Beautiful miracle unbelievable but invisible

di olor a libros
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dietro un sorriso ***
Capitolo 2: *** Dai suoi polmoni al mio cuore ***
Capitolo 3: *** Lei, il suo sorriso e una chitarra. ***
Capitolo 4: *** Lacrime sulla sua chitarra ***
Capitolo 5: *** I'm only me when I'm with you ***
Capitolo 6: *** Taylor Swift ***



Capitolo 1
*** Dietro un sorriso ***


C'era quella ragazza.
Una ragazza come tutte le altre nella scuola, niente di particolare che potesse indurre gli sguardi a fermarsi ancora su di lei dopo il primo secondo. Eppure era diversa, almeno ai miei occhi.
La prima volta che l'avevo vista nei corridoi il mio sguardo aveva in un attimo registrato il suo corpo slanciato, i suoi occhi azzurri e i lunghi capelli mossi e dorati. Era carina. Poi avevo seguito per la mia strada.

Ma la seconda volta qualcosa aveva catturato la mia attenzione. Un istante, come il flash di una macchina fotografica, ma più discreto.
Lei era seduta ad un tavolo con una ragazza dai capelli rossi, e stava sorridendo.
Quel suo sorriso, fu quello a colpirmi; non il suo bel fisico, non i suoi boccoli biondi. Grazie al suo sorriso riuscii a vederla veramente: quella ragazza aveva qualcosa di speciale. Qualcosa che nascondeva bene, ma io ne avevo colto uno spiraglio e non avrei rinunciato a scoprirlo completamente.
Così da quel giorno iniziai ad osservarla.
Avevamo alcune lezioni in comune, quindi la vedevo ogni mattina. Entrava in classe insieme alla rossa che doveva essere la sua migliore amica. Quanto avrei voluto essere al suo posto! Lei sicuramente conosceva bene ciò che a chiunque altro veniva nascosto! Era infatti con lei che parlava la mia misteriosa ragazza, a lei erano rivolti i sorrisi e tutte le confidenze.
Poi però la ragazza dal dolce sorriso si sedeva silenziosa al suo banco, e io capivo che aveva un piccolo mondo tutto suo dentro di sé al quale nemmeno la sua amica aveva accesso. La vedevo immersa nei suoi pensieri, i suoi occhi azzurri brillavano per qualcosa che solo lei vedeva.
Passavo intere ore di lezione ad osservarla, a cercare di comprenderla. Era incomprensibile quanto i problemi di matematica alla lavagna, ma lei era certamente più affascinante.
Con il tempo imparai a leggere le espressioni sul suo viso: certe volte vedevo comparire sulla sua faccia il sorriso, altre volte le sue sopracciglia si aggrottavano cercando di analizzare chissà quali pensieri. Riuscivo a vedere le sue emozioni, ma non ciò che ne era la causa.
Spesso scriveva qualcosa sulla carta, i suoi pensieri e la sua penna si muovevano insieme, seguiti dagli occhi rapidi e concentrati. 
Un giorno mi capitò fra le mani il suo quaderno di matematica che aveva dimenticato sul banco; un tesoro troppo prezioso perché non dessi un'occhiata prima di restituirlo. Guardai la copertina piena di strani disegni, fermai per un attimo lo sguardo sul suo nome scritto in centro, poi iniziai a sfogliare le pagine.
Nessuna equazione, nessun numero: era pieno di note musicali il quaderno di Taylor.

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Capitolo 2
*** Dai suoi polmoni al mio cuore ***


Quando le riportai il quaderno fui ricompensato da uno dei suoi fantastici sorrisi. Era tutto per me, questa volta!
I suoi occhi trasparenti mi guardavano con cordialità, io ero talmente vicino da potervi guardare dentro.
Ebbi anche il piacere di sentire da vicino la sua voce, nitida e dolce.
Sempre sorridendo mi disse: "Grazie, ..."
"Chris, mi chiamo Chris", e ricambiai il sorriso.
"Allora ci si vede, Chris! E grazie ancora."
La guardai allontanarsi, il sorriso rimase sul mio viso finchè lei non ebbe svoltato l'angolo.

