Anima fragile.

di _emanuela
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The beginning of my end ***
Capitolo 2: *** Accursed end. ***



Capitolo 1
*** The beginning of my end ***


Prima di iniziare a leggere vi consiglio di ascoltare questa canzone.


Il sole era alto nel cielo. Con una mano coprii quello spiraglio di luce che non mi permetteva di osservare la strada.
Ho sempre odiato questa stagione, non mi apparteneva.
Gocce di sudore partirono dalla fronte per cadere giù sul volto.
Mi voltai e vidi che la gente mi osservava. Già, forse perché indossavo dei pantaloni lunghi e larghi e una maglia invernale in piena estate.
Salii di corsa per le scale di emergenza per entrare nel mio appartamento. Come mi ero ridotta. Un lurido buco sporco e abbandonato. Avevo perso tutto.
Guardai il mio riflesso tra i pezzi di vetro sparsi qua e là.
Diciotto anni e già mi ritrovo a fuggire alla legge.  Crescere senza genitori, senza ideali, è come una malattia, ogni giorno è un nuovo dolore.
Mi distesi a terra, non era un letto morbido e comodo, ma non era nemmeno un asfalto caldo, bollente a causa del continuo passaggio dei mezzi.
Sentii la porta spalancarsi. Alzai leggermente il capo per intravedere la figura che, però, era coperta dai raggi del sole.
"Chi sei? Sparisci!" - urlai. M’irritava che qualcuno mettesse piede nella mia dimora.
"Stai calma" - rispose evidenziando un sorriso sul suo volto.
Mi sdraiai sul divano che non era solo un cumulo di cuscini tutti rotti.
Sapevo che non poteva essere un semplice ragazzo casa-scuola.
Notai del tabacco nelle sue mani grandi che erano intente a non farlo fuoriuscire da una cartina. Passò poi la bocca vicino a quest'ultima e la leccò chiudendola.
Appena vidi quel gesto, un gemito uscì d'istinto. Mi tappai la bocca.
"Cosa diavolo sta combinando" - pensai cercando di non notare lo sguardo compiaciuto del moro.
Calai il capo. Ricordai quando mia sorella era diventata come lui. Finì in mezzo a brutta gente.
Una lacrima defluì sul mio pallido viso mentre osservai in silenzio il ragazzo.
Fissai i suoi occhi verde smeraldo, capii che non aveva intenzione di fermarsi a quella sigaretta.
“Per favore, ora che sei ancora lucido, vattene da qui.”
Come ti chiami?” - disse cambiando discorso.
Mi chiamo Keith.” – cercai di assecondarlo, non volevo problemi.
Io non ho un nome.” - lo osservai prendere qualcosa dalla tasca dei pantaloni.
Hai paura che mi rivolga alla polizia?” – dovevo trovare un modo per farlo andar via.
Non credo che tu stia meglio di me in fatto di legge” – disse con un sorriso che accentuò la sua arroganza.
Osservai ogni suo minimo movimento. Si voltò. Sparse su un pezzo di vetro della polvere bianca. Fissai quella ROBA. Non volevo nemmeno pronunciare quella parola.
Inalò quella sostanza. A quel punto sarei dovuta fuggire, ma rimasi impassibile, ferma ad osservarlo.
Sperai che mi lasciasse in pace, ma ciò non accadde.
Mi prese per la gola scaraventandomi contro il muro. Sentivo il vuoto sotto i miei piedi. Sgranai gli occhi.
Subito dopo fui scaraventata a terra.
Iniziò a baciarmi e la sua mano si allungò sulla mia gamba umida. Mi divincolai ma non riuscii a liberarmi.
Poco più distante da dove eravamo, vidi un frammento di vetro. Allungai così la mano e riuscii a prenderlo.
Proprio in quell'istante sentii la sirena della polizia. Quel rumore così fastidioso che ogni volta mi era nemico, ora mi salvò.
Fui costretta a scappare seguita dal ragazzo che si alzò di scatto prendendo la ROBA rimasta sul vetro.
Non lo volevo con me dopo quello che stava per farmi, ma non c’era tempo per discutere.
Ricordai che questo era un controllo che ogni periodo la polizia faceva. I poliziotti entravano dall’entrata di emergenza, quindi potevo scappare tranquillamente dal cancello principale.
Ora sei mia complice, dovrai aiutarmi altrimenti finirai anche tu nei guai” – disse
Io non voglio aiutarti, preferisco marcire in un carcere. Ah, ricorda, la tua spavalderia non ti porterà mai da nessuna parte.
Sta zitta. Preferisci una gabbia senza luce, con misero cibo?
Non hai prove contro di me. Non puoi farmi niente
Si avvicinò e mi tenne ferma tappandomi la bocca.
Prese una siringa e m’iniettò in vena quella droga, più precisamente cocaina.
Lessi un articolo riguardante ciò, la cocaina poteva essere inalata, iniettata in vena o sciolta in acqua. Questa, come altre droghe, riusciva a stimolare alcune aree del cervello che davano una sensazione di piacere, l’aria più stimolata era chiamata area del tegmento.
Provai un piacere intenso, sentii il mio cuore accelerarsi, le pupille dilatarsi.
Iniziai a ridere e a dire frasi senza senso. Avevo perso la ragione.
Uscii dal vicoletto. Mi guardai intorno, camminai in modo instabile, riuscii a malapena a reggermi in piedi, osservai come tutto si muovesse e ruotasse intorno a me.
Mi sentii vuota ma libera. In realtà non era altro che l’illusione della droga.
Questo era l’inizio di una maledetta fine.
Spazio autrice
Allora questa fan fiction è stata scritta da me e dalla mia amica Germana,registrata come Yoko Uchiha, l'abbiamo scritta quasi completamente all'una di notte, quindi non badate agli errori.
La fan fiction si dividerà in due capitoli.
Vi chiediamo scusa per quest'orrore.
Informazione prese dal sito: http://www.droga2.it/dipendenza-droga/dipendenza_cocaina.htm

