Stock of Weapons

di Altariah
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tsubaki ***
Capitolo 2: *** Achenio [II] ***



Capitolo 1
*** Tsubaki ***


Era da tempo che la tenevo nel cassetto, pensando di non pubblicarla mai. Ma, per gioia della carissima Ellenweiss eccomi qua con questa fic un po’ vecchiotta.








  

Stock of Weapons   




Prima era tutto così semplice, stupido, adolescenziale. Non si dava peso a niente, era tutto preso con leggerezza, dimenticandosene il giorno dopo.
Ma quel pomeriggio successe quello che ormai temevo di più. Quel qualcosa che agognavo spasmodicamente ma tentavo in ogni modo nascondere, di andare avanti ignorando la voce antipatica e presuntuosa di quel desiderio troppo sciocco.
Sapevo che non poteva funzionare.

Abbassai lo sguardo, agitata. Strinsi forte un lembo già stropicciato del mio vestito.
Non riuscivo a sostenere il suo sguardo.
Avevo paura.
Non li avrei voluti tradire.
-Tsubaki! Perché sei tornata?
Perché voglio essere felice.
Sentii il groppo in gola che non mi lasciava neppure respirare diventare ingestibile.
Socchiusi le labbra per prendere aria o per parlare?
-Scusa, papà

Image and video hosting by TinyPic E in quell’istante mi rimbombò nelle orecchie quel dannato rumore, la mia maledizione, il mio tormento. Un tonfo, quello della mia schiena che sbatté contro lo stipite della porta in legno venato di chiaro, e il respiro di lui.
Aveva un’espressione differente, qualcosa di diverso nei suoi occhi, nel suo viso, sulle sue labbra. Non mi diede neppure il tempo di stupirmi, me lo ritrovai addosso, lo sentivo torturarmi lentamente il collo e non riuscii a fare altro che guardare un punto fisso, indeterminato, oltre la sua spalla.
Insicura.
Inesperta.
Combattuta.
-Black*St…- Non ero neanche più in grado di parlare, i brividi mi bloccavano i muscoli, e sentivo la pelle scaldarsi di un calore nuovo, in un esatto punto del mio collo, per poi espandersi in tutto il corpo. Come increspature concentriche su un mare immobile, che ingrandiscono e risulta impossibile fermarle.
Sotto i miei occhi i suoi capelli celesti assecondavano il movimento del suo viso, della sua bocca.
-Black*Star…- Forse ci stava mettendo troppa enfasi oppure ero io che stavo apparendo tremendamente frigida, ma dopotutto, quello, in un momento del genere sarebbe stata l’ultima delle mie preoccupazioni.
-…ma ti rendi conto di dove siamo?- Udii un gemito infastidito, e mi si mozzò il respiro accorgendomi che quei suoi maledetti occhi verdi avevano trovato i miei.
-Dobbiamo finire di sistemare tutto per stasera.- Sussurrai, tentando istericamente di riprendere fiato.
-Abbiamo quasi finito, possiamo prenderci una pausa, no?- Affermò ghignando lievemente.
Nell’aria si poteva chiaramente sentire una tensione tremenda, un’elettricità trattenuta a fatica.
Era la prima volta che vedevo Black*Star in quel modo. Aspettava la mia risposta, un mio cenno qualsiasi dal quale dedurre se continuare quello che gli avevo fatto sospendere.
Non mi ero mai accorta di quanto mi rispettasse, di quanto tenesse a me.
Sospirai cercando disperatamente di prendere tempo, ma non avevo idea di cosa dire, di cosa fare. L’unica cosa che mi veniva in mente era “è sbagliato”, ma non potevo dirglielo. Lui non sapeva quello che sapevo io.
-Tsubaki… non so più cosa fare.- Confessò, ruotando appena gli occhi, per poi finire a guardare stancamente un punto indefinito alla mia destra. Riprese, cauto –Tutte le volte che ho provato a parlarti seriamente sei scappata, deviando il discorso così palesemente da farmi sentire un deficiente, lasciandomi ininterrottamente a meditare sui miei errori. Ma più ci rifletto, meno capisco cosa ho sbagliato. Cosa c’è che non va… in me?
Niente, Black*Star, tu sei perfetto.
Era tutta colpa mia. Non avrei dovuto fare quello che ho fatto, non avrei dovuto guardarlo negli occhi per poi baciarlo con disperazione, per poi concedermi a lui in un modo tanto incondizionato.
Se all’inizio avrei voluto fermarlo, in quel momento avrei voluto solo che continuasse, all’infinito, perché quel briciolo di lucidità, quelle consapevolezze che avevo fisse in mente stavano svanendo gradualmente, dissolvendosi come una goccia di colore in un’acqua dalla superficie infinita.
Se ne andò tutto. Le preparazioni che dovevamo assolutamente ultimare, la casa di Maka e Soul, lo stipite della porta della camera della mia migliore amica, il mio vestito costoso che non si doveva assolutamente rovinare, la cautela nei confronti dello smoking preso in affitto da Black*Star per l’occasione. I bottoni di quello stupido smoking. Svanì tutto. Sentii le mani di lui raggiungermi i fianchi ed alzarmi. Incrociai le gambe attorno alla sua vita e notai un suo immediato, strano sussurro contro la mia bocca. Mi strinse di più a sé con un braccio per sorreggermi, allungando l’altro per aprire la porta della stanza di Maka. Probabilmente piansi, perché sapevo che ormai era tardi per fermarlo, o forse perché ero troppo felice. Perché eravamo insieme, e speravo, anzi, tentavo per la prima volta di non pensare al futuro, ma vivere il momento, godermi l’istante in cui incrociavo i suoi occhi verdi e ascoltare i nostri cuori immaginandomi che battessero all’unisono.
Mentre mi faceva scivolare sul materasso e mi faceva salire impazientemente il vestito blu che avevo scelto per la festa per il diciassettesimo compleanno di Maka, sorridevo.
Non sapevo se mi avrebbe fatto bene non pensare alle conseguenze, ma dopotutto Black*Star sembrava in pace con se stesso.
Stavo imparando da lui a vivere il presente.













