Sense and Sensibility.

di Sevvie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter 1 ***
Capitolo 2: *** Chapter 2 ***



Capitolo 1
*** Chapter 1 ***


 

Sense and Sensibility
Un dolore acuto al petto, e la bocca di quel maledetto serpente.
Quella bestia era inarrestabile,continuava a scagliare colpo dopo colpo, mentre lui cercava di scansarla, impotente e disarmato. 
Eccola, le fauci spalancate, in posizione d’attacco; conosceva fin troppo bene quella posizione, tante erano le volte che l’aveva vista, propensa ad uccidere. 
Lily. Eccola lì, davanti a sé; una Lily bambina, ancora sua amica, ancora in vita.
Subito dopo ricomparve, però, il muso di Nagini, cattivo e assetato di sangue. 
Un altro attacco, stavolta alla gola; le fauci del serpente gli squartarono il collo e Severus Piton cadde a terra.
Il suo corpo sul pavimento, morente; immerso in una pozza di sangue scarlatto, cosparso di colpe e inzuppato di lacrime.
Harry! I suoi occhi! Gli occhi di … Lily.
Lo tirò a sé.
Non aveva il tempo nè la forza di chiedersi come fosse possibile. Doveva portare a termine il compito che Silente gli aveva assegnato. Doveva portare a termine il compito che aveva giurato a se stesso di assolvere. Doveva aiutare Harry Potter, proteggerlo e istruirlo in vista della sua battaglia finale.
Lo vedeva a mala pena, troppo stanchi gli occhi per potersi aprire.
Tentò di alzare il collo da terra, utilizzando le poche energie rimaste: gli avrebbe dovuto dire tante cose, gli avrebbe dovuto dare tante spiegazioni; non c’era tempo, le sue forze stavano svanendo e lui non desiderava altro che raggiungere Lily, sperando che ci fosse qualcosa, oltre. 
Doveva fare in fretta. 
Voldemort! 
Davanti a lui solo quella faccia, che parlava sinuosamente, ma lui non riusciva a capire cosa stesse dicendo.
Forse una parola, forse una sillaba, forse due, chissà. 
Poi, tornò il serpente, un’ultima volta, per il suo attacco fatale.
Le sue mani erano poggiate su qualcosa di morbido, ma che non riusciva a riconoscere. Non ricordava altro che il pavimento scabro della Stamberga Strillante sotto di sé e sotto il suo cadavere. 
Faceva male pensare a se stesso in quel modo - come un trancio di carne, come un involucro ormai perduto - ma era la verità. Ormai era morto.
Mentre i ricordi di quella notte si susseguivano veloci, fu preso da un dubbio: era riuscito a dire tutto ad Harry? Era riuscito a fargli sapere la verità? Aveva portato a termine quella missione tanto importante, affidatagli da Silente?
Si mosse, e riuscì a riconoscere di essere sdraiato su un letto. Ma come …?
Lentamente, provò ad aprire gli occhi, poco convinto delle sue stesse azioni: non poteva essere, era morto, quel maledetto serpente l’aveva ammazzato, senza aver lasciato in lui un briciolo di vita. 
Ma fu sorpreso di vedere una luce accecante, che gli fece socchiudere gli occhi per la sua potenza. Poi, quando questi si furono abituati, li riaprì, e davanti a sé vide un soffitto bianco. Provò ad alzarsi, ancora più stupito, ma non fu così facile. Molti punti del corpo gli dolevano. 
La stanza era circondata da pareti verde-argento, che somigliavano terribilmente al dormitorio Serpeverde. Perfino il letto sembrava lo stesso. Mise giù i piedi e si alzò. Lentamente, uscì dalla stanza, fino a trovarsi su un pianerottolo di legno antico. Si affacciò, cercando di capire dove si trovasse.
<< Professor Piton>>
Di scatto, a sentir pronunciare il suo nome, si girò.
Harry Potter stava davanti a lui, il volto desolato, non una sola nota di rancore.
Il respiro gli morì in gola, guardando i suoi occhi e capendo di essere ancora vivo.

