The tears of past di MadLucy (/viewuser.php?uid=134704)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** John Quinn ***
Capitolo 2: *** Thierry Descourdès ***
Capitolo 3: *** Rashel Jordan ***
Capitolo 1 *** John Quinn ***
bozza 3
Quinn
"Ed era
così che tutto era cominciato...con Dove."
La setta dei
vampiri: La prescelta.
Il bambino procede sulla stradina sterrata verso il mercato. Il
porticciolo,fatto di assi di legno,è alle sue spalle.
Fra la braccine esili porta una cassa gigantesca.
E' pesante,pesantissima. Ma ci è abituato.
Nella sua mente rimbomba come un'eco in una grotta il matra di suo
padre.
Stringi i denti e fatti
forza.
Stringi i denti e
sopporta.
Stringi i denti e non ti
lamentare.
I suoi sandaletti di corda affondano nel terriccio
umido,imbrattandone le suole.
Diventerà
forte questo bambino,ripeteva la sua mamma ricucendogli
gli strappi nella casacca di canapa,fortissimo.
Il bambino
continua a
camminare,nonostante la sua piccola fronte si stia imperlando di
sudore,nonostante le braccia inizino ad indolenzirsi.
Cammina,esita,poi cammina ancora.
Perché lui è un bambino forte. Non può
permettersi la debolezza di appoggiare la cassa per riposarsi.
Le tende multicolori del mercato,frammenti di volgare e grossolano
colore vivace nel nero ispido della periferia di Boston,s'intravedono
in
lontananza davanti a lui.
Deve solo raggiungere la bancarella del pesce,poi potrà
fermarsi.
Accellera,richiamando la forza nelle sue gambe stanche,che sfinite
aumentano la velocità allungando i passi.
Deve sbrigarsi. Se non finirà il lavoro entro l'ora di
pranzo,suo padre si arrabbierà.
Lingue di pelle spessa che gli flagellano ripetutamente la schiena,che
lambiscono la sua giovane carne con cattiveria.
Cinghiate.
Questo pensiero lo spinge ad andare ancora più
svelto,facendo appello a tutta la sua resistenza stremata.
Eccola,finalmente!
Raggiunge la bancarella del pesce fresco.E' una delle prime,per
fortuna,è qualche metro prima di
quell'inferno colorato e chiassoso dove la folla si spintona e i
venditori ambulanti urlano.
E' il suo mondo,e il bimbo lo conosce meglio di chiunque altro.
Fischia,mettendosi le dita in bocca e sforzandosi di tenere la cassa
con una mano sola.
Suo cugino Barney,il garzone del baracchino,gli lancia un'occhiata
obliqua.
Poi indica con il pollice,con un gesto annoiato,lo spiazzo circolare
lì dietro.
Capisce. Il bambino sospira piano e si inginocchia su quel pantano
marrone scuro,le ginocchia nude che si tingono di nero,e posa la cassa
di fronte a lui.
La apre,schiodandone il coperchio.
Ammucchiati in pile verticali,tutti schiacciati fra loro, vi sono un
mucchio di pesci argentati, con le pinne sfumate d'un azzurro incerto e
di un viola malato,gli occhi vitrei,vuoti e tondi che fissano un punto
impreciso dietro di lui.
Il bambino ne afferra uno,se lo posa sulle ginocchia e,con un piccolo
raschiatoio trovato nella tasca dei pantaloncini, inizia a toglierne le
squame
bagnate.
Quell'odore nauseabondo di pesce morto gli fa pizzicare fastidiosamente
il naso, ma continua.
Poi incide un taglio profondo nella carne rosa scuro e toglie le
lische,con attenzione.
Le ossa acuminate e sottili del tonno gli punzecchiano le dita,mentre
strappa malamente il resto dello scheletro. E' un lavoro disgustoso, ma
qualcuno doveva pur farlo.
Sta lavorando di buona lena,quando sente una voce che interrompe il
corso dei suoi pensieri.
-Cosa fai?-
Si guarda intorno,spaventato.
Poi la vede.
E' una bambina,nient'altro che una bambina,e pure carina. Ma gli ha
fatto prendere un colpo.
