Buon compleanno! di slice (/viewuser.php?uid=41375)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
Buon
compleanno! di
slice
Naruto è un
bambino. Quando, a distanza di settimane dal processo, Sasuke ha
avuto il permesso di tornare nel suo quartiere, pur se con gli ANBU
attaccati al sedere, portava con sé l'inconscia convinzione
che Naruto fosse cresciuto. Non cambiato nei suoi pregi e difetti
principali, soprattutto quelli che lui odiava e allo stesso tempo,
segretamente, amava di più, bensì maturato anche su
altri aspetti meno ingombranti che però contribuiscono lo
stesso a fare l'insieme dell'individuo. Invece no. Invece, già
dopo pochi giorni, dovette ricredersi. Naruto, ancora a distanza
di quasi quattro anni, è lo stesso scapestrato che ha una
dieta a base di latte scaduto e ramen, la maggior parte delle volte
liofilizzato, per giunta; è la stessa testa dura che ignora la
pubblica decenza, berciando per esempio cose che in pubblico non si
dovrebbero neanche bisbigliare. È un disastro totale in cucina
come in bagno e anche in salotto e pure a letto: gli tira i capelli
mettendoci un gomito sopra, gli preme il ginocchio sulle parti intime
per spostarsi, finisce giù dal letto senza un motivo logico e
ciarla sempre ininterrottamente anche in quei momenti. La sua casa
è invivibile e improponibile. Ci sono organismi strani che
galleggiano nell'acqua torbida lasciata nell'acquaio, i ciottoli sono
accatastati in modo disordinato, le pentole incrostate dentro e
annerite fuori; pezzi di cibo sono sparsi ovunque. Tra la
decomposizione dei resti nella cucina e quella dei calzini e delle
mutande lasciate in giro, l'odore non è dei migliori. Il bagno
è una zona rossa, assolutamente rossa e lampeggiante, è
un posto allucinogeno dove trovano rifugio nuovi ecosistemi. Sasuke
prende con la punta delle dita una bacchetta lasciata sul tavolo e la
usa per far cadere una maglia sudata dalla spalliera della sedia che
ha davanti, solo dopo ci si siede sopra, con poca convinzione. “Ma
fai sul serio?” sussurra schifato, più a se stesso che
al padrone di casa, lanciando un'occhiata sconfortata alla
stanza. Naruto si muove leggermente sul letto poco distante, forse
per far intendere che ha sentito, e inspiegabilmente i ciottoli
nell'acquaio cadono di lato spargendosi sul piano della cucina e in
terra. “Dobe,” inizia Sasuke, sospirando, “svegliati,
o verrai mangiato dai batteri.” Che a occhio e croce
potrebbero essere grossi come un vitello, pensa
accigliandosi. L'altro mugola, cambiando posizione. Ci sono
alcuni metri a dividerli, ma Sasuke, nonostante i suoi occhi non
siano più quelli di un tempo, riesce a distinguere ancora con
fin troppa nitidezza la sagoma del compagno di squadra: Naruto ha un
pantaloncino corto, cortissimo, e una camicia lasciata aperta, dorme
supino con le gambe piegate che però son scivolate ai lati,
conferendogli una posizione da rana sciancata, e, con rammarico, il
genio scorge qualcosa di tondeggiante uscire dall'orlo del pantalone.
Abbassa la testa e si preme indice e pollice ai lati del naso,
alzandosi di scatto subito dopo. “Forza, sgorbio!” e
lo punisce, togliendogli il cuscino da sotto la testa. “Hai
rotto per giorni con quella cosa della torta, vuoi farla o no?” Il
jinchuuriki scatta a sedere come una molla, serrando gli occhi, dopo
averli incautamente spalancati, per l'improvvisa ondata di luce che
probabilmente lo avrà reso cieco per sempre, come borbotta
mentre scende dal letto con l'eleganza di un'oca artritica, e si
dirige in bagno senza degnare l'altro di una risposta. Sasuke, che
non è mai stato incline a pregare le persone, tanto meno per
qualcosa che non lo sfiora minimamente - come ci tiene a precisare da
giorni - lo ignora e si dirige verso l'uscita, scavalcando con
estremo sdegno un grumo di roba arancione che potrebbe essere il
groviglio di stoffa dei vestiti di Naruto o anche la cena del giorno
prima, da lui vomitata. “Assetta... Assetta Sas'se!”
urla il compagno a petto nudo e con lo spazzolino in bocca,
concentrato sulla lampo dei pantaloni mentre lo insegue. Prima di
uscire afferra una maglia, intuendo che pur essendo momentaneamente
l'eroe di Konoha la gente ha pur sempre il diritto di
declassarlo. “Assettami, caholo!” biascica, una volta
fuori, prima di infilarsi l'indumento mancante senza togliere lo
spazzolino e rischiare così di trafiggersi il palato. Sasuke
lo guarda con la bocca leggermente aperta e l'espressione di uno a
cui hanno appena detto che un cammello diabetico cammina sulle gobbe,
e non migliora quando l'altro, riuscito a liberarsi, getta lo
spazzolino all'interno prima di chiudere la porta e poi sputa di
sotto, sulla strada. “Naruto,” quasi urla Kiba dal
piano terra, “che schifo!” dice, ridacchiando,
però. “Questo è l'aiuto che intendevi?”
chiede Sasuke, scettico, seguendolo giù per le scale. “Ehy,
con le ragazze sarebbe troppo facile: se la facciamo da soli avrà
più valore,” argomenta lui, gesticolando, “però
Kiba ha una sorella e suppongo l'avrà vista in cucina qualche
volta,” conclude, saltando gli ultimi tre gradini per un motivo
che sfugge alla comprensione umana. L'immagine di Kiba in quel
momento però non è delle più convincenti, non
quando appare all'improvviso, una volta arrivati in fondo alle scale,
dopo le parole espresse a suo favore: ha le gambe tese e le mani a
terra, è a gattoni con il mento che sfiora il terreno ma tiene
il deretano per aria e il bue bianco davanti a lui è nella
stessa imbarazzante posizione, con la differenza che uno muove il
culo e l'altro la coda. “Oh sì, ci sarà
indubbiamente d'aiuto,” commenta il genio, sorpassando Naruto.
“E questo è
l'aiuto che intendevi tu, invece?” Sasuke sbuffa, scegliendo
diplomaticamente di ignorarlo. Guarda davanti a sé e stringe
gli occhi sulla figura spalmata in quel letto: Shikamaru giace
innaturalmente scomposto, tra le lenzuola raggomitolate, perché
aveva iniziato a stirarsi, quando Akamaru gli ha leccato metà
corpo con una sola lappata, ma poi si è addormentato nel mezzo
del movimento ed è rimasto voltato su un lato solo per
metà. “Shikamaru, per favore, abbiamo bisogno di te,
eh!” urla Naruto, colpendo il letto con un piede al fine di
scuotere l'occupante. Tuttavia, quel che ottiene è un lungo
gemito esasperato e qualcosa che ha tutta l'aria di essere un “due
minuti”, biascicato. Mentre decide la strategia migliore da
intraprendere per convincere un ninja diciottenne già in
pensione ad alzarsi, Sasuke incontra l'espressione di Kiba che sembra
deliziato all'idea di rompere le balle al prossimo. “Inuzuka,
attacca!” sguinzaglia, senza rimuginarci troppo, indicando la
preda con insolita partecipazione al ricordo di quello che gli ha
detto Naruto tempo prima, riguardo Kiba e i suoi mille e uno modi di
svegliare Shikamaru. Lui non ci pensa due volte e, avvicinatosi al
letto, fa uno strano movimento coordinato di gambe e braccia, sul
posto, per darsi lo slancio e saltare addosso al ninja addormentato;
la vittima, infastidita, ma troppo pigra per ringraziarlo di avergli
messo in disordine le vertebre con una ginocchiata, grugnisce
soltanto, voltandosi pancia sotto. Kiba che sa come rompere le palle
muove una mano proprio in quella direzione, strizzando leggermente.
