The birth of a new enemy

di winry8827
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un viaggio verso il proprio destino ***
Capitolo 2: *** Corrispondenze ***



Capitolo 1
*** Un viaggio verso il proprio destino ***


The birth of a new enemy

 
***Prologo***

Un viaggio verso il proprio destino


 
 
 
 
La carrozza correva su un terreno accidentato, facendo –così- sobbalzare i passeggeri al suo interno.
Un flebile raggio di luna illuminava il sentiero, immerso tra le montagne rocciose della Romania.
La vegetazione era completamente sommersa dall’oscurità della notte, che impediva allo sguardo una profondità tranquillizzante. Sapere ciò che c’era intorno chetava l’animo dei passeggeri, soprattutto se si viaggiava in un territorio ricco di storie e leggende.
Dopo un ennesimo sobbalzo del veicolo, Thomas sentì un rigurgito salire lungo l’esofago, ma trattenne quella sensazione di bruciore, spiacevole e nauseabonda.
-Sta bene?
Domandò l’uomo seduto al suo fianco.
-Viaggiare di notte è davvero sconveniente, non trova?
Aggiunse, osservando il suo interlocutore negli occhi. L’altro impacciato accennò un sorriso prima di rispondere.
-Sì, soprattutto se si è cenato poco prima di mettersi in viaggio.
L’uomo rise di gusto, nei suoi lunghi e frequenti viaggi non era solito incontrare persone simpatiche ed era piacevole trascorrere quelle ore in compagnia di qualcuno, che non fosse terrorizzato al punto da perdere l’ironia.
La carrozza viaggiava tra i monti dei Carpazi Meridionali, attraversando varie cittadine, per poi fermarsi a Hunedoara, dove doveva recarsi il Dottor Thomas Miller, un americano alla ricerca delle sue origini.
Il medico era partito spinto dalla curiosità, dalla voglia di conoscere il luogo di nascita dei nonni paterni.
Fin da bambino gli furono raccontante storie soprannaturali, dai vampiri ai lupi mannari.
Thomas credeva molto in ciò che faceva, nonostante la motivazione, che lo spingeva a viaggiare, apparisse banale agli occhi dei suoi cari. Desiderava con tutto se stesso visitare quei monti e quelle foreste, la cittadina d’origine dei nonni e tutti quei luoghi, che fin da piccolo animavano la sua fantasia.
 




 



 









 
*** Capitolo Primo ***

Nuove conoscenze



 

 
Il paesaggio, per quanto caratteristico, si confondeva con la notte stessa.
Era buio, la natura apparteneva all’oscurità più profonda.
Solo le cime degli alberi, indistinti all’occhio –ormai- abituato alla notte, erano illuminate dal chiarore di un raggio di luna, quasi oscurata dal grigiore di nubi cariche di pioggia.
Qualora la vista delle rocce lasciasse spazio alla vegetazione, questa appariva indistinta; alberi, piante e fiori tutti dello stesso colore, nero corvino.
La carrozza, con i suoi continui sobbalzi, arrivò a destinazione.
-Lei dove alloggia?
Chiese l’uomo.
-Scusi la cattiva educazione, abbiamo chiacchierato senza nemmeno presentarci.
Il mio nome è Matyas Hunyadi.
L’altro lo osservò perplesso, aveva scoperto –indagando sulle sue origini- del castello degli Hunyadi e del suo più grande proprietario, Matyas.
La coincidenza incuriosiva la mente del dottore, il quale non credeva all’esistenza del caso.
Chiese –così- d’impulso
-Lei è un discendente della famiglia Corvino?
Si maledisse per la mancata educazione, dopo le presentazioni dell’altro avrebbe dovuto ricambiare, così si scusò chinandosi leggermente in segno di riverenza, presentandosi poi.
-Accetto le sue scuse, Signore, ma non ne ha bisogno, glielo assicuro. La risposta alla sua domanda è sì. Nella mia famiglia è uso chiamare ogni primogenito con il nome del nostro onorevole antenato, come in tutte le famiglie onorevoli e rispettabili.
Thomas arrossì visibilmente, ma il rossore fu nascosto dalle tenebre, in fondo si trovava dinanzi ad un discendente di un re, Matyas il Giusto.
-Ha già un alloggio per questa notte?
Domandò incuriosito.
-In realtà no. Avevo intenzione di cercare una locanda appena arrivato, non pensavo che avrei potuto avere un simile ritardo. Non immaginavo di giungere a Hunedoara a notte fonda, è buio e, sinceramente, non so dove o come muovermi.
Confessò Thomas preoccupando, non immaginandosi mai una simile risposta dal suo regale interlocutore.
-Se lo desidera potrà alloggiare nel mio castello.
Onorato dall’invito, accettò; dopo un primo e -più che altro- cortese rifiuto.
Avvolti dall’oscurità, attesero entrambi un’altra carrozza, quella di Matyas.