Allora, riguardo alla fic, non so dire come sia venuta. Io, personalmente credo che non sia un gran che, proprio lo stile di scrittura non mi piace affatto. Ho provato diverse volte, ma scrivo sempre peggio ogni volta quindi lo stile, per quanto non mi piaccia, è rimasto così. Riguardo alla trama, logicamente non è ancora delineata in questo capitolo, ma spero almeno che abbia incuriosito un po’. Ho usato l’idea più banale che possa esistere per scrivere questa fic, ma dato che non mi pare che qualcuno ci abbia mai scritto, eccomi qui. E’ la mia prima rating arancione, e mi sento un po’ stranita, soprattutto temo tanto le recensioni. La scena tra Tsubaki e Black*Star mi ha fatto penare, avevo tante idee per scrivere riguardo alle sensazioni di lei e non mi riusciva di scrivere niente di concreto. Il risultato finale non si discosta molto dalla prima stesura, purtroppo (o per fortuna). So che in questo fandom non è molto semplice scrivere ff di questo genere, i personaggi di SoulEater a mio parere sono molto complicati sotto certi aspetti, e ancora di più se si tenta di scrivere qualcosa di genere romantico, sentimentale etc. Al prossimo capitolo! ^______^ Ciao!!!


Altariah 

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Capitolo 2
*** Achenio [II] ***


Achenio [II]





