Buon compleanno!

di slice
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***








Buon compleanno!
di slice





Naruto è un bambino.
Quando, a distanza di settimane dal processo, Sasuke ha avuto il permesso di tornare nel suo quartiere, pur se con gli ANBU attaccati al sedere, portava con sé l'inconscia convinzione che Naruto fosse cresciuto. Non cambiato nei suoi pregi e difetti principali, soprattutto quelli che lui odiava e allo stesso tempo, segretamente, amava di più, bensì maturato anche su altri aspetti meno ingombranti che però contribuiscono lo stesso a fare l'insieme dell'individuo.
Invece no.
Invece, già dopo pochi giorni, dovette ricredersi.
Naruto, ancora a distanza di quasi quattro anni, è lo stesso scapestrato che ha una dieta a base di latte scaduto e ramen, la maggior parte delle volte liofilizzato, per giunta; è la stessa testa dura che ignora la pubblica decenza, berciando per esempio cose che in pubblico non si dovrebbero neanche bisbigliare. È un disastro totale in cucina come in bagno e anche in salotto e pure a letto: gli tira i capelli mettendoci un gomito sopra, gli preme il ginocchio sulle parti intime per spostarsi, finisce giù dal letto senza un motivo logico e ciarla sempre ininterrottamente anche in quei momenti.
La sua casa è invivibile e improponibile. Ci sono organismi strani che galleggiano nell'acqua torbida lasciata nell'acquaio, i ciottoli sono accatastati in modo disordinato, le pentole incrostate dentro e annerite fuori; pezzi di cibo sono sparsi ovunque. Tra la decomposizione dei resti nella cucina e quella dei calzini e delle mutande lasciate in giro, l'odore non è dei migliori. Il bagno è una zona rossa, assolutamente rossa e lampeggiante, è un posto allucinogeno dove trovano rifugio nuovi ecosistemi.
Sasuke prende con la punta delle dita una bacchetta lasciata sul tavolo e la usa per far cadere una maglia sudata dalla spalliera della sedia che ha davanti, solo dopo ci si siede sopra, con poca convinzione.
“Ma fai sul serio?” sussurra schifato, più a se stesso che al padrone di casa, lanciando un'occhiata sconfortata alla stanza.
Naruto si muove leggermente sul letto poco distante, forse per far intendere che ha sentito, e inspiegabilmente i ciottoli nell'acquaio cadono di lato spargendosi sul piano della cucina e in terra.
“Dobe,” inizia Sasuke, sospirando, “svegliati, o verrai mangiato dai batteri.” Che a occhio e croce potrebbero essere grossi come un vitello, pensa accigliandosi.
L'altro mugola, cambiando posizione.
Ci sono alcuni metri a dividerli, ma Sasuke, nonostante i suoi occhi non siano più quelli di un tempo, riesce a distinguere ancora con fin troppa nitidezza la sagoma del compagno di squadra: Naruto ha un pantaloncino corto, cortissimo, e una camicia lasciata aperta, dorme supino con le gambe piegate che però son scivolate ai lati, conferendogli una posizione da rana sciancata, e, con rammarico, il genio scorge qualcosa di tondeggiante uscire dall'orlo del pantalone. Abbassa la testa e si preme indice e pollice ai lati del naso, alzandosi di scatto subito dopo.
“Forza, sgorbio!” e lo punisce, togliendogli il cuscino da sotto la testa. “Hai rotto per giorni con quella cosa della torta, vuoi farla o no?”
Il jinchuuriki scatta a sedere come una molla, serrando gli occhi, dopo averli incautamente spalancati, per l'improvvisa ondata di luce che probabilmente lo avrà reso cieco per sempre, come borbotta mentre scende dal letto con l'eleganza di un'oca artritica, e si dirige in bagno senza degnare l'altro di una risposta.
Sasuke, che non è mai stato incline a pregare le persone, tanto meno per qualcosa che non lo sfiora minimamente - come ci tiene a precisare da giorni - lo ignora e si dirige verso l'uscita, scavalcando con estremo sdegno un grumo di roba arancione che potrebbe essere il groviglio di stoffa dei vestiti di Naruto o anche la cena del giorno prima, da lui vomitata.
“Assetta... Assetta Sas'se!” urla il compagno a petto nudo e con lo spazzolino in bocca, concentrato sulla lampo dei pantaloni mentre lo insegue. Prima di uscire afferra una maglia, intuendo che pur essendo momentaneamente l'eroe di Konoha la gente ha pur sempre il diritto di declassarlo.
“Assettami, caholo!” biascica, una volta fuori, prima di infilarsi l'indumento mancante senza togliere lo spazzolino e rischiare così di trafiggersi il palato.
Sasuke lo guarda con la bocca leggermente aperta e l'espressione di uno a cui hanno appena detto che un cammello diabetico cammina sulle gobbe, e non migliora quando l'altro, riuscito a liberarsi, getta lo spazzolino all'interno prima di chiudere la porta e poi sputa di sotto, sulla strada.
“Naruto,” quasi urla Kiba dal piano terra, “che schifo!” dice, ridacchiando, però.
“Questo è l'aiuto che intendevi?” chiede Sasuke, scettico, seguendolo giù per le scale.
“Ehy, con le ragazze sarebbe troppo facile: se la facciamo da soli avrà più valore,” argomenta lui, gesticolando, “però Kiba ha una sorella e suppongo l'avrà vista in cucina qualche volta,” conclude, saltando gli ultimi tre gradini per un motivo che sfugge alla comprensione umana.
L'immagine di Kiba in quel momento però non è delle più convincenti, non quando appare all'improvviso, una volta arrivati in fondo alle scale, dopo le parole espresse a suo favore: ha le gambe tese e le mani a terra, è a gattoni con il mento che sfiora il terreno ma tiene il deretano per aria e il bue bianco davanti a lui è nella stessa imbarazzante posizione, con la differenza che uno muove il culo e l'altro la coda.
“Oh sì, ci sarà indubbiamente d'aiuto,” commenta il genio, sorpassando Naruto.



