Incontro imprevisto..

di Bella_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Roma,l'inizio del sogno ***
Capitolo 2: *** Fuga.. ***
Capitolo 3: *** Casualità ***
Capitolo 4: *** Colazione per due ***
Capitolo 5: *** Solo noi e le nostre vite ***
Capitolo 6: *** Due cuori a pezzi ***
Capitolo 7: *** Decisioni ***
Capitolo 8: *** Sorpresa inattesa ***
Capitolo 9: *** Avviso! ***
Capitolo 10: *** Io e te,noi! ***
Capitolo 11: *** L'amore non si lascia andare ***
Capitolo 12: *** Paure e insicurezza ***
Capitolo 13: *** capitolo 13 ***



Capitolo 1
*** Roma,l'inizio del sogno ***


Roma. la capitale della nostra bellissima Italia. era la meta del mio viaggio,il primo viaggio da maggiorenne. avevamo pianificato quel viaggio nei minimi particolari,da mesi. le nostre valigie erano pronte,le carte di credito attive,le nostre menti già in viaggio verso la capitale mentre noi eravamo bloccate alla stazione di Salerno. Maledetto meridione, pensai. Ovviamente il treno era in ritardo ed io e le mie amiche in gran fermento. Mariangela,Rosaria,Francesca,Lucia e Maria,pronte per una nuova avventura. Avevamo iniziato a frequentarci al liceo. Stessa classe,IVH. Lucia era la mia compagna di banco,Rosaria l'amica di sempre,Mariangela la compagna di shopping,Francesca la mia confidente,Maria semplicemente la gemella di Francesca. Per noi stare insieme era come routine,un abitudine. Una mattina del mese di gennaio,abbracciate al termosifone della classe,programmammo il viaggio. "Roma" rispondemmo in coro io e Mariangela alla domanda di Ro,"via Condotti" fu la risposta immediata di Maria al "Perchè" curioso di Lucia. Perciò le carte di credito non potevano mancare. Ovviamente erano limitate,avremmo prosciugato in conti in banca dei nostri genitori.
Erano le 11:41. il treno tardava già di 9 minuti,classico. Dovemmo attendere altri 12minuti affinché fosse annunciata la sua partenza. Un abbraccio veloce,un immediato "Certo, Mamma" sussurrato da tutte simultaneamente e un impresa per portare i bagagli sul vagone. Come sempre avevamo esagerato. Otto le valigie in totale. un trolley per ognuno e due borsoni comuni. In questi ultimi vi erano scarpe,in uno, e cibo nell’altro. Era un rito avere la valigia del cibo. Anche per la gita in Grecia fu preparata e non ce ne pentimmo. Il vagone era capiente,ma non abbastanza per noi. ci sistemammo in modo tale da stare comode e da far entrare nel vagone tutte le valigie. Queste erano posizione tra i sedili mentre le noi eravamo sedute come degli indiani. Gambe incrociate. Trovate le posizioni giuste e comode ci dedicammo ai nostri hobby. Io presi il mio libro,New Moon,e mi dedicai alla lettura. Lo avevo letto migliaia di volte,ma non mi stancavo mai. Ro alla vista del libro alzò gli occhi al cielo per poi posare gli occhi sul suo libro triller. Mariangela accese l’i-pod e le gemelle e Lucia si dedicarono al pettegolezzo. Solito di Lucia,aveva conquistato un figo da paura ma ora era insicura. Passava troppo tempo con me e Francesca. Era il nostro solito modo di fare. Conquistare per poi perderci nell’insicurezza. Io perdevo la testa,lo frequentavo e poi capivo che non era come lui. Ma Francesca non aveva ancora capito che il suo cuore era ancora nelle mani del suo ex. Io invece lo avevo affidato a qualcuno che non sapeva neanche che esistessi.
Il nostro treno,un diretto per Roma,fu annunciato alla stazione Termini. Scendemmo soddisfatte guardandoci intorno. Saremmo rimaste lì per una settimana,sole. Senza adulti a proibirci nulla,conoscendo nessuno e con un programma giornaliero alla mano. La mattina dedicata alla scoperta di Roma,che personalmente conoscevo come la mia città. Ogni anno i miei genitori mi portavano lì alla scoperta di monumenti storici. I pomeriggi erano all’insegna dello shopping mentre le sere da trascorrere nei pub più “in”.
“Ragazze ho fame”
“Io voglio un bagno”
“Io voglio quel bonazzo lì fuori..”
“Io..”
“BASTA!” urlai disperata. Tacquero tutte. Mai farmi arrabbiare. Questo il loro divieto.
“andremo prima al bagno,ne abbiamo tutte bisogno suppongo. Poi andremo ad un fast food per prendere qualcosa da mangiare.. per il bonazzo,Mari,non posso farci nulla. Dopo andremo in albergo. Ci sistemeremo e vedremo il da farsi.” Avevo appena salvato me stessa da una crisi di nervi. Stavamo sempre insieme,ma era difficile organizzarci e se non ci fossi io sarebbe difficile organizzare il tutto. Almeno per questo mi erano riconoscenti. Dopo essere uscite dalla stazione ci dirigemmo al Mc Donald’s. le valigie creavano seri problemi così decidemmo di pranzare,con il cibo del fast food,in albergo.
“Ehm ehm ehm..” schiarì la voce Ro.
“Che succede?” disse Mariangela e si voltò dove lo sguardo di Ro era fermo. Tutte guardammo il giovane ragazzo alla hall.
“Ma non sono le hostess ad accogliere gli ospiti alla hall?” pensai scocciata tra me sapendo giò cosa stava per succedere.
“A chi tocca?” disse ridendo Franci.
“Ad Ada,ovvio” A me? Perché a me? Ah ovvio,l’avevo scampata fino a quel momento ed ero rimasta l’unica a non aver..
“Prego” rise Maria della mia faccia.
“ok ok,vado”
Mi voltai per guardare il mio riflesso nelle porte dell’hotel. Guardabile. Sbottonai la camicetta di un bottone e mi recai spavalda alla hall. Il mio compito? Semplicemente sedurre il povero belloccio di turno,farmi invitare a cena e rifiutare. Malefiche.
“salve” dissi togliendo gli occhiali Tom Ford e sorridendo timidamente. Era irresistibile in mio sorriso timido. Diventavo sexy e sensuale quando mi mostravo timida e semplice. Lui mi sorrise maliziosamente e mi chiese il cognome usato per la prenotazione. Gli mostrai il documento e sorridendo,ancora malizioso,disse “maggiorenne da otto giorni,buono a sapersi” lui avrà avuto minimo 24o 25anni. Sorrisi maliziosa al quel commento. Lo avevo conquistato.
Calcolai la cifra in più che avrei avuto da spendere. “50euro per ognuna.. bè 250euro in più per me.. bene bene”. Mi diede le chiavi delle nostre stanze e lanciandogli un occhiolino mi avviai verso l’ascensore con alle spalle,ne ero sicura,cinque amiche sicure di aver perso 50euro. Le camere erano vicine, 207,208,209. ci sistemammo e mangiammo il pranzo nella mia camera. Facemmo una doccia veloce e ci avviammo verso il centro di Roma.
Sulle scale di piazza di Spagna sfilammo come modelle,ridendo come matte e sculettando appositamente. I ragazzi che passavano ci guardavano maliziosi,sorridendoci. Sapevamo di essere carine e facendo attenzione al nostro look sapevamo accentuare la bellezza e la sensualità. Fontana di Trevi era splendida. Sin da quando ero piccola mi lasciva senza fiato. La maestosità e la bellezza mi emozionavano. Ma l’idea della monetina e del desiderio non mi eccitava. Scattai una foto,mentre una ad una, esprimendo il desiderio, gettavano la monetina nella fontana.
Camminavamo tranquillamente quando una libreria attirò la mia attenzione. Avevo dimenticato che mancassero alla mia collezione due romanzi della Austen.
“Ro,coprimi. Devo andare in quella libreria” mi serviva una mano per evitare le lamentele della ragazze. Sapevano che libreria per me significasse perdere minimo trenta minuti tra gli scaffali alla ricerca di un classico ancora non letto.
“Ada,10minuti,non di più.” Mi sussurrò. Poi urlando si rivolse alle altre “Ragazze un baaaaaaaaaar,prendiamoci un caffè.”
“Grazie” le mimai con le labbra mentre mi allontanavo da loro senza essere notata.
La libreria era immensa. Ogni genere aveva una propria sala. Triller,gialli,classici stranieri.. ecco cosa cercavo. Era immenso. Quattro pareti e tanti scaffali colmi di libri. Tutti i classici mondiali. Mi persi leggendo i titoli sussurrando ripetutamente “Mansfield Park..” una mano calda,dalle lunga dita da pianista,mi porsero una copia. “Grazie” sussurrai. Ma poi quando mi accorsi che era vecchia,non nuova come mi aspettavo, mi voltai per avere spiegazioni. Sorridendo mi guardò e sussurrò di rimando “Prego”. Mi immobilizzai. Non per il suo accento inglese o per quella voce familiare,ma per quel sorriso che illuminava il suo volto. La sua voce era roca,bassa,sensuale,dolce,ammaliatrice. Avevo davanti a me lui. L’uomo che riempiva i miei sogni,l’uomo di cui avevo mille poster nella mia camera,l’uomo che mi proibiva di perdermi per qualcuno perché per me c’era solo lui,a lui avevo dato il mio cuore. A quella persona che fino a qualche ora prima pensavo che non fosse a conoscenza neanche della mia esistenza,ma che ora era davanti a me e mi parlava.
“La mia copia è vecchia,ma italiana. Ne cercavo una nuova,ma questo romanzo non lo hanno in questa libreria.” continuava a sorridermi dolce,lui. Robert Thomas Pattinson.

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Capitolo 2
*** Fuga.. ***


Salve ragazze! questo è il secondo capitolo..spero di trovare più recensioni,per il primo capitolo ce n'era solo una. se nn recensite penso che non vi piaccia e smetto di pubblicare!

grazie intanto a _Camillalice_!!

 

 

“Ehm,thanks..” sussurrai rossa in viso. Ma che stavo facendo? Parlavo in inglese quando lui si era rivolto a me in perfetto italiano? Pazza,stupida e tremendamente imbarazzata. Ecco il momento che di più temevo. Quante volte io avevo immaginato un incontro con lui e avevo detto “..se lo vedessi gli salterei addosso” ma in fondo,nel mio animo,dove la mia coscienza sapeva bene cosa avrei fatto, ero tremendamente spaventata da un incontro. Non era lui che mi spaventava,ma il mio imbarazzo. Infatti come sempre, in quel momento feci qualcosa di cui mi sarei pentita a vita.

Non gli diedi neanche il tempo di rispondere,che mi avvia verso le porte della libreria,con ancora in mano la sua copia di Masfield Park. “Ora vado.. ciao e grazie”.

Maledettamente maleducata. Solo questo potevo essere,maledettamente maleducata.

Sapevo che non avrei avuto un’altra possibilità di incontrarlo,di parlargli,di vederlo,semplicemente guardarlo e osservare quegli occhi meravigliosi che si posavano sul mio viso tondo ed imperfetto. Sentirlo sussurrare parole in italiano con quel fantastico accento inglese che lo distingueva dalla massa. Il mio bisogno di tornare indietro in quella maledetta libreria e chiedergli scusa in ginocchio per la mia maleducazione solo per sentire di nuovo quella voce,per vedere quegli occhi. Non mi interessava se avesse rifiutato le mie scuse e mi avesse guardato con occhi pieni di odio. L’importante per me era sentire la sua voce e vedere quegli occhi,nulla di più. Ma non potevo tornare indietro,non era da me. Strinsi tra le mani la copia malconcia di quel libro magnifico e sorrisi. Avevo qualcosa di suo,che lui aveva toccato. Era mio ora. Lo avrei custodito come il più prezioso dei diamanti.

Il bar dove le ragazze mi aspettavano era vicino alla libreria. Lui sapevo che non era ancora uscito da lì,avrebbe potuto vedermi. E lì non avrei saputo cosa fare. Le mie amiche erano sedute ad un tavolino e sorseggiavano il loro caffè con calma,cercando di rilassarsi. Appena m videro arrivare mi guardarono truci.

“Una nuova libreria,pensavi non avessimo capito le tue intenzioni?” disse seria Mariangela. “Per fortuna ci hai impiegato solo 15minuti” e mi sorrisero tutte. Bene nessuna era seriamente incavolata. Avevano bisogno di riposo. Mi accomodai su una sedia dietro Rosaria e iniziai a fumare una sigaretta. Cavolo ero proprio nervosa,la stavo mangiando. Rosaria si accorse del mio nervosismo e incoraggiata dal posto dove mi ero accomodata si girò e mi fissò con sguardo serio.

“Cosa è successo? Sei pallida,sudi,reggi la sigaretta tremando e ne aspiri metà alla volta,è quasi finita”

Grissino! Perché capiva sempre tutto.

“E poi,questa copia di Mansfield Park,così conciata,” e la osservò con sguardo indagatore “chi te l’ha data?”

“Dopo,ti prego,dopo” sussurrai boccheggiando. Era sempre la solita. Io ero tesa e ansiosa e lei mi metteva ancora più ansia addosso. Cavolo,era terribile. Dalla libreria non uscì nessuno,forse era ancora lì,oppure era uscito da una porta secondaria,ma quando arrivò il momento di tornare in albergo,scappai correndo,dicendo che al tabacchino nel vicolo avrei dovuto comprare le sigaretta. Per fortuna Rosaria non sapeva che avevo un pacco intero,appena aperto. Lei già era abbastanza curiosa,ci mancava solo la fuga che la insospettisse ancor di più. Se continuavo così,ero veramente un caso perso.

Mentre camminavano per Roma,stanche della giornata,stabilimmo il programma della serata. Semplice film in camera. Nulla di più. Per fortuna. Non volevo uscire quella sera,preferivo farmi mangiare lentamente dal rimorso. Perché ero scappata dal ragazzo che adoravo,colui che veneravo,colui che mi emozionava e mandava in subbuglio con un sorriso i miei ormoni di adolescente.

Mi sentivo scossa e tesa. Cavolo,non mi avrebbe di certo dimenticata,ma non volevo essere ricordata come una ragazza che era scappata. Le mie amiche continuarono a ridere e scherzare e io mi fece trasportare dalle loro risate. Ci fermammo ad una videoteca per noleggiare un film,e quale scelta migliore se non “Orgoglio e pregiudizio”?.

“Dai ragazze,per una volta,guadiamolo. Se non vi piacerà deciderete per sempre voi i film da vedere. Parola di scout” dissi.

“E’ la prima ed ultima volta,vedi come te lo dico nana” disse Rosaria. “ e poi” si avvicinò al mio orecchio “Dovrai dirmi cosa è successo,io non dimentico”. Non sarei riuscita ad evitarla. Ma come glielo avrei detto? Non mi avrebbe mai creduto,ne ero certa. E poi se lo avesse fatto avrebbe utilizzato aggettivi poco carini nei miei confronti. Già la immagino dirmi.
“Tu che lo vedi nelle foto e smetti di respirare,te lo ritrovi davanti in una città in cui non si sa neanche che stia facendo,lo stesso giorno in cui ci sei tu,e te che fai?scappi? Ada,io lo dico e lo ripeto,sei strana forte”. Che disastro.

Intanto prendemmo la metro e giungemmo all’albergo. Il ragazzo che avevo rimorchiato era ancora lì.

“Povero cucciolo,vedi come lo hai ridotto!” sussurrò ridendo Francesca,mentre Lucia se la rideva. Ero cavoli amari. Questo aveva l’aria di uno che mi avrebbe girato intorno per tutto il mio soggiorno nell’albergo. Ma mica lavorava 24ore su 24?

“Ciao” disse sorridendo. Caspita,era anche molto carino,aveva un bel sorriso,ma mai come.. come lui. Per quanto tempo mi avrebbe tormentato ancora? Bè per sempre.

“Ciao,lavoro ancora?”

“Bè si,sai lavoro dalla mattina alle 8fino alle 16del pomeriggio. Però ci sono giorni,come oggi,in cui faccio doppio turno.” Ottima mossa Ada,pensai. Avevo scoperto orientativamente i suoi orari,però il modo in cui parlò delle tante ore di lavoro mi strinse il cuore. Doveva veramente fare questo lavoro per bisogno.

“Ah capisco..” sussurrai. Non sapevo che dire. Silenzio. Ma fu lui a romperlo.

“Stasera immagino che usciate..” perché questo interessamento? Colpa mia, ovvio.

“No,restiamo qui per un film.. ciao a domani allora.”

“Ciao e buona serata!!” e sorrise dolcemente. Che caro ragazzo che era.

Prese l’ascensore pensammo a cosa poter mangiare. Optammo per una pizza. Vicino all’albergo avevamo visto una bellissima pizzeria di proprietà di napoletani,ottimo. Le prenottammo e ci furono portate in albergo. Le mangiammo affamate e poi mettemmo su il film. Io mi persi nell’800 della Austin. Riuscì a non pensare a Robert,al giorno trascorso,al libro che avevo con me. Mi persi nei personaggi,in Mr Darcy di cui ero pazzamente e segretamente innamorata. In quel suo sguardo,in quelle parole che pronunciò sotto la pioggia,nei suoi occhi e nei suoi sguardi,come se fossi io Elisabeth. E mi addormentai, e sognai. Sognai che il mio Darcy fosse lui,che mi dichiarasse il suo amore. Amore dolce,puro,vero,reale. Amore che ti fa battere il cuore,che ti allontana dal mondo,che ti riempie la testa,il cuore,l’anima.

 

“BUONGIORNO bella addormentata” dieci occhi mi guardavano curiosi e pieni di desiderio,desiderio di sapere. Cavolo Rosaria,la bocca chiusa no eh?

“Ciao,e buonanotte.”

“E no cuccioletta di mamma,tu ora ti svegli e ci dici tutto. Abbiamo capito tutte che ieri c’era qualcosa che non andava,sembrava avessi visto un diavolo. Ma noi da brave amiche,abbiamo aspettato stamattina” Streghe,pensai.

“Cosa volete sapere?” chiesi pensando di poter evitare l’argomento Robert. Mi vergognavo,ma non sapevo cosa raccontargli. Non potevo dirgli cosa avevo fatto. Ora la visione di ieri su Rosaria che mi derideva si fece peggiore,erano tutte a deridermi.

“Tutto.” Dissero all’unisono.

Presi un respiro e raccontai tutto,prendendo anche la vecchia copia di Masfield Park,il suo libro, e mostrandoglielo. Trovai davanti a me,a fine racconto,cinque sguardi diversi. Rosaria arrabbiata,Mariangela euforica,Francesca sconvolta, Maria pensierosa,Lucia sconcertata. Passarono  due minuti,ma nessuna di loro parlava,nessuna si muoveva.

“Tu hai visto Robert Pattinson,ti ha regalato un suo libro e tu sei scappata? Ho capito bene?”

“Si” sussurrai.

“Noi ti sentiamo tutti i giorni parlare di lui,di quanto è bello,di quanto è bravo. Abbiamo visto con te miliardi di volte tutti i suoi film,tutti. Hai seguito attentamente,giorno dopo giorno,le riprese di New Moon,senza mai staccarti da quel pc maledetto. Oggi lo vedi e che fai?scappi? ma sei cogliona vero?? No dimmelo,perché me ne faccio una ragione”

Erano scoppiate. Tutte erano in movimento per la stanza. Ora le loro facce erano uguali,se avessero potuto uccidermi con lo sguardo lo avrebbero fatto. Nessuna di loro adorava lui come me,ma si erano arrese alla mia pazzia. Ma ora forse per loro era troppo. Lucia fu l’unica a non parlare. Sapeva io cosa provavo e sapeva perché di quella reazione. Mi conosceva e sapeva benissimo che ero scappata per colpa del mio imbarazzo.

Mi alzai dal letto,feci una doccia e mi vestì,facendo finta di nulla. Non volevo pensarci ancora,non volevo far capire a loro che ci pensavo. Ma il mio sguardo parlava per me. Il rimorso mi uccide piano piano,lentamente,causandomi sempre più dolore. La mattina,come da programma la trascorremmo al Vaticano. Era immenso. I miei genitori,cattolici praticanti,mi portavano ogni anno alla città del Vaticano e io ogni anno mi perdevo in quel lusso,tra quelle sculture perfette,quegli affreschi invecchiati,ma sempre più affascinanti. Ma uno era il posto che più adoravo. La Scala Santa,nella chiesa di San Giovanni in Laterano. Fu difficile, quel martedì mattina di estate, trovarla aperta ai visitatori. Gli affreschi che circondavano la scala Santa erano splendidi. La rappresentazione della crocifissione in alto,che si presentava agli occhi di coloro che entravano,era un dipinto eccellente,ogni volta che lo vedono mi perdevo in esso e mi emozionavo. Mai in vita mia avevo ammirato tante volte qualcosa,quanto quelle opere perfette. Le mie amiche si persero con me,su quella scala e pregarono. Mai avevo viste loro così coinvolte,tanto che ci emozionammo insieme. Prendemmo dei souvenir per i nostri parenti e ci allontanammo. Pranzammo come il giorno prima al Mc Donald’s e poi ci avviammo per le strade di via Condotti. Migliaia di negozi si presentarono ai nostri occhi. Ero persa davanti la vetrina di Gucci,quando Maria mi spinse dentro. Il vestito in vetrina costava tantissimo,ma quando seppi che con lo sconto lo avrei pagato la metà non me lo lasciai fuggire. Era nero,a metà coscia,sopra,senza bretelle,aderiva perfettamente al seno,scendendo sotto a palloncino. Era magnifico. Lo comprai ed uscì. Tutti i negozi furono saccheggiati,ma io mi limitai a qualche jeans della Meltin Pot. Avevo ancora quattro giorni,non mi andava di spendere tutto quel giorno.

Ci sedemmo ad un bar stremate. Erano le 8 e la giornata secondo le menti malate delle mie amiche non era finita. Volevano andare a ballare. Pazze. Presi un caffè e ci trovammo a parlare della scuola.

“Tesoro,come stai?” Francesca,la mia confidente.

“Bene bene,tranquilla” le risposi sorridendo. Sorriso troppo sforzato,se ne accorse.

“Non direi,sai mentire con le altre,ma non con me. Stasera divertiamoci,domani ci penseremo, ok??”

“Ok,grazie” e le schioccai un bacio.

“Ragazze,pensavo che forse stasera potremmo uscire per le strade di Roma,domani pomeriggio riposarci e domani sera andare in disco,che ne dite?”

“io accetto volentieri,sono stremata.” Mariangela era assonnatissima. Quella notte chi sa che avevano combinato. Come lei accettarono tutte. In albergo ci preparammo. Indossai un semplice vestitino nero,con la scollatura a V e un paio di infradito alla schiava nere,molto carine. Lasciai a capelli sciolti e misi un po’ di matita sugli occhi. Decidemmo di andare a piazza di Spagna,c’era una manifestazione. Trascorremmo la serata tranquillamente,mangiando un enorme coppa di gelato e ridendo insieme. Alle 12e30 tornammo in albergo e ci chiudemmo nelle nostre stanze. Feci una doccia veloce,misi il mio pigiamino,pantaloncino corto e canotta con su disegnato un gattino e mi misi a letto. In camera mia Francesca,appena chiuse gli occhi crollo in un sonno profondo,mentre io,passavano le ore,ma non riuscivo ad addormentarmi. Vidi il cellulare ed erano le 3:34. Scesi dal letto aprì la porta e mi incamminai nei corridoi. Sapevo che le ragazze dormivano,inutile andare da loro. Non era la sera giusta per fare le pazze nelle camere,erano stanchissime. Camminavo e pensavo. Alla vacanza e a lui. A ciò che era successo il giorno prima e al nostro incontro. Alla mia vita e a cosa sarebbe successo se non fossi scappata da lui. Pensai a quanto fossi euforica per quel viaggio a Roma e alla coincidenza di trovare lui lì. Camminavo a testa bassa,senza guardare dove andavo,fin quando non mi scontrai con qualcuno. Urlai prima di cadere a terra. “scusami,io non sapevo dove andavo..” sussurrai. Ero caduta e mi ero fatta male,ma ero io a non aver guardato dove mettevo i piedi.

“Non fa nulla,ma tu sei,sei la ragazza della libreria!” quella voce,quell’accento,quelle parole piene di meraviglia,quelle mani che mi porse per aiutare ad alzarmi. Lui,lui davanti a me,lui che mi parlava,lui che porgeva le sue mani. Stavolta non sarei scappata,era troppo importante per me.

