l'inizio della vita

di hunter95
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Questa è la mia esistenza ***
Capitolo 2: *** il mio stupido atto di coraggio ***
Capitolo 3: *** il motivo dei miei indugi ***
Capitolo 4: *** Adesso sono viva ***



Capitolo 1
*** Questa è la mia esistenza ***


Era una giornata uguale a molte altre. Il sole splendeva alto nel cielo di un azzurro splendente. Jane, come ogni mattina, era al Dojo del villaggio per allenarsi. Il fatto che una ragazza di diciassette anni, fin da quando ne aveva dodici, vivesse sola e si addestrasse all’uso della spada poteva sembrare strano; ma tutti al villaggio sapevano che i suoi genitori erano dei vice-ammiragli della marina militare e si credeva che un giorno anche Jane sarebbe entrata in marina.
Ma non era quello il sogno: Jane voleva diventare un pirata! Vivere mille avventure, combattere contro altri pirati, sentire l’ adrenalina scorrerle in corpo durante una battaglia, sentire il proprio nome pronunciato con timore e rispetto e vedere il proprio volto su un avviso di taglia e cambiare il governo mondiale.
In realtà fino a nove anni il suo sogno era stato quello di seguire le orme dei suoi genitori e assicurare alla giustizia pericolosi criminali. Un giorno, però, in quelle occasioni in cui tornava sull’isola dal luogo dove viveva, il Quartier Generale della Marina, incontrò un uomo che si presentò come “Pirata”. Ogni giorno, per i successivi tre mesi Jane cercava Pirata e passava ore ad  ascoltare le sue storie d’incredibili avventure e luoghi fantastici.
Quando tornò al Quartier Generale della Marina, in lei si era insinuata una piccola idea, che però tenne nascosta.
La sua vita continuava come al solito: si allenava con la spada e al lancio dei coltelli, studiava nella grande biblioteca riservata agli ufficiali, ma aperta anche a lei, e cresceva.
Durante gli anni, aveva scoperto dei passaggi nella conduttura dell’ aria che le permettevano di origliare i discorsi degli ufficiali.
All’inizio non riusciva a capire il significato di ciò che ascoltava, ma più cresceva e più quei discorsi acquisivano significato. Il governo mondiale, il sistema giudiziario che governava il mondo e la Marina Militare, erano composti da uomini corrotti e organizzazioni segrete che agivano nascondendosi dietro la protezione della legge.
Jane ne era rimasta inorridita e aveva deciso che non sarebbe mai diventata corrotta o ipocrita. Ma poi aveva conosciuto Pirata e aveva capito che la vita da marine non era la sola strada che avrebbe potuto intraprendere. Aveva iniziato a cercare libri sui pirati e sulle battaglie contro i marines. Una volta che ebbe divorato tutti quelli presenti in biblioteca, iniziò a comprarli e in breve la sua camera fu riempita di libri sulle navi, i jolly Roger, le battaglie e i pirati più famosi.
A dodici anni, si era deciso che Jane fosse abbastanza grande da tornare sulla sua isola e vivere da sola. Così, anche se con rammarico, i suoi genitori e lei si dovettero salutare e Jane tornò da sola sull’isola. Da quel giorno, decise che sarebbe diventata un pirata e continuò ad allenarsi al Dojo dell’isola e in poco tempo divenne la più forte della palestra.
Non era mai stata una ragazza espansiva, ai giochi all’aperto preferiva la solitudine della palestra, alle gite con i suoi coetanei preferiva la compagnia di un buon libro e alle feste preferiva andare in cima alla scogliera a pensare cullata dall’infrangersi delle onde sugli scogli.
Le sue origini, la sua forza e la sua riservatezza, la facevano apparire strana agli occhi degli abitanti del villaggio. Così, a diciassette anni non aveva trovato nessun amico, quindi passava le sue giornate da sola ad allenarsi.
Anche quel pomeriggio era da sola e così decise di andare sulla spiaggia ad allenarsi. Il suo posto preferito era sempre stato un’insenatura da cui poteva vedere tutto il mare e la costa, ma da cui nessuno poteva vedere lei. Dopo due ore di allenamento, buttò un’occhiata sulla spiaggia e ciò che vide per poco non le fece cadere la spada di mano. Una nave pirata!
Una vera nave pirata si era appena ancorata sulla spiaggia!
Forse però, non erano quei tipi di pirati che stimava. Che avrebbe fatto se fossero stati criminali?

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Capitolo 2
*** il mio stupido atto di coraggio ***


Sapeva che doveva stare all’erta, non poteva permettere che nessuno depredasse la sua isola, ma quei ragazzi appena sbarcati non sembravano avere cattive intenzioni ed erano solo in tre.
Deciso di uscire allo scoperto, tanto per accertarsi di avere ragione.
- Chi siete? – Domandò per quanto fosse evidente la risposta.
Il ragazzo più giovane rispose: -  Siamo pirati, Io sono Rufy e loro sono Nami e Zoro – Disse indicando i suoi compagni.
- Che intenzioni avete? – Non voleva sembrare ostile, ma doveva mettere in chiaro chi comandava.
- Vogliamo solo fare rifornimento di cibo e acqua, il nostro capitano è un ingordo e in una settimana ha mangiato la scorta di un mese – Spiegò Zoro indicando Rufy.
- Che ci posso fare se ho sempre fame? – Rispose bonario Rufy.
A Jane sembrava incredibile che quel ragazzino fosse il capitano di una nave pirata, ma al mondo tutto era possibile!
- Venite con me, vi porto al villaggio. Il mio nome è Jane. – Disse addolcendo il tono.
Il suo istinto non si era sbagliato, non erano pericolosi. Giusto per curiosità, durante il tragitto gli fece qualche domanda
- Come mai un ragazzino come te ha deciso di diventare  il capitano di una nave?
 Rufy rispose: - Anni fa promisi a un uomo, un pirata, che sarei diventato capitano di una nave e avrei viaggiato per il mondo insieme alla mia ciurma e sarei diventato il re dei pirati! –
- Un sogno ambizioso, e come intendi fare? – Chiese scettica Jane.
- Non lo so, ma se si è determinati, si può fare qualunque cosa! – Quella risposta la colpì molto, un ragazzo con grandi ambizioni, sogni e progetti, ma così libero da non legare la sua avventura a nessun piano. 
- E voi, ragazzi? Perché siete diventati pirati? – Chiese a Zoro e Nami
- Noi non abbiamo mai sognato di diventare pirati, ma gli eventi ci hanno fatto incontrare. Però anche noi abbiamo sogni ambiziosi: io voglio essere la prima a disegnare tutta la carta geografica del mondo! – Spiegò entusiasta Nami.
- Io invece, voglio diventare il miglior spadaccino del mondo. Lo promisi anni fa a una mia cara amica, prima che morisse e farò tutto il possibile per realizzare questa promessa! – Disse Zoro. A Jane sembravano tutte ambizioni importanti e impossibili ma era proprio per questo le piacevano un sacco! Quei ragazzi sembravano quei tipi di persone che nel villaggio di Jane erano sempre mancate: forti, temerari, coraggiosi e ambiziosi. I tipi di ragazzi che sarebbero morti piuttosto che arrendersi e rinunciare al loro sogno.
- Tu invece, che cosa vuoi fare nella vita? – Domandò Zoro.
Jane non lo aveva mai detto a nessuno, ma non sapeva perché, sentiva di potersi fidare di loro: - Tra un anno partirò, andrò in giro per il mondo cercherò una ciurma di pirati ai quali unirmi e se avranno da ridire perché sono una ragazza, li convincerò facendogli  vedere quanto valgo. Una volta diventata un pirata, cercherò di far cadere il Governo Mondiale. –
- Wow! Che bel sogno! – Commentò Rufy, - Come mai partirai solo tra un anno? Ormai che hai deciso è inutile aspettare, no? – Continuò Rufy.
- Non sono ancora pronta a partire. Conosco bene i pericoli che il mare nasconde e al mio livello attuale di forza non andrei molto lontano. –
- Come combatti? – Domandò Nami.