E questo è l'aiuto che intendevi tu, invece?”
Sasuke sbuffa, scegliendo diplomaticamente di ignorarlo. Guarda davanti a sé e stringe gli occhi sulla figura spalmata in quel letto: Shikamaru giace innaturalmente scomposto, tra le lenzuola raggomitolate, perché aveva iniziato a stirarsi, quando Akamaru gli ha leccato metà corpo con una sola lappata, ma poi si è addormentato nel mezzo del movimento ed è rimasto voltato su un lato solo per metà.
“Shikamaru, per favore, abbiamo bisogno di te, eh!” urla Naruto, colpendo il letto con un piede al fine di scuotere l'occupante. Tuttavia, quel che ottiene è un lungo gemito esasperato e qualcosa che ha tutta l'aria di essere un “due minuti”, biascicato.
Mentre decide la strategia migliore da intraprendere per convincere un ninja diciottenne già in pensione ad alzarsi, Sasuke incontra l'espressione di Kiba che sembra deliziato all'idea di rompere le balle al prossimo.
“Inuzuka, attacca!” sguinzaglia, senza rimuginarci troppo, indicando la preda con insolita partecipazione al ricordo di quello che gli ha detto Naruto tempo prima, riguardo Kiba e i suoi mille e uno modi di svegliare Shikamaru.
Lui non ci pensa due volte e, avvicinatosi al letto, fa uno strano movimento coordinato di gambe e braccia, sul posto, per darsi lo slancio e saltare addosso al ninja addormentato; la vittima, infastidita, ma troppo pigra per ringraziarlo di avergli messo in disordine le vertebre con una ginocchiata, grugnisce soltanto, voltandosi pancia sotto. Kiba che sa come rompere le palle muove una mano proprio in quella direzione, strizzando leggermente. Shikamaru guaisce e l'imitazione è talmente perfetta che Akamaru, saltato sulle ormai non più candide lenzuola, si immobilizza, muovendo solo le orecchie in ascolto di altri uggiolii.
“Che atrocità!” ride, il jinchuuriki.
“Ci serve vivo, Inuzuka,” ricorda Sasuke, caustico. Vorrebbe inoltre fargli notare che un ninja dovrebbe conoscere più dignitosi metodi di persuasione, ma quel desiderio va velocemente scemando intanto che la tortura prosegue, con immotivata crudeltà.
“Sono sveglio...” tenta di dire il poveretto, mugolando sconsolato. Ma il carnefice lo prende per una caviglia e lo trascina letteralmente giù dal letto, così che cada come un sacco di patate sul pavimento, producendo un tonfo sordo.
Shikamaru a quel punto poggia la testa in terra e chiude gli occhi.
“Non è possibile,” sorride Kiba. Lo prende per le spalle per portarlo seduto e lo scuote con forza, urlandogli che deve svegliarsi perché altrimenti lo tireranno fuori dalla finestra.
Nara si acciglia, apre gli occhi e lo fissa, inducendolo a fermarsi. Si guardano giusto per un momento prima che Shikamaru parli, questa volta in modo più comprensibile.
“Tre, due, uno...” e la sveglia suona, sul comodino dietro di lui, isterica come la voce di sua madre che lo chiama dalla cucina. “Quando ho detto 'due minuti', alludevo a questo.”
Kiba e Naruto scoppiano a ridere, Akamaru abbaia, ancora con le zampe sul letto, e Sasuke sposta semplicemente lo sguardo sul jinchuuriki, con un cipiglio severo, scrutandolo come se lo credesse pazzo quando questi scoppia a ridere all'improvviso.
Shikamaru incrocia le gambe, lì sul pavimento, e stira le braccia, ora che è libero dalla morsa del nemico numero uno del suo riposo, sbadigliando impunemente. Sbuffa, portandosi una mano a coprire gli occhi per la troppa luce. Kiba si diverte sempre moltissimo a svegliarlo durante i suoi mille mila sonnellini, arrivando ad ignorare persino il rispetto per i suoi spazi.
“Che volete?” si decide ad informarsi, visto che nessuno sembra propenso a spiegarglielo.
“Ah, giusto!” salta su, Naruto, “abbiamo bisogno delle tue doti analitiche: 'se non sai fare qualcosa aiutati con la logica', mi dicesti una volta,” sorride con quei fastidiosissimi trecentoventisette bianchissimi denti.
“Che palle...” strascica Shikamaru, alzandosi da terra per dirigersi in cucina, “posso fare colazione, prima?” chiede, scocciato.
“Puoi anche pisciare, senti come siamo magnanimi!” celia Kiba, portandogli un braccio sulle spalle, mentre gli altri due li seguono in cucina dove mamma Nara sta berciando al figlioletto che la cucina chiude alle nove; e mancano pochi minuti.
Yoshino è una donna strana che imbarazza e stressa suo figlio, ma che liscia il pelo degli ospiti come una brava padrona di casa. Akamaru ringrazia scodinzolando. Lei ha apparecchiato per tutti, infatti, e Naruto e Kiba si fiondano indecorosamente a tavola.
“Che incivili,” si schifa Sasuke, rifiutando con garbo il tè che gli viene offerto.
“Ah, muoviamoci che c'è anche Sai da reclutare!” dice Naruto, riuscendo ad urlare anche a bocca piena.



Sai vive vicino al centro. L'appartamento gli è stato affidato quasi due anni prima: non sapevano dove collocarlo sul momento e, pur essendo un appartamento di quelli affidati ai maestri dell'accademia e ai jounin istruttori, quando se ne liberò uno lo collocarono lì - come se fosse stato un pacco - temporaneamente. Dopo la prima missione svolta come parte del team sette ai danni del sannin dei serpenti, con gli eventi successivi, a partire dall'invasione di quel pazzo visionario di Kazuma e i suoi quattro seguaci, passando per quella che poteva essere chiamata la quarta grande guerra ninja, fino ad arrivare all'enorme scontro che aveva visto alleati Sasuke e Naruto contro Madara, e quello che rimaneva di Orochimaru nel corpo di Kabuto, dal momento che la cosa non aveva un'alta priorità, non c'era più stata occasione di rivedere la sua ubicazione.
“Sai! Sai! Saaaaai!” urla Naruto, in crescendo, poco prima di prendere uno scappellotto, “Sas'ke...” si lamenta, guardandolo male.
“C'è il campanello, idiota,” dice lui, sporgendosi verso la porta per premerlo. Tuttavia, quando appoggia il dito sull'oggetto la porta dell'appartamento si apre, mostrando il ninja d'elité.
“Buongiorno!” li accoglie Sai, facendosi da parte per farli entrare.
L'interno del suo appartamento è incredibilmente spoglio. Ha l'aria di una delle stanze delle locande dove Naruto si fermava spesso con Jiraya, quando andavano in giro per allenarsi, piuttosto che una casa vissuta, però non è fredda, anzi. Le tende hanno un colore chiaro, leggero, che dà luce alla stanza, la mobilia è scura e semplice, un po' impersonale in effetti ma, da quando Sakura gli ha suggerito di appenderli, quelle pareti ospitano molti dei suoi dipinti; accompagnano quei mobili con paesaggi e squarci di villaggio, di vita, di colore. Gli oggetti in giro sono molto pochi e sono tutti essenziali: pergamene, kunai, inchiostro e rotoli ricordano che è un ninja e timbri, pennelli, tele e colori lo avvicinano anche alla figura del pittore. Chiunque conosca un minimo quello shinobi, si sarebbe aspettato quello scenario, ma paradossalmente è proprio il fatto che sia così fedele alle aspettative a renderlo bizzarro.
“A cosa devo questa visita di massa?” chiede, facendo segno di accomodarsi, dopo aver chiuso la porta.
“Dobbiamo fare una torta!” salta su, Naruto, entusiasta.
Per un momento c'è un silenzio atto a far continuare la spiegazione, ma Naruto sorride e Kiba sta raccogliendo quello che Akamaru ha buttato in terra con la coda, sul mobilino basso accanto al divano, mentre Shikamaru sbadiglia. Sasuke quindi sospira, alzando gli occhi al cielo.
“Kakashi sensei compie trent'anni,” spiega, criptico ma esaustivo.
Sai spalanca gli occhi e si alza, dirigendosi senza fretta alla libreria alle sue spalle, osserva i tomi e i libri messi in ordine alfabetico con diligenza e alla fine ne estrae uno con la copertina chiara. Si volta, prendendo a sfogliare il libro solo una volta tornato seduto.
“Ecco!” e punta un dito sulla pagina stampata, con espressione grave, “Qui dice che alle persone fa piacere l'interessamento per la propria età solo fino ai trent'anni, in genere: siamo sicuri che gradirà?”
“Ma che libro è?” si lagna Shikamaru, retorico.
“'Mille e una festa da ricordare',” sorride Sai, mostrando la copertina tenendo un dito all'interno per non perdere il segno.
“Dai, Sai, non rompere e vieni!”
“Vero! Tanto ti ci trascino, piuttosto, eh!” lo incitano a loro modo Kiba e Naruto, ancora prima di aver udito un reale rifiuto.
Sai rimane a scrutarli con un'espressione seria, con gli occhi che passano da un elemento all'altro del gruppetto adagiato - o svenuto, se lo sguardo cade su Nara - sul suo divano, prima di sorridere, socchiudendo gli occhi.
“Voi volete che partecipi anch'io.”
“Ma certo! Sei anche tu un membro del team sette, eh!” esplode letteralmente Naruto, saltando in piedi all'improvviso.
“E allora che ci faccio io qui?” si lamenta Shikamaru, coprendosi gli occhi con un braccio mentre Kiba gli solletica l'orecchio, ridacchiando.
“Insomma, vieni o no?” sbuffa Sasuke.
Sai dà l'idea di uno che non capisce una mazza e invece ha il pieno controllo delle situazioni in cui si trova, spesso si diverte semplicemente. Nello specifico, Sasuke è davvero uno spasso e non è neanche così difficile raggirarlo, nonostante in molti lo apostrofino come 'genio'.
“Oh, sono contento che tu mi abbia accettato Sas'ke: ho letto che non è affatto facile in questi casi,” dice, sorridendo ancora.
“Tsk.”