Shikamaru guaisce e l'imitazione è talmente perfetta che
Akamaru, saltato sulle ormai non più candide lenzuola, si
immobilizza, muovendo solo le orecchie in ascolto di altri
uggiolii. “Che atrocità!” ride, il
jinchuuriki. “Ci serve vivo, Inuzuka,” ricorda Sasuke,
caustico. Vorrebbe inoltre fargli notare che un ninja dovrebbe
conoscere più dignitosi metodi di persuasione, ma quel
desiderio va velocemente scemando intanto che la tortura prosegue,
con immotivata crudeltà. “Sono sveglio...”
tenta di dire il poveretto, mugolando sconsolato. Ma il carnefice lo
prende per una caviglia e lo trascina letteralmente giù dal
letto, così che cada come un sacco di patate sul pavimento,
producendo un tonfo sordo. Shikamaru a quel punto poggia la testa
in terra e chiude gli occhi. “Non è possibile,”
sorride Kiba. Lo prende per le spalle per portarlo seduto e lo scuote
con forza, urlandogli che deve svegliarsi perché altrimenti lo
tireranno fuori dalla finestra. Nara si acciglia, apre gli occhi e
lo fissa, inducendolo a fermarsi. Si guardano giusto per un momento
prima che Shikamaru parli, questa volta in modo più
comprensibile. “Tre, due, uno...” e la sveglia suona,
sul comodino dietro di lui, isterica come la voce di sua madre che lo
chiama dalla cucina. “Quando ho detto 'due minuti', alludevo a
questo.” Kiba e Naruto scoppiano a ridere, Akamaru abbaia,
ancora con le zampe sul letto, e Sasuke sposta semplicemente lo
sguardo sul jinchuuriki, con un cipiglio severo, scrutandolo come se
lo credesse pazzo quando questi scoppia a ridere
all'improvviso. Shikamaru incrocia le gambe, lì sul
pavimento, e stira le braccia, ora che è libero dalla morsa
del nemico numero uno del suo riposo, sbadigliando impunemente.
Sbuffa, portandosi una mano a coprire gli occhi per la troppa luce.
Kiba si diverte sempre moltissimo a svegliarlo durante i suoi mille
mila sonnellini, arrivando ad ignorare persino il rispetto per i suoi
spazi. “Che volete?” si decide ad informarsi, visto
che nessuno sembra propenso a spiegarglielo. “Ah, giusto!”
salta su, Naruto, “abbiamo bisogno delle tue doti analitiche:
'se non sai fare qualcosa aiutati con la logica', mi dicesti una
volta,” sorride con quei fastidiosissimi trecentoventisette
bianchissimi denti. “Che palle...” strascica
Shikamaru, alzandosi da terra per dirigersi in cucina, “posso
fare colazione, prima?” chiede, scocciato. “Puoi anche
pisciare, senti come siamo magnanimi!” celia Kiba, portandogli
un braccio sulle spalle, mentre gli altri due li seguono in cucina
dove mamma Nara sta berciando al figlioletto che la cucina chiude
alle nove; e mancano pochi minuti. Yoshino è una donna
strana che imbarazza e stressa suo figlio, ma che liscia il pelo
degli ospiti come una brava padrona di casa. Akamaru ringrazia
scodinzolando. Lei ha apparecchiato per tutti, infatti, e Naruto e
Kiba si fiondano indecorosamente a tavola. “Che incivili,”
si schifa Sasuke, rifiutando con garbo il tè che gli viene
offerto. “Ah, muoviamoci che c'è anche Sai da
reclutare!” dice Naruto, riuscendo ad urlare anche a bocca
piena.
Sai vive vicino al
centro. L'appartamento gli è stato affidato quasi due anni
prima: non sapevano dove collocarlo sul momento e, pur essendo un
appartamento di quelli affidati ai maestri dell'accademia e ai jounin
istruttori, quando se ne liberò uno lo collocarono lì -
come se fosse stato un pacco - temporaneamente. Dopo la prima
missione svolta come parte del team sette ai danni del sannin dei
serpenti, con gli eventi successivi, a partire dall'invasione di quel
pazzo visionario di Kazuma e i suoi quattro seguaci, passando per
quella che poteva essere chiamata la quarta grande guerra ninja, fino
ad arrivare all'enorme scontro che aveva visto alleati Sasuke e
Naruto contro Madara, e quello che rimaneva di Orochimaru nel corpo
di Kabuto, dal momento che la cosa non aveva un'alta priorità,
non c'era più stata occasione di rivedere la sua
ubicazione. “Sai! Sai! Saaaaai!” urla Naruto, in
crescendo, poco prima di prendere uno scappellotto, “Sas'ke...”
si lamenta, guardandolo male. “C'è il campanello,
idiota,” dice lui, sporgendosi verso la porta per premerlo.
Tuttavia, quando appoggia il dito sull'oggetto la porta
dell'appartamento si apre, mostrando il ninja d'elité. “Buongiorno!”
li accoglie Sai, facendosi da parte per farli entrare. L'interno
del suo appartamento è incredibilmente spoglio. Ha l'aria di
una delle stanze delle locande dove Naruto si fermava spesso con
Jiraya, quando andavano in giro per allenarsi, piuttosto che una casa
vissuta, però non è fredda, anzi. Le tende hanno un
colore chiaro, leggero, che dà luce alla stanza, la mobilia è
scura e semplice, un po' impersonale in effetti ma, da quando Sakura
gli ha suggerito di appenderli, quelle pareti ospitano molti dei suoi
dipinti; accompagnano quei mobili con paesaggi e squarci di
villaggio, di vita, di colore. Gli oggetti in giro sono molto pochi e
sono tutti essenziali: pergamene, kunai, inchiostro e rotoli
ricordano che è un ninja e timbri, pennelli, tele e colori lo
avvicinano anche alla figura del pittore. Chiunque conosca un minimo
quello shinobi, si sarebbe aspettato quello scenario, ma
paradossalmente è proprio il fatto che sia così fedele
alle aspettative a renderlo bizzarro. “A cosa devo questa
visita di massa?” chiede, facendo segno di accomodarsi, dopo
aver chiuso la porta. “Dobbiamo fare una torta!” salta
su, Naruto, entusiasta. Per un momento c'è un silenzio atto
a far continuare la spiegazione, ma Naruto sorride e Kiba sta
raccogliendo quello che Akamaru ha buttato in terra con la coda, sul
mobilino basso accanto al divano, mentre Shikamaru sbadiglia. Sasuke
quindi sospira, alzando gli occhi al cielo. “Kakashi sensei
compie trent'anni,” spiega, criptico ma esaustivo. Sai
spalanca gli occhi e si alza, dirigendosi senza fretta alla libreria
alle sue spalle, osserva i tomi e i libri messi in ordine alfabetico
con diligenza e alla fine ne estrae uno con la copertina chiara. Si
volta, prendendo a sfogliare il libro solo una volta tornato
seduto. “Ecco!” e punta un dito sulla pagina stampata,
con espressione grave, “Qui dice che alle persone fa piacere
l'interessamento per la propria età solo fino ai trent'anni,
in genere: siamo sicuri che gradirà?” “Ma che
libro è?” si lagna Shikamaru, retorico. “'Mille
e una festa da ricordare',” sorride Sai, mostrando la copertina
tenendo un dito all'interno per non perdere il segno. “Dai,
Sai, non rompere e vieni!” “Vero! Tanto ti ci
trascino, piuttosto, eh!” lo incitano a loro modo Kiba e
Naruto, ancora prima di aver udito un reale rifiuto. Sai rimane a
scrutarli con un'espressione seria, con gli occhi che passano da un
elemento all'altro del gruppetto adagiato - o svenuto, se lo sguardo
cade su Nara - sul suo divano, prima di sorridere, socchiudendo gli
occhi. “Voi volete che partecipi anch'io.” “Ma
certo! Sei anche tu un membro del team sette, eh!” esplode
letteralmente Naruto, saltando in piedi all'improvviso. “E
allora che ci faccio io qui?” si lamenta Shikamaru, coprendosi
gli occhi con un braccio mentre Kiba gli solletica l'orecchio,
ridacchiando. “Insomma, vieni o no?” sbuffa
Sasuke. Sai dà l'idea di uno che non capisce una mazza e
invece ha il pieno controllo delle situazioni in cui si trova, spesso
si diverte semplicemente. Nello specifico, Sasuke è davvero
uno spasso e non è neanche così difficile raggirarlo,
nonostante in molti lo apostrofino come 'genio'. “Oh, sono
contento che tu mi abbia accettato Sas'ke: ho letto che non è
affatto facile in questi casi,” dice, sorridendo ancora. “Tsk.”
