I don't do boys, I just do girls

di Julie Aoi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Rimarrà sempre una donna. ***
Capitolo 2: *** Silvermoon ***



Capitolo 1
*** Rimarrà sempre una donna. ***


Sweet lady kisses 1

I don't do boys, I just do girls
Genere: Introspettivo
Note: Crack, fanon o canon? Slash, Het, Threesome? GOD SAVE THE SHIP! I ♥ Shipping è un'idea del « Collection of Starlight, » said Mr Fanfiction Contest, « since 01.06.08 »
Tutta questa raccolta partecipa alla Maratona di Femslash organizzata dal forum di cui sopra in occasione della giornata internazionale del Femslash, che cade oggi 16/07.
Per questa double-drabble ho usato il prompt: "Rimarrà sempre una donna". L'icon è di boundary e se ci cliccate vi connetterete al suo livejournal. <3


Chiara strofinava la coppa vinta nella sua ultima competizione di pattinaggio; teneva lo sguardo abbassato sulle proprie mani, concentrandosi il più possibile, ma niente poteva impedirle di sentire i singhiozzi della madre provenire dal soggiorno o, ancora peggio, di non sentire il silenzio del padre, di cui poteva immaginare il visto torvo nonostante perfino da lì.
«Avevi una ragazza così carina, Marco, così dolce! Perché devi essere così egoista e viziato? Perché devi fare questo a noi e a Monica?», sentì Chiara, i muri che non riuscivano a costituire una barriera sufficiente a proteggerla dalla discussione. Esasperata, gettò la coppa che aveva in mano a terra e si alzò dalla sedia, per poi uscire dalla propria camera sbattendo la porta e correre nella stanza dove quattro persone stavano pulsando di dolore, rabbia e paura.
«Basta! Il processo è finito qui!», urlò alla madre, che stava piangendo seduta sul divano, e al padre, che da un angolo della stanza aveva ora spostato lo sguardo su di lei.
«Si chiama Alice! Alice! E rimarrà sempre una donna, per quanto voi vi ostiniate a chiamarla Marco. Perché voi fate questo a lei e a Monica?»
Prese per mano sua sorella e la ragazza di sua sorella e le portò fuori dalla stanza.


Altre note: se non si capisse (ma insomma spero di sì), Marco è una transessuale MtF. Cioè è una ragazza. E ha una ragazza. Insomma ho inserito una relazione omosessuale insieme al tema della transessualità, giusto perché mi piacciono le cose semplici.


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Capitolo 2
*** Silvermoon ***


Sweet lady kisses 1

I don't do boys, I just do girls

Note: Crack, fanon o canon? Slash, Het, Threesome? GOD SAVE THE SHIP! I ♥ Shipping è un'idea del « Collection of Starlight, » said Mr Fanfiction Contest, « since 01.06.08 »
Tutta questa raccolta partecipa alla Maratona di Femslash organizzata dal forum di cui sopra in occasione della giornata internazionale del Femslash, che cade oggi 16/07.
L'icon è di boundary e se ci cliccate vi connetterete al suo livejournal. <3
Dunque, questa storia è stata scritta per una sfida che prevedeva di accoppiare due utenti del forum dove si è svolta la maratona. Quindi questa è una specie di RPF. XD Il prompt richiesto dalla challenge era "Terapia di coppia", in più io ho inserito questi, tutti associati al genere commedia:
- Pettegolezzi in chat
- «Non è un ricatto, ma un compromesso».
- «Ma cos-? Tesoro, ti sta vibrando il rossetto!»
- «Lo sgabuzzino delle scope non è una stanza di motel!»
- «Mamma, vorrei presentarti la mia fidanzata».
- «Amico, la tua ragazza è davvero sexy...»
- Cliché n°1: primo anniversario in spiaggia



Alexia si chiedeva come diamine pretendesse di essere presa sul serio una terapista che si presentava al lavoro con i capelli blu. Erano davvero blu, eppure la prima volta che si erano viste, per conoscersi, spiegare il loro caso e prendere appuntamento per la prima seduta, la ragazza era mora - troppo scura per essere naturale, certo, ma pur sempre mora. Non blu.
Per cercare di non pensare alla chioma eccentrica che si trovava davanti a lei, cominciò a guardarsi intorno. Negli scaffali che riempivano la parete destra dello studio era riposto un vasto assortimento di libri di psicologia e saggi femministi o pseudo-tali, e Alex cominciò a massaggiarsi le tempie pensando che stava per mettersi nelle mani di una sciroccata che avrebbe cercato di analizzare i loro problemi di coppia in un'ottica di mancanza di emancipazione femminile e ruolo maschile dominante e, fallendo nel trovare analogie per ovvie ragioni, avrebbe ripiegato rifilandogli teorie freudiane di novant'anni prima sul lesbismo e sui traumi da cui poteva essere stato provocato. E avrebbe anche dovuto pagarla, visto che Irene non sganciava un soldo. Al solo pensare a cosa l'aspettava, provava l'istantaneo desiderio di tuffare la faccia in un sacchetto di carta e respirarvi dentro - solo, non pensava sarebbe stato il modo migliore per farsi conoscere da una nuova terapista.
«Allora, vogliamo iniziare a parlare di come vi siete conosciute?», chiese la dottoressa, preparandosi a prendere appunti su un block-notes.


