperato tentativo di liberarsi dalla morsa del Generale.

Con un lampo di luce, Mu si materializzò davanti a loro e allargò le braccia. Solo allora Kanon lasciò andare Ayame, la quale approfittò subito della libertà per riprendere la corsa. Un ostacolo invisibile tra lei e Mu la costrinse a fermarsi. Il Cavaliere dell'Ariete aveva eretto il Crystal Wall davanti a lei per impedirle di proseguire. Kanon le sbarrava la strada dall'altro lato, il volto contratto in un'espressione sofferente a causa delle bruciature sulle braccia e sulle mani nei punti in cui era venuto a contatto con la pelle di Ayame.

Questa, ormai in preda alla disperazione, si lanciò contro il muro invisibile davanti a lei e prese a tempestarlo di pugni.

Lasciami passare!” piangeva Ayame, senza nemmeno vedere Mu, tante erano le lacrime nei suoi occhi. “Ha bisogno di me, lasciami andare da lui!”

Mi dispiace, Ayame... non posso” si scusò il giovane uomo dall'altra parte, ma Ayame sembrava sorda a qualsiasi parola.

Devo passare, Mu! Fammi passare! Ti prego!”

Dopo quell'ennesimo sfogo, la stanchezza e la rassegnazione ebbero la meglio sulla ragazza, che si abbandonò ad un pianto disperato e liberatorio al tempo stesso. Scivolando lungo il Crystal Wall, le sue mani lasciarono scie dorate lungo la superficie invisibile, che la accompagnarono nella sua lenta discesa.

Una volta a terra, il muro scomparve. I due guerrieri si avvicinarono con cautela ad Ayame e Mu le si inginocchiò di fronte. Quando posò la sua mano sulla spalla nuda della ragazza, non accadde nulla di ciò che era successo ad Aldebaran e Kanon. La sua pelle era fresca e liscia come sempre.

Ayame, sono davvero desolato” ripetè l'Ariete, sinceramente dispiaciuto. “Ma è nostro compito tenerti al sicuro tra i confini del Santuario”

Non serve a niente scusarsi” gli fece notare Kanon. “Probabilmente non ti sta nemmeno ascoltando”

Devo vederlo” singhiozzò la ragazza, infatti, prima di sollevare il volto rigato dalle lacrime verso Mu. “Solo un attimo. Ti prego...”

Ayame si aggrappò con forza al suo braccio per dare più enfasi alla sua richiesta.

Mu sembrava combattuto. Da un lato c'erano il suo dovere di Cavaliere e il desiderio di non disobbedire al suo maestro Shion, dall'altro c'era Ayame sull'orlo del baratro che gli stava chiedendo un aiuto che solo lui poteva darle. Cosa fare quindi?

Alzò lo sguardo verso Kanon, in piedi dietro ad Ayame. Il suo sguardo serio passò dalla ragazza al compagno d'armi e le sue sopracciglia si inarcarono leggermente.

Ci vorranno solo pochi minuti” gli fece notare.

Ayame fece un vigoroso cenno affermativo con la testa e la sua presa sul braccio di Mu si accentuò, così come si fece più marcata la sua espressione supplice.

Il Cavaliere sospirò, quindi acconsentì con un sorriso. Al suo “Va bene”, Ayame parve sciogliersi in un sorriso felice come pochi altri che aveva visto e talmente contagioso che si ritrovò a sorridere anche lui. Bastò quel sorriso a fargli dimenticare ogni preoccupazione, ogni motivazione contraria a quel breve viaggio. Era la cosa giusta da fare. Quella ragazza stava già soffrendo abbastanza, anche se non lo dava a vedere. Era giusto concederle anche solo pochi minuti di felicità.

Mu si rialzò in piedi ed aiutò Ayame a fare altrettanto. Quando il Cavaliere iniziò a concentrarsi per effettuare il teletrasporto, la ragazza si voltò e afferrò Kanon per un braccio prima che questi potesse realizzare quali fossero le sue intenzioni.

In un batter d'occhio l'ambiente intorno a loro cambiò. La macchia mediterranea lasciò il posto ad un giardino curato ed illuminato dalla luce argentea della luna.

Palazzo Kido portava ancora i segni dello scontro avvenuto poche ore prima. I muri erano solcati da profonde crepe, parte della grande terrazza che dava sul giardino era crollata e della natura prossima alla dimora non era rimasto che cenere.

Le luci alle finestre erano per la maggior parte accese. Lo sguardo di Ayame corse subito verso la finestra della sua stanza e trovò anch'essa accesa.

Rapidamente raggiunse la terrazza ed entrò in casa, seguita a breve distanza dai due guerrieri. Superato il salotto, percorse un primo tratto del breve corridoio che conduceva all'ingresso e voltò a sinistra verso la scalinata che portava ai piani superiori. Al terzo scalino una voce la chiamò alle sue spalle.

Ayame! Che ci fai qui?” le domandò sorpresa Talia, che era sbucata dalla cucina. La Sacerdotessa la guardava seriamente, ma i suoi occhi lasciavano trasparire la gioia che stava provando nel rivedere la sua dea.

Poco dopo venne raggiunta da Shun, che porse la stessa domanda sia a lei che ai suoi accompagnatori.

Ecco io ho saputo... dell'attacco e...allora... Shun, devo vedere Hyoga” rivelò infine, di nuovo con le lacrime agli occhi.

Il ragazzo sorrise e annuì col capo. “Sai dove trovarlo”

Ayame sorrise di rimando, quindi riprese a salire le scale, ma si bloccò prima di raggiungere la cima e tornò a rivolgersi a Shun.

Shun... come sta?”

Starà molto meglio dopo averti vista” rispose sibillino il Cavaliere, per poi incitarla con un cenno del capo a proseguire.

Ayame non se lo fece ripetere. Una volta in cima alla scala, imboccò il corridoio che portava alla sua stanza, l'ultima in fondo. La porta della camera si aprì poco dopo e ne uscì Hyoga, bendato su buona parte del torace ma apparentemente in buone condizioni.

Non appena si videro, entrambi i ragazzi si bloccarono sul posto. Nel corridoio scese il silenzio, rotto solo dai battiti accelerati dei loro cuori che rimbombavano loro nelle orecchie.

Ayame, che...” iniziò a dire Hyoga, incerto se essere felice o preoccupato della presenza della ragazza lì. Si bloccò, però, quando la vide scoppiare in lacrime.

Stai bene... Dei, ho pensato... ho avuto paura... avevo sentito che avevi rischiato la vita e...”

Le sue parole si persero tra le labbra di Hyoga, che aveva raggiunto Ayame mentre cercava di mettere su una frase di senso compiuto tra un singhiozzo e l'altro.

Tutto ciò che era al di fuori di lei e Hyoga cessò improvvisamente di esistere per quel breve istante in cui le loro labbra furono a contatto. Non esistevano Angeli, incubi, sensazioni di vuoto, tensioni e tristezze. Era tutto perfetto per il semplice fatto che loro due erano di nuovo insieme.

Una volta staccatosi da lei, Hyoga prese il volto di Ayame fra le mani e lo tenne vicino al suo, le fronti attaccate e i nasi a sfiorarsi.

Piccola, pazza Ayame” le sussurrò dolcemente. “Ti rendi conto di cosa stai rischiando ad essere qui?”

Lo so che non è stato prudente, ma dovevo vederti. Appena ho saputo, mi sono sentita morire e ho solamente desiderato di essere qui, vicino a te, perchè avevi bisogno di me... e io di te”

Ayame scoppiò di nuovo in singhiozzi, stavolta per sfogare la tensione che si era accumulata dentro di lei in quei pochi giorni. Pianse a dirotto sul collo del suo Cavaliere, stretta nel suo caldo abbraccio e rassicurata dalle sue parole di conforto.

In quel momento più che mai si rese conto di quanto Hyoga fosse importante e vitale per lei, di quanto fossero bastati pochi giorni lontano da lui per sentirsi ancora più incompleta di quanto già non fosse, di quanto fossero vere le ultime parole che si erano scambiati prima della sua partenza. Hyoga era il suo mondo, la sua ragione di vita, la stella del suo universo. Più orbitava lontana da lui, più sentiva freddo. Il suo posto era vicino a lui. Aveva bisogno di tornarci al più presto e conosceva un solo modo per farlo. Quello indicatole da Shaka.

Sarebbe tornata al Santuario e si sarebbe dedicata al suo recupero con tutta se stessa, per tornare da Hyoga.

Il suo pianto si calmò e sciolse l'abbraccio col Cavaliere per guardarlo negli occhi. Sembrava afflitto da qualche pensiero cupo.

Non pensavo che stessi così male ad Atene” disse, infatti, scostandole una ciocca di capelli bagnati di lacrime dal viso.

Non è facile” ammise Ayame, tuttavia proseguì con una nuova risolutezza nella voce.”Ma andrà meglio. Shaka mi sta aiutando a risvegliare Afrodite. Siamo solo agli inizi, ma tornerò quella di una volta. E tornerò da te”

E io sarò qui ad aspettarti, promesso”

Si baciarono di nuovo, più a lungo e più profondamente, perché il sapore dell'altro rimanesse bene impresso nelle loro menti. Hyoga accompagnò, poi, Ayame al piano terra, dove Mu e Kanon la stavano aspettando, insieme a Shun, Talia e agli altri abitanti della casa.

La ragazza andò subito ad abbracciare le sue Sacerdotesse e Saori, quindi salutò gli altri Cavalieri e fece finalmente la conoscenza dei due che mancavano all'appello.

Dhoko della Bilancia era un ragazzone nerboruto con la saggezza di un bicentenario e non mancò di rimproverarla bonariamente per la sua visita. Aiolos, invece, era un uomo pacato che trasmetteva una grande tranquillità, assieme ad una grande forza.

Sapere della loro presenza a Tokyo, insieme a quella di Saga, convinse Ayame che le persone a lei più care erano più che al sicuro.

Dopo un ultimo saluto generale, Mu teletrasportò tutti loro nuovamente ad Atene, sotto il rosso del tramonto.

Salve :) dunque, so che a qualcuno farà un po' strano pensare alle Dodici Case come a piccoli appartamenti arredati stile Ikea, con tanto di comfort ed elettrodomestici, ma secondo me un minimo di attrezzatura ce la devono avere sti bravi uomini per sopravvivere senza ricorrere a legnetti e pietra focaia... che diamine, siamo nel ventunesimo secolo! E poi Zeus non è uno che bada a spese :D

Forse non piacerà il mio Camus fotografo e -spero di no- forse potrei essere andata in OOC, non lo so, ad ogni modo dovrei essermi cautelata. Comunque per quanto mi riguarda, da buon francese l'algido Cavaliere è un amante di tutte le forme d'arte e della fotografia in special modo. Non so come spiegarlo, mi è piaciuto mentre me lo figuravo con una reflezx da millanta euro al collo :D

Il piatto che gli prepara la povera Galatea, poi, è un pasticcio di pasta con feta, ragù e parmigiano...insomma, una cosetta semplice per una che mangiava solo pane e olive e non sa cosa sia un rubinetto (scusa Gala ;P)

A voi i commenti e non siate clementi!

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Capitolo 10
*** Dal tramonto all'alba ***


Babylon
(seguito di "A Divine Love")

9- Dal tramonto all'alba


Ad Ayame fece uno strano effetto passare dalla notte tinta di stelle di Tokyo al caldo tramonto di Atene. Non erano passati che pochi minuti dalla loro partenza, esattamente come aveva predetto Kanon, eppure a lei sembravano un'eternità.

Era strabiliante quante cose potessero succedere in pochi minuti. A lei erano bastati per percorrere migliaia di chilometri, riabbracciare il suo uomo e sincerarsi delle sue condizioni, rivedere amici vecchi e nuovi e ritornare indietro. Ma soprattutto le erano bastati per passare dall'essere sull'orlo della disperazione allo straripare di determinazione e ottimismo riguardo al suo futuro.

Va un po' meglio?” le chiese Mu, dopo averle lasciato la mano.

Ayame annuì vigorosamente e riuscì anche a sorridere. “Grazie di tutto” gli disse poi, sinceramente riconoscente. In quel momento, a mente lucida, poteva ben immaginare che rischio avesse corso il Cavaliere ad andare contro il volere del suo maestro teletrasportando entrambi in Giappone.

Mu rispose con un gesto noncurante, per poi avviarsi verso le Dodici Case, seguito da Kanon.

Già, Kanon. All'ultimo momento aveva deciso di trascinare anche lui in quel viaggio da incoscienti attraverso lo spazio e il tempo, senza nemmeno chiedergli cosa ne pensasse e dopo che si era procurato quelle terribili bruciature per fermare la sua folle corsa. Ayame sentì il bisogno di dirgli qualcosa, qualsiasi cosa.

Kanon?” lo chiamò, incerta della sua reazione.

Il Generale lasciò proseguire Mu e si voltò verso Ayame, che lo raggiunse in breve.

Ascolta... mi dispiace, per tutto. Per le scottature e... per averti portato con noi...”

Sì, beh, il viaggio me lo sarei evitato volentieri” confermò lui, bloccando le scuse di Ayame. “Odio gli incontri lacrimevoli. Ma per queste”, si guardò le bruciature, “non c'è da preoccuparsi, credo. Mu me le sistemerà stasera in poco tempo”

Bene” si sforzò di sorridere Ayame. “Comunque, io non volevo far del male a nessuno, non so come sia successo”

Se è per questo, nemmeno io, ma forse Shaka ne sa qualcosa di più. Ti conviene parlargliene domani, o rischi di bruciarli i boccioli, invece che farli fiorire”

La bionda fece per ribattere, quando le sorse spontanea una domanda: come faceva Kanon a sapere del compito assegnatole da Shaka? Che gliel'avesse detto lui? A che scopo? Forse perché era stato Kanon a chiederglielo?

Hai finito di fare domande?” Kanon interruppe bruscamente la sua valanga di dubbi. “Le mie braccia cominciano a fare seriamente male, vorrei andare a farmele curare”

Co... ma... hai sentito quello che stavo pensando?” chiese Ayame, sconcertata.

Sì” rispose il Generale con superficialità.

'Sì'? Solo 'sì'? Ti sei intrufolato nella mia testa e tu mi rispondi con un inutile 'sì'?”

Sì. Ci vediamo, divinità da strapazzo”


Sono tornati” comunicò Camus alle Sacerdotesse, dopo aver percepito la comparsa dei cosmi di Mu e Kanon in fondo alla scalinata delle Dodici Case.

Dopo la fuga di Ayame, aveva lasciato agli altri due l'onere di inseguire la ragazza e di convincerla a tornare. Quando aveva sentito i loro cosmi scomparire, aveva intuito che Ayame doveva essere stata più convincente. Aveva quindi comunicato la cosa a Galatea e Psiche, mandandole totalmente in agitazione, la sua ospite in primo luogo. Sembrava terrorizzata all'idea che potesse succedere qualcosa ad Ayame e si era sentito in dovere di tranquillizzarla.

È con due guerrieri preparati e potenti. Non corre alcun rischio” le aveva detto, ma le sue parole non aveva sortito l'effetto desiderato.

Era poi sopraggiunto nell'atrio il Gran Sacerdote, il volto stanco e tirato composto in un'espressione impassibile. Il silenzio era calato tra loro quattro. Non era un mistero che Shion non vedesse di buon occhio le tre nuove arrivate, Ayame specialmente, e quel colpo di testa della ragazza rischiava di peggiorare la situazione. Probabilmente conscia di questo, Galatea si era gettata ai piedi di Shion poco dopo la sua comparsa, supplicandolo di non punire Ayame e di comprendere le ragioni del suo gesto.

Lei e Hyoga sono quasi morti per conquistarsi la libertà di amarsi” gli aveva spiegato, levando verso il Celebrante il volto rigato di lacrime. “Perdere lui significa perdere una ragione fondamentale di vita per Ayame, soprattutto adesso. Vi prego, Eccellenza, cercate di capire”

Shion era rimasto spiazzato da quella supplica e non aveva ribattuto niente sul momento. Si era, poi, trovato ancora più in difficoltà quando anche Psiche gli si era inginocchiata davanti, con un espressione di ferma decisione nettamente in contrasto con quella supplice della compagna d'armi.

Sappiamo che la nostra signora ha molti difetti, ma forse questa devozione verso l'uomo che ama è il miglior pregio che possieda” aveva aggiunto la Rosa a quanto già detto da Galatea. “Se riuscite anche voi a vederla sotto questo punto di vista, vi preghiamo di non prendere provvedimenti nei suoi confronti”

Il Gran Sacerdote aveva sospirato e aveva chiuso gli occhi per qualche secondo, quindi si era chinato per prendere le due giovani ai suoi piedi per le braccia.

Alzatevi, Sacerdotesse. Non è degno del vostro rango prostrarvi ai miei piedi”

Si erano rimessi tutti e tre in piedi. Galatea si era asciugata alla bell'e meglio il viso col dorso della mano e aveva lanciato un breve sguardo a Camus, per poi rivoltarsi col volto acceso da un lieve rossore.

Attenderemo il ritorno della vostra dea qui, insieme, d'accordo?” aveva infine domandato Shion, accondiscendente. Le due ragazze avevano annuito e di nuovo il silenzio era calato.

Galatea e Psiche avevano preso posto sui primi scalini davanti all'atrio e la bionda era sembrata a Camus fermamente convinta a non voltarsi verso di lui. Il Cavaliere non aveva saputo comprendere se quell'atteggiamento fosse dovuto al modo in cui l'aveva trattata all'Undicesima oppure all'imbarazzo per quanto successo col Celebrante poco prima. Stava di fatto che lui, invece, non riusciva a staccare gli occhi dalla sua schiena. La sua devozione verso Afrodite l'aveva profondamente colpito, forse perché non era ancora riuscito ad inquadrare quella fanciulla come sacro guerriero quale era. Non che non la considerasse una sua pari, ma Galatea aveva sempre dimostrato una freschezza e una fragilità che poco si sposavano con la figura di una Sacerdotessa guerriera. Forse era per questo motivo che Camus la trovava sempre più interessante. Quel caldo che sentiva ogni volta che incontrava il suo sguardo cominciava a diventare stranamente piacevole e l'idea lanciata da Milo di invitarla fuori non gli sembrava più così abominevole. Poteva essere un'occasione per conoscere meglio quella ragazza a lui fisicamente vicina in quel momento, ma che percepiva ancora a chilometri di distanza.

Quando comunicò ai presenti del ritorno di Ayame, Kanon e Mu, le Sacerdotesse scattarono in piedi e presero a scrutare il fondo della lunga scalinata, dove, poco dopo, comparve la figura di Mu, seguita a breve distanza da Kanon e, quindi, da Ayame.

Una volta intravista la ragazza, entrambe si voltarono a guardare di sottecchi Shion, che si era avvicinato a loro. Il suo volto era imperscrutabile e fisso a seguire la risalita del suo allievo e di Ayame.

Dopo minuti interminabili, Mu e la ragazza emersero dalla Dodicesima Casa e si accinsero a salire verso la Tredicesima. Galatea e Psiche anticiparono, però, l'incontro, correndo verso Ayame. La prima gettò le braccia al collo alla ragazza, sorprendendola, mentre Psiche mantenne la sua compostezza di sempre e si limitò a sorriderle sollevata.

Scusatemi per avervi fatto preoccupare, ma sto bene. Stanno bene tutti” le rassicurò Ayame, per poi procedere con la scalata insieme alle due Sacerdotesse.

Una volta giunta davanti a Shion, questi smise di parlare con Mu e puntò il suo sguardo ametista su di lei. Non sapeva cosa aspettarsi da lui, il suo volto non lasciava trasparire nulla né lei sapeva se sentirsi nel torto o nella ragione. I piani di sabotaggio dell'estate del Celebrante erano chiusi in un cassettino remoto della memoria di Ayame, passati in secondo piano rispetto a tutto quanto era accaduto in quei pochi minuti.

Riuscì, comunque, a sostenere lo sguardo di Shion finché non ruppe il silenzio.

Sembri molto stanca. Vuoi andare a riposare?” le domandò semplicemente, senza dare alla sua voce un'inclinazione particolare. Neanche un rimprovero od un'ammonizione. Che fine aveva fatto il Gran Sacerdote acido e velenoso del giorno prima?

Dopo un attimo di spiazzamento, Ayame rispose gentilmente “Sì, ne ho proprio bisogno”.

Shion si spostò per lasciarle libero il passaggio. Ayame entrò alla Tredicesima dopo aver congedato le sue Sacerdotesse. Percepì lo sguardo del Gran Sacerdote fisso sulla sua schiena finché non girò l'angolo per imboccare il corridoio che conduceva alla sua stanza.


Quella notte, le tre ragazze dormirono tutte un sonno profondissimo e tranquillo, fiaccate dagli eventi che avevano reso la loro giornata più intensa del previsto.

Il sonno profondo e beato di Ayame durò fino alle prime luci dell'alba, quando l'incubo del baratro senza fondo tornò a farle visita. Di nuovo la caduta senza fine sotto quegli occhi maligni, di nuovo il buco nero delle fauci di Mikyo, di nuovo il risveglio traumatico e le lacrime agli occhi. Come si era ripromessa la notte precedente, Ayame cercò di focalizzare il panorama della notte greca per rilassarsi e calmare i battiti del suo cuore.

Poco dopo il brusco risveglio, Selene bussò alla porta, come da copione, per portarle la colazione.

Ti senti bene?” le chiese, preoccupata, la bambina, dopo averla vista in faccia. Doveva avere proprio una brutta cera.

Certo! Mai stata meglio” mentì Ayame, tirando la bocca in un sorriso falso.

Selene se ne andò, non del tutto convinta, dopo averle comunicato che Shaka la aspettava alla Sesta Casa quella mattina.

Ayame andò allora in bagno a risciacquarsi nella speranza che il suo aspetto migliorasse, cosa che avvenne, in parte, solo dopo una mano pesante di fondotinta e correttore per le occhiaie.

Aveva lo stomaco ancora chiuso per l'agitazione derivata dall'incubo, perciò lasciò il vassoio così come le era stato recapitato e se lo portò appresso nella sua discesa verso la Casa della Vergine. Non voleva sprecare quel ben di dio e sperava che qualcuno dei custodi dei templi ne avrebbe approfittato. Alla Decima, Shura prese solo qualche assaggio perché era ancora appesantito dalla cena della sera prima. All'Ottava, invece, Milo non fece complimenti e si prese tutto il vassoio.

Sai, oggi ho un sacco da fare” spiegò con mezzo croissant in bocca. “Mi servono energie”

Ayame non indagò oltre riguardo agli impegni di Milo e procedette fino alla Sesta Casa.

Varcata la soglia, si ritrovò immersa in un'atmosfera di irreale serenità che riuscì a scacciare l'ultima traccia di turbamento che il sogno aveva lasciato nella sua testa.

È bene che l'oscurità non si faccia largo nella tua mente, se vuoi riuscire nel tuo intento di rinascere, Afrodite”

La voce di Shaka la raggiunse da un antro non troppo distante dall'ingresso della Sesta. Un enorme fiore di loto troneggiava tra le colonne e, sopra di esso, il Cavaliere levitava nella sua posa meditativa, emanando un'energia talmente grande che persino nelle sue condizioni di normale essere umano riusciva a sentirla.

Mi dispiace” disse istintivamente Ayame.

Shaka sorrise, ma non si mosse.

Posso capire che non sia facile mantenere la serenità quando un incubo del genere viene ogni notte a farti visita” continuò l'asceta, per poi tornare serio “Ma devi cercare di essere più forte delle tue paure, altrimenti esse ti tireranno sempre più verso il fondo. O peggio”

Nel pronunciare le ultime due parole, Shaka aveva aperto gli occhi, dando al suo cipiglio un'ulteriore nota di serietà che riuscì ad intimorire Ayame. Cosa poteva esserci di peggiore della sua condizione?

In che senso 'peggio'?” domandò per esternare il suo cruccio.

Parlo di quanto successo ieri sera, di ciò che la paura e la preoccupazione per le sorti di Hyoga ti hanno fatto fare”

Lo so, non sarei dovuta fuggire, ma non riuscivo a ragionare e...” iniziò a giustificarsi Ayame, ma si interruppe quando vide Shaka scuotere la testa.

Non parlavo di questo, ma di ciò che hai fatto ad Aldebaran e Kanon” spiegò ulteriormente Virgo, sempre con gli occhi pervinca puntati sulla ragazza.

Non volevo fare loro del male, giuro...”

Ma l'hai fatto. In quel momento erano ostacoli sul tuo cammino e li hai feriti per raggiungere l'obiettivo. Ringraziando il cielo il cosmo che in te è ancora profondamente addormentato, altrimenti chissà cosa avresti potuto causare loro”

Shaka era sinceramente preoccupato per tutta quella situazione. Quando, la sera prima, Kanon e Aldebaran si erano presentati da Mu per farsi curare, l'Ariete l'aveva subito fatto chiamare perché, per la prima volta, non era stato in grado di curare completamente una ferita banale come una bruciatura. Shaka aveva esaminato i segni sulle braccia e sulle mani dei due guerrieri a fondo e aveva riconosciuto le tracce di un cosmo arrabbiato e cupo, nonché di ingente potenza. Si era fatto allora spiegare da cosa erano state procurate quelle ferite e aveva capito che bisognava porre rimedio a quella situazione.

Mentre osservava impassibile Ayame, capì che anche la ragazza era profondamente preoccupata ed era comprensibile. Probabilmente non aveva mai raggiunto la massima espansione del suo cosmo divino, né tanto meno ne conosceva le ombre. Perché ogni cosmo, si ripeté per l'ennesima volta nella sua vita Shaka, ha luci e ombre.

Il Cavaliere abbandonò la posizione del loto per avvicinarsi ad Ayame, il cui sguardo spaventato si era spostato a terra.

Mi dispiace” si scusò subito. “Non volevo allarmarti ma è importante che tu capisca questo. Ogni cosmo, grande o piccolo che sia, può tendere alla luce o all'oscurità e a seconda della sua inclinazione ha effetti diversi. Per quanto sia la nostra volontà a decidere questa inclinazione, sono le emozioni e gli stati d'animo ad influenzare la nostra scelta. Serenità, fiducia, determinazione portano il nostro cosmo verso la luce. Rancore, invidia, desiderio di vendetta, paura lo portano verso il buio”

Ayame tornò a guardare il suo mentore. Non aveva più l'espressione severa di poco prima e le palpebre erano di nuovo chiuse.

Perché la paura porta all'oscurità?” osò domandare, sperando di non apparire troppo ingenua od ottusa.

La paura mina le nostre convinzioni, fa vacillare la nostra volontà. Per paura di perdere o, al contrario, di non ottenere qualcosa, spesso si sceglie la più rapida via del male che quella impervia del bene. Capito cosa intendo?”

Ayame ripensò agli avvenimenti di poche ore prima, alla paura per Hyoga e alla reazione istintiva che essa aveva provocato. Non una delle sue azioni era stata ponderata, aveva dato libero sfogo alla sua parte più irrazionale, che con ogni probabilità era giunta ad attingere forza da quella parte di lei ancora addormentata.

È stato il mio cosmo a causare le bruciature di Aldebaran e Kanon” concluse Ayame. “Per paura ho lasciato che il mio istinto risvegliasse una parte del mio cosmo per aiutarmi a raggiungere il mio obiettivo. È così?”

Shaka annuì, sorridendo soddisfatto.

Bada, non sto dicendo che l'istinto porti al male. Anzi, sai perfettamente quante volte ricorrere ad esso sia fondamentale per salvarci la vita. Ma non bisogna cedervi e lasciare che siano le nostre emozioni a comandarci. Tu stessa hai visto che effetto può avere una scelta del genere”

Mi dispiace davvero per quanto accaduto, Shaka, ma penso di aver imparato la lezione” disse Ayame e Shaka seppe subito che era vero. Consapevole di ciò che aveva fatto, sentiva che era più serena e determinata a portare avanti la sua rinascita.

Si congedò da lei per un attimo e scomparve tra le colonne del tempio, per riemergere con un bocciolo di rosa tra le mani che porse ad Ayame.

Sai cosa devi fare” le disse dopo che la ragazza lo ebbe preso dalle sue mani.

Questa annuì, ma rimase sulla soglia della casa, incerta sul da farsi, mentre Shaka tornava sul fiore di loto. Si guardò un attimo intorno, per cercare un posto in cui mettersi a lavorare, ma l'atrio della Sesta era spoglio di qualsiasi minimo comfort, eccezion fatta per la postazione di meditazione di Shaka.

Ehm, Shaka?” lo chiamò allora, piano per paura di distrarlo da qualsiasi cosa stesse facendo.

Che c'è, Ayame?” rispose lui, accondiscendente.

Dove posso mettermi a fare... questo?”

Dove più ti aggrada, basta che resti nei confini del Santuario”

Bene, ottimo! Allora... ci... vediamo dopo” si congedò titubante la bionda, mentre arretrava verso l'entrata della Casa della Vergine. Shaka non accennò a muoversi né a rispondere, allora Ayame si voltò e prese a scendere le scale verso il tempio del Leone. Aiolia la salutò cordialmente e le permise di passare. Giunta alla Casa del Cancro inciampò in una maschera dal naso eccessivamente prominente e cadde a terra imprecando in modo poco fine e divino, con la faccia a pochi centimetri da quella di pietra di un uomo estremamente brutto.

Ehi! Occhio a non rovinarmi la tappezzeria ogni volta che passi!” le urlò Death Mask da qualche oscuro meandro del tempio.

Ayame cercò di mantenere quel poco di serenità che aveva recuperato da Shaka e procedette verso la Terza Casa, che trovò vuota. Rimase leggermente delusa dall'assenza di Kanon. Dopo il discorso con Virgo, sentiva il bisogno di chiedergli nuovamente scusa. Le si presentò, però, l'occasione di farlo con Aldebaran, che comparve, poco dopo il suo arrivo, sulla soglia della Terza.

Ciao! Come sta la mano?” gli chiese subito, andandogli incontro.

Buongiorno, bellezza!” la salutò calorosamente, mostrandole poi la mano bendata. “Va benone! Sono morto e risorto, una bruciatura cosa vuoi che sia?”

La ragazza si sciolse in un sorriso davanti all'espressione bonaria del Cavaliere.

Bene, sono contenta. Mi dispiace molto, non volevo farvi del male...”

Ah, non starci a pensare! È andato tutto bene, alla fine, no?”

Sì, ma...” provò ancora a scusarsi lei, ma il Toro non voleva sentir ragioni, era un fiume in piena di affabilità.

E se quel brutto muso di Kanon dice il contrario, tu vieni a dirlo al vecchio Al, capito?”

E cosa pensa di fare, a quel punto, il vecchio Al a quel brutto muso di Kanon?”

Un silenzio gelido cadde sotto la volta della Terza Casa. Aldebaran si voltò con estrema lentezza verso l'entrata del tempio, dove Kanon si stava spogliando delle sue vesti di Generale con lo sguardo fisso verso gli altri due.

Ahah!” rise il Toro, per smorzare la tensione. “Ti darei un amichevole assaggio del mio Great Horn, che altro? Ma tanto non sei arrabbiato per l'incidente di ieri con la signorina, no?”

Aldebaran passò un braccio massiccio attorno alle spalle sudate di Kanon, che nel frattempo si era addentrato nella Casa e in quel momento guardava seriamente Ayame. Questa, in soggezione, prese a giocare col bocciolo che teneva in mano, nel tentativo di mascherare l'ansia che provava mentre attendeva la risposta del Generale. Risposta che si fece attendere per infiniti attimi, in cui la ragazza sbirciò l'espressione di Kanon, sempre impassibile e sempre puntata su di lei.

No, naturalmente no” disse infine il guerriero, e Ayame si lasciò scappare un sonoro sospiro di sollievo.

Le consiglio, tuttavia, di non perdere tempo qui e di andare a fare ciò che le è stato assegnato” continuò poi, parlando in una distaccata terza persona. “Questo non è il posto giusto per concentrarsi”

Sì, certo, io...” ribattè in fretta Ayame, dileguandosi prima di mettere insieme una frase sensata.

Aldebaran la seguì con lo sguardo mentre correva verso Rodorio, mentre Kanon non accennò nemmeno a voltarsi, fingendosi impegnato a sfilarsi i bracciali dell'armatura.

Lo sai, quando fai così sei veramente un brutto muso” lo accusò il Toro, meno bonariamente del solito, prima di lasciarlo per proseguire la salita.

Una volta solo, Kanon si sentì libero di pensare che era meglio essere un brutto muso e tenere Ayame lontana da lui, che fare il socievole e passare le notti insonni come quella precedente a causa sua.


Quella mattina era il turno degli allievi di Milo di allenarsi all'arena. In teoria si sarebbe dovuto dividere lo spazio con Shaka, ma il compagno non aveva allievi al momento e sembrava molto preso dal recupero di Ayame. Di questo aveva subito approfittato Aphrodite, che aveva chiesto una piccola parte dello stadio per un allenamento con Psiche.

La ragazza doveva essere scesa all'arena molto presto, perché Milo la trovò già attiva e a far volteggiare con grazia un'arma. Poteva essere l'occasione propizia per invitarla fuori, pensò lo Scorpione, ma l'ammonimento di Aphrodite della sera prima gli tornò a ronzare nelle orecchie. Era anche vero che mancava poco a venerdì e che, senza l'appoggio di quell'ingrato di Camus, ottenere una risposta affermativa dalla Sacerdotessa iniziava a risultare un'impresa titanica.

Non era, tuttavia, il tipo che si arrendeva facilmente e, forte di questa convinzione, mosse i primi passi verso la zona di allenamento di Psiche. Questa lo vide avvicinarsi, ma si ostinò a guardare dritta davanti a sé finché Milo non le si fermò a pochi passi.

Siamo mattiniere, oggi” esordì il Cavaliere, sorridente.

Non mi piace perdere tempo” ribattè lei, seria e senza fermarsi.

Nemmeno a me, a dire il vero. Pare che abbiamo qualcosa in comune”

Così pare, ma finché è solo questa piccola cosa, non mi preoccupo” commentò acida lei, senza smettere di agitare la lancia con cui si stava allenando.

Eppure sono fermamente convinto che abbiamo più di questa piccola cosa in comune” continuò Milo, senza scoraggiarsi.

Lasciami indovinare: è stata Galatea a dirtelo?” lo provocò Psiche, pur sapendo che non era vero. La compagna le aveva assicurato di non aver rivelato nulla al Cavaliere e si fidava delle sue parole.

Milo sorrise. “No. L'ho intuito da solo”

Psiche smise di far volteggiare l'arma e degnò lo Scorpione della sua attenzione. “Allora hai davvero un pessimo intuito”

Oh, io non credo proprio. E te lo posso dimostrare”

Psiche non rispose, ma gli rivolse uno sguardo più che scettico.

Da quello che ho visto, cara Psiche, sono quasi sicuro di riuscire a disarmarti della tua lancia in meno di dieci secondi, mentre tu non riusciresti a riprendertela in meno di cinque minuti”

La provocazione nelle parole di Milo era lampante, ma la Sacerdotessa non era intenzionata a cedervi facilmente, anche se la tentazione era forte.

E se invece riuscissi a non farmi disarmare o a recuperare la lancia entro i cinque minuti?”

Mi stai chiedendo qual è la posta in palio? Dunque, se vinco io, mi concederai un appuntamento, diciamo per venerdì sera. Se vinci tu...”

La smetterai di ronzarmi intorno come un moscone su una cacca”

Quanta poca autostima, Psiche!” le fece notare con un mezzo sorriso e azzardando un mezzo passo nella sua direzione. La ragazza non tentò di mantenere le distanze, ma sostenne il suo sguardo. “Nel tuo caso starebbe meglio 'come un'ape su una rosa'”

Mentre parlava, Milo aveva continuato la sua avanzata, lo sguardo fattosi magnetico puntato su Psiche, che ne era rimasta totalmente calamitata. La sua presa sulla lancia si era allentata notevolmente, esattamente come Milo aveva previsto.

... nove, dieci”

Con un gesto fulmineo, il Cavaliere disarmò Psiche. Questa parve risvegliarsi dallo stato di ipnosi in cui era caduta e, dopo aver realizzato di essere caduta nella trappola di Milo come una ragazza qualsiasi, lanciò al ragazzo uno sguardo assassino.