Con un minimo di
senso logico sarebbe ovvio a chiunque che per fare una torta di
compleanno serve innanzitutto conoscere i gusti del
festeggiato. “Dove stiamo andando?” Shikamaru, che
è notoriamente un ragazzo intelligente con aspirazioni
modeste, decide di iniziare con qualcosa di semplice e prenderla
larga. Questo però sarebbe una scelta sensata se le persone
intorno a lui fossero vagamente attente e capaci. Sasuke, che ha la
misura dell'idiozia che dilaga da quelle parti, lo guarda con pacata
compassione. “Oh... boh, io seguivo voi!” dice Naruto
fermatosi di scatto in mezzo alla strada mentre Kiba ride, lasciando
intuire che lui stava facendo la stessa cosa. Sai sorride,
assolutamente fuori luogo. “Ok, mi sembra che non abbiate le
idee chiare,” dice Shikamaru, sedendosi sulla panchina più
vicina. “Non dovremmo fare una lista di quello che ci
serve?” chiede Sasuke che ha un vago ricordo di grembiuli
sporchi di farina troppo grandi per lui, risate sporche di farina, e
sapori dolci su un dito, sporco di farina, che copriva un sorriso
gentile, incastrato nelle sinapsi che lo infastidisce. “Mh,
cosa serve per fare un dolce? Uova!” bercia Naruto
nell'orecchio di Sai. “Farina...” brontola Sasuke,
sedendosi accanto a Shikamaru. “Latte!” alza la mano
Kiba, con lo stesso entusiasmo di uno che ha risolto la fame nel
mondo. Sai, che si sta appuntando tutto, si blocca un momento per
osservare lo stratega che si pulisce l'orecchio con il
mignolo. “Torta di cosa?” “Di uova, farina e
latte...” dice Shikamaru prima di sbadigliare. “Cazzo,”
interviene Sasuke, massaggiandosi gli occhi, “nessuno sa cosa
piace a Kakashi?” Naruto vorrebbe dire qualcosa ma dopo
qualche tentativo decide di accigliarsi e rimanere in un dignitoso
silenzio. Kiba ride, ché lui sa solo di cosa odora, Kakashi
sensei. Sai sorride, ma non è partecipazione è solo una
paresi. “Tranquilli, c'è modo di scoprirlo,” li
risolleva Shikamaru, alzandosi, “Andiamo.”
Ahn... Auguri
Anna! Spero sinceramente che ti piaccia perché è
stato davvero come partorire una palazzina. u_ù Buon
compleanno! ^^ Chu!
I personaggi e i
luoghi non mi appartengono e non c'è lucro.
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
In realtà
pensare fa male. Si dice sempre il contrario perché si deve
pensare alle conseguenze, pensare prima di agire, pensare con la
propria testa, ma non si realizza mai che se si pensa troppo si
esauriscono i fatti nostri e si finisce su quelli degli altri.
Shikamaru lo sa bene perché si sveglia la mattina con un nuovo
sistema di gestione dei turni dell'ufficio di decriptazione da
proporre a Shiho o un nuovo programma utile all'approccio sotto
copertura da riferire a Suzume. E, quasi con la stessa fastidiosa
nonchalance con cui questi pensieri affollano la sua mente la
mattina, già dal delicato passaggio dal sonno alla veglia,
camminando per strada si possono imparare molte cose, la maggior
parte delle quali non si vorrebbero sapere. Mai. È
precisamente per questo motivo che Shikamaru ha una lista, numerata
per ordine d'importanza, di persone che potrebbero conoscere i gusti
dolciferi dell'Hatake.
“Pensaci bene,
Ino.” “Oh senti, non posso ricordarmi dei gusti di
tutti i bellocci di Konoha, ho da studiare io, sai?” Shikamaru
all'inizio cerca di ignorare il fatto che lei si stia pettinando da
quando è arrivato, cosa che non ricorda nemmeno vagamente lo
studio; poi si morde la lingua perché sente di volergli
fortemente ricordare quello che aveva detto quando, tempo prima, lui
le aveva chiesto se non avesse avuto da studiare: non posso mica
studiare così tanto, devo ricordarmi anche di tutti i bellocci
di Konoha io, sai?, aveva risposto a braccia conserte, spostando
il peso da un piede all'altro. “Dai, non ti viene in mente
nulla?” Ino si ferma, con la spazzola a mezz'aria e gli
occhi che vagano sul soffitto. “Non gli piacciono i dango...
troppo dolci, suppongo,” dice, con un tono che implica: e
adesso smamma! “Sì,
bene, grazie.” “Sei stata utilissima, Yamanaka,”
cinguetta Sasuke, che non gli sputa solo perché con tutti quei
fiori gialli intorno non si riconosce benissimo quale sia la
kunoichi. “Come la carta igienica...” ridacchia Kiba
con Naruto. “Beh, c'è chi la usa,” puntualizza
Sai, riportando serietà. Lungo le strade del centro ci sono
molte persone, ma è una in particolare quella che il genio
placca. Sakura si ferma a lato della strada, proprio mentre sta
per prendere la direzione dell'ospedale, si volta con un'aria stupita
e un carico di ventisette chili cartacei tra le braccia. “Che
cosa succede?” chiede, leggermente allarmata, facendo scorrere
lo sguardo sui presenti. “Ci serve un consiglio da una
donna!” bercia Naruto. Sakura si rilassa e, anche se non
avrebbe potuto ugualmente rilassarsi con quella spiegazione,
normalmente, il fatto che ci siano Shikamaru e Sai la tranquillizza
un bel po'. Ché da soli solo i Kami sanno cosa potrebbero
combinare, quei due più Kiba. Shikamaru fa un passo verso
di lei e il suo movimento fa in modo che la sua attenzione si riversi
interamente su di lui e il reale motivo del disturbo. “Ah,”
rimane così ragionevolmente spiazzata, poi rovista nella sua
mente tra colori, taglie, dopobarba, gusti letterari - che le fanno
arricciare il naso - e culinari del sensei che però non
contengono nessuna informazione sui dolci, “Mh... No. Niente.