 
***


Un ubriacone, con ancora una bottiglia di vino rosso tra le mani, canticchiava un motivetto musicale.
Dapprima in lontananza, poi più chiaro si avvicinava e i due se ne accorsero sentendo la voce sempre più vicina.
Traballante l’uomo si aggrappò al braccio sinistro del dottore, cominciò a chiedere insistentemente delle monete, probabilmente servivano per comprare un po’ del nettare che tanto desiderava.
Thomas non riusciva a liberarsi dall’insistenza –sempre più fastidiosa - dell’uomo e, così, Matyas poggiando una mano sulla spalla dell’inopportuno vagabondo richiamò la sua attenzione.
L’ubriaco si voltò.
-Gentilmente, signore, le chiedo di non infastidire il mio nuovo amico.
Quelle parole, così pronunciate, risuonarono nel silenzio della notte e per quanto fossero espresse con tono calmo e educato, Thomas non poté non notare la loro reale essenza. Erano un ordine, deciso e fermo, ma nonostante ciò fiero e pacato.
Forse, per tale gentilezza di modi l’ubriacone lasciò la presa, allontanandosi nell’ombra.
Il medico americano fu affascinato dai modi dell’uomo e dall’ubbidienza dell’altro.
I suoi pensieri furono –però- interrotti dallo schiocco di una frusta, la carrozza stava arrivando e -infatti- giunse dopo pochi istanti.
Così Thomas riprese il suo viaggio, ospite di un uomo importante.
-Perché è in viaggio?
Chiese Matyas, incuriosito.
-Per lavoro, per svago o per donne?
Aggiunse, accompagnando l’ultima parola con un sorriso malizioso.
-No, per nessuna di queste motivazioni. Viaggio per conoscere le mie origini. I miei nonni nacquero in questa cittadina e volevo scoprire, visitandola, la storia dei miei antenati.
La carrozza era molto veloce, attraversò un sentiero costernato di rocce, ma fortunatamente pochi furono i sobbalzi.
Più la destinazione si avvicinava, più il cielo pareva schiarirsi e la luce della luna diveniva sempre più viva.
Giunti al palazzo, scesero dal veicolo e l’unica cosa che Thomas poté notare fu la grandezza del suo nuovo e temporaneo alloggio.
Il cigolio del portone li accolse nella dimora di Matyas, una vecchia fortezza ristrutturata nel 1450, circa.
-La mia è una biblioteca molto vasta, se le interessa Thomas, potrebbe visitarla per cercare di scoprire se posseggo qualcosa che possa aiutarla nel suo obiettivo, o semplicemente che possa piacerle per svago.
Fece quest’offerta una volta varcato l’atrio, vasto e luminoso.
Candele ovunque donavano allo sguardo la luce tanto agognata e che- ora- infastidiva le iridi abituate alla notte.
Il medico accettò la proposta senza pensarci e così, voltandosi per ringraziare il suo benefattore, si accorse di essere rimasto solo.
-Thomas. Thomas sono qui. Venga, segua la mia voce.
Incredulo per la repentina sparizione, l’uomo s’incamminò lungo un corridoio stretto sull’ala destra.
Giunse in una sala, non solo ampia ma a più piani, forse due. Le pareti erano ricoperte di libri, come se fossero la tappezzeria stessa della stanza.
Era la biblioteca più grande che avesse visto.
-Thomas, è di suo gradimento la mia modesta collezione?
Domandò ironico il proprietario seduto sul secondo gradino della scalinata, che portava al piano superiore direttamente da quella stanza.
-Da qui si sale al secondo piano, anche lì c’è un’entrata, ma così è più comodo.
Data la luce e il crescente interesse per quella figura, il medico americano cominciò a osservarlo con più attenzione; notando dettagli che l’oscurità del viaggio aveva nascosto.
Era un uomo –forse- sulla trentina; alto, ma questo lo aveva già capito. Era robusto, ma non grasso –forse- era muscoloso, almeno così appariva, dato le spalle larghe e l’assenza di pancia.
Era abbastanza giovane –forse- era suo coetaneo; poteva avere al massimo una trentina d’anni.
Il suo sguardo, accattivante, era gelido. Occhi chiari come il ghiaccio, ma nonostante ciò erano espressivi, profondi.
I capelli corvini e la carnagione chiara rendevano quel volto particolare.
I lineamenti marcati rappresentavano il suo carattere, deciso e fermo.
-Mi scuserà Thomas, se adesso la lascio. Andrei a dormire, la giornata è stata lunga e faticosa.
Quella richiesta interruppe l’osservazione del giovane medico, che seppe accennare un sì accondiscendente muovendo il capo.
-A domani
Aggiunse in fine.
-Domani non ci sarò. Sono impegnato in certi affari, ma sicuramente ci vedremo a cena, o la sera. Non so con precisione quando tornerò a casa.
Disse proseguendo verso l’enorme porta di ebano e, così, uscì salutando in nuovo l’amico. 




