By The Way

di Tonna
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ordinary Day ***
Capitolo 2: *** The Best Damn Thing ***
Capitolo 3: *** Heartache Every Moment ***
Capitolo 4: *** It Ends Tonight ***
Capitolo 5: *** Can't Escape This Hell ***
Capitolo 6: *** Here I Am ***
Capitolo 7: *** Whispers ***



Capitolo 1
*** Ordinary Day ***


Bene bene, salve a tutti! :)
Sono qui con la mia prima storia su Tokyo MewMew!
Inizio col dire che RyoxIchigo è il mio pairing preferito (seguito subito dopo da KisshuxIchigo), ma purtroppo l’ameba Aoyama è sempre in mezzo alle scatole XD Sarà mio sommo diletto eliminarlo il prima possibile XD Ah, tra l’altro lui e Ichi stanno già insieme, giusto per dare un quadro generale della situazione!
Insomma, tutto questo per dire che la storia sarà ovviamente incentrata sulle MewMew, ma soprattutto sulla relazione che lega Ryo e Ichigo.
Ho messo negli avvisi anche Yuri – chiedo scusa in anticipo se a qualcuno dà fastidio -, ma non svelo nulla sulla coppia che prenderà quella direzione :) Ma se avete qualche idea, ben lieta di ascoltare le vostre supposizioni XD
Dunque, passando alla trama della storia.
Le MewMew si sono riunite da circa un mese, diciamo che gli eventi hanno seguito più o meno il corso di quelli del manga fino al momento del completamento della squarda. L’unica cosa un po’ diversa, comunque, è il motivo della trasformazione delle cinque ragazzette in MewMew.
Nel manga all’inizio Ryo dice che è stato solo un errore, tutto causato da un terremoto, ma qualche volume dopo si smentisce dicendo che – sapendo di dover usare il dna dei Red Data Animal su delle ragazze – aveva provato l’esperimento prima su di lui. Insomma, una contraddizione bella e buona XD Quindi suppongo che ignorerò quest’errore e farò finta che Ryo abbia mentito ad Ichigo la prima volta, così, tanto per dare una spiegazione XD
Bene, spero di aver detto tutto!
Grazie per il tempo che perdete su questa pagina e spero che la storia vi piaccia :) Aggiornerò circa una volta a settimana!
Buona lettura e, se vi capita, fatemi sapere cosa ne pensate!

Tonna ;)

 

 

BY THE WAY

 

 

1.  Ordinary Day

 

“Ribbon Strawberry Check!”
MewIchigo indirizzò la propria arma contro il chimero, che fu spazzato via da un raggio di luce accecante. Il gattino posseduto dall’alieno cadde a terra privo di sensi, e il piccolo esserino volante fluttuò lontano dalle MewMew, ma fu subito ripescato prontamente da Masha e inglobato.
“Anche stavolta ce l’abbiamo fatta” sospirò MewMinto passandosi il dorso della mano sulla fronte, e riassumendo le proprie sembianze.
Ichigo sbuffò, tornando anche lei alla normalità. “Ma se tu non hai fatto niente” bofonchiò rivolta all’amica, ma dandole le spalle.
Purin, Retasu e Zakuro non poterono fare a meno di ridere sotto i baffi, rendendosi conto che era in arrivo un’altra sfuriata da parte della mora.
“Come sarebbe a dire che non ho fatto niente?!” esclamò irritata, avvicinandosi a Ichigo e piazzandosi davanti a lei. “Ho fatto molto più di quanto abbiate fatto voi!”
“Ma smettila!” Ichigo scosse la testa e si avvicinò alle altre ragazze, che fissavano la scena divertite.
Inizialmente quelle liti erano motivo di preoccupazione – tutti sapevano che Minto e Ichigo avevano due caratteri impulsivi – perché la paura che, a causa dei continui discorsi, una delle due potesse lasciare la squadra era molto, ma alla fine avevano capito che una cosa del genere non sarebbe mai successa.
Esaminando bene la questione, in effetti, probabilmente l’amicizia che legava Minto e Ichigo era più forte del rapporto che le legava con le altre.
“Basta litigare, ragazze, dobbiamo tornare al Caffè” cercò di calmarle Retasu, mettendosi in mezzo.
“Retasu ha ragione, fatela finita” Purin si stiracchiò, riassumendo il suo aspetto umano.
“Non sembra anche a voi che ultimamente gli attacchi siano aumentati?” chiese poi, mentre anche le amiche tornavano umane.
“In effetti è vero” rispose Zakuro incrociando le braccia, mentre tutti e cinque si incamminavano verso il locale.
“E’ vero, contando il chimero di oggi nell’ultimo mese ne abbiamo affrontati tredici. Nove solo negli ultimi quindici giorni”
“Hai tenuto il conto, Retasu?” Ichigo scoppiò a ridere, seguita da Purin. La verdina arrossì leggermente, facendo spallucce.
“E’ solo che mi è capitato di pensarci ieri… Ultimamente gli alieni ci mandano sempre chimeri, ma non si fanno mai vedere in prima persona. Non ne capisco il motivo”
Zakuro e Minto annuirono, asserendo che anche loro ci avevano pensato.
“Probabilmente stanno architettando qualcosa” azzardò Purin, scrollando le spalle. Si stava chiedendo quando avrebbe rivisto Taruto, quel piccolo alieni che lei trovava tanto simpatico.
“Questa cosa non mi piace” borbottò Ichigo, calciando un sassolino. “E’ già stato difficile affrontarli in passato, non vorrei che stiano acquisendo più energia… Non mi sento tranquilla”
“Ragazze” Zakuro si intromise, attirando la loro attenzione. “Anche se gli alieni stanno preparando chissà quale piano, non possiamo fare niente. L’unica cosa da fare è continuare ad affrontare i chimeri e aspettare una mossa dei nemici, preparate a tutto”
Tutte annuirono, silenziosamente, e ripresero a camminare verso il caffè, ognuna con un pensiero tutto suo nella testa.