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Capitolo 3
*** Casualità ***


 

Capitolo 3

“Si,sono io.. ciao” e sorrisi. Quel sorriso timido che mi caratterizzava. Ero imbarazzata,tremendamente imbarazzata,ma non sarei scappata. Se lo avessi fatto sarei stata la persona più stupida che esistesse. “Bè sei scappata l’altro pomeriggio..” arrossimmo,insieme. Era tenerissimo. Quegli occhi abbassati,quelle guance colorate di rosso,quelle sue mani tra i capelli che non smettevano di torturarli,quelle labbra un po’ arricciate. Avevo memorizzato ogni suo movimento,ogni suo cambiamento. Avrei voluto ricordare tutto di lui. Perché non era come guardarlo in un film o come guardarlo in un’intervista,ma lo stavo guardando nella realtà. Ero sicura che non era sempre se stesso,neanche durante le interviste,neanche quando faceva quelle battutine assurde,che lo rendevano stupido o impacciato. Neanche quando ammetteva cose imbarazzanti della sua vita,passata e presente. Quando vedi una persona,quando è davanti a te,quando si trova in una situazione non prevista,quella è la vera persona che ti ritrovi davanti. E questo era lui. Il classico ragazzo,bello,sensuale,ma timido,impacciato.

Ci guardavamo,senza dire nulla. Pensavo che fosse il caso di andare via,di chiudermi nella mia stanza. Mi bastava ricordarmi di lui,di quel piccolo momento e mi bastava sapere che non ero scappata. Ma soprattutto mi bastava che lui si ricordasse di me,di Ada.

“Comunque piacere,Ada.”

“Robert,ma chiamami Rob. Ma forse già sai chi sono” e si imporporò di nuovo. Dolcissimo.

“Bè,si certo. Comunque ora andrei,ciao Rob. Notte.” Salutai con la mano avviandomi verso la mia camera.

“A presto” mi salutò restando lì,dove lo avevo lasciato,guardandomi.

La mia camera era silenziosa,quindi Franci dormiva ancora. Bene non ero obbligata a raccontare della fuga notturna e dell’incontro inaspettato. Mi sentivo stanca quando mi poggiai nel letto. Ma non riuscì comunque a prendere sonno. Sapevo che quel pomeriggio non avremmo fatto shopping,sarei potuta tornare in albergo,senza preoccuparmi di perdermi sconti qua e là. Verso le 7,arresami al fatto che non avrei comunque potuto chiudere occhio,mi gettai sotto la doccia. Lavai i capelli e li lasciai asciugare al vento mettendoci solo un po’ di gel,così da dargli volume. Presi una gonna di jeans,un top a fascia nero e le immancabili infradito nere alla schiava e misi un po’ di matita. Erano le 7e40 e Franci ancora dormiva. decisi di svegliarla per farle fare la doccia.

“Franci, tesoro,sveglia..”
“No,mamma lasciami dormire..”
“ Franci non sono mamma e non ti lascio dormire,su pigrona,sveglia,i cornetti ci aspettano.” Parola magica. Saltò dal letto e sbatté con un piedi vicino al comodino. Imbranata,pensai tra me.

“Ahia ahia ahia..” iniziò ad urlare per tutta la stanza saltellando sulle punte. Mi faceva troppo ridere. non riuscì a trattenermi e cominciai a ridere come una pazza. Continuai fin quando non si chiuse in bagno per la doccia,senza degnarmi di uno sguardo. Come se fosse mia la colpa,pensai. Ma poi sorrisi. Le passava subito,quando sarebbe uscita mi avrebbe supplicata di scegliere con lei i vestiti da indossare.

Dopo 10minuti le ragazze ci avvisarono che, non essendo ancora pronta Franci, si sarebbero avviate giù. Non ci impiegammo molto,intanto che lei si vestiva io mi aggiustavo i capelli. Appena pronte andammo a fare colazione. Immaginai di entrare nella sala e trovare lui seduto ad un tavolo a fare colazione e vedendomi arrivare mi salutasse con un sorriso. Ma era impossibile,lui non poteva fare colazione lì. Tanta gente lo avrebbe visto e comunque la mattina prima non era presente. Però sapevo,che nel mio animo,desiderassi potesse succedere. Mentre pensavo non mi ero accorta di trovarmi davanti la sala e che Franci mi osservava preoccupata.

“Tutto ok?” mi chiese.

“Si si,scusa,pensavo..”
“Ho capito,dopo mi racconterai. Ma stanotte perché non eri in camera?Mi sono svegliata e non ti ho trovata.”

Cavolo,cosa avrei detto ora?

“Ada,sai che di me ti puoi fidare vero? Dai ammettilo,che hai fatto con il ragazzo della hall??” e rise.

“Franci ma sei impazzita? Ma che vai a pensare?! Comunque,bè,non ci crederai mai,ma Robert Pattinson alloggia qui. Ieri non riuscivo a dormire e sono uscita dalla stanza per andare a fare un giro. Ero con la testa tra le nuvole,come sempre e mi sono scontrata con lui. Non sono scappata,tranquilla.” Mi guardava paralizzata,con gli occhi fuori dalle orbite,la bocca disegnava una O che stonava con il suo bel visino,e le guance rosse per la notizia sconvolgente. Eh si,la mia amica arrossisce quando si meraviglia.

“Tu.. tu.. tu.. hai un c**o rotto,te ne rendi conto?? Ti rendi conto che Robert Pattinson,il tuo idolo,e quello di migliaia e migliaia di ragazzine eccitate è nel nostro albergo? Ti do altri due giorni per entrare nella sua stanza e farmi sentire urla di piacere,dalla tua bocca,chiaro?”

Non era la mia amica quella che parlava,impossibile. Era più un discorso che avrebbe potuto fare Mariangela o che so,al massimo Lucia,ma non lei. Lei non parlava mai di sesso,non ci ha mai detto esplicitamente di non essere vergine,cercava di sviare sempre il discorso quando io lo introducevo e ora mi diceva quelle cose? Bè,ovviamente ci avevo pensato,ovvio. La prima volta con il mio attore preferito e non con il ragazzo della hall.. certamente,perché lui in questo momento starà pensando come assalirmi la prossima volta che mi vede,divertente proprio Ada,pensai.

“Ada,pianeta terra chiama Ada. Mangia muoviti”

Non mi ero resa conto di essermi seduta e di aver preso tra le mani un cornetto alla marmellata. Lo tenevo davanti la bocca,ma non lo mangiavo.
“Scusate ragazze,pensavo” ma prima che mi chiedessero altro chiesi cosa avremmo fatto quella mattina. Scatenai una guerra all’ultima parola. Tutte volevano andare in posti diversi. Assurdo. Non riuscivano ad organizzarsi mai,mai,mai. Ogni sabato mattina
,quando organizzavamo la serata tra ragazze,si dichiaravano guerra,alla fine intervenivo io e le zittivo con un urlo. Ma in quel momento non era il caso. Non ero in classe con la prof di italiano,che dopo avermi battuto il cinque e aver detto “Tesoro così si fa” iniziava la lezione. No, io ero in un hotel a 5stelle con circa una quarantina di persone a fare colazione nella nostra stessa sala, non potevo urlare. Ma potevo sempre sbattere qualcosa sul tavolo facendo rumore. Giustificazione? Bè,mi è scivolato da mano. Presi il vassoio dove vi era prima i cornetti e sbattei così forte da far girare tutti i componenti di un tavolo vicino. Bè almeno non avevo urlato tirando fuori la parte di me tendente alle scenate napoletane e avevo zittito le mie amiche. E poi un solo tavolo aveva assistito allo spettacolo.

Il pomeriggio verso le 3 decidemmo di fare ritorno all’albergo. La sera avremmo fatto tardi e io volevo riposarmi. Le lasciai sui divanetti a vedere la tv nel salottino del hotel mentre mi avviai verso la mia camera. Desideravo una sola cosa,il letto. Un bel letto comodo su cui dormire. La camera,la 208,era abbastanza spaziosa. Due letti ad una piazza e mezza,richiesti così da noi,dei comodini al lato destro di un legno chiaro. Un armadio molto ampio,utilizzato per gli abiti che in valigia si sarebbero stropicciati,camicie,magliette,vestitini.

Mi distesi sul letto e mi addormentai.

Sognavo lui. Lui che mi baciava,lui che mi accarezzava,che mi coccolava..

Mi svegliai di soprassalto. Cavolo. La fantasia correva troppo. Ero impastata dal sudore. I capelli attaccati alla fronte,le gote rosse fuoco,mi sentivo andare in fiamme,il cuore a mille. Non mi ero accorta che Franci fosse in camera e mi stesse guardando sconcertata.

“Ada,tutto ok?”

“Ehm,si. Un sogno,strano.. nulla di che”

“Bè,ora però fai una doccia e preparati,sono le 8e30 e le ragazze alle 9e30 vogliono uscire”

“Ok,grazie.” Sussurrai distratta.

La doccia mi rilassò. Asciugai i capelli facendoli ricci e indossai un vestitino blu corto a tubino con dei sandali marroni. Portai con me un copri spalle marrone e mi avviai in hall,dove tutte le ragazze mi stavano aspettando. Camminavo a testa bassa,guardando a terra. Cercavo di non guardare,di non soffermarmi davanti a tutte quelle porte per capire quale fosse la sua,in quale di quelle vi fosse un angelo dagli occhi chiari che ti perforavano l’anima. Ero appena arrivata all’ascensore soddisfatta del mio controllo quando mi scontro per la seconda volta con l’uomo che alimenta i miei sogni e riempie la mia testa. A terra,imbarazzata,sento la sua risata,tenue,bassa,sensuale avvicinarsi sempre di più a me.

“Ti aiuto.” Sussurrò piano offrendomi la mano che rimase legata alla mia. Il sorriso ancora disegnato sulla sua bocca,illuminava tutto. Mi sentivo spaesata,terrorizzata e pronta a scappare. Ma,inaspettatamente,per la seconda volta,riuscì a non farlo.

“Scusami,è che.. solo che..”

“Non preoccuparti,non importa. Solo che se continuiamo a scontrarci così...” e rise,rise imbarazzato. Forse notò la mia espressione offesa,forse quella rabbia repressa,anche se era il mio idolo la mia idea di mandarlo a quel paese non era male,fatto sta che arrossì di più.

“Non volevo offenderti,cioè,era per sdrammatizzare.. mi dispiace,veramente” il rossore illuminava ancora di più il colore dei suoi occhi,splendido,sempre.

“No,non fa niente Rob,tranquillo.. sono imbranata io.”

Mi sorrise dolcemente di rimando. Avevano ancora le mani strette,l’una dell’altra.

“No,veramente, scusami,io non..”Come era carino,dolce. Dimenticai che era un attore,dimenticai che ero in ritardo e che le mie amiche mi stessero aspettando,dimenticai che ero in un albergo. Eravamo io e lui,la sua mano calda nella mia che staccando causò dolore al cuore,come se un legame appena stretto fosse rotto bruscamente.
“Veramente,scusami tu per gli scontri” sorrisi. Di quei sorrisi timidi,senza malizia,solo pieni di dolcezza e di gioia.

“Hai da fare stasera?” disse ad un tratto. Lo guardai immobile. Mi stava mica chiedendo se ero impegnata quella sera? E perché? Quella sera tanti perché,nessuna risposta.

“Bè,certo che domanda stupida. Sicuro che hai da fare.” Disse parlando a sé stesso “Sei preparata per un’uscita fuori,certo che hai da fare..” e arrossì di nuovo.

“Veramente stavo andando a ballare.. se vuoi..” lo volevo. Volevo che venisse con me. Anche a costo di prenotare una sala privata e spendere tutti i soldi che avevo per lo shopping. Lui era più importante. Ma non perché volessi stare con Robert Pattinson,l’attore. No,volevo stare con Rob,il ragazzo che era arrossito in 5minuti di conversazione due volte. Che parlava tra se e se ad alta voce. Che mi guardava con quegli occhi da cucciolo indifeso,spaventato da ciò che aveva detto e che ora mi guardava con una strana luce negli occhi.

“Vorrei,ma sai,le ragazze,nessuno sa che sono qui,però vorrei..”

Voleva. Avrebbe voluto. Ma non poteva.

“Però domani potresti venire a fare colazione nella mia stanza.” Sussurrò intimidito. Ma poi continuò “ non posso fare colazione giù,tutti saprebbero di me.” Cercò di giustificarsi. Era tenerissimo.

“Certo,per che ora?”

“Quando ti sveglierai. Non preoccuparti. Farai tardi e non voglio farti svegliare..”non lo feci concludere. Gli dissi che non c’erano problemi. Sarei andata da lui anche senza andare a dormire. Sapevo che,al pensiero che sarei stata con lui la mattina dopo,non avrei dormito.

“Allora alle 9e30? Stanza 215”

“Ok,allora a domani.” Dissi allegra

“A domani” e mi sorrise.

Entrai in ascensore e raggiunse le mie amiche. Quella sera sarei stata la persona più felice del mondo.

 

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Capitolo 4
*** Colazione per due ***



Capitolo 4

“Wow” Le mie uniche parole.

Grazie alle conoscenze di Paolo,mio carissimo amico,mi trovavo davanti al mitico Piper,il locale per eccellenza. Quanti giorni persi a chiacchierare tra amiche sognando un giorno di ballare nella disco più bella e famosa di Roma. Ed ora ci trovavamo lì davanti,a bocca aperta,sapendo che il sogno si stava avverando.

“Bene fanciulle,ecco a voi il mitico Piper” Paolo,il mio idolo. Ci eravamo conosciuti in vacanza l’ anno prima. Io ero con le mie cugine e i loro fidanzati e lui era diventato per quella settimana la mia ancora di salvezza. Era stato sempre con me,giorno e sera,così da non lasciarmi sola in mezzo a tutte coppiette. Quando aveva saputo del mio arrivo a Roma si era sdoppiato in quattro per farci inserire nella lista del figlio di un collega di suo padre,santo uomo Claudio.

“Paolo ti adoro,lo sai?” sussurrai al suo orecchio abbracciandolo e dandogli un piccolo bacio vicino le labbra. A dire il vero in vacanza c’erano stati dei baci,molto poco casti,ma che per nessuno dei due avevano avuto importanza. Era solo colpa di tutte le coppie intorno a noi,dicevamo sorridendo. Ed era vero.

“Per te,tutto” affermò solenne per poi portarmi davanti la porta di ingresso. Trovati i nostri nomi sulla lista di un certo Mauro Spiga,un omone enorme ci fece entrare. Era immenso. Sembrava di essere in paradiso,ma il paradiso dei diavoli,perché quella sera saremmo state delle cattive ragazze,ne ero certa. Le luci intorno all’ immensa sala,la scritta Piper sul bancone dei super alcolici,i divanetti intorno alla sala,le scale che portavano ai piani superiori,la musica a tutto volume,la gente in pista che ballava,si muoveva,ancheggiava,sorrideva,si divertiva. Ma il mio pensiero volò lontano,a lui. A lui che era rinchiuso in una camera d’albergo,a lui che doveva passare inosservato,a lui che voleva uscire,venire a ballare,come un semplice ragazze ventitreenne,lo aveva detto lui. Mi sentivo in colpa,mi sentivo fuori posto,perché il mio posto era lì,a fargli compagnia,a fare compagnia a quel giovane ventitreenne,al giovane Rob.

Mentre mi perdevo nei miei pensieri non mi ero accorta che le mie amiche si erano divise per andare,chi in pista e chi al banco degli alcolici. Un classico delle uscite in disco,ubriacarsi fino a star male. Paolo mi prese per mano e mi trascinò in pista. Quando ballavo con lui ero senza pudore. Lo toccavo,mi strusciavo su di lui,mi facevo toccare,senza problemi. Con lui tutto era concesso,perché con lui nulla era frainteso. Mi strinsi a lui e sfiorai il suo basso ventre. non era la prima volta che mi accorgevo di provocargli certe sensazioni. Ma mai prima di allora avevo desiderato qualcun’altro al suo posto. Paolo era perfetto. Fisico asciutto,muscoloso,occhi color del ghiaccio,labbra piene e sensuali,capelli scuri,alto. Era bello,veramente perfetto. Ma lì,in quel momento volevo lui,l’altro. Non mi soffermai su quei pensieri,mi sarei rovinata la serata e così continuai a ballare,a toccarlo,a desiderarlo. Le sue mani sui miei fianchi mi tenevano stretta al suo corpo,le mie labbra erano sul suo collo. Quel contatto ravvicinato stava avendo gli stessi effetti anche su di me. Piano le bocche si unirono,ci allontanammo dalla pista e ci appartammo. Continuammo,fin quando le sue mani non furono sotto il vestito. Pensai a lui,al suo sguardo,alla sua bocca,alle sue mani,e desiderai lui. Ero desiderosa che quelle mani che mi toccavano fossero sue e non di Paolo,che quel corpo allacciato al mio fosse il suo e lo bramavo con ogni cellula del mio corpo. Mi fermai di colpo.

“Scusami non volevo,Ada.. scusami davvero” disse staccandosi frettolosamente da me. Era colpa mia infondo,non sua. Ma apprezzai,era troppo un bravo ragazzo per me.

“No Paolo,scusami tu. Sono stata io ad esagerare.” Mi giustificai,ma con una bugia. Se non ci fosse stato lui nei miei pensieri avrei continuato senza oppormi. Ma il problema era che lui c’era,ero sicura della sua esistenza e volevo lui. Mi accomodai sui divanetti e mi accoccolai a Paolo. Era strano per me. Sapevo che fino a quel momento non lo avevo mai desiderato così tanto. Ovvio,con le mie amiche parlavo di lui,facevo mille apprezzamenti che a volte erano anche esagerati,ma mai avrei immaginato una cosa così. La serata intanto trascorse tranquilla. Ballai con le mie amiche,bevvi poco,conobbi il dj e anche il ragazzo che ci aveva permesso di entrare al Piper,Mauro. Era simpaticissimo e aveva conquistato con una sola rosa Mariangela.

In albergo tornammo alle 4e45. ero stanchissima. Misi la sveglia per le 8e30,dovevo prepararmi per la colazione e mi stesi sul letto vestita di solo culottes e reggiseno. Dormì poco e soprattutto male. Non sapevo che indossare,che fare,che dire. Non ero sicura di me stessa. E se gli fossi parsa troppo silenziosa,poco estroversa? Sapevo che a lui non piacevano i silenzi,lo avevo letto su delle sue interviste. Sarei riuscita ad aprirmi e a sembrare ciò che sono e non ciò che appaio? Queste domande mi fecero compagnia durante quelle poche ore che mi separavano dal nostro incontro.

8e23. l’orologio del mio cellulare segnalava esattamente le 8e23. e per quelle poche ore dormì si e no 30minuti. Ero stanca,ma non assonnata. Avevo un gran mal di testa e le occhiaia da far spavento. Tolsi la sveglia,non volevo svegliare così presto Francesca e mi avvia in bagno. Ciò che vidi davanti allo specchio era spaventoso. Il trucco era tutto sbavato sul mio viso,le occhiaie incorniciavano i miei occhi rendendoli gonfi,le guance di un rosso accesso mi davano l’aspetto di Haidi. I capelli forse erano l’unica cosa che aveva un senso. Avendo dormito poco non mi ero mossa troppo nel letto e quindi non li avevo troppo in disordine. Feci una doccia,presi le salviette struccarti e mi tolsi tutto quello schifo che avevo dalla faccia. La lavai per bene e lavai i denti. Ordinai i capelli attaccandoli davanti e mi portai davanti alla valigia. Indossai l’intimo e mi persi tra i vestiti che avevo portato con me. La notte non era servita molto,infatti non avevo deciso neanche che indossare. Infine optai per un paio di jeans strettissimi e un top bianco aderente. Indossai i calzini e le converse bianche e controllai l’ora. Erano le 9e16. potevo avviarmi alla sua stanza. Tanto sapevo che avrei aspettato lì davanti minimo 10minuti non sapendo se bussare o andare via. Scrissi un biglietto a franci e uscì dalla stanza. 209. la camera di Lucia e Maria. Stavano sicuramente ancora dormendo. 210..211..212..213..214.. piano,con passo silenzioso,attenta a camminare piano,mentre nella mie testa immaginavo lui dormire tranquillo nel suo letto,come un bimbo. Mi avvicinai. Davanti a me il numero 215 risaltava molto più degli altri. Respirai e controllai l’ora,di nuovo. 8e21. solo cinque minuti erano passati. Respirai,ancora e ancora. Contai i miei respiri accelerati,67. era il momento di bussare. 8e23. Calma,dovevo continuare a respirare. Al centoventitreesimo respiro controllai l’ora,per l’ennesima volta. 8e29. mi feci forza e bussai. Un piccolo “toc,toc” si diffuse nel corridoio silenzioso. Dei passi veloci,affrettati si avvicinarono alla porta e il respiro accelerava sempre più,mannaggia.

“Ciao” non avevo sentito la porta aprirsi impegnata a controllare cuore e respiro. Alzai la testa e trovai lui a due passi da me. Il sorriso magnifico per me. Le labbra distese dolcemente sul suo adorabile viso. La barba un po’ cresciuta,i capelli sempre più disordinati,la maglietta a manica corta aderiva al suo petto perfetto. I pantaloncini fasciavano le sue gambe. Cavolo i pantaloncini,mi voleva morta il ragazzo. Infine fissai i suoi occhi,belli,coinvolgenti e profondi. “Ciao” riuscì a dire.

“Accomodati Ada..” mi disse tranquillo.

“Divertita ieri sera?” diavolo. Proprio di ieri sera dovevamo parlare? Avevo rifiutato Paolo perché desideravo il suo corpo.

“Bè,abbastanza bene” avrei voluto te con me,aggiunsi mentalmente.

“mi fa piacere” sorrise triste. Era evidente che si sentisse in gabbia. Decisi che non volevo apparire timida e introversa,ok,avrei dovuto sdrammatizzare la situazione.

“Allora,la colazione? Sai la fame si fa sentire” e gli feci l’occhiolino.

“oh,certo certo” e sorrise,dolcissimo.

Chiamò la reception e ordinò una colazione completa. Intanto ci accomodammo sul letto della sua stanza e iniziammo a chiacchierare. Gli dissi che non ero di Roma.

“Eboli? Che nome strano..”

“Eh si,è conosciuto per un libro,’Cristo si è fermato ad Eboli’ ”

“Oh,capisco” e fece una faccia buffa. Iniziai a ridere senza riuscire a fermarmi. Era troppo divertente.

“Perché ridi?” ma non riuscì a fermarmi per dargli una risposta. Continuava a guardarmi sconcertato fin quando non si alzò per aprire al cameriere che aveva portato la colazione.

“Ora spero che smetterai per mangiare..” disse sorridendo e mi offrì un cornetto con il miele sopra.

“Si,certo.. ma come..?” dissi meravigliata

“ Cosa?”

“Come sai che mi piace questo cornetto?”

“Bè.. io lo so perché,bè ecco,ho chiesto cosa mangi a colazione..” e arrossì.

“Dici sul serio?”

“Bè ecco,volevo solo che ci fossero tutte cose che ti piacciono,ecco”

“Wow.. cioè,grazie” e arrossì anche io. Era dolce,troppo.

Intanto continuammo a mangiare chiacchierando spensieratamente. Londra,l’America,New York..

“Posso farti una domanda?” chiesi timorosa.

“Certo” disse sorridendo

“Perché sei qui?” dissi velocemente.

“Lavoro,ho un provino in Italia per un film internazionale.”

“Wow..” sussurrai senza rendermene conto.

“Eh si,wow!” disse.

“Scusami è che è strano. Cioè non voglio parlare con te di lavoro non mi interessa,è solo che non so veramente come fare. Cioè,se parlo della tua vita privata puoi pensare che io voglia sapere i fatti tuoi,se parlo di lavoro puoi pensare che sia una tua fan che vuole sapere su quale film dovrà sbavare prossimamente al cinema,parlare di me non mi sembra il caso,ti annoierei troppo.. bè ecco non so veramente che dire. Poi so che non ti piacciono i silenzi,ecco io..”

“Cavolo Ada,fermati” mi disse prendendomi per le spalle.

“Calma e respira prima di tutto. Non preoccuparti.. però penso che tu sia una stupida,io voglio veramente sapere qualcosa di te.”

“Perché??”

“Bè vedi,mi hai incuriosita quel giorno in libreria. Mi hai ossessionata per tutto il tempo. Ti ho vista scappare e non sono abituato a questo. Eri strana,sei strana, sei semplice e sei bella. Non ho mai conosciuto una ragazza strana e bella come te.”

“Oh.. grazie. E comunque sono veramente strana”

“Lo so” disse sorridendo. “Ora posso sapere qualcosa di te?”

“Ok,bè allora.. ho 18anni,frequenterò l’ultimo anno di liceo e bè ecco,non so che dirti..”

Rise a quella mia affermazione,rise di gusto.

“Non ti piace per niente parlare di te.” Continuo ridendo.

“No,preferisco essere scoperta.” Dissi tristemente. Lui non avrebbe potuto mai scoprirmi come avrei voluto. Smise di ridere e sorseggiando il caffè mi guardava curioso,cercando di analizzarmi.

“Mi dai la possibilità di conoscerti? Di scoprirti?” mi disse serio

“Si,se tu farai lo stesso”

“Ok,chiedi e ti sarà data una risposta”

Pensai. Pensai a cosa potessi chiedere e mi venne in mente una cosa.

“Parli italiano. Ma nelle interviste non lo fai mai. Sei stato in Italia,ma hai parlato inglese,perchè? Corso di lingua immediato?”

