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di Mary West
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il segreto di Severus ***
Capitolo 2: *** Ritorno a Londra ***
Capitolo 3: *** Uova a sorpresa ***



Capitolo 1
*** Il segreto di Severus ***


Allora...la storia parte dal quinto libro (circa metà, appena Silente lascia la scuola e la Umbrigde diventa Preside al suo posto). Harry si sente triste, solo e abbandonato; deve portare avanti gli studi, sopportare tutte le angherie del Minestero e studiare Occlumanzia con Piton. Tuttavia, durante una lezione interrotta, invece di andarsene come gli viene detto, Harry rimane e cade nei ricordi di Piton: non si tratta di quello del libro, ma di un altro ricordo, ancora più sconvolgente per Harry.
Se ci sono dubbi o equivoci, chiedetemi pure ^^
Si tratta della mia prima storia su Harry Potter e la prima che pubblico qui, perciò non siate troppo crudeli, per favore ** Grazie e buona lettura :D

CAPITOLO I: IL SEGRETO DI SEVERUS

Il sole splendeva radioso, quel giorno di inizio Aprile, sul maestoso parco di Hogwarts. Gli studenti, approfittando del bel tempo che tanto si era fatto desiderare, avevano abbandonato gli studi in biblioteca e nelle sale comuni, per trascorrere un pomeriggio in riva al lago, o all’ombra degli alberi, dimenticando, almeno per qualche ora, gli esami prossimi a venire.

Solo uno studente non camminava per i giardini splendenti, quel pomeriggio, ed era rimasto nel proprio dormitorio a studiare.

Nella stanza in cui alloggiavano gli alunni Grifondoro del quinto anno, e in cui regnava il caos più totale, era steso a pancia in giù, sul proprio letto a baldacchino, un ragazzo di quindici anni, dai folti capelli arruffati e un fisico esile e slanciato.
Era chino su un grosso volume ricoperto in pelle, su cui vi era scritto, a lettere rosse Occlumanzia per principianti.

Harry voltò un’altra pagina, scostandosi, con la mano libera un ciuffo ribelle dalla fronte sudata, rivelando un paio di luminosi occhi color speranza.
L’Occlumanzia è una branca della magia poco nota, che consente la difesa della mente da penetrazioni esterne, chiudendola a intrusioni ed interferenze provenienti da menti altrui.

Harry fissò gli occhi su quella frase, quasi senza vederla.

Gettò lo sguardo sul campo da Quidditch che intravedeva dall’ampia finestra della camera: Ron, Ginny e il resto della squadra del Grifondoro si stava allenando per la partita di Sabato, contro i Tassorosso. Da lì, riusciva a vedere Angelina agitare le braccia in direzione dei Battitori, che, in quel momento, stavano muovendo le mazze senza riuscire a colpire realmente i Bolidi. Ginny, dall’altra parte del campo, aveva perso di un soffio il Boccino dopo che Ron aveva rilanciato per sbaglio la Pluffa nella sua direzione.

L’Occlumanzia, si può dunque affermare, contrasta la Legilimanzia, la capacità di estrarre emozioni e ricordi dalla mente di un’altra persona.

Quanto avrebbe desiderato stare in quel campo, in mezzo a loro, a discutere di tattiche di gioco e a inseguire il boccino. Le ultime settimane ad Hogwarts avevano rappresentato uno dei periodi più bui della sua vita.

Harry James Potter era sempre stato un ragazzo piuttosto insolito, perfino per un mago. Quando aveva un anno, il più grande stregone oscuro di tutti i tempi, Lord Voldemort, aveva assassinato i suoi genitori, per poi rivoltare la bacchetta verso di lui; ma la maledizione che avrebbe dovuto ucciderlo gli si era ritorta contro, privandolo del proprio corpo. James e Lily Potter erano stati traditi da un loro grande amico che avevano nominato Custode Segreto: Peter Minus. Peter era stato un grande amico del padre di Harry e aveva fatto ricadere la colpa su un altro amico, padrino di Harry, Sirius Black, il quale, dopo aver scontato ingiustamente dodici anni alla prigione di Azkaban, era riuscito a fuggire e viveva nella casa abbandonata dei propri avi. Peter, Sirius e James si erano conosciuti a scuola, dove erano noti, insieme ad un quarto amico, Remus Lupin, come Malandrini; tra loro, si chiamavano Lunastorta (Remus), Felpato (Sirius), Ramoso (James) e Codaliscia (Peter). Erano diventati Animagi illegali al quinto anno, per aiutare Remus durante la luna piena. Remus infatti era stato morso, da bambino, da un lupo mannaro, Fenrir Greyback, che l’aveva condannato allo stesso destino. Peter era un topo, Sirius un cane e James un cervo; proprio per questo motivo, il Patronus di Harry aveva la forma di un cervo. Grazie alla propria forma da Animagus, Minus era riuscito a fuggire, e a ritornare dal proprio padrone, quando, al terzo anno, Harry aveva scoperto la verità sull’innocenza di Sirius e la colpevolezza di Peter. Harry e Hermione Granger (una dei più grandi amici di Harry) avevano aiutato Sirius a fuggire, e ora si nascondeva nella casa dei propri genitori, perché nel mondo magico erano ancora convinti che fosse colpevole.

Dopo esser scampato un’altra volta a Voldemort, al suo primo anno ad Hogwarts, Harry, l’anno precedente si era trovato di nuovo faccia a faccia con l’Oscuro Signore. Infatti, era stato illegalmente iscritto ad un torneo tra scuole, il Torneo Tremaghi, e durante la terza prova, una passaporta l’aveva condotto lontano dal sicuro parco di Hogwarts insieme ad un altro allievo, Cedric Diggory. Arrivati nel cimitero di Little Hangleton, Peter Minus (detto Codaliscia) aveva assassinato, su ordine del proprio padrone, Cedric per poi usare il sangue di Harry per far rinascere Voldemort. In un duello mortale, era riuscito a scampargli e a ritornare ad Hogwarts; aveva subito raccontato al preside, Albus Silente, cos’era successo, ma il Ministro della Magia si era rifiutato di credergli e da allora aveva iniziato una campagna di biasimo e diffamazione nei suoi confronti, screditandolo agli occhi del mondo magico. Cornelius Caramell, il Ministro, l’aveva anche accusato di magia illegale e aveva introdotto a scuola una propria dipendente, Dolores Umbridge, come insegnante di Difesa contro le Arti Oscure. La Umbridge si era sin da subito dimostrata intenzionata ad abolire lo studio della materia e ad acquisire potere personale nella scuola. Aveva più volte punito Harry, costringendolo a scrivere la frase Non devo dire bugie con una piuma speciale che usava, al posto dell’inchiostro, il sangue di colui che la usava, lasciando sul dorso della mano la cicatrice della frase scritta. Dopo aver scoperto che Harry guidava un gruppo di studio di Difesa, con il nome di Esercito di Silente, aveva costretto il preside alla fuga, e aveva preso il suo posto. Era stata sempre lei la responsabile della sua espulsione dalla squadra di Quidditch del Grifondoro, e aveva emanato un serie di decreti che ristabilissero le regole a scuola. Insomma, il suo scopo, sin da quando aveva messo piede nella scuola, era stato quello di rendere la vita di Harry un inferno, e ci stava riuscendo egregiamente.

Oltre alla Umbridge, Harry aveva un’altra serie di problemi da affrontare: ai suoi doveri da Prefetto, si aggiungeva la montagna di compiti tipica dell’anno dei G.U.F.O. (i primi esami ad Hogwarts) e lo studio di tutte le altre materie.

Harry frequentava numerosi corsi: Storia della Magia, l’unico corso tenuto da un fantasma, il professor Ruf; Divinazione, insegnata dalla professoressa Cooman, che molti non ritenevano capace di vedere il futuro; Erbologia, con la grassottella professoressa Sprite, Capo della casa Tassorosso; Incantesimi, tenuto dal piccolo professor Vitius, Capo dei Corvonero; Trasfigurazione, con la severa professoressa Minerva McGranitt, Capo dei Grifondoro; Cura delle Creature Magiche, con Rubeus Hagrid, guardiacaccia e amico di Harry, e Astronomia, con al professoressa Sinistra. Infine, c’era Pozioni, il cui insegnante era Severus Piton. Piton era stato compagno di scuola dei genitori di Harry, e covava un grande risentimento nei confronti di Harry stesso, perché somigliava al padre che Piton aveva sempre detestato.

Su ordine di Silente, dava lezioni private di Occlumanzia ad Harry, tre volte a settimana.

A tutto ciò, si sommava la complicata situazione sentimentale di Harry, con una ragazza di un anno più grande, Cho Chang. Harry e Cho si erano baciati e, dopo un litigio, avevano ripreso a frequentarsi; il tutto era nuovamente precipitato con la scoperta del gruppo segreto a causa della migliore amica di Cho, Marietta, che li aveva traditi e che Cho stessa aveva difeso.

Infine, Harry covava rancore anche verso Silente, che non gli rivolgeva la parola dal Giugno precedente, senza motivo.

“Ehy”

Harry trasalì, e alzò lo sguardo sulla soglia della porta, dove c’era la sua migliore amica, Hermione Granger. Indossava, come sempre, la divisa inappuntabile e teneva tra le braccia un grosso tomo di Pozioni.

“Ehy a te” replicò lui, sorridendole.

Hermione si sedette al suo fianco, posando il libro ai piedi del letto e scrutando con aria seria il volume che Harry stava cercando di studiare, senza successo.

“Occlumanzia?” chiese apprensiva.

Harry sospirò, passandosi nervosamente una mano tra i capelli arruffati. Chiuse il libro con uno scatto irritato, sbuffando sonoramente.

“Tanto è inutile; è come pozioni: non ci capisco niente” affermò sconsolato.

Hermione lo osservò, e iniziò a parlargli pazientemente:

“Harry, non è da te, lasciar perdere in questo modo. Lasciar vincere gli altri senza combattere” disse, spostandogli una ciocca dalla fronte in un gesto affettuoso.

Harry socchiuse gli occhi, e affondò la testa nel cuscino, preso dallo sconforto.

“E poi tu non sei affatto un incapace in Pozioni; è solo che la presenza di Piton ti influenza negativamente” gli spiegò dolcemente.

“Hermione, apprezzo molto il tuo tentativo, ma cerca di capirmi: io non ce la faccio più. La Umbridge, Piton, l’Occlumanzia, il Ministro, Silente che non mi parla e poi scompare…io non ne posso più

Hermione lo osservò comprensiva: si rendeva conto della situazione estremamente difficile del proprio amico, ma era frustrante non riuscire ad aiutarlo in nessun modo.

