Battiti d'anima

di Fuffy91
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1

Bella.

 

“ Gli Stuart?”

Chiesi ad Edward, mentre spegnevo l’autoradio.

Erano ormai da poche ore che avevamo lasciato l’hotel Butterfly. La Mercedes di Carlisle era davanti alla nostra auto , seguita dal sub di Emmett. Alice ci aveva scherzosamente superati, a cavallo della moto argentata di Edward, guidata perfettamente da Jasper.

Era già da cinque giorni che avevamo lasciato Forks per dirigerci a Londra. Nel mese di settembre era una città particolarmente piovosa e le nuvole gonfie di pioggia nascondevano perfettamente i deboli raggi del sole di fine estate. Un clima perfetto per ospitare una piccola famiglia di vampiri.

Edward sorrise, mentre svoltava a destra, inseguendo Carlisle sulla tangenziale.

“ Si. Li abbiamo conosciuto tramite Tanya e le sue sorelle. All’inizio, erano diffidenti nei nostri confronti. Soprattutto Kayle, il maggiore. Ma poi, è bastato che Esme e Suzanne si guardassero, per istaurare un’amicizia solida e duratura.”

“ Suzanne è la capofamiglia, se non sbaglio.”

Edward annuì, mentre gli scostavo un ciuffo di capelli dalla fronte, in una leggera carezza.

“ Esatto. Lei ed Esme sono molto legate, anche perché hanno la stessa età.”

“ Cioè…sono cresciute nello stesso secolo?”

Dissi, distendendomi all’indietro, ammorbidendo i muscoli della schiena sul morbido schienale della Volvo.

Edward sembrava concentrato sulla guida, ma sapevo che il suo interesse era rivolto alle mie parole. Sorrise, palesemente divertito. Ormai, erano ore che lo tartassavo di domande su quella famiglia di vampiri, fino ad ora sconosciuta. La mia curiosità aveva preso il sopravvento a metà tragitto, quando avevo sentito, per caso, Alice confidare a Jasper, con tono entusiasta, il desiderio di rincontrare al più presto Heather.

Tutti i Cullen sembravano conoscere almeno un membro diverso di quel piccolo clan d’immortali. Per un momento, una sottile sensazione di esclusione mi aveva colta all’improvviso, lasciandomi basita. In fondo, presto li avrei conosciuti anch’io, quindi non c’era alcun bisogno di sentirmi in disparte dai discorsi dei miei fratelli acquisiti. Edward sembrava il più rilassato e, allo stesso tempo, il più indifferente di tutti, alla prospettiva di rincontrare quei vecchi amici.

Ma io lo conoscevo bene, ed era difficile che potesse ingannarmi. C’era un brillio febbricitante, che tremolava nei suoi splendidi occhi caramellati, ormai da tre anni riflesso dei miei. All’inizio del viaggio, ero sospettosa ed insicura sulla sua reale natura. Ma, ora che la meta era vicina, non riusciva più a dissimulare il suo entusiasmo, una tenue felicità che lo rendeva ancora più bello del solito, quasi un dio greco compiaciuto dell’operato dei suoi servitori umani.

“ Guarda, Bella. Il Tamigi.”

Mi riportò alla realtà, strappandomi dai miei pensieri e dalla contemplazione del suo profilo perfetto. Con un sorriso da bambina che vede per la prima volta il mare, mi sporsi dal finestrino, osservando a pieni contorni le acque scure del Tamigi, burbero e frizzante, nella sua piena. Mentre scorrevamo il ponte della Torre, ammirai il Big Ben, lussureggiante e ombroso, il cui orologio batteva le undici passate. Aprii il finestrino, lasciando che l’aria umida penetrasse nelle narici e che il vento fievole mi scostasse i capelli sciolti dal viso.

Rimpiansi di aver dimenticato la macchina fotografica e che Renesmee non fosse con noi ad ammirare il panorama. Edward, d’accordo con Carlisle, aveva preferito lasciarla alle cure di Jacob e di Charlie, che era felicissimo, insieme a Sue, di occuparsi per qualche settimana della sua unica e dolce nipotina.

Nessie era cresciuta più del solito in quegli ultimi anni e il solo pensare che, fra meno di cinque anni, sarebbe diventata un’adulta, mi entusiasmava ed intimoriva allo stesso tempo. Il mio egoismo voleva che rimanesse sempre una bambina, che la sua crescita si arrestasse e restasse sempre con me ed Edward, nella nostra casa, nella raduna verde e fiorita. Ma poi, osservavo il desiderio nascosto di Jacob luccicare nel profondo dei suoi occhi bui, il sogno di vederla crescere sana, forte e bellissima, di amarla non solo come amico, né come fratello, ma come un uomo ama una donna, con tutto se stesso, più di quanto non riuscisse già a fare. Jacob aveva molto da donare alla mia piccola Renesmee, lo sapevo, come ero convinta del fatto che, con lui al suo fianco, sarebbe stata protetta e felice come poche ragazze sapevano esserlo. Avrebbero vissuto un amore perfetto e completo, come quello mio e di Edward. Sarei stata felice per loro, per Nessie; ma in cuor mio, avrei sempre serbato l’amarezza di ogni madre, che vede sua figlia volare altrove, libera e lontana dal suo cerchio protettivo. Sospirai, comprendendo solo in quel momento l’apprensione di Renèe nei suoi confronti.

Edward si voltò verso di me, corrucciato e confuso di fronte alla mia espressione nostalgica.

“ Cosa c’è?”

Mi chiese, prendendomi la mano. Abbassai lo sguardo sull’intreccio delle nostre dita, e rafforzando la presa, gli sorrisi, grata per avermi strappato a quei pensieri malinconici e troppo precoci da poter ponderare in quell’istante.

“ Niente d’importante. Piuttosto, cosa mi dici? Siamo arrivati?”

Dissi, cercando di ritrovare il buon umore, per un attimo perduto. Edward analizzò il mio sorriso calmo e meditabondo, non sforzandosi nemmeno di guardare la strada, catturando i miei occhi in una presa dolce ma salda come l’acciaio. Mi lasciò libera dal suo esame, solo quando si ritenne soddisfatto e assicurato che davvero non ci fosse nulla che non andasse.

Rivolse la sua attenzione al tragitto, seguendo la Mercedes nera svoltare ad una curva, inoltrandosi ed attraversando il centro storico. Negozi d’alta moda sfidavano il mio sguardo ad incrociare le brillanti e sontuose vetrine. L’odore di fragranze profumate e di pane cotto al forno mi solleticò il palato e sembrava quasi che ne stessi gustando un boccone. Una scolaresca in grembiule oltrepassò il semaforo verde per i pedoni, ridente e scherzosa. Vidi una bambina con occhiali rotondi salutarmi allegra e non potei fare a meno di ricambiare quel sorriso imperfetto, per via di due denti da latte mancanti. Insegne di teatri e nightclub ancora in attivi, per via dell’ora, scorrevano incessantemente davanti al mio sguardo, finché non ci inoltrammo nelle zone residenziali, palazzi antichi di fine Ottocento, inizio Novecento, alti e particolari, con balconcini in ferro battuto tinti di bianco e in oro.

Ad occhio e croce, ci trovavamo nel West End, ad ovest del centro storico e a nord del Tamigi.

“ Non ancora.”

Mi rispose Edward, girando inaspettatamente, sempre preceduto dalla Mercedes di Carlisle e seguito dal sub di Emmett, che vidi dallo specchietto retrovisore ridere e parlare scherzosamente con una sorridente Rosalie, bellissima nel suo abito di chiffon rosato e leggero.

Improvvisamente, Edward si fermò, imitando Carlisle, che scese dall’auto, impeccabile nel suo completo grigio, con camicia bianca. Solo i capelli biondi luccicavano e la sua pelle nivea rimaneva priva di diamanti. Tirai un sospiro di sollievo, al pensiero che il cielo londinese era quasi efficiente come quello uggioso di Forks, a proteggere eventuali anomalie vampiresche.

Eravamo di fronte ad un cancello alto e in ferro, con arabeschi e fiori levigati nel bronzo ad adornarlo. Vidi Carlisle spingere un bottone al lato destro della colonna di marmo che fungeva come stipite. Poche parole, un sorriso accennato e un passo indietro per osservare l’elaborato cancello aprirsi come per magia.

La moto di Jasper si infiltrò facilmente, seguendo il vialetto in pietra, costeggiato da alberelli sempre verdi. Spalancai gli occhi, meravigliata di ciò che vedevo, mentre Edward, quasi con  piacere, procedeva lentamente per i suoi standard di guida.

Era un parchetto, verde e rigoglioso, con il rumore dolce dell’acqua di un ruscelletto che scorreva lontano, fra un cumulo di rocce naturali.

In base a ciò che mi aveva raccontato Edward, gli Stuart avevano comprato dallo Stato stesso un parchetto che si trovava ad est della piazza principale, tramutandolo in una sede residenziale, degna di una famiglia multimilionaria come la loro. Edward, divertito dal mio stupore, mi aveva rivelato che gli Stuart possedevano una fortuna forse più grande di quella della nostra famiglia.

La cosa mi stupì non di poco, visto che fino ad allora, non riuscivo proprio ad immaginare qualcuno che fosse più ricco dei Cullen.

Parcheggiammo l’auto in un vialetto ampio e spazioso, il doppio di quello di Villa Cullen, e cullata dal rumore delle foglie delle alte querce, che facevano da anticamera alla casa, smosse dal vento, mi voltai, spalancando subito la bocca per lo stupore incantato.

Di fronte a me, si trovava, in posizione centrale, una casa di ben cinque piani, color pesca, perfettamente in armonia con la natura circostante. Un’ampia vetrata al lato sinistro, lasciava intravedere i gradini di una scala a chiocciola. Sei finestre perfettamente quadrate davano sulla facciata principale, disegnando i contorni con finto marmo, liscio e luccicante, nonostante le nuvole ad oscurare il cielo, altrimenti assolato. Il tetto era in tegole placcate di bianco panna, che richiamavano i bordi delle finestre pulite e a vetri sottili. Alcune erano aperte, lasciando intravedere tende di un azzurro tenue e di un verde acquamarina volteggiare a ritmo del respiro del vento.

La porta del portico si aprì e due donne si abbracciarono sorridenti e urlando felici la loro gioia. Una di loro era Esme, deliziosa nel suo vestito bianco con tinte a fiori.  I suoi capelli, lasciati sciolti sulle spalle morbide, mostravano riflessi di un caldo caramello. La seconda, invece, era una donna alta e snella, con tratti spigolosi, ma dolci, un viso splendente e forte, raddolcito dalla gioia di aver ritrovato una cara amica. Portava capelli corti, neri e sbarazzini. Gli occhi erano di un avvolgente color topazio. Il sorriso era ampio e contagioso.

Edward prese la mia mano e mi spinse gentile verso il tenero quadretto.

Sentii la donna esclamare, con voce tonante:

“ Esme! Carissima, come stai? Da quanto tempo non ti vedevo....sei sempre bellissima.”

Esme si schermì, lasciando che la donna la trattenesse per le spalle.

“ E tu sei sempre fin troppo gentile, Suzanne.”

Suzanne ed Esme risero contemporaneamente e l’aria vibrò di un suono di campane a festa.

“ Carlisle! Oh, come sta il mio dottore indaffarato? Non starai trascurando tua moglie, vero? Ti avverto: se mi mentirai lo capirò subito.”

Lo minacciò scherzosa, facendolo ridere di gusto.

“ Sempre la solita, Suzanne.”

“ Be’, notando l’espressione felice della mia amica, non ho dubbi che ve la stiate spassando entrambi. Bene, sono felice che l’amore sia nell’aria ancora dopo tanto tempo. Soprattutto se la nuvola dorata colpisce voi due. Alice! Piccola mia! Vieni qui, fatti abbracciare!”

Disse Suzanne, stringendo Alice nel circolo forte della sua braccia magre, e davvero sembrava una bambina fra le sue braccia.

“ Suzanne, ciao! Ti trovo benissimo.”

“ Anche tu, tesoro. E tuo marito? Ah, eccolo lì. Bello quel giubbotto di pelle, Jasper. Ti sta d’incanto.”

Jasper sghignazzò, mentre abbassava la zip del giubbotto.

“ Grazie, Suzanne.”

Suzanne gli sorrise materna, accarezzandogli i ciuffi biondi sulla nuca, in un gesto molto umano.

“ E il mio orso delle caverne, dov’è? Ah!”

Esclamò, mentre veniva sollevata da Emmett, che la fece girare ridendo sornione.

“ Eccomi qui! Ciao Suzanne.”

La salutò subito dopo, mettendola giù.

“ Emmett! Il solito ragazzaccio!”

Esclamò, sorridendo, dandogli un buffetto scherzoso sulla spalla.

“ Povera, Rosalie! Non so proprio come faccia a sopportarti…Oh, ciao, mia bella principessa.”

Disse, raddolcendo il tono di voce imperioso, circondandole le spalle con un braccio, scostandole una ciocca di capelli dorati dal viso con il dorso della mano destra e baciandole la tempia, come una sorella che ritrova dopo tanto tempo la sua sorellina preferita. Rosalie sorrise, ricambiando a modo suo l’abbraccio.

Poi, lo sguardo di Suzanne si posò su Edward e il suo sguardo sembrò incupirsi per un attimo, ma subito sorrise dolce ed affettuosa, avvicinandosi a braccia aperte verso di lui e abbracciandolo calorosa, lasciandomi credere di aver immaginato tutto.

“ Edward, mio caro. Sei un incanto.”

Edward rise dolcemente, sorridendo e ricambiando l’abbraccio.

“ Anche tu, Suzanne.”

“ Oh, sempre così galante tuo figlio, Esme. E questa ragazza? Ma come è bella…”

Disse e ci misi un po’ ad accorgermi che si stava riferendo a me. Se fossi stata umana, sicuramente sarei arrossita vistosamente a quel complimento così caldo e spontaneo.

Edward mi spinse dolcemente in avanti, tenendomi il palmo della mano destra aperto sulla mia schiena, in segno di protezione e di sollecitudine.

“ Suzanne, ti presento Bella Cullen, mia moglie.”

Suzanne sembrò colpita, per poi osservarmi con un brillio intenso negli occhi, che identificai come compiacimento.

“ Oh, ma è meraviglioso Edward! E’ una donna splendida. Bella di nome e di fatto.”

Le sorrisi, impacciata ed imbarazzata da tutti quei complimenti. Edward, invece, sembrava molto compiaciuto ed orgoglioso, baciandomi teneramente la fronte, per rassicurarmi.

Suzanne mi prese le mani fra le sue e sussurrò con dolcezza:

“ Spero che diventeremo amiche Bella, e che ti piaccia soggiornare qui per qualche giorno.”

La guardai per un attimo sbigottita, per poi ricambiare la stretta delle sue mani, annuendo con vigore.

“ Ma certamente. Mi piace molto qui. Mi troverò sicuramente bene.”

Ricambiai il suo sorriso, che a quelle mie parole, divenne ancora più ampio e luminoso.

“ Perfetto. Venite, allora, entrate! I ragazzi saranno qui tra poco. Hanno iniziato la scuola da una settimana, e sono impegnati tutta la mattina. Dovrebbero rientrare verso le due.”

Disse, mentre ci conduceva in casa.

Strabuzzai gli occhi alla vista dell’interno. Il salotto era tappezzato di ogni colore, con la predominanza dell’azzurro e del verde, i colori della natura. Tende rosate impalpabili erano appese alle ampie vetrate che davano verso l’esterno, candelabri alla moda pendevano dal soffitto, un tavolino in broccato capeggiava al centro di uno splendido tappeto persiano, i cui toni rosso e color sabbia riprendeva le tende del piccolo atrio che conduceva all’aria adibita ad un bellissimo pianoforte a coda, il gemello di quello di Edward.

Quadri dai soggetti più svariati, astratti e non, tappezzavano le pareti di un color pesca tenue, intervallato al bianco e al rosso rubino del quadro più grande, che raffigurava, su uno sfondo blu scuro, una donna bella, nuda e dagli occhi di un azzurro ghiaccio, con capelli neri, lunghi e fluenti come sfumature ondulate di una notte buia, priva di stelle. La sua pelle era bianca come la neve, il rosso della pennellata decisa delle sue labbra, sembrava quasi sangue vero. Toccai istintivamente il labbro inferiore e carnoso di quella regina fredda e temibile, affascinata dalla morbidezza che traspariva da quelle forme disegnate, quasi reali.

“ Ti piace?”

Mi sentii chiedere da Suzanne. Sussultai, ritirando la mano ed incontrando il suo sguardo divertito e compiaciuto. Non mi ero accorta di essermi avvicinata così tanto al quadro.

“ Si. E’…molto particolare.”

Suzanne sorrise.

“ E’ il capolavoro di mia figlia. Questi quadri…”

Disse, indicando i vari dipinti appesi alle pareti della stanza.

“ Sono tutti suoi. Io li adoro tutti, ma questo…”

Disse, ammirandolo di nuovo, sospirando deliziata.

“ Questo rimane il mio preferito. Credimi, Bella. Non sei la sola ad esserne stata colpita.”

Mi disse, picchiettandomi la spalla destra, mentre si allontanava.

“ Bene. Vi mostro le vostre stanze, ragazzi. Esme, vieni! Voglio farti vedere una nuova aiuola che ho piantato in giardino…”

Le parole di Suzanne si persero, mentre si allontanava in giardino, a braccetto con Esme. Rimasi ancora lì, ad ammirare il quadro, ipnotizzata dallo sguardo freddo, ma avvolgente, di quella donna dipinta con così grande maestria. Edward mi affiancò e il profumo della sua pelle mi inebriò l’olfatto, trasportandomi in una dolce dimensione di irrealtà. La mano di Edward sulla mia spalla mi trascinò dolcemente alla realtà. Mi voltai ad osservarlo. Anche lui scrutava il dipinto con occhi socchiusi, quasi contemplativi.

“ E’ molto bello, non trovi?”

Gli chiesi, voltandomi nuovamente ad osservarlo, cercando nelle sfumature di colori la traccia di qualche firma d’autore. Ma mi bastarono pochi secondi d’ispezione per assicurarmi che non ci fosse. Sospirai, delusa.

“ Si, ma è anche molto tormentato.”

Mi voltai di scatto, confusa da quella risposta.

“ Perché dici così?”

Edward reclinò il capo leggermente a destra, concentrato e scoccando le labbra, in un gesto vago.

“ I toni sono freddi e il nero dei capelli della donna è fin troppo scuro, segno che le pennellate sono state veloci, forti e decise. E’ un atteggiamento che mostra tormento, passione, desiderio inappagato o colpe commesse che si vogliono dimenticare. Guarda l’espressione del viso. Sembra indifferente, ma in realtà e corrucciata, ansiosa, preoccupata, come dimostra la linea dura delle labbra, fin troppo rosse, come bagnate di sangue.”

Ascoltai la sua spiegazione affascinata. Edward aveva descritto l’aspetto emotivo e significativo del quadro, meglio di quanto avrebbe potuto fare un professionista della critica d’arte. Al confronto con la sua voce calma e vellutata, le spiegazioni automatiche delle guide delle gallerie artistiche, mi sembrarono stereotipate ed atone.

Esaminò ancora una volta il quadro, accigliato. Non disse nulla quando si voltò verso di me, sorridendo amorevole mentre mi accarezzava con lo sguardo e, contemporaneamente, il viso con la mano destra. La catturai fra le mani, baciandone il palmo. Edward mi regalò uno dei suoi sorrisi sghembi più belli, chinandosi verso di me e strofinando languidamente la fronte sulla mia, facendomi chiudere gli occhi per inebriarmi a pieno del contatto. Dopo attimi di silenzio carico di elettricità, Edward posò le labbra socchiuse sulle mie serrate, accarezzandole con le sue, una, due, tre volte. Un invito a dischiuderle, per accogliere il suo piacere. Affondai entrambe le mani tra i suoi capelli, mentre ricambiavo il suo bacio. Era sempre così fra di noi. Bastava un niente per far esplodere la bomba di amore e passione che ci legava a doppio filo l’una all’altro.

Edward mi accarezzò la schiena interamente, incitandomi ad inarcare la schiena, andando incontro al suo corpo, modellandomi su di lui come creta. Arrestò le mani alla base della schiena, sfiorandomi con le dita il bordo dei jeans. Ci distaccammo affannati e sorrisi quando si riappropriò delle mie labbra ancora una volta, come se non ne potesse fare a meno. Qualcosa, in quel quadro, l’aveva turbato e cercava conforto nei nostri baci. Lasciai che facesse di me ciò che più desiderava, torturandomi la bocca in una sequenza di baci senza fine.

Solo quando i suoi movimenti divennero meno urgenti e con dolcezza morse e succhiò la pelle sensibile del collo, regalandomi piccoli e teneri baci sul mento e agli angoli della bocca, Edward si distaccò da me, cullandomi fra le braccia, delicato e gentile. Ricambiai l’abbraccio, ancora accesa dal desiderio, che sembrò affievolirsi a poco a poco, mentre mi teneva stretta.

“ Tutto bene?”

Gli chiesi, con voce sommessa.

“ Si, ora si.”

Mi rispose lui, con tono roco e morbido.

Si schiarì la gola, sorridendomi e baciandomi scherzoso la punta del naso.

“ Andiamo.”

Disse, prendendomi per mano e conducendomi all’esterno, dove si trovavano il resto della famiglia e Suzanne.

“ Edward?”

Sentii richiamare il suo nome da una voce femminile e per nulla conosciuta. Entrambi alzammo lo sguardo e fra le braccia di Alice, vidi una ragazza bellissima e con lo stesso taglio degli occhi della donna del dipinto, ma dalle iridi dorate come le nostre, mentre i capelli, lunghi fino alle spalle, di un caldo castano, striati da riflessi biondi. Le labbra rosse, fino ad ora socchiuse per lo stupore, si incurvarono in un sorriso appena accennato.

“ Ciao, Edward.”

Lo salutò cordiale, la vampira.

Edward si aprì in un sorriso e i suoi occhi brillarono.

“ Ciao, Jenna.”

 

 

Angolo dell’autrice.

 

Salve!!! Questa è la mia nuova storia! Un’idea che mi stava frullando in testa da un po’!! Spero vi piaccia e che mi facciate conoscere le vostre opinioni, buone o negative che siano! XD

Baci baci e a presto, Fuffy91!!!XD

 

Prossimamente a…

 

Ci ritroviamo Sabato prossimo, esattamente 16 Luglio!!!XD Non mancate all’appuntamento!! Bacissimi a tutti voi!!XD

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo2

Bella.

 

Jenna sciolse gentilmente l’abbraccio di Alice, che sorrise entusiasta, mentre entrambe seguivamo con lo sguardo Jenna salire i gradini che la separavano da Edward. Totalmente sconvolta, la vidi abbracciare Edward e sospirare quasi con sollievo. Sembrava una scena di un film melodrammatico. Mancava soltanto in sottofondo la canzone di Celine Dion in Titanic. Edward era sicuramente più avvenente di un comune Jack, ma quella Rosie superava la soglia dell’ irritazione.

Era bella, bellissima, con quei capelli lunghi e castani come ebano levigato, che le ricadevano morbidamente sulla schiena, arricciandosi sulle punte. Era dolcissimo il moto delle ciglia lunghe che le accarezzavano le guance, mentre socchiudeva gli occhi. Mentre stringeva fra le braccia mio marito, non potei fare a meno di notare quanto fosse alta, sicuramente venti centimetri più di me. Scesi con lo sguardo ad osservarla attentamente. Il suo corpo era slanciato, forte e formoso nei punti giusti. Sembrava una fotomodella, anche con indosso quei semplici jeans chiari e quella camicia color acquamarina.

“ Mi sei mancato tanto.”

Le sentii sussurrare con voce quasi commossa. Strabuzzai gli occhi, quando vidi Edward sorridere dolcemente, rinforzare la stretta delle sue mani tra i suoi capelli e dirle:

“ Anche tu. Sono felice di vederti.”

Jenna aprì le sue labbra in un sorriso caldo, mentre scioglieva l’abbraccio e stringeva fra le mani quelle di Edward, che ricambiò il suo sguardo felice.

A quel punto, l’unica domanda che mi rimbombava nella mente, fu:

“ Cosa sta succedendo?”

Non mi accorsi di averla pronunciata ad altra voce, solo quando non li vidi voltarsi verso di me, contemporaneamente. Edward mi studiò attento, mentre Jenna mi osservò in un misto di confusione e curiosità.

Edward seguì il mio sguardo avvilito, fisso sulle loro mani unite e, velocemente, lasciò quelle di Jenna, osservandomi subito dopo apprensivo. Jenna, invece, per nulla turbata ed ignara del sentimento di gelosia che mordeva il mio cuore fermo, mi sorrise cordiale, mentre si portava una ciocca di capelli dietro l’orecchio destro.

“ Ciao. Tu devi essere Bella, la moglie di Edward, giusto?”

Mi chiese, con un tono di voce vellutato, così simile a quello di Edward da sconvolgermi.

Non reagii immediatamente, ancora confusa da tutto quell’affetto fra lei ed Edward, di cui non ne sospettavo neppure l’esistenza.

Vidi Jenna accigliarsi, ma senza smettere di sorridere, soltanto disorientata dal mio ostinato silenzio. Ma prima che questo si tramutasse in ostilità, decisi di rispondere alla sua domanda:

“ Si, a quanto sembra.”

Edward mi guardò accigliato, mentre Jenna sghignazzò gentile.

“ A quanto sembra…Simpatica. Alice mi ha parlato di te al telefono, qualche giorno fa. Non la smetteva di dirmi quanto felice fosse Edward, di quanto bella e speciale fosse sua moglie e deliziosa la loro bambina…A proposito, avete fatto bene a non portarla qui. So della sua natura ibrida e Kayle è ancora sensibile al sangue umano.”

“ Kayle è il tuo ragazzo?”

Le chiesi, con una punta di speranza. Tutto, pur di non vederla ancora intorno ad Edward. Jenna sorrise ancora, irriducibile.

“ No. E’ mio fratello.”

“ Oh, capisco! Ma…ma tu hai un ragazzo, vero?”

Insistevo, soltanto per appagare i miei timori, senza sapere che così non facevo altro che oltraggiare me stessa e ferire Edward, che abbassò lo sguardo, quasi triste. Cosa stavo facendo? Possibile che l’amore infinito che Edward aveva ripetuto fino all’assuefazione di provare per me, non contasse nulla? Bastava che una vampira bellissima lo abbracciasse, per far rinascere tutte le mie insicurezze? Improvvisamente, provai un’insostenibile vergogna e mi morsi il labbro inferiore, desiderando intensamente di non aver mai pronunciato quella domanda personale ed insistente.

Jenna, ancora una volta, sorrise, facendo spallucce.

“ Diciamo che, non ho ancora trovato il mio Edward.”

Edward sorrise ed Alice rise. Jenna mi osservò, fino a quando non incurvai anch’io le labbra in un sorriso. Se avessi potuto arrossire, sicuramente sarei diventata paonazza.

“ Il tuo è perfetto, comunque. Ritieniti fortunata.”

Mi disse, ammiccando e dandomi un buffetto sulla guancia.

Risi, afferrando la mano che Edward mi porgeva.

“ Sicuramente. Sono molto, molto fortunata.”

Dissi, cercando di imprimere in quelle parole e nel mio sguardo tutto l’amore che provavo per lui. Edward mi sorrise dolce ed amorevole, chinandosi a sfiorare le mie labbra in un bacio.

“Scusa.”

Gli sussurrai sulla bocca, in colpa. Edward, per tutta risposta, mi zittì con un altro bacio.

“ Adoro vederti gelosa.”

Mi confessò, dopo qualche minuto. Suzanne sbucò dal giardino con Esme e il sorriso gli morì sulle labbra, quando vide Jenna ridere con Alice.

“ Jenna!”

Esclamò, con aria di rimprovero.

“ Jenna, come stai?”

Le chiese Esme, con tono sicuramente più lieto.

“ Male, dopo che l’avrò sgridata. Jenna, dovresti essere a scuola. Cosa ci fai, qui?”

Le disse, le mani ai fianchi, l’espressione seccata. Jenna fece spallucce, con aria vaga.

“ Avevo educazione fisica, l’ultima ora. E l’ho saltata.”

Disse, con semplicità.

“ Non avresti dovuto farlo.”

“ E’ una materia inutile.”

“ Non avresti comunque dovuto farlo. Devi rispettare le regole scolastiche e soprattutto le mie. Se ti dico di seguire tutte le lezioni, intendo tutte, nessuna esclusa.”

La rimbeccò ancora, mentre lei sorrideva imperterrita, quasi divertita da quel rimprovero.

“ E poi, devi dare il buon esempio ai tuoi fratelli.”

Continuò Suzanne, facendo portare gli occhi al cielo Jenna.

“ Come se quei due notassero ciò che faccio io. Sono troppo impegnati a baciarsi, per dare ascolto a quello che dico.”

“ Questo non è vero! Kayle ed Heather danno ascolto e badano a ciò che dici. Non accampare scuse che non esistono…Dove stai andando, adesso? Non ho ancora finito, con te, signorina.”

La bloccò sulle scale, prima che potesse entrare in casa.

“ Ah, vedo che è già cominciato lo spettacolo. Chi stai rimproverando, Suzanne?”

“ Carlisle! Ciao.”

Lo salutò calorosa Jenna, mentre con due balzi, lo strinse fra le braccia, facendolo ridere di cuore, stupito.

“ Ciao, Jenna. Ti trovo bene. L’aria dell’Alaska ti ha giovato. Mi fa piacere.”

Improvvisamente la melodia di un cellulare sconosciuto cominciò a suonare e, scusandosi, Jenna tirò fuori dalla tasca dei jeans un Blackberry  ultimo modello. Jenna sorrise, mentre portava il cellulare all’orecchio.

“ Ciao, Heather. Com’è Parigi? Ah, stai già tornando? Bene, Alice non vede l’ora di vederti. Si, anche gli altri. Cosa? Il tuo aereo è già atterrato? Sei all’aeroporto? Vieni tu, o passo a prenderti io? Vuoi Kayle? Be’, non so…è ancora a scuola. Ah, no, eccolo!”

Disse, mentre una Mercedes argentata decapottabile, entrava nel vialetto, fermandosi di colpo.

Ne uscì un ragazzo alto, dal fisico asciutto, vestito alla moda, con occhiali da sole neri e capelli castano chiaro, fissati col gel, corti fino alla nuca. Portava una tracolla beige e una zainetto rosso stretto nella mano destra.

“ Ciao, Kayle.”

Lo salutò caloroso Emmett, tendendogli una mano, che lui strinse fraterno. Rispose con un cenno al saluto degli altri, mentre si avvicinava verso Jenna, porgendogli lo zaino, che lei afferrò con la mano libera.

“ Viene a prenderti lui, allora? Ok, te lo mando subito.”

Kayle tese la mano destra, ma Jenna scosse il capo, decisa.

“ Ok, allora ci vediamo tra poco.”

Riattaccò, rimettendo il cellulare nella tasca. Kayle aveva ancora la mano tesa.

“ Scordatelo.”

Disse Jenna. Kayle non demorse.

Jenna alzò lo sguardo, irremovibile.

“ Smettila. Non ti darò le chiavi della Porche. Quindi, rassegnati e ritorna nella tua nuova e costosissima Mercedes.”

“ Facciamo cambio.”

Le disse, con voce profonda e velata, per un ragazzo così giovane, almeno in apparenza.

“ No, non se ne parla.”

Disse, gentile ma inflessibile. Gli tolse gli occhiali, riponendoli nei risvolti della sua camicia a quadri.

Lui se li rimise:

“ Ti odio.”

Disse in un sospiro, mentre faceva dietrofront. Jenna sorrise, mentre alzava una mano, sventolandola in segno di saluto, mentre lo vedeva riaccomodarsi sulla sua auto e, con una curva micidiale, ripercorrere la stradina che conduceva all’esterno.

“ Perché non gliel’hai prestata?”

Le chiese Suzanne.

“ Perché è troppo viziato e le mie cose non si toccano. Se ne compri un’altra uguale, se proprio la desidera.”

“ Quindi, il tuo diniego non è dovuto al fatto che ti ha distrutto la Volvo nel 2003?”

Le disse, mentre la vedeva entrare in casa.

Jenna sorrise, malandrina.

“ Certo che si.”

Sussurrò, facendo ridere me e sua madre. Ormai, non avevo più dubbi: Jenna mi era simpatica.

Kayle tornò con Heather dopo venticinque minuti esatti, trovandoci nel salotto intenti a conversare.

Heather era l’opposto esatto di Jenna. Statura media, viso di porcellana, bocca a bocciolo, naso all’insù, boccoli biondi e frangetta piccola ad incorniciarle il volto sorridente e luminoso. Le sue piccole mani strinsero quelle di Alice ad un lieve incrociarsi degli occhi dorati. Dopo le presentazioni, Heather prese i numerosi pacchi che Kayle, il suo compagno, le porgeva, ringraziandolo con una carezza languida sul braccio destro e uno sguardo carezzevole.

“ Ho portato regalini a tutti voi, ospiti e parenti.”

Disse, con la sua voce sottile ma gradevole.

“ Questo…è per Bella.”

Mi sorpresi che la prima fossi io e, impacciata, presi il suo regalo, un cofanetto beige con fiocco dorato, ricambiando il suo sorriso.

Lo aprii, incuriosita e ne estrassi un completo in orecchini di marca in oro bianco.

“ Grazie, Heather.”

Dissi, mentre lei, sedendosi accanto a me, li raccolse dal palmo della mano, applicandomi ai lobi delle orecchie. La lasciai fare, divertita da tutto quel suo infantile entusiasmo.

“ Ecco!” esclamò, tirandomi con entrambe le mani le ciocche di capelli dietro le spalle: “ Sei perfetta.”

“ Grazie.”

La ringraziai ancora, facendola sorridere felice. Poi, si alzò e tornò ai regali.

“ Questo, è per Edward.”

Edward ricevette in regalo una polo color champagne di Armani. Alice un vestitino di Chanel, Rosalie un completo collana e orecchini in smeraldi veri di Tiffany, Emmett una cintura in vero cuoio di Dolce&Gabbana, Carlisle dei gemelli in diamanti, Esme un profumo floreale di Dior, Suzanne un completo intimo molto semplice, in contrasto con quello tutto merletti, rigorosamente nero, di Jenna.

“ Cosa dovrei farci?”

Disse, facendo dondolare il reggiseno, trattenendolo con il dito indice.

“ Metterlo, no? E’ così grazioso.”

Replicò Heather, facendo sorridere Kayle, che cercò di mascherare una risata con un colpo di tosse inesistente. Sorrisi allo sguardo confuso che Heather gli lanciò.

“ Pensa, Jenna. Potrai indossarlo nelle occasioni speciali.”

Disse Alice, maliziosa.

“ Si, magari con un ragazzo.”

Aggiunse Heather.

“ Oppure, potresti fare la lap dance come Kate Moss.”

Propose Kayle, profondo ma fortemente ironico.

Jenna gli sorrise, scuotendo la testa, rassegnata, mentre Emmett rise.

“ Potrebbe essere un’idea.”

Disse Edward, stando al gioco. Jenna lo spinse per un braccio, ridendo.

“ Smettila. Ti ci metti anche tu, adesso?”

Risi con lei, più rilassata ora che sapevo che il loro era un rapporto solamente fraterno.

“ Dov’è Jack? Volevo dargli il suo regalo…”

Chiese Heather, con un bacchetto fra le mani, rattristita. Non ebbi nemmeno il tempo di chiedermi chi fosse Jack, che un vampiro di età oscillante fra i ventotto e i trent’anni, varcò la soglia che ormai era quasi sera. I suoi capelli erano scuri forse più di quelli di Jacob, portava un completo grigio fumo classico, gli occhi buoni brillanti di topazio, il sorriso ampio mentre tratteneva con una mano la porta aperta.

“ Buonasera, a tutti. Vedo che i Cullen sono già qui. Perfetto.”

Sussurrò, rimanendo fermo sull’uscio di casa mentre Suzanne si alzava per avvicinarlo, un’espressione amorevole e deliziata ad ingentilirle il viso.

“ Finalmente, sei tornato, caro.”

“ Dove sei stato, Jack?”

Gli chiese Kayle, con sguardo indagatore.

Carlisle, seduto su una poltroncina, gli disse:

“ Già, Jack. So che sei stato via per più di sei giorni. Va tutto bene?”

Gli chiese, gentile.

Jack portò lo sguardo serio prima a lui, poi a Jenna, che lo guardò impassibile. Sorrise a Carlisle, ma mi sembrò un sorriso meno spontaneo del primo, quasi tirato, nervoso.

“ Si, certamente. Ho…ho portato un nuovo ospite.”

Vidi Edward tendersi ed osservare Jenna, che si tese, improvvisamente all’erta.

“ Un ospite?”

Chiese, con tono di voce nuovo, quasi duro.

Jack si passò una mano fra i capelli neri, quasi sulle spine. Ma quando ricambiò il suo sguardo, fu quasi irremovibile.

“ Si.”

Rispose semplicemente, aprendo la porta e lasciando entrare un nuovo personaggio. Vidi Jenna tendersi come la corda di un violino, Heather trasalire sorpresa, Kayle sgranare gli occhi, sorpreso, Suzanne aprire le labbra, arrestandosi un passo dal compagno.

Un ragazzo, un vampiro a giudicare dall’odore e dal cuore muto, fece un passo avanti ed alzò lo sguardo ad incontrare quello tinto d’orrore di Jenna. Jack si schiarì la voce, per dichiarare con voce decisa e tonante:

“ Lui, è Christofer Dine. Da oggi, farà parte della nostra famiglia.”

 

Angolo dell’autrice.

 

Ed ora viene il bello! XD

Scusate l’attesa, me ho scritto tutto di getto e non so se il risultato vi piacerà! Il prossimo capitolo sarà molto più lungo e ricco di particolari interessanti…ma non voglio aggiungere altro!^-^ Scoprirete di più, nel prossimo capitolo!

 

Ringraziamenti a…

 

Isy_Iside: Ciao! XD Grazie mille per aver recensito il primo capitolo della mia nuova storia! Spero che Jenna ti piaccia un po’ di più, rispetto all’immagine che ha dato di sé nel primo capitolo! Scoprirai di più su di lei, nel corso della storia!XD Grazie mille per i tuoi complimenti, sei stata molto carina e spero che mi farai scoprire la tua opinione alche nel corso della storia! Bacissimi e a presto, Fuffy91!! Buon finesettimana! ^__^*

 

Beuzz94: Mia carissima Beuzz, ci ritroviamo anche qui! XD Mi fa tanto piacere risentirti dopo tanto tempo!XD Non preoccuparti per Cristalli, per il momento è in fase di lavorazione! Devo riorganizzare le idee, dopo tanto stress dovuto agli esami!XD Sono contentissima che il primo capitolo ti sia piaciuto e spero che non solo Suzanne, ma anche gli altri nuovi personaggi troverai interessanti quanto lei!XD Baci baci, buon weekend e a presto, Fuffy91!^__^*

 

Grazie anche a tutti quelli che leggono e seguono la mia FF!! Vi adoro!XD

 

Prossimamente a…

 

Appuntamento a sabato prossimo, come sempre, precisamente 23 Luglio!XD

Baci baci e a presto, Fuffy91!!

 

^____________________________^***

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo3

Bella.

 

Non riuscivo a capire la reazione di stupore inorridito da parte dei ragazzi Stuart. Osservai stupita e confusa le loro facce sbigottite, soffermandomi principalmente sull’espressione impietrita di Jenna, che era rimasta immobile ad incenerire con lo sguardo, divenuto buio come le tenebre, il malcapitato nuovo arrivato.

Christopher Dine era un ragazzo poco più che ventenne. Abbastanza alto e di corporatura media, all’apparenza sembrava tranquillo e timido, dal modo in cui si mordeva le labbra leggermente carnose e da come cercava di svincolarsi dalle occhiate di ben dodici vampiri, riuniti in una stanza, curiose e alcune incattivite, come i dardi infuocati che Jenna non smetteva di lanciargli, ostentando senza veli un atteggiamento ostile ed incomprensibile.