Mi dispiace.” “Grazie lo stesso...” biascica il
genio. C'è un attimo di stallo imbarazzante dove Sasuke
sbuffa, Naruto ringhia ad Akamaru, Kiba li osserva per la prima volta
in silenzio, e Sakura si è appena ricordata di essere in
ritardo quindi si volta e si allontana a gran velocità. “Ok,
chi è la prossima?” trilla Naruto che non si perde mai
d'animo. “La prossima è un uomo e...” Shikamaru
sbuffa, osservando Gai in fondo alla strada che cammina su una gamba
sola con Rock Lee sulle spalle, “e lo saltiamo. Tanto anche
quella dopo è un uomo.” Le strade sono abbastanza
deserte a quell'ora; il giorno è iniziato da un po' e si sono
già alzati tutti, ma è anche sufficientemente tardi da
averli già visti recarsi a lavoro. E con le strade così
ariose si possono trovare le persone che si cercano a decine di metri
di distanza anche senza il fiuto di un segugio. Questo non toglie che
scoprire coloro a cui si riferisce Shikamaru permetta di vedere facce
buffe anche su Sasuke. “Lo so che è una richiesta
bizzarra, ma ci aiuterebbe molto se riuscisse a darci un qualsiasi
indizio, Yamato san,” lo sprona Nara. “Beh, in realtà
lo conosco come compagno d'armi, io. Posso dirvi quale posizione
preferisce in battaglia, quali armi predilige, elencarvi le strategie
che usa maggiormente, ma non saprei davvero cosa suggerirvi riguardo
ai dolci.” sorride Tenzo, osservando l'immediato scoglionamento
generale con un pizzico d'apprensione. “Magari potreste provare
con Gai!” suggerisce, illuminato. “Non fa niente,”
si affretta a dire Shikamaru, prima di voltarsi e riprendere il
cammino. “Si ricordi di tacere, in ogni caso,” dice, con
un tono più alto per farsi sentire anche con la distanza
accumulata. “Adesso?” mugola Naruto, sottotono perché
lui non si arrende mai ma si annoia presto. “Calma, andiamo
all'ospedale,” ordina lo stratega. Il tragitto, se pur
breve, viene bombardato da ciance inutili e condito con frasi tipo
'perché all'ospedale?', 'a Sakura e a Ino abbiamo già
chiesto, te lo ricordi, Shikamaru?' e giù risate perché
non fa male ridere se ci si annoia, almeno finché non si urta
la pazienza di un Uchiha qualsiasi, insomma. Poi ci sono chidori e
starnazzi che vanno sedati perché uccidere qualcuno nei pressi
di un ospedale non significa avere un'attenuante. “Buongiorno,
Shizune san, per caso sa dirci quali sono i gusti di Kakashi san in
fatto di dolci?” Naruto spalanca la bocca e non la chiude
per tutto il quarto d'ora successivo, Kiba ci infila di tutto e muore
dalle risate, Sasuke pensa ancora che quella gente sia meno utile
della carta igienica traforata e Sai si guarda intorno perché
in quell'ala non c'era mai stato. “Io? Ma... ma... perché
dovrei sapere una cosa del genere? Come potrei...?” balbetta
Shizune, indietreggiando come se fosse braccata da ninja nemici. “Non
è né il perché né il come che ci
interessa, ma solo il cosa, Shizune san,” spiega Shikamaru,
paziente. “Cioè? 'Cosa potrei
sapere una cosa del genere...'?” bisbiglia Naruto, udito, suo
malgrado, da Sasuke e punito di conseguenza. “Cioè,”
chiarisce lo stratega per pietà, “quale tipo di dolce
piace a Kakashi san?” “Ma non era 'cosa'?” si
acciglia Naruto, e il piede di Sasuke batte in terra sempre più
velocemente e rumorosamente. “Mh, ahn... non lo so,”
ride Shizune, muovendo irrequieta la coda nevrotica. “Non
saprei, uhm, non credo gli piacciano i dolci... Mh, la torta di riso!
Cioè, può darsi... Forse?” ridacchia ancora,
sistemandosi i capelli, nervosa. “Sì, forse, grazie
Shizune san.”
Avere una lista
della spesa non significa essere a metà del lavoro come invece
ha sentito dire a sua madre. Shikamaru se ne accorge osservando i
suoi compagni fare tutto tranne che la spesa. “Oh, ma che
palle Uchiha, non ce ne frega niente dei soldi che hai, questa è
la stessa cosa e costa la metà!” “Lo so,
Inuzuka, ma basta guardarti per conoscere gli effetti del cibo che
costa la metà.” Kiba ringhia letteralmente, snudando
i canini, mentre pensa a qualcosa di cattivo da vomitare addosso a
quel pallone gonfiato. “Ehy ehy! Stiamo solo facendo la
spesa, ragazzi!” interviene Naruto, spuntato a fianco di
Sasuke. “E tu che c'entri? Sei il suo tutore?”
gracchia Kiba, indicando l'altro. “Già, testa quadra,
che c'entri?” Naruto, nonostante il suo egodistonico
attaccamento a Sasuke, è cresciuto. Ha anche scoperto che è
facile e liberatorio mandare a cagare quel grumo d'orgoglio e
malinconia che è Sasuke, solo che la maggior parte delle volte
si sente in colpa come un cretino e pure la volpe ride di lui, là
dentro, nella sua pancia. Così ha imparato a lasciarlo
parlare, almeno per un po', a evitare di prenderlo a pugni alla prima
frase acida che gli rivolge. Alla seconda già non resiste più
e o si spogliano o si menano, ma alla prima si trattiene, ecco. “Oh,
senti Sas'ke, se paghi tu prendi questo,” dice sventolando la
confezione di riso più cara, “Altrimenti prendiamo
l'altro!” Dopo un attimo di silenzio e sdegnata incertezza,
Sasuke prende di malavoglia il pacchetto più caro e lo butta
nel cesto che porta Chouji. “Tsk. Poi sono io quello matto:
avete lasciato la spesa ad uno che mangia anche il sibilo dei
kunai...” brontola, voltandosi per raggiungere lo scaffale
della farina prima di Kiba. Shikamaru ha solo il tempo di guardare
Chouji e rendersi conto che le parole dell'ex nukenin gli sono
scivolate addosso, quando Naruto gli sottrae il cesto. “Chouji,
andresti a scegliere un vino che si abbini con questo tipo di
torta?” Akimichi gonfia le guance e arriccia le labbra,
scontento, ma poi si volta e inizia a camminare verso il giusto
reparto. “Molto delicato, Naruto,” bofonchia Nara,
prima di seguire il compagno. Il problema che segue non è
migliore di quello della spesa per il riso, ma almeno è
abbastanza divertente. Per Kiba. “Che cosa vuol dire che te
ne intendi di latte, allevi mucche?” chiede Sasuke,
distogliendo lo sguardo dalla scadenza del cartone che ha in
mano. “Ma cosa dici, teme, io non faccio altro che bere
latte, eh!” dice Naruto, dimenticandosi completamente del
ramen. Poi si volta verso il compagno mentre lo dice e c'è
la luce diurna che lì, in quell'angolo del negozio, filtra
male. C'è il chiarore dietro quei capelli biondi e il viso è
leggermente in penombra, Sasuke rimane un po' stordito perché
poi ci sono quegli occhi azzurri, azzurro cielo, denso e surreale,
che quasi ipnotizzano e non si riesce a smettere di
guardarli. “Prendi questo, magari ti piace anche se non è
scaduto...” borbotta il genio e lo sorpassa, lasciandolo lì
dov'è come un merluzzo. Lo avrebbe baciato, in realtà,
ma c'è l'inutile Inuzuka che sghignazza perché ha
capito tutto e non aspetta altro che farsi due risate. Chi
disprezza compra, Uchiha, mh?, gli aveva detto una delle prime