Le vennero gli occhi lucidi a pensarci, e si morse il labbro inferiore, come per trattenere le lacrime.

Harry se ne accorse e sbarrò gli occhi, stupito, mettendosi a sedere sul letto.

“Ehy, ma perché piangi?”

Hermione scosse il capo, le lacrime che oramai rigavano il suo volto delicato.

Harry sorrise, stringendole le braccia in vita. Lei gli gettò le proprie al collo, affondando il volto nell’incavo del suo collo.

“Mi dispiace, Harry….mi dispiace tanto”

Harry scosse la testa, accarezzandole la treccia; avvertiva un vago senso di calore a livello dello stomaco.

“Ti voglio bene”

Harry arrossì violentemente, e aumentò la stretta su di lei, stravolto dalle sue parole.

Hermione era una persona fondamentale nella sua vita, e tra loro c’era sempre stato un rapporto speciale; tuttavia, nessuno dei due avevano mai espresso a voce alta i propri sentimenti, tantomeno in maniera così diretta.

“Anch’io”

*

“Nev, passami le patate”

Seamus afferrò il vassoio che gli porgeva il suo amico, e si riempì il piatto, già stracolmo.

Dean, seduto di fronte a lui, lo osservava con espressione esasperata.

“Seamus, contieniti per favore. Sembra che tu non mangi da secoli” affermò con aria indifferente.

Era l’ora di cena e gli studenti si trovavano in Sala Grande a consumare il proprio pasto. Harry era seduto insieme ai suoi più cari amici: Seamus Finnigan (che l’aveva creduto un pazzo per mesi, prima di riuscire a capire quanto l’amico fosse sincero), il saggio Dean Thomas e Neville Paciock.

Neville, come Harry, era cresciuto senza genitori, ed era stato allevato dalla nonna. Alice e Frank Paciock, infatti, erano due Auror molto capaci (cacciatori di maghi oscuri) ed erano stati torturati da una seguace di Voldemort (una Mangiamorte), Bellatrix Lestrange, fino alla pazzia. Erano ricoverati all’ospedale San Mungo; Neville li andava a trovare, ma loro non lo riconoscevano.

Harry era stato cresciuto, invece, dalla sorella della madre, Petunia Dursley, e dal marito Vernon, insieme al cugino Dudley. Tuttavia, a casa dei parenti, che non gli avevano mai detto nulla della propria identità di mago, fino a quando non era arrivata, il giorno del suo undicesimo compleanno, la lettera di Hogwarts, non aveva conosciuto altro che abbandono e anche crudeltà.

Destini migliori non avevano sorriso agli altri suoi amici.

Dean Thomas era stato cresciuto solo dalla madre (l’identità del padre era ignota anche a lui stesso).

Hermione veniva da una famiglia di babbani (persone senza magia) specializzati in dentistica. Sia lei sia Dean erano etichettati come Mezzosangue (persone con il sangue sporco) perché non provenivano da generazioni di famiglie magiche, chiamate Purosangue.

Infine, c’era Ron Weasley, il più grande amico di Harry, sesto di sette figli (l’ultima ed unica femmina era Ginny) in una famiglia molto povera che, nonostante fosse di ascendenza magica, era ritenuta traditrice del proprio sangue per familiarizzare con maghi figli di babbani.

Sin dal primo anno erano diventati grandi amici, anche se Hermione si era unita a loro solo dopo che l’avevano salvato da un troll di montagna.

“Seamus, la pianti di ingozzarti come se non mangiassi da mesi?!”

Harry sorrise nel suo pasticcio di rognone, e addentò un altro pezzo.

Hermione, al suo fianco, scosse la testa, e lanciò un’occhiata furtiva al tavolo dei Corvonero.

Cho Chang lo osservava con aria penetrante, fissandolo quasi con irritazione.

Harry ricambiò lo sguardo per qualche istante, prima di distoglierlo e concentrarsi nuovamente sulla sua cena.

“Ancora non vi parlate?”

La voce di Hermione sembrò venire lontana anni luce.

“No, e non ne ho nessuna voglia” replicò Harry, scuotendo la testa con decisione.

Accanto a Cho, aveva intravisto la sagoma butterata della sua amica, Marietta, anche lei intenta a scrutarlo, con astio.

Hermione intercettò lo sguardo di Harry, sospirando profondamente.

“È per via della sua amica? Marietta?”

“In parte, credo…non lo so, sinceramente. Forse, non va e basta. Perché insistere tanto? Forse, non siamo compatibili”

“Magari, se vi parlaste…”

“No, è meglio di no. Inorridisco al pensiero di ciò che ne uscirebbe. Sarebbe solo l’ennesimo fiasco che si conclude con una bella lacrimuccia da parte sua a farmi sentire un mostro assassino”

Hermione sembrò lasciar perdere, e sprofondò di nuovo nella lettura del libro che Harry le aveva regalato a Natale, Numerologia e Grammatica.

“Allora ti è piaciuto sul serio” disse Harry, lieto di cambiare argomento.

Hermione rispose al sorriso, scostandosi la treccia dal volto.

“Sì, un sacco. Lo desideravo da una vita!”

Entrambi scoppiarono a ridere, divertiti; nello stesso momento, Ginny si sedette di fronte a loro, nel posto appena lasciato libero da Lavanda Brown. Indossava ancora la divisa del Quidditch, macchiata in più punti, e aveva un’espressione desolata sul viso.

Hermione se ne accorse subito e si rivolse a lei, con gentilezza.

“Ehy Gin, com’è andato l’allenamento?”

Ginny scosse la testa, affranta, e si servì di pollo e patate al forno.

“Un disastro totale: Kirke e Sloper sono patetici ai livelli massimali, Alicia è infortunata e Ron non riuscirebbe a parare un tiro nemmeno se lo tirasse la Cooman. E io a stento riesco a prendere il boccino a un’ora e mezza dal fischio di inizio”

Harry la osservò con più attenzione: sembrava veramente depressa. Anche Hermione se ne accorse, perché continuò con più calore.

“Oh, dai scommetto che non è vero…forse avete bisogno di un po’ di allenamento in più. Vedrai che Sabato andrà tutto bene …”

“Ne dubito” intervenne Ron, sedendosi vicino a Ginny con espressione, se possibile, ancora più avvilita. Si era cambiato e non indossava più la divisa del Quidditch, ma i segni dell’allenamento erano ancora evidenti: aveva le braccia piene di lividi, nei punti in cui la Pluffa l’aveva colpito, e le scarpe erano logore in più punti.

Harry lo guardò con apprensione, scambiandosi un’occhiata d’intesa con Hermione.

“Mangia qualcosa; dopo ti sentirai meglio, ne sono sicuro” disse, cercando di essere solidale, e iniziando a riempirgli il piatto con varie pietanze. Ma Ron scosse la testa, e allontanò il piatto.

“Non ho fame, grazie” replicò, sempre con la stessa aria affranta.

Harry scosse la testa, incredulo: non era da Ron non avere fame.

Stava per replicare all’amico, nel tentativo di convincerlo a mangiare qualcosa, quando il suo sguardo cadde sul grande orologio sopra la porta della Sala Grande:

segnava le sette e cinquanta, e alle otto doveva trovarsi in ufficio da Piton per la lezione d’Occlumanzia.

Sospirò, avvilito almeno quanto Ron alla prospettiva che lo attendeva. Salutò i compagni, e si gettò la borsa a tracolla, avviandosi verso l’ufficio del professore.

Scese le scale fino ai sotterranei, e si fermò un passo prima della porta dello studio di Piton, con l’ardente desiderio di scappare via da lì il più velocemente possibile.

Era già arretrato, quando una voce profonda e apprensiva gli risuonò nelle orecchie: Ascolta Harry devi studiare Occlumanzia col massimo impegno, hai capito? Fa’ tutto quello che ti dice il professor Piton…

Il senso di colpa lo invase da capo a piedi, come se lo sguardo limpido del preside lo stesse trafiggendo realmente. Sospirò, conscio che, per quanto tempo sarebbe rimasto là fuori, non sarebbe cambiato nulla, a parte che si sarebbe dovuto sorbire una sgridata da Piton per il fatto di essere arrivato in ritardo. Alzò la mano e bussò alla porta, con la netta sensazione di passare l’ennesima serata da incubo.

“Avanti”

La voce di Piton gli giunse alle orecchie gelida e irritante come sempre. Aprì la porta, e raggiunse il centro dello studio. Piton era seduto dall’altra parte della scrivania, chino su un foglio di pergamena, con il Pensatoio in bella vista.

“Ti sei allenato, Potter?”

“Sì” mentì lui, quasi con aria di sfida. Sapeva che la sua bugia avrebbe retto sì e no due minuti, fino a che non avrebbero iniziato la lezione.

“Bene” replicò Piton, alzando lo sguardo dalla pergamena e raggiungendo Harry dall’altra parte della scrivania. Aveva già impugnato la bacchetta.

Legilimens

Pronunciò la formula ancora prima che Harry avesse posato la borsa sul pavimento; preso alla sprovvista, si ritrovò la mente piena dei propri ricordi senza neanche rendersene conto: vide una montagna di lettere travolgere il salotto dei Dursley…vide zia Marge gonfiarsi dalla rabbia…vide se stesso nuotare nelle profondità del Lago Nero alla ricerca di Ron…vide un alto Dissennatore stringergli una mano attorno al collo, lasciandosi scivolare il cappuccio…

“IN PIEDI!”

La voce di Piton sembrò riscuoterlo dallo stato di confusione in cui era caduto. Aprì gli occhi, e si rese conto di essere di nuovo in ginocchio nel suo ufficio. Strinse i denti, alzandosi da quella sciocca posizione, e si rimise insieme di fronte all’insegnante, fissando i propri occhi nei suoi.

Piton aveva già rialzato la bacchetta, quando un tonfo sordo riempì l’aria, e il piccolo Denis Canon entrò nello studio con aria d’urgenza.

“Professore” esordì affannosamente.

Piton abbassò di scatto la bacchetta, posando il suo sguardo gelido sul piccolo studente.

“Canon, cosa c’è?” replicò con voce fredda.

Il piccolo Grifondoro deglutì, prima di continuare.
“La professoressa Umbridge, signore…la desidera nel suo studio. Immediatamente” sussurrò impaurito.

Piton annuì imperturbabile come sempre.

“Va’ pure, e avverti la Preside che sarò da lei tra breve”

Denis annuì a sua volta e uscì dallo studio di gran corsa, come se non volesse rimanere lì un istante di più.

Appena il piccolo Canon fu uscito, si rivolse a Harry.

“Potter, continueremo la nostra lezione domani sera alle otto” asserì distaccato.