Jane strinse istintivamente le spade che aveva avvolto in un telo per nasconderle, però glielo disse lo stesso: - Io sono una spadaccina. Combatto usando principalmente due spade, ma so anche lanciare coltelli. – Gli occhi di Zoro si accesero d’interesse – Davvero? – Disse
- E sei brava? –
- Me la cavo, sono la migliore dell’isola, ma non posso fare il paragone con contadini e negozianti. Siamo arrivati, questo è il villaggio di “Ringtown” – Disse uscendo da un cespuglio e sbucando in una piazza gremita di gente.
Il villaggio di Ringtown era simile a molti altri che erano sparsi in tutto il mondo. Era formato da una piazza con i negozi intorno e le case dietro disposte a circolo e dal centro della piazza si diramavano cinque strade principali con i vicoli che portavano in tutte le direzioni.
Doveva essere un giorno di mercato, vista la moltitudine di aromi diversi che si mescolavano e giungevano a stuzzicare il palato di Rufy, che in un battibaleno sparì dicendo solo: - PANCIA MIA FATTI CAPANNAA! –
Nami, quale donna che si rispetti si era già diretta verso l’abbigliamento con un avvertimento: - Non spendere tutti i soldi! Servono per le provviste! – Poi sparì, sommersa da una marea di abiti e un’orda di ragazze. Erano rimasti solo Jane e Zoro.
- Come mai hai fatto una promessa tanto impegnativa alla tua amica? – Domandò Jane. Era curiosa di sapere che cosa avesse spinto un ragazzo a prendersi sulle spalle un impego così gravoso.
- Da bambino, iniziai ad allenarmi al Dojo del mio villaggio. In poco tempo riuscì a combattere alla pari anche con gli adulti. Ma c’era una persona che non sono mai riuscito a battere: Kuina. Kuina era la figlia del “Sensei” del Dojo. Era più grande di me, aveva un paio anni in più ed era la più forte di tutta la palestra. Ogni giorno la sfidavo e ogni volta mi batteva, senza eccezioni. Ma il tempo era contro Kuina. Solitamente un uomo è più forte di una donna, e quando Kuina lo comprese, si disperò. Anche lei come me voleva diventare la migliore spadaccina al mondo, ma credeva che quel sogno fosse irrealizzabile. Una sera, dopo che avevamo combattuto e mi aveva nuovamente sconfitto, Kuina mi rivelò le sue preoccupazioni. Non riuscivo a credere che la persona più forte e abile che conoscessi si fosse arresa in quel modo. Una donna, se è determinata, può affrontare e vincere qualsiasi avversario! Ci scambiammo una promessa: UN GIORNO UNO DEI DUE SAREBBE DIVENTATO IL MIGLIORE AL MONDO! Ma Kuina morì il giorno dopo, cadendo dalle scale e sbattendo la testa. Quindi solo io posso mantener la promessa fatta – Spiegò Zoro.
- Ti fa onore cercare di mantener fede alla parola data dopo così tempo. – Disse ammirata Jane.
- No, non lo faccio per l’onore, o per la gloria del successo. Lo faccio perché non riuscirei mai a perdonarmi se mi arrendessi-.
- Hai un sogno stupendo e difficile. Mi piace! –- 
- Anche il tuo non è una passeggiata. Far cadere il Governo Mondiale cambierebbe il mondo e ti renderebbe una delle persone più ricercate del mondo. Perché lo vuoi fare? – Zoro era incuriosito da quella ragazzina così tenace e ambiziosa.
Jane aveva paura che se avessero rivelato a Zoro le sue origini sarebbero diventati nemici. Ma lui le aveva raccontato la sua storia e secondo Jane lei doveva raccontarle la sua.  Così decise finalmente di dirglielo affrontando le sue paure:
- Da quando sono nata, fino ai dodici anni io, ho vissuto tra i marine - Jane si attese una qualche reazione ma Zoro era impassibile-
- Precisamente al Quartier Generale della marina- Questa volta Jane vide un guizzo nei suoi occhi ma non sapeva dire che cosa fosse.
- Ho sempre creduto nella giustizia e le lame sono la mia passione, quindi fin da piccola mi sono allenata per diventare marine. Essendo solo una bambina riuscivo a infilarmi ovunque senza problemi e origliavo le conversioni degli ufficiali, anche se non comprendevo tutto quello che veniva detto. Ma crescendo i loro discorsi sono diventavano più chiari e mi facevano inorridire. –
- Come mai? – Chiese Zoro.
- Quei marines erano corrotti, spietati e assassini. Erano peggio di molti criminali che avevano arrestato. Poi a nove anni ero tornata su quest’isola per qualche tempo e incontrai un uomo. Non mi disse mai il suo nome, probabilmente per proteggersi dalla possibilità di  una bambina troppo chiacchierona. Mi disse di chiamarsi “Pirata” e mi narrò di avventure incredibili vissute su una leggendaria nave alla ricerca di tesori, emozioni e fama, alla scoperta d’isole sconosciute e misteriose e di fantastici combattimenti tra pirati e marines. Capii che la vita da marine non era l’unica strada che potessi intraprendere e l’idea di bene e male in cui la marina è il bene e i pirati il male mi sembrava sempre più irreale. Alla fine non mi allenavo più per diventare ufficiale ma per vivere delle avventure come l’uomo che mi cambiò la vita – Dopo che gli ebbe raccontato tutto, si sentì come se si fosse tolta un peso dallo stomaco.
- E gli abitanti del villaggio, i tuoi genitori come l’ hanno presa la notizia? – Commentò Zoro
- Non l’ho mai detto a nessuno – Spiegò Jane. -  Mi vergognavo. La figlia di due marine che vuol fare il pirata sarebbe una cosa assurda. Preferisco lo scoprano quando è troppo tardi per tornare indietro! -
- Io credo che non dovresti vergognarti delle tue ambizioni e dei tuoi sogni, anzi, dovresti esserne fiera. –
- Io ne sono fiera ma gli altri no. La gente crede che mi arruolerò l’anno prossimo ed io glielo lascio credere. Li rassicura! –
Zoro stava per ribattere che non bisogna preoccuparsi di cosa pensano gli altri, quando sentirono provenire dalla piazza del mercato delle urla …
Jane e Zoro accorsero e videro Rufy, Nami e altre decide di persone impaurite.
-Che cosa sta succedendo? – Chiese Zoro a Nami.
-Lei rispose semplicemente: - Briganti. –
Jane ebbe un sussulto: I briganti erano la maledizione dell’isola. Non si sapeva mai quando sarebbero apparsi a portare scompiglio e ogni volta se ne andavano lasciandosi dietro distruzione e desolazione. Jane passò tra la folla e si diresse con sgomento dai briganti e rivolgendosi al loro capo con tono minaccioso, domandò cosa volessero.
-Che cosa vogliamo? Avete sentito ragazzi?!? – Urlò rivolto ai suoi compagni che si misero a ridere sguaiatamente.
-Ascoltami bene ragazzina. Noi deprederemo questo villaggio e ci ubriacheremo alla locanda e uccideremo chiunque sia così stupido da mettersi in mezzo! –
Zoro osservava Jane, che li fissava con occhi privi di espressione.
“Jane non sembra spaventata, chissà cos’ha in mente” pensò Zoro.
-ANDATEVENE. – Disse Jane con fare imperioso
- Allora non hai capito mocciosa? Noi non ce ne andiamo! Non avete nessuna possibilità di batterci quindi VATTENE! –
- ANDATEVENE!!!- Ripeté Jane!
Il brigante si mosse così velocemente che nessuno ebbe il tempo di reagire. In un istante Jane si trovò avvinghiarla a lui con una spada puntata alla gola. Tutto il villaggio cadde per un attimo nel silenzio più assoluto. Per un secondo sembrò che il tempo si fosse fermato! Zoro portò la mano all’elsa della sua katana pronta a sanguinarla per attaccare, ma si accorse che la gente iniziava a ridere. Prima una risatina trattenuta, poi una risata sguaiata e collettiva. Zoro non capiva. Erano impazziti? Una loro concittadina era appena stata presa in ostaggio. Possibile che non gliene importasse nulla?
