felice di andare alle Hawaii Kate?

di bice_94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** praparativi ***
Capitolo 3: *** partenza ***
Capitolo 4: *** arrivi e conoscenze ***
Capitolo 5: *** 5- buonanotte ***
Capitolo 6: *** buon risveglio ***
Capitolo 7: *** inizio.. allenamento ***
Capitolo 8: *** fatiche e miglioramenti ***
Capitolo 9: *** passeggiato in riva al mare? ***
Capitolo 10: *** cambiamenti ***
Capitolo 11: *** incubi e semplici cure ***
Capitolo 12: *** esperimenti e risultati.. ***
Capitolo 13: *** paure e.. sorprese ***
Capitolo 14: *** errori e soluzioni ***
Capitolo 15: *** vecchi e nuovi aiutanti per vecchi e nuovi problemi ***
Capitolo 16: *** luce di luna ***
Capitolo 17: *** buonanotte piccioncini ***
Capitolo 18: *** cara caotica e calda New York ***



Capitolo 1
*** capitolo 1 ***


Caldo.
Solo un torrido e asfissiante caldo.
New York era praticamente assediata da quell’ondata di calore da una settimana e tutti, nessuno escluso, cercavano disperatamente un modo per poter avere un po’ di quel tanto desiderato refrigerio.
L’asfalto era diventato così rovente da rendere ogni uscita per strada un’impresa ardua, il vento sembrava essersi preso una vacanza, e quel poco che era rimasto, sembrava provenire dal deserto.
Il sole continuava a farsi largo senza tregua.
Perfino quell’ammasso di gente che ogni giorno imperversava per le strade della città sembrava diminuito a causa di quel caldo insopportabile.
E la situazione non sembrava essere diversa al dodicesimo distretto.
In un angolo stava seduti, senza dare grandi segni di attività, Ryan ed Esposito.
Sulle loro sedie, continuavano a sventolarsi con un giornale preso da uno scaffale dimenticato, mentre chiudendo gli occhi, si immaginavano in qualche posto lontano da New York.
Il più lontano possibile, magari in Antartide, a ballare con i pinguini!
Poco lontano stava invece la detective Beckett e il suo fedele scrittore: Richard Castle.
In quei giorni tutto sembrava essersi fermato, sembrava essere diventato più lento.
Tutto, perfino gli omicidi.
Non c’erano stati casi interessanti da due settimane e l’atmosfera era di una calma quesi surreale.
C’erano momenti in cui la detective aveva sperato in questo genere di relax, ma ora, con quel caldo assurdo e con quella noia mortale, stava quasi desiderando un omicidio.
Ok, era una cosa piuttosto sgradevole, ma stava diventando pazza.
Pazza sul serio.
Non aveva mai amato particolarmente il caldo.
Diventava insofferente e più irritabile del solito, soprattutto se vicino a lei aveva un Castle più bambino del solito.
Sembrava che lo scrittore provasse un particolare senso di soddisfazione nel vederla così nervosa.
C: ahahah.. Beckett sembra che ti sia passato sopra un tir e che abbia fatto anche marcia indietro.
La detective si voltò di scatto, fulminandolo con lo sguardo.
C: ok, ok, stavo solo scherzando! Sai che non potrei mai dire una cosa simile seriamente.
B: Castle, ti rendi conto che ora come ora potrei risultare piuttosto pericolosa?
La donna se ne stava seduta alla sua scrivania, penzolando la testa all’indietro.
C: non oseresti.
Castle sfoggiò uno dei suoi ghigni soddisfatti, facendo innervosire ancora di più la detective.
B: non sfidarmi, perché comincio ad essere in astinenza da… omicidi. Quindi.. non vorrei che il prossimo debba essere proprio io a commetterlo!
La donna lo guardò, inarcando un sopracciglio.
C: ok, recepito il messaggio. Sto zitto.
B: oh, grazie.
La donna sospirò e tornò nella sua rilassante posizione.
Castle si appoggiò con i gomiti alla scrivania, con un’espressione imbronciata sul volto.
C: però così mi annoio.
La donna non lo degnò di risposta, limitandosi ad alzare lo sguardo brevemente.
C: ecco! Ho trovato!
Lo scrittore si era alzato di botto, quasi gridando.
Anche Ryan ed Esposito si erano rivolti verso di lui, richiamati da quel rumore brusco che aveva interrotto quel lunghissimo silenzio del distretto.
Beckett sospirò, preparandosi a quella che sarebbe stata la più grossa stupidaggine mai detta da Castle.
Ormai aveva imparato a conoscerlo e sapeva che quando si annoiava il suo cervello di uomo semi-adulto si metteva automaticamente in modalità “neonato”.
B: cosa Castle?
C: potremmo organizzare dei giochi da fare!
La donna lo fulminò.
B: sei impazzito? Capisco che al momento non abbiamo gran che da fare, ma siamo sempre in un distretto.
Ryan ed Esposito si erano alzati non appena avevano sentito la parola gioco e si stavano avvicinando verso i due.
E: e dai Becks! Che vuoi che succeda? E poi saremo sempre pronti, se mai dovesse esserci qualche novità, no?
Anche Esposito iniziava a sperimentare lo sguardo da cucciolo, che Castle aveva già inserito.
R: oh, te lo appoggio anche io amico!
B: siete insopportabili! Veramente dei bambini insopportabili.
Nonostante ciò, anche la donna sorrise e si mise più dritta a sedere.
 
Erano passate due ore e i quattro se ne stavano attorno alla scrivania a giocare al bel classico fiori, frutti e città.
E: ma dai, così non vale!
Castle sorrise, soddisfatto di se stesso.
C: come no? è colpa mia se sono imbattibile?
R: e ci credo, sei uno scrittore! Chi credi che sappia più parole di te?
La detective ghignò, avendo appena finito di contare il suo punteggio.
B: io mio caro scrittore. A quanto pare, la vincitrice sono io!
Castle sgranò gli occhi e strappò di mano il foglio alla donna.
C: ma non è possibile!
B: oh, si! sono fortissima! Vincerò sempre, qualunque gioco tu proponga!
E: oooooh, grande Becks. Hai sconfitto il ragazzo nel suo campo? Grande!
Ryan, Esposito e Beckett si diedero il cinque, lasciando Castle a dir poco insoddisfatto.
C: non ci credo! Voglio la rivincita!
Proprio in quel momento, però, la voce del capitano riportò l’intera squadra alla realtà.
M: ragazzi, vi dovrei parlare, nel mio ufficio.
R: eccoci.
La detective si alzò e, passando, mise lascivamente una mano sulla spalla di Castle e si abbassò, arrivando a parlare nell’orecchio dello scrittore.
B: oh, su, non te la prendere così Castle. Avremo altre occasione in cui potrò schiacciarti come si deve. Ora andiamo.
L’uomo rimase per un attimo sconvolto.
Scosse vistosamente la testa, susitando le rise di Ryan ed Esposito, e si diresse velocemente nell’ufficio di Montgomery.
 
M: ragazzi, per il terzo anno mi hanno informato che sta per iniziare un particolare addestramento per nuovi aspiranti detective, ancora nel pieno degli studi.
C: wow, è come un campo estivo?
Lo scrittore ricevette un’occhiataccia da tutti gli altri e si limitò ad alzare le spalle in segno di scuse.
M: qundi.. stavo dicendo, che mi hanno chiesto di inviare dei detective come addestratori. In questi anni, ho sempre mandato qualcuno che non fosse impegnato, ma sempre semplici agenti. Quest’anno però.. non avendo casi per le mani e, visto che ve ne dovete stare qui a giocare a fiori, frutti e città..
Detto questo guardò i quattri detective che abbassarono quasi contemporaneamente lo sguardo.
M:.. ho pensato di mandare voi. Siete i miei miglior detective e chi potrebbe essere un addestratore più adatto di voi?
E: no, no.. sta scherzando?
B: ma signore.. è sicuro di quello che dice?
M: mai stato più sicuro. E non accetto un no come risposta. Questo era implicito.
R: no, per favore.
M: non sento discussioni. Il campo si trova sulle spiagge delle Hawaii, in un territorio messo a disposizione dal governo. Vi occuperete di quei ragazzi. Dovrete tirare fuori da loro dei detective alla vostra altezza, sono stato chiaro?
B: e se succedesse qualcosa qui in città?
M: non preoccupatevi, non solo voi siete degli ottimi detective Ce la faremo senza di voi. E.. Castle, se vuoi puoi andare con loro.
Beckett si voltò immediatamente verso l’uomo, scuotendo la testa, facendogli capire quanto non desiderasse la sua presenza in quella situazione che sembrava inverosimile già di per sé.
Castle capì perfettamente, ma ghignante, accettò felice come un bambino.
C: oh, si! Non vedo l’ora. Grazie mille Roy.
B: oh, perfetto. Ora siamo a posto!
M: bene, per me è tutto. La partenza è prevista tra due giorni. Buon lavoro ragazzi.
I tre si scambiarono uno sgaurdo rassegnato.
E/R/B: lo faremo.
Uscirono dall’ufficio e si diressero verso le rispettive scrivanie con uno sguardo torvo, mentre Castle li seguiva eccitato come non mai.
C: felice di andare alla Hawaii Kate?
La donna lo guardò male, suscitando la risata cristallina dello scrittore. 

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Capitolo 2
*** praparativi ***


Ryan, Esposito, Castle e Beckett avevano così lasciato il distretto in tarda serata, dopo aver sbrigato le ultime pratiche prima dell’improvvisa partenza.
Il piano era semplice: si sarebbero incontrati all’aeroporto alle 10.00 spaccate così da avere abbastanza tempo per fare il check in e tutti gli ultimi preparativi.
Esposito sarebbe passato a prendere Ryan e immancabilmente Castle si sarebbe occupato della detective.
Non che Beckett ne fosse entusiasta, o almeno questo voleva far credere agli altri.
Lasciò Castle sotto casa sua, prima di precipitarsi a fare i bagagli.
C: allora siamo d’accordo. Domani alle 9 passo a casa tua.
Beckett sospirò.
B: non ho ancora capito perché sei tu a dover prendere la macchina.
C: perché sono di strada. Invece tu dovresti solamente allungare il percorso. Quindi, mia cara detective, domani ti affiderai alla mia sublime guida.
La donna roteò gli occhi.
B: me lo immagino. Ringrazierò se saremo in aereoporto tutti interi.
C: ehy, io sono bravissimo.
La donna sorrise, vedendo Castle imbronciato come un bambino.
B: buona serata Castle. A domani. E puntuale mi raccomando.
Castle la salutò con un sorriso a dir poco abbagliante.
Uno di quei sorrisi che illuminava il viso dello scrittore e che lo rendeva irrimediabilmente affascinante.
Uno di quei sorrisi innegabilmente rivolti solo alla detective.
C: buona serata a te Beckett.
 
La casa quella sera era più vuota del solito.
Martha era uscita, probabilmente con il suo nuovo pseudo-fidanzato, perciò l’unica che avrebbe potuto accoglerlo era il suo piccolo angelo.
C: tesoro, ci sei?
Si sentirono dei passi leggerissimi e veloci per le scale e Castle sorrise automaticamente.
Adorava quel rumore.
Sapeva di casa.
A: papà! Finalmente! Sei tornato tardi stasera.
Castle abbracciò delicatamente la figlia, assaporando quella tenerezza che ogni volta riscaldava il suo cuore.
C: lo so, ma sai com’è Beckett.. è una donna malvagia, una dittatrice instancabile.
Alexis si staccò per un momento, guardandolo di traverso.
A: si, papà. Non sei credibile. Come minimo sarai stato anche oggi a giocare in ufficio.
C: ehy, stai insinuando che tuo padre è uno scansafatiche?
Alexis fece finta di pensarci.
A: eeeeem.. si, assolutamente.
La ragazza si staccò velocemente dal padre, facendogli una linguaccia.
Castle rise e rincorse la figlia.
Alexis era ormai qualcosa di molto simile a ciò che potrebbe essere definito come donna.
Eppure questi momenti di scherzo, di gioco erano qualcosa a cui sembrava non voler rinunciare.
Suo padre era stato per lei il primo amore, il primo idolo, il primo eroe e, in fondo, lo sarebbe sempre stato.
Seduti sul divano, ancora con il fiatone, guardavano il soffitto.
C: sai, domani parto.
Alexis si mise a sedere più dritta, incrociando le gambe e facendosi interessata.
A: e dove vai?
C: alle Hawaii.
L’espressione della ragazza fu piuttosto curiosa.
A: alle Hawaii? A fare? Con chi?
C: lo sai, quando fai così sembri quasi tua nonna.
Alexis gli diede una pacca sul petto.
C: ok, ok. Parto con gli altri del distretto per un corso di addestramento. Due settimane.
La ragazza scoppiò a ridere.
C: che c’è?
A: tu.. che fai addestramento..? o mio dio.. perché devo sempre perdermi queste scene epiche?
Lo scrittore la guardò male.
A: va bene, scusa. E dimmi. Ci sarà anche Beckett?
La sua faccia divenne maliziosa come non mai.
C: certo. E tu-non-fare-quella-faccia!
A: che faccia?
C: su hai capito… Quella!
Alexis si fece improvvisamente più seria.
A: gliel’hai detto?
Castle abbassò gli occhi.
C: detto cosa?
A: ora chi è che fa il finto tonto? Gliel’hai detto di Gina?
C: no, e non credo le interessi.
A: ma su papà. La sai anche tu che non è cos-..
Castle si alzò di scatto.
C: vieni a darmi una mano con le valigie?
Alexis sospirò.
A: è più testardo di un mulo.
Disse sottovoce.
A: arrivo.
 
Appena aveva lasciato Castle sotto casa, Beckett aveva pensato di chiamare Lanie per farsi dare una mano con le valigie.
La dottoressa era diventata il suo punto fermo.
Era l’unica in grado di dargli una scrollata, di metterla davanti alla situazione cruda e semplice.
Era la sua fedele confidente e la persona che forse meglio la conosceva.
La passò a prendere e arrivarono all’appartamento nel giro di pochi minuti.
L: sai tesoro, ho una fame!
Beckett lasciò le chiavi distrattamente sul piccolo tavolo alla sua destra, prima di richiudere la porta dietro di sé.
B: anche io, ma credo dovremmo ordinare un bel po’ di pizza. Nel mio frigorifero non c’è più niente. Se apri e parli, potresti sentire l’eco.
Lanie si fermò e fece una faccia quasi sconvolta.
Beckett si bloccò sotto quello sguardo.
B: che c’è?
Lanie mise le mani sui fianchi e poi scosse la testa.
L: ti sei sentita? Questa è l’influenza dello scrittore.. non c’è niente da fare, quell’uomo ti fa un brutto effetto.
B: ma che dici? Solo perché ho fatto una battuta.
L: si, si va bene. Farò finta di crederci solo per evitare che tu debba dire a te e a me un’altra marea di balle.
B: sei una rompiscatole.
Lanie alzò le spalle, e si diresse in camera da letto.
Ci fu qualche minuto di silenzio, mentre la detective finiva di sistemare qualcosa in soggiorno.
Quando Lanie era in casa sua e c’era silenzio, questo poteva significare solo una cosa: stava praticamente distruggendo qualche stanza.
Poco dopo, si affacciò la dottoressa dalla camera della detective con in mano un abito lungo, molto elegante, che Beckett si era anche dimenticato di avere.
L: dolcezza, dove la tieni la valigia? Devo iniziare a metterci questo.
Beckett sgranò gli occhi.
B: Lanie, ma dove lo hai trovato quello? E che ci dovrei fare? Dai, rimettilo dov’era.
L: non ci provare. Non ci credo che in due settimane quello scrittore da strapazzo non ti chiederà di uscire. Per di più alle Hawaii. Il che significa che dovrai essere bellissima.
B: Lanieeeeeeee. Lascia quell’abito. Non lo porterò via mai e poi mai.
 
Due ore dopo, quando la valigia era già quasi a metà, il vestito elegante si trovava beatamente sul fondo del bagaglio.
Era impossibile dire di no a Lanie Parish.
L: quindi spiegami per bene. Andate lì e tu dovresti fare da maestrina a degli aitanti aspiranti deteective.
Beckett alzò gli occhi dalla maglietta che stava piegando.
B: già, niente di speciale.
La dottoressa scoppiò a ridere.
B: e ora che c’è?
L: oh, niente niente. Mi stavo solo immaginando la faccia di Castle. Ahahaha.. o mio dio.. impazzirà. Quasta volta impazzisce veramente.
Beckett la guardava confusa.
L: ma si! Vederti tutto il giorno in mezzo a giovani uomini di cui la metà ti farà gli occhi dolci. Tutti molto probabilmente dieci volte più muscolosi di quel pappamolle! Sarà geloso fradicio! O che spettacolo. Per favore fagli una foto!
Beckett lo guardò di traverso e sospirando.
B: Lanie, non è vero.
L: si, come no. Ti muore dietro da quanto? Tre anni?
B: ma che dici? E poi ora sta anche con la sua bella editrice, no?
Lanie la guardò curiosa.
L: dolcezza, tu sei innamorata cotta. Quello è il tono di una-grandissima-falsissima-donna-gelosa.
Le guance di Kate divennero rosso fuoco.
B: ma non è vero.
L: si, si, come ci credo bella mia. Fammi capire. Gliel’hai detto del dottorino?
B: no. E non vedo perché avrei dovuto dirglielo!
Lanie mise una mano sulla fronte.
L: siete le persone più idiote che abbia mai conosciuto. Lui è cotto, tu sei cotta e non gli dici del dottorino?
Beckett abbassò gli occhi.
B: finiamo la valigia?
L: e va bene. Tanto con te è una causa persa! 