Harry sospirò, e prese la borsa da terra; Piton era uscito dall’ufficio ancor prima che lui si girasse.

Scosse la testa, affranto, e si diresse verso la porta, quando un bagliore argenteo attirò la sua attenzione. Alzò lo sguardo, e vide una sostanza abbagliante muoversi fluttuante nel Pensatoio: nella bacinella, immagini di persone e luoghi sconosciuti si mescolavano tra loro. Harry rimase per un istante a fissare quella massa lucente; proprio quando era sul punto di distogliere lo sguardo, un’immagine nel Pensatoio lo attirò, e avvertì una strana sensazione alla bocca dello stomaco: due meravigliosi occhi di uno stupefacente verde smeraldo ricambiavano il suo sguardo, identico a quello riflesso nel Pensatoio.

Harry rimase immobile per un decina di secondi a osservare quegli occhi a mandorla, senza sapere cosa fare.

Accadde tutto molto velocemente, a tal punto he Harry non avrebbe saputo dire nemmeno come.

La borsa gli scivolò dalla spalla, finendo con un tonfo pesante sul pavimento di pietra dello studio di Piton, e il suo volto cadde nella bacinella, confondendosi con la sostanza eterea e abbagliante dei ricordi del suo professore.

Per un attimo, gli sembrò di fluttuare nello spazio infinito, poi aprì gli occhi e avvertì una sensazione di freschezza del tutto fuori stagione, per il periodo di Aprile.

Era steso su un parquet in una stanza calda e accogliente: era una camera da letto ampia e calorosa, con un elegante letto ricoperto di patchwork scarlatto ai piedi del quale vi erano due bauli ancora sigillati. Su entrambi, vi era lo stemma di Hogwarts.

Harry si alzò, chiedendosi dove si trovava e, soprattutto, in che modo quella stanza poteva avere a che fare con lui. Stava per tornare indietro, quando una risata cristallina lo bloccò, e due persone entrarono nella stanza, chiacchierando e ridendo.

Harry rimase per un attimo fermo, incredulo, mentre osservava il volto diciassette di sua madre rosso per le troppe risate per qualcosa che Piton, anche lui adolescente, aveva appena detto.

Si sedettero entrambi sul letto, bevendo da un lungo bicchiere color cremisi un liquido blu scuro.

Lily posò il bicchiere, vuoto, su un comodino, e tornò a rivolgersi a Piton, che la osservava come incantato.

“Sono contenta di aver accettato il tuo invito” disse dolcemente.

“Non sapevo se saresti venuta o meno” disse il giovane Severus fissando il bicchiere che ancora teneva in mano. “Pensavo che, dopo tutto quello che era successo…”

“Sei uno stupido, Severus” lo interruppe lei, sempre con lo stesso sorriso dolce. “Non potrei mai dimenticarmi di un amico come te”

“Come va con Potter?” replicò lui, freddo.

Lily sorrise, paziente “So che pensi di lui, Sev. E forse hai ragione tu”

“Cosa?!”

“Abbiamo litigato. Selvaggiamente. Ormai, è quasi una settimana che non ci parliamo; e io, sono così confusa”

Lily perse per un attimo la sua aria vivace e dolce, mentre il suo volto luminoso veniva oscurato da un’aria afflitta e dispiaciuta. Un silenzio carico di tensione cadde fra loro. Fu Piton a romperlo, per primo.

“Mi sei mancata” Severus sussurrò quasi queste parole, serrando gli occhi.

Lily gli sorrise, e posò una mano sulla sua guancia, avvicinandosi per lasciarvi un piccolo bacio; ma il giovane Severus, aprì gli occhi al momento sbagliato e si spostò, in modo che le labbra di Lily, anziché sfiorare la sua guancia, finirono sulla sua bocca.

Lily rimase per un attimo interdetta, mentre Severus approfondiva il contatto, poggiando entrambe le mani sul volto dell’amica; poi, anche lei iniziò a rispondere al bacio.

Harry, dal su piccolo cantuccio, era pietrificato. Non riusciva a muoversi, a parlare, a fare niente che non fosse sbarrare gli occhi e tremare violentemente.

Il suo tremore aumentò ancor di più quando la mano del giovane Piton saettò sulla scapola di Lily, abbassandole la spallina del vestito.

Senza neanche rendersene conto, Harry si ritrovò sul gelido pavimento di pietra dello studio di Piton, in ginocchio davanti alla scrivania e con gli occhi chiusi, da cui sgorgavano lacrime di incredulità e sofferenza.

Rimase così per vari minuti, prima che un rumore affrettato di passi non lo fece trasalire. Senza neanche riflettere, afferrò la borsa e se la gettò addosso, uscendo come una furia da quell’ufficio e iniziando a correre senza tregua verso la Stanza delle Necessità.

La speranza è dura a morire per un cuore innamorato. (Théophile Gautier)

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Capitolo 2
*** Ritorno a Londra ***


Allora…rieccomi con il secondo capitolo :)

Sarà meglio che spieghi alcune cose, prima che leggiate; dunque, ci sono alcune differenze con l’HP originario, e sono le seguenti:

-Harry non è affatto un disastro in Pozioni; la presenza di Piton non è un toccasana, ma lui ha ereditato il talento di Lily;

-con Dean, Seamus e Neville ha un ottimo rapporto; è amico loro tanto quanto lo è di Ron ed Hermione, anche dopo la discussione con Seamus all’inizio dl libro;

-Dean, nel mio immaginario, è più simile a Remus, cioè è abbastanza bravo a scuola, e molto meno casinista degli altri quattro.

Insomma, ho immaginato loro cinque maschi un po’ come i primi quattro Malandrini con alcune differenze importanti: Neville non è affatto Codaliscia (non è codardo né traditore), solo un po’ imbranatuccio, ma dolce e talentuoso, con tanta insicurezza.

Harry non è presuntuoso come il giovane James, né Seamus e Ron come Sirius.

In effetti, ciò che li accomuna è la capacità di fare casini, e il non rispetto per le regole.

Spero sia tutto chiaro; se ci sono domande sono qua ;D

Buona lettura!



CAPITOLO II: RITORNO A LONDRA

“L’incantesimo Tacitante è, senza dubbio, uno dei più complessi, tra quelli noti. La formula dev’essere pronunciata con decisione, e altrettanta determinazione va’ applicata nel movimento del polso che muove la bacchetta: dev’essere sicuro e diretto, come una stoccata. La bacchetta percepisce lo stato d’animo del mago, e ciò è quello che rende l’incantesimo così complesso: la formula e un corretto movimento del polso non bastano. Bisogna imprimere forza a decisione ad entrambi”

Era Lunedì mattina, e i Grifondoro e Corvonero del quinto anno si trovavano nell’aula di Incantesimi per la lezione della prima ora. Il piccolo professor Vitious era in piedi in bilico su una montagna di libri e agitava la bacchetta, calcando il significato delle parole che a stento si riuscivano a sentire a causa della presenza di corvi e rane che il professore aveva portato con sé per far esercitare i suoi studenti.

Dopo aver terminato la spiegazione, di cui Harry non aveva colto neanche mezza parola, Lavanda fu chiamata a distribuire un animale per ciascuno per provare l’incantesimo, ma quelli si dibattevano e fuggivano da un banco a l’altro, così che un alunno non sapeva chi tacitare, e un altro era circondato da animali gracchianti.

La rana che Lavanda aveva appena poggiato sul suo banco, cercò di fuggire per raggiungerne un’altra sul tavolo di Seamus, ma Harry la richiamò a sé con un incantesimo di Appello, e lanciò un’occhiata furtiva ad Hermione per capire cosa avrebbe dovuto fare.

La sua amica osservò con aria di superiorità il corvo rumoroso e lo sfiorò appena muovendo la bacchetta con decisione e dicendo: “Silencio!”

Il corvo ammutolì all’istante, aprendo e chiudendo il becco senza emettere alcun suono. Vitious applaudì le mani nodose, e si rivolse ad Hermione con un sorriso incoraggiante, attribuendo venti punti a Grifondoro.

Harry scrollò le spalle, e si affrettò a fare altrettanto: colpì la rana con lo stesso movimento che aveva visto fare ad Hermione e borbottò la formula; un istante dopo, la rana non gracidava più. Soddisfatto del proprio risultato, e continuando a colpire animali in giro per la stanza alla rinfusa, senza considerare che fosse suo compito o meno, gettò uno sguardo ai due banchi su cui sedevano i suoi amici, nella fila davanti alla sua, per vedere come se la cavavano: Dean aveva già tacitato due corvi, ma gli altri sembravano in netta difficoltà. Ron e Seamus riuscivano solo ad innervosire i loro animali, colpendoli con tale ferocia da lasciargli numerosi bernoccoli sul loro piccolo cranio; Neville non riusciva a far rimanere la sua rana ferma sul banco.

Harry tacitò un altro corvo, e si stirò sulle gambe, sbadigliando vistosamente; nelle ultime notti, aveva faticato parecchio a prendere sonno. Ogni volta che provava anche solo a chiudere gli occhi, l’immagine di sua madre avvolta dalla spire di Piton ritornava nella sua mente, più vivida che mai. Il pensiero che fossero stati amici, e forse anche qualcosa di più (la sola idea gli faceva venire il mal di stomaco), l’aveva tormentato a lungo. Quando la sua mente ripescava quel ricordo, si sentiva quasi mancare l’aria, diventata irrespirabile, e stringeva forte la mani a pugno, serrando gli occhi per non ricominciare a piangere.

Alcune volte si era perfino chiesto se quella notte, non fosse stata la stessa notte in cui era stato concepito…. L’idea assurda se n’era andata così com’era venuta: non gli avevano sempre detto tutti quanto maledettamente assomigliasse a suo padre? Quante volte persone che lo conoscevano da una vita o anche completamente estranee si erano fermate ad osservare il suo volto, per poi affermare che era la copia di James?

Harry scosse la testa, come per scacciare una mosca particolarmente fastidiosa, e colpì la rana che sarebbe dovuta toccare a Padma Patil.

Tante erano le domande che si affacciavano imperiose nella sua mente: Sirius e Remus sapevano di questa storia? E Silente? Probabilmente sì: forse era per questo che si fidava di Piton, perché era stato innamorato di Lily, e quindi, per non offendere la sua memoria, non avrebbe mai tradito l’Ordine.

E se Silente sapeva, perché non gli aveva mai detto niente? Temeva che Harry avrebbe fatto qualche stupidaggine?

Era per questo che Piton, dunque, aveva odiato tanto James? Perché gli aveva portato via la donna che amava?

