Sciarada

di NotLogical
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'Appeso ***
Capitolo 2: *** Disordine di fondo ***
Capitolo 3: *** Freccette ***
Capitolo 4: *** Acqua ***



Capitolo 1
*** L'Appeso ***



Jeans Calvin Klein, che se te li devi togliere ti tocca lanciarti sul letto e sbucciarti come una banana. Scarpe di Halle, ma se occhio non vede cuore non duole, e comunque ci vuole un tacco di un certo rispetto per dare vagamente l'illusione di un culo che non c'è.
Non si fa una doccia da dieci giorni, ma sono problemi secondari, quando ti togli gli occhiali da sole (Rayban, comprati giusto una settimana fa) e ti ritrovi a fissare gli occhi glassati di una donna morta da tre giorni.
Finestre chiuse, porta chiusa, e siamo a Luglio, in Italia. L'odore di sudore vecchio e la pelle continuamente viscida, se non altro, provano che sei ancora vivo.
Tiene la testa vagamente inclinata di lato - da una decina d'anni a questa parte il suo occhio destro gli restituisce una versione lattiginosa e sfalsata del mondo - ed è perfettamente consapevole del fatto che i capelli unti che gli arrivano fino alle spalle hanno raggiunto quel grado di sudiciume che li tiene perfettamente in piega. Mordicchia distrattamente una stanghetta degli occhiali, la bocca semiaperta per non dover respirare col naso. Il rumore non è giusto, gli manca quel "tlack" deciso, come di un osso che si spezza, e quel sapore dolce e carico che te lo puoi ficcare sotto la lingua ed aspettare che si sciolga.
Non che la visione gli stia facendo venire esattamente fame, ma sarebbe comunque piacevole ficcarsi qualcosa in bocca - fissazione orale, pensa, e se ghigna davanti al cadavere è perchè sesso e morte non sono mai troppo distanti.
Si concede di tapparsi il naso con una di quelle salviettine profumate da bambini - economico e vagamente funzionale, dopo aver appeso gli occhiali allo scollo della maglietta nera e prima di tirar fuori la ricetrasmittente.
"Enne, qui Emme - elle. Sono sul posto. Passo."
Ed il dito coperto dal guanto di pelle scivola sul pulsante di trasmissione, prima di schiacciare quello che gli permette  di ricevere. La voce che gli arriva nell'orecchio buono è innaturalmente piatta, e tuttavia infantile.
"Ricevuto, Emme - elle. Cosa vedi?"
E questa è una bella domanda. L'uomo - uomo? Coi tacchi? - si avvicina appena, la mano libera preme un poco di più il fazzoletto contro il naso e la bocca.
"Cappio intorno al piede sinistro, appesa in testa in giù. Nessuna ferita visibile.", e quando cammina fa lo stesso rumore di un cavallo al passo, circumnaviga il cadavere. Lo stomaco gli dice che quella ragazza avrà avuto al massimo sedici anni - chissà se aveva dovuto fare delle scenate coi genitori, per quel piercing all'ombelico. La bocca è aperta, e per un attimo si convince di non aver visto quella mosca spiccare il volo dal suo labbro superiore - la lingua è quasi bluastra, e pende ridicolmente verso il basso. Il cervello, invece, gli dice che dall'altra parte della ricetrasmittente c'è un povero stronzo che lo sta giudicando. "Sulla fronte ha scritto... tre, quattro, cinque. Sembra..." ed è solo in virtù dei guanti che sfrega i polpastrelli sulla fronte della morta, ritrovandoseli macchiati di un rosso pastoso. "...rossetto. Come le altre volte. Nella mano destra ha... un paio di forbici. Devono averle incollate lì con qualcosa - qualche tipo di colla", e il ticchettio forte dei tacchi continua, in sottofondo. "Torso nudo. Lenzuolo legato intorno al collo. Le mutande sono state messe sopra ai pantaloni, ha una 'S' disegnata sullo sterno", continua a snocciolare, la voce piatta ma forzata, ed i rintocchi di scarpe assurde si fermano. "Penso sia abbastanza facile. E' stata sistemata come in quella carta... l'Appeso. Prima parola. Seconda parola... forbici. Terza, superman", e fa una pausa gonfia di risentimento. "Combinazioni?"
"Qui Enne. Troppe combinazioni. Pensaci di più".
La parte di faccia ustionata non sempre riesce a piegarsi come dovrebbe, ma la parte sana del viso è fin troppo espressiva, la voce di solito bassa e prettamente maschile raggiunge per un attimo dei picchi d'isteria che la rendono più acuta. "Ci ho già pensato, cazzo! E' come dico io. Non torna. Dovrebbero essere tre parole, una di tre lettere, una di quattro lettere, una di cinque..."
La voce che gli risponde è di una monotonia disarmante.
"L'appeso è il dodicesimo Arcano Maggiore. In numeri romani, XII. Tre lettere."
Il fiato gli si rificca in gola attraverso i denti serrati. Ha trent'anni ed un'incazzatura addosso che la metà basta, e l'albino del cazzo deve sempre fare il numero uno. Ammazzare qualcuno non è così facile - non hanno molta voglia di morire, in genere - ma, Cristo se ha voglia di provarci...
E invece no, schiaccia con una certa violenza il tasto di trasmissione.
"Okay, questo ci lascia con le due altre parole. Per ora tutto quello che mi viene in mente è 'mano' e 'superi', ammesso e non concesso che sia una di quelle volte in cui troviamo degli... avanzi di lettere", e sospira "'Fanculo", sbotta, poi, a mezza voce, senza nessuna causa scatenante - e dimenticandosi di smettere di premere il tasto che gli permette di trasmettere.
"Non ti ricevo bene, Emme - elle".
E l'uomo si accascia un po' su se stesso, anche se quando parla la voce è dura e roca. "Devono esserci state delle interferenze. Passo".
"Bene. Torna alla base, aspetteremo i risultati dell'autopsia. Emme - ti?"
E il biondo sui tacchi sente un'altra voce, roca e scazzata, lenta, piacevolmente familiare. "Enne, qui Emme - ti. Le combinazioni sono troppe, ci vorrebbe un casino di tempo - ho preferito farle a mano. Per ora non mi si sta accendendo la lampadina in testa. Raccolte informazioni sulla vittima, ve le passo appena riesco a liberare una linea. Passo e chiudo".
"Okay, Emme - ti. Passo e chiudo. Emme - elle?"
"Mmmmmhhh? Sì, Enne, ti ricevo", sbiascica, con lo stesso tono allegro che potrebbe usare per annunciare al gentile pubblico una malattia venerea. Il puzzo è soffocante - spesso, in un certo senso, che ti vien voglia di sparare all'aria per vedere se per un attimo rimane visibile il foro della pallottola.
Ne ha visti, di cadaveri. Molti sono diventati cadaveri davanti a i suoi occhi, e spesso c'è voluto il suo intervento, per ottenere quel risultato. Ma ogni volta ti senti lo stomaco scendere un po' più in basso, accartocciarsi ulteriormente su se stesso, e ti chiedi quanto potrai andare avanti. Poco, probabilmente: la sua sanità mentale è sempre stata una cosa piuttosto traballante.
"Torna al quartier generale. Mentre aspettiamo i risultati dell'autopsia possiamo controllare il materiale che abbiamo già. Passo".
Veramente, lui aveva già una mezza idea di mandare tutti a fare in culo e ficcarsi in camera sua con qualcosa da bere - lavorare così tanto andava bene quando c'era un obiettivo da raggiungere.
Ma ora che obiettivo ha? La pensione? Pffff.
"Va bene, Enne. Torno alla base. Passo e chiudo".