 
...
 


































Note autrice…
Questa long in realtà è nata come one-shot, ma scrivendola mi sono accorta, che –in effetti- era troppo lunga. Così l’ho rielaborata trasformandola in una storia a capitoli. Non sarà lunghissima, ma spero che vi appassioni. Posto ora il prologo e il primo capitolo.
Vi chiedo di lasciare un commento, che sarebbe davvero graditissimo. Vorrei poi un consiglio; nella storia compaiono sia i vampiri, che licantropi, quindi sinceramente non so dove postarla. Per ora la posto nella sezione vampiri, ma fatemi sapere quale è la categoria migliore.



Spiegazioni…
La storia è ambientata nella Romania del diciannovesimo secolo, la fortezza di Hunyad apparteneva ai domini ungheresi fino al 1541, anno in cui passò ai territori della Romania. 
Mattia Hunyadi (precisamente si scrive con l’accento sulla y, ma non so aggiungerla) fu re d’Ungheria e di Boemia, duca d’Austria e mancò poco per essere eletto Imperatore, soprannominato Corvino, per lo stemma caratterizzato dalla presenza di un corvo, inoltre in una sala del castello detta “Mantello” vi è un dipinto rappresentante il medesimo animale.
Matyas (nome ungherese) rinchiude nel castello di Hunyad il Conte Vlad III, ovvero Dracula, prima suo alleato.
Tale scelta fu motivata per la violenza di quest’ultimo contro i Sassoni, ad ogni modo la sua reclusione forzata fu più che altro un soggiorno ospitale, dato le conoscenze del Conte. 