Con un minimo di senso logico sarebbe ovvio a chiunque che per fare una torta di compleanno serve innanzitutto conoscere i gusti del festeggiato.
“Dove stiamo andando?”
Shikamaru, che è notoriamente un ragazzo intelligente con aspirazioni modeste, decide di iniziare con qualcosa di semplice e prenderla larga. Questo però sarebbe una scelta sensata se le persone intorno a lui fossero vagamente attente e capaci. Sasuke, che ha la misura dell'idiozia che dilaga da quelle parti, lo guarda con pacata compassione.
“Oh... boh, io seguivo voi!” dice Naruto fermatosi di scatto in mezzo alla strada mentre Kiba ride, lasciando intuire che lui stava facendo la stessa cosa.
Sai sorride, assolutamente fuori luogo.
“Ok, mi sembra che non abbiate le idee chiare,” dice Shikamaru, sedendosi sulla panchina più vicina.
“Non dovremmo fare una lista di quello che ci serve?” chiede Sasuke che ha un vago ricordo di grembiuli sporchi di farina troppo grandi per lui, risate sporche di farina, e sapori dolci su un dito, sporco di farina, che copriva un sorriso gentile, incastrato nelle sinapsi che lo infastidisce.
“Mh, cosa serve per fare un dolce? Uova!” bercia Naruto nell'orecchio di Sai.
“Farina...” brontola Sasuke, sedendosi accanto a Shikamaru.
“Latte!” alza la mano Kiba, con lo stesso entusiasmo di uno che ha risolto la fame nel mondo.
Sai, che si sta appuntando tutto, si blocca un momento per osservare lo stratega che si pulisce l'orecchio con il mignolo.
“Torta di cosa?”
“Di uova, farina e latte...” dice Shikamaru prima di sbadigliare.
“Cazzo,” interviene Sasuke, massaggiandosi gli occhi, “nessuno sa cosa piace a Kakashi?”
Naruto vorrebbe dire qualcosa ma dopo qualche tentativo decide di accigliarsi e rimanere in un dignitoso silenzio. Kiba ride, ché lui sa solo di cosa odora, Kakashi sensei. Sai sorride, ma non è partecipazione è solo una paresi.
“Tranquilli, c'è modo di scoprirlo,” li risolleva Shikamaru, alzandosi, “Andiamo.”










Ahn... Auguri Anna!
Spero sinceramente che ti piaccia perché è stato davvero come partorire una palazzina. u_ù
Buon compleanno! ^^ Chu!



I personaggi e i luoghi non mi appartengono e non c'è lucro.



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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***










In realtà pensare fa male. Si dice sempre il contrario perché si deve pensare alle conseguenze, pensare prima di agire, pensare con la propria testa, ma non si realizza mai che se si pensa troppo si esauriscono i fatti nostri e si finisce su quelli degli altri. Shikamaru lo sa bene perché si sveglia la mattina con un nuovo sistema di gestione dei turni dell'ufficio di decriptazione da proporre a Shiho o un nuovo programma utile all'approccio sotto copertura da riferire a Suzume. E, quasi con la stessa fastidiosa nonchalance con cui questi pensieri affollano la sua mente la mattina, già dal delicato passaggio dal sonno alla veglia, camminando per strada si possono imparare molte cose, la maggior parte delle quali non si vorrebbero sapere. Mai.
È precisamente per questo motivo che Shikamaru ha una lista, numerata per ordine d'importanza, di persone che potrebbero conoscere i gusti dolciferi dell'Hatake.