“No. mia madre lavora nel mondo della moda e parla molte lingue. Da piccolo mi ha incuriosito la lingua italiana e così ho deciso di studiarla. Durante le interviste mi è sempre stato chiesto di parlare solo l’inglese,mai l’italiano.”

“Capisco.. ora dai chiedi tu”

“Perché non ti piace parlare di te?”

“Non lo so. Non mi piace stare al centro dell’attenzione,far sapere a tutti di me. I miei sentimenti,le mie impressioni solo chi mi sa “leggere” riesce a conoscerle,non le saprai mai se pretendi che io te le dica”

“Ok.. strana,sei veramente strana” e rise. E io con lui. Quando qualcuno mi diceva di essere strana io mi arrabbiavo,con lui non ci riuscivo.

Bevevo il mio caffè macchiato e ad un tratto si avvicinò a me,lentamente,mi posò un dito sul naso e se lo portò alla bocca. Ero sporca di schiuma e non me ne ero accorta. “Grazie..” sussurrai imbarazzata.

“Prego” e sorrise dolce. La colazione era finita. Avevamo mangiato di tutto. Ma parlammo di noi,raccontammo di noi,di ciò che eravamo,di ciò che non volevamo essere e ciò che credevano gli altri fossimo. Era spaventato dalle fans,dal mondo che lo circonda,aveva paura di non poter amare veramente,di soffrire. Parlò della sua famiglia,delle sue sorelle,di sua madre,suo padre. Disse che aveva pochi amici,non molti come dicevano tutti,ma gli bastavano. Parlammo di me e scoprì molto più osservandomi che ponendomi delle domande. Si divertì a farmi imbarazzare,era un ottimo osservatore.

“Sei strana Ada,però sei l’unica ad aver scoperto tutto di me in una sola mattinata.. dico sul serio” lo disse in modo solenne. Come se non volesse che io pensassi che stesse scherzando.

Sorrisi dolcemente,non sapendo che dire. Un grazie sarebbe stato fuori luogo,ma un dolce sorriso avrebbe avuto lo stesso significato di mille parole. Ero onorata.

Drin,drin,drin..

“il tuo telefono..”

“oh,si grazie..”

“Pronto?”

“Ca**o,Ada si può sapere dove diamine sei?Sono le 12 passate,mi sveglio e non ti trovo in camera. Vado di corsa dalle altre ma nessuno sa niente. DOVE SEI?” urla Francesca dall’altra parte del telefono. Ma il biglietto?

“Franci ti ho lasciato un biglietto,non lo hai letto?”

“Oh,bè ecco,l’ho appena visto a terra..”

“comunque visto che sai che sono sana e salva,ci vediamo dopo. Ciao” e chiusi.

Robert mi guardava con un sorrisino stampato sul volto. Aveva sentito tutta la conversazione. Che imbarazzo.

“Bè,scusa,ma la mia amica è super imbranata quando si sveglia..” spiegai.

“Non preoccuparti..” poi si portò le dita della mano tra i capelli ed a occhi bassi mi chiese

“Stasera hai impegni?” stavolta non avrei detto NO,non a lui.

“Bè no,che vuoi fare?”

“Pensavo di andare da qualche parte,dove non c’è troppa gente,ovviamente.”

“Ok,allora faccio tutto io.. tu devi solo essere pronto per le 9,ok?”

“Sicura Ada?”

“Rob,non dare fastidio! Ti ho detto per le 9 pronto,non accetto storie,chiaro?” dissi seria. Lo avrei fatto uscire per Roma senza che nessuno se ne accorgesse. Impresa impossibile,ma ce l’avrei fatta,glielo dovevo.

 


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Capitolo 5
*** Solo noi e le nostre vite ***


Wildcat: Bè cara,vedrai subito dove lo porterà Ada.. spero ti piacerà la sorpresa..

Lorena: Grazie mille x i complimenti! Ecco a te il nuovo capitolo,spero ti piacerà e ti coinvolgerà di più..cercherò di postare più spesso,i capitoli sono già pronti!

Saretta: Bè grazie mille per seguire la mia ff e mi fa piacere che ti piaccia,spero che apprezzerai anche questo nuovo capitolo!

 

Un grazie immenso anche per coloro che hanno inserito la ff tra le preferite e le seguite. Un bacione e al prossimo capitolo!

 

Capitolo 5

“Paolo,tesoro,ciao”

“Ciao piccola,dimmi tutto. Successo qualcosa?”

“Oh no no,assolutamente. Però ho bisogno del tuo aiuto. Devo entrare nel Roseto e nel Giardino degli aranci” gli dissi tutto d’un fiato,sicura che capisse. Ma mi sbagliavo.

“Piccola,è sempre aperto,lo sai..” come volevasi dimostrare,non aveva capito nulla
“No,non hai capito. Devo entrarci di sera,quando è chiuso” gli dissi convinta.

“Che cosa? Ma sei impazzita?! Sei maggiorenne,puoi rischiare l’arresto! Non hai mai fatto bravate e ora che sei maggiorenne vuoi essere arrestata?” Ecco. Quando non doveva era il solito “io sono una persona per bene” ma oggi doveva aiutarmi,che volesse o no.

“Paolo,ascoltami. Tua mamma ha una copia di quelle chiavi,ti prego! Solo per una sera. Sarò tua schiava a vita,ma devi aiutarmi. Devo entrare in quei due giardini. Ti prego,ti scongiuro,aiutami..” iniziai a piagnucolare. Mi serviva il suo aiuto e scongiurarlo e dichiararmi schiava a vita poteva essere molto utile.

“Quando?” Evviva!

“Stasera”

“Stasera,stasera,stasera.. tu sei pazza.. ma ti aiuterò! Non farmene pentire!” Ok,ora avevo perso quei pochi neuroni che avevo.

“Grazie,grazie grazie”

 

Erano le 7e30 e stavamo tornando tutte insieme all’albergo. Le ragazze non sapevano nulla della colazione e tanto meno di Robert,Francesca aveva trovato una scusa per giustificare la mia essenza quella mattina.

“Stasera non starai con Paolo,vero?” Francesca mi pose questa domanda appena entrate in camera.
“A dire il vero no. ho deciso di portare Rob in un posto qui a Roma. Paolo mi aiuta.” Mi sorrise e si incamminò verso il bagno.

“Ti raccomando,protezione” la guardai e abbassai subito lo sguardo arrossendo.

“Non ho intenzione neanche di baciarlo se è quello che pensi” le dissi convinta.

“Si si certo. E io dovrei crederti. Ieri hai respinto Paolo per lui e dovrei crederti.. certo!” disse con faccia maliziosa.

“Si,è vero. Però non voglio ricordarlo come colui che mi ha portato a letto. Stamattina quando l’ho conosciuto,quando ho capito un po’ di lui,mi sono resa conto che è speciale. Unico. Che vorrei veramente farmi conoscere,come mi conosci tu. Vorrei che lui solo guadandomi capisca cosa c’è che non va.”

“Ma sai che non può succedere..” disse triste.

“Si,ma voglio sperare.. almeno per stasera.”

“Ada,ti ho visto soffrire tante volte e tante volte ti sono stata accanto. Ma ora,con lui,è diverso. Non farti del male da sola. Ti voglio bene e non voglio vederti soffrire. Fatti conoscere,apriti con lui,se vuoi essere conosciuta. Sappi che non lo vedrai ancora per molto. E questa è la verità” mi abbracciò. Mi voleva bene,veramente come se fossi una sorella. E forse aveva ragione. Non c’era tempo per farmi conoscere da lui,dovevo aprirmi e fargli scoprire ciò che sono.

“Cosa fate invece voi stasera?” dissi per cambiare argomento. Volevo godermi la serata e non mi andava di rattristarmi ancora prima che iniziasse.

“Non so,credo che andremo a ballare.”

“Di nuovo?” dissi sorpresa.

“Certo,noi non ci fermiamo mai..” e risi di gusto. “Ora mi faccio una doccia io,dopo vai te. Le ragazze e io usciamo alle 8e30,non vi vedremo,tranquilla.”

“Grazie Fra”

“Di niente,puffa palindroma.” E ridendo si chiuse in bagno lasciandomi davanti la porta con una smorfia di disapprovazione.

 

Erano le 8e56. avevo appena finito di allacciare le converse. Ero pronta. Jeans stretti scuri e top viola,con una magliettina corta da sotto il seno nera e converse ugualmente viola abbinati alla borsa. Ero pronta. Carina ma semplice e rigorosamente senza tacchi. Non si può mai sapere,avrei potuto avere la necessità di correre e poi volevo essere me stessa e l’abbigliamento semplice ma carino in quel momento mi rappresentava meglio.

Mi avvia verso la camera 215 con il cuore a mille e le gambe molli,ma dovevo farmi coraggio. Avrei cercato di rendere quella serata perfetta. L’aiuto di Paolo era stato indispensabile. Bussai con due colpi alla porta e immediatamente mi ritrovai davanti quel magnifico ragazzo,che semplicemente sorrideva con gli occhi.
“Ciao” disse semplicemente.

“Ciao,sei pronto?”

“Si certo.” Lo vidi soffermarsi sul mio abbigliamento e sorridere.

“Che c’è?” dissi curiosa. Quel sorriso mi preoccupava un po’.

“A dire il vero,pensavo a quanto fossi magnifica e bassa.” E sorrise.

“Oh.. questa è la mia altezza,se non va bene,non so che dirti,altrimenti fattene una ragione” dissi stizzita. Ma vedi un po’ questo qua. Nonostante lo porto in giro e rischio con lui l’arresto,dopo aver dovuto pregare in mille lingue Paolo per più di un favore lui mi diceva “..pensavo a quanto sei bassa”! nessuno doveva permettersi di parlare male della mia altezza. Per me erano tutti troppo alti,io ero quella normale. Ad un certo punto fece un gesto inaspettato. Sarà stato il mo sguardo triste,il mio muso che mi dava un non so che di tenero,ma mi abbracciò e mi sussurrò “Scusa,non volevo offenderti.”

“Non importa..” sussurrai e mi avviai verso le scale di emergenza.

“L’ascensore è lì” mi prese per un braccio cercando di portarmi lì vicino,ma la mia occhiataccia lo fermò.

“Qui porto io te e non tu me,primo. Secondo se usciamo dalla porta principale ci vedranno,così no.”

“Così come?” mi chiese sorpreso.

“Dalle scale di emergenza. Andiamo. Il ragazzo della hall mi ha fatto un favore e ha lasciato la porta d’emergenza aperta. Quando usciremo dovremmo chiuderla noi.” gli dissi convinta.

“Sei diabolica!”

“No semplicemente intelligente..” e sorrisi

“Bè,non avevo dubbi” e ricambiò il sorriso

“unico a pensarlo..” dissi a me stessa,ma lui mi sentì.

“Perché?”

“Cosa?” cercai di fare finta di niente. “Perché sono l’unico a pensarlo” disse cercando di capire. Ma non volevo rispondere.

“Ma no,niente,parlavo tra me” per fortuna dopo questo lui fece cadere lì il discorso.

Come avevo detto a Rob la porta la trovammo aperta e usciti la chiudemmo come mi era stato chiesto. Lo sentì però sussurrare “diabolica” e scoppiai a ridere coinvolgendo anche lui. Trovai per fortuna la macchina di Paolo davanti l’ingresso. Perfetto. Mancava solo un particolare.

“Rob,te guidi,vero??”

“Certo”

“Allora tieni,devi guidare.” Mi guardò stranito. Mi chiese dove avessi preso la macchina e  dopo essersi tranquillizzato sapendo che l’auto era di un mio amico salimmo e accese il motore. Lo feci guidare,cercando di ricordare bene le strade che Paolo mi aveva mostrato quel giorno circa cinque o sei volte,ogni volta mi confondevo o semplicemente dimenticavo la via giusta. Il viaggio fu pieno di chiacchiere che si accavallavano. Passavamo da Rob che mi chiedeva dove stessimo andando a me che lo supplicavo di non confondermi per evitare di sbagliare via. Sarebbe stato impossibile ritornare al punto di partenza. Arrivati davanti al Giardino degli Aranci ci guardammo intorno,e per mia immensa gioia non trovammo nessuno. Le strade erano deserte. Perfetto.

“Scendiamo?!” mi chiese Rob titubante.

“Si!” dissi sicura di me.

Presi le chiavi dalla borsa,e sotto lo sguardo sconvolto di Rob aprì le porte del giardino. Era bellissimo. Gli alberi di arancio erano fantastici,profumati,davano calore alla serata fresca di fine estate. Camminavamo fianco a fianco. In religioso silenzio. Rob ammirava quel paradiso,io lo immaginavo perdersi nel Roseto. Senza nulla togliere al Giardino degli Aranci,ma il Roseto era divino. Una semplice opera d’arte disegnata dalla natura.

Rob mi guardò e sorridendomi mi fece perdere il quel meraviglioso mondo tutto suo. Lo portai vicino ad un albero immenso,al centro del parco e ci sedemmo ai suoi piedi.

“Sai,mi sembra di essere in un sogno..” dissi ad ogni chiusi per paura di svegliarmi.

“E’ tutta opera tua,io dovrei avere paura di svegliarmi. E non voglio” disse triste. Non volevo si intristisse,volevo fosse felice,almeno quella sera con me.

“Non ti sveglierai,non questa sera. Sei con me,facciamo si che il nostro sogno continui,almeno per stasera..”

 

Distesa sul prato umido mi persi nei miei pensieri. Ero lì,con lui,Rob,e mi sentivo bene,felice,completa. Lo guardai di sottecchi e lo vidi sereno,ad occhi chiusi,con un piccolo sorriso pieno di parole. Lo sentivo respirare a pieni polmoni e deliziarsi di quell’odore di aranci che profumava l’aria. In una città come Roma era impossibile respirare aria profumata di natura. Perciò,per me, quei luoghi erano magici. Ti sentivi fuori dal mondo,dalla città,dal caos. Ti sentivi libero,leggero. Sentivi la natura che ti accarezzava la pelle,le guancie. Sentivi il sapore sulla lingua e ti sentivi felice. Ecco perché lo avevo portato lì,volevo aiutarlo,aiutarlo a respirare,a sentirsi libero,a vivere. E sorrisi anch’io,felice di aver fatto qualcosa per lui,felice di averlo reso tale. Voltai il mio sguardo verso di lui e lo vidi osservarmi,ancora sorridente,e mi sentì in paradiso. Cosa avrei dato per vedere quel sorriso ogni giorno,per l’intera vita. Ma quella sera doveva bastarmi,sarebbe bastata a me e sarebbe bastata anche al mio cuore.

“E’ bellissimo qui.. grazie”

“Adoro questo posto. Mi sento libera,fuori dal mondo,senza pensieri. Ogni volta che sono a Roma vengo qui,da sola,per respirare questa aria. Questa settimana però non ne ho avuto la possibilità. Le ragazze non mi lasciavano mai libera. Quella mattina,per andare in libreria,sono dovuta scappare..” dissi imbarazzata. Al ricordo di quella figuraccia mi sentì le guancie infuocate.

“Per fortuna sei scappata..” disse sussurrando. Lo sentì,ma volli far finta di niente. Era meglio per me,per lui,per tutti. Se avessi fatto finta di niente,non avrei sofferto più di tanto. Almeno così pensavo.

Mi stesi di nuovo con gli occhi rivolti al cielo. Mai avevo visto un cielo così stellato,mai avevo sentito la brezza leggera sulla pelle così dolce,leggera,mai ero stata così bene. Anche sapendo che dopo sarei stata male,male per quel piccolo attimo di felicità. Sentì il suo sguardo su di me,ma feci finta di niente. Chiusi gli occhi,respirai e mi alzai. Presi la sua mano e silenziosamente lo condussi fuori da quel paradiso.

Lo avrei portato al Roseto. L’incantevole contrasto tra quel forte profumo di aranci e quella dolce fragranza di rose era ciò che preferivo di quei luoghi. Perciò ogni volta visitavo entrambi. Appena ci soffermammo davanti il cancello per prendere le chiavi notai la faccia sorpresa di Rob.

“Altro giardino,diverso dal precedente. Senti il profumo,senti la sua dolcezza,la sua freschezza?”

Lo vidi chiudere gli occhi,inspirare e parlare con ancora gli occhi socchiusi.

“Rose,tante rose. Giusto?” e alzò un sopracciglio.

“Si” risposi solamente. “Per favore tieni gli occhi chiusi”

Aprì il cancello,lo presi per mano e lo condussi al centro di un arco. Era un arco di rose,tutte colorate,perfette,fresche,dolci. Lo vidi sorridere e sentì stringermi la mano. Mi sentì in paradiso,ma pronta all’inferno. Perché il paradiso non era per me,non era per noi comuni mortali esiliati sulla terra.

“Apri gli occhi,Rob.”

Lo vidi aprire gli occhi,lo vidi sgranarli,lo vidi soffermarsi su ogni piccola parte di quel luogo,lo vidi sorridere,poi ridere,vidi i suoi occhi pieni di emozioni,nuove,mai provate o forse semplicemente emozioni dimenticate o ancora accantonate. Lo vidi sorridermi,dirmi grazie e poi avvicinarsi a me. Lasciare un piccolo,tenero bacio vicino la bocca. Restai impietrita,sommersa dalla paura. Controllai quell’emozioni e gli sorrisi.

“Vedi,questo è un giardino particolare. Per me ovviamente. Da piccola mi portò qui mio nonno. Lo adorava. Ricordo che per motivi di lavoro era sempre qui e ogni volta portava una rosa diversa a mia nonna. Un fine settimana partimmo con lui per una conferenza. Mi portò con lui,voleva condividere il suo segreto con me. Raccogliemmo una rosa e la portammo alla nonna,come sempre. Mentre sceglievamo quale raccogliere mi raccontò una storia. La storia di una farfalla e del principe delle fate. Lui vive qui,il suo regno è questo. Un giorno incontrò un bruco,questo era triste,piangeva e il principe vedendolo così gli si avvicinò e gli chiese cosa avesse.

“Non so trasformarmi in farfalla.. voglio avere le ali,volare come gli altri bruchi,ma non so farlo..” e continuò a piangere. Si disperava. Il principe non sapeva cosa fare. Non poteva usare la sua magia per aiutarlo,avrebbe fatto arrabbiare il re,e non voleva disubbidire. Triste si allontanò e lasciò il bruco nella più completa disperazione. Quella notte non dormì. Il bruco era nei suoi pensieri. La sua disperazione,la sua paura di non poter volare, lo aveva toccato nell’animo. Voleva aiutarlo,ma non sapeva come. La notte trascorse e il mattino successivo svolse il suo lavoro. Controllò che tutte le rose fossero sbocciate,fossero perfette,profumate. Però,senza accorgersene,oppure perché il suo istinto lo portò lì,sentì di nuovo il bruco piangere,ancora disperato. Si avvicinò a lui e lì capì come aiutarlo.

“Bruco,amico mio. ascoltami. Tu volerai,ma solo se lo vorrai. Dovrai impegnarti,crescere,affrontare le difficoltà,combattere e non piangere mai,ma sorridere sempre. Perché sorridere aiuta a non essere tristi e ad affrontare la vita come viene. Tu volerai,sarai una farfalla bella,splendente e tutti ti ammireranno. Non perché sai volare,ma perché sorridi,perché voli sorridendo. Impegnati e vedrai che ce la farai.”

Il bruco lo guardò,smise di piangere e per la prima volta sorrise.

Da quel giorno si impegnò,maturò e sorrise,sorrise tutto il tempo. Anche quando non riusciva a volare come le altre farfalle e cadeva,cadeva sui petali di rose. Imparò a volare come le altre,ma splendette più di loro,perché sorrideva.”

Ci eravamo seduti su una panchina,non mi ero resa conto che come il bruco piangevo,ma al contempo sorridevo. Al ricordo del mio adorato nonno,al ricordo di quella giornata e delle volte che quel posto mi aveva visto piangere per lui,per la sua lontananza. Era andato via,ma mi aveva detto di sorridere,sempre. 

Robert mi guardava,sorpreso,aveva capito.

“Tuo nonno,è andato via?”

“Si” sussurrai.

“Mi dispiace. Vorrei dirti che ti capisco,ma mentirei. Non so cosa significa perdere qualcuno,so solo che sto male se ti vedo piangere,sto bene se ti vedo sorridere. E stasera con te voglio stare bene,quindi non piangere,sorridi,fai come la farfalla. Cresci,matura e sorridi,sempre. Anche quando soffri,anche quando il mondo ti prende a calci,anche quando vorresti solo piangere. Sorridi Ada,perché se lo fai tu,lo faccio anche io. Anche lontano da te lo farò. Sarai sempre colei che mi ha fatto sorridere quando non riuscivo più a farlo veramente.” Lo abbracciai teneramente. Volevo stare stretta a lui,solo per quella sera.

Parlammo,parlammo per tanto tempo. Lui mi disse tutto di lui. Raccontò di sé,di ogni piccolo dettaglio dimenticato a colazione. Ora conoscevo ogni particolare di Robert e della sua vita. Io mi aprì,dissi tutto di me. Gli raccontai della mia infanzia difficile,della separazione da mio nonno,di ciò che avevo vissuto e visto alla tenera età di 10anni. Come io sapevo tutto di lui,ora lui sapeva tutto di me.

“Mi hai raccontato la tua vita privata in ogni particolare,perché? Sono un estraneo”

“Non lo so. Ho iniziato a parlare e non mi sono più fermata. Non sei un estraneo Rob,sai tutto di me,ricordi? Tu mi hai fatto sorridere,mi hai reso felice. Ecco perché. Io da tempo non sorridevo veramente.” Dissi piano.

“Come me..” sussurrò subito dopo. Appoggiai la testa sulla sua spalla e mi beai,ad occhi chiusi, di quel profumo.

Erano le 3e30 quando rientrammo in albergo. Quando mi resi finalmente conto che era finita, mi sentì male. Lo stomaco si strinse e il respiro mi si mozzò in gola. Mi tremavano le mani e gli occhi mi pizzicavano. Mi feci forza e davanti la sua stanza mi preparai al saluto.

“Grazie,veramente” disse serio.

“Prego,lo sai,l’ho fatto con immenso piacere” risposi con voce mal ferma. Lo vidi farsi pensieroso,poggiarmi il palmo della mano sulla guancia e avvicinarsi lentamente a me. Tutto scomparve. C’erano solo lui,i suoi occhi e le sue labbra. Era una tentazione. Il mio autocontrollo scomparve,avrei sofferto,non importava. La distanza diventava man mano più breve,ancora nulla intorno a me. Solo lui. Pochi centimetri e le nostre labbra si sarebbe sfiorate,ancora nulla. Sempre e solo lui. Poi quel tocco,leggero,mi fece sussultare. Tutto prese il proprio posto. La paura tornò,il dolore ricomparve,i contorni,il colore delle pareti,tutto.

“No,Rob.. io.. Notte” e scappai. Scappai piangendo. La stanza sembrava lontana,ma la raggiunsi. Non ricordo più nulla,solo il letto e un cuscino bagnato dalle lacrime.

 

 

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Capitolo 6
*** Due cuori a pezzi ***


Recensioni:

Sognatricecoipiediperterra: tesoro si,l’ho continuata e ci sn altri capitolo che aspettano di essere pubblicati.. mi dispiace non poter pubblicare spesso però,il tempo mi manca! Cmq grazie,se vuoi altri capitoli significa che ti piacee e questo mi fa tnt piacere =)

 

Saretta_trilly_. Sei la prima ke mi dice k Ada ha fatto bene a scappare. Lei odia perdere,anche quello che non è ancora suo. Lo scoprirai pian piano nella storia! È forte,molto,ma ha dei punti deboli che la fanno crollare. =)

 

Lazzari: ecco a te il nuovo capitolo. Te come Saretta hai capito cosa prova Ada.. bè l’osservazione che ho fatto con lei vale anche per la tua recensione. Odia perdere anche ciò che ancora non ha! =)

 

Per la storia del bruco mi fa piacere che sia piaciuta a tutte! Sono felicissima di tutte le vostre recensioni! Vi prometto che tra domani e dopo dmn pubblicherò ancora!

 

 

Capitolo 5

Sentì due braccia cingermi la vita da dietro e un respiro sul collo. Ero abbracciata a due persone. Aprì lentamente gli occhi e mi trovai faccia a faccia con Francesca. Dormiva serena,con la bocca socchiusa,le gote arrossate e le braccia supine. Era appoggiata a me e il suo respiro mi solleticava il collo. Le braccia che mi cingevano la vita erano quelle di Lucia. Il suo respiro era lento,dormiva anche lei. Non mi mossi per non svegliarle ma cercai di capire perché fossero entrambe nel mio letto. Guardai la sveglia,segnava le 8e13. Era presto. Mi sentì gli occhi pizzicare quando mi accorsi del cuscino bagnato. Ricordavo anche perché avevo pianto,ma non ricordavo niente di cosa fosse successo dopo essere entrata nella stanza. Sentì Francesca sospirare e alzando lo sguardo scontrai i miei occhi con i suoi. Sospirò di nuovo e mi accarezzò una guancia.