Non l'aveva nemmeno sentita arrivare,uno scalpiccìo di
passi,niente. Ma è lì.
La guarda.
Ha un'aria dolce e delicata,che s'intuisce anche solo vedendola di
sfuggita; non saprebbe dire cosa gliela conferisce,forse i boccoli
castano miele che le scendono sulle esili spalle,o gli occhioni
enormi,d'un colore straordinario: un blu così vivo e
luccicante,o meglio un misto fra il blu e l'azzurro (che potrebbe
essere un blu chiaro o un azzurro intenso) da non sembrare possibile su
un'iride umana.
E' la persona più pallida che abbia mai visto: di certo non
è nata a Boston. Deve essersi trasferita da poco. Se non
fosse
stato per i capelli,l'avrebbe scambiata per un'albina.
Tutti quei colori,così strani e diversi,la fanno apparire
aliena,sconosciuta più che mai ai suoi occhi.
Disorientato,ricorda che lei gli aveva fatto una domanda.
-Pulisco il pesce.- risponde,abbassando in fretta gli occhi come per
accertarsene.
-Ah,sì? E come ci riesci?- S'inginocchia accanto a
lui,sollevando la gonna per non sporcarla e lasciandola ricadere
attorno a sè.
Il bambino si accorge che ha un abitino di tulle dorato,decorato da
brillantini,veli come sottogonne e un fiocco in vita.
Come aveva potuto venire al mercato vestita a festa?!? Ma non sapeva
che quella meraviglia non sarebbe durata mezz'ora lì?!?
Si vede che non è del posto. Non sa proprio niente.
Non sa per esempio che tutte le vie del mercato sono rozze e ricoperte
di fango?!?
-Bhe,raschio via le squame.- inizia,titubante. -Poi tolgo la lisca. Me
l'ha insegnato mio padre,è il mio lavoro,lo faccio tutti i
giorni. E porto qui le casse che ci commerciano i pescatori,e riordino
il magazzino.- racconta,orgoglioso. Non sa neanche perchè
parla
così tanto.
Sarà perchè lei ha un'aria così
gentile da
metterlo a suo agio,sarà perchè sembra
sinceramente
interessata.
-Sei bravo. Io non faccio niente,a casa studio e basta.- racconta lei.
Si sporge verso la cassa aperta.
-Non ti avvicinare tanto! Puzza.- la avverte lui.
Non sembra però infastidita.
E' la ragazza
più strana che io abbia mai visto, pensa. E la più bella.
-Mi chiamo John.- borbotta arrossendo. -Tu?-
-Io sono Dove. Dove Redfern.-
Ha un sorriso splendido,da ritratto. Angelico e pieno,come quello di
uno di quegli Amorini delle cattedrali.
Il suo nome,breve ma armonioso,corto ma flautato,gli danza sulle
labbra. Dove.
Un nome particolare,poco comune,lì a Boston almeno.
-E' un piacere fare la tua con...-
La bambina,in bilico sulle punte delle scarpine di vernice
avorio,ondeggia e cade in avanti.
John la afferra prontamente,senza la minima esitazione.
Le tocca in questo modo quel braccio color porcellana e sfiora un
ciuffo dei suoi capelli.
Sono incredibili: vaporosi,leggeri e morbidissimi,quasi senza peso,che
paiono galleggiare nell'aria attorno a lei. Come lo zucchero filato.
John l'aveva visto molte volte,lo zucchero filato.
Durante le feste e le fiere al centro del paese,alle bancarelle dalle
tende a righe,oppure stretti nelle mani grassocce e appiccicose dei
bambini ricchi,che li brandivano con fierezza,come fossero trofei.
Ma mai l'aveva assaggiato,anche se le mascelle gli dolevano dal
desiderio di dare un morso vorace a quella massa di lanugine
colorata,che profumava di dolci.
Ma costava troppo,e comunque non poteva permettersi il lusso di
spendere ben cinque dollari per "un commerciale furto per ingordi
cretini", come diceva suo padre.
La vita non è
fatta di piaceri,nè di zucchero filato. Fattene una
ragione,John.