Perché su questo non c’erano dubbi: Harry non si poteva certo dire un esperto sull’argomento, ma aveva osservato con grande attenzione gli occhi decisi e bui del suo professore, in quel ricordo: non erano tristi, carichi di rabbia o impassibili. C’era stato qualcosa, nelle profondità di quei pozzi impenetrabili che li aveva resi stranamente luminosi, nel momento in cui Lily l’aveva guardato, toccato, aveva riso per lui.

Un tonfo sordo irruppe nell’aria, e due corvi, aizzati da un corpulento Corvonero dall’aria minacciosa, si avventarono sul povero Neville, prendendo per le spalle e avvicinandolo pericolosamente al soffitto. Il professor Vitious, dall’altra parte della’aula, era intento a spiegare a Lavanda e Calì come tacitare una rana, senza farla svenire.

Perché, perché Piton non gliel’aveva mai detto? Era una cosa che lo riguardava direttamente, giusto?

Dopotutto, si trattava sempre di sua madre, e non gli si poteva nascondere una cosa del genere.

Ma quindi Piton lo odiava anche per questo? Perché era il figlio di James Potter, l’uomo che l’aveva fatto soffrire più di chiunque altro?

Perché era il frutto di quell’amore che aveva considerato insano e brutale?

Finalmente il professor Vitious si era accorto che parecchi corvi non erano più tra i banchi, impegnati a far volare Neville in giro per la stanza.

“Oh, cielo!” sussurrò con la sua vocetta stridula, prima di colpire con un tocco di bacchetta lo stormo che immediatamente si disperse di nuovo per l’aula, lasciando il povero Neville crollare sula cattedra con un tonfo.

Il suono della campanella irruppe e i Grifondoro si alzarono, incamminandosi nei Sotterranei, per la doppia lezione di Pozioni.

*

“Due rotoli di pergamena su come tacitare una rana senza cavarle un occhio, e oggi ci sono anche gli allenamenti di Quidditch! Maledetto nano malefico”

Ron continuò a lamentarsi lungo tutto il tragitto verso i sotterranei, mentre Seamus gli dava man forte; Neville era ancora indolenzito dal volo durante la lezione precedente.

“…e a Michael Corner che ha fatto volare una rana dalla finestra, non ha tolto nemmeno un punto! Mentre a noi, giusto per aver sfiorato appena la palpebra di quella stupida bestia con la punta della bacchetta, un tema di tre chilometri e mezzo!”

Dean, che aveva ignorato le lamentele dei due amici per tutto il tempo, sembrò rinsavire dal suo stato di coma, e si rivolse ad Harry con espressione apprensiva, scambiandosi un’occhiata complice con Hermione.

Harry non ci mise molto ad accorgersi che entrambi lo scrutavano con aria preoccupata; conosceva abbastanza bene Dean ed Hermione per sapere che si erano accorti del suo comportamento insolito, in quei giorni, e si erano subito agitati per questo. Hermione, poi, era di certo allarmata allo stato massimale.

“Harry, tutto bene?”

Harry alzò lo sguardo di botto, incontrando quello profondo della sua migliore amica.

“Sì, Hermione. Sta’ tranquilla” aggiunse, sorridendole timidamente.

Lei ricambiò il suo sorriso, un po’ rincuorata.

“Non ci posso credere che ogni anno ci fanno la stessa cattiveria: doppie Pozioni con i Serpeverde!” sbottò Seamus, seguendo Ron lungo le scale che portavano alla classe di Piton. Harry concordò mentalmente con il suo migliore amico, guardandosi intorno, come per cercare una via di fuga.

Era la prima volta che lui e Piton si rivedevano dopo quello che aveva scoperto il Venerdì precedente durante la lezione di Occlumanzia; non sapeva nemmeno se il professore si fosse reso conto di quello che Harry aveva fatto, e, onestamente, non gli importava granché. Voleva solo che scomparisse dalla propria vita, non dover più rivedere quello sguardo carico di odio e di rancore, quell’espresione beffarda che gli contorceva il volto pallido ogni volta che provava una gioia selvaggia nel punirlo ingiustamente davanti ai Serpeverde, i quali si sentivano a loro volta autorizzati a schernirlo, visto il comportamento dell’insegnante stesso.

All’improvviso, si bloccò nel bel mezzo delle strette scale di pietra che portavano nei sotterranei, come trascinato dall’implacabile desiderio di fuggire da lì; prima, però, che potesse fare anche mezzo passo all’indietro, Neville inciampò nella sua cartella e gli cadde alle spalle, facendolo scivolare all’interno della gelida aula buia.

Harry seguì Hermione in uno dei banchi rimasto libero in fondo alla classe, e si sedette al suo fianco, estraendo dalla borsa alcuni ingredienti, utili per tutte le pozioni.

Piton arrivò in classe pochi istanti dopo; Harry lo scrutò di sottecchi, cercando di capire se ci fosse qualcosa di diverso nel suo atteggiamento, qualcosa che gli indicasse che anche lui sapeva.

Ma i suoi occhi erano impassibili come sempre, così diversi da quelli che aveva visto nel Pensatoio, carichi di gioia ed emozione; il volto era scuro, serio, imperscrutabile; la postura rigida e severa: nulla indicava che fosse a conoscenza del misfatto.

“Seduti” borbottò rivolto ai Serpeverde, ancora intenti a fare salotto sulla soglia dell’aula. Harry aggrottò le sopracciglia, indispettito; respirò profondamente, cercando di calmarsi. Lo attendevano due lunghissime ore in quel maledetto inferno, circondato da quella gente intollerabile, e non era assolutamente il caso di perdere la pazienza così presto.

Appena tutti gli alunni ebbero preso posto, Piton si rivolse alla classe, puntando la bacchetta verso la lavagna; subito, apparvero le istruzioni della pozione da preparare quel giorno.

“Oggi, vi occuperete di una delle pozioni più difficili che studierete in questa scuola: il Distillato della Morte Vivente. Si tratta di una pozione soporifera molto potente che, somministrata in quantità eccessive, può essere dolorosamente nociva all’uomo; è facilissimo sbagliare, e ogni errore può portare diverse, gravi conseguenze. Seguite con attenzione le istruzioni alla lavagna. Non mi aspetto un risultato perfetto da nessuno di voi; solo due studenti, in tutta la storia di questa scuola, sono stati capaci di preparare un infuso in piena regola, e dubito seriamente che qualcuno di questa classe sia in grado di farlo. A lavoro”

Appena ebbe finito di parlare, tutti cominciarono ad estrarre gli ingredienti e cominciarono a trafficare intorno al proprio paiolo.

Harry abbassò con decisione lo sguardo, ben determinato a non guardare nulla se non la lavagna e il proprio calderone; Hermione, seduta la suo fianco, non si perdeva un suo movimento.

Harry trattenne a stento un sospiro: era stato stupido da parte sua, pensare di riuscire a nascondere tutto ai suoi amici; doveva saperlo che Hermione avrebbe capito che c’era qualcosa che non andava, ed era solo questione di tempo prima che lo notassero anche Ron, e tutti gli altri.

Questo, però, non cambiava nulla, nella sua decisione: avrebbe tenuto ogni cosa per sé, nonostante le occhiate insistenti dei compagni.

Con un altro profondo sospiro, versò la radice di Asfodelo nell’infuso d’Artemisia, miscelando il tutto, e ruotando in senso orario.

Proprio nel banco davanti al suo, Neville aveva appena aggiunto il succo di Fagioli Sopoforosi prima dell’Asfodelo, e la pozione, invece di prendere il caratteristico color ribes nero, era diventata di un forte blu elettrico.

Piton aveva notato quel particolare esperimento del suo studente, e si era avvicinato a lui, palesemente esasperato.

“Blu elettrico” disse, sollevando un po’ di pozione con il mestolo e facendola scivolare di nuovo nel calderone, per mostrarla agli altri “Paciock, hai quindici minuti per farla diventare nera, come dev’essere, dopodichè potrò scrivere un altro zero accanto al tuo nome, nel mio registro”.

Neville gemette, accucciandosi indietro sulla sedia, con aria terribilmente affranta.

Harry si morse il labbro inferiore, dispiaciuto; si scambiò uno sguardo d’intesa con Dean, ed entrambi iniziarono a sussurrargli suggerimenti, mentre Piton si allontanava per insultare Seamus.

Mentre Neville eseguiva le istruzioni che gli stavano borbottando i suoi amici, lo sguardo gelido e impenetrabile di Piton finì sul banco di Harry, intento a mescolare il suo distillato, di un lilla chiaro.

Harry avvertì lo sguardo del professore su di sé, quasi come se gli penetrasse il cranio. Cercando di non pensare, continuò imperterrito a mescolare la pozione in senso antiorario, rendendola sempre più chiara man mano che miscelava gli ingredienti.

Lo sguardo impassibile di Piton rimase fisso ad osservare il capo chino sul calderone del suo allievo, senza pronunciare una critica o un insulto. In tutta la lezione, non una volta si rivolse a lui, schernendolo o facendosi beffe di lui o del suo modo di comportarsi; nulla.

E Harry capì che allora, sapeva.

“Tempo scaduto”

La sua voce bassa e distaccata risuonò tra i vapori colorati che offuscavano la vista nell’aula; Harry posò il mestolo e versò un po’ della sua pozione in una piccola fiaschetta di vetro, con il proprio nome in bella vista.

Piton fece il giro della classe, osservando i vari risultati degli studenti; non fece alcun commento tra i Serpeverde, le cui pozioni erano dei colori più disparati. Arrivato ai tavoli dei Grifondoro, si lanciò in critiche di vario genere sulle loro incapacità nella materia.

Dopo aver tolto dieci punti alla loro Casa, perché Neville, la cui pozione era di un lilla chiaro, esattamente come quella di Hermione, si avvicinò al paiolo di Harry, l’unico rimasto.

Un ghigno gli deformò il viso, mentre si avvicinava al suo banco, preparandosi a insultare il ragazzo, ma il sorriso beffardo gli morì in gola, quando i suoi occhi si posarono sul calderone che conteneva un distillato limpido come acqua.

Non fece alcun commento, ma si limitò ad osservare il risultato, per poi posare gli occhi sul volto di sfida di Harry.

Il suono della campanella annunciò la fine della lezione.

*

 

“Ho una fame che non ci vedo” disse Ron, camminando al fianco di Harry, lungo le scale verso la Sala Grande. Harry lo seguì, varcando l’ampia entrata, dove già un centinaio di studenti aveva dato inizio al pranzo. .

Si accomodarono lungo la panca più vicina alla parete di pietra, e si servirono di costolette e patate.

