Incontro imprevisto.. di Bella_ (/viewuser.php?uid=78041)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Roma,l'inizio del sogno ***
Capitolo 2: *** Fuga.. ***
Capitolo 3: *** Casualità ***
Capitolo 4: *** Colazione per due ***
Capitolo 5: *** Solo noi e le nostre vite ***
Capitolo 6: *** Due cuori a pezzi ***
Capitolo 7: *** Decisioni ***
Capitolo 8: *** Sorpresa inattesa ***
Capitolo 9: *** Avviso! ***
Capitolo 10: *** Io e te,noi! ***
Capitolo 11: *** L'amore non si lascia andare ***
Capitolo 12: *** Paure e insicurezza ***
Capitolo 13: *** capitolo 13 ***
Capitolo 1 *** Roma,l'inizio del sogno ***
Roma.
la capitale della nostra bellissima
Italia. era la meta del mio viaggio,il primo viaggio da maggiorenne.
avevamo
pianificato quel viaggio nei minimi particolari,da mesi. le nostre
valigie
erano pronte,le carte di credito attive,le nostre menti già
in viaggio verso la
capitale mentre noi eravamo bloccate alla stazione di Salerno. Maledetto
meridione, pensai. Ovviamente il treno era in ritardo ed io e
le mie amiche
in gran fermento. Mariangela,Rosaria,Francesca,Lucia e Maria,pronte per
una
nuova avventura. Avevamo iniziato a frequentarci al liceo. Stessa
classe,IVH.
Lucia era la mia compagna di banco,Rosaria l'amica di sempre,Mariangela
la
compagna di shopping,Francesca la mia confidente,Maria semplicemente la
gemella
di Francesca. Per noi stare insieme era come routine,un abitudine. Una
mattina
del mese di gennaio,abbracciate al termosifone della
classe,programmammo il
viaggio. "Roma" rispondemmo in coro io e Mariangela alla
domanda
di Ro,"via Condotti" fu la risposta immediata di Maria al
"Perchè" curioso di Lucia. Perciò le
carte di credito non
potevano mancare. Ovviamente erano limitate,avremmo prosciugato in
conti in
banca dei nostri genitori.
Erano le 11:41. il treno tardava già di 9 minuti,classico.
Dovemmo attendere
altri 12minuti affinché fosse annunciata la sua partenza. Un
abbraccio
veloce,un immediato "Certo, Mamma" sussurrato da tutte
simultaneamente e un impresa per portare i bagagli sul vagone. Come
sempre
avevamo esagerato. Otto le valigie in totale. un trolley per ognuno e
due
borsoni comuni. In questi ultimi vi erano scarpe,in uno, e cibo
nell’altro. Era
un rito avere la valigia del cibo. Anche per la gita in Grecia fu
preparata e
non ce ne pentimmo. Il vagone era capiente,ma non abbastanza per noi.
ci
sistemammo in modo tale da stare comode e da far entrare nel vagone
tutte le
valigie. Queste erano posizione tra i sedili mentre le noi eravamo
sedute come
degli indiani. Gambe incrociate. Trovate le posizioni giuste e comode
ci
dedicammo ai nostri hobby. Io presi il mio libro,New Moon,e mi dedicai
alla
lettura. Lo avevo letto migliaia di volte,ma non mi stancavo mai. Ro
alla vista
del libro alzò gli occhi al cielo per poi posare gli occhi
sul suo libro
triller. Mariangela accese l’i-pod e le gemelle e Lucia si
dedicarono al
pettegolezzo. Solito di Lucia,aveva conquistato un figo da paura ma ora
era
insicura. Passava troppo tempo con me e Francesca. Era il nostro solito
modo di
fare. Conquistare per poi perderci nell’insicurezza. Io
perdevo la testa,lo
frequentavo e poi capivo che non era come lui. Ma Francesca non aveva
ancora
capito che il suo cuore era ancora nelle mani del suo ex. Io invece lo
avevo
affidato a qualcuno che non sapeva neanche che esistessi.
Il nostro treno,un diretto per Roma,fu annunciato alla stazione
Termini.
Scendemmo soddisfatte guardandoci intorno. Saremmo rimaste
lì per una
settimana,sole. Senza adulti a proibirci nulla,conoscendo nessuno e con
un
programma giornaliero alla mano. La mattina dedicata alla scoperta di
Roma,che
personalmente conoscevo come la mia città. Ogni anno i miei
genitori mi
portavano lì alla scoperta di monumenti storici. I pomeriggi
erano all’insegna
dello shopping mentre le sere da trascorrere nei pub più
“in”.
“Ragazze ho fame”
“Io voglio un bagno”
“Io voglio quel bonazzo lì fuori..”
“Io..”
“BASTA!” urlai disperata. Tacquero tutte. Mai farmi
arrabbiare. Questo il loro
divieto.
“andremo prima al bagno,ne abbiamo tutte bisogno suppongo.
Poi andremo ad un
fast food per prendere qualcosa da mangiare.. per il bonazzo,Mari,non
posso
farci nulla. Dopo andremo in albergo. Ci sistemeremo e vedremo il da
farsi.”
Avevo appena salvato me stessa da una crisi di nervi. Stavamo sempre
insieme,ma
era difficile organizzarci e se non ci fossi io sarebbe difficile
organizzare
il tutto. Almeno per questo mi erano riconoscenti. Dopo essere uscite
dalla
stazione ci dirigemmo al Mc Donald’s. le valigie creavano
seri problemi così
decidemmo di pranzare,con il cibo del fast food,in albergo.
“Ehm ehm ehm..” schiarì la voce Ro.
“Che succede?” disse Mariangela e si
voltò dove lo sguardo di Ro era fermo.
Tutte guardammo il giovane ragazzo alla hall.
“Ma non sono le hostess ad accogliere gli ospiti alla
hall?” pensai scocciata
tra me sapendo giò cosa stava per succedere.
“A chi tocca?” disse ridendo Franci.
“Ad Ada,ovvio” A me? Perché a me? Ah
ovvio,l’avevo scampata fino a quel momento
ed ero rimasta l’unica a non aver..
“Prego” rise Maria della mia faccia.
“ok ok,vado”
Mi voltai per guardare il mio riflesso nelle porte
dell’hotel. Guardabile.
Sbottonai la camicetta di un bottone e mi recai spavalda alla hall. Il
mio
compito? Semplicemente sedurre il povero belloccio di turno,farmi
invitare a
cena e rifiutare. Malefiche.
“salve” dissi togliendo gli occhiali Tom Ford e
sorridendo timidamente. Era
irresistibile in mio sorriso timido. Diventavo sexy e sensuale quando
mi
mostravo timida e semplice. Lui mi sorrise maliziosamente e mi chiese
il
cognome usato per la prenotazione. Gli mostrai il documento e
sorridendo,ancora
malizioso,disse “maggiorenne da otto giorni,buono a
sapersi” lui avrà avuto
minimo 24o 25anni. Sorrisi maliziosa al quel commento. Lo avevo
conquistato.
Calcolai la cifra in più che avrei avuto da spendere.
“50euro per ognuna.. bè
250euro in più per me.. bene bene”. Mi diede le
chiavi delle nostre stanze e
lanciandogli un occhiolino mi avviai verso l’ascensore con
alle spalle,ne ero
sicura,cinque amiche sicure di aver perso 50euro. Le camere erano
vicine,
207,208,209. ci sistemammo e mangiammo il pranzo nella mia camera.
Facemmo una
doccia veloce e ci avviammo verso il centro di Roma.
Sulle scale di piazza di Spagna sfilammo come modelle,ridendo come
matte e
sculettando appositamente. I ragazzi che passavano ci guardavano
maliziosi,sorridendoci. Sapevamo di essere carine e facendo attenzione
al
nostro look sapevamo accentuare la bellezza e la sensualità.
Fontana di Trevi
era splendida. Sin da quando ero piccola mi lasciva senza fiato. La
maestosità
e la bellezza mi emozionavano. Ma l’idea della monetina e del
desiderio non mi
eccitava. Scattai una foto,mentre una ad una, esprimendo il desiderio,
gettavano la monetina nella fontana.
Camminavamo tranquillamente quando una libreria attirò la
mia attenzione. Avevo
dimenticato che mancassero alla mia collezione due romanzi della Austen.
“Ro,coprimi. Devo andare in quella libreria” mi
serviva una mano per evitare le
lamentele della ragazze. Sapevano che libreria per me significasse
perdere
minimo trenta minuti tra gli scaffali alla ricerca di un classico
ancora non
letto.
“Ada,10minuti,non di più.” Mi
sussurrò. Poi urlando si rivolse alle altre
“Ragazze un baaaaaaaaaar,prendiamoci un
caffè.”
“Grazie” le mimai con le labbra mentre mi
allontanavo da loro senza essere
notata.
La libreria era immensa. Ogni genere aveva una propria sala.
Triller,gialli,classici stranieri.. ecco cosa cercavo. Era immenso.
Quattro
pareti e tanti scaffali colmi di libri. Tutti i classici mondiali. Mi
persi
leggendo i titoli sussurrando ripetutamente “Mansfield
Park..” una mano
calda,dalle lunga dita da pianista,mi porsero una copia.
“Grazie” sussurrai. Ma
poi quando mi accorsi che era vecchia,non nuova come mi aspettavo, mi
voltai
per avere spiegazioni. Sorridendo mi guardò e
sussurrò di rimando “Prego”. Mi
immobilizzai. Non per il suo accento inglese o per quella voce
familiare,ma per
quel sorriso che illuminava il suo volto. La sua voce era
roca,bassa,sensuale,dolce,ammaliatrice. Avevo davanti a me lui.
L’uomo che
riempiva i miei sogni,l’uomo di cui avevo mille poster nella
mia camera,l’uomo
che mi proibiva di perdermi per qualcuno perché per me
c’era solo lui,a lui
avevo dato il mio cuore. A quella persona che fino a qualche ora prima
pensavo
che non fosse a conoscenza neanche della mia esistenza,ma che ora era
davanti a
me e mi parlava.
“La mia copia è vecchia,ma italiana. Ne cercavo
una nuova,ma questo romanzo non
lo hanno in questa libreria.” continuava a sorridermi
dolce,lui. Robert Thomas
Pattinson.
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Capitolo 2 *** Fuga.. ***
Salve
ragazze! questo è il secondo capitolo..spero di trovare
più recensioni,per il primo capitolo ce n'era solo una. se
nn recensite penso che non vi piaccia e smetto di pubblicare!
grazie
intanto a _Camillalice_!!
“Ehm,thanks..”
sussurrai rossa in viso. Ma che stavo facendo? Parlavo in inglese
quando lui si
era rivolto a me in perfetto italiano? Pazza,stupida e tremendamente
imbarazzata. Ecco il momento che di più temevo. Quante volte
io avevo
immaginato un incontro con lui e avevo detto “..se lo vedessi
gli salterei
addosso” ma in fondo,nel mio animo,dove la mia coscienza
sapeva bene cosa avrei
fatto, ero tremendamente spaventata da un incontro. Non era lui che mi
spaventava,ma il mio imbarazzo. Infatti come sempre, in quel momento
feci
qualcosa di cui mi sarei pentita a vita.
Non
gli diedi
neanche il tempo di rispondere,che mi avvia verso le porte della
libreria,con
ancora in mano la sua copia di Masfield Park. “Ora vado..
ciao e grazie”.
Maledettamente
maleducata. Solo questo potevo essere,maledettamente maleducata.
Sapevo
che non avrei avuto
un’altra possibilità di incontrarlo,di
parlargli,di vederlo,semplicemente
guardarlo e osservare quegli occhi meravigliosi che si posavano sul mio
viso
tondo ed imperfetto. Sentirlo sussurrare parole in italiano con quel
fantastico
accento inglese che lo distingueva dalla massa. Il mio bisogno di
tornare
indietro in quella maledetta libreria e chiedergli scusa in ginocchio
per la
mia maleducazione solo per sentire di nuovo quella voce,per vedere
quegli
occhi. Non mi interessava se avesse rifiutato le mie scuse e mi avesse
guardato
con occhi pieni di odio. L’importante per me era sentire la
sua voce e vedere
quegli occhi,nulla di più. Ma non potevo tornare
indietro,non era da me. Strinsi
tra le mani la copia malconcia di quel libro magnifico e sorrisi. Avevo
qualcosa di suo,che lui aveva toccato. Era mio ora. Lo avrei custodito
come il
più prezioso dei diamanti.
Il
bar dove le ragazze mi
aspettavano era vicino alla libreria. Lui sapevo che non era ancora
uscito da
lì,avrebbe potuto vedermi. E lì non avrei saputo
cosa fare. Le mie amiche erano
sedute ad un tavolino e sorseggiavano il loro caffè con
calma,cercando di
rilassarsi. Appena m videro arrivare mi guardarono truci.
“Una
nuova libreria,pensavi
non avessimo capito le tue intenzioni?” disse seria
Mariangela. “Per fortuna ci
hai impiegato solo 15minuti” e mi sorrisero tutte. Bene
nessuna era seriamente
incavolata. Avevano bisogno di riposo. Mi accomodai su una sedia dietro
Rosaria
e iniziai a fumare una sigaretta. Cavolo ero proprio nervosa,la stavo
mangiando. Rosaria si accorse del mio nervosismo e incoraggiata dal
posto dove
mi ero accomodata si girò e mi fissò con sguardo
serio.
“Cosa
è successo? Sei
pallida,sudi,reggi la sigaretta tremando e ne aspiri metà
alla volta,è quasi
finita”
Grissino!
Perché capiva
sempre tutto.
“E
poi,questa copia di
Mansfield Park,così conciata,” e la
osservò con sguardo indagatore “chi te
l’ha
data?”
“Dopo,ti
prego,dopo”
sussurrai boccheggiando. Era sempre la solita. Io ero tesa e ansiosa e
lei mi
metteva ancora più ansia addosso. Cavolo,era terribile.
Dalla libreria non uscì
nessuno,forse era ancora lì,oppure era uscito da una porta
secondaria,ma quando
arrivò il momento di tornare in albergo,scappai
correndo,dicendo che al
tabacchino nel vicolo avrei dovuto comprare le sigaretta. Per fortuna
Rosaria
non sapeva che avevo un pacco intero,appena aperto. Lei già
era abbastanza
curiosa,ci mancava solo la fuga che la insospettisse ancor di
più. Se continuavo
così,ero veramente un caso perso.
Mentre
camminavano per
Roma,stanche della giornata,stabilimmo il programma della serata.
Semplice film
in camera. Nulla di più. Per fortuna. Non volevo uscire
quella sera,preferivo
farmi mangiare lentamente dal rimorso. Perché ero scappata
dal ragazzo che
adoravo,colui che veneravo,colui che mi emozionava e mandava in
subbuglio con
un sorriso i miei ormoni di adolescente.
Mi
sentivo scossa e tesa.
Cavolo,non mi avrebbe di certo dimenticata,ma non volevo essere
ricordata come
una ragazza che era scappata. Le mie amiche continuarono a ridere e
scherzare e
io mi fece trasportare dalle loro risate. Ci fermammo ad una videoteca
per
noleggiare un film,e quale scelta migliore se non “Orgoglio e
pregiudizio”?.
“Dai
ragazze,per una
volta,guadiamolo. Se non vi piacerà deciderete per sempre
voi i film da vedere.
Parola di scout” dissi.
“E’
la prima ed ultima
volta,vedi come te lo dico nana” disse Rosaria. “ e
poi” si avvicinò al mio
orecchio “Dovrai dirmi cosa è successo,io non
dimentico”. Non sarei riuscita ad
evitarla. Ma come glielo avrei detto? Non mi avrebbe mai creduto,ne ero
certa.
E poi se lo avesse fatto avrebbe utilizzato aggettivi poco carini nei
miei
confronti. Già la immagino dirmi.
“Tu che lo vedi nelle foto e smetti di respirare,te lo
ritrovi davanti in una
città in cui non si sa neanche che stia facendo,lo stesso
giorno in cui ci sei
tu,e te che fai?scappi? Ada,io lo dico e lo ripeto,sei strana
forte”. Che
disastro.
Intanto
prendemmo la metro e
giungemmo all’albergo. Il ragazzo che avevo rimorchiato era
ancora lì.
“Povero
cucciolo,vedi come lo
hai ridotto!” sussurrò ridendo Francesca,mentre
Lucia se la rideva. Ero cavoli
amari. Questo aveva l’aria di uno che mi avrebbe girato
intorno per tutto il
mio soggiorno nell’albergo. Ma mica lavorava 24ore su 24?
“Ciao”
disse sorridendo.
Caspita,era anche molto carino,aveva un bel sorriso,ma mai come.. come
lui. Per
quanto tempo mi avrebbe tormentato ancora? Bè per sempre.
“Ciao,lavoro
ancora?”
“Bè
si,sai lavoro dalla
mattina alle 8fino alle 16del pomeriggio. Però ci sono
giorni,come oggi,in cui
faccio doppio turno.” Ottima mossa Ada,pensai. Avevo scoperto
orientativamente
i suoi orari,però il modo in cui parlò delle
tante ore di lavoro mi strinse il
cuore. Doveva veramente fare questo lavoro per bisogno.
“Ah
capisco..” sussurrai. Non
sapevo che dire. Silenzio. Ma fu lui a romperlo.
“Stasera
immagino che
usciate..” perché questo interessamento? Colpa
mia, ovvio.
“No,restiamo
qui per un
film.. ciao a domani allora.”
“Ciao
e buona serata!!” e
sorrise dolcemente. Che caro ragazzo che era.
Prese
l’ascensore pensammo a
cosa poter mangiare. Optammo per una pizza. Vicino
all’albergo avevamo visto
una bellissima pizzeria di proprietà di napoletani,ottimo.
Le prenottammo e ci
furono portate in albergo. Le mangiammo affamate e poi mettemmo su il
film. Io
mi persi nell’800 della Austin. Riuscì a non
pensare a Robert,al giorno
trascorso,al libro che avevo con me. Mi persi nei personaggi,in Mr
Darcy di cui
ero pazzamente e segretamente innamorata. In quel suo sguardo,in quelle
parole
che pronunciò sotto la pioggia,nei suoi occhi e nei suoi
sguardi,come se fossi
io Elisabeth. E mi addormentai, e sognai. Sognai che il mio Darcy fosse
lui,che
mi dichiarasse il suo amore. Amore dolce,puro,vero,reale. Amore che ti
fa
battere il cuore,che ti allontana dal mondo,che ti riempie la testa,il
cuore,l’anima.
“BUONGIORNO
bella
addormentata” dieci occhi mi guardavano curiosi e pieni di
desiderio,desiderio
di sapere. Cavolo Rosaria,la bocca chiusa no eh?
“Ciao,e
buonanotte.”
“E
no cuccioletta di mamma,tu
ora ti svegli e ci dici tutto. Abbiamo capito tutte che ieri
c’era qualcosa che
non andava,sembrava avessi visto un diavolo. Ma noi da brave
amiche,abbiamo
aspettato stamattina” Streghe,pensai.
“Cosa
volete sapere?” chiesi
pensando di poter evitare l’argomento Robert. Mi
vergognavo,ma non sapevo cosa
raccontargli. Non potevo dirgli cosa avevo fatto. Ora la visione di
ieri su
Rosaria che mi derideva si fece peggiore,erano tutte a deridermi.
“Tutto.”
Dissero all’unisono.
Presi
un respiro e raccontai
tutto,prendendo anche la vecchia copia di Masfield Park,il suo libro, e
mostrandoglielo. Trovai davanti a me,a fine racconto,cinque sguardi
diversi.
Rosaria arrabbiata,Mariangela euforica,Francesca sconvolta, Maria
pensierosa,Lucia
sconcertata. Passarono due
minuti,ma
nessuna di loro parlava,nessuna si muoveva.
“Tu
hai visto Robert
Pattinson,ti ha regalato un suo libro e tu sei scappata? Ho capito
bene?”
“Si”
sussurrai.
“Noi
ti sentiamo tutti i
giorni parlare di lui,di quanto è bello,di quanto
è bravo. Abbiamo visto con te
miliardi di volte tutti i suoi film,tutti. Hai seguito
attentamente,giorno dopo
giorno,le riprese di New Moon,senza mai staccarti da quel pc maledetto.
Oggi lo
vedi e che fai?scappi? ma sei cogliona vero?? No
dimmelo,perché me ne faccio
una ragione”
Erano
scoppiate. Tutte erano
in movimento per la stanza. Ora le loro facce erano uguali,se avessero
potuto uccidermi
con lo sguardo lo avrebbero fatto. Nessuna di loro adorava lui come
me,ma si
erano arrese alla mia pazzia. Ma ora forse per loro era troppo. Lucia
fu
l’unica a non parlare. Sapeva io cosa provavo e sapeva
perché di quella
reazione. Mi conosceva e sapeva benissimo che ero scappata per colpa
del mio
imbarazzo.
Mi
alzai dal letto,feci una
doccia e mi vestì,facendo finta di nulla. Non volevo
pensarci ancora,non volevo
far capire a loro che ci pensavo. Ma il mio sguardo parlava per me. Il
rimorso
mi uccide piano piano,lentamente,causandomi sempre più
dolore. La mattina,come
da programma la trascorremmo al Vaticano. Era immenso. I miei
genitori,cattolici praticanti,mi portavano ogni anno alla
città del Vaticano e
io ogni anno mi perdevo in quel lusso,tra quelle sculture
perfette,quegli
affreschi invecchiati,ma sempre più affascinanti. Ma uno era
il posto che più
adoravo. La
Scala Santa,nella
chiesa di San Giovanni in Laterano. Fu difficile, quel
martedì mattina di
estate, trovarla aperta ai visitatori. Gli affreschi che circondavano
la scala
Santa erano splendidi. La rappresentazione della crocifissione in
alto,che si
presentava agli occhi di coloro che entravano,era un dipinto
eccellente,ogni
volta che lo vedono mi perdevo in esso e mi emozionavo. Mai in vita mia
avevo
ammirato tante volte qualcosa,quanto quelle opere perfette. Le mie
amiche si persero
con me,su quella scala e pregarono. Mai avevo viste loro
così coinvolte,tanto
che ci emozionammo insieme. Prendemmo dei souvenir per i nostri parenti
e ci
allontanammo. Pranzammo come il giorno prima al Mc Donald’s e
poi ci avviammo
per le strade di via Condotti. Migliaia di negozi si presentarono ai
nostri
occhi. Ero persa davanti la vetrina di Gucci,quando Maria mi spinse
dentro. Il
vestito in vetrina costava tantissimo,ma quando seppi che con lo sconto
lo
avrei pagato la metà non me lo lasciai fuggire. Era nero,a
metà coscia,sopra,senza
bretelle,aderiva perfettamente al seno,scendendo sotto a palloncino.
Era
magnifico. Lo comprai ed uscì. Tutti i negozi furono
saccheggiati,ma io mi
limitai a qualche jeans della Meltin Pot. Avevo ancora quattro
giorni,non mi
andava di spendere tutto quel giorno.
Ci
sedemmo ad un bar
stremate. Erano le 8 e la giornata secondo le menti malate delle mie
amiche non
era finita. Volevano andare a ballare. Pazze. Presi un caffè
e ci trovammo a
parlare della scuola.
“Tesoro,come
stai?”
Francesca,la mia confidente.
“Bene
bene,tranquilla” le
risposi sorridendo. Sorriso troppo sforzato,se ne accorse.
“Non
direi,sai mentire con le
altre,ma non con me. Stasera divertiamoci,domani ci penseremo,
ok??”
“Ok,grazie”
e le schioccai un
bacio.
“Ragazze,pensavo
che forse
stasera potremmo uscire per le strade di Roma,domani pomeriggio
riposarci e
domani sera andare in disco,che ne dite?”
“io
accetto volentieri,sono
stremata.” Mariangela era assonnatissima. Quella notte chi sa
che avevano combinato.
Come lei accettarono tutte. In albergo ci preparammo. Indossai un
semplice
vestitino nero,con la scollatura a V e un paio di infradito alla
schiava
nere,molto carine. Lasciai a capelli sciolti e misi un po’ di
matita sugli
occhi. Decidemmo di andare a piazza di Spagna,c’era una
manifestazione.
Trascorremmo la serata tranquillamente,mangiando un enorme coppa di
gelato e
ridendo insieme. Alle 12e30 tornammo in albergo e ci chiudemmo nelle
nostre
stanze. Feci una doccia veloce,misi il mio pigiamino,pantaloncino corto
e
canotta con su disegnato un gattino e mi misi a letto. In camera mia
Francesca,appena chiuse gli occhi crollo in un sonno profondo,mentre
io,passavano le ore,ma non riuscivo ad addormentarmi. Vidi il cellulare
ed
erano le 3:34. Scesi dal letto aprì la porta e mi incamminai
nei corridoi.
Sapevo che le ragazze dormivano,inutile andare da loro. Non era la sera
giusta
per fare le pazze nelle camere,erano stanchissime. Camminavo e pensavo.
Alla
vacanza e a lui. A ciò che era successo il giorno prima e al
nostro incontro. Alla
mia vita e a cosa sarebbe successo se non fossi scappata da lui. Pensai
a
quanto fossi euforica per quel viaggio a Roma e alla coincidenza di
trovare lui
lì. Camminavo a testa bassa,senza guardare dove andavo,fin
quando non mi
scontrai con qualcuno. Urlai prima di cadere a terra.
“scusami,io non sapevo
dove andavo..” sussurrai. Ero caduta e mi ero fatta male,ma
ero io a non aver
guardato dove mettevo i piedi.
“Non
fa nulla,ma tu sei,sei
la ragazza della libreria!” quella
voce,quell’accento,quelle parole piene di
meraviglia,quelle mani che mi porse per aiutare ad alzarmi. Lui,lui
davanti a
me,lui che mi parlava,lui che porgeva le sue mani. Stavolta non sarei
scappata,era troppo importante per me.
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Capitolo 3 *** Casualità ***
Capitolo
3
“Si,sono
io.. ciao” e sorrisi. Quel sorriso timido che mi
caratterizzava. Ero
imbarazzata,tremendamente imbarazzata,ma non sarei scappata. Se lo
avessi fatto
sarei stata la persona più stupida che esistesse.