Ti conviene sbrigarti, ti restano solo quattro minuti e mezzo per riprendertela”

Psiche non se lo fece ripetere due volte e si lanciò all'attacco dello Scorpione, senza risparmiarsi. La notevole esperienza di Milo, però, dava a quest'ultimo un vantaggio non indifferente, aiutato anche dal fatto che era la rabbia a guidare gli attacchi di Psiche, rendendola prevedibile.

Dopo quasi due minuti ininterrotti di assalti, la lancia era ancora saldamente nelle mani di Milo e il Cavaliere pareva fresco come fosse appena sveglio, mentre Psiche iniziava ad accusare una certa stanchezza che la convinse a calmare gli animi e a cambiare strategia. Doveva recuperare quell'arma, ne andava del suo orgoglio di guerriera e non solo. I suoi attacchi si fecero più studiati e riuscirono, alcune volte, a cogliere Milo di sorpresa. Tuttavia anche lo Scorpione sembrava intenzionato a non perdere la sfida e trovava sempre un modo per non perdere la lancia dalle mani. Le cose si fecero, poi, ancora più ardue per lui quando Psiche decise di ricorrere alle sue rose, costringendolo a sfruttare anch'egli la sua mossa segreta, ma solo a scopo difensivo. Non sarebbe mai riuscito a colpire intenzionalmente la Sacerdotessa con la Scarlet Needle.

Allo scoccare del quinto minuto, Milo decretò la sua vittoria immobilizzando Psiche tra il suo corpo e l'asta della lancia.

Trecento secondi... che fanno cinque minuti... direi che ho vinto” mormorò all'orecchio di Psiche, tra un ansimo e l'altro.

Questa gli lanciò uno sguardo carico di astio, ma non ribattè, consapevole di essere l'unica responsabile di quella sconfitta. Molte erano state le occasioni per sopraffare l'avversario ma, forse inconsciamente, non ne aveva sfruttata neanche una.

Milo allentò la presa su di lei, che si allontanò sollevando la lancia con poca grazia e si diresse a passo spedito verso l'uscita dello stadio.

Passo a prenderti alle otto!” le urlò dietro il Cavaliere, ma Psiche parve non ascoltare. Sulla soglia dell'uscita, però, la Sacerdotessa si fermò e si voltò verso di lui.

Vedi di essere puntuale, almeno!” gli urlò di rimando, per poi proseguire il suo cammino.


Come, scusa?” domandò Galatea, sicura di non aver capito bene quello che Camus le aveva appena chiesto. Sicuramente aveva frainteso, era appena sveglia ed era facile capire fischi per fiaschi. Inoltre era pienamente convinta che Camus non era tipo da chiedere a chiunque fosse di uscire con lui.

Mi chiedevo se ti andrebbe di uscire, venerdì sera... con me” ripetè il Cavaliere, più lentamente, smentendo la Sacerdotessa su tutta la linea. Tuttavia Galatea non riusciva ancora a realizzare la serietà della richiesta, non quando ricordava perfettamente la freddezza con cui Camus l'aveva trattata la sera precedente.

Uscire con te?” richiese, infatti, e Camus sembrò andare parecchio in difficoltà.

Sì, cioè, non solo con me. Ci saranno anche Milo e Psiche... credo... e comunque un sacco di altra gente... insomma, è per fare un favore a Milo, che vuole uscire con Psiche, ma pare non corra buon sangue tra loro quindi...”

D'accordo” lo interruppe Galatea.

Cosa?”

Uscirò con voi. Qualunque sia il motivo per cui lo facciamo” spiegò serafica la ragazza.

Bene... allora... vado a dirlo a... Milo... ok?”

Galatea annuì. Quando Camus lasciò l'Undicesima, la Sacerdotessa si sentì finalmente libera di sorridere.

Bentornati, perdonate il ritardo, ma questo cap ha subito molte modifiche (come ben sa Panenutella, che ringrazio per la collaborazione :D). Le spiegazioni di Shaka lo fanno sembrare un giovane Obi Wan Kenobi, lo so, mancava solo che dicesse ad Ayame "Che la forza sia con te" XD. Parlando seriamente, ringrazio come sempre chi legge, segue, commenta ecc ecc. Attendo i pareri!

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Capitolo 11
*** Accompagnatore cercasi ***


Babylon
(seguito di "A Divine Love")

10- Accompagnatore cercasi


Erano minuti, ormai, che Galatea si stava contorcendo le mani in preda all'ansia. Ed erano minuti che fissava la maniglia della porta della stanza di Psiche senza decidersi a bussare o ad aprirla direttamente.

Sapeva che i suoi timori erano infondati, eppure non riusciva a non pensare a Psiche come ad una specie di Cerbero in grado di divorarti alla prima parola sbagliata. Nei pochi mesi passati assieme a lei non l'aveva mai vista perdere il controllo, ma il suo temperamento irascibile dava comunque adito a supposizioni simili. Inoltre l'argomento di cui voleva parlarle era, per lei, delicato e motivo di profondo imbarazzo e non era sicura che la compagna fosse la persona giusta con cui confrontarsi.

Stava di fatto, però, che era l'unica raggiungibile. Quando aveva provato a raggiungere Ayame a Rodorio, Shaka l'aveva fermata sulla soglia della sua Casa chiedendole cortesemente di non disturbare la sua allieva.

Dopo aver preso un respiro profondo, Galatea si decise a bussare alla porta. Attese parecchi secondi, durante i quali nulla sembrò muoversi dall'altra parte dell'uscio, quindi ritentò.

Sono qui” le disse Psiche, con voce greve, dal fondo del corridoio.

Galatea si voltò per salutarla sorridente, ma la faccia da funerale della compagna la fece desistere.

Giornataccia?” azzardò Galatea.

Puoi dirlo forte” confermò Psiche con poco entusiasmo, mentre la superava e apriva la porta della sua stanza. “Dai, entra”

Galatea eseguì. Psiche chiuse la stanza a chiave e iniziò a liberarsi degli abiti sudati, rimanendo in biancheria.

Se hai bisogno di qualcosa, dovrai parlarmene in bagno. Ho bisogno di una doccia” la avvertì Psiche, mentre si dirigeva verso l'altra stanza.

No, figurati. Ti aspetto qui, se non è un problema”

Psiche si fermò qualche secondo a squadrare la compagna.

Hai paura di me, per caso?” le domandò poi, a bruciapelo.

Chi? Io? Ma che dici!” rispose Galatea, leggermente isterica. “Siamo compagne, serviamo la stessa dea, non c'è motivo di... sì, un pochino sì”

Psiche rise di gusto, quindi cercò di tranquillizzare la bionda.

Non preoccuparti, non sei di sesso maschile, difficilmente mi faresti arrabbiare” le disse, infatti, mentre entrava in bagno. “Dai, vieni. Se sei venuta qui nonostante i tuoi timori, la cosa è seria”

Galatea accettò l'invito con meno riluttanza di prima. Psiche era già dietro il paravento della doccia, da cui cominciava ad uscire qualche nuvoletta di vapore caldo.

La bionda si accomodò per terra, con la schiena contro il muro piastrellato. Non sapeva da dove cominciare a raccontare.

Psiche accorse in suo aiuto.

Allora, chi è il fortunato?”

Cosa?”

Il ragazzo per cui ti sei presa una cotta da manuale, chi è? Lo conosco?”

Beh, sì, credo” rispose Galatea titubante. “È Camus. Mi... mi ha invitata ad uscire, venerdì sera”

Almeno te l'ha chiesto. Milo mi ci ha costretta”

Quindi venite anche voi due, alla fine?”

Psiche sbucò da dietro il paravento con la testa insaponata. “Che vuoi dire?”

Camus mi ha detto che ci sareste stati anche tu e Milo, perché...” iniziò a spiegare Galatea, ma l'amica la fermò.

Shhh! Stop! Lo so il perché... che grandissimo stronzo!”

Psiche tornò sotto il getto d'acqua, continuando ad imprecare. “Ma se pensa di farmela, ha capito male, il ragnetto”

Va tutto bene, Psi?” indagò Galatea, preoccupata per la sua reazione.

Alla grande! Mi passi l'asciugamano, per favore?”

Galatea consegnò il telo alla mano impaziente che spuntava dal paravento. Poco dopo Psiche uscì dalla doccia e fece sedere Galatea sulla tazza del water, un sorriso malefico stampato in faccia.

Stammi bene a sentire, Galatea. Ti prometto che venerdì avrai la tua serata con Camus senza me e Milo a disturbarvi. A lui penso io”

No, no, non hai capito, io non voglio stare da sola con Camus” chiarì la bionda, rivolgendo uno sguardo supplice a Psiche.

Perchè no?”

Perchè non saprei cosa dirgli, come comportarmi... ci parliamo a stento, a me si impasta la lingua ogni volta che lo vedo, lui invece scappa sempre”

Cavolo, è una cosa seria” commentò Psiche. “Qui ci vuole un'esperta, che però è occupata fino a sera coi boccioli di rosa. Vedrò cosa posso fare nell'attesa. Vieni”

Presa l'amica per la mano, la trascinò in camera e la fece accomodare sul letto, quindi le si sedette di fronte.

Avanti, parlami di Camus. Voglio sapere ogni dettaglio a partire da ieri mattina all'arena”

Galatea arrossì fino alla punta del naso, ma iniziò a parlare, sorridente.


Ayame tornò, affranta, alla Sesta Casa nel tardo pomeriggio. Shaka era ad aspettarla in cima alla scalinata, sempre sorridente e fiducioso.

Prese dalle mani della ragazza il bocciolo di rosa, ancora stoicamente chiuso, che gli stava porgendo.

Riproveremo domani” le disse, sperando di incoraggiarla.

Ayame annuì. Aveva fiducia in Shaka e doveva averne in se stessa. Era solo il secondo giorno di prove.

Il Cavaliere le diede il permesso di attraversare la sua Casa, così come tutti gli altri fino alla Dodicesima, dove trovò Psiche e Galatea ad attenderla. Capì che c'era qualcosa di strano dal modo in cui le corsero incontro e ne ebbe la conferma dalla foga con cui la trascinarono nella stanza di Psiche.

Quasi la costrinsero a sedersi sul letto, prima di iniziare a spiegarle la situazione.

Abbiamo un problema, anzi due” esordì Psiche. “Sia io che Galatea siamo state invitate ad uscire, venerdì sera, rispettivamente da Milo e Camus”

E non mi avete detto niente? Vergognatevi!” replicò indignata Ayame. “Avete fatto presto comunque”

Parla per lei, io ne farei volentieri a meno” specificò Psiche.

Ad ogni modo, non vedo dove stia tutto questo problema” fece notare Ayame.

Milo ha praticamente costretto Psiche ad uscire, mentre Camus ha invitato me per spalleggiare l'amico, pare” spiegò ulteriormente Galatea, con poco entusiasmo.

Solo in parte vero” precisò Psiche. “Il loro appuntamento è più autentico del nostro”

Ok, capito. E io cosa c'entro in tutto questo?” domandò Ayame, il cui principio di mal di testa non l'aiutava a comprendere a pieno la situazione.

Ho intenzione di rovinare l'appuntamento a Milo, senza coinvolgere loro due, e per fare questo mi serve che tu venga con noi e che mi nomini tua guardia del corpo personale” iniziò ad esporre la Sacerdotessa. “In questo modo sarò costretta a restarti accanto per tutta la serata e i piani di approccio di Milo, qualsiasi essi siano, andranno in fumo. È perfetto!”

Certo, tranne che per un punto: non posso uscire da qui, ricordi?” puntualizzò Ayame. “Per quanto lo farei volentieri, ho dieci uomini grandi e grossi che cercheranno di ostacolare il mio cammino rendendosi, così, belli agli occhi di Shion”

Veramente, ha pensato anche a questo” intervenne Galatea, lanciando un'occhiata eloquente ad una soddisfatta Psiche.

Galatea ed io siamo state dal Gran Sacerdote, poco fa, e lo abbiamo convinto a lasciarti una serata libera, ad una condizione”

Che sarebbe?” chiese Ayame, ora molto più interessata alla faccenda.

Devi essere accompagnata da uno dei Cavalieri” rispose Psiche, sempre con un certo ottimismo che la bionda non riusciva a spiegarsi.

E suppongo che siano tutti qua fuori a fare la fila per questo” concluse con sarcasmo evidente.

No, ma scommetto che non ci metterai molto a convincerne uno” la adulò Psiche.

Ayame sospirò. Non era ancora dell'umore giusto per mettere in atto i suoi piani di rivalsa verso Shion, ma l'idea di una serata fuori la attirava non poco. Sentiva il bisogno di un pochino di normalità dopo tutto quello che le era successo. In più, non voleva deludere Psiche, non tanto per i suoi piani di sabotaggio, quanto perché sentiva che quell'uscita avrebbe cambiato le carte in tavola per quanto riguardava il suo rapporto con Milo.

D'accordo” accettò, alla fine, per la gioia di Psiche. “Direi di cominciare dal più vicino”

Ma Aphrodite non era intenzionato a disobbedire agli ordini superiori. Quanto agli altri, Shura lamentava problemi intestinali per qualcosa che aveva mangiato la sera prima, Shaka non era tipo da mischiarsi alla folla, Aiolia aveva altri programmi con Marin, Death Mask si rifiutò categoricamente di fare da babysitter ad una mocciosa, Kanon era irreperibile, Aldebaran non era disponibile e Mu si era già esposto troppo il giorno prima.

Mi dispiace, Ayame” la congedò quest'ultimo.

Questa scrollò le spalle in un gesto di apparente noncuranza. “Non importa, grazie lo stesso”

E comunque non è ancora sicuro, per te, uscire” puntualizzò Aldebaran, che aveva accompagnato le ragazze alla Prima Casa.

Saremmo in cinque, a difenderla” obiettò Psiche.

Non sareste abbastanza per controllarla in mezzo alla folla” affermò Mu con sicurezza. La Sacerdotessa provò a ribattere, ma Ayame la precedette.

Adesso basta, Psiche, è inutile. Probabilmente Shion sapeva che sarebbe finita così. Quando tornerò alla Tredicesima a mani vuote si farà una risata e si godrà la sua cena della vittoria, ma va bene così. È la vostra serata, non la mia. Godetevela senza troppi pensieri, per una volta”

Tu non capisci” sibilò Psiche, che per tutto il tempo aveva scosso la testa contrariata. Dopodichè girò i tacchi e uscì di corsa dalla Casa dell'Ariete.

Psiche, aspetta!”

Ayame fece per andarle dietro, ma Galatea la bloccò e si offrì di andare al suo posto.

Era l'ennesimo indizio che c'era qualcosa di più sotto il pianto di Psiche della sera prima e sui suoi piani di boicottaggio dell'appuntamento, qualcosa che non voleva che si sapesse.

Ayame” la chiamò Aldebaran, piano. “Senti, non sono mai stato bravo con le parole, ma conosco un metodo infallibile per risollevare il morale, di sicuro migliore della risatina sarcastica di Shion. Ti va di provarlo?”

La ragazza annuì. L'ultima cosa di cui aveva voglia, in effetti, era vedere Shion nuovamente trionfante su di lei, anche se, questa volta, non era stata una sua iniziativa sfidarlo.

Dopo essersi congedati da Mu, risalirono insieme la scalinata verso la Casa del Toro. Qui, il Cavaliere la fece accomodare in cucina, dove era apparecchiato già per due.

Non potevo non rifiutare, deduco” disse Ayame.

In realtà ci deve raggiungere un altro commensale, ma sono sicuro che non gli dispiacerà la tua compagnia” le spiegò il Toro, per poi metterle sul piatto uno sformatino dal profumo delizioso. Ayame lo assaggiò, nonostante fosse ustionante, e il sapore confermò ciò che l'odore aveva già preannunciato.

Mentre la ragazza si godeva la cena, Aldebaran preparò il coperto per l'altro ospite, che non tardò ad arrivare.

Scusa il ritardo” brontolò velocemente Kanon, per poi bloccarsi sull'entrata della cucina non appena ebbe notato Ayame.

Questa gli sorrise e accennò un saluto che il Generale non contraccambiò.

Non ti dispiace se resta anche lei a cena, vero?” domandò Aldebaran.

Kanon attese qualche secondo, durante i quali nei suoi occhi passarono miriadi di pensieri, prima di rispondere.

Certo che no”

Con sguardo basso, andò a sedersi di fronte ad Ayame, ma evitò per tutto il tempo di guardarla negli occhi. La ragazza abbandonò allora ogni tentativo di conversazione e tornò al suo sformato, quasi finito.

Hai apprezzato, vedo!” notò Aldebaran. “Porta qui il piatto, che ti servo il bis. E prendi anche quello di Kanon”

Ayame eseguì, seppur con un certo imbarazzo quando dovette avvicinarsi a Kanon, il quale, però, si spostò insieme alla sedia per farle spazio.

Raggiunti i fornelli, vide che il padrone di casa stava tagliando le porzioni con una precisione eccessiva.

Vedi quel brutto muso lì dietro?” le sussurrò Aldebaran, facendo finta di lavorare sodo dietro al suo sformato.

Ayame annuì, temendo ciò a cui quel discorso li stava conducendo.

Secondo me, è un potenziale accompagnatore” disse allora il Toro.

Ma non vuole avere niente a che fare con me” gli fece notare la ragazza.

Sciocchezze! Se lo crede, ma in realtà non vede l'ora di conoscerti meglio”

E tu come lo sai?”

Mi ha chiesto subito di te, il giorno che siete arrivate”

Ayame rimase spiazzata da quella rivelazione e non potè fare a meno di dare una sbirciata verso Kanon, che si ostinava a dar loro le spalle.

Pensi che accetterà?” domandò ancora ad Aldebaran.

Non ne ho idea, ma se non provi, non potrai mai saperlo”

Ayame sospirò, non del tutto convinta. Era vero che tentare non costava nulla, ma quando si trattava di Kanon non sapeva come comportarsi. Quell'uomo era talmente enigmatico che prevedere le sue reazioni era impossibile.

Ci vuole ancora molto?” si lamentò Kanon.

Va bene, glielo chiedo, ma tu dammi una mano” sussurrò Ayame ad Aldebaran, prima di tornare al tavolo coi due piatti.

Iniziarono a mangiare in silenzio, nel mentre il padrone di casa si servì la sua porzione e li raggiunse, sedendosi a capotavola tra i suoi due ospiti.

Aldebaran cercò lo sguardo di Ayame e le fece l'occhiolino, prima di dare il via alla conversazione.

Ehi, Kanon, hai sentito della festa di venerdì sera, giù ad Atene?”

Mmh, mmh” mugugnò il Generale, senza alzare gli occhi dal piatto.

Pare che Milo e Camus ci vadano, e in ottima compagnia” continuò il Toro, enfatizzando l'ultimo concetto.

Buon per loro, ma perché mi dovrebbe interessare?”

Aldebaran lanciò un'occhiata eloquente ad Ayame. La ragazza deglutì il boccone che stava masticando e alzò lo sguardo verso Kanon.

Ci vanno insieme a Psiche e Galatea, che vorrebbero andassi anche io con loro” spiegò cauta.

Kanon alzò appena gli occhi su di lei, per poi tornare a concentrarsi sul suo piatto.

Suppongo che Shion te lo abbia proibito”

Non proprio. Ha posto una condizione. Avrei dovuto trovare uno di voi disposto ad accompagnarmi”

A quella spiegazione, Kanon sogghignò. “Ti hanno dato tutti buca, scommetto. Nessuno di noi è tanto sconsiderato da andare contro un ordine del Gran Sacerdote”

Quindi neanche tu” dedusse Ayame.

Esatto. Ce n'è ancora un po', Al?”

Ayame sbuffò e si lasciò andare contro lo schienale della sedia. “Puoi prendere la mia parte, non ho più fame”

Kanon la fissò per un po', pensieroso, mentre la ragazza teneva lo sguardo sul suo piatto mezzo pieno.

Ci tieni così tanto, a quella festa?” le domandò alla fine.

Non è per me” iniziò la bionda. “È Psiche che vuole che vada con loro. Vuole sabotare il suo appuntamento con Milo, senza rovinare quello di Galatea... sì, ci terrei moltissimo” ammise, alla fine dello sproloquio. “Sia chiaro, quello che ti ho detto è tutto vero, ma è ancora più vero che non so resistere ad un evento mondano, sia esso il concerto del secolo come la sagra della feta col sushi. Capisci cosa intendo?”

Capisco che appartieni ad un altro universo”

Che vuoi dire?”

Penso che Kanon stia cercando di dirti che sei un po' fuori dai canoni del Santuario” intervenne Aldebaran, dopo aver spazzolato la sua doppia porzione di sformato. “Cosa che, a parer mio, non è poi così male”

Il Toro si guadagnò un'occhiata scettica dal Generale. “Almeno ha portato un po' di novità e movimentato l'ambiente” spiegò allora Aldebaran. “Sta cominciando a venirci la muffa sotto le ascelle, da tanto siamo antichi”

Parla per le tue ascelle” puntualizzò Kanon, mentre Ayame nascondeva una risatina dietro una mano. “Allora, se sei così aperto di mente, perché non la accompagni tu ad Atene?”

Gliel'ho detto, ho già un impegno” ribadì, anche se un po' in difficoltà.

Perchè dovrei farlo io, allora? Potrei avere altri impegni, come te”

Hai altri impegni?” lo provocò il Toro.

Ma perché proprio io?!?”

Ok, basta, per favore” intervenne Ayame, mettendo fine al dibattito. “Non importa, non ci andrò. Non voglio costringere nessuno, perciò lasciamo stare”

Si alzò dal tavolo, cercando di nascondere la sua delusione con un sorriso di circostanza. “Grazie per la cena e per la compagnia. Adesso è meglio che vada. Buonanotte”

Ayame uscì dalla cucina, lasciando i due guerrieri ammutoliti. Mentre si accingeva a salire la scalinata bianca, si diede della stupida anche solo per aver pensato che Kanon potesse accettare, quando era lui il primo a voler mantenere le distanze. Chissà perché, poi, si rifiutava così categoricamente di avere a che fare con lei. Non pretendeva di stare simpatica a tutti, ma, da come era iniziata, le era sembrato di stargli simpatica.

Non fece in tempo a ripromettersi che gliene avrebbe parlato alla prima occasione, che si ritrovò il Generale davanti e andò quasi a sbatterci contro.

Fece vagare la testa da Kanon alla Casa del Toro per un paio di volte, prima che l'uomo desse una risposta ai suoi dubbi.

Velocità della luce. Ora, prima che cambi idea, perché non so come mi possa essere venuta in mente, visto che, per Shion, sono l'ultima persona che ti dovrebbe stare anche solo a dieci metri di distanza, ho deciso di aiutare Psiche a sabotare il suo appuntamento con Milo. Devo restituirgli il favore di quattordici Scarlet Needle. Ci vediamo davanti alla Casa dell'Ariete e, per favore, non urlare ai quattro venti questa cosa”

Ayame restò in silenzio qualche secondo, durante il quale cercò di memorizzare quello che, quasi certamente, era il monologo più lungo che aveva sentito uscire dalla bocca di Kanon, quindi rispose.

D'accordo, alle otto. Buonanotte”

Il Generale fece un cenno impercettibile col capo, quindi scomparve tra le colonne della Terza. Ayame soffocò un urlo isterico di gioia e riprese la salita, con un'insana voglia di sbattere in faccia a Shion il suo successo.

In ritardissimo, ma sono tornata :) niente di rilevante da dichiarare qui, a parte qualche parolaccia ogni tanto. Per il resto sì, so che poteva venirmi meglio questo cap*, ma era necessario superare il blocco per poi arrivare al capitolo della festa, che sarà il prossimo :) ringrazio la mia beta Panenutella, come sempre, e spero che il cap sia comunque di vostro gradimento. A presto!

*Perdonatemi, ma era proprio venuta male l'ultima parte, me ne sono resa conto rileggendola e ho cercato di rimediare. Non c'è più tutto il movimento di prima, ma penso sia più "aderente" alle personalità dei vari personaggi (o almeno spero!)

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Capitolo 12
*** Sabotaggi e contro-sabotaggi ***


Babylon
(seguito di "A Divine Love")

11- Sabotaggi e contro-sabotaggi


E lui?” domandò Psiche, ormai sopraffatta dalla curiosità.

Ha risposto, col suo solito modo altezzoso: 'Spero vivamente che tu ti diverta'. 'Farò il possibile' ho detto io. Gli ho sorriso con fare innocente e sono andata in stanza”

Dopo aver orgogliosamente raccontato alle sue Sacerdotesse della reazione di Shion al fatto che qualcuno dei suoi avesse accettato di accompagnarla, Ayame tornò ad occuparsi dei capelli di Galatea.

Le tre ragazze si erano radunate nella stanza di Psiche alla Dodicesima per prepararsi per la festa, visto che il luogo di ritrovo per gli altri quattro era ai piedi della scalinata della Casa dei Pesci. Vista la poca esperienza di Galatea con la moda del ventesimo secolo, Ayame l'aveva presa sotto le sue cure maniacali, con l'intento di renderla splendente e fare in modo che Camus non le togliesse gli occhi di dosso per tutta la serata. Psiche, invece, sapeva cavarsela da sola egregiamente.

Grazie al pensiero della serata ad Atene, Ayame riuscì ad affrontare con filosofia anche il forte rimprovero che Shaka le aveva riservato nel tardo pomeriggio, dopo che era tornata nuovamente senza un risultato evidente. La accusò di non stare mantenendo la promessa e di non mettere l'impegno dovuto in quel semplice compito che le aveva affidato. Tutto ciò era vero solo in parte, in quanto, nei giorni precedenti, Ayame aveva messo anima e corpo nel suo compito, ma la cosa non era servita a molto.

Aveva, quindi, preso quel rimprovero in silenzio e con remissione, aveva rinnovato la promessa a Shaka e si era precipitata in stanza alla ricerca degli abiti per la sera. Era talmente elettrizzata che nulla avrebbe potuto rovinare il suo buonumore.

Ancora non ci hai detto chi è questo accompagnatore” le fece notare Psiche, mentre era alle prese col mascara.

Sorpresa. Sappiate solo che ci è voluto molto per convincerlo, ma alla fine ha ceduto, anche abbastanza inaspettatamente”

Io scommetto su Shaka” puntò Galatea, ma Psiche era di un altro avviso.

Nah! Per me è Death Mask”

Ayame rise, ma non si lasciò sfuggire nient'altro. Non voleva compromettere il grande risultato che aveva ottenuto.


Camus guardò per l'ennesima volta l'orologio. “Sono le otto e dieci” fece notare, annoiato, a Milo, il quale non sembrava troppo preoccupato per il leggero ritardo. Questi si strinse nelle spalle.

Sono in ritardo solo di dieci minuti, dovremmo essere fortunati”

Ma avevamo detto alle otto” ribadì Camus.

Si vede che non hai avuto molto a che fare con le donne in vita tua, ghiacciolino” lo canzonò lo Scorpione. “È un loro diritto essere in ritardo agli appuntamenti e far stare noi maschietti sulle spine”

Non sono sulle spine” obiettò Camus, che non si era accorto di aver perso l'attenzione di Milo.

Beh, dovresti esserlo, amico. Girati” gli disse questo, accennando col capo a qualcosa dietro di lui.

Camus eseguì, solo per dare una spiegazione all'espressione inebetita dell'amico. La stessa che si dipinse sul suo viso quando capì a cosa si stava riferendo Milo.

Galatea stava scendendo le scale della Dodicesima. Indossava un abitino azzurro cielo con le maniche corte a sbuffo, stretto in vita da una cintura di una tonalità più scura del vestito. I capelli leggermente mossi le ricadevano a boccoli sulle spalle e alcune ciocche erano fermate dietro da un nastro blu. Ai piedi, infine, calzava un paio di ballerine che richiamavano il colore della cintura.

Se il ritardo era servito ad ottenere quel risultato, per Camus fu più che giustificabile. In vita sua non pensava di aver mai visto niente di più bello.

Scusate se vi abbiamo fatto aspettare” disse la ragazza quando era quasi alla fine della scalinata.

Direi che ne è valsa la pena” la giustificò Milo, anticipando il silenzio imbarazzante che sarebbe caduto se avesse aspettato che fosse Camus a rispondere. Dopo aver dato una leggera spallata al compagno perché si risvegliasse e si desse un contegno, andò a salutare la ragazza con un lieve baciamano. “Sei davvero molto carina”

Guarda che sono io quella che hai costretto ad uscire, stasera” si sentì in dovere di precisare Psiche, dalla cima della scalinata. Galatea, che era già leggermente arrossita, divenne di un tenue color pomodoro e si affrettò a ritrarre la mano. Cercò aiuto in Camus, ma il Cavaliere sembrava ancora più in imbarazzo di lei.

Andiamo, Psi, cerca di non essere scorbutica con chiunque, almeno per stasera” la rimproverò amichevolmente Ayame, apparsa al suo fianco e anche lei vestita di tutto punto. Il suo abbigliamento assomigliava molto a quello di Galatea: indossava un abito bianco senza spalline e stretto sotto il seno da un nastro elastico rosso come le scarpe dal tacco vertiginoso che calzava ed il cerchietto che le adornava la liscia chioma bionda. Di tutt'altro stile era Psiche, che aveva abbinato una lunga maglia monospalla tenuta in vita da una cintura ad anelli con un paio di shorts di jeans e dei sandali col tacco alto. I capelli erano raccolti in una morbida treccia che le cadeva su una spalla.

Ayame, dove pensi di andare?” domandò Camus alla ragazza, dopo aver messo da parte l'imbarazzo per tornare ad essere il ligio servitore di Atena.

Con voi, naturalmente, e sì, Shion lo sa” rispose lei, mentre scendeva le scale, anticipando la domanda successiva. “Ora, se non vi dispiace, il mio cavaliere mi sta aspettando giù alla Prima da ben un quarto d'ora. Non voglio farlo aspettare oltre”

Hyoga è qui?” chiese Milo.

No, naturalmente, non gli faccio fare mille mila chilometri solo per una festa”

E allora chi è?”

La mia guardia del corpo, insieme a Psiche, ovviamente”

Cosa? Psiche!” protestò Milo, ma la Sacerdotessa non parve curarsene. “Ordini superiori a cui non posso disobbedire. Ma sono sicura che ci divertiremo comunque” sorrise ironica lei, pizzicando la guancia del Cavaliere che, invece, era notevolmente contrariato.

Il gruppetto iniziò a scendere attraverso le Dodici Case, con Ayame in testa, seguita a ruota da Psiche e Milo e Camus in coda con Galatea, a lanciarsi occhiate brevi e furtive. Raggiunta la Casa dell'Ariete, trovarono Mu ad attenderli all'entrata.

Non sei ancora pronto” gli fece notare Camus.

Io non vengo con voi” rispose semplicemente il Cavaliere, per poi rivolgersi ad Ayame. “Ti aspetta fuori dalla bottega del fioraio, l'ha ritenuto più prudente”

Va bene, grazie” si congedò Ayame.

Procedettero attraverso le vie di Rodorio fino alla bottega, rimasta aperta apposta per permettere loro di uscire. Come Mu le aveva detto, Kanon li aspettava dall'entrata del negozio che dava su Atene.

Tu?” domandarono in coro tutti gli altri, notevolmente sorpresi, per poi guardare Ayame, la quale pareva, invece, soddisfatta.

Io” rispose Kanon, monocorde. “La cosa vi disturba, per caso?”

N-no, certo che no, Kanon!” ribattè prontamente Milo, sfoggiando un sorriso conciliante. “Siamo tutti, però, molto sorpresi di vederti qui, tutto in tiro, per partecipare ad una festa”

Sai, mi hanno detto che c'era un sabotaggio di mezzo e non ho saputo resistere alla tentazione” spiegò il Generale con ironia.

Sabotaggio? Che sabotaggio?” chiese Milo, cercando di nascondere l'apprensione con una risatina isterica.

Oh, niente di cui preoccuparsi, Milo” lo rassicurò Kanon, con fare canzonatorio. “Vedrai, ci divertiremo un mondo questa sera. Vogliamo andare? Sto facendo radici qui. Psiche, non ti scollare da Ayame per nessun motivo”

La Sacerdotessa eseguì e si affiancò subito ad Ayame. Con Milo, molto preoccupato per l'esito della sua serata, e Kanon in testa, il gruppo si immerse nella confusione di Atene.

Sei perfida” disse Ayame a Psiche.

Non è vero” ribattè lei prontamente.

Non se lo merita”

Io dico di sì”

Puoi spiegarmi questo tuo accanimento contro di lui?”

Penso di no”

Potrei ordinartelo”

Potrei non obbedire”

Si chiama insubordinazione, lo sai?”

No, si chiama privacy”

Tanto, prima o poi, lo scoprirò”

Psiche sorrise. “Goditi la tua serata libera e non pensare a Milo. Per quello ci sono io”

Ayame capì che la Sacerdotessa considerava il discorso chiuso e non aggiunse altro, ma si ripromise di osservarla bene durante tutta la serata e nei giorni a venire, per capire cosa le frullasse in testa.

Dopo ancora qualche minuto di cammino, finalmente raggiunsero la piccola piazza in cui si stava tenendo la festa. Ai lati dell'area, banchetti di leccornie, giochi a premi e merci d'artigianato circondavano il palco centrale, dove alcuni gruppi musicali si esibivano e facevano danzare la folla accorsa per celebrare la ricorrenza religiosa a cui la festa era dedicata. Al momento, tra le bancarelle giravano per lo più famiglie. Perché la festa si animasse avrebbero dovuto aspettare ancora un po'.

Sembra carino” commentò Ayame, dopo essersi data una veloce occhiata in giro.

Non ricevette nessuna risposta. Voltatasi verso Psiche, vide che la Sacerdotessa aveva perso il cipiglio di poco prima e il suo sguardo era perso nel vuoto, inoltre le tremavano leggermente le labbra.

Psiche, tutto bene?” si accertò la ragazza, risvegliando Psiche da quella specie di trance in cui era caduta.

Sì, tutto bene” rispose lei, sbrigativa.

Potremmo mangiare qualcosa, nel frattempo” propose Milo, indicando uno dei banchetti di alimentari. Pur senza troppo entusiasmo, furono tutti quanti d'accordo e si accinsero a seguirlo. Quando quasi tutti si furono immersi nella coda di fronte alla bancarella, Ayame afferrò Kanon per un braccio e lo trascinò via.

Che c...” provò a protestare il Generale, ma Ayame gli tappò la bocca con la mano e gli intimò di fare silenzio.

Shhhh! Sto sabotando il sabotaggio. Vieni con me”

Prima che potesse nuovamente trainarlo da qualche parte, Kanon la bloccò con poca grazia.

Ti avverto che mi sto già pentendo di essere qui, ragazzina” le sibilò a pochi centimetri dal naso.

L'avevo intuito, ma ormai sei qui, perciò, ti prego, assecondami solo in questa cosa e ti prometto che farò la brava”

Il Generale grugnì qualcosa di incomprensibile, quindi domandò: “Cosa vuoi fare?”

Semplice, lasciare i quattro piccioncini da soli. Dobbiamo solo stare lontani da loro”

Il che significa che tocca a me farti da balia. Sapevo che c'era la fregatura”

Sarò brava, promesso e ripromesso. Non ti accorgerai nemmeno che esisto”

Ne dubito. Ho fame. Spera che all'altro lato della piazza vendano qualcosa di commestibile”


In breve, la piazza iniziò a popolarsi di persone e voci, di luci e di canti. Attraversare la folla cominciava a diventare un'impresa non da poco, ma Psiche non sembrava intenzionata a lasciarsi fermare da quel piccolo dettaglio.

Avevano perso di vista Ayame e Kanon poco dopo aver deciso di andare a prendere da mangiare. Milo e Galatea erano riusciti a convincerla ad aspettare almeno che avessero finito di mangiare per andarla a cercare. Non aveva toccato cibo e, quando la sua compagna aveva ingerito l'ultimo boccone, si era alzata immediatamente e si era immersa nella folla.

Non cercava Ayame solo perché, senza di lei, il suo piano sarebbe andato in fumo, ma soprattutto perché si era resa conto che la sua dea era esposta ad un serio pericolo. Come aveva detto Mu, controllarla in mezzo a tutta quella gente era un compito che cinque persone sole non potevano portare a termine senza rischi, ed era suo dovere di Sacerdotessa proteggere la dea a cui era devota, specialmente nello stato in cui si trovava ora Ayame.

Una presa ferma attorno al suo braccio arrestò la sua avanzata. Milo l'aveva raggiunta e sembrava aver perso tutto il suo spirito festaiolo.

