Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli: Capitolo 1: *** Teenage dream ~ Blaine *** Capitolo 2: *** Teenage dream ~ Kurt *** Capitolo 3: *** Don't cry for me Argentina ~ Kurt *** Capitolo 4: *** Don't cry for me Argentina ~ Blaine *** Capitolo 5: *** Hey, soul sister ~ Blaine *** Capitolo 6: *** Hey, soul sister ~ Kurt *** Capitolo 7: *** Baby, it'cold outside ~ Kurt *** Capitolo 8: *** Baby, it's cold outside ~ Blaine *** Capitolo 9: *** Bills, Bills, Bills ~ Blaine *** Capitolo 10: *** Bills, bills, bills ~ Kurt *** Capitolo 11: *** When I get you alone ~ Kurt *** Capitolo 12: *** When I get you alone ~ Blaine *** Capitolo 13: *** Silly love songs ~ Blaine *** Capitolo 14: *** Silly love song ~ Kurt *** Capitolo 15: *** Don't you want me ~ Kurt *** Capitolo 16: *** Don't you want me ~ Blaine *** Capitolo 17: *** Animal ~ Blaine *** Capitolo 18: *** Animal ~ Kurt *** Capitolo 19: *** Misery ~ Kurt *** Capitolo 20: *** Misery ~ Blaine *** Capitolo 21: *** Blackbird ~ Blaine *** Capitolo 22: *** Blackbird ~ Kurt *** Capitolo 23: *** Candles ~ Kurt *** Capitolo 24: *** Candles ~ Blaine *** Capitolo 25: *** Raise your glass ~ Blaine *** Capitolo 26: *** Raise your glass ~ Kurt *** Capitolo 27: *** Somewhere only we know ~ Kurt *** Capitolo 28: *** Somewhere only we know ~ Blaine *** Capitolo 29: *** I'm not gonna teach your boyfriend how to dance with you ~ Blaine *** Capitolo 30: *** I'm not gonna teach your boyfriend how to dance with you ~ Kurt *** Capitolo 31: *** Dancing Queen ~ Kurt *** Capitolo 32: *** Dancing Queen ~ Blaine ***
Tanto per
cominciare, ci presentiamo: noi siamo pachelbel90 e Alchimista.
I nostri due
cervellini si sono fusi per dar vita a questa storia, con la quale speriamo di
emozionare voi lettori, ma anche soddisfare noi scrittrici. Perché sì,
sinceramente scrivere di Kurt e Blaine è una vera e
propria soddisfazione! *__*
La storia si
propone di ripercorrere con voi le tappe del rapporto tra Blaine
e Kurt, soffermandosi sui pensieri che i due hanno avuto durante le canzoni che
li hanno visti protagonisti e di come esse abbiano influenzato la loro amicizia
e il loro amore.
Verranno inoltre
inseriti dei “missingmoments”
attraverso i quali si indagherà ancora sulle dinamiche del loro rapporto.
Sperando che possa
interessarvi, vi lasciamo al primo capitolo, scritto da pachelbel90.
A fine capitolo
troverete inoltre due sorprese!
Enjoy!!
~ KlaineSongs ~
1°_ Teenagedream ~ Blaine
~ Di visite
gradite e pensieri inaspettati ~
Before you met me, I was a wreck
But things were kind a heavy, you brought me to life
Now every February you'll be my valentine, valentine
Let's go all
the way tonight
No regrets, just love
We can dance until we die
You and I, we'll be young forever
Seriamente, non so cosa diamine mi
sia preso! Prendere per mano così un perfetto sconosciuto! Certo, lui è anche
stato gentile e non mi ha detto nulla, però avrebbe potuto prendermi per pazzo
e fuggire via a gambe levate.
Devo dire che mi ha sorpreso
parecchio invece: mi ha seguito, si è lasciato prendere per mano, come se fosse
la cosa più naturale del mondo.
You make me
feel like I'm living a teenage dream
The way you turn me on, I can't sleep
Let's runaway and don't ever look back
Don't ever look back
Ha degli occhi davvero luminosi,
molto espressivi. Anche se ora vi posso leggere la curiosità in essi racchiusa,
questa non riesce a coprire il dolore che vi si nasconde dietro, inutilmente.
Let's go all
the way tonight
No regrets, just love
We can dance until we die
You and I, we'll be young forever
Sento un’improvvisa fitta al petto,
al pensiero di questo ragazzo dallo sguardo così dolce, e triste, piegato in
due dal dolore, per qualcosa di cui per altro non conosco il motivo.
E, inaspettatamente, capisco che
voglio aiutarlo, voglio fare in modo che smetta di essere triste, voglio
vederlo sorridere.
You make me
feel like I'm living a teenage dream
The way you turn me on, I can't sleep
Let's runaway and don't ever look back
Don't ever look back
Sì, dovrei anche concentrarmi sulle
parole della canzone effettivamente eh! Però non posso fare a meno, seguendo le
parole della canzone, interpretarle di conseguenza, coinvolgendo il ragazzo di
fronte a me.
Lo sto indicando, lo sto guardando e
davvero dovrei smetterla. Se continuo di questo passo, mi sa che dovrò una
retta di iscrizione alla segreteria della Dalton, per aver fatto fuggire uno
studente dopo nemmeno un giorno. Anche se effettivamente è strano, non ha la
divisa. Di solito la danno subito.
I'm a get
your heart racing in my skin-tight jeans
Be your teenage dream tonight
Si sta guardando attorno, sorpreso,
poi riporta lo sguardo su di me. All’improvviso, sorride. Le sue labbra si
tendono, i denti si scoprono e sembra quasi che il suo sorriso si sia esteso
anche agli occhi.
You make me feel like I'm living a teenage dream
The way you turn me on, I can't sleep
Let's runaway and don't ever look back
Don't ever look back
Ora come ora, non mi importa chi diamine
sia e che cosa sia venuto a fare qui a scuola: mi importa solo del suo sorriso.
Sono riuscito a strappargli un sorriso! Sono estremamente fiero di me, bel
lavoro Anderson!
My heart
stops when you look at me
Just one touch, now baby I believe
This is real, so take a chance
And don't ever look back, don't ever look back
Ho come l’impressione che sia un
esterno e che non sia qui per iscriversi. L’aria esterrefatta dipinta sul suo
volto me ne da la conferma: non sapeva che questa scuola fosse solo maschile,
né quanta influenza – se così vogliamo chiamarla – possiamo avere noi Warblers qui. Tuttavia non mi sembra si sia scomposto più
di tanto quando li ho nominati. E visto che ci sono le Provinciali alle porte,
l’unica cosa che mi viene da pensare è che sia una spia: un cantante di
un’altra scuola.
I'm a get your heart racing in my skin-tight jeans
Be your teenage dream tonight
Let you put your hands on me in my skin-tight jeans
Be your teenage dream tonight
Anderson, perché questa delusione?
Speravo potessimo diventare amici.
Speravo di aver trovato finalmente qualcuno come me e che non mi legasse a
troppi brutti ricordi.
Ma guardalo dai! Se fosse una spia
con cattive intenzioni se ne sarebbe già andata, sconvolta dalla nostra
performance – siamo stati davvero bravi, non c’è che dire – invece lui è ancora
qui, che ci applaude insieme a tutti gli altri, con gli occhi che brillano per
qualcosa che non riesco a decifrare.
Anche se è una spia, ho voglia di
aiutarlo. E ho bisogno di un amico.
Kurt.
~ ∞ ~
«Allora, gioca per la tua squadra?»
Sposto lo sguardo su Wes, ancora sovrappensiero; sto pensando alle parole di
Kurt, e a quelle che gli ho detto io. Non pensavo di essere in grado di dire
certe cose, spero di averlo aiutato almeno un po’.
«Come scusa?» gli rivolgo uno
sguardo confuso, a cui il mio amico reagisce ridacchiando.
«Dai, sai cosa intendo! È gay anche
lui, sì?»
Oh, lui intende quello!
Cavolo, e poi sarei io l’unico gay
qui dentro?! Sono circondato da un branco di peppie,
su cui tra tutti capeggia Wes. Questo ragazzo è una
cosa impossibile, non sa cosa significhi farsi gli affari suoi.
Già mi era sembrato strano che lui e
David avessero lasciato soli me e Kurt quando gliel’ho chiesto.
Anche se immagino si siano fermati
appena fuori dalla porta per origliare la nostra conversazione.
«Sì, lo è. Perché mi fai questa
domanda?»
Lui alza le spalle e sbuffa. «Oh, se
non lo sai tu!»
«Cos’è che dovrei sapere?»
Non capisco dove voglia andare a
parare. Kurt è gay, sì, lo capirebbe chiunque. E ho molto apprezzato il suo
voler mostrarsi per quello che è. Anzi, non solo l’ho apprezzato, ma l’ho
invidiato. È molto più forte di quello che crede, nonostante tutte le cose che
mi ha raccontato.
«Lo hai aiutato.»
Lo fisso di nuovo, confuso.
Seriamente, oggi non riesco a seguire il filo logico dei suoi pensieri; a mala
pena riesco a seguire i miei!
«Wes, non
ti seguo.»
«Secondo me il gel che ti metti tra
i capelli ti si infiltra anche nel cervello.» Mugugna lui.
Oh che nervi con sta storia del gel!
Io li lascerei anche liberi, ma qui a scuola mi guardano tutti male; non è
colpa mia se ho i capelli peggio di Harry Potter!
«Il mio cervello va benissimo così, grazie!»
«Scommettiamo?» chiede Wes, inarcando un sopracciglio. Non rispondo, attendendo
che sia lui a parlare per primo. «Non gli hai nemmeno chiesto il numero di
cellulare.»
Spalanco gli occhi, sconvolto. Come
ho fatto a dimenticare di chiedergli il numero?!
Non ci penso un minuto di più e
corro via, lasciando indietro Wes, che ridacchia alle
mie spalle. Dev riuscire a raggiungere Kurt prima che
se ne vada. Non so nemmeno come sia venuto, se in macchina o in pullman.
A quanto pare ero così preso dal volerlo
aiutare, dal pensare bene a cosa dirgli per evitare che piangesse – oh, quanto
ho odiato quelle lacrime che gli rigavano il volto! – da non pensare a come
fare per risentirlo.
Stranamente sembra che la fortuna
sia dalla mia parte, almeno questa volta. Kurt si sta avvicinando a un grosso
fuoriserie grigio metallizzato, lo sguardo basso, mentre giocherella con le
chiavi della macchina.
Lo chiamo, mentre corro più veloce
verso di lui, frenandogli vicino.
«Ehi!» mi dice, sorridendomi.
Viene spontaneo sorridere anche a
me, mentre con una mano sul fianco, provo a riacquistare una respirazione
normale. Questo mi da il tempo per osservarlo qualche minuto: alla luce del
sole, i suoi occhi sembrano ancora più belli.
Di solito mi sono sempre sentito
fare i complimenti per il colore dei miei occhi, un caramello davvero
particolare, ma credo di averne appena trovati di più belli.
«Stai bene?» chiede lui, premuroso,
ma anche un po’ sarcastico.
Ridacchio. «Sì. Volevo solo darti il
mio numero di cellulare!»
Lui arrossisce subito, spalancando
un po’ la bocca, che gli si deforma, acquistando l’aspetto di una piccola ‘o’.
Forse sono stato un po’ troppo diretto… mi stupisco
ancora che non sia scappato a gambe levate!
Il silenzio imbarazzato che è sceso
non mi piace affatto, così distolgo gli occhi dai suoi ed estraggo il cellulare
dalla tasca dei pantaloni, cominciando a digitare il suo nome sullo schermo.
Quando rialzo gli occhi lui sembra
si sia ripreso, perché ha già il cellulare stretto tra le mani e un dolce
sorriso sul volto.
Ovviamente, sorrido di nuovo anche
io.
Mi detta il suo numero, poi io gli
faccio uno squillo e lo guardo mentre aggiunge il mio nome in rubrica. Ci tengo
al fatto che mi chiami, in caso avesse bisogno. Non so nuovamente spiegarmi il
desiderio che ho nell’aiutarlo, ma è lo stesso che ho sentito mentre cantavo.
«Per qualsiasi cosa, scrivimi. O
chiamami.» Gli dico di fretta. Voglio che lui lo sappia, voglio che sappia che
ci sono. Lui mi guarda e riesco a leggere nei suoi occhi la gratitudine che
prova nei miei confronti. Sono lucidi quasi.
«Grazie Blaine,
di tutto.»
È la prima volta che pronuncia il
mio nome e devo dire che mi piace il suono del mio nome pronunciato dalla sua
voce.
«E’ stato un piacere Kurt.»
Ci sorridiamo per qualche secondo.
Non so cosa dire, forse perché mi sembra estremamente infantile dire che lo
vorrei come amico; vorrei qualcuno che mi capisse davvero, qualcuno di cui
poter parlare dei numeri di Vogue e dei musical e di qualsiasi altra cosa mi
venga in mente.
Così lo lascio andare. Sale in
macchina, rivolgendomi un’altra occhiata, accompagnata da un sorriso dolce, poi
mette in moto e si allontana.
Avrei voluto dirgli di continuare a
resistere, di non arrendersi, di non fare come ho fatto io, di non lasciare che
spintoni e parole velenose lo buttino giù, di essere forte. Di avere coraggio.
Coraggio.
Sorrido e apro la cartella dei
messaggi digitando veloce otto lettere: CORAGGIO.
Seleziono il suo numero e premo il
tasto ‘invio’.
La campanella suona in lontananza,
segno che sono ricominciate le lezioni. Mi avvio dentro, felice, senza sapere
perché, quasi saltellando e con un grosso sorriso stampato sul volto.
ANGOLO DELLA
SORPRESA!
In realtà non è
niente di speciale! xDDD Semplicemente, spinta dal
dolce far niente nel bel mezzo della notte, ho pensato di fare una specie di
“copertina” della storia. Eccola qui:
Infine, avendoci
preso gusto, ho deciso che per ogni capitolo avrete una immagine! Ecco qui
l’immagine di questo capitolo:
~ Di sogni ad occhi aperti e fastidiosi risvegli ~
Before you met me, I was a wreck
But things were kind a heavy, you brought me to life
Now every February you'll be my valentine, valentine
Let's go all the way tonight
No regrets, just love
We can dance until we die
You and I, we'll be young forever
All’improvviso mi sembra di non
riuscire a respirare, come se ad ogni parola che pronuncia, ad ogni nota
prodotta un po’ del mio fiato e dell’aria intorno sparissero, fuggendo via.
Farò la figura dell’idiota se rimango a boccheggiare davanti a lui, ma non
posso fare a meno di continuare a guardare i suoi movimenti decisi, i suoi
occhi di uno strano ambra e quel sorriso.
Bene. Fino a due secondi fa non lo
conoscevo ed ora lui mi canta davanti ed io mi sto per sciogliere. Qui il Glee
Club sembra essere molto popolare – sarebbe assurdo il contrario con uno come…
Blaine che canta. È una strana sensazione, come se non potessi non sorridere
quando incontro i suoi occhi.
You make me feel like I'm living a teenage dream
The way you turn me on, I can't sleep
Let's run away and don't ever look back
Don't ever look back
Probabilmente – anzi sicuramente è
un piano ben congeniato per tenere lontana qualunque spia di altre scuole:
Blaine fa il carino, ti intrappola con il suo fascino e tu dimentichi cosa sei
venuto a fare e anche come ti chiami. Perché è questo il mio stato al momento e
lui pare provocarmi! Come se la stesse cantando a me questa canzone, come se ci
fossero mille sottintesi nelle sue parole, nei suoi movimenti ed io non riesco
a rompere l’incantesimo che mi intrappola come un sogno troppo bello per essere
vero o perché ci si voglia svegliare. E mi lascioandareneisuoimeravigliosiocchi.
let’s go all the way tonight
No regrets, just love
We can dance, until we die
You and I we’ll be young forever
Mi indica.
Indica me? Ma non siamo ridicoli! Fa parte della coreografia quel movimento,
solo della coreografia… è tutto così…
I suoi occhi nei
miei - di nuovo - ed il mio cuore perde un battito. In un istante dimentico le
Nuove Direzioni, il mio ruolo di spia e tutti i miei problemi al McKinley con
Karofsky e i vari bulli. Ogni cosa annega in lui e mi rendo conto che per
quanto sia stupido ed infantile, per quanto sia da me, sono stregato da Blaine.
Ok, colpo di
fulmine? Con un ragazzo che conosco da poco più di due minuti – uno
sconosciuto? No, seriamente Kurt, quanto ancora vuoi renderti ridicolo prima di
toccare il fondo? Lui avrà già capito tutto e nella sua testa ti starà
prendendo in giro per il modo in cui lo guardi.
My heart stop when you look at me
Just one touch
Now baby I believe this is real
So take a chance and
Don’t ever look back
Don’t ever look back
Non posso fare a
meno di sentirmi bene in questo momento. Non posso fare a meno di guardarmi
intorno e vedere come la sua voce stia portando allegria ovunque in questa
stanza. Solo la sua voce, nulla di
più. Se non è magia questa! Tutti intorno a me si muovono a ritmo di musica,
come sotto un potente e dolce incantesimo che arriva dritto al cuore.
Guardo di
sfuggito la mia mano: l’ha presa e mi ha trascinato nel cuore della scena, nel
momento più bello dell’intera giornata, forse del mese e lo ha fatto con una
naturalezza unica, come se fossimo amici da sempre, come se mi conosce.
Semplicemente mi ci aveva portato e mi aveva lasciato lì a guardare lo
spettacolo.
I’m a get your heart racing
In my skin-tight jean
Be yourteenagedreamtonight
Le loro voci a
cappella sono qualcosa di angelico. E noi dovremmo sfidarli? E speriamo di
batterli? Ora come ora credo che niente al mondo possa battere quella voce…
Si spegne, come
quando la luce di una cometa viene inghiottita dall’oscurità della notte e non
ne resta traccia che nella tua testa – il resto del miracolo è scomparso agli
occhi della gente.
Dovrò svegliarmi
anch’io ora e mentre applaudo sento l’incantesimo infrangersi. Ora sono Kurt
Hummel, spia di un’altra scuola che molto probabilmente è stata già
riconosciuta come tale per quella maledetta divisa che non ho. No, fermo.. non
pensare a lui che ti aggiusta il colletto consigliandoti di non dimenticarla
più…
«Allora, vieni
con noi… emh…novellino?»
mi chiede Blaine, affiancato da due compagni e da come ha caricato l’ultima
parola capisco che sa tutto.
Addio sogni, è
stato bello finché è durato!
~ ∞ ~
Bloccato in
macchina, giovedì sera, a pochi metri dal mio “appuntamento”. No, no... per
amor di cronaca non confondiamo le cose: non è un “appuntamento”, è un’uscita
con un amico conosciuto da poco, di cui so pochissimo, che gareggia in una
squadra avversaria e che… cavoli, che mi piace!
Ma a cose simili
ci sono abituato, insomma non è di certo la prima cotta o fissa che prendo...
solo che stavolta lui è gay e le cose si complicano: ho più speranze! Cioè, le
mie speranze sono comunque pari a zero – siamo realisti – ma il mio cuore non
vuole smetterla di credere che potendo stare effettivamente insieme e dopo
essermi stato tanto d’aiuto con Karofsky ed avermi preso a cuore.. possa, ecco,
nascere qualcosa. Cosa? Cosa dovrebbe nascere?
Solito, stupido,
sognatore ad occhi aperti! Quando ti decidi a crescere?
Chiudo gli occhi
e prendo un profondo respiro. Ecco a cosa serve lo yoga.
Un picchiettio
improvviso sul vetro della macchina mi fa sussultare e voltando lo sguardo
scorgo sorpreso il volto di Blaine che mi osserva curioso da fuori il
finestrino. Per un attimo rimango così, bloccato da quello sguardo e quel
sorriso e non mi accorgo di arrossire – cosa che non fa altro che allargare
ancor più le labbra dell’Usignolo.
Scendo dalla
macchina leggermente in imbarazzo: da quanto tempo mi stava osservando? Odio
sognare ad occhi aperti: si rischiano sempre simili figure ed io ho la fortuna
di non scamparne neanche una.
«Ciao, Kurt.
Tutto ok?» mi saluta lui, senza perdere il sorriso.
Traduzione:
ciao, Kurt. Mi sembravi lievemente meno fuori di testa l’ultima volta che ti ho
visto, quando mi hai inspiegabilmente parlato di tutti i tuoi problemi,
chiedendomi aiuto nonostante fossi un perfetto sconosciuto.
Sorrido ancora
più in imbarazzo se possibile e sono indeciso su cosa rispondere. Opto per un
saluto ed un sì: rapidi ed indolori.
«Sei qui da
molto»
Ahimè, non è
un’affermazione: Blaine sembra non volermela far passare liscia questa mia…
stranezza. Sospiro.
«Mi facevo
coraggio» confesso; tanto, peggio di così.
Mi aspetto uno
sguardo allucinato, magari un dietro front e fuga per la salvezza – sanità
mentale in questo caso. Invece lui allarga di un po’ il suo sorriso,
lasciandosi scappare il suono dolce in una risata trattenuta e mi guarda.
«Certo, ci vuole
coraggio per andare a mangiare qualcosa con un simile mostro cattivo. Magari il
locale, qui, non ha ciò che voglio e potrei mangiare te!» conclude alzando le
braccia ed aprendo la bocca per mimare una bestia feroce.
Scoppio a ridere
ancora più in imbarazzo.
«Non intendevo
questo» sottolineo con tono di scusa.
«Certo. So cosa intendevi»
Per un attimo il
suo sorriso si spegne, come se quella frase trattenesse più del visibile, molto di più. Lo osservo mentre sulla
fronte gli compare una lieve ruga – chissà a cosa sta pensando.
Chissà cosa
voleva intendere.
Ma tutto non
dura che un attimo, poi torna il Blaine di sempre, con gli occhi vivi ed un
sorrisetto di sincera fiducia in chiunque gli sta di fronte ad allargargli le
labbra.
«Mangiamo?» mi
chiede, indicandomi con la mano il locale che ha scelto per la serata.
«Certo» e mi
avvio alla sua destra.
Il locale è
carino: ben arredato e non molto caotico o affollato. Prendiamo uno degli
ultimi posti della sala e attendiamo che qualcuno ritiri le nostre ordinazioni.
«Allora, Kurt..
come va?» mi chiede guardandomi dritto negli occhi.
Paura che
scappi, Blaine? Io sorrido, pensando alla risposta più veritiera e meno
preoccupante che possa dargli.
«Come sempre»
rispondo, scrollando le spalle con fare superficiale, ma lui non ci sta ad
arrendersi subito.
«Quel tipo ti dà
ancora fastidio, eh?» mi chiede ancora e – non so se me la sia immaginata –
sento una nota di triste preoccupazione nella sua voce.
Ha
minacciato di uccidermi penso fra me, ma non voglio che lo sappia, quindi
annuisco appena abbassando lo sguardo.
Lui si sporge
verso il tavolo e mi sfiora la mano con aria preoccupata: crede stia di nuovo
piangendo? In effetti, ne avrei voglia.
«Mi sono
ripromesso di non farlo, stasera» sussurro e lui mi guarda senza capire «Mi
sono ripromesso di non piangere, facendo la pessima figura della prima volta
che ci siamo incontrati… Cambiamo argomento?» quasi lo prego.
Blaine, però,
non mi sembra molto d’accordo. Per un istante apre la bocca, quasi volesse
dirmi qualcosa; poi la cameriera del locale ci interrompe chiedendoci le ordinazioni
– dovrò ringraziare quella donna, prima di andar via.
«Per me il
classico, grazie» fa lui gentile «Per te…?»
«L-lo stesso»
tentenno e lei ci sorride andando via.
«Il classico? Non ti facevo da panino
classico, Kurt…» scherza – che abbia davvero dimenticato il nostro discorso di
prima?
«Neanch’io, te…
e poi, odio i locali nuovi: non so mai che prendere e finisco col copiare
l’ordinazione degli altri. Spero non sia nulla di allucinante»
«Fidati di me»
mi sorride lui.
Ovvio mi trovo a
pensare.
«Quindi… tu sei
il solista degli Usignoli…» azzardo mentre la cameriera ci porta i panini
chiesti.
«Ah, potresti
aggiungere anche un cappuccino medio per me e…?»
«Ah! Allora non
copi sempre le ordinazioni altrui!» mi prende in giro.
«No. Sul caffè
ho gusti molto particolari ed il cappuccino non rientra fra questi, mi spiace»
lo canzono.
Addenta il
panino con calma e mi guarda mangiare il mio, quasi con curiosità. Non ha mai
visto qualcuno mangiare prima d’ora o cosa? Mi sento leggermente in imbarazzo
sotto quegli occhi ambrati e non so che dire per rompere il silenzio. La mia
domanda sul Glee Club è passata senza sortire effetto. Avrei fatto meglio a
rispettare quello che avevo detto a Mercedes: “non parleremo neanche del Glee
Club”… sì ma allora di cosa?
«Fai ancora la
spia?» chiede lui e sembra serio.
Io mi blocco,
guardandolo negli occhi a corto di fiato. Allora l’ha sentita la mia domanda.
«No, no, no… io
stavo solo.. insomma, chiedevo.. ecco» mi scuso e lui scoppia a ridere di
gusto.
«Ehi, calmo!
Scherzavo!» mi rassicura «Sì, di solito mi assegnano gli assoli… ma è il
consiglio che decide. E tu?»
«Io… oh, beh..
non credo avrò assoli stavolta. Sai, siamo un gruppo molto in competizione. Si
vince e si perde» e non ho la più pallida idea di cosa stia dicendo.
Come del resto,
non ne ho per tutta la serata. Rotto il ghiaccio si passa da un argomento
all’altro senza alcuna connessione logica, dalla famiglia, alle copertine di
Vogue, agli ultimi singoli in giro. Dovrebbe affinare i suoi gusti musicali..
sono un po’ troppo… non so, distaccati dai veri sentimenti che le canzoni
dovrebbero trasmettere. Non c’è un pezzo seriamente emotivo tra quelli che mi
ha citato, ma evito di contraddirlo per non cadere di nuovo in una situazione
imbarazzante – ce ne sono state a sufficienza.
Quando la
cameriera ci porta i caffè, stiamo ridendo senza saperne davvero il motivo –
solo per il gusto di farlo. Non mi capitava una cosa simile da tempo.
«Sai un po’ mi
spiace» confessa ad un tratto, sorseggiando il suo cappuccino.
«Per cosa?»
«È stata una
bella serata, ma è giunta alla fine» spiega.
«Beh, non sarà
l’ultima» provo a consolarlo mentre ci avviamo alla cassa per pagare.
Lo batto sul
tempo e pago per entrambi con un sorriso alla sua aria di sorpreso disappunto.
«Ora dovranno
essercene per forza delle altre, Kurt Hummel» minaccia lui «Devo restituire la
cortesia… e non scuotere la testa, lo farò» si impunta.
Non posso fare a
meno di sorridere.
«Allora alla
prossima!» lo saluto con entusiasmo.
«Certo. Sta
bene, Kurt» ricambia lui e di nuovo il suo sguardo si fa leggermente serio; ho
l’improvviso sospetto che voglia riaprire l’argomento “Karofsky”, ma lui non fa
altro che guardarmi con forza, quasi volesse comunicare solo con lo sguardo ed
io rimango di nuovo senza fiato. Alle volte davvero non capisco come sia
possibile che mi abbia preso tanto a cuore: ci conosciamo da troppo poco tempo
eppure lui mi tratta come un vecchio amico.
Sorrido,
mascherando imbarazzo e dubbi e mi avvio verso la macchina, mettendo in modo e
guidando fino a casa – fortuna che il locale non è molto lontano.
Solo quando sono
ormai sceso e sto cercando la chiave di casa, mi accorgo della sua macchina –
nera elegante ma allo stesso tempo sportiva – che mi passa davanti ed il suo
occhiolino mi saluta.
Rimango per un
istante immobile per la sorpresa, poi trattengo a stento uno scoppio di risa
abbassando il capo: mi ha seguito fino a casa? Per accertarsi che non mi
accadesse nulla?
Blaine Anderson,
sei strano… e stranamente non fai altro che piacermi sempre di più.
NOTE:
Eccoci
col secondo capitolo…. Oddio >___< sarà stato penoso rispetto a quello di
pachelbel… mi spiace (cavoli, era impossibile reggere
il confronto!)
In
ogni caso.. siamo entrambe in brodo di giuggiole per il successo del primo
capitolo: avete risposto davvero in molti e per questo vi ringraziamo
moltissimo. In particolare ringraziamo: EricaCullen, BeatriceS, VomitingKlainbows, crazy_klara, Sirymcgregor, Endgame_Klaine, _kia91_, MissBlackspots, Sasi_blu, Franzolina_ per
aver recensito; KKlaine, martysa, only_be_pretending, Sasi_blu, VomitingKlainbows perché preferiscono e Alice
Pierce, BeatriceS, EricaCullen,
GingerKinomiy, IstillRemember,
Kakiis, Minzul, MissBlackspots, Sirymcgregor, tellins, truecolors_, Unknown118,
_kia91_ perché seguono. E un grazie anche a tutti i lettori silenziosi.
Due
precisazioni prima di andare.
Il
raiting della storia ora è giallo.. ma siamo certe
che nel corso della storia aumenterà.
Tutte
le canzoni che, in un modo o nell’altro, hanno caratterizzato l’intera
esperienza di Kurt e Blaine, come avrete notato, saranno trattate da entrambi i
punti di vista. Par condicio u.u
Bene.
Credo di aver detto tutto. Aspetto di sapere che ne pensate, eh!!
Non
perdete il prossimo capitolo: pachelbel ha fatto un
magnifico lavoro – si è superata!
Capitolo 3 *** Don't cry for me Argentina ~ Kurt ***
~ Klaine Songs ~
3°_ Don’t cry
for me Argentina ~ Kurt
~ Di quando non vorresti davvero piangere ~
Finisco di riporre
ordinatamente l’ultimo pigiama nella valigia e la chiudo di scatto: non avrei potuto
sopportare oltre la vista di tutti i miei averi stipati nella valigia.
Ok, forse sto
esagerando un po’. La valigia è enorme
e, soprattutto, non è che abbia portato poi tanti vestiti con me; alla Dalton
non avrò occasioni di poter sfoggiare i miei ultimi acquisti di Alexander McQueen dal momento che sarò costretto tutto il giorno in
divisa.
Il pensiero della
Dalton dovrebbe farmi sorridere, dovrei pensare al fatto che finalmente sarò al
sicuro da Karofsky e qualsiasi altro episodio di
bullismo; anche il pensiero di Blaine mi dovrebbe
rendere felice – più che felice – ma non riesco a togliermi dalla mente le loro
espressioni.
Li ho abbandonati:
certamente è questo quello che pensano.
Finn non mi ha rivolto la parola
quando è tornato a casa nel pomeriggio; credo si sia offeso perché non ne ho
discusso prima con lui. Ma questa è una decisione che dovevo prendere da solo,
senza l’aiuto di nessuno.
Non so se la mia
scelta sia stata la più giusta, ma certamente è stata la più facile. La più
facile per me, si intende.
Non sarò più
costretto a guardarmi le spalle o a vivere nel terrore di poter essere
aggredito non appena rimasto solo.
Tuttavia posso
asserire che non è facile per niente. Mi mancheranno, tutti quanti: il
professor Schuester, Mercedes, Finn,
Tina, Artie, persino Rachel!
Spero che capiscano
che non avrei mai voluto lasciarli, ma che sono stato costretto a farlo.
Mi sento così solo
in questo istante – come sempre d’altronde; ormai dovrei esserci abituato. Non
posso parlarne con Mercedes, non capirebbe: è tutto il giorno che prova a
chiamarmi, ma io lascio che il telefono squilli. Se sentissi ora la sua voce so
che scoppierei a piangere e non voglio.
Sono stufo di
piangere. E poco prima del mio primo appuntamento con Blaine
avevo giurato che non l’avrei più fatto.
Blaine.
Già, potrei
chiamarlo.
Senza pensarci
afferro il cellulare sul mio comodino e compongo il suo numero, che ormai so a
memoria; non sono neanche due settimane che ci conosciamo ma non facciamo altro
che scriverci messaggi. È l’unica parte della mia vita che sembra stia andando
discretamente bene.
Il telefono squilla
due volte, poi la sua voce mi arriva dritta alle orecchie, vivace come sempre.
Mi viene spontaneo sorridere al muro di fronte a me, immaginandomelo.
«Ciao Kurt!»
«Ehi.» Vorrei tanto
che la mia voce non sembrasse quella di uno stupido ragazzino che cerca di
cacciare indietro le lacrime, ma è quello che sono in questo istante.
«Kurt, stai bene?»
il suo tono assume subito una vena preoccupata; ha capito che non sto affatto
bene.
«Io…» non avrei mai dovuto chiamare.
«Sto venendo da te,
non muoverti di lì!»
Neanche un istante
dopo sento il tipico rumore di quando una chiamata è stata interrotta. Rimango
imbambolato a fissare il cellulare che stringo tra le mani, incapace di
ragionare lucidamente, combattuto tra le lacrime che minacciano di scendere e
il pensiero che Blaine sta venendo qui.
Blaine sta venendo qui.
Oh cavolo!
Vengo preso
dall’ansia, più di quanto sia lontanamente possibile, e corro a darmi una
sistemata ai capelli. Fortuna che in casa non c’è nessuno, almeno non dovrò
sopportare il momento imbarazzato in cui dovrò presentare Blaine
a papà.
Scendo le scale e
mi avvicino alla finestra del salotto che da sulla strada, in attesa del suo
arrivo; non so quanto tempo possa metterci ad arrivare, perciò meglio tenersi
preparati.
Inoltre uscire un
po’ dalla mia stanza mi farà bene: mi sentivo soffocare con quella valigia e
gli scaffali delle mie creme vuoti.
Non so quanto tempo
passi, ma finalmente un’auto posteggia di fronte a casa e da essa scende Blaine, bello come al solito, non fosse per l’aria
preoccupata e nervosa dipinta sul viso.
Mi alzo di scatto
dal divano e mentre attraverso l’ingresso diretto alla porta getto un’occhiata
al mio riflesso nello specchio; mi esce un verso di disappunto. Sono un mostro:
ho gli occhi lucidi e un’aria abbattuta che mi rende più pallido del normale.
Non avrei dovuto
permettergli di venire e vedermi così, né tanto meno avrei dovuto chiamarlo.
Non so cosa mi sia saltato in mente né perché ho sentito – e sento tuttora – il
bisogno di averlo vicino.
Ormai è tardi per
tornare indietro però; lui è qui.
E il fatto che sia
subito corso da me mi aiuta almeno un minimo a sorridere.
Apro la porta e me
lo trovo di fronte, con una mano sollevata in procinto di bussare e uno sguardo
strano negli occhi caramello, i capelli ricci liberi dal gel. Quasi mi manca il
respiro quando lo vedo.
Sono nei guai.
Davvero tanto nei guai.
Blaine mi piace e anche tanto.
«Kurt, stai bene?»
ripete la domanda che mi ha fatto per telefono. Si capisce che gli importa
davvero; ultimamente sembrava non importasse a nessuno di come stessi, ma per Blaine non è così. Se continua di questo passo finirò per
adorarlo davvero troppo.
Lo faccio entrare
ed indico i suoi capelli.
«Niente gel?»
Si tocca in testa
per un attimo, poi mi rivolge un sorriso veloce che però non raggiunge gli
occhi. «Li tengo sempre così quando non sono a scuola.»
«Al nostro primo…» appuntamento.
Stavo per dire appuntamento;
forse non è il caso. «…incontro fuori da scuola avevi
il gel.»
«Sì, perché venivo
da scuola… ma comunque Kurt, non sono qui per
discutere dei miei capelli, per quanto mi faccia piacere che tu li abbia
notati.»
Arrossisco un
attimo, incapace di trattenermi, ma fortunatamente lui non sembra accorgersene
– o farci caso – e continua a parlare.
«Mi vuoi dire che
ti è successo?»
Abbasso la testa,
indeciso. Non è che non sappia cosa dirgli – ne avrei fin troppe di cose da
dire – quanto piuttosto non so come dirle.
Non vorrei che capisse che non sono felice di trasferirmi alla Dalton, perché
non è così.
«Vieni, ti faccio
vedere camera mia.»
Cammino di fronte a
lui, di modo da non vedere il suo sguardo di disappunto nel momento in cui non
gli ho ancora dato una risposta. Ma capirà non appena entrerà nella mia stanza.
Lui mi segue senza
dire un’altra parola; credo abbia capito che mi trovo un po’ in difficoltà in
questo momento.
Non appena ci
troviamo di fronte alla mia stanza, apro la porta e lo faccio entrare, per poi
seguirlo all’interno. Non è la prima volta che un ragazzo che mi piace entra
nella mia camera – ripenso a Finn l’anno scorso,
quando gli mostrai le modifiche apportate che non gli erano piaciute – ma
questa volta è diverso; e non riesco a capire perché.
Blaine si guarda attorno e il suo
sguardo si posa subito sulla valigia ai piedi del letto; un’espressione
shockata gli si dipinge sul volto e sposta i suoi grandi occhi caramellati su
di me.
«Te ne vai?»
Cos’è quel tono che
ho appena sentito? Dispiacere?
Scuoto la testa e
mi siedo sul letto, facendogli cenno di sedersi sulla sedia della scrivania;
lui esegue, ancora con la stessa espressione shockata.
«Mi trasferisco… alla Dalton.»
Sorrido,
intimamente felice di averglielo detto, di poter stare al sicuro, di poterlo
vedere tutti i giorni. E dal sorriso a trentadue denti che mi rivolge, posso
giurare che anche lui sia felice.
Difatti salta in
piedi e inizia a saltellare per la stanza, mentre comincia a canticchiare una
delle ultime canzoni di Katy Perry; questo ragazzo è
davvero ossessionato da lei!
Mentre lo osservo
sorrido e quasi non mi accorgo del cellulare che comincia a suonare; è Blaine a indicarmelo con un dito, calmandosi per un attimo.
Io leggo il nome
sul display e un sospiro spezzato mi esce dalle labbra: è Mercedes, di nuovo.
Blaine nota subito il mio repentino
cambiamento e si avvicina al cellulare giusto in tempo per vedere il volto
sorridente della mia amica sullo schermo, prima che smetta di suonare.
«Kurt…io… mi dispiace.»
Sta fermo in piedi,
in mezzo alla stanza, guardandomi.
Io nascondo il viso
tra le mani, cercando con tutte le mie forze di non piangere.
Improvvisamente
sento un tocco delicato; è Blaine e sta cercando di spostare
le mani dal mio volto, di modo da guardarmi negli occhi.
Io oppongo un po’
di resistenza – non voglio che mi veda così – ma lui è di gran lunga più forte
di me e riesce a scostarle.
Lega i suoi occhi
ai miei e si avvicina al mio viso; sento il respiro venire meno mentre mi
accarezza una guancia.
«Fallo, se te la senti… fallo.»
Spalanco gli occhi.
Come fa? Come fa a capirmi in un secondo?
«Avevo promesso che
non avrei più pianto.» Sussurro appena, mentre sento già le lacrime sul bordo degli
occhi; un battito di ciglia e cadranno.
«Non è importante.»
Sussurra anche lui, senza spostare lo sguardo dal mio.
«Non voglio che tu
mi veda così.»
«Non mi importa.»
Sbatto le ciglia e
le lacrime iniziano a cadere, copiose. Singhiozzo, continuando a fissare i suoi
occhi, vergognandomi, ma allo stesso qual tempo incapace di distogliere lo
sguardo.
Dopo quelle che
paiono ore, lui si siede di fianco a me, posandomi una mano sulla spalla; io
volto il viso verso di lui, alla ricerca disperata dei suoi occhi. Lo trovo
pronto a sostenere il mio sguardo.
All’improvviso mi
tira contro di sé. Mi afferro alla sua maglia, rifugiando la testa sulla sua
spalla, mentre con le mani mi accarezza la schiena.
«Mi mancheranno.»
Mi esce dalle labbra, soffocato contro la stoffa e dai singhiozzi.
«Lo so.»
Non so quanto tempo
sto tra le sue braccia, incapace di arrestare le lacrime, ma poi ci stacchiamo.
Inizio a parlargli di tutti i miei dubbi e le mie insicurezze, cercando di
fargli capire la logica della mia scelta. Lui tace, annuisce qualche volta, ma
non smette un attimo di guardarmi.
Quando poi giunge
il momento che se ne vada, sento una stretta al petto: non voglio che vada via.
Lo accompagno alla
porta, davanti alla quale ci fermiamo.
«Grazie di essere venuto.
E scusami per la maglia.»
Lui sorride e mi da
un colpetto con la spalla.
«Non preoccuparti.
È stato un piacere.»
Mentre ci fissiamo
negli occhi senza aggiungere altro, mi rendo improvvisamente conto che non
siamo poi tanto diversi io e lui; anche Blaine si è
arreso, anche lui è scappato dalla sua vecchia scuola. L’improvvisa idea di
averlo deluso mi fa attorcigliare le viscere.
Abbasso lo sguardo,
di nuovo.
«Ti ho deluso.»
Lui sospira, ha
capito il filo logico dei miei pensieri; fa un passo verso di me, stringendomi
la mano – come quella prima volta, sulle scale della Dalton.
«Non mi hai deluso.
Non credo sia possibile.»
Lo fisso stranito,
ma lui si limita a sfoggiare nuovamente uno dei suoi sorrisi che sono in grado di
scatenare la mia immediata – e sorridente – risposta.
«Ci vediamo
domani!»
L’euforia con cui
lo dice rende euforico anche me; il mio sorriso diventa ancora più ampio,
mentre sento tornare la mia usuale vena sarcastica.
«Oh diamine, ho già
paura!» ridacchio, seguito a ruota da lui.
«Ciao Kurt.»
«Ciao.»
~ ∞ ~
It won't be
easy, you'll think it strange
When I try to explain how I feel
that I still need your love after all that I've done
Guardare Rachel esibirsi è stato
emozionante, come al solito – anche se odio doverlo ammettere. Nonostante tutto
la vorrei davvero ringraziare per il suo aiuto: è stata molto gentile con me.
Mi è sembrata felice di vedermi, anche se era un po’ triste. Vorrei davvero
sapere cosa le ha fatto Finn!
Non so perchè
mi sono rivolto a lei; avrei potuto benissimo chiedere a Mercedes, ma… non ce l’ho fatta.
Sono stato seduto in macchina, fuori
da scuola – mi sembra ancora strano il fatto che io non debba più dire la mia scuola – attendendo di vedere uscire
Karofsky, Azimio e gli
altri.
Ho intravisto anche i ragazzi tra la
folla; sarei voluto scendere, correre verso di loro e abbracciarli, ma non ci
sono riuscito.
You won't believe me
All you will see is a girl you once knew
Although she's dressed up to the nines
At sixes and sevens with you
Comunque devo riuscire a togliermeli
dalla testa; non faccio più parte di quella scuola, né di quel
Glee Club. Sono qui per essere ammesso nei Warbler.
Sono agitato. Non tanto per l’audizione
– certamente mi prenderanno, sono una diva io! – quanto piuttosto perché è la
prima volta che canto in presenza di Blaine. Vorrei
incrociare il suo sguardo, ma ho un po’ di timore.
Ho paura che capisca quanto mi
piace.
Da quando lo conosco le cose sono
precipitate, ma lui era sempre lì per me. E c’è tuttora.
Mi sta guardando, segue ogni mio
movimento. Io non faccio altro che pensare alla sua mano sul mio volto, alla
sensazione di averlo stretto a me.
Quasi arrossisco, di nuovo, al
pensiero di quanto siamo stati vicini, fisicamente. Non mi era maisuccesso con nessuno.
I had to let
it happen, I had to change
Couldn't stay all my life down at heel
Looking out of the window, staying out of the sun
No no,
Kurt! Smettila immediatamente di pensare a Blaine!
Così come non è il momento adatto per pensare al mio vecchio Glee Club e ai suoi membri, non è nemmeno il momento adatto
per pensare a quanto sia bello e dolce e assolutamente stupendo Blaine.
Ecco ci risiamo!
Kurt, concentrati per la miseria!
La canzone, Evita, il suo ultimo
saluto. Insomma, è uno dei miei musical preferiti, per me dovrebbe essere
facile interpretare questa canzone. Soprattutto ora.
Eva sta salutando il suo popolo, sta
dicendo loro addio.
E io? Io a chi sto dicendo addio?
Non pensare a Mercedes, Tina, Artie, Mike, Finn, Rachel, Quinn,
Puck, Sam, Santana e Brittany
mi sembra del tutto impossibile ora.
È così quindi? Ho scelto di
sacrificare loro per poter stare bene?
So I chose
freedom
Running around, trying everything new
But nothing impressed me at all
I never expected it to
Sì. Credo sia così. Ho scelto la
libertà, finendo di sacrificare loro.
Ho scelto di essere libero dalla
paura. La paura di Karofsky, della violenza, del
giudizio.
Sebbene questa divisa mi stia
stretta, in senso figurato ovviamente, allo stesso tempo è come se mi stesse
proteggendo dalla cattiveria che essere me stesso può comportarmi.
L’uniformità, la politica della Dalton, loro possono proteggermi.
Combatterei. Io sono fatto così: ho
sempre lottato per affermare chi sono. Ma adesso sono stanco.
Sono fiero di ciò che sono. Ma sono
anche stufo di provare paura.
E mi dispiace di questo.
Don't cry for me Argentina
The truth is I never left you
All through my wild days
My mad existence
I kept my promise
Don't keep your distance
Non piangere
per me, Argentina.
La mia Argentina è il McKinley, i
miei amici.
E credo di aver capito. Io non li ho
sacrificati: ho solamente agito
pensando al mio bene; piuttosto ho sacrificato me stesso.
Vorrei che sapessero che non li ho
abbandonati, che ci sarò sempre per loro.
Sento gli occhi inumidirsi mentre
ripenso a quando li ho avvisati del mio imminente trasferimento. Non se lo
aspettavano e certamente io non mi aspettavo le loro reazioni.
Puck addirittura proponeva di farmi da scudo! Puck, lo stesso ragazzo che l’anno scorso era il primo a
gettarmi nei cassonetti!
No, non sono stato corretto con
loro. Devo parlare con loro.
Non appena esco di qui manderò a
ciascuno un messaggio, soprattutto a Mercedes; lei non si merita di essere
trattata in questo modo. È la mia migliore amica e lei certamente si sarà
sentita abbandonata.
No, non posso piangere adesso!
Don't cry for me Argentina
The truth is
I never left you
All through my wild days
My mad existence
I kept my promise
Don't keep your distance
Sollevo entrambe le mani,
trasportato dal testo della canzone. Ci stava, assolutamente.
Vedo Blaine
però farmi cenno di abbassarle, chissà perché; credo che dopo dovrò chiedergli
spiegazioni. Durante la prima e unica esibizione da loro eseguita che ho avuto
la fortuna di vedere mi era sembrato che si muovessero abbastanza; anzi,
ballavano proprio. Certo, c’erano dei passi codificati, ma a volte si sono
lasciati andare tutti all’improvvisazione.
Comunque seguo il suo consiglio e le
abbasso.
Ecco, però adesso non riesco a
smettere di guardarlo! È così… concentrato. È
concentrato su di me? Ottimo, ora ci manca solo più che io arrossisca e
certamente capirà che mi piace!
Mi sembra di essere tornato alla
prima volta che l’ho visto cantare, quando non riuscivo a staccare gli occhi
dai suoi, solo che questa volta i ruoli sono invertiti.
È strano però, ha un’espressione che
gli ho visto altre volte, l’ultima volta quando era a casa mia è preoccupato,
sembra quasi pensieroso, triste.
Have I said too much?
There's nothing more I can think of to say to you.
But all you have to do is look at me to know
That every word is true
Sento un’improvvisa fitta al petto: non
voglio che Blaine sia triste. Lui dovrebbe sorridere
sempre, è così bello quando sorride. Vorrei poter fare qualcosa per aiutarlo,
vorrei che si confidasse con me.
Ripenso immediatamente alla prima
volta che ci siamo conosciuti; ci siamo aperti l’uno con l’altro senza
esitazione, capendoci alla perfezione sin dal primo sguardo.
Cos’ha visto in me che lo ha portato
a fidarsi?
E io? Io cosa ho visto in lui che mi
ha portato a fare altrettanto?
Cos’è che ci lega?
Sono così intento a pensare a Blaine che mi dimentico del suo avvertimento e rialzo una
mano sull’acuto finale. Mi guardo attorno, col fiato sospeso, poi parte un
applauso.
Sorrido, sentendo tutta la tensione
scivolare via dalle mie spalle.
Beh, sembra che almeno abbiano
apprezzato.
Rivolgo loro un sorriso e poi sposto
lo sguardo sull’unica persona in questa stanza da cui voglio sentire un
giudizio.
Lui mi sorride e tanto mi basta:
credo di averlo impressionato.
Chissà perché un sorriso mi spunta
sulle labbra.
NOTE:
Qui è di nuovo pachelbel che vi parla! =) Spero davvero che questo
capitolo vi piaccia: alla mia collega è piaciuto molto e devo dire che anche a
me è piaciuto scriverlo. Sarà che forse ho una fissa per “Evita”, chissà! xDD
Due piccole note:
le immagini potete prenderle, ma in caso le metteste da qualche parte, facebook o simili, non cancellate la firma…
=)
Un’altra nota
invece, questa volta legata alla storia: durante la parte dei pensieri, Kurt o Blaine che sia, salteranno un po’ di palo in frasca, perché
quando pensiamo, non lo facciamo ordinatamente, ma in maniera confusionaria.
E ora, i
ringraziamenti! =) Ci tenevamo a ringraziare tutte le nuove persone che hanno
recensito e le vecchie che sono tornate! *__* Un ringraziamento va inoltre
anche a tutte quelle persone che hanno inserito la storia tra i preferiti, i
seguiti o i ricordati, e anche alle persone che leggono solamente.
Capitolo 4 *** Don't cry for me Argentina ~ Blaine ***
~ KlaineSongs ~
4°_ Don’t cry
for me, Argentina ~ Blaine
~ Quando la sua voce, ascoltata per la prima volta, mi
ricorda chi sono~
It won't be easy, you'll think it strange
When I try to explain how I feel
That I still need your love after all that I've done
Non l’ho mai
sentito cantare. Mi aveva detto che alla sua scuola faceva parte del Glee Club,
ma mai ho sentito la sua voce tendersi in un simile sforzo di leggiadria e ne
rimango da subito affascinato. Forse sta volando alto – è una canzone davvero
impegnativa – eppure non riesco a non apprezzare il suono delle parole che
canta, la dolcezza e… c’è tristezza, molta tristezza mentre guarda dalla
finestra. So perché ha scelto questa
canzone, so benissimo cosa sta passando e allo stesso tempo non ho idea di cosa
dirgli e soprattutto se farlo.
I had to let it happen, I had to change
Couldn't stay all my life down at heel
Looking out of the window, staying out of the sun
So I chose freedom
Running around, trying everything new
But nothing impressed me at all
I never expected it to
In un attimo è
come se fossi entrato nei suoi pensieri. Ogni parola per lui ha un secondo
significato ed io riesco a comprenderlo. Libertà, parla di libertà, ma la
verità è che gli è stata negata: libertà è stare dove si vuole, frequentare chi
si vuole, avere i propri gusti e non doversene vergognare, non doverne dare
conto a nessuno. Ora invece ha paura. È deluso e teme che il mondo, fuori dal
McKinley, possa fargli ancora più male: non sa cosa aspettarsi.
Mi si mozza il
fiato. Io sono stato come lui.
Don't cry for me Argentina
The truth is I never left you
All through my wild days
My mad existence
I kept my promise
Don't keep your distance
In un attimo mi
ritornano in mente i miei vecchi amici, la scuola che ho lasciato, la
quotidianità infranta dalla cattiveria di ragazzi che neanche conoscevo e che
sputavano sentenze solo perché si sentivano superiori. No, chi mi è stato
davvero accanto in quei momenti, chi ha provato a sostenermi e ad
incoraggiarmi, nonostante tutto, non si è mai allontanato troppo da me, dal mio
cuore e dai miei pensieri.
Ma Kurt sembra
tanto fragile, tanto sensibile… sta male, per quanto sorrida, per quanto sembri
tanto allegro e pimpante. Dentro sta male.
È tanto
trasportato dalla canzone, ha così tanta voglia di farla capire, capire davvero, che ingenuamente alza una mano con
teatrale solennità, seguendo il ritmo della musica. Non credo sia una buona
cosa: non è il modo giusto per fare una buona impressione sui giudici e non so
come farglielo capire. Nell’istante in cui mi guarda, gli mimo il gesto che sta
facendo scuotendo la testa in segno di diniego e lui abbassa subito il braccio,
apparentemente senza scomporsi. Continua solo a cantare, Kurt: la tua voce è
sufficiente a far arrivare il messaggio, il superfluo sarebbe solo
controproducente.
And as for fortune, and as for fame
I never invited them in
Though it seemed to the world they were all I desired
They are illusions
They are not the solutions they promised to be
The answer was here all the time
I love you and hope you love me
Sta chiedendo
solo un po’ di pace. Sta chiedendo solo di poter essere se stesso e anche se
agli altri sembra che si sia ambientato perfettamente, che sia energico e pieno
di nuove idee, io riesco a vedere le sofferenze che si nascondono dietro ogni
sorriso, conosco perfettamente quel comportamento perché è stato il mio.E la cosa peggiore è che in un certo senso di
senta anche in colpa: ha abbandonato i suoi amici, non è stato forte
abbastanza. Ha rinunciato.
È stato il mio
più grande rimpianto e credo sarà anche il suo.
Il pallore sul suo
volto è come l’ultima volta che l’ho visto: scherzando mi ha detto che è la sua
carnagione naturale, ma so riconoscere una bugia.
Have I said too much?
There's nothing more I can think of to say to you
But all you have to do is look at me to know
That every word is true
Non so cosa ne
pensino gli altri Usignoli – si è di nuovo lasciato trasportare e con fare
teatrale ha chiuso l’esibizione con un gesto che avrebbe potuto risparmiare,
che è fuori dai nostri schemi abituali e fuori dal gruppo: l’individualismo non
deve prevalere qui, Kurt. Non devi più alzare la voce per farti sentire…
Nonostante tutto parte un applauso ed io sento di essere spudoratamente di
parte unendomi a loro, mentre sorrido chiudendo gli occhi. Le ultime parole
sembrano essere fatte a posta per lui: solo guardandolo so cosa abbia voluto
intendere davvero e poco conta se nessun altro potrà capire.
Mi guarda. Mi
guarda e so che basta che a capire sia stato io.
~ ∞ ~
È strano il modo
in cui riesca ad attirare la mia attenzione, monopolizzandola: quando è con me
– o più semplicemente quando è nello stesso posto in cui sono io – non posso
fare a meno di notarlo, quasi come se lo sentissi, come se avvertissi la sua
presenza ancora prima di vederlo o sentirlo.
Ho paura a
pensarlo, ma forse ho trovato qualcuno che mi capisce davvero fino in fondo,
una di quelle persona con cui si ha un feeling speciale.
Un amico. Un
amico vero.Il mio migliore amico.
Quasi mi
rabbuio, intristendomi, a quel pensiero. Sto correndo un po’ troppo e me ne
rendo conto – tu non sei arrivato che da pochi giorni ed io sono qua che faccio
pensieri su pensieri che più vanno avanti più diventano del tutto insensati.
Dormi. Come sia
possibile rimane un mistero. Siamo sul pullman che ci porterà alle provinciali
e tu dormi. Tra qualche ora ci esibiremo davanti ad un pubblico esigente e ad
una giuria inflessibile e tu dormi. Gli Usignoli provano la canzone che
canteremo e tante altre solo per sbollire la tensione e tu dormi.
Hai semplicemente
poggiato la testa contro il finestrino – dopo avermi pregato di cederti quel
posto – e chiudendo gli occhi ti sei lasciato andare nelle braccia di Morfeo. Il
tuo volto candido e le lievi scocche rosa che lo colorano sembrano rilassati,
quieti in una dolce pace e sembrano appartenere ad un bambino piuttosto che ad
un diciassettenne.
Sorrido. Ti ho
promesso che ti saresti ambientato subito in questa nuova scuola e voglio
illudermi che l’apparente assenza di tristezza sai tuoi lineamenti sia dovuto a
questo, che io abbia mantenuto la parola data, che per te sia più facile ora.
«Dorme?» chiede Wes sorpreso, sbucando sopra la mia testa dal posto
retrostante.
Gli sorrido
annuendo.
«Stanotte ci
siamo persi in chiacchiere quasi fino all’alba» spiego.
«Forse non è
stata poi una grande idea mettervi in stanza insieme...» sussurra con cipiglio
fra il dubbioso ed il preoccupato David – sportosi anche lui.
«Colpa vostra»
li canzono, tornando a fissare Kurt.
«Ehi,
Kurt!» lo chiamai incrociandolo mentre scendeva le scale – sul viso ancora
l’aria un po’ spaesata dei primi tempi.
«Blaine.
Mi cercavi?»
«Non
io» puntualizzai lievemente contrariato «Wes e David
ci aspettano ai dormitori: non mi hanno voluto dire altro se non “smettila con
le domande, cerca Kurt e andate nell’ala delle camere”. Ed eccomi qui»
Sul
suo volto chiaro si dipinse un’aria di seria curiosità. Per qualche istante mi
guardò fisso, come se volesse carpirmi il segreto che neanche io conoscevo; poi
si avviò standomi un passo avanti così che non riuscivo a vedere cosa gli
passasse per la testa – che solitamente era fin troppo chiaro dai lineamenti
del suo viso.
Quando
imboccammo il corridoio, i due Usignoli ci aspettavano un paio di porte dopo la
mia camera – uno strano e fastidioso sorrisetto che allargava loro le labbra e
che divenne ancora più sfavillante alla nostra vista.
«Ce
ne avete messo di tempo!» si lamentò Wes, guardando
solo me – come se, poi, lo avessi fatto a posta a metterci più di un quarto
d’ora per trovare Kurt.
«Che
succede?» chiese lui, un voce seria, quasi sulle spine.
Mi
voltai per guardarlo e notai che era sul serio teso, come se si aspettasse
qualcosa di brutto da un momento all’altro.
«Tranquillo,
Kurt. Volevamo solo mostrarti la tua nuova stanza» lo rassicurò David, al che i
suoi lineamenti si rilassarono – che si aspettava?
Wes
aprì la porta, mostrando una stanza del tutto uguale alle altre del corridoio,
ma che comunque attirò l’attenzione di Kurt dato che era la prima volta che ne
vedeva una. Era una bella camera fatta per due persone, illuminata da un’ampia
finestra, ora aperta a metà, che dava sull’esterno dell’edificio. Il letto
accanto alla finestra era occupato da una valigia scura che scoprii essere la
sua dato che vi si avvicinò con convinzione aprendola.
«Grazie
per averla portata fin qui, ragazzi» sorrise gentile, mentre senza indugi
esplorava il resto, fino ad arrivare ad una cassettiera in legno chiaro, molto
elegante. Aprì il primo dei cinque cassetti, accorgendosi però che era già
occupato da alcune camice.
«Sono
in stanza con qualcuno?» chiese allora all’indirizzo dei due Usignoli, che
sorrisero ancora.
Io
mi feci avanti, attirato da un particolare che… ah! Lo sapevo!
«Sei
in stanza… come me!» feci sorpreso quanto lui, riconoscendo le mie camice nel
cassetto.
Ecco
spiegati i sorrisetti d’intesa fra quelle due canaglie! Avevano spostato tutta
la mia roba e mi avevano messo in stanza con Kurt! Non che la cosa mi
dispiacesse, in realtà; ma mi avevano praticamente sfrattato!
Il
nuovo arrivato, intanto, continuava a muovere lo sguardo da me ai due Usignoli,
spiazzato dalla situazione che si era venuta a creare.
«Abbiamo
pensato che tu conosci Kurt da prima della sua iscrizione ufficiale alla Dalton
e che gli sei stato molto d’aiuto in questioni.. ehm… delicate. Insomma, siete diventati amici subito e
tutti hanno notato il particolare feeling fra di voi…» e volò uno sguardo pieno
di sottintesi nei miei confronti «Quindi, stare in stanza insieme potrebbe
aiutarlo ad ambientarsi quanto prima, no?» si giustificò Wes,
aiutato dal capo di David che annuiva convinto.
In
effetti, detta così, non faceva una piega. Eppure c’era un’irritazione di fondo
in tutta quella cosa che non avevo intenzione di farmi passare tanto
facilmente.
«In
ogni caso, avreste dovuto prima chiederlo a Kurt! Lo avete traslocato qui –
prendendogli i bagagli a sua insaputa – senza sapere se la cosa avrebbe potuto
infastidirlo!» lii rimproverai, mente lo sguardo del diretto interessato si
focalizzava un po’ sorpreso su di me.
«Ma
guarda! E noi che pensavamo te la saresti presa per il fatto che avessimo preso
le tue cose senza permesso!» mi canzono David; poi
si rivolse a Kurt «La prima cosa da imparare su Blaine, se ci tieni alla tua
salute, è che ha delle crisi da tutto-deve-essere-in-ordine ogni tre e quattro… e le cose peggiorano se
a non essere in ordine sono le sue
cose»
«Starò
attento, tranquillo!» sorrise Kurt, prima che i due Usignoli andassero via,
lasciandoci soli.
Dopo
alcuni istanti di più o meno imbarazzante silenzio, si avvicinò alla finestra
come se fosse attirato da qualcosa che io non avevo visto. Io mi sedetti su
quello che era il mio nuovo letto – meglio per quei due se fosse stato comodo
come il precedente – e mi persi guardando la sua dolce figura di spalle. Non
potevo fare a meno di pensare a quanto sembrasse fragile e del coraggio che,
invece, aveva mostrato resistendo tanto a lungo in quella scuola.
Mi
stesi completamente sul letto, mettendo le braccia sotto la testa per stare più
comodo. Esisteva un modo attraverso cui liberarmi dal suo pensiero fisso nella
mia testa? Oltre ad essere controproducente per qualsiasi altra attività
dovessi fare, era patetico ad un livello che credevo non avrei mai raggiunto.
Lui è appena arrivato alla Dalton, non è ancora riuscito ad ambientarsi ed io
non ho di meglio da fare che ribadire nella mia testa quanto siano magnifici i
suoi occhi o come il colorito della sua pelle curata trasmettesse delicatezza e
dolcezza a chiunque lo guardasse.
Perso
com’ero nel pensare a lui, mentre cercavo un modo per non farlo, non mi accorsi
subito di quanto innaturalmente fissa fosse la sua figura in controluce, ancora
do fronte alla finestra. Quando notai finalmente quel particolare, era troppo
tardi.
Uno
sbuffo forzato uscì, sottile, dalle labbra di Kurt e mi fece scattare in piedi.
«Ehi,
è tutto a posto?» chiesi avvicinandomi.
Lui
annuì senza voltarsi e senza convincermi. Allora fui io a sporgermi per
guardarlo negli occhi. Rimasi basito ed un senso di impotenza mi pervase.
Kurt
piangeva. Cos’era successo? Mi ero distratto un secondo e lui era in lacrime.
Accorgendosi
che lo avevo scoperto, cacciò con rabbia via le lacrime, ma i suoi occhi erano
terribili e mi facevano male.
«Ehi,
che succede?» chiesi con quanta più premura potessi.
Per
alcuni attimi mi guardò fisso e credetti che da un momento all’altro sarebbe
scoppiato di nuovo in lacrime. Poi mi porse il suo cellulare, dove il display
recava l’ultimo messaggio ricevuto.
“Spero che tu
stia bene lì. Mi manchi tanto. M.”
Non
sapevo cosa dirgli. Ero di nuovo senza parole, nonostante conoscessi bene la
situazione in cui si trovava; nonostante fosse stata la mia. Stava soffrendo ed
io non sapevo fare nulla se non una stupida promessa che aveva già dimenticato?
Mi sentivo così furioso con me stesso, così frustrato per quella situazione!
Gli
presi le mani nelle mie e lui mi guardò sorpreso.
«È
difficile, non posso negartelo… Ma vuoi lasciarmi mantenere la mia promessa?»
sussurrai e avevo paura di sentirmi ancora male.
Lui,
inaspettatamente, sorrise e i suoi occhi brillarono.
«Hai
ragione. Con te è più facile, Blaine. Ti ringrazio» confessò.
E
mi aggrappai a quella frase come se fosse la pura verità, come se ci stessi
riuscendo. Il suo dolore era il mio e in quel momento avevo bisogno di appigliarmi a quella bugia.
«Mi
pare ovvio che sarà più facile: come stiamo ora, non avrai un attimo di
tregua!» scherzai per dissipare l’aria pesante dei nostri pensieri.
Lui
mi osservò e in un attimo un sorriso comparve sulle sue labbra.
«Si
salvi chi può, allora! Tra questo e le tue manie da perfettino non so quanto
resisterò!» si lamentò ridendo «E magari tutto questo è opera tua!»
Lo
guardai falsamente offeso.
«Io?»
mi indicai con gesto teatrale «Ma se quei due hanno architettato tutto senza
che sapessi nulla! E poi scusa, perché avrei dovuto?»
Kurt
rimase per qualche istante pensieroso, come se cercasse le parole più adatte
per controbattere.
«Beh..
forse dietro il tuo comportamento da “buon samaritano” si nasconde ben altro!»
mi accusò passandomi accanto e sedendosi sul suo letto «Hai fatto tutto questo
per stare solo in camera con me!»
Per
un attimo credetti che fosse serio e che, in qualche modo, avesse capito quello
che provavo per lui; il suo sorrisetto divertito, però, mi rassicurò che stava
ancora scherzando.
Se
voleva la guerra, l’avrebbe avuta!
«Hai
ragione» feci, diventando improvvisamente serio «Fin dal momento in cui ti ho
visto, il mio unico obbiettivo è stato questo: trovarmi in camera con te, da solo»
Mi
alzai, avvicinandomi lentamente a lui e notai con divertito orgoglio il dubbio
insinuarsi sul suo viso.
«E
sai perché?» feci quasi con malizia «Perché io… non posso fare a meno… di… fare
il solletico a chi mi è accanto!» gridai, saltando sul suo letto e cominciando
a solleticarlo ovunque.
Kurt
cominciò a contorcersi tutto senza possibilità di difendersi – gli avevo
bloccato le braccia sotto il corpo.
«Blaine!
Blaine… ti prego, basta! Per favore, per favore!» implorava tra le risate, ma
io mi stavo divertendo troppo e poi… non lo avevo mai visto tanto allegro.
Lo
lasciai solo quando sembrava stesse soffocando per le troppe risate; mi stesi
al suo fianco e quando parve essersi ripreso lo chiamai urtandolo con la
spalla.
«Che
ti avevo detto?» gli chiesi fiero di me e felice «Con me sarà facilissimo!»
Sospiro, un
sorriso che mi bagna le labbra ed il Sole mattutino che illumina il viso di Kurt
che ancora dorme. Quel giorno non feci più attentati del genere: forse il
fisico di Kurt non avrebbe retto ed io non volevo averlo sulla coscienza.
Passammo tutta la notte a parlare di qualsiasi cosa ci passasse per la testa:
ero così convinto del mio proposito che non gli lasciavo tempo per concentrarsi
su un argomento che passavo ad uno successivo, fino a che poco prima dell’alba
non ci ha colto il sonno.
La luce forte
sul suo viso lo infastidisce e istintivamente si sposta dall’altro lato, verso
di me, continuando a dormire.
Mi si ferma il
fiato, come in camera sua quella mattina.
Ancora una volta
ero stato troppo distratto. Ancora una volta la mia promessa era stata infranta,
quando mi ero illuso di esserci riuscito. Ed io mi sento male, di nuovo.
Il volto di Kurt
era teso in una sottile espressione di dolore, una lacrima gli rigava il viso
pallido.
NOTE:
YaY
riecco Alchimista (un pomodoro la centra in pieno viso)
>.<’’’ Dopo il capitolo della
scorsa volta, dubito che qualcuno di voi sia riuscito ad apprezzare questo.. beh,
io c’ho provato ç__ç
Blaine è spaventosamente OOC,
chiedo perdono: non sono riuscita a fare di meglio…
Emh..
=___= Non so cos’altro dire… ringrazio ancora tutti quello che hanno recensito –
i vostri commenti sono la nostra principale forza! Inoltre un grazie speciale a
coloro che preferiscono, ricordano e seguono: aumentate sempre più *-* e infine
a chi legge silenziosamente – fateci sapere se vi va che ne pensate!!
~ Dove, in ogni caso, sarò il suo angelo
custode ~
«Perfetto,
Usignoli: siamo qui per dare il meglio di noi. Stavolta andremo alle Provinciali,
mi avete sentito? Noi andremo alle
Provinciali. Quindi, fate sparire immediatamente quell’aria tesa ed impaurita dai
vostri volti e fatemi un bel sorriso! Stavolta li lasceremo a bocca aperta.
Tutti!»
Gli altri
Usignoli mi guardano sorridendo e i loro sguardi sembrano dire “il solito
Blaine”. Ormai sono abituati ai miei discorsi da coach prima di una
competizione e Wes e David mi hanno più volte detto
che sono quasi diventato una specie di rito pre-gara
– di quelli scaramantici, senza i quali non è possibile vincere. Non so se
sentirmi offeso o lusingato dalla cosa, eppure non posso fare a meno di
incoraggiarli in quel modo: serve innanzitutto a me.
«Ehi, dov’è il
novellino?» chiede ad un tratto David e tutti gli Usignoli, dopo essersi
guardati intorno,mi fissano come se
dovessi per forza sapere io la risposta.
«Cosa…? Non so
dove sia. Forse sta girovagando qua intorno…» rispondo evasivo e vedo Wes alzare un sopracciglio, poco convinto.
«Scompare a
pochi minuti dalla nostra entrata in scena e non ti preoccupi neanche un po’?»
mi chiede con tono d’allusione.
No. Non mi
preoccupo. Perché dovrei? È solo in giro, magari a sbollire la tensione…
Saràsicuramente teso: in pochissimo
tempo ha cambiato scuola, ha dovuto adattarsi ad un nuovo Glee Club e sta per
esibirsi in una competizione ufficiale contro i suoi vecchi compagni di
squadra.
In un attimo
qualcosa scatta dentro di me, come una molla… anzi, come l’interruttore di una
lampadina.
«Wes, mi aiuti a cercarlo?» chiedo andando verso la porta e
l’asiatico mi sorride, rispondendomi con un sorriso.
Non è in
corridoio o dietro le quinte a spiare la gente in sala che attende l’inizio
delle esibizioni e i ritardatari che si affrettano a prendere posto. Noi saremo
i secondi ad esibirci, dopo gli Hipsters e ci sono dei posti riservati tra il
pubblico che dovremmo raggiungere per vedere la loro esibizione… se riesco a
trovare Kurt in tempo! Ma dove si è cacciato?
«Allora… come
va?» chiede Wes e ho la netta sensazione che la
domanda non si riferisca semplicemente alla mia salute.
Mi fermo e lo
guardo interrogativo, come se non avessi capito.
«Intendo con
Kurt…» precisa lui, portandosi mezzo passo avanti a me con l’evidente
atteggiamento di chi non si lascerà liquidare in due secondi.
Sospiro: so
quanto l’asiatico possa essere invadente – soprattutto se tiene particolarmente
all’argomento -e non provo nemmeno ad
opporre resistenza alle sue richieste: in ogni caso le esibizioni stanno per
cominciare, il che significa che la conversazione non durerà a lungo – o almeno
il primo round.
«Sta cercando di
ambientarsi… lo vedi anche tu…» rispondo evasivo e stranamente a disagio.
«E tutto questo…
perché…?»
«Che intendi?»
Stavolta,
davvero non capisco a cosa si riferisca. Wes mi
guarda, evidentemente spazientito dal mio comportamento, ma io gli faccio cenno
di non aver capito sul serio.
«Perché si è
improvvisamente trasferito qui, se sta facendo così tanta difficoltà?»
Lo sguardo che
mi rivolge stavolta mi sorprende: non chiede più solo per sapere, non è
qualcosa fine a se stessa. Ora sembra avere il mio stesso sguardo – la
preoccupazione, sottile, gli illumina gli occhi.
«Conosci i suoi
problemi con i bulli della sua scuola. Beh, sono andati oltre agli insulti:
spintoni contro gli armadietti… e…» mi blocco, reticente a parlarne: non so se
a Kurt farebbe piacere.
«Blaine… è…
successo come a te?» chiede ancora lui, anche se l’imbarazzo strozza la sua
voce.
Mi poggia una
mano sulla spalla in uno slancio di affettuosa comprensione che raramente è
stato tanto palese.
Io lo guardo,
sinceramente grato, sorridendogli.
«No, per fortuna no. Ma, in ogni caso… uno
dei bulli… gli si è avvicinato troppo e i suoi genitori hanno preferito che
continuasse gli studi qui, in tranquillità»
La
Dalton mi uccideva. Era ufficiale. Quale altro adolescente starebbe steso sul
proprio letto alle nove di sera? Mi sentivo davvero a pezzi, quasi avessi
affrontato un giorno di lavori forzati anziché una giornata di scuola.
Sospirai
mettendo le braccia dietro la testa per stare più comodo e chiusi gli occhi.
Avevo bisogno solo di un istante di tranquillità per riprendermi e poi sarei
scattato con un grillo, pronto per qualunque cosa si potesse fare alle nove di
sera con un gruppo di amici.
Solo
un istante... che si trasformò in un munito e poi in più minuti fino a che non
caddi in uno stato di dormiveglia per non so più quanto tempo.
Il
risveglio, in ogni caso, fu improvviso e scosso, come quando cadi dal letto e
ti riprendi a terra, guardando il letto come se fosse la cosa più assurda del
mondo.
Il
cellulare stava cantando a squarciagola.
Mezzo
stordito allungai la mano verso il comodino, andando a tentativi, fino a che
non ebbi quell’affare infernale tra le mani e potei leggere chi mi avesse
svegliato.
“Kurt”
Per
un attimo rimasi con il cellulare in mano e gli occhi incollati al display.
Kurt. Non l’avevo più sentito da quando era venuto alla Dalton e mi aveva
confessato i problemicon i suoi
compagni di scuola. Ero riuscito a dargli il mio numero di cellulare – in
extremis, fra l’altro – ma, oltre a dei messaggi di incoraggiamento, non mi ero
più fatto sentire. E nemmeno lui.
Risposi
con una brutta sensazione.
«Kurt!
Ciao» tentai di sembrare sicuro e calmo.
«Ehi,
Blaine…»
Al
contrario, lui non aveva neanche provato a fermare in tremore che spezzava le
sue parole.
«Kurt
che hai? È successo qualcosa?» mi preoccupai – al diavolo le apparenze.
«No.. no... Cioè, sto bene, però... Blaine...
Io... non avrei dovuto chiamarti…»
«Mi
pare che darti il mio numero di cellulare servisse a questo, invece!» lo
contraddissi, sperando che non attaccasse «Ora mi dici che succede?»
Seguirono
attimi di reticenza ed io ebbi paura che fosse davvero qualcosa di grave.
«Ho…
ho seguito il tuo consiglio... ed ho affrontato Karofsky stamattina» confessa,
ma non sembrava intenzionato ad andare avanti.
Un
nodo alla gola bloccava anche me. Stupido, deficiente, idiota! Che razza di
consiglio gli avevo dato? Lo aveva affrontato e a giudicare da quella chiamata
non era andata bene.
«Kurt,
ti ha picchiato? Ti ha fatto del male?!» quasi gridai, ormai completamente
sveglio «Vengo lì da te, cavoli! Dove… dove sei, a casa?» e poco importava che
non avessi idea di dove abitasse.
«No,
no, Blaine!» mi fece rinsavire lui «Sono a casa, ma non c’è bisogno che tu
venga: non mi ha fatto del male, sto bene… Io…»
Stava
bene. Non ricordavo da quanto non provassi un tale sollievo. Mi rilassai,
poggiando la schiena contro il muro e reclinando la testa.
«Allora
qual è il problema, Kurt? Perché sei tanto sconvolto?» chiesi – non avevo
dimenticato il suo tono affranto e spaventato.
«Karofsky
non mi ha fatto del male, ma… lui, ecco… mi ha baciato. Capisci? Il bullo che
sta rendendo la mia vita un inferno, mi ha baciato!»
Sembrava
che fosse sollevato per la confessione e preoccupato allo stesso tempo. Dal
canto mio, ero stato completamente spiazzato da quelle parole. Tutto, tutto mi sarei aspettato da parte di quel tipo,
fuorché questo gesto. E perché poi?
«Non
so perché l’abbia fatto – cioè, mi fa strano scoprirlo gay… insomma, non lui! Ma… questa cosa mi ha sconvolto parecchio,
Blaine…»
Avrei
voluto essere lì con lui – mi stavo rendendo conto che non ero affatto bravo
con le parole.
«Kurt…
non hai detto a nessuno di…questo?»
«Sei
il primo a saperlo. Sappiamo entrambi che non c’è da scherzare su cose del
genere… Ma… Blaine, ora ho più paura di prima!»
Sospirai.
Sapevo a cosa stava pensando e nonostante tutto, capivo anche perché aveva
tenuto il segreto.
«Stammi
a sentire Kurt. Domani vengo lì, al McKinley e parlo con questo tipo. Vedremo
di capire perché l’ha fatto e gli dirò di starti alla larga: non so quanto
possa esserti utile, ma devo fare
qualcosa» decisi risoluto ed ero certo che lui stesse sorridendo.
«Ora
però, va in cucina e cena, stupido» gli ordinai con voce velata dal sorriso e –
come credo – dovette rimanere impressionato da come avessi azzeccato il fatto
che non avesse ancora mangiato, perché ci fu un silenzio stupito.
«So
come vanno queste cose, Kurt – ci sono passato anch’io. Ora vai! Ci vediamo
domani ad ora di pranzo, d’accordo?»
«D’accordo,
Blaine. E… grazie, davvero» mi salutò.
Quando
ebbi attaccato, rimasi seduto sul letto, senza fare nulla, gli ultimi avvenimenti
che mi scorrevano veloci nella testa, senza che riuscissi ad afferrarli e a
concentrarmi su di essi.
Ero
certo solo di una cosa: se mai mi fosse capitata di nuovo una chiamata tanto
sconvolta da parte di Kurt, prima di farlo parlare, non avrei esitato a correre
a casa sua.
Mi rabbuio un
po’ ricordando quella sera, cosa che a Wes non
sfugge, ovviamente.
«Ehi, con te
starà benone! Insomma, l’hai detto tu: serve solo un po’ di tempo» mi
incoraggia con improvviso slancio, mentre riprendiamo a camminare alla ricerca
di Kurt.
Io annuisco,
sovrappensiero. Sono pienamente consapevole del fatto che quello che provo per
Kurt va al di là di una semplice amicizia: è stato tutto troppo veloce e sento
che mi sta coinvolgendo come niente prima d’ora – non si tratta solo di
amicizia, non di un’amicizia come le altre. Tengo molto a lui, davvero molto…
«Quello è ciò
che credo?»
La voce si Wes mi fa quasi sobbalzare, perso come sono in pensieri che
neanche io conosco – per un attimo ho dimenticato la sua presenza o il fatto
che stavamo cercando Kurt perché tra un po’ dobbiamo esibirci!
Gli occhi
sottili dell’asiatico sono di nuovo fissi su di me e stavolta ne ignoro
completamente il motivo – non escludo il fatto che abbia fatto un intero
discorso mentre io ero perso nelle mie assurde elucubrazioni.
«Conosco quello
sguardo, Blaine» mi canzona con tono da maestrino «Non è la prima volta che lo
vedo, specialmente in te. Te ne stai innamorando?»
Sgrano gli occhi
per la sorpresa: quella domanda mi coglie completamente alla sprovvista – è
l’ultima cosa a cui avrei pensato al momento. Innamorato? Io? Di Kurt?
Per qualche
istante quelle poche parole, accostate in tal modo, mi danno quasi il capogiro.
È di questo che si tratta allora? Me ne sto semplicemente
innamorando? Mi sento più confuso di prima e di certo lo sguardo di Wes fisso su di me non mi aiuta a mettere in ordine tutto.
«No… non credo…»
borbotto senza esserne completamente convinto «È più che altro come se lo
conoscessi da sempre. Mi rivedo così tanto in lui… che alle volte mi faquasi strano stargli accanto. Ce la sto
mettendo tutta per aiutarlo proprio per questo: io ero convinto di essere da
solo e che nessuno avrebbe potuto capirmi; lui, però, non deve pensarla in
questo modo – non voglio… non voglio che lui
soffra come ho sofferto io»
«Credi di aver
risposto alla mia domanda?» insiste l’asiatico, incoraggiato dallo smarrimento
che deve essere stampato sul mio viso «Mi hai solo fornito ulteriori elementi
che valorizzano la mia tesi»
Sbuffo, stizzito
da tanta insistenza, soprattutto perché mi sto accorgendo di quanto l’argomento
mi metta sul serio a disagio. Cosa diavolo mi hai fatto, Kurt?
Mentre uno
strano ed imbarazzante silenzio minaccia di scendere tra noi, da lontano scorgo
il bar interno dello stabile e lì, ad una delle sedie del bancone, Kurt
chiacchiera con una ragazza. Wes mi fa segno di aver
notato la stessa cosa ed io annuisco senza, però, avvicinarmi. Per un attimo
voglio guardarlo così, da lontano, senza intervenire: perdermi nei suoi
movimenti, in quegli occhi chiari che brillano a prescindere dall’argomento di
cui stanno parlando e in quelle labbra chiare. Sorride – sembra illuminarsi
ogni volta che lo fa, come se la luce dagli occhi si irradiasse in tutto il
corpo – e stringe a sé la ragazza-
sicuramente una sua vecchia amica delle Nuove Direzioni – in un tenero
abbraccio. Lì con lei sembra tanto a suo agio… ogni movimento, anche il più
insignificante battito di ciglia è naturale, spontaneo e… felice.
Un sorriso amaro
mi copre le labbra. Dura solo un attimo.
«In ogni caso, Wes» sussurro con una certa sicurezza riprendendo
l’argomento «Se anche fosse come dici tu, di certo non è ciò di cui Kurt ha
bisogno al momento»
Stavolta è il
suo turno di guardarmi interrogativo.
«Troppe novità,
troppi cambiamenti: non è affatto il momento per mettere in mezzo qualcosa
anche solo lontanamente simile all’innamoramento e, in ogni caso, lui non sta
certamente pensando a questo. Guardalo: vorrebbe solo essere lì con i suoi
compagni»
«E tu? Tu che
hai intenzione di fare?»
«Io?» trattengo
un sincero scoppio di risata. Wes sta correndo
troppo.
E,
forse, per un attimo l’ho fatto anch’io.
«Semplicemente
quello che sto facendo…» rispondo «Starò proprio lì» ed indico un punto
impreciso, accanto a Kurt.
Poi, senza
attendere oltre, mi muovo verso di loro. Non stanno parlando di qualcosa di
prettamente allegro quando, sfiorando la spalla dell’Usignolo, li interrompo;
il sorriso che mi rivolge, però, mi distrae da qualsiasi altra cosa.
«Kurt, stanno
per cominciare» lo avviso «Ciao» saluto poi la ragazza che, in realtà, mi pare
confusa, come se il mio intervento avesse interrotto qualcosa di importante e
lei fosse stata colta alla sprovvista.
«Grazie ancora, Rachel» la saluta lui, che invece non sembra fare
particolare difficoltà ad interrompere tanto improvvisamente il discorso.
Quando ci
avviamo alla platea mi accorgo che Wes – e
probabilmente anche il resto degli Usignoli – si è già avviato, lasciandoci
indietro.
Senza
accorgermene, prendo a fissare Kurt, il modo in cui la giacca scusa metta in
evidenza la sua eleganza, il fatto che su di lui anche quel po’ di rosso della
divisa risalti – quanto gli sta bene il rosso! – e poi, mi fermo sui suoi occhi
e i capelli sempre in stato immacolato – altro che i miei!
«Qualcosa non
va?» mi chiede lui e solo allora mi accorgo anche della sua espressione
curiosa.
«Come…? No, no:
è tutto a posto» gli sorrido in imbarazzo «Era una delle tue vecchie amiche
quella?» svio poi il discorso con finta nonchalance.
«Rachel? Sì… è stato bello rivederla» mi conferma; poi
scoppia a ridere, ma non mi sfugge una lieve nota fuori posto in quel suono
«Era nel pieno di una crisi alla “Nuove Direzioni”! Sembra quasi diventato un
rituale: non possiamo farne a meno. Non possono
farne a meno» si corregge e prima che possa solo soffermarsi su quell’ultimo
pensiero, lo urto amichevolmente sulla spalla rivolgendogli uno dei miei
sorrisi migliori.
«Faremo vedere
loro che sei in ottime mani! Su, muoviamoci!» e lo spingo, correndo a mia
volta: siamo in ritardo sul serio.
~ ∞ ~
Heeeyheeeeyheeeeey
(tonight) Heeeyheeeeyheeeeey (tonight)
Your lipstick stains on the front lobe
of my left-side brains
I knew I wouldn't forget you
And so I went and let you blow my mind
Sento la
concentrazione scendere dentro di me e in un attimo tutto quello a cui fino ad
ora sto pensando sparisce, come sempre, per fare posto alla memoria dei passi e
delle parole e poi semplicemente alla musica, che ti trasporta e fa sembrare
ogni cosa tanto naturale.
Mi chiedo se sia
così per tutti – ovvio che sì. Sarà lo stesso anche per Kurt? È relativamente
vicino a me, quanto più possibile considerando la coreografia: ho fatto in modo
da poterlo in un certo senso tenerlo d’occhio e durante i passi mi ci avvicino,
giusto per vederlo…
Assurdo! Da
sempre, in ogni esibizione, tutto nella mia testa lascia il posto alla musica e
all’istinto frenetico che mi prende quando sono sul palcoscenico. Il pensiero
di Kurt, invece, se ne sta lì, ben ancorato alla mia memoria e nulla sembra riuscirlo a smuovere.
The smell of you
in every single dream I dream
I knew when we collided
you're the one I have decided
Who's one of my kind
Mentre gli altri
Usignoli continuano lo show e la mia voce fa perfettamente il suo dovere, mi
concede di rivolgere lo sguardo e l’attenzione sul “novellino”. Il contatto
visivo dura poco più di un attimo, ma tanto mi basta per vedere quanto sia
adorabile mentre, nella sua impeccabile divisa, segue dei passi imparati tanto
bene e in così poco tempo, con un’eleganza tutta sua.
Se penso al modo
in cui il destino ha giocato con noi, mi scappa quasi da ridere. Se non fosse
venuto goffamente a spirarci, quando era ancora al McKinley, non ci saremmo mai
incontrati ed ora non sarei qui a cantare con lui – a pensarlo mentre canto.
Lo avevo capito
da subito che c’era qualcosa in più in quello strano e smarrito ragazzino col
volto pulito di un dodicenne: dal nostro primo incontro ho avvertito qualcosa
di speciale.
E non mi sbagliavo.
Hey soul sister, ain't that mister mister
on the radio, stereo
The way you move ain't fair you know
Hey soul sister,
I don't wanna miss
a single thing you do tonight
Vedo il pubblico
davanti a me cantare e muoversi a tempo con le mie parole e questo non può che
farmi bene perché comincio a sciogliermi nei movimenti, a farmi coinvolgere
dalla canzone che penetra in ogni muscolo, scuotendolo.
Il pensiero di
Kurt sta sempre lì, ora in simbiosi perfetta con la canzone tanto che mentre
canto muovendomi riesco perfettamente ad avvertirlo alle mie spalle,
concentrato sui passi della coreografia.
La sua unica
pecca al momento, forse, è la mancanza di una completa naturalezza: ogni passo
che fa, ogni gesto che compie sono troppo controllati e in più è troppo serio,
non sta sorridendo – non si sta divertendo.
Well you can cut a rug
Watching you is the only drug I need
So gangster, I'm so thug
You're the only one I'm dreaming of
You see I can be myself now finally
In fact there's nothing I can't be
I want the world to see you'll be with me
Torno a guardare
di fronte a me, imponendomi di non distrarmi ancora, di seguire la canzone e
tentare, magari, di compensare l’assenza di spontaneità del nuovo Usignolo.
Osservando il pubblico scorgo le “strisce” azzurre dei Hipsters e lì vicino
anche le file occupate dalle Nuove Direzioni: sembrano incantati dal nostro
numero, dalla sincronia, dalle voci. Fra loro una ragazza – guardando bene è
quella del bancone del bar – fa segno con le mani di sorridere e so che si sta
rivolgendo a Kurt.
Tornando con lo
sguardo su di lui lo vedo tentare un impacciato sorriso e tanto basta a far
sorridere me. Ad un tratto è come se fossi pieno di una nuova energia: è ancora
colpa sua.
Mi rendo conto
che stare accanto a lui mi fa stare bene – non importa quale sia il mio ruolo:
con Kurt non esistono maschere, posso essere chiunque io voglia, posso essere me stesso.
Hey soul sister, ain't that mister mister
on the radio, stereo
The way you move ain't fair you know
Hey soul sister,
I don't wanna miss
a single thing you do tonight
Hey soul sister,
I don't wanna miss
a single thing you do tonight
Ho capito, ho
finalmente capito ogni cosa e nonostante il momento non sia dei più
appropriati, sono felice che sia accaduto proprio ora: adesso so cosa fare.
Non importa
quello che dice Wes sul mio presunto sguardo da
“mi-sti-innamorando-di-te”. Non è di questo che Kurt ha bisogno ed io non ho
intenzione di perdere neanche un istante del mio tempo con lui. Gli lancio un
ultimo sguardo ed ora sta sorridendo, quasi si fosse davvero sbloccato, mentre
guarda di fronte a sé.
Sarò la sua
guida, il suo confidente, il sostegno su cui poter contare, la persona con cui
sfogarsi – ha già sofferto troppo e non ho alcuna voglia di vederlo stare
ancora così male.
Non posso innamorarmi
di lui; non so nemmeno se voglio innamorarmi di lui. In effetti, non ho idea di
come vadano le storie d'amore e finirei per fare danni – e con lui non voglio fare alcun danno. Perciò mi
limiterò ad essergli amico. Sarò il suo angelo custode.
NOTE:
Ah ah! Credevate di essere nelle ottime mani della mia controparte
Pachelbel, invece anche stavolta ci sono io!! *parte
una risata malefica*.
No, ok, mi calmo
xD
Mmmh.. lo so, forse
anche questo capitolo non è stato dei più allegri, ma abbiate ancora un po’ di
pazienza! In ogni caso, questo era necessario, almeno per capire l’evoluzione
del rapporto fra Kurt e Blaine che ora si solidifica come amicizia stretta ( DD:
non odiatemi!)
Spero di essere
riuscita a descrivere al meglio Blaine, stavolta.. ^^ vi giuro, alle volte mi
sembra facilissimo (non chiedetemi quando), ma alle volte quel cosetto è davvero
difficile da trattare!!
Boh, mi
eclisso.. ringrazio tutti coloro che prestano attenzione a questa ff.. una recensione, anche piccola, non può che farci felici, quindi non impigritevi, avanti!!! Ah, tranquillizzatevi, per il prossimo capitolo tornerà la vostra amata Pachelbel!
~
Quando a volte Rachel Berry si dimostra, stranamente, utile e carina ~
Hey, hey,
hey
Tonight
Hey, hey,
hey
Ed eccomi
qui, finalmente alle Provinciali. Certo non stanno andando esattamente come avevo
sempre sognato: nella mia immaginazione sarei stato con Rachel, Mercedes e
tutti gli altri. Avrei dovuto lottare per ottenere un assolo – che sarebbe
invece finito alla sempre dolce e simpatica Rachel Berry. Ovviamente si noti il
sarcasmo, anche se in questi ultimi giorni si sta dimostrando davvero gentile
nei miei confronti. Pensare che prima ci siamo anche abbracciati!
Comunque, a
parte questo, mi ero sempre immaginato al fianco delle New Directions
alle Provinciali. Invece loro sono seduti da qualche parte fra il pubblico.
Your
lipstick stains
On the front lobe of my
Left-side brains
I knew I wouldn't forget you
And so I went and let you
Blow my mind
Let you blow
my mind
Voglio fare
una buona impressione. So perché ci tengo: è la mia vena da diva che viene
fuori, desiderosa di colpire il pubblico.
Non so
spiegarmi però perché io voglia impressionare loro. Forse voglio far vedere
loro che non ho alcuna intenzione di “trattenermi” soltanto perché me li
ritrovo come nemici. Oppure voglio che vedano di cosa i Warblers
sono capaci – di cosa siamo capaci.
Ormai sono uno di loro, è inutile crogiolarsi così.
Blaine mi guarda, interagendo con me, come previsto dalla
coreografia. Sorrido un po’ forzatamente, con lo stomaco in subbuglio come al
solito. E certo che dovrei ormai averci fatto l’abitudine ai suoi sorrisi, o a
lui in generale.
Your sweet
moonbeam
The smell of you in every
Single dream I dream
I knew when we collided
You're the one I have decided
Who's one of my kind
Oneofmykind
Mentre
venivamo qui, mi sono addormentato, in pullman. C’è stato un momento di
imbarazzo quando, aprendo gli occhi, mi sono ritrovato spalmato sul petto di Blaine, ma lui mi ha salutato con un sorriso. Inutile dire
che i miei neuroni si sono suicidati buttandosi giù dalle mie orecchie.
Tuttavia, svegliarmi e trovarlo al mio fianco, mi ha fatto incredibilmente
bene, soprattutto dopo l’incubo appena avuto: ho sognato che mi abbandonava,
trasferendosi in un’altra scuola, perché non poteva sopportare di stare in
stanza con me.
È
un’esagerazione, lo so, ma per ora sto bene alla Dalton soprattutto perché c’è
lui; non ho ancora legato molto con gli altri ragazzi. Loro sono gentili con
me, ma non li sento ancora come degli amici.
Quando ho
scoperto che io e Blaine eravamo finiti in camera
insieme, mi sono quasi dovuto trattenere dal saltellare per la stanza – in una
sua perfetta imitazione tra l’altro: è lui il re dei saltelli qui.
Peccato che
poi il messaggio di Mercedes mi abbia fatto abbandonare il mio animo
entusiastico per uno assai più deprimente; ma anche lì, Blaine
è riuscito a “tirarmi per i capelli” e a salvarmi dal baratro della
depressione.
Sorrido un
po’, non potendo evitare di guardarlo mentre fa in modo che l’attenzione si
focalizzi tutta su di lui.
Hey soul
sister Ain't that mister mister
On the radio, stereo
The way you move ain't fair, you know
Hey soul sister
I don't wanna miss
A single thing you do
Tonight
Già,
l’attenzione.
Se al
McKinley dovevo lottare e alzare la voce per ottenere qualcosa, qui a quanto
pare è qualcosa che non viene vista di buon occhio.
Posso capire
che forse la scelta della canzone per la mia audizione fosse un tantino
esagerata, ma era la canzone che meglio rappresentava il mio stato d’animo. Non
vedo sinceramente dove ho sbagliato, anzi, credo che il problema sia stato
proprio l’opposto, come mi ha detto Blaine: ho volato
troppo alto.
Vedo Rachel
dal pubblico farmi cenno di sorridere, riportandomi coi piedi a terra. Cerco di
farlo, anche se l’agitazione – e ora anche un po’ di rabbia mista a dispiacere
– si stanno impossessando del mio cuore.
The way you can cut a rug
Watching you is the only drug I need
So gangster, I'm so thug
You're the only one I'm dreaming of
You see, I can be myself now finally
In fact there's nothing I can't be
I want the world to see you'll be with me
Speravo
davvero di passare l’audizione e sinceramente credevo di farcela: insomma, ho
una voce abbastanza particolare, io, per essere relegato in angolo! Oddio
inoltre questa frase fa molto Dirty dancing, ma
è comunque tipico di me.
Ottenere un
assolo avrebbe di certo significato sentirmi accettato in un posto nuovo,
sentirmi parte di qualcosa di grande, proprio come quando ero al McKinley.
Certo, non
dovrei lamentarmi dal momento che nessuno mi spinge contro gli armadietti o mi
getta le granite in faccia, ma… non mi sento ancora a
casa. Non mi sento parte diquelposto.
Hey soul sister Ain't that mister mister
On the radio, stereo
The way you move ain't fair, you know
Hey soul sister
I don't wanna miss
A single thing you do
Tonight
Riattacchiamo
con il ritornello finale, la canzone sta per finire. E tutto d’un tratto, sento
le nostre voci levarsi alte, all’unisono, come se fossimo un’entità unica. Blaine mi guarda di nuovo, sorridendo, eccitato
dall’adrenalina che gli scorre nel corpo.
E,
improvvisamente, mi sento finalmente bene. Perché sì, ora siamo tutti insieme, Blaine compreso; e capisco che lui, senza il nostro
supporto, non canterebbe così.
Non lo sto
sminuendo, non mi oserei mai, ma ora rivedo ciò che mi aveva colpito tanto la
prima volta che avevo visto i Warblers in azione:
sebbene uno di loro emerga, sono comunque tutti collegati. Non esisterebbe
l’uno senza l’altro.
L’unica
differenza è che adesso anche io stesso faccio parte di loro; e la cosa mi
rende incredibilmente felice.
Hey, hey,
hey
Tonight
Hey, hey, hey
Tonight
Non posso
fare a meno di sorridere quando la canzone termina. Non potevo immaginare che nel
tempo di una canzone riuscissi a sentirmi parte di loro, di questa…
famiglia.
Il mio
sorriso non può fare altro che allargarsi di più quando vedo Rachel e Mercedes,
seguite da tutti gli altri, alzarsi in piedi tra la folla, salutandoci con un
applauso entusiastico; anche il resto della platea li segue, facendosi
coinvolgere in un lungo applauso.
Quando il
sipario cala, tutti si voltano verso di me e improvvisamente mi si avventano
contro, stringendomi in un abbraccio. Rimango piacevolmente stupito del loro
affetto e ricambio le strette e le pacche sulle spalle che ricevo. Poi, sento
un profumo forte invadermi le narici e una voce familiare nell’orecchio.
«A quanto
pare tutti ti adorano»
Vengo scosso
dai brividi quando il suo fiato si scontra con la pelle nuda del mio collo;
rabbrividisco impercettibilmente ma non posso fare a meno di stringerlo a me –
anche per evitare che mi guardi in faccia e veda quanto sono arrossito.
Non appena
si stacca, gli sorrido e alzo un sopracciglio, divertito.
«Nessuno può
farne a meno!»
La sua
risata si mescola a quella degli altri; ben presto anche la mia si unisce alle
loro. Era da tantissimo che non ridevo così.
~∞~
La gioia per aver vinto le Provinciali non ci ha abbandonato un attimo;
durante il viaggio di ritorno abbiamo fatto baldoria, cantando a squarciagola
mentre un infastidito autista del pullman stava palesemente cercando di non
sterminarci tutti.
Durante i festeggiamenti ho avuto modo di osservare Blaine
in mezzo ai suoi amici; è un vero leader anche se a volte è talmente impacciato
da sfiorare la goffaggine – e questo non fa altro che renderlo ancora più
tenero ai miei occhi.
Tuttavia l’attenzione di tutti era concentrata su di me. A turno venivano
achiedermi come stessi e come mi stavo
trovando lì alla Dalton; mi hanno fatto domande sulle New Directions,
su come mi trovassi con loro – anche se mai mi è sembrato volessero avere delle
informazioni per poterli battere: sembravano soltanto curiosi.
E così, tra una chiacchiera e l’altra, siamo arrivati in dormitorio
abbastanza stremati, ma euforici. Nick voleva dare una festa, ma quando il suo
corpo si è adagiato sul comodo divano della sala dei Warblers,
ha improvvisamente cambiato idea; credo sia ancora sdraiato lì, profondamente
addormentato. Posso capirlo: l’adrenalina, l’affaticamento e l’emozione hanno
stancato anche me.
Tuttavia ora sono troppo distratto per poter andare a dormire; non potrei
neanche volendo dal momento che lo scroscio dell’acqua appena aperta nella
doccia non riesce a coprire la voce di Blaine che
canta Hey, soul sister.
Deglutisco e mi siedo a gambe incrociate sul letto, cercando di non pensare
a Blaine sotto la doccia. Ecco, l’ho appena fatto!
Sento le guance diventare immediatamente bollenti e velocemente le copro
con le mani; oh, così non va affatto bene! Non posso continuare a vivere con
lui se penso tutte queste cose! E’ sbagliato e poi lui non è interessato. Devo
smetterla di farmi del male, anche se il fatto che lui sia gay è già buono per
i miei standard.
La sua voce si fa sempre più alta e mi viene da ridacchiare: possibile che
non sia ancora stufo di quella canzone?!
Mi alzo e inizio a camminare per la stanza; comincio a osservare Pavarotti
per distrarmi, tentando di scacciare il desiderio di entrare nel bagno e la
vergogna nell’aver appena pensato anche solo di avvicinarmi al bagno.
Purtroppo guardare il mio canarino non è abbastanza – anche perché mi torna
in mente il sorriso di Blaine mentre mi consegnava la
gabbietta.
Afferro il cellulare e compongo il numero della prima persona che mi viene
in mente, Rachel. Mentre il telefono squilla, mi sento un po’ in colpa verso
Mercedes; prima mi ero ripromesso che l’avrei chiamata non appena tornato alla
Dalton, ma non voglio parlarle per telefono. Quando eravamo sul palco mi ha
sorriso e salutato, ma abbiamo ancora molte cose da chiarire. Nel weekend,
quando tornerò a casa, andrò a trovarla e ci faremo una lunga chiacchierata
faccia a faccia.
Pochi istanti dopo Rachel risponde al telefono, la voce allegra e pimpante,
anche se so benissimo che non lo è affatto. Questo weekend oltre che andare da
Mercedes dovrò fare quattro chiacchiere con Finn.
«Kurt! Come mai questa telefonata?»
«Volevo solo fare quattro chiacchiere con un’altra diva!» mento
spudoratamente – di certo non posso dirle che l’ho chiamata per cercare di
distrarmi dal pensiero del mio compagno di stanza per cui ho una cotta
gigantesca nudo sotto la doccia.
«Oh beh allora hai chiamato la persona giusta!»
«Già, immaginavo. Volevo farvi i complimenti per l’esibizione: siete stati
fantastici!» sorrido, mentre un vago senso di dispiacere mi pervade.
«Saremmo stati di certo più bravi se MrSchuester mi avesse affidato il duetto con Finn e l’assolo!» risponde lei piccata.
Sbuffo, ripensando a quante volte ho sentito Rachel lamentarsi, e
nonostante tutto mi manca. Dev’essere davvero
incredibile!
«Comunque anche voi siete stati molto bravi, davvero. Sono rimasta
stupita.» Continua.
«Oh certo, con me lì in mezzo non potevamo che battervi!» la prendo in giro
io.
«Non ci avete battuto, siamo arrivati a pari merito! Comunque, è carino il
solista; è anche lo stesso ragazzo che ci ha interrotti. Chi è?»
Sento nuovamente le guance andare a fuoco mentre provo un improvviso moto
di gelosia.
«Si chiama Blaine.» Rispondo sul vago, non voglio
che Rachel capisca quanto sia interessato; purtroppo non va come avevo sperato.
«Oh allora è lui il famoso Blaine! Mercedes non
fa altro che parlare di voi due!»
Un gemito strozzato mi esce di bocca. «Cosa?»
«Ma sì, dice che ti è stato molto vicino per la storia di Karofsky… è gay quindi: è un peccato, avrebbe potuto essere
un perfetto compagno di duetti per me e diventare anche il mio fidanzato.
Comunque, ti piace?»
Rimango in silenzio, troppo sconvolto dallo sproloquio di Rachel; quando
finalmente riesco a rispondere, mi esce un flebile «Sì…
parecchio.»
«Oh bene! E lui, ti sembra interessato?»
«Non lo so; è molto carino con me, è gentile. Ma si comporta da amico.»
«Beh, puoi sempre fargli cambiare idea; lo vedi tutti i giorni!»
Ridacchio. «Oh veramente lo vedo anche tutte le notti: è il mio compagno di
stanza.»
L’urletto eccitato di Rachel quasi mi perfora il
timpano; allontano il telefono dal mio orecchio per evitare di diventare sordo.
Quando mi sembra che si sia calmata dall’altro lato, lo riavvicino, titubante.
«Sì ed è terribile! Cioè no, è
anche fantastico ma… beh ho paura che capisca che mi
piace e che si allontani da me, come hanno sempre fatto tutti.» Senza che
l’avessi premeditato comincio a snocciolarle tutti i miei dubbi su Blaine, cercando di tenere un tono di voce basso – ma non
mi preoccupo più di tanto, sento ancora l’acqua della doccia scorrere.
«Io non posso permettermi di perderlo: è la prima persona con cui mi sia
mai sentito così in sintonia e con lui riesco a parlare di qualsiasi cosa – o
quasi.»
Rachel resta in silenzio mentre continuo con il mio monologo, che comprende
anche la mia indecisione su quale regalo di Natale comprargli; lei mi ascolta,
facendomi sfogare, ma a un tratto mi interrompe.
«Il regalo è il minimo; durante il weekend possiamo organizzarci io te e
Mercedes e andare a cercare qualcosa. Però c’è un’altra cosa che voglio sapere
prima: Blaine sa tutto di Karofsky?
Sa perché alla fine ti sei trasferito alla Dalton?»
Resto in silenzio, punto sul vivo: non so perché non sia riuscito a dire a Blaine della minaccia subita da Karofsky.
Non volevo farlo preoccupare, credo, non più diquanto mi fosse sembrato; ormai ho capito che Blaine
si rivede molto in me e credo sia per questo che ha deciso di starmi vicino. Mi
viene spontaneo chiedermi chi gli sia stato affianco quando lui ha dovuto
subire tutto questo.
«No io… non sono riuscito a dirglielo.»
«Perché?»
«Non lo so… forse non volevo farlo preoccupare. O
forse non voglio che mi veda soltanto come qualcuno da proteggere, qualcuno a
cui fare da mentore.» E forse è vero, forse è davvero così.
«Dovresti dirglielo Kurt, anche se posso capire quello che provi; ma tanto
per cominciare, voi due siete amici. E credo che se gli nascondessi una cosa
del genere potrebbe prenderla male.»
Strano, non avrei mai pensato che mi sarei trovato a dover dare ragione a
Rachel Berry; ma questa volta credo di doverlo fare.
Sospiro, mentre mi rendo conto che l’acqua della doccia è stata sostituita
da quella del rubinetto – immagino che Blaine si
starà lavando i denti, quindi tra poco uscirà.
«Ora devo andare Rachel, Blaine sta per uscire dal
bagno; comunque ci penserò… Grazie.»
«Figurati»
Restiamo entrambi in silenzio, forse imbarazzati per quello che entrambi
stiamo provando; e poi, contemporaneamente, diciamo: «Mi mancate» «Ci manchi»
Scoppio a ridere, soprattutto per allentare il nodo alla gola, e sento
anche Rachel ridere all’altro capo del telefono.
«Buonanotte Kurt.»
«Notte Rachel.»
Non appena poso il cellulare sul comodino vicino al mio letto – ho scelto
quello vicino al muro, mi ha sempre fatto sentire più protetto – Blaine esce dal bagno completamente vestito, mentre si
friziona i capelli ancora un po’ bagnati con l’asciugamano.
I miei pensieri deviano un attimo da quello che mi ha detto Rachel per
seguire il percorso di una minuscola goccia d’acqua che gli scivola lungo il
collo; fortunatamente la sua voce mi riporta alla realtà.
«Ehi, eri a telefono? O parlavi da solo?» mi rivolge un sorriso mentre si
siede a gambe incrociate sul suo letto, rivolto però nella mia direzione.
«Uh, era solo Rachel; chiacchiere tra dive.» Spiego con un’alzata di
spalle.
«Uhm.» Fa lui alzando un po’ il mento e socchiudendo un po’ gli occhi,
osservandomi.
Distolgo lo sguardo dal suo dopo pochi secondi per puntarlo sul copriletto;
credo che seguirò il consiglio di Rachel. È giusto che Blaine
sappia tutto di Karofsky e della minaccia; glielo
devo e poi a essere sinceri è un amico, nonostante sia cotto di lui.
«Ho bisogno di dirti una cosa.»
«Spara!» fa lui, chinandosi un po’ di più verso di me.
«Giura che non ti arrabbierai però!» quasi lo imploro mentre rialzo gli
occhi su di lui, che ridacchia, colto alla sprovvista dalla mia ultima frase.
Tuttavia sembra notare dal mio sguardo che sono serio, così anche lui perde il
sorriso e allunga una mano, afferrando la mia mano posata sul ginocchio.
«Non lo farò.»
Prendo un profondo sospiro prima di continuare, rassicurato dal calore
della sua mano sulla mia.
«C’è un motivo più grave per cui alla fine mi sono trasferito qui.»
La sua stretta si fa più forte, ma sembra non accorgersene.
«Immaginavo fosse successo qualcos’altro. Che cosa ti ha fatto?»
Ha capito che dev’essere successo qualcos’altro
con Karofsky, era inevitabile; così com’era
inevitabile che avesse capito che c’era qualcosa di ancora più grosso che essere
spinto contro gli armadietti e venire baciato dietro al mio trasferimento
improvviso.
«Ha minacciato di uccidermi.»
La sua mano lascia immediatamente la mia e la riavvicina a sé, stringendo
il pugno; l’altra mano è invece stretta alla coperta, stropicciandola. Fa un
respiro profondo, allontanando gli occhi dai miei. Ho paura che si stia
arrabbiando con me, perché non gli ho detto subito come stavano le cose.
«Scusami se non ti ho detto tutto subito Blainema…» cosa fare? Dirgli la verità, rischiando che capisca
quanto mi piace, o mentire? Opto per la verità, anche se so già che
probabilmente me ne pentirò. «… non volevo farti preoccupare di nuovo, né
volevo che tu ti sentissi in dovere di… proteggermi o
cose del genere.»
Abbasso lo sguardo, avvampando. Qualche secondo dopo sento le molle del
letto cigolare un po’ mentre lui si siede vicino a me e mi sfiora un ginocchio
con la mano.
«Va bene Kurt, stai tranquillo, non me la sono presa. L’importante ora è
che tu sia al sicuro.»
Sorrido un po’, titubante.
«Credo sia meglio che vada a farmi una doccia.» Sussurro, non volendo
tuttavia togliermi da questa posizione tanto presto.
Lui sembra scuotersi e toglie la mano dal mio ginocchio, balzando in piedi
e afferrando il suo orologio sul comodino. «Sì, forse ti conviene: è tardi e
domani abbiamo lezione.»
Mi alzo in piedi anche io e, afferrato il pigiama e della biancheria – che
cerco di nascondere in mezzo al pigiama – mi avvio verso il bagno. Mentre sto
per chiudermi la porta alle spalle però, Blaine
parla.
«Comunque non mi sento in dovere di proteggerti: mi va di farlo, tutto
qui.» alza le spalle, come a voler sottolineare la cosa.
«Non devi farlo, non sono una principessa in pericolo.» Ironia e sarcasmo,
quanto vi amo! Mi salvate sempre dalle situazioni imbarazzanti.
«Non è per quello che lo faccio. Dico solo che gli amici devono prendersi
cura gli uni degli altri, e tu sei mio amico.» Sorride, abbagliandomi.
Nonostante le sue parole dovrebbero farmi male, perché è chiaro che lui mi
veda solo come un amico, non posso fare a meno di sorridere.
Sotto la doccia penso che per ora posso farmi bastare questo: la sua
amicizia. Di certo ne vale la pena, anche solo per rivedere il sorriso luminoso
che mi ha rivolto poco fa.
NOTE:
Qui è di nuovo Pachelbel =)
Allora, tanto per
cominciare vorrei spendere qualche parolina per Rachel – che io adoro alla
follia nella sua…follia – e soprattutto per dire
quanto io sia stata felice dell’inizio di questa amicizia tra lei e Kurt.
Secondo me insieme sono assolutamente splendidi! *__*
Detto questo… dove siete finiti tutti??? DDD: Come direbbe
Santana, NO ME GUSTA!
Seriamente, se
avete qualche consiglio da darci, scrivete pure. Le recensioni servono a noi
autrici per migliorare. E poi insomma, non vi facciamo tenerezza?? Io e la mia
collega stiamo a controllare ogni due per tre se ci sono nuove recensioni,
anche di notte! xD
Magari è solo
l’effetto vacanze comunque… speriamo di vedervi
presto più numerosi che mai! =)
~ Quando cominci a chiederti se Natale abbia
sostituito San Valentino ~
Dire che sono nervoso è dire
poco. Sento l’impulso per nulla salutare di sbattere la testa contro il muro e
allo stesso tempo di darmi dell’idiota per quello che provo.
È il fondo. Decisamente il fondo
quello che sto toccando: non mi vergognerò mai più di me stesso come sto
facendo ora – è una cosa tanto stupida!