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Capitolo 3
*** partenza ***


Per una volta lo scrittore era stato veramente puntuale.
Ovviamente non aveva fatto tutto da solo.
Questo sarebbe stato chiedere troppo, però, grazie ad Alexis, che aveva ancora una volta fatto la parte di sveglia trillante umana, era riuscito ad essere sotto l’appartamento di Beckett per le 9 spaccate.
Decisamente euforico all’idea del viaggio, scese dalla macchina e si avvicinò allegramente al citofono.
Dall’altra parte Beckett rispose velocemente, indaffarata nel sistemare le ultime cose.
Questa volta quella ritardataria era lei, perciò, doveva in tutti i modi darsi una mossa.
C: bonjour ma chérie.
B: Castle?
C: oui, je suis le célèbre Richard.
La detective roteò gli occhi.
B: oh, andiamo bene. Sei già così di prima mattina?
La donna sospirò.
B: Arrivo subito, te fai il buono ok?
C: ma non sono un bambino.
B: no.. infatti sei molto peggio. Su arrivo.
Castle sbuffò e si allontanò dal citofono.
Si stava annoiando, perché in fondo la detective era esattamente come tutte le altre donna che aveva avuto il piacere di conoscere: perennemente IN RITARDO.
Non che il problema fosse il ritardo di per sé, bensì l’attesa.
Già, perché si annoiava, terribilmente, soprattutto quando era così energico.
Si mise a fischiettare, finchè una domanda non gli banelò in mente: perché non dare un po’ di fastidio alla detective?
Da lì all’aereoporto non ci voleva più di mezz’ora, quindi avrebbe anche potuto rallentare un po’ la sua musa.
Si avvicinò di nuovo al citofono, posando il dito sul campanello con non curanza.
B: Castle, ho quasi finito!
C: mon amour.. ti sto aspettando, il mio cuore sta impazzendo.
Stava gesticolando con fare teatrale, come se potesse vederlo.
Si sentì un secondo di silenzio e un sospiro profondo.
B: Castle, sei ubriaco?
C: ma no. Stai solo assistando alla mia immensa vena francese! Non sono ancora più affascinante da parigino?
B: si, ti piacerebbe, Castle.
C: stai ferendo il mio cuore, lo sai?
B: me lo immagino.
C: mmmmh, ho capito. Mi tratti così male, solo per non far capire a tutti quanto mi ami.
Involontariamente le guance della detective divennero rosse.
B: Castleeeeeeeeee.
C: ma-..
La donna aveva chiuso la conversazione, prendendo di nuovo le valigie e chiudendosi la porta alle spalle.
Castle nel frattempo aveva rispreso a suonare al citofono, quasi ballando sul posto e fischettando.
Una signora, di ritorno dal supermercato, carica di borse, gli passò accanto e lo fissò sconvolta.
Castle aprì il portone all’anziana signora e fece un accenno di inchino.
C: prego madame.
Lo scrittore sorrise e la vecchietta lo ringraziò, felice come una bambina.
A pochi passi dall’ingresso principale, Beckett incontrò la signora Rovestas.
Una vecchietta molto cortese, anche se con una chiacchiera.. come dire abbastanza noiosa.
R: cara, dove va con quelle valigie?
Le detective si fermò controvoglia, ma cercò di risultare cortese.
B: sig.ra Rovestas! Buongiorno. Parto per un viaggio di lavoro. Ma starò via per poco.
R: oh, ma allora quel bel giovanotto viene con lei?
Lo sguardo della detective corse fuori da casa sua e vide Castle giocherellare con le chiavi della macchina.
B: oh.. si, diciamo che mi accompagna.
R: è veramente un bel ragazzo.. un po’ strano forse.
B: bè..-guardò di nuovo fuori, mentre Castle lanciò le chiavi e tentò di prenderle al volo. Facendole cadere ovviamente-.. veramente.. ha qualche rotella fuori posto. Diciamo che è meglio dire che sono io ad accompagnare lui.
R: che cara ragazza.
B: la ringrazio, ma ora devo proprio andare. Arrivederci.
R: arrivederci e mi saluti tanto quel giovanotto.
La detective ripartì di corsa e uscì, quasi correndo verso Castle.
Arrivata davanti allo scrittore, lasciò le valigie di botto e lo guardò in cagnesco.
C: buongiorno Castle! Buongiorno anche a te Beckett!
B: non è un buongiorno! Ma sei impazzito? La mia vicina ti crede un mezzo svitato!
C: ma come? Le ho anche aperto la porta! Non sono stato un perfetto gentiluomo?
Castle sorrise, vedendo la detective sempre più infuriata.
Beckett sbruffò e si diresse verso il bagagliaio per lasciare le valigie.
B: come odio le Hawaii.
Lo disse fra i denti, provocando le risa dello scrittore, che la seguì poco distante.
Una volta sistemato il tutto però, la donna, con un movimento felino, riuscì a strappare le chiavi dalle mani dello scrittore.
B: mi dispiace Castle, ma per farti perdonare per tutto il rumore che hai fatto finora, guido io.
Castle mise il broncio, come un bambino a cui era appena stato rubato il giocattolo.
C: ma non vale! La macchina è la mia!
B: ma le chiavi ce le ho io! Come la mettiamo?
Beckett si appoggiò provocatoriamente alla portiera, facendo penzolare le chiavi.
C: perfida, perfida donna.
Beckett sorrise.
B: forza sali, célèbre Richard.

Alle 10 in punto erano all’aereoporto.
Di sicuro grazie alla guida della detective.. non perfettamente nei limiti di velocità.
Castle scese dalla macchina, facendo una faccia sconvolta e dirigendosi verso Ryan ed Esposito che li stava già aspettando.
E: ehy amico, che è quella faccia?
C: sto per vomitare! Quella donna è pazza. Dovete assolutamente toglierle la patente. È un pericolo pubblico. Siete poliziotti, no? Toglietele LA PATENTE.
I due iniziarono a ridere di gusto.
B: Castle, ma quanto ti piace lamentarti?
C: dico solo la verità.
R: ehy Becks, vuoi farci morire d’infarto il nostro scrittore?
La donna sorrise e sorpassò i tre uomini.
B: tranquilli, per farlo morire d’infarto avrei potuto fare ben altro che guidare pericolosamente.
I tre uomini si guardarono con la mascella quasi al pavimento.
C: no, dico avete sentito? Poi dice che non ho ragione a chiamarla perfida provocatrice.
R: è già. Te la sei scelta tosta amico.
E: già mi immagino queste due settimane. Quanto mi divertitò!
Ryan ed Esposito diedero una pacca sulla spalla di Castle e si diressero verso Beckett.

I quattro salirono in aereo, cercando i loro posti, fino a quando una hostess avvistò Castle.
Host: sig. Castle! Buongiorno.. Prego, se volete seguirmi vi accompagno alla vostra postazione in prima classe.
Ryan, Esposito e Beckett si guardarono sconvolti.
R: prima classe?
C: visto che il capitano mi ha permesso di venire con voi, ho pensato di offrire qualche comfort. Spero non vi dispiaccia.
E: spiegami, ti ho già detto che ti adoro?
Castle fece una faccia fintamente schifata.
C: fortunatamente no!
I quattro scoppiarono a ridere.
C: andiamo allora?
Ryan ed Esposito furono i primi a seguire la hostess, mentre Castle rimase leggermente più indietro con la detective.
Beckett guardò per un momento indisturbata lo scrittore, trovandosi inspiegabilmente a sorridere.
La donna mise una mano sulla spalla di Castle.
B: bè, allora grazie.
Castle la osservò intensamente negli occhi, godendosi come ogni volta quella vista meravigliosa.
C: questo ed altro, detective.
Fece una piccola reverenza scherzosa alla donna, sorrise leggermente e seguì gli altri per lo stretto corridoio, lasciando Beckett a scuotere la testa, divertita.

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Capitolo 4
*** arrivi e conoscenze ***


Un viaggio decisamente rilassante.
Probabilmente  anche per l’eccitazione della prima volta in prima classe, ma si erano goduti ogni singolo servizio.
Un pasto favoloso, ogni tipo di comodità.
Eppure 12 ore erano lunghe. Dannatamente lunghe.
Esposito vicino a Ryan e Castle vicino a Beckett.
Avevano riso, chiacchierato, ma anche loro terminarono le idee e si decise per il più rilassante dei passatempi: dormire.
Bè , forse decidere non era il verbo giusto da usare.
Meglio dire che si trovarono a dormire.
I tre uomini erano praticamente crollati, mentre Beckett si permise di godere un po’ di quella salutare solitudine.
Il suo posto era accanto al finestrino e di notte lo spettacolo era veramente mozzafiato.
Sospirò profondamente e si voltò.
Vedere i suoi colleghi cullati dalle braccia di Morfeo era eccezionale.
Soprattutto per le pose scomposte che avevano assunto.
Esposito praticamente sdraiato sul povero Ryan, che aveva assunto un’espressione quasi sofferente.
Beckett sorrise dolcemente, ma la sua attenzione venne richiamata da qualcun altro.
Dal passeggero accanto a lei.
Castle dormiva beatamente.
I suoi lineamenti erano completamente rilassati, i capelli scompigliati e il respiro calmo.
Avrebbe avuto voglia di accarezzarlo e tenerlo accanto a sé, ma capì quanto quell’idea fosse folle.
Scosse la testa tra sé e si limitò ad avvicinarsi al volto dello scrittore e spostare con una delicatezza quasi innaturale un ribelle ciuffo di capelli.
B: buonanotte Rick.
E coccolata dal profumo penetrante dell’uomo si addormentò.
 
L’arrivo fu piuttosto turbolento, ma niente che i nostri coraggiosi poliziotti o presunti tali non potessero sopportare.
C: ehy, ma è normale che sia un caldo terribile anche a quest’ora? No, perché sembra di essere appena scesi dall’Artico al Sahara.
Beckett lo fissò in malo modo.
B: poi non ho ragione. Sei veramente un lamentone.
C:  ho solo detto la verità. Con questo sbalzo di temperatura ci verrà una broncopolmonite.
Beckett rise di gusto.
C: che c’è da ridere? E se venisse a te?
B: impossibile. Sono tre anni che non ho avuto più niente, figurati se posso prendere l’influenza alle Hawaii.
Ryan tossicchiò, richiamando l’attenzione su di sé.
R: ehy ragazzi, avete finito di flirtare?
Ryan ricevette occhiate eloquenti da entrambi.
R: ok, ok.. stavo scherzando. Comunque andiamo, ci hanno mandato una  macchina per raggiungere il campo!
 
A mezzanotte e mezza precisa arrivarono a destinazione.
Il campo aveva qualcosa di estremamente suggestivo.
Castle si guardò attorno estasiato.
La bellezza di quelle spiagge era evidente anche di notte.
Il rumore del mare faceva da sottofondo e il penetrante odore di salsedine aveva invaso le narici dello scrittore, trasportandolo in un mondo tutto suo.
Beckett lo osservò per un momento, perso nei suoi pensieri.
B: Castle.
Niente.
La detective lo sfiorò delicatamente su un braccio, facendolo risvegliare.
B: Castle, ci stanno aspettando. Dobbiamo andare.
C: arrivo subito.
Il gruppo si allontanò leggermente e Castle si decise a raggiungerli solo dopo aver dato un’altra occhiata estasiata a quel mare notturno.
Fecero pochi metri a piedi, fino a trovarsi di fronte ad un casotto, tutto in legno, illuminato da un faro, posto sul lato della costruzione.
Proprio davanti alla porta una donna e un uomo li attendevano.
Castle si avvicinò alla detective e parlò quasi sussurrando.
C: secondo te ci uccideranno?
La donna roteò gli occhi e rispose allo scrittore, assumendo lo stesso tono di voce.
B: e sentiamo perché dovrebbero ucciderci?
C: stavo pensando che se io fossi un criminale, attirerei tutti i migliori detective di New York qui e li ucciderei con una bomba, eliminando anche i futuri poliziotti. Sarebbe un piano ingegnoso. Pulizia per tanto, tantissimo tempo.
La detective si fermò e lo guardò seriamente.
B: sai, potresti avere ragione. Come ho fatto a non capirlo?
L’espressione della donna era più seria che mai.
Castle la guardò confuso.
C: ma ch-..
B: secondo te, dovremmo dirlo agli altri?
Castle era a dir poco sconvolto e un’agitazione tremenda lo avvolse.
L’espressione di Beckett era dannatamente seria, non vide ombra di scherzo.
C: Beckett, smettila. Lo sai che sono un fifone.
B: Castle, parlo seriamente. Come facciamo?
C: io, io non lo so.. io stavo solo scherz-..
Lo scrittore si bloccò improvvisamente, vedendo nascere sul volto della donna un grosso sorriso che si trasformò presto in una fragorosa risata.
C: mi stavi prendendo in giro?
B: oh Castle. Avresti dovuto vedere la tua faccia.
L’uomo incrociò le braccia e fece un’espressione offesa.
C: ah-ah.. come siamo simpatiche.
B: e dai, ora non fare l’offeso. Era un’occasione d’oro.
C: tranquilla. Avrò tempo per vendicarmi, detective.
L’uomo si riavvicinò al resto del gruppo, lasciando la detective a ridere.
 
Cap: salve, sono veramente felice di conoscervi. Io sono il capitano Jasmitt. Mi occupo della gestione del campo.
R: il piacere è nostro.
Cap: spero abbiate fatto un buon viaggio.
E: oh, si, veramente ottimo.
Cap: bene, ne sono felice. Immagino sarete stanchi, quindi sarò breve. Sono tre anni che organizzo questo campo ed è la prima volta che mi trovo con così tanti e ottimi detective tutti insieme. Allora, se siete d’accordo, vi occuperete di 20 ragazzi, in coppia. Siete libere di decidere come volete. Sarete voi a gestirli. Potrete scegliere qualunque tipo di addestramento, l’importante è che tiriate fuori da quei ragazzi dei veri poliziotti, che conoscano cosa significa mettersi a disposizione della città.
B: va bene.
Quell’uomo sembrava una gran brava persona.
Uno di quegli uomini che avevano dedicato la loro vita al loro lavoro e alla loro città.
B: mi scusi, ma immagino lei sappia del sig. Castle.
A questo seguì un’occhiata di disapprovazione da parte di Kate allo scrittore.
Cap: si sono stato informato. Ed è un piacere conoscerla sig. Castle.
C: piacere mio.
B: quindi immagino sappia che sarà impossibile formare una coppia con lui.
Cap: si, ma ho già provveduto. Vi presento il detective Smith. Attualmente in servizio a Manahttan.
Era un uomo sui 35 anni.
Capelli scuri, occhi verdi e profondi, voce calda, da possibile doppiatore, e sorriso ipnotico.
S: salve, molto piacere.
Lo sguardo della detective analizzò quell’uomo in tutti i suoi dettagli, rimanendone in parte affascinata, ma la voce di Castle la riportò alla realtà.
C: piacere.
Il suo saluto però fu piuttosto distaccato, cosa che Beckett notò immediatamente, pur sfuggendogli il motivo.
S: allora sembra che lei sia la mia partner per queste due settimane.
B: già, così sembra.
La detective sorrise, provando un’inspiegabile simpatia per quel giovane.
Cap: bene, a questo punto immagino vorrete riposarvi. Vi faccio vedere le vostre sistemazioni. 

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Capitolo 5
*** 5- buonanotte ***


Avevano attraversato un bel pezzo di spiaggia e il capitano aveva indicato un grande edificio leggermente più distaccato dalla spiaggia, completamente in legno.
Cap: lì ci sono i dormitori dei ragazzi, mentre le nostre sistemazioni sono quelle costruzioni laggiù.
Proprio davanti a loro, infatti, c’erano tre casotti, sempre in legno, ma dall’aspetto molto robusto.
Cap: purtroppo però i bungalow sono per 2 persone. Di conseguenza, avrei pensato che io e il detective Smith potremmo occuparne uno, così da lasciare a voi quattro la possibilità di scegliere a piacere le combinazioni.
C: perfetto.
Lo scrittore aveva un sorriso radioso.
Cap: bene, io ragazzi vado a letto, anche perché la sveglia per domani mattina è prevista alle 6.30. Vi lascio le chiavi. Lei Smith, viene con me?
S: oh, si si. Buonanotte ragazzi. Detective Beckett.
L’uomo si soffermò soprattutto sulla donna, riservandogli uno sguardo più attento e accurato.
B: buonanotte.
La donna sorrise gentilmente e finì con il seguire con lo sguardo il giovane.
C: oh, si buonanotte poliziotto da strapazzo.
Aggiunse lo scrittore sottovoce.
B: hai detto qualcosa?
C: oh, no, non ti preoccupare. Parliamo invece delle sistemazioni.
B: fatemi capire, io dovrei dormire con uno di voi tre?
La detective osservò gli uomini davanti a lei con uno sguardo sconvolto.
E: è già. Dì la verità Becks, sei felice non è vero?
La donna roteò gli occhi.
B: oh, si. Ma se io mi prendo un bungalow e voi baldi uomini ve ne state in tre nell’altro?
C: ma non ci penso nemmeno. Due per ogni bungalow.
Castle sorrise beffardo, guardando pungentemente la donna.
B: ho già detto che odio le Hawaii?
Beckett sospirò.
B: ok, quindi non c’è modo per cui io possa salvarmi, giusto?
Castle negò vigorosamente con la testa.
La detective sospirò e finì con l’arrendersi.
B: ok, allora tanto vale che decidiate voi. Io vi aspetto davanti ad un bungalow.
La donna si allontanò, lasciando i tre uomini a decidere per la notte.
C: allora come vogliamo fare?
Esposito guardò maliziosamente Ryan, trovandosi perfettamente appoggiato.
E: se non vi dispiace, vorrei stare con Beckett
Castle sgranò gli occhi.
C: ma come? Tu non vuoi stare con Ryan?
E: bè, per quanto possa voler bene a Ryan, devo ammettere che non capita tutti i giorni di poter dormire con una come la nostra Beckett.
Castle per poco non si strozzò.
Ryan ed Esposito si guardarono e scoppiarono a ridere.
Lo scrittore li guardò indispettito.
R: ehy, amico, l’hai visto? Grandioso! Ma tranquillo, la musa la lasciamo a te.
C: ahahah.. siete stati veramente molto simpatici.
E: si lo sappiamo
I due si diedero il cinque.
C: forza, andiamo.
Gli uomini stavano raggiungendo Beckett, quando Castle si fermò improvvisamente.
C: ah, dimenticavo.
Si avvicinò ad Esposito.
C: tanto per la cronaca, non fare mai più scherzi del genere.
Esposito lo guardò e scoppiò a ridere.
E: oh, Castle. Sei veramente cotto a puntino.
 