“Bè sei scappata l’altro
pomeriggio..” arrossimmo,insieme. Era tenerissimo. Quegli
occhi
abbassati,quelle guance colorate di rosso,quelle sue mani tra i capelli
che non
smettevano di torturarli,quelle labbra un po’ arricciate.
Avevo memorizzato
ogni suo movimento,ogni suo cambiamento. Avrei voluto ricordare tutto
di lui.
Perché non era come guardarlo in un film o come guardarlo in
un’intervista,ma lo
stavo guardando nella realtà. Ero sicura che non era sempre
se stesso,neanche
durante le interviste,neanche quando faceva quelle battutine
assurde,che lo
rendevano stupido o impacciato. Neanche quando ammetteva cose
imbarazzanti
della sua vita,passata e presente. Quando vedi una persona,quando
è davanti a
te,quando si trova in una situazione non prevista,quella è
la vera persona che
ti ritrovi davanti. E questo era lui. Il classico
ragazzo,bello,sensuale,ma
timido,impacciato.
Ci
guardavamo,senza dire nulla. Pensavo che fosse il caso di andare via,di
chiudermi nella mia stanza. Mi bastava ricordarmi di lui,di quel
piccolo
momento e mi bastava sapere che non ero scappata. Ma soprattutto mi
bastava che
lui si ricordasse di me,di Ada.
“Comunque
piacere,Ada.”
“Robert,ma
chiamami Rob. Ma forse già sai chi sono” e si
imporporò di nuovo. Dolcissimo.
“Bè,si
certo. Comunque ora andrei,ciao Rob. Notte.” Salutai con la
mano avviandomi
verso la mia camera.
“A
presto” mi salutò restando lì,dove lo
avevo lasciato,guardandomi.
La
mia camera era silenziosa,quindi Franci dormiva ancora. Bene non ero
obbligata
a raccontare della fuga notturna e dell’incontro inaspettato.
Mi sentivo stanca
quando mi poggiai nel letto. Ma non riuscì comunque a
prendere sonno. Sapevo
che quel pomeriggio non avremmo fatto shopping,sarei potuta tornare in
albergo,senza preoccuparmi di perdermi sconti qua e là.
Verso le 7,arresami al
fatto che non avrei comunque potuto chiudere occhio,mi gettai sotto la
doccia.
Lavai i capelli e li lasciai asciugare al vento mettendoci solo un
po’ di
gel,così da dargli volume. Presi una gonna di jeans,un top a
fascia nero e le
immancabili infradito nere alla schiava e misi un po’ di
matita. Erano le 7e40
e Franci ancora dormiva. decisi di svegliarla per farle fare la doccia.
“Franci,
tesoro,sveglia..”
“No,mamma lasciami dormire..”
“ Franci non sono mamma e non ti lascio dormire,su
pigrona,sveglia,i cornetti
ci aspettano.” Parola magica. Saltò dal letto e
sbatté con un piedi vicino al
comodino. Imbranata,pensai tra me.
“Ahia
ahia ahia..” iniziò ad urlare per tutta la stanza
saltellando sulle punte. Mi
faceva troppo ridere. non riuscì a trattenermi e cominciai a
ridere come una
pazza. Continuai fin quando non si chiuse in bagno per la doccia,senza
degnarmi
di uno sguardo. Come se fosse mia la colpa,pensai. Ma poi sorrisi. Le
passava
subito,quando sarebbe uscita mi avrebbe supplicata di scegliere con lei
i
vestiti da indossare.
Dopo
10minuti le ragazze ci avvisarono che, non essendo ancora pronta
Franci, si
sarebbero avviate giù. Non ci impiegammo molto,intanto che
lei si vestiva io mi
aggiustavo i capelli. Appena pronte andammo a fare colazione. Immaginai
di
entrare nella sala e trovare lui seduto ad un tavolo a fare colazione e
vedendomi arrivare mi salutasse con un sorriso. Ma era impossibile,lui
non poteva
fare colazione lì. Tanta gente lo avrebbe visto e comunque
la mattina prima non
era presente. Però sapevo,che nel mio animo,desiderassi
potesse succedere.
Mentre pensavo non mi ero accorta di trovarmi davanti la sala e che
Franci mi
osservava preoccupata.
“Tutto
ok?” mi chiese.
“Si
si,scusa,pensavo..”
“Ho capito,dopo mi racconterai. Ma stanotte perché
non eri in camera?Mi sono
svegliata e non ti ho trovata.”
Cavolo,cosa
avrei detto ora?
“Ada,sai
che di me ti puoi fidare vero? Dai ammettilo,che hai fatto con il
ragazzo della
hall??” e rise.
“Franci
ma sei impazzita? Ma che vai a pensare?! Comunque,bè,non ci
crederai mai,ma
Robert Pattinson alloggia qui. Ieri non riuscivo a dormire e sono
uscita dalla
stanza per andare a fare un giro. Ero con la testa tra le nuvole,come
sempre e
mi sono scontrata con lui. Non sono scappata,tranquilla.” Mi
guardava
paralizzata,con gli occhi fuori dalle orbite,la bocca disegnava una O
che
stonava con il suo bel visino,e le guance rosse per la notizia
sconvolgente. Eh
si,la mia amica arrossisce quando si meraviglia.
“Tu..
tu.. tu.. hai un c**o rotto,te ne rendi conto?? Ti rendi conto che
Robert
Pattinson,il tuo idolo,e quello di migliaia e migliaia di ragazzine
eccitate è
nel nostro albergo? Ti do altri due giorni per entrare nella sua stanza
e farmi
sentire urla di piacere,dalla tua bocca,chiaro?”
Non
era la mia amica quella che parlava,impossibile. Era più un
discorso che
avrebbe potuto fare Mariangela o che so,al massimo Lucia,ma non lei.
Lei non
parlava mai di sesso,non ci ha mai detto esplicitamente di non essere
vergine,cercava di sviare sempre il discorso quando io lo introducevo e
ora mi
diceva quelle cose? Bè,ovviamente ci avevo pensato,ovvio. La
prima volta con il
mio attore preferito e non con il ragazzo della hall..
certamente,perché lui in
questo momento starà pensando come assalirmi la prossima
volta che mi
vede,divertente proprio Ada,pensai.
“Ada,pianeta
terra chiama Ada. Mangia muoviti”
Non
mi ero resa conto di essermi seduta e di aver preso tra
le mani un cornetto alla marmellata. Lo tenevo davanti la bocca,ma non
lo
mangiavo.
“Scusate ragazze,pensavo” ma prima che mi
chiedessero altro chiesi cosa avremmo
fatto quella mattina. Scatenai una guerra all’ultima parola.
Tutte volevano
andare in posti diversi. Assurdo. Non riuscivano ad organizzarsi
mai,mai,mai.
Ogni sabato mattina,quando
organizzavamo la serata
tra ragazze,si dichiaravano guerra,alla fine intervenivo io e le
zittivo con un
urlo. Ma in quel momento non era il caso. Non ero in classe con la prof
di italiano,che
dopo avermi battuto il cinque e aver detto “Tesoro
così si fa” iniziava la
lezione. No, io ero in un hotel a 5stelle con circa una quarantina di
persone a
fare colazione nella nostra stessa sala, non potevo urlare. Ma potevo
sempre
sbattere qualcosa sul tavolo facendo rumore. Giustificazione?
Bè,mi è scivolato
da mano. Presi il vassoio dove vi era prima i cornetti e sbattei
così forte da
far girare tutti i componenti di un tavolo vicino. Bè almeno
non avevo urlato
tirando fuori la parte di me tendente alle scenate napoletane e avevo
zittito
le mie amiche. E poi un solo tavolo aveva assistito allo spettacolo.
Il
pomeriggio verso le 3 decidemmo di fare ritorno all’albergo.
La sera
avremmo fatto tardi e io volevo riposarmi. Le lasciai sui divanetti a
vedere la
tv nel salottino del hotel mentre mi avviai verso la mia camera.
Desideravo una
sola cosa,il letto. Un bel letto comodo su cui dormire. La camera,la
208,era
abbastanza spaziosa. Due letti ad una piazza e mezza,richiesti
così da noi,dei
comodini al lato destro di un legno chiaro. Un armadio molto
ampio,utilizzato
per gli abiti che in valigia si sarebbero
stropicciati,camicie,magliette,vestitini.
Mi
distesi sul letto e mi addormentai.
Sognavo
lui. Lui che mi baciava,lui che mi accarezzava,che mi
coccolava..
Mi
svegliai di soprassalto. Cavolo. La fantasia correva troppo. Ero
impastata dal sudore. I capelli attaccati alla fronte,le gote rosse
fuoco,mi
sentivo andare in fiamme,il cuore a mille. Non mi ero accorta che
Franci fosse
in camera e mi stesse guardando sconcertata.
“Ada,tutto
ok?”
“Ehm,si.
Un sogno,strano.. nulla di che”
“Bè,ora
però fai una doccia e preparati,sono le 8e30 e le ragazze
alle
9e30 vogliono uscire”
“Ok,grazie.”
Sussurrai distratta.
La
doccia mi rilassò. Asciugai i capelli facendoli ricci e
indossai un
vestitino blu corto a tubino con dei sandali marroni. Portai con me un
copri
spalle marrone e mi avviai in hall,dove tutte le ragazze mi stavano
aspettando.
Camminavo a testa bassa,guardando a terra. Cercavo di non guardare,di
non
soffermarmi davanti a tutte quelle porte per capire quale fosse la
sua,in quale
di quelle vi fosse un angelo dagli occhi chiari che ti perforavano
l’anima. Ero
appena arrivata all’ascensore soddisfatta del mio controllo
quando mi scontro
per la seconda volta con l’uomo che alimenta i miei sogni e
riempie la mia
testa. A terra,imbarazzata,sento la sua risata,tenue,bassa,sensuale
avvicinarsi
sempre di più a me.
“Ti
aiuto.” Sussurrò piano offrendomi la mano che
rimase legata alla mia.
Il sorriso ancora disegnato sulla sua bocca,illuminava tutto. Mi
sentivo
spaesata,terrorizzata e pronta a scappare. Ma,inaspettatamente,per la
seconda
volta,riuscì a non farlo.
“Scusami,è
che.. solo che..”
“Non
preoccuparti,non importa. Solo che se continuiamo a scontrarci
così...” e rise,rise imbarazzato. Forse
notò la mia espressione offesa,forse
quella rabbia repressa,anche se era il mio idolo la mia idea di
mandarlo a quel
paese non era male,fatto sta che arrossì di più.
“Non
volevo offenderti,cioè,era per sdrammatizzare.. mi
dispiace,veramente” il rossore illuminava ancora di
più il colore dei suoi
occhi,splendido,sempre.
“No,non
fa niente Rob,tranquillo.. sono imbranata io.”
Mi
sorrise dolcemente di rimando. Avevano ancora le mani
strette,l’una
dell’altra.
“No,veramente,
scusami,io non..”Come era carino,dolce. Dimenticai che era
un attore,dimenticai che ero in ritardo e che le mie amiche mi stessero
aspettando,dimenticai che ero in un albergo. Eravamo io e lui,la sua
mano calda
nella mia che staccando causò dolore al cuore,come se un
legame appena stretto
fosse rotto bruscamente.
“Veramente,scusami tu per gli scontri” sorrisi. Di
quei sorrisi timidi,senza
malizia,solo pieni di dolcezza e di gioia.
“Hai
da fare stasera?” disse ad un tratto. Lo guardai immobile. Mi
stava
mica chiedendo se ero impegnata quella sera? E perché?
Quella sera tanti
perché,nessuna risposta.
“Bè,certo
che domanda stupida. Sicuro che hai da fare.” Disse parlando
a
sé stesso “Sei preparata per un’uscita
fuori,certo che hai da fare..” e arrossì
di nuovo.
“Veramente
stavo andando a ballare.. se vuoi..” lo volevo. Volevo che
venisse con me. Anche a costo di prenotare una sala privata e spendere
tutti i
soldi che avevo per lo shopping. Lui era più importante. Ma
non perché volessi
stare con Robert Pattinson,l’attore. No,volevo stare con
Rob,il ragazzo che era
arrossito in 5minuti di conversazione due volte. Che parlava tra se e
se ad
alta voce. Che mi guardava con quegli occhi da cucciolo
indifeso,spaventato da
ciò che aveva detto e che ora mi guardava con una strana
luce negli occhi.
“Vorrei,ma
sai,le ragazze,nessuno sa che sono qui,però
vorrei..”
Voleva.
Avrebbe voluto. Ma non poteva.
“Però
domani potresti venire a fare colazione nella mia stanza.”
Sussurrò intimidito. Ma poi continuò “
non posso fare colazione giù,tutti
saprebbero di me.” Cercò di giustificarsi. Era
tenerissimo.
“Certo,per
che ora?”
“Quando
ti sveglierai. Non preoccuparti. Farai tardi e non voglio farti
svegliare..”non lo feci concludere. Gli dissi che non
c’erano problemi. Sarei
andata da lui anche senza andare a dormire. Sapevo che,al pensiero che
sarei
stata con lui la mattina dopo,non avrei dormito.
“Allora
alle 9e30? Stanza 215”
“Ok,allora
a domani.” Dissi allegra
“A
domani” e mi sorrise.
Entrai
in ascensore e raggiunse le mie amiche. Quella sera sarei stata
la persona più felice del mondo.
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Capitolo 4 *** Colazione per due ***
Capitolo
4
“Wow”
Le
mie uniche parole.
Grazie
alle conoscenze di Paolo,mio carissimo amico,mi trovavo davanti al
mitico
Piper,il locale per eccellenza. Quanti giorni persi a chiacchierare tra
amiche
sognando un giorno di ballare nella disco più bella e famosa
di Roma. Ed ora ci
trovavamo lì davanti,a bocca aperta,sapendo che il sogno si
stava avverando.
“Bene
fanciulle,ecco a voi il mitico Piper” Paolo,il mio idolo. Ci
eravamo conosciuti
in vacanza l’ anno prima. Io ero con le mie cugine e i loro
fidanzati e lui era
diventato per quella settimana la mia ancora di salvezza. Era stato
sempre con
me,giorno e sera,così da non lasciarmi sola in mezzo a tutte
coppiette. Quando
aveva saputo del mio arrivo a Roma si era sdoppiato in quattro per
farci
inserire nella lista del figlio di un collega di suo padre,santo uomo
Claudio.
“Paolo
ti
adoro,lo sai?” sussurrai al suo orecchio abbracciandolo e
dandogli un piccolo
bacio vicino le labbra. A dire il vero in vacanza c’erano
stati dei baci,molto
poco casti,ma che per nessuno dei due avevano avuto importanza. Era
solo colpa
di tutte le coppie intorno a noi,dicevamo sorridendo. Ed era vero.
“Per
te,tutto” affermò solenne per poi portarmi davanti
la porta di ingresso.
Trovati i nostri nomi sulla lista di un certo Mauro Spiga,un omone
enorme ci
fece entrare. Era immenso. Sembrava di essere in paradiso,ma il
paradiso dei
diavoli,perché quella sera saremmo state delle cattive
ragazze,ne ero certa. Le
luci intorno all’ immensa sala,la scritta Piper sul bancone
dei super
alcolici,i divanetti intorno alla sala,le scale che portavano ai piani
superiori,la musica a tutto volume,la gente in pista che ballava,si
muoveva,ancheggiava,sorrideva,si divertiva. Ma il mio pensiero
volò lontano,a
lui. A lui che era rinchiuso in una camera d’albergo,a lui
che doveva passare
inosservato,a lui che voleva uscire,venire a ballare,come un semplice
ragazze
ventitreenne,lo aveva detto lui. Mi sentivo in colpa,mi sentivo fuori
posto,perché il mio posto era lì,a fargli
compagnia,a fare compagnia a quel
giovane ventitreenne,al giovane Rob.
Mentre mi
perdevo nei miei pensieri non mi ero accorta che le mie amiche si erano
divise
per andare,chi in pista e chi al banco degli alcolici. Un classico
delle uscite
in disco,ubriacarsi fino a star male. Paolo mi prese per mano e mi
trascinò in
pista. Quando ballavo con lui ero senza pudore. Lo toccavo,mi
strusciavo su di
lui,mi facevo toccare,senza problemi. Con lui tutto era
concesso,perché con lui
nulla era frainteso. Mi strinsi a lui e sfiorai il suo basso ventre. non era la
prima volta che mi accorgevo di
provocargli certe sensazioni. Ma mai prima di allora avevo desiderato
qualcun’altro al suo posto. Paolo era perfetto. Fisico
asciutto,muscoloso,occhi
color del ghiaccio,labbra piene e sensuali,capelli scuri,alto. Era
bello,veramente perfetto. Ma lì,in quel momento volevo
lui,l’altro. Non mi
soffermai su quei pensieri,mi sarei rovinata la serata e
così continuai a
ballare,a toccarlo,a desiderarlo. Le sue mani sui miei fianchi mi
tenevano
stretta al suo corpo,le mie labbra erano sul suo collo. Quel contatto
ravvicinato stava avendo gli stessi effetti anche su di me. Piano le
bocche si
unirono,ci allontanammo dalla pista e ci appartammo. Continuammo,fin
quando le
sue mani non furono sotto il vestito. Pensai a lui,al suo sguardo,alla
sua
bocca,alle sue mani,e desiderai lui. Ero desiderosa che quelle mani che
mi
toccavano fossero sue e non di Paolo,che quel corpo allacciato al mio
fosse il
suo e lo bramavo con ogni cellula del mio corpo. Mi fermai di colpo.
“Scusami
non
volevo,Ada.. scusami davvero” disse staccandosi
frettolosamente da me. Era
colpa mia infondo,non sua. Ma apprezzai,era troppo un bravo ragazzo per
me.
“No
Paolo,scusami tu. Sono stata io ad esagerare.” Mi
giustificai,ma con una bugia.
Se non ci fosse stato lui nei miei pensieri avrei continuato senza
oppormi. Ma
il problema era che lui c’era,ero sicura della sua esistenza
e volevo lui. Mi
accomodai sui divanetti e mi accoccolai a Paolo. Era strano per me.
Sapevo che
fino a quel momento non lo avevo mai desiderato così tanto.
Ovvio,con le mie
amiche parlavo di lui,facevo mille apprezzamenti che a volte erano
anche
esagerati,ma mai avrei immaginato una cosa così. La serata
intanto trascorse
tranquilla. Ballai con le mie amiche,bevvi poco,conobbi il dj e anche
il
ragazzo che ci aveva permesso di entrare al Piper,Mauro. Era
simpaticissimo e
aveva conquistato con una sola rosa Mariangela.
In albergo
tornammo alle 4e45. ero stanchissima. Misi la sveglia per le
8e30,dovevo
prepararmi per la colazione e mi stesi sul letto vestita di solo
culottes e
reggiseno. Dormì poco e soprattutto male. Non sapevo che
indossare,che fare,che
dire. Non ero sicura di me stessa. E se gli fossi parsa troppo
silenziosa,poco
estroversa? Sapevo che a lui non piacevano i silenzi,lo avevo letto su
delle
sue interviste. Sarei riuscita ad aprirmi e a sembrare ciò
che sono e non ciò
che appaio? Queste domande mi fecero compagnia durante quelle poche ore
che mi
separavano dal nostro incontro.
8e23.
l’orologio del mio cellulare segnalava esattamente le 8e23. e
per quelle poche
ore dormì si e no 30minuti. Ero stanca,ma non assonnata.
Avevo un gran mal di
testa e le occhiaia da far spavento. Tolsi la sveglia,non volevo
svegliare così
presto Francesca e mi avvia in bagno. Ciò che vidi davanti
allo specchio era
spaventoso. Il trucco era tutto sbavato sul mio viso,le occhiaie
incorniciavano
i miei occhi rendendoli gonfi,le guance di un rosso accesso mi davano
l’aspetto
di Haidi. I capelli forse erano l’unica cosa che aveva un
senso. Avendo dormito
poco non mi ero mossa troppo nel letto e quindi non li avevo troppo in
disordine. Feci una doccia,presi le salviette struccarti e mi tolsi
tutto
quello schifo che avevo dalla faccia. La lavai per bene e lavai i
denti.
Ordinai i capelli attaccandoli davanti e mi portai davanti alla
valigia.
Indossai l’intimo e mi persi tra i vestiti che avevo portato
con me. La notte
non era servita molto,infatti non avevo deciso neanche che indossare.
Infine
optai per un paio di jeans strettissimi e un top bianco aderente.
Indossai i
calzini e le converse bianche e controllai l’ora. Erano le
9e16. potevo
avviarmi alla sua stanza. Tanto sapevo che avrei aspettato
lì davanti minimo
10minuti non sapendo se bussare o andare via. Scrissi un biglietto a
franci e
uscì dalla stanza. 209. la camera di Lucia e Maria. Stavano
sicuramente ancora
dormendo. 210..211..212..213..214.. piano,con passo silenzioso,attenta
a
camminare piano,mentre nella mie testa immaginavo lui dormire
tranquillo nel
suo letto,come un bimbo. Mi avvicinai. Davanti a me il numero 215
risaltava
molto più degli altri. Respirai e controllai
l’ora,di nuovo. 8e21. solo cinque
minuti erano passati. Respirai,ancora e ancora. Contai i miei respiri
accelerati,67. era il momento di bussare. 8e23. Calma,dovevo continuare
a
respirare. Al centoventitreesimo respiro controllai l’ora,per
l’ennesima volta.
8e29. mi feci forza e bussai. Un piccolo “toc,toc”
si diffuse nel corridoio
silenzioso. Dei passi veloci,affrettati si avvicinarono alla porta e il
respiro
accelerava sempre più,mannaggia.
“Ciao”
non
avevo sentito la porta aprirsi impegnata a controllare cuore e respiro.
Alzai
la testa e trovai lui a due passi da me. Il sorriso magnifico per me.
Le labbra
distese dolcemente sul suo adorabile viso. La barba un po’
cresciuta,i capelli
sempre più disordinati,la maglietta a manica corta aderiva
al suo petto
perfetto. I pantaloncini fasciavano le sue gambe. Cavolo i
pantaloncini,mi
voleva morta il ragazzo. Infine fissai i suoi occhi,belli,coinvolgenti
e
profondi. “Ciao” riuscì a dire.
“Accomodati
Ada..” mi disse tranquillo.
“Divertita
ieri
sera?” diavolo. Proprio di ieri sera dovevamo parlare? Avevo
rifiutato Paolo
perché desideravo il suo corpo.
“Bè,abbastanza
bene” avrei voluto te con me,aggiunsi mentalmente.
“mi
fa piacere”
sorrise triste. Era evidente che si sentisse in gabbia. Decisi che non
volevo
apparire timida e introversa,ok,avrei dovuto sdrammatizzare la
situazione.
“Allora,la
colazione? Sai la fame si fa sentire” e gli feci
l’occhiolino.
“oh,certo
certo” e sorrise,dolcissimo.
Chiamò
la
reception e ordinò una colazione completa. Intanto ci
accomodammo sul letto
della sua stanza e iniziammo a chiacchierare. Gli dissi che non ero di
Roma.
“Eboli?
Che
nome strano..”
“Eh
si,è
conosciuto per un libro,’Cristo si è fermato ad
Eboli’ ”
“Oh,capisco”
e
fece una faccia buffa. Iniziai a ridere senza riuscire a fermarmi. Era
troppo
divertente.
“Perché
ridi?”
ma non riuscì a fermarmi per dargli una risposta. Continuava
a guardarmi sconcertato
fin quando non si alzò per aprire al cameriere che aveva
portato la colazione.
“Ora
spero che
smetterai per mangiare..” disse sorridendo e mi
offrì un cornetto con il miele
sopra.
“Si,certo..
ma
come..?” dissi meravigliata
“
Cosa?”
“Come
sai che mi
piace questo cornetto?”
“Bè..
io lo so
perché,bè ecco,ho chiesto cosa mangi a
colazione..” e arrossì.
“Dici
sul
serio?”
“Bè
ecco,volevo
solo che ci fossero tutte cose che ti piacciono,ecco”
“Wow..
cioè,grazie” e arrossì anche io. Era
dolce,troppo.
Intanto
continuammo a mangiare chiacchierando spensieratamente.
Londra,l’America,New
York..
“Posso
farti
una domanda?” chiesi timorosa.
“Certo”
disse
sorridendo
“Perché
sei
qui?” dissi velocemente.
“Lavoro,ho
un
provino in Italia per un film internazionale.”
“Wow..”
sussurrai senza rendermene conto.
“Eh
si,wow!”
disse.
“Scusami
è che
è strano. Cioè non voglio parlare con te di
lavoro non mi interessa,è solo che
non so veramente come fare. Cioè,se parlo della tua vita
privata puoi pensare
che io voglia sapere i fatti tuoi,se parlo di lavoro puoi pensare che
sia una
tua fan che vuole sapere su quale film dovrà sbavare
prossimamente al
cinema,parlare di me non mi sembra il caso,ti annoierei troppo..
bè ecco non so
veramente che dire. Poi so che non ti piacciono i silenzi,ecco
io..”
“Cavolo
Ada,fermati” mi disse prendendomi per le spalle.
“Calma
e
respira prima di tutto. Non preoccuparti.. però penso che tu
sia una stupida,io
voglio veramente sapere qualcosa di te.”
“Perché??”
“Bè
vedi,mi hai
incuriosita quel giorno in libreria. Mi hai ossessionata per tutto il
tempo. Ti
ho vista scappare e non sono abituato a questo. Eri strana,sei strana,
sei
semplice e sei bella. Non ho mai conosciuto una ragazza strana e bella
come
te.”
“Oh..
grazie. E
comunque sono veramente strana”
“Lo
so” disse
sorridendo. “Ora posso sapere qualcosa di te?”
“Ok,bè
allora..
ho 18anni,frequenterò l’ultimo anno di liceo e
bè ecco,non so che dirti..”
Rise a quella
mia affermazione,rise di gusto.
“Non
ti piace
per niente parlare di te.” Continuo ridendo.
“No,preferisco
essere scoperta.” Dissi tristemente. Lui non avrebbe potuto
mai scoprirmi come
avrei voluto. Smise di ridere e sorseggiando il caffè mi
guardava
curioso,cercando di analizzarmi.
“Mi
dai la
possibilità di conoscerti? Di scoprirti?” mi disse
serio
“Si,se
tu farai
lo stesso”
“Ok,chiedi
e ti
sarà data una risposta”
Pensai.