Il picchiettare delle mie dita
sul tavolino di alluminio del bar non mi aiuta certamente a sbollire la
tensione, ma non riesco a fermarmi: devo fare qualcosa o diventerò pazzo… e non
voglio che il mondo soffra per una perdita tanto importante!
«Kurt! Eccoti qui finalmente!»
Una voce mi scuote dalla mia
crisi di panico mentale e mi lascio sfuggire un sospiro di sollievo voltandomi
verso Mercedes che, con Rachel al seguito, mi ha finalmente raggiunto.
«Cos’è successo? Come stai? Di
quale emergenza parliamo?» mi tempesta, mentre l’altra mi guarda con la stessa
preoccupazione.
Devo aver esagerato con il
messaggio: “Ho assoluto bisogno di voi. Massima urgenza. Sono al centro
commerciale. Fate subito!”, ma ero davvero disperato e lo sono tuttora.
Le guardo per un istante, senza
sapere di preciso cosa dire, ma sembra che Rachel non mentisse quando diceva di
essere una sensitiva e di avere uno sviluppato sesto senso, perché i suoi occhi
si fanno sottili ed affilati.
«Non avevamo detto nel week-end
per la storia del regalo di Natale? E poi, ti pare normale farci correre qui in
questo modo per un regalo?!» sbraita nervosa, ma devo aver fatto una faccia
davvero sconvolta, perché la sua rabbia regredisce in un istante – un vero e
proprio miracolo per chiunque conosca Rachel Berry.
«Kurt… siamo qui per il regalo da
prendere a Blaine, vero?» mi chiede,
il sospetto che le dipinge i lineamenti.
«Sì…» la tranquillizzo io – da
quando, poi, io e lei siamo tanto gentili l’uno verso l’altra, resta un mistero
«Non volevo allarmarvi tanto, ragazze. Sono solo nel panico più totale»
«Ok» prende parola Mercedes «Ora
parti da capo, con calma»
Mi si siedono di fronte ed io
prendo un bel respiro, per non sembrare ancora più stupido di quanto sarò dopo
le mie parole – anche se non credo sarà possibile superare quel livello.
«Mi mancate così tanto» sussurro
come se me ne fossi improvvisamente ricordato ed avessi bisogno di dirlo
proprio ora.
I sorrisi di Mercedes e Rachel
sembrano calmare un po’ il miscuglio di pensieri che rischia di farmi crollare
da un momento all’altro.
«Manchi molto anche a noi,
tesoro. Ora ci dici qual è il problema?»
«Blaine»
Le due ragazze mi lanciano lo
sguardo più sorpreso di cui sono capaci.
«Il problema è Blaine?» chiedono per nulla convinte,
sottolineando il nome.
«No, no! Blaine è fantastico!»
nego di scatto: hanno frainteso la mia affermazione e mi guardano come se fossi
impazzito.
Io sospiro e mi decido a dir loro
tutto, per quanto quel po’ di orgoglio e sanità mentale che persiste in me
m’implori di non farlo.
«Blaine è fantastico» ripeto «Ma
è anche il mio problema. Il punto è che sto così bene con lui… è sempre tanto
gentile con me e mi ha aiutato ad ambientarmi.. si preoccupa di come sto e
passiamo molto tempo insieme…»
I sorrisetti delle ragazze
bloccano quello che rischiava didiventare un sogno ad occhi aperti. Ora la mia espressione è chiaramente
interrogativa.
«Te ne sei innamorato. Da
manuale» sentenzia Rachel con aria superiore.
«Non è la prima volta, Kurt» mi
ricorda Mercedes.
«Sì, ma ora è diverso!
Completamente! Non è come con Finn o Sam: quelle
erano cotte, nulla di più! Ora vado in panico per un semplice regalo di Natale!
Ed io sono il re dei regali! Che faccio?»
«Ti calmi, prendi un bel respiro
e mi ascolti» mi ordina la mia migliore amica «Si capisce che con Blaine è
qualcosa di più, ma non correre troppo, d’accordo. Per quel che ne sappiamo lui
potrebbe essere tanto gentile senza che ci sia nulla di sottinteso, quindi per
ora devi mantenerti con i piedi per terra»
«E poi… lo conosco da
pochissimo…» sussurro, come a voler mantenere fermo quel pensiero.
«A cosa avevi pensato per il
regalo?» mi chiede l’altra ed io sorrido come chi ha la vittoria in pugno.
«Ho anticipato la nostra uscita
apposta! Stamattina, mentre mi preparavo, ho notato che il DiorHomme
di Blaine sta pericolosamente
finendo. Ora… quel profumo, unito all’odore della sua pelle è qualcosa di… magnifico. Non oso immaginare se lo
cambiasse!»
«Quindi si va in profumeria»
sentenzia Rachel, mentre il sorrisetto di Cedes mi fa
capire che ho di nuovo esagerato, ma non è una cosa che posso controllare: è
l’effetto che mi fa Blaine.
Saliamo le scale mobili con una
strana frenesia in corpo: sono certo che nessuno di noi credeva di poter
tornare ad uscire insieme tanto presto! E nonostante tutto sono davvero felice
di riaverle con me – sì, anche Rachel. Mi sono mancate più di quanto credessi –
o sperassi, ma in fondo, in questo momento mi sembra che non sia cambiato
nulla, che siamo sempre gli stessi compagni di scuola che vanno a fare shopping
scambiandosi pettegolezzi e folli manie da adolescenti.
Quando entriamo nel negozio di
profumo al primo piano, l’aria piena dei più svariati profumi mi fa quasi
girare la testa – è sempre così in posti del genere. Mi basta un attimo, però,
per riprendermi e correre allo scaffale maschile, alla ricerca della scatolina
grigio chiaro. Il mio sguardo vaga tra gli scaffali, scorrendo lungo i diversi
colori e le luci che si riflettono sui vetri di ampolle di diversa forma e
sfumatura; per un attimo i miei occhi si fermano su un Bleu de Chanel – l’ho sempre desiderato – e sono tentato di
prenderlo quando, proprio sullo scaffale sottostante allo stesso livello della
scatolina blu, trovo quello che cerco.
Prendo in mano l’ampolla chiara
ed, aprendola, spruzzo un po’ del suo contenuto nel tappo, dandogli qualche
istante per evaporare e liberare così il suo profumo. Quando lo inalo, chiudo
gli occhi rilassandomi ed inevitabilmente un sorriso mi allarga le labbra: per
un attimo mi sembra che Blaine sia lì accanto a me… a quella fragranza manca
giusto il pizzico di dolcezza che ottiene quando ruba l’odore della sua pelle.
Se questo è un altro dei miei stupidi sogni ad occhi aperti, non svegliatemi.
Uno schiocco di dita mi riporta
improvvisamente con i piedi per terra, giusto in tempo per vedere l’espressione
perplessa di Mercedes ancora con la mano alzata, pronta a schioccare di nuovo.
«Terra chiama Kurt. Mi ricevi?»
scherza ed io alzo gli occhi al cielo «Sei imbambolato così da svariato
secondi!» si difende.
«Beh, l’ho trovato!» esclamo di
nuovo al settimo cielo e lei sorride.
Mentre sto per avviarmi alla
cassa con il regalo, mi accorgo che Rachel non è con noi, ma è ferma ancora
davanti ai profumi, poco distante da dove ho preso il Dior. Scambio uno sguardo incuriosito con la mia migliore amica e
torno sui miei passi.
«Ehi…?» la chiamo, poggiandole
una mano sulla spalla – lei quasi sussulta al contatto «tutto a posto?»
«Oh… sì, Kurt: tutto ok. Hai
trovato il profumo?»
Glielo mostro ancora sorridente,
anche se il suo comportamento non mi convince del tutto. Lei sembra riprendersi
subito perché mi spinge verso la cassa dicendomi di non perdere più altro
tempo.
La cassiera ci accoglie con un
lieve sorriso che si perde un attimo quando le porgo il Dior Homme chiedendole di incartarlo con
tanto di fiocco. Poi salutiamo ed usciamo.
«Visto che siamo qui, potremmo
approfittarne per fare gli ultimi regali…» propongo.
«In realtà io sono a posto»
afferma con una certa soddisfazione Mercedes e Rachel annuisce concordando con
lei. Io le guardo sbalordito.
«Sono davvero l’unico ad essere arrivato
tanto vicino a Natale senza aver concluso il giro dei regali?» chiedo senza
nascondere una punta di delusione.
«Se non fossi andato nel panico
più totale per il regalo da fare a Blaine – e non negarlo, ormai ti conosco –
avresti finito anche tu» mi canzona Rachel con la sua aria da maestrina – si è
ripresa del tutto, non c’è che dire.
Apro bocca per controbattere nel
modo più affilato possibile, ma mi rendo conto che ci ha preso in pieno.
«E poi… pensavo: deve piacerti
davvero molto per aver rinunciato, senza neanche pensarci su, al Bleu de Chanel che avevi adocchiato» mi fa notare Mercedes.
«C-cosa?»
Accidenti a me e ai miei
maledetti viaggi mentali!
«Non negarlo, ti ho visto»
afferma sicura ed io sono con le spalle al muro.
Abbasso lo sguardo sconfitto ed
entrambe cominciano a ridere col tono di chi la sa lunga.
«Smettetela, ragazze! E poi… per
lui non sono altro che un buon amico, quindi…» ricordo loro – no, lo sto
ricordando a me stesso, mentre gli occhi accarezzano la confezione dai colori
natalizi nella bustina rossa.
Rachel fa un improvviso scatto in
avanti, spaventandomi e mi si piazza di fronte con una strana luce negli occhi,
simile alla determinazione. Incrocia il mio sguardo senza darmi possibilità di
scampo.
«Ascolta, Kurt. Ti parlo per
esperienza personale: non correre, non affrettare le cose. Se per te è una
magnifica, fortissima amicizia, fa’ che sia solo questo e soprattutto goditela
– prendi tutto il bene che provi quando stai con lui e fanne tesoro. È tanto
bello vederti così felice: i tuoi occhi luccicano quando parli di Blaine ed è
stupendo! Non trovarti ad avere rimpianti poi di cose che non hai fatto quando
potevi. Credimi».
Mi bastano i suoi occhi per
crederle. Alle volte – il più delle volte – Rachel Berry può essere l’ultima
persona su cui fare affidamento, quella a cui mai chiederesti una mano e poi…
ecco che se ne esce con simili frasi e sembra la persona migliore del mondo.
«Grazie» le rispondo
sinceramente, abbracciandola «Allora, perché non troviamo un buon fast food e ceniamo? Offro io» propongo poi pimpante,
saltellando verso le scale mobili.
«Allora dobbiamo proprio
ringraziare Blaine appena lo vediamo!» mi prende in giro Mercedes, sfiorandomi
con la spalla ed io sto per risponderle per le rime quando una voce mi gela.
«Ringraziarmi per cosa?» chiede
con tono allegro Blaine ed io mi volto sicuramente rosso in viso e con chissà
quale espressione shoccata – da quanto tempo ci sta
sentendo? Cosa ha sentito?
Per la sorpresa lascio cadere il
pacchetto incartato che si infrange a terra con il classico e preoccupante
rumore di vetro rotto.
«Accidenti, Kurt! Si è rotto?!»
si preoccupa lui, correndo verso di me e controllando il contenuto della
bustina che, sfortunatamente, non è uscito illeso.
«Mi spiace così tanto! Io…» prova
a scusarsi, mostrandomi quello che una volta era il suo regalo di Natale.
Io non so se essere più pallido
per il profumo in frantumi o più rosso per il fatto che lui sia qui e che una
fragranza che conosce tanto bene si sta disperdendo nell’aria. Blaine prende un
bel respiro per sentire il profumo e decisamente prevale il rosso.
«Dior Homme» sentenzia con uno sguardo che
sembra carico di sottintesi.
«È… era… per… per Finn» invento al momento, ma non sono mai stato bravo a
mentire e credo se ne sia accorto anche lui a giudicare dal suo sorriso
eloquente – o sono io ad essere semplicemente paranoico?
«È il Dior Homme che uso io di solito?» chiede
con malcelata indifferenza.
«Sì» rispondo subito «è stato il
tuo a darmi l’idea» confesso.
Di male in peggio, ma di certo
non potevo dirgli che era per mio padre o soprattutto che era per lui…
Il rammarico sincero che leggo
sul suo viso mi riporta alla realtà.
«Ascolta, Kurt: te lo pago. Dimmi
quanto ti è costato che lo ripago – almeno così potrai ricomprarlo…» e caccia
il portafogli dai suoi jeans scuri.
«Sei impazzito? Non ti dirò
quanto è costato!»
«Non sarà difficile scoprirlo»
controbatte il moro, voltandosi verso la profumeria.
«Blaine Anderson, resta fermo
dove sei!» ordino quasi gridando, ma
almeno insieme agli sguardi scandalizzati della gente che ci sta passando
accanto ottengo anche ciò che volevo: l’Usignolo è fermo sul posto, bloccato,
uno sguardo sorpreso che gli illumina gli occhi.
«Così va meglio» sentenzio con
aria superiore, uscendo sorprendentemente bene da una delle situazioni più
imbarazzanti che mi siano mai capitate – e questo è tutto dire.
Blaine rimane pietrificato ancora
per qualche istante, poi scrolla le spalle ed incrocia le braccia al petto.
«Va bene, Kurt Hummel, come vuoi» sbotta falsamente offeso, sottolineando
nome e cognome – io gli sorrido come se mi stessi scusando.
«Allora…» si riprende
immediatamente «Avete programmi per la serata?» e guarda prima me e poi le
ragazze.
«Kurt ci offre la cena in uno dei
fast-food qui al centro» spiattella subito Rachel senza che io abbia il tempo o
la possibilità di negare la cosa.
Se Blaine si unisce a noi è la
fine. Non sto dicendo che non mi farebbe piacere, anzi non ci sarebbe di
meglio… ma sono riuscito a rendermi tanto ridicolo in pochi minuti, non oso
immaginare cosa potrei combinare in un’intera serata.
Guardandolo, neanche lui sembra
del tutto convinto di volersi unire a noi.
«Magari un’altra volta, scusate.
Ho dei regali da fare anch’io e sono in ritardo» declina con gentilezza «Spero
non vi spiaccia» e mi punta gli occhi addosso.
«
Figurati! Non sono di certo
finite le serate per cenare in compagnia! A stasera, allora! Ciao» e prima che
possa ripensarci o anche solo ricambiare i nostri saluti, parto in quarta per
allontanarmi quanto più possibile da lui, le ragazze che mi seguono confuse.
«Kurt, che stai combinando?! Ti
pare il modo di comportarti?» mi sgrida Rachel.
«Scusate, ma sono sicuro che non
sarei riuscito a resistere un altro secondo lì senza rendermi ancora più ridicolo
di quanto già non fossi. E oltretutto devo ricomprare il Dior» sottolineo maledicendo la mia sbadataggine e il brutto vizio
di Blaine di apparire dal nulla facendomi sobbalzare.
Mercedes scuote la testa con un
mezzo sorrisetto.
«Kurt, seiirrecuperabile»
~∞~
I
really can't stay - Baby it's cold outside
I've got to go away - Baby it's cold outside
This evening has been - Been hoping that you'd drop in
So very nice - I'll hold your hands, they're just like ice
Sono certo al 100% che nella mia
testa ci sia qualcosa di sbagliato. L’ho accettato e ci vivo più o meno
tranquillamente. Stavolta, però, non è solo colpa della mia mente bacata: ci si
mette anche lui con duetti assurdi! Baby,
it’scoldoutside! Ci rendiamo conto? Tralasciando quanto adori
quella canzone, dopo una simile proposta secondo Rachel e Mercedes io dovrei
restare calmo e tranquillo?
Parto per primo e spero che il
dover cantare al massimo mi distragga da pensieri inopportuni. C’è da dire,
però, che l’arrivo a sorpresa di Blaine mi ha salvato da una noiosa serata sui
libri di storia, in cui Carlo Magno aveva sostituito la rimpatriata che quelli
del McKinley mi avevano proposto al “Bel Grissino”. Non male. Non male davvero.
Adoro vederlo cantare: il modo in
cui il suo corpo entra in contatto e in simbiosi con la musica è qualcosa che
mi lascia puntualmente senza fiato ed anche ora sembra in ottima forma – lo
odio.
My
mother will start to worry - Beautiful, what's your hurry
My father will be pacing the floor - Listen to the fireplace roar
So really I'd better scurry - Beautiful, please don't hurry
Well Maybe just a half a drink more - Put some music on while I pour
La sua teatralità mi strega e mi
travolge tanto che anch’io comincio a recitare seguendo il senso della canzone
e vagando evasivo per la stanza, mentre lui mi prega di restare: che fretta
c’è? Mi entusiasmo nel vedere le sue espressioni, l’intensità che mette in ogni
cosa che fa: è una persona unica e per quanto non sia la prima volta che me ne
rendo conto, in questo momento il pensiero quasi mi inorgoglisce.
Non riesco a trattenere un
sorriso mentre, allontanatomi da lui, torno indietro sfiorandolo appena: forse
sto cominciando a capire cosa intendeva Rachel con il suo discorso sul “prendi
tutto il bene che ricevi”.
The
neighbors might think - Baby, it's bad out there
Say, what's in this drink - No cabs to be had out there
I wish I knew how - Your eyes are like starlight now
To break this spell - I'll take your hat, your hair looks swell
Ora che lo guardo negli occhi,
poco lontano da lui, rischio davvero di perdermi in quel colore a cui nessuno
ha dato ancora un nome: non mi riferisco solo alla bellezza oggettiva, quella
che tutti possono apprezzare – e credo sia inevitabile farlo. Quando penso a
Blaine, i suoi occhi sono la prima cosa che mi viene in mente: credo siano il
riassunto perfetto della sua essenza e mai è stata più appropriata la dicitura
“specchio dell’anima”. L’ottimismo, l’entusiasmo, la voglia di mettersi sempre
in gioco, il non riuscire a fermarsi mai; tutto salta fuori in un attimo e se
lo guardi con più attenzione, riesci perfino a scorgere quel pizzico di
insicurezza, punta di un iceberg che cela a tutti.
Mi alzo con disinvoltura e mi
accorgo che il corpo segue ancora la musica nonostante la mia mente si sia
persa di nuovo.
I
tought to say no, no, no, sir - Mind if I move a
little closer
At least I'm gonna say that I tried - What's the
sense in hurting my pride
I really can't stay - Baby don't hold out Ahh, but it's cold outside
Mi poggio allo schienale del
divano, mentre una strana spensieratezza mi coglie quasi impreparato. Se questo
duetto era iniziato come un’improvvisata di Blaine, adesso sento di non poter
fare a meno di cantare con lui e questo non perché mi piace, o almeno, non solo
per questo. Ho perfettamente chiaro il messaggio che Rachel ha voluto mandarmi:
se stai tanto bene con una persona, non complicare nulla, non far nascere
problemi. Ed io con Blaine sto bene.
Mi si avvicina, seguendo il senso
delle parole che cantiamo ed io sorrido imbarazzato, senza sapere se spostarmi
o meno, mentre con le parole faccio ancora resistenza alle sue suppliche.
I've got to
go home - Oh, baby, you'll freeze out there
Say, lend me your comb - It's up to your knees out there
You've really been grand – I thrill when you touch my hand
But don't you see - How can you do this thing to me
Ancora una volta mi sono spostato in quella che sembra
più una caccia dai contorni mitologici che la prova per un’esibizione natalizia
e mentre la musica scorre per alcuni istanti senza il nostro canto, Blaine
l’accompagna con alcune note al piano accanto al quale sono seduto – ovvio che
lo sappia suonare.
Quando riattacco con le parole, mi sposto di nuovo
verso il camino acceso e davvero fatico a tenere la voce ferma perché la
felicità immotivata che sta salendo dal cuore è qualcosa di travolgente.
Non m’importa se Blaine per ora mi vede solo come un
amico – me lo sono detto ogni volta che le sue attenzioni mi hanno fatto
sussultare, ma ora ne sono pienamente convinto.
There's
bound to be talk tomorrow – Think of my life long sorrow
At least there will be plenty implied - If you caught pneumonia and died
I really can't stay - Get over that old out Ahh, but it's cold outside
La canzone sta per finire e l’unica cosa che sento è
lo stesso entusiasmo che vedo riflesso negli occhi di Blaine. Mi rendo
improvvisamente conto che questa è stata la prima volta che abbiamo cantato un
duetto insieme e non posso fare a meno di pensare che siamo stati perfetti.
Per la prima volta siamo sulla stessa frequenza,
perfettamente allineati e mentre lui mi si avvicina tanto che posso sentire il
suo respiro sul mio viso, sento svanire anche l’imbarazzo che dovrei provare.
Al diavolo le mie insicurezze, le paranoie e tutte le
situazioni imbarazzanti in cui mi sono ficcato finora – in questo momento siamo
solo io e lui e tutto quello che ci lega.
La canzone finisce trovandoci seduti vicini – dopo che
lui mi ha offerto di farlo per primo. Un sorriso ampio e sincero ci illumina i
visi e anche se solo per un attimo mi sento la persona più felice del mondo.
NOTE:
Qui è di nuovo Alchimista che vi
parla!
Boh, con questo caldo pensare a
Natale è un suicidio e un refrigerio mentale allo stesso tempo… >.<
*respira a fatica*. Boh, io immagino Kurt paranoico… voi che dite?
Come la mia controparte ha già
detto.. ci piace molto il rapporto Kurt/Rachel, quindi mi sa che (anche per
ovvie ragioni) non sarà l’ultima volta che la vedrete! Non credo debba dire
qualcosa riguardo quel duetto.. insomma lo amo.
Va beh… mi eclisso, va! Nonostante
il caldo, non rinunciare ad una recensione, anche piccina piccina
– ci rendereste davvero felici! Un grazie speciale, quindi, a chi ha espresso
il suo parere *-* o in qualche modo ha fatto sentire la sua presenza!
~ Quando, con un amico vicino, il Natale sembra
ancora più bello ~
«Ok, bella prova
ragazzi! Ci vediamo qui domani alla stessa ora per rivedere tutto.»
Annuisco,
insieme a tutti gli altri, anche se sono un po’ scettico; le prove sono
certamente andate bene, ma Susan, sebbene si stia impegnando tanto, non è in
grado di sostenere la mia estensione vocale. Tuttavia è la migliore cantante
femminile che hanno, e credo di dovermi accontentare.
Sto
per andarmene quando Ryan, il nostro direttore, mi chiama.
«Blaine, vieni un momento qui per
favore?»
Mi
avvicino a lui e sorrido, cercando di sembrargli entusiasta – effettivamente lo
sono, altrimenti non avrei aderito a questo progetto, però ora sono così stanco
che vorrei solo tornare in dormitorio a dormire, o a guardarmi un film con
Kurt.
«Sì, mi dica.»
«Senti, so che
Susan non è brava quanto te, tuttavia è la migliore che abbiamo; non è che ti
andrebbe di fare delle prove in più solo con lei?» mi fissa con aria
speranzosa, pregandomi quasi.
Sospiro,
sapendo che sto per infilarmi in un mucchio di guai – con gli ultimi compiti di
fine trimestre alle porte, altre prove in più mi ruberebbero soltanto tempo
prezioso, ma non riesco a dire di no. «Ok, nessun
problema. Ci metteremo d’accordo.»
«Grazie.»
Sorride radioso e io non posso fare a meno di sorridergli a mia volta.
Poco
più tardi, fuori dal teatro dove abbiamo appena fatto le prove, trovo proprio
Susan che chiacchiera con qualche amica. Le faccio segno di avvicinarsi e lei
subito mi raggiunge.
«Ohi, Blaine, dimmi!» non mi guarda negli occhi quando parla,
quasi vergognandosi.
«Ryan proponeva
di incontrarci qualche volta per provare. Ti va?» la sua faccia assume un’espressione
contrita – sa che io non ho granché da provare. Mi fa tenerezza, così decido di
mentire. «Anche io devo provare: c’è un
pezzo che proprio non mi viene.»
Lei
mi sorprende, scoppiando a ridere. «Oh Blaine, non mentire! Tu sei… beh
sei perfetto, maledizione! Non hai nulla da provare. Piuttosto sono io…»
Le
sorrido, cercando di rasserenarla, compiaciuto dal complimento appena ricevuto.
«Vedrai che ci riuscirai. Ti darò
una mano io.»
«Sei davvero
gentile.» Dice lei, distraendosi però subito dopo per qualcosa che ha visto
alle mie spalle.
Mi
volto e vedo un ragazzone che la saluta, con in mano una graziosa pianta di
stelle di Natale. Guardo nuovamente Susan, che sta sorridendo al ragazzo dietro
di me.
«E’ il tuo
fidanzato?»
«Sì, lui è Robert.
Sai, all’inizio era un po’ preoccupato che dovessi fare questo duetto, ma
quando gli ho detto che eri gay si è subito tranquillizzato.»
Ora
tocca a me scoppiare a ridere.
«Non ha
assolutamente nulla da temere. Dai, vai! Lui ti aspetta.»
«Grazie” sorride
“Allora domani ci troviamo qui magari un’ora prima degli altri?»
«Perfetto!»
sorrido e la saluto con la mano, mentre la osservo avvicinarsi – o per meglio
dire, correre incontro – al suo fidanzato, dargli un lieve bacio sulla bocca e
allontanarsi con lui, stringendolo per mano.
Sento
improvvisamente una fitta al petto. Ho sempre desiderato un ragazzo, il
pensiero credo sia costantemente fisso nella mia mente; purtroppo so bene che
non saprei gestire una situazione di quel tipo, anche se effettivamente non
vedo l’ora di provare, con la persona giusta.
Tuttavia,
durante le feste, quelle di Natale in primis, questo “desiderio” di avere
qualcuno vicino si acuisce ancora di più. Sarà per le persone che girano per
negozi alla ricerca di un regalo speciale per il compagno, saranno le coppiette
che passeggiano abbracciati sotto le luci di Natale – che li rendono più belli
di quanto in realtà siano – ma a Natale sento la mancanza di qualcuno.
Scuoto
la testa e mi avvio a piedi verso la Dalton, fortunatamente poco distante da
qui, ancora sovrappensiero.
Quanto
mi piacerebbe avere qualcuno che si disperi per trovare il regalo adatto a me,
e che io mi disperi a mia volta; avere qualcuno da stringere sotto le
illuminazioni fastose del centro luccicante, da baciare sotto il vischio non
solo perché tradizione, ma perché lo amo davvero. Qualcuno che mi faccia
apprezzare ancora di più questa festa per cui vado matto fin da bambino.
Nel
giro di dieci minuti arrivo a scuola, mezzo congelato, con la punta del naso
arrossata e le labbra screpolate – dovrei seguire i consigli di Kurt, quando mi
dice di portarmi dietro un burro cacao, che non è solo per le femmine; credo
che se mi presentassi adesso a qualcuno non farei di certo una buona
impressione!
Socchiudo
gli occhi, beandomi del calore presente, poi mi riscuoto e mi avvio su per le
scale, diretto alla mia stanza; magari riesco a convincere Kurt a vedersi un
film con me, anche se dubito di riuscire a distoglierlo dallo studio. Si sta
davvero impegnando molto per questi ultimi compiti: credo voglia fare buona
impressione, soprattutto a casa. Già che i suoi sono costretti a pagare la
retta di una scuola facoltosa come la Dalton, penso voglia ringraziarli
prendendo dei bei voti; tuttavia ho l’impressione che Burt e Carole si
accontenterebbero di vederlo felice; e di questo non devono preoccuparsi. Da
dopo le Provinciali Kurt sembra essersi sciolto parecchio.
Apro
la porta della camera con fare teatrale, sperando di trovarlo accoccolato sul
letto, circondato da libri, ma non c’è nessuno. Mi incupisco appena: dove può
essersi cacciato?
Tolgo
il cappotto e lo poso sulla sedia, poi sfilo i guanti e mi dirigo in bagno a
lavarmi le mani, facendo scorrere per un po’ l’acqua tiepida sulle mie mani
infreddolite.
Esco
dal bagno, quasi sperando di trovarlo magicamente lì, ma ovviamente non c’è;
nonostante l’acqua aperta, l’avrei sentito entrare. Decido di mettermi alla sua
ricerca: avrei da studiare, lo so, ma prima preferisco sapere dove si trova.
Voglio dirgli dello spettacolo!
Mi
chiudo la porta della mia camera dietro le spalle e mi avvio per il corridoio,
mentre altri ragazzi, non appena mi vedono, mi salutano o si fermano a
scambiare qualche chiacchiera; io ascolto tutti, come al solito, ma cerco di
scrollarmeli di torno il più in fretta possibile. Davvero non capisco perché
tutta questa attenzione nei miei confronti: è vero che ero il solista alle
Provinciali e abbiamo vinto, quindi molti penseranno che è merito mio. In parte
è vero, ma non sarei nulla senza i miei usignoli dietro.
Fortunatamente
intravedo Wes al fondo del corridoio e mi precipito
subito da lui.
«Wes!»
«Nano
maleficamente ingellato, dimmi!» mi saluta lui,
simpatico come al solito.
Sbuffo
e incrocio le braccia, deciso a difendere a spada tratta i miei capelli.
«Stanno bene
così, Wes! Non vedo perché discuterne sempre.»
«Come vuoi.» fa
un cenno con la mano, come se stesse scacciando via una mosca fastidiosa –
credo che in questo caso sono io la mosca fastidiosa, o per lo meno il mio
commento.
Decido
di soprassedere per questa volta – devo trovare Kurt, ho bisogno di dirgli
dello spettacolo! Wes mi nota mentre saltello da un
piede all’altro e alza gli occhi al cielo.
«Oh Blaine, ti prego, perché sei così eccitato? E se mi
rispondi che hai trovato un gel ancora più potente di questo giuro che ti
disconosco come amico!»
Sbuffo,
stizzito «Smettila di prendertela con i
miei capelli! Piuttosto, sai dov’è Kurt? Voglio dirgli che…»
faccio una pausa di sospensione, per creare l’atmosfera.
«Che lo ami!»
«Che lo vuoi
sposare!»
«Che… non lo so…»
Mi
giro e vedo di fronte a me gli altri pazzi dei miei amici, Jeff, Nick e Flint.
Li guardo, sconvolto, mentre apro e chiudo la bocca come un pesce rosso; ma che
cosa ho fatto per meritarli?!
“Voglio
dirgli che mi hanno ingaggiato per lo spettacolo di Natale di King’sIsland…» dico, abbattuto.
Non
capisco perché continuino a pensare che tra me e Kurt ci sia qualcosa;
d’accordo che anche io per un po’ sono stato confuso, ma negli ultimi tempi ho
capito di non provare nulla per lui che vada oltre l’amicizia. Il desiderio
costante di averlo vicino è dettato solamente dal fatto che è la persona con
cui mi sia mai trovato meglio in tutta la mia vita: è il mio migliore amico,
semplicemente.
I
miei amici – se così si possono definire – iniziano a saltellare per il
corridoio, tenendosi per mano e dandomi pacche sulle spalle, complimentandosi
con me. Non posso fare a meno di sorridere per la loro euforia.
«Beh, comunque,
avete visto Kurt?» chiedo dopo qualche minuto di saltelli e occhiatacce da
parte di Wes, che si domanda dove sia finito David,
l’unico in grado di capirlo.
«Sì, è sotto che
studia… storia mi sembra.» Mi risponde Flint,
grattandosi la testa, sovrappensiero.
«Oh ok, allora
non lo disturbo magari…»
So
quanto Kurt faccia fatica a studiare storia, come d’altronde tutti gli allievi
di questa scuola; il professor Rourke è davvero severo, soprattutto con i nuovi
arrivati: dice che devono essere temprati fin da subito. Anche io l’anno scorso
ho dovuto subire lo stesso trattamento.
«Invece credo
che tu debba andare Blaine.» Dice Wes,
assumendo un’aria preoccupata.
Improvvisamente
mi preoccupo anche io: e se Kurt fosse di nuovo triste? Non voglio, non dopo
tutto l’impegno che ci abbiamo messo per fare in modo che si sentisse a suo
agio qui.
«E’ di nuovo
triste?» chiedo di fretta, il tono di voce improvvisamente serio.
Nick
scuote la testa sorridendo, divertito chissà da cosa, e mi mette un braccio
intorno alle spalle.
«No, stai
tranquillo, nostro cavaliere senza macchia! Sta solo studiando troppo… prima c’eravamo io e Jeff con lui, ma ci ha
cacciati via dicendo che facevamo troppo rumore.»
Tiro
un sospiro di sollievo dopo le sue parole: Kurt sta bene.
«Sfiderei
chiunque a studiare con voi due presenti!» dico, indicando i diretti
interessati.
«Blaine, non distrarti! Sei l’unico che
riuscirebbe a distoglierlo dallo studio; perciò è tuo dovere fare qualcosa
prima che ci snoccioli a memoria tutto il libro di storia!» dice Wes, agitato.
Già,
ma che fare? Improvvisamente mi viene in mente un’idea; così potrei dirgli
dello spettacolo e contemporaneamente farlo distrarre un po’. Oh sì, Blaine Anderson, tu sei un genio!
Senza
dire niente, faccio dietrofront e mi precipito in camera, uscendo poi con un
grosso stereo con dentro già la traccia della canzone.
I
miei amici, non appena mi vedono, alzano gli occhi al cielo contemporaneamente
– sarebbero quasi inquietanti se non avessero perennemente quell’aria da idioti
giocherelloni che sono.
«Figurati se non
se ne usciva con quel…robo…!» dice Jeff sbuffando.
«Oh dai ragazzi,
potreste cantare anche voi! Venite a darmi una mano.» Li supplico io.
«Che canzone è?»
chiede Flint, incuriosito.
«Baby, it’scoldoutside di Dean Martin.»
Loro
a quel punto si scambiano delle strane occhiate e dei sorrisetti che non riesco
a decifrare.
«Oh no, per
questa volta passiamo.» Dice Wes con uno strano
sorriso.
«Ok.» Dico
dispiaciuto, ma mi riscuoto subito, salutandoli e dirigendomi verso l’aula
studio, sperando che ci sia solo Kurt.
Dietro
di me li sento ridacchiare; io ci rinuncio. Non riuscirò mai a capire quei
ragazzi!
~∞~
Non
ho neanche ancora cominciato a cantare, né lui, che già mi sento completamente
diverso rispetto a com’ero alle prove. Sento un brivido scendere lungo la schiena
e so che tutto adesso sarà più naturale. Forse il problema non è solo la voce
di Susan, ma sono anche io: con lei non sono così sciolto.
I
really can’t stay – Baby it’s cold outside
I’ve got to go away – Baby it’s cold outside
This evening has been – Been hoping that you’d drop in
So very nice – I’ll hold your hands, they’re just like ice
My mother will start to worry – Beautiful, what’s your hurry
My father will be pacing the floor – Listen to the fireplace roar
So really I’d better scurry – Beautiful, please don’t hurry
Well Maybe just a half a drink more – Put some music on while I pour
E
infatti, non appena iniziamo a cantare, tutto si fa più semplice: estremamente
più semplice. Non che durante le prove non sia “teatrale”, è solo che adesso
sono molto più rilassato. Inoltre so di aver appena compiuto una buona azione:
ho distratto Kurt dai compiti. Sinceramente non pensavo sarebbe stato così
semplice. Ma d’altronde i ragazzi l’avevano detto che io sarei stato il solo a
poterlo distrarre.
Sembrava
così felice quando mi ha visto, ma mai quanto lo sembra adesso. Ha gli occhi
che luccicano, le labbra rosse, così come le guance, e si sta sottomettendo al
testo della canzone, volteggiandomi intorno e recitando con me. È
incredibilequantosiamoaffiatati.
The neighbors might think - Baby, it's bad out there
Say, what's in this drink - No cabs to be had out there
I wish I knew how - Your eyes are like starlight now
To break this spell - I'll take your hat, your hair looks swell
I ought to say no, no, no, sir - Mind if I move a little closer
At least I'm gonna say that I tried - What's the
sense in hurting my pride
I really can't stay - Baby don't hold out Ahh, but it's cold outside
Sento
un altro brivido scendermi lungo la schiena quando mi avvicino a lui, mentre
nello stesso momento cerco di memorizzare ogni azione che sto facendo per
poterla poi riproporre domani con Susan; anche se credo sia del tutto inutile,
dal momento che non sto decidendo cosa fare, sto soltanto facendo. Con Kurt è davvero tutto più semplice.
Mi
rendo improvvisamente conto che è la prima volta che cantiamo insieme, solo noi
due: e cosa dicevo prima? Che siamo affiatati. Così come lo siamo come amici,
lo siamo anche come… artisti – come ci ha definiti
lui prima.
Ha
una voce stupenda: lo avevo già notato durante l’audizione, ma adesso sembra
quasi migliore. Si compenetra alla perfezione con la mia. Sento una scarica di
euforia invadermi di nuovo il petto: forse è un pensiero un po’ megalomane, ma
sembriamo nati per cantare insieme. Le nostre voci si fondono, senza che sia
l’una a prevalere sull’altra: da sole sono portentose, insieme fanno faville.
Credo
di non aver mai cantato così bene in tutta la mia vita.
I've got to go home - Oh, baby, you'll freeze out there
Say, lend me your comb - It's up to your knees out there
You've really been grand – I thrill when you touch my hand
But don't you see - How can you do this thing to me
There's bound to be talk tomorrow – Think of my life long sorrow
At least there will be plenty implied - If you caught pneumonia and died
I really can't stay - Get over that old out Ahh, but it's cold outside
Non
posso fare a meno di guardarlo: è quasi…abbagliante… per quanto è felice. Si vede lontano un miglio
che ama cantare, che è nato per farlo. Sono estremamente felice di avergli
regalato un po’ di serenità; di certo lui l’ha regalata a me. Perché farsi
problemi e volere un fidanzato, quando ho un amico come Kurt?
Seduto
accanto a lui sul divano, dopo avergli galantemente fatto cenno di sedersi per
primo, durante l’acuto finale, ho sentito per la prima volta l’atmosfera
natalizia. Sarà stata la canzone, le stelle di Natale, la neve che cade fuori
dalla finestra, oppure sarà stata la voce di Kurt, i suoi occhi luminosi e il
sorriso che mi ha rivolto alla fine, ma soltanto ora posso dire che sì, il
Natale è finalmente arrivato.
Non
è possibile! Non posso essermi ridotto all’ultimo minuto a fare il regalo di
Natale, e non a una persona chiunque, ma a Kurt! Cioè, per lui dovrò trovare
sicuramente qualcosa alla moda, qualcosa che sia di assoluto buon gusto e anche
piuttosto eccentrico.
Vero
anche che potrei comprargli qualcosa che non sia di vestiario, ma credo sarà
più felice se gli comprassi un vestito.
Dopo
averci pensato attentamente su, ho scartato l’idea dei maglioni – ne ha davvero
troppi – e anche quella di una sciarpa – sarebbe stato davvero troppo scontato
– e ho optato per una camicia. Ho già potuto notare quanto gli stia bene la
camicia, le poche volte in cui si toglie la giacca della divisa; dovrebbe
portarle più spesso.
Attraverso
la porta a vetri del GAP, superando un ragazzo e una ragazza che, troppo presi
a guardarsi negli occhi, si sono dimenticati come si cammina; alzo gli occhi al
cielo, in quello che può sembrare un gesto esasperato, mentre in realtà non è
altro che pura e semplice invidia.
Vado
dritto al reparto uomo, iniziano a guardarmi attorno con attenzione; questo è
il quinto negozio in cui entro, e sto davvero dando di matto. Fossi stato con
Kurt mi sarei sicuramente divertito, ma non potevo certo portarmelo dietro alla
ricerca del suo regalo. Mugolo appena
quando non vedo niente che possa andar bene: non ho più tempo, oggi è il 23
dicembre e sono in un ritardo mostruoso.
Improvvisamente,
una voce dietro di me mi fa voltare.
«Ciao,
posso esserti utile?»
Il
ragazzo che mi si para davanti mi lascia totalmente senza fiato: ha gli occhi
azzurri, i capelli ricci e biondi – anche se non eccessivamente, sono più un
castano molto chiaro – e un dolce sorriso di cortesia sulle labbra. È stupendo.
«I-io…ehm…» inizio a balbettare
come uno stupido.
Lui
mi sorride di nuovo, questa volta in maniera più naturale – devo sembrare un
vero deficiente in questo momento, sfiderei chiunque a non farsi due sane
risate al suono dei miei balbettii confusi.
«Immagino
tu stia cercando un regalo. Posso darti una mano io se ti va.»
Forza
Anderson, smetti di fare lo scemo e datti una svegliata!
«Sì, sto cercando una camicia…»
«Se
è per la tua ragazza sei nel posto sbagliato: il reparto da donna è di là.»
Dice lui cordiale, indicandomi il punto con un dito.
Scuoto
la testa, sempre più imbarazzato. «No è per un amico.»
«Oh!»
sembra per un attimo sorpreso, poi però si riscuote subito e inizia a mostrarmi
le camicie più belle che hanno.
Io,
più che guardare le camicie, osservo lui, perdendomi completamente nel
movimento delle sue labbra senza però capire quali suoni stiano uscendo da
essa. D’un tratto però sento delle parole raggiungere il mio cervello ormai in
pappa.
«…e dipende anche da che tipo è il tuo…amico.»
Sbaglio
o ha appena marcato l’accento sulla parola “amico”?
Comunque
questo basta a scuotermi: devo comprare un magnifico regalo per Kurt e non
posso sbagliare, altrimenti sarebbe in grado di lanciarmelo dietro.
Un
piccolo sorriso mi spunta sulle labbra al pensiero, poi riporto lo sguardo sul
commesso di fronte a me, dicendogli: «Lui è un tipo alla moda; magari andrei su
qualcosa di più elegante.»
«Ok,
allora direi che ci spostiamo decisamente su questa tipologia» mi indica un
gruppo di camicie più a destra «Fanno parte dell’ultima collezione, sono
eleganti anche se non troppo formali. Che ne dici?»
Poso
la mano sulla camicia più in alto, tastando il materiale: sì, direi che è di
buona fattura. Rialzo lo sguardo e, cercando di non incrociare i suoi occhi,
annuisco.
«Che
colore?»
Sgrano
gli occhi: oddio, non ci ho minimamente pensato! Effettivamente non so nemmeno
quale sia il colore preferito di Kurt; effettivamente è una cosa talmente
stupida da chiedere… però dovrei saperlo!
«Qui
abbiamo tutti i colori: si passa dal verde bottiglia all’acquamarina,
all’azzurro, fino ad arrivare al blu notte; di tinte calde invece abbiamo un
marrone, un rosso carminio e un bordeaux.»
Ci
rifletto su: scarterei subito il marrone, il bordeaux e il verde bottiglia –
forse lo sbatterebbero un po’. Se gliela prendessi azzurra certamente si
intonerebbe ai suoi occhi: sarebbe fantastica, ma allo stesso tempo scontato.
Io invece voglio sorprenderlo.
Chiudo
gli occhi, pizzicandomi il ponte del naso con due dita, pensando.
Improvvisamente, l’immagine di Kurt, con gli occhi luminosi, circondato dalle
stelle di Natale, mentre canta con me, mi invade la mente.
Riapro
gli occhi, sorridendo.
«La
prendo rossa.»
«Ottima
scelta.» sorride il commesso carino, che mi fa strada fino alla cassa, dove
incarta il regalo e me lo porge.
Un
po’ dispiaciuto dal fatto che con ogni probabilità non lo vedrò più, pago, gli
auguro Buon Natale ed esco.
Già
che sono qui ne approfitto per fare un giro; nonostante mi deprima essere solo
a Natale, adoro andare in giro a guardare le vetrine illuminate e addobbate a
festa.
A
differenza di Kurt, che mi ha detto chiaramente di non credere in Dio, io non
so se ci credo o meno; certo, mi piacerebbe davvero tanto se lassù ci fosse
qualcuno, ma non so se crederci o meno. Comunque, sono anni ormai che prendo il
Natale per quello che è: la festa della famiglia e degli amici – per quanto mi
riguarda, si limita solo alla festa degli amici.
Infreddolito,
decido di entrare in un bar; dopo aver ordinato il mio solito caffè a filtro
medio, mi accomodo a uno dei tavolini, guardandomi intorno. Poco lontano da me,
un ragazzo di spalle, con i capelli ricci e biondi, è seduto a un tavolino,
tutto solo, proprio come me; riconosco il commesso del negozio.
Facendomi
coraggio, decido di alzarmi e mi paro di fronte a lui.
«Ciao!»
Il
ragazzo alza gli occhi da un libro che stava leggendo, sorpreso. «Ciao.»
«Posso
sedermi?» chiedo, indicando il posto libero di fronte a lui, che mi guarda un
po’ stranito per un attimo, ma poi mi fa un cenno di assenso con la testa.
Ci
fissiamo per un istante negli occhi, mentre sento l’imbarazzo salire e prendere
forma di un lieve rossore sulle guance. Che cosa diamine sto facendo? Sono
seduto al tavolo di un bar con un perfetto sconosciuto, che si starà chiedendo
cosa voglia un ragazzino come me da lui. Non so nemmeno quanti anni abbia!
Tuttavia
mi spiazza, facendomi una domanda che avrei trovato veramente indelicata, ma che
almeno ci distoglie dal silenzio imbarazzato in cui eravamo piombati.
«La
camicia non era per un tuo amico, vero? Era per il tuo ragazzo?»
E
così ci avevo visto giusto, aveva davvero calcato la parola “amico” prima, in
negozio; lo osservo un po’, spaventato dalla possibile reazione che potrebbe
avere. Non mi sembra affatto un omofobo e soprattutto i suoi capelli sono
davvero troppo curati. Avessi Kurt con me, lui se ne sarebbe accorto subito!
Decido
di fidarmi, anche se sono già pronto a scappare, all’evenienza.
«Sì,
era davvero per un mio amico, ma… sì sono gay.» Lo
guardo, incuriosito dalla sua reazione: ha sgranato gli occhi per un attimo,
poi ha sorriso fugacemente e infine è tornato a uno sguardo serio.
«E
tu…anche?» azzardo, preoccupato di starmi spingendo
troppo oltre.
«Si
nota tanto?» chiede, un po’ preoccupato.
Storco
la bocca, facendogli un cenno di diniego con la testa, troppo impegnato a
vagare nei suoi occhi: è davvero un bellissimo ragazzo. Forse, se gioco bene le
mie carte, è il momento buono per avere un ragazzo!
«Sai,
sei il primo che incontro da quando mi sono trasferito qui.» mi rivela lui.
E
da qui in avanti ci mettiamo a parlare, di qualsiasi cosa. Così scopro che ha
da poco compiuto 22 anni, che lavora da GAP da poco tempo, che gli piacciono i
fumetti e i libri fantasy.
Io
parlo poco e niente, intento a osservarlo; spero di non risultare troppo
ridicolo, anche se credo che a un certo punto abbia notato il mio sguardo da
pesce lesso.
Ad
un tratto guarda l’orologio e scatta in piedi.
«Scusa,
la pausa è finita e dovrei tornare a lavorare.»
Mi
alzo anche io; è tardi anche per me e voglio arrivare alla Dalton prima delle
cinque, quando il padre di Kurt verrà a prenderlo: voglio dargli il regalo
prima che se ne vada.
«Sì,
anche io dovrei andare. È stato bello parlare con te…»
mi rendo improvvisamente conto di non sapere il suo nome.
Lui
sembra capire a cosa sto pensando perché mi offre la mano; io la afferro,
beandomi del calore e della morbidezza delle sue mani.
Questo
ragazzo deve saperne quasi quanto Kurt di creme!
«Jeremiah.»
Mi
riscuoto dai miei pensieri e sorrido. «Blaine.»
Lascia
la mia mano, si volta e se ne va. Rimango ancora un attimo imbambolato a
fissarlo, poi mi dirigo a passo spedito fuori dalla caffetteria, diretto alla
Dalton.
*
Non
appena arrivo alla Dalton mi fiondo direttamente in camera, dove troverò
certamente Kurt intento a fare le valigie. Però, quando apro la porta della
camera, mi sembra di vivere un deja-vu: Kurt non è
qui.
Mi
guardo intorno un po’ spaesato, avvicinandomi ai cassetti e aprendo il suo: è
vuoto.
Oh,
Kurt se n’è già andato… Ci metto un po’ a rendermi
conto del sentimento che mi sta invadendo ora il petto: dispiacere. E forse
anche un po’ di disappunto.
Ma
forse solo io ci tenevo a dargli il regalo di Natale, anzi, forse gliel’ho
fatto soltanto io. Per quanto quello che ho appena pensato suoni strano anche a
me, non trovo altra spiegazione. Ma forse sono troppo precipitoso – penso
mentre mi siedo sul suo letto – forse è stato costretto ad andare via prima.
«Cos’è,
ha fatto le valigie e se n’è andato?»
Un
voce alle mie spalle mi fa sobbalzare; mi giro e vedo David appoggiato con una
spalla alla porta che ho lasciato aperta.
Mi
sforzo di sorridere. «Già. Ha detto che vuole il divorzio.»
David
si avvicina a me e si siede sul letto al mio fianco. «Chissà quanto ti verrà a
costare!»
Al
vedere la sua espressione – un sopracciglio sollevato e l’aria estremamente
seria – non posso evitare di scoppiare a ridere e vengo subito imitato da lui.
Dopo
poco David torna serio e mi posa una mano sulla spalla. «No, seriamente, è
dovuto andare via: suo padre è venuto a prenderlo prima – non ho capito che
impegni avessero. Comunque mi ha detto di avvisarti che gli dispiace e che ti
avrebbe chiamato.»
Sento
il peso sollevarsi dal mio stomaco – dove vi si era depositato quando non ho
trovato Kurt nella stanza – e mi apro in un sorriso a trentadue denti.
«Oh
ok, allora lo chiamo!» sentenzio, alzandomi dal letto e avviandomi alla porta
con un saltello, quasi senza notare l’espressione a metà tra l’incuriosito e il
consapevole – consapevole di cosa poi? – di David.
Esco
dalla stanza ed estraggo il cellulare dalla tasca del cappotto, digitando
subito i tasti; lo porto poi all’orecchio, ascoltando gli squilli. Dopo
solamente due squilli, la voce di Kurt mi saluta, allegra e un po’ affaticata.
«Kurt?
Che stai combinando?» chiedo, incuriosito.
«Oh,
sono in salotto con Mercedes e Tina e…» Kurt si
blocca e sento delle urla indistinte dall’altro lato «e niente, hanno deciso di
distruggermi casa!» conclude assumendo un tono di rimprovero.
Ridacchio;
sono felice di sentirlo e di saperlo felice. Non capisco però perché una strana
sensazione di fastidio mi stia invadendo il petto. Ok, forse diciamo che
pensavo fosse un impegno improvviso ad averlo fatto andare via prima; è che ci
tenevo davvero a dargli il regalo di persona!
«Blaine? Ci sei?»
La
voce di Kurt mi riporta alla realtà. «Sì, scusa. David mi ha detto tuo padre ti
è venuto a prendere prima per un impegno improvviso.» Dico, senza rendermi
conto che, per come l’ho detto, può sembrare un’accusa – e forse lo è. Oh, devo
smetterla di fare il bambino! Kurt ha altri amici oltre a me, è normale che
voglia passare del tempo anche con loro.
Come
sempre però, lui sembra capire cosa mi stia passando per la testa, perché il
suo tono di voce si abbassa e assume una tinta dispiaciuta.
«Già,
a proposito, mi spiace non averti salutato. Queste due pazze hanno convinto mio
padre a venire a prendermi prima e mi hanno fatto una sorpresa. Scusami Blaine.»
Sentendo
le sue scuse non posso fare altro che lasciarmi sfuggire un piccolo sorriso e
nel momento stesso in cui mi escono le parole di bocca, sento di averlo già
perdonato.
«Tranquillo,
non preoccuparti; immagino possano sentire la tua mancanza.»
«Già…» sussurra «Ci tenevo a darti il mio regalo di Natale
di persona però.»
«Anche
io.» perdo il sorriso mentre lo dico.
C’è
qualche secondo di silenzio – probabilmente, proprio come me, starà pensando
come fare – invece dice: «Mi hai comprato un regalo?»
«Certo!
Anche tu a me a quanto pare.» Ridacchio. «Posso passare a dartelo adesso! Il
tempo di salire in macchina e venire fino a Lima.» Propongo e quasi non mi
accorgo di desiderare ardentemente che mi dica di sì: ci terrei davvero tanto a
salutarlo decentemente prima delle vacanze di Natale.
Fortunatamente
lui acconsente, così lo saluto velocemente e riattacco, tornando in camera e
afferrando le chiavi della macchina. David non è più lì, ma non me ne
preoccupo; lo saluterò dopo. Stanotte io e lui resteremo ancora qui: i suoi
genitori verranno a prenderlo domani, per quanto riguarda me invece, non so
proprio cosa farò. Diciamo però che vorrei ancora approfittare di un’ultima
notte qui, almeno non devo tornare a casa mia.
L’idea
di tornare a casa e vedere i miei tutti i santi giorni mi rende nervoso e
arrabbiato. Non ho assolutamente intenzione di litigare con loro di nuovo, non
sono solito lasciarmi andare alla rabbia; ho imparato a non reagire alle
provocazioni. Ma quando è mio padre stesso a provocarmi, non so perché, perdo
completamente il lume della ragione, finendo per rispondergli male ogni singola
volta. E sono stufo di litigare con lui: ormai so bene che non riuscirà mai ad
accettarmi, ma questo non significa che non mi faccia male.
Proprio
come se fosse stato evocato dai miei pensieri, fuori dalla Dalton, appoggiato
alla mia macchina, c’è mio padre; poco più in là vedo il volto austero di mia
madre sporgere dal finestrino della sua macchina, seduta di fianco al nostro
autista.
Sento
montare immediatamente la rabbia, mentre mi arresto, sorpreso di trovarlo lì.
Stringo i pugni ed espiro e inspiro un paio di volte prima di dirigermi verso
di lui, dipingendomi in viso un sorriso finto e un’espressione che non sia di
puro odio.
«Ciao
papà.» Dico atono.
«Blaine.” Risponde solamente quasi senza incrociare i miei
occhi. «Fai le valigie, sbrigati: partiamo.» Continua.
Quasi
mi casca la mascella a terra. Cosa vuol dire “partiamo”? Dove dovremmo andare,
perché non ne sono stato avvisato? Già l’idea di stare con loro non mi
entusiasma, ma speravo almeno di potermi rinchiudere nella mia stanza per le
due settimane di vacanza e uscire soltanto per i pasti e per andare al bagno,
riducendo al minimo i nostri incontri.
Votandomi
comunque alla tranquillità, conto fino a dieci prima di rispondere.
«Adesso?
Dovrei prima passare a consegnare un regalo.» Mio padre solleva un
sopracciglio, spostando finalmente lo sguardo su di me e invitandomi a
proseguire con un cenno della mano. «Posso passare da lui e poi tornare a
casa.»
Sbagliato,
Anderson…
Mi
rendo conto dello sguardo di mio padre non appena ho pronunciato “lui”, così mi
rendo conto di essermi appena giocato tutto: se lo conosco bene, mi impedirà di
andare da Kurt. E infatti…
«Non
credo sia il caso Blaine.» Si limita a dire,
guardandosi poi intorno, quasi con la paura che qualcuno di passaggio possa
sentire che il figlio degli Anderson deve andare a consegnare il regalo di
Natale al suo migliore amico. Oh sì, sarebbe uno scandalo!
«Io
invece credo lo sia.» Sussurro appena e faccio per aggirarlo, dirigendomi verso
il lato del guidatore. Non mi importa di quello che crede lui! Sono stufo di
farmi mettere i piedi in testa così, non lo sopporto più.
Lui
si sposta e si frappone tra me e la portiera. «Non ti permetterò di andare da
questo tuo…amico.
Lo vedrai dopo le vacanze!»
«No,
io invece vado adesso!»
«Ho
detto di no, Blaine! È un ordine! Vai a fare le
valigie e torna qui.»
Sento
le lacrime di rabbia salire fino ai miei occhi, ma non permetterò che lui mi
veda piangere; non voglio dargli questa soddisfazione, né dare adito ad altri
motivi perché mi reputi debole. Le mani iniziano a tremare per la frustrazione;
quasi non mi rendo conto del gruppo di studenti e insegnanti che si è formato
attorno a noi.
«Ti
do dieci minuti.» Pronuncia, lapidario.
È
inutile discutere ancora e poi non voglio farmi delle figuracce con i miei
compagni di scuola; senza dire nulla, gli volto le spalle e rientro a scuola.
Ho
una voglia assurda di urlare e buttare all’aria tutto ciò che mi si presenta
sul cammino, ma mi trattengo; vicino a me sento i passi lenti di David: mi sta
osservando. Io però non sollevo lo sguardo su di lui; se lo facessi ora credo
che scoppierei a piangere.
David
mi segue anche in camera e mi guarda mentre afferro di fretta le poche cose che
avevo lasciato fuori e le infilo nella valigia, a casaccio. Quando tutto è
stato stipato malamente nella mia piccola valigia – e il mio cuore ha smesso di
battere affannosamente nel petto – rialzo lo sguardo verso David.
«Grazie.»
Gli dico, riconoscente del fatto che mi sia stato vicino e che abbia capito che
non c’erano assolutamente bisogno di parole.
“Non
c’è di che.» Risponde facendomi un cenno con la testa.
Lascio
la stanza, ma, arrivato in fondo al corridoio, una voce mi richiama indietro.
«Due
settimane e sarai di nuovo qui, con noi e con Kurt.» Mi sorride, infondendomi
un po’ di coraggio.
Non
so cosa dire, perciò mi limito a un semplice «Buon Natale.»
Pochi
minuti dopo, seduto sul sedile posteriore della macchina, tiro fuori il
cellulare dalla tasca del cappotto e, cercando di non farmi notare da mio
padre, invio un messaggio a Kurt.
Scusami Kurt, non riesco a
venire. È arrivato mio padre e mi ha letteralmente trascinato via. ): B.
Quasi
subito sento vibrare il telefono; lo afferro e sorrido quando leggo il nome del
mittente. Avevo paura che Kurt potesse offendersi.
Oh…
Mi dispiace veramente tanto… Ci avrei tenuto
veramente a darti il regalo e soprattutto a salutarti decentemente. Buone
vacanze! K.
Senza
stare a pensarci troppo, digito.
Anche a me dispiace…
ma dai, tra due settimane ci rivedremo di nuovo! xD
Ti voglio bene. B.
Quando,
quaranta minuti dopo, scendo dalla macchina e incrocio lo sguardo di mio padre,
faccio in modo che mi scivoli addosso senza avere alcuna reazione, ancora con
il sorriso sul volto per l’ultimo messaggio di Kurt.
Ti voglio bene anche io. K.
~∞~
At first we
started out real cool
Taking me places I ain't never been
But now you're getting comfortable Ain't doing those things you did no more
You're slowly making me pay for things
Your money should be handling
Non posso
fare a meno di sorridere, mentre guardo i miei amici che si impegnano a
cantare; siamo uniti dal comune desiderio di voler vincere le Regionali, di
voler fare un’ottima impressione su quel palco. Ma per quanto mi riguarda, c’è
qualcosa di più che mi unisce a questi ragazzi. Loro mi hanno letteralmente
salvato la vita, rendendomi ciò che sono adesso.
Quando sono
arrivato alla Dalton, un anno e mezzo fa ormai, non ero affatto così: ero un
ragazzino timido e timoroso, spaventato da qualsiasi cosa, me stesso in primis.
Sebbene sapessi che non c’era niente di male ad essere come sono, mi sono
ritrovato spesso a pensare a quanto sarebbe stato meglio non essere gay. Avrei
avuto una vita normale.
Questi
ragazzi invece, con il loro affetto e il loro coinvolgermi nelle loro cavolate,
mi hanno cambiato. Per la prima volta in vita mia mi sono sentito accettato in
tutto e per tutto; stare con loro, mi faceva persino dimenticare tutti i
problemi che c’erano – e ci sono – con mio padre.
And now you ask to use my car
Drive it all day and don't fill up the tank
And you have the audacity
To even come and step to me
Ask to hold some money from me
Until you get your check next week
You triflin' good for nothing type of brother
Silly me, why haven't I found another?
A baller, when times get hard I need someone to help
me out
Instead of a scrub like you who don't know what a man's about
Per non
parlare poi del rapporto che ho con Kurt. È assolutamente fantastico quello che
condividiamo, quasi credo che non potrebbe andare meglio di così.
Non sono
ancora riuscito a dargli il regalo di Natale, non abbiamo avuto molto tempo di
stare da soli. Quando sono arrivato stamattina, lui non era ancora arrivato;
l’ho aspettato per un po’ in stanza, con un po’ di ansia in realtà, ma poi sono
stato costretto ad andare in classe al suono della campanella.
Ho passato
dei minuti di inferno pensando che avesse deciso di trasferirsi al McKinley
senza avvisarmi, poi però mi sono dato dello scemo: Kurt non avrebbe mai fatto
una cosa del genere. Infine, un suo messaggio è riuscito a tranquillizzarmi del
tutto.
Sono in ritardo!! D: K.
È entrato
qualche minuto dopo in aula, correndo trafelato, e mi si è seduto vicino con un
enorme sorriso stampato in volto.
Can you pay
my bills?
Can you pay my telephone bills?
Do you pay my automo' bills?
If you did, then maybe we could chill
I don't think you do
So you and me are through
You triflin' good for nothing type of brother
Silly me, why haven't I found another?
A baller, when times get hard I need someone to help
me out
Instead of a scrub like you who don't know what a man's about
Inutile dire
quanto mi sia mancato: mi sono mancate le nostre chiacchierate, le nostre
serate film in camera, i nostri caffè al Lima Bean…
tutto.
Così come mi
è mancato questo posto, i ragazzi.
E cantare.
Dio quanto mi è mancato!
A casa non
lo faccio quasi mai, sia perché mio padre non approva, sia perché non mi sento
mai molto ben disposto per cantare, non con tutta la rabbia che mi scorre in
corpo.
Can you pay my bills?
Can you pay my telephone bills?
Do you pay my automo' bills?
If you did then maybe we could chill
I don't think you do
So you and me are through
You triflin' good for nothing type of brother
Silly me, why haven't I found another?
You triflin' good for nothing type of brother
Silly me, why haven't I found another?
Non so
proprio come io abbia fatto a sopravvivere a queste vacanze: so solo che ogni
anno è sempre peggio. Tutti i parenti che mi guardano male – perché ovviamente
le voci nella famiglia Anderson corrono, e tutti sanno cosa mi è successo e
soprattutto perché – mio padre che non mi rivolge a parola né mi guarda, e mia
madre che non fa niente.
Grazie al
cielo i messaggi di questi pazzi scatenati che mi stanno ballando attorno e
quelli di Kurt sono riusciti a tenermi abbastanza su di morale. E inoltre, ho
anche avuto modo di perdermi nelle mie immaginazioni di me e Jermiah…
Non sono
riuscito a togliermelo dalla testa per tutto il tempo, immaginandoci insieme, o
sognando che lui mi dichiari il suo amore e mi porti via con sé. Su un unicorno
magari.
Certo, non
so assolutamente nulla sul suo conto, né l’ho rivisto altre volte, ma la mia
mente ha già iniziato a vagare; già mi vedo sposato con lui e con un tesserino
di mega-sconti da GAP.
Can you pay my bills?
Can you pay my telephone bills?
Do you pay my automo' bills?
If you did then maybe we could chill
I don't think you do
So you and me are through
Can you pay my bills?
Can you pay my telephone bills?
Do you pay my automo' bills?
If you did then maybe we could chill
I don't think you do
So you and me are through
Certo
che sono proprio un pessimo leader! Mettermi a pensare a certe cose mentre
canto, proprio non si fa. Ma non posso farne a meno! Non è colpa mia se Jeremiah è così bello, se io sono non felice, euforico, di essere tornato qui, con i
miei amici, con Kurt.
Sono
tornato a casa finalmente.
NOTE:
Qui
è Pachelbel! =)
Scrivere
questo capitolo è stato una vera e propria tortura! Non tanto per lo scontro
con il padre (e non preoccupatevi, più avanti approfondiremo il loro rapporto)
quanto più che altro per il semplice fatto che vorrei prendere la testa di Blaine e sbatterla contro il muro! xDD
Dico io, ma come si fa??? Quel ragazzo è palesemente cotto di Kurt… deve solo capirlo! E da qui in poi sarà sempre peggio… -.-
Mi
sono permessa inoltre di inserire gli smiles del
linguaggio msn… spero non diano fastidio a nessuno.
Ci
tenevo a ringraziare tutte le nuove stupende, fantastiche, meravigliose persone
che hanno recensito per la prima volta, che hanno inserito la storia tra le
seguite, le ricordate o addirittura le preferite. Ricevere un feedback da parte
vostra è sempre un ottimo incentivo a scrivere e migliorare.
~ Dove… Da quando è così
bello tornare a scuola? ~
At first we started out real cool
Taking me places I ain't never been
But now you're getting comfortable Ain't doing those things you did no more
You're slowly making me pay for things
Your money should be handling
Non mi ero mai
accorto che la Dalton avesse uno specifico profumo. Sa di… stoffa pulita e
libri di scuola, sa di tranquillità ed affiatamento… Sa di Dior Homme e gel per capelli…
Sussulto
all’ultimo pensiero: la Dalton sa di Blaine ed io non me ne sono mai accorto?
In ogni caso
respirerei quest’odore per tutta la vita: mi è mancato troppo.
Non che le mie
vacanze siano andate male, anzi!Rivedere mio padre, Carole, Finn e tutti i
miei amici è stata una gioia unica: abbiamo recuperato parte del tempo perduto,
abbiamo fatto tutto quello che ci passava per la testa senza fermarci un
attimo. Mi sono divertito da pazzi.
Eppure, essere
tornato a scuola, per la prima volta, non mi spiace così tanto.
Blaine fa il suo
ingresso nella stanza cominciando a cantare accompagnato, come sempre, dalla
perfezione ed il mio cuore perde un battito mentre scivola da un Usignolo
all’altro con nonchalance e movimenti ben coordinati.
And now you ask to use my car
Drive it all day and don't fill up the tank
And you have the audacity
To even come and step to me
Ask to hold some money from me
Until you get your check next week
Non faccio
neanche in tempo a rendermi conto della sua presenza che, d’improvviso,
trascinato dalla canzone, salta sul divanetto su cui sono seduto camminandoci –
anzi, ballandoci sopra. Io lo guardo alzando la testa, con un sorriso
completamente idiota stampato in viso e anche se non incontro i suoi occhi so
che mi ha visto – la cosa non dovrebbe rendermi felice, eppure non mi va di
sentirmi diversamente che così ultimamente.
Blaine si muove
con la stessa energia di sempre e in un attimo è come se non lo vedessi da mesi
invece che da due settimane. Quanto mi è mancato! Mi sembra di scoprirlo
daccapo: ogni sua movenza, il suo sorriso coinvolgente e quegli occhi su cui ho
fatto fin troppi pensieri – tutto è come l’avevo lasciato e mi do dello stupido
per essermi preoccupato che fosse cambiato qualcosa. Sarebbemaipotutosuccedere?
You triflin' good for
nothing type of brother
Silly me, why haven't I found another?
A baller, when times get hard I need someone to help me out
Instead of a scrub like you who don't know what a man's about
Lo guardo,
mentre, muovendosi sempre a tempo, mi si riavvicina, stavolta abbassandosi come
se le parole della canzone fossero le battute di un dialogo rivolto a me. La
poca distanza che ci separa mi ricorda il nostro duetto natalizio e non posso
non sentire il calore e l’euforia di allora invadermi di nuovo, mentre continuo
ad accompagnare il coro degli Usignoli, nonostante ormai ogni attenzione sia
rivolta a lui.
Pensandoci è da
allora che non lo sento cantare, da quel duetto. La sua voca mi è mancata
davvero tanto in tutti questi giorni ed io non ho idea del perché l’abbia
permesso: non l’ho chiamato, neanche una volta.
Si allontana,
continuando a camminare per la stanza ed anche il mio corpo segue ancora la
musica…
Can you pay my bills?
Can you pay my telephone bills?
Do you pay my automo' bills?
If you did, then maybe we could chill
I don't think you do
So you and me are through
Sorrido, mentre
parte il ritornello. Voglio che nulla rovini questo momento, che nulla mi
impedisca di essere felice com’ero fino a due secondi fa. Sono tornato alla
Dalton, sono di nuovo con gli Usignoli e soprattutto con Blaine. Quello che è
stato non m’interessa: non sono mai stato tanto felice di tornare a scuola.
Alcuni degli
Usignoli si uniscono a Blaine nella coreografia, muovendosi in modo coordinato,
a tempo con le sue parole. È questo il bello del nostro gruppo: l’affiatamento…
da questo punto di vista, la situazione è completamente diversa da quella delle
Nuove Direzioni e devo dire che non mi dispiace affatto che qui ci sia più
gruppo e meno uscite di scena teatrali.
You triflin' good for
nothing type of brother
Silly me, why haven't I found another?
A baller, when times get hard I need someone to help me out
Instead of a scrub like you who don't know what a man's about
Mi sposto, senza
smettere di cantare e mi siedo sul bracciolo del divano: formiamo quasi un
cerchio e all’interno vedo David pronto a fare una capriola davvero bella per
poi avvicinarmisi continuando a cantare. Vederli muoversi in questo modo mi
ricorda molto le performances dei Cheerios: la voglia
di mostrare le proprie potenzialità al massimo e la bellezza di ogni numero è
la stessa, anche se gioca molto a nostro favore non avere la Sylvester con il
megafono che butta a terra anche l’autostima più resistente – è più divertente,
ovviamente.
Can you pay my bills?
Can you pay my telephone bills?
Do you pay my automo' bills?
If you did then maybe we could chill
I don't think you do
So you and me are through
You triflin' good for
nothing type of brother
Silly me, why haven't I found another?
You triflin' good for nothing type of brother
Silly me, why haven't I found another?
Blaine con uno
slancio salta sul tavolino e comincia a cantare da lì, muovendosi a scatti a
seconda della musica. Non sono sicuro che i mobili della Dalton possano essere
usati in quel modo, ma non è certo la prima volta che lo facciamo. Anche con le
Nuove Direzioni, nell’aula canto, abbiamo fatto molti numeri saltando sulle
sedie, facendole diventare una passerella ed esibendoci su di esse. In questo
momento Blaine mi ricorda proprio quelle esibizioni.
Uno ad uno, ora,
i ragazzi si esibiscono al centro del cerchio che abbiamo creato, con movimenti
sinuosi e ben coordinati, mentre noi altri ci muoviamo sul posto. È uno
spettacolo davvero meraviglioso e nonostante tutto sono davvero fiero di far
parte degli Usignoli.
Can you pay my bills?
Can you pay my telephone bills?
Do you pay my automo' bills?
If you did then maybe we could chill
I don't think you do
So you and me are through
Can you pay my bills?
Can you pay my telephone bills?
Do you pay my automo' bills?
If you did then maybe we could chill
I don't think you do
So you and me are through
Mi concentro di
nuovo su Blaine che mi è quasi di fronte. Ora che ci penso, non siamo ancora
riusciti a scambiarci i regali: colpa mia – no, di mio padre che stamattina ha
avuto la brillante idea di non sentire la sveglia! Ergo, ritardo al primo
giorno di scuola dopo le vacanze natalizie e nessuna possibilità di dare il mio
regalo a Blaine. Guardandolo per bene, sembra al settimo cielo, come se tornare
qui sia la cosa più bella che possa capitargli… mi chiedo cos’abbia fatto durante
le vacanze: non mi sono azzardato a chiamarlo, questo è vero, ma dai messaggi
non mi sembrava ci fosse nulla fuori posto. Dovrò parlargli, in ogni caso…
Ci muoviamo
tutti insieme ora, nello stesso momento, gasati al massimo dall’idea che le
Regionali siano così vicine, ad un passo da noi. Possiamo farcela: con questo
spirito, vinceremo di sicuro.
La musica si
avvia alla fine e quando anche le ultime note si sono perse nella stanza,
esplodiamo in grida di gioia.
«Direi che siamo
pronti per le Regionali!» si congratula Blaine e il nostro entusiasmo aumenta
in un abbraccio di gruppo.
Posso capire
davvero perché Blaine sia felice di essere tornato!
~∞~
Appena l’ultima
campanella suona, scatto dalla sedia come se fossi una molla e mi precipito
fuori dall’aula quasi dimenticando di salutare i compagni e il professore.
Salgo le scale
quanto più velocemente possibile e mi precipito in camera senza neanche
chiudere la porta: Blaine ha saltato l’ultima ora per l’assenza del professore
Tyler di Biologia e mi starà già aspettando in caffetteria. Frugo nell’armadio
fino a che non trovo il pacchetto dalla carta rossa in una bustina bianca e
scatto di nuovo verso l’uscita, senza però dimenticare di dare un ultimo
sguardo al bagno.
Al momento della
scelta, comprare il profumo che Blaine usa praticamente sempre è sembrata
un’ottima idea – ero certo che l’avrebbe messo e soprattutto che gli sarebbe
piaciuto. Poi però lui è dovuto improvvisamente andare via con i suoi genitori
e non abbiamo avuto neanche il tempo di salutarci di persona, limitando la cosa
ad un messaggio e rimandando, ovviamente, lo scambio dei regali. Per tutte le
vacanze il pensiero che avesse potuto comprarlo lui, rendendo inutile la mia
idea, mi ha ossessionato, tanto che più di una volta sono stato tentato di
cambiare completamente la mia scelta.
Resistere ad una
tanto assurda paranoia è servito quando, arrivato in ritardo a lezione, mi sono
seduto accanto a lui e il suo profumo mi ha accolto, invariato. Un rapido
controllo in bagno e ho visto che la boccetta era sopravvissuta alle due
settimane di vacanze con ancora un po’ di liquido sul fondo.
Sorrido,
rendendomi conto di quanto stia dando di matto da quando ho conosciuto Blaine
e, scese di nuovo le scale, mi avvio alla caffetteria, trovandolo – come
immaginavo – già seduto ad uno dei tavolini, gli occhi puntati all’ingresso.
Appena incrocio
il suo sguardo, sorrido istintivamente e lui mi viene incontro abbracciandomi.
Tento di non irrigidirmi per la sorpresa di quel contatto e ricambio il gesto,
felice che sia stato lui a prendere l’iniziativa – gli sono mancato? Nonostante
siamo di nuovo alla Dalton già da ieri, finora non abbiamo avuto ancora il
tempo per una buona chiacchierata.
«È bello
ritrovarsi qui: mi è mancato questo posto» confesso sedendomi.
«Già. A me,
però, sono mancate di più le nostre chiacchierate»
Avvampo appena
afferro il significato della sua frase e lui ridacchia divertito, tornando
serio quando gli lancio uno sguardo truce.
«Cosa hai fatto
in questi giorni?» chiedo poi, mentre lascio scivolare con delicatezza a terra
la bustina del regalo che finora ho tenuto fin troppo stretta.
Quando ritorno
con lo sguardo su Blaine, qualcosa è cambiato nei suoi occhi, qualcosa che mi
stringe il cuore e ha il sapore di un cazzotto in pieno stomaco. Ho detto
qualcosa di sbagliato, forse? Cosa mi è sfuggito nei pochi istanti in cui ho
distolto lo sguardo?
Lui sostiene
ancora un po’ i miei occhi, poi abbassa la testa con un sospiro.
«Blaine… se ho
detto qualcosa di sbagliato... io… mi dispiace…» tento di scusarmi in modo
impacciato.
Lui rialza la
testa di scatto, sorride per un attimo ed un rapido brillio attraversa i suoi
occhi.
«Tranquillo, tu
non hai fatto nulla di male» mi rassicura, ma non sembra intenzionato ad andare
avanti.
«È… è forse
successo qualcosa…?»
Dannazione,
Blaine, perché diavolo non vuoi raccontarmi cosa ti sta facendo soffrire tanto?
Alle volte la sua reticenza su certi argomenti è quasi frustrante. Lui sembra
leggermi nel pensiero ed emette un secondo sospiro, più pesante del primo.
«Sai… la mia
famiglia non è un argomento di discussione molto allegro…» mi confessa ed io
rimango spiazzato, senza sapere se essere più rammaricato per aver mostrato
insistenza su un argomento tanto delicato o più dispiaciuto per la risposta e
tutto quello che ne consegue.
Non distolgo,
tuttavia, lo guardo dai suoi occhi velati e dopo un’altra pausa, lui riprende,
senza però abbandonare un certo atteggiamento di reticenza.
«Tu sei stato
fortunato, in un certo senso: da quello che mi hai raccontato, Burt deve essere
una persona eccezionale. Non tutti hanno la tua stessa fortuna» e con tutti è
evidente che sottintenda se stesso.
Per un attimo mi
manca il fiato. Improvvisamente mi rendo conto di aver raccontato praticamente
tutto della mia vita a Blaine, mentre della sua conosco poco o nulla. Mi
prenderei a schiaffi! Come diavolo è potuto succedere? Devo recuperare, devo
sapere… anche solo per conoscere quali sono gli argomenti da evitare in una
conversazione, per potergli essere d’aiuto… glielo devo, accidenti!
«È per via del
fatto che…» tento.
«… che sono gay,
sì» conclude lui con una punta di rassegnazione nella voce «Mio padre non l’ha
mai accettato. Dal giorno in cui gliel’ho detto è come se fossimo diventati due
estranei e se parliamo, finiamo sempre con l’urlarci contro senza avere alcun
rispetto l’uno per l’altro»
Spero davvero
che i miei occhi non abbiano un’aria di compassione mentre Blaine mi dice
queste cose: non mi piacerebbe riceve un simile sguardo se fossi io a parlare.
«Ma allora
perché…» continuo io: non voglio che si fermi – so quant’è importante parlarne.
«…perché sono
andato a passare il Natale con loro? Non ho avuto scelta. Stavo venendo da te,
lo sai, quando sono arrivati. Mio padre mi ha detto di finire le valigie, perché
mi voleva a casa subito. È stato un ordine, in realtà e quando gli ho detto che
prima sarei voluto passare da te, ha reagito come meglio sa fare – con la
freddezza. Ha detto che secondo lui non era il caso e che sarei dovuto scendere
in dieci minuti. Credimi, ho sbattuto così tante volte la testa contro quel
muro che alle volte non ce la faccio proprio a sbatterla ancora: non ho detto
nulla – o almeno evitato scenate inutili – e ho fatto ciò che voleva»
Sono senza
parole e non posso fare a meno di detestarmi. Ero convinto che fosse andato con
i suoi genitori come qualunque altro ragazzo, felice di passare un po’ di tempo
in famiglia. Ero certo che fosse
tutto a posto – i suoi messaggi non hanno mai tradito tutto questo ed ora mi
sento così stupido… così… arrabbiato con me stesso. La tristezza delle sue
parole mi colpisce nel profondo, nonostante Blaine faccia di tutto per far
apparire quel racconto come tanti altri, come se stesse raccontando un
pettegolezzo privo d’importanza – non sarebbe da lui mostrarsi tanto abbattuto.
«Avresti potuto
chiamarmi!» lo accuso all’improvviso, non so bene perché.
«Anche tu!»
ribatte lui ed io non so più che dire.
Ha ragione,
maledizione! Perché non l’ho chiamato? Vergogna? Paura di infastidire? E da
quando questo mi ha impedito di fare qualcosa? Ma d'altronde nulla mi sembra
più lo stesso con Blaine. Sono stato stupido, semplicemente uno stupido… e
forse mi ha fatto comodo credere che andasse tutto bene.
«Hai ragione…
avrei potuto. Scusa»
Lui mi guarda
con un mezzo sorriso, quasi fosse imbarazzato. Forse non avrebbe voluto
rinfacciarmelo in quel modo…
«Comunque non è
stato nulla di che, davvero! Mi è bastato evitarli quanto più possibile e non
cadere nelle provocazioni. Difficile, ma fattibile. E poi… non volevo rovinarti
le vacanze con problemi a cui ho fatto l’abitudine. Ho idea che tu ti sia
divertito particolarmente!» cambia argomento ancora con un sorriso mesto.
«Oh, sì! I
ragazzi sono stati fantastici! Non riesco ancora a credere di aver fatto così
tante cose in così poco tempo – abbiamo anche rinunciato a dormire. Non mi ero
accorto davvero di quanto mi fossero mancati fino a quando non li ho rivisti
tutti lì. Finn, poi, è stato magnifico… per non
parlare di mio padre o di Carole: sembravano tutti così felici di vedermi!»
«Lo erano…»
sussurra Blaine, quasi fosse sovrappensiero e ancora una volta mi trovo
spiazzato di fronte ai suoi occhi, alla loro profondità e a quello che celano.
È sempre così con Blaine, ormai ne sono consapevole: è tanto allegro e
pimpante, sprigiona energia da tutti i pori ed è sempre pronto a darti una
mano; eppure, quando riesci a guardarlo davvero per bene, ti rendi conto di
quanto sia insicuro in realtà e di quanto anche lui abbia conosciuto il dolore.
Non siamo tanto differenti in fondo e le cose che non abbiamo in comune sono
unicamente suoi pregi… o miei difetti – come il fatto che sia puntualmente così logorroico!
«Scusa» ripeto
imbarazzato, abbassando la testa e lui poggia una mano sulla mia.
«Invece è bello
vederti tanto felice» mi rassicura.
Non trattengo
uno scoppio di risata e mi sembra che anche i suoi lineamenti si rilassino un
po’. È in momenti come questi che ho l’impressione di volergli dire qualcosa,
quasi ne avessi il bisogno essenziale: lo sento nel petto, ma poi mi blocco
senza una ragione precisa.
«Avanti, sarà
successo qualcosa di bello anche a te in queste due settimane!» provo a
risollevarlo di morale – ma forse è solo un desiderio espresso ad alta voce.
Per qualche
istante gli occhi di Blaine si illuminano come mai ed un sorriso sfugge al suo
controllo, dandomi la certezza che qualcosa
sia successo. Eppure resta così, imbambolato, per alcuni secondi, quasi stesse
sognando ad occhi aperti, senza proferire parola; poi scuote lievemente la
testa e torna a noi accorgendosi del mio sguardo che ancora attende risposta.
«No, nulla di
rilevante…» mente – so che sta mentendo.
In realtà quella
bugia mi irrita non poco. Cosa mi sta nascondendo e soprattutto perché a me? Questa è la prima volta che non mi
dice qualcosa deliberatamente – ci siamo sempre detti tutto!
Lo guardo un po’
indispettito e lui torna a sorridermi, ma ho la netta impressione che quel
gesto gentile metta fine alla questione.
«Una cosa, però,
non è successa al momento… e credo
meriti tutta la nostra attenzione» mi suggerisce enigmatico per poi poggiarmi
davanti una busta argentata.
Io la prendo,
inizialmente incerto e lui mi fa cenno con gli occhi di aprire il pacco che c’è
all’interno senza attendere oltre. A giudicare dalla morbidezza, deve essere
qualcosa di vestiario e mentre tolgo con cura la carta, mi chiedo quanto bene
mi conosca Blaine per essersi azzardato a fare un simile regalo, sapendo bene
quanto io sia fissato a riguardo.
Quando
finalmente riesco ad aprirlo, rimango a bocca aperta.
Ho davanti una
camicia rossa, con un’unica fila di piccoli bottoni al centro, le ali del
colletto piccole e a punta e due sottili martingala che impreziosiscono le
spalle: semplice, ma davvero molto carina.
«Ho notato che
il rosso ti sta davvero bene e quando ho visto questa camicia è stato un colpo
di fulmine; sono poche le volte in cui non indossiamo la divisa della Dalton:
meglio sfruttarle con le cose o i colori
migliori» mi spiega con un po’ di eccitazione nella voce «Ma… non ti piace,
Kurt? P-possiamo sempre cambiarla se…»
«È perfetta…»
sussurro, bloccando le sue parole «Davvero, Blaine… è perfetta» ripeto, accarezzando le martingale e accorgendomi
dell’ottima qualità della stoffa.
Lui mi regala
uno dei suoi migliori sorrisi ed io ricambio il gesto.
«Emh… questo è il tuo» mi riprendo all’improvviso,
allungandogli la bustina bianca; in un istante tutto quello che resta delle mie
emozioni è un ansia pazzesca e la consapevolezza che sarà in ogni caso una
scena davvero imbarazzante. Nessuna novità, in fondo.
Mi do dello
stupido per non aver cambiato regalo, mentre lui lo scarta con curiosa
attenzione per poi sgranare gli occhi alla vista del Dior Homme.
«Ecco,
immaginavo quella faccia! Prima che tu dica qualcosa, ti spiego tutto» parto in
quarta per salvare il salvabile – se c’è «Il pomeriggio in cui ci siamo
incontrati al centro, ero alla ricerca di qualcosa da regalarti col supporto di
Mercedes e Rachel: sono entrato in profumeria e ho subito notato il Dior che tu usi di solito. So che lo
metti ogni mattina e quindi ho pensato che sarebbe stato carino prendertelo,
dato che ti piace tanto. Poi tu mi sei spuntato alle spalle d’improvviso ed ho
creduto che avessi visto tutto – per la sorpresa ho fatto cadere il pacchetto.
In ogni caso, non credo ti sia bevuto la storia del regalo di Finn, quindi non è stata una sorpresa… io…» sono a corto di
parole e troppo imbarazzato per continuare.
«Lo… lo hai
ricomprato!» esclama Blaine.
«C-come?»
Lui alza lo
sguardo dal profumo al mio viso e posso vedere benissimo i suoi occhi
luccicare.
«Si era rotto,
ma tu l’hai ricomprato. Uguale»
ripete come se si fosse imbambolato; mi viene quasi il dubbio che non abbia
ascoltato nulla del mio discorso sconclusionato – e forse è stato meglio così.
«C-certo che
l’ho ricomprato: avresti dovuto vedere la faccia della cassiera quando mi sono
ripresentato lì con lo stesso profumo di poco prima! Mah, poco importa; dovevo
riprenderlo uguale: amo il tuo
profumo»
Prima che possa
rendermene conto, quell’ultima frase scappa dalle mie labbra senza che possa
fare nulla per riprenderla. Arrossisco, sperando che capisca che mi riferivo al
Dior – anche se io intendevo proprio
il suo profumo.
Blaine mi guarda
ancora con lo stesso viso sorpreso e felice, fino a che non si alza e mi
abbraccia – di nuovo.
Sento il suo
odore pizzicarmi il naso e sorrido, lo stomaco in subbuglio e il cuore che
batte troppo forte in petto.
«Grazie»
sussurra lui, prima di staccarsi.
«A te! Sai,
Blaine… non sono mai stato tanto felice di essere di nuovo a scuola».
NOTE:
Riecco Alchimista (lo so, dopo due
capitoli con Pachelbel, avete sperato che me ne fossi
definitivamente andata!)
Lo scambio dei regali! Era ora, eh?
Non mi sembravate molto entusiasti del fatto che Kurt avesse deciso di
ricomprare il Dior… mmmh.. ora che sapete il
perché, che ne dite? E per amor di cronaca, la camicia rossa è quella che
indosserà al famosissimo party di Rachel! xD
*-* Noi siamo davvero euforiche
oggi! Ci sono stati nuovi adorati
recensori, i costanti e addirittura certi che hanno recuperato i precedenti
capitoli!! Che dire? *-* Vi amiamo! Non abbandonateci!
~Quando non potresti
essere più stupido – e triste – dicosì
~
Non
so assolutamente cosa Blaine stia dicendo in questo
momento. Vedo le sue labbra – le sue perfette, meravigliose labbra – muoversi, i
suoi occhi puntati prima su di me, poi su tutte le decorazioni del Lima Bean, e
infine tornare su di me; immagino stia parlando ancora di San Valentino, ma la
verità è che non lo sto affatto ascoltando.
Per
quanto mi riguarda il mio cervello si è spento quasi del tutto a «Penso sia
fantastico, un giorno in cui sei incoraggiato a mettere tutto a repentaglio e a
dire a qualcuno… sono innamorato di te.»
So
che forse sto viaggiando un po’ troppo con la fantasia, ma non ho potuto fare a
meno di pensare che quel suo «Sono innamorato di te» fosse rivolto a me; per un
attimo ho sentito distintamente il cuore smettere di battere. Quasi mi sono
preoccupato, poi però è tornato a farsi sentire, ancora più veloce di prima.
In
realtà una piccola, minuscola parte di me, mi sta mettendo in guardia da tutto
questo. Forse non ero io il ragazzo a cui si riferiva, quando ha detto di
cominciare a provare qualcosa per questa persona. Però non vedo chi altri possa
essere: noi due stiamo quasi sempre insieme, perciò a meno che sia un ragazzo
della Dalton, non avrebbe avuto molte occasioni per vedere questa persona.
Inoltre
c’è da aggiungere che io e Blaine usciamo, da soli,
solo noi due, e abbiamo cantato quel duetto a Natale; per non parlare poi di
tutte le volte che canticchiamo per la stanza, gettandoci occhiate che non
lasciano adito a dubbi.
No,
devo essere davvero io il ragazzo di cui parlava. Questo vuol dire che Blaine prova qualcosa per me, qualcosa che sta diventando
sempre più profondo – usando le sue parole; pertanto ecco spiegata la mia
distrazione. Sto immaginando me e Blaine, per i
corridoi della Dalton, tenendoci per mano, o in giro per negozi, dove ci
dovremo nascondere agli occhi bigotti della gente per poterci scambiare un
bacio. E non me la prenderei più di tanto, perché accetterei qualsiasi cosa pur
di avere quelle labbra. Oppure me ne fregherei e lo bacerei davanti a tutti,
senza pormi nessun tipo di problema.
Non
posso fare a meno di sorridere al pensiero di noi due, insieme. Sarebbe un
sogno che si realizza; ho aspettato così tanto, sperando che Blaine si accorgesse di me e la smettesse di considerarmi
soltanto un amico, che quasi non vedo l’ora che venga San Valentino. Manca poco
ormai, solo due giorni!
«Kurt?
Mi stai ascoltando?»
La
voce di Blaine mi riporta sulla Terra; riporto
l’attenzione su di lui e cerco di cancellarmi questo sorriso idiota dalla
faccia – senza ottenere alcun risultato.
«Sì,
dimmi!»
Lui
mi fissa stranito per un attimo, poi però sorride. Concentrati Kurt!
«Niente,
dicevo che devo passare a fare una commissione al centro commerciale; tu però
se vuoi torna pure alla Dalton. Ci metterò un po’.»
In
realtà non è che mi vada tanto di tornare alla Dalton. Vorrei restare di più
con lui: ogni momento passato insieme sembra sempre troppo poco. Però ho anche
bisogno di dire a qualcuno di Blaine, altrimenti
potrei scoppiare! E forse non è il caso che qualcun altro senta, Blaine incluso, perciò quello di cui ho bisogno ora è la
camera vuota della Dalton.
Quindi
annuisco, finendo di bere il mio mocaccino ormai
freddo – ero troppo perso in fantasie per bere! – e ci alziamo.
«Ok,
allora ci vediamo dopo.» Dico, sorridendogli, indeciso su cosa fare. Vorrei
veramente tanto dargli un bacio, un casto bacio sulla guancia, solo per avere
la sensazione della sua pelle contro le labbra, ma allo stesso tempo non vorrei
che intuisse che ho capito tutto.
Perciò
non faccio nulla.
Lui
invece, come al solito, mi sfiora una spalla, stringendola per qualche istante
e guardandomi negli occhi; diventa serio all’improvviso. «Grazie Kurt.»
«Figurati!»
Lascia
la caffetteria dopo un ultimo sorriso per me; io resto imbambolato mentre lo
osservo dalla vetrina, poi sparisce dalla mia vista.
Un
sospiro eccitato mi esce dalle labbra e quasi corro fuori da lì, desideroso di
arrivare il più veloce possibile alla Dalton. Ho davvero bisogno di parlare con
le ragazze!
*
Circa
mezzora dopo aver lasciato il Lima Bean, apro la porta della nostra stanza,
guardandola con occhi diversi: questa diventerà il nostro rifugio sicuro, un
posto unicamente nostro. Sarà fantastico!
Dopo
essermi tolto il cappotto e averlo posato ordinatamente nell’armadio, sfilo il
blazer e lo appoggio sulla sedia della scrivania. Mentre passo vicino al letto
di Blaine, sfioro con le dita il copriletto,
lasciandomi sfuggire un sorriso. Potremmo addirittura dormire abbracciati.
Scuoto
la testa, abbandonando le mie fantasie e mettendomi alla ricerca del cellulare:
urge una telefonata di emergenza con le ragazze. Anche perché, oltre a dir loro
che Blaine prova qualcosa per me, devo anche decidere
con loro come comportarmi. Credo che se Blaine
dovesse davvero cantarmi una canzone, potrei seriamente morire! Forse è per
questo che me lo ha detto, per evitarmi un collasso.
Afferro
il cellulare e compongo il numero di Mercedes: a quest’ora dovrebbero essere
ancora a scuola, per le prove del Glee. Se sono
fortunato riesco a beccarle tutte insieme.
A
quanto pare la fortuna è dalla mia parte oggi – e anche negli ultimi giorni, ma
soprattutto in quelli a venire – perché Mercedes risponde e quasi non sento la
sua voce dato il baccano che c’è in sottofondo; posso sentire la voce di
Santana che urla qualcosa, probabilmente contro Rachel.
«Tesoro,
dimmi!» chiede preoccupata Mercedes. «Stai bene? È successo qualcosa?»
Sorrido:
mi ero aspettato esattamente quella reazione. «Sì sto bene; in realtà sto
benissimo. State ancora facendo le prove?»
«No,
non preoccuparti, abbiamo finito.» Risponde.
«Perfetto,
allora chiama Rachel, e anche Tina: ho delle novità» dico alzando le
sopracciglia e lasciandomi sfuggire un altro sorriso.
Tempo
pochi secondi e Mercedes ha messo il vivavoce, così che riesco a sentire
distintamente le domande incuriosite delle mie tre amiche.
«Allora,
quali novità ci sono?» la voce della mia migliore amica riesce a prendere il
sopravvento su quella delle altre.
Prendo
un sospiro profondo e inizio a saltellare per la stanza – in una imitazione del
mio amico nonché quasi fidanzato – e quasi urlo, «Piaccio a Blaine!»
Le
urla di giubilo dall’altra parte mi fanno ridere come uno scemo per alcuni
minuti, poi torna la calma e Tina chiede, «Come fai a saperlo? Te lo ha detto?
Te lo ha fatto capire?»
La
interrompo, «No, no, niente di tutto ciò.»
E
in poche parole racconto loro della conversazione avuta con Blaine
al Lima Bean.
Quando
finalmente ho finito, aspetto pazientemente che mi dicano cosa ne pensano.
Rachel è la prima a parlare, ma non dice certo quello che mi sarei aspettato.
«Kurt… sei sicuro che si stesse riferendo a te?»
Rimango
spiazzato, ma rispondo, «Certo, a chi altri poteva riferirsi?»
«Beh
tesoro, non credo frequenti solo te.» Dice Tina con voce gentile.
«Sì
lo so, ma stiamo quasi sempre insieme e…»
Mercedes
mi interrompe, dicendo, «Potrebbe aver conosciuto qualcun altro.»
Resto
in silenzio, non sapendo cosa replicare. No, non è possibile, Blaine si stava sicuramente riferendo a me! Non c’è altra
spiegazione possibile.
«E
allora perché me lo avrebbe chiesto?» sussurro, più a me stesso che a loro.
La
risposta non arriva subito – immagino si stiano guardando l’una con l’altra –
poi è Rachel a prendere la parola, «Perché… tu sei il
suo migliore amico, e aveva bisogno di un consiglio. È normale che sia venuto a
chiederlo a te.»
No,
non era assolutamente possibile che Blaine mi avesse
chiesto semplicemente un consiglio. E allora tutti i nostri duetti ammiccanti
in questa stessa stanza? E le uscite insieme? E il suo continuare a toccarmi?
Con gli altri non faceva così.
Scuoto
la testa, provando l’improvviso impulso di interrompere la telefonata.
Ed
è così che faccio.
«No,
sono certo che si stesse riferendo a me. Ora è meglio che vada.» Dico, atono.
Non permetterò che mi insinuino dubbi: Blaine si stava
riferendo a me, io gli piaccio. I segni sono chiari.
«Ehi
Kurt, aspetta…» prova a fermarmi Tina, senza alcun
risultato, seguita poi da Mercedes che dice, «E’ che noi teniamo a te, e non
vogliamo che tu ti illuda…»
La
interrompo. «Sì, già. Ora devo davvero staccare. Ci sentiamo.»
Non
do loro il tempo di replicare altro e chiudo la chiamata, sedendomi poi sul
letto. Tutta l’euforia di poco prima è scomparsa, lasciando posto al dubbio.
E
se le ragazze avessero ragione? Se Blaine fosse
davvero interessato a qualcun altro?
Non
credo che potrei sopportarlo. Non solo perché sono stufo di prendere granchi –
come è successo con Finn e Sam in particolare – ma
anche perché credo che non tollererei saperlo con qualcun altro: mi farebbe
troppo male.
Inoltre,
ora che ci penso, quando io e Blaine ci siamo
scambiati i regali di Natale, quando gli ho chiesto se ci fossero state novità
durante le vacanze, ho avuto l’impressione che lui mi avesse mentito,
rispondendomi di no. Probabilmente si era reso conto di quanto gli mancassi e
aveva iniziato a porsi delle domande su di me, sul nostro rapporto.
Sì,
dev’essere per forza così; certamente le ragazze si
sbagliano. Sono io la persona a cui Blaine canterà
una canzone il giorno di San Valentino, senza dubbio.
E
il sorriso che Blaine mi rivolge circa un’ora dopo,
quando rientra dalla sua commissione, pone fine a ogni altro mio dubbio; è
luminoso, e i suoi occhi ambrati risaltano sulle gote rosse a causa del freddo.
È stupendo.
«Ciao!»
mi saluta. E io, non so perché, mi alzo e, anziché salutarlo come al solito,
con una semplice pacca sulla spalla, mi chino su di lui e gli lascio un bacio
veloce sulla guancia.
Io
arrossisco immediatamente, mentre lui si tocca il punto in cui l’ho appena
baciato con la punta delle dita. «E questo per che cos’era?» chiede, senza
perdere il suo fantastico sorriso.
Alzo
le spalle, «Niente, mi hai solo trasmesso tutta la tua euforia per San
Valentino.»
«Oh
bene!» dice lui iniziando a svestirsi e partendo in quarta nel suo racconto sulle
origini di San Valentino. E mentre lo ascolto parlare, sento invadermi il petto
di un calore strano, mai provato prima.
Sì,
sono io. Devo essere io.
~∞~
Ohhh, baby girl, where you at?
Got no strings, got men attached
Can't stop that feelin' for long, no Mmm, you makin' dogs wanna beg Breakin' them off your fancy legs
But they make you feel right at home, now Ohhh, see all these illusions just take us too long
And I want it bad...
Because you walk pretty, because you talk pretty
'Cause you make me sick, and I'm not leavin' till
you're leavin'
Ok,
ovviamente non era questo che mi aspettavo come dichiarazione di San Valentino.
Nella mia testa era già tutto perfetto: Blaine mi
svegliava al mattino con un caffè – per fare in tempo a portarmelo si era
alzato prestissimo e aveva affrontato il gelo delle sette di mattina – mi dava
il buongiorno e, dopo che ero uscito dal bagno, lo trovavo in ginocchio davanti
a me, mentre iniziava a cantare.
Mi
sarebbe piaciuta tantissimo My man, da Funny Girl, ma conoscendolo avrebbe optato
per una canzone della top 40. Ma mi sarebbe piaciuta lo stesso, perché sarebbe
stato lui a cantarla.
Quando
poi aveva chiesto ai Warblers di aiutarlo, per pochi
minuti la mia fantasia era cambiata leggermente: ad aspettarmi in camera,
uscito dal bagno, non c’era più solo Blaine, ma anche
tutti gli altri Warblers, ad accompagnare la sua
splendida voce.
Oh,
I swear there's something when she's pumpin', askin' for a raise
Well does she want me to carry her home now?
So does she want me to buy her things?
On my house, on my job
On my loot, shoes, my shirt, my crew, my mind
My father's last name?
When I get you alone
When I get you you'll know, babe
When I get you alone
When I get you alone
Oh, come on
Yeah, yeah
E
invece eccomi qui, da GAP – luogo più insulso non poteva trovarlo – mentre lo
sto aiutando a fare la serenata a un biondino che è altrettanto insulso, quasi
quanto il negozio, se non di più.
Ok,
effettivamente non è affatto un brutto ragazzo, ma è la gelosia che parla.
Inoltre,
ha scelto una canzone che sarebbe seriamente da censurare. E se non facessi
parte di questo gruppo avrei quasi paura – e difatti il povero ragazzo biondo
sta scappando da un lato all’altro del negozio, imbarazzato.
A
quanto pare è lui che gli è successo
durante le vacanze: deve aver incontrato Jeremiah; e
sapere che non me ne abbia voluto parlare fin da subito mi ferisce come non
mai.
Baby
girl you dash...
That makes you my equivalent
Well you can keep your toys in the drawer tonight, all right
All my dawgstalkin' fast: Ain't you got some photographs?
'Cause you shook that room like a star, now
Yes you did, yes you did
Non
so proprio come io stia riuscendo a stare qui, a cantare, quando provo tutte
queste emozioni assolutamente contrastanti.
Da
un lato mi sento un idiota, perché mi chiedo come abbia potuto illudermi così –
e il bello è che le ragazze mi avevano anche messo in guardia! Quando le ho
chiamate per raccontare loro cos’era successo, sono subito state comprensive e
Rachel si è dimostrata di nuovo un’ottima amica, invitandomi a casa sua.
Non
posso credere di essermi immaginato tutto nella mia testa. Cioè, tutte le volte
che pensavo che Blaine mi stesse sorridendo
ammiccante, lo stava facendo perché… non lo so
perché! Perché è un animale da palcoscenico, ecco perché!
Cioè,
guardalo! La sua idea di serenata è quella di dire al suo amato che non appena
lo becca da solo gli farà… cosa? Gli farà cosa?!
Ok,
forse sono un po’ troppo acido. D’altronde il fatto che i gusti miei e di Blaine in fatto di musica divergano così tanto, non
dovrebbe stupirmi. Lo avevo immaginato da tempo, dalla prima volta che siamo
usciti insieme, da amici ovviamente – basti pensare alle scelte delle canzoni
che canticchia anche solo sotto la doccia.
Sì,
va bene, non sono solo un po’ acido, sono tanto acido. E arrabbiato. E deluso.
E triste.
All these intrusions just take us too
long
And I want you so bad...
Because you walk city, because you talk city
'Cause you make me sick, and I'm not leavin' till
you're leavin'
So I pray to something she aintbluffin',
rubbin' up on me
Well does she want me to make a vow?
Check it, well does she want me to make it now?
On my house, on my job
On my loot, shoes, my voice, my crew, my mind
My father's last name?
Già,
se da un lato mi sto dando dello stupido da quando Blaine
ha detto che avremmo cantato al GAP perché era lì che lavorava il ragazzo di
cui è innamorato, dall’altro, vorrei solo mettermi a piangere.
Ancora
una volta, le mie aspettative sono state deluse. Avevo sperato davvero che le
cose tra me e Blaine si sarebbero sistemate un
giorno, che lui si accorgesse di me, ma questo non è avvenuto. Di nuovo.
E
forse questa volta è ancora peggio, non solo perché, a differenza di Finn e Sam, ha preferito un ragazzo a me, ma anche perché
non sono solo cotto di Blaine, ma me ne sono
innamorato. Io sono innamorato di Blaine, e vederlo
così preso da questo ragazzo mi fa male. Mi fa così male che ho i crampi allo
stomaco e mi viene quasi voglia di nascondermi – qualsiasi cosa pur di non
vederli.
When I get you alone
When I get you you'll know, babe
When I get you alone
When I get you alone Oohh... When
I getyou alone
Però
non posso farlo: non posso nascondermi, sparire dalla sua vita. Non potrei
neanche se lo volessi, siamo compagni di stanza. E soprattutto, non voglio
uscire dalla sua vita. Blaine è la cosa migliore che
mi sia mai capitata, è il mio migliore amico, e non posso perderlo.
Perciò
non mi resta che comportarmi da tale, gioendo con lui se le cose con questo Jeremiah dovessero andare bene, o standogli vicino se
dovesse andar male.
Anche
se così facendo, mi si spezza il cuore.
NOTE:
Qui
pachelbel! =)
Ok,
ammetto che io mi sono odiata per TUTTO il capitolo…
Perché davvero, scrivere di Kurt, tutto felice, che si illude così, mi ha
spezzato il cuoricino… E scrivere l’ultima parte… Mi sa che l’ho reso troppo depresso. Però ho anche
pensato che effettivamente Kurt è triste.
*ripensa ai suoi occhi lucidi quando rivela a Blaine i suoi sentimenti* ç___ç
Inoltre,
io e la mia collega ci tenevamo a ringraziare le fantastiche, meravigliose 12
persone che hanno recensito lo scorso capitolo, e tutte quelle che si sono
messe in pari. Un grazie speciale va anche a tutti coloro che seguono,
preferiscono e ricordano, e anche a chi legge solamente.
Le
vostre opinioni e i vostri giudizi sono oro colato e ci rendono davvero felici,
buone o cattive che siano! *__*
Ohhh, baby girl, where you at?
Got no strings, got men attached
Can't stop that feelin' for long, no Mmm, you makin' dogs wanna beg Breakin' them off your fancy legs
But they make you feel right at home, now Ohhh, see all these illusions just take us too long
And I want it bad...
Because you walk pretty, because you talk pretty
'Cause you make me sick, and I'm not leavin' till you're
leavin'
Fermo sul posto,
mi concedo solo un attimo ancora di esitazione, prima di zittire l’istinto che
mi grida di fuggire da lì quanto prima e do il via alla performance con un
cenno, cominciando a fare dei passi in avanti con fare sicuro – ottimo attore,
non c’è che dire!
I ragazzi
cominciano la loro introduzione corale ed io prego che le gambe mi reggano fino
alla fine, mentre mi avvicino a Jeremiah che, di
spalle, non sembra ancora essersi accorto di nulla. Le parole cominciano ad
uscire dalle mie labbra con più forza di quella che credevo mentre passo
accanto ad alcuni dei ragazzi, pronti a lanciarmi sguardi di sincero
incoraggiamento: a prescindere dal modo in cui finirà questa cosa, dovrò
ringraziarli tutti per quest’aiuto – soprattutto Kurt. Non credevo sarebbe
stato tanto pronto a sostenermi.
Finalmente Jeremiah si volta verso di me e nel suo sguardo leggo,
ovviamente, sorpresa e quasi shock. Certo, vedere un gruppo di ragazzi in
divisa che improvvisamente si mette a cantare tra stampelle e vestiti non deve
essergli successo tanto spesso. Meglio: sarò il primo e farò colpo.
Continuo a
cantare e lui mi guarda svariate volte, senza però accennare a fermarsi; anzi,
continua il suo lavoro come se nulla fosse, quasi scappando, nonostante io gli
sia praticamente a pochissimi passi di distanza. Non puoi fuggire ed io sto
cantando col cuore in mano.
Oh, I swear there's something when she's pumpin',
askin' for a raise
Well does she want me to carry her home now?
So does she want me to buy her things?
On my house, on my job
On my loot, shoes, my shirt, my crew, my mind
My father's last name?
When I get you alone
When I get you you'll know, babe
When I get you alone
When I get you alone
Oh, come on
Yeah, yeah
Ora sono seguito
da quattro o cinque Usignoli, mentre – rotto il ghiaccio – comincio a
sciogliermi sempre più, senza perdere di vista il biondo. Mi fermo vicino ad
un’esposizione di occhiali da sole e ne provo un paio: non ho idea del perché
lo faccia, non sto seguendo la logica o la razionalità; solo l’istinto, la
musica e soprattutto quello che provo per Jeremiah mi
guidano – il resto, ora, non ha alcun senso. La gente intorno – ignari
spettatori della nostra esibizione – sembra gradire particolarmente tutta
quest’improvvisata e scorgo persino alcuni che si muovono a tempo e altri
commessi che sorridono divertiti. Lui, invece, non accenna a fermarsi e quando
si rende davvero conto che, sì, sto cantando per lui, mi guarda con un mezzo
sorriso che pare dire «Ma che diavolo…»,
per poi spostare lo sguardo allibito su tutti gli altri Usignoli che mi seguono
o spuntano qua e là. Sì, Jeremiah, guarda che mi sono
inventato per dirti quanto tenga a te!
Mentre parte il
ritornello, lo vedo indietreggiare sempre con meno vigore mentre si perde nel
mio viso – ed io nel suo – e finalmente posso guardarlo bene, analizzare ogni
minimo dettaglio di quegli occhi sorpresi e di quelle meravigliose labbra.
Baby girl you da sh...
That makes you my equivalent
Well you can keep your toys in the drawer tonight, all right
All my dawgstalkin' fast: Ain't you got some photographs?
'Cause you shook that room like a star, now
Yes you did, yes you did
All these intrusions just take us too long
And I want you so bad...
Because you walk city, because you talk city
'Cause you make me sick, and I'm not leavin' till
you're leavin’
Lo lascio andare mentre riprendo la
coreografia con gli altri ragazzi ed attacco con una nuova strofa, ma posso
vedere come, dopo alcuni passi, non resista all’impulso di voltarsi e guardarmi
– lo stupore che ormai non l’abbandona. L’ho colpito, ho fatto centro. Punto
per Blaine Anderson, signori. Salto su uno dei cuscini bianchi su cui i clienti
possono sedersi e i ragazzi lo fanno girare, mentre io sono incapace di
staccare gli occhi da lui.
Si è messo dietro la cassa e
spalanca la bocca, certamente stupito da tanta organizzazione e cura del
dettagli. Noto che anche Kurt mi guarda perplesso, ma non riesco a capirne il
motivo, mentre la gente è ormai rapita dalla musica, dal movimento degli
Usignoli e dalla mia voce. Altro punto per Anderson!
Scendo, per poi saltare su uno dei
carrellini con le stampelle piene di abiti, i ragazzi che ancora mi spostano ed
io così pieno di energie che se volessi potrei anche camminare sul soffitto.
Mi avvicino con tutti gli altri
Usignoli – mi pare che non ci sia Kurt, però –, fino a mettermi proprio davanti
alla cassa, di nuovo di fronte a lui, mentre loro si dispongono in due file
continuando con l’ultima parte della coreografia.
So I pray to something she aintbluffin', rubbin' up on me
Well does she want me to make a vow?
Check it, well does she want me to make it now?
On my house, on my job
On my loot, shoes, my voice, my crew, my mind
My father's last name?
When I get you alone
When I get you you'll know, babe When I get you alone
When I get you alone Oohh... When I getyou
alone
Prego davvero
che tu abbia capito quanto tenga a te, quanto profondi siano i miei sentimenti:
devi capirlo, non saprei come altro dirtelo e mi pare di essere stato chiaro
con questa canzone.
I ragazzi danno
spettacolo con gli ultimi passi della canzone, facendosi scivolare al di sotto
della mensola di esposizione del negozio; poi David fa una delle sue
impeccabili capriole e tutti si siedono su di essa, mentre io, da dietro, ci
salgo sopra senza mai perdere il contatto visivo con Jeremiah.
La gente intorno balla e per un attimo, guardandoli, scorgo Kurt appoggiato ad
un manichino, l’aria assente e lo sguardo apparentemente rivolto al biondo. Per
un attimo mi chiedo cosa gli stia passando per la testa; poi, torno al pensiero
principale e mentre gli altri Usignoli spariscono, io scendo e mi appresto a
concludere la canzone. Mi avvicino ad alcune paia di calzini per prenderne uno
e presentarmi alla cassa scivolando sulle ginocchia e rialzandomi con uno
sguardo ammiccante.
Non so decifrare
la sua espressione: il mio cervello, al momento, è fuori servizio. Sorrido. Non
puoi dirmi di no, Jeremiah!
~∞~
Il rientro alla
Dalton è il peggiore che ricordi: non so se essere più distrutto per il rifiuto
di Jeremiah o più arrabbiato con me stesso per la
figuraccia che mi sono permesso di fare.
Dio, che cretino
che sono stato! Come ho potuto pensare che quel paio di caffè presi insieme e
le poche chiacchiere al tavolino potessero aver significato qualcosa per lui?
Ho costruito
un’intera storia sulla base di qualche sorriso e qualche sguardo ed ora non
sono sicuro di riuscire ad uscire dalle macerie del castello di sabbia che mi è
crollato addosso.
Sento Kurt
camminare al mio fianco, lo sguardo basso, mentre un passo dietro di me Wes e David hanno sostituito la mia ombra. Non posso non
apprezzare la loro presenza e tutto l’interessamento nei miei confronti, ma al
momento ho solo voglia di stare da solo – magari mi chiuderò in camera mia e mi
butterò sul letto… o prenderò a testate il muro per il livello di idiozia che
ho raggiunto nelle ultime ore!