Una volta arrivati davanti al bungalow, si salutarono.
C: beh, ragazzi, buonanotte. Ci vediamo domani mattina.
R: sempre che sopravvivi Castle. Chissà, magari Beckett ti uccide nel sonno.
Castle li guardò esasperato.
I due scomparvero e lo scrittore fece un profondo sospiro prima di varcare la soglia.
C: allora madame, a quanto pare sarò il suo coinquili-..
Beckett uscì dal piccolo bagno proprio in quel momento, con indosso solo il suo pigiama, ovvero una lunga maglietta bianca con davanti l’enorme testa di Topolino.
Il tutto però lasciava in bella vista gran parte delle lunghe gambe di Kate e ovviamente ciò non potè non colpire lo scrittore.
Beckett mise le mani sui fianchi e guardò Castle con un’aria di rimprovero.
B: Castle! Oh, iniziamo proprio bene!
C: oh, si si, scusa. Mi hai preso alla sprovvista.
Lo scrittore abbassò velocemente lo sguardo, sentendosi incredibilmente a disagio e dannatamente attirato da quel corpo perfetto.
Beckett si intenerì nel vedere quell’espressione quasi dispiaciuta e sorrise spontaneamente.
C: ehm.. allora vado a prepararmi.
 
Lo scrittore uscì poco dopo, trovando la detective già a letto.
Purtroppo o per fortuna.
Questo ancora non l’avevo capito.
C: allora, domani che si fa?
Disse lo scrittore, spengendo la luce a avviandosi al suo letto, proprio sotto la finestra, parallelo a quello di Beckett, che poggiava sulla parete opposta.
Le detective si spostò sul lato sinistro, così da poter guardare Castle.
B: ci svegliamo alle sei e mezza e poi credo che faremo un po’ di preparazione fisica. Poi non so, dovrò accordarmi con Smith.
Castle la osservò protetto dal buio.
Anche così riusciva a distinguere i lineamenti della donna che, seppur appena accennati, risultavano ugualmente meravigliosi.
C: ah, Smith, giusto.
Lo disse con tono aspro e ciò fece sorridere la detective che si appoggiò ad un gomito, alzandosi leggermente.
B: che c’è Castle? Non ti piace?
C: ma a chi? A me? E perché non dovrebbe piacermi?
B: a non lo so, dimmelo te.
C: diciamo che per il momento non lo adoro. Ecco.
B: a me invece piace. Mi sembra.. interessante.
La detective lo disse volutamente in maniera provocatoria.
C: non ne avevo dubbi.
Beckett sorrise per quella gelosia per nulla velata.
La faceva sentire protetta, desiderata, amata.
B: sei geloso per caso, Castle?
Lo scrittore fece una risata forzata.
C: io? Ma certo che no! Dovrei esserlo?
Beckett sorrise.
B: se non lo sai tu.. io non posso essere d’aiuto.
Castle sorrise.
C: Beckett, mi stai provocando per caso?
B: non ne sarei capace.
E scoppiò in una risata sincera, una di quelle che scalda il cuore.
C: oh, questa è buona.
B: dai Castle, dormiamo. Le sei sono vicine.
Castle sospirò.
C: non posso svegliarmi a quell’ora. Il mio fisico si rifiuta. BECKETTTTTT.. non ci riesco!
B: Castle, ma che urli? Sembri un bambino!
C: ancora? Io non sono un bambino!
B: e allora stai zitto e dormi. Facciamo così: se non ti svegli da solo ci penso io, ok?
C: va bene mammina. Ti do il permesso di usare qualunque mezzo per svegliarmi.
Beckett si fece più attenta.
B: qualunque, hai detto?
C: ehm.. forse..no, cioè.. ho paura!!! Perché l’ho detto?
Beckett rise di nuovo.
B: ormai è fatta. È la prima parola quella che conta! Tranquillo, domani ci penso io a farti avere un ottimo risveglio.
C: me lo immagino.
Beckett cambiò lato, con un sorriso sulle labbra.
B: buonanotte Castle.
Anche lo scrittore sorrise per quella situazione di particolare intimità e sintonia.
C: buonanotte Kate. 

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Capitolo 6
*** buon risveglio ***


Il freddo imprigionava il suo corpo.
Cercava di urlare, di far sentire la sua voce all’uomo che aveva accanto e che la accarezzava con dolcezza, pregandola di non abbandonarlo.
Voleva toccarlo, ma il suo corpo sembrava non voler collaborare.
Si sentì soffocare in quel senso di impotenza e il respiro divenne sempre più faticoso.
Stava per morire, questo era sicuro.
E poi un rumore frastornante, anche se all’apparenza lontano.
 
La detective Beckett si svegliò con il respiro affannoso, quando la sirena del campo iniziò a suonare, distogliendola da quel sogno che la perseguitava da tanto ormai.
Passò lentamente una mano tra i capelli e si voltò, scrutando con gli occhi ancora non del tutto attenti il resto della stanza.
Vide Castle dormire beatamente nel su letto.
Capelli leggermente scompigliati, espressione da bambino e un braccio che penzolava pesantemente fuori dal letto, mentre tutte le coperte erano state ammucchiate alla rinfusa.
Sorrise dolcemente, notando che ancora una volta lo scrittore non si era smentito.
Il rumore della sirena si era ormai fermato, ma l’uomo non aveva nemmeno lontanamente sentito quell’allarme.
La detective sospirò e poggiò lentamente i piedi a terra.
Si alzò e si avvicinò con passo particolarmente silenzioso allo scrittore.
Allungò una mano, fino a poggiarla delicatamente sulle spalle di Castle.
Si era svegliata di buon umore e aveva deciso di svegliare dolcemente il povero malcapitato.
O meglio, avrebbe iniziato dolcemente.
Scosse delicatamente l’uomo, che si limitò a mugugnare.
Beckett roteò gli occhi, pensando a quanto quell’uomo assomigliasse anche in questo ad un bambino decisamente troppo cresciuto.
La donna si sedette lentamente in un piccolo bordo di letto e si sporse fino ad arrivare a pochi centimetri dall’orecchio di Castle.
Da quella distanza, il profumo dello scrittore era dannatamente provocante.
Ogni mattina, al distretto, si godeva segretamente quell’odore così particolare, seppur celato da un’acqua di colonia indubbiamente buonissima.
Si riscosse da quei pensieri e finì con l’avvicinarsi ancora un po’, quasi a sfiorare la pelle dell’uomo.
B: Castle.
Lo disse sussurrando, sperando che sarebbe bastato, ma Castle sembrò mugugnare quasi con piacere a quella voce così vicina.
La donna si sentì persa a quel suono che continuava a rimbombarle nelle orecchie, annebbiandole i  pensieri solitamente così razionali.
Istintivamente si allontanò un po’ e questa volta alzò un po’ il tono di voce.
B: Castle è ora di svegliarsi.
Questa volta non ci fu nessuna risposta.
Beckett si alzò stizzita e finì con il gridare.
B: Castle accidenti!
L’uomo si mosse appena.
C: mamma è presto per andare a scuola.
Beckett si avvicinò di nuovo, sussurrando, questa volta volutamente in modo sensuale.
B: Rick, che ne dici di svegliarti?
Castle sembrò non sentire niente.
B: e se ti dissi il bacio del buongiorno? Lo renderei il più bel bacio di tutta la tua vita.
Castle si voltò, ancora con gli occhi chiusi e prese delicatamente il polso della detective che si trovava poco distante dallo scrittore.
Beckett sorrise soddisfatta, ma dopo poco Castle lasciò anche quella presa, tornando beatamente nel suo mondo dei sogni.
La detective sospirò, con la voglia di prenderlo e schiaffeggiarlo.
B:RICK!
C: mamma sei la donna più noiosa che esista!
Beckett lo guardò, quasi fulminandolo.
B: ah si?
Un sorriso malvagio si dipinse sul volto della donna.
Si allontanò dal letto di Castle e si diresse in bagno.
 
Quando ne uscì era già pronta per uscire.
Aveva indossato le “uniforme” che erano state date loro dal capitano.
Pantaloni verde militare, scarponi pesanti, una stretta cannottiera marrone e i capelli legati in una coda non troppo stretta.
Si guardò intorno e individuò ciò che le serviva.
Due sveglie, il telefono di Castle, il suo telefono e la tv che aveva avuto la fortuna di sperimentare la sera prima.
Controllò che tutti fossero sincronizzati.
Mise la prima sveglia a pochi centimetri dall’orecchio dell’uomo.
Era uno di quei vecchi modelli: rotonda, con due specie di piccole campane in alto e in mezzo un martelletto dall’aria indubbiamente minacciosa.
La seconda la poggiò sul comodino.
Prese il suo telefono e lo mise su un tavolo dall’altra parte della stanza, mentre quello di Castle lo adagiò sotto il cuscino.
Impostò la sveglia per le 07.00, ovvero dopo 10 minuti.
Non appena aveva acceso il telefono di Castle, aveva avuto la tentazione di andare a sficcanasare nei suoi messaggi, nella sua rubrica, ma si fermò all’istante, chiedendosi cosa poi avrebbe dovuto trovare.
Infine accese la tv ed impostò una particolarissima applicazione che aveva visto la sera precedente.
Poteva essere accesa con un timer.
Anche questa per le 07.00.
Si guardò intorno, soddisfatta del suo lavoro.
Sorrise appena e aprì la porta.
B: buon risveglio Castle.
 
Ore 7.30
Tutti stavano seduti attorno alla tavola, ridendo, con la colazione ormai quasi finita, quando Castle arrivò.
Sembrava uno zombie, capelli ancora scompigliati, barba leggermente più lunga del solito e aria di chi ha appena visto il diavolo.
E: ehy amico, buongiorno.
Beckett si voltò immediatamente, con un sorriso sulle labbra.
B: Castle, vedo che alla fine ti sei svegliato.
L’uomo la guardò quasi fulminandola.
C: già, avevo rimesso la sveglia!
R: dì la verità, Beckett ti ha fatto fare le orE piccole.
La donna lo trapassò con gli occhi.
B: si, gli sarebbe piaciuto.
Ryan sghignazzò, mentre Castle si sedette proprio accanto alla donna.
C: ah, credo che per le prossime mattine, farò volentieri a meno del tuo servizio sveglia-causa infarti.
Lo disse ironicamente, provocando la risata della detective.
B: sicuro?
C: si, credo proprio di si!
B: ok, come vuoi tu. Il mio servizio offriva molte modalità, ma se hai deciso così va bene.
Beckett aveva abbassato il tono di voce, facendo diventare le sue parole un misto di sensualità e provocazione.
Castle deglutì teatralmente, ma presto si avvicinò all’orecchio della donna.
C: a proposito, ma stamattina hai menzionato qualcosa del tipo “bacio del buongiorno”?
Beckett sorrise malignamente e si avvicinò pericolosamente allo scrittore, non abbandonando mai il loro contatto visivo.
B: io? Certo che no! L’avrai sognato Castle.
La donna si alzò lentamente, lasciando lo scrittore a fissarla imbambolato.
 

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Capitolo 7
*** inizio.. allenamento ***


La detective si fermò sulla porta della mensa, aspettando di essere raggiunta dai soliti ritardatari.
S: buongiorno detective Beckett.
Una voce calda la raggiunse alle spalle.
La donna si voltò e sorrise cortesemente.
B: detective Smith.
S: ha già fatto colazione?
B: si, sto aspettando i miei colleghi.
S: oh.. allora le faccio compagnia, tanto devo venire anche io al punto di ritrovo.
La detective sorrise, ma non aggiunse altro, lasciando la situazione intrisa di imbarazzo.
S: ehm… come ha passato la notte?
Quel ragazzo sembrava piuttosto impacciato nel suo tentativo conversazione e questo risultò delizioso agli occhi della donna, ormai abituata alle attenzioni esplicite di uomini non troppo cordiali dopo anni da detective.
B: tutto bene. Alla fine sembra che dovrò dividere il bungalow con Castle.
Il ragazzo sorrise.
S: veramente? Sembra un tipo simpatico.
Beckett sgranò gli occhi.
B: la maggor parte delle volte più che divertente direi petulante.
Smith scoppiò a ridere, ma una voce alle spalle della donna li interruppe.
C: oh, Beckett sei sempre così gentile. Come farei senza i tuoi continui complimenti? Ti ringrazio tanto.
B: ma ti pare Castle. Quando vuoi.. basta chiedere.
C: ahahah..
Castle la sorpassò, lanciando uno sguardo attento al detective accanto alla sua musa.
C: beh, comunque scusate se vi ho interrotto.. io, Esposito e Ryan andiamo al punto di ritrovo.
Beckett lo guardò, incuriosita da quel tono stranamente gelido.
Lo scrittore si allontanò, ma i suoi compagni sembravano non aver recepito.
C: ragazzi? Andiamo o no?
Esposito guardò Ryan che lo spronò con una gomitata.
E: oh si, si. Andiamo.
Fecero qualche passo, fino a raggiungere Castle.
Ryan si avvicinò all’orecchio del compagno.
R: c’è aria di tempesta. Papà mi sembra arrabbiato e geloso.
E: guai per la povera Beckett.
 
Tutti si trovarono insieme al centro del campo, in un grande pezzo di spiaggia.
Il mare era poco distante e faceva da cornice a quel posto fuori dal mondo.
Beckett e Smith raggiunsero il gruppo qualche secondo dopo Castle e gli altri.
La donna aveva sicuramente notato il fastidio dello scrittore e se questo da un lato la faceva sentire straordinariamente desiderata, dall’altro le portava una strana paura di stancarlo.
Beckett si avvicinò allora a Castle, distanziandosi dal poliziotto, ora in compagnia del capitano.
B: qualcosa mi dice che ieri sera avevo perfettamente ragione quando ho detto che eri geloso.
La donna era arrivata ad un soffio dall’orecchio dell’uomo, parlando in un sussurro.
Castle non si voltò, ma distese i lineamenti prima tesi e concentrati.
C: ancora? Beckett comincio a pensare che tu ci stia sperando.
B: beh, se non è così allora posso..
La donna fece un’espressione impertinente e si distanziò un po’ dal volto dell’uomo, che si girò immediatamente.
C: puoi cosa?
Beckett sorrise.
Il capitano iniziò il suo discorso di presentazione, mentre Castle attendeva ancora la sua risposta.
L’uomo infatti alzò le sopracciglia, come a spronare la detective.
B: zitto Castle, dobbiamo ascoltare.
C: ma..
B: ssssh..
L’uomo sospirò, ma non staccò un secondo lo sguardo dal viso della detective, anche lei consapevole di avere su di sé la completa attenzione dell’uomo.
Cap: …bene, mi sembra di aver detto tutto. Il primo gruppo sarà affidato ai detective Ryan ed Esposito. Due dei migliori agenti di tutta New York. Il secondo gruppo invece sarà gestito dal detective Smith e dalla detective Beckett, rispettivamente ottimo agente di Manatthan e indiscutibilmente miglior poliziotto donna di tutta New York.
I quattro fecero un passo in avanti, presentandosi ai ragazzi che li osservavano pieni di ammirazione e orgoglio.
Castle continuò a studiare Beckett e potè notare le sue guance imporporarsi a quei complimenti.
Era una donna fiera e sicuramente si sentiva pienamente gratificata da una descrizione simile.
Cap: ah, volevo inoltre dire che per il secondo gruppo ci sarà anche un membro d’eccezione. Il sig. Richard Castle. Sicuramente molti di voi lo conosceranno e sarà nostro ospite per l’intera durata del campo.
Lo scrittore fece un passo avanti e salutò scherzosamente, attirando su di sé la simpatia dell’intero gruppo.
 
B: bene ragazzi, per oggi io e il detective Smith avevamo pensato di iniziare con un po’ di allenamento fisico. Vedete quel percorso segnalato ai lati? Bene.. percorreremo tutto quel tratto correndo, portando sulle spalle uno zaino con dei pesi. Tranquilli, niente di sfiancante. Tutto chiaro?
Rag: si signore.
B: perfetto, allora potete avvicinarvi al detective Smith che vi darà lo zaino.
Tutti i ragazzi si misero in fila, con una diligenza straordinaria, mentre Castle osservava la scena in disparte.
Non appena Beckett lo individuò, si avvicinò sorridendo.
C: non c’è niente da fare. L’ho sempre detto che hai un talento naturale a comandare gli uomini. Hai qualcosa che li strega. Potresti veramente pensare ad una carriera da dominatrice se mai ti dovessi stufare di fare la detective.
B: grazie Castle. Lo prendo come un complimento. Ma.. piuttosto, tu che ci fai qui?
C: perché non sarei dovuto venire?
B: no, non intendevo questo. Intendevo perché sei qui, in disparte. Devi andare a prendere lo zaino anche tu.
Lo scrittore la guardò per un momento, senza alcuna espressione per poi scoppiare in una fragorosa risata.
Beckett lo fissò seria, mettendo le mani sui fianchi.
C: questo era divertente Beckett.
L’uomo la osservò e capì che non c’era ombra di scherzo.
C: no, no! Beckett fai la persona seria. Io NON POSSO FARE QUESTA PREPARAZIONE!
B: e sentiamo, perché non potresti scrittore?
C: perché no! Io sono un semplice spettatore.
B: paura di buttare giù qualche kilo?
C: stai forse insinuando che sono grasso, detective?
B: beh, non sei più il figurino di una volta!
C: ehy!
Lo scrittore fece un’espressione da cucciolo maltrattato
B: muoviti, vediamo se riesci a non lasciarci un polmone.
C: mi prendi per uno scansafatiche?
B: assolutamente si.
Castle la fissò e poi le puntò l’indice alla spalla.
C: ti ricrederai Kate.
La detective lo fulminò.
B: non vedo l’ora Ricky.
 