Quando guardò Jane per poco non gli venne un colpo. Stava ridendo anche lei! Una risata controllata e per nulla intimorita. Era così che reagivano alla paura Ringtown? Improvvisamente una voce si levò dalla folla: - HAI SCELTO L’ OSTAGGIO SBAGLIATO, SBRUFFONE! –
- Che intendi dire?!? – Urlò il capo dei briganti,
- Intende dire che se non vuoi morire ti conviene spostare la tua spada dal mio collo- rispose pacatamente Jane.
-  Stupida ragazzina insolente! ORA MORIRAIII! – Sbraitò il capo dei briganti alzando la spada. Stava per calarla sul collo di Jane! Zoro s’immaginò il sangue che colava da lei e si preparò a difenderla. Ma non ce ne fu bisogno: il movimento di Jane fu repentino e preciso, estrasse una sua katana e parò il colpo un attimo prima che le recidesse la trachea! L’espressione crudele del brigante si tramutò in un puro stupore mentre su Jane dominava l’euforia. Con un colpo veloce e preciso disarmò e stese il nemico, mentre  l’ orda dei briganti l’ attaccò contemporaneamente per vendicare il loro capo, ma Jane era pronta. Sguainò anche l’altra katana e si mise in posizione di attacco.
La battaglia fu tremenda: decine di briganti che si accanivano contro una sola ragazzina. Zoro avrebbe voluto aiutarla, ma mentre la osservava combattere capì che non ne aveva bisogno: parava ogni attacco con facilità, schivava e colpiva in modo leggiadro ma forte e nemmeno gli attacchi alle spalle la sorprendevano. Ogni suo colpo andava a segno e i nemici cadevano uno dopo l’altro come instabili birilli. In breve non c’era più nessuno in grado di combatterla e Jane rifonderò le spade soddisfatta.
Un grido di vittoria si levò dagli abitanti del villaggio e Jane si sentì al sicuro. Ma non fece in tempo a godersi la vittoria che vide il capo dei briganti rialzarsi da terra.
- Me la pagherai – Sibilò furente. Estrasse un lungo pugnale riccamente decorato, bottino di una scorreria precedente, e lo lanciò verso Jane. La mira, a causa della debolezza, era scarsa e Jane vide che non l’avrebbe colpita. Ma notò che avrebbe colpito una ragazza se non avesse fatto qualcosa. Non c’era tempo di estrarre la spada così fece l’unica cosa possibile: usò il scopro come scudo. Il pugnale si conficcò nella schiena fino all’elsa. La ragazza che aveva salvato lanciò un grido d’orrore. L’espressione di Jane era indecifrabile ma sembrava contenta.
- Stai bene? – Chiese con un filo di voce alla ragazza mentre una macchia rossa si allargava sulla maglietta intorno alla lama.
Jane iniziava a vederci male, sapeva che stava per cedere, ma non avrebbe mollato tanto facilmente. Estrasse la spada e si avvicinò a passo incerto verso il brigante.
- Vuoi uccidermi? – Chiese con un ghigno malefico e soddisfatto. Jane alzò sulla testa la katana, ma non sferrò il colpo.
- Non sono come te, non uccido un nemico ferito – Disse rinfoderando l’arma – Ci penserà la marina a te! – concluse.
Iniziò a sentirsi debolissima, la voce niente più che un sussurro e il brusio della voce si fece lontano e ovattato e il dolore alla schiena si affievolì. Poi il buio.

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Capitolo 3
*** il motivo dei miei indugi ***


Quando Zoro aveva visto il pugnale penetrare nella schiena di Jane aveva sentito un tonfo al cuore, non credeva che avesse fatto una cosa del genere per una persona quasi sconosciuta. La cosa che più lo stupì fu la pietà che mostrò al suo nemico. Lui al posto suo lo avrebbe ucciso come un cane. La vide cadere, il sangue sgorgare copioso dalla schiena e formare una pozza sotto di lei. La gente si accalcò intorno lasciando solo spazio a malapena sufficiente per il passaggio del dottore del villaggio: una donna piccola ma decisa, che con un paio di urli allontanò le persone e fece arrivare due uomini con una barella. La dottoressa sollevò Jane per metterla sopra la branda e Zoro la vide in volto: era pallida e sembrava morta! E lui ci avrebbe anche pensato se non fosse stato per fiotto di sangue che sputò dopo un colpo di tosse, il coltello ancora piantato nella schiena. La portarono via, dentro l’ambulatorio e la folla si disperse. Sembrava non fosse accaduto nulla, come un’allucinazione e solo il brigante che stava venendo arrestato e la pozza di sangue per terra dimostravano che era tutto vero. Nami e Rufy arrivarono di corsa.
-Hai visto? – domandò Rufy. Non c’ era bisogno di risposta, era ovvio che avesse visto.
-Cosa ne pensi? – Chiese Nami.
-Quella ragazza ha fegato, non sono molti quelli che avrebbero fatto come lei! – Rispose Zoro.
-Già, infatti ho deciso! – Disse Rufy.
-Cosa? – Nami era interdetta.
-La voglio nella ciurma! – Esclamò contento Rufy.
-Non credo che verrà con noi. Ha detto che deve aspettare perché non si sente pronta e poi credo che si senta in dovere verso il suo villaggio. –
-Non importa! Io la voglio con noi! Non mi arrenderò sino a che non accetterà di partire con noi! – Dichiarò Rufy.
-Prima devi aspettare che si riprenda – Disse Nami.
-Aspetteremo, tanto non abbiamo fretta. Ci vediamo stasera sulla spiaggia, ciao! – Concluse lui.
Zoro andrò all’ambulatorio,voleva vedere come stesse Jane. Stava per bussare quando la porta si spalancò …
-Entra! – Disse una voce.
Zoro si sentiva in imbarazzo senza sapere il motivo.
-Vorrei sapere come sta Jane – Chiese titubante.
-Tu sei uno dei pirati che sono sbarcati? – Domandò a bruciapelo.
Zoro s’irrigidì, credeva che fossero riusciti a nascondere la barca
-Non ti preoccupare, finché non fate niente di male, non importa chi siete .Jane è nell’altra stanza. Vieni con me. - Zoro la seguì e arrivato nella stanza vide Jane: era priva di sensi e sembrava debole,pallida. Le fasciature la prendevano fin sopra al seno nel punto in cui la schiena era stata colpita. Era sdraiata di schiena ma intuì che quella posizione le faceva male. Infatti la dottoressa la girò su un fianco, rivelando una macchia rossa nelle bende.  Era attaccata a una flebo ed a un inalatore d’ ossigeno, ma Zoro non sapeva se fosse normale o volesse dire che era grave. L’unico rumore per qualche secondo fu quello regolare dell’elettrocardiogramma, ma la dottoressa ruppe il silenzio:
-Ha perso molto sangue, è debole ma l’abbiamo stabilizzata, Ci vorrà qualche giorno di riposo prima che si rimetta ma non avrà danni permanenti, si rimetterà come al solito … --
Che vuol dire “Come al solito”?