volte che li aveva beccati insieme e già allora si era appena
trattenuto dall'uccidere tutta Konoha per altri motivi, ci mancava
solo quel coso lì, con i segni rossi sulle guance, a fargli
perdere la pazienza. “Cosa c'entra che non è
scaduto?” E la risata di Kiba è fastidiosa anche
quando non ride di loro, di quella cosa strana che c'è tra di
loro, che gli è scivolata dentro, densa e surreale come quegli
occhi. “Andiamo testone, la vuoi fare o no, questa
torta?” “Quale torta?” Sasuke si sorprende,
come poche volte nella sua vita, di non sapere che espressione dover
assumere. Non gli serve fingere: se c'è sdegno dentro di lui è
lieto di mostrarlo, così come rabbia, disgusto, odio e ogni
tipo di sentimento che comprenda l'irritazione. Se si scopre felice
regala un'indifferenza leggera e fresca che sembra davvero un sorriso
a chi non lo conosce e che si scopre essere sul serio uno stirare di
labbra tra quei ciuffi neri per chi invece sa cos'è un Sasuke
Uchiha. In fine, l'indifferenza vera è una patina rassicurante
che mette tra sé e il mondo per doverlo affrontare diluito ed
evitare che lo travolga. Ma in quel momento non sa proprio cosa
dovrebbe fare perché quello che ha davanti era un ottimo
sostituto per un genitore e lui, da bravo adolescente che crede di
sapere tutto, lo ha trattato come una cartaccia che si trova sulla
strada, calciandolo ripetutamente fin quando non è stato fuori
dalla sua portata. Non c'è più quell'imbarazzo
invadente che gli faceva piegare la testa, che non gli permetteva di
guardarlo in quell'occhio nero e sorridente, ma ancora ha uno strano
modo di sentirlo vicino. Ma dal momento che sta comprando gli
ingredienti per festeggiare il suo compleanno, come una ragazzina
dell'accademia innamorata di lui, l'imbarazzo torna ad essere
irritazione. “La torta fatti miei, sensei.” Quella
parola poi ha un suono che disturbava molto più all'inizio e
lo ha usato a lungo trasformandolo in un semplice san, poi però
Naruto gliel'ha strillata nell'orecchio per mesi e lui ha colto
l'occasione per riprenderla sulla punta della lingua. Dapprima
dicendola piano accostata ad una frase rivolta a Kakashi, e dopo
inserendola con lo stesso tono affinché fosse udibile. Kakashi
da parte sua l'ha sentita. L'ha sentita arrivare al cuore anche la
prima volta che il genio l'ha sussurrata, prima di voltarsi e
andarsene. L'ha sentita rimanergli in testa quando ha preso la stessa
chiarezza delle altre parole della frase pronunciata, come se fosse
un indicatore di distanza tra lui e l'ex allievo. Quindi adesso
sorride e capisce praticamente solo quella, senza far caso al fatto
che Naruto ha già iniziato a farneticare una decina di cose
che lui non ha compreso. “...Non stiamo facendo niente di
male, eh!” continua a ragliare Naruto, ignorato. Kiba si
avvicina con la testa piegata da una parte e lo sguardo rivolto ad
Akamaru, seduto fuori dal negozio, e quando vede la lingua del cane
ritrarsi in bocca e le orecchie spostarsi in avanti, attente ad un
eventuale ordine del padrone, sorride prima di iniziare a
parlare. “Ino e Shikamaru hanno intenzione di uscire allo
scoperto e vogliamo fargli una festa per dirgli che approviamo!”
spiega, acquietando il jinchuuriki che, dopo un ragionevole secondo
di smarrimento, sorride esageratamente. Kakashi è sul punto
di dirgli che Shikamaru è due file di scaffali più là
e che ha visto Ino sbirciare il culo di Tenzo giusto un paio d'ore
prima, però è del tutto certo che queste cose non
cambierebbero l'enorme ritardo che ha accumulato, perciò sono
inutili, e tace. All'ospedale c'è qualcuno che ha finito il
turno da un pezzo e non è ancora stato importunato quindi,
insomma, lui ha da fare. “Va bene, ma non fate disastri,
mh,” saluta con la mano e si reca alla cassa. Se non avesse
comprato fragole e vino costoso forse sarebbe stato meno sospetto, ma
in fondo non sembra importare a nessuno, fortunatamente.
“Che cosa
manca?” chiede Naruto, sommerso dalla spesa. “Abbiamo
preso tutto,” dice Sai, scorrendo sulla lista. “Forse
potreste darmi una mano,” arranca il jinchuuriki. “Dove
andiamo a farla?” “Già! Dove?” “A
casa mia, se mi date una mano,” continua il genin, cominciando
ad affannarsi. “Andiamo da me che nessuno verrà a
disturbarci, forza. Ma non toccare niente, Inuzuka.” “Ma
poi che tipo di vino ha preso Chouji?”
“Ragazzi...
Ragazziiiii!” piagnucola Naruto, ancora una volta completamente
ignorato.
Non c'è
nessuna logica, non cercatela. Saranno solo tre capitoli, eh, se gli
Dei mi assisteranno. Non sono nemmeno aggiornamenti regolari
perché il prossimo sarà postato il sette
luglio. Inoltre questo è corto, troppo corto... *si lancia
dal monte Rushmore di Konoha*
Tessa, perdonami, è
corterrimo e c'è tanto SasuNaru quanto Akamaru. -.- Giuro, ci
ho messo del solido impegno. Giuro! u_u' Tanti auguri, Tessa! Chu!
Spero che ti porti almeno fortuna per gli esami. ^^ (Anche se so che
non ne hai bisogno, eh! ;p)
I personaggi e i
luoghi non mi appartengono e non c'è lucro.
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
La casa di Sasuke è
enorme. È stanze grandi, penombra e silenzio. Ci sono pochi
oggetti fuori posto e molti altri polverosi nelle stanze in cui il
genio evidentemente entra ancora poco, poi ci sono invece ordine e
metodo negli angoli più frequentati. La cucina, ad esempio, è
illuminata e pulita come non si direbbe potesse essere quella di un
diciassettenne e nonostante sia chiaro, dalla grandezza della stanza
e dalla disposizione dei mobili, che quella è una cucina da
famiglia e non una da ninja, è ugualmente funzionale. Ci sono
un paio di larghi piani da lavoro, c'è il piano cottura, il
forno, il frigo e c'è il tavolo al centro della stanza con le
sedie che lo circondano. Inoltre è pieno di pomodori, lì.
Kiba arriva
trafelato, con un foglio in una mano e l'altra sulla milza.
Ovviamente gli vengono rivolti degli sguardi eloquenti, persino
Akamaru uggiola, portando una zampa sugli occhi. “Dov'è
Chouji, a bersi il vino?” chiede il padrone del bue bianco
steso sotto il tavolo, guardandosi intorno alla ricerca
dell'amico. “Ha detto che si informava da suo padre su quale
vino servisse per la torta di riso,” spiega Shikamaru,
accasciandosi su una sedia della cucina. “Dov'è
l'imbecille, piuttosto?” s'informa Sasuke sulla sua dolce e
amata metà. Inuzuka ride perché ha incontrato
Uzumaki per strada e si è guardato bene dall'aiutarlo con la
spesa, che per inciso avrebbero fatto tutti insieme,
teoricamente. “Kiba...” si lagna Shikamaru che come al
solito, purtroppo per lui, ha capito tutto. Per fortuna non c'è
tempo per nient'altro che Naruto arriva. O meglio: ad arrivare ce
l'ha fatta e, in realtà, questo è abbastanza normale,
mentre lo stato in cui verte quando appare non lo è affatto.