Tutti e 20 i ragazzi si trovavano proprio sul lungo mare, proprio ad un soffio dall’acqua del mare.
Castle aveva indosso lo zaino e si trovava accanto ad un ragazzo con 23 anni all’incirca.
A: piacere sig. Castle, sono Andrew.
Lo scrittore si voltò.
C: piacere Andrew. Che tu sappia, dobbiamo fare tutta quella strada?
A: si, sicuramente e molto probabilmente anche il ritorno.
C: MA STAI SCHERZANDO!
 L’uomo urlò facendo girare gran parte del gruppo.
Castle alzò la mano in segna di scuse.
A: no, no.
Il ragazzo sorrise.
A: sig. Castle posso farle una domanda?
Lo scrittore si voltò.
C: spara.
A: come ci è capitato qui? Non mi sembra così entusiasta.
Castle sospirò.
C: seguo l’ispirazione.
A: la detective Beckett giusto?
C: già.
A: deve essere una donna fantastica.
C: non immagini quanto.
A: le credo signore.
C: non devi chiamarmi signore. Sono un povero disgraziato e nemmeno lontanamente simile ad uno dei tuoi istruttori.
Quel ragazzo iniziava a stargli simpatico.
Molto cordiale, buon osservatore e, a naso, anche un ottimo futuro detective.
C: ehy, me lo faresti un favore?
A: certo, mi dica.
C: se nel bel mezzo della corsa cado a terra per un attacco di cuore, ti dispiacerebbe chiamare un’ambulanza senza farti vedere dalla detective Beckett? Me lo rinfaccerebbe a vita.
Andrew lo guardò spiazzato.
A: ehm.. va bene.. sarà fatto.
Castle sospirò.
C: Vedi? Ti sembra normale essere così sottomessi da una donna?
Il ragazzo sorrise.
A: oh, si. Più normale di quello che crede. 

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Capitolo 8
*** fatiche e miglioramenti ***


La fine di quella corsa sembrava non arrivare mai.

Castle era partito con un buon ritmo, stupendo anche se stesso.

Non era mai stato un tipo particolarmente atletico, ma per fortuna il suo fisico era sempre stato perfettamente asciutto.

Il suo sport preferito era di sicuro la maratona.. di film con una valanga di pop corn e panna spray, possibilmente sdraiato sul suo divano.

Aveva percorso all’incirca metà strada, quando sentì le gambe diventare sempre più pesanti e il respiro farsi dannatamente veloce.

Iniziò a rallentare, sempre di più, trovandosi nel giro di pochi secondi isolato dal resto del gruppo.

Castle stava guardando per terra, cercando di capire quanto tempo ancora aveva a disposizione prima dell’infarto imminente.

A: sig. Castle, tutto bene?

Andrew aveva raggiunto lo scrittore tornando indietro.

C: as-solu-ta-men-te no!

I respiri veloci gli impedivano di parlare correttamente.

A: vuole che ci fermiamo?

Lo scrittore guardò quel ragazzo e si disse che gli sarebbe stato grato a vita.

C: no.. basta-solo-rallentare-un-po’.

A: va bene, allora andiamo, altrimenti le si formerà l’acido lattico e allora si che farà male.

Castle annuì e ripartirono, mantenendo però un ritmo sostenuto, ma non troppo veloce.

Finalmente lo scrittore iniziò a riprendersi.

C: grazie. Ricordami che ti devo un favore enorme.

Il ragazzo sorrise.

A: non si preoccupi, nessun problema. Mettiamola così: ho approfittato anche io per un po’ di riposo.

Anche lo scrittore rise.

C: ma vi valutano in questo campo?

Andrew lo guardò e scosse la testa.

A: si vede che lei non è di questo ambiente. Ufficialmente questo è solo un campo di addestramento, ma in pratica è un mezzo per testare le capacità di ognuno di noi. Serve per decidere il distretto a cui essere assegnati.

C: oh, capisco. Ma così ti ho fatto rallentare

A: stia tranquillo, la sua detective non stava guardando.

Castle sorrise ironicamente.

C: ehy, chi ti dice che è la mia?

A: si vede lontano un miglio. Molto probabilmente non vi siete ancora dichiarati e lei la sta chiaramente provocando con l’agente Smith. Anche se, secondo me il detective in fondo la intriga veramente.

Castle era senza parole.

C: wow. Te la cavi bene.

Aveva una capacità d’osservazione straordinaria e questa era sicuramente una dote essenziale per un detective.

Andrew non rispose, ma sorrise soddisfatto.

A: venga, muoviamoci. L’agente Smith ci sta guardando.

C: quanto lo odio.

 

La giornata passò velocemente tra addominali, flessioni e altri esercizi snervanti.

Non solo stava faticando come non mai in vita sua, ma si stava anche annoiando a morte.

Castle lanciava rapide occhiate  a Beckett che rideva allegramente con Smith, mentre lui era costretto a faticare come un ossesso.

La compagnia di Andrew si era rivelata essenziale.

Sciolte le righe, Castle si era diretto al bungalow, dove si fece una doccia veloce, senza intravedere nemmeno l’ombra della detective.

Usci dalla sua sistemazione e si trovò faccia a faccia con Beckett e il suo temporaneo partner, che si congedò immediatamente.

S: a dopo Kate. Sig. Castle.

B: a dopo Matt.

Castle lo osservò quasi indispettito.

C: agente Smith.

Beckett sorrise impercettibilmente.

Ne seguì un breve silenzio, finchè la figura dell’agente non scomparve del tutto.

C: però.. siete passati addirittura al Matt.

B: niente di particolare, lavoriamo insieme.

C: quindi spiegami.

Lo scrittore si avvicinò notevolmente al volto della detective.

C: Noi lavoriamo insieme, dormiamo insieme e nonostante tutto siamo ancora al Castle?

Quel dormire insieme, seppur innocente, provocò un brivido di piacevole sorpresa ad entrambi.

B: cosa c’è, sei geloso di questo?

Un ghigno si disegnò sul volto di Castle.

C: se ti dicessi di si?

B: beh, prova.

Quella donna lo faceva uscire di testa, ma decise di stare al goico.

C: ok, nessuna ritorsione?

Beckett annuì, mordendosi il labbro inferiore.

C: sono geloso che la mia musa preferisca chiamare per nome uno sconosciuto piuttosto che me. Va bene, Kate?

B: stiamo migliorando Rick.

La detective sorrise e finì con il colmare la distanza con il volto dello scrittore, posando un bacio quasi impalpabile sulla guancia dello scrittore.

Castle rimase immobile fin dal momento in cui il profumo della detective invase i suoi sensi.

Solo quando la donna scomparve dentro al bungalow, lo scrittore tornò a respirare normalmente.

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Capitolo 9
*** passeggiato in riva al mare? ***


R:oggi mi sono veramente divertito! C’era Esposito che sembrava stesse per avere un infarto!
L’agente lo guardò male.
E: io? Ma ti sei visto?
Ryan sorvolò e si rivolse allo scrittore, che sembrava perso nel suo mondo.
R: e tu Castle? Come è andata con la corsa? Hai resistito o hanno dovuto trasportanti di forza?
L’uomo sembrò non essere nemmeno lontanamente attento alle parole dell’amico.
Esposito fece scoccare così le dita davanti agli occhi di Castle, che si risvegliò di soprassalto.
E: sei con noi?
C: oh si, si scusate!
Lo scrittore sorrise, quasi come se provenisse da un altro pianeta.
Ryan rivolse un’espressione maliziosa ad Esposito e poi si sporse verso lo scrittore con fare losco.
R: dì la verità è successo qualcosa con Beckett.
Castle roteò gli occhi teatralmente.
C: ma no. Certo che siete proprio degli idioti.
E: ma come? Non ti confidi con noi? È già la seconda volta. E questa volta non ci scappi. Cosa è successo con la detective? Siamo curiosi. Perché qualcosa è successo, vero?
B: si, nei suoi sogni probabilmente si.
Beckett era arrivata in quel momento con un sorriso stampato in faccia.
Si era evidentemente fatta la doccia.
Aveva ancora i capelli bagnati e indossava un semplice paio di pantaloncini ed una cannottiera, visto il caldo di quella serata.
C: oh, lì puoi giurarci.
Castle si trovò a fissarla e pensò di non aver mai visto donna più bella.
Era splendida senza dover usare trucco o chissà quale acconciatura.
Era bellissima solo per il fatto di essere sé stessa.
Solo per essere Katherine Beckett.
Lei era la donna vera, la donna che ogni uomo aspetta per tutta la vita.
Aveva convissuto fino a tre anni prima tra donne che scalpitavano per ricevere anche la minima attenzione da parte sua e poi era arrivata lei.
Quella che lo aveva trovato fastidioso e irritante.
Quella che non era stato capace di ammaliare per il semplice fatto di essere Richard Castle.
Si riscosse solo quando sentì Kate avvicinarsi e sedersi accanto a lui nella tavolata già preparata per la cena.
Ryan ed Esposito si trovarono a ridere sotto i baffi alla buffa espressione che aveva assunto Castle.
Lo scrittore li fulminò con un’occhiataccia.
S: salve! Posso sedermi con voi?
B: certo, vieni.
Anche l’agente Smith arrivò e si andò a sedere proprio accanto a Beckett.
La donna percepì immediatamente il fastidio di Castle, che sembrò irrigidirsi al solo suono della voce di Matt.
Non seppe neanche il perché, ma quello che seguì fu un gesto spontaneo.
Un gesto fatto prima che il suo cervello potesse collegarsi completamente al resto del corpo.
Sentiva il suo corpo scalpitare alla ricerca di un contatto con Castle.
Spostò la sua mano lentamente sotto il tavolo, fino a posarla leggermente sulla coscia dello scrittore.
Castle si sentì sfiorare appena e sgranò gli occhi per quel contatto inaspettato.
Non lo credeva possibile.
Intrecciò solo per un secondo i suoi occhi con quelli di Beckett, nei quali vi era riflessa una nuova luce, una luce che voleva fargli capire quale era l’uomo che desiderava.
Beckett sentì Castle rilassarsi al suo tocco eppure non si mosse.
Lasciò che la sua mano rimanesse lì, poco più su del ginocchio dell’uomo, come se quel contatto nascosto e quasi insignificante fosse un modo per essere insieme.
La cena passò tranquillamente, tra battute e stupidaggini, finchè Smith guardò attentamente Beckett e fece per avvicinarsi.
S: volevo chiederti, ti andrebbe di andare a fare una passeggiata sotto la luna stasera? Sai, questi posti sono quasi magici di notte.
La detective sembrò annaspare.
Cosa doveva fare ora?
Semplice.
Declinare gentilmente. Giusto? Giusto?
E allora perché non diceva niente?
Lo scrittore percepì perfettamente queste parole e il silenzio della donna accanto a sé stava diventando opprimente.
La suoneria del suo cellulare lo riportò alla realtà.
C: scusate devo rispondere. E credo che me ne andrò a letto presto. Ci vediamo domani ragazzi.
Lasciò che un’occhiata raggiungesse la sua musa, prima di voltarsi.
Si era sentito infastidito e perciò si era allontanato.
A lei la scelta.
O dentro o fuori questa volta.
 
Il bungalow era quasi completamente buio.
Probabilmente Castle aveva acceso solamente la lampada sul suo comodino.
Beckett lo aveva raggiunto poco dopo, giusto il tempo necessario per chiarire con Matt.
Lo sentì parlare da fuori.
Aveva avuto il desiderio di entrare, ma come si dice, la curiosità è donna.
Così si avvicinò alla porta, senza disturbarlo e finì con l’ascoltare l’ultima parte della conversazione telefonica.
C: tesoro, stai tranquilla.. vedrai si risolverà tutto nel migliore dei modi.. e appena torno ce ne andiamo io e te nella casa negli Hampton come 2 anni fa così ti distrai un po’.. ok?..
Sentì le cellule del suo corpo formicolare.
Avrebbe voluto entrare e schiaffeggerlo per averla..
Averla cosa?
Tradita?
No, loro non stavano insieme.
Eppure sentì le lacrime premere con prepotenza ai suoi occhi.
Stava per andarsene quando la raggiunsero le più belle parole che in quel momento potesse sentire.
C: allora va meglio zucca?.. ok.. buonanotte tesoro mio e sogni d’oro. A domani..
Beckett provò un senso di sollievo quasi sconosciuto.
Era arrivata ad amare quell’uomo così tanto?
Quasi si vergognò per essere lì, ad origliare come una stupida ragazzina.
Sospirò ed entrò.
B: ehy, tutto bene?
Castle si voltò quasi sorpreso.
Aveva forse creduto che avrebbe accettato la proposta di Smith?
C: si si.. e tu che ci fai qui? Credevo ti attendesse una passeggiata romantica in riva al mare.
Lo disse con tono pungente e fece finta di essere disinteressato alla risposta, voltandosi a sistemare alcune magliette sul suo letto che in quel momento sembravano attirare tutta la sua attenzione.
B: no, sai non cercavo compagnia stasera.
Solo a quelle parole lo scrittore si voltò, trovandosi davanti la detective Beckett che sorrideva come forse non faceva più da tempo. 

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Capitolo 10
*** cambiamenti ***


B: no, sai non cercavo compagnia stasera.
Solo a quelle parole lo scrittore si voltò, trovandosi davanti la detective Beckett che sorrideva come forse non faceva più da tempo. 



Vederla così, davanti a lui, gli provocò un senso di calore sconosciuto.
Quegli occhi brillanti scavavano nelle cavità più sconosciute della sua anima.
Lo facevano sentire fortunato.
Fortunato ad essere lì, fortunato ad averla conosciuta.
Fortunato ad amarla.
L’aveva vista trasformarsi davanti ai suoi occhi.
L’aveva vista schiudersi come il fiore più bello della terra.
Aveva lasciato che il suo cuore si ribellasse a quella catena di ghiaccio che la incatenava da tanto tempo.
L’aveva vista combattere contro se stessa e contro di lui.
Ma soprattutto, l’aveva finalmente vista vincere quella battaglia infinita contro la sua paura.
Perfino lui aveva dubitato sulla tanto agognata fine, ma ora ne vedeva tutti i meravigliosi risultati.
Castle si permise di sorridere dolcemente.
Aveva imparato a non cantare vittoria troppo presto quando si trattava di Kate Beckett.
Si voltò e tornò a dare attenzione alla valigia abbandonata distrattamente sul letto.
C: devo dedurre che quindi tu voglia rimanere da sola. Vuoi che me ne vada a fare un giro?
La detective osservò le spalle della scrittore.
Sospirò profondamente.
Castle aveva capito tutto.
Come sempre.
Eppure voleva che fosse lei a condurre i giochi.
Era lei che doveva dettare le loro tacite regole.
Era a lei che spettava fare quel passo in avanti.
Quel tanto che bastava per raggiungerlo.
L’avrebbe fatto?
Sarebbe arrivata fino in fondo?
Sarebbe stata pronta a rinunciare?
Si scrollò di dosso quelle mille domande.
Abbandonò il fardello che ogni volta la sua mente si ostinava a mettergli sulle spalle.
Si avvicinò silenziosamente al corpo dell’uomo.
Un passo dietro l’altro.
Lentamente.
Si trovò a pochi centimetri dal corpo di Castle e sentì tutto il suo essere risvegliarsi per quella vicinanza.
Si sentì così vulnerabile che ebbe paura di non farcela.
Sollevò leggermente le braccia e abbracciò da dietro Castle.
Sentì l’uomo irrigidirsi sotto il suo tocco per la sorpresa.
Si strinse a lui e mai sentì sensazione più bella.
Anche lo scrittore si rilassò, posando le sue mani su quelle della donna.
Nessuno dei due ruppe quel silenzio confortante, nessuno dei due volle aggiungere altro a quel momento.
Bastava essere lì.
Era come se i loro corpi fossero stati plasmati per incastrarsi alla perfezione.
Beckett inspirò a fondo il profumo di uomo di Castle e si sentì incredibilmente leggera, come se quel contatto fosse bastato a farla sentire parte di qualcosa di profondo.
Si sentiva protetta, si sentiva finalmente nel posto giusto.
Con la persona giusta.
B: forse non mi sono espressa bene. Stasera non cercavo compagnia. O almeno non la sua.
Castle sorrise e non potè fare a meno di fare una leggerissima carezza sul dorso della mano della detective.
L’uomo si voltò ancora avvolto nelle morbide braccia di Beckett.
La guardò negli occhi e le permise di guardare a fondo.
C: vuoi che resti?
Qui?
Nella sua vita?
Non era specificato, ma la risposta sarebbe stata la stessa in entrambi i casi.
B: sempre.
Castle sorrise, seguito dalla detective.
Quelle erano le sue parole.
Quelle con cui gli aveva promesso la sua presenza, il suo sostegno e il suo aiuto.
Eppure questa volta i ruoli si erano scambiati.
Lo scrittore alzò una mano e la posò delicatamente sulla guancia di Beckett.
C: fino a quando vorrai.
I loro visi si incontrarono, le loro bocche si toccarono.
Un bacio delicato, senza urgenza.
Un bacio che voleva esprimere solo il loro amore.
Il sapore di Kate era così particolare che Castle se lo stampò nella memoria come un marchio indelebile.
Beckett poggiò delicatamente la sua mano sul petto della scrittore per allontanarlo appena.
Dovette combattere contro tutto il suo corpo che desiderava rimanere lì, in quel bacio.
B: aspetta.
Castle la guardò con il terrore dipinto in viso.
Beckett sorrise per quell’espressione così dolce.
Gli accarezzò la guancia, quasi a sfiorarla.
B: diamoci un po’ di tempo ok?
Lo scrittore tornò a sorridere, sollevato.
C: quanto vuoi.
Avrebbe aspettato.
L’avrebbe aspettata.
C: Io sono qui. Sempre.
B: grazie.
La donna lo baciò di nuovo, a fior di labbra, come se fosse un gesto necessario.
B: buonanotte Rick.
Sorrise con dolcezza e si voltò prima di dirigersi in bagno.
Forse lo fece di proposito.
Ancheggiò  provocatoriamente, sentendo perfettamente lo sguardo adorante dell’uomo sul suo corpo.
Stava per chiudere la porta quando sentì la voce di Castle.
C: sai, dovrebbero arrestarti! Tentato omicidio, cara mia! Quanti anni sono al momento?
L’unica risposta che ottenne fu la risata rilassata della sua musa.
Esisteva suono più bello? 