E trattieni quelle lacrime sciocche e irragionevoli,per l'amor del
cielo. Tua madre ed io lavoriamo dalla mattina alla sera per
sfamarti,piccola sanguisuga,e questo è il ringraziamento?
Buttare via cinque dollari per una boiata simile?
Ecco,ti darò dieci frustate. Così magari impari
la lezione.
E John imparò la lezione.
Ma in quel momento capisce che quella ragazzina è proprio
come lo zucchero filato.
E' incantevole,allettante,è esotica e affascinante,come
tutte le cose sconosciute. Ma è irraggiungibile,e
così lontana.
Sfiorando quella pelle immacolata aveva scoperto che era dura come il
marmo e fredda,gelida,come se non vi scorresse sangue,una pelle
così disumana che lo aveva fatto rabbrividire.
C'è qualcosa
in lei...è diversa.
Questa bambina non è normale. Non è come tutte le
altre.
Questa certezza lo investe in un'ondata d'inquietudine.
Non sa come fa ad esserne così sicuro.Ma non ha dubbi.
Dove si rende conto che lui l'ha salvata da un bel tuffo nel pantano.
E scoppia a ridere.
La sua risata,così infantile,cristallina e contagiosa,lo
raggiunge e lo travolge,come un'onda.
Sente che anche lui sta ridendo,roco ma allegro.Un rumore
così estraneo alle sue orecchie.
-Grazie!- dice infine lei,alzandosi.
-Non c'è di che...-
Ma Dove non lo lascia finire. Gira la testa di scatto.
John si allunga per vedere cos'ha visto.
E' una ragazzina. Deve avere sì e no dodici,tredici anni. E'
alta e magra e slanciata,e molto bella.
I suoi capelli sono davvero lunghi,e di un colore più scuro
del catrame che vedeva nei pozzi dove i suoi zii lavoravano,un nero che
pare tenebra liquida.
Anche i suoi occhi sono sorprendenti,e mettono paura: oro,come solo
l'oro può essere.
Oro e grandi,come quelli di un gufo.
Oro e spaventosi.
E la sua pelle...è soprattutto la sua pelle,oltre al
contrasto di colori sgargianti da far male agli occhi ed alla bellezza
inquietante, a far capire a John che le due sono sorelle.
E' poco lontano,indossa stivaletti di pelle marrone eleganti,non li
raggiunge forse per non andare nel pantano.
Ma fissa Dove,con un'espressione che è un misto fra la
severa e l'inorridita.
Il suo sguardo dorato e accusatorio sembra trapassarlo da parte a parte.
Ma la bambina non pare intimorita. Solo imbarazzata,quasi si
vergognasse,come un monello beccato con le mani nel vaso di marmellata.
China un po' la testa.
La ragazza mora squote la sua impercettibilmente,con aria addirittura
digustata,e si allontana,voltandosi.
-Lily...- mormora Dove,sollevando la testolina quando si accorge che
sta andando via.
La ragazza che si chiama Lily non si ferma.
-Lily,aspetta!!!- esclama allora,ansiosa. Si gira verso John. -Devo
andare...-
Il bimbo annuisce.
E la osserva,seguendola con lo sguardo mentre scappa facendosi strada
tra la folla.
Poi si sente osservato. Si gira.
Suo cugino Barney,le braccia conserte e la schiena appoggiata al banco,
lo sta fissando con un'espressione scocciata.
-Muoviti,marmocchio. Questo posto è un ambiente
lavorativo,non un asilo... Il pesce dev'essere pronto fra dieci minuti.
Chiaro?!?-
Ma John non lascia che quello scemo di Barney gli rovini la giornata.
Un giorno
pagherà,pagherà per come mi ha trattato in
passato.
E riprende a lavorare,fischiettando.
Sapendo però,con la certezza matematica di un bambino di
otto anni, che Dove Redfern sarebbe stata picchiata.
Note dell'Autrice: una storiella su come Quinn e Dove si sono
incontrati,da piccoli,a Boston,città natale di lui.Siamo
più o meno agli inizi dell'Ottocento.
E questo era il primo! Sì,Quinn mi sta molto simpatico! =)
Il prossimo?Uhm,non ve lo dico!