NOTE: Non si prevedono aggiornamenti regolari, ma probabilmente riuscirò a non darvi tempi troppo lunghi di attesa.
Avrete certamente già capito chi sono Emme - elle ed Emme - ti, e vi starete chiedendo come hanno fatto ad arrivare fino ai trent'anni: la cosa diventerà più chiara con il passare dei capitoli.
Per ora, credits:
Sciarada, un numero di Dylan Dog, citazioni varie ed eventuali, ed ha ovviamente anche dato il titolo a questa storia.
Dato che questa fic contiene un numero allucinante di cose che mi piacciono, aspettatevi gli opportuni credits riferiti a fumetti, film ed addirittura videogiochi alla fine di ogni capitolo.

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Capitolo 2
*** Disordine di fondo ***


Le dita schioccano come dovrebbero schioccare e, per una volta che sono libere dai guanti, il suono è forte - è deciso, secco.
Ma Mello non gira la testa, con la lingua si fa sbattere un quadratino di cioccolata contro i denti, lo recupera, lo preme contro l'interno della guancia. Matt guarda verso Near, perennemente piccolo e bianco, fa un sorriso un poco storto, schiocca di nuovo le dita accanto all'orecchio deforme ed inutile del biondino rovinato.
Niente.
Near guarda e basta, tira ed arrotola intorno al dito sempre la stessa ciocca di capelli, fa rotolare sotto al palmo dell'altra mano un dado a venti facce, fa un rumore fastidioso quando i piccoli spigoli impattano contro il pavimento.
Il sorriso si allarga piano, scopre solo un attimo i denti un poco ingialliti dalla nicotina. Quando si sposta appena e china la testa verso quella assai più bionda ed unta dell'altro, gli occhiali da sole gli scivolano fin sulla punta del naso. "Mel?", dice soltanto, stavolta accostato all'orecchio buono, e poco ci manca che il cranio dell'altro gli spacchi un labbro, quando questo si gira di scatto. I suoi occhi sembrano quasi grigi, con questa luce.
Dopo un attimo, Matt si ritrova in mano una tazza vuota. Mello è già tornato a chinare le spalle magre verso il computer.
"Riempila".
Perentorio? Petulante, più che altro. Come una vecchietta.
Il tizio che un dieci anni prima teneva la mafia per le palle e strizzava con gusto. La situazione può sembrare o triste o patetica, magari entrambe le cose.
Matt forse si dovrebbe sentir sprofondare il cuore un poco più in basso - e presume che lo spazio ci sia, da quando un pezzo d'intestino l'ha lasciato in ospedale. O forse pensa cazzate, ma le sottigliezze anatomiche tendono a sfuggirgli, alle quattro di notte.