Ciò che più mi attrasse di Christopher era il viso. Nonostante il corpo sottile ma robusto, i tratti del suo volto erano delicati e raffinati. I suoi capelli si presentavano in una vampata accecante di rosso-tramonto e sul naso si potevano intravedere i segni di piccole lentiggini, perdurate anche dopo la trasformazione. I suoi occhi erano due fari rosso brace, fin troppo luminosi per un vampiro adulto, bevitore di sangue umano. Questo significava che era ancora un giovane neonato, forse di qualche anno e il suo comportamento insicuro ed inquieto, nei confronti di altri vampiri sconosciuti, non fece che avvalere la mia ipotesi.

Jack lo spinse dentro con gentilezza, trattenendolo per una spalla, forse per infondergli coraggio, mentre chiudeva con l’altra la porta, che sbatté, nel silenzio generale, con un sonoro tonfo.

Suzanne fu la prima ad avvicinarsi al ragazzo, sorridendo con il suo solito sorriso ampio e rassicurante, forse un po’ troppo, notai.

“ Benvenuto, Christopher. Siamo molto felici di conoscerti.”

Christopher la guardò per qualche secondo, prima di ricambiare il suo sorriso con uno lieve, ma che mi sembrò sincero. Incoraggiata, Suzanne si sporse per abbracciarlo, ma lui si scostò bruscamente, sgranando gli occhi, spaventato, incollandosi alla porta, in difesa.

Suzanne portò lo sguardo confuso a Jack, che la rassicurò con un sorriso tenero ed uno pacato a Christopher, mentre si sporgeva cauto verso di lui, una mano tesa, il tono di voce garbato e soave.

“ Vieni, Christopher. Te l’ho già spiegato, ricordi? Non devi temere nulla da noi.”

Christopher lo scrutò a lungo, prima di sospirare debolmente ed avvicinarsi a Jack, a piccoli passi, senza fretta.

Jack lo sospinse gentilmente verso Suzanne, che gli sorrise di nuovo, questa volta senza provare a toccarlo. Christopher la guardò, quasi imbarazzato, per poi abbassare lo sguardo e mormorare velocemente e con tono di voce rammaricato.

“ Mi scusi, signora.”

Suzanne accentuò il suo sorriso, mentre, delicatamente, spostava un ciuffo di capelli dalla fronte liscia e pallida di Christopher.

“ Non devi scusarti, caro. Ti prego, non chiamarmi signora. Il mio nome è Suzanne.”

Disse, portandosi una mano al petto, usando un tono di voce basso e rassicurante, parlando lentamente, quasi per non allarmarlo, seguendo l’esempio del marito.

Suzanne si azzardò a prendergli la mano, che lui strinse dopo un po’, ricambiando il suo sorriso con uno meno tremulo. Suzanne si voltò, per indicare i suoi figli.

“ Loro sono, Heather, Kayle e…”

Fece una pausa, prima di indicare Jenna, che la guardò circospetta, prima di presentarla.

Heather si alzò con grazia dal divano, sorridendo lieta, arrestandosi proprio davanti a lui.

“ Ciao. Incantata di conoscerti. Non sapevamo del tuo arrivo…Jack ci ha fatto una piacevole sorpresa.”

Rise, divertita per qualcosa che mi sfuggiva. Vidi Christopher sorridere con lei, forse contagiato dalla sua allegria improvvisa. Non si oppose quando Heather, sulle punte dei piedi, lo baciò sulle guance, in un gesto affettuoso.

“ A quanto pare, sarai il nostro nuovo fratello.”

Annunciò Heather, con tono vago ma squillante. Jenna sibilò irritata a quel commento, mentre Kayle si voltava a guardarla, sorridendo sotto i baffi.

Christopher si mordicchiò le labbra, nervoso:

“ Be’…ecco…io…non so…”

Borbottò, sempre più impacciato. Heather rise, prendendolo sotto braccio.

“ Non preoccuparti. Ti ci abituerai. Sarà divertente, essere nostro fratello. A proposito, quanti anni hai? Sai, è importante, per collocarti nella scaletta.”

Christopher alzò un sopracciglio, scettico.

“ Scaletta?”

Heather annuì energica.

“ Ma si, la scaletta dell’età! Per stabilire ch è il più grande e chi il più piccolo. Kayle, il mio ragazzo,…”

Disse, indicandolo con una mano. Christopher lo guardò e Kayle gli fece un gesto di saluto col capo. Lui lo ricambiò con un sorriso meno teso.

“ E’ più grande di me di un anno. Quindi è nel mezzo. Io sono la più piccola. Jenna, invece, è la più grande.”

“ Jenna?”

Chiese Christopher, curioso, indicando Alice.

“ Lei?”

Alice gli sorrise. Immagino lo trovasse già simpatico. Heather rise, smorzando la risata cristallina sul suo braccio, facendolo sorridere di nuovo e sghignazzare allegro. Notai Jack osservarlo compiaciuto.

“ No. Lei è Alice, un’amica di famiglia. Lei è Jenna. La ragazza vicino ad Edward, quel bel ragazzo seduto sul divanetto centrale, sulla sinistra. Quella a destra è sua moglie, Bella.”

Spiegò Heather, indicandoci con l’indice. Era gi passata a me, ma gli occhi rossi di Christopher erano rimasti fissi sul viso accigliato e insofferente di Jenna.

“ Non sono una bella coppia? Io la trovo splendida. Comunque, Jenna è nata molto prima di tutti noi, quindi è da ritenersi la maggiore dei fratelli Stuart. Tu quando sei nato?”

Gli chiese e assorto come era mi stupii che le rispondesse a tono.

“ Il 6 agosto 1973.”

Heather rise, giuliva.

“ No, sciocco! Intendevo, il giorno della tua nascita da immortale.”

Vidi Jenna cominciare a respirare in modo agitato, quasi affannoso, le labbra socchiuse. Vidi Christopher osservarla apprensivo e confuso, per un attimo, prima di guardare direttamente Heather e risponderle, quieto:

“ Nel 1992.”

Jenna si alzò di scatto, attirando l’attenzione di tutti. Il respiro era del tutto assente, ora, gli occhi ridotti a due fondi di bottiglia scuri, metallici. Quell’espressione, era identica alla donna del suo ritratto, il più bello ed inquietante di tutta la sua collezione.

Heather continuò, come se niente fosse:

“ Allora, sei più piccolo di me. Io sono nata nel 1988. E’ deciso! Sei tu il più piccolo di casa, adesso.”

“ Jenna, stai bene?”

Non potei impedirmi di crederle, notando il suo eccessivo pallore e l’espressione del suo viso che si faceva, a mano a mano che il tempo scorreva, sempre più atterrita.

“ Si, benissimo.”

Mi rispose, dura ed inflessibile. Sapevo che era una bugia bella e buona, ma non volli insistere. La situazione era già precaria così com’era, senza che io interferissi.

Jenna guardò Jack, liberando finalmente la presa da Christopher, che però non smise di osservarla, quasi affascinato da lei.

“ Quindi, hai deciso? Rimane qui?”

Non c’era bisogno che specificasse a chi si stesse riferendo, era più che evidente, data l’apprensione che ora era nata sul volto splendente di Suzanne, che si voltò a constatare la reazione del marito, forse in pena, nel caso sfociasse tutto in una tragica lite.

 “ Si.”

Rispose Jack, calmo e deciso.

Jenna aggrottò la fronte e strinse le labbra in una linea dura, quasi arrabbiata.

“ Per quanto?”

Chiese ancora, con tono basso ma non meno minaccioso. Jack, anche quella volta, fu inflessibile nel darle una risposta.

“ Fino a quando lo vorrà lui. La scelta è già stata compiuta. Spero, che rispetterai la mia decisione, come i tuoi fratelli. Heather è già d’accordo e anche Suzanne.”

Jenna guardò Kayle, che ricambiò il suo sguardo acceso con uno languido e pacato.

“ E tu? Che ne pensi?”

Anche Heather osservò la reazione del compagno, che sorrise, quasi beffardo, scrollando le spalle.

“ Vedremo.”

Fu la sua unica risposta, che fece ridere di gusto Heather. Subito dopo, corse da lui e in baleno gli si strinse al braccio destro, affettuosa.

Jenna, quasi spazientita, fece il giro del divano, salendo con furia i primi due gradini della scala, nascosta nell’angolo destro della parete di fronte.

“ Può restare. Ma, che sia chiaro…”

Disse, arrestandosi di colpo, ma voltandosi lenta. Sussultai, di fronte al suo sguardo freddo, diabolico, così poco umano, ma non meno attraente.

“ Tienilo lontano da me.”

Detto questo, salì le scale in un lampo, chiudendosi la porta di qualche stanza lontana alle spalle, con un tonfo assordante. Dopo questo, calò il silenzio.

“ Be’…non si può dire, che l’abbia presa male.”

Disse Emmett, sciogliendo l’atmosfera tesa con un caldo sorriso divertito. Alice Rise, alzandosi e sgranchiendosi le gambe.

“ Hai creato un gran bel trambusto, Christopher.”

Disse, con tono giulivo e per nulla accusatorio. Ma Christopher abbassò lo stesso lo sguardo, in colpa.

“ Scusate. Scusa, Jack. Non volevo che…si creasse tutto questo.”

Si scusò con Jack, che scrollò le spalle, quasi sollevato invece.

“ Non scusarti. Jenna imparerà ad apprezzare la situazione. Devi avere…”

Iniziò, guardandolo quasi in pena, ma poi sorridendogli lieto, dandogli una pacca sulla spalla, gli disse:

“ Devi avere solo un po’ di pazienza, con lei, va bene? Jenna ha le sue ragioni per comportarsi così, ma questo non deve preoccuparti. Ora…Kayle, Heather? Perché non mostrate a Christopher la sua stanza e non lo portate a caccia? Avete molto, da mostrargli. Così, imparerete anche a conoscervi meglio.”

Heather fu entusiasta della proposta del padre adottivo. Trascinò Christopher fuori in giardino, ansiosa di fargli conoscere un posto particolare, in mezzo alla foresta fitta delle montagne circostanti. Kayle li seguì diligentemente, sorridendo dell’entusiasmo della sua compagna. Christopher, dal suo canto, sembrava divertito e più a suo agio fra loro. Sorridendo, gli sentii dire ad Heather:

“ Chris. Per favore, chiamami Chris.”

Lei gli sorrise e lo accontentò. Emmett, Alice, Rosalie e Jasper li seguirono per una breve caccia su per i boschi, mentre io, Edward, Esme e Carlisle seguimmo Jack nel suo studio, che si trovava due piani dopo le stanze da letto e le camere personali per gli svaghi di ogni membro della famiglia.

Mano nella mano con Edward, posai lo sguardo sulle numerose tele alle pareti, tutte colorate dalle tinte più vivaci e calde, anche se nella mia mente troneggiava il ricordo del quadro della ‘signora di ghiaccio’, che avevo soprannominato puerilmente fra me e me, a capo di tutti gli altri, nel salotto.

Lo sguardo fermo e privo di calore di Jenna, continuava a sovrapporsi a quello della donna del ritratto. Che fosse il suo alterego? Ero confusa ed anche inquieta. Nella testa, un milione di domande fiorivano ad ogni passo. Anche Edward, che camminava silenzioso al mio fianco, sembrava assorto nei miei stessi dubbi.

Mi ridestai quando Jack aprì la porta d’ingresso del suo studio. Era semplice e privo di decori alle pareti, se non un ritratto sulla scrivania, che raffigurava realisticamente i membri della famiglia al completo, solo in abiti antichi. Cercai Jenna con lo sguardo, curiosa e strabuzzai gli occhi alla vista di quella donna alta e snella, vestita con abiti aristocratici di fine Otttocento, proprio accanto a Jack,

che le teneva una mano sulla spalla, fra i capelli raccolti in una coda e che ricadevano in onde ordinate sulla spalla e lungo il braccio sinistro. Era bellissima e, solo per un attimo, una punta d’invidia mi avvelenò il cuore. Subito scacciai quella sensazione imbarazzante. Dovevo rassegnarmi al pensiero che, con un abito del genere, non avrei ottenuto il suo stesso aspetto, etereo e sensuale insieme.

Jack si sedette dietro la scrivania, assumendo un’aria assorta, sospirando stanco, dietro l’intreccio delle mani a nascondere la bocca, gli occhi dalla palpebre chiuse, sfinite.

Edward mi trascinò sul divanetto in pelle di smeraldo accanto alla parete e, contemporaneamente,  vidi Esme e Carlisle sedersi di fronte a lui, mentre Suzanne si pose accanto al marito, guardando fuori dalla finestra, apprensiva.

“ Hai fatto la scelta più giusta, Jack.”

Disse Carlisle, trattenendo la mano destra di Esme nella sua. Jack sorrise amaro:

“ Davvero? Io non ne sarei così sicuro.”

Esme continuò per Carlisle.

“ Hai visto l’espressione impaurita del ragazzo, quando Suzanne si è avvicinato a lui la prima volta? Ha bisogno che qualcuno si prenda cura di lui. E chi meglio di voi due?”

Disse dolce e materna, guardando entrambi. Suzanne annuì, ma non disse nulla. Jack sospirò gravemente.

“ Esme ha ragione. Avete spazio a sufficienza e figli amorevoli che lo accoglieranno facilmente tra di loro…”

Continuò Carlisle, come a convincere il suo amico ad aver fatto la scelta giusta ad accogliere Chris nella loro famiglia.

“ Si, ma non tutti i miei figli. Heather lo ha già accettato, Kayle è titubante, ma grazie ad Heather riuscirà ad apprezzarlo...Ma Jenna…”

Disse, nascondendosi il volto fra le mani. Suzanne gli afferrò una spalla, stringendola forte. Jack abbassò le sue, allungando la destra ad afferrare la sua, come a ringraziarla della sua comprensione.

“ Jenna mi odierà per quello che le ho fatto.”

Aprii la bocca, sconvolta:

“ Perché?”

Jack e Suzanne mi osservarono smarriti.

“ Insomma…immagino che per Jenna, l’arrivo di un componente estraneo alla famiglia possa turbarla, ma non credo così tanto da compromettere una decisione già presa. Se Chris vuole rimanere qui e far parte della famiglia Stuart e se tu, Jack, sei d’accordo insieme a Suzanne, Heather e Kayle, allora a Jenna non rimarrà che rassegnarsi e cercare di accettare la situazione.”

Dissi, esponendo la soluzione ai miei pensieri, come meglio credevo. Jack mi sorrise, dolce ma amaro.

“ Purtroppo, mia cara Bella, la situazione è molto più complicata di come tu l’hai esposta.”

Riflettei per un attimo sulle sue parole, ma alla fine scossi il capo, arrendendomi.

“ Non capisco.”

Jack sospirò ancora, più lentamente.

“ Edward, invece, sa bene cosa intendo.”

Avvertii la mano di Edward stringere la mia con più forza. Mi voltai ad osservarlo. I suoi occhi erano liquidi, ma le sopracciglia erano aggrottate, segno evidente di nervosismo o peggio, sofferenza. Mi sporsi verso di lui, per cancellare con le dita quella ruga profonda dalla sua fronte, che lo rendeva più vecchio. Edward mi sorrise e baciò le mie dita una ad una, prima di rispondere.

“ Si, è vero. Capisco perfettamente i sentimenti di Jenna.”

Mi sorpresi delle sue parole, ma non dissi nulla, lasciando che continuasse.

“ Io e Jenna, abbiamo vissuto un’esperienza in comune. Quando Bella era umana, fui attratto immediatamente dall’odore indescrivibile del suo sangue. Era un tale richiamo…quasi impossibile da ignorare. Accanto a lei, per quanto la amassi e il mio unico pensiero fosse quello di proteggerla, la gola ardeva sempre e il demone dentro di me implorava di soddisfare la sua sete.”

Chiuse gli occhi, immerso nei suoi ricordi, la voce ridotta ad un sussurro di velluto, la bocca sul dorso delle dita della mia mano destra, ancora racchiusa fra le sue, mentre parlava.

“ Non c’è stato giorno, in quegli anni, in cui combattessi contro il desiderio del suo sangue. Per me, il giorno della sua trasformazione, rappresentò tormento e grazia insieme. Le avevo privato della vita, ma avevo abbandonato il peso opprimente di vederla morta, esanime, priva di vita fra le mie braccia, in un attimo di follia.”

Aprì gli occhi ad incontrare i miei, ma sapevo che non mi stava guardando, che era lontano mille miglia da me, immerso nei suoi pensieri, nei suoi ricordi…e in quelli di Jenna.

“ Jenna ha vissuto una situazione simile a quella che si è venuta a creare fra me e Bella. Ha conosciuto Christopher nel New Jersey. Lui aveva appena compiuto diciannove anni. Era fidanzato con Mary Galdier, ma non era una relazione seria. Figlio di un impiegato e di un’insegnante d’asilo, ha frequentato la scuola statale e poi si è iscritto all’UCL, il college universitario di Londra. Stava andando lì, il giorno in cui Jenna lo ha ucciso. Lo ha rincontrato nel parco vicino casa, due settimane dopo aver evitato di fargli del male. Gli è passato accanto, c’era vento e il suo odore l’ha colpita violentemente. Era sola, nessuno avrebbe potuto fermarla. Era il suo cantante, il suo sangue cantava solo per lei...una tentazione irresistibile. Ha combattuto con il suo demone fino alla fine, ma è stato tutto inutile. Jenna ha ceduto. Ha attirato Christopher con una scusa, lui l’ha seguita, inevitabilmente attratto da lei. Quando siete arrivati, era già troppo tardi…Jenna lo aveva già morso.”

Edward si fermò, quasi provato dallo sforzo di ricordare o forse dai suoi ricordi passati. Gli accarezzai il viso, cercando di tranquillizzarlo. Lui mi sorrise lieve, baciandone il palmo.

Jack continuò per lui, il tono di voce soffuso e grave:

“ Li trovammo distesi nell’erba, lui sulle sue ginocchia, lei china su di lui, nascosti fra i cespugli. L’odore del sangue di Chris si sentiva a tre chilometri di distanza. Sembrava che si stessero scambiando tenerezze, ma la verità era più atroce. Suzanne riuscì a staccarla da lui, insieme a Kayle. Jenna era diventata aggressiva e cercava di ribellarsi dalla presa della madre e del fratello. Heather corse ad aiutarli, mentre io cercavo di tamponare la ferita sul collo di Christopher. Avrei voluto succhiargli via il veleno, ma era troppo tardi. Sentivo che era già arrivato al cuore. Era troppo tardi. Lui gridava, per via della trasformazione già in atto. Jenna era fuggita, inorridita per ciò che aveva fatto. Non ho potuto…vedendola in quello stato…era distrutta, io…ho dovuto farlo! Non avevo scelta…Jenna era più importante.”

Blaterò, in preda ad un dolore antico e forse mai dimenticato.

“ Così, hai lasciato Chris al suo destino. Lo hai abbandonato sui monti, in Alaska, vicino ad un gruppo di nomadi di passaggio, nella speranza che lo accogliessero. Lo hai fatto, per proteggere Jenna.”

Disse Edward, leggendo tutto chiaramente attraverso i suoi pensieri. Jack annuì ad ogni sua parola, amareggiato.

Suzanne lo consolò come poté, cingendogli le spalle con uno braccio, chinandosi per baciargli la guancia. Jack chiuse gli occhi a quel tocco, sospirando per ritrovare la calma perduta per pochi attimi.

“ Hai fatto, quello che ritenevi giusto per il benessere della tua famiglia, Jack. Non devi vergognartene.”

Disse Carlisle, calmo e pacifico.

“ Il fatto è, Carlisle, che so che tu ti saresti comportato diversamente. Tu avresti accolto Chris fra di voi, lo avresti allevato come un altro dei tuoi figli, nel bene e nel male. Io, invece, non l’ho fatto. Ho pensato solo al benessere di Jenna e non a quello di Chris. Ho lasciato che questo ragazzo si cibasse di sangue umano, insieme a dei nomadi ladri ed egoisti, per tutti questi anni.”

Disse Jack, tormentandosi.

“ Ormai, non puoi più tornare indietro. Magari quelli che per te sono sbagli, hanno contribuito, invece, a formare Chris in un altro modo e chissà se le sue esperienze non gioveranno nell’istaurare i rapporti con tua figlia, Jack.”

Disse Carlisle, parlando saggiamente e ridando speranza a Jack, che gli sorrise grato.

“ Lo spero tanto, Carlisle, lo spero tanto.”

“ Jenna potrebbe apprezzare Chris col tempo, imparando ad accettare e a convivere con i suoi incubi.”

Gli suggerì Edward, alzandosi dal divanetto. Lo seguii, afferrandogli la mano che lui strinse gentile.

“ Solo il tempo ce lo dirà.”

Disse Suzanne, guardando fuori, in giardino, i suoi figli, Emmett e Rosalie, Alice e Jasper, insieme a Chris ritornare dalla caccia e ridendo allegri. Chris era l’unico tutto imbrattato di terriccio, ma lo vedevo più allegro e il colorito della sua pelle meno pallido, l’espressione del viso delicato rilassata ed entusiasta.

“ Ora, non ci resta che osservare il corso degli eventi.”

 

 

 

Angolo dell’autrice.

 

Buonasera a tutti voi, amici e amiche di EFP!!XD

Ho appena finito di stendere il mio terzo capitolo! Ci sono state molte rivelazioni in questo capitolo, tutte non difficili da assimilare! Certi atteggiamenti di alcuni personaggi, all’inizio potrebbero apparirvi strani, ma in seguito tutto sarà chiarito! XD

Spero vi sia piaciuto come i precedenti capitoli! Non mancate di farmi partecipi dei vostri commenti o critiche in merito, mi raccomando! ^^

E adesso, passiamo ai…

 

Ringraziamenti a…

 

Susplicia_The  Volturi: Ciao, Susplicia! Prima di tutto, complimenti, hai un nick molto originale! XD Sono contenta che la mia FF ti sia piaciuta a tal punto da metterla fra i preferiti! Spero di aver soddisfatto, almeno in parte, le tue curiosità su Christofer! Spero, inoltre, di aver fatto si che la narrazione fosse più sciolta, questa volta! L’ispirazione la coltivo piano piano, durante la giornata e in qualche spazio dei miei sogni ad occhi aperti! Posterò ogni fine settimana, verso le sette di sera! Grazie mille per i tuoi commenti e per i tuoi complimenti! Fammi sapere se anche questo capitolo ti è piaciuto! Baci baci, e alla prossima (leggi nella nota Prossimamente a…) Fuffy91!^__^*

 

Beuzz94: Mia carissima Beuzz, ciao!!XD E’ un piacere per me risentirti! Allora, ti è piaciuto il mio nuovo cap?? Spero di si?? Uhm…Non so se la tua antipatia per Jenna scemerà grazie a questo cap…forse nel prossimo! :P Nel frattempo, fammi sapere cosa ne pensi di Chris e della sua storia! Conoscendoti, credo che non mancherai di dirmi la tua!!XD Sapevo che Heather ti sarebbe piaciuta! XD A presto! Baci baci, Fuffy91!^__^*

 

Monica87mi: Ciao, Monica!XD Mi fa piacere fare la tua conoscenza! La mia FF ti piace?? Be’, preparati ad adorarla!XD I prossimi saranno belli ed interessanti forse più dei precedenti! Stiamo entrando nel vivo della storia! Mi raccomando, non perdere i prossimi, ok?? XD Grazie mille per avermi lasciato un commentino!XD Spero lo farai anche questa volta! Baci baci e a presto, Fuffy91!^__^*

 

Prossimamente a …

Domenica 31 Luglio! Finiamo il mese in bellezza! Baci baci, Fuffy91!XD

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

Bella.

 

Scesi giù le scale insieme ad Edward, giusto il tempo per vedere i ragazzi rientrare in casa.

Heather era aggrappata alla schiena di Chris, tutto ricoperto di polvere e con macchie di fango sulle ginocchia, ma il sorriso, che gli solcava le labbra, era sereno e gli occhi, prima rossi e luminosi, erano cangianti, brillanti di un nero appena punteggiato d’oro.

Si lasciarono cadere entrambi sul divano e solo allora Heather lasciò la presa delle sue gambe intorno alla sua vita, stringendosi ancora, però, con le braccia al suo collo. Sorrisi a quella tenera scena. Sembravano davvero due fratellini dispettosi. Fra Heather e Chris, infatti, si era già istaurata una splendida intesa, fatta di giochi, di risa e di sorrisi. Osservando Heather, con quei boccoli biondi e quel visino ridente da cherubino, non stentai a credere che Chris si fosse facilmente affezionato a lei. Con quell’aria così tenera, era impossibile non volerle bene. Lo stesso sentimento che suscitava Alice, che entrò in casa danzando come un cigno sull’acqua, rifugiandosi immediatamente sotto il mio braccio. Guardò compiaciuta Chris ed Heather, con aggiunta di Kayle al quadretto, che si appoggiò allo schienale del divanetto, il mento affondato nell’incavo del braccio sinistro ripiegato, giocherellando distratto con i capelli di Heather, immersa in una conversazione con Chris.

“ Non sono adorabili? Chris sembra essersi integrato molto bene nella famiglia Stuart.”

Annuii soltanto alle parole di Alice, condividendole senza ulteriori aggiunte.

“ E’ un vero peccato che tu ed Edward non siate venuti con noi a caccia per i boschi.”

Una pausa, in cui scoppiò a ridere.

“ Vi siete persi la prima battuta di caccia di Chris, che si è divertito a far innervosire un orso, costretto ad uscire con la forza dal letargo. Emmett non la smetteva di fare battutine che distraevano Chris. Per poco l’orso non gli è caduto addosso, perché Chris si è sbilanciato per un eccesso di risa.”

Alice rise ancora ed Edward sghignazzò, evidentemente leggendo nella sua mente il suo ricordo, smorzando la risata sulla mia spalla, che dopo baciò leggero.

“ Ci rifaremo, la prossima volta.”

Vidi Emmett entrare, mano nella mano con Rosalie, impeccabile come al solito.

“ Sei sempre il solito. Ho saputo cosa hai combinato a Chris...”

Lo rimbeccai, sporgendomi per arruffargli i ricci scuri.

“ Vergognati! Non si distrae un amico mentre caccia. Poteva essere pericoloso.”

Continuai, facendolo ridere, rauco e chiassoso.

“Bella, cosa c’è di più pericoloso di noi a questo mondo, me lo spieghi? E poi, dovevi vederlo…”

Disse indicando col pollice Chris.

“ Era un bersaglio perfetto per le mie battute. Non ho potuto resistere. Edward, non ho potuto!”

Disse, allargando le braccia, in segno di resa, ad un cenno di rassegnazione di Edward, che scosse il capo, comunque sorridendo.

“ Ehi, ragazzi! Non escludeteci! Mi è venuta un’idea splendida, da fare tutti insieme.”

Disse Heather, invitandoci ad avvicinarsi al loro trio. Con la mano stretta nella sua, Heather spinse Kayle a circuire il divano e sedersi accanto a lei. Kayle allungò un braccio dietro di lei, stringendole le spalle e sospingendola verso di lui. Heather lo lasciò fare, come se quello fosse un suo gesto abituale.

“ Cosa vorresti fare, Heather?”

Le chiese Jasper, incuriosito.

“ Io lo so già, e l’appoggio in pieno.”

Disse Alice, dando un cinque ad Heather, che rise contenta.

“ Lasciala parlare, almeno.”

Le disse Rosalie, accarezzando con le dita un braccio di Emmett, entrambi stretti intorno a lei.

“ Bene, ascoltate. Voglio organizzare una festa!”

A quella parola, non potei trattenere uno sbuffo contrariato. Edward mi strinse a sé, baciandomi la tempia, divertito.

“ Cosa c’è, Bella? Non ti piace l’idea?”

Mi chiese Heather, con l’espressione da Bambi ferito. Impossibile non commuoversi.

“ Oh, no! No, è perfetta, davvero.”

Cercai di consolarla. Emmett rise, divertito.

“ Che bugiarda.”

Sussurrò giulivo, guadagnandosi una mia occhiata omicida.

“ Bella odia le feste. E’ la ragazza più intollerante al divertimento, che abbia mai conosciuto.”

“ Adesso esageri.”

Gli disse Edward, cordiale ma con un tono che non ammetteva repliche. Emmett scrollò le spalle, come se quello potesse essere un gesto di scusa valido.

“ Non è che non mi piaccia divertirmi. A tutti piace il divertimento.”

Replicai, quasi a giustificarmi.

“ Non a tutti.”

Disse inaspettatamente Chris. Tutti lo guardammo, piacevolmente sorpresi. Lui sembrò intimidirsi ad una prima occhiata, lo capii dal modo in cui abbassò lo sguardo e si morse il labbro inferiore. Ma fu solo un attimo, poi con la sua voce rassicurante e delicata, quasi quanto i tratti del suo volto, continuò, guardando soprattutto me.

“ Insomma, ricordo che quando ero umano, preferivo restare a casa, a vedere vecchi film e ad ascoltare i Sex Pistols a tutto volume, piuttosto che andare per locali ad ubriacarmi insieme agli amici.”

Sorrisi, a quella descrizione.

“ Be’, abbiamo molto in comune, allora. A parte i Sex Pistols.”

Dissi, sghignazzando. Lo vidi sorridere insieme a me.

“ Non sono il tuo genere?”

Mi chiese, curioso. Scrollai le spalle.

“ Non tanto. Gli Strokes mi piacciono, però.”

“ Si, non male. Hanno un rock indipendente niente male. Li hanno definiti dei bastardi puri.”

“ Si, lo so, l’ho letto su Internet.”

“ Scusate?”

Disse Emmett, richiamando la nostra attenzione.

“ Ci siamo anche noi, qui.”

Io e Chris scoppiammo a ridere in contemporanea. Lo osservai, sorpresa di me stessa. Era bastato poco, per istaurare subito un feeling inaspettato con Chris. Era piacevole parlare con lui, facile ed istintivo, tanto quanto bere dalla cannuccia.

“ Comunque, non c’è niente di male nel fatto di non apprezzare le feste. Io mi unisco a te, nella categoria dei contro.”

Disse alzando la mano destra, come se volesse stipulare un giuramento. Risi spontanea. Non era solo tenero, ma anche ironicamente buffo.

Sentii lo sguardo intenso di Edward posarsi su di me e non lasciarmi per un po’, quasi compiaciuto o in ammirazione. Mi voltai ad incrociare i suoi occhi e li trovai così colmi d’amore e devozione da commuovermi. Era felice perché lo ero io. Avrei voluto sporgermi per baciarlo non certo delicatamente, ma mi trattenni, per non sentirmi a disagio subito dopo e per non dare un pretesto ad Emmett di prendermi in giro.

Come al solito, Edward mi trasse in salvo, chinandosi a sfiorarmi le labbra, delicato come una libellula sul pelo d’acqua. Chiusi gli occhi, cercando di assaporare quell’attimo fugace, reprimendo i brividi di piacere che mi trapassarono il corpo in scariche ingestibili.

Edward mi accarezzò la guancia e mi baciò il lobo destro, bisbigliando veloce all’orecchio, in modo che solo io potessi sentirlo:

“ Dopo, amore.”

Annuì impercettibilmente, sorridendo lieta e soddisfatta. Abbassai lo sguardo e sapevo che, se fossi stata umana, sarei arrossita vistosamente sotto quello sguardo leggermente scuro, carico di promesse.

Edward mi sfiorò scherzoso la punta del naso con l’indice, per alleggerire la tensione erotica fra di noi, e quando mi voltai sorridente ed abbracciata a lui, solo allora mi accorsi che Alice ed Heather erano immerse in una conversazione animata, che Kayle e Jasper si scambiavano un’occhiata di complice rassegnazione all’atteggiamento identico delle loro compagne, che Rosalie battibeccava con Emmett, intervallando una parola ad un bacio sul viso, scherzosi ed innamorati e che soltanto Chris guardava me ed Edward, assorto. Ci sorrise, quasi involontariamente e nel caos generale, lo percepii sussurrare:

“ Incredibile.”

Per poi scuotere la testa e sorridere ad Heather, che lo interpellò:

“…giusto, Chris? A te piacerebbe una festicciola a casa, per festeggiare il tuo arrivo? Niente di plateale, te lo garantisco.”

Disse, ammiccando velocemente verso Alice, mentre Chris accettava, inconsapevole del suo errore.

“ Certo, va bene. Basta che manteniate la promessa.”

“ Oh, puoi stare tranquillo. Noi, manteniamo sempre le promesse.”

Disse Alice, battendo un altro cinque con Heather. Quelle due, insieme, facevano paura. Tremai quando Alice si rivolse a me, sorridendo maliziosa.

“ Bella, vieni con noi, vero?”

Deglutii, sotto quegli sguardi dorati che non ammettevano un ‘no’, come risposta.

“ Dove?”

“ A fare compere, ovvio.”

Mi rispose Heather, come se stessi dialogando con una sola persona e non con due vampire svitate, per quanto adorabili potessero essere.

“ Compere?”

Alzai un sopracciglio, avvertendo il pericolo ‘shopping forzato’ in agguato.

“ Certo. Ci vogliono festoni…”

Iniziò Alice.

“ Nuovi vestiti.”

Continuò Heather, guardandosi negli occhi complici. Si lanciarono in un elenco di cose inutili da comprare per mettere in piedi una festa che non era certo piccola, come era nel progetto iniziale.

Mi rassegnai all’evidenza, sospirando affranta. Edward rise e si alzò dal divanetto, sciogliendo inaspettatamente la presa intorno a me. Lo guardai sbigottita, mentre si rivolgeva ad Alice.

“ Vi accompagnerò io, a fare spese.”

Vidi Alice ed Heather illuminarsi contemporaneamente, a quelle parole.

“ Davvero? Dici sul serio, Edward?”

Gli chiese Heather, meravigliata e lieta insieme. Sorrisi a quell’espressione beata. Certo, avere Edward come autista e come modello per abiti raffinati, doveva essere un sogno per entrambe, per di più se la proposta veniva da lui, spontaneamente.

“ Ma si, ovvio.”

Alice si alzò e corse ad abbraccialo, saltellando entusiasta. Edward ricambiò l’abbraccio in una stretta gentile, ma il suo sorriso era soddisfatto, molto soddisfatto. Sorrisi ancora di più, di fronte a quel sorriso. Era dolce, ma diabolico. Sapevo che aveva qualcosa in mente, e infatti i fatti me lo confermarono.

“ A patto, che Bella resti qui.”

Anche in Heather, a quel punto, vidi spegnersi la fiammella dell’entusiasmo che brillava nei suoi occhi.

“ Oh!”

Esclamò, posando lo sguardo su di me, triste e desolata. Un’immagine violenta per il mio istinto materno, ma mi costrinsi a non correre ad abbracciarla per confortarla, per non vanificare, così, i piani di salvataggio di Edward.

“ Sei cattivo.”

Gli disse Alice, imbronciata.

Edward rise.

“ Però, se accetti, hai il mio permesso per comprarle tutto ciò che vorrai e potrai farmi provare tutti i capi d’abbigliamento che più ti aggraderanno.”

Alice si dondolò per un po’ sul posto, a braccia incrociate, senza staccare gli occhi da quelli di Edward che rise di qualche suo pensiero o forse del suo sorriso. Sospirai di sollievo quando la vidi annuire.

“ Bene, allora è deciso. Andiamo, prima che i negozi chiudano. Sono già le sei e mezza di sera.”

Disse Heather, trascinando Alice per un braccio, mentre lei trascinava Edward, che mi disse, un passo già fuori dalla porta.

“ Torno subito. Aspettami.”

“ Pregherò per te.”

Gli mandai un bacio con la mano e lui sorrise e rise contento, mentre scompariva dietro la porta d’ingresso, che si chiuse subito dopo Rosalie che, trascinata per mano da Emmett che urlava: “Veniamo con voi.”

Seguito dall’urlo di gioia di Heather ed Alice e da una battuta di Jasper, a cui Alice scoppiò a ridere. La vidi abbracciarlo, prima di salire nell’auto di Edward, al posto del passeggero davanti, ovviamente.

Mi lasciai cadere sul divano, sospirando rasserenata. Edward mi aveva salvato ancora una volta da una situazione scomoda. Dovevo ripagarlo al più presto, magari indossando un completino di Victoria’s Secret, che Alice sicuramente mi avrebbe comprato. Chissà se Edward l’avrebbe gradito, ma mi era impossibile immaginare un suo probabile disgusto.

“ Sorridi. Stai pensando a qualcosa di bello, Bella?”

Mi riscossi a quella domanda, che veniva da una voce cupa, profonda, maschile. Alzai lo sguardo per incrociare gli occhi caramellati di Kayle. Mi sorpresi di trovarlo ancora lì, seduto comodamente sulla poltroncina ad angolo, il gomito destro puntellato sul morbido bracciolo, il capo inclinato a studiarmi, un sorriso leggero ad incurvargli le labbra rosse. Lo ricambiai, con un po’ d’imbarazzo. Non ne conoscevo il motivo, ma Kayle mi metteva a disagio, forse per la sua aurea di determinazione e forza che lo circondava, troppo forte da sostenere per un’insicura come me, nonostante la mia nuova natura di vampira, mi aveva resa un po’ più sicura di me stessa.

“ Be’, diciamo di si.”

Gli risposi, portando le mani ad incrociarsi in grembo. Kayle sghignazzò divertito e la sua risata soffocata assomigliava molto alle fusa di un ghepardo selvaggio. Si allungò per prelevare qualcosa dalla sua borsa a tracolla, poggiata svogliatamente sul tavolino in legno.

“ Come mai non sei andato con Heather e gli altri?”

Gli chiesi, più per curiosità che per altre ragioni. Kayle si lasciò ricadere sullo schienale della poltrona, mentre si portava alle labbra qualcosa di lungo e bianco. Era una sigaretta. La accese ed aspirò a pieni polmoni una vampata di nicotina, rilasciandola a piccole dosi, prima di rispondermi.

“ Be’, diciamo che non amo particolarmente andare in giro, a comprare vestiti e cose inutili.”

Sorrisi, divertita.

“ Tutto il contrario di Heather.”

Kayle ispirò dalle narici e dalle labbra socchiuse un’altra nuvola di fumo dolciastro.

“ Già. Ma è proprio il mio poco materialismo ad attrarla.”

Risi ancora, del tono serafico delle sue battute. Mi sorrise, circondato da una nebbiolina sottile di fumo.

“ Hai una bella risata. Limpida e spontanea. Sai, mi piaci Bella. Mi piace l’innocenza che leggo nel tuo sguardo. E’ molto raro, oggigiorno, trovare delle ragazze smaliziate come te. Edward è stato molto fortunato a trovarti.”

Mi riempì di complimenti, mentre lasciava cadere la cenere della sigaretta già per metà consumata, nel portacenere accanto alla borsa.

“ Ti ringrazio, Kayle.”

Kayle compì un gesto vago con la mano.

“ Oh, non ringraziarmi, ti prego. Ho solo l’abitudine di dire tutto ciò che penso. A volte è un bene, come nel tuo caso, e a volte invece no. Con la mia troppa sincerità, finisco per turbare le persone, rivelando, magari, verità scomode e fatti spiacevoli.”

Aspirò ancora, guardandomi fra le ciglia socchiuse, sorridendomi, quasi beffardo.

“ Quindi non farti ingannare dalle apparenze. Non sono così gentile, come posso sembrare.”

Mi sorrise ancora, sbuffando altro fumo, che riempì ben presto la stanza. Meditai sulle sue parole, preferendo non rivelare le mie opinioni sul suo conto. Kayle non era un personaggio sinistro, ma dava l’impressione di saperlo diventare, e forse fin troppo bene.

Mi guardai intorno, cercando con lo sguardo Chris. Sapevo che non era andato con Edward e gli altri a fare spese, me era anche vero che era sparito del nulla, non appena erano usciti tutti.

“ Cerchi qualcuno o qualcosa?”

Sorrisi all’attenzione di Kayle, domandandogli tranquilla:

“ Mi domandavo solo, dove fosse finito Chris.”

“ Chris…” iniziò Kayle, con tono ancora più cupo.

“ Ah, quel ragazzo mi preoccupa. Non sono sicuro, che sopravvivrà a lungo qui.”