Pensai
a cosa potessi chiedere e mi venne in mente una cosa.
“Parli
italiano. Ma nelle interviste non lo fai mai. Sei stato in Italia,ma
hai
parlato inglese,perchè? Corso di lingua immediato?”
“No.
mia madre
lavora nel mondo della moda e parla molte lingue. Da piccolo mi ha
incuriosito
la lingua italiana e così ho deciso di studiarla. Durante le
interviste mi è
sempre stato chiesto di parlare solo l’inglese,mai
l’italiano.”
“Capisco..
ora
dai chiedi tu”
“Perché
non ti
piace parlare di te?”
“Non
lo so. Non
mi piace stare al centro dell’attenzione,far sapere a tutti
di me. I miei
sentimenti,le mie impressioni solo chi mi sa
“leggere” riesce a conoscerle,non
le saprai mai se pretendi che io te le dica”
“Ok..
strana,sei veramente strana” e rise. E io con lui. Quando
qualcuno mi diceva di
essere strana io mi arrabbiavo,con lui non ci riuscivo.
Bevevo il mio
caffè macchiato e ad un tratto si avvicinò a
me,lentamente,mi posò un dito sul
naso e se lo portò alla bocca. Ero sporca di schiuma e non
me ne ero accorta.
“Grazie..” sussurrai imbarazzata.
“Prego”
e
sorrise dolce. La colazione era finita. Avevamo mangiato di tutto. Ma
parlammo
di noi,raccontammo di noi,di ciò che eravamo,di
ciò che non volevamo essere e
ciò che credevano gli altri fossimo. Era spaventato dalle
fans,dal mondo che lo
circonda,aveva paura di non poter amare veramente,di soffrire.
Parlò della sua
famiglia,delle sue sorelle,di sua madre,suo padre. Disse che aveva
pochi
amici,non molti come dicevano tutti,ma gli bastavano. Parlammo di me e
scoprì
molto più osservandomi che ponendomi delle domande. Si
divertì a farmi
imbarazzare,era un ottimo osservatore.
“Sei
strana
Ada,però sei l’unica ad aver scoperto tutto di me
in una sola mattinata.. dico
sul serio” lo disse in modo solenne. Come se non volesse che
io pensassi che
stesse scherzando.
Sorrisi
dolcemente,non sapendo che dire. Un grazie sarebbe stato fuori luogo,ma
un
dolce sorriso avrebbe avuto lo stesso significato di mille parole. Ero
onorata.
Drin,drin,drin..
“il
tuo
telefono..”
“oh,si
grazie..”
“Pronto?”
“Ca**o,Ada
si
può sapere dove diamine sei?Sono le 12 passate,mi sveglio e
non ti trovo in
camera. Vado di corsa dalle altre ma nessuno sa niente. DOVE
SEI?” urla
Francesca dall’altra parte del telefono. Ma il biglietto?
“Franci
ti ho
lasciato un biglietto,non lo hai letto?”
“Oh,bè
ecco,l’ho appena visto a terra..”
“comunque
visto
che sai che sono sana e salva,ci vediamo dopo. Ciao” e
chiusi.
Robert mi
guardava con un sorrisino stampato sul volto. Aveva sentito tutta la
conversazione. Che imbarazzo.
“Bè,scusa,ma
la
mia amica è super imbranata quando si sveglia..”
spiegai.
“Non
preoccuparti..” poi si portò le dita della mano
tra i capelli ed a occhi bassi
mi chiese
“Stasera
hai
impegni?” stavolta non avrei detto NO,non a lui.
“Bè
no,che vuoi
fare?”
“Pensavo
di
andare da qualche parte,dove non c’è troppa
gente,ovviamente.”
“Ok,allora
faccio tutto io.. tu devi solo essere pronto per le 9,ok?”
“Sicura
Ada?”
“Rob,non
dare
fastidio! Ti ho detto per le 9 pronto,non accetto
storie,chiaro?” dissi seria.
Lo avrei fatto uscire per Roma senza che nessuno se ne accorgesse.
Impresa
impossibile,ma ce l’avrei fatta,glielo dovevo.
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Capitolo 5 *** Solo noi e le nostre vite ***
Wildcat:
Bè
cara,vedrai subito dove lo porterà Ada.. spero ti
piacerà la sorpresa..
Lorena:
Grazie
mille x i complimenti! Ecco a te il nuovo capitolo,spero ti
piacerà e ti
coinvolgerà di più..cercherò di
postare più spesso,i capitoli sono già pronti!
Saretta:
Bè
grazie mille per seguire la mia ff e mi fa piacere che ti piaccia,spero
che
apprezzerai anche questo nuovo capitolo!
Un grazie
immenso anche per coloro che hanno inserito la ff tra le preferite e le
seguite. Un bacione e al prossimo capitolo!
Capitolo 5
“Paolo,tesoro,ciao”
“Ciao
piccola,dimmi tutto. Successo qualcosa?”
“Oh
no
no,assolutamente. Però ho bisogno del tuo aiuto. Devo
entrare nel Roseto e nel
Giardino degli aranci” gli dissi tutto d’un
fiato,sicura che capisse. Ma mi
sbagliavo.
“Piccola,è
sempre aperto,lo sai..” come volevasi dimostrare,non aveva
capito nulla
“No,non hai capito. Devo entrarci di sera,quando è
chiuso” gli dissi convinta.
“Che
cosa? Ma
sei impazzita?! Sei maggiorenne,puoi rischiare l’arresto! Non
hai mai fatto
bravate e ora che sei maggiorenne vuoi essere arrestata?”
Ecco. Quando non
doveva era il solito “io sono una persona per bene”
ma oggi doveva aiutarmi,che
volesse o no.
“Paolo,ascoltami.
Tua mamma ha una copia di quelle chiavi,ti prego! Solo per una sera.
Sarò tua
schiava a vita,ma devi aiutarmi. Devo entrare in quei due giardini. Ti
prego,ti
scongiuro,aiutami..” iniziai a piagnucolare. Mi serviva il
suo aiuto e
scongiurarlo e dichiararmi schiava a vita poteva essere molto utile.
“Quando?”
Evviva!
“Stasera”
“Stasera,stasera,stasera..
tu sei pazza.. ma ti aiuterò! Non farmene
pentire!” Ok,ora avevo perso quei
pochi neuroni che avevo.
“Grazie,grazie
grazie”
Erano le 7e30
e
stavamo tornando tutte insieme all’albergo. Le ragazze non
sapevano nulla della
colazione e tanto meno di Robert,Francesca aveva trovato una scusa per
giustificare la mia essenza quella mattina.
“Stasera
non
starai con Paolo,vero?” Francesca mi pose questa domanda
appena entrate in
camera.
“A dire il vero no. ho deciso di portare Rob in un posto qui
a Roma. Paolo mi
aiuta.” Mi sorrise e si incamminò verso il bagno.
“Ti
raccomando,protezione” la guardai e abbassai subito lo
sguardo arrossendo.
“Non
ho
intenzione neanche di baciarlo se è quello che
pensi” le dissi convinta.
“Si
si certo. E
io dovrei crederti. Ieri hai respinto Paolo per lui e dovrei crederti..
certo!”
disse con faccia maliziosa.
“Si,è
vero.
Però non voglio ricordarlo come colui che mi ha portato a
letto. Stamattina
quando l’ho conosciuto,quando ho capito un po’ di
lui,mi sono resa conto che è
speciale. Unico. Che vorrei veramente farmi conoscere,come mi conosci
tu.
Vorrei che lui solo guadandomi capisca cosa c’è
che non va.”
“Ma
sai che non
può succedere..” disse triste.
“Si,ma
voglio
sperare.. almeno per stasera.”
“Ada,ti
ho
visto soffrire tante volte e tante volte ti sono stata accanto. Ma
ora,con
lui,è diverso. Non farti del male da sola. Ti voglio bene e
non voglio vederti
soffrire. Fatti conoscere,apriti con lui,se vuoi essere conosciuta.
Sappi che
non lo vedrai ancora per molto. E questa è la
verità” mi abbracciò. Mi voleva
bene,veramente
come se fossi una sorella. E forse aveva ragione. Non c’era
tempo per farmi
conoscere da lui,dovevo aprirmi e fargli scoprire ciò che
sono.
“Cosa
fate
invece voi stasera?” dissi per cambiare argomento. Volevo
godermi la serata e
non mi andava di rattristarmi ancora prima che iniziasse.
“Non
so,credo
che andremo a ballare.”
“Di
nuovo?”
dissi sorpresa.
“Certo,noi
non
ci fermiamo mai..” e risi di gusto. “Ora mi faccio
una doccia io,dopo vai te.
Le ragazze e io usciamo alle 8e30,non vi vedremo,tranquilla.”
“Grazie
Fra”
“Di
niente,puffa palindroma.” E ridendo si chiuse in bagno
lasciandomi davanti la
porta con una smorfia di disapprovazione.
Erano le
8e56.
avevo appena finito di allacciare le converse. Ero pronta. Jeans
stretti scuri
e top viola,con una magliettina corta da sotto il seno nera e converse
ugualmente viola abbinati alla borsa. Ero pronta. Carina ma semplice e
rigorosamente senza tacchi. Non si può mai sapere,avrei
potuto avere la
necessità di correre e poi volevo essere me stessa e
l’abbigliamento semplice
ma carino in quel momento mi rappresentava meglio.
Mi avvia
verso
la camera 215 con il cuore a mille e le gambe molli,ma dovevo farmi
coraggio.
Avrei cercato di rendere quella serata perfetta. L’aiuto di
Paolo era stato
indispensabile. Bussai con due colpi alla porta e immediatamente mi
ritrovai
davanti quel magnifico ragazzo,che semplicemente sorrideva con gli
occhi.
“Ciao” disse semplicemente.
“Ciao,sei
pronto?”
“Si
certo.” Lo
vidi soffermarsi sul mio abbigliamento e sorridere.
“Che
c’è?”
dissi curiosa. Quel sorriso mi preoccupava un po’.
“A
dire il
vero,pensavo a quanto fossi magnifica e bassa.” E sorrise.
“Oh..
questa è
la mia altezza,se non va bene,non so che dirti,altrimenti fattene una
ragione”
dissi stizzita. Ma vedi un po’ questo qua. Nonostante lo
porto in giro e
rischio con lui l’arresto,dopo aver dovuto pregare in mille
lingue Paolo per
più di un favore lui mi diceva “..pensavo a quanto
sei bassa”! nessuno doveva
permettersi di parlare male della mia altezza. Per me erano tutti
troppo
alti,io ero quella normale. Ad un certo punto fece un gesto
inaspettato. Sarà
stato il mo sguardo triste,il mio muso che mi dava un non so che di
tenero,ma
mi abbracciò e mi sussurrò “Scusa,non
volevo offenderti.”
“Non
importa..”
sussurrai e mi avviai verso le scale di emergenza.
“L’ascensore
è
lì” mi prese per un braccio cercando di portarmi
lì vicino,ma la mia
occhiataccia lo fermò.
“Qui
porto io
te e non tu me,primo. Secondo se usciamo dalla porta principale ci
vedranno,così no.”
“Così
come?” mi
chiese sorpreso.
“Dalle
scale di
emergenza. Andiamo. Il ragazzo della hall mi ha fatto un favore e ha
lasciato
la porta d’emergenza aperta. Quando usciremo dovremmo
chiuderla noi.” gli dissi
convinta.
“Sei
diabolica!”
“No
semplicemente intelligente..” e sorrisi
“Bè,non
avevo
dubbi” e ricambiò il sorriso
“unico
a
pensarlo..” dissi a me stessa,ma lui mi sentì.
“Perché?”
“Cosa?”
cercai
di fare finta di niente. “Perché sono
l’unico a pensarlo” disse cercando di
capire. Ma non volevo rispondere.
“Ma
no,niente,parlavo
tra me” per fortuna dopo questo lui fece cadere lì
il discorso.
Come avevo
detto a Rob la porta la trovammo aperta e usciti la chiudemmo come mi
era stato
chiesto. Lo sentì però sussurrare
“diabolica” e scoppiai a ridere coinvolgendo
anche lui. Trovai per fortuna la macchina di Paolo davanti
l’ingresso.
Perfetto. Mancava solo un particolare.
“Rob,te
guidi,vero??”
“Certo”
“Allora
tieni,devi guidare.” Mi guardò stranito. Mi chiese
dove avessi preso la
macchina e dopo
essersi tranquillizzato
sapendo che l’auto era di un mio amico salimmo e accese il
motore. Lo feci
guidare,cercando di ricordare bene le strade che Paolo mi aveva
mostrato quel
giorno circa cinque o sei volte,ogni volta mi confondevo o
semplicemente
dimenticavo la via giusta. Il viaggio fu pieno di chiacchiere che si
accavallavano. Passavamo da Rob che mi chiedeva dove stessimo andando a
me che
lo supplicavo di non confondermi per evitare di sbagliare via. Sarebbe
stato
impossibile ritornare al punto di partenza. Arrivati davanti al
Giardino degli
Aranci ci guardammo intorno,e per mia immensa gioia non trovammo
nessuno. Le
strade erano deserte. Perfetto.
“Scendiamo?!”
mi chiese Rob titubante.
“Si!”
dissi
sicura di me.
Presi le
chiavi
dalla borsa,e sotto lo sguardo sconvolto di Rob aprì le
porte del giardino. Era
bellissimo. Gli alberi di arancio erano fantastici,profumati,davano
calore alla
serata fresca di fine estate. Camminavamo fianco a fianco. In religioso
silenzio. Rob ammirava quel paradiso,io lo immaginavo perdersi nel
Roseto. Senza
nulla togliere al Giardino degli Aranci,ma il Roseto era divino. Una
semplice
opera d’arte disegnata dalla natura.
Rob mi
guardò e
sorridendomi mi fece perdere il quel meraviglioso mondo tutto suo. Lo
portai
vicino ad un albero immenso,al centro del parco e ci sedemmo ai suoi
piedi.
“Sai,mi
sembra
di essere in un sogno..” dissi ad ogni chiusi per paura di
svegliarmi.
“E’
tutta opera
tua,io dovrei avere paura di svegliarmi. E non voglio” disse
triste. Non volevo
si intristisse,volevo fosse felice,almeno quella sera con me.
“Non
ti
sveglierai,non questa sera. Sei con me,facciamo si che il nostro sogno
continui,almeno per stasera..”
Distesa sul
prato umido mi persi nei miei pensieri. Ero lì,con lui,Rob,e
mi sentivo
bene,felice,completa. Lo guardai di sottecchi e lo vidi sereno,ad occhi
chiusi,con un piccolo sorriso pieno di parole. Lo sentivo respirare a
pieni
polmoni e deliziarsi di quell’odore di aranci che profumava
l’aria. In una
città come Roma era impossibile respirare aria profumata di
natura. Perciò,per
me, quei luoghi erano magici. Ti sentivi fuori dal mondo,dalla
città,dal caos.
Ti sentivi libero,leggero. Sentivi la natura che ti accarezzava la
pelle,le
guancie. Sentivi il sapore sulla lingua e ti sentivi felice. Ecco
perché lo
avevo portato lì,volevo aiutarlo,aiutarlo a respirare,a
sentirsi libero,a
vivere. E sorrisi anch’io,felice di aver fatto qualcosa per
lui,felice di
averlo reso tale. Voltai il mio sguardo verso di lui e lo vidi
osservarmi,ancora sorridente,e mi sentì in paradiso. Cosa
avrei dato per vedere
quel sorriso ogni giorno,per l’intera vita. Ma quella sera
doveva bastarmi,sarebbe
bastata a me e sarebbe bastata anche al mio cuore.
“E’
bellissimo
qui.. grazie”
“Adoro
questo
posto. Mi sento libera,fuori dal mondo,senza pensieri. Ogni volta che
sono a
Roma vengo qui,da sola,per respirare questa aria. Questa settimana
però non ne
ho avuto la possibilità. Le ragazze non mi lasciavano mai
libera. Quella
mattina,per andare in libreria,sono dovuta scappare..” dissi
imbarazzata. Al
ricordo di quella figuraccia mi sentì le guancie infuocate.
“Per
fortuna
sei scappata..” disse sussurrando. Lo sentì,ma
volli far finta di niente. Era
meglio per me,per lui,per tutti. Se avessi fatto finta di niente,non
avrei
sofferto più di tanto. Almeno così pensavo.
Mi stesi di
nuovo con gli occhi rivolti al cielo. Mai avevo visto un cielo
così
stellato,mai avevo sentito la brezza leggera sulla pelle
così dolce,leggera,mai
ero stata così bene. Anche sapendo che dopo sarei stata
male,male per quel
piccolo attimo di felicità. Sentì il suo sguardo
su di me,ma feci finta di
niente. Chiusi gli occhi,respirai e mi alzai. Presi la sua mano e
silenziosamente lo condussi fuori da quel paradiso.
Lo avrei
portato al Roseto. L’incantevole contrasto tra quel forte
profumo di aranci e
quella dolce fragranza di rose era ciò che preferivo di quei
luoghi. Perciò
ogni volta visitavo entrambi. Appena ci soffermammo davanti il cancello
per
prendere le chiavi notai la faccia sorpresa di Rob.
“Altro
giardino,diverso dal precedente. Senti il profumo,senti la sua
dolcezza,la sua
freschezza?”
Lo vidi
chiudere gli occhi,inspirare e parlare con ancora gli occhi socchiusi.
“Rose,tante
rose. Giusto?” e alzò un sopracciglio.
“Si”
risposi
solamente. “Per favore tieni gli occhi chiusi”
Aprì
il
cancello,lo presi per mano e lo condussi al centro di un arco. Era un
arco di
rose,tutte colorate,perfette,fresche,dolci. Lo vidi sorridere e
sentì
stringermi la mano. Mi sentì in paradiso,ma pronta
all’inferno. Perché il
paradiso non era per me,non era per noi comuni mortali esiliati sulla
terra.
“Apri
gli
occhi,Rob.”
Lo vidi
aprire
gli occhi,lo vidi sgranarli,lo vidi soffermarsi su ogni piccola parte
di quel
luogo,lo vidi sorridere,poi ridere,vidi i suoi occhi pieni di
emozioni,nuove,mai
provate o forse semplicemente emozioni dimenticate o ancora
accantonate. Lo
vidi sorridermi,dirmi grazie e poi avvicinarsi a me. Lasciare un
piccolo,tenero
bacio vicino la bocca. Restai impietrita,sommersa dalla paura.
Controllai
quell’emozioni e gli sorrisi.
“Vedi,questo
è
un giardino particolare. Per me ovviamente. Da piccola mi
portò qui mio nonno.
Lo adorava. Ricordo che per motivi di lavoro era sempre qui e ogni
volta
portava una rosa diversa a mia nonna. Un fine settimana partimmo con
lui per
una conferenza. Mi portò con lui,voleva condividere il suo
segreto con me.
Raccogliemmo una rosa e la portammo alla nonna,come sempre. Mentre
sceglievamo
quale raccogliere mi raccontò una storia. La storia di una
farfalla e del
principe delle fate. Lui vive qui,il suo regno è questo. Un
giorno incontrò un
bruco,questo era triste,piangeva e il principe vedendolo
così gli si avvicinò e
gli chiese cosa avesse.
“Non
so
trasformarmi in farfalla.. voglio avere le ali,volare come gli altri
bruchi,ma
non so farlo..” e continuò a piangere. Si
disperava. Il principe non sapeva
cosa fare. Non poteva usare la sua magia per aiutarlo,avrebbe fatto
arrabbiare
il re,e non voleva disubbidire. Triste si allontanò e
lasciò il bruco nella più
completa disperazione. Quella notte non dormì. Il bruco era
nei suoi pensieri.
La sua disperazione,la sua paura di non poter volare, lo aveva toccato
nell’animo. Voleva aiutarlo,ma non sapeva come. La notte
trascorse e il mattino
successivo svolse il suo lavoro. Controllò che tutte le rose
fossero
sbocciate,fossero perfette,profumate. Però,senza
accorgersene,oppure perché il
suo istinto lo portò lì,sentì di nuovo
il bruco piangere,ancora disperato. Si
avvicinò a lui e lì capì come aiutarlo.
“Bruco,amico
mio. ascoltami. Tu volerai,ma solo se lo vorrai. Dovrai
impegnarti,crescere,affrontare le difficoltà,combattere e
non piangere mai,ma
sorridere sempre. Perché sorridere aiuta a non essere tristi
e ad affrontare la
vita come viene. Tu volerai,sarai una farfalla bella,splendente e tutti
ti
ammireranno. Non perché sai volare,ma perché
sorridi,perché voli sorridendo.
Impegnati e vedrai che ce la farai.”
Il bruco lo
guardò,smise di piangere e per la prima volta sorrise.
Da quel
giorno
si impegnò,maturò e sorrise,sorrise tutto il
tempo. Anche quando non riusciva a
volare come le altre farfalle e cadeva,cadeva sui petali di rose.
Imparò a
volare come le altre,ma splendette più di
loro,perché sorrideva.”
Ci eravamo
seduti su una panchina,non mi ero resa conto che come il bruco
piangevo,ma al
contempo sorridevo. Al ricordo del mio adorato nonno,al ricordo di
quella
giornata e delle volte che quel posto mi aveva visto piangere per
lui,per la
sua lontananza. Era andato via,ma mi aveva detto di sorridere,sempre.
Robert mi
guardava,sorpreso,aveva capito.
“Tuo
nonno,è
andato via?”
“Si”
sussurrai.
“Mi
dispiace.
Vorrei dirti che ti capisco,ma mentirei. Non so cosa significa perdere
qualcuno,so solo che sto male se ti vedo piangere,sto bene se ti vedo
sorridere. E stasera con te voglio stare bene,quindi non
piangere,sorridi,fai
come la farfalla. Cresci,matura e sorridi,sempre. Anche quando
soffri,anche
quando il mondo ti prende a calci,anche quando vorresti solo piangere.
Sorridi
Ada,perché se lo fai tu,lo faccio anche io. Anche lontano da
te lo farò. Sarai
sempre colei che mi ha fatto sorridere quando non riuscivo
più a farlo
veramente.” Lo abbracciai teneramente. Volevo stare stretta a
lui,solo per
quella sera.
Parlammo,parlammo
per tanto tempo. Lui mi disse tutto di lui. Raccontò di
sé,di ogni piccolo
dettaglio dimenticato a colazione. Ora conoscevo ogni particolare di
Robert e
della sua vita. Io mi aprì,dissi tutto di me. Gli raccontai
della mia infanzia
difficile,della separazione da mio nonno,di ciò che avevo
vissuto e visto alla
tenera età di 10anni. Come io sapevo tutto di lui,ora lui
sapeva tutto di me.
“Mi
hai
raccontato la tua vita privata in ogni particolare,perché?
Sono un estraneo”
“Non
lo so. Ho
iniziato a parlare e non mi sono più fermata. Non sei un
estraneo Rob,sai tutto
di me,ricordi? Tu mi hai fatto sorridere,mi hai reso felice. Ecco
perché. Io da
tempo non sorridevo veramente.” Dissi piano.
“Come
me..”
sussurrò subito dopo. Appoggiai la testa sulla sua spalla e
mi beai,ad occhi
chiusi, di quel profumo.
Erano le 3e30
quando rientrammo in albergo. Quando mi resi finalmente conto che era
finita,
mi sentì male. Lo stomaco si strinse e il respiro mi si
mozzò in gola. Mi
tremavano le mani e gli occhi mi pizzicavano. Mi feci forza e davanti
la sua
stanza mi preparai al saluto.
“Grazie,veramente”
disse serio.
“Prego,lo
sai,l’ho fatto con immenso piacere” risposi con
voce mal ferma. Lo vidi farsi
pensieroso,poggiarmi il palmo della mano sulla guancia e avvicinarsi
lentamente
a me. Tutto scomparve. C’erano solo lui,i suoi occhi e le sue
labbra. Era una
tentazione. Il mio autocontrollo scomparve,avrei sofferto,non
importava. La
distanza diventava man mano più breve,ancora nulla intorno a
me. Solo lui.
Pochi centimetri e le nostre labbra si sarebbe sfiorate,ancora nulla.
Sempre e
solo lui. Poi quel tocco,leggero,mi fece sussultare. Tutto prese il
proprio
posto. La paura tornò,il dolore ricomparve,i contorni,il
colore delle
pareti,tutto.
“No,Rob..
io..
Notte” e scappai. Scappai piangendo. La stanza sembrava
lontana,ma la
raggiunsi. Non ricordo più nulla,solo il letto e un cuscino
bagnato dalle
lacrime.
|
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Capitolo 6 *** Due cuori a pezzi ***
Recensioni:
Sognatricecoipiediperterra:
tesoro si,l’ho continuata e ci sn altri capitolo che
aspettano di essere
pubblicati.. mi dispiace non poter pubblicare spesso però,il
tempo mi manca! Cmq
grazie,se vuoi altri capitoli significa che ti piacee e questo mi fa
tnt
piacere =)
Saretta_trilly_.
Sei la prima ke mi dice k Ada ha fatto bene a scappare. Lei odia
perdere,anche
quello che non è ancora suo. Lo scoprirai pian piano nella
storia! È forte,molto,ma
ha dei punti deboli che la fanno crollare. =)
Lazzari: ecco
a
te il nuovo capitolo. Te come Saretta hai capito cosa prova Ada..
bè l’osservazione
che ho fatto con lei vale anche per la tua recensione. Odia perdere
anche ciò
che ancora non ha! =)
Per la storia
del bruco mi fa piacere che sia piaciuta a tutte! Sono felicissima di
tutte le
vostre recensioni! Vi prometto che tra domani e dopo dmn
pubblicherò ancora!
Capitolo 5
Sentì
due
braccia cingermi la vita da dietro e un respiro sul collo. Ero
abbracciata a
due persone. Aprì lentamente gli occhi e mi trovai faccia a
faccia con
Francesca. Dormiva serena,con la bocca socchiusa,le gote arrossate e le
braccia
supine. Era appoggiata a me e il suo respiro mi solleticava il collo.
Le
braccia che mi cingevano la vita erano quelle di Lucia. Il suo respiro
era
lento,dormiva anche lei. Non mi mossi per non svegliarle ma cercai di
capire
perché fossero entrambe nel mio letto. Guardai la
sveglia,segnava le 8e13. Era
presto. Mi sentì gli occhi pizzicare quando mi accorsi del
cuscino bagnato.