Le gambe di Halle, però, riescono a sembrare belle a qualsiasi ora. L'orlo della gonna le scivola fin sopra il ginocchio, quando si allunga per scrivere qualcosa in cima alla lavagna bianca con troppe calligrafie diverse sopra. Non porta le calze, e va bene rimanere lì un attimo a fissare, se ci si sente protetti da un paio di lenti scure. Inizia a parlare così, dal nulla, la sicurezza di prima se l'è scordata da qualche parte vicino alla scrivania di Mello.
"Sai, prima ero al cesso, e..."
"In bagno", lo corregge la voce femminile ma bassa, sbrigativa. Non gira neanche la testa, la punta del pennarello sdrucciola contro la superficie liscia della lavagna.
"...ero alla toilette, e pensavo", la informa Matt, la voce che diventa appena più roca quando si sforza di metterci dell'ironia - troppa fatica, riequilibra la cosa non sforzandosi affatto di smettere di guardarle le gambe. "Sembra tutto un po' fasullo. No?"
"No. Se ti pare poco reale, la prossima volta ci vai tu a parlare con le famiglie delle vittime".
E Matt si appoggia allo stipite della porta, in quella che vorrebbe forse essere una posa piena di nonchalance e figaggine. Peccato tenga la schiena così curva, e sembri non sapere cosa farsene delle proprie braccia.
"Mica per i morti. Dai, lo sai. Quelli ci sono, okay, e sono...", esita un attimo, con qualcosa d'intelligente da dire proprio sulla punta della lingua "...morti", conclude, invece, con l'intelligenza che gli si rificca in gola e rimane lì ad aspettare tempi migliori. Si stringe nelle spalle, la testa gli crolla un po' verso il basso.
"Ma lasciamo stare. E' che... siamo già al settimo cadavere. Abbiamo a che fare con un tizio abbastanza furbo da non farci trovare indizi, se non quelli che ci lascia lui".
"Mh".
"Ma gli indizi che ci lascia sono... insomma, dai, sono fatti alla cazzo".
Si sente un sospiro, qualcosa di stranamente umano per una donna un po' troppo bella, un po' troppo forte, magari anche un po' troppo in carriera. E Matt intanto continua a parlare, gesticola nervosamente con le mani guantate.
"C'è un... disordine di fondo, altro che ordine. Ogni sciarada ha regole sue, ma non è tanto come se l'avesse fatto per metterci in difficoltà. E' più come se... ogni volta dovesse reinventarsi le regole, perchè con quelle che aveva prima non ci riusciva a tirar fuori niente".
"Quindi?", interviene lei, riappoggiando i tacchi bassi sul pavimento, abbassa il braccio, il tappo del pennarello torna al suo posto con 'clack' secco.
"Quindi...", e l'espressione dell'uomo è difficile da capire, senza quell'aiuto che dà di solito il vedere gli occhi. "Quindi la prossima volta che vado al cesso non mi metto a giocare a Tetris col cellulare, magari. Perchè il ragionamento m'era partito bene, ma ad un certo punto ho sbagliato strada, e non capisco più dove volevo arrivare", ammette, facendo per cambiare posizione e riuscendo solo a tirare una spallata goffa allo stipite della porta.
Halle fa un sorriso stanco, si gira, i capelli sono tirati all'indietro così severamente da farti sentir male al cuoio capelluto solo a guardarla. L'uomo si chiede se non sia un tentativo estremo di lifting economico.
"Al bagno", lo corregge lei, di nuovo, con una pazienza un po' fredda.
A questo punto Matt dovrebbe dire qualcosa per chiudere la conversazione, qualsiasi cosa, dal 'ciao' banale ed insipido, tirato fuori dal nulla, ad una roba più seria, magari di lavoro, per rimettersi le parole giuste in bocca e più sicurezza nei movimenti.
Invece, se ne va e basta.



"E con questo cosa vorresti insinuare?"
La voce, almeno quella, è distintamente maschile. Ha un groppo di rabbia in fondo alla gola che la rende più bassa, forzata.
Near non smette di impilare dadi uno sopra l'altro - hanno troppe facce ed una forma strana, l'equilibrio sembra precario, ma non cascano. "Niente", risponde soltanto, senza dar segno di capire nè l'espressione nè il tono di Mello.

Matt ancora non capisce perchè trova più facile gestire queste situazioni, rispetto al parlare con Halle senza sembrare un disadattato sociale di un qualche tipo. Fatto sta che appoggia tranquillamente il caffè sulla scrivania davanti a Mello, che se ne sta lì seduto solo a metà e con la schiena curva e spigolosa come quella di un gargoyle.
"Quanti giorni ci rimangono?", s'informa, la voce abbastanza alta perchè il biondo riesca a sentirlo bene, mentre lui finalmente si sente in grado di raddrizzare di nuovo le spalle ed abbassare un attimo gli occhiali da sole - inutili e ridicoli, se si calcola che l'alba è ancora lontana e se ne sta sempre lì, chiuso tra quattro mura.
Mello, invece, non si rilassa. Ma si siede meglio, accavalla le gambe appoggiando la caviglia contro all'altra coscia, dondola il piede facendo penzolare avanti ed indietro la scarpa indiscutibilmente femminile, con tanto di tacco a spillo. Il tallone rimane sempre libero, ma la scarpa riesce a non cascare mai. Sbuffa, appallottola un pezzetto di carta stagnola rimasto accanto alla tastiera e lo lancia via, poi finalmente risponde.
"Dipende da cosa gira per la testa allo stronzo. Giusto perchè altrimenti ci prendeva poco per il culo, neanche uno straccio di pattern come si deve, ci ha lasciato..."
"Dodici giorni, se contiamo il numero di lettere che compongono la sciarada. O ventiquattro, se contiamo anche l'altro dodici che compare tra gli indizi. Sempre che stavolta l'assassino riesca ad essere in orario", lo interrompe Near, la voce abbastanza bassa da costringere Mello ad orientare la testa in modo da rivolgergli l'orecchio sano. La scarpa gli casca dal piede, ed il corpo ha uno scatto improvviso, è già praticamente in piedi ora che i riflessi di Matt si attivano, e l'uomo gli piazza una mano guantata sulla spalla.
"L'ultima volta coi numeri aveva fatto casino, mi pare. No?", gli chiede, ed il biondo espira a fatica, parla a denti stretti. "No, è più probabile che avesse avuto difficoltà con la vittima. Solo un cretino sbaglierebbe a fare una semplice addizione".
Matt si stringe nelle spalle, con la mano libera si spinge nuovamente gli occhiali su per il naso. "Be', allora speriamo abbia difficoltà anche stavolta".
E Mello accartoccia le labbra in un qualche modo, si dà una spinta col piede adesso scalzo, le rotelle della sedia lo aiutano a scivolare via dalla presa di Matt.
"Già che ci siamo, speriamo piuttosto sia cretino", ribatte, seccamente.