La rividi nell'ora di spagnolo. Quando entrò in classe mi sorrise e si mosse nella mia direzione, ma non era me che voleva raggiungere. Infatti passò oltre il mio banco per arrivare a quello di un compagno, si chiamava Drew. Era biondo e bello, e proprio in quel momento stava chiacchierando allegramente con Taylor. Forse erano solo amici, o almeno così volevo credere.
Quando suonò la campanella la dolce ragazza si andò a sedere e io tornai ad analizzarla di nascosto.
Quello che vidi mi fece ricredere: riconoscevo bene l'amore dentro quegli occhi oramai familiari, quegli occhi che erano puntati sul bel Drew.
Lei guardava lui di nascosto, io guardavo lei. Drew non vedeva quanto brillassero gli occhi della ragazza, come lei non poteva accorgersi di me, che l'amavo in silenzio. Sì, ormai ero sicuro di amarla.
Se solo si fosse girata, avrebbe potuto vedere un paio d'occhi pieni d'amore tanto quanto i suoi!
Ma non si voltò, rimase sempre distante e irraggiungibile.
Quando tornai a casa avevo addosso una tristezza che non avevo mai provato. Era un misto fra desiderio e profonda delusione.
Mi sentivo come un prigioniero che scorge attraverso la finestra un bel fiore, proprio lì su di un ramo che sembra sporgersi verso di lui, ma quando questi allunga la mano e lo sta per raggiungere il suo braccio viene bloccato dalle sbarre, e ci sarà sempre una minuscola porzione d'aria a dividere le sue dita dal fiore.
Non volevo pensare più, tutto ciò che provavo non lo capivo e mi faceva star male, quindi accesi la radio e mi sintonizzai su 'Country Radio'. Tutti i ragazzi che conoscevo l'avrebbero considerata una cosa strana e patetica, ma quello ero io, e quella musica era l'unica cosa che mi faceva stare bene.
Lasciai andare la mente, che si perdesse dove preferiva perché io la forza di tenerla a bada non l'avevo.
Ad un certo punto, però, qualcosa mi fece tornare con i piedi per terra.
Era una voce.
Solo la Sua voce poteva essere così dolce, eppure com'era possibile? Veniva forse dal mio cuore?
No, veniva dalla radio.
In un secondo il mio orecchio fu attaccato all'apparecchio. Quella voce, arrivava dritta al mio cuore. A che razza di angelo apparteneva?
Oh, non poteva essere quella piccola, fragile ragazzina a cantare così!
Evidentemente però lei era davvero speciale - qualsiasi cosa fosse, umana o no - perché la conferma arrivò chiara e forte al mio cuore già spalancato.
Le parole della canzone divennero familiari.
Il ricordo di una frase scritta sul quaderno di Taylor prese vita attraverso quella voce angelica.
Era proprio la mia dolce, strana ragazza, che cantava "I wish the sky had your face and the oceans had your eyes, and the sunset had your lips and I had you..."

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Capitolo 3
*** Lei, il suo sorriso e una chitarra. ***


