Non guardare sotto il letto

di WhiteLight Girl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Pioggia ininterrotta ***
Capitolo 2: *** Ombre ***
Capitolo 3: *** L’amico immaginario ***
Capitolo 4: *** Giochi ***
Capitolo 5: *** La nuova preda ***
Capitolo 6: *** L'uscita ***
Capitolo 7: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Pioggia ininterrotta ***




Salve gente, è tanto che ho voglia di scrivere una fan fiction su Monster Allergy, poi mi è tornata in mente – molto vagamente – la trama di un film dal titolo “Non guardare sotto il letto”. L’ho cercato dovunque, ma tra tutti i DisneyChannel Original Movie è tra i più introvabili, fu anche giudicato troppo spaventoso per i bambini e mandato in onda solo una volta su Rai2 alcuni anni fa, quindi purtroppo non l’ho potuto vedere.
Comunque, ho preso in parte ciò che ricordavo riempiendolo di nuovi dettagli nella speranza di tirar fuori una fan fiction avvincente e ben sviluppata. La considero un seguito diretto del fumetto, ambientato alcuni anni dopo, quindi occorre tenere a mente il fatto che Zick ha rinunciato i suoi poteri “Solo per Elena” e il piccolo Charlie – il fratello di Elena – ha dentro di se il Kuix dell’amico immaginario della ragazza: Charlie Shuster.



Monster Allergy. Pioggia ininterrotta


Il sole aveva smesso di battere su Oldmill Village da qualche giorno, ormai. L’estate stava finendo e lasciava spazio ai sempre più uggiosi giorni d’ottobre.
Dopo le vacanze estive la scuola era ricominciata come sempre, con i compiti impegnativi delle superiori e le noiose lezioni mattutine.
Dopo la perdita dei suoi poteri Zick non aveva avuto neppure la possibilità di divertirsi con i suoi amici domatori. Da quando Sinistro aveva rubato i suoi poteri Zick non aveva più partecipato a molte cacce al mostro, preferendo passare il tempo a casa, anche se Elena sapeva che gli rodeva il fatto di non poter più vedere il mondo dei mostri come quando era bambino.
Ora Elena e Zick avevano diciassette anni, erano – se possibile – ancora più amici di prima. Si vedevano tutti i giorni, prima e dopo la scuola dato che erano iscritti in classi diverse.
Quel pomeriggio, tanto per cambiare, Zick sedeva sul divano di casa sua, con i libri di storia aperti sulle gambe incrociate e la penna già rosicchiata tra i denti.
La sua attenzione, comunque, non era assolutamente rivolta ai compiti che gli erano stati assegnati, ma al servizio che il telegiornale stava dando alla televisione.
«La trivella sta scendendo sempre più in basso, nel sottosuolo di Oldmille», stava dicendo la reporter sotto l’ombrello sferzato dal vento. «Sembra che sia destino che i lavori proseguano sotto questo temporale incessante, che ormai tormenta la città i Bibburg dal giorno dell’apertura del cantiere appena tre giorni fa».
Un colpo di vento più forte degli altri strappò di mano l’ombrello alla povera giornalista; lei continuò, molto professionalmente, a parlare.
«Comunque gli operai al lavoro non si danno per vinti, e annunciano che in poche settimane, nonostante il brutto tempo, raggiungeranno la riserva minerale sotterranea»
«Poveva cava, favebbe meglio a stavsene a casa con qvesto bvutto tempo», esordì una voce affianco al povero Zick, che sussultò.
«Per favore, Bu, non comparire all’improvviso», borbottò il ragazzo facendo spazio allo Sniakutz sul divano.
Il mostro si accomodò e incrociò tutte e quattro le sue braccia sul petto.
«Però hai ragione», sorrise Zick, «Si buscherà un gran bel raffreddore»
Guardarono entrambi oltre le finestre del salotto, fissando lo sguardo sul cielo griglio proprio nell’istante in cui un fulmine lo illuminò con violenza.
Il rombo del tuono coprì per qualche secondo il ticchettare dell’acqua sui vetri delle finestre e sulle tegole del tetto.
Timothy entrò nella stanza con calma, raggiungendo i due e saltando sul bracciolo affianco al ragazzo. Muoveva la coda con insistenza e tendeva le orecchie. Si rivolse a Zick con noncuranza: «Non credi che dovresti dire ad Elena di stare a casa oggi? Si bagnerà fradicia solo per arrivare da casa sua a qui»
Zick sospirò. «E’ vero, non ci avevo pensato», disse allungando il braccio per prendere il telefono che aveva lasciato sul tavolino. Urtò il povero SniakutzBu, facendogli rotolare per terra un occhio e due delle braccia.
«Ops, scusa», disse senza troppa convinzione componendo il numero dell’amica. Come aveva potuto scordarsi di Elena?
«Figuvati», borbottò il mostro chiaramente contrariato mentre scivolava giù dal divano per rimettersi insieme.
Zick già era passato ad altro, dimenticando l’incidente. «Dai, rispondi», mormorò sottovoce lasciandosi cadere di nuovo sul divano.
«Cevto», si lamentò SniakutzBu «se qvalcuno nomina Elena il vagazzo pevde la testa»
Timothy trattenne una risata, provando ad immaginare Zick in versione Sniakutz e senza testa. Si voltarono entrambi a studiare la reazione del giovane. Sembrava che non avesse sentito, e continuava a picchiettare con le dita della mano sinistra sul bracciolo del divano.
«Mi chiedo se se ne renda conto», domandò poi il tutore mentre accompagnava SnyakutzBu nell’altra stanza.
«Cevto che non se ne accovge, è un umano adesso, non vede più le cose ovvie!»

Il telefono continuava a squillare, ma nessuno sembrava voler rispondere. Fu quando Zick stava per perdere la pazienza che una vocina infantile gli disse incerta:
«Pronto?»
«Violet!», esclamò Zick sorpreso. «Tua sorella è in casa?», chiese frettoloso.
La bambina stette in silenzio, preoccupata forse dal tono che il ragazzo aveva usato.
«Violet, sono Zick, devo parlare con Elena», disse poi lentamente e con dolcezza.
«Aspetta», disse la bambina.
Ma la voce che sentì dopo non era ancora quella di Elena.
«E’ appena uscita per venire da te», disse la madre della ragazza «Sinceramente sono un po’ preoccupata, uscire fuori con questo brutto tempo non è affatto consigliabile»
«Bé, comincio ad aprirle», esclamò Zick riagganciando. Si lanciò all’ingresso e spalancò la porta. Elena era appena tre scalini più in basso, con le mani strette attorno al manico dell’ombrello gocciolante.
«Eih, eri preoccupato?», gli chiese la ragazza sorridendo. «Sono in ritardo perché Charlie insiste a dire che c’è l’Uomo Nero sotto al suo letto, ho dovuto tranquillizzarlo»
«Io…», balbettò il ragazzo per un istante. Poi le porse la mano per tirarla dentro e le prese l’ombrello per scuoterlo fuori dalla porta, mentre Elena si toglieva il cappotto fradicio. «Veramente mi sono ricordato che dovevi venire solo poco fa, e ti ho chiamata a casa per dirti di restare all’asciutto»
Elena sollevò un sopracciglio. «Bè, grazie, ora si che mi sento apprezzata», si tolse lo zaino dalla spalla e lo usò per colpire l’amico allo stomaco. «Toh, renditi utile almeno, reggilo mentre mi strizzo i calzini e svuoto le scarpe. Ce l’hai un acquario?»
«Un acquario?»
«Per i pesci che ho dentro le scarpe», spiegò Elena sedendosi per terra e sfilandosi le scarpe.
«Spiritosa!», esclamò il ragazzo indispettito. «Comunque lasciale pure qui, ti presto calzini e pantofole asciutte»
«Accetto il prestito, ma le scarpe preferirei portarmele dietro per evitare che finiscano nello stomaco di Bombo»
Zick le porse una mano e la aiutò a tirarsi su. «Comprendo benissimo i tuoi timori»
«Eih, ma dove sono tutti?». Elena si guardò intorno preoccupata, non vedendo nessuno in giro.
«Fuori dalle scatole, per fortuna», rispose il giovane.
Elena sbuffò. «Ma sono i tuoi mostri!»
«Si, e non stanno mai un secondo zitti quando devo studiare, scelgono sempre quel momento per giocare a tombola, commentare qualcosa la TV o…», ci rifletté un attimo, mentre cercava qualcosa nel mobiletto accanto all’ingresso. «Spuntarsi le basette con il ventilatore della cucina»
«E si rendono visibili per fare queste cose? Wow, sembra che lo facciano davvero apposta»
Zick si sollevò e le porse le pantofole calde che le aveva promesso. «I calzini puliti sono appena usciti dall’asciugatrice, stanno già in cucina»
Elena s’infilò le pantofole per non camminare scalza, e seguì Zick in cucina con in mano le scarpe bagnate che gocciolavano leggermente sul pavimento.
«Comunque, tornando all’Uomo Nero, non esiste, giusto? Posso stare tranquilla per i miei fratelli, vero?»
«Ma certo», la rassicurò Zick. «L’Uomo Nero non esiste»
Prese due calzini bianchi dalla vaschetta di panni asciutti che stava abbandonata su una sedia e li porse ad Elena assieme ad un asciugamano.
Mentre lei si asciugava ed infilava ai piedi i calzini e le scarpe asciutte Zick mise su l’acqua per un tè.

Neppure il giorno successivo il temporale dette tregua a Bibburg, ma era domenica e la scuola era ovviamente chiusa. Elena stava seduta alla scrivania e si scervellava su un problema di matematica che aveva iniziato ormai da ore.
Violet e Charlie erano seduti per terra, alle sue spalle, e coloravano alcuni disegni che Elena aveva fatto per loro. Erano caricature un po’ storpie degli abitanti del mondo dei mostri e schizzi della città sospesa.
Ai gemelli ed a Zick quei disegni piacevano parecchio, ma non era lo stesso per l’insegnante di Arte.
Charlie e Violet avevano compiuto da poco cinque anni, adoravano Elena e avevano il vizio di starle appiccicati tutto il giorno. Alla ragazza non dispiaceva troppo, a meno che non dovesse uscire a zonzo con Zick e loro volessero aggregarsi per forza.
«Porca bomba! Stupida matematica!», esclamò all’improvviso esasperata.
«Pocca Bomba, Pocca Bomba!», esclamò Violet, sollevando le manine sporche di colore.
«Oh, no!», esclamò Elena buttandosi atterra affianco a lei. «Quella è proprio una brutta parola! Non la devi più ripetere!»
«Pocca Bomba!», ripeté la bambina ridacchiando, probabilmente ben conscia dei guai in cui sua sorella si sarebbe cacciata se la mamma l’avesse sentita parlare a quel modo.
«Accidenti…»
Elena si alzò e incrociò le braccia al petto. «Fantastico, sono proprio nei guai, se mamma lo scopre»
Afferrò il telecomando ed accese la televisione. Come sempre negli ultimi giorni, sulla rete locale davano un servizio sulla trivella che scavava ai confini con il bosco. Le notizie però non erano delle migliori.
Il servizio doveva essere iniziato da poco, perché Elena non fece fatica a comprenderne l’argomento.
«I lavori sono fermi ormai da un paio d’ore, la frana non ha causato troppi danni, sarà comunque necessario ricostruire alcune impalcature che hanno ceduto. Per fortuna non ci sono vittime, né feriti, ma sarà necessario accertarsi che il terreno non sia troppo fragile prima di proseguire con la trivellazione»
Poi Elena fu distratta dalla manina di Charlie che richiedeva attenzione.
«Bomba Bomba?», chiese corrucciato «com’era?»
«Gomma gomma», gli disse Elena sollevata dal fatto che si fosse dimenticato.
«Gomma gomma», ripeté Charlie.
«Si», disse la ragazza, poi aggiunse sottovoce: «Scemo scemo»
E ridacchiò.