Anzi sì! Thierry!
Recensite recensite recensite!!!!!Mi fa piacere sapere cosa ne
pensate!!!!
Lucy
|
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Capitolo 2 *** Thierry Descourdès ***
bozza 4
Thierry
"A Thierry
piacevano moltissimo
entrambe le sorelle. Forse fu proprio quella la causa della sua rovina."
La Setta dei
Vampiri: Anime Gemelle.
Il bimbo s'impunta,puntando i piedini davanti all'ingresso della
capanna.
Sua madre lo strattona,allegra.
-Avanti,Theorn,non fare i capricci,vieni con la mamma!-
Ma il bambino corruccia la labbra,in un broncetto adorabile.
-Io voglio andare a giocare.-
La donna sbuffa,spazientita. Sembra uno di quei discorsi ripetuti
all'infinito.
-Andrai al fiume quando avremo finito. Salutiamo Hilda e
andiamo,d'accordo?-
-Ma è noioso.- il bimbo non pare convinto.
-Dai,su. Non staremo molto. Dobbiamo solo salutare.- ripetè.
Il piccolo Theorn si arrende,senza però sorridere.
E' mattina. Il sole,sorto da dietro catene di montagne ricoperte di
boschi,riflette pallidi raggi che carezzano l'erba fresca e la pelle
ramata degli abitanti del villaggio.
E' giorno di mercato in paese.
Ragazzi contrattano prezzi con oche panciute fra le braccia,donne
trasportano di qua e di là anfore d'olio e di acqua,un uomo
trascina il suo cocciuto asinello tirandolo per la cavezza che ha al
collo.
Un'atmosfera festosa serpeggia tra le capanne di paglia,un
chiacchiericcio allegro si perde tra la folla.
Theorn fissa la maniglia di legno della capanna dell'amica della mamma.
E' più grande della loro,e più graziosa. Aggrotta
leggermente le sopracciglia.
-Anch'io voglio una casa così grande,mamma.-
La donna ride. -Lo sai che le capanne più grandi sono per le
famiglie più numerose. Tu hai solo tuo fratello,ma Hilda ha
tre
bimbi suoi e due gemelline che ha adottato... Non ti sembra che merita
una ricompensa per il suo bel gesto?-
Theorn annuisce distrattamente. I problemi e le buone azioni di Hilda
non gli interessano.Lui vuole andare a giocare al fiume con i suoi
amici.
Sua madre bussa con le nocche sulla superficie di paglia. Silenzio.
Prova a tirare la corda che pende dal tetto,collegata ad una campanella
situata all'interno dell'abitazione.
Niente.
-Cercate la mamma?-
Una vocina gentile li fa voltare.
Davanti a Theorn ci sono due bimbe.Hanno più o meno sette
anni,di sicuro,come lui.
La prima,quella
che ha parlato,ha capelli lunghi e lucenti,color del grano,che le
arrivano fino ai fianchi sottili. Porta un vestito di mussola
bianco,senza maniche,con semplici spalline.
La sua pelle,priva di una qualsiasi imperfezione,è nivea e
candida come i petali di un bucaneve,e pare così liscia e
vellutata che Theorn fatica a resistere alla tentazione di toccarla. Ha
degli occhi dolcissimi,da cucciolo,d'un color cioccolato che mentre lo
guarda sembra volerlo accarezzare. Tutto in lei è
leggiadro,innocente e delicato.
Poi guarda l'altra bambina,ed è come sprofondare in un pozzo
d'inchostro.E' diversa dall'altra almeno quanto il giorno è
differente dalla notte.
I suoi capelli sono anch'essi lunghi fino alla vita,ma neri come una
notte senza Luna,così scuri da risplendere d'un nero
più
intenso dell'onice. Theorn non ha mai visto un colore del genere. Il
suo sguardo,invece di accarezzare,pareva farti affogare nelle
profondità dei suoi occhi.
E poi i suoi occhi... i suoi occhi!
Cambiavano colore,sì,proprio così...Prima erano
verde
smeraldo,poi lilla chiaro,poi viola acceso, poi arancio pallido,poi
turchese lucente,poi ambra profondo.