 

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Capitolo 2
*** Corrispondenze ***


 *** Capitolo Secondo ***

Corrispondenze

 






Il sole spuntò tra le nubi, che coprivano il cielo, forse in giornata avrebbe piovuto.
Thomas, che la sera precedente era crollato esausto, si svegliò di buon ora con il proposito di scrivere al padre per informarlo di essere arrivato.
 
 
Caro padre, la informo di essere arrivato da poco ad Hunedoara. Il treno prima, la carrozza poi, hanno portato un notevole ritardo, ma fortunatamente ho trovato un’ottima sistemazione per la notte.
Un gentile compagno di viaggio mi ha ospitato nella sua dimora. Mi scuso per il ritardo nel dare mie notizie, ma cause di forza maggiore mi hanno impedito di scrivere.

Cordialmente, Thomas
 

Scrisse poche cordiali righe, più d’obbligo che di piacere.
Il rapporto con il padre non era mia stato buono, anzi.
I due litigavano spesso e per motivi futili, Tom come lo chiamava Carol -suo padre- insisteva per conoscere l’origine della sua famiglia, dei suoi nonni, il perché fossero fuggiti dalla Transilvania.
Le sue erano domande infantili, curiosità da bambino che portarono a dissapori decennali.
Carol si rifiutava semplicemente di rispondere.
Un bambino curioso delle sue origini, chiedeva solo una risposta alle sue domande, ma la freddezza dell’uomo era disarmante.
Cinico non dimostrò mai il suo affetto, né per Tom, il figlio maggiore né per Camille, la più piccola dei Miller -forse- era questa la causa reale dell’astio verso il padre.
 Un rapporto speciale, legava i due fratelli. Mossi dalla stessa curiosità, fantasticavano spesso sulla Transilvania, sui nonni e sulle leggende locali, chiedendosi spesso –da piccoli- se fossero vere.
Scrisse poche righe anche alla sorella, le quali dicevano:
 
Mia cara Camille, sono giunto stremato nella città natale dei nostri nonni, ma non ho potuto visitarla.
Era notte fonda, quando sono arrivato, ma fortunatamente ho conosciuto un uomo disponibile che mi ha ospitato. Pensa è un discendente dei Hunyadi, se il cognome non ti ricorda nulla nella sua lingua madre, forse, la il soprannome ti suonerà familiare, Corvino.
Io ricordo ancora i racconti della nonna, le leggende legate a questa famiglia.
Rammento che ci narrava l’origine della loro disgrazia, del male che profanò il castello per anni e delle morti avvenute all’interno di quelle mura.
A ogni modo, non immagini la disponibilità di Matyas. Un uomo gentile, ma al tempo stesso inquietante. Il suo suardo di ghiaccio cattura il proprio interlocutore. Non pare malvaglio, ma non saprei spiegarmi meglio, avverto qualcosa di strano, sarà l’atmosfera del luogo e tutte le tragiche storie che ho ascoltato da piccolo.
Per ora non ho scoperto nulla sulle nostre origini, ma presto avrai mie notizie.

Tuo Thomas
 

Non desiderando affidare le sue righe ai maggiordomi, decise di recarsi in città.
Uscito dal palazzo un maggiordomo, vecchio e stanco, disse:
-Signore la carrozza è pronta
-In non l’ho chiesta!
Affermò l’altro
-E come pensa, Signore, di arrivare in città?
A quella domanda sarcastica fu costretto ad accettare.
Durante il tragitto pensò, che Matyas dovesse possedere più di una carrozza e, forse, una decina di cavalli, una stalla per ospitarli e più di un cocchiere, ovviamente.
Il suo nuovo amico, oltre ad essere ospitale, era molto ricco.
 
Durante il breve viaggio, che lo condusse in città, potè finalmente apprezzare le meraviglie del posto.
Dalla piccola finestra del veicolo notò l’immensità della fortezza, che possedeva una massiccia struttura difensiva, un ponte levatoio lungo e robusto, sorretto da catene molto spesse, quell’edificio avrebbe retto a qualsiasi attacco.
Il castello era possente e dall’esterno appariva in tutta la sua grandezza.
Le torri svettavano verso il cielo, dominando l’intero paesaggio.
 