*

“Dov’è Ichigo?” chiese Keiichiro uscendo dalla cucina. Teneva in mano un canovaccio con cui si stava pulendo le mani, sporche di farina.
“E’ andata via di corsa, a quanto pare Aoyama l’ha chiamata di nuovo”
“Ma stanno davvero insieme quei due?” chiese Minto passando lo straccio sull’ultimo tavolo da pulire.
Il locale aveva chiuso da dieci minuti e le ragazze avevano iniziato a fare ordine. Era stata una giornata tranquilla, se non si contava l’attacco degli alieni nel primo pomeriggio. Ma cose come quella erano diventate all’ordine del giorno, quindi ormai non ci facevano quasi più caso. Effettivamente in un mese avevano combattuto davvero tanto, ma gli alieni si erano fatti vedere si e no quattro o cinque volte. Era una cosa strana. Ichigo aveva raccontato che durante le prime battaglie, Kisshu era sempre stato presente, e poi quando tutte si erano riunite erano comparsi anche Pai e Taruto. Non sapevano molto di loro, avendoli visti così poco spesso, ma avevano avuto l’impressione che Pai fosse il più spietato tra i tre. Taruto non faceva altro che offendere Ichigo, chiamandola vecchiaccia o befana, quindi non sembrava così pericoloso. Ma lo sguardo di disprezzo che aveva lanciato loro Pai la prima volta che le aveva viste, le aveva quasi paralizzate.
In quel momento si erano rese conto che dopotutto, anche gli alieni non avevano tutti i torti a combattere quella battaglia. Cercavano solo di ritornare sul loro pianeta, e fin qui andava bene. La cosa che non potevano tollerare era la distruzione della razza umana, e il loro compito era di difenderla.
“Ichigo ha detto di sì” rispose Retasu, spazzando per terra con la scopa. Zakuro finì di poggiare le sedie sui tavolini che Minto e Purin avevano già pulito, e si voltò verso Kei.
“Le abbiamo detto noi di andare, dopotutto per pulire bastiamo noi quattro” disse, incrociando le braccia.
“Veramente io non ero d’accordo” borbottò Minto avvicinandosi alla mora. Zakuro ridacchiò, dandole una pacca sulla testa.
“Poteva almeno salutare” nella stanza entrò Ryo, un asciugamano in testa e goccioline d’acqua sulla fronte. Si strofinò i capelli bagnati e poi se lo poggiò in spalla, guardando le ragazze.
“C’è una cosa che dobbiamo farvi vedere, venite” si diresse in cucina e Kei lo seguì con lo sguardo, sapendo di cosa stava parlando. Ma perché usare quel tono così perentorio?
“Uff, basta con queste notizie sui nemici, non facciamo altro che combattere!” sbottò Purin incrociando le braccia dietro la testa. Tutte seguirono Ryo nella cucina e si meravigliarono nel non trovare nessuna pila di fogli con informazioni, ma una semplice torta alle fragole – probabilmente preparata precedentemente da Kei.
“Niente discorsi seri oggi” disse Ryo indicando il tavolo con il dolce. “Oggi ci si rilassa, è da tanto che non avete un minuto libero”
Le ragazze sorrisero e si sedettero con Kei e Ryo a mangiare la torta. Poche volte avevano visto il biondo così tranquillo. Che avesse qualcosa in mente?
“Peccato che Ichigo non sia qui con noi…” mormorò Retasu bevendo una tazza di the caldo, aggiungendo anche un po’ di latte.
“Ha il suo Aoyama” rispose Minto inforchettando un pezzetto di torta. “E’ proprio cotta, quella. Non capisco come fa, quel ragazzo è così noioso” scrollò le spalle, voltandosi a guardare le altre.
“Io lo trovo simpatico” disse semplicemente Purin.
“Ma se l’hai visto solo una volta!”
“Mi è simpatico perché rende felice Ichigo, tanto basta” concluse saggiamente la biondina, sorseggiando il the. “Ora ragazzi scusatemi, ma i miei fratellini mi stanno aspettando a casa. La babysitter fra poco andrà via, e papà è di nuovo sulle montagne…”
“Certo, tranquilla Purin, vai pure” sorrise Kei, alzandosi. Aprì il frigorifero e tirò fuori un piccolo vassoio con dei pasticcini. Li incartò e li diede alla piccola, sorridendo cordiale. “Portali a casa, dalli ai tuoi fratellini”
Purin sorrise, prendendo la busta e ringraziandolo infinitamente. Poi salutò gli altri e uscì dal locale, saltellando.
“Temo di dover andare anche io” Zakuro si alzò, guardando gli altri seduti al tavolo.
“Ci vediamo domani, ok?”
Ryo annuì. “Buonanotte Zakuro”
La mora salutò con un cenno della mano e uscì. La sua freddezza era nota a molti, ma ormai le sue compagne e i due ideatori del progetto Mew ci avevano fatto l’abitudine. La famosa Zakuro Fujiwara era sempre stata un tipo piuttosto solitario, ma da quando i geni del lupo grigio erano entrati in lei, quella condizione era diventata ancora più evidente. A volte poteva risultare fastidioso – come quando ci avevano messo giorni interi, per  convincerla ad entrare a far parte della squadra -, altre volte invece si era rivelato estremamente utile. Dopotutto il suo sangue freddo nelle battaglie era una delle cose che alla fine garantivano la vittoria, oltre al lavoro di squadra.
“Andiamo anche noi, Minto?” chiese Retasu, guardando la mora che era rimasta a fissare la porta da cui la loro compagna era uscita. Sembrò risvegliarsi da una sorta di trance e si voltò verso di lei, annuendo.
“Certo” accennò un saluto verso Kei e Ryo e si stiracchiò, alzandosi.
“Notte ragazzi” sorrise Retasu, più rivolta a Ryo che a Kei. Dopotutto la sua cotta per il biondino non era una novità, se ne erano accorti praticamente tutti al locale. Soprattutto da quando, un giorno, Retasu era inciampata, Ryo l’aveva afferrata per i fianchi per non farla cadere a terra e lei, imbarazzata all’inverosimile, gli aveva fatto cadere una pila di quattro piatti su un piede.
Da quel giorno Ryo aveva smesso di salvarla – per il bene del suo piede - , ma aveva anche capito qualcosa in più della piccola Retasu.
 Le due uscirono dal locale e Kei chiuse a chiave, infilandosela poi in tasca.
“Vai a letto?” domandò Ryo vedendolo salire le scale. Il moro si fermò e si girò verso di lui, inarcando un sopracciglio.
“No, stavo pensando di andare a ballare in effetti” disse ironico, facendo scoppiare a ridere l’amico.
“No, intendevo” rise ancora, cristallino, “Hai finito quelle ricerche che avevi iniziato in laboratorio?”
“Sì” rispose l’altro, tornando indietro. “Niente di fatto. E’ chiaro come il sole che comunque gli alieni stanno architettando qualcosa, e il fatto che per sapere di cosa si tratta dobbiamo aspettare una loro mossa, mi mette agitazione. Non ho chiuso occhio queste notti”
“Sai Kei…” Ryo si alzò dalla sedia, avvicinandosi. “Ho come l’impressione che le ragazze non siano consapevoli della pericolosità di questo periodo ‘tranquillo’. Loro lo considerano normale solo perché combattono quasi ogni giorno, ma non penso abbiano fatto caso a quello che significa veramente”
“Non sono stupide, Ryo” lo ammonì Kei. “Secondo me ci hanno pensato eccome. Ma cosa fare? Parlarne non risolve nulla, secondo me lo sanno ma se lo tengono per loro. Hanno paura, fidati”
“E tu che ne sai?” domandò il biondo squadrandolo. Keiichiro sapeva sempre tutto, come diavolo faceva?
“Ormai penso di conoscerle un po’. L’unica che mi preoccupa veramente è I-”
“MIAAAAAAOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO” si voltarono di scatto entrambi, spaventati.
Sentirono quel miagolare impazzito fuori dalla porta di ingresso, e Kei si avvicinò e l’aprì di nuovo, tirando fuori la chiave dalla tasca dei pantaloni.
Una gattina nera entrò di corsa, un fiocco rosso che spiccava al collo e la bocca spalancata in miagolii di disperazione.
“Ichigo?” chiese Ryo prendendola in braccio, mentre la gattina si agitava. “Sei diventata di nuovo un gattino?” rise, avvicinandosi per farla tornare. Lei spalancò gli occhi e con un “MYAAAAA” lo graffiò sul naso, saltando giù e correndo verso Kei. Gli saltò in braccio e poggiò le proprie piccole labbra su quelle del ragazzo, che non aveva fatto in tempo a capire la situazione.
Ryo, imprecando per il dolore, vide davanti a sé quella gattina tornare ad essere la ragazza dai capelli rossi.
“RYOOOOOOOO!” si avvicinò a passo spedito verso di lui, afferrandolo per il colletto della maglia nera e cercando di sollevarlo – cosa difficile, visto che comunque era più alto di lei – e gli sbraitò in volto, ringhiando.
“Mi sono stancata di questa storiaaa! Ho dovuto piantare di nuovo in asso Masaya perché mi sono trasformata! Non ne posso piùùùùùù!” lo fissò con occhi carichi di rabbia, vedendo il graffio che gli aveva fatto poco prima sul naso diventare più rosso e visibile. Il biondo le afferrò le mani e se le tolse di dosso, sospirando.
“Mi dispiace che la salvezza del mondo sia più importante della tua stupida relazione” buttò lì fissandola in cagnesco. Non lo avevano infastidito le sue parole, Ichigo aveva ragione. Era solo colpa sua se si trovava in quella situazione. La cosa che gli aveva fatto saltare i nervi era che in ogni singolo discorso della rossa, ormai spiccava perennemente il nome di quel tizio insignificante, e lui non poteva sopportarlo.
“La mia storia con Masaya non è stupida” sibilò lei, assottigliando gli occhi. “Mi sono stancata di trasformarmi in un gatto ogni volta che sono con lui, mi sono rotta di mentirgli e di scappare via senza una spiegazione!”
Kei rimase immobile sulla porta, ascoltando la discussione. Da una parte capiva la rabbia di Ichigo. Una ragazza avrebbe dovuto vivere la sua storia d’amore in santa pace, non avrebbe dovuto avere tanti segreti e problemi.
D’altra parte, però, riusciva a capire anche un po’ Ryo. Dopotutto se solo Ichigo avesse saputo la verità, avrebbe smesso di strillargli addosso un secondo sì e l’altro pure. Ma il biondo gli aveva espressamente vietato di farne parola con le ragazze, quindi non poteva far altro che restare a guardare.
“Cosa vuoi da me, Ichigo?” chiese Ryo alzando la voce e facendo sobbalzare la ragazza. L’aveva visto in tutti i modi, preoccupato, indignato, indifferente e arrabbiato, ma non aveva mai alzato la voce con lei, né con le altre ragazze.
“Cosa vuoi? Smettere di essere una MewMew? Fregartene dei tuoi poteri e condurre la tua vita perfetta insieme a quel-”
“Si chiama Masaya” ringhiò lei, assottigliando di nuovo gli occhi. “Non capisco perché devi trattarlo così” gli disse, scuotendo la testa. Ryo sollevò le spalle.
“Non mi piace”
“Beh, ti dico un segreto, non deve piacere a te! Lui è il mio ragazzo, non il tuo!”
“Ok, allora ti rifaccio la stessa domanda” si calmò un attimo, fissandola negli occhi.
“Vuoi rinunciare alla tua missione? Ai tuoi poteri?”
Ichigo parve rifletterci un attimo. Provò a immaginare la propria vita senza i poteri, senza le sue amiche… No, di certo non voleva quello.
“No…”
“Ok, allora ti sei risposta da sola. Invece di perdete tempo, sconfiggi gli alieni. Vedrai che poi tornerai normale e sarai libera di vivere la tua storia come ti pare e piace” concluse, sospirando.
Ichigo lo fissò, sentendosi ferita da quelle parole. A quanto pare non era finito il periodo in cui quel ragazzo parlava alle persone come se fossero armi viventi. Si sentì triste. Perché Ryo faceva così solo con lei? Con le altre era uno zuccherino, le trattava bene e aveva mille riguardi. Verso di lei, invece, solo parole taglienti, sguardi freddi e occasionali dispetti.
“Perché mi hai scelto come leader delle MewMew se mi odi così tanto?” mormorò, gli occhi che si inumidivano.
Ryo rimase colpito da quelle parole.
“Chi ha mai detto che ti odio, scusa?” chiese alzando un sopracciglio. Lei non lo guardò, si limitò a fissare il pavimento con vago interesse.
“Non c’è stato bisogno di sentirmelo dire, me lo dimostri giorno” singhiozzò, alzando poi la testa di scatto. Ryo spalancò gli occhi rendendosi conto che la rossa aveva iniziato a piangere sul serio.
Kei, ancora immobile, decise di intervenire. Quella situazione stava prendendo una piega che non gli piaceva per niente, e Ryo non stava facendo nulla per cambiarla.  
“Ichigo, aspetta…” si avvicinò ai due, che si voltarono a guardarlo.
Solo in quel momento parvero ricordarsi che insieme a loro c’era anche il moro, e Ichigo si asciugò le guance.
“Scu-scusami Kei… devo andare…” soffiò quasi senza fiato, superandolo di scatto e uscendo dal locale, la porta rimasta aperta.
Ryo restò con la bocca semiaperta, l’espressione sconcertata. Non sapeva che le sue parole avrebbero avuto un simile effetto su Ichigo. Eppure litigavano spesso, se ne dicevano di tutti i colori. Perché stavolta se l’era presa tanto?
“Hai esagerato, sai?” disse Kei avvicinandosi. “Ichigo è permalosa, ma anche molto sensibile”
“Ma che ho detto!? Nulla di diverso dal solito, mi pare!” sbottò l’altro allargando le braccia, confuso.
Kei lo squadrò, poggiandosi una mano sulla fronte.
“Se non ci arrivi io non posso aiutarti. Ora vado a dormire. Tu scusati” lo superò e si avviò su per le scale, sparendo alla vista.
Ryo rimase qualche secondo immobile, poi si avvicinò al portone, lo chiuse e si voltò.
Tornò in camera sua.
Non aveva nulla di cui scusarsi. Aveva solo detto la verità, se Ichigo avesse sconfitto presto gli alieni sarebbe tornata normale. Perché doveva scusarsi?
Si sdraiò a letto ancora vestito, e entro pochi secondi si addormentò.
Ryo Shirogane, quella notte, non dormì affatto bene.

*

“Oh, ciao!” Sakura Momomiya spalancò la porta, facendo spazio al ragazzo che si era appena presentato a casa loro.
“Come va? Tutto bene?” domandò cordiale la donna. Aveva visto quel ragazzo tante di quelle volte che ormai non era più imbarazzante parlare del più e del meno. Dopotutto conversare con il ragazzo di tua figlia, dopo un po’, diventava piuttosto facile.
“Tutto bene signora, la ringrazio. Ichigo è pronta? Sono passato a prenderla” rispose Aoyama sorridendo gioviale ed entrando in casa. Lei annuì, indicando il piano di sopra.
“Sta preparando la borsa, puoi raggiungerla se vuoi”
Masaya annuì e salì le scale silenziosamente per fare una sorpresa alla sua ragazza. Si affacciò alla porta della stanza e la trovò di spalle, inginocchiata davanti al comodino. Sembrava tenesse qualcosa nelle mani e che la stesse fissando attentamente.
Rimase a guardarla per un istante, poi si decise a bussare alla porta.
Ichigo si spaventò, cacciando un urletto si voltò di scatto e fu colta da un capogiro improvviso.
“Ichigo!” Masaya corse da lei e la sostenne, guardandola in viso. “Stai bene?”
“Certo” ridacchiò lei nervosa, staccandosi e portandosi una mano al cuore. “Mi hai solo spaventato, da quanto sei qui?”
“Pochi secondi” ammise lui, guardando dietro di lei. “Cosa facevi inginocchiata davanti al comodino?”
Ichigo si sentì subito punta sul vivo e lo prese per le spalle, conducendolo verso la porta.
“Niente! Niente di niente, davvero! Su andiamo o faremo tardi!”
Il moro non demorse, e sfuggì alla sua presa, sorpassandola e tornando accanto al letto. Ichigo lo bloccò per un braccio, ma era troppo tardi.
“Cos’è questa?” chiese lui, rigirandosi tra le dita la piccola spilla dorata con al centro un simbolo molto simile ad un cuore.
“Oh, niente di niente!” esclamò ancora lei, prendendola in mano e nascondendola dietro la schiena. “Un regalo di una zia della cugina di mia madre… Niente di che!”
Masaya rise, dandole un piccolo buffetto sulla testa. “Ehi, cos’è tutta questa agitazione?” domandò, e Ichigo si tinse di rosso fino alla punta dei capelli.
“Non-non sono agitata… è emozione… sono emozionata perché non vieni spesso in camera mia…” disse infine, puntando lo sguardo a terra. Si vergognava troppo per guardarlo, e non per quello che aveva detto. Cioè, era una cosa vera ma non era quello il motivo di tanta agitazione.
Sospirò. Odiava mentirgli a quel modo.
Aoyama sorrise, aprendo le braccia e stringendola dolcemente. Ichigo ricambiò titubante l’abbraccio, ancora la spilla stretta in mano.
“Mi piaci tanto, lo sai?” disse lui, accarezzandole la schiena.
Ichigo annuì sulla sua spalla, in punta di piedi, e guardò il cestino della carta accanto alla scrivania.
Senza pensarci un secondo, strinse la spilla e la lanciò lì, facendola atterrare su un mucchio di carta di quaderno.
La fissò per un attimo, poi chiuse gli occhi, abbandonandosi a quell’abbraccio.
“Anche tu mi piaci, Masaya…”

 

 




Fine capitolo! :)
Spero sia stato di vostro gradimento! (in caso, fatemelo sapere ;) Se non  vi è piaciuto fatemelo sapere lo stesso °-° Critiche costruttive accettatissime!
Alla prossima settimana!
Bacino :*

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Capitolo 2
*** The Best Damn Thing ***


2. The Best Damn Thing

 