Certo era strano che il mio vestito fosse solo appena sgualcito in un piccolo, insignificante punto nell'orlo destro della gonna. Aveva, oltretutto, lasciata basita non solo me il fatto che tutti i bottoni -sebbene alcuni, dai fili un po' tirati- fossero rimasti tutti attaccati alla giacca del mio shokunin.
Mano a mano che l'orologio avanzava sentivo sempre di più un senso di calore alle guance, e ridevo continuamente. I ricordi sono un po' offuscati verso la fine, credo che quella volta fosse stata la mia prima sbornia, per quanto leggera. Non ero mai stata così, quel carattere leggero e spontaneo non mi era mai appartenuto fino a quella sera, neppure quand'ero ancora una bambina.
Era ormai notte fonda quando le voci e le risa si abbassarono lentamente di fronte alla tenerezza di diversi sguardi lanciati da Soul e Maka, l'uno nei confronti dell'altra, e alla dolcezza dei loro lineamenti mentre riguardavano, assieme a noi invitati, un album di foto degli anni passati. Non sembrava che fosse passato così tanto tempo da allora, eppure non potevo negare che insieme al mio partner ed i miei amici, le stagioni erano scivolate in fretta.
Sentii le lacrime affiorare qualche volta, soprattutto mentre Maka sfiorava incredula il proprio piccolo viso sulla foto, e sorrideva, andando a cercare accanto a sè il ragazzo che le avrebbe donato la vita, combattendo al suo fianco, disposto a tutto purchè lei non venisse ferita. Le immagini di gruppo erano stupende, vedere quanto il tempo avesse mutato i corpi ed i caratteri, gli atteggiamenti di ognuno di noi era emozionante e misterioso allo stesso momento.
La festeggiata voltò l'ultima pagina, e i suoi occhi brillarono. Erano lei e Soul, abbracciati, e le loro fronti si sfioravano. Lei non avrebbe mai permesso di farsi scattare foto così, in certi momenti. Sogghignai quando la falce lanciò un'occhiata a Black*Star, perchè erano stati loro a decidere questo piccolo regalo, l'album per Maka, e la foto finale.
La ragazza bionda si voltò verso la propria arma, imbarazzata e confusa. -Stupido. - Ma lui la guardò un attimo, e l'attirò a sè subito dopo, lasciandole un leggerissimo bacio sulla fronte. -Tavola da surf.- Le ridacchiò accanto all'orecchio.

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Avevo sentito poche volte lo scalpiccio particolare delle suole e dei tacchi su di un marciapiede bagnato, sarà perchè a Death City non piove praticamente mai. Ma, essendo un giorno speciale di un anno speciale, quella sera piovve. Appena, ma bastò a farmi ricordare il profumo ed il suono della pioggia. Io e Black*Star camminavamo lentamente; non sarei voluta cadere, ritornando a casa leggermente ubriaca.
Non parlammo affatto, nè ci guardammo negli occhi durante il tragitto. Non dicemmo neppure una parola mentre stavamo andando in letto, non ce n'era bisogno, come non c'era bisogno di spiegazione alcuna, quando il mio shokunin si prese la briga di spogiarmi e farmi indossare la camicia da notte. Non ci dovevano essere parole in quel momento magico, non c'erano rossori sulle guance; c'eravamo noi, i nostri respiri ed i nostri gesti. Black*Star mi posò una mano sul braccio e risalì sulla spalla. Gli portai le braccia al collo, gli sfiorai una guancia e chiusi gli occhi.
Mi lasciai sollevare e adagiare nel nostro letto ascoltando i suoi fruscii mentre si sistemava accanto a me. Ascoltai il click dell'interruttore, lasciandomi cullare dall'oscurità e dal suo calore che cercavo da sempre.
-Ehi, tutto bene?- Annuii appena, rifugiandomi tra le sue braccia, passando con i polpastrelli contai tutte le cicatrici in rilievo. Ne aveva molte sulle spalle, sugli avambracci, sul petto e sulla schiena. Era un allenamento troppo duro il suo, ma dopotutto, l'ambizione di superare persino il nostro dio si era assopita soltanto, ma mai si era sciolta.
-Soul e Maka erano bellissimi stasera- Risi, pensando a quanto fosse bella la felicità di loro due, la loro naturalezza. Forse mi ero innamorata del loro amore, era talmente semplice, e si rinnovava ogni giorno, mentre si punzecchiavano e finivano per ridere insieme. Erano bellissimi, e liberi quanto un piccolo achenio nel vento.
-Tsubaki... non credi che noi potremmo stare insieme come loro?- Sussultai. Non doveva dirlo, io... io non sarei potuta stare con lui per sempre come avrebbero potuto fare i nostri amici.
Feci finta di non udirlo e strinsi la sua canottiera tra le dita, mentre la inzuppavo silenziosamente di lacrime.

Non posso, io sono una Nakatsukasa.

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