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Capitolo 11
*** incubi e semplici cure ***


Quanto ci aveva messo per addormentarsi?
Non lo sapeva nemmeno lui.
Sapeva soltanto che una volta spenta la luce, la sua mente non aveva fatto altro che rivivere quel bacio meraviglioso, quella sensazione nuova, inaspettata e semplicemente indimenticabile.
Il sapore di Kate, la sua pelle fresca e morbida e i suoi occhi nuovi.
Le sue orecchie erano tesi ad ascoltare il respiro calmo e fragile della donna nel letto accanto al suo.
I suoi occhi continuavano a fissare il suo corpo nell’oscurità, come se potesse comunicare con la sua anima.
E poi il sonno lo aveva finalmente avvolto, sorprendendolo con un leggero sorriso sulle labbra.
Un rumore però lo riscosse.
La sua mente era ancora avvolta dalla stanchezza, ma distinse perfettamente dei passi leggerissimi accanto a sé.
Si facevano sempre più vicini e all’improvviso un profumo inebriò i suoi sensi.
Ciliegie.
Era lei.
La sua lei.
L’avrebbe riconosciuta tra mille.
Gli arrivò accanto e, muovendosi silenziosamente, lo raggiunse nel letto.
Una scarica elettrica percorse il corpo dello scrittore.
Quella vicinanza inaspettata lo scosse nel profondo.
Il contatto con la pelle della detective lo rese vulnerabile in un secondo.
La donna si appoggiò delicatamente al petto di Castle, godendone la sua sola presenza.
La testa aveva iniziato a pulsare dopo l’ennesimo incubo e la stava facendo diventare pazza.
Non voleva svegliare lo scrittore, ma le sarebbe bastato un semplice contatto.
Sperava che bastasse.
C: detective, devo pensare che lei sia una gran cattiva ragazza?
La voce dell’uomo era divertita e, nonostante il buio, la donna scorse sul suo viso un sorriso grato, felice.
B: ssssh, buono Castle.
C: ehy, prima mi svegli e poi mi chiami Castle?
La donna incatenò i suoi occhi con quelli dello scrittore.
Ormai conosceva quegli specchi blu, ma da quella distanza sembravano più intensi del solito.
Kate sospirò dolcemente.
B: mi dispiace, non volevo svegliarti.
La voce di Beckett era troppo, decisamente troppo sotto tono.
C: ehy, stavo solo scherzando.
Con il braccio Castle strinse a sè la donna, come a non volerla più lasciare andare.
La sentì farsi ancora più attaccata al suo corpo, cercando quasi protezione.
C: va tutto bene?
La donna mugugnò in risposta.
C: Kate?
B: la testa mi pulsa e continuo ad essere tormentata anche dai sogni.
Lo disse in un soffio, ma questo bastò a Castle.
La accarezzò con una dolcezza surreale.
C: vieni qui.
L’uomo si tirò su a sedere, appoggiandosi  allo stipite del letto e fece spostare la donna tra le sue gambe, facendo  aderire la schiena di Kate al suo petto.
La donna non capì cosa volesse fare, ma si affidò alle sue mani.
Ogni gesto sembrava fatto così delicatamente che Kate si sentì trattata come qualcosa di prezioso e fragile.
Non aveva mai provato quel tipo di affetto, fatto solo di gesti dolci, delicati.
Le mani di Castle accarezzavano lentamente le braccia della detective e poi appoggiò il suo viso nell’incavo del collo della donna, ponendo la sua bocca vicinissima all’orecchio di Beckett.
C: chiudi gli occhi, ok?
Era un sussurro e questo provocò un brivido alla detective, che annuì, rimanendo in silenzio.
Le sue mani continuarono ad accarezzarla, risalendo verso il viso.
Si soffermò sulle labbra e sulle guance, fino ad arrivare a destinazione.
Iniziò a massaggiarle le tempie, con semplicità, con dolcezza.
C: rilassati Kate.
I suoi movimenti erano spaventosamente efficaci.
Beckett sentì il suo corpo abbandonarsi completamente a quelle mani.
Si sentì abbandonare dalla stanchezza, dalla sofferenza, dal dolore.
Fu come se in quel momento esistessero solo lei e Castle. Niente di più.
Un brivido di freddo la attraversò, ma non si mosse.
Rimase lì, imprigionata dal corpo di Castle, protetta dal suo petto, curata dalle sue mani.
C: dormi. Dormi bene.
 
Un raggio di sole colpì gli occhi della detective.
Li aprì lentamente, sentendo ogni parte del suo corpo gridare per il dolore, mentre la testa la lasciava in un mondo ovattato.
Cercò di alzarsi, ma si sentì bloccare.
All’improvviso si ricordò della notte precedente: l’incubo, la testa e..Castle.
Già Castle.
Si voltò lentamente, ancora tra le braccia dell’uomo.
Lo vide addormentato in una posizione che chiamare scomoda sarebbe stato molto riduttivo.
Lo vide con una strana smorfia e i capelli completamente arruffati.
Come riusciva ad essere così attraente anche ora?
Si sentì un po’ in colpa, pensando a quanta cura aveva messo la sera prima nell’accudirla.
Cercò di muoversi, sperando di far assumere allo scrittore un posizione più comoda, ma non appena si mosse lo sentì mugugnare.
C: dove vorresti andare?
B: dorbi, non preoccuparti, continua a dorbire.
La donna quasi si spaventò, mentre Castle aprì gli occhi molto divertito.
B: ma che..
C: Kate, ma che razza di voce hai?
B: ba non lo so!
Lo scrittore scoppiò a ridere.
C: hai detto “ba non lo so”! Aaaaaah! Chi era quella che non prendeva l’influenza?
Beckett sospirò e fulminò l’uomo con lo sguardo mentre continuava a ridersela di gusto.
C: vieni qua.
L’uomo si avvicinò e baciò la fronte della donna, indugiando a lungo in quel contatto.
C: almeno non hai la febbre.
B: bi fa bale tutto Rick.
Lo scrittore si trattenne evidentemente dal ridere e la donna lo colpì con uno schiaffo sul braccio.
C: ahio!
Castle si avvicinò e senza farsi pregare la baciò, con passione, con dolcezza, con la voglia di amarla.
Beckett rimase per un attimo sconvolta per quel gesto che sapeva di familiare, di qualcosa di normale, eppure lei continuava ad essere emozionata ogni volta che lo toccava, ogni volta che lo sentiva vicino. Figurarsi a baciarlo.
Castle si staccò e sorridente le accarezzò un guancia.
C: oggi mi cara detective te ne rimani qui.
B: ba che dici? Devo fare l’addestrabento!
C: non ci provare. E poi c’è Smith no? A qualcosa dovrà pur servire.
Quel nome tirava sempre fuori un po’ della gelosia di Castle che, pur essendo ormai sicuro di non aver nulla da temere, continuava a non sopportare l’agente di Manhattan.
B: che dici? Lui è sempre bolto utile!
Lo disse con un tono volutamente provocatorio, guadagnandosi un’occhiataccia da Castle.
C: con questa voce, non mi sembri nella posizione di prendere in giro.
Lo scrittore le fece la linguaccia.
Beckett mise su il broncio.
B: avevo preparato un esercizio bolto carino.
Un’espressione particolarmente eccitata attraversò il volto di Castle.
C: e che problema c’è? Lo farò io! Sarò il tuo vice. Vedrai che ottimo insegnante può essere il grande Richard Castle.
Beckett sgranò gli occhi.
B: no! Castle, no!
Lo scrittore sorrise e baciò velocemente la detective, prima di alzarsi e dirigersi velocemente in bagno. 

 

 


p.s. un ringraziamento speciale a Mari_Rina24 e Amy Wendys che hanno letto in anteprima e mi hanno consigliato.. :D
quindi, se non vi piace sapete chi dovete incolpare!!!! ;) 

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Capitolo 12
*** esperimenti e risultati.. ***


C: bene, ragazzi, oggi avrete l’onore di aver me come insegnante. Siete contenti non è vero?
Castle sorrideva, ammiccando verso il gruppo, eccitato come non mai.
I ragazzi lo guardavano, divertiti dalla sua espressione.
1: mi scusi, ma la detective Beckett?
Castle li scrutò attentamente.
C: oggi non verrà, non sta molto bene.
Dal gruppo si sollevò un brusio di malcontento.
Lo scrittore li guardò eloquentemente.
Oh, si ricordava da ragazzo la sua professoressa di francese: Jane Miller, una donna molto giovane, molto carismatica e sicuramente molto bella, che suscitava l’interesse di tutti i suoi alunni.
Purtroppo la sua Kate era per quei ragazzi la loro signorina Miller.
Castle spostò lo sguardo velocemente e notò Andrew un po’ più in disparte rispetto al resto del gruppo, con un’espressione sorridente.
Gli rivolse un cenno di saluto e solo allora si accorse di una particolare sfumatura negli occhi del ragazzo.
Era qualcosa di familiare, ma non riusciva ancora a capire cosa fosse.
Castle abbassò il tono della voce, come per farsi sentire solamente dai ragazzi.
C: dovreste ringraziarmi. Avreste preferito l’agente Mister Manhattan 2011?
I ragazzi scoppiarono a ridere e iniziarono a battere le mani.
In quel momento li raggiunsero anche Ryan, Esposito e Smith, che notò immediatamente l’assenza della detective, pur cercando di nasconderlo.
E: Castle?
Il poliziotto aveva un’espressione a dir poco sorpresa.
C: Esposito?
Lo scrittore lo prese in giro, ghignando.
Esposito lo fulminò.
C: Kate non sta molto bene, per cui mi ha chiesto di sostituirla.
Forse dire che glielo aveva chiesto non era proprio corretto.
Diciamo che si era gentilmente offerto, o imposto.
Beh, in fondo questi erano dettagli, no?
Aveva abilmente sottolineato il nome della detective, mandando un indiretto messaggio a Smith che sembrò accusare il colpo.
Ryan ed Esposito si limitarono ad osservarli mentre i loro sguardi gridavano silenziosamente.
C: bene, che ne dite di iniziare? Per oggi il nostro Kavin ci farà da valletto, che ne dite?
I ragazzi continuarono a ridere, mentre Ryan lo guardò sconvolto.
R: ma che..
C: e dai Ryan.. devi solo distribuire queste.
Beckett aveva preparato delle cartelle, dove aveva inserito foto, documenti e ricerche del caso di Maya Santori.
Per Castle, fu spontaneo sorridere per la scelta della detective.
Ryan distribuì le cartelle ai ragazzi, sorpresi per quella strana attività.
C: allora, oggi simuleremo la risoluzione di un caso. Vi daremo man mano tutte le informazioni che ci richiederete. Dovrete poi formulare ipotesi, sospettati. Dovrete cercare di orientarvi proprio come se fosse un vostro caso. Che ne dite?
Le facce dei ragazzi sembravano parlare.
Castle, da buon osservatore, notò la scarica di adrenalina ed eccitazione che attraversò gli occhi di ognuno di loro.
In quel momento ebbe ancora una conferma di quanto Kate fosse brava nel suo lavoro.
Alle spalle dello scrittore avevano preparato una lavagna, dove avrebbe appuntati ogni cosa, ogni dettaglio: si sentì per una volta come un vero personaggio dei suoi libri e riconobbe la stessa emozione di quei ragazzi attraversargli le vene.
Castle passò a Ryan delle foto, che iniziò a distribuire al gruppo.
C: questa è la scena del crimine e il cadavere di Sonya.
E: ci limiteremo a questo nome per motivi di privacy.
I ragazzi osservavano tutto con grande curiosità.
J: gli hanno sparato ed è caduta su questo tendone?
C: esatto..mmmh vediamo.. come ti chiami?
J: John, signore.
Lo scrittore sorrise per quell’appellativo che sicuramente non gli si addiceva.
C: esatto, John.
Nessuno sembrava aggiungere altro.
C: allora, cosa fareste in un primo momento?
I ragazzi sembravano rifletterci, ma rimasero in silenzio, insicuri.
A: chiedere ai vicini.. o a un portiere. Servono informazioni sulla vittima e sul momento del delitto. Dobbiamo scoprire se qualcuno ha visto o sentito qualcosa. Giusto?
Castle sorrise di nuovo e questa volta più apertamente.
C: ehy, Smith, 100 punti per Andrew.
Il ragazzo scosse la testa, divertito da quell’uomo completamente privo di maturità.
Fu Esposito a rispondere.
E: giusto. Abbiamo chiesto proprio come ha detto Andrew. Alcuni pedoni hanno sentito gli spari e l’hanno vista cadere. Nell’appartamento non c’era nessuno e purtroppo non avevano un portiere. Così ci siamo rivolti ai vicini, ma anche qui nessuno ha visto niente.
R: preparatevi. New York ed i vicini non vedono mai niente.
Castle annuì.
C: ok. Che si fa a questo punto?
Lo scrittore mise l’indice sulle labbra, fingendo uno sguardo concentrato sulla scelta.
C: tu.. tu, in seconda fila. Come ti chiami?
Un ragazzo apparentemente poco attento.
L: Lucas, signore. Beh, direi, scena del crimine, giusto?
C: esattamente. E qui, se foste stati al dodicesimo distretto, avreste conosciuto Lanie, il nostro medico legale.
Castle abbassò il tono di voce e si rivolse ai ragazzi.
C: donna pericolosa, credetemi. Chiedete al povero Esposito.
I ragazzi scoppiarono a ridere, vedendo l’espressione complice dell’altro poliziotto.
E: ahahah. Molto simpatico, Castle. Veramente..
L’aria sembrava essersi alleggerita un po’ e soprattutto tutti sembravano un po’ più a loro agio.
Smith li osservava in disparte, escluso da quell’aria familiare.
R: comunque, il sangue indica che si è allontanata dalla porta e, dopo il primo proiettile, ha tentato di scappare ed è caduta.
E: la pistola era di grosso calibro come potete vedere.
C: ehy basta! Tocca a loro, non a voi. Quindi vediamo.. guardate bene le foto. Cosa notate di strano?
Sembravano tutti molto concentrati. Stavano stimolando il loro interesse.
J: era tutto in disordine?
L: una rapina?
S: nel portafoglio ci sono ancora tutte le banconote, per cui potete scartare questa ipotesi.
Per la prima volta, Smith si era unito, adeguandosi a quello strano modo di fare una simulazione.
C: ancora niente?
A: le valigie?
Castle sorrise soddisfatto e diede una pacca sulla spalla di Esposito.
C: ho scelto il cavallo vincente, amico.
Esposito lo fulminò.
E: aspetta a parlare.
Come sempre, si era riaperto il banco scommesse del trio.
R: esatto Andrew. La nostra vittima stava per partire evidentemente. Ma come potremmo sapere il motivo? Come possiamo trovare nuove informazioni sulla vittima?
L: dovremmo rintracciare parenti o fidanzato?
E: esatto, Lucas.
Esposito si avvicinò all’orecchio di Castle.
E: scusa, cosa stavi dicendo?
Smith era a dir poco sconvolto, ma decise di sorvolare. Almeno per il momento.
S: dal fidanzato abbiamo saputo che stavano insieme da 6 mesi. Sonya era un’insegnante di chimica che mai sarebbe partita senza avvertire, vista la sua dedizione per gli alunni. Non aveva strane conoscenze e, soprattutto, non doveva andare da lui, per cui non sappiamo dare una spiegazione alle valigie.
Il gruppo sembrava demoralizzato.
J: siamo ad un punto fermo.
Il ragazzo sospirò pesantemente, facendosi scivolare sulla sedia.
Castle si battè teatralmente una mano sulla fronte.
C: non siete attenti. Manca ancora qualcosa.
J: il biglietto con l’indirizzo!
Ryan fece un passo avanti, sfoggiando un sorriso smagliante.
R: bravo! Probabilmente stava andando lì.
Il poliziotto si voltò verso gli altri due, con uno sguardo di sfida.
R: e chi è che rimonta?
Esposito e Castle si guardarono, facendogli il verso non appena l’irlandese tornò a rivolgersi ai ragazzi.
S: bene, riprenderemo nel pomeriggio e ci recheremo “virtualmente” al nuovo indirizzo. Il resto della mattinata è libera.
Il gruppo si sciolse velocemente e, non appena Smith si voltò volendo riprendere i tre colleghi che scommettevano palesemente, si ritrovò solo.
 
C: ehy!
C: Andrew.
Il ragazzo si voltò, sentendosi chiamare per l’ennesima volta.
A: ah, salve sig. Castle. Ero un po’ sovrappensiero.
C: complimenti! Oggi hai fatto un figurone.
Castle sorrise orgogliosamente, mettendo quasi in soggezione il ragazzo.
A: tutto merito di un buon maestro.
Rise allegramente, facendo intendere tutta l’ironia di quella frase.
C: mi stai forse prendendo in giro?
A: non lo farei mai, sig. Castle.
I due si stavano incamminando verso le rispettive sistemazioni, immersi nei loro pensieri.
C: senti Andrew, posso farti una domanda?
Il ragazzo lo guardò, intuendo quale sarebbe stato l’argomento della discussione.
Pur non volendo, si irrigidì all’istante.
A: mi dica.
C: come mai hai deciso di entrare in polizia?
Andrew abbassò la testa, ridcendo il tono di voce ad un sussurro.
A: voglia di fare giustizia, credo.
Castle lo osservò, notando il cambiamento del giovane.
C: questa è la risposta di quasi tutti i ragazzi di là, ma non la tua, giusto?
La personalità di Andrew era molto più complessa, ne era sicuro. Aveva doti molto spiccate e anche un’intelligenza superiore alla media, un’intelligenza tale da non permettergli di accontentarsi di un semplice “bisogno di fare giustizia” come motivazione per una scelta di vita così importante.
Il ragazzo sospirò ed alzò lo sguardo.
Finalmente Castle riconobbe cos’era quella sfumatura che aveva notato solo poco prima.
A: vuole sapere la verità? Vuole sapere che, quando aveva 17 anni, mia sorella è stata stuprata, picchiata a sangue e lasciata morire in un vincolo che un cane? Vuole sapere che quello schifoso bastardo è stato rilasciato per un errore burocratico?
La sua voce era strozzata, gli occhi lucidi, i pugni stretti fino a far diventare bianche le sue nocche.
Per un momento, l’immagine di Beckett si sovrappose a quella di Andrew.
Il dolore di quel ragazzo era lo stesso della detective solo ad uno stato più selvaggio, più immaturo, più violento, meno ragionato e razionalizzato.
Probabilmente era come Beckett molti anni prima.
Perso. Completamente perso.
Con il tempo avrebbe lenito il dolore, avrebbe imparato a gestirlo, ma era ancora troppo prepotente come emozione.
Castle si sentì colpevole per aver risvegliato un ricordo così crudele.
C: mi dispiace Andrew.
Lo disse quasi sottovoce, ma forse, proprio il tono sincero dello scrittore fece rilassare le spalle del giovane.
A: mi scusi lei. Non so nemmeno perché le ho detto queste cose.
Andrew scosse la testa, sentendosi improvvisamente stanco e svuotato.
Castle gli poggiò una mano sulla spalla.
C: non è questo che si fa con un amico?
Andrew sorrise.
A: già, credo di si.
 