Si può sapere dove stai andando?” le domandò, duro.

A cercare Ayame” gli rispose Psiche, asciutta.

È con Kanon, è al sicuro” le ribadì, ma Psiche non era intenzionata a dargli retta.

No che non lo è, qui è troppo esposta. Io sono una sua Sacerdotessa, proteggerla è un mio dovere”

La ragazza provò a muovere un passo, ma Milo rafforzò la presa.

Senti, ho capito benissimo quale sia il tuo piano. Non c'è bisogno di nascondersi dietro a doveri inesistenti”

Non so di cosa tu stia parlando”

Voglio che mi dici in faccia che non vuoi avere niente a che fare con me” le rivelò il Cavaliere.

Ti farebbe desistere, se te lo dicessi?”

Milo attese qualche attimo, prima di rispondere con sicurezza. “So riconoscere una battaglia persa”

Psiche?” domandò una voce tra la folla, che poco dopo prese il volto di una giovane ragazza dai lunghi capelli castani. Si avvicinò con sguardo incredulo alla Sacerdotessa, la quale stava cercando di ricordare dove avesse già visto quel volto conosciuto.

Sei proprio tu?” domandò ancora la ragazza, che ormai aveva raggiunto la coppia.

Ci conosciamo?” chiese a sua volta Psiche.

Sono Georgia. Mio padre aveva il bar vicino al vostro negozio e noi giocavamo sempre insieme, ricordi?”

La Sacerdotessa rimase inebetita per qualche istante, in preda alla cascata di ricordi che quelle poche parole avevano fatto fluire nella sua mente. Immagini di momenti lontani, felici, vissuti in un angolo di mondo che, per lei, era il paradiso, dove poteva dire di avere tutto ciò che le serviva per essere felice. Un padre, la sua unica famiglia, una casa piccola ma meravigliosa ai suoi occhi di bambina, un negozio di fiori che per lei era meglio di un parco giochi ed un'amica più fortunata di lei, sotto certi punti di vista, ma dal cuore così grande da permetterle di condividere quella sua fortuna con lei. Quella bambina era Georgia.

Sì, certo che mi ricordo” le rispose infine, incapace di non sorridere.

Georgia ricambiò e la abbracciò. Psiche si irrigidì a quel gesto inaspettato, ma ricambiò. Quando le due amiche si sciolsero dall'abbraccio, Georgia riprese a parlare.

Ma dove sei stata per tutti questi anni? Ci sei mancata, soprattutto a tuo padre. Ci ha detto che eri andata in una scuola privata, ma speravamo che saresti tornata a trovarci, qualche volta”

Ho provato, davvero” disse Psiche, cercando di mascherare la voce spezzata, conseguenza di quelle poche parole che erano state in grado di riaprire vecchie ferite. “Ma i miei studi mi hanno impegnata per quasi tutto il tempo. Mi dispiace”

Georgia annuì, comprensiva, quindi riprese a sorridere. “Ora, però, sei tornata. È bello rivederti dopo tanto tempo, e in ottima compagnia, oltretutto”

Milo, che era rimasto ad ascoltare la conversazione tra le due amiche con molto interesse, approfittò della sua chiamata in causa per presentarsi. “Mi chiamo Milo, sono un amico di Psiche. Abbiamo frequentato la stessa scuola speciale

Lieta di conoscerti. Ah, Psi, prima che mi dimentichi, a casa ho dei documenti da darti. Ci sono state lasciati dopo la morte di tuo padre e dovresti dar loro un'occhiata, appena hai tempo”

D'accordo, passerò senz'altro” acconsentì Psiche, cercando di sembrare il più naturale possibile. “Adesso, però, devo andare a cercare una persona. È una questione piuttosto urgente, sai”

Certo, nessun problema. Goditi la festa e, se hai tempo, vieni a trovarci al bar, ci farebbe molto piacere averti come ospite”

Farò il possibile” promise Psiche, quindi si congedò in fretta da Georgia e sparì tra la folla. Milo la imitò, con più affabilità rispetto a lei, e tornò al suo inseguimento. Il colloquio a cui aveva assistito aveva fatto nascere in lui molti dubbi che la sua insana curiosità non vedeva l'ora di sciogliere e che, ne era certo, l'avrebbero aiutato a scoprire qualcosa di più su quell'enigmatico personaggio quale Psiche era.


Galatea provò a mettersi in punta di piedi, nella speranza di scorgere Psiche o Ayame in mezzo alla folla che stava aumentando di minuto in minuto.

Lei e Camus erano stati letteralmente abbandonati al chiosco dove avevano mangiato. I primi a sparire erano stati Ayame e Kanon: li avevano persi di vista poco dopo essersi messi in coda alla bancarella. Poi era stato il turno di Psiche, che per tutto il tempo non aveva nascosto la sua impazienza di andare a cercare Ayame e, soprattutto, di allontanarsi da Milo. Questi, però, l'aveva seguita in mezzo alla folla, e alla fine erano rimasti loro due, soli col loro imbarazzo.

Galatea abbandonò ogni speranza di riuscire ad individuare anche uno solo dei loro compagni e tornò a sedersi sulla panchina dove, dalla parte opposta alla sua, stava Camus.

Era quella la situazione che avrebbe voluto evitare, quella sera, ma sembrava proprio che il piano elaborato da Psiche e Ayame stesse andando tutt'altro che a buon fine.

Lanciò un rapido sguardo a Camus, concentrato a guardarsi le mani congiunte davanti a sé.

Sono preoccupata” confessò la Sacerdotessa, seppur con riluttanza. Camus si voltò a guardarla con espressione interrogativa, a cui lei subito rispose. “Per Ayame”

Il Cavaliere annuì. “Anche secondo me non è stata una buona idea portarla qui. Ma stai tranquilla, è con Kanon e sono sicuro che farà di tutto per tenerla d'occhio”

Lo spero”

Qualcuno da dietro poggiò con poca grazia una mano sulla spalla di Galatea. Lo sconosciuto le si affiancò e le rivolse un sorriso che, probabilmente, riteneva affascinante.

Tutta sola, biondina? Vuoi un po' di compagnia?”

Galatea cercò di ritrarsi e rifiutò gentilmente, ma il ragazzo non sembrava intenzionato a demordere.

Andiamo, bellezza, solo un ballo o un giretto qui attorno”

Ha detto che non vuole” ribadì duramente Camus, guadagnandosi un'occhiata torva dallo scocciatore.

Non stavo parlando con te, capellone”

Ma stai importunando la mia amica”

No, tu stai importunando noi. Stavamo facendo conoscenza”. Lo sconosciuto passò un braccio attorno alle spalle di Galatea. Questa stava per muoversi e metterlo al tappeto, ma Camus la anticipò e la liberò da quell'abbraccio torcendo il polso al ragazzo.

Non lo voglio ripetere: lasciala stare” scandì bene il Cavaliere, mantenendo comunque il suo autocontrollo.

Va... bene...” accettò con voce strozzata “Adesso lasciami andare, per favore”

Camus mollò la morsa, prese Galatea per mano e fece per allontanarsi dall'importunatore, ma questi, dopo essersi ripreso, lo fermò afferrandolo per una spalla e fece per dargli un diretto in pieno volto. Il suo pugno venne fermato, stavolta, da Galatea, che poi spinse indietro il ragazzo, facendolo finire col sedere sulla panchina che avevano occupato poco prima.

Ti conviene restarci, se non vuoi farti ancora più male” lo avvertì la Sacerdotessa, quindi si lasciò guidare da Camus attraverso la folla. Il Cavaliere continuava a tenerla per mano, forse stringendo con forza eccessiva, ma non le importava. Era il primo contatto fisico dall'incidente allo stadio e non aveva intenzione di interromperlo fintanto che non l'avesse voluto lui.

Arrivati al centro della piazza, la folla era talmente accalcata che furono costretti a fermarsi e Galatea venne letteralmente schiacciata contro Camus. In un gesto forse istintivo, il Cavaliere la cinse col braccio mentre cercava una via d'uscita da quel marasma che sembrava mal sopportare. Una volta individuatala, ripresero ad avanzare mano nella mano.

Un ragazzo incappucciato che procedeva in direzione opposta alla loro la colpì con una spallata e, per un attimo, i loro sguardi si incrociarono. Due occhi cerulei spiccavano sul volto scuro sia per la carnagione che per l'ombra del cappuccio. Un lampo azzurro passò sulle sue iridi e Galatea avvertì distintamente il suo cosmo accendersi per un istante. L'uomo proseguì per la sua strada, sotto lo sguardo di Galatea.

Anche Camus si era fermato: aveva sentito pure lui quella breve emanazione cosmica e stava cercando di individuarne la fonte.

Ligia al suo ruolo di Sacerdotessa, Galatea lasciò, seppur malvolentieri, la mano del Cavaliere per lanciarsi all'inseguimento dell'uomo incappucciato prima di perderlo di vista.

Galatea!” la chiamò Camus, dopo che la ragazza ebbe lasciato la sua mano. La Sacerdotessa non rispose, ma proseguì nell'inseguimento, con gli occhi puntati sul cappuccio davanti a lei.

Un gruppo di persone di passaggio rallentò l'avanzata di Camus, che perse così di vista Galatea. Preoccuparsi gli venne stranamente istintivo, così come sentire la mancanza del contatto con lei. Ora che non erano più insieme, il freddo tornò a fare da padrone dentro di lui.


Dobbiamo per forza stare qui?” si lamentò Ayame. Dopo essersi rifocillato, Kanon l'aveva parcheggiata su un muretto e, da allora, la controllava a vista.

Sì” rispose, monotono, il Generale.

Potremmo andare a ballare” propose con leggerezza la ragazza.

No”

Sei noioso”

Desolato, ma qui posso tenerti d'occhio, quindi non ci muoviamo”

Ayame sbuffò e abbandonò la testa sulle mani, mentre i gomiti erano poggiati sulle gambe che penzolavano dal muretto.

Da quando erano arrivati alla festa le risultava difficile stare ferma, si sentiva stranamente euforica e persino la solita sensazione di vuoto sembrava quasi essere scomparsa. Tuttavia non sapeva come sfogare quell'energia, Kanon le aveva più volte fatto capire che non era minimamente intenzionato a schiodarsi da lì.

Quando Ayame notò i bagni chimici dall'altro lato della piazza, le venne un'idea che le avrebbe, se non altro, consentito di muoversi un po'.

Devo andare in bagno” gli comunicò con fare innocente.

Kanon alzò gli occhi al cielo, scocciato, e sospirò, quindi abbandonò l'appoggio del muretto.

Basta che sia una cosa rapida. Dai, andiamo”

Ayame balzò subito giù e atterrò agilmente sui tacchi vertiginosi, poi si incamminò col Generale verso i servizi igienici. Una volta inglobati dalla folla, la sensazione di euforia in Ayame si fece più intensa. Sentì i suoi sensi acuirsi, percepiva rumori e odori amplificati di decine di volte, in una cacofonia di sensazioni che, presto, iniziarono a stordirla.

Un formicolio strano e fastidioso le percorse il braccio destro e, voltatasi in quella direzione, vide una coppia di ragazzi scambiarsi effusioni con eccessiva passione. Un altro prurito le prese la nuca, e di nuovo individuò due persone che si stavano baciando.

Quando voltò il capo per individuare la fonte dell'ennesimo formicolio, venne colta da un capogiro accompagnato da una forte sensazione di nausea. Un nuovo prurito la colpì in pieno volto e Ayame riuscì a mantenere a stento l'equilibrio.

Ben presto le fu impossibile distinguere la provenienza delle varie sensazioni. La vista prese ad annebbiarsi e la nausea si fece insopportabile, la testa le girava talmente tanto che mantenere l'equilibrio divenne un'impresa impossibile. Riuscì a rimanere in piedi solo grazie al tempestivo intervento di Kanon.

No no no no no! In piedi, forza!” la incitò, sollevandola di peso. “Ci manca solo che attiriamo l'attenzione su di noi”

Devo vomitare” lo avvertì Ayame.

Magnifico. Dai, andiamo. Cerca di far finta di camminare e, ti prego, resisti. Questi vestiti sono di Saga”

Ayame annuì. Attraversarono la piazza alla maggior velocità possibile e raggiunsero i bagni chimici. Kanon forzò la porta di una delle due cabine e cacciò fuori in malo modo chi la stava tenendo occupata, sordo alle sue proteste, lasciando via libera ad Ayame.

La ragazza vomito letteralmente l'anima, sotto lo sguardo vigile e seriamente preoccupato di Kanon.


Durante tutta la traversata della piazza, l'uomo col cappuccio si era voltato più volte, quasi a voler constatare che Galatea lo stesse seguendo.

Dimentica del suo appuntamento con Camus, la Sacerdotessa aveva ora come obiettivo quello di raggiungere la figura davanti a sé e di scoprirne le intenzioni. Non era un volto conosciuto e il suo istinto le diceva che, probabilmente, apparteneva alle schiere nemiche.

Ai lati del palco, la folla si diradò, lasciando ad entrambi più libertà di movimento. L'uomo incappucciato accelerò il passo e, quando fu sicuro che Galatea l'avrebbe visto, scomparve una via laterale. La ragazza corse al suo inseguimento ed imboccò la stessa strada, in fondo alla quale vide il suo obiettivo, in attesa. Di nuovo l'uomo imboccò un altro vicolo alla sua sinistra e di nuovo attese che la Sacerdotessa fosse a portata d'occhio. Continuarono così finché non sbucarono in una piazzetta più piccola nei pressi della festa, il cui eco giungeva sino alle loro orecchie.

Galatea raggiunse l'uomo e, per precauzione, accese il suo cosmo, pronta a battersi.

Buonasera, Sacerdotessa” si sentì salutare dalla sua voce melliflua.

Chi sei e che cosa ci fai qui?” domandò lei, ostentando sicurezza.

Mi chiamo Jez e, puoi non crederci, vengo in pace” rispose quello, apparentemente con sincerità.

Per fare cosa?” continuò a chiedere Galatea.

Osservare” spiegò Jez, criptico, lasciando passare uno sguardo furbo sul suo volto scuro.

Quando provò a muovere un passo, Galatea bloccò ogni suo movimento imprigionandogli i piedi con due manicotti d'avorio. Jez lanciò uno sguardo soddisfatto alle due manette.

Non vai da nessuna parte finché non mi dici cosa sei venuto a fare” lo avvertì la Sacerdotessa, guadagnandosi una risata di scherno da parte del nemico.

Pensi che questo basti a fermarmi? Povera sciocca”

Con il minimo della forza, Jez si liberò dalla morsa d'avorio che avrebbe dovuto costringerlo a stare fermo. Due ali azzurro cielo si aprirono sulla sua schiena, mandando in cenere la felpa che aveva usato per restare nell'ombra.

Non sei abbastanza potente per competere con me”

Ma io sì” intervenne una voce alle spalle di Galatea. Camus le fu, in breve, a fianco, il cosmo acceso e pronto per essere scatenato.

Un Cavaliere d'Oro, quale onore!” esclamò Jez, prostrandosi in un accenno di inchino. “Purtroppo non sono qui per battermi. Come ho detto alla Sacerdotessa qui, sono venuto solo per osservare. E ho osservato quanto basta, quindi arrivederci”

Con un possente battito d'ali, Jez si alzò di parecchi metri da terra e balzò su uno dei tetti dei palazzi lì attorno, quindi scomparve alla vista.

Galatea fece per lanciarsi al suo inseguimento, ma Camus la fermò.

Aspetta! Non è saggio seguirlo. Meglio cercare Ayame e Kanon”

La Sacerdotessa fece per protestare, ma alla fine annuì.

Tu stai bene?” le domandò poi Camus, sinceramente preoccupato. Di nuovo Galatea rispose con un cenno del capo, senza nemmeno provare a nascondere il fatto che qualcosa non andava. Tuttavia la loro priorità, in quel momento, era trovare gli altri due e avvertirli della visita dell'Angelo. Una volta che la situazione fosse tornata sotto controllo, si sarebbe preoccupato di Galatea.

La festa è qui! Ho cercato di usarla come pretesto per approfondire i rapporti tra i vari personaggi, nella speranza di essere rimasta in linea con la loro personalità, per fare un accenno alla natura divina di Ayame e cosa essa comporta e, infine, per reintegrare nella storia il nemico iniziale, che è sempre presente e presto si farà vedere :) spero che sia di vostro gradimento! Come sempre, grazie a Panenutella che beta e non mi fa scrivere strafalcioni ;)

PS: su sua notifica, il termine mille mila è una libertà stilistica che mi sono presa :) è un termine che usiamo tra amiche per intendere, simpaticamente, un numero molto grosso.

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Capitolo 13
*** Sovraccarico ***


Babylon
(seguito di "A Divine Love")

12- Sovraccarico


La via che si apriva davanti a Milo era anonima, non molto dissimile dalle mille altre che si potevano trovare ad Atene. A livello della strada si aprivano numerosi negozi e botteghe, a quell'ora ormai chiusi, mentre i piani superiori degli edifici erano costituiti da appartamenti. Alcune finestre erano aperte e la luce all'interno delle stanze aiutava i periodici lampioni ad illuminare la strada.

Nulla di quel posto avrebbe potuto attirare l'attenzione di un qualsiasi passante, tranne la bottega abbandonata al centro della via, un buco nero in mezzo a quell'universo di anonima normalità.

Era proprio quella bottega che Psiche stava osservando, ormai, da diversi minuti, seduta sul basso marciapiede di fronte all'entrata chiusa da tre travi di legno, con le ginocchia al petto e il viso affondato tra le braccia conserte di modo che solo gli occhi chiari e lucidi fossero visibili. Dallo stesso tempo Milo la teneva d'occhio da un angolo buio della strada e ne contemplava l'inaspettata fragilità, che la rendeva, ai suoi occhi, ancora più bella.

Quello era il loro negozio” disse una voce alle spalle del Cavaliere. Subito dopo, Georgia gli fu accanto.

Di chi?” domandò Milo, nella speranza che la ragazza fosse disposta a rispondere non solo a quella, ma anche a molte altre domande.

“”Di Psiche e suo padre. Subito a fianco, invece, c'è il nostro bar”. Georgia indicò la saracinesca accanto all'entrata sprangata della bottega.

Come mai è ridotto così?” chiese ancora Milo.

Georgia sospirò, prima di iniziare a raccontare.

È stato dopo la partenza di Psiche. Gli affari per Kostas, per suo padre, hanno iniziato ad andare male. Non che prima navigassero nell'oro, ma riuscivano a vendere abbastanza fiori da permettersi una vita dignitosa. Poi Psiche se n'è andata e Kostas ha cominciato a badare sempre meno al negozio e a perdere clienti, anche tra quelli più affezionati. Dopo un paio d'anni si ammalò gravemente e dovette chiudere l'attività. Mia madre e mia zia si alternarono per settimane al suo capezzale, ma Kostas sembrava non voler guarire. Quando è morto, abbiamo mandato a Psiche una lettera, indirizzandola all'unico recapito che la scuola aveva lasciato, ma lei non si presentò comunque al funerale, né dopo, fino ad oggi”

Milo notò una certa amarezza nel tono di Georgia, ma non si sentì di dare alcuna colpa a Psiche. Sapeva bene cosa volesse dire diventare un guerriero del Santuario di Atene e la totale rinuncia a famiglia e affetti era, probabilmente, il prezzo più alto da pagare. Per questo motivo si prediligevano gli orfani ai bambini con una situazione familiare normale.

Non credo che la sua assenza fosse voluta” disse, infatti, il Cavaliere. “La nostra scuola si trova molto lontana da qualsiasi centro abitato, in un luogo a stento raggiunto dalla rete stradale e dai mezzi di comunicazione in generale. È probabile che la vostra lettera non sia mai arrivata a lei e che Psiche abbia scoperto della morte del padre da poco”

Non era mia intenzione giudicarla, se è questo che pensi” ribattè Georgia. “Ma non posso fare a meno di pensare che la Psiche con cui giocavo da bambina fosse una persona totalmente diversa dalla creatura fredda e silenziosa che ho ritrovato stasera”

Milo pensò istintivamente che il Grande Tempio faceva quell'effetto a molti.

E sua madre?” chiese poi, sfruttando la voglia di raccontare di Georgia.

È morta anche lei, dando alla luce Psiche. Mi hanno detto che non ha ma goduto di una buona salute e la gravidanza le era stata caldamente sconsigliata, ma lei ha voluto portarla avanti a tutti i costi. Psiche è il risultato della sua sofferenza e della sua tenacia”

Un ottimo risultato, direi” si lasciò scappare Milo, per poi voltarsi verso la ragazza, leggermente allarmato. Georgia, però, sorrideva serena.

La lascio in ottime mani, quindi” disse a Milo, che però non comprese.

Che vuoi dire?”

Ho visto che ha avuto una reazione strana al nostro incontro e mi sono preoccupata, così l'ho seguita per capire che intenzioni avesse. Ma ci sei già tu ad occuparti di lei, quindi posso stare tranquilla”

Sì, beh, farò del mio meglio” si impegnò Milo, leggermente in imbarazzo.

Ne sono sicura” fu l'ultima cosa che disse Georgia, prima di voltarsi e tornare alla festa.

Il Cavaliere tornò a guardare Psiche, che non si era mossa di un millimetro durante tutta la loro conversazione.

Ora sapeva cosa la Sacerdotessa nascondeva dietro quella corazza da guerriera dura e parca di sentimenti e sapeva anche che gli sarebbe stato impossibile rinunciare a lei. Decise che avrebbe seguito il consiglio di Ayame: avrebbe coltivato la sua rosa con cura e dedizione, sfruttando il terreno fertile che i racconti di Georgia gli avevano fornito.

Ma non quella sera. Quella sera avrebbe solamente vegliato su di lei finché fosse stato necessario e poi l'avrebbe riaccompagnata al Santuario.

Si andò a sedere dall'ingresso di un condominio lì vicino, dove avrebbe potuto tenere d'occhio Psiche e contemporaneamente restare nell'ombra, per lasciarla nell'intimità dei suoi ricordi.


Ayame provò ad aprire gli occhi per vedere se il mondo aveva finalmente smesso di girarle attorno. Il volto di Kanon, che la vegliava appoggiato allo schienale della panchina su cui l'aveva fatta sdraiare, ballò ancora per qualche istante, prima di fermarsi del tutto.

Adesso riesci a spiegarmi cos'è successo senza rimettere?” le domandò col suo solito tono monocorde.

Ayame si stropicciò gli occhi e si passò una mano sulla fronte. Sentì il mal di testa incipiente pulsare attraverso la cute.

Credo di essere andata in sovraccarico” spiegò sbrigativamente.

Che intendi dire?”

Da quando Afrodite si è addormentata, sono più sensibile ai sentimenti delle persone. Percepisco l'affetto che provano verso qualcun altro come un formicolio che è più o meno piacevole a seconda delle situazioni. A quanto pare, queste sensazioni sono in grado di ridarmi energia, per questo prima mi sentivo euforica e iperattiva. Se, però, mi espongo a troppe sensazioni contemporaneamente... vado in sovraccarico” concluse Ayame in un sospiro. Chiuse di nuovo gli occhi e si portò le mani al ventre, dove la sensazione di vuoto cominciava a farsi risentire con prepotenza.

Il che avvalora la mia ipotesi secondo la quale lasciarti venire qui è stato un errore madornale” commentò Kanon, velatamente soddisfatto.

Allora perché hai accettato di accompagnarmi?” gli domandò la ragazza, automaticamente.

Il Generale non rispose, ma distolse lo sguardo da lei, cosa che, comunque, non scoraggiò Ayame.

Perchè Shion non vuole che tu abbia a che fare con me?”

È una lunga storia” rispose Kanon, lasciandole intendere che non aveva nessuna voglia di raccontargliela.

La ragazza spostò lo sguardo verso la fetta di cielo che si intravedeva tra le cime dei palazzi. Sporadiche stelle riuscivano a surclassare la diffusa illuminazione artificiale della città.

Hai ragione, sai?” disse Ayame, dopo qualche attimo di silenzio, ricaptando l'attenzione di Kanon.

Riguardo a cosa?”

A me” rispose subito lei, con semplicità, per poi spiegarsi meglio. “Al fatto che provengo da un altro universo. È vero. Fino ad un mese fa il mio universo era molto simile a questa festa, tra chiacchiere superficiali e vestiti della domenica. Poi una divinità si è svegliata in me e sono stata catapultata nel vostro universo, fatto di miti, cosmi, Guerre Sacre e poteri sovrannaturali con un potere distruttivo pari alla bomba atomica.

Quando stavo iniziando ad abituarmi a tutto questo, a convincermi che Afrodite non è un'entità estranea dentro di me, ma che io sono Afrodite, lei è stata resa inerme e io abbandonata in un limbo a metà tra due mondi, senza appartenere realmente a nessuno dei due”

Ayame strinse gli occhi e lasciò che due lacrime solitarie le rigassero le tempie, per poi tornare a rivolgersi direttamente a Kanon.

Ti starai chiedendo perché ti dico tutto questo. Non lo so, ma avevo bisogno di parlarne con qualcuno e tu mi sei sembrato la persona più adatta, forse perché anche tu mi sei sembrato a cavallo tra due universi... come me” gli confessò timidamente. La determinazione che quelle parole fecero comparire sul volto di Kanon trasparì distintamente anche dalla sua risposta.

Io appartengo ad Atena. Lei è il mio universo e solo a lei rispondo”

La ragazza sorrise. “Saori è fortunata ad avere un guerriero devoto come te fra le sue schiere”

Kanon si sbilanciò in una risata dal retrogusto amaro, per poi risollevare il capo, un'espressione concentrata e allarmata sul volto. Ad Ayame fu subito chiaro che qualcosa non andava.

Kanon?” lo chiamò piano, sollevandosi sugli avambracci. Il Generale alzò una mano per richiederle silenzio.

Rimasero immobili e sul chi vive per istanti interminabili, dopo i quali Kanon tornò a prestare attenzione ad Ayame.

Sei in grado di rimetterti in piedi?”

Penso di sì, ma che succede?”. Ayame non ebbe il tempo di mettere i piedi a terra che Kanon la stava già trascinando in un anfratto buio tra due palazzi, occupato da diversi cassonetti della spazzatura.

Il Generale la nascose nell'ombra e le intimò di fare silenzio, quindi si avvicinò all'imbocco della rientranza e si mise in ascolto.

Dovettero aspettare solo pochi secondi, prima che un lampo azzurro passasse sopra le loro teste. L'Angelo atterrò sulla cima dell'edificio dall'altra parte della strada e spiccò subito il volo, senza apparentemente badare a loro. Aspettarono comunque alcuni istanti prima di riuscire allo scoperto, abbastanza sicuri che la creatura non sarebbe ricomparsa.

Direi che è il momento di tornare a casa” sentenziò Kanon e Ayame si trovò in totale accordo con lui.

Prima che si incamminassero, qualcuno li chiamò dal fondo della strada e videro Camus e Galatea correre nella loro direzione.

State bene?” si sincerò subito il Cavaliere, estremamente allarmato.

Sì, ci siamo nascosti appena in tempo” lo rassicurò Kanon. “Suggerisco comunque di andarcene da qui al più presto”

Camus annuì, ma Galatea fece notare agli altri l'ormai lunga assenza di Psiche e Milo.

Forse dovremmo avvisarli”

Se dovessero incontrarlo, sarebbero in superiorità numerica. Se la caveranno benissimo da soli. La nostra priorità è portare Ayame al sicuro, adesso” disse Kanon, senza darle tempo di replicare.

Galatea acconsentì con la stessa riluttanza dipinta sul volto di Ayame, che non era tranquilla a lasciare la sua Sacerdotessa fuori dal Santuario, sola con l'unico uomo che sembrava renderla eccessivamente emotiva.

Tuttavia le priorità che aveva dato Kanon erano le più ragionevoli. Si tolse le scarpe alte per non essere rallentata lungo rapido cammino verso casa. In pochi minuti furono, infatti, davanti al fioraio. Kanon aprì il negozio con la chiave che il proprietario gli aveva lasciato prima che andassero alla festa e fece entrare tutti dentro, quindi richiuse velocemente l'uscio alle sue spalle e si concesse, insieme agli altri, un sospiro di sollievo.

Non sapeva di aver chiuso la porta sotto gli attenti occhi azzurri di Jez, che sorrise soddisfatto e consapevole di aver veramente osservato a sufficienza.


Usciti dal negozio, li accolsero le stradine silenziose e deserte di Rodorio, che percorsero senza proferir parola, ognuno pensando ai singoli eventi che avevano reso quella serata un totale fiasco.

Per Ayame quella doveva essere un'occasione per distrarsi, dopo quanto successo a Tokyo e il malumore che ne era derivato, e invece si era guadagnata un faccia a faccia col bagno chimico più putrido che ricordasse e un alito in bocca che avrebbe ammazzato un elefante. Kanon, dietro di lei, pensava già a quale supplizio l'avrebbe sottoposto Shion solo per aver assecondato la sua curiosità di vedere com'era Ayame al di fuori di quell'universo a lei poco congeniale quale era il Santuario. Galatea rimuginava sulla figura da donzella in pericolo che aveva fatto di fronte a Camus e su cosa in quel momento il Cavaliere stesse pensando di lei, inconsapevole del disagio che, invece, stava provando il ragazzo nel vederla così mogia, in quanto convinto al novanta per cento che fosse per colpa sua.

Sbucarono a passo di processione nello spiazzo antecedente la Casa dell'Ariete Bianco, sulla soglia della quale Mu li attendeva. Il tibetano li intercettò a metà della scalinata per recapitare loro un messaggio che sembrava urgente.

Il Gran Sacerdote vuole vedere Ayame e Kanon, immediatamente” riferì senza giri di parole e senza lasciar trasparire uno sguardo preoccupato.

Ayame alzò gli occhi al cielo, visibilmente scocciata, mentre Kanon annuì impassibile e spinse la ragazza, riluttante ad obbedire, davanti a sé, sordo alle sue proteste. Camus e Galatea li accompagnarono lungo la salita fino all'Undicesima Casa, nell'atrio della quale il Cavaliere si decide ad affrontare la Sacerdotessa, così da avere la giusta privacy.

Galatea, aspetta” le intimò, forse un po' troppo perentorio. Lei si fermò comunque, dandogli, però, le spalle, e rimase in attesa senza rispondere.

Che cos'è successo in città, con l'Angelo?” domandò dopo qualche istante, cercando di essere il più delicato possibile.

Non è successo niente” ribattè lei, brusca.

A me non sembra” Camus usò il suo stesso tono involontariamente, ma ciò non parve intimidire la Sacerdotessa, che si voltò a mostrargli il volto contratto in un'espressione a metà tra il ferito e il furibondo.

E cosa ti sembra allora?”

Mi sembra che tu abbia un problema e vorrei aiutarti a risolverlo, se mi facessi capire qual è”

Galatea rise amaramente e scosse la testa. “Nemmeno tu puoi risolvere un problema vecchio di millenni, Cavaliere di Atena”

Camus rimase un po' interdetto, non capendo cosa volesse dire Galatea con quelle parole. Non potè fare altro che esplicare i suoi dubbi.

Che vuoi dire? Non capisco”

No, come potresti capire? Neanche mi conosci”

Beh, aiutami a capire, allora!” esclamò il Cavaliere, esasperato. “Aiutami a conoscerti” aggiunse poi, più dolcemente, avanzando di qualche passo verso Galatea.

Questa lo scrutò per alcuni secondi, trovando nel suo sguardo determinazione e un'insistente curiosità che decise di soddisfare.

Prima con titubanza, poi con sempre maggior enfasi, gli raccontò la sua incredibile storia. Narrò della statua che era, insieme a suo fratello, e del dono della vita che Afrodite ed Efesto avevano fatto loro, in risposta all'accorata preghiera di loro padre, nonché loro scultore. Rivisse i giorni da Sacerdotessa durante la gloriosa era olimpica, fino al tradimento di suo fratello, al fatale destino di entrambi e al loro risveglio nell'era moderna.

Camus ascoltò tutta la narrazione rapito ed estasiato. Sentendo la storia triste di Galatea era riuscito a trovare una risposta a molte delle sue domande riguardo la ragazza, dal perché sembrasse sempre così spaesata alla perfezione quasi irreale della sua figura. Ma non erano quelli i punti che la Sacerdotessa aveva voluto mettere in chiaro.

Per tutto questo tempo sono stata la 'piccola Galatea', la creatura bizzarra e inesperta che faticava ad appartenere al mondo reale e, ancor più, a quello dei Sacri Guerrieri, di cui sembrava non possedere nemmeno una qualità. Sono venuta qui per dimostrare di valere qualcosa e mi trovo di fronte un qualsiasi Angelo piovuto dal cielo che non mi ha mai vista e comunque non mi reputa alla sua altezza. Come posso dimostrare quanto valgo se tutti mi reputano un gradino sotto di loro, a partire da mio fratello fino, forse, ad Afrodite stessa?”

Io non credo che Ayame ti reputi l'ultima ruota del carro” rispose Camus, ma capì, dall'espressione che fece Galatea, che non erano propriamente le parole che voleva sentirsi dire. La ragazza lasciò cadere le spalle e si asciugò gli angoli degli occhi, da cui erano cadute alcune lacrime di frustrazione.

Già, probabilmente sono solo mie preoccupazioni inutili. Scusami se ti ho tediato. Buonanotte”

Non attese neanche che il Cavaliere replicasse e scomparve tra le colonne.

Camus la guardò andare via, impotente e solamente in grado di maledirsi per la poca mancanza di tatto che aveva dimostrato, troppo intento a realizzare che la ragazza di fronte a lui era un guerriero del mito, qualcosa di simile ad una divinità per la sua generazione, che dei miti aveva fatto il suo credo. Solo quando Galatea non fu più a portata d'occhio Camus realizzò che lei era una persona reale, nonostante la sua strana storia, che come tale voleva, anzi, desiderava essere trattata e che ciò che aveva cercato quella sera in lui era solamente un po' di conforto. Ed era ancora in tempo per darglielo.

Le corse dietro, sperando che non si fosse già ritirata in camera per la notte. La raggiunse che lei aveva appena abbassato la maniglia della porta della sua stanza.

Mi dispiace, Galatea” si scusò, quando era ancora in cima al corridoio, riuscendo a bloccarla sul posto. “Sono un idiota, lo so”

Galatea lo guardò nella penombra della stanza, sorpresa, ma non fece in tempo a ribattere che il Cavaliere aveva ripreso a parlare.

Non devi credere a quello che pensano gli altri di te. La loro opinione non ha nessuna importanza, conta solo quello che pensi tu di te stessa. Se credi nelle tue capacità, nessun Angelo piovuto dal cielo può tenerti testa”

Mentre parlava, Camus si era avvicinato alla Sacerdotessa un passo alla volta, fino a trovarsi faccia a faccia coi suoi occhi limpidi di mille emozioni. Per la prima volta, quella sera, Galatea si distese in un sorriso ampio e, per la prima volta in tutta la sua vita, Camus sentì una vampata di calore risalirgli dal ventre fino alla testa. Quasi sicuramente gli si erano pure arrossate le guance, ma per fortuna la penombra del corridoio nascose il suo vistoso imbarazzo alla vista della ragazza.

Poi Galatea gli diede un veloce bacio sulla guancia imporporata e gli sussurrò un sentito “Grazie” che, però, non giunse alle sue orecchie. Non la vide nemmeno entrare nella stanza sotto il suo sguardo inebetito, perché era perso in un mondo fantastico dove il sorriso splendente della Sacerdotessa faceva da sfondo a mille immagini di loro due insieme, vicini e sempre persi l'uno negli occhi dell'altra.

Come un automa, Camus uscì dalla sua Casa e discese le scale fino a quella che la precedeva. Qui andò a scontrare contro Shura, che si rovesciò il contenuto effervescente del suo bicchiere addosso.

Attenzione, amigo!” gli intimò, contrariato, per poi preoccuparsi una volta visto il suo sguardo stralunato.

Ehi, Camus!” lo scosse, per ottenere la sua attenzione. “Todo bien?

Il Cavaliere sollevò lo sguardo sul compagno d'armi e si lasciò sfuggire una risatina isterica. “Credo di essere innamorato”


I battenti del portone della Sala del Trono erano spalancati e permisero ad Ayame e Kanon di vedere il Gran Sacerdote seduto compostamente sullo scranno in fondo al corridoio, in attesa.