Hermione aveva appena tirato un grosso volume foderato in pelle, e stava leggendo di Archibald Alderton, un mago vissuto nel diciassettesimo secolo, famoso per aver fatto esplodere il villaggio di Little Dropping in Hampshire mentre stava tentando di mescolare magicamente una torta di compleanno all'interno delle sue cucine.
Dean, seduto al suo fianco, aveva già iniziato a scrivere il tema per Piton.

“Secondo te, pioverà?” chiese Ron, scrutando il soffitto con aria preoccupata: il cielo era molto nuvoloso e carico di pioggia. Harry era sicuro che sarebbe piovuto nel giro di poche ore, ma non se la sentì di dirgli questo, né che non gliene importava assolutamente nulla.

“Magari una pioggerella leggera” replicò solidale.

Aveva appena ingoiato l’ultimo pezzo di torta di melassa, che Angelina Johnson si precipitò accanto a lui con tale forza da farlo cadere dalla panca; Seamus e Dean lo afferrarono per le braccia prima che toccasse terra.

Angelina, che sembrava non essersi accorta di nulla, aveva iniziato a parlare ininterrottamente rivolgendosi a Ron e Ginny; Harry non potè fare a meno di notare che anche Fred e George sembravano alquanto seccati dal suo comportamento.

Soffiando nervosamente, Harry riprese posto, sedendosi il più lontano possibile dal Capitano dei Grifondoro, e tirò fuori dalla borsa l’orario del pomeriggio: avevano un’ora di Erbologia e una di Difesa contro le Arti Oscure.

Gemette: trascorrere un’altra lezione insieme a quella vipera della Umbridge era l’ultima cosa che voleva; per qualche istante, considerò l’idea di bigiare Difesa, per passare il pomeriggio a dormire, ma cambiò subito idea al pensiero di quello che gli avrebbe detto Hermione, se l’avesse fatto.

Per rincuorarsi, si servì di un altro pezzo di torta.

La voce terribilmente fastidiosa di Angelina riempiva ancora l’aria, e accanto a lui, sembrava esserci incontro una riunione di tutta la squadra. Lanciò uno sguardo furtivo ad Hermione, e scorse sul suo volto chiaro un’espressione di nervosismo puro.

Sia per evitare che nascesse una discussione sull’importanza dello sport sia per avere la possibilità di non sentire più parlare di Quidditch, afferrò la sua amica per il braccio, e la fece alzare, chiedendole di accompagnarlo in biblioteca.

Hermione lo fissò sorpresa, ma lo seguì ugualmente fuori dalla Sala.

Nessuno dei due si accorse dello sguardo di Cho, che sembrava non perderli di vista per un istante.

*

“Sei stato molto bravo, oggi a Pozioni”

Harry sorrise leggermente, sfogliando un pesantissimo libro alla ricerca di qualcosa che lo aiutasse a scrivere il tema di Storia della Magia sulle lotte tra Giganti.

“Non che Piton mi abbia gratificato molto. Cioè, non che me lo aspettassi, ma se fosse stato un minimo corretto, avrebbe almeno evitato di togliere ingiustamente quei punti a Neville”.

Hermione sospirò solidale.

“Ti manca, eh?”

Harry alzò lo sguardo, stupito, e video il suo osservare malinconico, il campo di Quidditch.

“Troppo” ammise tristemente. “Il Quidditch è stata una delle prime cose che mi ha fatto sentire davvero parte di questo mondo”

Hermione si avvicinò, e gli spostò un ciuffo dalla fronte con dolcezza; Harry notò che era un gesto che faceva spesso, ormai.

“Non preoccuparti; passerà presto”

Harry annuì, quasi per non contraddirla che per averle creduto sul serio.

Un silenzio carico di tensione cadde tra loro; poi, hermione fece per parlare, ma un tonfo improvviso li fece trasalire entrambi.

“Eccovi, finalmente”

Seamus li raggiunse e afferrò Harry per un braccio, costringendolo ad alzarsi.

“Muovetevi, o la Sprite ci sotterrerà con le sue stupide piante strombazzanti”.

*

“Fatemi fare tutto quello che volete: chiudetemi in una gabbia con gli Schiopodi, lanciatemi dalla torre nord, fatemi andare a cena con Piton, ma questo…no”

Harry sorrise debolmente, mentre rientravano nel castello, alla volta dell’aula di Difesa contro le Arti Oscure.

Un senso di oppressione si appropriò del suo stomaco, come ogni volta che stava per vedere la Umbridge; le cicatrici sul dorso della sua mano erano più vivide che mai.

Stava salendo le scale verso il primo piano, quando una voce gelida sibilò nel corridoio, sovrastando le voci di tutti gli studenti.

“Potter”

Harry si girò di botto, e quasi perse l’equilibrio; sentì un dolore lancinante al collo per esserci girato così bruscamente.

Piton lo osservava con la sua solita aria impassibile dal pianerottolo sottostante.

“Nel mio ufficio; adesso”

Harry si sentì come sul ciglio di un baratro: doveva scegliere tra un’ora con la Umbridge, o un tê te-à-tê te con Piton.

Malgrado la forte tentazione di evitarsi l’ennesimo squartamento alla mano, parlò.

“Professore, ho lezione di Difesa; dubito che la professoressa Umbridge sarà contenta se…”

“Parlerò io con lei. Ora, seguimi”

Harry sospirò, capendo che non aveva altra scelta.

Lanciò uno sguardo depresso a Ron, e seguì Piton verso i sotterranei. Sentì lo stomaco stringersi al pensiero di trovarsi da solo con Piton, dopo quello che aveva scoperot.

“Entra”

Harry obbedì, chiudendosi la porta alle spalle; Piton si sedette dietro la scrivania, scrutandolo con aria severa.

“Ho avuto lo spiacevole incarico di comunicarti che, per le prossime vacanze di Pasqua, tu e i tuoi amichetti verrete trasferiti a Londra”.

Harry sapeva che per “Londra”, intedeva Grimmauld Place, numero 12.

Rimase sorpreso dalla notizia, ma si sentì rincuorato; l’idea di rivedere Sirius e Remus e passare del tempo con loro, senza nessuno che li osservasse come se fossero tutti pazzi, lo rendeva molto felice.

“Verrai con loro nel mio ufficio alle quattro in punto, non un minuto più tardi, e userai una Passaporta. Sono stato chiaro?”

Harry annuì, senza dire una parola; avvertiva uno strano senso di angoscia, alla bocca dello stomaco. Ritrovarsi faccia a faccia con Piton lo metteva particolarmente a disagio: non riusciva più a vederlo come l’intransigente professore di Pozioni, intrattabile e insensibile.

Nonostante in quel momento mantenesse, come sempre, la sua solita maschera fredda e impassibile, Harry non riusciva a non vedere in lui il ragazzo sensibile e innamorato che aveva visto nel Pensatoio; era come se, all’improvviso, Piton fosse diventato, ai suoi occhi, anche lui un essere umano, capace di provare emozioni, come la felicità o l’amore.

“Bene. Per quanto riguardo le nostre lezioni di Occlumanzia, le riprenderemo il primo giorno di ritorno dalle vacanze”

Ci volle qualche secondo prima che l’affermazione di Piton cogliesse nel segno; Harry rimase imbambolato ad osservarlo per dieci secondi buoni, prima di comprendere a pieno il significato delle sue parole. Poi, finalmente il messaggio arrivò al suo cervello, e si sentì morire: Piton non aveva capito niente, e ora pretendeva perfino che riprendessero quelle orribili torture?

Uno spasmo di rabbia sostituì l’ondata di piacere che l’aveva travolto alla notizia di rivedere Sirius. E stavolta non aveva affatto la volontà di reprimerlo.

Non gli importava quanto Silente lo avesse pregato perché continuasse a farsi seguire da Piton, non aveva alcuna intenzione di portare avanti quell’inferno, non per un uomo che aveva passato la sua vita a raccontargli bugie su bugie.

“La ringrazio per la sua disponibilità, ma non credo vorrò continuare con queste lezioni” asserì educato.

Il volto olivastro di Piton s’irrigidì; le sue labbra si strinsero appena.

“Potter, forse non mi sono spiegato: io non te lo sto chiedendo per favore. Tu continuerai a studiare Occlumanzia, e basta. Dovesse essere l’ultima cosa che faccio nella vita”

Parlava a voce bassa e minacciosa; sembrava quasi stesse ringhiando.

Ma Harry non si fece neanche intimidire; non si era mai comportato da studente modello, e non aveva alcun interesse ad iniziare ora.

“Io non voglio continuare”

Piton soffiò, alzandosi e posando le mani sulla scrivania; si sporse leggermente verso di lui, sfiorandone il viso, e sibilò:

“Non m’interessa se tu vuoi o non vuoi; faremo così e basta. Dovessi venire personalmente a prenderti nel tuo dormitorio, e portarti qui facendoti leccare il pavimento. Ora, va’ a lezione”

Harry si morse il labbro inferiore, e uscì dallo studio, fulminando Piton con lo sguardo.

*

“Ron, ti decidi a muoverti o no?”

Harry ed Hermione stavano aspettando in Sala Comune con i propri bagagli già pronti per andare nell’ufficio di Piton e da lì prendere la passaporta che li avrebbe portati al numero dodici di Grimmauld Place.

Tuttavia, proprio quando Fred e George erano riusciti ad infilare gli ultimi scherzi sfornati dalla ditta Tiri Vispi Weasley, Ginny aveva finito di salutare Terry Steeval, il suo nuovo fidanzato, e Harry aveva chiuso nel baule la Mappa e il Mantello, era arrivata Angelina Johnson, che aveva grande urgenza di discutere con gli ultimi due Weasley di un’importante tattica di gioco.

Da quando era stato costretto a lasciare la squadra, Harry aveva pensato che gli altri componenti della squadra avrebbero avuto il tatto e la delicatezza di non parlare continuamente di Quidditch davanti a lui, e in parte era stato anche così: Katie e Alicia si erano dimostrate veramente molto dolci nei suoi confronti.

Entrambe parlavano spesso con Harry del più e del meno, e si erano rivelate molto dispiaciute di aver perso il loro Cercatore, non tanto per quello che Harry significa per la squadra quanto per loro. In particolar modo con Katie, Harry era arrivato a stringere un ottimo rapporto di amicizia, che non poco aveva innervosito Cho.

Ron era troppo preso a disperarsi di essere un pessimo portiere per far caso al fatto che Harry si sentisse sprofondare ogni volta che si discutesse di Quidditch; Angelina, invece, era un vero incubo.

Oltre ad esser diventata molto umorale dal punto di vista delle performance in campo, si era rivelata un Capitano ossessivo e petulante. Si comportava in maniera piuttosto scortese con gli altri giocatori, causando molte liti in squadra, e pretendeva che anche gli altri ponessero l’obiettivo della Coppa al di sopra di chiunque altro.