Ricordavo anche perché avevo pianto,ma non ricordavo niente
di cosa fosse successo
dopo essere entrata nella stanza. Sentì Francesca sospirare
e alzando lo
sguardo scontrai i miei occhi con i suoi. Sospirò di nuovo e
mi accarezzò una
guancia.
“Mi
dispiace..”
nessuna domanda. Da i suoi occhi nessun cenno di curiosità.
Era lì,per me,per starmi
vicina. Le lacrime scorrevano senza violenza,con rassegnazione lungo le
mie
guancie. Sorrisi dolcemente,senza sentimento. Mi alzai e mi avviai
verso il
bagno per una doccia.
“Fra”
dissi
sussurrando “vado da Monica,mi aspetta. Ci vediamo alle 3 in
centro..” continuai
guardando a terra. Mi sentivo un insetto,così piccolo da
poter essere ucciso
con un solo sguardo. Avevo appuntamento con Monica,non ci eravamo mai
viste,e
non volevo rinunciare a incontrarla.
Uscì
udendo la
risposta affermativa di Francesca evitando di alzare il volto.
L’ascensore era
silenziosa,i miei pensieri non mi permettevano di udire nulla,erano
chiassosi.
Le immagini era migliaia e sempre più nitide,come se il loro
scopo fosse
continuare a gettare sale sulla ferita aperta. Guardai
l’ora,erano le 11e45.
velocemente presi la metro,avrei fatto di sicuro tardi. Monica mi
aspettava
fuori dalla stazione,non voleva che mi avventurassi sola per
Roma,così era
venuta a prendermi lì.
“Amoreeeee”
sentì urlare e davanti a me trovai la ragazza più
pazza di Roma. Le saltai
addosso e le baciai le guancie. Era così bello poterla
abbracciare.
“Ciao,come
stai
Mò?” le dissi sorridendo.
“Bene
bene,come
sempre. Te invece,c’hai na faccia malaticcia” e mi
scrutò.
Le occhiaie
non
mi avevano abbandonata. Avevo usato un bel po’ di
correttore,senza risultati
soddisfacenti.
“Sto
bene,tranquilla. Ho fatto tardi ieri sera e ho dormito poco.”
Provai a
sorridere.
“Ok
allora
andiamo.. dove mangiamo? Sai non so riuscita a fa colazione e
così devo magnà
qualcosa.. che dici di un Mc Donald’s? Ne ho tanta
voglia..” Monica era
così,felice e sorridente anche davanti ai problemi,e lei ne
aveva abbastanza.
Adoravo chattare con lei e prenderla in giro,ma quel giorno sembrava
che nulla
mi interessasse,nulla riuscisse ad attirare la mia attenzione. Neanche
il
panino ricco di grassi del Mc Donald’s riuscì a
distrarmi.
“Ada,ma
che
c’hai? Ti conosco bene e so perfettamente che ora non sei
te”
Mi sentivo
male
in quel momento. La stavo facendo sentire a disagio e stavo rendendo
triste
anche la sua giornata. Mi guardava come se fossi veramente un'altra
persona,io
mi sentivo in quel momento un'altra. Neanche davanti alle
difficoltà ed hai
momenti più tristi ero così. C’era
sempre qualcosa che riusciva a distrarmi o
che mi facesse sorridere anche per un solo attimo. Monica era una di
quelle
persone che ogni volta mi portava il sorriso. Bastava prendere il
telefono di
casa e chiamarla. Il suo accento romano,le sue battute poco eleganti,il
suo
modo di raccontare le cose più disastrose rendendole buffe e
divertenti, mi
facevano dimenticare la causa della mia tristezza o del mio dolore e
farmi
ridere come mai avevo fatto. Quel giorno però non ci
riusciva. Durante la
passeggiata che ci aveva portate al Mc Donald’s aveva detto
le cose più insensate
e pazze che avessi mai sentito. Aveva raccontato un sacco di aneddoti
sulle
serate trascorse a casa di amici,ma queste bastarono solo a farmi
sforzare per
un sorriso forzato. Mi sentivo cattiva.
“No,veramente
tesoro. Tranquilla. Comunque mi stavi raccontando di ieri sera..Che hai
fatto a
casa sua?!Confessa!”
Stavo
cercando
di tirarmi su,di non rovinare anche a lei quella giornata. Mi sentivo
di
tradirla non dicendole nulla di lui,infondo era anche lei una sua
fan,ma non
era il caso. Avrei tradito lui dicendo a qualcun’altro che
lui era lì a Roma.
Stavo male per lui,ma ne ero pazzamente cotta e non avrei mai fatto
qualcosa
che lo avrebbe messo nei guai. Monica forse non avrebbe fatto nulla,non
lo
avrebbe cercato,ma non potevo rischiare. Glielo dovevo. Mi aveva dato
tanto,anche se aveva rubato il mio cuore,ma non potevo. Continuammo a
chiacchierare e mangiare fin quando non ci separammo. Raggiunsi le
ragazze in
centro e iniziò la caccia ai vestiti. Anche in quel
momento,davanti all’ilarità
delle ragazze,riuscì a distrarmi e a divertirmi.
Un negozietto
piccolino ma molto cario attirò la nostra attenzione.
Vendeva soggettisti
orientale e quant’altro. Adoravo questo genere di cose. Mi
catapulta lì dentro
e iniziai a prendere tutto ciò che potesse andare bene nella
mia cameretta. Non
avevo notato però che Maria era uscita fuori dal negozio per
parlare al
telefono. Mi voltai verso l’ingresso e la vidi immobilizzarsi
e voltarsi di
scatto. Cattive notizie. I occhi erano pieni di lacrime e il suo
sguardo pieno
di dolore. Il mio cuore si fermò. Non poteva essere. Doveva
andare tutto bene.
Era immobile,pietrificata dal terrore. Cosa poteva mai essere successo?
Vidi
Francesca correre ad abbracciare sua sorella e chiederle cosa fosse
successo.
Mi accorsi in fine di essermi avvicinata con le altre e quando
sentì il debole
sussurrò pronunciato da Maria tornai al mondo reale. I miei
problemi dovevano
scomparire,da quel momento. Federico aveva avuto un incidente. Era
ricoverato
al San Leonardo di Salerno in condizioni gravi. Solo questo sapevamo.
Solo
questo bastò per farci scappare da Roma,per farmi scappare
dalla causa del mio
dolore. Lui ora doveva uscire dai miei pensieri. Non c’era
spazio per
lui,doveva bastargli aver occupato tutto il mio cuore.
Le valigie
sembravano non essere più capienti,la nostra ansia sembrava
aumentare ad ogni
minuti che passava e i nostri cellulari, che non smettevano di
squillare,
sembravano chiedere una pace che non avrebbero mai trovato. Avevamo
poco più di
mezz’ora per raggiungere la stazione,ritirare i biglietti e
prendere il treno.
La corsa fu stressante e senza fine. Sembrava non corressimo
abbastanza.
Robert
Sembravo uno
squilibrato. Sdraiato sul letto con le gambe e le braccia aperte
cercando di
respirare senza affannarmi. Le finestre aperte,il sole caldo,le
lenzuola
stropicciate a causa della notte insonne e il soffitto bianco mi
distraevano
dai miei pensieri. Pensieri ingarbugliati,piedi di domande senza
risposte e di
azioni senza senso. Non riuscivo a pentirmene. Non riuscivo a trovare
una
motivazione per quell’azione insensata. Volevo farlo,lo avrei
rifatto se fossi
potuto tornare indietro,ma lei mi aveva respinto e lo avrebbe fatto di
nuovo,ne
ero sicuro. Ma nno sapevo darmi una spiegazione. Non sapevo
perché ero
desideroso di sfiorarle le labbra,di sentirla accarezzarmi. Il suono
del mio
telefono mi fece alzare e mi condusse verso i pantaloni poggiati sulla
poltrona. Era il mio manager.
“Pronto?”
“Rob,preparati
passo a prenderti fra un ora. Passeremo per la porta secondaria,quella
di
emergenza. Quindi tranquillo,niente pericoli.
A dopo.”
“Ok..”
sussurrai al ricordo di quando ero uscito da quella porta. Sembrava
essere
passato tanto tempo.
Feci una
doccia
e velocemente mi vestì. Prima di andare dovevo fare
un’altra cosa. Mi affacciai
alla porta e controllai che sul piano non ci fosse nessuno. Velocemente
mi
avvicinai e mi fermai davanti alla porta. Numero 208. quel numero mi
metteva
paura.
Bussai. Una
volta. Nessuna risposta.
Bussai una
seconda volta. Nessuna risposta.
Bussai
incessantemente.
Doveva sentirmi,ma niente. Per la terza volta il silenzio il silenzio
inondò la
mia mente,per la prima volta il nulla inondò il mio cuore.
|
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Capitolo 7 *** Decisioni ***
Recensioni.
Saretta:
tranquilla
tranquilla,ti dico solo leggi e vedrai!
Lazzari:
grazie
mille per i mille complimenti che mi fai!sono felice che ti sia
piaciuto il
capitolo!
Ilary: grazie
mille
Ilary,sono felice che ti piaccia!
Sognatriceconipiediperterra:
tesoro grazie per i complimenti!questo è un capitolo
abbastanza breve però che
chiarisce un po’ di cose!
Un bacio a
tutte!
Capitolo 7
Settembre
trascorse portando con se le lacrime per la scomparsa di Federico. Il
vento
freddo dei primi di ottobre mi scompiglio i capelli,riordinando i miei
pensieri. Non mi ero accorta che Francesca mi stesse strattonando un
braccio.
“Il
treno”
disse decisa con sguardo grave. Sapevo cosa pensava di tutta questa
situazione.
Era l’unica a sapere che stavo così non solo per
la perdita di un mio caro
amico. Il mio comportamento la irritava,ma sapevo che non mi avrebbe
mai
rimproverata,sapeva bene ciò che provavo. La mancata voglia
di divertirmi,la
totale assenza per minuti interi,nei quali ero certa,non mi sarei
neanche
accorta se il mondo stesse crollando, erano diventati tratti del mio
essere.
Per me ora era tutto automatico. Studiare,uscire,svegliarmi la
mattina,parlare.
La perdita di un amico mi aveva segnata,la mancata voglia di amare
qualcuno,
che non fosse lui, mi aveva cambiata. Ero quel genere di ragazza che
dimostrava
i propri sentimenti,soprattutto con le azioni,ma in quel momento,la
forza,il
desiderio di manifestarli non c’erano. Spostai lo sguardo dal
finestrino del
treno sul volto di Francesca. Non ero l’unica a soffrire. In
quel mese anche
lei aveva sofferto e io non me ne ero curata minimamente. Lei mi
guardava di
sottecchi. Cercava continuamente di non perdermi di vista,sapeva che
quella che
stava male di più tra tutti ero io. Avevo un motivo in
più di loro,ma nessuno
oltre a lei capiva perché facessi così. Il suo
sguardo si fermò sul mio volto.
“Parla,sfogati,urla,spacca
tutto,ma reagisci” disse decisa,per poi supplicarmi
“Per favore”.
Sentì
i miei
occhi pizzicarmi,le guancie bagnarsi lentamente e una serie di
singhiozzi che
mi scuotevano il corpo.
“mi
dispiace”
riuscì a sussurrare.
“Non
è colpa
tua,Ada. Ti sei innamorata. Però ascoltami. Ciò
che hai fatto,secondo te,è
giusto? Non ci hai provato,non gli hai dato una possibilità.
Non volevi soffrire
se fosse finita male,ma ora stai bene? Ti rispondo io,no. Ha provato a
chiamarti per due settimane intere,ogni sera,e tu ogni sera prendevi il
cellulare e lo gettavi sul letto. Ti ha inviato un sms per scusarsi e
per
cercare di risolvere questa situazione e tu non hai risposto. Ma ogni
volta
piangevi.”
Mentre
parlava
avevo poggiato il viso tra le mie gambe,per non guardare la sua
espressione
dura. Già la sua voce mi faceva star male. Una mano mi
alzò il viso e mi trovai
a pochi centimetri dal suo volto.
“Ora
dimmi, è
meglio il dolore del rimpianto o quello della perdita?” non
capivo dove volesse
arrivare,ero annebbiata. Ma risposi comunque. Ero certa di
ciò che dicevo.
“Il
dolore
della perdita,almeno hai prova-.. provato” capì
all’improvviso,capendo cosa
volesse farmi capire. “Ma non è lo stesso per me.
Io.. io non posso..”
“Dimmi
ora
perché non puoi” disse con determinazione.
“Non
posso
perché soffrirò di più.. oramai quel
che è fatto è fatto.”
“No,tu
non
capisci.”
Rimasi
interdetta. Cosa non capivo? Io cosa non capivo? Perché lei
capiva? No,lei non
capiva niente. I miei occhi arrossati si rispecchiarono in due occhi
piedi di
comprensione e dolore. Ad un tratto divenne indifferente,poi
iniziò a parlare
di nuovo.
“Tu
lo vuoi,con
te,in ogni momento,ogni secondo. Se lui fosse stato con te quando il
dolore per
la perdita ti travolgeva ora non eri così spenta. Ora se lui
ti avesse
lasciato,avresti sofferto,ma avresti con te,nella tua mente,momenti da
sogno.
Perché il tuo sogno è lui. Ogni volta che ci
pensi,sai benissimo che in un
cantuccio,nascosto,sai che saresti stata meglio,almeno meglio di ora.
Cosa ti
resta ora? Nulla. Solo il ricordo di un bacio rubato e una fuga piena
di
lacrime. Perché tu hai paura di soffrire,ma non ti rendi
conto che così soffri
ancora di più. Provaci,di nuovo,ora che sei in tempo,non ti
costa nulla. Devi
solo prendere il telefono,digitare dei tasti e inviare un sms,il resto
verrà da
se. Pensi che io non sappia quante volte lo hai fatto? Migliaia. Non
negarlo.
Non puoi farlo, almeno con me. Ma il coraggio ti è mancato e
la paura ha preso
possesso. Fallo,fallo perché domani starai peggio di ora,lo
sai bene.”
Quante
verità
in quelle parole. Un significato che io conoscevo. Sapevo di
sbagliare,sapevo,ma non volevo accettarlo. Non avevo la forza di
accettarlo. Ogni
qual volta il telefono suonava e il suo nome appariva sul display,la
mia
coscienza mi diceva di rispondere,che era giusto così,ma la
mia mente,in
disaccordo con essa, me lo vietava. Il cuore si stringeva tanto da
farmi male e
il ricordo del suo sguardo deluso mi riaffiorava nella mente. Ma ogni
sera,come
se fosse una droga per me,dovevo guardare quel display e osservare quel
nome.
Perché per me era tutto.
Sul home di
twilightitalia non mi soffermavo più sugli articoli che
parlavano di lui. Mi
limitavo a far scorrere la pagina senza prestargli attenzione. Non mi
interessava più Robert Pattinson,non mi preoccupavo
più di cosa facesse
Robert,l’attore. A me interessava Rob,solo di lui. Quello che
era scritto negli
articoli,non mi sfiorava minimamente. Erano bugie. Lo sapevo bene,me lo
aveva
detto lui. Di una cosa non avevo mai dubitato:la sua
sincerità. Non aveva
motivo di dirmi bugie,lo sapevo bene.
Francesca mi
fissava analizzando ogni minima smorfia disegnata sul mio volto. Sapeva
benissimo cosa stavo pensando e cosa stavo decidendo di fare. A
volte,almeno
per quanto mi riguardava,somigliava molto alla veggente della famiglia
Cullen.
Lei non “vedeva” delle mie scelte,ma leggeva sul
mio viso cosa stavo decidendo
di fare.
Il treno si
fermò alla stazione di Agropoli facendomi ritornare in me.
Avevo paura,una
tremenda paura di ciò che volevo fare,ma nulla,neanche la
mia razionalità,mi
avrebbe più fermata. era la mia felicità in
ballo,niente di più. Il discorso di
Francesca mi aveva fatto rivivere tutti i giorni trascorsi da quel
maledetto
venerdì. L’inizio della scuola,le nuove
compagnie,quel ragazzo dai capelli
castani che mi corteggiava senza mai arrendersi. Se non fosse stato per
lui mi
avrebbe fatto piacere. Pietro mi sarebbe piaciuto. Era il genere di
ragazzo che
mi conquistava. Alto,moro,occhi chiari,fisico asciutto,intelligente.
Con una
caratteristica che per me era inevitabile,lui era il classico st****o.
Ma in quel momento
io lo ignoravo. Lo
respingevo,non era per me,dicevo. Ma la verità era
un’altra. Non era lui.
Il bar di
Carletto era già pieno di studenti annoiati. Era
lunedì mattina e la sera
precedente nessuno aveva pensato di tornare presto a casa.
Così ci trovavamo
tutti con un immenso bisogno di caffeina.
Le voci delle
mie amiche,Stefania e Isabella, mi arrivarono come un onda che ti
travolge nel
mare. Parlavano di Pietro. Era dietro al privè e mi stava
chiedendo di
avvicinarmi a lui. Scocciata e annoiata mi avvicinai con il mio
caffè macchiato
pieno di cacao.
“Buongiorno”
disse aprendosi in un sorriso.
“Ciao.
Salve a
tutti” sorrisi cordiale,ma con un po’ di enfasi in
più.
Pietro si era
avvicinato e attirandomi a sé mise la sua mano sul mio
fianco destro. Quel suo
gesto mi diede fastidio,ma decisi di non respingerlo.
Ho deciso,le
cose saranno diverse solo stasera” pensai.
La giornata
continuò tranquilla,tra lezioni e risate. Sul treno di
ritorno con Francesca al
mio fianco decisi di farle capire che per me era stato essenziale il
suo aiuto.
“Franci,mi
dispiace per quello che ho fatto in questo mese. Veramente..”
ma non mi diede
possibilità di continuare. Prese lei la parola.
“Ada,non
devi
scusarti,però sii sicura di ciò che
fai.”
“Grazie”
e mi
aprì in un sorriso che la fece ridere.
“E’ bello vederti sorridere così
sinceramente. E comunque mi sa che Pietro è
perso.” disse con tono serio.
“Lo
so,spero di
non aver sbagliato comportandomi in quel modo stamattina.”
Dissi guardandola
negli occhi.
“No
e poi in
ogni caso,se le cerca lui.” Pronunciò iniziando a
ridere come una matta.
“Bestia”
dissi
ridendo anche io.
Il pomeriggio
intanto trascorse diversamente. I minuti sembravano ore,le ore
sembravano
giorni.
Neanche
Monica
e Terry riuscivano a farmi distrarre da ciò che avrei fatto
quella sera. Avevo
raccontato anche a loro tutto. Monica si era un po’ offesa
perché non le avevo
detto nulla quel giorno a Roma,ma mi capì cercando di non
farmi sentire in
colpa.
Le 19e30
arrivarono e la cena fu pronta. Mangiai con la testa fra le
nuvole,cercando di
trovare le parole giuste. Cosa avrei dovuto fare? Cosa avrei dovuto
scrivergli?
Non ne avevo idea.
Passai le
successive due ore a trovare le parole giuste.
“Forse
è
sbagliato,forse è giusto,forse è solo una perdita
di tempo,ma è quello che ora
voglio. Scusami per non averti salutato.
Scusami per
le
chiamate mai accettate.
Scusami per
quel silenzio assordante che ha fatto male anche a me.
Scusami per
il
mio comportamento infantile
Scusami
perché
non ti ho dimostrato i miei veri sentimenti,i miei veri desideri.
Scusami per
volerti troppo con me.
Scusami per
averlo ammesso solo adesso.”
|
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Capitolo 8 *** Sorpresa inattesa ***
Allora!eccoci
qua con un nuovo
capitolo. Mi dispiace non rispondere alle due recensioni,ma il tempo
è
pochissimo oggi. Vi dico solo GRAZIE perché siete
carinissime.
Spero che la
sorpresa prevista
vi farà contente! Un bacio!
Capitolo 9
La mattina
successiva mi svegliai con un forte mal di testa e una mancata voglia
di andare
a scuola. Ma proprio quella mattina il professore di matematica aveva
programmato
il primo compito dell’ultimo anno di liceo. Mi maledissi
mentalmente di aver
scelto la sera sbagliata per inviare il mio sms di scuse a Rob.
Avevo
trascorso
la notte senza riuscire a chiudere occhio e sapevo benissimo che avrei
trascorso le ore sul treno e a scuola con il cellulare in tasca
aspettando una
qualsiasi sua risposta.
L’aria
era
fredda,ma neanche il calore del cappotto riuscì a sciogliere
i miei nervi. Ero
totalmente nervosa e agitata. Primo problema,il compito. Amavo la
matematica,ma
quella mattina la mia concentrazione era pari a zero. Come avrei fatto?
Secondo
problema. Come avrei risolto la questione Rob? Ora mi ero totalmente
lasciata
andare. I miei sentimenti,le mie emozioni erano fuoriuscite da
quell’angolino
in cui le avevo chiuse con cura. Se non volesse più
sentirmi,se non mi
rispondesse sarebbe per me un duro colpo. Soffrirei più di
quanto fin’ora ho
patito. Ma sorprendentemente non riuscì a pentirmene.
La stazione
era
piena di gente assonnata pronta per una nuova giornata di lavoro. I
miei
occhiali,indossati senza sole,il mio cappuccio della felpa tirato su a
coprirmi
il capo non incuriosirono nessuno. Ogni mattina,da quando il freddo si
stava
facendo sentire,usavo portare il cappuccio mentre gli occhiali erano di
uso
comune. L’ora era mattiniera e tutti erano stanchi e con
occhiaie pronte a far
spaventare chi si avvicinasse. Le mie quella mattina erano da fare
spavento. Neanche
fondotinta,fard e correttore erano riusciti a coprirle,neanche un
po’.
Con mia
sorpresa trovai anche mia zia che aveva scelto una giornata sbagliata
per
prendere il treno con me. Mi guardò sorridendo pensando a
quanto fossi matta.
Per lei era inconcepibile scendere di casa in quelle condizioni. Diceva
sempre
che sembravo una ragazzina di 12 anni vestita ancora da mamma,invece di
una
diciottenne fatta e finita. Rideva ogni qualvolta le dicevo.
“La
mattina zia
vado a scuola,non alle sfilate di moda.”
Adoravo
indossare semplici jeans,stretti e scarpe della Nike oppure Converse,al
massimo
un paio di Alviero Martini da passeggio.
“Non
cambi mai.
Uguale alle tue cugine.” Disse sorridendo.
“Zia,non
è
giornata.” Le dissi sapendo che non mi avrebbe lasciata in
pace comunque.
Mi zia era
giovanissima. Aveva solo 35anni,non era sposata,viveva con nonna e non
era per
niente una donna che si sentiva tale. Era una ragazzina che si
mimetizzava tra
noi povere nipoti. “Certo,certo. Però
ricorda..”
“Si
zia,sei pur
sempre mia zia” terminai,sbuffando,la sua frase.
Incorreggibile.
Vidi
Francesca
avvicinarsi a noi con un sorriso beffardo sul viso. Aveva
già capito tutto.
Dopo essersi
salutate ed aver parlottato della sottoscritta ci avvicinammo al
binario dove
il treno era stato annunciato.
Sapevo che
dopo
5minuti avrei salutato mia zia,per un cambio di treno alla stazione di
Battipaglia,così mi rilassai. Ma il suo sguardo curioso e
inquisitorio non mi
abbandonò.
Ero stesa
sulla
panchina della stazione. Il treno portava 34minuti di ritardo.
Francesca,sulla
quale avevo poggiato la testa,mi accarezzava i capelli da sotto il
cappuccio.
“Gli
ho mandato
un sms” dissi senza pensarci.
“Oh”
rispose
semplicemente.
“Non
ha ancora
risposto.” Continuai. Avevo gli occhi chiusi e cercavo di
rilassarmi sotto il
tocco delle sue mani.
“Sicuramente
non ha avuto tempo.” Disse sorridendo.
“Si,certo.”
Mi
alzai e facendole cenno di alzarsi continuai. “Ho
fame,andiamo al bar?”
Sul letto,con
le mani dietro la nuca e il suo libro sulla pancia,mi persi a guardare
i colori
della mia stanza. Il verde acqua che si sposava perfettamente con il
noce
chiaro,l’arancione delle tende,con l’arancio delle
pareti,riusciva a dare
calore a quella stanza fredda. Le candele profumate accese riempivano
del loro odore
la stanza, facendomi sentire in un altro luogo. Nella mia mente nessun
pensiero
coerente,solo la voglia di non pensare. La necessità di far
finta di niente.
Così mi addormentai.
Le mani calde
di mia cugina mi riportarono nel mondo reale. Non avevo sognato,ma fu
lui il
mio primo pensiero quando mi svegliai. Cercai di scacciare la sua
immagine
scrollando la testa.
“Ciao,Pallì,stasera
andiamo,a mangiare fuori. Viene anche Luca,ok?”
Quel sorriso
angelico mi intenerì così da non poter rifiutare.
E poi i ragazzi,con le loro
follie, avrebbe movimentato la mia serata.
Trovai sul
letto dopo la doccia
i miei vestiti già pronti. Camicia bianca,cardigan
marrone,stivali marroni e il
mio adorato Peauterey.
Mi truccai e
presi i soldi, salì
nella meravigliosa BMW di Peppe.
Il pub,stile
inglese,dove
decidemmo di fermarci mi rattristì non poco. Mi sarebbe
piaciuto molto,se non
mi avesse ricordato lui. Le ragazze sembrarono accorgersi del mio umore
e
portandomi con loro in bagno vollero scoprire cosa succedesse.
Quando gli
raccontai la storia
rimasero basite. Rimasero senza parole,poi però riuscirono a
consolarmi e
ribadirono la teoria di Francesca. Era impegnato. Non volli pensarci e
approfondire l’argomento così tornammo dagli
altri. Le vidi osservarmi
spesso,per capire come mi sentivo veramente. Mi conoscevano molto.
Anche se
avessi voluto nascondere la mia tristezza e angoscia ci sarei riuscita
con gli
altri,non con loro.
Il resto
della serata trascorse
tranquilla. Come avevo previsto le varie sciocchezze dette e fatte dai
ragazzi
mi fecero distrarre così da trascorrere qualche ora in
tranquillità.