“Quella cretina…” Ryo buttò il cellulare sul ripiano della cucina, digrignando i denti.
Kei, senza smettere di impastare l’intruglio che gli impiastrava le mani, si voltò  a guardarlo.
Quello era il giorno libero delle ragazze, il Caffè era chiuso e non c’erano stati attacchi nemici. Quella sera, dunque, aveva pensato di preparare un dolce da servire alle ragazze il giorno dopo.
“Che succede?”
“Niente…” borbottò Ryo, parlottando fra sé e sé. Kei riuscì solo a cogliere solo parole del tipo “ragazzina viziata” e “che diavolo ha in mente”, perciò decise di intervenire. Quando Ryo iniziava a parlare da solo, la cosa poteva davvero sfociare nel ridicolo.
“Se stai parlando di Ichigo, ti ascolto, dimmi pure”
“Non risponde al telefono!” sbottò lui, quasi indignato. Keiichiro smise di impastare e si voltò di nuovo a guardarlo con un lento movimento della testa.
“…Come, scusa?” chiese, non capendo.
“L’ho chiamata tre volte, ma non risponde”
“E perché l’hai chiamata?” domandò inquisitorio l’altro, gettandogli un’occhiata che fece capire a Ryo che sapeva più di quanto volesse far credere.
“Perché deve poter essere sempre rintracciabile, nel caso di un emergenza!”
“Ma ora non c’è nessuna emergenza. Quindi ripeto, perché l’hai chiamata?”
“Affari miei” rispose brusco, prendendo il cellulare e mettendolo in tasca. Fece un paio di respiri profondi, poi con un tono umile si decise finalmente a rispondere alla domanda.
“Volevo scusarmi…”
“Ottima idea” asserì il bruno sorridendo in sua direzione, continuando a impastare. “Ma chiamarla cretina non mi pare un buon punto di partenza, sai?”
“Tanto non mi può sentire” rispose il biondo indispettito, ma guardandosi comunque circospetto attorno. Da una tipa come Ichigo ci si sarebbe potuto aspettare di tutto, anche che sbucasse da un momento all’altro e gli urlasse contro.
“Beh, in ogni caso sai dove abita” fece spallucce Keiichiro, senza guardarlo. “Io finisco questa torta e mi butto a letto, sono veramente distrutto”
Ryo annuì all’amico, capendo come doveva sentirsi. Aveva passato giorni e giorni incollato al computer alla ricerca di qualche traccia aliena, ma alla fine non era riuscito a trovare niente. Quei maledetti si erano dissolti nel nulla, e la paura di un improvviso attacco da chissà dove si stava facendo giorno dopo giorno sempre più reale.
“Tu non sei stanco?” domandò Kei versando l’impasto in una teglia e mettendolo in forno.
Ryo si poggiò al bancone di schiena, le braccia conserte.
“Non molto”
“Eppure anche tu passi parecchio tempo giù in laboratorio” continuò l’amico, girandosi a guardarlo.
Ryo annuì. “Sì, ma io ho anche i geni di un Red Data Animal dentro di me. Sono un po’ più forte delle altre persone”
Kei ridacchiò tra sé e sé, poggiandosi una mano sulla bocca mentre squadrava l’amico da capo a piedi.
“Che c’è?” chiese Ryo sul chi vive, fissandolo storto.
“Niente, ti immaginavo con uno dei costumi delle ragazze. Saresti molto attraente, Ryo” rise l’altro, davvero divertito.
Il biondo arrossì un po’ per l’imbarazzo, poi si portò una mano sulla fronte.
“Tu continua a ridere, io esco a fare un giro”
Non gli diede neanche il tempo di rispondere. Lo vide uscire fuori dal locale quasi di corsa, e poi richiudersi la porta alle spalle con un tonfo sordo.
Keiichiro pensò di sapere dove stava andando

 

*

 

“Dovrebbe tornare fra pochi minuti, puoi aspettarla in camera sua” rispose cordialmente la donna in piedi davanti a lui.
Ryo si ritrovò a pensare, guardandola, che somigliava molto alla figlia. Capelli rossi, viso allegro e luminoso, occhi grandi e vispi.
Annuì con la testa sorridendo, ed entrò, guardandosi intorno.
Era stato un paio di volte in quella casa, o meglio, fuori da quella casa. Aveva riaccompagnato Ichigo qualche volta ma non si era mai spinto oltre la soglia di casa, quindi per lui quello era un luogo tutto nuovo.
“Scusi l’ora” disse Ryo rendendosi conto che un’improvvisata alle nove di sera non era una cosa molto carina, ma Sakura scosse la testa, dicendogli di non preoccuparsi. Ichigo era uscita con Aoyama-kun e sarebbe tornata a momenti, e attualmente suo marito non era in casa, impegnato in una riunione di lavoro.
“Allora, la sua camera è in cima alle scale, in fondo a sinistra” gli spiegò la signora, facendo dei gesti della mano. “Accomodati pure” sorrise di nuovo e Ryo la ringraziò, salendo le scale mentre lei tornava in cucina a finire le faccende.
Il biondi si guardò intorno, notando la semplicità della casa. Aveva le pareti chiare, sul lilla, e qualche mobiletto al lato. Ma i quadri appesi ai muri attirarono la sua attenzione più di tutto il resto. Erano tempestati di foto di Ichigo – da sola, con entrambi i genitori o con uno solo di loro -, e ve ne erano alcune di quando era più piccola.
Ryo si avvicinò a una in particolare, in cui una Ichigo in miniatura teneva in mano un cappello di paglia e lo stringeva al petto, gli occhioni ricolmi di lacrime e l’espressione imbronciata.
Capì subito perché quella foto fosse stata esposta nonostante la piccola non sorridesse: anche quella sua espressione trasmetteva amore, era adorabile e davvero bellissima da guardare.
Riprese a camminare per il corridoio e arrivò in fondo, vedendo la porta che gli aveva indicato la signora. Era chiusa.
Abbassò la maniglia e aprì piano, per poi avere una visuale completa della camera della rossa.
Pareti rosa, letto con piumone con le fragole, scrivania con sopra libri e – ovviamente – portapenne con disegnate sopra delle fragole, un armadio con sopra qualche adesivo di fragole.
Poi vide una cassettiera con sopra parecchie cornici.
Si avvicinò incuriosito, vedendo che anche alcune di quelle rappresentavano delle piccole fragole. Non poté fare a meno di ridere. Il nome Ichigo era proprio azzeccatissimo per lei, non c’era nulla da obiettare.
Si fermò ad osservare le persone nelle foto che ricambiavano il suo sguardo. Ne trovò una con le ragazze, scattata al Caffè. Indossavano tutte la divisa e tutte sorridevano, abbracciate.
Sorrise vedendo quel gruppo così affiatato, e per un attimo si sentì orgoglioso del fatto che fosse stato lui a farle incontrare. Si spostò di lato e trovo un paio di foto con i suoi genitori e una da sola.
Si meravigliò di non vedere nessuna foto di Aoyama in giro.
Si guardò intorno circospetto, notando solo in quel momento il comodino seminascosto dietro lo zaino che probabilmente Ichigo usava per andare a scuola.
Ed eccola lì, accanto l’abatjour, una cornice rossa che esponeva la coppietta. Ichigo davanti e Aoyama dietro di lei che l’abbracciava, sorridendo con calore.
Ryo si avvicinò sbuffando, e prese la foto in mano.
Ma che aveva di tanto speciale quel damerino?
Cercò di capirlo, guardandolo attentamente.
Beh, non si poteva negare che fosse un bel ragazzo. Non come lui, ovviamente, ma non era da buttare via.
E poi percepì, dal modo in cui teneva Ichigo, che quel ragazzo teneva davvero tanto a lei.
Desiderò di trovarsi al suo posto in quella foto, e sbuffò, riponendola di nuovo dove l’aveva presa.
Il suo sguardo cadde di lato, verso il cestino della carta.
Non ci fece caso, era solo un cestino, ma qualcosa di dorato aveva attirato la sua attenzione.
Si chinò e raccolse quella che constatò essere la spilla di Ichigo.

*

“Sono tornata, mamma!” Ichigo entrò in cucina, stiracchiandosi e sciogliendo subito i codini che le tenevano i capelli alti sulle spalle. Si sentiva piuttosto stanca, aveva passato tutta la giornata in giro con Masaya, prima all’acquario, poi al parco.
“Bentornata tesoro” rispose la signora, poggiando il canovaccio sopra la spalla.
“C’è una visita per te”
La rossa inarcò un sopracciglio. Chi poteva farle visita a quell’ora?
“Shirogane-kun ti aspetta in camera tua, l’ho fatto accomodare lì”
Ichigo per un attimo perse un battito, poi spalancò gli occhi e corse di sopra.
Entrò in camera come una furia, trovando Ryo seduto sul letto, le braccia incrociate.
“Ehi” la salutò liberando una mano e sollevandola.
Ichigo parve calmarsi. A quanto pare Ryo non aveva notato nulla. Restava comunque un interrogativo. Che diavolo ci faceva lì?
“Ciao” rispose senza troppi giri di parole. Era ancora arrabbiata per l’altra volta, e per un attimo si chiese se il biondo fosse andato lì per scusarsi. Decise di chiederglielo.
“Che ci fai qui?”
“Ero passato per dirti una cosa” lui si alzò e si avvicinò, sollevando una mano ad altezza petto. “Ma prima devi spiegarmi questa” la aprì e mostrò la spilla dorata a Ichigo, che roteò gli occhi.
Perfetto. Da quando Shirogane aveva il vizio di controllare nella spazzatura altrui?
“Cos’è questa storia, Ichigo?” chiese freddo, fissandola con occhi di ghiaccio. Sperava vivamente che tutte le cose che gli erano venute in mente dopo che aveva trovato la spilla, fossero solo frutto della sua fantasia. Ma dopo il litigio che avevano avuto l’altra volta, non sapeva più cosa pensare.
“Cosa ci faceva questa nel cestino?”
“Mi è caduta l’altro giorno” rispose vaga lei, senza guardarlo negli occhi. Allungò una mano per riprenderla, ma Ryo la sollevò e la tenne fuori dalla sua portata, gli occhi improvvisamente infuocati.
L’altro giorno?!” sbottò, e Ichigo si rese conto di essersi tradita da sola. “Quindi mi stai dicendo che per alcuni giorni tu sei uscita senza spilla?!”
Ichigo incassò la testa fra le spalle. Non sapeva cosa rispondere. Probabilmente, comunque, avrebbe fatto meglio a tenere per sé il fatto che ce l’aveva gettata lei volontariamente, nel secchio.
“I-io…” cercò una giustificazione plausibile, ma non le venne nulla di accettabile in mente.
“Cristo santo Ichigo, perché non ti decidi a crescere una buona volta?” le disse lui, sprezzante. Le gettò la spilla contro il petto e lei l’afferrò prima che cadesse, guardandolo con occhi spalancati.
“Che vorresti dire?” chiese. “Parla chiaro, Shirogane”
Ryo rimase di stucco, sentendosi chiamare per cognome, ma non lo diede a vedere. Stavolta la rossa aveva proprio esagerato.
“Sto dicendo che tu sai benissimo la situazione che stiamo affrontando ora! I nemici attaccano ma non si fanno vedere, e questo vuol dire che stanno architettando qualcosa e che possono attaccare da un momento all’altro! E tu cosa fai? Esci senza la tua spilla!
“E’ stato un errore, d’accordo?! L’ho solo dimenticata, non vedo perché devi farne una tragedia!” ribatté lei superandolo e poggiando la spilla sulla scrivania. Evitò accuratamente il suo sguardo, si sentiva accusata e la cosa non le piaceva affatto.
“Questa è una cosa seria” l’afferrò per il braccio e la costrinse a voltarsi, stringendo un po’ la presa. “Non è uno scherzo, stiamo parlando del futuro della terra”
“Basta con questa storia, mi sono rotta” sbuffò lei, cercando di divincolarsi.
Ryo stavolta spalancò gli occhi senza premurarsi di non farsi vedere, e Ichigo rimase interdetta. Non aveva mai visto Ryo con quell’espressione così sconvolta. Forse aveva esagerato.
“Ti sei rotta di cosa?” chiese, titubante. Poi tornò con la mente al discorso che avevano avuto al Caffè due giorni prima, e si ricordò di una cosa.
“Non avrai veramente preso in considerazione l’idea di mollare tutto per Aoyama?!”
“Mi vuoi lasciare?” chiese lei sviando il discorso e tirando il braccio per liberarsi, ma lui strinse la presa.
“Rispondi!”
“Voglio solo che la smetti di trattarmi così! Sono una persona normale prima ancora che una MewMew, ho bisogno di vivere la mia vita!” sbottò lei all’improvviso, e sentì la presa del biondo allentarsi. Si liberò e si massaggiò il braccio che le doleva, e lo fissò negli occhi, stavolta.
“Ryo, senti… non sto dicendo che non voglio più combattere, ma mi serve una pausa. Sono stanca”
Il biondo si limitò a fissarla senza rispondere, sembrava che non stesse neanche respirando. Era immobile, e stava elaborando quello che la rossa le aveva appena detto.
Non capiva proprio quel ragionamento. Eppure anche le altre ragazze erano stanche, facevano le stesse identiche cose di Ichigo eppure lei era l’unica a lamentarsi.
Quando aveva dato il via al progetto, l’aveva scelta come leader perché aveva trovato in lei una persona sì imbranata e a volte sciocca, ma soprattutto testarda e coraggiosa, e buona d’animo.
Possibile che avesse preso un abbaglio?
Non riuscì a trovare una risposta, perciò senza dire nulla si voltò e uscì dalla camera, poi da casa Momomiya.
Era confuso.
Che fine aveva fatto la Ichigo che conosceva lui?