La ragazza non attese l'annuncio delle guardie alla porta per entrare e si diresse verso Shion a passo marziale, seguita a ruota da Kanon che, invece, aveva rispettato il protocollo.

Giunti che furono al cospetto del Celebrante, Kanon si inginocchiò di fronte a lui e attese di essere interpellato, mentre la ragazza gli si piazzò davanti, le mani sui fianchi ed un'espressione scocciata in volto.

Presentiva già cosa sarebbe successo in quella stanza. Shion l'avrebbe rimproverata per la sua incoscienza e le avrebbe limitato ulteriormente i movimenti nei confini del Santuario, il tutto senza ammettere repliche. Ma in quel frangente Ayame avrebbe avuto da replicare eccome.

Avanti, sentiamo: cos'ho fatto di male stavolta?” partì subito all'attacco la ragazza.

Perchè pensi di aver fatto qualcosa di male?” domandò di rimando Shion, fingendosi sorpreso.

Non sei il tipo da convocarmi per fare una semplice chiacchierata”

Esatto, Afrodite. Sono il tipo che ti convoca per chiederti accoratamente di rispettare le misure di sicurezza imposte da me per te. E ti avverto che questa è l'ultima volta che te lo chiedo gentilmente”

Shion aveva ripreso il cipiglio di comando di sempre e, per enfatizzarlo, si era anche alzato in piedi, così da sovrastare Ayame.

Ho rispettato tutte le misure. Mi hai dato il permesso di uscire, stasera, a delle condizioni che ho rispettato. Non hai nessun motivo di riprendermi” obiettò la ragazza, senza lasciarsi intimorire.

Ho motivo di riprenderti ogni qual volta tenti, involontariamente o meno, di rovinare il mio operato. Sto facendo tutto il possibile per soddisfare le richieste di Atena e di Zeus, sto cercando di proteggerti, eppure sembra che tu non veda l'ora di gettarti nelle braccia del nemico, di quello stesso nemico che ti ha reso quella che sei adesso. Non capisco se è solo incoscienza o voglia di mettermi i bastoni tra le ruote”

I toni si stavano alzando e i termini infuocando. Kanon, rimasto in silenzio per tutto il tempo, avrebbe voluto intervenire, ma il suo ruolo gli imponeva di starsene inginocchiato lì ad assistere impotente allo scontro tra due personalità titaniche come quelle di Ayame e Shion.

Ah, allora è questo il problema!” esclamò la ragazza. “Il grande Shion ha paura, in prima istanza, di fare brutta figura coi suoi superiori. E io, ingenua, che pensavo che un minimo tenessi alla mia incolumità, senza secondi fini”

Atena è il mio fine ultimo, e bada a come parli! Sei in presenza del suo Celebrante, non di un uomo qualsiasi, perciò non tollero questa impudenza, Afrodite”

Perchè continui a chiamarmi Afrodite quando nemmeno credi che possa tornare ad esserlo?” esplose alla fine Ayame, definitivamente in lacrime. “Perchè fai finta che ti importi qualcosa di me quando so che mi consideri una scomoda palla al piede e mi vorresti a chilometri di distanza?”

Maledizione, Ayame! Io sto cercando di aiutarti. Sei tu che fai di tutto per rendermi il compito impossibile”

No, tu stai facendo di tutto per non rendermi un problema più grande di quello che, per te, già sono”

Con la vista annebbiata dalle lacrime, Ayame girò i tacchi e corse fuori dalla Sala del Trono in preda ai singhiozzi, che riecheggiarono ancora per qualche istante nel silenzio attonito che si era lasciata dietro. Poi una porta sbattè ed il silenzio fu assoluto.

Kanon rimase impassibilmente inginocchiato, in attesa di ordini che, forse, non sarebbero mai venuti. Teneva lo sguardo basso sul prezioso tappeto rosso, perciò potè solo sentire il fruscio delle vesti di Shion mentre si lasciava cadere sul trono con un sospiro.

Ottimo lavoro, Kanon” si complimentò il Gran Sacerdote, subito dopo, pur senza troppa enfasi. “Pur non condividendo la tua scelta di assecondare il suo capriccio, alla fine è stato un bene che tu fossi lì con lei quando è comparso il nemico. Alzati pure”

Dovere, Eccellenza” rispose il Generale, remissivo, obbedendo all'ordine.

Le tue ricerche hanno fatto progressi?” si informò poi, cercando di dimostrare un minimo interesse.

Purtroppo sono ad un punto morto. Gli indizi che possiedo sono troppo vaghi per poter procedere con una ricerca mirata e la Biblioteca Pubblica di Atene non è famosa per i suoi testi esoterici, se mi permettete”

Shion si sbilanciò in un sorriso divertito, quindi portò una mano alla fronte per massaggiarsi le tempie. Si stropicciò, infine, gli occhi, per poi tornare a rivolgersi al Generale in attesa davanti a lui.

Puoi chiedere informazioni ad Ayame riguardo a suo fratello, se lo ritieni necessario” gli concesse il Celebrante, sorprendendolo. Tutto si sarebbe aspettato, quella sera, tranne quel cambio di idea. Kanon si azzardò ad interpretarlo come un segno di una crescente fiducia nei suoi confronti.

Se sarà necessario, lo farò” ribadì.

Shion lo congedò con un cenno del capo. Una volta fuori dalla Sala del Trono, coi battenti chiusi alle sue spalle, Kanon si concesse di rilassarsi. Abbassando lo sguardo, notò le scarpe rosse che Ayame aveva abbandonato per terra prima di fare la sua prepotente entrata nella stanza. Le raccolse e rimase a fissarle qualche istante.

Non si fidava ad avvicinarsi a lei. Aveva paura che il carattere frizzante e, a volte, irriverente della ragazza andasse ad urtare il suo, burbero ed impulsivo, facendogli perdere il controllo. Già una volta era stato sul punto di causare la morte di una dea indifesa, seppur non direttamente. Non voleva rischiare di ricadere in quell'errore una seconda volta, nonostante non avesse nulla contro Ayame.

Ricordava, tuttavia, come si era sentito affine all'animo della ragazza la sera che l'aveva sorpresa a sbirciare il suo, al promontorio vicino alla Terza Casa. Ayame poteva essere il primo passo verso la riconquista della fiducia nei confronti del mondo e di se stesso.

Si fece dare indicazioni riguardo l'ubicazione della sua stanza e percorse i vari corridoi a passo cadenzato, cercando di non pensare a tutti i motivi che l'avrebbero indotto a fare dietrofront. Poi la porta della camera di Ayame si presentò davanti a lui. Udiva distintamente il pianto sommesso della ragazza dall'altra parte, ma Kanon bussò comunque.

Vattene via”. L'ordine di Ayame somigliò più che altro ad un miagolio, ma, secondo il Generale, non era la giornata giusta per insistere.

Posò le scarpe accanto alla porta e si allontanò, diretto alla sua dimora.

Salve a tutti e perdonate il ritardo! Questo capitolo ha avuto un incidente di percorso, ho perso il manoscritto originale e ho dovuto, quindi, riscriverlo da capo cercando di mantenerlo il più simile possibile all'originale. Spero di esserci riuscita, mi saprete poi dire :) è probabile che non tutti apprezzerete la scenata di Ayame con Shion, ma è un punto cruciale del conflittuale rapporto tra i due, che deve ancora raggiungere il culmine. Per il resto, spero che il capitolo vi piaccia e ringrazio Panenutella per la collaborazione :)

A presto!

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Capitolo 14
*** Petali di ricordi ***


Babylon
(seguito di "A Divine Love")

13- Petali di ricordi

Rimase seduta sul quel marciapiede tutta la notte, sorda al dolore che la posizione rannicchiata in cui si era messa aveva provocato a schiena, glutei e gambe. Non erano nulla in confronto a quello provato in fondo al cuore nel vedere le condizioni in cui quel negozio – il suo negozio – era ridotto. Per colpa sua. Era riuscita a distruggere il sogno di suo padre per un'ambizione personale, perché qualcuno le aveva promesso che sarebbe stata speciale. Solo che lei era già speciale e suo padre glielo aveva dimostrato ogni giorno, durante quei sei brevi anni che avevano passato insieme, prima che il Santuario la inghiottisse e la rendesse così diversa da quello che era.

La sua decisione di partire, che sembrava così giusta allora, alla fine aveva distrutto tutto e tutti, suo padre per primo. Era mancato che Psiche aveva otto anni, ma lei l'aveva scoperto a tredici e per i successivi sei non si era più azzardata ad avvicinarsi a quel posto, a quella strada che aveva rappresentato l'unico universo in cui orbitare durante tutta la sua infanzia. Né si era recata al cimitero, per la vergogna di dover chiedere al custode dove fosse la tomba di quel padre che aveva lasciato morire in solitudine.

E in solitudine era morto anche il loro piccolo negozio, un pezzo di vetro e una scritta vandalica alla volta. Tre travi di legno erano la sua lapide, un insulto ad ignoti il suo epitaffio.

Le lacrime, quelle lacrime che per tanti anni non aveva voluto versare, erano finite da un bel pezzo, ma non si erano portate dietro il dolore che le aveva fatte sgorgare. Esso era sempre lì, radicato al centro del suo petto, a fianco dei mille altri che quel ritorno ad Atene aveva fatto ricrescere, ricordandole che ci sono sentimenti che nemmeno la lontananza può eradicare.

Si decise ad alzarsi quando un vecchio ubriacone, forse reduce dalla festa, tentò un approccio poco galante con lei. Troppo in preda dei ricordi per reagire a suo modo, Psiche si scansò dallo scocciatore e lo lasciò a biascicare parole impastate appoggiato ad un lampione per non franare a terra.

Tutto il suo corpo protestò per quel cambio di posizione, ma la Sacerdotessa ci fece poco caso e proseguì imperterrita, intenzionata a tornare al Santuario. Al primo svincolo, però, dovette fermarsi. Sull'ingresso del portone del palazzo all'angolo Milo stava dormendo, con la testa appoggiata al muro dei citofoni ed il resto del corpo in una posizione tutt'altro che comoda.

Miriadi di pensieri le invasero la testa, sovrapponendosi a quelli che già vi ronzavano dentro. Il dolore provato sino a poco prima si confuse con mille altre sensazioni indecifrabili, lo stomaco si contorse in uno strano sussulto ed un brivido le percorse la schiena fino al capo, trasformandosi sulle sue labbra carnose in un sorrise intenerito che Psiche si affrettò a nascondere con la mano.

Si avvicinò cauta al ragazzo, cercando di dissimulare il piacere che il vederlo lì, in attesa di lei, le aveva provocato. Non poteva farci niente, era e sarebbe sempre stata orgogliosa.

Si accovacciò davanti a lui e sentì che russava leggermente, alternando anche qualche borbottio incomprensibile. Gli scosse piano la spalla per svegliarlo. Il Cavaliere impiegò qualche attimo a metterla a fuoco e ad orientarsi. Si passò poi una mano sul volto stanco, sentendo distintamente i segni che le imperfezioni del muro avevano lasciato sulla sua pelle, quindi si stiracchiò, rompendo il silenzio del primo mattino con gli inquietanti rumori delle sue ossa che tornavano al loro posto.

Mi devi un mal di schiena” borbottò mentre si massaggiava il collo.

Perchè sei rimasto?” gli domandò Psiche, andandosi a sedere accanto a lui.

Chiamiamola cavalleria, ti va? Sono un Cavaliere, dopotutto” rispose Milo, sbrigativo. “E, comunque, mi devi anche un altro appuntamento. Me lo sono guadagnato, non credi?”

Prima di quest'uscita infelice, adesso non più” ribattè lei, fedele al suo orgoglio, quindi si rimise in piedi. Colta da un capogiro, forse dovuto alla brusca alzata e alla stanchezza che cominciava a farsi sentire e non aiutata dai tacchi vertiginosi dei suoi sandali, rischiò di perdere l'equilibrio. Milo l'afferrò al volo prima che ciò accadesse e, anticipando le sue proteste, se la caricò in braccio.

Prima ricomincio a guadagnare punti, prima usciamo insieme, no?” disse, per dare una spiegazione a Psiche, che lo stava guardando contrariata. Tuttavia era troppo stanca e le sue gambe troppo felici di non dover camminare fino all'Acropoli perché lei protestasse.

Se ti aggrappassi, gentilmente, al mio collo, la mia schiena ne sarebbe grata. Ti ricordo che ho dormito quasi cinque ore appoggiato ad un muro”

Visibilmente scocciata, la Sacerdotessa eseguì. Milo se la sistemò meglio tra le braccia e si incamminò verso il Santuario. Il passo lento e cadenzato ed il movimento cullante delle braccia del Cavaliere fecero presto cadere Psiche in un sonno profondo. Prima che i sogni prendessero il sopravvento, le sembrò di sentire il tocco leggero di un bacio tra i capelli.

Non era riuscito a resistere, Milo. Quando l'aveva vista così vulnerabile e totalmente alla sua mercé, la tentazione di darle quel lieve bacio era stata troppo forte. Non sapeva nemmeno se sperare che se ne fosse accorta o no. Da un lato voleva che capisse che le era vicino, in quel momento difficile per lei, dall'altro aveva paura di essersi esposto troppo e di aver aumentato la pendenza di quel sentiero in salita che portava al cuore di Psiche. Tuttavia la Sacerdotessa non reagì, probabilmente già in viaggio nelle terre di Morfeo.

Lungo il tragitto verso il Santuario, Milo si concesse, qualche volta, di contemplare il viso di Psiche per qualche istante, in modo da potersi ricordare quanto bella fosse quando era rilassata e lontana da ogni preoccupazione. Arrivarono, comunque, davanti al negozio di fiori troppo presto. Il proprietario, ancora mezzo insonnolito, stava aiutando alcuni trasportatori a scaricare la nuova merce e gli fece intendere, con un vago cenno, che poteva passare.

Il Cavaliere si godette ancora qualche momento di intimità con Psiche mentre attraversava Rodorio, quindi si accinse a risalire le Dodici Case. Sulla soglia della Seconda, Aldebaran lo fermò.

Bentornati, finalmente! È tutta la notte che vi aspetto” lo accolse il Toro, un po' più burbero del solito.

Sei rimasto sveglio ad aspettare noi? Perché? Non sei mica nostro padre!” fu la risposta irritata di Milo, dovuta più che altro alla stanchezza.

No, sono quello che ti ha evitato di diventare il puntaspilli personale di Aphrodite” precisò l'omone. “Quando non vi ha visti tornare, è sceso a chiedere notizie promettendoti le peggiori torture nel caso avessi fatto qualcosa di male a Psiche. Allora gli ho detto che lei era tornata per i fatti suoi e si era fermata a dormire da me perché era troppo stanca e leggermente brilla per salire fino alla Dodicesima. Quindi, adesso, dalla a me e fila alla tua Casa, prima che Aphrodite scenda a controllare”

Oh, beh... in questo caso, d'accordo” accettò Milo e, seppur un pochino riluttante, passò Psiche ad Aldebaran. Nel passaggio, la sua mano indugiò qualche istante sulla nuca della Sacerdotessa e qualcosa della sua espressione parve divertire il grosso Cavaliere, che si lasciò sfuggire una breve risatina.

Che c'è?” domandò subito Milo.

C'è che ne hai di cose da farti perdonare da questa fanciulla, caro Scorpion”

Il ragazzo si accigliò, ma non riuscì a chiedere delucidazioni ad Aldebaran, perché questi gli diede le spalle e scomparve nei suoi alloggi privati.


Quando Psiche si svegliò, la prima cosa che percepì fu un intenso dolore alla schiena, che subito ricordò essere dovuto alle lunghe ore che aveva passato seduta sul marciapiede a contemplare il negozio in rovina di suo padre. Cercò di eliminare quella triste immagine da davanti ai suoi occhi e allargò le braccia per stirarsi, urtando involontariamente un oggetto sul tavolino lì vicino, che cadde e si frantumò in mille pezzi. La Sacerdotessa si sporse subito per valutare l'entità del danno che aveva causato. La statuina del Cristo Redentor era priva di testa, braccia e gambe, queste ultime rimaste attaccate al piedistallo di plastica del souvenir.

Psiche si morse il labbro inferiore maledicendosi per la sua poca grazia. Quello era il souvenir preferito di Aldebaran, poco mancava che ci andasse anche a dormire assieme, e lei l'aveva appena ridotto ad un ammasso di macerie in miniatura.

Temo che la Super Colla non funzionerà, questa volta”

Il vocione del Toro raggiunse le orecchie di Psiche amplificato di mille volte. La Sacerdotessa si voltò lentamente verso di lui, mostrandogli uno sguardo dispiaciuto e supplice. Non era la prima volta che gli mandava in frantumi qualche suppellettile proveniente dai suoi molteplici viaggi. Quando era bambina, al Santuario, la Casa del Toro era il suo rifugio, il suo luogo di pace lontano dalla violenza che permeava il Grande Tempio e a cui, a quel tempo, non era ancora abituata. Tante, troppe volte Psiche si era seduta sui gradini della Seconda, a piangere sommessamente dietro la maschera di metallo, in attesa che arrivasse il suo grande amico – grande in ogni senso – a dirle qualcosa di gentile o di spiritoso che la rasserenasse e le desse la forza di andare avanti con l'addestramento. E anche se Aldebaran era stanco e spossato per la pesante giornata, non aveva mai mancato di consolare il suo funghetto, come l'aveva soprannominata il giorno che Aphrodite l'aveva portata al Santuario. I primi anni, poi, le aveva anche concesso di giocare coi suoi molteplici souvenir, alcuni dei quali avevano poi fatto una brutta fine. Ma il Cristo Redentor no. Quello era intoccabile.

Scusa, Al, non pensavo... non credevo di... come ci sono finita qui?” domandò alla fine la ragazza, dopo aver realizzato completamente di non essere nella sua stanza alla Dodicesima.

Aldebaran andò a recuperare la statuina con sguardo afflitto e ne ripose i pezzi sul tavolino con eccessiva cura, quindi rispose alla Sacerdotessa.

Ti ho prelevata dalle braccia di Milo, tra le quali sembravi molto a tuo agio, lasciatelo dire, per salvare lui dalla Royal Demon Rose del tuo apprensivo maestro. Aphrodite si è preoccupato quando non vi ha visti rientrare con gli altri e ha promesso a Milo ogni male possibile se ti avesse fatto qualcosa, tuttavia, per quanto se li possa meritare, ho pensato non fosse dovere di Aphrodite fargliele pagare tutte. Sei d'accordo?”

Io non spreco le mie rose con quell'insetto” sbottò Psiche, mettendosi a sedere sul divano e incrociando braccia e gambe.

No, infatti, ma sembri dormire bene tra le sue zampe da aracnide” la provocò Aldebaran, ghignando.

Non gli ho chiesto io di portarmi in braccio fino al Santuario, chiaro? Mi ha presa di peso”

E non ti è dispiaciuto”

Certo che mi è... cioè... insomma... no, in effetti no” ammise alla fine Psiche, dopo aver visto ogni suo tentativo di obiezione andare in fumo di fronte all'espressione scettica del Toro. “Ma questo non vuol dire niente” precisò poi, puntando il dito contro di lui.

Proprio non riesci ad ammettere che sia cambiato, vero?”

Perchè non lo è!” rispose la Sacerdotessa esasperata. “È il solito furbo sbruffone cascamorto che manda sguardi seducenti ad ogni essere femminile che si trovi a tiro. Ma io non cascherò nella sua trappola come tutte le altre. Non di nuovo”

Se lo dici tu” Aldebaran si alzò dalla poltrona e prese i resti del suo souvenir tra le mani.

Tu non mi credi, vero?” lo accusò Psiche, alzandosi dal divano e seguendolo lungo la lenta marcia funebre verso il cestino della spazzatura.

Aldebaran pigiò il pedale per sollevare il coperchio e, dopo un addolorato sospiro, lasciò cadere i cocci nella pattumiera, quindi lasciò rapidamente il pedale e si voltò verso Psiche, rimasta in attesa alle sue spalle.

Io credo solo che a chiunque vada data una seconda opportunità. Le persone cambiano, Psiche. La vita le cambia. Il Milo che conoscevi quando sei andata via da qui non è lo stesso di oggi, credimi. Io l'ho visto crescere, l'ho visto soffrire, tanto. Tu l'hai conosciuto ragazzo e l'hai rincontrato uomo. Ed è l'uomo, adesso, che ti sta chiedendo una possibilità”

La Sacerdotessa rimuginò qualche secondo sulle parole di Aldebaran. Non poteva dargli torto, effettivamente anche lei si era accorta della maturazione cui Milo era andato incontro. Tuttavia non riusciva a dimenticare la cocente delusione che le aveva involontariamente dato anni prima e questo la portava inevitabilmente a non fidarsi di lui, dei suoi gesti premurosi, delle sue parole piene di significati nascosti.

Io... non ci riesco, Al, mi dispiace” ammise alla fine delle sue elucubrazioni.

Ascolta, funghetto, non ti sto mica dicendo di gettarti tra le sue braccia appena uscita da questo tempio” le spiegò il Toro, paziente, poggiandole le manone sulle spalle. “Ti sto solo suggerendo di provare a conoscerlo per come è adesso”

Psiche sospirò e rifletté ancora qualche secondo sulle parole dell'amico, su Milo, su di lei, quindi tornò a guardare Aldebaran.

Hai detto che ha sofferto tanto...” ricordò la Sacerdotessa. Il Cavaliere annuì. “È stato per Camus, vero?” domandò lei, anche se conosceva già la risposta. Lei stessa l'aveva visto piangere sulla tomba dell'amico, quando aveva fatto ritorno al Santuario per poggiare una rosa sulla tomba del suo maestro, dopo la battaglia alle Dodici Case in cui i due Cavalieri avevano perso la vita la prima volta.

Anche per gli altri, ma sì, soprattutto per Camus” confermò Aldebaran. “Perché me lo chiedi?”

Così...” rispose vaga Psiche, troppo concentrata a ricordare ogni dettaglio di quel pomeriggio grigio che aveva fatto da sfondo al suo incontro con Milo al cimitero dei Cavalieri. Per tutti quegli anni aveva solo associato al nome di Milo il volto di un playboy in erba con una scia di cuori spezzati dietro, dimenticandosi totalmente dell'espressione contratta e del volto rigato dalle lacrime del giovane uomo divenuto consapevole degli orrori della guerra. Probabilmente era stato da quel pomeriggio che Milo aveva iniziato a maturare, e lei aveva avuto l'inconsapevole fortuna di assistere a quel momento.

Adesso è meglio che vada” Psiche scostò le mani di Aldebaran dalle sue spalle e gliele strinse con affetto. “Grazie di tutto, Al”

Il Cavaliere le sorrise e ricambiò la stretta. Quando Psiche ebbe raggiunto la soglia della Seconda Casa, la richiamò.

Ehi, funghetto! Guarda che mi devi un souvenir, non dimenticarlo!”


Psiche risalì la scalinata lentamente, con la mente immersa in mille pensieri intrecciati tra loro in una trama confusa e senza senso. Pensava a Milo, a Georgia, a suo padre, alla loro bottega, e di nuovo a Milo. Milo che piangeva sulla tomba di Camus, lei che soffocava una lacrima su quella di Aphrodite, esattamente come le era stato insegnato nel corso dei lunghi anni di addestramento e che, in quell'ultimo periodo, pareva aver disimparato. Il destino non era mai stato troppo clemente con lei, ma in quegli ultimi giorni sembrava essersi letteralmente accanito. Uno dietro l'altro, i ricordi che era, con grande fatica, riuscita a lasciarsi alle spalle erano ritornati con una prepotenza inaudita a cui sapeva di non poter resistere a lungo. Se l'incontro con Milo se l'era, in qualche modo, cercato decidendo di accompagnare Ayame al Santuario, quello con Georgia e con quella sua parte di passato era stato completamente involontario e, per questo, ancora più scioccante. La cosa peggiore era che Milo aveva assistito a tutto quanto, al suo crollo, alla sua fuga, e non ne aveva fatto parola. Non che le importasse il suo parere, ma si aspettava che uno come lui approfittasse della situazione per volgerla a suo vantaggio. Invece così non era stato. Che non gliene importasse? Che stesse programmando qualche tiro mancino? Ma poi perché a lei doveva importare qualcosa di quello che pensava Milo? Non meritava tutta quell'importanza che gli stava inconsciamente dando, non aveva mai meritato nulla da lei, nemmeno le lacrime che per lui si era ritrovata a piangere, giorni prima.

A dimostrazione che il destino ce l'aveva veramente con lei, Psiche si trovò, alla fine delle sue elucubrazioni, davanti alla Casa dello Scorpione Celeste, ed era necessario che la attraversasse, per poter raggiungere la Dodicesima e concedersi un po' di – forse – tranquillo riposo.

Quando mosse i primi passi dentro la Sala dei Combattimenti, i suoi tacchi sul marmo produssero un rimbombo che le parve assordante. Rimase qualche secondo in attesa sulla soglia, pronta a fare dietrofront al primo segnale che le avesse fatto anche solo sospettare l'arrivo di Milo, ma nulla si mosse.

Milo?” chiamò a voce più bassa possibile, per nulla intenzionata a farsi sentire. Come previsto e sperato, non arrivò nessuna risposta e Psiche proseguì verso l'uscita in punta di piedi. Una volta fuori dall'Ottava, tirò un sospiro di sollievo e proseguì la sua salita.

Anche la Casa dei Pesci sembrava deserta. Psiche si addentrò tra gli alloggi privati per cercare il suo maestro e avvertirlo che era tornata, ma quando bussò alla sua stanza, nessuno rispose. La Sacerdotessa si arrischiò ad abbassare la maniglia della porta, che si aprì docile sotto i suoi occhi.

La stanza di Aphrodite era molto semplice ma denotava al contempo una cura maniacale del dettaglio e dell'ordine. L'arredamento consisteva in un letto a due piazze affiancato da un basso comodino, una scrivania posta sotto la finestra che dava sul giardino di rose dietro la casa, un ampio armadio con tre ante a specchio ed un paio di mensole. Colori e materiali erano stati scelti secondi il gusto personale e raffinato del Cavaliere e, nell'insieme, sembrava una stanza da catalogo immobiliare, con tanto di cuscini e tappeti abbinati alla tappezzeria.

Probabilmente fu per tutti questi motivi che Psiche non poté non notare il foglio di carta lasciato sulla scrivania. Era strano, infatti, che Aphrodite lasciasse fuori un documento, qualsiasi fosse la sua importanza. In cuor suo sapeva che, da brava allieva, avrebbe dovuto lasciare tutto com'era ed uscire dalla stanza, ma quel foglio lasciato lì era troppo fuori posto per non suscitare la sua curiosità. Lo prese in mano e pensò che era sbagliato. Lesse le poche righe con cui era stata vergata la carta e non poté fare a meno di credere di essere lei, quella sbagliata, perché poteva essere solo quello il motivo per cui il destino si stava accanendo in quel modo contro di lei.


Cara Psiche,


sentiamo tanto la tua mancanza qui nel quartiere. Spero vivamente che i tuoi studi nella nuova scuola procedano bene, ma ancora di più spero che tu possa trovare un po' di tempo per tornare qui da noi.

Ti scrivo questa lettera perché non sappiamo in che altro modo contattarti per darti questa brutta notizia. Kostas, il tuo caro papà, è mancato stamattina, e l'ultima parola che ha pronunciato prima di andarsene è stato il tuo nome, Psiche.

Tra due giorni celebreremo il suo funerale, spero che i tuoi insegnanti possano concederti di presenziare. Nel frattempo, ti mandiamo il nostro più sincero appoggio e le nostre più vive condoglianze. Sai che siamo sempre a tua disposizione per qualsiasi cosa.

Georgia insiste perché ti mandi i suoi saluti, a cui aggiungo i nostri e quelli di tutti i vicini.

Un abbraccio,


Eirene


Il foglio le cadde dalle mani, insieme a due lacrime amare, nella testa solo un doloroso vuoto attraversato di tanto in tanto da qualche pensiero irrazionale. Psiche iniziò a tremare e a respirare affannosamente, mentre in mezzo a quel vuoto e a quei pensieri si facevano strada, come una lama attraverso la carne, le parole scritte dalla mamma di Georgia.

Psiche, cosa ci fai qui?” domandò Aphrodite, comparso sulla soglia della stanza e già visibilmente teso, gli occhi chiari che settavano dal profilo semi-nascosto dell'allieva alla lettera a terra.

La ragazza volse lentamente il capo verso di lui e un pensiero nitido le si formò in testa.

Tu lo sapevi” disse con un fil di voce. “E non me lo hai mai detto”

Psiche, mi dispiace...”

Mi hai lasciato credere che fosse ancora vivo per tutto l'addestramento” continuò lei imperterrita. “Hai lasciato che scoprissi che era morto da un qualunque sconosciuto passante, quando invece era stata la madre della mia migliore amica la prima a dirmelo. Mi hai impedito di partecipare al suo funerale, di vederlo un'ultima volta”

Ad ogni parola, la voce di Psiche salì di un tono e i suoi occhi si velarono di una lacrima in più.

Sono le regole, lo sai” obiettò sicuro Aphrodite.

Me ne frego delle regole! Era mio padre!” esplose la Sacerdotessa.

E con questo? Solo perché sei te pensavi di avere diritto a qualcosa di più degli altri? Nessuno di noi che sia entrato qui dentro con ancora un genitore sa che fine abbia fatto sua madre o suo padre”

Ma quando sono andata via potevi dirmelo, vero? Non ero più un guerriero di Atena, appartenevo ad Afrodite. Le regole del Santuario non valevano più per me. Invece non me lo hai detto. Perché?”

Non lo so!”

Mi hai rovinato la vita! Non sarei mai dovuta venire con te, non avrei mai dovuto abbandonare mio padre e il mio roseto. È tutto in rovina, tutta la mia vita è in rovina, ed è solo colpa tua!”

In quel momento Psiche non riusciva a capire se le parole pesanti che aveva appena rivolto al suo maestro fossero veritiere o solo frutto della sua frustrazione arrivata al culmine. La sua mente era in una tale confusione che elaborare anche un solo semplice pensiero razionale sembrava un'impresa titanica. Non fu tuttavia necessario, perché Aphrodite rimase in silenzio dopo il suo ultimo sfogo, attonito, e si mosse solo quel tanto che bastava per farla uscire dalla stanza. La Sacerdotessa corse in camera sua, dove si abbandonò sul letto in preda ad un pianto isterico, l'ennesimo dal suo disastroso ritorno al Santuario. Doveva esserci un senso a tutto quello che le stava succedendo, a Milo, ad Aphrodite, a Georgia, a suo padre. Doveva esserci un motivo per cui le stava accadendo tutto questo e tutto insieme. In quel momento, però, non era in grado di trovarlo.


Aphrodite riuscì difficilmente ad attutire il colpo che le parole di Psiche gli avevano dato. Sapeva, infatti, in cuor suo, che non erano altro che la verità. Negli anni di addestramento della Sacerdotessa, si era spesso chiesto se avesse fatto bene a portarla via dal suo piccolo paradiso per iniziarla al sanguinoso inferno che era in Grande Tempio. Ma più l'aveva vista crescere e apprendere sotto la sua guida, più si era convinto che sì, era stata la cosa giusta. Quando era arrivata la lettera che comunicava la morte del padre di Psiche, il primo timore di Aphrodite fu che Psiche se ne sarebbe andata per sempre dal Santuario e da lui. Istintivamente aveva nascosto la lettera e aveva taciuto la cosa a chiunque, tenendosi la bambina accanto.

A distanza di anni, e dopo due decessi, analizzando tutta la vicenda Aphrodite si rese conto che aveva fatto tutto quanto per puro egoismo. Era sempre stato abbastanza solo al Santuario, ad eccezione dell'amicizia di Deathmask, se così si poteva definire quello strano rapporto che avevano e che l'aveva portato a commettere azioni di cui non andava fiero. Psiche, invece, era la creatura più simile a lui che avesse mai incontrato e, nella sua mente, era fisiologico che dovessero stare insieme. Per questo aveva tenuto il più possibile Psiche vicino a sé, per questo l'aveva addestrata ad essere il meno emotiva possibile, per questo le aveva impedito quasi ogni contatto con gli altri abitanti del Grande Tempio. E tutto ciò, alla fine, aveva avuto come unico risultato quello di perdere la sua unica allieva e di lasciarlo più solo di prima.

Quella nuova vita, però, gli aveva anche dato l'occasione per riscattarsi dei molti errori commessi, tra cui quelli che riguardavano Psiche.

Raccolse la lettera da terra e discese la scalinata fino all'Ottava Casa. Senza chiedere il permesso entrò negli alloggi privati di Milo e andò a bussare alla porta della sua stanza.

Chiunque tu sia e qualunque cosa tu voglia, torna tra almeno cinque ore” bofonchiò lo Scorpione dall'altra parte.

Sono Aphrodite, devo parlarti” si annunciò il Cavaliere.

Aphrodite, se vuoi parlarmi, torna tra almeno cinque ore” ripeté l'altro.

Riguarda Psiche”

Non so cosa ti abbia detto lei, ma ti giuro sul mio onore di Cavaliere che non è colpa mia” spergiurò Milo, un po' meno addormentato di prima.

Non sono qui per questo. Avanti, apri” insistette Aphrodite.

Finalmente Milo andò ad aprire l'uscio. Aveva la faccia assonnata, i capelli scompigliati e sembrava proprio che si fosse cacciato a dormire con addosso gli abiti indossati per la festa. Dopo un portentoso sbadiglio, si rivolse al visitatore.

Che è successo?”

Devo chiederti un grosso favore. Una cosa che solo tu puoi fare” iniziò Pisces.

Allora c'è bisogno di un caffè. Se vuoi precedermi in cucina” Milo fece cenno con la mano alla stanza di fronte, quindi si incamminò dietro ad Aphrodite strascicando i piedi e si diresse subito alla caraffa di caffè vicino al forno a microonde. Offrì una tazza di caffè al suo ospite, ma questo rifiutò. Dopo essersene versata una dose abbondante, si sedette di fronte all'altro Cavaliere e si mise in ascolto.

Sentiamo, cosa dovrei fare? Sempre che la tua cara allieva me lo permetta”

Aphrodite si passò una mano tra i voluminosi capelli chiari e sospirò, quindi passò la lettera che aveva in mano a Milo. Questi iniziò a leggerla distrattamente, ma scorrendo le parole si fece sempre più interessato.

Chi è Eirene?” domandò alla fine, sempre con gli occhi sulla lettera.

Non ne ho idea, la mamma di quella Georgia penso”

Sì, certo! È la lettera di cui mi ha parlato Georgia” rammentò Milo, illuminandosi. Pian piano la consapevolezza si fece strada nella sua mente e lo sguardo passò dal foglio che aveva in mano all'uomo di fronte a lui.

Glielo hai tenuto nascosto”

Ad Aphrodite sembrò quasi che Milo avesse usato lo stesso tono con cui Psiche gli si era rivolta una volta entrato nella stanza. Non poté fare altro che annuire mestamente.

Quando l'ha trovata?” domandò lo Scorpione.

Dieci minuti fa, secondo più, secondo meno”. Aphrodite iniziò a raccontare dell'acceso litigio che c'era stato tra lui e la sua ex allieva e delle accuse che Psiche gli aveva rivolto. Era la prima volta che si apriva con Milo, non avevano mai avuto molto da spartire e spesso, quando erano ancora ragazzine, era stato vittima degli scherzi e delle battute dello Scorpione. In quel momento, però, era l'unico in grado di capirlo e di aiutarlo.

Sarà stata semplicemente stanca. Ieri sera non è stata una serata tranquilla, abbiamo incontrato Georgia... sì, proprio quella della lettera” Milo sollevò il foglio di carta “E tutto l'insieme l'ha fatta sbottare un po' troppo”

Ma ha ragione, Milo! Io le ho rovinato la vita, le ho tolto tutto, l'ho tolta da tutto... solo per farla stare con me, per farla diventare come me” spiegò Aphrodite con enfasi. “Le ho solo fatto del male”

Beh, io non so molto del vostro rapporto, sinceramente” confessò Milo. “Ma sono quasi sicuro che Psiche ti sia affezionata e ti rispetti come sempre e che questo sia solo un momento, sai, tipo crisi adolescenziale”

Aphrodite si lasciò scappare un mezzo sorriso.