La mattina
successiva decisi di
non andare a scuola,così restai a letto per tutta la
mattinata. Il cellulare lo
avevo lanciato in borsa,ma la suoneria era attiva. La speranza comunque
era
sempre presente in una parte di me nascosta. Sapevo che mi stavo solo
facendo
del male,ma non potevo pensare che mi avesse dimenticato e che non
fossi
neanche un bel ricordo.
Quella notte
comunque dormì
male. Il mal di testa mi aveva accompagnata per tutta la giornata
precedente e il
riposino fatto lo stesso pomeriggio non era stato di aiuto. Alle 7
sentì la
porta di casa chiudersi,papà era andato a lavoro. Dopo poco
sentì mamma passare
l’aspirapolvere nell’ingresso di casa. Pian piano
il rumore era più udibile,si
avvicinava alla mia stanza. Sentivo il rumore dei mobili che venivano
trascinati dalla signora del piano superiore. Il campanello suonare. La
mia
vicina aveva qualcosa da dire a mamma. Sentì le loro
voci,forti,assordanti. Mi
concentrai tutta la mattinata su quei rumori che,anche se fastidiosi,mi
impegnavano la mente. Non pensavo così a nulla.
Le 9e30
infine arrivarono. Era
ora di tornare alla realtà.
Mamma
entrò piano,mi disse che
stava per scendere.
“Ti
serve qualcosa?” mi chiese.
“No!
Anzi si. Cioccolata. Tanta
cioccolata..” dissi mugugnando.
Aveva capito
che qualcosa non
andava. Ma come sempre fece finta di non sapere. Se chiedeva mi
arrabbiavo,quindi aspettava che fossi io a parlarle.
“Ah
mamma,lo spazzolino nuovo.”
“Ok,ti
raccomando. Passa
l’aspirapolvere,fa il letto e spolvera!”
La guardai
sbattendo le palpebre
velocemente.
“Ok..”
dissi arresa. Il suo
sguardo non ammetteva repliche e io tanto meno volevo discutere.
Decisi di
alzarmi. Ma lo feci
troppo velocemente.
“Sante vertigini” pensai. Il mio equilibrio non era
dei migliori a causa delle vertigini.
Non dovevo alzarmi velocemente dal letto se non volevo finire,come in
quel
momento,con la faccia a terra.
Andai in
cucina e preparai la
colazione. Tanto caffè con poco latte. Papà aveva
comprato un cornetto alla
crema e lo aveva poggiato vicino la credenza. Lo faceva ogni volta che
non
andavo a scuola. Così avrei fatto colazione con qualcosa che
non fosse caffè.
Dopo aver
mangiato e aver acceso
il pc per sentire la musica presi la tachipirina. Il mal di testa era
insopportabile.
Con santa
pazienza inserì le mie
canzoni preferite per quel giorno e mi dedicai alle pulizie.
Il
letto,l’aspirapolvere,riordinare i vestiti sparsi per la
stanza,dare un senso
al mio guardaroba.
Spolverai in
tutte le camere e
finalmente feci una doccia rilassante.
L’acqua
caldissima l’adoravo. Mi
tirai fuori dalla doccia quando lo specchio del bagno ero totalmente
appannato.
Lavai i denti,cercai di dare un senso ai capelli corti e riordinai
tutto.
Decisi che
era ora di stendersi
sul divano e di dedicarsi alla tv. Misi il dvd di Orgoglio e
Pregiudizio e mi
dedicai alla contemplazione di Mr Darcy. Adoravo il personaggio,ma
ancor di più
adoravo l’attore. O meglio adoravo la sua bellezza. Questo mi
fece pensare a
Rob. La sua bellezza trascurata,il suo sorriso,i suoi tratti
marcati,quella
mascella perfetta e squadrata. Quegli occhi pieni di
passione,desiderosi,ma al
contempo dolci e sinceri. Come li avevo visti l’ultima volta.
Scossi la testa
ripetutamente per non pensarci e continuai a vedere il film.
A mezzogiorno
mamma tornò a casa
e preparammo il pranzo. Erano le 14 quando decisi che era ora di
studiare. La
storia era una delle materie che amavo studiare e le guerre mondiali mi
affascinavano molto. Così analizzai attentamente le causa
della Guerra Fredda.
Ad un tratto
le note di Release
me arrivarono nello studio dalla mia camera. Corsi per prendere il
cellulare
pensando fosse Daniela,ma era un numero privato.
“Pronto?”
“Ada,sono
Rob” la mente si svuotò,per
poi riempirsi solo del suo nome e del mio,che lui aveva pronunciato.
Rob,Rob,Rob.
“Ehm,ciao”
“Ciao”
rispose. Silenzio. Cosa
potevo dire ora?
“Mi
dispiace Rob,veramente,io..”
“Ho
un problema”
continuò,fermando il mio fiume di parole “sono in
Italia,a Pontecagnano. Volevo
farti una sorpresa. Ma non ci sono taxi,non so dove abiti. Non so come
raggiungerti.”
“Rob?”
“Si?”
“Sei
a Pontecagnano?”
“Si,è
quello che ho detto!”
disse. Ne ero sicura,stava sorridendo.
“All’aeroporto,di
preciso”
continuò
“Aspettami,non
ti muovere.
Arrivo!”
Mia madre
alla guida della sua
auto aveva un espressione turbata. Appena le avevo detto che il mio
attore
preferito,inglese,bello impossibile,era bloccato
all’aeroporto di Pontecagnano
perché non sapeva come raggiungere il mio paese, mi aveva
dato della matta.
L’avevo
convinta in poco meno di
10 minuti dicendole che le avrei spiegato tutto appena Rob fosse
arrivato a
casa sano e salvo. L’aeroporto,pur non essendo molto
affollato era sempre un
luogo pubblico,quindi non era il caso che stesse ancora
lì,da solo.
“Ada,sei
proprio sicura?”
“Mamma,ma
che pensi? Potrei mai
inventarmi una cosa del genere?” mi guardò seria e
poi fece un cenno con la
testa. Sicuramente era per convincersi.
“No,certo
che no.” disse
seria,poi continuò sorridente “Sono curiosa di
vederlo dal vivo. E’ bello come
nelle foto?”
“No..”
Mi
guardò accigliata e
incuriosita.
“Mamma,è
molto meglio” e
sorrisi. Piena di gioia. Felice come mai prima.
L’aeroporto
era poco affollato.
Solo i dipendenti e qualche persona che prenotava biglietti o che
chiedeva
informazioni.
Mamma aveva
parcheggiato ed era
rimasta in auto. Entrai sicura di riconoscerlo. Infatti non mi
sbagliavo. Anche
con il più perfetto dei travestimenti lo avrei riconosciuto
senza esitazioni.
Il suo cappello di lana,i suoi Ray ban,i suoi jeans blu strappati,il
suo
cappotto di pelle,troppo freddo per la temperatura stagionale. Il
borsone
lasciato a terra. Lo sguardo perso fuori dalla finestra. Il cuore mi
batteva
forte,senza fermarsi. Ero ferma davanti l’ingresso. Lo
guardai,senza
avvicinarmi,per un paio di minuti. La felicità che mi
riempiva il cuore,
semplicemente guardandolo, mi faceva rabbrividire. Ma volevo di
più,volevo che
il cuore mi scoppiasse di gioia. Non mi bastava più solo
guardarlo,volevo
averlo vicino,sentire il calore del suo corpo. Ora,se mi avesse
abbandonato,avrei sofferto molto di più,ma avrei avuto il
ricordo di queste
emozioni.
Mi avvicinai
lentamente,sospirai
e lo chiamai.
“Mr
Pattinson,vogliamo andare?”
Mi
guardò,non riuscii a non
sorridere. Si alzò serio,poi aprì le braccia e mi
invitò tra esse.
Mi gettai nel
suo abbraccio. Lo
strinsi forte,ridendo,piena di pazzia.
Lui
sorrideva. Mi stringeva
forte a lui.
“Andiamo?”
“Si”
annunciai felice
stringendomi ancora a lui quando circondò le mie spalle con
un braccio.
Mia madre ci
vide avvicinarci
all’auto e sorridendo uscì da essa.
“Salve”
disse Rob,imbarazzato.
“Ciao,Mina.
La mamma di Ada.”
“Piacere,Rob”
“Certo,lo
so.” Mi guardò e
avvicinandosi,così che sentissi solo io disse,
“hai ragione,è molto meglio”
Risi di
quella frase. Non era da
lei. Ma ne fui felice.
In macchina
si sentivano solo le
chiacchiere mie e di mia mamma e la risata meravigliosa di Rob. Mi
giravo verso
di lui e ogni volta lo vedevo sorridermi felice. Finalmente sapevo cosa
aspettarmi.
Sarebbe stato meraviglioso. Ora,dopo averlo rivisto,sapevo che lui
poteva solo
riempirmi di felicità e farmi sentire unica. Mi sentivo una
stupida,perché non
avevo capito subito. Ma poi pensavo a quel momento e mi dicevo che era
così che
doveva andare. Perché tutti dicono che più si sta
lontani,più è bello
rivedersi,riabbracciarsi,sentirsi vicini.
Mia madre
portò in giro Rob,per
fargli conoscere Eboli. Piccola come era non ci impiegammo molto. Gli
raccontai
lo sua storia e ne rimase sorpreso. Mi seguiva attentamente,curioso.
“Facciamo
così,stasera ti porto
in giro per Eboli vecchio. Non c’è molta gente,non
ti riconoscerà nessuno” era meglio
rassicurarlo,anche se non ero sicura delle mie parole.
“Certo.
Devo chiedervi una cosa.
Dovrei cercare un albergo..”
“Che
scherzi? Starai da noi.
Dormirai in camera di Ada,mentre lei nel salone.” Mi madre lo
disse con tanta
enfasi che Rob non riuscì a declinare l’invito.
“Rob,se
non ti va ti accompagno
all’albergo di un amico” guardai mia mamma
rimproverandola, ma Rob rifiutò
dicendo che se per me non era un problema lui accettava con piacere.
“No,assolutamente.
Era per te..”
conclusi sorridendo.
“Questa
è la mia camera,ora anche
la tua.” Gli dissi allegra. Lo vidi entrare e curiosare tra
le mie cose. “ti
dispiace?” disse prendendo un enorme cornice con decine di
foto. Foto mie e dei
miei amici. Io e Simo,con Ro,a mare,con Vito,Carlo. Una ritraeva me e
mio
cugino ai miei 18anni,abbracciati. La guardò e mi
interrogò con lo sguardo.
“Mio
cugino”
Annuì
e continuò. Io e Francesca
in treno,le nuove compagne di classe,i vecchi compagni. Io in braccio a
Vito.
Una
però lo fece ridere. Era un
tenero furetto addormentato. L’avevo scattata allo Zoo
Safari,in Puglia. Mi
aveva intenerito quell’animaletto e testarda volli scattargli
una foto.
“Cos’è?”
“Un
furetto” lo guardai
sorridendo. Sapevo che era una foto assurda,ma mi piaceva.
Continuò a guardare.
Avevo mille foto appese in camera. Le mie cugine,la mia famiglia,io da
piccola.
Senza dire
nulla,continuò.
Guardò i peluche e poi me.
“103?”
“No,108..
hai dimenticato questi
qui” e sorridendo indicai altri cinque piccoli peluche.
“oh
my God” disse sconvolto.
“Problemi
a dormire con 108
peluche?” chiesi ridendo.
“No..”
disse insicuro per poi
continuare “anzi forse. Mi sentirò
osservato” disse con sguardo tormentato.
Iniziai a
ridere, non era
possibile.
“Osservato?” chiesi continuando a ridere.
“Si”
disse serio.
“Va
bè..” liquidai. “Vai a fare
una doccia. Il bagno sai dov’è. Le asciugamani e
l’accappatoio nuovo mamma te
li ha preparati. Sono le 5,pensa che anche io devo prepararmi. Quindi
veloce” dissi
seria.
“Ok,signorina”
disse. E si
allontanò.
Qualcuno
dice,è bello rivedersi
dopo essersi a lungo cercati. Ora potevo dirlo anche io. E’
bello
rivedersi,stringersi,abbracciarsi. Tutti i mali spariscono lasciando
spazio
solo alla felicità.
“Rob,sicuro
di saper guidare le
auto senza cambio automatico?” era la decima volta che mio
padre glielo
chiedeva e lui rispondeva educatamente
“Si,signore.”
Io ero
appoggiata alla porta
aspettando il momento tanto atteso. La consegna delle chiavi. Mio padre
aveva
preso bene la notizia. Si era dimostrato simpatico e socievole. Ma non
riuscì
ad evitare momenti imbarazzanti. Aveva addirittura provato a far vedere
a Rob
il nostro “gesto”,ma aveva ritirato subito la mano
dopo l’ occhiataccia che gli
rivolsi. Rob aveva assistito a queste scene sempre con un sorriso
allegro e a volte
con una risata trattenuta.
“Va
bene lasciali andare,su.”
Disse mamma a papà.
“Però
vi raccomando,non
perdetevi. Ada non fare come quella volta che..”
“Mamma!”
la ammonì prima che
parlasse.
Una sola
volta mi ero persa per
Eboli vecchio. Avevo portato l’allora fidanzato di mia zia in
giro per le
chiese antiche e ci eravamo quasi persi. Da allora io ero colei che si
perdeva anche
nella sua città.
“Questa
è la chiesa di San
Francesco. Ovviamente ora è chiusa,però ti
assicuro che è meravigliosa.”
Rob mi aveva
seguito curioso per
tutta la città. Gli piaceva la storia e quella della mia
città lo incuriosiva.
“Ci
sediamo?” sussurrò al mio
orecchio indicando dei gradini.
“Certo.”
Sapevo che
era il momento di
parlare. Erano ore che entrambi aspettavamo quel momento e finalmente
era
arrivato.
Si sedette
dietro di
me,facendomi poggiare con la schiena alle sue gambe. Iniziò
ad accarezzarmi i
capelli e nel silenzio del luogo lo sentì parlare piano.
“Mi
dispiace per ciò che è
successo a Roma,però se tornassi indietro,lo
rifarei.” Mi voltai e lo vidi con
lo sguardo rivolto ad osservare l’ingresso della chiesa. mi
voltai anche io
verso le porte e feci un sospiro. Lo sentì schiarirsi la
voce e continuare.
“Mentre
venivo qui avevo paura
che mi mandassi via. Ma neanche questo pensiero mi ha fermato. Con te
sto
bene,mi sento un ragazzo normale. Tu mi guardi come se fosse veramente
così,anche se non lo è.” a
quell’affermazione non riuscì a tacere.
“Tu
lo sei. E’ solo che gli
altri non vogliono vederti così. Ma se solo ci
provassero,come ho fatto
io,vedrebbero un ragazzo di 23 anni che cerca di migliorare ed
eccellere nel
suo mestiere. Tutto qua.” Abbassai il capo e continuai. Ora
era il momento
delle mie spiegazioni.
“Io
Rob,non volevo scappare.
Avevo paura. Lo rifarei però,perché saprei che
questo accadrebbe veramente.” Mi
alzai e posai le mie labbra sulle sue. Lo sentì irrigidirsi
per poi rispondere
immediatamente al bacio. Semplice,leggero,a fior di labbra.
Mi spostai e
continuai. “Io
veramente avevo paura,ma solo dopo,quando qualcuno mi ha fatto capire
che il
dolore è difficile da sopportare, soprattutto quando ti
penti di non aver
provato,allora lì ho deciso. Non ti avrei lasciato andare.
Ho sperato per
questi giorni. In una chiamata,un sms. E quando mi hai chiamato
dicendomi che
eri qua,a 10km da me, sono impazzita di felicità. Veramente
Rob,mi hai riempita
di felicità” sorrisi. Ricambiò il
sorriso posando di nuovo le sue labbra sulle
mie. Delle voci lo fecero allontanare. Poi lo vidi guardarsi in
torno,preoccupato.
“Che
c’è?”
“Ho
paura che qualcuno possa
riconoscermi..” disse spaventato.
“Impossibile.
A malapena ti vedo
bene io in viso,figurarsi qualcuno lontano. Comunque è tardi
e tu sei esausto.
Andiamo a casa?”
Mi
guardò attentamente per poi
scoppiare a ridere. quando faceva così mi irritava molto.
“Sei più esausta tu,o io?”
“Io,forse.
Ma questo non cambia
la situazione. Sono le 11 e qui è comunque pericoloso.
Andiamo?” dissi fredda.
“Ok”
disse silenzioso. Si era
accorto del mio tono aspro. Non sapevo come fosse possibile,ma era come
se ci
conoscessimo da una vita. Mi alzai e lo presi per mano. Era fredda.
“Hai
le mani fredde..” piano le
strinsi nelle mie. Erano molto più grandi,difficili da
riscaldare,ma quel
contatto con lui mi piaceva. Lo sentivo mio. Lui mi lascio
fare,stringendo la
presa. Restammo così,occhi negli occhi e mani nelle mani. Il
rumore di auto mi
riscosse da quel momento.
“Su andiamo” capì e mi
seguì,intrecciando una mano con la mia.
L’auto
era vicina alla
chiesa,così non ci volle molto a raggiungerla.
Ci vollero
cinque minuti per
raggiungere casa. Scendendo dall’auto però mi
sentì soffocare. Il pensiero
della sua partenza e della sua lontananza mi toglieva il respiro.
“Rob,quando
parti?” mi guardò a lungo,poi
sorridendo rispose. “Fra tre giorni..”
“Ah..”
“Bè
abbiamo tempo no?” disse
abbracciandomi.
Il pensiero
di stargli lontana
ancora,non avendo idea di quanto fosse,mi riempì di
angoscia. Ma quel suo
abbraccio,quel calore mi fecero sentire bene.
“Si,certo”
risposi. Alzai lo
sguardo e sorrisi. Quel pensiero non doveva tormentarmi. Avrei avuto
tempo per
pensarci.
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Capitolo 9 *** Avviso! ***
Non
voglio essere ripetitiva in tutte le mie fan fiction,ma vorrei tanto
capire questo calo di lettori negli ultimi due capitoli..
A differenza di EB(ff sulla saga di Twilight) in questa fan fiction non
c'è un calo solo di recensioni,ma soprattutto c'è
un calo di lettori,che è ancora peggio!
Mi dispiace tantissimo e poichè ci metto molto amore e ci
tengo tanto a questa fan fiction,l'ho scritta e ancora la scrivo con
tutto il cuore,vorrei avere delle spiegazioni! ovviamente ne
terrò conto.
aggiungerò il prossimo capitolo quando avrò letto
le vostre recensioni.. ovviamente non voglio le solite recensioni in
cui dite che vi piace,che scrivo benissimo,ecc ecc. voglio quelle
recensioni in cui scrivete ciò che veramente pensate! vorrei
che commentaste e mi spiegaste perchè non la leggete
più o perchè non vi piace più!
un bacio Bella_
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Capitolo 10 *** Io e te,noi! ***
OK.
partendo dal presupposto che mi dispiace tnt per il ritardo negli
aggiornamenti. sono nervosa,agitata,poco socievole e insopportabile!
il capitolo
è questo!
non riesco a
risppondere alle vostre recensioni,lo farò nel prossimo
capitolo,se avrò voglia e tempo. sono un pò
arrabbiata cn ki legge e nn recensisce. ma non importa.
Ciao ciao
Capitolo
10
Può
una persona donarti il
paradiso? Può un semplice ragazzo farti sentire come mai
prima? Può un semplice
sentimento farti battere il cuore come se volesse uscire dal petto?
Può un solo
messaggio mandarti all’inferno? E una chiamata riportarti in
paradiso?
Si,
può..
Il
sogno di ogni ragazza,il bisogno
di ogni donna è un semplice uomo che le faccia battere il
cuore,che l’
accompagni in cielo,che le doni un suo semplice sorriso
perché è lei che lo fa
sorridere in quel modo.
Le
lacrime che scendevano
solleticarono quando giunsero sul collo. I sorrisi che si disegnarono
sul viso
le fecero fermare sulle mie labbra piene. Le assaggiai. Erano salate.
Erano
buone. Sorrisi. Il ragazzo dei miei sogni stava nella stanza accanto.
Lo
immaginavo,rilassato,con le labbra socchiuse,le braccia strette al
cuscino. Il
piumone che lo copriva fino al mento. Un sorriso che si disegnava sul
viso
perfetto,un sorriso per me. Speravo che anche lui,come me,avesse
sognato noi,su
una spiaggia a coccolarci. Sotto la luna. Solo noi. Io,lui e la luna.
La sua
luce che illuminava delicatamente il suo viso. I suoi occhi che
splendenti si
riflettevano nei miei. Le sue labbra delicate che sfioravano le mie. Un
semplice suo sorriso che riusciva ad illuminare il mio
volto,imperfetto. Ma non
mi importava. Mi bastava stare con lui,solo questo desidero..
Aprii
gli occhi. Mi pizzicavano.
Il sole rifletteva nella stanza e illuminava la mia figura. Mi poggiai
sui
gomiti e mi beai di quel caldo tiepido. Il telefono al mio fianco si
era
illuminato. Una chiamata persa. Teresa. Nulla di urgente,mi avrebbe
chiamata a
casa.
Vidi
l’ora. Erano le 9.
Mi
girai intorno per osservare
la mia camera. Anche questa era cambiata. Era più
luminosa,più bella. Sapevo
che erano i miei occhi,la mia mente che mi mostrava tutto
più bello,ma non mi
importava. Notai un borsone a terra,vicino il mio armadio. Era ancora
chiuso.
La sera precedente Rob non aveva voluto dormire in camera mia. Aveva
preferito
il divano. Neanche le insistenze di mamma servirono a fargli cambiare
idea.
Diceva che per me il divano era scomodo. Non capivo,per lui non era lo
stesso?
I
suoi occhiali erano poggiati
sulla scrivania,vicino al nostro libro. Il libro che ci ha fatti
incontrare. Mi
alzai e lo presi tra le mani. Non era mio,non era suo,era nostro.
Dovevo la mia
felicità a quel libro,a Jane Austen,alla mia passione per la
letteratura
inglese. Anche la mia amica era stata preziosa. Lei mi aveva fatto
capire che
stavo facendo una grandissima sciocchezza. Guardai il telefono ancora
tra le
coperte. Una sola parola sarebbe bastata.
Grazie.
Scrissi,inviai.
Guardai
di nuovo tutto intorno. Volevo
solo fare una cosa. Vederlo dormire.
Mi
avviai verso il salone,dove
dormiva. la porta era chiusa. La aprii piano. Non era proprio come lo
avevo
immaginato. Ma era ancora più bello,sexy,dolce,con tratti
infantili. Le labbra
socchiuse come i bambini piccoli. Come loro non sa cosa
c’è intorno a lui,ancora
indifeso e spaventato. Decisi di lasciarlo dormire ancora un
po’. Chiusi la
porta,prima che si svegliasse. Mamma quella mattina aveva preso i
cornetti per
la colazione. Aveva deciso anche di prendere ogni tipo di cornetto;alla
marmellata,alla cioccolata,alla crema,due zeppole. Sorrisi di quel
pensiero. Era
riuscito a conquistare anche loro,i miei genitori. Non mi meravigliai
però. Avrebbe
conquistato chiunque. Guardai la foto sulla mensola.
“Ne
sono sicura nonno,piace
anche a te,vero?” Sussurrai piano sorridendo. Sentii le
lacrime agli occhi.
Sembrava che mi sorrise dalla foto. Piace anche a lui,lo so.
Decisi
di fare una doccia.
L’acqua calda mi rilassò,tranquillizzò.
Si sveglierà tra poco,il divano non è
comodo,lo so bene. Quante notti ho dormito
là,perché non volevo alzarmi ed andare
a letto,pensai.
Mi
vestii,una tuta. Non pensai a
truccarmi,a mettere qualcosa di particolare. Così
ero,così volevo che mi vedesse.
Era
le 10e15. Rob ancora dormiva,mamma
sarebbe tornata per pranzo. Mi sentivo annoiata. Il pc era il
salotto,dove
dormiva Rob, Sky era collegato in quella stessa stanza. Decisi di
svegliarlo.
Lasciai il caffè sul fornello e andai in salotto. Lo guardai
ancora una volta.
Aveva il sorriso sulle labbra. Sembrava felice,anche lui. Mi avvicinai
e gli
accarezzai una guancia. Lui mugugnò qualcosa e si
girò di lato. Sorrisi. Sembrava
irritato. Bene.
“Rob,sveglia”
lo scossi,ma
niente. Un altro verso uscì dalle sue labbra.
Antipatico,pensai.
“Dai
Rob,su!”
“Ma
che ca**o..” si era
svegliato,bene.
Mi
abbassai e avvicinai il mio
viso al suo. I suoi occhi erano splendidi. Anche rossi,assonnati. Erano
comunque perfetti. Il cuore batteva,forte. Non volevo fermarlo,volevo
che
continuasse. Mi piaceva sentirlo. Era la prima volta che batteva
così. Lo vidi
sorridere.
“Buongiorno
dormiglione!”
sorrisi e gli offrii la mia mano.
“Buongiorno
mosca..” disse
sedendosi sul divano e ignorando la mia mano.
“Sei
fastidiosa come le mosche.
Presente quegli insetti che mentre dormi ti vengono a ronzare
nell’orecchio?”
mi rispose quando lo guardai triste con il muso tremante. Iniziai a
ridere e
poi finalmente accettò la mia mano. Quel contatto mi
mandò in estasi.
Come
se potesse il cuore batte
più forte. Sembrava che il suo veloce movimento si
espandesse fino ad arrivare
in gola.
Le sue mani erano calde,non
più come ieri
sera.
Quella
sera. I baci,le
carezze,tutte quelle parole. Parole che erano bastate a convincermi che
era lui
ciò che volevo.
Nel
forno i cornetti erano
caldi. Perfetti da mangiare. Il caffè era pronto. La visione
di tutto quel cibo
fece restare Rob sulla soglia della porta con un espressione sorpresa.
“Casa
c’è? Non ti piacciono?”
sussurrai sorridendo.
Quella
era un espressione piena
di compiacimento.
“Certo.
Wow.”
Risi
della sua espressione e
ancora una volta ammirai la sua bellezza. Non avevo notato fino a quel
momento
il suo abbigliamento. I pantaloni della tuta neri,una maglia grigia. I
calzini
di spugna.