*

“Kei, dov’è Ryo?” Purin saltellò verso il bruno dopo aver servito due fette di torta al tavolo accanto all’entrata.
Il caffè era stracolmo, e le ragazze correvano a destra e sinistra per cercare di servire tutti nel miglior modo possibile.
“In camera sua, perché?” rispose Keiichiro porgendo a Retasu tre cioccolate calde da servire.
“E’ malato?” chiese la verdina mentre si allontanava per servire i clienti. Tornò da lui e attese una risposta, che non tardò ad arrivare.
“Non che io sappia. Come mai tutte queste domande?”
Ichigo continuò a spazzare a terra accanto alla porta del bagno – Retasu cinque minuti prima vi aveva fatto cadere una crostata -, lo sguardo fisso a terra ma le orecchie ben tese per ascoltare quella conversazione.
In effetti si era chiesta anche lei che fine avesse fatto Ryo. Dopo che avevano “parlato” a casa sua, non si era più fatto vedere, e ormai erano passati quasi quattro giorni. Non voleva ammetterlo, ma un po’ gli dispiaceva. Non avevano mai avuto un rapporto profondo, ma gli piaceva la sua compagnia quando non si comportava da ragazzino viziato e antipatico.
“Sono quattro giorni che non lo vediamo” buttò lì Minto, avendo ascoltato anche lei la conversazione. Kei si ritrovò a sorridere dentro se stesso pensando che a quanto pareva, nonostante non lo dessero a vedere così spesso, tutte le ragazze erano affezionate a Ryo. Anche Zakuro lo era di sicuro, anche se non era intervenuta nella conversazione. Aveva l’impressione che quella ragazza sapesse molto più di quanto voleva far credere, per questo non faceva domande. Non ne aveva bisogno, sapeva sempre tutto.
“Veramente l’abbiamo visto lunedì, ricordi?” l’ammonì Zakuro, che decise di intervenire, a dispetto delle convinzioni di Kei. “E’ sceso nel locale ed è rimasto ad osservarci per un po’”
“E’ vero!” Purin batté un pungo sulla mano aperta, ricordandosi che sì, in effetti era proprio così.
Retasu sollevò un sopracciglio. “E perché io non me ne sono accorta?” chiese lei, cercando di ricordare quel particolare, ma proprio non rammentava di aver visto Ryo il lunedì passato.
“Eri a fare una consegna, ricordi?” rispose Minto, e Ichigo strinse le mani sulla scopa senza farsi vedere.
Il lunedì era il suo giorno libero, quindi era normale che non l’avesse visto. Ma possibile che la stesse evitando?
Continuò a spazzare tenendo la testa bassa e riflettendo. Probabilmente sì, la stava evitando. L’aveva vista l’evidente delusione nei suoi  occhi, quando gli aveva detto quelle parole.
Ma non poteva farci nulla, era stanca sul serio di quella situazione, e la cosa principale era che odiava il dover continuamente mentire a Masaya, odiava avere quei piccoli segreti quando lui era così dannatamente sincero con lei.
Le faceva male mentirgli guardandolo negli occhi, e l’aveva fatto così tante volte che aveva iniziato a disprezzare perfino se stessa.
Per un po’ si era anche detta che avrebbe dovuto prendersela con Ryo, dato che era stato lui a coinvolgerla nel progetto, ma alla fine aveva deciso di cancellare quel pensiero. Nonostante i problemi che comportava, le piaceva essere una MewMew.
Sollevò la testa e fissò la porta che conduceva al piano di sopra, indecisa sul da farsi. Doveva parlare con Ryo, questo era innegabile, ma effettivamente non sapeva cosa dirgli. Scusarsi, forse? O spiegargli perché gli aveva detto quelle cose?
Non lo sapeva, ma qualcosa doveva fare.
Poggiò la scopa al muro e si pulì le mani sul grembiule, camminando diretta verso quella porta.
Si bloccò con la mano sulla maniglia, voltandosi. Kei l’aveva richiamata.
“Dove vai?”
“Un attimo di sopra” rispose lei vaga, senza far capire le sue vere intenzioni. Kei la fissò serio e scosse la testa, indicando con un cenno della mano il provvidenziale gruppetto di clienti appena entrato nel locale.
“Non ora, sono arrivati nuovi clienti. Devi occuparti di loro”
Ichigo sospirò, guardando i nuovi arrivati.
“Ok, vado…” si allontanò dalla porta con un po’ di rammarico e si dedicò al suo lavoro senza però metterci tutto l’impegno che era solita usare.
Kei la osservò mentre si allontanava, poi si voltò e tornò in cucina a preparare qualche altra pietanza.
Per fortuna l’aveva vista mentre si avvicinava alla porta e l’aveva bloccata. Aveva saputo del litigio con Ryo, e da quello che aveva potuto vedere, il suo amico era proprio distrutto. L’amico gli aveva raccontato tutto per filo e per segno senza una minima espressione sul volto, e Kei si era sentito male nel vederlo così. Probabilmente Ryo doveva essersi sentito un completo fallimento quando Ichigo gli aveva detto quelle cose. Lui aveva preparato il progetto, e lui ne aveva scelto i componenti. Era difficile accettare l’idea di aver sbagliato completamente ad aver affidato la gestione della squadra a Ichigo.
Nonostante quello che Ryo gli aveva detto e l’impressione che gli aveva dato, comunque, Kei non la pensava come lui. Ichigo sapeva il fatto suo, e forse quel periodo era solo un po’ strano per lei a causa della svolta che aveva preso la sua storia con Aoyama-kun.
L’aveva vista trasformarsi e combattere, e Kei poteva giurare di aver visto un lampo di orgoglio negli occhi di Ichigo ogni qual volta sconfiggeva i nemici. Quell’espressione sul suo volto era di soddisfazione, non di stanchezza.
Quindi probabilmente era solo un periodo, anche se Ryo non la vedeva così.
Comunque, aveva dovuto bloccarla. Ryo non voleva vederla, per questo non era mai sceso nei giorni in cui lei era presente al Caffè. Forse rimuginava ancora su quanto gli aveva detto, o forse semplicemente non aveva voglia di uscire dalla sua camera.
Fatto stava che il suo amico stava male per quella ragazza che gli piaceva – sì, l’aveva capito anche se lui non l’aveva mai ammesso apertamente – e che doveva fare qualcosa per aiutarlo.
Si era accorto fin da subito dell’interesse che Ryo provava per Ichigo. Le prese in giro, gli scherzi, le discussioni… Neanche in America Ryo si era mai comportato così con qualcuno, e questo gli aveva dato parecchio da pensare. Poi si era accorto dello sguardo freddo con cui la guardava ogni volta che lei parlava di Aoyama o si presentava con lui, e aveva finalmente capito.
Era anche per quel motivo che Ryo si sentiva così giù in quel periodo. Normalmente si sarebbe limitato ad arrabbiarsi e a tenere il muso per qualche giorno, ma sapere che la Ichigo che gli piaceva così tanto aveva detto quelle cose, l’aveva fatto chiudere in se stesso. Non tanto per quello che aveva detto, ma perché era stata lei a dirlo.
Si affacciò dalla porta della cucina e la vide prendere le ordinazioni, un sorriso forzato in volto.
Sospirò.
Sperò che quel periodo, in ogni caso, sarebbe passato presto.