Teddy Thaur aveva approfittato del momento in cui la pioggia aveva smesso di cadere dal cielo per raggiungere l’oasi di detenzione Barrymore. Ora, dopo una mezz’ora, nonostante il sole facesse ancora fatica a sbucare tra le nuvole, la pioggia non scendeva più. E Teddy continuava a vantarsi dell’inseguimento ai vermi d’acqua che si era svolto un paio di giorni prima nelle fogne di Oldmille Village. «Sul serio, dovevi vederci, li abbiamo stesi in quattro e quattr’otto»
«Si, certo, certo», borbottò Zick cercando di concentrarsi sugli esercizi di inglese.
Teddy si sporse alle spalle dell’’amico e gli chiuse il libro.
«Eih!», si lamentò il ragazzo. Poi lo sguardo gli corse al mostro che era sgattaiolato in camera sua di soppiatto.
«Bombo! Molla le mie scarpe!», esclamò irritato.
Il mostro lo guardò colpevole, poi chiuse la bocca che era pronta a mandar giù le saporite calzature e si guardò i mostruosi piedi nudi.
«Come ha fatto te a scoprirmi? Me è stato silenziosissimo, non si è neanche reso visibile!»
Teddy e Zick lo guardarono confusi.
«Non sei visibile?», domandò l’ultimo dei due ragazzi battendo le palpebre.
«No, ora no», disse Bombo allungando con espressione colpevole le scarpe al ragazzo.
Lui fissò il mostro per qualche istante, fino a quando non lo vide dissolversi piano davanti agli occhi.
«Ora stai sparendo», mormorò Zick.
Teddy sorrise. «Grande, amico, sembra che tu stia recuperando i tuoi poteri»
«Non ne sono sicuro, già non lo vedo più», sospirò «Comunque devo tornare a fare i compiti»
«Stai diventando noioso come gli esseri umani, perfino Elena ultimamente è più forte di te»
«Sarà perché lei vede i mostri», sbuffò Zick, «E poi lei è sempre stata una tosta»
Teddy lo guardò corrucciato.
«Ok, ora sgombera»
Il biondino guardò fuori dalla finestra. Il temporale era ricominciato, anche se con meno impeto rispetto ai giorni passati.
«Magari resta per cena, è tardi», s’intromise Greta entrando nella stanza.
Zick sbuffò. Non aveva nulla in contrario. Era solo una scusa perfetta per scaraventare i libri di scuola sotto al letto.
SI chiese se la professoressa si sarebbe bevuta la scusa del Bombo di casa che si è mangiato i compiti. Di sicuro avrebbe strizzato gli occhi e l’avrebbe fissato storto attraverso gli occhiali da talpa, dato che per Bombo le sarebbe venuto in mente solo l’insetto.
Quando scesero per aiutare la madre di Zick a preparare la cena la televisione era accesa. Il solito canale locale parlava della ripresa dei lavori alla trivella.

Elena mise a letto Charlie e Violet, rimboccò loro le coperte e si preparò a raccontare una storia.
«Voglio la storia del Bombo che mangia le scarpe al domatore!», disse Violet saltellando. Elena la afferrò, la risistemò nel lettino e la bloccò con le coperte.
«Sta buona», disse dolcemente. Poi si accorse che Charlie si era districato ed era sceso per terra. Ora stava guardando con una torcia sotto al letto.
«Che stai facendo?», gli chiese.
«Vedo se c’è l’Uomo Nero»
Elena gli si avvicinò e lo sollevò di peso. «Ho chiesto ai miei amici Domatori, hanno detto che non c’è nessun Uomo Nero»
Lo disse con la dolcezza che gli riservava sempre, e lo fece sedere sul bordo del materasso per scompigliargli i capelli.
«Esiste invece, devo controllare sotto tutti i letti, o prenderà qualcuno di voi, ed io non voglio»
«Charlie», sospirò Elena. «Non devi preoccuparti, ci sono io qui, non succederà nulla»
Il bambino insisté: «Controlla sotto il letto prima di andare a dormire»
«Va bene, ma ora dormi, ok?»
Charlie annuì, poi si stese controvoglia e poggiò la testa sul cuscino.
«Prometti»
«Prometto», assicurò Elena. E prima ancora che potesse iniziare a raccontare la storia i due gemelli erano nel mondo dei sogni.
Elena andò in camera e indossò il pigiama. Continuò a pensare alle affermazioni di Charlie, che credeva davvero nell’Uomo Nero.
Non seppe perché lo fece, ma prima di stendersi diede una sbirciata sotto al letto. Quasi si aspettava di vedere davvero sbucare l’Uomo Nero dall’oscurità. Si diede della sciocca.

La mattina fu assurdamente soleggiata rispetto alle precedenti. Zick scese le scale a passo veloce, deciso a passare a prendere Elena e correre a scuola prima che il temporale ricominciasse.
Greta stava guardando il telegiornale; questa volta era un canale nazionale.
«I lavori sono ancora fermi e le squadre di soccorso stanno entrando in azione proprio in questo momento. Dei cinque operai scomparsi non sembra essere rimasta traccia attorno alla zona in cui la trivella scavava nel terreno fino a poche ore fa»


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Capitolo 2
*** Ombre ***



Monster Allergy. Ombre



Consumarono il pranzo nel cortile della scuola, seduti fianco a fianco sulla scalinata davanti all’ingresso, sotto il sole sbiadito.
Stavano discutendo dell’apparante ritorno dei poteri di Zick, e se il domatore era cauto nel fare supposizioni Elena si stava già sbilanciando ad immaginare nuove avventure.
«Ora potresti smettere di costruire trappole per evitare che Bombo ti rubi le scarpe»
Zick accennò un sorriso, ancora poco convinto, e l’espressione allegra di Elena svanì velocemente al ricordo del sacrificio che il ragazzo aveva fatto per lei anni prima.
Zick distolse lo sguardo, lo sguardo colpevole che aveva assunto Elena lo aveva colpito dritto al petto; non voleva che stesse male per lui. «Può darsi», borbottò pronto a cambiare argomento. «Sabato prossimo danno al cinema il film di Ghosto, finalmente»
Elena sorrise, di nuovo raggiante. Erano mesi che aspettavano l’uscita dell’adattamento cinematografico del loro fumetto preferito, avevano contato a ritroso i giorni a partire dal centesimo ed ora era finalmente arrivato il momento.
«Ci andiamo insieme? Dobbiamo assolutamente procurarci i biglietti per i posti migliori!», esclamò Elena.
Zick le sorrise furbescamente e iniziò a frugare nello zaino, dopo poco ne tirò fuori due biglietti azzurri per il cinema di Oldmille. «Ci ho già pensato! Lo spettacolo è quello delle sei, così dopo il film ci facciamo un giro e ci mangiamo una pizza»
Elena afferrò i biglietti estasiata. «Tu sei davvero», rifletté qualche secondo, per trovare un termine adatto «Fantastico! Sul serio! Mostruosamente fantastico!»
Zick arrossì leggermente passandosi una mano tra i capelli scompigliati.
«Oh, non è nulla, avevamo praticamente già deciso che ci saremmo andati insieme e volevo assicurarmi che fosse tutto perfetto»
«Bè, credimi, se volevi fare colpo ci sei riuscito di sicuro», dichiarò Elena arrossendo un poco.
Fu la campanella a salvarli dall’imbarazzo di quest’ultima affermazione. Si alzarono e si pulirono i pantaloni. Fu mentre rientravano nell’edificio che Zick domandò all’amica: «Charlie parla ancora dell’uomo nero?»
Elena scrollò le spalle sconsolata. «Vuole controllare sempre sotto tutti i letti prima di andare a dormire, ha insistito talmente tanto che io, come una stupida, ieri sera ho anche guardato sotto al mio letto prima di spegnere la luce», sospirò «Non so neanche perché l’ho fatto, mi sono inginocchiata sul pavimento e ci ho guardato!»
Si fermarono davanti alla classe di Elena, prima che entrasse Zick la afferrò per un polso e le domandò: «Vuoi che venga a rassicurarlo? Posso guardare sotto tutti i letti e dirgli che non c’è nulla per certo»
Elena gli sorrise grata «Sarebbe fantastico, non mi piace che sia così spaventato, anche se più che spaventato sembra preoccupato»
«Ci penso io, tu sta tranquilla», la rassicurò il ragazzo.
«Grazie, davvero»

All’uscita dalla scuola trovarono ad aspettarli Jeremy-Joth. Il tutore faceva avanti e indietro sul muretto tenendo la coda dritta verso il cielo.
«Buongiorno», lo salutarono i ragazzi dimenticandosi completamente che i normali esseri umani li avrebbero presi per stupidi a guardarli parlare con un gatto.
Lui li ammonì con lo sguardo, poi gli fece cenno con la testa di seguirlo. Li portò in un vicolo e saltò sul coperchio di un cassonetto chiuso.
«Abbiamo pensato fosse necessario scortarvi fino a casa, corrono strane voci per le passerelle della città sospesa»
«Voci su noi due?», chiese Elena confusa indicendo se stessa e Zick, non riuscendo a capire la ragione di tutta quella preoccupazione e cosa centrassero loro due.
«Ma no», la zittì il ragazzo, «Cosa vuoi che possiamo centrare noi?»
«Scusa tanto, mister SoTuttoIo, se non ho capito che ragione ci possa essere per scortarci a casa!», sbottò Elena irritata per il tono che il ragazzo aveva usato.
Jeremy tossì leggermente per attirare l’attenzione. «Scusate tanto, ma prima che inizi uno dei vostri soliti battibecchi vorrei esporvi il problema, per quanto mi riguarda una volta che avrò finito potrete anche scannarvi»
I due annuirono mettendosi sull’attenti.
Jeremy cominciò il racconto: «Immagino che tutti e due abbiate sentito della sparizione dei cinque operai della trivella e dei tre poliziotti»
«Poliziotti? Non sapevo dei poliziotti…», disse Zick sorpreso.
«E’ successo meno di quattro ore fa, eravate a scuola»
I ragazzi annuirono comprensivi.
«Il fatto è che sembra che alcuni mostri abbiano avvistato un’ombra nei paraggi del cantiere poco prima che quelle persone sparissero»
Elena e Zick si guardarono. «Sono stati rapiti?», comandò Elena al tutore.
«E’ probabile, i domatori stanno già organizzando una squadra per andare ad indagare. Ora, voi due andate a casa e barricatevi dentro, non percorrete strade deserte e state assolutamente lontani dal bosco e dal cantiere»
Zick serrò i pugni e guardò Jeremy con risolutezza: «Voglio partecipare alla missione», esclamò.
Elena lo fissò preoccupata: «Ma… Zick»
«Sto recuperando i poteri, non so come e non so perché: ho visto Bombo ieri»
Jeremy lo guardò severo con i suoi occhi felini. «Non se ne parla, è troppo rischioso, non siamo sicuri di quello che ci troveremo davanti»
Elena strinse una delle mani di Zick. Lui la guardò e vide di nuovo quell’espressione colpevole che tanto odiava. Non voleva che lei si sentisse in colpa più di quanto servisse. Non poteva fare nulla. «Va bene», disse ricambiando la stretta dell’amica. «Vorrà dire che io ed Elena affitteremo un film e compreremo delle patatine», poi si rivolse a lei; «a meno che tu non voglia andare ovviamente, se vuoi vai»
Elena lo fissò, ancora preoccupata. «Eh? No, resto con te! Basta che non sia un film da far venire il latte alle ginocchia»
«Quando mai mi hai permesso di scegliere un film noioso?», sorrise Zick divertito.
«Bene», li richiamò il tutore, «Io devo sbrigare delle faccende, confido sul vostro buonsenso e sono certo che andrete dritti a casa»
«Dritti a casa, si», sospirò Zick. «Siamo congedati?», chiese iniziando ad avviarsi verso l’ingresso del vicolo. «Se ti piace il temine»
Erano ancora mano nella mano quando tornarono in strada e si diressero verso la videoteca.
«Potremmo affittare un film dell’orrore», propose Elena.
«Meglio di no, se poi Charlie e Violet volessero vederlo con noi?»
La ragazza lo guardò allibita. «Non vorrai prendere un cartone animato spero»
«No, basta che sia qualcosa che non faccia paura e non abbia tante parolacce»
Avevano raggiunto la videoteca, ma la serranda era chiusa e appeso alla porta c’era un avviso che avvertiva che sarebbero stati in ferie per il resto della settimana.
«Niente film, mi dispiace», disse Elena, poi si bloccò in preda ad una strana sensazione. Mollò di colpo la mano di Zick e si appoggiò ad una parete.
«Tutto bene?», le chiese l’amico. Lei annuì. «Ho solo avuto una brutta sensazione, ma è stato solo un attimo. Devo andare a casa», disse all’improvviso.
Zick le sfiorò una spala e le fece un cenno con la testa: «Ti accompagno, ovviamente».