Rivelò, con disinvoltura, spegnendo la cicca ormai del tutto esaurita. Non mi sorpresi delle sue parole, immaginando la fonte delle sue preoccupazioni.

“ Ti riferisci a Jenna, vero? Ho saputo…ho saputo quello che è successo fra lei e Chris.”

“ Te l’ha detto Edward?”

Chiese, più curioso che accusatorio. Scossi il capo energicamente, per non dargli un’idea sbagliata.

“ No, ce lo ha rivelato Jack nel suo studio.”

Una pausa, interrotta solo dallo scattare dell’accendino di Kayle, che si accese la seconda sigaretta.

“ Mi dispiace molto, per Jenna. Non deve essere una situazione facile questa, da sostenere, per lei.”

“ Non dispiacerti per cose che non riesci a comprendere. A Jenna non serve la tua pietà.”

Mi disse Kayle, calmo, nonostante le sue dure parole. Alzai lo sguardo, leggermente risentita.

“ Ma la mia non è pietà. Sono solo dispiaciuta per lei. Il mio è un sentimento di comprensione.”

Abbassai lo sguardo sulle mie mani intrecciate, assorta.

“ All’inizio ero gelosa del rapporto confidenziale fra lei ed Edward, ma ora capisco perché sono tanto affiatati. Edward deve aver aiutato molto Jenna, in passato. Lo so, è nella sua natura. Adesso, dopo avermi conosciuto, le avversità che abbiamo dovuto affrontare e le esperienze che abbiamo condiviso, è naturale che la senta ancora più vicina a sé. Ora capisco…”

Mi voltai verso la parete rossa, ad incrociare gli occhi scuri della ‘donna ghiaccio’.

“ Ora capisco perché quel quadro ha turbato tanto Edward. Come per Jenna, rappresenta il momento più buio della sua vita, la sua lotta interiore contro il demone che divora la sua umanità. E’ triste pensare che due persone meravigliose come Edward e Jenna debbano essere stati costretti a subire tante atrocità.”

Sospirai, abbattuta al pensiero di essere stata mille volte, durante la mia esistenza umana, sul punto di far soffrire Edward per la mia ignoranza. Il mio continuo attaccarmi a lui non faceva che rendergli la vita ancora più difficile. L’odore del mio sangue deve averlo stordito e messo alla prova molte volte, anche con un semplice abbracciarlo. Era orribile pensare a tutte le volte che ero stata costretta a fargli mantenere il suo impeccabile autocontrollo. Se, come Jenna, avesse ceduto alla sua natura demoniaca, io non sarei stata lì, accanto a lui, ad amarlo, ad avergli dato una figlia. Non ci sarebbe stato tempo nemmeno per conoscerci, per imparare ad amarci, a capirci, a sostenerci l’uno con l’altra. Sarei morta fra le sue braccia e forse non me ne sarei nemmeno accorta.

Immaginavo i pensieri di Jenna in quel momento, ma Chris? Cosa pensava lui, di tutta quella faccenda? Possibile che non provasse nulla per Jenna? Eppure era stata sul punto di ucciderlo. Come era possibile una sua tale arrendevolezza? Cosa aveva provato nel rivederla, dopo tanto tempo? Odio? Rammarico? Biasimo? Non riuscivo a darmi una risposta.

“ Sei lontana mille miglia, Bella.”

“ Eh?”

Dissi, tornando alla realtà grazie alla voce di Kayle, trovandolo sempre seduto sulla poltrona, la sigaretta sostenuta fra il pollice e l’indice della mano sinistra. Non mi ero accorta che fosse mancino. Nel portacenere c’erano già due sigarette e quella che aveva in mano doveva essere la terza.

“ Fumi troppo, Kayle.”

Lo rimproverai, senza nemmeno accorgermene. Lui rise, questa volta pienamente. Ed ecco il ruggito soffiato di un leone addormentato!

“ Si, me lo dice anche Heather. Per questo non fumo quando c’è lei presente. Ma che posso farci? E’ l’unica cosa umana che mi sia rimasta, anche se è un vizio. Del resto, i polmoni non ne risentono, nella mia situazione.”

Incrociò le gambe, reclinando di ancora qualche centimetro il capo, lanciandomi un’occhiata clinica.

“ Prima che ti facessi cadere in pensieri angoscianti, mi domandavi dove fosse Chris.”

Alzò il mento, per indicarmi Chris, che stava scendendo a due a due le scale, completamente messo a nuovo, con vestiti puliti e firmati, che forse aveva trovato in qualche armadio e con un profumo di lavanda sulla pelle. Doveva essersi lavato, dopo la caccia. Ci accolse con un sorriso.

“ Ah, ce l’hai fatta a lavarti. Ci hai messo più di Heather. Complimenti, non è un record facile da superare.”

Chris rise, sedendosi accanto a me, sulla poltrona. Quando c’era lui, non potevo fare a meno di sorridere. Quel ragazzo aveva il dono di farmi tornare l’allegria anche solo con la sua presenza.

“ Scusate, ma avevo terra dappertutto. Mi ci è voluta mezz’ora per toglierla tutta dai capelli.”

Disse, arruffandoseli e rilasciando nell’aria, a quel gesto, un sapore di mirtilli rossi, fragranza dello shampoo che aveva usato e in una dose generosa, a giudicare dalla ventata che mi colpì il viso.

“ In quei casi, ci vuole una donna che fa la doccia con te. Così è più facile e piacevole pulirsi e puoi stare tranquillo, che il lavoro di una donna è sempre impeccabile. Io ne so qualcosa.”

Disse, sbuffando fumo in quantità, incurante di aver messo Chris e me in evidente imbarazzo.

Ci osservò dopo un po’, confuso.

“ Be’? Cos’è questo silenzio? Non ditemi che non avete mai fatto la doccia con persone dell’altro sesso prima d’ora? Bella, mi meraviglio di Edward. Mi sembrava un tipo piuttosto creativo, in questo senso, nonostante l’aria riservata che ha sempre ostentato.”

A quel punto, ringraziai la mia fisiologica facoltà di non poter arrossire, altrimenti sarei diventata viola per l’imbarazzo. Io ed Edward, certo, avevamo condiviso esperienze piacevoli nella nostra intimità, ma non mi andava né di confermare né di negare le parole esplicite di Kayle. In primo luogo perché era un ragazzo e in secondo luogo…il primo punto era più che sufficiente per tacere.

“ E tu, Chris? Mi sembrava mi avessi detto che avessi una ragazza, da umano.”

“ Si, ma…non siamo arrivati a quel tipo d’intimità.”

“ Cioè, non avete mai fatto l’amore?”

Continuò Kayle, imperterrito e rilassato.

Chris si schiarì la voce ed io mi concentrai sulle dita delle mani intrecciate, trovandole affascinanti.

“ Si, certamente. Ma…non abbiamo mai fatto la doccia insieme. Mary era una ragazza timida e si vergognava di certe situazioni.”

Disse, semplice ma con aria vergognosa.

“ Ah, capisco. Era anche un po’ deludente in fatto di sesso, immagino. Forse perché eravate entrambi inesperti. In quel caso è giustificabile. Se, invece, lei aveva avuto altri rapporti prima di te, evidente non era attratta così tanto da te. Per questo, bocciava ogni tua proposta che andasse al di là di condividere il letto. Credimi, è un bene che vi siate lasciati. Non credo fosse giusta per te.”

Ora cominciavo a capire cosa intendesse Kayle quando mi aveva confessato la sua innata capacità di rivelare verità scomode e, a quel punto aggiungerei, imbarazzanti. Chris gli rispose dopo un po’, con voce incerta.

“ Be’…credo più nella prima ipotesi.”

“ Possiamo cambiare discorso?”

Chiesi, con energia.

“ Si, per me va benissimo.”

Mi appoggiò subito, rispondendo con enfasi. Kayle ci guardò entrambi inespressivo, finché non lo vidi riporre altra cenere nel posacenere, reprimendo un sorriso, stringendo le labbra.

“ Ok.”

Disse semplicemente, bofonchiando qualcosa tipo:

“ Che puritani!”

Per poi continuare a fumare tranquillo.

“ Perché, invece, non ci parli un po’ di te, Kayle?”

Gli chiese Chris, decisamente più rilassato.

Kayle lo guardò, sorpreso.

“ Di me?”

“ Si. Anche a me piacerebbe. Raccontaci della tua vita.”

Kayle sorrise ad entrambi, fumando indisturbato, per poi iniziare a raccontare, con voce profonda e posata:

“ Mi chiamo Kayle Richard Goldrick. Sono nato nel 1889. Sono cresciuto a Stanford, nell’Illinois.

Mio padre era un artigiano, mia madre una sarta. Due brave persone, ma non abbastanza equilibrate per educare un figlio sconsiderato come me.”

Sorrise dei suoi ricordi passati, aspirando altro fumo.

“ Mia madre…povera donna! L’ ho fatta disperare con il mio comportamento da irresponsabile. E mio padre? Be’, ormai si era rassegnato a non insegnarmi più nulla. Volevo diventare giornalista, ma abbandonai gli studi il primo anno in accademia. Così andai a vivere da solo, lasciando i miei genitori  ad arrangiarsi come potevano. Ero molto egoista, lo ammetto. Mi unii ad un circo di passaggio. Riuscii ad ottenere un posto come manutentore, ma ero ambizioso e spalare letame e costruire gabbie e tendoni non mi allettava molto. Così, feci quello che sapevo fare meglio…”

“ Cosa?”

Gli chiesi, guadagnandomi un sorrisino beffardo.

“ Facile. Ho sedotto la donna del capo. Era bella, nonostante non avesse più vent’anni. Ma era una ballerina, fisicamente accettabile e, diciamocelo, non si divertiva molto con il marito. Era noioso e lei troppo intelligente ed ironica per essergli fedele. Non mi ci è voluto molto per portarmela a letto, entrando ufficialmente fra le sue grazie. Così, da un ruolo marginale passai a diventare la star del circo. Divenni un trapezista e il mio numero con gli anelli infuocati e il giro della morte ebbe un grande successo e feci fare un mucchio di soldi a quel vecchio spilorcio del mio capo. Un buon compromesso, il mio, nel ripagarlo per i benefici che la moglie, in cambio di qualche coccola in più, mi donava senza pretese.

Andai avanti così per qualche anno, appagato e felice per la mia vita sregolata. Finché, non incontrai Rudolph.

Ufficialmente si faceva passare per un poeta e artista occasionale, ma in realtà era un vampiro di quasi quarant’anni, in cerca di diversivi dalla sua noia. Si è divertito a prendermi in giro, dicendo che ero sprecato, che avrei dovuto puntare a qualcosa in più, che avrei dovuto abbandonare il circo e bla, bla, bla…”

Aspirò ancora altro fumo, lasciando cadere altra cenere. Ormai era alla quinta sigaretta. Quel ricordo lo infastidiva. Lo capii dal modo in cui stringeva la mascella e denigrava i denti.

“ Quante chiacchiere inutili. Faceva prima a dirmi che voleva dissanguarmi. Perché era proprio questo che voleva: il mio sangue. Ovviamente, riuscì a mordermi in un giorno di pioggia, nella stalla dei cavalli. Il loro nitrire impazzito, richiamò l’attenzione dell’unica persona che non mi sarei mai aspettato di incontrare. Era Heather.

A quel tempo, faceva coppia con quell’imbecille, ma non erano amanti né compagni, solo amici riuniti dal caso. Ma quella notte, il loro legame si ruppe definitivamente. Avevo già visto quella splendida donna con boccoli biondi e vestita con abiti lunghi di chiffon, bianchi e rosa, con quel delizioso capellino bianco e quella fossetta da baciare all’angolo destro della bocca, quando si curvava in un sorriso. Non ci eravamo mai parlati, ma quando Rudolph veniva a trovarmi, passavamo ore ed ore a scambiarci sguardi da lontano. Mi perdevo in ogni sua più piccola risata e nel suo sguardo scuro. Superfluo dire che mi ero già invaghito di lei. Pensate che avevo smesso anche di avere rapporti con la bella moglie del capo, perché mi tornava sempre in mente la sua immagine.

Quando vide Rudolph avvinghiato al mio collo, non ci vide più e mi staccò da me con violenza. Lui si indispettì ma, a quanto ne so, non si arrivò ad uno scontro. Rudolph abbandonò semplicemente la sua preda e mi lasciò da solo con Heather. L’unica cosa che ricordo di quella notte, sono il tocco delle sue mani gelate sul mio viso e la sua espressione dispiaciuta. Poi, fu solo dolore e fuoco.”

Si accese la settima sigaretta, aspirando svogliatamente, perso nei suoi ricordi. Io e Chris bevevamo ogni sua parola, in silenzio, senza interromperlo.

Kayle continuò il suo racconto:

“ Quando ripresi conoscenza, ero in una casa bellissima, nel centro storico di Londra. Heather era accanto a me e mi sorrideva. Non aveva lasciato la mia mano per tutto il tempo della trasformazione. Mi spiegò con calma cos’era successo, chi era realmente lei e cosa fossi diventato. Accettai la mia nuova vita senza rimpianti per quella vecchia e la prima cosa che feci, fu di baciarla e renderla mia, non solo per una notte, come avevo fatto con tutte le altre donne, ma per sempre. Giurai che l’avrei resa felice ad ogni costo e in ogni modo possibile e che non l’avrei mai abbandonata. Sono passati ottantacinque anni e fino ad ora ho mantenuto tutte le mie promesse e continuerò a farlo.”

Terminò, sorridendo beato e aspirando altra dolce nicotina. Ma io avevo delle domande da porgli:

“ Di chi era quella casa?”

Kayle mi sorrise, quasi divertito.

“ Davvero non l’hai capito? Ti facevo più intuitiva.”

Mi beffeggiò amichevole, ridendo sotto i baffi.

“ Era la casa di Jack e Suzanne, naturalmente. Heather li aveva conosciuti mentre ancora vagabondava con Rudolph. Nel panico più totale, è volata in questa casa, a chiedere aiuto a Jack. Il loro modo di vita vegetariana l’aveva affascinata, ma non se la sentiva ancora di vivere in quella maniera sacrificata. Ma per me, avrebbe fatto qualsiasi cosa. Così disse a Suzanne, una volta che ebbero accettato di aiutarci ed ospitarci. Entrammo a far parte della famiglia Stuart il giorno del mio risveglio. Fino ad allora, avevo vissuto una vita fuori dalla norma e ho continuato a farlo anche da vampiro. Non ho mai toccato una goccia di sangue umano. Solo in questo, sono privo di macchia.”

Si guardò intorno, sospirando.

“ Non so quante riparazioni, modifiche e ritocchi hanno avuto queste mura, nel corso del tempo. Siamo tornati a vivere qui da poco, ma l’abbiamo sempre considerata la nostra effettiva casa, più delle altre cinque sparse per il mondo.”

Sorrise, scuotendo la testa.

“ Jenna viveva già con Jack e Suzanne, quando siete arrivati tu ed Heather?”

Non potei impedirmi di chiedergli, vinta dalla mia innata curiosità. Chris mi guardò per un attimo, per poi puntare lo sguardo avido verso Kayle, ansioso di conoscere la risposta.

“ Si, lei è la primogenita. Fu Jack a trovarla. Ma la sua vita passata è molto più complicata e travagliata della mia.”

“ Cosa sai di lei?”

Gli domandò Chris, gli occhi accesi di curiosità. Kayle lo ponderò per un po’, prima di rispondergli:

“ Tutto, ma non voglio essere io a rivelarvi nulla. Vedete, credo debba essere lei a confidarsi con voi. Se non l’ha ancora fatto, significa che non è ancora pronta a parlare di sé ed io rispetto la sua decisione. Dopotutto, per quanto spesso possa trovarmi in disaccordo con lei, è pur sempre la mia sorellina. Quindi, non voglio arrecarle alcun danno.”

Annuii alle sue parole, accentandole in pieno.

“ E’ giusto. Rispetto anch’io la tua decisione, Kayle.”

Chris strinse i pugni, ma anche lui annuì rigido, senza dire una sola parola. Evidentemente, per lui, a differenza di me, conoscere il passato di Jenna era molto più importante d quanto non lasciasse intendere.

“ Chissà, se deciderà mai di parlare con me. Credo che quel giorno, non arriverà mai.”

Lo sentii sussurrare, dopo un lungo sospiro.

Kayle ripose il mozzicone di sigaretta insieme agli altri nel posacenere, intrecciando subito dopo le dita delle mani lunghe ed affusolate, osservandolo assorto.

“ Mai è una parola grossa. Devi avere pazienza, Chris. La pazienza è un dono raro che non tutti possiedono. Se bruci le tappe e arrivi prima alla meta, non proverai la stessa gioia di quando l’hai raggiunta perseverando ed avanzando lentamente. Ogni piccolo passo, ha un sapore nuovo, basta saperlo gustare a pieno e per me, tu sei ancora ad inizio corsa e hai la bocca già fin troppo impastata.”

Sorrise delle sue parole enigmatiche. Parlava di pazienza, corse, passi e bocche impastate, ma il loro significato metaforico, al momento, mi sfuggiva. Anche Chris lo guardò interrogativo, ma si ricordò comunque di ricambiare il suo sorriso compiaciuto.

“ Il fatto è, che non capisco perché ce l’abbia tanto con me.”

Cosa?! Avevo capito bene?

Io e Kayle alzammo entrambi lo sguardo verso di lui, simultaneamente e lo trovammo sinceramente abbattuto e confuso, mentre si grattava i ciuffetti color arancio della nuca, in un gesto imbarazzato ed assorto.

Davvero non conosceva il reale motivo per cui Jenna lo evitasse? Davvero non ricordava che lei…

“ Chris, dimmi una cosa.”

Gli disse Kayle, con tono neutro, strappandolo dai suoi pensieri. Sul suo volto, non c’era più alcuna traccia di sbigottimento né di sorpresa. Chris alzò lo sguardo verso di lui, in attesa.

“ Ricordi qualcosa, del giorno in cui sei stato morso?”

Chris lo guardò per un attimo smarrito, per poi abbassare lo sguardo sulle sue mani unite.

“ Ecco…in realtà, vi confesso che io non ricordo nulla del giorno della mia trasformazione. È tutto fin troppo confuso…Ho molti ricordi del mio passato, certo, ma da umano, non da vampiro. Tutto ciò che ricordo, è di essermi risvegliato in una capanna di legno, con un odore acre di naftalina nelle narici e quello dolciastro di altri sei vampiri nomadi che mi davano il benvenuto nel loro gruppo. Mi trovavo in Alaska e non sapevo come. Faceva freddo, ma io non lo sentivo. Ero del tutto estraneo a ciò che mi circondava. Dopo alcuni anni passati a cibarmi di esseri umani, vivendo come un animale selvaggio, sempre in cerca di cibo, quasi avevo dimenticato cosa fosse vivere da persona civile.”

Sospirò, amareggiato, continuando a voce bassa:

“ Il fatto è che non ricordavo più cosa significasse essere umano. L’avevo totalmente dimenticato. Finché non è venuto a ricordarmelo Jack. Lui mi ha trovato in Texas, in un campo di steppa, abbandonato ai miei pensieri. Si è dimostrato subito mio amico. Mi ha parlato di sé e mi ha proposto di andare a vivere con lui e la sua famiglia. Neanche sospettavo di una possibile famiglia di vampiri! Mi ha affascinato il suo modo di vivere e divertito gli aneddoti dei componenti della sua famiglia. Così ho accettato. L’ho seguito fino a Londra ed ora, eccomi qui.”

Concluse, con un alzata di spalle e un sorriso lieve.

“ Vorrei soltanto, essere accettato da Jenna. Non so perché, ma darei qualsiasi cosa, per vederla sorridermi. Solo una volta. Non chiedo molto.”

Sospirò, per poi sorridere e ridere senza entusiasmo, passandosi una mano sul viso.

“ Scusatemi, io…non so perché dico queste cose.”

“ Io una vaga idea ce l’avrei, ma non so se ti piacerebbe sentirla.”

Disse con un sorrisino compiaciuto Kayle, sollevando lo sguardo verso la scala, da dove spuntò Jenna dopo qualche istante.

Aveva i capelli sollevati in una coda alta, indossava un paio di leggings neri, che fasciavano un paio di gambe magre e sottili, e una canotta bianca. Portava una tela sotto braccio e due barattoli di colori nell’altra mano.

Appena incrociò lo sguardo di Chris, lo svincolo con un gesto alterato, rivolgendosi a Kayle, con tono duro.

“ Hai visto i miei pennelli?”

Kayle le sorrise beffardo.

“ No, ma se vuoi metto i volantini per una ricerca rapida.”

Lei sbuffò, dirigendosi verso la porta.

“ Non importa. Ne farò a meno.”

“ Vai a dipingere?”

Si voltò, mentre la osservammo aprire la porta socchiusa con un calcio poco delicato.

“ Non meriti risposta.”

Bofonchiò, facendo sghignazzare il fratello. Jenna era molto cambiata dalla prima impressione che mi aveva fatto. Il sorriso ed ogni traccia di buon umore erano letteralmente spariti dal suo viso, sostituiti da un’espressione arrabbiata e dalle sopracciglia perennemente arricciate. Gli occhi, prima dalle iridi caramellate, erano divenute scure ed irriconoscibili. Era sempre bellissima, ma meno propensa al dialogo.

Nello stesso istante in cui uscì in giardino, tornarono gli altri. Alice ed Heather uscirono dalla Volvo di Edward cariche di pacchi.

“ Jenna! Guarda! Ti ho comprato degli splendidi vestiti.”

Le disse Heather.

“ Per cosa?”

Le chiese, con tono affettato. La vidi voltarsi solo un attimo, ancora carica della sua roba ed imbronciata.

“ Per la festa di questa sera, in onore di Chris.”

Le rispose Alice, consegnando a Jasper altri due buste, insieme ai quattro pacchi che già aveva in mano, senza sforzo.

Jenna si voltò ad incenerire Chris sulla soglia. Lo vidi seguirla con lo sguardo triste e sospirare, mentre si allontanava sbuffando, sparendo dalla nostra vista, dietro l’angolo sinistro della casa.

Edward mi venne incontro, abbracciandomi e baciandomi la fronte. Sentii un odore nuovo su di lui. Mi scostai per osservarlo meglio. Indossava un dolcevita bianco e un pantalone color champagne, classico e una giacca in pelle beige. Era divino.

“ Vestiti nuovi?”

Edward rise, stringendomi di nuovo a sé.

“ Alice. Sai come è fatta. Mi ha torturato.”

Disse, facendo spallucce.

“ Povero amore mio. Dovrò fare di tutto per farti rilassare nelle prossime ore, allora.”

Gli dissi, accarezzandogli i capelli bronzei con entrambe le mani. Lui mi sorrise, ammaliante.

“ Confido nelle tue ottime doti.”

“ Uhm…inizierò subito allora, per non deluderti.”

Detto questo, mi allungai a baciarlo, andando incontro alle sue labbra, già socchiuse per accogliere le mie.

 

 

Angolo dell’autrice.

Salve, buongiorno a tutti voi, amici e amiche di EFP!XD

E un altro capitolo è andato! Bene bene…qui la situazione si fa sempre più intricata! Mi sorprendo anch’io ne sono l’artefice, pensate un po’! XD

Ma bando ad ogni indugio, cosa ne pensate?? Credete che sia finita qui? Vi sbagliate di grosso, perché non mi fermerò molto facilmente! Ormai sono partita e non mi ferma più nessuno! XD

Ed ora, passiamo ai…

 

Ringraziamenti a…

 

Beuzz94: Mia adorata Beuzz, ciao! XD Grazie mille per aver commentato il mio ennesimo capitolo! Sei sempre così cara…Eh, già, Jenna ha le sue grane e i suoi grilli per la testa che l’angosciano e la turbano, e Chris fa del suo meglio, con la sua tenerezza disarmante, a farsi accettare anche da lei! Be’, non ti resta che vedere come andrà a finire! XD Spero che ti piacerà e commenterai anche il mio quarto capitolo!XD Baci baci e a presto, Fuffy91!!^__^*

 

Monica87mi: Ciao, Monica! XD Grazie, grazie davvero per i tuoi complimenti! Wow, se avrai il coraggio di seguirmi anche al mare, si vede che ti piace davvero la mia storia!XD Spero che leggerai, allora, anche il quanto capitolo e che lo commenterai! Baci baci, Fuffy91!^__^*

 

Ringrazio anche tutti quelli che leggono la mia storia, cha la seguono e l’hanno messa fra i preferiti! Vi adoro ufficialmente! Baci baci, anche a voi! ^__^*

 

Prossimamente a…

 

Domenica 7 Agosto! Baci baci, Fuffy91!!XD

 

^__________________________^***

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5

Bella.

 

“ Fammi capire bene…Tu ed Edward avete una figlia?”

Mi chiese Chris, mentre le note di Strarlight dei Muse, invadevano il salotto, ormai diventato, insieme al giardino e alla cucina inutilizzata, irriconoscibile.

Centinaia e centinaia di festoni colorati di tutte le forme penzolavano dal soffitto, proiettori rossi, viola, arancioni e verdi illuminavano un’improvvisata pista da ballo, e sul tavolo di legno all’angolo, torreggiava una mega torta di tre piani, che nessuno avrebbe mangiato, circondata da più di dieci pacchi, regali indirizzati a Chris.

“ Si.”

Risposi semplicemente, mentre osservavo Heather ed Alice decidere quale CD mettere nel lettore-stereo. Kayle parlava tranquillamente con Jasper, accanto alle loro rispettive compagne. Emmett ballava con una Rosalie sorridente ed incantevole nel suo abito bianco, lungo fino al ginocchio.

Carlisle, Esme, Jack e Suzanne chiacchieravano sui vecchi tempi, trascorsi a passare week-end tutti insieme, in località che fin ora avevo visto solo in cartolina, e discutendo sulla possibilità di riorganizzarne altri.

Edward era seduto accanto a me, intento ad attorcigliare i miei capelli sciolti fra le dita affusolate, ascoltando la conversazione fra me e Chris.

Jenna non si era fatta ancora vedere e non aveva dato segno di essere rientrata in casa, da quando era scomparsa in giardino, con l’intento di dipingere. Presumevo che si trovasse ancora lì, anche se nessuno aveva effettivamente controllato. Mi chiedevo se avrebbe partecipato alla festa, ma al momento, osservando la notte farsi sempre più buia, non potevo non essere pessimista al riguardo.

Nonostante quella che Heather ed Alice aveva messo in piedi in poche ore, non fosse stata una semplice festicciola come era da programma, Chris ne era rimasto più che colpito e compiaciuto, divertendosi a fare giochi da bambini, come nascondino o moscacieca, con le organizzatrici di quel gran galà in suo onore.

Ridente, si era, poi, lasciato cadere sul divanetto accanto a me e ad Edward e da lì avevamo intrapreso un discorso, fatto di domande riguardanti la nostra relazione – come ci eravamo conosciuti? Quando ci eravamo effettivamente messi insieme? Chi era James? Cosa aveva architettato Victoria, per vendicarsi? Jacob era davvero un licantropo? Ed era davvero il mio migliore amico? I Volturi davvero esistevano? Come avevo fatto a sopravvivere dopo la trasformazione, dopo il parto di Renesmee? Cosa? Renesmee era davvero mia figlia? – e di risposte più o meno soddisfacenti da parte mia e di Edward, che non mi aiutava per niente a rendere più chiara la faccenda, visto che si limitava ad acconsentire o a negare, a seconda delle occasioni, tutto ciò che dicevo.

“ Non posso crederci. Ma allora, fra vampiri è possibile avere figli? Io sapevo di no.”

“ Infatti è così. I vampiri non possono avere figli. Ma io ero ancora umana quando io ed Edward abbiamo concepito Renesmee, quindi…”

Dissi, in un’alzata di spalle. Notando l’espressione confusa ed accigliata di Chris, Edward specificò, con semplicità:

“ Il nostro è stato un caso speciale, Chris. Ti sorprenderà, sapere che non è stato l’unico. Ma…è successo. Bella, fortunatamente, sta bene, Renesmee sta bene,…”

“ Stiamo tutti bene.”

Dissi, causando una risata sommessa da parte di Edward e un sorriso di Chris.

“ E siamo stati anche molto fortunati.”

Aggiunse, subito dopo, Edward, stringendomi di più a sé.

“ Si, certo, immagino. Quanti anni ha, Renesmee?”

“ Sette, appena compiuti. E’ già allo stato adulto della sua vita. E’ come se ne avesse venti in più. Pensa che, è già fidanzata con Jacob.”

Dissi, felice a quella prospettiva. Sapere, in quel momento, che la mia bambina si trovava insieme a lui, mi confortava e tranquillizzava.

Chris sorrise di fronte al mio entusiasmo.

“ Be’, cosa posso dirvi? Congratulazioni. Sarete sicuramente una splendida famiglia.”

“ Si, lo siamo.”

Confermò Edward, baciandomi la fronte. Lo ricambiai con un nuovo sorriso e una carezza sul viso.

Chris ci guardò assorto.

“ E’ incredibile.”

Disse, sotto voce.

“ Cosa?”

Gli chiesi, notando che non era la prima volta che, guardandoci, esprimeva quel pensiero.

“ Voi due.”

Disse, indicandoci.

“ Non ho mai visto, due persone così innamorate. Nemmeno i miei genitori, erano così. E si amavano molto, davvero. Ma il vostro amore…non so, è così intenso e delicato che mi imbarazza il solo guardarvi.”

Disse, ridendo imbarazzato. Risi anch’io, cercando di alleggerire l’atmosfera. Lo osservai portare lo sguardo a terra, mordendosi il labbro inferiore, ancora pieno di vergogna. Era impossibile non provare tenerezza, il solo guardarlo.

Improvvisamente, come una furia, Jenna entrò in casa sbattendo la porta e richiudendola con una spallata. Strabuzzai gli occhi, sorpresa. Era irriconoscibile, dall’ultima volta in cui l’avevo vista quella giornata. Era ricoperta interamente da macchie blu, nere e rosso fuoco, splendenti sulla sua pelle d’alabastro. I capelli, sempre raccolti in una coda perfetta, avevano schizzi di colore ovunque e intere ciocche gocciolavano di pittura ancora fresca., macchiando la canotta bianca, ormai completamente sporca.

Perfino il viso era striato di vernice, come se ci avesse pulito le dita più volte. Le mani erano ormai diventate un tutt’uno con il blu, utilizzato forse maggiormente, rispetto al nero.

Suzanne le si avvicinò, toccandole delicata una spalla, mentre lei rimaneva stranamente rigida e seria in volto.

“ Jenna…ti…ti senti bene, tesoro?”

Le chiese, dolce ma con un tremito d’ansia nella voce.

“ Mai stata meglio.”

Le rispose, dura ed inflessibile. Si guardò intorno, accigliata.

“ Che sta succedendo, qui?”

Domandò, con una nota acuta nella voce metallica, fissando Heather, che rise, rispondendole calma.

“ Te l’ho detto già oggi pomeriggio, ricordi? È la festa per Chris.”

Disse, alzando una mano per indicare i palloncini, i festoni, la torta con i regali ed infine Chris, che si irrigidì aduna nuova occhiata ostile e scura di Jenna.

Jenna sbuffò, contrariata, passandosi una mano sul viso, stizzita.

“ Non sei ancora vestita. Va a lavarti e mettiti quel bel vestito che ti ho appoggiato sul letto. Sembra fatto apposta per te.”

La incitò Heather, incurante del suo malumore.

Jenna ispirò dal naso rumorosamente, serrando le palpebre, come per calmarsi.

“ Tutto bene, Jenna?”

Le chiese pacato Jack. Lei lo trucidò con uno sguardo, come se fosse tutta colpa sua se era di umore nero.

“ Si, si!”

Disse inflessibile, evitando velocemente ed aggraziata i palloncini e i festoni sul pavimento e salendo di corsa le scale, sotto gli occhi apprensivi e stupiti di tutti.

Heather sospirò.

“ E’ irritata perché non ha cenato, stasera. Kayle, amore, dopo andate a caccia insieme.”

Gli disse, assumendo un tono di voce languido e dolce, accarezzandogli il petto vellutata. Kayle le sorrise ed annuì, non aggiungendo altro.

Chris, accanto a me, si rilassò con un pesante sospiro, reclinando la schiena sullo schienale del divano.

“ Non credo che Heather abbia ragione. Jenna è arrabbiata perché non mi vuole qui. È questa la verità.”

Disse rammaricato Chris, passandosi una mano fra i ciuffi cremisi dei suoi capelli indisciplinati. Gli toccai una spalla, stringendogliela piano, non sapendo come consolarlo. Purtroppo era la verità.

“ Devi avere pazienza, Chris. Imparerà ad accettarti, vedrai. Adesso, è troppo presto.”

Gli disse Edward, osservando accigliato le scale, finché non riapparve Jenna, proprio mentre risuonavano le note sensuali di Supermassive Black Hole.

La osservai rapita. Era bellissima nel suo abito a taglio Marilyn, nero e lungo fin sopra il ginocchio. La gonna sinuosa si apriva leggiadra ad ogni suo movimento e tacchi alti dei sandali con cinturino alla caviglia, le donavano un effetto retrò ed insieme affascinante, mettendo in risalto il suo fisico sottile ed elegante.

I capelli, sciolti ed arricciati sulle punte, si muovevano sinuosamente sulla sua schiena nuda, ondeggiando in una cascata di ciocche morbide e castano ebano.

Non si era truccata, ma l’effetto acqua e sapone le donava molto, risaltando la sua semplicità.

Vidi Chris osservarla rapito.

“ Oh, Jenna!”

Esclamò giuliva Heather, correndo ad abbracciarla.

“ Sapevo che saresti stata splendida, con questo vestito. Anche se, devo ammetterlo, è stata Alice a sceglierlo per te.”

Confessò, danzando verso di lei e prendendola sotto braccio, mentre entrambe osservavano compiaciute Jenna, mentre si passava distratta una mano fra le lunghe ciocche castane.

“ Si. Avevo visto che sarebbe stata perfetta. Un ottimo lavoro, direi.”

Disse Alice, complimentandosi con se stessa.

“ Be’? Balliamo?”

Propose entusiasta, mentre le note di Yellow, dei Coldplay, iniziavano subito dopo.

Alice prese Jasper sotto braccio e lo trascinò al centro della pista, per un lento. Heather la imitò con Kayle, già pronto a cingerle delicato la vita e a sorriderle beato.

Jenna si sedette accanto ad Edward, che le lanciò un sorriso divertito.

“ Che c’è?”

Gli sussurrò, in un sibilo irritato. Edward smorzò la sua risata sulla mia guancia.

Il nostro quartetto non era uno dei più loquaci, ma fu quello che calamitò molti sguardi curiosi.

Alice non la smetteva di ridere senza ritegno, mentre osservava Jenna imbronciata e Chris in relativo imbarazzo. Jack le lanciava sguardi vaghi e Suzanne occhiate apprensive, come se temesse che potesse esplodere da un momento ad un altro.

Kayle continuava a sussurrare parole d’amore all’orecchio di Heather, che gli sorrideva dolce, stringendolo ancora di più a sé, mentre lui le faceva scorrere una mano sulla schiena velata di pizzo bianco. Cominciò ad essere talmente sfacciato che, oltre a costringermi a canticchiare distrattamente per impedire alle mie orecchie fin troppo acute di udirlo, fece scattare Suzanne che, già notevolmente tesa per via del comportamento di Jenna, gli chiese intransigente di smetterla subito.

Questo suscitò uno sbuffo irritato da parte di Jenna e un risolino divertito da parte di Emmett, che strizzò l’occhio a Kayle, facendolo sorridere.

“ E’ il momento di aprire i regali.”

Disse, all’improvviso, Alice, che si premurò di prendere Heather per mano, mentre conducevano entrambe Chris verso il tavolo ricolmo di doni, solo per lui.

“ I regali! Cos’è? Una festa di compleanno?”

Disse Jenna ad Edward, quasi con tono sprezzante. Edward cercò di trattenere un sorriso.

“ No, ma…sai come sono fatte Alice ed Heather. A loro, piace esagerare.”

Jenna puntò gli occhi al cielo.

“ Si, lo so bene.”

Disse, alzandosi dal divano e precedendoci al tavolo, appoggiandosi ad una colonna, in disparte, perennemente accigliata e distante dal gruppo.

“ Non le va proprio giù nulla.”

Dissi ad Edward, un po’ irritata con Jenna, per essere così scontrosa con Chris.

“ Forse non ora. Ma vedrai...ben presto si convincerà che Chris farà parte della sua vita, d’ora in avanti, e tutto si aggiusterà.”

Disse calmo, mentre mi accarezzava il viso.

“ Lo spero. Per Chris, ovviamente. E’ sempre così imbarazzato e silenzioso quando c’è lei nei paraggi.”

Edward mi osservò a lungo.

“ Ti piace proprio, Chris, uhm?”

Mi chiese, con tono impersonale.

“ E’ molto tenero. E divertente, quando ci si mette. Soffre molto, per la situazione che si è creata a causa sua. E…mi dispiace. Mi ha confessato, che farebbe qualsiasi cosa, per veder sorridere Jenna almeno una volta. Tiene molto a lei, anche se non la conosce. Mi ha anche detto, che non ricorda che è stata lei, a morderlo.”

“ Si, lo so. Non lo ricorda, per via del dolore della trasformazione. Troppo intenso da sopportare e lui ha una mente molto sensibile e recettiva.”

Disse, mentre le sue labbra si incurvavano in un sorriso, alla vista di Heather che metteva una cravatta nuova intorno al collo di Chris e di Alice che si faceva spazio fra di loro per annodarla.

“ Cosa prova per Jenna?”

Edward aggrottò la fronte, scoccando le labbra, prima di rispondermi sommesso.

“ E’ difficile. Quando pensa a lei, e lo fa spesso, i suoi pensieri, in un secondo, si ingarbugliano e va in confusione. Non comprende il suo comportamento ostile…sa che Jenna è turbata dalla sua presenza, ma Heather gli è molto vicino e lo rassicura, dicendo che le ci vuole tempo affinché lei si abitui alla sua presenza. Sente che gli teniamo nascosto qualcosa, ma non sa cosa, e questo lo infastidisce e lo consola, allo stesso tempo, perché ha capito che la sua nuova famiglia tiene davvero a lui. Per questo, evita di pressare Heather con domande scomode. Sarò ripetitivo, ma è molto sensibile quel ragazzo.”

Sorrisi.

“ Quindi, piace anche a te?”

Lo rimbeccai, dolcemente. Edward si voltò verso di me, lo sguardo disteso, gli occhi ridotti ad una colata d’oro avvolgente.

“ Si, ovvio.”

Disse, con un’alzata di spalle, molto vago e sbrigativo, ma con impresso sul volto un sorriso ammaliante.

“ Mi piace perché piace a te. Per me, questo è già sufficiente.”

Mi disse, con tono suadente.

Gli sorrisi, cingendogli il collo con le braccia e attirandolo a me. Catturai le sue labbra in un bacio lieve, solo bocca contro bocca, una carezza gentile. Ci guardammo fra le ciglia socchiuse per un tempo che mi parve eterno, fronte contro fronte, mescolando i nostri respiri. Edward mi sfiorò le labbra socchiuse con l’indice della mano destra, disegnandone i contorni, come per tranquillizzarmi o per farmi impazzire.

“ Edward…”

Lo chiamai, più in un gemito che in un basso sussurro.

“ Si, Bella.”

Mi sussurrò, in una maniera che avrebbero dovuto censurare al più presto, baciandomi ancora le labbra, ritirandole troppo presto, perché potessi approfondire il loro contatto.

“ Amore…anch’io, ti desidero. Ma, dobbiamo avere ancora un po’ di pazienza. La festa non è ancora finita.”

Mugugnai insoddisfatta, nascondendo il viso sul suo petto, abbracciandolo stretto.

Lo sentii ridere carezzevole.

“ Coraggio. Ancora un po’…solo un altro po’...Chris ha quasi finito di scartare tutti i regali.”

Annuii, sbuffando. Io lo volevo ora! Pregai che Chris si sbrigasse al più presto.