La mamma annuisce. -Sì. Voi dovete essere Maya e
Hell...Hellewise! Sì,Maya e Hellewise! Ma che belle che
siete!-
Entrambe sorridono.
La bionda modestamente,un sorriso timido e riservato bello come un
fiore primaverile. La ragazzina mora esibisce un ghignetto arrogante,da
peste. Il sorriso perfido di chi è bella e lo sa.
Sono entrambe magnifiche,ma paiono appartenere a mondi diversi. Le loro
bellezze sono paragonabili al bianco ed al nero,al Sole e alla Luna.
Anche le due ragazze,nota,lo stanno fissando.
Fissano i suoi pallidi capelli biondo cenere e la sua pelle di una
dorata sfumatura bronzea,fissano i suoi occhi grandi e le sue gambe
lughe.
La biondina lo osserva di nascosto,da sotto le lunghe ciglia da
cerbiatta,un rossore ingenuo sulle guance.
La mora lo guarda a mento alto,con strafottenza,inarcando le
sopracciglia corvine,mentre una scintilla maliziosa nello sguardo
annuncia che le piace quello che vede.
-Non c'è. E' andata a
fare la spesa con gli altri.-
-Io ero venuta a salutare la mamma,ma se non c'è possiamo
ripassare,vero Theorn? Vi dispiacerebbe dirle che la sua amica Lissa la
saluta?-
La bimba bionda distoglie rapidamente lo sguardo da Theorn e si
affretta ad annuire,sorridendo a sua madre. La bimba mora non stacca lo
sguardo da lui,facendogli venire in mente un giaguaro che tiene
d'occhio la sua preda,aspettando il momento adatto per saltargli
addosso...
-...vado,ho un sacco di cose da fare. Mi raccomando,torna a casa per
mezzodì.- raccomanda la mamma. -Ciao!-
Si allontana per la stradina da dove erano arrivati.I tre bambini
rimangono lì,a guardare la sua figuretta che sparisce nel
chiasso del mercato.
-Il mio nome è Maya.- una voce,densa e suadente come il
velluto,pare avvolgerlo. E',naturalmente,la ragazzina mora. E' dolce e
roca insieme,con una nota che una voce infantile non dovrebbe avere.
-Io mi chiamo Hellewise.- aggiunge in fretta la biondina,con un sorriso
sfavillante,entrando nel campo visivo del bambino. -Vieni a giocare?-
Tende la manina bianca,in un invito.
Anche la bimba di nome Maya allunga la sua,color gesso.
-Sì,Theorn. Vieni a giocare.- Il suo non pare un invito ma
al contrario una richiesta. Un ordine. Un
ordine,impartito dalla voce ipnotica e melodiosa di una sirena.
Theorn è combattuto.
Il suo piccolo cuore di bambino batte all'impazzata,come se sapesse,prevedesse
che questa era una scelta importante. Una scelta che avrebbe cambiato
la sua vita.
Non sa proprio che fare. Non sa proprio decidersi.
Non si è mai sentito così attratto da due ragazze.
E non ha mai visto qualcuna di così affascinante e
luminosa,come
Hellewise... E nemmeno così affascinante ed oscura,come Maya.
Chi scegliere?
I suoi occhi profondi e scuri saettano da una all'altra.
Infine,decide.
La decisione che,probabilmente,influenzò il suo destino.
Le afferra entrambe. Stringe tutte e due le mani,nello stesso momento.
Un piede in due scarpe,bisbiglia
una vocina nella sua testa. Non
avrai scampo,Theorn,non avrai scampo se non decidi. E tu hai scelto di
non decidere. Pericoloso e sciocco.
Non potrai continuare
questo gioco
infantile e mortale per sempre,che brucerà più
del fuoco
e avvelenerà più del veleno.
Perchè,vedi,una di loro ti stancherà e
deciderà
che tu devi
essere suo. Una di loro ti trascinerà
inevitabilmente,definitivamente dalla sua parte,ed allora
sarà
troppo tardi per tornare indietro. Nessuno chiederà la tua
opinione.
E per te sarà la fine,o meglio,solo l'inizio.