Quando Elena e Zick arrivarono a casa della ragazza Violet si gettò addosso alla sorella abbracciandola stretta.
«Elena! Elena!», ripeteva la bambina singhiozzando.
La baby-sitter si avvicinò velocemente sollevata dal suo arrivo.
«Non so più che fare, Charlie dice che c’è l’Uomo Nero sotto il letto e Violet ha paura e non smette di piangere»
Elena cullò la bambina con dolcezza, la baby-sitter - una venticinquenne bassa e paffutella dagli occhi scuri – la vide calmarsi e sorrise sollevata.
«Temevo che non avrebbe più smesso, ma chi ha raccontato a Charlie le storie sull’Uomo Nero?»
Elena scrollò le spalle. «Non io, non avrei mai osato»
Charlie entrò ansioso nella stanza e si appese alla maglietta di Zick tirandolo con insistenza verso l’interno della villetta: «Devi mandare via l’Uomo Nero! Devi cacciarlo prima che faccia del male a qualcuno!»
Il bambino strepitava, batteva i piedi per terra e lo fissava implorante. Zick gli scompigliò i capelli. «Vedrò quello che posso fare», disse.
Charlie s’illuminò e Violet fissò il domatore con sguardo implorante. «Mandalo via! Mandalo via!»
La baby-sitter li guardò confusa, Elena le sorrise e scrollò le spalle, come a dire “cosa non si farebbe per dei bambini”.
«Credo che tu possa andare adesso, ti ringrazio per aver tenuto d’occhio queste due pesti», disse. Accompagnò la ragazza alla porta mentre Charlie portava Zick al piano di sopra.
Quando Elena li raggiunse Zick aveva la testa infilata sotto al letto dei signori Patata.
«Trovato niente?», chiese Elena seria. Zick indietreggiò e sollevò lo sguardo. I suoi occhi chiedevano chiaramente “cos’avrei dovuto trovare?”
«Nulla», disse semplicemente. Aveva un batuffolo di polvere tra in testa ed Elena gli passò una mano tra i capelli per farlo cadere. «Tutto tranquillo», continuò il ragazzo.
«Ora guarda sotto il letto di Elena!», esclamò Charlie afferrando Zick per un braccio.
«Sotto il letto di Elena», borbottò il ragazzo poco convinto alzandosi ed afferrando di peso il bambino. Lo portò nella stanza di Elena sotto braccio, come se fosse una borsa, e lo poggiò sulla scrivania.
«Sotto il letto di Elena», ripeté Zick per la terza volta. Si rimboccò le maniche e si mise a carponi; sollevò la coperta e guardò con attenzione.
«Calma piatta, non c’è nulla», disse sicuro.
«Davvero?», domandò Charlie deluso. «Sei sicuro? Io l’ho visto, lo vedo sempre!», si lamentò con le lacrime agli occhi.
Zick si alzò, si inginocchiò davanti a lui e gli afferrò le manine: «Non c’è nulla qui, devi stare tranquillo, ma se mai dovessi vederlo di nuovo chiamami e sarò subito da te, ok?»
Charlie annuì deluso. «E se non arrivi in tempo?», domandò.
«Abito a meno di venti metri! Verrò anche in mutande se servirà!»
Elena scoppiò a ridere, immaginandosi il ragazzo presentarsi in mutande ai suoi genitori nel pieno della notte solo per calmare le paure di un bambino di sei anni.
«Che ridi tu?», la rimbeccò lui.
Lei prese fiato. «Nulla, immaginavo la scena»
Zick si alzò e aiutò Charlie a scendere dalla scrivania. Il bambino corse via e Violet lo seguì.
Appena i due bambini furono fuori dalla stanza Zick scrollò le spalle.
«che posso farci io se non c’è nulla là sotto?», chiese indicando il letto.
Elena gli si avvicinò e gli diede una pacca sulla spalla. «Lascia stare, è un bambino, gli passerà»

Più tardi Zick andò a casa.
Proprio davanti all’ingresso saltò per non calpestare una delle braccia di Sniakutz-Bu.
«Eih, Bu? Dove sei? Qui c’è qualche tuo pezzo»
Il mostro arrivò di corsa con un braccio teso e si rimise insieme. «Gvazie al cielo, spevo davvevo che tu non l’abbia calpestato!»
Zick sollevò le braccia. «L’ho visto appena in tempo»
«Visto appena in tempo?», chiese lo Sniakutz confuso. «Ma vagazzo, io non sono visibile…»
Zick sorrise ampiamente e corse in cucina, suo padre ed un cospicuo gruppo di domatori si stava preparando per l’escursione al cantiere.
«Vedo i mostri! Li vedo! Voglio venire con voi!», esclamò emozionato.
Jeremy-Joth lo guardò contrariato.
«Vedi i mostri, giovanotto?»
Zick lo sollevò e lo portò in salotto; si guardò attorno, poi puntò lo sguardo sulla credenza e indicò un punto preciso: «Tre bolli!»
Poi lo sguardo gli corse al divano; i nonni fantasma lo guardarono commossi.
«Nonna! Nonno!», esclamò il ragazzo felice, poi tornò a guardare il tutore che – con suo disappunto – aveva ancora tra le braccia. «Posso venire? Ti prego! Ti prego!»
Il gatto lo fulminò e il ragazzo lo mise giù.
«E’ solo un sopralluogo», s’intromise Zobedija, «Non sarà pericoloso»
«Molto bene», disse allora Jeremy. «Verrà anche Elena?»
Zick s’illuminò. «Le telefono subito e glielo chiedo», disse.
Teddy scosse la testa rassegnato, Lay ridacchiò al suo fianco, mentre il signor Thaur sistemava le ultime cose per la missione.

La reazione di Elena dopo l’affermazione e la domanda di Zick fu un “Oh” sommesso.
«E’ che ho mandato a casa la baby-sitter e non posso lasciare i gemelli da soli», spiegò.
«Li puoi lasciare con mia madre, tanto li adora!», propose il ragazzo speranzoso.
«Sarà un po’ difficile, Charlie si è appostato per evitare che l’Uomo Nero esca da sotto al letto, dice che oggi verrà a prendere qualcuno. Tu vai, sul serio, poi mi racconti com’è andata»
«Forse dovrei venire da te e provare di nuovo a rassicurarlo», propose Zick.
«E’ la tua prima caccia al mostro dopo anni, non puoi perderla», insistette la ragazza. «Se avrò qualche problema ti chiamerò»

Il cantiere era deserto, la trivella era ferma. Zick ispeziono pensieroso i dintorni camminando affianco ai suoi amici.
Teddy gli diede una gomitata «E così sembra che tu sia tornato in squadra»
«Pare di si»
Fu Lay a smorzare l’entusiasmo dei due «Eppure non capisco perché, ci sarà una ragione. Perché proprio ora? Perché non prima, o dopo?»
«Potresti farti questa domanda anche tra due anni», le disse Teddy.
«Già, ma è adesso che alcuni uomini sono spariti nel nulla in un posto in cui i mostri dicono di vedere le ombre che si muovono».
Zick guardò l’orologio, erano le nove, e la frase di Lay gli aveva ricordato dell’Uomo Nero di cui Charlie parlava tanto. Pensò che probabilmente Elena in quel momento lo stava mettendo a letto assieme a Violet, e si chiese se non fosse il caso di telefonarle.

Elena aveva aiutato i gemelli a mettersi il pigiama ed ora stava preparando il letto per sistemarceli sopra. Aveva poggiato il cellulare sul comodino, per sollevare Violet e sistemarla bene dentro le lenzuola.
L’aria di casa sembrava gelida nonostante i termosifoni accesi.
«Charlie, a letto», disse la ragazza guardando il fratellino.
Lui stava seduto sul pavimento, davanti alla porta chiusa, e fissava i letti stringendo una padella tra le mani, pronto a colpire qualunque cosa potesse uscire dalle ombre.
«Oh! Andiamo! Charlie! Questa cosa sta diventando ridicola!»
Si avvicinò per prenderlo in braccio, ma lui le colpì il polso.
«Sta’ arrivando, non lo senti il freddo?»
Elena tremò, certo che lo sentiva, ma doveva esserci un problema all’impianto di condizionamento. Era di sicuro così.
«Charlie. Dai, basta», supplicò la ragazza.
Lui balzò in piedi all’improvviso e si spinse contro la porta afferrando Elena per un polso.
«E’ venuto a prenderci! E’ venuto a prenderci! Chiama Zick! Presto!»
Violet, seduta sul letto, osservava la scena spaventata. «Sta’ arrivando?», chiese, poi sgranò gli occhi ed esclamò: «Sta’ arrivando!». Si svincolò dalle coperte e afferrò il cellulare di Elena, poi si allungò verso di lei e glielo porse, stando ben attenta a non mettere i piedi per terra. «Chiama Zick!», gridò.
Elena afferrò il cellulare compose il numero con poca convinzione.
«Chiama! Chiama!», le disse Charlie parandosi tra lei ed il letto nel tentativo di difenderla.
«Sto chiamando, sto chiamando», tentò di tranquillizzarli la ragazza. Ma non aveva ancora attivato la chiamata.
La coperta di Violet, che era caduta per terra quando la bambina si era alzata in piedi, scivolò sotto al letto come se qualcuno la trascinasse. L’oscurità si liberò dalle ombre sotto al letto e si fece strada nella stanza. Violet si sistemò al centro del letto spaventata.
«Quando arriva Zick?», chiese Charlie.
Ma Elena non aveva ancora avviato la chiamata, perché non aveva creduto ai gemelli fino a pochi istanti prima, e finalmente si decise a schiacciare il pulsante verde del cellulare e lo portò all’orecchio.

«Eih», sbottò Zick all’improvviso, «Che ne sapete voi dell’Uomo Nero?»
Lay e Teddy si guardarono.
«Il Babau. Un’ombra scura», disse Lay.
«Si nasconde sotto i letti dei bambini e li trascina sotto», continuò Teddy.
«Li infila in un sacco di yuta per impedirgli di fuggire e li porta nel suo mondo, e li tiene lì giocando con le loro paure, è molto pericoloso. Meglio starci alla larga», disse la ragazza.
Zick si fermò e tirò un colpo ad entrambi per attirare la loro attenzione: «Cioè, esiste davvero?»
I due amici lo guardarono confusi. «Certo che esiste, ed è più pericoloso di uno Spettro Nero»
«Charlie ha detto che sarebbe venuto a prendere qualcuno… Charlie ha detto che l’Uomo Nero è a casa loro!», mormorò Zick sbiancando. «Devo tornare a casa, Elena potrebbe aver bisogno di me», si voltò per correre via, ma Teddy lo bloccò per un braccio.
«Il Babau è una cosa seria, ma ci mette parecchio per manifestarsi in una casa, a volte tormenta i bambini per mesi prima di prenderli»
Zick provò a calmarsi, e il suo telefono iniziò a squillare.
«Sono settimane che Charlie dice che c’è!»
Vide il numero di Elena sul display e rispose tentando di ostentare una certa calma.
La voce della ragazza lo raggiunse colma di panico: «Zick… L’Uomo Nero…», poi si sentì un tonfo ed Elena, Charlie e Violet gridarono. Il telefono ara ancora acceso, ma la voce di Elena era sparita.

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Capitolo 3
*** L’amico immaginario ***



Monster Allergy. L’amico immaginario



«Elena? Elena?», chiamò Zick invano con il cuore che gli martellava nel petto dalla preoccupazione.
Dopo le urla non aveva sentito più nulla, eppure la chiamata non si era interrotta.
«Elena! Ti prego rispondi!»
Lay gli afferrò il polso tremante. «Che succede?»
Zick deglutì. «Credo che sia da loro, il Babau e a casa di Elena».
«Non attacca mai se ci sono adulti in giro», tentò di rassicurarlo Teddy.
«Non sono a casa, ci sono solo Elena e i gemelli», soffiò fuori Zick, che ancora sperava che la voce di Elena si facesse strada attraverso l’apparecchio telefonico.
«Ok, io vado a chiamare i grandi, si tratta del Babau, un’ombra scura, potrebbe essere quello che cerchiamo, voi aspettate qui», raccomandò Teddy, poi si lanciò in una corsa forsennata verso suo padre.
«Elena, rispondi, ti prego», supplicò ancora Zick. Sentì dei rumori, qualcuno stava raccogliendo il telefono da terra. Poco dopo la voce di Violet lo raggiunse stridula e spaventata.
«Zick», mormorò, «Zick…»
Il ragazzo si lasciò sfuggire un sospiro a metà tra il sollievo e il terrore.
«Sono qui, che è successo?»
Violet singhiozzò. «Ha preso Elena e Charlie»
«Tu stai bene?», le chiese stringendo il telefono tanto forte che la mano iniziò a fargli male.
«Mi sono nascosta, ho paura, e fa ancora freddo», prese fiato e tirò su con il naso «Fa sempre freddo quando viene, può tornare, l’ombra si muove ancora sotto il letto»
Zick non capì cosa voleva dire, ma iniziò a correre verso l’ingresso del cantiere.
«Resta nascosta, io sto arrivando», disse alla bambina. Riattaccò.
«Dove vai?», gli chiese Lay correndogli dietro. «Aspetta i grandi!»
Zick non si fermò, non le diede retta. «Non posso aspettare»
La ragazza lo seguì fino al parcheggio. Alcune biciclette erano abbandonate sull’asfalto. Zick ne sollevò una e montò in sella.
«Devono essere degli operai che sono spariti, questo è furto!», osservò Lay salendo su un’altra.