Dopotutto,
sembra che la cattiva sorte che segue gli Usignoli nelle esibizioni fuori dal
Campus non si sia smentita neanche stavolta…
Appena mettiamo
piede nell’edificio, mi volto verso i ragazzi e i loro sguardi dispiaciuti mi
colpiscono come un pugno nello stomaco.
«Emh… sentite: non ho ancora avuto modo di ringraziarvi
tutti per il sostegno che mi avete dato. Siete stati fantastici, tutti –
davvero un’ottima performance, magari la teniamo in considerazione per le
Regionali! E… questo è quanto. Grazie»
Ancora una volta
mi sento perforare da sguardi dispiaciuti e prima di disperdersi, alcuni dei
ragazzi si azzardano a darmi pacche sulla spalla in segno di conforto. Io provo
ad accennare un sorriso, ma la smorfia che ha assunto il mio volto non deve
essere affatto convincente.
Alla fine
restano solo David, Kurt e Wes, gli occhi fissi su di
me, ma senza la solita compassione. Mi avvicino: so che saranno la parte più
difficile da affrontare, ma davvero non ce la faccio a stare con loro ora.
«A voi devo più
di un grazie… ma non credo che ora sia il momento più adatto per stare insieme,
sapete? Non… non mi va molto di parlarne. Salgo in camera mia»
Loro annuiscono,
ma noto che Kurt fa per sporgersi in avanti come se volesse dirmi qualcosa o
forse venire con me… In ogni caso prevengo una sua qualunque intenzione.
«No, Kurt. Ti ho
chiesto di lasciarmi in pace almeno per oggi. Per favore» ripeto, forse con
troppa durezza nella voce perché lui si blocca sul posto, un’aria triste che
gli dipinge il volto chiaro.
«Come vuoi»
annuisce mesto «Se hai bisogno, chiama» mi ricorda, poi sono io ad andare di
sopra, lasciandolo lì con gli altri due.
So che vorrebbe
solo confortarmi, ma non è quello di cui ho davvero bisogno al momento: ora
vorrei solo gridare al mondo la mia rabbia e il mio dolore, prendere a calci
tutto quello che mi capita a tiro… e di certo le sue parole non sarebbero
l’ideale.
Salito di sopra,
sbatto con violenza la porta della stanza e, improvvisamente senza forze, mi
getto sul letto stringendo a me il cuscino quasi con disperazione. Chiedo al
cellulare un sottofondo di musica classica e mi abbandono ai ricordi.
Jeremiah è lì, davanti a
me, i suoi occhi chiari e quei capelli… Dio, quanto adoro quei capelli mossi e
color del grano maturo! Lo ricordo mentre mi sorride con gentilezza, offrendomi
aiuto per il regalo da fare a Kurt: se non fosse stato per lui, avrei vagato
per ore, senza trovare nulla di appropriato. Ricordo la prima domanda che mi ha
posto, seduti in un bar dopo esserci incontrati per puro caso… e soprattutto,
ho ben presente la strana libertà con cui gli ho confermato di essere gay: non
che di solito lo nasconda o lo neghi, ma non mi ero mai sentito tanto libero di
dirlo, quasi fossi certo che lui avrebbe capito. Non mi era mai successo prima…
o almeno, mi era successo solo con Kurt. E poi, le chiacchiere più disparate
davanti ai caffè fumanti, le risate, le cose in comune e quelle su cui proprio
non potremo andare d’accordo…
«E
poi mi arresterebbero: sei minorenne!»
Quelle parole mi
ritornano alla mente in tutta la loro durezza: il tono semplicistico con cui le
ha pronunciate, quasi fosse una sciocchezza la mia dedica, il cantare ed
esibirsi con gli altri davanti a lui e a tutta la gente che era in negozio.
«…
è piaciuto a tutti»
«Al
mio capo no, Blaine. E a me neanche».
In quel momento
ho sentito il cuore spezzarsi: non mi sarebbe importato se la gente avesse
fischiato, se fossero partiti insulti omofobi o cose simili perché ne sarebbe
valsa la pena comunque, solo per lui. Ma sapere che è stato il primo a non
gradire, a dirmi che avrei potuto evitare… no, è stato devastante!
Tutto sembra
cadermi addosso e travolgermi nello stesso istante come se sprofondassi in un
abisso di dolore che minaccia di farmi scoppiare in lacrime, nonostante abbia
resistito finora: di certo non avrei pianto davanti a Jeremiah
come un qualunque ragazzino… eppure ora non sono sicuro di essere abbastanza
forte da tenere tutto dentro.
Quando si pensa
all’amore si mettono in conto solo le cose positive,le gioie che si possono provare, la felicità
che invaderà ogni singolo attimo della giornata, anche i più tristi o inappropriati.
Perché nessuno parla del dolore, della delusione e della sofferenza di un
rifiuto? Di quando possa fare male? Perché fa male… davvero…
La mia non è una
semplice cotta, non è qualcosa di stupido e passeggero come ha pensato anche Jeremiah! È qualcosa di profondo; è il fatto che non ho
smesso di pensare a lui dal giorno in ci siamo incontrati, che il suo pensiero
è stato uno dei pochissimi a rendere sopportabili le settimane di Natale. È il
fatto che, per una volta, c’ho creduto davvero; per una volta, sono stato sul
serio convinto che fosse il mio turno. Mi sono aggrappato ad ogni minimo
indizio, anche al più piccolo cenno per convincermi che non fosse solo nella
mia testa… ed ora sento che mi è tutto crollato addosso… e quasi non ho voglia
di lottare per uscirne.
Il pensiero di Jeremiah non accenna a lasciarmi in pace e mentre mi chiedo
cosa abbia sbagliato e se sia stata tutta colpa della fretta o del troppo
entusiasmo che forse l’hanno spaventato, mi lascio portare via dal sonno,
convinto che almeno lì avrò un po’ di tregua.
*
Quando mi
risveglio non ho idea di quanto tempo sia passato, ma a giudicare dal buio
quasi totale della stanza, deve essersi fatto sera.
A destarmi, una
seconda presenza nella stanza che, però, non riconosco subito. Quando gli occhi
riescono finalmente a destreggiarsi bene nella penombra, distinguo la figura
magra di Kurt che armeggia nello spazio fra i nostri letti e non sembra essersi
accorto del fatto che mi sia svegliato.
«Kurt… che stai
facendo…?» chiedo un po’ infastidito e con la voce impastata dal sonno, mentre
cerco l’interruttore della luce per vederlo bene.
Lui sembra
sussultare non appena la stanza si illumina, per poi guardarmi con aria
vagamente colpevole.
«Ehi! Sei
sveglio! Vengo con un’offerta di pace» sorride scherzando e mi mostra un
vassoio con un paio di piatti coperti: la mia cena. Mi lascio scappare una
smorfia di disgusto mentre mi metto seduto.
«Non ho fame»
rispondo laconico, senza staccargli gli occhi da dosso e lui ricambia il gesto
con sguardo sbalordito.
«Blaine, non
puoi farti ridurre così da tutto questo! Tu sei combattivo, non ti deprimi di
certo di fronte ad un rifiuto… e poi, credimi, chi ci perde davvero in questa
storia è proprio quel biondino lì!»
E questo
dovrebbe servirmi di conforto, Kurt? Sul serio? In questo momento non so
neanch’io cosa vorrei sentirmi dire; forse, il silenzio sarebbe preferibile.
Una strana rabbia monta in me in un attimo, insieme a nuovo dolore e delusione.
«È più comodo
pensarla così, giusto? Che poiché sembro sempre allegro e pieno di energia, non
possa avere anch’io i miei momenti brutti, vero? Beh, ti sbagli! Io sono
proprio come tutti gli altri e sì, questa cosa mi ha buttato giù parecchio.
Cosa vuoi fare, lapidarmi? Non ti avevo detto che volevo restare solo?» faccio
in tono stizzito, ma Kurt non sembra scoraggiarsi.
«Oh, scusa
tanto! Dato che non mangiavi da questa mattina, ho pensato avessi fame!»
spiega, posando il vassoio sul comodino.
«Ma che
premuroso!» mi complimento sarcastico «E dimmi, visto che ti prendi così tanta
cura di me, perché non mi hai detto da subito che sarebbe finita così? È stato
ridicolo ed imbarazzante, lo era dall’inizio, ma tu hai fatto di tutto per non
farmi tirare indietro! Che diavolo ti è saltato in testa?»
Ormai grido senza
ritegno, scattando in piedi alle ultime frasi, mentre Kurt, di fronte a me, mi
guarda sconvolto, colpito in pieno dalle mie accuse. Boccheggia per un po’,
prima di trovare un modo per controbattere.
«Devi essere
completamente impazzito, Blaine! Vuoi vedere che alla fine la colpa di tutto
quello che è successo è mia? Certo che ho sostenuto la tua intenzione di
dichiararti: tu eri tutto preso da quel tipo, continuavi a dire che a San
Valentino si è ispirati per questo tipo di cose, che stavolta era quella
giusta! Cosa potevo fare? Ho creduto che in una situazione simile, con i tuoi
occhi che luccicavano in quel modo – come mai avevo visto fare prima, la cosa
migliore fosse sostenerti. Ho sbagliato, Blaine? Dimmi, ho forse sbagliato?!»
Ora sta gridando
anche lui, il volto arrossato per lo sforzo e gli occhi lucidi.
«Mi avevi detto
che non era esagerato cantare per qualcuno!»
«Ne ero
convinto… e ci credo ancora!»
«E alla riunione
degli Usignoli sei stato il solo a prendere le mie difese facendo sì che gli
altri accettassero di aiutarmi!»
«Tutto questo è
assurdo, te ne rendi conto?! Io ho solo cercato di aiutarti e tu me lo stai
rinfacciando come se avessi fatto tutto già sapendo che sarebbe andata male!
Credi che potrei mai volerti male, Blaine? Che potrei mai fare qualcosa – anche
il minimo gesto – sapendo che ti ferirebbe? E poi, se proprio vogliamo dirla
tutta, questa scenata dovrei farla io!»
«Di cosa diavolo
stai parlando ora?»
«Io… io… ti ho
praticamente raccontato anche i dettagli più stupidi ed insignificanti della
mia vita e vengo a sapere di questo Jeremiah solo
quando i tuoi sentimenti sono diventati
tanto certi e profondi da potergli fare una dichiarazione simile in un luogo
pubblico? Avrei dovuto essere il primo a saperlo! Lo conosci da prima di
Natale!»
E lui come fa a
saperlo se non gliene ho parlato? Kurt mi legge questo dubbio nel pensiero.
«Credi che non
l’avessi capito? È bastato guardare i tuoi occhi! Non sapevo di cosa si
trattasse e tu non me ne hai fatto parola, mai! Perché?»
Perché? Perché
non gli ho parlato di Jeremiah? Forse… volevo che
fosse una cosa solo mia…
«Di cosa ti
lamenti? Non crederai di avere l’esclusiva su tutto quello che mi succede!»
Ormai stiamo
parlando senza più pensare. O almeno, io lo sto facendo: non penso davvero
tutto quello che gli ho detto – sarebbe assurdo – e poi, Kurt ha l’esclusiva su tutto quello che mi
succede. Mi accorgo di aver superato il limite quando leggo dolore e delusione
nei suoi bellissimi occhi. Mai credevo che, proprio io, sarei riuscito a farlo
soffrire.
«Q-questo… m-mi
chiarisce m-molte cose» balbetta lui, voltandomi le spalle ed avvicinandosi
alla finestra.
Che ho fatto?
Com’è possibile che sia arrivato a questo punto? Ho sfogato tutta la mia
frustrazione sull’unica persona che mi abbia dato conforto e coraggio in tutta
questa storia! Sono un cretino, un cretino fino al midollo.
In quest’istante
sento crollare tutto in me. Tutto.
«K-Kurt…
scusami…» sussurro senza forze «Kurt, t-ti prego… guardami…»
Lui non accenna
a muoversi, fino a che non gli sfioro una spalla. Allora si volta.
«Mi d-dispiace…
mi d-dispiace t-tanto»
I suoi occhi
chiari mi trapassano. Sto piangendo davanti a lui e non m’importa. Nulla ha
importanza in questo momento. Lui sembra stupito e in un attimo la rabbia ed il
dolore spariscono dal suo volto, mentre i singhiozzi mi scuotono.
«Oddio, Blaine…»
La sua voce
trema: non deve avermi mai visto tanto sconvolto e fragile prima d’ora. Per un
attimo resta così, a fissarmi ed io mi lascio cadere sul letto, senza forze.
Singhiozzo e le ultime briciole di orgoglio mi suggeriscono di nasconderli
contro il letto, così che non riesco più a vedere Kurt.
Non passano che
pochi istanti, poi sento il suo peso sul bordo del letto e la sua mano che
tremolante prende la mia spalla.
«Resta con me…»
lo prego.
«E chi ti ha
detto che voglio andarmene?»
Prendo la sua
mano e lo tiro verso di me, tanto che mi si stende affianco, la mia testa
nell’incavo del suo collo e le sue braccia che mi stringono forte.
«Andrà bene,
Blaine… passa tutto, tranquillo. È tutto a posto»
Non mi aveva mai
consolato prima d’ora, ma sento che nessuno potrebbe farlo meglio di lui in
questo momento.
Riprendo sonno
così, il pensiero di Jeremiah che mi dà tregua e la
certezza che Kurt, per me, ci sarà sempre.
NOTE:
Ok, ok, prima che vi precipitiate sotto casa mia con
forconi e fiaccole.. voglio dire un paio di cose a mia discolpa. Insomma credete
davvero che dopo tutto il casino fatto per Jeremiah, Blaine
non abbia fatto una piega per il suo rifiuto, se non quella scenetta alla
caffetteria in cui, grazie al Cielo, si rende conto di quanto sia stato
ridicolo? E Kurt? Ho capito che lo ama e tutto il resto ma.. alla fine uno
scoppia, no? E quindi… *Alchimista si rifugia da Pachelbel*
Poi, ci tenevamo a dire che sappiamo che subito dopo
che Blaine è stato rifiutato da Jeremiah, va con Kurt
al Lima Bean e hanno la famosa discussione (“HerryMet Sally” per intenderci xD), ma
noi ci siamo volute prendere la libertà di posticipare di un giorno quel
discorso...
Non so cos’altro dire a nostra discolpa…
ringraziamo davvero con tutto il cuore le fantastiche 14 persone (14!!) che
hanno recensito lo scorso capitolo e chi invece si sta mettendo d’impegno a
recuperare quelli passati; inoltre un grazie va anche a coloro che
preferiscono, ricordano e seguono: aumentate sempre più *-* e infine a chi
legge silenziosamente – fateci sapere se vi va che ne pensate!!
~ Quando, dopotutto, ho paura che tu non possa più
essere con me ~
La
mattina dopo, quando mi sveglio, mi ritrovo nel mio letto: Kurt però non c’è.
Mi tiro a sedere, cercandolo, finchéil
ricordo del rifiuto di Jeremiah mi colpisce dritto
allo stomaco.
Me
l’ero scordato, quasi volessi fosse stato solo un incubo. Ma non è stato così;
io gli ho davvero fatto una serenata nel bel mezzo di un negozio, ho coinvolto
i miei amici, mi sono coperto di ridicolo e alla fine sono pure stato
rifiutato.
Bella
mossa Anderson, davvero!
Kurt
interrompe i miei pessimi pensieri, uscendo dal bagno. Si blocca, esaminandomi
attentamente, come se fosse alla ricerca di qualcosa. Lo osservo anche io,
notando che sembra parecchio stanco: ha gli occhi un po’ rossi e due cerchi
scuri intorno a essi.
«Stai
bene?» gli chiedo, preoccupato. Forse non ha ancora avuto tempo per la sua
sessione di creme mattutina.
«Teoricamente
dovrei essere io a farti questa domanda.» Risponde lui, cocciuto, incrociando
le braccia, in evidente attesa di una risposta.
Abbasso
lo sguardo: non so se voglio rispondere a questa domanda, anche perché
effettivamente non so come sto. Mi sento umiliato, ferito, ma la situazione mi
sembra un po’ migliore rispetto a ieri. Alla fine decido di optare per un
generico, «Mi passerà.»
Lui
si sposta vicino alla finestra, dandomi le spalle. Quel suo gesto mi riporta
improvvisamente alla lite avuta ieri sera: che diamine ho combinato? Come ho
potuto litigare con Kurt?!
Improvvisamente
mi sento male, mi viene quasi da vomitare nel ricordare le parole velenose che
gli ho rivolto. Questo fa decisamente più male.
«Ehi,
Kurt… scusami per ieri sera…»
inizio, ma lui mi interrompe subito.
«Non
preoccuparti. Hai già detto che ti dispiace e io non vorrei più tornare su
quell’argomento.» Non si volta, continua a darmi le spalle. No, non posso
davvero rovinare il mio rapporto con Kurt soltanto per delle parole prive di
senso che mi sono uscite dalla bocca.
«Ok… però sappi che non pensavo tutte quelle cose che ti ho
detto.»
Finalmente
Kurt si gira, mostrandomi un sorriso che mi rassicura. «Ci credo. Ora vestiti
però, fra poco abbiamo lezione.» Detto questo esce dalla stanza.
Strano,
deve aver già fatto il rituale di creme mattutino.
*
Più
tardi, nel pomeriggio, ci troviamo al Lima Bean, come sempre. Il mio umore è
decisamente peggiorato: non sto reagendo al dolore con il pianto, ma
semplicemente con il disgusto verso tutto ciò che mi possa anche solo ricordare
San Valentino. Peccato che ci siano ancora in giro tazze con i cuori, pupazzi
innamorati e dolci a forma di Cupidi.
«Possibile
che non cisia niente qui che non sia
ricoperto di stupidi cuoricini?» domando retoricamente a Kurt. «Mi fa
vomitare.» Aggiungo. La verità è che mi fa venire in mente la figuraccia che ho
fatto giusto ieri.
«Beh,
almeno hai cambiato disco.» Dice Kurt, un po’ distaccato. È tutto il giorno che
si comporta così: credo sia ancora un po’ arrabbiato per la lite di ieri sera.
Ma
io gli ho già detto che mi dispiace!
E
ora sinceramente la cosa che mi fa innervosire più di ogni altra è il pensiero
delle occhiate che ho ricevuto oggi alla Dalton. La notizia deve essersi sparsa
in giro per la scuola, perciò ora tutti quanti sanno di quell’idiota di Blaine Anderson cheha dedicato un’assurda canzone a un ragazzo, davanti a un sacco di
clienti, in un negozio ed è stato rifiutato.
«Penso
di non essermi mai reso più ridicolo in tutta la mia vita. E questo la dice
lunga visto che mi sono esibito nei parchi a tema!»
E
non è solo questo. Non posso credere di essermi inventato tutto, di aver
frainteso completamente ogni cosa. Mi guardo con Kurt, che sembra ancora un po’
sulle sue, ma nonostante tutto non mi ha ancora mandato al diavolo – e non
capisco perché non lo faccia.
«E’
solo che… non posso credere di essermi immaginato
tutto nella mia testa.»
Abbasso
lo sguardo: sono stato davvero un idiota. Non credo di aver mai esagerato così,
né credo di essermi mai sentito peggio.
Kurt
interrompe il filo dei miei pensieri.
«Ok,
posso chiederti una cosa?” fa una piccola pausa e poi riprende, mentre mi volto
verso di lui. «Visto che siamo stati completamente sinceri l’uno con l’altro…»
Non
capisco dove voglia andare a parare, anche se per un momento mi si attorciglia
lo stomaco dalla paura: forse vuole mandarmi al diavolo. Dopotutto, farebbe
soltanto bene; dopo il suo appoggio per questa storia di Jeremiah,
non solo si è dovuto sentir dire quelle cose terribili da me, ma mi ha anche
consolato. È ancora qui.
Quasi
non mi rendo conto di star tremando mentre continua.
«Tu
ed io… usciamo insieme, facciamo duetti ammiccanti
insieme, sai come prendo il caffè. Avrei dovuto pensare che non significasse
niente?»
Mi
sta guardando in faccia, e noto appena un certo imbarazzo.
Non
credo di aver capito sul serio cosa intenda, perciò glielo chiedo, ancora con
le ginocchia che tremano dalla paura che possa voltarsi e andarsene,
lasciandomi qui da solo.
«Che
cosa significa?»
Fa
una pausa, abbassando lo sguardo, poi riprende a parlare – e questa volta mi
sembra davvero imbarazzato, oltre che incerto.
«Ho
pensato che il ragazzo al quale volevi chiedere di uscire a San Valentino…» i suoi occhi si legano ai miei, «…fossi io.»
Mi
paralizzo. Non posso crederci. Cioè…Kurt… e io…? Cosa?
Non
è possibile, credevo di non essere mai stato tanto idiota ma…
ora è peggio. Adesso mi sento un vero
idiota, adesso che mi rendo conto di quanto possa aver fatto del male a Kurt.
Me
ne esco con un’uscita davvero infelice. «Wow…»
Ma
‘wow’ cosa?! Avevo promesso che non l’avrei mai
fatto soffrire, che non sarei mai stato io la causa del suo dolore; non
sono stato in grado di mantenere la mia promessa. L’ho fatto soffrire.
E
certamente non posso dargli la colpa per aver pensato che potessi essere interessato
a lui. Cioè, se io mi sono illuso che potessi piacere a Jeremiah
solo perché abbiamo preso il caffè insieme due volte, Kurt cosa avrebbe dovuto
pensare?
D’altronde
è vero, il nostro rapporto non è come quello che ho con gli altri miei amici, è
vero che cantiamo insieme ammiccandoci da un lato all’altro della stanza, che
usciamo insieme, che siamo molto legati.
Ma
questo cosa significa? Che cosa provo io realmente per Kurt?
«Non
avevo capito proprio niente…» mi lascio fuggire di
bocca, mentre Kurt al mio fianco continua a stare in silenzio.
Forse
è questa la cosa che mi spaventa più di tutte ora: il suo silenzio. Perché ho
paura che ora possa davvero andarsene, ora che sa che non sono in grado di
ricambiare i suoi stessi sentimenti. Che poi, prova davvero qualcosa per me?
Qualcosa che vada oltre all’amicizia, si intende. Il fatto che abbia pensato
che fosse lui il ragazzo a cui volevo dedicare la canzone non significa che
provi qualcosa per me; tuttavia, non mi sembra che se ne sarebbe dispiaciuto.
Quindi… credo di piacergli.
Merda!
Questo complica le cosa, davvero tanto. Io non sono in grado di avere un
rapporto con qualcuno, lo so bene. Alle Provinciali l’avevo capito, e, come
dicevo ieri sera, quando si parla delle storie d’amore si pensa sempre al
bello, ma mai al dolore o alle sofferenze che si possono provare.
Io
non voglio, non posso, rovinare le
cose con Kurt.
«Senti
Kurt…» lo guardo negli occhi e decido di essere
sincero. Non posso perderlo. «Io non ho idea di come vadano queste cose. Faccio
finta di saperlo. E so come esprimerlo durante una canzone…
ma la verità è che non sono mai stato il ragazzo di nessuno.»
Tremo
quasi, in attesa di avere la sua risposta; credo di avere gli occhi lucidi. Non
so cosa farei se perdessi Kurt.
Quasi
sospiro di sollievo quando lo vedo sorridere – certo, un po’ forzatamente, ma è
comunque un sorriso. «Io neanche.»
Dio,
mi sento unmostro; non posso credere a
quello che gli sto facendo. Vorrei solo che sapesse quanto io tenga a lui, alla
nostra amicizia, a ciò che abbiamo – qualsiasi cosa sia. Perché sì, sono
confuso riguardo al nostro rapporto; lo ero all’epoca e continuo a esserlo, è
inutile negarlo.
Forse
sarebbe il caso di dirglielo: dirgli che gli voglio bene. Cercherò di essere il
più chiaro possibile.
«Fammi
chiarire una cosa. Io ci tengo veramente… veramente
tanto a te.» Ma non sono pronto. «Ma come tu e un’altra ventina di persone
avete visto al negozio, non sono molto bravo con le storie d’amore.»
Lo
guardo negli occhi, quasi mi ci perdo per un lungo istante. Non posso fare a
meno di vedere questi occhi, non posso perderli, perdere Kurt. E soprattutto,
non voglio.
«Non
voglio rovinare tutto.» Mi esce dalle labbra, sussurrato. Spero davvero che
capisca quanto sia serio ora, che abbia capito quanto sono sincero quando gli
ho detto di tenere a lui.
Mi
sembra di avere la testa che scoppia. Ho bisogno di parlare con qualcuno; mi
servono Wes e David.
*
«E
poi?» chiede Wes, mantenendo lo stesso tono serio che
ha usato fin da quando abbiamo iniziato questa conversazione.
«E
poi se n’è uscito con qualcosa che riguardava il film che abbiamo visto poco
tempo fa, Harry ti presento Sally.»
Rispondo io, guardando i miei due migliori amici.
Loro
si fissano per un lungo istante negli occhi, poi, inaspettatamente, urlano. «Tu
sei un idiota Blaine Anderson!»
Sobbalzo
nel sentire quelle parole uscire – per altro contemporaneamente in modo
alquanto inquietante – dalle bocche dei miei due amici, di solito pacati e
ragionevoli. Gli occhi mi escono quasi dalle orbite quando, prima David e poi Wes, iniziano a urlarmi contro. Le uniche parole che riesco
a captare sono “idiota”, “ovvio” e “Kurt”.
Fantastico,
di questo passo mi verrà il mal di testa – come se non avessi già troppe cose a
cui pensare!
«Allora,
volete cortesemente calmarvi un attimo e dirmi perché diamine state urlando
come due pazzi?» quasi strepito, e non mi importa il fatto che forse, e dico
forse, dovrei controllarmi, essendo nel bel mezzo della sala studio della
Dalton.
«Beh
Blaine… diciamo che sei un vero deficiente.» Inizia
David, ma lo interrompo praticamente subito.
«Sì,
grazie, questa è l’unica cosa che ho capito. E vi assicuro che non mi servite
di certo voi per dirmelo: so bene di esserlo.» Abbasso lo sguardo, mentre mi
sento invadere di nuovo dai sensi di colpa. Quasi più non penso a Jeremiah, ormai c’è solo più Kurt nei miei pensieri. Non ho
smesso un attimo di farmi scorrere davanti agli occhi tutti i nostri incontri,
i nostri sguardi, le nostre chiacchierate, cercando un valido motivo per cui
Kurt avrebbe davvero potuto pensare che volessi dichiararmi a lui; e ne ho
trovati. Tanti.
«Blaine, è chiaro come il sole che Kurt prova qualcosa per te…» dice Wes, assumendo un tono
più calmo, quasi comprensivo.
Alzo
lo sguardo su di lui, cercando quasi una conferma nel suo viso, per le sue
parole.
«Oh,
non guardarmi con quegli occhi luccicanti!» continua, lasciandosi sfuggire un
sorriso. «Quando parla con te, o di te, ha gli occhi che brillano. E devi
ammettere che il vostro rapporto è piuttosto…
stretto.»
Sospiro,
passandomi una mano sul volto. «Sì lo so; e questo mi confonde ancora di più.
Non so cosa devo fare, non so cosa provo davvero per lui.» incrocio le braccia
sul tavolo e ci ficco la testa in mezzo, mentre mi lascio sfuggire dalle labbra
un mugolio sofferente.
«Oh
invece secondo me lo sai bene cosa provi per lui.» sento David sussurrare, ma
non indago oltre. Anche perché Wes afferma, «Certo,
ma deve capirlo. Perciò Blaine,» dice ora
rivolgendosi direttamente a me – che sbircio verso di lui da uno spiraglio tra
le mie braccia – «prenditi tutto il tempo che ti serve per capire. Non fare
tutto di fretta.»
Rialzo
la testa, «No di certo. Non voglio rovinare tutto: Kurt è molto importante per
me.»
I
due si scambiano di nuovo un’occhiata – sembrano quasi divertiti. «Lo
sappiamo.» Dicono infine, di nuovo contemporaneamente.
Già,
lo sanno; immagino si noti abbastanza. Sposto lo sguardo fuori dalla finestra;
Kurt è fuori, da qualche parte: ha detto che aveva un’idea su come festeggiare
San Valentino. Un sorriso di cui quasi non mi rendo conto si apre sul mio
volto: chissà cos’avrà in mente.
«Come
l’ha presa Kurt?» chiede Wes mettendomi una mano
sulla spalla.
«Sembra
piuttosto bene in realtà; anche se credo stia nascondendo ciò che prova.» Non
posso fare a meno di riprendermi la testa tra le mani, sentendomi nuovamente un
verme.
E
improvvisamente ripenso alla lite di ieri sera, ma in particolar modo al mio
comportamento: ho cercato conforto in lui, l’ho abbracciato, costringendolo in
una posizione, letteralmente parlando, che probabilmente avrà fatto fatica a
mantenere. Inoltre, se ripenso ai suoi occhi rossi e gonfi di stamattina… deve aver pianto.
«Non
posso credere che gli sto facendo del male.» Piagnucolo, per poi raccontare a Wes e David della litigata di ieri sera e di come l’ho
trovato stamattina, mettendoli a parte di tutti i miei dubbi e i miei
pentimenti.
«Blaine, non credo che tu debba vederla da questo punto di
vista. Tanto per cominciare voi due siete amici.» Dice David, razionale, per
poi lasciare la parola a Wes.
«Già,
e Kurt è intelligente, lo sa. Credo che comunque gli abbia fatto piacere che tu
abbia voluto il suo appoggio.»
Non
posso fare a meno di suonare terrorizzato – perché lo sono – quando alla fine
riesco a dire loro cos’è che mi spaventa più di ogni cosa.
«Ho
paura che ora cambi tutto, che Kurt non vorrà più parlarmi, né vedermi; che
decida che è meglio per lui starmi lontano. Non potrei sopportarlo…»
sussurro.
Wes e David si scambiano nuovamente
uno sguardo, con le sopracciglia alzate, come se avessero appena avuto la
dimostrazione di una loro teoria.
«Ascolta,
non credo che Kurt possa decidere una cosa del genere; inoltre lo vedo un po’
complicato, sai, il decidere di evitarsi, dal momento che condividete la stessa
stanza. Però Blaine… le cose cambieranno ora. E’
inevitabile.» Dice Wes, con calma, quasi a voler
calibrare le parole per paura della mia reazione.
«Ma
io non voglio che cambino!» Perché potrebbero cambiare in peggio; e anche se
cambiassero in meglio, di certo questo meglio potrebbe poi portare al peggio.
Potremmo metterci insieme, litigare e mollarci, rovinando così non solo una
storia d’amore, ma anche la nostra amicizia.
Questo
però non lo dico ai miei amici.
Non
lo dico perché il mio sguardo viene attirato da Kurt, che è appena entrato in
sala studio, stretto nel suo cappotto e con le guance arrossate. Mi si mozza il
respiro in gola, in attesa della sua reazione. Anche i ragazzi al mio fianco
sembrano essersi congelati, fissandoci.
Kurt
si blocca, mi guarda negli occhi, e poi sorride. Di quel suo solito sorriso
dolce, lo stesso di sempre, quel sorriso che l’ho sempre visto rivolgere solo a
me. Espiro, mentre non posso fare a meno di aprirmi in un sorriso io stesso,
che poi si propaga in una risata liberatoria, mentre lo vedo avanzare verso di
me.
E
mentre farfuglia qualcosa su Silly love songscon gli altri due, quasi non lo ascolto, troppo
intento a notare quanto sia dannatamente stupendo il suo sorriso quando
incrocia i miei occhi.
~∞~
I can't
explain the feeling's plain to me, now can't you see?
How can I tell you about –Say can’t you see?
-my loved
one?
He gave me
more – How can I tell
He gave it
all to me – you about
Say, can’t
you see? – my loved one?
Kurt è… Kurt è fenomenale – non credo ci siano altre parole per
descriverlo. Più passa il tempo, più mi sembra di conoscerlo a fondo, e più lui
riesce a sorprendermi. Ha organizzato lui questa serata: è stato lui a parlare
col proprietario de Il bel grissino,
convincendolo a farci esibire qui stasera, e a invitare tutti i suoi amici
delle New Directions.
Deve essere
successo qualcosa tra loro a proposito: non vedo Finn
e la ragazza bionda che ha cantato alle Provinciali, Quinn mi pare si chiami.
Da quanto mi ha riferito velocemente Kurt prima di arrivare qui, Finn, che ha da poco rotto con Rachel, ha baciato Quinn,
che però è fidanzata con Sam; e ovviamente tutti sono venuti a saperlo, anche
perché Santana – non si sa bene perché – ha notato che avevano entrambi la mononucleosi… e qui il filo dei miei ricordi si perde.
Certo che è
davvero complicato stare dietro a tutti i tira e molla di quei ragazzi!
You'd think
that people would have had enough of silly love songs.
But I look around me and I see it isn't so.
Oh no
Some people wanna fill the world with silly love
songs.
And what's
wrong with that?
I'd like to know, 'cause here I go again
I love you
I love you
Mentre
canto, il mio sguardo non fa che spostarsi su Kurt. Sarò ossessivo, ma la
verità è che sono ancora terrorizzato: ho paura che possa scappare via da un
momento all’altro, decidendo di essersi stufato di stare dietro a uno come me.
Ma no, Kurt,
non lo farebbe mai. Ci scambiamo uno sguardo, seguito poi da un sorriso. No, ne sonocerto: Kurt non mi abbandoneràmai.
Love doesn't come in a minute,
Sometimes it doesn't come at all
I only know that when I'm in it
It isn't silly, love isn't silly, love isn't silly at all. Notitall
I love you
I love you
Prima ha
fatto un discorso sui single, sul fatto che questo è il loro anno. All’inizio
ho pensato si riferisse a se stesso, e alle sue amiche, Rachel e Mercedes. Poi
però mi sono reso conto che forse il discorso era diretto anche a me: anche io
sono single, sono stato rifiutato giusto ieri. E il fatto che Kurt non se ne
sia dimenticato – e come potrebbe? – ma che voglia comunque in un certo qual
senso farmi stare meglio… beh, l’ho apprezzato.
Parecchio.
Inoltre, è
riuscito a convincere i ragazzi a esibirsi di nuovo fuori dalle mura della
Dalton Academy. E forse questa volta, le conseguenze
non saranno disastrose quanto le due precedenti.
I can’t
explain the feeling’s plain to me – How can I tell you about
Say, can’t
you see? – my loved one?
She gave me
more – How can I tell
She gave it
all to me – you about
Say, can’t
you see? – my loved one?
E
infatti, alla fine dell’esibizione, i clienti del locale e i membri delle New Directions ci applaudono a gran voce; siamo stati davvero
eccezionali, non c’è che dire.
Sorrido,
e per un attimo non penso al fatto che ieri ho ricevuto la mia prima batosta sentimentale
e che nel giro di poche ora ho litigato con il mio migliore amico – la persona
cui tengo di più al mondo – e ho scoperto di averlo ferito. Penso solo a quanto
io sia fortunato ad avere Kurt… qualsiasi cosa lui
sia per me.
NOTE:
Qui
Pachelbel! =) Tanto per cominciare, non badate alle
pare della mia collega… -.- Io sinceramente non so
che farei se non ci fosse lei ad aiutarmi con questa storia! Mi è davvero di
grandissimo aiuto! E boh…she’s
the Kurt tomyBlaine! *___*
Comunque,
so bene che questo capitolo vi sarà risultato strano e “diverso” dal momento
che ci eravamo imposte di mettere solamente missingmoments… Però, ho ritenuto necessario inserire questa scena
presa dal telefilm. Perché? Perché, tanto per cominciare, è la mia preferita… perché secondo me è qui che Blaine
si rende conto di quanto la loro amicizia sia “strana”, di quanto tenga
effettivamente a Kurt. E’ in quel preciso momento che secondo me,
inconsciamente, si rende conto di quanto gli piaccia Kurt (perché diciamocelo,
non è che Blaine si è innamorato di Kurt sentendolo
cantare Blackbird, ma ha CAPITO di essere innamorato
di lui… questo vuol dire che lo era già da prima!)
Spero
di non avervi tediato troppo comunque! =)
Anyway, grazie mille alle 16 stupende,
meravigliose persone che hanno commentato lo scorso capitolo e a tutte le
persone che ci seguono! *__* Siete tutti stupendi! (sì, ‘i’, abbiamo dei
maschietti tra noi *__*)
I can't explain the feeling's plain to me, now can't
you see?
How can I tell you about –Say can’t you see?
-my loved one?
He gave me more – How can I tell
He gave it all to me – you about
Say, can’t you see? – my loved one?
Credo che questo
sia l’unico modo possibile per concludere il giorno di San Valentino senza
ulteriori danni – o almeno, spero sia così. Cantare. Cantare con tutti gli
Usignoli davanti ad un pubblico composto in gran parte dai miei ex-compagni del
McKinley. Non c’è nulla che possa andare storto, ma meglio che non lo pensi
troppo forte.
Dopo aver fatto
il mio annuncio, mi metto in posizione, mescolandomi agli altri ragazzi in
divisa ed unendomi al coro. Nella fretta urto contro Blaine, scusandomi con un
gesto della mano – dato che la voce è impegnata a cantare – e lui mi sorride
come non faceva da molto tempo.
Mi mancava quel
sorriso sincero. Sei felice, Blaine? Ho provato di tutto per cercare di tirarti
su di morale… perché l’idea che il sorriso possa sparirti dalle labbra
semplicemente mi uccide.
“How can I tell you about my loved one?” Ok, forse non è
la canzone più adatta a me al momento, ma stasera voglio provare a non pensare
a nulla, a far finta che non sia successo nulla.
Voglio solo
cantare con Blaine e gli altri Usignoli, come sempre.
You'd think that people would have had enough of silly
love songs.
But I look around me and I see it isn't so.
Oh no
Some people wanna fill the world with silly love songs.
And what's wrong with that?
I'd like to know, 'cause here I go again
I love you
I love you
Quando comincia
a cantare, Blaine sembra di nuovo lo stesso ragazzo di sempre. Tutta la sua gestualità,
i suoi movimenti, sono perfetti e soprattutto spontanei. È vero, con la musica
riesce ad esprimersi davvero bene! E probabilmente fa trasparire cose che in
realtà non pensa, cose che non prova… ed io ci sono semplicemente cascato, come
uno stupido, come aveva fatto lui con Jeremiah. Ma non ne avevo forse il
diritto? Insomma, non credo di essere tanto in errore ad aver creduto una cosa
simile… eppure.
Incrocio i suoi
occhi, mentre, spostatosi tra i tavolini, ci guarda continuando a cantare. I
suoi occhi. Ora sembrano quelli di sempre, con la stessa energia. Brillano.
Almeno loro…
No, fermo!
Accidenti, non di nuovo! Non ti è bastata un’intera notte di pianto? Hai
intenzione di cominciare anche adesso, davanti a tutti, davanti a Blaine?
No. Basta.
Stasera – per questa canzone – sarò felice e mi farò trascinare dalla musica.
Non deve importarmi di nulla, non adesso!
Torna da noi,
rimescolandosi col coro e mi lancia degli guardi magnifici. Magnifici perché
sinceri, come il sorriso che li accompagna, liberi da tutto il dolore e la
delusione di questi ultimi giorni. Magnifici perché sono sempre gli stessi,
perché nonostante tutto, nonostante gli abbia chiaramente detto che mi piace,
lui sembra non essere affatto cambiato.
Ed io sorrido
con lui. Ti prego, Blaine, non cambiare.
Love doesn't come in a minute,
Sometimes it doesn't come at all
I only know that when I'm in it
It isn't silly, love isn't silly, love isn't silly at all. Not it all
I love you
I love you
Quando gli ho detto che credevo si riferisse a me per la faccenda della
serenata, non ho ovviamente pensato alle conseguenze, al fatto che, messo di
fronte ad una simile dichiarazione, avrebbe potuto reagire cambiando
atteggiamento nei miei confronti ed ora questa prospettiva mi atterrisce.
Eppure lui
continua a cantare con intensità, a camminare tra i tavolini ammiccando a chi è
seduto e sottolineando quanto l’amore sia tutt’altro che stupido.
Io non l’ho mai
pensato, Blaine. E neanche tu, lo so. Ma è davvero bello vedere come ormai
Jeremiah sembri solo un brutto ricordo, come stai andando avanti! Mi sento
quasi preso dalla tua allegria, rapito e contagiato, così, quando mi sei di
nuovo accanto, non posso trattenere una risata, abbassando la testa.
Blaine Anderson,
sei un miracolo.
Gli Usignoli si
disperdono cantando nella sala ed io ne approfitto per correre ad abbracciare
Rachel e Mercedes: credo che senza di loro sarei perso. Non le ringrazierò mai
abbastanza!
Mimo un caloroso
“I love you” verso di loro, mentre torno al mio posto nel coro. Vedo Blaine
fare altrettanto, ma non voglio darmi tempo di rifletterci.
I can’t explain the feeling’s plain to me – How can I
tell you about
Say, can’t you see? – my loved one?
She gave me more – How can I tell
She gave it all to me – you about
Say, can’t you see? – my loved one?
Il momento in
cui ci riuniamo tutti stretti per la cappella finale mi emoziona sempre, non
conta quante volte l’abbiamo già fatto. Credo sia il momento migliore di
qualsiasi canzone perché riesco davvero a sentirli tutti con me, come fossimo
una voce sola… ed è magico. La voce di Blaine, quasi sussurrata ed armonizzata
al massimo da quelle degli altri Usignoli, non mi sembra essere stata mai tanto
bella e mi ci perdo, mentre sento riscaldarsi il petto.
Ancora qualche
istante, ancora un po’ e il nostro coro si conclude con la tipica posa finale e
l’applauso del pubblico.
Credo che l’idea
di cantare qui sia stata migliore di quanto mi sarei mai aspettato.
~∞~
«È sempre bello
sentirti cantare!» esclama Rachel abbracciandomi non appena raggiungo il suo
tavolino.
«Non ti
sentivamo da tanto!» le fa eco Mercedes e nonostante le luccichino gli occhi,
riesco a scorgere qualcosa di triste dietro il suo sguardo fiero.
Una volta non
passava ricorrenza importante – o semplice giorno – che non cantassimo insieme.
Ora invece ho quasi l’impressione di aver dimenticato il suono della sua voce –
o di quella degli altri.
«È stato un
piacere, ragazze. Ci voleva proprio, sapete? Al diavolo tutte le coppiette:
cantare per voi è il miglior San Valentino!»
In realtà cerco
di non soffermarmi su tutto ciò che è successo in questi giorni e mi concentro
solo sulle mie compagne, sforzandomi di trovare una domanda adatta da fare.
Troppo tardi.
Proprio in quel
momento, Blaine mi si siede accanto con un dei suoi soliti sorrisi e saluta le
altre.
«Grazie di
essere venute» fa con eleganza «Come vi siamo sembrati?»
«Sai che non
possiamo esprimerci, Blaine: siete ancora i nostri rivali numero uno» gli
ricorda Rachel con il suo classico atteggiamento di superiorità.
Mercedes invece
sorride, zittendola con un movimento rapido della mano.
«Siete stati
fantastici» conferma raggiante «Era come se foste una cosa sola e nonostante vi
conosca ormai, riuscite sempre a lasciarmi a bocca aperta!»
L’altra la guarda
contrariata per alcuni istanti, prima di sospirare ed annuire d’accordo.
«Era proprio
quello che volevo sentire!» si esalta l’Usignolo «Kurt ha avuto proprio
un’ottima idea»
A sentirlo, io
arrossisco appena e distolgo l’attenzione degli altri da me – o almeno spero –
con un sorriso imbarazzato. Non nego mai i complimenti, questo è vero, ma
quelli di Blaine mi fanno sempre questo effetto – ora anche più di prima,
cavoli!
Una vocina nella
mia testa mi dice che dovrei parlare con lui, che dovrei chiarire tutta la
situazione… eppure ho paura. Ho paura perché non so come l’abbia presa
veramente. Se parlarne aggravasse le cose? Lui sembra comportarsi come sempre:
magari ha deciso di fare finta che non sia successo nulla. Un chiarimento
riaprirebbe la questione e lui potrebbe cambiare idea – e di certo non in
meglio.
«…Kurt? Kurt…
hai sentito quello che ho detto?»
La voce di
Blaine mi sveglia da tutti quegli interrogativi e per un attimo lo guardo senza
sapere cosa dire. Che mi ha chiesto? Lui sorride scuotendo lievemente la testa.
«Ancora a
fantasticare sugli abbinamenti migliori del tuo guardaroba?» scherza.
Stranamente,
però, è come se mi avesse appena dato un pugno nello stomaco: non so cosa stia
facendo, non so perché si stia comportando come se niente fosse, ma al momento
sono sicuro che non abbia capito quanto male mi stia facendo l’incertezza che
lui maschera tanto bene.
«…mi chiedevo,
torniamo alla Dalton? Kurt? Ti abbiamo perso di nuovo?»
Sussulto.
«No!» esclamo
con più forza di quella che avrei voluto; Blaine e le ragazze mi guardano con
occhi preoccupati ed io cerco di rimediare a quello scatto improvviso con un
sorriso ed un respiro profondo.
«Intendo… vi sto
ascoltando: niente sogni ad occhi aperti» spiego «E comunque, sì: sarà meglio
tornare»
Saluto con
affetto Rachel e Mercedes e faccio per avviarmi con l’Usignolo, quando
quest’ultima mi trattiene per un braccio, facendomi voltare di nuovo verso di
lei.
«Kurt… stai
bene?» mi chiede con un sussurro, guardandomi.
Davanti a quei
grandi occhi scuri sento di non poter mentire e mi accorgo che i miei si stanno
inumidendo inevitabilmente.
«Non lo so.
L’hai visto… per lui è come se non fosse successo nulla e… e non so se... se la
cosa mi va bene»
«Oh, tesoro…»
Mercedes mi abbraccia
ed io mi lascio cullare un po’ da quel gesto: ovvio che lei sia stata la prima
– e l’unica con Rachel – a cui abbia raccontato della litigata, della notte in
lacrime e della mia stupida confessione. Sento da lontano Blaine che mi chiama
e mi stacco a mala voglia da Mercedes, scorgendo anche lo sguardo dell’altra
ragazza su di me con fare affettuoso.
Ad un tratto
l’idea di tornare alla Dalton, lontano da loro, non mi sembra più tanto buona…
ma ormai il danno è fatto e probabilmente mi sto facendo più complessi del
dovuto.
Le saluto con un
sorriso e corro verso l’uscita, davanti alla quale la macchina di Blaine mi
aspetta, pronta a partire.
Blaine mi
accoglie con un sorriso quando salgo aggiustando la giaccia stropicciatasi per
la corsa. Io lo guardo e nonostante tutto miè impossibile non sorridergli di rimando: assurdo, possibile che quando
i nostri sguardi s’incontrano dimentichi tutto quello che mi circonda compresi
i sentimenti non propriamente felici di ora?
«Vuoi fare
qualcosa di particolare nel resto della serata?» mi chiede senza però staccare
gli occhi dalla strada, quando ormai siamo a metà del tragitto.
«Non
saprei…qualche idea?» in realtà ho solo voglia di stendermi sul letto: in un
modo o nell’altro, questi giorni sono stati stancanti.
«Pensavo ad un
film..» propone.
«Qualcosa
in particolare? San Valentino?» chiedo con una smorfia: dovrebbe averne
abbastanza, no?
«No, non propriamente San Valentino…ma sai, una bella commedia romantica…» fa
ammiccante – no, non ne ha avuto abbastanza, accidenti!
«D’accordo, ma
ho dei parametri che dovrai rispettare: a lieto fine e con Meg Ryan.»
sentenzio: se proprio devo sopportare un film simile, al momento, che almeno ci
sia qualcosa di buono.
«Meg
Ryan? Ma allora la tua è una fissa!»
Lo fulmino con
uno sguardo: che ha da dire su Meg Ryan? Sa che sta rischiando la vita? Sembra
intuirlo, in effetti, perché alza una mano dal volante in segno di scuse e
sorride.
«Ok, non
uccidermi! Ho il film adatto e rispetta anche i tuoi parametri!»
«Cioè?» chiedo
curioso e –lo ammetto – fiero del fatto che, nonostante tutto, non fosse poi
così ignorante in materia.
«Kate e Leopold ti dice niente?»
A questo punto
impossibile non sorridere.
*
«Io adoro questo
film, ma non posso non contraddire questa scena!» esclamo mentre scorrono gli
ultimi minuti.
«Eh?! Che hai
contro questa scena, scusa? È meravigliosa…Insomma, lei decide di seguirlo per
amore!» controbatte Blaine quasi risentito dal mio commento.
Lo guardo per un
attimo, sorpreso – stento a credere che sia lo stesso ragazzo che poche ore
prima aveva avuto da ridire proprio riguardo la scelta del film.
«È proprio
questo che non riesco ancora a capire! Perché l’ha dovuto seguire lei?! Perché
è stata lei a dover fare questo sacrificio per amore? Insomma, Leopold avrebbe
potuto benissimo rendersi conto prima di amare davvero Kate e restare con lei
nel presente!»
«Ma così non
avrebbe mai inventato gli ascensori! Doveva tornare nel passato, era
indispensabile!» mi spiega con lo stesso tono di una maestra delle scuole
elementari.
«E chi ti dice
che anche Kate non avesse qualcosa s’importante da fare nel suo presente?
Qualcosa a cui ha inevitabilmente rinunciato seguendo Leopold? E poi, ha dovuto
lasciare la sua famiglia: non li rivedrà mai più!» ribatto caparbio, quasi come
se fosse una discussione seria, la nostra.
Mentre la
ragazza cerca, correndo, il suo amato, Blaine ormai non sta prestando più
attenzione al film. I suoi meravigliosi occhi mi scrutano nella poca luce della
stanza, interdetti. Io sostengo per un po’ il suo sguardo, poi lo abbasso:
stiamo litigando di nuovo? Cosa diavolo ci sta succedendo? Possibile che non
riusciamo ad avere un dialogo che non degeneri in un litigio?
«Direi…direi di
goderci il bacio finale.» suggerisce Blaine ed io ringrazio il cielo che non
abbia continuato la discussione.
Entrambi ci
concentriamo di nuovo sullo schermo, ma il silenzio ch’è sceso nella stanza mi
sembra completamente diverso dai soliti che pure hanno accompagnato i nostri
momenti insieme: riesco a cogliere in esso tensione e soprattutto imbarazzo.
Qualcosa in me
si spezza. Mai, mai c’è stato imbarazzo fra noi! Anche quando non ci
conoscevamo bene, la prima cosa che ho capito di Blaine è stata la sua capacità
di mettere chiunque a proprio agio. Ora, invece, si è rotto qualcosa e non
riesco più a fare neanche una cosa stupida, come allungare la mano nella
ciotola dei pop-corn senza preoccuparmi del fatto che potrei toccare la sua o
attirare la sua attenzione…
Le prime lacrime
scendono silenziose dai miei occhi ed io ringrazio il buio che ancora ci
nasconde mentre scorrono i titoli di coda. Al momento sento solo il lampante
impulso di scappare via e questo non fa altro che aumentare ancor più le
lacrime.
«Vai per primo
in bagno?» mi chiede Blaine alzandosi. Io annuisco appena e prendo tutto ciò
che mi serve per poi sparire il prima possibile e soprattutto prima che accenda
una qualsiasi luce.
Faccio appena in
tempo ad entrare sotto la doccia che i singhiozzi diventano ingestibili: almeno
il rumore dell’acqua riesce a coprirli e quando sarò uscito avrò anche una
scusa per gli occhi arrossati.
Piango, piango
forte come non facevo da tempo, sfogo ogni emozione repressa, ogni certezza
sfumata, ogni gesto sfumato, ogni dannata cosa che non so.
Quando alla fine
resta soltanto il getto della doccia a bagnarmi, spero di non essere rimasto
troppo tempo: non so come affronterei le eventuali domande di Blaine. Per
questo finisco tutto nel modo più rapido ed esco ancora in accappatoio per
lasciare quanto prima il bagno libero.
Non faccio in
tempo neanche a metter piede fuori dalla stanza che sento qualcosa avvolgermi
stretto e il mio viso imporporarsi. Blaine mi sta abbracciando con trasporto,
come non faceva da troppo tempo. Per un attimo non sento altro che il suo
profumo misto al gel per capelli; lui ha il volto quasi nascosto nel mio
accappatoio – sì, sono in accappatoio, dannazione…ma meglio non soffermarsi su
questo pensiero, per ora – e resta per un po’ così, senza dire o fare nulla.
«Non voglio che
tutto questo cambi, Kurt. Ti prego…» sussurra, ed il mio cuore non sa se
fermarsi o battere più forte.
«Neanch’io lo
voglio» riesco a rispondere, mentre lui non accenna ancora a lasciarmi andare.
«Tengo troppo a te
per perderti. Non posso, capisci?» continua lui, ma stavolta mi guarda dritto
negl’occhi e mi accorgo che i suoi sono lucidi quanto i miei.
È mentre lo
osservo così che capisco, finalmente. Neanch’io posso perderlo: il fatto che
sia qui è la cosa più importante al mondo. Un calore che non provavo da molto
invade il mio petto e uno strano groppo si forma all’altezza della gola.
Sono innamorato
di lui, è certo…eppure, ora come ora, sento che deve restare il mio migliore
amico perché in alcun caso possa rischiare di perderlo – ho bisogno di lui
tanto quanto lui ha bisogno di me; non c’è niente che valga tanto.
Gli sorrido
mentre lui mi lascia definitivamente andare, sfiorandomi appena la mano. La
prendo e la tengo stretta nella mia: niente più imbarazzo, niente più tensione
o ansia.
Prego davvero
che tutto sia tornato come sempre e, quando anche lui aumenta la stretta, in
cuor mio capisco ch’è così.
NOTE:
Ok, voi non avete idea di come io
stia al momento!! Cacchio… non ho ancora visto l’ep! Maledetta scuola,
dovrebbero inventare le giustifiche per “visione notturna di telefilms”,
sarebbe perfetto!
*Alchimista sbatte con la testa
contro il muro*
Allora, da qualche spoiler del mio
Blaine so che in ogni caso sarà – o è stato – esplosivo, quindi, ho preferito
postare prima così nel caso in cui morissi, avrete almeno questo cap!
Ma.. non è che ora che avete di
nuovo i Klaine in “diretta” vi dimenticherete di questa storia?? No, vero?? ç_ç
Ok, sì, sto delirando. Vi lascio e
corro a vedere!
~ Quando ti trovi a dover assistere a qualcosa che
mai avresti voluto vedere ~
You were
workin' as a waitress in a cocktail bar
When I met you
I picked you out, I shook you up and turned you around
Turned you into someone new
Ok, se mai
qualcuno mi avesse detto che, nel giro di una sola serata, avrei visto Blaine
ubriaco, mentre cantava un duetto con Rachel Berry dopo averla baciata… beh,
non ci avrei mai creduto.
E avrei
fatto male: è proprio quello che sta succedendo.
Erano un po’
di giorni che volevo avere una scusa per uscire con Blaine, un’uscita vera,
senza divise o altro; volevo mettermi la camicia che mi aveva regalato per
Natale – ed effettivamente l’ho poi messa. Così, quando ho scoperto da Finn che
Rachel avrebbe dato una festa a casa sua, ho colto la palla al balzo;
minacciandolo di rivelare a papà e Carole la sua cronologia del computer –
seriamente, quel ragazzo usa internet solo per girare su You porn, che schifo!
– ha accettato di portare anche me e Blaine.
Quando ho
riferito al mio migliore amico – o qualsiasi cosa sia – della festa, mi è
sembrato entusiasta. Ero convinto che ci saremmo divertiti, che avremmo
scherzato e riso e cantato; volevo fare una buona impressione su di lui, volevo
che avesse la possibilità di guardarmi in un ambiente che non fosse il solito
della Dalton, o del Lima Bean, o della nostra stanza.
Non avevo
messo in programma però che avrebbe potuto notare qualcun altro.
Don't, don't
you want me?
You know I can't believe it
When I hear that you won't see me
Don't, don't you want me?
You know I don't believe it
When you say that you don't need me
Sospiro,
mentre lo guardo cantare. È bellissimo. Perché è sempre così dannatamente
bello? E poi questa canzone… chi è che non lo vorrebbe?
Inoltre, i
suoi capelli sono ormai liberi dal gel, e questo lo rende ancora più stupendo
ai miei occhi.
Prima,
quando guardavo la bottiglia girare, non ho potuto fare a meno di pensare su
chi si sarebbe fermata quando sarebbe arrivato il mio turno; desideravo davvero
tanto che fosse Blaine. Certo, non avrei mai voluto che il nostro primo bacio
avvenisse così, per merito di una bottiglia, come un semplice gioco; ma il
pensiero che probabilmente sarebbe stata la mia unica occasione di poterlo
effettivamente baciare, mi ha fatto chiudere in un angolo della mia testa tutti
i miei dubbi morali.
It's much too late to find
You think you've changed your mind
You'd better change it back or we will both be sorry
Don't you want me, baby?
Don't you want me, ohh?
Don't you want me, baby? Don't you
want me, ohh?
La voce di
Rachel si unisce alla sua e mi viene spontaneo rilasciare un sospiro di
sorpresa; le loro voci insieme sono spettacolari. Mi piacciono tantissimo, e
forse,dopo la voce di Finn, è quella
che si accompagna meglio alle corde di Rachel.
Questo, se
possibile, non fa che abbattermi ancora di più: è un’altra cosa che potrebbe
unire quei due, che potrebbe farli diventare amici… o qualcosa di più.
I was working as a waitress in a cocktail bar
That much is true
But even then I knew I'd find a much better place
Either with or without you
Mentre la
voce di Rachel continua da sola, cerco di riacquistare un po’ di lucidità. No
dai, è impossibile che tra Blaine e
Rachel possa accadere qualcosa!
Insomma,
stiamo parlando di Blaine! La persona che neanche due settimane fa ha fatto una
serenata – se così si può definire – a un altro ragazzo, la stessa persona con
cui parlo di Vogue, e altre riviste di moda e sfilate.
E poi su,
andiamo! Guardalo! Si sta muovendo attorno a Rachel con movenze che non
definirei propriamente etere.
No, è impossibile.
Don't, don't
you want me?
You know I can't believe it
When I hear that you won't see me
It's much too late to find
When you think you've changed your mind
You'd better change it back or we will both be sorry
Però… però
non mi piace affatto come si stanno guardando. Così come non mi è piaciuto
affatto il modo in cui hanno prolungato il bacio, né tantomeno la mano di
Blaine che è corsa a intrecciarsi ai capelli di Rachel. Ripensandoci, mi torna
lo stesso morso allo stomaco che mi aveva preso poco fa, il morso della
gelosia. Di nuovo.
È la seconda
volta che, durante una canzone cantata da Blaine, provo gelosia. È la seconda
volta che mi sta facendo soffrire, e se la prima volta poteva avere
un’attenuante, dal momento che non poteva immaginare quali fossero i miei
sentimenti per lui, ora invece sa bene cosa provo.
Purtroppo
non posso dire niente al riguardo: è chiaramente ubriaco fradicio, la sua testa
sarà persa tra arcobaleni, canzoni di Pink o che so io… Non si rende conto di
quello che lo circonda, né tantomeno di Rachel.
E, di
conseguenza, non si rende nemmeno conto di quanto io stia soffrendo in questo
istante. A dirla tutta, nessuno se ne accorge. Provo quasi la tentazione di
alzarmi e andarmene, ma non posso; non posso lasciare Blaine qui, anche se lo
meriterebbe!
Don't you want me, baby?
Don't you want me, ohh?
Don't you want me, baby?
Don't you want me, ohh?
Don't you want me, baby?
La canzone
fortunatamente sta finendo. Non credo che avrei sopportato tutto questo ancora
a lungo. Né che mi sarei ritrovato a essere geloso di Rachel Berry, neanche ci
stessimo nuovamente litigando un assolo.
~∞~
«Kurt, sei sicuro che sia il caso che dorma nel tuo
letto?» mi chiede Finn mentre si ferma sotto casa nostra; è tutto il viaggio
che mi assilla, ma non vedo soluzione migliore.
Blaine è
completamente ubriaco, così tanto che quasi non si regge in piedi: non potevo
portarlo alla Dalton così, né tantomeno a casa sua – anche perché non so dove
sia. Lasciarlo a casa di Rachel era davvero una cosa che avrei voluto evitare,
anche se la mia amica lo aveva proposto. Fortunatamente neanche lei era molto
lucida, quindi sono riuscito a portarmi via Blaine in tempo. La considero la
mia piccola vittoria personale della serata.
«Sì, è l’unica cosa da fare, mi sembra anche di averti
già spiegato perché.» Sussurro, lanciando un’occhiata al sedile posteriore,
dove si trova Blaine, sdraiato e quasi in trance. Spero solo non si metta a
urlare per casa, non vorrei svegliare Carole e papà.
«Già, hai ragione. Non era davvero il caso di lasciarlo
da Rachel.» Risponde Finn, scendendo dalla macchina. Ha usato un tono strano,
forzato quasi; checché ne dica, credo che provi ancora qualcosa per Rachel,
anche se ora è completamente perso di Quinn. Tuttavia, penso che anche a lui
abbia dato fastidio quel bacio, soprattutto visto quanto si è prolungato.
Comunque,
ora non è davvero il momento di perdersi in elucubrazioni mentali: devo portare
Blaine sano e salvo in camera mia. Al pensiero, non riesco a non farmi sfuggire
un sorrisetto.
Scendo
dall’auto, seguendo Finn, e apro la portiera posteriore; Blaine si tira a
sedere di scatto sentendo il rumore, ma poi si afferra subito la testa tra le
mani. «Oh, gira tutto! Guarda Kurt, gira tuuutto!»
Sbuffo e
alzo gli occhi al cielo, «No, a te sembra
che giri tutto! Io non sono ubriaco, per me è tutto fermo.» Rispondo piccato.
Mi allungo un po’ nella macchina, con l’intento di aiutarlo a scendere, mentre
lui mi guarda con gli occhi spalancati, luccicanti e i capelli sparati per
aria; rimango imbambolato a fissarlo, da questa distanza così ravvicinata.
Perché?
Perché faccio così?
Dovrei
odiarlo – e una parte di me lo sta facendo – ma allo stesso qual tempo lo trovo
assolutamente adorabile.
Fortunatamente
i tossicchi di Finn alle mie spalle mi riscuotono; si avvicina a me, mettendomi
una mano sulla spalla e facendomi allontanare. «E’ meglio
che lo tiri fuori io.»
Mi scosto,
lasciandogli spazio e ringraziandolo con gli occhi; effettivamente non so
quanto sia una buona idea che Blaine dorma nella mia stanza.
Cioè, no,
non ho intenzione di fare nulla – non
lo farei mai. Il problema è che
rischio di bruciare per autocombustione prima di domani se continuo a guardarlo
in questo modo, soprattutto se anche lui mi guarda così. E non è nei miei piani
futuri morire prima dei vent’anni: ho delle cose da fare – diplomarmi,
trasferirmi a New York, diventare una stella di Broadway.
Però non
posso neanche lasciarlo sul divano – se stesse male, non potrei sentirlo e
andare ad aiutarlo – e non credo che Finn condividerebbe il letto con lui
volentieri; quindi devo resistere e sopportare, cercando di non incrociare i
suoi occhi, o perlomeno non soffermarmici troppo a lungo.
«Finn… Finn…” Blaine sta blaterando qualcosa, in piedi
fuori dalla macchina, col corpo completamente appoggiato a quello del mio
fratellastro. «Tu sei proprio alto, te l’ho già detto, sì?»
«Sì, lo hai già detto.» Risponde Finn mentre inizia a
fargli fare qualche passo verso casa. Io mi affianco subito a loro, passandomi
un braccio di Blaine attorno alle spalle per sostenerlo.
«Già… e Kurt è tuo fratello.» Borbotta, corrugando la
fronte, come se stesse pensando a qualcosa di difficile, come un teorema di
matematica o l’idea di un filosofo che non riesce a comprendere appieno. «Però non vi somigliate per niente…»
Non posso
fare a meno di ridacchiare, mentre raggiungiamo la porta. «Ora, Blaine,” inizio a dire, «noi entriamo, ma tu devi stare zitto d’accordo?»
Blaine mi
guarda nuovamente negli occhi e quasi mi si mozza il respiro quando lo vedo
inclinarsi leggermente verso di me, avvicinandosi. «Se io sto zitto… tu cosa mi dai in cambio?»
Spalanco gli
occhi, sorpreso, e vedo Finn irrigidirsi dietro a Blaine. Dal calore improvviso
che sento sulle guance, credo di poter asserire con certezza di essere appena
arrossito. «Ch- che cosa intendi?» chiedo, balbettando. Non mi ha
ancora tolto gli occhi di dosso.
Lui sorride
e fa finta di pensarci un po’ su, assumendo facce buffe che in un’altra
situazione mi avrebbero certamente fatto ridere, ma che ora non riesco a
godermi appieno, troppo spaventato dalla sua possibile risposta. Finalmente
riporta la sua attenzione su di me, «Io sto zitto se tu… se tu… mi abbracci, come abbiamo
fatto a San Valentino! Sai quando tu avevi l’accappatoio e…»
Lo zittisco,
prima che Finn possa insospettirsi, e anche prima di morire di imbarazzo.
Rilascio un sospiro, tranquillizzato – posso farlo, nessun problema. Lo abbiamo
già fatto altre volte, niente di particolare.
«E devi anche darmi un bacio!» aggiunge Blaine
euforico, iniziando a saltellare sul posto, ma fermandosi subito a causa di un
improvviso giramento di testa.
Io rimango a
fissarlo a bocca spalancata, incapace di qualsiasi tipo di pensiero razionale,
figuriamoci di parlare. La verità è che sono terrorizzato, ma allo stesso tempo
lusingato; non voglio illudermi, Blaine è chiaramente ubriaco. Però…
Finn mi
riscuote, di nuovo, dai miei pensieri. «Oh senti Kurt, ho sonno, voglio buttarmi nel letto e
dormire! Digli di sì ed entriamo!»
Sposto lo
sguardo su di lui, sconvolto. «Ma non posso! Non posso baciarlo Finn… non così.»
sussurro poi alla fine.
Lui alza gli
occhi al cielo, dicendo, «Senti, è ubriaco, non se lo ricorderà nemmeno. E
comunque ne parli come se ti avesse chiesto un bacio vero.» guardo Finn. Stasera si sta dimostrando stranamente intelligente.
E mi rendo soprattutto conto che sto facendo un sacco di storie per niente.
«D’accordo Blaine, dopo. Prima entriamo: dobbiamo
raggiungere camera mia. Ma tu devi stare zitto.» Dico infine, rivolto al mio
migliore amico, che si limita a fissarmi e ad assentire con un cenno della
testa.
Qualche
minuto dopo siamo già di sopra, chiusi in camera mia. Blaine, non appena vede
il letto, ci si butta sopra; normalmente avrei urlato contro chiunque avesse
osato farlo, ma ora non mi sembra proprio il caso.
«Stai qui con lui mentre io mi faccio la doccia: farò
in fretta.» Dico a Finn, e senza aspettare la sua riposta, mi fiondo in bagno.
Mi svesto
completamente, appoggiando i vestiti ben piegati sulla cesta, e mi infilo sotto
la doccia; prima di entrare però afferro uno dei miei detergenti per il viso;
stasera non avrò il tempo per fare la solita pulizia, ma almeno questo devo
metterlo.
Tempo dieci
minuti e sono fuori dal bagno, pronto per la notte. Trovo Finn seduto sulla
sedia della scrivania, mentre osserva Blaine, che è intento ad abbracciare il
cuscino e a stringerselo al petto, balbettando frasi sconclusionate. Non posso
fare a meno di guardarlo, mentre un sorriso involontario mi sfugge dalle
labbra. È strano vederlo così, senza controllo e bisognoso di cure e
attenzioni. L’ho visto così solo quando è stato rifiutato da Jeremiah.
Mi siedo di
fianco a lui e gli accarezzo i capelli, non riuscendo a trattenermi. Ho sempre
desiderato farlo, ma l’altra volta non mi ero osato: avrebbe ricordato, questa
volta no invece.
Blaine
sembra accorgersi delle mie carezze, perché sposta lo sguardo su di me e
sorride. «Anche se non sei alto quanto Finn… sei mooolto più
carino.»
Mi casca
quasi la mascella a terra; e se le sue parole sono bastate a sorprendermi, ora
che si sposta e mi abbraccia all’altezza dei fianchi, posando la testa sulla
mia gamba, fa’ sì che il mio cuore perda qualche battito. Arrossisco di nuovo,
mentre lo vedo strusciare la guancia lungo la mia gamba, provocandomi uno
strano brivido che mi percorre la schiena.
«Sai, se non lo avessi visto mentre risucchiava la
faccia di Rachel, direi che gli piaci.» Dice Finn, facendo in modo che mi
ricordassi della sua presenza in questa stanza. Questo non fa altro che farmi
arrossire ancora di più.
Non so cosa
rispondere, così mi limito a guardarlo, con un sopracciglio alzato, e cerco di
cambiare argomento. «Non ti ha dato fastidio?»
«Cosa?» chiede subito lui, sulla difensiva. Ridacchio:
credo di averci visto giusto. Finn pensa ancora a Rachel.
«Vedere lui e Rachel baciarsi.» Sussurro, anche se non
credo che Blaine si renda conto di nulla in questo istante: ha chiuso gli occhi
e ha un respiro regolare. Tuttavia non sta dormendo; dopo mesi che condivido la
stanza con lui, ho imparato a riconoscere il suo respiro di quando dorme.
«Assolutamente no!» sbotta Finn alzandosi in piedi;
sembra abbastanza colpito da quanto ho detto, anche perché posso notare la sua
espressione dubbiosa sul volto. Questo non fa che avvalorare la mia tesi. «Buonanotte Kurt. E non fate… beh… quello… cioè…» assume un tono
imbarazzato.
Ridacchio,
anche se un po’ in imbarazzo io stesso, dicendo, «Finn, devo
per caso ricordarti che io e Blaine dormiamo quasi sempre in camera insieme?»
«Già… è vero.» dice lui grattandosi la testa. Mi
rivolge un’altra occhiata e poi esce dalla stanza, sussurrando qualcosa che mi
è sembrato molto «Non è vero… non mi ha dato fastidio…»
Non appena
la porta si è chiusa alle sue spalle, rilascio un sospiro. Non ho nessun
vestito da dare a Blaine, ma tanto lui non sarebbe in grado di vestirsi – e io
non ho alcuna intenzione di farlo. Perciò starà così; ma almeno le scarpe e il
cappotto devo toglierglieli.
Facendogli
un’altra carezza tra i capelli, lo chiamo, cercando di farlo alzare. Grazie al
cielo lui mi asseconda subito, mettendosi a sedere e fissandomi negli occhi –
siamo di nuovo troppo vicini.
Con gesti
misurati, gli tolgo la sciarpa, la piego e la poso sul comodino vicino al
letto; poi passo ai bottoni del suo cappotto, e quando è sbottonato, glielo
sfilo. Mi alzo in piedi, afferrando il cappotto e posandolo ordinatamente sulla
sedia della scrivania. Blaine non si perde nessuna mia mossa, continuando a
seguirmi con gli occhi che si fanno sempre più appannati dall’alcol e dal
sonno.
Mi avvicino
a lui e mi chino a togliergli le scarpe, lasciandole poi ai piedi del letto.
Quando
rialzo lo sguardo, lo trovo inaspettatamente vicino, così vicino che riesco a
contare le pagliuzze dorate nei suoi occhi e a sentire il suo respiro sul viso,
e anche se sa di alcol, non ce la faccio a tirarmi indietro: sono immobile,
smetto quasi di respirare, in attesa della sua prossima mossa.
Il cervello
mi dice di scostarmi, di mettermi nel letto e non pensare a nulla, ma il cuore
pompa troppo veloce e mi attira a Blaine, davanti a me.
Il mio
migliore amico annulla tutte le distanza che ci separano e mi lascia un bacio
sulla guancia, trattenendosi più del dovuto con le labbra in quel punto
abbastanza vicino all’angolo della bocca.
Poi,
velocemente come si è avvicinato, si allontana, sdraiandosi sul letto e
tornando ad abbracciare il cuscino, ridendo come un idiota.
Io resto
imbambolato a guardarlo, con le guance rosse e il respiro affannato. Non posso
credere a quello che ha appena fatto, né più che altro allo stato in cui mi ha
ridotto un contatto tanto semplice: ho il cuore che batte furiosamente nella
cassa toracica, così forte che mi chiedo come facciano le persone in questa
casa a non sentirlo.
Non appena
riacquisto le piene facoltà del mio corpo, circa cinque minuti dopo, mi alzo e
lo raggiungo sul letto. Scosto le coperte e lo faccio infilare sotto ad esse
senza dire una parola; poi mi ci infilo anche io, stringendomi il lenzuolo
addosso.
Inaspettatamente,
Blaine si accoccola contro di me, posando la testa sul mio petto, proprio
all’altezza del mio cuore, che riprende a battere troppo veloce.
«Rachel è davvero
brava! Ed è anche simpatica… e carina… vero Kurt?» dice lui in maniera
confusa. Con queste parole confuse però, è riuscito a farmi tornare in mente
tutti i miei dubbi: e se Blaine fosse davvero interessato a Rachel?
«Comunque quella camicia rossa... ti stava bene…»
sussurra di nuovo, con la voce impastata dal sonno, mentre si stringe un po’ di
più a me.
Sorrido,
lusingato e anche piuttosto felice ora. Non c’è niente di cui debba
preoccuparmi: tutta questa situazione mi sta abbastanza confondendo, ma
comunque Blaine è ubriaco. Si sta comportando in maniera così affettuosa solo
perché ubriaco. E il bacio con Rachel non ha significato nulla; anzi, forse non
se lo ricorderà nemmeno!
Senza
pensare, gli lascio un bacio sui capelli e lo stringo un po’ più a me.
Quando sto
per scivolare nel sonno, penso che Blaine non mi è mai sembrato più umano di
così; e mi rendo conto che forse l’ho un po’ idolatrato, considerandolo
perfetto, sempre composto e ligio alle regole. In realtà non è così… è solo un
semplice ragazzo, con tutte le sue paure e i suoi difetti. E questo non fa che
farmelo amare ancora di più.
NOTE:
Qui
Pachelbel! <3
Allora, voi
vi siete ripresi dalla scorsa puntata??? Sì? No? Beh, io NO! Sono ancora tutta
fusa, e stasera c’è la nuova puntata e io sto morendo dalla voglia di
guardarla!!!
Uhm… forse
non ho da dire granché su questo capitolo, se non… IN VINO VERITAS!
Vi adoriamo
tutti, leggere le vostre recensioni è come un balsamo contro le ingiustizie
della vita (alzarsi presto la mattina, leggere di SPOILER ASSURDI, venire
insultati da professori universitari privi di senno, zanzare che ti pungono
sulla faccia – sì, ho un morso si zanzara sulla guancia e sto sclerando… non si
nota vero???? xD)
~
Di assurdi ed inappropriati paragoni e silenzio assordante ~
You were workin' as a waitress in a cocktail bar
When I met you
I picked you out, I shook you up and turned you around
Turned you into someone new
Don't, don't you want me?
You know I can't believe it
When I hear that you won't see me
Questa festa è
uno sballo! Sul serio, uno sballo! Kurt si sbagliava dicendo che tutto
quello che ha a che fare con Rachel sia noioso! Cavoli… i microfoni… sono rosa!
Sono rosa e luccicano. Uno sballo!
Adoro questa
canzone, l’adoro! È troppo forte che piaccia anche a Rachel! Rachel… quando
Kurt mi ha parlato di lei… wow, non la immaginavo così!
La indico mentre
facciamo il duetto insieme, sul piccolo palco di casa sua… un palco, un palco a
casa sua!
Kurt è stato
fantastico a portarmi qui. È uno sballo! Kurt… forse avrei potuto duettare con
lui, invece che conRachel… però è casa
di Rachel… devo duettare con lei. Kurt non si arrabbierà, lui non si arrabbia
mai con me.
Don't, don't you want me?
You know I don't believe it
When you say that you don't need me
It's much too late to find
You think you've changed your mind
You'd better change it back or we will both be sorry
Mi avvicino a
lei impugnando il microfono e puntando i miei occhi nei suoi… sono così…
profondi! È strano, credevo fossero azzurri.
E i suoi capelli.. sinuosi… le sue labbra… non sono come credevo, non sono come
volevo che fossero, come quelle di Kurt.
Kurt… Kurt! Ha
messo la mia camicia! La camicia che gli ho preso a Natale. Cavoli! Gli sta
davvero bene: è così… bello. Avevo ragione: il rosso… cavoli… il rosso gli sta
troppo bene… Kurt… sa vestirsi, è normale. Rachel, no. Che diavolo ha addosso?
Oddio! Le nostre
voci! Cavoli… che bello. Non credevo che le nostre voci insieme fossero tanto
belle… Ora capisco perché ha scelto me: lei lo sapeva!
Il ritornello,
il ritornello! Tra un po’ c’è il ritornello! Muovo la testa a destra e sinistra
mentre sento ormai la frenesia che mi prende sempre più.
Don't you want me, baby?
Don't you want me, ohh?
Don't you want me, baby?
Don't you want me, ohh?
I was working as a waitress in a cocktail bar
That much is true
But even then I knew I'd find a much better place
Either with or without you
Ci scateniamo!
Non capisco più nulla, non so più nulla e l’unica cosa che vedo, anche se sfocata
– cavoli vorrei ben dire, sto saltando! – è la macchia verde e marrone di
Rachel che salta con me, prima di attaccare a cantare la sua strofa. Io le
cammino intorno e per un attimo ho la possibilità di vedere Kurt che è seduto
accanto al pianoforte. Il pianoforte! Come nel nostro duetto-prova prima di
Natale! Che bello che è stato… ma ora non mi sembra così felice, non ride.
Kurt! Devi ridere! È una festa! Sei così bello quando ridi! Ridi!
Dio, ma quanto
fa caldo stanotte? Non sarà mica la canzone? Starò saltando troppo? Ma devo
saltare! Come faccio a fermarmi? È tutto troppo forte, stanotte! Notte… sarà
notte ormai? Ritorno alla mia posizione e ballo sfiorando il corpo di Rachel
con nuova energia.
Cavoli! Rachel
sembra un fiume in piena! Nessuno può fermarla!
Wow!
Don't, don't you want me?
You know I can't believe it
When I hear that you won't see me
It's much too late to find
When you think you've changed your mind
You'd better change it back or we will both be sorry
Don't you want me, baby?
Don't you want me, ohh?
Don't you want me, baby?
Don't you want me, ohh?
Don't you want me, baby?
Accidenti, non
credevo che questa canzone sarebbe potuta essere così forte! Non credo di
essermi mai divertito tanto! Le nostre voci che si rincorrono sono
meravigliose… Rachel è meravigliosa… credo. Devo chiedere a Kurt se vogliamo
cantare insieme questa canzone… Oh! Ho già detto che insieme le nostre voci
stanno troppo bene? No, non quella di Kurt, quella di Rachel… anche se, quella
di Kurt… amo la voce di Kurt…
Schiena contro
schiena… pronti all’ultimo ritornello… No, la canzone sta finendo? Non possiamo
rimetterla da capo?
Qui la gente si
bacia… e se anch’io baciassi qualcuno? Rachel? Di nuovo? Il suo bacio è stato…
wow! Ma… non lo so… e se baciassi Kurt? Insomma non posso sapere se il bacio di
Rachel è stato così bello se non ne ho un altro con cui confrontarlo!
Si salta! Si
salta di nuovo! Amo saltare! Le parole scorrono… Don't you want me, baby?Rachel…
la guardo negli occhi cercando di concentrarmi ed il suo sorriso mi illumina: è
meraviglioso! Davvero stupendo…
Fine. La canzone
è finita e Rachel non mi stacca gli occhi di dosso… non che la cosa mi dia
fastidio, eh! Cioè… dovrebbe? Sì…? Non lo so… non mi dispiace… E poi, cavoli,
Rachel è troppo forte e… meravigliosa! Devo saperne di più.
~∞~
Parcheggio la
macchina proprio di fronte al cinema Revival
e guardo l’orologio. Sette precise, sono in perfetto orario. Non so se restare
ancora un po’ seduto o scendere, magari appoggiandomi alla vettura, così da
farmi vedere. Opto per la seconda e sto attendo a non sporcarmi mentre aspetto.
Speravo di non
doverlo fare, di non dover aspettare. Mi sono illuso che almeno per queste
poche ore non avrei avuto il tempo per pensare, travolto da Rachel Berry, ma mi
sbagliavo.
Il viso
sconvolto di Kurt torna in un attimo al centro dei miei pensieri, come uno
schiaffo in pieno viso. I suoi occhi lucidi, il volto leggermente più pallido
del solito, la voce tremante.
Abbiamo
litigato. Di nuovo. E se la prima volta è stata colpa mia ed in realtà non
avevo motivo per prendermela con lui, stavolta è stato uno scontro in piena
regola.
Con
tanto di ferite.
Sospiro. Non
aveva il diritto di parlarmi così! Lui non sa cosa provo, non sa cosa mi è
successo! Io… non gliene ho mai parlato. Mi mordo la lingua. Avrei dovuto? So
tutto di lui, mi ha raccontato ogni cosa: questo implica che avrei dovuto fare
lo stesso anch’io? In ogni caso, non sono io ad aver sbagliato! Sono insicuro,
indeciso e lui mi ha elevato su un piedistallo dal quale credo di essere appena
caduto.
Sbaglio forse a
voler capire, a cercare delle risposte certe? Che c’è di male?
Se l’è presa
come se stessi facendo del male a lui.
È stato troppo – non ho potuto resistere, mi sono allontanato: non ci parliamo
da ieri, se escludiamo qualche atono “buongiorno”.
«Eccoti qui,
Blaine!»
Trasalisco non
appena sento quella voce ed il bacio che Rachel mi porge sulla guancia con uno
slancio affettuoso, mi riscuote completamente dai miei pensieri, riportandomi
con i piedi per terra e la testa a quella serata.
«Ciao, Rachel!»
la saluto con un sorriso e ricambio il gesto.
Niente Kurt,
stasera! Ho solo bisogno di rilassarmi e di scoprire quanto piacevole potrà
essere la serata.
«Alla fine,
l’hai fatto davvero anche tu!» si esalta la mora e per un istante i suoi occhi
brillano come se non potesse credere a quello che vede. I suoi occhi…
illuminati in quel modo… In un attimo ogni mio pensiero ritorna a Kurt.
Dannazione,
Blaine! Smettila! Possibile che non riesca a non pensare a lui neanche per un
minuto?
«Hai detto che
volevi rivedere “Love Story” e che, per l’occasione ti saresti vestita come Ali
McGraw. Sarebbe stato poco carino, non accompagnarti con la mia interpretazione
di Ryan O’Near e poi, amo l’idea che hai avuto!» confermo con entusiasmo, dando
un veloce sguardo ai nostri vestiti.
Semplicemente
perfetti. Sussulto. Questa frase mi fa uno strano effetto, ma evito di
soffermarmici troppo sopra, prendendole la mano con un certo trasporto e
dirigermi verso il cinema.
È stata
un’ottima idea: unirò l’utile al dilettevole. Niente pensieri negativi, un
ottimo e coinvolgente film e Rachel Berry. Nulla può andare storto.
*
Niente pensieri
negativi, un ottimo e coinvolgente film e Rachel Berry. Nulla può andare
storto.
No, seriamente,
quanto posso essere stupido? Eppure credevo di essere arrivato al massimo, al
limite, di aver toccato il fondo.
Credevo, appunto.
Nel buio del
cinema, con Rachel a fianco che continua a recitare le battute del film e le
mie labbra impegnate nella stessa mnemonica operazione, la mia testa non vuole
saperne di smetterla di pensare a Kurt, alla nostra litigata, alle guance
arrossate sulla pelle chiara, alle sue parole, affilate, sputate con il tono
più sorpreso e deluso che io gli abbia mai sentito.
«Bisessuale
è un termine che i gay usano a liceo quando tengono per mano una ragazza e
vogliono sentirsi normali, per una volta!»
Quasi mi manca
il fiato. È questo che pensa Kurt? E se a me piacesse davvero Rachel, è questo
che penserebbe di me? L’incomprensione ed il dubbio mi fanno stare ancora più
male. Non me l’aspettavo, non da lui
e questo è quello che veramente mi fa male. Essere stato accusato da lui, da una persona che sa cosa
voglia dire non sapere chi si è.
Fa così male che
al momento ho quasi voglia di piangere. E mi prenderei a schiaffi perché mi sto
rovinando la serata, quando mi ero detto che non avrei pensato a Kurt o al
nostro litigio.
Eppure… è
davvero troppo importante per me.
Mi riconcentro
sulle immagini che mi scorrono davanti. Dopotutto, non credo sia stata una
buona idea rivedere un film che conosco a memoria: certo, so già come finirà ed
il magone sarà più lieve, ma così la mia testa può permettersi distrazioni del
tutto fuori luogo!
«Amore significa
non dover mai dire mi dispiace» sussurrano le mie labbra in contemporanea alla
pellicola e a Rachel.
Lei si volta
verso di me e mi guarda, dritto negli occhi, mentre i suoi risplendono
illuminati dalla luce del grosso schermo e lucidi per quella che rimarrà la più
bella frase del film. Per un attimo io resto così, fermo, a guardarli brillare
come mai avrei creduto avrebbero fatto ed ho paura. All’improvviso quello
sguardo sembra così intenso e forte da poter scavare nella mia anima e sentire
quello che provo. E non voglio, per nessuna ragione al mondo voglio che lei
sappia quello che sto provando, i miei dubbi, il mio dolore…
Kurt
non deve saperlo.
I nostri sguardi
si staccano e voltandomi di nuovo verso il film chiudo gli occhi. Kurt. Ho
davvero pensato “Kurt” nonostante gli
occhi fossero quelli di Rachel. Cosa c’è che non va in me?
Ora non riesco a
togliermi davanti quegli occhi chiarissimi e brillanti quando ride o quando è
emozionato, lucidi se ha pianto o se la rabbia ha il sopravvento.
«Perché
ti arrabbi così tanto?»
«Perché
per me sei un modello. Ammiro il tuo orgoglio nell’essere ciò che sei; so cosa
significa nascondersi e invece eccoti a fare un passo indietro»
Un passo
indietro. Sto facendo un passo indietro? E se davvero non fossi gay? Sa fosse
stata solo una fase e mi trovassi bene con Rachel? Kurt non ha il diritto di
giudicarmi e di certo non può sapere meglio di me chi sono o cosa provo. Quindi
farò quello che voglio, non penserò a lui e mi godrò la serata.
Spostando gli
occhi verso la bruna, vedo lacrime silenziose scendere sulle guance bianche
della luce che emana la neve proiettata sullo schermo. Oh. Non mi ero accorto
di nulla, che stupido.
Ormai i titoli
di coda stanno per concludersi, quando prendo un fazzoletto dalla tasca e le
sorrido: questo film fa sempre lo stesso effetto anche a me, ma stavolta sono
stato troppo impegnato anche solo per sentirlo o rendermi conto che Rachel,
accanto a me, invece, stesse piangendo.
Ci alziamo ed io
le prendo la mano con dolcezza, cercando di non soffermarmi a lungo su quanto
la sua pelle sia diversa da quella di Kurt.
«Che ne dici se,
prima di andare, ti offrissi qualcosa?» le propongo, non potendo sopportare che
la serata finisca con lacrime di cui neanche mi sono reso conto.
Lei annuisce e
si stringe lievemente a me, al che io le passo una mano sulle spalle con
nonchalance. Già, almeno spero che appaia come nonchalance. In realtà non sono
assolutamente sicuro di quello che sto facendo. Poco lontano dalla sala, ci
fermiamo ad un bar: nonostante ormai siamo prossimi alla primavere, ora un
caffè caldo – e magari un dolce – non ci stanno male e credo siano il modo
migliore per concludere la serata.
Dopo aver
ordinato, ci sediamo ad un tavolino.
«Peccato che la
serata stia finendo» fa lei con un sorriso; ormai non c’è più traccia di
lacrime sul suo volto e di questo ne sono davvero felice.
«Non è detto che
sia l’ultima» ribatto io cercando di mettermi quanto più a mio agio.
Nonostante
tutto, un silenzio imbarazzante sembra improvvisamente cadere tra di noi.
«Kurt mi ha
parlato molto di te» improvvisa lei ed sono io stavolta a ridere.
«Ah, sì? E che
ti avrebbe detto?»
In che modo avrà
parlato di me? E sarà successo prima o dopo la nostra litigata? E l’avrà
descritta proprio a Rachel? Quanto sa lei di noi? Noi…? Esiste un noi adesso?
Mentre mi faccio
prendere dalle più disparate ed assurde domande, Rachel mi sorride di nuovo,
con uno strano ed accattivante luccichio negli occhi.
«Mi ha detto che
sei un bravo ragazzo, un ottimo cantante; ma di certo non mi serviva lui per
capirlo! L’ho intuito dal primo momento che ti ho visto – al tavolino, il
giorno delle Provinciali – che eri un professionista! Io ho occhio per queste
cose, sappilo!»
Io soffoco uno
scoppio di risa: quanti problemi e paranoie mi sono creato in pochi secondi?
Kurt mi sta seriamente mandando fuori di testa!
Intanto una
cameriera ci porta le nostre ordinazioni ed io do uno sguardo al conto prima di
mettere mano al portafoglio. Di sottecchi vedo Rachel fare lo stesso, ma la
blocco con un cenno sicuro della mano.
«Non provarci
neanche» le dico, porgendo una banconota alla ragazza «Non crederai che lasci
pagare te!»
Lei mi osserva
per un attimo, senza sapere che fare, mentre io con un cenno indico alla
cameriera di tenere il resto. Quando mi volto di nuovo verso di lei, mi sta
sorridendo, mentre sistema di nuovo la borsetta.
«Grazie»
«Non dirlo
neanche!»
In breve
consumiamo tutto, parlando del più e del meno senza più problemi. Rachel è una
bella persona, forse solo un po’… egocentrica, ma dolce e simpatica.
Quando
terminiamo tutto, ci avviamo verso le rispettive macchine e ci salutiamo con un
affettuoso buonanotte e baci sulle guance. Per un attimo mi pare di scorgere
disappunto nei suoi occhi, ma è tanto rapida quell’impressione che forse l’ho
solo immaginata.
Aspetto che lei
vada, per poi salire in macchina anch’io. Non appena mi siedo mi rendo conto di
ciò che avrebbe potuto significare quello sguardo. Oh. Di nuovo poco attento,
Anderson! Avrei… lei credeva che io avrei… e davvero io avrei dovuto baciarla?
Mi soffermo qualche istante a rifletterci. Come sarebbe stato? Gradevole, come
l’ultima volta?
«È
stato bello perché eravate ubriachi!»
Perfetto! Ora la
voce di Kurt risponde anche alle mie domande?
Scuoto la testa
e metto in moto, diretto alla Dalton.
*
Il lieve
venticello che soffia nel parco antecedente la struttura dellaDalton è più freddo di quello che credevo e
mi trovo costretto a stringere le braccia al petto per il freddo, dato che ho
stupidamente posato il cappotto in camera non appena sono arrivato. Ero stato
un po’ titubante, a dire il vero, a mettere piede nella stanza subito dopo
l’uscita con Rachel: che Kurt fosse ancora arrabbiato? Non avevo voglia di
litigare ancora.
Eppure, il fiato
mi si è mozzato in gola lo stesso e forse in un modo ancora più doloroso,
quando, entrando, non ho trovato nessuno. La stanza era vuota e buia. Per un
attimo la folle idea che se ne fosse andato, che avesse cambiato camera o
addirittura che fosse tornato al McKinley mi ha lasciato davvero senza fiato,
fermo di fronte al suo letto. Solo quando mi sono accorto che la stanza era
ancora piena delle sue cose, mi sono dato una seria calmata.
Questa è stata
ufficialmente la serata più assurda e paranoica di sempre! Spero di aver dato
tutt’altra impressione a Rachel.
In ogni caso,
non ce l’ho fatta a stare da solo, in camera, con mille pensieri per la testa e
sono uscito per rilassarmi un po’. O congelarmi, non so che scegliere al
momento.
L’appuntamento
non è andato male. Mi sono divertito – almeno per i momenti in cui non ho
pensato a tutto quello che era successo con Kurt – e Rachel è davvero una bella
ragazza, simpatica ed incisiva. Eppure… non lo so. Forse non è stato
abbastanza. Abbastanza per capire cosa voglio, intendo. Perché certamente non è
la prima volta che mi trovo bene una ragazza, ma questo non ha mai inciso sulla
mia cieca convinzione di essere gay. E poi è arrivata Rachel. E quel bacio.
«È
stato bello perché eravate ubriachi!»
La voce di Kurt
mi rimbomba di nuovo nelle orecchie in risposta. Dannazione! Riesco a
riflettere in pace per un attimo senza sentirlo o pensare a lui? Perché, certo,
potrebbe essere stato lo stordimento dell’alcohol a farlo sembrare qualcosa di
bello. Ma… ma potrebbe anche essermi piaciuto al di là di tutto questo.
Stupido. Sono
stato uno stupido a non baciarla! Sembrava che se lo aspettasse ed almeno io
ora sarei più sicuro di quello che provo!
Invece me ne sto
qui a gironzolare al freddo e la stanchezza sta prendendo lentamente il
sopravvento, tanto che, più che sedermi su una panchina, mi ci affloscio sopra
come un pallone bucato. Uno sbadiglio sfugge alle mie labbra. Kurt sarà
tornato? Non mi va di stare in camera da solo e magari di addormentarmi così.
Non che con Kurt non ci sia silenzio, anzi… ma è un silenzio diverso: non è mai
completo, assordante. Anche se non
parliamo, c’è sempre il graffiare della sua penna sul quaderno se sta finendo
di studiare o la musica che nonostante le cuffie lascia libero il ritmo nella
stanza… o semplicemente il suo respiro che scandisce il tempo.
Il silenzio con
Kurt non è mai assoluto, senza via d’uscita. Ora, invece, so che se andassi in
camera, l’assenza di qualsiasi cosa a spezzarlo non farebbe che peggiorare la
situazione.
Mi alzo
traballando. Vale la pena controllare, anche solo per prendere il cappotto.
Mi avvio per i
corridoio immersi quasi totalmente nell’oscurità, fino ad arrivare alla mia
camera. Apro la porta cercando di fare quanto meno rumore possibile e mentre
sono lì per entrare, ancora una volta uno strano panico mi invade: spero che
Kurt sia tornato, ma se è così cosa dovrei dirgli? Dovrei fare finta che non
sia successo nulla? Che il litigio sia solo un brutto ricordo? L’ultima volta
che ho lasciato correre non è stata affatto la mossa migliore. Ma chiarire…
chiarire come? Al momento ho solo paura che il silenzio assordante che mi
spaventa tanto diventi il nostro.
Troppi piani,
Anderson. Stasera fai troppi piani e sei poco attento alle cose!
Entrando,
infatti, mi accorgo immediatamente della abatjour che lascia una lieve e
soffusa luce nella stanza e del fagotto coperto dalle coperte che dorme nel suo
letto.
Perfetto. Kurt è
tornato e, in più, non ho neanche bisogno di chiarire dato che dorme già.
Indosso il pigiama e mi intrufolo nel mio letto, senza avere la forza di fare
altro. Nonostante la stanchezza mi porti presto a dormire, ho il tempo di
accorgermi che anche quel silenzio, il nostro, fa male.
NOTE:
>.< Prima che mi sbraniate,
chiedo scusa per l’enorme ritardo con cui abbiamo postato! *Alchimista si
nasconde*
Università ed ultimo anno di liceo
ci stanno stressando non poco.. ç_ç E in più il mio Blaine ha preso la febbre..
e si scusa per non aver risposto alle 14 meravigliose persone che hanno
recensito lo scorso capitolo – ho provveduto io ^^’
Emh.. boh.. non so che dire (anche
io non sono al 100% oggi.. tempaccio..) Che ne dite dell’appuntamento di Blaine
e Rachel? Ah, non credevo sarebbe stato tanto divertente scrivere i pensieri
dell’Usignolo ubriaco *-*
Ok, con un grazie anche a coloro
che seguono, preferiscono o ricordano che continuano ad aumentare.. mi eclisso.
È
passato un giorno – un giorno da quando ho capito che cosa provassi veramente
per Rachel, un giorno da quando lei mi ha inaspettatamente baciato al Lima
Bean, un giorno da quando ho trovato Kurt ad aspettarmi al posto di Rachel, quando
sono tornato indietro.
Ho
capito di non essere bisessuale, che non mi importa nulla delle ragazze. E dato
che era questo il motivo per cui io e Kurt abbiamo litigato, le cose sarebbero
dovute migliorare, giusto? Invece non sono migliorate affatto.
Io
e Kurt continuiamo a parlarci a malapena.
Ci
dev’essere seriamente qualcosa che non va in me, o
una non poi tanto lieve discordanza tra cuore e cervello. Perché se il cuore mi
dice di accantonare tutto questo e risolvere le cose con Kurt, il cervello mi
dice che no, non dovrei lasciar correre così.
Kurt
mi ha ferito, profondamente, in un modo che non ritenevo possibile; lui è il
mio migliore amico e per questo avevo sempre pensato che sarebbe stato pronto
ad aiutarmi e stare al mio fianco, anche se non fosse stato d’accordo con me.
E, proprio nel momento del bisogno, lui mi ha abbandonato; non solo, mi ha
anche giudicato apertamente, non tenendo conto di quanto potessi sentirmi
confuso.
E
il peggio è che io so perché lo ha fatto davvero. Non solo perché, come ha
detto lui, io sono un esempio da seguire per lui, ma perché era geloso, di
nuovo. Il peggio è che questa volta sapevo bene quali fossero i suoi sentimenti
per me, e non me ne sono curato.
Ma
curarmene, significherebbe che me ne importi qualcosa, ed è così effettivamente:
non voglio che soffra. Però nel contempo non voglio neanche che si faccia di
nuovo illusioni, perché io ancora non so cosa provo per lui, se i miei
sentimenti possano evolversi in qualcosa di più profondo.
Forse
ho reagito così duramente perché ho scaricato su di lui non solo la confusione
che provavo per Rachel, ma anche la stessa che provavo – e continuo a provare –
per lui.
Kurt
potrà anche aver detto che tutto ciò che è successo con Rachel è stato causato
solamente dall’alcool ingerito, ma in realtà non è così. Certo, è così che è
cominciato tutto, ma poi i dubbi mi sono venuti davvero: e se fossi stato interessato
anche alle ragazze?
Non
sarebbe stato poi così strano, e forse, forse avrebbe reso la mia vita un po’
più facile; sarei potuto andare a casa e mostrarmi per mano a una ragazza, non
una imposta da mio padre, ma scelta da me; e lui sarebbe stato felice di
vedermi, avrebbe ripreso a parlarmi – e mia madre con lui. Avrei riavuto
indietro i miei genitori.
È
tanto sbagliato voler pretendere un po’ di felicità? E se la mia l’avessi
trovata in Rachel?
Certo,
ora so che non è così, so di essere
completamente gay, ma ho ancora lo stesso amaro in bocca che avevo
all’appuntamento – lo stesso che ho provato durante il mio litigio con Kurt.
E
ce l’ho perché il mio dannato orgoglio ha avuto la meglio su di me, imponendosi
sul buon senso, che mi direbbe di correre da Kurt e dirgli ciò che ho capito.
Ma dargli ragione, significherebbe ammettere che lui ha un potere su di me,
perché aveva capito fin da subito che la mia non era altro che confusione.
E
io non so se voglio dargli questo potere.
Se
dai troppo alle persone, esse hanno il potere di portarti sulla vetta più alta,
scalando con te pareti di dolore e rabbia, per poi farti raggiungere la
felicità; ma allo stesso tempo, queste stesse persone a cui hai aperto il tuo
cuore, possono distruggerti con un semplice gesto, quasi senza rendersene
conto.
Non
so se sono pronto a far sì che Kurt abbia questo potere su di me – perché
significherebbe mettermi a nudo di fronte a lui, togliermi l’armatura che mi
sono diligentemente costruito non tanto per ergermi come un paladino in difesa
degli altri, quanto per proteggere me stesso.
Per
questo, quando sono tornato al Lima Bean e ho trovato Kurt ad aspettarmi, con
uno strano sorrisetto sul volto, non gli ho detto quello che avevo appena
capito. E lui ovviamente ha perso quel sorriso, i suoi occhi prima luminosi si
sono spenti, come se avessero perso la luce che li caratterizza e li rende così
particolari, ed è tornato a non parlarmi.
E
io? Ho anche io le mie colpe, senza dubbio.
Ero
così arrabbiato e deluso dal suo comportamento – mi aspettavo veramente che mi
aiutasse, avevo bisogno che mi
aiutasse – che l’ho paragonato a Karofsky. A Karofsky! Lo
stesso ragazzo che lo ha minacciato di morte e l’ha costretto ad abbandonare i
suoi amici; e posso capire la sua confusione e paura, ma non da arrivare a fare
ciò che ha fatto.
Come
ho potuto paragonarlo a una persona del genere? Kurt, il ragazzo più dolce e
buono che abbia mai incontrato, il ragazzo che mi è stato vicino dopo che io
gli avevo urlato contro, consolandomi mentre piangevo per un altro. E lo ha
fatto anche se in quel momento, forse, era lui a dover essere consolato, perché
stava probabilmente peggio di me.
È
stata una delle tante volte in cui gli ho fatto, involontariamente, del male.
Perché gli sto facendo questo? Avevo promesso che l’avrei aiutato, che l’avrei
tenuto al sicuro, e non come se fosse una damigella in pericolo, ma come un
amico.
Mi
affloscio su una panchina del giardino della Dalton, affondando le mani nelle
tasche del cappotto e reprimendo a stento un gemito di disperazione. Sono di
nuovo dovuto uscire dalla stanza: c’era troppo silenzio, nonostante il grattare
della penna di Kurt sul quaderno, o la musica che usciva dalla radio.
Avevo
avuto ragione la sera dell’appuntamento: mi fa paura il silenzio, il nostro silenzio. Mi spezza quasi il
cuore.
Gli
sto di nuovo facendo del male, e questa volta volontariamente. Potrei dirgli
che ho capito di essere totalmente gay, ponendo fine a questa tensione che ci
sta uccidendo, che ci sta cambiando. E
io non voglio che il nostro rapporto cambi ancora.
Per
far sì che accada però, so che deve toccare a me: sono io che devo andare da
lui e scusarmi innanzitutto, e poi dirgli la verità.
Stringo
i pugni mentre mi alzo in piedi, il mio orgoglio che ancora tenta di fermarmi;
ma lo metto a tacere in un angolo della mia testa. Kurt è molto più importante.
Mentre
corro per i corridoi della Dalton diretto in camera, non curandomi delle
occhiate di rimprovero che ricevo da insegnanti e studenti, capisco che Kurt è
la cosa più importante che ho. È la mia famiglia, il mio migliore amico. Non so
ancora dire se possa diventare qualcosa di più, ma ora… ora per me è importante
lo stesso.
Quando
arrivo al nostro piano, c’è una musica che aleggia per i corridoi, una musica
che conosco bene; e non mi stupisco più di tanto quando capisco che sta
provenendo dalla nostra stanza. Mi ci avvicino lentamente, ascoltando le note
alte di DefyingGravity –
Kurt di solito la ascolta per tirarsi su di morale.
Improvvisamente,
sento il mio cuore arrestarsi, per poi riprendere il suo ritmo, solo molto più
lento del normale, seguito poi da una forte fitta al petto. Poso una mano
all’altezza del cuore, spaventato da quella reazione inaspettata. Appoggio una
mano allo stipite della porta, inspirando profondamente e cercando di ragionare
il più in fretta possibile per capire quella strana reazione del mio cuore.
«Sta
andando avanti così da ore, ascolta sempre la stessa.»
Alzo
la testa verso Wes, che ha appena parlato; non mi
stupisco più di tanto dal vederlo affiancato da David, Jeff, Nick e Flint. Mi
stanno guardando con espressione severa, quasi come se sapessero che è colpa
mia se Kurt sta così male.
Ed
è così, è davvero così, e vorrei non averlo fatto.
«Non
so cosa sia successo tra voi due, ma per favore vedete di chiarire.» aggiunge
David con il suo solito tono pratico.
Non
gli rispondo nemmeno; mi limito a distogliere gli occhie annuire, mordendomi un labbro. Poi non
attendo oltre ed entro nella stanza, chiudendola alle mie spalle.
Spero
vivamente che quei cinque là fuori se ne vadano: non sopporterei dover parlare
con Kurt avendo gli spettatori fuori dalla porta. E non perché non voglio che
sentano me mentre mi scuso, ormai il
mio orgoglio è stato sotterrato dalla sofferenza, ma non voglio che ascoltino
qualsiasi cosa potrà uscire dalla bocca di Kurt.
Confido
che almeno Wes abbia un minimo di buon senso e faccia
allontanare gli altri.
Non
appena metto piede nella stanza, Kurt alza gli occhi verso di me: sono
arrossati. Sento di nuovo, distintamente, la stessa fitta al cuore che ho
sentito poco fa.
Deglutisco
e attraverso la stanza, dirigendomi verso il suo letto; mi tolgo le scarpe e mi
ci siedo sopra, di modo da trovarmi di fronte a lui, seduto alla scrivania, un
sacco di libri aperti davanti. Lui mi osserva stranito, ma non dice nulla.
«Senti
Kurt…io… ti devo delle
scuse.» dico, sussurrando, ma con tono di voce fermo. Pensavo non sarei
riuscito a guardarlo negli occhi, ma mi rendo immediatamente conto che non ce
la faccio: ho bisogno di vedere i suoi occhi.
«Già,
forse dovresti…» risponde lui, incrociando le
braccia, mentre DefyingGravitycontinua
a risuonare per la stanza.
«Mi
sono comportato da idiota, non avrei mai dovuto paragonarti a Karofsky! Sono stato insensibile, oltre che un cretino.»
Forse non voglio vedere i suoi occhi, ma voglio che lui veda i miei; voglio che
capisca quanto mi dispiace.
Kurt
non riesce a lasciarsi sfuggire un sorrisetto, soddisfatto forse dall’aver
sentito i modi con cui ho appena finito di definirmi; probabilmente li pensava
anche lui. Forse li pensa anche adesso.
Vengo
assalito dall’improvvisa paura che questa volta non possa perdonarmi – e se
così dovesse essere, me lo sarei davvero meritato. Però non riesco a pensare a
una vita senza di lui, o peggio, con lui che non mi parla.
«Puoi
perdonarmi?» chiedo ansioso, sporgendomi senza di lui senza quasi accorgermene.
Lo
vedo mentre pensa a come rispondere, i suoi occhi mi scrutano, sembra quasi che
voglia leggermi dentro; mi sento messo sotto esame, ma sostengo il suo sguardo.
Man mano che il tempo passa, vedo di nuovo la luce animare i suoi occhi e le
sue labbra si distendono in un dolce sorriso.
«Sei
perdonato, Anderson. Ma che non si ripeta mai più!» dice infine, lasciandosi
sfuggire un sospiro rassegnato.
Il
sorriso che mi illumina il volto non mi stupisce più di tanto; mi sento
improvvisamente meglio, quasi più leggero, come se mi fosse stato tolto un enorme
peso dallo stomaco. Sono così felice che mi sento pervadere da un sacco di
energia e sono certo che ora sarei in grado di fare qualsiasi cosa.
E
mentre mi rendo conto di tutto questo, capisco che la mia paura che Kurt
potesse avere quel tipo di potere su di me, è del tutto inutile. Kurt ha già quel tipo di potere su di me. Forse
l’ha sempre avuto.
«Comunque,
anche io ti devo delle scuse…» abbassa lo sguardo,
che si fissa sul pavimento in legno. «Non avrei dovuto accusarti in quel modo:
eri confuso e avevi bisogno di un amico. Io non mi sono comportato come tale.»
Gli
faccio un cenno con la mano, di modo che si fermi; non voglio sentire altro.
Abbiamo sbagliato entrambi, vero, ma ora non voglio più pensarci; anche perché
devo ancora dirgli a quale conclusione sono arrivato.
«Non
importa Kurt, ormai è passata e vorrei non pensarci più. Però, c’è una cosa che
devo dirti… su Rachel.» Kurt aggrotta le sopracciglia
e mi si fa un po’ più vicino, anche se vedo una strana traccia di divertimento
nei suoi occhi che però non riesco ancora a capire.
«Ho
capito di non essere attratto né da lei, né dalle donne in generale.» Dico,
alla fine, questa volta non riuscendo a sostenere il suo sguardo. Tuttavia non
mi pento davvero di ciò che è successo: mi ha aiutato a capire. Mi dispiace
solo di aver dovuto litigare con Kurt per tutto questo.
Lui
nel frattempo alza un sopracciglio e mi guarda un po’ dall’alto in basso,
sempre con quella scintilla divertita negli occhi. «Sei gay al 100% quindi?”
Annuisco,
continuando a sorridere. «Sono le stesse parole che ho detto a Rachel,» mi
rendo improvvisamente conto.
«Oh
lo so!» ridacchia Kurt. «Ero lì. Ho visto e sentito tutto.»
Io
sgrano gli occhi, colto di sorpresa. Effettivamente mi era sembrato strano
ritrovarlo al posto di Rachel, però pensavo fosse arrivato da poco. E invece
era lì… e ha visto tutto! Più che altro, ha sentito tutto!
Allora
perché ha continuato a essere triste? Perché c’era ancora tensione tra noi?
«Io…tu…» inizio a balbettare,
cercando di capire. Lo vedo mentre se la ride di gusto, divertito dalla mia
reazione. Senza pensarci due volte, afferro fulmineo il cuscino alle mie spalle
e glielo sbatto sulla faccia – senza fargli troppo male.
Kurt
rimane immobile per un istante, gli occhi spalancati chiaramente sconvolti, la
bocca aperta; poi mi lancia un’occhiata assassina – che, devo ammettere, mi fa rabbrividire
per un attimo – e infine corre a prendere il cuscino dal mio letto e me lo
lancia contro.
Il
cuscino lanciato da Kurt mi finisce in piena faccia e non mi trattengo dallo
scoppiare a ridere. Senza pensare, ingaggiamo una lotta di cuscini, mentre la
stanza si riempie delle nostre risate; DefyingGravitycontinua a risuonare per la stanza, ma la voce
di Elphaba è ormai coperta dalle nostre urla.
Vedo
le guance di Kurt iniziare a tingersi prima di un rosato tenue, per passare a
un rosso più acceso, gli occhi luminosi che scintillano in giro per la stanza;
ha i capelli completamente scombinati, vari ciuffi che gli ricadono sulla
fronte e un sorriso meraviglioso.
Un
cuscino da lui lanciato e diretto alla mia testa mi permette di schiarirmi le
idee e smetterla di guardarlo imbambolato.
Mentre
giochiamo in quel modo, sento distintamente le tensione che ci aveva pervasi
negli ultimi giorni, scivolare via dalle nostre spalle. Sorrido – se possibile
– ancora di più nel constatare che sta tutto tornando alla normalità, che non
sto perdendo Kurt.
Mentre
corro verso di lui con l’intento di tirargli una pesante cuscinata sulla
faccia, inciampo nella mia borsa dei libri, lasciata a terra in mezzo alla
stanza; per non cadere, mi afferro a Kurt che è a pochi passi da me. Non avevo
considerato però che lui non riuscisse a sostenere tutto il mio peso; infatti
inciampa anche lui e – non so come – ci troviamo distesi sul letto, scossi da
risate incontrollabili.
Quando
finalmente riesco a riprendere un po’ d’aria e a smettere di ridere, mi rendo
effettivamente conto dell’imbarazzante posizione in cui ci troviamo. Kurt è
steso sul letto sulla schiena, mentre io sono un po’ più rannicchiato al suo
fianco, una gamba intrecciata alla sua.
Sento
la pressione di una mano chiaramente non mia premere sulla schiena, mentre la
mia è posata sul suo petto.
Mi
tiro un po’ su, per poterlo vedere meglio in volto. I nostri occhi si
incontrano, e Kurt perde man mano il suo sorriso, con ancora le gote rosse.
Improvvisamente, l’aria si fa pesante, il mio respiro si fa più lento – e il
suo con il mio – e sento distintamente il cuore perdere, di nuovo, qualche
battito.
Mi
allontano velocemente da lui, distogliendo lo sguardo dal suo, luminoso. Non so
cosa mi stia prendendo oggi, ma chiaramente devo andare da un cardiologo!
«Scusa,»
dico imbarazzato, «sono inciampato.»
Fortunatamente
lui decide di tirarmi fuori da questo improvviso imbarazzo, ridacchiando e
dicendo, «L’ho notato! Per poco non uccidevi anche me!»
Sospiro
e rialzo gli occhi verso di lui, che ora si è seduto. «Beh, adesso non
esagerare! Almeno siamo caduti sul morbido!” Io di sicuro.
«Già.»