Edward mi abbracciò sorridente, accarezzandomi la schiena e baciandomi il capo, cullandomi dolcemente, fra le sue braccia.

“ Adoro, quando sei così impaziente.”

Sorrisi, mordendogli il mento, facendolo esclamare sorpreso.

“ E’ passata alla vendetta. Bene.”

Risi, baciandogli la linea elastica del collo.

“ Vedrai come ti punirò.”

Mi minacciò scherzoso e suadente, catturando il lobo del mio orecchio sinistro fra le labbra.

Sorrisi, divertita ed insieme euforica.

“ Non vedo l’ora.”

Edward non rise, ma mi baciò sulla bocca, quasi affamato delle mie labbra. Quando si staccò, ero inaspettatamente ansante. Mi sorrise, mentre anche lui riprendeva fiato.

“ Rimpiangerai, di averlo detto.”

“ Jenna!”

Esclamò Heather all’improvviso, correndo verso di lei e sospingendola verso gli altri, non dandomi il tempo di rispondere a tono ad Edward, che mi cinse la vita, sorridente. Gli diedi un pizzicotto sul dorso della mano poggiata sul mio fianco, per togliergli quell’aria soddisfatta in viso, che lo rendeva eccessivamente sexy. Una violenza per il mio già scarso autocontrollo, che il bacio di poco prima aveva già messo a dura prova.

Il risultato, fu solo una sua risata vibrante, che causò una cascata di brividi di piacere lungo la schiena. Cercai di distrarmi, osservando Chris che veniva condotto da Alice verso l’improvvisata pista da ballo, proprio di fronte a Jenna, ancora con le braccia incrociate al petto.

“ Adesso, Jenna ballerà con Chris.”

Disse Heather, come se nulla fosse, mentre Alice metteva un altro CD nel lettore stereo.

“ Cosa?! Oh, no! No, no, io…io non so ballare. Davvero, sarebbe una catastrofe…”

“ Più di così?”

Fu il commento sarcastico di Jenna, borbottato più a se stessa, che a lui. Comunque, Chris le lanciò una sguardo sorpreso e strano allo stesso tempo. Sembrava imbarazzato, terrorizzato e anche…felice?

“ Coraggio, non sarà male.”

Disse Alice, facendo partire una melodia familiare. Guardai Edward, stupita e contenta, nel riconoscerla. Era Clair de lune, di Debussy.

Edward, senza dire nulla, mi strinse a sé, cominciando a dondolarsi e trascinando anche me, in quel lento delizioso e ricolmo di ricordi. Se chiudevo gli occhi, riuscivo quasi a ricordare, fra la nebbia dei miei ricordi di umana, l’odore della pioggia, le gocce del temporale che cadevano sul parabrezza della Volvo argentata di Edward, la sua sorpresa nel sapere che conoscevo quella canzone, che ne ricordavo ogni singola nota, il suo sorriso, pronto a scaldarmi il cuore, quel lontano giorno, a Forks, quando scoprii di essermi innamorata di lui, irrimediabilmente, perdutamente, incondizionatamente.

Quanto tempo era passato d’allora, quanti ricordi…ma niente, niente del mio passato era paragonabile alla gioia che sentivo scorrere nelle mie vene, lì, fra le braccia di Edward.

Mi voltai, giusto in tempo per vedere Jenna prendere le mani, inerti lungo i fianchi, di Chris, che la guardò stranito, e portargliele sui fianchi.

“ Ti insegno io, a ballare.”

Gli disse, semplicemente, ma sempre mantenendo un tono fermo.

Tutti si voltarono ad osservarli, sorpresi che Jenna avesse finalmente rivolto la parola a Chris.

“ O-Ok.”

Balbettò lui, il più confuso e turbato di tutti.

Lasciò che Jenna portasse le mani dietro il suo collo, lo sguardo a terra, per misurare la distanza fra di loro.

“ Bene. Adesso, chiudi gli occhi. No! Le mani, vanno più giù.”

Disse, riportando le sue mani sulla vita, visto che erano scivolate più in su, sui fianchi, quasi vergognose. Chris annuì, docile ed impacciato.

“ Ora, chiudi gli occhi.”

Gli ordinò, sempre intransigente. Chris lo fece, trattenendo il respiro.

“ Respira. Piano, lentamente…”

Chris tirò un lungo sospiro, seguendo le istruzioni di Jenna, impartitegli con tono sussurrato e meno tagliente, quasi ingentilito.

“ Rilassati. Lasciati trascinare dalla musica. E’ dolce, è quieta…Immagina di essere immerso nelle acque del mare. Ti piace il mare?”

Gli chiese, come se lo stesse iponitizzando.

“ Si, moltissimo. Non ci vado da tanto tempo…”

Le rispose, quasi in trance. Vidi Jenna sollevare un angolo della bocca, quasi pronta ad un raro sorriso, ma dovette ricredersi, perché si inumidì svelta le labbra, ritornando al suo discorso.

“ Molto bene. Sei a mare, il vento soffia leggero e tu ti lasci cullare dalle onde, che si infrangono dolcemente su di te.”

Fece una pausa, come per assicurarsi che Chris stesse effettivamente immaginando di stare facendo un bagno a mare. Quando lui annuì, quasi in un altro mondo, Jenna continuò, ora con tono soave, ipnotico.

“ Stai galleggiando. Galleggi, galleggi…e più galleggi e più ti senti leggero, molto leggero. Ti senti in pace col mondo, mentre l’acqua ti avvolge e ti accarezza, lentamente, dolcemente…”

Chris annuì e respirò quieto, quasi come se fosse addormentato.

“ Immagina che le onde del mare, siano le note della musica che ascolti. Galleggi, ma dondoli, galleggi, ma dondoli…”

Gli sussurrò quieta Jenna, facendo scivolare le mani sulle sue spalle. Vidi Chris irrigidirsi, come scottato, ma non reagì.

Quasi inaspettatamente, iniziò a dondolare sul posto, seguito da Jenna. Destra, sinistra, destra sinistra, sinistra, destra…e così fecero per tutta la durata della canzone.

Chris era ancora ad occhi chiusi e li riaprì, soltanto quando l’ultima nota del piano vibrò nell’aria.

Guardò Jenna con espressione confusa, ma rilassata. Jenna abbassò le mani, mentre Chris non abbandonò la presa leggera sulla sua vita. Si guardarono negli occhi, silenziosi e meditabondi, ma rapiti palesemente l’uno dallo sguardo dell’altra.

“ Be’…non male per una prima volta.”

Disse sbrigativa Jenna, rompendo quello scambio di sguardi intenso.

Chris aggrottò la fronte.

“ Come?”

Chiese confuso.

“ Hai ballato.”

Gli disse Jenna, ferma ma già distante.

“ Ah, davvero?”

“ Si, e anche molto bene.”

Confermò Emmett, sorridendo allegro.

“ Strano…non me ne sono reso conto.”

Sorrise leggero, ma con un brillio soddisfatto negli occhi cangianti, felice di non aver fatto la figura dell’idiota. Si votò di scatto, come colto da un pensiero improvviso, giusto in tempo per vedere Jenna scivolare in giardino, aprendo la porta a vetri scorrevole, che dava in veranda. Abbassò la mano e ripose il braccio lungo il fianco destro, che aveva allungato come per afferrarla, un gesto istintivo che non si curò d’interpretare.

Mi sorpresi di rivedere subito dopo Jenna rientrare in casa, fra le mani una pesante tela lavorata di fresco.

“ Ho anch’io un regalo per Christopher.”

Disse, con uno strano sorriso sul volto.

Chris la guardò a bocca aperta, stupito, mentre Heather sbatteva le mani, euforica.

“ Davvero? E cos’è?”

“ Ma è meraviglioso.”

Disse Suzanne, sorridendo lieta.

“ E’ stato un pensiero gentile, il tuo, Jenna.”

Concordò Esme, scambiandosi uno sguardo compiaciuto e sollevato con l’amica.

Ma il loro sorriso scomparve, quando Jenna pose il quadro sul cavalletto nell’angolo, spostandolo al centro, in modo che tutti potessero vederlo.

Non ero un’esperta di arte contemporanea, ma riuscivo a capirne abbastanza, per giudicare la tela di Jenna non certo un classico.

Era un quadro contorto, quello che l’aveva impegnata nella composizione tutto il pomeriggio, e mi bastò un’occhiata veloce, per capire che i sentimenti che l’avevano animata, non erano stati del tutto pacifici.

Era pieno di blu elettrico e con frequenti sfumature color della notte, con schizzi di nero disseminati ovunque, con una lunga striscia scura sul fondo, che raggiungeva quasi la metà del quadro. Al centro, c’era soltanto una lunga e sottile pennellata di colore rosso, così forte da calamitare l’attenzione immediatamente sull’osservatore.

Tutti noi rimanemmo in silenzio per lunghi istante, osservando il quadro in tutte le direzioni. Finché Suzanne intervenne, con un tono di voce che voleva essere cameratesco.

“ E’ delizioso, cara.”

Subito tutti annuirono.

“ Oh, si! Non ho mai visto nulla di più...dinamico in vita mia.”

La sostenne Esme, meno disinvolta.

“ E’ un quadro eccezionale, Jenna.”

Disse pacato Carlisle, con un sorriso rassicurante. Jack non disse nulla, ma si limitò ad osservare accigliato Jenna.

“ A me sembra che abbia sgozzato un capretto, su un tavolo molto sporco.”

Fu il commento rauco di Kayle, causando uno scoppio di risa da parte di Emmett. Rosalie gli diede una gomitata nelle costole, per farlo smettere.

“ Tesoro, non prendere in giro, Jenna. E’ arte!”

Lo rimproverò dolce Heather, indicando con passione il quadro.

“ Cosa rappresenta esattamente, Jenna?”

Chiese Jasper, reclinando il capo da un lato, incuriosito.

Jenna si avvicinò al quadro, con passo fermo e sbrigativa disse:

“ Irritazione.”

Indicò il blu elettrico del fondo.

“ Angoscia.”

Disse, facendo scorrere l’indice sul nero intenso del bordo.

“ Rabbia.”

Terminò, schiacciando il palmo della mano al centro, proprio sul rivolo di pittura rosso sangue.

Ci fu un momento di immobile silenzio, finché non esclamai:

“ Geniale!”

Edward mi lanciò un’occhiata accigliata, ma sorridente, mentre tanti paia di occhi dorati mi osservavano confusi.

“ Insomma…è molto realistico.”

Continuai, senza la minima idea di cosa stessi dicendo, ma tutto pur di non far sprofondare la festa in una catastrofe.

“ Quei blu e quel rosso…”

Dissi, annuendo sbigottita, cercando di ostentare un’aria incantata, in un’ imitazione perfetta di Stendhal davanti ai quadri impressionisti del Louvre.

“ Hai dimenticato il nero.”

Disse Kayle, divertito.

“ Be’…non è il mio colore preferito, ma nell’insieme è perfetto.”

Aggiunsi frettolosa, cercando di non apparire più stupida di quanto già non mi sentissi.

Inaspettatamente, Chris si accodò al mio elogio.

“ Hai ragione.”

Disse titubante, calamitando l’attenzione meravigliata di tutti i presenti.

“ Bella ha ragione.”

Ripeté, con tono più deciso. Si volse verso Jenna, che lo guardava accigliata, sorridendole sincero. Si avvicinò alla tela e la prese fra le mani, delicatamente.

“ Credo proprio che lo metterò nella mia stanza. Se per voi va bene, signora Stuart.”

Disse, rivolto a Suzanne. Lei annuì, portandosi una mano sul petto, quasi colpita dalla reazione gentile e affabile del suo nuovo figlio acquisito.

“ Ma certamente, Chris. Ti prego, chiamami pure Suzanne.”

Chris sghignazzò timidamente.

“ Va bene. Grazie…Suzanne.”

Dopo un breve sospiro, si voltò lentamente verso Jenna, riservandole lo stesso sorriso garbato di poco fa.

“ Grazie anche a te, Jenna.”

“ Guarda ora!”

Mi disse sibillina Alice all’orecchio, smorzando una risatina divertita e cristallina vicino al mio orecchio sinistro. Si era avvicinata senza farsi sentire.

Chris si abbassò di pochi centimetri, accostando il viso a quello di Jenna, posandole un bacio sulla guancia, scostandosi  velocemente, così come si era sporto. Era stato un gesto affettuoso, privo di malizia, lo stesso che gli avevo visto riservare ad Heather, una volta scartati i suoi cinque regali. Un tocco semplice, quasi meccanico, che forse non si sarebbe accorto neppure di aver compiuto, se non fosse stato per la reazione del resto dei presenti.

Notai Rosalie irrigidirsi e sgranare gli occhi a quella vista ed Emmett accentuare il suo sorriso. Kayle era sorpreso quanto Rosalie ed Heather aveva portato una mano alla bocca, per nascondere il sorriso.

Attesi la reazione spaventosa di Jenna, deglutendo nervosa, i nervi a fior di pelle che presagivano tempesta. Ma, stranamente, Jenna rimase impassibile e Chris ne parve stupito, ma non lo diede a vedere. Sorridendo a fior di labbra e mordendosi il labbro inferiore, avanzò con passo misurato ed elegante verso di me, Edward e Alice, che gongolava al mio fianco, euforica. Evidentemente, aveva già previsto tutto in una delle sue visioni. Era diretto alle scale, ma prima di superarci, Jenna, in un nanosecondo, lo affiancò e senza una parola gli sfilò il quadro da sotto il braccio, piegandolo e distruggendolo, come se avesse appallottolato un foglio di carta.

Pestò con poco garbo i residui della tela al suolo, fulminando con lo sguardo un pietrificato Chris.

“ Ma…Jenna…”

Iniziò lui, le spalle tese, come se fosse pronto a parare una sua reazione violenta. Ma una nuova occhiata oscura di Jenna, lo costrinse a tacere.

“ Perché lo hai distrutto?”

Continuò per lui Suzanne, irritata ed indispettita per il gesto della figlia.

“ Era orrendo.”

Disse, abbassando lo sguardo al suolo. Chris la guardò, quasi intenerito, rilassando i muscoli tesi delle braccia.

“ Non è vero…”

“ Invece si!”

Esclamò Jenna, compiendo un gesto affettato con il capo, quasi a scacciare una mosca molesta, accigliata e con una banda di capelli a coprirle metà viso.

Chris tacque, osservandola dispiaciuto.

“ Non riesco neanche più a dipingere.”

Mormorò, quasi fra sé, assumendo un’espressione frustrata.

Alzò lo sguardo verso Chris, come ad incenerirlo con un’occhiata avvelenata.

“ Sarai contento, adesso!”

Esclamò, per poi ignorare il richiamo di sua madre, spalancare la porta d’ingresso e correre verso la foresta.

Sospirai, notando l’espressione abbattuta di Chris, quella mortificata di Suzanne e quella rassicurante, ma preoccupata di Heather.

Come sospettavo, la festa era terminata in una catastrofe.

 

Angolo dell’autrice.

 

Scusate per l’imminente ritardo, ma ho avuto un calo d’ispirazione. Sarà stato il caldo oppure il clima vacanziero ad ammorbidire la mia mente, chissà!

Comunque, spero vivamente che vi sia piaciuto il nuovo capitolo.

ATTENZIONE: Vi informo che il prossimo aggiornamento avverrà a breve, possibilmente la prossima settimana, nel week-end magari, ma non vi darò una data precisa, per paura di non riuscire a mantenere la promessa di aggiornare in tempo.

E adesso passiamo ai…

 

Ringraziamenti a…

 

Monica87mi: Monica, ciao! XD Spero di non averti perduta per sempre…Grazie mille per il tuo immancabile commento. Già, gli intrighi ci sono e si infetteranno ancora di più! XD Baci baci e a presto, Fuffy91! ^__^*

 

Beuzz94: Mia carissima Beuzz! Ciao, cara! Mi dispiace, ultimamente non mantengo molto le mie promesse, per i motivi che avrai sicuramente letto sopra! Scusami tanto, ma l’ispirazione, ripeto, va e viene birichina e a volte si fa desiderare! Spero che avrai ancora la pazienza di seguirmi e di recensire le mie storie, che mi fa sempre, inutile dirtelo, un enorme piacere! XD Grazie tantissimo per aver commentato il quarto capitolo! Kayle potrebbe scioccare cme personaggio: terribilmente intrigante e spudoratamete sincero, potrebbe risultare invadente, a volte, ma è nella sua natura. E’ un personaggio che non conosce tabù, un outsider per eccellenza, che adora gli schemi solo per trasgredirli. Sono orgogliosa di aver creato un vampiro ancora con qualche difetto, capace di tramutarli in pregi. E questo capitolo, ti è piaciuto?? Jenna credo che ti sarà antipatica per ancora un po’ di tempo, ma ti assicuro che un giorno la adorerai! XD

Bacioni e a presto, Fuffy91! ^__^*

 

Grazie mille anche a coloro che seguono, mettono fra le storie preferite e leggono questa storia!! Bacioni anche a voi, lettori silenziosi!! ^__^*

 

^__________________________^***

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6

Bella.

 

Una musica aleggiava nell’aria. Aprii gli occhi, che avevo chiuso temporaneamente. Ero a letto, coperta solo da candide lenzuola di cotone, fresche e profumate di lavanda.

La finestra era aperta e lasciava entrare nella camera un odore selvaggio d’erba e muschio. Mi puntellai sui gomiti, lasciando che i capelli sciolti scivolassero lungo la spalla destra. Sorrisi ad Edward, posto di spalle, mentre stava abbottonandosi la camicia.

Mi sporsi per accarezzargli la nuca, mentre gli baciavo la spalla destra coperta. Lo sentii sorridere e sfiorarmi con le labbra le dita.

“ Perché ti alzi? E’ ancora presto.”

Era vero. L’orologio sul comodino batteva le nove e mezza del mattino.

Edward mi prese la mano e ne baciò languido il palmo.

“ Ho promesso a Suzanne che avrei portato Jenna a svagarsi un po’. Non può andare a scuola, visto che Chris è molto debole, al momento, al sangue umano. L’unica distrazione, per lei, in questo momento, sarebbe la caccia.”

Mi disse, mentre mi costringeva, gentilmente, a stendermi sui morbidi cuscini, ricoprendo di dolci baci l’incavo del collo e le labbra.

Risi fra le labbra socchiuse, facendo scivolare fra le dita i suoi morbidi capelli.

“ Vieni anche tu.”

Non era una domanda, né un ordine il suo, ma quasi una richiesta.

Annuì piano, strofinando il mento sulla sua guancia.

“ Devo vestirmi.”

Gli dissi, stringendolo a me e ricoprendogli di baci il viso, che presi subito dopo fra le mani.

Lui ricambiò, insaziabile, i miei baci. Se avesse continuato per un’altra manciata di secondi, gli avrei strappato – di nuovo – la camicia e mandato al diavolo il suo proposito di rendermi attiva, al di fuori della camera da letto.

Edward rise, quasi intuendo i miei pensieri, staccandosi dolcemente dalla mia presa. Mi accarezzò con i suoi caldi occhi dorati, per poi alzarsi e dirigersi verso la porta, con passo quasi titubante.

“ Ti aspetto giù.”

Mi disse soltanto, per poi scomparire dietro la porta, scuotendo la testa, come per auto-convincersi  di star facendo la cosa più giusta.

Dal canto mio, mi rotolai fra le lenzuola, stiracchiando le membra illanguidite, affondando il volto nel cuscino, assaporando a pieni polmoni l’odore di Edward.

Dopo un tempo che mi parve eterno, dove ripercorsi con la mente la splendida notte d’amore passata insieme, prima che quelle vivide immagini facessero riaffiorare il desiderio di riavere mio marito accanto a me, sopra di me e dentro di me, mi alzai riluttante, fiondandomi nel comodo armadio ad ante scorrevoli e tirandone fuori un paio di jeans scuri e una camicia blu notte.

Infilate le scarpe, nelle orecchie ancora il ronzio di quella arcana melodia, mi fiondai al piano di sotto.

Per le scale, incontrai Heather, i boccoli biondi raccolti in una coda alta e un vestitino giallo girasole a fasciarle il corpo minuto.

Mi regalò un sorriso radioso, afferrandomi, come d’istinto, la mano destra.

“ Buongiorno, Bella. Ho appena visto Edward. È giù, nel salone. Andate a caccia?”

Non mi fece neppure rispondere.

“ Bene. Edward mi ha detto che portate anche Jenna. Mi fa piacere. Ha proprio bisogno di rincorrere qualche cervo. Ora, scusami…”

Mi disse, quasi mortificata, sporgendosi sulle punte per baciarmi entrambe le guance.

“ Devo correre in camera. Kayle mi aspetta in giardino. Vuole passare l’intera giornata con me. Volevo portare con noi anche Chris, ma lui ha detto che preferisce rimanere tranquillo a casa, per il momento. Ieri sera, tu ed Edward vi siete ritirati subito. E’ un vero peccato. Io e Chris siamo rimasti a contare le stelle, su una piccola collinetta, su, in montagna. La prossima volta dovete venire anche voi, va bene?”

Dopo quel fiume di parole, sembrò attendere una mia risposta. Ebbi solo il tempo di annuire visto che Heather, euforica, mi abbracciò come una bimba felice, per poi correre leggiadra su, nel corridoio del terzo piano, dicendomi con voce normale, ma sonora:
“ Perfetto. Ci conto, mi raccomando! Anche stasera, magari…Oh, dove ho messo quel CD…Ah, eccolo! No, questo è di Suzanne…”

Lasciai Heather alla ricerca del suo CD, sorridendo per la sua esuberanza, identica a quella di Alice.

Un volta in salotto, scorsi Edward seduto su un divanetto, cogliendolo nell’atto di dire:

“ E’ una tua decisione. Spetta a te decidere se farlo o no.”

Capii a chi si stava rivolgendo ancor prima di vedere Jenna, seduta sullo sgabello del piano a coda, nell’angolo, le mani mollemente abbandonate in grembo, lo sguardo fisso, ma lontano, sui tasti bianchi e neri.

Con sguardo assorto, senza rispondere ad Edward, che la guardava corrucciato, riportò le dita sulla tastiera, iniziando di nuovo a comporre quella musica così dolce e, allo stesso tempo, triste, che tanto mi aveva colpito.

Edward sorrise, mentre si portava accanto a lei, sedendosi aggraziato sullo sgabello.

“ Sbagli sempre la nota più alta. Guarda, così.”

Le disse, affettuoso, accavallando le dita alle sue, più lunghe e affusolate, muovendole nel giusto modo.

Jenna lo imitò, senza il suo aiuto.

“ E se facessi così?”

Gli chiese, componendo una nuova sequenza, più melodiosa.

Edward ci rifletté.

“ Uhm…non male. E…così?”

Disse lui, scorrendo le dita su quattro tasti, fluido come acqua sulle rocce.

Jenna scosse la testa.

“ No, con più calma…così, senti.”

Replicò lei, facendogli udire la sua nuova composizione, questa volta fino in fondo, senza che Edward la interrompesse.

Alla fine, lo guardò, aspettando un verdetto.

Edward le sorrise.

“ Bella. Ma, all’ottava sequenza avrei accavallato questa…” premette un tasto sordo: “…e questa.” E premette un altro tasto, più acuto e sottile.

Jenna scosse il capo.

“ Tu, l’avresti fatto. Io no, invece.”

Disse con tono divertito, per poi alzarsi dallo sgabello con disinvoltura.

Edward rise, per poi alzarsi anche lui e, con solo tre falcate, raggiungermi e cingermi con entrambe le braccia, le mani intrecciate sul mio fianco sinistro, la bocca impegnata a percorrere ogni centimetro del mio profilo.

Jenna ci degnò di un solo sguardo, ricambiando il mio sorriso cordiale con uno accennato. Sospirai. Era di nuovo incupita.

“ Allora. Vogliamo andare?”

Jenna annuì all’incitamento di Edward.

“ Jenna!”

La chiamò Suzanne, uscendo da una stanza accanto.

“ Jenna, prendi. L’avevi lasciato sul tavolo della cucina.”

Le disse, porgendole uno zainetto in pelle bordeaux.

Lei lo afferrò e se lo mise su una sola spalla.

“ Noi andiamo a fare delle spese in centro. Vengono anche i vostri fratelli. Credo che solo Jasper ed Alice si uniranno ad Heather e Kayle.”

Disse, rivolgendosi con un sorriso a me e ad Edward, che annuì.

“ Bene. Allora, buona caccia, Jenna. E cerca di divertirti con Edward e Bella, ok?”

Jenna non le rispose, ma accettò il suo bacio sulla guancia.

“ A dopo.”

Le disse soltanto, anticipandoci all’uscita.

Suzanne la guardò con apprensione.

Edward prese il suo zaino da campeggio dal pavimento, afferrando la mia mano.

“ Sta tranquilla, Suzanne. Penseremo noi a Jenna.”

Suzanne sembrò tranquillizzarsi un po’ alle sue parole, accarezzandogli il viso, come faceva con tutti i suoi figli, persino Chris.

“ Grazie, Edward. Divertitevi anche voi. Evitate il ruscello. Lì c’è poca selvaggina.”

Disse, rivolta verso di me e ravviandomi una ciocca di capelli dal viso.

Quando uscimmo, Jenna era già all’imboccatura del boschetto. Non si sentiva neppure un grillo cantare. Solo una civetta lontana, tubava assonnata.

“ Forza, andiamo.”

Ci disse, accigliata e con le iridi rese scure dalla sete.

La assecondammo, allungando il passo. Ci inoltrammo nella selva, saltando le rocce sporgenti ed evitando con facilità le radici degli alberi. Non passò molto tempo, prima che Edward  iniziasse a correre. Improvvisammo anche una gara, dove lui uscì vincitore, come al solito. Spazzò via il mio broncio con un bacio.

Jenna rimaneva in disparte, assumendo un atteggiamento discreto. Edward cercava di coinvolgerla nelle nostre conversazione, ottenendo solo risposte distratte e monosillabi buttati lì, quasi per caso.

Dopo esserci dissetati di una manciata di cervi, l’atmosfera sembrò rilassarsi. Anche Jenna sembrava meno tesa e, senza occhiaie violacee a cerchiarle gli occhi e occhi bui a renderla tetra, era molto più affascinante e socievole.

“ Ti piace Londra, Jenna?”

Le chiesi, mentre passeggiavamo lungo un sentiero di steppe, precedute da Edward che, educatamente, faceva finta di non ascoltare.

“ Si e no. A volte, mi sembra troppo cupa. Non si direbbe ma, io adoro i posti assolati. È una delle tante cose che ho dovuto rinunciare, dopo la trasformazione. Sai, camminare alla luce del giorno, in pieno sole…ma ci sono molti lati positivi, di Londra. La storia, ad esempio, con tutti i suoi edifici, le buone scuole, i locali alla moda… tante cose.”

Disse, facendo spallucce.

“ Dipingi molto bene. Ho visto i tuoi quadri. Mi piace soprattutto quello nel salone, che raffigura una donna.”

Jenna annuì.

“ Si, piace a tutti, quel quadro.”

Disse, puntando lo sguardo alla schiena di Edward, ma sapevo, senza vederlo davvero.

“ E, a te, invece, no?”

Le chiesi, vedendola corrucciarsi.

“ Si, certo. E’ molto espressivo e dinamico, ma mi porta indietro con la mente, a ricordi che preferirei cancellare, ma che, purtroppo, devo sopportare.”

Immaginai a quali ricordi si riferisse, con tanta amarezza. L’aver assalito Chris, averlo morso ed essere stata l’artefice della sua trasformazione…non doveva essere facile.

“ Come mai, sei così triste?”

Jenna si sorprese della mia domanda e si voltò per osservarmi con i suoi grandi occhi ambrati spalancati.

“ No, non sono triste.”

“ A me, sembra di si, invece.”

Lei non replicò, ma abbassò per un attimo lo sguardo ai suoi piedi.

“ Non ti piace proprio, Chris, eh?”

Le chiesi lentamente, per evitare che si irritasse. Ma sembrava che il pasto appena consumato l’avesse resa più malleabile, visto che rispose, con il mio stesso tono calmo e per niente accusatorio.

“ No, non è questo. Forse, si, lo trovo un po’ seccante. Ma, vedi Bella, è…è complicato.”

Disse, mentre, senza accorgermene, sbucavamo dal boschetto di more e pini, mentre Alice ci correva incontro.

“ Non credo, comunque, che potremmo mai essere amici, io e Christopher.”

Aggiunse subito dopo, con quella voce vellutata e suadente che portava me, indietro nel tempo, al ricordo sbiadito di Edward che mi diceva con lo stesso tono, che non saremmo potuti diventare amici, ma non che lui non lo avrebbe voluto.

Mentre osservavo Jenna raggiungere la casa color pesca degli Stuart, mi chiedevo se anche lei non lo desiderasse, in fondo.

 

*

 

“ Che cosa ti stava dicendo Jenna, in salotto, prima che io arrivassi?”

Domandai ad Edward, mentre lasciava cadere, vicino all’attaccapanni nell’ingresso, lo zainetto da campeggio.

Mi scrutò a lungo, prima di rispondermi.

“ Nulla. Stava soltanto pensando. Io ho risposto solo ad una sua domanda mentale.”

“ E cosa si stava chiedendo?”

Insistetti, incapace di contenere la curiosità. Volevo sapere, volevo capire se c’era speranza che Jenna e Chris potessero istaurare un rapporto d’amicizia.

Edward sospirò.

“ Si chiedeva, se sarebbe dovuta andare via.”

Strabuzzai gli occhi, stupita.

“ Cosa? Vuole andarsene? Vuole lasciare gli Stuart?”

Dissi, incapace di crederlo. Ad una prospettiva del genere, ero sicura che Suzanne ne sarebbe rimasta addolorata e che Jack avrebbe provato una cocente delusione verso se stesso, per aver fallito.

“ Non ha ancora deciso. Alice la tiene d’occhio e dice che è una scelta molto vaga, lontana dai suoi veri propositi.”

“ Quindi la tiene come ultima risorsa?”

Edward sospirò nuovamente, gli occhi, dopo la caccia, più caldi e magnetici che mai.

“ Per il momento, si.”

Fu la mia volta di sospirare. Edward mi accarezzò il viso con entrambe le mani.

“ Non preoccuparti, Bella. Jenna non è così impulsiva, da andarsene senza prima dirlo alla sua famiglia. Li rispetta e li ama troppo per lasciarli senza alcun preavviso.”

“ E, se volesse, dove andrebbe? Non ha nessuno oltre loro.”

Edward aggrottò la fronte, per la prima volta, mostrandosi preoccupato per la sua amica.

“ Edward? Cosa c’è? A cosa pensi?”

Gli chiese incalzante, cercando di cancellare, con carezze gentili, quell’espressione scura dal suo volto.

“ Niente. Non ha importanza.”

Disse dopo un po’, ricomponendosi e baciandomi la fronte.

“ Sei sicuro?”

 Gli domandai, cercando conferma, oltre che dalle sue parole, anche dai suoi occhi. Edward si distaccò da me e mi sorrise sereno.

“ Si, certo.”

Mi rassicurò, donandomi un bacio tenero e casto sulle labbra, che si aprirono subito dopo in un sorriso.

“ Vieni, andiamo di sopra.”

Mi disse, prendendomi per mano e insieme, risalimmo la scala a chiocciola.

 

 

Jenna.

 

Il sole stava tramontando dietro le cime spoglie delle montagne. Il vento mi accarezzava il volto, filtrando dalla finestra spalancata. Tutto intorno a me, c’erano le innumerevoli tele che avevo dipinto in quelle ore, senza riuscire a terminarle. Alcune le avevo anche distrutte, presa da un attimo d’improvvisa collera. Mi sentivo insoddisfatta e frustrata, in quei giorni. Non riuscivo più a creare un quadro decente. Il blu e il nero predominavano incontrastati, mostrando la parte della mia anima più oscura e misteriosa, che di solito preferivo tenere in catene, imprigionata in un piccolo angolo del mio cuore gelido, lasciata addormentata, quieta, serena, innocua.

Ringhiai fra i denti stretti, torturandomi i capelli, stretti fra le dita, imbrattandoli di colore.

Odiavo sentirmi così…così…vulnerabile. Ero sempre stata padrona di me stessa, tranquilla e appagata della mia vita regolare. Ma adesso, tutto mi appariva così difficile, così terribilmente pesante. Passavo le mie giornate a difendermi da chiunque, persino dalla mia famiglia. Chissà che impressione aveva di me la moglie di Edward, Bella! Lei non mi conosceva, era la prima volta che ci incontravamo. L’ho trovata subito adatta per il mio migliore amico. Così piccola, così dolce, eppure così volitiva e forte. Era la donna giusta per uno come Edward, così pacato, eppure così appassionato con le cose e le persone a cui teneva davvero.

E poi c’era lui, il motivo principale del mio comportamento freddo e distaccato, oltre che della mia improvvisa ed improduttiva creatività: Christopher.

Ero convinta che quel ragazzo mi avrebbe resa pazza, prima o poi, non che non dessi quell’impressione. Kayle poteva prendermi in giro quanto voleva, ma io sapevo di non provare nulla per quel giovane, al di là di quella naturale irritazione che s’impadroniva di me, ogni volta che il mio sguardo incrociava il suo.

Magari fosse stato un vampiro irascibile e presuntuoso. Con quelli avevo imparato a conviverci. No, lui, invece, era tutto il contrario di quello che mi sarei immaginata. Con quell’aria ingenua, timida e imbarazzata era riuscito a conquistare tutti, perfino Kayle, che di solito era così difficile nelle amicizie. Ma la sua innocenza, così rara in un umano, figuriamoci in un essere dannato, invece d’intenerirmi e di rendere sopportabile la sua presenza, non faceva altro che acuire quel senso d’insopportabile fastidio e irritazione che mordeva il freno del mio istinto.

Il motivo di questo accanimento verso il ragazzo? Ormai credevo che lo conoscessero tutti, perfino Bella, e da alcuni suoi sguardi e domande fin troppo misurate, nella foresta, non potevo credere il contrario. Ero stata io. Io avevo ucciso quel ragazzo.

Sospirai pesantemente e il fardello dell’amarezza e della repulsione m’investì ad ondate più frequenti del solito.

Per tutto questo tempo, avevo combattuto contro il pensiero di aver condannato un povero ragazzo innocente ad un’esistenza di sete di sangue e di continui omicidi. Io, che avevo sempre disprezzato i creatori di vampiri, coloro che mordevano innocenti solo per il loro tornaconto o perché potevano possedere poteri particolari, che avrebbero potuto accrescere i loro, ero diventata un’assassina.

Ero io il carnefice di quel ragazzo, e questo pensiero, se era ancora possibile, mi uccideva.

Non riuscivo a guardarlo, senza odiare me stessa. Jack mi aveva detto che non ricordava nulla del giorno della sua trasformazione, che avrei potuto istaurare un rapporto amichevole con lui, senza alcun problema. Ma come potevo, conoscendo la terribile verità? Come potevo essergli amica? Sarebbe stato troppo, sarebbe stato orribile e ingiusto contro di lui!

Quel pensiero, per attimo, mi folgorò. Ma cosa stavo facendo? Mi preoccupavo di quello che avrebbe potuto pensare il ragazzo? Mi stavano così a cuore i suoi sentimenti?

Scossi la testa, energica. No, era impossibile! Non dovevo affezionarmi a quel ragazzo! Non ne avevo il diritto! Che stessi davvero impazzendo? Be’…forse si.

Sospirai ancora, nascondendo il volto fra le braccia incrociate, poggiate sulle ginocchia unite e portate al petto.

Improvvisamente, la porta del mio studio di pittura si aprì e un odore, che avevo ormai imparato a riconoscere, m’investì totalmente. Alzai la testa di scatto, trasalendo, come colta di sorpresa, irrigidendo i muscoli delle braccia e delle gambe, in difesa.

Due occhi di topazio impuro mi osservavano incuriositi e sbigottiti allo stesso tempo e due labbra morbidi e rosse, erano socchiuse in una perfetta ‘O’ di reale meraviglia.

Ed eccolo lì, l’oggetto del mio tormento, appena tornato da una caccia solitaria, a giudicare dal terriccio e dai residui fili d’erba sui vestiti.

Christopher si morse le labbra, imprecando a voce così bassa e veloce, da credermi di aver immaginato tutto.

“ Scusami. Pensavo…credevo fosse la mia stanza. Cioè, quella che Suzanne mi ha dato. Ero convinto fosse qui…ero distratto, stavo pensando...”

Mi guardò ancora per un attimo, per poi abbassare di nuovo lo sguardo a terra, continuando, incoerente:
“ Be’, scusa ancora. Io…vado…Wow!”

Esclamò improvvisamente, osservando le pareti, tappezzate di quadri di ogni forma e dimensione, tutti fatti da me, nel corso degli anni. Perfino il soffitto ne era ricoperto. Certo, poteva sembrare eccessivo e molto poco modesto, ma quella era la mia stanza, lo studio dove la parte migliore e anche quella peggiore di me, usciva fuori attraverso segni, immagini e colori vivi o spenti, a seconda dei sentimenti che provavo nel momento della composizione. Era un modo come un altro per avvertire in me, ancora un briciolo di quella umanità che, in certi momenti, sentivo molto spesso distante o quasi assente.

Christopher avanzò, quasi senza accorgersene, e si fermò al centro della stanza, sollevando lo sguardo verso i quadri appesi al soffitto, analizzando deliziato quello più grande, che richiamava l’astrattismo geometrico di Mondrian.

“ Sono…sono bellissimi.”

Disse, mormorando quel complimento, con la stessa riverenza di un fedele in chiesa.

“ Li hai fatti tutti tu?”

Mi chiese, dimenticando l’imbarazzo di poco prima.

Annuii, senza aggiungere altro. Più lo osservavo muoversi nel mio antro creativo, e più provavo il desiderio di buttarlo fuori a calci. Eppure, dall’altra parte, percepivo una certa affinità fra quel luogo d’arte e Christopher. Del resto, con quell’aspetto gracile e diafano, quel colore di capelli, rossi e accesi come il cielo al crepuscolo e quegli occhi quasi duri, per via della recente dieta vegetariana, con ancora un residuo di nero venato di rosso, ma addolcito da un recente oro soffiato.

I denti erano bianchi e perfetti, mentre sorrideva come un bambino eccitato, di fronte alle luci di Natale. Le ciglia lunghe, chiare e ricurve, che diventavano bionde alle luce del sole, quella bocca rossa e dal labbro inferiore più pieno, rispetto a quello superiore, e più scuro, per via dei morsi continui, costretti dalla timidezza del loro padrone.

Avevo detto che il fisico del ragazzo era gracile, ma ora che lo osservavo meglio, non era affatto così. Sotto la camicia grigio fumo, s’intravedevano, infatti, le linee modulate e forti dei muscoli del petto, del ventre piatto e delle braccia, lunghe, morbide, ma forti come quelle di un atleta. I jeans scuri e macchiati di vegetazione, non riuscivano a nascondere la perfezione delle cosce e delle gambe, oltre alla circonferenza delle ginocchia, se si piegava leggermente.

Era come un efebo, uscito direttamente dai fregi sui basamenti delle colonne corinzie o sui cornicioni dei templi greci.

Era perfetto. Una bellezza che avevo sempre ammirato e ricercato. Jack si avvicinava quasi a quel mio ideale, ma era già maturo e adulto, e non conservava più, purtroppo, l’acerba tenerezza delle forme di un adolescente. Quando conobbi Edward, pensavo che finalmente l’avessi trovato. La sua, era una bellezza che si avvicinava di molto al mio ideale. Ma ad un primo ritratto, mi resi conto che mi ero sbagliata ancora una volta. Il suo fisico era alto e asciutto, si, ma con quell’alone di virilità, nascosta, ma presente, che gli aleggiava intorno, quasi senza accorgersene. Con Kayle non ci avevo nemmeno provato a ricercarla, perché era palese la sua esplosione di forza e determinazione, sia nel fisico che nel carattere.

Ma adesso, guardando con l’occhio dell’artista quel ragazzo che si muoveva con scioltezza fra le mie tele, mi sentivo a un passo dalla realizzazione del mio sogno segreto.