“Mi dispiace..” nessuna domanda. Da i suoi occhi nessun cenno di curiosità. Era lì,per me,per starmi vicina. Le lacrime scorrevano senza violenza,con rassegnazione lungo le mie guancie. Sorrisi dolcemente,senza sentimento. Mi alzai e mi avviai verso il bagno per una doccia.

 

“Fra” dissi sussurrando “vado da Monica,mi aspetta. Ci vediamo alle 3 in centro..” continuai guardando a terra. Mi sentivo un insetto,così piccolo da poter essere ucciso con un solo sguardo. Avevo appuntamento con Monica,non ci eravamo mai viste,e non volevo rinunciare a incontrarla.

Uscì udendo la risposta affermativa di Francesca evitando di alzare il volto. L’ascensore era silenziosa,i miei pensieri non mi permettevano di udire nulla,erano chiassosi. Le immagini era migliaia e sempre più nitide,come se il loro scopo fosse continuare a gettare sale sulla ferita aperta. Guardai l’ora,erano le 11e45. velocemente presi la metro,avrei fatto di sicuro tardi. Monica mi aspettava fuori dalla stazione,non voleva che mi avventurassi sola per Roma,così era venuta a prendermi lì.

“Amoreeeee” sentì urlare e davanti a me trovai la ragazza più pazza di Roma. Le saltai addosso e le baciai le guancie. Era così bello poterla abbracciare.

“Ciao,come stai Mò?” le dissi sorridendo.

“Bene bene,come sempre. Te invece,c’hai na faccia malaticcia” e mi scrutò.

Le occhiaie non mi avevano abbandonata. Avevo usato un bel po’ di correttore,senza risultati soddisfacenti.

“Sto bene,tranquilla. Ho fatto tardi ieri sera e ho dormito poco.” Provai a sorridere.

“Ok allora andiamo.. dove mangiamo? Sai non so riuscita a fa colazione e così devo magnà qualcosa.. che dici di un Mc Donald’s? Ne ho tanta voglia..” Monica era così,felice e sorridente anche davanti ai problemi,e lei ne aveva abbastanza. Adoravo chattare con lei e prenderla in giro,ma quel giorno sembrava che nulla mi interessasse,nulla riuscisse ad attirare la mia attenzione. Neanche il panino ricco di grassi del Mc Donald’s riuscì a distrarmi.

“Ada,ma che c’hai? Ti conosco bene e so perfettamente che ora non sei te”

Mi sentivo male in quel momento. La stavo facendo sentire a disagio e stavo rendendo triste anche la sua giornata. Mi guardava come se fossi veramente un'altra persona,io mi sentivo in quel momento un'altra. Neanche davanti alle difficoltà ed hai momenti più tristi ero così. C’era sempre qualcosa che riusciva a distrarmi o che mi facesse sorridere anche per un solo attimo. Monica era una di quelle persone che ogni volta mi portava il sorriso. Bastava prendere il telefono di casa e chiamarla. Il suo accento romano,le sue battute poco eleganti,il suo modo di raccontare le cose più disastrose rendendole buffe e divertenti, mi facevano dimenticare la causa della mia tristezza o del mio dolore e farmi ridere come mai avevo fatto. Quel giorno però non ci riusciva. Durante la passeggiata che ci aveva portate al Mc Donald’s aveva detto le cose più insensate e pazze che avessi mai sentito. Aveva raccontato un sacco di aneddoti sulle serate trascorse a casa di amici,ma queste bastarono solo a farmi sforzare per un sorriso forzato. Mi sentivo cattiva.

“No,veramente tesoro. Tranquilla. Comunque mi stavi raccontando di ieri sera..Che hai fatto a casa sua?!Confessa!”

Stavo cercando di tirarmi su,di non rovinare anche a lei quella giornata. Mi sentivo di tradirla non dicendole nulla di lui,infondo era anche lei una sua fan,ma non era il caso. Avrei tradito lui dicendo a qualcun’altro che lui era lì a Roma. Stavo male per lui,ma ne ero pazzamente cotta e non avrei mai fatto qualcosa che lo avrebbe messo nei guai. Monica forse non avrebbe fatto nulla,non lo avrebbe cercato,ma non potevo rischiare. Glielo dovevo. Mi aveva dato tanto,anche se aveva rubato il mio cuore,ma non potevo. Continuammo a chiacchierare e mangiare fin quando non ci separammo. Raggiunsi le ragazze in centro e iniziò la caccia ai vestiti. Anche in quel momento,davanti all’ilarità delle ragazze,riuscì a distrarmi e a divertirmi. 

Un negozietto piccolino ma molto cario attirò la nostra attenzione. Vendeva soggettisti orientale e quant’altro. Adoravo questo genere di cose. Mi catapulta lì dentro e iniziai a prendere tutto ciò che potesse andare bene nella mia cameretta. Non avevo notato però che Maria era uscita fuori dal negozio per parlare al telefono. Mi voltai verso l’ingresso e la vidi immobilizzarsi e voltarsi di scatto. Cattive notizie. I occhi erano pieni di lacrime e il suo sguardo pieno di dolore. Il mio cuore si fermò. Non poteva essere. Doveva andare tutto bene. Era immobile,pietrificata dal terrore. Cosa poteva mai essere successo? Vidi Francesca correre ad abbracciare sua sorella e chiederle cosa fosse successo. Mi accorsi in fine di essermi avvicinata con le altre e quando sentì il debole sussurrò pronunciato da Maria tornai al mondo reale. I miei problemi dovevano scomparire,da quel momento. Federico aveva avuto un incidente. Era ricoverato al San Leonardo di Salerno in condizioni gravi. Solo questo sapevamo. Solo questo bastò per farci scappare da Roma,per farmi scappare dalla causa del mio dolore. Lui ora doveva uscire dai miei pensieri. Non c’era spazio per lui,doveva bastargli aver occupato tutto il mio cuore.

Le valigie sembravano non essere più capienti,la nostra ansia sembrava aumentare ad ogni minuti che passava e i nostri cellulari, che non smettevano di squillare, sembravano chiedere una pace che non avrebbero mai trovato. Avevamo poco più di mezz’ora per raggiungere la stazione,ritirare i biglietti e prendere il treno. La corsa fu stressante e senza fine. Sembrava non corressimo abbastanza.

 

Robert

Sembravo uno squilibrato. Sdraiato sul letto con le gambe e le braccia aperte cercando di respirare senza affannarmi. Le finestre aperte,il sole caldo,le lenzuola stropicciate a causa della notte insonne e il soffitto bianco mi distraevano dai miei pensieri. Pensieri ingarbugliati,piedi di domande senza risposte e di azioni senza senso. Non riuscivo a pentirmene. Non riuscivo a trovare una motivazione per quell’azione insensata. Volevo farlo,lo avrei rifatto se fossi potuto tornare indietro,ma lei mi aveva respinto e lo avrebbe fatto di nuovo,ne ero sicuro. Ma nno sapevo darmi una spiegazione. Non sapevo perché ero desideroso di sfiorarle le labbra,di sentirla accarezzarmi. Il suono del mio telefono mi fece alzare e mi condusse verso i pantaloni poggiati sulla poltrona. Era il mio manager.

“Pronto?”

“Rob,preparati passo a prenderti fra un ora. Passeremo per la porta secondaria,quella di emergenza. Quindi tranquillo,niente pericoli.  A dopo.”

“Ok..” sussurrai al ricordo di quando ero uscito da quella porta. Sembrava essere passato tanto tempo.

Feci una doccia e velocemente mi vestì. Prima di andare dovevo fare un’altra cosa. Mi affacciai alla porta e controllai che sul piano non ci fosse nessuno. Velocemente mi avvicinai e mi fermai davanti alla porta. Numero 208. quel numero mi metteva paura.

Bussai. Una volta. Nessuna risposta.

Bussai una seconda volta. Nessuna risposta.

Bussai incessantemente. Doveva sentirmi,ma niente. Per la terza volta il silenzio il silenzio inondò la mia mente,per la prima volta il nulla inondò il mio cuore.

 

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Capitolo 7
*** Decisioni ***


Recensioni.

Saretta: tranquilla tranquilla,ti dico solo leggi e vedrai!

Lazzari: grazie mille per i mille complimenti che mi fai!sono felice che ti sia piaciuto il capitolo!

Ilary: grazie mille Ilary,sono felice che ti piaccia!

Sognatriceconipiediperterra: tesoro grazie per i complimenti!questo è un capitolo abbastanza breve però che chiarisce un po’ di cose!

 

Un bacio a tutte!

 

Capitolo 7

Settembre trascorse portando con se le lacrime per la scomparsa di Federico. Il vento freddo dei primi di ottobre mi scompiglio i capelli,riordinando i miei pensieri. Non mi ero accorta che Francesca mi stesse strattonando un braccio.

“Il treno” disse decisa con sguardo grave. Sapevo cosa pensava di tutta questa situazione. Era l’unica a sapere che stavo così non solo per la perdita di un mio caro amico. Il mio comportamento la irritava,ma sapevo che non mi avrebbe mai rimproverata,sapeva bene ciò che provavo. La mancata voglia di divertirmi,la totale assenza per minuti interi,nei quali ero certa,non mi sarei neanche accorta se il mondo stesse crollando, erano diventati tratti del mio essere. Per me ora era tutto automatico. Studiare,uscire,svegliarmi la mattina,parlare. La perdita di un amico mi aveva segnata,la mancata voglia di amare qualcuno, che non fosse lui, mi aveva cambiata. Ero quel genere di ragazza che dimostrava i propri sentimenti,soprattutto con le azioni,ma in quel momento,la forza,il desiderio di manifestarli non c’erano. Spostai lo sguardo dal finestrino del treno sul volto di Francesca. Non ero l’unica a soffrire. In quel mese anche lei aveva sofferto e io non me ne ero curata minimamente. Lei mi guardava di sottecchi. Cercava continuamente di non perdermi di vista,sapeva che quella che stava male di più tra tutti ero io. Avevo un motivo in più di loro,ma nessuno oltre a lei capiva perché facessi così. Il suo sguardo si fermò sul mio volto.

“Parla,sfogati,urla,spacca tutto,ma reagisci” disse decisa,per poi supplicarmi “Per favore”.

Sentì i miei occhi pizzicarmi,le guancie bagnarsi lentamente e una serie di singhiozzi che mi scuotevano il corpo.  

“mi dispiace” riuscì a sussurrare.

“Non è colpa tua,Ada. Ti sei innamorata. Però ascoltami. Ciò che hai fatto,secondo te,è giusto? Non ci hai provato,non gli hai dato una possibilità. Non volevi soffrire se fosse finita male,ma ora stai bene? Ti rispondo io,no. Ha provato a chiamarti per due settimane intere,ogni sera,e tu ogni sera prendevi il cellulare e lo gettavi sul letto. Ti ha inviato un sms per scusarsi e per cercare di risolvere questa situazione e tu non hai risposto. Ma ogni volta piangevi.”

Mentre parlava avevo poggiato il viso tra le mie gambe,per non guardare la sua espressione dura. Già la sua voce mi faceva star male. Una mano mi alzò il viso e mi trovai a pochi centimetri dal suo volto.

“Ora dimmi, è meglio il dolore del rimpianto o quello della perdita?” non capivo dove volesse arrivare,ero annebbiata. Ma risposi comunque. Ero certa di ciò che dicevo.

“Il dolore della perdita,almeno hai prova-.. provato” capì all’improvviso,capendo cosa volesse farmi capire. “Ma non è lo stesso per me. Io.. io non posso..”

“Dimmi ora perché non puoi” disse con determinazione.

“Non posso perché soffrirò di più.. oramai quel che è fatto è fatto.”

“No,tu non capisci.”

Rimasi interdetta. Cosa non capivo? Io cosa non capivo? Perché lei capiva? No,lei non capiva niente. I miei occhi arrossati si rispecchiarono in due occhi piedi di comprensione e dolore. Ad un tratto divenne indifferente,poi iniziò a parlare di nuovo.

“Tu lo vuoi,con te,in ogni momento,ogni secondo. Se lui fosse stato con te quando il dolore per la perdita ti travolgeva ora non eri così spenta. Ora se lui ti avesse lasciato,avresti sofferto,ma avresti con te,nella tua mente,momenti da sogno. Perché il tuo sogno è lui. Ogni volta che ci pensi,sai benissimo che in un cantuccio,nascosto,sai che saresti stata meglio,almeno meglio di ora. Cosa ti resta ora? Nulla. Solo il ricordo di un bacio rubato e una fuga piena di lacrime. Perché tu hai paura di soffrire,ma non ti rendi conto che così soffri ancora di più. Provaci,di nuovo,ora che sei in tempo,non ti costa nulla. Devi solo prendere il telefono,digitare dei tasti e inviare un sms,il resto verrà da se. Pensi che io non sappia quante volte lo hai fatto? Migliaia. Non negarlo. Non puoi farlo, almeno con me. Ma il coraggio ti è mancato e la paura ha preso possesso. Fallo,fallo perché domani starai peggio di ora,lo sai bene.”

Quante verità in quelle parole. Un significato che io conoscevo. Sapevo di sbagliare,sapevo,ma non volevo accettarlo. Non avevo la forza di accettarlo. Ogni qual volta il telefono suonava e il suo nome appariva sul display,la mia coscienza mi diceva di rispondere,che era giusto così,ma la mia mente,in disaccordo con essa, me lo vietava. Il cuore si stringeva tanto da farmi male e il ricordo del suo sguardo deluso mi riaffiorava nella mente. Ma ogni sera,come se fosse una droga per me,dovevo guardare quel display e osservare quel nome. Perché per me era tutto.

Sul home di twilightitalia non mi soffermavo più sugli articoli che parlavano di lui. Mi limitavo a far scorrere la pagina senza prestargli attenzione. Non mi interessava più Robert Pattinson,non mi preoccupavo più di cosa facesse Robert,l’attore. A me interessava Rob,solo di lui. Quello che era scritto negli articoli,non mi sfiorava minimamente. Erano bugie. Lo sapevo bene,me lo aveva detto lui. Di una cosa non avevo mai dubitato:la sua sincerità. Non aveva motivo di dirmi bugie,lo sapevo bene.

Francesca mi fissava analizzando ogni minima smorfia disegnata sul mio volto. Sapeva benissimo cosa stavo pensando e cosa stavo decidendo di fare. A volte,almeno per quanto mi riguardava,somigliava molto alla veggente della famiglia Cullen. Lei non “vedeva” delle mie scelte,ma leggeva sul mio viso cosa stavo decidendo di fare.

Il treno si fermò alla stazione di Agropoli facendomi ritornare in me. Avevo paura,una tremenda paura di ciò che volevo fare,ma nulla,neanche la mia razionalità,mi avrebbe più fermata. era la mia felicità in ballo,niente di più. Il discorso di Francesca mi aveva fatto rivivere tutti i giorni trascorsi da quel maledetto venerdì. L’inizio della scuola,le nuove compagnie,quel ragazzo dai capelli castani che mi corteggiava senza mai arrendersi. Se non fosse stato per lui mi avrebbe fatto piacere. Pietro mi sarebbe piaciuto. Era il genere di ragazzo che mi conquistava. Alto,moro,occhi chiari,fisico asciutto,intelligente. Con una caratteristica che per me era inevitabile,lui era il classico st****o. Ma  in quel momento io lo ignoravo. Lo respingevo,non era per me,dicevo. Ma la verità era un’altra. Non era lui.

Il bar di Carletto era già pieno di studenti annoiati. Era lunedì mattina e la sera precedente nessuno aveva pensato di tornare presto a casa. Così ci trovavamo tutti con un immenso bisogno di caffeina.

Le voci delle mie amiche,Stefania e Isabella, mi arrivarono come un onda che ti travolge nel mare. Parlavano di Pietro. Era dietro al privè e mi stava chiedendo di avvicinarmi a lui. Scocciata e annoiata mi avvicinai con il mio caffè macchiato pieno di cacao.

“Buongiorno” disse aprendosi in un sorriso.

“Ciao. Salve a tutti” sorrisi cordiale,ma con un po’ di enfasi in più.

Pietro si era avvicinato e attirandomi a sé mise la sua mano sul mio fianco destro. Quel suo gesto mi diede fastidio,ma decisi di non respingerlo.

Ho deciso,le cose saranno diverse solo stasera” pensai.

 

La giornata continuò tranquilla,tra lezioni e risate. Sul treno di ritorno con Francesca al mio fianco decisi di farle capire che per me era stato essenziale il suo aiuto.

“Franci,mi dispiace per quello che ho fatto in questo mese. Veramente..” ma non mi diede possibilità di continuare. Prese lei la parola.

“Ada,non devi scusarti,però sii sicura di ciò che fai.”

“Grazie” e mi aprì in un sorriso che la fece ridere.
“E’ bello vederti sorridere così sinceramente. E comunque mi sa che Pietro è perso.” disse con tono serio.

“Lo so,spero di non aver sbagliato comportandomi in quel modo stamattina.” Dissi guardandola negli occhi.

“No e poi in ogni caso,se le cerca lui.” Pronunciò iniziando a ridere come una matta.

“Bestia” dissi ridendo anche io.

 

Il pomeriggio intanto trascorse diversamente. I minuti sembravano ore,le ore sembravano giorni.

Neanche Monica e Terry riuscivano a farmi distrarre da ciò che avrei fatto quella sera. Avevo raccontato anche a loro tutto. Monica si era un po’ offesa perché non le avevo detto nulla quel giorno a Roma,ma mi capì cercando di non farmi sentire in colpa.

Le 19e30 arrivarono e la cena fu pronta. Mangiai con la testa fra le nuvole,cercando di trovare le parole giuste. Cosa avrei dovuto fare? Cosa avrei dovuto scrivergli? Non ne avevo idea.

Passai le successive due ore a trovare le parole giuste.

 

“Forse è sbagliato,forse è giusto,forse è solo una perdita di tempo,ma è quello che ora voglio. Scusami per non averti salutato.

Scusami per le chiamate mai accettate.

Scusami per quel silenzio assordante che ha fatto male anche a me.

Scusami per il mio comportamento infantile

Scusami perché non ti ho dimostrato i miei veri sentimenti,i miei veri desideri.

Scusami per volerti troppo con me.

Scusami per averlo ammesso solo adesso.”

 

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Capitolo 8
*** Sorpresa inattesa ***


Allora!eccoci qua con un nuovo capitolo. Mi dispiace non rispondere alle due recensioni,ma il tempo è pochissimo oggi. Vi dico solo GRAZIE perché siete carinissime.

Spero che la sorpresa prevista vi farà contente! Un bacio!

 

Capitolo 9

 

La mattina successiva mi svegliai con un forte mal di testa e una mancata voglia di andare a scuola. Ma proprio quella mattina il professore di matematica aveva programmato il primo compito dell’ultimo anno di liceo. Mi maledissi mentalmente di aver scelto la sera sbagliata per inviare il mio sms di scuse a Rob.

Avevo trascorso la notte senza riuscire a chiudere occhio e sapevo benissimo che avrei trascorso le ore sul treno e a scuola con il cellulare in tasca aspettando una qualsiasi sua risposta.

L’aria era fredda,ma neanche il calore del cappotto riuscì a sciogliere i miei nervi. Ero totalmente nervosa e agitata. Primo problema,il compito. Amavo la matematica,ma quella mattina la mia concentrazione era pari a zero. Come avrei fatto?

Secondo problema. Come avrei risolto la questione Rob? Ora mi ero totalmente lasciata andare. I miei sentimenti,le mie emozioni erano fuoriuscite da quell’angolino in cui le avevo chiuse con cura. Se non volesse più sentirmi,se non mi rispondesse sarebbe per me un duro colpo. Soffrirei più di quanto fin’ora ho patito. Ma sorprendentemente non riuscì a pentirmene.

 

La stazione era piena di gente assonnata pronta per una nuova giornata di lavoro. I miei occhiali,indossati senza sole,il mio cappuccio della felpa tirato su a coprirmi il capo non incuriosirono nessuno. Ogni mattina,da quando il freddo si stava facendo sentire,usavo portare il cappuccio mentre gli occhiali erano di uso comune. L’ora era mattiniera e tutti erano stanchi e con occhiaie pronte a far spaventare chi si avvicinasse. Le mie quella mattina erano da fare spavento. Neanche fondotinta,fard e correttore erano riusciti a coprirle,neanche un po’.

Con mia sorpresa trovai anche mia zia che aveva scelto una giornata sbagliata per prendere il treno con me. Mi guardò sorridendo pensando a quanto fossi matta. Per lei era inconcepibile scendere di casa in quelle condizioni. Diceva sempre che sembravo una ragazzina di 12 anni vestita ancora da mamma,invece di una diciottenne fatta e finita. Rideva ogni qualvolta le dicevo.

“La mattina zia vado a scuola,non alle sfilate di moda.”

Adoravo indossare semplici jeans,stretti e scarpe della Nike oppure Converse,al massimo un paio di Alviero Martini da passeggio.

“Non cambi mai. Uguale alle tue cugine.” Disse sorridendo.

“Zia,non è giornata.” Le dissi sapendo che non mi avrebbe lasciata in pace comunque.

Mi zia era giovanissima. Aveva solo 35anni,non era sposata,viveva con nonna e non era per niente una donna che si sentiva tale. Era una ragazzina che si mimetizzava tra noi povere nipoti. “Certo,certo. Però ricorda..”

“Si zia,sei pur sempre mia zia” terminai,sbuffando,la sua frase. Incorreggibile.

Vidi Francesca avvicinarsi a noi con un sorriso beffardo sul viso. Aveva già capito tutto.

Dopo essersi salutate ed aver parlottato della sottoscritta ci avvicinammo al binario dove il treno era stato annunciato.

Sapevo che dopo 5minuti avrei salutato mia zia,per un cambio di treno alla stazione di Battipaglia,così mi rilassai. Ma il suo sguardo curioso e inquisitorio non mi abbandonò.

 

Ero stesa sulla panchina della stazione. Il treno portava 34minuti di ritardo.

Francesca,sulla quale avevo poggiato la testa,mi accarezzava i capelli da sotto il cappuccio.

“Gli ho mandato un sms” dissi senza pensarci.

“Oh” rispose semplicemente.

“Non ha ancora risposto.” Continuai. Avevo gli occhi chiusi e cercavo di rilassarmi sotto il tocco delle sue mani.

“Sicuramente non ha avuto tempo.” Disse sorridendo.

“Si,certo.” Mi alzai e facendole cenno di alzarsi continuai. “Ho fame,andiamo al bar?”

 

Sul letto,con le mani dietro la nuca e il suo libro sulla pancia,mi persi a guardare i colori della mia stanza. Il verde acqua che si sposava perfettamente con il noce chiaro,l’arancione delle tende,con l’arancio delle pareti,riusciva a dare calore a quella stanza fredda. Le candele profumate accese riempivano del loro odore la stanza, facendomi sentire in un altro luogo. Nella mia mente nessun pensiero coerente,solo la voglia di non pensare. La necessità di far finta di niente. Così mi addormentai.

Le mani calde di mia cugina mi riportarono nel mondo reale. Non avevo sognato,ma fu lui il mio primo pensiero quando mi svegliai. Cercai di scacciare la sua immagine scrollando la testa.

“Ciao,Pallì,stasera andiamo,a mangiare fuori. Viene anche Luca,ok?”

Quel sorriso angelico mi intenerì così da non poter rifiutare. E poi i ragazzi,con le loro follie, avrebbe movimentato la mia serata.

Trovai sul letto dopo la doccia i miei vestiti già pronti. Camicia bianca,cardigan marrone,stivali marroni e il mio adorato Peauterey.

Mi truccai e presi i soldi, salì nella meravigliosa BMW di Peppe.

Il pub,stile inglese,dove decidemmo di fermarci mi rattristì non poco. Mi sarebbe piaciuto molto,se non mi avesse ricordato lui. Le ragazze sembrarono accorgersi del mio umore e portandomi con loro in bagno vollero scoprire cosa succedesse.

Quando gli raccontai la storia rimasero basite. Rimasero senza parole,poi però riuscirono a consolarmi e ribadirono la teoria di Francesca. Era impegnato. Non volli pensarci e approfondire l’argomento così tornammo dagli altri. Le vidi osservarmi spesso,per capire come mi sentivo veramente. Mi conoscevano molto. Anche se avessi voluto nascondere la mia tristezza e angoscia ci sarei riuscita con gli altri,non con loro.

Il resto della serata trascorse tranquilla. Come avevo previsto le varie sciocchezze dette e fatte dai ragazzi mi fecero distrarre così da trascorrere qualche ora in tranquillità.

 

La mattina successiva decisi di non andare a scuola,così restai a letto per tutta la mattinata. Il cellulare lo avevo lanciato in borsa,ma la suoneria era attiva. La speranza comunque era sempre presente in una parte di me nascosta. Sapevo che mi stavo solo facendo del male,ma non potevo pensare che mi avesse dimenticato e che non fossi neanche un bel ricordo.