Rimango
a fissarlo per un po’, sovrappensiero; lui non distoglie lo sguardo dal mio, ma
sembra abbastanza sereno. Mi chiedo di nuovo perché non me l’abbia detto
subito.
«Perché
non mi hai detto subito che avevi visto tutto?» mi lascio scappare.
Lui
sospira, quasi come se si fosse aspettato questa domanda. «Perché volevo fossi
tu a dirmelo; mi dispiace, così facendo ho solo peggiorato le cose.»
Inclino
la testa, aspettando che continui. «Ho odiato tutta la tensione che c’era tra noi…»
Ridacchio
e gli poso una mano sulla spalla, stringendola un po’. «Lo so. Anche io.» Kurt
mi sorride e non posso fare a meno di sentirmi di nuovo bene. Meravigliosamente
bene. «Ora è tutto a posto però!»
Lui
annuisce, sorridendo. «Sì!»
Restiamo
ancora qualche secondo a fissarci, poi lui si alza e si risiede alla scrivania,
rimettendosi a studiare. Io lo fisso per un po’, cercando di dare una
spiegazione alle sensazioni che ho provato prima, quando mi sono ritrovato
inaspettatamente troppo vicino a lui.
Ho
sentito qualcosa. Non so bene cosa, non so se fosse solo il momento, o i miei
ormoni da adolescente impazziti, o altro. Non lo so. Però so che se da un lato
ho la mia sicurezza – dove so muovermi e so cosa mi aspetta – dall’altro ho il
cerchio di fuoco. Oltre quel cerchio di fuoco, c’è Kurt. Però non Kurt il mio
amico, bensì Kurt, il mio potenziale ragazzo.
Non
so se sono pronto ad attraversare quel cerchio. E il non sapere è chiaro indice
del fatto che non è ancora giunto il momento di fare quel passo.
Ho
ancora bisogno di tempo, ma questa volta, spero di non fare troppi casini.
~∞~
Na, na, na, na,
na... Na, na, na,
na, na...
Sono passate
un paio di settimane da quando io e Kurt abbiamo finalmente chiarito. Sono
felicissimo! Davvero, non potrei esserlo di più; la situazione con Kurt sembra
si sia decisamente sistemata. Siamo tornati a essere quelli di sempre: ci
alziamo la mattina, io scappo in bagno e mi preparo in fretta, di modo da
lasciarglielo libero quanto gli serve; continuiamo a vederci i film insieme la
sera, o a chiacchierare del più e del meno, cantando qualche volta. E abbiamo
ripreso ad andare al Lima Bean.
Quel posto è
forse quello che ci caratterizza meglio, è il nostro posto. Ma effettivamente,
quale non lo è? Anche la nostra stanza lo è, o il tavolo dove abbiamo parlato
la prima volta e a cui continuiamo a sederci durante le pause.
Here we are again
I feel the chemicals kickin' in
It's gettin' heavy and I wanna
run and hide
I wanna run and hide
Proprio
l’altro giorno, mentre eravamo al Lima Bean, siamo stati interrotti da una
signora che non avevo mai visto; quando poi Kurt – finalmente soli – mi ha
spiegato chi fosse, ho dovuto dar credito a tutto quello che mi aveva
raccontato lui sulla fantomatica Coach Sylvester.
Comunque, se
ora sono qui, di fronte alle ragazze – abbastanza eccitabili – della Country Crawford School, cantando
questa canzone, è proprio perché la Sylvester ci ha avvisati che alle Regionali
i giudici vorranno qualcosa di sexy. E i Warblers non
si tirano certo indietro.
Nonostante
la Coach sembri una pazza, basti pensare a come si è fatta il caffè o a come
parlava, ho deciso di darle retta e informare i Warblers.
Abbiamo quindi preparato questo numero.
Effettivamente
non so quanto ci si possa fidare di lei, dati tutti gli avvenimenti che mi ha
raccontato Kurt e che la vedono protagonista, tuttavia chiamava Kurt con un
nomignolo che ho trovato abbastanza grazioso.
Lo chiama
“Porcellana” – in riferimento con ogni probabilità alla sua pelle.
I do it every time
You're killin' me now
Ed eccolo
qui Kurt. La sua voce cristallina echeggia nell’aria, sostituendosi alla mia.
Stranamente i Warblers hanno subito appoggiato l’idea
che lui mi accompagnasse in questo duetto; ho intravisto un sorrisetto appena
trattenuto da parte di Wes, ma non mi ci sono
soffermato poi molto.
And I won't be denied by you
The animal inside of you
Ora le
nostre voci stanno cantando insieme, e nel sentire quanto si compenetrino l’una
con l’altra, mi torna in mente la prima volta che abbiamo cantato così. A Natale,
quando ho cercato di tirarlo su di morale con Baby, it’scoldoutside. Per non parlare poi di tutte le altre volte
che canticchiamo in giro per la stanza.
Sposto lo
sguardo su di lui, anche se so che non sarebbe la mossa corretta da fare;
d’altronde sono qui per affascinare queste ragazze, dovrei guardare loro.
Comunque,
non me ne curo e lo osservo con la coda dell’occhio.
Oh, oh, I
want some more
Oh, oh, what are you waitin' for?
Take a bite of my heart tonight
Oh, oh, I want some more
Oh, oh, what are you waitin' for?
What are you waitin' for?
Say goodbye to my heart tonight
Che cosa
diamine sta facendo? Perché si muove in quel modo e fa tutte quelle smorfie?
Oh… e se stesse male?
Oppure sta
provando a essere sexy – senza tra l’altro riuscirci. Ma mi sembra davvero
strano. Cioè, non vedo perché dovrebbe fare certe facce per essere sexy quando
lui lo è normalmente.
Aspetta… cosa? Da quando penso che Kurt sia sexy?!
Hush, hush, the world is quiet
Hush, hush, we both can't fight it
It's us that made this mess
Why can't you understand? Woah, I won't sleeptonight
Approfitto
del pezzo, previsto dalla coreografia, in cui dobbiamo cantare guardandoci in
faccia, per osservarlo. Ora che guarda me, con i suoi luminosi occhi blu,
azzurri, o di quel colore cui non sono ancora riuscito a dare un nome, non fa
più quelle strane facce. È concentrato su di me, il dito che gli copre le
labbra rosse. Forse mi sono soltanto immaginato quelle facce…
credo.
Io e Kurt
raggiungiamo la pedana in alto e azioniamo una ventola, da cui esce un’infinità
di schiuma, che invade gli altri Warblers a terra e
le ragazze, che lanciano urletti deliziati.
Nonostante io ora sia preoccupato per Kurt, non riesco a non sorridere: a
giudicare dalla reazione delle ragazze, siamo stati piuttosto sexy!
Oh, oh, I want some more
Oh, oh, what are you waitin' for?
Take a bite of my heart tonight
Oh, oh, I want some more
Oh, oh, what are you waitin' for?
What are you waitin' for?
What are you waitin'
Here we go again (Oh oh)
Here we go again (Oh oh)
Here we go again (Oh oh)
Say goodbye to my heart tonight
La
canzone sta del tutto degenerando in una festa; io però non posso fare a meno
di osservare Kurt, che continua a cantare e ballare, ancora con qualche accenno
di smorfia strana. Sono davvero preoccupato per lui. E se stesse davvero male?
Però
non mi sembra, dato come ride e si diverte – non curandosi per una volta di
scombinarsi troppo i capelli. Forse è il caso di indagare.
NOTE:
Qui
Pachelbel!
Allora,
prima cosa, tenete a mente questo capitolo, soprattutto la questione del “cerchio
di fuoco”! =) Inoltre, io credo di essere impazzita per questo capitolo… mentre lo scrivevo stavo sclerando
come le peggiori delle fangirl… ed è stata un’idea
MIA! O.o Va beh, a parte questo…
Siete
un po’ diminuiti, ma noi vi amiamo lo stesso! *__* I vostri commenti ci tirano
davvero su di morale e ci rendono le giornate un po’ più luminose! =)
Love
youall! <3
Oh
già, sì… io AMO Wes! Non si
era capito vero??? x’D
E
amo anche David…
E
amo Wes E David…insieme… possibilmente nudi…xDD*scappavia*
Avviso pre-lerttura: Salve! Nulla, non voglio tediarvi, ma solo puntualizzare
che da questo capitolo il raiting è alzato ad
arancione. Mi dileguo ^^ Buona lettura!
~ KlaineSongs ~
18°_ Animal ~ Kurt
~ Di petti che potrebbero scoppiare e guance rosse ~
Na, na, na, na,
na...
Na, na, na, na, na... Here we are again
I feel the chemicals kickin' in It'sgettin' heavy and I wanna run and hide
I wanna run and hide
No, ok… non so
se sia stata proprio una buona idea decidere di cantare questa canzone davanti
ad un gruppo di ragazze facilmente impressionabili, ma Blaine sembrava così
sicuro di sé quando, alla riunione degli Usignoli, raccontava dell’incontro con
la Sylvester e della sua illuminazione a proposito, che non ci sarebbe stato
modo di distoglierlo dal suo proposito di “sensualità” – non che qualcuno
avesse pensato di farlo.
Mentre le nostre
voci sostengono l’introduzione, saliamo su un impalcatura di ferro,
posizionandoci tutti a diverse altezze e scorgo gli altri sistemarsi le
cravatte e sorridere in modo certamente poco pudico in direzione delle ragazze
che ci guardano dal basso sorridendo. Ed io? Io… non lo so. Io e la sensualità
non siamo mai andati d’accordo, ma proverò. Per Blaine.
I do it every time
You're killin' me now
And I won't be denied by you
The animal inside of you
Attacco a
cantare: amo i nostri duetti, ogni volta che mi propone di cantare con lui, non
posso fare a meno di accettare – non sarei mai capace di dirgli di no. A parte
tutto, credo di poter affermare obiettivamente che le nostre voci sono davvero
belle insieme, hanno un’armonia unica, che non avevo mai sentito prima… e lui è
meraviglio al momento, il suo viso sexy che mi abbaglia, non appena vado verso
di lui. No, ok, sto divagando e non sono obbiettivo…
Mi concentro
sull’essere quanto più sexy possibile: non deve essere una cosa tanto difficile
se qui sembra ci riescano tutti senza neanche applicarcisi, no? Scuoto le
spalle e lo guardo mentre ci avviciniamo insieme alle ragazze. Lui mi sembra…
poco convinto. Che abbia avuto qualche improvviso ripensamento sull’esibizione?
Che non si senta più pronto o stia pensando che cantare davanti a ragazze che
lanciano urletti alquanto fastidiosi non sia proprio la mossa giusta?
Oh, oh, I want some more
Oh, oh, what are you waitin' for?
Take a bite of my heart tonight
Oh, oh, I want some more
Oh, oh, what are you waitin' for?
What are you waitin' for?
Say goodbye to my heart tonight
Ci voltiamo
entrambi verso “il nostro pubblico” mentre parte il ritornello, ma sento che
gli occhi di Blaine fanno da spola fra me e le ragazze che si stanno scatenando
al ritmo della nostra sensualità. Forse non è stata poi una cattiva idea…
almeno non per me…
Una delle
ragazze lancia un grido indicando il riccio: probabilmente lui ha ammiccato o
comunque le ha rivolto la sua attenzione. Ragazze, basta così poco per farle
esaltare? Anche se… in effetti… io non posso dire di riuscire a restare
totalmente calmo ogni volta che lui mi rivolge l’attenzione – il che capita
spesso, ormai…
Sento gli altri
Usignoli mettersi in posizione dietro di noi e cominciare un passo comune a
metà ritornello. Ho paura a chiedermi come stiamo andando, ma l’esaltazione
generale mi rassicura e soprattutto sentendo Blaine al mio fianco, riesco a
rilassarmi e a muovermi al meglio.
Hush, hush, the world is quiet
Hush, hush, we both can't fight it
It's us that made this mess
Why can't you understand? Woah, I won'tsleeptonight
Rischio
seriamente di perdere la concentrazione e di scordare le parole quando,
voltandoci l’uno verso l’altro, mettiamo in contemporanea un dito sulle labbra
e abbassiamo di un po’ il volume della voce. Potrei restare così a guardarlo
per ore senza accorgermi di nulla se non dei suoi bellissimi occhi dal colore
assurdo e splendido, dei suoi capelli pieni di gel e dal profumo stupendo e
della sua pelle morbida senza bisogno di alcuna crema. Lo guarderei per tutta
la vita.
Non riesco a
staccargli gli occhi di dosso neanche quando ci separiamo correndo ai due lati
delle scale e salendole a ritmo di musica. La scioltezza e la leggiadria con
cui salta per poi appoggiarsi alle sbarre di ferro, i modi sensuali con cui
accompagna ogni mossa non possono che farmi sorridere ed elettrizzarmi più di
quanto non abbia già fatto la canzone.
Dal basso i
ragazzi fanno volare le giacche annullando qualsiasi distanza e mescolandosi
alle ospiti che – ovvio – non sembrano dispiaciute della cosa.
Oh, oh, I want some more
Oh, oh, what are you waitin' for?
Take a bite of my heart tonight
Oh, oh, I want some more
Oh, oh, what are you waitin' for?
What are you waitin' for?
What are you waitin'
Here we go again (Oh oh)
Here we go again (Oh oh)
Here we go again (Oh oh)
Say goodbye to my heart tonight
Siamo di nuovo
vicini, in cima all’impalcatura di ferro. In un attimo Blaine sta sparando
soffice schiuma su tutti quelli che sono a terra ed io lo aiuto a spostare il
getto mentre ancora cantiamo. Se solo sapesse quanto mi sento contento in
questo momento! Se solo potesse sentire il mio cuore battere all’impazzata e
non per la canzone!
Tutto è tornato
come sempre, noi siamo tornati come sempre: niente più biondini
del GAP, niente più Rachel Berry e ricerche interiori – solo io e lui e tutto
ciò che abbiamo di buono nel nostro rapporto.
Lo amo, è vero.
E lui non sembra ricambiarmi allo stesso modo, è vero anche questo – ma non
posso farne a meno, non posso fare a meno di essere felice ogni volta che sto
con lui a dispetto di ogni convenzione e di tutto quello che ci circonda.
Quando poi c’è la musica e le nostre voci… no, non posso proprio farne a meno.
Scendiamo
entrambi dallo stesso lato e lui pare quasi inseguirmi preso dall’euforia del
momento. Si può scoppiare di felicità? È possibile? Perché credo sia quello che
mi sta succedendo in questo momento! Nonostante tutto, nonostante il tema
“sensualità” della canzone con cui non sono affatto a mio agio, mentre mi
dimeno tra la schiuma, gli Usignoli e le ragazze, non posso fare a meno di
sentire che il petto potrebbe scoppiarmi da un momento all’altro.
Vorrei non smettere
mai di sentirmi così, Blaine.
~∞~
Credo di non
essere mai stato tanto sollevato nel sentire il rumore della porta che si
chiude e di constatare che sono solo nella stanza. Sospiro ed il fiato esce
dalle labbra stranamente spezzato; mi sfioro le guance e mi accordo che sono
davvero arrossito. Molto, dato che scotto come se avessi la febbre.
Perfetto. Questa
va aggiunta alle figure pessime che ho già fatto con Blaine – e che non sono di
certo poche!
Mi siedo sul
letto: avrei dovuto prevedere che la situazione non sarebbe potuta che finire
in questo modo, sin dal momento in cui la Sylvester ha pronunciato la parola
“Sensualità” e invece mi sono fatto trasportare dall’entusiasmo e ho davvero
creduto che tutta quella felicità sarebbe potuta durare a lungo.
Che illuso!
Certo, gli altri Usignoli hanno dato grande prova di tutto illoro sex-appeal – e le ragazze ne sono state
la prova – per non parlare di Blaine che, beh…
Ispiro
violentemente, sgranando gli occhi e arrossendo di nuovo a quel pensiero. No,
non credo che al momento ci sia bisogno di soffermarmi su di lui più di quanto
non abbia già fatto mentre cantavamo.
«Beh,
forse dovremmo sederci e parlarne: ti dirò quello che so»
Parlarne? Io…
con Blaine? Parlare del…sesso? Mi sento di nuovo tremendamente
in imbarazzo al solo pensiero che a farmi “quel discorso” potesse essere lui; non che la cosa non mi attiri, sia
chiaro… cioè è normale che un po’ mi attiri – succede ad ogni ragazzo della mia
età! – ma solitamente l’imbarazzo ha la meglio su tutto e smetto di cercare una
qualunque cosa sia collegata… a quello.
È così sbagliato
non sentirsi ancora pronti? È tanto assurdo non volerne sapere nulla per ora
del sesso e di tutto ciò che c’è di fisico in una relazione? Che poi… io non ho
una relazione, quindi almeno per ora non ho alcun bisogno di tutte queste nozioni.
E Blaine? Il suo
pensiero mi chiude lo stomaco e fa tornare a galla la sensazione di
inadeguatezza che ho provato poco fa con lui. Quanto ne saprà lui del sesso e
di tutti i dettagli sconci che mi sono rifiutato di sentire? A quanto sembra,
abbastanza da poterlo spiegare senza alcuna difficoltà! Questo vuol dire che
lui ha già… che non è più…
Deglutisco a
fatica, senza sapere più che pensare. Sono sorpreso della cosa? No… non proprio…
in fin dei conti non credo proprio di essere stato il solo o il primo ad
essersi accorto di quanto Blaine sia bello e lui di certo non è incapace quanto
me a tal riguardo… quindi avrebbe potuto benissimo aver già fatto… esperienza. Eppure aveva detto di non
essere mai stato il ragazzo di nessuno!
Sbuffo,
scuotendo la testa: gli anni passati al McKinley mi avrebbero dovuto insegnare
da tempo che non serve necessariamente una relazione per… insomma per fare quel
genere di cose.
Ma Blaine? Anche
Blaine rientrerà in questa categoria?
Ho già perso il
conto delle volte in cui sono arrossito da quando sono rimasto solo nella
stanza! E pensare che ho cacciato il riccio per avere un attimo di tranquillità
e raffreddare la situazione! Bene, ottimo Hummel: il tuo tentativo è
miseramente fallito.
Con uno scatto
improvviso prendo il portatile dalla borsa e lo accendo sistemandomi più
comodamente sul letto: forse, dopotutto, Blaine ha ragione, forse dovrei
saperne di più a riguardo… ma da dove partire?
Mi alzo e vado a
chiudere a chiave la porta della stanza: l’ultima cosa che voglio è che
qualcuno entri mentre io sono alle prese con cose… compromettenti, ecco; forse mio padre o Carole busserebbero prima
di entrare, ma non sono affatto sicuro che Finn se ne ricorderebbe, soprattutto
se avesse bisogno di qualcosa di urgente ed immaginarlo di fronte a me che
guardo siti che parlano di quello…
oddio, credo che a quel punto l’unica cosa da fare sarebbe comprare una pala e
scavare una fossa nel giardino di casa per seppellirmi vivo. Anzi, ora che ci
penso, potrei anche andare in quello della Dalton: avrei uno spazio maggiore e
più possibilità di scelta!
Torno al
portatile, ma davanti alla schermata bianca di Google non so più cosa digitare.
L’ultima volta che
ci ho provato, ho visto qualche video e… no, oddio, meglio evitare di ripetere
una simile esperienza. Stavolta mi darò a qualcosa di più… cioè meno… insomma,
credo ci saranno anche dei siti scritti che trattano l’argomento, no?
Digito
velocemente “come si fa sesso”, quasi non volessi vederlo e in un attimo mi
trovo di fronte a diversi siti tutti pieni di informazioni che non so se voglio
leggere.
Sospiro e mi
faccio coraggio – mica sto ammazzando qualcuno, diamine! – scorrendo lentamente
lungo i diversi link senza sapere quale debba cliccare.
Supero qualche
video ed arrivo quasi a fine pagina quando la mia attenzione è attirata verso
un titolo particolare: “come fare l’amore”. Per un attimo lo fisso: in tutti i
link precedenti non si è mai parlato di “amore”, ma sempre e solo di “sesso”;
forse, potrei partire da questo…
Clicco quasi
fossi improvvisamente incoraggiato o rassicurato dalla cosa e vedo che il sito
spiega passo dopo passo come comportarsi quando si è in una di quelle serate.
Certo, è sempre visto da parte di entrambi i sessi, ma basterà non occuparsi di
“lei” e vedere di cosa parla quando le attenzioni sono rivolte a “lui”.
Si parla di
“come toccare lui” e di “fallatio” e non so quale dei
due dovrei leggere – sento solo, di nuovo, uno strano senso di inadeguatezza
che sale fino alle guance e le imporporisce.
Vado sul secondo
e comincio a scorrere sperando di non farmi prendere dall’imbarazzo troppo
presto. Gli occhi vanno sulle righe con una certa attenzione, ma forse troppa
rapidità.
“…Prendetelo
in bocca più che potete, fino in fondo, bagnandolo con quanta più saliva
avete. Lentamente, e soprattutto facendo molto attenzione ai denti…”
C-cosa?
Prendetelo in… Oddio.
Oddio. Oddio!
È inevitabile
che la mia mente vada a figurarsi un immagine di… oh, mio Dio. No!
Non do neanche
tempo ai miei occhi di leggere qualche parola di più che chiudo tutto con una
certa violenza, spostando il portatile a terra, ai piedi del letto con occhi
sgranati.
Cioè, durante….
Io dovrei… e questa cosa… Oddio!
No. No, no, no,
no! Non se ne parla. Non ho alcuna intenzione di continuare a leggere queste
cose, non se ne parla! Ma che diavolo mi è saltato in testa? Non voglio i
dettagli sconci, l’ho già detto troppe volte ed è la seconda volta che cerco di
informarmi a riguardo e… cavolo c’era descritto tutto! E c’erano dei commenti
e…
Sono senza fiato
e ho la sensazione di andare a fuoco, mentre sento il mio corpo rispondere ad
un mix di emozioni che non so definire.
Devo cancellare
la cronologia del portatile. Non esiste che Blaine si trovi ad usare il mio pc
alla Dalton e magari scopra cosa ho provato a guardare! Sarebbe patetico, oltre
che imbarazzante – ancora.
Per oggi ho
fatto davvero abbastanza. Ora vado a farmi un giro, mi raffreddo e torno a casa: sicuramente sarò al sicuro da cose
simili.
*
«Questo
pomeriggio ho visto un tuo amico della Dalton, Blaine, in officina»
Se non avessi
già posato il bicchiere che avevo in mano nella credenza, credo che, dopo una
frase del genere, avremmo dovuto raccogliere i cocci di vetro rotto
sparpagliati per la cucina.
Guardo in
direzione del soggiorno, dove mio padre sta trafficando con non so che cosa,
convinto che possa quanto meno percepire lo sguardo sbarrato e sorpreso al
limite dello shock che gli sto rivolgendo al momento.
Perché Blaine è
stato in officina? Ho davvero un pessimo presentimento…
«Cosa voleva da
te?» chiedo con malcelata nonchalance.
«Questo devi
dirmelo tu» ribatte lui, entrando in cucina «Si è presentato e ha cominciato a
farmi un discorso alquanto strano, diretto e… particolarmente invadente e
personale»
Di bene in
meglio! Blaine… che diavolo hai combinato?
Mio padre
intanto mi guarda come se si aspettasse davvero che gli spiegassi il motivo di
parole che io neanche conosco!
«Non so davvero
di cosa parli» mi difendo sincero.
«Kurt… tu e
Blaine state… insieme?»
Credo che il mio
corpo abbia reagito prima che i neuroni siano riusciti a trasmettere
correttamente una simile domanda, perché sento il viso scottare – ancora una
volta. Cosa mi ha chiesto? No, ma dico: un po’ di tranquillità proprio no? Che
hanno tutti oggi?
«No! Cioè.. no,
non stiamo insieme, no! P-perché me lo chiedi? Si può sapere che cosa ti ha
detto Blaine?» faccio non so se più preoccupato o curioso e con il classico
imbarazzo che alza il tono della mia voce di almeno un’ottava.
«Oh…» si lascia
scappare lui e mi pare abbia l’aria confusa di quando sa di essersi perso
qualcosa «È arrivato in officina – te l’ho detto – e mi ha cominciato a dirmi
che… beh, in un certo senso… invidia il rapporto che io e te abbiamo come padre
e figlio e che… sarebbe stato davvero bello se lo avessimo sfruttato anche per…
altro»
Non riesco
pienamente a concentrarmi sulle parole che escono dalle sue labbra perché gli
sguardi che mi sta lanciando mentre parla sono qualcosa di terrificante; senza
nulla togliere ai suoi occhi leggermente spalancati e alle sopracciglia alzate
al massimo, come se dovessi sapere perfettamente a cosa sta alludendo.
«Papà… di cosa
stai parlando?» chiedo di nuovo, più lentamente e più preoccupato.
«Devo ammettere
che all’inizio mi è sembrato un po’ invadente e sfrontato come discorso da fare
al padre di un amico con cui, bene o male, non è che ha un rapporto stretto… ma
riflettendoci, in un certo senso è stato un bene, quindi ho fatto come mi ha
consigliato lui. E poi, in fin dei conti, me lo avevi chiesto anche tu!»
Senza che io sia
capace di capire a cosa si stia riferendo – o meglio, senza voler capire, dato
che ho un presentimento che minaccia di diventare una terribile realtà – lui
allunga una mano su una mensola e dopo aver preso delle carte, le lascia cadere
davanti a me sul tavolo.
«Cosa sono
quelli?» chiedo, sgranando gli occhi, il presentimento che si trasforma in
realtà ed io che vorrei si aprisse una fossa sotto i miei piedi e la terra mi
ingoiasse.
«Degli opuscoli
che ho preso in ospedale. Credo che ci potrebbero aiutare in questa cosa,
perché è ora che tu ed io affrontiamo “il famoso argomento”»
Uccidetemi. Vi
prego, uccidetemi! No, non può essere vero. Io e mio padre parleremo di…
quello? Blaine Anderson, questa volta l’hai fatta davvero grossa! Tu farò
vedere quanto, non appena torno alla
Dalton! Se sopravvivo…
*
Seduto su una
delle piccole panche che sono nei corridoi della Dalton, aspetto che Blaine
arrivi per prepararsi prima di andare a lezione. Sono rimasto a casa per tutto
il week-end, con i miei cari opuscoli
e mio padre che senza dire nulla, mi lanciava sguardi strani e fin troppo
chiari ogni tre e quattro. No,è stato
un vero disastro e non vedo l’ora di
ringraziarlo per questo.
Ma che diavolo!
Non credo sia stupido essersela presa! Non esiste che lui abbia detto quelle
cose a mio padre! È stato oltremodo imbarazzante e devo dire anche fuori luogo
e…
Proprio in quel
momento Blaine fa il suo ingresso, bello
come sempre e mi ci vuole uno strano sforzo per restare concentrato. Lui mi
nota subito e mi si avvicina veloce.
«Kurt, ciao!» mi
saluta «Allora… com’è andato il fine settimana…? Sì, cioè.. non ci siamo
proprio sentiti o visti...»
C’è un non so
che di diverso nei suoi occhi ambra.
«Ho preferito
rimanere a casa» rispondo secco.
Dovrei
chiedergli scusa? In fondo sono praticamente sparito dalla circolazione per
tutto il tempo senza dirgli nulla ed avrei potuto almeno mandargli un
messaggio.
No, Kurt! Non è
il momento di addolcirsi.
«Possiamo
parlare, prima di andare a lezione?» mi chiede lui con un sorriso.
«Sì. Anch’io ho
qualcosa da dirti» faccio cercando di sembrare freddo e cominciando a
camminare; non perdo di certo lo sguardo stranito e lievemente preoccupato di
Blaine che mi segue e che per un attimo mi fa tremare.
NOTE:
… To be continued
– come si dice nei migliori telefilm!
*Alchimista fugge seguita da una
folla inferocita*
Ok, non ho resistito a questo
meraviglioso cliff-hanger e poi nessuno mi ha
fermato! (Sì, io e Pachelbel siamo sadiche u.u)
Anyway..
no, boh, non ho molto da dire, se non ringraziare i 14 mitici recensori e tutti
coloro che in un modo o nell’altro seguono questa storia!
~ Quando perdi il conto dei passi falsi che hai
fatto ~
«Quest’aula è
vuota, possiamo parlare qui» mi fa cenno Blaine aprendo una porta alla sua
destra che io ho appena superato.
Per un attimo
rimango fuori la stanza, mentre lui è già sparito all’interno. Solo in quel
momento mi rendo conto di avere paura sul serio. Paura, di quelle più
terrificanti, che tolgono il fiato e stringono lo stomaco. Anche la rabbia, in
questo momento, ha paura.
Sono
ancora in tempo per fermarmi mi ripeto, i piedi che sembrano pesare
come macigni e il tempo che si dilata come se vedessi tutto a rallentatore.
In un attimo
sento ogni altra sensazione venir meno e l’istinto di correre via, senza
pensare alle conseguenze, mi assale tentatore; ma non potrei, sarebbe assurdo
dato che gli ho chiesto io di parlare.
Sospiro. Con
un’alta probabilità stavolta sto sbagliando in pieno: stavolta sarà tutta colpa
mia, ma credo di non poter sorvolare sulla cosa. Faccio quei pochi passi che mi
separano dall’aula vuota e trovo Blaine pochi passi avanti a me, gli occhi
attenti – non dà l’impressione di essersi accorto della mia titubanza, ma
sembra più concentrato nel tentare di capire cosa abbia intenzione di fare.
«Di cosa mi
volevi parlare?» chiede.
Non ho più
scampo. Lo guardo negli occhi.
«E tu?»
ribattono le mie labbra prima che la testa abbia anche solo pensato ad una
simile domanda.
Ma che diavolo…?
Sarei dovuto partire in quarta e invece ho passato la parola a lui!
Blaine mi guarda
ancora attento per qualche istante per poi sorridermi – è tanto bello e allo
stesso terribile quando si rivolge a me così.
«Per quello di
cui abbiamo parlato… anzi, non
abbiamo parlato… beh, volevo che sapessi che, in ogni caso, sono qui e che
posso darti una mano se hai domande o comunque vuoi dei chiarimenti o qualunque
altra cosa sia. Non devi sentirti in imbarazzo, sai… è una cosa normale e
naturale e sarebbe un bene se tu arrivassi a quel momento quanto più informato
possibile. È una questione di sentirsi a posto con se stesso e stare bene, sai.
Insomma… questo»
Lo guardo
perplesso per un istante. Mi sta prendendo in giro? Dopo aver sganciato una
bomba così grande a mio padre se ne esce con “puoi chiedermi quello che vuoi”?
«Ah! Grazie
mille, ma credo tu abbia fatto già abbastanza!» sentenzio risentito con un
movimento netto della mano, come se volessi allontanarlo.
Lui mi guarda
senza aver capito.
«Come, scusa?»
Ora è il mio
turno.
«Che diavolo ti
è saltato in mente di fare quando sei andato in officina da mio padre?! Ma
dico, ti rendi conto di quanto la cosa sia stata imbarazzante?! Mio padre… che
mi parla di quelle cose… e Dio, è andato in Ospedale a prendere degli opuscoli
informativi! Sono stato tutto il week-end con quei… foglietti e lo sguardo di
mio padre che non mi mollava, quasi si aspettasse che da un momento all’altro
riprendessi il discorso come quando, da bambino, gli facevo sentire la lezione
di storia che avevo imparato».
Gli occhi ambra
di Blaine sembrano illuminarsi sempre più ad ogni parole che aggiungo, tanto
che quando mi fermo luccicano come poche altre volte gli ho visto fare ed un
sincero sorriso gli allarga le labbra illuminando tutto il viso.
Rinuncio a
capire il motivo di una simile reazione ed aspetto che me la spieghi, la mia
rabbia che ancora ribolle – forse più di prima.
«Aspetta, mi
stai dicendo che alla fine tuo padre ti ha parlato del sesso?» mi chiede con
tono di allegra sorpresa ed io sono certo che – per quanto possa apparire
assurdo – mi stia irritando ancora di più.
«Ma mi ascolti
quando parlo? Sì, me ne ha parlato! Aveva scelta dopo il tuo bel discorsetto?
Non ne era entusiasta, ma ha sentito di… dovermelo»
Non credevo che
il suo viso, il quel momento, sarebbe stato in grado di esprimere ancora più gioia e sorpresa di quanto
non stesse facendo pochi istanti prima, fino a che non vedo il sorriso
allargarsi così tanto sul suo volto da quasi mangiare tutto il resto.
Ok, qualcuno mi
dica che è solo un brutto sogno: non credo di poter accettare come realtà una
simile situazione. Possibile che gli sia sfuggito il tono furioso delle mie
parole?
«Kurt! Questa è
una cosa magnifica! Sono così felice che voi…»
«Blaine, hai
bevuto di nuovo per caso? “Una cosa magnifica”? Vuoi scherzare? Non mi sono mai
sentito tanto teso e in imbarazzo come in questi due ultimi giorni. È stato…
snervante!»
«Capisco che
possa essere stato anche tutto questo, Kurt… Ma credimi, è davvero una cosa
meravigliosa!»
La sua
insistenza mi pare assurda.
«No, Blaine: al
momento tutto questo mi pare solo completamente
inappropriato. Il tuo intervento in tutta questa storia è stato
completamente inappropriato ed io davvero non posso credere che tu ti sia tanto
liberamente intromesso in una questione così personale, che tu abbia fatto
tutto questo!»
«Fatto cosa,
Kurt? Credimi, ti ho solo dato una grossa mano, ti ho permesso di condividere
un momento unico con tuo padre nel quale avete potuto parlare di qualcosa di
tanto profondo ed importante. Sei fortunato»
«Oh, beh, allora
ti ringrazio! Ma ti avrei ceduto volentieri il posto mentre mio padre mi
guardava in evidente imbarazzo ed io ero certo di prendere fuoco da un momento
all’altro sotto i suoi occhi. La prossima volta che gli verrà in mente di
parlarne ti chiamerò, così potrai avere tu
questa fortuna!»
«Tu non hai
proprio idea di quanto lo vorrei…»
Le sue parole,
il tono improvvisamente triste con cui le ha pronunciate e in assurdo contrasto
con l’allegria di poco prima, bloccano il resto del mio sfogo in gola, mozzando
la rabbia e lasciandomi senza fiato.
«Blaine… cosa…?»
«Poter parlare
di queste cose con mio padre sarebbe
un sogno, Kurt. Alle volte ho così tanti dubbi, così tante domande nella testa
da stare male e tu non hai idea di quanto senti la mancanza di mio padre in
momenti del genere, soprattutto quando so che lui sarebbe il solo a potermi
rassicurare. Perciò sì, Kurt, sei
fortunato, tu non hai idea quanto: tuo padre è una persona fantastica e il
rapporto che c’è tra voi è… stupendo! Non sai che darei per poter avere la
stessa cosa – anche solo una volta – e non mi va di vedere che la sprechi in
questo modo»
Per tutto il
tempo non ho staccato i miei occhi dai suoi, assistendo al modo tristissimo in
cui questi si sono velati e sono diventati liquidi man mano che il discorso
andava avanti.
Quanto posso
essere stato insensibile, questa volta? Avrei dovuto capire il perché di un
simile interessamento sin dall’inizio!
Eppure… una
parte di me non riesce a togliersi dalla testa il fatto che, nonostante tutto,
lui abbia sbagliato.
«Blaine, io… mi
dispiace, mi dispiace davvero tanto per questo: non hai idea di quanto mi
faccia star male vederti soffrire… il punto è che mi sono sentito… tradito,invaso, messo con le spalle
al muro: conoscevi la reticenza a riguardo, sapevi perfettamente quanto
potesse essere imbarazzante per me una cosa del genere e il fatto che tu sia
andato da mio padre quando ti avevo fatto chiaramente capire di aver raggiunto
il limite è stato… come una pugnalata
alle spalle»
Non sto più
gridando. Non c’è più rabbia nella mia voce. Ora mi sento solo irrimediabilmente
triste e stanco; potrei cadere a terra per l’improvvisa stanchezza.
Gli occhi di
Blaine trattengono ancora parte della lucidità che li ha velati, ma ora sul suo
viso c’è un’espressione indecifrabile, mentre mi scruta con attenzione. Sembra
valutare le mie parole.
«Non credevo
avresti reagito così» dice con uno strano tono bianco.
«Scusa se,
nonostante tutto, non riesco ad esserti grato» mi lascio sfuggire con troppo
sarcasmo, perché leggo chiaramente una scintilla di risentimento nei suoi
occhi.
Eppure tace,
sostenendo solo il mio sguardo.
«Sai che non ti
farei mai del male, Kurt»
Lo
hai già fatto,
si permette di pensare la mia testa con lucidità, mentre sento di nuovo
qualcosa spezzarsi dentro di me, all’altezza dello stomaco… o del petto.
«Mai volontariamente»
Quell’ultima
parola, sussurrata, mi fa chiudere gli occhi ed abbassare la testa.
«È meglio andare
a lezione ora: siamo già in ritardo»
Mantengo gli
occhi chiusi, anzi li stringo come a volermi proteggere da qualcosa. È sempre
così facile per te separare le cose? Saresti in grado di seguire compiti e
spiegazioni, ora, come se nulla fosse successo?
Io
non posso.
«Scusa, Blaine:
non credo sia il caso che venga… Salgo in camera»
Non aspetto che
faccia o dica altro. La mia è una fuga.
*
Le spalle sono
ancora scosse da sottili fremiti, quando decido che è il momento di smettere di
piangere e di provare ad alzarmi. Mi metto a sedere sul letto, lasciando il
cuscino bagnato e poggio la testa contro il muro chiudendo gli occhi umidi.
Sono passate
alcune ore da che ho lasciato Blaine, ma è come se avessi appena distolto lo
sguardo dai suoi occhi lucidi e le sue parole stessero ancora aleggiando
nell’aria.
«Sai
che non ti farei mai del male, Kurt… Mai volontariamente»
Soffoco un nuovo
singhiozzo che sta salendo dalla gola, senza dargli possibilità di farsi
sentire, ma le lacrime scendono prima che possa bloccare anche quelle.
Continuiamo a
farci male. Non ricordo neanche più da quanto tempo si è rotto il nostro
equilibrio… ma tutto quello che vorrei al momento è tornare indietro e fare la
mossa giusta.
Ho perso il
conto dei passi falsi che ho fatto, delle volte in cui si è allontanato.
Jeremiah, Rachel ed ora
questo… cosa c’è che non va in noi?
Ed ogni volta
che sembra si stia sistemando tutto, c’è qualcosa che va storto, qualcosa che
scompiglia di nuovo tutto ed io mi sento scivolare ancora più giù.
Non voglio
perderlo: ora come ora, credo che senza di lui non ce la farei – non mi
resterebbe più neanche il dolore. Eppure… mi sento così male, anzi stanco da voler quasi lasciar perdere
ogni cosa. Mi sembra che lui non riesca a rendersi conto di nulla, che
puntualmente gli sfugga qualcosa, come se mi vedesse, ma senza la messa a
fuoco.
Una macchia
sfocata davanti ai suoi meravigliosi occhi. Una macchia e nient’altro.
Ho
l’irrefrenabile voglia di andare via, di mettere quanta più distanza possibile
fra me e lui. Non credevo che avrei mai potuto pensare una cosa simile, ma ora
è tutto talmente confuso…
Odio il suo modo
di fare. Odio la sua riservatezza, odio il fatto che da fuori appaia
completamente diverso da com’è dentro e che nonostante tutto io sia ancora così
lontano dal vero Blaine.
Possibile che
ogni volta che ci avviciniamo finiamo col farci del male? Un tempo non era
così… c’erano giorni in cui tutto mi pareva perfetto, solo perché Blaine era
con me; volte in cui anche solo un sorriso rendeva inevitabilmente bella la
giornata.
Da quanto non
sorridiamo così, Blaine?
Un’improvvisa
solitudine mi assale: come il giorno di San Valentino, sento terribilmente la
mancanza delle New Directionse in particolare di Mercedes. Forse lei saprebbe cosa fare in un momento
del genere, saprebbe consigliarmi come comportarmi con lui…
Ho l’impressione
che Blaine dimentichi puntualmente di sapere quello che provo per lui… e questo
non fa altro che ferirmi.
Prendo il
cellulare dal comodino e velocemente compongo il numero della ragazza.
Tuttavia, lo lascio squillare solo una volta prima di ricordarmi che lei –
ovviamente – ha lezione al momento e stacco la chiamata con un gesto quasi di
stizza.
Un sospiro
mozzato esce dalle mie labbra, mentre chiudo di nuovo gli occhi e giro il
cuscino poggiando la testa sulla parte asciutta; vorrei solo dormire e
dimenticare…
L’improvvisa
vibrazione che muove il copriletto, invece, mi scuote e stupidamente il cuore
comincia a battere velocemente, la speranza che in qualche modo, per qualche
assurda ragione sia Blaine.
“Cosa
succede, tesoro? M.”
Delusione ed
amara consapevolezza mi assalgono, minacciando di farmi crollare di nuovo.
Mercedes, in ogni caso, è stata carina a rispondere con tanta prontezza a
quello che forse lei avrà creduto un semplice squillo.
Non so con quale
forza, sospirando, le rispondo.
“Nulla,
scusa! Avevo dimenticato che fossi a lezione. Ci si aggiorna presto. K.” mento, cercando
di apparire il più allegro possibile e pregando che la conversazione – se
proprio deve continuare – lo faccia solo tramite messaggi.
È vero: avevo –
e ho ancora – bisogno di sentirla, ma ora mi rendo conto che se provassi a
parlare piangerei di nuovo, sentendomi più stupido di quanto già non sia ora.
“Sicuro…?
Perché tu, invece, non sei a lezione? M.”
La perspicacia
di quella ragazza è qualcosa che ho sempre apprezzato – almeno fino ad ora.
Solo ora mi rendo conto della sua pericolosità.
“Piccola
pausa. Tra un po’ scendo a studiare. Comunque sì, tutto ok. K.”
Non ho idea del
perché le stia continuando a mentire, o meglio lo so perfettamente ma questo
non mi fa sentire meglio mentre lo faccio.
“Qualunque
cosa sia successa con Blaine, è più semplice di quello che pensi. Parlagli
senza rancore e vedrai che si sistema tutto. Lui tiene davvero a te. M.”
Le lacrime
cominciano a rigare il mio viso ancora prima che abbia finito di leggere il
messaggio.
Mercedes Jones.
Unica nel suo genere. Potrei volere di meglio?
I singhiozzi
riprendono e non so più se sto piangendo per l’Usignolo o per il modo
meraviglioso e perfetto con cui quella ragazza riesce a capire che cosa mi
passa per la testa anche solo attraverso degli atoni messaggi.
Io e Blaine
dobbiamo chiarire quindi? Sta a me fare la prima mossa stavolta? Il mio
particolare orgoglio da diva mi dice di aspettare e vedere: in fondo ero io
quello offeso, io quello furioso, mentre lui non ha fatto altro che farmi star male.
Anche
tu però non ci sei andato leggero. Hai spremuto limone su ferite aperte e anche
tu sapevi.
Quel pensiero mi
manda di nuovo nel dubbio più totale. Innanzitutto devo ringraziare ‘Cedes.
“Come
farei senza di te? K.”
Tiro su col naso
e mi alzo dal letto con un’improvvisa risoluzione. Basta piangere, basta
autocommiserarsi! È ovvio che devo chiarire, ne ho abbastanza di questo
silenzio… ma non farò io la prima mossa, non stavolta, almeno non ancora.
Voglio vedere lui come sta reagendo, voglio vedere se tiene davvero così tanto
a me come dice.
Aspetterò: prima
o poi dovremmo vederci, al tardi questa sera. Ci siamo scusati già tante volte
e questa non sarà diversa, ma spero sia risolutiva una volta per tutte.
Vado in bagno e
mi sciacquo la faccia per applicarvi una crema idratante. Mentre aspetto che
rilasci tutte le sue proprietà sulla mia pelle, sento il cellulare vibrare
ancora.
“Sono
qui ogni volta che vuoi e lo sai. M.”
Sorrido in modo
stentato, una strana calma che accompagna i miei movimenti, mentre risciacquo
il viso e lo asciugo tamponandolo lievemente. Una calma che pare fare da
coperchio al miscuglio di sentimenti che mi agita.
Quando sono
finalmente pronto, raccolgo vari libri ed appunti e preparo la borsa per andare
nella stanza di ritrovo – qualunque sia il motivo, saltare un giorno di lezioni
alla Dalton non è uno scherzo e devo subito rimettermi alla pari.
~∞~
Oh yeah
Oh yeah
No, decisamente
non è uno scherzo saltare un giorno di lezione! I professori stamattina erano
affetti da “parlantina” acuta o fa tutto parte del loro piano
“mettiamo-ancora-più-nei-casini-Kurt-Hummel”?
Sbuffo.
Fortunatamente qui ognuno è gentile ed educato con chiunque altro e anche se
non conosco al meglio i ragazzi a cui ho chiesto gli svariati appunti che sono
stati dettati oggi, me li hanno offerti senza fare una piega.
Una voce alle
mie spalle mi fa sussultare, mentre il mio stupido cuore perde un battito.
Blaine.
Non ho neanche
il tempo di essere ridicolamente felice nel vederlo, però, che decine di fogli
volano per la stanza e soprattutto sopra la mia testa ed il mio lavoro.
Perfetto. Non mi bastava essere in ritardo ed avere tante cose da ricopiare in
poche ore, mi ci voleva anche Anderson e la sua coreografia perfettamente
preparata ed entusiasmante!
Sento un
istantaneo nervosismo prendermi mentre con una smorfia mi libero dai diversi
fogli che mi sono volati ovunque.
So scared of breaking it that you won't let it bend
And I wrote two hundred letters I will never send
Sometimes these cuts are so much deeper then they seem
You'd rather cover up, I'd rather let them be
So let me be, and I'll set you free
Ed ecco che lo show può avere inizio.
Blaine è magnifico come sempre,
mentre i suoi gesti, in perfetta coordinazione con le parole, trasmettono
perfettamente il loro significato. Sembra di vedere una scena di teatro e
insieme di canto.
Mi lascio scappare un sorriso di
sufficienza quando lui, con alcuni Usignoli al seguito, comincia la sua
performance, lanciando per aria ancora qualche foglio e prendendomi mentre
cerco di andarmene di mio, con la borsa già in mano ed il nervosismo che sta
salendo.
Sorrido, fingendo interesse, mentre
i versi sembrano improvvisamente avere più senso di quello che dovrebbero.
“Ferite più profonde di quello che sembrano”? Questo è il tuo modo di alludere
alla nostra discussione di questa mattina?
No, non credo… lui si sta
semplicemente comportando come sempre. Sta cantando con tutta la libertà del
cuore e dell’anima, come se fosse la persona più spensierata del mondo, mentre
io sono stato a piangere in camera fino a poco fa.
Mi spinge su una delle panchine del
corridoio, continuando a cantare. Vuoicheresti a guardare, Blaine?
I am in misery
There ain't nobody who can comfort me
Why won't you answer me?
The silence is slowly killing me
Girl you really got me bad, you really got me bad
I'm gonna get you back, gonna
get you back
Dopo il suo segnale gli altri
ragazzi attaccano in una perfetta coordinazione i passi della coreografia e
come sempre, anche se ormai faccio parte degli Usignoli da tanto, vedere da
fuori il modo in cui si muovono è qualcosa di meraviglioso.
Stavolta, però, non ho il tempo né
l’umore per potermici soffermare. Blaine mi si è seduto accanto e sta cantando
con me, la testa che si appoggia sulla mia spalla e i miei finti sorrisi e
cenni di partecipazione in rimando.
Cosa diavolo stai facendo? Sembra
che tu abbia dimenticato tutto quello che è successo! O anzi, che te ne ricordi
così bene da cantare proprio questa canzone! Ma d’altronde è la tua tattica,
no? Lasciar correre e al massimo sfogarsi con la musica!
Io però ho bisogno di un chiarimento
degno di questa parola, non di una performance che quasi certamente vorrai
portare alla prossima competizione!
Questo silenzio mi sta uccidendo
lentamente…
You say your faith is shaken, and you may be mistaken
You keep me wide awake and waiting for the sun
I'm desperate and confused, so far away from you
I'm getting here, don't care where I have to go
Non so per quale motivo fingo di
essere più coinvolto di quanto non sia davvero, ma quasi d’istinto – colpa
della musica – mi alzo in piedi ed improvviso passi di coreografia anche se con
una certa malavoglia. Blaine continua a dare il meglio di sé con gesti e pose
magnifiche, per non parlare dei sorrisi che si sta lasciando scappare: se fosse
notte, illuminerebbero la stanza.
Mi sono sempre chiesto come mai gli
altri ragazzi gli abbiano dato tanto spazio in questo gruppo: a confronto,
Rachel Berry è un’ombra! Lui stesso mi ha detto che gli Usignoli sono un gruppo
in cui ogni membro è allo stesso livello degli altri, eppure alle volte mi pare
di avere a che fare con qualcosa del tipo “Blaine e i suoi ragazzi”…
Non sono geloso della cosa, sia
chiaro… è solo che può essere irritante vederlo tanto al centro della scena,
quando poi ci potrebbero essere tanti ottimi elementi che potrebbero
risplendere se solo lui, per una volta, si facesse da parte.
Ok, sì, forse sono geloso. E anche
cattivo. Ma è che non sto più capendo molto del nostro rapporto ultimamente e
mi basta poco per scattare.
E Blaine ci sta mettendo tutto il
suo per superare quel poco.
Why do you do what you do to me, yeah
Why won't you answer me, answer me yeah
I am in misery
Girl you really got me bad, you really got me bad
I'm gonna get you back, gonna
get you back
Oh, sono impressionato! Usare i
tavoli della Dalton come pseudo-tamburi era qualcosa che non avevo ancora visto
fare neanche a loro! Mi chiedo… ma tutti i casini che combiniamo durante le
prove, li paghiamo noi? Se eventualmente rompessimo qualcosa durante queste
folli coreografie?
Ok, si vede che sto divagando? No,
perché non posso concentrarmi di nuovo completamente su Blaine senza provare
l’irrefrenabile istinto di urlagli contro non so neanche io cosa.
Mi lascio seriamente trasportare
dalla canzone che si avvia al finale e ballo alle spalle di Blaine che continua
a spostare lo sguardo dall’uno all’altro degli Usignoli con entusiasmo, fino ad
incrociare anche me con un sorriso che in alcun modo posso ricambiare. Non è
così che si esce da certe situazioni, Blaine… e se non stavi proprio pensando a
questo, beh… è ancora peggio!
La canzone termina tra grida di
approvazione e applausi e scorgo i suoi occhi luccicare per l’entusiasmo.
«Regionali, ecco a voi il nostro
numero di apertura!» esclama, seguito da un nuovo boato di approvazione.
Io sorrido all’energia che tutto il
gruppo sta mostrando – è la carica che ci vuole per affrontare al meglio la
competizione e magari vincere! Eppure… il mio sorriso dura un attimo, il tempo
di riavvicinarmi alla borsa e alla gabbietta di Pavarotti.
Avevo ragione: era solo l’ennesimo
numero di Blaine. Non aveva nulla a che fare con il nostro litigio… lui neanche
ci starà più pensando…
NOTE:
Aaah!
Alchimista è di nuovo qui! Vi aspettavate la mia controparte, eh? *risata malefica*
Cliffhanger
svelato, visto? Forse era meglio prima..? Mmmh.. La
depressione scorre a gogò questo è vero, ma tenere duro, cominciamo a vedere la
luce!
Detto questo.. mi sa che mi eclisso,
dato che ho anche un mal di testa terribile!
~ Di quando è più facile arrabbiarsi con la persona a cui si tiene di più ~
Oh yeah
Oh yeah
Apro le
porte e lancio i fogli in aria. So che spesso questi nostri atteggiamenti
durante le canzoni possano risultare assurdi, ma sto improvvisando. Certo,
tutti i ragazzi sanno la canzone – ne studiamo sempre un paio – ma l’idea di
questa esibizione mi è venuta in mente solo poco fa. Spero solo che i ragazzi
mi seguano!
Fortunatamente,
è proprio quello che fanno; mi seguono, iniziando subito a farmi il coro,
mentre io sono un po’ distratto – e lo sono fin da stamani.
La verità è
che pensavo a Kurt – non ho fatto altro per tutta la mattina. Quando se n’è
andato, non ho sentito rabbia per il fatto che avessimo appena finito di
litigare per un argomento su cui credo di avere assoluta ragione, bensì ho
provato uno strano senso di gelo invadermi.
Ultimamente
non riusciamo a farne una giusta, e mi manca; mi manca il rapporto che avevo
con lui prima di San Valentino, anche se so che è impossibile tornare indietro.
Alla fine, Wes e David avevano ragione quando mi hanno detto che le
cose sarebbero cambiate; ma ho anche paura che io stesso avessi ragione,
pensando che sarebbero potute cambiare in peggio.
È una cosa
che non posso tollerare. Non possoperdere Kurt.
So scared of breaking it that you won't let it bend
And I wrote two hundred letters I will never send
Sometimes these cuts are so much deeper then they seem
You'd rather cover up, I'd rather let them be
So let me be, and I'll set you free
Senza
pensarci due volte, lo afferro e lo faccio alzare, trascinandolo in corridoio.
Probabilmente mi odierà per questo mio comportamento – stava ricopiando gli
appunti che ha perso stamattina, sarà ancora arrabbiatissimo con me e,
soprattutto, credo non sopporti la troppa vicinanza fisica.
Scusa Kurt,
ma ho bisogno di sentirti vicino, di
toccarti, di sapere che sei ancora qui. Non avresti dovuto arrabbiarti così con
me, d’altronde io sono andato a parlare con tuo padre per farti un favore. Non
sai quanto io invidi il rapporto che hai con lui…
Non appena
faccio questo pensiero, sento una morsa fredda stringermi lo stomaco, al
pensiero di mio padre – che non sento né vedo dalle vacanze di Natale. Benché
io possa dire di essere forte, che non mi importa di lui, so bene che sono solo
un mucchio di stupidaggini. Sono solo un ragazzo dopotutto e ho bisogno di lui,
ma lui non c’è. E io non posso fare altro che arrendermi a questa idea.
Ah, non è il
momento adatto di pensare a certe cose! Ho deciso di cantare questa canzone per
mandare un messaggio a Kurt – anche se forse sono più spaventato dall’idea che
possa capire che la canzone è per lui, piuttosto che non lo capisca.
Comunque,
stai divagando, Anderson! Concentrati su Kurt!
I am in misery
There ain't nobody who can comfort me
Why won't you answer me?
The silence is slowly killing me
Girl you really got me bad, you really got me bad
I'm gonna get you back, gonna
get you back
Effettivamente
Kurt non mi sembra molto coinvolto dalla canzone. Posso notare il modo in cui
mi guarda di sottecchi: so bene che è ancora arrabbiato con me. Ma non mi
faccio distrarre da tutto questo, e mi avvicino a lui, sedendomi al suo fianco.
Mentre canto, poso di nuovo la testa sulla sua spalla, guardandolo con gli
occhi spalancati, quasi imploranti.
È il mio
modo per chiederti scusa, Kurt. Ti prego, accettalo e perdonami. Perché senza
di te non so che fare.
A volte
sfioro livelli di patetismo assurdi! Meno male che questa canzone dovrebbe
essere tosta, ma io sto scivolando nel ridicolo; mi sento un cagnolino che
implora il perdono del padrone, con le orecchie abbassate e la coda tra le
zampe, per aver rotto l’ennesimo vaso del salotto.
You say your faith is shaken, and you may be mistaken
You keep me wide awake and waiting for the sun
I'm desperate and confused, so far away from you
I'm getting here, don't care where I have to go
Sento un
moto di ribellione nascermi nel petto. Non dovrei essere io a chiedere scusa, o
almeno non dovrei essere il solo a farlo. Forse è stata un’esagerazione andare
da Burt; mi sono comportato in maniera inopportuna. D’altronde, chi mi credevo
di essere? Andare dal padre del proprio migliore amico, visto solo una volta in
precedenza, e pregarlo di parlare al figlio del sesso. Se già era stato
inopportuno parlare con Burt,
figurarsi poi parlare di un argomento tanto delicato. Probabilmente avrà anche
inteso male; forse ora sospetta che io stia con Kurt!
Inaspettatamente,
la notizia non sembra poi dispiacermi così tanto. O meglio, no, aspetta! Cioè,
quello che voglio dire è che… oh, ma cosa sto
facendo? Mi sto imbarazzando con me
stesso? Per una cosa che ho solo pensato?
Anderson,
ormai è certo: oltre a un cardiologo, ti serve uno strizzacervelli. Ma uno
bravo.
Concentrati
sulla canzone piuttosto, e sui tuoi compagni che grazie al cielo ti salvano
sempre da situazioni imbarazzanti! Se non ci fossero loro, ti saresti già perso
a fissare Kurt a bocca spalancata, magari in ginocchio davanti a lui,
implorando il suo perdono.
Why do you do what you do to me, yeah
Why won't you answer me, answer me yeah
I am in misery
Girl you really got me bad, you really got me bad
I'm gonna get you back, gonna
get you back
La canzone si
avvia lentamente alla fine. Non mi sono concentrato neanche un secondo su
questa esibizione, so solo che è venuta bene. Però…
però sono distratto. Distratto da Kurt, e dai miei pensieri fastidiosi.
No,
effettivamente se mai io e Kurt dovessimo metterci insieme, non mi
dispiacerebbe affatto; anzi, non vedrei l’ora di dirlo in giro, sapere cosa ne
pensano gli altri.
Oh, e mi
piacerebbe anche sapere cosa ne penserebbe lui dei miei pensieri! Possibile che
io faccia di tutto per ferirlo? Come posso pensare una cosa del genere? Quando so cosa prova lui per me.
Ripenso alle
parole che gli ho detto prima - «Sai che non ti farei mai del
male, Kurt… Mai volontariamente»
Mi sono
dovuto correggere, perché effettivamente io gli ho già fatto del male, e anche
in più occasioni. E di questo, mi pento amaramente.
Tuttavia non
posso farne a meno: non posso fare a meno di avvicinarmi a Kurt alla fine
dell’esibizione, perché io voglio sapere sempre
cosa pensa. E ora, vorrei sapere se ha capito che tutto questo era per lui.
Io non sono bravo con le parole, piuttosto, riesco a esprimere i miei
sentimenti attraverso le canzoni; e lui losa.
Quindi
vorrei che capisse e mi perdonasse. Vorrei vederlo sorridermi, ringraziarmi e
dirmi che ha capito; non mi interessa neanche che mi chieda scusa. Basta che
sorrida.
~∞~
Apro la
porta della stanza di Wes e David, senza preoccuparmi
di bussare per chiedere il permesso di entrare, né di trovarli in situazioni
compromettenti – checché ne dicano, io penso che quei due sotto sotto siano seriamente attratti l’uno dall’altro: sono
troppo uniti, non riuscirebbero a sopravvivere l’uno senza l’altro, perciò ecco
spiegati i miei dubbi.
Fortunatamente
– o sfortunatamente, dipende dai punti di vista – Wes
e David sono semplicemente sdraiati sui loro rispettivi letti, intenti a
studiare, mentre una soffusa musica jazz, scelta da David posso immaginare, si
sparge per la stanza.
I due mi
rivolgono uno sguardo attonito quando mi vedono invadere la loro stanza, la
fronte aggrottata in un cipiglio arrabbiato e il nervosismo palpabile che mi
sta attraversando in questo istante. Sembro una bomba a orologeria, pronta a
esplodere da un momento all’altro.
Ora che mi
trovo qui dovrei parlare, anziché restare a fissarli imbambolato con aria
ebete, ma sento come se avessi troppe cose da dire, e non so da che parte
cominciare. Così mi limito a emettere un gemito esasperato e iniziare a
misurare la stanza, camminando avanti e indietro davanti ai loro letti.
Dopo qualche
secondo di questa mia scenata, vedo David scambiarsi un’occhiata che pare dire
“E’ impazzito definitivamente” con Wes, che poi si
rivolge a me usando un tono di voce calmo e pacato, come quello che si potrebbe
usare con i pazzi.
«Amico, sei sicuro di sentirti bene?» chiede, tentennando un po’.
Io sospiro
di nuovo, per poi farmi uscire dalle labbra qualche parola irritata. Vedo i
miei due amici scambiarsi un’altra occhiata sconcertata, per poi tornare a
concentrarsi su di me.
«Hai appena detto che odi Kurt?» domanda David alzando un sopracciglio, scettico.
«Sì!» sbotto alla fine, arrabbiato. «Ha detto che noi non siamo i Warblers, ma Blaine e i suoi ragazzi! È solo geloso del fatto che gli assoli vengano assegnati a me, ma io non posso farci
nulla!»
«Ok va bene, forse Kurt può essere geloso dei tuoi assoli – credo che quasi tutti lo siano.» Ribatte Wes razionalmente. «Però credo sia un po’ eccessivo usare un termine come odiare per descrivere ciò che provi per
Kurt.»
«Già, anche perché sappiamo benissimo tutti quanti in
questa stanza che non è assolutamente
vero che lo odi. Anzi…» continua David.
«No no, invece lo odio proprio!» dico io imperterrito,
pronto a non retrocedere di un passo sulla mia posizione. Inizio di nuovo a
camminare avanti e indietro per la stanza, sbuffando e torcendomi le mani, a
volte borbottando qualcosa, altre volte gettando occhiate irritate tutto
intorno a me, come se ci fosse Kurt ovunque.
Sono così
impegnato a sembrare un pazzo, che non mi rendo conto del sorriso di improvvisa
consapevolezza che ha attraversato i volti dei miei due amici.
«Non lo sopporto più! Non sopporto tutta questa
situazione con lui, sta diventando ridicola.» Riesco poi a dire una frase con
del senso compiuto.
Sembra che Wes e David abbiano deciso di assecondarmi, perché si
siedono entrambi in maniera composta sul letto e assumono un’aria quasi
professionale, intenti a studiarmi come se fossi un caso disperato – ed
effettivamente lo sono.
«Effettivamente sì Blaine,
sta diventando ridicola; anche se non per il motivo che pensi tu.» Dice Wes scuotendo leggermente la testa.
«Vuoi dirci con
calma che cosa è successo questa volta?» chiede David.
Faccio un
profondo sospiro, cercando di calmarmi e di scacciare il pensiero di Kurt dalla
mia testa; ultimamente è sempre lì, sono ormai quasi due mesi che è lì, e la
cosa sta iniziando a darmi sui nervi. Perché non vuole andarsene?
«Ok… sì, cercherò di calmarmi. Allora,» faccio un altro
profondo sospiro, «Avete presente quando abbiamo cantato Animal?» I due
annuiscono, così proseguo. «Beh, ho notato che Kurt ha fatto delle smorfie durante
tutta l’esibizione, così mi sono preoccupato e ho deciso di indagare.»
Mi blocco
improvvisamente. Sto facendo la cosa giusta? È giusto rivelare una cosa tanto
privata di Kurt, senza che lui lo sappia? Poi però mi tornano in mente le sue
parole di poco prima, alla fine di Misery, e sento montare di nuovo la rabbia, che mi sprona ad
andare avanti.
«Ho scoperto che Kurt cercava di essere sexy, senza
riuscirci ovviamente. Il fatto che lui abbia dovuto provare a essere sexy, quando secondo me non ne ha assolutamente
bisogno dato che lo è già di suo, mi è completamente oscuro, ma comunque…» ormai sono un treno in corsa libera; non riesco
a fermare il flusso dei miei pensieri.
Wes e David si scambiano un altro sorrisetto, su cui non
mi concentro più di tanto, troppo preso dal mio monologo.
«A casa sua ho provato a parlargli del sesso, ma lui si
è imbarazzato e mi ha cacciato via. Ma lui deve
sapere certe cose! Non oso pensare a cosa potrebbe succedere se a una festa
dovesse incontrare qualcuno e dovesse spingersi fino in fondo; non riesco a
sopportare il pensiero del suo corpo violato da qualcuno che non possa usare un po’ di gentilezza, e Kurt ha bisogno di sapere a cosa va
incontro.»
Un altro
sorriso da parte dei mie due amici.
Un’altra
volta che decido di ignorarli e proseguire.
«Così sono andato all’officina di suo padre, e ho
parlato con lui.»
Vengo
improvvisamente interrotto da Wes, che quasi
strepita, «Che cosa hai fatto?»
Lo guardo in
cagnesco, non mi sembra di aver parlato arabo – sì, ok, sono nervoso e
arrabbiato, quindi tendo a esagerare. «Sono andato in officina da Burt e gli ho detto di
parlare con Kurt di sesso.»
David affonda
la faccia tra le mani, scuotendo la testa e borbottando qualcosa di molto
simile a «Che cosa dobbiamo fare con te?», mentre Wes continua a fissarmi con gli occhi fuori dalle orbite e
un’aria shockata.
«Perché lo hai fatto? A parte che ora Burt sospetterà
che tu e Kurt siate fidanzati – e sfortunatamente per la sanità mentale di
tutta la Dalton, non lo siete – ma poi come ti sei permesso di parlare di un
argomento tanto delicato con un uomo che hai visto una volta sola? Per di più
sapendo che avresti messo Kurt in imbarazzo!» dice Wes,
alzandosi dal letto e venendo verso di me, con un dito puntatomi contro.
Faccio un
passo indietro, deglutendo, ma non mi spavento più di tanto.
«Sentite, non mi importa di cosa Burt abbia potuto
pensare. L’importante è che lui e Kurt abbiano potuto parlare di
quell’argomento; non potete neanche lontanamente immaginare quanto Kurt sia
fortunato ad avere un padre come Burt. Cosa pensate? Che io mi sia seduto di
fronte a una confortante tazza di cioccolata fumante a parlare di sesso gay con
mio padre?» quasi urlo ora, mentre sento il solito magone in gola quando penso
a mio padre, un misto di rabbia e nostalgia, un mix esplosivo, che mi fa sempre
o urlare contro chiunque o piangere come un bambino.
Le
espressioni dei miei due amici si fanno tutt’a un tratto serie, quasi
compassionevoli, nel sentire la piega presa dal discorso. Decido di scacciare
via ogni pensiero che riguardi mio padre, sventolando una mano in aria, come se
potessi scacciarlo via fisicamente. Prima
di poterci effettivamente riuscire però, Wesmi mette una mano sulla spalla, guardandomi
serio.
«Blaine, tu hai… cioè, a te è successo…qualcosa… di brutto?
Riguardo al sesso intendo.» Posso sentire l’imbarazzo che prova, nascosto tra
le parole, ma anche il suo desiderio di sapere, la sua preoccupazione.
«No, no. Io sono… beh,» mi
sento in imbarazzo anche io in questo momento. «Sono
vergine. Non mi sono mai spinto oltre dei baci con dei ragazzi.» Deglutisco e
faccio un passo indietro, sfilandomi dalla presa di Wes.
«Comunque qui non si parla di me, si parla di Kurt.
Pensavo mi avrebbe ringraziato, e invece se l’è presa; stamattina abbiamo
litigato.» La mia voce si incrina sull’ultima parola, il pensiero che corre
subitoalla nostra discussione, avvenuta
solo qualche ora fa. Mi sento così idiota a starci male! Tanto a lui sembra
solo che importi di chi canta più assoli, non della
nostra lite e del fatto che ho provato a sistemare le cose.
«E’ per questo che non è venuto a lezione stamattina?»
chiede David, che ora si è avvicinato a Wes.
«Credo di sì, non ne ho idea!» sbotto, irritato dalla
piega che stanno prendendo i miei pensieri. «Sì, immagino
di sì, comunque. Anche se io ho provato a farmi perdonare, la canzone era per lui… ovviamente non è servito a nulla.» La mia voce si è
fatta sempre più bassa verso la fine. Non riesco a credere che Kurt non abbia
capito.
Poi,
improvvisamente, un pensiero mi fa attorcigliare lo stomaco, mentre vengo
invaso dalla paura e da uno strano senso di vuoto, che, gelido, scende a
raffreddare tutta la mia rabbia. E se Kurt avesse capito che la canzone era per
lui, ma non gliene fosse importato nulla? Se avesse capito di non sopportarmi
più, di non volermi più vedere? Probabilmente non gli piaccio neanche più. E io
sto qui a crogiolarmi inutilmente.
Che vada al
diavolo!
Sbuffo di
nuovo e riprendo a misurare la stanza avanti e indietro, continuando a
borbottare qualcosa su quanto odi Kurt, il suo comportamento infantile e il
fatto che non capisca che se ho
parlato con Burt, l’ho fatto per il suo bene. Wes e
David continuano a guardarmi fare su e giù, senza dire nulla; finché iniziano a
scambiarsi sorrisetti e sguardi di sottecchi, che non fanno altro se non
irritarmi ancora di più.
«Si può sapere perché continuate a sorridere?!» sbotto,
incrociando le braccia e pestando un piede a terra. Se potessi vedermi da
fuori, forse mi vergognerei di me stesso.
«Perché sei un idiota!» esclamano contemporaneamente,
spalla contro spalla, facendomi quasi fare un salto all’indietro dalla
sorpresa.
Aggrotto le
sopracciglia e dico tutto d’un fiato, «E perché sarei un idiota? Ah sì, perché pensavo che
Kurt capisse che quella canzone era il mio modo di farmi perdonare, e invece
non ha capito, o peggio, non glien’è importato
nulla!»
«No invece, nano maleficamente ingellato,»
sbotta Wes, «perché questa rabbia è dettata dalla frustrazione!»
Spalanco gli
occhi, sorpreso. «Certo che sono frustrato, sembra che a Kurt non gliene
freghi più niente di me, sembra che la nostra amicizia non sia più importante
per lui.»
«Già, e questo ti fa sentire malissimo vero?» chiede
David, interrompendomi. «Ti sembra quasi come se non potessi sopravvivere senza
di lui, giusto?»
Le sue
parole mi colpiscono come un pugno dritto allo stomaco. Abbasso lo sguardo,
forse per nascondere i miei occhi che, a quanto pare, sembrano esprimere così
bene ciò che provo; possibile allora che solo Kurt non abbia notato il mio
dispiacere?
«Sì,» sussurro.
Sono
costretto a rialzare la testa quando sento i miei amici farsi più vicini e
posarmi le mani sulle spalle, Wes sulla destra e
David sulla sinistra.
«Blaine… mi sa che le uniche persone che non hanno capito
niente siete proprio tu e Kurt.» Dice Wes con voce
improvvisamente dolce.
«In che senso?» pendo dalle sue labbra, in attesa di
una risposta; ma è David a parlare.
«Nel senso che entrambi non avete capito cosa provi tu
per lui.»
Sgrano gli
occhi, confuso. «Cosa?»
Wes sbuffa. «E’ chiaro che ti piace! E anche tanto!»
«Lo hanno capito tutti, solo tu e Kurt non riuscite a
capirlo!» continua David.
Io faccio un
altro passo indietro, scrollandomi dai miei due migliori amici. No, non è vero!
Me ne sarei accorto da solo se mi piacesse Kurt. No? Non sono cose che uno non
riesce a capire subito, vero?
«Non è vero…» ribatto
shockato, la voce scesa di qualche ottava.
Wes fa un passo verso di me, alzando le mani. «Senti, lo hai detto tu. Hai detto che trovi Kurt sexy.»
«Io… beh, è vero!» Non posso fare a meno di arrossire. «Ma ciò non significa che –»
«E poi dai, hai praticamente ammesso che non vuoi che qualcuno lo tocchi!» continua David. «Avrei voluto che ti fossi trovato di fronte a uno specchio quando lo dicevi…»
«Beh, è ovvio! Cioè, non voglio che gli venga fatto del
male, tutto qui.» ribatto, piccato.
«Per non parlare poi del fatto che hai sentito il bisogno di farti perdonare per un
comportamento che, a detta tua, non aveva nulla per cui essere biasimato,» dice
Wes.
«Certo, ma questo solo perché io non riesco a
sopportare di –»
«Stare senza Kurt, lo sappiamo.» Dicono di nuovo
contemporaneamente. Devo ammettere che a volte sono quasi inquietanti.
«Sì, ma solo perché è un mio amico.» Marco l’ultima parola; perché è vero, Kurt è un mio amico.
Ma è anche vero che io stesso ultimamente non ho fatto altro che pensare a lui.
e poi c’è anche quell’episodio della battaglia dei cuscini…
«Senti Blaine, forse devi
ancora arrivarci – e non stento a crederlo, dal momento che il cricetino nella tua testa deve essere in sciopero dal
giorno della tua nascita – però, dai, ammettilo… Kurt
ti piace.» Dice David con un sorriso vittorioso sul volto.
Io non so
cosa rispondere. Perché effettivamente non lo so proprio: non so cosa provo per
Kurt.
«Credo di parlare anche a nome di David quando dico che
penso che tu sia solo frustrato dal fatto che il tuo rapporto con Kurt non
sembra progredire di una virgola da San Valentino, anzi, sembra peggiorare.»
Dice Wes con tono pacato.
«Già, sta succedendo proprio ciò che temevo: ci stiamo
allontanando.» Sussurro.
«Forse perché tu non riesci a stargli vicino… forse perché pensi troppo a lui e ti sembra di poter pensare meglio quando lui non è con te.»
Alzo lo
sguardo, sconvolto, verso David. Ha detto precisamente
ciò che ho provato negli ultimi due mesi; la mia difficoltà nel stare
vicino a Kurt – ma contemporaneamente l’impossibilità di farlo. Non riesco a
togliermi Kurt dalla testa; e forse il problema non è che penso a Kurt perché
non so cosa fare con lui, ma penso a
Kurt e basta.
Faccio degli
altri passi indietro, scuotendo la testa. Devo uscire da questa stanza, ho
bisogno di aria: devo pensare lucidamente, devo capire. Indietreggio fino alla porta, guardando i miei due amici,
che ora sembrano un po’ preoccupati. Mi schiarisco la voce mentre poso la mano
sulla maniglia.
«Io… ragazzi, grazie ma… devo
andare.»
E senza
aspettare che mi rispondano, mi precipito fuori dalla loro stanza, correndo per
i corridoi, diretto fuori da queste mura, fuori dalla Dalton, lontano da Wes e David… e lontano da Kurt.
NOTE:
Qui Pachelbel =)
Allooooora… che dire? Tanto per cominciare oggi starò tutto il
giorno chiusa in casa perché qui ho il fiume sotto casa…
ciò significa che non farò l’esame (YAY!) non seguirò lezione (YAY!) non andrò
a danza (*inserire bestemmia qui*)…
alias NON MI DISTRARRO’!! PENSERO’ SOLO AL KLEX!
Voglio solo
che venga domani!! ç__ç
Anyway, cerchiamo di fare le persone serie. Ho due cosine da
dire: la prima è che io shippoWes
e David in una maniera allucinante, quindi non potevo inserire dei vaghi
(neanche poi tanto) riferimenti. E infine… il
riferimento al cricetino nel cervello di Blaine… io, Kurt e Cippalippa ne
sappiamo qualcosa, nevvero?? xD
Inoltre, sakuraelisa
ha fatto questo bellissimo
video, con una canzone che personalmente amo (i SIGUR ROS!!! *sclera*) e ha
inserito alcune frasi tratte dai nostri capitoli. E qui io e la mia Alch ci rivolgiamo direttamente a te…
è stato stupendo! *__* Sappi solo che abbiamo pianto come delle bambine per
delle ore… Grazie davvero!
Grazie mille
a voi tutti per le splendide recensioni! *__*
Io torno a
cercare di acchiappare una trota dal balcone!
Deve essere
tardi, e anche parecchio. Non so precisamente quante ore siano passate da
quando ho lasciato la stanza di Wes e David, meno arrabbiato
di come ero entrato, ma certamente molto più confuso; non so da quante ore sto
girovagando per il cortile della Dalton, le mani affondate nelle tasche dei
pantaloni, il blazer aperto e la camicia disordinata. I miei capelli ormai
saranno un completo disastro viste le volte in cui ci ho passato le dita in
mezzo; sento dei riccioli ricadere lungo il collo e sulla fronte, chiaro segno
del fatto che il mio casco di gel ha ceduto.
E io? Io ho
ceduto a ciò che tutti, a quanto pare, reputano evidente?
Ho ceduto
all’idea che potrebbe piacermi Kurt?
No, non ho
ancora ceduto. Sono ancora qui che mi crogiolo nell’ignoranza e nella
frustrazione, incapace di comprendere i battiti del mio cuore che accelerano
tutte le volte che penso a Kurt, alle sue guance rosse durante la nostra lite,
ai suoi occhi luminosi. Mi servirebbe un vocabolario, di modo che possa
riuscire a tradurre da “cuorese” a inglese.
Vorrei
potermi osservare da fuori, vedere ciò che tutti sembrano aver già capito da
tempo. Davvero ad occhi esterni sembra che io provi qualcosa per Kurt? Chissà
cos’è che vedono che li porta a pensarlo. Magari i miei occhi mentre lo
guardano sono diversi? Non lo so, non posso vedermi da fuori.
Ma com’è
possibile che sia così, che io provi davvero qualcosa per il mio migliore
amico, se io in primis non riesco a capirlo? Se non riesco a dare un nome ai
miei sentimenti per lui?
Wes e David hanno detto che io sono geloso di Kurt; chiaramente è questo che hanno capito dal mio
volerlo mettere in guardia contro eventuali spasimanti. Ma non è vero, non è
per quello che l’ho messo in guardia! Solo, non voglio che gli capiti nulla di
male; certo, potrebbe essere fortunato e trovare qualcuno che lo rispetti, ma
purtroppo non va quasi mai così.
Mi sono
comportato come un qualsiasi amico, preoccupandomi di lui.
Ma se a Kurt
dovesse davvero piacere qualcun altro? Se dovesse davvero arrivare qualcuno
pronto a dargli ciò che io non riesco a dargli, pronto a combattere per averlo?
E se alla fine Kurt scegliesse questa terza persona? Io come mi sentirei?
Un
improvviso, e inaspettato, morso allo stomaco mi fa quasi crollare a terra.
Sono costretto a fermare la mia avanzata e a prendere dei respiri profondi;
adocchio una panchina poco distante e quasi mi ci trascino, facendomi poi
cadere a peso morto su di essa.
Se dovesse
succedere una cosa del genere… lo perderei. Perderei
Kurt.
Lui
comincerebbe a passare sempre più tempo con questo fantastico ragazzo,
togliendo quindi del tempo prezioso che potrebbe trascorrere con me. Potrebbe
essere costretto a scegliere – vedere lui o vedere me – e la sua scelta non
cadrebbe certamente su di me. Così
cominceremmo a parlare sempre di meno, a vederci solamente in classe e in
stanza. E poi magari il suo ragazzo, geloso, lo costringerebbe a cambiare
stanza, perché non si fiderebbe di me; e di conseguenza io e Kurt ci vedremmo
solamente durante le lezioni. Il nostro rapporto si sgretolerebbe senza poter
fare nulla per cambiare le cose.
Stringo i
pugni senza quasi rendermene conto.
No, non potrei
sopportarlo.
E allora
questo che cosa significa? Significa che sono geloso di Kurt?
Ovviamente
sì.
Però… però non significa che io sia innamorato di lui, o
che mi piaccia.
Significa
solo che non voglio perderlo come amico.
È corretto
il mio ragionamento, vero?
Affondo la
testa tra le mani, appoggiando i gomiti sulle ginocchia e sospirando
profondamente.
Troppi,
troppi problemi. E non sono capace di risolverli, affatto.
Che cosa
devo fare ora? Parlare con Kurt? E per dirgli cosa poi, che sono confuso? No,
sarebbe solo peggio; potrei dargli false speranze di qualcosa che potrebbe non
succedere mai. E soprattutto, Kurt ora non mi parla: è ancora arrabbiato con me
per la questione del sesso e anche perché a quanto pare è geloso dei miei assoli. Quindi credo che la prima mossa da fare sia cercare
di chiarire.
Ma io ci ho
già provato, e ho fatto solo ulteriori danni! E se anche questa volta non
dovesse capire? Se dovesse prendersela ancora di più e mandarmi definitivamente
al diavolo?
E… se fosse già andato via?
Mi congelo,
smetto persino di respirare mentre uno strano presentimento si fa largo nella
mia testa, nel mio cuore e nel mio stomaco. Quasi senza rendermene conto, mi
ritrovo di nuovo a correre veloce per il giardino; aumento sempre di più la
velocità mentre mi avvicino al portone della Dalton. Lo varco a rotta di collo,
non fermandomi neanche a chiedere scusa a studenti e professori che travolgo
nella mia corsa.
Non riesco
nemmeno a pensare ora come ora, mi sembra di avere il cervello totalmente
congelato. Sono terrorizzato che Kurt possa non essere in stanza, che se ne
possa essere andato via, non sopportando neanche più la mia presenza.
E poi, io
dovevo essere arrabbiato con lui, vero?
Sono
pessimo, e soprattutto, sono un pessimo bugiardo. Non potrei mai essere arrabbiato con lui, né
tantomeno odiarlo.
Quando vedo
la porta della nostra stanza, accelero ancora di più la mia velocità; non mi
fermo a riflettere, a dirmi di calmarmi e di non entrare in stanza come se
fossi un pazzo. Probabilmente la mia irruzione potrebbe spaventarlo, o magari
non se ne accorgerebbe neanche, o farebbe finta di non vedermi, ancora troppo
arrabbiato con me. O peggio, potrebbe chiedermi il motivo del mio affanno, e in
tal caso, non saprei assolutamente cosa inventarmi; perché dirgli la verità è
assolutamente fuori discussione. Non posso farmi una figura tale!
Fortunatamente
non mi fermo a pensare nulla di tutto questo e mi limito a correre sempre più veloce,
il cuore che scoppia nel petto. Non appena sono di fronte alla porta, la
spalanco, pregando mentalmente che Kurt sia lì.
Quello che
mi trovo davanti però, quasi mi fa desiderare di non averlo trovato affatto.
Kurt è
sdraiato sul suo letto vicino al muro, le ginocchia strette al petto; non
riesco a vedere il suo volto, ma solo i suoi capelli, perché ha la testa
affondata nelle ginocchia. Le sue spalle sono scosse da tremiti e il suono
spezzato dei suoi singhiozzi ferisce le mie orecchie.
Kurt sta
piangendo.
E
probabilmente è tutta colpa mia.
Sento un
improvviso moto d’odio nei miei confronti, e se potessi mi prenderei molto
volentieri a calci. Avevo promesso che lo avrei fatto stare bene alla Dalton,
che mi sarei preso cura di lui. E invece ho fallito, miseramente. Non faccio
altro che ferirlo, prima con Jeremiah, poi con la
ridicola cotta per Rachel, poi con la questione del sesso di cui non dovrebbe
importarmi, e alla fine, questo.
Non ce la
faccio.
Quando Kurt
alza gli occhi lucidi di pianto su di me, legandoli ai miei, non penso a ciò
che sto per fare. Non penso al fatto che con quel gesto potrei solo confonderlo
ancora di più, ferirlo ulteriormente; non penso al fatto che con ogni
probabilità, metterò me stesso in una condizione scomoda, che di certo non mi aiuterà a capire, ma mi
confonderà ancora di più.
Non penso a
nulla, se non al fatto che voglio che Kurt sappia che gli sono vicino, che sarò
sempre al suo fianco, che non lascerò
che delle stupide liti si intromettano tra di noi. Perché ciò che abbiamo è
troppo forte per essere spezzato, e soprattutto, troppo importante perché io
possa permetterlo.
Le parole
non bastano però, non questa volta.
Ed è anche
per puro egoismo che mi avvicino lentamente a lui, senza mai distogliere lo
sguardo dal suo, mi sdraio al suo fianco sul letto e lo stringo forte tra le
mie braccia.
Ho bisogno di sentirlo vicino, non posso
farne a meno.
Kurt però
oppone un po’ di resistenza, facendo il contrario di quanto mi sarei aspettato.
«Blaine, lasciami…» Il suo
è un sussurro, quasi del tutto impercettibile se non fossi così vicino a lui.
Prova a spingermi via facendo una lieve pressione sulle mie spalle, così lieve
che mi rendo conto che non sta nemmeno provando a sforzarsi.
«Non posso…» sussurro anche io, mentre sento un groppo in gola
grande come una casa cominciare a opprimermi, le lacrime che quasi salgono agli
occhi. Ma non permetterò che cadano, non adesso. Ora devo occuparmi di Kurt.
Lo stringo
forte, passando le braccia fin dietro alla sua schiena e tirandomelo contro il
più possibile; inizio ad accarezzarlo sulla schiena, le mani che premono sulle
ossa appena sporgenti della sua colonna vertebrale, seguendo percorsi
immaginari.
Dopo qualche
istante, lo sento rilassarsi, anche se non scioglie ancora la sua posizione
rannicchiata, continuando a stringersi le ginocchia al petto. Però posa la
testa all’altezza del mio cuore, le spalle ancora scosse da tremiti.
«Scusami»
sussurro. E non è un “scusami” per il fatto che l’ho messo in imbarazzo
parlando con suo padre di quell’argomento, è un “scusami” se ti rendo la vita
difficile, “scusami” per tutte le volte che ti ho fatto soffrire,
volontariamente e non, “scusami” se ci metto tanto a capire.
Sento
improvvisamente tutto il peso di quella giornata cadermi sulle spalle, la
levataccia mattutina, la lite con Kurt, le lezioni di cui non ricordo nulla
perché ero troppo intento a pensare a Kurt e a come risolvere, la prova di Misery, la nuova
lite con Kurt, la fuga in biblioteca per studiare e riflettere, la rabbia, il
confronto in camera di Wes e David, la conseguente
nuova fuga in giardino e quest’ultima corsa. Sono distrutto.
Sento le
palpebre farsi pesanti, mentre il dolce calore proveniente da Kurt mi fa
scivolare quasi in uno stato di dormiveglia. Regolarizzo il respiro con il suo,
che si è fatto più tranquillo, ora che non piange più. Non so se si sia
addormentato.
Ormai con
gli occhi chiusi, affondo la testa tra i capelli profumati di Kurt, stringendomi
per un riflesso incondizionato, o forse no, a lui.
Sto quasi
per addormentarmi sul serio quando un pensiero, chiaro e semplice, si fa strada
nella mia mente; sono troppo intontito però per capirlo davvero, così non mi
sforzo neanche di trattenerlo.
Kurt sa di
casa.
Kurt sa di
affetto.
Kurt sa di
amore.
*
Il freddo mi
colpisce la schiena; faccio per stringermi ancora di più contro Kurt, ma non
trovo altro che aria. Apro gli occhi di scatto, spaventato, e non trovo nessuno
tra le mie braccia.
Kurt non è
qui.
Mi giro
sulla schiena e mi tiro a sedere, guardandomi attorno confuso. Fuori dalla
finestra è ormai buio; non so quante ore siano passate da quando sono arrivato
in camera, non so quanto abbia dormito. So però che è la seconda volta che mi
addormento abbracciato a Kurt e lui non è presente al mio risveglio.
Forse anche
questa volta è in bagno, spero solo non stia di nuovo piangendo. Non credo che
ce la farei a sopportarlo di nuovo. Dal bagno però non viene nessuna luce. Sporgendomi
verso il comodino accanto al letto di Kurt, accendo la luce della lampada, che
mi ferisce per un attimo gli occhi.
La stanza è
vuota, ed è esattamente come l’avevamo lasciata, i libri aperti sulle
scrivanie, i miei vestiti ripiegati ordinatamente sulla sedia, proprio come
quelli di Kurt. Ora che però ci faccio caso, manca il suo cappotto. Kurt è
uscito? A quest’ora?
Vengo di
colpo assalito dall’ansia, e appoggio una mano sul materasso, per sorreggermi.
La mia mano però si scontra con qualcosa che non è certo la stoffa delle
coperte, bensì un pezzo di carta. Lo prendo in mano e i miei occhi vagano su
quelle poche righe vergate dalla grafia ordinata e sinuosa di Kurt.
Scusami, ma non riuscivo a stare qui.
Ho deciso di tornare a Lima per stanotte, avevo
bisogno di staccare un po’.
Ho portato Pavarotti con me, mi serviva un po’ di
compagnia durante il viaggio. Domani lo riporto alla Dalton.
Ti voglio bene.
Sento i
battiti del mio cuore diminuire appena, e nonostante la sua ultima dichiarazione
di affetto mi abbia scaldato un po’, non riesco a togliermi dalla mente la
prima frase.
Mi sdraio di
nuovo, fissando il soffitto e stringendo al petto il biglietto di Kurt.
Credo
proprio che stanotte non riuscirò a dormire.
~∞~
Blackbird
singing in the dead of night
Take these broken wings and learn to fly
All your life, You were only waiting for this moment to arise
Kurt sta
cantando, la sua voce cristallina che si leva alta nell’aria e che colpisce
direttamente i nostri timpani, percuotendo le corde più profonde del nostro
cuore.
Stamattina
l’ho aspettato davanti al portone della Dalton. Avevo bisogno di vederlo, di
sapere come stava e soprattutto come stavamo noi. Dopo ieri sera però non si era più fatto sentire e sinceramente
stavo iniziando a preoccuparmi. E non ho fatto altro che agitarmi ancora di più
quando Kurt non ha varcato quel portone, gli occhi luminosi e quell’aria un po’
altezzosa contrastante con le gote arrossate, tipica di lui. Wes e David hanno dovuto trascinarmi in aula a forza.
Sono stato
agitato per tutta la durata delle lezioni, mentre il timore che avesse deciso
di rimanere a Lima per non vedermi si faceva strada nella mia testa,
corrodendola di dubbi e paure. Ma perché sono così spaventato?
Cos’è questo
dolore che sento all’altezza del petto?
Lo provo
anche ora, mentre lo vedo fermo in mezzo alla stanza, gli occhi lucidi di
commozione e le mani giunte. So perché ci sia rimasto così male per Pavarotti,
e per questo non mi verrebbe mai e poi mai di giudicarlo per la sua reazione ad
occhi esterni un po’ eccessiva.
Quell’uccellino
gli è stato davvero vicino, ne ho avuto dimostrazione giusto poche ore fa
dopotutto. Pavarotti gli faceva compagnia, e so anche che Kurt si paragonava a
lui. D’altronde, ero stato io il primo a fare il paragone tra Pavarotti e Kurt,
e credo che il mio amico abbia cominciato davvero ad affezionarsi a
quell’usignolo.
Non so cosa
fare per far stare meglio Kurt. E non mi importa se lui è ancora arrabbiato con
me – ha persino fatto la battuta sul fatto che secondo lui siamo “Blaine e i suoi ragazzi”. Ogni mia mossa si rivela sempre
sbagliata – ieri sera credo di aver davvero esagerato, ma non ho potuto farne a
meno – perciò ora sono un po’ restio nel fare qualcosa.
Effettivamente
però c’è una cosa che potrei fare. Tenendo lo sguardo basso, inizio a fargli da
sottofondo, e vengo seguito quasi subito dal resto dei Warblers.
Un usignolo
non canta mai da solo: ha sempre bisogno del supporto dei suoi compagni.
E io… io voglio essere di supporto a Kurt. Voglio aiutarlo,
sostenerlo, fargli capire che non è solo. Proprio come ieri sera, sento
l’impulso di avvicinarmi a lui, abbracciarlo, toccarlo. Voglio che ogni
centimetro del nostro corpo sia in contatto, di modo da poter quasi penetrare dentro di lui, per poterlo
così accompagnare sempre. Ovunque lui vada, sarò anche io con lui.
E so che non
è possibile ma…Aspetta! Forse è possible…
Blackbird
singing in the dead of night
Take these
sunken eyes and learn to see
All your life, you were only waiting for this moment to be free
Blackbird fly, blackbird fly
Into the light of the dark black night
Aggrotto le
sopracciglia, un po’ confuso – più di quanto sia possibile. Sto raggiungendo
picchi di confusione degni di una qualsiasi persona che abbia perso la memoria
e si ritrovi per caso catapultato nella propria casa, con le persone che ama
vicino.
Ah,
Anderson, per la miseria, la smetti di fare lo scemo e guardi il tuo amico
esibirsi?
Fisso Kurt negli
occhi, e per un momento, un fugace, pallido momento, provo l’improvviso
desiderio – così forte da farmi attorcigliare lo stomaco – che anche lui mi
guardi. E in quel momento, non posso fare a meno di notare i suoi occhi, di
quel colore indefinibile, tra l’azzurro, il verde e il grigio; ora stanno
luccicando, sono quasi abbaglianti per quanto brillano. Brillano di quella luce
che ho visto tante volte, per molti motivi diversi.
Ho visto i
suoi occhi brillare in quel modo per lo stupore, la prima volta che è venuto
alla Dalton mentre io cantavo TeenageDream; li ho visti brillare così per la tristezza, la
prima volta che ho sentito Kurt cantare, in questa stessa sala; li ho visti brillare
per la felicità, la prima volta che le nostre voci si sono unite insieme,
creando quel mix perfetto che adoro; li ho visti brillare per la rabbia, la
sera in cui non ho fatto che ferirlo sempre di più, prima per la questione di Jeremiah, poi perché ho scaricato tutto su di lui; e infine
li ho visti brillare per l’allegria, durante la battaglia dei cuscini, quando
non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso e quando ci siamo trovati
improvvisamente troppo vicini.
Anche ora i
suoi occhi stanno brillando, di quella stessa luce che ho imparato, dopo tutto
questo tempo, ad…amare.
Blackbird
fly, blackbird fly
Into the light of the dark black night
You were only waiting for this moment to arise
You were
only waiting for this moment to arise
Improvvisamente,
tutto si fa più chiaro, nonostante ora il cuore mi stia battendo così forte da
far male – e non capisco come gli altri intorno a me non riescano a sentirlo –
e nonostante la miriade di immagini che mi stanno passando per la testa –
ricordi, sensazioni, profumi. E sono tutte Kurt.
E il pensare
a lui non mi confonde, affatto. Anzi, mi fa sentire improvvisamente vivo, pieno
di forze e di energia; e devo quasi trattenermi dall’alzarmi e andare dritto da
lui, abbracciarlo e baciarlo.
Sì, voglio baciare
Kurt.
E non sono
per niente spaventato da questo mio ultimo pensiero.
Come ho
fatto a non capire prima?! I segnali erano chiari, cristallini.
Non pensavo
a Kurt per decidere come comportarmi con lui, ma pensavo a Kurt e basta. Ora però non lo penso soltanto, lo so.
Ero, e sono,
effettivamente geloso, non perché semplicemente ho paura che qualcuno possa
mettersi tra di noi, tra la nostra amicizia, ma perché non posso sopportare di
vedere qualcun altro vicino a lui che non sia io.
Avevo, e ho,
paura che lui possa andarsene, perché ormai Kurt è così parte di me che è impossibile
pensare a una vita lontano da lui.
Quando, dopo
la battaglia dei cuscini, avevo fatto la scelta tra la mia sicurezza e il provare
a saltare nel cerchio di fuoco – e avevo scelto la sicurezza – non mi ero reso
conto di aver in realtà già scelto di attraversare il cerchio di fuoco;
effettivamente mi ci sono buttato a capofitto già dal primo giorno, sin dal
primo momento in cui l’ho visto, quando i miei occhi hanno incrociato i suoi
sulle scale della Dalton.
Già in quel
momento avevo elevato la mia amicizia con Kurt a un livello superiore a
qualsiasi altra amicizia che avessi mai avuto. E le cose con lui sono sempre
state diverse, particolari, speciali, perché lui è speciale per me. Lo è sempre stato.
Il cuore
continua a battere affannoso nel petto, e nonostante tutto solo ora riesco a
capirne davvero il motivo.
Non ho mai
avuto bisogno di un cardiologo, non avevo un problema al cuore – o per lo meno
non al cuore inteso come organo. Ma era qualcosa di molto più profondo.
Non ho mai
avuto bisogno di un vocabolario per tradurre i battiti del mio cuore, perché
già solo essi significavano qualcosa. Significavano
tutto.
Kurt significa
tutto.
E il
pensiero che solo ieri sera non ero riuscito ad afferrare, torna a invadere
tutto me stesso, non solo la mia mente. Kurt
sa di amore. E io non lo so cosa significa amore, ma so che è quello che sento per Kurt, questo dirompente
desiderio di muovermi verso di lui,
di gravitargli attorno come se io fossi un suo satellite.
E mentre la
canzone si avvia alla fine, non posso fare a meno di lasciare che il mio viso
si apra in un sorriso, probabilmente ebete, perché ho appena avuto la mia rivelazione
divina, ho dimostrato il mio problema. E non posso che esserne felice.
Kurt… credo di
essere innamorato di te.
NOTE:
Allora,
tanto per cominciare, vi informo che io sono morta. Vi scrivo dall’oltretomba *Moony saluta, vicino a me*perché…beh… è il caso di dirlo??
*__* Quanto è stata bella la 3x05?? QUANTO?! Il ritardo nel postare è colpa del
fatto che io e il mio Kurt eravamo troppo fuori di testa per pensare a
qualsiasi cosa che non fosse loro! *__*
Poi credo
sia dovuta una grande “ola” o un applauso o ciò che più vi aggrada per il fatto
che Blaine ha capito! Non so voi, ma sinceramente
quando ho guardato la 2x16, durante Blackbird
urlavo mentalmente improperi contro Blaine e il suo
essere tardo…xD
Ora passiamo
alle note “dolenti”… sinceramente questo capitolo mi spaventava a morte. Perché
questo è IL capitolo e avevo paura di scriverlo male, o di non mettere tutto, o
di deludere voi lettori… Ho perso il conto delle
modifiche che ho apportato e anche se il risultato finale è quello che ho
giudicato il più adatto, di certo non mi ha soddisfatta del tutto…
Spero però che a voi piaccia almeno un minimo…*ed è qui che vennero fuori le paranoie di Pachelbel*
Poi, Medea00, probabilmente
ricorderai che avevamo parlato di un riferimento, non voluto, alla meraviglia
che è il tuo Blameit on Blaine… probabilmente lo hai riconosciuto! =)
Grazie mille
alle 13 fantastiche persone che hanno recensito lo scorso capitolo =) Vi
amiamo! ♥♥
~ Quando gli aiuti giungono inaspettati e il latte caldo è la migliore cura
a tutti i mali ~
Blackbird singing in the dead of night
Take these broken wings and learn to fly
All your life, You were only waiting for this moment to arise
Sento le lacrime bagnare di nuovo il
mio viso pallido non appena le prime parole lasciano le mie labbra. Non avevo
intenzione di piangere, ma in realtà credo che al momento sia la cosa migliore
da fare e in ogni caso non ho la forza per tentare di fermarmi.
E allora lascio che il mio viso, i
miei occhi mostrino ciò che provo senza pudore e me ne sto qui, al centro della
sala, a cantare per Pavarotti, il dolore che mi spezza il cuore e gli sguardi
pieni di triste cordoglio degli altri Usignoli – e di Blaine – che mi
accarezzano con comprensione.
Non so se sia stupido o meno
sentirsi tanto coinvolto: forse sarebbero in molti a prendermi per idiota o a
giudicarmi infantile, eppure non m’importa. Non sanno quanto fossi legato a
Pavarotti, quanto mi fossi confidato con lui ultimamente.
Sì, confidato: ho parlato con lui e ho cantato, mi sono sfogato quando
le cose non andavano affatto bene ed ho gioito quando sembravano sistemarsi.
È stato un grande amico, sempre
pronto a tirarmi su di morale con un fischio… Molti dicono che gli animali sono
solo animali, ma sbagliano: alle
volte si crea davvero un legame, una sorta di particolare empatia per cui
avvertono, capiscono quando le cose non vanno.
Pavarotti era così: non so come
facesse, ma sapeva perfettamente quanto il suo canto cristallino avrebbe potuto
fare la differenza e tirarmi su di morale almeno un po’ – cosa di cui
ultimamente ho avuto bisogno fin troppe volte.
Ed ora se n’è andato.
Blackbird singing in the dead of night
Take these sunken eyes and learn to see
All your life, you were only waiting for this moment to be free
Gli altri Usignoli cominciano ad
accompagnare il mio canto con un sottofondo lieve e ritmato. Adoro davvero
tanto la loro, la nostra capacità di
mettere su un coro davvero emozionante in pochi istanti e senza preavviso.
È stato Blaine il primo ad
attaccare, suggerendo l’idea al resto del gruppo.
Non mi è di certo sfuggito il suo
sguardo, al limite dello spaventato,
che mi ha rivolto quando sono entrato in modo quasi teatrale nella sala di
ritrovo, col mio completo nero e l’aria sconvolta.
Per un attimo, lo confesso, ho
provato l’istinto quasi irrefrenabile di gettarmi fra le sue braccia e
piangere. Piangere per la morte del canarino, piangere per la nostra litigata,
per tutte le nostre litigate,
piangere per il freddo che ho sentito stanotte, lontano da lui…
Poi, fortunatamente, quel briciolo di orgoglio e reputazione da
difendere che mi sono rimasti hanno avuto la meglio su tutto e sono rimasto lì
a dare la triste notizia, prendendomi anche il lusso di lanciargli una
frecciatina abbastanza fredda sul fatto che siamo sempre più “Blaine e suoi
ragazzi” e meno “Gli Usignoli”.
Lui, però, non mi è sembrato aver
accusato il colpo…
I suoi occhi non mi hanno lasciato
per un attimo mentre ho pregato tutti di poter cantare questa canzone e c’era
qualcosa in essi che mi ha turbato nel profondo, per quanto non ami ammetterlo.
Era come spaventato. Come se si aspettasse qualcosa di brutto da un momento
all’altro. Il modo in cui mi ha chiesto cosa fosse successo… mi ha tolto il
fiato. C’era un’allarmata preoccupazione in quelle parole e di certo non per la
triste sorte di Pavarotti – cosa per cui, tra l’altro, non aveva modo di farsi
problemi, a meno che non nasconda poteri di preveggenza.
Blackbird fly, blackbird fly
Into the light of the dark black night
Che fosse preoccupato per me?
Eppure non ne aveva motivo. Sono
stato fin troppo gentile a lasciargli un messaggio, ieri, per fargli sapere che
stavo bene e che ero solo tornato a casa dal momento che si era addormentato
praticamente abbracciato a me.
È stato troppo. Lui non pensa mai alle
conseguenze dei suoi gesti! O almeno, sembra che negli ultimi tempi non riesca
a farlo con me.
Piangevo per lui, ieri. Ho pianto
per lui così tante volte che ormai mi sembra difficile anche stargli accanto –
ho paura di fare pace solo perché potrei essere di nuovo deluso. E quando ieri
lui si è offerto di consolarmi, io mi sono stupidamente arreso all’idea di
averlo accanto – anche se mai come vorrei davvero.
Ho già ringraziato il cielo un
milione di volte per il fatto che non mi abbia chiesto il motivo di quelle
lacrime: non avrei – e non ho tuttora – la forza e soprattutto la voglia di spiegargli che piangevo per
lui. Insomma, possibile che non se ne sia accorto? Sa di piacermi, ma pare non
si sia fatto più problemi di tanto e all’inizio la cosa mi andava anche bene –
avevo troppa paura di perderlo – ma ora è insostenibile.
E ieri vederlo così, accanto a me, bellissimo e allo stesso tempo mai così
distante, mi ha costretto a scappare. Ho preso il cappotto e Pavarotti e sono
tornato a casa senza neanche pensarci, perché se lo avessi fatto, forse non mi
sarei mosso ed avrei sofferto in silenzio.
Sono stufo
di soffrire.
Blackbird fly, blackbird fly
Into the light of the dark black night
You were only waiting for this moment to arise
You were only waiting for this moment to arise
Mi sposto con lentezza superando il
divano ed avvicinandomi al tavolo. Sento gli sguardi dei miei compagni seguirmi
con supporto mentre le loro voci corali coprono il silenzio della mia pausa.
Quando riprendo a cantare, nuove lacrime bagnano il mio viso.
Un pensiero tremendo mi scuote: che
sia stata colpa mia? No, non parlo di Blaine, ma di Pavarotti. L’ho portato con
me ieri: non ce la facevo a guidare da solo fino a Lima e la sua voce
cristallina ha dato tregua al silenzio pieno di pensieri confusi che opprimeva
la macchina. Eppure… pensandoci, i canarini sono animali molto sensibili… il
cambiamento di ambiente, lo sbattimento per il viaggio o qualche altra cosa che
probabilmente mi sfugge potrebbero avergli provocato un malessere e quindi la
morte! L’ictus è solo una probabile
spiegazione, plausibile perché spiegherebbe la sua improvvisa dipartita, ma
nulla di più!
D’improvviso mi sento più male di
quanto non stia già e non so neanche se questo sia possibile.
Resta il fatto che la canzone sta
per finire e che speravo alleviasse almeno di un po’ la mia sofferenza, mentre,
invece, pare solo averla aumentata.
Quando il coro dipende le ultime
note nella stanza non posso che pensare alle parole che ho cantato.
Vola, Pavarotti… io ora sono solo.
~∞~
Chiudo il libro di storia con un
gesto secco e stizzito e vi poggio la testa sopra, distrutto. Non sono riuscito
a studiare nulla e credo che ormai non abbia più senso provarci. La mia testa è
altrove, certamente non focalizzata su date e battaglie memorabili.
Non ci stavo pensando, ad essere
sincero – non particolarmente. È più che altro l’intero stato emotivo e non
essersi spostato da lì, come se anche non pensandoci, anche cercando di
distarmi, inconsciamente fossi sempre fermo lì. E questo, ovviamente, non mi permette di concludere molto.
Blaine. Possibile che non riesca a
stare un attimo senza pensare – consciamente o meno – a lui? E più ci penso più
sprofondo.
Sono patetico: ottima conclusione. Che
poi, è assurdo! Se, come ormai mi sto convincendo sempre più, lui non ricambia
ciò che provo, non potrò stare in questo stato per sempre! Insomma devo pur
riprendermi dalla cosa e andare avanti, come ho sempre fatto.
Ma non ho
mai provato quello che sento per Blaine…
Mi maledico. Perché non mi dice
subito quello che pensa e chiudiamo la questione una volta per tutte? Il
dubbio, l’attesa mi stanno logorando.
Forse se non
lo stessi palesemente evitando, ritirandomi a studiare in un angolino nascosto
della biblioteca, lui mi avrebbe già parlato…
Ma chi voglio prendere in giro? Non
mi sta cercando, è chiaro. Non ha nulla da dirmi, come sempre. Ed io sono
l’unico che si sta facendo miliardi di problemi a riguardo.
Sbuffo, la stanchezza che mi irrita
particolarmente e il pensiero di salire in camera che mi chiude lo stomaco:
dovrei essere superiore, dovrei fregarmene ed andare avanti, ma non ci riesco,
non ora… Non credo che salirò…
Neanche un attimo dopo, sto già
attraversando il corridoio principale con una risoluzione che maschera la paura
e i dubbi che ho in realtà e che rischia di crollare da un momento all’altro.
Se solo provassi a pensare ancora un attimo, forse mi fermerei. Se incontrassi
Blaine mentre scappo di nuovo…
Rabbrividisco e accelero il passo,
quasi fossi inseguito da qualcosa fino a che non incrocio la porta principale
dell’edificio. Mi fermo. Mi sembra di essere davanti ad un bivio cruciale: se
fuggo da lui ora, che cosa farò domani? E il giorno dopo? E tutti quelli che
verranno fino al nostro chiarimento? Fuggirò ancora? Fuggirò da Blaine? Eppure la sola idea di restare,
stanotte, mi toglie il fiato quasi più di tutte queste domande.
Azzero il cervello. Zittisco le voci
nella mia testa e varco la sogna, l’aria fresca della sera che nonostante il
tempo sia addolcito, mi punge il viso più di quando credessi. Metto le mani in
tasca e mi stringo nelle spalle cercando di sembrare quanto più tranquillo e
disinvolto possibile e sperando di non incontrare nessuno degli amici più
stretti di Blaine – Wes e David in primis: sono certo che li avrà messi al
corrente di tutto e l’ultima cosa di cui ho bisogno al momento è parlare dei
nostri fatti privati con qualcun altro.
A quel pensiero mi blocco. Illuso io
che penso ad un “nostro”! Illuso…? In fondo, tolto tutto il casino dovuto al
fatto che provo qualcosa per lui, resta pur sempre la nostra amicizia: quella è sacra e non ha nulla a che fare con… no
aspetta! La nostra amicizia non ha nulla a che fare con il rapporto che c’è tra noi? Ma mi rendo conto delle assurdità
che sto dicendo?!
Sospiro. La confusione e la pazzia
mi stanno ufficialmente prendendo. “Signor Hummel, la mia è una diagnosi
definitiva ed irreversibile ed il colpevole è solo uno: Blaine Anderson”
È quasi istintivo per me ora voltare
la testa verso la finestra della nostra camera che dà proprio sul cortile
esterno della scuola. Ero certo, però, di averla chiuda prima di uscire: come
mai ora invece è mezza spalancata? Non mi sembra il caso di…
Oh. I miei occhi improvvisamente
incontrano quelli di Blaine, che si è appena sporto aprendone anche l’altra
metà, e anche se distanti allargano la loro vista a tutto il viso cogliendone
ogni dettaglio con estrema precisione. Il volto mi sembra spento, scuro nel suo
innaturale ma lieve pallore e teso come non l’avevo mai visto prima.
Per un attimo l’istinto mi dice di
nascondermi, di non farmi vedere da lui mentre vado via, ma sarebbe stupido e
in ogni caso non da me fuggire in questo modo – Blaine, non mi hai cambiato
fino a questo punto. O forse sì…? In fondo, sto comunque fuggendo…
Mi rendo perfettamente conto del
momento in cui anche i suoi occhi, vacui e persi nell’orizzonte, mettono a
fuoco la mia figura: colgo chiaramente la sorpresa allargarli e una strana, consapevole
tristezza attraversarli, letale. Resta fermo li, il suo sguardo che non mi
abbandona, ma non fa altro.
Io sento chiaramente il mio cuore
spezzarsi; abbasso la testa e chiudo gli occhi per un attimo, le prime lacrime
che si intrecciano alle mie ciglia, pezzi di ciò che sono che cadono nel nulla,
rumore di cocci infranti sul pavimento.
Volto le spalle all’edificio e
continuo a camminare quasi per inerzia fino a che non mi accorgo di essere
arrivato alla mia macchina. In realtà vorrei essere già a casa, sul mio letto,
lontano da tutto, libero di potermi sfogare e forse anche di poter ragionare
con una lucidità che ora mi pare irraggiungibile.
*
Il viaggio verso Lima non mi è mai
parso tanto apatico – non sento nulla, non provo nulla, come se fossi in stand
by, in attesa di poter lasciare che tutto mi cada addosso una volta che sarò al
sicuro tra le mura di casa. Una bomba ad orologeria il cui conto alla rovescia,
però, non si è ancora concluso. Non voglio neanche pensare a quando succederà.
Non voglio pensare.
Il rumore della radio mi giunge in
lontananza, come se fosse in un’altra stanza e neanche riesco a fare attenzione
a quello che sta trasmettendo: l’ho accesa solo per zittire il silenzio della
macchina. Ieri c’era Pavarotti, stasera sono solo e mi è parso impossibile
anche solo immaginare un simile viaggio senza nulla che impedisse al silenzio
di opprimermi.
Dopo un tempo che non sono riuscito
a concepire e che non potrei in alcun modo calcolare – che ore erano quando ho
lasciato la Dalton? Ed ora? – riconosco la strada in cui sono cresciuto e,
quasi come un’oasi nel deserto, scorgo casa mia, le luci della cucina accese.
Sarà ora di cena?
Sospiro, parcheggiando la macchina
davanti al vialetto e resto per un attimo ancora seduto, le mani che non hanno
lasciato il volante e il rumore della radio che sovrasta ogni cosa.
E se mi facessero delle domande? E’
la seconda sera consecutiva che passo fuori dalla Dalton, mio padre me ne
chiederà sicuramente il motivo!
“Non riesco
a stare in stanza con Blaine senza sapere cosa pensa realmente di noi”
Gli risponderei questo? Ma certo! E
poi potrei benissimo scavarmi la fossa! Senza pala, troppo comodo: a mani nude,
appena uscite da una delle manicure più precise che io abbia mai visto – e questo
è tutto dire.
Mi lascio scappare un sorriso, non
so se di stanchezza o altro ed esco dalla macchina con lentezza: non credo che
risponderò alle loro domande, quindi è inutile farsi problemi su come rispondere.
Busso e aspetto con le mani in tasca
e la testa bassa; quando mi aprono, il volto sorpreso di mio padre mi accoglie
sulla porta.
«Kurt…»
Io lo guardo senza sapere cosa fare.
L’attimo dopo sono tra le sue braccia, il volto nascosto nell’incavo del suo
collo e l’odore familiare del suo dopobarba che mi invade le narici quasi con
gioia. Trattengo le lacrime a stento.
«Ciao, papà» dico contro la sua
maglietta, stringendolo più forte.
Forse lo farò preoccupare, ma
improvvisamente, solo vedendolo, mi sento meglio. Almeno per un po’.
«Kurt…? È successo qualcosa…? Che
hai?» mi chiede prevedibilmente, al che scuoto la testa.
«Va tutto bene» mento «Sono solo
felice di vederti. Posso… posso restare qui anche stanotte?»