Ero quasi tentata a chiedergli di fargli un ritratto o una scultura, se ci riuscivo. Un busto non mi sarebbe bastato, lo volevo intero, ritto, immobile ma rilassato. Magari steso su un divano antico, vicino alla finestra, di notte, col chiarore lunare o alla luce del sole, quando la sua pelle sarebbe stata ricoperta di diamanti e i suoi capelli sarebbero apparsi una vampata di fuoco. Oppure, sulla spiaggia, con la pelle leggermente umida, le labbra socchiuse, le ciglia ammorbidire dai chiaroscuri del sole al tramonto, quando i suoi capelli sarebbero stati un altro tassello nel cielo arancio, rosso ed oro.

 Oh, sarebbe stato meraviglioso! Con lui come soggetto, avrei creato un capolavoro, sia esso un quadro o una statua, o entrambi, se solo avrebbe avuto la pazienza di assecondarmi.

Sorrisi. Ma certo che mi avrebbe assecondato. Era nella sua natura, riuscire a rendere felici ed appagati li altri. Lo avevo capito non appena l’avevo incontrato. Era premuroso e gentile, oltre che eccessivamente timido e sincero, qualità che apprezzavo e che odiavo a seconda delle occasioni.

All’improvviso, però, la mia bolla di felicità si sgonfiò con la stessa rapidità con cui i miei pensieri e i miei progetti creativi, mai stati così vivi come in quei pochi attimi, si erano rincorsi nella mia mente. Non potevo chiedere a Christopher una cosa del genere. Farmi da modello…come diavolo mi era venuto il mente, un’idea così stupida? Come potevo chiedergli di essere il soggetto dei miei quadri, se evitavo accuratamente di essergli amica? Era stata io a condannarlo ad una vita immortale e dannata. Possibile che per momento, un solo labile momento, l’avessi dimenticato? Era stato così facile cancellare dalla memoria le sue urla strazianti, mentre il mio veleno gli corrodeva le vene e gli massacrava il cuore? Era stato così semplice dimenticare i battiti del suo cuore rallentare secondo dopo secondo, sotto il mio palmo, mentre mi dissetavo avidamente del suo dolce e afrodisiaco sangue?

Se chiudevo gli occhi, riuscivo ancora a sentirne il sapore. Così dolce, così dissetante…che orrore! No, era ufficiale: dovevo essere impazzita. Approfittare della sua bontà di carattere, per sfruttarlo a mio piacimento. Non ero già stata abbondantemente egoista nei suoi confronti? Volevo ancora qualcosa d’altro, dopo aver reclamato la sua vita? No, basta! Dovevo cacciarlo via, subito! Adesso!

Mi alzai di scatto, dimenticando di avere indosso solo una canotta trasparente e chiazzata di colore, dove si riusciva ad intravedere perfettamente il pizzo nero del reggiseno regalatomi da Heather pochi giorni prima. Alla fine, lo avevo messo, nonostante le titubanze iniziali.

Incurante del mio stato e dell’imbarazzo di Christopher, approfittai del suo istintivo mettersi in guardia, per cacciarlo definitivamente e rompere così, ogni futuro avvicinamento. Doveva starmi lontano. Erano questi i patti fra me e Jack e lui doveva capirlo, immediatamente.

“ Vattene.”

Dissi, dura e fredda. Dal riflesso dello specchio ovale dietro di lui, potevo vedere la sua schiena e il mio volto, pallido e privo di macchie di colore, anche se gli occhi erano neri e minacciosi e le labbra avevano una sfumatura violacea di veleno. Era demoniaca. Perfetto.

Tuttavia, Christopher parve più stupito, che spaventato dalla mia reazione.

“ Non capisco…”

“ Mi sembra facile da capire. Non ti voglio qui.”

Dissi, scandendo parola per parola, neanche stessi parlando con un ritardato. Speravo che si sarebbe offeso e che se ne andasse, sbattendosi la porta alle spalle. Ma il suo amor proprio sembrò essersi barricato dietro un muro d’acciaio, che solo parole davvero offensive e crudeli avrebbero potuto scalfirlo.

“ Veramente, speravo di chiederti una cosa. Già che sono qui, ne approfitterei per parlarti.”

Mi disse, calmo ma comunque all’erta. Non volevo ascoltarlo, ma finsi di accettare, nel mio profondo, confusa e curiosa dalle sue parole.

“ Sentiamo. Cosa vuoi?”

Gli chiesi, infine, sempre scostante e indifferente. Ancora una volta, Christopher non demorse, ma sempre guardandomi fisso negli occhi, mi disse:

“ Dal momento che sembra che tu faccia di tutto per evitarmi e per avere un minimo di rapporto con me…”

“ Se stai cercando di scoprirne il perché, ti dico subito che non ti riguarda. Se o cosa mi spinge a non sopportarti, non è affar tuo. Quindi gradirei che non mi rivolgessi la parola in futuro e che uscissi subito dal mio studio, per non entrare mai più.”

Lo interruppi di nuovo, mettendo subito in chiaro le cose, prima che proseguisse.

Non volevo che chiedesse né tanto meno sapesse la verità. Non doveva averne nemmeno sentore. Mi vergognavo troppo per rivelarglielo. Forse era un suo diritto sapere, ma lo stesso preferivo non dirgli nulla. Egoisticamente, preferivo barricarmi nei miei silenzi e nei miei netti rifiuti, lasciandolo nella più completa delusione. A male appena sopportavo il disgusto verso me stessa. Non avrei retto anche al suo.

Ma, a dispetto delle mie supposizioni, ancora una volta, Christopher mi sorprese. Sorrise, incredibilmente, chiedendomi, con voce delicata:

“ Veramente, volevo soltanto chiederti se vorresti uscire con me?”

Rimasi spiazzato da quella proposta. Abbassai le braccia lungo i fianchi e rilassai i muscoli, senza nemmeno rendermene contro.

“ Cosa?”

Domandai, con voce strozzata e stupita.

“ Vorrei uscire con te, Jenna.”

Mi disse ancora, semplicemente, pronunciando il mio nome con una nota strana, quasi vibrante, ma che non riuscii, al momento, a comprendere.

Per quanto meravigliata, mi ripresi quasi subito, scuotendo il capo.

“ No.”

Christopher non si mosse, ma continuò ad osservarmi. Era così irritante.

“ No, non voglio.”

“ Non vuoi o non puoi?”

“ Cosa?”

Ripetei ancora, sentendomi una stupida. Ma era inevitabile, con quel ragazzo. Diceva cose che non mi sarei mai aspettata. Ricordai le parole di Edward, mentre si rivolgeva a Bella che, involontariamente, avevo udito: “…è molto sensibile quel ragazzo…

Dannazione, se aveva ragione! Riusciva a captare cose che, anche se mi premuravo di nascondere, lui riusciva comunque involontariamente a percepire.

“ Non voglio è basta. Che domande insensate.”

Dissi, con convinzione.

“ E’ solo una passeggiata…”

“ No, ho detto di no! Non insistere! Ti ho già detto che non voglio vederti né parlarti. Quindi, fuori, fuori!”

“ Per favore, è solamente…”

“ No!”

Dissi, ringhiando e agitandomi inquieta.

“ Di cosa hai paura, Jenna? Dimmelo, e farò in modo di…”

“ NO!”

Gridai fra i denti, scaricando la mia rabbia sull’ultima tela incompiuta, ancora lasciata sul chiavistello, scaraventandola a terra e distruggendola fra le mie mani, sbriciolandola come tela. Paura? Io?! Non sapeva di cosa parlava. Non volevo ascoltarlo. Doveva andarsene di lì, subito.

“ No! Non fare così! Io voglio soltanto…”

Insistette lui, cercando di farmi ragionare. Ma ormai non ragionavo più.

“ FUORI! VAI VIA! FUORI!”

Urlai ancora, fuori di me, spingendolo con le braccia fuori dalla porta, spingendolo nel corridoio, senza che lui opponesse resistenza, sibilando incattivita e ringhiando come un’ossessa, fuori di me.

Gli sbattei la porta in faccia, facendo tremare gli stipiti per la troppa violenza.

Respirai affannosamente per un po’, passandomi entrambe le mani sul viso e fra i capelli, che strinsi forte, ad occhi chiusi.

Respirai una, due,…dieci volte, profondamente e lentamente, pizzicandomi il labbro superiore, ancora leggermente violaceo.

Riacquistai la calma, ma sentivo ancora i nervi vibrare sotto la pelle, il veleno che scorreva più lentamente nelle vene, ma, tuttavia, sempre presente.

Aprii gli occhi e vidi i residui del quadro sparsi sul pavimento, come scintille bianche e di legno.

Poi, senza pensarci, mi voltai e aprii la porta, socchiudendola leggermente, sbirciando nel corridoio, ma l’odore inconfondibile di vaniglia e girasole smentiva ogni mio dubbio. Christopher era ancora lì, dove l’avevo spinto, vicino alla parete, il capo fra due piccoli quadretti paesaggistici, lo sguardo puntato su di me, privo d’imbarazzo, ma, stranamente, in attesa.

“ Dove hai detto che vuoi fare, questa passeggiata?”

Gli chiesi, moderando il tono di voce, quasi chiedendogli scusa per quella furia improvvisa.

Lui sorrise e mi sentii stringere qualcosa di sconosciuto, proprio lì, nello stomaco, che esplose, mi morse le viscere e poi ritornò quieto, a dormire, invisibile.

“ Sulla spiaggia.”

 

 

 

Angolo dell’autrice.

 

Scusate! Si si, lo so, sono imperdonabile! Ritardo atroce negli aggiornamenti, ma per motivi di vena creativa in fermento, ma non ben definita e per motivi universitari (questa università mi succhierà il sangue, altro che vampiri! XD) !!

Allora, a parte le mie scuse, come vi è sembrato il capitolo?? Ci saranno sviluppi interessanti, d’ora in poi, ve lo garantisco! XD

Quindi, non perdete il prossimo aggiornamento, mi raccomando (che sarà a breve, visto che è già in cantiere! XD)!

E ora, passiamo ai…

 

Ringraziamenti a…

 

La mia adorabile Beuzz94, che ha sempre la cortesia e il desiderio di lasciarmi un messaggino ogni fine capitolo, con le sue recensioni dolci e divertenti! :D Che dici, carissima?? Credi che riuscirà a piacerti, prima o poi, la nostra Jenna?? E che dici dei nostri beniamini, Edward e Bella? Non sono sempre affiatati?? Io direi di si! :D

 

Ringrazio anche tutti quelli che leggono, che seguono e hanno inserito la mia storia fra i preferiti, le storie ricordate e seguite (siete tantissimi, grazie! XD)

 

Prossimamente a…

La prossima settimana, nel week-end, sabato o domenica!

 

Baci baci a tutti e a tutte voi! :D Fuffy91! XD

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7

Jenna

 

Più osservavo le mie orme solcare la sabbia bianca, e più mi domandavo cosa ci facessi lì.

Christopher camminava davanti a me, le mani nelle tasche dei jeans scuri. Indossava una polo marrone, semplice ma firmata, come tutti gli abiti che Jack aveva comprato appositamente per lui. Ovviamente, Heather l’avrà aiutato nella scelta, credendo, ingenuamente, che si trattasse di lui, visto che avevano più o meno la stessa taglia.

Con una smorfia, distolsi lo sguardo dalla sua figura, puntandolo sulle onde del mare che, pacificamente, avanzavano e si ritiravano sulla superficie sabbiosa.

Era quasi il crepuscolo e il cielo si stava già colorando di sfumature rosse e dorate. Le nuvole, stranamente timide, si allontanavano dal sole infuocato, permettendo alla sua luce di affogare nell’acqua cristallina e di bagnare il profilo di Christopher.

Violentai i mie occhi d’artista a non osservarlo più del necessario, ma nonostante tutti i miei sforzi, non potei non immaginarlo disteso sulla sabbia, i capelli svolazzanti sotto il getto d’aria fredda e salmastra – come in quel momento – le braccia incrociate sulle ginocchia divaricate, il volto leggermente inclinato, gli occhi fissi su un punto qualsiasi della sabbia, solo per permettere alle sue ciglia di disegnare delle deliziose mezze lune sulle sue guance.

Scossi la testa energica, mentre i capelli sciolti mi accecavano il viso, per poi ritornare, ad un altro brusco movimento, a scivolare lunga le spalle e a svolazzare dietro la schiena, come un mantello castano.

Maledetto vento! E dannato mare, che era stato da sempre fonte di molte mie creazioni. Christopher, ignaro del mio umore nero, continuava a passeggiare tranquillo, quasi dimentico della mia presenza. A volte lo sentivo sospirare, per ragioni incomprensibili. Continuammo così per un po’ di tempo, finché non raggiungemmo il confine della costa. A quel punto, saremmo dovuti tornare indietro, ma Christopher non era del mio stesso avviso. Si tolse le scarpe e i calzini, ponendoli accanto ad una roccia sporgente. Poi, con agilità, si arrampicò sugli scogli scivolosi e scoscesi, sedendosi, come avevo immaginato per tutta la durata della passeggiata, su una sporgenza piatta, quasi come una sedia naturale.

Lo osservai incantata per un breve attimo, dove memorizzai tutti i suoi particolari. Il profilo del suo volto sembrava essere stato costruito nel marmo, tanto era perfetto e se avrebbe sorriso, sarebbe stato idilliaco. E quei capelli…Mio Dio, adoravo quel colore! Così rosso, così acceso, un arancio delizioso, con addirittura riflessi biondi sulle punte scarmigliate.

Se non fosse stato per quella nuvola plumbea, lontana dal sole, proprio dietro la sua testa, si sarebbe mimetizzato col cielo, proprio come era nei miei progetti.

Nell’ammirarlo, per un breve, folle momento, avrei desiderato avere sotto mano tela, carboncino e pennelli e riportare quell’immagine su un quadro, sarebbe stato quasi liberatorio per me. Quel ragazzo stimolava la mia creatività come nessuna cosa, in più di cento anni, aveva mai fatto.

A poco a poco, stava sconvolgendo il mio equilibro, cambiando inesorabilmente la mia esistenza con la sua sola presenza, e neanche me ne accorgevo.

Più mi entusiasmava artisticamente e più cercavo di scacciarlo dalla mia mente, dalle mie idee, da tutto ciò che potesse riguardare me e lui, creando un noi che non avrei mai potuto tollerare.

Presa totalmente da questi pensieri, ancora una volta mi chiesi cosa ci facessi lì, con lui, su quella spiaggia deserta e, ancora una volta, non seppi darmi una risposta.

“ Non rimanere lì. Vieni! Siediti anche tu.”

Mi disse, con semplicità e con quel suo sorriso timido, che mi provocava sempre quello strano ed inspiegabile tumulto nelle viscere.

Lo assecondai, salendo più agilmente di lui sugli scogli e sedendomi sulla roccia accanto alla sua. I sandali in cuoio scivolavano sulla superficie scura e sentivo la stoffa dei pantaloni neri cominciare ad inumidirsi.

Dovevo ammettere che il ragazzo aveva scelto un bel posto in cui sostare. In quel punto, l’odore del mare arrivava ad ondate frequenti e l’aria frizzante era come un balsamo sulla pelle e fra i capelli. Penetrava anche nelle fenditure del maglioncino grigio che avevo indossato sopra la camicia bianca, senza maniche, per salvare le apparenze. In realtà, non avvertivo né il freddo né il caldo, ma per gli umani quella era una stagione autunnale e di conseguenza, dovevo vestirmi secondo natura, seguendo il loro esempio.

Avevo scelto abiti anonimi, quasi insignificanti. Il maglione era anche più grande della norma, per me, ma non m’importava. Non volevo essere più appariscente di quanto fossi naturalmente.

Una caratteristica che avevo preservato dalla mia ex-vita, prima cioè di essere vampirizzata.

Anche allora, preferivo indossare abiti scuri e a taglio semplice, quasi per rendermi invisibile. Non disprezzavo la moda, ma non ero una fanatica del lusso e dell’eccesso, e non lo ero tutt’ora, a distanza di un secolo.

Christopher sospirò di nuovo, più lentamente del solito, gli occhi illanguiditi, mentre osservava l’orizzonte.

“ E’ bellissimo qui. Mi mancava il mare. Non lo vedevo da tanto. Sai, ho vissuto la maggior parte della mia nuova vita fra le montagne innevate dell’Alaska. Lì era freddo e neve perenne quasi tutto l’anno.”

Si voltò, per sorridermi teneramente. Un'altra stretta allo stomaco, che cercai di ignorare.

“ Grazie per aver accettato il mio invito. Te ne sono molto grato.”

Mi sentii strana a quella parole, quasi disorientata, mentre una strana euforia serpeggiava lungo il petto. Trasalii, infastidita da quelle sensazioni moleste e mai provate prima, distogliendo lo sguardo dal suo e concentrandomi sul paesaggio crepuscolare davanti a me.

“ Non farti strane idee. Non credere che questo sia l’inizio di un’amicizia, fra noi due.”

Gli dissi, perentoria ed inflessibile.

“ Non vuoi essermi amica?”

“ No.”

Gli risposi immediatamente, ma non tanto convinta come un tempo.

In fondo, era piacevole parlare con lui, passeggiare in silenzio lungo la spiaggia non era stato poi così terribile. Ma…no, non potevo! Ne andava della mia integrità. Mi sarei sentita umiliata e oltraggiata dalla mia parte egoista ed insensibile.

“ Allora perché hai acconsentito ad uscire insieme?”

“ Questa non è affatto un’uscita. E’ un chiarimento.”

Christopher rise divertito, stupendomi. Cosa c’era i tanto buffo?

“ Mi sembra che avevamo chiarito la questione già nella tua stanza.”

Ricordando lo sfogo di rabbia nel mio studio, mi sentii imbarazzata. Non era da me quella furia cieca. Ma lui aveva insistito, aveva detto cose senza alcun senso…

“ E’ stata colpa tua. Non avresti dovuto provocarmi.”

A quell’affermazione, il sorriso di Christopher si affievolì fino a scomparire, e la sua espressione divenne seria.

“ Non ti ho provocato. Volevo soltanto chiarire la nostra situazione, provare a migliorarla…”

“ Non c’è nulla da migliorare perché non c’è nessuna situazione, fra noi due. E poi, quella non era la mia stanza, era il mio studio, e tu non saresti dovuto entrare lì. Nessuno ci entra, tranne me.”

Precisai, piccata.

Cadde nuovamente il silenzio e, questa volta, Christopher ci mise più tempo per romperlo. Sentivo il suo sguardo fisso su di me, ma non mi voltai ad incrociarlo, da una parte indispettita e dall’altra leggermente in soggezione. Mi rannicchiai su me stessa, portando le ginocchia unite al petto, affondando il mento nelle braccia incrociate, le mani strette a pugno, in difesa.

Christopher lo notò e cercò di alleggerire il discorso.

“ E va bene. Scusami. Non sarei dovuto entrare nel tuo studio. Ognuno di noi hai suoi spazi privati, ed io avrei dovuto rispettare la tua intimità. Ma la curiosità e la voglia di chiarire alcune questioni con te, mi ha spinto a violare questo divieto.”

Disse, scrollando le spalle.

Non risposi, anche se le sue parole erano penetrate nella mia testa, che l’aveva registrate e comprese interamente. Approvando inconsciamente le sue scuse, rilassai i muscoli delle braccia e della schiena, ammorbidendoli con un sospiro invisibile.

Sentii Christopher muoversi accanto a me e, con sorpresa, sentii le sue dita tiepide scostare una ciocca di capelli e riponendola dietro l’orecchio sinistro. Accarezzò con il dorso delle dita la mia guancia scoperta, in un tocco impercettibile, che mi fece fremere dentro. Spaventata e confusa dalla mia reazione a quelle premure, mi allontanai con un sibilo da lui e ringraziai mentalmente che la spiaggia fosse deserta, perché sarebbe stato difficile giustificare ad un umano il mio frettoloso ed invisibile movimento, nel compiere una discesa, altrimenti lenta e pericolosa, lungo le rocce taglienti, priva di ostacoli e facilissima, invece, per me.

Mi curvai in difesa, ringhiandogli contro, come se fosse stato un nemico. Christopher mi osservò atterrito e rammaricato, facendomi innervosire ancora di più.

“ Non toccarmi! Non devi mai, dico mai più, toccarmi!”

Christopher mi raggiunse con due balzi, cercando di afferrarmi il braccio. Io indietreggiai, ringhiandogli ancora contro, agguerrita e spaventata dalla reazione inaspettata al suo tocco delicato. Sapevo di stare esagerando ma il tumulto che scatenava dentro di me ad un solo sfioramento, mi terrorizzava più di una sua reazione violenta.

Christopher si sporse istintivamente in difesa, ma lo sguardo e le mani protese verso di me, smentivano un suo attacco.

“ Non fare così, Jenna…ti prego, io…non volevo, scusami.”

“ Ma l’hai fatto.”

Gli dissi, ancora rigida e tesa come la corda di un arco.

“ E’ vero. E’ stata una reazione involontaria.”

Prese un lungo respiro, come per calmarsi.

“ Ma lo rifarei.”

Disse, sbalordendomi.

“ Mille volte.”

Aggiunse, imperterrito.

Approfittando del mio smarrimento, si avvicinò velocemente e delicatamente mi abbracciò.

Dopo un attimo di sorpresa, cercai di svincolarmi dal circolo delle sue braccia, sibilando irritata, ma lui non me lo permise, schiacciandomi con energia il viso sul suo petto, le mani affondate nei miei capelli, il viso nascosto nell’incavo del mio collo.

“ Avrei voluto che fosse tutto diverso. Avrei voluto che avvenisse tutto per gradi. Ma è stato impossibile.”

Iniziò, rafforzando ad ogni mio movimento la sua stretta.

“ Ogni cosa sembra essere andata storta, con te. Ogni mio gesto, ogni mia parola sembra essere sempre quella sbagliata.”

Ricominciò incurante delle mie protese.

“ Io, non so più cosa fare per ottenere la tua fiducia. Ho cercato di essere diverso, di lasciarti i tuoi spazi, di lasciare che mi accettassi da sola, sperando che piano piano ti fossi abituata alla mia presenza. Ma i giorni sono trascorsi e nulla è cambiato. Ti sei chiusa ancora di più in te stessa e non hai lasciato neppure che la tua famiglia o i tuoi amici ti stessero vicino. Per colpa mia, ti stavi chiudendo tutte le porte in faccia. La soluzione migliore sarebbe stata andarmene, abbandonare la tua famiglia. Ma io devo molto a Jack, mi sono affezionato ad Heather, piaccio perfino a Kayle e mi affascina il vincolo che unisce gli Stuart ai Cullen, come se foste parenti lontani ma che insieme, non sono mai stati così uniti. E voglio farne parte.”

Allentò di poco la sua stretta, quando sentì i miei cedimenti. Mio malgrado, ero incantata dalla sua voce, dalle sue parole, ma, contemporaneamente, ero terrorizzata dalla fine del suo discorso.

“ Finché ho deciso di smetterla con le finzioni, di affrontarti apertamente, come ho sempre fatto.”

Sciolse finalmente il suo abraccio e, con un leggero affanno, mi guardò negli occhi e mi sentii sciogliere di fronte a quegli occhi cangianti, illuminati da una luce determinata, che non avevo mai visto prima e che lo rendeva davvero irresistibile.

Posò le mani sulle mie spalle, stringendole dolcemente, per poi dirmi, quasi un sussurro trasportate dalla risacca del mare.

“ Jenna…io sento qualcosa per te, qualcosa che neppure io riesco a capire. Ma so che c’è…”

Disse, portando con timore il palmo della mano destra a sfiorarmi la guancia. Ormai, ero senza respiro e del tutto inerme. Mi sembrava un sogno o un incubo, indistintamente, e ancora non capivo cosa volesse dirmi.

“ …che esiste. Ed è qui.”

Disse, portando la mia mano destra sul suo stomaco, dove di solito sentivo qualcosa mordere le mie viscere, ogni qualvolta mi sorrideva o pronunciava il mio nome.

“ Che si dibatte, che preme, si contorse, che brucia perfino, quando mi guardi senza disprezzo né odio. Ed io mi sento morire una seconda volta, sotto quei tuoi sguardi smarriti e quasi spaventati. E non so perché.”

Mi guardò ancora, ma questa volta si soffermò sulle labbra, mentre mi accarezzava ancora il viso, con entrambe le mani.

“ E’ come un vincolo. Un legame invisibile che mi spinge a starti vicino.”

Portò la sua fronte sulla mia, chiudendo gli occhi, quasi in preghiera. Non potevo smettere di guardarlo. Era bellissimo, con quella smorfia tormentata a renderlo ancora più affascinante.

“ Lascia che ci avvolga, Jenna. Permettimi di starti vicino. Non mi importa in quale veste, amico, nemico…voglio soltanto starti accanto. Permettimelo, ti prego.”

Mi pregò, pressando le sue labbra sulla mia pelle. Mi sentii attraversare da ondate di fuoco e di gelo, che mi ricoprirono di brividi, al loro passaggio.

“ Ti prego…Jenna, ti prego…”

Continuava a mormorare, finché non mi decisi a rispondergli, dicendogli, con voce stranamente roca:
“ Vorrei farti un ritratto.”

Lui si scostò, osserva domi stranito fra le ciglia socchiuse:

“ Come?”

Mormorò, al vento.

“ Vorrei farti un ritratto.”

Ripetei, schiarendomi la voce.

“ Saresti disposto a posare per me?”

Christopher mi sorrise entusiasta e annuì, velocemente.

“ Si. Si, mi piacerebbe.”

E questa volta, sorrisi anch’io.

 

 

Angolo dell’autrice.

 

Salveeeeeeee!!! Grazie mille per aver letto in tanti il sesto capitolo! Ogni tanto però, se volete, lasciatemi anche un commentino, così, per sapere cosa ne pensate, ok??

Vi piace questo nuovo cap?? Le cose sono sempre più in salita fra questi due nuovi vampiri! Speriamo che si risolva tutto secondo i miei oscuri piani! XD

Con tanto affetto, ci vediamo a….

Prossimamente a…

Sabato prossimo, credo! Se non ce la faccio, per domenica! :D

 

Baci baci, sempre vostra Fuffy91!! :D

 

 

 

 

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8

Jenna.

 

Ancora non riuscivo a crederci. Ero lì, accanto a Christopher. Camminavamo fianco a fianco sul bagnasciuga, mentre le onde ci accarezzavano le caviglie, infrangendovisi come il rumore dell’acqua che colpisce gli scogli.

Avevo tolto anch’io i sandali, imitando Christopher, che teneva le sue scarpe strette nella mano sinistra, mentre con la destra sfiorava di tanto in tanto il dorso della mia. Quel contatto fugace, mi causava una scossa leggera sotto la pelle granitica, ma fingevo di non badarci, ostentando disinvoltura.

Mi ritrovai, senza accorgermene, a conversare con lui, quel ragazzo che, nei miei progetti iniziali, avrei dovuto evitare ad ogni costo. Ma non ero riuscita a mantenere il mio disegno iniziale e ora vivevo quegli strani momenti in sua compagnia.

Parlammo del più e del meno, affrontando argomenti neutri. La famiglia, gli amici, i luoghi che più ci piacevano, la musica, l’arte, lo studio… ma non arrivammo mai a parlare di noi, della nostra vita, dei nostri reali interessi, delle nostre aspirazioni, insomma di tutto ciò che ci riguardasse direttamente.  Forse entrambi sapevamo che era ancora troppo presto e troppo rischioso, scavare nell’intimità dell’altro.

Tuttavia, non ricordai di aver mai parlato così tanto di me. Christopher rimaneva molti minuti in silenzio, ascoltandomi con interesse e senza mai interrompermi, cosa che io, invece, non ero portata a fare. Spesso lo interrompevo nel bel mezzo del discorso, attratta da una sua parola in particolare e riportando l’attenzione sulla mia esperienza simile. In quei momenti, invece d’indispettirsi come avrebbe fatto, per esempio, il mio impaziente fratello Kayle, preferiva ascoltarmi, sorridendo, quasi divertito dal mio improvviso entusiasmo.

Anche a lui, come me, piaceva l’arte contemporanea e quella moderna e aveva fatto una gita a Parigi, visitando il museo del Louvre in tre soli giorni, ammirando le meraviglie artistiche che conteneva.

Adorava gli Impressionisti e quando gli chiesi qual’era il suo pittore preferito, rispose in contemporanea con me, Renoir. Forse fu lì, che gli regalai un sorriso davvero spontaneo e sincero, come non mi capitava da giorni di regalare a qualcuno e fu sempre in quel momento, che lo vidi abbassare lo sguardo, quasi imbarazzato, come fin ad ora non era mai stato.

Non gli chiesi il motivo della sua timidezza, né lui fece l’atto di aggiungere altro, quindi proseguimmo il cammino lungo la spiaggia, mentre il sole, dietro di noi, si immergeva nelle acque grigie e dorate.

Arrivammo a casa che erano appena trascorse le sette, e trovammo il salotto deserto e il resto delle camere quiete e silenziose. Non era rientrato ancora nessuno. Eravamo completamente soli. Anche Edward e Bella erano usciti, forse per una breve passeggiata nei boschi o in città, dato il sole calante.

Improvvisamente, la rete dell’imbarazzo imbrigliò anche me. Mi sentivo nervosa ed inquieta, fra le mura domestiche, cosa che non mi era mai successa prima di allora. Ero fin troppo sveglia per non capire che la causa del mio turbamento, non era dovuto alla casa vuota, ma alla presenza di Christopher, che respirava agitato, accanto a me.

Ci guardammo per un attimo in modo intenso e vidi le sue iridi chiazzate di nero e di topazio, oscurarsi quasi totalmente. Era chiaro che l’emozione era vissuta da entrambi.

Cercai di ritrovare il controllo con lunghi e quieti respiri, allontanandomi dalla sua persona per un po’, prendendo tempo, accendendo le luci, visto che il cielo si stava rabbuiando velocemente.

Christopher si sedette sul divanetto, i muscoli rigidi delle braccia e delle gambe divaricate, i pugni stretti sulle ginocchia, lo sguardo basso su uno di essi. Sembrava trattenersi dal fare chissà che cosa, ostentando un’aria disinvolta, quando invece era chiaro come il sole, che fosse inquieto e turbato.

Provai l’impulso irresistibile di avvicinarmi a lui, ma mi trattenni, fuggendo di sopra, senza nemmeno accorgermene. Christopher, assorto com’era, notò il mio movimento e mi chiese agitato:

“ Dove vai?”

Mi voltai, osservandolo negli occhi ancora scuri.

“ Di sopra. Vado a prendere l’album da disegno. Ti dispiace se comincio subito a farti qualche schizzo?”

Gli chiesi, con tono fin troppo veloce, come se volessi troncare sul nascere quella conversazione.

Lui annuì, ed aggiunse:

“ Certo.”

Usando un tono di voce sommesso, ma quasi calmo.

“ Bene.”

Dissi, non seppi neanche io il perché.

“ Bene.”

Ripeté lui, accennando un sorriso tranquillo, ma ancora nervoso. Cercai di ricambiarlo, ma con scarso successo.

Corsi di sopra, nel mio studio, a prelevare da un cassetto qualsiasi della scrivania, un album ancora nuovo. Sapevo che a breve, lo avrei riempito con le sue immagini.

Ripensai all’espressione scura che Christopher aveva assunto poco prima, e non vedevo l’ora di rivederla per portarla su carta. Nonostante tutto, però, oltre ad esserne affascinata artisticamente, me ne sentii anche…feci un lungo respiro, per sciogliere quella sensazione inaspettata e nuova, ma non ci riuscii. Si, ne ero…attratta.

“ Maledizione!”

Imprecai a mezza voce, per evitare che lui mi sentisse dal piano di sotto.

Senza accorgermene, sbriciolai, con le dita serrate sul legno levigato, un pezzo del bordo della scrivania. Tolsi immediatamente la mano, incredula. Osservai le mie dita flettersi sotto il mio sguardo smarrito. Che cosa mi stava succedendo? Non mi riconoscevo più. Non mi capitava di perdere il controllo, tanto da rompere qualche oggetto, da quanto? Novant’anni? Mio Dio, da quando ero una neonata incontrollabile! Come avevo fatto a rendermi così instabile, in così poco tempo? La risposta era semplice. Da quando avevo conosciuto Christopher, lo stesso ragazzo che mi attendeva in salotto, teso come una corda di violino. Proprio come me.

Mi passai entrambe le mani tra i capelli, nascondendomi il viso fra di esse.

Non potevo andare avanti così. Non potevo lasciare che quelle strane sensazioni mi stravolgessero.

Dovevo riacquistare il controllo di me stessa. Respirai ancora profondamente, la mano sul petto, a seguirne i movimenti ritmici. Quando mi sentii più serena e controllata, aprii gli occhi e, blocco da disegno sotto braccio, scesi di sotto.

Ritrovai Christopher in piedi, accanto al camino spento, come se si fosse fermato dopo un tranquillo su e giù.

Mi sorrise sincero e meno teso e lo ricambiai. Bene. La tensione sembrava essersi allentata.

Scesi a passo lento gli ultimi gradini e mi sedetti sulla poltrona dove, di solito, Jack leggeva complicati tomi di psicologia.

“ Vieni. Siediti. Mettiti comodo. Non devi rimanere alzato per forza.”

Christopher mi osservò confuso.

“ Ah, no? Non devo mettermi in posa?”

Risi di cuore, facendolo sorridere con me.

“ No, certo che no. Puoi fare quello che vuoi. A me, piacciono i soggetti naturali, non quelli studiati.”

Christopher trasse un lungo respiro, rilassandosi completamente.

Si sedette di fronte a me, sorridendomi.

Lo ricambiai. Poi, matita alla mano, iniziai a disegnare, lanciandogli occhiate fugaci, ma non insistenti. Cadde il silenzio fra di noi. Un silenzio quieto e non insistente, calmo e pacifico, forse perché entrambi eravamo impegnati in qualcosa.

Ogni tanto, Christopher mi chiedeva dove immaginassi fossero gli altri, ed io gli confidavo i miei sospetti. Heather aveva sicuramente trascinato tutti in qualche grande magazzino, coinvolgendo Alice e Rosalie nei suoi folli acquisti.

Edward e Bella, forse, li avevano raggiunti o magari erano da qualche parte, nel boschetto di mirti, a scambiarsi tenerezze. Christopher rise delle mie supposizioni, abbassando gli occhi, imbarazzato dalla mia allusione amorosa fra il mio migliore amico e sua moglie.

Improvvisamente, Christopher si fece serio.

“ Tu ed Edward siete molto uniti, vero?”

Lo osservai per un attimo, incontrando la sua espressione enigmatica. Ripresi a disegnare in un angolo del foglio quegli occhi indescrivibili e quella bocca inflessibile, soffermandomi sul contorno del labbro inferiore.

“ Si, siamo molto uniti.”

Christopher aggrottò le sopracciglia, quasi pensoso. Riportai su un foglio pulito anche quell’espressione nuova, trovando quella sottile ruga sulla fonte molto sensuale.

“ Come vi siete conosciuti?”

Mi chiese ancora, con quel tono di voce pacifico, che mi invitava a parlare.

Arrestai per un attimo la matita, immersa nei miei ricordi. Sorrisi. Ricordavo perfettamente il giorno in cui conobbi Edward.

“ Era una serata di fine maggio. Carlisle era venuto a trovare Jack su suo invito. All’epoca, era diverso. Eravamo soltanto io e Jack. La famiglia Cullen era più piccola di adesso. C’erano solo Carlisle, Esme e naturalmente Edward. La prima volta che lo vidi, mi parve di essere indietro nel tempo di alcuni anni. Edward mi ricordava mio fratello, Karl. Era colto, brillante, divertente… mi piaceva molto. Finalmente, avevo trovato qualcuno…diciamo della mia età…con cui parlare liberamente, condividendo esperienze, magari simili.

“Ma poi, dopo due mese, Edward se ne andò. Tornò a Forks insieme ai suoi genitori adottivi, ed io rimasi con Jack. Non fraintendermi. Io adoravo Jack e lo adoro tutt’ora. Amavo la sua compagnia, ma Edward…come posso dire?…mi era entrato nel cuore, ecco.”

Risi debolmente.

“ Metaforicamente, certo. Ma il senso, era quello.”

“ Ne eri innamorata?”

Alzai lo sguardo dal blocco da disegno, osservando i suoi occhi bui. L’espressione del suo viso era strana. Sembrava…no, non poteva essere così. Dovevo essermi sbagliata, sicuramente.

“ Lo ammiravo. Ma no, non ne ero innamorata. Non lo sono mai stata. Siamo simili, per certi aspetti affini. Ma no, non c’è mai stato amore fra noi, che non fosse quello fraterno.”

Il suo volto si rischiarò un po’, dopo la mia risposta. Esitò, prima di chiedermi:

“ E di Jack?”

Tuttavia, mi irritai a quell’affermazione.

“ Certo che no!”

Esclamai, riponendo il quaderno sul tavolino, chiuso, per non lasciargli vedere i miei primi lavori su di lui. A malincuore, ne ero già gelosa.

“ Pensi forse che mi innamori di tutti gli uomini che conosco? Credimi: non sono così volubile.”

Dissi dura, alzandomi dal divano, con l’intenzione di andarmene. Per chi mi aveva presa?

“ No, scusami. Non volevo insinuare nulla.”

Si scusò lui, mordendosi le labbra, nervoso. Mi aveva imitato, alzandosi a sua volta, allungando una mano, per istinto, come per afferrarmi.

“ Davvero? Ne sei sicuro? Solo perché sono l’unica della mia famiglia a non avere ancora un compagno, credi che potrei rovinare la felicità di Suzanne o magari di Heather, o di Bella? Be’, ti informo che io non amo né Jack, né Kayle, né Edward. Almeno, non come uomini. Ma come padre, fratello e amico.”

“ Si, certo. Io…”

Si passò una mano fra i capelli, agitato.

“ Non volevo offenderti, Jenna, davvero. Ti chiedo di nuovo scusa. Non so, cosa mi abbia preso…io…”

“ Non importa. Lasciamo perdere.”

Tagliai corto, prendendo il blocco fra le mani, osservandolo assente.

Forse avevo esagerato. In fondo, non voleva insinuare nulla. La sua, era stata solo una semplice curiosità. Certamente fuori luogo, insensata e stupida, a mio avviso, ma, comunque, sapevo che Christopher non era quei classici ragazzi volgari ed introversi.

“ In realtà…”

Iniziò lui, puntando lo sguardo sul pavimento.

“ Il pensiero di te con un altro, mi manda fuori di testa.”

Alzai lo sguardo di scatto, lasciando cadere il blocco, incurante dei fogli che volarono sul pavimento. Nessuno dei due fece l’atto di raccoglierli. Io stessa mi stupii di averli lasciati scivolare fra le dita. Ma non potevo farci nulla, tanto era stato la shock, la sorpresa di sentirgli pronunciare quella frase.

“ Come?”

Gli chiesi, improvvisamente senza voce.

Christopher mi sorrise, stranamente ansante e quel movimento ritmico del suo petto, mi rendeva nervosa ed irrequieta.

“ Davvero non l’hai capito? Mi sembrava di essere stato così bravo, sulla spiaggia, a mandare ai quattro venti i miei sentimenti.”

Disse, ironico ed imbarazzato. Ma la vergogna di quella confessione, non riusciva a mascherare del tutto la sua agitazione.

Cercai di svincolarmi dal suo sguardo ipnotico, mandando giù, lungo la gola ardente, fiotti di veleno, inconsapevolmente.

“ Sentimenti?”

Ripetei, stupidamente. Cosa stava dicendo? Di cosa stava farneticando? Non poteva essere…no, impossibile! Non lui! Maledizione!

Quando alzai lo sguardo dal tappeto persiano ricoperto dei miei disegni, lo ritrovai più vicino di quanto mi aspettassi. Solo due passi ci separavano. Potevo sentire il suo profumo solleticarmi le narici e i miei occhi si erano posate sulle sue labbra rosse ed umide, pronte ad invitare le mie.

Scossi la testa, passandomi una mano fra i capelli. Mio Dio, stavo impazzendo! Come potevo desiderare di…

Trasalii, quando le sue mani si posarono sulle mie spalle. Sibilai a quel contatto, istintivamente. Christopher mi sfregò le braccia in gentili e rapidi carezze, colmando un altro passo che impediva i nostri corpi dallo sfiorarsi.