Quella notte comunque dormì male. Il mal di testa mi aveva accompagnata per tutta la giornata precedente e il riposino fatto lo stesso pomeriggio non era stato di aiuto. Alle 7 sentì la porta di casa chiudersi,papà era andato a lavoro. Dopo poco sentì mamma passare l’aspirapolvere nell’ingresso di casa. Pian piano il rumore era più udibile,si avvicinava alla mia stanza. Sentivo il rumore dei mobili che venivano trascinati dalla signora del piano superiore. Il campanello suonare. La mia vicina aveva qualcosa da dire a mamma. Sentì le loro voci,forti,assordanti. Mi concentrai tutta la mattinata su quei rumori che,anche se fastidiosi,mi impegnavano la mente. Non pensavo così a nulla.

Le 9e30 infine arrivarono. Era ora di tornare alla realtà.

Mamma entrò piano,mi disse che stava per scendere.

“Ti serve qualcosa?” mi chiese.

“No! Anzi si. Cioccolata. Tanta cioccolata..” dissi mugugnando.

Aveva capito che qualcosa non andava. Ma come sempre fece finta di non sapere. Se chiedeva mi arrabbiavo,quindi aspettava che fossi io a parlarle.

“Ah mamma,lo spazzolino nuovo.”

“Ok,ti raccomando. Passa l’aspirapolvere,fa il letto e spolvera!”

La guardai sbattendo le palpebre velocemente.

“Ok..” dissi arresa. Il suo sguardo non ammetteva repliche e io tanto meno volevo discutere.

Decisi di alzarmi. Ma lo feci troppo velocemente.
“Sante vertigini” pensai. Il mio equilibrio non era dei migliori a causa delle vertigini. Non dovevo alzarmi velocemente dal letto se non volevo finire,come in quel momento,con la faccia a terra.

Andai in cucina e preparai la colazione. Tanto caffè con poco latte. Papà aveva comprato un cornetto alla crema e lo aveva poggiato vicino la credenza. Lo faceva ogni volta che non andavo a scuola. Così avrei fatto colazione con qualcosa che non fosse caffè.

Dopo aver mangiato e aver acceso il pc per sentire la musica presi la tachipirina. Il mal di testa era insopportabile.

Con santa pazienza inserì le mie canzoni preferite per quel giorno e mi dedicai alle pulizie.

Il letto,l’aspirapolvere,riordinare i vestiti sparsi per la stanza,dare un senso al mio guardaroba.

Spolverai in tutte le camere e finalmente feci una doccia rilassante.

L’acqua caldissima l’adoravo. Mi tirai fuori dalla doccia quando lo specchio del bagno ero totalmente appannato. Lavai i denti,cercai di dare un senso ai capelli corti e riordinai tutto.

Decisi che era ora di stendersi sul divano e di dedicarsi alla tv. Misi il dvd di Orgoglio e Pregiudizio e mi dedicai alla contemplazione di Mr Darcy. Adoravo il personaggio,ma ancor di più adoravo l’attore. O meglio adoravo la sua bellezza. Questo mi fece pensare a Rob. La sua bellezza trascurata,il suo sorriso,i suoi tratti marcati,quella mascella perfetta e squadrata. Quegli occhi pieni di passione,desiderosi,ma al contempo dolci e sinceri. Come li avevo visti l’ultima volta. Scossi la testa ripetutamente per non pensarci e continuai a vedere il film.

A mezzogiorno mamma tornò a casa e preparammo il pranzo. Erano le 14 quando decisi che era ora di studiare. La storia era una delle materie che amavo studiare e le guerre mondiali mi affascinavano molto. Così analizzai attentamente le causa della Guerra Fredda.

Ad un tratto le note di Release me arrivarono nello studio dalla mia camera. Corsi per prendere il cellulare pensando fosse Daniela,ma era un numero privato.

“Pronto?”

“Ada,sono Rob” la mente si svuotò,per poi riempirsi solo del suo nome e del mio,che lui aveva pronunciato. Rob,Rob,Rob.

“Ehm,ciao”

“Ciao” rispose. Silenzio. Cosa potevo dire ora?

“Mi dispiace Rob,veramente,io..”

“Ho un problema” continuò,fermando il mio fiume di parole “sono in Italia,a Pontecagnano. Volevo farti una sorpresa. Ma non ci sono taxi,non so dove abiti. Non so come raggiungerti.”

“Rob?”
“Si?”

“Sei a Pontecagnano?”

“Si,è quello che ho detto!” disse. Ne ero sicura,stava sorridendo.

“All’aeroporto,di preciso” continuò

“Aspettami,non ti muovere. Arrivo!”

 

Mia madre alla guida della sua auto aveva un espressione turbata. Appena le avevo detto che il mio attore preferito,inglese,bello impossibile,era bloccato all’aeroporto di Pontecagnano perché non sapeva come raggiungere il mio paese, mi aveva dato della matta.

L’avevo convinta in poco meno di 10 minuti dicendole che le avrei spiegato tutto appena Rob fosse arrivato a casa sano e salvo. L’aeroporto,pur non essendo molto affollato era sempre un luogo pubblico,quindi non era il caso che stesse ancora lì,da solo.

“Ada,sei proprio sicura?”

“Mamma,ma che pensi? Potrei mai inventarmi una cosa del genere?” mi guardò seria e poi fece un cenno con la testa. Sicuramente era per convincersi.

“No,certo che no.” disse seria,poi continuò sorridente “Sono curiosa di vederlo dal vivo. E’ bello come nelle foto?”
“No..”

Mi guardò accigliata e incuriosita.

“Mamma,è molto meglio” e sorrisi. Piena di gioia. Felice come mai prima.

 

L’aeroporto era poco affollato. Solo i dipendenti e qualche persona che prenotava biglietti o che chiedeva informazioni.

Mamma aveva parcheggiato ed era rimasta in auto. Entrai sicura di riconoscerlo. Infatti non mi sbagliavo. Anche con il più perfetto dei travestimenti lo avrei riconosciuto senza esitazioni. Il suo cappello di lana,i suoi Ray ban,i suoi jeans blu strappati,il suo cappotto di pelle,troppo freddo per la temperatura stagionale. Il borsone lasciato a terra. Lo sguardo perso fuori dalla finestra. Il cuore mi batteva forte,senza fermarsi. Ero ferma davanti l’ingresso. Lo guardai,senza avvicinarmi,per un paio di minuti. La felicità che mi riempiva il cuore, semplicemente guardandolo, mi faceva rabbrividire. Ma volevo di più,volevo che il cuore mi scoppiasse di gioia. Non mi bastava più solo guardarlo,volevo averlo vicino,sentire il calore del suo corpo. Ora,se mi avesse abbandonato,avrei sofferto molto di più,ma avrei avuto il ricordo di queste emozioni.

Mi avvicinai lentamente,sospirai e lo chiamai.

“Mr Pattinson,vogliamo andare?”

Mi guardò,non riuscii a non sorridere. Si alzò serio,poi aprì le braccia e mi invitò tra esse.

Mi gettai nel suo abbraccio. Lo strinsi forte,ridendo,piena di pazzia.

Lui sorrideva. Mi stringeva forte a lui.

“Andiamo?”

“Si” annunciai felice stringendomi ancora a lui quando circondò le mie spalle con un braccio.

Mia madre ci vide avvicinarci all’auto e sorridendo uscì da essa.

“Salve” disse Rob,imbarazzato.

“Ciao,Mina. La mamma di Ada.”

“Piacere,Rob”

“Certo,lo so.” Mi guardò e avvicinandosi,così che sentissi solo io disse, “hai ragione,è molto meglio”

Risi di quella frase. Non era da lei. Ma ne fui felice.

 

In macchina si sentivano solo le chiacchiere mie e di mia mamma e la risata meravigliosa di Rob. Mi giravo verso di lui e ogni volta lo vedevo sorridermi felice. Finalmente sapevo cosa aspettarmi. Sarebbe stato meraviglioso. Ora,dopo averlo rivisto,sapevo che lui poteva solo riempirmi di felicità e farmi sentire unica. Mi sentivo una stupida,perché non avevo capito subito. Ma poi pensavo a quel momento e mi dicevo che era così che doveva andare. Perché tutti dicono che più si sta lontani,più è bello rivedersi,riabbracciarsi,sentirsi vicini.

Mia madre portò in giro Rob,per fargli conoscere Eboli. Piccola come era non ci impiegammo molto. Gli raccontai lo sua storia e ne rimase sorpreso. Mi seguiva attentamente,curioso.

“Facciamo così,stasera ti porto in giro per Eboli vecchio. Non c’è molta gente,non ti riconoscerà nessuno” era meglio rassicurarlo,anche se non ero sicura delle mie parole.

“Certo. Devo chiedervi una cosa. Dovrei cercare un albergo..”

“Che scherzi? Starai da noi. Dormirai in camera di Ada,mentre lei nel salone.” Mi madre lo disse con tanta enfasi che Rob non riuscì a declinare l’invito.

“Rob,se non ti va ti accompagno all’albergo di un amico” guardai mia mamma rimproverandola, ma Rob rifiutò dicendo che se per me non era un problema lui accettava con piacere.

“No,assolutamente. Era per te..” conclusi sorridendo.

 

“Questa è la mia camera,ora anche la tua.” Gli dissi allegra. Lo vidi entrare e curiosare tra le mie cose. “ti dispiace?” disse prendendo un enorme cornice con decine di foto. Foto mie e dei miei amici. Io e Simo,con Ro,a mare,con Vito,Carlo. Una ritraeva me e mio cugino ai miei 18anni,abbracciati. La guardò e mi interrogò con lo sguardo.

“Mio cugino”

Annuì e continuò. Io e Francesca in treno,le nuove compagne di classe,i vecchi compagni. Io in braccio a Vito.

Una però lo fece ridere. Era un tenero furetto addormentato. L’avevo scattata allo Zoo Safari,in Puglia. Mi aveva intenerito quell’animaletto e testarda volli scattargli una foto.

“Cos’è?”

“Un furetto” lo guardai sorridendo. Sapevo che era una foto assurda,ma mi piaceva. Continuò a guardare. Avevo mille foto appese in camera. Le mie cugine,la mia famiglia,io da piccola.

Senza dire nulla,continuò. Guardò i peluche e poi me.

“103?”

“No,108.. hai dimenticato questi qui” e sorridendo indicai altri cinque piccoli peluche.

“oh my God” disse sconvolto.

“Problemi a dormire con 108 peluche?” chiesi ridendo.

“No..” disse insicuro per poi continuare “anzi forse. Mi sentirò osservato” disse con sguardo tormentato.

Iniziai a ridere, non era possibile.
“Osservato?” chiesi continuando a ridere.

“Si” disse serio.

“Va bè..” liquidai. “Vai a fare una doccia. Il bagno sai dov’è. Le asciugamani e l’accappatoio nuovo mamma te li ha preparati. Sono le 5,pensa che anche io devo prepararmi. Quindi veloce” dissi seria.

“Ok,signorina” disse. E si allontanò.

Qualcuno dice,è bello rivedersi dopo essersi a lungo cercati. Ora potevo dirlo anche io. E’ bello rivedersi,stringersi,abbracciarsi. Tutti i mali spariscono lasciando spazio solo alla felicità.

 

“Rob,sicuro di saper guidare le auto senza cambio automatico?” era la decima volta che mio padre glielo chiedeva e lui rispondeva educatamente “Si,signore.”

Io ero appoggiata alla porta aspettando il momento tanto atteso. La consegna delle chiavi. Mio padre aveva preso bene la notizia. Si era dimostrato simpatico e socievole. Ma non riuscì ad evitare momenti imbarazzanti. Aveva addirittura provato a far vedere a Rob il nostro “gesto”,ma aveva ritirato subito la mano dopo l’ occhiataccia che gli rivolsi. Rob aveva assistito a queste scene sempre con un sorriso allegro e a volte con una risata trattenuta.

“Va bene lasciali andare,su.” Disse mamma a papà.

“Però vi raccomando,non perdetevi. Ada non fare come quella volta che..”

“Mamma!” la ammonì prima che parlasse.

Una sola volta mi ero persa per Eboli vecchio. Avevo portato l’allora fidanzato di mia zia in giro per le chiese antiche e ci eravamo quasi persi. Da allora io ero colei che si perdeva anche nella sua città.

 

“Questa è la chiesa di San Francesco. Ovviamente ora è chiusa,però ti assicuro che è meravigliosa.”

Rob mi aveva seguito curioso per tutta la città. Gli piaceva la storia e quella della mia città lo incuriosiva.

“Ci sediamo?” sussurrò al mio orecchio indicando dei gradini.

“Certo.”

Sapevo che era il momento di parlare. Erano ore che entrambi aspettavamo quel momento e finalmente era arrivato.

 

Si sedette dietro di me,facendomi poggiare con la schiena alle sue gambe. Iniziò ad accarezzarmi i capelli e nel silenzio del luogo lo sentì parlare piano.

“Mi dispiace per ciò che è successo a Roma,però se tornassi indietro,lo rifarei.” Mi voltai e lo vidi con lo sguardo rivolto ad osservare l’ingresso della chiesa. mi voltai anche io verso le porte e feci un sospiro. Lo sentì schiarirsi la voce e continuare.

“Mentre venivo qui avevo paura che mi mandassi via. Ma neanche questo pensiero mi ha fermato. Con te sto bene,mi sento un ragazzo normale. Tu mi guardi come se fosse veramente così,anche se non lo è.” a quell’affermazione non riuscì a tacere.

“Tu lo sei. E’ solo che gli altri non vogliono vederti così. Ma se solo ci provassero,come ho fatto io,vedrebbero un ragazzo di 23 anni che cerca di migliorare ed eccellere nel suo mestiere. Tutto qua.” Abbassai il capo e continuai. Ora era il momento delle mie spiegazioni.

“Io Rob,non volevo scappare. Avevo paura. Lo rifarei però,perché saprei che questo accadrebbe veramente.” Mi alzai e posai le mie labbra sulle sue. Lo sentì irrigidirsi per poi rispondere immediatamente al bacio. Semplice,leggero,a fior di labbra.

Mi spostai e continuai. “Io veramente avevo paura,ma solo dopo,quando qualcuno mi ha fatto capire che il dolore è difficile da sopportare, soprattutto quando ti penti di non aver provato,allora lì ho deciso. Non ti avrei lasciato andare. Ho sperato per questi giorni. In una chiamata,un sms. E quando mi hai chiamato dicendomi che eri qua,a 10km da me, sono impazzita di felicità. Veramente Rob,mi hai riempita di felicità” sorrisi. Ricambiò il sorriso posando di nuovo le sue labbra sulle mie. Delle voci lo fecero allontanare. Poi lo vidi guardarsi in torno,preoccupato.

“Che c’è?”

“Ho paura che qualcuno possa riconoscermi..” disse spaventato.

“Impossibile. A malapena ti vedo bene io in viso,figurarsi qualcuno lontano. Comunque è tardi e tu sei esausto. Andiamo a casa?”

Mi guardò attentamente per poi scoppiare a ridere. quando faceva così mi irritava molto.
“Sei più esausta tu,o io?”

“Io,forse. Ma questo non cambia la situazione. Sono le 11 e qui è comunque pericoloso. Andiamo?” dissi fredda.

“Ok” disse silenzioso. Si era accorto del mio tono aspro. Non sapevo come fosse possibile,ma era come se ci conoscessimo da una vita. Mi alzai e lo presi per mano. Era fredda.

“Hai le mani fredde..” piano le strinsi nelle mie. Erano molto più grandi,difficili da riscaldare,ma quel contatto con lui mi piaceva. Lo sentivo mio. Lui mi lascio fare,stringendo la presa. Restammo così,occhi negli occhi e mani nelle mani. Il rumore di auto mi riscosse da quel momento.
“Su andiamo” capì e mi seguì,intrecciando una mano con la mia.

L’auto era vicina alla chiesa,così non ci volle molto a raggiungerla.

Ci vollero cinque minuti per raggiungere casa. Scendendo dall’auto però mi sentì soffocare. Il pensiero della sua partenza e della sua lontananza mi toglieva il respiro.

 “Rob,quando parti?” mi guardò a lungo,poi sorridendo rispose. “Fra tre giorni..”

“Ah..”

“Bè abbiamo tempo no?” disse abbracciandomi.

Il pensiero di stargli lontana ancora,non avendo idea di quanto fosse,mi riempì di angoscia. Ma quel suo abbraccio,quel calore mi fecero sentire bene.

“Si,certo” risposi. Alzai lo sguardo e sorrisi. Quel pensiero non doveva tormentarmi. Avrei avuto tempo per pensarci.

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** Avviso! ***


Non voglio essere ripetitiva in tutte le mie fan fiction,ma vorrei tanto capire questo calo di lettori negli ultimi due capitoli..
A differenza di EB(ff sulla saga di Twilight) in questa fan fiction non c'è un calo solo di recensioni,ma soprattutto c'è un calo di lettori,che è ancora peggio!
Mi dispiace tantissimo e poichè ci metto molto amore e ci tengo tanto a questa fan fiction,l'ho scritta e ancora la scrivo con tutto il cuore,vorrei avere delle spiegazioni! ovviamente ne terrò conto.
aggiungerò il prossimo capitolo quando avrò letto le vostre recensioni.. ovviamente non voglio le solite recensioni in cui dite che vi piace,che scrivo benissimo,ecc ecc. voglio quelle recensioni in cui scrivete ciò che veramente pensate! vorrei che commentaste e mi spiegaste perchè non la leggete più o perchè non vi piace più!
un bacio Bella_

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Capitolo 10
*** Io e te,noi! ***


OK. partendo dal presupposto che mi dispiace tnt per il ritardo negli aggiornamenti. sono nervosa,agitata,poco socievole e insopportabile!
il capitolo è questo!
non riesco a risppondere alle vostre recensioni,lo farò nel prossimo capitolo,se avrò voglia e tempo. sono un pò arrabbiata cn ki legge e nn recensisce. ma non importa.
Ciao ciao

Capitolo 10

 

Può una persona donarti il paradiso? Può un semplice ragazzo farti sentire come mai prima? Può un semplice sentimento farti battere il cuore come se volesse uscire dal petto? Può un solo messaggio mandarti all’inferno? E una chiamata riportarti in paradiso?

Si, può..

Il sogno di ogni ragazza,il bisogno di ogni donna è un semplice uomo che le faccia battere il cuore,che l’ accompagni in cielo,che le doni un suo semplice sorriso perché è lei che lo fa sorridere in quel modo.

Le lacrime che scendevano solleticarono quando giunsero sul collo. I sorrisi che si disegnarono sul viso le fecero fermare sulle mie labbra piene. Le assaggiai. Erano salate. Erano buone. Sorrisi. Il ragazzo dei miei sogni stava nella stanza accanto. Lo immaginavo,rilassato,con le labbra socchiuse,le braccia strette al cuscino. Il piumone che lo copriva fino al mento. Un sorriso che si disegnava sul viso perfetto,un sorriso per me. Speravo che anche lui,come me,avesse sognato noi,su una spiaggia a coccolarci. Sotto la luna. Solo noi. Io,lui e la luna. La sua luce che illuminava delicatamente il suo viso. I suoi occhi che splendenti si riflettevano nei miei. Le sue labbra delicate che sfioravano le mie. Un semplice suo sorriso che riusciva ad illuminare il mio volto,imperfetto. Ma non mi importava. Mi bastava stare con lui,solo questo desidero..

Aprii gli occhi. Mi pizzicavano. Il sole rifletteva nella stanza e illuminava la mia figura. Mi poggiai sui gomiti e mi beai di quel caldo tiepido. Il telefono al mio fianco si era illuminato. Una chiamata persa. Teresa. Nulla di urgente,mi avrebbe chiamata a casa.

Vidi l’ora. Erano le 9.

Mi girai intorno per osservare la mia camera. Anche questa era cambiata. Era più luminosa,più bella. Sapevo che erano i miei occhi,la mia mente che mi mostrava tutto più bello,ma non mi importava. Notai un borsone a terra,vicino il mio armadio. Era ancora chiuso. La sera precedente Rob non aveva voluto dormire in camera mia. Aveva preferito il divano. Neanche le insistenze di mamma servirono a fargli cambiare idea. Diceva che per me il divano era scomodo. Non capivo,per lui non era lo stesso?

I suoi occhiali erano poggiati sulla scrivania,vicino al nostro libro. Il libro che ci ha fatti incontrare. Mi alzai e lo presi tra le mani. Non era mio,non era suo,era nostro. Dovevo la mia felicità a quel libro,a Jane Austen,alla mia passione per la letteratura inglese. Anche la mia amica era stata preziosa. Lei mi aveva fatto capire che stavo facendo una grandissima sciocchezza. Guardai il telefono ancora tra le coperte. Una sola parola sarebbe bastata.

 

Grazie. Scrissi,inviai.

 

Guardai di nuovo tutto intorno. Volevo solo fare una cosa. Vederlo dormire.

Mi avviai verso il salone,dove dormiva. la porta era chiusa. La aprii piano. Non era proprio come lo avevo immaginato. Ma era ancora più bello,sexy,dolce,con tratti infantili. Le labbra socchiuse come i bambini piccoli. Come loro non sa cosa c’è intorno a lui,ancora indifeso e spaventato. Decisi di lasciarlo dormire ancora un po’. Chiusi la porta,prima che si svegliasse. Mamma quella mattina aveva preso i cornetti per la colazione. Aveva deciso anche di prendere ogni tipo di cornetto;alla marmellata,alla cioccolata,alla crema,due zeppole. Sorrisi di quel pensiero. Era riuscito a conquistare anche loro,i miei genitori. Non mi meravigliai però. Avrebbe conquistato chiunque. Guardai la foto sulla mensola.

“Ne sono sicura nonno,piace anche a te,vero?” Sussurrai piano sorridendo. Sentii le lacrime agli occhi. Sembrava che mi sorrise dalla foto. Piace anche a lui,lo so.

Decisi di fare una doccia. L’acqua calda mi rilassò,tranquillizzò. Si sveglierà tra poco,il divano non è comodo,lo so bene. Quante notti ho dormito là,perché non volevo alzarmi ed andare a letto,pensai.

Mi vestii,una tuta. Non pensai a truccarmi,a mettere qualcosa di particolare. Così ero,così volevo che mi vedesse.

 

Era le 10e15. Rob ancora dormiva,mamma sarebbe tornata per pranzo. Mi sentivo annoiata. Il pc era il salotto,dove dormiva Rob, Sky era collegato in quella stessa stanza. Decisi di svegliarlo. Lasciai il caffè sul fornello e andai in salotto. Lo guardai ancora una volta. Aveva il sorriso sulle labbra. Sembrava felice,anche lui. Mi avvicinai e gli accarezzai una guancia. Lui mugugnò qualcosa e si girò di lato. Sorrisi. Sembrava irritato. Bene.

“Rob,sveglia” lo scossi,ma niente. Un altro verso uscì dalle sue labbra.

Antipatico,pensai.

“Dai Rob,su!”

“Ma che ca**o..” si era svegliato,bene.

Mi abbassai e avvicinai il mio viso al suo. I suoi occhi erano splendidi. Anche rossi,assonnati. Erano comunque perfetti. Il cuore batteva,forte. Non volevo fermarlo,volevo che continuasse. Mi piaceva sentirlo. Era la prima volta che batteva così. Lo vidi sorridere.

“Buongiorno dormiglione!” sorrisi e gli offrii la mia mano.

“Buongiorno mosca..” disse sedendosi sul divano e ignorando la mia mano.

“Sei fastidiosa come le mosche. Presente quegli insetti che mentre dormi ti vengono a ronzare nell’orecchio?” mi rispose quando lo guardai triste con il muso tremante. Iniziai a ridere e poi finalmente accettò la mia mano. Quel contatto mi mandò in estasi.

Come se potesse il cuore batte più forte. Sembrava che il suo veloce movimento si espandesse fino ad arrivare in gola.

 Le sue mani erano calde,non più come ieri sera.

Quella sera. I baci,le carezze,tutte quelle parole. Parole che erano bastate a convincermi che era lui ciò che volevo.

Nel forno i cornetti erano caldi. Perfetti da mangiare. Il caffè era pronto. La visione di tutto quel cibo fece restare Rob sulla soglia della porta con un espressione sorpresa.

“Casa c’è? Non ti piacciono?” sussurrai sorridendo.

Quella era un espressione piena di compiacimento.

“Certo. Wow.”

Risi della sua espressione e ancora una volta ammirai la sua bellezza. Non avevo notato fino a quel momento il suo abbigliamento. I pantaloni della tuta neri,una maglia grigia. I calzini di spugna.

I capelli ancora più scompigliati. Perfetto anche così. Mi sorrise per poi sedersi. Lo vidi osservare i cornetti.

“Cosa è mio,cosa tuo?” mi chiese voltando di poco il viso verso di me.

“Solo questa è mia,il resto è tuo” dissi prendendo metà zeppola. Lo vidi sgranare gli occhi e sorridere,come un bambino.

“Tutto,tutto?” chiese. “hm hm..” risposi con due cenni di testa.

“Oh,bè,bene.” Iniziò a prendere i cornetti ed ad assaggiarli uno per uno. Bevve il caffè,un po’ di succo di arancia. Poi lo vidi voltarsi verso di me. Lo stavo fissando sorridendo. Sembrava un bambino immerso in mille diversi generi di caramelle.

“Questa” e prese la zeppola “la mangio oggi pomeriggio.” Disse guardandola con lussuria.