La porta si chiude con un tonfo ad indicare che è stata
sbattuta, probabilmente con un piede, e dopo poco il jinchuuriki fa
il suo ingresso in cucina. “Siete... Siete...”
gorgoglia affannosamente nel tentativo di mandarli a cagare. “Siamo
qui da un pezzo, dobe, sì.” Naruto, il dobe, prende
il pacco della farina da una delle buste e la lancia a Sasuke che per
sua sfortuna ci vede male ma non così tanto. “Ok,
cosa si deve fare per prima cosa?” chiede il padrone di casa,
osservando il pacco che ha tra le mani. “...Pensavo aveste
la ricetta,” sorride Sai, che da quando sono a casa di Uchiha
non l'ha ancora fatto. Kiba che si sta gingillando beatamente
sotto al tavolo con Akamaru, alza la testa di scatto. “Ecco
a cosa serviva la mia deviazione!” dice, alzando la mano verso
Shikamaru. Lui prende il foglio dalle dita altrui ed inizia a
scorrerlo con gli occhi. Sbuffa e arriccia il naso. “Lo so
che è dura leggere, Nara, ma ci renderesti partecipi, per
cortesia?” celia Sasuke, dimostrando che ce n'è per
tutti. “No,” risponde Shikamaru, passandosi una
mano sul codino, “Principalmente perché non ti servirà
a molto conoscere le dosi degli ingredienti se non ne conosci
l'ordine, ma anche perché non mi va di dirtele.” La
casa è già abbastanza silenziosa di suo e
quell'improvviso scarto nel chiacchiericcio dei giovani la rende più
inquietante di quando non c'è nessuno. “Eh?”
chiede Naruto, ché lui non è un genio e si è
perso al no. Sasuke si prende un momento di raccoglimento e
se Kiba e Shikamaru non sanno cosa sia un mestolo, loro che hanno i
genitori, la mamma, loro che hanno avuto un'infanzia, allora sono
leggermente fregati, senza contare che Sai sembra esattamente quello
che è: l'uomo più inutile della storia. “Io lo
so.” Kiba ride e si attacca all'orecchio di Akamaru, che
viene momentaneamente sfigurato, per non cadere di schiena, anche se
è tutto vano perché il cane si volta e cerca di
mordicchiargli il polso. Cretino, mi fai male! dice Akamaru,
mentre il padrone si sbilancia ugualmente. Naruto sorride per la
scena, ma sono le parole di Sai che gli fanno avere quel tono, quando
inizia a parlare, quello di chi si trattiene dal lasciarsi andare ad
una risata di pancia come quella dell'amico ferino. Sasuke è
sul punto di buttarli fuori tutti, solo che uno dei suoi maggiori
difetti - crede, lui - è appunto un'immane curiosità;
cosa che, tra l'altro, gli fa venire in mente quanto si divertissero
suo fratello e sua madre a punzecchiarlo e a fargli innumerevoli
scherzi, puntando proprio su quella sua peculiarità, che poi
gli fa venire in mente che quei tempi non ci sono più e non
torneranno mai indietro, e gli ricorda che è stato lui ad
uccidere Itachi e che... “Allora, Sai? Vuoi un invito
scritto?” gracchia, inacidito. Devono tutti ringraziare che
buttarli fuori significherebbe rimanere da solo con quei
pensieri. “Bisogna far bollire un litro di latte, salarlo e
metterci duecento grammi di riso, poi mescolarlo fin quando non si
asciuga tutto,” enuncia Sai, con una punta d'orgoglio. È
un evento strano, quello. Però in effetti viene da pensare che
con tutti i libri che legge, magari una volta lui abbia sbagliato e
se ne sia letto uno di cucina. Questo almeno è il motivo per
cui Kiba e Naruto sghignazzano. Shikamaru, invece, ha chiaro in testa
i concetti di abitudine e di educazione; è questione di
abitudine se Sai si affida ai libri per quanto riguarda altre sfere
che esulano dai sentimenti e i rapporti sociali, ma è per via
dell'educazione militare ricevuta che lui non ha potuto fare a meno
di cercarsi nozioni sterili sulle pagine esaustive dei manuali. Ed è
per questi due aspetti che adesso Sai riesce a rapportarsi meglio con
qualunque cosa se consulta un libro specifico, di conseguenza riesce
ad avere anche la giusta manualità. Legge, elabora e passa
alla pratica, per questo gli rimangono più impresse di quanto
facciano le informazioni sui rapporti umani. Sasuke ha atteso che
qualcuno facesse qualcosa, ché con tutti quegli inutili idioti
nella sua cucina non avrebbe avuto senso fare da sé tutto il
lavoro, poi però si è accorto che appunto quella è
la sua cucina e che nessuno sa dove mettere le mani, così
si è affrettato a prendere il necessario e in poco tempo il
latte è sul fuoco. “Mh, le dosi,” irrompe
Shikamaru, “Per quante persone volete che sia questa
torta?” “Noi, più il sensei, no?” Naruto
strilla tanto che Akamaru scuote il testone, infastidito dagli
ultrasuoni. Sai sorride. Sasuke sta brontolando con il latte
perché dopo ventisette secondi ancora non bolle. Akamaru si
lecca una zampa e Kiba appoggia il viso sulla mano, con quel dentino
fuori che lo rende buffo. Shikamaru sbadiglia, ma fa l'errore di
analizzare quello che il jinchuuriki ha detto proprio in mezzo a
quell'idillio, così gli tocca interromperlo. E se c'è
una cosa che proprio non lo fa contento è esattamente
interrompere uno sbadiglio. “Diciamo,” comincia,
seccato, “Che noi vi diamo una mano perché siamo stati
trascinati qui.” “Sei stato trascinato, tu?”
ridacchia Kiba, rivolto al cane, un secondo prima che questi gli
lecchi metà faccia. “Però non serve che
partecipiamo,” continua il genio, pestando distrattamente un
paio di dita a caso, sotto al tavolo, “Avrà più
senso se alla consegna ci sarete voi del team sette.” “Allora
cosa l'hai chiesto a fare, genio?” chiede Sasuke, ora che il
latte bolle e non può più prendersela con
quello. Shikamaru sbuffa, non gli piace dover inserire le sue
pigre dita nelle altrui piaghe, però neanche gli piace che
Sasuke non si renda mai conto di quello che fa. O faccia finta di non
rendersene conto, ecco; che alla fine il risultato è lo
stesso. “Lo so, Uchiha, che tu vuoi bene al tuo ritrovato
team e che includi tutti a priori, ma con il tuo sempreverde
comportamento da stronzo fai capire agli altri qualcosa di
drasticamente diverso, quindi a volte sorge spontaneo porsi domande.
Ad esempio, nell'immediato: ci vuoi anche Sai? E Sakura che non ha
fatto la torta?” spiega Shikamaru, che con Ino e Naruto ha
fatto scuola di comprendonio per ritardati ed è abituato a
spiegare anche perché mai l'acqua bagni. “Ecco che ho
chiesto: per quante persone deve essere questa torta?”
conclude, aspettandosi una risposta acida. Sasuke, mestolo alla
mano, gira pigramente quella pappetta umida che son diventati il
latte e il riso, e siccome Shikamaru per lui può ciarlare per
ore senza che gli interessi niente di quello che dice, lo ignora,
vomitando astio per qualcos'altro. “Io odio i dolci,”
dice, rimestando nella pentola a testa bassa. Naruto, che è
tutto illuminato e ha un sorriso che acceca, gli si avvicina. Lo
guarda e Shikamaru si è già voltato dall'altra parte
quando lo strizza in un abbraccio assolutamente non richiesto. “Dillo
ancoraaa!” trilla e strilla il jinchuuriki. “Togliti,
dobe,” abbaia Sasuke. “No, non quello,” e
dicendolo rafforza l'abbraccio. Sasuke emette un suono strozzato e
il mestolo gli cade in terra. Poi sgrana gli occhi perché ha
capito cosa farnetica quello scemo. E lo infastidisce e preoccupa
molto il fatto di riuscire a comprendere, di essere al suo livello,
ma anche non poter respirare bene non lo fa felice. “Per
cinque, la torta è per cinque, ok?” e viene finalmente
liberato, cosicché possa raccogliere l'utensile. “Idiota,”
borbotta, piegandosi. Naruto rimane lì, fermo, mentre il
sorriso scompare e gli occhi gli cadono sul sedere del
compagno. “Naruto...” lo richiama Shikamaru che si è
voltato nel momento meno opportuno. È condannato a vedere
queste cose, lui, e Kiba non aiuta. Il cagnaccio si alza e si piega
in avanti, mostrando il deretano. “Sei geloso?”