Il giorno dopo ero ancora come immerso in un sogno, persino andare da Taylor e parlarle mi sembrava facile.
Ovviamente quando apparve davanti ai miei occhi - non come una visione o un angelo, ma reale - tutto il mio coraggio scivolò via e tornai ad essere il Chris di sempre. Il chris apparentemente freddo, il cuore chiuso ermeticamente con la paura di mostrare ciò che c'è dentro. Eppure questa volta dovevo parlare, dovevo fare i complimenti a lei e alla sua voce.
Era sola davanti al suo armadietto, ma ancora per poco: da un momento all'altro sarebbe arrivata l'amica oppure Drew, era troppo preziosa per esser lasciata sola.
Così mi feci avanti. Dopo tredici interminabili passi attraverso la folla di studenti la raggiunsi, lei era di spalle.
Andiamo Chris, parla. Adesso.
"Ehm, ciao Taylor. Volevo solo dirti che - ecco, ti ho sentita su Country Radio e..."
A metà del mio discorso si voltò, ma non vidi il viso che mi aspettavo. O meglio, era sempre il suo viso, ma senza il sorriso era diverso, sbagliato, spento.
Perché il sorriso non era al suo posto, dove doveva stare? E perché quegli occhi che solitamente brillavano per l'emozione in quel momento brillavano per i rilessi delle lacrime?
Comunque apparisse la mia reazione dall'esterno, lei non vi fece caso e parlò come se fosse tutto normale.
"Oh, ciao Chris. Sul serio ascolti Country Radio?" Si era asciugata le lacrime e stava fingendo un sorriso, che però non era niente se confrontato con quello vero.
"In realtà... Sì.", risposi. Perché mentire? Lei non mi avrebbe giudicato male, quella era la sua musica!
E poi certo, non avevo scampo: non potevo più tirarmi indietro con un "Oh no, ero solo di passaggio...Figurati se ascolto quella roba".
Quella roba era la mia consolazione, chi meglio di Taylor poteva capirmi?
Ebbi la certezza di aver detto la cosa giusta quando vidi sbucare un piccolo riflesso del suo sorriso - quello vero.
Stava per parlare, quando arrivò la sua amica. Quest' ultima capì all'istante che il bel viso di Taylor era stato segnato dalle lacrime, e forse a differenza mia sapeva a cosa erano dovute.
"Taylor, cosa c'è che non va? Vieni, mi devi dire tutto." Non aveva ancora finito di parlare che già la stava tirando verso il bagno delle ragazze.
Taylor fece un cenno verso di me come per scusarsi e disse: "Ci vediamo all'uscita, ti va?".
Era una proposta inaspettata, che mi lasciò spiazzato e con un sorriso ebete ben stampato in faccia.
Quando trovai la forza per gridarle "Va bene" era già lontana, ma in qualche modo mi sentì e mimò un okay'
Poi si rivolse alla migliore amica, ed io riuscii solo a sentire queste parole iniziali: "Abigail, è Drew... non fa altro che parlarmi della sua ragazza..."
Me ne andai, con la speranza che questa Abigail la consolasse - di sicuro meglio di quanto potessi fare io -, con la speranza che il tempo passasse in fretta.
Neanche a dirlo, il tempo lo vidi passare con la lentezza tipica di chi aspetta. Infine suonò anche l'ultima campanella e io fui libero di correre fuori, senza fermarmi a pensare a cosa - o chi - stavo andando incontro.
Lei mi aspettava.
Era sola, o forse no: lei, il suo sorriso e una chitarra.
Aspettavano me, Taylor e la chitarra, al fondo delle scale - lontane come un sogno, vicine come un sogno.
Anche il sorriso mi stava aspettando, venne fuori proprio nel momento in cui gli occhi azzurri mi videro.
"Ciao."
"Ciao."
Si guardò intorno, poi disse: "Cosa ne dici di una passeggiata?"
"Certo", risposi. Qualsiasi cosa, pensai.
Iniziammo a camminare, in silenzio. Non sapevo cosa dire, non sapevo se ci fosse, in realtà, qualcosa dire.
Ci pensò lei a parlare, una volta uscita dal suo mondo di pensieri.
"Così... ascolti Country Radio. Oh, ma questo me l'hai già detto, scusa."
La sua risata era così naturale, semplice e meravigliosamente incredibile, che sarei rimasto ore ad ascoltarla. Eppure dovevo rovinarla con la mia voce, dovevo pur dire qualcosa!
"Sì be', lo so che è strano..."
"No, non lo è affatto! O forse sì, ma cosa importa?"
Che razza di ragazza speciale mi trovavo davanti, possibile che fosse lì a passeggiare con me?
"Hai ragione. La musica country... potrà essere da sfigati, ma a me non importa. Quello che mi importa è che mi fa star bene, mi aiuta a pensare, a sognare, e... E non so perché sto dicendo a te tutto questo, davanti a chiunque altro me ne vergognerei, ma..."
A finire la frase, non ci pensavo proprio. Con tutte queste parole che mi stavano uscendo era come buttarsi giù da un ponte, mancava solo l'ultimo passo ma non sarei certo stato io a farlo!
Lo fece lei, quell'ultimo passo: "Ma io ti capisco." disse, e precipitammo insieme.
Mi sorrise, io le sorrisi. Non c'era nient'altro da dire, non a parole.
Dopo un po' arrivammo in un parco.
Milioni di foglie di milioni di colori diversi formavano il meraviglioso tappeto autunnale.
Era una bambina quella che mi affidò la chitarra e si allontanò dal mio fianco per correre sulle foglie, aveva la risata spensierata da bambina e gli occhi meravigliati da bambina.
Io la guardavo da lontano mentre si scuoteva i capelli pieni di foglie, e dopo un po' la raggiunsi per aiutarla nel suo intento.
Quando i suoi capelli biondi erano di nuovo biondi, senza più traccia dell'arcobaleno di foglie, lei d'un tratto si fece seria e disse: "Ora ti canto una canzone".
Si sedette su di una panchina - anch'essa nella sua versione autunnale, colorata di foglie - mentre io mi accomodavo per terra, di fronte a lei.
Prese la chitarra e si fermò un istante a guardarmi.
"Questa si chiama American Boy".
Iniziò a suonare, l'aria si riempì della dolcezza della sua voce. Io mi persi in quella canzone, che dipingeva con poche parole il ritratto di un ragazzo americano come tanti.
Mi persi nella meraviglia di quella visione catturando ogni singolo particolare, dalle dita che accarezzavano le corde al modo in cui i capelli cadevano sulla chitarra.
E infine mi persi nei suoi occhi che mi guardavano, occhi sorridenti e felici.