Ma, di preciso, cosa volevi da me?” si sentì domandare subito dopo. “Non credo solo qualche parola di conforto”

No, hai ragione” Aphrodite tornò serio e puntò i suoi occhi cerulei su quelli altrettanto azzurri di Milo. “Ho bisogno che tu le ridia ciò che io le ho tolto. Sei l'unico in grado di farlo”

Può... darsi, ma non capisco cosa effettivamente tu voglia da me” ammise lo Scorpione, sulla difensiva.

Tu tieni a Psiche, vero?” domandò Pisces.

Sì, certo che tengo a lei”

Allora saprai trovare il modo giusto perché torni ad essere la bambina che era, prima che le portassi via tutto”

Ma... Aphrodite!” protestò Milo, nella speranza che bastasse a fermare l'altro Cavaliere, che nel frattempo si era alzato e si era incamminato verso l'uscita dei suoi alloggi.

Non provò comunque a fermarlo, sapeva che era tutto inutile. Finì in un sorso la tazza di caffè e iniziò a giocherellarci mentre rifletteva sugli ultimi avvenimenti e, soprattutto, sull'accorata richiesta del compagno d'armi che non sapeva minimamente come soddisfare. Un dettaglio, infatti, sembrava essere sfuggito all'avvenente Cavaliere dei Pesci: Psiche non sembrava minimamente interessata ad avere a che fare con lui. Il tam tam di pensieri e riflessioni si fece via via più frenetico, finché, improvvisamente, arrivò. L'idea più assurda e perfetta che gli fosse mai venuta in mente.

Buon pomeriggio! L'aggiornamento si è fatto attendere per via del delirante periodo d'esami, ma sono comunque riusciva a ricavarmi un po' di tempo per buttare giù questo capitolo. Come avrete notato, è totalmente incentrato su Psiche, in quanto, per proseguire con la parte di storia che riguarda lei, ho dovuto rivangare alcune parti fondamentali del suo passato come Sacerdotessa e della sua storia familiare. Dal prossimo capitolo, comunque, torneranno tutti gli altri personaggi e le tre storie torneranno - credo - a svilupparsi in parallelo. Un grazie, come sempre alla mia beta Panenutella, ma anche a tutte le ragazze del gruppo su facebook, che non si risparmiano mai dal darmi consigli e pareri :) spero che gradiate questo capitolo.

Buona lettura e a presto!

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Capitolo 15
*** Bambini in fuga ***


Babylon
(seguito di "A Divine Love")

14- Bambini in fuga

Puntuale come ogni mattina, l'incubo del baratro giunse a svegliare Ayame contemporaneamente al bussare alla porta di qualcuno che, poco dopo, si identificò come Selene.

Un momento” biascicò la ragazza con voce impastata, mentre si passava una mano sul viso nel tentativo di svegliarsi e di togliere la solita patina di sudore freddo che andava ad imperlarle la fronte dopo l'incubo. Si ritrovò con la mano sporca dei mille colori scelti per il make-up della sera precedente. Dopo lo scontro verbale con Shion ed il successivo sfogo, si era gettata a letto senza cambiarsi ne struccarsi e quello sulla sua mano era il risultato. C'era vivamente bisogno di una doccia, prima di tutto.

Disse alla bambina di lasciare la colazione vicino alla porta, si trascinò giù dal letto fino in bagno e si abbandonò sotto il getto caldo della doccia, in attesa dei suoi sperati effetti benefici.

Le parole di Shion tornarono a riecheggiarle in mente. Era innegabile, ormai, che il Gran Sacerdote non fosse entusiasta della sua presenza lì, ma quell'accanimento nei suoi confronti era ingiustificato. Dopotutto, non era colpa sua se si trovava in quelle condizioni e se il Santuario era il posto più sicuro per la sua incolumità. Lei stessa avrebbe evitato con tutto il cuore di lasciare Tokyo e Hyoga, ma sapeva che non aveva senso mettere a repentaglio la sua stessa vita per quello che, in confronto a tutto il resto, si risolveva ad essere un capriccio. Tuttavia sapeva anche che solo Hyoga sarebbe stato in grado di risollevarle il morale dopo una serata come quella precedente. Uscì quindi dalla doccia e si preparò per il solito appuntamento con Shaka, sulla cui utilità cominciava seriamente a dubitare.

Non degnò di uno sguardo il vassoio della colazione e cercò, lungo tutta la discesa verso la Sesta Casa, di togliersi dalla testa i suoi dubbi sul lavoro che Virgo stava facendo con lei. Conosceva i poteri del Cavaliere ed era certa che avrebbe percepito le sue incertezze non appena avesse messo piede all'interno del tempio.

Alla fine si rivelò uno sforzo inutile, in quanto Shaka non si trovava alla Sesta e aveva lasciato alla sua ancella personale il compito di consegnare ad Ayame il bocciolo di rosa. Demotivata al massimo, la ragazza proseguì la sua discesa verso Rodorio: forse là si sarebbe sentita meno sola.

Non sarebbe stata una giornata soleggiata come le altre: il cielo era velato da qualche nube e i raggi del sole passavano a stento, pallidi e deboli. Ad Ayame sembrò quasi che il clima si fosse adattato al suo stato d'animo, che lentamente si stava svuotando di ogni granello di ottimismo e, contemporaneamente, rassegnando a vivere in quel limbo in cui era stata catapultata il giorno dell'aggressione.

Qualche abitante del villaggio la salutò o le rivolse un sorriso, che lei cercò di ricambiare con più naturalezza possibile. Raggiunse la piccola piazzetta dell'ulivo prima del previsto: ad accezione di qualche saltuario passante, era deserta.

Ayame si lasciò cadere sulla panca sotto l'albero e iniziò a concentrarsi sul bocciolo tra le sue mani.

Io sono la dea dell'Amore... Io sono l'Amore... Io sono vita... iniziò a ripetersi nella mente come un mantra, con gli occhi fissi sulla corolla di petali serrata come il caveau di una banca svizzera.

Io sono vita... Io sono vita... Io sono vita... Ad ogni ripetizione la stretta sullo stelo del fiore aumentava sempre di più, finché questo non cedette del tutto sotto la pressione delle sue dita. Il bocciolo si afflosciò davanti ai suoi occhi e, contemporaneamente, Ayame scivolò lungo lo schienale della panchina, la testa infossata tra le spalle e un broncio deluso sul volto.

Nello stato mentale in cui era quella mattina non pretendeva certo di ottenere dei risultati, ma quel piccolo incidente le sembrò un peggioramento della sua ripresa su tutti i fronti. Il bocciolo che teneva in mano sembrava tutto fuorchè vivo.

Una leggera brezza di incanalò tra i vicoli del villaggio, andando a scuotere i rami dell'ulivo dietro di lei. Ayame alzò lo sguardo verso le fronde dell'albero, ne osservò i movimenti e ne ascoltò il fruscio. Quello era il suono di qualcosa di vivo, quello era il movimento di una creatura vitale, in armonia con ciò che la circondava, come il vento che l'aveva accarezzata.

Pur essendo in grado di percepire tutte quelle cose, Ayame non riusciva a sentirsi parte di esse, né, quindi, a comprenderle. In quel momento non si sentiva affatto nella condizione di dare la vita a qualcosa, perché non sentiva la vita nemmeno in lei. Per quanto si fosse sforzata, durante quei giorni al Santuario, di essere la solita, vitale Ayame, sapeva nel profondo del suo cuore di essere stata solo una pallida imitazione di quella che era un tempo. Aveva, in questo modo, mentito agli altri, per far sembrare loro che, in fondo, stava bene, ma soprattutto, aveva mentito a se stessa pensando di poter tornare ad essere quella di prima.

Con la mente persa tra le riflessioni e lo sguardo lontano tra le foglie dell'albero, Ayame non riuscì a focalizzare in tempo l'oliva che il vento aveva fatto staccare da un ramo e che andò a caderle esattamente al centro della fronte.

Auch!” si lamentò portandosi una mano alla testa.

Stavo per avvertirti del pericolo, ma l'oliva è stata più lesta di me” commentò una voce poco distante, senza celare l'ironia. Poco dopo Kanon spuntò dall'ombra di un vicolo e prese ad avanzare verso Ayame con passo lento e cadenzato.

La ragazza si raddrizzò subito sulla panchina e cercò di non fare caso al dolore sordo alla fronte.

Vai in biblioteca?” domandò al Generale. “Shion ti ha cortesemente chiesto di cercare altre informazioni, come al suo solito?”

Sì, in effetti” rispose Kanon, serafico, per poi sedersi a fianco di Ayame. “Ma non in biblioteca”

La bionda attese qualche istante che fosse lui a concludere la frase, cosa che Kanon non sembrava intenzionato a fare.

E allora dove?” lo sollecitò quindi.

L'uomo volse lo sguardo verso di lei e rispose semplicemente “Qui, da te”

Ayame spalancò gli occhi dall'incredulità. Shion le era sempre sembrato contrario ad ogni contatto, anche minimo, tra Kanon e lei, e poi, d'improvviso e, soprattutto, dopo uno scambio di pareri tutt'altro che amichevoli con lei, chiedeva a Kanon di raccogliere la sua testimonianza diretta.

Era per caso ubriaco quando te l'ha detto?” non poteva esserci altra spiegazione plausibile, secondo lei.

No, perfettamente sobrio. E, fossi in te, la smetterei di fare dell'ironia su di lui, potrebbe essere controproducente”

Ayame aprì la bocca per ribattere, ma la richiuse subito: lo sguardo di Kanon non ammetteva repliche a riguardo, tanto meno quelle velenose.

Calò il silenzio per qualche attimo, quindi Ayame chiese “Allora, cosa ti serve sapere?”

Tutto quello che sai su tuo fratello, per cominciare”

Non molto, purtroppo” rispose la ragazza con poco entusiasmo. “Quando è scomparso ero nata da poco. So solo quello che mi ha raccontato di lui la Tata”

E' comunque qualcosa”

Ayame sospirò e prese a giocherellare col bocciolo, quindi iniziò a raccontare. “È successo poco prima della mia nascita, stando a quello che ricordava la Tata. La sera Mikio era un normale e sorridente bambino di cinque anni, la mattina dopo 'un essere che pareva aver visto il lato peggiore dell'inferno'. Testuali parole. Non sorrideva più, parlava il minimo indispensabile ed evitava la compagnia di tutti. Teneva gli infissi della sua camera completamente serrati e passava le sue giornate al buio.

Poi sono nata io. Mikio non ha mai dimostrato molto attaccamento verso di me, ma, secondo i miei genitori e la Tata, era un atteggiamento dovuto alla gelosia nei miei confronti e pensavano che, col tempo, sarebbe passato. Alcune volte, mi disse lei, l'avevano trovato in piedi davanti alla mia culla a fissarmi mentre dormivo. Quando si accorgeva di essere osservato, però, usciva velocemente dalla mia stanza per tornare nella sua”

Contemporaneamente al racconto, Ayame provò ad immaginarsi tutti quei pochi episodi che riguardavano suo fratello, finché, veloce come un lampo, non comparve un ricordo, nitido come se fosse accaduto meno di un minuto prima.


Mikio era davanti alla sua culla. Lei era sveglia e piangeva, spaventata. Fuori c'era il temporale e il cielo era squarciato dai fulmini.

Suo fratello aveva uno sguardo per niente rassicurante, di sicuro non era lì per tranquillizzarla.

Un lampo. La lama di un tagliacarte levata sopra di lei. L'ombra di due gigantesche ali proiettata contro il muro. Il suo vagito coperto dal fragore del tuono. Vetri rotti, un vento freddo e gocce di pioggia sulla pelle.


... Ayame!” la richiamò Kanon, scuotendola per la spalla. La ragazza tornò in sé, nemmeno si era accorta di essersi estraniata dalla realtà. Guardò il Generale, che sembrava preoccupato.

Poi è scomparso” continuò a raccontare lei, come se niente fosse successo. “Una mattina la Tata ha trovato la sua stanza vuota, perfettamente in ordine e con le finestre spalancate. Da allora non ne abbiamo più saputo niente”

Mentre parlava il suo cuore si era calmato e il suo respiro era tornato regolare, ma le immagini di quel redivivo ricordo seguitavano a saettarle nella mente.

Fino al giorno della tua aggressione” concluse Kanon.

Seconda aggressione precisò automaticamente lei nella sua mente, ma frenò in tempo la sua lingua. Per qualche strano motivo, non riusciva a parlare di quell'episodio, rimasto sopito nella sua mente per tutti quegli anni.

Si limitò ad annuire, quindi attese che Kanon le chiedesse qualcos'altro.

Cos'è successo quella sera?”

Avevo notato che Saori era strana, sembrava in pensiero per qualcosa. Poi l'ho vista dirigersi verso l'uscita del salone. Non appena ha aperto la porta sono stata percorsa da un brivido gelido e sapevo perfettamente che proveniva dal corridoio che Saori aveva appena imboccato, così come sentivo che dovevo intervenire. Ho attraversato il salone a tutta velocità e, una volta nel corridoio, ho visto subito quegli occhi di ghiaccio incombere su Saori. Ho capito subito che era Mikio, avevo visto così tante volte l'ultima foto in cui c'era anche lui che sarebbe stato impossibile confondersi.

Poi ha spalancato le ali ed è planato su Saori. In qualche modo sono riuscita a mettermi in mezzo. Dopodichè ricordo solo di aver sentito una puntura sul braccio, seguita da una sensazione di mancanza d'aria. Poi è diventato tutto buio e... ho perso i sensi”

Rivivere quel momento alla luce di ciò che la sua mente aveva riportato alla luce fu, per Ayame, ancora più doloroso. Durante la narrazione le sue braccia si erano strette istintivamente attorno al ventre, nell'inutile tentativo di lenire quella dolorosa sensazione di vuoto che, da quella tragica sera, l'accompagnava.

Dal canto suo, Kanon si era accorto del malessere della ragazza e se ne sentiva in parte responsabile. Era tuttavia consapevole che il suo lavoro sarebbe, forse, servito ad aiutarla a stare meglio, e questo alleggeriva di non poco il suo cuore già oppresso dal passato.

Perché ti stringi la pancia il quel modo?” non potè, però, fare a meno di domandare: non era la prima volta, infatti, che notava quell'atteggiamento.

Ayame volse prima lo sguardo verso di lui e, successivamente, alle sue braccia, la cui presa si allentò, seppur di poco.

Perché spero mi faccia stare meglio, anche se so che non serve a niente. Afrodite non tornerà e di lei non mi resterà che questo vuoto incolmabile” spiegò con una spontaneità che sorprese anche lei. Non era, però, sicura, che il Generale avesse capito, a giudicare dalla sua espressione corrucciata. Quando fece per spiegarsi meglio, l'uomo distolse lo sguardo da lei e le prese il bocciolo martoriato dalla mano per studiarlo con attenzione.

Parli di lei in terza persona” constatò dopo qualche istante. “Di Afrodite, intendo”

Sì, e allora?”

Allora conviene che ti abitui a questo malessere” rispose lui, brusco.

Senti, se avessi voluto un'ulteriore spinta dentro il mare di melma in cui mi trovo, sarei andata da DeathMask, perciò se non hai altro da domandarmi...”

Non hai capito nulla, zuccona” la rimproverò Kanon.

Zuccona? Come ti...?” riprese a protestare Ayame, per poi bloccarsi quando Kanon le fece penzolare davanti il bocciolo di rosa.

Quello che volevo dirti è che non riuscirai mai a tornare quella di un tempo, se non lo vuoi” le spiegò.

Certo che lo voglio!”

No, non lo vuoi veramente. Continui a pensare ad Afrodite come ad una persona diversa da te, tu stessa me l'hai confidato ieri sera. Questo vuol dire che, in fondo, non desideri che torni a fare parte di te. Io non ne conosco i motivi, non sono affari miei, ma sappi che, con questa inclinazione, i boccioli finiranno con l'appassire tra le tue dita, invece che crescere”

Kanon le rimise in mano il fiore e si alzò. “Grazie per le informazioni, comunque”

Non ricevette risposta. Il Generale s'incamminò verso la via da cui era giunto, lasciandosi alle spalle un'Ayame in preda ai dubbi e alle elucubrazioni. Forse era stato un po' brusco, ma sapeva di esserle stato, in qualche modo, d'aiuto.


Camus si svegliò in preda ad un tremendo mal di testa. Non era stata una grande idea accettare l'invito di Shura a bere qualcosa, la sera prima, ma non era riuscito a rifiutare. Anzi, per la verità, non era riuscito proprio a spiccicare parola, nello stato confusionale in cui si trovava.

Non era da lui perdere la lucidità per così poco. Si era allenato anni e anni allo scopo di rinchiudere i sentimenti dentro una corazza di ghiaccio proprio per evitare che questi gli facessero abbassare la guardia, come era successo la sera prima.

Sempre freddo ed equilibrato, non si era mai dato all'eccesso nemmeno nel bere, che comunque gli piaceva. Quando, però, si era ritrovato a parlare con Shura di Galatea, a pensare ai suoi occhi caldi, ad immaginarsi il suo viso dolce, ogni corazza era crollata e non c'era stato freno inibitore alcuno in grado di fermarlo. I bicchieri si erano svuotati sotto i suoi occhi ad una velocità impensabile, ma lì per lì non gli era importato. Ad ogni sorso un nuovo cruccio veniva a galla ed usciva dalla sua bocca come un fiume in piena.

Chissà cosa aveva pensato Shura nel vederlo così, sbronzo e innamorato come non lo era mai stato.

Qualcuno bussò alla porta, non dandogli tempo di scervellarcisi troppo su.

L'ospite entrò senza attendere l'avanti.

Vedo che non sono l'unico che ogni tanto si caccia a letto vestito” constatò Milo, mentre prendeva la sedia della scrivania e ci si sedeva sopra al contrario.

Nemmeno tu hai una bella cera” ribattè Camus.

Sì, ma in confronto a te sono un fiore, bello mio. Ti ha fatto sbronzare per bene il Capricorno, eh? Così la prossima volta impari, prima di spifferare le tue pene d'amore al primo che incontri”

Shhhhh! Abbassa la voce! Vuoi che Galatea senta tutto?” gli intimò Aquarius, mentre si alzava per andare a chiudere la porta.

Conoscendoti, sarebbe l'unico modo per farglielo sapere” sottolineò Milo.

Ma tu come fai a saperlo?” indagò Camus, tornando a stendersi sul letto.

Me l'ha detto Shura, è ovvio. Dovevi essere proprio disperato, ieri sera, per farti fuori tutta una bottiglia di sangria da solo”

Ehi, se hai attraversato due Case solo per prendermi in giro, puoi pure tornartene al tuo tempio”

No, signor Permaloso, sono venuto qui per chiederti un'altra cosa” Milo si avvicinò ulteriormente al letto dell'amico e lo guardò con fare cospiratorio. “Dovresti accompagnarmi ad Atene e poi, forse e soprattutto, da DeathMask”

E perché dovrei?”

Perchè sei il mio migliore amico” rispose Scorpio, come se fosse una cosa ovvia.

E allora?”

Allora non voglio andare da solo in casa di quel beccamorto! Lo sai che mi inquieta”

Camus sbuffò sonoramente. “Sei maggiorenne, vaccinato e perfettamente in grado di difenderti. La mia presenza non è assolutamente necessaria, ergo, io non vengo”

Per enfatizzare ulteriormente la sua presa di posizione, il ragazzo si mise il cuscino sulla faccia.

E va bene. Io non volevo farlo, ma... GALATEA! Vieni un attimo, per favore?” urlò a squarciagola Milo, ricevendo immediatamente il cuscino di Camus in faccia.

Ma che diavolo ti salta in mente! Sei impazzito?” sibilò Camus, di nuovo in piedi e con tutti i sensi all'erta per captare ogni minimo suono o movimento che indicasse l'arrivo della ragazza.

Allora vieni?” domandò Scorpio, ammiccando.

Camus serrò pugni e mascella per trattenersi dall'usare l'amico come punging-ball. Si diresse quindi a grandi falcate verso l'armadio, sputando uno “Stronzo” in direzione di Milo, e prese il cambio per uscire.

Sai, se Galatea fosse stata in casa, probabilmente ti avrei fatto un favore” gli rivelò il greco, dopo essersi alzato e una volta sulla soglia della stanza.

In che senso 'se fosse stata in'... aspetta un attimo... era tutto un bluff!” realizzò Camus.

Amico, sei proprio disperato. Ti aspetto fuori, ok?”


Dopo lo scambio di opinioni con Kanon, la testa di Ayame si era riempita di tutti i dubbi possibili. Fino a poco prima, le poche certezze che le erano rimaste dopo l'incidente erano state gli appigli a cui se era aggrappata per iniziare la ripida scalata verso la riacquisizione delle sue capacità. Al Generale, però, erano bastate poche parole per farle crollare, e con esse le sue già poche speranze di ritornare ad essere Afrodite.

Se era stato così facile smontarla, pensò Ayame, forse Kanon aveva ragione e lei non era veramente convinta di voler tornare ad essere una dea reincarnata. Perché? Per quale motivo il suo inconscio voleva impedirle di riprendersi? Come Afrodite, a parte i primi tempi, era riuscita a fare grandi cose, prima fra tutte la sconfitta di Efesto. I suoi poteri sarebbero tornati sicuramente utili anche nella probabile lotta contro i nuovi nemici, perciò perché una parte del suo essere si rifiutava di tornare ad essere Afrodite?

Accidenti a me!” esclamò, al culmine della frustrazione, alzandosi di scatto dalla panchina e gettando lontano il bocciolo di rosa martoriato.

Che delusione che si era rivelata essere! Per Shaka, che si era preso la responsabilità della sua rinascita; per Psiche e Galatea, che la vedevano come qualcosa che non era più; per Hyoga, che l'aveva lasciata partire con la speranza di vederla tornare di nuovo quella di un tempo; per lei stessa, che si era creduta in grado di poter essere qualcosa che non è.

Ayame, infatti, non era una dea, non si sentiva una dea, non era un ruolo adatto a lei. Lei, così diversa dalla composta e matura Saori, non si sentiva adatta ad assumersi la responsabilità dei poteri di una dea: questa era la verità. In passato aveva rischiato di usare male le sue potenzialità, per colpa della sua inesperienza, e la tragedia era stata sfiorata per un soffio.

Per quanto sentisse la mancanza della sua parte divina, non si sentiva ancora pronta a gestirla, come non si sentiva pronta a rinunciare a tutto quello che il mondo reale aveva ancora da offrirle.

Sollevò lo sguardo verso le Dodici Case, simboli di un universo di cui non riusciva ad essere ancora parte, come aveva detto a Kanon la sera prima. Anche sforzandosi, non riusciva a pensare a se stessa come alla dea Afrodite, ma semplicemente come ad Ayame Kobayashi, il cui posto era fuori dalla porta della bottega del fioraio, in mezzo alla gente normale a vivere una vita normale.

Il fatto che tutte le persone a lei care appartenessero all'altro mondo non faceva che complicare le cose.

Arresasi all'evidenza che, per quel giorno, non sarebbe stata in grado di combinare nulla, Ayame raccolse il bocciolo e si avviò verso il centro di Rodorio, unico scorcio di normalità in quell'angolo di Terra dove il tempo sembrava essersi fermato e le leggi della fisica sovvertite.

Era quasi arrivata nella piazza principale del villaggio quando un agitato clamore la riscosse dai suoi grigi pensieri. Una piccola folla si era radunata attorno a qualcuno a cui sembrava essere successo qualcosa di grave. Incuriosita, Ayame mosse qualche passo verso il capannello di gente, ma un'ombra rapida le passò davanti e si fece largo tra le persone. Kanon raggiunse la ragazza in mezzo al cerchio di gente, che Ayame riconobbe come una delle educatrici dell'orfanotrofio, e le chiese di spiegargli cosa fosse successo.

Un bambino è scappato dall'orfanotrofio dopo un litigio coi compagni. Ho provato ad inseguirlo ma l'ho perso di vista tra i vicoli” spiegò concitata l'educatrice.

Chi è il bambino?” domandò allora Kanon.

Proteo...”

Proteo?” ripetè istintivamente Ayame, attirando l'attenzione degli altri due.

Kanon tornò subito dopo ad interrogare l'educatrice, che sembrava notevolmente in soggezione di fronte alla sua figura imponente.

Descrivimelo brevemente” le ordinò. La ragazza arretrò di un passo e iniziò a balbettare parole appena udibili.

Vedendo che il Generale stava iniziando a spazientirsi, Ayame corse in soccorso dell'educatrice.

Ha otto anni, ma sembra più grande” iniziò. “Capelli castani, mossi e un po' lunghi, e occhi azzurri. È magrolino, ma mi è sembrato abbastanza agile...”

Mentre Ayame descriveva Proteo, l'educatrice annuiva ad ogni sua parola, sollevata dall'onere di dover rivolgere la parola a Kanon, il cui sguardo viaggiava da lei alla bionda.

D'accordo, più o meno ho capito. Dove pensi che sia andato?” domandò ancora il Generale.

N-non lo so” pigolò la ragazza. “È saltato fuori dalla finestra, quando sono entrata nella sua stanza era spalancata...”

Potremmo chiedere al fioraio” si azzardò a proporre Ayame, ricaptando l'attenzione di Kanon. “Se lui non l'ha visto passare allora potremo limitare le ricerche a Rodorio”

Sì, sperando che così sia” acconsentì l'uomo, mentre si incamminava a passo svelto verso la bottega, seguito dall'educatrice e da Ayame, anch'ella preoccupata per il bambino.

Quando, però, descrissero al fioraio la fisionomia di Proteo, questi si ricordò subito del bambino.

È passato di qui non più di qualche minuto fa. Sembrava di fretta ed ha urtato in malo modo quasi tutti i clienti che c'erano in bottega”

Alcuni di essi confermarono la versione del negoziante, dimostrando anche una certa irritazione per il comportamento del bambino.

L'educatrice prese ad iperventilare dall'agitazione e per poco non svenne ai piedi del bancone. Ayame la sorresse e la fece sedere su uno sgabello che la moglie del fioraio le mise prontamente sotto il sedere.

Lo troveremo, stai tranquilla” cercò di rassicurarla la bionda.

In mezzo ad Atene?” obiettò Kanon, burbero. “Sarebbe più facile trovare un ago in un pagliaio”

Ayame gli lanciò un'occhiata contrariata. “Faremo comunque del nostro meglio per trovarlo” rimarcò, cercando di essere il più convincente possibile.

Tu non farai proprio un bel niente, visti i tuoi precedenti. Vado io a cercarlo” concluse il Generale, già avviato verso l'uscita del negozio che dava verso la città.

Tuttavia Ayame era convinta che quattro occhi fossero meglio di due, soprattutto in una città grande come Atene, perciò lasciò l'educatrice alle cure della fioraia e corse dietro a Kanon. Nonostante l'uomo l'avesse già distanziata di molto, riuscì a scorgerlo tra la folla grazie alla sua notevole altezza e, soprattutto, agli sguardi ammirati che le donne gli rivolgevano al suo passaggio e che faticavano a staccarsi dalla sua imponente figura.

Poco dopo il Generale si fermò ed iniziò a far vagare lo sguardo in tutte le direzioni. Ayame ebbe così il tempo di raggiungerlo.

Se non chiedi informazioni, sarà difficile trovarlo in mezzo all'Acropoli” gli fece notare, una volta affiancataglisi.

Mi sembrava di averti detto di non venire” le fece notare Kanon, visibilmente contrariato.

E a me sembri un po' in difficoltà, Sherlock. E se continuiamo a discutere, perdiamo solo tempo”

Per caso hai qualche idea geniale, divinità da strapazzo?” le domandò lui, provocatorio.

No, ma questo non ti da il diritto di chiamarmi 'divinità da strapazzo', chiaro?”

È chiaro che qui mi sei solo d'intralcio, pseudo-Watson, perciò torna al Tempio, ora!”

Grrrr! Sei quasi scorbutico quanto Proteo, lo sai?” ringhiò Ayame, prima di illuminarsi. “Ci sono!” Si battè sorridente un pugno sul palmo della mano. Kanon la guardò incuriosito.

Se ti trovassi in una situazione del genere, dove scapperesti?” gli domandò la bionda, lasciandolo non poco perplesso.

Scusa, ma questo che c'entra?”

Per quel poco che vi conosco, tu e Proteo avete più o meno lo stesso carattere, perciò è presumibile che vi comportereste allo stesso modo, no?” spiegò Ayame, come se fosse ovvio.

È la deduzione più campata per aria che abbia mai sentito e mi stai facendo perdere tempo” commentò il Generale, spazientito.

Hai un'idea migliore, per caso?” domandò irritata la ragazza.

Ma certo! Ce l'ho sempre avuta” Kanon puntò il dito verso una strada traversa. “Ho visto il ragazzino imboccare quella via poco dopo che sei arrivata e, nonostante le tue chiacchiere, sono riuscito a non perderlo d'occhio un istante...maledizione!”

Cosa?” chiese allarmata Ayame, ma il Generale non le diede risposta e si diresse veloce verso la strada che aveva indicato poco prima. Invece di inoltrarcisi dentro, però, con agili balzi raggiunse i balconi del primo edificio che la delimitava, tra le esclamazioni della gente, e iniziò a correre lungo balaustre e cornicioni.

La ragazza dovette, invece, inoltrarsi tra la gente, faticando non poco a stare dietro a Kanon, unico suo punto di riferimento dal momento che non era riuscita a scorgere Proteo né tanto meno a capire cosa gli fosse successo.

Guardate quell'uomo!”

Ma che cosa vuol fare?”

È impazzito!”

Le esclamazioni dei passanti continuavano a sovrapporsi a mille altri commenti, uno dei quali attirò subito la sua attenzione.

Se cominciano a rubare quando sono così piccoli, chissà dove andremo a finire!” stava pontificando un'anziana signora, circondata da un gruppo di comari. “Spero che la polizia riesca ad acciuffare quel piccolo demonio e a dargli la punizione che si merita...”

Non riuscì a sentire il resto della filippica, non poteva permettersi di rallentare e perdere di vista Kanon, ma era quasi certa che la donna si stesse riferendo proprio a Proteo e a qualche sua malefatta.

Il Generale, davanti e sopra di lei, aveva quasi raggiunto la fine della via, dove questa si immetteva in una delle arterie principali della viabilità ateniese. Alle voci della gente si stavano sovrapponendo i rumori della strada, ma su tutti, improvvisamente, si impose un urlo allarmato.

No, fermo! ATTENTO!”

Seguirono la strombazzata di un clacson e lo stridore di una lunga frenata.

Ayame sollevò lo sguardo, ma di Kanon neanche l'ombra. Si fece allora largo tra la folla accalcatasi allo sbocco della strada, finché non riuscì ad emergerne. Dall'altra parte dell'attraversamento, uno spaventatissimo Proteo si stringeva convulsamente al petto di Kanon.

La ragazza tirò un sospiro di sollievo e approfittò del fatto che il traffico si fosse momentaneamente fermato per attraversare la strada e raggiungere gli altri due.

Vide Kanon sincerarsi delle condizioni del bambino. Quando Proteo alzò lo sguardo ed incrociò quello del Generale, ad Ayame sembrò di essere investita da una folata di vento caldo. Il suo corpo venne percorso interamente da un potente formicolio e i visceri le si torsero in pancia, dandole una sensazione piacevole e fastidiosa allo stesso tempo. La marea di sensazioni l'aveva, però, costretta a fermarsi in mezzo alla corsia tornata funzionante.

Un automobilista in arrivo, troppo lanciato per potersi fermare in tempo, cercò di risvegliarla a suon di clacson, ma Ayame non si mosse. Provò allora a frenare, prontò all'impatto, che non avvenne.

Quanto alla ragazza, non si accorse né dei richiami della gente, né di quelli dell'autista. Si riprese solamente quando qualcuno la sbattè violentemente con la schiena contro un muro. Non appena sollevò il capo, incontrò gli occhi ametista e fiammeggianti di Shion.

Buona sera e Buona Pasqua! Nonostante i soliti impegni di studio, sono riuscita a stendere il nuovo capitolo, che spero sia di vostro gradimento :)  non mi perdo troppo in chiacchiere, attenderò i vostri pareri e, nel caso, risponderò ai vostri dubbi. Ringrazio sempre la mia beta Panenutella, la quale ha trovato un congiuntivo sbagliato che io, forse a causa dell'ora tarda, non sono riuscita ad identificare: sarò felice di correggerlo qualora qualcuno me lo segnali :)

Buona lettura e a presto!

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Capitolo 16
*** Gioco di ruoli ***


Babylon
(seguito di "A Divine Love")

15 – Gioco di ruoli

Un silenzio surreale imperava lungo tutta la strada, normalmente abitata dal frastuono del traffico e adesso solo percorsa da un sommesso brusio.

Non era roba di tutti i giorni, infatti, assistere all'inseguimento di un piccolo ladruncolo non solo da parte delle forze dell'ordine, ma persino da un uomo in grado di correre lungo sottilissimi cornicioni senza la minima difficoltà. A tutto questo erano, poi, seguiti due incidenti miracolosamente evitati, che avevano ulteriormente contribuito a catalizzare l'attenzione dei passanti.

Tutto questo, però, a Kanon faceva tutt'altro che piacere. Non era tipo da stare sotto i riflettori e il ruolo di eroe urbano non gli calzava bene. Tuttavia non riusciva a scrollarsi di dosso il bambino, ancora scosso e tremante dopo il salvataggio.

La situazione più critica era, però, quella in cui si trovava Ayame. Lo sguardo fiammeggiante di Shion la teneva inchiodata al muro e la rendeva incapace di abbassare gli occhi o, eventualmente, di rivolgerli altrove.

Il volto del Gran Sacerdote era inespressivo e, all'apparenza, imperturbabile. Dalle labbra serrate non una parola aveva intenzione di uscire, rendendo il silenzio ancora più teso. Dal canto suo, la ragazza non si osava a proferire nemmeno una sillaba, probabilmente consapevole di aver sfidato troppo la sorte, nonché la pazienza del suo salvatore.

Dopo momenti che parvero infiniti, Shion distolse lo sguardo da Ayame e lo rivolse a Kanon.

Direi che è ora di tornare tutti a casa” affermò con fermezza. Lasciò andare la ragazza e, senza attendere risposta, si incamminò per risalire la via da cui lei e Kanon erano venuti.

Ayame esitò a seguirlo e cercò aiuto nel Generale, che le intimò di seguire il Celebrante con un cenno del capo. Kanon si incamminò dietro di lei, con Proteo sempre in braccio.

A metà strada, la silenziosa piccola processione si fermò.

Il bambino deve riconsegnare qualcosa, se non sbaglio” sentenziò Shion, senza nemmeno voltarsi.

Ayame e Kanon guardarono Proteo, che dalla tasca del giacchetto tirò fuori un pacchetto di caramelle.

Ayame, riconsegnalo al negoziante”

La ragazza si guardò intorno finché non individuò il negozio di caramelle alla loro sinistra. Proteo le consegnò il pacchetto e la ragazza eseguì. Il proprietario si riprese la refurtiva e la rimise subito a posto nell'ordinato espositore all'esterno del suo negozio, ringraziando Ayame con un borbottio.

La ragazza si scusò col negoziante, ma si ripromise mentalmente che avrebbe comprato qualche dolciume a Proteo appena ne avesse avuta l'occasione.

Possiamo andare” decretò Shion, per poi riprendere il cammino. Ayame gli si accodò rapida e insieme ripartirono verso il Santuario, sotto lo sguardo incuriosito dei passanti, per la maggior parte rivolti al giovane ed autoritario tibetano in testa e all'aitante greco in coda.

Quanto ad Ayame, per tutto il tragitto il suo sguardo restò piantato a terra. Sapeva che c'era una tempesta in arrivo, e anche imponente, ma, seppur intenzionata a non farsi mettere i piedi in testa, in quel momento si sentiva in trappola e senza difese, ma soprattutto senza nulla da ribattere ai rimproveri che Shion le avrebbe rivolto.

Giunsero ben presto a Rodorio, dove si fermarono di nuovo.

Kanon, porta il bambino all'orfanotrofio. Accompagno io Ayame nei suoi alloggi” ordinò Shion.

Come desiderate, eccellenza” rispose prontamente il Generale.

Il Gran Sacerdote proseguì verso le Dodici Case, ma Ayame, prima di seguirlo, lanciò un'occhiata verso Kanon, il quale le rispose scuotendo la testa: non poteva aiutarla in alcun modo, ormai.