La cosa finisce con Mello che se ne va ancheggiando come una donna e pestando i piedi come un militare in marcia. Near rimane sul pavimento, ha solo strizzato un attimo gli occhi quando lo sfregiato sui tacchi a spillo gli ha distrutto la torre di dadi costruita con una pazienza innaturale.
Continua a giocherellare con una ciocca dei capelli un po' troppo lunghi e sicuramente troppo bianchi, guarda Matt, e Matt guarda lui. Rimangono in questa situazione di stallo talmente a lungo da sembrare ridicoli, ma evidentemente il loro senso dell'umorismo non contempla il mettersi semplicemente a ridere e far andare via il silenzio.
Alla fine Near allunga la mano libera verso il 'collega', e --- andava bene quand'erano bambini, poteva essere accettabile ed un po' preoccupante quando Kira era ancora in giro a dispensare giustizia come se stesse per scadere da un giorno all'altro.
Ma fa abbastanza schifo, dover prendere per la manina un tizio di ventisette anni e sapere che non lo fa per compensare la camminata problematica, rigida, scoordinata.










NOTE:

1) Questa è una storia abbastanza "pairing-free", diciamo. Potete ovviamente vederci tutte le accoppiate che volete, ma vi sconsiglio di aspettarvi grandi evoluzioni in questo senso. Al massimo ci sarà Mello a creare un po' di entropia, prima o poi. Più prima che poi, temo, e temo anche che dovrò alzare il rating.

2) Sulla caratterizzazione dei personaggi avrei talmente tanto da dire che... per ogni capitolo di questa storia ne dovrei scrivere uno di spiegazione. Se c'è qualcosa che proprio non vi torna, o su cui vorreste dei chiarimenti - be', di metodi per farmelo sapere ne avete a pacchi.
Sopratutto, mi farebbe piacere sapere da voi se questa versione invecchiata, riveduta e corretta dei personaggi riesce ad avere complessivamente senso... o se magari do troppe cose per scontate e dovrei invece spendere un po' più di tempo e parole per spiegare meglio chi, come, cosa, perchè.
Tenete comunque conto che il fattore "va' che figata, siamo sopravvissuti a Kira" avrà una spiegazione. Ma è una spiegazione così stupida e lineare da non meritarsi neanche un flashback di quelli belli lunghi ed epici, ergo verrà fuori "a pezzi". Anzi, se guardate bene il primo pezzo l'ho già messo in questo capitolo.

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Capitolo 3
*** Freccette ***



Le opinioni espresse dai personaggi presenti in questa fanfiction NON riflettono in alcun modo le opinioni dell'autrice.