Lui mi prende per le spalle e mi
costringe ad allontanarmi così che possa guardarlo in volto.
«Mi pare di avertelo detto dal
giorno in cui sei andato alla Dalton: questa
è sempre casa tua! Non devi mai più azzardarti a chiedere se puoi restare qui!»
Lo sguardo serio che mi rivolge per
un attimo mi lascia interdetto; poi mio padre con un sorriso si fa da parte e
mi lascia entrare. Non vedo casa solo da ieri, ma mi pare sia una vita. In
cucina Carole e Finn mi accolgono con un sorrisone ed io sento di voler fare
così tante cose insieme – ridere, piangere, abbracciarli, sfogarmi per tutto
quello che sta succedendo – ma semplicemente non ne ho la forza.
«Tesoro, cosa vuoi che ti prepari
per cena?» mi chiede Carole amorevole.
«Oh, no, non ho fame… sono solo un
po’ stanco… Andrò in camera mia, grazie» le sorrido, prima di salire le scale
ed entrare in camera.
Ogni cosa è come l’ho lasciata ieri
e sul letto la trapunta blu crea una strana atmosfera di tranquillità a tutta
la stanza. Amo il blu, amo l’effetto che ha su di me, riesce a mettermi di buon
umore o almeno a placare il mio tormento.
Trascinando i piedi, riesco agettarmi sul morbido materasso quasi fossi un
perso morto. Metto con difficoltà le cuffie dell’i-pod e seleziono una playlist
lenta e rilassante: voglio solo riposare con calma e senza pensieri negativi
almeno per una notte.
Chiudo gli occhi e sento lentamente
la stanchezza e il sonno prendere il sopravvento su tutto – o quasi. Il
pensiero di Blaine, i suoi occhi distrutti, il dolore al petto che ho provato
nel vederlo così non sembrano essersi affievoliti, ma anzi, ora hanno maggiori
possibilità di ossessionarmi, nonostante la musica. Non vorrei pensarci.. ci
stavo riuscendo… Almeno una notte, solo una notte senza tutti quei dubbi ad
incasinarmi i pensieri, solo…
Qualcosa mi prende la spalla,
strappandomi con spavento alla nuova spirale di dolore che mi stava avvolgendo.
Spalanco gli occhi con allarme e mi volto fino ad incontrare il viso di Finn,
il suo accattivante mezzo sorrisetto che lo illumina.
«Non volevo spaventarti» si scusa
sedendosi sul letto.
Anche io mi metto seduto e noto sul
comodino due tazze di latte fumante. Oh, Finn…
«Mi chiedevo… insomma di solito eri
tu a portarmi il latte caldo quando volevi parlarmi – me l’ha detto Rachel – e
allora ho pensato che stavolta potevamo fare a cambio…»
Bene. Vuole parlarmi. Ed io che mi
ero illuso che non ci sarebbero state domande!
«Di cosa vuoi parlare?» chiedo –
psicologia inversa: se sembro sicuro di me e disinvolto magari non scaverà a
fondo e uscirò da questa spiacevole situazione con meno problemi di quelli che
prevedo al momento.
«Dimmelo tu! Che hai?»
Spero di non essere impallidito. Da
quando Finn è tanto perspicace?
«Nulla» provo a mentire «Sono solo
stanco, ve l’ho detto»
Mio fratello mi guarda con occhi
taglienti e gelidi: ha capito che lo sto prendendo in giro! Non so se essere
più spaventato dalla sua perspicacia da picchi storici o per il fatto che non
si arrenderà facilmente.
«Sono sbalordito» sussurro cercando
di sviare il discorso su altro, ma lui non molla.
«Non attacca, Kurt. Ieri non mi sono
accorto che eri tornato a casa fino a che non ti ho trovato in cucina, di
notte, a prendere dell’acqua e per poco non crepavo per lo spavento! Ora sei di
nuovo qui per la notte. Deve esserci qualcosa che non va»
«Non posso sentire semplicemente la
mancanza della mia famiglia?» ribatto offeso.
«No. Cioè, certo che puoi… Ma..
Quello che intendevo è che non è per questo che sei qui. Mi dici che problemi
hai?»
Sospiro abbassando lo sguardo. Non
so neanche da dove partire per spiegargli i miei problemi con Blaine. E poi…
non è che sia a mio agio al cento per cento nel parlaredi ragazzi con Finn.
«Kurt!»
La sua mano si poggia con una forte
stretta sulla mia spalla ed io sussulto per quel contatto improvviso.
Ritrovando i suoi occhi vi leggo spavento.
«Non ti staranno dando fastidio
anche alla Dalton! Tutti mi hanno detto che lì c’è tolleranza zero contro il
bullismo, ma magari si sbagliano… magari, invece, ti stanno infastidendo anche
lì e tu ti senti più al sicuro a dormire a casa! Chi è, Kurt? Voglio sapere
subito il suo nome! Non ho fatto nulla contro Karofsky, ma stavolta non la
passa liscia, chiunque sia!»
Guardo gli occhi scuri di Finn che
brillano in un modo che ho visto pochissime volte. La mano libera si è stretta
attorno ad un lembo della trapunta e lo sta stringendo forte. Io sento di
arrossire, ma sorrido sincero all’affetto che traspare limpido da quei gesti.
«No, no, Finn! Tranquillo: non c’è
nessuno che mi infastidisce a scuola! E’ tutto a posto lì: è davvero a
tolleranza zero!» lo rassicuro e vedo i suoi lineamenti rilassarsi di colpo ed
un sospiro lasciare le sue labbra.
«Allora qual è il problema, Kurt…?
Avanti, con me puoi parlare!» mi incita con una dolcezza che mostra spesso in
realtà e che adoro.
Credo sia questo che mi spinge a far
cadere ogni barriera e a lasciare che la verità scivoli fuori con semplicità.
«Blaine» sussurro distogliendo lo
sguardo e sento i suoi occhi trafiggermi: ovvio che aspetti che vada avanti «È
da un po’ che non facciamo altro che litigare e chiederci scusa… Ma stavolta
non abbiamo fatto ancora pace ed io non so come affrontarlo»
«Oh…»
Quel monosillabo conferma il fatto
che né io né lui siamo proprio a nostro agio a parlare di un simile argomento,
ma con sorpresa Finn non demorde.
«Ha fatto qualcosa di tanto grave da
non meritare il perdono?» chiede discreto.
«No! Cioè… non è così grave…»
«E allora perché non avete ancora
chiarito?»
Io lo guardo con un gesto di scatto.
Ha colto nel segno. Di nuovo. Finn.
«È… complicato…» comincio e il suo
sguardo è un imperativo ad andare avanti «Non è neanche questa litigata in
particolare il problema. Il punto è che… io… si è rotto qualcosa, Finn…
Chiamalo feeling, chiamalo “essere sulla stessa lunghezza d’onda” o come vuoi
tu… Ma non c’è più.. e mi sembra che ad ogni parola ci allontaniamo sempre di
più… Lo sto perdendo»
Ormai non provo più neanche a
nascondere quello che sento…
«Gli vuoi bene…» constata lui, con
uno dei suoi mezzi sorrisi «C’è da capire se gli vuoi così bene»
Stavolta sono io a guardarlo
interrogativo.
«Ma sì…» riprende un po’ imbarazzato
«Insomma, cosa senti per lui? E non parlo delle solite cose stupide come il
cuore che pare fermarsi o il fatto che non riesci a staccare occhi e testa da
lui. Parlo di quando vorresti fare un milione di cose insieme e allo stesso
tempo nulla, perché lui riesce a metterti in subbuglio completo; parlo di
quando con lui il mondo è migliore e senza di lui un inferno completo; quando ti rendi conto che sul serio non potresti
farne a meno»
Io non stacco gli occhi da quelli di
mio fratello. Parla per esperienza, lo so. E sono quasi certo di sapere anche a
chi si riferisce. Ma io… io provo questo per Blaine?
Non ho bisogno di domandarmelo
neanche una volta.
«Finn, mi stai chiedendo se sono innamorato di Blaine?» sussurro con
voce tremante.
«Lo sei?»
Lo sento di nuovo, in questo preciso
momento: come prima, alla vista dell’Usignolo alla finestra della nostra
stanza, sento il cuori spezzarsi – la verità è troppo forte. Non sono più in
grado di trattenerla, non sono più in grado di trattenere le lacrime o la
voglia di sentire il calore di un corpo che mi abbraccia – il suo mi manca
terribilmente. Mi lancio tra le braccia di Finn quasi con disperazione e lui mi
stringe a sé con un trasporto in cui non osavo sperare.
«Sì» gemo tra i singhiozzi «Lo amo.
Sento di non aver mai provato un simile sentimento prima e mi chiedo cosa sarò
quando tutto questo verrà strozzato da un suo “no”. Non ce la faccio, Finn»
Sento la grande mano di mio fratello
accarezzarmi la schiena con inaspettata delicatezza mentre le mie lacrime
bagnano la sua felpa scura. Lascia che mi sfoghi, che lasci passare tutto il
dolore e la voglia di gridare al mondo tutto quello che non va. Io farfuglio
frasi sconnesse ed impastate dal tremore delle labbra e continuo a fare la
stessa domanda.
Cosa prova
per me Blaine?
Quando sono relativamente calmo e le
mie spalle non sono più in preda agli scatti dei singhiozzi, Finn mi lascia
andare, guardandomi negli occhi.
«Ascolta, Kurt: so quanto possa
essere difficile, ma l’unica cosa che puoi fare al momento e parlargli.
Chiarisci tutto, sii diretto, chiedigli cosa prova»
Io scuoto la testa: non ne ho la
forza.
«So che non sopporterei un rifiuto»
spiego.
«E invece hai la forza di resistere
in questo stato ancora per molto? Guardati, Kurt! È la seconda volta che scappi
dalla Dalton! E poi.. credo che il chiarimento farà bene ad entrambi in ogni
caso»
«Come potrà farmi bene un rifiuto,
Finn?» piagnucolo, stendendomi a metà sul letto e poggiando la testa sul
cuscino.
«Perché se succederà, smetterai di
stare male ed andrai avanti! Non puoi farti ridurre così, da nessuno»
In effetti, non è la prima volta che
mi spaventa il potere, la capacità di farmi stare bene o male che Blaine ha su
di me. Sospiro. Gli parlerò. Appena troverò il momento adatto, gli parlerò… per
quanto ora non ne sembri del tutto convinto, credo che Finn abbia ragione.
«E fino a che non avrò chiarito…?»
«A parte che devi farlo quanto prima» quasi sembra minacciarmi «Fino a quel
momento… sii semplicemente te stesso. Non portargli inutile rancore, non essere
acido e non aggravare il tutto. Ma ti ripeto, prima è meglio è»
Da quando Finn è un pozzo di
saggezza e ottimi consigli…? Lo guardo con affetto.
«Stasera mi sembri un vecchio
filosofo» mi complimento «Sai anche dirmi quando credi sia di preciso il
momento migliore per parlare con Blaine?»
Lui sfoggia un nuovo sorrisetto ed
io già so cosa sta per rispondere.
«Te ne accorgerai solo quando
arriverà» fa sibillino ed io alzo gli occhi al cielo.
«In tutto questo» riprende lui,
lanciando uno sguardo al mio comodino «Abbiamo completamente dimenticato il
latte! Ormai sarà freddo!» si rammarica.
«Tranquillo» sorrido io – troppe
volte nella stessa serata «Il latte caldo ha svolto alla perfezione il suo
compito»
Finn mi stringe un’ultima volta la
spalla con affetto e poi mi lascia, salutandomi con un sorriso.
«Emh… Kurt, se hai bisogno, sai
dov’è la mia camera: non esitare a svegliarmi» mi raccomanda.
«Grazie, Finn. Di tutto»
Lui strizza un occhio e lascia la
stanza. Io ancora sorrido: sarei perso senza di lui e mi rendo conto che non è
la prima volta. Finn è il fratello migliore che possa avere. L’unico che
vorrei.
NOTE:
Ok, prima che qualcuno di voi mi/ci
uccida per l’enorme, imperdonabile ritardo con cui postiamo, ci scusiamo
infinitamente! Impegni vari (alcuni piacevoli, altri meno) hanno sottratto
tempo alla storia, ma ci stiamo rimettendo in gareggiata! *Alchimista alza un pugno in segno di coraggio*
Ehm… se poi volete ammazzare me per
l’altissima dose di angst che ho riservato a Kurt, nonostante quello scorso sia
stato IL capitolo e tutti voi vi aspettavate un bacio… *Alchimista non sa come
proseguire e tenta di nascondersi dietro Pachelbel* abbiate ancora un po’ di
pazienza: garantisco che sarà pienamente ripagata u.u
Ci teniamo poi a ringraziare le
stupende 17 persone che hanno recensito lo scorso capitolo *-* e tutte quelle
che ancora mettono la storia tra preferite/seguite/ricordate: siete la nostra
forza e in nostro orgoglio!!!
~ Di quando guadagni un fidanzato e non perdi il tuo migliore amico ~
Sono seduto,
solo, nella sala studio della Dalton, cercando di concentrarmi su qualsiasi
cosa che non riguardi troppo Blaine, o ciò che provo per lui – un mix di
rabbia, tristezza e troppo, troppo amore che mi rende una miscela esplosiva.
Per questo ho deciso di decorare la piccola bara in cui metteremo poi
Pavarotti.
Non che
questa attività mi faccia stare meglio, però almeno mi rilasso, facendo
qualcosa che mi piace fare. Tuttavia, il pensiero non fa che scivolare sulla
riunione dei Warbler avvenuta giusto ieri: canterò un duetto alle Regionali.
Io.
Non
riescoa smettere di pensarci, di
immaginare quale canzone dovremo cantare, quali emozioni dovrò trasmettere al
pubblico, cosa proverò nello stare su un palco, con l’attenzione di tutti
concentrata praticamente quasi solo su di me. E sto provando a non pensare al
mio compagno di duetto ma… beh, credo sia inevitabile.
Ah, cavolo,
avevo detto che avrei fatto di tutto per non pensare a Blaine! E invece eccomi
qui, a crogiolarmi nel pensiero di quale canzone dovremo cantare insieme, di
come mi sentirò a cantare con lui, di cosa proverò.
Forse non è
stata una buona idea. Forse cantare con Blaine peggiorerà i miei sentimenti per
lui – e mi chiedo se sia possibile che peggiorino – però, d’altro lato, non
posso fare a meno di essere felice per un sogno che si avvera: cantare come
solista in una competizione canora. E inoltre, potrei approfittare delle prove
in cui io e Blaine saremmo costretti a stare soli per seguire il consiglio di
Finn e parlare con lui. Anche perché sono ormai tre giorni che Blaine mi evita.
C’è anche da dire tuttavia che sono io il primo a evitare lui.
Proprio in
quel momento, sento chiedere, da una voce che conosco benissimo e che mi
colpisce, come sempre, «Che cos’è?»
Alzo lo
sguardo su Blaine, che è appena entrato nella sala, bello come al solito. Provo
a risultare distaccato mentre gli rispondo, anche se sono molto felice di
vederlo, nonostante tutto. «Sto decorando la bara di Pavarotti.»
Mentre
Blaine si avvicina, io distolgo lo sguardo, troppo imbarazzato a sostenere per
troppo tempo il suo. Con la coda dell’occhio noto Blaine appoggiarsi con le
mani sul bordo della sedia di fianco a quella su cui sono seduto io.
«Beh fai in
fretta. Ho la canzone perfetta per il nostro numero. Dobbiamo fare le prove.»
Questo
attira certamente la mia attenzione, scacciando l’imbarazzo, che lascia il
posto alla curiosità. Così decido di guardarlo – sarebbe da veri maleducati non
farlo – e gli dico, «Spara.»
Lui sospira
un po’ e distoglie lo sguardo, parendomi un po’ in imbarazzo. Non capisco
perché debba essere in imbarazzo, ed effettivamente sarà durato solo mezza
frazione di secondo, quindi è possibile che me lo sia immaginato. Ma, appunto,
è solo un momento, perché poi riporta lo sguardo su di me e risponde, «Candles, degli Hey Monday.»
Ora capisco
il suo imbarazzo. La canzone effettivamente non è una scelta che mi sarei aspettato
da lui, e infatti glielo dico.
«Sono
colpito. Di solito scegli le prime in classifica.»
Blaine mi
guarda per un attimo e poi decide di sedersi accanto a me – cerco di non dare a
vedere che dentro di me sto esultando: stiamo facendo la prima discussione
pseudo normale da quando abbiamo litigato, lunedì. Quasi non mi sembra vero.
«Beh,
cercavo qualcosa di un po’ più… sentimentale.»
Questo mi
lascia spiazzato per un attimo. Per quale motivo Blaine vorrebbe cantare un
duetto, che sia sentimentale, con me? Per un momento sento montare dentro di me
la rabbia e inizio a dirmi mentalmente di non cominciare a farmi illusioni, che
questo non significa niente, che Blaine non prova qualcosa per me che vada
oltre all’amicizia.
Poi però mi
viene in mente ciò che mi ha detto Finn, di scoprire cosa prova Blaine per me,
di chiederglielo direttamente. Purtroppo, questa è una cosa che non riesco a
fare, non con Blaine. Perciò decido di fargli una domanda che non è proprio
diretta, ma che, in qualche modo, potrebbe portarci a parlare anche del nostro
problema – ancora Kurt? Non c’è nessun noi, mettitelo bene in testa!
«Perché hai
scelto me come compagno di duetto?»
Lo guardo,
in attesa di una risposta, e lo fisso abbastanza insistentemente. Voglio che
capisca che mi preme saperlo, e che voglio che sia sincero con me. Blaine
sembra pensarci un bel po’ su e segue un lungo momento di silenzio imbarazzato.
Sembra quasi che stia decidendo qualcosa
e sembra che qualsiasi cosa voglia dirmi, sia anche piuttosto difficile, vista
la sua aria concentrata.
«Kurt, c’è
un momento…» fa una pausa, come se stesse cercando le parole adatte per
continuare. «Quando dici a te stesso, “Oh, eccoti,”» Fa un’altra pausa,
guardandomi negli occhi. I suoi sono di un colore indefinito. Inaspettatamente,
sento il cuore cominciare a pompare un po’ più velocemente del normale. «“E’
tutta la vita che ti cerco”»
Io resto in
silenzio, aspettando che vada avanti, cercando di capire cosa voglia dire.
Blaine mi sembra in difficoltà però, finché deglutisce e si avvicina a me,
spostando la sedia, mentre allunga una mano. E la posa sulla mia.
Improvvisamente, mi torna in mente un’altra volta in cui Blaine mi ha preso per
mano, la prima volta che ci siamo visti sulle scale della Dalton. Quella volta
mi ero stupito di come l’avesse afferrata senza alcun tipo di pregiudizio o
problema, ora invece mi stupisco di come una così semplice mossa mi faccia
sentire. Ci stiamo solo toccando le
mani – o meglio, lui sta toccando la mia – e il cuore quasi non lo sento più
per quanto corre. Quando inizia anche ad accarezzarmi il dorso della mano con
il pollice, non riesco nemmeno più a respirare.
«Guardarti
cantare Blackbird questa settimana,»
continua Blaine, alternando lo sguardo dai miei occhi al tavolo «per me ha
rappresentato quel momento, e riguardava te…»
Fa una pausa
ora, probabilmente per pensare a cos’altro dire. E per quanto io stia
letteralmente morendo dalla voglia di
sentire cos’ha da dire ancora, di avere la certezza di aver capito bene quello
che intende, non riesco a odiare questa pausa perché mi permette di guardarlo.
Mai finora Blaine è stato più bello, con gli occhi luminosi che dimostrano
imbarazzo, ma anche qualcos’altro che forse so come definire. Perché è ciò che
si vede nei miei occhi quando parlo di lui o con lui.
«Tu mi
emozioni, Kurt.»
Vorrei
deglutire ora, o scappare via, o avvicinarmi a lui e zittirlo in qualche modo
ma… sono bloccato, immobile. Non riesco a muovermi. Non riesco nemmeno a
sbattere le palpebre. Credo di essere in stato catatonico. E ancora, spero con
tutto me stesso di aver capito bene, perché se così non fosse, potrei morirne.
«E questo
duetto è solo una scusa per passare più tempo con te…»
Sorrido appena,
il cuore ormai mi si è fermato, non lo sento. Ma non mi preoccupo nemmeno più,
perché so di non sentirlo per un valido motivo. Ce l’ha Blaine.
Blaine,
perfetto, stupendo, imbarazzato Blaine, il mio migliore amico, il ragazzo senza
il quale non potrei vivere, il ragazzo che amo persino più di me stesso, il
ragazzo che mi sta fissando le labbra ora, e che si è alzato dalla sedia per
avvicinarsi lentamente a me.
Oh. Cavolo.
Il tempo di
un battito di ciglia che sento le sue labbra premere sulle mie, dolci e
delicate, ma anche decise; una sua mano preme sulla mia guancia, quasi come se
avesse paura che io scappi via. Blaine, come puoi anche solo pensare
minimamente che io possa fuggire? Mi stai baciando, finalmente.
Blaine
emette un sospiro, muovendo la bocca sulla mia, e la mia mano trova il suo
posto sulla sua guancia. Senza pensare, apro la bocca, desideroso di avere di
più. E penso che fortunatamente sonoseduto, perché a quest’ora sarei probabilmente già crollato sul
pavimento: le mie gambe non avrebbero retto. Sento la sua lingua sfiorare
lievemente la mia ed è tutto così dolce e
giusto da farmi girare la testa.
Quando ci
stacchiamo, con uno schiocco anche piuttosto rumoroso, non posso fare a meno di
guardargli le labbra; questo mi fa immediatamente vergognare di me, però poi
noto che Blaine sembra avere il mio stesso problema.
Lo fisso
imbambolato mentre si risiede. E se nella mia testa sembra stia passando un
cricetino urlante L’ha fatto! L’ha fatto!
nella sua sembra ce ne sia un altro che stia dicendo L’ho fatto! L’ho fatto!
«Credo…
credo dovremmo provare,» dice Blaine, al massimo dell’imbarazzo. E io non penso
affatto a ciò che sto dicendo ora, le mie labbra si sono aperte da sole e la
voce è uscita senza che io le abbia dato il permesso di farlo.
E così sento
me stesso dire, «Pensavo lo stessimo facendo…» Ed effettivamente non so bene
cosa sto aspettando, ma quando lo vedo inclinare la testa di lato con
un’espressione desiderosa in volto, alzarsi velocemente e letteralmente fiondarsi sulle mie labbra, so che è questo che stavo aspettando.
Mi rendo
conto che io stesso mi sono alzato dalle sedia quando sento le mani di Blaine
vagare sulla mia schiena, in una carezza che mi regala nient’altro che brividi
di piacere. Le nostre lingue continuano ad intrecciarsi, la mia un po’ più
incerta; con la lingua, disegna il contorno delle mie labbra, tirandosi un po’
indietro e permettendomi di respirare. Afferro i suoi capelli e li stringo
forte, premendo di nuovo le labbra sulle sue e facendomi sfuggire un piccolo
gemito di felicità.
Nel sentire
la mia reazione, Blaine inizia a spingermi lentamente indietro, mentre le sue
mani che vagano lente e delicate sulle mie guance, tra i miei capelli, sulle
mie spalle e sul collo mi distraggono da dove mi sta portando. Sono totalmente
perso in lui.
Quando però
i miei polpacci si scontrano con il divano, apro gli occhi e mi scosto un po’
da Blaine, che mirivolge uno sguardo a
metà tra il voglioso e lo spaventato. E improvvisamente, vengo assalito da una
paura incontrollabile, seguita a ruota dall’imbarazzo. Abbasso gli occhi e
faccio qualche passo di lato, mettendo una distanza di sicurezza tra me e
Blaine.
Non so cosa
mi stia succedendo, perché mi sono allontanato?
«Kurt…?»
La voce di
Blaine giunge alle mie orecchie quasi ovattata, come se provenisse da centinaia
di metri lontano da me, e non da un metro scarso.
So che lo
sto facendo preoccupare ma ora sono spaventato da morire. Non posso starequi. Ho bisogno di parlare con qualcuno, ho
bisogno di qualcuno che mi dica che andrà tutto bene, che mi abbracci e che mi
dica cosa fare. Ho bisogno di mio fratello.
Alzo gli
occhi su Blaine, che mi guarda ancora più spaventato di prima. Fa un passo
verso di me, allungando una mano, ma io mi allontano, mentre sento le lacrime
premere di uscire e il desiderio profondo di parlare con il mio migliore amico.
Ma non posso. Non potrò più, forse.
«Scusa, io…»
mi sento balbettare appena, prima di girarmi e scappare via, lasciando sul
tavolo tutto quello che prima vi avevo posato su, lasciando la mia borsa ai
piedi del tavolo, lo stomaco pieno di farfalle vicino al divano, il cuore nelle
mani di Blaine e il cervello… non lo so. Credo di averlo perso.
Perché
diamine sto scappando via? Perché mi ritrovo in macchina, le lacrime che
scivolano lungo le guance, la paura che mi attanaglia dove prima avevo lo
stomaco? Perché sto guidando fino alla mia vecchia scuola? Perché sento di
avere il bisogno dei consigli di Finn, Mercedes, Rachel e Tina?
Perché sono
così spaventato?
Neanche
un’ora dopo sono davanti al McKinley. Scendo dalla macchina quasi correndo,
senza preoccuparmi del fatto che potrei incontrare qualche giocatore di
football rimasto a scuola nel pomeriggio per gli allenamenti. Se mi vedessero
qui, non so che cosa potrebbero farmi, ma ora come ora non mi interessa.
Procedo per i corridoi vuoti verso una meta precisa, l’unica aula dentro la
quale mi sembrava andasse tutto bene, nonostante tutto.
Ed eccola
lì, la porta dell’aula coro. Accelero l’andatura, e quando mi ci trovo di
fronte, mi scosto all’indietro giusto in tempo per evitare di venire colpito in
piena faccia dalla porta, aperta da Puck. Il ragazzone mi guarda dall’alto,
alzando un sopracciglio.
«Cosa ci fai
qui?» chiede sorpreso.
Io sono così
sconvolto che quasi non riesco a parlare. «Io… Finn. Devo parlare con Finn.»
Fortunatamente
vedo Finn spuntare da dietro la spalla di Puck; i suoi occhi incontrano i miei
e vorrei che capisse, anche solo guardandomi, di quanto sono sconvolto al momento.
Ma non dovrei dimenticarmi che sto parlando di Finn, che ovviamente mi fissa
grattandosi il mento e chiedendomi, «Ti serve qualcosa?»
Sospiro,
esausto, ed entro dentro, cercando Mercedes con lo sguardo. In aula non c’è
quasi più nessuno, se non per Lauren – che si affretta subito a trascinare via
Puck – e la mia amica. Non appena mi vede, capisce subito che qualcosa non va,
perché molla gli spartiti che aveva in mano e mi si avvicina, stringendomi in
un forte abbraccio.
Io la
stringo forte e scoppio di nuovo a piangere. Sento il rumore di una porta
chiudersi e dei passi pesanti avvicinarsi, segno del fatto che Finn ha chiuso
la porta e poi si è avvicinato a me e Mercedes, in piedi nel bel mezzo
dell’aula coro. La mia amica mi accarezza piano la schiena, cercando di
calmarmi. E io mi sento improvvisamente un idiota, perché li sto facendo
preoccupare e non ce n’è nessun motivo. Perché diamine, Blaine mi ha baciato!
Però la cosa mi spaventa a morte.
Dopo quelli
che paiono secoli, mi stacco da Mercedes e mi accascio su una sedia, vicino a
mio fratello che mi guarda come se fossi uno strano animale scappato dallo zoo,
ovviamente senza capire, né immaginare probabilmente, cosa è appena successo.
E invece,
anche questa volta, Finn mi sorprende.
«Hai parlato
con Blaine?» mi chiede, e lo vedo stringere i pugni sulle cosce.
Annuisco,
lasciando stare la reazione confusa di Mercedes, che si deve essere certamente
persa qualche passaggio. Non le avevo detto della morte di Pavarotti, né di ciò
che era successo dopo l’ultima lite tra me e Blaine; e non credo immaginasse
nemmeno che ne avrei parlato con Finn.
«Ha detto
che non gli piaci?» dice Finn, posandomi una mano sulla spalla.
Io guardo le
due persone presenti nella stanza, poi abbasso lo sguardo, vergognandomi di ciò
che sto per dire loro.
«No. In
realtà lui mi ha… Blaine mi ha baciato.»
E mentre lo
dico ad alta voce, mi sento sul punto più alto del paradiso, ma allo stesso
tempo all’inferno. Perché è vero, è reale, Blaine mi ha baciato; ma come è vero
questo, anche la mia paura è vera. La paura che questo cambi tutto.
«E poi… beh…
sono scappato qui.»
Finn e
Mercedes si fissano per un attimo sconvolti – ma anche con un largo sorriso in
volto, quello di Finn forse un po’ meno largo – poi spostano lo sguardo su di
me e iniziano a urlarmi improperi addosso. Io li fisso senza alterarmi più di
tanto; era proprio questa la reazione che mi aspettavo da loro, dirmi che sono
un cretino. Io stesso me lo sto dicendo.
Li lascio
sfogarsi per un po’, soprattutto per darmi l’occasione di sentirmi insultato
per bene una buona volta per quello che ho combinato, e infine li zittisco,
quando sembra che non abbiano più aria nei polmoni.
«Va bene
ragazzi, so che sono un idiota, un deficiente, un cretino e una regina del
dramma, grazie. Ma…» sento di nuovo salire le lacrime, pronto a tirare fuori
ciò che mi spaventa più di ogni altra cosa, «… ora tutto cambierà. Il rapporto
mio e di Blaine.»
«E non era
ciò che volevi?» chiede Finn.
«Sì, ma…» mi
asciugo la lacrima che mi è caduta sulla guancia. «Non voglio perderlo come
amico… Lui è il mio migliore amico, e voglio poter parlare con lui di qualsiasi
cosa. E ora lui prova qualcosa per me, e questo ci renderebbe tecnicamente una
coppia… Oddio che poi lui non ha detto nulla su quello che siamo effettivamente
ora –»
«Certo che
non l’ha fatto, sei scappato via!» mi interrompe Mercedes.
«-So che
cambierà tutto, e se un giorno dovessimo lasciarci e non rivolgerci più la parola?
Non solo lo perderei come fidanzato, possibile o meno, non lo so… ma lo
perderei anche come amico e –»
Mi fermo,
incapace di continuare a causa del magone che mi blocca la gola. Come ho fatto
a essere così stupido? Ho aspettato per mesi che Blaine ricambiasse i
sentimenti che provavo per lui, e ora che l’ha fatto, sono scappato, spaventato
dal cambiamento. In tutti questi mesi di attesa, come ho fatto a non pensare
che le cose, se fossero andate per il meglio, sarebbero per forza cambiate? Avrei potuto prepararmi mentalmente. E invece
la paura è arrivata tutta insieme.
E… e se
fosse tutto un sogno? Se stessi solo sognando?
Finn si
china su di me e mi mette una mano sulla spalla. «Senti Kurt, posso capire la
tua paura ma…» Cerca con lo sguardo Mercedes, forse alla ricerca di un aiuto.
«Ma è ovvio
che le cose cambieranno, tesoro,» continua la mia amica. «Blaine ora prova
qualcosa per te, quindi il vostro rapporto cambierà. Ma se ci pensi, era già
cambiato quando tu gli avevi detto dei tuoi sentimenti per lui; così com’era
cambiato quando tu ti sei trasferito alla Dalton, quando credevi che Blaine
provasse qualcosa per Rachel, quando avete litigato per la questione sul
sesso.»
Vedo Finn
fare una faccia a metà tra il preoccupato e lo sconvolto, ma fortunatamente
Mercedes continua a parlare.
«I rapporti
cambiano continuamente, tesoro, si evolvono. Non si può dire se si evolvano in
meglio o in peggio, ma per scoprirlo non ti resta che viverlo.»
Resto in
silenzio per qualche secondo, pensando alle parole dette dalla mia amica. Ha
ragione. Ha assolutamente ragione. Ora devo solo decidere se voglio viverlo…
Tempo mezza
frazione di secondo che sono in piedi. Non c’è nemmeno bisogno di pensare:
certo che voglio viverlo! Voglio vivere tutto con Blaine. E anche se sono
ancora spaventato da morire, so che probabilmente Blaine stesso lo sarà… e
anche per gli stessi motivi.
«Grazie
ragazzi. Avete ragione io… devo andare.» Li guardo negli occhi, sorridendo come
non mai e stringendo entrambi in un abbraccio, per poi precipitarmi fuori
dall’aula, senza guardarmi indietro e notare l’espressione confusa di Finn e
quella radiosa di Cedes.
*
Busso
leggermente alla porta, facendo un sospiro profondo. Non so perché sto bussando
alla porta di quella che è anche la mia stanza, ma sento quasi come se dovessi
chiedere il permesso di entrare, dopo aver abbandonato Blaine senza alcuna
spiegazione. L’improvvisa ansia che non ci sia nessuno ad aspettarmi, che
Blaine, vista la mia reazione, abbia cambiato idea, mi prende per un momento,
ma poi sento la sua voce invitarmi a entrare.
Apro la
porta lentamente ed entro nella stanza. Blaine è seduto sul mio letto, la
schiena appoggiata al muro, i piedi puntati sul letto e le mani che pendono
dalle ginocchia. Quando incrocio il suo sguardo, posso notare le piccole
venature rosse nei suoi occhi. Sembra quasi che abbia pianto. La sua
espressione è un misto di preoccupazione e tristezza, a cui si aggiunge un
pizzico di felicità quando mi vede.
Senza pensarci
due volte, chiudo la porta alle mie spalle e mi precipito verso di lui,
sedendomi sul letto e stringendolo in un abbraccio. Inutile dire che arrossisco
non appena sento stringermi con la stessa forza con la quale io sto stringendo
lui.
«Scusami scusami
scusami scusami…» inizio a sussurrare contro il suo collo, il cuore che torna
finalmente a farsi sentire. Blaine dovrebbe essere arrabbiato con me, ne
avrebbe tutte le ragioni, ma sono felice del fatto che reagisca stringendomi un
po’ più forte e scuotendo leggermente la testa.
«No, non
preoccuparti… Non c’è bisogno che ti spieghi. Ho capito perché sei scappato
via…» sussurra anche lui.
«No invece,
io…» comincio, scostandomi da lui per guardarlo in volto. «Non sarei dovuto
scappare così, senza alcuna spiegazione. È che mi sono spaventato da morire.
Avevo paura di aver perso il mio migliore amico…»
Faccio una
pausa e lo guardo negli occhi; e questo mi basta per capire che è vero, anche
lui ha avuto la mia stessa paura. Questo non fa che sentirmi ancora di più in
colpa, perché lui non ha reagito così, ma è rimasto; sarebbe rimasto, lo so, e
ne avremmo parlato con calma. Io invece mi sono dovuto comportare da drama
queen e scappare via.
Blaine però
non sembra assolutamente arrabbiato con me, anzi sembra che l’aria triste che
aveva quando sono entrato in stanza sia completamente scomparsa. Inclina un po’
la testa, guardandomi negli occhi con un’intensità tale da farmi quasi
sospirare di felicità. Ho sempre desiderato che lui mi guardasse così.
È questo che
mi da la forza di dirgli anche un’altra cosa, una cosa che mi spaventa
tantissimo, sebbene sia un’emerita scemenza.
«E anche… è
che ci ho sperato così tanto che tu finalmente provassi qualcosa per me, che
ora che è successo… ho paura che sia tutto un sogno.» Distolgo lo sguardo dal
suo, arrossendo e incominciando a gesticolare. «So che è una cavolata ma –»
Ma vengo
interrotto dalle sue labbra, che si sono posate di nuovo sulle mie, delicate
come non mai, in un semplice contatto che non viene approfondito. Blaine apre
la bocca per parlare, senza però staccarsi da me.
«Non è un
sogno, Kurt. È tutto vero.»
Io sorrido,
sempre contro le sue labbra, incapace di dire qualsiasi cosa. Al momento ho il
cervello totalmente in pappa, perso tra le iridi dorate e le venature verdi dei
suoi occhi. Anche Blaine mi sta guardando dritto negli occhi, e sembra anche
lui perso in un mondo a parte.
Dopo qualche
secondo però Blaine si tira indietro; inaspettatamente emetto un verso di
protesta, cosa che lo fa sorridere radioso. Arrossisco, ma non posso fare a
meno di sorridere nel vedere la sua espressione. Blaine si alza e mi prende per
mano, trascinandomi con lui davanti alla finestra, dietro alla quale gli alberi
della Dalton illuminati dalla luce del tramonto si muovono appena, mossi dal
vento. Se fossi in condizioni normali farei una battutina sull’incredibile
cliché della dichiarazione al tramonto, ma non sono in condizioni normali,
affatto.
Non appena
ci ritroviamo davanti alla finestra, Blaine guarda per un attimo fuori,
sorride, e infine si volta verso di me, afferrandomi anche l’altra mano. Si
schiarisce la gola, sembrando di nuovo imbarazzato come prima.
«In realtà
prima è stata un’improvvisata; volevo fare le cose per bene, ma non ho
resistito.» Faccio per interromperlo e dirgli che il modo in cui si è
dichiarato è stato il migliore del mondo, anche solo per il fatto che era lui a dichiararsi a me, ma vengo interrotto. «Perciò, ora vorrei rimediare.»
Blaine fa un
passo verso di me, avvicinandosi tanto che riesco a sentire il calore che
emana. O forse sono io che sto bruciando per autocombustione.
«Tu sarai
sempre il mio migliore amico. Sei la persona migliore che conosco, la persona
che mi capisce meglio di tutti, quella da cui voglio ricevere consigli e
parlare di qualsiasi cosa. Ma sarebbe un onore per me se tu diventassi anche il
mio ragazzo.»
Blaine…
sempre così distinto e formale. È anche per questo che sono innamorato di lui.
Improvvisamente sento il desiderio di dirglielo, di rispondere alla sua
dichiarazione dicendogli che non deve nemmeno chiedere, che è ovvio che voglio
diventare il suo ragazzo, e che sarebbe un onore per me non per lui. Ma non gli dico nulla, non perché lo reputo troppo
presto, ma perché reputo che la cosa migliore da fare ora sia chinarsi in
avanti e baciarlo.
Ed è quello
che faccio. Gli accarezzo una guancia con la mano, affondando le dita nei suoi
ricci alla base del collo, e poso le labbra sulle sue. E questa volta sono io a
baciarlo per primo, stringendolo a me e forzandolo dolcemente ad aprire la
bocca, per far toccare le nostre lingue che, come tutto ciò che ci riguarda,
come le nostre voci, i nostro cuori e le nostre mani, unite sono perfette.
~ ∞ ~
The power
lines went out
And I am all alone
But I don't really care at all
Not answering my phone
Non posso
crederci. Ce l’ho fatta! Sono sul palco delle Regionali e sto cantando, da
solo. La paura che all’inizio avevo, quella che la voce non potesse uscirmi
affatto o che potesse uscire tremante e poco certa, mi ha ormai abbandonato del
tutto, perché sta andando tutto bene.
Parlare con
Blaine all’inizio mi ha fatto bene; mi ha fatto rilassare a sufficienza per
salire sul palco con il cuore che batteva a una velocità certamente superiore
al normale, ma neanche come se mi stesse per uscire dal petto.
La luce dei
riflettori illumina solo me, mentre cammino in avanti, dritto verso il pubblico
e spaziando con lo sguardo la platea, passando dai nostri avversari ai miei vecchi
compagni di coro a semplici sconosciuti. E ora che mi ritrovo sotto questa
luce, quasi non mi sembra vero.
Questo è un
sogno che si realizza, un sogno che ho continuato a perseguire in tutti questi
anni e che molto spesso credevo non si sarebbe avverato mai; invece,
fortunatamente, non è stato così, il mio sogno si è finalmente realizzato.
E ora che mi
ritrovo qui a cantare da solo di fronte a un pubblico, l’unica cosa che voglio
è sentire un’altra voce, quella voce che mi ha catturato fin dal primissimo
momento, unirsi alla mia e darmi forza. Come sempre ha fatto.
All the games you played
The promises you made
Couldn't finish what you started
Only darkness still remains
E il mio
desiderio viene immediatamente esaudito, la voce di Blaine si leva alta e
sicura alle mie spalle; e io non posso fare a meno di distogliere lo sguardo
dalla platea e portarlo su di lui, che avanza verso di me. E i nostri occhi si
incontrano e l’unica cosa che mi resta in mente è che questo ragazzo è mio.
Abbasso la
testa, compiaciuto, mentre Blaine mi passa dietro per poi ritrovarsi all’altro
mio fianco; io lo seguo con lo sguardo, incapace di fissare altro. Ora come ora
non mi importa se ci giudicheranno poco professionali, ma non posso
trattenermi. Voglio guardare Blaine.
Spero che lo
prendano come uno sguardo previsto dalla coreografia.
Lost sight
Couldn't see
When it was you and me
Blow the candles out
Looks like a solo tonight
I'm beginning to see the light
Blow the candles out
Looks like a solo tonight
But I think I'll be alright
Riparto
appena in tempo sulla musica, indietreggiando e cercando di ricordare i passi
della coreografia; ma passi in realtà non ce ne sono, questo pezzo è sempre
stato tutto giocato su di noi, su me e Blaine, e non su un vero e proprio
balletto. È un gioco di sguardi ciò che movimenta questo pezzo, nient’altro.
E difatti
gli occhi di Blaine non si staccano neanche per un attimo dai miei; mi segue,
le labbra stirate in un piccolo sorriso che è tutto per me, aspettando il suo
turno per cantare. Il cuore mi batte appena più veloce, ma non per paura; batte
veloce per la felicità.
Quando
finalmente le nostre voci si uniscono, vengo di colpo investito da un chiaro
ricordo: la prima volta che abbiamo cantato assieme, la prima volta che ho
notato quanto le nostre voci si compenetrassero l’una all’altra, senza una che
prevalesse per forza sull’altra. Mi torna in mente il viso di Blaine circondato
dalle stelle di natale, sullo sfondo la finestra della sala studio della Dalton
e la neve che cadeva al di fuori.
Non solo le
nostre voci sono belle da sentire insieme, ma per me rappresenta qualcosa di
più. Per molto tempo è stato l’unico modo che avevo per sentirlo davvero
vicino; ma soprattutto, è importante il modo in cui mi sento quando canto con
Blaine. Mi sembra di essere nel posto giusto al momento giusto; mi sembra che
niente possa farmi star male, che niente possa abbattermi; mi sento
incredibilmente me stesso.
One day
You will wake up
With nothing but your sorries
And someday
You will get back
Everything you gave me
Blow the candles out
Looks like a solo tonight
I'm beginning to see the light
Non faccio
quasi più caso a nulla che non sia Blaine; non mi rendo conto degli altri
Warblers che si muovono alle nostre spalle, né del fatto che alcune persone tra
il pubblico abbiano acceso degli accendini per rendere l’atmosfera romantica;
bado solo a quanto sia bello Blaine in questo momento e al cercare di
comunicare al pubblico le mie emozioni.
Voglio che
le persone che ci stanno guardando in questo momento capiscano che ciò che lega
me e Blaine va al di là della semplice amicizia, che si rendano conto della
gioia e della speranza che sto provando.
Perché ora,
in questo preciso istante, mi sento il ragazzo più felice sulla faccia della
Terra. Perché non solo sto cantando in un ruolo primario durante una
competizione ufficiale, non solo sto cantando con una seconda persona, del mio
stesso identico sesso, di fronte a un pubblico che potrebbe non apprezzare, ma
sto cantando anche insieme al ragazzo di cui sono innamorato e, ironia della
sorte, vengo persino ricambiato.
Blow the candles out(candles out)
Looks like a solo tonight (Solo tonight)
But I think I'll be alright
E mentre la
canzone si avvia alla sua conclusione, mi rendo conto che è tutto merito di
Blaine. È grazie a lui se ho avuto la possibilità di cantare in una
competizione ufficiale – avessi dovuto aspettare Mr Schue, avrei fatto prima a
invecchiare – ma soprattutto, è grazie a lui se il sogno di avere qualcuno al
mio fianco si è finalmente realizzato.
Durante
tutti questi mesi, ci sono stati dei momenti in cui credevo di non farcela, con
Blaine; momenti in cui pensavo che lui sarebbe stato un altro da aggiungere ai
ricordi di persone per cui avevo provato interesse e dai quali non ero stato
ricambiato.
Durante
tutti questi mesi, ci sono stati momenti in cui ho sofferto.
Ma col senno
di poi, non c’è niente che cambierei. Perché tutti i nostri errori, tutte le
nostre liti, ci hanno portato dove siamo ora. Mi hanno portato dritto tra le
sue braccia. Mi hanno portato a vivere un sogno, il mio sogno che porta il nome di Blaine.
Ora non ho
più paura. Non ho paura di perdere il mio migliore amico, perché Blaine lo sarà
per sempre. Non ho paura di perdere il mio ragazzo, perché so che Blaine non ha alcuna intenzione di andarsene. In questo
istante credo davvero in ciò che sto cantando: andrà tutto bene.
NOTE:
Qui
pachelbel! =)
Allora,
tanto per cominciare, volevo scusarmi per il fatto che tutte quante vi
aspettavate tutt’altro nel capitolo 22… E forse vi aspettavate altro anche da
questo capitolo! xD Però diciamo che ci tenevo a sottolineare una cosa che per
me è molto importante: Kurt e Blaine, oltre a essere fidanzati da ora in avanti
*coriandoli esplodono per aria e unicorni volteggiano cercando di prenderne il
più possibile* sono anche migliori amici. Per questo ho fatto reagire Kurt in
quella maniera – facendolo scappare. Perché lui si era così perso nel suo
ideale romantico su Blaine e così via, che non aveva pensato al fatto che
avrebbe potuto perdere il suo migliore amico nel processo… Fortunatamente poi
torna in sé (farei una statua a Mercedes e Finn *__*)
Un’ultima
cosa e poi vi saluto. Questo capitolo è importante perché segna il primo
incontro tra Cippalippa e Asdrubale, i due cricetini nella testa di Blaine e
Kurt rispettivamente, i cui diritti appartengono tutti a Clara! ♥
~ Di piccole paure e voglia di gridare al mondo intero ~
«…But I don’t really care at all… No, aspetta io non sono molto sicuro
di questa cosa»
Per l’ennesima volta Kurt interrompe
le prove del duetto che a breve avremmo cantato insieme per le Ragionali
e sospira quasi stressato. Lo guardo con un leggero sorriso e mi avvicino a
lui.
«Qual è il problema stavolta?»
chiedo più divertito che esasperato dalle continue interruzioni – e in ogni
caso ho l’impressione che nulla potrebbe infastidirmi, nulla di ciò che ha a
che fare con Kurt…
«Non sono sicuro che sia il caso che
a cominciare sia io, ecco» sussurra lui con volto preoccupato.
Quanto può essere adorabile? Quanto
posso essere stato cieco io a non essermi accorto di nulla? Doveva cantare in
quel modo, con le lacrime agli occhi e il cuore spezzato, per farmi rendere
conto di quanto, in realtà, lo ami? Sì… lo
amo. E l’ho amato dal primo momento in cui l’ho visto. Avevo solo bisogno
di capirlo, di rendermene davvero conto…
«Blaine…?»
La sua voce mi riporta concretamente
nell’aula di canto. I suoi occhi nei miei racchiudono una velata preoccupazione
sotto l’evidente eloquenza di chi si chiede cosa ci sia che non vada. Mi
riscuoto completamente e sorrido per scusarmi.
«Mi.. mi ero… incantato. Pensavo»
farfuglio. Con lui mi mancano le parole.
Lui per un attimo mi sorride, gli
occhi che si illuminano come quando è improvvisamente felice; poi scorgo di
nuovo insicurezza sul suo viso e ricordo il suo dubbio.
«A mio parere il fatto che cominci
tu è perfetto» dico sicuro.
In ogni
caso, poi, il duetto, se canti tu, non potrebbe che essere perfetto, mi concedo di pensare senza
distrarmi troppo – impresa titanica con Kurt così vicino e i suoi occhi nei
miei.
Il tempo che sto passando con lui,
il fatto che cantiamo insieme senza stancarci da ore ed ore… credo che sia la
cosa più bella che potesse capitarmi. Soprattutto ora che lui sa. Non potrei essere più felice di
così, mi manca il fiato al solo pensiero. E non posso credere di non essermene
reso conto prima, di aver sprecato così tanto tempo solo a fare ordine nella
testa, come se non fosse chiaro dall’inizio quanto Kurt fosse speciale.
I suoi occhi azzurri ora mi guardano
ancora una volta con lieve disappunto e mi rendo conto di averlo fatto di
nuovo.
«Scusa» sussurro col po’ di fiato
che mi è rimasto nei polmoni – non mi ero accorto di aver cominciato a
trattenerlo come se non fossi più capace di respirare e pensare a lui nello
stesso tempo.
«Dicevo…»
riprende lui fintamente piccato «Il tuo giudizio non è obbiettivo, quindi non
vale»
Stavolta è il mio turno di fingermi
offeso. Aggrotto la fronte e incrocio le braccia al petto – certo, potrà
togliermi il fiato e potrò essere innamorato di lui come non credevo possibile
si potesse amare qualcuno, ma questo non mi toglie la lucidità e la capacità di
giudizio. Vero…?
«So essere obbiettivo» soffio rapido
– e non ne sono poi così sicuro ora che materializzo con la voce quel pensiero.
Non lo è neanche lo sguardo che mi
lancia Kurt; a smontarmi poi ci pensa il suo sorrisetto saccente.
«In ogni caso» provo a riprendermi
«E’ stato il consiglio a decidere, con l’approvazione di tutti gli Usignoli, quindi, obbiettivo o meno, io non c’entro
molto»
Lui pare pensarci un attimo, come a
voler trovare qualcosa da ribattere, ma poi rinuncia con un sospiro serio,
allontanandosi di qualche passo e voltandomi le spalle.
«Qual è il problema?» chiedo,
davvero serio a mia volta.
«Forse è… che sono semplicemente
insicuro… riguardo tutto questo»
Riguardo
tutto questo…? In un
attimo un non so che di spiacevole mi prende allo stomaco. Tremo.
Tremai. Fu
un brivido che mi prese dalle spalle e corse lungo la schiena con una forza
tale da causarmi un lieve spasmo. Ero certo che avrei trovato Kurt in camera,
dal momento che non era in biblioteca né con qualcuno degli Usignoli. Il vuoto
della stanza però mi smentiva con una crudeltà disarmante. Restai per alcuni
istanti semplicemente fermo, come se il fissare ogni singolo oggetto cadesse
sotto il mio sguardo potesse cambiare il fatto che ero da solo. Speravo di
trovarlo qui, magari seduto sul letto, con le cuffie che portavano il
sottofondo dei minuti che passavano; speravo di poterlo vedere, ora che tutto mi era chiaro e invece non c’era.
Di nuovo.
Nella mia
testa, la sua voce straziata che cantava “Blackbird” tornò
a tormentarmi, ma non le concessi tempo per smorzare in quel modo lo spirito
che, nonostante tutto, continuava a muovermi da quella mattina. La fiamma che
sembrava bruciarmi in petto sarebbe stata più forte anche di un temporale, lo
sentivo.
Mi avvicinai
alla finestra, aprendone una metà per far entrare un po’ d’aria fresca, quasi
potesse portare ordine nella mia testa e nel mio petto e lasciai perdere il mio
sguardo sulla vista che mi si presentava, col tramonto che colorava tutto di
una sfumatura rosata, donando una strana calma ad ogni cosa toccasse.
Eppure
quando aprii anche l’altra parte della finestra, anziché essere invaso dal
vento frizzantino che mi aspettavo, fu una folata fredda a togliermi il fiato.
E non c’era
vento.
I miei
occhi, fino ad un attimo prima persi nel nulla, ora non si staccavano da lui, non ne avevano possibilità alcuna. E più si perdevano in quel colore
chiaro appena visibile, più sentivo qualcosa morirmi dentro, come una fiamma
che divampa in un attimo, in preda al vigore di un’improvvisa forza, e poi, con
la stessa velocità, è spenta dal primo soffio di vento.
In fondo non
era stato così anche per me? Illuso a dar tanta forza a quel fuoco: avevo
capito tutto, mi era chiara ogni cosa… Ed ora lo vedevo lì fuori, distante, così
distante. Sentii qualcosa spezzarsi nel momento in cui Kurt abbassò la testa
chiudendo gli occhi e mi voltò le spalle incamminandosi con lentezza verso la
sua macchina. Non riuscii ad abbandonarlo fino a che, messa in moto, la vettura
non svoltò sparendo dal mio campo visivo; solo allora mi concessi di chiudere
anch’io gli occhi e reggendomi con forza a quel po’ di marmo che sporgeva dal
davanzale della finestra repressi un grido.
Che diavolo
stava succedendo? Quando eravamo arrivati a quel punto noi?
Mi mancava
il fiato. Non sarei riuscito a sopportare l’idea di un’altra notte da solo,
senza la sua presenza così vicina, ancora meno ora che ero certo di amarlo e di
averlo saputo, nel mio cuore, da sempre.
Non lasciarmi, non ora Kurt… Non lo
sopporterei, gridai nella mia testa.
Eppure
sapevo che la colpa di tutto era solo mia, Mia e della stupidità, della cecità,
della paura che mi aveva assalito dal momento in cui le
cose erano state tanto evidenti per Kurt quanto oscure per me. Avrei dovuto
saperlo da subito che lo amavo allo stesso modo in cui lui aveva capito di
amare me… ed invece ero solo stato capace di far finta di nulla, di lasciar
correre la cosa come se semplicemente non fosse successa.
Anzi, il mio
egoismo è arrivato anche oltre.
“Non voglio che tutto questo cambi,
Kurt. Ti prego…”
Ero davvero
stato capace di pronunciare quelle parole? Di dirgli che – qualunque cosa fosse
successa – avrei solo voluto che nulla cambiasse? Perché non mi ero reso conto,
fino ad ora, che in quel modo avevo praticamente calpestato ogni suo sentimento,
chiudendo la questione con un niente di fatto.
Allontanandolo.
Respirai
profondamente serrando gli occhi con forza per cacciare indietro le lacrime.
Piangere o stare qui a riflettere sulle cose fatte non sarebbe servito a nulla
e soprattutto non avrebbe chiarito le cose con Kurt. Non era qui, non ci
sarebbe stato almeno per tutta la notte e ciò significava che avrei avuto tutto
il tempo per trovare una soluzione alla nostra – Sua? mia? – reticenza a chiarire la situazione.
Mi stesi sul
letto con le braccia incrociate dietro la testa e la fronte corrugata, mentre
cercavo un modo per rimediare a tutto. Esisteva? Poteva esistere una sola mossa
con cui avrei messo le cose a posto?
Sì, ovvio!
Una macchina del tempo! Facile, comodo e indolore. E impossibile, certo... in
tutto ciò bisognava dare così tanto peso a questo minuscolo particolare?
Ok. Stavo
impazzendo, era ufficiale. Ed era sicuramente colpa di Kurt… il cui
comportamento era colpa mia. Quindi in definitiva stavo impazzendo per colpa
mia. Bene. Ottimo. Ne sarei uscito mai?
Scattai
improvvisamente dal letto come se fossi stato fulminato e mi diressi rapido in
bagno per gettare la testa sotto l’acqua fredda: dovevo fermare i pensieri che
andavano a mille con meno senso del normale e concentrarmi su un modo
seriamente valido per sistemare le cose.
Mi sarebbe
bastato anche solo trovare il modo di parlargli, in realtà… Da lì avrei potuto
improvvisare al momento senza pensarci più di tanto: ero disperato.
Kurt, sono innamorato di te.
Beh, ottimo
spunto per attirare la sua attenzione. Ma sarebbe crudele in un certo senso
dirglielo con tanta estemporaneità. Se lui avesse cambiato idea? Se non sapesse
più cosa prova per me? Potrebbe semplicemente mandarmi a diavolo.
Non lo avrei
sopportato.
O potrebbe
ancora provare qualcosa per me, ma non più come prima e sentirsi in qualche
modo in dovere di stare con me perché si è esposto per primo.
Mi avrebbe
fatto ancora più male.
No, dovevo
andare per gradi. Trovare il modo di parlargli e cercare di capire quello che
ancora provava, prima di mettere la parola fine a tutto.
Quello mi
avrebbe definitivamente ucciso.
Mentre mi
passavo un asciugamano tra i capelli, cercando di asciugarli quanto prima – in
fondo non è stata proprio una buona idea usare l’acqua fredda –, sentii come se i miei pensieri si fossero davvero improvvisamente
rischiarati. Un’idea mi balzò alla mente.
Cantare.
Era il modo
migliore e più semplice per avvicinarmi a lui, soprattutto ora che le
“Regionali” erano alle porte e avremmo comunque dovuto provare la scaletta. E
se avessi cantato con lui? Se avessi trasformato il solito assolo in un duetto?
Sarebbe stato perfetto. Avrei potuto avere tempo e luogo per parlagli con
calma, per chiarire… per dirgli che ora sapevo cosa volesse dire essere
innamorato di lui, che il mio cuore lo aveva capito da subito e solo la mia
testa aveva fatto fatica ad accettarlo…
Corsi fuori
dalla stanza senza neanche rendermi conto di avere ancora l’asciugamano che
ondeggiava precario sui miei capelli, pronto a cadere alla prima svolta.
Eppure
quando incontrai proprio chi stavo cercando, era ancora lì:facile deduzione dallo sguardo allucinato – e
divertito – che Wes mi rivolse.
«Cercavo
proprio te!» gli gridai col fiato che mi mancava «E ho bisogno anche di David e
Thad: riguarda gli Usignoli»
«Li ho visti
in biblioteca, ma sta’ calmo: che succede?»
Senza
rispondergli, lo presi per il polso e lo trascinai con foga verso la stanza che
mi aveva indicato, ignorando bellamente le sue proteste e i tentativi verbali
di farmi calmare. C’era troppo in gioco perché potessi fermarmi anche solo un
attimo, non ora.
Non ora che
il solo pensiero di poterlo perdere mi avrebbe distrutto dall’interno.
«David! Thad!» gridai, poggiando quasi con violenza la mano libera
sul tavolo e lasciando finalmente andare l’asiatico «Devo parlarvi» feci con
meno fiato di prima, ignorando gli sguardi allibiti ed infastiditi di tutti i
presenti.
«Ti senti
bene, Blaine?» mi chiese con cautela Thad, senza
staccare gli occhi dall’asciugamano che ora stava scivolando dalla mia testa
seguendo la curva della mia schiena; la presi al volo, poggiandola sul tavolo
da studio come se fosse la cosa più naturale del mondo, mentre gli altri tre
Usignoli si scambiarono uno sguardo di stranito terrore.
Da lontano
qualcuno si schiarì la voce per ricordarmi che ero comunque in una biblioteca.
«Sì, sto
bene. Anzi, no, non sto bene affatto: ho bisogno di voi» farfugliai, il cuore
che batteva ancora all’impazzata.
«Se magari
provassi a spiegarci tutto dando parvenza di una sanità mentale che sono sempre
più certo tu non abbia mai avuto, magari potremmo anche aiutarti» mi rispose
autoritario Wes ed ero più che certo che a tutti e tre prudessero le mani,
volenterose di colpirmi per farmi rinsavire.
Presi un
respiro profondo e decisi di calmarmi – come se fosse facile!
«Ho fatto un
casino con Kurt – sì, un altro» mi corressi ai loro sguardo tra il furioso e il
“è-routine-ormai” «E.. in un certo senso, ho bisogno degli Usignoli per
rimediare, o almeno provarci»
«Se magari
si decide ad arrivare al dunque, Anderson!» si finse scocciato David, ma io mi
ammutolii: come avrei dovuto dirlo? “Voglio che mi facciate cantare in coppia
con Kurt alle Regionali”? Sarebbe stato pazzesco… ed ingiusto. Sorvolando lo
smisurato egocentrismo che avrei mostrato nel credere che – a votazioni ancora
non fatte – sarei stato io a cantare durante la competizione, non sarebbe stato
neanche giusto, nel momento in cui si prendeva in considerazione l’idea di un
duetto, togliere la possibilità a chiunque altro degli Usignoli di cantare
puntando l’attenzione direttamente su Kurt.
Quando mi
riscossi dal mio contorto ragionamento, i tre paia di occhi che mi scrutavano
con forza inaudita quasi mi fecero sobbalzare. Si aspettavano che spiegassi
loro quella follia, ma io non avevo alcuna intenzione di condizionare a tal
punto la nostra esibizione, solo per un mio tornaconto personale.
«Emh… io… Avrei da proporre una cosa. Non qui, alla prossima
riunione in programma per gli Usignoli e solo se le cose andranno in un certo
senso. Volevo solo… ecco, mi sarebbe di grandissimo aiuto se voi approvaste ciò
che, in quel caso, chiederò… Cioè, a meno che non sia una cosa completamente
assurda e controproducente…» e non mi sfuggì lo sguardo che i tre si
lanciarono, quasi a chiedersi se in quello stato la proposta che avevo in mente
sarebbe potuta essere altrimenti.
Attesi un
assenso che forse loro non ritenevano necessario, fino a che scorgendo i miei
occhi – che dovevano aver raggiunto sfumature di pateticità mai viste – non li
convinsero del contrario.
«Va… va
bene… credo» esitò Thad «Come vuoi» sembrò assecondarmi,
come si fa con i pazzi.
«Se non sarà
“completamente assurda e controproducente”, ti appoggeremo» tentò di
rassicurarmi David, sostenuto da un cenno del capo di Wes.
Nessuno dei
tre, però, era pienamente convinto di ciò che stava dicendo e del resto, io per
primo non sapevo che fare.
Mi alzai di
scatto e corsi via con la stessa velocità con cui avevo fatto irruzione,
dimenticando l’asciugamano sul tavolo e con un solo pensiero in testa: se tutto
fosse filato liscio, quale sarebbe stata la canzone adatta al duetto? Ad un nostro duetto?
Ovviamente
qualcosa che a Kurt sarebbe potuto piacere, qualcosa che era nelle sue corde,
qualcosa che lo rappresentava… Ora come ora sarei stato capace di trovare Kurt
in qualsiasi cosa.
Ok,
bicchiere mezzo vuoto: la mia testa non era in grado di pensare lucidamente
senza essere invasa da lui.
Bicchiere
mezzo pieno: senza di lui sarebbe stata una notte tremendamente vuota ed almeno
ora sapevo come riempirla.
Kurt è davanti a me, le sue spalle
che cozzano con i miei occhi, in silenzio. Io trattengo il fiato da quando le
sue ultime parole si sono disperse nella stanza – non ho idea di quanti istanti
siano passati, ma non devono essere molti, considerato che lui non si è mosso
né si è accorto del mio mutismo.
“Essere insicuro riguardo tutto
questo”. È quello il suo problema. Ed io ho un’improvvisa paura, come se
cercassi improvvisamente di proteggere dai cavalloni del mare un castello di
sabbia che fino ad ora avevo creduto di cemento.
Sento un nuovo sospiro uscire dalle
labbra di Kurt, mentre io sono ancora immobile, come se avessi quasi il timore
di cadere al primo movimento. Poi lui si volta, un’espressione ancora
lievemente seria ed incrocia i miei occhi: colgo immediatamente un turbamento
nelle sue iridi chiare.
«Blaine… che succede?»
Il mio viso deve esprimere tutto il
tormento che in un attimo e inspiegabilmente
sto provando, perché ora lui mi si avvicina, sfiorandomi il braccio.
«Hai… hai… tu… hai detto di… non
esserne sicuro…»
Lui mi osserva per qualche istante
senza capire.
«È la prima volta che canto un
assolo in una competizione ufficiale, forse ci vorrebbe qualcuno di più
esperto…» spiega con un po’ di incertezza nella voce.
In un attimo, la sua vicinanza, le
sue parole tanto chiare fanno tornare un po’ di ragione nella mia testa. Si
riferiva alla canzone, al fatto che non aveva mai cantato un assolo – duetto in
pubblico. Si era sempre riferito alla
canzone. Ed io… io in un attimo mi sono fatto crollare tutto addosso.
Lo stringo improvvisamente a me con
foga, come se fosse la mia ancora, senza la quale sprofonderei in un abisso
oscuro. Possibile che non avessi fatto davvero caso a quanto Kurt fosse già
parte della mia vita, come fosse una delle mie poche certezze? Come farei senza
di lui?
«Blaine… Blaine, si può sapere che
succede? Che hai?»
La sua voce è sinceramente
preoccupata mentre ricambia il mio abbraccio, cercando allo stesso tempo di
farmi parlare, ma ora che mi rendo conto di come stanno le cose, quasi mi
vergogno ad aver pensato che lui avrebbe potuto tagliare, uccidere tutto questo. Non Kurt.
Ed io ne
sono certo.
«Nulla, è tutto a posto… Ho solo…
non lo so, non credo sia importante» sussurro sulla sua spalla, senza staccarmi
dal suo abbraccio tanto caldo, respirando a pieni polmoni il suo profumo,
l’unica cosa che al momento possa calmarmi.
Kurt lascia che stiamo così fino a
che non sono completamente calmo – assurdo quanto bene mi conosca e quanto in
profondità. Quando ci separiamo, noto con un sottile sorriso il rossore che,
nonostante tutto, gli colora il viso – adoro quando si mostra tanto semplice e
allo stesso tempo così meraviglioso: è anche per questo che lo amo.
«Anche a te capita… di… avere paura?»
chiedo con lo sguardo basso – gli devo tutta la sincerità del mondo.
«Ti ricordo che sono scappato pochi
istanti dopo che mi hai baciato» sottolinea lui con un tono leggermente più
alto del normale ed io sorrido.
«Ho frainteso le tue parole prima:
credevo avessi improvvisi dubbi su di noi…»
confesso infine.
Per un attimo, Kurt rimane a
fissarmi in silenzio, poi è lui a cercare il mio abbraccio con una spontaneità
ed una libertà che quasi non mi aspetto. Dura pochissimo, quasi rinsavisse
facendo subito un passo indietro, ma senza perdere il contatto con i miei
occhi.
I suoi luccicano come poche altre
volte hanno fatto.
«Non potrei avere dubbi su di noi,
non più… Sei.. sei la persona migliore che conosca, Blaine; la sola che voglio…
e… non potrei mai perderti, non lo sopporterei» mi dice con voce lievemente
incrinata.
Come sia possibile che al mondo
esistano due persone diverse eppure così simili nel profondo e per quale
miracolo riescano alla fine a trovarsi con tanta semplicità e perfezione per me
rimane un mistero… eppure io ho trovato Kurt e per me questo è un miracolo, il
solo che abbia mai voluto davvero.
Sorrido di nuovo e lo vedo
avvicinarsi al divano per poi sedersi e rivolgermi un rapido sguardo tra il voglioso
e l’esitante. Lo affianco, poggiando la mia mano sulla sua e cercando i suoi
occhi chiari. Lui li fugge, stavolta abbassando la testa e colorando un po’ le
guance.
«Che cosa c’è ora? Ti ho detto che
il duetto è perfetto, la tua voce è da togliere il fiato e poco importa che sia
la prima volta: sei uno di quelli a cui le cose vengono bene da subito»
Starei a guardare i suoi occhi
luccicare come stanno facendo adesso per tutto il tempo del mondo, potrei
vivere solo di questo.
«Non… non mi riferivo a questo,
Blaine. Tu… tu credi che lo sappiano? Intendo, gli Usignoli… sanno di noi?»
È titubante, la sua voce esita,
eppure non posso fare a meno di fermarmi un istante su quel noi che suona tanto bene. Poi sorrido
ancora – quasi non fossi in grado di rivolgergli altro cenno che quello – e gli
stringo la mano con decisione.
«Kurt, io voglio che lo sappiano tutti!» esclamo con decisione, ma colgo
ancora indecisione nei suoi occhi «Tu…tu no?»
«Oh, Blaine: non ci sarebbe cosa più
bella! Tu… tu non hai idea di quanto io…»
Si ferma, la voce gli trema tanto ed
ora il colorito acceso delle guance cambia, come l’espressione stessa,
assumendo un non so che di triste. Quando finalmente alza gli occhi incontrando
i miei, le lacrime pronte a rigargli il volto quasi mi spaventano; con una mano
gli sfioro la pelle tanto morbida raccogliendo la prima goccia che cade dalle
sue ciglia. Perché stai soffrendo tanto, Kurt? Cosa mi sfugge, cosa non so che
ha il potere di farti stare ancora tanto male?
Lui sembra leggere le mie mute
domande: poggia una mano sulla mia che ancora gli sfiora il viso e tenta un
sorriso che gli riesce solo a metà.
«Pensandoci, non è passato così
tanto tempo da quando chiedevo a mio padre perché non potessi camminare nei
corridoi mano nella mano con qualcuno che mi piaceva… ed ora, Blaine, sei tu a
dirmi che possono saperlo tutti… Se me lo avessero detto allora che avrei
vissuto questo momento, nonostante le mie mille fantasie da inguaribile
romantico, lo avrei considerato semplicemente un crudele scherzo, alla stregua
degli insulti e degli spintoni»
Resto a guardarlo senza sapere più
come articolare parola. La tristezza di quelle parole, il dolore che Kurt porta
inevitabilmente dentro di sé e che si apre a spiragli davanti a me, quando meno
me lo aspetto e in tutta la profondità, mi lascia dentro puntualmente il
bisogno di fare qualcosa e allo stesso tempo un’impotenza tale da spezzarmi.
Sento nascere un nodo alla gola tremendo.
«Qui possiamo fare tutto, Kurt… Qui
possiamo tenerci per mano e baciarci senza temere nulla, lo sai. E un giorno, te lo prometto, cammineremo mano nella
mano nei corridoi del McKinley a testa alta ed io mostrerò a tutti quanto è
magnifico il mio ragazzo e a quanto
hanno rinunciato, costringendoti ad andare via»
La mia voce è tremula sulle ultime
parole, ma non per questo meno sicura di quello che pronuncia. Fareidi tutto per guarire il dolore che ha
provato, per rassicurarlo.
In questo momento, col cuore che
batte all’impazzata e le lacrime che sfidano anche me, sento di voler fare così
tante cose senza riuscire a definirne una in particolare: sento solo una
tensione fortissima che mi consuma dall’interno, un’energia potenziale pronta a
scoppiare tale che potrei perfino essere in grado di volare.
E mentre il petto è ormai in fiamme,
l’unica cosa che riesco veramente a fare e stringere a mia volta Kurt che si è
di nuovo lanciato tra le mie braccia con bisogno, per poi baciarlo, mentre il
suo sapore si mischia a quello delle lacrime ed il salato invade le nostre
sensazioni, quasi potesse amplificarle.
Non so quanto dura, non mi importa;
mentre ancora ci baciamo, mi accorgo che le lacrime che in un primo momento
avevano bagnato le sue guance, ora sono completamente scomparse e lui sorride
sulle mie labbra, la felicità che gli fa ridere anche gli occhi di una bellezza
mozzafiato. Quando siamo costretti a riprendere fiato, poggio la mia fronte
sulla sua, beandomi di tutto quello che ho, mentre non posso fare a meno di
tenere le mie mani sulla sua schiena.
Ancora una volta sento di voler fare
un miliardo di cose nello stesso tempo, una gioia infinita che martella nel
petto e sembra quasi stancarmi. Non mi ero mai sentito così e tutto quello che
sto provando si chiama semplicemente Kurt.
E poi, come nelle migliori scene, l’atmosfera
meravigliosa che si era creata, i nostri respiri tanto armoniosi, i miei occhi
nei suoi, il nostro amore, tutto viene interrotto.
Un fischio. Un lungo fischio di…
approvazione?
Io e Kurt ci voltiamo in
contemporanea verso la porta, dove praticamente tutti gli Usignoli ci stanno guardando con sorrisetti inebetiti ed
occhi spalancati. A fare quel fischio doveva essere stato David che ora ci
osserva come tutti gli altri. Per alcuni istanti rimaniamo semplicemente così,
l’imbarazzo che paralizza noi e loro fermati da… da cosa?
«Finalmente!»
Il grido che si alza e gli applausi
dopo di essi mettono fine alla questione “forse non ci hanno visto mentre ci
baciavamo”. Con la coda dell’occhio, vedo Kurt avvampare e diventare più rosso
dei bordi della giacca che indossa. Sorrido. È meraviglioso quando è
imbarazzato.
Io, da parte mia, fingo una
disinvoltura che in realtà non possiedo con così tanta fermezza, mentre la
marmaglia di Usignoli ci si avvicina con l’entusiasmo dei bambini che arrivano
al parco giochi. In un attimo arrivano pacche sulle spalle, abbracci e parole
sconnesse che non riesco a cogliere. Questi ragazzi sono davvero magnifici.
«Credimi, Blaine: era ora che te ne
accorgessi anche tu!» mi prende in giro Thad «Io e
gli altri avevamo quasi intenzione di mettere i manifesti, data l’evidenza
mostruosa della cosa!»
Per un attimo il mio sorriso si
affievolisce. Ha ragione, ci ho davvero messo un secolo per capire tutto…
Guardo ancora Kurt, ora stretto in
un forte abbraccio da Jeff. Sono stato fortunato, me ne accorgo sempre più ogni
attimo che passa: mi è stato accanto, mi ha aiutato, ha sofferto quando la mia
attenzione non era rivolta a lui… eppure mai, mai ha perso completamente le speranze, mai si è allontanato.
La mano di Thad
sulla mia spalla mi riporta con i piedi per terra, gli sorrido e lui mi
abbraccia.
«Congratulazioni» mi dice con
allegria e quando mi lascia, prendo la mano di Kurt che davvero non mi è mai
parso tanto felice da quando lo conosco.
~ ∞ ~
The power lines went out
And I am all alone
But I don't really care at all
Not answering my phone
Dopo la cappella introduttiva di
tutti gli Usignoli, la sua voce chiara si alza al di sopra del coro che
contribuisco a formare in armonia con gli altri ragazzi. Far cominciare Kurt è
stata un’ottima idea, definitivamente. Non so se lui sia ancora preoccupato: di
solito la musica annulla ogni cosa nel momento in cui le note lasciano le
labbra con tutta la spontaneità di cui sono capaci; guardandolo di spalle,
riesco a scorgere dal leggero movimento del corpo che, in ogni caso, è
certamente più calmo di quando, dietro le quinte, mi ha confessato il suo
nervosismo e gli incubi che lo avevano scosso.
Sorrido, mentre sono attirato
inevitabilmente dalla sua figura snella sotto i riflettori e di fronte al
silenzio del pubblico. Non posso fare a meno di pensare a lui e un certo calore
invade il mio petto senza un motivo apparente – non che ce ne sia bisogno, poi…
Oh Kurt… tanto speciale nella sua
semplicità e spontaneità da togliermi il fiato anche con le minime cose.
Non finirò mai di ripetere a me
stesso quanto sia stato cieco e sciocco. Ho cosìtanto tempo da recuperare con lui…
All the games you played
The promises you made
Couldn't finish what you started
Only darkness still remains
Ora le luci colpiscono anche me che
attacco a cantare in risposta, scendendo il gradino su cui ero fermo e puntando
– adesso con una certa libertà – gli occhi su di lui, il sorriso che si allarga
ancora di più sul mio volto ed il cuore che batte all’impazzata.
Non sono nervoso, non più del
solito. È che cantare con lui fa sembrare ogni cosa talmente diversa… nuova,
che l’inesperienza mi trasforma in un bambino, un bambino che osserva qualcosa
di troppo bello per poter essere concepito tutto in una sola volta.
Mi avvicino sempre di più, con
lentezza e forse anche un pizzico di intima complicità a cui lui risponde
seguendo ogni mio gesto con lo sguardo, anche quando gli passo alle spalle per
affiancarlo poi dall’altro lato ed il sorriso che mi rivolge, così dolce, mi fa
perdere un battito. Sembra che nei momenti migliori, quelli in cui siamo più
stretti, non siamo in grado di fare altro che sorridere, come se non ci fosse
altro modo per esprimere tutto ciò che sentiamo se non con questo semplice
gesto.
E a me non spiace. Amo il sorriso di Kurt.
Lost sight
Couldn't see
When it was you and me
Blow the candles out
Looks like a solo tonight
I'm beginning to see the light
Blow the candles out
Looks like a solo tonight
But I think I'll be alright
Ora è lui a fare qualche passo
indietro, con scioltezza, quasi leggiadria e senza staccare gli occhi dai miei:
i nostri sguardi sono un filo conduttore che non credo siamo in grado di
interrompere. Troviamo sicurezza e forza l’uno nell’altro così, come del resto
abbiamo sempre fatto, anche prima di essere noi.
Ed io lo seguo, facendo qualche
passo verso di lui, quasi imbambolato, incapace di sopportare una distanza
troppo grande. L’ho sempre fatto: da quando ho conosciuto Kurt non sono mai
stato in grado di separarmi completamente da lui e se non era con me
fisicamente, allora lo era nei miei pensieri, costante, e nel mio cuore, da
sempre.
Quando le nostre voci si incontrano,
in un connubio perfetto, ci stiamo ancora guardando, come se per un attimo non
stessimo più ad una competizione ufficiale, davanti ad un pubblico e con il
resto del gruppo, ma solo noi, Kurt e
Blaine e tutto quello che si può comunicare senza parlare.
E poi ci voltiamo verso chi ci
osserva, non perché l’incantesimo si sia rotto, ma per una forse folle speranza
che anche gli altri colgano in noi ciò che cogliamo noi, che vedano la nostra
felicità ed il nostro amore.
One day
You will wake up
With nothing but your sorries
And someday
You will get back
Everything you gave me
Pur guardando avanti, pur cercando
di concentrarci sulle parole, sul dare il meglio di noi stessi, non riusciamo a
fare a meno di guardarci, anche solo per poco, ed io cedo per primo, mentre le
nostre voci sono ancora fuse in una sola.
Un assolo, il nostro assolo, perché
sento di essere ormai una cosa sola con Kurt.
È questo che intendevo con la mia
dichiarazione improvvisata, con quel “è una vita che ti cerco”. In un attimo,
capisco che Kurt è sempre stato tutto quello di cui ho avuto bisogno, l’unica
cosa che abbia davvero cercato, la sola che possa rendermi completo e di nuovo
mi do dello stupido per non aver accettato prima, per aver avuto paura, per
quel folle istinto che ti porta a cercare ciò che vuoi ovunque tranne che nel
luogo in cui si trova, sotto il proprio sguardo.
Lui è sempre stato lì: lo conosco da
così poco, eppure è come se fosse con me da una vita e la sola idea di perderlo
è troppo grande anche solo da ipotizzare.
Quando per un attimo è la mia voce
ad andare da sola, tocca a lui guardarmi e nonostante io sia inizialmente
rivolto a chi ci osserva sento i suoi occhi accarezzarmi, prima di tornare a
guardarlo fino a che le nostre voci non tornano a correre insieme.
Blow the candles out
Looks like a solo tonight
I'm beginning to see the light
Blow the candles out(candles out)
Looks like a solo tonight (Solo tonight)
But I think I'll be alright
Siamo rivolti l’uno verso l’altro,
mentre il ritornello ci segnala che la canzone si sta avviando verso la fine.
Non voglio che finisca, non voglio che passi, perché non mi sono mai sentito
meglio di come sto adesso, con Kurt.
Nelle ultime frasi la corsa delle
nostre voci diviene altalenante, fatta di lasciate e riavvicinamenti che
significano tanto per me e credo anche per lui. Alla fine si ritrovano
nell’ultima frase.
“Credo che starò bene”… Sì, Kurt,
con te sempre. Non ne ho dubbi.
Il pubblico sembra estasiato: le
candele creano scie luminose nel buio della platea e appena il nostro assolo
termina si alzano gli applausi, forti ed entusiasmanti, che fanno battere
ancora più il mio già folle cuore.
I riflettori sono puntati su di me,
mentre con Kurt faccio un inchino di ringraziamento.
No. Non è me che devono illuminare,
non sono io che ho il merito di questo. È Kurt, è lui che tutti devono
applaudire!Senza pensarci più di
tanto con gesto improvviso, lo prendo per le spalle e lo sposto al centro del
fascio luminoso, mentre il pubblico ancora applaude.
Colgo l’imbarazzo e la sorpresa sul
suo volto che con una smorfia tenerissima tenta di sorridere, troppo confuso
per avere un movimento sicuro nell’inchino eppure felice, felice nel profondo.
Io, dal mio canto, non potrei esserlo di più.
Sì, gente, guardate! È ilmio Kurt!
_____________________
^^’ ok, forse ultimamente ci stiamo rilassando un po’
e gli aggiornamenti si fanno aspettare… ce ne scusiamo, ma non dipende solo da
noi…
Anyway, eccovi il “Candles” di Blaine! Spero non sia stata una completa
delusione, considerato il capitolo precedente di Pachelbel
**
Ci tenevo solo a precisare (perché temo non sia
facilmente comprensibile sin da subito) che il momento del flashback di Blaine
fa riferimento alla stessa sera in cui Kurt torna a casa e parla con Finn… una
parte del flashback (la scena alla finestra) è infatti stata prima descritta
dal punto di vista di Kurt ed ora da quello di Blaine ^^ Non ho idea del perché
abbia fatto questa precisazione *crazy* quindi mi
eclisso, ringraziando i fantastici 12 recensori e coloro che in un modo o nell’altro
seguono la storia e che sono in continuo aumento.
~ Quando temi che il padre del tuo
fidanzato possa staccarti la testa a morsi ~
Right right, turn off the lights
We gonna lose our minds tonight
What's the dealio?
I love when it's all too much
5 AM turn the radio up
Where's the rock and roll?
Riprendo
subito a cantare la nostra prossima canzone – Pink, come potevo non proporre
una delle sue creazioni? – cercando di metterci quanto più impegno possibile e
soprattutto tentando di concentrarmi al massimo su quello che sto facendo in
questo momento.
Peccato che
sia ancora tutto preso da Kurt, dal duetto che abbiamo appena finito di
cantare, da Kurt, dal modo in cui mi guardava, da Kurt, dal suo sorriso, da
Kurt, dal calore che sono riuscito a sentire quando mi sono avvicinato a lui
per portarlo sotto i riflettori, da Kurt, dal suo profumo e…
ho già detto da Kurt?
Lo so, lo so… sono pessimo. Ma non è colpa mia se non riesco a fare a
meno di pensare a Kurt.
Party crasher, panty snatcher
Call me up if you are gangsta
Don't be fancy, just get dancey
Why so serious?
Già, pensare
a Kurt… ed essere serio. Ci credo che lo sono! Prima
in pullman, mentre venivamo qui, mi ha del tutto spiazzato invitandomi a casa
sua per la prossima domenica. È stata davvero una sorpresa, non me lo aspettavo
proprio. Non so in che veste mi presenterà a suo padre e a Carole, soprattutto
dal momento che sospetto che Finn sappia già tutto…
Anderson,
questo non è il momento di preoccuparsi! Te ne occuperai in seguito. Piuttosto,
pensa a cantare e a impegnarti al massimo per portare a casa quel trofeo!
So raise your glass if you are wrong
In all the right ways
All my underdogs, we will never be, never be
Anything but loud
And nitty gritty dirty little freaks
Won't you come on, and come on, and
Raise your glass
Just come on and come and
Raise Your Glass!
Continuo a
cantare, facendo uscire quanta più voce possibile. Volteggio intorno ai miei
compagni, seguendo i passi previsti dalla coreografia, cercando il più
possibile di pensare solo a poche cose: i passi, le parole e basta. E pian
piano, l’idea che quel trofeo possa davvero essere nostro, che potremmo andare
alle Nazionali, mi fa stringere lo stomaco in una morsa.
Non ci ho mai
pensato veramente in quest’ultimo periodo, le mie attenzioni erano tutte
focalizzate su Kurt. Certo, sapevo che avremmo dovuto esercitarci per vincere
alle Regionali, e difatti è quello che abbiamo fatto. Ma il mio pensiero di
base è sempre stato Kurt.
So if you're too school for cool
And you're treated like a fool (like a fool)
You could choose to let it go
We can always, we can always
Party on our own...
Ora che però
mi ritrovo qui, a un passo dal poter effettivamente vincere…
sento un brivido di eccitazione scorrermi lungo la schiena. Vincere ci farebbe
estremamente bene, sia a livello emotivo sia da un punto di vista scolastico.
Alla Dalton tengono in gran considerazione il nostro gruppo e l’arrivare alle
Nazionali certamente ci permetterebbe di ottenere dei punteggi in più quando
poi ci troveremo a dover fare domanda per il college – momento che, per quanto
mi riguarda, è davvero remoto.
E infine, le
Nazionali quest’anno si terranno a New York e io smanio all’idea di andarci.
Sarebbe davvero spettacolare trascorrere dei giorni lì con tutto il gruppo – in
particolar modo con Kurt.
Un sorriso
mi si dipinge sul volto mentre continuo a cantare con quanto fiato ho in corpo,
mentre varie immagini cominciano a formarmisi in
testa.
Io e Kurt per
mano, in giro per le strade di New York. Il suo sorriso e i suoi occhi luminosi
che spiccano a TimesSquare.
Il suo sguardo, un misto di stupore e commozione, a Broadway. E infine, il
sorriso che rivolgerebbe a me, e a me soltanto.
So raise your
So raise your glass if you are wrong
In all the right ways
All my underdogs, we will never be, never be
Anything but loud
And nitty gritty dirty little freaks
Quell’immagine
resta fissa nella mia mente, mi si imprime quasi sulla retina – non riesco a scacciarla
via. E improvvisamente, lo sfondo che faceva di contorno al suo viso – le
insegne luminose delle strade di New York – si trasformano e diventano i
contorni della sala studio della Dalton, per poi cedere il posto al bianco dei
cuscini dei nostri letti e diventare infine i contorni sbiaditi di una cucina
che non conosco.
Capisco che
non importa di dove saremo, l’unica costante è il sorriso che Kurt mi rivolge. Ed è solo questol’importante: Kurt.
Won't you come on! and come on! and
Raise your glass
Just come on and come and
Raise your glass
Won't you come on! and come on! and
Raise your glass
For me
Non importa se vinceremo o meno. Certo, ci tengo davvero tanto a vincere le
Regionali, ma anche se non dovesse succedere, non mi dispererò. Perché vincere
le Regionali significherebbe solo vincere un mero e freddo trofeo, di cui
magari non conserverò alcun ricordo quando sarò vecchio.
Sento di aver vinto qualcosa di molto più importante, ne ho la certezza. Ho
vinto Kurt.
E nel momento in cui vedo Kurt sorridermi dall’altro lato del palco,
correre verso di me e abbracciarmi davanti a tutti, sento che è questa la
vittoria più grande che potessi ottenere.
~ ∞ ~
Le mani quasi tremano per l’agitazione nel momento in cui mi ritrovo davanti
allo specchio della mia camera della Dalton a sistemare al meglio il mio
papillon. Perché diamine ho deciso di metterne uno? Perché ho deciso di dover
essere ben vestito per questo pranzo? E se andasse a finire che sarò l’unico
vestito elegante? No, dai, di questo non devo preoccuparmi. Kurt sarà vestito
di tutto punto, come è solito fare.
Ed ecco un’altra cosa che mi piace di Kurt: notare quante migliaia di capi
di abbigliamento possiede, ognuno più bello dell’altro. O meglio, qualsiasi
cosa lui indossi, per me sarebbe sempre stupendo, però ogni volta riesce a
sorprendermi con outfit sempre nuovi e diversi. Sto
cominciando a non sopportare quella divisa che lo nasconde fin troppo, quel
blazer che non gli si appiccica addosso come invece fanno i suoi soliti
maglioni lunghi, o quei pantaloni che certamente non sono stretti quanto quelli
che è abituato a indossare. Io amo i
suoi pantaloni stretti, lo fanno sembrare un essere etereo e bellissimo,
slanciandogli le gambe e mettendogli in mostra il…
Blaine Anderson, fermati immediatamente! A cosa diamine stavi pensando, si può
sapere?!
Fortunatamente vengo salvato in extremis dall’imbarazzo in cui mi ero
cacciato da solo da Wes e David, che fanno capolino
nella stanza che divido con Kurt. Devo trovare un modo per evitare che chiunque
possa entrare nella nostra stanza senza avvisare – non vorrei che trovassero me
e Kurt in situazioni poco…
Ancora, Anderson?! La vuoi smettere di pensare al tuo fidanzato in quei
termini? Sai benissimo che Kurt non approverebbe e d’altronde neanche a te
sembra il caso di affrettare le cose, giusto? Non vuoi rovinare tutto e
soprattutto, benché tu ti spacci per uomo vissuto, non lo sei affatto. Chissà
se poi saresti in grado di fare il primo passo, se ti trovassi davvero nella
possibilità di farlo.
L’immagine sfocata di un Kurt con uno sguardo penetrante a me indirizzato
mentre mi si avvicina carponi sul letto fa improvvisamente capolino nella mia
mente. Un sorriso malizioso mi si dipinge sulle labbra, finché…
«Blaine, sei sicuro di star bene?»
Sobbalzo nel sentire la voce di Wes che mi
richiama, mentre metto bene a fuoco prima una mano che sventola a pochi
centimetri dal mio naso, e poi lo sguardo stranito dei miei due amici, qualche
passo più in là. Mi guardano come se si stessero chiedendo cosa c’è di
sbagliato in me. Effettivamente me lo sto chiedendo anche io.
«Sì, sì, sto bene» mi affretto a rispondere prima che Wes
e David decidano di portarmi direttamente in un centro di cura per malattie
mentali. Devo avere davvero un’espressione da idiota.
«A giudicare dalla tua espressione non sembra» risponde David facendo un
passo avanti ed esaminandomi con fare medico. «Sei passato dal rosso
imbarazzato a un sorriso ebete nel giro di qualche secondo.»
Io abbasso lo sguardo e torno a concentrarmi sul mio riflesso allo
specchio, finendo di sistemarmi il farfallino. Non dico nulla – non ci sarebbe
nulla da dire che potrebbe giustificare il mio strano comportamento – e passo
poi a dedicarmi ai capelli, costretti come al solito sotto quintali di gel. I
miei due amici continuano a rimanere in piedi dietro di me, a fissarmi con uno
strano sorriso sulle labbra.
Quando alla fine mi reputo conciato abbastanza decentemente per andare a
conoscere i genitori del ragazzo di cui sono innamorato – che poi li conosco
già, ma questa volta sarà completamente diverso – mi volto verso Wes e David, squadrandoli da capo a piedi. Hanno due
espressioni che non mi convincono affatto.
«Si può sapere che avete da guardare con quei sorrisetti inquietanti?» dico
incrociando le braccia al petto.
I due si guardano per un attimo, sospirando, finché poi David mi rivolge
due occhioni lucidi e dice, «Sono così fiero di te!»
«Già, stai diventando grande…» aggiunge Wes con un dolce sorriso sul volto.
«Il nostro Blaine sta crescendo…»
dicono infine in coro.
A quell’uscita, non posso fare a meno di alzare le sopracciglia e lasciare
che la mia mascella cada a terra, continuando a fissarli imbambolato. Non so se
prendermela per il fatto che mi considerino alla stregua di un bambino, o se
gongolare del fatto che mi considerino il loro figlio. Il primo di una lunga serie… Non mi stupisco neanche poi tanto quando si
afferrano entrambe le mani, stringendosi l’uno all’altro con degli sguardi
commossi.
Alzo gli occhi al cielo e tiro un sospiro. «Sì, va bene. Io sono vostro
figlio e voi due i miei genitori. Qualche consiglio utile?»
Non mi faccio nemmeno assalire dalla tristezza che dire questa frase mi ha
messo in corpo. O meglio, non le permetto di prendere possesso delle mie intere
sensazioni. Non permetterò che mi rovinino questa giornata, né loro né il
pensiero che ho di loro. Ho sempre saputo che i miei genitori non sarebbero
stati al mio fianco quando un giorno come questo sarebbe arrivato; perciò mi
accontento di quello che ho. E, fissando i miei due migliori amici – che hanno
entrambi inclinato la testa con uno sguardo preoccupato sul volto dal momento
che, lo so, hanno capito che cosa mi sta passando per la testa in questo
istante – posso anche affermare di essere fortunato.
Tutti e tre restiamo a fissarci per un interminabile periodo di tempo
finché, proprio come mi aspettavo, Wes dice, «Non
farti prendere dal panico e soprattutto evita di guardare negli occhi il padre
di Kurt. Potrebbe approfittarne e incuterti ancora più paura, costringendoti ad
issare bandiera bianca e allontanarti da Kurt.»
Stringo i pugni anche solo a sentire quella frase. Non permetterò a nessuno di allontanarmi da Kurt, di
mettersi in mezzo a noi. A nessuno.
Non faccio in tempo a replicare che David, con la sua solita calma che tanto
lo contraddistingue, dice, «Tu comportati naturalmente e cerca di stare
rilassato. Agitarsi peggiora sempre le cose.»
«Già, è vero. Alla fine l’importante per quelle persone è che tu non voglia
prendere in giro Kurt; vorranno avere le prove che ci tieni davvero.» Si
intromette Wes.
«E non è complicato da capire. Basta osservare i tuoi occhi quando lo
guardi.» Conclude David.
Io non posso fare a meno di sorridere, mentre sento una strana sensazione
in gola, un groppo, come se stessi per piangere. A volte mi domando che cosa io
abbia fatto di buono per meritare degli amici come loro, che mi stanno vicino
senza giudicarmi e senza chiedere nulla in cambio. Sono fantastici.
Senza pensarci due volte, faccio una cosa che non sono abituato a fare. Mi
sporgo verso di loro e li stringo in un abbraccio. E quando anche loro mi
ricambiano, mi sento proprio un bambino che viene abbracciato dai suoi
genitori, non solo per un mero fatto di altezza, ma perché con loro mi sento
protetto. In questi anni, sono diventati la mia famiglia.
Quando ci separiamo, Wes combatte l’imbarazzo in
cui siamo caduti sdrammatizzando, come sempre, e dice, «Ah, anche un’altra
cosa, nano maleficamente ingellato: non guardare
troppo Kurt e non fare pensieri strani su di lui. I genitori, in particolar
modo i padri, hanno una specie di radar quando si tratta di sesso.»
Arrossisco immediatamente alle sue parole, ripensando alle immagini ben
poco caste che mi erano venute in mente giusto qualche minuto fa. Dovrò cercare
di controllarmi se non voglio che Burt mi stacchi la testa a morsi.
Senza dilungarmi oltre in chiacchiere che hanno il solo scopo di mettermi
in imbarazzo e farmi preoccupare più di quanto credessi possibile, li saluto
con una pacca sulla spalla ciascuno ed esco dalla stanza, afferrando le chiavi
della macchina al volo. Mi precipito giù per le scale, cercando di non pensare
a cosa dovesse succedere se arrivassi in ritardo a casa di Kurt. Nel mio
percorso fino alla macchina mi imbatto in parecchi Warblers,
che mi fanno tutti gli auguri per il pranzo da Kurt; inutile, c’è poco da fare:
i maschi, etero e non, sono più pettegoli delle ragazze, se si trovano in certe
situazioni.
Arrivato finalmente alla macchina, cerco di rilassarmi e perciò inserisco
l’ultimo cd di Katy Perry. Fortunatamente la sua voce
ha l’effetto sperato: tempo pochi minuti che mi sono già tranquillizzato un
po’, tanto che mi metto persino a cantare a squarciagola, tamburellando anche
un po’ con le dita sul volante seguendo il ritmo della canzone.
Quasi non mi rendo conto quando arrivo a casa di Kurt. Freno bruscamente
davanti al giardino di casa sua e guardo verso quella che so essere la finestra
della sua stanza; mi è persino sembrato di vedere la tenda muoversi di scatto,
ma non vorrei sbagliarmi.
Quando spengo la musica e infine il motore, vengo di nuovo assalito
dall’ansia. E se dovessi stare antipatico al padre di Kurt? D’altronde, la
prima volta che mi ha visto, alla partita del McKinley, non abbiamo poi parlato
tanto; la seconda volta mi ha trovato nel letto di Kurt, e io non ero in grado
nemmeno di mettere in fila una frase con un senso compiuto. E la terza volta
gli ho praticamente ordinato di parlare al figlio di sesso. No. No, non credo
di stargli affatto simpatico.
Reprimo un gemito, dandomi dello stupido per come mi sono comportato in
precedenza con Burt. Come mi sono permesso di rivolgermi a lui con un tono così… superiore? Come ho anche solo osato venire a parlare
con lui di un argomento tanto delicato?
Però, ripensandoci, se non fossero successe tutte quelle cose, io non sarei
dove sono ora. Io non avrei capito di essere innamorato di Kurt e noi non
saremmo mai stati insieme. Nonostante tutte le difficoltà che abbiamo dovuto
affrontare, siamo riusciti a trovarci e stare insieme. Perciò, affronteremo
anche questa, e ne usciremo a testa alta, come abbiamo sempre fatto.
Stringo i pugni ed esco dalla macchina, chiudendola, per poi avviarmi per
il loro vialetto, dritto verso lo spesso portone. Tempo pochi attimi che me lo
ritrovo davanti. Alzo una mano tremante per suonare il campanello, poi chiudo
gli occhi e prendo un profondo respiro.
Courage, Anderson!
Suono. E subito dopo sento dei passi pesanti avvicinarsi oltre la porta,
che viene poi spalancata con forza. Di fronte a me c’è Finn,
infagottato in una camicia bianca che non è affatto nel suo stile; sono certo
che in qualche modo c’entri lo zampino di Kurt.
Sorridiamo entrambi imbarazzati mentre lui mi fa cenno di entrare,
indietreggiando. Io entro con fare titubante in casa, salutandolo. Non è la
prima volta che vengo qui, ma ora sembra tutto diverso.
«Ehi amico, dammi pure la giacca!» mi fa Finn,
cercando di mettermi a mio agio con un largo sorriso.
Lo ringrazio con gli occhi, togliendomi la giacca e porgendogliela. Dalla
cucina sento provenire dei rumori di posate e pentole – immagino che Carole
stia cucinando. Il mio sguardo però viene attirato dalle foto appese lungo
tutte le pareti. Mi avvicino un po’ per osservarle meglio.
In una si vede Finn bambino, con indosso un
elmetto da militare, mentre è seduto alla batteria; sta sorridendo verso
l’obiettivo. Mi nasce spontaneo un sorriso, mentre mi giro a osservare Finn dietro di me, che non ha smesso un attimo di seguire i
miei movimenti.
«Le vecchie abitudini sono dure a morire, vero?» gli chiedo per spezzare un
po’ il ghiaccio. Ma il ragazzone mi fissa con un’espressione stranita, inclinando
la testa di lato e dicendo, «Eh?”
Scuoto la testa, affondando le mani nelle tasche dei pantaloni. Kurt mi
aveva avvertito del fatto che Finn non avesse tutto
questo acume, o almeno per la maggior parte del tempo. Così mi limito a
spiegare.
«Kurt mi ha detto che suoni la batteria. A quanto vedo la suonavi fin da
piccolo.»
Devo aver fatto centro, perché il ragazzo di fronte a me si apre in un
sorrisone. «Sì, mi è sempre piaciuta tanto! Mi rilassa suonare la batteria,
scarico tutto ciò che provo.»
«Immagino,» commento mentre passo poi alla foto successiva, che raffigura
Carole e Burt il giorno del matrimonio.
Quando il mio sguardo si posa su quella affianco, non posso fare a meno di
allargare ancora di più il mio sorriso; sento gli occhi farsi lucidi mentre
osservo con attenzione le due persone nella foto, i loro sorrisi simili, i
capelli dello stesso identico colore e gli occhi che sembrano due gocce d’acqua
completamente identiche. Non ci metto molto a capire che i due soggetti della
foto sono Kurt e quella che deve essere sicuramente sua madre. Sinceramente,
non so chi guardare: se la stupenda donna che ha messo al mondo una creatura
perfetta come Kurt o se Kurt bambino, felice come l’ho visto solo poche volte.
E lo stomaco fa una piccola capriola, seguito subito dopo dal cuore, quando
mi rendo conto che effettivamente l’ho visto così tanto felice solo quando gli
ho chiesto di diventare il mio fidanzato, davanti alla finestra della nostra
stanza della Dalton, al tramonto.
Senza rendermene conto sollevo una mano per sfiorare la cornice della foto,
la parte vicino al volto di Kurt. Sono completamente perso a osservare la foto,
tanto che mi dimentico di Finn al mio fianco, che si
premura subito di riportarmi con i piedi per terra, invadendo il mio spazio
personale.
Sollevo lo sguardo su di lui, aspettandomi di trovare i suoi occhi che
cercano i miei; e invece vengo smentito. Non sta guardando me, ma la foto. Vedo
i suoi occhi seguire i contorni del viso della mamma di Kurt, per poi passare a
quelli del suo fratellastro. Rimango immobile e in silenzio, aspettando che
dica qualcosa.
«Spero per te che tu ci tenga davvero a lui…»
sussurra, in netto contrasto col tono di voce duro che ha usato per rivolgersi
a me.
Non mi stupisco più di tanto, immaginavo che avrei dovuto ricevere la
paternale dal fratello maggiore – che poi maggiore non è, ma questi sono solo
semplici dettagli. Comunque, sapevo che Finn avrebbe
voluto parlarmi, d’altronde il mio intuito mi dice che Kurt debba avergli detto
qualcosa su di noi. Dopotutto, era presente anche lui la sera del party a casa
di Rachel…
«Ha già sofferto tanto, e non si merita di soffrire ancora.»
Non mi guarda negli occhi: il suo sguardo non si è ancora distolto dalla
fotografia. Io non posso fare a meno che rimanere spiazzato da questo suo
comportamento; non mi aspettavo che tenesse così tanto a Kurt. Ciò non fa che
rendermi orgoglioso del mio fidanzato: riesce a farsi voler bene da tutti e non
è una cosa da poco. Mi affretto quindi a rispondere immediatamente a Finn, anche io senza guardarlo in volto.
«Non ho alcuna intenzione di farlo soffrire…»
sussurro anche io, imitando il suo tono di voce di poco prima.
Questa volta sento uno sguardo penetrante che mi fissa. «Lo hai già fatto.»
Alzo lo sguardo anche io, e non faccio fatica a sostenere quello di Finn, per quanto le sue parole mi abbiano ferito. So di
avergli fatto del male, ma da ora in avanti farò di tutto per fare in modo che
non capiti più.
«Non era mia intenzione farlo. E giuro su ciò che ho di più caro che
faròqualsiasi
cosa per far sì che non succeda. Mai
più.»
Le mie parole devono avere avuto un qualche effetto su di lui, oppure è
stato il mio tono serio, perché abbassa lo sguardo a terra. E, senza che io
avessi comandato a quelle parole di uscirmi dalle labbra, dico, «Sono
innamorato di Kurt.»
Lui rialza immediatamente lo sguardo su di me e mi osserva per qualche
secondo; io sostengo quello che non è altro che un esame, senza abbassare mai
gli occhi a terra. Alla fine, dopo quelle che paiono ore, fa un passo verso di
me e stende una mano nella mia direzione, mano che è però chiusa a pugno.
Sorrido e colpisco il suo pugno con il mio.
«Ottimo, è un piacere averti qui Blaine.» Dice
con tono di voce allegro.
Sto per replicare quando una voce ci interrompe, una voce cristallina e
acuta, una voce che riconoscerei tra mille, una voce che mi manda letteralmente
il cuore in gola.
«Blaine!»
Mi volto verso le scale, al fondo delle quali c’è Kurt, stretto in un paio
di pantaloni neri, la mano che poggia su un fianco. Sposto lo sguardo verso
l’alto, seguendo il profilo del suo busto coperto da un maglioncino grigio
aderente e a collo alto, finché non incrocio i suoi occhi. Sento lo stomaco
fare una capriola alla vista del mio stupendo, bellissimo, straordinario
fidanzato.
Deglutisco, sentendo il cuore mancare qualche battito e le mani iniziare a
sudare, mentre il mio corpo praticamente mi urla
di correre verso di lui e baciarlo lì, nel bel mezzo dell’ingresso di casa
sua, davanti a Finn. Invece mi limito a restare
immobile a fissarlo imbambolato. Prima o poi la smetterà di avere questo potere
su di me, questo potere che mi riduce sempre a un pesce lesso. Non che mi
dispiaccia, certo!
«Ciao!» dico infine, quando finalmente la salivazione torna ad agire
normalmente.
Lui, dannato, mi fa un altro dei suoi sorrisi che sono in grado di portarmi
dritto in paradiso, e io non posso fare a meno di avvicinarmi a lui, quasi come
se fossi attratto da una calamita. E il piacere che provo quando vedo anche lui
avvicinarsi a me, con un dolce sorriso sulle labbra e gli occhi che brillano, è
indescrivibile.
Ci ritroviamo vicini nel bel mezzo dell’ingresso e le nostre mani si
trovano a metà strada, le dita che si intrecciano e una sensazione di calore
che mi invade, improvvisa, il petto. Mi rendo conto che ora che c’è lui,
l’ansia mi ha del tutto abbandonato. Con lui vicino, so di poter affrontare
qualsiasi cosa.
«Finn ti ha già assalito?» mi chiede con un mezzo
sorriso, lasciando per un attimo i miei occhi per fissare il suo fratellastro
alle mie spalle, da cui sento provenire un flebile gemito di protesta, seguito
poi dal rumore di passi che si allontanano.
«Uhm… no.» Gli rispondo, iniziando a fissare le
sue labbra con insistenza. «Siamo soli ora?» chiedo subito dopo, vergognandomi
un po’ di me stesso. Non so cosa mi stia succedendo, forse è colpa di tutti i
pensieri che mi sono presi prima, quando ero alla Dalton, ma provo
l’inarrestabile impulso di baciare Kurt.
Lui ovviamente non sembra aver capito il motivo per cui gli ho posto quella
domanda, perché inclina la testa da un lato e mi dice, «Si, perché -?»
Non attendo oltre. Sto per fiondarmi sulle sue labbra – sento già il suo
respiro che mi accarezza la bocca, le sue mani che si stringono attorno alla
mia vita, i suoi occhi sorpresi – quando veniamo, o meglio, vengo interrotto da
una voce che ho sentito solo una volta, qualche mese fa.
«Ragazzi, scusate l’interruzione!»
Kurt fa un salto di parecchi centimetri, mettendo le dovute distanze tra i
nostri due corpi e si volta verso Carole, arrossendo. Anche a me viene quasi un
infarto per lo spavento, ma non posso fare a meno di notare quanto sia
adorabile Kurt in questo momento, le gote rosse per l’imbarazzo e la voce
stridula mentre saluta la sua matrigna. Cerco di darmi un controllo e vengo in
aiuto a Kurt, avvicinandomi a Carole e offrendole la mano.
«Piacere, Blaine. Non so se si ricorda di me.»
Ora che sono arrivati i momenti delle presentazioni, mi sta tornando l’ansia.
Meglio da un certo lato; almeno metterà a sopire la voglia che ho di
avvicinarmi a Kurt e baciarlo finché non saremo costretti a fermarci per
mancanza d’aria.
Carole mi rivolge un sorriso affettuoso, che ha un impatto abbastanza
potente su di me, facendomi scordare quasi del tutto dei miei istinti da
adolescente con gli ormoni impazziti. Il sorriso della matrigna di Kurt è un
sorriso che non potrei definire in altro modo se non con materno. Era
tantissimo che non vedevo un sorriso del genere, soprattutto era tantissimo che
qualcuno non mi rivolgeva un sorriso del genere. Sento quasi tremare le
ginocchia mentre un morso strano mi prende alla bocca dello stomaco.
Scaccio subito quella brutta sensazione. Ho promesso che non permetterò ai
miei genitori di rovinare questa giornata; non mi permetterò di fare paragoni.
«Certo che mi ricordo di te, caro.» Dice stringendomi la mano. «Anche
perché sarebbe un po’ difficile dimenticarsi di te, visto che Kurt pronuncia il
tuo nome ogni volta che gli è possibile.» Aggiunge con un sorriso e un
occhiolino.
Getto un’occhiata a Kurt giusto solo per gustarmi la sua reazione; come
prevedevo, è di nuovo arrossito e ha aperto la bocca per dire qualcosa di
pungente, ma evidentemente non ha trovato nulla di abbastanza acuto da dire,
perché tace. Sorrido e riporto lo sguardo su Carole.
«Spero dica cose belle.»
«Stupende, tesoro. E ti prego, dammi del tu.» Aggiunge lei rivolgendomi di
nuovo uno di quei sorrisi materni.
Annuisco, mentre lei ci fa strada in cucina, dove troviamo Finn seduto al tavolo, mentre occhieggia con sguardo
affamato il tacchino posato sulla tavola. Io invece rimango a fissare e cercare
di recepire il calore che è presente in quella stanza; e non sto parlando di
questione di temperatura, quanto di sentimento. Sembra ci sia un’aria così… familiare.
Mentre Carole si dedica a sistemare qualcosa che ha tutta l’aria di essere
della verdura, canticchiando ad alta voce una vecchia canzone che non ricordo
dove ho già sentito, Kurt mi trascina un attimo in salotto con una scusa.
Lontano da orecchie indiscrete, mi avvicino a Kurt e gli sussurro
all’orecchio, «Ma i tuoi sanno di me, oppure glielo vogliamo dire proprio in
pompa magna?”
Kurt mi fissa con un’espressione shockata, ancora leggermente rosso in
viso, e scuote la testa. «No, non lo sanno. Però non voglio dirglielo in pompa magna. Pensavo di prenderli uno
per volta.»
Per me qualsiasi cosa preferisca Kurt, in questo caso, mi sta bene.
D’altronde qui si tratta dei suoi genitori, della sua famiglia, e tocca a lui
decidere come agire. E devo dire che mi rende più tranquillo sapere che non
dovremo fare un grande annuncio a tavola, come se stessimo per sposarci. Almeno
così potrò affrontarne uno per volta.
«Finn lo sa.» Sussurro all’orecchio di Kurt. Lo
vedo rabbrividire e chiudere gli occhi a causa del mio fiato così vicino alla
sua pelle, e devo dire che la sensazione di vederlo in questo stato per colpa
mia mi piace.
Quando riapre gli occhi mi rivolge uno sguardo a metà tra l’ironico e il
mortificato. «Sì, lo ha saputo subito. È da lui che sono andato quando mi hai
baciato e poi sono… scappato.» Alzo un sopracciglio e
lo fisso: a quanto pare ci avevo visto giusto. «E’ che mi è stato parecchio
vicino quando ero… triste.»
Il tono con cui lo ha detto mi fa improvvisamente sentire di nuovo in
colpa. L’ho davvero fatto soffrire, sebbene non fosse mia intenzione. Ora come
non mai, sento davvero che quello che ho detto poco fa a Finn
è la pura verità, e mi impegnerò per rispettare quel giuramento.
Perciò lo prendo per mano e incastro alla perfezione le dita tra le sue.
Lui stringe la mia mano e mi rivolge un sorriso luminoso. Restiamo a fissarci
per quelle che sembrano ore, finché cominciamo ad avvicinarci sempre di più
l’uno all’altro. Questa volta non c’è nessuna fretta nel desiderare l’uno le
labbra dell’altro, è più un godersi quell’attimo di straziante attesa prima del
bacio, che a volte è quasi meglio del bacio stesso.
Purtroppo, anche questa volta veniamo interrotti dal rumore della porta di
casa che si apre e da una voce profonda che dice, «Sono arrivato!»
Io e Kurt sciogliamo subito le mani e sento di nuovo il cuore iniziare a
correre troppo veloce per i miei gusti, ma ora sono di nuovo nervoso: Burt è
appena arrivato a casa. Ciò significa che tra poco verrò ucciso.
E infatti, quando il padre di Kurt fa il suo ingresso in salotto e inizia a
osservare quanto io e suo figlio siamo vicini – troppo per i suoi gusti a
quanto pare – inizio mentalmente a pregare e a darmi dell’idiota per non aver
fatto testamento. Sembra quasi che voglia strapparmi la testa a morsi.
Deglutisco e mi allontano un po’ da Kurt, in imbarazzo. Poi faccio qualche
passo verso Burt, allungando una mano per stringere la sua.
«Non so se si ricorda, io sono –»
«Blaine, sì. Mi ricordo di te.» Dice lui con tono
burbero, inclinando la testa e guardandomi con la stessa espressione che ho
visto fare un sacco di altre volte a Kurt.
Kurt che decide di salvarmi, facendosi avanti e iniziando a spingerci verso
la cucina. «Forza, su! Carole ha preparato un pranzo coi fiocchi, quindi spero
che tu, papà, abbia scelto il vino adatto!»
Vedo Burt alzare gli occhi al cielo e rilassarsi all’istante, mentre gli sfugge
un sorrisetto a causa della manie di perfezione del figlio. Sorrido anche io,
mentre mi appresto a seguirli in cucina.
Sono ancora un bel po’ in ansia. Temo il momento in cui dovremo metterci a
parlare con Burt e Carole, ho paura che non ne uscirò vivo. Quando però entro
in cucina e trovo praticamente tutti seduti al loro posto, tranne Kurt che è in
piedi ad aspettarmi e Carole che è vicina ai fornelli, mi rendo conto che prima
di qualsiasi cosa, dovrò affrontare un pranzo.