Eccoli qua” disse Georgia, posando i documenti sul tavolino, davanti a Milo. Lui e Camus erano scesi fino al suo bar per chiederle informazioni riguardo al vecchio negozio del padre di Psiche. Sul motivo del suo interessamento, però, lo Scorpione non si era sbottonato con nessuno dei due.

Atto di proprietà, diritto di successione e quant'altro” illustrò la ragazza, sfogliando il plico di carta.

Che pensi di fartene di tutta questa roba?” domandò Camus per l'ennesima volta, sorseggiando una limonata ghiacciata. “Scommetto che non sai nemmeno da che parte cominciare a leggerla”

Perchè, tu sì?” ribattè Milo, eludendo nuovamente la domanda.

Posso spiegarti io, se vuoi” si propose Georgia. “Ho un diploma di ragioneria e sto studiando giurisprudenza. Per quel che riesco, do una mano ai miei genitori con la parte burocratica della gestione del locale”

Trovata la soluzione, scettico amico” rimarcò il greco.

Camus sbuffò e si lasciò andare contro lo schienale della sedia, lasciando a Milo l'onere di comprendere ciò che Georgia gli stava spiegando e che, per lui, nonostante l'espressione concentrata, era praticamente arabo.

Ancora non capiva il motivo di tanto interesse verso quelle scartoffie, e doveva ammettere che il rigoroso silenzio dell'amico riguardo a quella strana faccenda lo irritava non poco. Si erano sempre detti tutto e, dei due, il più riservato era sempre stato Camus: quell'inversione di ruoli stonava troppo con le loro personalità.

C'era, tuttavia, qualcosa in Milo che Camus non aveva mai visto prima di quella mattina. Nonostante i postumi della sbornia, era riuscito a notare una luce nuova nei suoi occhi, segno di una determinazione ancora più grande di quella che Milo aveva sempre dimostrato.

Per quanto, poi, si ostinasse a comportarsi bonariamente in ogni occasione, chiunque si sarebbe accorto che Milo era maturato, era diventato uomo ed era desideroso di dimostrarlo al mondo intero, o, forse, solo a qualcuno in particolare.

Camus dovette ammettere a se stesso di invidiare un po' l'amico, perché era uno che non faceva mai marcia indietro e non si pentiva delle proprie scelte. Nemmeno ai tempi della battaglia contro i Cavalieri di Bronzo, per quanto fosse poi diventato consapevole della menzogna di cui era stato vittima, insieme alla maggior parte dei loro compagni, aveva lasciato intendere di provare rimorso per le azioni compiute per ordine di Saga: era stato convinto di agire in nome della giustizia e per essa aveva levato la sua mano.

Per quanto riguardava lui, come Cavaliere Camus sentiva di non avere nulla da rimproverarsi... ma come uomo?

Erano state poche le occasioni in cui si era potuto comportare come tale, forse troppo preso dal suo ruolo si sacro guerriero. Tuttavia, in quegli ultimi giorni gli era capitato più volte di vivere delle situazioni che molti avrebbero definito normali ma che erano comunque riuscite a spiazzarlo.

L'unica costante di tutti quei momenti era lei: Galatea. Lei, che normale non era, era stata la prima ragazza a dormire sotto il suo stesso tetto, la prima con cui aveva avuto un appuntamento, la prima che gli aveva donato un dolce bacio sulla guancia.

Camus si portò istintivamente una mano alla gota. Gli pareva di percepire ancora il tocco morbido di Galatea sulla pelle e la magia di quell'atmosfera in penombra che aveva fatto da sfondo a quella innocente quanto per lui sconvolgente effusione. Talmente sconvolgente da portarlo a bere senza ritegno, dando prova di non essere assolutamente in grado di gestire una situazione normale, specialmente se di tipo sentimentale.

Che c'è? Hai mal di denti?”

La domanda fuori luogo di Milo lo risvegliò dai suoi pensieri e gli fece realizzare perché era realmente invidioso dell'amico: Milo avrebbe saputo affrontare la situazione in maniera egregia semplicemente perché era se stesso. Non aveva mai tentato di nascondere una parte di sé, era una persona autentica, nel bene e nel male.

Camus no, perché quello era il suo ruolo. Ma forse era giunto il momento di interromperlo, questo gioco di ruolo.

No, mi sto semplicemente addormentando. E pensare che, a quest'ora, avrei potuto dormire ancora, se qualcuno non fosse venuto a svegliarmi”

Stellina! La prossima volta ti sveglio con un bacino sulla fronte, come farebbe la cara Galatea”

Solo che tu sei decisamente più brutto”.


Dopo neanche ventiquattr'ore dal loro ultimo diverbio, Ayame e Shion si ritrovarono di nuovo faccia a faccia, nella sala del Trono. Il Gran Sacerdote era fermo davanti al suo scranno e dava le spalle alla ragazza, in piedi all'inizio della breve scalinata che elevava il Celebrante sopra il suo uditorio.

Per quanto fosse consapevole di meritarsi il rimprovero che, di lì a poco, Shion le avrebbe rivolto, Ayame non era intenzionata a subirlo passivamente. Certo, sarebbe stato più semplice obbedire alle indicazioni di Shion, se lui non si fosse comportato in modo eccessivamente autoritario con lei sin dal primo giorno, guadagnandosi la sua antipatia. Nel profondo Ayame sapeva che il suo comportamento era infantile, ma era anche consapevole del fatto che quella che si erano velatamente lanciati al Synagein era stata una sfida e che come tale andava affrontata.

Shion si voltò lentamente verso di lei e la studiò impassibile per alcuni istanti, prima di rompere il silenzio.

Cosa dovrei dirti, secondo te?” le domandò senza dare un'intonazione particolare al quesito.

Volevo soltanto dare una mano...” provò a giustificarsi Ayame.

Come? Facendoti investire? Un grande aiuto, davvero!”

No, non hai capito! Io stavo...”

Certo, sono sempre io quello che non capisce, giusto?” sbottò Shion, che ormai aveva perso del tutto la pazienza. “Sono sempre io quello che ti tiranneggia, che ti controlla a vista, ti impedisce il minimo movimento. Ma credi che mi diverta a farti da baby-sitter, ragazzina? Rischi il collo uno giorno dopo l'altro e sembra quasi tu stia cercando di mandare la nostra missione a rotoli!”

Se la tua missione è così importante, nessuno ti chiede di perdere del tempo con me” ribattè Ayame a tono.

Non è solo a me che stai facendo perdere tempo, mia cara. Stai impegnando Shaka più del dovuto. Il suo aiuto è più prezioso di quello di chiunque altro qui dentro, ma sembra che a te non importi, che quello che sta cercando di insegnarti sia superfluo”

Ma tu che ne sai? Non sai niente di me e di quello che sto passando”

Esatto! Non ne so niente e non ne voglio sapere niente! Di te, di Afrodite e di tutto il resto!”

Shion le era arrivato ad un palmo dal naso e la sovrastava in tutta la sua imponenza. “Io sono il Gran Sacerdote di Atena. Servo lei e nessun altro, Afrodite” sputò l'ultima parole come se fosse veleno di serpente appena succhiato via da una ferita.

Ayame lo guardava con tanto d'occhi, ammutolita. Non era quella la reazione che si aspettava da Shion, né pensava che si sarebbe sentita così costernata dopo la sua ramanzina.

E ora fuori di qui” sibilò il Celebrante, per poi darle le spalle e risalire verso il suo seggio.


Ayame corse via appena Shion si fu voltato. Questa volta avrebbe seguito il suo ordine. Sarebbe uscita dalla Sala del Trono, e non solo da quella.

Entrò come una furia nella stanza e prese a riempire il suo borsone, ancora mezzo pieno, con tutto ciò che gli capitava a tiro.

In breve la sacca fu ricolma. Ayame richiuse con malagrazia la zip e si precipitò fuori in corridoio, per il momento con un'unica direzione in testa: via dal Santuario.

Uscì dalla Tredicesima col sole di mezzogiorno a picco sulla sua testa, trascinando il pesante borsone per la tracolla, incurante dei danni che quel gesto provocava al tessuto della borsa.

Molte altre cose più importanti le erano indifferenti in quel momento, prima fra tutte la sua incolumità.

Stava scappando dall'unico luogo sulla Terra che le garantiva una completa protezione e che, come tutti i luoghi che promettono protezione, alla fine si era rivelato più una prigione che altro. E poi c'era un altro posto in cui poteva essere al sicuro, per giunta in compagnia di persone conosciute, che sapeva che le volevano bene.

Decise che sarebbe tornata a Tokyo, in un modo o nell'altro. Da Saori, dalle sue Sacerdotesse, da Hyoga. Come ulteriore incentivo a continuare la sua discesa verso Atene, le parole di Shion le riecheggiarono in mente.

Non voglio più saperne! Di te, di Afrodite, di nulla!! Io servo Atena e nessun altro! ”

Sentì le lacrime pungerle agli angoli degli occhi. Era stanca di piangere, stanca di sentirsi debole. Le parole del Gran Sacerdote avevano avuto il potere di ferirla nel profondo, di non lasciarle diritto di replica, di farla sentire una nullità. Andò comunque avanti, nonostante la vista annebbiata, finché il peso che si portava dietro non venne a mancare all'improvviso e rischiò di cadere in avanti sulla scalinata.

Ayame si voltò a guardare cosa era successo. La tracolla della borsa si era staccata e la sacca stessa non era in ottime condizioni. Strappi di varie dimensioni si aprivano nel tessuto.

Bastarono quelle piccole cose a farle comprendere l'assurdità dal suo gesto. Il denaro per un biglietto aereo non le mancava, ma quanto ci avrebbero messo gli Angeli a venire a sapere della sua fuga? E Tokyo era molto distante da Atene. Troppo.

Per orgoglio personale, però, non poteva risalire fino alla Tredicesima. Né poteva andare a stare con Psiche o Galatea, i loro alloggi erano sempre troppo vicini a Shion e in quel momento era l'ultima persona che voleva vedere la mattina.

Spaesata, ferita e affranta, Ayame tirò su rumorosamente col naso e si accasciò su uno scalino, il moncherino della tracolla ancora tra le mani.

Non sapeva nemmeno a che altezza del Santuario si trovava. Una voce profonda glielo fece capire immediatamente.

Siamo già in partenza?” le chiese Kanon, inespressivo come al solito. Stava appoggiato ad una colonna, le mani affondate nelle tasche dei jeans. Probabilmente era appena tornato dall'orfanotrofio. In un'altra situazione gli avrebbe chiesto di Proteo, ma al momento i pensieri di Ayame erano altri.

Era il piano originario” ribatté lei laconica, asciugandosi rapida le lacrime senza alzare lo sguardo dal ciuffo di fili che una volta costituivano la cucitura della tracolla.

Avresti dovuto metterci meno roba in quella valigia. A quest'ora saresti già all'Acropoli a chiamare un taxi”

Ayame alzò lo sguardo, interdetta. “Parli seriamente o mi stai prendendo in giro?”

Kanon non rispose e andò a sedersi qualche gradino sopra Ayame.

Non conosco il motivo della tua tentata fuga, ma non credo ti convenga” riprese il Cavaliere, cambiando totalmente discorso.

Se è per questo nemmeno io. Per la cronaca, ho discusso nuovamente con Shion”

Posso saperne il motivo?”

Perchè lui è... lui” rispose semplicemente lei, senza sapere come altro esprimersi. “Ogni occasione è buona per rimproverarmi, anche quando cerco di fare qualcosa di buono. Sembra che ci goda ad accanirsi contro di me”

Non è accanimento, è prudenza” la corresse Kanon. “Ed è così prudente perché, beh, tu sei tu”

Che vuoi dire con questo, scusa?” domandò Ayame, corrucciata.

Niente, divinità da strapazzo, adesso andiamo”

Il Generale si alzò e sollevò il borsone lacero per la maniglia come se pesasse quanto una piuma.

Ehi! Ma che fai?” protestò Ayame, facendo per riprendersi la sacca.

Vuoi dormire sui gradini, stanotte?” suggerì Kanon, imperturbabile come sempre.

Ovviamente no!”

Allora niente storie. Ti prendi la stanza di Saga. Non toccare niente che non sia o il letto o l'armadio. La colazione è alle sette e mezza, un minuto di ritardo significa che non mangi, come non mangerai pranzo se non ti sbrighi a sistemarti...”

Kanon andò avanti nel decalogo delle regole della casa per altri cinque minuti buoni, mentre guidava Ayame per gli innumerevoli corridoi fino alla stanza che una volta apparteneva al gemello.

Nel mentre Ayame valutò la situazione.

Era in un luogo sicuro? Sì.

Era abbastanza lontana da Shion da non rischiare spiacevoli incontri casuali? Sì.

Era insieme a qualcuno che le voleva bene?

Guardò di sottecchi Kanon e questi ricambiò con una delle sue solite occhiate gelide. Forse, col tempo...


Si è fermata alla Terza Casa. Kanon si è offerto di ospitarla” comunicò Mu al suo maestro.

Era salito alla Tredicesima insieme a Shaka. Una volta giunti, Shion aveva sentito il bisogno di uscire all'aria aperta e si erano così spostati sulla scalinata ai piedi della statua di Atena. Il Gran Sacerdote, lasciato un attimo da parte il suo ruolo, si era tolto i paramenti ed era rimasto a torso nudo sotto il sole rovente del mezzodì, seduto su un gradino e con le mani tra i lunghi capelli verdi. Alle parole del suo allievo, sollevò lo sguardo.

Devo intervenire?” domandò Mu, seppur non troppo convinto.

Shion sospirò. Aveva perso il controllo con Ayame, poco prima, evento raro, per un uomo con la sua esperienza e saggezza.

La sua sortita dal Grande Tempio, con tutto quello che ne era conseguito, era stata l'ultima goccia in un vaso di mille pensieri vorticanti che erano traboccati a cascata e si erano riversati sulla prima vittima disponibile. Non era, infatti, solo Ayame ad occupare la sua mente. Tutta quella situazione assurda e nebulosa non lo faceva dormire la notte, perché era qualcosa su cui non era possibile avere controllo, così come non lo era la ragazza. Ma avere il controllo di tutto era il suo ruolo, e non riuscirci, per Shion, era niente meno che un fallimento.

In cuor suo, però, dovette ringraziare Kanon per aver evitato che il diverbio nato tra lui e Ayame si trasformasse in un disastro totale.

No. Va bene così” sentenziò greve Shion, alzandosi dal suo scomodo seggio.

Se mi consentite di esporre il mio parere, Eccellenza” si inserì Shaka, rimasto in silenzio fino a quel momento. “Non poteva andare meglio”

Allievo e maestro lo guardarono con aria interrogativa. Shaka sorrideva sornione, con lo sguardo serrato rivolto al limpido orizzonte.

Con le vostre parole avete lanciato ad Ayame una sfida, mettendo in palio l'unica cosa che veramente conta per una divinità: l'orgoglio. Se ci aggiungiamo i metodi rudi di Kanon, penso che il risultato sia assicurato” spiegò l'asceta, soddisfatto, mentre cominciava a scendere la scalinata.

Dove stai andando?” gli domandò Mu, quando Shaka gli passò accanto.

A spiegare a Kanon cosa dovrà fare con Ayame. Il mio compito con lei è terminato” fu la sbrigativa spiegazione che Virgo diede.

Quindi non ti farai più carico della sua ripresa?” chiese conferma Shion.

Shaka si fermò per rispondere al suo superiore. “Esatto, Eccellenza. Ne osserverò i progressi da lontano e mi farò riferire da Kanon ogni minimo dettaglio del suo lavoro, ma no la seguirò più di persona. Non riesco a darle... come dire, gli stimoli giusti”

Kanon, invece, sì?” domandò Mu, scettico. Nonostante fosse stato il primo a dimostrarsi fiducioso nei confronti del compagno d'armi, dubitava che fosse in grado di portare a termine un compito arduo persino per il grande Virgo.

Shaka, tuttavia, annuì convinto. “Posso anzi affermare che è l'unico, al momento, che può veramente fare qualcosa di utile per Ayame. Lo dicono anche le stelle”

Dopo l'ultima sibillina rivelazione, Shaka riprese il suo cammino verso le Dodici Case. Né Mu né Shion provarono a fermarlo. L'Ariete sapeva bene quando bisognava smettere di chiedergli spiegazioni riguardo le sue frasi criptiche.

Tornò dal suo maestro, la cui testa spuntò dopo poco dalla veste sacerdotale che aveva nuovamente indossato.

Voi che ne dite, maestro?” gli domandò. Al contrario di lui, Shion, per ovvi motivi, aveva faticato a fidarsi del Generale degli Abissi.

Che potrebbe avere ragione” rispose lui dopo qualche istante, sorprendendo l'allievo. “Ad ogni modo, staremo a vedere. Anzi, tu e Aldebaran starete a vedere, e mi riferirete qualsiasi cosa possa essere degna di nota. Sono stato chiaro?”

Certo, maestro” acconsentì Mu, senza esitare.

Shion indossò l'elmo del Gran Sacerdote e si rivolse ancora una volta all'Ariete. “Vuoi sapere perché Shaka ha parlato delle stelle, vero?”

Beh, sì, diciamo che mi è sorta una spontanea curiosità. Come sempre, quando parla Shaka” rispose frettolosamente Mu, spiazzato dalla domanda del maestro, che ancora una volta gli aveva dimostrato quando potenti fossero le sue capacità di telecinesi.

Voleva semplicemente dire che Ayame è del segno dei Gemelli, ma io non ho mai creduto molto a queste cose”.

Salve a tutti, seppur con immenso ritardo, ma, come ovvio, l'ispirazione viene quando viene, e ultimamente a me viene pochi giorni prima di un esame, quando, invece che scrivere, dovrei studiare... ma vabbè! Eccovi il 15° capitolo, un po' più breve rispetto agli altri ma spero che vi piaccia lo stesso :) ringrazio come sempre la mia beta Panenutella, senza la quale pubblicherei strafalcioni a non finire, soprattutto in questo periodo un cui non distinguo la destra dalla sinistra XD attendo qualsiasi vostro parere, se avrete piacere di darmelo :)

Buona lettura e a presto! 

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Capitolo 17
*** Missioni impossibili ***


Babylon

(seguito di A Divine Love)

16 - Missioni impossibili

“Io dovrei fare cosa? Dì un po', ho scritto 'balia' in faccia, per caso?” sbottò Kanon, indicandosi la fronte col piatto che aveva in mano.

“No, ma mi ci sembri portato, senza offesa, soprattutto con Ayame” rispose serafico Shaka, apparentemente divertito dalla situazione.

“Ho evitato che scappasse di nuovo dal Santuario, le ho dato un letto su cui dormire rischiando l'ira di mio fratello e adesso vuoi anche che le insegni a diventare la bella giardiniera? Non ho fatto già abbastanza? E soprattutto, non era compito tuo badare alla sua ripresa?” obiettò il Generale, speranzoso di aver colto nel segno. Tuttavia Shaka non si scompose.

“A quanto pare non riesco a darle gli stimoli giusti per migliorare, cosa che a te sembra riuscire molto bene invece. Ho accidentalmente ascoltato la vostra conversazione di stamattina e le tue parole l'hanno colpita nel profondo”

“Volevo darle un incentivo, è vero, ma questo non fa di me un maestro di vita. E poi ho già altro a cui pensare” ammise con un tono di voce stranamente diverso dal solito. Gli occhi chiusi di Shaka riuscirono a vedere un certo turbamento nel profondo della sua anima, sempre stata impenetrabile ed imperturbabile, appunto.

Kanon tornò a guardare nella sua direzione, quasi si fosse accorto della piccola indagine di Shaka nel profondo della sua mente. L'asceta sorrise.

“Non vedo perché non possiate aiutarvi a vicenda, allora. La collaborazione è ciò che rende una squadra vincente”

“Lo stai dicendo alla persona sbagliata, e lo sai” gli fece notare il Generale, ma Shaka non voleva sentir ragioni.

“Invece penso proprio che tu sia la persona giusta per questo lavoro. E non lo penso solo io”

“Può pensarlo anche Atena in persona, io non farò questa cos... Shaka, torna qui! Ho detto di no!”

Ma Shaka era già quasi ai piedi della scalinata che portava alla Casa del Cancro, volontariamente sordo alle proteste di Kanon.

“No per cosa?” domandò Ayame, sbucata fuori dalle colonne della Terza Casa. “Quelli non sono i boccioli di rosa che dovrei far fiorire?” domandò la ragazza, indicando la scatola che Kanon teneva in mano.

Il Generale guardò prima lei e poi il contenitore, quindi lasciò cadere le braccia lungo i fianchi, rassegnato.

“Sì”

“Perché ce l'hai tu?”

L'uomo sospirò. “Perché a quanto pare sei riuscita a far perdere la pazienza a Shaka. Congratulazioni, hai vinto un nuovo baby-sitter” le porse la scatola con malagrazia, colpendola alla pancia. “E sei in ritardo per il pranzo”

“Mi sono persa. Questo posto è un labirinto!”

“Consiglio da balia numero uno: disegnarsi una mappa. Questa scusa te la sei già giocata, non voglio più sentirla” disse ad Ayame mentre si dirigeva verso la cucina.

“Shion era quasi più ospitale” borbottò la ragazza, prima di seguirlo.

 

Galatea corse su per la scalinata marmorea a perdifiato, chiedendo a malapena il permesso di passare ai custodi dei dodici templi, finché non raggiunse l'ultimo. Si prese un attimo per calmare il respiro, quindi chiamò Aphrodite per vedere se era presente. Solo  l'eco delle sue parole rimbombate per la grande sala dei combattimenti le diedero risposta. La Sacerdotessa si avviò allora verso gli alloggi privati del Cavaliere dei Pesci e andò a bussare con frenesia alla porta di Psiche.

La compagna le aprì dopo quasi un minuto, e alla vista del suo volto pallido, scavato, rigato dal rimmel colato con le lacrime, Galatea ammutolì.

“Hai bisogno di qualcosa?” le domandò brusca Psiche, con voce roca.

“Ma... che ti è successo?” chiese di rimando la bionda, visibilmente preoccupata per la compagna.

“Niente di cui voglia parlare e per cui voglia essere compatita” rispose dura, tornando verso il suo letto.

“No, certo, capisco, io... se posso aiutarti... non adesso, è chiaro” balbettò Galatea, rossa in volto e in visibile difficoltà.

“Se avrò bisogno, ti cercherò... grazie” Psiche stirò la bocca in un forzato sorriso, nella speranza di sembrare un minimo convincente. “Ad ogni modo, dovevi dirmi qualcosa di importante?”

Galatea si ricompose e comunicò all'altra ragazza il motivo per cui era corsa da lei. “Ayame ha lasciato la Tredicesima, meno di un'ora fa”

“Che cosa?”

“Ha avuto l'ennesimo diverbio con Shion e... se n'è andata...” Galatea sembrava essere arrivata al succo della faccenda, ma non riusciva a trovare le parole giuste.

“Andata dove? Via dal Santuario?” Psiche si avvicinò alla compagna, allarmata.

“No, no! Però... Kanon l'ha presa con sé alla Casa dei Gemelli” disse tutto d'un fiato la bionda.

Psiche non attese un istante di più. Prese Galatea per il polso e la trascinò giù fino alla Terza.

 

“Quindi, ricapitolando: vorresti rimettere in sesto questo posto” Camus indicò l’ingresso sbarrato del negozio di fiori davanti a loro.

“Sì” annuì Milo.

“Per farlo poi vedere a Psiche” continuò ad elencare il Cavaliere dell’Acquario.

“Esattamente”

“E lei sarà talmente impressionata da non poter fare altro che cedere ai tuoi corteggiamenti, per dirla in modo elegante”

“Ancora sì, e non è necessario che tu mi faccia passare per donnaiolo, questa volta sono serio”

“Il tutto, ovviamente, prima che lei se ne torni a Tokyo con la sua dea”

“Motivo per cui ho chiesto il tuo aiuto, fratello” Milo guardò Camus con occhi supplichevoli.

“Ti rendi conto che è praticamente impossibile? Insomma, guarda in che stato è ridotto!”

“Non fare il disfattista come tuo solito! Siamo Cavalieri d’Oro, per noi niente è impossibile”

“A me non risulta che la bacchetta magica della Fata Madrina fosse compresa nell’armatura”

“Senti, lo so che è una follia” ammise Milo, piazzandosi davanti a Camus e poggiandogli le mani sulle spalle “Ma per Psiche vale la pena anche solo tentare. Tu non faresti lo stesso per Galatea?”

Camus spostò lo sguardo dal volto determinato di Milo al rudere che era diventato il negozio di fiori e non potè fare a meno di chiedersi se vi fosse un’impresa paragonabile a quella che potesse dargli l’accesso al cuore della timida Sacerdotessa e quindi risparmiargli tutti quei pensieri che gli si stavano annodando nel cervello dalla sera prima. Forse avrebbe dovuto fare come Milo, non pensare ed agire, senza soffermarsi troppo sui perché e i per come.

“So già che me ne pentirò… va bene, ti aiuterò in questa pazzia, ma solo perché senza di me cominceresti dalla fine invece che dal principio” acconsentì Camus, scostandosi subito Milo di dosso quando tentò di abbracciarlo a labbra protese. “Dai, fammi entrare, vediamo quanto disastrosa è la situazione”

 

Ayame stava raccogliendo i piatti sporchi dal tavolo quando Psiche e Galatea giunsero alla Terza chiamandola a gran voce. Si era detta che, per farsi strada nell’aura tenebrosa del suo nuovo ospite, avrebbe dovuto cominciare col presentarsi meglio di come aveva fatto con Shion al suo arrivo al Santuario. Tuttavia avrebbe anche dovuto prevedere la reazione delle sue Sacerdotesse, dal momento che il loro ruolo era quello di proteggerla e non potevano adempiere al loro compito se quanto meno non le informava dei suoi spostamenti.

“Arriveranno sempre urlando come delle pazze quando verranno a trovarti?” le domandò Kanon, visibilmente irritato, prendendole le stoviglie dalle mani.

“Colpa mia, ho dimenticato di avvisarle del cambio di residenza” si giustificò la ragazza, quindi uscì e le raggiunse nel grande atrio della Casa per tranquillizzarle.

“Eccomi! Va tutto bene, sarei venuta ad informarvi io stessa dopo pranzo, Kanon ha delle regole un po’ ferree e… oh! Ok, forse avrei dovuto farlo prima”

Psiche e Galatea le si erano gettate al collo. Ayame le lasciò fare, ma quando si sciolsero dall’abbraccio non potè fare a meno di preoccuparsi per la Sacerdotessa della Rosa.

“Psi, hai un aspetto orrendo! Che ti è successo?”

“Nulla di importante, quel che conta è che tu stia bene” rispose brevemente la ragazza, senza però convincere Ayame.

“Sto bene, solo non sarò la benvenuta ai piani alti per almeno qualche secolo, ma che volete che sia” scherzò, riuscendo a far rilassare Galatea ma strappando solo un mezzo sorriso a Psiche. “Avanti, cos’è che ti tormenta, Psiche? Lo sai che con noi puoi parlare”

“Ho detto che sto bene!” sbottò la Sacerdotessa, allontanandosi dalle due ragazze e avviandosi verso l’uscita che portava alle scale dirette alla Seconda Casa.

“Psiche, aspetta!” la richiamò Ayame, provando a seguirla, ma una presa decisa sulla spalla la bloccò.

“Lasciala andare” le consigliò Kanon. “Ci sono fantasmi che bisogna affrontare da soli”

La ragazza annuì, ma seguì comunque la discesa di Psiche con lo sguardo, fin quando non scomparve all’interno della Casa del Toro.

 

Ogni volta che oltrepassava l’ingresso della Seconda Casa, sembrava che il mondo e tutte le preoccupazioni che esso portava non esistessero. Ma non quella volta. Ciò che era successo quella mattina, ciò che aveva scoperto, non poteva essere messo da parte così facilmente, nemmeno con l’aiuto delle sue stelle. Aldebaran doveva saperlo, perché lo trovò nel grande atrio, pronto ad accoglierla seppur con le braccia conserte, come era sua abitudine. Tuttavia, quando incrociò gli occhi perduti della sua protetta, non poté negarle il calore del suo abbraccio.

Psiche pianse lacrime che non credeva di poter ancora versare e al possente Cavaliere sembrò più piccola del solito, e soprattutto più fragile, come non lo era mai stata nemmeno da bambina, quando aveva dovuto rinunciare a quello che era ed indossare la maschera delle Sacerdotesse di Atena. Come allora, Aldebaran aveva avvertito che ci sarebbe stato bisogno di lui e si era fatto trovare pronto, ma Psiche sembrava tutto fuorchè in grado di parlare, di spiegare e quindi di farsi aiutare.

Il grande Cavaliere provò a fare il primo passo. “È forse il caso che strappi un pungiglione ad un certo scorpione di mia conoscenza?”

Psiche scosse la testa in senso di diniego e provò a calmarsi, con scarsi risultati, ma sapeva anche lei che prima o poi avrebbe dovuto parlare di quello che era successo e se non era Aldebaran, non sarebbe stato nessun altro. Si scostò da lui e lo sguardò attraverso il velo di lacrime che ancora aveva sugli occhi.

“Ho… ho ucciso mio padre” confessò, prima di rifugiarsi nuovamente sul petto del Cavaliere, che tornò ad abbracciarla, sconvolto dalla rivelazione ma convinto che ci fosse una spiegazione plausibile per quella rivelazione e che, a suo tempo, Psiche gliel’avrebbe data.


Ben ritrovati!
Non voglio nemmeno pensare a quanto sia durato il mio silenzio, ma purtroppo esami e laurea prendono un sacco di tempo :(
Tuttavia sono tornata e proverò a portare a termine qualche storia, o almeno a portarla ancora un po' avanti, incominciando da questa, a cui tengo particolarmente :)
Capitolo di transizione, giusto per riprendere le fila del discorso e non scrivere strafalcionate in futuro :P spero abbiate ancora la pazienza e la voglia di seguirmi, ogni commento o critica è sempre ben accetto!
Buona lettura!
Martyx

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Capitolo 18
*** Rose, spine e veleni ***


Babylon

(seguito di A Divine Love)

17 - Rose, spine e veleni

La Terza Casa aveva uno stile architettonico austero, con una pianta squadrata a forma di ferro di cavallo. Due imponenti bassorilievi raffiguranti Castore e Polluce accoglievano i visitatori e chiudevano due imponenti colonnati. Questi delimitavano due lati dell’ampio cortile antecedente il pronao d’ingresso del tempio. Le colonne che sorreggevano l’intera struttura erano in un semplice stile dorico, mentre lungo tutta la trabeazione sottostante lo spoglio timpano i triglifi si alternavano a metope prive di bassorilievi decorativi.

“Non hai neanche uno smile adesivo da appicicare… da qualche parte?” domandò Ayame continuando a far vagare lo sguardo intorno a sé.

“Casa mia, arredamento mio. E adesso pensa alla tua rosa” ribatté sbrigativo Kanon, quindi tirò un pugno nel vuoto.

“È tutto così spoglio, così… freddo. Persino la Casa dell’Acquario è più accogliente” rimarcò la ragazza, ma il Generale non sembrò cogliere l’allusione e proseguì col suo allenamento dicendo semplicemente “La rosa, adesso”.

“Perché ti alleni qui quando hai un’arena a tua disposizione?” chiese ancora Ayame, riuscendo alla fine a distogliere il guerriero dal suo esercizio.

“Perché mi è capitata una divinità da strapazzo addormentata tra capo e collo che rischiava di passarsi le prossime notti sui gradini del Santuario, la quale divinità da strapazzo è talmente addormentata da aver fatto perdere la pazienza al suo mentore asceta che stava cercando di risvegliarla, quindi il mentore asceta ha deciso di darmi anche l’incombenza dell’insegnante oltre che del baby sitter, perciò non posso muovermi da qui fintanto che quel dannatissimo fiore non sboccia davanti ai miei occhi. Ci sono altre domande?”

Ayame scivolò ancora di più lungo la colonna a cui era appoggiata, incassando la testa tra le spalle. “Nossignore” bofonchiò, riportandosi la rosa davanti agli occhi.

Kanon sospirò e riprese il suo allenamento, seppur con un po’ più di amaro in bocca rispetto al solito. ‘Non ne verremo a capo’ pensò mestamente dopo il primo colpo a vuoto. In cuor suo il Generale voleva sinceramente aiutare Ayame, non solo per ridare un minimo di lustro in più alla sua immagine, ma anche perché era semplicemente la cosa giusta da fare. Non era un caso, secondo Kanon, che la fuga della ragazza si fosse arrestata proprio sulla soglia della Terza: qualcosa, che fosse il destino piuttosto che il semplice caso era irrilevante, aveva deciso di mettere Ayame sulla sua strada e di affidargli la missione di far rinascere Afrodite a nuova vita. Il problema principale era che non aveva la minima idea di come riuscirci.

Uno scalpiccio rapido di piedi lungo la scalinata interruppe i pensieri del Generale. Poco dopo la chioma scapigliata di Proteo fece capolino. Il bambino si fermò, imbarazzato, ad un gradino dalla meta.

“Salve, signore…” balbettò ciondolando.

Ayame si avvicinò a Kanon per salutare anche lei Proteo e di nuovo quella strana sensazione la permeò. Un caldo formicolio le salì lungo la spina dorsale e le avvolse il capo in un piacevole abbraccio, la morsa alla pancia andò piano piano a colmarle parte del vuoto che la sua parte divina aveva lasciato.

“Che ci fai qui?” domandò gelido l’uomo, arretrando istintivamente di un passo.

“La… l’istitutrice mi ha detto di venire a… a ringraziarvi per… per… avermi salvato… oggi” spiegò incerto Proteo, con lo sguardo basso e gli occhi che ogni tanto salivano a sondare il volto di Kanon, che però rimase rigido e impassibile.

“Sì, beh vedi che non debba più intervenire, intesi?” ribattè bruscamente il Generale, prima di voltare le spalle a Proteo per tornare verso il tempio. In quel preciso istante, il calore che aveva permeato Ayame svanì di colpo.

Il bambino abbassò ancora di più il capo e scese uno scalino, sussurrò un impercettibile “Intesi” e ritornò verso Rodorio sotto lo sguardo costernato di Ayame, che subito si precipitò dietro Kanon.

“Avresti potuto tirargli un pugno in faccia, già che c’eri, sarebbe stato sicuramente meno doloroso” gli urlò dietro.

“Non sono affari tuoi” ribattè gelido il guerriero, senza nemmeno voltarsi.

“Può darsi, ma nessuno si merita un trattamento del genere, tantomeno Proteo. Voleva semplicemente ringraziarti, dannazione!”

“E io ho risposto al ringraziamento” Kanon si voltò ad affrontare Ayame, sul volto la sua solita espressione marmorea ma negli occhi ardeva una luce diversa che alla ragazza non sfuggì. “Io sono così, Ayame. Sono stato scolpito dalla vita ad immagine e somiglianza del mio tempio: spoglio, freddo, con un cuore di marmo. E in quanto tale esso è freddo anche sotto il sole più cocente”

L’uomo gettò via il panno con cui si era asciugato il sudore e rientrò nella Terza Casa, lasciando Ayame a rimuginare sulle ultime parole da lui dette. La ragazza, nel lasciar vagare distrattamente lo sguardo, posò gli occhi sul bocciolo di rosa tra le sue mani, che subito andò a studiare con più attenzione. Un petalo si era leggermente aperto, allontanandosi dal resto della corolla, ancora ermeticamente chiusa. Istintivamente il pensiero di Ayame andò all’arrivo di Proteo alla Casa dei Gemelli e alla strana sensazione da cui era stata pervasa in quel momento. Un’intuizione si fece largo nella sua mente. Volse lo sguardo al pronao, oltre il quale Kanon era sparito pochi istanti prima, e riferendosi alle forti parole pronunciate dal Generale, sussurrò “No, non è vero”.

Infilato il bocciolo nella tasca posteriore dei pantaloncini, Ayame si precipitò giù per la scalinata, verso Rodorio e l’orfanotrofio, in cerca di risposte.

 

“… si è lasciato morire” singhiozzò Psiche, rannicchiata sul divano di Aldebaran mentre gli raccontava quanto aveva scoperto dopo il suo ritorno dalla festa. Il Cavaliere del Toro, seduto accanto a lei, aveva ascoltato in paziente silenzio fino ad allora.