Mio Dio, Ire, la femslash che mi hai linkato è la cosa più sexy che abbia mai letto, scrisse freneticamente Alex nella chat, premendo "invio" riaprendo poi la pagina web dove la storia scritta dall'amica sembrava ammiccarle, strizzando l'occhio tra un piano da cucina e un centriolo.
Grazie, tesoro, sono contenta che ti piaccia, arrivò in risposta dall'altra parte. Alexia tamburellò un'unghia perfettamente curata e ricoperta di smalto fucsia sulla scrivania, fissando torva quel "tesoro" sullo schermo. La ragazza era simpatica, per carità, ma andava proprio rieducata per quanto riguardava gli appellativi!
Anche se gli era piaciuto il modo in cui era riuscita a infilare un ventilatore in tutta quella confusione di storia.
Insegnami le tue arti erotiche, Ire, ho tanto da imparare da una maestra come te!, digitò con fervore.


«Quindi si tratta di un rapporto nato in chat, giusto?»
«Sì, ma non fraintenda, non ci siamo trovate in siti di incontri o robaccia simile» spiegò Alex con energia, «noi ci siamo scelte!», proseguì appassionatamente.
La terapista annuì comprensiva.
«Infatti, non eravamo depresse o asociali. Le nostre vite erano perfettamente appaganti», concordò Irene. Alex la guardò male. «Non troppo appaganti, amore, tranquilla», si corresse Ire mentre la dottoressa seguiva lo scambio di battute scribacchiando qualcosa sul foglio.
«Ecco! Sente come mi chiama?», esclamò Alex in tono lamentoso, roteando gli occhi verso il soffitto.
«Mh, dunque le danno fastidio i nomignoli affettuosi di Irene. Come preferirebbe essere chiamata?»


«La prossima volta che mi dici 'tesoro' mentre siamo a letto insieme mi alzo e me ne vado».
«Ma non so come chiamarti! Non voglio usare sempre il tuo nome, lo sai che sono sensibile alle troppe ripetizioni».
«E tu lo sai che non voglio soprannomi che non siano in romanesco! Altrimenti prendo in prestito il porta-banane di Livia e d'ora in poi mi arrangio con quello».
«Mi stai ricattando!»
«Non è un ricatto, ma un compromesso».
«Non capisco bene dove stia il compromesso».
«Io ti lascio stare sopra e tu ti adegui alle mie esigenze di nominativi».
«...sei pessima».
«Quindi cosa hai deciso? Astinenza o dialetto?»
«Ti lovvo. Vieni qui, zozzona».


«Si direbbe un problema comunicativo», annunì la terapista mordicchiando una penna.
«Non solo!», esclamò Irene, «Lei è... imbarazzante!»


Stavano chiacchierando con leggerezza di cinema e politica, sorseggiando un vino bianco frizzante, con degli amici d'infanzia di Irene, quando improvvisamente la suddetta sentì qualcosa di strano contro la gamba. Abbassò lo sguardo perplessa e vide che l'oggetto incriminato doveva essere dentro la borsa di Alexia, visto che era appoggiata proprio di fianco a lei. Alex, d'altro canto, non si era accorta di niente, visto che si era spaparanzata nell'altro lato del divano lasciando lei e la borsa a combattere da sole.
Ire frugò discretamente  in tutte le tasche, sgranando leggermente gli occhi quando vide
cosa l'aveva colpita.
«Ma cos-? Tesoro, ti sta vibrando il rossetto!», sussurrò all'orecchio di Alex, sperando che nessuno dei suoi amici la notasse.
«Ma no! Era una sorpresa!», gridò l'altra in risposta al suo bisbiglio, avventandosi sulle sue mani e strappandole l'insolito oggetto dalle stesse. «Che c'è, non avete mai visto un vibratore?», disse poi al resto dei presenti, che si era girato stupefatto al suo gesto.


«Capisco. Ora, invece, vorrei sapere cosa vi piace della vostra relazione, cosa vi soddisfa».
Alex si abbandonò contro lo schienale della sedia, chiudendo gli occhi e ridacchiando.