*

Una volta finito il loro turno di pulizia al Caffè, Ichigo uscì con Retasu dal Caffè salutando Keiichiro e dandogli la buonanotte.
Erano le otto di sera, e per tutto il tempo Ichigo non era riuscita a togliersi Ryo dalla testa. Doveva parlargli, voleva parlargli ma Kei gliel’aveva impedito. Evidentemente sapeva tutto, altrimenti non le avrebbe vietato di andare di sopra.
“Va tutto bene, Ichigo?” chiese Retasu voltandosi a guardarla. Avevano percorso metà strada verso casa – abitavano piuttosto vicine, loro due -, ma la rossa non aveva aperto bocca da quando erano uscite dal locale.
“Sì” rispose velocemente lei, risvegliandosi dai propri pensieri. “In realtà… ho dimenticato una cosa al Caffè” buttò lì, frugando nella sua mente alla ricerca di qualcosa nel caso l’amica le avesse chiesto cosa avesse dimenticato.
“Se vuoi ti accompagno…”
“No grazie” sorrise lei forzatamente. Doveva parlare con Ryo, Retasu in tutto questo non era prevista. La ringraziò e la salutò con un cenno della mano e un sorriso un po’ più sincero, per poi voltarsi e correre in direzione del Caffè che avevano appena lasciato.
Arrivò in pochi minuti, e si diresse subito sulla porta sul retro. Keiichiro la lasciava aperta, lo sapeva.
Entrò silenziosamente e se la richiuse alle spalle, muovendosi nel corridoio accanto alla cucina tastando il muro. Non vedeva nulla, era tutto spento, ma non voleva accendere le luci per paura che Keiichiro la trovasse. L’avrebbe di certo mandata via, e lei non voleva.
Trovò la porta che conduceva al piano di sopra e salì le scale. Vide all’inizio del corridoio del primo piano la camera di Kei – non ci era mai entrata, ma l’aveva visto uscire da lì qualche volta e aveva supposto che quella fosse proprio la sua stanza -, la sorpassò e si diresse alla seconda porta dalla parte opposta del corridoio.
Non sentiva nulla, forse Ryo dormiva. O forse lui e Kei erano usciti, era strano che non cenassero nemmeno.
Alzò una mano, il cuore che le martellava nel petto. Quel buio e quel silenzio innaturale la facevano sentire agitata, senza contare che di lì a poco avrebbe probabilmente parlato con Ryo.
Bussò lievemente con il pugno e poi distese la mano lungo il fianco, attendendo.
Qualche secondo dopo, la porta si aprì piano, e il viso di Ryo fece capolino, i capelli spettinati. Che stesse davvero dormendo?
“Ichigo?” chiese lui sorpreso, corrugando le sopracciglia.
“Ti disturbo?”
“Il locale ha chiuso un quarto d’ora fa, che ci fai ancora qui?” chiese senza rispondere alla domanda posta dalla rossa.
Lei annuì, afferrandosi nervosa una ciocca di capelli e attorcinandosela intorno alle dita.
“Lo so… Io… volevo parlarti” rispose un po’ titubante, vedendo che comunque lui non aveva ancora aperto la porta per farla entrare in camera. Forse non aveva voglia di vederla.
“Mi è bastato quello che mi hai detto l’altra volta” rispose lui distaccato, fissandola. Ichigo si sentì trafiggere da quegli occhi di ghiaccio, e continuò a giocare con i capelli, sempre più nervosa.
“Per favore, ascoltami”
Ryo sospirò e uscì dalla stanza senza aprire troppo la porta, e se la chiuse alle spalle.
“Cosa c’è?”
Ichigo si meravigliò di trovarlo in accappatoio. Forse non dormiva, magari era appena uscito dalla doccia.
Staccò gli occhi dal nodo dell’accappatoio un po’ allentato e lo fissò negli occhi, arrossendo un po’.
“Come mai non sei sceso al locale questi giorni…?” chiese, sperando che lui le rispondesse sinceramente.
“Non ne avevo voglia” rispose lui, scrollando le spalle.
“Quindi l’impressione che ho avuto è sbagliata, giusto? Non mi stai evitando”
Ryo inarcò un sopracciglio. “Perché dovrei?”
“Per quello che ti ho detto l’altro giorno!” rispose lei alzando un po’ la voce, girandosi poi a guardare la porta di Kei. Sperò non l’avesse sentita.
“Kei non c’è. E’ uscito con un’amica” le disse il biondo leggendole nel pensiero.
“Ora, vuoi dirmi il motivo esatto per cui sei qui?” chiese sgarbato, poggiandosi alla porta e incrociando le braccia.
Ichigo sospirò. “Non mi piace che le cose tra noi siano così… Siamo amici, non dovresti evitarmi”
Ryo arricciò le labbra in un espressione concentrata, alzando gli occhi al cielo. L’unica luce che li illuminava era quella della luna, e Ryo dovette ammettere che stare così con Ichigo non era niente male. Si strinse la cinta dell’accappatoio, e tornò a incrociare le braccia, la stessa espressione.
“Ti evito perché non mi è piaciuto quello che mi hai detto l’altra volta” rispose freddo. “Se non vuoi più essere una MewMew basta dirlo, senza troppi giri di parole. Così sarai libera di stare con il tuo Aoyama quanto ti pare e piace”
“Ma che c’entra questo?!” sbottò lei, spalancando gli occhi. “Sono venuta qui per scusarmi, perché non dovevo dirti quelle cose! E’ vero, odio mentire a Masaya ma non avrei dovuto scaricare tutto su di te, sono stata ingiusta…” concluse sussurrando e chinando la testa.
Ryo rimase interdetto. Quando l’aveva vista davanti alla propria camera, di certo non si era aspettato che fosse andata lì per fargli le sue scuse.
“Dici sul serio?” chiese, e lei annuì ancora con la testa bassa.
Ryo fissò quei capelli rossi legati in due codini, e scosse la testa.
Allungò una mano e la poggiò sotto il mento della ragazza, facendole alzare il capo. La guardò negli occhi.
“Va bene, ho capito” accennò un piccolo sorriso, lasciandola andare.
Ichigo arrossì leggermente, il sorriso di Ryo era veramente bello.
“Non mangi?” cambiò discorso all’improvviso lei, ricordandosi com’era conciato. “E’ ora di cena, se ti va possiamo an-”
“Shirogane?”
Ichigo fu costretta a lasciare in sospeso la frase, dato che la porta alle spalle di Ryo si era appena aperta.
E la voce che aveva appena chiamato il suo amico di certo non era quella di Kei, né di nessun altro ragazzo.
Era una voce femminile.
Rimase impietrita mentre Ryo si voltava e l’ospite faceva la sua comparsa, anche lei in accappatoio, ma semiaperto che mostrava le sue belle forme.
Ichigo si ritrovò a fissarla da capo a piedi.
Era alta, molto più alta di lei – più o meno come Ryo -, aveva ricci capelli rossi, folti e decisamente molto sensuali. Le gambe erano lunghe e snelle, la pelle chiara e il viso luminoso e bello. Non era giapponese, si vedeva. Non aveva gli occhi a mandorla, ma grandi e azzurri. Di certo era una straniera.
Ichigo sbatté le palpebre, rimanendo interdetta.
Chi diavolo era quella?
“Arrivo, torna a letto” rispose lui velocemente senza guardare Ichigo negli occhi. “E copriti”
La rossa abbassò lo sguardo e notò che non si era proprio coperta per bene, e sistemò l’accappatoio in modo da nascondere tutto quello che c’era sotto. Annuì e tornò nella stanza, chiudendo la porta.
Ichigo, ancora a bocca aperta, guardò Ryo.
“Chi è quella?” domandò, mentre il suo cervello lavorava. Lo sapeva eccome chi era. Non ci voleva un genio per capire che Ryo e quella ragazza avevano appena combinato qualcosa. L’aveva capito da quando l’aveva vista presentarsi in accappatoio.
“Nessuno” rispose lui, scrollando le spalle.
“Hai… hai un accappatoio in più per la ragazza di turno?” chiese titubante Ichigo, e Ryo si sentì punto sul vivo.
“Non sono affare tuoi” disse duro, stringendo la mascella.
“Ma…” cercò di intervenire lei, ma lui la interruppe.
“Niente ‘ma’, Ichigo, quello che combino sono affari miei e basta”
“Ok, ho capito!!” rispose, stringendo i pugni. “Me ne vado, scusa se ho interrotto il tuo tête-à-tête” concluse acida, voltandosi per andare via. Voleva scappare da quella situazione, si sentiva imbarazzata e infastidita allo stesso tempo. Imbarazzata per quello che aveva visto, e infastidita perché odiava i ragazzi che si comportavano in quel modo, i tipici ragazzi da una notte e via. Per non parlare di quella sciacquetta.
Si bloccò a metà corridoio perché Ryo l’aveva afferrata per il braccio dopo aver percorso pochi passi.
“Aspetta”
“No che non aspetto, hai detto che non sono affari miei, quindi me ne vado!” sbraitò lei cercando di liberarsi dalla sua presa.
Ryo ci pensò un attimo, poi strinse la presa e la costrinse a voltarsi.
“Ti dà fastidio?” chiese all’improvviso, mettendosi alla prova. Si maledì il secondo dopo averlo detto, vedendo l’espressione di Ichigo mutare completamente. Dall’infastidito, passò allo sconvolto.
“Cos’è che dovrebbe darmi fastidio?” chiese, gli occhi spalancati.
“Che io abbia fatto s-”
Ichigo non gli diede il tempo di finire, non voleva sentire quella parola.
“Sono problemi tuoi quello che combini con quella, a me non importa!”
“Sembra tutto il contrario”
Ichigo si sentì punta sul vivo, e fece un paio di respiri profondi.
“Considero poco serie le persone che fanno sesso una notte con una sconosciuta, tutto qui” disse seria, fissandolo.
Ryo ghignò, divertito.
“Certo, meglio quell’idiota di Aoyama che non ti sfiora neanche per sbaglio” buttò lì, senza pensarci.
Ichigo spalancò gli occhi, alzò una mano e la schiantò contro la guancia del biondo, che piegò la testa di lato ma non disse nulla.
Aveva sbagliato, non doveva nominare Aoyama, non c’entrava nulla in quel discorso.
“Sei solo un deficiente” disse Ichigo con disprezzo, voltandosi e sparendo lungo il corridoio.
Ryo si posò una mano sulla guancia rossa e pensò che sì, forse aveva esagerato, ma non gli importava. Aveva parlato trasportato dalla gelosia.
E comunque era vero che Aoyama era un’idiota, aveva una ragazza così perfetta e preferiva passare il suo tempo a raccogliere rifiuti.
Che fosse gay?
Sospirò, si voltò e tornò in camera per dimenticare la discussione appena avuta.

 

 

 

 

 




Bene bene *-*
Qualche svolta c’è stata, non interessante ma c’è stata u.u
Se fossi stata al posto di Ichigo avrei cacciato quella e mi sarei fiondata nel letto a posto suo, ma vabbè XD
Ci vuole tempo per queste cose, farli mettere insieme al secondo capitolo non sarebbe divertente u.u
Vi ringrazio tanto per i commenti al capitolo precedente! E mi raccomando, fatemi sapere anche com’è questo ;)
grazie per aver letto!

Tonna

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Capitolo 3
*** Heartache Every Moment ***


3.  Heartache Every Moment

 

“Che bello, ne ho trovata un’altra” borbottò ironicamente Ichigo afferrando l’ennesima lattina e gettandola nella busta che aveva in mano.
“Hai detto qualcosa?” le chiese Masaya voltandosi a guardarla. La rossa si girò di scatto verso di lui sfoderando un meraviglioso sorriso di circostanza.
“No, Masaya, niente!”
Il moro le sorrise e tornò ad occuparsi dei rifiuti che stava raccogliendo poco lontano dalla sua ragazza.
Ichigo sbuffò silenziosamente, maledicendosi per aver risposto al telefono quella mattina. Certo, le chiamate di Aoyama erano sempre attesissime e soprattutto gradite, ma di certo non si sarebbe aspettata un invito del genere. Sapeva già che il suo Masaya era il tipo che preferisce andare a ripulire un parco, per l’appunto, piuttosto che andare al cinema con la sua ragazza. E Ichigo si era trovata costretta ad accettare per poter trascorrere almeno un po’ di tempo con lui.
Comunque, anche se odiava passare il tempo a raccogliere immondizia, la cosa le dispiaceva fino a un certo punto, perché comunque era del tempo passato insieme a Masaya.
Certo, non proprio quello che aveva sperato, ma meglio di niente.
“Beh, direi che qui abbiamo finito” esordì il ragazzo dopo dieci minuti, avvicinandosi alla rossina e dandole una carezza sulla testa.
Ichigo arrossì e saltò in piedi, stringendo tra le mani la busta nera.
“Che ne dici, ti va di andare in un bar a prendere qualcosa?” le chiese prendendo la busta e tenendola dietro una spalla con la mano. Con l’altra afferrò quella della rossa, che subito annuì felice, rimangiandosi quello che aveva pensato solo qualche minuto prima.
“Possiamo anche pranzare insieme” azzardò lei, con il cuore che batteva un po’ più forte del dovuto. La presenza di Masaya le provocava sempre un gran batticuore, e si era resa conto che l’amore per il suo ragazzo stava crescendo.
Come il disprezzo per se stessa.
Si incupì per un secondo mentre attendeva la risposta, e quando questa arrivò, affermativa, risollevò la testa di scatto e si aprì in un enorme sorriso.
Non doveva pensare alle brutte cose. Gli alieni, dopo una serie di attacchi a raffica, non si erano più fatti vedere.
Di certo non si sarebbero fatti vivi proprio in quel momento!
Masaya sorrise a sua volta e insieme si incamminarono.
Giusto il tempo di fare due passi,  però, e furono costretti a bloccarsi. Ichigo, per lo meno, che vide Masaya cadere accanto a lei all’improvviso.
“Masaya?!” esclamò chinandosi immediatamente verso di lui. Cos’era successo? Un secondo prima stavano parlando e poi il moro era caduto in un istante.
Lo scosse richiamandolo più volte, quando fu costretta a voltarsi a causa di un ringhio alle sue spalle.
Spalancò gli occhi trovandosi davanti quello che ovviamente era un chimero, gli occhi infuocati e i denti lunghi che spuntavano dalla bocca ringhiante.
Cadde a terra mentre con la mano teneva stretta la maglietta di Masaya, ancora inerme. Ok, era svenuto, ma per quale motivo? Forse il mostro gli aveva dato una silenziosa zampata?
Sentì il cuore accelerare i battiti e strinse gli occhi impaurita, mentre il mostro alzava la zampa.
Si sentì colpire alla spalla e volò lontano, sbattendo contro un albero poco distante.
Gemette forte mentre cadeva a terra e vide il sangue inzupparle la maglia, gli occhi che iniziavano a lacrimare.
“Che-che dolore…” tremò forte sopraffatta dal dolore alla spalla, ma fu costretta a riprendersi immediatamente.
Vide il chimero che, poco lontano, si stava avvicinando a Aoyama.
Sbarrò gli occhi e sentì le gambe muoversi da sole.
Mentre correva tra il suo ragazzo e il mostro, si trasformò ed estrasse il fiocco del cuore, tenendolo saldamente con la mano sinistra. Correre con la spalla dolorante era davvero scomodo, ma non poteva fare altrimenti.
Si tuffò tra i due e punto l’arma contro il chimero con il braccio tremante, urlando la formula che fece sprigionare dall’arma  un grande muro di energia che si schiantò contro il chimero.
Il mostro, con uno stridio acuto, andò in mille pezzi e Ichigo dovette coprirsi gli occhi con il braccio per non rimanere accecata.
Quando l’alieno scomparse, tirò un sospiro di sollievo e si passò una mano sulla fronte, voltandosi a guardare Aoyama.
Tornò alla sua forma normale e notò la maglietta all’altezza della spalla lacerata e ancora rossa di sangue.
Gemette mentre si inginocchiava su Masaya, sentendo che respirava ancora.
L’ennesima lacrima le scivolò lungo la guancia e lei infilò una mano in tasca, estraendo il cellulare.