“Oh ok.. la metto nel forno,ok?”

“Oh si.” Disse sorridendo mentre guardava la zeppola tra le mie mani.

Scossi la testa sconsolata. Mai,e dico mai,mi sarei aspettata una cosa del genere.  

 

 

 

“Rob passami gli hamburger sul tavolo”

Mamma aveva chiamato e detto che per pranzo si sarebbe trattenuta in ufficio. Avevo proposto a Rob di prepararci dei panini con hamburger,maionese e insalata. Una vera bomba supercalorica. Mi voltai verso di lui non sentendo nessun rumore provenire dal frigo. Rob era concentrato a guardare fuori alla finestra. Non mi aveva neanche sentita. Era la seconda volta che lo trovavo distratto mentre fissava fuori.

 

La mattina,mentre riordinavo la mia stanza lo avevo trovato a guardare i bambini che giocavano nel cortile della scuola elementare.

“Sai,” dissi avvicinandomi alla finestra “questa è la mia scuola elementare.”

Lo avevo visto rattristarsi mentre guardava fuor,così avevo pensato di farlo ridere un po’. “Vedi quelle scale d’ emergenza? Sono caduta da lì in 5 elementare,fu terrificante..” lo sentì ridere e riacquistare la sua aria spensierata.

 

“Rob? Ma che succede?” gli chiesi quando fui a due passi da lui. Poggiai le mie mani sulle sue spalle.

“Cosa?” mi chiese sussultando.

“Dicevo.. gli hamburger..”

“Oh,scusami,non ti ho sentita..” disse portandosi una mano tra i capelli.

“Non preoccuparti. Tu che guardi?”

“Niente.. solo le persone che camminano sereni per le strade,senza timore.” Disse sorridendo.

“Non accetti ancora questo lato della popolarità” la mia era un’affermazione,non una domanda. Sapevo che era così,lo si leggeva in quel momento nei suoi occhi.

“No,ma sono abituato.”

“Immagino..”

 Lo vidi guardare nel vuoto,con aria pensosa.

“Che c’è?”

“Mi insegni qualcosa del tuo dialetto?” lo guardai sbalordita.

“Bè,è difficile  Rob. Ho provato ad insegnarlo ad alcune mie amiche,una di Roma e l’altra di Torino,è stato difficile anche per loro..”

“Pensi che io non possa imparare?” mi guardò con sguardo offeso.

“No,certo che no.. è solo che è difficile anche insegnare,ma se proprio vuoi..”
“Si..” disse sorridendo.

“Ok..”

 

“Allora Rob” iniziai mentre mangiucchiavo il mio panino pieno di cibo.

“Hm..”

“Questo è..” dissi indicando il panino “o panin”

“O pa-n-ino” disse sillabando.
“Ok,più o meno. Però Rob,la ‘o’ finale non devi pronunciarla.” Insistetti. Era un’ora che provavo ad insegnargli parole in napoletano. Cibi,oggetti,le cose più semplici. Sembrava interessarsi. Mi piaceva quando arricciava la bocca e socchiudendo gli occhi cercava di pronunciare quelle parole troppo difficili. Dovevo ammetterlo però,era bravo. Non aveva avuto molti problemi. All’inizio,pensavo non ci sarebbe mai riuscito,avevo iniziato a fargli pronunciare parole più complesse,ma lui se ne era accorto e si era arrabbiato. Era cocciuto ed ostinato.

Andammo avanti per un bel po’,fin quando non decidemmo che era il momento di pulire in cucina. Mentre terminavo le faccende si sedette sulla sedia.

“Fatto” dissi felice. Mi stavo pian piano avvicinando a lui. Aprì le braccia e mi circondò i fianchi.

“Bene,che facciamo?” chiese sorridendo.

Avrei voluto rispondere che per me andava bene anche stare così,abbracciata a lui. Ma non ero sicura se scappasse sentendo dirmi questo. Pensandoci però mi sarebbe piaciuto vedere Orgoglio e pregiudizio con lui. Era il mio film preferito. Avevo pianto e ripensato a lui guardandolo,ma ora sarebbe stato diverso. Lui era con me.

Prima che potessi rispondere però il telefono prese a squillare. Era Francesca.

Gli sorrisi e feci leggere il nome sul display.

“Le hai detto che ci sono io?”

“Certo..” continuai rispondendo a Franci “Pronto tesò”

“Ei scema.. certo certo hai Rob a casa e non mi pensi.. se se..” rimasi pietrificata. Il messaggio che le avevo mandato?

“Il messaggio..”  “Si è arrivato” mi interruppe. “Comunque niente grazie. Lo hai capito da sola. Va bè,ma passiamo al meglio,come va? Ti ha baciata? Che dice? Sta bene?”

“Ei ei frena.. va tutto bene,Rob sta bene e si” sussurrai piano avviandomi al corridoio “è successo.” Sorridevo felice. Era bello pensare a quello che era successo la sera prima. Feci per avvicinarmi a Rob e lui mi fece sedere in braccio a lui. “Ti racconto poi..” continuai. Qualsiasi cosa avesse detto lui avrebbe sentito ora.

“Oh,è con te?” chiese curiosa e imbarazzata.

“Si si..” dissi serenamente. Non avevo però immaginato cosa avrebbe fatto Francesca. “Ciaooooooooooo Rob” lui scoppiò a ridere,mentre io urlavo contro Francesca.

“Ma sei pazza? Mi hai rotto un timpano.”

“Almeno ho sentito lui ridere” disse ridendo.

“Comunque stavamo organizzando una pizza stasera,non so se..”
“Franci,non posso..” risposi seria. Mi dispiaceva molto,ma Rob non poteva uscire di casa senza essere riconosciuto. E poi nessuno doveva sapere di noi.

“Oh.. ok.. allora alla prossima.. ci sentiamo domani?” Sapevo che lo aveva chiesto per cortesia,sapendo la mia risposta,ma sapevo anche che si era rattristata per il mio no. Ultimamente eravamo indivisibile,non c’era un giorno senza che ci vedessimo e ovviamente era Sarebbe stato strano per lei quando quella sera si sarebbe ritrovata con gli altri. Eravamo una coppia indivisibile. Dispiacque molto anche a me. Era molto che non si organizzava nulla.

“Certo. A domani” e riattaccai.

Rob mi guardava fisso. Sembrava triste. Gli accarezzai la guancia e lo sentì sospirare.

“Cosa c’è?” chiesi.

“Non puoi uscire per colpa mia.. mi dispiace” sussurro con il viso basso.

“Ei no,non è colpa tua. Sai quante sera sono rimasta a casa perché mi annoiavo a uscire? Non è colpa tua. Io voglio stare con te” risposi convinta. Non potevo volere di più,stare con lui per me era tutto.

Sospirò semplicemente,senza rispondere. Gli alzai il volto e lo guardai negli occhi. Avrebbe fatto male se non avesse reagito come pensavo,ma non mi importava. Non volevo che fosse triste.

“Rob,io voglio stare con te. Sei la cosa migliore che io possa avere. E se dovessi scegliere tra te e una pizza con persone che vedo continuamente,sceglierei te. Anche se significasse restare a casa e vedere 20film di seguito. Per me sei importante. Ed ora che sei qui voglio stare con te. Basta.”

“Grazie..” rispose sorridendo. I suoi occhi erano pieni di luce. Li adoravo. Non so cosa mi prese,ma lo continuai a guardare e pronunciai parole che mai avrei pensato di dire a lui.

“Baciami,per favore.”

Lo vidi avvicinarsi a me,lento,dolce. Sentì le sue labbra sfiorare la mia guancia,poi il naso. Sul mio labbro superiore si schiusero,accarezzandolo dolcemente. Piano risposi a quelle sue richieste silenziose. Dischiusi le labbra e passai la lingua sulla sua bocca. La sua lingua incontrò la mia e per la prima volta si accarezzarono,cercarono,desiderarono. Fu un momento infinito,dolce,sensuale,passionale. Solo per me,per lui,per noi.

 

“Ti piace Orgoglio e Pregiudizio?”

“Si perché?” chiese curioso.

“Pensavo di vederlo insieme..”

“Ok,se proprio vuoi.. ma mi spieghi perché proprio questo?” chiese sempre curioso. Non mi infastidivano le sue domande. Anzi mi rendeva felice rispondergli e raccontargli di me. Se domanda,pensai,significa che gli interessa sapere più cose di me.

“E’ il mio film preferito,ovviamente dopo la saga di Twilight. Adoro Mr Darcy..e bè,la storia è fantastica.” Sorrisi maliziosa. Bè mi ero quasi innamorata di Mr Darcy.

“Mr Darcy.. o l’attore?” continuò con l’aria di chi la sapeva lunga. Ma la sua espressione era indecifrabile. Geloso? Non credo.

“Bè l’attore diciamo che fa guadagnare al personaggio punti,ma il personaggio è colui che preferisco.” Risposi sincera. Era la verità in fin dei conti. L’attore che io preferivo era lui. Ma di certo non potevo dirglielo.

Ci sistemammo sul divano sotto i plaid. Avevo le gambe tra le sue,mentre la testa era poggiata alla sua spalla. Diciamo che tra i due, io ero quella che si era sistemata meglio. Quando avevo sistemato le gambe tra le sue mi aveva guardando con un punto interrogativo disegnato sul volto,mentre io rispondevo con un sorriso da incantatrice. O almeno ero riuscita ad incantare lui con quel sorriso.

Durante la visione del film non volava una mosca. Il silenzio era tombale. Solo i personaggi e i rumori lo interrompevano. Ogni tanto,senza farmi vedere,lo guardavo di sottecchi. Non c’erano paragoni tra lui e l’attore che interpretava Mr Darcy. Si, era un uomo molto affascinante,bello,con quell’aria seria e spesso incupita mi piaceva molto,ma lui era tutt’altra cosa. Il suo sguardo,i suoi occhi,la sua bellezza erano insostituibili. Tra i miei pensieri mi ero incantata a guardarlo e ora lo trovavo sorridente,molto divertito,a un centimetro dal mio viso.

“Ah” avevo urlato.

“Mi guardavi” disse sempre sorridendo.

“E tu mi hai spaventata.” Dissi urlando,ancora con il fiato corto. Mi aveva spaventata si,ma il fiato corto era conseguenza dell’imbarazzo. Imprecai tra me.

“Scusa” continuò,sempre con quel sorriso. Lo guardai male e mi voltai di nuovo verso il televisore. La scena della dichiarazione.

“Ho lottato invano,non c’è rimedio. Questi mesi trascorsi sono stati un tormento,sono venuto a Rosings per vedervi,dovevo vedervi. Ho lottato invano,contro le mie volontà,contro le aspettative della mia famiglia,l’inferiorità delle vostre origini,ignorando il patrimonio,tutte cose che voglio dimenticare e chiedervi.. di mettere fine alla mia agonia..via amo,con grande ardore…”

Iniziai a piangere,senza neanche rendermene conto. Robert però mi scosse e mi parlò agitato.

“Ada,cosa succede? Cosa è successo?”

“La dichiarazione..” sussurrai ancora piangendo ammirando Mr Darcy.

“Dici sul serio? Piangi per la dichiarazione di Mr Darcy ad Elisabeth?” chiese,mostrandosi ancora preoccupato.

“Si” sussurrai di nuovo. Stavolta guardandolo.

Mi guardò fisso negli occhi,poi mi abbracciò ridendo.

“Da te mi sarei aspettato tutto,tranne questo”

Prese la testa tra le mani e mi baciò,con passione. Avevo pianto,si,ma non perché Mr Darcy avesse pronunciato quelle parole ad Elisabeth. Avevo centinaia di volte visto quella scena e mi ero emozionata spesso. Solo piccole lacrime. Ma quella volta,quella centunesima volta avevo capito qualcosa di importante. Avevo capito che non mi interessava del suo lavoro,dei paparazzi che mi avrebbero rovinato la vita,dei suoi viaggi lontani,delle donne che avrebbe baciato per lavoro. Non mi importava di nulla se non di lui. Ma questo era amore? Amavo Rob,come Darcy ama Lizzy? Poteva essere possibile? Non lo sapevo,sapevo solo che io volevo lui e nessun altro. Che il mio cuore batteva così solo per lui,solo quando lui era al mio fianco. Sapevo che avrei fatto di tutto per averlo con me anche per una sola ora. Anche solo per ricevere un suo bacio.

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Capitolo 11
*** L'amore non si lascia andare ***


Allora ringrazio tantissimo tutte coloro che hanno recensito! DemyCullen,Dark Angel 1935,Saretta! Spero che anche questo capitolo possa piacervi come gli altri!

Un bacio!

Capitolo 11

 “E’ finita.”

Il mare davanti a noi rispecchiava le mie emozioni. Era agitato,sembrava quasi spaventato dalla tormenta. Ma era pronto,come me. Anche lui era abituato a quei temporali che ti feriscono ma ti lasciano più forte di prima. Ma questa volta non sapevo se dopo la tempesta sarei stata più forte. Forse era diverso,forse lui era diverso. Era entrato in me e si era costruito una piccola casetta di mattoni nel mio cuore. Piccola ma difficile da abbattere.

Sembrava distratto,fissava anche lui il mare,ma sembrava vedere qualcosa di diverso.

“Il mare” continuai. “ E’ pronto al temporale..” ero rassegnata. La mia voce tradiva le mie aspettative di mantenere segreti i miei stati d’ animo. 

“Anche noi,no?!” mi guardava sorridendo.

Era sicuro di se,delle sue parole. Io continuavo a guardarlo. Volevo capire dai suoi occhi cosa pensasse,cosa provasse. Gli occhi sono lo specchio dell’anima,così dicono. Lui era triste, come me,ma non era rassegnato. Lo si leggeva chiaramente nell’oceano che lo caratterizzava.

“Forse si..” dissi sincera. Volevo esserlo,volevo essere pronta alla tempesta. Volevo essere sicura di riuscire ad affrontarla accanto a lui. Se fosse stato così le ferite le avrei curate con lui,giorno dopo giorno,ma non ne ero sicura. Non ero sicura di riuscire a superare la tempesta senza essere allontanata da lui. E se me lo avesse portato via? Se fosse così le mie ferite non riuscirei a curarle. Come si può curare soli le ferite dove non si arriva con le proprie mani? Come si può curare quelle ferite interne,che solo delle mani estranee possono curare,con amore,dolcezza e senza paura di farti male? Perché quelle mani estranee non ti fanno male. Sono calmanti,sono miracolose per le tue ferite.

“Pensi che non ci riusciremo?” La sua voce non tradiva emozioni.

“Penso che io non ci riuscirò,è diverso..” lo sguardo rivolto ancora al mare. Mi era impossibile guardarlo negli occhi,avrei perso la mia razionalità.

“Ci sono io con te..”

“Lo so. E non voglio perderti,te lo assicuro. Non ti lascerò andare via senza lottare. Ma ho paura di perdere ciò che ho e di non saper andare avanti. Stai diventando tanto,forse troppo per me. Non è mai successo..” i suoi occhi mi legarono a lui. Era stato difficile dirgli la verità ma era giusto così. Essere sincera per me era importante in quel momento.

Vidi il suo sguardo tornare al mare. Lo vidi socchiudere gli occhi,sentii le sue mani tra le mie e le mie stringersi spasmodicamente alle sue.

“La tempesta arriverà per entrambi e neanche io voglio perdere te. Anche tu per me sei diventata tanto. Non troppo però,non ne avrò mai abbastanza di te,ne vorrò sempre. E lo vorrò per sempre Ada. Per favore però non dirmi che hai paura di essere allontanata da me. Io non vorrò mai stare lontano da te. Nessuno e niente riuscirà a staccarmi. Solo la morte. E forse neanche quella.”

La lacrima solitaria scese sulle mie guancie come a volermi liberare di quel bisogno di urlare e lo abbracciai come per sentirlo mio. Sempre mio. Le mie labbra corsero a cercare le sue senza esitazione,piene di bisogno,insaziabile.

 

“devi andare” sussurrai piano.

“Ancora un po’..” disse stringendomi a sé.

L’aeroporto era vuoto. Solo pochi passeggeri che andavano a Roma,come Rob. Ero stretta al suo corpo. Era anche peggio di come avevo immaginato. Pensavo di essere pronta al’addio momentaneo,ma era una bugia.

“Rob,vai.. manchi solo tu” sussurrai baciandogli le labbra. L’ultimo avviso che lo invitava ad avviarsi verso l’imbarco era risuonato per la terza volta. Sembrava che mi urlasse il suo abbandono. Scossi la testa pensando che non mi stava abbandonando. Stava solo raggiungendo Vancouver per le riprese di Eclipse.

“Mi mancherai..”

“Anche tu,però ora vai Rob.”

“Ok..” mi baciò lentamente per l’ultima volta e si avviò.

“Chiama quando arrivi..” gli urlai. Sentivo il freddo sulla pelle sotto il maglione di lana e il cappotto di piume d’oca. Il suo abbraccio mi aveva dato tanto calore che ora mi sentivo vuota e fredda. Mi sentivo mancare il respiro.

“Certo” urlò di rimando salutandomi con uno dei suoi sorrisi mozzafiato. Aveva imparato che sorridendomi in quel modo poteva ottenere tutto ciò che desiderava.

 

“Ti prego,fammi vedere la tua cartella” disse implorante. Con il labbro tremulo.

“Scordatelo” ero in imbarazzo. In quella cartella conservavo  tutte le sue foto. foto rubate da internet conservate in modo morboso. Nessuno le doveva vedere. Lì c’era però anche il suo obbiettivo finale,le foto dei miei 18anni. Provai con un compromesso.

“E se ti aprissi direttamente la cartella del compleanno?” chiesi speranzosa,sperando abboccasse. Ma idiota non era.

“Quindi mi nascondi qualcosa?” chiese accigliato. “Cosa non devo vedere?”

Lo guardai torva. Non era possibile che dovessi sentire quelle accuse da lui.

“Niente.” Risposi risoluta.

Infine però la ebbe vinta.

“Oh. Mio. Dio.” Disse appena vide tutte le sue foto.

“Ecco,contento! Ora che hai visto la scena del crimine puoi chiudere questa cartella e aprire quella che ti interessa?” gli dissi acida. Mi stava facendo perdere la pazienza e poi l’imbarazzo provato non aiutava.

“Bè,non pensavo..”

“Cosa non pensavi? Che fossi così ossessionata da te?” l’acidità era udibile,come la pazienza indomabile.

“No.. che ti piacessi già prima e non me ne fossi accorto”

“In che senso?”

“tu,non hai reagito come le altre. Sei scappata. Le altre mi aggrediscono. Pensavo mi odiassi. Però ora..”

“Ora?”

“Ora mi piace” e mi scoccò un bacio sulle labbra.

 

In auto Francesca mi aspettava.

Mi avviai verso di lei. Senza piangere,senza voglia di ridere. Ridere come quella volta.

 

“Tu mi stai dicendo che fai animazione ai bambini?”

“SI. E’ quello che sto dicendo,perché?”

“Ma ti rendi conto che per quanto sei bassa ti confondi con loro?”

La sua risata coinvolse anche me. Le botte,il solletico,la voglia di ridere insieme quell’ultimo pomeriggio sul mio divano. Io e lui.

 

Le parole uscivano piano mentre Francesca mi chiedeva alcune cose sulla recensione di un libro letto. Parole che non volevano uscire perché non era con lui che stavo parlando. Non dovevo raccontare a lui della mia vita.

 

“Pensavo fossi una stronza quando ci siamo scontrati,sai? E anche un po’ maleducata..” disse sorridendo mentre il film comico ci intratteneva in salotto.

 Stretti in quelle coperte calde,abbracciati,ci eravamo raccontati. Avevamo parlato di noi. ma in particolare io avevo raccontato di me. Dei miei difetti,dei miei pregi.  Impiegai molto a spiegare perché ero così terribilmente stronza con tutti.

Quando terminai il mio discorso contorto e pieno di giustificazioni,inutili per lui,lo sentì sorridere.

“Lo sapevo” disse circondandomi con le sue gambe. Avevo le sue gambe intorno alla mia vita,mentre la schiena era poggiata al suo petto.

 “Cosa?” chiesi

“Che sei buona,dolce,simpatica,sensibile,adorabile.. non stronza.”

 

“Bella Addormentata,siamo a casa,scendi?”

“Ok..” dissi piano.

“Hai una faccia. Su tranquilla vi vedrete presto..ci sentiamo dopo per la pizza stasera. Peppe ha detto che viene a prenderti a casa lui. E comunque tu hai avuto l’influenza,quindi assecondami”

“Oh,grazie.”

Non sapevo che Francesca avesse trovato una scusa per giustificare la mia assenza in giro. Era un amica speciale.

“A più tardi” la salutai dirigendomi al mio portone. Entrai e mi persi nei miei pensieri,di nuovo.

 

“E’ così inquietante..” sussurrò guardandosi intorno. Quell’affermazione era familiare. Tutti quando venivano a trovarmi per la prima volta lo trovavano inquietante.

“E’ il legno attorno alle mura. A me fa sentire protetta e non mi inquieta,forse perché ci vivo da una vita.” Affermai sorridendogli.

“Io invece credo che sia così perché sei diversa da tutti”  Quelle sue parole mi colpirono. Era la prima persona a scoprirmi così dopo poco tempo. Mi conoscevo da così poco e già aveva capito tutto di me.

“Forse hai ragione..” sussurrai di rimando. Quel sorriso dolce e sexy mi colpì al cuore. Un battito persi in quel momento. Non potrei mai dimenticarlo perché lui era l’artefice.

 

Mi gettai sul letto e riuscì ad addormentarmi.

Erano le 3 del pomeriggio quando mi svegliai per colpa della fame. Non avevo neanche tirato fuori dalla borsa il mio cellulare. Andai a prenderlo per controllare le chiamate. Mamma in genere,quando era libera mi chiamava per accertarsi che fosse tutto ok. Lo vidi illuminarsi. C’era un messaggio che risaliva a un paio di ore prima. Era di Rob.

 

Mi manchi già..sono arrivato a Roma. Ti chiamo da Vancouver.. un bacio

 

 

Mi appoggiai alla porta e chiusi forte gli occhi. Una lacrima,seguita da tante altre,iniziò a bagnarmi il volto. Il dolore della lontananza mi faceva male. Era un buco nel petto che mi lasciava senza fiato,perché premeva,forte e mi faceva boccheggiare.

 

E’ ciò che ti fa provare l’amore? E’ questo ciò che provi quando colui che ami si allontana da te? Si. Perché io lo amo,perché lui mi ha dato l’amore,perché lui mi fa battere il cuore,che pompa,forte e pompa continuamente. Fa male ora,sanguina,batte forte e sanguina per la sua lontananza ma sono felice,perché ora batte forte e mi fa stare male,mi ha fatto stare bene,mi farà stare bene. Piango e rido,rido e piango senza rendermene conto. Penso che lo amo e rido,penso che è lontano e piango. Piango felice,rido soffrendo.

Ora,seduta a terra,mentre piango e rido so che lo amo. E solo amando ho scoperto cosa sia l’amore. E l’ho capito senza che nessuno me lo spiegasse. Perché l’amore è un sentimento così forte che mi ha preso,mi ha cambiata e fatta sentire come avrei sempre voluto io.

 

Questi pensieri,questa consapevolezza mi aveva fatta sentire un’altra. Piena di forte,voglia di combattere per lui,per noi. tutte le chiacchiere,le parole dette da me sulla spiaggia non avevano più importanza. Dovevo fargli capire che avrei fatto di tutto per lui,dovevo dirglielo. Lui lo aveva capito prima di me,mi amava? Lo aveva capito prima di me? Forse si,o forse no. Non mi importava. Perché mi bastava sapere che avrebbe fatto di tutto per me,mi bastava sapere che io amavo lui,questo sarebbe bastato.

Feci un calcolo e mi resi conto che sarebbe atterrato alle 24. Sicuramente sarò sveglia,pensai.

Guardai l’ora e mi resi conto che era tardissimo. Avevo trascorso le ultime ore a dormire e poi a piangere in cucina. Mamma rincasò verso e 18e30.
“Ei,ciao. Rob è partito?” mi chiese tranquilla.

“Si,atterrerà per le 24.. vado fuori a mangiare una pizza,ok?” chiesi

“Certo.. ah Ada,posso parlarti un attimo?”

Mia mamma non era affatto una donna prevedibile. Ero certa che avesse capito che tra me e Rob non ci fosse solo una semplice amicizia,come sicuramente mio padre si ostinava a credere,ma non mi aspettavo che fosse arrivata a scoprire tanto.

“Tu e Rob state insieme.. bè ecco,ne sei sicura?” la vidi turbata per quelle parole,neanche lei forse credeva a ciò che diceva. Era molto facile leggermi e capire ciò che provavo e sicuramente aveva capito che per me Rob non era una cotta adolescenziale. Sapeva anche che non mi sarei mai arresa. Capiti i miei sentimenti e dopo aver fatto a pugni con la mia coscienza diventavo testarda e sicura di me. Avrei affrontato tutto ciò che la vita mi avrebbe riservato. E lei lo sapeva bene.