Sarà imbarazzante. Non so proprio di cosa parlerò.
*
Ok, se prima avevo pensato che il pranzo sarebbe stato imbarazzante, ho
dovuto ricredermi. Credo sia tutto merito di Finn
però. Infatti, per mia fortuna, ha iniziato a parlare di football, una
conversazione che è riuscita a catturare l’attenzione sia mia sia di Burt.
Edè stato davvero un bene, sia perché
mi ha dato la possibilità di sciogliermi un po’ e di dire qualcosa, sia perché
almeno Burt ha smesso di squadrarmi con fare inquisitorio e forse anche un po’
preoccupato, quasi temesse che potessi alzarmi e iniziare a parlare di sesso
gay e di come parlarne al figlio.
Certo la conversazione sul football non ha interessato Kurt e Carole, ma
non sembra che se le siano presa, soprattutto Kurt. Anzi, sembra quasi felice
che io stia parlando con suo padre mantenendo dei toni normali e civili. Non so
cosa si aspettasse, ma devo dire che sta andando tutto meglio di quanto avevo
immaginato.
A volte tuttavia non posso fare a meno di distrarmi un attimo e lanciare
qualche occhiata fugace a Kurt, al modo in cui si porta la forchetta alle
labbra, o al modo in cui una o due volte la sua lingua è guizzata fuori dal suo
rifugio per leccarsi il labbro inferiore. Oppure è lui stesso a distrarmi,
sorridendomi o guardandomi soltanto; oppure sfiorandomi il ginocchio con il
suo, come in questo momento.
Alzo lo sguardo su di lui e incrocio subito i suoi occhi imbarazzati; però
non si affretta ad allontanare il ginocchio, come invece avevo pensato facesse.
Questo semplice contatto mi fa rabbrividire e provo di nuovo il terribile
impulso di sporgermi verso di lui e catturare tra le mie quelle labbra rosse.
Mi trattengo, nemmeno io so come.
Quando però sentiamo qualcuno – Finn – schiarirsi
la gola, capiamo che forse siamo stati un po’ troppo a fissarci questa volta.
Sposto lo sguardo su tutte le altre persone presenti al tavolo: Finn sembra imbarazzato, Carole ci sta osservando con un
dolce sorriso sul volto e Burt…
Diamine, credo proprio che Wes avesse ragione sul
radar dei padri a proposito del sesso! Sembra proprio che Burt abbia capito
verso quali binari siano deviati i miei pensieri e temo di nuovo che voglia
staccarmi la testa a morsi. Abbasso lo sguardo e sposto la gamba che prima era
ancora in contatto con quella di Kurt. Almeno così riuscirò a pensare
lucidamente.
Fortunatamente quel momento di imbarazzante silenzio viene spezzato, da
Carole questa volta, che ci invita ad andare via dal tavolo e svagarci per
un’oretta, mentre finisce di preparare il dolce.
«Kurt, perché non fai vedere a Blaine la tua
stanza?» propone la donna, lanciando una veloce occhiata di ammonimento al
marito, per poi spostare lo sguardo su me e Kurt.
«Certo!» risponde lui, tralasciando il fatto che io in realtà ho già visto la
sua stanza. Ma non credo che questo loro lo sappiano.
Contemporaneamente, io, Kurt e Finn ci alziamo
dal tavolo e ci precipitiamo su per le scale. Uscire dalla cucina mi permette
di rilassarmi un attimo, anche se comincio ad avvertire la tensione di quello
che dovremo fare tra poco io e Kurt.
Finn ci lascia davanti alla camera di Kurt e si dirige nella sua con un fugace
sorriso a Kurt e una pacca sulla spalla a me. Io lo ringrazio con un sorriso;
se non ci fosse stato lui, credo che il pranzo sarebbe stato molto più
difficile da sostenere.
«Dai, vieni! Entra.» Dice Kurt afferrandomi per mano e trascinandomi in
camera sua. E io resto a bocca aperta, perché è totalmente cambiata dall’ultima
volta che l’ho vista, mesi fa. Il colore delle pareti è diverso, il letto è
stato cambiato – ora è molto più grande – ed è stato messo in un’altra
posizione. Appesi ai muri, ci sono poster che non ricordavo di aver visto
l’altra volta ma, cosa più importante di tutte, il muro vicino al suo letto
ospita una piccola bacheca, su cui vedo troneggiare una mia fotografia.
Mi avvicino, curioso. Vicino alla mia fotografia, presa sicuramente
dall’annuario della Dalton, visto che indosso la divisa, è appeso un collage
con la scritta Couragé, seguita poi da un foglietto chiaramente
strappato da una pagina di una quaderno; sul foglietto c’è scritto, dentro un
cuore rosso, Kurt+Blaine.
A coronare il tutto, ci sono appesi degli scontrini che, quando mi avvicino a
controllare meglio, si rivelano essere degli scontrini del Lima Bean.
Rimango imbambolato a fissarla per non so quanto tempo, mentre provo un
sacco di sensazioni diverse, tra cui felicità, imbarazzo, sorpresa e qualcosa
di molto più profondo, qualcosa che mi fa battere forte il cuore e diventare
gli occhi lucidi.
Mi volto a cercare gli occhi di Kurt, ho bisogno del suo sguardo in questo istante, e inaspettatamente lo
trovo a testa bassa, a parecchi passi di distanza da me; è ancora vicino alla
porta, precisamente dove l’ho lasciato non appena siamo entrati nella stanza.
Rimango sconvolto quando capisco che è imbarazzato.
Mi avvicino a lui, gli prendo il mento tra due dita e gli faccio alzare la
testa, di modo da poterlo guardare negli occhi. Sento così tante cose in questo
momento, e mi viene quasi voglia di dirgli quanto lo amo. Ma è solo una
settimana che stiamo insieme e sento che il mio sentimento per lui è già
aumentato; mi chiedo di questo passo che cosa diventerà fra qualche mese.
Decido quindi di aspettare, perché sono curioso di scoprire quanto cambierà. Inoltre
ora come ora, ho un groppo in gola e non sono sicuro che la mia voce uscirebbe
forte e chiara. Diavolo, non so neanche se uscirebbe!
Così mi limito a comunicargli con gli occhi tutto l’affetto che provo nei
suoi confronti. E magicamente, Kurt sembra capire. Siamo tornati a essere quei
due ragazzi che si capivano solo con uno sguardo, finalmente, proprio come
eravamo all’inizio; solo che ora siamo qualcosa di più.
Non so nemmeno se sono io a stringerlo tra le braccia o se è lui a stingere
me. So che ci ritroviamo stretti in un abbraccio, il suo volto nascosto
nell’incavo del mio collo e la mia mano che vaga sui suoi capelli.
«Credo di sentirmi…lusingato…»
gli dico per spezzare un po’ la tensione.
La sua reazione non è però quella che mi aspettavo, perché si stringe di
più a me e sussurra qualcosa che dapprima non riesco a capire. Ma dopo un po’,
sforzandomi, riesco a sentire ciò che sta dicendo. E non ne sono affatto
felice.
«E’ che ho paura che io nonti piaccia
quanto tu piaci a me.»
Sciolgo l’abbraccio, tenendolo però sempre vicino a me e lo fisso negli
occhi con sguardo severo. Non so come fare a fargli capire che piuttosto qui
sono io quello che è stato completamente stregato da lui; sono io che non
riesco a smettere di pensare a lui neanche per un attimo. Farei di tutto per
lui, qualsiasi cosa. È il mio cuore che sta battendo forsennatamente nel petto
in questo istante a mostrarmi le prove di quanto Kurt sia importante per me e
di quanto mi piaccia.
E forse, se il mio cuore è in grado di dimostrare a me cosa provo, allora
potrà fare lo stesso con Kurt.
Così afferro una sua mano e me la metto sul cuore. Lui arrossisce per il
mio gesto, ma rimane immobile e in silenzio, ad ascoltare i battiti frenetici del
mio cuore, che aumenta ancora di più i battiti quando, anche attraverso lo
spesso strato del maglione, riesco a sentire il calore della sua mano che mi
sfiora il petto per la prima volta.
«Lo senti?» gli chiedo, guardandolo dritto negli occhi. «E’ molto più veloce
di come dovrebbe essere.» Kurt annuisce, gli occhi lucidi fissi nei miei. «Fa
sempre così quando ci sei tu.»
Il sorriso che mi rivolge è certamente il migliore che mi sia mai stato
rivolto – quasi illumina la stanza. Si getta di nuovo tra le mie braccia, che
lo accolgono subito, pronte. E quando, dopo un tempo infinito trascorso a
dondolarci semplicemente sul posto cercando di respirare in sincrono, ci
stacchiamo e ci guardiamo dritto negli occhi, credo sia finalmente giunto il
momento che bramo da quando l’ho visto vicino alle scale.
Ma anche questa volta, veniamo interrotti.
Qualcuno bussa alla porta. Io non posso evitare di alzare gli occhi al
cielo e non riesco a reprimere un gemito di esasperazione; a quanto pare però
la mia reazione diverte Kurt, che scoppia in una breve risata prima di
allontanarsi da me e andare ad aprire la porta.
Sull’uscio c’è Carole, che ci guarda con un sorriso dispiaciuto.
«Scusate se vi disturbo sempre ma… il dolce mi è
esploso nel forno. Quindi niente dolce.» Abbassa lo sguardo e a me viene da
ridere quando mi rendo conto che forse teme una delle sfuriate alla “tutto-deve-essere-perfetto” di Kurt.
E infatti, Kurt fa tempo ad aprire la bocca per lamentarsi, ma io lo
interrompo subito, facendo un passo avanti e posando una mano sul braccio di
Kurt. «Non preoccuparti, magari c’è qualcosa che può essere salvato.» Dico con
fare esperto. «Scendiamo a vedere.»
Vedo Kurt rivolgermi un’occhiata stranita, ma segue me e Carole in cucina,
che è ora vuota. Dal salotto sento venire i rumori di una partita di baseball,
quindi immagino che Burt sia lì a guardare la televisione.
Effettivamente, dopo un’attenta analisi del dolce nel forno, mi rendo conto
che non c’è nulla che possa essere salvato. Nel vedere l’espressione
dispiaciuta di Kurt, mi intenerisco e decido di mettermi all’opera. Dopotutto,
non potrei mai sprecare un’occasione del genere: riportare il sorriso sul viso
di Kurt, rendendo di nuovo tutto perfetto come vorrebbe lui, e soprattutto
mettermi in buona luce con Carole.
Perciò mi tiro su le maniche e mi rivolgo a Carole. «Hai quattro uova, del
mascarpone, del caffè e dei biscotti?»
La donna mi fissa stranita per un attimo, ma poi si appresta a prendermi
tutto ciò che mi occorre per preparare un tiramisù. E, senza guardare nessuno
negli occhi, inizio a darmi da fare. Sto sbattendo le uova quando tuttavia sono
costretto a rialzare lo sguardo, sentendomi osservato: sia Kurt sia Carole mi
stanno fissando.
«Sai cucinare?» mi chiede Kurt, sconvolto.
Ridacchio, mentre sento un lieve rossore salirmi sul collo e diffondersi
sulle guance. «Non proprio. So cucinare alcune cose, tra cui il tiramisù; è quello
che sto preparando adesso.»
Lui si limita a fissarmi con un’espressione estatica sul volto. E rimane così
per buona parte della preparazione, finché la voce di Finn
non lo richiama al piano di sopra; da quanto ho capito, deve essere successo
qualcosa con un vestito di Kurt e un lavaggio sbagliato nella lavatrice. Lo
sguardo terrorizzato di Kurt spinge me e Carole a scoppiare a ridere, e a
continuare imperterriti quando Kurt, con una scusa, si precipita correndo fuori
dalla cucina.
Rimasti soli, io riprendo il lavoro dove mi ero interrotto, sotto lo
sguardo attento di Carole. Ora che siamo solo noi due, mi riprende l’ansia;
forse è il caso che io le parli adesso. Ma sarebbe giusto farlo senza Kurt
presente?
«Mi sa che Kurt si è trovato un ottimo fidanzato…
Sai addirittura cucinare!»
Alzo di scatto lo sguardo, cercando di trattenere la mia mascella, che
stava di nuovo calando a terra. Ottimo, a quanto pare non devo preoccuparmi di
cosa, o se, dire qualcosa a Carole; ha fatto tutto da sola.
«Cosa… come lo hai capito?» chiedo, sconvolto.
Lei mi rivolge di nuovo lo stesso materno sorriso che mi aveva rivolto
prima di pranzo e fa il giro del tavolo, venendo a posizionarsi accanto a me e
aiutandomi a inzuppare i biscotti nel caffè e a sistemarli lungo la teglia.
Resta in silenzio per un po’ – e nel frattempo io pendo dalle sue labbra per
avere una risposta – finché, senza guardarmi negli occhi, riprende a parlare.
«Si vede da come lo guardi.» La osservo, mentre mi tornano in mente le
parole di David. «Hai gli occhi che brillano, segui ogni suo spostamento, pendi
dalle sue labbra quando parla e cerchi ogni possibile contatto con lui, seppur
piccolo.»
Arrossisco nel sentire le sue parole. Non pensavo di essere così palese.
«Lui, d’altronde, fa lo stesso con te. E dopotutto,» e questa volta alza lo
sguardo su di me e mi rivolge un occhiolino, «vi ho quasi sorpresi a baciarvi.»
Ok, adesso credo di essere passato da un semplice rosso a uno scarlatto.
Sono estremamente imbarazzato, ma allo stesso tempo sono felice che l’abbia
presa così bene. Pensavo di dovermi impegnare molto di più, ma alla fine sembra
stia facendo tutto da sola; perciò, senza sapere perché, mi ritrovo a parlare
anche io.
«Stiamo insieme da una settimana.» Mi trovo a specificare. «Kurt…» faccio una pausa, alzando la testa e guardando il
soffitto, «Lui è sempre stato molto importante per me, fin da subito ho sentito
che il nostro legame era più forte di qualsiasi altro avessi mai sperimentato
in vita mia. Mi spiace solo di averci messo troppo a capire che quello che
provavo non era solo una semplice amicizia, forte certo, ma pur sempre un’amicizia.»
Abbasso lo sguardo, mentre un sorriso mi si dipinge sulle labbra. «Non posso
fare a meno di lui, né voglio. Non so se lo ha capito, ma lui mi da tanta
forza. E io… sono felice quando sto con lui.»
«E lui lo è con te.» Mi interrompe Carole, continuando a sistemare i
biscotti. «Non l’ho mai visto così felice e spensierato. E il merito mi sa che
è tutto tuo.»
Arrossisco di nuovo quando lei mi rivolge un altro dei suoi sorrisi. Credo
mi sia inevitabile, ormai; e sentirsi dire quelle parole da qualcuno di
esterno, mi ha totalmente destabilizzato. La felicità di Kurt dipende anche da
me, perciò mi impegnerò per fare in modo che lo sia, il più possibile.
Finiamo di preparare il dolce in silenzio, e quando è pronto lo cospargo di
cioccolato in polvere, prima di metterlo in frigo. Saluto Carole e, su suo
suggerimento, raggiungo Kurt nella sua stanza.
Mentre salgo le scale, ripenso alle parole di Carole; è stata davvero
gentile, e il fatto che abbia capito di me e Kurt semplicemente osservandoci mi
fa chiedere se per caso lo stesso valga con Burt. Sento di nuovo tornare
l’ansia. Anche se mi resta solo più un membro della famiglia con cui parlare,
mi resta certo la persona più difficile.
Ma ora che so quanto si veda il mio amore per Kurt, niente può fermarmi.
Ora che so che la sua felicità dipende da me, niente mi distoglierà dai miei
obiettivi.
Quando apro la porta della sua stanza, lo trovo seduto per terra,
circondato da una miriade di vestiti dai mille colori diversi, probabilmente
intento a sistemare tutto o a cercare qualcos’altro da abbinare al capo che,
con ogni probabilità, è andato rovinato. Non appena mi vede, Kurt si alza in
piedi e mi raggiunge.
E io non so di nuovo cosa mi prenda. Non so se siano i suoi capelli un po’
in disordine a dargli un’aria diversa da quella cui sono abituato, un’aria più
sbarazzina; o se è colpa delle labbra, rosse a causa del suo continuo
mordersele; o se siano le sue guance arrossate dal caldo; o se siano i miei
ormoni impazziti e il desiderio che ho di premere il mio corpo contro il suo,
di toccarlo; o se sia un semplice
modo per spezzare la tensione che mi attanaglia le viscere per ciò che mi
attende tra poco con Burt; o se sia un modo per dimostrare l’euforia che mi ha
preso a causa delle parole di Carole. Forse è un insieme di tutte queste cose.
Mi fiondo sulle sue labbra e non mi sforzo nemmeno di reprimere il verso di
vittoria che mi esce dalla gola quando finalmente incontro le sue, pronte ad
accogliermi. A quanto pare, anche lui aveva il mio stesso bisogno. Infatti, in
meno di un attimo, le mie mani hanno iniziato a vagare sul suo collo e le sue
si sono intrecciate nei miei capelli, premendomi ancora di più contro la sua
bocca.
Un gemito gli sfugge quando, gentilmente nonostante la passione che entrambi
stiamo mettendo nel bacio, gli faccio dischiudere le labbra, lasciandomi libero
accesso alla sua bocca e permettendo alle nostre lingue di intrecciarsi e
giocare tra loro.
Io faccio un passo in avanti, avvicinandomi ancora di più a lui e nel
frattempo spingendolo verso la scrivania alle sue spalle; continuo ad avanzare,
finché non lo sento sbattere contro la scrivania. Ora non può più spostarsi,
non può più indietreggiare. Sono riuscito a chiuderlo in un angolo, dove non
può sfuggirmi; e la cosa mi rende estremamente euforico, soprattutto quando poi
mi rendo conto che a lui non dispiace affatto.
Le mie mani continuano a vagare sul suo collo e sulle sue spalle, finché
non ci stacchiamo, entrambi in cerca d’aria. Abbiamo tutti e due il respiro
affannato mentre ci guardiamo negli occhi, sconvolti da quanto abbiamo appena
fatto: non ci siamo mai baciati con tutta questa enfasi e di certo a nessuno
dei due è dispiaciuto.
E poi, sento una sua mano accarezzarmi il collo e scendere fino a fermarsi
all’altezza del cuore, proprio dove l’avevo messa io neanche un’oretta fa. Il
respiro mi si mozza in gola, mentre vengo di nuovo percorso dai brividi che mi
causa il calore della sua mano sul mio petto; e so di essere prossimo
all’infarto quando lo vedo avvicinarsi a me. Mi sta fissando le labbra
insistentemente, quasi come se me le volesse mangiare.
È lui a catturare le mie labbra con voracità questa volta, e io lo lascio
fare, fiero della sua presa di posizione, ma soprattutto, succube. Man mano che
il bacio si approfondisce, le mani sul mio petto diventano due, e io non posso
fare a meno di scendere a stringergli un fianco, succhiandogli il labbro
inferiore con i denti.
Ed è in quel momento, quando sento nascere un gemito roco in fondo alla
gola e quando mi rendo conto che, con ogni probabilità, mi sto eccitando, che
la porta della camera di Kurt si apre e fa il suo ingresso l’ultima persona che
avrei voluto ci vedesse così: io che schiaccio Kurt contro la scrivania, le
mani sui suoi fianchi, mentre ci divoriamo la bocca a vicenda.
I nostri sguardi si spostano su Burt i cui occhi, potrei giurarlo, stanno
mandando scintille.
Fantastico, sono morto…
«Papà!» urla Kurt con un tono di voce talmente acuto che quasi fa male. Mi
allontano da lui come se scottasse – o come se le saette che partono dagli
occhi di Burt avessero raggiunto la mia mano che fino a pochi secondi prima era
posata sul fianco del figlio.
Burt non considera l’urlo di Kurt e il suo sguardo rimane fisso nel mio;
sto cominciando ad avere le gambe che tremano per la paura e l’agitazione.
«Ho bisogno di parlare con Blaine.» Dice, gelido.
«Da solo.» Aggiunge poi, come se non fosse stato abbastanza chiaro. Poi mi fa
cenno di seguirlo.
Faccio qualche passo in avanti, lanciando un’ultima occhiata a Kurt che
sembra non volermi lasciare andare; almeno, se fra poco dovrò morire, avrò
avuto un ultimo, entusiasmante bacio con Kurt.
«Non ti preoccupare figliolo, non ho intenzione di ucciderlo.» Continua
Burt, cercando di usare un tono sarcastico. Kurt si ferma e mi lascia andare
col padre, che mi conduce giù per le scale per arrivare infine al salotto, dove
ora la televisione è spenta. Si chiude la porta alle spalle e si volta a
fronteggiarmi.
Io sono spaventato a morte e non capisco perché. So bene che Burt non mi
ucciderà, non è mica un pazzo; però allora non so spiegarmi il motivo per cui
desidero così ardentemente che lui approvi la mia relazione con Kurt. Ed è
questo il fatto. Non solo desidero che lui approvi la relazione di Kurt con me,
ma anche il viceversa; e sono due cose ben diverse.
«Ascolti, mi dispiace per quello che –» inizio a dire.
Ma lui alza una mano, interrompendomi. «Non preoccuparti Blaine. Quello a cui ho assistito, non è altro che una
semplice dimostrazione di affetto tipica delle relazioni in generale e dei
ragazzi della vostra età in particolare.» Io resto muto a fissarlo, in attesa
che continui. «Finché cercherete di frenare certi impulsi, per me andrà bene.»
Annuisco, capendo perfettamente cosa vuole dire. Sapevo che il discorso sul
sesso sarebbe uscito, soprattutto visto l’ultimo – nonché primo – discorso che
ho avuto da solo con quest’uomo; e ora che sono diventato il ragazzo di suo
figlio, è più che normale che lui voglia indagare. Tuttavia non mi aspettavo
che sarebbe venuto fuori in questo modo, e soprattutto in quest’ordine.
Mi rendo conto che ora Burt mi sta fissando, aspettandosi che sia io a
parlare.
«Io e Kurt stiamo insieme.» Esordisco, constatando l’ovvio.
Burt solleva un sopracciglio e mi rivolge un sorrisetto sarcastico. «Non
l’avevo capito!»
«Ehm… sì, io…noi…» sono imbarazzato da morire e soprattutto ho paura.
Davvero tanta. Così tanta che non riesco neanche a parlare, facendo una pessima
figura col padre del mio fidanzato.
E poi, succede una cosa che non mi sarei mai e poi mai aspettato. Burt si
avvicina a me, mi posa una mano sulla spalle e mi guarda con un’espressione che
sembra… preoccupata? Possibile che sia davvero
preoccupato? E per chi poi? Per Kurt o per me?
«So quanto tieni a Kurt, anche un cieco lo vedrebbe.» Deglutisco e continuo
a fissarlo, incapace di distogliere lo sguardo. «E so che, dato che tieni a
Kurt, non vorrai affrettare le cose.»
Questo, più che una constatazione, sembrava un avvertimento. Ma io non ho
nessunissima intenzione di correre con Kurt, nonostante mi piacerebbe molto.
Tuttavia non è questo il momento né il luogo in cui pensare a una cosa del
genere.
«Però io vorrei sapere… tu stai bene, Blaine?»
Rimango totalmente spiazzato da quella domanda. Perché Burt mi sta
chiedendo una cosa del genere? Certo che sto bene, non sono mai stato più
felice in tutta la mia vita! Ora ho Kurt, ed è la cosa migliore che potesse
capitarmi. Però a quanto pare non è questo a cui si riferiva Burt, perché
aggiunge un’altra domanda che ha il potere di spezzarmi dentro e di far uscire
tutti i brutti pensieri che avevo cercato di contenere per quella giornata, o
per tutte le altre.
«Come va con i tuoi genitori? Loro non ti…
aiutano, vero?»
Io mi limito a un cenno di diniego con la testa. Ho abbassato gli occhi
adesso, incapace di sostenere il suo sguardo e soprattutto di mostrarmi così
debole ai suoi occhi. Miseria, dovrei essere io a difendere Kurt, e invece sto
dimostrando una debolezza che so di avere, ma che consideravo nascosta dietro
la mia armatura.
«No, fin da quando lo hanno scoperto, non sono più stati gli stessi.» Alzo
le spalle, per sminuire la cosa. «Ho imparato a cavarmela da solo.»
Burt fa una smorfia adesso, come se si stesse trattenendo dal dire
qualcosa. Poi, dopo alcuni secondi di silenzio, mi chiede, «Hai avuto una brutta
esperienza con il sesso?»
Spalanco gli occhi, sconvolto, arrossendo all’istante. Anche Wes mi aveva fatto la stessa domanda quando gliene avevo
parlato e, proprio come avevo fatto in precedenza, anche ora mi impegno a
spiegare la cosa.
«No, no! Solamente ho dovuto cercare da solo tutte le informazioni, per non
arrivare impreparato a qualsiasi cosa fosse potuta accadere, bella o brutta.»
Mi fermo un attimo, per poi riprendere. «Comunque no, non mi è successo nulla.
Volevo solo avere qualcuno con cui poterne parlare, ed è per questo che ho
insistito tanto con lei a proposito di Kurt.»
Rimaniamo in silenzio a osservarci per qualche minuto; mi sembra di avere
la testa che scoppia a causa di tutti i miei pensieri confusi. Ma tra tutti, ce
n’è uno che spicca più di altri. E glielo dico.
«Kurt è fortunato ad avere un padre come lei.» Sussurro, quasi come se non
volessi farmi sentire. Ma in questa stanza ci siamo solo noi due, c’è assoluto
silenzio e quindi Burt sente che cosa ho appena detto. Peccato che poi sia
costretto a sgranare gli occhi quando la risposta dell’uomo arriva alle mie
orecchie.
«Kurt è anche fortunato ad avere te.» Sorride nel vedere la mia
espressione. «Sei molto importante per lui, e lui lo è per te. Sono certo che
le cose tra voi andranno bene, me lo sento. Sono felice che vi siate trovati.»
Ed è solo in questo momento, quando sento le sue parole, che sento
andarsene non solo la tensione che mi ha attanagliato lo stomaco per tutto il
giorno, ma anche la tristezza per il fatto che io non ho un padre come Burt. E
capisco anche che era per questo motivo che per me l’opinione di Burt era importante,
perché in realtà, una piccola parte di me, lo considera come una sottospecie di
mentore, di padre adottivo, di qualcuno cui guardare in cerca di consigli. Sarà
la sua figura paterna, non lo so; ma so che volevo sentire la sua approvazione.
«Bene, ora andiamo a mangiare il dolce che hai preparato!» dice, perdendo
il tono burbero e serio con cui finora si è rivolto a me. Ma prima di lasciare
la stanza, lui certamente più tranquillo e io col cuore infinitamente più
leggero, mi ferma di nuovo, e mi dice una cosa che non mi aspettavo di sentirmi
dire, ma che speravo dicesse, con tutto me stesso.
«In caso ti servisse qualcosa, qualsiasi cosa, sai dove trovarmi. In caso
avessi bisogno di parlare, o di sfogarti, la mia porta è sempre aperta.»
Gli sorrido, riconoscente. «Grazie, signor Hummel.»
Dico con enfasi.
«Chiamami Burt e dammi pure del tu.» Dice lui aprendomi la porta – dietro
la quale troviamo Kurt e Carole che camminano avanti e indietro per il
corridoio, fingendosi indaffarati a fare qualcosa.
Burt alza gli occhi al cielo e si dirige in cucina, seguito da Carole,
mentre Kurt si avvicina a me. Quando passa vicino al padre però, gli rivolge
un’occhiata felice e un sorriso in grado di sciogliere i ghiacci. Ed è con lo
stesso sorriso che poi si rivolge a me, prendendomi per mano e rimanendo
semplicemente a fissarmi.
«E’ andata bene,» dico infine, facendolo ridere.
«Oh sì, più che bene!» risponde lui avvicinandosi a me e rubandomi un bacio
a fior di labbra, prima di dirigersi in cucina, trascinandomi con sé.
Quando entriamo in cucina, mano nella mano, tutti e tre – Carole, Finn e Burt – si fermano a fissarci e sorridono alla vista
delle nostre mani giunte. Io non posso fare a meno di gongolare nel vedere le
loro espressioni, limitandomi a stringere un po’ più forte la mano di Kurt, che
ricambia la mia stretta.
E mentre mangiamo il mio dolce, con Finn e Carole
che si complimentano con me per le mie doti in cucina e Burt e Kurt che si
limitano a dei sorrisi stratosferici, mi sento quasi come se fossi in famiglia.
La mia famiglia.
NOTE:
Qui è Pachelbel che vi parla…
Innanzitutto dovrei scusarmi per la lunghezza di questo capitolo, è venuto
esageratamente lungo. E sinceramente non so nemmeno spiegarne il motivo!
Inoltre, altre scuse sono d’obbligo: l’immenso ritardo con cui ci stiamo
trovando a postare ultimamente. Davvero, ci spiace tanto! È che tra la scuola
(della Alch) l’università (mia) e gli esami, qui si sclera…
Anyway, spero che il capitolo vi sia piaciuto! Credo che nonostante tutto, sia
uno dei miei preferiti! =) Mi piacerebbe molto sapere che tipo di rapporto
hanno Burt e Blaine – e l’assaggio che ci è stato
dato nella 3x11 (Who’s gonna tellBlaine? You gotta let me do it! ADORABLE!) mi
ha letteralmente fatto AWWare... *__*
Prima di passare ai ringraziamenti, volevo solo dire che io e la Alch abbiamo partecipato a un contest indetto da Somochu
e MissBlackspots
con due storie intitolate Oblio di mie
pene e di me stesso(mia)e Someonelikeyou(della Alch), classificatesi rispettivamente
prima e quarta… Magari vi va di darci un’occhiata?
*__* Ci piacerebbe conoscere i vostri pareri.
Infine, ci tengo davvero a ringraziare tutti i lettori affezionati che
continuano a recensire ogni capitolo: non lo sapete neanche quanto ciò ci renda
felici. E un sentito grazie anche a tutte le persone che leggono, seguono,
ricordano e preferiscono ♥
Alla prossima! E cercheremo di aggiornare un po’ più velocemente! =)
~Quando ti senti terribilmente stupido… ma uno stupido felice ~
Right right, turn off the lights
We gonna lose our minds tonight
What's the dealio?
I love when it's all too much
5 AM turn the radio up
Where's the rock and roll?
La voce di Blaine mi riporta
immediatamente con i piedi per terra e la testa all’esibizione che, ora me ne
ricordo, è solo a metà.
Sono tornato indietro, con gli altri
Usignoli, alle spalle di Blaine e solo adesso riesco davvero ad apprezzarle.
Non che non mi sia piaciuto stare davanti a tutti, cantare con lo sguardo del
pubblico fisso addosso e tutta l’attenzione concentrata su di me, ma fare parte
del coro ha indubbiamente i suoi vantaggi e per quello che sento al momento,
forse è meglio che non si concentrino solo su di me, perché la mia lucidità è
solo un ricordo.
Ho appena cantato un assolo, un
assolo ad una gara ufficiale. Con Blaine, il mio ragazzo. Accidenti! Non c’è
una cosa che non sia nuova e che non mi mandi letteralmente fuori di testa
nella frase che ho appena pensato!
Lui si allontana da me seguendo la
coreografia e cammina lungo tutto il palco con fare sicuro e carismatico,
insomma da Blaine, mentre la voce incisiva porta avanti la seconda canzone del
numero che abbiamo preparato.
Io mi muovo sul posto come gli
altri, cercando di sciogliermi e di godermi la canzone che abbiamo scelto, che
innanzitutto piace moltissimo a noi.
Party crasher, panty snatcher
Call me up if you are gangsta
Don't be fancy, just get dancey
Why so serious?
L’atmosfera comincia a scaldarsi,
mentre noi ci muoviamo sempre più e la canzone aumenta di ritmo. Quelli che
sono dietro Blaine si spostano verso di noi ed anche noi andiamo verso di loro,
in una sequenza semplice, ma che davvero sono sorpreso di ricordare per bene,
senza correre il rischio di urtare nessuno dei ragazzi.
Sarebbe imbarazzante: sbagliare
passi o cadere davanti a tutti, nel bel mezzo del pezzo, sarebbe la cosa
peggiore che possa capitarmi. La fine di un bel sogno. Non avrei neanche più il
coraggio di guardarmi in faccia, credo. Perché tengo molto a questa esibizione,
tengo molto a vincere e ad andare a New York. Sarebbe il massimo poter
disputare le Nazionali lì, con tutti gli Usignoli.
Con Blaine.
Il suo pensiero – che mi aveva dato
tregua per quanto, venti secondi? – di nuovo si affaccia alla sommità dei miei
pensieri e mi è semplicemente impossibile non prestargli attenzione.
Io e Blaine che prendiamo l’aereo
per New York – sarebbe la prima volta per me – e visitiamo la città e tutti i
posti che si vedono nei film e tolgono il fiato, con una graziosa musica in
sottofondo ed una cena solo noi due in un magnifico ristorante illuminato dalle
candele dei tavolini…
Mi riprendo giusto in tempo da quel
sogno ad occhi aperti per seguire la coreografia – sì, stavolta ce n’è una, non
posso improvvisare come nel duetto – e trovarmi davanti a tutti, accanto a
Blaine, nel momento di calma e compostezza che precede il ritornello.
So raise your glass if you are wrong
In all the right ways
All my underdogs, we will never be, never be
Anything but loud
And nitty gritty dirty little freaks
Won't you come on, and come on, and
Raise your glass
Just come on and come and
Raise Your Glass!
Tutto in un attimo esplode, seguendo
la voce di Blaine che ha attaccato di nuovo a cantare dopo un istante di pausa.
Vedo alcuni tra il pubblico, alzarsi in piedi e cominciare a ballare al nostro
ritmo – riconosco Rachel che sembra entusiasta della canzone che abbiamo
scelto.
La coreografia mi porta
momentaneamente in fondo al gruppo e allora la mia testa riprende i pensieri da
dove li aveva lasciati, forse gasata ancora di più dall’esplosione del pubblico
e della musica, quasi fossimo più vicini a New York solo grazie a questo.
Mentre ci muoviamo apparentemente
senza ordine sul palco, elettrizzati dalla nostra stessa musica, penso che a
New York io e Blaine saremmo effettivamente soli. Senza lezioni, senza studio,
senza famiglie che chiamano e ti portano via intere ore. Pochi giorni di
musica… e noi due. Magari con una camera nostra in cui poter stare senza che
Wes, David o praticamente tutti gli altri sbuchino ogni istante, quasi
facessero la spia alla nostra privacy, ai nostri momenti di intimità…
Ma a che diavolo sto pensando? Siamo
nel bel mezzo di una competizione ufficiale ed io mi metto a fantasticare su
quanto possa essere allettante l’idea di avere una camera con Blaine a New
York?
Davvero Hummel? No, perché, nel caso
tu non te ne fossi accorto, se non darai il cento per cento in questa
esibizione, New York continuerai a vederla solo sulle cartoline!
So if you're too school for cool
And you're treated like a fool (like a fool)
You could choose to let it go
We can always, we can always
Party on our own...
Il ritmo scende di nuovo, mentre ci
disponiamo a ventaglio, io nella parte centrale; Blaine, davanti a me, canta
con delle movenze così carismatiche che credo sia letteralmente impossibile non
farsi coinvolgere. Il tono di voce basso ammalia l’intera sala e non si può non
prestargli ascolto.
Mi rendo conto che è per questo che
gli Usignoli si sono così tante volte affidati a lui: non si tratta di bravura
– hanno tutti stoffa da vendere –, si tratta di carisma, di trascinare il
gruppo. E in questo Blaine credo sia il numero uno.
In fondo, non ha trascinato anche me
in tutto questo? Sia materialmente che, soprattutto, emotivamente,
coinvolgendomi col la sua voce e le sue parole in un modo che mi ha abbagliato.
Non credo ci siano dubbi a riguardo: devono essere davvero poche – se esistono,
poi – le persone che rimangono indifferenti a Blaine Anderson.
Lui, che cantando era rimasto da
solo al centro del palco, ora si muove per rientrare nelle fila, spostatesi da
un lato. Per un attimo mi distraggo a guardarlo, poi torno ai miei pensieri –
come se invece non dovessi fare il contrario e distrarmi da quelli per tornare
con la testa all’esibizione!
Spero che mio padre non sia una di
quelle rare persone a lui indifferenti!
So raise your
So raise your glass if you are wrong
In all the right ways
All my underdogs, we will never be, never be
Anything but loud
And nitty gritty dirty little freaks
Il silenzio quasi completo in sala e
solo la sua voce per due brevi frasi, dopo le quali di nuovo il boato. Lui esce
dal gruppo e con un gesto naturale e terribilmente appropriato, ci invita a
tornare al centro del palco e scatenarci, quasi si fosse dimenticato
dell’esibizione e stesse semplicemente parlando con noi, come durante le prove.
Mi manca il fiato, quasi stessi
osservando la scena dall’esterno anziché viverla come coprotagonista. Colpa
sua, di nuovo colpa di Blaine. Perché è eccezionale ed io non riesco a fare a
meno di incantarmi, puntualmente.
Incanterà anche mio padre? Anzi, no:
non voglio che lo incanti, voglio solo che mio padre riesca a vedere quanto sia
fantastico. Per questo l’ho invitato a pranzo: perché conosca la mia famiglia
e… sappiano come stanno le cose tra noi. Anche se tecnicamente Finn già lo sa…
Hummel, divaghi! La cosa
fondamentale è che lo hai invitato a pranzo e lui stava per rimanerci secco
quando glielo hai chiesto. Devo averlo colto leggermente di sorpresa prima, in
pullman, quando ho messo in mezzo l’argomento tirandolo fuori dal nulla, ma il
fatto che lui, dopo una lieve titubanza, abbia accettato di venire, è un buon
segno, no?
Lo spero.
Won't you come on! and come on! and
Raise your glass
Just come on and come and
Raise your glass
Won't you come on! and come on! and
Raise your glass
For me
Mentre le ultime parole della
canzone si librano nella sala e noi ci muoviamo senza più controllo sul palco,
mi rendo che non è questo il momento di farmi mille paranoie su come andrà il
pranzo. Ora sono sul palco, con i ragazzi, è questo ciò che conta.
L’esibizione è stata spettacolare,
il pubblico è una folla che balla e canta accompagnando Blaine e tutti noi
verso la fine della canzone. Siamo stati pazzeschi e soprattutto ci siamo
divertiti, che è la cosa più importante, al di là di ogni trofeo.
Che poi, noi abbiamo questo trofeo! Ce lo siamo appena meritati!
La canzone si conclude con la nostra
classica posa composta ed il pubblico scoppia in un fragore di applausi e
grida: vedo anche il professor Shue e i ragazzi delle
Nuove Direzioni esultare e sorridere
verso di noi che dopo l’inchino ci scambiamo pacche sulle spalle e abbracci.
Poi vedo Blaine, circondato dagli altri e non posso fare a meno di corrergli in
contro e abbracciarlo con trasporto, quasi con bisogno. Lui ricambia la mia
stretta e non mi lascia del tutto andare neanche quando mi rivolgo al pubblico
per godermi un po’ dei loro applausi e salutarli con un bacio.
È davvero una bellissima sensazione.
~ ∞ ~
Lo osservo mentre arrossisce
lievemente ai continui complimenti di Carole sul suo tiramisù che, devo
ammetterlo, è davvero venuto bene. Sa sorprendermi ogni volta con qualcosa di
inaspettato: non avrei mai creduto che sapesse cucinare e invece eccomi qui a
gustare ciò che ha preparato. Ne porto un altro boccone fresco alla bocca,
incrociando gli occhi di Blaine che luccicano felici e mi lasciano senza fiato.
Come la
prima volta.
Gli sorrido come se la sua allegria
si riflettesse sulle mie labbra e restiamo così per alcuni istanti, come se il
tempo ancora una volta sparisse, evaporasse a confronto di qualcosa di così
grande come ciò che proviamo, ciò che stiamo comunicando in questo momento, con
i nostri occhi.
Quando il dolce e tutte le
successive chiacchiere di cui non mi è rimasto granché considerando che Blaine
non ha fatto altro che distrarmi per tutto il tempo, sono concluse, io e lui ci
alziamo e so che ormai la sua visita sta volgendo al termine.
Mi sento uno stupido a rattristirmi
per una cosa simile, considerato che lo vedrò domani a scuola, ma la verità è
che mi sembra non sia mai abbastanza il tempo che passiamo assieme. Ho sempre
la tremenda paura di sprecare attimi preziosi, che il tempo che ho a
disposizione con lui potrebbe essere speso in modo migliore, che ciò che faccio
non sia mai abbastanza per fargli capire quanto realmente sia importante per
me.
Il suo tocco lieve sulla mia guancia
blocca dei pensieri che stavano prendendo una piega eccessivamente paranoica e
per nulla adeguata. Siamo seduti sui pochi gradini che precedono l’ingresso, il
sole del primo pomeriggio che ci riscalda.
Il mio silenzio deve aver
incuriosito Blaine, che ora mi guarda con fare interrogativo. Io scuoto la
testa e quasi rido di me stesso e della facilità con cui la sua presenza
annulli i miei dubbi. Quanto mi fai bene, Blaine?
«Pare… che sia andata alla grande,
no?» mi chiede con un filo di tensione nella voce.
Che pensi, Blaine? Che i miei
pensieri fossero legati al pranzo?
«Accidenti, se è andata alla grande!
Quando mio padre ci ha beccati in camera, credevo ti avrebbe ucciso!» dico con
la voce alterata dalla risata che mi è impossibile trattenere al recente
ricordo.
Anche lui scoppia a ridere. «Ho
creduto lo stesso» conferma «Ma alla fine è successo il contrario di ciò che mi
aspettavo. Tuo padre è stato… fantastico»
Il volto gli si illumina di una
particolare luce e per un attimo ne resto sorpreso. Ho origliato con Carole
mentre parlava con mio padre, giusto per assicurarmi che non lo stesse
uccidendo in qualche modo silenzioso, ma deve essermi sfuggito qualcosa, perché
davvero l’espressione che ha in viso ha una certa sfumatura che non riesco a
cogliere del tutto. C’è quasi pace, eppure tristezza… sicurezza e allo stesso
tempo un po’ di nostalgica malinconia.
Non voglio chiedergli cosa sia, non
voglio rovinare questo momento. Mi appoggio con delicatezza sulla sua spalla e
lui mi stringe le spalle col braccio avvicinandomi ancora un po’ a sé.
«In fondo, non poteva che andare
bene, ti pare?» sussurro con calma.
«Una volta che tutti si sono
accertati delle mie buone intenzioni, sì»
Mi sposto in modo da poterlo
guardare in faccia. Che altro mi sono perso? Lui però sembra quasi divertito
dalla mia curiosità.
«Sai quando sei sceso? Ero con Finn
e mi hai chiesto se mi avesse già assalito. Non l’ha fatto… ma ha voluto in
ogni caso ricordarmi che non devo in alcun modo farti soffrire ancora» mi spiega e per un attimo le mie
labbra si piegano verso l’alto al pensiero di mio fratello che fa
raccomandazioni a Blaine su quell’argomento.
«… come se… come se fosse concepibile per me fare altrimenti…»
Quelle parole, anzi il tono con cui
lo dice, così diverso rispetto a quello con cui stavamo parlando fino ad ora,
mi sembrano un pugno allo stomaco. Blaine, sempre con i suoi sensi di colpa,
sempre con i suoi rimorsi. Possibile che non riesca a perdonarsi nulla,
nonostante ormai sia tutto passato?
Annullo la distanza che ci separa,
bloccando qualsiasi suo eventuale pensiero con un soffice bacio sulle labbra.
Sono qui, Blaine. Siamo qui.
«Non pensarci più. Entrambi sappiamo come stanno le cose e
questo è ciò che conta. Solo questo» gli sussurro a fior di labbra e lui mi
tira a sé in un forte abbraccio. Poso la testa nell’incavo del suo collo e
respiro il suo odore. Credo sia una delle costanti della mia vita ormai. Il suo
odore.
Quando ci lasciamo, ancora una volta
il tempo ha perso significato. Mi accorgo, dall’aria lievemente triste che ora
ha anche Blaine, che è ora per lui di andare.
Lo saluto con un altro bacio e con la
promessa di chiamarlo in serata e rincaso solo quando la sua macchina ha
svoltato l’angolo sparendo dal mio campo visivo.
«È andato via?»
La voce di Carole mi accoglie non
appena mi chiudo la porta alle spalle. Le sorrido annuendo e lei con mia sorpresa
annulla la distanza che ci separa abbracciandomi con trasporto e tenendomi
stretto a sé per alcuni istanti. Il suo calore è piacevole e nostalgicamente
familiare e per un po’ mi lascio semplicemente avvolgere da una sensazione che
non provavo da tanto tempo.
«È bello vederti così felice, Kurt»
sussurra «Quando ti ho conosciuto… sei cambiato molto da allora. I tuoi occhi,
Kurt, brillano in un modo meraviglioso quando sei con lui. Sembravi spento
prima di incontrarlo e guardati ora, in tutto il tuo splendore!»
Io sono senza fiato. Si vede,
allora? Si vede quanto debba a Blaine? Pensandoci, ne sono felice. È una delle
sue doti migliori: coinvolgerti nell’entusiasmo che porta inevitabilmente con
sé, metterti a tuo agio, farti star bene.
«Grazie, Carole»
Lei mi lascia andare con dolcezza ed
ancora un sorriso sulle labbra. I nostri occhi, gli uni negli altri, non mi
sono mai sembrati più simili: leggermente lucidi e lucenti, condividono una
gioia intima ed immensa. Lei può capire quello che provo, forse perché ha
trovato mio padre…
Le do un nuovo veloce abbraccio, poi
mi avvio in cucina per vedere in che condizioni è – o meglio, in che condizioni
l’ha ridotta mio padre, che vi è rimasto pericolosamente nei paraggi.
Lo trovo seduto a tavola, lo sguardo
lontano che non coglie subito il mio sedersi accanto a lui.
«Papà…?» lo chiamo sfiorandogli la
spalla.
Lui sussulta e per qualche istante
mi guarda come se non mi riconoscesse davvero, tentando di non perdere il filo
dei pensieri in cui è impegnato, ma che inevitabilmente sfugge. Allora sospira
senza smettere di guardarmi e tuttavia non esprime i suoi dubbi;
improvvisamente quasi mi pento di essere entrato in cucina, di essermi seduto
accanto a lui: sarei potuto salirmene in camera a sistemare l’infinita marea di
vestiti che ho cacciato dal guardaroba per riprogrammare tutti gli abbinamenti
e invece sono entrato in cucina, senza pensarci troppo, solo perché mi andava
di parlare con mio padre, di vederlo di nuovo col sorriso che mi ha regalato
quanto eravamo tutti a tavola.
Mi sono illuso che la giornata fosse
perfetta e cavolo, lo era. Allora che significano quegli occhi così velati? È
andato tutto bene, era entusiasta di tutto – salvo l’averci beccati così… vicini – ma anche quello mi pareva una
questione risolta!
«A che pensi…?» mi faccio avanti per
non lasciar vincere il suo silenzio e le mie paranoie.
«Blaine sembra davvero un bravo
ragazzo…» esordisce e mi sembra di nuovo perso in qualche pensiero lontano.
Io annuisco con convinzione eppure a
quelle parole l’inquietudine non mi lascia ma si rafforza. Arriverà un “ma” che
stroncherà quell’inizio in teoria promettente!
«… Mi hai detto che siete in camera
insieme…» continua a scatti, quasi avesse bisogno di pensarci bene prima di
parlare o facesse molta difficoltà a mettere così poche parole l’una dopo
l’altra.
Di nuovo muovo il capo in senso
affermativo, ma stavolta non lascio che il silenzio continui ad agitarmi.
«Papà, qual è il problema? Mi
sembrava fosse andato tutto bene con Blaine»
«Sì, è andato tutto bene, infatti;
considerate le premesse è andato bene!» e solo per un istante sorride, poi mi
guarda come se fosse evidente a cosa si ferisca.
Non lo è, invece e le sue parole mi
confondono solo di più.
«E allora…?»
«Adesso state insieme. E siete in
camera insieme…»
Oh. Cavolo.
Mi sento avvampare ancora prima di
capire davvero cosa voglia intendere. Ecco svelato l’arcano, ecco dove voleva
arrivare. Mi sembra di vivere un dejà vu: non avevamo già affrontato la cosa?
Non era un argomento chiuso?
«Papà, ascoltami: non ho intenzione
di parlarne di nuovo, una volta è sufficiente per un bel po’ di tempo, credimi!
Sì, io e Blaine stiamo insieme ora e sì, siamo in camera insieme, ma questo non
vuol dire che dobbiamo per forza… farlo! Tralasciando il fatto che sarebbe
inopportuno dato che siamo insieme da pochissimo… io davvero non ci… pensoa quelle cose,
non ora»
«Ed io ti credo Kurt, davvero… Alle
volte ho paura che… Dio, Kurt è solo che mi sembri tanto fragile alle volte…»
Lo guardo e un improvviso groppo
alla gola mi impedisce di rispondere subito. Credo che mio padre sia la cosa
più bella che potessero darmi. Non so che farei senza di lui.. davvero non lo
so. Dopo qualche istante trovo la forza di sorridergli senza più essere
bloccato.
«Io e Blaine non ne abbiamo neanche
mai veramente parlato. Sul serio, papà, non c’è nulla di cui tu debba
preoccuparti al momento».
Mi pare come se fosse immediatamente
sceso dai carboni ardenti su cui stava correndo: sospira quasi con pesantezza e
distende il viso in un’espressione pacata. Era sul serio teso per questa
ragione?
«Cerca di capirmi, figliolo: non che
non mi fidi di quel ragazzo, anzi, la chiacchierata di poco fa mi ha fatto
capire delle cose… e poi sembra a modo, è educato e si vede che tiene molto a
te. Voglio solo che siate attenti, che pensiate a ciò che fate: siete ragazzi e
so come si ragiona alla vostra età!»
Ah, le prediche impareggiabili di
mio padre!
Mentre ancora mi guarda, quasi le
sue raccomandazioni continuassero attraverso i nostri occhi, mi tornano in
menti i pensieri che mi hanno preso durante le regionali. Io e Blaine, soli, a
New York… in una camera nostra, che
non sia perennemente invasa da Usignoli più impiccioni di vecchie comari ed
altre distrazioni. Mi rendo conto che, anche se sono sfumate quelle
possibilità, immaginarmi così con Blaine non mi spaventa più come poteva farlo
tempo fa: non dico di voler stare da subito con lui in quel senso o che la cosa
non mi imbarazzerebbe, anzi credo che potrei morire d’imbarazzo… eppure l’idea
non mi spiace del tutto! Sentire la sua pelle sotto il mio tocco leggero e lui
così vicino a me e le sue mani tra i miei capelli e…
Oh. Cavolo. Di nuovo. L’ho pensato
di nuovo. E davanti a mio padre! In un attimo torno con i piedi per terra e la
testa a quella discussione, incrociando il suo sguardo e sperando che non abbia
letto nulla di quei pochi secondi – perché sono stati pochi, no? – in cui mi
sono allontanato.
«Ad ogni modo…» riprendo parola
senza riflettere «Se mai… sentissi di essere pronto per… quel genere di cose…
so che andrà bene, perché ci sarà Blaine e mi fido di lui al centro per cento.
Non hai da preoccuparti in ogni caso»
Il modo in cui riprende ad
osservarmi ora mi fa capire che forse non è stata la mossa più intelligente del
mondo continuare a perseverare nell’argomento soprattutto perché ora mi sembra
stia peggio di prima.
«Io… bene. So che abbiamo già
affrontato l’argomento – sempre grazie
a Blaine, tra l’altro – ma ora mi sento di ribadire certi concetti…»
«Prima che ricominci, lo so. So che
devo farlo solo se me la sento, solo se lo voglio. Che ci sono in ballo cose
importanti e prima di tutto me stesso. Ricordo queste cose papà e credimi sarà
come mi hai detto»
«Ti sembrerò paranoico o pazzo, ma
credimi sono più in imbarazzo di te… è solo che ti voglio bene e hai sofferto
molto, più di quanto avrei dovuto concedere che accadesse… non voglio che
succeda di nuovo. Kurt, finché sarai felice, allora andrà tutto bene. Ho
parlato con Blaine e ho capito delle cose: lui tiene a te in un modo che,
francamente, non mi aspettavo. Sono felice che vi siate conosciuti, sono felice
che lui faccia parte della tua vita…»
Prende una pausa in cui non stacca
gli occhi da me ed io sento il cuore gonfiarsi e la voglia di abbracciarlo forte,
ma so che riprenderà a parlare da un momento all’altro e mi costringo a stare
fermo.
«Forse con tutte le mie parole ti
starò spaventando e non voglio che tu prenda… questa cosa nel modo sbagliato.
Quando sarai pronto lo sentirai, te lo assicuro e sarà con la persona giusta.
Stare assieme alla persona giusta in quel senso è la cosa più bella che ci sia
e se sarà Blaine, per quello che provate, andrà bene»
Da quando è passato da paranoico a
darmi sicurezza?
Non resisto più e scattando dalla
sedia lo abbraccio con un largo sorriso che mi scoppia sul volto.
«Grazie, papà. Grazie davvero. Tu…
tu non sai quanto sei importante per me»
Lui non aggiunge nulla – dice di non
essere bravo con le parole, ma non si rende conto che anche se con alcune
difficoltà, sa sempre dire la cosa giusta.
Quando mi stacco da lui, mi accorgo
che ha gli occhi lucidi ed un sorriso leggero ma sincero sulle labbra, proprio
come me. È bello vederlo sorridere, un sorriso solo per me.
Evito di creare altro imbarazzo e lo
lascio in cucina, proprio mentre sta entrando Carole che, lo leggo dai suoi
occhi, ha ascoltato tutto quello che ci siamo detti. Si avvicina a mio padre e
prima di uscire colgo il soffice bacio che si scambiano; con ancora il sorriso
sulle labbra salgo in camera mia ed aprendo la porta, ho un impatto terribile
con il disordine che sembra esplodere ad ogni angolo.
Ma che cavolo…? In un attimo ricordo
dell’incidente con il lavaggio della
mia polo crema, ora diventata di un blu chiaro a chiazze e la mia crisi
isterica nel trovare qualcos’altro da abbinare al completo di cui faceva parte.
Sospiro. Tutto quello che è successo
in queste poche ore mi ha completamente fatto dimenticare ciò che mi circonda
ed è una bella sensazione nonostante tutto. Mi siedo sul letto, cominciando
distrattamente a piegare tutti i vestiti gettati alla rinfusa praticamente
ovunque e mi ritrovo senza accorgermene a canticchiare “TeenageDream”.
*
«Perché dopo che mio padre parla con
te, viene a farmi un discorso sul… sesso?»
«Ciao anche
a te, Kurt»
Percepisco la risata che soffoca tra
le parole e posso immaginarlo a casa, sul suo letto, a gambe incrociate ed un
sorriso meraviglioso che lo illumina.
«No, sul serio. Cos’è che vi dite
ogni volta che mio padre crede puntualmente che non abbiamo altri pensieri se
non quello?»
Lo sento ridere e probabilmente si è
steso sul letto.
«Mmmh… Non so se voglio dirtelo»
La sua voce, la malizia che si cela
all’interno mi fanno rabbrividire. Oh Blaine…
«Dai, sputa il rospo! Almeno saprò
come prevenire la cosa quando capiterà la prossima volta! Perché, cavolo,
continua ad essere imbarazzante!»
«Davvero…?» finge indecisione ancora con un po’
di malizia; poi rinsavisce «No, scherzi a
parte: sai che la prima volta sono stato io a chiederglielo…»
Non lo dimentico, Blaine. Quello è
stata una delle nostre peggiori liti…
«… ma
stavolta davvero non ne ho fatto neanche accenno… o meglio…»
Si ferma, come se gli fosse
improvvisamente venuto in mente qualcosa e resta in silenzio per un po’ prima
di continuare.
«Tuo padre
mi ha detto che sa che non affretteremo le cose, ma mi è quasi
sembrato un avvertimento…»
«Sì, lo ha detto anche a me e ha
aggiunto che si fida di te…»
«Oh, bene.
Devo aver passato l’esame quando abbiamo parlato… anche se poi ne ha comunque
parlato con te…»
«Avrà voluto aver un’ulteriore
conferma» scherzo «Alle volte sa essere un po’ paranoico»
«Da che
pulpito!»
«Da qualcuno avrò pur dovuto
prendere!» tento di difendermi, ma lo sento inevitabilmente ridere di gusto di
fronte alla mia esitazione.
Per qualche istante cala di nuovo il
silenzio nella telefonata.
«Mi ha
chiesto se avessi avuto problemi… col sesso» sussurra poi all’improvviso e con una certa fretta,
come se sapesse che se si fosse fermato non lo avrebbe detto.
Io resto in silenzio, sorpreso dalla
cosa. Ora capisco perché mio padre fosse così sovrappensiero: si stava
preoccupando per me, ma anche per lui. Origliando mi sono accertato che non
stesse avvenendo un omicidio, ma non sono stato così bravo da ascoltare tutto.
Un dubbio mi assale.
«Non ne hai avuti, giusto?» chiedo
con un filo di incertezza.
«No, no!» si affretta a rassicurarmi lui «No, è tutto a posto… e l’ho detto anche a
lui, ma forse non mi ha creduto fino in fondo: devo essergli sembrato un po’
insicuro. In ogni caso… mi ha detto che avrei potuto rivolgermi a lui… per
qualunque cosa»
Sorrido di nuovo al pensiero di che
padre fantastico abbia con me.
«Sai, me lo aspettavo!» rispondo con
tono allegro, ma lo sento sospirare ed il sorriso si ridimensiona.
«Sei… sei
stato fortunato ad avere un padre così, Kurt. Io…» e la voce trema.
Non posso permetterlo.
«Blaine? Ehi, Blaine? Non pensarci,
non ne vale la pena! E poi… vuoi rovinare un così bel giorno? Insomma è
ufficiale! Stiamo… ufficialmente insieme.
A te non fa effetto?»
Lo sento sospirare e immagino stia
sorridendo con leggerezza, i brutti pensieri già lontani – o almeno lo spero.
«Credo di
aver capito che vuol dire “avere le farfalle nello stomaco”» mi conferma.
«Già… e anche “toccare il cielo con
un dito”» aggiungo io.
Ride e a me sembra che il petto si
gonfi fino ad un passo dallo scoppiare. Semplicemente per una sua risata.
Quanto potere hai su di me, Blaine?
Rido anch’io, quasi non potessi fare
altrimenti, e mi metto seduto sul letto.
«Sono felice» gli sussurro e lo
sento fermarsi, come se stesse pensando o ciò che ho detto meriti silenzio per
riflettere.
«È davvero
tanto tempo che aspetto di sentirtelo dire… in questo modo» confessa.
Io assumo un’aria vagamente confusa,
dimenticando che non può vedermi perché stiamo parlando a telefono. Di che
parla, adesso?
«Davvero?» chiedo anche se forse non
è la migliore delle domande al momento.
Lui per un attimo sta in silenzio.
«Sai…» riprende poi «è da quando sei arrivato alla Dalton che non desidero altro che farti
sorridere davvero. Alle volte ci sono riuscito anche, ma durava sempre troppo
poco… avrei voluto capire prima che bastava questo per essere felice davvero»
«Lo fai sembrare roba da poco»
Non hai idea di quanto valga per me.
«Non è poco.
È solo che… è così semplice stare con te, Kurt… come respirare. E non posso
farne a meno».
Mi manca il fiato. Lui mi toglie il
fiato senza neanche rendersene conto. E non so che cosa dire o che cosa fare,
perché tutto mi sembra infinitamente poco rispetto a quello che sento. Sorrido,
come se lui potesse vedermi. E forse lo fa, mi vede, così come sembra a me di
vederlo, con lo stesso sorriso meraviglioso e gli occhi dal colore indefinibile
che brillano nella penombra notturna della stanza.
«Ci vediamo domani?» chiedo per
quanto starei a parlare con lui non so fino a quando.
«Sì… a
domani. Buonanotte, Kurt»
Sono certo che lo sarà.
«Buonanotte, Blaine»
Chiudo la chiamata con il cuore che
batte ancora più veloce del normale. Se continuo così, mi verrà un infarto – se
continua così, mi farà venire un infarto. Resto a guardare fuori dalla
finestra, seduto sul letto, senza fissare veramente il cielo scuro, la mente
che segue il pensiero di Blaine senza fermarsi su qualcosa di preciso. Solo
Blaine, in tutta la sua bellezza, in tutta la sua importanza.
Sono così distratto da tutto questo,
che sussulto lievemente quando qualcuno mi sfiora la spalla con un tocco lieve.
Mi volto con lentezza per trovarmi di fronte Finn, un pigiama scuro che lo
copre e i piedi nudi. Gli sorrido.
«Che succede?»
Osservandola, la sua espressione mi
pare triste, anzi preoccupata. Che abbia di nuovo problemi con Quinn? O forse
c’entra Rachel? Potrà dire quel che vuole, ma non ha chiuso con lei, lo so.
«Dimmelo tu?» risponde, la voce
leggermente alterata, come se si stesse trattenendo.
È arrabbiato? Con me? Devo forse
ricordargli che mi deve una polo crema praticamente da buttare e che l’unico
motivo per cui non gli ho ancora urlato contro è perché è una giornata troppo
bella per arrabbiarmi?
Lui continua a fissarmi in attesa,
incrociando le braccia.
«So di non esserci stato spesso, ma
con me puoi parlare» mi incoraggia, ma davvero non ho idea di dove voglia
arrivare.
«Finn, ma che diavolo–»
Qualcosa mi bagna la gamba, bloccando
le mie parole. Abbasso lo sguardo e vedo una macchia leggermente più scura
rispetto al tessuto nero del pantalone. Una lacrima. Istintivamente mi tocco la
guancia, scoprendola ovviamente bagnata. Sto piangendo senza rendermene conto.
Riguardo Finn, che ora più che
arrabbiato, mi pare confuso.
«È colpa di Blaine, vero?» chiede
con ancora un tono trattenuto.
Io annuisco. Sì, credo sia per
Blaine che sto piangendo.
«Bene. Perfetto!» alza di un po’ la
voce «Credevo fosse chiaro, ma a quanto pare non ha capito bene come funzionano
le cose qui. Tu sei innanzitutto mio
fratello, e poi il suo ragazzo e se ti fa soffrire se la dovrà vedere
innanzitutto con me!»
Dire che ora sono io ad essere
sorpreso sarebbe un eufemismo. Avrò assunto un’espressione praticamente
sconvolta, ma davvero non mi aspettavo una reazione così forte, un’esposizione
così grande da parte sua e nonostante abbia completamente frainteso le mie
lacrime, non posso fare a meno di sorridergli nel trovarlo così… affezionato a
me. Ricordo che ci sono stati giorni in cui avrei fatto di tutto per avere
simili attenzioni da parte sua.
«Kurt… ne vuoi parlare?» insiste lui
e leggo sul suo volto maggiore preoccupazione, con molta probabilità dovuta
alla mia reazione, completamente assurda rispetto alle sue deduzioni.
«Finn, è tutto ok, davvero. Sì…
credo che stessi piangendo per Blaine, ma… lui non ha fatto nulla di sbagliato.
Io… non so come definirlo, non riesco a spiegarti il perché… So solo che sono
così felice quando penso a Blaine che alle volte…»
«…Non riesci a fare altro che
piangere?»
«Sento di dover portar fuori quello
che provo, quasi fossi ad un passo dall’esplodere» mi difendo, ma lui sorride:
non mi stava contraddicendo, stava solo…completando quello che dicevo.
Mi si avvicina e con lo sguardo mi
chiede se può sedersi accanto a me sul letto. Io annuisco.
«Ne sei… spaventato?» mi chiede
poggiando la testa sul cuscino e guardandomi negli occhi.
Io arrossisco e spero che nella
penombra della stanza non si veda così tanto. Lui non dà segno di accorgersene
in ogni caso.
«No… non ne sono spaventato. È solo… nuovo: non avevo mai
provato qualcosa di così forte per qualcuno. Ma… ne sono felice, Finn. Sono
davvero felice».
Nel parlare ho evitato di guardarlo:
mi sento terribilmente vulnerabile quando parlo di quel che provo per Blaine,
senza barriere e anche se è Finn e ormai è mio fratello, non ce la faccio a
parlargli così. Non di Blaine. È qualcosa di ancora troppo mio.
Quando rincontro il suo sguardo, mi
manca il fiato. L’intensità con cui i suoi occhi sono fissi su di me mi
sorprende e mi chiedo scioccamente come abbia fatto a non sentirlo addosso come
una ago sottile e penetrante.
«Sai, posso capire perfettamente
come ti senti. È stato così anche per me, in un certo senso. Sentirsi bene con
se stessi e allo stesso in continua ansia. Sentirsi con la voglia di fare così
tante cose e niente e quando ti chiama, quanto ti guarda o ti parla ti senti
improvvisamente fuori dal mondo e terribilmente… stupido»
«Ma felice. Uno stupido felice»
Scoppiamo a ridere insieme
immediatamente, per quanto in un certo senso il modo in cui mi sento non è così
diverso dallo… stupido. Stupido nel
senso che quando sono con Blaine mi pare di non capire nient’altro: lui attira
tutta la mia attenzione.
Guardo di nuovo mio fratello,
trattenendomi però dal chiedergli se lui si riferisse a Quinn o Rachel nel
dirmi il modo in cui si sentiva quando stava con lei. Forse resto a guardarlo
per più del dovuto, perché lui smette di ridere e ricambia il mio sguardo con
fare interrogativo.
«Meglio? Non che prima andasse
male…» mi chiede, precisando poi con un moto di imbarazzo.
«Sì… in ogni caso, meglio»
Lui mi sorride e si alza, per andare
via.
«Ah, Kurt» si volta prima di uscire
«È bello vederti così. Quel Blaine, sono felice che tu stia con lui, se ti fa
quest’effetto» poi sorride ed esce.
_________________________________
Ehilà! Come
va? *stapeggiodelsolito*
Mh, che ve ne pare di questo post-pranzo? Spero sia stata
una degna prosecuzione del cap della mia controparte!
Anyway… se vi state chiedendo se apprezziamo la brotherhoodFurt… la risposta è
sì, ed ormai è chiaro come il sole!
Per il resto…
Non riesco a ragionare lucidamente perché “CoughSypup” e la performance di “Glade youcame” (MIODIOGRANTCHECOSASEI) non sono molti (leggasi
“nessuno”) i neuroni che ancora funzionano…
Quindi, mi
sa che mi eclisso, ringraziando le splendide persona che continuano a recensire
** o che, in un modo o nell’altro, presta attenzione alla storia – i numeri
continuano a salire e noi non vi ringrazieremo mai abbastanza!
Ultima cosa,
poi giuro che vado davvero: una piccola Shot, che
tenta di essere divertente (leggero spoiler 3x15 – sapete a che mi riferisco
**) "How I metyourbrother"
^^
Il viaggio di ritorno verso la
Dalton è più silenzioso di quanto mi aspettassi: ovvio, non mi aspetto di certo
un’eloquenza pari a quella di Rachel Berry – parliamo comunque di mio padre –
ma la totale assenza di un qualsiasi suono da quasi un’ora non rende il clima
neanche lontanamente sopportabile.
Mi muovo con impazienza nel sedile
accanto a mio padre, che guida senza staccare gli occhi dalla strada e gli
lancio un rapido sguardo. La sua espressione è ermetica a tal punto da
innervosirmi e con stizza allargo la cintura che mi tiene stretto quasi mi
stesse soffocando.
Lui non dà segno di aver notato la
mia irrequietezza, o forse mi sta semplicemente ignorando – ipotesi molto più
plausibile.
Qual è il problema, accidenti? Il
mio ritorno al McKinley, ovvio. Ma non mi pare ci sia bisogno di farne un tale
dramma dato che Karofsky ci ha assicurato che non mi avrebbe fatto più del male
e che anzi si sarebbe impegnato affinché nessun bullo fosse più attivo a
scuola. Insomma, sono tranquillo io che devo tornare lì dentro, le paranoie se
le crea lui?
«Papà, ne parliamo?» chiedo al
limite della sopportazione.
Sono abituato a litigare con lui –
come un qualsiasi figlio col proprio padre –, ma questa situazione è ridicola:
non c’è nulla di sbagliato, non ho fatto nulla di male e lui non ha alcun
motivo di tenermi il broncio o ignorarmi.
«Parlare di…?» mi chiede senza
guardarmi e sento il nervosismo salirmi alla testa.
«Lo chiedi anche? È da quando siamo
saliti in macchina che non mi rivolgi la parola!»
«E non potrei semplicemente non aver
nulla da dire?»
«No!» insisto «So perfettamente
perché stai facendo tutto questo! È il trasferimento, giusto?»
Solo in questo momento mi lancia uno
sguardo veloce ed io ne resto folgorato: c’era troppo in quegli occhi, la mia
rabbia ne resta scottata come un cucciolo che si è avvicinato troppo alla
fiamma del camino.
«Allora se lo sai, perché lo
chiedi?» domanda stizzito ed io sono zittito dall’improvviso tono serio.
Boccheggio per qualche istante,
senza sapere da dove cominciare. Capisco che sia preoccupato per me e che creda
che io abbia preso tutto alla leggera solo per tornare con i miei amici, ma non
è così!
«Starò bene, papà… non devi
preoccuparti. Nessuno mi darà più fastidio» provo con tono addolcito.
«E ne sei certo solo perché quel
Karofsky ti ha promesso che non lo avrebbe più fatto? Kurt, come puoi fidarti
di lui?»
«Ma che motivo avrebbe di mettere in
mezzo una simile scenata?»
Lui mi rivolge un altro beve
sguardo, anche stavolta indecifrabile.
«Alle volte mi pare che dimentichi
quanto il mondo possa essere crudele, figliolo» e per quanto la sua ennesima
paternale dovrebbe seccarmi almeno un po’, resto in silenzio, ancora una volta
spiazzato.
Ci sono troppe cose nel tono che ha
usato, così come ce n’erano troppe nei suoi occhi ed io mi sento
improvvisamente turbato, come se stessi facendo qualcosa di completamente
sbagliato. Quasi mi manca il fiato e per un attimo il dubbio si insinua nei
miei pensieri: e se David non mi avesse detto tutto? Il subdolo piano che mi ha
spiegato è nello stile di Santana al cento per cento… ma se lui ci guadagnasse
qualcosa da tutto ciò, qualcosa di cui non mi ha parlato? Insomma, è possibile
che abbia accettato tutto convinto solo dalle minacce di Santana? Quella donna sa
essere maligna quando vuole, ma...
Prendo un respiro profondo, senza
preoccuparmi di essere ancora in macchina con mio padre e mi costringo a
ragionare con lucidità.
In un attimo, lo sguardo di Dave mi
ritorna in mente come il fermo immagine di un filmato. No, non stava mentendo
mentre mi spiegava il perché di quell’improvviso cambiamento e il piano di
Santana. Non mentiva ed anzi mi era sembrato quasi… pentito? Possibile?
Lo odio. Lo odio per quello che mi
ha fatto, lo odio per avermi costretto a lasciare la scuola ed i miei amici,
per aver messo in subbuglio la mia famiglia… eppure… sapere il perché di quello
sguardo – che mi sembra strano e allo stesso tempo appropriato definire spaurito – per un attimo mi porta a
trasformare il puro odio in cambio di qualcosa di simile alla compassione e
alla comprensione.
La verità è che so come si sente e
questo mi porta inevitabilmente a vederlo con occhi diversi.
«Dave è cambiato» dico ad alta voce,
senza neanche ricordare come avessimo lasciato il discorso «so che è cambiato. Mi fido di quello che
ha detto, papà. Starò bene»
Intanto siamo arrivati davanti al
grosso cancello della Dalton e sono felice che si fermi: questa è una
discussione che non può essere fatta in macchina, ma necessita di calma e
concentrazione… e di guardarsi negli occhi.
Sento mio padre sospirare mentre
spegne la vettura e slacciandosi la cintura, si sposta per essere in grado di
guardarmi per bene. Io sostengo il suo sguardo per quanto le sue emozioni mi
travolgano con la loro profondità. Restiamo così per alcuni istanti che sanno
di surreale, poi un nuovo sospiro sembra permettere al tempo di continuare a
scorrere e la sua mano si poggia sulla mia spalla.
«Non so perché ti fidi
improvvisamente di lui, quando pochi mesi fa l’idea di essere nella sua stessa
scuola ti terrorizzava, ma ho capito che deve essere necessariamente cambiato
qualcosa. Mi fido di te, Kurt… mi sembri sicuro di quello che dici e se non mi
spieghi nient’altro è perché non vuoi e non ti forzerò a farlo»
Resto in silenzio, il calore di
quella mano che si irradia in tutto il corpo e una strana sensazione alla bocca
dello stomaco, di quelle che puntualmente mi prendono quando mio padre mi parla
così a cuore aperto. Ma non parlo – non ancora.
«Voglio solo che mi prometti una
cosa» riprende subito «Se… se mai dovessi avere un qualsiasi problema, Kurt…
non devi esitare a parlarmene da subito. Anche solo un insulto, anche solo una
spinta nei corridoio… non passarci su, parlamene. Io…»
«Lo farò, papà. Promesso»
Con un leggero slancio lo abbraccio
veloce, felice che abbia capito e non mi abbia fatto domande: nonostante tutto
ho promesso a me stesso che non avrei detto a nessuno dell’omosessualità di
Dave e non ho intenzione di infrangere questa promessa neanche con lui.
«Umh… e Blaine sa già della novità?»
Sgrano gli occhi. Non ci avevo ancora
pensato. O meglio, ovvio che ci avevo pensato, ma ora che sono a pochi passi da
lui tutto mi sembra dannatamente difficile da spiegare.
«Io… no, devo dirglielo ora» faccio
con aria assente, già proiettato alle parole che dovrò usare, al modo in cui dovrò
dirgli che mi trasferisco.
Il pensiero improvvisamente mi
toglie il fiato. Non lo vedrò più. Non come ora, non con la stessa frequenza.
Praticamente adesso siamo poco lontani dal vivere insieme ed improvvisamente mi
ritroverò a vederlo solo nel week-end e magari di pomeriggio se non siamo
impegnati con i rispettivi Glee o con i compiti.
Più i pensieri si concentrano su
questi aspetti, più la respirazione si velocizza e si affanna. Voglio tornare
al McKinley… ma stare lontano da Blaine…
«Se ti vuole davvero bene, capirà
senza fare scenate. È quello che vuoi davvero e lui non ti chiederebbe mai di
rinunciarci»
Osservo mio padre e annuisco
lentamente.
«Io gli ho
detto che a me starebbe bene…»
«Sto solo
dicendo che mi dispiace saperti lontano dai tuoi amici»
Le parole pronunciate da Blaine alla
caffetteria mi riportano immediatamente con i piedi per terra, placando l’ansia
che mi stava chiudendo lo stomaco. Andrà tutto bene, questo non cambierà nulla.
Scendo dalla macchina ancora
leggermente sovrappensiero e dopo aver salutato, varco i cancelli della Dalton
con passo veloce: la prima cosa da fare è parlare con Blaine… e poi con gli
altri. Domani sistemerò le cose burocratiche con la segreteria e… il resto si
vedrà.
Mentre ormai cammino per i corridoi,
diretto alle scale, non mi accorgo di Wes che, fermo a parlare con alcuni
ragazzi del secondo anno, mi scorge e mi sfiora la spalla quando gli passo
distrattamente accanto.
«Ehi, Kurt!»
Io mi scuoto dai miei pensieri e per
un attimo resto a guardarlo senza dire nulla.
«Va tutto bene, amico? Blaine ci ha
detto che stamattina sei andato alla tua vecchia scuola: è successo qualcosa?»
Gli sorrido per quella lieve
preoccupazione che sento nel tono della sua voce: mi mancheranno, mi
mancheranno terribilmente tutti questi pazzi scatenati che mi hanno fatto da
famiglia anche se solo per pochi mesi.
«Mh, tutto a posto, tranquillo. Sai
dov’è Blaine?»
Lui mi fissa per qualche istante,
quasi dubitasse della mia risposta.
«È in camera vostra che si gasa per
le prossime esibizioni» dice poi con tono falsamente esasperato, come una madre
che con bonaria superiorità critica la sciocca esaltazione del suo bambino.
Lo ringrazio e mi avvio per le
scale, il suo sguardo che mi segue finché possibile. Prima che entri, la musica
a tutto volume che proviene dalla camera mi fa capire immediatamente che Blaine
è ancora lì e infatti, entrando, lo trovo mentre, di spalle verso la porta da
cui sono entrato, si muove a ritmo della musica, senza accorgersi della mia
presenza.
Trattengo a stento una risata per la
scena e avvicinandomi attiro la sua attenzione sfiorandogli un braccio. Lui
sussulta, davvero ignaro della mia presenza; poi, voltandosi e riconoscendomi,
mi sorride con una dolcezza a cui credo non mi abituerò mai e mi spiazza con un
dolce bacio a fior di labbra che non mi aspetto, ma che davvero non mi spiace:
mi accorgo che mi sono davvero mancate le sue labbra sulle mie… e la sua
presenza.
In un attimo ritornano le paranoie
ed il timore che le cose non vadano come credo. Lui pare leggere il cambiamento
nei miei occhi, perché mi guarda interrogativo e mi prende la mano.
«È tutto ok?» chiede con voce
sottile, mentre si allunga a spegnere la musica, senza però lasciarmi.
Improvvisamente sento venir meno le
parole per dirgli la mia scelta, ma so che deve essere la prima cosa da fare.
«Kurt, è successo qualcosa? Che
volevano alla tua vecchia scuola?»
È il momento.
«Ho parlato con David Karofsky… lui…
ha detto di essere pentito e che posso tornare a scuola perché non farà più del
male a nessuno. Anzi, ha creato un club di protezione per le vittime di
bullismo»
I suoi occhi mi fissano,
indecifrabili come quelli di mio padre, mentre la stretta aumenta non appena
sente il nome di Dave.
«Blaine, ritorno al McKinley»
Sento che queste parole non mi sono
mai pesate tanto. E il loro peso aumenta non appena lo sguardo del mio ragazzo
diventa terribilmente chiaro: sorpresa, timore, delusione, forse rabbia si
alternano in quelle meravigliose iridi ed io sono paralizzato.
Aspetto che dica qualcosa, che
faccia qualcosa, ma tutto resta fermo, quasi il tempo si fosse bloccato in uno
stato surreale che non fa altro che ferirmi.
Dì qualcosa, Blaine. Qualsiasi cosa.
«Te ne vai…»
Il suo
sussurro, se possibile, fa ancora più male. C’è una tale… tristezza in esso che
non so in che modo io riesca a non crollare.
«Io…
non…Blaine, sono i miei amici… sai quanto mi mancano…» mi giustifico, ma lui
lascia andare la mia mano, allontanandosi di un passo. Mai più piccola distanza
ha fatto tanto male.
«E riesci a fidarti di quel Karofsky,
dopo tutto quello che ti ha fatto?»
La sua voce
è seria, quasi accusatoria.
«Blaine, non hai visto i suoi occhi!
Per un attimo mi è sembrato davvero… pentito. Non posso definitivamente
perdonarlo, non dopo tutto quello che mi ha fatto… Ma… gli credo. Gli credo
perché so cosa sta passando»
Lui mi guarda e la speranza di
essere compreso sfuma quando quegli occhi non fanno che peggiorare, colpendomi
sempre più in profondità.
«E…
e noi…?»
Trattengo il fiato. Noi? Siamo in
discussione noi?
«Questo non cambierà noi! Blaine,
saremo sempre io e te, non conta dove
siamo!»
Non ne è convinto. Ha paura. Glielo
leggo in volto e mi sento improvvisamente venir meno, le ginocchia che quasi
non reggono il peso del mio corpo e la paura che prende il sopravvento su
tutto. Che ha intenzione di fare? Vuole… lasciarmi? Lasciarmi per paura che lo
faremo in seguito?
Resta in silenzio, invece. Mi guarda
solo, come se stesse tentando di fare ordine nella sua testa ed io darei chissà
che per sapere a cosa sta pensando.
Pago la facilità con cui gli ho
confessato la mia decisione, la leggerezza con cui ho creduto che non ci
sarebbero stati problemi, che avrebbe capito ed anzi sarebbe stato lui a
rassicurarmi.
«Io gli ho
detto che a me starebbe bene…»
«Sto solo
dicendo che mi dispiace saperti lontano dai tuoi amici»
«Credevo…. Credevo saresti stato
felice… per me. Hai detto che se fossi riuscito in qualche modo a tornare in
completa sicurezza, la cosa a te sarebbe andata bene» confesso con una punta di
delusione che, egoista, non riesco a celare del tutto.
«Non pensavo… non pensavo avrest–»
Si blocca, prima di finire la frase,
nonostante il significato sia terribilmente chiaro. Non credeva lo avrei fatto
per davvero. Questo vuol dire che lo ha detto solo per circostanza? Per
illudermi, mostrando che mi avrebbe sostenuto in ogni caso, perché pensava che
in realtà la situazione non sarebbe mai migliorata?
Deglutisco con difficoltà e in un
attimo sento delle lacrime premere agli angoli degli occhi. Ma non piangerò,
non davanti a Blaine. Egoistico orgoglio che prende il sopravvento.
«Blaine, che succede?» chiedo,
facendo uno sforzo immane per mantenere la voce ferma.
Temo una sua risposta alla quale non
saprei come reagire. Non dirlo, Blaine non–
«Scusa, Kurt, ho bisogno di pensare
con calma» sussurra lui e poi mi lascia solo nella stanza.
Che diavolo è successo? Abbiamo
appena litigato? Qualcosa mi opprime il petto e mi sento come se non fossi in
grado di respirare per bene. Mi siedo sul letto e stringo con forza gli occhi,
ancora nella ferma volontà di non dover piangere.
Non so che fare.
*
Non riconosco subito il rumore che
spezza il silenzio senza tempo della stanza, strappandomi dallo stato di
dormiveglia nel quale sono sprofondato dopo aver alla fine ceduto alle poche
lacrime di rabbia e confusione.
Alzo lentamente la testa dal cuscino
e attendo qualche istante per mettere a fuoco la situazione. Il rumore si
ripete. È il bussare di qualcuno alla porta.
Blaine!
Al solo pensiero di quel nome tutto
si mette perfettamente a fuoco ed io scatto istintivamente dal letto,
ritrovandomi in un sol passo davanti all’entrata.
«Ascolta, credo ne dovremmo pa–»
La voce mi si blocca in gola quando,
nell’aprire, non mi ritrovo davanti l’Usignolo ingellato, bensì David. Per un
istante lo fisso come si fisserebbe un alieno e anche lui mi guarda un po’
confuso.
«Scusa Kurt, avrei bisogno di sapere
se per caso tu o Blaine aveste visto la cravat–»
È il suo turno di rimanere basito:
devo avere un aspetto orrendo a giudicare dalla faccia che il moro ha appena
fatto.
«Kurt, che succede? È tutto a
posto?» mi chiede con la stessa lieve preoccupazione che aveva mostrato Wes al
mio arrivo.
Io non so in che modo evitare l’argomento,
né se voglia davvero farlo; semplicemente mi allontano dall’ingresso, andandomi
a sedere di nuovo con pesantezza sul mio letto. David deve rimanere per qualche
istante indeciso sulla sua prossima mossa – forse ha paura di risultare
invadente o più semplicemente non sa come comportarsi – perché passa più di
qualche istante prima che senta il rumore della porta che si chiude, dei passi
leggeri che col mio stesso percorso raggiungono il letto e infine il piegarsi
di quest’ultimo sotto il suo pur leggero peso.
Non faccio nulla, non lo guardo
neanche – non potrei sostenere un simile sguardo – ed attendo che il silenzio
sia rotto da un suo intervento provvidenziale.
«Vuoi… non so, parlarne? Che cosa è
successo?» tenta con tono incerto ed anch’io non so che fare, se confidarmi con
lui: in fondo questa è una cosa mia e di Blaine… eppure forse al momento ciò
che mi serve è proprio un punto di vista esterno…
«Si tratta della convocazione alla
tua vecchia scuola? Kurt…?»
Il tono stavolta è più serio, più preoccupato
e sento di dover rispondere, almeno per rassicurarlo.
«Sì, si tratta di quella
convocazione, ma sto bene. Il bullo che mi aveva costretto ad andare via, dice
di essersi pentito e che… posso tornare a McKinley perché ha smesso di essere
quel tipo di persona e anzi, con degli altri ragazzi ha creato un club per
tutelare tutta la scuola da questo punto di vista…» spiego tutto d’un fiato.
«Oh, ma questo è…» il suo entusiasmo
si blocca in un attimo «Oh»
Ha compreso il punto con una
velocità che quasi mi spaventa. Non vedo il suo volto – il mio è sepolto ancora
tra le ginocchia – ma posso immaginare la sua espressione.
Sento la sua mano calda poggiarsi
con sicurezza sulla mia spalla e stringerla leggermente. Non credevo che un
simile contatto mi avrebbe fatto tanto bene, eppure sento improvvisamente la
possibilità vera di parlare a David a cuore aperto. In fondo è quello di cui ho
bisogno, forse anche di più che parlare con lo stesso Blaine.
«Ho detto di sì: voglio tornare con
i miei vecchi amici…» spiego alzando la testa e fissando il volto serio del
moro accanto a me.
«E… l’hai detto a Blaine, giusto?»
«Ovvio. È stato il primo a saperlo!»
«E non l’ha presa bene?»
Lo guardo. È così… scontato che
dovesse prenderla male? Non avrebbe semplicemente potuto essere felice per me e
per il fatto che tornavo dai quegli amici che – lui stesso se n’è accorto – mi
mancano così tanto, nonostante gli Usignoli ormai mi siano diventati allo
stesso modo cari?
Ma chi voglio prendere in giro? È
normale che abbia reagito così, anzi è il minimo! Insomma, in un certo senso lo
sto lasciando: io avrei probabilmente reagito anche in modo peggiore! Che cosa
ho fatto…? Che cosa–
«Alt, alt! Fermati subito!»
La voce di David mi strappa ai miei
pensieri e lo guardo confuso.
«Sono certo che la tua testa stava correndo ben oltre i limiti di
velocità della sanità mentale. Prendi un bel respiro e cominciamo da capo»
Non mi scompongo per quella che
potrebbe essere ritenuta un offesa e faccio come dice. L’aria nei polmoni però
non sembra calmarmi.
«Cosa ti ha detto Blaine?»
«Umh… non che sia stato di molte
parole… noi… è stato un litigio strano… David, se lo perdessi? Andandomene,
intendo»
L’Usignolo mi guarda pensieroso.
«È quello che ti ha detto?»
«Lui… no, non l’ha detto… ma i suoi occhi… non lasciavano
molti dubbi su ciò che stava pensando. Aveva paura»
«Tu no, invece?» mi chiede e non so
se ho solo immaginato l’accusa velata in quella domanda.
«Ovvio che sì! Ma credevo… cioè
pensavo che lui…»
Mi blocco. David mi guarda in un
muto incitamento ad andare avanti, ma io non so se voglio continuare: esprimere
ad alta voce i miei pensieri e le mie supposizioni ha cambiato la prospettiva
con cui li stavo osservando e giudicando e lentamente mi rendo conto
dell’egoismo delle mie azioni.
«Aveva detto che per lui sarebbe
andato bene se fossi tornato al McKinley in tutta sicurezza»
«Pensa davvero queste cose, Kurt:
vuole solo il meglio per te – e tu lo sai»
Annuisco. Certo, certo che lo so – è
lo stesso che voglio io per lui.
«Proprio per questo ho creduto… Sono
il primo ad avere paura, il primo che non vuole passare neanche un istante
senza di lui, ma…»
Sento di nuovo le lacrime premere
per rigare le guance; un sospiro tremulo esce dalle labbra ed abbasso di nuovo
lo sguardo senza essere in grado di continuare.
«Speravi che fosse lui a dirti che
sarebbe andata bene in ogni caso e che anche se in due scuole diverse le cose
non sarebbero cambiate, giusto?»
Annuisco e credo di vergognarmi:
detta da lui, questa cosa sembra egoistica ancora più di quanto non mi fossi
reso conto da solo. Che diavolo ho combinato?
«È solo che… non lo so. Lui mi è
sembrato spaventato e le mie paranoie invece di placarsi sono aumentate e poi
lui è andato via… Mi aspettavo la sua solita calma e magari un incoraggiamento,
ma è ovvio che l’abbia presa in quel modo: gli ho detto che me ne andavo! Non
avrebbe potuto reagire diversamente. Sono stato un egoista: ho creduto che
automaticamente avrebbe dovuto mettere da parte ogni suo sentimento e fare forza
a me… Come ho potuto aspettarmi questo? Come ho potuto pretenderlo?»
La stretta di David sulla mia spalla
– che non mi ha abbandonato per tutto il mio sfogo – si fa più forte ora che mi
sento davvero smarrito ed in colpa.
«Perché non lo cerchi e gli parli?
Spiegagli tutto, a cuore aperto: se c’è una cosa di cui non hai da temere con
Blaine è che ti giudichi, no? Non lo conoscevi e ti sei confidato con lui come
fosse un tuo vecchio amico, non credo sia tanto difficile farlo adesso.
Dialogo, Kurt. Verbale o no, credo sia la cosa più bella che abbiate: la
facilità con cui riuscite a comprendervi è una cosa stupenda, secondo me. Non
fatevela mancare proprio adesso!»
Lo guardo con occhi lucidi: David sa
essere un pozzo di saggezza e adesso ha completamente ragione. Le poche volte
che abbiamo litigato è stato semplicemente perché non abbiamo parlato
abbastanza.
«Grazie, davvero».
Mi alzo di scatto, senza pensare ad
altro che non sia cercare Blaine e chiarire, chiedendogli innanzitutto scusa.
Apro la porta e sto per correre fuori, quando qualcosa mi blocca sul posto.
Anzi, qualcuno.
Blaine. Blaine è qui, di fronte a
me, in viso un’espressione che mi toglie il fiato, gli occhi lucidi e le scie
di due lacrime che gli bagnano le guance. Perché piange? È colpa mia, giusto?
Da quanto tempo è qui? Quanto di quello che ho detto a David è arrivato alle
sue orecchie?
Improvvisamente il tempo pare
essersi congelato, mentre probabilmente entrambi aspettiamo che sia l’altro a
fare la prima mossa. Ma nessuno fa nulla, restiamo solo a guardarci, i suoi
occhi lucidi nei miei che probabilmente li imiteranno presto, se non lo stanno
già facendo.
Poi non reggo più. Quella vista, i
miei sensi di colpa, l’aver sbagliato ogni cosa… tutto, insomma, mi travolge
nello stesso tempo e non posso fare altro che spingermi tra le sue braccia e
tenerlo stretto a me, come se qualcuno potesse portarmelo via.
«Sono uno stupido, Blaine, uno
stupido!» gli dico stringendolo ancora più a me «Sono stato un egoista e ti
chiedo scusa. Mi aspettavo che tu–»
«Sssh, non dire nulla. L’ho sentito,
ho sentito quello che stavi dicendo a David…e anche quello che ha detto lui…
Dovremmo davvero parlare»
Solo allora mi stacco da lui e lo
guardo negli occhi: hanno una scintilla che li fa brillare e da forza alla sua
decisione. Mi accorgo appena che il moro ci ha affiancato con un sorriso e si è
avviato lungo il corridoio. Lo guardiamo per un istante, poi entriamo.
Mi risiedo sul letto, lui di fronte
a me; il silenzio ritorna nella stanza e con esso il lieve imbarazzo di non
sapere cosa dire o come cominciare.
«Sai che voglio che tu sia felice»
esordisce lui.
«Certo, certo che lo so!»
«Ed io so che le Nuove Direzioni ti mancano. Quindi, se
puoi, torna da loro»
«Ma… tu? Insomma, tu sei felice?»
Mi guarda e per un istante i suoi
occhi si offuscano, solo per un attimo, ma sufficiente a farmi capire che no,
non sarebbe completamente felice, come è
ovvio che sia.
«Certo, non ci vedremo con la stessa
frequenza di ora – sarebbe impossibile, considerato che adesso viviamo
praticamente sotto lo stesso tetto e dormiamo nelle stessa stanza – ma questo
non cambia molto»
Non è quello che pensava poco fa.
Sta mentendo – no, sta minimizzando,
in modo che io vada lo stesso, anche se lui non sarà felice.
«Non mentirmi, ti prego»
La mia voce trema più del voluto e
Blaine mi prende immediatamente la mano. Odio mostrarmi continuamente così
davanti a lui, perché la mia fragilità lo porterà sempre a fare qualcosa per me
e non per lui. Stiamo avendo la conversazione che mi aspettavo quando sono
sceso dalla macchina di mio padre, quella conversazione che non voglio più avere.
«Kurt, io–»
«Blaine, io voglio tornare nella mia
vecchia scuola, ma non voglio che tu sacrifichi te stesso per questo»
«Non lo sto facendo, credimi»
«Dimmi ciò che pensi, davvero. Ciò
che vuoi»
«Sarebbe da stupido dirti che non mi
mancheresti o anche non sarei un po’ triste, soprattutto i primi giorni… Ma
questo non significa che ci perderemo o cose del genere! Insomma, non tutte le
coppie passano insieme l’intera giornata o si vedono sempre, eppure stanno bene
insieme. Basterà abituarci e chiamarci spesso...»
«E
i tuoi dubbi?»
Lui abbassa lo sguardo come a
volermi nascondere ciò che sta provando.
«Io… non me l’aspettavo. Ho reagito
in quel modo perché mi hai preso in contropiede… e allora ho esitato. Niente è
in dubbio, Kurt. Dico sul serio. Sono felice che torni da loro, ti mancano. E… noi staremo bene. Non cambierà nulla»
Sospiro. Pronunciando quest’ultima
frase, ha di nuovo incatenato il mio sguardo al suo. E i suoi occhi brillano,
brillano di quell’ambra liquido, incandescente che ho visto poche altre volte e
che davvero non lascia scampo.
Mi sento… non so come mi sento.
Avremmo dovuto parlare da subito così, senza complicare nulla.
«Solo… solo un’ultima cosa… posso?»
mi chiede.
«E lo
chiedi? Non ti ho appena detto che devi dirmi
tutto?»
Sorride in
un modo bellissimo e dolce, prima di continuare.
«Tu… tu sarai davvero al sicuro lì,
vero?»
«Sì, Blaine. Sono al sicuro. Mi
erano mancati gli intrighi del McKinley: Santana – l’ispanica di cui qualche
volta ti ho parlato – ha fatto in modo che Karofsky non solo smettesse di fare
il bullo, ma addirittura creasse un club anti-bullismo!»
«Cioè, lo ha costretto?»
Ora mi pare meno convinto di prima.
«Mh, ufficialmente, per quel che mi
ha detto, sì: è tutta opera di Santana e lui è solo… un braccio… ma sai… c’era
qualcosa… Non lo so, credeva in quello che diceva, gliel’ho letto negli occhi.
Non farà nulla, sono al sicuro, Blaine»
L’Usignolo annuisce, stavolta più
convinto e si apre in un sorriso.
Poi si alza e annulla quel po’ di
distanza che ci separa prendendo le mie labbra con le sue e baciandomi con
dolcezza e desiderio, in un modo che mi fa girare la testa e chiedere
nient’altro che questo. Sento la sua lingua sfiorare le mie labbra, quasi
bussasse alla porta con educazione e non ci metto molto a dischiuderle e a
permettere alle nostre lingue di incontrarsi. Si studiano, sfiorandosi con
ritmi improvvisati eppure terribilmente sincronizzati e continuano un gioco
fatto di puro istinto. Sento la sua mano posarsi sul mio collo nel cercare un
appiglio e non so con che forza ho anche l’impressione che un suo ginocchio si
sia poggiato sul letto per non perdere equilibrio. Il cuore mi batte senza
alcun ritegno, ma non mi preoccupo che lui lo senta – non ho la lucidità per
farlo, né alcun motivo per nascondere gli effetti che ha su di me.
Con movimenti lenti e non del tutto
coordinati, Blaine fa in modo che indietreggi, fino a che la schiena non tocchi
contro il muro e lui poggi con entrambe le ginocchia sul letto. La mano mi
tiene ancora il collo e le nostre labbra si muovono ancora l’una sull’altra
anche se la mancanza d’ossigeno comincia a farsi sentire, costringendoci in
breve a staccarci.
«Kurt–»
Non gli do tempo di parlare, né di
pensare razionalmente a quello che sto facendo: so solo che sono di nuovo sulle
sue labbra, alla ricerca della sua lingua e questo basta. Dovrei essere
imbarazzato? Dovrei fermarmi? Non capisco più nulla.
Poi un brivido mi scuote e davvero
potrei impazzire. Senza che me ne sia accorto, Blaine ha sfilato la camicia dai
miei pantaloni e ha lasciato che una mano scivolasse sulla mia pelle nuda: il
contatto con le sue dita leggermente fredde mi da brividi che non so
descrivere. Un mugolio di piacere sfugge incontrollato dalle mie labbra ed è
come un incitamento ad andare avanti. Non lo avevo mai sentito così vicino, non
mi aveva mai sfiorato così e sento ogni cosa sfumare: resta solo il suo tocco
leggero che giunge al mio petto.
Voglio provare, voglio sentirlo come
lui sente me. Con difficoltà – le lingue che ancora danzano nelle nostre bocche
– sfilo la sua camicia dai pantaloni e porto una mano sulla sua pelle, calda
più di quanto mi aspettassi. Forse proprio per questo gli provoco sottili
brividi e sentirlo tremare sotto il mio tocco distrugge quei pochi neuroni che
ancora si erano finora inspiegabilmente salvati.
Dio, Blaine, cosa mi stai facendo?
Non esiste più nulla, il mio mondo
si è ridotto a pochissimo spazio, al suo corpo contro il mio e alle nostre
bocche che non vogliono sapere di staccarsi, nonostante mi accorga che il fiato
comincia di nuovo a mancare.
Un rumore. Qualcosa di lontano che
non riesco a percepire davvero e non distinguo. Non so se sia istinto o altro
quello che mi porta ad aprire comunque gli occhi: in ogni caso, quello che vedo
spezza ogni cosa.
Mi stacco da Blaine che per poco non
mi cade addosso data la… passione con cui mi stava baciando e a cui scappa un
sottile mugugno di risentimento, come se si stesse chiedendo perché abbia
interrotto così bruscamente un tanto piacevole contatto.
Cavolo, Blaine, come se a me non
piacesse!
Ma ora i miei occhi sono
praticamente incollati a ciò che ci ha interrotto, mentre l’istinto omicida fa
a cazzotti con l’imbarazzo e mi blocca sul posto, senza permettermi alcuna
reazione. Sento Blaine voltarsi e credo abbia assunto la mia stessa
espressione.
La situazione potrebbe essere comica
se fosse vista dall’esterno. Ma noi ci siamo dentro, quindi è tutt’altro che
questo.
Wes, David,
Nick, Jeff, Thad e Dominic. Non manca proprio nessuno all’appello!
«Voi!»
La mia voce, più acuta del normale
per l’imbarazzo, ma minacciosa per una simile interruzione ha un effetto
gratificante per la reazione che provoca ad ognuno di loro. Sussultano come se
li stessi minacciando di morte – e in effetti non ci sono poi così lontano.
«Per quale motivo secondo voi
esistono le porte chiuse? Possibile
che a nessuno di voi sia stato insegnato come bussare? Eppure siete in sei, sei cavolo! A nessuno è venuto in mente
di fare un gesto tanto semplice?»
Qualcuno – Nick e Jeff che sono tra
quelli più in avanti – boccheggiano per qualche istante, senza sapere che
rispondere ed io con la coda dell’occhio, scorgo Blaine sorridere per la mia
furia. Ma non è la prima volta che lo fanno, maledizione!
«Scusate, scusate, scusate!»
Come facciano ad essere un perfetto
coro anche quando non cantano, o meglio improvvisano nel panico più totale, è
qualcosa di sorprendente! Io li guardo ancora in cagnesco e li vedo leggermente
arrossire a disagio.
«Da-David ci ha detto che hai la
possibilità di tornare alla vecchia scuola e allora… stavamo pensando di fare
una bella festa di addio, o meglio arrivederci,
perché che ti piaccia o meno, un volta
Usignolo, Usignolo per sempre!» spiega Wes.
Io sgrano gli occhi, sorpreso dalle
loro intenzioni e soprattutto da quell’ultima frase. Qualcosa mi si agita
dentro: questi ragazzi sono stati la mia famiglia, almeno un po’, devo loro
molto…
Di nuovo una sorta di tristezza
velata mi prende ed abbasso lo sguardo, incapace di continuare a guardarli.
«Ehi, no! Non azzardarti a farlo!»
La voce di David mi porta
istintivamente ad incrociare con curiosità i suoi occhi scuri.
«Sembra che tu sia riuscito a… chiarire con Blaine, non rovinare tutto
ora! Va bene, Kurt: siamo felici che torni a casa. Nonostante sia stato bene
qui – lo spero – è quello il tuo posto. Siamo felici di averti avuto con noi,
solo questo»
Lo guardo, gli occhi di nuovo lucidi
per l’emozione e la mano di Blaine sulla mia spalla. Non so che dire e forse
non ce n’è davvero bisogno.
«Grazie. Davvero, grazie a tutti.
Io…»
Sono in difficoltà: non so mai che
dire in momenti come questi.
«Ok, ok, adesso basta con le parole!
Scendiamo, che dite? Rendiamo la Dalton e gli Usignoli indimenticabili per
Kurt!»
Nick! Il suo entusiasmo travolgente
porta tutti i ragazzi a correre via dalla stanza in un istante, lasciando me e
Blaine dietro.
Lo guardo sorridendogli e lui
ricambia il mio gesto.
«L’unica cosa che non mi mancherà di
tutto questo credo sarà la totale mancanza di privacy» dico, alludendo
all’incursione che come al solito ci ha colti in un bel momento, interrompendolo.
L’Usignolo scoppia a ridere,
annuendo. Poi mi lascia un soffice bacio sulle labbra e mi prende per mano, come la prima volta, trascinandomi lungo
il corridoio.
~ ∞ ~
I walked across an empty land
I knew the pathway like the back of my hand
I felt the earth beneath my feet
Sat by the river and it made me complete
È qui, di fronte a me, davanti a
tutti i ragazzi del McKinley e comincia a cantare come se fossimo da soli, come
se non potessi sentirlo che io. Dietro di lui, gli altri Usignoli compaiono
scendendo le scale e facendo da coro, in un suono unico ed emozionante come
sempre.
Ci sono tutti, pronti a mostrarmi
quanto mancherò loro. Le parole che mi ha rivolto Blaine prima di cominciare a
cantare mi hanno colpito molto: davvero non credevo di essere stato così importante per loro… ma la festa
che mi hanno dedicato prima che me ne andassi ed ora questo mi fanno capire che
forse non esagerano a dirlo…
Mi si gonfia il cuore di gioia e
forse – ok, sicuramente, anche di orgoglio: solo adesso mi rendo conto di
quanto mi mancherà ogni singolo folle ragazzo che fa parte di quel gruppo.
Sono qui che li guardo, con le
braccia conserte, tentando di rimanere quanto più possibile composto e fermo e
di trattenermi dall’abbracciare ognuno di loro e particolarmente Blaine, che
sta cantando senza curarsi di niente e di nessuno se non di me che lo guardo.
Quanto sono stato fortunato ad
incontrarti? Quanto sono stato fortunato ad averti con me?
Oh simple thing, where have you gone?
I’m getting old and I need something to rely on
So tell me when you’re gonna let me in
I’m getting tired and I need somewhere to begin
Si muovono ora, disponendosi su
tutta la larghezza delle scale, i loro occhi puntati su di me e Blaine che non
riesco a non guardare. Canta con voce ferma, ma si vede quanto sia emozionato,
quanto tenga a quello che sta facendo. L’ambra del suo sguardo è quasi
invisibile perché lo sforzo nel cantare e l’emozione che lo travolge fanno sì
che non si veda che una fessura dei suoi occhi e a me manca il fiato: non lo
avevo mai visto così durante un’esibizione e il mio cuore irrimediabilmente
romantico mi fa credere che sia perché sta cantando per me.
Per me.
È la prima volta che qualcuno mi
dedica qualcosa… e mi sento come se improvvisamente mi mancasse la terra da
sotto i piedi.
Gli Usignoli scendono alcuni gradini
con la classica coordinazione e mi accordo che tutti sono attratti
inevitabilmente dalla loro performance.
Poi ad un tratto, nel crescendo
della canzone, Blaine scatta e perdendo il mio sguardo, scende con velocità i
gradini per correre verso il pianoforte.
And if you have a minute, why don’t we go
Talk about it somewhere only we know?
This could be the end of everything
So why don’t we go somewhere only we know? Somewhere only we know
Ritrovo immediatamente il contatto
con i suoi occhi – brillano e riesco a distinguerlo bene nonostante lo spazio
che ci separa. Continua a cantare, accompagnandosi col suono del piano come
fosse la cosa più naturale del modo ed io mi accorgo appena di aver preso a
muovere il corpo al ritmo di quella poesia.
Non ho parole, non riesco a
descrivere il modo in cui mi sento, quello che sto provando. Mi sento
completamente smarrito, senza via di scampo se non continuare a guardare Blaine
ed il cuore mi batte talmente forte che potrebbe uscirmi dal petto da un
momento all’altro.
Pazzo, innamorato Blaine. Cantare
per me davanti a tutti, al McKinley… è una cosa talmente da te che non so in
che modo non mi sia passato per la testa che avresti potuto farlo. E folli i
tuoi compagni che – al diavolo le esibizioni al di fuori del campus! – hanno
accettato di seguirti per salutarmi.
Lo raggiungono dietro di lui, di
nuovo con lo sguardo fisso su di me ed un’espressione sorridente eppure un po’
affranta sui visi. Mi mancheranno, uno per uno.
Non so per quanto ancora resisterò
contro la commozione che minaccia di rigare il mio viso e di interrompere la
performance per correre tra le braccia di Blaine e dirgli tutto quello che
sento – e so che non uscirebbe una sola parola dalle mie labbra e che andrebbe
bene così, perché non ne abbiamo bisogno. Resisto, solo perché non ho il
diritto di interrompere qualcosa di così bello.
Si allontana dal piano e mi si
avvicina ancora cantando; poi lascia che sia il coro a portare avanti la
melodia e con un sorriso tremendamente bello su cui si riflette già la sua di
emozione, mi prende le mani e mi fa scendere quei pochi gradini che mi separano
dal piano e dal resto degli Usignoli.
And if you have a minute, why don’t we go
Talk about it somewhere only we know?
This could be the end of everything
So why don’t we go somewhere only we know?
Somewhere only we know
Somewhere only we know
Somewhere only we know
Mi si avvicinano, uno per uno, e mi
salutano. Mi sento venir meno e non sono più capace di trattenere le lacrime
che ora mi bagnano il viso. Non è un addio, me lo hanno ripetuto tante volte
durante le ultime ore che ho passato alla Dalton. Una volta Usignolo, Usignolo
per sempre – altro motto del loro saluto, eppure una parte di me non può non
essere triste per questo arrivederci.
Mi mancheranno, ora lo so per certo:
mentre mi abbracciano o mi danno pacche amichevoli sulle spalle, so che ognuno
di loro, nella sua ordinaria follia, nel suo piccolo essere unico e speciale,
mi mancherà, in modo diverso ed unico.
Wes, David, Nick, Jeff, Thad e tutti
gli altri, che mi hanno accolto come un uccellino spaurito appena caduto dal
nido. C’è voluto tempo, mi hanno avvicinato con calma, lasciandomi lo spazio e
la tranquillità per ambientarmi e poi sono diventati indispensabili, nei
momenti seri tanto quanto in quelli divertenti. Ho capito che cosa significhi
essere un solo corpo e una sola voce e ho imparato un’unità che forse neanche
nelle Nuove Direzioni avevo compreso
appieno. Mi sono stati accanto e mi hanno fatto crescere e maturare fino a che
da passerotto infreddolito e lontano dal nido, non sono stato in grado di
imparare a volare e tornare a casa.
Significano tanto per me e no, non
li dimenticherò.
Il groppo che mi si è formato alla
gola mi impedisce anche solo di deglutire, mentre, dopo aver salutato tutti gli
Usignoli, mi ritrovo davanti mio fratello, con un grosso sorriso e gli occhi
che luccicano. Sospiro per cercare di riprendermi e lui allarga le braccia
tirandomi a sé. Il suo calore mi conforta e forse, dopotutto, mi calma anche un
po’ dal turbinio di emozioni che mi sta facendo girare la testa. Dopo di lui,
anche Mercedes mi stringe a sé con affetto.
Poi torno a guardare Blaine che
intanto ha continuato a cantare con forza. Trovo i suoi occhi e la commozione
che ha avuto già la meglio su di me, sta per sconfiggere anche lui che si avvia
alle note finali. Mi avvicino ancora un po’ e sospiro di nuovo abbassando per
un attimo la testa: ci sono tante cosa che vorrei dirti adesso, Blaine, ma
semplicemente dovrebbero inventare parole nuove, perché quelle che conosco non
bastano, non sfiorano neanche ciò che provo in questo momento.
Conclude la canzone mentre io
ritrovo il suo sguardo e quando la melodia sfuma dolcemente non resisto più e
mi lancio tra le sue braccia quasi con bisogno, come se fosse indispensabile
alla mia sopravvivenza. Mi stringe forte a sé come non aveva mai fatto prima,
come se potessero strapparmi via da lui e non ci rivedessimo mai più.
La necessità che colgo in
quest’abbraccio fa quasi male ed anche io ricambio la stretta per fargli
sentire che sono qui con lui. So cosa dirgli ora.
«Non ti dirò mai addio» sussurro con
voce tremula.
Lui capisce, so che capisce che cosa
intendo e mi lascia andare con un sorriso pieno di lacrime.
Sospiro di nuovo e sorrido anch’io,
per quanto mi sembri difficile. Lo vedo andare via e so con certezza che non è un addio. È un nuovo inizio e lui sta
percorrendo questa nuova strada con me: non ci stiamo separando, non lo faremo
mai.
____________________________
Rieccoci! Perdonate l’abissale ritardo, ma tra gli
esami di Pachelbel e le mille idee che mi hanno presa, non siamo riuscite ad
aggiornare prima.
Anyway, siamo qui ^^ Questo capitolo… non lo so, lo
reputo il migliore tra quelli che ho scritto finora… forse perché c’è Somewhere only we know e rivedere quella
performance prestando attenzione ad ogni dettaglio è stato devastante – alla fine
avevo le lacrime agli occhi.
Boh, spero piaccia anche a voi… e ricordo che anche
le critiche sono bene accette!
Ringraziamo tutti coloro che sono arrivati fin qui:
we love you ♥
A presto, baci ♥
Ps: ho detto delle mille idee che mi hanno presa, beh,
magari avete voglia di prestare attenzione almeno ad una di esse? Una nuovo
long, scritta con la benedizione di Pachelbel ♥ My universe will never be the same.
Capitolo 28 *** Somewhere only we know ~ Blaine ***
~ KlaineSongs ~
28°_ Somewhereonlyweknow
~ Blaine
~ Quando davvero non riesci ad allontanarti dalla
persona che ami ~
Rimango
fermo, immobile, quasi senza respirare, osservando Kurt da lontano mentre abbraccia
i suoi amici, felice di essersi di nuovo unito a loro. Non posso fare a meno di
aprirmi in un sorriso io stesso, vedendolo così allegro, e cerco in tutti i
modi di non farmi prendere dal dispiacere che provo ogni volta che penso a
quanto mi mancherà ora che non sarà più con me.
Così
come concordato con Mercedes – che è stata fondamentale per la riuscita del
nostro piano – inizio a scendere le scale, seguito da Wes
e David, non appena la vedo parlare con Kurt, costringendolo a girarsi e a
fargli notare tutti noi, stretti nella nostra divisa di Warblers.
L’espressione
sorpresa sul volto di Kurt è il meglio che potessi ottenere; sorride poi,
guardandomi, e io cerco di non farmi distrarre dai suoi occhi, dalle sue labbra
e da lui in generale, cercando di
ricordare il discorso che avevo preparato.
Ma
ora come ora c’è il vuoto nella mia testa, o meglio, c’è solo un nome che la
attraversa. Kurt.
Ed
è quindi così che inizio un discorso che, ho deciso, improvviserò.
«Kurt,
ci mancherai alla Dalton.» Faccio una pausa, sorpreso del mio tono di voce
rotto, che mi fa rendere conto di essere quasi sul punto delle lacrime. E il
bello è che non ho nemmeno ancora cominciato a cantare! Non so come mi
ritroverò alla fine, se continuo di questo passo.
«Il
tuo contributo ai Warblers è stato molto prezioso.»