*

“Ichigo!” il ragazzo si bloccò davanti alla rossa, portandosi una mano sul petto e cercando di riprendere fiato.
Ichigo gli dedicò un dolce sorriso, vedendo che a quanto pare, dopo la telefonata, si era proprio precipitato da lei. Non erano passati neanche cinque minuti da quando quella conversazione telefonica si era conclusa.
Il ragazzo si chinò su di lei, fissando la spalla e poi gettando un’occhiata preoccupata ad Aoyama.
“E’ svenuto?”
“Sì, Kei… ti dispiace?” Ichigo si aggrappò a lui con il braccio sinistro, sollevandosi e gemendo dal dolore.
“Sono stati Kisshu e compagnia?” domandò Keiichiro sorreggendola e scostando lievemente il tessuto della maglietta per esaminare bene la ferita.
Ichigo strinse un occhio e digrignò i denti, scuotendo la testa. “Penso di sì, ma come al solito non si sono fatti vedere…”
Kei annuì e poi estrasse un fazzoletto dalla propria tasca. Lo poggiò sulla ferita e Ichigo cacciò un urletto, ma lui non demorse.
“Devi tamponare o continuerà ad uscire sangue. Perché non vai al Caffè e non mi aspetti lì? Io sveglio Aoyama e lo accompagno a casa”
Ichigo sobbalzò. “Ma… non voglio lasciarlo solo…” disse, il peso nel petto che aumentava. Non solo aveva messo Masaya in pericolo per l’ennesima volta, ma era anche costretta ad abbandonarlo. Come sempre, dopotutto.
“Devi riposare, e poi non sapresti come spiegarli quella” rispose lui serio indicando con un cenno del capo la sua ferita. Le sorrise cercando di apparire rassicurante e le poggiò una mano sulla testa, carezzandola piano. “Ci penso io, non ti preoccupare. Tu attendimi al Caffè, non ci metterò molto ad arrivare”
La rossa, dopo il primo attimo di sgomento, decise di accettare.
Con un’ultima occhiata a Masaya, si allontanò lentamente, altre lacrime che le bagnavano il volto.
Non riusciva più a sopportare quella situazione.

*

Ichigo aprì lentamente la porta del locale vuoto ed entrò silenziosamente, richiudendosela alle spalle.
Mosse qualche passo incerto, poi si bloccò.
Era veramente giusto andare lì? Aveva di nuovo lasciato Masaya da solo e senza spiegazioni. Certo, non che fosse la prima volta, ma comunque anche se ogni volta lui l’aveva perdonata, quella situazione le faceva comunque male. Lo stava tradendo e gli stava mentendo. Non era degna di essere la sua ragazza.
Strinse gli occhi e riprese a camminare verso la prima sedia disponibile. Vi si accasciò sopra con un piccolo singhiozzo e la spalla dolorante, e si sciolse in un pianto liberatorio ma silenzioso.
Passò qualche minuto, ma di Kei non c’era traccia. Forse aveva avuto qualche problema nell’inventare una scusa con Masaya.
Iniziò a preoccuparsi, quando sentì dei passi alle sue spalle. Forse Kei era passato per la porta posteriore?
Si alzò di scatto provocandosi un giramento di testa improvviso e fu costretta ad aggrapparsi alla sedia, la vista che si offuscava. Si sentiva debole e la spalla doleva sempre più.
“Kei, sei tu?” nella stanza, dal piano di sopra, comparve Ryo.
Rimase un attimo di stucco quando notò che invece del suo amico, era stata Ichigo ad aver fatto quel rumore che aveva attirato la sua attenzione.
Il suo sgomento aumentò quando notò il sangue e l’espressione sofferente della rossa.
Spalancò gli occhi e le corse incontro, cingendola immediatamente fra le proprie braccia per sostenerla.
“Che ti è successo?” chiese apprensivo, stringendola e facendola sedere di nuovo, mentre lei deglutiva a fatica.
“So-sono stata attaccata” borbottò senza guardarlo negli occhi. Avevano litigato, allora perché Ryo si comportava come se nulla fosse successo?
“Attaccata?!” si inginocchiò di fronte a lei ed esaminò attentamente la spalla, avvicinandosi di poco.
“Questa va medicata… torno subito” si alzò e corse – corse! – verso le scale che portavano al piano di sopra, ma la voce della rossa lo bloccò.
“Aspetta!” esclamò lei, rialzandosi dalla sedia e allungando una mano. Ryo si fermò, una mano sullo stipite e gli occhi impazienti. “Cosa?”
“Kei… ha-ha detto che ci pensava lui… Dovrebbe tornare fra poco” balbettò la rossa, sentendosi a disagio. Non voleva che fosse Ryo a curarla, non voleva neanche stare nella stessa stanza con lui a dire la verità. Aveva ancora vivido nella mente il ricordo dell’ultima volta in cui si erano visti. Non gli era piaciuta quella discussione, e soprattutto il modo in cui era finita.
Ryo rimase fermo per un secondo a guardarla, poi scosse la testa.
“Smettila di fare la sostenuta, ho detto che ci penso io” salì le scale senza darle il tempo di ribattere, e Ichigo si lasciò ricadere sulla sedia, passandosi una mano sulla fronte.
Tempo un minuto e Ryo tornò di sotto con in mano una cassetta del pronto soccorso. Si sedette di fronte alla rossa poggiando la cassetta sul tavolino e la fece distendere contro lo schienale, pigiando con il dito sulla spalla sana.
La rossa teneva lo sguardo fisso a terra, i suoi piedi erano diventati vagamente interessanti.
Ryo lasciò correre, poi si rese conto di una cosa.
“Devi togliere la maglietta” disse, grattandosi la testa.
Ichigo spalancò gli occhi di scatto e sollevò la testa, facendosi male al collo, e arrossendo fino alla punta delle orecchie.
“COSA?!” sbraitò, tirandosi indietro. Ryo scosse la testa e la fissò con sufficienza, incrociando le braccia.
“Non posso curarti con la maglietta addosso. E’ sporca e mi è di impiccio. Te la devi togliere”
“Io non voglio spogliarmi davanti a te” ribatté lei inarcando le sopracciglia. Ryo sbuffò.
“Allora come la mettiamo?” disse, urtato. Non era proprio il momento di fare la vergognosa. “Quella ferita va curata, e non ho nessun interesse a guardare una bambina come te. Togliti la maglietta e poggiala sul petto, così non guarderò. Contenta?”
Ichigo voleva ribattere, soprattutto per il commento sulla bambina, ma capì che quella era l’unica soluzione possibile.
“Vo-voltati” arrossì ancora una volta, portando le mani al bordo inferiore della maglietta.
La sfilò mentre Ryo si voltava dall’altra parte per non guardare. L’appallottolò facendo in modo che la parte macchiata e strappata finisse al centro della matassa e se la poggiò sul seno, tenendola stretta con una mano.
Ryo, sentendo che aveva smesso di trafficare, si voltò e sorrise appena.
“Ok, ora ferma…” prese una garza dalla scatola e la impregnò di disinfettante. Poi si fermò a guardare Ichigo, che aveva di nuovo smesso di guardarlo.
Sapeva che rischiava il linciaggio, ma doveva farlo.
Allungò una mano e afferrò la spallina del reggiseno con due dita, facendogliela scivolare lungo il braccio.
Stavolta Ichigo saltò proprio in piedi, strillando e arrossendo così tanto da sembrare un tutt’uno come i capelli.
“Che-che-che…!” balbettò incredula, incapace di formulare una frase di senso compiuto. Era sconvolta. Cosa faceva Ryo, ci provava con lei? Senza neanche essersi scusato per la volta prima, oltretutto? Doveva essere malato per pensare una cosa del genere.
Il biondo sbuffò sonoramente e si alzò, afferrandola per le braccia e facendola sedere di nuovo.
“Mi impediva di curarti e l’ho spostata. Non ho intenzione di saltarti addosso, Ichigo. Stai tranquilla”
La rossina fu costretta a rimanere immobile mentre Ryo iniziava a medicare la ferita e a pulire le macchie di sangue tutte intorno.
Si sentiva imbarazzata all’inverosimile. Era seminuda davanti a un ragazzo che non era il suo ragazzo, e sentiva il cuore accelerare i battiti ogni volta che il biondo le sfiorava la pelle con le dita, oppure ogni volta che lui soffiava sulla ferita dopo avervi passato sopra la garza.
Strinse i denti un paio di volte per il dolore, ma riuscì a resistere senza lamentarsi quasi mai.
Dal canto suo, Ryo stava facendo una fatica immensa a trattenersi.
Ichigo gli piaceva. Lo sapeva lui, lo sapeva Kei e probabilmente anche le altre ragazze se n’erano accorte. Solo lei non se n’era resa conto, e forse questa era una fortuna.
Il loro rapporto era già parecchio instabile, litigavano sempre e non facevano altro che stuzzicarsi. Se solo avesse osato confessare i suoi sentimenti a Ichigo, di sicuro lei dopo averlo rifiutato avrebbe iniziato a trattarlo in modo diverso, e lui questo non lo voleva. Meglio avere la sua amicizia in un modo un po’ bizzarro piuttosto che non averla accanto in nessun modo.
Sollevò lo sguardo e guardò il suo bel viso arrossato ma allo stesso tempo stravolto.
La voglia di proteggere quella gattina stava diventando difficile da controllare.
“Allora… com’è successo?” chiese, continuando a medicare. La ferita non era profonda, ma aveva perso un bel po’ di sangue e se non l’avesse disinfettata avrebbe potuto infettarsi.
Ichigo esitò un attimo a rispondere. Non aveva voglia di confessare che era con Masaya. Non aveva voglia di parlare di lui in quel momento, perché ricordare le faceva male.
Chissà perché Kei ci stava mettendo così tanto, oltretutto?
“Ero nel parco… passeggiavo e sono stata aggredita” chiuse il discorso velocemente, sbuffando.
“Ma perché Kei non arriva?”
“Appena finisco qui lo chiamo” rispose veloce Ryo, impaziente di tornare al discorso di prima.
“Ti hanno colto alla sprovvista, dunque… e poi hai chiamato Kei” si irrigidì un po’ quando disse quella frase, e Ichigo se ne accorse.
Si voltò a guardarlo e alzò un sopracciglio.
“Che ti prende?”
“Niente” rispose velocemente, fissando con insistenza la ferita ormai del tutto ripulita. Non voleva ammettere che il fatto che Ichigo avesse chiamato Kei e non lui lo scocciava, e pure tanto. Dopotutto comunque, si era detto che era una cosa normale. Lui e Ichigo avevano litigato l’ultima volta che si erano visti, era ovvio che non volesse chiedere aiuto proprio a lui.
“A proposito dell’altra volta…” il biondo alzò lo sguardo e ripose la garza dentro una busta di plastica, chiudendola con un nodo. Ichigo sollevò la mano destra e lo azzittì prima che potesse continuare.
“Lascia stare Ryo, mi hai già detto come la pensi, non voglio sentire oltre”
“Veramente volevo scusarmi, ma se non vuoi starmi ad ascoltare sono problemi tuoi” ribatté freddo lui richiudendo la cassetta con un sonoro clack e alzandosi. Si avviò tranquillo al piano di sopra, ma fu subito bloccato da Ichigo.
La rossa si era alzata di scatto e aveva fatto cadere a terra la maglietta, ora era davanti a lui con solo il reggiseno e una spallina abbassata lungo il braccio.
Ichigo arrossì per l’ennesima volta e si portò le braccia a x sul petto, balbettando un “To-torna qui, ti ascolto…”
Ryo scosse piano la testa con un sorrisetto e le fece cenno di tornare a sedere, poi sparì sulle scale.
Sentiva il cuore andare velocissimo.
Ichigo era davvero bella, e per lui vederla così era una visione.
Cercò di calmarsi pensando ad altro, ma l’immagine di Ichigo seminuda di fronte a lui non riusciva a dargli tregua.
Aveva sempre provato un grande affetto per lei, fin da quando l’aveva vista per la prima volta.
Poi aveva scoperto che lei aveva un ragazzo – o per lo meno, c’era qualcuno che le piaceva -, e allora aveva messo da parte quel sentimento, che purtroppo poi però era fuoriuscito più impetuoso di prima.
E solo da un paio di settimane si era reso conto di desiderarla. Tanto.
Quando se l’era trovata davanti giorni prima, fuori dalla sua camera, aveva veramente temuto che il suo corpo potesse esplodere. Aveva fatto venire quella straniera per sfogarsi, ma la visita di Ichigo aveva fatto crollare tutti i suoi muri.
La voleva, e la voleva da morire.
Tornò al piano di sotto dopo aver riposto la cassetta nella propria camera e la trovò vestita.
Tornò a sedersi davanti a lei e incrociò le braccia, attendendo che la rossa dicesse qualcosa. Ma lei non disse nulla.
“Allora…” iniziò Ryo, cercando qualcosa di buono da dire. “Abbiamo esagerato entrambi, l’altra volta. Mi spiace” disse serio, sporgendosi in avanti e poggiando gli avambracci sulle gambe. Ichigo deglutì, asserendo con la testa.
“Sì… dispiace anche a me… Non è vero che non ti ritengo affidabile, Ryo”
“Allora perché non hai chiamato me?” disse veloce, ma si pentì il secondo dopo. Ichigo sollevò le sopracciglia, poi capì.
“Io… non volevo coinvolgerti. Ce l’avevo ancora con te…”
Ryo increspò le labbra e annuì. “Comprensibile” disse, poi si alzò.
“Ora forza, ti accompagno a casa”