Il racconto di quel ragazzo riecheggiava irrequieto.
Per la sua mente, era impossibile non riflettere la sofferenza di Andrew su Kate.
Sentì il bisogno di saperla felice, sentì il bisogno di diventare il suo motivo di gioia.
Lo scrittore aprì la porta del suo bungalow e i suoi occhi cercarono immediatamente la figura della detective.
La vide uscire dal bagno e le corse incontro, prima di abbracciarla più stretta che potè.
Un’emozione stranissima percorse i loro corpi, un’emozione che li rese un’unica anima per una frazione di secondo.
La più intensa della loro vita probabilmente.
Gli occhi di Castle erano lucidi, ma rimasero nascosti nella spalla della donna.
Beckett capì che qualcosa era diverso, che qualcosa aveva sconvolto l’uomo di fronte a sé.
Parlò con il tono più dolce che riuscì a tirar fuori, nonostante la sua gola fosse ancora stretta da una morsa di emozione.
B: ehy, cosa è successo?
Castle rimase per un secondo in silenzio, inspirando a pieni polmoni il profumo della donna.
C: ti amo. 



p.s capitolo lunghino e anche strano... spero tanto vi piaccia!!!! :D
mi scuso per il ritardo mostruoso, ma il destino ce l'ha con me... stavolta non è colpa mia.. cioè, forse solo un pò..xD
fatemi sapere com'è..
un baciotto a tuttiiiiiiiiiiii.. :D

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Capitolo 13
*** paure e.. sorprese ***


L’aria fresca della spiaggia lo accolse così dolcemente che sembrò crudelmente ironico.
Percorse alcuni passi velocemente e si lasciò poi andare ad un grido liberatorio, sfogando tutta la rabbia che ora possedeva in ogni centimetro della sua pelle.
Rabbia contro se stesso.
E: ehy ehy! Amico che succede?
Esposito raggiunse Castle, che in quel momento sembrava quasi irriconoscibile.
Il poliziotto posò una mano sulle sue spalle e questo bastò a fermarlo.
E: si può sapere che succede?
Castle si limitò a sospirò e a guardarlo negli occhi.
 
E: quindi tutto questo è successo alle nostre spalle?
C: non che sia passato chissà quanto tempo.
I due si erano seduti sugli scalini del bungalow di Esposito e Castle aveva raccontato per sommi capi ciò che era successo con la detective.
E: scusami, ma ancora non riesco ancora a capire il senso della tua rabbia.
Lo scrittore abbassò lo sguardo.
C: le ho detto “ti amo”. Come posso essere stato così stupido?
Il poliziotto lo osservò, cercando di captare più emozioni possibili.
E: e il vostro non-correre?
Lo scrittore abbassò lo sguardo, abbassando il tono di voce.
C: si era appena gettato in mare per essere completamente divorato dagli squali.
Esposito non potè fare a meno di sorridere.
E: non sai nemmeno quanto si veda.
Lo scrittore alzò lo sguardo, confuso, osservando i lineamenti distesi del poliziotto.
C: cosa?
E: che non hai mai avuto a che fare con donne come Kate o come Lanie. Castle quelle sono delle donne vere, delle donne a cui non basta il regalo, la parolina di circostanza. Sono donne che hanno sofferto, che hanno carattere, cosa a cui mai e poi mai rinuncerebbero. Sono forti, ma allo stesso tempo fragili. Molto più di quello che sembrano, credimi. Vanno trattate con cura, con delicatezza, come se si stesse parlando di un cristallo.
Castle sospirò, capendo quanto tutto quello fosse vero.
C: gliel’ho letto negli occhi. Avrebbe voluto rispondere, avrebbe voluto gridarlo.. ma non l’ha fatto. Si è irrigidita di colpo e si è allontanata senza dire più una parola. Quella sua maledetta paura che io non riesco a farle superare. Sono stato uno stupido. Sapevo quanto fosse difficile per lei e invece mi sono lasciato prendere la mano.
E: ehy amico. Hai solamente detto la verità. Hai detto ciò che sentivi e non c’è niente di più bello. Solo lasciale i suoi tempi. Falle capire che può contare su di te, che aspetterai, anche una vita intera se necessario.
Lo scrittore rimase in silenzio per un momento, finchè i suoi lineamenti si distesero in un sorriso.
C: grazie. Grazie di tutto amico mio.
Fece per alzarsi, ma una mano di Esposito lo fermò.
E: possibile che devo spiegarti tutto?
Il poliziotto sospirò.
E: dalle il tempo di capire cosa prova. Lascia che elabori ciò che è successo, lascia che razionalizzi, perché in fondo è proprio di questo ha bisogno. Andiamo a fare l’esercitazione e appena finito raggiungila.
Capì che aveva ragione.
Fino alla fine.
Anche Esposito si alzò e si diressero a passo lento al campo di addestramento.
E: mi chiedo come tu possa essere il playboy che tutti dicono. Non avresti chance contro uno come me.
Castle scoppiò a ridere, ansioso di raggiungere la fine di quella giornata interminabile.
 
C:ok, so che non ne avete la minima voglia, ma dobbiamo ricominciare.
Non che fosse vero, anzi tutti sembravano particolarmente attenti.
C: chi mi dice da cosa dovevamo ripartire?
L: avevamo un indirizzo e dovevamo verificarlo.
C: perfetto Lucas, grazie.
Lo scrittore si avvicinò all’orecchio di Esposito, guardandosi curiosamente attorno, in cerca di qualcosa.
C: ma il bell’imbusto dove l’avete lasciato?
Il poliziotto si guardò un po’ attorno e fece spallucce.
E: non ne ho idea. Di solito non manca mai a nessuna attività. Sarà stato richiamato dall’alto. Che c’è, ti manca?
Lo scrittore scoppiò a ridere sonoramente, attirando su di sé l’attenzioni di tutti.
C: si, come no. Ci mancava giusto Mister Manhattan.
Ryan scosse la testa divertito.
C: allora.. arriviamo all’indirizzo e-..
R: fermo Castle.
Lo scrittore era sorpreso.
R: questa parte la raccontiamo noi.
C: ma, perch-..
R: allora stavamo dicendo.. arriviamo all’appartamento e troviamo la porta semi-aperta. Chi riassume brevemente come dobbiamo procedere?
Ci fu un momento di silenzio, finchè un ragazzo ci fece coraggio.
P:beh, credo annunciarsi prima per dare l'opportunità al soggetto di aprire volontariamente.
E: benissimo.. come ti chiami?
P: Paul.
R: ok, allora mettiamo che non avesse risposto volontariamente?
P: allora entrare forzatamente. Passare da uno spazio all'altro, controllando che non ci sia nessuno e che nessuno sia armato e ci tenga sotto tiro, coprendoci le spalle a vicenda. E non vandalizzare.
E: sentito Castle? Impara, impara.
Lo scrittore gli fece un’espressione divertita.
C: so già tutto.
R: si, bella battuta questa.
I due poliziotti, seguiti dai ragazzi iniziarono a ridere, lasciando Castle con il broncio di un bambino di poco più di 3 anni.
E: dopo questo riepilogo, torniamo a noi.
R: appena arrivati abbiamo trovato la porta semi-aperta e dall’interno provenivano dei rumori.
E: quindi siamo entrati, proprio come ha descritto Paul, fino ad arrivare alla camera da letto..
R: dove abbiamo trovato il corpo senza vita di Terry, anche questo un nome fittizio, e accanto ad esso c’era un uomo armato.
Un brusio si sollevò dal gruppo, curiosi di sapere gli altri dettagli, ma Castle intervenne con un tono di voce quasi troppo stridulo.
C:sembrate me e Beckett. Che carini. Vi completate le frasi a vicenda. E poi così sembra che fosse chiss-..
E: zitto Castle.
R: a questo punto, cosa avreste fatto?
J: avrei fatto deporre l’arma e di sicuro l’avrei sbattuto in galera. Assassino e anche stupido a quanto pare.
I due poliziotti si guardarono, ridendo silenziosamente.
C: ma cosa, ma cosa dite? Ma vi sembra possibile che io.. cioè, che l’uomo sulla scena del crimine, con un’arma, vicino ad un cadavere, possa essere il colpevole?
Ci fu un secondo di silenzio.
C: ok, magari detto così non ho reso bene ciò che intendevo.
Ryan ed Esposito sembravano non riuscire a smettere di ridere.
L: a questo punto, lo avete portato in centrale?
La situazione sembrò tornare alla normalità.
E: esatto, per l’interrogatorio.
R: abbiamo anche richiesto una comparazione. Secondo voi su cosa?
A: sui proiettili della pistola trovato in mano al sospettato e quella che ha realmente ucciso Terry.
C: bravissimo!
Castle sorrise, prestando attenzione ad Andrew per la prima volta. Niente sembrava far trasparire ciò che aveva saputo poco prima.
R: abbiamo quindi ottenuto delle informazione.
C: e sicuramente non con maniere gentili.
Lo scrittore lo aggiunse sottovoce.
R: Terry aveva 32 anni, nessun precedente. Secondo la testimonianza del presunto assassino al suo arrivo la donna era già morta, la porta già aperta e tutto in gran confusione. La pistola era stata invece presa per autodifesa, spaventato dal nostro arrivo.
L: quindi l’unica cosa è aspettare i risultati della balistica.
E: esatto, ma purtroppo non coincidono. Abbiamo un 45, mentre quella del nostro sospettato era una 38, per cui sembrerebbe confermata la sua versione.
C: ma come sembrerebbe? E’ confermata!
Lo disse ad alta voce e tutti lo guardarono con una certa curiosità.
Castle sospirò e scosse la testa.
C: ok, ho capito. Torno al mio silenzio.
A: qualche vicino, amico, parente di Terry conosceva l’altra vittima?
C: ottima domanda. Nessuno l’ha riconosciuta.
Nessuno aggiunse altro.
C: quindi, un’insegnante di chimica e una scultrice, che vivono in parti diverse della città, in ambienti diversi, cosa possono avere in comune?
L: sembrerebbe niente. Non potremo controllare la situazione finanziaria e i tabulati?
E: ottimo. Bene, ragazzi, vi lasciamo a degli esercizi fisici, visto che per oggi abbiamo finito. Ripartiamo domani.
Tutti si alzarono molto velocemente, mentre Castle sembrava perso nei suoi pensieri.
E: ehy, che stai aspettando?
Castle sorrise, facendo spallucce.
C: non lo so. Forse un po’ di coraggio.
Esposito roteò gli occhi.
E: muoviti o vado a chiamarti Mister Manhattan.
C: vedi, basta usare gli argomenti giusti. Credo proprio che sia ora di andare.
 
Lo scrittore stava camminando tranquillamente, quando Andrew lo raggiunse.
A: sig. Castle volevo ringraziarla per oggi pomeriggio.
L’uomo sorrise.
C: oh, non ti preoccupare. Ho solamente ascoltato, anzi..
A: si fidi, non capita molto spesso di essere ascoltati.
C: beh allora quando vuoi.
A: un’ultima cosa.. verrà domani alla festa?
C: festa? Dove? quando?
Andrew sorrise.
A: domani sera, sulla spiaggia. Mi sembrava giusto avvertirla, così potrebbe invitare la sua detective.
Ed eccola di nuovo, Kate.
Castle sorrise.
C: vediamo cosa ne pensa.
Andrew gli diede un piccola pacca sulla spalla.
A: ah, allora è veramente diventata la sua detective.
Castle rimase basito.
L’aveva fregato.
C: stai diventando troppo bravo. Diventi pericoloso.
Il ragazzo scoppiò a ridere.
A: a domani, sig. Castle.
 
Scuotendo la testa divertito, lo scrittore arrivò al suo bungalow.
Sospirò e raggiunse finalmente il pomello della porta, con il timore di girarlo, con il timore di non trovare le parole adatte.
Si diede mentalmente dello stupido per l’ultima volta ed aprì.
Il tempo si fermò per un istante, come il suo cuore.
La mano rimase ferma sul pomello, gli occhi sembrarono bruciare e il respiro farsi più pesante.
No, non era preparato per questo. 


p.s. scusate il mostruoso ritardoooo.. ma la scuola mi uccide..
comunque, spero vi piaccia!!!! :D
e spero che il finale vi abbia incuriosito..
ciao ciao e un bacione e tuttiiiii.. :****

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Capitolo 14
*** errori e soluzioni ***


C:ti amo.
Quella frase riecheggiò nelle mie orecchie per non so quanto tempo.
Quelle due parole continuavano a ripetersi incessantemente nella mia testa, mentre ogni muscolo del mio corpo si irrigidì all’istante.
Ho visto Rick staccarsi leggermente da me, come a studiare il mio sguardo, aspettando una risposta, aspettando una mia reazione.
Il mio cuore stava gridando quattro semplicissime parole “ti-amo-anche-io”, ma la mia bocca riuscì solamente a balbettare un inutile “Rick-non-sono-pronta”.
Quello che mi sono chiesta è come è possibile essere così stupida.
Gliel’ho letto sul viso.
Lo conosco troppo bene per non capirlo.
Avevo intravisto la speranza, il suo amore incondizionato e quasi ingenuo trattenere il respiro durante il mio silenzio.
E poi solo delusione.
Anzi forse tristezza.
Come ho fatto a non dirglielo.
Perché?
Ha abbassato lo sguardo, sospirando appena e abbandonando la presa dalle mie spalle, lasciando solo una sensazione di freddo lungo il mio corpo.
Ha fatto un passo indietro e ho sentito qualcosa rompersi nel vederlo così.
Io l’avevo ridotto così.
Ho annaspato, cercando aria per poterlo chiamare.
C: scusami.
Lo ha sussurrato, ma ho sentito quanto dolore c’era.
Si stava scusando.
Lui si stava scusando con me.
Si stava scusando per avermi detto “ti amo”.
Stava chiedendo scusa perché mi ama.
Come ho potuto diventare così.
Ho aperto la bocca per chiamarlo, ma era già uscito.
Sono rimasta immobile, a fissare il punto in cui poco prima stava l’uomo più importante della mia vita.
Il silenzio del bungalow mi assordava, finchè ho sentito distintamente il grido liberatorio di Rick, attutito solo dalla porta in legno di fronte a me.
Gli occhi hanno iniziare a bruciare, a diventare solo specchi opachi.
Le lacrime mi hanno offuscato la vista e i singhiozzi hanno rotto il mio respiro.
Mi sono seduta sul mio letto, rannicchiata come una bambina spaventata.
Ho pianto, pianto fino a quando le mie orecchio non si sono riempite solo del mio pianto affannato.
Ho sentito bussare fievolmente alla porta.
I miei polmoni hanno ripreso aria, il mio cuore si è aperto.
Mi sono alzata velocemente, sperando di trovarlo lì, pronto ad ascoltarmi, pronto a sentire ciò che avevo il bisogno di gridare.
Ho aperto con foga.
B: Rick!
Non era lui.
Smith mi stava davanti con uno sguardo piuttosto imbarazzato.
L’ho visto grattarsi la testa, con un’espressione innocente.
S: spiacente, sono solo Matt.
Ho abbassato lo sguardo, sentendo tutte le mie lacrime tornare a premere.
Potevo essere stata così stupida da sperare che tornasse?
B: scusami, è che-..
Mi sono fermata perché la voce era troppo incrinata.
S: ehy, Kate tutto ok? ero passato a vedere come stavi..
Ho scosso la testa e sono scoppiata.
Non avrei voluto, non avrei dovuto.
Non davanti a lui.
S: ehy, che succede?
È entrato e mi ha abbracciato.
Mi sono aggrappato alla sua camicia continuando a piangere senza sosta.
 
Non so quanto tempo sia passato, ma credo abbastanza.
Ormai il sole sembra essersi abbassato parecchio.
La testa pulsa incredibilmente.
S: allora è passato? Sei sicura che non vuoi che resti?
Ci siamo alzati dal letto, dove ci eravamo seduti.
B: no, ti ringrazio. Anzi, devo scus-..
S: ssssh..
Matt si è avvicinato e mi ha messo un dito sulle labbra.
I suoi occhi non abbandonato i miei nemmeno per un secondo.
In tutto questo so che c’è qualcosa di sbagliato, di terribilmente sbagliato.
B: Matt..
Un’ultima lacrima ribelle mi solca la guancia e il suo pollice la raccoglie con delicatezza, mentre mi offre un sorriso radioso.
Sono quasi incantata dai suoi occhi, dalla loro profondità.
Si avvicina ed io so che devo allontanarmi, ma non faccio in tempo.
Un rumore alle nostre spalle ci blocca all’istante.
Un senso di terrore mi invade.
Puro terrore.
Mi volto velocemente e lo vedo lì.
Eccolo lì, il mio Rick.
Hai gli occhi lucidi, hai la mascella contratta, le spalle rigide, il respiro mozzato.
Cosa ti ho fatto?
Mi sposto velocemente.
B: Rick! Rick, per favore.
 