Abbassa lo sguardo, quasi non credesse alle mie parole. Sbagli, Kurt. Sei stato
davvero importante per noi, non solo per me. «Hai fatto di noi una squadra
migliore.»
Rialza
lo sguardo su di me, mentre continuo. «Mi rattrista vederti andare via,» ed è
solo una piccola parte per descrivere l’entità del mio dispiacere, «ma sappiamo
tutti che è questo ciò che volevi.» Lo so che è questo ciò che vuoi, e anche i
ragazzi. Non possiamo trattenerti.
«Io
ti vedrò ancora dopo la scuola e nei weekend, ma questi ragazzi no, perciò sono
venuti a salutarti.» La voce mi si spezza. Perché queste ultime parole sanno
tanto di un addio?
Ringrazio
Wes e David, i miei due angeli custodi, i miei
migliori amici, che sono vicini a me; e soprattutto ringrazio Wes, che prende la parola quando si rende conto che non so
più che altro dire, troppo impegnato a non scoppiare a piangere nel cortile del
liceo McKinley.
«E
grazie, Kurt.»
Vedo Kurt
sospirare dopo le nostre parole, ma decido per un attimo di non concentrarmi su
di lui; anche se, in realtà, è più una necessità dettata dal fatto che, se
continuassi a guardarlo, non farei altro per ore e ore, e non farei mai ciò che
mi sono prefissato di fare. Così chiudo gli occhi e inizio a cantare, pensando
solo al testo della canzone, e al motivo per cui ho scelto di dedicare proprio
questa canzone a Kurt.
I walked
across an empty land
I knew the pathway like the back of my hand
I felt the earth beneath my feet
Sat by the river and it made me complete
Lascio che
la mia voce risuoni alta nel cortile del McKinley, cercando di non pensare a
quanto azzardato sia dedicare una canzone al mio ragazzo proprio in questo
liceo. Ma ora come ora, non mi importa di niente; mi rendo conto che è da
quando Kurt mi ha dato la notizia del suo trasferimento che non vedevo loro di
cantare per lui.
So che i
miei compagni Warblers stanno uscendo dal loro
nascondiglio e stanno per scendere le scale dietro di me, così come era stato
concordato. Non ho bisogno di girarmi per sentire la loro presenza; so che ci
sono e questo è l’importante. Perché, come sempre, mi sono stati vicino e lo
faranno anche dopo, quando dovremo andare via di qui e sono certo che crollerò.
Oh simple thing, where have you gone?
I’m getting old and I need something to rely on
So tell me when you’re gonna let me in
I’m getting tired and I need somewhere to begin
E già adesso
sto per crollare, mentre continuo a cantare e mi avvicino a lui, seguito dagli
altri. Non so come farò a resistere senza Kurt. Nonostante l’affetto degli
altri ragazzi, la loro pazzia e il loro essermi stati vicino nei momenti più
bui – quando Kurt non era ancora entrato nella mia vita – da quando Kurt si era
trasferito alla Dalton, vivere lì mi era sembrato ancora più bello.
La Dalton è
cambiata da quel momento. O meglio, sono cambiato io.
Con
semplicità, Kurt si è letteralmente fiondato nella mia vita, come una meteora
luminosa che ha attraversato il cielo buio di una notte priva di stelle. Mi ha
regalato il suo calore, e io non ho potuto fare a meno che abituarmi a tutto
questo. E ora che se ne andrà, tornerà il buio.
Non riesco a
pensare, non so come io stia riuscendo a cantare dato il magone che mi opprime
la gola. Vorrei avvicinarmi a lui, corrergli incontro e abbracciarlo e baciarlo
fino quasi a svenire. Un pensiero egoista mi attraversa la mente: vorrei
poterlo prendere e racchiudere in una gabbia, facendo sì che stia sempre con
me, senza abbandonarmi mai.
L’istinto mi
porta verso di lui, vorrei quasi afferrarlo e trascinarlo via, ma mi riprendo
appena in tempo. Gli passo vicino senza quasi guardarlo, attirato dal
pianoforte nel bel mezzo del cortile, e mi ci avvicino, cominciando a suonare.
And if you have a minute, why don’t we go
Talk about it somewhere only we know?
This could be the end of everything
So why don’t we go somewhere only we know? Somewhereonlyweknow
Mi sento un
idiota; non posso davvero aver pensato una cosa del genere. Kurt non è certo un
uccellino da tenere rinchiuso in una gabbia, e mi sembrava di aver già fatto i
conti con questa mia possessività ieri, dopo la nostra lite.
Ne abbiamo
già discusso, non dovrei essere così spaventato. Triste sì, ma non spaventato.
Ho detto a Kurt che non sarebbe cambiato niente tra di noi, e lui ha detto lo
stesso. Ma allora perché sono così terrorizzato? Perché ho come la brutta,
orrenda sensazione che questa sia l’ultima volta che lo vedrò? Perché ho paura
che questa sia la fine di tutto, di noi?
I miei amici
notanto la mia espressione e, senza che me lo
aspettassi, mi si avvicinano, mettendosi a semicerchio intorno a me, quasi
volessero comunicarmi il loro appoggio. Vorrei riuscire a voltarmi verso di
loro, ringraziarli, ma ci sarà tempo per questo, dopo.
Ora devo
concentrarmi solo su Kurt, e sento di nuovo il desiderio opprimente di avere un
qualsiasi tipo di contatto con lui, che mi faccia rendere conto che è tutto
vero, è reale, che Kurt non mi sta scivolando via dalle dita.
Così lascio il
pianoforte e mi avvicino di nuovo a lui, questa volta camminando lentamente. E
non mi importa niente degli sguardi dei presenti, di quello che potrebbero
pensare o fare; salgo un gradino, ritrovandomi su quello più in basso rispetto
a quello di Kurt, e gli porgo le mani, in attesa che lui le afferri. E per un
attimo, temo che non lo farà.
Ma vengo
smentito. Kurt mi stringe le mani e io lo trascino con me, giù dalle scale,
senza staccare gli occhi dai suoi. Nel momento in cui le nostre mani si
uniscono, mi sento di nuovo, incredibilmente bene.
And if you have a minute, why don’t we go
Talk about it somewhere only we know?
This could be the end of everything
So why don’t we go somewhere only we know?
Somewhere only we know
Somewhere only we know
Somewhere
only we know
Ci
stacchiamo, mentre gli altri Warblers cominciano ad
avvicinarsi man mano a Kurt per salutarlo, chi con un abbraccio, chi con una
pacca sulla spalla. Mi gira le spalle, salutando tutti che gli rivolgono
sorrisi e sguardi pieni di ringraziamento e affetto. Ed è in questo momento che
mi rendo conto di essere davvero un idiota.
Perché io ho
fiducia in Kurt. So che quello che c’è tra noi non cambierà, e di certo non per
una mera questione di lontananza. Riusciremo a vederci e ad andare avanti,
riusciremo a stare insieme e amarci.
Ma mi
mancherà da morire. Perché dovrò tornare alla Dalton, entrare in quella stanza
che ha visto tutto di noi, le cose belle e le brutte, e mettermi a osservare un
letto vuoto e freddo. Sarò costretto ad ascoltare il silenzio, lo stesso
silenzio opprimente di quella stanza fredda che non ero riuscito a sopportare
dopo il mio appuntamento con Rachel. Dovrò riabituarmi a stare senza di lui,
per lo meno alla Dalton, a non poter ascoltare il suono del suo respiro mentre
si addormenta, a non potergli stringere la mano quando studiamo, a non fare i
turni nel bagno, lementandomi del suo monopolio su di
esso, a non svegliarmi con quell’oceano che ha al posto degli occhi davanti a
me.
Perciò non
posso fare a meno di urlare, sfogandomi attraverso la canzone. Perché la verità
è che sono distrutto. Perché la verità è che anche se questo non è un addio, ha
lo stesso, identico, amaro sapore.
Dopo aver
abbracciato Finn e Mercedes, Kurt si volta verso di
me; ed è come tornare a respirare. Mi rendo conto di quanto mi fosse mancato il
suo sguardo nel mio in questi pochi secondi che siamo stati separati. Non
possiamo trattenerci dall’avvicinarci l’uno all’altro, mentre io abbasso il
tono di voce, quasi sussurrando le ultime parole del testo, sperando che lui
comprenda, che capisca a cosa mi stia riferendo, che capisca le mie paure e
possa fare ciò che fa meglio: aiutarmi, farmi stare bene.
Perché lui
potrà anche pensare che sono stato io a salvare lui, ma la verità è che è stato
lui a salvare me.
Finisco di
cantare, senza distogliere lo sguardo dal suo, senza muovermi, respirando
profondamente e cercando di contenere le lacrime che premono di uscire, di
riacquisire il fiato che ho perso.
Ma è Kurt a
togliermi definitivamente il respiro quando, facendo un passo verso di me, mi
stringe in un abbraccio che è più una morsa. E io lo stringo tra le braccia,
forse troppo forte, provando di nuovo lo stesso desiderio di poter penetrare in lui per poterlo così
accompagnare sempre. Chiudo gli occhi, beandomi del calore di questo abbraccio,
che mi scioglie il cuore nel petto, del profumo di Kurt che mi invade le narici
e della moribidezza della sua guancia a contatto con
la mia.
E poi, Kurt
dice cinque parole, quelle parole che stavo aspettando. Non mi stupisco neanche
di quelle parole, perché sapevo che Kurt avrebbe capito, non avevo dubitato
neanche per un secondo. Ci conosciamo troppo bene, c’è qualcosa tra di noi,
qualcosa che ci lega e che non riesco a comprendere appieno, ma mai come in
questo momento mi rendo conto che siamo fatti l’uno per l’altro.
«Non ti dirò mai addio.»
Questo dice,
e ha la facoltà di farmi tornare a respirare di nuovo, molto più sereno di quanto
non fossi prima. Ho accettato l’idea del dedicargli una canzone, anche per
dargli la certezza che ci sarei sempre stato, ma alla fine, è stato lui a
rassicurare me.
Ci
stacchiamo contemporaneamente, di tacito accordo, come se avessimo entrambi capito
che è il momento di lasciarci andare. Io lo guardo velocemente negli occhi, e
poi quasi scappo via, non del tutto certo di riuscire a trattenermi dallo
scoppiargli a piangere davanti. Noto però il sorriso che mi rivolge e sento i
suoi occhi seguirmi.
Mi impegno,
cercando di non voltarmi e di non guardarlo, perché sento che ora sarebbe
troppo. Ma alla fine non resisto e mi giro, osservando i suoi amici coccolarlo
e confortarlo, asciugandogli le lacrime che aveva versato poco prima. E mentre
lo guardo lì, con i suoi amici, mi rendo effettivamente conto che è questo il
posto a cui appartiene; e vederlo felice, rende felice anche me, nonostante la
tristezza e le lacrime che ormai sono lì lì per
uscire – un battito di ciglia e cadranno.
«Grazie,» sussurro.
Grazie di
tutto.
~ ∞ ~
Non so
perché io mi trovi qui davanti. Non avevamo in progetto di vederci, inoltre
sapevo che Kurt avrebbe avuto il Glee dopo le ultime
lezioni del pomeriggio; immagino che poi vorrà passare del tempo con i suoi
amici, organizzare qualcosa con loro per festeggiare il suo ritorno al
McKinley. Per un attimo sono quasi tentato di andarmene e lasciarlo in pace con
i suoi amici, e quasi lo faccio, ma una voce mi ferma.
Mi volto,
per ritrovare Finn poco distante da me, accompagnato
alla biondina che, se non ricordo male, dovrebbe essere Quinn. Non appena mi
notano, mi vengono incontro con due sorrisi enormi sul volto; Quinn non fa
altro che guardarmi con due occhi luccicanti, neanche fossi diventato
improvvisamente un cucciolo abbandonato nel bel mezzo dell’autostrada. Io le
rivolgo uno sguardo stranito, ma poi sposto la mia attenzione su Finn, che mi sta porgendo la mano, chiusa a pugno.
«Ehi, amico!» sorrido e colpisco piano il pugno con il
mio, proprio come avevamo fatto a casa sua poche settimane fa. «Come stai?»
«Tutto bene,» dice lui mettendo un braccio intorno alle
spalle della sua fidanzata e rivolgendole un sorriso – che però non viene
ricambiato, dal momento che la ragazza è ancora impegnata a guardarmi con la
stessa identica espressione di prima.
Finn, seguendo il mio sguardo, si rende conto del motivo
per cui sto fissando Quinn e si fa scappare una risata. «Amico, hai davvero fatto colpo nel cuore di ogni ragazza presente in
cortile poche ore fa!»
Io mi limito
a sorridere, imbarazzato. In effetti posso immaginare sia stata una scena
abbastanza romantica a occhi esterni, sebbene io non l’avessi preventivato.
Volevo semplicemente fare una sorpresa a Kurt, ringraziarlo per il suo
contributo e regalargli il miglior saluto che potesse avere.
«E’ stata davvero una bella sorpresa, Kurt l’ha davvero
apprezzato molto,» continua a dire Finn, guardandomi
dritto negli occhi.
«Cosa ho apprezzato molto?» sento dire da una voce
dietro la schiena di Finn, una voce che conosco bene,
che amo e che non vedevo l’ora di risentire.
Finn si volta, togliendosi dalla mia visuale e mostrandomi
un Kurt in tutto il suo splendore. E non dovrebbe sembrarmi così bello,
d’altronde l’ho già visto prima, ma non posso fare a meno di pensare a quanto
sia dannatamente splendido e a quanto mi sia mancato. Non riesco a trattenere
un sorrisone, seguito probabilmente da un’espressione inebetita.
Anche Kurt
riesce finalmente a vedermi – prima ero nascosto da Finn
– e i suoi occhi si illuminano, brillando di una luce propria come le più
luminose delle stelle. Si avvicina a me, neanche facendo caso alla presenza
della sua compagna di Glee Club e al fratellastro, e,
non appena mi è di fronte, mi afferra una mano, stringendola tra le sue.
Rilascio un sosprio, ampliando il mio sorriso e iniziando ad
accarezzargli il dorso della mano con un pollice. «Ciao,» dico, sperando che la voce non mi esca troppo sospirante o simili.
«Ciao,» mi risponde lui, senza distogliere gli occhi
dai miei.
Finn, notando il fatto che ci siamo persi nel nostro
mondo, ci saluta, trascinandosi dietro Quinn. «Ciao
ragazzi, ci vediamo presto!»
Io e Kurt a
malapena li salutiamo, ancora troppo intenti a scambiarci sorrisi e sguardi
dolci. Non posso credere di essere di nuovo con lui, sento il cuore battere
all’impazzata e quasi scappare via dal petto, per fiondarsi dritto tra le
braccia di Kurt. Non voglio lasciarlo.
«Ehm,» mi schiarisco la voce, «forse sarebbe il caso di salire in macchina e…
beh, andare da qualche parte. Ti va?» gli chiedo, speranzoso.
«Sì, va benissimo. Fortunatamente per oggi mi hanno
risparmiato da compiti vari e interrogazioni; e comunque, con il programma
svolto alla Dalton, credo dovrò studiare cose già viste,» mi risponde lui, prima
di iniziare a incamminarsi giù dalle scale del McKinley.
Gli faccio
strada verso la macchina, continuando a tenere la sua mano, senza preoccuparmi
che qualcuno possa vederci. È tardi, gli altri ragazzi, giocatori di football
compresi, devono essersene già andati. A volte ci scambiamo un’occhiata,
sorridendo come due ragazzini; non diciamo nulla, godendo semplicemente della
presenza l’uno dell’altro – non abbiamo bisogno di altro se non di questo.
Arrivati
alla macchina, gli apro la portiera, guadagnandomi un sorriso stratosferico da
parte di Kurt, e poi mi siedo al posto del guidatore. Credo che entrambi non
abbiamo alcuna intenzione di separarci; voglio stare ancora un po’ con lui, e
se non vado errato, penso che anche Kurt abbia lo stesso desiderio. Lo vedo da
come mi guarda, da come mi abbia ripreso la mano e da come si stia,
inconsciamente o no, sporgendo verso di me.
«Allora, ti va di andare al cinema?»
«Hai qualcosa di interessante da propormi?» mi chiede
lui con un sorrisetto malizioso.
«In realtà no,» dico ricambiando con lo stesso tipo di
sorriso. Credo che entrambi siamo a conoscenza del fatto che non presteremo poi
così tanta attenzione al film, approfittando del buio della sala e del fatto
che effettivamente, di mercoledì pomeriggio, quasi nessuno va al cinema.
Metto in
moto, lanciandogli un’altra occhiata. Lui invece mette la musica, del tutto a
suo agio nel muoversi nella mia macchina; non so perché, ma questo pensiero mi fa
sorridere. Non so se sia un caso o se Kurt lo abbia fatto apposta, ma la prima
canzone che parte è Teenagedream.
Io non posso
evitare di ripensare a quando l’ho conosciuto, alla nostra corsa in mezzo ai
corridoi della Dalton, ai suoi occhi mentre osservava noi Usignoli esibirci.
Quella volta stavo cantando per lui, quasi senza accorgermene; tuttavia,
qualcosa nel profondo, lo aveva già riconosciuto – forse la mia anima: aveva
riconosciuto uno spirito affine.
Ringrazio il
semaforo che è appena diventato rosso, così riesco a voltarmi verso Kurt e a
guardarlo. Lui sfugge il mio sguardo, arrossendo, un mezzo sorriso sul volto;
so che sta pensando anche lui al nostro primo incontro. Cavolo, devo essergli
sembrato davvero un pazzo. Un perfetto estraneo che ti prende per mano e ti
trascina con sé in mezzo a un corridoio vuoto di una scuola sconosciuta, non è
una cosa normale da fare. Mi chiedo come abbia fatto a fidarsi di me.
Kurt sta
tamburellando con le dita sul bracciolo alla sua destra ed effettivamente, ora
che lo osservo bene, mi sembra un po’ nervoso. O meglio, non nervoso, quanto… agitato. Lui deve aver intuito i miei pensieri
perché, con un altro sorriso, mi dice, «Blaine, è verde. E per favore, parla! Dimmi qualcosa…»
Arrossisce dopo
queste parole, e non ne capisco il motivo. Decido comunque di esaudire il suo
desiderio e, partendo, gli dico la prima cosa che mi passa per la testa: «Quando ci siamo conosciuti… che impressione hai
avuto di me? Devo esserti sembrato un pazzo!» ridacchio, imbarazzato. Ora che
ho posto la domanda, quasi temo la sua risposta.
Kurt però
non si fa attendere e risponde, con uno strano scintillio negli occhi che sono
riuscito a cogliere grazie a un altro semaforo rosso, «Ho pensato che fossi un nano maleficamente ingellato!»
«Wes ha contagiato anche te?» sbuffo spazientito,
provocando una risata cristallina in Kurt che ha il potere di farmi sorridere.
«No, seriamente. Non so cosa ho pensato…
forse perché in realtà non pensavo a nient’altro che non fossi tu.» Dice mentre
riparto – ancora pochi metri e siamo arrivati.
Mi arrischio
a gettargli un’occhiata veloce, notando il rossore sulle sue guance. Io invece
non so se sentirmi lusingato o in imbarazzo per non aver capito subito tutto,
ma anzi, per aver sospettato di non interessargli minimamente. Non so cosa
dire, così opto per non dire nulla e afferrare invece la sua mano per un breve
momento, stringendola forte.
Quando siamo
costretti a staccarci, noto di nuovo l’agitazione di Kurt: continua a tamburellare
con le dita sul croscotto ora, mordendosi le labbra e
gettando fugaci occhiate in giro. Inizio a pensare che forse sia tanto agitato
all’idea di noi due da soli, al buio, in un cinema.
Dopo aver
posteggiato, mi volto verso di lui, slacciando la cintura e mettendogli una
mano su un ginocchio. «Kurt, perché sei così agitato? Prometto che non ti
salterò addosso.» Gli regalo un caldo sorriso, cercando di tranquillizzarlo.
Non che non
mi dispiacerebbe saltargli addosso, ma ho promesso a me stesso che avremmo
fatto tutto con calma, senza alcuna fretta. Ho promesso a me stesso che non
avrei fatto nulla per mettere Kurt in imbarazzo, né per spingerlo a fare cose
che non vorrebbe fare. Forse mi sono solo immaginato lo scintillio malizioso
che ho visto prima nei suoi occhi, perciò possiamo anche solo entrare nel
cinema, sederci e guardarci tranquillamente il film.
«No, io… non è quello. Anzi,»
lo sento rispondere in un sussurro.
Avvampo a
sentire quell’anzi. Ho capito bene?
«Kurt, non ti seguo,» dico, una mano che corre ad
accarezzargli una guancia arrossata, gli occhi fissi nei suoi. Non riesco a non
toccarlo, e non è normale.
Kurt prende
un profondo respiro, sfuggendo il mio sguardo e posandolo fuori dal finestrino,
verso il parcheggio buio e semivuoto del cinema. E alla fine, inizia a parlare,
talmente veloce che devo concentrarmi per cogliere ogni singola parola che esce
dalle sue labbra.
«Tu sei assolutamente stupendo, Blaine.
Mi hai dedicato quella canzone prima, hai cantato per me, davanti a un sacco di estranei che avrebbero potuto reagire
male, e non te n’è importato della paura di quello che sarebbe potuto
succedere. È stato bellissimo, emozionante e dannatamente frustrante non poterti baciare alla fine dell’esibizione, dico
davvero. Mi sono dovuto trattenere per non saltarti al collo lì, nel cortile
del mio liceo; e te lo giuro, darti quell’abbraccio è stato sinceramente troppo
poco. E ora siamo qui, e l’unica cosa che vorrei fare, citandoti, sarebbe
saltarti addosso. Ma non riesco a farlo per…per…quel problema.»
Rimango
basito, ascoltando le sue parole e sentendo il cuore battere affannosamente nel
petto. Cerco di non concentrarmi sul fatto che, diavolo, Kurt vuole saltarmi
addosso – KurtvuolesaltarmiaddossoKurtvuolesaltarmiaddossoKurtvuolesaltarmiaddosso– ma sul fatto che
evidentemente ha un problema, che io però non riesco ad afferrare.
Credo che il
mio sguardo, a metà tra l’eccitato e il confuso, sia sufficientemente chiaro a
Kurt per fargli capire che deve spiegarsi meglio. Ancora con lo sguardo basso,
sussurra qualcosa così a bassa voce che devo fare uno sforzo enorme per
sentirlo.
«Tu non mi reputi sexy…E… e come posso fare quello
che voglio fare, se tu mi consideri ridicolo sotto quel punto di vista? Io
già mi vergogno e –»
Ok, ora come
ora, l’unica cosa che mi trattiene dal baciare il meraviglioso ragazzo che ho
di fronte, è il fatto che non mi stia guardando negli occhi – e odio baciare
qualcuno che non mi sta guardando – e anche il fatto che vorrei prenderlo a
sberle.
Come può
pensare una cosa del genere?
Beh
Anderson, è anche colpa tua…
Lo fermo,
spostando la mano ancora ferma sulla sua guancia e facendogliela scivolare
sulle labbra. Kurt fissa lo sguardo nel mio, i suoi occhi sono un misto di
paura, desiderio e vergogna, un mix unico che mi fa desiderare ancora di più di
baciarlo fino a farci mancare il respiro. Ma mi trattengo, perché non è la cosa
giusta da fare in questo momento.
Kurt vuole
essere tranquillizzato, deve essere
tranquillizzato; ed è colpa mia se ci ritroviamo qui. E’ colpa mia e della mia
boccaccia. Sono stato io a dirgli che non sembrava affatto sexy dopo la nostra
esibizione di Animal,
ma forse avrei dovuto spiegargli meglio allora che cosa intendevo dire.
«Kurt,» inizio, cercando di trasmettergli con la voce
la più totale sincerità delle mie parole, «so che posso averti confuso con quella storia di Animal ma la
verità è un’altra. Tu non sei un cucciolo di pinguino.»
Con una
mano, faccio sì che sollevi il mento, di modo da riportare il suo sguardo, che
si era prontamente abbassato non appena avevo cominciato a parlare, nel mio.
«Tu non hai bisogno di cercare di essere sexy: lo sei già di tuo. Ti viene naturale, lo
fai senza pensarci e senza alcun tipo di forzatura; e questo ti rende
assolutamente perfetto,» concludo. Spero davvero che capisca quanto mi piace,
perché non so in che altro modo farglielo capire.
Una voce,
probabilmente quella del cricetino che abita nella mia
testa, mi dice che forse potrei provare a dimostrarglielo baciandolo, ma so che
sta sbagliando. Kurt ha bisogno di sentirsi desiderato, vero, ma soprattutto ha
bisogno di provare a farsi desiderare.
Spero che colga l’occasione, perché non credo di essere mai stato così
desideroso di baciarlo, nemmeno durante quel pomeriggio a casa sua, dopo il
pranzo con i suoi. Decido comunque di spornarlo in
un’altra maniera.
«Non hai bisogno di mostrarti sexy, tu sei sexy. E riesci a farmi impazzire…» Ecco, ora sono io quello in imbarazzo.
Tuttavia,
l’imbarazzo vale decisamente il sorriso lusingato e assolutamente meraviglioso
che a quel punto mi regala Kurt. Sorrido anche io, sperando che si sia calmato
riguardo questo argomento; è assolutamente ridicolo il fatto che pensi che io
non possa trovarlo sexy quando invece non posso fare a meno di pensare al mio
costante desiderio di toccarlo,
fisicamente e non.
Credo che i
miei occhi in questo istante stiano urlando
il desiderio che ho di lui, di avere le sue labbra sulle mie, le sue mani
su di me; e fortunatamente Kurt sembra capirlo, perché inizia ad avvicinarsi a
me. Ma lo fa lentamente, come a volermi mettere alla prova, come a voler
testare quanto effettivamente sia il mio bisogno di lui. E non mi vergogno
affatto nel farmi uscire un mugolio di protesta quando, con le labbra ormai a
pochi centimetri dalle mie, si tira indietro.
Lo sguardo
che mi lancia è pura malizia e davvero, non so come faccia a non vederlo;
vorrei che si potesse vedere anche solo per un minuto con i miei occhi.
Mi chino
verso di lui, alla ricerca delle sue labbra, ma lui si tira di nuovo indietro
all’ultimo momento. Lo guardo alzare una mano e poggiarla sulla mia guancia,
ripassando con un dito il contorno del mio naso, salire su per la fronte e poi
accarezzarmi le labbra con l’indice.
Dischiudo le
labbra, lasciandomi sfuggire un sospiro e chiudendo gli occhi, concentrandomi
solo sul suo tocco. Con la mano inizia a scendere lungo il profilo della
guancia e scivola sul collo; deglutisco e apro gli occhi. E subito incontro i
suoi, dritti nei miei, con le pupille leggermente dilatate; e il bello è che
non abbiamo ancora fatto niente!
Con un solo
dito ora, percorre piano il mio pomo d’Adamo, dedicandosi poi a piccoli cerchi,
sempre senza distogliere lo sguardo dal mio. Dei brividi mi scorrono lungo la
schiena, mentre un’improvvisa sensazione di calore mi coglie alla bocca dello
stomaco; sono sensazioni così nuove che per un attimo mi spavento.
Inizio a
guardare insistentemente le sue labbra, provando lo strano desiderio di mordergliele, fino a farle diventare
rosse. Si ferma notando la direzione del mio sguardo; io alzo gli occhi su di
lui e riesco a vedere la mia espressione, specchiandomi nelle sue pozze blu.
Sono completamente perso in lui.
Potrebbe farmi qualsiasi cosa ora, non sono più responsabile delle mie azioni.
Sto soltanto aspettando di potermi sciogliere come creta a causa delle sue
mani, delle sue labbra, di lui.
Non so che
cosa lo convinca alla fine, ma si avventa improvvisamente su di me, azzerando
lo spazio tra di noi – per quanto possibile a causa del cambio e del freno a
mano.
Una sua mano
rimane ferma sul mio collo, l’altra affonda le dita tra i miei capelli.
Sussulto a quel suo gesto – di solito non sopporta tanto mettermi le mani tra i
capelli quando ho il gel – e rispondo al bacio, prendendogli il viso tra le
mani. La sua lingua invade subito la mia bocca, provocandomi altri brividi che
scorrono lungo la schiena, inviando un’altra scarica di calore al mio stomaco.
Continuiamo
a baciarci così per non so quanto tempo, finché l’urgenza di qualcosa di più
non si fa sentire. Con le mani scivolo sulle sue spalle e sulla sua schiena,
cominciando ad accarezzarlo; Kurt sospira tra le mie labbra, emettendo un verso
che non posso fare a meno che definire voglioso.
Mi chiedo se se ne sia reso conto.
Stupendomi
non poco, anche le sue mani iniziano a scivolare lungo le mie spalle; mi tira
ancora più contro di sé, ma siamo davvero scomodi. Mi stacco da lui, anche se
controvoglia, e gli dico soltanto una parola, con la bocca vicina alla sua, «Dietro.»
Kurt
annuisce e fa per infilarsi nello spazio tra i due sedili davanti, cercando di
non staccarsi dalle mie labbra che, dopo aver parlato, si erano subito riunite
alle sue. Io lo seguo, facendo attenzione a dove farlo andare, di modo che non
si faccia male sbattendo la testa da qualche parte.
Tempo pochi
secondi, che ci ritroviamo sul sedile posteriore, in una posizione così
equivoca, nuova ed eccitante che inizio
a respirare molto più profondamente; cerco di inspirare quanta più aria
possibile, di modo da far ossigenare il cervello, che mi eviti quindi di
lasciarmi andare a qualcosa di molto più… spinto.
Fortunatamente
Kurt non sembra notare il fatto che sono seduto a cavalcioni su di lui, le
ginocchia che premono ai lati del suo corpo, i corpi schiacciati l’uno contro
l’altro. O forse non gli da alcun tipo di fastidio.
Il bacio si
fa sempre più profondo e intimo, le mani che vagano ovunque. Provo di nuovo il
desiderio di toccare altra pelle, come ieri nella nostra camera della Dalton;
perciò, con una mano tremante, inizio a tirare giù la lampo del suo giubbotto
bianco. Temo che possa fermarmi, ma non capita; così, un po’ più sicuro, inizio
a sfilargli la camicia dai pantaloni, con una delicatezza in netto contrasto
con la passione che stiamo mettendo entrambi nel bacio.
E poi, una
mano di Kurt mi blocca, proprio qualche secondo prima che potessi finalmente
toccargli la pelle del fianco. Apro gli occhi, staccandomi dal bacio, già
pronto a chiedergli scusa in ginocchio se necessario; ma Kurt mi sorride,
accarezzandomi una guancia e sfilandomi poi il blazer.
Trattengo il
respiro sentendo le sue mani scorrere delicate sulle mie spalle e poi sulle
braccia; e anche se c’è la camicia a impedire un diretto contatto tra le nostre
pelli, un sospiro soddisfatto mi esce dalle labbra – anche perché stava
cominciando a fare fin troppo caldo in questa macchina.
Quando il
blazer cade dimenticato sui tappetini della macchina, c’è un momento di stasi;
io e Kurt ci guardiamo negli occhi, i respiri affannati che si infrangono l’uno
sulla bocca dell’altro. Ora come ora non so che cosa diamine pensare, se non al
fatto che vorrei tenerlo sempre con me; non voglio assolutamente lasciarlo
andare, e il pensiero che stasera dovrò riportarlo a casa sua e tornare alla
Dalton, mi spezza il cuore. E so che non dovrei fare pensieri così tristi in un
momento come questo, ma averlo vicino, così tanto come in questo momento, mi
porta a desiderare di poter essere sempre con lui.
È Kurt a
spezzare l’immobilità in cui eravamo caduti, sfilandomi la camicia dai
pantaloni, le mani che tremano appena. Subito infila le mani al di sotto di
essa, andando a toccare i miei addominali appena accennati.
Quello che
non mi aspettavo minimamente, era la reazione che avrei avuto. Capisco di
quanto fossi veramente preso dalla situazione quando tiro la testa
all’indietro, lasciandomi sfuggire un gemito e chiudendo gli occhi. La poca
porzione di pelle, a diretto contatto con le sue dita fredde, sembra
incendiarsi, spandendo poi le sue fiamme lungo tutto il mio corpo, fino a
raggiungere persino le zone più periferiche.
Con uno
scatto, ritorno subito sulle sue labbra, schiacciandolo sempre di più contro i
sedili. Kurt ora lascia andare la mano che prima aveva bloccato, permettendomi
così di infilare anche la mia mano sotto la sua camicia e andare a stringergli
e accarezzargli il fianco.
Kurt emette
un sospiro, staccandosi dalle mie labbra e affondando il viso nel mio collo; il
suo respiro fresco sulla pelle accaldata del collo mi fa rabbrividire. Avvicino
la bocca al suo orecchio, il respiro ancora affannato, e gli dico, «Visto come mi riduci?»
Un gemito
indistinto gli esce dalle labbra e poi inizia a baciarmi il collo, scostando il
colletto della mia camicia e lasciandomi, di nuovo, piacevolmente sorpreso. Le
mani sui miei addominali diventano due, e mi accarezza lo stomaco, facendo sì
che io respiri ancora più affannosamente nel suo orecchio.
Ci stiamo addentrando
in un territorio nuovo e sconosciuto, e nonostante la paura, so che non potrà
succedere nulla di male, perché sono con lui.
Gli
accarezzo la pelle del fianco, per passare poi alla pancia, girando con un dito
intorno all’ombelico; dopo quest’azione, Kurt si ferma un attimo,
rabbrividendo, per poi alzare il viso verso il mio e baciarmi, famelico. Ormai
nessuno dei due sta più facendo caso a ciò che stiamo facendo; siamo totalmente
presi dalla situazione, dalle nostre mani e dai nostri respiri.
Ed è in
questo momento che mi rendo conto di essermi eccitato e di avere una prepotente
erezione che preme contro la cerniera dei pantaloni della divisa della Dalton.
Purtroppo per me, anche Kurt se ne accorge dal momento che sono premuto contro
la sua coscia; e soprattutto, io mi rendo conto di non essere il solo in quella
situazione, lanciando uno sguardo veloce in basso, verso il cavallo dei suoi
pantaloni.
Entrambi
alziamo contemporaneamente lo sguardo, guardandoci negli occhi. Lo sguardo sorpreso
e un po’ spaventato che leggo nei suoi occhi, mi suggerisce che probabilmente è
il momento giusto di fermarci. Con un ultimo veloce bacio sulle sue labbra,
scendo da sopra di lui e mi siedo al suo fianco.
Per quanto
mi dispiaccia, non so assolutamente cosa avrei potuto fare. Nonostante sia
decisamente Kurt il più spaventato di noi, non è che io lo sia di meno; perché
non sarebbe solo la prima volta per me, ma qui si parla anche di Kurt. E io
voglio che sia tutto perfetto.
Strano
comunque che Kurt non sia scappato via dalla macchina urlando; mi sarei
aspettato precisamente quella reazione. Invece, mi ha stupito ancora una volta:
oggi sembra essere la giornata delle sorprese. E continua a farlo, dal momento
che mi stringe una mano, senza tuttavia guardarmi negli occhi. Io lo stringo di
rimando, appoggiando la testa contro lo schienale e cercando di riportare il
mio respiro a un ritmo normale, e soprattutto a farmi sparire l’evidente
erezione che mi trovo in mezzo alle gambe.
Non so per
quanto tempo stiamo fermi lì, in silenzio, ciascuno cercando di respirare con
più tranquillità, tentando di calmarci – per quanto possibile. Dopo quelle che
paiono ore, Kurt si volta verso di me, guardandomi dritto in viso. Io sposto lo
sguardo su di lui e gli sorrido, una muta domanda per sapere se è tutto ok, se
sta bene e se non si è spaventato. Come al solito, a Kurt basta una semplice
occhiata per capire cosa mi stia passando per la testa, perché annuisce e
appoggia poi la testa sulla mia spalla, rilasciando un sospiro.
«Kurt?» lo chiamo dopo un po’.
«Sì?» risponde lui. Entrambi stiamo sussurrando, quasi
come se non volessimo spezzare l’atmosfera ora tranquilla presente in macchina.
«Scendiamo?» chiedo, anche se l’idea di lasciarlo tanto
presto non mi rende certo felice. Però non possiamo neanche stare qui per tutto
il tempo. Ormai il cinema è da escludere, abbiamo perso lo spettacolo e non ce
n’è un altro oggi pomeriggio; dovremmo aspettare lo spettacolo delle otto.
«Ancora no,» sussurra Kurt accucciandosi contro di me,
cingendomi la vita con un braccio. Lo abbraccio anche io, posando la testa
sulla sua e respirando il profumo dei suoi capelli.
Chiudo gli
occhi, e sento di poter stare qui per sempre; stare semplicemente con lui.
*
Alla fine
siamo stati costretti a scendere dalla macchina. Ammetto che sia stata colpa
mia, o meglio, del mio stomaco; ha iniziato a brontolare, riportandoci con i
piedi per terra e costringendoci a staccarci. Dopo una risata e una battutina
di Kurt sul fatto che non riesco a stare tre ore di fila senza mangiare – vero,
ma non posso farci niente! – siamo scesi dalla macchina.
Dapprima
Kurt ha chiamato suo padre, dicendogli che avrebbe mangiato fuori con me e che
poi ci saremmo fermati al cinema per vedere un film. Burt non si è lamentato e
non ha avuto da dire niente in contrario; anzi, a entrambi ha dato
l’impressione che abbia capito bene che per noi due non è facile sperarci.
Oggi è una
giornata un po’ speciale. Io e Kurt dobbiamo abituarci a stare di nuovo
lontani, e dobbiamo farlo gradualmente, non possiamo farlo di colpo.
Dopodiché,
siamo andati a mangiare in uno dei ristoranti della multisala. Kurt non ha
voluto sentire ragioni quando ho cercato di pagare io per entrambi, e si è intestardito
almeno a pagare da bere. Ho fatto che accettare, soprattutto per farlo smettere
di lamentarsi e poterlo trascinare in bagno e, dopo aver fatto attenzione che
non ci fosse nessuno, baciarlo, stringendomelo contro. Inutile dire che siamo
usciti da lì con due enormi sorrisi sulle labbra.
In coda alla
cassa del cinema, le mani che fremono per poterci per lo meno sfiorare, Kurt si
volta verso di me e mi chiede, «Allora, come mai quella canzone?»
Lo guardo
alzando un sopracciglio e sorridendo. «In realtà è stata un’idea di Wes…»
Guardai Kurt, felice e spensierato, mentre rideva e
scherzava con Nick poco più in là. Nonostante tutto, vederlo felice rendeva
felice anche me; mi sarebbe mancato, sarebbe stato difficile abituarsi alla sua
assenza, ma comunque era questo che Kurt voleva. Nonostante la mia presenza,
nonostante l’amicizia degli altri Warblers, Kurt non
si era mai sentito a casa. Aveva sempre sentito la mancanza dei suoi
compagni delle Nuove Direzioni, e me ne ero già accorto quando eravamo andati
al suo liceo per vedere le esibizioni dei suoi compagni, qualche sera fa.
Mi rattristai, inevitabilmente, al pensiero che da
domani in avanti non avrei più potuto condividere ogni momento di ogni singola
giornata insieme a lui.
Proprio in quel momento, mentre osservavo pensieroso
il fondo del mio bicchiere riempito con della semplice Coca Cola, Wes e Thad si avvicinarono a me
con fare misterioso. Li guardai stranito, finché Wes
non fu così vicino da invadere ogni concetto di spazio personale.
«Nano
maleficamente ingellato, io e Thad
abbiamo una proposta da farti...» disse.
Io alzai un sopracciglio, infastidito dal nomignolo. «È per questo che David è arrabbiato?
È geloso del fatto che lo stai sostituendo con Thad?»
Wes alzò le sopracciglia
al cielo, mentre Thad arrossì e provò a
giustificarsi. Aggrottai le sopracciglia per un attimo, osservando la sua
reazione, ma poi spostai l’attenzione su Wes, che
aveva iniziato a parlare.
«… e quindi
avevamo pensato di dedicargli una canzone, domani.»
«Come scusa?»
chiesi. Non avendo sentito l’inizio della frase, non capii a cosa si stesse
riferendo.
«Pensavamo di
cantare una canzone a Kurt, domani. Dovremmo metterci d’accordo con qualcuno
delle Nuove Direzioni, ma credo sia un’idea carina. Che ne dici?» chiarì Thad, evitando così a Wes di
ripetere.
«Già, e
ovviamente dovresti essere tu a cantare; e dovresti anche scegliere la
canzone,» aggiunse Wes con un sorriso.
Io sobbalzai a sentire quella proposta. Come diamine avevo
fatto a non pensarci io?! Kurt lo avrebbe certamente apprezzato. Inoltre sapevo
benissimo a chi chiedere una mano – Mercedes sarebbe stata felice di aiutarci.
E da quando aveva saputo che io e Kurt stavamo insieme, sembrava essere più
amichevole che mai nei miei confronti.
Con un sorriso rivolto ai miei due amici dissi, «Ho in mente la canzone perfetta.»
Mi avvicinai il più possibile all’orecchio di Thad, sussurrandogli il nome della canzone, e vidi i suoi
occhi brillare quando capì. Lasciai a Wes e Thad il compito di far girare la voce, e io mi dedicai
invece a continuare a osservare Kurt, uno scintillio negli occhi, immaginandomi
la sua reazione quando, l’indomani, si sarebbe trovato tutti noi Usignoli in
divisa al McKinley.
«E così è stata un’idea di Wes?»
mi chiede Kurt, con un sopracciglio sollevato.
«Beh, effettivamente sì,» rispondo io, incassando la
testa nelle spalle e sentendomi un po’ in colpa. «Diciamo che
avevo altri pensieri per la testa.» Alzo lo sguardo per incontrare il suo; un’espressione
triste passa nei suoi occhi, ferendomi; non voglio che sia triste per me –
perché so bene che io sono la sola ragione per cui gli è dispiaciuto tornare al
McKinley. Così cerco di tirarlo su di morale dicendogli, «Comunque mi è subito venuta in mente la canzone adatta.»
Kurt mi
sorride riconoscente, capendo che con quelle parole volevo cercare di farlo
tornare sereno. «Ottima scelta, signor Anderson,» mi risponde con un
sorrisetto.
Io mi limito
a rispondere al sorriso e avvicinarmi un po’ di più a lui, approfittando della
ressa presente alla cassa per stringermi al suo fianco, le spalle a contatto.
Kurt mi punta gli occhi addosso e sorride, e per un attimo mi sembra voglia
parlare di qualcos’altro, qualcosa che molto probabilmente ha a che vedere con
quello che è successo in macchina qualche ora fa, ma poi sembra ripensarci su.
Entrati nel
cinema, ci accomodiamo su due posti in fondo, di modo da non avere nessuno
dietro; sappiamo bene che non potremmo baciarci o abbracciarci – c’è troppa gente
– ma avremo almeno la possibilità di tenerci per mano. In questo momento sono
così felice di stare con lui, che non mi pesa affatto il doverci nascondere; e
sembra che lo stesso valga per lui.
Durante la
durata di un film di cui non ricordo il nome né la trama, Kurt mi prende per
mano e dopo un po’ appoggia la testa sulla mia spalla, incurante degli altri e
certamente aiutato dal buio. Io mi limito a stringergli forte la mano,
accarezzandogli il dorso con il pollice, inspirando il suo odore e godendo della
sensazione di averlo contro di me.
Ore dopo,
quando il film è ormai finito, scopro che Kurt si è addormentato sulla mia
spalla. Grazie al cielo nessuno si accorge della posizione in cui ci troviamo,
così aspetto che tutti siano usciti dal cinema prima di voltarmi e svegliare
Kurt.
Dopo averlo
scosso e chiamato un paio di volte, Kurt apre gli occhi, sobbalzando. «Scusami, mi sono addormentato!»
Ridacchio,
divertito dalla sua espressione imbarazzata. «Non
preoccuparti. È stata una giornata lunga e… intensa,»
dico ripensando a ciò che è successo in macchina.
Kurt
arrossisce, abbassando lo sguardo. «Già.»
Sempre
tenendolo per mano, lo faccio alzare e mi avvio fuori dalla sala, con lui che
mi segue lentamente, a volte inciampando nei suoi stessi piedi per la
stanchezza. Gli lancio un’occhiata, non riuscendo a non pensare a quanto sia
adorabile così, mezzo addormentato.
Appena
arriviamo in pubblico, ci lasciamo subito la mano, ma cerco di stargli il più vicino
possibile. Con qualche difficoltà, dovuta per lo più alla lentezza con cui Kurt
si sta letteralmente trascinando in
giro, arriviamo finalmente alla macchina, nel posteggio ormai vuoto.
Arrossisco
nel guardare la macchina, ripensando a oggi pomeriggio. So bene che non
parleremo molto presto di ciò che è successo; immagino che Kurt nella sua testa
abbia già deciso di cercare di non pensarci per il momento, e io non voglio
forzarlo a parlarne se non vuole. Aspetterò che sia lui a farlo, tanto so che prima
o poi lo farà. Tuttavia sono un essere umano e, come tutti, anche io ho delle… pulsioni. E si sta facendo sempre più difficile
controllarle quando sono con Kurt.
Sono così
perso nei miei pensieri che non mi accorgo del fatto che Kurt sia rimasto un po’
indietro; perciò mi stupisco quando sento qualcuno abbracciarmi da dietro.
Sobbalzo, tranquillizzandomi subito però quando vengo investito dall’odore di
Kurt e dal suo respiro sul mio collo. Copro le sue mani, posizionate sul mio
stomaco, con le mie e sospiro.
«Blaine…» dice lui con la voce impastata dal sonno, che la
rende un po’ roca.
Volto la
testa verso di lui, senza riuscire però a incrociare i suoi occhi dal momento
che ha il viso affondato nel mio collo. Il cuore inizia a battermi sempre più
veloce nel petto quando finalmente mi rendo effettivamente conto che non sono
solo io a non riuscire ad allontanarmi da lui, ma che anche Kurt ha il mio
stesso problema. Questo mi fa innamorare di lui un pochino di più.
Vorrei tanto
rispondergli di sì, ma non posso. Kurt deve tornare a casa e domani mattina
deve andare a scuola; non credo che Burt, per quanto comprensivo, possa
accettare.
«Tuo padre…» dico io con voce
contrita, a fatica, perché davvero non voglio portare Kurt a casa sua.
«Ora lo chiamo…capirà…» dice lui staccandosi da me, che provo subito una
sensazione di freddo che non ha niente a che vedere con l’aria fresca della
sera, ed estraendo il cellulare dalla sua tracolla.
Tempo pochi
squilli, che qualcuno dall’altro lato risponde.
«Sì, ciao papà. Mi chiedevo se…
potessi stare con Blaine…» lo sento chiedere con tono
speranzoso.
«Lo so, ma posso svegliarmi presto e andare a scuola e…» Una pausa. «So che non ho un cambio ma…»
Un piccolo
sorriso fa capolino sul volto di Kurt. «Sì, ci tengo così tanto da rinunciare ai miei rituali
di idratazione.» Sorrido anche io, immaginandomi perfettamente ogni risposta
del padre di Kurt.
E poi, «Cosa sta dicendo Carole?» Un’altra pausa, più lunga della precedente. «Oh davvero lo farebbe? Ringraziala tanto!» Kurt sposta lo sguardo su di me,
rivolgendomi un sorriso enorme e vittorioso.
Torna infine
a concentrarsi sulla conversazione e immediatamente lo vedo arrossire; aggrotto
le sopracciglia, chiedendomi il motivo per quella reazione inaspettata. Kurt mi
da le spalle e sussurra, forse sperando di non farsi sentire da me – ma è
impossibile che io non lo senta dal momento che il parcheggio è vuoto e
rimbomba tutto.
«No papà, non mi pare proprio il caso…
Devi fidarti di me, ok? Non è ancora il… momento
giusto.»
Ok, ora mi è
tutto chiaro. Ovviamente era inevitabile che Burt ponesse a Kurt quella domanda
e soprattutto volesse verificare; dopotutto, stiamo per separarci. E tutti e
tre sappiamo bene che questa sarà l’ultima volta che io e Kurt potremmo dormire
insieme nella stessa stanza, o che per lo meno passerà tantissimo tempo prima
che potremmo rifarlo.
«Grazie, papà. Ti voglio bene…»
dice Kurt infine prima di riattaccare.
Poi si volta
verso di me, sorridendo imbarazzato. Io ricambio il sorriso, raggiungendolo e
afferrandogli la mano. Non diciamo niente perché non ce n’è alcun bisogno; mi
limito semplicemente a trascinarlo fino alla macchina e farlo accomodare sul
sedile del passeggero, prima di sedermi dal lato del guidatore, mettere in moto
e partire dirigendomi verso la Dalton.
Il viaggio
in macchina e poi per i corridoi deserti della Dalton passa nel più completo e
totale silenzio; domani mattina dovremmo fare attenzione a che nessuno scopra
che Kurt ha dormito qui, ma da quanto ho capito, Carole verrà a prenderlo
prestissimo.
Entrati in
quella che, fino a ieri sera, era la nostra
stanza, Kurt si guarda intorno; le sue cose sono sparite, conferendo alla
camera un aspetto molto più desolato.
«Domani mattina passa Carole per le sette meno un
quarto con un cambio di vestiti per me e mi porterà a scuola,» dice lui per
spezzare il silenzio che è calato sulla stanza.
«Ok,» dico io prima di voltarmi e cercare nel mio
cassetto un paio di pantaloni e una maglietta da prestargli per la notte. «Vai prima tu in bagno.» Gli passo i vestiti, che lui afferra rivolgendomi
un piccolo sorriso di ringraziamento.
Quando Kurt
sta per aprire la porta, un pensiero mi coglie al volo. «Aspetta! Lo spazzolino?» gli chiedo.
Non mi
aspettavo però che le sue guance si tingessero di rosso e che poi mi facesse
cenno di seguirlo in bagno. Entrati, apre il mobiletto sopra il lavandino e,
alzandosi sulla mezzapunta per raggiungere il ripiano più alto, tira giù il suo
spazzolino, coperto dal cappuccio.
«Io… l’ho lasciato qui. Non si sa mai…»
sussurra lui.
Stranamente,
sento gli occhi inumidirsi di lacrime. Abbasso lo sguardo – non voglio che mi
veda, di nuovo, così – ma lui mi fa
rialzare il viso verso di lui, e poi si getta letteralmente tra le mie braccia,
proprio come ha fatto stamattina nel cortile del McKinley. Lo stringo a me,
permettendo a due sole, singole lacrime di scivolarmi sulle guance.
Quando mi stacco
da lui, ogni traccia del mio piccolo pianto è già sparita dal mio viso – o
almeno spero. Un altro sorriso, e poi esco dal bagno, lasciandolo solo. Io nel
frattempo mi tolgo la divisa e mi infilo nel pigiama; mi laverò domattina, ora
voglio solo dormire.
Quando Kurt
esce dal bagno, mi fa una carezza sul viso prima che io entri. Finalmente in
bagno, mi lavo velocemente i denti ed esco di tutta fretta, assalito
dall’improvvisa e irrazionale paura che Kurt possa sparire da un momento
all’altro. Devo davvero darmi una controllata.
Non mi
stupisco di trovare Kurt seduto sul mio letto, le coperte già tirate indietro,
mentre mi aspetta con un sorriso sul volto. Sorrido anche io avvicinandomi a
lui e sedendomi infine al suo fianco. Continuando a guardarci negli occhi e
senza dire alcuna parola, mi sdraio e lui mi segue.
Mi svegliai di soprassalto, sentendo qualcuno scostare
le coperte facendo sì che l’aria penetrasse nello spazio lasciato aperto e
arrivasse fino a me.
«Ma che -?»
dissi con voce impastata dal sonno, intontito.
«Blaine…» sentii la voce di Kurt rispondere, mentre si
infilava nel mio letto.
Rimasi del tutto sorpreso da quel suo gesto così… intimo. Non mi sarei mai aspettato che Kurt si
infilasse nel mio letto, nonostante quella fantasia mi avesse perseguitato per
tutta la settimana.
I miei occhi si abituarono al buio e finalmente
riuscii a riconoscere i contorni del viso di Kurt, che puntò subito gli occhi
su di me. Riuscii a sentire l’imbarazzo che provava per quel gesto, ma non
dissi nulla, il cuore che batteva furioso nel petto.
«Abbiamo perso…» disse con voce triste.
«Lo so…» risposi io cercando una sua mano e stringendola,
incastrando perfettamente le dita tra le sue.
«Non riuscivo
a dormire… posso stare qui?» chiese con voce piccola piccola, abbassando lo sguardo.
Sorrisi, avvicinandomi a lui con cautela; non volevo
che scappasse via. «Assolutamente
sì.»
Kurt non rispose. Si limitò a sorridermi e ad
avvicinarsi a me, appoggiando la fronte sulla mia e chiudendo gli occhi, sospirando.
Io non feci nulla, stetti immobile a guardarlo nel buio, finché non si
addormentò. Solo allora mi decisi a chiudere anch’io gli occhi e a provare a
dormire, con ancora impresso sulla retina l’immagine del suo viso. Inutile dire
che quella notte lo sognai.
Dalla sera
dopo le Regionali, io e Kurt abbiamo dormito quasi sempre insieme. Non c’è
niente di sessuale in questo gesto, né nei nostri pensieri; è un semplice
starsi vicino e ricercare calore l’uno nell’altro. È un semplice desiderio di addormentarsi
con il viso dell’altro davanti e risvegliarsi insieme, abbracciati e vicini. È
il posto dove possiamo essere noi stessi, il nostro rifugio sicuro, pieno di
calore e affetto. Il nostro posto.
Anche questa
volta appoggiamo le fronti l’una contro l’altra. Kurt si china in avanti,
lasciandomi un casto bacio sulla bocca, prima di ritornare nella posizione di
partenza. Stiamo semplicemente lì a fissarci, lottando contro le palpebre
pesanti che calano, tentando di guardarci il più possibile. E nonostante la
consapevolezza che questa sia l’ultima volta che possiamo concederci una cosa
del genere, non ci rattristiamo: cerchiamo semplicemente di goderci il momento,
il più serenamente possibile.
Perché, come
ha detto Kurt oggi sulle scale del McKinley, questo non è un addio.
NOTE:
Buongiorno!
No, non è un miraggio, stiamo postando davvero. E sì, sto per scusarmi, a nome
mio e della Alch, per il nostro immenso ritardo; ma
tra la gita della Alch e le vacanze, non siamo
riuscite a fare di meglio. Anyway, spero ci perdonerete… abbiamo cercato addirittura di rabbonirvi un
po’ con la scena della macchina – scena che, tra l’altro, è venuta del tutto
spontanea, come il capitolo. Ora come ora mi stanno venendo le paranoie in realtà… temo che Kurt risulti un po’ OOC.
Lo “spazio
personale” è un ovvio riferimento al Destiel, che sta
riempiendo i miei giorni di angst e amore
impossibile. Il Thad che arrossisce è un riferimento
piuttosto blando a tutte le ficThadastian
che sto leggendo ultimamente – colpa della Alch! E
ovviamente le mie continue battutine sul Wevid non
possono mancare! =)
Per il resto… OGGI RITORNA GLEE! *___* Non vedo l’ora di vedere
Cooper, anche se un po’ mi preoccupa… Ho il timore
che no sopravvivrò alla puntata! Perciò… buon Glee e buona morte per chi, come me, non resisterà!
Capitolo 29 *** I'm not gonna teach your boyfriend how to dance with you ~ Blaine ***
~KlaineSongs~
29°_ I’m not gonna teach
your boyfriend how to dance with you ~ Blaine
~ Quando
un kilt fa la differenza~
«Ah, Blaine: mi rendo conto che dopo
quello che hai passato, hai paura; ma il ballo è allegria, non paura, ok?
Metterò questo completo: ci ho lavorato tanto ed è venuto alla grande. Se non
vuoi più venire con me, io lo capirò, Blaine».
Abbandona la stanza con aria
sostenuta e mi lascia senza parole. Ma che diavolo…? Non so davvero come
reagire alla sua scenata e per quanto si ritenga offeso dalle nostre parole,
non sono pentito di aver appoggiato suo padre nel non essere d’accordo con la
sua decisione di indossare quel vestito.
Chiariamo, gli sta in maniera
magnifica ed è venuto davvero bene – non che mi aspettassi altro da lui: ha un
fisico da paura e credo che nulla potrebbe stargli male; se a questo aggiungi
il suo gusto impeccabile e la sua abilità nel creare abiti, non poteva non
venir fuori qualcosa di meno bello.
Eppure… non credo davvero ci serva
altra luce per attirare l’attenzione degli altri su di noi: già il fatto che
staremo insieme, come una coppia, per tutta la sera, sarà abbastanza…
«Ehm… che intendeva dire?».
Ci metto qualche istante a capire
che la domanda di Finn è rivolta a me e vado immediatamente nel panico più
totale: che dovrei rispondere? Mentigli e dire che non ne ho idea sarebbe
stupido e poco credibile; ma non ho davvero alcuna intenzione di parlargli di
quella brutta serata: solo il pensiero mi fa star male, figurarsi raccontarlo!
Guardo prima il fratello di Kurt,
senza proferire parole, poi Burt, accorgendomi che forse anche lui si aspetta
qualcosa. Non me lo chieda, la prego non me lo chi–
«Sapevo se la sarebbe presa»,
sospira invece, sporgendosi in avanti e lasciando che le braccia si poggino con
pesantezza sulle gambe.
Finn sembra fortunatamente essere
attirato da quella nuova frase, perché si volta verso Burt con uno dei suoi
mezzi sorrisi e gli dà una leggera pacca sulla spalla.
«È stato da Kurt, in effetti»,
concorda con leggerezza, forse per allentare la tensione che pure si è creata
nell’aria durante questa breve discussione.
«Vorrei capisse che ho detto quelle
cose solo perché mi preoccupo per lui».
«Lo sa di certo», lo rassicura
ancora Finn e Burt sorride veloce.
Io invece non sono completamente
certo del fatto che Kurt sappia perché io
abbia reagito così. Ha creduto avessi solo paura di andare al ballo con lui per
quello che mi è successo e che per questo volessi essere quanto più invisibile.
Ma si sbaglia: ho paura, certo, ma non ne ha compreso la ragione profonda.
Devo chiarirmi subito: ho imparato
quali potrebbero essere le conseguenze di un qualsiasi temporeggiare da parte
mia.
«Io vado a parlargli», li informo,
prima di alzarmi e salire le scale che portano in camera sua.
Resto fermo davanti alla porta
chiusa, come se mi servissero pochi istanti per organizzare i pensieri che mi
vorticano in testa. Poi busso con educazione.
«È
aperto», lo sento rispendere, il tono ancora
un po’ stizzito.
Entro senza farmi scoraggiare e lo
trovo mentre, già cambiatosi, sta sistemando la giacca del suo vestito su una
gruccia per poi riporla con cura nel suo armadio. È di spalle e non si volta
neanche quando, chiudendo la porta, faccio abbastanza rumore da fargli capire
che sono entrato.
«Kurt…», lo chiamo, avvicinandomi.
Lui non interrompe ciò che sta
facendo, ignorandomi, consapevole del fatto che io sappia che in realtà mi ha
sentito. Un mesto sorriso nonostante tutto mi sfugge rapido, mentre penso a
quanto sia adorabile anche quando fa il testardo offeso.
«Kurt, ascoltami: so che sei arrabbiato,
ma credimi, sia io sia tuo padre non abbiamo di certo detto quelle cose perché
ci andava o perché volessimo ferirti! Capisci che cosa intendevamo, vero?».
Lui, che intanto ha chiuso con
lentezza l’anta dell’armadio, si volta di scatto, il viso serio e mi colpisce
con uno sguardo che non avevo mai visto.
«Io capisco solo che non mi sono mai vergognato di quello che sono e che
di certo non comincerò adesso!», dice con tono leggermente più alto del
normale.
«Ma non si tratta di certo di
vergognarsi di quello che si è! Ci preoccupa solo la possibile reazione del
McKinley… sappiamo che è ben lontano dall’essere tollerante verso di noi, anche
con il club anti-bullismo di Karofsky».
«Non ho di certo intenzione di
nascondermi per questo», continua lui, imperterrito «Ma ti ripeto che se non te
la senti più, non c’è alcun problema: non me la prenderò».
Improvvisamente sento una rabbia
istintiva montarmi dentro. Non fa altro che dire che se non ne ho più voglia,
posso benissimo non accompagnarlo, senza capire a cosa si riferisca il mio
disagio o la mia paura!
«La smetti di ripeterlo?! Se non me
la fossi sentita di accompagnarti, te lo avrei detto dall’inizio! Sì, non mi
sento completamente a mio agio in una situazione come questa e credo che
nessuno al mio posto starebbe meglio… ma non è per questo che insisto tanto!».
Mi fermo. Non so se voglio espormi
tanto. Non ho paura di Kurt – credo, anzi, sia l’unica persona con cui parlerei
davvero di tutto – ma forse le mie non sono che stupide paranoie e non voglio fare
la figura dell’esagerato.
Lo osservo e mi accorgo con sorpresa
che sul suo volto non c’è più traccia della rabbia e del risentimento di pochi
istanti fa, ma un’espressione mista di leggera tristezza e curiosità, qualcosa
che non riesco a descrivere per bene, che finora ho visto solo sul suo volto.
Mi si avvicina, senza dire nulla e
mi prende le mani senza interrompere il contatto visivo. Rischio di annegare
nella profondità del suo sguardo, di perdermi inevitabilmente, quindi abbasso
il mio, osservando le nostre mani intrecciate.
Lui sta aspettando che io prosegua,
che gli spieghi.
«Blaine… che succede?», mi chiede con
voce sottile e tremula.
Ha ragione, lo sto spaventando e non
dovrei...
«Kurt, io... Adoro il tuo modo di
essere, amo la tua forza: nulla riesce a buttarti giù davvero... Ma... c'è una
cosa di cui ho paura, una cosa il cui pensiero mi terrorizza...».
Non piangere, non farlo, non davanti a
lui, non rovinare tutto...
«Se mai dovesse succedere quello che è
accaduto a me nell'ultimo ballo... Se dovessero ferirti, se dovessero metterti
le mani addosso con la violenza che ho subito io e che non dimenticherò mai...
Kurt, sarebbe semplicemente troppo da sopportare».
Mi osserva, gli occhi liquidi appena
velati da un sottile strato di lacrime e il volto serio. Le sue mani stringono
con più forza le mie e ci sono tante cose che sembra volermi dire, ma è come se
nessuna di quelle trovasse modo di uscire dalle sue labbra.
«Blaine... io...».
«Lo so che sono paranoico e che quello
che mi è successo altera i miei parametri di giudizio... ma la sola idea che
possa succedere mi paralizza. Per questo insistevo prima, per questo ero
d'accordo con tuo padre nel non dar loro altri pretesti per farci notare: non
voglio che tu stia nell'ombra, ti conosco troppo bene, ma magari...».
Sospiro. Quello che ti sto chiedendo è
tanto, Kurt, lo so... ma l'ultima cosa che potrei reggere sarebbe vedere
quell'incubo nei tuoi occhi...
«Faremo così allora. Cercherò anch'io
uno smoking dalla persona che mio padre stava consigliando a te e Finn. Saremo
discreti e ci divertiremo senza attirare troppo l'attenzione su noi. Andrà
bene, Blaine».
Lo guardo. È stato comprensivo con le
mie paure ed ha rinunciato al meraviglioso vestito che aveva preparato con
impegno.Gli sorrido con poca
convinzione: parlarne non mi fa mai bene e per quanto non vorrei rovinare anche
l'umore di Kurt, so che non riuscirò ad essere allegro – o quanto meno
tranquillo – per il resto della serata. Magari sarebbe meglio se tornassi alla
Dalton e mi buttassi a letto senza più pensare a nulla.
«Forse... è meglio che vada adesso:
domani ho un paio di verifiche e anche se non credo toccherò più libro, magari
mi farebbe bene almeno una bella dormita».
Kurt mi guarda un po' titubante: sa
perfettamente che la mia è in gran parte solo una scusa e che sento il bisogno
di stare un po' solo adesso. Mi sorride abbracciandomi e annuisce.
Scendiamo insieme e saluto con
educazione la sua famiglia, prima di uscire. Quando Kurt socchiude la porta
alle sue spalle e mi accompagna fino alla macchina, sento come se dovessi
dirgli qualcosa,forse dargli una
spiegazione o non so... odio quando succede così, quando qualcosa mi incupisce
e finisco per allontanare Kurt per paura di ferirlo. Ma lui lo sa, vero? Sa che
lo faccio solo per non ferirlo, giusto?
Quando siamo davanti alla mia macchina,
lui mi sorride con semplicità e mi bacia leggero, come se non fosse per nulla
turbato dal mio comportamento. Sorrido anche io, non so con quanta convinzione:
per quanto non faccia più così male, mi rendo conto del potere che tutto
quello ha ancora su di me. Per un attimo, mi sembra di scorgere qualcosa nei
suoi occhi, ma scompare veloce come è arrivato ed io non ho la prontezza o
forse la forza di chiedergli a cosa stia pensando – non era nulla di positivo,
questa è l'unica cosa che ho colto e quella che mi blocca.
«A domani», mi saluta «E in bocca al
lupo per le verifiche».
«Crepi. Buonanotte, Kurt», gli lascio
un veloce bacio e salgo in macchina.
«Notte, Blaine», lo sento sussurrare
prima di accompagnare la portiera con la mano chiudendomela.
Sorride ancora quando gli lancio un
ultimo sguardo prima di mettere in moto e partire, quasi con lentezza,
accendendo la radio e lasciando che l'ultimo cd di Katy Perry mi impedisca di
pensare troppo – non sono pochi minuti di viaggio e sarebbe davvero una strage
se lasciassi campo libero a tutto quello che mi passa per la testa.
*
Tornare alla Dalton e sprofondare in un
sonno profondo mi sembrava davvero un’ottima idea. Ma qualcuno non deve essere
stato d’accordo, perché l'orologio segnala 02:44 ed io sono ancora sveglio, lo
sguardo perso in un punto imprecisato del soffitto e la testa prevedibilmente incasinata.
La serata trascorsa con Kurt non mi
lascia ancora in pace e nonostante mi sia detto che è tutto risolto e che
magari lui ora neanche ci starà più pensando, non posso fare a meno di stare
male – o meglio di avere quel qualcosa
all’altezza dello stomaco che mi impedisce di tranquillizzarmi.
In fondo non ci vuole un indovino per
capire che ci teneva a quel vestito… ma allo stessotempo ha ceduto subito quando gli ho spiegato
il motivo delle mie paure.
E
questo dovrebbe rassicurarti? Che altro ti aspettavi che facesse?
È vero. Non avrebbe mai fatto nient’altro
se non rinunciare al suo lavoro pur di vedermi almeno un po’ più tranquillo. E
del resto io avrei fatto lo stesso per lui – questo non significa, però, che
non ci sia rimasto male.
Ci è sicuramente rimasto male.
Mi giro su di un lato, stringendomi le
braccia al petto e sospirando. Non so che fare. Egoisticamente mi sarebbe
andato bene un suo sfogo più sostenuto, una rabbia maggiore, magari anche un
piccolo litigio… sarebbe stato più facile reagire adesso. E invece sono
paralizzato, perché Kurt ha accettato le mie paranoie senza dire nulla.
Avrei potuto tenere per me le mia paure
ed incoraggiarlo... Sì, forse sarebbe stata la mossa migliore. Eppure non ce
l'ho fatta, non sono stato abbastanza forte da non farmi paralizzare ancora da
quella sera.
Maledizione, ma che altro avrei potuto
fare? Kurt è la cosa più importante che ho: credo sia normale avere paura che
gli possa succedere qualcosa, considerati i precedenti, e provare ad evitare
ciò che può essere prevenuto, no?
Sospiro. Il mio ragionamento non sembra
fare una piega eppure non mi convince. Ottimo. Sarà una lunga notte in bianco a
pensare a cosa avrei potuto fare o meno... e non servirà a nulla, perché di
certo non posso tornare indietro e rimangiarmi quello che ho detto!
«Io
capisco solo che non mi sono mai vergognato di quello che sono e che di certo
non comincerò adesso!».
L'improvviso ricordo di quella frase mi
blocca il fiato. Il modo in cui l’ha pronunciata, lo sguardo che mi ha rivolto:
nulla può fermare Kurt Hummel, soprattutto quando si tratta di essere fieri di
sé. Ed io che ho fatto? Gli ho chiesto di rinunciare a tutto questo.
Scatto con un gesto rapido dal letto e
mi vesto nel modo più veloce possibile. Devo parlare con Kurt, ora! Prendo le
chiavi della macchina e sto per lasciare la stanza, quando una consapevolezza
mi colpisce come uno schiaffo in pieno viso. Come faccio a lasciare il
dormitorio? Potrei scavalcare, ma sarei a piedi e per prendere la macchina
dovrei aprire il portone della Dalton, cosa praticamente impossibile.
Accidenti a stasera, accidenti alle mie
parole e accidenti alle scuole private!
Cerco di calmarmi e di trovare una
soluzione. Aprire da solo il cancello è praticamente impossibile: per farlo c'è
bisogno del custode. Il custode! Potrei fingere un'emergenza familiare: non
avrebbe cuore per negarmi di uscire....
Senza pensarci oltre, corro
silenziosamente per i corridoi, esco nel giardino e mi avvicino alla casa in
cui vive: considerato che lo sveglierò ad un orario tanto indecente, devo fare
di tutto per sembrare quanto più mortificato e allo stesso tempo preoccupato
possibile.
Quando sono davanti alla porta, mi
lascio sfuggire l'ennesimo sospiro della nottata e busso una prima volta senza
essere eccessivamente insistente; con mia sorpresa, basta questa volta perché
un uomo sulla sessantina, in pigiama, mi apra con aria assonnata e confusa.
«Problemi, ragazzo?», chiede con voce
roca – spero per il sonno e non per la rabbia.
«Io... emh...
mi spiace di averla disturbata, signore.... ma ecco...», tento, senza più
essere certo che la scusa dell'emergenza di famiglia sia plausibile.
L'uomo mi guarda perplesso, in attesa
di una spiegazione, ma io sembro andare nel panico più totale.
«Non girarci troppo intorno, non amo
chi esita», mi sprona con tono burbero «dimmi che ti serve aquest'ora».
E che mai potrebbe servirvi? Possibile
che non lo immagina?
Lo guardo negli occhi e colgo subito
ciò a cui sta pensando: sa perfettamente cosa voglio chiedergli, ma aspetta sia
io a parlare, forse solo per vedere che scusa mi inventerò.
Sono fregato: non mi crederà in alcun
caso.
«Io... avrei bisogno che mi aprisse il
cancello, signore. Vede.... ho un'emergenza... in famiglia e devo assolutamente
andare da loro».
Ok, è fatta. Mi crederà?
Sorride. Forse mi sta credendo? Forse
la mia aria confusa e in qualche modo colpevole sta facendo effetto?
«Se è davvero una faccenda così grave,
forse sarebbe il caso di parlarne prima con il Preside, non credi, ragazzo?
Insomma, è nel tuo interesse: non sarebbe prudente farti guidare in un tale stato
di agitazione».
Sono spiazzato. Mi ha fregato. Mi ha
fregato alla grande ed il sorrisetto che mi sta rivolgendo al momento mi fa
capire che di certo questa non è la prima volta che qualcuno cerca di
raggirarlo con una scusa simile. Non so che dire, come ribattere: forse
arrivati a questo punto di solito gli altri desistono e vanno via scusandosi...
ma io non posso permetterlo. Devo vedere Kurt: chiamarlo a telefono non sarebbe
la stessa cosa, non potrei guardarlo negli occhi o stringerlo a me... o
baciarlo.
Per questo rialzo lo sguardo pronto a
ribattere.
«Signore... in realtà non c'è alcuna
emergenza di famiglia».
L'uomo ora mi sta guardando vittorioso,
ma non ha capito che sono ben lungi dall'arrendermi.
«Nonostante questo... devo allo stesso
modo uscire da qui, in macchina. Ho davvero una cosa da fare, nonostante l'ora
tarda. Ho un errore a cui devo rimediare e davvero non posso aspettare oltre».
Non so perché gli sto confessando
tutto: forse con la sincerità otterrò qualcosa in più?
Il custode sorride di nuovo. Che sia
pronto a farmi filare in camera senza discutere?
«Sentiamo, che le hai fatto di
tanto cattivo da tormentarti così?».
Un piccolo sorriso stavolta sfugge a
me.
«Gli ho fatto, signore», lo correggo
«Io... gli ho impedito di essere se stesso».
Due occhi ora mi scrutano con
intensità: sta riflettendo sulle mie parole o su cosa fare? E che diavolo è
saltato in mente a me di espormi in questo modo? Vero che qui tutti sanno di me
e Kurt... ma magari...
«Prendo la giacca. Tu porta la macchina
davanti al cancello. Lo apriamo a mano, così non farà rumore. Ti rivoglio
davanti a quel cancello alle 6:00 – non un minuto più tardi, sono stato
chiaro?».
Il mio sorriso si allarga fino a che la
bocca mi fa male. Sono così felice che mi viene da abbracciarlo, ma
probabilmente sarebbe fuori luogo, quindi corro alla vettura come mi ha detto.
Quando sono davanti alla casa di Kurt,
mi rendo conto di quanto tutta questa cosa non sia altro che un improvviso colpo
di testa. Mi è andata bene con il custode, ma adesso? Qui dormono tutti, che
diavolo faccio? Non posso assolutamente bussare: la scena del signor Hummel che
apre la porta assonnato e mi manda a diavolo per averlo svegliato alle 4:00 del
mattino – magari lanciandomi dietro anche una pantofola – mi fa rabbrividire.
Dovrò prima chiamare Kurt e avvertirlo che sono sotto casa sua.
Trovo il numero e avvio la chiamata,
trovandomi per la seconda volta a sperare che il malcapitato diturno non voglia uccidermi per l'orario
indecente in cui lo sto svegliando. Mi è andata bene la primavolta....
«....nto...?».
La voce impastata di Kurt mi fa
sorridere.
«Tesoro, sono Blaine».
Il suo debole mugolio di assenso mi fa
andare avanti incerto del fatto che mi stia sentendo o che capisca quello che
sto per dirgli.
«Emh... sono
sotto casa tua. Potresti... venire giù?», chiedo con un po' di imbarazzo – per
cosa poi?
Dall'altro lato della chiamata,
risponde un silenzio tombale, tanto che credo sia caduta la linea, maquando sto per staccare la chiamata e
ritentare, sento uno scatto metallico e vedo Kurt affacciato alla finestra
della camera, con aria shoccata ed il cellulare
ancora in mano. Gli sorrido, salutandolo con la mano. Lui se possibile sgrana
ancora di più gli occhi.
«Blaine, che diavolo ci fai qui? È
successo qualcosa?», chiede continuando a conversare con il cellulare
nonostante potremmo benissimo parlare di persona.
«Sono il tuo Romeo, non è ovvio?»,
scherzo e lo vedo arrossire leggermente e guardarmi con occhi luccicanti
«dovrei parlarti, ma se avessi bussato avrei rischiato di svegliare tutti,
quindi ti ho chiamato. Scendi?».
Lo vedo annuire e staccare la chiamata.
Poso anche io il cellulare e mi avvicino alla porta, in attesa. Che cosa gli
dirò? Ho passato quasi un'ora in macchina e non sono stato capace di preparare
un discorso di scuse decente. Sarò costretto ad improvvisare.
Kurt mi appare davanti in tutta la sua
bellezza: dice che appena sveglio è un disastro e che gli serve almeno un’ora
di prodotti per il viso e trattamenti vari per avere un aspetto decente. Non si
rende conto di quanto sia bello anche così, con la luce della notte che gli
accarezza il viso. Rimango come sempre un attimo imbambolato: non farò mai
l'abitudine a quanto mi prenda.
«Che succede?», mi chiede.
Ci metto un secondo a riorganizzare le
idee – o meglio a fare uscire dalla bocca la prima cosa che penso.
«Sono uno stupido. Continuo ad
esserlo», sussurro e il mio ragazzo mi si avvicina sorpreso.
«Ma che stai dicendo? Quest'ultima
novità a cosa la devo?».
Distolgo lo sguardo, senza essere
capace di guardarlo mentre mi spiego.
«Ti ho fatto rinunciare al lavoro di
mesi, solo per mie paranoie – non avrei dovuto condizionarti a tal punto,
negarti di mostrare quello–».
«Blaine, ma sei impazzito? Neanche ci
stavo più pensando a quello...», tenta di rassicurarmi, ma non sono disposto a
farlo continuare – non prima di aver concluso.
E poi so che ci stava pensando, o
almeno lo avrebbe fatto non appena affittato lo smoking.
«Fammi concludere, ti prego. Io... ho
paura, è vero. Rivedere quelle scene nella mia testa... sono una cosa che non
dimenticherò mai. E non lo auguro a nessuno, nessuno. Eppure... non
avrei mai dovuto metterti nella posizione di rinunciare ad essere te stesso per
me. Niente deve avere questo potere su di te, Kurt, neanche io. Mi piaci, mi
piace ogni cosa di te. Andremo al ballo e tu indosserai il vestito che ti sei
fatto, perché è stupendo e ti rispecchia ed io.... avrei dovuto capirlo da
subito, invece di dire tutte quelle cose e–».
Non riesco più a parlare: le labbra di
Kurt sono sulle mie, pronte a zittire ogni altra parola che sto per rovesciare
fuori senza alcun senso. Sentirlo così vicino a me azzera tutto: mi sento
completamente in balia delle emozioni che puntualmente mi investono come se
fosse la prima volta. Provo ad approfondire il bacio e lui me lo permette con
un piccolo mugolio contro le mie labbra. Dio, Kurt... che ho fatto di tanto
bello nella mia vita per meritarmi uno come te?
Quando ci stacchiamo, lui mi stringe
forte e per qualche attimo restiamo semplicemente così, beandoci uno della
presenza dell'altro.
«Blaine Anderson. Solo tu saresti
potuto venire sotto casa mia alle 4:00 di notte per chiedermi scusa di qualcosa
per cui in realtà non c'era alcun bisogno di scusarsi!», sussurra con voce
tremante.
Lo allontano quel tanto che basta per
vederlo negli occhi. Sono lucidi e luminosi.
«Ma dovevo!», sostengo «Sono stato
davvero uno stupido ed avrei dovuto–».
«Devo baciarti di nuovo per zittire le
tue parole senza senso?» e non capisco se sia una minaccia o altro.
Faccio finta di pensarci per un attimo.
«Credo sia decisamente il solo modo per
zittirmi, sì», faccio poi con un po' di malizia a cui Kurt risponde con un
nuovo bacio.
*
Perché esiste “Storia” come materia da
studiare? Perché?! Sul serio, non credo ci sia qualcosa di più noioso e meno
facile da memorizzare. Per carità, sarà importante e non nego che ci sia gente
che la trovi davvero interessante, ma davvero in questo momento non riesco a
fare altro che sbuffare ogni secondo, le righe sottili delle pagine che
continuano svilire la mia già quasi nulla voglia di andare avanti nello studio.
Ad un tratto, il cellulare comincia a
vibrare, facendo un rumore rilevante nel silenzio tombale della biblioteca. Lo
tolgo subito dal tavolo ed esco dalla stanza quanto più velocemente possibile
per non ricevere sguardi furiosi dai presenti.
Solo quando sono fuori, mi concedo di
guardare il display e sorrido istintivamente leggendo il nome di Kurt.
«Ciao», sussurro, improvvisamente
felice.
«Ehi...», mi saluta lui ed ho
l'impressione di cogliere una breve esitazione nella sua voce.
«Che succede?», gli chiedo senza farmi
condizionare.
«Io... avrei bisogno di parlarti, di
persona. Perciò mi chiedevo se potessimo vederci... quanto prima», mi spiega
esitante ed io mi sento gelare.
È successo sicuramente qualcosa e deve
essere qualcosa di grave, dato che non vuole parlarmene a telefono. Attacco
senza perdere altro tempo e mi fiondo fuori alla Dalton, urtando tra l'altro
Wes che stava camminando nella direzione opposta. Mi grida qualcosa che non
colgo – non ho il tempo di fermarmi a parlare – e salgo in macchina uscendo dal
parcheggio come un folle. L'ansia sta cominciando a divorarmi e mi rendo conto
che avrei potuto chiedere a Kurt di essere più dettagliato – almeno avrei
evitato tutta quell'ansia, magari immotivata.
Il cellulare sul cruscotto comincia di
nuovo a vibrare e rispondo senza staccare le mani dal volante – ho avuto la
prontezza di mettere gli auricolari non appena sono salito.
«Kurt!»
«No, sono Wes, mi spiace», fa il mio
amico con un tono scherzoso.
Peccato che al momento non sia del suo
stesso umore.
«Scusami Wes, ma ora non ho tempo: Kurt
potrebbe richiamarmi e devo tenere la linea libera», spiego, sperando che
capisca e attacchi senza trattenermi oltre.
«Che cosa è successo a Kurt?», chiede
invece l'asiatico e non c'è più alcuna traccia di divertimento nella sua voce.
Sospiro: non mi permetterà di
liquidarlo senza ottenere una risposta, quindi cerco di essere quanto più
rapido ed esaustivo.
«Non lo so. Mi ha chiamato dicendomi di
aver bisogno di vedermi al più presto. Non mi ha spiegato altro... non so».
«Credi–»
«Non lo so, Wes, non lo so», lo
liquido alzando la voce, prima che possa dire altro «ora scusami, ma potrebbe
richiamarmi».
«Fa’ attenzione», mi ammonisce lui,
prima di attaccare.
Io ripiombo nella paranoia: so quello a
cui voleva alludere l'asiatico e solo il pensiero che qualcuno possa aver fatto
del male a Kurt, che quel Karofsky non sia riuscito a tenere a bada i bulli o
che, peggio, sia stato lui stesso ad aggredirlo... mi si gela in sangue nelle
vene.
Un terribile dolore allo stomaco mi
tiene compagnia per tutto il viaggio e quando finalmente sono davanti casa del
mio ragazzo, busso con insistenza e quasi maleducazione.
Vederlo dietro quella porta,
apparentemente sano e salvo sembra togliermi da dosso venti chili. Dio, Kurt
che spavento che mi hai fatto prendere! Non mi azzardo ancora a tirare un
definitivo sospiro di sollievo – in fondo potrebbe avere graffi e lividi che
ora sono coperti dai vestiti che ha addosso.
«Si può sapere che è successo?», chiedo
e mi accorgo che la mia voce è forzata, come se fossi arrivato a Lima a piedi.
Lui mi guarda un po' perplesso. Poi
sussulta e mi pare di vederlo impallidire. In un secondo mi ha stretto tra le
sue braccia con una forza che non fa altro che preoccuparmi ancora di più.
«Kurt, maledizione: mi dici che diavolo
succede!», ripeto con tono più arrabbiato.
«Scusamiscusamiscusami»,
dice lui, così veloce che colgo a malapena la parola che ripete «non credevo
che avresti inteso così la mia richiesta! Mi-mi dispiace così tanto, Blaine,
non avrei dovuto... avrei dovuto spiegarti tutto per telefono e non farti
preoccupare in questo modo! Ti prego, scusami!», ripete più volte ed io
finalmente capisco: sta bene, non mi ha chiamato per qualcosa che c'entra col
bullismo.
Sono io ora a stringerlo con forza, la
paura che mi lascia definitivamente.
«Non farlo mai più», sussurro nella sua
maglietta.
«Scusami», ripete di nuovo lui «sto
bene, davvero. Non è di me che volevo parlarti».
Lo lascio andare ed entriamo in casa.
Io mi sento ancora come se stessi levitando mezzo metro da terra per la paura
che mi ha appena abbandonato, ma non posso fare a meno di notate che Kurt è
preoccupato, quindi torno con i piedi per terra e – seduti sul divano, in
soggiorno – lo esorto di nuovo a raccontarmi tutto.
«Si tratta di Dave»,
confessa lui ed io per un attimo sono di nuovo in allarme: quindi c'entra
comunque.
«Sai che sta facendo il servizio di
anti-bullismo da quando sono tornato al McKinley. Io... ho avuto modo di
osservarlo in questo giorni... e sta male, Blaine. Soffre. Così stamattina
gliel'ho detto, che sta soffrendo, che si vede e che... non deve continuarsi a
tormentare per il fatto di essere gay, che presto arriverà il momento anche per
lui di fare coming out».
«E lui?», chiedo senza neanche
pensarci.
«È scoppiato a piangermi davanti,
chiedendomi scusa per tutto quello che mi ha fatto e dicendo che si sente
terribilmente in colpa. Io ho provato a rassicurarlo, ma lui ha subito cambiato
argomento ed è andato via».
Prende una pausa in cui mi osserva,
come se si aspettasse un mio intervento. Io non so che pensare. Sono fiero di
Kurt: non so se avrei avuto parole di conforto per chi fino a pochi mesi prima
ha reso la mia vita un inferno... Eppure una parte di me è improvvisamente
gelosa delle attenzioni che sta rivolgendo alla persona che forse se le merita
di meno, almeno da parte sua.
«Voglio aiutarlo. Non metto da parte
quello che mi ha fatto – non lo dimenticherò mai... Ma so cosa sta provando e
capisco come si sente. Per questo voglio aiutarlo».
Mi aspettavo una simile presa di
posizione da parte sua: è nel suo carattere. Tuttavia la gelosia iniziale non
smette di stringermi lo stomaco in una morsa poco gradevole.
«Sono fiero di te», sussurro, tirandolo
a me e stringendolo con un bisogno che probabilmente lui non riesce a
comprendere del tutto.
Mi sento quasi ingrato a provare una
simile emozione.... anche perché ho completa fiducia in Kurt. Tuttavia... è
istintivo, non posso fare a meno di essere geloso di Karofsky.
~ ∞ ~
You are the girl that I've been dreaming of
Ever since I was a little girl
You are the girl that I've been dreaming of
Ever since I was a little girl
Il ballo mi sta dando ansie da quando è
cominciato e nonostante non voglia dar segno a Kurt di essere così nervoso a
riguardo, mi trattengo a stento dal guardarmi alla spalle per ogni rumore –
cosa assurda considerata la quantità di decibel che stanno esplodendo nella
palestra del McKinley stasera.
Eppure la presenza di Kurt
costantemente al mio fianco ed ora questa canzone mi stanno facendo lentamente
rilassare. È stata un'ottima idea quella di chiedere di poter cantare: mi sento
a mio agio sul palco, come se fossi alla Dalton, protetto.
Guardo Kurt che quasi di fronte a me si
muove al ritmo della mia canzone. Dio, è stata una fortuna che abbia messo il
suo vestito alla fine: non riesco a descriverlo... è... meraviglioso! Irradia
una luce spettacolare, come se i riflettori fossero puntati solo su di lui
dall'inizio della serata: è felice, felice come non lo avevo mai visto e
pensare che parte di questa felicità sia probabilmente dovuta a me non può che
farmi sorridere a mia volta.
Canto con un entusiasmo che non ho
spesso e che credevo di non poter provare più ad un evento simile, ma ecco le
novità: quando sono con Kurt posso tutto. Tutto!
One!
I'm biting my tongue
Two!
He's kissing on you
Three!
Oh, why can't you see? One! Two! Three! Four!
Impugno il microfono di lato, quasi
avessi in mano uno spazzolino e vedo che l'intera sala si sta scatenando al
ritmo di quello che canto. Kurt si muove senza staccare gli occhi dai miei e
spero che noti l'entusiasmo con cuimi
sto esibendo, perché per quel che mi riguarda è tutto merito suo.
Sposto lo sguardo sugli altri
partecipanti al ballo, scorgendo facce che mi sono familiari – gli altri
componenti delle New Direction. Poi, quasi
senza volerlo, gli occhi mi cadono su Karofsky. È lì che balla con l'ispanica -
...Santana – e sembra essere un ragazzo come gli altri, venuto per divertirsi
con la sua ragazza.
Ma come ha detto Kurt, alcuni stanno
solo fingendo a questo ballo. E loro sono tra questi. Mi ha spiegato che in
realtà Santana aveva bisogno di Karofsky per potersi candidare a reginetta del
ballo e che anche il club anti-bullismo è nato così.
In realtà Karofsky è gay. E Kurt è
preoccupato per lui.
Ottimo, Anderson. Hai fatto
un'associazione di pensieri davvero carina, i miei complimenti!
La gelosia che già ho provato per quel
gorilla ora torna a farsi sentire e non c'è pensiero che possa scacciarla.
Perché lui è qui al McKinley con Kurt, gli fa da protettore anti-bulli e Kurt
vuole aiutarlo. Mentre io sono alla Dalton, ad un'ora di macchina dalla persona
che amo, terribilmente lontano.
Ma che diavolo sto pensando? Possibile
che non mi fidi di Kurt?
No, io di Kurt mi fido.... è quel
Karofsky che mi innervosisce. È unacosaistantanea.
Word's on the streets and it's on the news:
I'm not gonna teach him how to dance with you
He's got two left feet and he bites my moves
I'm not gonna teach him how to dance, dance, dance,
dance!
The second I do, I know we're gonna be through
I'm not gonna teach him how to dance with you
He don't suspect a thing, I wish he'd get a clue
I'm not gonna teach him how to dance, dance, dance,
dance!
Al momento la canzone non mi è mai
parsa tanto appropriata. So che Kurt tiene a me e sta con me, ma cosa
impedirebbe a Karosky di innamorarsi di lui? Se il
mio ragazzo è disposto ad aiutarlo a venir fuori da tutta questa storia
dell'omosessualità, vorrà dire che staranno in contatto, che Kurt sarà
adorabile con lui, perché lo diventa senza neanche accorgersene, soprattutto
quando tiene particolarmente a qualcosa o qualcuno.
E poi? Che farò? Se dovesse succedere
che farò?
Ad un tratto mi rendo conto che sto
costruendo castelli sul nulla. Che diavolo vado pensando? Perché per una volta,
una, non cerco di restare concentrato su quello che sto cantando, senza
fare associazioni mentali e voli assurdi da un argomento all'altro come se
fossi impazzito?
Non c'è nulla tra quei due, che
miseria! Solo perché sono entrambi gay non vuol dire che debbano innamorarsi! E
poi... Kurt sta con me, è innamorato di me ed io dovrei sentirmi un verme per
tutti questi pensieri, perché non li merita e non ho motivo di farli.
Riguardo il mio ragazzo, che credo non
mi abbia staccato gli occhi di dosso e torno a concentrarmi solo sulla canzone,
mentre il corpo si lascia trasportare da tutta la frenesia del momento in un
ballo improvvisato.
Devo stare tranquillo.... e magari...
Un'idea mi balza alla testa senza che
possa trattenerla. E se andassi a scuola con Kurt?
Dance!
One!
Two!
Three!
One two three four!
Word's on the streets and it's on the news:
He's got two left feet and he bites my moves
I'm not gonna teach him how to dance, dance, dance,
dance! Dance, dance, dance, dance, dance!
Se fossi a scuola con Kurt, pensandoci,
sarebbe tutto più semplice! Non sussulterei praticamente ogni volta che sento
qualcosa di diverso nella sua voce a telefono e potrei vederlo con la stessa
frequenza della Dalton! Perché, certo, ci vediamo anche adesso, ma sento
terribilmente la mancanza delle nostre serate, dell'addormentarmi accanto a lui
o svegliarmi col suo respiro sul viso. Per non parlare di come monopolizzava il
bagno ogni mattina, dando di matto per il suo aspetto. Certo, a pensarci, non
avrei comunque questi precisi momenti, ma vederlo a scuola, aspettarlo
all'armadietto, camminare nei corridoi... sarebbe fantastico.
Sorrido. Sto correndo di nuovo troppo
con la testa e sto perdendo di vista la serata. Mi costringo sul serio a non
pensare più a nulla e quando riporto l'attenzione a quello che mi sta intorno,
mi accorgo che si sta muovendo qualcosa in sala.
Senza smettere di cantare, osservo Finn
che spintona ed è spintonato da un altro ragazzo, il cavaliere di Rachel...
Jessie. Non capisco in tutta la confusione se si stanno dicendo qualcosa, ma la
situazione sembra degenerare rapidamente, tanto che potrebbero arrivare alle
mani da un momento all'altro.
Un classico del ballo di fine anno: la
litigata tra ragazzi. Ci sarà di mezzo sicuramente una lei e a giudicare
da quello che so, credo sia proprio Rachel. Spero che nessuno dei due si faccia
male, sopratutto Finn.
La canzone termina ed io concludo
scivolando con le ginocchia sul palco, con l'adrenalina che ancora mi scorre
nelle vene e i pensieri che vanno a mille.
Con la coda dell'occhio, vedo una donna
– sì, mi pare di conoscere anche lei – portare fuori dalla sala entrambi, prima
di scendere dal palco e raggiungere Kurt.
____________________
Ehilà!
Qualcuno è ancora vivo dopo la puntata di stanotte? Noi non sappiamo con quale
forza stiamo aggiornando, perché siamo ben lontane dal riprenderci – chissà se
succederà mai…
Ad ogni
modo, piaciuta l’involontaria analogia tra la gelosia di Blaine in questo
capitolo e nella puntata? Certo, quiKurt non ha fatto nulla per scatenare quel sentimento ed erano solo
paranoie… xD
Boh, non
so che dirvi – ringrazio chi ancora recensisce e i nuovi arrivi che hanno dato
attenzione a questa storia inserendola nelle preferite/seguite **
Capitolo 30 *** I'm not gonna teach your boyfriend how to dance with you ~ Kurt ***
30°_ I’m not gonna teach your boyfriend how to dance with you ~ Kurt
~ Quando giunge il momento di essere coraggiosi ~
You
are the girl that I've been dreaming of
Ever since I was a little girl
You are the girl that I've been dreaming of
Ever since I was a little girl
Guardo
Blaine sul palco, muovendomi a ritmo di musica; sono
felice di vederlo così, abbastanza rilassato da dare il meglio di sé in questa
esibizione. In realtà è stato un bene che Finn si
tirasse indietro e decidesse di non cantare più questa canzone, portandoci
quindi a dover cercare un sostituto: Blaine non era
tranquillo e per lo meno gli è stato dato qualcosa con cui distrarsi.
Non
mi capacito di tutta questa sua preoccupazione; o meglio, la capisco per quanto
riguarda ciò che gli è capitato in passato, ma gli ho detto più volte che ora è
diverso qui al McKinley. Alle altre persone non importa di me, di come sono
vestito o del mio accompagnatore per il ballo. A nessuno importa nulla. E
questo mi fa sentire bene, protetto.
One!
I'm biting my tongue
Two!
He's kissing on you
Three!
Oh, why can't you see? One!
Two! Three! Four!
Non
posso fare a meno di lasciarmi scappare un sorriso, guardando Blaine esibirsi; si muove, facendo scorrere le mani lungo
l’asta del microfono e causandomi una scarica di brividi lungo la spina dorsale
di cui non conosco la natura. È proprio un animale da palcoscenico, c’è poco da
fare; quando è su un palco, è come se diventasse un’altra persona: mette da
parte qualsiasi sua preoccupazione o dubbio e tira fuori il meglio di sé. Tutto
ciò è davvero fenomenale.
Tuttavia,
guardarlo così mi fa anche pensare che, soltanto un anno prima, un ballo
scolastico probabilmente simile a questo si era concluso in maniera del tutto
diversa per lui. Quando mi ha rivelato ciò che gli era successo, non so neanche
dire come mi sono sentito. Credo che la definizione più giusta per definire la
mia reazione in quel momento sia rabbia. Ero, e sono, arrabbiato per quello che
gli hanno fatto, perché non riesco a capacitarmi di come qualcuno possa fare
del male a una persona così buona come lo è Blaine.
Non
posso fare a meno di stringere i pugni, mentre immagini di Blaine
steso sul letto di un ospedale mi passano davanti agli occhi; e poi, il viso di
Blaine cambia, trasformandosi in quello di mio padre
e poi di mia madre. Chiudo gli occhi e scuoto la testa, cercando di
focalizzarmi sulla voce di Blaine, di modo che mi
riporti alla realtà.
Word's on the streets and it's on the news:
I'm not gonna teach him how to dance with you
He's got two left feet and he bites my moves
I'm not gonna teach him how to dance, dance, dance,
dance!
The second I do, I know we're gonna be through
I'm not gonna teach him how to dance with you
He don't suspect a thing, I wish he'd get a clue
I'm not gonna teach him how to dance, dance, dance,
dance!
Apro
gli occhi non appena il mio respiro ritorna alla normalità, e la mia attenzione
viene attirata da dei movimenti un po’ bruschi sulla destra; mi volto giusto in
tempo per vedere Finn che fronteggia quel guastafeste
di Jesse St. James. Rachel e Quinn sono ciascuna
dietro il proprio accompagnatore per il ballo e sembrano entrambe sconvolte e
piuttosto arrabbiate. Sembra proprio che alla fine Finn
sia sbottato.
Scuoto
la testa, iniziando a dirigermi a passo svelto verso il gruppetto. Sapevo che Finn avrebbe combinato un casino prima o poi; non ha mai
smesso di amare Rachel e la sua storia con Quinn è davvero priva di
significato. Avrebbe dovuto capirlo prima però, non ora che qualcuno vuole portargli
via Rachel. Cosa credeva? Che lei sarebbe sempre stata lì ad aspettarlo?
Prima
ancora che riesca a raggiungerli però, i due ragazzi vengono bloccati dalla
coach Sylvester, che li prende per la collottola e li scorta fuori dalla
palestra. Mi fermo, chiedendomi se magari debba andare da Rachel, ma la ragazza
scappa subito al seguito del trio che se n’è appena andato, seguita da Quinn.
Decido di non seguirla: qualsiasi cosa sia, sono certo che riusciranno a
risolverla. Inoltre, non voglio lasciare Blaine da
solo.
Dance!
One!
Two!
Three!
One
two three four!
Quasi
come se l’avessi chiamato, mi volto giusto in tempo per vedere lo sguardo di Blaine fisso su di me. Gli sorrido, un po’ per
tranquillizzarlo, un po’ perché non ne posso fare a meno.
Mentre
lo osservo mi trovo a pensare che la gelosia sia davvero terribile; ci rende
incapaci di pensare lucidamente, di razionalizzare. Finn
è stato colto da gelosia, e guarda un po’ che cosa è successo! Si è ritrovato a
prendersi a pugni con Jesse St. James. Spero non si
sia fatto troppo male… non mio fratello, quanto l’ex
membro dei VocalAdrenaline:
Finn è il doppio dell’altro ragazzo.
Ringrazio
il cielo che io e Blaine non abbiamo di questi
problemi: non abbiamo motivo di essere gelosi l’uno dell’altro. O
almeno credo.
Word's on the streets and it's on the news:
He's got two left feet and he bites my moves
I'm not gonna teach him how to dance, dance, dance,
dance! Dance,
dance, dance, dance, dance!
Noto che Blaine ha appena spostato lo sguardo su qualcun altro.
Seguendo il suo sguardo, mi ritrovo stranamente a fissare David Karofsky, che in questo momento sta ballando divertito con
Santana. Scuoto la testa, mentre un sorrisino per vederlo così allegro,
nonostante la falsità dietro quel sorriso, fa capolino sul mio volto; vederlo
piangere pochi giorni fa mi ha sconvolto. Sono felice che mi abbia chiesto
scusa, che si penta di quello che mi ha fatto; sotto sotto,
credo sia davvero un bravo ragazzo.
Tuttavia mi
chiedo: come mai Blaine lo stava fissando? Forse c’è
qualcosa di cui dobbiamo discutere. Dopotutto, quando l’altro giorno gli ho
rivelato il mio dispiacere per David, mi è sembrato strano…
~ ∞ ~
Non
appena Blaine finisce di cantare, la sua esibizione
viene accolta con un applauso scrosciante; sorrido, pensando che se hanno
rivolto a Blaine, che è il mio cavaliere per il
ballo, un applauso del genere, allora forse non c’è alcun motivo per cui mi
preoccupi. Forse hanno davvero l’intenzione di lasciarci in pace e godersi
semplicemente il ballo, senza mettersi di mezzo tra me e la felicità.
Ed
è in quel momento che il mio piccolo sprazzo di felicità personale mi si para
davanti, con un enorme sorriso sul volto tutto per me; sorrido anche io e quasi
mi tendo verso di lui, spinto dal desiderio di baciarlo, o per lo meno
accarezzarlo. Ma so bene che Blaine si tirerebbe
indietro, così come neanche io voglio sfidare troppo la sorte: mi sembra di
aver già fatto abbastanza venendo qui con Blaine e
indossando un kilt. Va bene l’indifferenza che ci stanno dimostrando, ma non
vorrei andare a stuzzicare il leone che dorme. Così mi limito ad avvicinarmi un
po’ di più a Blaine e ad ampliare il mio sorriso.
«Sei
stato bravissimo!» gli dico, entusiasta della sua esibizione. «Come al solito…»
Lui
arrossisce e abbassa un po’ lo sguardo, mentre un sorriso compiaciuto gli si
dipinge sul volto. E poi sarei io quello adorabile?
«Grazie!»
risponde Blaine, facendo un altro passo verso di me.
«Andiamo a prendere da bere?» mi chiede subito dopo, facendomi strada verso il
buffet.
Lo
seguo, sorridendo da un orecchio all’altro; sono davvero felice di essere qui
con lui. All’inizio dell’anno, prima di conoscere Blaine,
non avrei mai immaginato che mi sarei ritrovato al ballo studentesco con un
ragazzo, e non solo con un semplice amico, ma con il mio fidanzato. Certo, so
benissimo che non potremo permetterci di ballare, ma per ora mi accontento
semplicemente di averlo qui.
Arrivati
al buffet, Blaine mi versa da bere un bicchiere di ponch alla frutta; non ha avuto nemmeno bisogno di chiedere
che cosa volessi. Dopotutto, sa come prendo il caffè; e anche io non rimango
stupito quando lo vedo versarsi un grosso bicchiere di Coca Cola. Mentre
sorseggiamo le nostre bevande, un po’ guardandoci negli occhi, un po’ spaziando
con lo sguardo per tutta la palestra, noto che il suo sguardo si posa di nuovo
su Karofsky, che non è poi tanto distante da noi. Mi
viene subito in mente che ho qualcosa da chiedergli.
«Hai
notato prima?» gli chiedo, decidendo di partire da un argomento che non ci
riguarda. Anche perché forse sono mie semplici paranoie: probabilmente non è
vero che Blaine è geloso di David.
«Se
intendi la scazzottata in stile western tra tuo fratello e l’accompagnatore di
Rachel, sì, l’ho notata.» Risponde lui perdendo subito il sorriso. «E’ tipico
del ballo di fine anno.»
«Già,
come in tutti i film che si rispettino,» rispondo io.
«Come
mai? Cioè, immagino che c’entri Rachel… tuo fratello
non è fidanzato con Quinn?» mi domanda Blaine,
incuriosito.
Alzo
gli occhi al cielo, esasperato. «Già. A Finn ci è
voluto un secolo per capire che è ancora cotto di Rachel; non appena ha avuto
l’impressione che qualcuno gliela potesse portare via, si è arrabbiato e ha
dato di matto, combinando un casino. Non oso immaginare quanto sia arrabbiata
Quinn in questo istante.»
Blaine abbassa lo sguardo, per poi
rialzarlo su di me; ma, prima che i suoi occhi incontrino nuovamente i miei,
lancia uno sguardo veloce a David. Sì, questa volta non me lo sono immaginato,
e non possono essere solo mie paranoie. Credo che Blaine
sia geloso di David, per quanto la cosa mi sembri del tutto assurda.
Il
mio fidanzato conferma del tutto i miei sospetti quando dice: «Beh, non puoi
biasimarlo. Finn tiene molto a Rachel, e non vuole
che qualcuno gliela porti via. Anche io reagirei così se scoprissi che qualcuno
ti… volesse.»
Inclino
la testa e sorrido, intenerito dal suo comportamento. «Non credo che nessuno mi
voglia, Blaine. Non preoccuparti.»
«Io
non ne sarei così sicuro,» sussurra.
Il
suo sguardo si fissa nel mio e sembra che l’oro fuso nei suoi occhi si faccia
improvvisamente duro; ha uno sguardo quasi cattivo e ora credo davvero alle
parole degli Warblers che mi dicevano quanto Blaine potesse arrabbiarsi: in quei momenti, si rilassava
solo con il sacco della boxe. Ricordo che quando Thad
mi spiegò della loro sottospecie di Fight Club alla
Dalton non ci credetti, ma devo dire che ora come ora
ce lo vedrei bene Blaine a prendere a pugni qualcosa… o qualcuno. Ed effettivamente mi rendo conto che
le mani addosso a David le ha già messe: durante la serata dei negletti, quando
Karofsky ci ha trovati in corridoio.
«Stiamo
parlando di David, vero?» Anche io abbasso il tono di voce, imitandolo. Non so
perché, ma non sono preoccupato dal suo sguardo duro; e infatti, non appena una
frazione di secondo dopo, l’oro dei suoi occhi si scioglie di nuovo.
«No,
no… che dici? No-non è Karofsky… E’ che…» inizia a
balbettare, insicuro.
Mi
arrischio a fare un passo avanti e stringergli la mano con la mia, infilando le
dita tra le sue. Quel gesto sembra allarmarlo parecchio, perché lancia delle
occhiate preoccupate tutto intorno, controllando che nessuno ci stia guardando.
Purtroppo per noi, non è così: ci sono un paio di ragazze e i loro
accompagnatori che ci stanno fissando. Tuttavia distolgono subito lo sguardo,
come se fossero stati colti di sorpresa a ritrovarsi spettatori di qualcosa di
intimo. Tiro un sospiro di sollievo quando vedo che distolgono lo sguardo e
tornano a chiacchierare tra loro, incuranti di noi. Nonostante tutto, lascio
andare la mano di Blaine.
«Ehi
Blaine, rilassati. Non… non
è un problema che tu sia geloso; anzi, in realtà è piuttosto gratificante.
Almeno sai che cosa ho provato io a vederti fare la serenata a un biondino insulso…» ridacchio, cercando di sdrammatizzare.
Blaine ride, imbarazzato nel sentire il
riferimento a Jeremiah; sta per aprire bocca, per
parlare di nuovo, ma io lo anticipo.
«Non
hai alcun motivo per esserlo, però. Stiamo parlando di David Karofsky; a me non piace lui e certamente io non piaccio a
lui!» gli dico per tranquillizzarlo. E dopotutto, è la verità.
«Lui
ti ha baciato…» sussurra Blaine,
forse perché, nonostante tutto, non vuole che si sappia che David Karofsky in realtà non è poi così etero come dice di
essere. «E questa cosa mi… manda in bestia.»
«Perché?»
gli chiedo. «Lui ha baciato me, ma io non ho mai baciato lui. Sei tu l’unico
che io abbia mai baciato… escludendo Brittany ovviamente, ma lì era tutt’altra storia.» aggiungo
velocemente.
«Perché
lui ti ha portato via il tuo primo bacio, o per lo meno uno che contasse,»
risponde Blaine, ripetendo le stesse parole che avevo
pronunciato io mesi prima sulle scale del McKinley.
«Io
non lo considero. Sei stato tu il mio primo bacio, Blaine…
e così lo ricorderò per sempre. Gli altri non hanno, né mai hanno avuto, alcun
valore. Sono state delle violenze contro me stesso. Il tuo bacio, il nostro, è stato quello perfetto… perché solo in quel momento mi sono sentito
giusto.»
Gli
occhi di Blaine si fanno luminosi, mentre mi guarda
con un sorriso che mai gli ho visto fare; e ora come ora, sono certo che potrei
sciogliermi qui, in questo preciso istante.
«Sono
pazzo di te…» mi dice Blaine,
facendomi battere il cuore nel petto proprio come la prima volta che me lo ha
detto.
E io ti amo… Vorrei tanto dirglielo, ma qualcosa mi blocca:
sento che non è ancora il momento giusto; vorrei che fosse spontaneo, ma ora
sembrerebbe quasi forzato, un modo per rispondere alla sua dichiarazione. Così
mi limito a dirgli: «Me lo hai già detto,» e sorrido, aggiungendo poi, «Ma
continua a dirmelo, per favore.»
«Certo,»
risponde lui.
Blaine guarda di nuovo lo stesso
gruppetto di ragazzi che prima ci stava fissando, e lo vedo fremere un po’,
tendendosi verso di me: capisco benissimo che vorrebbe prendermi per mano, o
toccarmi, ma non osa farlo. E lo so, perché in realtà anche io fremo dal
desiderio di toccarlo: è da quando l’ho visto esibirsi sul palco, catalizzando
l’attenzione sulle sue mani sull’asta del microfono, che voglio avere quelle
mani stringermi e farmi sentire protetto.
Ma
non lo fa, Blaine non mi tocca, probabilmente perché
è troppo spaventato. Gli sorrido, rassicurante, mentre un pensiero mi passa per
la testa: non lascerò che gli facciano del male. Questa volta, sarò io la sua
ancora. Non permetterò che niente vada storto, e ho la sensazione, la stessa
sensazione positiva che mi ha accompagnato per tutta la settimana, che forse,
questa volta, io possa essere accontentato.
Non
so che in realtà mi sbaglio di grosso.
*
Io
e Blaine siamo seminascosti in un angolo, guardando
gli altri ballare, quando improvvisamente la musica viene stoppata e vediamo il
preside Figgins salire sul palco e avvicinarsi al microfono,
cercando di richiamare l’attenzione degli studenti.
“I
candidati a re e reginetta del ballo dovrebbero cortesemente salire sul palco,»
dice, mentre alle sue spalle i ragazzi candidati iniziano a salire; tra loro
riesco a intravvedere Quinn, Santana, Lauren, Puck e Karofksy. «I voti sono
stati conteggiati,» continua il preside.
Io
mi faccio più avanti, incuriosito: chissà chi vincerà! Blaine
mi segue, mettendosi al mio fianco; non appena mi è vicino, gli sussurro: «Se
dovesse vincere Finn come re, credo che Quinn lo
ucciderà: già così gli urlerà contro per essere stato cacciato dal ballo.»
Blaine si limita a stringersi nelle
spalle e a riportare l’attenzione sul preside, che ha di nuovo preso a parlare.
«E’
il momento che voi tutti stavate aspettando, il momento di annunciare il re e
la reginetta del ballo studentesco.» Fa una pausa di sospensione, per caricare
ancora un po’ la tensione che, sono certo, starà prendendo le ragazze in questo
istante. «Rullo di tamburi per favore.» Il batterista fa come gli è stato
ordinato, dal pubblico non si leva un fiato.
«E
il re del ballo di quest’anno è…» Figgins
fa un’altra pausa, mentre legge il nome sulla busta. «David Karofsky!»
Un
applauso parte dal pubblico, e io quasi non lo sento. Non mi stupisce più di
tanto questa votazione: gli altri ragazzi non sono così tanto popolari, e gli
unici due che potevano competere con David, cioè Finn
e Puck, fanno parte del Glee
Club; questo è sufficiente per far sì che non vengano votati. Non so come mi
sento; forse sono felice per lui, ma sono anche un bel po’ spiacevolmente
sconvolto che molte persone in questa scuola abbiano votato una persona che,
fino a qualche settimana prima, si comportava da bullo con chiunque. Neanche mi
volto a fissare la reazione di Blaine al mio fianco,
perché so bene che starà pensando la stessa cosa che sto pensando io.
Ora
c’è solo più da chiedersi chi diventerà reginetta; la candidata più ovvia a
questo punto sarebbe Santana, essendo lei l’accompagnatrice di David, ma in realtà
non sempre re e regina sono i membri della stessa coppia.
Quasi
come se l’avessi chiamato, Figgins riprende a parlare
mentre l’applauso per David inizia a spegnersi. «E adesso, la reginetta del
ballo studentesco della McKinley High…» estrae il foglio
dalla busta, poi continua, «… con uno schiacciante numero di voti anche se non
si era candidata è…»
Il
preside fa un’altra pausa. E questa volta, non sembra buona: sta fissando il
foglio con un’espressione stupita, quasi sconvolta. Quando alza lo sguardo e lo
rivolge a noi studenti, leggo quasi del dispiacere nei suoi occhi. E non faccio
neanche in tempo a chiedermi per quale motivo si stia comportando così, che
sento il mio nome.
«Kurt Hummel.»
Kurt Hummel. Kurt
Hummel.
Kurt
Hummel sono io.
Sono
soltanto dieci semplici lettere, le mie dieci
semplici lettere, ma mai come in questo momento vorrei che non fossero mie; mai
come adesso vorrei non rispondere a questo nome. Mai come adesso vorrei tanto
non essere me stesso.
Sembra
quasi che mi abbiano appena scaricato addosso un secchio di acqua gelata,
mentre la luce viene puntata su di me; dovrebbe abbagliarmi, ma non ci faccio
nemmeno caso. Sulla palestra è sceso un silenzio di tomba, che sembra quasi
assordante per quanto preme contro le orecchie; oppure è il sangue che mi sta
martellando prepotentemente nelle orecchie a darmi fastidio. Ma la verità è che
non sento niente, neanche l’urlo strafottente che si leva in lontanza; né mi accorgo di Blaine
che si volta verso di me, incapace di dire qualsiasi cosa.