Questo aveva provocato anche una crisi nel suo rendimento scolastico; era sempre di pessimo umore, e non faceva altro che parlare di tattiche di gioco e spionaggio sportivo dalla mattina alla sera, senza curarsi minimamente se Harry, Fred o George fossero presenti.

“…dunque, come vi ho detto anche ieri, ricordatevi che Zacharias Smith ha preparato una squadra molto forte, per cui dovremo intensificare gli allenamenti, al ritorno dalle vacanze. Bisognerà, inoltre, che vi alleniate anche in questi dieci giorni, o ci troveremo impreparati quando affronteremo i Tassorosso tra due settimane. E poi ricordativi anche che…”

Ma nessuno seppe cos’altro era importante che Ron e Ginny ricordassero, perché Hermione esplose.

“Johnson! Ora BASTA! Dacci un taglio, chiaro? Il Quidditch non è la priorità del pianeta, senza contare che potresti avere la delicatezza di non parlarne davanti a Harry e Fred e George!”

Tutti rimasero di sasso; un sorriso spontaneo curvò le labbra piene di Harry.

Angelina sembrava esser stata schiaffeggiata; dopo un primo momento di spaesamento, replicò stizzita.

“Granger” esordì freddamente. “Se sei esaurita, fatti curare, ma non venir a scocciare me. Sbaglio, o anche tu esulti, quando Grifondoro vince? Cos’è, Miss-So-Tutto-Io non sa come rispondere?”

Questo fu più di ogni altra cosa ciò che mandò in bestia Hermione.

Harry pensò per un attimo che l’avrebbe presa a schiaffi, ma come sempre, lei lo sorprese.

Respirò profondamente, e si eresse in tutta la sua altezza.

“Punizione, Johnson. Il tuo comportamento è maleducato, e diseducativo. Scriverò personalmente alla professoressa McGranitt, oggi stesso. Ora, se non ti spiace dobbiamo andare”

Sorrise, avvicinandosi a lei. “Buona Pasqua”

Harry rimase senza parole; sorridendo, la seguì oltre il ritratto della Signora Grassa, verso l’ufficio di Piton.

Il professore li aspettava dietro la scrivania; non perse l’occasione di rimproverarli per il ritardo.

“Vedo che per voi la puntualità è un optional” disse con voce gelida.

Harry non alzò neanche lo sguardo verso il suo; si gettò la borsa in spalla, e si avvicinò alla teiera che li avrebbe portati a Londra.

Poggiò due dita sul manico, e strinse forte.

“Pronti? Tre…due…uno…”

Harry avvertì il consueto strappo all’ombelico, e tutto intorno a lui divenne una confusione di colori e oscurità; si sentì come risucchiato dall’aria, e si ritrovò con le ginocchia sul pavimento in legno del numero dodici.

Una voce profonda proveniente dalla cucina stava intimando ad un elfo di levarsi dai piedi, mentre un’altra voce, più bassa e pacata, invitava la prima a calmarsi.

Harry sorrise; erano arrivati.


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Spero che il capitolo vi sia piaciuto *-*

Prima di chiudere, vorrei ringraziare La Lady, HCSLSKHMAYSBDD (spero che questo capitolo ti sia piaciuto), roxy_xyz, saundersery che hanno recensito, Elasia, ilion13, Iurin, Lisa Piton, MartyNic, Phoebhe76 e RapeChan che messo la storia tra le seguite e Vale Lovegood che ha messo la storia tra i preferiti.

Grazie a tutti, un bacio e alla prossima.

La vostra Mary

 

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Capitolo 3
*** Uova a sorpresa ***


CAPITOLO III: UOVA A SORPRESA

Un timido raggio di sole penetrava da un unico spiraglio della finestra accanto al suo letto, nella stanza che condivideva con Ron al numero dodici.

Entrambi erano profondamente addormentati, nonostante quel barlume luminoso cadesse proprio sul volto angelico di Harry.

Dalla porta chiusa non giungevano rumori, e un silenzio innaturale regnava nella stanza, rotto solo dai respiri dei due ragazzi.

Edvige e Leo erano entrambi svegli, e osservavano i propri padroni, ancora tra le braccia di Morfeo; la candida civetta scrutava quasi con espressione di rimprovero Harry (un’espressione che assomigliava paurosamente a quelle della McGranitt), mentre il piccolo uccellino tubava allegro, svolazzando da un trespolo all’altro.

La mano di Ron cadde sul pavimento, sfiorando con la punta delle dita il parquet lucido di cera, mentre Harry si rigirò nel letto, stringendo le braccia attorno al proprio cuscino, su cui era sparsa la sua chioma ribelle.

Un leggero cigolio accompagnò l’apertura della porta, dalla quale entrò, con passo felpato, un grosso cane nero.

L’animale si fermò sulla soglia, chiudendo la porta con la coda, e si avvicinò silenziosamente al letto più vicino, occupato da Harry, facendosi spazio fra le varie cianfrusaglie sparse alla rinfusa sul pavimento.

Si sporse sulle zampe anteriori, poggiandole sul materasso immacolato, e sfiorò la guancia del ragazzo con il naso, scodinzolando.

Harry sorrise nel dormiveglia, allungando una mano per accarezzare il cane dietro alle orecchie; Felpato guaì, chiudendo gli occhi.

Dopo pochi istanti, la porta si aprì di nuovo, e Remus entrò nella camera, inciampando in una bilancia d’ottone e un paio di scarpe da tennis firmate. Alzò gli occhi al cielo, spostando gli oggetti con la gamba, e si diresse verso l’ampia finestra, spalancando le imposte: la stanza fu investita dalla fioca luce del sole, parzialmente coperto da un minaccioso nuvolone grigio; Ron si lamentò nel sonno.

“No! Non è giusto!” disse, affondando la testa nel cuscino.

Remus sorrise, sedendosi ai piedi del letto di Harry, già sveglio da qualche minuto; Felpato si era accucciato accanto a lui, sotto le coperte.

“Sapete che ore sono?” replicò, spostando il piumone da dosso ai ragazzi; Harry gemette, affranto.

“Non lo so, e non m’importa” disse, riprendendosi la trapunta, e girandosi dall’altra parte, nel vano tentativo di riprendere sonno.

“Le dieci passate” rispose, incurante Remus. Aveva afferrato Sirius per la coda, son l’intenzione di trascinarlo via dal letto, ma quello rimase ancorato al suo figlioccio.

“Guarda che così non gli dai il buon esempio”

Harry si arrese e aprì gli occhi, mettendosi a sedere.

“Per favore, Remus: sono circondato da persone che fremono per darmi il buon esempio. Non ho bisogno di altri che contribuiscano alla causa”.

Ron, che aveva rinunciato a riprendersi il cuscino già da un po’, annuì vigorosamente alle parole dell’amico, e aggiunse: “Senza contare, che siamo in vacanza! Dobbiamo già svegliarci all’alba tutti i giorni per andare a scuola, almeno qui fateci dormire un po’ in più”.

Sirius, che aveva ripreso il suo aspetto umano, si era seduto al fianco del figlioccio, sorridendo comprensivo.

“Lascialo stare: è sempre stato così. Anche a scuola, non era contento se non ci alzavamo almeno mezz’ora prima della colazione”

Harry sbarrò gli occhi, ringraziando il Cielo che Dean si svegliasse solo al suono della sveglia che Ron e Seamus provvedevano a mettere ogni sera fuori uso.

Sbadigliò vistosamente, e gettò uno sguardo torvo al cielo fuori dalla finestra: era grigio e cupo, coperto da nuvole cariche di pioggia.

Ron intercettò il suo sguardo, e scosse la testa, scettico; sapeva cosa stava pensando.

Nel Surrey, dov’era cresciuto, il clima era completamente diverso; nonostante Londra non distasse poi così tanto da Little Whinging, nella capitale il tempo era più freddo e piovoso. Sebbene Harry odiasse trascorrere le sue estati dai Dursley, non poteva negare che gli mancassero il caldo e il sole di Privet Drive.

Sospirando, aprì il baule e ne estrasse una maglia a maniche lunghe e un paio di jeans scuri, e seguì Ron verso il bagno.

La porta era chiusa, ma anche da fuori si poteva sentire la voce di Ginny che canticchiava sotto la doccia. Ron lanciò uno sguardo esasperato all’amico ed entrambi si diressero al piano inferiore, per usare l’altra stanza da bagno.

“Buongiorno ragazzi” disse loro la signora Weasley, appena entrarono in cucina, finalmente lavati e vestiti.

“Buongiorno” replicò Harry, sedendosi tra Ron e Fred per fare colazione; mancavano solo loro.

“Come mai ci avete messo tutto questo tempo per prepararvi?” gli chiese Bill.

“Chiedilo a tua sorella; ha monopolizzato il bagno” rispose tetro Ron.

Hermione aprì la bocca, sicuramente per intraprendere un’ardua difesa a favore di Ginny, quando un tonfo sordo li fece trasalire tutti: Harry sentì il rumore di un oggetto pesante rotolare, dall’ingresso, e, nella luce soffusa che illuminava l’atrio del numero dodici, vide il portaombrelli a zampa di troll vagare per la stanza.

Tonks era arrivata.

“Buongiorno Ninfadora” disse George con un sorriso divertito.

Tonks, che era ancora parecchio indaffarata nel sistemare il portaombrelli al suo posto, si fermò e gli rivolse uno sguardo assassino.

Non chiamarmi Ninfadora!” sibilò minacciosa, e il tono sarebbe risultato senz’altro inquietante se non fosse inciampata sulla soglia della cucina.

La signora Weasley l’afferrò con agilità prima che toccasse terra, e la fece accomodare con gli altri per la colazione.

“No, Molly, non preoccuparti: ho già mangiato. Stavo cercando Charlie, veramente; Silente mi ha detto che dobbiamo anticipare il turno stanotte, perché Dedalus ed Hestia hanno ricevuto un altro incarico, e nessun altro può sostituirli”

Molly annuì, con espressione pensierosa, mentre metteva a tavola un altro piatto di uova strapazzate.

Harry si servì solo di pane tostato, e un bicchiere di spremuta d’arancia; nell’ultimo periodo si era accorto di avere sempre meno fame, e aveva sviluppato un forte amore per le spremute d’arancia.

“Harry, caro, gradisci un po’ di marmellata?” chiese la signora Weasley, agitando la bacchetta per girare la pancetta nella padella di rame.

Harry scosse la testa, ingoiando un boccone di pane.

“No, grazie signora Weasley. Sono a posto così” rispose, sorridendole rassicurante.
“Molly ha ragione; mangi così poco, ultimamente” aggiunse Remus, sedendosi di fronte a lui, circondato da pergamene.