Ma
Theorn adesso
è solo un bambino. E' ingenuo e non sa,è
innocente e non
capisce. Non può prevedere il risultato delle sue azioni,non
può immaginare che conseguenze avrà scegliere con
chi
giocare.
Già,tutto iniziò così. Con un gioco.
Un gioco,che diventò qualcosa di inarrestabile e
catastrofico.
Perchè Theorn non sapeva nemmeno quali pensieri potevano
attraversare la mente di una bambina di sette anni,pensieri
meschini,tinti di rosso come il sangue.
Solo abbozzati nell'infanzia,ma che con il passare degli anni si
definirono.
Pensieri di fuoco e desideri forgiati nelle tenebre,che non rimasero
astratti.
Le parole divennero fatti,e i fatti terrore e morte.
Una scia scarlatta seguì una delle ragazzine che stringeva
la mano di Theorn.
Ma adesso erano piccoli.
Il bimbo gira appena la testa,per controllare rapidamente le reazioni
delle due.
Nel viso diafano di Maya solo indignazione,e un'astio che le attraversa
gli occhi multicolore. Astio verso quella sorella bionda e buona, che
risponde al gesto di Theorn con un sorriso un po' tirato,con una gioia
leggermente forzata.
Per un paio di secondi rimangono così.
Così,com'erano destinati a restare per molto tempo ancora:
Theorn in mezzo,attratto dai magnetici occhi opalescenti di
Maya,ora
rosso rubino,dall'altra incantato dall'incarnato color perla di
Hellewise,con due pomelli rosa pesca sugli zigomi perfetti.
Alla sua destra una,alla sua sinistra l'altra.
Eterne rivali,gemelle che di uguale hanno tutto e di simile non hanno
niente.
La stessa luce le avvolge,la stessa aura potente le caratterizza,la
stessa bellezza le danna.
Ma niente può essere più diverso.
Note dell'Autrice: Ecco a voi Thierry!Ci troviamo nell'era
preistorica,prima che lui conoscesse Hannah.Theorn era il suo nome
nella tribù,per chi non lo ricordasse.
Ah,sì: ho immaginato che Maya e Hellewise fossero state
adottate da una donna della tribù perchè,essendo
figlie di una dea,non potevano crescere (ovviamente) con la loro madre
naturale.
Vi è piaciuta?Recensiteeee!!!!!!
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Capitolo 3 *** Rashel Jordan ***
bozzaa
Rashel
"...sin dalla
notte in cui aveva
ucciso il suo primo vampiro,a dodici anni appena."
La Setta dei
Vampiri: la Prescelta
Sono le otto e mezza. Ora del tramonto.
Certo,é agosto.
Agosto,caldo afoso e verità in cui non si vuole credere.
I suoi piedi affondano nella sabbia dorata e bollente,mentre
procede,spedita e decisa.
Decisa?!? Vorrebbe esserlo.Ma lo sembra soltanto.
Quella baia pare improvvisamente troppo piccola,troppo breve da
percorrere.
La fenditura nella roccia è a poco meno di dieci metri da
lei.
Non è bella,no. Sembra uno degli antri delle
streghe in una favola Disney.
E' l'ingresso di una grotta.
Un buco nero,in quel panorama ambrato.
Dietro di lei,onde d'ogni sfumatura del verde,del grigio e del nero si
rinfrangono contro una parete scoscesa di massi,oppure si
disintegrano docilmente in mille bollicine bianche e minuscole sul
bagnasciuga. Spuma.
Il mare,selvaggio e invincibile,tempesta incontrastato,in un groviglio
di acque scure così profonde da non riuscire a vedere il
fondale
sabbioso.
Ma non ha tempo di fermarsi ad ammirare la natura.
Una vita è in pericolo.
Pochi passi ed eccola lì,la caverna.
La tana del vampiro.
Scappa,scappa
finchè puoi farlo,ansima una voce ansiosa nella
sua testa. Ohhh,Rashel,perchè
sei qui?!? Perchè sei venuta?!? Scappa.
Ti è andata
bene una volta. Non sfidare la fortuna.
Si vede che alla tua vita non ci tieni neanche un po'.
Sì,certo. E'
pericoloso. Questo lo so.