Pensaci bene, Ino.”
“Oh senti, non posso ricordarmi dei gusti di tutti i bellocci di Konoha, ho da studiare io, sai?”
Shikamaru all'inizio cerca di ignorare il fatto che lei si stia pettinando da quando è arrivato, cosa che non ricorda nemmeno vagamente lo studio; poi si morde la lingua perché sente di volergli fortemente ricordare quello che aveva detto quando, tempo prima, lui le aveva chiesto se non avesse avuto da studiare: non posso mica studiare così tanto, devo ricordarmi anche di tutti i bellocci di Konoha io, sai?, aveva risposto a braccia conserte, spostando il peso da un piede all'altro.
“Dai, non ti viene in mente nulla?”
Ino si ferma, con la spazzola a mezz'aria e gli occhi che vagano sul soffitto.
“Non gli piacciono i dango... troppo dolci, suppongo,” dice, con un tono che implica: e adesso smamma!
Sì, bene, grazie.”
“Sei stata utilissima, Yamanaka,” cinguetta Sasuke, che non gli sputa solo perché con tutti quei fiori gialli intorno non si riconosce benissimo quale sia la kunoichi.
“Come la carta igienica...” ridacchia Kiba con Naruto.
“Beh, c'è chi la usa,” puntualizza Sai, riportando serietà.
Lungo le strade del centro ci sono molte persone, ma è una in particolare quella che il genio placca.
Sakura si ferma a lato della strada, proprio mentre sta per prendere la direzione dell'ospedale, si volta con un'aria stupita e un carico di ventisette chili cartacei tra le braccia.
“Che cosa succede?” chiede, leggermente allarmata, facendo scorrere lo sguardo sui presenti.
“Ci serve un consiglio da una donna!” bercia Naruto.
Sakura si rilassa e, anche se non avrebbe potuto ugualmente rilassarsi con quella spiegazione, normalmente, il fatto che ci siano Shikamaru e Sai la tranquillizza un bel po'. Ché da soli solo i Kami sanno cosa potrebbero combinare, quei due più Kiba.
Shikamaru fa un passo verso di lei e il suo movimento fa in modo che la sua attenzione si riversi interamente su di lui e il reale motivo del disturbo.
“Ah,” rimane così ragionevolmente spiazzata, poi rovista nella sua mente tra colori, taglie, dopobarba, gusti letterari - che le fanno arricciare il naso - e culinari del sensei che però non contengono nessuna informazione sui dolci, “Mh... No. Niente. Mi dispiace.”
“Grazie lo stesso...” biascica il genio.
C'è un attimo di stallo imbarazzante dove Sasuke sbuffa, Naruto ringhia ad Akamaru, Kiba li osserva per la prima volta in silenzio, e Sakura si è appena ricordata di essere in ritardo quindi si volta e si allontana a gran velocità.
“Ok, chi è la prossima?” trilla Naruto che non si perde mai d'animo.
“La prossima è un uomo e...” Shikamaru sbuffa, osservando Gai in fondo alla strada che cammina su una gamba sola con Rock Lee sulle spalle, “e lo saltiamo. Tanto anche quella dopo è un uomo.”
Le strade sono abbastanza deserte a quell'ora; il giorno è iniziato da un po' e si sono già alzati tutti, ma è anche sufficientemente tardi da averli già visti recarsi a lavoro. E con le strade così ariose si possono trovare le persone che si cercano a decine di metri di distanza anche senza il fiuto di un segugio. Questo non toglie che scoprire coloro a cui si riferisce Shikamaru permetta di vedere facce buffe anche su Sasuke.
“Lo so che è una richiesta bizzarra, ma ci aiuterebbe molto se riuscisse a darci un qualsiasi indizio, Yamato san,” lo sprona Nara.
“Beh, in realtà lo conosco come compagno d'armi, io. Posso dirvi quale posizione preferisce in battaglia, quali armi predilige, elencarvi le strategie che usa maggiormente, ma non saprei davvero cosa suggerirvi riguardo ai dolci.” sorride Tenzo, osservando l'immediato scoglionamento generale con un pizzico d'apprensione. “Magari potreste provare con Gai!” suggerisce, illuminato.
“Non fa niente,” si affretta a dire Shikamaru, prima di voltarsi e riprendere il cammino. “Si ricordi di tacere, in ogni caso,” dice, con un tono più alto per farsi sentire anche con la distanza accumulata.
“Adesso?” mugola Naruto, sottotono perché lui non si arrende mai ma si annoia presto.
“Calma, andiamo all'ospedale,” ordina lo stratega.
Il tragitto, se pur breve, viene bombardato da ciance inutili e condito con frasi tipo 'perché all'ospedale?', 'a Sakura e a Ino abbiamo già chiesto, te lo ricordi, Shikamaru?' e giù risate perché non fa male ridere se ci si annoia, almeno finché non si urta la pazienza di un Uchiha qualsiasi, insomma. Poi ci sono chidori e starnazzi che vanno sedati perché uccidere qualcuno nei pressi di un ospedale non significa avere un'attenuante.
“Buongiorno, Shizune san, per caso sa dirci quali sono i gusti di Kakashi san in fatto di dolci?”
Naruto spalanca la bocca e non la chiude per tutto il quarto d'ora successivo, Kiba ci infila di tutto e muore dalle risate, Sasuke pensa ancora che quella gente sia meno utile della carta igienica traforata e Sai si guarda intorno perché in quell'ala non c'era mai stato.
“Io? Ma... ma... perché dovrei sapere una cosa del genere? Come potrei...?” balbetta Shizune, indietreggiando come se fosse braccata da ninja nemici.
“Non è né il perché né il come che ci interessa, ma solo il cosa, Shizune san,” spiega Shikamaru, paziente.
“Cioè? '
Cosa potrei sapere una cosa del genere...'?” bisbiglia Naruto, udito, suo malgrado, da Sasuke e punito di conseguenza.
“Cioè,” chiarisce lo stratega per pietà, “quale tipo di dolce piace a Kakashi san?”
“Ma non era 'cosa'?” si acciglia Naruto, e il piede di Sasuke batte in terra sempre più velocemente e rumorosamente.
“Mh, ahn... non lo so,” ride Shizune, muovendo irrequieta la coda nevrotica. “Non saprei, uhm, non credo gli piacciano i dolci... Mh, la torta di riso! Cioè, può darsi... Forse?” ridacchia ancora, sistemandosi i capelli, nervosa.
“Sì, forse, grazie Shizune san.”



Avere una lista della spesa non significa essere a metà del lavoro come invece ha sentito dire a sua madre. Shikamaru se ne accorge osservando i suoi compagni fare tutto tranne che la spesa.
“Oh, ma che palle Uchiha, non ce ne frega niente dei soldi che hai, questa è la stessa cosa e costa la metà!”
“Lo so, Inuzuka, ma basta guardarti per conoscere gli effetti del cibo che costa la metà.”
Kiba ringhia letteralmente, snudando i canini, mentre pensa a qualcosa di cattivo da vomitare addosso a quel pallone gonfiato.
“Ehy ehy! Stiamo solo facendo la spesa, ragazzi!” interviene Naruto, spuntato a fianco di Sasuke.
“E tu che c'entri? Sei il suo tutore?” gracchia Kiba, indicando l'altro.
“Già, testa quadra, che c'entri?”
Naruto, nonostante il suo egodistonico attaccamento a Sasuke, è cresciuto. Ha anche scoperto che è facile e liberatorio mandare a cagare quel grumo d'orgoglio e malinconia che è Sasuke, solo che la maggior parte delle volte si sente in colpa come un cretino e pure la volpe ride di lui, là dentro, nella sua pancia. Così ha imparato a lasciarlo parlare, almeno per un po', a evitare di prenderlo a pugni alla prima frase acida che gli rivolge. Alla seconda già non resiste più e o si spogliano o si menano, ma alla prima si trattiene, ecco.
“Oh, senti Sas'ke, se paghi tu prendi questo,” dice sventolando la confezione di riso più cara, “Altrimenti prendiamo l'altro!”
Dopo un attimo di silenzio e sdegnata incertezza, Sasuke prende di malavoglia il pacchetto più caro e lo butta nel cesto che porta Chouji.
“Tsk. Poi sono io quello matto: avete lasciato la spesa ad uno che mangia anche il sibilo dei kunai...” brontola, voltandosi per raggiungere lo scaffale della farina prima di Kiba.
Shikamaru ha solo il tempo di guardare Chouji e rendersi conto che le parole dell'ex nukenin gli sono scivolate addosso, quando Naruto gli sottrae il cesto.
“Chouji, andresti a scegliere un vino che si abbini con questo tipo di torta?”
Akimichi gonfia le guance e arriccia le labbra, scontento, ma poi si volta e inizia a camminare verso il giusto reparto.
“Molto delicato, Naruto,” bofonchia Nara, prima di seguire il compagno.
Il problema che segue non è migliore di quello della spesa per il riso, ma almeno è abbastanza divertente. Per Kiba.
“Che cosa vuol dire che te ne intendi di latte, allevi mucche?” chiede Sasuke, distogliendo lo sguardo dalla scadenza del cartone che ha in mano.
“Ma cosa dici, teme, io non faccio altro che bere latte, eh!” dice Naruto, dimenticandosi completamente del ramen.
Poi si volta verso il compagno mentre lo dice e c'è la luce diurna che lì, in quell'angolo del negozio, filtra male. C'è il chiarore dietro quei capelli biondi e il viso è leggermente in penombra, Sasuke rimane un po' stordito perché poi ci sono quegli occhi azzurri, azzurro cielo, denso e surreale, che quasi ipnotizzano e non si riesce a smettere di guardarli.
“Prendi questo, magari ti piace anche se non è scaduto...” borbotta il genio e lo sorpassa, lasciandolo lì dov'è come un merluzzo. Lo avrebbe baciato, in realtà, ma c'è l'inutile Inuzuka che sghignazza perché ha capito tutto e non aspetta altro che farsi due risate. Chi disprezza compra, Uchiha, mh?, gli aveva detto una delle prime volte che li aveva beccati insieme e già allora si era appena trattenuto dall'uccidere tutta Konoha per altri motivi, ci mancava solo quel coso lì, con i segni rossi sulle guance, a fargli perdere la pazienza.
“Cosa c'entra che non è scaduto?”
E la risata di Kiba è fastidiosa anche quando non ride di loro, di quella cosa strana che c'è tra di loro, che gli è scivolata dentro, densa e surreale come quegli occhi.
“Andiamo testone, la vuoi fare o no, questa torta?”
“Quale torta?”
Sasuke si sorprende, come poche volte nella sua vita, di non sapere che espressione dover assumere. Non gli serve fingere: se c'è sdegno dentro di lui è lieto di mostrarlo, così come rabbia, disgusto, odio e ogni tipo di sentimento che comprenda l'irritazione. Se si scopre felice regala un'indifferenza leggera e fresca che sembra davvero un sorriso a chi non lo conosce e che si scopre essere sul serio uno stirare di labbra tra quei ciuffi neri per chi invece sa cos'è un Sasuke Uchiha. In fine, l'indifferenza vera è una patina rassicurante che mette tra sé e il mondo per doverlo affrontare diluito ed evitare che lo travolga.
Ma in quel momento non sa proprio cosa dovrebbe fare perché quello che ha davanti era un ottimo sostituto per un genitore e lui, da bravo adolescente che crede di sapere tutto, lo ha trattato come una cartaccia che si trova sulla strada, calciandolo ripetutamente fin quando non è stato fuori dalla sua portata. Non c'è più quell'imbarazzo invadente che gli faceva piegare la testa, che non gli permetteva di guardarlo in quell'occhio nero e sorridente, ma ancora ha uno strano modo di sentirlo vicino. Ma dal momento che sta comprando gli ingredienti per festeggiare il suo compleanno, come una ragazzina dell'accademia innamorata di lui, l'imbarazzo torna ad essere irritazione.
“La torta fatti miei, sensei.”
Quella parola poi ha un suono che disturbava molto più all'inizio e lo ha usato a lungo trasformandolo in un semplice san, poi però Naruto gliel'ha strillata nell'orecchio per mesi e lui ha colto l'occasione per riprenderla sulla punta della lingua. Dapprima dicendola piano accostata ad una frase rivolta a Kakashi, e dopo inserendola con lo stesso tono affinché fosse udibile.
Kakashi da parte sua l'ha sentita. L'ha sentita arrivare al cuore anche la prima volta che il genio l'ha sussurrata, prima di voltarsi e andarsene. L'ha sentita rimanergli in testa quando ha preso la stessa chiarezza delle altre parole della frase pronunciata, come se fosse un indicatore di distanza tra lui e l'ex allievo. Quindi adesso sorride e capisce praticamente solo quella, senza far caso al fatto che Naruto ha già iniziato a farneticare una decina di cose che lui non ha compreso.
“...Non stiamo facendo niente di male, eh!” continua a ragliare Naruto, ignorato.
Kiba si avvicina con la testa piegata da una parte e lo sguardo rivolto ad Akamaru, seduto fuori dal negozio, e quando vede la lingua del cane ritrarsi in bocca e le orecchie spostarsi in avanti, attente ad un eventuale ordine del padrone, sorride prima di iniziare a parlare.
“Ino e Shikamaru hanno intenzione di uscire allo scoperto e vogliamo fargli una festa per dirgli che approviamo!” spiega, acquietando il jinchuuriki che, dopo un ragionevole secondo di smarrimento, sorride esageratamente.
Kakashi è sul punto di dirgli che Shikamaru è due file di scaffali più là e che ha visto Ino sbirciare il culo di Tenzo giusto un paio d'ore prima, però è del tutto certo che queste cose non cambierebbero l'enorme ritardo che ha accumulato, perciò sono inutili, e tace. All'ospedale c'è qualcuno che ha finito il turno da un pezzo e non è ancora stato importunato quindi, insomma, lui ha da fare.
“Va bene, ma non fate disastri, mh,” saluta con la mano e si reca alla cassa. Se non avesse comprato fragole e vino costoso forse sarebbe stato meno sospetto, ma in fondo non sembra importare a nessuno, fortunatamente.