Fred diede una sbirciatina ad uno dei fogli con cui stava trafficando Remus; la signora Weasley se ne accorse e si schiarì la voce.

“Avete da studiare stamattina?” chiese rivolta a tutti loro.

Hermione annuì vigorosamente, e bevve l’ultimo sorso di succo, prima di rispondere.

“Io e Ginny dobbiamo studiare insieme; le avevo promesso che le avrei dato una mano in Trasfigurazione” annunciò, prima di raggiungere l’amica su per le scale.

Harry, Ron, Fred e George si scambiarono un’occhiata eloquente, sotto l’espressione minacciosa della signora Weasley.

“Be’” cominciò Fred “Sirius ha sistemato il giardino sul retro; potremo farci una partitina a Quidditch”

Harry sorrise, al pensiero di sgranchirsi un po’ le gambe sulla Firebolt; lui e i gemelli erano riusciti a recuperare le loro scope la notte stessa che la Umbridge gliele aveva requisite, sostituendole con alcune finte sfornate dalla ditta Tiri Vispi.

“A me sembra un’ottima idea” concordò Ron, ingoiando un gigantesco pezzo di pancetta.

“Cosa?!” scosse la testa la signora Weasley “Tra pochi mesi avrete tutti gli esami, e avete intenzione di perdere tempo giocando a Quidditch? Non se ne parla proprio! Subito a studiare, e ognuno in camera propria altrimenti non si combina niente” ordinò con tono perentorio, indicando le scale.

I quattro sbuffarono, muovendosi uno alla volta verso le rispettive stanze.

Harry e Ron raggiunsero l’ultimo pianerottolo ed entrarono in camera.

Tirarono fuori i libri dai bauli e li gettarono sul letto di Ron, prima di sedersi su quello di Harry, iniziando a discutere di altro. Presi dai sensi di colpa, poi sistemarono sul pavimento un calderone e Harry si sedette accanto a questo, per preparare la pozione Rigeneratrice che Piton aveva assegnato per le vacanze, affiancandovi un tema per spiegare l’importanza della radice della Mandragola nella preparazione. Ron cercava di imitarlo, seduto alla scrivania.

Aveva appena versato due gocce di muco di vermicoli, che un buffo barbagianni dal fulvo pelo marrone si era posato sul davanzale e picchiettava con il becco sul vetro della finestra, chiedendo di entrare.

Harry e Ron si scambiarono uno sguardo perplesso: la posta era sotto la stretta sorveglianza dell’Ordine, e nulla veniva recapitato al proprio destinatario se non dopo che Malocchio e Kingsley l’avessero controllato; quel gufo era arrivato proprio in quel momento, e Harry dubitava che fosse stato controllato dagli Auror.

Accigliato, si avvicinò alle imposte e le spalancò; il barbagianni planò con dolcezza sul suo materasso, tendendo la zampa alla quale era legato un grosso pacco color cremisi.

Harry slegò lo spago, e portò il gufo vicino all’abbeveratoio di Edvige, che arruffò le piume con aria di superiorità; il barbagianni affondò il becco nella vaschetta d’acqua, per poi spalancare di nuovo le ali e uscire attraverso la finestra.

Harry prese il pacco tra le mani, e lo analizzò da varie angolature, aggrottando le sopracciglia.

“Che cos’è?” chiese Ron, un filino d’ansia nella voce.

“Non lo so; non credo l’abbiano controllato, però”

“Forse non dovremmo aprirlo; chiamo qualcuno?”

Harry scosse la testa, con leggerezza; non sapeva perché, ma sentiva che quel pacco era qualcosa di molto personale, che non voleva condividere con nessuno; qualcosa dentro di lui gli diceva che non era pericoloso.

Fece per aprirlo, ma un rumore su per le scale lo fece trasalire, e il pacco scivolò sotto il letto.

“Che combinate?” disse Sirius, reggendo due bottiglie di Burrobirra.

Remus era dietro di lui: portava dei toast avvolti in dei tovaglioli.

“Ah” aggiunse, notando lo sguardo perplesso del figlioccio “questi ve li manda Molly” e posò le bibite e i toast sulla scrivania di fronte al letto.

“Pozione Rigeneratrice, eh?” disse Remus, annusando il liquido verde che bolliva veloce nel calderone. Sirius fece una smorfia disgustata e mormorò qualcosa che somigliava stranamente a “Mocciosus”.

Remus sospirò e lo colpì dietro la nuca “Dacci un taglio, Felpato”

“A proposito” continuò Sirius, ignorando completamente l’amico “Come vanno le lezioni di Occlumanzia con Mocciosus?” chiese, simulando un falso sorriso incantato.

A Harry andò di traverso la Burrobirra, e ne rigettò un po’ nella bottiglia.

“Bene” rispose un po’ troppo in fretta “cioè… bene non proprio” continuò, in risposta all’espressione scettica del padrino “Ma vanno avanti. Ne ho una il primo giorno di ritorno dalle vacanze” disse indifferente.

“Dev’essere uno spasso” replicò sarcastico.

Harry diede un morso al toast, evitando gli occhi del padrino; avvertiva lo sguardo penetrante di Remus perforargli la schiena.

Prima che uno dei due potesse parlare, però, Hermione entrò con Grattastinchi al seguito, per controllare che i suoi due amici avessero fatto i compiti con ordine e metodo, com’è giusto che sia; appena però, vide che Ron aveva fato bollire la sua pozione senza aggiungere l’ingrediente basilare, iniziò una lunga ramanzina contro di lui. Sirius intervenne prontamente a favore di Ron, e toccò a Remus cercare di calmare le acque.

Harry ingoiò l’ultimo pazzo di toast, e riversò un po’ del liquido verde in una fiala, per poi dirigersi in cucina con una pergamena e una boccetta d’inchiostro.

Era mattina tarda e di solito nessuno dell’Ordine si presentava al Quartier Generale prima dell’ora di pranzo, soprattutto in quei giorni. La cucina, infatti, era deserta.

Harry entrò e si sedette su un alto sgabello vicino al bancone che dava ai fornelli.

Aprì la boccetta d’inchiostro e vi intinse la penna; il tema di pozioni era una delle cose più logoranti dello studio della materia, secondo lui.

Mentre le parole scorrevano sulle pergamena da sole, quasi la mano fosse incantata, Harry pensò che non ci fosse niente di più stupido che assegnare temi sulle pozioni: la bravura di un pozionista stava nel sapere preparare correttamente le varie soluzioni, non nello scrivere quanto un ingrediente fosse importante.

Harry scosse la testa e continuò a scrivere; dopotutto, quando mai Piton faceva qualcosa di sensato?

Per la prima volta da giorni, il nome di Piton fece capolino tra i suoi pensieri; era da quando era arrivato a Grimmauld Place che aveva smesso di pensarci, a lui e a quello stupido ricordo.

Aveva bocciato all’istante l’idea di parlarne con Sirius: innanzitutto, si sarebbe arrabbiato con Piton, dicendo che non aveva avuto nessun riguardo nel terminare la lezione prima ancora che fosse iniziata, e poi Harry non era neppure certo che sapesse…forse Lily non l’aveva mai raccontato a James…

Probabilmente non l’avrebbe ammesso mai neanche a se stesso, ma per un unico, infinitesimale istante aveva provato un moto di compassione per il giovane Piton; era più forte di lui, ma non riusciva a liberarsi dell’immagine di quegli occhi dannatamente luminosi davanti al viso di lei.

“Ehy”

Harry trasalì e alzò di scatto lo sguardo dal tema; Remus era entrato in cucina e si era seduto di fronte a lui.

“Pensieri?”

Harry sospirò, soppesando le parole. “Qualcuno”

Remus annuì, versando del caffè in una grande tazza arancione.

Per alcuni minuti, l’unico rumore che si sentì era il grattare della penna sulla pergamena; Harry concluse il suo tema e arrotolò il foglio accanto alla fiala di pozione, sormontata da una piccola etichetta con la scritta ‘Potter’.

“Che hai alla mano?”

La domanda di Remus lo fece quasi sobbalzare; Harry nascose istintivamente il dorso dietro la schiena, cercando di minimizzare, ma era troppo chiedere che nessuno se ne accorgesse.

Remus era sempre stato fin troppo bravo a notare cose di cui gli altri si accorgevano a malapena dell’esistenza, e Harry era certo che avesse fatto caso più volte al fatto che, da quando era tornato, non aveva mai mostrato quella mano.

“Niente…è solo una piccola ferita…sai, mentre volavo…”

Ma prima che riuscisse ad elaborare una scusa credibile, Remus gli afferrò il braccio, proprio come aveva fatto Ron, e osservò attentamente il dorso della mano.

“Come te lo sei fatto?” sussurrò a mezza voce. Harry non l’aveva mai visto così pallido e stanco.

“Remus, sto bene. Sta tranquillo, non è niente”

“Come te lo sei fatto”’

“Remus…”

Come te lo sei fatto?

Il suo tono si era fatto troppo perentorio perché Harry potesse continuare a svincolare; sospirò e iniziò a raccontare.

Parlò della Umbridge, delle punizioni con lei, del dolore alla cicatrice alla prima lezione…gli raccontò tutto, parlando a ruota libera come non faceva da mesi, e ad ogni parola sembra che il macigno dentro di lui si alleggerisse un po’.

Quando ebbe finito, Remus lo osservò in tralice, con espressione profonda.

“Perché non ci hai detto niente, Harry?”

Harry sentì un rossore lieve colorargli la guance, abbassò lo sguardo.

“Perché?”

Sospirò, e prese coraggio.

“Remus, avete tutti già abbastanza casini senza che mi ci metta anch’io. Sirius è già sufficientemente frustrato per non poter uscire di casa o litigare con Piton per come mi tratta. Gli verrebbe un aneurisma se gli dicessi cosa mi stava facendo la Umbridge. Io non voglio crearvi altri guai”
Remus lo osservò ancora in tralice; un debole sorriso gli incurvò le labbra.

“Tu non sei un casino, Harry. È vero, io e Sirius abbiamo qualche problemino al momento, ma questo non deve trattenerti dal venire da noi, quando ne hai bisogno. Se tu hai qualche problema, io voglio che tu ce ne parli. Chiaro?”

Harry annuì, sorridendo debolmente in risposta.

Remus gli poggiò una mano tra i capelli, arruffandoli ancora di più, e lo avvicinò a sé, stringendolo in un abbraccio.

Harry rimase per un attimo perplesso, poi affondò di più la testa tra le braccia di Remus; sentiva qualcosa di caldo dalle parti dello stomaco, qualcosa di confortante-

Era come essere abbracciati da un genitore, ed era…bello.