*

Ichigo si svegliò presto, quella mattina.
Si era alzata, aveva fatto una bella doccia calda, si era preparata e poi era scesa giù in cucina, dove era sicura che sua madre la stesse aspettando con un sorriso stampato in volto e con la colazione già pronta.
Si meravigliò quando la vide sì sveglia, ma in pigiama seduta al tavolo mentre con gli occhi semichiusi faceva roteare un cucchiaino nella tazza di latte che aveva davanti.
“Mamma?” la rossa si avvicinò e Sakura aprì del tutto gli occhi.
“Ichigo? Che ci fai in piedi a quest’ora?” chiese la donna gettando un’occhiata all’orologio appeso al muro. La rossa si grattò la testa. “C’è scuola, sai?”
“Ma non era chiusa, oggi?” domandò la donna inarcando un sopracciglio e svegliandosi un po’.
Ichigo si ammutolì, facendo mente locale.
Scuola? Chiusa?
“Cavolo, è vero!” si batté una mano sulla fronte e si accasciò sulla sedia. Per una volta che si era svegliata presto. Questa sì che era sfortuna bella e buona.
“E tu come mai sei in piedi?” domandò poi alla madre, vedendola quasi ricadere nel mondo dei sogni mentre continuava a far ruotare il cucchiaino.
“Ho preparato la colazione e il pranzo da portare via a tuo padre… E’ uscito prestissimo stamattina… Ora però ho sonno” disse la signora sbadigliando. Ichigo ridacchiò e si alzò.
“Dai torna a letto, mi ci rimetto anche io, visto che non ho nulla da fare” bofonchiò imbarazzandosi un po’ per aver commesso una tale gaffe. Quando non poteva permetterselo, dormiva fino a tardi, e quando invece poteva farlo non lo faceva. Ma cos’aveva che non andava?
La donna annuì e stiracchiandosi si alzò e si diresse al piano di sopra come uno zombie. Ichigo non poté fare a meno di sorridere. Ecco da chi aveva ripreso.
Decise di tornare anche lei di sopra. Inutile rimanere lì, non avendo nulla da fare.

Verso le undici il telefono di casa Momomiya prese a trillare impaziente. La rossa tirò fuori una mano dal groviglio di coperte in cui era intrappolata e afferrò a tentoni il cordless, premendo il pulsante e portandoselo all’orecchio sotto le coperte.
“…nto….” Borbottò sbadigliando con un sonoro miagolio, e la risata dall’altro capo del telefono le fece spalancare gli occhi.
“Ma-Masaya?!” chiese lei sollevandosi di scatto e provocandosi un giramento di testa. “Co-come stai?!” chiese quasi urlando, mentre cercava di liberarsi dall’ammasso di coperte che quasi la stava soffocando.
“Bene, grazie. Scusami se ti ho svegliato…”
“No no! Ma stai scherzando! Figurati! Mica dormivo!” rispose lei impaziente, sentendosi una perfetta cretina. Il suo sbadiglio di certo l’avevano sentito fino in capo al mondo, chi pensava d’ingannare?
Masaya, infatti, rise ancora.
“Senti, volevo chiederti se è tutto a posto… L’altra volta il tuo amico Keiichiro mi ha detto che hai avuto un’emergenza familiare e che sei dovuta scappare via… E mi dispiace se ho preso un colpo di sole. Devi esserti spaventata”
Ichigo sorrise, ringraziando mentalmente Kei. La sera prima il castano l’aveva chiamata per spiegarle cosa aveva raccontato ad Aoyama.
La cosa che Ichigo non sapeva, comunque, era che Kei quel giorno era tornato al Caffè molto prima di quanto aveva voluto far credere, ma aveva visto Ryo e Ichigo parlare di nuovo, e non aveva avuto il coraggio di interromperli. Era rimasto in cucina a sfogliare silenziosamente una rivista di cucina, finché poi i due non se n’erano andati.
“Un pochino, ma non preoccuparti. Piuttosto, dispiace a me averti lasciato da solo in un momento del genere…”
Masaya rise cristallino, facendole sciogliere il cuore. “Non dirlo nemmeno per scherzo!” rispose, poi fece una pausa.
“E comunque abbiamo lasciato in sospeso l’uscita al bar. Che ne dici se ci andiamo dopodomani?”
Ichigo spalancò gli occhi e annuì con la testa, felicissima. Poi si rese conto che lui non poteva vederla e spalancò la bocca.
“Sì! Sì! Certo!” Un appuntamento con Masaya. Un vero appuntamento. Dio, era un sogno.
“Allora ci ved-”
“Ichigo! Ichigo! Alieni al Caffè MewMew!” il piccolo Masha si azionò improvvisamente, trillando impazzito  e girando intorno alla testa della rossa.
Ichigo sbarrò gli occhi e lo afferrò, tappandogli il piccolo microfono che aveva al posto della bocca.
“Scusa Masaya, devo andare!” disse subito e non gli diede il tempo di rispondere. Con le lacrime agli occhi per la rabbia lanciò il telefono lontano, afferrò la spilla e corse giù mentre Masha continuava a strillare.
In dieci minuti arrivò al Caffè, e trovò le sue amiche già trasformate. Di Kei e Ryo nessuna traccia.
“Ragazze!” si trasformò velocemente e si guardò intorno.
“Dove sono gli alieni?”
“Non sono ancora comparsi” rispose Retasu ansiosa, tenendo strette nelle mani le sue armi a forma di nacchere.
“O forse sono qui ma non li vediamo” azzardò Zakuro seria e immobile, gli occhi che perlustravano la zona intorno a loro.
Ci fu un attimo di silenzio durante il quale tutte le ragazze trattennero il respiro.
Il secondo dopo, un enorme chimero sbucò fuori dal bosco adiacente al Caffè, e si avventò contro di loro.
Tutte si scansarono cadendo a terra, e sentirono una risata fragorosa. Alzando lo sguardo, lo videro.
“Kisshu!”
“Ehilà, micetta!” esclamò lui sorridendo e facendole l’occhiolino. “E’ tanto che non ci vediamo, ti sono mancato?”
“Ribbon Zakuro’s Pure” esclamò di rimando la Mew Lupo, colpendo il chimero. Kisshu incrociò le braccia incrociato.
“Non parlavo con te” borbottò, voltandosi verso il chimero che, effettivamente, non aveva un solo graffio.
La viola ringhiò e tentò di nuovo il suo colpo, che stavolta andò a segno. Strinse la corda di luce intorno al collo del nemico, poi si voltò verso Purin tenendo la presa stretta e urlandole un “Purin, tocca a te!”
La piccola non se lo fece ripetere due volte. Con il Ribbon Purin Ring Inferno lo intrappolò in quell’ammasso gelatinoso ed esultò portando un pugno in aria e urlando.
Ichigo aveva fissato la scena immobile.
Era troppo facile. Possibile che gli alieni fossero spariti per poi tornare all’attacco con un chimero così debole? C’era qualcosa che non andava.
Minto lanciò il proprio attacco contro il mostro e lo stordì, e Ichigo mosse un passo avanti per finire il lavoro, ma si sentì afferrare per la vita e in pochi secondi si trovò sollevata da terra di qualche metro.
“Ki-Kisshu, lasciami!” esclamò agitandosi, mentre l’alieno rideva maligno.
“Non avrai tregua, Ichigo. Ti seguirò ovunque finché non ti deciderai a venire via con me” le sussurrò malizioso all’orecchio, e la rossa rabbrividì a quelle parole. Si divincolò ancora una volta e stavolta Kisshu la lasciò andare, dopo essere comunque sceso di un bel po’. Di certo non voleva che la sua gattina si rompesse una gamba cadendo a terra.
Ichigo rovinò al suolo sbattendo il petto e sentì il dolore alla spalla farsi acuto. Ormai non ci faceva più caso, ma con quel colpo il dolore era tornato a farsi sentire più forte che mai.
Si alzò con fatica mentre le altre, tranne Zakuro, correvano da lei e la sostennero
Ichigo sorrise. “Non vi preoccupate, ci penso io…” estrasse il suo Strawberry Bell e con un colpo ben assestato disintegrò quel mostro fin troppo debole per i suoi gusti.
Quando il chimero fu svanito nel nulla, si voltò alla ricerca di Kisshu.
Anche lui era scomparso.
Si lasciò cadere a terra, in ginocchio, e sospirò.
Non avrai tregua, Ichigo. Ti seguirò ovunque finché non ti deciderai a venire via con me.
Si passò una mano sul viso, poi strinse il costume all’altezza del petto.
Dopo quell’affermazione, tutti i suoi dubbi erano spariti. C’era solo una cosa da fare, e andava fatta subito, prima che fosse troppo tardi.