«Ire, dai! Lo sai che se fai così divento troppo rumorosa...»
«Zitta, a bbella, fammi fare»
.
Improvvisamente la porta si aprì, con sommo orrore delle due, e un infermiere arrabbiato entrò con le mani sui fianchi.
«Lo sgabuzzino delle scope non è una stanza di motel!», urlò furibondo, «Se avete già finito esami e visite andatevene a casa!».
«Oddio, la visita!», urlò Alex afferrando i vestiti e cominciando a infilarseli a casaccio, «Che ore sono? Quanto siamo in ritardo? Oddio, mi sta venendo l'ansia».
«Tranquilla, abbiamo ancora dieci minuti, avevo calcolato i tempi», cercò di calmarla Ire, placidamente.
«Irene, sei un angelo, grazie!», esalò l'altra.
«Ti lovvo».
L'infermiere se ne andò scuotendo la testa.


«È questo che intendo quando dico che è imbarazzante», sussurrò Ire mortificata, una mano sugli occhi, mentre l'altra era in preda a una crisi di risa isteriche che non riusciva a frenare.
«Beh, l'intesa sessuale è importante. È molto peggio quando viene a mancare», annuì la terapista. «E lei, Irene, cosa ama della vostra relazione?»


«Mamma, vorrei presentarti la mia fidanzata», balbettò Ire senza sicurezza.
Era preparata agli urli, alle domande, alla rabbia, alle crisi isteriche, ai «perché proprio a me?», certo, ma non per questo poteva dire che fossero piacevoli.
Quello a cui non era preparata era che Alex saltasse in piedi, dopo un «io ti diseredo!» di sua madre, e cominciasse a gesticolare.
«Eh no, signora! Per legge, l'eredità va divisa in parti uguali tra il coniuge e i figli, anche se vi sono altri parenti in vita. Non lo dico io, lo dice l'ordinamento giuridico italiano! Lei non può diseredare Irene!», esclamò energicamente. «All'ultimo esame ho preso trenta», sussurrò poi all'altra girando il capo verso di lei.
Ire sorrise. Questa era la sua donna.


«In definitiva, quali pensate che siano i vostri principali problemi di coppia?»
«È troppo possessiva! Si ingelosisce per ogni scemenza!», piagnuccolò Ire.


«Amico, la tua ragazza è davvero sexy...»
Stavano passeggiando sul lungo mare con il migliore amico di Irene, la quale aveva approfittato del viaggio nel suo paese d'origine per presentare Alexia a tutti i suoi vecchi compagni di scuola e conoscenti.
Quando quel ragazzo dall'abbigliamento un po' tamarro li aveva superati lanciandole uno sguardo d'apprezzamento e rivolgendo quelle parole al suo amico, però, Ire si era messa le mani tra i capelli, presagendo guai.
«Tu! Fermo dove sei!», aveva urlato infatti Alex rincorrendolo. «Per prima cosa, non è la sua ragazza!», gli gridò in faccia puntando il dito contro gli altri due, «E non lo sarà mai, perché è mia! Inoltre, se provi a guardarla di nuovo in quel modo ti strappo i testicoli e li getto in mare!», concluse facendo fuggire lo sfortunato.
«Forse è meglio non dirle che quando ho cominciato a guardare Glee ti chiamavo 'stoopid' e tu mi chiamavi 'lebanese', eh?», sussurrò l'amico di Ire al suo orecchio.
«Evita».


«Non sono io che sono gelosa, è lei che fa la gattamorta! E poi non la smette con quegli stupidi vezzeggiativi!»


«Tesoroooo!», urlò Irene correndole incontro, cercando di raggiungerla velocemente senza molto successo, visto che i suoi piedi affondavano nella sabbia e la sua bassa statura non le permetteva passi di grandi dimensioni.
Meglio così, comunque.
In questo modo Alexia aveva il tempo, seppur sempre troppo poco per quell'impresa, di digerire il modo in cui l'aveva appena chiamata.
«Ire!», esclamò infine abbracciandola, quando l'altra la raggiunse, «Buon anniversario!»
«Ti lovvo».
Le due si baciarono, incuranti degli sguardi tra il perplesso e lo sconvolto del resto delle persone che si stavano godendo il tramonto sulla spiaggia.
«Facciamo un bagno serale?», propose poi Irene, sfilandosi la maglietta e mettendo in mostro la scollatura evidenziata dal reggiseno molto succinto.
Alex la guardò orripilata. Non imparava mai!
«Magari tra un po', quando ci sarà meno gente. Sarà più... romantico».


«Ci può aiutare, dottoressa?», piagnuccolò Irene.
La terapista di scostò il ciuffo blu dagli occhi, guardando gli appunti che aveva preso.
«Ci possiamo lavorare».


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