“Interrompo un momento d’amore?”

Harry si districò dolcemente dall’abbraccio di Remus, ed entrambi guardarono sorridendo Sirius sulla soglia.
“Entra, scemo” replicò Remus.

Sirius ghignò in direzione dell’amico, e scompigliò i capelli a Harry, lanciando uno sguardo al tema sul bancone.

“Dovresti piantarla di studiare, o diventerai peggio di Lunastorta” disse con aria afflitta.
“E quale sarebbe il danno?” replicò Remus, alzando un sopracciglio.

“Ah, se non lo vedi tu”

Remus scosse la testa, cercando invano di trattenere un sorriso.

“Veramente, sei un caso disperato, Felpato. Non so proprio come faresti, se non ci fosse questo piccolo impiastro” continuò, dando un buffetto ad Harry.

“Ma stai scherzando, vero?! Sarebbe come pensare un Mocciosus che ride dopo che si è fatto lo shampoo!”

*

“Ehy Harry mamma è uscita a fare la spesa, che ne dici di una partitina a Quidditch?”

“Certo! Aspettami in giardino, arrivo subito”

Harry corse per le scale e raggiunse la sua stanza; afferrò la Firebolt dal baule e fece per aprire la porta, ma qualcosa da sotto al letto attirò la sua attenzione.

Posò di nuovo la scopa sul copriletto, e alzò il pesante strato di trapunta e lenzuola, per estrarre un informe pacco scarlatto.

Era il pacco che gli era arrivato quella mattina, con quel buffo barbagianni.

Lo guardò incuriosito, per alcuni minuti; poi, le sue mani si mossero quasi automaticamente, ad andare a scartarlo.

L’involucro colorato conteneva un grosso uovo di Pasqua babbano al cioccolato fondente con nocciole, il suo preferito.

Harry aprì la carta cangiante che conteneva l’uovo e sciolse il nastro che lo avvolgeva.

Osservando co più attenzione l’involucro, notò una scritta luminosa sul davanti, ‘Pumpkin Pie’.

Qualcosa gli si risvegliò nella memoria…aveva già sentito quel nome - era una marca babbana di cioccolata molto famosa - solo che non ricordava dove…

Staccò un altro pezzo di cioccolato e lo mangiò: era il più buono che avesse mai assaggiato.

Nel guscio vuoto dell’uovo, notò che c’era un altro pacchettino, accompagnato da un biglietto. Su un foglietto di carta, c’era scritto, in una grafia sottile ed elegante, un breve messaggio di auguri.

Spero che apprezzerai questo piccolo pensierino; buona Pasqua.

Harry osservò perplesso il biglietto, e scartò il pacchetto che accompagnava: conteneva una piccola macchina fotografica babbana, avvolta da una bustina trasparente.

“Wow” sussurrò colpito.

Aveva riconosciuto il modello: l’aveva visto quell’estate esposto in un negozio digitale vicino casa, nel Surrey. Ma chi poteva averglielo spedito?

Chi conosceva che comprasse aggeggi babbani?

Escluse a priori i Dursley; a parte che non avrebbero mai speso un euro in più del dovuto per lui, dubitava seriamente che gli spedissero qualcosa via gufo.

La signora Weasley gli aveva dato il suo uovo il giorno prima, e anche Sirius e Remus.

Si appoggiò con la schiena all’asse del letto, continuando a riflettere e mangiando il suo uovo con gusto; era veramente squisito.

Aveva appena provato a scattare una foto con la sua nuova macchinetta digitale che una voce proveniente dalle scale lo fece trasalire; sullo schermo apparve il volto spaventato di Leotordo accecato dal flash.

“Harry, ti dai una mossa? Stiamo aspettando te!”

Harry gettò di nuovo l’uovo, il biglietto e la macchina fotografica nel pacco originario, e fece scivolare tutto sotto al letto.

Non sapeva perché, ma voleva che, almeno per il momento, quel regalo rimasse una cosa sua, sua soltanto.

Quindi, senza esitare un attimo di più, afferrò la Firebolt dal copriletto e raggiunse gli altri in giardino.

*

“E mi raccomando, fate attenzione. Noi teniamo tutti gli occhi aperti, ma non bastano mai. Vigilanza costante! Non dimenticatelo in nessun momento”

Malocchio stava abbaiando le sue raccomandazioni a chiunque gli capitasse a tiro, mentre i ragazzi raggiungevano il camino del numero dodici.

La signora Weasley sembrava ancora più agitata di Alastor e parlava con voce stridula a Ginny ed Hermione, lanciandosi in una serie di buoni consigli.

Ron, approfittando della distrazione di Hermione, stava selvaggiamente litigando con Grattastinchi, che aveva passato la mattinata a rincorrere il povero Leotordo per le scale di Grimmauld Place, e adesso stava cercando di acchiapparlo da dentro la gabbia.

Harry trascinò il suo baule giù per le scale, con Edvige poggiata su una spalla. Posò il suo bagaglio accanto agli altri, all’ingresso nel salone dei Black, prima di venir travolto da uno degli abbracci stritolanti di mamma Weasley.

“Mi raccomando, Harry, fai attenzione. Non cacciarti nei guai e fai tutto quello che ti dice il professor Piton”

Harry annuì, cercando di ignorare con tutto se stesso l’ultima raccomandazione.

Fidarsi di Piton?! Tanto valeva consegnarsi direttamente a Voldemort…

Sirius sembrava pensarla allo stesso modo, per quanto tossì scettico, ascoltando i consigli di Molly. Remus sospirò e lo colpì dietro la nuca con forza.

“Ehy ragazzo”

Harry si rivolse a Malocchio, che finalmente aveva smesso di lamentarsi di Tonks e della sua goffaggine - la ragazza era di nuovo inciampata nel portaombrelli a zampa di troll - e adesso osservava lui dall’alto in basso, con entrambi gli occhi fissi sul suo volto.

Harry gli si avvicinò, infilandosi la felpa dei Grifondoro che la signora Weasley gli aveva lavato la sera precedente.

“Ascoltami bene, tu” ringhiò a bassa voce Malocchio, poggiandogli una mano sulla spalla “cerca di non cacciarti nei guai. Tieniti lontano da quell’Umbridge, e bada a te stesso. Se hai bisogno d’aiuto, dillo a Piton, e lui contatterà qualcuno dell’Ordine, chiaro? Ma non cacciarti in situazioni pericolose”

Harry annuì; ancora quell’assurdo consiglio di fidarsi di Piton. Ma c’era un’epidemia?!

“Ehy Harry” Remus gli si avvicinò, stringendolo in un breve abbraccio.

“Fai attenzione, mi raccomando. E se hai bisogno d’aiuto…”

“…corro da zio Sev, chiaro” concluse Harry, roteando gli occhi al cielo.

Hermione, dietro di lui, lo colpì alla nuca, esasperata. Sirius ridacchiò.

“Volevo dire, contatta me o Sirius, veramente” concluse Remus, alzando un sopracciglio.

“E come? Ha detto Malocchio che nelle lettere…”

“Oh, non per lettera” replicò Remus sorridendo. Harry lo vide scambiarsi un cenno d’intesa con Sirius; avevano entrambi un guizzo divertito negli occhi.

“Be’” intervenne il suo padrino “potresti sempre scartare il pacchetto che ti ho dato a Natale”.

Harry aprì la bocca, sorpreso, ma non disse nient‘altro. Salutò Sirius, lasciandosi abbracciare, e permettendo anche a lui di fare le sue raccomandazioni noiose ed inutili - come se non sapesse che Harry le avrebbe comunque ignorate.

Dopo un ultimo saluto collettivo, Harry, Ron, Hermione, Ginny e i gemelli entrarono uno dopo l’altro nel camino, atterrando nell’ufficio della professoressa McGranitt.

Harry, che si era aspettato di trovare la sua Capocasa seduta dietro la scrivania, rimase sorpreso nel trovare la stanza deserta. Si scambiò un’occhiata curiosa con Ron ed entrambi uscirono in gran fretta dall’ufficio, trainandosi dietro i bauli.

Arrivarono tutti insieme alla Sala Comune; stranamente, era deserta anche quella.

Chiedendosi cosa diavolo stesse succedendo, portarono i propri bagagli nelle rispettive stanze e si diressero nella Sala Grande. All’entrata, Harry non potè fare a meno di notare la presenza di un altro avviso, affisso accanto agli altri.

PER ORDINE DELL’INQUISITORE SUPREMO DI HOGWARTS

 

Ogni allievo dovrà essere oggetto di un incontro privato con l’Inquisitore Supremo per dimostrare di avere diritto a frequentare la scuola in quanto discendente di famiglie di maghi.

 

Quanto sopra ai sensi del Decreto Didattico numero Ventinove

Firmato: Dolores Jane Umbridge, Inquisitore Supremo e Preside di Hogwarts

 

Harry avvertì uno strano peso alle parti dello stomaco; sentì le viscere contorcersi e si accorse di essere diventato pallido e tremante.

Hermione, al suo fianco, cadde sul freddo pavimento di pietra, priva di sensi.




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Sono onesta: questo capitolo non mi fa affatto impazzire, anzi: in realtà volevo avere più tempo per rivederlo, ma il tempo non c'è. Domani sera (veramente, domani notte) parto e sarò via fino al quattordici. Sinceramente, mi dispiaceva non postare nulla fino al mio ritorno e non lo trovavo corretto nei confronti di quelle dolcissime persone che stanno seguendo questa storiella :)
Dunque, a voi dedico questo capitolo: spero vi piaccia più che a me. Forse, avevo immaginato diversa la scena con Remus o, sarà che volevo rivelare subito il mistero dell'uovo anonimo, o forse lo trovo semplicemente troppo prolisso. Ditemi voi, aspetto i vostri responsi con ansia (e un po' di paura xD). Mi dispiace per il ritardo, ma l'ispirazione proprio non ne voleva sapere di venire.
Intanto voglio, come sempre, ringraziare Black_Dragoon, Destiel Doped, dragoo, Elasia, FlashDelirium, gwyn, ilion13, lurin, Lisa Piton, MartyNic, nine93, Phoebe76, pixel2, RapeChan, sasukinathebest, sasy:kaulitz e simmuse che hanno messo la storia tra le seguite, Nebula93 e Vale Lovegood che l'hanno messo tra le preferite e sempre Vale, Black_Dragoon e Unbreakable_Vow (non sai quanta gioia mi ha dato la tua recensione) che l'hanno recensita. Ah, e scusate la banalità del titolo, ma non sapevo proprio che metterci .____.
Un bacio a tutti, la vostra Mary xD :3 

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