La ragazza continuò “Io me ne sono andata e lui si è lasciato morire. E non ho potuto fare niente per impedirlo perché quello che si è sempre spacciato per il mio maestro mi ha impedito di essergli accanto mentre se ne andava, nascondendomi la lettera che la mamma di Georgia mi aveva scritto per avvisarmi. Forse avrei anche potuto salvarlo ma Aphrodite ha ritenuto mio padre una vittima sufficientemente sacrificabile per tenersi la sua pupilla che nemmeno competeva per un’armatura! Si è portato questo segreto nella tomba due volte prima che scoprissi la lettera e ha anche avuto il coraggio di farmi la morale. Come può un uomo così essere degno di un’armatura d’oro?”

Aldebaran rimase in silenzio qualche istante prima di rispondere. Sapeva di dover ponderare bene le parole, la situazione che si era creata era a dir poco pesante, ma per quanto comprendesse Psiche, poteva immaginare anche le motivazioni che avevano portato il Cavaliere dei Pesci ad agire in quel modo.

“Aphrodite è sempre stato un uomo ambiguo nel suo comportamento. Era uno dei pochi di noi a sapere dei piani di Saga quando aveva preso il potere qui al Santuario, insieme a Death Mask, e la sua visione della vita e della guerra ha sempre avuto un qualcosa di sinistro e al contempo affascinante. Tu lo sai meglio di tutti, perché è stato il tuo maestro. Nonostante tutto, però, l’armatura dei Pesci non l’ha mai rinnegato, a dimostrazione del fatto che, nel profondo del suo cuore, egli è un vero Cavaliere di Atena.

“La storia del guardiano della Dodicesima dall’alba dei tempi in due parole: bellezza e solitudine. Aphrodite è una rosa con molte spine letali e per tale motivo non è mai riuscito, da che ricordo, a stringere un legame sincero con qualcuno qui al Santuario. Questo finché non ha trovato te, così simile a lui e così pura. Credo di non esagerare a dire che in te avesse trovato una ragione per andare avanti, una ragione per continuare ad essere un Cavaliere di Atena. Suppongo che l’arrivo di quella lettera abbia risvegliato in lui una tale paura di perderti da indurlo a nascondertela, cosicché tu non avessi mai una ragione per andartene da lui. Aphrodite aveva semplicemente paura di restare solo di nuovo, questo non giustifica il suo agire ma penso che sia una ragione abbastanza valida per alleggerire, anche se di poco la sua colpa”

“Lo giustifica ai tuoi occhi, però” sibilò Psiche dopo qualche attimo di silenzio.

“Sto provando a capire il suo punto di vista, tutto qui. E vorrei che tu provassi a fare altrettanto” specificò Aldebaran in tono conciliante, pur sapendo che probabilmente sarebbe stato tutto inutile.

“Vuoi che io capisca perché il mio maestro ha lasciato che mio padre morisse senza più vedermi?” domandò furiosa Psiche, alzandosi dal divano. “Come puoi anche solo pensare che possa accettare una cosa del genere? Sono venuta qui perché credevo di trovare un amico e un alleato, ma sei esattamente come tutti gli altri”

“Psiche, aspetta!” provò a chiamarla il Toro, ma la Sacerdotessa aveva già preso la via d’uscita dalla Seconda Casa e nessuna parola l’avrebbe fermata.

 

Corse senza pensare a dove stesse andando, asciugandosi con rabbia le ultime lacrime che cadevano dai suoi occhi. Non se le meritavano, Aphrodite, Aldebaran, Milo, nessuno di loro. Nemmeno il Santuario stesso, che le aveva succhiato via la vita e l’anima, meritava la sua tristezza e la sua rabbia. Doveva trovare un posto tranquillo in cui riuscire a riprendere il controllo di se stessa, in modo da poter riprenderlo poi anche della sua vita. Era tempo che tornasse ad essere la donna indipendente e fiera che era diventata dopo la nomina a Sacerdotessa di Afrodite, era tempo che la sua dea diventasse nuovamente il suo sole, che la sua esistenza tornasse a girare attorno a lei senza perdere la sua identità, come le era successo al Santuario per colpa di più di una persona.

Giunse alla spiaggia senza ricordare la strada percorsa, ma le sembrò il luogo adatto a riacquistare la pace interiore di cui aveva bisogno. Tuttavia il destino sembrava aver deciso diversamente per lei.

Poco distante, una donna emerse dalle onde del mare. Shaina era andata alla spiaggia a rinfrescarsi dopo una seduta di allenamento con le reclute. Anche Psiche era stata una recluta, tempo prima, ma aveva erroneamente pensato che Shaina potesse essere qualcosa di più di una semplice insegnante di lotta e tattica. Questa sua idealizzazione l’aveva portata a confidarsi con lei riguardo l’infatuazione per il Cavaliere dello Scorpione. La Sacerdotessa era stata categorica a riguardo: per quanto non dovesse vergognarsi dei suoi sentimenti, non era opportuno che una giovane Sacerdotessa come Psiche avesse a che fare con un Cavaliere del massimo grado come Milo. Qualche giorno dopo, vedendo Shaina avvinghiata al corpo scultoreo del Cavaliere mentre contravveniva a quei dettami che lei stessa aveva citato, Psiche capì che le parole della Sacerdotessa avevano avuto come unico scopo quello di tenerla lontana dalla preda dell’Ofiuco, perché lei stessa potesse cibarsene.

Se al tempo Psiche si era fatta una ragione dell’accaduto, l’insieme degli avvenimenti delle ore precedenti fecero salire in lei una rabbia mai provata verso Shaina, e senza i vincoli del Santuario, si sentì libera di sfogarla. Dopotutto quella donna rappresentava tutto ciò che in quel momento odiava: le bugie e i tradimenti del Grande Tempio.

La rosa che scagliò tolse dalle mani della Sacerdotessa la maschera che era in procinto di indossare e la costrinse a voltarsi nella sua direzione.

“Psiche, che ti salta in mente?” le domandò, mettendosi comunque in guardia.

“Io mi fidavo…” la ragazza iniziò ad avanzare, quindi scagliò un’altra rosa che Shaina evitò.

“Sei impazzita per caso? Smettila!” la ammonì l’Ofiuco in un ultimo tentativo di farla ragionare.

“Sei una bugiarda come tutti gli altri… e una puttana” lanciò un’altra rosa, andando a segno. Un graffio profondo comparva sul volto di Shaina, la cui furia era cominciata a montare dopo l’epiteto che Psiche le aveva affibbiato. Decise che il tempo delle parole era finito, mentre era giunto quello di andare al contrattacco.

 

Milo e Camus raggiunsero finalmente la piazza principale di Rodorio. Avevano passato l’intero pomeriggio a fare una stima dei lavori di cui il negozio di fiori aveva bisogno e ne era risultata una mole enorme persino per due Cavalieri d’Oro.

“Non so quanto tu ne sappia di falegnameria e affini” stava dicendo l’Acquario “Ma se ne sai quanto me, allora siamo in un mare di guano”

“Vuoi essere ottimista almeno una volta nella vita? Troveremo un modo, come abbiamo sempre fatto. Siamo una squadra o no?”

Camus osservò scettico per qualche istante il pugno teso di Milo, quindi ricambiò il gesto nonostante fosse sempre poco convinto che ce la potessero fare.

“Questo è lo spirito giusto! Sono sicuro che se diventi un po’ più ottimista riuscirai a strappare un altro appuntamento a Galatea” continuò lo Scorpione.

“Perché dobbiamo sempre tornare su questo argomento?” domandò Camus esasperato.

“Perché la pulzella sta correndo verso di noi” rispose Milo, indicando la strada che congiungeva Rodorio al Santuario. Galatea stava effettivamente correndo verso di loro e sembrava piuttosto agitata. A Camus si prosciugò subito la bocca, ma cercò di mantenere un’apparenza di tranquillità. La Sacerdotessa tuttavia non era interessata a lui, almeno in quel momento.

“Milo!” chiamò a gran voce, mentre li raggiungeva.

“Dici a me? Non Camus?” una gomitata nel costato da parte dell’amico smorzò la risata incipiente del Cavaliere, ma furono le parole di Galatea a spegnerla del tutto.

“Psiche e Shaina si stanno affrontando, giù alla spiaggia. Non so cosa sia successo, sono arrivata che era già tutto iniziato. Ti prego, devi fermarle o si ammazzeranno!”

Milo quasi non aspettò che la ragazza finisse il racconto e partì diretto alla spiaggia. Poteva vagamente immaginare il motivo per cui le due donne erano arrivate a scontrarsi, ma non poté fare a meno di chiedersi per quale motivo fosse tornato tutto a galla in quel momento. Sperò, inoltre, in cuor suo di essere in grado di sedare la rissa senza peggiorare la situazione.

Giunse sul campo di battaglia che le due guerriere erano allo stremo delle forze, con gli abiti laceri e macchiati di sangue in più punti. Una numero imprecisato di rose di vari colori era sparso per la spiaggia e tutt’attorno di potevano notare gli effetti dei colpi di Shaina, a dimostrazione del fatto che nessuna delle due si era risparmiata.

Psiche si era rimessa nuovamente in piedi ed era pronta a scagliarsi su Shaina in un ultimo disperato assalto, ma Milo si frappose fra le due e bloccò la Sacerdotessa di Afrodite per le braccia.

“Basta! Smettetela tutte e due!” provò ad intimare, ma la sua presenza sembrò far infuriare ancora di più Psiche, che cercò di passargli oltre e attaccare Shaina.

Avendo capito che le parole sarebbero servite a poco, il Cavaliere intercettò nuovamente l’assalto e, caricatosi Psiche in spalla, sordo alle sue proteste, la portò verso il mare e la gettò in acqua.

Ripresasi dalla sorpresa iniziale, la ragazza si rimise in piedi e, in preda alla collera, tentò di sfogarla questa volta su Milo, il quale però la rispinse in acqua con poca fatica.

“Basta, Psiche! È finita, perciò vedi di calmarti”

“Al diavolo! Non sei nessuno per dirmi cosa devo o non devo fare! Sei solo un bugiardo, come tutti gli altri!” gli urlò contro la Sacerdotessa, che ormai non sapeva più come sfogare la rabbia che aveva dentro se non con le parole. “Sei un bugiardo come lei, che mi ha fatto credere che non fosse giusto avere una cotta per te quando era la prima ad infilarti la lingua in gola alla prima occasione… e come Aphrodite, che non mi ha mai detto che mio padre era molto perché io non ero con lui e mi ha tenuta in questo posto maledetto fino alla fine dei suoi giorni… e come Aldebaran, che non ha saputo fare altro che trovare una giustificazione a tutto questo… voi siete i bugiardi e l’unica che ha perso tutto sono io!”

Psiche riprese a singhiozzare, in ginocchio nell’acqua di mare che le arrivava alla vita, sotto lo sguardo mesto di Milo, che di fronte all’enormità della tristezza della ragazza non poteva che sentirsi impotente. Si inginocchiò di fronte a lei e provò ad incrociare il suo sguardo, ma Psiche lo rifuggì.

“Mi dispiace” disse allora Milo, con la voce spezzata. Psiche sollevò impercettibilmente il capo, senza smettere di piangere.

“Mi dispiace… per tutto” continuò il Cavaliere. “Ti chiedo scusa, a nome del Grande Tempio, per tutto quello che ti ha tolto, per le delusioni che ti ha riservato, per le persone che ti ha fatto incontrare, per ogni cosa. Questo posto ha tradito te più di tutti gli altri perché noi abbiamo tradito te, io, Shaina, Aphrodite, tutti. Solo una persona non lo ha mai fatto, Psiche, nemmeno oggi, anche se a te può sembrare così. Aldebaran è l’unico, qua dentro, di cui puoi fidarti ciecamente. È l’unico che con te è stato, è e sarà sempre sincero. In fondo lo sai anche tu che è così, perciò torna da lui, Psiche, ed evita tutti quanti noi”

La Sacerdotessa non ribatté, ma si fece coraggio per scrutare negli occhi di Milo e cercare quel barlume di sincerità che fino a quel momento non aveva visto in nessuno. Lo trovò nei solchi della sua fronte corrucciata, nelle labbra tremanti, nel respiro affannoso e in quegli occhi blu come il mare in cui erano immersi, che già anni prima l’avevano colpita. Quella limpidezza non aveva mai abbandonato le iridi di Milo da che lei aveva memoria e, per quanto avesse cercato di convincerla del contrario, lui era stato l’unico sincero con lei quel giorno.

Per questo decise di dare ascolto alle sue parole e di tornare alla Casa del Toro.


Buonasera a tutti!
Mi sono fatta attendere un po' ma alla fine l'aggiornamento è arrivato :) è stato scritto di getto sull'onda dell'ispirazione, quindi è probabile che sia pieno di errori di battitura e di grammatica per cui vi chiedo venia, mi riprometto di rileggerlo e correggerli.
Spero comunque che sia di vostro gradimento, attendo i vostri commenti se avrete voglia di darmi un vostro parere :)
A presto!
Martyx

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Capitolo 19
*** Fili di legami ***


Babylon

(seguito di A Divine Love)

18 - Fili di legami

“Dei del cielo, non vi si può lasciare sole un momento, a voi due!” disse Ayame, mentre osservava da un promontorio sul mare Psiche dirigersi verso le Dodici Case, ferita e bagnata come un pulcino.

Galatea era a fianco a lei. Dopo aver avvertito Milo e Camus di quanto stava succedendo alla spiaggia aveva intercettato Ayame alle porte del villaggio e aveva informato anche lei dello scontro tra la Sacerdotessa della Rosa e Shaina. Con non poco rammarico, Ayame aveva deciso di rimandare la questione Kanon al giorno seguente, era di primaria importanza capire a cosa fossero dovuti i recenti sbalzi umorali di Psiche.

“Non avevo mai visto Psiche così in collera” commentò Galatea.

“E nemmeno così sconvolta” continuò Ayame “Comincio a pensare che portarla qui con noi sia stato un grosso errore”

Volendo vederci più chiaro, la ragazza si avvicinò a Camus, anche lui rimasto ad osservare la scena dopo essere accorso con Milo alla spiaggia.

Che il Cavaliere dello Scorpione c’entrasse con l’instabilità emotiva di Psiche era praticamente certo, mancava solo da capirne il motivo e Camus, in quanto amico intimo di Milo, doveva per forza saperne qualcosa.

“Che è successo tra Milo e Psiche?” gli chiese Ayame senza troppi preamboli.

Il Cavaliere dell’Acquario non si scompose per la domanda a bruciapelo e rispose pacatamente dopo qualche attimo di riflessione.

“Non credo di essere la persona più adatta per spiegarti… quello” disse indicando la spiaggia e facendo riferimento a quanto accaduto poco prima.

“Senti, non mi interessa se tu e Milo siete vincolati da un patto di sangue per cui non potete rivelare i vostri segreti da amici del cuore a nessuno” lo investì Ayame con poca grazia “Quella ragazza è una mia Sacerdotessa ed è anche mia amica e si da il caso che il tuo amichetto laggiù abbia a che fare con i titanici sbalzi ormonali di cui hai avuto una dimostrazione poco fa. Perciò se non vuoi essere vittima dei miei titanici sbalzi ormonali, ti conviene dirmi quello che sai”

Camus però non si fece intimorire dallo sguardo truce di Ayame e rimase fermo sulla sua posizione.

“Credimi, la questione va ben oltre Milo e quello che potrebbe aver fatto a Psiche. Non ho ben chiaro nemmeno io il quadro generale, mi sono ritrovato in mezzo a questo casino quasi per caso. Capisco che tu la voglia aiutare ed è per questo che ti dico che non sono in grado di darti informazioni accurate sulla faccenda. Mi sembra talmente complicata che anche solo una parola detta male potrebbe far saltare in aria l’intero Santuario”

“Ayame, penso che Camus abbia ragione” intervenne timidamente Galatea “L’unico modo che abbiamo per capire veramente cosa è successo è chiedere direttamente a Psiche”

La bionda sospirò. Sia Galatea che Camus avevano ragione, ma non era comunque convinta che Psiche si sarebbe aperta completamente con lei. Aveva già provato ad indagare sulla faccenda e ne aveva ottenuto solamente una risposta criptica e un sacco di lacrime. Espose le sue perplessità alla Sacerdotessa, che però sembrava convinta che l’approccio diretto fosse quello giusto.

“Vale la pena tentare, almeno per dimostrarle che siamo dalla sua parte”

In quel momento vennero raggiunti da Milo, il quale sembrava aver perso la baldanza che lo aveva sempre contraddistinto. Aveva un’espressione scura in volto, come di chi aveva perso tutto.

Gli sguardi degli altri tre non poterono fare a meno di convergere tutti su di lui.

“Lo spettacolo è finito” disse con voce greve “Il miglior stronzo protagonista se ne torna a casa. Considerati libero per domani” concluse rivolgendosi a Camus, per poi voltar loro le spalle e dirigersi verso le Dodici Case.

“Milo, aspetta!” gli intimò Acquarius, correndogli dietro “Non puoi abbandonare il progetto proprio ora”

Il prosieguo della loro conversazione si perse nell’eco delle onde che si infrangevano sul mare, tuttavia quelle poche parole erano bastate ad attirare l’attenzione delle due ragazze.

“Secondo te di quale progetto parlavano?” domandò Ayame a Galatea, che rispose con un’alzata di spalle.

“Potresti indagare” le propose Ayame, mentre si dirigevano anche loro verso le Dodici Case “Dal momento che abiti con Camus…”

“Cosa? No! Io non… non posso, voglio dire… come…” balbettò affannosamente Galatea, visibilmente rossa in faccia.

“Oh, andiamo! Qualche sorriso ammiccante, sbatti le ciglia un paio di volte e ti dirà anche di che colore erano le mutande di sua madre. È praticamente cotto di te”

“Ma… cosa?... figurati, lui… è un Cavaliere d’Oro… e io sono… beh, io” disse mestamente la Sacerdotessa, facendo storcere il naso ad Ayame.

“Che diamine blateri! Non vedo perché un uomo come Camus non si dovrebbe innamorare di una ragazza come te”

“Beh, è frigido come una vecchia zitella, quello potrebbe essere un problema” intervenne una voce sopra di loro.

Ayame e Galatea si fermarono di colpo e alzarono lo sguardo. Era Psiche che le attendeva in cima alla scalinata del Tempio dell’Ariete. Tra una chiacchiera e l’altra non si erano accorte di essere giunte ai piedi delle Dodici Case.

“Che ci fai qui?” le chiese Ayame, iniziando a salire le scale.

“Vi ho viste, o meglio, sentite arrivare dalla Seconda Casa e, potendo intuire il motivo della vostra visita, vi sono venuta incontro” rispose la Sacerdotessa.

Si incontrarono a metà scalinata e rimasero a fissarsi tutte e tre per qualche istante, prima di rompere il silenzio.

“Come stai? Sinceramente” le domandò Ayame, stringendole un braccio con tenerezza. Era ancora leggermente umida dal bagno in mare che era stata costretta a fare.

“Ho avuto momenti migliori, sinceramente” rispose lei, ma sembrava più serena dell’ultima volta che si erano ritrovate ad affrontare l’argomento “Ma mi rendo conto che non posso più tenervi tutto nascosto, dopotutto abbiamo deciso di affrontare questo viaggio insieme ed è giusto che sappiate il vero motivo del mio ritorno al Santuario, nonché le conseguenze che ne sono derivate”

 

Il sole stava tramontando sul villaggio di Rodorio, proiettando le lunghe ombre delle casette in pietra sulle stradine selciate. Nascosto da una di queste ombre due occhi profondi come l’oceano osservavano un gruppetto di bambini giocare con un vecchio pallone logoro. Benché il gioco prevedesse che ci fossero due squadre, uno dei bambini non sembrava darci troppo peso e non perdeva occasione di rubare la palla agli altri, a prescindere che fossero compagni di squadra o avversari e ostinatamente sordo ai loro rimproveri.

Gli ci vorrebbe una strigliata come si deve pensò Kanon, non riuscendosi però ad impedire di lodare un minimo lo spirito combattivo di Proteo.

Già, era proprio lui che il Generale stava osservando nascosto nell’ombra, perché per quanto si fosse sforzato di dimenticarle, le parole di rimprovero che Ayame gli aveva rivolto poco prima avevano continuato a rimbalzargli in testa senza dargli tregua, e solo in quel momento si stavano lentamente affievolendo.

Non trovi che ricordi qualcuno di tua conoscenza?” riecheggiò una voce alle sue spalle, come se provenisse dall’aldilà.

Kanon si voltò, aspettandosi di vedere il volto di quella donna, innocente e limpido come se lo ricordava, invece si ritrovò ad osservare il vicolo che in quel momento gli serviva da nascondino, desolato e buio. E si ricordò con lieve rammarico che quel volto non l’avrebbe visto mai più, avrebbe solo potuto coglierlo in qualche tratto di quello di Proteo.

Un’altra voce, questa volta reale, si innalzò sopra le grida dei bambini per richiamarli per la cena. Quasi tutti si misero a protestare e ad implorare l’educatrice di farli giocare ancora un po’ per designare il vincitore una volta per tutte, ma la donna non volle sentir ragioni e minacciò di riportarli tutti quanti in casa prendendoli per le orecchie se non avessero obbedito. Tanto bastò a convincerli a non farsi richiamare un’altra volta e ad incamminarsi, seppur con poco entusiasmo, verso l’orfanotrofio.

Proteo rimase in coda al gruppo e mentre camminava portava avanti il pallone malconcio a calci. Prima che scomparisse dalla vista di Kanon, il ragazzino si fermò e al Generale sembrò che volgesse lo sguardo nella sua direzione, per cui si nascose ancora di più nell’ombra, finché Proteo non riprese la sua strada.

Dopo qualche minuto di attesa, il guerriero uscì dal suo nascondiglio e si incamminò verso il Grande Tempio, con la testa nuovamente affollata di pensieri. Dal momento che si era spinto fino al villaggio per osservarlo di nascosto, era chiaro che non poteva più fare finta che Proteo non esistesse e che non fosse un suo problema. Probabilmente il destino stesso era intervenuto per ricordarglielo, quella mattina, quando l’aveva salvato tra le strade di Atene.

Ma come fare? Come raccontare ad un bambino di otto anni una storia simile e sperare che la accettasse senza battere ciglio? Se ci fosse stata lei, probabilmente avrebbe saputo come fare… o forse no, dal momento che era riuscita a cacciarsi in quella situazione scomoda e non era riuscita ad uscirne se non nel più estremo dei modi.

L’unico che avrebbe potuto aiutarlo, con le dovute riserve, era suo fratello Saga, che però in quel momento aveva altro a cui pensare e si trovava dall’altra parte del mondo.

Ma era veramente l’unico? Due insolenti occhi verdi incastonati in uno sguardo di rimprovero si insinuarono tra quei pensieri tempestosi.

Ayame aveva dimostrato sin da subito un interesse nei suoi confronti che non riusciva a spiegarsi, così come sembrava aver preso a cuore Proteo. Che sospettasse qualcosa? Sulla base di quali indizi? Nessuno al Santuario poteva sapere. Tuttavia Ayame era stata, e probabilmente nel profondo ancora era, la dea dell’amore. Che anche quel tipo di amore fosse di sua competenza?

Un potente cosmo infuocato interruppe bruscamente quel susseguirsi di domande senza risposta nella mente di Kanon e arrestò il suo cammino ai confini del villaggio. Il Generale si lanciò subito al suo inseguimento. La fonte di quel potere si fece sempre più vicina, quasi stesse aspettando che qualcuno andasse ad accoglierla. Quando fu quasi al confine tra Rodorio e Atene, quel cosmo fiammeggiante ebbe un volto. Una donna dai capelli scarlatti sembrava attenderlo all’imbocco del vicolo che conduceva al negozio di fiori. Vestiva abiti civili, probabilmente per confondersi tra la folla che riempiva le strade di Atene in quel periodo, ma alle sue spalle era ben visibile una traccia delle ali di fuoco che caratterizzavano i guerrieri della sua genia.

“Finalmente qualcuno è venuto ad accogliermi” disse con voce suadente la donna, sollevando la tesa del cappello che aveva in testa e rivelando due occhi fiammeggianti.

“Come ha fatto un Angelo a superare la barriera che protegge il Grande Tempio?” domandò Kanon, accendendo il suo cosmo nell’eventualità che quell’incontro sfociasse in uno scontro.

La donna scoppiò in una fragorosa risata di scherno. “Siete stati voi a portarci qui, rammenti?” rivelò quindi “Qualcuno vi stava osservando”

Il Generale capì subito che l’Angelo stava facendo riferimento al suo compagno che avevano visto sorvolare i tetti di Atene la sera della festa. Il fatto che fossero riusciti a trovare l’ingresso per il Santuario costituiva un enorme problema. Quell’Angelo andava eliminato.

Non appena Kanon ebbe solo che formulato quel pensiero, una barriera di fuoco si erse tra lui e il suo nemico, emanando un calore che sembrava quasi infernale.

“Non ho intenzione di combattere con te, Generale” ammise la donna da dietro la cortina di fuoco.

“Allora perché disturbarsi a venire fin qui?” domandò Kanon “Perché non attaccare?”

“Non è ancora il tempo di passare all’attacco” rispose semplicemente l’Angelo “Ma lo sarà ben presto… e la piccola dea addormentata non avrà scampo”

Senza lasciar cadere il muro di fuoco tra lei e Kanon, la donna si incamminò di nuovo lungo il vicolo, sventolando la mano a salutare il suo nemico. Dall’altra parte, il Generale dovette attendere che la cortina calasse prima di lanciarsi all’inseguimento dell’Angelo, poiché affrontarle senza armatura sarebbe equivalso a suicidarsi.

Una volta che il passaggio fu di nuovo libero, Kanon corse lungo il vicolo e irruppe nel negozio di fiori, incurante dello spavento che fece prendere ai clienti. Si precipitò quindi fuori dal negozio, nel traffico di Atene, ma del cosmo infuocato dell’Angelo non v’era più traccia.

 

 

Per raccontare la sua storia alle ragazze, Psiche aveva preferito appartarsi all’ombra di un uliveto nei pressi della casa dell’Ariete, lontana da orecchie indiscrete. Non le capitava spesso di aprire il suo cuore a qualcuno, dal momento che, le poche volte che l’aveva fatto, non ne aveva ricavato che dolore e delusione. Ma di Galatea e soprattutto di Ayame, della sua dea, sapeva di potersi fidare.

Le due ragazze non la interruppero mai durante il suo racconto, permettendole piano piano di sciogliersi e dare fluidità alla storia, di cui non tralasciò neanche un dettaglio.

Ad ogni parola le sembrava di togliersi un peso dal petto e quella sensazione di leggerezza via via più accentuata le permise di calmare il suo lato emotivo per lasciar spazio a quello più razionale.

Solo alla fine della narrazione comprese l’inutilità del suo attacco a Shaina e la sincerità delle parole di Aldebaran. Tuttavia perdonare il suo maestro per averle tenuto nascosta la morte di suo padre era per lei ancora inconcepibile.

Calò il silenzio per qualche istante tra le tre ragazze, quindi Ayame e Galatea la abbracciarono in contemporanea, gesto che lì per lì la spiazzò ma che subito dopo fu felice di ricambiare. Dopotutto non era male avere delle amiche con cui condividere quei pesanti ricordi.

“Oh, Psiche, ma come ti è saltato in mente di affrontare tutto questo senza dirmi niente?” la rimproverò Ayame, sciogliendo parzialmente l’abbraccio.

“Avevi altro a cui pensare, giusto?” rispose la Sacerdotessa con un’alzata di spalle.

“Per come sta andando, credo che impiegherei meglio il mio tempo ad ascoltare i vostri problemi piuttosto che a provare a far sbocciare quelle dannate rose” ammise Ayame.

“Ce la farai, devi solo credere più in te stessa… Afrodite” Psiche sottolineò l’ultima parola, lasciando intendere che aveva intuito i dubbi di Ayame riguardo la sua natura divina.

“Certo che siamo proprio un bel trio di disastri” intervenne Galatea, ridacchiando.

“Già ma siamo il trio di disastri più bello che questo Santuario abbia mai avuto occasione di vedere” aggiunse Ayame.

“Puoi dirlo forte!” concluse Psiche, battendo poi un cinque con le due amiche.

“Sarà meglio tornare alle nostre Case, è quasi ora di cena” constatò Galatea.

“E a me conviene correre come una scheggia alla Terza, altrimenti Kanon mi fa digiunare” aggiunse Ayame.

Si incamminarono tutte e tre verso le Dodici Case ma vennero intercettate poco dopo da alcune guardie del Santuario a pochi passi dalla Casa dell’Ariete. Anche Mu era con loro e dallo sguardo non sembrava foriero di buone notizie.

“Spiacente di interrompere la vostra chiacchierata, ragazze, ma il Gran Sacerdote vi ha convocate nella Sala del Trono” spiegò il Cavaliere.

“Evviva… e per quale ragione?” commentò sarcasticamente Ayame, che in cuor suo aveva sperato di non dover rivedere il volto di Shion per almeno qualche giorno. Quel finto entusiasmo le fece guadagnare un silenzioso rimprovero da parte di Mu, che rispose comunque con garbo “Sarà egli stesso ad informarvi di tutto”.

Dal canto suo, Psiche pensò di essere lei la responsabile di quella convocazione: probabilmente l’aver attaccato Shaina, una Sacerdotessa del Santuario, era stata un’avventatezza che non era passata inosservata alle alte sfere. Era comunque decisa ad accettare le conseguenze delle sue azioni, qualunque esse fossero.

“Fateci strada” disse accondiscendente.

Giunti all’ingresso della Tredicesima Casa, le tre ragazze scoprirono di non essere le sole ad essere state convocate. Anche Milo e Camus attendevano di essere ricevuti da Shion.

“Che ci fai qui?” domandò brusca Psiche allo Scorpione.

“Sappiamo entrambi perché siamo qui” rispose Milo pacatamente “Se ci saranno delle conseguenze da affrontare, concedimi almeno di non fartelo fare da sola”

Le parole del Cavaliere lasciarono Psiche spiazzata. Provò a rispondere in modo tagliente ma non ebbe il tempo di formulare nessuna cattiveria, poiché il Gran Sacerdote uscì a passo svelto dalla Sala del Trono, seguito a ruota da Kanon.

“Quali che siano i motivi per cui vi ho fatti venire qui, possono aspettare. Abbiamo un faccenda ben più urgente di cui occuparci” spiegò Shion senza nascondere un minimo di apprensione, quindi si voltò verso Kanon dandogli tacitamente la parola.

“Gli Angeli hanno scoperto come accedere al Grande Tempio, ne ho incontrato uno io stesso poco fa al villaggio. Attaccheranno presto, perciò dobbiamo essere pronti a difenderci in qualsiasi momento”

“Perché non attaccare subito, sfruttando l’elemento sorpresa?” domandò Camus.

“Non ne ho idea” rispose Kanon “L’unica cosa che quell’Angelo ha lasciato trapelare è che Ayame rimane il loro obiettivo”

“Credo sia saggio allora che ritorno alle tue stanze qui alla Tredicesima” intervenne Shion, ma la ragazza non voleva sentir ragioni.

“No!” rispose perentoria, lanciando poi uno sguardo supplice a Kanon.

“Sei troppo vicina all’ingresso del Santuario!” cercò di farla ragionare il Celebrante.

“Non torno in un posto dove non sono la benvenuta” ribatté decisa Ayame.

“Io posso rimanere alla Casa del Toro” intervenne Psiche, risparmiando a Shion un’inutile replica “In questo modo dovranno superare quattro di noi prima di arrivare ad Afrodite, e lei avrà il tempo di mettersi in salvo”

Il silenzio calò sul patio della Tredicesima Casa. Gli sguardi di tutti, principalmente di Psiche, Ayame e Kanon, erano rivolti a Shion, in attesa di una sua sentenza.

La Sacerdotessa della Rosa non poteva sperare in un’occasione migliore per svincolarsi dalla convivenza con Aphrodite, insieme al fatto che in questo modo sarebbe tornata a sorvegliare Ayame da vicino.

La ragazza dal canto suo non aveva intenzione di lasciare la Terza. Non che Kanon fosse un maestro di ospitalità, ma era comunque riuscito a farla sentire più accettata di quanto non avesse fatto Shion. Inoltre vivere con lui era il modo migliore per risolvere l’enigma che Kanon era.

Quanto a Kanon, infine, si sorprese nello sperare che Shion accettasse di lasciare a lui la custodia di Ayame. Lui, amante della solitudine a cui era stato destinato sin dalla nascita, sentiva che quella ragazzina invadente gli sarebbe mancata, e si era stabilita alla Terza Casa da neanche dodici ore. Doveva essere completamente impazzito.

“E sia” disse alla fine Shion, quindi si rivolse ad Ayame “Ma non uscirai dal perimetro del Santuario per nulla al mondo e se vorrai recarti al villaggio dovrai essere sempre accompagnata, chiaro?”

“Signorsì!” rispose lei, già contenta che avesse accettato quel compromesso. Scambiò quindi uno sguardo di intesa con Psiche, poi si voltò verso Kanon giusto in tempo per vedere l’ombra di un sorriso sparire dietro la solita espressione di pietra. Gli sorrise comunque, prima o poi avrebbe imparato anche lui a farlo senza vergognarsi.


Buonasera a tutti!
Anche per questo capitolo mi sono fatta attendere più della cometa di Halley, ma spero ne sia valsa la pena.
Mi rendo conto che non succeda granchè ancora, in termini di azione, ma mi sto concentrando, come dice anche il titoto di questo capitolo, sui legami tra i vari personaggi, che saranno poi importanti nel momento in cui inizierà l'azione. Come sempre ho scritto di getto, quindi qualche strafacione ci sarà, seganalate tutto quando nei commenti che vorrete lasciare e, per il resto, buona lettura!
Martyx

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Capitolo 20
*** Incubi ***


Babylon

(seguito di A Divine Love)

19 -Incubi

L’ultimo raggio di sole andò ad illuminare fiocamente i resti di una vetrata colorata che adornava la navata della chiesa sconsacrata che avevano adibito a quartier generale.

L’immagine ritraeva l’Arcangelo Michele, il comandante delle schiere celesti, sopraffare quello che una volta era stato suo compagno d’armi ma che comunque rimaneva suo fratello, Lucifero il traditore.

Mikio non si stancava mai di contemplare quella raffigurazione, nonostante l’incuria e le intemperie l’avessero deturpata in numerosi punti, il tutto nella speranza di ritrovare un po’ di se stesso nella figura angelica del protagonista. Michele, l’Arcangelo senza macchia, ciecamente fedele al suo Signore, era tuttavia così diverso da lui, che probabilmente di angelico aveva solo la manifestazione della sua potenza, quelle ali lucenti che in quel momento erano serrate e spente.

Un bagliore fiammeggiante alle sue spalle diede ancora più vita ai colori della vetrata, seppur solo per qualche istante.

“Ebbene?” domandò Mikio alla sua sottoposta dalla chioma scarlatta.

“Come pensavamo. Sono impreparati e spauriti, la preda perfetta” rispose lei, soddisfatta.

“E la dea?” la interrogò ancora.

“Non si percepisce niente di divino in quel posto malcelato”

Mikio sospirò. Stava passando troppo tempo, presto sarebbero potuti sorgere i primi sospetti ed arrivare le prime domande sulla loro competenza. Gli ordini erano stati chiari, occuparsi di quel che era rimasto di Afrodite il prima possibile, non potevano tergiversare ancora a lungo.

“È tempo di dare una scrollata a quel Santuario sonnacchioso. Richiama Ari e Jez” ordinò Mikio, rivolgendosi direttamente alla donna, la quale però sembrava poco convinta.

“Sei sicuro che funzionerà?” gli domandò infatti.

Deve funzionare, altrimenti sarà la fine per tutti” rispose l’Angelo a denti stretti.

La rossa annuì, quindi domandò ancora “Coi soliti tempi?”

“Coi soliti tempi” confermò Mikio.

 

Quella lunga giornata era infine giunta al termine. Le tinte rosse del tramonto lasciavano via via spazio al blu della limpida notte ellenica, che avrebbe portato ancora una volta con sé un cielo punteggiato di innumerevoli stelle.

Insieme ad essa giunse anche il silenzio, rotto solo ogni tanto dal vociare delle guardie di ronda, in numero maggiore rispetto al solito data l’emergenza che si era presentata. Anche alla Casa dei Gemelli, da sempre rinomata per il silenzio che vi regnava all’interno quasi quanto quella della Vergine, qualcosa disturbava la quiete che la notte avrebbe dovuto portare con sé.