Che cosa manca?” chiede Naruto, sommerso dalla spesa.
“Abbiamo preso tutto,” dice Sai, scorrendo sulla lista.
“Forse potreste darmi una mano,” arranca il jinchuuriki.
“Dove andiamo a farla?”
“Già! Dove?”
“A casa mia, se mi date una mano,” continua il genin, cominciando ad affannarsi.
“Andiamo da me che nessuno verrà a disturbarci, forza. Ma non toccare niente, Inuzuka.”
“Ma poi che tipo di vino ha preso Chouji?”

Ragazzi... Ragazziiiii!” piagnucola Naruto, ancora una volta completamente ignorato.











Non c'è nessuna logica, non cercatela. Saranno solo tre capitoli, eh, se gli Dei mi assisteranno.
Non sono nemmeno aggiornamenti regolari perché il prossimo sarà postato il sette luglio.
Inoltre questo è corto, troppo corto... *si lancia dal monte Rushmore di Konoha*

Tessa, perdonami, è corterrimo e c'è tanto SasuNaru quanto Akamaru. -.- Giuro, ci ho messo del solido impegno. Giuro! u_u'
Tanti auguri, Tessa! Chu! Spero che ti porti almeno fortuna per gli esami. ^^ (Anche se so che non ne hai bisogno, eh! ;p)



I personaggi e i luoghi non mi appartengono e non c'è lucro.



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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***










La casa di Sasuke è enorme. È stanze grandi, penombra e silenzio.
Ci sono pochi oggetti fuori posto e molti altri polverosi nelle stanze in cui il genio evidentemente entra ancora poco, poi ci sono invece ordine e metodo negli angoli più frequentati. La cucina, ad esempio, è illuminata e pulita come non si direbbe potesse essere quella di un diciassettenne e nonostante sia chiaro, dalla grandezza della stanza e dalla disposizione dei mobili, che quella è una cucina da famiglia e non una da ninja, è ugualmente funzionale. Ci sono un paio di larghi piani da lavoro, c'è il piano cottura, il forno, il frigo e c'è il tavolo al centro della stanza con le sedie che lo circondano. Inoltre è pieno di pomodori, lì.