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Capitolo 4
*** Lacrime sulla sua chitarra ***


Da quel pomeriggio Taylor mi aspettava tutti i giorni all'uscita da scuola, quando non era con Abigail. E quando Drew era impegnato con la sua ragazza.
Camminavamo, parlavamo poco, passavamo del tempo insieme. Io stavo bene, credo anche lei - anche se chiaramente avrebbe voluto un altro al mio posto. Spesso la sua chitarra ci faceva compagnia.
Speravo davvero che continuasse tutto così, ma era una felicità precaria, in bilico.

Non la dimenticherò mai, la prima lacrima che vidi su quella chitarra.
Era arrivata silenziosa e invisibile, ma ai miei occhi non poteva sfuggire. Non alzai lo sguardo. Continuavo a fissare quella piccola goccia salata, mentre cercavo le parole.
Alla fine ci rinunciai, ormai avevo capito che con Taylor non servivano strambi giri di parole.
Solo una semplice domanda: "Ne vuoi parlare?"
A quel punto stava a lei decidere: fare finta di niente, oppure aprirmi il suo cuore.
Decise di parlare, o perché si fidava di me, o semplicemente perché in quel momento c'ero solo io.
E tirò fuori tutto da quel cuore, lo rovesciò come si fa con le borse vecchie piene di cianfrusaglie: ecco qui, vedi un po' se c'è qualcosa a cui riesci a dare un senso.
Come mi aspettavo c'era Drew dietro quella lacrima. Taylor mi raccontò di quanto lo amasse, mentre lui la vedeva solo come un'amica.
Parlava senza aspettare che rispondessi, io dovevo solo ascoltare. Una volta terminato lo sfogo riprese a suonare la chitarra, ma la voce ancora non era pronta per terminare la canzone.
"Non ti merita."
Le sue dita si fermarono, lei si voltò: non si aspettava che parlassi.
"Come scusa?"
"Non ti merita, lo sai."
"Perché lo dici? Come fai a saperlo, non lo conosci e..."
Non la lasciai finire, ormai avevo iniziato a parlare e non mi sarei fermato.
"Dico solo che se ti fa soffrire, se non si accorge che lo ami, allora non ti conosce veramente. E non è abbastanza attento."
"Ora basta Chris, cosa stai dicendo? Non è certo colpa sua, lui come può sapere..."
"Ma andiamo, Taylor, è uno stupido! Come può non accorgersi di quanto tu sia speciale? Se fossi in lui... Se solo io fossi al suo posto, ci penserei due volte prima di mettermi con un'altra, perché... dove la trova una come te?"
Ops.
Perché mi incasinavo sempre con le parole? Nel disperato tentativo di consolarla mi ero lasciato sfuggire troppo. Dannazione, non c'era un modo per convincerla di quanto fosse speciale senza umiliare me stesso?
Mentre mi maledicevo e cercavo disperatamente un piano per scappare senza essere visto - impossibile - lei era ancora immobile.
Infine decisi di alzarmi e andarmene, così senza una scusa e, del resto, senza più alcuna dignità da salvaguardare.
Ma quando mi ero già allontanato di qualche metro lei mi raggiunse e mi afferrò per un braccio, costringendomi a voltarmi.
Volevo solo scomparire, non avrei ascoltato le sue preghiere perché restassi, eppure lei disse solo:
"Grazie Chris, mi hai consolato più della mia chitarra."
E mi lasciò andare.

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Capitolo 5
*** I'm only me when I'm with you ***


Inutile dire che in seguito cercavo di evitare Taylor. Se prima ero invisibile, ora cercavo di esserlo ancora di più. Ovviamente però non potevo stare senza il suo sorriso, così continuavo ad ammirarlo, anche se da lontano - anche se di nascosto.
Lei mi aspettava come sempre dopo le lezioni, ma io ero troppo vigliacco per riuscire a sopportare i suoi occhi su di me senza ripensare a quel giorno e alle mie parole, così scappavo.
Era difficile scappare dalla persona per me più importante, difficile quanto scappare dalla felicità.