ghigna, contento di rompere le balle. Akamaru abbaia perché
lui nei suoi modesti panni di canide sente l'odore della paura, della
felicità e quindi anche, come in quel caso,
dell'imbarazzo. “Sai, ti prego, vai avanti,” propone
il genio con le dita premute sugli occhi, mentre Sasuke cerca di
tenere mani demoniache lontane dal suo sedere a colpi di
mestolate. “Il riso va tolto dal fuoco e amalgamato con lo
zucchero e la scorza di limone,” comunica Sai, senza fare una
piega, come se non ci fossero due suoi compagni abbracciati, per come
la vede lui; come se non ci fossero due suoi compagni in lotta, per
come la vede Sasuke; come se non ci fossero due suoi compagni che
amoreggiano, per come la vede Naruto; ho fame e sonno, per come la
vede Akamaru. “Quanto zucchero?” chiede Sasuke,
cercando di mutilare il compagno di team. Sai vorrebbe rispondere,
però prima non aveva pensato alle dosi e allora rimane un
attimo smarrito tra grammi e litri. “Un momento...”
frigna Shikamaru, che non gliene frega niente, ma lui stava anche
bene altrove e quel tono piagnucoloso è tutto quello che può
offrire sul momento. “Hai dato dosi per sei persone, quindi
sono duecento grammi di zucchero,” dice fiero del suo calcolo
veloce; perché, nonostante sia pigro come Shikamaru, è
anche intelligente come lui, lui. “Grattugia la buccia di
limone qua dentro, tu, e piantala!” sbotta, Sasuke, porgendo un
piccolo recipiente a Naruto. Lui sbuffa, ma si vede benissimo che
non è seccato. Forse gli scoccia un po', in effetti, non
potergli mantrugiare i fianchi e masticare le orecchie e ridere sulla
pelle nuda, però tanto sa che l'altro si sta trattenendo e
quando rimarranno soli sarà il primo a voler andare di sopra.
Perciò inciampa nella coda di Akamaru, pesta un piede a Kiba e
fa cadere una sedia, giacché è distratto da quegli
occhi neri, poi per fortuna riesce a trovare un angolino di tavolo
dove mettersi a grattugiare il limone. Grattugiare,
comunque, è una parola che fa ridere, come pigiama o
pantofole, e finisce che lui e Kiba si guardano solo e poi
ridono, strizzando gli occhi a testa bassa, come gli scemi che
sono. “Adesso va lasciato intiepidire,” continua Sai,
stoicamente, facendo notare che niente lo scalfisce, che potrebbe
passare di lì Konohamaru nudo e lui continuerebbe ad elencare
ingredienti e procedura. Sasuke prende una tortiera che ha un
generoso strato di polvere in dotazione e dopo un attimo di
disappunto la pulisce nel lavello. Dopo passa accanto al forno e lo
accende per riscaldarlo, lascia il recipiente sul tavolo, prende il
burro dal frigo e torna al piano ligneo, solo allora si accorge di
avere sei occhi umani e quattro animali che lo fissano. “Credevo
che non ti piacessero i dolci...” dà voce alla domanda
di gruppo, Shikamaru. “Beh, forse un tempo le facevo
anch'io, le torte,” risponde, con la stessa palese
disponibilità che potrebbe avere Morino, “Mai fatta una
torta con vostra madre?” sbuffa, retorico e infastidito. Naruto
è verosimilmente poco avvezzo alla delicatezza; non è
tanto questione di maleducazione bensì una chiara mancanza di
educazione, in questo senso. Non ha chiari concetti come tatto e
forma perché se non sono cose utili che si imparano
all'accademia o che i suoi maestri gli hanno insegnato, allora non
possono essere poi così importanti. Tuttavia ha quel modo suo,
quella dolcezza schietta, veloce e fresca, che travolge il cuore e ti
fa venire voglia di abbracciarlo. C'è decisamente qualcosa di
davvero dolce, dolcissimo, dolcerrimo, nel suo modo goffo e per
niente velato di cambiare argomento, ad esempio. A vederla fino in
fondo, poi, lui lo sa, non è vero che Sasuke odia i dolci, è
vero che questi gli ricordano sua madre che li faceva e lui e Itachi,
seduti scomposti in cucina a punzecchiarsi, che li mangiavano.
Quindi, fendente di katana, via una parte di doloroso passato e
benvenuto Sasuke a cui non piacciono i dolci. “Sai, Sai...”
si blocca Naruto, accigliandosi un momento prima di scegliere di
soprassedere, “Potresti fare un dipinto per Kakashi sensei, che
ne dici?” “È un'idea!” si stupisce, Sai,
che sa poco, ma poverino si chiama Sai... Che deve fare? Sasuke
rovescia l'impasto nella tortiera imburrata e poi la mette nel forno,
regolando con maestria senza sapere il tempo di cottura. “Quanto
deve cuocere questa schifezza?” “Mezz'ora,”
sorride Sai, tirando fuori pennelli e tela. “Dove li avevi
quelli?” ride Kiba. “Avete una foto di Kakashi san, a
portata di mano?” glissa lui. Nessuno si aspetta di vedere
quello lì, quello nero, cupo, quello che odia tutti, anche i
dolci, prendere una foto del team sette dal cassetto della cucina; a
portata di mano, come ha detto Sai. E invece, quando compie l'azione,
Sasuke è così rilassato, completamente a suo agio nel
mostrare quanto non si vergogni di essere sempre stato legato a
quella foto, a quelle persone, che sembra una cosa totalmente
normale. Sembra di averglielo già visto fare. Sembra che gli
dica che gli vuole bene anche se è un babbuino mestruato e non
sa dirlo, né dimostrarlo in altri modi. Naruto sorride
perché non è stato lui a rompere giornalmente per
quella torta, ma c'è stato un tipo acido e rompiballe che gli
ha ripetuto per tutta la settimana qualcosa come 'Allora dobe,
vuoi farla o no, questa torta?' oppure 'Usuratonkachi, ma
quando vuoi farla questa torta? Io non ho tutto il tempo che...'
e bla bla bla, perché il succo è 'Lo so che non
recupero neanche un centimetro, ma anch'io voglio fare la torta per
Kakashi sensei!'.
“Adesso? È
pronta, adesso?” bercia Naruto, punzecchiando il dolce. “No,
dobe, adesso ti bruci e basta.” È davvero molto caldo
e nonostante siano state somministrate diverse bottiglie d'acqua
ancora soffrono come cefali arenati. Il sole sta lentamente calando, ma
questo significa solo che lì, in quella zona rialzata di
Konoha, i raggi arrivano arancioni e vivi come il fuoco
fin dentro le stanze, fin dentro la pupilla, arrivando a bruciare i
nervi ottici. “Ma insomma, quanto ci vuole?” gracchia
Naruto, impaziente. Sasuke ci riconosce lo stesso tono di quando
aveva cinque anni e sua madre sembrava impegnarsi molto per farlo
aspettare ogni volta di più, però lui aveva la scusante
dell'età, il dobe invece non ha scuse, è solo
dobe. “Dobe...” inizia infatti, raccogliendo forze per
un insulto più articolato. Il forno invece parteggia per
Naruto e suona appena l'ex nukenin apre nuovamente bocca. Il
jinchuuriki, che è tanto vicino al forno da poterci entrare
dentro, si spaventa e finisce con le chiappe per terra, goffo e buffo
come solo lui sa essere. Shikamaru si sveglia di soprassalto e
rischia di cadere dalla sedia. Kiba si stira, mentre Akamaru alza la
testa e tira fuori la lingua, ansimando. È una scena ridicola,
di quelle che racconti agli amici assenti, ma allo stesso tempo di
solito non ride nessuno perché dalle loro parti con quegli
elementi lì, quel jinchuuriki lì, sono abituati a cose
del genere. “Ora puoi tirarla fuori,” concede Sasuke,
porgendogli il guanto da forno. “Eccomi, amore, sono a
casa!” Per Naruto è la seconda volta che prende una
culata, ma la prima che si ustiona. Urla, mandando a cagare tutti i
Daimyo che conosce e i loro stupidi gatti sperduti. Poi decide di
incolpare il nuovo venuto per tutte le sue sciagure, passate,
presenti e future, e si volta a vedere chi lo ha deconcentrato con
quell'estrema facilità. “Ino...” geme
Shikamaru, ché a lui basta dire il nome di una persona per
rimproverarlo di tutte tutte tutte le sue immani fatiche. “Yamanaka,
Konohamaqualcosa non è qui, quindi sloggia.” “Sei
geloso, Sas'ke!” miagola lei, deliziosamente sarcastica, “Sono
qui per salvarvi il culo, larve,” continua, spietata, e la
stanza si riempie dei suoi colori e del suo ottimo umore. “Ovvero?”