Riaprì gli occhi. Qualcosa di ruvido la sfiorava dappertutto. Era chiusa da qualche parte, in un sacco probabilmente. Iniziò a dimenarsi, ma non riusciva a liberarsi. Poi sentì due mani oltre la stoffa del sacco e poco dopo fu libera. Strinse una mano a pugno, pronta a sganciare un destro particolarmente potente, quando si ritrovò davanti Charlie Shuster.
«Tu?», chiese confusa.
Mai avrebbe immaginato di ritrovarsi davanti il suo amico immaginario che non vedeva da sei anni.
«Io», le disse lui tendendole una mano per aiutarla ad alzarsi. Elena la afferrò e si lasciò tirare su.
«Dov’è Charlie?»
Si rendeva conto di quanto fosse strano, l’energia che aveva dato vita al suo amico immaginario era tornata anni prima sotto le sembianze del suo fratellino.
«Io sono Charlie», le disse lui. Fece un giro su se stesso, come per mostrarle la sua autenticità.
Lei lo guardò sbigottita. Non dimostrava più l’età che aveva quando era il suo amico immaginario, ora aveva tutta l’aria di un diciassettenne, come se fossero cresciuti insieme.
Lui si fermò, poi la guardò con rammarico: «Vuoi sapere di tuo fratello, vero?»
Elena annuì, guardandosi attorno nella speranza di vederlo.
«Io sono tuo fratello», le disse Charlie. «Ma lui l’ha preso il Babau»
La ragazza lo guardò confusa, strinse i pugni. «Devo trovarlo», disse.
«Sono qui per questo, ti aiuterò io», le disse Charlie.
«Zick sta arrivando, vero?», gli chiese lei.
Il ragazzo le sorrise. «Lo spero davvero, ma non abbiamo tempo di aspettarlo, qui il tempo scorre diversamente che fuori, potrebbe arrivare tra cento anni»
Elena sospirò di sconforto «Dove siamo esattamente?», chiese.
«Nel mondo sotto il letto», rispose semplicemente Charlie. Poi le porse la mano ed Elena la afferrò.
Attorno a loro il bosco era minaccioso, per terra le foglie scure pizzicavano, ed Elena vide finalmente il sacco in cui si era risvegliata.
«Sacco di Yuta», le spiegò Charlie. «Lo usa il Babau per portare qui le prede»
Poi iniziò a guidarla per il bosco.

Pedalarono con foga verso casa, a velocità folle. Andavano talmente tanto veloci che davanti a casa di Elena Zick dovette lanciarsi dalla bici, che poi andò a scontrarsi contro l’albero nel giardino di casa sua. Lay lo raggiunse qualche secondo dopo, avendo iniziato a rallentare qualche metro prima.
Quando Zick si ritrovò davanti alla porta chiusa della villetta bussò con foga, ma non aspettò che qualcuno gli aprisse, anche perché Violet probabilmente era talmente spaventata che non avrebbe avuto il coraggio di andare da loro. Sempre che il Babau non l’avesse già presa.
Zick fuse la maniglia con un Raggio Dom, salendo poi le scale a rotta di collo seguito da una Lay particolarmente senza fiato.
«Vacci piano, rallenta», lo supplicò la ragazza.
Zick spalancò la porta della camera di Elena; era vuota. Corse verso quella dei gemelli. Era chiusa, e sulla maniglia si era formato un lieve strato di ghiaccio. Provò ad aprirla con le buone, ma il ghiaccio l’aveva bloccata e decise di sfondarla. Diede un forte colpo con la spalla e la porta si spalancò. Si strinse solo un istante il punto in cui la pelle aveva colpito il legno della porta ed entro nella stanza.
Il gelo innaturale avvolgeva tutto. Zick e Lay erano shockati. Le coperte erano per terra, l’oscurità avvolgeva tutto e sembrava contorcersi e sviscerarsi da sotto al letto di Violet. Sembrava essere un abisso senza fondo.
«Violet», chiamò Zick preoccupato. Aspettò qualche istante, poi chiamò di nuovo; «Violet, sono Zick! Ti prego, dimmi che sei qui!»
Temette di essere arrivato tardi, ma subito due colpi provenienti da dentro la cabina armadio lo risvegliarono.
La voce della bambina lo chiamò da dietro il legno «Zick, sono qui»
Il ragazzo corse a liberarla. Il ghiaccio l’aveva bloccata dentro, ma il Babau non l’aveva portata via. Violet si lanciò in lacrime tra le braccia di Zick e lui la strinse a sé.
«Sta tranquilla, ci sono io ora»
Fissò con astio il buco d’oscurità che oscillava sotto il letto. «Elena e Charlie sono lì?»
Violet annuì timorosa. «Sono dentro al buio»
Allora Zick la lasciò tra le braccia di Lay.
«Cos’hai in mente?», gli chiese la ragazza avvolgendo Violet nella sua giacca.
«Entro là dentro, devo riportare indietro Charlie ed Elena»
La ragazza lo guardò contrariata, «Non puoi andare da solo, aspetta che Teddy arrivi con tuo padre»
Ma Zick non la ascoltava «Porta Violet da mia madre», disse prima di lanciarsi nel buio.

Riaprì gli occhi nel buio più assoluto. Portò le mani avanti per muoversi a tentoni nell’oscurità e trovò soltanto un ostacolo freddo.
Qualcosa, sopra di lui lo teneva bloccato là dov’era. Raccolse l’energia per farsi un po’ di luce, ma sembrarono tentativi inutili.
«Andiamo! Stupidi poteri! Funzionate!», supplicò.
Riuscì a fare luce, era un una cassa di legno, e dopo qualche altro tentativo riuscì a farne saltare via il coperchio.
Una fanghiglia melmosa si riversò verso di lui, e Zick si alzò velocemente per non venire sommerso.
Scoprì di essere finito in una cassa che affondava velocemente nella melma di una palude putrida e puzzolente.
Saltò fuori e iniziò ad affondare velocemente. Arrancò fino ad una zolla di terra da cui spuntava un fatiscente albero spoglio e sfruttò le sue radici per sfuggire alle sabbie mobili.
Si alzò a fatica, appesantito dall’acqua putrida che sentiva fin dentro le mutande.
Si lanciò attorno un’occhiata attenta, cercando di studiare il territorio. A parte la melma e gli alberi fantasma l’unica terra solida sembrava essere a parecchie decine di metri da lui; un bosco cupo e ombroso decisamente poco invitante.
Si tolse la giacca e la maglia, li strizzò e li rimise addosso, poi riempì i polmoni di fetida aria gelida e iniziò ad urlare: «Elena!! Charlie!!»
Aspettò una risposta, e quando non la sentì arrivare iniziò a saltellare tra le radici per raggiungere il bosco.

«Eih!», esclamò Elena fermandosi all’improvviso. «Ho come avuto l’impressione che qualcuno mi chiamasse»
Si fermarono, la valle che si stagliava davanti a loro era una distesa scura con solo qualche arbusto qua e là che contribuiva ad incupire tutto.
«Prega che sia così», sospirò Charlie.
Elena lo guardò di sbieco «Arriverà», disse fiduciosa; poi decise di cambiare discorso. «Cos’è che fa il l’Uomo Nero esattamente?»
«Il suo nome ufficiale è Babau, prende con sé i bambini e gioca con le loro paure. Più loro sono terrorizzati più lui diventa forte»
Rifletté qualche istante.
«Di cos’ha paura Charlie?»
Elena sospirò. «Del Babau, ovviamente. Del buio. Dei profondi buchi neri e dei mostri. Insomma… E’ un bambino»
Charlie la guardò rassegnato.
«Era una domanda retorica, so bene di cos’ha paura», indicò un punto oltre le colline spoglie. «E’ da quella parte, dritto nella sua tana, che è un buco nero senza fondo pieno di mostri e dove vive il Babau»
«Deve essere terrorizzato», sussurrò Elena ansiosa.
«Lo è», le disse il ragazzo. «E quando il Babau sarà abbastanza forte trasformerà me in un Babau», si puntò un dito addosso.
«Stai scherzando, vero?»
Charlie sospirò. «Mi piacerebbe»
«Perché?»
«E’ così che nascono i Babau, da ciò che resta degli amici immaginari dimenticati, il più delle volte.»
«Oh! Charlie!», esclamò Elena rattristata. «Ma io non ti ho dimenticato! Ti vedo ogni volta che guardo mio fratello!»
«Lo so, tranquilla», la rassicurò il ragazzo. «Non mi avrà, stai tranquilla».
Sospirò, poi tornò a guardare il monte scuro in lontananza. «Comunque; un’energia potente era intrappolata nel sottosuolo, si è nutrita delle paure di ogni bambino di Bibburg e ha dato vita a quest’Uomo Nero, quando la trivella del cantiere ha raggiunto la bolla d’energia ha finito per liberarlo. E lui è andato a tormentare l’amico immaginario più vicino. Me»
«E quindi mio fratello Charlie», continuò lei per lui.
«Esatto» Le lanciò un’occhiata cauta. «Per fortuna mia e di tuo fratello abbiamo una Rifugiatrice pronta ad aiutarci»
Elena sorrise «Una Rifugiatrice non può fare poi molto»
Charlie sorrise di sbieco. «Non saprei, ma di certo», le puntò un dito contro, «per questa Rifugiatrice c’è almeno un domatore pronto a lanciarsi in un buco nero senza fondo»
Elena arrossì. «Vedrai che Zick sarà già sulle nostre tracce»
«Lo spero davvero, e spero che sappia come non cacciarsi nei guai»
«L’ultima volta che gli ho chiesto qualcosa sull’Uomo Nero credeva che non esistesse», borbottò la ragazza. «Allora speriamo che abbia aspettato che gli dessero qualche informazione prima di seguirci, anche se così arriverebbe ancora più tardi»
«Se lo conosco quanto credo non ha guardato in faccia nessuno e si è lanciato sotto il letto»
Charlie sbuffò. «Già, ma non possiamo aspettarlo, Charlie ha bisogno di noi»
Elena annuì. «Anche Zick potrebbe averne»
«Ma lui sa cavarsela»
«C’è la possibilità che il Babau non sappia che è qui?», domandò Elena speranzosa.
«Lui sa tutto quello che succede nel suo mondo, è parte di lui; se poggi il tuo bel sederino per terra lui lo saprà subito!»
Le lasciò un po’ di tempo per rimuginarci su, poi le domandò a bruciapelo: «Di cos’hai paura tu?»
Lei lo guardò pensierosa, poi esclamò: «Oh! Andiamo!», si lasciò cadere per terra e indicò la montagna sottile alle sue spalle; «Credi che una Rifugiatrice esperta come me possa essere presa di mira da qualcuno come lui?», puntò il pollice dietro le spalle.
Charlie sollevò un sopracciglio: «Hai paura di mostrarti debole», le disse.
«Cosa? No! Certo che no», Elena lo guardò scandalizzata.
«Tutti hanno paura di qualcosa», le disse il ragazzo. «Tu hai paura che a Charlie possa succedere qualcosa, tanto per cominciare»
«Sono sua sorella! E’ normale che io sia preoccupata per lui!», si lamentò Elena.
«E scommetto che hai paura degli scarafaggi», continuò guardando alle sue spalle.
«Se entra uno scarafaggio in casa io lo inseguo con la scopa»
Charlie la afferrò per i polsi e la sollevò di peso. «Parlo di tanti scarafaggi», le disse. «Così tanti che potrebbero sommergerci entrambi»
Elena si guardò alle spalle. Centinaia, forse migliaia di scarafaggi si stavano avventando contro di loro.
«Porca Bomba!», esclamò la ragazza.
«Mi sembrava strano che non avesse già iniziato a giocare con noi»
Elena indietreggiò velocemente. Tornarono all’entrata del bosco.
«Stiamo tornando indietro, mio fratello è dalla parte opposta!», strillò la ragazza. Afferrò un sasso da terra e lo scagliò addosso a quegli scarafaggi schifosi.
Quello rimbalzò tra di loro senza neanche spaventarli.
«Dove diavolo è Zick quando serve?», si chiese Elena con il cuore in gola.
«Sta arrivando, ne sono sicuro, ma per sicurezza proviamo a cavarcela da soli», le propose Charlie.
Elena afferrò un bastone, «Puoi starne certo», disse, «Quello sta giocando hai detto, non è così?»
«Gioca con le tue paure, si»
Elena sorrise a mezza bocca. «Ora vedrà di cos’è capace Elena Patata per la sua famiglia e per le persone a cui vuole bene!»
Charlie la guardò senza capire.
«Seguimi!», gli ordinò lei. Poi iniziò a correre incontro agli scarafaggi sciamanti; ci passò attraverso calpestandoli e colpendoli con il bastone. «Corri Charlie!»
Iniziarono ad arrampicarsi sulle loro caviglie, Elena aveva le gambe scoperte e i pantaloncini corti, strillò sentendo le loro zampette sulla pelle. Appena raggiunse il tratto di terra privo di insetti si buttò a terra e tentò di scrollarseli di dosso.
«Toglili! Toglili!», gridò supplicando Charlie di aiutarla.
Lui la afferrò per le braccia e la costrinse a star ferma. «Calmati! Non ci sono più, sono spariti»
Elena tentò di ricominciare a respirare normalmente; guardò il punto in cui appena pochi istanti prima aveva attraversato un mare di scarafaggi e non vide nulla se non la sterpaglia umida e scura che c’era ovunque per la vallata.
«Hai avuto un coraggio pazzesco, per questo giro l’hai battuto», le sorrise e la abbracciò forte. Elena ricambiò la stretta sollevata.