Kiba arriva trafelato, con un foglio in una mano e l'altra sulla milza. Ovviamente gli vengono rivolti degli sguardi eloquenti, persino Akamaru uggiola, portando una zampa sugli occhi.
“Dov'è Chouji, a bersi il vino?” chiede il padrone del bue bianco steso sotto il tavolo, guardandosi intorno alla ricerca dell'amico.
“Ha detto che si informava da suo padre su quale vino servisse per la torta di riso,” spiega Shikamaru, accasciandosi su una sedia della cucina.
“Dov'è l'imbecille, piuttosto?” s'informa Sasuke sulla sua dolce e amata metà.
Inuzuka ride perché ha incontrato Uzumaki per strada e si è guardato bene dall'aiutarlo con la spesa, che per inciso avrebbero fatto tutti insieme, teoricamente.
“Kiba...” si lagna Shikamaru che come al solito, purtroppo per lui, ha capito tutto.
Per fortuna non c'è tempo per nient'altro che Naruto arriva. O meglio: ad arrivare ce l'ha fatta e, in realtà, questo è abbastanza normale, mentre lo stato in cui verte quando appare non lo è affatto. La porta si chiude con un tonfo ad indicare che è stata sbattuta, probabilmente con un piede, e dopo poco il jinchuuriki fa il suo ingresso in cucina.
“Siete... Siete...” gorgoglia affannosamente nel tentativo di mandarli a cagare.
“Siamo qui da un pezzo, dobe, sì.”
Naruto, il dobe, prende il pacco della farina da una delle buste e la lancia a Sasuke che per sua sfortuna ci vede male ma non così tanto.
“Ok, cosa si deve fare per prima cosa?” chiede il padrone di casa, osservando il pacco che ha tra le mani.
“...Pensavo aveste la ricetta,” sorride Sai, che da quando sono a casa di Uchiha non l'ha ancora fatto.
Kiba che si sta gingillando beatamente sotto al tavolo con Akamaru, alza la testa di scatto.
“Ecco a cosa serviva la mia deviazione!” dice, alzando la mano verso Shikamaru.
Lui prende il foglio dalle dita altrui ed inizia a scorrerlo con gli occhi. Sbuffa e arriccia il naso.
“Lo so che è dura leggere, Nara, ma ci renderesti partecipi, per cortesia?” celia Sasuke, dimostrando che ce n'è per tutti.
“No,” risponde Shikamaru, passandosi una mano sul codino, “Principalmente perché non ti servirà a molto conoscere le dosi degli ingredienti se non ne conosci l'ordine, ma anche perché non mi va di dirtele.”
La casa è già abbastanza silenziosa di suo e quell'improvviso scarto nel chiacchiericcio dei giovani la rende più inquietante di quando non c'è nessuno.
“Eh?” chiede Naruto, ché lui non è un genio e si è perso al no.
Sasuke si prende un momento di raccoglimento e se Kiba e Shikamaru non sanno cosa sia un mestolo, loro che hanno i genitori, la mamma, loro che hanno avuto un'infanzia, allora sono leggermente fregati, senza contare che Sai sembra esattamente quello che è: l'uomo più inutile della storia.
“Io lo so.”
Kiba ride e si attacca all'orecchio di Akamaru, che viene momentaneamente sfigurato, per non cadere di schiena, anche se è tutto vano perché il cane si volta e cerca di mordicchiargli il polso. Cretino, mi fai male! dice Akamaru, mentre il padrone si sbilancia ugualmente. Naruto sorride per la scena, ma sono le parole di Sai che gli fanno avere quel tono, quando inizia a parlare, quello di chi si trattiene dal lasciarsi andare ad una risata di pancia come quella dell'amico ferino.
Sasuke è sul punto di buttarli fuori tutti, solo che uno dei suoi maggiori difetti - crede, lui - è appunto un'immane curiosità; cosa che, tra l'altro, gli fa venire in mente quanto si divertissero suo fratello e sua madre a punzecchiarlo e a fargli innumerevoli scherzi, puntando proprio su quella sua peculiarità, che poi gli fa venire in mente che quei tempi non ci sono più e non torneranno mai indietro, e gli ricorda che è stato lui ad uccidere Itachi e che...
“Allora, Sai? Vuoi un invito scritto?” gracchia, inacidito. Devono tutti ringraziare che buttarli fuori significherebbe rimanere da solo con quei pensieri.
“Bisogna far bollire un litro di latte, salarlo e metterci duecento grammi di riso, poi mescolarlo fin quando non si asciuga tutto,” enuncia Sai, con una punta d'orgoglio.
È un evento strano, quello. Però in effetti viene da pensare che con tutti i libri che legge, magari una volta lui abbia sbagliato e se ne sia letto uno di cucina. Questo almeno è il motivo per cui Kiba e Naruto sghignazzano. Shikamaru, invece, ha chiaro in testa i concetti di abitudine e di educazione; è questione di abitudine se Sai si affida ai libri per quanto riguarda altre sfere che esulano dai sentimenti e i rapporti sociali, ma è per via dell'educazione militare ricevuta che lui non ha potuto fare a meno di cercarsi nozioni sterili sulle pagine esaustive dei manuali. Ed è per questi due aspetti che adesso Sai riesce a rapportarsi meglio con qualunque cosa se consulta un libro specifico, di conseguenza riesce ad avere anche la giusta manualità. Legge, elabora e passa alla pratica, per questo gli rimangono più impresse di quanto facciano le informazioni sui rapporti umani.
Sasuke ha atteso che qualcuno facesse qualcosa, ché con tutti quegli inutili idioti nella sua cucina non avrebbe avuto senso fare da sé tutto il lavoro, poi però si è accorto che appunto quella è la sua cucina e che nessuno sa dove mettere le mani, così si è affrettato a prendere il necessario e in poco tempo il latte è sul fuoco.
“Mh, le dosi,” irrompe Shikamaru, “Per quante persone volete che sia questa torta?”
“Noi, più il sensei, no?” Naruto strilla tanto che Akamaru scuote il testone, infastidito dagli ultrasuoni.
Sai sorride. Sasuke sta brontolando con il latte perché dopo ventisette secondi ancora non bolle. Akamaru si lecca una zampa e Kiba appoggia il viso sulla mano, con quel dentino fuori che lo rende buffo. Shikamaru sbadiglia, ma fa l'errore di analizzare quello che il jinchuuriki ha detto proprio in mezzo a quell'idillio, così gli tocca interromperlo. E se c'è una cosa che proprio non lo fa contento è esattamente interrompere uno sbadiglio.
“Diciamo,” comincia, seccato, “Che noi vi diamo una mano perché siamo stati trascinati qui.”
“Sei stato trascinato, tu?” ridacchia Kiba, rivolto al cane, un secondo prima che questi gli lecchi metà faccia.
“Però non serve che partecipiamo,” continua il genio, pestando distrattamente un paio di dita a caso, sotto al tavolo, “Avrà più senso se alla consegna ci sarete voi del team sette.”
“Allora cosa l'hai chiesto a fare, genio?” chiede Sasuke, ora che il latte bolle e non può più prendersela con quello.
Shikamaru sbuffa, non gli piace dover inserire le sue pigre dita nelle altrui piaghe, però neanche gli piace che Sasuke non si renda mai conto di quello che fa. O faccia finta di non rendersene conto, ecco; che alla fine il risultato è lo stesso.
“Lo so, Uchiha, che tu vuoi bene al tuo ritrovato team e che includi tutti a priori, ma con il tuo sempreverde comportamento da stronzo fai capire agli altri qualcosa di drasticamente diverso, quindi a volte sorge spontaneo porsi domande. Ad esempio, nell'immediato: ci vuoi anche Sai? E Sakura che non ha fatto la torta?” spiega Shikamaru, che con Ino e Naruto ha fatto scuola di comprendonio per ritardati ed è abituato a spiegare anche perché mai l'acqua bagni. “Ecco che ho chiesto: per quante persone deve essere questa torta?” conclude, aspettandosi una risposta acida.
Sasuke, mestolo alla mano, gira pigramente quella pappetta umida che son diventati il latte e il riso, e siccome Shikamaru per lui può ciarlare per ore senza che gli interessi niente di quello che dice, lo ignora, vomitando astio per qualcos'altro.
“Io odio i dolci,” dice, rimestando nella pentola a testa bassa.
Naruto, che è tutto illuminato e ha un sorriso che acceca, gli si avvicina. Lo guarda e Shikamaru si è già voltato dall'altra parte quando lo strizza in un abbraccio assolutamente non richiesto.
“Dillo ancoraaa!” trilla e strilla il jinchuuriki.
“Togliti, dobe,” abbaia Sasuke.
“No, non quello,” e dicendolo rafforza l'abbraccio.
Sasuke emette un suono strozzato e il mestolo gli cade in terra. Poi sgrana gli occhi perché ha capito cosa farnetica quello scemo. E lo infastidisce e preoccupa molto il fatto di riuscire a comprendere, di essere al suo livello, ma anche non poter respirare bene non lo fa felice.
“Per cinque, la torta è per cinque, ok?” e viene finalmente liberato, cosicché possa raccogliere l'utensile. “Idiota,” borbotta, piegandosi.
Naruto rimane lì, fermo, mentre il sorriso scompare e gli occhi gli cadono sul sedere del compagno.
“Naruto...” lo richiama Shikamaru che si è voltato nel momento meno opportuno. È condannato a vedere queste cose, lui, e Kiba non aiuta. Il cagnaccio si alza e si piega in avanti, mostrando il deretano.
“Sei geloso?” ghigna, contento di rompere le balle. Akamaru abbaia perché lui nei suoi modesti panni di canide sente l'odore della paura, della felicità e quindi anche, come in quel caso, dell'imbarazzo.
“Sai, ti prego, vai avanti,” propone il genio con le dita premute sugli occhi, mentre Sasuke cerca di tenere mani demoniache lontane dal suo sedere a colpi di mestolate.
“Il riso va tolto dal fuoco e amalgamato con lo zucchero e la scorza di limone,” comunica Sai, senza fare una piega, come se non ci fossero due suoi compagni abbracciati, per come la vede lui; come se non ci fossero due suoi compagni in lotta, per come la vede Sasuke; come se non ci fossero due suoi compagni che amoreggiano, per come la vede Naruto; ho fame e sonno, per come la vede Akamaru.
“Quanto zucchero?” chiede Sasuke, cercando di mutilare il compagno di team.
Sai vorrebbe rispondere, però prima non aveva pensato alle dosi e allora rimane un attimo smarrito tra grammi e litri.
“Un momento...” frigna Shikamaru, che non gliene frega niente, ma lui stava anche bene altrove e quel tono piagnucoloso è tutto quello che può offrire sul momento. “Hai dato dosi per sei persone, quindi sono duecento grammi di zucchero,” dice fiero del suo calcolo veloce; perché, nonostante sia pigro come Shikamaru, è anche intelligente come lui, lui.
“Grattugia la buccia di limone qua dentro, tu, e piantala!” sbotta, Sasuke, porgendo un piccolo recipiente a Naruto.
Lui sbuffa, ma si vede benissimo che non è seccato. Forse gli scoccia un po', in effetti, non potergli mantrugiare i fianchi e masticare le orecchie e ridere sulla pelle nuda, però tanto sa che l'altro si sta trattenendo e quando rimarranno soli sarà il primo a voler andare di sopra. Perciò inciampa nella coda di Akamaru, pesta un piede a Kiba e fa cadere una sedia, giacché è distratto da quegli occhi neri, poi per fortuna riesce a trovare un angolino di tavolo dove mettersi a grattugiare il limone.
Grattugiare, comunque, è una parola che fa ridere, come pigiama o pantofole, e finisce che lui e Kiba si guardano solo e poi ridono, strizzando gli occhi a testa bassa, come gli scemi che sono.
“Adesso va lasciato intiepidire,” continua Sai, stoicamente, facendo notare che niente lo scalfisce, che potrebbe passare di lì Konohamaru nudo e lui continuerebbe ad elencare ingredienti e procedura.
Sasuke prende una tortiera che ha un generoso strato di polvere in dotazione e dopo un attimo di disappunto la pulisce nel lavello. Dopo passa accanto al forno e lo accende per riscaldarlo, lascia il recipiente sul tavolo, prende il burro dal frigo e torna al piano ligneo, solo allora si accorge di avere sei occhi umani e quattro animali che lo fissano.
“Credevo che non ti piacessero i dolci...” dà voce alla domanda di gruppo, Shikamaru.
“Beh, forse un tempo le facevo anch'io, le torte,” risponde, con la stessa palese disponibilità che potrebbe avere Morino, “Mai fatta una torta con vostra madre?” sbuffa, retorico e infastidito.
Naruto è verosimilmente poco avvezzo alla delicatezza; non è tanto questione di maleducazione bensì una chiara mancanza di educazione, in questo senso. Non ha chiari concetti come tatto e forma perché se non sono cose utili che si imparano all'accademia o che i suoi maestri gli hanno insegnato, allora non possono essere poi così importanti. Tuttavia ha quel modo suo, quella dolcezza schietta, veloce e fresca, che travolge il cuore e ti fa venire voglia di abbracciarlo. C'è decisamente qualcosa di davvero dolce, dolcissimo, dolcerrimo, nel suo modo goffo e per niente velato di cambiare argomento, ad esempio.
A vederla fino in fondo, poi, lui lo sa, non è vero che Sasuke odia i dolci, è vero che questi gli ricordano sua madre che li faceva e lui e Itachi, seduti scomposti in cucina a punzecchiarsi, che li mangiavano. Quindi, fendente di katana, via una parte di doloroso passato e benvenuto Sasuke a cui non piacciono i dolci.
“Sai, Sai...” si blocca Naruto, accigliandosi un momento prima di scegliere di soprassedere, “Potresti fare un dipinto per Kakashi sensei, che ne dici?”
“È un'idea!” si stupisce, Sai, che sa poco, ma poverino si chiama Sai... Che deve fare?
Sasuke rovescia l'impasto nella tortiera imburrata e poi la mette nel forno, regolando con maestria senza sapere il tempo di cottura.
“Quanto deve cuocere questa schifezza?”
“Mezz'ora,” sorride Sai, tirando fuori pennelli e tela.
“Dove li avevi quelli?” ride Kiba.
“Avete una foto di Kakashi san, a portata di mano?” glissa lui.
Nessuno si aspetta di vedere quello lì, quello nero, cupo, quello che odia tutti, anche i dolci, prendere una foto del team sette dal cassetto della cucina; a portata di mano, come ha detto Sai. E invece, quando compie l'azione, Sasuke è così rilassato, completamente a suo agio nel mostrare quanto non si vergogni di essere sempre stato legato a quella foto, a quelle persone, che sembra una cosa totalmente normale. Sembra di averglielo già visto fare. Sembra che gli dica che gli vuole bene anche se è un babbuino mestruato e non sa dirlo, né dimostrarlo in altri modi.
Naruto sorride perché non è stato lui a rompere giornalmente per quella torta, ma c'è stato un tipo acido e rompiballe che gli ha ripetuto per tutta la settimana qualcosa come 'Allora dobe, vuoi farla o no, questa torta?' oppure 'Usuratonkachi, ma quando vuoi farla questa torta? Io non ho tutto il tempo che...' e bla bla bla, perché il succo è 'Lo so che non recupero neanche un centimetro, ma anch'io voglio fare la torta per Kakashi sensei!'.