Una volta gli ha chiesto: "Perchè?".
Ma lui, con le guance un poco arrossate ed una certa speranza nelle mutande, ha semplicemente mandato giù il tutto e s'è levato di lì, lasciandolo ammorbidito e un po' stanco, pacifico come un putto.
E' stato solo dopo essersi pulito la bocca col dorso della mano che ha risposto, con un semplice ed efficace "Se ti dà noia smetto", ma non era detto con empatia o rimorso - la voce sapeva di sfida.
E Matt, comunque, s'è ricordato che se voleva smettere di sentirsi dare del finocchio la prima, primissima, prima ed ultima cosa da fare era smettere di stare sempre dietro a Mello.
Alla fine, però, non gli importava molto. E comunque farsi spompinare senza smettere neanche - o quasi, vabbè - per un momento di giocare all'ultimo videgioco - Epic Win, e non so se mi spiego.
Anche se, per essere precisi, Mello non è che fa qualcosa e basta. Lui si mette a macrare. Continua a farlo che manco un ossessivo compulsivo - ma una bocca è una bocca, ed anche se Matt, in un momento di grazia, l'ha informato che non ci tiene a prenderlo nel culo, più di così non c'è mai stato.
Lui arriva, slaccia, tira fuori quel tocchettino di carne ancora rincoglionito e moscio, e ci fa i suoi comodi. Dopo, di solito, si fa offrire una sigaretta. Fuma guardando il soffitto, con un qualcosa nell'espressione che è più da Madonna che da troione travestito e parecchio frocio. Quando spegne la sigaretta, sul filtro si vedono i segni dei denti. E poi, semplicemente, se ne va.
Insomma, si sfrutta quel poco che si ha. Quando lo si ha, dato che è lui a fare tutte 'ste cose, e l'ultima volta che Matt ha cercato di prendergli la testa ed abbassargliela in zona s'è ritrovato una pistola puntata contro i coglioni. Senza neanche accorgersi del preciso momento in cui Mello l'ha tirata fuori.
Così, anche stavolta, se ne rimane col pisello all'aria e il portatile sulle ginocchia, la nuca premuta contro il muro, e non dice niente. Ha appena tirato una bomba a mano contro lo stipite della porta da cui stava passando, e mentre aspetta di rientrare nella partita si sente un po' troppo niubbo per aprire bocca.
E' Mello, con la sigaretta già in bocca ed il culo goloso appoggiato sul pavimento che, inaspettatamente, parla. "E' una merda", è tutto quel che dice, rivolto probabilmente al muro di fronte a loro, a giudicare dallo sguardo.
"Cosa?", s'informa l'altro, automaticamente e senza pensarci, continuando a premere i tasti con i polpastrelli callosi - manicure da hacker, se non fosse che il mondo fa schifo potrebbe andare in giro senza guanti e non lasciare manco le impronte digitali, da quanto gli si sono rovinate le dita.
Mello sbuffa una nuvoletta irregolare di fumo biancastro, ha gli occhi troppo chiari un po' strizzati - e una roba tipo spranga che preme contro il cavallo dei pantaloni di pelle, anche se nessuno dei due sembra farci troppo caso.
"Tutto", risponde, semplicemente, a voce bassa.
E non dice altro, tanto che Matt è costretto a schioccargli più volte le dita accanto all'orecchio da cui ci sente ancora, per ottenere una risposta al suo: "E allora?".




"Loud?"
Giornata da freccette, probabilmente dovrebbe almeno tirarsi su in piedi. Ma la gamba piegata è sempre lì a proteggergli lo stomaco, il semi-albino sfiora il ginocchio col petto mentre piega il braccio sottile e lancia l'ennesima freccetta. Vola nella direzione che le pare, mica verso il bersaglio.
Manca di poco la spalla di Matt.
"...sono sotto attacco?", si informa quello, alzando le sopracciglia, gli occhi ancora una volta coperti dalle lenti scure, il viso reso pallido ed alieno dalla luce fredda del monitor.
"Niente, Near", è quello che dice invece Loud - anche se ogni tanto viene ancora da chiamarlo Gevanni - parlando praticamente sopra allo strano informatico. Il rumore dei tasti che continua a schiacciare sembra quello di una mitagliatrice che spari ad un cuscino - a distanza molto ravvicinata.
Forse Near muove così tanto le mani per compensare ciò che non fa con le gambe, perchè continua a toccarsi i capelli, e le freccette sono state degradate a materiale da costruzione per una torre a pianta quadrata. Lo sguardo è basso, il viso è sempre un po' infantile - non un pelo che sia uno, lineamente sproporzionati da cucciolo.
"Carter?", e solo nel rivolgersi a lui si concede di guardarlo schiettamente.
"Niente anche qua", è la sola risposta, e la mano grande, piena zeppa di vene in rilievo, viene passata tra i capelli ormai decisamente più grigi e bianchi che biondi.
Near riabbassa lo sguardo, posiziona un freccetta sulle altre, tenendola delicatamente tra pollice ed indice.
"Bullook?"
Ed Halle non batte ciglio, tamburella con le unghie corte e ben curate sopra a dei fogli stampati. "L'unica cosa vagamente in relazione con dei supereroi è una piccola convention in un centro commerciale in Toscana. E' tra dieci giorni, quindi coincide con una delle linee temporali".
Non una reazione che sia una.
"Mello?"
Non una risposta che sia una, dall'altra parte.
E Near ancora non cambia espressione, le dita non tremano mentre posa la sedicesima freccetta al suo posto, e la torre inizia a salire.
La voce di Mello è bassa, un poco strascicata, le suole degli stivali pesanti stanno ad un paio di centimetri dalla tastiera sulla scrivania.
"Qualcosa che abbia a che fare con le mani, in quel centro commerciale?", chiede, solo, la testa inclinata all'indietro, i capelli troppo lunghi e biondi sfiorano lo schienale della sedia.
"Forse stiracchiando un po' il ragionamento, non..."
"Okay. Ci mandiamo Stefano, a dare un'occhiata?", e la pronuncia del nome italianizzato è esasperata, sardonica. Loud, dal canto suo, strizza appena gli occhi chiari.
"I sopralluoghi dovrebbero essere compito suo", commenta, con il 90% in meno del rispetto che riserva a Near. Indica Matt col pollice, Matt in tutta risposta si accende una sigaretta con la brace di quella che ha appena fumato fin quasi al filtro. Mello probabilmente registra almeno il primo dettaglio, perchè la voce è più dura. Piega le gambe, sbatte gli stivali contro al pavimento, la sedia ruota fino a permettergli di 'fronteggiare' Loud. Per quanto possa fronteggiare Mello, che non si lava da una dozzina di giorni - ma che solo oggi s'è cambiato i vestiti tre volte.
"Il suo compito dovrebbe essere quello di non cagare a spruzzo ogni sacrosanta volta che si apposta da qualche parte. Visto che non è in grado di farlo, dobbiamo..."
"Non è colpa sua", interviene la voce di Halle, ferma e troppo veemente, come quella di una madre esasperata. Guarda entrambi, le sopracciglia sottili appena alzate. "E non è neanche colpa mia, se è questo che state pensando. Se solo quella volta non aveste fatto di testa vostra, Matt a quest'ora non avrebbe..."
"Eh?", è la voce un po' scazzata e roca che fa capolino, distrattamente, Matt neanche li guarda - malgrado abbia probabilmente percepito abbastanza da distrarsi parzialmente dal computer. Il capo rimane chinato verso lo schermo. Sembra non essersi neanche reso veramente conto che gli ultimi tratti della conversazione riguardavano lui ed i suoi inopportuni problemi intestinali.
Mello si tocca la parte di faccia rovinata, sente poco la pressione delle dita, ma gli rimane addosso quel prurito vago. Per sicurezza, gratta piano. E nel frattempo alza gli occhi al cielo.
"Matt, ci vai a fare questo cazzo di sopralluogo al centro commerciale?"
"Eh?", è nuovamente la risposta, un verso irritante e distratto, il ticchettare della tastiera non smette.
"Mi stai ascoltando?"
"Sì"
"Be', cosa ho detto?"
Lo si vede aggrottare la fronte, e staccare una mano dalla tastiera per spingere gli occhiali da sole su per il naso. Gira la testa in modo un po' sbilenco, tiene la schiena curva, per quel che si capisce sta guardando Mello.
"Non lo so", ammette, contraddicendosi con nonchalance, e scrollando la cenere della sigaretta. Manca il portacenere di un paio di centimetri buoni.
Il rumore della freccetta che sbatte contro il muro li distrae tutti per un istante.