-Non è la prima volta che Jane rischia di morire. È da quand’è qui che salva il villaggio e i suoi abitanti. – Spiegò la dottoressa – A dodici anni ha salvato due bambini da una tempesta. L’aveva visti cadere in mare e si era tuffata bambini riuscì a salvarli e lei per poco non affogò , la trovammo tre ore dopo che aveva portato i bambini sulla spiaggia, aggrappata a un tronco e coi polmoni pieni d’ acqua. Pochi mesi dopo da casa sua vide un branco di due lupi malefici avvicinarsi al villaggio e diede l’allarme. Ma non era stagione per i lupi e nessuno le credette. Allora andò da sola a combatterli. Ma era poco più di una bambina e i lupi prima di soccombere la ferirono più volte con gli artigli. Gli ululati e i guati avevano attirato l’attenzione e quando gli uomini accorsero trovarono Jane ricoperta di sangue e ferite. Riuscì solo a pulire le spade dal sangue dei lupi per poi svenire. Rimase in coma tre giorni. Per non parlare dei tutti i briganti, pirati che ha schiacciato! È l’eroina del villaggio. Ma la sua bravura e tutto il sangue di cui si è ricoperta per il paese l’ha resa agli occhi di tutti pericolosa, una minaccia da evitare, ma di cui farsi forza quando serve. Sono tutti dei codardi e lei è rimasta sola. Non ha amici e non ne vuole. Passa il tempo al Dojo ad allenarsi o a leggere sul promontorio, vicino a casa sua. –
Zoro era senza parole. Come faceva a continuare a combattere per gente così meschina?
-So cosa pensi, ma le persone di qui non sono ciniche o ipocrite, sono solo pavide e certi che Jane li difenderà sempre. Sono tutti convinti che diventerà un marine. -
-Ce lo ha spiegato ma lei non sembra convinta. – Zoro voleva sapere quanto sapesse la dottoressa.
-No, infatti, lei vuole fare il pirata, come voi … -
Lui  era curioso: - Ma come fa a sapere che noi … ? –
-Ragazzo, è ovvio che lo siate, stranieri arrivati senza una comitiva e che girano armati! – Disse guardando le tre spade che gli pendevano al fianco.
-E per quello che riguarda Jane? –
-Lo so da quando aveva quattordici anni ha sempre cercato di nasconderlo, ma quando usciva l’ argomento era  sempre dalla parte dei pirati e una volta andai a casa sua perché stava male, ma non voleva venire in ambulatorio. Casa sua è spartana, ha il minimo indispensabile. Le uniche cose che fanno capire la sua personalità sono i numerosi attrezzi per allenarsi, e i libri. Ha la casa piena di libri, con gli argomenti più disparati, ma il tema principale è la pirateria. Tutto ciò che si può sapere sui pirati le loro navi, i simboli o le battaglie, tutto in quei libri! È bastato fare 2+2 ed è stato facile capire le sue intenzioni. –
-Ho capito, ma allora, poiché non ha detto niente, lei è d’accordo con la sua scelta? Insomma, saprà anche dei suoi progetti … -
-Far cadere il Governo Mondiale? Si lo so. –
-Se ci riuscisse diventerebbe pericolosissima e Ringtown sarebbe sempre piena di pirati, criminali e marines. Sarebbe la città d’origine di chi ha cambiato il mondo! E lei è d’accordo? –
Zoro non la finiva più di stupirsi . Aveva sempre considerato la gente che viveva nei piccoli villaggi molto chiusa e abitudinaria e una dottoressa che dava corda a una ragazzina con certe ambizioni  era straordinario!
-Che cosa dovrei fare? – Rispose lei – Dire al villaggio che Jane è potenzialmente pericolosa? Farla cacciare dal villaggio? Obbligarla a combattere contro chi ha sempre difeso per salvarsi? Il villaggio ha già paura, ma per ora si è limitato a escluderla. Non ho intenzione di fomentare una faida per qualcosa che non è ancora successo. Oltretutto non cambierebbe nulla; Ringtown è e sarà sempre la sua città d’origine, anche se fosse cacciata. Non cambierebbe nulla lo stesso. Diventerebbe pirata un anno prima del previsto ed è abbastanza abile da cavarsela, benché continui a credersi debole. La sostengo perché è l’unica in questo villaggio ad avere avuto il fegato di cambiare il suo destino e decidere per sé. Tu che avresti fatto? –
-Io credo che sia giusto sostenerla, che i sogni sono ciò che ci fanno andare avanti e che ha abbastanza coraggio da portare avanti le sue idee allora ha tutto il diritto di farlo. –
La dottoressa sembrava soddisfatta: - Come ti chiami ragazzo? –
-Sono Zoro, Roronoa Zoro –
-Zoro, e tu che sogno hai? –
-Voglio battere a duello Drakul Mihawk e diventare così lo spadaccino più forte del mondo. –
-Ambizione importante . Per questo sei dalla sua parte? –
-So che significa avere desideri che la gente ritiene impossibili e fare di tutto per realizzarli. Ora è meglio che vada, arrivederci dottoressa! –
-Chiamami Maggie, e non ti preoccupare per Jane, starà bene, le ci vorrà un po’, ma guarirà completamente. –
-Ok, grazie … Maggie – Disse Zoro e uscì dall’ambulatorio.
Si stava dirigendo verso la spiaggia, dove avevano attraccato, quando si accorse di essersi perso. L’orientamento non era mai stato il suo forte e ben presto capì che non sapeva dove andare. A un certo punto si trovò davanti un sentiero e pensò che tanto valesse seguirlo, non avrebbe potuto perdersi di più. Quando il sentiero finì, si accorse di essere arrivato alla base di un promontorio, si trovava lontano dal villaggio, eppure c’era una casa. Non era molto grande, ma aveva due piani, al contrario di quelle del villaggio in cui c era un negozio e poi sopra la casa oppure una famiglia per piano. Zoro si ricordò che Maggie gli aveva detto che Jane abitava fuori dal villaggio e che passava molto tempo sul promontorio. Inoltre la bandiera della marina che sventolava lì vicino non lasciava  dubbi: Quella era la casa di Jane!
Sapeva che non sarebbe dovuto entrare, d’altronde la proprietaria era priva di sensi con una larga ferita sulla schiena nell’ambulatorio del villaggio e non sarebbe stato il caso di intrufolarsi in casa sua. D’ altro canto la curiosità era forte e lui era un pirata, un criminale per definizione e se lo poteva permettere di comportarsi come tale. Alla fine vinse il suo lato curioso ed entrò. Maggie aveva ragione. La casa non era niente di speciale. Era chiaramente famigliari viste le dimensioni e il numero delle camere. L’ arredamento era semplice e senza nulla più che il minimo indispensabile. Al piano terra c’erano una cucina con un tavolo e una sola sedia, segno che non aveva mai ospiti, un salotto con un divano semi nuovi, un caminetto perfettamente pulito come se non fosse usato da qualche tempo e uno scrittoio pieno di lettere indirizzate a Jane.
“Probabilmente provenienti dai suoi genitori” pensò Zoro.
 C’erano due stanze chiuse a chiave, ma intuì che fossero camere da letto, visto che erano l’unica cosa che mancava e il bagno era semplice, senza niente di particolare. Era tutto tenuto in perfetto ordine, e tutto, dai colori agli oggetti, riportava alla vita militare. Niente più di ciò che servisse: niente quadri alle pareti, niente soprammobili, niente tendine colorate. Sembrava vuota benché si vedesse che ci vivesse qualcuno. Decise di salire al piano di sopra e ciò che vide lo sorprese. Era completamente diverso dal piano terra: i colori trionfavano, anche se predominava l’arancione. Le pareti erano ricoperte di quadri e foto in cui il tema principale era il mare: in tempesta, calmo, con il tramonto, di notte, solcato da velieri, visto da un’isola, in prospettiva con una scogliera in primo piano. Anche il bagno era completamente diverso: le pareti piastrate con vare tonalità di blu e azzurro, dipinti di sirene e mare anche lì. Ma la cosa più incredibile era la vasca da bagno: incassata nel pavimento, era più simile a una piscina che a una vasca, vari getti d’acqua posti ai lati, molto profonda, tanto che a Zoro il bordo arrivava alla vita. Giochi di luci e audio subacqueo erano incastrati sul fondo. Neppure l’idromassaggio mancava! Per non parlare delle dimensioni! Occupava gran parte della stanza e ci sarebbero potute stare comodamente dieci persone. Uscito da lì Zoro entrò in una vera e propria palestra! Ovunque macchinari per forza fisica, allungamenti, stretching e soprattutto pesi. Moltissimi manubri da molti chili o anche cavigliere, polsiere, pesi di tutti i tipi ed estremamente pesanti. Era ovvio che Jane si allenava molto visto lo stato in cui erano gli attrezzi. Non erano molto vecchi e ben tenuti, eppure erano consumati. C’erano solo una finestra, ma occupava tutta la parete esterna e si vedeva il mare. Zoro immaginò come fosse allenarsi vedendo il cielo in tempesta. Uscito da lì, si diresse verso l’unica stanza che ancora non aveva visto: La camera.