 

 

Sense and Sensibility




-Chapter 1-






 
Un dolore acuto al petto, e la bocca di quel maledetto serpente.
Quella bestia era inarrestabile,continuava a scagliare colpo dopo colpo, mentre lui cercava di scansarla, impotente e disarmato.
Eccola, le fauci spalancate, in posizione d’attacco; conosceva fin troppo bene quella posizione, tante erano le volte che l’aveva vista, propensa ad uccidere.
Lily. Eccola lì, davanti a sé; una Lily bambina, ancora sua amica, ancora in vita.
Subito dopo ricomparve, però, il muso di Nagini, cattivo e assetato di sangue.
Un altro attacco, stavolta alla gola; le fauci del serpente gli squartarono il collo e Severus Piton cadde a terra.
Il suo corpo sul pavimento, morente; immerso in una pozza di sangue scarlatto, cosparso di colpe e inzuppato di lacrime.
Harry! I suoi occhi! Gli occhi di … Lily.
Lo tirò a sé.
Non aveva il tempo nè la forza di chiedersi come fosse possibile. Doveva portare a termine il compito che Silente gli aveva assegnato. Doveva portare a termine il compito che aveva giurato a se stesso di assolvere. Doveva aiutare Harry Potter, proteggerlo e istruirlo in vista della sua battaglia finale.
Lo vedeva a mala pena, troppo stanchi gli occhi per potersi aprire.
Tentò di alzare il collo da terra, utilizzando le poche energie rimaste: gli avrebbe dovuto dire tante cose, gli avrebbe dovuto dare tante spiegazioni; non c’era tempo, le sue forze stavano svanendo e lui non desiderava altro che raggiungere Lily, sperando che ci fosse qualcosa, oltre.
Doveva fare in fretta.
Voldemort!
Davanti a lui solo quella faccia, che parlava sinuosamente, ma lui non riusciva a capire cosa stesse dicendo.
Forse una parola, forse una sillaba, forse due, chissà.
Poi, tornò il serpente, un’ultima volta, per il suo attacco fatale.
 
 
Le sue mani erano poggiate su qualcosa di morbido, ma che non riusciva a riconoscere. Non ricordava altro che il pavimento scabro della Stamberga Strillante sotto di sé e sotto il suo cadavere.
Faceva male pensare a se stesso in quel modo - come un trancio di carne, come un involucro ormai perduto - ma era la verità. Ormai era morto.
Mentre i ricordi di quella notte si susseguivano veloci, fu preso da un dubbio: era riuscito a dire tutto ad Harry? Era riuscito a fargli sapere la verità? Aveva portato a termine quella missione tanto importante, affidatagli da Silente?
Si mosse, e riuscì a riconoscere di essere sdraiato su un letto. Ma come …?
Lentamente, provò ad aprire gli occhi, poco convinto delle sue stesse azioni: non poteva essere, era morto, quel maledetto serpente l’aveva ammazzato, senza aver lasciato in lui un briciolo di vita.
Ma fu sorpreso di vedere una luce accecante, che gli fece socchiudere gli occhi per la sua potenza. Poi, quando questi si furono abituati, li riaprì, e davanti a sé vide un soffitto bianco. Provò ad alzarsi, ancora più stupito, ma non fu così facile. Molti punti del corpo gli dolevano.
La stanza era circondata da pareti verde-argento, che somigliavano terribilmente al dormitorio Serpeverde. Perfino il letto sembrava lo stesso. Mise giù i piedi e si alzò. Lentamente, uscì dalla stanza, fino a trovarsi su un pianerottolo di legno antico. Si affacciò, cercando di capire dove si trovasse.
<< Professor Piton>>
Di scatto, a sentir pronunciare il suo nome, si girò.
Harry Potter stava davanti a lui, il volto desolato, non una sola nota di rancore.
Il respiro gli morì in gola, guardando i suoi occhi verdi e capendo di essere ancora vivo.