Fu la felicità a venire da me.
Come?
Con una canzone.
Ero in camera mia, non so come fece ma mi trovò.
Entrò dalla finestra aperta, quella canzone, portata dalla voce che tanto amavo.
Queste sono le parole che più mi colpirono, tanto che quasi mi convinsi fossero per me:
"Tu ed io stiamo dipingendo immagini nel cielo, e a volte non diciamo niente. Tutto ciò di cui ho bisogno è proprio qui al mio fianco.
Solamente un ragazzo ed una ragazza di una piccola città che vivono in un mondo folle, cercando di capire cos'è vero e cosa non lo è.
Ed io non cerco di nascondere le lacrime, i segreti, o le mie paure più profonde. Tu sai tutto di me, dici di non poter vivere senza me.
E io sono solo me stessa quando sono con te."

Quando la canzone finì, il silenzio prese il suo posto. Non avevo il coraggio di affacciarmi alla finestra.
Poi arrivò ancora la sua voce, più allegra che mai: "I'm only me when I'm with you. L'ho scritta per te".
Corsi alla finestra e guardai di sotto. Lei era davvero lì, con la sua chitarra e il naso all'insù mentre guardava verso di me.
Presi fiato, poi riuscii a parlare.
"Non dovrebbe essere il contrario?"
"Che cosa?"
"La serenata. Non sono i ragazzi a farla, di solito?"
La sua risata. Suonava ancor più perfetta della canzone.
"Allora, ti piace o no?"
"Certo, ma vieni sù prima che i vicini ti tirino un secchio d'acqua!"
La feci entrare in casa mia. La feci entrare nella mia stanza.
La feci entrare nella mia vita. Nel mio cuore già c'era.
Lei mi abbracciò e mi regalò il suo sorriso, quello speciale.
"Amici?"
"Amici."

Amici.

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Capitolo 6
*** Taylor Swift ***


Eravamo amici, eravamo felici.
Io non desideravo niente di più: certo, l'amavo; ma vedere il suo sorriso ogni giorno, far parte della sua vita, era più di quanto avrei mai potuto chiedere.
Era un miracolo averla conosciuta e, si sa, i miracoli non sono eterni ma lasciano un segno che ti farà guardare indietro per tutti gli anni che seguono. E ancora non ci credi, che quel miracolo si è per un attimo intrecciato al filo della tua vita.

Un giorno ci disse che avrebbe lasciato la scuola, poiché doveva lavorare al suo primo album. Quella era la vita che voleva, quello era il suo sogno, la scuola era solo un ostacolo.
Io ero contento che lo saltasse, l'ostacolo, sebbene un po' ci fossi dentro anch'io.
L'ultimo giorno che la vidi non le dissi "addio": il mio fu un "grazie".
Il "grazie" più grande che sia mai uscito dalla mia bocca. Assolutamente enorme, tuttavia ancora incapace di contenere tutto ciò che provavo per lei, tutto quello che le avrei detto, se fossero esistite le parole che mi servivano.
Non l'avrei dimenticata, quella straordinaria ragazza, questo è certo. Ma quando i pensieri mi riportano indietro ad ogni istante passato con lei, non è nostalgia quella che mi fa fremere il cuore: è gioia, pura gioia con una buona parte di riconoscenza.
Lei che mi ha aperto gli occhi, lei che mi ha insegnato a spingere lo sguardo un po' più in là, a cercare tutto ciò che si può nascondere dietro le apparenze.
Così continuo a fare: scavo negli occhi delle persone in cerca della scintilla dentro di loro, anche se devo ammettere che non l'ho più incontrata una scintilla luminosa quanto quella del Suo sorriso.

E ora sono qui, fra le mie mani il CD che ho appena comprato.
Sulla copertina la scritta 'Taylor Swift' con sopra il viso che tanto avevo amato e quegli occhi, che ancora vedo brillare.
E mentre la voce che conosco così bene canta "Drew looks at me, I fake a smile so he won't see" io sorrido.
"He's the reason for the teardrops on my guitar"; Sorrido perché io le ho viste quelle lacrime sulla chitarra, le ho anche sapute asciugare.
Sorrido perché grazie a quella canzone un certo Drew si accorgerà finalmente di quello che si è lasciato sfuggire, sorrido perché io invece ho avuto la fortuna di riuscire a cogliere la scintilla dietro quel sorriso.

E il resto è storia.

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