“ Non fare così…Non voglio farti del male.”

Lo guardai indecisa e terrorizzata, da quella situazione. Cosa dovevo fare? Respingerlo sarebbe stato facile e sbrigativo. Ma mai gesto, in quel momento, mi era sembrato più difficile da compiere.

Allontanarlo avrebbe significato porre fine a quello scambio di sguardi intensi e pericolosi, ma avrebbe innescato la molla dell’agonia. Perché averlo così vicino era tortura e delizia, allo stesso tempo? Perché le sue carezze lasciavano scie di fuoco sulla mia pelle, incendiandola al di sotto dei vestiti?

Perché lo desideravo in una maniera così indescrivibile? Volevo lasciarmi andare, desideravo perdermi nei meandri della sua bocca, attraverso la mia, ma la mia coscienza, i miei sensi di colpa nei suoi confronti, me lo impedivano, freddando ogni mio gesto, ogni mia iniziativa.

Così, le dita rimasero serrate in due pugni, le braccia rigide lungo i fianchi, le labbra serrate in una linea intransigente. Ma tutto questo, non bastò a Christopher per impedirgli di agire.

Inclinò la testa verso la mia, il suo dolce respiro a solleticarmi la bocca, le sue ciglia ricurve, le pupille ardenti sotto di esse, mentre cercavano di studiare la mia espressione illeggibile.

“ Non avere paura di me.”

“ Io non ho paura.”

Gli risposi, con voce inflessibile.

Christopher non rispose, ma sorrise, con l’aria di non crederci affatto.

“ Jenna…”

Mormorò, avvicinando ancora di più il viso al mio. La punta delle sue dita a sfiorarmi il contorno del volto contratto, per non lasciar trapelare le mie vere emozioni.

“ Cosa c’è?”

Gli chiesi, per distoglierlo dal suo intento. Tuttavia, Christopher non sembrava in vena di conversazione.

Riuscì a sfiorare il mio labbro inferiore con il suo superiore. A quel tocco elettrizzante, mi distaccai bruscamente. Christopher mi impedì di allontanarmi, serrandomi le braccia con le sue mani.

“ No, non farlo. Non allontanarti. Non adesso.”

“ Perché? Cosa vuoi farmi?”

Vidi un barlume d’incertezza attraversare il viso di Christopher, provocato dalla mia domanda.

“ Farti? Non voglio fare nulla di male, Jenna.”

Lo guardai scettica, mentre lui mi osservò stupito.

“ Jenna, dimmi la verità. Ti hanno fatto del male, in passato?”

Mi chiese, leggermente imbarazzato.

Sorrisi della sua premura. Divertente. Era lui a preoccuparsi per me. Riflettei per un attimo al suo quesito e mi rabbuiai solo per un secondo. Troppo breve perché lui potesse accorgersene.

“ Non dovresti preoccuparti per me, Christopher.”

Lui si accigliò, a quella mia affermazione. La sua stretta, di riflesso, si fece più salda e il mio petto sfiorò di due dita il suo.

“ Certo che mi preoccupo per te. Tengo molto a te.”

Disse con fervore, raddolcendo il tono di voce e sorridendomi tenero.

“ Sei speciale, per me.”

Mi rivelò, abbassando per un attimo lo sguardo.

Trasalii a quella sua ennesima dichiarazione, guardandolo crucciata. Dannazione! Perché mi diceva quelle cose? Non si rendeva conto dell’effetto che mi provocavano le sue parole? Forse ne era fin troppo cosciente.

Mi svincolai dalla sua presa, arretrando di molti passi, quasi fino a toccare la parete dietro di me.

“ Non dire assurdità, ti prego.”

“ Non sono assurdità. E’ ciò che penso. Ciò che sento…”

Scossi la testa, cercando di lasciarmi scivolare addosso quelle nuove stilettate al cuore, ignorando l’emozione che lo faceva ribattere.

“ Basta, smettila! Non sai quel che dici.”

“ So esattamente quel che dico. Non sono stupido.”

Disse, intestardito. Ma almeno rimaneva lì, dove l’avevo lasciato, e non faceva più alcun tentativo di avvicinarsi a me.

“ Lo so…lo so che non lo sei. E’ solo…”

Mi interruppi, incapace di continuare. Per dire cosa, poi? Non mi avrebbe mai creduto.

“ Solo, cosa?”

Mi incitò Christopher, azzardando un passo verso di me. Troppo lento. Mi ritrassi ancora di qualche centimetro. Lui si fermò, ma non mollò il mio sguardo.

“ Tu, non sai che cosa ho fatto. Sono una persona orribile. Non sono quello che tu credi. Non sono migliori di altri che hai conosciuto.”

Non replicò, intuendo, forse, che non avevo ancora finito.

“ Non dovresti, affezionarti a me. Non merito il tuo rispetto, né la tua fiducia. E’ per questo…è solo per questo, che non volevo esserti amica. Lo capisci, ora?”

Gli chiesi, amareggiata da me stessa.

Christopher mi osservò, per un attimo, impassibile, per poi rispondermi, con occhi dolci e comprensivi:

“ Io non voglio che tu sia perfetta, Jenna. Anch’io non sono perfetto. Nessuno di noi lo è. Cosa credi? Anch’io ho commesso molti sbagli…”

“ Non come i miei. Non riusciresti a perdonarmi.”

Gli dissi con ardore, urlando quasi, scuotendo la testa energicamente, come per cancellare quelle parole così inconcepibili.

“ Non devi chiedermi perdono. Tu non mi hai fatto nulla.”

Abbassai lo sguardo, abbattuta, lasciandomi scivolare lungo la parete, gli occhi serrati dietro le palpebre.

“ Non è vero. Non è così.”

Sussurrai, sofferente.

Christopher mi fu vicino in un battito di ciglia, inginocchiandosi di fronte a me, prendendomi il viso fra le mani a coppa.

“ Apri gli occhi, Jenna.”

No, non volevo. Sapevo cosa avrei letto, e non volevo altra fiducia immeritata da parte sua.

“ Guardami.”

Mi pregò, le labbra a pochi centimetri dal mio orecchio. Si ritirò, proprio nel momento in cui sollevai le palpebre. I suoi occhi bui mi inondarono con la loro dolcezza e il suo sorriso fece fremere la mia anima annichilita.

“ Non c’è nessuno, a questo mondo, che io sento di amare più di te.”

Mi disse, serio e compito, con quel tono di voce che avrebbe incantato anche le Sirene di Ulisse, tanto era amorevole.

Risi tremula, quasi imbarazzata quanto lui.

“ E’ assurdo. Non mi conosci nemmeno.”

“ Invece si…” mi disse lui, sfiorandomi la fronte con un bacio lieve, accarezzandomi la pelle del viso, con movimenti circolari delle dita: “ Io ti conosco. Sento di conoscerti da sempre. E anche tu, non è vero?”

Non mi lasciò il tempo di rispondere. Mi guardò intensamente, più di quanto avesse fatto al centro della stanza, mentre mi serrava a sé. Era così alto, così forte…così bello. Si, bello. Non esisteva aggettivo più adatto per descriverlo.

“ Più di quanto immagini.”

Mi trovai a bisbigliare, con tono affranto. Christopher se ne stupì, alzandomi il mento, catturando il mio sguardo con il suo, accigliato, ma ancora magnetico. Non aveva perso nulla del suo ardore.

“ Perché sei così triste?

Ancora quella domanda. Anche Bella me l’aveva posta, nella foresta. Tanta insistenza, mi faceva credere di essere davvero triste. Ma, in realtà, sapevo di non poter tollerare semplicemente me stessa.

“ Non sono triste.”

Dissi in un sospiro.

Christopher sorrise.

“ Sei così orgogliosa.”

Feci spallucce, incapace di replicare, come se fosse un dato di fatto.

Christopher si fece nuovamente serio e la tensione tornò a mordermi la bocca dello stomaco.

“ Jenna.”

Mi chiamò di nuovo, questa volta senza alcuna incertezza. Aveva già deciso. Deglutii, incapace di muovermi. Sapevo che non era giusto, che era sbagliato lasciare che si avvicinasse di più al mio viso, che le sue labbra dischiuse si tendessero tremule verso le mie, che il suo volto si trasfigurasse in preda all’emozione. Eppure…eppure…lo volevo anch’io…tanto.

Non mi scostai una terza volta, e mi abbandonai al suo tocco gentile, lasciandomi cullare dalle sensazioni che scatenava in me.

Le sue labbra toccarono leggere le mie. Lo sentii gemere piano ed io trattenni il respiro, preparandomi ad emozioni ancora più devastanti.

“ Jenna.”

Mi chiamò ancora, supplicandomi.

Lo accontentai, senza pensare, perché lo desideravo anch’io. Tutto era giusto in quel momento, i miei sensi di colpa tacevano.

Dischiusi le labbra. In un gesto esultante e desideroso, Christopher avvicinò ancora di più il mio volto al suo, gustando lentamente la mia bocca. La punta della sua lingua contornò il mio interno labbra, in una carezza esaltante ed umida. Boccheggiai, sentendomi avvampare, piena di calore e non più insensibile, come non mi ero mai sentita prima di allora.

“ Christopher…”

Cercai di articolare, un barlume di ragione ad incorarmi di fermarmi.

“ Ssssh…va tutto bene. E’ tutto ok. Sono io. Sono solo io…”

Appunto perché era lui, avrei dovuto ignorare la carezza del suo mormorio. Ma non lo feci. Per la prima volta, mi riscoprii debole ed inerme. Dentro di me, cantilenavo: “ Solo una volta, solo un’altra volta…una volta sola, poi mi fermo. Lo giuro.

Nonostante tutto, non credevo neppure io alla verità di quel giuramento, fatto soltanto per far tacere la mia coscienza.

Christopher mi baciò la guancia destra e l’angolo della bocca, sussurrandomi:

“ Come sei bella…Jenna…Bellissima, sei bellissima.”

Ripeté, quasi con meraviglia, mentre mi pressava la bocca con la sua, in un bacio più intenso. La sua lingua toccò gentile la mia, ma prima che potessero intrecciarsi, la porta si spalancò.

“ Siamo tornati!”

Esclamò Heather, entusiasta.

 Sentii distintamente Alice, dietro di lei, bloccarle il polso, intimandole:

“ No, Heather…”

Ma ormai, era troppo tardi. Christopher ed io, ancora sconvolti ed affannati, ci eravamo già separati.

Dietro Heather ed Alice, vidi tutta la mia famiglia e quella dei Cullen, perfino Edward e Bella, che gli chiese a bassa voce:

“ Cosa succede?”

Ignorai la risatina di Emmett e il ghigno malizioso di Kayle, mano nella mano con Heather. Fu quest’ultima, a chiedere confusa a Christopher, mentre io scappavo di sopra, in camera mia:

“ Oh! Stavate litigando, di nuovo?”

Ignorai ancora Christopher richiamarmi, mortificato.

Chiusi perfino la porta a chiave, gesto inutile, lo sapevo, ma marcava il fatto che non volevo essere disturbata.

Dopodiché, esausta, mi gettai sul letto. In bocca, ancora il sapore di Christopher.

 

 

Angolo dell’autrice.

 

Scusate il ritardo! :P Università maledetta! J Comunque…ALLORA??? Vi è piaciuto il capitolo?? Eeeeh, lo so, forse ho corso troppo! Ma, andiamo! Stiamo parlando di vampiri! Con loro, tutto è più veloce ed immediato! E Christopher, be’…impossibile, per lui, non trattenersi dal dichiararsi, no??

Ok, ricapitolando: Christopher si è dichiarato, nell’ultima parte del capitolo, in modo definitivo. Ma la nostra Jenna?? E’ ancora turbata e combattuta. Riuscirà a combattere i fantasmi del suo passato e a lasciarsi cullare dalle sensazioni che il nostro Chris scatena in lei??

Staremo a vedere! Io, non mi sbottono più! Vi ho detto già troppo! :P

Ed ora, passiamo ai…

 

Ringraziamenti a…

 

Edward96: Ciao! XD Grazie del tuo commento! Mi ha fatto piacere ricevere la tua recensione, al capitolo settimo! Come avevi previsto anche tu, i miei “oscuri piani” sono appena all’inizio! J I bacetti ci sono stati, ma da parte di altri due vampiri, che io adoro quanto Edward e Bella! J Ma tranquilla, il prossimo pov sarà di Bella e…non mancherà qualche tenerezza fra lei ed Edward, tranquilla! E’ quasi inevitabile, fra loro, non credi! Che coppia dolce ed esplosiva, ragazzi! Wow!! J

Spero che commenterai anche questo nuovo capitolo! Fammi sapere cosa ti ha colpito e cosa ti è piaciuto di più, SE ti è piaciuto, ovviamente! J Solo se puoi e VUOI, si capisce! :P Baci baci, Fuffy91!! ^__^*

 

Ringrazio anche tutti quelli che leggono silenziosamente, che hanno messo fra i preferiti, le storie seguite e quelle da ricordare la mia storia! Vi adoroooo!! J

 

Baci baci, Fuffy91!! ^__^*

 

Prossimamente a…

 

La prossima settimana, come sempre, sabato o domenica! Baciiii! J

 

^_________________^***

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9

Bella.

 

“Dovremmo tornare.”

Mi sussurrò Edward, accarezzandomi i capelli con lente carezze delle sue dita.

“ Mmm…”

Mugugnai illanguidita, strofinando la guancia sul suo petto, coperto dal leggero tessuto della camicia azzurra.

“ Ancora dieci minuti. Ti prego.”

Lo pregai, violentando gli occhi ad aprirsi, solo per godermi della vista del suo viso illuminato dal suo splendido sorriso, mentre rideva divertito.

“ D’accordo.”

Mi accontentò, con un sospiro falsamente stanco.

Lo strinsi ancora di più fra le mie braccia, la gamba destra ad avvolgergli la vita, il tacco dello stivale a sfiorargli la coscia.

“ E’ bellissimo, qui. C’è così tanta pace, silenzio…”

“ Non c’è Alice a coinvolgerci in sfrenati preparativi per qualche evento, inventato solo per passare il tempo…”

Questa volta, fu il mio turno di ridere spontanea. Edward mi baciò la fronte e il contatto delle sue labbra sulla mia pelle, rievocò immagini recenti di noi due, avvinghiati in un abbraccio che di casto non aveva quasi nulla. Un vampata di desiderio mi accese le viscere, spingendomi a sollevarmi, soltanto per catturargli le labbra in un bacio infuocato.

Edward ricambiò immediatamente, pressandomi su di sé. Rotolò su un fianco aggraziato, lasciando che l’erba fresca mi pungesse la schiena. Risi ancora, beandomi, intanto, del suo sorriso sghembo, il mio preferito.

Gli contornai con un dito il profilo del mento e del naso, soffermandomi sulle linee morbide della bocca dischiusa. Sentii il suo respiro tiepido e delizioso sul polpastrello e, in un movimento invisibile, senza staccare gli occhi dai miei, scuri quanto i suoi, catturò fra i denti l’indice, accarezzandolo con la lingua e baciandolo con le labbra schiuse.

Gemetti insieme a lui, chiamando il suo nome in un sussurro.

Edward capì, abbassandosi solo per venire incontro alle mie labbra, rispondendo ad un bisogno che era anche il suo, costante e dirompente, come un fuoco eterno.

Affondai le mani fra i suoi capelli scarmigliati, accarezzando con i pollici la nuca, disegnando cerchi immaginari sulla sua pelle vellutata.

Lo sentii mugugnare deliziato sulle mie labbra, quasi come se fossero deboli fusa. Sorrisi di quel paragone, cingendo i suoi fianchi con le mie gambe, fasciate dai jeans stretti.

Edward si distaccò, trattenendo il fiato ed osservando ogni variazione del mio viso, con quei suoi incredibile occhi d’onice.

“ Torniamo, Bella.”

Mi disse, anche se le sue mani stavano già sollevando l’orlo della mia t-shirt, le dita che solleticavano la pelle del ventre in tocchi delicati.

“ No, ancora un po’…”

Edward sorrise ancora, cercando di stemperare la tensione. Chinò il viso di lato, baciandomi il collo e mordendone delicato la pelle tenera vicino alla gola. Se voleva farmi impazzire, ci stava riuscendo molto bene.

Ricambiai le sue attenzioni, allentando la presa delle mie mani dai suoi capelli, lasciando che scivolassero lungo il suo collo, fino al suo petto scolpito, accarezzandolo in carezze distratte, ma languide, a cui lui reagì con brividi sotto la pelle e un respiro affannoso, intensificando i baci sul mio collo e i morsi leggeri sulla mia guancia destra.

Soddisfatta, scesi lungo il ventre piatto, fino sopra la cintura. Arrivata lì, Edward mi bloccò la mano, intrecciandone le dita con le sue, pilotandola in alto, schiacciando entrambe sul pavimento verde del suolo, accanto alla mia testa.

“ Perché?”

Chiesi, confusa.

“ Bella, ti prego, non tentarmi.”

Lo sentii sorridere nervoso nell’incavo destro del collo. Quando mi baciò le labbra, era tenero e sereno. Dell’urgenza di prima, era rimasto ben poco.

“ Non capisco perché non vuoi…”

“Ti prego, Bella…” mi bloccò, pressandomi veloce le labbra sulle mie, imbronciate.

“ Io voglio. Non lo senti?”

Mi chiese dolce, pressandomi ancora di più sul suo corpo. Oh, certamente, sentivo la forza del suo desiderio per me. Potevano testimoniarlo benissimo già i suoi baci carichi di passione.

Eppure, non capivo perché non volesse continuare. Eravamo soli, nessuno poteva sentirci, né disturbarci. Era un luogo perfetto. Gli alberi alti e snelli, carichi di foglie di smeraldo, ci circondavano, il ruscelletto crepitava sulle rocce e scorreva a pochi metri da noi, cespugli di more esalavano, con i loro frutti, un profumo dolce e affatto nauseante. Il sole stava calando dietro le montagne, bagnando i nostri corpi con i suoi raggi dorati. Uno scenario perfetto, per amarsi.

Eppure, Edward non era del mio stesso avviso.

“ Proprio per questo, non capisco.”

Edward sospirò dolcemente, issandosi a sedere. Lo imitai, senza staccare la presa dalla sua mano, ancora intrecciata alla mia.

“ Bella, sto soltanto cercando di regolare i nostri ritmi. Per quanto sia piacevole e meraviglioso ed eccitante fare l’amore con te…”

Ad ogni parola, un sorriso dannatamente adulante e un mormorio roco, seppur tenero. Sorrisi con lui, allungandomi solo per un bacio casto sulla sua guancia, che Edward ricambiò con uno più lento ed amorevole sulle labbra.

“ Credo che dovremmo rivedere le nostre priorità.”

Continuò il suo discorso, soffiando questa sentenza a pochi centimetri dalle sue labbra.

Osservai le nostre dita intrecciate, accarezzando il dorso della sua con l’indice della sinistra, libera.

“ Sei arrabbiata?”

Sospirai, a quella domanda. Evitando il suo sguardo, scossi il capo.

“ No. Sono solo imbarazzata.”

Edward m’invitò, con una carezza sulla guancia, ad incrociare i suoi occhi dorati, preoccupati.

“ Imbarazzata? Non ne comprendo la ragione.”

Sorrisi, in modo tremulo, portandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio, in un gesto molto umano.

“ Be’, temo di essermi comportata egoisticamente con te, Edward. In realtà, anch’io stavo pensando di rivedere…le nostre priorità.”

Dissi, ripetendo le sue parole, facendolo sorridere.

“ E?”

Mi incitò a continuare, conoscendomi troppo bene per credere che fosse già finito, il mio discorso.

“ E, mi riesce difficile. Quando…quando mi sei così vicino, non riesco a ragionare razionalmente. Perdo facilmente il controllo, non riesco a contenere il desiderio, la passione che provo per te.”

Edward mi sorrise, dolcemente, accarezzandomi il viso.

“ Amore, non c’è nulla di male, in ciò che provi. Se, a volte, senti di voler soddisfare i tuoi desideri al di sopra di tutto, è un’esigenza normale, per noi. L’urgenza ti porta ad accantonare i bisogni altrui, ma con me non devi preoccuparti di questo. Perché, i miei desideri, i miei bisogni, il più delle volte, corrispondono perfettamente ai tuoi.”

Mi sorrise comprensivo, baciandomi subito dopo la fronte e la punta del naso. Ricambiai il suo sorriso.

“ Eppure, prima…”

Iniziai, l’eco dell’antica insicurezza a sommergermi in ondate profonde.

“ Bella, ho voluto fermarmi, perché voglio anch’io riuscire a riacquistare un minimo di controllo. Però, se vuoi continuare…il mio unico pensiero, è la tua felicità, lo sai.”

Mi disse, stringendomi a sé, in un abbraccio delicato, ma intenso. La sua voce ruvida come il velluto, mi perforava ancora la mente, sottintendendo promesse proibite e mai così desiderate.

Ma mi imposi calma e controllo. Non potevamo continuare così, con quella passione sempre urgente a spingerci l’uno verso l’altro, anche in luoghi e in circostanze meno opportune. Era tutta questione di esercizio, di priorità da rispettare. E poi,  le notti sono sempre così lunghe...abbastanza per placare l’urgenza e soddisfare, al mattino, altri, indispensabili o anche futili bisogni.

Sorridendo della mia conclusione, venni ricambiata da Edward, che mi baciò ancora, lentamente ed amabilmente, come se volesse scoprire cosa due bocche potessero dirsi attraverso un unico bacio.

Ricambiai, più certa sulle mie necessità e, questa volta, fui io a dirgli, in un mormorio:

“ Andiamo.”

Ci alzammo insieme e percorremmo il sentiero inverso, che ci avrebbe condotto a Casa Stuart, come sempre, mano nella mano.

 

***

 

Quando sbucammo dal bosco di faggi, scorgemmo le auto di Carlisle, di Kayle e la Porche di Alice parcheggiate sulla ghiaia del vialetto accanto alla casa, tutte allineate, come in una foto in cartolina.

Ormai il sole era completamente tramontato, lasciando dietro di sé, un velo blu notte, carico di dense nuvole di pioggia.

“ Sono tornati.”

Dissi, indicando con il capo Alice ed Heather che caricavano rispettivamente Jasper e Kayle di enormi pacchi, procedendo, poi, a braccetto, fino in casa.

“ Si. Hanno fatto presto, considerato il record di Alice.”

Disse Edward, ironico.

Risi, stringendomi al suo braccio.

Procedemmo verso di loro. Suzanne ci salutò calorosamente. Jack era più disteso, mentre chiacchierava con Carlisle. Rosalie chiuse l’auto con il comando automatico della chiave e raggiunse Emmett, intrecciando le dita della sua mano con le sue. Notai che aveva un nuovo vestito indosso.

Sembrava tutto tranquillo, finché non accadde qualcosa di strano.

Alice si sporse verso Heather, prima che lei potesse aprire la porta. Ma Heather fu più veloce, e l’aprì di scatto, mentre le diceva:

“ Sono sicura, che a Jenna piacerà sicuramente questo pullover che le ho comprato.”

Poi, con vigore, esclamò:

“ Siamo tornati!”

Alice le afferrò il polso, sussurrando, quasi mortificata:

“ No, Heather…”

Vidi entrambe ferme sulla porta. Emmett si sporse per sbirciare dentro e, qualsiasi cosa vide, lo fece sorridere divertito. Rosalie assunse un’espressione incredula, Jasper sembrava concentrato a sondare le emozioni che gli aleggiavano intorno. Kayle ghignò malizioso, mentre stringeva la mano di Heather, spingendo con l’altra, gli innumerevoli pacchi dietro la spalla.

Non riuscivo a capire lo sbigottimento di tutti. Persino Edward sembrava sulle spine.

“ Cosa succede?”

Gli mormorai, tesa per la tensione generale ed improvvisa.

Sentii dei passi affrettati su per le scale e la voce di Chris che urlava, strozzata:

“ Jenna, aspetta!”

I passi si rincorsero più in fretta, finché non si arrestarono dietro il tonfo sonoro di una porta sbattuta e chiusa a chiave.

“ Oh! Stavate litigando, di nuovo?”

Disse Heather, quasi avvilita da quella prospettiva.

Ma, l’espressione delusa e stravolta di Chris, non mi sembrò dettata da una sfuriata di Jenna. Mi parve quasi sconvolto, come se avesse provato emozioni troppo forti, per poterle descrivere.

“ Tutto bene, Christopher?”

Gli chiese Suzanne, facendosi avanti cauta. Quando non lo vide rispondergli, sembrò preoccuparsi ancora di più. Gli si avvicinò repentina, accarezzandogli il volto, apprensiva.

“ Cosa c’è, caro? Sembri strano. Cosa è successo?”

Chris sembrò tornare alla realtà. Ci guardò tutti con sguardo di nuovo presente, poi guardò Suzanne, e cercò di sorridergli, svincolandosi delicatamente dalle sue mani.

“ Tutto bene. Jenna ed io stavamo…stavamo…”

Disse, guardando il pavimento disseminato di alcuni fogli scarabocchiati. Come colto da un lampo improvviso, Chris si chinò con grazia, per raccoglierli fra le sue mani. Ne mostrò alcuni a Suzanne, non ancora convinta del tutto.

“ Jenna mi stava facendo dei ritratti. Cioè, a dire il vero, sono ancora degli schizzi, ma…” “Davvero?”

Disse Jenna, sfogliando i vari cartoncini. Più esaminava quei fogli bianchi, più un sorriso dolce e repentino solcava il suo volto, rendendolo ancora più bello.

“ Sono…sono meravigliosi.”

Disse Suzanne, abbracciando Chris, sorpreso dal suo gesto.

“ Grazie, grazie.”

Lo ringraziò, mentre lui ricambiava impacciato e confuso la sua stretta.

“ Non ho fatto nulla.”

Si svincolò dalle sue braccia e con un nuovo, strano sorriso, si congedò impacciato, uscendo fuori casa.

“ Perché ho l’impressione di essermi perso qualcosa di veramente interessante?”

Ruppe il silenzio Kayle, con il suo solito tono roco ed ironico.

Heather rise, ancorandosi al suo braccio.

“ Cosa dici, Kayle? Credi forse che…”

S’interruppe, guardandolo stupita e speranzosa insieme.

“ Be’…perché no?”

“ Di cosa parlate?”

Chiesi, senza capire. Mi guardarono, l’uno sornione e l’altra felice.

“ Di Jenna e Chris, naturalmente. Credete che diventeranno una coppia? Oh, sarebbe splendido, se capitasse davvero! Non credi?”

Chiese Heather, rivolta a Kayle. Lui fece spallucce, accarezzandole i capelli.

“ Si, forse...”

Heather si rabbuiò a quella risposta vaga.

“ Credevo ti piacesse Chris.”

Disse, con tono deluso.

Kayle sorrise, cingendole la vita. Sembrava incapace di staccarsi da lei.

“ A me, piaci solo tu, lo sai.”

La baciò, soffocando ogni sua protesta, incurante di noi altri, spettatori inconsapevoli.

“ Degli altri, non mi interessa nulla. Possono fare quello che vogliono.”

Continuò, baciandola ancora. Heather si staccò, quasi riluttante, accarezzandogli il volto, sorridente.

“ Lo so. Però, Jenna è nostra sorella e ci tengo a lei.”

Kayle sorrise.

“ Anch’io ci tengo. E’ divertente, prenderla in giro. Mi dispiace solo essermi perso lo spettacolo.”

Heather rise, abbracciandolo contenta. A modo suo, voleva bene a Jenna.

“ Sarei davvero felice, se Jenna ritrovasse un minimo di serenità.”

Disse Jack, sprofondando sul divano, quasi stanco. Suzanne lo raggiunse, sedendosi accanto a lui e stringendogli la mano con la sua, in un gesto di conforto.

“ Sono convinta che, d’ora in poi, le cose cambieranno. Abbiamo fatto bene, a lasciarli soli per un po’. Sembra che stiano imparando a conoscersi. Guarda! Guarda questi disegni…”

Gli mostrò i fogli ricoperti dalle mille espressioni di Chris, così perfette e somiglianti da apparire reali.

Jack li esaminò, sorridendo subito dopo, come aveva fatto prima sua moglie.

“ Sono straordinari.”

“ Esatto!”

Esclamò entusiasta Suzanne.

“ Jenna non ha mai disegnato così bene, da quando la conosciamo. E’ evidente che Chris la ispira molto.”

Jack annuì, sfogliando i fogli con vivo interesse, ma anche pensoso.

“ E’ vero. C’è molta passione in questi ritratti abbozzati. Guarda questo…Lo disegna sorridente, è un sorriso che lo rischiara interamente. Lo rende quasi umano.”

Pensò a ciò che aveva detto, sospirando.

“ Cosa c’è?”

Gli chiese Suzanne in un sussurro, accarezzandogli il braccio teso.

“ Non ha dimenticato. Non dimenticherà mai. Le sto facendo soltanto del male.”

Disse Jack, parlando quasi fra sé e sé, portandosi una mano sulla fronte aggrottata.

“ Non capisco…”

Disse Suzanne, cercando di confortarlo. Jack la guardò dritta negli occhi, sconfortato.

“ Jenna ritrae Chris non come è oggi, ma come lo ricorda lei. Lo disegna come se fosse ancora umano. Lo vede così. E’ ancorata al passato. Non riesce a dimenticare quello che ha fatto. Quello che ha tolto a quel ragazzo. Si sente ancora profondamente responsabile di averlo trasformato.”

Spiegò, come un fiume in piena. Tutti noi, pendevamo dalle sue labbra. Edward, accanto a me, sembrava contrito. Era come se quello che stesse dicendo Jack, fosse l’esatto corso dei pensieri di Jenna che, sapevo, in quel momento, lo stavano assillando.

Gli strinsi la mano, cercando di confortarlo. Lui ricambiò la mia stretta, lo sguardo ancora puntato sulla coppia di vampiri sul divano.

“ E’ per questo che è così triste e amareggiata, ultimamente. Non mi parla nemmeno più.”

Continuò Jack, con voce mortuaria. Provai molto dispiacere per lui. Era evidente che il silenzio di Jenna, lo feriva profondamente, più di qualsiasi altra cosa.

Jack si rivolse a Carlisle, una smorfia di dolore e d’impotenza sul viso bellissimo.

“ La sto perdendo, Carlisle. Sto perdendo la sua fiducia, il suo affetto…tutto!”

Disse, sofferente. Suzanne lo abbracciò.

“ Non è così. Tesoro…non…non è così. Guardami! Jack, non la stai perdendo.”

Gli disse con calore, imprigionandogli il viso fra le mani, costringendolo a guardarla, per non lasciare che si chiudesse nel suo dolore.

“ Jack devi parlarci. Solo così, risolverai tutto con lei.”

Gli consigliò Carlisle, con voce ferma e pacata.

“ Solo attraverso il chiarimento, riuscirai a comprendere cosa l’affligge e troverai una soluzione ai suoi problemi. Il silenzio è solo un ostacolo inutile, te l’ho già spiegato. Così non farai altro che allontanarla sempre di più.”

“ Ma cosa posso fare? Non vuole ascoltarmi! Sono giorni che mi evita. Credi che questo mi faccia sentire meglio? Credi che mi piaccia vederla trascinarsi giorno dopo giorno? Credi che mi faccia piacere vederla allontanarsi sempre di più da me? Ormai sono un suo nemico, l’ho capito perfettamente. Mi detesta, da quando ho riconosciuto Chris come un altro componente della nostra famiglia.”

“ E credi forse che rinunciando a lui, potrai riavere Jenna? Sarebbe un altro, disastroso errore, credimi, amico mio.”

Gli disse Carlisle, con dolcezza, in risposta al suo fervore accorato.

Jack si arrese di fronte alla sua logica, ritornando a sedersi accanto a Suzanne, che gli strinse nuovamente la mano.

“ Amore…Non devi abbatterti così. Non devi pensare che Jenna non ti voglia bene. Lei non smetterà mai d’amarti. Sei suo padre.”

Gli disse, incatenando lo sguardo col suo, accarezzandogli la guancia destra e le labbra contratte con il pollice.

Jack annuì, poco convinto, baciandole il palmo della mano.

“ Suzanne ha ragione, Jack.”

Gli disse Haether, con la sua voce deliziosa.

Gli si avvicinò, sedendosi accanto a lui, baciandogli una guancia, affettuosa.

“ Andrà tutto bene. Sei un bravo papà e questo Jenna lo sa bene. Ti vuole bene davvero tanto. Non rischierà di perdere il tuo affetto, per qualche incomprensione.”

Gli disse dolce, abbracciandolo. Jack ricambiò la stretta, sorridendo e ringraziandola in un mormorio.

“ Secondo me, ve la state prendendo troppo.”

Disse Kayle, con la sua solita spavalderia ironica, accendendosi una sigaretta.

“ Kayle! Non fumare!”

Lo rimproverò Heather.

“ Scusa, amore. Solo questa, lo giuro.”

Le disse, baciandola amabile.

“ Promesse da marinaio…”

Borbottò lei, fra un bacio e l’altro.

Kayle tirò una boccata di fumo grigiastro, rilasciandolo lentamente, proseguendo il discorso iniziato prima.

“ Per me, quei due finiranno a letto fra meno di due giorni, se non pure uno.”

Emmett rise di gusto, mentre anche Edward si lasciava sfuggire un sorriso.

“ Kayle! Smettila, non scherzare!”

Lo rimproverò Suzanne.

“ Non sto affatto scherzando, Suzanne. Andiamo, siamo seri. Non avete visto la faccia di Chris, quando siamo entrati in casa? E’ evidente che abbiamo interrotto qualcosa. Magari, si stavano baciando appassionatamente, proprio lì, in quell’angolo.”

Disse, indicando con la mano con cui reggeva la sigaretta, il punto in cui Jenna era fuggita e dove avevamo trovato Chris.

“ Kayle…”

Iniziò Jack, abbattuto e rassegnato.

Kayle fece spallucce, schiacciando la sigaretta nel posacenere in cristallo sul tavolino.

“ D’accordo. Pensatela come volete. Ma il mio pensiero non cambia. E adesso, se non vi dispiace, voglio rimanere solo con mia moglie.”

Afferrò la mano di Heather, che rise giuliva, mentre Kayle la serrava fra le sue braccia, baciandole il collo impaziente.

“ Mmm…”

Mugugnò, mentre Heather combatteva contro i sussulti di risa incontenibili.

“ Ho una voglia matta di ricoprirti di fragole e panna. Così…solo per vedere l’effetto.”

Le mordicchiò il collo, facendole fuoriuscire dalle labbra un gridolino sorpreso.

Heather rise ancora, in un valzer di cicale in amore.

“ Kayle! Smettila! Per l’amor del cielo, andate di sopra almeno…”

Mormorò sconfitta Suzanne, scusandosi con noi Cullen del comportamento irreprensibile di suo figlio. Carlisle rise, aggiungendo:

“ Non importa, Suzanne. Lascia che si divertano.”

Kayle, ignorando tutti, prese Heather fra le braccia e con un balzo raggiunse la prima rampa di scale.

“ A dopo, ciao!”

Salutò Heather, continuando a sciogliersi in gioiose risate. Scomparvero in meno di due battiti di ciglia. Sentii distintamente una porta sbattere forte e l’ultima risata di Heather spegnersi in un mormorio, poi più nulla.

“ Ah, bene! Sono andati nel loro appartamento, al quarto piano. Per colpa dell’esuberanza di Kayle, abbiamo dovuto insonorizzarla. Almeno, avranno un minimo di privacy e noi un po’ di pace.”

Disse Suzanne, sospirando rassegnata. Esme rise con lei e la prese sotto braccio, pilotandola in giardino. Carlisle si sedette accanto a Jack, sul divanetto in soggiorno. Rosalie afferrò una rivista e la sfogliò distratta, seduta sulle ginocchia di Emmett, che le accarezzava il viso e i capelli, facendola sorridere per un suo improvviso commento.

Alice portò Jasper nella camera che era stata loro assegnata, con l’intento di fargli provare tutti i vestiti nuovi che aveva comprato per lui, come mi aveva sussurrato all’orecchio, prima di correre al piano di sopra.

Guardai Edward, chiedendogli con lo sguardo cosa volesse fare. Lui mi rispose con il suo solito sorriso sghembo, cingendomi delicatamente la vita con le sue braccia, baciandomi la fronte.

“ Cosa vuoi fare, ora?”

Mi chiese, accarezzandomi i capelli, intrecciandone le onde castane fra le dita affusolate.

“ Vorrei chiamare Renesmee. E’ da tanto che non la sento.”

Lui mugugnò fra i miei capelli, sussurrando.

“ E’ un ottima idea. Usa il portatile di Alice. Credo l’abbia già messo in camera nostra.”

Annuì e, con la sua mano intrecciata alla mia, lo guidai nella nostra camera. Aveva ragione, il portatile era acceso e posato sullo scrittoio in fondo alla parete, accanto alla finestra.

Mi affrettai ad inviarle una videochiamata, attendendo che il puntino rosso smettesse di lampeggiare e Renesmee accettasse la richiesta di chiamata.

Dopo qualche secondo, la luce della webcam smise di lampeggiare e sullo schermo apparve mia figlia, intenta a sedersi, mentre si toglieva il cappotto bianco.

Mi sorrise, salutandomi allegra, le guance accese di rossore.

“ Mamma, ciao! Come state? E’ da molto che non vi sentivo. Com’è Londra, oggi?”

Risi del suo entusiasmo, osservandola mentre si scostava i boccoli ramati dalle spalle.

“ Oggi è stata insolitamente assolata, ma la notte è sempre gelida. Tu, piuttosto…come mai così accaldata? Cosa hai fatto oggi?”

Nessie rise, nascondendo un sorriso dietro il palmo della mano destra.

“ Jake mi ha portato al lunapark a Seattle. Siamo andati sulle montagne russe, ma non sono poi così veloci. Quando corriamo noi, quella si che è velocità. Poi, siamo andati alla bancarella del tiro al segno e indovina cosa mi ha vinto Jacob? Questo!”

Esclamò, mostrandomi un mega orsacchiotto bianco, con un enorme fiocco rosso intorno al collo.

Scoppiai a ridere, seguito da Edward, che stava trafficando dietro le mie spalle con la valigia.

“ Non è bellissimo? Ed è così morbido…”

Disse amorevole, stringendolo a sé e baciandogli la guancia pelosa, come se fosse vero.

“ E’ stato davvero bravo. Ha fatto centro al primo colpo e ha vinto il primo premio.”

Aggiunse, mentre riponeva dietro di lei il peluche gigante.

Poi, mi sorrise ancora, incrociando le mani in grembo.

“ Tutto bene, quindi, in casa Stuart? Come sta Jenna? Ha accettato Chris?”

Renesmee era aggiornata sugli avvenimenti in casa Stuart. Era curiosa di sapere tutto su quella famiglia di vampiri così simile alla nostra, e si era rammaricata molto di non essere venuta con noi a conoscerli. Aveva imparato a conoscere tutti attraverso le mie descrizioni e le mille risposte alle sue mille domande. Jenna e Chris erano i suoi preferiti e voleva scoprire se fra di loro potesse nascere un sentimento di amicizia.

“ Be’…sembra ci siano state delle novità positive, fra di loro.”

Renesmee sorrise entusiasta e i suoi occhi color cioccolato brillarono felici.

“ Davvero? Sono diventati amici, finalmente?”

Scossi la testa.

“ Non esattamente ma, sono sicura che lo diventeranno presto.”

Renesmee annuì, stringendo al petto un altro peluche, più piccolo, a forma di cuore. Un altro premio vinto per lei da Jake.

“ Capisco. E papà, cosa pensa di tutto questo?”

“ Penso che non dovresti preoccuparti e goderti la nostra assenza finché dura, signorina.”

Disse Edward, sporgendosi verso la webcam, per dare la possibilità a Renesmee di vederlo. Lei sorrise e rise del suo tono falsamente da rimprovero, salutandolo con un bacio.

“ Ciao papà. Mi mancate tanto…”

Disse poi, sorridendo nostalgica.