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Capitolo 4
*** Giochi ***




Monster Allergy. Giochi



«E’ alto», borbottò Elena scrutando il pendio che Charlie le stava indicando.
«Se vuoi puoi restare qui ad aspettare Zick, mi sembri un po’ persa senza di lui»
Elena sussultò. «Come scusa? Io non sono persa senza Zick!», si lamentò.
Charlie controllò bene la roccia appena sopra di loro e iniziò l’arrampicata. «Allora sali».

Mentre si avviava verso il bosco scuro l’attenzione di Zick si focalizzò sul monte scuro che svettava sopra le fronde. Sentiva un gelo innaturale provenire da quella direzione, e decise che sicuramente, se Elena era nei paraggi si sarebbe diretta in quella direzione.
O almeno sperò che fosse così.
Si rimboccò le maniche e cominciò a pestare i piedi sulle foglie secche saltando di buona lena sulle radici. Il silenzio attorno a Zick era irreale, la luce fioca, quasi inesistente, e non si riusciva a capire da dove provenisse.
Il ragazzo non perse tempo a chiedersi la ragione di quel cupo silenzio e proseguì dritto, sperando di non sbagliare strada.
Voleva raggiungere Elena e Charlie al più presto; probabilmente non era mai stato più in ansia per qualcuno di quanto lo fosse in quel momento.
Camminò per una decina di minuti prima di accorgersi che invece che dal silenzio ora era circondato da sibili e sussurri.
In quella notte cupa, fino a poco prima, non si era preoccupato del fatto che non vi fossero grilli o altre forme di vita, ora si chiedeva da dove provenissero tutti quei mormorii.
Tenne d’occhio – per quanto riusciva – lo spazio alle sue spalle e ai sui lati. Un mormorio più chiaro degli altri lo distrasse e inciampò su un tronco. Si ritrovò steso sulle foglie, col mento sporco di terra e la mascella dolorante. «Dannazione!», borbottò.
Puntò le mani per terra per sollevarsi e si trovò le dita impigliate in qualcosa che sembrava stoffa.
Lo portò davanti agli occhi e lo osservò. Lo riconobbe subito, era il nastro che Elena portava sempre per legare i capelli in una coda bassa da quando aveva smesso di farsi i codini.
Sospirò sconsolato e scrutò nell’oscurità. Di lei e di suo fratello non c’era traccia.
Annusò il nastro e riconobbe il profumo dei capelli dell’amica. Legò il nastro al polso, per non perderlo, e si alzò.
«Elena!», gridò speranzoso di sentire una risposta. «Elena…», ripeté rassegnato.
Tornò sui suoi passi, quando l’urlo della ragazza lo raggiunse forte facendolo letteralmente sobbalzare.
«Elena!», gridò, correndo nella direzione da cui l’aveva sentita chiamare.
Superò i pochi metri che lo dividevano da lei e la vide; aveva una liana scura attorcigliata attorno ad una caviglia e sembrava che questa la stesse trascinando verso le radici di un albero terrificante.
«Elena!», gridò di nuovo correndole incontro e gettandosi a terra.
«Zick!», lo chiamò lei cercando di liberarsi dalla liana, che la strattonò e la trascinò tra i ciottoli per un paio di metri.
Zick la afferrò per la vita cercando di aiutarla a resistere alla presa. «Resisti, ci penso io». Provo a lanciare un Raggio Dom contro la liana, ma dovette fare un paio di tentativi prima di riuscire a liberarla. Provò a tirarla indietro, ma altre due liane la raggiunsero come fruste e la trascinarono di nuovo giù.
«Zick, ti prego, non mollarmi così», disse Elena al ragazzo.
Lui strinse forte le braccia attorno alla camicetta sporca di lei e lanciò altri due Raggi. Le due liane furono sostituite da altre cinque, e da quel momento tutto sembrò andare male. Zick non riusciva più ad utilizzare il Dom.
«Accidenti! Accidenti!», borbottò trattenendo una parolaccia.
Le liane strattonarono ancora Elena, graffiandole le gambe scoperte.
«Aih!», strillò.
Zick si guardò attorno alla ricerca di qualcosa che potesse aiutarli. Vide una pietra appuntita un paio di metri alla loro destra e provò a raggiungerla. Era troppo lontana.
«Eih», disse all’orecchio di Elena. «Ti lascio un attimo per prendere una pietra», l’avvertì.
«Cosa? No! Ti prego! No!», lo supplicò terrorizzata.
«Solo tre secondi», insistette lui. La lasciò andare e lei fu trascinata velocemente per un paio di metri. Zick afferrò la pietra e si lanciò ai piedi della ragazza, iniziò a colpire le liane una per una. Ma Elena si avvicinava sempre di più alla radice, tanto che Zick dovette puntare i piedi su una delle radici per evitare che la ragazza ci scivolasse dentro.
«Zick», mormorò Elena.
Il ragazzo le afferrò i polsi mentre lei scivolava dentro alla fanghiglia che riempiva il vuoto tra due radici. «Elena», disse lui stringendo la presa. «Resisti»
«Ho tanta paura»
Zick sentì una morsa nello stomaco; il cuore rischiava di esplodergli in petto dal terrore di perderla.
Ci fu un altro strattone ed Elena finì sommersa fino alla vita. All’improvviso Zick non riuscì più a tenerla fuori dalla trappola. La vide scivolare sempre più a fondo, le spalle, il collo, il mento e la bocca.
La chiamò, ma lei non poteva rispondere, La vide chiudere gli occhi e sprofondare.
Non mollò la presa finche non ebbe immerso le sue stesse mani. Fu allora che sentì tutto svanire. L’albero era scomparso, e così le radici e il fango sulle sue mani. Doveva essere stata un’allucinazione.
Si alzò in piedi, con i brividi per il terrore. Aveva voglia di gridare per sfogarsi, e si accorse di avere le guancie bagnate di lacrime. Le asciugò con un gesto deciso e alzò gli occhi verso il cielo scuro. Da dov’era, per fortuna, vedeva ancora la cima del monte.
«Stupido Babau, questa me la paghi», ringhiò.
Raggiunse il confine del bosco a passi pesanti e scrutò il monte scuro con occhi infuocati.
La vallata era deserta e cupa, quindi Zick non faticò ad adocchiare un binocolo gigante poco lontano da lui.
Che cavolo ci faceva lì un binocolo gigante? Si chiese Zick.
Ci si avvicinò e ci guardò dentro; era diretto nella direzione del monte, e Zick riuscì ad individuare le sagome di Elena e Charlie Shuster su uno spuntone,
E ora che cavolo ci faceva Charlie Shuster lì? E perché si stavano addentrando in una caverna buia da cui una persona intelligente si sarebbe tenuta alla larga.
«Dannazione», borbottò Zick. Lasciò il binocolo dov’era, si assicurò di avere il nastro di Elena legato al polso e iniziò a correre.

Charlie afferrò la mano di Elena e la tirò su. «Ci sei quasi», le disse premuroso aiutandola a sollevare le gambe scoperte sullo spuntone davanti alla caverna che avevano raggiunto.
Appena fu sopra la ragazza si stese e prese fiato. «E’ stato pazzesco», disse sfiorandosi le mani ferite e doloranti.
«L’importante è non essere scivolati ed esserci sfracellati al suolo», sorrise Charlie.
Elena si alzò. «Andiamo», disse rabbrividendo per una ventata gelida proveniente da dentro la caverna.
Charlie la scrutò bene, la maglietta leggera sporca di terra e i capelli sciolti scompigliati con qualche foglia impigliata qua e là. Sorrise tra se, la sua amica reale – e sorella – era davvero carina. Zick non poteva non accorgersene, si disse. Poi guardò verso il bosco lontano e sperò che il domatore si desse una seria mossa a raggiungerli.
Seguì Elena nell’oscurità. Era buio, proseguirono a tentoni con le mani sulle pareti viscide.
«Quando finisce questo corridoio?», domandò Elena nervosa.
«Probabilmente mai», le rispose Charlie. «Spero che ci sia uno sbocco da qualche parte, o potremmo camminare per l’eternità senza neanche accorgerci dei secoli che passano»
Elena sbuffò. «Oh! Fantastico», poi si fermò. «Mio fratello è in questa oscurità?»
«Non credo, secondo me se lo tiene ben nascosto per evitare che lo troviamo. Sai, avere un domatore alle costole non deve essere piacevole»
Elena sentì gli occhi pizzicare. «E se non arrivasse? Se Zick non dovesse riuscire ad entrare? Che ne sappiamo noi se il varco si è richiuso dietro di noi?»
Charlie, seguendo la sua voce, la afferrò per un polso, poi fece scivolare la mano in quella di lei. «Ho preferito non pensare a questa possibilità», ma mi è tornata in mente una cosa. Con la mano libera trafficò con una tasca del pantalone, poi la tirò fuori. Elena sentì uno scatto e riuscì a vedere Charlie e l’accendino che aveva in mano.
«Che diavolo aspettavi a tirarlo fuori?», lo sgridò lei.
Il ragazzo le sorrise. «Un momento cupo come questo probabilmente»
Elena gli sorrise. «Zick non ci lascerebbe mai qui dentro, troverebbe un modo per entrare in ogni caso»
Charlie ridacchiò. «Sei tu quella che si è posta il problema per prima, io sono sempre stato certo che Zick non lascerebbe mai te nei guai. Di qualunque tipo siano»
La lasciò la mano per studiare le pareti verdognole. Ci fu un'altra venata, poi alcune rocce sotto Elena scomparvero e lei scivolò in quello che sembrava un tubo di roccia levigata senza fondo.
«ELENA!!»
La ragazza scivolò giù, e prima che Charlie riuscisse ad afferrarla o a lanciarsi dietro di lei il passaggio si chiuse.
«Oh cavolo!!», borbottò Charlie tra sé. «Zick mi ucciderà».
Si diresse di gran lena verso l’ingresso della caverna e pregò che andasse tutto bene.

Zick arrivò alla base del monte sfiancato. Guardò in alto rassegnato. Aveva sperato di arrivare in tempo per impedirgli di entrare ma evidentemente non vi era riuscito.
Strofinò le mani l’una con l’altra e iniziò la scalata. «Stupido viscido Babau», si issò per salire di venti centimetri. «Dannato».
Salì altri venti centimetri. «Giuro che se osi farle del male me la paghi di brutto!». Salì ancora. «Toccala solo con un dito – lei e suo fratello – e assaggerai i miei pugni».
Poi iniziò con alcuni borbotti confusi ed alcuni appellativi non proprio educati.
Quando arrivò in cima fu afferrato per un polso. Quando sollevò lo sguardo si ritrovò davanti Charlie Shuster.
«Charlie!», esclamò sorridendo. Lasciò che lo aiutasse a salire e, appena ebbe il sedere ben piantato per terra esclamò: «Sono felice di vederti, ma dov’è Elena?»
Charlie, che stava chinato verso di lui, si batté rammaricato un pugno sulla fronte. «L’hai mancata di poco»
«Come sarebbe, mancata?», lo afferrò per il colletto e, alzandosi, lo costrinse a sollevarsi a sua volta. «Dov’è Elena?»
Charlie batté due colpi sulle mani dell’amico. «Raffredda i bollenti spiriti, non ci guadagni nulla»
Zick lo lasciò andare, abbandonò le braccia lungo i fianchi e sospirò.
«Credevo foste insieme»
«Eravamo insieme», ammise Charlie, «Poi, quando siamo entrati nella grotta, lei è caduta in un buco apparso dal nulla»
Zick grugni, afferrò l’altro per un braccio e marciò dentro la grotta.

Elena gridava ancora mentre scivolava nel tubo freddo e umido. Non seppe quanto aveva scivolato, ma all’improvviso la caduta si fece meno ripida e presto si ritrovò con la faccia nel fango.
«Accidenti»
La melma era sinistramente fluorescente, tanto che Elena si trovò a sperare che non fosse radioattiva. Cosa ci stava a fare poi della melma radioattiva nel mondo dell’Uomo Nero?
Si ritrovò bagnata fin sotto la maglietta e trattenne un conato di vomito per la puzza.
La melma era gelida, e sembrava concentrata in una pozza circondata da fumante acqua limpida.
Elena si avvicinò al confine, dove la roccia separava i due liquidi.
Si strizzò i capelli disgustata, poi ne immerse le punte nell’acqua pulita sperando che si sciacquassero facilmente. Immerse anche le dita sentendole scottare. Comunque davanti a lei, a circa dieci metri, c’era una zolla di terra che conduceva ad una porta.
Elena si fece forza, scavalcò la barriera e immerse i piedi nell’acqua calda.
Strinse i denti tentando di abituarsi al calore. Appena le sembrò di esserci riuscita si lasciò scivolare. Non era profonda, le arrivava fin sopra la vita e le bruciava la pelle. «Porca bomba»
Avanzò fino alla terra e si arrampicò per uscirne. Quando fu fuori si chinò per sciacquarsi il viso e i capelli, assieme a collo e braccia. Quando finalmente si sentì libera dalla melma fosforescente si avvicinò alla porta. Afferrò la maniglia speranzosa e la abbassò.
La porta non si aprì. Elena la colpì con un pugno e crollò in ginocchio in lacrime. Si girò, appoggiò le spalle al legno marcio e strinse le ginocchia al petto poggiandovi sopra la fronte.