Castle si allontanò dalla porta come scottato.
Aveva preparato il suo discorso, ma a quanto pare era tutto inutile.
B: Rick, per favore.
No, questa volta non si sarebbe fermato.
Continuò a passo svelto, sentendo la donna sempre più vicina.
Beckett lo raggiunse e lo afferrò per il braccio.
Quando lo scrittore si voltò, la sua espressione era stravolta.
Mai lo aveva visto in quello stato.
C: cosa devi dirmi Kate?
La detective continuò a fissare senza emettere suono.
C: sto aspettando. Tanto sono abituato, no? Sai cos’ero venuto a dirti? Ero venuto a dirti che sono stato un cretino, che sono stato un idiota a non capire quanto fosse difficile per te. E invece..
B: per favore, Rick. Non dire così. Non è successo niente.
C: mi prendi per deficiente? Spiegami. Ti sembro deficiente?
La guardava negli occhi.
Arrabbiato, furioso, ferito.
B: ascoltami, per favore. Credimi.
Provò ad accarezzarlo, ma si distanziò velocemente.
C: sai che c’è? C’è che sono stanco Kate. Sono stanco di dover fare tutto da solo. Sono il solo a dover aspettare, a dover ascoltare, a dover capire, a dover credere. Ora basta.
Si voltò di scatto, liberandosi dalla presa della donna.
La detective sospirò violentemente.
B: merda!
 
Castle iniziò a bussare violentemente.
A: un attimo! Ma si può sapere chi diavolo è?
Andrew aprì ancora in accappatoio.
A: ah, è lei, sig. Castle.
Il giovane sorrise, ma l’uomo aveva una faccia veramente strana.
A: ma va tutto bene?
C: ho bisogno di un posto. Posso stare qui per un po’?
Il ragazzo lo squadrò.
A: si, venga.
Lo scrittore si voltò, entrando.
C: dimmi che hai qualcosa da bere. Qualcosa di veramente forte.
Stava stringendo i pugni.
Andrew notò quel particolare e capì la rabbia dell’uomo.
A: no, mi dispiace. Però entri.
 
A: detective Esposito!
A: detective!
Era la terza volta che batteva alla finestra del bungalow del poliziotto.
E: eccomi, eccomi. Un secondo!
Quando il poliziotto aprì, rimase a dir poco sconvolto.
E: Andrew? È successo qualcosa?
Il ragazzo abbassò lo sguardo.
A: mi ascolti. So che non sono affari miei. Conosco il sig. Castle solo da qualche giorno, ma quell’uomo mi ispira fiducia. È riuscito a capirmi nel giro di pochissimo tempo ed è riuscito ad aiutarmi quando ne avevo bisogno, quindi voglio restituire il favore.
Esposito sospirò, capendo che doveva essere successo qualcosa con la bella detective.
E: vieni entra.
Chiuse la porta alle spalle del giovane, appena varcata la soglia.
E: ehy, Ryan! Muoviti, dobbiamo organizzare qualcosa. 





p.s. e eccomiiiiiiii!!!!
allora.. che ne dite?? vi piace, non vi piace???
fatemi sapere.. :)
un bacione a tuttiiiiiiii.. :****

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Capitolo 15
*** vecchi e nuovi aiutanti per vecchi e nuovi problemi ***


  Le mani le tremavano, mentre cercava di racimolare tutti i vestiti che aveva iniziato a togliere dalla valigia solo qualche giorno prima.
Voleva trovare un via di fuga, cercare un modo per uscire da quella situazione che lei e lei sola aveva creato.
Stava sistemando quella stanza con un impegno quasi spaventoso.
Afferrò l’ultima maglietta e la lanciò sul letto con rabbia, lasciandosi andare ad un sospiro, prima di dare spazio alle lacrime che volevano tornare ad uscire.
In quel momento sentì bussare alla porta e, nonostante la voglia matta di rimanere lì, immobile, senza prestare attenzione a chiunque fosse al di là di quella porta, si avvicinò all’ingresso.
 
Castle, appoggiato pesantemente al lavandino, alzò lo sguardo allo specchio del piccolo bagno che gli ricordava troppo il suo alloggio del college.
La sua faccia era ancora completamente bagnata e sentiva un incredibile senso di repulsione per quell’immagine.
Avrebbe voluto spaccarlo in mille pezzi, ma si limitò a sospirare e tornare su quella scomoda brandina a fissare il soffitto.
In quel momento sentì aprire silenziosamente la porta.
Non seppe se sentirsi sollevato o semplicemente irritato per quell’intrusione alla sua solitudine così poco salutare.
 
Beckett aprì lentamente e si trovò di fronte Ryan ed Esposito che la osservavano con un sguardo in cui era curiosa la miscela di preoccupazione e voglia di capire.
Un leggero senso di delusione la avvolse.
Di nuovo non era chi voleva che fosse.
Tutto quello che seppe fare fa un sorriso tirato e un “entrate” appena accennato.
I due si guardarono intorno, rimanendo in silenzio, quasi a non disturbare la tranquillità apparente che li circondava.
Beckett sembrava evitare i loro sguardi, con le mani nelle tasche dei jeans e i capelli che coprivano i suoi occhi rivolti verso il basso.
E: ehy, Becks.
Non sembrò cambiare di una virgola.
R: Kate.. siamo venuti qui perché dobbiamo fare qualcosa per te. Vogliamo fare qualcosa per te.
 
Andrew entrò nel suo bungalow con una lentezza spaventosa, cercando di non disturbare il suo improvvisato inquilino.
Ritrovò lo scrittore nello stesso punto, nella stessa posizione, con la stessa espressione persa.
Il ragazzo si passò stancamente una mani tra i ricci capelli e si avvicinò.
A: sig. Castle.
Non ottenne risposta né un movimento.
A: sig. Castle, va tutto bene?
Lo vide annuire, senza staccare gli occhi da quel soffitto che sembrava attirare tutta la sua attenzione.
A: si alzi.
Castle si voltò di scatto, guardandolo quasi con derisione.
A: su, si alzi!
C: stai scherzando?
Andrew rimase per un momento stordito da quel tono quasi atono dell’uomo, ma questo lo incoraggiò solo a continuare.
A: no, non sto scherzando. Mi creda.
Lo scrittore si mise a sedere, seccato da quell’insistenza.
C: vuoi che me ne vada?
A: non ho detto questo. Ho solo detto che deve alzarsi da quella brandina.
 
B: sapete che non verrò.
Ryan sospirò, mentre vide l’amico accanto a lui alzarsi di botto.
E: ora basta! Dimmi la verità Kate? Che vuoi fare? Tutto questo era solo una scusa per poter scappare? No, dimmelo.. perché comincio a non capire.
Aveva alzato un po’ la voce, ma finalmente lo sguardo di Beckett sembrava essere tornato vivo.
B: no..
Lo sussurrò appena.
E: bene, allora.. ti stiamo offrendo l’opportunità di recuperare. Non essere codarda. Lo devi a te e lui.
La donna osservò i due colleghi davanti a lui e si sentì terribilmente stupida.
Dovevano essere loro a spingerla?
Annuì, anche se con non troppa convinzione.
B: siete sicuri che verrà?
La voce tremava appena, ma il sorriso di Ryan la rassicurò.
R: oh, su questo non devi avere dubbi.
 
C: Andrew siamo amici, ma questo non ti dà il diritto di immis-..
A: il diritto di cosa? Di immischiarmi nella sua vita? Mi scusi tanto se lei è venuto da me e a chiedermi di restare qui e mi scusi se lei è stato il primo ad immischiarsi nella mia vita e nel mio passato.
Si era sfogato e probabilmente anche con troppa cattiveria, ma quell’uomo lo mandava fuori di testa.
Sospirò, calmandosi.
A: Lei ha bisogno di qualcuno che si impicci della sua vita in questo momento. E allora, com’è che ha detto? Non è questo che si fa tra amici?
Lo scrittore osservò i lineamenti freschi di quel ragazzo, già troppo maturi per la sua età.
C: che devo fare?
Il ragazzo scomparbe per qualche minuti, tornando con una grande fodera nera.
A: tenga, le ho portato questo. Credo le servirà.
Lasciò sulla brandina quello che molto probabilmente doveva essere un vestito elegante e si inoltrò nel bagno.
C: ma.. ma che ci faccio?
A: si muova.. comincia ad essere tardi per la festa.
C: stai scherzando?
Andrew fece un  sorriso soddisfatto.
A: mai stato più serio.
 





p.s. so che è un piccolo capitolo, ma unirlo con il pezzo successivo l'avrebbe fatto diventare un poema..
spero comunque che vi piaccia..
fatemi sapere e scusa per il ritardo mostruoso.. :D
un bacione.. :****

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Capitolo 16
*** luce di luna ***


Quella grande tettoia sembrava essersi trasformata.
Dicevano che questo fosse l’avvenimento che ogni recluta aspettava.
La luce illuminava la tavola imbandita, piena di cibi tipici di quelle zone dal famoso Lau Lau ai frutti tropicali decorati con dei fiori dai colori molto accesi.
La musica dei bonghi risuonava fino alla riva, che anche lei sembrava festeggiare.
La luna era piena e dava uno spettacolo straordinario di quel mare solitamente così limpido.
La sabbia bianca faceva da pacifica cornice a quell’atmosfera, lasciando all’immaginazione di ognuno la possibilità di vedersi sdraiato lì, semplicemente ad osservare il cielo stellato.
I vestiti dei partecipanti erano molto particolari.
Oscillavano tra l’elegante e l’hawaiano.
Un ibrido molto strano per alcuni, terribilmente affascinante per altri.
Il vestito che Andrew aveva portato a Castle era veramente perfetto.
Un semplice completo di lino bianco, dalle movenze larghe e le forme morbide.
Un abito completamente estraneo allo scrittore miliardario di New York, ma che gli dava un aspetto quasi mistico.
Gli occhi azzurri erano più limpidi del solito, quasi in accordo con il cielo privo di nuvole.
Castle se ne stava in compagnia di Andrew, in disparte, osservando da triste spettatore il divertimento di quei ragazzi.
C: perché non vai a ballare con.. aspetta come si chiama.. ah si, Sanders..
Andrew negò con la testa, continuando a bere tranquillamente il suo drink.
A: non ancora.
C: ti sta mangiando con gli occhi da quando sei arrivato.
A: non ancora.
Il ragazzo si limitò ad alzare il bicchiere in segno di saluto verso la ragazza che effettivamente sorrideva sardonicamente.
Lo scrittore si voltò per osservarlo meglio.
C: e cosa staresti aspettando?
Andrew non si scompose minimamente.
A: non si preoccupi. Sto aspettando qualcosa di importante, poi andrò a ballare con chi le pare.
Castle sbuffò, avendo sperato di poter tornare al suo bungalow, lontano da quella serata troppo rumorosa.
Abbassò lo sguardo e, quando tornò a guardarsi intorno, rimase per un momento senza fiato.
Beckett entrò in quel momento, bella come forse non lo era mai stata, avvolta in quell’alone di tristezza che in fondo li accomunava.
Aveva un leggerissimo vestito fantasia, con delle sottilissime spalline, lungo fino al ginocchio, stile impero.
I capelli mossi erano raccolti in una mezza coda, che lasciava le lunghe ciocche libere sulle spalle, mentre un bellissimo fiore rosa spiccava dietro l’orecchio.
Semplicemente meravigliosa.
Si guardò intorno spaesata, alla ricerca di qualcosa.
Alla ricerca di qualcuno.
Sentì lo sguardo di Castle che bruciava sul suo corpo.
Lo avrebbe riconosciuto tra mille.
Quando lo vide, rimase incantata per un momento, perdendosi in quegli occhi troppo profondi per non perdersi.
Iniziò ad avvicinarsi, quando Smith la raggiunse, pronto a scusarsi per il malinteso precedente.
La donna era decisamente impaziente, voleva raggiungere l’uomo dall’altra parte delle sala e perdersi con lui, perdersi in lui.
Castle si irrigidì non appena vide il poliziotto avvicinarsi a Beckett.
Avrebbe voluto raggiungerlo e colpirlo in quella faccia saccente.
Strinse i pugni così forte da farsi male.
Si staccò dalla parete dove era stancamente appoggiato, pronto per avvicinarsi ai due, ma il braccio di Andrew lo fermò.
A: aspetti.
Castle lo fissò con la rabbia di chi non è disposto a restare a guardare.
Fece un altro passo in avanti, ma il corpo del giovane gli impedì di continuare.
A: le lasci il modo di fare ciò che deve. Aspetti.
Lo scrittore sembrò rilassare i muscoli che stavano gridando per la tensione e si voltò, uscendo da quello spazio che iniziava a diventare soffocante.
Si sedette stancamente su un gradino, lasciando che i suoi occhi viaggiassero su quello specchio oscuro che rifletteva la meraviglia del cielo.
L’odore del mare lo avvolgeva teneramente, rilassando la sua mente, ormai così confusa e pesante.
Rimase immerso in quella solitudine che in qualche modo sembrava consolarlo.
Non seppe dire quanto tempo era passato, ma sentì alle sue spalle dei passi leggerissimi.
Un intenso profumo di ciliegie si unì alla salsedine.
Chiuse gli occhi, godendo di quella fragranza unica.
Beckett non parlò, si limitò a sedersi accanto a Castle che continuava a tenere gli occhi chiusi.
C: siete passati alle uscite pubbliche?
L’uomo sibilò con ostentata indifferenza, cercando di celare il dolore che lo attanagliava.
La donna sospirò, abbassando lo sguardo.
B: sai che non è così.
Nessuno dei due si mosse, nessuno dei due si scompose.
C: non so niente. Non so più niente Kate.
La donna osservò il profilo dello scrittore, reso straordinariamente speciale da quell’atmosfera così particolare.
Fu come se il tempo si fosse fermato per qualche secondo, per dare la possibilità ad ognuno di loro di fare tesoro di quel momento di calma.
Beckett si alzò lentamente, tenendo in mano le alte scarpe, diventate troppo scomode per la sabbia.
Castle la osservò, rimanendo al suo posto.
B: vieni con me?
Non ottenne risposta, ma gli sorrise prima di voltarsi e di avvicinarsi alla riva.
Castle non seppe resistere al richiamo di quegli occhi verdi così scintillanti e si alzò, camminando lentamente verso la donna.
L’acqua bagnava appena i loro piedi, infrangendosi quasi con gentilezza sulla loro pelle calda.
Solo il rumore delle onde accompagnava i loro passi, senza la necessità di parole troppo ingombranti per il momento.
Godettero di quel semplice contatto fatto unicamente della loro vicinanza.
Non serviva sentire la pelle dell’altro, basta sentirne l’essenza.
La donna rallentò, lasciandosi cullare dal tremolio del riflesso delle stelle sull’acqua.
Castle la sentì sospirare.
B: non è successo niente Rick. Credimi.
Beckett si voltò, fissando i suoi occhi in quelli cristallini di Castle che sembravano lo specchio della sua anima.
Si avvicinò così lentamente da sembrare irreale.
Portò le sue mani alle guance dell’uomo, lasciandole lì, immobili.
B: non è successo niente perché..
Abbassò lo sguardo e appoggiò la fronte sul petto di Castle.
B: perché ti amo.
Il cuore dell’uomo accelerò, quasi impazzito.
Rimase pietrificato per qualche secondo, non ebbe reazioni, permettendo ad ogni cellula del suo corpo di sentirsi rinascere con quelle due piccole e immense parole.
Con una mano fece sollevare delicatamente il volto della donna, costringendola a guardarlo negli occhi, regalandole un’espressione radiosa.
C: ripetimelo. Per favore..
Sembrava quasi una preghiera e Beckett non potè fare a meno di sorridere.
B: ti amo.
Rimaneva un sussurro, ma il più forte che potesse esistere nella vita di un uomo.
Era il sussurro del cuore.
Castle accarezzò dolcemente il viso della donna che chiuse gli occhi, godendo ogni attimo di quel contatto.
Avvicinò il suo voltò a quello di Kate, fino a baciarle la punta del naso.
Posò poi semplicemente le sue labbra su quelle di Beckett senza urgenza, senza la passione selvaggia, senza pretendere niente.
La circondò con le braccia e lasciò che i loro corpi tornassero ad incastrarsi come i pezzi di un mosaico perfetto, nato da quell’abbraccio che sembrava ormai indispensabile per entrambi. 




p.s eccomi qua.. :D
aggiornamento lampo per i miei standard.. ringraziate tre dolci ragazze che hanno fatto pressione psicologica.. :)
un bacione mie care colpevoli.. ;) sherzo ovviamente.. :***
passiamo al capitolo.. come vi sembra..?? vi dico che non sono convintissima, ma spero vi sia piaciuto comunque..
un bacio a tutti..