“ Anche tu, tesoro.”

Dissi, allungando una mano verso lo schermo, come ad accarezzarle il viso con le dita.

“ Torneremo fra qualche giorno. Tu rimani sempre accanto a Jacob e non stare in pena per noi.”

Le disse Edward, accarezzandola con lo sguardo. Nessie si sciolse in un sorriso sotto lo sguardo amorevole del padre, annuendo.

“ D’accordo, farò come volete. Ora devo andare. Jake ha detto che dovevo passare a casa solo per cambiarmi. Vuole portarmi al cinema, stasera.”

Disse, felice alla prospettiva di quella nuova uscita con Jacob.

“ Bene. Divertitevi. E non fate tardi, mi raccomando. Devi pur dormire, ogni tanto.”

Le dissi, ammiccando verso di lei.

Renesmee rise, annuendo.

“ Certo, certo. Stai tranquilla mamma. Vi voglio bene. A domani. Buonanotte.”

“ Buonanotte, tesoro.”

La salutai.

“ Sogni d’oro, Renesmee.”

Mi seguì Edward. Nessie rimase qualche secondo ad osservarci poi, con un nuovo sorriso, terminò la chiamata, scomparendo dallo schermo. Sospirai, richiudendo il pc.

“ Jacob si sta comportando da vero baby-sitter.”

Sorrisi al commento sarcastico di Edward, ruotando la sedia per osservarlo riporre i nostri maglioni nell’armadio quasi vuoto.

“ Gli hai fatto promettere di tenerla d’occhio, durante la nostra assenza, e lo sta facendo in modo impeccabile. Non dirmi che vorresti fargli rimangiare la promessa, che gli hai estorto prima di partire?”

Edward reclinando la testa all’indietro, ridendo di cuore, in modo spontaneo. Mi persi per un attimo in quella risata, prima di vederlo voltarsi, sorridendomi con le labbra e gli occhi.

“ Estorto?! Mi fai sentire una specie di ricattatore senza speranza.”

“ Ma lo sei. Tu non chiedi, ma pretendi. Sei un vero prepotente.”

Scherzai, sorridendogli, mentre lo vedevo avvicinarsi inesorabile, inclinandosi verso di me, imprigionandomi fra la sedia e il suo corpo, le braccia tese verso di me, le mani ancorate ai braccioli della sedia ruotante.

“ Prepotente, uhm?”

Mi sussurrò sulle labbra, sfiorandole con il suo respiro, sorridendo beato. Annuii, accarezzandogli i capelli con la mano destra, l’altra stretta al suo fianco sinistro.

“ E se pretendessi un bacio adesso, me lo daresti?”

Sghignazzai divertita, scostandogli i capelli dalla fronte in una carezza dolce.

“ Tutto pur di accontentarla, Signor Cullen.”

Fu la volta di Edward di ridere sommessamente, prima di stringermi a lui, in un abbraccio dolce e forte insieme.

“ Signora Cullen, lei mi fa impazzire.”

Mi sussurrò caldo e intenso, prima di modellare le sue labbra alle mie. Mi abbandonai senza riserve al suo bacio, pretendendo sempre di più, più baci, più carezze… chissà, forse ero io, fra noi due, la prepotente.

Improvvisamente, sentimmo bussare alla porta, un tocco lieve, ma abbastanza forte da interrompere il nostro idillio.

Edward si scostò con riluttanza, sibilando sulle mie labbra, indispettito da quella interruzione indesiderata. Risi, donandogli un bacio a stampo, per cancellare quell’aria scontenta dal suo volto.

Lui si voltò e mi baciò il naso per dispetto, sorridendo.

“ Avanti.”

Disse, sedendosi sulla sedia e trascinandomi sulle sue ginocchia, in un movimento per me, ora, naturale, ma ad occhio umano, sicuramente invisibile e decisamente innaturale.

Intrecciai le mani sul suo collo, solleticandogli con l’indice destro la nuca.  Mi voltai giusto in tempo, per vedere la porta della stanza aprirsi. Rimasi sorpresa della nuova entrata. Era Jenna.

Spiava l’interno da una fenditura della porta aperta, il bel viso da vent’enne incorniciato da due bande di onde color ebano, le labbra rosse socchiuse, lo sguardo turbato e stranamente timido.

“ Entra pure, Jenna.”

La incoraggiò Edward, rilassato e con tono pacifico. Jenna spalancò la porta con titubanza, sussurrando un “Grazie” a mezza voce. Chiuse la porta alle sue spalle, per poi alzare lo sguardo verso di noi, avanzando di pochi passi al centro della stanza.

Jenna sembrò notare solo allora la nostra posizione e portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio destro, disse con tono mortificato:

“ Scusate, se vi ho disturbato. Forse, sarebbe meglio se passassi più tardi.”

Disse, retrocedendo già di un passo. Mi affrettai a fermarla.

“ No, Jenna, figurati. Non ci hai affatto disturbato. Vieni, accomodati. In fondo, questa è casa tua. Puoi fare quello che vuoi.”

La tranquillizzai, in modo sincero. Jenna ricambiò il mio sorriso con uno quasi accennato, che scomparve immediatamente dal suo volto preoccupato.

Fu Edward a parlare, subito dopo.

“ Non stare lì, sulla soglia, Jenna. Vieni, siediti.”

La esortò, mostrandole con un gesto della mano, il letto intatto. Jenna lo guardò, quasi senza vederlo, sospirando senza accorgersene. Fui colpita dalla sua aria affranta, e mi alzai dalle ginocchia di Edward, solo per prenderle la mano e condurla verso il letto, dove ci sedemmo entrambe.

Jenna non protestò né si ribellò dalla mia stretta, anzi, ne sembrava quasi confortata. Mi dava l’impressione di una donna prossima ad una crisi di pianto. Cercai spiegazioni da uno sguardo di Edward, che continuava ad osservarla abbattuto.

“ Jenna…”

La chiamò, mentre lei iniziava ad ansimare, come in preda ad una crisi respiratoria. Istintivamente, le circondai le spalle con un braccio, come per consolarla o calmarla, ma senza alcun risultato, purtroppo, visto che Jenna sembrava peggiorare.

“ Jenna, cosa c’è? Cosa succede?”

Ma Jenna non rispondeva alle mie domande, l’angoscia ad accentuare il pallore del suo viso stravolto e a renderle la pelle ancora più fredda, sotto le mie dita.

“ Edward! Che le succede?”

Gli chiesi, alzando la voce, spaventata.

Edward si precipitò su di lei, inginocchiandosi di fronte a lei, stringendole le mani, ormai prive di calore.

“ Jenna, non è successo nulla. Non è niente. Va tutto bene. Calmati. Sono qui. Ci sono io, con te. Stai tranquilla…”

Ma Jenna sembrava non ascoltarlo, in preda ad un terrore che non aveva causa né rimedio.

“ Edward, ma che cos’ha? Non capisco. Sembra terrorizzata.”

Gli dissi, in preda al panico.

“ E’ tutta colpa mia.”

Sussurrò Jenna, cercando di svincolarsi dalla presa delle mani di Edward, agitandosi come per cercare di ripiegarsi su se stessa.

“ E’ tutta colpa mia.”

Ripeté, a voce più alta.

“ No, Jenna. Va tutto bene…”

Iniziò Edward, leggendo nella sua mente.

Jenna scosse la testa, con energia.

“ Non è vero. E’ terribile. E’ assurdo. Non dovevo…non avrei mai dovuto baciarlo.”

Edward strabuzzò gli occhi a quella confessione, quasi arcuando le labbra in un sorriso, colpito da una sua immagine mentale.

“ Non fa niente, Jenna. Va tutto bene. Non hai fatto nulla di male.”

Continuò a tranquillizzarla, con tono di voce dolce, accarezzandole con una mano il volto, scostandole i capelli dal viso contratto.

“ Baciarlo? Chi ha baciato?”

Chiesi, dandomi subito mentalmente la risposta. Chis.

“ Oh!”

Esclamai meravigliata, cercando una conferma nello sguardo di Edward, trovandola quando lui annuì.

“ Ma, Jenna…è una bella cosa, no?”

“ Bella?!”

Sibilò lei, guardandomi con meraviglia e orrore insieme.

“ Cosa ci trovi di bello? Ho baciato il ragazzo a cui ho tolto la vita, te ne rendi conto? E’ una cosa terribile!”

Esclamò con ardore, racchiudendosi il viso fra le  mani, torturandosi.

“ Mi ama, capisci? Mi ama! Non dovrebbe amarmi…dovrebbe odiarmi.”

Disse dolorosamente, scuotendo la testa, come a voler scacciare quel pensiero dalla mente.

“ Jenna, hai ragione. Christopher ti ama.”

Jenna annuì, mentre io sorridevo felice, immaginandoli benissimo insieme. Tuttavia, riuscivo a capire il tormento di Jenna, in quel momento.

“ E’ una tragedia.”

Aggiunse Jenna, alle parole di Edward.

“ No, non lo è. Devi smetterla di tormentarti. Si, lo hai morso, si lo hai ucciso…”

“ Edward!”

Lo rimproverai, per la sua poca delicatezza.

“ Lasciami finire.”

Mi pregò, stringendomi una mano.

“ Ma è sopravvissuto. E’ vivo, nonostante tutto. E ti ama.”

Concluse, costringendola a guardarlo, gli occhi scuri pieni di lacrime che non potevano scorrere.

“ Devi accettarlo, Jenna. Non puoi ripudiare i suoi sentimenti. Non è giusto, nei suoi confronti e tu lo sai bene.”

Sospirò, sorridendole comprensivo.

“ Accoglilo nella tua vita, Jenna, e vedrai che salverai te stessa. Io l’ho fatto…”

Disse, stringendomi ancora di più la mano. Ricambiai il suo sguardo amorevole, con uno tenero.

“ Ora, tocca a te.”

Con queste ultime parole, il respiro agitato di Jenna si acquietò e le sue mani smisero di stringere i suoi capelli con fervore, riponendole molli sul suo grembo.

“ Ma io… io non so, se lo amo.”

Edward le sorrise sincero.

“ Questo, sarà tuo compito scoprirlo.”

“ Devo dirglielo, Edward.”

Disse Jenna, dopo un silenzio meditabondo.

“ Devo svelargli che sono stata io a trasformarlo.”

“ Ma non è necessario che lo sappia.”

Le dissi, conoscendo l’oblio di Chris su questo dettaglio rilevante.

“ Si, invece, lo è. Deve saperlo! Solo così, saprò se il suo è un sentimento passeggero o sincero. Se accetterà questa crudele verità, se riuscirà a perdonarmi, allora saprò se mi ama veramente. In caso contrario, lo perderò e continuerò a tormentarmi nel dolore del suo ribrezzo, oltre che del mio.”

Edward appoggiò la sua opinione, annuendo solenne.

“ Bene. Allora, se hai deciso, vai a parlargli. Così, smetterai finalmente di tormentarti.”

Jenna, tirando un lungo respiro, per darsi coraggio, si alzò, ringraziandoci e scusandosi per la sua reazione.

“ Non importa, Jenna.”

Jenna mi sorrise cordiale e riconoscente.

Subito dopo, avanzò aggraziata verso la porta, scomparendo dietro di essa, con un fioco sibilo.

 

 

Jenna.

 

Che cosa stavo facendo? Non avrei dovuto essere lì, davanti quella porta che per giorni avevo scrupolosamente evitato. Eppure eccomi lì, i pugni chiusi e lo sguardo dritto sul legno bianco e levigato. Avrei voluto che l’ospite di quella stanza non ci fosse, ma i rumori all’interno mi confermavano il contrario. Tre passi, un tonfo soffice – si era forse seduto sul letto? – uno scricchiolio di molle – si, molto probabilmente si era seduto – uno schiacciare soffocato di piume – la sua testa posata sul cuscino? – un sospiro lento, uno schioccare involontario di labbra, quelle labbra, così morbide, dolci, perfette…sulle mie.

Scossi la testa, energicamente. No, no, no! Così non andava affatto bene. Doveva smettere di pensare a quel bacio. Dovevo dimenticarlo… per ora.

In fondo, non era così difficile. Dovevo soltanto sollevare una mano e bussare a quella porta. Lo feci, sollevai il pugno destro, lo accostai alla porta, pochi centimetri mi dividevano dal toccarla… riposi la mano sul fianco, contraendone nuovamente le dita.

Oh, cielo! Perché doveva essere così difficile bussare ad una maledetta porta? Sospirai, passandomi le mani fra i capelli sciolti e scomposti. Li pettinai con le dita, ravviandoli all’indietro, in un gesto nervoso. Tutti quei gesti tipicamente umani, non li avevo mai compiuti in maniera così spontanea come in quel momento. Sembravo totalmente un’altra persona, e il centro della mia destabilizzazione era facile da individuare. Era proprio lì, dietro quella stanza, probabilmente semi-disteso sul suo letto: Christopher Dine.

Tirai un nuovo, profondo respiro, rilasciandolo in un sibilo tremulo, ansioso. Non capivo il motivo di quell’agitazione. Eppure ero così tranquilla e sicura di me, dopo aver lasciato la stanza di Edward e Bella. Il mio migliore amico mi aveva consigliato e in meglio anche. Avevo approvato le sue parole. Com’era possibile che il mio stato d’animo, fosse cambiato in pochi attimi, giusto il tempo di percorrere tre semplici rampe di scale?

Appoggiai la schiena contro il muro, la testa reclinata all’indietro, gli occhi, ritornati dorati, serrati dietro le palpebre abbassate. Me le strofinai, sentendole pesanti, stanche. Forse ero semplicemente io ad essere stanca. Si, stanca. Stanca di tutti quegli sbalzi d’umore, degli sguardi premurosi di mia madre, di quelli colpevoli e rammaricati di mio padre…Oh, Jack! Lui si sentiva in colpa, per aver provocato quella situazione, ed io invece di rassicurarlo, non avevo fatto altro che evitarlo, non concedendogli neppure di spiegarsi, di chiarire le sue posizioni…

Sospirai di nuovo, pesantemente, battendo la testa contro il muro, sentendolo quasi cedere per la pressione. Ero una persona orribile. Non meritavo la comprensione di un uomo così straordinario come Jack. Eppure aveva fatto tanto per me… Aprii gli occhi di scatto.

No! Ora basta commiserarmi! Dovevo affrontare quella situazione, sciogliere la matassa che mi costringeva all’isolamento. Affrontare Chris.

Guardai la porta di fianco a me, animata dal fuoco della determinazione. Mi staccai dalla parete, con insolita facilità, la mano destra già chiusa sul pomello della porta, dimenticandomi di bussare, la aprii bruscamente.

 

Chris.

 

Oh, cacchio!

Fu il mio primo pensiero, appena vidi Jenna sulla soglia della mia stanza.

Aveva spalancato la porta -  con discreta violenza aggiungerei – infischiandosene totalmente delle regole di buona educazione o perlomeno di civiltà, che richiedevano almeno di bussare.

Avrei potuto indispettirmi per quell’improvvisa entrata, ma la mia gioia di rivederla era tale, che non m’importai assolutamente di nulla. In quel momento, avrebbe potuto distruggere tutto in quella stanza, glielo avrei lasciato fare senza obbiettare.

Dio! Più la guardavo, e più sentivo dentro di me pulsare il desiderio di stringerla e divorarla di baci. Non avevo mai provato un sentimento simile per una donna. E si che, in Alaska, avevo conosciuto vampire  nomadi di incomparabile bellezza. Ma nessuna di loro, nemmeno Mary, l’unica ragazza che avevo amato nella mia vita umana… anzi, mi corressi, che avevo creduto di amare. Eh, si! Perché – ormai ne ero sempre di più convinto – il sentimento che provavo per Jenna era il vero amore.

Mi era bastato un solo sguardo, seppure turbato e poco socievole, da parte sua, per sentirmi incatenato a doppio filo da lei. Un legame che, in pochi giorni, in barba alle mie più rosee aspettative, si era fatto ancora più forte, più palpabile, fino a divenire reale e non soltanto più un’illusione. Quel bacio in salotto, poi…l’unico, indimenticabile bacio che ci fossimo scambiati, lo sentivo ancora impresso sulla mia bocca. Ogni tanto, mi ritrovavo a bagnare le labbra con la punta della lingua, come ad assaporare di nuovo, il gusto dolce-amaro delle sue.

Avevo cercato di non soffermarmi troppo spesso su quel ricordo meraviglioso, soprattutto per non perdere il lume della ragione ed evitare di scivolare nella tentazione di ripetere immediatamente l’esperienza. Ma ora che ce l’avevo davanti ai miei occhi, mi sentii nuovamente bruciare di desiderio e passione repressa.

Strinsi le lenzuola fra le mani, impedendomi di compiere atti di cui mi sarei pentito subito dopo. Jenna era maledettamente bella, quella sera. Alla luce artificiale e soffusa delle lampade, la sua pelle nivea sembrava d’alabastro e i suoi capelli si coloravano di riflessi dorati. Si era cambiata d’abito, indossando dei semplici jeans scuri, stretti fino alla caviglia, stivaletti bassi, neri e sportivi, e una felpa lunga con cappuccio, senza tasche, color grigio perla.

Vestiva sempre in modo molto semplice, quasi come a non voler dare nell’occhio. Sorrisi a quel pensiero, contemplando la sua bellezza. Tentativo impossibile, mia dolce Jenna.

Dolce, si. Perché, anche se a volte ostentava quell’atteggiamento freddo, scostante e talvolta duro, in cuor mio, sapevo che Jenna sapeva essere dolce come una calda colata di miele. Avrei voluto accogliere il suo corpicino minuto ed infagottato in abiti più grandi di lei, fra le mie braccia e baciare ogni centimetro di quel visino crucciato.

Jenna era capace di accendere le mie più intense passioni e, allo stesso tempo, di stuzzicare la mia anima più tenera e umana. Era un miscuglio intricato di contraddizioni, ma io l’amavo anche per questo lato del suo carattere.

“ Jenna.”

Mormorai, schiarendomi la voce subito dopo, per darmi un tono meno emozionato. Dovevo essere cauto e disinvolto. Non dovevo spaventarla più di quanto non avessi già fatto.

Mi alzai dal letto, forse troppo velocemente, visto che la vidi indietreggiare di un passo. Cercai di rimediare, sorridendole cordiale, imponendomi sempre molta calma.

Lei non ricambiò, ma abbassò lo sguardo per un attimo, riponendosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio destro, un gesto che le sembrava abituale e che, dal canto mio, trovavo adorabile.

“ Jenna! Ciao!”

La mia voce rimbombò nel silenzio generale come un tintinnio assordante di campane a festa. Tacqui sbalordito ed infastidito. A volte, non sopportavo affatto quell’alterazione forzatamente modulata, provocata dal veleno che aveva rinvigorite le mie corde vocali, rendendo la mia voce suadente ed irresistibile, ad orecchio umano.

No, no, così non andava! Ero fin troppo entusiasta. Per l’ennesima volta, mi imposi calma e tranquillità.

“ Sono felice di vederti…”

Iniziai sicuro di me. Ma, quando mi accorsi del suo sguardo diretto e di topazio liquido, fisso su di me, l’antica timidezza mi investì violenta, rendendomi goffo ed impacciato.

Mi maledii per quel lato del mio carattere, che non si era lavato via neanche dopo le torture della trasformazione. Infatti, come volevasi dimostrare, iniziai a balbettare intimidito, al di fuori del mio controllo.

“ Non… non mi aspettavo, di vederti così presto. Cioè, volevo dire…ehm… insomma, non che io non sia felice di rivederti. E’ solo che… si, insomma, non me lo aspettavo, ecco.”

Mi passai una mano fra i capelli, nervosamente. Stavo facendo l’ennesima figura da idiota. Immaginai già la sua espressione divertita davanti al mio imbarazzo. Oh, maledizione! Ma perché dovevo sempre essere così patologicamente imbarazzato, di fronte a lei? Non riuscivo a rilassarmi. Credevo di esserci riuscito, dopo l’uscita in spiaggia e l’intimità che avevamo condiviso. Ma, dopo quel bacio, era tornato tutto come prima. Anzi, la situazione era nettamente peggiorata.

“ Scusami.”

Le sentii dire, inaspettatamente. Alzai lo sguardo verso di lei, che aveva chiuso la porta ed ora vi era appoggiata, l’espressione turbata e il viso reclinato in basso, l’imbarazzo e l’impaccio di poco prima sparito come in un soffio leggero, lo stupore a riempirne il vuoto lasciato.

“ Come?”

“ Mi dispiace, Chris.”

Mi ripeté, più lentamente e in un sospiro grave.

“ Non capisco, Jenna. Di cosa ti stai scusando?”

La vidi impallidire ancora di più, l’espressione nascosta dai capelli, che erano scivolati di nuovo davanti al suo viso.

“ Di quello che sto per dirti.”

Mi sorpresi di quella risposta, ma la confusione, in quel momento, scacciava di gran lunga il mio stupore. Non dissi nulla, lasciando che il silenzio aleggiasse per pochi istanti fra di noi, sicuro dell’idea che ci fosse qualcosa covato al di sotto di esso. Infatti, quello che successe dopo, me ne dette la conferma.

“ Chris…”

Mi chiamò lei ed io, emozionato e in allerta, risposi al suo richiamo.

“ Si?”

“ Ti farò una domanda, una sola. Ti pregherei di rispondermi sinceramente, se puoi.”

Sembrò volerne conferma, ed io mi affrettai ad accontentarla, curioso. Cosa voleva chiedermi?

“ Ma si, certo.”

Jenna tirò un altro profondo sospiro, come a darsi coraggio. Sentivo il veleno scorrere velocemente sotto la pelle, quasi imporporandola. L’attesa mi sembrava estenuante, la curiosità cresceva, la morsa nel mio petto farsi sempre più mordace ed acuta, il cuore sembrava scoppiarmi, nonostante rimanesse silente.

“ Chris…è vero quello che mi hai detto in salotto, poche ore fa?”

Jenna mi guardò con un nuovo sguardo. I suoi occhi erano ansiosi, ma non più freddi, mentre mi chiedeva in un sol fiato:

“ Tu mi ami davvero, Chris?”

Per un attimo, mi sentii frastornato, come svuotato. No, non ero vuoto, c’era una sensazione che ronzava nella mia mente. Non era dolorosa, né fastidiosa. Era piacevole, era come dormire. Si, quello doveva essere un sogno. Non poteva essere altrimenti. Jenna mi aveva chiesto, mi aveva realmente chiesto se io l’amassi?

In quel momento, mi sentii talmente felice, da provare un’ insolita voglia di ridere. E lo feci. Si, iniziai a ridere. Risi, in maniera così piena e piacevole, da liberarmi di tutte le angosce che avevo provato in quelle tre settimane. Sofferenze provocate dalla persona che mi stava davanti, con quell’aria mortificata ed offesa, perché non aveva capito, non aveva compreso quanto mi sentissi libero ed entusiasta in quell’istante. E tutto questo, grazie a lei, proprio lei, motivo di tormenti, gioie e d’amore.

Mi aveva chiesto se l’amavo? Bene, gliene avrei dato prova.

La sentii borbottare qualcosa, ma non me curai, preso dalla mia prossima mossa. Mi avvicinai a lei con solo tre invisibili passi, vedendola agitarsi e quasi correre all’indietro, lontano da me. Ma  questa volta non gliel’avrei permesso. La strinsi per le spalle, senza farle male, senza imporle nulla, continuando a sorriderle, incapace di smettere.

Scontrai la fronte con la sua, le feci scivolare i capelli dietro le spalle, le scoprii il collo, le accarezzai la nuca, le solleticai con il respiro i capelli serici sopra di essa, le baciai la linea elastica e profumata della gola, scivolando verso l’orecchio, premurandomi di mordicchiarle leggermente il lobo, baciandoglielo subito dopo. E fu lì, ansimando sulla punta del suo orecchio, che le sussurrai, non riconoscendo la mia voce, per quanto fosse roca:

“ Si. Si, Jenna. Io ti amo.”

Le baciai la guancia, ad occhi chiusi, assaporando il sapore della sua pelle, frizzante come acqua gassata, dolce e delicato come il gelsomino.

“ Ti amo adesso e ti amerò sempre. Non dubitarne mai. Mai.”

Non mi sorpresi più della mia completa assenza d’imbarazzo, né del suo irrigidimento, mentre la stringevo a me. Era naturale, perché conoscevo i miei sentimenti ed ero sicuro e fiero della veridicità delle mie parole.

Per me, a quel punto, non c’era bisogno di aggiungere altro. Ma Jenna non sembrava pensarla al mio stesso modo. Infatti, dopo un momento d’iniziale abbandono, dove sembrava voler ricambiare il mio abbraccio, se ne svincolò lentamente, le mani inerti sui miei avambracci, lo sguardo basso, mentre il mio era perso nella sua figura. Non volevo più nascondermi, non volevo più contenermi. Ero suo, solo suo e lo sarei stato per l’eternità, lo sapevo, lo avevo capito non appena l’avevo vista.

Ma lei? Cosa ne pensava lei? Se mi aveva posto quella domanda, se aveva cercato una conferma nei riguardi dei miei sentimenti, doveva voler dire pur qualcosa, dopotutto.

Forse, il suo era stato un tentativo indiretto per dirmi che anche lei mi amava in egual maniera?

Il piccolo me, nascosto nei recessi più profondi della mia mente, gridò di gioia a quel pensiero. Tuttavia, la sua reazione a quella mia, ormai, più che esplicita e significativa dichiarazione, non sembrò di gioia stupefatta. Benché non avesse sdegnato le mie carezze e miei baci, mi sembrava ancora sulle spine. Che le sorprese che mi stava riservando, non fossero ancora finite?

Le racchiusi il viso con entrambe le mani, costringendola gentilmente a guardarmi. Il turbamento che trovai inciso sul suo volto, fu paragonabile al dolore di una ferita atroce.

Era palesemente macerata dal dubbio e dall’incertezza e, stranamente, non ne compresi il motivo. Non poteva venire da me, quella lotta di sentimenti così devastanti. Sembrava sul punto di piangere o gridare e questo mi fece male più del fuoco sulla pelle viva.

“ Jenna, che cosa c’è?”

Lei mi guardò smarrita e spaventata.

“ Oh, Chris…”

Mormorò, stringendosi a me, per la prima volta, spontaneamente, afferrando il tessuto della camicia fra i pugni, quasi a volerlo lacerale, e affondando il viso sul mio petto. La strinsi forte, confortandola, incapace di comprenderla.

“ Jenna… amore…”

Le sussurrai, baciandole il capo e affondando entrambe le mani fra i suoi capelli.

“ Dimmi cosa ti tormenta, ti prego.”

Lei s’irrigidì per un attimo, celando maggiormente il viso al di sotto della mia spalla destra.

“ Se non me lo dici, non posso aiutarti.”

“ Non puoi…”

Sgranai gli occhi, di fronte a quell’affermazione lucida e secca.

Mi scostai da lei, abbastanza lontano dal suo corpo, per permettermi di guardarla.

“ Non puoi aiutarmi.”

Ripeté ancora, lo sguardo basso.

“ Per…”

Le sollevai il mento con due dita, cominciando a spazientirmi per quel comportamento senza senso.

“ Perché? Perché non posso aiutarti?”

Lei non rispose, lo sguardo crucciato.

“ Mi reputi un completo incapace, vero? E’ per questo?”

Dissi, con foga, rafforzando la presa sul suo mento. Lei si divincolò, esclamando:

“ No, non è questo!”

“ E allora cosa? Cosa c’è che non va in me, al punto da costringerti ad allontanarmi sempre di più?”

Lei si morse il labbro inferiore, ravviandosi i capelli, nervosa.

“ Io non lo vorrei, credimi. Ma…”

“ Ma cosa? Jenna dimmelo, per favore. Perché, io non lo capisco. Sto impazzendo per capirlo! Ma è più forte di me, non riesco a comprendere il tuo comportamento distaccato nei miei confronti. Ho forse fatto qualcosa che…”

“ No!”

Disse energica, interrompendomi, guardandomi dritto negli occhi, accesi di un fuoco intenso, pronto a divorarmi.

“ No, tu non hai colpe! La colpa di tutta questa situazione, è solo mia.”

Chiuse gli occhi per un attimo, respirando lentamente, come a darsi coraggio.

“ Per quello che ho fatto, per il mio passato…”

“ Jenna, cosa c’entra il tuo passato con me? Con noi?”

Jenna riaprì gli occhi, osservandomi combattuta, ansimante, ancora una volta sembrava in lotta con una parte di se stessa, che non la lasciava libera di riporre la sua corazza di fronte a me.

“ Tutto.”

Disse, in un ansito quasi forzato.

Scossi la testa, incapace di comprendere le sue parole. Tentai di avvicinarmi a lei, di stringerla a me. Ma lei si teneva distante, ancora incapace di lasciarsi andare, terrorizzata da qualcosa che l’angustiava terribilmente. Ed io, ero in preda all’agonia insieme a lei, trafitto dal suo dolore.

“ Tu… non sai… non sai, cosa ti ho fatto.”

“ Jenna, smettila, ti prego.”

Le dissi, raggiungendola in meno di un secondo, afferrandola per le spalle, strofinandole le braccia in repentine carezze, confortandola. Lei alzò le mani, rivolgendone i palmi contro il mio petto, quasi a respingermi via.

“ No, per favore…devi saperlo! Lasciami finire, non mi interrompere.”

A malincuore, assentii con un cenno, bloccando le mani sulle sue spalle, disegnando cerchi concentrici sulle sue scapole, per rilassarla.

Jenna sembrò essere riconoscente per quel tocco, visto che socchiuse gli occhi, traendo vari respiri.

“ Sono stata io, Christopher.”

Mi disse, con una tremula calma.

“ A fare cosa?”

Le chiesi, inconsapevole.

Lei mi trafisse con i suoi occhi bui, affermando, determinata.

“ A trasformarti.”

Jenna.

 

Ecco, lo avevo detto. Trassi un respiro più quieto. Credevo che mi sarei sentita sollevata dopo aver esternato a Christopher quel terribile segreto. Ma non fu così. Una strana sensazione di vuoto serpeggiava in me, come l’abisso insonorizzato che precede la tempesta. E dopo il nulla, subentrò il dubbio e poi la paura. Si, ma questa volta si trattava di un nuovo tipo di timore. Avevo paura della reazione di Chris.

Lo osservai impotente, mentre riponeva le mani lungo i fianchi, prima così dolcemente appoggiate sulle mie spalle, per donarmi conforto, una gentilezza e una comprensione che non meritavo. Così com’era immeritato il suo amore per me.

Vidi Chris barcollare all’indietro, il volto una maschera di stupore e sbigottimento. Sembrava quasi stato colpito dalla mia rivelazione, come se fosse stato trapassato da lame ghiacciate di morte.

“ Io…lo so, sono imperdonabile.”

Continuai, mentre come svuotato, si afflosciava sul ciglio del letto, le ginocchia divaricate, le mani a sostenersi il viso.

“ Immagino vorrai sapere come sia successo?”

Non rispose, lo sguardo perso nei suoi pensieri, l’espressione del suo volto, mostrava soltanto una statica riflessione. Era immobile, come una statua di sale. Nessuna reazione.

Continuai, quasi per smuoverlo da quell’immobilità inaspettata ed inconcepibile.

“ Ti incontrai nel New Jersey. Eravamo al parco, vicino l’università. All’epoca, la frequentavamo entrambi. Eri seduto su di una panchina, stavi leggendo un libro sul marxismo. All’inizio, mi eri del tutto indifferente, come tutti gli umani. Ti passai accanto, senza che tu ti accorgessi di me, troppo preso dalle tue letture per notarmi. Sarebbe andato tutto liscio, se un venticello gelido non avesse deciso di alzarsi proprio in quel momento.”

Chiusi gli occhi, provata da quel ricordo.

“ Il tuo profumo… il vento catturò l’odore del tuo sangue. Era così… indescrivibile. Dolce, buono, dissetante. Io ero una vampira esperta. Sapevo dominare alla perfezione il mio istinto. Avevo anni d’esperienza e d’astinenza alle spalle, dettati dagli insegnamenti di Jack. Tuttavia, nessuno di questi mi servì a fermarmi. Eri troppo, troppo irresistibile.”

Lo guardai, in attesa di un gesto, un insulto, qualsiasi cosa, pur di non vederlo così, immerso nel suo ostinato silenzio, lo sguardo assente, ancora fisso davanti a sé. Ma, ancora una volta, non accadde nulla. Così, come se parlarne fosse un anestetico contro la mia ansia, continuai il mio racconto di morte.

“ Così, attratta irresistibilmente dalla tua essenza vitale, seguendo la scia del tuo profumo, ritornai sui miei passi. Mi fermai davanti a te e, senza parlare, ti abbassai il libro, per renderti cosciente della mia presenza. Mi bastò uno sguardo e un mio cenno che indicava il boschetto di mirti, dietro una curva del sentiero, che conduceva fuori dal parco, per renderti mio. Mi seguisti, affascinato inevitabilmente da me. Una volta nascosti e lontani da sguardi indiscreti, ti feci distendere sul prato tagliato di fresco, ma il profumo dell’erba bagnata non bastò a farmi rinsavire. Ero sconvolta dalla sete. Ormai, bere il tuo sangue era diventato indispensabile. Così…così l’ho fatto. Ti ho morso, direttamente sulla vene aorta, pulsante sul collo.”

Questa volta non lo guardai, le lacrime di amarezza ad offuscarmi la vista.

“ Jack e la mia famiglia arrivarono per fermarmi. Ma quando mi distaccarono con la forza da te, era troppo tardi. Ormai, eri già in preda alle fiamme della trasformazione. Se non fosse stato per il mio veleno, saresti morto dissanguato. Mancavano solo pochi sorsi, prima che il tuo cuore smettesse di battere.”

Respirai pesantemente, incapace di smettere di raccontare, di parlare di quella vicenda. Troppo a lungo avevo fatto finta di nulla, tenendomi tutto dentro, cercando di affogare i ricordi con le futilità che la vita umana offriva. Ma così facendo, le amarezze si erano moltiplicate, il dolore e il disgusto erano giunti alla gola, imbrattando la lingua di veleno e amarezza. Ed ora, ero giunta al punto, in cui la parola vestiva il difficile ruolo della catarsi.

 “ Tu, non hai idea di come mi sono torturata in questi anni, al pensiero di averti condannato alla dannazione, per un’eternità vissuta nel sangue. Non ho mai dimenticato quel giorno, fonte di tutti i miei incubi ad occhi aperti e dei miei fantasmi.”

Lo vidi osservarsi le mani, toccarsi con le dita le braccia, il volto indecifrabile, la bocca serrata in una linea dura. Che stesse meditando di attaccarmi? Come dargli torto.

“Ora, capirai sicuramente il motivo che mi ha spinto ad evitare ogni tipo di rapporto con me. Se ritieni che sia giusto vendicarti, sei liberissimo di farlo. Io non ti fermerò né proverò a difendermi. Ti pregherei soltanto, di non coinvolgere la mia famiglia né i Cullen. Credo che anche tu sarai concorde nel ritenerli innocenti in questa faccenda. La colpa di quello che ti è successo, è soltanto mia e se Jack ha deciso di rintracciarti dopo tanto tempo e lasciarti vivere con noi, è soltanto perché nutre davvero dell’affetto per te, anche se non nego che abbia voluto riscattarmi, integrandoti a tutti gli effetti nella nostra famiglia. Ti prego di risparmiarlo per questo. Voleva solo provare a scacciare le mie sofferenze.”

Attesi nuovamente una sua reazione. Il mio discorso era finito e con esso erano scivolati via tutti i miei mali. Ora, dovevo soltanto attendere il verdetto di Christopher.

Dopo qualche lungo minuto, lo seguii alzarsi lentamente dal letto, avanzare verso di me, con passo misurato, lo sguardo chino, le mani aperte e serene. Forse era fin troppa la tensione, per compiere qualcosa di più violento. Immaginai i suoi occhi iniettati di sangue, il viso furente, pronto ad attaccarmi. Ma, ancora una volta, quando Chris fu di fronte a me, trovandomi immobile, pronta ad affrontare senza rimorsi la sua vendetta, fui colta dall’ennesimo stupore, lo stesso che mi provocava con ogni suo gesto inaspettato.

Incredibilmente, Chris sorrideva. Era sereno, tranquillo, per nulla furente, nessuna smorfia vendicativa a trasfigurargli il viso. Forse simulava?

“ Sei stata tu a trasformarmi.”

Annuii stupita, nuovamente e forse ancora di più, per la sua voce calma e priva di tensioni.

“ E per questo motivo, mi hai evitato tutto quel tempo.”

Annuii di nuovo, lentamente, incapace di decifrare tanta innaturale tranquillità. Dov’erano le urla, le recriminazioni, i tentativi folli – ma giustificati – di uccidermi?

Il mio sbigottimento aumento a dismisura, quando scoppiò a ridere di cuore. Lo osservai ridere in modo quasi liberatorio, incredula e quasi indispettita.

“ Insomma, cosa c’è da ridere? Ti ho appena rivelato di essere stata io ad ucciderti, e tu…?!”

“ Si, lo so, ho capito quello che mi hai detto. Ogni singola parola.”

Mi disse, continuando a sorridere, racchiudendomi il viso fra le mani, accarezzandone le guancie con il dorso delle dita. Il suo tocco mi fece rabbrividire, non di paura, bensì di piacere.

“ Se fossi stata una vampira nomade, assetata di sangue, forse non ti avrei perdonata e molto probabilmente mi sarei vendicato. Ma tu…”

Mi sussurrò, abbassando il capo, lo sguardo timido, le labbra socchiuse in un tenero sorriso.

“ Tu sei la mia Jenna. E alla mia Jenna, non posso fare del male.”

Trasalii, incapace di credere a quelle parole così dolci ed immeritate e glielo dissi, tremante, cercando di distaccarmi dalla sua presa, coprendo le sue mani con le mie.

“ Ma io… io non merito tutto questo. Io…”

“ Shhh…”

Mi bloccò, posando la fronte sulla mia, strofinando, pelle contro pelle.

“ Non è vero. Non dire così.”

Mi mormorò, dolce e delicato.

“ Ma, Chris! Tu…Tu non puoi perdonarmi. Non puoi, non è giusto!”

“ Shhh…Certo che posso. Io ti perdonerò sempre, perché ti amo.”

Mi disse tenero, baciandomi la fronte e gli zigomi con le labbra socchiuse, incandescenti. Lo sentii ansimare, quasi in preda ad una frenesia. E, a malincuore, dovetti ammettere che la sua vicinanza e i suoi teneri gesti, pieni di un sentimento incomprensibile, ma vero, lo sapevo, mi turbava. Anch’io, infatti, cominciai ad avere il respiro grosso e sospiri di desiderio fuoriuscivano, vergognosi, dalle mie labbra. Chiusi gli occhi, troppo debole per sostenere i suoi, rimasti cangianti e speziati d’oro, e per cercare di ritrovare il mio normale equilibro e la mia lucidità.

“ Ti amo, Jenna. E devo confessarti che…”

Respirò pesantemente, emettendo quasi un gemito sulla punta del mio orecchio, quando mi bisbigliò con voce rauca:

“ L’idea che il tuo veleno circoli nel mio corpo, legandomi ancora di più a te, rendendomi… si, un certo senso…tuo…mi eccita in una maniera quasi indecente.”

Trasalii, scuotendo il capo, cercando di dimenticare l’effetto devastante che quelle parole mi causavano. Tuttavia, nonostante tutti i miei sforzi, mi sorprendevo ad aderire sempre di più al suo corpo, tanto che la barriera dei vestiti sembrava essere inesistente, a porgergli remissiva la fronte, gli occhi, le guance, le labbra alla sua bocca affamata di ogni strato del mio viso.

Lo desideravo e forse, ora che lo osservavo guardarmi con occhi bui ed eccitati, ma amorevoli…si, forse ne ero anche innamorata.

Mi strinse a sé, di nuovo fronte contro fronte, labbra contro labbra, il mio respiro nel suo.

“ Mi ami, Jenna?”

Articolò sulla mia bocca, baciandola ad ogni movimento. Mi scostai quel tanto necessario per guardarlo negli occhi.

“ Si.”