Ma...ma lasceresti che una lurida creatura -un lurido vampiro-
faccia ad altre persone quello che ha fatto a Timmy,e alla mamma???
Lasceresti che un'altra vita innocente -l'ennesima
vita innocente- venga stroncata da quegli assassini succhiasangue?!?
No. Semplicemente...no.
E finalmente accellera. Entra.
Il calore avvolgente del sole la abbandona,non lo sente più
carezzarle le spalle,il volto.
L'ombra dentro la grotta è pesante,come una cortina di
tenebre,ed è umida. Fa freddo.
Il plic plic ritmico e fastidioso d'una gocciolina d'umidità
ticchetta sul pavimento.
Un silenzio inquietante aleggia nel buio,il silenzio pieno di suspanse
che precede qualcosa di disastroso.
Gli anfibi di Rashel non calpestano più la spiaggia fine e
morbida,ma un suolo duro e irregolare,che fa rimbombare in una pallida
e cupa eco ogni suo passo.
Si guarda intorno,inutilmente. L'oscurità impedisce di
distinguere qualsiasi cosa di preciso,solo profili appena accennati.
Rocce. Rocce. E ancora rocce.
Sassolini scricchiolano sotto le sue suole.
Uno stormo di pipistrelli agitati prendono improvvisamente il
volo,tutti insieme,gracchiando,dirigendosi verso il fondo della
caverna,il più lontano possibile dal fascio di luce ormai
fioca
dietro Rashel,unica scarsa fonte di illuminazione.
Il cuore della ragazzina scandisce i secondi,troppo lento e troppo
veloce.
Ed ogni secondo in meno... è un secondo in meno di vita per
quella persona che è là,con il vampiro.
E' ora.
Cammina ma si rende conto,con orrore,che vedere quell'essere
renderà tutto più vero.
Sarà la conferma definitiva che i mostri,quelli
veri,esistono davvero.
E capisce anche che vedere il vampiro le farà ritornare in
mente
tutto. Quel giorno,quell'orribile giorno. E i ricordi un po' vividi e
un po' sbiaditi di una bambina di cinque anni che,impotente,assiste
all'omicidio di sua madre e al rapimento del suo migliore amico.
Chissà dov'è ora,Timmy. Perduto,morto. Come sua
madre,come suo padre.
Sarebbe facile
uscire,scappare a
gambe levate,chiudersi in camera e fare finta di non sapere niente.
Sarebbe facile evadere da quel mondo pericoloso ed oscuro,abitato da
creature che vogliono il tuo sangue.Sarebbe troppo facile.
E dimostrerebbe anche
che sono una miserabile codarda,pensa.
Stringe più forte il paletto fra le dita sudate,per farsi
forza.
Devi farlo per la mamma.
Devi farlo per Timmy.
E per tutti quegli altri poveri disgraziati che altre colpe non hanno
avuto se non trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Per quelli che sono ormai già morti,e per quelli che
moriranno.
Avanza.
Non manca molto.
Ancora pochi metri...e...
Eccolo. Il fondo della grotta si conclude con un grande spazio
circolare,circondato da pareti di roccia nere come la notte.
Ed ecco anche chi stava cercando.
Rashel sente la vista abbandonarla un po',appannando le sue iridi
smeraldine. La testa le gira vorticosamente,il cuore è ormai
un battito sordo e terrificante,che pulsa continuamente nelle sue
orecchie.
Il vampiro.
Il vampiro è là per terra,accucciato,e le da le
spalle.
Rashel riesce solo a vederne la capigliatura scompigliata e castano
opaco,lunga. Dev'essere una donna.
Il biancore spettrale della sua pelle sfregia il buio; la ragazza vede
le braccia lunghe della creatura avvolgersi a qualcosa davanti a lei.
E' un essere umano.Un ragazzo,per la precisione,con capelli marrone
chiaro e occhi vacui e sempre più vuoti. E' sotto il
controllo mentale.
La vampira gli ha morso il collo. Sembra una sanguisuga affamata.
Vattene!!!
La paura è troppa,le sue ginocchia non riescono a smettere
di tremare.