Rimango
fermo immobile, incapace addirittura di sbattere le palpebre, perché so che se
lo facessi ora, niente impedirebbe alle lacrime di cadere; mi bruciano gli
occhi, ma soprattutto è il mio orgoglio che brucia, sconfitto. Perché non ce la
faccio più: di nuovo non ce la faccio a lottare. Sono stanco di farlo. Così me
ne vado, semplicemente, mentre sento il mio cuore battere così forte che sono
certo che gli altri lo sentiranno, la paura e la vergogna che mi assalgono, ma
soprattutto una rabbia cieca. È con me stesso che sono arrabbiato.
Cammino
via, lasciandomi alle spalle il suono spezzato di un applauso solitario e la
voce di Blaine che mi chiama. Non mi fermo, continuo
a camminare senza neanche voltarmi, né ho alcuna intenzione di farlo. Voglio
mettere quanta più distanza possibile tra me e la palestra, voglio poter
piangere senza che quelle persone meschine e disoneste che mi hanno votato,
possano vedermi.
Non
appena mi chiudo la porta della palestra alle spalle, inizio a correre, scoppiando
a piangere, completamente distrutto. Sento che Blaine
mi insegue, correndomi dietro e chiamandomi, ma non mi fermo; non voglio
voltarmi adesso e trovarmelo di fronte, perché non so cosa farei: non so come
affrontarlo, perché è una settimana ormai che gli dico che tutto andrà per il
meglio, che non succederà niente, ma non è vero. Aveva ragione lui, non saremmo
dovuti venire.
In
questo momento non riesco a ragionare; rivedo tutti quei volti astiosi rivolti
contro di me in palestra e ripenso a quello che ha detto mio padre, quello che
ha detto Blaine. Persino David aveva cercato di
dirmelo che la scuola non era indifferente, che era solo una mia illusione, un
bellissimo sogno ad occhi aperti. Certe persone non sono capaci di ignorare
semplicemente ciò che non va bene loro, hanno bisogno di dimostrarlo, gettando
fango addosso chi incarna ciò di cui hanno tanta paura.
Ma
a questo punto, quasi preferivo le parole velenose sibilate alle mie spalle,
gli spintoni contro gli armadietti e i lanci nel cassonetto dei rifiuti
piuttosto che questa umiliazione pubblica. Già, l’umiliazione…
è l’unica cosa cui riesco a pensare in questo momento. E credo sia proprio una
frase attinente a essa che mi sfugge dalle labbra, bagnate ormai di lacrime
salate.
«Non
sono mai stato umiliato così…»
Blaine è dietro di me, e questo, in una
certa maniera, mi conforta parecchio; non mi ha lasciato da solo, mi è corso
dietro, senza preoccuparsi che così facendo, avrebbe potuto dar adito ad altri
commenti maligni. Lo sento chiamarmi ancora, pregare di fermarmi. Ed è quello
che faccio, sentendo la sua preghiera, il suo tono di voce estremamente
preoccupato e sconfitto.
Quando
finalmente raggiungo un’ala della scuola che sembra deserta, mi volto verso Blaine, fronteggiandolo. Mi giro verso di lui perché in
realtà ne ho bisogno: per ora, mi basta solo avere i suoi occhi, che mi tengano
ancorato a terra, per non permettermi di volare via.
È
una domanda retorica quella che mi esce dalle labbra non appena incrocio il suo
sguardo.
«Non
capisci quanto siamo stati stupidi?»
Certo
che lo capisce; era stato lui il primo a mostrare più di una sola reticenza a
venire a questo ballo. Sa bene cosa si prova a essere umiliati e feriti. Sa
bene che siamo stati due stupidi nel presentarci qui, nel credere che alla
gente non sarebbe importato nulla, che ci avrebbero lasciati in pace. E quel
che è peggio, è che non abbiamo fatto niente
per provocarli: non ci siamo abbracciati, né baciati. E non abbiamo nemmeno
ballato insieme.
Ed
è solo in questo momento che mi rendo conto che nonostante tutto, nonostante la
mia forza di volontà e il mio desiderio di mostrarmi per ciò che sono, i
giudizi di certe persone erano comunque riuscite a non farmi godere appieno il
ballo. Ballare con il mio cavaliere al ballo scolastico è sempre stato il mio
sogno: e me lo ero precluso senza neanche pensarci, per la troppa paura.
Certa
gente è riuscita a uccidere il mio sogno, è riuscita a uccidere me. Come ho
potuto credere che soltanto perché nessuno sembrava più spintonarmi o prendermi
in giro, durante le lezioni, questo potesse significare che forse avevano
deciso che non ne valeva la pena? Come ho potuto credere che sarebbero stati
indifferenti a due ragazzi venuti insieme al ballo? Quelle stesse persone che,
mentre mi trovavo seduto semiscomposto a terra, dolorante dopo uno degli
ennesimi spintoni, non osavano neanche aiutarmi a mettermi in piedi, ma peggio,
mi deridevano ancora di più?
Sono
stato uno stupido.
Ho
così tanti pensieri per la testa in questo momento, che gridano per prevalere
l’uno sull’altro, creando un casino assurdo nella mia testa: devo liberarmene,
e l’unico modo che mi viene in mente per farlo è parlare, fare uscire da dentro
di me tutte quelle parole che cercano di assalirmi.
«Siccome
nessuno ci prendeva in giro o ci picchiava, pensavamo che non interessasse a
nessuno! Come…» faccio una pausa, dandomi ancora
dello stupido per aver pensato che la gente magari fosse cambiata, «come se
fossero stati fatti dei progressi.»
Ma
no, come posso pensare una cosa simile? Certa gente non è in grado di cambiare,
e sono stato uno stupido a crederlo possibile. E tuttavia, una piccola parte di
me spera che effettivamente quelle persone possano cambiare.
«Ma
è tutto uguale a prima…»
Io
e Blaine ci guardiamo dritto negli occhi. Questa è la
terza volta che mi vede piangere, e quasi vorrei che facesse come ha fatto le
altre due volte: che mi prendesse stretto fra le sue braccia e mi facesse
sentire al sicuro, protetto dalla malvagità del mondo. Ma allo stesso tempo non
riesco a star fermo un attimo, sono troppo agitato. E Blaine
sembra intuire i miei pensieri, perché non fa alcun passo verso di me,
lasciandomi tutto lo spazio necessario.
Forse,
la verità è che abbiamo paura che qualcuno possa averci seguito e che,
vedendoci abbracciati, possa farci del male.
Ripenso
a quei ragazzi che prima ci stavano fissando, e mi rendo conto che
effettivamente ci hanno tenuti d’occhio tutta la sera; e non solo loro, ma
tutti quanti. Noto dallo sguardo di Blaine, che anche
lui sta pensando allo stesso sorriso strafottente che ci aveva rivolto il
ragazzo all’entrata della palestra, quando siamo arrivati al ballo e gli
abbiamo dovuto dire i nostri nomi. Lì per lì non ci avevamo dato tanto peso, ma
invece avremmo dovuto: era tutto organizzato.
«È
stato solo uno stupido scherzo,» dice Blaine con tono
grave, facendo un passo verso di me. Mi sembra quasi di sentire i suoi
pensieri: Tu sei forte Kurt, non
lasciarti abbattere da degli scherzi.
Oh
Blaine, vorrei tanto che fosse solo così. Ma sappiamo
entrambi che non si è trattato solo di uno scherzo.
«No,
invece. Tutto quell’odio… avevano semplicemente paura
di esprimerlo con le parole, e così sono ricorsi al voto segreto.»
Ed
è questo che mi fa davvero male: le risate che devono essersi fatti alle mie
spalle per tutta la settimana, mentre qualcuno organizzava questa…
umiliazione alla pubblica gogna.
«Sono
un’enorme, burla anonima…»
La
mia voce continua a essere spezzata dalle lacrime, che continuano a bagnarmi le
guance, scivolando giù fino sul mento. Mi hanno annientato, letteralmente.
Questa volta non so come uscirne, ma soprattutto, non so se ho la forza di
farlo.
Ero
tornato qui convinto che non mi sarebbe successo nulla di male; l’ho fatto
perché mi mancavano i miei amici, mi mancava cantare con loro. Blaine non è mai stato tanto d’accordo al mio ritorno qui,
aveva paura che mi sarebbe successo qualcosa; e aveva ragione lui.
Non
riesco a star fermo, così mi giro e continuo a camminare fino a una fila di
armadietti, davanti ai quali comincio poi a far su e giù. Sento la presenza di Blaine alle mie spalle, e questo ha a facoltà non di farmi
rilassare, ma di farmi sentire meno solo. Voltandomi verso di lui, noto che si
è seduto a terra, con la schiena appoggiata agli armadietti; mi sta
semplicemente guardando, senza fare nulla. Mi rendo conto che effettivamente Blaine mi conosce davvero bene: solo lui saprebbe che in
questo momento non ho bisogno di parole di conforto o abbracci: ho soltanto
bisogno di qualcuno vicino, che mi stia accanto mentre decido che cosa fare.
Perché
io non so cosa fare. Cosa devo fare? Come devo comportarmi? Dovrei andarmene
ora, tornare a casa e sfogare tutte le mie lacrime. Sarebbe una buona idea,
un’idea allettante, che mi impedirebbe di certo di tornare in quella palestra,
ritrovandomi tutti gli occhi di quella gente meschina rivolti, ancora una
volta, verso di me.
Non
so se voglio farlo, non ce la posso fare.
«Non
ci torno là dentro,» dico, più a me stesso che a Blaine.
«Assolutamente no.»
Cammino
un altro po’ avanti e indietro, cercando di calmarmi; ma più penso al fatto che
non voglio tornare in palestra, più il mio respiro si fa affannato. E non me ne
capacito, perché cavolo, questo pensiero dovrebbe farmi stare meglio, anziché
terrorizzarmi ancora di più! Tornare a casa significherebbe la salvezza,
sarebbe il mio porto sicuro in mezzo alla tempesta; voltarmi indietro, verso
quel covo di vipere, significherebbe buttarmi a capofitto in mezzo a quella stessa
tempesta da cui sono voluto fuggire.
E
allora perché non ho ancora afferrato Blaine per la
manica della giacca, l’ho tirato in piedi e me lo sono trascinato via, fino
alla macchina? Perché sono ancora qui?
Perché
forse so che scappare adesso, non mi terrà al sicuro per molto. Lunedì mattina
sarò costretto a tornare a scuola, e mi dovrò nascondere dalle occhiatacce e
dalle parole delle persone che mi indicheranno come la “loro” reginetta che non
ha avuto nemmeno il coraggio di ritirare la sua corona.
Coraggio.
La
voce di Blaine mi riscuote dai miei pensieri.
«Vorresti
almeno sederti?» fa una pausa, e mi rendo conto che mi sta guardando fare su e
giù davanti a lui da chissà quanto tempo. «Oppure vuoi andare a casa? Non dobbiamo
per forza tornare là dentro.»
Non
lo so, Blaine. Non so cosa voglio fare, perché
altrimenti a quest’ora l’avrei fatto. Ed è voltandomi verso Blaine
che mi rendo conto che, effettivamente, tornare a casa non è quello che voglio
fare; o per lo meno, lo vorrei, ma non senza la parte di me che ho lasciato in
palestra. E per andare a recuperarla, per andare a recuperare il mio orgoglio,
devo tornare in mezzo ai flutti in tempesta, per quanto possa essere
pericoloso.
Non
posso andarmene. Se fossi da solo, lo farei; ma c’è Blaine
qui con me. Voglio che lui abbia il suo ballo da favola, perché se lo merita; e
in realtà, me lo merito anche io.
«Lo
scopo di questo ballo non doveva essere la redenzione?» gli chiedo, mentre le
giuste parole da dire mi si formano in mente. Ora so come affrontarlo. «Non
dovevamo sbarazzarci del magone che hai in gola per il fatto che sei fuggito
dal tuo primo liceo?»
Blaine chiude gli occhi e volta appena
la testa. Cosa credevi, Blaine? Che non avessi fatto
due più due? Che non avessi capito che il motivo per cui ti sei trasferito alla
Dalton era perché quei ragazzi, quelle bestie,
ti avevano picchiato al ballo scolastico?
Quando
ci siamo conosciuti, una delle prime cose che mi ha detto Blaine
è stata il rimpianto che provava per l’aver permesso ai bulli della sua vecchia
scuola di vincere su di lui, di averlo fatto letteralmente scappare via. Anche
con me lo hanno già fatto una volta: non ce ne sarà una seconda. Perché sono
stufo di provare rimpianto, e soprattutto, non voglio ritrovarmi quando sarò
vecchio a rimpiangere di non essere rimasto.
«Se
ce ne andiamo, anch’io mi ritroverò con il magone in gola,» dico a Blaine, mentre lui riporta il suo sguardo su di me.
E
quando mi chiede, «Allora cosa vuoi fare?» sono i suoi occhi a darmi la forza
di dire quello che sto per dire. Perché è stato Blaine
a insegnarmi ad avere coraggio, a lottare contro i pregiudizi degli altri,
cercando di insegnar loro quanto si sbagliano.
Se
io me ne andassi ora, vincerebbero loro; ed è una cosa che non posso
permettere. Non posso permettere a certa gente di vincere, di vincermi, di annientarmi così.
Prendo
un profondo respiro prima di parlare, e mi rendo conto che questo momento è
decisivo: non solo per un futuro prossimo, quanto più che altro per tutta la
mia vita. Non posso continuare a scappare, e non voglio che lo faccia anche Blaine. Avevo promesso, prima, che sarei stato forte per
lui, che sarei stato la sua ancora; ed è quello che ho intenzione di fare.
Inoltre io stesso non voglio scappare: dimostrerò loro quello di cui sono
capace. Dimostrerò a quelle persone disoneste che non mi hanno sconfitto.
«Tornerò
là dentro e mi farò incoronare,» decreto, fissando Blaine
negli occhi.
Ed
è il sorriso fiero che mi rivolge il mio ragazzo, i suoi occhi in cui posso
leggere amore e ammirazione, che mi danno la forza di continuare a parlare.
«Farò
vedere loro che anche se mi urlano addosso, o bisbigliano alle mie spalle, non
possono scalfirmi,» dico ancora.
Non
permetterò loro di toccarmi; mi farò scivolare addosso qualsiasi cosa vorranno
gettarmi contro, non mi importa. Ed è guardando Blaine
che mi rendo conto che non permetterò loro di toccare anche noi, me e lui. Ci
siamo già fatti fin troppi problemi, non godendoci il ballo fino in fondo: e
chiunque merita di godersi il proprio ballo scolastico, noi ce lo meritiamo. Così mi inginocchio vicino a Blaine e gli dico:
«Non
possono scalfire noi.» Blaine si stacca dagli armadietti, tendendosi verso di me,
un sorrisetto soddisfatto e ammirato sul volto, e riprendo a parlare, «O quello
che abbiamo.»
Gli
afferro la mano, stringendola con forza, mentre lui fa scivolare le dita tra le
mie; rimaniamo a fissarci in attesa della prossima mossa, senza sapere davvero
che cosa dire. Non so cosa stia passando per la testa di Blaine
in questo momento, ma forse lo immagino: spero stia pensando alle mie parole,
al fatto che non è solo il mio momento di ergermi di fronte ai pregiudizi e
combatterli, ma forse, se vorrà, è anche il suo
momento. E invece mi spiazza.
Blaine mi tira verso di sé e mi bacia,
l’altra mano che corre subito a intrecciarsi nei miei capelli. Data la forza
con cui mi ha tirato verso di lui, e soprattutto visto che non me lo aspettavo,
mi ritrovo sbilanciato: così appoggio una mano sulla sua spalla per sostenermi.
Rilascio
un sospiro quando mi rendo conto che aspettavo questo momento da tutta la
serata, fin da quando l’ho visto scendere dall’auto per venirmi incontro sul
vialetto di casa e aprirmi la portiera della macchina con fare elegante.
Ritrovato l’equilibrio, faccio scivolare la mano che tenevo sulla sua spalla,
fino alla sua guancia. Quando Blaine inizia a
leccarmi il labbro inferiore, apro la bocca, permettendo alla sua lingua di
entrare e spaziare nella mia bocca, giocando con la mia lingua e stuzzicandomi
il palato. È un bacio lento, dolce e mi accorgo che ora come ora, nulla sarebbe
in grado di farmi staccare da questo bacio: potrebbero arrivare anche tutti i
giocatori del McKinley a farci fuori ma, prima di permettere loro di farlo,
finirei di baciare Blaine.
È
baciando in questo modo così pieno di amore il mio ragazzo, che tutte le mie
paure, tutta la tristezza, l’indecisione, la paura e la rabbia scivolano via da
dentro di me, quasi come se fosse una specie di medicina per i brutti pensieri.
Sospiro
nel bacio, mentre Blaine si stacca da me. Mi guarda
negli occhi e mi regala uno dei suoi sorrisi, quelli che ha sempre rivolto solo
a me e che sono in grado di farmi sciogliere come neve al sole. Blaine mi accarezza una guancia e l’unica cosa che mi dice
è una sola, semplicissima parola: “Coraggio.”
Poi,
prima che io possa alzarmi, si mette le mani in tasca ed estrae un pacchetto di
fazzolettini. Gli lancio un’occhiata interrogativa, e lui mi risponde con
un’alzata di spalle, quasi a dirmi che se lo aspettava che sarebbe successo
qualcosa. Gli sorrido, grato, e ne prendo uno. In questo istante sono davvero
un disastro: ho gli occhi rossi e umidi di pianto, il naso bordeaux, e il
respiro un po’ affaticato – anche se quello sia colpa del bacio.
Mentre
mi asciugo gli occhi e mi soffio il naso, Blaine si
alza in piedi, spazzolandosi i pantaloni e guardandosi intorno: siamo soli,
nessuno ci ha seguiti. Poi sposta lo sguardo su di me e mi sorride appena,
tendendomi la mano.
«Sei
pronto?» mi chiede.
Io
gli sorrido, gli afferro con forza la mano e Blaine
mi tira in piedi. Non appena ci troviamo l’uno di fronte all’altro, lo
abbraccio di slancio; le sue braccia mi stringono subito, pronte, mentre il suo
mento trova posto sulla mia spalla. Rilascio un profondo sospiro, sentendomi
finalmente al sicuro.
È
con molta fatica che mi stacco da lui, lo prendo per mano e mi dirigo verso la
palestra, Blaine che cammina al mio fianco. So bene
che anche lui è spaventato, ma non lo siamo abbastanza da permettere a quella
gente di toccarci. Inoltre, in palestra ci sono tutti i nostri amici; vorrei
tanto ci fosse anche Finn, ma confido in tutti gli
altri ragazzi. Per di più ci sono i professori: nessuno ci farà del male. Devo
solo resistere.
Arrivati
davanti alla porta della palestra, ci fermiamo. Blaine
si volta verso di me e si limita a guardarmi; io gli stringo forte la mano
prima di decidermi a lasciarla andare. Distolgo lo sguardo dal suo e lo fisso
sulla porta che Blaine, molto elegantemente, mi tiene
aperta. Faccio un altro profondo sospiro prima di scrollare le spalle ed
entrare in palestra, a testa alta.
All’inizio
gli studenti non sembrano nemmeno far caso a me; tuttavia, il chiacchiericcio presente
nella sala si spegne quando salgo sul palco e mi notano. Senza degnarli di uno
sguardo, mi dirigo verso il preside Figgins; dietro
di lui, vedo David seduto sul suo trono, con indosso la corona.
Il
preside mi si avvicina con espressione contrita, dalla quale però non mi faccio
condizionare: qui non sono io a dovermi vergognare, ma tutte le persone
presenti in questa sala che mi hanno votato. Non appena mi ritrovo davanti a Figgins, il mio sguardo si sposta, totalmente indifferente,
o almeno spero sia così, sugli studenti di fronte a me, alla ricerca di Blaine, che però non vedo.
«Signore
e signori,» inizia il preside, «la reginetta del ballo studentesco del 2011…
Kurt Hummel.»
La
sala non esplode in applausi come era successo prima con David, ma la cosa mi
lascia del tutto indifferente. Aspetto che Figgins mi
metta sulla testa la corona, e abbasso appena la testa quando essa si posa su
di me; attendo poi che il preside mi porga lo scettro e gli regalo un piccolo,
minuscolo sorriso di ringraziamento.
So
che è giunto il momento che io dica qualcosa, ma in questo momento non ho
niente in mente se non degli insulti da rivolgere alle persone che mi vedo di
fronte. Spazio con lo sguardo tra la folla, alla ricerca di un volto amico,
soprattutto quello di Blaine, ma non è lui che vedo.
Vedo Rachel: la sua espressione è un misto di tristezza e tenerezza. È su di
lei che mi concentro quando inizio a parlare, senza sapere, in realtà, che cosa
dire.
E
poi, penso a quanto non mi sarei mai aspettato che il mio ballo andasse così, a
quanto io abbia sperato di poter vivere un’esperienza normale dell’adolescenza
di qualsiasi ragazzo, senza che essa venisse rovinata. Ripenso a quanto mi sia
impegnato, a quanto abbia fatto le cose con tutta la dovuta cura, proprio come
avevo detto a mio padre per quanto riguardava il mio vestito…
già, il mio vestito.
«Roditi
il fegato, Kate Middleton,» mi esce dalle labbra. E
non riesco a fermare il sorrisetto strafottente che mi spunta sulle labbra, ben
consapevole che poche persone in questa stanza possano capire il riferimento ad
Alexander McQueen e le nozze reali.
Tuttavia
qualcuno sembra capirlo, perché vedo alcune persone sorridere; i miei occhi
sono ancora concentrati su Rachel, che mi rivolge un sorriso enorme e inizia a
battere le mani, saltellando su e giù. Parte un applauso e qualche urlo, e io
non posso fare a meno di chiedermi chi delle persone che ora mi trovo davanti,
hanno partecipato alla votazione segreta che mi ha incoronato reginetta.
Il
preside mi da qualche colpetto sulla spalla, forse per rassicurarmi un po’ e mi
rivolge un sorrisetto, che ricambio; poi si riavvicina al microfono.
«E
adesso, come da tradizione, il re e la reginetta di quest’anno apriranno le
danze.»
Questa
frase mi lascia del tutto spiazzato. Come ho potuto non pensare a questa
eventualità? Era logico che avrei dovuto ballare con David, ma non ci ho
minimamente pensato. Mi chiedo se invece lo abbia fatto Blaine,
se possa dargli fastidio vedermi mentre ballo con Karofsky.
E
soprattutto lui, che cosa ne pensa? Sarà in grado di farlo?
Lo
osservo mentre si alza dal suo trono, l’espressione totalmente spaventata, che
mi ricorda tanto quando mi ha parlato di fronte alla porta della mia aula, solo
pochi giorni fa. So bene che lui non c’entra niente con la mia votazione, non
sarebbe stato così stupido da ritrovarsi poi in questa posizione
compromettente. David non può semplicemente ballare
con me, perché sa bene che poi la sua vita sarebbe rovinata; già da quando
ha fondato con Santana i “Frustabulli”, la sua
posizione all’interno della squadra si è fatta un bel po’ precaria e instabile.
Però, forse, può prendere questa occasione come il momento giusto per farsi
avanti; dopotutto, sia io sia Blaine abbiamo capito
che questo era il momento giusto per ergersi in lotta contro i pregiudizi: può
essere lo stesso anche per David.
Mentre
scendiamo dal palco, gli studenti che si aprono in due ali per lasciarci lo
spazio necessario, gli sussurro, in modo che solo lui possa sentirmi: «E’ il
tuo momento.»
«Che
cosa?» mi chiede lui con un tono di voce davvero spaventato e confuso.
«Di
fare coming out,» gli rispondo io. «Di fare la
differenza.»
La
musica inizia a suonare, ma io quasi non la sento.
NOTE:
Buon
pomeriggio a tutti! Questa volta mi sa che le note saranno più lunghe del previsto… ma a me piace sclerare
con voi, perciò in realtà sono felice! *__*
Allora,
innanzitutto, volevo scusarmi per l’enorme ritardo; questa volta è colpa del
mio modem di casa che ha deciso di dare allegramente forfait e non sapevo come
fare a passare il capitolo alla collega. Però per lo meno mi sono portata
avanti con il prossimo capitolo che, purtroppo, sarà il mio ultimo capitolo.
Eh
sì, questa storia sta giungendo al suo termine, mancano ormai soltanto due
capitoli! Tuttavia, rullo di tamburi (*Finnesegue*), diciamo qui ufficialmente che ci sarà un KlaineSongs 2 di cui abbiamo già
plottato la maggior parte dei capitoli =)
Infine,
spero che il capitolo vi sia piaciuto; ammetto di essere stata un bel po’
spaventata all’idea di scrivere questo capitolo perché avevo paura di
deludervi, ma soprattutto di non riuscire a rendere bene i pensieri che
travolgono Kurt in quel momento. Spero di esserci riuscita in maniera
abbastanza decente. Inoltre, scrivere questo capitolo mi ha leggermente tirata
su di morale soprattutto dopo l’episodio del prom di
quest’anno che mi ha un po’ delusa… stupida FOX, lei
e i suoi tagli! -.-
Detto
questo, mi dileguo, ma non prima di ringraziare tutti i lettori silenziosi e
non *__* Love you, guys!
NOTE:
Eh sì, questa volta vi rompo le scatole anche qui! =) Allora, questo è il
penultimo capitolo di KlaineSongs
1, soprattutto è l’ultimo capitolo scritto da me… In
questi giorni mi sta davvero piangendo il cuore, e ho un’ansia addosso per la
fine di Glee che davvero scoppio a piangere ogni due
per tre! Forse è per questo che non è stato facile scrivere questo capitolo… Ma comunque, per quanto riguarda il capitolo vi
rimando alle NdA in fondo – giuro che saranno brevi!
Qui
però volevo in qualche modo giustificare la scelta di questa canzone. Questa
storia si basava sul principio di: usiamo solo le canzoni che cantano o Kurt o Blaine e alle quali l’altro è presente. Diciamo che questo
principio si è un po’… elasticizzato (e lo si vedrà soprattutto in KlaineSongs 2, ma di questo ne
parleremo più avanti xD). Anyway,
per quanto riguarda questa scelta… beh, ci è sembrata
la più adatta. L’idea di finire con questa canzone ci è piaciuta e abbiamo
deciso di sfruttarla! =)
Perciò…enjoy!
31°_ Dancing Queen ~ Kurt
~ Quando puoi solo lasciarti andare ~
Aahhh
Aahhh
Ohhhyeeah
Le
voci di Mercedes e Santana si levano alte e cristalline, mentre le note di Dancing Queen degli ABBA cominciano a
risuonare. Vorrei soffermarmi a pensare a quanto questa canzone sia
assolutamente perfetta per una situazione del genere, ma in questo contesto non
fa che essere ancora più umiliante.
Tuttavia
ora non ho tempo per considerare l’idea di nascondermi da qualche parte, o
urlare parole velenose alle persone che ci circondano; e lo farei anche, ma non
voglio mostrarmi debole ai loro occhi. Voglio che assistano alla mia più
completa e totale indifferenza.
In
realtà ringrazio di non essere solo. Vero, forse avrei preferito avesse vinto
qualcun altro, come Puck o Finn;
certo, ballare con loro sarebbe stato imbarazzante, ma almeno sono degli amici
e mi avrebbero protetto. Tuttavia, meglio David che qualsiasi altro giocatore
di football; per lo meno David mi capisce, anche se non so ancora cosa voglia
fare. E l’assurdità di questo pensiero mi colpisce come un pugno: è come se io
ora mi fidassi di lui e questo mi
lascia assolutamente basito.
Mi
volto verso di lui e alzo il mento, aspettando che lui faccia qualcosa. Io e
David ci guardiamo negli occhi, e io prendo un grosso sospiro, alzando e
abbassando le spalle, quasi come se mi stessi tuffando in un oceano oscuro che
non conosco; e difatti è così: è un salto a occhi chiusi quello che stiamo per
fare. E guardando l’espressione di David, mi rendo conto che forse sarò il solo
a farlo.
Il
ragazzo davanti a me non ha più nulla del giocatore di football che mi spingeva
contro gli armadietti solamente l’anno prima; l’ho visto strafottente,
arrabbiato, confuso e triste, ma mai spaventato. O almeno non come adesso.
David è completamente terrorizzato.
«Non
posso» mi dice con un’espressione dispiaciuta in volto prima di passarmi vicino
e andarsene via velocemente.
Io
non posso trattenermi dal girarmi verso di lui, quasi come se lo volessi
chiamare e farlo tornare indietro. In questo momento c’è solo un pensiero nella
mia testa: Non abbandonarmi, non
lasciarmi qui da solo.
Non
so se ce la faccio a continuare con la sceneggiata del “sono forte e perciò me
ne infischio di voi e dei vostri pregiudizi”, non da solo. Per lo meno prima
c’era David con me. E non sarò solo sfottuto a vita per essere stato eletto
reginetta, ma anche per essere stato abbandonato dal suo re. Quasi come a voler
dimostrare che sono io quello sbagliato, che un ragazzo non può ballare con un
altro ragazzo, perché è contro natura.
Rimango
girato, senza sapere cosa fare. Mi sembra che questa sia stata davvero la
goccia che ha fatto traboccare il vaso; non riesco a respirare e sento un
improvviso freddo glaciale avvolgermi. Non capisco come sia possibile dal
momento che in questa palestra si muore di caldo, ma poi mi rendo conto che è
un freddo interiore: sono da solo, sono più vulnerabile che mai.
Dio,
ho un disperato bisogno di Blaine in questo momento.
Ed
è proprio in quell’istante, proprio nel momento in cui l’immagine di Blaine e di tutte le nostre occhiate, conversazioni,
litigate, riappacificazioni e baci mi riempiono la mente, proprio nello stesso
istante in cui mi chiedo se quel ragazzo tanto coraggioso avrebbe la forza di
volontà di venire da me adesso, a sostenermi, è qui che sento una voce alle mie
spalle.
«Scusami,»
dice la voce, ed è la voce più bella e dolce che io abbia mai sentito in vita
mia. Io amo quella voce, me ne sono
innamorato non appena l’ho sentita per la prima volta, e mai smetterò di farlo.
Mi
volto e vedo Blaine dritto di fronte a me. Riesco a
leggere benissimo la sua espressione: c’è paura nei suoi occhi, i lineamenti
sono tirati e quasi sull’attenti; ma non c’è solo questo. La paura è nascosta
da qualcos’altro, qualcosa che non riesco a capire bene ma che allo stesso
tempo mi sembra dannatamente familiare. Blaine mi
sorride appena e mi rendo conto che lui, ora, è me. Le rughe del suo viso si
distendono; è spaventato ma pronto ad affrontare tutto quanto, qualsiasi cosa
pur di stare al mio fianco. E io sono uguale a lui, perché solo ora che lui è
qui sono certo di potercela fare.
Blaine mi tende la mano dopo aver
detto, «Posso avere l’onore di questo ballo?»
You
can dance, you can jive
Having the time of your life
Ooh see that girl, watch that scene
Dig in the dancing queen
Blaine, il mio cavaliere per il ballo,
il mioragazzo è qui davanti a delle persone omofobe, perfide e cattive
che mi hanno appena umiliato, che ci hanno
appena umiliato, e mi sta chiedendo di ballare. E ora come ora non mi importa
più di niente, perché tutto questo sembra così dannatamente giusto, proprio
come ho sempre desiderato che fosse il mio ballo scolastico, proprio come nei
miei sogni, che non esito neanche un attimo nel rispondergli, «Sì. Sì, puoi.»
Blaine mi prende tra le sue braccia,
mettendomi una mano dietro la schiena e afferrando l’altra mia mano, in una
stretta salda e decisa, di certo rassicurante. Io stringo le dita tra le sue e
gli poso l’altra mano sulla spalla, avvicinandomi a lui quanto più possibile.
Non
posso fare a meno di guardarmi attorno, di osservare i volti delle persone che
ci circondano, alla ricerca di un qualche segno di disgusto alla vista di due
ragazzi che ballano insieme. Al contrario invece, Blaine
non guarda nessun altro a parte me, e inizia a muoversi a ritmo di musica,
sorridendo, probabilmente cercando di scacciare via la tensione e la paura.
Mi
chiedo come faccia, vorrei essere in grado di lasciarmi andare anch’io. Lo
guardo attentamente in viso, come se il segreto fosse nascosto lì, da qualche
parte, e del tutto inaspettatamente lo trovo.
Blaine mi sta guardando, mi sta
semplicemente guardando. Guarda me e
non le altre persone, si limita a sorridere felice per il semplice fatto di
poter ballare con me. Io non posso fare a meno di lasciarmi andare, seguendo il
suo esempio e perdendomi del tutto nei suoi occhi caramellati, che mi catturano
come una calamita. Brillano come non mai quando si rende conto che ormai sono
totalmente preso da lui, incurante di ciò che ci circonda.
Ed
è in quel momento, quando chiudo tutti i problemi fuori, che tutti quanti
spariscono. Siamo solo noi, semplicemente io e Blaine,
che mi tiene stretto fra le sue braccia, spingendomi appena contro di sé con la
mano che ha dietro la mia schiena. Ora mi sento protetto, al sicuro, solo ora
che sono tra le sue braccia.
Blaine è riuscito a rendere un momento
umiliante e imbarazzante, assolutamente perfetto. Sembra
mi stiadicendoLasciatiandare, Kurt!
Friday night and the lights are low
Looking out for a place to go
Where they play the right music, getting in the swing
You come in to look for a king
Quasi
non faccio caso agli altri studenti che si uniscono a noi, Rachel per prima;
sono troppo impegnato a chiedermi quanto sia stata dura per Blaine
affrontare tutto questo. Le esperienze dei suoi balli scolastici sono
certamente pessime, però ha deciso di avere coraggio e affiancarmi, prendermi
per mano e non lasciarla andare mai, tenendomi al sicuro.
Non
che mi aspettassi altro dal ragazzo che, senza conoscermi, mi aveva stretto la
mano tra la sua per condurmi a vedere l’esibizione del suo Glee
Club. Anche allora aveva dimostrato coraggio; certo, sapeva che nessuno dei
ragazzi attorno a lui lo avrebbe sbattuto contro il muro per fargli del male o
lo avrebbe insultato, ma ha lo stesso avuto coraggio. E in realtà lo ha
dimostrato tante altre volte. Come quando mi ha difeso con David la sera dei
negletti, o quando ha cantato per me Somewhereonlyweknow.
Sono
così fiero di lui. Aveva tutti i diritti di questo mondo per essere spaventato,
ma è lo stesso qui, con me. Non mi ha ancora abbandonato; e da come mi sta
stringendo, non credo che lo farà tanto presto.
Mi
sorride e mi allontana; io seguo i suoi suggerimenti e mi ritrovo a girare e
ridere di cuore, dimentico di chi ci sta intorno. Dopo avermi fatto fare un
paio di giravolte, Blaine mi riavvicina a sé, e io lo
stringo forte, guardandolo negli occhi. Non gli dico nulla, so che lui riuscirà
a leggere il Grazie sulla superficie
di essi.
La
luce improvvisa di un flash fa strizzare gli occhi a entrambi; giriamo la
testa, senza tuttavia staccarci, e vediamo Sam e Rachel salutarci con la mano,
mentre il ragazzo ripone nella tasca della giacca una macchina fotografica.
And when you get the chance
You are the dancing queen
Young and sweet, only seventeen
Dancing queen, feel the beat
From the tambourine, oh yeah
Io
e Blaine ci guardiamo, sorridendo, e decidiamo di
lasciarci completamente andare alla musica e alla gioia del momento, godendo
semplicemente della presenza l’uno dell’altro e del fatto che, anche se in uno
strano contesto, stiamo vivendo una semplice esperienza da ballo scolastico.
Balliamo vicini, a volte sfiorandoci le mani e altre volte abbracciandoci
proprio, non curanti di chi ci circonda; e questa volta, sembra che anche a
loro non importi nulla di noi. Si stanno tutti divertendo, danzando in giro per
la palestra.
Non
avrei mai immaginato che il mio ballo potesse essere così; certo, è stato umiliante,
e così lo ricorderò. Però ricorderò anche che il mio ragazzo ha avuto il
coraggio di non abbandonarmi e mi è stato vicino. Sorrido al pensiero che solo
pochi mesi prima, solo poche settimane prima di conoscere Blaine,
mi lamentavo con mio padre del fatto che io non potessi avere la vita di un
adolescente normale, la storia d’amore di
un adolescente normale: non avrei mai potuto stringere la sua mano nel
corridoio della scuola, né avrei potuto danzare con lui al ballo. E invece
eccomi qui, a ballare con Blaine, privo di qualsiasi
turbamento: basta non pensare al peso della corona sulla mia testa.
In
un anno, le cose sono davvero cambiate per me. Solo un anno prima pensavo che
non avrei mai avuto nessun ballo, che non sarei mai stato in grado di essere
coraggioso, che non avrei mai avuto qualcuno che mi stringesse come mi sta
stringendo Blaine in questo istante, negli occhi un
scintillio che riesco a riconoscere. È lo stesso che sento di avere nei miei
occhi quando parlo di Blaine, lo sguardo innamorato
che ho rivolto sempre e solo a lui. Non sono mai stato innamorato prima di Blaine – le cotte per Finn e Sam
non sono neanche da prendere in considerazione.
Durante
tutto quest’anno, sono cresciuto e maturato, e tutto questo è accaduto con Blaine. Ci
sono stati dei momenti in cui davvero non credevo ce l’avrei fatta, dei momenti
in cui quasi non volevo più trovarmi qui. Poi però penso a tutte le belle
esperienze avute quest’anno e a quelle che ancora ci saranno – le Nazionali
sono sempre più vicine, New York ci sta aspettando – e in tutte queste
esperienze riesco a vedere Blaine. Devo ammettere che
gran parte delle cose belle successe finora sono soprattutto merito suo.
Mi
ritornano di nuovo alla mente tutto ciò che abbiamo dovuto passare per trovarci
a questo punto. È come se riavvolgessi il nastro, così che le cose scorrano in
senso inverso. E quindi passo dalla morte di Pavarotti, alla lite sul sesso – e
oh, ora che ci penso forse l’idea di per sé non mi fa più così schifo, ma solo spavento per qualcosa
che non conosco – e poi arrivo alla stupida cotta di Blaine
per Rachel e Jeremiah, giungo infine al Natale e alla
figuraccia dei regali, e per ultimo, mi torna in mente la voce di Puck che praticamente mi ordinava di andare a spiare i Warblers. Credo dovrò fare un regalo a Puck,
prima o poi.
Io
e Blaine ne abbiamo davvero passate tante, troppe. A
volte ho pensato che non ce l’avremmo fatta, ma alla fine ciò che proviamo
l’uno per l’altro ha avuto il sopravvento; guarda caso, riesce sempre ad avere
il sopravvento, qualunque difficoltà ci si pari davanti. E credo di poter dare
un nome a ciò che proviamo io e Blaine: amore.
Dobbiamo solo avere il coraggio di dircelo. E so che ci arriveremo, pian piano
e nel momento giusto.
You can dance, you can jive
Having the time of your life
Ooh see that girl, watch that scene
Dig in the dancing queen
Dancing dancing queen
Dig in the dancing queen
Blaine attira la mia attenzione,
staccandosi da me e facendo finta di cantare a squarciagola la canzone; io mi riprendo
dai miei pensieri e lo imito, muovendomi a ritmo di musica. In quel momento,
dall’aria piovono un centinaio di palloncini colorati, che cadono sulle nostre
teste. Cominciamo tutti a fare a gara a chi ne colpisce di più, facendo sì che
continuino a volare.
Sono
così preso da un palloncino giallo che mi vola davanti al viso e che colpisco
con attenzione, che non mi accorgo di un altro che arriva dritto sulla mia
faccia, spuntato da chissà dove. Non riesco a fermarlo, ormai è troppo tardi, e
sono già pronto a farmelo arrivare addosso, quando però la mano di Blaine compare davanti alla mia visuale e colpisce il
palloncino. Poi mi sorride e continua a ballare, saltellando su e giù e facendo
l’idiota; quando si comporta in maniera così infantile, mi ricordo che è più
piccolo di me di un anno.
Tuttavia
ora non ci penso; penso all’emerita sciocchezza che mi è appena venuta in
mente. So che è una cavolata, perché davvero, quel palloncino non mi avrebbe
certamente fatto male se mi fosse arrivato in faccia, però mi trovo a chiedermi
se Blaine non mi avrebbe “salvato” anche se fosse
stata un’altra cosa. Mi basta guardarlo negli occhi per rendermi conto che sì,
lo farebbe.
Mi
avvicino a lui, con l’improvviso bisogno di sentirlo vicino, il più possibile. Blaine mi mette le mani intorno alla vita e inizia a farci
girare in tondo; io stringo forte la sua spalla e con l’altra tengo la corona
che rischia di scivolare. I miei occhi si legano a quelli di Blaine mentre continuiamo a girare, e li lasciano soltanto
quando siamo costretti a fermarci, e solo per scivolare dai suoi occhi alle sue
labbra.
Improvvisamente
mi sembra quasi che le sue mani siano pesanti sui miei fianchi e dietro la mia
schiena; riesco quasi a sentirne il calore attraverso la stoffa. I miei occhi
si soffermano ad analizzare ogni piega delle sue labbra e scivolano giù, fino
alla curva della sua mascella, fino a che non risalgono ai suoi riccioli
catturati dal gel. Deglutisco, stringendomi di più a lui senza neanche
rendermene conto.
Dancing Queen è appena finita, Santana e
Mercedes scendono dal palco dopo aver posato i microfoni, e Blaine
cerca di attirare la mia attenzione, con un’espressione incuriosita sul volto:
non capisce perché io sia diventato serio all’improvviso. Quando incrocio i suoi
occhi non posso evitare di arrossire, mentre il pensiero delle sue mani, che
prima scorrevano sull’asta del microfono e che ora sono appoggiate sulla mia
schiena, mi fa stringere lo stomaco in una morsa.
Mi
allontano velocemente da lui e gli sorrido, deglutendo di nuovo e cercando di
non fissare con insistenza le sue mani. Ma Blaine ha
davvero delle mani bellissime, grandi e calde; sono lisce e le vorrei così
tanto su di me che…
Aspetta!
Cosa?
Se
possibile, arrossisco ancora di più dopo quest’ultimo pensiero. Che cosa credo
di fare? Io ho una paura tremenda, ma questa sera non mi pare proprio il caso
di mettere altra carne al fuoco. Però ho davvero bisogno di un po’ di coccole
da Blaine, ho bisogno di stare da solo con lui,
lasciando che mi curi le ferite. Non mi rendo conto di essere diventato di
nuovo serio, così, soprattutto per non far preoccupare Blaine,
sorrido e gli dico, «Prima di andarcene dobbiamo fare la foto.»
Lui
annuisce e mi sorride, prendendomi la mano e trascinandomi via. E io ne
approfitto per stringere forte le sue dita e perdermi nella morbidezza del suo
tocco e nel calore che mi avvolge la mano.
~
∞ ~
Sono
solo le undici e un quarto quando Blaine posteggia la
macchina sotto casa mia. Si volta a guardarmi, prendendomi la mano che avevo
tenuta stretta ai pantaloni; la sua espressione è chiaramente interrogativa. Si
starà domandando che cosa diamine mi prenda.
Il
problema è che non lo so neanche io. Da dopo quel nostro “avvicinamento”
proprio in questa macchina qualche settimana fa, non è più successo niente tra
di noi; non c’è stato tempo, e soprattutto io non sapevo che cosa avrei voluto
fare. Quello che è successo in macchina, nel posteggio buio del cinema, è stato
un momento di pura follia; non avevo intenzione di fare quello che ho fatto. So
solo che avevo sentito il desiderio di sentirlo vicino, tanto vicino, e che poi
il mio cervello si era letteralmente spento, facendo sì che non fosse la mia
parte razionale ad agire.
Tutto
questo mi ha spaventato. Il non poter avere il totale controllo sul proprio
cervello, la difficoltà nel riuscire a fermarsi e rimanere concentrati, senza
lasciarsi portare via dalle sensazioni, dal calore e dalla bellezza del
momento. Perché sì, è stato dannatamente bello. Solo che ora non so cosa fare;
senza contare che ho anche paura che venga fuori una cosa programmata e
scontata.
Non
so come affrontare tutto questo, sono spaventato a morte. Però, se c’è una cosa
che so, è che ora come ora l’idea di separarmi da Blaine
mi terrorizza terribilmente; ho quasi paura di non riuscire a respirare se si
allontanasse troppo da me. Ho ancora bisogno di lui, probabilmente ne avrò
sempre, ma in questo momento non voglio assolutamente separarmi da lui. Voglio
stare con Blaine, anche solo tenerlo abbracciato e
addormentarci così, semplicemente. Lo vorrei davvero tanto.
Cosa
c’era scritto sugli opuscoli che mi aveva dato mio padre? Procedere a piccoli
passi. Perfetto, allora credo che comincerò a chiedergli di salire su a casa.
Mi
volto verso Blaine, che mi sta guardando con la
stessa espressione interrogativa di prima. Gli sorrido e gli accarezzo il viso,
mentre lui si protende verso di me, puntando direttamente alle mie labbra; io
però mi scanso e lo abbraccio.
Lo
sento irrigidirsi, spiazzato dalla mia reazione, ma non gli lascio nemmeno il
tempo di interrogarsi sul mio comportamento e farsi un sacco di paranoie che,
ormai ho imparato, si fa, che dico: «Ti va di salire su da me?»
Non
appena le parole mi escono di bocca, mi rendo conto che la mia domanda può
essere altamente fraintendibile. Mi allontano di scatto dall’abbraccio e inizio
a balbettare parole senza senso, sentendomi arrossire.
«N-no, non è come… come credi!
Cioè, i-io… io e te…noi… no! Però…»
Fortunatamente
Blaine mi zittisce, posandomi un dito sulle labbra;
non posso evitare di lasciarmi sfuggire un sospiro sentendo la pressione del
suo dito sulla mia bocca. Che cosa diamine mi sta prendendo?!
«Kurt,
stai tranquillo! Non c’è bisogno di agitarsi, davvero.» Mi sorride e mi posa un
bacio sulla guancia, lasciandomi poi andare.
Io
mi sento un emerito idiota, così, totalmente impacciato, scendo dalla macchina,
lasciandomi alle spalle quell’imbarazzo che si era venuto a creare. Blaine mi segue e mi affianca subito mentre percorriamo il
vialetto di casa mia, e forse per spezzare un po’ la tensione mi dice, «Sono
curioso di vedere come sta Finn…»
Io
ne approfitto al volo e rispondo, «Già, anche io.»
Blaine mi sorride e mi prende per mano,
di nuovo; sembra proprio che stasera non faccia altro. Non che me ne lamenti,
anzi. Ma forse in fondo il mio desiderio non è poi tanto diverso dal suo.
Arrivati
davanti alla porta di casa, mi permetto di suonare; ci sono ancora un po’ di
luci accese, segno che Carole e papà non sono ancora andati a dormire. Non
appena la porta si apre, ci troviamo davanti tutti e tre i membri della mia
famiglia; non faccio in tempo a chiedermi il motivo per quel comitato di
accoglienza, che mio padre mi abbraccia, costringendomi a lasciare la mano di Blaine.
«Papà?»
chiedo, basito. Vero che ho ancora la corona in testa, quindi non è difficile
capire che la sua reazione è collegata a quello, ma mi sembrava che sapesse
qualcosa fin da prima.
«Oh
Kurt, sono così felice che tu sia tornato!» dice mio padre, per poi lasciarmi
andare, tossendo leggermente e cercando di ridarsi un contegno quando si rende
conto del suo gesto.
«Papà,
tranquillo. Sto bene.»
Dico
solo questo; non gli spiego la rabbia verso me stesso, la delusione,
l’umiliazione che ho dovuto patire questa sera. Non gli rivelo che sono di
nuovo scappato, né che poi ho deciso di tornare indietro. Non gli dico che se
non ci fosse stato Blaine non avrei saputo che fare,
che la sua sola presenza mi ha dato il coraggio necessario per reagire a
quell’ingiustizia. Non gli dico niente, perché intanto so benissimo che mio
padre capirà; non voglio parlarne adesso, ci sarà tempo domani per farlo. Ora
voglio solo rilassarmi un po’ e lasciarmi coccolare dal mio ragazzo, senza
alcun intoppo e senza aver paura di spingermi troppo oltre e poter essere
visto.
Ed
è proprio in quanto mio padre mi capisce che non fa obiezioni quando gli
chiedo, «Blaine può entrare un attimo? Io…» non so se continuare, se ammettere questa debolezza
davanti a lui, a tutti gli altri e soprattutto a Blaine,
ma lo faccio, «… ho bisogno di stare un po’ da solo con Blaine.»
E
guardo dritto negli occhi di mio padre, perché così come lui è capace di
interpretare i miei pensieri, io sono in grado di interpretare i suoi. Perciò
so benissimo cosa starà pensando in questo istante, ma io voglio che capisca
che può fidarsi di me. Gli ho chiesto il permesso di portare Blaine in camera mia, solo per un po’; avrei potuto fare
tutto di nascosto, o peggio, avremmo potuto fermarci in macchina, e lui lo sa
bene. Forse è per questo che ci lascia passare, facendo un piccolo segno di
assenso con la testa.
«Grazie,»
dico soltanto, prendendo di nuovo la mano di Blaine e
tirandomelo dentro casa. Non oso alzare lo sguardo su di lui per vedere come ha
reagito alla mia affermazione di prima.
Prima
di salire le scale, mi volto verso Finn, che ha uno
sguardo dispiaciuto sul volto; ricambia il mio sguardo e fa un passo verso di
me, sospirando e abbassando poi gli occhi.
«Mi
dispiace, Kurt. Sarei dovuto essere presente, non avrei dovuto farmi cacciare
dal ballo; dovevo cercare di restare lì e proteggerti,» rivela con un tono di
voce particolarmente basso.
Rimango
colpito dalle sue parole e quasi non riesco a deglutire a causa del magone che
mi si è formato in gola; ma non voglio piangere, mi sembra di aver già sprecato
fin troppe lacrime questa sera.
«Non
preoccuparti. Piuttosto, vedi di chiamare Quinn e chiedile scusa; e forse
dovresti fare lo stesso con Rachel,» gli dico.
Poi
rivolgo l’attenzione a Carole e papà. «Non staremo su tanto; Blaine deve tornare alla Dalton, quindi non preoccupatevi
per l’orario.» Blaine non dice niente, si limita a
stringermi un po’ di più la mano.
Carole
a quel punto, stupendo un po’ tutti quanti, commenta: «Non credo sia il caso
che Blaine guidi a quest’ora di notte. È venerdì sera… magari può dormire qui. Intanto domani mattina non ha
lezione, giusto Blaine?»
Blaine mi guarda un attimo, stupito, e
poi sposta lo sguardo su Carole. «Sì, non ho lezione domattina. Ma davvero, non
vorrei disturbare e…» Ma non fa in tempo a finire la
frase che è mio padre a prendere la parola.
«Nessun
disturbo; abbiamo la stanza degli ospiti che non vede l’ora di essere
utilizzata da qualcuno.»
Un
sorriso spontaneo mi esce sulle labbra: Blaine
dormirà qui. Tutti quanti mi stanno fissando ora, guardano il mio sorriso e li
sento rilasciare un basso sospiro di sollievo; forse avevano paura che dessi di
matto o simili. O, molto più probabilmente, sono solo felici di vedermi
sorridere.
Vorrei
tanto ringraziarli, ma non riesco a dire niente. Così è Blaine
a prendere la parola, ringraziando tutti quanti per la disponibilità, ma
dicendo che non ha niente con sé. Finn si offre
subito di prestargli una maglia, Carole corre a prendergli un nuovo spazzolino
da denti che avevamo di riserva e io gli dico che gli impresterò un paio di
pantaloni.
Quando
Blaine ha in mano lo spazzolino da denti e la
maglietta di Finn, faccio per voltarmi e
trascinarmelo in camera, ma mio padre ci ferma.
«Ragazzi… A mezzanotte vi voglio ciascuno nella propria
stanza. Chiaro?» Ha un sopracciglio sollevato, quasi come se ci stesse mettendo
alla prova; ed effettivamente, credo proprio sia così: se rispettiamo le sue
regole, Blaine potrà stare qui quanto vuole. Perciò
ho intenzione di rispettarle.
«Certo,»
dice Blaine che, forse molto più di me, non vuole
deludere la fiducia di Burt.
Poi,
finalmente, siamo liberi di salire le scale, varcare la soglia di camera mia e
chiuderci la porta alle spalle. E non appena sentiamo il “click” dietro di noi,
non esitiamo un attimo: ci fiondiamo l’uno tra le braccia dell’altro,
stringendoci forte come se fosse l’ultima volta che potessimo farlo. Lascio
cadere a terra lo scettro che tenevo ancora in mano e strappo via la corona
dalla mia testa, mentre Blaine lancia letteralmente
la maglia di Finn e lo spazzolino sulla poltrona
vicina al mio letto.
Io
affondo la testa nel collo di Blaine, incastrando una
mano alla base del suo collo e aggrappandomi quasi con disperazione ai suoi
capelli. Il mio ragazzo mi afferra forte i fianchi, appoggiando la bocca sulla
mia clavicola e inspirando forte. Quasi senza pensarci inizio a strusciare il
naso sul suo collo, respirando piano e facendo rabbrividire Blaine,
che mi stringe un po’ più forte; ho davvero bisogno di sentirlo vicino e allo
stesso tempo vorrei smetterla di pensare, anche se non farlo mi spaventa.
Non
so se ho il coraggio di lasciarmi andare con Blaine.
Sono terrorizzato, ma allo stesso tempo vorrei davvero sentirlo vicino, proprio
come è successo in macchina qualche settimana fa; e come possono coesistere
questi due pensieri nella mia testa? Uno mi dice di baciare il fantastico
ragazzo che mi trovo tra le braccia, spegnere ogni remora o dubbio persistenti
nel mio cervello e lasciarmi completamente andare a ciò che mi dice il cuore,
mentre l’altro pensiero mi trattiene, spaventato dall’idea di non riuscire a
fermarmi in tempo, paura dell’incognito, di qualcosa per cui non mi sento
ancora pronto e che mi dice di staccarmi subito e mandare Blaine
a dormire.
Nell’indecisione,
decido di stare fermo. Resto immobile a respirare nel collo di Blaine, facendomi stringere e accarezzare appena dalle sue
mani gentili, senza reagire, senza osare muovermi. I miei respiri si fanno
tuttavia più profondi, mentre inspiro a pieni polmoni il profumo di Blaine, un insieme di gel per capelli, Dior Homme e, se non sbaglio, pino selvatico; è un odore così
maschio, così in contrasto con il mio, e mi piace da impazzire. Continuo a
prendere dei respiri profondi, come se ne andasse della mia sopravvivenza, e
continuo a disegnare piccoli ghirigori con la punta del naso sul suo collo,
sempre senza pensare affatto.
«Kurt…» sussurra Blaine. La sua
voce è roca, sembra quasi affaticata.
Mi
stacco da lui, preoccupato che sia sull’orlo delle lacrime, troppo sconvolto
per ciò che è successo, mentre probabilmente brutti ricordi stanno affiorando.
E invece, quello che mi trovo davanti mi lascia del tutto a bocca aperta: gli
occhi dorati di Blaine non sono pieni di lacrime,
come avevo immaginato. Probabilmente i suoi occhi non sono nemmeno più dorati,
perché la pupilla si è così dilatata, da mangiare quasi tutta l’iride, che si è
ridotta a una piccola strisciolina di contorno.
Non
faccio in tempo a realizzare che forse le mie attenzioni non potevano sembrare
del tutto innocenti e a chiedermi come diavolo dovrei reagire, che la bocca di Blaine è sulla mia, la sua lingua è nella mia bocca e le
sue mani sono salite a incorniciarmi il viso.
Sobbalzo,
sorpreso dalla sua reazione, ma rispondo al bacio. Che altro potrei fare? E poi
non posso mentire: non vedevo l’ora di baciarlo da quando eravamo al ballo.
Così, solo per un attimo, zittisco le mie paure e affogo dentro il bacio di Blaine, dentro il calore delle sue mani sul mio viso e del
suo corpo premuto contro il mio.
Sono
così preso da tutto ciò che è Blaine, i suoi denti,
la sua lingua, i suoi capelli tra le dita, il suo naso, le sue ciglia che
solleticano il mio viso, che mi accorgo che siamo finiti sul letto solo quando
la mia schiena si scontra con il materasso, accompagnata da un dolce movimento
da parte di Blaine, che mi si stende accanto.
Ed
è in questo momento, quando mi rendo conto che la mia parte razionale mi aveva
di nuovo abbandonato e che sento il sangue affluire verso il basso che, non so
come, riprendo completa coscienza di me e totale controllo sulle mie azioni. E,
insieme ad essi, torna anche la paura.
Mi
stacco da Blaine, scivolando via dalla sua stretta e
andando ad accucciarmi quasi dall’altro lato del letto, il più lontano
possibile da Blaine. Lui rimane basito a fissarmi, e
nei suoi occhi così chiari e limpidi per me, riesco a leggerci dentro tutte le
emozioni che lo attraversano: sorpresa, un pizzico di delusione, consapevolezza
e infine, pentimento.
«Oddio
Kurt, scusami!» inizia lui, scusandosi e coprendosi la bocca con le mani. «E’
che tu eri…così… Sei così
bello che io non ho potuto…» Ora si copre tutto il
viso con le mani, e mi accorgo del suo rossore solo dalle sue orecchie bordeaux
lasciate scoperte.
Io
vorrei tanto dire qualcosa, tranquillizzarlo, dirgli che lo capisco, ma mi
ritrovo improvvisamente impossibilitato a parlare. Rimango soltanto a fissarlo,
senza muovermi e quasi senza respirare. Spero solo che nessuno sia fuori dalla
porta a origliare; anche se non credo, altrimenti a questo punto la mia stanza
sarebbe già stata invasa da agenti della CIA armati ingaggiati da mio padre.
Forse
è questo pensiero a scuotermi, o forse sono gli occhi di Blaine
che mi osservano da in mezzo alle sue dita. Comunque, sciolgo la mia posizione
e mi avvicino lentamente a Blaine, allungando una
mano che lui subito stringe con delicatezza e dita tremanti.
«N-non scusarti,» dico guardando Blaine
dritto negli occhi. Lui non ha nessuna colpa; anzi in realtà è piuttosto
confortante notare quanto il mio ragazzo mi desideri. Il problema sono io. «E’
colpa mia.»
«No,
non dire così, non è –» inizia a dire Blaine, ma io
lo interrompo subito.
«Sì
invece; è più che chiaro che tu sia pronto a fare…
qualcosa di più. Mentre io invece sono ancora terrorizzato a morte, proprio
come ti ho detto mesi fa proprio in questa stanza. Tu sei quello preparato dei due,
ma soprattutto sei pronto; io invece no. E non è solo la paura del sesso che mi paralizza, ma anche quella
di non essere all’altezza delle persone che possono avermi preceduto; e questo
comporterebbe una perdita di interesse nei miei confronti da parte tua. Ma allo
stesso tempo, anche se noi non… facciamo niente, tu
potresti stufarti di aspettarmi e lasciarmi. Perciò mi ritrovo in una fase di
stallo da cui non so come uscire. E non dovrei fare certi pensieri proprio
questa sera, perché diavolo, dovrei essere disperato per l’umiliazione che ho
subito a scuola; ma l’unica cosa a cui riesco a pensare sono le tue mani che
scorrono sull’asta del microfono e su di me e i tuoi occhi, le tue labbra e
tutto ciò che sei tu. Riesco solo a pensare a te e non so cosa fare!»
Le
parole che mi escono dalla bocca lasciano spiazzato me altrettanto quanto
lasciano spiazzato Blaine. Non sapevo di pensare
tutte queste cose finché non sono diventate reali, lasciando il mio cervello e
scivolando sulla mia lingua, fino ad arrivare a Blaine.
Ora sì che mi sento in imbarazzo.
Blaine deglutisce e lascia la mia mano,
per passarsela poi sul viso, senza che l’espressione sconvolta lasci il suo
volto. Aggrotta le sopracciglia, senza smetterla un attimo di guardarmi; sembra
quasi che stia pensando a cosa dire, e forse è proprio così. Devo averlo
davvero sorpreso con tutte quelle parole.
«Kurt,»
inizia lui e il solo sentire il mio nome pronunciato dalla sua voce,
pronunciato in quel modo dalla sua
voce, come se fosse il più bel suono che potesse pronunciare, fa sì che inizi a
respirare un po’ più tranquillamente.
«Io
non potrei mai stancarmi di te, capito? Sei la persona più coraggiosa, buona e
stupefacente che abbia mai avuto il privilegio di incontrare. Tu mi incanti,
Kurt. E non ti libererai di me tanto facilmente, soprattutto non per una cosa
del genere.»
Blaine si china verso di me e riprende
la mia mano, limitandosi a posare la sua sulla mia, mentre con l’altra mi
sfiora il viso in una carezza delicata.
«Inoltre,
non devi preoccuparti per quanto riguarda il sesso.» Mi sorride, facendomi
l’occhiolino, tentando forse di tranquillizzarmi. «Io non ho mai… beh, sono vergine. Che cosa nelle mie parole “non sono
mai stato il fidanzato di nessuno” non ti era chiaro?» chiede, riferendosi alla
nostra vecchia conversazione avvenuta al Lima Bean dopo San Valentino, quando
gli rivelai dei miei sentimenti per lui.
Arrossisco,
vergognandomi per ciò che ho pensato. «Io… hai
ragione, scusami. Però ne parlavi come se te ne intendessi dell’argomento, ecco
tutto.»
Abbasso
lo sguardo, ma la sua mano scivola subito dalla mia guancia al mio mento,
costringendomi a rialzare il viso e fissarlo negli occhi, che mi catturano
subito, impedendomi di lasciarli. Capisco che quello che sta per dire è importante.
«Non
sei l’unico qui ad avere paura e a non sapere cosa fare. Sarei un bugiardo se
dicessi che non sento il desiderio di baciarti, di stringerti e di… scoprirti. Ma vorrei farlo con tutta la calma dovuta,
certamente non stasera, di fretta e con i tuoi genitori nell’altra stanza.» Si
ferma e mi sorride, arrossendo. «Però sì, mi piacerebbe fare l’amore con te. Un
giorno, quando saremo entrambi pronti. Sempre se vorrai concedermi
quest’onore.»
Le
sue parole riescono del tutto a calmarmi, il modo in cui ha detto di voler fare
l’amore – non sesso – con me, i suoi
occhi, il suo parlare come se avermi sarebbe la cosa più bella che potesse
capitargli. Tutto questo mi fa letteralmente sciogliere, le farfalle nel mio
stomaco si moltiplicano, sfarfallando veloci e facendomi rabbrividire. Non so
cosa dire. Potrei dirgli che anche io un giorno vorrei non essere così
spaventato dal consentirmi di fare l’amore con lui, che sono innamorato di lui,
che vorrei passare tutto il resto della mia vita con lui, che mi ha regalato
l’anno più magico della mia vita, ma non dico nulla. Mi limito a gettarmi tra
le sue braccia, lasciandomi avvolgere stretto e riprendendo a baciarlo.
Sempre
senza staccarci l’uno dall’altro, scivoliamo in centro al letto, i corpi vicini
come quando dormivamo stretti nello stesso letto della Dalton. Quasi non ci
sembra vero di ritrovarci stesi, l’uno vicino all’altro, con la possibilità di
guardarci negli occhi senza nessun altro intorno e con la testa appoggiata sui
cuscini. Amo questa nostra posizione, perché siamo così vicini che riesco a
specchiarmi nei suoi occhi; e so che lui la ama per il mio stesso motivo.
Ci
stacchiamo, i nasi vicini, le mani strette in una morsa tra i nostri petti; i
nostri occhi non si lasciano un secondo. Respiriamo l’uno sulla bocca
dell’altro, dicendoci tutto e niente con i nostri soli sguardi. Poi, dopo
quelle che paiono ore, Blaine parla.
«Mi
chiedevo… posso aiutarti a metterti la maglia del
pigiama?»
So
cosa significa tutto questo. Significa che mi dovrò spogliare davanti a lui; o
meglio, che lui dovrà spogliare me. Sento di nuovo tornare la paura, che mi
assale violenta: non sono pronto, mi vergogno! Lui ha un corpo perfetto, o
almeno così sembra con addosso i vestiti; per non parlare dei suoi addominali
appena scolpiti che ho avuto l’onore di poter toccare. Io non ho niente di
tutto questo: sono pallido e piatto.
Blaine sembra capire precisamente che
cosa mi sta passando per la testa in questo momento, perché mi accarezza i
capelli e mi guarda con sguardo sicuro, quasi come se mi stesse dicendo che non
devo preoccuparmi. E io non posso fare a meno di fidarmi dei suoi occhi, di
fidarmi di Blaine, mettendomi totalmente nelle sue
mani.
Quando
la sua mano scende a slacciare i bottoni della mia giacca nera, non penso al
fatto che dovremmo farci una doccia prima di metterci il pigiama, né che
dovremmo fermarci. Ma anzi, proprio per quanto detto prima, so che non devo
avere paura. E il pensiero che avevo avuto prima alla festa, che quando sono
con Blaine non devo avere paura di nulla, torna a
farsi prepotente nella mia testa.
Così
lascio che Blaine mi sfili la giacca e inizi a
sbottonarmi i bottoni della camicia, scoprendo man mano sempre più pelle. I
suoi occhi lasciano i miei per poter osservare con attenzione ogni lembo di
pelle che si svela sotto la camicia; mi sembra di essere sotto esame, ma non mi
muovo. Quando anche l’ultimo bottone della camicia è sbottonato, Blaine mi guarda di nuovo in viso e mi prende per mano; si
mette seduto, facendo sì che io sia costretto a seguirlo.
Ci
ritroviamo seduti l’uno di fronte all’altro, e ci prendiamo tutto il tempo per
osservarci. Le sue pupille sono dilatate, ma il suo respiro è calmo, quasi come
se si stesse trattenendo; i suoi capelli stanno lentamente lottando contro il
gel per essere lasciati liberi di arricciarsi come preferiscono, le sue guance
sono rosse e sembra che i suoi occhi brillino. È bellissimo, bello da togliermi
il fiato.
Quando
le sue mani scorrono piano sulla camicia, sfilandomela, rilascio un piccolo
sospiro. E rimango a petto nudo di fronte a Blaine i
suoi occhi che mi scrutano, mi scannerizzano, come se volesse imprimersi sulla
retina ogni parte di me che riesce a vedere.
«Sei
bellissimo,» sussurra. Io vorrei contestare, dire che è lui a essere
bellissimo, ma non riesco a parlare.
Blaine deglutisce e alza una mano
tremante, avvicinandola a me; l’altra stringe forte la coperta. Non so se sono
più spaventato di avere le sue dita su di me, proprio come desidero da tutta la
sera, senza alcuna stoffa tra di noi a nascondere il tutto e rendere meno reale
ciò che sta succedendo, o se elettrizzato e impaziente.
Mi
sfiora il collo con un dito, che scende lentamente giù verso il mio petto,
facendomi rabbrividire; la sua corsa continua, risalendo e seguendo il profilo
sporgente della mia clavicola, scivolando giù fino all’ombelico, che aggira, e
risalendo di nuovo, finché mi accarezza piano un capezzolo.
Questa
volta sospiro più profondamente e chiudo gli occhi, lasciandomi completamente
andare alle carezze di Blaine. Pian piano, le dita
diventano due e disegnano sul mio petto intrecci immaginari; io devo solo
ricordarmi di respirare e mantenere la calma. Riapro gli occhi solo quando
sento la sua mano premere sul mio petto, all’altezza del mio cuore che sta
battendo furiosamente. Blaine mi guarda e fa un po’
di pressione con la sua mano, invitandomi a sdraiarmi, ma io oppongo
resistenza.
Afferro
delicatamente il suo polso e lo allontano dal mio petto. Poi, senza soffermarmi
sulla sua espressione interrogativa, avvicino una mano alla sua giacca e
sbottono velocemente i bottoni. Voglio vederlo. È questo l’unico desiderio che
ho al momento. Voglio vederlo come lui fa con me, anche perché mi sento un po’
a disagio ad averlo così vestito di fronte a me; e poi sono un egoista: muoio
dalla voglia di vederlo.
Le
mie dita scivolano precise su ogni asola, finendo per sbottonargli e togliergli
la camicia molto più velocemente di quanto lui abbia fatto con me; almeno non
ho avuto il tempo di ripensarci. E vengo ripagato con la visione del corpo di Blaine. Non so come descriverlo: bellissimo sembra
riduttivo. Perfetto forse ci si avvicina.
Il
petto di Blaine è ricoperto da una leggera peluria,
non troppa, solo poca che lo rende ancora più attraente ai miei occhi; i suoi
addominali sono ben definiti, anche se non troppo pompati. E infine, ha due
lunghi solchi a formare una V che sparisce nei pantaloni.
Mi
sento mancare l’aria e sono costretto ad aprire la bocca per riuscire a
respirare decentemente. Allungo una mano per andare a saggiare i suoi
addominali, ma scivola subito sui due solchi, un’altra parte di Blaine di cui innamorarsi. Lui non chiude gli occhi, ma
osserva ogni mia reazione. Quando premo con un pollice su uno suo capezzolo,
rabbrividisce e mi afferra la mano.
Dovrei
dire qualcosa, fare qualcosa, ma rimango immobile, totalmente ancorato al suo
sguardo, dentro i quali sprofondo. Blaine si fa sempre
più vicino, finché riesco a contare le pagliuzze verdi nei suoi occhi; a quel
punto, chiudiamo contemporaneamente gli occhi e ci sfioriamo lentamente le
labbra, quasi come se fosse la prima volta che ci baciamo.
Le
nostre labbra sono delicate le une sulle altre, e Blaine
aspetta che sia io a fare la prossima mossa, forse per lasciarmi la libertà di
fermarmi. Ma non è quello che voglio. Ciò che voglio ora, è sentirlo vicino,
sempre più vicino.
«Voglio
sentirti vicino,» dico staccandomi dalle sue labbra. Ed è un desiderio così
illogico dal momento che siamo già vicini, che quasi me ne vergogno. Ma a Blaine non sembra importare, perché esaudisce il mio
desiderio.
Mi
abbraccia. E wow, questa è una cosa del tutto nuova, stupenda e così… totalizzante. Le nostre pelli sono a contatto ora, e
non capisco quale sia fredda e quale sia calda: è come se fossimo una cosa sola
ora. Mi aggrappo a Blaine e lo tiro giù con me,
sdraiandomi sui cuscini, senza lasciarlo andare.
Sento
Blaine irrigidirsi tra le mie braccia, probabilmente
sorpreso dalla mia intraprendenza, ma non dice niente; si gode il momento,
proprio come sto facendo io. Le sue mani si staccano dalle mie spalle per
tornare a posarsi sul mio cuore, e solo allora io mi sento in dovere di
scivolare con una mano sulle sue ossa sporgenti che spariscono oltre il bordo
dei pantaloni. Le accarezzo in su e in giù, mentre Blaine
mi respira sul collo.
Quasi
non mi accorgo di quando la bocca di Blaine inizia a
baciarmi sul collo, nel punto di incontro tra collo e clavicola; i suoi baci
sono prima delicati, poi sempre più umidi e famelici. Blaine
sta letteralmente succhiando la mia pelle, regalandomi il mio primo succhiotto,
credo.
Abbandono
la testa all’indietro, lasciandogli tutto lo spazio necessario, mentre con una
mano mi stringo ai suoi fianchi e con l’altra continuo ad accarezzargli gli
addominali e la sua piccola V. Non riesco più a controllare i miei respiri, che
si fanno sempre più profondi, finché non sento nascere un piccolo gemito in
fondo alla gola, che non riesco a trattenere.
Blaine si ferma, staccando la sua
lingua dalla mia pelle. «Shh,» dice, soffiando sopra
la mia pelle bagnata e facendomi rabbrividire. Ringrazio il fatto che Blaine non sia a cavalcioni su di me, perché credo si
renderebbe conto che ho un qualche problema alle parti basse; e dai suoi
respiri credo abbia il mio stesso problema.
Poi
Blaine torna a succhiare di nuovo il mio collo,
mentre io mi mordo le labbra a sangue e mi stringo a lui con entrambe le mani,
per avere un’ancora a cui aggrapparmi. Solo pochi minuti dopo Blaine sembra soddisfatto del suo lavoro e lascia il mio
collo, risalendo con il viso fino a trovarsi all’altezza del mio. Ci guardiamo
negli occhi, i respiri affannati e le pupille dilatate. Infine, delicate come
una farfalla, le sue labbra si posano sulla mia fronte, mentre con la mano
cerca a tentoni sotto il mio cuscino la maglia del mio pigiama. Già, la maglia.
È per questo che è cominciato tutto.
Mi
siedo per aiutarlo a mettermela; è una maglia con i bottoni, ma Blaine si limita a sbottonare i primi due per poi farmela
passare dalla testa. Io alzo le braccia, docile, permettendogli di vestirmi.
Prima di chiudere i due bottoni che aveva aperto, passa un dito sul punto che
prima stava leccando e mordendo; il suo dito a contatto con la pelle sensibile
in quel punto mi fa emettere un piccolo gemito. Chiudo gli occhi e cerco di
respirare profondamente, mentre una piccola parte di me prega che nessuno abbia
sentito niente.
Mi
costringo a riaprire gli occhi e a cercare la maglietta di Finn
da mettere a Blaine; e mentre gliela infilo, mi rendo
conto della difficoltà con cui sto coprendo questo spettacolo. Perciò, prima
che la maglietta possa coprire del tutto il suo corpo, mi chino in avanti e gli
lascio un bacio sul petto, all’altezza del suo cuore, accarezzandogli gli
addominali un’ultima volta.
Quando
rialzo lo sguardo, Blaine ha gli occhi chiusi e la
bocca leggermente aperta, come se stesse cercando di respirare. Non resisto e
mi tuffo sulla sua bocca, infilando la lingua nelle sue labbra aperte. Blaine risponde subito al bacio e mi stringe a sé; e io mi
lascio di nuovo andare, mentre una fame insolita mi prende alla bocca dello
stomaco. Sembra quasi che Blaine voglia spingermi di
nuovo a stendermi quando si stacca dalle mie labbra, senza però allontanarsi da
me; con le fronti premute l’una contro l’altra, i suoi occhi nei miei, e il suo
respiro sulle mie labbra, quasi non mi rendo conto delle parole che gli escono
dalla gola.
«Devo
andare,» dice prima di baciarmi un’altra volta.
Lentamente,
lo lascio andare. Mezzanotte è arrivata, e Blaine
deve andare nella stanza degli ospiti; non so se dispiacermene o esserne
felice, perché al momento mi ritrovo con un bel po’ di problemi da risolvere.
Non riesco a pensare con lui così vicino.
Blaine si alza in piedi e lascia la mia
mano, avvicinandosi alla porta della mia stanza. Quando la sua mano afferra la
maniglia, mi alzo in piedi e corro verso di lui, stringendolo in un abbraccio mozzafiato.
Non so perché mi sto comportando così, d’altronde lo vedrò domani mattina; ma
forse è perché non ne ho ancora avuto abbastanza di lui. E forse mai ne avrò.
A
spezzare l’atmosfera onirica in cui sembravamo essere caduti, ci pensa il lieve
bussare alla porta e la voce di mio padre al di là di essa che invita Blaine ad andare a dormire.
Blaine si separa da me, accarezzandomi
una guancia e regalandomi un sorriso luminoso. Io gli sorrido di rimando,
provando di nuovo il desiderio di dirgli che lo amo. Ma prima ancora che possa
aprire bocca, è lui a parlare.
«Buonanotte.»
Non
posso dirglielo adesso, non è ancora il momento giusto; e poi non voglio che
pensi che lo faccio per quanto accaduto poco prima. Così mi limito ad
augurargli la buonanotte anch’io. Mi avvicino all’armadio e afferro il primo
paio di pantaloni di un pigiama che trovo e glieli do. Poi apro la porta,
dietro la quale c’è mio padre che osserva Blaine
finché non sparisce nella stanza degli ospiti; prima di chiudersi la porta alle
spalle però, mi guarda ancora una volta e mi sorride.
Io
sospiro davanti alla porta chiusa di fronte alla mia. Gli occhi indagatori di
mio padre fissi su di me mi ricordano che non sono solo. Lo guardo e lascio che
mi esamini; poi apre la bocca per parlare e quasi penso abbia capito che è
successo qualcosa di nuovo poco prima, tra me e Blaine,
e che voglia sgridarmi o chiedermi qualcosa. Per fortuna non capita niente di
tutto ciò.
«Lo
ami, vero?» mi chiede con un luccichio strano negli occhi.
«Sì,»
dico assolutamente convinto.
Mio
padre sta in silenzio per un altro po’, poi fa una domanda totalmente sconnessa
da quella di prima: «Sai che prima o poi dovrai spiegarmi cosa è successo
stasera al ballo, vero? Anche perché non ci credo che stai bene.»
Sospiro
e alzo gli occhi al cielo, sovrappensiero. Effettivamente non lo so come mi
sento; l’umiliazione subita è ancora lì a premere, nel profondo, ma è coperta
da un sentimento molto più potente: l’amore che provo per Blaine.
«Hai
ragione papà, non è stato bello. Ma per fortuna avevo Blaine;
e ho avuto il mio ballo,» dico a mio padre, sapendo che lui capirà. E difatti
lo fa, lo capisco da come mi sorride.
«Sai,
credo proprio che quest’anno non sia stato un totale disastro,» mi dice lui
facendomi l’occhiolino, prima di dirigersi verso la porta poco più in là
rispetto a quella di Blaine e chiudercisi dentro.
No, non è stato un anno affatto
male, penso
prima di chiudere la porta.
NdA:
Gh ç____ç Allora, questo capitolo è
stato un parto! Giuro, ero terrorizzata, manco fossi io Kurt! Avevo troppa
paura di rendere il personaggio OOC, soprattutto dopo l’ultima volta. Ho fatto
del mio meglio per renderlo il più simile al Kurt che noi conosciamo.
Infine
ho “approfittato” del capitolo per inserire qua e là dei vari riferimenti alla Season 3… vediamo se riuscite a indovinarli tutti!! =)
Detto questo, io volevo ringraziarvi… Poi lo faremo
per bene io e la collega nell’ultimo capitolo, ma ora sono io a voler
ringraziare voi lettori. Mi avete davvero dato tanto, e io vi adoro tutti! ♥
Grazie mille per aver letto e commentato e fatto sapere la vostra opinione!
Ebbene, eccoci qui per quest’ultimo capitolo di Klaine Songs. Per ora è
Alchimista che vi parla… ed è giusto un tantino in ansia per quel che ha
scritto.
Spero davvero che sia un finale degno di questa storia, che sono stata
davvero felice di scrivere in compagnia della cara Pachelbel.
Ma via, vi lascio alla lettura e vi aspettiamo entrambe nelle note finali.
~KlaineSongs~
32°_ Dancing Queen ~ Blaine
~Quando è
tutto perfetto ~
Aahhh
Aahhh
Ohhhyeeah
La musica dell'ultima canzone del ballo comincia a risuonare nella palestra
e vedo Kurt e Karofsky arrivare al centro della sala, pronti per ballare come
Re e Reginetta del ballo.
Il solo pensiero di questa cosa è un pugno dritto allo stomaco. E no, non
perché Kurt è lì con Karofsky, ma perché non sarebbe proprio dovuto
arrivare a questo momento, perché nessuno avrebbe dovuto fargli una cosa
simile, umiliarlo in quel modo, davanti a tutta la scuola.
Sono colpevoli delle sue lacrime, di aver rovinato una serata che non stava
andando poi così male... e nonostante prima, in corridoio, io abbia cercato di
sembrare forte per lui, la verità è che tutto questo, l'ansia che colgo negli
occhi di Kurt, la tensione che emana questa sala – e che solo in parte è stata
sciolta dal modo perfetto con cui lui ha accettato la corona –
destabilizzano per primo me, fanno in modo che la mia testa torni a quella
maledetta sera e che io abbia paura.
E non devo avere paura. Non questa sera, non qui con Kurt.
«Cosa ci facevate qui, signorine? Speravate di essere elette come reginette
del ballo?»
Sussulto al ricordo di quella frase. Fa male, soprattutto perché vedo in
Kurt quello che altri idioti avevamo detto a me quella sera.
No. Non adesso, Blaine. Non farti fermare adesso.
Con un sospiro tremulo torno alla scena che mi si sta svolgendo di fronte,
proprio in tempo per vedere che Karofsky balbetta qualcosa e lascia il cerchio
di persone pronte a ballare non appena loro avessero aperto le danze. Kurt
resta lì, lo sguardo sulla schiena del giocatore di football, come se sperasse
in un suo immediato ritorno. Ma quello lascia definitivamente la sala, mentre
la musica in sottofondo ricorda ancora che siamo tutti ad un ballo scolastico.
Mi basta un attimo per capire che cosa fare. Mi basta un attimo per
racimolare tutto il mio coraggio e rendermi conto che se Kurt ha fatto la prima
mossa, ora tocca a me agire. E non mi serve altro che questo – sapere che Kurt
a bisogno di me al momento – per fare in modo che nulla abbia più valore se non
la persona che ho davanti. In un attimo ogni mia paura è messa a tacere, i
brutti ricordi sono rilegati in un angolo e mi sento come un supereroe alla
ribalta, di quelli che nelle sciagure peggiori che possono capitare alla Terra,
quando non sembra esserci ormai più speranza e ha intorno solo amici dagli
animi atterriti ed arresi, si alza e a discapito di tutto decide di lottare.
Per quelli che ama. Per Kurt. E so che lui farebbe lo stesso – l'ha già
fatto questa sera.
Mi separo dalla massa di ragazzi ed entro nel cerchio
lasciato vuoto per permettere alla coppia designata di ballare, mentre Kurt mi
rivolge ancora le spalle, come se non avesse altra possibilità che guardare il punto da cui, ormai da più di qualche
istante, è uscito il Re del ballo. Gli sorrido, anche se non mi sta guardando e
prendo fiato.
«Scusami», comincio, la voce che lascia le mie labbra con più sicurezza e
tranquillità di quella che ho o che credo di dimostrare «Posso avere l'onore di
questo ballo?», chiedo con eleganza.
You can dance, you can jive
Having the time of your life
Ooh see that girl, watch that scene
Dig in the dancing queen
So perfettamente che gli occhi di tutta la sala sono puntati su di noi – su
di me, ma al momento non mi importa: i miei sono in quelli di Kurt e non potrebbe
esserci posto più sicuro. Lui mi guarda, la sorpresa iniziale che si mescola
alla gioia e che illumina l'azzurro delle iridi in modo sensazionale. Non si
aspettava una simile mossa da parte mia? Non sa che per lui sarei disposto a
tutto? Credeva davvero che, nonostante le mie paure, lo avrei lasciato solo in
un momento del genere?
Sorride e non avrebbe potuto essere più bello il movimento con cui le
labbra si dispiegano con tanta leggerezza all'insù, quasi rilassandosi.
«Sì. Sì puoi», sussurra, con voce rotta dall'emozione del momento e con una
tale confusione nella testa che credo non sappia bene cosa fare.
Per questo gli prendo una mano, poggiando l'altra sulla sua schiena ed
avvicinandolo a me, quasi con un istintivo fare protettivo, come se con quel
gesto potessi chiudere me e lui all'interno di quella stretta e dimenticare che
in realtà ci sono decine e decine di ragazzi le cui menti, al momento, staranno
sparando a zero su noi due che balliamo insieme.
Averlo tra le mie braccia sembra quasi rilassarmi ed è facile abbandonarsi
alla musica e al pensiero che, in un modo o nell'altro, stiamo avendo il nostro
ballo di fine anno, insieme.
Sorrido. Sorrido perché sono così fiero di Kurt e di come, nonostante sia
fragile, riesca sempre a rialzarsi e a far vedere che non potranno mai
fermarlo, che è invincibile. E più questo pensiero diventa forte nella mia
testa più il mio entusiasmo aumenta, come quando un bambino è all'entrata del
luna park e più il suo sguardo spazia tra le mille giostre, sommandole una dopo
l'altra, più la sua gioia cresce, perché sono tutte lì per lui.
Lo muovo con più convinzione, cercando di coinvolgerlo nel ballo, mentre
lui – perdendo a tratti il mio sguardo – osserva tra le mie braccia il resto
dei ragazzi. Forse vorrebbe gridar loro quanto siano stati cattivi, crudeli in
uno scherzo così stupido da fare tanto male; eppure... ti prego, lascia che
invece vedano come dalla loro cattiveria possa nascere qualcosa di stupendo,
Kurt! Che vedano quanto ci possiamo divertire, quanto ci amiamo. Perché ti amo,
Kurt... credo di averti amato da sempre e vorrei dirtelo ora, qui, davanti a
tutti, ma non credo sia il momento giusto. Bastacolpi di scena per questaserata.
Friday night and the lights are low
Looking out for a place to go
Where they play the right music, getting in the swing
You come in to look for a king
Kurt incrocia il mio sguardo e sorride, ma stavolta c'è qualcosa di diverso
sul suo viso. Quel gesto... intende qualcosa di più. Leggo un “grazie” lasciato
lì, in bella mostra per chi sa davvero osservarlo e capirlo. Lasciato lì per
me.
Grazie di cosa Kurt? Sei la sola persona di cui mi interessi davvero al
momento, come avrei potuto fare qualcosa di diverso da ciò che ho fatto? Come
avrei anche solo potuto pensare di non prenderti tra le mie braccia e farti
ballare, fregandomene di tutto e di tutti, di ciò che avrebbero pensato e
forse, anche se magari solo per un momento, anche della paura che nonostante
tutto non caccerò mai del tutto? Siamo venuti anche per togliermi quel groppo
alla gola, per provarci, per addolcirlo almeno e ci sei riuscito, ci siamo
riusciti, insieme.
Non commettere l'errore di pensare che per te potrei esitare, o non
esserci. Se c'è una cosa di cui sono certo è questa: al di là di tutto, di come
andremo a finire e di quello che accadrà, ci sarò.
Per un attimo distolgo lo sguardo dal mio ragazzo ed intravedo Rachel che
fa una graziosa giravolta ed apre le danze anche per gli altri. Oh, perché ci
sono anche gli altri! Davvero me ne ero dimenticato per un attimo. Intravedo,
poi, Sam e Mercedes ballare poco lontano da lei – tra quei due sta nascendo
qualcosa o è solo il ballare così vicino a Kurt che mi fa vedere cose assurde?
Non ho tempo di pensare a quell'ipotesi che la luce improvvisa di un flash
investe i miei occhi, costringendomi a chiuderli per qualche istante. Quando li
riapro vedo chiaramente che Kurt ha avuto la mia stessa reazione e che Sam ha
appena posato una macchinetta digitale nella tasca del suo abito. Dovrò
ricordarmi di farmi passare quella foto: voglio tenerla con me e ricordare
questa serata che, nonostante tutto, sarà indimenticabile e non solo per le
brutte cose che comunque sono successe – anzi, per come sta andando adesso e
per quello che leggo negli occhi di Kurt, quelle saranno relegate lontano da
noi molto presto.
And when you get the chance
You are the dancing queen
Young and sweet, only seventeen
Dancing queen, feel the beat
From the tambourine, oh yeah
Continuiamo a ballare, ormai entrambi sciolti e abbastanza a nostro agio
nonostante i ragazzi che ci sono intorno. Scorgo Santana e Mercedes scendere
dal palco e mescolarsi agli altri mentre continuano a cantare – chissà quanto
male ci sarà rimasta l'ispanica, considerato che pur avendo vinto il suo
cavaliere non è stata scelta lei come reginetta. Credo sarebbe stato meglio per
tutti se fosse stato così, anche se io e Kurt non avremmo potuto avere questo
bellissimo ballo.
Lo prendo per le mani e lo avvicino per poi fargli fare una giravolta. Lo
vedo ridere di gusto mentre fa attenzione a che non gli cada la preziosa
corona. Poi mi stringe con entrambe le braccia, poggiandole con dolcezza sul
mio collo e muovendosi lento: è meraviglioso... non so quante volte l'ho
pensato stasera, o da quando lo conosco – nessuno avrebbe potuto tenere il
conto e per me è un pensiero fisso: non ha un inizio o una fine, è un dato di
fatto, sempre presente.
L'ho pensato dal primo giorno in cui l'ho visto, sulle scale della Dalton,
che era stupendo e in tutto questo tempo, per quante cose possono esserci
successe, non ho mai cambiato idea, né lui mi ha mai dato motivo per pensare di
farlo.
È semplicemente fantastico, in ogni cosa che fa. Ed è sorprendente: quando
credo che non possa farcela, che abbia bisogno di qualcuno che lo tiri su, ecco
che si rialza e guarda avanti, mostrando una fierezza che non ti aspetteresti.
È più forte di me, anche se forse non sembra. Lo è stato stasera.
Mi concentro sui suoi occhi, che mi stanno guardando senza perdere il
contatto e li vedo brillare, in quel particolare modo che mi fa battere il
cuore più forte, perché sono indescrivibili.
Se non me ne fossi già follemente innamorato, basterebbe questo ballo per
far nascere tutto. E me ne sto rendendo conto adesso: non esisterebbe un modo
in cui non potrei innamorarmi di lui – anche se ci fossimo incontrati in modi o
circostanze diverse, lo avrei notato e ci saremmo avvicinati.
Cisaremmotrovati.
You can dance, you can jive
Having the time of your life
Ooh see that girl, watch that scene
Dig in the dancing queen
Dancing dancing queen
Ormai siamo in mezzo alla folla di ragazzi che ballano ed io mi sono
letteralmente fatto coinvolgere dalla canzone – probabilmente non riuscirei mai
a non farmi coinvolgere – tanto che ora sto cantando la canzone di fronte ad un
Kurt che ride felice, l'elezione e i pianti quasi fossero solo un brutto
ricordo.
Sono felice che stia andando così. Sono felice di vederlo ridere per le mie
idiozie e il modo infantile con cui mi sto muovendo nella sala. Guardami, Kurt,
guardami! Non voglio fare altro che farti sorride, anche se per farlo mi dovrò rendere
ridicolo: se non lo sono per te, non lo sono per nessun altro, nessuno che
conti.
Si tiene ancora stretto la coroncina, mentre una cascata di palloncini ci
investe, quasi arrivassero da ogni dove. Portano colore nella sala e tutti
sembrano tornare bambini mentre li scacciano colpendoli o se li lanciano l'un
l'altro improvvisando una lotta. Inutile dire che io mi faccio prendere dalla
cosa in maniera quasi sproporzionata, lanciandone ovunque e ridendo come un
idiota.
Kurt, ancora una mano alla testa, ne scaccia un paio che gli si avvicinano
e sembra divertirsi molto, dato il modo felino con cui pare far la posta ad un
palloncino giallo che gli si sta avvicinando leggero, pronto per lanciarlo
lontano. Per questo non si accorge di un altro che sta praticamente per
colpirlo in viso se non fosse per i miei pronti riflessi che lo allontanano con
precisione, mentre gli sorrido.
Lui resta a guardarmi per qualche istante, sorpreso, rendendosi conto di
quello che stava succedendo e il sorriso che si lascia scappare di rimando è
distratto da qualche pensiero che lo allontana dal ballo. Era un semplice
palloncino colorato, non c'è molto a cui pensare!
Anche se... l'avrei fatto a prescindere da cosa fosse, perché dopo stasera
sono deciso a fare in modo che nient'altro lo sfiori, facendogli del male. So
che è forte e che probabilmente non esiste cosa al mondo in grado di
fermarlo... ma in ogni caso, farò in modo che tale forza non sia messa di nuovo
alla prova.
Mi si avvicina di nuovo, quasi fosse attratto in modo magnetico, ed è
naturale poggiargli una mano sul fianco e l'altra dietro la schiena. Mi fa
sentire tranquillo averlo tra le braccia e non perché sia geloso o
protettivo... solo perché mi pare di non poter più stare senza averlo così
vicino, come se mi mancasse l'aria.
Intanto sento le ultime note della canzone che si disperdono nella
confusione generale e scorgo le ragazze scendere dal palco e venire verso
quelli del Glee che sono accanto a noi.
Quando torno ad osservare Kurt, vedo i suoi occhi improvvisamente seri che
mi fissano, come se stessero cercando di cogliere ogni singolo dettaglio del
mio viso. Che ti prende? Improvvisamente non mi sento più così tranquillo –
impressionante il potere che ha su di me – ed il suo farsi serio mi
incuriosisce, anche se cerco di trattenere la lieve preoccupazione che mi
prende, giusto per non fare la figura del paranoico folle.
Dura solo pochi istanti, dopo i quali, resosi conto che mi stava fissando
in quel modo, fa un mezzo passo indietro arrossendo leggermente – non sa quanto
sia bello e mi faccia perdere la testa ogni volta che lo fa.
«Prima di andare, dobbiamo fare la foto», mi ricorda, ma ho come
l'impressione che sia solo la prima cosa che gli è venuta in mente per
impedirmi di fare domande.
Ad ogni modo lo assecondo, prendendolo per mano e avvicinandomi con lui al
fotografo. Questo ballo è stato memorabile, la foto di certo non può mancare!
~ ∞ ~
«Ti amo».
Lo pronuncio in modo così spontaneo da non rendermene quasi conto e per un
attimo credo di averlo detto semplicemente nella mia testa. È dal ballo che ci
penso, da quella sera che vorrei dirglielo, ma nessun momento mi sembrava
quello adatto.
Fino ad ora. Ora è perfetto. Perché non ci ho davvero pensato, perché è
semplicemente stato la sola cosa che avrei potuto dire, osservandolo in tutta
la sua bellezza e semplicità.
Lui pare sorpreso – ovvio che non se l'aspettasse. Il sorso di liquido
caldo che aveva appena preso resta nella sua bocca per un po' di tempo, come se
pensare a ciò che gli ho appena detto non gli permetta di fare altro, neanche
qualcosa di semplice come deglutire.
Quando lo fa, lentamente, io non mi rendo davvero conto di essere giusto un
po' in tensione.
«Ti amo anch'io», risponde e colgo nella sua voce la stessa semplicità che
ho provato io.
Sentirlo pronunciare dalle sue labbra per la prima volta mi dà sensazioni
contrastanti: ha il suono migliore del mondo e mi pare che il petto si sia
gonfiato di gioia così tanto da non poter respirare; ma allo stesso tempo è
come se ce lo fossimo già detto così tante volte da aver acquistato la
semplicità di una cosa abituale, senza perderne la preziosità – lo sapevamo
entrambi e i nostri occhi, i nostri gesti lo avevano detto tante volte.
Queste parole non sono altro che un sigillo e al momento vorrei dimenticare
della gente che ci circonda seduta ai tavolini e baciarlo qui, adesso. Prendere
il suo viso tra le mano ed assaporarlo lentamente, poi poggiare la fronte sulla
sua e specchiarmi nel suo sguardo e sussurrare ancora una volta sue labbra quanto
lo ami, quanto lo abbia amato da sempre.
«Sai, se mi fermo a pensarci, Kurt Hummel ha avuto un anno niente male»,
afferma Kurt mentre ancora penso al sapore del suo bacio.
Ha parlato in modo dolce ed io non posso fare altro che continuare a
guardarlo con quella che deve essere un'espressione da pesce lesso o comunque
estremamente imbambolata, perché per Blaine Anderson è stato il miglior anno di
sempre.
*
Il metallo contro cui mi appoggio, una volta sceso dalla macchina, scotta
del sole che lo ha riscaldato durante l'ora di viaggio ed il tempo di attesa.
Incrocio le braccia al petto ed il suono della campanella dà segno della fine
dell'ultima giornata di scuola al McKinley. Vero i primi ragazzi che escono con
entusiasmo dalla scuola e cerco immediatamente con lo sguardo Kurt o almeno
quelli del Glee ai quali di solito si accompagna.
Lo scorgo mentre, al braccio di Mercedes, ride ad una qualche battuta di Puckerman che, accanto a lui, gli dà un'amichevole pacca
sulla spalla. Sembra così felice e spensierato che non me la sento di farmi
notare ed interrompere una così bella scena.
«Blaine?!», lo sento, però, immediatamente gridare, come se mi stesse
cercando, come se sapesse da prima che ero lì.
Gli sorrido e me lo ritrovo tra le braccia. Nessuno starà pensando a noi
l'ultimo giorno di scuola, quindi abbandono ogni stupido timore e lo stringo
forte a me.
«Che ci fai qui? Dovresti essere alla Dalton!», mi rimprovera, ma son che
in realtà è felice di vedermi.
«É l'ultimo giorno di scuola, Kurt: ho fatto una corsa per arrivare qui in
tempo!».
Si stringe di nuovo a me con dolcezza.
«Sei perfetto», sussurra leggero ed io gli bacio velocemente la guancia.
«Ehi, piccioncini, che fate? Vi unite a noi?», chiede Mercedes – avevo
dimenticato che fosse qui con noi – ed un grosso sorriso le colora il volto
scuro.
Kurt si volta verso di lei, senza però staccarsi da me.
«Dove si va?», chiedo.
«Da Breadstick: si festeggia la fine di un
altro anno!», dice, come se fosse ovvio, Puckerman,
senza trattenere l'entusiasmo per un simile evento e soprattutto per i mesi di
vacanza che ci aspettano.
Io annuisco e salgo in macchina con Kurt.
*
«...E allora ho cominciato a parlarle dei diversi tipi di cloro per piscina
che conosco, di dove li si può trovare e quando ci sono gli sconti migliori!
Avreste dovuto vedere la faccia che ha fatto la prof!», conclude Puck tra le
risate generali per tanta sfrontatezza.
«Da dove diavolo ti vengono simili cose?», gli chiede Mike, asciugandosi
gli occhi.
«Sono automatiche, amico! Lei mi ha chiesto di parlare di un argomento su
cui ero certo di essere ferrato ed io l'ho fatto!».
Nuove risate invadono la tavola.
«L'anno prossimo dovrai stare attento: c'è il diploma, non potrai
permetterti simili svaghi!», lo rimprovera Artie
guadagnandosi un'amichevole occhiataccia da parte dell'altro.
Kurt appoggia la testa sulla mia spalla con disinvoltura e sospira lieve.
«Il prossimo anno sarà l'ultimo per me», mi ricorda «E saremo in due scuole
diverse per tutto il tempo... Ora è stato facile, il tempo è volato... ma
l'anno prossimo...».
Gli sfioro la mano per far sì che mi guardi.
«Ci vedremo ancora di pomeriggio e nei weekend, ricordi? Non
cambierà nulla, Kurt!», lo rassicuro, senza capire del tutto perché abbia
improvvisamente un simile pensiero.
Lui mi guarda con occhi che diventano d'un tratto seri.
«Ma potresti... potresti trasferirti qui. Intendo, al McKinley. Così
potremmo vederci sempre», propone spiazzandomi completamente.
Trasferirmi? Da loro? E lasciare la Dalton, lasciare i Warblers?
Mi ha preso così in contropiede che non so proprio che dire. Insomma non
sarebbe male: l'idea di vederlo sempre, come quando eravamo alla Dalton, è una
cosa che mi piacerebbe tantissimo – non posso negare quanto, nonostante tutto,
mi sia mancato. Eppure... i ragazzi lì sono come una seconda famiglia... non
posso di certo lasciarli così!
Non è una decisione che posso prendere ora, su due piedi. Kurt mi sta
ancora fissando. Che voglia una risposta certa adesso?
«Era solo una cosa a cui pensavo, Blaine», specifica, non appena si rende
conto di come la mia mente stia già viaggiando «Abbiamo un'intera estate per
parlarne».
Mi rassicuro e lo stringo a me, avvolgendogli le spalle con il braccio. Non
è il momento per pensare a cose del genere. Adesso tutto quello su cui riesco a
concentrarmi è il tempo che avremo per noi.
«Sai...», gli dico avvicinandomi al suo collo «Non credo ci sia poi tutto
questo tempo: l'ho già occupato tutto. Per noi» e gli lascio un veloce bacio
sul collo.
*
«Sai che se c'è una cosa che necessito di sapere quando usciamo è dove
stiamo andando».
«Ma dirtelo avrebbe svelato la sorpresa!».
«Sì... ma sono stato per delle ore davanti all'armadio, senza sapere da
dove cominciare per poi scegliere... questo» e fa una smorfia indicando
il jeans scuro e la camicia leggera che sta indossando.
Sorrido: credo che le sue scenate per l'abbigliamento siano una cosa che
non mi stancherò mai di ascoltare. Lui mi guarda incuriosito dal gesto ed
incrocia le braccia.
«Ti diverti?», mi chiede, facendo finta di offendersi.
«No, affatto! Sai che starei qui ad ascoltarti per ore. Ma davvero, come ti
ho detto a telefono, non c'è bisogno di sapere dove andiamo: saremo solo noi,
nessuno potrà vedere come sei vestito», lo rassicuro, senza rendermi conto che
magari Kurt avrebbe potuto fraintendere la mia frase.
Non sembra farlo, ad ogni modo, o meglio se succede non me lo fa notare, ma
sorride e si sporge quanto basta per sfiorare le mie labbra con semplicità. Io
vorrei approfondire quel bacio, ma mi impongo di resistere e non rovinare
tutto; metto in modo e comincio a guidare.
«Quindi... non posso avere neanche un indizio?».
Scoppio a ridere. Chi sarebbe il bambino tra noi due, adesso? Lo guardo con
la coda dell'occhio e mi pare di osservare un bimbo curioso di sapere che
sorpresa gli hanno preparato i genitori.
«Sembri me», sussurro «Non ci vorrà ancora molto, non riesci ad
aspettare?», faccio con tono genitoriale e lo vedo mettere un broncio infantile
che mi scopro ad adorare immediatamente.
«Va bene, papà», sussurra, ma non riesce a restare serio e scoppia a ridere
con suono cristallino.
Intanto, siamo ormai usciti da Lima e la strada, libera da costruzioni, ci
lascia vedere il paesaggio naturale che il tramonto appena cominciato colora di
sfumature rosa ed arancioni. Basta un altro quarto d'ora per arrivare alla meta
che ho scelto e quando mi fermo, osservo Kurt guardarsi intorno come se
cercasse qualcosa che non riesce a vedere. Siamo fermi praticamente nel bel
mezzo di nulla: un campo di erba fresca ci circonda ed il tramonto si dispiega
all'orizzonte, davanti a noi. È uno di quei posti che non credi possano ancora
esistere e che tolgono il fiato.
Quando anche lui se ne rende davvero conto, vedo i suoi occhi allargarsi,
come se volessero cogliere tutta la bellezza che lo circonda in un solo
sguardo. Un sorriso sincero gli si allarga sul viso senza che neanche se ne
accorda davvero e l'azzurro delle iridi luccica.
«Blaine... è bellissimo!» sussurra, come se non avesse improvvisamente
fiato.
Stavolta è il mio turno di allargare le labbra: sapevo perfettamente che la
vista di questo paesaggio avrebbe avuto un simile effetto su di lui.
«Vedi quell'albero alla nostra destra?», gli chiedo e solo allora gli occhi
di Kurt riescono a concentrarsi su un punto preciso di ciò che ci circonda: un
albero, appunto, punto culminante di una breve salita alla nostra destra «Chi
lo raggiunge per primo, ha vinto», propongo entusiasta.
Lui mi guarda per qualche istante, stupito e leggo qualcosa del tipo
“menomale che il bambino lo stavo facendo io”, prima che scatti
inaspettatamente fuori dalla macchina correndo verso l'albero.
Resto sbigottito dal gesto tanto rapido e reagisco con evitabile ritardo,
così che, per quanto possa correre, non riesco a raggiungerlo e lo osservo
esultare per la vittoria.
Sbuffo lasciandomi cadere sull'erba ed evito di guardarlo, mettendo un
broncio di cui spero si accorga.
«Non te la sarai presa!», mi punzecchia infatti «La gara l'hai proposta tu.
Io ho solo accettato», fa superiore.
«Sì, ma eri più vicino di me all'albero. Non vale», borbotto sulle mie,
incrociando le gambe e le braccia e abbassando lo sguardo.
Non riesco a vedere la reazione di Kurt, ma lo sento avvicinarsi e poi
piegarsi sulle ginocchia davanti a me, fino ad arrivare alla mia altezza.
Allora mi è impossibile non cercare il suo sguardo. Lo vedo osservarmi con un
misto di attenzione e divertimento negli occhi.
«Dovrò tenere a mente che è questa la tua reazione quando sono io a
vincere», sussurra amorevole, sfiorandomi i capelli che più liberi del solito
mi lambiscono la fronte.
Io cerco di reggere l'espressione offesa ancora per un po', ma averlo così
vicino annulla tutto: non sono capace di reggere una vera litigata quando si
tratta di Kurt, figurarsi far finta di essere arrabbiato. Con un sorriso che
spero non abbia nulla di rassicurante, lo tiro a me, facendogli perdere il
precario equilibrio che lo teneva in piedi e rotoliamo di poco lontano
dall'albero.
Quando ci fermiamo, si ritrova ad essere sopra di me e colgo al volo il suo
leggero smarrimento per baciarlo in modo intenso, come volevo già fare in
macchina. Lui asseconda immediatamente il mio gesto, sostenendosi con un
braccio sull'erba, mentre l'altra mano si stringe a coppa sul mio volto.
Non mi abituerò mai al suo sapore e ai nostri baci che, nonostante tutto,
riescono ancora a strapparmi inaspettati mugolii di piacere. Le mie mani fanno
a sostenere i suoi fianchi e solo quando abbiamo entrambi bisogno di prendere
fiato ci stacchiamo; lo guardo negli occhi, la voglia di lui che mi annebbia la
mente, ma so trattenermi. Kurt, con mia sorpresa, si appoggia con la testa sul
mio petto e mi si stinge contro.
«Ehi, è tutto a posto?», gli chiedo, avvicinandolo se possibile ancora di
più a me.
«Ti amo», mi sussurra lui.
«Anche io, Kurt», ed è imbarazzante il modo in cui senta le famosissime
farfalle nello stomaco al momento e il mio cuore batta terribilmente forte.
«Potrebbe scoppiare», dico consapevole del fatto che lui lo senta, poggiato
com'è proprio all'altezza di quel muscolo.
Si muove lievemente, in un goffo tentativo di annuire senza staccarsi da me
e mi prende la mano, stringendola.
«Qui è davvero bello», dice poi ed io gli accarezzo la guancia con la mano
libera.
«Io...», esito: non so quanto mi vada di mettere in mezzo un simile
argomento «Da piccolo mi ci hanno portato i miei genitori, un paio di volte»,
spiego poi, mentre mi rendo conto di quanto siano lontani quei ricordi.
Kurt si alza, cercando il mio sguardo. Mi osserva per un attimo e poi
sorride, poggiando con delicatezza le sue labbra sulle mie: ancora riesco a
sorprendermi di quanto bene mi conosca e riesca a capire tutto ciò che mi passa
per la testa. Io gli sorrido di rimando e gli sfioro una guancia leggero, scuotendo
la testa per fargli capire che va tutto bene.
«Ora questo posto mi ricorda te. Mi dà pace», sussurro e lo scorgo
arrossire lievemente in un modo che anche dopo tempo trovo tremendamente
semplice e delizioso.
Si posa di nuovo sul mio petto, stavolta in modo da poter guardare il cielo
striato di arancio del tramonto. Gli poggio una mano sul petto e sospiro,
lasciandomi contagiare dalla pacatezza del posto e dalla dolcezza di Kurt.
«Sai...», parla, mentre il vento serale si alza fresco «Tutto questo è così
nuovo che mi pare una meravigliosa fantasia, un bel sogno da cui non vorrei mai
svegliarmi».
«Ma sono qui. Siamo entrambi qui. Non c'è bisogno di svegliarsi».
«Se ripenso a tutto quello che abbiamo avuto... al modo in cui ci siamo
conosciuti...», continua e mi perdo in ricordi lontani.
«Nostalgico?», chiedo per alleggerire la situazione che, non so bene in che
modo, sta prendendo un verso quasi triste.
Lo sento sorridere, come se potessi vederlo, mentre mi stringe la mano per
rassicurarmi.
«Se non fossi mai venuto a spiarvi, se Puck non mi avesse mai mandato alla
Dalton... o semplicemente se avessi incontrato traffico o magari fermato un
ragazzo prima o dopo di te...»
«Dovrei essere geloso?», chiedo interrompendolo.
Lui si alza per potermi guardare negli occhi e colgo un'espressione confusa
ed interrogativa marcargli i lineamenti.
«Di chi?», mi chiede senza capire.
«Del ragazzo che avresti potuto fermare al mio posto! Insomma, e se fosse
stato David? O Wes? Magari Nick, Jeff o Thad! Non credevo di dover essere
attento anche a loro!».
La faccia che ha al momento Kurt è qualcosa di impagabile – rimpiango il
non avere una macchina fotografica con me, perché è da immortalare.
«Ma che diavolo...? Blaine, era solo una cosa ipotetica! E poi hai citato
tutti ragazzi etero – o presunti tali!», esclama ed io non riesco più a
trattenermi e scoppio in una sonora risata.
Lui mi guarda ancora qualche istante prima di capire che stavo scherzando e
lasciarsi scappare un sorriso scuotendo la testa.
«Ero serio», si difende «è stato davvero il caso a farci incontrare, nella
maniera più assoluta!».
«Ed è un problema?», chiedo mettendomi seduto e tirandolo a me.
«Ovvio che no...».
«Sai, credo che in un modo o nell'altro, anche se non fossi mai venuto alla
Dalton per spiarci, noi ci saremmo incontrati. Non so come, ma ce l'avremmo
fatta. Mi piace credere che fosse destino più che caso».
«E poi l'inguaribile romantico sarei io», mi prende in giro.
«Mai detto di non esserlo, anzi!».
Lui sporge indietro la testa, fino ad appoggiarla sull'incavo del mio collo
e chiude gli occhi. Io faccio lo stesso godendomi quella pace. Non vorrei
niente altro al momento.
È tutto perfetto.
_______________________________
"I finali sono difficili, qualunque idiota può
mettere giù uno stralcio di inizio, ma i finali sono davvero
complicati..."
Chuck
– conoscete Supernatural, sì? - ha sempre avuto
ragione e alla fine di questa storia, anche noi ci stiamo rendendo conto di
quanto sia difficile mettere la parola fine come si deve.
Speriamo di esserci riuscite in un modo quanto meno
dignitoso... *no, non abbiamo ansia, no no*
E a questo punto non sappiamo davvero come salutare.
Ovviamente non sarà una cosa definitiva - a breve vi
torneremo a tormentare con Klaine Songs 2 - eppure è sempre un misto tra
orgoglio e malinconia quello che lascia la parola "fine"
Ma prima dei finali, tuttavia, c'è sempre un inizio.
L'inizio della storia è... non sappiamo definirla
effettivamente. Questa storia era presente nelle nostre teste senza che neanche
lo sapessimo. E' stato un caso il fatto che entrambe ci trovassimo a casa
quella sera - Barbara priva di sonno, come al solito, e Chiara aspettando il
fratello che era uscito per andare a una festa - , è stato un caso che
cominciassimo a parlare di Glee, è stato un caso l'aver tirato fuori le nostre
idee. E così è iniziato tutto, e non è stato poi così complicato - nonostante
all'inizio ci siamo un po' scontrate (oh sì, è successo!).
Ma perché uno parla sempre dell'inizio e della fine?
E quello che c'è nel mezzo? Che fine fa, quello che c'è nel mezzo? E' tanto
importante quanto l'inzio e la fine, se non di più. E
nel mezzo di questa storia... c'eravate voi. C'erano le persone fantastiche che
abbiamo incontrato mentre la scrivevamo, commuovendoci e ridendo e sclerando e
schifandoci con voi. Ma soprattutto, nel mezzo di questa storia c'è
un'amicizia, la /nostra/ amicizia (e definirla tale ci sembra davvero
riduttivo), che ha portato avanti tutto, costruendo mattone dopo mattone e
raggiungendo quindi una conclusione. Senza quest'amicizia, non ci sarebbe stato
poi molto. Questa storia non esisterebbe se non ci fossimo state entrambe.
Barbara avrebbe fatto metà del lavoro, senza Chiara. E viceversa. Ci siamo date
forza a vicenda.
Ma anche voi lettori avete avuto questa parte, siete
stati parte della nostra forza. Ci teniamo, quindi particolarmente a
ringraziare chiunque abbia letto la storia e soprattutto quelli che si sono
fatti notare tra i 39 preferite, 10 ricordate e 93 seguite... Senza di voi la
storia non ci sarebbe stata o non sarebbe stata tanto bella.
Giuriamo che stiamo cercando in tutti i modi di non
commuoverci, ma è davvero dura...
Quindi non so... magari salutiamo qui, invitando a
tenere la nostra pagina sotto controllo, perché il seguito arriverà davvero
presto (abbiamo persino fissato una data! E sì, siamo maniacali fino a questo
punto!)