NOTE:

1) Lo scorso capitolo aveva un POV abbastanza neutro tendente al Matt, invece qua il primo pezzo (e solo quello) ha un POV molto, molto, molto più vicino a quello di Matt. Se vedete dei termini che vi suonano strani, be' - li ho sentiti ventordicimila volte gravitando attorno ad appassionati di MMORPG, ed il nostro rosso ce lo vedo bene con le cuffie e il microfonino che urla "ODDIO, ASPETTA, MI STA LAGGANDO, NON RIESCO A... COPRIMI, COPRIMI!". L'unico termine un po' ostico dovrebbe essere "macrare". Trattasi di una pratica mediante la quale si alza una skill dando un comando al proprio personaggio, che continua a fare la stessa identica azione in loop guadagnando automaticamente punti su punti. In questo caso, si può quindi dire che Mello sta cercando di alzare la skill "sesso orale".

2) Rester, Gevanni e Lidner sono stati rimpiazzati dai cognomi reali dei rispettivi personaggi. Informazioni prese da "Death Note Wiki" (http://deathnote.wikia.com/wiki/Main_Page), dato che l'How to Read è rimasto a casa di mia madre ed al momento non posso recuperarlo.

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Capitolo 4
*** Acqua ***


"Okay, ricapitolando. La data dell'omicidio ce l'abbiamo. Il posto, ce l'abbiamo. L'indizio extra erano le forbici, l'indizio extra di solito c'è sempre venuto accoppiato con una determinata parte del corpo, stavolta l'unica cosa che c'è venuta in mente con le forbici sono le mani. In un centro commerciale c'è una certa probabilità di trovare qualcosa che includa l'accoppiata mani/forbici, quindi forse stavolta rischiamo addirittura di beccarlo, 'sto enigmista da due soldi. Ora, se Stefano muove un po' il culo..."
"Qui parla Elle. Richiediamo la collaborazione del..."
"Carter"
"...comunque, magari è la volta buona che l'assassino ha voglia di sbattersi un po'? Non so perchè ma mi viene di continuo quest'immagine in mente, di lui che cerca di ammazzare qualcuno con un paio di forbicine da manicure... ce lo voglio proprio vedere. Neanche se gliele ficca in un occhio ce la fa, ed incompetente com'è secondo me lo prendiamo anche senza stare tanto a preparare piani su piani - perchè non andiamo lì proprio a braghe calate, per una volta, ed improvvisiamo? Perchè c'è da lavorare così tanto?"
"...vostro dipartimento, ci servono degli agenti sotto copertura che..."
"Sì, Near?"
"Devo andare al bagno.", risponde l'ex 'quasi ufficialmente' erede di L, con una certa supponenza, come se fosse semplicemente logico. Le voci si accavallano che è un piacere, e nessuno ascolta veramente l'altro. Le pale del ventilatore sul soffitto girano pigramente, ma l'aria rimane ferma ed afosa, Halle tiene le maniche delle camicetta bianca arrotolate con precisione certosina fin sopra ai gomiti, Matt li ha fregati tutti e s'è messo a contattare la polizia standosene comodamente a torso nudo. Le cicatrici più vistose non sono quelle procurate dai proiettili: esteticamente parlando, il grosso del lavoro l'hanno fatto le operazioni chirurgiche successive. L'ombelico quasi si perde in una linea infossata e brutta che scende fino all'orlo dei pantaloni, ma lui non sembra farci caso, tiene la schiena umida di sudore curva e rigida. Il Mello chiaccherino è forse il più assurdo di tutti, e poco importa che i pantaloni lunghi e lucidi siano di chissà quale marca: il torso magro è coperto - o forse più che altro scoperto - da un'assurda cannottierina nera, tutta laccetti. Sembra dolorosamente ridicolo, con la cicatrice della vecchia esplosione che gli mangia una spalla ed un pezzo di schiena, e col pezzo di stoffa sagomato per contenere un seno che non c'è che pende floscio sul petto scarno.
Matt tappa un attimo il microfono con la mano - impersonare L non lo disturba, ma immaginarsi il poliziotto dall'altra parte mentre sente quel che ha da dire, con la voce falsata e resa meccanica dai filtri... be', sarebbe imbarazzante.
"Mel, ma quella cannottiera non è di Halle?", ed il tono è a metà tra l'esasperato e lo strafottente.
Peccato che il mezzo sordo mica lo senta, e continui a parlare praticamente da solo ancheggiando per la stanza.