Adesso? È pronta, adesso?” bercia Naruto, punzecchiando il dolce.
“No, dobe, adesso ti bruci e basta.”
È davvero molto caldo e nonostante siano state somministrate diverse bottiglie d'acqua ancora soffrono come cefali arenati. Il sole sta lentamente calando, ma questo significa solo che lì, in quella zona rialzata di Konoha, i raggi arrivano arancioni e vivi come il fuoco fin dentro le stanze, fin dentro la pupilla, arrivando a bruciare i nervi ottici.
“Ma insomma, quanto ci vuole?” gracchia Naruto, impaziente.
Sasuke ci riconosce lo stesso tono di quando aveva cinque anni e sua madre sembrava impegnarsi molto per farlo aspettare ogni volta di più, però lui aveva la scusante dell'età, il dobe invece non ha scuse, è solo dobe.
“Dobe...” inizia infatti, raccogliendo forze per un insulto più articolato.
Il forno invece parteggia per Naruto e suona appena l'ex nukenin apre nuovamente bocca.
Il jinchuuriki, che è tanto vicino al forno da poterci entrare dentro, si spaventa e finisce con le chiappe per terra, goffo e buffo come solo lui sa essere. Shikamaru si sveglia di soprassalto e rischia di cadere dalla sedia. Kiba si stira, mentre Akamaru alza la testa e tira fuori la lingua, ansimando. È una scena ridicola, di quelle che racconti agli amici assenti, ma allo stesso tempo di solito non ride nessuno perché dalle loro parti con quegli elementi lì, quel jinchuuriki lì, sono abituati a cose del genere.
“Ora puoi tirarla fuori,” concede Sasuke, porgendogli il guanto da forno.
“Eccomi, amore, sono a casa!”
Per Naruto è la seconda volta che prende una culata, ma la prima che si ustiona. Urla, mandando a cagare tutti i Daimyo che conosce e i loro stupidi gatti sperduti. Poi decide di incolpare il nuovo venuto per tutte le sue sciagure, passate, presenti e future, e si volta a vedere chi lo ha deconcentrato con quell'estrema facilità.
“Ino...” geme Shikamaru, ché a lui basta dire il nome di una persona per rimproverarlo di tutte tutte tutte le sue immani fatiche.
“Yamanaka, Konohamaqualcosa non è qui, quindi sloggia.”
“Sei geloso, Sas'ke!” miagola lei, deliziosamente sarcastica, “Sono qui per salvarvi il culo, larve,” continua, spietata, e la stanza si riempie dei suoi colori e del suo ottimo umore.
“Ovvero?” chiede Kiba.
“Ovvero non parlo con uno sdraiato sotto al tavolo come un cane!”
“Woof!” abbaia letteralmente Kiba, facendo penzolare fuori la lingua. Akamaru scodinzola, pigro, ché stare accanto a Shikamaru fa male.
Il genio sciolto sulla sedia, l'ammonisce ancora, con quel suo tono che implica '
Oh su, ti prego, non infierire'.
“Sono venuta ad assaggiare questa fantomatica torta,” rivela lei, finalmente, lisciandosi la coda bionda con le dita sottili.
“Forse mi sbaglio,” comincia Sai, cauto, “ma non dovreste regalarla intera, la torta?”
C'è un attimo di sincero smarrimento in cui Shikamaru si sente scivolare nel sonno, poi Ino, che sa come funzionano i suoi meccanismi, gli urla nell'orecchio qualcosa che neanche era rivolto a lui.
“Sì, ma questa è la prova, il compleanno di Kakashi non è oggi, e nemmeno domani.”
Sasuke ha un mancamento e deve sedersi, senza pensarci tanto si siede proprio accanto a Sai, ignorando di essergli tanto vicino che Naruto, dall'altra parte della stanza, storce il naso. Shikamaru decide in quel momento di murarsi vivo in casa così da non venire disturbato per la seconda torta. Kiba ride, perché era già quasi un'ora che non lo faceva, un record per i suoi standard. E in tutto questo ci sono due tizzi biondi con gli occhi azzurri che assaggiano la torta, usando le dita come coltello, paletta e forchetta.
È in quel momento che arriva Chouji al grido di 'Ce l'ho fatta, ho il vino giu...!', grido che si interrompe quando entra in cucina e trova una torta squartata sul tavolo. Poi decide che finire la frase non è così importante come aiutare a finire la torta.