Un istinto primordiale le urla di andarsene,adesso. La
paura che prova è viscerale,quasi naturale.
Una paura simile a quella che i cervi hanno dei cacciatori.
Scappascappascappa.
Ma non vuole.
Guarda ancora quella bocca ingorda che succhia avidamente e flash le
tornano in mente.
Timmy,abbandonato fra le
braccia di un uomo con un cappotto chiaro.
E l'uomo con i capelli
rossi e gli occhi dorati...
Alza il paletto. Ha preso la sua decisione.
Il vampiro non l'ha vista,è molto affamato e tutto preso dal
suo pasto.
Ma è di spalle,ciò significa che per ucciderlo
deve beccare il punto preciso dove c'è il cuore e
trapassarlo da parte a parte.
Difficile individuare quel punto. E ha una sola possibilità.
Se sbaglia e lo ferisce soltanto,il vampiro si accorgerà
immediatamente della sua presenza,si volterà e la
ucciderà. E lei
non avrà scampo.
Un affondo a disposizione,uno solo. Non c'è
possibilità di errore.
Si concentra,prende un bel respiro.
Il cuore ora fa trecento battiti al secondo,come impazzito. Qua si
gioca la vita.
Localizza il punto dove dovrebbe esserci il cuore,lo fissa con
attenzione.
Immagina che il paletto
buchi la pelle,infilzi e perfori la carne,pensa. Immagina che lo uccida.
E adesso...
Questo è per mia madre. E per il mio migliore amico.
Un rumore nauseante, di qualcosa che si lacera. Il paletto scorre con
naturalezza attraverso il suo corpo,bucandolo completamente,come fosse
una cosa che fa ogni giorno.
Rashel prova un'intensa scarica di adrenalina.
E tutto finisce così,semplice e velocissimo.
Zac. Morto.
Un fiotto di sangue schizza dappertutto,imbrattando le gambe e la
maglietta di Rashel.
Sangue scuro come l'ebano,reso potente grazie a quello delle sue
vittime.
Il vampiro è caduto all'indietro,e finalmente riesce a
vedere il suo volto.
La sua bocca,zuppa e gocciolante di sangue,è
socchiusa,pietrificata in un ghigno orribile ed animalesco. I suoi
occhi rossi sembrano vetro ora,ciechi e senza vita. La pelle
è diventata biancastra,non luccica
più,consistente quanto il cuoio e raggrinzita. Fa schifo.
Calcia via la sua testa disgustata e corre a vedere del ragazzo.
E' svenuto,sì,ma respira,e il suo cuore batte. Bisogna
portarlo all'ospedale,ma si riprenderà.
Sorride appena e si gira verso il vampiro.
...chissà
se...
Estrae dalla cintura un piccolo grattaschiena in legno, a forma di mano.
Esita,dubbiosa,ma poi decide di provare.
Passa le dita lunghe e ricurve della manina sulla fronte cerulea del
vampiro. Cinque profondi segnacci strappano via la pelle spessa quanto
il cartone,lasciando irregolari strisce scure impresse chiaramente.
Come un marchio. Come una firma.
-Questa gattina ha gli artigli affilati.- sussurra,non sa bene a chi,se
al vampiro,o a tutti gli altri che l'attendono nel mondo come
avvertimento.
Rinfila il grattaschiena dov'era. Si sente piena di energia,volendo
potrebbe correre a una maratona.
Un vampiro in meno sulla
Terra. Vittime in meno. In questo modo,non farà
più del male a nessuno. Ho salvato delle vite. E ne
salverò altre,e altre ancora. Sarà il mio lavoro.
Farò la cacciatrice di vampiri.
Rashel la cacciatrice.
Rashel la gatta.
Ride roca,una risata un po' lugubre, ma sinceramente divertita.
Prende agilmente il ragazzo di sedici,diciassette anni in braccio.
Ed esce,salutata dalle tenebre.
Note dell'Autrice: questa invece era Rashel che uccide il suo primo
vampiro,come accennato nel libro!Non mi pare ci sia niente da
aggiungere...
Ci tengo molto a sapere i pareri dei lettori,dài,scrivere
una recensione non ha mai ucciso nessuno!!!
Lucy
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