Non c'era così tanto caos, ai tempi del SPK, è vero, ma è anche vero che all'epoca non c'erano neanche Mello e Matt, se ne stavano nascosti come scarafaggi, vivendo più o meno nelle stesse condizioni di quegli indistruttibili insetti.
La cosa non pare comunque avere nessun effetto su Near, che tende di nuovo la mano e non lascia quella grossa e ruvida di Carter neanche dopo che è stato aiutato ad alzarsi. Il ragazzino - viene ancora da chiamarlo così, assurdamente - cammina  col torso sbilanciato in avanti, il movimento delle gambe è rigido, scoordinato. Facendo andare un po' la fantasia viene da associarlo ad un albero cresciuto su un terreno troppo pendente e pieno di sassi: le radici si sono allungate meglio che potevano, ma sono cresciute storte e strane. Forse le cose sarebbero andate in modo diverso, se l'avessero preso ancora piccolo e...

Ma forse non gli interessava, così come non gli interessava di Matt, di Mello. Di L, con la schiena rovinata ed il sonno che lo beccava nei momenti più casuali, lasciandolo più svenuto che addormentato sulla propria poltrona - ma solo per poco, e poi tutto quello zucchero che buttava giù per cercare di tirare avanti ancora, e ancora, e ancora, senza mai chiudere pietosamente gli occhi. Destinato a morire giovane in ogni caso, ridotto a vivere male, tutto in nome di un bene maggiore.

Adesso però c'è Halle, con gli occhi freddi ed il viso bello e spigoloso, che segue l'avanzata di Near distraendosi dalla propria comunicazione con Loud. Il viso di Carter non esprime opinioni, Near ondeggia col busto avanti ed indietro, come un piccione, per trovare più equilibrio nella sua camminata sbagliata. E' solo quando si fermano un attimo che si solleva sulle punte dei piedi, inconsciamente. E si fa toccare solo quando vuole lui, solo la mano e solo quando la tende, mangia sempre le solite cose, mangia poco - destinato a morire giovane, ridotto a vivere male. Anche lui, anche stavolta?
Mello le arriva alle spalle, Halle sente il cuore diminuirle di una taglia. Ha qualche chilo di rimpianti incastrati in fondo alla gola, l'odore dell'uomo la fa sentire sporca a sua volta. Sporca nell'anima, non nel corpo.
"Dovresti farti una doccia", osserva, la voce volontariamente distaccata e sicura.
"Non ho voglia", è la risposta detta con un tono deliberatamente ribelle, da adolescente che manda a fare in culo i genitori.
E ringraziamo che Halle non abbia figli, perchè ha un qualcosa da educatrice tedesca inflessibile e quasi militaresca, mentre si alza - sovrastando Mello, per un semplice questione di tacchi - e lo guarda come potesse dargli fuoco con la sola forza di volontà.