****************
 

Come avrete immaginato dal titolo, questa è una rielaborazione del famoso romanzo di J.Austen, Ragione e sentimento; ambientata dopo la Guerra Magica, e prima dell’epilogo “19 anni dopo”, è la storia del Professor Piton che è riuscito a sopravvivere all’attacco di Nagini e che si dovrà creare una nuova vita, dove i suoi punti fermi  sarannno ormai completamente sgretolati.
Oltre a questo piccolo cambiamento rispetto alla trama dell’ultimo manoscritto di J.K.Rowling, altre cose non sono state modificate: le morti sono le stesse, la trama della saga idem.
Ho cercato di mantenere i caratteri dei personaggi più IC che potevo, e trovere solo un Piton un po’ più comprensivo rispetto ad Harry, e anche un po’ più grato di quello che possiede, grazie alla morte a cui è riuscito a sfuggire.
Detto questo, per chiarire un pochettino, spero che il primo capitolo vi sia piaciuto, e non preoccupatevi della breve lunghezza: gli altri saranno più ricchi,
Sevvie.

 

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Capitolo 2
*** Chapter 2 ***


Chapter 2





Tratto dal capitolo precedente: 

« Professor Piton»

Di scatto, a sentir pronunciare il suo nome, si girò.
Harry Potter stava davanti a lui, il volto desolato, non una sola nota di rancore.
Il respiro gli morì in gola, guardando i suoi occhi verdi e capendo di essere ancora vivo.


Harry era terribilmente confuso in quei giorni, la sua testa invasa da miriadi e miriadi di pensieri. Non faceva che pensare a quella sera: non faceva altro che rivivere mentalmente ogni ricordo datogli da Piton, senza saltare alcun particolare. Si stupiva continuamente di aver scoperto quel lato di Severus, un lato sconosciuto, il suo lato più bello.

E adesso non aveva idea di come comportarsi: non doveva essere a conoscenza dei sentimenti di Piton verso sua madre, se non dopo la sua morte. Ma lui era vivo, e Harry sapeva tutto. Che fare, ora? Fingere di non aver visto nulla, di non sapere, o fargli quelle domande che da giorni lo assillavano riguardo al suo passato?

« Potter?», disse, rivolto al suo saluto di poco prima, con un tono sorpreso e anche contento. Contento per essere ancora vivo.

Non si capacitava, inoltre, del fatto che anche Harry lo fosse: Silente aveva detto che sarebbe dovuto morire, che Voldemort l’avrebbe dovuto uccidere. Ma quindi, anche Voldemort era ancora vivo?

« Mi può spiegare dove sono, Signor Potter, se le è concesso dirmelo?» il suo tono cambiò repentinamente, in modo da non tralasciare una sola nota di sorspresa: adesso era tornato beffardo e altezzoso, come era sempre stato.

« Numero 12 di Grimmauld Place: ci troviamo qui»

Harry rispose leggermente confuso dalla reazione dell’uomo - non se lo era aspettato così scontroso, più che altro, credeva fosse stato sorpreso di rivederlo e, perché no, anche un po’ contento.
Non sapeva come rivolgersi a lui, e quella reazione non fece altro che farlo agitare ancor di più.
Stava per spiegargli come e perché si trovassero in quella casa, ma le scale scricchiolarono sotto i passi frenetici di Hermione, che subito dopo si trovava in cima alle scale, a pochi passi da loro.

« Professor Piton, come si sente? Merlino, ero così in pena!»disse lei, buttando fuori quel po’ d’aria che le era rimasta nei polmoni dalla fine della guerra. Non riusciva a sopportare l’idea di qualcuno che morisse sotto le sue cure.

« Signorina Granger?» il suo sguardo si fermò scettico sulle mani di lei, che stringevano una fiala dal liquido bluastro «Almeno lei sarebbe così cortese da spiegarmi come e perché sia finito in questa topaia? E non mi sembra il caso di giocare ai “piccoli chimici” con me: quella pozione è adatta solo nel caso lei voglia avvelenare qualcuno»

Hermione borbottò qualcosa in risposta, un po’ interdetta dalla reazione del professore.