I
capelli ancora più
scompigliati. Perfetto anche così. Mi sorrise per poi
sedersi. Lo vidi
osservare i cornetti.
“Cosa
è mio,cosa tuo?” mi chiese
voltando di poco il viso verso di me.
“Solo
questa è mia,il resto è
tuo” dissi prendendo metà zeppola. Lo vidi
sgranare gli occhi e sorridere,come
un bambino.
“Tutto,tutto?”
chiese. “hm hm..”
risposi con due cenni di testa.
“Oh,bè,bene.”
Iniziò a prendere
i cornetti ed ad assaggiarli uno per uno. Bevve il caffè,un
po’ di succo di
arancia. Poi lo vidi voltarsi verso di me. Lo stavo fissando
sorridendo.
Sembrava un bambino immerso in mille diversi generi di caramelle.
“Questa”
e prese la zeppola “la
mangio oggi pomeriggio.” Disse guardandola con lussuria.
“Oh
ok.. la metto nel forno,ok?”
“Oh
si.” Disse sorridendo mentre
guardava la zeppola tra le mie mani.
Scossi
la testa sconsolata.
Mai,e dico mai,mi sarei aspettata una cosa del genere.
“Rob
passami gli hamburger sul
tavolo”
Mamma
aveva chiamato e detto che
per pranzo si sarebbe trattenuta in ufficio. Avevo proposto a Rob di
prepararci
dei panini con hamburger,maionese e insalata. Una vera bomba
supercalorica. Mi voltai
verso di lui non sentendo nessun rumore provenire dal frigo. Rob era
concentrato a guardare fuori alla finestra. Non mi aveva neanche
sentita. Era
la seconda volta che lo trovavo distratto mentre fissava fuori.
La
mattina,mentre riordinavo la
mia stanza lo avevo trovato a guardare i bambini che giocavano nel
cortile
della scuola elementare.
“Sai,”
dissi avvicinandomi alla
finestra “questa è la mia scuola
elementare.”
Lo
avevo visto rattristarsi
mentre guardava fuor,così avevo pensato di farlo ridere un
po’. “Vedi quelle
scale d’ emergenza? Sono caduta da lì in 5
elementare,fu terrificante..” lo
sentì ridere e riacquistare la sua aria spensierata.
“Rob?
Ma che succede?” gli
chiesi quando fui a due passi da lui. Poggiai le mie mani sulle sue
spalle.
“Cosa?”
mi chiese sussultando.
“Dicevo..
gli hamburger..”
“Oh,scusami,non
ti ho sentita..”
disse portandosi una mano tra i capelli.
“Non
preoccuparti. Tu che guardi?”
“Niente..
solo le persone che
camminano sereni per le strade,senza timore.” Disse
sorridendo.
“Non
accetti ancora questo lato
della popolarità” la mia era
un’affermazione,non una domanda. Sapevo che era
così,lo si leggeva in quel momento nei suoi occhi.
“No,ma
sono abituato.”
“Immagino..”
Lo vidi guardare nel
vuoto,con aria pensosa.
“Che
c’è?”
“Mi
insegni qualcosa del tuo
dialetto?” lo guardai sbalordita.
“Bè,è
difficile Rob. Ho
provato ad insegnarlo ad alcune mie
amiche,una di Roma e l’altra di Torino,è stato
difficile anche per loro..”
“Pensi
che io non possa
imparare?” mi guardò con sguardo offeso.
“No,certo
che no.. è solo che è
difficile anche insegnare,ma se proprio vuoi..”
“Si..” disse sorridendo.
“Ok..”
“Allora
Rob” iniziai mentre
mangiucchiavo il mio panino pieno di cibo.
“Hm..”
“Questo
è..” dissi indicando il
panino “o panin”
“O
pa-n-ino” disse sillabando.
“Ok,più o meno. Però Rob,la
‘o’ finale non devi pronunciarla.”
Insistetti. Era
un’ora che provavo ad insegnargli parole in napoletano.
Cibi,oggetti,le cose
più semplici. Sembrava interessarsi. Mi piaceva quando
arricciava la bocca e
socchiudendo gli occhi cercava di pronunciare quelle parole troppo
difficili.
Dovevo ammetterlo però,era bravo. Non aveva avuto molti
problemi. All’inizio,pensavo
non ci sarebbe mai riuscito,avevo iniziato a fargli pronunciare parole
più
complesse,ma lui se ne era accorto e si era arrabbiato. Era cocciuto ed
ostinato.
Andammo
avanti per un bel po’,fin
quando non decidemmo che era il momento di pulire in cucina. Mentre
terminavo
le faccende si sedette sulla sedia.
“Fatto”
dissi felice. Mi stavo
pian piano avvicinando a lui. Aprì le braccia e mi
circondò i fianchi.
“Bene,che
facciamo?” chiese
sorridendo.
Avrei
voluto rispondere che per
me andava bene anche stare così,abbracciata a lui. Ma non
ero sicura se
scappasse sentendo dirmi questo. Pensandoci però mi sarebbe
piaciuto vedere Orgoglio
e pregiudizio con lui. Era il mio film preferito. Avevo pianto e
ripensato a
lui guardandolo,ma ora sarebbe stato diverso. Lui era con me.
Prima
che potessi rispondere
però il telefono prese a squillare. Era Francesca.
Gli
sorrisi e feci leggere il
nome sul display.
“Le
hai detto che ci sono io?”
“Certo..”
continuai rispondendo
a Franci “Pronto tesò”
“Ei
scema.. certo certo hai Rob
a casa e non mi pensi.. se se..” rimasi pietrificata. Il
messaggio che le avevo
mandato?
“Il
messaggio..” “Si
è arrivato” mi interruppe. “Comunque
niente grazie. Lo hai capito da sola. Va bè,ma passiamo al
meglio,come va? Ti
ha baciata? Che dice? Sta bene?”
“Ei
ei frena.. va tutto bene,Rob
sta bene e si” sussurrai piano avviandomi al corridoio
“è successo.” Sorridevo
felice. Era bello pensare a quello che era successo la sera prima. Feci
per
avvicinarmi a Rob e lui mi fece sedere in braccio a lui. “Ti
racconto poi..”
continuai. Qualsiasi cosa avesse detto lui avrebbe sentito ora.
“Oh,è
con te?” chiese curiosa e
imbarazzata.
“Si
si..” dissi serenamente. Non
avevo però immaginato cosa avrebbe fatto Francesca.
“Ciaooooooooooo Rob” lui
scoppiò a ridere,mentre io urlavo contro Francesca.
“Ma
sei pazza? Mi hai rotto un
timpano.”
“Almeno
ho sentito lui ridere”
disse ridendo.
“Comunque
stavamo organizzando
una pizza stasera,non so se..”
“Franci,non posso..” risposi seria. Mi dispiaceva
molto,ma Rob non poteva
uscire di casa senza essere riconosciuto. E poi nessuno doveva sapere
di noi.
“Oh..
ok.. allora alla
prossima.. ci sentiamo domani?” Sapevo che lo aveva chiesto
per
cortesia,sapendo la mia risposta,ma sapevo anche che si era rattristata
per il
mio no. Ultimamente eravamo indivisibile,non c’era un giorno
senza che ci
vedessimo e ovviamente era Sarebbe stato strano per lei quando quella
sera si
sarebbe ritrovata con gli altri. Eravamo una coppia indivisibile.
Dispiacque
molto anche a me. Era molto che non si organizzava nulla.
“Certo.
A domani” e riattaccai.
Rob
mi guardava fisso. Sembrava
triste. Gli accarezzai la guancia e lo sentì sospirare.
“Cosa
c’è?” chiesi.
“Non
puoi uscire per colpa mia..
mi dispiace” sussurro con il viso basso.
“Ei
no,non è colpa tua. Sai
quante sera sono rimasta a casa perché mi annoiavo a uscire?
Non è colpa tua.
Io voglio stare con te” risposi convinta. Non potevo volere
di più,stare con
lui per me era tutto.
Sospirò
semplicemente,senza
rispondere. Gli alzai il volto e lo guardai negli occhi. Avrebbe fatto
male se
non avesse reagito come pensavo,ma non mi importava. Non volevo che
fosse
triste.
“Rob,io
voglio stare con te. Sei
la cosa migliore che io possa avere. E se dovessi scegliere tra te e
una pizza
con persone che vedo continuamente,sceglierei te. Anche se significasse
restare
a casa e vedere 20film di seguito. Per me sei importante. Ed ora che
sei qui
voglio stare con te. Basta.”
“Grazie..”
rispose sorridendo. I
suoi occhi erano pieni di luce. Li adoravo. Non so cosa mi prese,ma lo
continuai a guardare e pronunciai parole che mai avrei pensato di dire
a lui.
“Baciami,per
favore.”
Lo
vidi avvicinarsi a
me,lento,dolce. Sentì le sue labbra sfiorare la mia
guancia,poi il naso. Sul
mio labbro superiore si schiusero,accarezzandolo dolcemente. Piano
risposi a
quelle sue richieste silenziose. Dischiusi le labbra e passai la lingua
sulla
sua bocca. La sua lingua incontrò la mia e per la prima
volta si
accarezzarono,cercarono,desiderarono. Fu un momento
infinito,dolce,sensuale,passionale. Solo per me,per lui,per noi.
“Ti
piace Orgoglio e
Pregiudizio?”
“Si
perché?” chiese curioso.
“Pensavo
di vederlo insieme..”
“Ok,se
proprio vuoi.. ma mi
spieghi perché proprio questo?” chiese sempre
curioso. Non mi infastidivano le
sue domande. Anzi mi rendeva felice rispondergli e raccontargli di me.
Se
domanda,pensai,significa che gli interessa sapere più cose
di me.
“E’
il mio film
preferito,ovviamente dopo la saga di Twilight. Adoro Mr Darcy..e
bè,la storia è
fantastica.” Sorrisi maliziosa. Bè mi ero quasi
innamorata di Mr Darcy.
“Mr
Darcy.. o l’attore?”
continuò con l’aria di chi la sapeva lunga. Ma la
sua espressione era
indecifrabile. Geloso? Non credo.
“Bè
l’attore diciamo che fa
guadagnare al personaggio punti,ma il personaggio è colui
che preferisco.”
Risposi sincera. Era la verità in fin dei conti.
L’attore che io preferivo era
lui. Ma di certo non potevo dirglielo.
Ci
sistemammo sul divano sotto i
plaid. Avevo le gambe tra le sue,mentre la testa era poggiata alla sua
spalla.
Diciamo che tra i due, io ero quella che si era sistemata meglio.
Quando avevo
sistemato le gambe tra le sue mi aveva guardando con un punto
interrogativo
disegnato sul volto,mentre io rispondevo con un sorriso da
incantatrice. O
almeno ero riuscita ad incantare lui con quel sorriso.
Durante
la visione del film non
volava una mosca. Il silenzio era tombale. Solo i personaggi e i rumori
lo
interrompevano. Ogni tanto,senza farmi vedere,lo guardavo di sottecchi.
Non
c’erano paragoni tra lui e l’attore che
interpretava Mr Darcy. Si, era un uomo
molto affascinante,bello,con quell’aria seria e spesso
incupita mi piaceva
molto,ma lui era tutt’altra cosa. Il suo sguardo,i suoi
occhi,la sua bellezza
erano insostituibili. Tra i miei pensieri mi ero incantata a guardarlo
e ora lo
trovavo sorridente,molto divertito,a un centimetro dal mio viso.
“Ah”
avevo urlato.
“Mi
guardavi” disse sempre
sorridendo.
“E
tu mi hai spaventata.” Dissi
urlando,ancora con il fiato corto. Mi aveva spaventata si,ma il fiato
corto era
conseguenza dell’imbarazzo. Imprecai tra me.
“Scusa”
continuò,sempre con quel
sorriso. Lo guardai male e mi voltai di nuovo verso il televisore. La
scena
della dichiarazione.
“Ho
lottato invano,non c’è
rimedio. Questi mesi trascorsi sono stati un tormento,sono venuto a
Rosings per
vedervi,dovevo vedervi. Ho lottato invano,contro le mie
volontà,contro le
aspettative della mia famiglia,l’inferiorità delle
vostre origini,ignorando il
patrimonio,tutte cose che voglio dimenticare e chiedervi.. di mettere
fine alla
mia agonia..via amo,con grande ardore…”
Iniziai
a piangere,senza neanche
rendermene conto. Robert però mi scosse e mi
parlò agitato.
“Ada,cosa
succede? Cosa è
successo?”
“La
dichiarazione..” sussurrai
ancora piangendo ammirando Mr Darcy.
“Dici
sul serio? Piangi per la
dichiarazione di Mr Darcy ad Elisabeth?” chiese,mostrandosi
ancora preoccupato.
“Si”
sussurrai di nuovo.
Stavolta guardandolo.
Mi
guardò fisso negli occhi,poi
mi abbracciò ridendo.
“Da
te mi sarei aspettato
tutto,tranne questo”
Prese la testa tra le mani
e mi
baciò,con passione. Avevo pianto,si,ma non perché
Mr Darcy avesse pronunciato
quelle parole ad Elisabeth. Avevo centinaia di volte visto quella scena
e mi
ero emozionata spesso. Solo piccole lacrime. Ma quella volta,quella
centunesima
volta avevo capito qualcosa di importante. Avevo capito che non mi
interessava
del suo lavoro,dei paparazzi che mi avrebbero rovinato la vita,dei suoi
viaggi
lontani,delle donne che avrebbe baciato per lavoro. Non mi importava di
nulla
se non di lui. Ma questo era amore? Amavo Rob,come Darcy ama Lizzy?
Poteva
essere possibile? Non lo sapevo,sapevo solo che io volevo lui e nessun
altro.
Che il mio cuore batteva così solo per lui,solo quando lui
era al mio fianco.
Sapevo che avrei fatto di tutto per averlo con me anche per una sola
ora. Anche
solo per ricevere un suo bacio.
|
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Capitolo 11 *** L'amore non si lascia andare ***
Allora
ringrazio tantissimo tutte coloro che hanno recensito! DemyCullen,Dark
Angel 1935,Saretta! Spero che anche questo capitolo possa piacervi come
gli altri!
Un bacio!
Capitolo 11
“E’
finita.”
Il mare
davanti a noi rispecchiava le mie emozioni. Era agitato,sembrava quasi
spaventato dalla tormenta. Ma era pronto,come me. Anche lui era
abituato a quei
temporali che ti feriscono ma ti lasciano più forte di
prima. Ma questa volta
non sapevo se dopo la tempesta sarei stata più forte. Forse
era diverso,forse
lui era diverso. Era entrato in me e si era costruito una piccola
casetta di
mattoni nel mio cuore. Piccola ma difficile da abbattere.
Sembrava
distratto,fissava anche lui il mare,ma sembrava vedere qualcosa di
diverso.
“Il
mare” continuai. “ E’ pronto al
temporale..” ero rassegnata. La mia voce
tradiva le mie aspettative di mantenere segreti i miei stati
d’ animo.
“Anche
noi,no?!” mi guardava sorridendo.
Era
sicuro di se,delle sue parole. Io continuavo a guardarlo. Volevo capire
dai
suoi occhi cosa pensasse,cosa provasse. Gli occhi sono lo specchio
dell’anima,così dicono. Lui era triste, come me,ma
non era rassegnato. Lo si
leggeva chiaramente nell’oceano che lo caratterizzava.
“Forse
si..” dissi sincera. Volevo esserlo,volevo essere pronta alla
tempesta. Volevo
essere sicura di riuscire ad affrontarla accanto a lui. Se fosse stato
così le
ferite le avrei curate con lui,giorno dopo giorno,ma non ne ero sicura.
Non ero
sicura di riuscire a superare la tempesta senza essere allontanata da
lui. E se
me lo avesse portato via? Se fosse così le mie ferite non
riuscirei a curarle.
Come si può curare soli le ferite dove non si arriva con le
proprie mani? Come
si può curare quelle ferite interne,che solo delle mani
estranee possono
curare,con amore,dolcezza e senza paura di farti male?
Perché quelle mani
estranee non ti fanno male. Sono calmanti,sono miracolose per le tue
ferite.
“Pensi
che non ci riusciremo?” La sua voce non tradiva emozioni.
“Penso
che io non ci riuscirò,è diverso..” lo
sguardo rivolto ancora al mare. Mi era
impossibile guardarlo negli occhi,avrei perso la mia
razionalità.
“Ci
sono
io con te..”
“Lo
so.
E non voglio perderti,te lo assicuro. Non ti lascerò andare
via senza lottare.
Ma ho paura di perdere ciò che ho e di non saper andare
avanti. Stai diventando
tanto,forse troppo per me. Non è mai successo..” i
suoi occhi mi legarono a
lui. Era stato difficile dirgli la verità ma era giusto
così. Essere sincera
per me era importante in quel momento.
Vidi il
suo sguardo tornare al mare. Lo vidi socchiudere gli occhi,sentii le
sue mani
tra le mie e le mie stringersi spasmodicamente alle sue.
“La
tempesta arriverà per entrambi e neanche io voglio perdere
te. Anche tu per me
sei diventata tanto. Non troppo però,non ne avrò
mai abbastanza di te,ne vorrò
sempre. E lo vorrò per sempre Ada. Per favore
però non dirmi che hai paura di
essere allontanata da me. Io non vorrò mai stare lontano da
te. Nessuno e
niente riuscirà a staccarmi. Solo la morte. E forse neanche
quella.”
La
lacrima solitaria scese sulle mie guancie come a volermi liberare di
quel
bisogno di urlare e lo abbracciai come per sentirlo mio. Sempre mio. Le
mie
labbra corsero a cercare le sue senza esitazione,piene di
bisogno,insaziabile.
“devi
andare” sussurrai piano.
“Ancora
un po’..” disse
stringendomi a sé.
L’aeroporto
era vuoto. Solo
pochi passeggeri che andavano a Roma,come Rob. Ero stretta al suo
corpo. Era
anche peggio di come avevo immaginato. Pensavo di essere pronta
al’addio
momentaneo,ma era una bugia.
“Rob,vai..
manchi solo tu”
sussurrai baciandogli le labbra. L’ultimo avviso che lo
invitava ad avviarsi
verso l’imbarco era risuonato per la terza volta. Sembrava
che mi urlasse il
suo abbandono. Scossi la testa pensando che non mi stava abbandonando.
Stava
solo raggiungendo Vancouver per le riprese di Eclipse.
“Mi
mancherai..”
“Anche
tu,però ora vai Rob.”
“Ok..”
mi baciò lentamente per
l’ultima volta e si avviò.
“Chiama
quando arrivi..” gli
urlai. Sentivo il freddo sulla pelle sotto il maglione di lana e il
cappotto di
piume d’oca. Il suo abbraccio mi aveva dato tanto calore che
ora mi sentivo
vuota e fredda. Mi sentivo mancare il respiro.
“Certo”
urlò di rimando
salutandomi con uno dei suoi sorrisi mozzafiato. Aveva imparato che
sorridendomi in quel modo poteva ottenere tutto ciò che
desiderava.
“Ti
prego,fammi vedere la tua cartella” disse implorante. Con il
labbro tremulo.
“Scordatelo”
ero in imbarazzo. In quella cartella conservavo
tutte le sue foto. foto rubate da internet conservate in
modo morboso.
Nessuno le doveva vedere. Lì c’era però
anche il suo obbiettivo finale,le foto
dei miei 18anni. Provai con un compromesso.
“E
se ti
aprissi direttamente la cartella del compleanno?” chiesi
speranzosa,sperando
abboccasse. Ma idiota non era.
“Quindi
mi nascondi qualcosa?” chiese accigliato. “Cosa non
devo vedere?”
Lo
guardai torva. Non era possibile che dovessi sentire quelle accuse da
lui.
“Niente.”
Risposi risoluta.
Infine
però la ebbe vinta.
“Oh.
Mio. Dio.” Disse appena vide tutte le sue foto.
“Ecco,contento!
Ora che hai visto la scena del crimine puoi chiudere questa cartella e
aprire
quella che ti interessa?” gli dissi acida. Mi stava facendo
perdere la pazienza
e poi l’imbarazzo provato non aiutava.
“Bè,non
pensavo..”
“Cosa
non pensavi? Che fossi così ossessionata da te?”
l’acidità era udibile,come la
pazienza indomabile.
“No..
che ti piacessi già prima e non me ne fossi
accorto”
“In
che
senso?”
“tu,non
hai reagito come le altre. Sei scappata. Le altre mi aggrediscono.
Pensavo mi
odiassi. Però ora..”
“Ora?”
“Ora
mi
piace” e mi scoccò un bacio sulle labbra.
In auto
Francesca mi aspettava.
Mi avviai
verso di lei. Senza
piangere,senza voglia di ridere. Ridere come quella volta.
“Tu
mi
stai dicendo che fai animazione ai bambini?”
“SI.
E’
quello che sto dicendo,perché?”
“Ma
ti
rendi conto che per quanto sei bassa ti confondi con loro?”
La sua
risata coinvolse anche me. Le botte,il solletico,la voglia di ridere
insieme
quell’ultimo pomeriggio sul mio divano. Io e lui.
Le parole
uscivano piano mentre
Francesca mi chiedeva alcune cose sulla recensione di un libro letto.
Parole
che non volevano uscire perché non era con lui che stavo
parlando. Non dovevo
raccontare a lui della mia vita.
“Pensavo
fossi una stronza quando ci siamo scontrati,sai? E anche un
po’ maleducata..”
disse sorridendo mentre il film comico ci intratteneva in salotto.
Stretti in quelle coperte
calde,abbracciati,ci
eravamo raccontati. Avevamo parlato di noi. ma in particolare io avevo
raccontato di me. Dei miei difetti,dei miei pregi. Impiegai
molto a spiegare perché ero così
terribilmente stronza con tutti.
Quando
terminai il mio discorso contorto e pieno di giustificazioni,inutili
per lui,lo
sentì sorridere.
“Lo
sapevo” disse circondandomi con le sue gambe. Avevo le sue
gambe intorno alla
mia vita,mentre la schiena era poggiata al suo petto.
“Cosa?”
chiesi
“Che
sei
buona,dolce,simpatica,sensibile,adorabile.. non stronza.”
“Bella
Addormentata,siamo a
casa,scendi?”
“Ok..”
dissi piano.
“Hai
una faccia. Su tranquilla
vi vedrete presto..ci sentiamo dopo per la pizza stasera. Peppe ha
detto che
viene a prenderti a casa lui. E comunque tu hai avuto
l’influenza,quindi
assecondami”
“Oh,grazie.”
Non sapevo
che Francesca avesse
trovato una scusa per giustificare la mia assenza in giro. Era un amica
speciale.
“A
più tardi” la salutai
dirigendomi al mio portone. Entrai e mi persi nei miei pensieri,di
nuovo.
“E’
così
inquietante..” sussurrò guardandosi intorno.
Quell’affermazione era familiare.
Tutti quando venivano a trovarmi per la prima volta lo trovavano
inquietante.
“E’
il
legno attorno alle mura. A me fa sentire protetta e non mi
inquieta,forse
perché ci vivo da una vita.” Affermai
sorridendogli.
“Io
invece credo che sia così perché sei diversa da
tutti” Quelle
sue parole mi colpirono. Era la prima
persona a scoprirmi così dopo poco tempo. Mi conoscevo da
così poco e già aveva
capito tutto di me.
“Forse
hai ragione..” sussurrai di rimando. Quel sorriso dolce e
sexy mi colpì al
cuore. Un battito persi in quel momento. Non potrei mai dimenticarlo
perché lui
era l’artefice.
Mi gettai sul
letto e riuscì ad
addormentarmi.
Erano le 3
del pomeriggio quando
mi svegliai per colpa della fame. Non avevo neanche tirato fuori dalla
borsa il
mio cellulare. Andai a prenderlo per controllare le chiamate. Mamma in
genere,quando era libera mi chiamava per accertarsi che fosse tutto ok.
Lo vidi
illuminarsi. C’era un messaggio che risaliva a un paio di ore
prima. Era di
Rob.
Mi manchi
già..sono arrivato a Roma. Ti chiamo da
Vancouver.. un bacio
Mi appoggiai
alla porta e chiusi
forte gli occhi. Una lacrima,seguita da tante altre,iniziò a
bagnarmi il volto.
Il dolore della lontananza mi faceva male. Era un buco nel petto che mi
lasciava senza fiato,perché premeva,forte e mi faceva
boccheggiare.
E’
ciò
che ti fa provare l’amore? E’ questo ciò
che provi quando colui che ami si
allontana da te? Si. Perché io lo amo,perché lui
mi ha dato l’amore,perché lui
mi fa battere il cuore,che pompa,forte e pompa continuamente. Fa male
ora,sanguina,batte forte e sanguina per la sua lontananza ma sono
felice,perché
ora batte forte e mi fa stare male,mi ha fatto stare bene,mi
farà stare bene.
Piango e rido,rido e piango senza rendermene conto. Penso che lo amo e
rido,penso che è lontano e piango. Piango felice,rido
soffrendo.
Ora,seduta
a terra,mentre piango e rido so che lo amo. E solo amando ho scoperto
cosa sia
l’amore. E l’ho capito senza che nessuno me lo
spiegasse. Perché l’amore è un
sentimento così forte che mi ha preso,mi ha cambiata e fatta
sentire come avrei
sempre voluto io.
Questi
pensieri,questa
consapevolezza mi aveva fatta sentire un’altra. Piena di
forte,voglia di
combattere per lui,per noi. tutte le chiacchiere,le parole dette da me
sulla
spiaggia non avevano più importanza. Dovevo fargli capire
che avrei fatto di
tutto per lui,dovevo dirglielo. Lui lo aveva capito prima di me,mi
amava? Lo
aveva capito prima di me? Forse si,o forse no. Non mi importava.
Perché mi
bastava sapere che avrebbe fatto di tutto per me,mi bastava sapere che
io amavo
lui,questo sarebbe bastato.
Feci un
calcolo e mi resi conto che
sarebbe atterrato alle 24. Sicuramente sarò sveglia,pensai.
Guardai
l’ora e mi resi conto
che era tardissimo. Avevo trascorso le ultime ore a dormire e poi a
piangere in
cucina. Mamma rincasò verso e 18e30.
“Ei,ciao. Rob è partito?” mi chiese
tranquilla.