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Capitolo 17
*** buonanotte piccioncini ***


Le mani della donna accarezzarono dolcemente le guance appena ispide di Castle.
Si guardarono negli occhi per un tempo che sembrò infinito e senza rendersene conto tornarono a baciarsi.
Le loro labbra inizialmente si esplorarono, con dolcezza.
Si lasciarono la possibilità di conoscere ogni particolare sensazione che l’altro gli donava.
I loro movimenti ricordavano la danza più antica del mondo: l’amore.
Le mani viaggiavano con lentezza straordinaria sui corpi dell’altro.
Ben presto però quel bacio perse tutta l’innocenza con cui era iniziato.
La passione, il desiderio, la frustrazione dell’osservarsi da lontano, dell’indifferenza ostentata si scatenò in loro.
Si fermarono solo quando il bisogno d’aria fu troppo forte.
Beckett poggiò la fronte su quella di Castle e non potè fare a meno di sorridere.
B: forse dovremo tornare dagli altri.
Lo disse quasi sussurrando, lasciando trasparire la sua poca convinzione.
Il respiro accelerato di Castle le solleticava le labbra.
Era una sensazione meravigliosa.
Il suo profumo aveva invaso i suoi sensi e quegli occhi blu la spogliarono completamente.
Il sorriso con cui Castle rispose fu abbastanza eloquente.
Prese a dare baci lenti e dolci sulle labbra della donna.
C: sei sicura?
La guardò intensamente per un momento.
Con un gesto rapido, lo scrittore prese in braccio la detective che, immediatamente, circondò la vita dell’uomo con le sue lunghe gambe.
Le mani di Castle viaggiavano forse troppo velocemente sul corpo della donna, iniziando a conoscere ogni forma, ogni curva.
Beckett nel frattempo lasciava dolci baci sull’incavo del collo dell’uomo, costringendolo spesso a profondi sospiri.
B: Rick..
Una mano di Castle aveva iniziato ad accarezzare la coscia della donna, ancora ferma attorno al corpo dell’uomo.
La detective rimase per un secondo senza fiato e poi sorrise contro le labbra di Castle.
B: Rick di questo passo non riusciamo sul serio a tornare di là.
L’uomo si limitò a mugugnare.
Beckett baciò con passione lo scrittore, lasciandolo senza fiato.
Si staccò e velocemente scese da quella posizione.
L’uomo la guardò frustrato.
C: sai vero che odio questo senso del dovere nei confronti di una festa?
Beckett sorrise provocatoriamente.
B: certo che si.
Si alzò sulle punte per lasciare un altro bacio fugace su quelle labbra che sapevano già di lei.
B: andiamo..
C: questa notte voglio un premio per tutta questa mia buona volontà..
La detective si morse sensualmente il labbro, osservandolo lussuriosamente da capo a piedi.
B: vediamo cosa possiamo fare..
L’uomo si iniziò a muovere, ma si accorse che Beckett non era accanto a lui.
C: Kate hai cambiato idea?
Non fece in tempo a voltarsi che sentì il corpo della donna saltare sulle sue spalle.
Le braccia della donna lo avvolsero sul collo, mentre quelle di Castle la sostennero per le gambe.
C: ti ricordi di avere un vestito, non è vero?
Beckett rise.
B: già, ma non si vede nulla, stai tranquillo scrittore.
La donna gli lasciò un bacio sul collo, lasciando un Castle più che sorridente.
C: sei sicura quindi? Non hai cambiato idea?
B: assolutamente Rick. Andiamo andiamo..
Castle portò la detective sulle spalle fino alla festa, ridendo come due bambini.
Arrivarono davanti alla tettoia e Beckett scese da quella posizione così leggera e straordinariamente rilassante.
B: grazie mio cavaliere.
Si alzò sulle punte e baciò Castle, lasciandolo piacevolmente sorpreso.
C: a sua disposizione.
Finse un inchino, ma alzando lo sguardo si trovò davanti l’agente Matt Smith, in tutto il smarrimento per quella scena.
Lo sguardo dello scrittore si gelò all’istante.
Beckett fece scorrere velocemente i suoi occhi da quelli persi di Smith a quelli scintillanti di rabbia di Castle.
Non ci pensò troppo e avvicinò la sua mano a quella dello scrittore.
Lasciò che le sue dita si intrecciassero con quelle dell’uomo alla perfezione.
Sentì la sua stretta essere contraccambiata e le sembrò di sentire i nervi di Castle rilassarsi lentamente.
B: entriamo?
Non ottenne subito risposta, ma ne seguì solo un momento di silenzio carico di tensione.
Non si sentirono suoni, ma vide solamente Castle annuire leggermente.
Beckett lasciò un ultimo sguardo a Smith, permettendogli di vedere tutto ciò che forse non era riuscita a fargli capire con le parole.
Lei, la professionale, seria detective Kate Beckett era ufficialmente e follemente innamorata dell’immaturo, bambino scrittore Richard Castle.
Lei, la fragile e chiusa donna Kate Beckett era ufficialmente e follemente innamorata del sensibile, comprensivo e meraviglioso uomo Richard Castle.
Entrarono nella tettoia e si lasciarono travolgere dalla musica.
Lasciarono andare ogni preoccupazione, ogni rabbia e rimasero loro due.
Semplicemente loro.
Le loro mani rimasero intrecciate, come se fossero nate per rimanere in quella posizione.
Castle si voltò e intravide Andrew, che finalmente aveva ceduto alla Sanders.
Ballavano e gli venne spontaneo sorridere per l’espressione imbarazzata del ragazzo in difficoltà con alcuni passi.
Incrociarono lo sguardo e vi trovò felicità mista a soddisfazione non appena aveva individuato la sua mano intrecciata a quella di Beckett.
Scosse la testa e continuò a camminare.
B: sembra in gamba quel ragazzo..
C: già e ho tanto l’impressione che lo sia più di quanto immaginiamo.
Raggiunsero Esposito e Ryan che non appena li videro si misero a ridere.
E: dimmi che vedi ciò che vedo io, ti prego.
R: se intendi la mano di Beckett in quella dello scrittore si. Se intendi i capelli arruffati di lei e l’espressione estasiata di lui si amico. Li vedo anche io.
Si guardarono e sorridenti fecero il loro feed-the-birds.
Beckett arrivando li fulminò con lo sguardo.
B: siete degli idioti.
E: ma non è vero, siamo felici per voi.
R: allora Castle.. quando ci aggiornerai sulla faccenda?
Disse Ryan ammiccando.
Castle li osservò per un secondo.
C: si, siete degli idioti.
Esposito e Ryan si guardarono e sorrisero.
E: lo senti? Parla già come lei.
Beckett roteò gli occhi.
B: beh, sembra si sia fatto tardi. Noi andiamo. Domani dobbiamo alzarci presto.
C: ma non avevi dett-..
Bastò uno sguardo malizioso di Beckett per capire.
C: aaaaaaaaaaah. Già. La sveglia. Presto. Certo.
Gli altri due agenti non riuscirono a trattenersi.
E/R: buonanotte piccioncini.
Beckett e Castle si allontanarono, sorridendo per l’espressione dei due colleghi. 




p.s. e siamo arrivati quasi alla fine... :D
penultimo capitolo gente..
non sono molto convinta di come sia venuto, ma meglio di niente.. ;)
spero vi sia piaciuto..
un bacione a tutti.. :D

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Capitolo 18
*** cara caotica e calda New York ***


B: bene. Quindi.. ricapitoliamo la situazione. Una scultrice, un’insegnante di chimica e un commerciante che hanno in comune solo un bar burlesque. Hanno fatto un po’ di soldi e sono stati uccisi…
La donna guardò tutti quegli sguardi concentrati puntati su di lei.
B: Allora, cosa ne pensate?
La detective camminava imperiosamente davanti a quella lavagna improvvisata.
Castle sorrise alla frase che aveva utilizzato Beckett: la stessa che aveva fatto capire a lui la risoluzione del caso.
Erano passati 5 giorni da quella festa, la fine dell’addestramento era quasi arrivata e in qualche modo a tutti sarebbe mancata quella spiaggia magica.
L: ma siamo sicuri che quel Rogers che avete trovato su due delle scene del crimine sia innocente?
Castle stralunò gli occhi.
C: non è possibile! Ancora..
Beckett, Ryan ed Esposito cercarono di trattenersi dal ridere, davanti alla faccia violacea dello scrittore.
C: l’assassino non è mai quello accanto ad un cadavere con un’arma in mano. Perché non glielo spiegate?
Tutti lo fissarono, sconvolti.
C: che c’è? È vero!
Ryan rise di gusto.
R: ok, ragazzi, non ascoltatelo. Cancellate ciò che ha appena detto. Però, questa volta il sig. Rogers non c’entra.
Beckett guardò divertita la faccia ancora imbronciata di Castle.
Scosse la testa e tornò a concentrarsi su quei ragazzi.
B: state sbagliando il punto di vista. Ora siete ad un punto fermo, quindi non dovete focalizzarvi su chi li ha uccisi, ma su cosa li rendeva speciali. Cosa ne ha fatto delle vittime? Che diavolo stavano insieme quei tre?
Ci fu un momento di silenzio, in cui tutti sembrarono risfogliare i propri fascicoli.
C: una scultrice abile con il metallo, un chimico e un addetto ai distributori.. su!
Andrew si alzò dalla sua sedia, con una luce particolare negli occhi.
Era eccitazione, adrenalina, soddisfazione.
La stessa luce che lo scrittore aveva visto ormai così tante volte negli occhi della sua compagna, di Ryan e di Esposito.
Gli venne da chiedersi se anche lui assumesse quella particolarissima espressione.
A: detective Beckett aveva detto di avere delle foto delle banconote di Sonya, l’insegnante, giusto?
Tutti gli altri lo guardarono quasi con derisione, non capendo dove volesse andare a parare.
Beckett non si scompose, ma si limitò a porgergli le foto.
Castle si era stampato in faccia un sorriso soddisfatto.
Esposito gli si avvicinò.
E: Castle togliti quel sorriso dalla faccia. Hai avuto solo una fortuna sfacciata. E poi non è ancora detto che abbia capito chi è l’assassino.
C: vi ho schiacciato! Preparatevi a pagare miei cari.
A: eccolo! Ci sono. Queste due banconote hanno gli stessi numeri seriali.
Andrew raggiunse la detective e le porse le prove.
A: non ci credo. Stavano contraffacendo banconote. Avevano biglietti da 1 dollaro a sufficienza grazie ai distributori automatici, sostanze chimiche per scolorire e.. e le matrici grazie alla scultrice.
Sorrise soddisfatto.
B: esatto. A questo punto vi basta poco per arrivare alla risposta. Non pensate a cosa avete, ma a cosa vi manca.
Nessuno rispose per un momento.
A: l’inchiostro! Lilly, la tatuatrice. Ecco perché aveva spinto le ricerche verso l’ex ragazzo della professoressa. Sono stati veramente ingegnosi!
B: complimenti, Andrew. A quanto pare sei veramente in gamba come dicono.
La donna gli sorrise dolcemente.
S: bene, ragazzi a questo punto, potete andare a fare gli ultimi esercizi, prima di iniziarvi a preparare per la cerimonia di assegnazione.
Tutti si congratularono con Andrew, già in imbarazzo per quelle attenzioni, e si diressero velocemente verso la riva.
S: e lei sig. Castle? Si ritiene già in forma? Questa volta non va a fare esercizio fisico?
Il tono di Smith fu volutamente provocatorio, cosa che non sfuggì né a Castle, né tantomeno a Beckett.
Lo scrittore si limitò a sorridere.
C: non si preoccupi Smith, ho già fatto la mia dose di esercizio fisico.
Le guance della detective avvamparono inevitabilmente, tra lo sguardo soddisfatto di Castle e quello gelato di Matt.
La donna sorpassò entrambi, pestando volutamente il piede dello scrittore.
Beckett lo vide trattenersi dall’urlare, ma nonostante fosse arrabbiata, le fu impossibile non sorridere.
 
Castle si trovò da solo a passeggiare verso gli altri ragazzi.
Era iniziata la riunione dei detective per l’assegnazione delle reclute.
Poco prima aveva chiamato il capitano, raccomandandosi di tornare il prima possibile, visto che la città sembrava essersi risvegliata di colpo.
Ah, e naturalmente aveva reclamato l’agente più qualificato che avessero individuato.
C: ehy!
A: sig. Castle! Che ci fa qui? Non partecipa alla riunione?
Lo scrittore roteò gli occhi, con un’espressione offesa.
C: mi hanno escluso.
Il ragazzo sorrise.
A: allora le toccherà aspettare con ansia qui con noi.
C: già, così sembra. Piuttosto, complimenti per oggi.. sei stato bravo, non me l’aspettavo.
Lo guardò seriamente, prima di scoppiare a ridere.
C: sto scherzando, avevo scommesso su di te.
A: lei è completamente fuori di testa.
Castle stava per rispondere quando vide tornare la sua musa insieme agli altri poliziotti.
C: in bocca al lupo Andrew.
A: grazie.
Lo scrittore raggiunse Beckett con un’espressione di pura curiosità.
C: allora, allora, allora? Chi abbiamo?
Beckett gli rispose sottovoce.
B: Rick vuoi tacere? Ora lo senti!
Lo scrittore sbuffò, come un bambino capriccioso.
C: e questi sono i vantaggi di avere come fidanzata una detective?
La donna osservò l’uomo di fronte a sé  per un momento sorridendo e gli mollò una leggera gomitata al fianco.
C: ahio! Stai diventando manesca. Ti denuncerò, sappilo.
B: ora zitto, Rick.
 
Cap: bene, dopo la riunione più particolare della mia carriera, siamo pronti per le assegnazioni. Innanzitutto complimenti a tutti voi. Avete fatto un addestramento con grande serietà e professionalità, mostrando doti molto spiccate. Vorrei anche ringraziare i detective qui presenti che hanno organizzato il più strano e forse il più utile addestramento dall’inizio di questo progetto. Bene, a questo punto possiamo cominciare. Tutti quelli che chiamerò faranno un passo in avanti e vi dividerete in gruppi a seconda della destinazione.
Lucas Kallinton è stato assegnato al 8° distretto sezione rapine
Jonathan Baller è stato assegnato al 11° distretto sezione omicidi.
L’elenco fu abbastanza lungo e noioso, ma sembrava essere arrivati alla fine.
Cap: bene, siamo arrivati alla fine .Andrew Farris. Dopo una discussione decisamente animata è stato assegnato al 12° distretto sezione omicidi. Complimenti Andrew, si è guadagnato la natura battagliera della detective. Si è battuta con molta decisione, nessuno avrebbe potuto contraddirla. Farai strada ragazzo.
Andrew sembrava al settimo cielo.
A: la ringrazio moltissimo signore.
Il ragazzo si avvicinò agli altri, con gli occhi che brillavano, avvicinandosi a Beckett.
A: non so come ringraziarla. Non la deluderò.
Gli porse la mano, che fu stretta prontamente dalla donna.
B: non ne dubito.
Castle li raggiunse, sorridendo.
C: impara. Quando Beckett vuole una cosa, la ottiene a qualunque costo. E sa essere molto pericolosa. Ricorda la mie parole, ti saranno utili.
Lo scrittore gli fece l’occhietto, mentre Beckett roteò gli occhi.
Andrew raggiunse anche Ryan ed Esposito per ringraziarli e gli porse la mani.
A: grazie mille. Sarà un onore lavorare con voi.
E: benvenuto al 12° distretto, amico.
 
Il loro volo era previsto per le 21.
Tutti i preparativi erano finiti, così Beckett, aspettando Castle ancora sotto la doccia, decise di godersi ancora un po’ quel mare così meraviglioso.
Uscì dal bungalow e, chiudendo gli occhi, cercò di imprimere nella memoria ogni dettaglio di quel luogo, che probabilmente avrebbe dovuto ringraziare per tutta la vita.
In quei pochi giorni con lo scrittore si era finalmente sentita a casa, si era sentita amata, protetta, desiderata.
Il suo cuore, rimasto in tempesta per anni, sembrava aver trovato la sua pace.
Avrebbe continuato a lottare per sua madre, ma ora sapeva che non era quello lo scopo della sua vita, ora sapeva che non sarebbe stato quello il motivo che la spingeva ad andare avanti.
Respirò a fondo, sorridendo.
Due braccia forti ed ora anche stranamente familiari la avvolsero da dietro, delicatamente.
Castle inspirò profondamente e appoggiò delicatamente la sua testa nell’incavo del collo di Beckett.
La donna si abbandonò completamente a quel contatto, lasciando che il suo corpo aderisse completamente a quello dell’uomo.
C: a che pensi?
B: penso che mi mancherà questo posto.
Castle le baciò delicatamente una guancia.
C: lo portiamo con noi. Che ne dici?
La donna si voltò stupita, ancora tra le braccia dell’uomo.
Castle aveva in mano un piccolo barattolo di vetro.
Lo scrittore le sorrise.
Beckett ne fu felice e raccolsero un po’ di quella splendida sabbia bianca e finissima.
Erano solo granelli, ma per loro rimaneva uno spicchio di paradiso.
 
Per il viaggio di ritorno avevano a loro disposizione un intero aereo, dovendo riaccompagnare gran parte dei partecipanti all’addestramento.
Beckett aveva preso il posto vicino al finestrino, accanto a Rick; Esposito e Ryan erano di fronte a loro e Andrew si trovava di lato.
E: ma guarda come sono carini.
R: già, te li immagini al distretto.. ora sappiamo che probabilmente, quando non riusciremo a trovarli, dobbiamo andare a controllare negli sgabuzzini.
I due scoppiarono a ridere, ma iniziarono a tossire convulsamente sotto lo sguardo minaccioso di Beckett.
B: siete consapevoli che vi sentiamo? E soprattutto siete consapevoli che vi farò pentire di ogni parola di troppo?
La donna sorrise soddisfatta per l’espressione dei due.
Esposito e Ryan annuirono frettolosamente.
B: perfetto.
Castle rise davanti a quella situazione esilarante, poi si rivolse sottovoce ai due amici, mentre Beckett sembrava aver chiuso gli occhi nel tentativo di dormire.
C: fossi in voi, ci guarderei veramente!
Esposito e Ryan iniziarono a sghignazzare.
B: sento anche te Rick. E con te potrei essere più pericolosa di quanto immagini.
Lo scrittore deglutì forzatamente.
C: ritiro tutto ciò che ho detto.
B: ecco, così va meglio!
La donna sorrise e, accucciandosi sul petto di Castle, si addormentò.
 
Il volo passò tra racconti imbarazzanti e battute.
Arrivarono a mattina inoltrata e stancamente i 5 scesero dall’aereo.
C: poi devi dirmi dove hai sentito quella storia. È fantastica.
A: mi dispiace. È un segreto della mia famiglia.
Il ragazzo scoppiò a ridere.
C: sei simpatico Andrew. Piuttosto, quanti anni hai detto di avere?
A: 22, perché?
C: ehy, Kate, secondo te è troppo grande per mia figlia?
Beckett lo guardò sconvolta.
C: Rick il fuso orario ti ha dato alla testa.
Lo scrittore sorrise rilassato, avvicinandosi alla donna.
C: non è il fuso orario.
E la baciò leggermente sulle labbra, come se fosse il gesto più naturale possibile.
Quando si allontanarono, vide Alexis ad aspettarlo, con un’espressione soddisfatta per la scena appena vista.
A: sig. Castle, per caso conosce quella bellissima ragazza con i capelli rossi?
Lo scrittore si voltò di scatto con un’espressione corrucciata.
Osservò rapidamente lo sguardo incantato di Andrew sulla figlia.
Osservò preoccupato gli occhi blu di Alexis bloccarsi alla vista di quel ragazzo dannatamente interessante.
Castle si avvicinò al ragazzo e lo colpì con uno schiaffo dietro alla nuca.
C: si, è decisamente troppo grande.
Andrew lo guardò stupito, mentre Beckett scoppiò a ridere, prendendo lo scrittore per mano e avviandosi di nuovo tra le strade della cara caotica e calda New York. 





p.s. non ci credo... siamo arrivati alla fine.. :D
allora, vi è piaciuta????????
io spero di si e devo ammttere che mi mancherà..
un bacione e grazie a tutti quelli che hanno continuato a leggere pazientemente!!!! :)

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