D’un tratto un urlo irruppe nel corridoio, e subito dopo Ron Weasley uscì correndo da una porta antica e malconcia. Si avvicinò a loro dicendo, a voce alta: « I ragni, ci sono i ragni! Sono dappertutto, dappertutto!»

Si avvicinò ad Harry, poi; il volto stravolto da un’espressione di disprezzo.

« Ma Sirius non puliva mai, qui dentro?» abbaiò.

« Ah, l’abitazione del mio caro amico Black. Grazie, Weasley, finalmente qualcuno che risponde alle mie domande; certo, mi aspettavo di meglio»

Ron lo guardò sorpreso, poi sussurrò: « Oh, salve, professor Piton, come si sente?»
Lui sbuffò e fece per rientrare nella sua stanza, voglioso di stare da solo: chissà se il ragazzo aveva ricevuto i suoi pensieri, quella notte; chissà se era riuscito a farglieli avere. Non osava chiederglielo.

« Professore, le vorrei parlare», la voce di Harry, però, glielo impedì.

Severus Piton, in quel momento, capì la cosa di cui desiderava parlare, e si girò, fissandolo negli occhi. Il suo sguardo ferveva dalla voglia di sapere, lo vide chiaramente, e la sua espressione sembrava supplicare, in una muta richiesta, delle spiegazioni. Severus Piton capì che Harry sapeva.
Dopo un lieve cenno d’assenso, Harry rimase fermo, immobile, ma i suoi occhi brillavano. Si diresse in silenzio verso una stanza, aspettando che Piton lo seguisse, e poi entrò. Severus guardò cosa v’era inciso: Sirius Black. Provò una strana sensazione: l’ultima volta che era entrato lì, aveva trovato la lettera di Lily. Ma entrò anche lui, subito dopo, guardandosi intorno: troneggiavano i caldi colori di Grifondoro, e la stanza di Black appariva esattamente come se la ricordava dall’ultima volta che c’era entrato. Harry non aveva toccato niente dalla morte del suo padrino, lì dentro: tutto era rimasto tale e quale, come se il tempo si fosse fermato, immortalando un’immagine di Sirius giovane e spavaldo.

Una volta che la porta si chiuse alle spalle dei due, Hermione e Ron si guardarono, attoniti.

« Pensi che voglia parlargli di... quello?», chiese Ron, sperando che Hermione ne sappia di più rispetto a lui.

« Credo di sì»
Hermione continuò a fissare la porta dietro la quale i due erano scomparsi, mentre Ron guardava distrattamente giù dal pianerottolo, senza dire una parola. Poi, però, si avvicinò a lei, e picchettò sulla sua spalla. Infastidita da quel gesto esasperante, si volse verso di lui, l’espressione contrariata.

« Sì, Ron?», disse, facendo particolare enfasi sul suo nome.

« ‘Mione...» - quel nomignolo lo usava solo quando gli serviva qualcosa, e lei aveva paura

di scoprire di cosa si trattasse - « adesso che non ti serve più fare Pozioni Curative, potresti uccidere tutti i ragni, per favore?», la sua voce era piccola piccola, e per questo Hermione non poté arrabbiarsi; dopo un breve attimo, gli sorrise e andò a “uccidere i ragni”.

Dietro la porta, Harry e Severus erano in piedi, l'uno davanti all'atro, ma senza guardarsi negli occhi. Entrambi provavano un certo imbarazzo: il primo perché non sapeva come aprire il discorso, il secondo perché non avrebbe saputo come rispondere. Aveva sempre paragonato Harry a suo padre – il maiale, lo sciocco, il ragazzino – e mai a sua madre Lily; adesso avrebbe dovuto iniziare ad accettarlo per quello che è? Per l'uomo che è diventato, tanto simile a suo padre d'aspetto, quanto a Lily d'animo? Si sarebbe dovuto scusare? Da che parte avrebbe dovuto iniziare?

Nessuno dei due sapeva cosa sarebbe successo, da quel momento in poi, ma tutti e due erano intenzionati a scoprirlo.