Bisbigliai, con il fiato corto e soffocata da un leggero imbarazzo.

Lo vidi sorridere e i suoi occhi neri brillare di stelle di felicità, prima di catturarmi le labbra in un bacio più intenso e più profondo.

Circondai il suo collo con le braccia, affondando entrambe le mani nei suoi capelli indomabili e color del tramonto, prima che Chris mi spingesse dolcemente sul letto, che cigolò protestando per la nostra dolce violenza, le sue mani già sull’orlo della mia felpa, pronta a sollevarla…

 

 

Angolo dell’autrice.

 

Siiiiiiiiiiii!!! Sono tornata!! Se siete arrivati fin qui, sono contentissima! Un capitolo lunghissimo, tutto per voi, per farmi ripagare della lunga attesa! :D

Alloooora?? Vi è piaciuto??? Commentate e leggete in tanti, mi raccomando (soprattutto l’ultimo punto! Non perdetevi neppure una riga, è importante!) :D

Siii, so cosa state pensando: “ Ora che i nostri due vampirelli si sono lasciati andare alla passione, è tutto finito e chiarito, no?” E invece le sorprese non sono ancora finiteeee!!!! C’è molto altro da aggiungere a questa storia e altre rivelazioni da svelare nel corso della narrazione! Lo so, lo so… sono tremenda! Vi lascio nel mistero e mi raccomando, occhio ai miei aggiornamenti nel fine settimana! :D

VI ADORO TUTTIIIIII!!!

Bacioni, amici e amiche di EFP!!

 

<3 <3 <3

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10

Bella

 

Dopo che Jenna fuoriuscì dalla nostra camera, l’ansia nei suoi confronti aumentò di minuto in minuto. Avevo paura che commettesse degli errori imperdonabili, uno fra tutti m’angustiava, il pensiero che rivelasse la verità a Chris.

E più le ore trascorrevano incessanti e più il timore aumentava in me, gravando sulla mia mente e rendendomi nervosa ed instabile. Mi muovevo per la stanza, solcandola a grandi passi, sotto lo sguardo tranquillo ma preoccupato di Edward, sicuramente più per il mio stato che per la sorte della mia amica. Più volte, Edward tentò di riportarmi all’antica calma, ma più lui mi diceva di non preoccuparmi, che tutto si sarebbe risolto al meglio, ed io più mi agitavo. Finché non sentii Edward scoppiare in una bellissima risata liberatoria.

Mi persi nella sua melodia, balzando sul letto accanto a lui, che, abbracciandomi in uno slancio istintivo, mi trascinò all’indietro sul letto, con lui, che continuava a ridere felice.

“ Edward, si può sapere perché ridi?”

Ma lui non mi rispondeva, baciandomi sulle labbra, incurvate in un improbabile sorriso.

“ Dai, dimmelo! Non tenermi sulle spine.”

Finalmente Edward smise di ridere, tirandosi a sedere come me, strofinando la punta del mio naso con la sua, baciandomela subito dopo, con ancora un perenne e largo sorriso ad illuminargli il viso.

“ Lo vedrai presto.”

Mi sussurrò, intrecciando le dita della mano destra con la mia, spingendomi ad alzarmi.

“ Vieni.”

M’incitò, pilotandomi fuori dalla camera, discendendo le scale in fretta, fino a trascinarmi in salotto dove erano tutti inaspettatamente. Notai l’occhiata d’intesa fra Alice ed Edward, che annuì ad un suo ammiccamento.

Saltellando trepidando, vidi la mia sorella acquisita puntare lo sguardo sul ballatoio delle scale, come se si aspettasse la comparsa imminente di qualcuno.

Ormai, la notte era trascorsa interamente e deboli raggi di una nuova aurora, sorgevano da dietro le alte cime dei pini, filtrando nella stanza, fra le tende svolazzanti alla brezza mattutina.

Poi, inaspettatamente, udii il caldo risuonare di una risata e il susseguirsi di un’altra, più forte e tonante, della prima, argentina.

Jenna e Chris discesero le scale, ridendo tra loro, i visi rischiarati dalla felicità e, come il mio occhio attento notò ad un rapido guizzo, le mani unite da un saldo intreccio delle dita.

A quella vista, in un misto di meraviglia e sollievo, la mia ansia scivolò via velocemente, così com’era comparsa, consentendomi di appoggiarmi al petto di Edward, accompagnata da un lungo e sereno sospiro, ben lieta, a quel punto, di offrire il mio collo alle sue labbra.

Non appena incrociò lo sguardo di sua figlia, Jack si sollevò dal divano, scrutandola timoroso. Ma, dopo un attimo di smarrimento, Jenna si distaccò dolcemente da Chris, portandosi di fronte a suo padre, che la guardava teso, senza neppure respirare.

Solo quando provò a tendere le labbra in un sorriso, Jenna gli buttò le braccia al collo, facendolo trasalire per la sorpresa, le braccia e le mani aperte sollevate a mezz’aria, gli occhi sbarrati per la meraviglia.

“ Scusami, Jack. Perdonami. Sono stata un stupida.”

Mormorò Jenna e solo a quelle parole, Jack trasse un respiro di sollievo, ricambiando con ardore e commozione l‘abbraccio. Notai Chris osservarli deliziato, senza mai distaccare lo sguardo da Jenna, mostrandosi, palesemente, innamorato di lei. Che i suoi sentimenti fossero rimasti immutati, per me era un buon segno. Ma Jenna? Aveva deciso cosa provare per Chris?

Il tenero sentimento che vidi riflesso nei suoi occhi dorati, non appena si distaccò dall’abbraccio del padre e rivolse il suo sguardo a Chris, mi lasciava ben sperare in evoluzioni piacevoli.

“ Posso presentarvi…”

Disse con tono giulivo, afferrando di nuovo la mano di Chris, che ricambiò la stretta vigorosamente.

“ Il mio compagno?”

Ci chiese, perdendosi nello sguardo ammirato di Chris, che sorrise a quelle parole, chinandosi per baciarle la fronte.

Guardai con meraviglia Edward, che mi sorrise, ammiccando. Alice saltellò e urlò entusiasta, correndo ad abbracciare la sua amica, che ricambiò sorridente.

“ Congratulazioni! Lo sapevo, lo sapevo che sarebbe andata a finire così! Sono tanto felice per voi!”

Esclamò, battendo le mani e facendo ridere Chris.

“ Oh, Jenna!”

Corse ad abbracciarla Suzanne, baciandole la guancia sinistra.

“ Anch’io sono felice, tesoro. Per te, per voi…”

Disse, rivolta ad entrambi, che si osservarono di nuovo, sorridendosi imbarazzati.

“ Come sono teneri.”

Sussurrai all’orecchio di Edward, che mi sorrise, annuendo.

“ Si, è vero. Chris è perfetto per Jenna. Sono felice per loro. Congratulazioni.”

Disse con tono di voce più alto, rivolgendosi ad entrambi, ma soprattutto a Jenna, che ricambiò con calore il suo sorriso, comunicandogli qualcosa telepaticamente, che lo fece ridere, in un sogghigno seducente.

“ Grazie.”

Gli mormorò Jenna, al colmo della felicità.

I giorni che seguirono, furono i più sereni che passai fra le mura di Casa Stuart. Jenna, dopo aver dato un solenne addio ai fantasmi del suo passato, era tornata ad essere serena e vivace, come il primo giorno che l’avevo conosciuta. E forse, era persino più felice.

Chris, dal canto suo, sembrava aver raggiunto uno stato di grazia che lo rendeva adorabile agli occhi di tutti. Entrambi, sembravano essere perennemente avvolti da un alone speziato di tenue paradiso. Non c’era momento, durante la giornata, che non li si trovasse insieme, abbracciati o intenti a parlare di mille cose, seduti fianco a fianco oppure camminando per i sentieri alberati, mano nella mano, incapaci di staccarsi l’uno dall’altra.

Jenna aveva ripreso a dipingere, usando colori più caldi e vivi del blu notte, del nero e del porpora.

Una mattina, affacciata alla balconata che dava sul giardino, la vidi sul bordo della piscina, con indosso una leggera canotta di cotone bianco, lunga fino a metà coscia, leggins neri a fasciarle le gambe e i piedi nudi immersi nell’erba fresca, i capelli lunghi raccolti in un’alta coda, immersa nella composizione di una tela immensa, che luccicava di riflessi azzurri, gialli e d’arancio, sotto i primi raggi del giorno, come la sua pelle adamantina, che brillò di mille pagliuzze di cristallo, anch’essa macchiata degli stessi colori, da cima a fondo. Con le mani, usate come pennelli, si toccò il viso, macchiandolo di giallo e rosso scarlatto, finché, in piena fase creativa, si tolse la canotta con un rapido, secco e seducente gesto, rivelando un busto statuario, il seno coperto da un reggiseno di pizzo nero, lo stesso che Heather le aveva regalato, di ritorno dal suo viaggio a Parigi.

Completamente sporca di colore, contemplò la sua opera, ridendo quando vide Chris osservarla, la bocca spalancata per la meraviglia e gli occhi luccicanti d’amore e desiderio. Ricambiò timidamente il suo sorriso, issandosela sulla spalla destra e ruotando come una trottola sul posto, provocandole altre risate gioiose, finché entrambi non caddero nella piscina, provocando un potente spruzzo d’acqua, che lavò via il colore dalla pelle di Jenna, ricadendo in piccole e scroscianti gocce sui loro corpi, avvinti in un abbraccio infinito, le bocche incollate a scambiarsi un bacio appassionato.

Rimasi ancora un po’ a contemplare quel quadretto d’amore, prima di ritornare da Edward, che mi stava aspettando in camera, disteso sul letto, a torso nudo, pronto a dedicarsi al nostro d’amore.

L’unico che sembrava risentirsi di quello scambio d’effusioni fra i suoi fratelli, era Kayle. All’inizio, sembrava volersi approfittare dell’improvvisa malleabilità della sorella, per chiederle cose in prestito che, altrimenti, in altre situazioni , non avrebbe mai ricevuto.

“ Jenna, mi presti la tua Porsche?”

Le chiese inaspettatamente, prima di andare a scuola, mentre lei era intenta a disegnare, abbracciata a Chris, entrambi semi distesi sul divano del soggiorno.

“ Neanche per sogno.”

“ E dai! Solo per qualche ora.”

“ Ho detto di no. Non insistere.”

Kayle guardò in modo eloquente Chris, che ammiccò, prima d’intercedere per lui, posando piccoli e rapidi baci sul collo di Jenna.

“ Su, Jenna… in fondo, è solo per un paio d’ore.”

Le suggerì amabile, facendola sorridere, mentre si abbandonava al suo tocco.

“ Mmm…”

Mugugnò, mentre lo baciava dolcemente sulle labbra socchiuse.

“ Allora?”

Incalzò Kayle, guardando l’ora e spazientendosi.

“ La risposta la sai, sparisci. Bel tentativo, amore, ma ci vuole ben altro, per smuovermi.”

Disse, rivolta prima a Kayle, che se ne andò via borbottando, e poi a Chris, che rise fra i suoi capelli, baciandola ancora.

“ Non la sopporto più! Credevo che un po’ di sano sesso l’avrebbe raddolcita, ma è diventata ancora più acida. Suzanne, scegli! O me, o lei!”

Esclamò un giorno Kayle, fumando indispettito accanto alla finestra, sulla sua poltrona preferita.

Suzanne rise divertita, non prendendolo affatto in parola. Ma l’umore di Kayle si raddolciva immediatamente, non appena Heather, reduce da un’ondata di shopping insieme ad Alice, si precipitava a coccolarlo, finché il broncio non svaniva dal suo viso, sostituito da un sorriso amorevole ed adulante.

E fu proprio in quel momento di spensieratezza che accadde il peggio. Una nuvola densa di pioggia oscurò il pallido sole, gettando un’ombra scusa sulle vie di Londra e su Villa Stuart. La porta si spalancò in un gesto secco, facendo entrare una raffica di vento gelido.

Tutti ci riunimmo in salotto, compreso Jack, che pose dietro di sé Suzanne, con aria protettiva, circondandole la vita con un braccio. Suzanne lo guardò stranita, sussurrando un “Che succede?” a mezza voce. Sentii indistintamente, fra il clamore della tempesta, la voce di Jack bisbigliare apprensivo:

“ Jenna…”

Saettando gli occhi ambrati, verso la rampa di scale. Ma fu soltanto un attimo, dato ch la sua attenzione, come la mia, fu calamitata all’entrata. Un’indistinta figura si stagliava sulla soglia e proprio mentre si accinse ad entrare, chiudendo contemporaneamente la porta alle sue spalle, udii nel mio orecchio Edward sibilare ed esclamare in un ringhio:

“ Maledizione!”

 

Angolo dell’autrice.

 

Scusate il ritardo immenso, ma l’ispirazione mi aveva letteralmente abbandonata! Ora riprenderò questa storia con costanza! J

Ringrazio Blu_Ice e Fede13 per i loro commenti! Siete carinissime ragazze!!! Fatemi sapere cosa ne pensate anche di questo capitolo, mi raccomando!! ;)

Ringrazio anche tutti coloro che seguono la mia storia, coloro che l’hanno inclusa fra le Preferite e da Ricordare!! Vi adoro tutti/e!! Nessuno escluso/a!! J

Ora, vi lascio con questo attimo di suspense!! ;)

Alla prossima, sempre vostra, Fuffy91!

 

Prossimamente a…

 

Aspettate i miei aggiornamenti nel week-end, intesi?? Vi adoro!! J

<3 <3 <3

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11

Angolo dell’autrice.

 

Scusate l’attesa estenuante, ma gli impegni universitari e alcuni problemi di salute, non mi hanno permesso di dedicarmi alla storia in maniera adeguata! Ma ora, sono tornata e tenterò di aggiornare in maniera più regolare, nel week-end! ;D Ringrazio tutti quelli che continuano a seguirmi in maniera così assidua. Il vostro appoggio è la mia forza.

Ora vi lascio al capitolo, che è molto lungo e ricco di particolari. Leggetelo attentamente, vi servirà in futuro. ;D A presto! Vi adoro! <3

 

Bella

 

Il soprabito nero gocciolante per la pioggia, un cappello stile Casablanca sul capo, l’orlo della visiera a nascondere parte del viso squadrato, gli angoli della bocca rossa e dischiusa, tesi a preannunciare un sorriso, l’alta e scura figura del vampiro appena entrato, oscurò come una nube densa di terrore l’atmosfera serena e pacifica di Villa Stuart.

Jack non smetteva di dardeggiare con gli occhi ambrati il vampiro e le scale, come terrificato all’idea di vedervi spuntare, da un momento all’altro, Jenna e Chris, mentre il braccio destro era teso verso Suzanne, come per proteggerla. Heather e, accanto a lei, un braccio stretto saldamente intorno alla sua vita, Kayle erano entrambi molto vicini al padre, che con la mano sinistra a palmo aperto, fece arretrare di un passo dietro di lui  il figlio. Era come se, in qualche modo, con il suo solo corpo, volesse fare da scudo all’intera famiglia.

Come in una sorta di sottile risonanza nei gesti, Carlisle lo imitò, ponendosi davanti a tutti noi Cullen. Edward mi strinse più forte a sé, attendendo una qualsiasi mossa da parte dello sconosciuto.

Con tutta calma, lo vidi togliersi il soprabito e il cappello, attaccando entrambi sull’appendiabiti in legno classico vicino alla soglia, mostrandoci le spalle, del tutto rilassato e, notai, incosciente, vista la tensione nervosa che aveva scatenato in tutti noi.

A quel punto, pensavo che Jack sarebbe stato il primo a bloccarlo contro la porta, ma, sorprendendomi, non lo fece, preferendo mantenere la sua posizione di difesa. Come Edward, attese paziente che si voltasse.

Quando finalmente lo fece, lo osservai incuriosita. Non nascosi la mia delusione, alla vista di un semplice giovane di appena ventisei o ventotto anni, il viso angoloso, la bocca pronunciata e carnosa, gli occhi di ghepardo di un acceso color ocra, i capelli corti e indisciplinati in semplici onde castano scuro. Era discretamente alto, dal fisico asciutto e magro, anche se i muscoli delle braccia e delle gambe erano visibili al di sotto del completo in giacca e cravatta, classico e rigorosamente nero.

Ad una prima occhiata, non mi sembrava così pericoloso. Era convinta, che sarebbe bastato l’attacco combinato di Jasper ed Emmett per renderlo innocuo. Tuttavia, data la preoccupazione che leggevo negli occhi di Carlisle, la tensione palpabile che proveniva da Jack e la calma vigilanza di Edward, rimasi all’erta, lo scudo istintivamente attivo.

“ Jackson!”

Esclamò all’improvviso il vampiro, assordandomi con la sua voce vigorosa da tenore.

Era chiaro che si stesse riferendo a Jack, che gli rispose guardingo.

“ Charles.”

Il vampiro di nome Charles sorrise. Era un sorriso a metà, uno di quelli prodotti solo dall’arcuarsi di un solo angolo della bocca. Un sorriso fin troppo breve, per arrivare agli occhi, che rimasero freddi e innaturali.

Non mi piacque, non mi piacque per niente e di riflesso, il mio scudo si staccò da me di appena due millimetri.

“ Sai, è davvero curioso… i casi della vita… non ci ho mai creduto, ma ora mi sorprendo a ricredermi.”

Continuò Charles, incurante del gelo che gli regnava intorno. Per niente turbato dalla fredda accoglienza ricevuta, iniziò a blaterale con tono di voce morbido e suadente, una sequela di parole illogiche, i classici preludi fra amici di vecchia data, che non s’incontrano da molto tempo e che, una volta rivisti, sciolgono il ghiaccio con discorsi banali.

Come se fosse a casa propria, iniziò a percorrere il soggiorno a grandi passi, guardandosi intorno, deliziandosi di particolari di poco conto, come il colore delle tende, quello delle pareti, i soprammobili sul camino in marmo pregiato… fino a sedersi su una poltrona, accavallando le gambe e assumendo una posa aristocratica.

Prese fra le mani un pacchetto di sigarette lasciato lì, per caso, da Kayle, facendolo ruotare leggero fra le dita, aprendolo e annusandone il tabacco, sempre sorridente e sotto gli sguardi indagatori di tutti.

“ Come mai sei qui, Charles?”

Charles non gli rispose subito, osservandolo da sopra il pacchetto, per poi gettarlo sul tavolino in vetro raffinato, con un gesto svogliato.

“ Sono stato ad un funerale. Una donna è morta ieri sera. Causa della morte: dose eccessiva di psicofarmaci. Era depressa da più di tre mesi, ormai. Suo marito era morto in un incidente stradale e lei non si è più ripresa d’allora. Negli ultimi tempi, sembrava aver riacquistato un po’ di vita, grazie all’appoggio indispensabile di un misterioso uomo dell’alta finanza, uno straniero affascinante e… volitivo.”

Di nuovo quel mezzo sorriso a distorcergli la bocca, lo sguardo ironico puntato in quello di Jack, impassibile.

Si guardarono per pochi istanti. Sembrava che Charles attendesse un commento di Jack, che non arrivò. Così, il vampiro continuò, distogliendo lo sguardo dal suo.

“ Ho notato che i funerali non sono più quelli di una volta. Si piange di più e si sparla di meno. Sembra quasi che gli umani si stiano sensibilizzando maggiormente, nei riguardi del prossimo e che siano sinceramente colpiti dalle tragedie altrui. Che sia un virus tragico-patetico, ad influenzarli?”

Sembrò riflettere sulle sue parole per lunghi secondi, per poi alzarsi dalla poltrona e dirigersi fin troppo lento al piano di Jenna. Si sedette allo sgabello, alzando la copertura mentre proseguiva il discorso, velocemente:

“ Anche i requiem non sono più quelli di una volta. Così deboli, così melensi!”

Esclamò, con voce tonante e disgustata, iniziando a suonare un triste e forte requiem.

“ Ah! Mozart! Non c’è suono più lugubre, non ti sembra?”

Disse, rivolto sempre a Jack, guardandolo negli occhi, solo e soltanto lui, come se noi e il resto degli Stuart non esistessimo. Era molto bravo a suonare il piano e c’era qualcosa in quelle note forzatamente arrabbiate, che mi rammentò un’altra melodia, più rabbiosa e angosciata. Rabbrividii, al ricordo delle musiche cariche di risentimento suonate da Jenna, poche settimane fa, quando ancora credeva di odiare profondamente Chris. Il modo in cui suonava Charles era spaventosamente simile a quello della vampira.

“ Queste sono le melodie giuste, da comporre per un funerale. Anche quelli non ufficiali.”

Meditò sulla sua ultima frase, gli occhi fissi davanti a sé, la bocca stretta, ora, in una linea dura.

“ Anche quando il corpo del defunto è spezzato in tanti piccoli pezzi. Braccia… gambe… testa… dorso… busto…”

Ogni parola, era una nota più dura. Cominciai a rabbrividire per la tensione.

“ E poi, naturalmente, bisogna deporre le parti in un recipiente adeguato. Una cassa magari? In legno di frassino, possibilmente, con intarsi alessandrini. Molto raffinata, molto costosa.”

Continuò il suo discorso macabro, facendomi agitare sul posto, colta da un nervosismo improvviso, che cresceva sempre di più. Avrei voluto che la smettesse subito con quel discorso. Avrei voluto che smettesse di suonare quel corteo funebre. Avrei voluto che se ne andasse.

Sentii Kayle sibilare un ringhio acuto e le braccia di Edward farsi più salde sulla mia vita, le dita ad accarezzarmi i fianchi, come a tranquillizzarmi.

“ E poi, cosa farne? Ah, ma certo! Il fiume.”

Le dita si arrestarono sulla tastiera, componendo note stridule e forti, che vibrarono nel silenzio pesante che era disceso fra tutti i presenti. Smisi di ansimare agitata, quando quel suono orribile non cessò del tutto.

“ Sento ancora il rumore di quelle acque fetide cozzare contro il legno, spingerlo sulle rocce e frantumarlo. Quelle acque torride e putride, con rane e rettili di ogni sorta ad infestarne il fondo.”

Mormorò con tono mortale, per poi voltarsi lentamente verso Jack, per fulminarlo con lo sguardo.

Jack lo sostenne, ma non aspettò che fosse nuovamente lui a rompere il silenzio. Sembrava quasi non volerlo per niente incoraggiare.

“ Sarai sorpreso di vedermi, vero Jack?”

Disse, sibilando il suo nome fra i denti.

“ In realtà, Charles, mi sorprendo che tu non sia venuto prima a porgermi visita.”

Disse con flemma Jack, come se stesse parlando del tempo.

Le labbra di Charles, si curvarono nuovamente in quel mezzo sorriso, quasi derisorio.

Si alzò finalmente dal piano, avanzando verso Jack, le mani nelle tasche dei pantaloni, il passo misurato.

“ Sempre così garbato, Jack, mi compiaccio.”

Si risedette sulla poltrona, assumendo la stessa posa di poco prima.

“ L’hai uccisa tu, non è così? Quella donna.”

Gli chiese Jack, facendolo sorridere, questa volta apertamente.

“ Naturalmente.”

Confermò, per nulla turbato.

“ Sapevo che saresti venuto, prima o poi. Ho riconosciuto la tua firma, in alcuni suicidi della cronaca nera, nelle ultime due settimane. Vedo che hai abbandonato la tua predilezione per le bambine.”

Charles sorrise, giocando con la linguetta della cravatta del suo completo, facendola scivolare fra le dita.

“ Mi ero stancato di ricoprire il ruolo di lupo cattivo. Le Cappuccetto Rosso diciottenni davvero succulente, sono quasi del tutto estinte, al giorno d’oggi.”

“ Quindi, sei passato a prede più mature.”

“ Esatto. Le vedove sono il mio piatto forte, ultimamente. Ma anche le disperate, mi attraggono particolarmente. L’importante è che non abusino di antidepressivi. Guastano tutto il sapore.”

Sembrava che Charles si divertisse a provocare Jack, assillandolo con i racconti dei suoi omicidi, con dovizia di particolari.

Più lo osservavo e più cresceva, in me, il disgusto nei suoi confronti. Era per i vampiri come lui, che Carlisle aveva preferito scegliere una via alternativa a quella dell’assassino assetato di sangue umano, secoli fa. Era per i sadici come lui, che provavano piacere ad uccidere, che Edward si era ostinato così tanto a non trasformarmi, per tenermi lontano da quel tipo di tentazione. Come se potessi cedere a quel peccaminoso, violento e contorto modo di vivere!

Charles incarnava tutto ciò che noi Cullen non tolleravamo, in quelli della nostra razza. Quello che mi stupiva, era come un tipo equilibrato e buono d’animo come Jack, potesse conoscere uno come lui.

“ Dov’è?”

Chiese, improvvisamente, Charles, la bocca vibrante nascosta sotto l’incrocio delle mani dalle dita lunghe intrecciate.

“ Dov’è chi?”

Controbatté Jack, sempre calmo, ma teso ed immobile nella sua posizione.

“ Non fare il finto tonto. Non lo accetto. Non più.”

Gli rispose duramente Charles, abbandonando ogni ironia, fulminandolo con lo sguardo affilato, con il nero acceso delle sue iridi, al di sotto delle ciglia lunghe.

Jack non gli rispose, sostenendo il suo sguardo con fin troppa calma. La mascella contratta mostrava fin troppo bene il suo nervosismo.

Charles sembrò accorgersene, tanto che ritornò sul suo volto a dipingersi quell’odiato sorriso.

“ Di cosa hai paura, Jack? Mi hai già ucciso una volta, ricordi?”

Per la prima volta, vidi sul volto di Jack accennarsi una sfumatura di rabbia sul suo bel viso, sentimento che non avevo mai visto possederlo, in quelle poche settimane passate insieme a lui e alla sua famiglia. Mostrando la stessa fierezza di un giovane David che affronta senza timore il crudele gigante Golia, lo sentii sibilare irritato, un ringhio trattenuto fra le labbra serrate, un fischio acuto tra i denti stretti, mentre con lo sguardo dalla fronte corrugata, seguii il movimento repentino di Charles, l’attimo dopo essersi alzato nuovamente dalla poltrona.

Dopo aver vibrato nell’aria una risatina di scherno, Charles si arrestò a pochi metri dal nostro gruppo compatto, che si strinse ancora di più come di riflesso – Edward rafforzò la presa sul mio braccio destro e il suo respiro tiepido mi solleticava la cute dietro l’orecchio destro, tanto eravamo vicini – e, proprio di fronte a Jack, gli disse irrisorio:

“ Mi sorprendi! Dimmi, Jack: credevi davvero… no, sul serio… che io potessi rimanere in disparte, mentre tu continuava a vivere la tua esistenza, che io stesso, ironia del fato, ti avevo donato secoli orsono? Ah, e naturalmente, dopo che tu hai cercato di uccidermi?”

Gli chiese, sempre con lo stesso tono leggero e sorridente.

Jack non rispose a nessuna delle sue domande, mentre l’odio nei suoi occhi, screziati di pagliuzze nere nelle iridi ambrate, aumentava ad ogni parola del vampiro.

“ Senza offesa, ma la tecnica dello smembramento, non ha senso se tu non incendi le parti lese. Come vedi, non è servito a niente farmi a pezzi e nascondermi in una cassa di legno, gettandola nel Mississippi. Quando la cassa è finita sulle rive di una desolata campagna e una graziosa contadinella ha avuto il delizioso riguardo di aprirlo nel chiuso della sua stanzetta, è stato facile a quel punto, per me, ricompormi. E quale gioia è stata per me, riavermi dal turbolento viaggio che mi avevi costretto a fare, dissetandomi di quella dolce famigliola. Oh, non ti angustiare! Ho lasciato la più piccola per ultima.”

“ Sei un mostro.”

Disse Kayle, con una tale carica d’odio nella voce profonda, da farmi rabbrividire.

Charles perse ogni benevolenza nel volto, voltando il capo verso di lui, in un movimento invisibile, gli occhi sanguinei e folli mentre lo zittiva, con voce imperiosa e crudele:

“ Zitto, moccioso! I bambini tacciono, quando i grandi discutono!”

Kayle gli ringhiò contro, ma Jack lo fece tacere con una mano alzata verso di lui, spostandolo con un braccio dietro di lui ancora di più, lontano dallo sguardo scuro di Charles.

“ Piuttosto maleducati, i tuoi bambinetti.”

Disse Charles, sorridendo irrisorio ad un arrabbiato Kayle, che dardeggiò con lo sguardo il padre, risentito.

Ma il mezzo sorriso scomparve subito dal volto di Charles, tramutandosi in una maschera d’odio contro Jack. Subito dopo, con voce sommessa e vibrante un antico risentimento, gli mormorò:

“ Credevi davvero che te l’avrei fatta passare liscia, Jackson? Ma guardati, cosa sei diventato! Giochi a fare l’umano, nella tua bella casa, con la tua famiglia, i tuoi marmocchi, con l’odore della tua puttana attaccato sulla pelle.”

Jack ringhiò in maniera fragorosa, tanto che fu Carlisle a fermarlo, trattenendolo con un braccio. Jack era acceso da un profondo odio verso Charles, che rise sonoramente, divertito dal suo tentativo di attaccarlo.

“ Non insultare mia moglie! Bastardo!”

“ Calmati, Jack.”

Gli disse Carlisle, mantenendo il suo tono calmo.

“ Avrei dovuto ucciderti meglio, l’ultima volta!”

Continuò Jack, urlando fra un ringhio e un altro, mentre Carlisle e Suzanne lo spingevano al suo posto. Kayle e Emmett sembravano attendere un solo cenno da lui o da Carlisle, pronti a balzargli addosso in qualunque momento. Si scambiavano sguardi complici, che non lasciavano nulla all’immaginazione.

“ Basta, calmati Jack!”

Gli intimò perentorio Carlisle, lasciandolo solo quando i suo spasmi di rabbia non furono cessati.

Nel frattempo, Charles si era accasciato sulla poltrona, ridendo a crepapelle, talmente forte da trattenersi la pancia con le mani.

“ Così fai solo il suo gioco. Non lasciare che le sue parole ti feriscano. Non ne vale la pena.”

Quando vidi Jasper, su invito silenzioso di Carlisle, farsi più vicino a Jack, solo allora riacquistò la calma che gli era propria. Ringraziò con un bisbiglio Carlisle e strinse la mano di Suzanne sul suo petto, accennando un lieve sorriso.

Anche i fragori delle risate di Charles sembravano essere cessati, ma sapevo che il potere di Jasper questa volta, non avevo meriti.

Per la prima volta, Charles osservò Carlisle, soppesandolo con lo sguardo, un’analisi accurata a cui Carlisle non si sottrasse, il volto fiero pronto a rispondere a qualsiasi sua mossa.

“ Ah, certo! Ora ricordo…tu sei il prete!”

“ Prego?”

Gli chiese Carlisle, arcuando un fine sopracciglio biondo. Charles riservò soltanto a lui, quel mezzo sorriso irritante.

“ Ma si, il prete. Lo strano vampiro che mi ha portato via Jackson.”

Disse, accostandosi a pochi metri da lui, il volto reclinato da una parte, in un atteggiamento curioso.

“ Tu e le tue idee bislacche… il concetto del grande vampiro, dell’anima conservata e un mucchio di sciocchezze di questo tipo.”

“ Sta lontano da lui. Carlisle non c’entra niente. La questione è fra e te.”

Gli disse Jack, richiamando la sua attenzione. Ma Charles lo ignorò, continuando ad osservare con una strana espressione neutra ed insondabile Carlisle.

“ Avrei dovuto capirlo subito, che il tuo incontro con lui lo avrebbe deviato e portato via dalla strada sicuramente più naturale, su cui lo stavo guidando. Ma, per amore suo…”

Disse, indicando con la mano Jack, che l’osservò con un vago senso di timore:

“ Ho lasciato correre. In fondo, io volevo solo la sua felicità. Ma tu, non hai potuto esimerti dall’affondare i tuoi artigli su di lui, più di quanto non avessi già fatto, non è vero?”

Gli chiese ancora, soave.

“ Smettila, adesso basta, Charles! Prenditela con me, non con lui. Sono io quello che ha tentato di ucciderti, non Carlisle. Lascialo fuori da questa storia.”

Gli disse Jack, con tono incalzante. Capii che la sua paura non era dovuta nei riguardi della sua persona, ma in quello che Charles avrebbe potuto fare a Carlisle. E il tono amichevole di Charles, era temibile più di qualsiasi altro che avesse mai usato fin d’allora, perché era ricco di sottintesi.

Questa volta, fu Edward a sibilare un ringhio fra i denti, forse per qualcosa che aveva letto nella sua mente.

Charles gli sorrise, come se fosse cosciente del suo potere mentale, per poi rivolgersi a Jack:

“ Quanto ardore, Jackson! Tieni così tanto al tuo amico del cuore?”

Improvvisamente, il suo sguardo mutevole si fece triste, quasi angosciato, un sentimento che non avrei mai creduto di vedere sul suo volto così bello ma crudele:

“ Un tempo avresti difeso me, così ardentemente. Eravamo così uniti, nessuno poteva separarci… così legati, così felici…”

Disse Charles, abbassando lo sguardo, quasi sul punto di piangere. Ne rimasi colpita. Sembrava soffrire davvero di un dolore straziante. Anche Jack trasalì di fronte a quell’espressione addolorata, sorpreso. Ma l’attimo durò poco. Jack si voltò in un gesto repentino, ringhiando forte, irato:

“ Ma tu, hai rovinato tutto! Tutto quello che avevamo costruito, insieme! L’amicizia che ti ho sempre offerto, l’amore che ti ho sempre dimostrato, non hanno contato più niente per te! Niente!”

Disse, urlando in maniera straziata, fuori di sé per sentimenti indecifrabili.

Jack lo osservava, ora inespressivo.

“ E tutto per lei…”

Lei? In un primo momento, pensai a Suzanne, che lo guardò con espressione corrugata. Ma le parole successive di Charles, smentirono la mia ipotesi.

“ Quella piccola intrigante! Viziata, egocentrica, superba… Jenna.”

Sputò il suo nome con rabbia, odio e disgusto insieme. Il suono assunto dalla sua voce, in quel preciso istante, arrivò alle mie orecchie in un’eco raccapricciante. Dietro di me sentii Edward irrigidirsi e, guardando il suo sguardo attento e teso, capii che era quello il momento che stava attendendo con tanto scrupolo. Il momento, in cui Charles avrebbe nominato Jenna.

“ Accettai di trasformarla e di accoglierla fra di noi per te, solo per te. Perché ci tenevi moltissimo, inspiegabilmente. Quella ragazzina ti aveva toccato il cuore come io, ora soltanto me ne rendo conto, al sopraggiungere dei fatti trascorsi, non ero riuscito a fare in tanti anni.”

Disse, quasi fra sé, per poi puntare il dito indice verso Jack, che rimase ostinatamente impassibile, come prima non era riuscito a fare.

“ E’ per questo che lo hai fatto, vero? E’ per lei, solo ed esclusivamente per lei che mi hai fatto a pezzi, in un momento di vulnerabilità, messo in una cassa e gettato in quel dannato fiume, vero?”

Jack abbassò lo sguardo, corrugando la fronte per lo sforzo. Ma Charles non si arrese:

“ Non è forse così, Jack? E’ per lei che mi hai lasciato morire, vero?”

Lo incalzò, finché non esplose:

“ Rispondimi, Jackson Richard Stuart!”

“ Si!”

A quell’esclamazione, Charles si bloccò istantaneamente, la bocca socchiusa, ansimante. Con la stessa velocità, si riprese, schiarendosi la voce e sorridendo quasi lieto.

“ Bene. L’importante è ammetterlo, no? Ti era così difficile, farlo?”

Jack non gli rispose, ma mi sembrò meno sicuro di sé, ora. Mi dava l’impressone di sentirsi scoperto.

“ E tu hai gettato al vento anni di amicizia, solo per quella femmina? Ti compiango, Jack, davvero. Non credevo fossi capace di cadere così in basso. Tu, che eri la mia opera d’arte. Il migliore, persino di me.”

Disse, indicandosi, portandosi una mano al petto, lo sguardo pieno di biasimo puntato su di lui.

Tutti quei suoi repentini cambi di umore, mi stavano facendo impazzire. Era come stare dietro alle voglie di una donna incinta e bisbetica. Bisognava rimanere pazienti, ma sempre irremovibili. Ma con Charles, era quasi impossibili non lasciarsi trascinare dall’irritazione.

“ Tu non l’hai mai veramente accettata. Fingevi di amarla. Ma in realtà, la odiavi con tutto te stesso.”

Disse Jack, lo sguardo lontano anni luce, immerso in ricordi secolari.

“ Odiarla? No, al contrario. Io amavo, anzi, amo Jenna. Alla follia. Ciò che non capisco è, perché non ammettere che la ami anche tu.”

“ Ma io la amo. Sempre.”

Disse Jack, accoratamente, osservando Charles, che gli disse, quasi risentito:

“ Come tua amante.”

Jack scosse la testa, fermamente.

“ No. La mia gioia, il mio amore… la mia bambina. Mia figlia.”

Nostra figlia.”

Rimarcò subito Charles, duramente.

“ Nostra. Mia e tua. Tu me l’hai tenuta lontana da troppo tempo, ormai. E’ giunto il momento, che Jenna venga con me. E’ per questo che sono qui.”

Ad ogni parola, il volto di Jack s’induriva e Charles continuò, incurante del suo stato, specificando ancora:

“ E’ per questo che sono venuto a trovarti. Per portare Jenna con me.”

Il suo sorriso, questa volta ampio, si fece velenoso e crudele:

“ Per vivere insieme a lei, per il resto della sua vita.”

Jack s’innervosì nuovamente.

“ No. No, non te lo permetterò. Jenna… Jenna…”

“ Jenna non è come te.”

Quella frase sembrò colpire Jack, che rimase in silenzio. La sua famiglia lo guardò stranita, inclusa io.

“ E lo sai anche tu. Lo ha dimostrato già da piccola e immagino che lo abbia dimostrato anche ultimamente. Oh, ho colpito nel segno, vedo!”

Disse, notando il turbamento sul volto di Jack. Charles gli sorrise quasi comprensivo.

“ Dammi retta. Gli farà bene passare un po’ di tempo con me. La rilasserà un po’. In fondo, le voglio bene, lo sai. Non farei mai nulla che possa turbarla.”

Disse, sorridendo in modo carezzevole, tuttavia mi parve soltanto sinistro il suo tentativo di riappacificazione. E la mia, non fu un’impressione isolata, a giudicare dai visi increduli e irritati di tutti.

“ No?”

Chiese a Jack, che non gli rispose. Il suo diniego era dipinto palesemente sul suo viso.

Charles si avvicinò a Jack, borbottando un:

“ Molto bene, ascoltami.”

Per poi iniziare ad aggiustargli i risvolti della camicia. Notai che era pochi centimetri più basso di Jack, ma comunque non meno temibile.

Kayle e Emmett si tesero di riflesso, i pugni stretti. Edward trattenne Emmett per l’orlo della t-shirt, come ad intimarlo di mantenere la calma.

“ Facciamo così. Tu, mi lasci parlare con Jenna. Vediamo cosa ha da dire, ci facciamo una bella chiacchierata, rivanghiamo i vecchi tempi, tu starei molto attento alle sue reazioni e quando capirei che è il caso, per me, di ritirarmi perché non c’è nessuna speranza di convincerla…”

Trasse un profondo respiro, rifacendogli la cravatta blu scuro del suo completo, tirando su con destrezza il nodo.

“ Me ne andrò.”

“ Te ne andrai?”

Gli chiese, scettico.

Charles fece spallucce.

“ Ovvio. Se incontro un muro, che motivo c’è di abbatterlo, se la stanza che è al suo interno è vuota? E’ improduttivo.”

“ Va bene.”

Rispose un’altra voce, facendosi voltare tutti verso le scale. Sul gradino più alto, c’era Jenna, con la mano destra stretta a quella di Chris, saldamente, come se volesse trattenerlo. Quando sollevai lo sguardo verso di lui, capii che era da un po’ che stava combattendo contro l’istinto di scagliarsi contro Charles.

“ Vuoi parlare, Charles? Parliamo.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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