“Mamma,io non lascerò che mi portino via Rob..” dissi sicura.

“Lo sapevo.. bè,comunque mi piace molto.” Sussurrò dolcemente. Sorrisi tra me e la ringraziai.

Feci velocemente la doccia e mi preparai. Indossi un semplice vestitino di lana con vari colori a mezza gamba e i pantacollant con gli stivali bassi. Aggiunsi velocemente un cinturone nero e gli stivali neri con il giubbotto di pelle e uscì.

 

La serata intanto sembrava non passare mai. Cercavo di non mostrare la mia tristezza e ansia ma era difficile mascherare i momenti che passavo a pensare a Rob mentre loro parlavano con me.

“Ada? Ci sei?”

“Oh scusa Dani,dicevi?”

“Niente,solo che dovresti lavorare domenica e.. sabato anche,va bene?”

“Ok,certo..con?”

“Peppe,tutte e due le animazioni.”

“Siiiiiiiiii” urlammo così forte da far voltare l’intero locale verso di noi. eravamo la coppia di animatori più folle e unita dell’intera agenzia.

“Ops..” dicemmo insieme mentre le risate degli altri riempivano il locale.

 

“Bè ragazzi che ne dite di un bel cornetto?” suggerì Francesco.

Erano le 24 passate e Rob non aveva ancora chiamato. L’ansia iniziò a farsi più pressante. Intanto eravamo arrivati al bar e stavamo mangiando i cornetti ma Rob non aveva ancora chiamato.

“Ancora non ha chiamato?” Francesca capiva tutto al volo.

“No..” dissi triste. “Ancora no..”

Ma in quel momento il telefono prese a squillare. Senza neanche guardare chi fosse saltai da sopra la sedia e mi avviai di corsa verso uno spazio isolato.

“Pronto?”

“Ei,ciao..” era lui.

“Sei arrivato?Tutto bene?”

“Si,tutto bene. Non sono riuscito a chiamare prima perché i paparazzi mi aspettavano in aeroporto.”

“Ah.. e come..?”

“Credo che qualcuno mi abbia riconosciuto a Roma” era mortificato. Sapevo che anche lui stesse pensando quello che pensavo io. E se qualcuno ci avesse visti e fotografati insieme? Tutto il mondo lo avrebbe saputo.

“Non preoccuparti,non importa Rob. L’importante è che stai bene.”

“Si,io si. Tu invece?”

“Bene bene. Sto con gli altri al bar.. ho appena mangiato un cornetto.” Pensai sorridendo alla nostra prima colazione.

“Oh,buoni! Ma non è tardi per stare ancora in giro?”

“No no,tranquillo.” E sorrisi tra me per le sue attenzioni.

“Comunque Rob io ho capito una cosa,non voglio lasciarti andare e lotterò con te!”

“Lo sapevo”

“Però ora torniamo a casa.. ci sentiamo domani?”

“Si,a domani.”

“Rob?” dissi prima che chiudesse.

“Si?”

“Mi manchi..”

“Anche tu,tanto. Pensavo una cosa però..” sapevo che stava sorridendo in quel momento.

“Cioè?” ero curiosa.

“Perché non mi raggiungi a Londra per le feste di Natale?” rimasi spiazzata. Non mi aspettavo una proposta simile.

“Si” risposi però felice. Sarebbero state le feste più belle della mia vita,ne ero sicura.

 

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Capitolo 12
*** Paure e insicurezza ***


Scusatemi per l’enorme ritardo nel postare!

Comunque ragazze ovviamente ecco a voli il dodicesimo capitolo..spero vi piaccia!Baci

Ada!

 
Capitolo 12

 
Ottobre era passato e Novembre sembrava non giungere mai a termine. Finalmente la data per la mia partenza era stata stabilita. Avrei preso l’aereo per Londra alle 13 di pomeriggio dall’aeroporto di Roma. Dire che ne ero entusiasta era un eufemismo. Ero eccitata,felice e mi sentivo un'altra persona. Il rapporto con Rob era diventato sempre più importante e intenso. Ogni giorno appena poteva mi telefonava. Parlavamo per ore,cercando di colmare la distanza che ci teneva lontani.
Era il 9 novembre e Francesca si era impadronita del mio pc. aveva deciso di pranzare a casa così da metterci subito a studiare per una verifica di inglese. Era abbastanza importante,tanto da farci organizzare per ripetere insieme.
“Franci dobbiamo studiare,su” urlai dal corridoio mentre lei si divertiva su face book.
“E dai.. uh uh ma guarda un po’,visiti ancora il sito di twilight?”chiese divertita.
“A dire il vero è un po’ che non ci entro..” dissi riflettendo.
“Eh immagino,hai Rob che ti dice tutto..” continuò ridendo.
Infatti da quando io e Rob stavamo insieme avevo evitato di entrare nel forum in cui ero iscritta o leggere le varie notizie che stesso Rob mi dava ore prima.
Sentivo però anche di tradire quelle ragazze che erano diventate mie amiche. Non sapevano di me e Rob e mi sentivo una vera str…za quando parlando con loro,dovevo nascondere tutto.
Entrai in camera e trovai Francesca immobile davanti al pc.
“Ei,hai visto un fantasma?” le dissi ridendo.
La vidi sobbalzare e,guardandomi,sbiancare.
“Tesoro,tutto ok?”
“Si..” tentai di avvicinarmi al pc e capire cosa avesse visto ma mi bloccò chiedendomi di sedere.
“Ah Franci per favore,muoviti,non ho tempo da perdere..” dissi sbuffando. Lo studio ci chiamava da un pezzo.
“Sono entrata sul sito di twilightitalia..” disse abbassando lo sguardo.
Quando la spronai a continuare il mio cuore già batteva forte e l’ansia mi aveva investita. Sapevo che spesso ci fossero varie notizie riguardo una presunta storia di Rob e Kristen,anche per questo evitavo di leggere.
“ci sono delle foto,di Rob mano nella mano con lei..” continuò scrutandomi.
Ero immobile,davanti a lei,senza tentare nemmeno di muovermi e guardare il pc. Mi ero sempre fidata di Rob,come se fosse impossibile una cosa del genere,ma nel mio animo sapevo che lei era più bella,più in gamba e più simpatica di me. Apparteneva al suo mondo e poteva dargli cose che io non potevo. Vidi Francesca avvicinarsi e abbracciarmi.
Ero comunque immobile,non sentivo il calore di quell’abbraccio. Mi alzai,la scostai e vidi le foto. Erano vicini,lei gli sfiorava la mano. Erano intimi,si vedeva. Nel paragrafo che accompagnava la foto c’era scritto che stavano per prendere l’aereo per Londra e che non erano consapevoli della presenza del fotografo. Chiusi le finestre del pc e lo lasciai acceso.
“Studiamo?”
Francesca mi guardava turbata. Cercai di convincerla che sarei riuscita a concentrarmi senza problemi. Acconsentì e iniziammo a prende i libri.

 
Erano due ore che cercavamo di ripetere per bene tutta le letteratura inglese,ma sembrava un impresa impossibile. Decidemmo che una pausa faceva al caso nostro.
Mentre prendevo i succhi di frutta sentì il telefono squillare. Sapevo chi era. Ignorai la chiamata e mi diressi di nuovo in camera.
“Ti ha chiamata già tre volte..”
“Lo so..” dissi indifferente.
“Non puoi..”
“Sono fatti miei” la interruppi urlando. Mi fermai. Non era colpa sua.
“Scusa..” dissi per poi scoppiare in un pianto liberatorio.

 

 Presi il telefono in mano dopo ore che non lo toccavo. Lo sentivo continuamente vibrare,ma mi mancava il coraggio di rispondere.

7chiamate e 3messaggi.

Rob,Rob,Rob.

Guardai la mia immagine nello specchio. Occhi gonfi,rossi,ancora pieni di lacrime. Capelli indomabili come sempre. Guancie graffiate dalle tante volte che avevo strusciato sulla lampo del peluche.
Rob. Schiacciai il pulsante verde. Uno squillo. Chiusi.
Dopo neanche cinque secondi una chiamata. Lui,sempre Rob.
Respirai,guardai di nuovo l’immagine nello specchio e risposi.
“Pronto..” il mio tono di voce era ancora roco dal pianto.
“Ciao,ma cosa è successo? Mi hai fatto spaventare.” Disse serio
“Nulla. Ho studiato con Francesca.” Continuai. Non sapevo se volessi dirgli che sapevo. Volevo continuare ad illudermi che nulla fosse successo.
“Ah e il telefono? Avevi il silenzioso?” continuò,sempre serio. Come se fosse arrabbiato. Lui.
“No.” dissi solo. Le lacrime iniziarono a scendere,senza sosta.
“Ada?”
“Mh”
“Cosa succede? Dimmelo.” Era nervoso,arrabbiato. Ma lo sentivo,era anche spaventato,insicuro del suo tono. Come se sapesse che non gli apparteneva.
“Nulla.. nulla”
“Sicura? Per favore..”
“Si,devo andare a dormire. Ci sentiamo.”
“Domani,ci sentiamo domani.”
Stavo per riattaccare quando mi chiama.
“Si?” risposi,volevo solo riattaccare,non chiedevo molto.
“Sei importante..” un colpo,forte,silenzioso,doloroso.
“Si Rob.. Ciao”

 
Un mese dopo..

 
“Possibile che non riesci a far entrare tutto in quella valigia?” mia mamma davanti la porta della mia camera sembrava disperata. Aveva assistito in silenzio alla mia crisi di panico. Erano ore che cercavo di far entrare gli abiti invernali nella valigia a mia disposizione,ma a quanto pareva era necessario ricorrere ad una piccola valigia per le scarpe.
“Mamma secondo me sono le scarpe..”
“No,decisamente no Ada,sono tutte le cose che vuoi portarti. Ma scusa è necessario portare con te tutti questi vestitini? E tutti questi completi intimi?”
La mia espressione la portò a correggersi “Scusami, ma non bastano due o tre vestitini?”
“No mamma,non bastano e non ho intenzione di togliere i miei completi intimi. So che lo hai pensato”continuai “ma questi li metto qui e li metterò anche a Londra!” avevo il viso sicuramente rosso dalla rabbia e dalla agitazione. Solo 12 ore e sarei salita su un aereo per Londra. Tutto lì sarebbe stato chiarito. In silenzio avevo aspettano un mese,30giorni,prima di parlare e di chiarire. Ero fredda con lui e lo aveva capito,non era stupido. Tante volte aveva chiesto cosa stesse accadendo,mai gli aveva dato un risposta. Dicevo sempre “Nulla”.
Le note di “Never Think” riempirono la mia camera. Sapevo che fosse lui.
“Pronto” dissi irritata. Mi stava disturbando e molto.
“Ei, come procedono i preparativi?” Era contento,ma il mio tono sempre più freddo lo fece tacere.
“”Male,molto male.”
“Oh,ma vieni,vero?” Era speranza quella che sentivo? Speranza che io lo raggiungessi?Forse,o forse no.
“Si” risposi.
“Bè qual è il problema?”
“Il problema sta nel fatto che non va tutto nella valigia. Ecco dove sta il problema. Ti rendi conto? Non so proprio come devo fare!” sbottai piagnucolando. Ero nervosa e le lacrime minacciavano di uscire.
“Calmati Ada,tranquilla”
“Eh,certo”.
“Va bè,io intanto sono arrivato a Londra. Ci sentiamo dopo,ok?” Sembrava offeso e irritato.
Andava avanti da un mese. Mi chiamava sperando che il mio tono fosse meno freddo,più dolce,ma ogni volta non era mai così. Stavo male per quel mio comportamento,ma non riuscivo a comportarmi diversamente. Non volevo. Sapevo che se mi fossi lasciata tutto alle spalle,se avessi fatto finta di niente e lui mi avesse detto che Kristen era per lui importante, sarei stata peggio. Ma la cosa che veramente non riuscivo ad evitare era raggiungerlo a Londra. Non riuscivo a pensare che quel viaggio potesse essere cancellato. Potevo dirgli di no,potevo trovare una scusa. Ma non ne avevo il coraggio. Anche se stavo male,se mi sentivo tradita sapevo anche che volevo sentire le sue braccia stringermi,sentire le sue labbra sulle mie,sentirmi dire che mi voleva,che ero importante. In quel mese lui aveva continuato a dirlo,anche se mai aveva sentito la stessa frase uscire dalle mie labbra. La cosa che ancora di più mi faceva male era che non capisse il motivo del mio comportamento.

 

 
Quelle poche ore in auto sembravano non trascorrere mai. Mio padre e mio zio mi stavano accompagnando all’aeroporto di Roma..
Tra le mani il libro di Robert. “Mansfield Park”.
“Ei lettrice,che leggi?”
“Niente di che zio,un classico inglese. Voi parlate di politica..” risposi scocciata. Le loro chiacchierate riguardavano o il lavoro,che condividevano,oppure la politica,a cui si interessavano sin da giovani. Mio nonno li aveva sempre costretti a seguirlo nei suoi viaggi e nelle sue campagne e così ora si ritrovavano a continuare loro il suo operato.
“Eh bè,capita” rispose ridendo. Sapeva che odiavo quei tipi di discorsi.

 
Chiusi il libro e mi immersi nei miei pensieri.
Solo 8 ore e sarei stata a Londra. Fino ad un mese fa avevo lasciato libero sfogo alla mia immaginazione pensando a cosa sarebbe successo durante questa vacanza. Sarei stata nella sua città,avrei visto i posti in cui era cresciuto,avrei vissuto tutto di lui,come lui aveva vissuto tutto di me. Gli avevo fatto conoscere i miei luoghi preferiti,gli avevo fatto visitare la mia città,lui avrebbe fatto lo stesso. Si sarebbe aperto come io avevo fatto con lui. Avrei toccato con mano il Robert che tanto desideravo conoscere. Io avevo conosciuto bene l’attore,il divo che scappa per incontrarmi,ma del vecchio Rob,di quel ragazzo che prima,a detta sua,non aveva successo con le ragazze,era un buon a nulla,era un personaggio dedito solo alla musica e che si era quasi arreso all’esaudire il suo sogno di diventare attore non sapevo nulla. Volevo conoscere anche quella parte di lui,che sicuramente era ancora parte del suo essere.
Dopo quelle foto tutte queste immagini le avevo nascoste e rifiutate. Guardai il libro. Lì dentro avevo messo una nostra foto scattata nella mia camera. Era bellissimo. Il suo sorriso mentre gli stampavo un bacio sulla guancia era dolcissimo. Il pensiero che mancava poco e avrei rivisto quel sorriso di nuovo mi faceva battere forte il cuore,mentre un coltello però minacciava di colpirlo e fermare quel battito incessante. Ero innamorata e non potevo più nasconderlo. Mi faceva male solo il pensiero. ma anche quel pensiero era stato nascosto. Ora,più mi avvicinavo a lui,più i pensieri nascosti uscivano dal loro nascondiglio per farmi ricordare di loro. Erano dolorosi,forse più di prima.
Avevo immaginato addirittura di donare a lui la parte più preziosa di me. Pensavo che fosse lui la persona giusta,lo pensavo ancora,ma volevo negarmi anche questo pensiero. volevo salvarmi.

 
“Siamo arrivati,finalmente!” mio padre era felicissimo di essere uscito dal traffico che rendeva odiosa Roma.
“Si..” sussurrai. L’ansia mi stava travolgendo. Robert aveva chiamato mentre ero in auto e mi aveva avvisato che al mio arrivo avrei trovato un suo amico e non lui. Le guardie del corpo non lo avrebbero lasciato tornare all’aeroporto e lui comunque ne era terrorizzato. Sorrisi della sua paura pensando alla reazione delle ragazze se lo avessero visto arrivare all’aeroporto poche ore dopo esserne uscito. Mi rabbuiai al pensiero di ciò che avrebbero potuto fare a me quando avrebbero scoperto che Rob era lì per me.

“Ti raccomando Ada,Londra è grande..” mio zio iniziò il solito discorso. Mia mamma mi aveva tormentata per ore quella mattina. Vidi mio padre sorridere complice contento di non dover aggiungere altro. Avevano fatto gli altri ciò che lui odiava fare,le raccomandazioni.
“Si,zio certo..” lo baciai sulla guancia e mi avvicinai a papà.
Gli rivolsi uno sguardo accigliato prima di salutarlo. Gli colpì la testa con uno schiaffetto.
“Ciao,ci vediamo tramite webcam. Ti raccomando,non dare fastidio a Vito in continuazione. Per problemi chiamami.” Lo avrebbe fatto impazzire se la webcam avesse creato problemi.
“Chiama quando arrivi” disse sorridendo dandomi un calcio.
“Si si,certo..”
Mi avviai ridendo verso il check in e infine salii sull’aereo.

 
“Wow” dissi sorridendo mentre osservavo l’aeroporto di Londra. Immenso. L’unico termine che riuscivo a trovare adatto per quel luogo. Fuori dalle immense finestre si vedeva una Londra illuminata dalla luce artificiale dei lampioni,mentre la luce del sole si spegneva per cedere spazio alla luce lunare. Era quasi sera.
Cercai di guardarmi intorno per capire chi fosse l’amico che sarebbe venuto a prendermi. Una mano sulla spalla mi fece voltare. Sorrisi davanti alla persona che mi trovai innanzi.
Il cappello e i grandi occhiali da sole,inutile per quell’ora,nascondevano l’identità dell’amico di Rob. Per me,che avevo visto tante volte il suo volto sulle foto,era facile scoprire chi fosse.
Ciao!” dissi sorridendo.
Mi guardò sorpreso per poi sorridere e rispondermi “Ciao,Ada”
“Ora andiamo?” disse con un accento inglese molto marcato. Era una caratteristica che mi affascinava molto. Gli inglese avevano un accento molto gentile e sensuale e Rob ne era la prova. Guardai di nuovo intorno a me e mi accorsi che quella città mi aveva fatto sorridere di nuovo,la sua città.

 
In auto Londra era splendida. Le luci le davano un tocco di eleganza,i passanti sembravano venire da un altro pianeta. Era diverso dall’Italia,da Roma. Era monotona,ma non stressante. Piena di pace,tranquillità,niente in confronto al caos cittadino italiano. Tom mi fece parlare molto e pensare pochissimo. Parlammo del più e del meno. Mi chiese come avessi conosciuto Rob e cercai di rispondergli cercando di non ricordare. Stavo ricominciando a sorridere,volevo farlo ancora un po’.
Ci fermammo davanti ad uno stabile di circa setto o otto piani. Casa di Tom,lo aveva specificato lui durante il viaggio. Scendemmo e scaricammo le mie valigie.
“Scusa se te lo dico,ma hai portato con te tutta la casa?”
“No,solo l’essenziale..” dissi. Non c’era noia o fastidio nelle sue parole,né nel tono usato.
“Oh bè,l’essenziale per te è l’intero mondo per il sottoscritto” disse con un cenno affermativo del capo mentre cercava di non ridermi in faccia. Fui io quella che rise di quell’affermazione. Tom era come Rob,ora ne avevo la conferma.

 
Mentre salivamo le scale mi resi conto che le mie gambe non reggevano più. Il palazzo non era munito di ascensore,così ci ritrovammo a salire le valigie a piedi. Eravamo alla settima rampa di scale,quando mi girai verso Tom
“Quanto manca ancora?” Ero molto stanca per il viaggio e non ero abituata a salire le scale a piedi. Vidi Tom guardare dietro di me,sorridente.
“Direi che sei arrivata” disse una voce. Non era stato Tom a parlare,lui era davanti a me e continuava a guardare le mie spalle sorridente. Mi voltai immediatamente e trovai il suo volto vicino al mio. Si avvicinò vedendomi immobile.
Una ciocca di capelli era davanti al mio viso. La prese tra le dita e me la sposto.
“Hai tagliato i capelli” disse serio scrutandomi. Non riuscivo a muovermi,ero sconvolta dai suoi occhi,da ciò che lasciavano leggere.
“Si..” sussurrai.
“Stai bene..” continuò. Lo guardavo. Senza dire nulla. Sentì le sue braccia stringermi in un abbraccio forte. Stavo respirando. Di nuovo,tra le sue braccia. Anche se quel suo abbraccio avrebbe dovuto farmi mancare il respiro tanto era intenso e forte. Dopo un eternità,dopo averlo stretto anche io a me,come se la paura di perderlo ora fosse più forte,mi allontanai da lui e lo guardai. Era più bello di quanto ricordassi. Le labbra rosse,i capelli più corti,la barba di un paio di giorni. Un paio di jeans scuri gli fasciavano le bellissime gambe mentre un maglione nero gli copriva l’intero torace. Era bellissimo. E quella bellezza mi faceva male perché non sapevo se potevo dire che era mia.
“Ehm ragazzi..” Tom sembrava imbarazzato
“Rob,che dici.. mi aiuti con le valigie o le porto solo io?”
“E secondo te perché ti ho chiesto di andare a prenderla in aeroporto?”
“Ma vedi questo idiota” sussurrò Tom offeso.
Rob scoppiò a ridere. io continuavo a guardarlo. Quella sua risata quanto mi era mancava. Troppo. E la volevo sentire ancora,per sempre.
“Dai Ada vieni,ti faccio vedere la mia casa..” disse Tom scocciato dalla risata di Rob.

 
L’appartamento era abbastanza grande,accogliente,se non fosse stato per il disordine che la caratterizzava. Decine di cartoni sistemati qua e là nel salone,mentre coperte e maglie erano lasciati sparsi per le stanze,sui divani,sulle sedie della cucina. Sorrisi di quel luogo così comune. Mi piaceva anche se la mattina successiva ci saremmo dovuti organizzare con le pulizie.
Sentì due braccia stringermi e una testa poggiarsi sulla mia spalla. Mi irrigidii.
“Sono contento che tu sia qui” Sorrideva. Un brivido intanto mi attraversò la schiena. Il cuore batteva,forte.
“Mi sei mancata” continuò vicino al mio orecchio. “Tanto..” sussurrò toccando con il labbro il lobo dell’orecchio. Mi baciò il collo per poi accarezzarmi la pancia. Un nuovo brivido percorse i  nostri corpi. La mia sicurezza stava lasciando posto all’insicurezza di quel momento. Sentii le sue mani allacciarsi alle mie e ricordai le foto.  mi spostai da lui, sciogliendo ogni contatto tra i nostri corpi. Continuavamo però a guardarci senza riuscire a staccare gli occhi l’uno dall’altro. Ci scrutavamo. Lui mi guardava cercando di capire cosa avessi. Lo aveva capito,aspettava di vedermi per scoprire cosa mi stesse accadendo.

 
“Rob la valigia aspetta che noi la portiamo in camera,pesa e sinceramente voglio posarla subito al suo posto” disse guardandomi per provocazione. Decisi di stare al gioco.
“Mamma Tom,sei insopportabile,lo sai? Se parli ancora te la faccio trovare di nuovo lì” risposi guardandolo con gli occhi ridotti a due fessure. Lo vidi far finta di rabbrividire e poi scoppiare a ridere.
“Mi piace,Rob,devo proprio dirtelo. Ci darà filo da torcere la bimba” disse avviandosi verso una delle stanze della casa,forse la sua camera da letto.
Sentii Rob ridere. Intanto presi la borsa poggiata all’ingresso e chiamai i miei genitori. Tranquillizzai mia madre dicendole che il viaggio era stato tranquillo e che mi ero perfino addormentata. Erano a casa della nonna così salutai tutti velocemente. Chiudemmo la chiamata solo quando mi ricordò di salutarle Rob.

 
“Cosa hai fatto in questi mese?” Rob mi aveva attirata di nuovo a se facendomi poggiare il capo sul suo petto.
“Niente di che..” risposi ovvia. Da un mese non gli raccontavo più cosa facevo nelle mie giornate. Prima evitavo anche i contatti fisici con i miei amici,sapevo che avrebbe potuto irritarlo. In quel mese invece avevo ricominciato a comportarmi come prima. Ogni mio atteggiamento era come prima che lo conoscessi. Facevo finta di nulla. Solo due cose erano cambiate. La sera la trascorrevo a telefono con lui e la notte piangevo perché stavo male.
“Non hai niente da aggiungere?” disse serio.
Alzai il viso per guardarlo negli occhi.
“No,direi di no.”
“Ok..” spostò lo sguardo.
“Dobbiamo parlare,lo sai?”
“Si.” Risposi.

 
La stanza in cui eravamo appena entrati era molto spaziosa. Il letto da una piazza e mezza era al centro,mentre una libreria piena di libri lo affiancava. L’armadio,invece molto ampio era stato posizionato di fronte al letto. Notai le mie valigie a terra davanti all’armadio.
“Questa è la tua stanza” sussurrò tranquillo Rob.
Rimasi meravigliata da quella affermazione. Quando eravamo in Italia era difficile per noi separarci per la notte. Entrambi avremmo volto dormire insieme,ma non era mai stato possibile.
“Ah” risposi a quell’affermazione.
“Allora ti lascio disfare le valigie,intanto vado a fare una doccia” continuò dandomi un bacio sulla guancia.
“Ok..” aggiunsi prima che uscisse.
Mi sedetti sul letto e osservai per bene la stanza. Mi piaceva e molto,ma mancava qualcosa. Mancava la sua presenza. Era inutile mentire. Anche se era arrabbiata con lui,anche se mi doveva delle risposte,quella sua richiesta di dormire separati mi aveva fatta sentire poco desiderabile.