Scar, mi dispiace. u_u' C'è tutta la mia buona volontà. C'è, *la cerca* giuro che c'è!
Non amo questa coppia perché Naruto si merita di meglio e Sasuke dovrebbe imparare che il manga si chiama NARUTO e non gira tutto intorno a lui. Quella poi è Megan Gale, tutt'al più. Però ammetto che in un certo suo, tremendo e brutale, qual modo è stato anche un pizzico divertente. Mi consolo con Kiba che ride sguaiatamente, ooc da morire, Sai che parla di torte, ooc da morire, e Shikamaru che dorme ovunque... ic, credo. Credo inoltre che il titolo originale di questa cosa fosse “Fallimento” all'inizio, in tutti i sensi, tra l'operazione torta fallita e il mio altrettanto fallito tentativo di SasuNaru, ma poi ho preso altre strade, ecco.

Comunque. C'è tutto il mio impegno e il mio affetto in questa cosa, quindi vi prego accontentatevi.
Scarlett, tanti tanti auguri di buon compleanno! E sappi che è stato un piacere conoscerti, adesso posso dire di sapere com'è un tuo sorriso, dal vivo, quindi dimmi quando sorriderai così me lo immaginerò e saremo pari! Uh? XD
Chu!





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Capitolo 4
*** Epilogo ***








Epilogo





Beh, grazie. Grazie lo stesso!”
Kakashi si appoggia di schiena all'acquaio della propria cucina, ha le braccia lungo il corpo e le mani sorreggono il suo peso, puntate sul piano. L'occhio scoperto non è chiuso, ma sorride.
C'è qualcosa di buffo, di strano, di dolce, di strano e anche... strano, in quella situazione. A partire dal fatto che lui non è mai stato bravo con le smancerie e i ringraziamenti se non quelli di circostanza, fino ad arrivare alla visione dei suoi allievi, in piedi nella sua cucina, in silenzio. È tutto strano.
Naruto ha un sorriso pieno, raggiante. Sakura è imbarazzata, lo è dall'inizio e Kakashi sa che nonostante lei fosse al corrente dell'errore degli altri non ha avuto il cuore di informarli. Sai ha quel suo sorriso falso che, adesso lo sanno, non è altro che una maschera per proteggersi. Sasuke invece sembra indeciso se pestare Naruto in suo onore o evitare di rompergli la casa spaccandoci sopra la testa dell'idiota.
“È... è davvero un bel pensiero,” continua Kakashi, con vago imbarazzo.
Spesso si mantiene distante dalle persone, da una parte ne avverte la necessità e dall'altra c'è il meccanismo innescato dalla severa educazione ninja, così mantiene i rapporti sociali tiepidi e non si lascia coinvolgere. Con i suoi allievi invece non deve fingere, istintivamente reagisce in modo diverso: non si sente salire il nervoso quando si parla di Sasuke, non si sente indisposto a concepire una visione diversa dalla sua quando si parla di Sakura, non si sente stanco quando si parla di Naruto e non crede che Sai sia meno importante perché arrivato per ultimo.
C'è una buona dose di molliccio affetto, in questo, lo riconosce con una punta di fastidio, giacché ha in testa la voce di Tenzo che lo canzona per l'età che avanza. C'è un dolce sapore in bocca, una bella sensazione che passa dalla gola e scivola giù nello stomaco, legato al fatto che sono di nuovo tutti e tre lì, a Konoha, sani e salvi. Sono in cinque adesso, perché le famiglie che funzionano si allargano e per funzionare non deve necessariamente andare sempre tutto liscio bensì bisogna superare gli ostacoli insieme.
Sasuke deve aver deciso pochi istanti prima che il suo tavolo non gli piace e ci sta schiacciando sopra la testa dura del jinchuuriki.
“È il quindici di settembre, cialtrone, non di agosto,” ringhia, soffocando gli starnazzi di Naruto sulla superficie lignea.
Kakashi non si scompone perché la sorpresa continua ad essere, da qualsiasi parte lui la guardi, davvero bella. Pur se in anticipo, pensa, massaggiandosi la testa.
La torta è pure buona, scopre, quando Sakura gliene offre una fetta. Mancava qualcosa, infatti. Mancavano le grida e i pugni dell'allieva. Lei però si siede sul piano vicino a lui e mangia la torta con occhi lucidi, guardando gli uomini della sua vita tutti lì, in quella stanza. Tutti sani e salvi.
E il loro problema più grande è azzeccare il mese del compleanno di Kakashi, finalmente.





Owari







(500 sudate parole)



Bleah. Detto questo, sappiate comunque che questa flash mi piace più dei precedenti capitoli. È vero che non c'è SasuNaru evidente - anche se so che molte di voi ce lo vedranno lo stesso u_ù - ma soprattutto c'è il team sette, il team Kakashi, quello che vi pare, ma sono tutti lì, c'è pure Sai, e sono davvero belli. Bellissimi.

Vi ringrazio molto per i complimenti, per l'incoraggiamento in questo parto gemellare e per averla seguita. Grazie.



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