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Capitolo 5
*** La nuova preda ***




Monster Allergy. La nuova preda



Charlie indicò il punto in cui Elena era precipitata. «E’ successo qui, volevo andarle dietro, ma il buco nel pavimento si è chiuso subito dopo»
Zick sospirò. «Sta bene, sa badare a se stessa. Sono preoccupato soprattutto per il piccolo Charlie»
«Anche lui sta bene, per ora. Sta dormendo qui da qualche parte. Sto controllando il suo Kuix in modo che resti assopito fino a che non riusciamo a trovarlo»
Zick sembrò riflettere sul da farsi. Restò per qualche secondo con lo sguardo fermo nel vuoto, e Charlie dovette dargli una gomitata per farlo tornare in se. «Non ne sai molto del Babau, vero?»
Il domatore scrollò la testa in segno di negazione.
«Allora ho un paio di cose da dirti, in parte le ho già dette ad Elena, ma ne ho taciute alcune davvero importanti che potrebbero rivelarsi vitali per lei». L’attenzione di Zick si fece presente rapidamente. «Quello che è importante che tu sappia è che il Babau farà spaventare a morte Elena per divertirsi, ma la cosa più grave», disse Charlie abbassando la voce, «E’ che lei è una Rifugiatrice. Io spero che lui non lo scopra, ma se dovesse venirlo a sapere userebbe i suoi occhi per mettere in ginocchio tutta Bibburg. Porterebbe l’intera città nel suo mondo»
Zick digrigno i denti «Se quello si permette di toccare Elena me la pagherà davvero cara»
Charlie indicò il buco senza fondo della grotta. «Non ne dubito affatto»

Elena aveva ancora il capo nascosto sulle ginocchia quando sentì un fruscio proveniente da dentro l’acqua. Alzò lo sguardo preoccupato.
Sulla superficie dell’acqua si era mosso qualcosa.
«Ci mancava solo questa», borbottò Elena.
Si voltò verso il portone e iniziò a prenderlo a calci. Un altro fruscio la raggiunse, si sforzò di non badarci ma sembrava che si stesse avvicinando. Quando Elena si voltò trovò il muso di un enorme serpente a pochi metri. Strillò, e si scansò appena in tempo per evitare che la azzannasse. Il serpente strisciava nell’acqua e la guardava con i suoi terrificanti occhi rossi. Elena non era una ragazza che si impressionava facilmente, ma quegli occhi e il sibilo che proveniva dalle fauci del mostro per un istante la paralizzarono. Questa volta l’Uomo Nero ci stava andando giù pesante.
Il serpente le strisciò attorno ad Elena, forse studiando il modo migliore per attaccarla. Fece scattare le fauci, ed Elena si risvegliò. Si guardò rapidamente attorno, il portone a cui si era appoggiata prima ora era incrinato.
Elena aspettò che il serpente le si avventasse addosso, si spostò e lo fece sbattere contro la parete, poi gli si arrampicò addosso disgustata e scivolò dall’altra parte. Lui provò a raggiungerla con la bocca spalancata. E finì per annodarsi.
Elena approfittò del fatto che lui stesse tentando di liberarsi e afferrò le travi ormai cigolanti del portone. Si graffiò le mani, cercando di aprirsi un varco.
Finalmente riuscì a ricavare un foro abbastanza largo per passare, e ci strisciò dentro fin troppo lentamente.
Il serpente riuscì a liberarsi e la raggiunse. Elena riuscì a tirare il piede oltre la porta appena in tempo. Prima che potesse tirare un sospiro di sollievo il serpente iniziò ad abbattersi con forza contro il legno del portone alle sue spalle. Elena indietreggiò intimorita.
«Stupido serpentone schifoso»
Iniziò a correre per la grotta scura, sperando che ci fosse un uscita in un posto più rassicurante.
Alle sue spalle ora c’era solo silenzio. Non era sicura che fosse una cosa buona, poteva significare che il serpente si era arreso, ma anche che era già dentro.
Inciampò e finì a terra sbucciandosi le ginocchia.
Dette un pugno al pavimento trattenendo le lacrime. Mai come in quel momento avrebbe voluto che Zick fosse con lei, insieme ce l’avrebbero fatta di sicuro, ma da sola non sapeva se avrebbe avuto la forza di tirare il piccolo Charlie fuori da quella trappola di incubi.
Si alzò appena in tempo per vedere che stava per essere raggiunta da una moltitudine di serpenti sibilanti.
Stizzita gridò: «Stupido Babau!! Smettila di giocare!!! Sono una Rifugiatrice, non ho paura di te!!!»

Zick si fermò all’improvviso, in preda ad una terribile sensazione.
Charlie lo raggiunse preoccupato. «Che c’è?», gli chiese.
«Ho l’impressione che Elena sia nei guai»
«Credi che il Babau abbia scoperto», abbassò la voce, «Che è una Rifugiatrice?»
«Diamine», borbottò Zick alzando il passo, poi si fermò di colpo ed afferrò Charlie per un braccio. «Tu sai dov’è il piccolo Charlie, no? Non puoi trovare anche Elena? In fondo resti pur sempre il suo amico immaginario, dovresti essere con lei quando ha bisogno»
Il ragazzo ci rifletté su. «Posso provare», disse.
Si sedette a terra a gambe incrociate e chiuse gli occhi.
«Ti prego, è importante, so che puoi farcela»
Seguirono alcuni minuti di silenzio, in cui Zick pensò di impazzire. Charlie sembrava essere di pietra, poi aprì gli occhi di colpo e si alzò afferrandolo per un braccio. «Dobbiamo sbrigarci»

I serpenti si sciolsero diventando putrido fango rosso, poi una voce sibilante le strisciò fin dentro lo stomaco.
«Unnna riiifugiatriiiiccce…»
Le ombre si mossero per poi ricompattarsi dando vita ad una forma ricurva.
«Si, una Rifugiatrice», insistette Elena sperando di intimidirlo. «E i Domatori stanno venendo a salvarmi!»
«Poveerii sssssssciocchi», sibilò ancora il Babau. «Nonnnn troveeeranno abbbbasssstanza pezzzzi di te per riiconosssscerti»
Allungò una mano umida e puzzolente per sfiorarle una guancia.
Elena trattenne il fiato per la puzza e per la paura. Il Babau si preparò per azzannarla al collo e lei strinse gli occhi per non vedere.

Zick lasciò perdere i Raggi Dom – evidentemente i suoi poteri andavano ancora a singhiozzo – e si lanciò di peso addosso al Babau spingendolo lontano da Elena.
La ragazza cadde a terra e fu prontamente raggiunta da Charlie.
Il Babau si era dissolto lasciando Zick a terra.
«Stai bene?», chiese il ragazzo ad Elena una volta che si fu alzato e l’ebbe raggiunta. Lei lo guardò come se fosse un miraggio e si buttò tra le sue braccia. Zick la strinse a se affondando il naso tra i suoi capelli. «Stai bene?», le chiese ancora.
Lei non rispose. «Dobbiamo trovare Charlie», disse tremando.
Il grande Charlie le sfiorò il braccio per rassicurarla, Zick si tolse la giacca e la poggiò sulle spalle di Elena. Lei gli sorrise arrossendo.
«Lo troveremo», le disse Zick, poi si voltò verso l’amico e gli domandò: «Da che parte?»

Teddy Thaur batté nervoso il piede per terra. «Non c’è proprio modo di entrare lì dentro?»
Zob gli fece un cenno seccato. «E’ inutile, strada chiusa, c’è dentro troppo potere e non ne fanno entrare altro»
«Il mondo del Babau accetta solo una certa quantità di potere ogni volta, se ne entrasse troppo non potrebbe controllare tutto, ed ora ha un ex Domatore che forse sta recuperando i poteri, una Rifugiatrice ed un bambino che ha dentro di se l’essenza di un amico immaginario. Anche se riuscissimo ad aprire il passaggio se dovessimo decidere di entrare metteremmo in pericolo i ragazzi»
«Quindi dobbiamo solo pregare che Zick sia fortunato e riesca a distruggere i Babau anche se non ha idea di come si faccia?», domandò retoricamente Lay.
«Esattamente», confermò Timothy. «Spero solo che Zick li abbia raggiunti e che siano insieme».

Elena – con le braccia strette al petto ed attorcigliata nella giacca di Zick che le andava grande – aveva continuato a parlare per una buona mezz’ora mentre seguivano il Charlie immaginario verso il Charlie bambino. «E insomma, mi sono ritrovata circondata da serpenti fino a che non siete arrivati voi», prese fiato, poi continuò: «Io non ho mai avuto paura dei serpenti, non troppo in verità, ma quando mi sono trovata circondata ero davvero terrorizzata!»
Zick non era mai stato così felice di sentirla parlare a ruota libera, ma la domanda che gli fece subito dopo lo mise in seria difficoltà.
«Tu piuttosto, non hai avuto problemi con il Babau? Non hai avuto allucinazioni?»
Oh, si; pensò Zick rivivendo la sua allucinazione fin troppo realistica.
«A proposito», disse sfilandosi il nastro dal polso e porgendoglielo: «Questo è tuo», la informò ignorando deliberatamente la domanda.
Lei afferrò il nastro e lo attorcigliò attorno ai capelli. «Grazie»
Poi Zick si rivolse a Charlie: «Manca ancora molto?»
«Molto per arrivare a Charlie, troppo poco perché io possa accompagnarvi fino alla fine, sto perdendo le forze e se resto ancora qui rischio di diventare a mia volta un Babau»
Zick sospirò; «Allora indicaci la strada e fai quello che devi per non perdere il senno»
Charlie indicò il corridoio buio: «Seguite l’oscurità e raggiungete quello che sentite essere il punto più freddo. Quando ogni singolo sentimento positivo sembrerà abbandonarvi sarete arrivati nel nucleo di questo mondo, dove risiede il potere che ha messo su questo circo, distruggete la fonte di quel potere e questo mondo collasserà. Da qualche parte nei paraggi dovrà esserci un punto di calore, dovrete buttarvi dentro prima che questo mondo si richiuda su se stesso o sarete perduti»
Charlie sospirò, come se anche solo reggersi in piedi gli costasse fatica, e prima che potesse aggiungere altro Elena gli chiese:
«Dov’è il piccolo Charlie?»
«Da qualche parte vicino al nucleo, è vicino al calore»
Elena lo abbracciò di slancio e gli disse commossa: «Grazie, grazie di tutto. E’ stato bello rivederti»
Charlie ricambiò l’abbraccio. «E’ stato bello anche per me rivedere voi, e sono felice che dopo più di sei anni siate ancora amici», sorrise di traverso e aggiunse sottovoce per evitare che lo sentissero: «O quello che siete»
Poi allontanò la ragazza e batté il pugno su quello di Zick. «Se le succede qualcosa potrei diventare un Babau solo per fartela pagare»
«Se permetterò che le succeda qualcosa dovrai farlo», ribatté Zick. «Per quanto riguarda gli uomini scomparsi?», domandò.
«Loro sono a metà tra questo e l’altro mondo, torneranno da soli appena avrete fatto fuori il Babau. Ora scusate, devo andare»
Disse Charlie prima di dissolversi. Elena e Zick restarono soli.
«Muoviamoci», disse Elena all’improvviso alzando il passo.
Zick la raggiunse. «Rallenta, ho fatto una corsa pazzesca per raggiungere questo posto ed un’altra ancora più pazzesca per toglierti di dosso il Babau»
«Lo so; ti ringrazio e scusami, ma voglio trovare alla svelta mio fratello ed uscire di qui», gli disse lei.
Lui sospirò rassegnato. «Se arrivo sfinito davanti al Babau non potrò combatterlo, fammi solo prendere fiato, solo cinque minuti, prometto»
Elena si fermò «Grazie per essere corso da me subito»
Zick arrossì «Non avrei potuto fare altrimenti»
Si sedettero un affianco all’altra, poggiando la schiena ai massi gelidi.
«Non vuoi dirmi cosa hai visto», esclamo Elena all’improvviso.
Zick ridacchiò tra se «Cosa ti fa pensare che io abbia visto qualcosa?»
L’amica appoggiò la testa sulla sua spalla e chiuse gli occhi. «Hai cambiato argomento, riesco a capire quando il mio migliore amico cambia argomento perché non vuole parlare di qualcosa, sai?»
Zick sospirò, quello che Elena aveva detto gli aveva fatto venir voglia di continuare a camminare. «Andiamo», le disse cupo scostandola malamente ed alzandosi.