Situato su un altopiano roccioso, era –così- immerso nella natura, fitta e selvaggia, che lo circondava e avvolgeva.
Alberi alti e di varie specie si ergevano maestosi, dal sentiero attraversato si notava il torrente, che forse scendeva da una montagna vicina e che riempiva il fossato della grande fortezza dei Corvino.
Giunto in città, passò la maggior parte del tempo in biblioteca, cercando informazioni sul suo benefattore.
Scoprì che il castello appartenne alla dinastia degli Hunyadi, regnanti dell’Ungheria, ma poi passò ai territori della Romania nel 1541.
Si narrava che Mattia Corvino, un antenato dell’amico, avesse rinchiuso il conte Vlad per sette lunghi anni, nonostante inizialmente i due fossero alleati contro gli Ottomani.
Ma l’eccessiva violenza dell’Impalatore contro i mercanti Sassoni, costrise Mattia a invadere la Valdacchia e a imprigionare il suo –ormai- ex alleato.
Si racconta, che Vlad III ricevette un trattamento di lusso dal suo carceriere, la sua non fu una prigionia a tutti gli effetti, ma un soggiorno –per quanto forzato- poco spiacevole.
I testi consultati da Thomas non spiegavano il motivo del rilascio, sebrava che nessuno conoscesse perché Dracula fosse stato liberato.
Trascorse la sua giornata immerso tra libri e documenti, scoprendo aneddoti e curiosità su quel luogo.

La luce cominciò a scarseggiare nella vasta biblioteca, così il dottore si rese conto di quanto tempo avesse trascorso sui testi, ma nonostante ciò non era stanco, anzi ancora più curioso, sarebbe rimasto se non fosse giunta l’ora di cena.
Decise così di recarsi in una locanda vicina, la quale appariva come una taverna e, infatti, molte erano le persone ubriache.
Ciò che gli fu portato nel piatto non riuscì ad identificarlo, così come non riuscì nemmeno a pronunciare il suo nome. Lo ordinò semplicemente incidandolo.
Appena assaggiato si pentì della scelta e affermò sicuro
-Non bisognerebbe mai magniare qualcosa che non si sa nemmeno chiamare con il proprio nome.
Indeciso se continuare o meno il suo pasto, un dubbio cominciava a crescere.
Doveva cercare un posto per la notte, oppure ritornare al castello?
L’ospitalità di Matyas era stata ben accetta e non gli spiaceva affatto essere servito dai maggiordomi, non aveva –ancora- visitato l’enorme libreria della famiglia, ma d’altronde non voleva disturbare.
Era indeciso, così pensò che sarebbe stato meglio tornare alla fortezza, dove aveva lasciato i propri averi.
Mentre attendeva una carrozza, il raggi del sole cominciavano a divenire sempre più radi, stava tramontando e il cielo cominciava a tingersi di rosso.

L’atmosefera, nonostante ci fosse ancora luce, appariva inquietante.
Thomas avvertiva uno strano turbamento interiore, sentiva qualcosa di strano nell’aria.
Non capiva il perché di quella sensazione, aveva già provato un’esperienza simile anni addietro, ma non aveva mai capito il perché. Il padre gli diceva spesso che fosse l’ansia a prendere il sopravvento sulla ragione, ma Tom non aveva mai creduto ad una simile spiegazione.
Non era ansioso, no lo era mai stato, ma allora cosa?
Il suo istinto gli sussurrava che nell’aria aleggiava il pericolo, ma era assurdo. Cosa mai poteva spavetarlo?
-Ha già preso alloggio in una locanda, Signore?
La domanda posta da una voce femminile destò la sua attenzione, facendo sparire così le sue preoccupazioni per pochi attimi.
-In realtà per ora sono ospite di Matyas Hunyadi.
Rispose con naturalezza. La donna parve sbiancare e indietreggiò un momento.
Era turbata, visibilmente agitata. Le mani tremanti stringevano un crocifisso.
Le labbra si muovevano convulsamente, voleva parlare, ma non aveva il coraggio per farlo, finchè disse:

-Lei crede, Signore? Crede in Dio?
Spiazzato da quella domanda Thomas rispose sincero, confessò di essere credende, ma dubbioso per natura.
-Deve crederci Signore, è necessario per salvare la sua anima. Deve credere in Dio, così comenell’oscurità. Solo la fede potrà salvarla.
Aggiuse la donna, ancora scossa, ma ferma in ciò che diceva.
La sua fede era assoluta e ciò era evidente, ma perché comportarsi in quel modo?
Conitinuarono a chiacchierare per un po’, finchè giunse una carrozza.
Non era un veicolo qualunque, era uno appartenente alla famiglia Corvino.
Lo stemma sul fianco tradiva il proprietario, ma Tom non aveva chiesto quella carrozza, né tantomeno aveva dato disposizioni per il ritorno.
-Io non l’ho chiamata!
Affermò titubante, incerto delle sue stesse azioni, rivolgendosi al cocchiere.
La donna sempre più scossa sussurò:
-Denn die Todten reiten schnell*

Poi se ne andò lasciandolo solo, ma prima aggiuse
-Pregherò per lei!
La porta del fianco destro si aprì e spuntò una mano, con un vistoso anello –forse- d’argento con il medesimo stemma.
-Thomas che fa non sale? Sono venuto a cercarla per riportarla alla tenuta, mica aveva intenzione di tornare a piedi?
Disse ridendo Matyas.
Perché si sentì turbato, ancora una volta, non lo seppe spiegare nemmeno alla giovane sorella, alla quale scrisse ancora quella sera stessa prima di coricarsi.
 
Cara Camille, ti scrivo in così breve distanza per raccontarti deigli strani fatti avvenuti oggi, ma comincerò con odine per non tralasciare nessun particolare.
Appena giunto in città mi sono recato in biblioteca. Ho cercato informazioni sui Corvino, scoprendo che i raccconti della nonna non erano solo leggende.
Mattia segregò realmente Dracula nel suo castello  e inoltre vi è un documento sulla morte di dodici prigionieri.
Questi, in cambio della libertà, scavarono alla ricerca dell’acuqa per  quindici anni, trovando poi –finalmente- una fonte, ma non furono mai riconpensati dai loro carcerieri, che costruirono un pozzo e posero accanto una lapide con qesta iscrizione:
Voi avete l’acqua ma non avete un’anima.

Si narra che siano morti prigionieri, il patto non fu mai rispettato. Che crudeltà!
Ciò che più mi ha inquietato, Cara Sorella, è ciò che mi ha raccontato una giovane donna nell’attesa della carrozza.
Mi ha, prima, spaventato interrogandomi sulla fede, se credessi in Dio e nel Diavolo, per poi aggiungere che la consapevolezza dell’ esistenza dell’oscurità è un’arma efficace, secondo la credenza locale, per scacciarlo.
Ciò che più mi ha turbato sono stati i suoi racconti su una serie di omicidi, particolari, e per tratti non imputabili alla stessa persona o animale, sinceramente non saprei dirlo con certezza.
Alcuni cadeveri sono stati ritovati nella foresta in poltiglie, non si riconoscono i corpi e non si comprende di chi siano quei resti. Sembra, che quelle persone siano state sbranate da un animale feroce e affamato, ma sono troppi i morti. Sarà un branco?
 Questa domanda mi perseguita, sarò in pericolo? Nell’incertezza questa notte rimarrò qui, alla fortezza.
Cara Camille, queste morti avvengono mensilmente, con il sorgere della luna piena, pensano che si tratti di licantropi.
Per quanto la mia mente scientifica e la parte più razionale di me mi impediscono di crederci, l’istinto invece mi singe a temere queste morti violente e ricorrenti, ma questa terra è macchiata anche del sangue di altre persone.
Morte e sofferenza perseguita Hunedoara.
Altri cadaveri, questi dissanguati, sono stati ritrovati in passato, anni addietro.
Due fori sul collo, un morso sicuramente e, alcuni, presentano il segno dell’intera arcata dentaria.
Un animale con le fattezze di un uomo? Impossibile, direi!
Ciò che maggiormenti mi inquieta è la credenza dei cittadini, i quali sostengono che i Corvino siano maledetti, che siano stati contagiati dal male durante il soggiorno di Vlad III.