Le piastrelle sono bianche, alcune decorate con cavolate geometriche azzurrognole, i muri intonacati sono macchiati di muffa verso il soffitto, ma va bene anche così.
L'odore del bagnoschiuma ricorda forse più quello di un detersivo per i piatti - l'idea della pulizia la dà, ma è un poco troppo chimico e persistente per essere davvero gradevole. Da bagnati, i capelli di Mello hanno un colore particolare - e sembrano ancora più lunghi, tagliati ancora peggio, gli arrivano quasi alle scapole sporgenti.
Near spinge in sua direzione un piccolo battello galleggiante, l'espressione è seria e concentrata, i capelli vagamente mossi e gocciolanti lo fanno somigliare ad una pecora affogata.
Mello sposta vagamente lo sguardo in sua direzione, le braccia le tiene appoggiate sui bordi della vasca, in maniera quasi strafottente, da grande boss. All'inizio soffia e basta verso la barca, increspando le labbra un po' a culo di gallina, le guance sembrano più scavate. Alla fine, abbatte pesantemente la mano sull'imbarcazione, che affonda momentaneamente e poi risalta su.
L'espressione di Near non cambia, l'unico rumore che si sente è lo sciacquettio provocato dal suo spostarsi appena in avanti. I due non si toccano, non si guardano, non si lavano, stanno semplicemente lì. Le dita pallide ed immacolate, senza calli nè graffi, raggiungono il battello di plastica, lo spostano con una traiettoria curva, torna in ritirata verso il petto amorfo e bianchiccio del ventisettenne.
E' stranamente lui, il primo a parlare.
"Mi ricorda Kira"
Mello alza una mano, le unghie sono appena troppo lunghe e stranamente curate, infila le dita nell'attaccatura dei capelli e le fa scorrere fin quasi alla nuca. "A me no", è la risposta lapidaria, bassa. Disinteressata.
"Troppo autocompiacimento, e poca sostanza sotto. Come Kira"
"Siamo quasi morti, per catturare Kira", e scopre i denti in una smorfia, china la testa di lato, orientando istintivamente l'orecchio sano verso Near.
"Ma non siete morti", osserva quello, facendo scorrere il piccolo battello sulla superficie dell'acqua.
"Non per merito tuo. Comunque, grazie tante per aver scoperto l'acqua calda. Stiamo combattendo contro un cretino che cerca di fare l'intelligente, ormai è ovvio. Ogni tanto ha dei momenti di grazia, questo è vero..."
Sfiora il pelo dell'acqua con le dita, ci immerge la mano, risulta distorta e troppo pallida - finchè non la si confronta con quelle di Near, almeno.
"...ma è davvero come se stesse cercando di sembrare più intelligente di quello che è", conclude, per poi fare una piccola pausa. "Anche Matt la pensa così"
"E' ovvio che lo faccia", osserva Near, senza spiegarsi oltre, ma strappando una smorfia brutta e grottesca a Mello. Parla di getto, senza pensarci veramente, le labbra ritratte fino a scoprire i denti, la parte ustionata del viso risponde poco alla sua mimica facciale.
"Be', non sarà comunque come con Kira. Niente cazzate soprannaturali, niente..."
"Abbiamo accettato l'esistenza degli Shinigami", gli ricorda quello, sollevando la barchetta di plastica, alza gli occhi scuri mentre il braccio gocciolante d'acqua si piega quasi fin sopra la sua testa "Per quanto sia improbabile, dovremmo essere pronti a tenere conto di ipotesi non convenzionali".
Niente a che vedere con lo sciacquettio placido prodotto dai movimenti di Near: Mello è schizzi, è ira, parole sputate come fossero bestemmie.
"Abbiamo avuto le prove necessarie, per contemplare l'esistenza degli Shinigami. Li abbiamo visti, quasi toccati. Si sono mangiati il mio cioccolato. Ora come ora, abbiamo solo un deficiente che vuole farsi bello agli occhi della stampa e della polizia. Abbastanza abile da non lasciare tracce sul luogo dell'omicidio, ma chiunque veda un qualsiasi stronzissimo telefilm investigativo alla tv sa ormai, più o meno, come regolarsi. Non capisco neanche perchè siamo rimasti invischiati".
"Rientrava nei nostri parametri"
"Be', allora dovremmo rivederli"
"Sono gli stessi parametri che usava Elle"
L'attimo di silenzio è penoso, ma Near non cambia espressione, ed il viso sfigurato di Mello è raggelato nella solita smorfia. La sua bocca è tutta denti, mentre risponde con un tono così pieno di emozioni da rendere impossibile il distinguerle una ad una.
"Elle è morto".

Sono interrotti da un bussare discreto alla porta, Carter porta accappatoi e poche opinioni, li interrompe. Near si fa aiutare da lui, ad uscire dalla vasca, e l'uomo continua ad essere inespressivo mentre copre il corpo magro ma moscio del suo 'capo', mentre strofina piano la pelle di un candido malsano per asciugarla. Mello è più autonomo, esce creando dispettose pozze d'acqua sul pavimento piastrellato, se ne rimane orgogliosamente nudo - con le sue cicatrici, col suo corpo troppo magro.
"Che c'è, ti piace quello che vedi? Eh?", s'informa il biondo rovinato, con qualcosa di viscido nel tono e nello sguardo.
Ma Carter in realtà neanche stava guardando.
Mello esce dal bagno ancora nudo e bagnato, l'accappatoio svolazzante come il mantello di un supereroe, come un vessillo, i piedi lasciano chiazze d'acqua sul pavimento.







NOTE:

1) Volevo riesumare i miei (scarsi) appunti su una conferenza a cui sono andata, per quanto riguarda le... difficoltà deambulatorie di Near. Alla fine mi sono detta che questa è una fanfiction su un manga, e l'ultima cosa che mi viene richiesta è così tanta accuratezza (un attimo di silenzio, prego, sul Mello esploso coi capelli intatti e nessuna conseguenza se si esclude la cicatrice per renderlo più figo), quindi sono andata avanti nel mio solito modo: logica, buon senso e pezzi di informazione non troppo contrastanti tra di loro.

2) Sento gridare all'OOC fin da qua, per la scena di Mello e Near insieme nella vasca da bagno. Mettiamola così: a Near qualcuno deve star dietro, perchè pur essendo un genio non ha mai imparato a prendersi cura di se stesso, ed Halle ha raggiunto decisamente il punto di non ritorno, a furia di vedere Mello lasciarsi andare. La soluzione ottimale era, ovviamente, farli lavare assieme - costringendoli a cazzotti, se necessario.

3) Sto continuando a sparare fuori capitoli a mitraglietta, ne approfitto e li pubblico. Nella speranza che vogliate poi scusarmi nel caso io smetta di aggiornare per settimane e settimane - fateveli durare, questi capitoli piccini, perchè del doman non v'è certezza.

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