“Si,atterrerà
per le 24.. vado
fuori a mangiare una pizza,ok?” chiesi
“Certo..
ah Ada,posso parlarti
un attimo?”
Mia mamma non
era affatto una
donna prevedibile. Ero certa che avesse capito che tra me e Rob non ci
fosse
solo una semplice amicizia,come sicuramente mio padre si ostinava a
credere,ma
non mi aspettavo che fosse arrivata a scoprire tanto.
“Tu
e Rob state insieme.. bè
ecco,ne sei sicura?” la vidi turbata per quelle
parole,neanche lei forse
credeva a ciò che diceva. Era molto facile leggermi e capire
ciò che provavo e
sicuramente aveva capito che per me Rob non era una cotta
adolescenziale.
Sapeva anche che non mi sarei mai arresa. Capiti i miei sentimenti e
dopo aver
fatto a pugni con la mia coscienza diventavo testarda e sicura di me.
Avrei
affrontato tutto ciò che la vita mi avrebbe riservato. E lei
lo sapeva bene.
“Mamma,io
non lascerò che mi
portino via Rob..” dissi sicura.
“Lo
sapevo.. bè,comunque mi
piace molto.” Sussurrò dolcemente. Sorrisi tra me
e la ringraziai.
Feci
velocemente la doccia e mi
preparai. Indossi un semplice vestitino di lana con vari colori a mezza
gamba e
i pantacollant con gli stivali bassi. Aggiunsi velocemente un cinturone
nero e
gli stivali neri con il giubbotto di pelle e uscì.
La serata
intanto sembrava non
passare mai. Cercavo di non mostrare la mia tristezza e ansia ma era
difficile
mascherare i momenti che passavo a pensare a Rob mentre loro parlavano
con me.
“Ada?
Ci sei?”
“Oh
scusa Dani,dicevi?”
“Niente,solo
che dovresti
lavorare domenica e.. sabato anche,va bene?”
“Ok,certo..con?”
“Peppe,tutte
e due le
animazioni.”
“Siiiiiiiiii”
urlammo così forte
da far voltare l’intero locale verso di noi. eravamo la
coppia di animatori più
folle e unita dell’intera agenzia.
“Ops..”
dicemmo insieme mentre
le risate degli altri riempivano il locale.
“Bè
ragazzi che ne dite di un
bel cornetto?” suggerì Francesco.
Erano le 24
passate e Rob non
aveva ancora chiamato. L’ansia iniziò a farsi
più pressante. Intanto eravamo
arrivati al bar e stavamo mangiando i cornetti ma Rob non aveva ancora
chiamato.
“Ancora
non ha chiamato?”
Francesca capiva tutto al volo.
“No..”
dissi triste. “Ancora
no..”
Ma in quel
momento il telefono
prese a squillare. Senza neanche guardare chi fosse saltai da sopra la
sedia e
mi avviai di corsa verso uno spazio isolato.
“Pronto?”
“Ei,ciao..”
era lui.
“Sei
arrivato?Tutto bene?”
“Si,tutto
bene. Non sono
riuscito a chiamare prima perché i paparazzi mi aspettavano
in aeroporto.”
“Ah..
e come..?”
“Credo
che qualcuno mi abbia
riconosciuto a Roma” era mortificato. Sapevo che anche lui
stesse pensando
quello che pensavo io. E se qualcuno ci avesse visti e fotografati
insieme?
Tutto il mondo lo avrebbe saputo.
“Non
preoccuparti,non importa
Rob. L’importante è che stai bene.”
“Si,io
si. Tu invece?”
“Bene
bene. Sto con gli altri al
bar.. ho appena mangiato un cornetto.” Pensai sorridendo alla
nostra prima
colazione.
“Oh,buoni!
Ma non è tardi per
stare ancora in giro?”
“No
no,tranquillo.” E sorrisi
tra me per le sue attenzioni.
“Comunque
Rob io ho capito una
cosa,non voglio lasciarti andare e lotterò con te!”
“Lo
sapevo”
“Però
ora torniamo a casa.. ci
sentiamo domani?”
“Si,a
domani.”
“Rob?”
dissi prima che
chiudesse.
“Si?”
“Mi
manchi..”
“Anche
tu,tanto. Pensavo una
cosa però..” sapevo che stava sorridendo in quel
momento.
“Cioè?”
ero curiosa.
“Perché
non mi raggiungi a
Londra per le feste di Natale?” rimasi spiazzata. Non mi
aspettavo una proposta
simile.
“Si”
risposi però felice.
Sarebbero state le feste più belle della mia vita,ne ero
sicura.
|
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Capitolo 12 *** Paure e insicurezza ***
Scusatemi per
l’enorme ritardo
nel postare!
Comunque
ragazze ovviamente ecco
a voli il dodicesimo capitolo..spero vi piaccia!Baci
Ada!
Capitolo 12
Ottobre era passato e Novembre
sembrava non giungere mai a termine. Finalmente la data per la mia
partenza era
stata stabilita. Avrei preso l’aereo per Londra alle 13 di
pomeriggio
dall’aeroporto di Roma. Dire che ne ero entusiasta era un
eufemismo. Ero
eccitata,felice e mi sentivo un'altra persona. Il rapporto con Rob era
diventato sempre più importante e intenso. Ogni giorno
appena poteva mi
telefonava. Parlavamo per ore,cercando di colmare la distanza che ci
teneva
lontani.
Era il 9 novembre e Francesca si
era impadronita del mio pc. aveva deciso di pranzare a casa
così da metterci
subito a studiare per una verifica di inglese. Era abbastanza
importante,tanto
da farci organizzare per ripetere insieme.
“Franci dobbiamo studiare,su”
urlai dal corridoio mentre lei si divertiva su face book.
“E dai.. uh uh ma guarda un
po’,visiti ancora il sito di twilight?”chiese
divertita.
“A dire il vero è un po’ che non
ci entro..” dissi riflettendo.
“Eh immagino,hai Rob che ti dice
tutto..” continuò ridendo.
Infatti da quando io e Rob
stavamo insieme avevo evitato di entrare nel forum in cui ero iscritta
o
leggere le varie notizie che stesso Rob mi dava ore prima.
Sentivo però anche di tradire
quelle ragazze che erano diventate mie amiche. Non sapevano di me e Rob
e mi
sentivo una vera str…za quando parlando con loro,dovevo
nascondere tutto.
Entrai in camera e trovai
Francesca immobile davanti al pc.
“Ei,hai visto un fantasma?” le
dissi ridendo.
La vidi sobbalzare e,guardandomi,sbiancare.
“Tesoro,tutto ok?”
“Si..” tentai di avvicinarmi al
pc e capire cosa avesse visto ma mi bloccò chiedendomi di
sedere.
“Ah Franci per
favore,muoviti,non ho tempo da perdere..” dissi sbuffando. Lo
studio ci
chiamava da un pezzo.
“Sono entrata sul sito di
twilightitalia..” disse abbassando lo sguardo.
Quando la spronai a continuare
il mio cuore già batteva forte e l’ansia mi aveva
investita. Sapevo che spesso
ci fossero varie notizie riguardo una presunta storia di Rob e
Kristen,anche
per questo evitavo di leggere.
“ci sono delle foto,di Rob mano
nella mano con lei..” continuò scrutandomi.
Ero immobile,davanti a lei,senza
tentare nemmeno di muovermi e guardare il pc. Mi ero sempre fidata di
Rob,come
se fosse impossibile una cosa del genere,ma nel mio animo sapevo che
lei era
più bella,più in gamba e più simpatica
di me. Apparteneva al suo mondo e poteva
dargli cose che io non potevo. Vidi Francesca avvicinarsi e
abbracciarmi.
Ero comunque immobile,non
sentivo il calore di quell’abbraccio. Mi alzai,la scostai e
vidi le foto. Erano
vicini,lei gli sfiorava la mano. Erano intimi,si vedeva. Nel paragrafo
che
accompagnava la foto c’era scritto che stavano per prendere
l’aereo per Londra
e che non erano consapevoli della presenza del fotografo. Chiusi le
finestre
del pc e lo lasciai acceso.
“Studiamo?”
Francesca mi guardava turbata.
Cercai di convincerla che sarei riuscita a concentrarmi senza problemi.
Acconsentì e iniziammo a prende i libri.
Erano due ore che cercavamo di
ripetere per bene tutta le letteratura inglese,ma sembrava un impresa
impossibile. Decidemmo che una pausa faceva al caso nostro.
Mentre prendevo i succhi di
frutta sentì il telefono squillare. Sapevo chi era. Ignorai
la chiamata e mi
diressi di nuovo in camera.
“Ti ha chiamata già tre volte..”
“Lo so..” dissi indifferente.
“Non puoi..”
“Sono fatti miei” la interruppi
urlando. Mi fermai. Non era colpa sua.
“Scusa..” dissi per poi
scoppiare in un pianto liberatorio.
Presi
il telefono in mano dopo
ore che non lo toccavo. Lo sentivo continuamente vibrare,ma mi mancava
il
coraggio di rispondere.
7chiamate e
3messaggi.
Rob,Rob,Rob.
Guardai la
mia immagine nello
specchio. Occhi gonfi,rossi,ancora pieni di lacrime. Capelli indomabili
come
sempre. Guancie graffiate dalle tante volte che avevo strusciato sulla
lampo
del peluche.
Rob. Schiacciai il pulsante
verde. Uno squillo. Chiusi.
Dopo neanche cinque secondi una
chiamata. Lui,sempre Rob.
Respirai,guardai di nuovo
l’immagine nello specchio e risposi.
“Pronto..” il mio tono di voce
era ancora roco dal pianto.
“Ciao,ma cosa è successo? Mi hai
fatto spaventare.” Disse serio
“Nulla. Ho studiato con
Francesca.” Continuai. Non sapevo se volessi dirgli che
sapevo. Volevo
continuare ad illudermi che nulla fosse successo.
“Ah e il telefono? Avevi il
silenzioso?” continuò,sempre serio. Come se fosse
arrabbiato. Lui.
“No.” dissi solo. Le lacrime
iniziarono a scendere,senza sosta.
“Ada?”
“Mh”
“Cosa succede? Dimmelo.” Era
nervoso,arrabbiato. Ma lo sentivo,era anche spaventato,insicuro del suo
tono.
Come se sapesse che non gli apparteneva.
“Nulla.. nulla”
“Sicura? Per favore..”
“Si,devo andare a dormire. Ci
sentiamo.”
“Domani,ci sentiamo domani.”
Stavo per riattaccare quando mi
chiama.
“Si?” risposi,volevo solo
riattaccare,non chiedevo molto.
“Sei importante..” un
colpo,forte,silenzioso,doloroso.
“Si Rob.. Ciao”
Un mese
dopo..
“Possibile che non riesci a far
entrare tutto in quella valigia?” mia mamma davanti la porta
della mia camera
sembrava disperata. Aveva assistito in silenzio alla mia crisi di
panico. Erano
ore che cercavo di far entrare gli abiti invernali nella valigia a mia
disposizione,ma a quanto pareva era necessario ricorrere ad una piccola
valigia
per le scarpe.
“Mamma secondo me sono le
scarpe..”
“No,decisamente no Ada,sono
tutte le cose che vuoi portarti. Ma scusa è necessario
portare con te tutti
questi vestitini? E tutti questi completi intimi?”
La mia espressione la portò a
correggersi “Scusami, ma non bastano due o tre
vestitini?”
“No mamma,non bastano e non ho
intenzione di togliere i miei completi intimi. So che lo hai
pensato”continuai
“ma questi li metto qui e li metterò anche a
Londra!” avevo il viso sicuramente
rosso dalla rabbia e dalla agitazione. Solo 12 ore e sarei salita su un
aereo
per Londra. Tutto lì sarebbe stato chiarito. In silenzio
avevo aspettano un mese,30giorni,prima
di parlare e di chiarire. Ero fredda con lui e lo aveva capito,non era
stupido.
Tante volte aveva chiesto cosa stesse accadendo,mai gli aveva dato un
risposta.
Dicevo sempre “Nulla”.
Le note di “Never Think”
riempirono la mia camera. Sapevo che fosse lui.
“Pronto” dissi irritata. Mi
stava disturbando e molto.
“Ei, come procedono i
preparativi?” Era contento,ma il mio tono sempre
più freddo lo fece tacere.
“”Male,molto male.”
“Oh,ma vieni,vero?” Era speranza
quella che sentivo? Speranza che io lo raggiungessi?Forse,o forse no.
“Si” risposi.
“Bè qual è il problema?”
“Il problema sta nel fatto che
non va tutto nella valigia. Ecco dove sta il problema. Ti rendi conto?
Non so
proprio come devo fare!” sbottai piagnucolando. Ero nervosa e
le lacrime
minacciavano di uscire.
“Calmati Ada,tranquilla”
“Eh,certo”.
“Va bè,io intanto sono arrivato
a Londra. Ci sentiamo dopo,ok?” Sembrava offeso e irritato.
Andava avanti da un mese. Mi
chiamava sperando che il mio tono fosse meno freddo,più
dolce,ma ogni volta non
era mai così. Stavo male per quel mio comportamento,ma non
riuscivo a
comportarmi diversamente. Non volevo. Sapevo che se mi fossi lasciata
tutto
alle spalle,se avessi fatto finta di niente e lui mi avesse detto che
Kristen
era per lui importante, sarei stata peggio. Ma la cosa che veramente
non riuscivo
ad evitare era raggiungerlo a Londra. Non riuscivo a pensare che quel
viaggio
potesse essere cancellato. Potevo dirgli di no,potevo trovare una
scusa. Ma non
ne avevo il coraggio. Anche se stavo male,se mi sentivo tradita sapevo
anche
che volevo sentire le sue braccia stringermi,sentire le sue labbra
sulle
mie,sentirmi dire che mi voleva,che ero importante. In quel mese lui
aveva
continuato a dirlo,anche se mai aveva sentito la stessa frase uscire
dalle mie
labbra. La cosa che ancora di più mi faceva male era che non
capisse il motivo
del mio comportamento.
Quelle poche ore in auto
sembravano non trascorrere mai. Mio padre e mio zio mi stavano
accompagnando
all’aeroporto di Roma..
Tra le mani il libro di Robert.
“Mansfield Park”.
“Ei lettrice,che leggi?”
“Niente di che zio,un classico
inglese. Voi parlate di politica..” risposi scocciata. Le
loro chiacchierate
riguardavano o il lavoro,che condividevano,oppure la politica,a cui si
interessavano sin da giovani. Mio nonno li aveva sempre costretti a
seguirlo
nei suoi viaggi e nelle sue campagne e così ora si
ritrovavano a continuare
loro il suo operato.
“Eh bè,capita” rispose ridendo.
Sapeva che odiavo quei tipi di discorsi.
Chiusi il libro e mi immersi nei
miei pensieri.
Solo 8 ore e sarei stata a
Londra. Fino ad un mese fa avevo lasciato libero sfogo alla mia
immaginazione
pensando a cosa sarebbe successo durante questa vacanza. Sarei stata
nella sua
città,avrei visto i posti in cui era cresciuto,avrei vissuto
tutto di lui,come
lui aveva vissuto tutto di me. Gli avevo fatto conoscere i miei luoghi
preferiti,gli avevo fatto visitare la mia città,lui avrebbe
fatto lo stesso. Si
sarebbe aperto come io avevo fatto con lui. Avrei toccato con mano il
Robert
che tanto desideravo conoscere. Io avevo conosciuto bene
l’attore,il divo che
scappa per incontrarmi,ma del vecchio Rob,di quel ragazzo che prima,a
detta
sua,non aveva successo con le ragazze,era un buon a nulla,era un
personaggio
dedito solo alla musica e che si era quasi arreso
all’esaudire il suo sogno di
diventare attore non sapevo nulla. Volevo conoscere anche quella parte
di
lui,che sicuramente era ancora parte del suo essere.
Dopo quelle foto tutte queste
immagini le avevo nascoste e rifiutate. Guardai il libro. Lì
dentro avevo messo
una nostra foto scattata nella mia camera. Era bellissimo. Il suo
sorriso
mentre gli stampavo un bacio sulla guancia era dolcissimo. Il pensiero
che
mancava poco e avrei rivisto quel sorriso di nuovo mi faceva battere
forte il
cuore,mentre un coltello però minacciava di colpirlo e
fermare quel battito
incessante. Ero innamorata e non potevo più nasconderlo. Mi
faceva male solo il
pensiero. ma anche quel pensiero era stato nascosto. Ora,più
mi avvicinavo a
lui,più i pensieri nascosti uscivano dal loro nascondiglio
per farmi ricordare
di loro. Erano dolorosi,forse più di prima.
Avevo immaginato addirittura di
donare a lui la parte più preziosa di me. Pensavo che fosse
lui la persona
giusta,lo pensavo ancora,ma volevo negarmi anche questo pensiero.
volevo
salvarmi.
“Siamo arrivati,finalmente!” mio
padre era felicissimo di essere uscito dal traffico che rendeva odiosa
Roma.
“Si..” sussurrai. L’ansia mi
stava travolgendo. Robert aveva chiamato mentre ero in auto e mi aveva
avvisato
che al mio arrivo avrei trovato un suo amico e non lui. Le guardie del
corpo
non lo avrebbero lasciato tornare all’aeroporto e lui
comunque ne era
terrorizzato. Sorrisi della sua paura pensando alla reazione delle
ragazze se
lo avessero visto arrivare all’aeroporto poche ore dopo
esserne uscito. Mi
rabbuiai al pensiero di ciò che avrebbero potuto fare a me
quando avrebbero
scoperto che Rob era lì per me.
“Ti
raccomando Ada,Londra è
grande..” mio zio iniziò il solito discorso. Mia
mamma mi aveva tormentata per
ore quella mattina. Vidi mio padre sorridere complice contento di non
dover
aggiungere altro. Avevano fatto gli altri ciò che lui odiava
fare,le
raccomandazioni.
“Si,zio certo..” lo baciai sulla
guancia e mi avvicinai a papà.
Gli rivolsi uno sguardo
accigliato prima di salutarlo. Gli colpì la testa con uno
schiaffetto.
“Ciao,ci vediamo tramite webcam.
Ti raccomando,non dare fastidio a Vito in continuazione. Per problemi
chiamami.” Lo avrebbe fatto impazzire se la webcam avesse
creato problemi.
“Chiama quando arrivi” disse
sorridendo dandomi un calcio.
“Si si,certo..”
Mi avviai ridendo verso il check
in e infine salii sull’aereo.
“Wow” dissi sorridendo mentre
osservavo l’aeroporto di Londra. Immenso. L’unico
termine che riuscivo a
trovare adatto per quel luogo. Fuori dalle immense finestre si vedeva
una
Londra illuminata dalla luce artificiale dei lampioni,mentre la luce
del sole
si spegneva per cedere spazio alla luce lunare. Era quasi sera.
Cercai di guardarmi intorno per
capire chi fosse l’amico che sarebbe venuto a prendermi. Una
mano sulla spalla
mi fece voltare. Sorrisi davanti alla persona che mi trovai innanzi.
Il cappello e i grandi occhiali
da sole,inutile per quell’ora,nascondevano
l’identità dell’amico di Rob. Per
me,che avevo visto tante volte il suo volto sulle foto,era facile
scoprire chi
fosse.
“Ciao!”
dissi sorridendo.
Mi guardò sorpreso per poi
sorridere e rispondermi “Ciao,Ada”
“Ora andiamo?” disse con un
accento inglese molto marcato. Era una caratteristica che mi
affascinava molto.
Gli inglese avevano un accento molto gentile e sensuale e Rob ne era la
prova.
Guardai di nuovo intorno a me e mi accorsi che quella città
mi aveva fatto
sorridere di nuovo,la sua città.
In auto Londra era splendida. Le
luci le davano un tocco di eleganza,i passanti sembravano venire da un
altro
pianeta. Era diverso dall’Italia,da Roma. Era monotona,ma non
stressante. Piena
di pace,tranquillità,niente in confronto al caos cittadino
italiano. Tom mi
fece parlare molto e pensare pochissimo. Parlammo del più e
del meno. Mi chiese
come avessi conosciuto Rob e cercai di rispondergli cercando di non
ricordare.
Stavo ricominciando a sorridere,volevo farlo ancora un po’.
Ci fermammo davanti ad uno
stabile di circa setto o otto piani. Casa di Tom,lo aveva specificato
lui
durante il viaggio. Scendemmo e scaricammo le mie valigie.
“Scusa se te lo dico,ma hai
portato con te tutta la casa?”
“No,solo l’essenziale..” dissi.
Non c’era noia o fastidio nelle sue parole,né nel
tono usato.
“Oh bè,l’essenziale per te è
l’intero mondo per il sottoscritto” disse con un
cenno affermativo del capo
mentre cercava di non ridermi in faccia. Fui io quella che rise di
quell’affermazione. Tom era come Rob,ora ne avevo la conferma.
Mentre salivamo le scale mi resi
conto che le mie gambe non reggevano più. Il palazzo non era
munito di
ascensore,così ci ritrovammo a salire le valigie a piedi.
Eravamo alla settima
rampa di scale,quando mi girai verso Tom
“Quanto manca ancora?” Ero molto
stanca per il viaggio e non ero abituata a salire le scale a piedi.
Vidi Tom
guardare dietro di me,sorridente.
“Direi che sei arrivata” disse
una voce. Non era stato Tom a parlare,lui era davanti a me e continuava
a
guardare le mie spalle sorridente. Mi voltai immediatamente e trovai il
suo
volto vicino al mio. Si avvicinò vedendomi immobile.
Una ciocca di capelli era
davanti al mio viso. La prese tra le dita e me la sposto.
“Hai tagliato i capelli” disse
serio scrutandomi. Non riuscivo a muovermi,ero sconvolta dai suoi
occhi,da ciò
che lasciavano leggere.
“Si..” sussurrai.
“Stai bene..” continuò. Lo
guardavo. Senza dire nulla. Sentì le sue braccia stringermi
in un abbraccio
forte. Stavo respirando. Di nuovo,tra le sue braccia. Anche se quel suo
abbraccio avrebbe dovuto farmi mancare il respiro tanto era intenso e
forte.
Dopo un eternità,dopo averlo stretto anche io a me,come se
la paura di perderlo
ora fosse più forte,mi allontanai da lui e lo guardai. Era
più bello di quanto
ricordassi. Le labbra rosse,i capelli più corti,la barba di
un paio di giorni. Un
paio di jeans scuri gli fasciavano le bellissime gambe mentre un
maglione nero
gli copriva l’intero torace. Era bellissimo. E quella
bellezza mi faceva male
perché non sapevo se potevo dire che era mia.
“Ehm ragazzi..” Tom sembrava
imbarazzato
“Rob,che dici.. mi aiuti con le
valigie o le porto solo io?”
“E secondo te perché ti ho
chiesto di andare a prenderla in aeroporto?”
“Ma vedi questo idiota” sussurrò
Tom offeso.
Rob scoppiò a ridere. io
continuavo a guardarlo. Quella sua risata quanto mi era mancava.
Troppo. E la
volevo sentire ancora,per sempre.
“Dai Ada vieni,ti faccio vedere
la mia casa..” disse Tom scocciato dalla risata di Rob.
L’appartamento era abbastanza
grande,accogliente,se non fosse stato per il disordine che la
caratterizzava.
Decine di cartoni sistemati qua e là nel salone,mentre
coperte e maglie erano
lasciati sparsi per le stanze,sui divani,sulle sedie della cucina.
Sorrisi di
quel luogo così comune. Mi piaceva anche se la mattina
successiva ci saremmo
dovuti organizzare con le pulizie.
Sentì due braccia stringermi e
una testa poggiarsi sulla mia spalla. Mi irrigidii.
“Sono contento che tu sia qui”
Sorrideva. Un brivido intanto mi attraversò la schiena. Il
cuore batteva,forte.
“Mi sei mancata” continuò vicino
al mio orecchio. “Tanto..” sussurrò
toccando con il labbro il lobo
dell’orecchio. Mi baciò il collo per poi
accarezzarmi la pancia. Un nuovo
brivido percorse i nostri
corpi. La mia
sicurezza stava lasciando posto all’insicurezza di quel
momento. Sentii le sue
mani allacciarsi alle mie e ricordai le foto.
mi spostai da lui, sciogliendo ogni contatto tra i nostri
corpi. Continuavamo
però a guardarci senza riuscire a staccare gli occhi
l’uno dall’altro. Ci
scrutavamo. Lui mi guardava cercando di capire cosa avessi. Lo aveva
capito,aspettava
di vedermi per scoprire cosa mi stesse accadendo.
“Rob la valigia aspetta che noi
la portiamo in camera,pesa e sinceramente voglio posarla subito al suo
posto”
disse guardandomi per provocazione. Decisi di stare al gioco.
“Mamma Tom,sei insopportabile,lo
sai? Se parli ancora te la faccio trovare di nuovo
lì” risposi guardandolo con
gli occhi ridotti a due fessure. Lo vidi far finta di rabbrividire e
poi
scoppiare a ridere.
“Mi piace,Rob,devo proprio
dirtelo. Ci darà filo da torcere la bimba” disse
avviandosi verso una delle
stanze della casa,forse la sua camera da letto.
Sentii Rob ridere. Intanto presi
la borsa poggiata all’ingresso e chiamai i miei genitori.
Tranquillizzai mia
madre dicendole che il viaggio era stato tranquillo e che mi ero
perfino
addormentata. Erano a casa della nonna così salutai tutti
velocemente.
Chiudemmo la chiamata solo quando mi ricordò di salutarle
Rob.
“Cosa hai fatto in questi mese?”
Rob mi aveva attirata di nuovo a se facendomi poggiare il capo sul suo
petto.
“Niente di che..” risposi ovvia.
Da un mese non gli raccontavo più cosa facevo nelle mie
giornate. Prima evitavo
anche i contatti fisici con i miei amici,sapevo che avrebbe potuto
irritarlo.
In quel mese invece avevo ricominciato a comportarmi come prima. Ogni
mio
atteggiamento era come prima che lo conoscessi. Facevo finta di nulla.
Solo due
cose erano cambiate. La sera la trascorrevo a telefono con lui e la
notte
piangevo perché stavo male.
“Non hai niente da aggiungere?”
disse serio.
Alzai il viso per guardarlo
negli occhi.