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Capitolo 2
*** Accursed end. ***


Mi risvegliai il giorno dopo, mi trovavo nella mia dimora.
Pensai fosse un sogno, ma vidi il segno che la siringa mi aveva lasciato sul braccio.
Tremai. Fottuta paura.
Iniziarono a colarmi i ricordi nelle vene. Era la frase perfetta in questo caso.
Ricordai la violenza di mio padre, la forza e la debolezza di mia madre, ricordai l'agitazione di mia sorella che tornava a casa dopo essersi fumata il crack e ricordavo il mio fratellino.
Avevo passato anni credendo che mia sorella avrebbe potuto migliorare, ma capii che lei voleva rimanere tale. Per quanto potessi spronarla a cambiare, toccava a lei decidere.
Una delusione dopo l’altra che non fecero altro che rafforzarmi e indebolirmi allo stesso tempo.
Quando finalmente crebbi di essere felice, persi i miei genitori. Non piansi, il mio volto non fece cenno di espressione. Mi sentii vuota.
Per quanto mio padre mi avesse distrutto l’infanzia e l’adolescenza, non riuscii ad odiarlo. Come potevo odiare mio padre? Come potevo rinnegare colui che mi ha dato la vita?
Nulla ebbe più senso, ma continuai a distruggermi, vivendo.
Iniziarono i problemi con la legge. Era una continua tortura la fame insaziabile che provavo, il freddo dell’inverno che penetrava nelle mie ossa, il continuo fuggire.

Ero sola,ed una voragine mi aspettava. Mi aspettava per divorarmi.
Mi alzai e notai un bigliettino con un numero, non c'era mai stato. Decisi di chiamare, era la voce del demone che aveva portato via la mia vita. Lo invitai a venire.
Dopo una trentina di minuti arrivò e me lo ritrovai davanti.
"Dammela" - lo supplicai. Forse era già sotto l'effetto della cocaina.
"Eccola" - disse dandomi una bustina che conteneva la sostanza. Stavola la inalai. Lui fece lo stesso.
Fu un momento in paradiso per poi crollare e schiantarsi.
Erano mesi che non sfioravo un corpo. Erano mesi che il mio istinto era represso, ma ora nulla poteva più trattenermi.
Ci baciammo con foga. Le mie mani erano intente a sbottonare la sua camicia di seta nera, probabilmente rubata, mentre le sue si posarono con violenza sui miei seni coperti dalla stoffa della maglia.
Eravamo nudi l’uno sul corpo dell’altro. Sentivo il suo calore fondersi con il mio.
Mi diede piccoli morsi sul labbro.
Mi penetrò e sentii la sua carne violentare la mia.
Sesso e droga, in quel momento era un fondersi di piacere.
Assaporai ogni odore che dominava la stanza.
In seguito a ciò che era successo, mi rivestii.
Ci servono soldi, altrimenti finiremo la droga” – entrai in panico alla sola idea
A quella ci penso io, adesso vieni qui
Aspettammo che facesse buio, che fosse notte. Decidemmo di uscire e di andare nei bassi fondi di Secondigliano.
Vidi gente con il braccio segnato da cicatrici di siringhe, sembravano barboni. Erano schiavi sottomessi alla droga, proprio come me. Fumai l’eroina. Ebbe effetto dopo 10-15 minuti. Sentii le labbra secche e le vampate di calore sulla mia pelle.
Il mattino seguente, mi venne la nausea e vomitai.
Mi guardai nei frammenti di specchio, le pupille si erano dilatate e gli occhi si erano ingrossati. Avevo le occhiaie. Provai uno strano senso di vertigine.
Bevvi una bottiglia di whisky che il ragazzo aveva fregato al compagno.
Non conoscevo nemmeno il suo nome e ci avevo fatto sesso.
Che fine è questa?” – era questa la domanda che continuavo a chiedermi
Strinsi il pugno, legai il laccio emostatico al mio braccio ed ebbe inizio.
Mi rifugiai nell’angolino della stanza.
E’ qui. E’ arrivato e mi sta aspettando. Vuole solo e soltanto me, mi porterà via” – sussurrai
Non c’era nessuno che mi consolasse, che mi abbracciasse e mi dicesse che ero forte.
Impugnai un vecchio coltello. Un tremore percorse la mia mano. Portai il coltello sulla vena del polso, lo mossi da sinistra verso destra, fu un dolore atroce. Il mio corpo era stremato.
Percepii l’anima strapparsi dal corpo.
Aveva vinto. Il mio demonio aveva vinto. Non restava che morire.
Spazio autrice
Ringrazio Moon Darko per l'ottima critica, ho aggiunto qualcosina alla storia, ma purtroppo non mi ritengo ancora soddisfatta, credo che io non abbia colto i sentimenti della ragazza, ma solo la sua disperazione. Beh al più presto cercherò di controllare la storia e di passarci più tempo sopra per modificarla e arricchirla. Le scritte in corsivo indicano il passato della ragazza.

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