Entrò e pensò di essersi sbagliato, poi vide il letto e capì che aveva avuto ragione, ma sembrava una biblioteca! Si ricordò che Maggie glie lo aveva detto, ma non credeva fossero così tanti. Una parete era occupata dal letto, con un comodino affianco e una scrivania, ma tutt’attorno vi erano scaffali, ripiani, scaffalature, incassi alle pareti, tutti ricoperte di libri. Tutti erano visibilmente consumati ed erano ordinati per l’argomento per pubblicazione. Il più vecchio risaliva a dodici anni prima! Eppure erano consumati, letti decine di volte, sfogliati da mani impazienti ma delicate allo stesso tempo. Trattavano degli argomenti più disparati: storia, poesia, geografia, filosofia, matematica, lingue ormai in disuso o quasi sconosciute, medicina, erboristeria, leggende, meccanica e quant’altro, ma l’argomento più frequente era la pirateria. C’erano tutta la storia di tutti i pirati conosciuti fin dai primi albori in cui si erano affacciati al mondo. Maggie aveva ragione: non ci voleva molto a capire quale fosse la sua passione. Stesi per terra, c’erano una miriade di tappeti multicolore sovrapposti l’ un altro in modo che formassero un arcobaleno per terra. Il soffitto non esisteva, al suo posto c’era un lucernario immenso che illuminava tutta la stanza. Per completare il quadro, al centro esatto della stanza si trovava una poltrona con ampi braccioli e la seduta molto larga. Zoro immaginò che Jane seduta sopra dovesse apparire come una bambina che ruba la poltrona al padre. Zoro uscì dalla casa e si diresse verso la nave. Per tutta la cena fu silenzioso e anche la notte non chiuse occhio, per fortuna era il suo turno di guardia. Stette sveglio pensando a Jane: gli era sembrata una ragazza molto determinata e sola, forte e coraggiosa, un po’ malinconica e triste. Ma la sua casa era lo specchio di una ragazza dolce, solare, positiva e indipendente. Tutte le finestre davano sul mare o al cielo, simbolo di profonda libertà che mal si accordava con il senso di prigionia che quel luogo sembrava darle, eppure era reticente ad andarsene, benché non avesse legami con quel luogo. Jane lo incuriosiva e, benché non fosse un ficcanaso, decise che sarebbe tornato in quella casa. L’indomani si congedò da Rufy e Nami con la scusa “Mi devo allenare”; benché fosse sua abitudine farlo sul ponte, se ne andò a cercare la strada per il promontorio. Dopo un’ora d’inutile di girovagare arrivò al villaggio, il suo senso dell’orientamento aveva sempre lasciato a desiderare. Si aggirò per il villaggio e arrivò al Dojo. Era una mattinata di lezione e si vedevano gli alunni che, diligentemente, si allenavano con le spade di canna. Zoro calcolò che solo due o tre di quei ragazzini sarebbero diventati veri spadaccini. Sembravano tutti affiatati, tutti amici, un senso di cameratismo e unione che era stato negato a Jane per la sua forza.
Continuando a girare incontrò Maggie e le chiese come stesse Jane.
-Non ha ancora ripreso conoscenza, ma non penso le manchi molto – rispose.
-È così grave? Ormai è passato un giorno! –
-Non ti preoccupare, si riprenderà, ma è ferita seriamente. Le devi dare del tempo! –
-Ho capito, grazie dottoressa –
-Ciao Zoro, e non ti preoccupare per nulla! –
Ormai era tardi, la mattina aveva silenziosamente ceduto il passo al pomeriggio e Zoro non era ancora riuscito a trovare la strada per il promontorio. Girando un po’ a vuoto e un po’ a istinto finalmente sbucò davanti alla casa di Jane. E, facendosi pochi scrupoli, entrò.
Non gli interessava il primo piano, quindi puntò direttamente al secondo. Ancora una volta girò tutte le stanze, osservando i particolari, e si convinse sempre di più che l’immagine della ragazza sola, triste e malinconica che si mostrava in giro non corrispondeva per niente alla ragazza che aveva arredato quelle stanze. In particolar modo si soffermò sulla camera da letto. Voleva vedere se riusciva a capire qualcosa di più di Jane leggendo i suoi libri o osservando i suoi oggetti. Si diede alla lettura: sfogliava dei libri sommariamente facendo attenzione a rimetterli nel posto giusto, ma non riusciva a farsi un quadro del carattere. Sembrava davvero difficile capire come fosse Jane davvero. Ormai era pomeriggio inoltrato e, immerso nella lettura, non si accorse della porta d’ingresso che si aprì e si richiuse e nemmeno dei passi leggeri che salivano le scale. Quando però si apriva la porta della camera, Zoro era già pronto con una mano sull’elsa della spada, ma quando vide chi entrò per poco non cascò a terra per lo stupore. Jane stava in piedi sulla soglia, la faccia sconvolta e rossa di chi ha corso nonostante fosse senza energie, i capelli arruffati dal vento, la pelle cerea, quasi diafana e le gambe che le tremavano leggermente. La cosa che più colpì Zoro, però, furono i suoi occhi: erano lucidi, tristi, quasi in procinto di piangere, eppure erano come in collera, arrabbiati e non sembrava che la causa fosse Zoro che si era intrufolato in casa sua. Dopo un attimo di stupore, Jane entrò in camera a passo spedito, prese a colpo sicuro un libro e uscì correndo. Zoro notò la macchia di sangue che le macchiava le bende altrimenti candide.  Il pirata non sapeva che cosa fare: sembrava volesse stare sola, ma qualcosa, probabilmente la curiosità, lo attirava verso la ragazza. Uscì dalla casa e, memore di cosa gli aveva detto la dottoressa Maggie, si diresse verso la cima del promontorio. Arrivato, trovò Jane seduta con le gambe che penzolavano nel vuoto, intenta a piangere e a sfogliare convulsamente il libro che aveva preso. Così Zoro si avvicino:
-Jane … - sussurrò preoccupato.
Jane, ebbe come un sussulto, e si asciugò velocemente le lacrime.
-Che cosa vuoi? – il suo tono era duro, ma la tradiva il tremolio della voce
-Che ti è successo? Perché sei venuta qui a piangere? –
-Non sto piangendo – Disse lei tra i singhiozzi.
-D’accordo, non stai piangendo –  Zoro si sedette accanto a lei – Allora cosa ci fai qui? Non mi sembra in gran forma! –
-Sto bene, è solo che mi sono svegliata e mi è venuta voglia di stare da sola a pensare, quindi sono venuta qui. –
-Sembri sconvolta –
-È solo che … no, niente. – Al pronunciare queste parole Zoro notò che Jane stava arrossendo.
-È solo che ... cosa?!? Puoi fidarti di me! –
-È che mi sono resoconto di essere ancora troppo debole, insomma, mi sono fatta fregare da un uomo morente. Come posso pretendere di prendere il mare? Come posso osare sperare di far cadere il Governo Mondiale, se nemmeno riesco a uscire indenne da una scaramuccia così stupida?!? – tutte le lacrime erano sparite lasciando spazio a un’ira infuocata negli occhio.