Per la popolazione Matyas è un vampiro!
È assurdo! Queste creature notturne non esistono e questa è un'infamia, non si giudiaca una persona in questo modo. Non trovi?
Ad ogni modo Sorella, ciò che più mi ha spiazzato è stato trovare Matyas nella carrozza.
Già, era venuto per cercarmi, è stato molto cortese, ma dopo i racconti della ragazza ero spaventato e non mi spiegavo la presenza della sua carrozza, che non avevo richiesto.
Poi però vedendo il mio nuovo amico, mi sono tranquillizzato.
Durante il tragitto gli ho raccontato delle supposizioni popolari sulle frequenti morti e lui ridendo ha aggiunto di sapere che i cittadini pensassero che lui fosse un mosrto.
Conosce le voci che circolano sul suo conto e non se ne cura, buon per lui, naturalmente.
Mentre ridevamo delle strane credenze di Hunedoara ho avvertito un odore fastidioso.
Era ferro, ciò che sentivo era l’inconfondibile essenza del ferro, lo stesso odore del sangue.
Suppongo di aver storto il naso, almeno penso, perché in quel momento mi sono accoto che Matyas mi osservava con sdegno, come se lo avessi offeso, ma forse è stata solo una mia ipressione.
L’odore che sentivo si faceva sempre più forte.
Anche all’interno del castello sentivo la stessa puzza nauseabonda, ma semravo essere l’unico ad accorgenmene. Non volendo essere inopportuno ho preferito non proferire parola a riguardo.
Appena tornato, ho finalemte visitato un’ala del palazzo.

Una sala in particolare ha colpito la mia attenzione, quella del “Mantello”.
È molto vasta, la più grande che abbia visitato fin ora, ha delle grandi vetrate con mosaici e di giorno sarà poco illuminta dal sole, suppongo, ma in compenso è piena di candele e candelabri, che infondono una calda e accogliente atmosfera.
Su una parete è posto il dipinto che da il soprannome alla famiglia Hunyadi.
Vi è rappresentato un corvo, un animale furbo e veloce, uno dei predatori del cielo più spietati.
È davvero ben fatto, sembra di guardare l’animale dal vivo.
Vorrei tanto perdermi in dettagli, quali l’arredamento o altro, ma non riesco a essere più preciso.
Mi spiace di non poter soddisfare la curiosità femminile.
In ultimo, Camille, volevo raccontarti il mio senso di turbamento.
Ancora una volta sono stato colpito da quelli, che nostro padre, definisce crisi d’ansia.
La stessa sensazione che avverto adesso, ascoltando gli ululati dei lupi, che rieccheggiano tra le pareti del castello.
Sarà l’atmosfera di questo luogo ad inquietarmi e tutte le storie che ho sentito oggi.


 

Ti saluto, Cara Sorella, appena potrò scriverò ancora.

 


 






















































Note dell'autrice:
Mi scuso per il ritardo, la storia è conclusa già è solo che attendevo qualche recensione in più  ç_ç che non è arrivata e poi aspettando aspettando mi sono dimenticata di aggiornare, sono assolutamente imperdonabile.

 


























 

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