“No,direi di no.”
“Ok..” spostò lo sguardo.
“Dobbiamo parlare,lo sai?”
“Si.” Risposi.
La stanza in cui eravamo appena
entrati era molto spaziosa. Il letto da una piazza e mezza era al
centro,mentre
una libreria piena di libri lo affiancava. L’armadio,invece
molto ampio era
stato posizionato di fronte al letto. Notai le mie valigie a terra
davanti
all’armadio.
“Questa è la tua stanza”
sussurrò tranquillo Rob.
Rimasi meravigliata da quella
affermazione. Quando eravamo in Italia era difficile per noi separarci
per la
notte. Entrambi avremmo volto dormire insieme,ma non era mai stato
possibile.
“Ah”
risposi a quell’affermazione.
“Allora ti lascio disfare le
valigie,intanto vado a fare una doccia” continuò
dandomi un bacio sulla guancia.
“Ok..” aggiunsi prima che
uscisse.
Mi sedetti sul letto e osservai
per bene la stanza. Mi piaceva e molto,ma mancava qualcosa. Mancava la
sua
presenza. Era inutile mentire. Anche se era arrabbiata con lui,anche se
mi
doveva delle risposte,quella sua richiesta di dormire separati mi aveva
fatta
sentire poco desiderabile.
Disfai pian piano le
valigie,sistemai le mie cose e indossai una tuta.
Avviandomi in cucina notai Tom
davanti alla porta mentre pagava delle pizze.
“Ei,la cena?” dissi sorridendo.
“Si si.. mi aiuti?” disse
porgendomi le pizze.
“Certo” risposi.
In cucina provai ad ordinare un
po’ la tavola prima di poggiarci le pizze e intanto che
aspettavamo Rob lasciai
che i pensieri mi riempissero la mente.
Le pizze era abbastanza buone,ma
il mio stomaco non ne voleva sapere di mangiare. Ero nervosa,agitata.
Pensavo continuamente
a quella situazione.
La voce di Rob mi fece tornare
al presente.
“Ada?Tesoro?” era la prima volta
da quando ero lì che mi chiamava così.
“Si,dimmi..”
“Non mangi più?”
“Oh,no. non ho fame.” Risposi.
“Non ti senti bene? C’è qualcosa
che non va?” lo sentii preoccupato.
“No,no niente.” Risposi cercando
di tranquillizzarlo.
“Sarà lo stress del viaggio
Rob,ricordi come tornavi te a casa?” disse Tom afferrando
anche la mia pizza e
portandosela alla bocca.
“Si,infatti. Sarà quello.”
Risposi tranquilla,mentre dentro di me si facevano spazio paure e
dubbi.
Sapevo molto
bene che Londra
fosse una città molto piovosa,ma non immaginavo che proprio
quella pioggia
potesse essere la causa dell’insonnia. Non avevo mai avuto
paura della pioggia
violenta che si infrange prepotente sui vetri delle
finestre,né tanto meno dei
tuoni che spaventano tanto i bambini con il loro boato,ma quella notte
sembrava
che non riuscissi ad addormentarmi. Ero seduta in mezzo al letto,con le
spalle
poggiate alla testiera e con gli occhi che non accennavano a chiudersi.
Però ci
avrei giurato,sotto i miei occhi erano presenti delle occhiaie. Sapevo
benissimo che la mattina successiva sarebbero state la prova della
notte insonne.
Un forte tuono mi fece sussultare nel letto. Decisi che era il caso di
fare
qualcosa. Avevo contato le pecore,avevo provato a leggere,come tante
volte
facevo per stancare gli occhi e facilitare l’avvento del
sonno,ma nulla,era
impossibile.
Mi alzai dal letto e piano uscì
dalla mia camera. Nella stanza accanto c’era Rob. La osservai
attentamente,senza entrare. Mai come quella notte avevo timore di
entrare e di
guardarlo. Durante la piccola vacanza in Italia,a casa mia,ogni mattina
lo
guardavo dormire per imprimere nella mia memoria il ricordo del suo
volto,il
ricordo di ogni piccolo particolare di lui. Ma proprio quella notte,in
cui
avevo più bisogno di sentirlo vicino,di osservarlo,non avevo
il coraggio di
farlo. Di corsa mi diressi verso la cucina. Aprì il cassetto
e vi trovai solo
del tè,niente camomilla. Intanto l’orologio della
cucina segnava le 3e45.
Un altro tuono,altra pioggia che
sbatteva sulle finestre. La luce dei lampi illuminava delle mani che
sembravano
forzare la finestra,erano lunghe,come quelle di Rob,sembravano violente
a
differenza delle sue. Il buio tornò a farla da padrone,le
mani sparirono,la
paura però era ancora lì,come la consapevolezza
era ancora lontana.
Presi a correre verso le stanze,senza
fermarmi fino alla camera di Rob. Senza accorgermene entrai e lo trovai
dormire
serenamente. Solo io sentivo quei rumori,vedevo quelle mani,che niente
altro
erano che rami. La consapevolezza ora mi apparteneva,in quel momento mi
avvolse.
Una stupida.
La porta era quasi aperta quando
la sua voce mi chiamò.
“Ada”
Sobbalzai,di nuovo.
“Scusa,ero andata a bere e..
bè.. io..bè ecco, ho sbagliato stanza..
Dormi,tranquillo”
Aprii velocemente la porta,ma
prima che uscissi mi richiamò. Mi voltai e lo vidi
sorridermi sereno mentre con
la mano mi invitava ad avvicinarmi.
“Vieni qua..” sussurrò piano.
Quel sussurrò,quelle parole mi
attirarono a lui come calamite.
“Scusa” sussurrai.
“Di cosa?” continuò spostando le
coperte e invitandomi a stendermi con lui.
“Di essere entrata nella
camera.”
“non preoccuparti. Da te lo
facevi sempre..” disse stringendomi a se e portando le mie
gambe tra le sue.
Sorrideva.
“ma tu non volevi che io
venissi..mi hai chiesto di dormire di là” dissi
piano,non sicura che mi avesse
sentita.
“No,Ada. Non è così”
“E allora com’è?” mi ero
voltata
verso di lui e lo guardavo. Volevo sapere e nulla poteva fare per farmi
cambiare idea.
“Io,vedi.. diciamo che non so se
riesco a resisterti. Mi piaci troppo,e non solo intellettualmente.. non
so se
mi sono spiegato” era imbarazzato. Il viso basso per non
guardarmi. Gli alzai
il volto.
“Rob,tu sei attratto da me?”
“Bè,diciamo che il tuo corpo..
mi mette,come dire.. ehm,diciamo a dura prova.” Il suo viso
di nuovo basso.
“Oh”
“Da quando non hai rapporti?”
chiesi a bruciapelo.
“Da un po’ di mesi,ormai..”
“Oh..Rob?”
“Si?”
“Io non l’ho mai fatto”
“Lo so” rispose per poi
stringermi forte.
Le sue labbra incontrarono le
mie in un bacio dolce e sensuale.
Mi allontanai.
“Dobbiamo parlare” disse serio.
“Si”
“Cosa sta succedendo?” sillabò.
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Capitolo 13 *** capitolo 13 ***
Pioveva,ancora. Era silenziosa però questa volta la pioggia. Come i nostri animi. Tranquilla,batteva sui vetri senza violenza. Ancora poco e sarebbe comparso il sole da dietro le nuvole e con se avrebbe portato l’arcobaleno. Sarebbe stato tutto più bello. Amavo la pioggia silenziosa. Adoravo stare a casa,sotto le coperte sul divano con la cioccolata calda tra le gambe,mentre guardavo il film più romantico e strappalacrime che avessero mai ideato. Quel silenzio cupo ma sereno mi piaceva,mi metteva a mio agio. Come la solitudine. Amavo stare sola,con un libro mentre con la mente mi perdevo in quelle pagine ingiallite sfogliate tante volte. Ora però non ero sola. Non avrei più visto quei film su un divano tutto per me,con le coperte che coprivano solo il mio corpo. Avrei avuto anche una cioccolata calda da dividere. Con lui. Ne ero felice,era pazza di felicità.
Lentamente aprii gli occhi. Sentivo sul collo il suo respiro lento,sereno. Dormiva ancora. Non riuscivo a muovermi in quel letto troppo grande per noi due. Eravamo abbracciati,con le gambe incatenate,i corpi stretti. Sentii un brivido sulla spalle quando inspirò più forte. Non indossavo la maglia,ma solo un top corto nero. Avevo avuto caldo durante la notte,così l’avevo pian piano tolta. Il respiro era tornato regolare. Non si era svegliato quindi. Chiusi gli occhi e sorrisi. Pensai alla notte passata. Al nostro temporale subito seguito da un immenso arcobaleno limpido,colorato. Mai avevo provato tante emozioni in così poco tempo. Odio,rabbia,stupore,paura,gioia..
“Io e Kris siamo molto amici..”
“Io non prendo per mano un amico quando stiamo per prendere un aereo!”
“E allora quando?” disse serio e irritato.
“Non.stiamo.parlando.di.me.” sillabai
“Certo” sbuffò
“Rob,perché eravate mano nella mano?”Chiesi per poi continuare “Non ci metto nulla ad anticipare la partenza.” Dissi convinta.
“No.. per favore,no!” sussurrò supplichevole
“Rob?”
“Siamo amici,veramente! Eravamo stanchi,non sapevamo che c’era qualcuno lì che potesse fotografarci. Mi ha preso la mano,amichevolmente.”
“Certo.. Rob?”
“Si..”
“Sei andato a letto con Kris?”
“NO!”
“L’hai mai baciata?”
“Bè lei è la mia co-prota..”
“Rob?”
“Fuori dal set no..”
“Devo crederti?”
“Perché non dovresti? Ada,non starei con te ora. Starei con lei. Io non amo Kris,non provo niente per lei. E lei per me.” I suoi occhi erano sinceri,tanto limpidi da farmi spostare lo sguardo.
“Ei..” sussurrò stringendomi i fianchi
“Ok..” sussurrai.
“Ada?”
“Eh..”
“Credo che mi stia innamorando di te”
“Io lo sono da molto tempo..”
“Cosa?” disse sorridendo malizioso
“Che sono innamorata di te,ovvio!”
“Ciao..” si era svegliato.
“Ciao..” mi girai verso di lui. I suoi occhi. Socchiusi,belli,lucidi. Le labbra splendide. Un po’ arrossate dai continui baci dati durante la notte. Le mie le sentivo gonfie,tutta colpa di quella barba che amavo così tanto. Lo sentii sospirare e guardarmi.
“Vuoi farmi impazzire?” disse ad occhi chiusi,rosso.
“Perché?” chiesi incuriosita.
“La tua maglia..” disse arrossendo.
“Oh.. non te ne sei accorto quando l’ho tolta?”
“No..”
“Ok..”
Arrossii anche io.
“Mi dispiace di averti messo a disagio,ma avevo molto caldo” dissi piano. Provai a prendere la maglia gettata a terra vicino al letto ma lui me lo impedì bloccandomi per i fianchi.
“No,tranquilla.. voglio che resti così” dissi dolce.
Lo abbracciai stretta per poi gettarmi sulle sue labbra. Quelle labbra che tanto avevo desiderato da quando lo avevo visto per la prima volta su una foto. Dolci e sensuali. Belle e semplici. Chi sa quante donne lo avevano desiderato,chi sa quante donne lo avevano avuto. Un brivido attraversò la mie schiena quando le sue mani arrivarono sotto il top per accarezzarmi meglio. Lo sentì respirare velocemente,come me. Quelle mani,quei baci,quei sospiri mi stavano facendo impazzire. Portai le mie mani sotto la sua maglia,per alzarla,quando lui si allontanò dalle mie labbra.
“Scusa..” disse piano.
“Ok..” sussurrai sbuffando. Quel contatto sottratto mi aveva fatto innervosire. Si portò una mano tra i capelli,forse per il nervosismo, e si posizionò a pancia in su. Le mani erano dietro la sua nuca.
“Tutto ok?” sussurrai avvicinandomi a lui e accarezzandogli il petto. Quel gesto lo fece sussultare.
“Si..” disse ad occhi chiusi.
“Rob vedi che tu non sei Edward e io non sono Bella. Mi puoi avere..” risposi stizzita. Cosa pensava che fossi? Una bambina indifesa?
“E’ solo che tu sei ancora..”
“Ancora vergine?” dissi sillabando per poi continuare più piano “Lo sapevo,non ci volevi tu per ricordarlo”
“Dovresti avere paura..” disse guardandomi. Quelle sue parole mi stavano irritando più del dovuto. Gli avevo detto che ero innamorata di lui,sarebbe dovuto bastargli a fargli capire che lui per me era importante e chi gli avrei dato tutto. Ma forse aveva bisogno di una spiegazione più elementare.
“Quale parte della frase ‘sono innamorata di te’ non ti è chiara?”
“Che stai dicendo?!”
“Sto dicendo che per me sei importante e che voglio sia tu l’uomo con cui farò l’amore. Oggi,domani,fra un mese,fra un anno. Ma voglio sia tu. Può succedere oggi o potrà succederà domani a te che cambia? A me nulla e sai perché? Perché sono pazzamente innamorata di te da quando ho letto le tue prime interviste,da quando ti ho visto per la prima volta imbarazzato,da quando ti ho visto portare questa dannata mano tra i capelli” mi fermai per prendergli il viso tra le mani “.. da quando mi hai guardata,toccata,da quando mi hai parlato,da quando mi hai chiesto di fare colazione con te..da quando Robert Thomas Pattinson,sei arrivato in Italia solo per me. E non cambierò idea..” feci una pausa e chiusi gli occhi. Sospirai piano, sciogliendo il contatto tra noi.
Sembrava che i minuti passassero come se fossero stati secondi. Sospiravo piano,ogni quanto non saprei dirlo. Ma solo quando le mie lacrime avevano smesso di bagnarmi il volto quando le sue mani smisero di asciugarmele,sentii la sua voce roca,tesa,ma sincera,piena di amore.
“Io.. ti amo”
Inghiottii tutta la tensione,la paura raccolte fino a quel momento per poi sospirare piano.
“Tesoro,che fai con il mio pc?” Avevo appena fatto una doccia rinfrescante dopo essermi occupata delle pulizie con Tom e Rob. Ci eravamo divertiti molto,però eravamo anche sfiniti. Avevo lasciato Rob in salotto ed ora lo trovavo nella ‘nostra’ camera con il mio pc sulla scrivania. Aveva uno sguardo attento e indagatore,come se stesse osservando chi sa cosa e capire chi sa che.
“Niente.. non posso usarlo?” chiese senza guardarmi.
“Certo che puoi.. ma che guardi?” mi avvicinai piano a lui per capire la causa della sua improvvisa acidità.
Appena vidi ciò che aveva tanto attirato la curiosità di Rob scoppiai a ridere.
“Perché ridi?” chiese serio.
“Per le foto che stai vedendo..” continuai ridendo.
“A me non fanno ridere” disse acido.
Lo fissai strabuzzando gli occhi. Possibile che fosse geloso? Le foto in questione erano state scattate nel cinema la sera in cui andammo a vedere New Moon. Avevamo imitato Edward e Bella durante l’intervallo e c’erano foto che potevano sembrare ambigue.
“Rob..” lo chiamai diventando seria. “stavamo al cinema ed imitavamo te e Kris..” dissi sorridendo. Lo vidi strabuzzare gli occhi e osservare la foto. quando si accorse della posa identica a quella loro nel parcheggio della scuola,mi sorrise imbarazzato.
Mi avvicinai dolce,accarezzandogli una guancia. Quella sua gelosia mi piaceva più del dovuto. Avevo sempre adorato i ragazzi gelosi. Mi piaceva che manifestassero questo tipo di emozione perché dimostravano quanto ci tenessero a me.
Un’idea mi balenò nella mente.
“Rob,vuoi vederle con me? Così conosci i miei amici..” gli proposi sorridente mentre mi faceva accomodare sulle sue gambe.
“Allora.. questi sono Antonella ed Emanuele,li conosco da quando ero piccola. Lei è Francesca,mia carissima amica. Andiamo a scuola insieme..”
“si ricordo..”.
“Ecco,questo che fa finta di baciarmi è Carlo, amico mio da un po’ di anni.” Continuai mostrandogli tutti.
Arrivata alla foto in cui sorridevo abbracciando la locandina che Emanuele mi aveva conservato al negozio iniziò a ridere.
“Vedi,ti abbraccio anche nei poster!” dissi unendomi alla sua risata.
“Sei pazza” continuò ridendo.
Sorrisi anche io. “Pazza,si. Ma di te”
Lo avevo detto con il sorriso e con tanta sincerità.
“Rob?” chiamai mentre davanti la valigia cercavo di scegliere che indossare quella sera. Non sapevo dove saremmo andati,quindi non avevo idee su cosa indossare.
“Dimmi tesoro”
Era appena uscito dalla doccia. Vederlo in accappatoio mi lasciò senza parole. Era bellissimo. La mia mente prese a fantasticare su ciò che nascondeva ai miei occhi. Lo immaginai mentre lo privavo di quel pezzo di spugna lasciandolo nudo. Il suo fisico scolpito,non troppo,ma perfetto per me. Quella V che tanto avevo sognato di toccare quando le foto di Montepulciano girarono tutto il mondo. Quel corpo era mio e potevo averlo. Sentii il mio cuore battere forte,poi una risate provenire da lui.
“Che c’è? non sono un fantasma..” pronunciò continuando a ridere.
Feci due sospiri e poi mi voltai verso la valigia per nascondere le guancie rosse.
“Tesoro.. mi hai chiamato,cosa volevi?” disse una volta smesso di ridere.
“Ecco.. bè volevo sapere dove andiamo.. per..capire che cosa..mettere, ecco!” dissi imbarazzatissima. Ero stata una stupida. Mi ero fatta prendere alla sprovvista e mi ero incantata a guardare il suo bellissimo corpo. A quel pensiero arrossii ancora di più.
“Bè andiamo in un pub,nulla di che!” non mi ero accorta,ma si era avvicinato molto a me. Aveva poggiato le mani sulle mie spalle. Quella sensazione mi fece sentire bene ma tremendamente agitata.
Quando mi girai per avere un contatto più intimo con lui,si irrigidì e si allontanò. Avevo sbagliato,di nuovo.
Il locale sembrava tranquillo. Avevo scelto bene l’abbigliamento. Semplice jeans con tacchi e una camicia sotto il cardigan verde petrolio. Davanti al pub vi erano alcuni amici di Rob. Ragazzi e ragazze. Appena ci videro arrivare iniziarono i fischi e le battutine su Rob. Arrossii quando qualcuno fece notare agli altri la mia presenza. Sapevo che Rob non aveva detto a nessuno di loro di me e questo mi metteva in soggezione. Ci sarebbero state domande e curiosità durante la serata e questo mi avrebbe messo al centro dell’attenzione. Essere la protagonista,anche se con Rob,non mi piaceva come idea.
Sentii la stretta di Rob aumentare quando si accorse del mio imbarazzo.
“Ragazzi lei è Ada.” Disse dopo aver salutato tutti con un abbraccio.
“Piacere” sussurrai piano in inglese.
“Bè Rob,ad essere bella è bella. E anche tanto” prese in giro uno dei ragazzi,mi sembrava fosse colui che si era presentato dicendo di chiamarsi Matt.
“Ei giù le mani” stette al gioco Rob stringendomi a lui. Iniziarono tutti a ridere mentre io arrossivo sempre di più.
La sala era splendida. Gli arredamenti in legno scuro,classica atmosfera londinese con luci soffuse. La musica faceva da sottofondo al rumore dei piatti e bicchieri che venivano usati per il brindisi o semplicemente portati a tavola. Mi venne da sorridere pensando ai tanti pub italiani che si ispiravano a questo. Potevano essere identici,ma l’atmosfera era diversa. Le parole,gli accenti,gli sguardi o anche semplicemente i modi inglesi erano distanti dai nostri.
Eravamo seduti tutti quando un ragazzo prese le ordinazioni. Le ragazze sembravano simpatiche. Una però attirò la mia attenzione,era Nina. La ex di Rob.
Parlava e chiacchierava tranquillamente con tutti,anche con me. Ma il rapporto che aveva con Rob,le sue attenzioni per lui mi infastidivano.
“Allora,tu sei la ragazza che ha conquistato il cuore di Rob..” disse facendo ridere gli altri.
Sorrisi soltanto,sapendo che la mia risposta non avrebbe fatto ridere come la sua affermazione.
Continuavo a guardarla,curiosa di capire. Quando però il locale si riempì e l’aria iniziò a mancarmi decisi di uscire fuori.
“Scusate,vado a fumare una sigaretta..” mi scusai per poi avviarmi fuori.
Vidi Rob sorridermi e continuare a parlare con gli amici. Sapeva che avevo bisogno di aria in questi locali piccoli e pieni di gente.
Nel buio della sera mi persi tra i pensieri. Lei e lui. Erano stati insieme. Avevano fatto l’amore. Lei aveva toccato quel corpo per ancora sconosciuto,inesplorato. Si erano dichiarati il loro amore. Quante volte Rob gli avrà detto ‘Ti amo’. Quel pensiero mi fece male,tanto male.
“Ei ragazza..” Tom.
“Ciao” dissi cercando di sorridergli.
“Tutto ok?” chiese
“Oh si..” risposi cercando di mascherare la rabbia e la gelosia. Non mi piaceva rivelare i miei sentimenti e le mie emozioni.
“Ok.. ma che fumi?” chiese guardando il pacchetto di sigarette.
“Merit.. vuoi provare?”
Lo vidi pensarci su e aprirsi in un sorriso.
“Ok. Vediamo che mi offri” disse prendendo da se la sigaretta.
La assaggiò. “Buona” disse semplicemente aspirando ancora.
Tom era un ragazzo sincero. Un buon amico per Rob. Vedendoli insieme avevo capito quanto fossero legati. Litigavano,si prendevano in giro,ma erano inseparabili. L’uno avrebbe fatto di tutto per l’altro. Sapere che Rob avesse un amico così mi fece sentire bene. avrei fatto di tutto per lui. Avrei dato tutto per lui. Il bisogno di vederlo felice era più forte dell’esigenza di rendere me stessa felice. Mi venne in mente una frase di uso comune,troppo comune forse. “Se lui è felice senza di me,lo sono anche io.” Per me non era così,lo sapevo bene. non potevo essere felice senza di lui. Se era felice senza di me significava che per lui non ero più niente. Che non era vero amore. Perché quando ami una persona veramente,bè,non puoi essere felice senza di lei. Ti senti soffocare,ti senti nulla. Pensi che sia inutile vivere,perché non sarai mai più felice. Se per Rob non ero la persona che voleva amare per sempre allora io avrei sofferto e la felicità per me non ci sarebbe mai stata. Ora capivo veramente Bella. Per lei Edward era tutto. Aria,vita,una famiglia,un futuro. Io ero come lei,perciò la capivo.
“Entro” sussurrai avviandomi verso la porta di entrata.
“Ada” sentii chiamarmi da Tom.
“Si?” lo vidi sorridere,sereno.
“Lui ti ama”
Quella frase mi colpii al cuore. Iniziò a battere veloce e forte. Lo sentivo in tutto il corpo. Vibrava,dolce,come le corde di una chitarra sotto il tocco del suo musicista. Una musica dolce,semplice,ricca di amore e passione. L’amore che provavo per lui. La passione che mi dava lui.
“Lo so” ed entrai nel locale.
“Balli?” sentii chiedermi da Matt quando loro si alzarono per ballare.
Guardai Rob. Lui sicuramente non avrebbe ballato.
“No,Matt” dissi semplicemente. Preferivo restare abbracciata a Rob.
Si allontanò sorridendomi. Li osservai attenta mentre si scatenavano. Al tavolo eravamo rimasti solo noi. Rob sembrava divertirsi anche solo guardando gli amici ballare. Io invece ero la classica ragazza che ama stare in pista,che si divertiva facendo i passi e i movimenti più ridicoli.
“Non ti piace ballare” Non era una domanda.
“No,si vede?” rispose sorridendo. Quel sorriso che adoravo.
“Bè,direi di si.. neanche con me balleresti?” chiesi speranzosa.
“Non ne saresti felice di vedermi ballare” sospirò poggiando il mento sulla mia spalla.
“A me piacerebbe ballare con te..”
“Vieni..” mi prese per mano e mi porto con se.
Ballare con lui era semplicemente divino. Movimenti sensuali,corpi stretti,mani che accarezzavano,bocche che si rincorrevano. Era una danza tutta nostra,la danza dei nostri corpi. il suo petto che premeva sulla schiena,le mani poggiate sui fianchi che si allacciavano sotto il seno per stringermi sempre di più a lui.
“Sembra che Nina non ti sia simpatica?!”
Al tavolo mentre mangiavamo e chiacchieravamo Nina aveva attirato spesso la mia attenzione. Le sue parole,i suoi modi,i suoi racconti mi davano sui nervi. Nessun atteggiamento particolarmente diverso dalle altre nei confronti di Rob,solo lei e i racconti che li vedevano protagonisti con gli altri durante la loro storia. Ero stata sempre una ragazza gelosa,ma questa volta mi sentivo bruciare dentro dalle fiamme della rabbia,mista a gelosia.
“Sembra o ne sei sicuro?” Ero infastidita. Sentii stringermi ancora di più.
“Non vorrei sbagliare risposta..” disse al mio orecchio. Il brivido che mi causò percorse tutta la schiena.
“Non sbaglierai” sussurrai. Poi proseguii “Comunque non mi piace molto.. forse è semplice gelosia..” volevo essere sincera.
“Capisco.. ma non devi esserlo” Le sue mani scesero a percorrere i miei fianchi fino ad arrivare al bordo dei jeans. Iniziai a respirare più velocemente. Il tocco era delicato. Piano aprì il palmo delle mani. Il contatto era diventato forte,desiderato,esasperante. Le labbra rapirono le mie. La musica sembrava svuotare la testa per riempirla di note e sentimenti. Le mie mani presero a stringere spasmodicamente i suoi capelli. I nostri corpi erano stretti tanto da sentire il bisogno di possedere l’altro crescere sempre di più.
“Andiamo a casa” sussurrai sulla sua bocca guardandolo fisso negli occhi.
“Sei..”
“Shh” lo zittii “Rob lasciati andare” |
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