-È solo questione di pratica, migliorerai col tempo. –
-Ho diciassette anni, ed è da quando avevo cinque che mi alleno e non sono poi così forte come dovrei. Sono sicura che chiunque altro sarebbe riuscito a fare meglio! Tu che avresti fatto? Sei uno spadaccino anche tu, come ti saresti comportato? –
-Probabilmente non avrei rinfoderato subito le spade, o invece di usare tutto il corpo come scudo avrei sacrificato solo un braccio, ma non vuol dire niente! Tu hai agito d’istinto e magari anche tu a mente fredda avresti ragionato come me, ma nella battaglia è tutto diverso e non è facile pensare con lucidità-
-Ma sarei dovuto riuscirci! – Jane si era alzata di scatto. – Un bravo guerriero deve essere in grado di razionalizzare in qualunque circostanza! Pensare sempre a sangue freddo, ma non ci sono riuscita! Come farò a dimostrare di non essere solo una debole ragazzina? – stava iniziando a stancarsi, la ferita alla sua schiena si faceva sentire e il dolore aumentava.
-Tu non sei una debole ragazzina! Non puoi abbatterti così, devi ancora iniziare a vivere e non puoi lasciarti andare così. La bravura si acquisisce con l’esperienza, quindi rimanendo in questo villaggio, è ovvio che farai fatica a migliorare. –
-Tu dici che dovrei partire? –
-Il prima possibile, ma forse ciò che ti trattiene non è la tua debolezza – intuì Zoro – forse c'è qualcos’ altro. –
-Che vuoi dire? –
-Non è che hai paura? – domandò a bruciapelo Zoro.
-Paura? Se fosse paura, non avrei affrontato i briganti e non avrei preso il pugnale nella schiena. – Jane si era indignata.
-Non intendo paura di combattere, uccidere o morire. – spiegò il ragazzo. – Intendo che forse hai paura di deludere la tua famiglia, il tuo villaggio! –aveva colpito nel segno, e se n’era accorto dal mutismo di Jane.
-Per anni hai negato a te stessa il tuo destino, ciò che vuoi fare. Ti sei nascosta dietro la convinzione degli altri sul tuo futuro arruolamento e non hai mai avuto il coraggio di dire al mondo: “ VOGLIO FARE IL PIRATA” , perché non li vuoi deludere – Jane, continuava a non dire nulla – Ti hanno lasciata sola quando eri una bambina, per la tua forza sei stata esclusa e hai paura che diventando un pirata ti rinnegheranno completamente e resterai totalmente sola, ma non è così, troveresti una ciurma e degli amici e saresti lontano da cosa troppo tempo per preoccuparti di ciò che pensano gli altri, Abbi il coraggio di vivere la tua vita! –
Fece per andarsene, quando Jane lo chiamò.
-Zoro … -
Zoro si voltò ed esclamò:
-Sì? –
-Credi davvero in ciò che hai detto? Oppure sono parole che sentivi di dover dire ma non lo pensi? –
-Credi davvero che a me importi qualcosa di ciò che pensa la gente di me? Io non dico mai cose in cui non credo solo per dovere! –
-Se me ne andassi, sarei una traditrice … -.
Zoro la guardò: i capelli biondo fino scompigliati dal vento, la pelle pallida, l’aspetto minuto ma molto forte, il fisico asciutto e allenato e il petto che si alzava e abbassava affannosamente. “Non reggerà ancora molto” pensò.
-Saresti una traditrice? Perché mai? Non hai mai promesso nulla a nessuno se non a te stessa e se non partissi, tradiresti te solamente, ma se te ne andassi, nessuno ti potrebbe accusare di nulla. Tu sei la padrona di te stessa e non puoi privarti di qualcosa solo per far contenti gli altri.-  concluse lui.
Dopo un attimo di gravoso silenzio fu Jane a parlare:
-Partire … se lo facessi, rinnegherei la mia famiglia, ma loro mi hanno lasciato sola. Hai ragione tu Zoro, è ora che prenda in mano la mia vita! –
Gli rivolse lo sguardo di chi ha finalmente deciso cosa fare. Improvvisamente cadde in ginocchio:
-Jane! – Zoro si avvicinò.
-Non è niente, non preoccuparti – la sua voce si era fatta fievolissima, - Sono solamente stanca … - subito dopo averlo detto, crollò svenuta, ma Zoro, che un po’ se ne intendeva, capì che non era nulla di grave, la ferita le faceva male e lei era debole, ma non si era riaperta. La prese in braccio assieme al suo libro e la portò in camera sua. Quando la vide distesa sul letto, capì che quella camera, com’era arredata, era perfetta per lei: allegra, anche e era controllata e senza troppi fronzoli, ma lo stesso con una personalità molto forte. Decise di aspettare ad andarsene e di rimanere almeno finché non si fosse svegliata, per essere sicuro che stesse bene.
Jane vedeva tutto buio, sapeva che avrebbe dovuto aprire gli occhi, ma era talmente stanca che decise di abbandonarsi all’oblio, sentiva un fruscio …
Jane non sapeva da quanto aveva gli occhi chiusi le sembrava di non averli mai aperti. Il fruscio continuava, come di pagine sfogliate. Voleva dormire, si sentiva stanca, provata. La coscienza lo abbandonò ancora e il buio la avvolse…
… “Quel giorno c’ era il sole, era la giornata perfetta da passare allenandosi all’ aperto, con la brezza marina ce scompigliava i capelli e il profumo di salsedine a inebriare il naso. Per Jane, però, quel giorno era tutt’altro che piacevole. Dopo molto tempo di navigazione, all’orizzonte si era intravisto il profilo di quell’isola maledetta, il luogo della sua futura segregazione. Dopo dodici anni vissuti in marina, era costretta a tornare nell’isola dove aveva una casa, ma che lei non poteva e non riusciva a considerare tale. Prima di sera attraccarono al porto e Jane seppe che era finita: niente più battaglie furiose con le nuove leve, niente più pomeriggi passati nell’immensa biblioteca degli ufficiali, avrebbe dovuto dire addio alle giornate interamente dedicate all’esplorazione dei condoni dell’aria, o passate ad affinare la proprio tecnica con gli ufficiali. Da quel giorno in poi la sua vita sarebbe stata un inferno di monotonia e giornate sempre uguali, in cui la sua forza sarebbe stata considerata mostruosa e fuori dal luogo e lei sarebbe diventata una reietta. Al porto c’era tutto il villaggio, venuto ad acclamare il ritorno dei suoi genitori, considerati gli eroi del villaggio. Jane odiava i suoi genitori per quello che le stavano facendo.
 Una volta finiti quegli stupidi convenevoli la portarono ala sua futura casa, una casa che odiava come tutto in quello stupido villaggio. Solo il promontorio su cui era costruita rendeva quella casa più accettabile.
I suoi genitori non restarono a lungo: le fecero le solite raccomandazioni inutili, le dissero che le avrebbero mandato soldi ogni mese e che erano orgogliosi di vedere che aveva accettato di stare in quel posto. Ma Jane non lo aveva accettato e avrebbe voluto piangere gridando loro di portarla via da lì, ma, un po’per orgoglio, un po’ perché sapeva che sarebbe stato inutile, ingoiò le lacrime e rimase zitta, rispondendo solo il minimo indispensabile. Si salutarono in silenzio, la rabbia che la dominava le impediva di parlare. Una volta che se ne furono andati, rimase sola, oppressa da quelle pareti e da quell’isola. Si accasciò a terra e iniziò a piangere disperata.”.
Aprì di colpo gli occhi, il sogno ancora vivido nella mente, si accorse di avere gli occhi bagnati e se li asciugò in fretta e furia, vergognandosene. Ormai era sera inoltrata, aveva dormito per ore. Si mise seduta di scatto, la schiena che le doleva, anche se meno rispetto a prima.
-Stai bene? – Jane ebbe un sussulto e vide Zoro.  “Che ci fa qui?” Si chiese tra sé e sé, accorgendosi che il fruscio che sentiva non era altro che lui che sfogliava i suoi libri.
-Sì – rispose lei – Tutto bene, tu che ci fai qui? –
-Volevo vedere se stavi bene. Sei svenuta di colpo prima. - Jane si sentì avvampare, detestava mostrarsi debole. Vide sul comodino il libro che aveva preso il pomeriggio e lo afferrò di scatto, sperando che Zoro non lo avesse letto.