Ecco qui. Mi spiace aver qggiornato dopo tanto tempo, soprattutto perchè il capitolo era quasi pronto quando ho aggiornato l'altro. Questo dovrebbe essere il penultimo capitolo, sto lavorando sul prossimo ed ultimo. Ho in mezte una scena precisa che non vedo l'ora di scrivere e sono sicura che vi piacerà! Niente dii sdolcinato però... Spero che mi diciate cosa ne pensate di questo capitolo. Mi piacerebbe darvi un'anteprima... Nah... Chi vuole un'anticipazione me lo dica che la rivelo a parte. Bacioni

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Capitolo 6
*** L'uscita ***



Monster Allergy. L’uscita



«Zick, si può sapere che diavolo ti ha preso? Porca Bomba! Sembra che io abbia detto qualcosa di orrendo! Non mi sembra di averti insultato o preso in giro!»
Zick le fece cenno di star zitta con una mano. «Non ti preoccupare, non è nulla, dobbiamo trovare Charlie ed evitare il Babau, stammi vicina e non perderti»
Elena alzò il passo per raggiungerlo e gli strinse la mano. Zick le lanciò un’occhiata imbarazzata e lei arrossì. «Che c’è? Così se cado in un altro buco nel pavimento almeno ti trascino con me»
Zick rise «Va bene, allora non lasciare la mia mano neanche se scoppia un incendio tra noi due»
«Ci bruceremmo», puntualizzò Elena, ma non si lamentò più di tanto.

Dovettero camminare ancora per una mezz’ora buona prima di rendersi conto che non stavano più congelando.
Alcuni minuti dopo la grotta finì in un grosso ambiente circolare con un’ampia piattaforma nel mezzo di un lago fin troppo geometrico.
«L’acqua qui non mi piace, ci sono finita dentro prima. C’era qualcosa… Credo volesse mangiarmi» mormorò Elena preoccupata.
Zick le strinse la mano ancora più forte «Allora teniamoci alla larga»
L’unica via per raggiungere la piattaforma sembrava un ponticciolo nero dall’aria traballante e largo neanche un metro alla loro destra. Lo raggiunsero.
«Credi che sia saggio passarci su?», domandò Elena sporgendosi verso l’acqua per tentare di vedere al di sotto della sua superficie.
Sembrava immobile e nera.
Zick punzecchiò il ponte con la punta del piede facendolo oscillare «Non credo abbiamo altra scelta, a meno che tu non foglia farti una nuotata»
Zick lanciò un leggero raggio di energia ed Elena lo guardò corrucciata.
«Mi assicuro che i poteri al momento funzionino», le disse lui intuendo la domanda che le frullava per la testa.
«Andiamo insieme o uno alla volta?»
Zick calcolò approssimativamente la distanza che li separava dalla riva opposta. Sembravano una cinquantina di metri.
«Vado prima io, controllo se tiene e poi mi vieni dietro»
Le lasciò la mano ed avanzò cauto.
«Sta attento, ti prego!», lo supplicò Elena.
Zick allungò cautamente un piede sulla passerella e ne testò l’oscillazione. Quando fu certo che potesse reggerlo spostò il peso su quel piede e si lasciò scivolare sul legno consunto.
Camminò in bilico per qualche metro, poi si voltò lentamente verso Elena e le fece cenno di raggiungerlo. «Può reggerci entrambi», la informò.
Lei lo raggiunse cauta con piccoli passi leggeri e timidi, poi gli afferrò la mano e si tennero in equilibrio a vicenda.
«Sai, ora che ci penso, quando sono finita nel buco sono stata in uno strano posto, e c’era dell’acqua bollente»
Zick avanzò ancora e le domandò «Credi che l’uscita sia nell’acqua?»
«Non lo so, ma so che non ci voglio entrare di nuovo»
Il ragazzo sospirò «Sai, c’è tempo per preoccuparci di questo, ora concentriamoci su tuo fratello»
Elena si bloccò di colpo proprio mente Zick faceva un altro passo, rischiando di far perdere l’equilibrio ad entrambi. L’acqua, sotto di loro, si mosse infida.
«Io riesco a concentrarmi su entrambe le cose contemporaneamente», ribatté Elena rabbrividendo per uno schizzo che le aveva colpito la caviglia scoperta.
«Io preferisco occuparmi di una cosa alla volta invece»
Elena sbuffò «Certo, tu sei il grande eroe che prende le cose come vengono senza pensare alle conseguenze»
«Per caso mi stai rinfacciando di essere venuto a salvarti?»
«Sto solo dicendo che potevi portare qualcosa che fosse d’aiuto», strillò Elena. Il suo grido riempì la grotta e poi, come in risposta, sentirono la voce di Charlie chiamare il nome della sorella.
«Elena!»
I ragazzi si fermarono. L’avevano sentito per davvero?
«Elena! Aiuto!», strillò ancora il bambino. La voce proveniva dal centro della sala, dove non sembrava esserci nulla.
«Sto arrivando Charlie!», gridò la ragazza mentre anche Zick alzava il passo.
Quando arrivarono dall’altra parte l’acqua oscillava cupa battendo con le sue piccole onde su tutto ciò che trovava sul suo cammino. Una volta raggiunta la riva tentarono di capire dove fosse il bambino e notarono una botola nel centro esatto della piattaforma. Corsero verso quella, tolsero quel poco di terra gelida che vi era finita sopra e aspettarono un segnale. Charlie batté due colpi da sotto la botola, poi singhiozzò. «Elena!», chiamava ancora.
«Resisti», gli disse la ragazza.
Zick provò a sollevare la botola e solo allora si rese conto del lucchetto arrugginito che la fermava «Ora ti tiriamo fuori»
Lanciò un Raggio Dom e lo ruppe, poi sollevò la botola ed aiutò Charlie ad uscirne.
La buca in cui era rimasto chiuso era piccola, fredda e buia.
«E’ stato troppo facile», disse Zick mentre Charlie piangeva tra le braccia di Elena.
«Forse hai ragione», disse lei stringendo di più il fratellino. «Ora che si fa?»
«Ora si passa alla fase: trova il punto caldo e trovi l’uscita»
Elena sospirò «Dobbiamo cercare l’insegna luminosa?»
«Non mi pare affatto in momento di scherzare», rimbeccò il ragazzo. Poi lo sguardo gli cadde su un punto sospeso sopra le loro teste. L’insegna verde luccicava quasi con dispetto ostentando la scritta EXIT ad un’altezza decisamente non raggiungibile con un salto, appesa in modo sbilenco al soffitto roccioso.
«Ma stiamo scherzando?», sbottarono i due ragazzi decisamente scioccati.
L’acqua attorno a loro ruggiva e Charlie, che già aveva il volto affondato nel petto di Elena, allungò una mano per afferrare la manica della maglia di Zick. «Tu ci porterai fuori, vero?», gli chiese.
Per un istante il ragazzo sentì la pressione su di se. Come avrebbe fatto a portarli fuori? Poi il serpente enorme di cui Elena aveva parlato emerse dall’acqua strisciando e li fissò con i suoi occhietti cupi. Zick decise che li avrebbe tirati fuori ad ogni costo.
Elena tenne la testa di Charlie premuta contro il suo petto, in modo che non potesse girarsi e vederlo.
«Cos’è? Che succede?», iniziò a chiedere il bambino capendo che qualcosa non andava.
«Andrà tutto bene», gli promise Zick parandosi tra lui ed Elena ed il serpente. Lanciò un’occhiata all’insegna EXIT. Ora doveva solo trovare un modo per portarli fin lassù.
Il serpente sibilò, strisciò sul pietrisco dell’isolotto in cui si trovavano i ragazzi e si inarcò in attesa di lanciarsi addosso a Zick.
Elena trattenne un grido e distolse lo sguardo, Zick lanciò un Raggio Dom che rimbalzò addosso alle scaglie del rettile e finì in acqua. Il ragazzo provò ad attaccarlo altre volte, ma i raggi continuavano a rimbalzare; uno finì su una parete facendola franare, il livello dell’acqua sembrò salire e a Zick venne un’illuminazione. Iniziò a colpire alternatamente il serpente – per tenerlo lontano – e le pareti – per farle franare.
«Tieni stretto Charlie», disse ad Elena.
Lei lo guardò torva ma lui, concentrato com’era, non se ne preoccupò. «Si può sapere che cavolo stai facendo?», gli chiese. Poi vide che il livello dell’acqua salire e capì. Per raggiungere l’uscita avrebbero dovuto volare. Oppure far sì che l’acqua fosse tanta da poterci nuotare.
Ma quante pareti avrebbe potuto distruggere Zick prima che anche il soffitto gli crollasse addosso?
«Sei davvero sicuro?», domandò Elena permettendo a Charlie di muoversi. Il bambino si guardò attorno spaventato, poi il soffitto franò su di loro assieme ad una cascata d’acqua bollente.
Zick si lanciò su Elena e Charlie e li abbracciò circondandoli con uno scudo protettivo evocato inconsapevolmente. L’energia li cingeva con calore e li proteggeva dalla frana. L’acqua saliva in fretta, si ritrovarono a nuotare in una specie di gorgo di fango.
Zick afferrò Elena per la vita, in modo da permetterle di reggere a sua volta Charlie che ormai piangeva a dirotto dal terrore.
Il domatore tenne d’occhio il serpente e ringraziò mentalmente uno dei massi più grandi che gli crollò proprio sul muso.
Ci fu un momento in cui fu Zick a nuotare per tutti e tre, poi Charlie smise di piangere e gli chiese: «Andrà tutto bene, vero?»
«Si, certo!», gli rispose il ragazzo sbrigativo. Poi alzarono tutti e tre gli occhi. La frana era cessata e un solo masso restava ora sospeso sopra le loro teste, ovviamente da quello pendeva l’insegna verde che tanto bramavano di raggiungere. Distava solo pochi metri, l’avrebbero raggiunta con un salto, se avessero avuto un appiglio solido da cui saltare.
L’acqua si alzò di qualche altro centimetro, sotto l’insegna una scala a pioli portava ad un tombino come quelli delle fogne.
«Ascoltami Charlie», disse Elena all’improvviso «Ora ti sollevo e tu ti aggrappi a quella scala, ok?»
Il bambino la guardò, preoccupato dal fatto che potesse essere seria. Lo era.
La ragazza non gli diede tempo di riflettere, lo sollevò con tanta forza da finire sott’acqua. Charlie si aggrappò alla scala, gli ci volle un po’ per riuscire a prendere l’equilibrio e a ritrovarsi stabile.
«Sali», gli ordinò la sorella. Lui obbedì e raggiunse il tombino.
«Bravo, ora aprilo ed esci», gli disse Elena.
Lui allungò una mano per toccarlo, ma la ritirò appena l’ebbe sfiorato. «Scotta», disse.
«Non importa, devi uscire di qui», gli disse Elena, poi sentì le braccia di Zick sollevarla a sua volta e si aggrappò anche lei alla scala.
«Và con lui», le disse il ragazzo. Lei salì di fretta e diede una botta al tombino, che si sollevò. Scottava davvero.
«Fuori», disse a Charlie. Quando lo vide sparire oltre il buco scese ancora e tese una mano a Zick. Lui allungò un braccio per afferrarla, ma il sibilo del Babau li distrasse entrambi.
Non capirono da dov’era sbucato, afferrò Zick per un piede e lo trascinò a fondo.
Elena vide sparire il ragazzo nelle melma e gridò il suo nome più volte. Dopo qualche secondo in cui non lo vide tornare a galla prese un gran respiro e si buttò in acqua.
Lo cercò nell’oscurità stupendosi di quanto poco fangosa fosse in realtà. Quando finalmente lo vide gli nuotò incontro. Aveva una caviglia impigliata in una rete da pesca spuntata da chissà dove e stava cercando di liberarsene con alcuni Raggi Dom. Stava per raggiungerlo quando la figura snella e ondeggiante dell’Uomo Nero le passò davanti ondeggiante. Le sorrise mostrando una tripla fila di denti affilati e giallastri ma non la afferrò.
Elena perse l’aria che aveva nei polmoni e dovette risalire per respirare. Zick era ancora sotto, e ci era da più tempo di quanto ci fosse stata lei.
S’immerse di nuovo e nuotò con foga verso di lui, che già dava segni di cedimento e presto avrebbe perso i sensi. Afferrò una delle sue braccia e la usò per avvicinarsi a lui. Riuscì ad evitare di impigliarsi a sua volta nella rete e piantò gli occhi in quelli ormai persi di Zick.
Gli prese il volto tra le mani e piantò le labbra sulle sue. Gli passò tutta l’aria che riuscì, sperando che fosse abbastanza. Aveva ancora le mani sulle guancie di lui quando fu strattonata indietro da una mano fredda e quando si girò il Babau la guardava senza il ghigno che le aveva riservato prima.
Ma anche Zick l’aveva afferrata, la teneva stretta per un polso ed era più che convinto a non lasciarla andare. Elena fu davvero felice che si fosse ripreso, iniziò a scuotere le gambe tentando di costringere il Babau a mollare la presa su di lei, ma ci volle uno dei Raggi Dom di Zick.
Il Babau mollò, indietreggiò e si allontanò di poco, sempre pronto a tornare alla carica. Indietreggiando aveva finito per liberare Zick dalla sua trappola e il ragazzo poté risalire in superficie trascinando Elena con sé.
Riemersero ad una dozzina di metri dall’uscita.
«Devi uscire», disse Zick tossendo «E’ te che vuole»
Nuotarono insieme fino a sotto la scala e Zick sollevò di nuovo Elena. Quando lei si fu arrampicata le disse secco: «E questa volta non tornare indietro!»
Per tutta risposta lei gli allungò una mano. Questa volta Zick riuscì ad afferrarla. Quando furono entrambi sulla scala il Babau emerse sotto di loro, pronto a riafferrarli, ma Zick lo rispedì indietro con uno dei suoi raggi. Mentre Elena saliva su per il tombino il mondo del Babau iniziò a richiudersi su se stesso pronto ad implodere. Zick seguì Elena. Fu fuori appena in tempo, pochi istanti prima che il buco nella terra si richiudesse scomparendo nel nulla. Si trovarono in una fossa umida, faceva freddo ed affianco a loro c’erano i corpi svenuti degli operai scomparsi.
Elena stringeva le braccia attorno a se per riscaldarsi, Charlie non c’era. Quanto tempo era passato in questo mondo da quando era uscito? Zick non aveva voglia di pensarci, né di spiegarlo ad Elena. Ora che l’adrenalina aveva smesso di pompargli in corpo aveva solo voglia di una doccia calda e un letto comodo. I polmoni gli bruciavano per l’acqua che aveva respirato, ne sputò un po’ a terra e si pulì la bocca con la manica.
«Senti, Elena» disse poi mettendosi a sedere affianco a lei.
Lei lo guardò. Tremava, aveva le labbra violacee e i capelli scompigliati; Zick non poté che trovarla terribilmente carina. «Grazie, per essere tornata a prendermi e», sospirò «per quel bacio»
Lei lo guardò quasi indignata. «Quello non era un bacio! Stavi affogando! Ti ho solo passato l’aria!», strillò isterica arrossendo. Improvvisamente sentiva solo caldo.
«Lo so», le disse Zick divertito. Sentì Elena muoversi affianco a lui, ma non si voltò a guardarla fino a che non fu lei a chiamarlo. «Zick…»
Quando si voltò verso di lei non fece neanche in tempo a rendersene conto che si stavano scambiando un bacio vero. Durò poco, poi Elena si allontanò e gli disse: «Questo era un bacio».
Scoppiarono a ridere, fino a quando una voce preoccupata non li richiamò alla realtà.
In pochi istanti furono avvolti dal caloroso abbraccio di Greta Barrymore. «Grazie al cielo state bene»
Dal bordo della fossa Charlie li guardava sorridendo stringendosi nel cappotto scuro troppo grande per lui, Lay stava affianco a lui.
«Qualcuno dovrebbe chiamare la polizia per questi qui», esclamò poi Teddy indicando gli uomini ancora svenuti.