chiede Kiba. “Ovvero non parlo con uno sdraiato sotto al
tavolo come un cane!” “Woof!” abbaia
letteralmente Kiba, facendo penzolare fuori la lingua. Akamaru
scodinzola, pigro, ché stare accanto a Shikamaru fa male. Il
genio sciolto sulla sedia, l'ammonisce ancora, con quel suo tono che
implica 'Oh su, ti prego, non infierire'. “Sono
venuta ad assaggiare questa fantomatica torta,” rivela lei,
finalmente, lisciandosi la coda bionda con le dita sottili. “Forse
mi sbaglio,” comincia Sai, cauto, “ma non dovreste
regalarla intera, la torta?” C'è un attimo di sincero
smarrimento in cui Shikamaru si sente scivolare nel sonno, poi Ino,
che sa come funzionano i suoi meccanismi, gli urla nell'orecchio
qualcosa che neanche era rivolto a lui. “Sì, ma
questa è la prova, il compleanno di Kakashi non è oggi,
e nemmeno domani.” Sasuke ha un mancamento e deve sedersi,
senza pensarci tanto si siede proprio accanto a Sai, ignorando di
essergli tanto vicino che Naruto, dall'altra parte della stanza,
storce il naso. Shikamaru decide in quel momento di murarsi vivo in
casa così da non venire disturbato per la seconda torta. Kiba
ride, perché era già quasi un'ora che non lo faceva, un
record per i suoi standard. E in tutto questo ci sono due tizzi
biondi con gli occhi azzurri che assaggiano la torta, usando le dita
come coltello, paletta e forchetta. È in quel momento che
arriva Chouji al grido di 'Ce l'ho fatta, ho il vino giu...!', grido
che si interrompe quando entra in cucina e trova una torta squartata
sul tavolo. Poi decide che finire la frase non è così
importante come aiutare a finire la torta.
Scar,
mi dispiace. u_u' C'è tutta la mia buona volontà. C'è,
*la cerca* giuro che c'è! Non amo questa coppia perché
Naruto si merita di meglio e Sasuke dovrebbe imparare che il manga si
chiama NARUTO e non gira tutto intorno a lui. Quella poi è
Megan Gale, tutt'al più. Però ammetto che in un certo suo,
tremendo e brutale, qual modo è stato anche un pizzico
divertente. Mi consolo con Kiba che ride sguaiatamente, ooc da
morire, Sai che parla di torte, ooc da morire, e Shikamaru che dorme
ovunque... ic, credo. Credo inoltre che il titolo originale di questa cosa
fosse “Fallimento” all'inizio, in tutti i sensi, tra
l'operazione torta fallita e il mio altrettanto fallito tentativo di
SasuNaru, ma poi ho preso altre strade, ecco.
Comunque.
C'è tutto il mio impegno e il mio affetto in questa cosa,
quindi vi prego accontentatevi. Scarlett, tanti tanti auguri di
buon compleanno! E sappi che è stato un piacere conoscerti,
adesso posso dire di sapere com'è un tuo sorriso, dal vivo,
quindi dimmi quando sorriderai così me lo immaginerò e
saremo pari! Uh? XD Chu!
I personaggi e i
luoghi non mi appartengono e non c'è lucro.
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Capitolo 4 *** Epilogo ***
Epilogo
“Beh, grazie.
Grazie lo stesso!” Kakashi si appoggia di schiena
all'acquaio della propria cucina, ha le braccia lungo il corpo e le
mani sorreggono il suo peso, puntate sul piano. L'occhio scoperto non
è chiuso, ma sorride. C'è qualcosa di buffo, di
strano, di dolce, di strano e anche... strano, in quella situazione.
A partire dal fatto che lui non è mai stato bravo con le
smancerie e i ringraziamenti se non quelli di circostanza, fino ad
arrivare alla visione dei suoi allievi, in piedi nella sua cucina, in
silenzio. È tutto strano. Naruto ha un sorriso pieno,
raggiante. Sakura è imbarazzata, lo è dall'inizio e
Kakashi sa che nonostante lei fosse al corrente dell'errore degli
altri non ha avuto il cuore di informarli. Sai ha quel suo sorriso
falso che, adesso lo sanno, non è altro che una maschera per
proteggersi. Sasuke invece sembra indeciso se pestare Naruto in suo
onore o evitare di rompergli la casa spaccandoci sopra la testa
dell'idiota. “È... è davvero un bel pensiero,”
continua Kakashi, con vago imbarazzo. Spesso si mantiene distante
dalle persone, da una parte ne avverte la necessità e
dall'altra c'è il meccanismo innescato dalla severa educazione
ninja, così mantiene i rapporti sociali tiepidi e non si
lascia coinvolgere. Con i suoi allievi invece non deve fingere,
istintivamente reagisce in modo diverso: non si sente salire il
nervoso quando si parla di Sasuke, non si sente indisposto a
concepire una visione diversa dalla sua quando si parla di Sakura,
non si sente stanco quando si parla di Naruto e non crede che Sai sia
meno importante perché arrivato per ultimo. C'è una
buona dose di molliccio affetto, in questo, lo riconosce con una
punta di fastidio, giacché ha in testa la voce di Tenzo che lo
canzona per l'età che avanza. C'è un dolce sapore in
bocca, una bella sensazione che passa dalla gola e scivola giù
nello stomaco, legato al fatto che sono di nuovo tutti e tre lì,
a Konoha, sani e salvi. Sono in cinque adesso, perché le
famiglie che funzionano si allargano e per funzionare non deve
necessariamente andare sempre tutto liscio bensì bisogna
superare gli ostacoli insieme. Sasuke deve aver deciso pochi
istanti prima che il suo tavolo non gli piace e ci sta schiacciando
sopra la testa dura del jinchuuriki. “È il quindici
di settembre, cialtrone, non di agosto,” ringhia,
soffocando gli starnazzi di Naruto sulla superficie lignea. Kakashi
non si scompone perché la sorpresa continua ad essere, da
qualsiasi parte lui la guardi, davvero bella. Pur se in anticipo,
pensa, massaggiandosi la testa. La torta è pure buona,
scopre, quando Sakura gliene offre una fetta. Mancava qualcosa,
infatti. Mancavano le grida e i pugni dell'allieva. Lei però
si siede sul piano vicino a lui e mangia la torta con occhi lucidi,
guardando gli uomini della sua vita tutti lì, in quella
stanza. Tutti sani e salvi. E il loro problema più grande è
azzeccare il mese del compleanno di Kakashi, finalmente.
Owari
(500
sudate parole)
Bleah. Detto questo,
sappiate comunque che questa flash mi piace più dei precedenti
capitoli. È vero che non c'è SasuNaru evidente - anche
se so che molte di voi ce lo vedranno lo stesso u_ù - ma
soprattutto c'è il team sette, il team Kakashi, quello che vi
pare, ma sono tutti lì, c'è pure Sai, e sono davvero
belli. Bellissimi.
Vi ringrazio molto
per i complimenti, per l'incoraggiamento in questo parto gemellare e
per averla seguita. Grazie.
I personaggi e i
luoghi non mi appartengono e non c'è lucro.
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