-Non l’ ho letto se ti interessa, sembrava privato e quindi l’ ho solo raccolto quando ti ho portato qui. Sembrava importante per te. –
-Lo è. –Jane si alzò, ignorando la testa che girava e mise apposto il libro. - È una raccolta di racconti che ho scritto negli anni. Lì ci sono racchiuse tutte le mie fantasie sulla vita da pirata. –
-È proprio un’ossessione. – scherzò Zoro.
-È uno stile di vita, quindi cerco di portarlo sempre con me. Quando sono triste quel libro mi risolleva, mi aiuta a ricordare per che cosa combatto.-
-Toglimi una curiosità – chiese Zoro – Perché c’è così tanta differenza tra questo piano e quello di sotto? –
-Me lo chiedono tutti quelli che hanno visto la casa. – rispose – il piano inferiore è stato arredato interamente in stile militare, uno stile che non mi si addice. Quindi, quando convivevamo io e la mia famiglia, ho lottato per allestire questo piano come volevo io, e quando sono rimasta sola l’ ho lasciato uguale per ricordarmi la differenza tra me e loro. –
In quel momento si sentì un borbottio: “Maledizione!” pensò Jane avvampando “Proprio adesso dovevi gorgogliare stupido stomaco?!”
-Hai fame? – chiese Zoro divertito-
-N-no! Ma che dici? – cercò di negare, ma il suo stomaco la tradì.
-Beh, forse un po’, d’altronde sono due giorni che non mangio … - in quel momento anche lo stomaco di Zoro si lamentò e dopo un attimo d’imbarazzo, entrambi scoppiarono a ridere.
-Ormai è tardi per tornare dai tuoi compagni in tempo per la cena, per stasera sarai mio ospite! – l’invito di Jane cadde a fagiolo: Zoro non aveva voglia di andarsene, voleva conoscere un po’ meglio la ragazza. Andarono in cucina e prepararono da mangiare tra nuvole di farina e disastri vari. Jane se la cavava anche bene, ma Zoro era negato ai fornelli. Jane non si era mai divertita tanto. Lei odiava mangiare in cucina da sola, quindi aveva preso l’abitudine di mangiare i pasti in camera, osservando il cielo dalla finestra sul soffitto o leggendo uno dei suoi innumerevoli libri e anche in quell’occasione volle andare in camera sua.
Seduti sui morbidi tappeti, consumarono la cena chiacchierando animatamente e, visto ce era una notte limpida e stellata, Jane sfoderò alcune mappe celesti dalla libreria e osservarono le stelle e le costellazioni. A Zoro non erano mai particolarmente interessate le stelle e le leggende collegate ad esse, ma Jane era talmente brava e appassionante che Zoro la rimase ad ascoltare ammaliato per tutta la notte. Si addormentarono che ormai albeggiava, col tepore del sole che sbucava dalla finestra a riscaldarli e il rumore delle onde che si battevano sugli scogli a cullarli come una ninna nanna. Fu il campanello che suonava a svegliarli. 

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Capitolo 4
*** Adesso sono viva ***


Andò immediatamente a rispondere.
-         Chi è? – chiese Jane arrivando alla porta.
-         Sono Maggie, sono venuta a vedere come stai! –
-         Vuoi che me ne vada? – domandò Zoro.
-         No, puoi restare, Maggie non è pettegola e non vedo cosa ci sia di male nel trovarti qui! – rispose Jane schiettamente.
Aprì la porta e Maggie entrò.
-         Ah, vedo che non sei sola … - disse con tono illusorio guardando Zoro.
-         Era venuto a vedere come stavo. – spiegò Jane, non specificando quando era venuto a controllare.
-         E come stai? – domandò Maggie.
-         Sto bene, fa un po’ male, ma niente di serio. Ha quasi smesso di sanguinare.-
-         Allora siediti che ti cambio le bende. -
Una volta tolte le bende, Zoro poté vedere la schiena nuda di Jane. Era magra, con i muscoli ben definiti di chi è abituato a sforzi fisici intensi, riuscendo però a mantenere la delicata grazia di una figura femminile. La pelle rosata era tirarata, i nervi sempre pronti a scattare, la spina dorsale appena visibile e in mezzo si vedeva un profondo taglio. La pelle attorno era arrossata e il sangue usciva lentamente dalla pelle formando piccole strisce rossastre lungo la schiena. Maggie disinfettò la ferita e la rifasciò di nuovo.
-         Va bene – sentenziò – Stai guarendo bene, fra circa due giorni puoi togliere le bende. Per ora tieniti abbastanza tranquilla e se ti alleni limitati ai pesi, evita di maneggiare le spade per almeno due giorni .
Fece per andarsene ma si fermò – Tieni – le tirò un sacchetto –Sono i 15 milioni di denari, il valore complessivo delle tagli dei briganti, ci vediamo! – concluse uscendo e chiudendo la porta.
-         Quindi è così che ti mantieni? – domandò Zoro.
-         Con le taglie? No ogni tanto qualche criminale ha una taglia sulla testa e tutte le volte che Maggie le riscuote me le consegna, ma non faccio la cacciatrice di taglie. I miei genitori ogni tanto mi mandano dei soldi, è così che mi mantengo. I cacciatori di taglie di mestiere non sono veri combattenti, ma solo dei buffoni. -
Zoro arrossì lievemente e, visto il suo passato, tentò di deviare il discorso:
-         Io ora dovrei tornare alla nave, ma non mi ricordo più la strada, Non è che mi puoi accompagnare tu? –
-         Certo! In effetti, è difficile orientarsi in questa isola se non si è di queste parti, anzi, mi sorprende che tu sia arrivato qua sul promontorio. –
-         In realtà io cercavo la nave, poi, però sono sbucato qui, ho visto casa tua e mi sono incuriosito. è per questo che sono entrato. –
-         Capisco,ora si spiega cosa ci facevi in camera mia ieri.-
S’incamminarono. Zoro cercava di ricordarsi la strada, ma, in effetti, vide che era molto contorta e difficile da memorizzare. “E’ ottima se ti vuoi difendere dai nemici che vengono dal mare, se mai fossimo stati intenzionati a saccheggiare il villaggio di probabilmente ci saremmo persi in mezzo a tutte queste strade e stradine.
-         Siamo quasi arrivati – disse Jane a un certo punto.
Zoro se ne accorse non tanto perché era familiare la zona, ma perché vide la spiaggia, e perché sentiva Rufy che cercava di entrare in cambusa per rubare il cibo e la voce di Nami che gli diceva di stare alla larga.
-         Cè movimento oggi! – esclamò Zoro
-         Fanno sempre così? – chiese Jane
-         Praticamente tutti i giorni, la maggior parte delle volte il cibo lo finiamo perché Rufy riesce a chiudere la sorveglianza di Nami e si sbafa tutto. -
-         Ciao Zoro! – Rufy si era accorto del loro arrivo.
-         Ciao ragazzi! –
-         Dove cavolo eri finito? È da ieri mattina che sei sparito! Non dirmi che ti sei perso di nuovo! – lo accusò Rufy. Zoro lo zittì con un pugno
-         Stai zitto che non è che tu sei tanto più bravo, ti ricordo che prima di incontrare Nami che facesse da navigatore hai naufragato un sacco di volte! –
Mentre Rufy e Zoro si azzuffavano, Nami si avvicinò a Jane.
-         Stai bene? – chiese premurosa
-         Sì, sto bene, grazie – rispose Jane
-         Hai deciso che cosa fare? –
Jane ebbe un sussulto: - Come … ? –
-         Zoro può sembrare un tipo tutto muscoli, ma scommetto che ti ha parlato e quando lo fa, porta sempre la gente a una decisione da prendere e credo che anche nel tuo caso non sia diverso. –
-         Sì, infatti, è così. Ho deciso che non posso continuare a vivere in questo posto. Mi sembra una prigione e ogni volta che guardo il mare, è come se fossi in una gabbia fuori da una finestra. La libertà è vicina ed io non posso raggiungerla perché imprigionata. Partirò, ormai sono pronta.  Prenderò il mare e cercherò una ciurma disposta a sopportarmi – concluse.