Ok, è finita. Spero vivamente che vi sia piaciuta e che soprattutto il finale sia stato di vostro gradimento. Spero che mi lasciate qualche commentino.

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Capitolo 7
*** Epilogo ***





Ed ecco qui l’epilogo, spero che ora sia tutto chiaro e mi scuso per averci messo così tanto tempo. Avevo da studiare per gli esami e non riuscivo a finire il capitolo seppure fosse già a buon punto, ho riscritto alcune parti più volte ed ancora non mi convince; ho dei dubbi soprattutto riguardo alla fine, se avete lamentele le accetto volentieri, so che me le merito. Grazie a chi ha aspettato, ha chi ha letto, a chi a recensito e a tutti gli altri.

Monster Allergy. Epilogo



Timothy li aspettava sulla porta di casa Patata con espressione torva, Zob stava appoggiato allo stipite con le braccia incrociate ed un’espressione sorniona stampata sul volto; «Ho sentito che qualcuno ha sfidato un Uomo Nero e l’ha battuto tutto da solo»
Zick gli sorrise. «Sono stato bravo, vero?», chiese gongolando.
«Un incosciente!», sbottò Timothy «Ecco cosa sei stato! Un vero incosciente»
Teddy lo squadro seccato, quasi gli fosse dispiaciuto essersi perso quell’avventura. «Andiamo Timothy, è andato tutto bene, questo è quello che conta», disse comunque difendendo l’amico.
«Grazie Ted», disse Zick infilandosi nella porta seguito dagli altri.
Appena li vide entrare Violet saltò in braccio ad Elena ridendo. «Vi ha salvati! Sapevo che vi avrebbe riportati a casa! Grazie Zick!!»
Sorrise al ragazzo e si sporse verso di lui per abbracciarlo. Quasi ruzzolò per terra, Zick la afferrò al volo e la sollevò. A appena tornò in equilibrio Violet iniziò a dargli tanti bacetti sulla guancia.
«Ok, ok, grazie», borbottò imbarazzato il ragazzo. Elena lo aiutò a liberarsi della bambina e disse ai suoi fratellini: «Andate a dormire»
Quando Greta portò i bambini al piano superiore Elena e Zick, ancora bagnati, si sedettero su due sedie pronti a sentire quello che Zob e Timothy avevano da dire.
«Scommetto che è l’ora della ramanzina per me», sospirò il ragazzo.
Zob sollevò le braccia «Allora, è necessario sapere esattamente come siete usciti da li»
I due ragazzi si guardarono «Siamo usciti», disse Zick semplicemente.
«Da una botola sul soffitto», aggiunse Elena.
Zick annuì «E poi tutto è sparito dietro di noi»
«I tuoi poteri?», domandò Timothy al ragazzo. Zick si voltò e puntò gli occhi su Bombo, che se ne stava con gli altri mostri ad osservarli da un angolo della stanza «Li vedo», disse «Li sento», aggiunse «Ho i miei poteri, è fantastico!». Sorrise sornione riportando gli occhi sul suo gatto.
«E’ il momento di spiegarvi come l’avete scampata, perché davvero, è stata pura fortuna essere riusciti ad uscire dal mondo del Babau senza conoscere la strada e i punti deboli della creatura»
«Noi abbiamo seguito le indicazioni», borbottò Elena ripensando a quando aveva visto l’insegna EXIT appesa al soffitto.
«Si, ma quella come ho già detto è stata pura fortuna, signorinella!», disse Zob imitando la voce seria di Timothy. Il felino si lasciò sfuggire un sorriso e decise di farla finita con quella storia.
«Il mondo del Babau si è sviluppato automaticamente quando la trivella ha raggiunto un punto caldo di energia sotto Oldmill»
«Un punto di energia», ripeté Zick confuso.
Timothy continuò «Il punto caldo di energia era il Kuix che avevi perduto anni fa»
«Il Kuix che avevo perso», ripeté ancora Zick gongolando.
«Il Kuix che avevi perso, si», chiarì il gatto «E smettila di ripetere a pappagallo quello che dico»
Zick si zittì mentre Elena ridacchiava.
«Durante la trivellazione parte del Kuix è stato assorbito da questo Babau, parte è tornato al suo legittimo proprietario, ed è per questo che hai iniziato a recuperare i tuoi poteri». Timothy lanciò un’occhiata a Zick che annuì per dimostrare di aver capito. «Quando ti sei buttato a pesce nel portale sei entrato in quel mondo e hai cominciato ad assorbire il tuo potere. Il Babau si è ritrovato indebolito e tu eri sempre più forte, per questo alla fine non era più in grado di contrastarti e ne siete usciti facilmente»
Zob puntò un dito contro il figlio, poi contro il gatto «Così quando sei uscito ti sei portato via l’energia che teneva in piedi il mondo del Babau e quello è semplicemente svanito»
Timothy annuì «Esattamente così», disse «ma la prossima volta che vi imbattete in un Uomo nero stategli alla larga ed avvertite i domatori più esperti invece che tuffarvi dentro come se steste solo per lanciarvi in piscina»
Elena alzò la mano piccata «Guarda che io non ci sono mica entrata di mia volontà!»
«Infatti mi riferivo a qualcun altro», Timothy lanciò a Zick un’occhiata eloquente «Ed ora andatevene tutti a dormire, prima che i genitori di Elena tornino a casa e ci trovino tutti nel loro salotto!»
Timothy si avviò seguito dai mostri di casa Barrymore, ma Elena balzò in piedi chiedendogli seria: «E’ finita? Finita sul serio intendo. Posso mettere i miei fratelli a letto senza preoccuparmi?»
«Stai pure tranquilla», le sorrise il gatto prima di uscire dalla porta.
Intanto Greta era tornata in salotto assieme ai gemelli. Violet corse incontro a Zick e gli si aggrappò alla gamba.
«Questa mi è nuova», borbottò il ragazzo lanciando un’occhiata ad Elena.
Lei scrollò le spalle. «Bè, ci hai salvati»
«Sei arrivato qui in sella al tuo cavallo bianco, per salvarla, dopo che aveva chiesto il tuo aiuto», disse Lay indicando la bambina.
«Era una bicicletta», la corresse Zick.
«non è questo il punto», lo informò Lay «Hai fatto la figura del principe azzurro, ora spiegaglielo tu che la consegna principe azzurro a domicilio non era per lei»
Zick arrossì «Va a casa Lay, vattene a dormire, è quasi l’una di notte»
Lei non se lo fece ripetere due volte, raggiunse Teddy e superò la soglia assieme a lui.
Zob aspettò che Greta lo raggiungesse. «Vieni a casa a farti un bagno caldo, prima di prenderti un malanno», disse al figlio.
Zick si grattò la testa imbarazzato; «Sistemo una cosa e vengo»
«Mi raccomando Elena, asciugati bene anche tu», disse Greta, poi si rivolse al figlio: «Non metterci troppo tempo, sei fradicio»
Poi coniugi Zick si chiusero la porta alle spalle e li lasciarono soli.
«Qualcuno deve andare a dormire», disse allora Zick guardando prima Violet e poi Charlie.
Elena sospirò e sollevò la sorellina separandola quasi a forza dalla gamba di Zick: «I miei genitori saranno qui a momenti, se scoprono che i gemelli sono ancora svegli mi ammazzano», poi si rivolse ai suoi fratelli: «Non volete che la vostra sorellona finisca nei guai, vero?»
Loro la guardarono saltellando. «Non abbiamo sonno», le disse Charlie, poi Violet lo afferrò per la manica del pigiama e gli disse: «Mamma e papà metteranno Elena in punizione se non ci trovano a letto»
Elena sorrise alla sorellina «Grazie, Avvocato Difensore»
«Ok», disse allora Charlie «Ma solo se vieni a rimboccarci le coperte»
«Arrivo subito, voi cominciate a salire», borbottò Elena spingendoli verso le scale. Ma loro non sembravano convinti.
Charlie sorrise a Zick, «Grazie per averci salvati», poi corse via.
Violet afferrò Zick per una manica a lo costrinse ad abbassarsi; quando il ragazzo fu alla sua altezza gli stampò un bacio sulla guancia prima di correre dietro Charlie.
Elena e Zick rimasero da soli in un silenzio imbarazzato. «Allora, cos’è che vuoi sistemare?»
Zick si grattò la testa nervoso, non sapendo da che parte cominciare. «Ecco, non è nulla in particolare»
Elena appoggiò la schiena al muro ed incrociò le braccia. «ti conosco da abbastanza tempo per capire quando non vuoi davvero affrontare un argomento»
«Non è che voglia evitarlo,» borbottò Zick, «è complicato. Quello che è successo nella fossa…»
«Non dovevo baciarti, ho capito», lo interruppe Elena. «Tranquillo, ho afferrato il concetto»
Lo stomaco di Zick sprofondò a terra «Non intendevo quello, cioè, parlavo quello, ma non è quello che volevo dire»
Si zittì sentendo il rumore di un’auto che entrava nel vialetto di casa Patata.
«Dovresti andare, io sono ancora fradicia e i miei genitori mi ammazzano se mi beccano così»
Ma Zick non si mosse, seguì Elena su per le scale quando lei si diresse in camera sua e le impedì di entrare nella camera da letto dei gemelli.
«Dammi solo dieci secondi»
Al piano inferiore la chiave di casa girarono nella toppa ed il suono della serratura che scattava li raggiunse.
«Dieci secondi allora», concesse Elena. «Ma poi evapori», si girò attenta verso le scale sperando che i genitori non salissero proprio in quel momento, Zick la afferrò per le guance e la costrinse a voltarsi verso di lui. La baciò, poi le disse: «Ci vediamo domani alla vecchia discarica, ho sentito che ci sono dei Lurridi, io e te soli come ai vecchi tempi»
Elena gli sorrise vedendolo raggiungere la finestra. Zick si arrampicò e si lanciò dal cornicione.
«Non vedeva l’ora dare la caccia ai mostri», borbottò Elena tra sé. Si affacciò nella camera dei gemelli e li trovò già addormentati, poi corse a chiudersi in camera sua.

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