 
Disfai pian piano le valigie,sistemai le mie cose e indossai una tuta.
Avviandomi in cucina notai Tom davanti alla porta mentre pagava delle pizze.
“Ei,la cena?” dissi sorridendo.
“Si si.. mi aiuti?” disse porgendomi le pizze.
“Certo” risposi.
In cucina provai ad ordinare un po’ la tavola prima di poggiarci le pizze e intanto che aspettavamo Rob lasciai che i pensieri mi riempissero la mente.
Le pizze era abbastanza buone,ma il mio stomaco non ne voleva sapere di mangiare. Ero nervosa,agitata. Pensavo continuamente a quella situazione.  

 
La voce di Rob mi fece tornare al presente.
“Ada?Tesoro?” era la prima volta da quando ero lì che mi chiamava così.
“Si,dimmi..”
“Non mangi più?”
“Oh,no. non ho fame.” Risposi.
“Non ti senti bene? C’è qualcosa che non va?” lo sentii preoccupato.
“No,no niente.” Risposi cercando di tranquillizzarlo.
“Sarà lo stress del viaggio Rob,ricordi come tornavi te a casa?” disse Tom afferrando anche la mia pizza e portandosela alla bocca.
“Si,infatti. Sarà quello.” Risposi tranquilla,mentre dentro di me si facevano spazio paure e dubbi.

 

Sapevo molto bene che Londra fosse una città molto piovosa,ma non immaginavo che proprio quella pioggia potesse essere la causa dell’insonnia. Non avevo mai avuto paura della pioggia violenta che si infrange prepotente sui vetri delle finestre,né tanto meno dei tuoni che spaventano tanto i bambini con il loro boato,ma quella notte sembrava che non riuscissi ad addormentarmi. Ero seduta in mezzo al letto,con le spalle poggiate alla testiera e con gli occhi che non accennavano a chiudersi. Però ci avrei giurato,sotto i miei occhi erano presenti delle occhiaie. Sapevo benissimo che la mattina successiva sarebbero state la prova della notte insonne. Un forte tuono mi fece sussultare nel letto. Decisi che era il caso di fare qualcosa. Avevo contato le pecore,avevo provato a leggere,come tante volte facevo per stancare gli occhi e facilitare l’avvento del sonno,ma nulla,era impossibile.
Mi alzai dal letto e piano uscì dalla mia camera. Nella stanza accanto c’era Rob. La osservai attentamente,senza entrare. Mai come quella notte avevo timore di entrare e di guardarlo. Durante la piccola vacanza in Italia,a casa mia,ogni mattina lo guardavo dormire per imprimere nella mia memoria il ricordo del suo volto,il ricordo di ogni piccolo particolare di lui. Ma proprio quella notte,in cui avevo più bisogno di sentirlo vicino,di osservarlo,non avevo il coraggio di farlo. Di corsa mi diressi verso la cucina. Aprì il cassetto e vi trovai solo del tè,niente camomilla. Intanto l’orologio della cucina segnava le 3e45.
Un altro tuono,altra pioggia che sbatteva sulle finestre. La luce dei lampi illuminava delle mani che sembravano forzare la finestra,erano lunghe,come quelle di Rob,sembravano violente a differenza delle sue. Il buio tornò a farla da padrone,le mani sparirono,la paura però era ancora lì,come la consapevolezza era ancora lontana.
Presi a correre verso le stanze,senza fermarmi fino alla camera di Rob. Senza accorgermene entrai e lo trovai dormire serenamente. Solo io sentivo quei rumori,vedevo quelle mani,che niente altro erano che rami. La consapevolezza ora mi apparteneva,in quel momento mi avvolse. Una stupida.
La porta era quasi aperta quando la sua voce mi chiamò.
“Ada”
Sobbalzai,di nuovo.
“Scusa,ero andata a bere e.. bè.. io..bè ecco, ho sbagliato stanza.. Dormi,tranquillo”
Aprii velocemente la porta,ma prima che uscissi mi richiamò. Mi voltai e lo vidi sorridermi sereno mentre con la mano mi invitava ad avvicinarmi.
“Vieni qua..” sussurrò piano.
Quel sussurrò,quelle parole mi attirarono a lui come calamite.
“Scusa” sussurrai.
“Di cosa?” continuò spostando le coperte e invitandomi a stendermi con lui.
“Di essere entrata nella camera.”
“non preoccuparti. Da te lo facevi sempre..” disse stringendomi a se e portando le mie gambe tra le sue. Sorrideva.
“ma tu non volevi che io venissi..mi hai chiesto di dormire di là” dissi piano,non sicura che mi avesse sentita.
“No,Ada. Non è così”
“E allora com’è?” mi ero voltata verso di lui e lo guardavo. Volevo sapere e nulla poteva fare per farmi cambiare idea.
“Io,vedi.. diciamo che non so se riesco a resisterti. Mi piaci troppo,e non solo intellettualmente.. non so se mi sono spiegato” era imbarazzato. Il viso basso per non guardarmi. Gli alzai il volto.
“Rob,tu sei attratto da me?”
“Bè,diciamo che il tuo corpo.. mi mette,come dire.. ehm,diciamo a dura prova.” Il suo viso di nuovo basso.
“Oh”
“Da quando non hai rapporti?” chiesi a bruciapelo.
“Da un po’ di mesi,ormai..”
“Oh..Rob?”
“Si?”
“Io non l’ho mai fatto”
“Lo so” rispose per poi stringermi forte.
Le sue labbra incontrarono le mie in un bacio dolce e sensuale.
Mi allontanai.
“Dobbiamo parlare” disse serio.
“Si”
“Cosa sta succedendo?” sillabò.

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Capitolo 13
*** capitolo 13 ***


Pioveva,ancora. Era silenziosa però questa volta la pioggia. Come i nostri animi. Tranquilla,batteva sui vetri senza violenza. Ancora poco e sarebbe comparso il sole da dietro le nuvole e con se avrebbe portato l’arcobaleno. Sarebbe stato tutto più bello. Amavo la pioggia silenziosa. Adoravo stare a casa,sotto le coperte sul divano con la cioccolata calda tra le gambe,mentre guardavo il film più romantico e strappalacrime che avessero mai ideato. Quel silenzio cupo ma sereno mi piaceva,mi metteva a mio agio. Come la solitudine. Amavo stare sola,con un libro mentre con la mente mi perdevo in quelle pagine ingiallite sfogliate tante volte. Ora però non ero sola. Non avrei più visto quei film su un divano tutto per me,con le coperte che coprivano solo il mio corpo. Avrei avuto anche una cioccolata calda da dividere. Con lui. Ne ero felice,era pazza di felicità.
Lentamente aprii gli occhi. Sentivo sul collo il suo respiro lento,sereno. Dormiva ancora. Non riuscivo a muovermi in quel letto troppo grande per noi due. Eravamo abbracciati,con le gambe incatenate,i corpi stretti. Sentii un brivido sulla spalle quando inspirò più forte. Non indossavo la maglia,ma solo un top corto nero. Avevo avuto caldo durante la notte,così l’avevo pian piano tolta. Il respiro era tornato regolare. Non si era svegliato quindi. Chiusi gli occhi e sorrisi. Pensai alla notte passata. Al nostro temporale subito seguito da un immenso arcobaleno limpido,colorato. Mai avevo provato tante emozioni in così poco tempo. Odio,rabbia,stupore,paura,gioia..

“Io e Kris siamo molto amici..”
“Io non prendo per mano un amico quando stiamo per prendere un aereo!”
“E allora quando?” disse serio e irritato.
“Non.stiamo.parlando.di.me.” sillabai
“Certo” sbuffò
“Rob,perché eravate mano nella mano?”Chiesi per poi continuare “Non ci metto nulla ad anticipare la partenza.” Dissi convinta.
“No.. per favore,no!” sussurrò supplichevole
“Rob?”
“Siamo amici,veramente! Eravamo stanchi,non sapevamo che c’era qualcuno lì che potesse fotografarci. Mi ha preso la mano,amichevolmente.”
“Certo.. Rob?”
“Si..”
“Sei andato a letto con Kris?”
“NO!”
“L’hai mai baciata?”
“Bè lei è la mia co-prota..”
“Rob?”
“Fuori dal set no..”
“Devo crederti?”
“Perché non dovresti? Ada,non starei con te ora. Starei con lei. Io non amo Kris,non provo niente per lei. E lei per me.” I suoi occhi erano sinceri,tanto limpidi da farmi spostare lo sguardo.
“Ei..” sussurrò stringendomi i fianchi
“Ok..” sussurrai.
“Ada?”
“Eh..”
“Credo che mi stia innamorando di te”
“Io lo sono da molto tempo..”
“Cosa?” disse sorridendo malizioso
“Che sono innamorata di te,ovvio!”


“Ciao..” si era svegliato.
“Ciao..” mi girai verso di lui. I suoi occhi. Socchiusi,belli,lucidi. Le labbra splendide. Un po’ arrossate dai continui baci dati durante la notte. Le mie le sentivo gonfie,tutta colpa di quella barba che amavo così tanto. Lo sentii sospirare e guardarmi.
“Vuoi farmi impazzire?” disse ad occhi chiusi,rosso.
“Perché?” chiesi incuriosita.
“La tua maglia..” disse arrossendo.
“Oh.. non te ne sei accorto quando l’ho tolta?”
“No..”
“Ok..”
Arrossii anche io.
“Mi dispiace di averti messo a disagio,ma avevo molto caldo” dissi piano. Provai a prendere la maglia gettata a terra vicino al letto ma lui me lo impedì bloccandomi per i fianchi.
“No,tranquilla.. voglio che resti così” dissi dolce. 
Lo abbracciai stretta per poi gettarmi sulle sue labbra. Quelle labbra che tanto avevo desiderato da quando lo avevo visto per la prima volta su una foto. Dolci e sensuali. Belle e semplici. Chi sa quante donne lo avevano desiderato,chi sa quante donne lo avevano avuto. Un brivido attraversò la mie schiena quando le sue mani arrivarono sotto il top per accarezzarmi meglio. Lo sentì respirare velocemente,come me. Quelle mani,quei baci,quei sospiri mi stavano facendo impazzire. Portai le mie mani sotto la sua maglia,per alzarla,quando lui si allontanò dalle mie labbra. 
“Scusa..” disse piano.
“Ok..” sussurrai sbuffando. Quel contatto sottratto mi aveva fatto innervosire. Si portò una mano tra i capelli,forse per il nervosismo, e si posizionò a pancia in su. Le mani erano dietro la sua nuca. 
“Tutto ok?” sussurrai avvicinandomi a lui e accarezzandogli il petto. Quel gesto lo fece sussultare.
“Si..” disse ad occhi chiusi.
“Rob vedi che tu non sei Edward e io non sono Bella. Mi puoi avere..” risposi stizzita. Cosa pensava che fossi? Una bambina indifesa?
“E’ solo che tu sei ancora..”
“Ancora vergine?” dissi sillabando per poi continuare più piano “Lo sapevo,non ci volevi tu per ricordarlo”
“Dovresti avere paura..” disse guardandomi. Quelle sue parole mi stavano irritando più del dovuto. Gli avevo detto che ero innamorata di lui,sarebbe dovuto bastargli a fargli capire che lui per me era importante e chi gli avrei dato tutto. Ma forse aveva bisogno di una spiegazione più elementare.
“Quale parte della frase ‘sono innamorata di te’ non ti è chiara?”
“Che stai dicendo?!”
“Sto dicendo che per me sei importante e che voglio sia tu l’uomo con cui farò l’amore. Oggi,domani,fra un mese,fra un anno. Ma voglio sia tu. Può succedere oggi o potrà succederà domani a te che cambia? A me nulla e sai perché? Perché sono pazzamente innamorata di te da quando ho letto le tue prime interviste,da quando ti ho visto per la prima volta imbarazzato,da quando ti ho visto portare questa dannata mano tra i capelli” mi fermai per prendergli il viso tra le mani “.. da quando mi hai guardata,toccata,da quando mi hai parlato,da quando mi hai chiesto di fare colazione con te..da quando Robert Thomas Pattinson,sei arrivato in Italia solo per me. E non cambierò idea..” feci una pausa e chiusi gli occhi. Sospirai piano, sciogliendo il contatto tra noi.
Sembrava che i minuti passassero come se fossero stati secondi. Sospiravo piano,ogni quanto non saprei dirlo. Ma solo quando le mie lacrime avevano smesso di bagnarmi il volto quando le sue mani smisero di asciugarmele,sentii la sua voce roca,tesa,ma sincera,piena di amore.
“Io.. ti amo”
Inghiottii tutta la tensione,la paura raccolte fino a quel momento per poi sospirare piano. 

“Tesoro,che fai con il mio pc?” Avevo appena fatto una doccia rinfrescante dopo essermi occupata delle pulizie con Tom e Rob. Ci eravamo divertiti molto,però eravamo anche sfiniti. Avevo lasciato Rob in salotto ed ora lo trovavo nella ‘nostra’ camera con il mio pc sulla scrivania. Aveva uno sguardo attento e indagatore,come se stesse osservando chi sa cosa e capire chi sa che.
“Niente.. non posso usarlo?” chiese senza guardarmi.
“Certo che puoi.. ma che guardi?” mi avvicinai piano a lui per capire la causa della sua improvvisa acidità.
Appena vidi ciò che aveva tanto attirato la curiosità di Rob scoppiai a ridere.
“Perché ridi?” chiese serio.
“Per le foto che stai vedendo..” continuai ridendo.
“A me non fanno ridere” disse acido. 
Lo fissai strabuzzando gli occhi. Possibile che fosse geloso? Le foto in questione erano state scattate nel cinema la sera in cui andammo a vedere New Moon. Avevamo imitato Edward e Bella durante l’intervallo e c’erano foto che potevano sembrare ambigue.
“Rob..” lo chiamai diventando seria. “stavamo al cinema ed imitavamo te e Kris..” dissi sorridendo. Lo vidi strabuzzare gli occhi e osservare la foto. quando si accorse della posa identica a quella loro nel parcheggio della scuola,mi sorrise imbarazzato.
Mi avvicinai dolce,accarezzandogli una guancia. Quella sua gelosia mi piaceva più del dovuto. Avevo sempre adorato i ragazzi gelosi. Mi piaceva che manifestassero questo tipo di emozione perché dimostravano quanto ci tenessero a me.
Un’idea mi balenò nella mente.
“Rob,vuoi vederle con me? Così conosci i miei amici..” gli proposi sorridente mentre mi faceva accomodare sulle sue gambe.
“Allora.. questi sono Antonella ed Emanuele,li conosco da quando ero piccola. Lei è Francesca,mia carissima amica. Andiamo a scuola insieme..”
“si ricordo..”.
“Ecco,questo che fa finta di baciarmi è Carlo, amico mio da un po’ di anni.” Continuai mostrandogli tutti.
Arrivata alla foto in cui sorridevo abbracciando la locandina che Emanuele mi aveva conservato al negozio iniziò a ridere. 
“Vedi,ti abbraccio anche nei poster!” dissi unendomi alla sua risata. 
“Sei pazza” continuò ridendo.
Sorrisi anche io. “Pazza,si. Ma di te” 
Lo avevo detto con il sorriso e con tanta sincerità.

“Rob?” chiamai mentre davanti la valigia cercavo di scegliere che indossare quella sera. Non sapevo dove saremmo andati,quindi non avevo idee su cosa indossare.
“Dimmi tesoro” 
Era appena uscito dalla doccia. Vederlo in accappatoio mi lasciò senza parole. Era bellissimo. La mia mente prese a fantasticare su ciò che nascondeva ai miei occhi. Lo immaginai mentre lo privavo di quel pezzo di spugna lasciandolo nudo. Il suo fisico scolpito,non troppo,ma perfetto per me. Quella V che tanto avevo sognato di toccare quando le foto di Montepulciano girarono tutto il mondo. Quel corpo era mio e potevo averlo. Sentii il mio cuore battere forte,poi una risate provenire da lui.
“Che c’è? non sono un fantasma..” pronunciò continuando a ridere.
Feci due sospiri e poi mi voltai verso la valigia per nascondere le guancie rosse. 
“Tesoro.. mi hai chiamato,cosa volevi?” disse una volta smesso di ridere.
“Ecco.. bè volevo sapere dove andiamo.. per..capire che cosa..mettere, ecco!” dissi imbarazzatissima. Ero stata una stupida. Mi ero fatta prendere alla sprovvista e mi ero incantata a guardare il suo bellissimo corpo. A quel pensiero arrossii ancora di più.
“Bè andiamo in un pub,nulla di che!” non mi ero accorta,ma si era avvicinato molto a me. Aveva poggiato le mani sulle mie spalle. Quella sensazione mi fece sentire bene ma tremendamente agitata.
Quando mi girai per avere un contatto più intimo con lui,si irrigidì e si allontanò. Avevo sbagliato,di nuovo.

Il locale sembrava tranquillo. Avevo scelto bene l’abbigliamento. Semplice jeans con tacchi e una camicia sotto il cardigan verde petrolio. Davanti al pub vi erano alcuni amici di Rob. Ragazzi e ragazze. Appena ci videro arrivare iniziarono i fischi e le battutine su Rob. Arrossii quando qualcuno fece notare agli altri la mia presenza. Sapevo che Rob non aveva detto a nessuno di loro di me e questo mi metteva in soggezione. Ci sarebbero state domande e curiosità durante la serata e questo mi avrebbe messo al centro dell’attenzione. Essere la protagonista,anche se con Rob,non mi piaceva come idea.
Sentii la stretta di Rob aumentare quando si accorse del mio imbarazzo.
“Ragazzi lei è Ada.” Disse dopo aver salutato tutti con un abbraccio.
“Piacere” sussurrai piano in inglese. 
“Bè Rob,ad essere bella è bella. E anche tanto” prese in giro uno dei ragazzi,mi sembrava fosse colui che si era presentato dicendo di chiamarsi Matt.
“Ei giù le mani” stette al gioco Rob stringendomi a lui. Iniziarono tutti a ridere mentre io arrossivo sempre di più. 
La sala era splendida. Gli arredamenti in legno scuro,classica atmosfera londinese con luci soffuse. La musica faceva da sottofondo al rumore dei piatti e bicchieri che venivano usati per il brindisi o semplicemente portati a tavola. Mi venne da sorridere pensando ai tanti pub italiani che si ispiravano a questo. Potevano essere identici,ma l’atmosfera era diversa. Le parole,gli accenti,gli sguardi o anche semplicemente i modi inglesi erano distanti dai nostri.
Eravamo seduti tutti quando un ragazzo prese le ordinazioni. Le ragazze sembravano simpatiche. Una però attirò la mia attenzione,era Nina. La ex di Rob. 
Parlava e chiacchierava tranquillamente con tutti,anche con me. Ma il rapporto che aveva con Rob,le sue attenzioni per lui mi infastidivano. 
“Allora,tu sei la ragazza che ha conquistato il cuore di Rob..” disse facendo ridere gli altri.
Sorrisi soltanto,sapendo che la mia risposta non avrebbe fatto ridere come la sua affermazione.
Continuavo a guardarla,curiosa di capire. Quando però il locale si riempì e l’aria iniziò a mancarmi decisi di uscire fuori.
“Scusate,vado a fumare una sigaretta..” mi scusai per poi avviarmi fuori.
Vidi Rob sorridermi e continuare a parlare con gli amici. Sapeva che avevo bisogno di aria in questi locali piccoli e pieni di gente.
Nel buio della sera mi persi tra i pensieri. Lei e lui. Erano stati insieme. Avevano fatto l’amore. Lei aveva toccato quel corpo per ancora sconosciuto,inesplorato. Si erano dichiarati il loro amore. Quante volte Rob gli avrà detto ‘Ti amo’. Quel pensiero mi fece male,tanto male. 
“Ei ragazza..” Tom. 
“Ciao” dissi cercando di sorridergli.
“Tutto ok?” chiese 
“Oh si..” risposi cercando di mascherare la rabbia e la gelosia. Non mi piaceva rivelare i miei sentimenti e le mie emozioni.
“Ok.. ma che fumi?” chiese guardando il pacchetto di sigarette.
“Merit.. vuoi provare?”
Lo vidi pensarci su e aprirsi in un sorriso.
“Ok. Vediamo che mi offri” disse prendendo da se la sigaretta.
La assaggiò. “Buona” disse semplicemente aspirando ancora. 
Tom era un ragazzo sincero. Un buon amico per Rob. Vedendoli insieme avevo capito quanto fossero legati. Litigavano,si prendevano in giro,ma erano inseparabili. L’uno avrebbe fatto di tutto per l’altro. Sapere che Rob avesse un amico così mi fece sentire bene. avrei fatto di tutto per lui. Avrei dato tutto per lui. Il bisogno di vederlo felice era più forte dell’esigenza di rendere me stessa felice. Mi venne in mente una frase di uso comune,troppo comune forse. “Se lui è felice senza di me,lo sono anche io.” Per me non era così,lo sapevo bene. non potevo essere felice senza di lui. Se era felice senza di me significava che per lui non ero più niente. Che non era vero amore. Perché quando ami una persona veramente,bè,non puoi essere felice senza di lei. Ti senti soffocare,ti senti nulla. Pensi che sia inutile vivere,perché non sarai mai più felice. Se per Rob non ero la persona che voleva amare per sempre allora io avrei sofferto e la felicità per me non ci sarebbe mai stata. Ora capivo veramente Bella. Per lei Edward era tutto. Aria,vita,una famiglia,un futuro. Io ero come lei,perciò la capivo.
“Entro” sussurrai avviandomi verso la porta di entrata.
“Ada” sentii chiamarmi da Tom.
“Si?” lo vidi sorridere,sereno.
“Lui ti ama”
Quella frase mi colpii al cuore. Iniziò a battere veloce e forte. Lo sentivo in tutto il corpo. Vibrava,dolce,come le corde di una chitarra sotto il tocco del suo musicista. Una musica dolce,semplice,ricca di amore e passione. L’amore che provavo per lui. La passione che mi dava lui.
“Lo so” ed entrai nel locale. 

“Balli?” sentii chiedermi da Matt quando loro si alzarono per ballare.
Guardai Rob. Lui sicuramente non avrebbe ballato. 
“No,Matt” dissi semplicemente. Preferivo restare abbracciata a Rob.
Si allontanò sorridendomi. Li osservai attenta mentre si scatenavano. Al tavolo eravamo rimasti solo noi. Rob sembrava divertirsi anche solo guardando gli amici ballare. Io invece ero la classica ragazza che ama stare in pista,che si divertiva facendo i passi e i movimenti più ridicoli.
“Non ti piace ballare” Non era una domanda.
“No,si vede?” rispose sorridendo. Quel sorriso che adoravo.
“Bè,direi di si.. neanche con me balleresti?” chiesi speranzosa.
“Non ne saresti felice di vedermi ballare” sospirò poggiando il mento sulla mia spalla.
“A me piacerebbe ballare con te..”
“Vieni..” mi prese per mano e mi porto con se. 

Ballare con lui era semplicemente divino. Movimenti sensuali,corpi stretti,mani che accarezzavano,bocche che si rincorrevano. Era una danza tutta nostra,la danza dei nostri corpi. il suo petto che premeva sulla schiena,le mani poggiate sui fianchi che si allacciavano sotto il seno per stringermi sempre di più a lui.
“Sembra che Nina non ti sia simpatica?!” 
Al tavolo mentre mangiavamo e chiacchieravamo Nina aveva attirato spesso la mia attenzione. Le sue parole,i suoi modi,i suoi racconti mi davano sui nervi. Nessun atteggiamento particolarmente diverso dalle altre nei confronti di Rob,solo lei e i racconti che li vedevano protagonisti con gli altri durante la loro storia. Ero stata sempre una ragazza gelosa,ma questa volta mi sentivo bruciare dentro dalle fiamme della rabbia,mista a gelosia.
“Sembra o ne sei sicuro?” Ero infastidita. Sentii stringermi ancora di più.
“Non vorrei sbagliare risposta..” disse al mio orecchio. Il brivido che mi causò percorse tutta la schiena.
“Non sbaglierai” sussurrai. Poi proseguii “Comunque non mi piace molto.. forse è semplice gelosia..” volevo essere sincera.
“Capisco.. ma non devi esserlo” Le sue mani scesero a percorrere i miei fianchi fino ad arrivare al bordo dei jeans. Iniziai a respirare più velocemente. Il tocco era delicato. Piano aprì il palmo delle mani. Il contatto era diventato forte,desiderato,esasperante. Le labbra rapirono le mie. La musica sembrava svuotare la testa per riempirla di note e sentimenti. Le mie mani presero a stringere spasmodicamente i suoi capelli. I nostri corpi erano stretti tanto da sentire il bisogno di possedere l’altro crescere sempre di più.
“Andiamo a casa” sussurrai sulla sua bocca guardandolo fisso negli occhi.
“Sei..”
“Shh” lo zittii “Rob lasciati andare”

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