-         Nami – disse Rufy che nel frattempo aveva smesso di litigare con Zoro – qual è la nostra prossima meta? – Nami consultò velocemente una cartina.
-         È il villaggio di Shirop, cercheremo una nave vera da sostituire a questa mini bagnarola che ci ritroviamo. –
-         Allora buona fortuna – disse Jane – Magari un giorno ci ritroveremo e quando accadrà, saremo nemici ~.
-         E perché mai dovremo lasciarci – disse Zoro.
-         Infatti, tu vieni con noi – propose Rufy – Mi piace come combatti e visto che io sono il futuro re dei pirati ho bisogno di compagni forti come te! –
-         Davvero mi proponete di diventare una di voi? – Jane sembrava incredula!
-         Noi non ti proponiamo un bel niente! – esclamò Rufy – Tu vieni con noi senza ombra di dubbio, non è una proposta, ma una costatazione! –
-         Ci stai? – chiese Zoro
-         Certo che c sto! – Jane era euforica – Non posso credere che mi prendiate con voi! –
-         Domani all’alba salpiamo, hai tempo sino ad allora per preparare le tue cose alla partenza, ci vediamo qui  –disse Nami
-         Allora, non ho tempo da perdere! Ci vedremo domani! – Jane era al settimo cielo. Aveva realizzato il suo sogno! Era diventata un pirata, sarebbe partita presto, se ne sarebbe andata da quella prigione e avrebbe smesso di vivere nell’ombra dei suoi genitori e dei loro desideri sul suo futuro. Decise per prima cosa di avvisare Maggie. Entrò nell’ambulatorio e non appena l’ebbe trovata le raccontò tutto.
-         So che tu eri a conoscenza del mio sogno e quindi ti chiedo un favore, avverti tu gli altri del villaggio ~.
-         Ma sei sicura della tua scelta? –
-         Sì, non posso continuare così a nascondermi, e a illuderli, IO NON SONOUN MARINE, IO SONO UN PIRATA! –
-         Allora buona fortuna – disse Maggie abbracciandola.
-         Tieni questo – le disse porgendole un pugnale riccamente decorato.
-         È quello che ti ha tirato il brigante, è grazie a questo che è iniziato tutto e poi è stato tirato a te, è tuo! –
-         Grazie, anche per esserti presa cura di me in questi cinque anni, non lo dimenticherò – detto questo, uscì, consapevole che probabilmente non l’avrebbe rivista mai più. Non perse tempo con inutili sentimenti nostalgici, soprattutto perché aveva la certezza che quel posto non le sarebbe mancato. Solo un posto avrebbe rimpianto un po’: Il promontorio. Adorava quel luogo, dove poteva pensare in pace, in cui poteva dimenticare di essere reclusa e dove poteva ammirare il mare e la sua potenza in tutto il suo splendore. Ammirò il tramonto da lassù, un affascinante spettacolo in cui un’enorme palla di fuoco si butta dentro il mare e spegne la sua luce gettando il mondo nell’oscurità più totale. Entrando in casa venne la parte più difficile: cosa avrebbe portato nel suo viaggio? Prese alcuni cambi di vestiario, scelse i libri che potevano essere più utili in viaggio, svuotò il suo arsenale, composto per lo più da coltelli da lancio e stelle ninja, prese tutto ciò di cui aveva bisogno per la cura delle armi, un po’ di materiale per il primo soccorso, vari oggetti indispensabili per la vita il mare, come accendino e astrolabio e tutti i risparmi. Stava per rendere anche il libro coni suoi racconti, ma lo lasciò al suo posto perché non le sarebbe servito più visto che avrebbe vissuto lei in prima persona tutto ciò che aveva immaginato e sognato.
Aprì un libro, intitolato “Grandi pirati  dell’era di Gol D. Roger” e aprì immediatamente la pagina in cui sapeva avrebbe trovato la foto di Pirata, l’uomo che le aveva aperto la mente su quel tipo di vita. Lesse velocemente il capitolo a lui dedicato, capitolo che ormai sapeva a memoria e si soffermò sul nome: “Silver Raileigh, detto il Re Oscuro, vice capitano della ciurma del re dei pirati”. Chissà se l’avrebbe rincontrato nel suo viaggio? Chiuse il libro, ripensando alle parole che Raileigh le aveva detto anni prima: “ Non pensare mai al passato, perché non lo puoi cambiare, non pensare nemmeno al futuro, perché non lo puoi prevedere, pensa solo al presente e vivilo con intensità.” Era ciò che avrebbe fatto, non avrebbe più permesso a nessuno di decidere della sua vita.
 Impiegò tutta la notte a pensare bene cosa portare e a sistemare tutto in uno zaino. Quando mise la borsa con i coltelli da lancio attaccata alla cintura e assicurò le sua due spade ai fianchi, ormai albeggiava. Quando uscì, ammirò la bandiera della marina che per anni aveva sventolato e se ne andò senza guardarsi indietro. Quando arrivò alla spiaggia, Zoro, Rufy e Nami la stavano già aspettando.
-         Finalmente sei arrivata! Come mai ci hai messo tanto?!! – Nami era già pronta a salpare da un pezzo.
-         Ma che dici! È l’alba adesso! – esclamò Rufy
-         Non vedo l’ora di salpare! – Jane era entusiasta. Stavamo per partire quando si sentì un brusio di molte persone.
-         Sbrigati, è tardi! –
-         Speriamo non siano partiti –
-         Ahi! Mi hai pestato un piede! –
-         Non spingere! Ormai siamo arrivati, la spiaggia è qui! –
All’improvviso dagli alberi sbucarono in massa tutti gli abitanti di Ringtown, con a capo Maggie.
-         Maggie! Che cosa ci fate qui? – Chiese sorpresa Jane
-         Indovina! Siamo venuti a salutarti! – Rispose come se fosse la cosa più normale del mondo.
-         Ma io sono un pirata! Com’è possibile che non mi odino? –
-         Sai, la gente ha sempre creduto che tu diventassi una marine, perché hai sempre difeso il villaggio e i suoi abitanti, una cosa non normale per una pirata, ma è po’ che qualcuno aveva dei sospetti su di te e sulla tua passione. Nessuno ti odia, ti sono grati per ciò che hai fatto. Sei una di noi e ti vogliamo augurare buona fortuna per il tuo viaggio e il tuo futuro. Vero ragazzi!?! –
-         Verissimo Maggie!!! – rispose il villaggio in coro.
Jane aveva le lacrime agli occhi, aveva sempre creduto che le persone la odiassero e la considerassero solo come una, regima che si faceva massacrare per loro, ma in quel momento capìì che non era vero. Era una di loro e le erano grati per gli anni passati a proteggerli. La salutarono tutti, uno per volta, ringraziandola e scusandosi per averla esclusa, che non era loro intenzione. Finalmente finirono e Jane e gli altri salirono su’’ imbarcazione e presero il largo.
Quando la prua si staccò dalla sabbia, ci fu l’ovazione e si risero tutto a sbaracciarsi e a urlare saluti e auguri. Man mano che si allontanava il coro voci si affievolirono e i loro cori rimpicciolirono, fino a che non scomparvero del tutto dalla vista. Era fatta, Jane era diventata una pirata, aveva realizzato il suo desiderio più grande. La gabbia che in tutti quegli anni l’aveva imprigionata si era finalmente rotta e lei era uscita. Sarebbe diventata una spadaccina fantastica, sarebbe migliorata moltissimo con la pratica, avrebbe vissuto tutte le emozionanti avventure che aveva sempre soltanto immaginato e si sarebbe definitivamente staccata l’ombra che la fama dei suoi genitori le gemeva addosso fin da piccola, avrebbe dimostrato al mondo intero il suo valore e che non era solo una ragazzina! Il mondo avrebbe imparato a temerla e a rispettarla e il suo nome sarebbe stato pronunciato con onore e reverenza.
Quel giorno era L’ INIZIO DELLA VITA!

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