Era la prima notte che Ayame passava al Terzo tempio e scioccamente si era aspettata che sarebbe stata diversa dai sonni agitati cui era andata incontro quando dimorava dal Gran Sacerdote. Tuttavia gli incubi l’avevano seguita anche lì. Occhi grigi e spenti e fauci che la divoravano, sempre la solita inquietante giostra che comunque riusciva a turbarla come la prima volta. Si svegliò di soprassalto, esclamando qualcosa di insensato alla stanza di Saga, nel girarsi convulsamente perse l’appoggio sul materasso e cadde dal letto battendo la testa contro il comodino.

Ormai perfettamente sveglia, la ragazza trattenne a stento un’imprecazione per non rischiare di svegliare Kanon e si portò la mano alla fronte: perdeva sangue.

“Ci mancava anche questa, maledizione!”

Tenendosi una mano sulla ferita, cercò di raggiungere la cucina, per quanto col buio avventurarsi per i corridoi della Casa di Gemini si rivelò essere un’impresa più ardua del solito.

Giunta finalmente a destinazione, prese a setacciare ogni meandro della stanza nella speranza di trovare qualcosa che la aiutasse a tamponare la lieve emorragia, ma interruppe la sua ricerca quando un lamento più simile ad un ringhio giunse alle sue orecchie. Per quanto poco conoscesse la sua nuova dimora, capì che quel rumore proveniva dagli alloggi di Kanon.

Lasciò perdere la ferita e si avventurò per i corridoi della Casa, guidata unicamente da quei lamenti strazianti, finché non si trovò davanti a quella che intuì essere la porta della stanza di Kanon. Da vicino i lamenti risultarono essere delle vere e proprie grida che quasi convinsero Ayame a desistere dall’aiutare il suo ospite. Pensò che, qualsiasi incubo lo stesse tormentando, doveva essere di gran lunga peggiore del suo.

Prese allora un respiro profondo ed entrò nella stanza. Era semplice come la sua, forse ancora più austera: un letto e pochi altri mobili essenziali la riempivano. Il giaciglio si trovava di fronte a lei, sotto la finestra da cui i raggi della luna e delle stelle entravano senza ostacoli ad illuminare bene l’ambiente e il suo inquilino.

Nel suo agitarsi durante il sonno, Kanon aveva fatto cadere a terra il leggero lenzuolo e in quel momento, prono sul letto, si stava aggrappando con tutte le sue forze al coprimaterasso e stava addentando il cuscino, quasi nel tentativo di soffocare le sue grida.

Ayame non poté che provare pena per quell’uomo che sembrava tormentato da demoni peggiori dei suoi, ma per quanto poco lo conoscesse era facile intuire che non era tipo da accettare compassione da chicchessia, così si fece forza e si avvicinò a Kanon, allungando un braccio per svegliarlo.

Non l’ebbe neanche toccato che il guerriero si sollevò di colpo.

“IO NON LA UCCIDERÒ!” gridò agitando un braccio nel vuoto, come a scacciare qualcuno o qualcosa che probabilmente albergava solo nella sua mente. Quando la sua mano incontrò il braccio teso di Ayame, che nel mentre stava arretrando per lo spavendo, lo afferrò con tutte le sue forze e tirò la ragazza a sé.

“Kanon… Ah!” urlò lei, che nel vedere l’altra mano del Generale cercare il suo collo, parò d’istinto il colpo e gli bloccò il braccio sul letto.

“Kanon, svegliati!” gli intimò alla fine.

Il guerriero si ridestò e il suo sguardo vagò per qualche istante dal suo braccio tenuto fermo da Ayame sul materasso, alla sua mano che stringeva il polsi di lei, quindi al volto della ragazza, insanguinato.

In un attimo si divincolò dalla sua presa, il volto contratto in un’espressione sconvolta, arretrando finché non fu contro il muro dal lato opposto.

“No… io… che cosa ho fatto?” cominciò a balbettare, quindi si portò le mani tremanti davanti al volto.

Ayame rimase qualche istante a scrutarlo, nel tentativo di capire cosa agitasse a tal punto Kanon. Che non fosse ancora del tutto sveglio?

Poi accadde di nuovo come la prima notte al promontorio. La stanza lasciò spazio ad un universo costellato da astri in collisione, a cornice di ciò che imperversava nella mente turbata di Kanon.

In quel momento il Generale vedeva se stesso, vestito della sua armatura di scaglie d’oro, ai piedi della colonna dell’Atlantico del Nord. Le sue mani erano grondanti di sangue e due cadaveri giacevano ai suoi piedi: quelli di Atena e Poseidone. Subito dopo un terzo andò a completare la macabra visione. Era il corpo di Ayame.

Subito la ragazza arretrò terrorizzata, poi il suo sguardo si soffermò su un dettaglio che diede un senso a tutto. Anche nella visione di Kanon, infatti, un rivolo di sangue scendeva dalla fronte della bionda. Probabilmente l’averla vista in quelle condizioni nello stato di dormiveglia in cui si trovava aveva scatenato in Kanon quel sogno raccapricciante.

Recuperata la lucidità, Ayame provò a svegliare il Generale con richiami via via più insistenti, che però non sortirono alcun effetto. Sperando di non doversene pentire in futuro, la ragazza decise allora di ricorrere a maniere più drastiche e si scagliò contro Kanon per dargli un pugno.

Questi parò il colpo e la visione scomparve.

Lo sguardo di Kanon, prima perso nel vuoto, andò ad incontrare quello di Ayame.

“Ti sei svegliato, finalmente”

La bionda ritrasse il pugno. Kanon però sembrava ancora turbato.

“Il… il tuo volto…” sussurrò a malapena.

Ayame gli sorrise serena e gli rispose “Non sei stato l’unico ad avere gli incubi, stanotte. Solo che io sono stata riportata alla realtà dallo spigolo del comodino”

“… comodino?” ripetè l’uomo, ancora non del tutto convinto.

“Già! A quanto pare a tuo fratello piacciono i mobili con gli spigoli ben pronuncia… auch!”

Kanon, che sembrava essersi ripreso del tutto, interruppe gli sproloqui di Ayame afferrandola con poca grazia per il mento e girandole il viso per studiare meglio la ferita. L’emorragia sembrava essersi arrestata e il sangue sul volto si era in buona parte coagulato, incrostando una sottile ciocca di capelli.

“Vieni con me” disse poi, lapidario e monocorde come al solito.

Ayame trasse un sospiro di sollievo, prima di seguirlo verso la cucina. Era tornato il Kanon di sempre.

 

Da lontano era sempre sembrato un anfratto come ce n'erano tanti tra le colline rocciose intorno al Santuario, probabilmente per questo nessuno vi aveva mai fatto caso.

Con la minaccia degli Angeli incombente e la conseguente intensificazione dei controlli lungo i confini, la stranezza di quel recesso roccioso era stata subito notata. Quattro scalini perfettamente levigati portavano all'ingresso di quella che si intuiva essere una caverna scavata all'interno della collina. Due spesse porte metalliche sbarravano l'accesso a quei locali, niente che qualsiasi colpo di qualsiasi Cavaliere, anche solo lanciato a mezza potenza, non avrebbe sbalzato via in meno di un battito di ciglia. Non sapendo, però, con certezza, cosa vi fosse al di là di quelle porte, Shion aveva preferito essere prudente.

Era stato avvisato di quella scoperta da una delle guardie responsabili dello strano ritrovamento, la quale aveva avuto la fortuna di trovarlo ancora sveglio, in preda ai pensieri che l'intrusione dell'Angelo aveva portato con sé. Sebbene in principio avesse pensato che tale scoperta non valesse il suo disturbo, quando si era trovato davanti le due porte metalliche si era dovuto ricredere.

Non rammentando, poi, di aver ordinato lui la costruzione di quella caverna, era andato immediatamente a chiedere al suo 'successore' delucidazioni, per quanto fosse stato un gesto che gli era costato uno sforzo immane e per cui in altri frangenti non avrebbe sprecato un viaggio dall'altra parte del mondo, seppur facilitato enormemente dal teletrasporto.

Saga di Gemini studiò da vicino per qualche minuto il passaggio chiuso e ricoperto dai detriti, sorpreso che gli scontri di cui quelle colline erano stati testimoni l'avessero risparmiato. Ricordava, infatti, di aver commissionato la costruzione di quel luogo a qualcuno, ma erano comunque ricordi confusi e annebbiati, a causa di quella doppia personalità che tanti danni aveva arrecato e non solo alla sua mente.

Nel tentativo di riesumare più memorie possibili, Saga prese a percorrere il portone metallico con la mano, scrostando più sporco che poteva, finché non riuscì a riportare alla luce ciò che gli interessava.

Quello che di primo acchito poteva sembrare un semplice tastierino metallico a nove cifre in realtà era un schermo tattile incorporato nella porta, il quale pareva ancora funzionare a distanza di anni. Una barra orizzontale lampeggiava tenue sopra i tasti.

"Ricordi la combinazione?" gli domandò Shion, giunto alle sue spalle.

"Ricordo solo che qualcuno l'aveva comunicata ad Arles e temo che lui se la sia portata via con sè" rispose Saga, sorprendendo il Gran Sacerdote nel rivolgersi alla sua metà malvagia come se fosse qualcuno di estraneo.

"Possiamo però sperare che qualcun altro possa scoprire un modo per entrare qua dentro" riprese Gemini, riprendendo a togliere lo sporco poco al di sopra dello schermo, finché non comparve un logo inciso sul metallo.

"Qualcuno che, fortunatamente, non sarà difficile da scovare" commentò Shion, lasciando trapelare un minimo di sorpresa.

Il logo riportato alla luce da Saga era quello della Kobayashi Software.

 

Quando Camus entrò in cucina, trovò Galatea intenta ad imbandire la tavola per la colazione. Era già la seconda volta che si prodigava in quel modo, ma quando qualche giorno prima gli aveva preparato il pastitsio greco l’aveva rifiutato in malo modo. Perciò, per quanto quel suo indaffararsi lo mettesse a disagio, decise che non avrebbe fatto storie. Se ne convinse ancora di più quando la ragazza lo accolse con un sorriso raggiante, in grado di scaldarlo più del solito.

“Buongiorno! Ho sentito che sei rientrato tardi ieri sera, così ho pensato di farti trovare già tutto pronto”

In cuor suo Galatea sapeva che quello che aveva detto era vero solo in parte. Le faceva piacere dare una mano al suo ospite con le faccende, ma quella mattina aveva anche un altro obiettivo: scoprire cosa stavano tramando Camus e Milo. Non che fosse da lei immischiarsi nelle faccende altrui, specialmente se questo comportava dover affrontare lo sguardo glaciale e sfuggente di Aquarius. Tuttavia con Ayame avevano convenuto che i traffici dei due Cavalieri avevano a che fare con Psiche e, dati gli ultimi avvenimenti che l’avevano vista coinvolta, era giusto capire se il ‘progetto’ di cui avevano sentito parlare fosse dannoso per la Sacerdotessa.

Come suggeritole da Ayame, quindi, Galatea aveva sfoggiato il suo miglior sorriso non appena Camus era entrato in cucina, nella speranza che questo, insieme all’abbondante colazione che aveva preparato, servisse a scucire qualche dettaglio in più sulla faccenda all’algido guerriero.

“Grazie! Sei… sei stata molto gentile” rispose incerto il ragazzo, sedendosi a tavola e cominciando a versarsi del succo d’arancia.

“Non ho fatto nulla di speciale se non attingere dalla tua ricca dispensa” ribatté Galatea, mentre si sedeva accanto a lui “Dopo i bruciori di stomaco che ho causato a Shura col pastitsio, ho capito di non essere granché come cuoca e non volevo rischiare di avvelenarti”

“Capricorn non ha mai avuto uno stomaco di ferro” rise Camus, con una naturalezza che non ricordava di possedere, ma che per una volta gli aveva permesso di non rendersi ridicolo davanti a Galatea. Anch’ella stava ridendo, e la stanza sembrò d’un tratto più luminosa.

“Sì, in effetti è più Milo che mi dà l’impressione di poter digerire anche le pentole” azzardò la ragazza, sperando che l’altro abboccasse.

“Puoi dirlo forte! Una volta l’ho visto spazzolarsi una teglia intera di lasagne che sarebbe dovuta bastare per sei persone”

“A proposito, come sta? Quando ve ne siete andati, ieri, era parecchio giù di morale”

“Sinceramente, l’ho mai visto così a terra” rispose Camus dopo qualche istante di riflessione “Mi ricordo di Milo infuriato, dispiaciuto, triste, ma non credo abbia mai avuto il morale così a terra”

Aquarius prese a scrutare intensamente il fondo del suo bicchiere, mesto come se la situazione emotiva dell’amico permeasse anche il suo animo.

“Ho paura che si stia arrendendo, con Psiche” confessò poi, non provando nemmeno a nascondere quanto la cosa lo spaventasse.

“In che senso?” provò ad indagare la bionda.

“Immagino che Psiche vi abbia spiegato cosa è successo ieri e in passato, tra lei e Milo”

Galatea annuì.

“Milo ha sempre avuto un debole per le donne, non ha mai neanche provato a nasconderlo. Ma questa volta con Psiche era diverso! Voleva davvero che funzionasse, si era persino lanciato in un…”

Il Cavaliere si interruppe, si era accorto che stava andando oltre il consentito con le confessioni.

“… progetto?” Galatea finì la frase per lui. “Ve ne ho sentito parlare ieri mentre tornavate alle Dodici Case”

Camus annuì “Ci credeva davvero, in quel progetto, e ti posso assicurare che era perfetto, geniale”

“Di che cosa si trattava?” domandò cauta la ragazza.

“Mi spiace, Galatea, gli ho promesso che non l’avrei detto a nessuno…”

“Manterrò il segreto” disse la ragazza con una sicurezza che non credeva di avere, e nel farlo strinse istintivamente la mano a Camus. Questi non si accorse nemmeno di ricambiare il gesto altrettanto inconsciamente, dal momento che era perso nello sguardo limpido e determinato di Galatea.

Le raccontò tutto, con sempre maggior enfasi, senza risparmiarsi sui dettagli. Poteva fidarsi.

“È meraviglioso” commentò alla fine la ragazza, quasi con le lacrime agli occhi.

“Sì, lo è”

“Non può abbandonarlo!” scattò poi lei, alzandosi dallo sgabello che cadde dietro di lei. La cosa tuttavia le importò meno di niente, aveva lo sguardo infuocato e stringeva la mano di Camus con tutta la forza che aveva. “Dobbiamo convincerlo a non farlo”

Si avviò verso l’uscio della cucina che dava sulla sala dei combattimenti dell’Undicesima Casa, trascinandosi dietro il suo proprietario, il quale era completamente rapito dalla determinazione che la Sacerdotessa stava dimostrando e che la rendeva ai suoi occhi ancora più bella e desiderabile. Solo gli dei sapevano quanto avrebbe voluto baciarla, ma non era quello il momento giusto.

Tra loro due era sempre stato Milo il trascinatore. Col suo entusiasmo aveva sempre cercato di far uscire Camus dall’involucro ghiacciato che si era costruito attorno, specialmente dopo che era tornati in vita. Era solo merito di Milo se stava iniziando a lasciarsi andare con Galatea e vederlo arrendersi sull’unico fronte su cui Camus non aveva mai neanche provato a batterlo era per lui inconcepibile. Non era quello il Milo che conosceva e che l’aveva spronato solo qualche giorno prima a cogliere la seconda occasione che era stata loro concessa.

Si lasciò guidare da lei fino all’Ottava Casa, senza mai lasciare la sua mano. Una volta arrivati, fu lui a condurla all’interno fino alla stanza di Milo.

Bussarono alla porta e attesero. Scorpio venne ad aprire dopo attimi infiniti. Aveva il volto scavato di chi non aveva chiuso occhio a causa dei troppi pensieri. Squadrò i due ragazzi con apparente sufficienza, quindi parlò.

“Siete venuti a dirmi che avete deciso di sposarvi?” domandò con il tono monocorde che aveva assunto dalla sera prima e che avrebbe fatto invidia a Kanon.

Camus e Galatea subito non capirono, poi si accorsero di essere ancora mano nella mano. Sciolsero la stretta con notevole imbarazzo, cercando però di nascondere all’altro quanto avrebbero desiderato mantenere quel contatto.

“No, volevamo parlare con te a dire il vero” disse poi Camus.

“So già di cosa volete parlarmi e non ho niente da dirvi” sentenziò Milo. Fece quindi per richiudere la porta, ma una resistenza più strenua del previsto si oppose. Si sorprese quando vide che era stata Galatea a bloccarla.

“Non puoi abbandonare il progetto della bottega” gli disse risoluta la Sacerdotessa.

Milo volse lo sguardo alle spalle della ragazza dove stava Camus.

“Meno male che doveva essere un segreto” sbottò, quindi uscì dalla stanza diretto in soggiorno.

“Ha promesso che non lo rivelerà a nessuno” disse Camus, mentre lo seguiva.

“Sì, certo, come no! Quelle tre sono un’associazione a delinquere, si diranno persino quando hanno il ciclo”

“Milo!” lo rimproverò Aquarius, per voi voltarsi verso Galatea, la quale non sembrava però troppo turbata.

“È vero, in linea del tutto teorica l’idea di indagare su questa cosa è stata di Ayame e poi dovrei riferirle tutto” ammise la Sacerdotessa mentre, sulla soglia della cucina, osservava Milo prendere qualcosa dal frigo.

“Non avevo dubbi”

“Ma ora che so tutto e che ho il quadro completo della situazione, ti giuro sulla mia stessa dea che non le dirò nulla”

Il Cavaliere dell’Ottava passò oltre la ragazza non risparmiandole un’occhiata scettica e, una volta giunto in soggiorno, si stappò una birra e si lasciò cadere sulla poltrona.

“Ebbene, parlate”

“Lo so che sono sempre stato scettico riguardo il recupero di quella bottega” iniziò Camus, prendendo una sedia dal tavolo lì vicino per sedersi di fronte all’amico “Ma l’idea è davvero buona, geniale oserei dire! È qualcosa che Psiche non si aspetterebbe mai, specie dopo tutto quello che le è successo”

“Tu non l’hai vista oggi, alla spiaggia” lo interruppe Milo, in quel momento di gran lunga più scettico di quando l’amico fosse mai stato “Non hai visto con quanta rabbia e delusione mi ha guardato. E ha ragione a farlo, ha ragione ad avercela con questo maledetto posto! Qui non c’è spazio per i sentimenti né per i sentimentalismi, è quello che ci hanno insegnato”

“Vada a farsi fottere quello che ci hanno insegnato, Milo!” scattò Camus. Con una zampata fulminea tolse dalle mani dell’amico la bottiglia di birra, che cadde a terra poco distante, frantumandosi e macchiando il pavimento. Scorpio però neanche ci fece caso, gli occhi azzurri e fiammeggianti di Camus lo tenevano inchiodato al suo posto e gli impedivano di volgere lo sguardo altrove.

“Tu stesso mi hai detto che questa è una seconda occasione che non avevi intenzione di lasciarti sfuggire, e adesso alla prima difficoltà molli tutto così? Sei un vigliacco, un bugiardo o cosa, Milo? Dimmelo!”

Nell’inveire contro Scorpio, Camus l’aveva preso per il bavero portando il viso dell’amico ad un centimetro dal suo. In quel momento erano occhi negli occhi, oceano e ghiaccio che si fronteggiavano, e il ghiaccio non aveva intenzione di arrendersi.

Milo riuscì per un attimo a distogliere lo sguardo per puntarlo oltre Aquarius, dove Galatea osservava la scena. Sembrava un po’ scossa dalla piega che aveva preso la situazione, ma sul suo viso rifulgeva la stessa determinazione che Camus gli stava dimostrando in quel momento.

Tornò a guardare l’amico e gli sorrise, quindi si liberò gentilmente dalla sua presa.

“Non sono un vigliacco… e nemmeno un bugiardo. Sono solo un coglione” ammise alzandosi in piedi.

L’atmosfera, fino a poco prima tesa come una corda di violino, si alleggerì e anche Camus e Galatea si sciolsero in un sorriso.

“Avete ragione. Stavo mollando nel momento in cui non avrei mai dovuto mollare”

“Ha bisogno di tutto questo, ora più che mai” confermò Galatea.

“E noi ti daremo tutto l’aiuto che possiamo” aggiunse Camus.

Milo li guardò entrambi, scorgendo nel loro timido e strano rapporto uno sprone in più per andare avanti. Come gli aveva detto Camus, quella era la loro seconda chance. Se quel frigido del suo amico era in grado di approfittarne, seppur coi suoi tempi biblici, allora anche lui doveva farlo, esattamente come si era prefissato.

“Grazie, ragazzi” disse lo Scorpione, stringendo la spalla dell’amico. Perché quel ringraziamento era più che altro rivolto a Camus, che per la prima volta nella sua vita aveva sentito divampare il fuoco dentro di sé ed era riuscito a riaccendere quello di Milo.

Sentendosi di troppo, Galatea sfruttò la scusa dell’andare a cercare qualcosa per pulire la birra dal pavimento e uscì dal soggiorno, non prima di averci lanciato un’ultima sbirciata per vedere i due amici scambiarsi un abbraccio fraterno.

 

Tenere gli occhi aperti cominciava a diventare un’impresa titanica. La notte era passata praticamente insonne sia per Ayame che per Kanon, nessuno dei due era voluto tornare ad affrontare gli incubi che aspettavano nella profondità del loro subconscio. Tuttavia, nonostante i tentativi di Ayame, il Generale non aveva voluto parlare dell’accaduto e, dopo aver medicato scrupolosamente la ferita che la ragazza si era inferta cadendo dal letto, si era diretto all’arena per allenarsi in solitaria, lasciando Ayame con la sola compagnia degli echi della Terza Casa. Giunta l’alba, la bionda si era allora diretta al villaggio, accompagnata dalla prima guardia capitatale sotto mano e armata di uno dei boccioli di Aphrodite e di tutta la determinazione che possedeva per scoprire qualcosa di più sull’enigmatico guerriero e sul suo legame col piccolo Proteo.

Era ormai mattina inoltrata e la mancanza di riposo iniziava a dare segno di sé. Il fiorellino come al solito non voleva saperne di sbocciare né Ayame si stava prodigando perché la cosa cambiasse. Praticamente sdraiata sul bordo della fontana che adornava la piazza principale del villaggio, cullata dal vociare degli abitanti, stava lentamente scivolando nel mondo dei sogni quando uno spruzzo d’acqua fredda la riportò bruscamente nel mondo degli svegli.

Rimessasi subito a sedere, si asciugò il viso e prese a cercare il responsabile del suo risveglio, quando sentì una risata sommessa alle sue spalle.

“Ihihih! Stavi cominciando a russare” rise Proteo, mentre si dondolava sul bordo della fontana.

Ayame rise a sua volta e si mise a sedere. “Come mai da queste parti, Proteo? Non sarai di nuovo scappato” gli chiese.

Il ragazzino alzò le spalle “C’era lezione di matematica, ho chiesto di andare in bagno”

“E vieni sempre in bagno qui?”

“Dipende…” rispose lui vago.

“Ti dovrei riportare in classe per le orecchie, lo sai?” provò a minacciare Ayame, ma Proteo non si lasciò intimorire.

“Anche tu stavi dormendo invece di fare quello che devi fare con questo” rispose lui risoluto, facendo sventolare il bocciolo davanti al viso della ragazza.

“Ehi! Dove l’hai preso?” domandò lei, riprendendoselo, imbarazzata per essere stata colta in flagrante.

“Ti era caduto mentre dormivi. Che ci devi fare? Ce l’avevi in mano anche ieri”

“Sei troppo sveglio e curioso per avere otto anni” ribatté lei dopo qualche istante.

“Me lo dicono sempre anche le educatrici” Proteo gonfiò il petto, orgoglioso “Allora, cosa devi farci con quel fiore?”

Ayame sospirò, avendo inteso che il ragazzino non aveva intenzione di demordere. “Beh, che tu ci creda o no, devo farlo sbocciare”

“E come fai? Non hai mica un potere come il Cavaliere dei Pesci” constatò il bambino, andando involontariamente a toccare il nervo scoperto di Ayame, che ci mise qualche istante a formulare una risposta sensata.

“Teoricamente dovrei averne uno simile”

“Sei un Sacro Guerriero di Atena?” domandò il bambino, con la voce bassa da cospiratore ma il volto illuminato dall’ammirazione.

“No, non proprio, sempre a livello del tutto teorico io sarei… una dea”

A quella rivelazione Proteo rimase qualche istante a fissarla a bocca aperta, quindi scosse la testa “Nah, mi prendi in giro”

Fantastico, nemmeno un bambino di Rodorio mi crede pensò cupamente Ayame.

“Se sei davvero una dea, perché non riesci a far sbocciare il fiore?” domandò il bambino, convinto di averla colta in flagrante.

“Te l’hanno mai raccontata la fiaba della Bella Addormentata?” chiese a sua volta la ragazza, la quale stranamente ci teneva che Proteo le credesse.

“L’ho sentita qualche volta. La raccontano ogni tanto le educatrici alle bambine”

“Bene, allora, è come se io fossi la Bella Addormentata. Invece che pungermi con un fuso sono stata punta da uno spillo ed è stato una specie di stregone alato a farmi questo, non una strega. Come risultato, la dea che è in me si è addormentata e io non ho più il potere neanche di far sbocciare questo dannato fiore. Ti ho convinto adesso?”

“Neanche un po’”

“Grandioso. E comunque direi che sei stato in bagno a sufficienza”

Ayame si alzò dal bordo della fontana e invitò Proteo a fare altrettanto, ma il ragazzino non voleva saperne.

“Non ci torno là dentro”

“Proteo, neanche ventiquattr’ore fa stavi per finire sotto una macchina. Hai fatto preoccupare tutti quanti a sufficienza, non ti sembra sia il momento di rigare dritto, almeno per un po’?”

“Che succede qui?” domandò una voce alle loro spalle. Entrambi si ammutolirono quando videro Kanon procedere nella loro direzione. Ad un primo sguardo sembrava non fosse nemmeno passato a darsi una ripulita dopo l’allenamento, aveva ancora la fronte imperlata di sudore e la tenuta era sporca di terra.

Il Generale squadrò severo prima Ayame, poi il piccolo Proteo, e di nuovo quella sensazione pervase la ragazza, la quale diede una rapida sbirciata al bocciolo che aveva in mano: la corolla si stava lentamente aprendo.

Era un’occasione d’oro per provare a svelare una parte del mistero che aleggiava attorno a quell’uomo e non poteva lasciarsela scappare. Provò ad inventarsi qualcosa.

“Ero qui che provavo a fare quello che devo, se capisci cosa intendo, quando Proteo è venuto a trovarmi. Ha approfittato di una pausa dalla lezione di matematica per fare un giro al villaggio. Gli stavo giusto dicendo che però si era fatto tardi ed era meglio se rientrava. Sei d’accordo con me?”

“L’unica cosa su cui sono d’accordo è sul fatto che siete entrambi dove non dovreste essere” rispose duramente, rivolgendosi poi direttamente ad Ayame “Ti era stato detto che non potevi girare da sola”

“C’era una guardia con me, infatti” ribatté lei con un tocco di supponenza.

“Eccola, la tua guardia” Kanon indicò il limitare della piazza, dove il soldato da cui Ayame si era fatta accompagnare giaceva svenuto contro il muro di una casa. “Non è il loro compito vegliare su di te, ma il nostro. Con tutto il rispetto per il loro ruolo, girare insieme ad una delle guardie per te equivale ad essere sola, divinità da strapazzo”

“Quindi sei davvero una dea?” domandò Proteo, con un principio di meraviglia dipinto sul volto.

“Mettiamo in chiaro le cose” continuò il Generale, frappostosi tra lei e il bambino “Mi sono esposto a sufficienza con il Gran Sacerdote per te, cerca di non rendermi le cose difficili altrimenti ci metto un attimo a riportarti da lui in cima alla scalinata. Quanto a te, ragazzino” si rivolse poi a Proteo, con uno sguardo non meno severo “Vedi di alzare i tacchi e tornare all’orfanotrofio, perché non ho intenzione di rincorrerti di nuovo per tutta Atene”

“A-ah… io… s-signorsì” balbettò Proteo, il quale, invece che rifuggire lo sguardo fiammeggiante di Kanon, ne sembrava talmente calamitato da non riuscire nemmeno a voltarsi per correre via. Si avviò verso l’orfanotrofio camminando all’indietro, incurante del fatto che potesse scontrarsi con qualcuno, cosa che accadde inevitabilmente. Ayame e il Generale non ebbero il tempo di avvertirlo che il bambino andò a tagliare la strada ad un mercante che trasportava diverse cassette di pomodori. Caddero entrambi a terra insieme al carico che l’uomo trasportava. Il mercante cominciò ad inveire contro Proteo, completamente ricoperto di poltiglia rossa, ma quando l’uomo minacciò di rincorrerlo per tutto il villaggio puntandogli contro un pezzo di una delle cassette di legno, vide subito il suo braccio bloccato dalla presa ferma di Kanon.

“Mi dispiace. È stata colpa mia. Ho spaventato il ragazzo” disse il Generale con fermezza, mentre lasciava la presa sull’uomo.

“N-no, voglio dire… signor Kanon, la mia merce…” ribatté l’uomo a fatica, indicando il disastro ai suoi piedi e addosso al bambino.

“A quello penserò io” intervenne Ayame, che era accorsa per dare una ripulita a Proteo.

Il mercante la ringraziò con un leggero imbarazzo e proseguì per la sua strada.

La ragazza riprese a togliere quanto più pomodoro possibile dal volto del bambino, quando questi si divincolò dalla sua presa per recuperare il bocciolo che lei aveva lasciato momentaneamente a terra.

“Guarda! È completamente sbocciato!” commentò entusiasta “Come hai fatto? Allora sei davvero una dea!”

Ayame non riuscì a rispondere, talmente era presa dai suoi pensieri. Ci pensò Kanon a rispedire Proteo, ancora sporco, all’orfanotrofio.

La corolla di petali si era completamente schiusa e sembrava assumere un colore sempre più acceso. Lo strano formicolio aveva completamente pervaso la ragazza, che riusciva a percepirlo soprattutto sulla mano che teneva il fiore, come se la forza vitale che l’aveva fatto sbocciare provenisse proprio da lì.

Alzato lo sguardo, Ayame capì da dove invece la stava captando lei. Accanto a lei, in piedi, Kanon stava guardando Proteo correre verso l’orfanotrofio. Non lo perse d’occhio finché non ebbe svoltato l’angolo.

Non c’erano più dubbi.

“A quanto pare, sei uno dei pochi a cui dà ascolto, se non l’unico probabilmente” commentò Ayame, dopo essersi rimessa in piedi.

Sentendo la sua voce, il Generale parve ritornare alla realtà. Senza quasi degnare la ragazza di uno sguardo, prese la strada verso il Santuario.

“Gli faccio paura, tutto qui. Come alla maggior parte della gente al Santuario del resto” rispose cupo Kanon. Non ebbe bisogno di intimarle di seguirlo, sentiva la sua presenza alle calcagna, troppo vicina.

Sapeva di aver commesso un passo falso con Proteo e proprio davanti ad Ayame, che già aveva visto troppi dei suoi fantasmi senza che lui lo volesse. Tuttavia non ne sembrava turbata, anzi, pareva che questo l’avesse invogliata ad andare più a fondo. Era Kanon che non era disposto ad andare oltre, a lasciarsi travolgere dall’uragano che Ayame si stava dimostrando essere.

“Non gli fai paura, ti ammira” ribatté sicura lei, che cercava di stare al suo passo “E non fare finta che quel bambino ti sia indifferente, perché questo dice esattamente il contrario”

Gli sventolò davanti il fiore, ma Kanon fece finta di non vederlo, anche se sapeva che quella dannata rosa era la prova evidente di quanto Ayame probabilmente già sospettava. Ma non doveva sapere, non doveva scoprire che razza di persona era stata, e in fondo forse era ancora.

Per un attimo Atena l’aveva convinto che poteva essere un uomo migliore, ma il ritorno alla vita, lo scontro con la realtà del Grande Tempio, l’incontro con Ayame, un’altra divinità, avevano riportato bruscamente in superficie incubi che pensava di aver ormai sepolto nelle profondità del suo cuore e della sua mente e che in quel momento gli stavano annebbiando la ragione, come era successo in passato.

Cercò comunque di mantenere la calma.

“Quello dimostra solo che forse stai riuscendo a fare il tuo dovere e che a breve non dovrò più farti da balia”

La superò e accelerò il passo, ma Ayame sembrava non demordere.

“Perché ti ostini a negare l’evidenza? È per caso un crimine voler bene a qualcuno, sia esso un bambino come Proteo o qualsiasi altra persona?”

Ayame stava praticamente correndo per tenergli dietro. Per quanto fosse consapevole di aver quasi oltrepassato il limite con Kanon, nel profondo non era disposta ad accettare questo suo cinismo, forse perché implicava accettare il fatto che il Generale non provasse nemmeno un minimo di affetto nei suoi confronti e avesse accettato di prendersi cura di lei per mero senso del dovere.

“Ma certo” continuò la ragazza, sulla scia di quest’ultimo pensiero “È sicuramente più facile odiare tutto e tutti, incutere timore e trattare il prossimo a male parole. È sicuramente più facile stare da soli, ma ti dico una cosa: stare da soli è da vigliacchi. Quindi ti chiedo: lo sei, Kanon di Gemini? Sei un vigliacco?”

Non fece quasi in tempo a gridargli contro l’ultima domanda che si ritrovò contro la parete di roccia che delimitava la strada verso la Casa dell’Ariete Bianco, lo sguardo rabbioso di Kanon ad un palmo di naso dal suo, la mano del Generale stretta attorno al suo collo.

“Io non sono un vigliacco” le ringhiò contro “E tu non sai niente di me”

“So quello che ti rifiuti di ammettere a te stesso” rispose Ayame con la poca voce che riuscì ad usare e tutta la determinazione che quell’espressione iraconda le permise di esternare.

Bastarono quelle poche parole a far tornare al Generale quel poco di lucidità che gli permise di notare che Ayame non sembrava essere minimamente spaventata. Non aveva paura di guardarlo negli occhi né di ribattere con caparbietà nonostante il suo esile collo fosse completamente in balia della stretta di Kanon.

Fu lui il primo a distogliere lo sguardo per abbassarlo su quella mano che stava nuovamente minacciando un’altra vita. Ayame vide la sua espressione trasformarsi da furibonda a sgomenta.

Kanon lasciò la presa su di lei quasi la sua pelle bruciasse, anticipando l’ordine che giunse un istante dopo da Aldebaran, accorso sul posto insieme a Mu. La ragazza prese un respiro profondo e si portò istintivamente la mano alla gola, ma non smise mai di guardare il Generale, il quale fissava inorridito la sua mano, esattamente come era successo quella notte nell’incubo.

“Kanon!” lo richiamò all’attenzione Mu, risvegliandolo dallo stato di trance in cui pareva essere caduto il guerriero.

Questi si voltò prima verso i due Cavalieri, quindi verso Ayame, che nonostante tutto lo stava guardando con apprensione.

Corse via, senza badare alla direzione presa, sordo ai richiami di chi si era lasciato dietro, inorridito da se stesso ancora una volta.


Buonasera a tutti!
Aggiornamento un po' più rapido rispetto all'ultimo e capitolo un po' più succoso, come giustamente suggeritomi da marig :) andando a scavare nel profondo per quanto riguarda un personaggio in particolare, spero di non averlo snaturato, cosa che mi dispiacerebbe perchè è uno dei miei preferiti della saga. Sto parlando ovviamente di Kanon, questo capitolo è abbastanza importante per quanto riguarda soprattutto il suo rapporto con Ayame (e volendo anche con Proteo, ma secondariamente in questo caso). Va anche avanti il timido approccio tra Camus e Galatea, che, in quanto tale, procederà in modo un po' diverso rispetto, per esempio, a quello tra Psiche e Milo. Ho introdotto inoltre il punto di vista dei 'cattivi' e un nuovo dettaglio che svilupperò nei prossimi capitoli.
Non anticipo altro, ringrazio chi, nonostante le ere trascorse, ha continuato a seguire la storia e spero che questo capitolo sia di vostro gradimento.
Martyx

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