« Hai ricevuto i ricordi, Harry?», la voce di Piton era bassa e timorosa, fu il primo a parlare e a distruggere quel silenzo infernale.

Il diciassettenne rimase interdetto dal cambiamento d’umore dell’uomo, ma poi rispose, non osando guardarlo negli occhi:

« Sì»

Piton tacque.
Un silenzio imbarazzante piombò nuovamente nella stanza, che si fece d’un tratto angusta e piccola - troppo piccola. C’erano così tante cose di cui parlare, così tante cose da chiarire.
Perché Piton lo aveva chiamato per nome?
Perché Harry non gli ha ancora chiesto di Lily?
Troppe domande. Troppe poche risposte.
« Si... ehm... si starà chiedendo perché sono ancora vivo», si decise a chiedere Harry, intimidito «... e perché lo è anche lei, suppongo».
Piton annuì, in segno d’assenso. Gli era grato per il tatto che aveva usato: non gli aveva chiesto di Lei, evitandogli sofferenze e umiliazioni. Dopottutto Albus aveva ragione: è più simile a Lily di quando volesse vedere.
« Quando Voldemort ha provato ad uccidermi, non ha fatto morire me e l’Horcrux: bensì solo l’Horcrux. È per questo che non mi è successo nulla, e credo che Silente lo sapesse. Credo che lui non abbia mai pensato ad una mia morte. Ma sono solo supposizioni»
Piton annuì ancora, sovrappensiero: come aveva fatto a dubitare di Albus Silente? Il ragazzo aveva ragione.
« In quanto a lei, mentre io ero nella Foresta Proibita, Hermione l’ha raggiunta nella Stamberga e ha visto che non era morto, ma era solo svenuto a causa della perdita di troppo sangue. E bhé... dopo la Guerra l’abbiamo portata qui»

Immagini sconnesse si ripresentarono nella sua mente: Nagini che lo attaccava, gli occhi di Lily, la Stamberga vuota e... una figura davanti a lui che si muoveva frenetica. Poi, di nuovo il buio. Fino a quel momento non si ricordava di quelle immagini: credeva di essere morto subito dopo aver visto gli occhi di Harry, ma adesso si susseguivano in modo veloce davanti a lui.

« Voldemort è morto?»

« Sì»

I dialoghi erano a scatti: un minuto prima un silenzio imbarazzato, un attimo dopo le parole sgusciavano fuori veloci, per poi ricadere nel silenzio. Ormai, non sapevano più cosa dire, erano persi, piccoli - erano delle prede di loro stessi.
Harry stava per aggiungere qualcosa, ma poi richiuse la bocca, si girò, ed uscì dalla stanza, con la testa bassa.
Appena uscì, Ron scattò in piedi, colto alla sprovvista; lo guardava con un’espressione colpevole, ed un lieve sorrisetto sulle labbra. Harry capì subito che stava origliando.
Prima che potesse riprendere Ron per il suo comportamento, la voce di Hermione giunse dalla camera accanto:
« RON! Piantala di stare lì davanti e scendi a preparare qualcosa da mangiare, per Merlino!»
« Weasley» da dietro di Harry spuntò prontamente Piton, avvolto dal suo scuro mantello « la prossima volta che la trovo a origliare, stia bene attento a cosa mangia: potrebbe esserci del veleno»
Ron deglutì e si fece da parte per lasciarlo passare.
Piton si avviò verso la camera dove aveva dormito dalla fine della Guerra, ma prima di entrare, si volse verso Harry e Ron.
« Potter»
« Sì?»
« Mi sento in dovere di ringraziare sia lei che la signorina Granger»
Harry e Ron rimasero immobili a guardare il professor Piton che spariva dietro la porta di legno.  

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Salve a tutti! ^^
Eccovi il secondo capitolo, spero sia di vostro gradimento!
Chiaramente un grazie va a tutti quelli che hanno recensito il capitolo precedente! *_*
Quasi dimenticavo, questa storia è a quattro mani, siamo io ed una mia grandissima amica!
Un grandissimo bacio!
 

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