 

 

 

 

 

 

 

 

Note:

Bella gente! Come va? :)
Sono di fretta perché mi attendono a lavoro, ma ho deciso di postare perché non lo faccio da tipo 10 giorni ò.ò Quindi vi lascio con questo capitolo (personalmente mi piace molto *-*) sperando che sia di vostro gradimento!
Eeeeee secondo voi… cosa vuole fare Ichigo? *W* si accettano scommesse genteeee XD
Fatemi sapere :D
Bacino
la vostra tonna

 

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Capitolo 4
*** It Ends Tonight ***


4. It Ends Tonight

 

Minto raccolse l’ultimo sacco dell’immondizia e se lo caricò in spalla, mentre Retasu le dava una mano sostenendo quel peso da dietro.
Uscirono fuori dal locale e lo gettarono nell’apposito cassone, per poi rientrare e finire di aiutare le altre a sistemare le sedie sopra i tavoli.
Avevano appena finito di pulire il Caffè, e l’ora di chiusura era ormai arrivata.
Ichigo, una volta finito di pulire la cucina, era schizzata via dopo essersi cambiata in fretta e furia. Aveva accennato qualcosa riguardo a un problema familiare e si era volatilizzata, lasciando la maggior parte dei lavori pesanti alle compagne. Nessuna, comunque, aveva avuto da ridire, tranne Minto, come al solito. Si era lamentata del fatto che il lavoro duro toccasse tutto a lei, e Zakuro l’aveva ripresa.
“Ichigo si dà sicuramente più da fare di te” le aveva detto, ma non aveva parlato con freddezza. In quella specie di rimprovero c’era un sorrisetto nascosto che poteva tranquillamente essere interpretato come un “tu sei fatta così, e ci vai più che bene”.
Minto arrossì semplicemente e riprese a sistemare le sedie senza più dire una parola.
Quello che le diceva Zakuro la metteva sempre in soggezione.
Ricordava la prima volta che l’aveva vista dal vivo, così bella e matura. Era stato proprio davanti a quel Caffè, quando i geni dei Red Data Animal erano entrati dentro di loro.
Aveva ringraziato Dio moltissime volte per aver fatto sì che Zakuro fosse una sua compagna, ma ricordava ancora con dolore il loro secondo incontro.
La ragazza non aveva voluto saperne di avere delle compagne. Minto non aveva mai capito se quella decisione fosse dettata dai geni dell’animale che la dominavano – il Lupo Grigio – oppure se fosse stato proprio il suo carattere a farla parlare così.
Quando però la mora aveva accettato di collaborare con loro, non le era più importato.
Aveva sempre provato ammirazione per Zakuro Fujiwara, fin da quando l’aveva vista per la prima volta su una rivista, ma averla come compagna di squadra era la cosa più bella che potesse capitargli.
Oltretutto, le voleva bene. La sua non era solo ammirazione.
“Ichigo è così strana ultimamente…” intervenne Retasu titubante, sistemandosi gli occhiali con una mano.
Attirò l’attenzione delle amiche.
“Sì, voglio dire… da quando Kisshu e compagni si sono ripresentati, è diventata strana”
“Più strana del solito” aggiunse Purin, saltellando accanto a lei. “Proviamo a chiederle cos’ha!”
“Sarebbe meglio aspettare che sia lei a parlarcene di sua spontanea volontà” disse Zakuro incrociando le braccia al petto. Anche lei aveva capito che c’era qualcosa che non andava in Ichigo, ma non aveva indagato per il semplice fatto che se la rossa avesse voluto parlarne, di sicuro l’avrebbe fatto. Se questo non era ancora accaduto, voleva dire che non se la sentiva, e di certo non potevano obbligarla.
“Quando vorrà parlarcene, noi saremo qui” concluse, staccandosi dalla colonna a cui era poggiata. Si diresse nel camerino, seguita dalle altre.
Quella situazione era piuttosto strana.

*

Ichigo passeggiava per il parco con le mani in tasca, la tracolla che ciondolava avanti e indietro.
Non era vero che aveva problemi familiari.
Semplicemente, quella sera aveva una cosa da fare.
Ed era proprio quella cosa da fare che l’aveva portata nel parco, diretta verso la casa di Masaya.
Calciò un sassolino sul suo cammino e si portò una mano sul petto, sentendo il cuore aumentare il battito ogni secondo che passava.
Odiava doverlo fare, ma era sicura che fosse la cosa migliore.
Da quando aveva visto Kisshu – e soprattutto da quando lui le aveva detto quelle parole -, non era più riuscita a chiudere occhio la notte. Si rigirava e rigirava nel letto, madida di sudore e intrappolata fra le coperte, mentre incubi di chimeri e alieni che attaccavano Masaya le affollavano la mente.
Si era svegliata troppe volte con le lacrime agli occhi e con il principio di un urlo nascente sulla bocca, che poi però era riuscita a trattenere.
Non poteva continuare così. E visto che non poteva eliminare ciò che era, avrebbe dovuto eliminare ciò che poteva essere in pericolo.
Passò davanti alla fontana  e sollevò lo sguardo, fermandosi un attimo a guardarla.
Si erano dati appuntamento lì davanti un sacco di volte, lei e Masaya.
Sorrise al ricordo, ma quell’espressione sparì ben presto dal suo volto. Tornò seria e aguzzò la vista, vedendo una sagoma oltre il getto della fontana.
“Masaya…” sussurrò, muovendo qualche passo avanti.
Non aveva veramente voluto farlo, ma le sue gambe si erano mosse da sole. L’avevano portata a pochi metri da lui, che teneva lo sguardo altrove. Sentendo dei passi, poi, si voltò e la vide.
“Ehi!” Il moro saltò su dalla panchina, quasi spaventato. Era sera, e non aveva visto Ichigo spuntare dagli alberi di fronte a lui, nonostante i lampioni.
Le si avvicinò e sorrise. “Che ci fai qui a quest’ora? E’ piuttosto tardi”
“Potrei dirti la stessa cosa” ribatté lei con un sorrisetto nervoso.
“Mi piace questo posto. Mi rilassa, soprattutto di sera quando non c’è nessuno” rispose Aoyama guardandola. Notò qualcosa di strano nei suoi occhi, e subito decise di indagare.
“Che succede? Stai bene?”
Un piccolo soffio di vento smosse i capelli di Ichigo, che rabbrividì e si strinse di più nel giacchetto leggero. No, non stava bene. Non stava bene per niente. Ma con che faccia poteva dirglielo?
Aoyama le si avvicinò immediatamente e la circondò con le braccia, tentando di scaldarla con il calore del proprio corpo.
“Hai freddo… vuoi che ti accompagni a casa?” domandò premuroso, cullandola un po’ nel suo abbraccio.
L’unica risposta che ricevette fu il ‘no’ sussurrato da Ichigo, che si era lasciata stringere da quelle calde braccia accoglienti. Ma la rossa non ricambiò l’abbraccio, si limitò ad affondare il viso nel giacchetto del moro e a lasciar scivolare una lacrima lungo la guancia senza che però lui se ne accorgesse. Non voleva domande che avrebbero potuto metterla in difficoltà, non voleva dover dire la verità. Voleva solo togliersi quell’enorme peso dal petto.
Sapeva che non c’era altra scelta e che era la cosa giusta da fare, ma si stava rivelando la cosa più difficile del mondo, anche più difficile di sconfiggere chimeri e alieni.
“Piccola, che ti succede?” chiese lui dolce, continuando a cullarla. Non si era accorto del fatto che ormai il viso della ragazza era già inondato di lacrime, ma sentiva che c’era qualcosa che comunque non andava.
Ichigo deglutì, stringendo gli occhi.
Doveva farlo, non poteva continuare a rimandare. Troppe volte aveva dovuto mentire a Masaya riguardo il suo segreto, al fatto di essere una MewMew, del trasformarsi in gatto, degli alieni, dei poteri…
E per lei questo era inaccettabile, perché era fermamente convinta che un rapporto fosse strettamente basato sulla fiducia, innanzitutto, e lei aveva tradito quella di Masaya fin troppe volte.
Ovviamente l’aveva fatto per proteggerlo, ma questa non era una spiegazione sufficiente. Non poteva continuare a mentirgli, e d’altro canto non poteva neanche rivelargli il suo segreto.
La cosa più logica da fare, dunque, era lasciarlo. Per proteggerlo, per il suo bene. E per non essere più costretta a mentirgli guardandolo negli occhi.
“È meglio se… non ci vediamo più…” sbuffò tremando, sentendo il corpo del moro irrigidirsi l’istante successivo.
“Cosa? Che hai detto?” chiese lui, allontanandola quel tanto che bastava per fissarla negli occhi che, si accorse, erano umidi e arrossati.
“Perché piangi? Che succede?”
Lei allungò le braccia e si allontanò, fissandolo negli occhi. Quella sarebbe stata l’ultima volta che gli avrebbe mentito guardandolo dritto in faccia.
“Do-dobbiamo lasciarci, Masaya… Non può continuare così”
Lui sgranò gli occhi, non capendo di cosa stesse parlando la rossa. “Lasciarci?” domandò. “Perché?”
“Perché… non sono felice…” rispose lei in un sussurro.
Beh, in effetti non era una bugia poi così grande. Lei amava Masaya, lo amava davvero tanto, ma quella vita non la rendeva felice per il semplice fatto che il suo rapporto con lui era costruito tutto su grandissime menzogne. E di questo Aoyama non aveva colpa, e il problema stava proprio nel spiegarglielo senza scoppiare a piangere a dirotto.
Senza contare che il pericolo per lui era maggiore, di una “semplice” bugia.
Quelle parole lo colpirono come un coltello che gli si piantava in pieno petto. Si sentì vacillare, la testa confusa.
“N-non sei felice…? Cos’ho fatto di sbagliato?” domandò triste e impaurito. Ichigo trattenne a stento la voglia di stringerlo. Non l’aveva mai visto così fragile.
“Non è colpa tua… è solo che… non sei la persona che sto cercando…” disse lei, stavolta senza guardarlo. Deglutì, un’altra lacrima che le scivolava fino alle labbra. “Credevo fossi tu, ma… Mi dispiace Masaya…”
“Cosa posso fare?” chiese subito lui, tornando ad afferrarla per le braccia. “Io non voglio perderti, voglio stare con te”
“Questo non è possibile” rispose lei scuotendo la testa e liberandosi dalla sua stretta. “Mi- mi dispiace… Non vorrei ferirti…” singhiozzò, rialzando lo sguardo e fissandolo negli occhi.
Sussurrò un ultimo “Scusami…” e poi scappò via, ignorando il grido di Aoyama che la richiamava in lontananza.

*

Una volta entrata in casa, Ichigo sbatté la porta di casa e corse al piano di sopra, rinchiudendosi nella propria camera.
Aveva ignorato la voce di sua madre che la chiamava, non aveva proprio voglia di parlare. Oltretutto, se l’avesse vista in quello stato, si sarebbe preoccupata e lei non voleva questo. Più che altro non voleva dare spiegazioni, perché se avesse detto che era stata lei a lasciare Masaya, non avrebbe potuto spiegare il motivo per cui stava piangendo, e di certo non poteva neanche dire che era stato lui a mollarla. Stronza sì, ma fino a un certo punto.
Si gettò sul letto affondando il viso nel cuscino, le lacrime che scendevano copiose e i singhiozzi che le bloccavano il respiro.
Stava male. Era sicura di non esser mai stata così male in tutta la sua vita.
Lo sguardo che le aveva rivolto Masaya quando gli aveva detto quelle parole l’aveva uccisa dentro. Avrebbe preferito essere uccisa piuttosto che vedere il suo ragazzo – ormai ex – in quello stato. Lui non meritava tutto quello, meritava solo di essere felice, e purtroppo lei non poteva donargli quella felicità che lui meritava.
Strinse i pugni sul letto, afferrando le lenzuola e singhiozzando ancora più forte.
Non si accorse della porta che si apriva piano, e di sua madre che entrò nella stanza.
Sentì solo un lieve tocco sulla propria testa, e per un attimo si bloccò, il fiato corto.
Riconosceva quella mano. L’aveva sentita così tante volte poggiarsi sulla sua testa con una delicatezza che solo una madre poteva avere.
Si voltò di scatto, il viso rosso e gli occhi gonfi e piedi di lacrime. Sakura fissò sua figlia preoccupata. Non l’aveva mai vista così.
Ichigo non perse un secondo e si gettò fra le braccia della madre, riprendendo a piangere con un ululato più forte degli altri.
La signora la cullò fra le proprie braccia, proprio come aveva fatto Masaya qualche minuto prima al parco per proteggerla dal freddo.
Ichigo si sentì male.
Si strinse di più a sua madre e fu così che, allo stremo delle forze, si addormentò dieci minuti dopo.

Sakura la spogliò e dopo averla messa sotto le coperte, le regalò un dolce bacio sulla fronte.
Uscì dalla camera richiudendo la porta e sospirando, passandosi una mano sulla fronte. Era sicura che fosse successo qualcosa con Aoyama. Probabilmente l’aveva lasciata. Sapeva quanto Ichigo fosse innamorata di lui, e solo un tale gesto poteva giustificare quel preciso stato d’animo.
Tornò al piano di sotto dove suo marito, seduto sul divano, attendeva notizie. Quando aveva visto Ichigo schizzare al piano di sopra si era immediatamente alzato per andare a vedere cosa c’era che non andava, ma Sakura l’aveva bloccato.
Tra donne si parlava meglio, gli aveva detto.
Comunque, Ichigo non aveva spiccicato parola. Aveva pianto e nient’altro, finché non era crollata.
“Allora?” domandò Shintaro, fissando sua moglie. Sakura si avvicinò e si sedette accanto a lui, sbuffando.
“Credo che abbia a che fare con Masaya… Penso che l’abbia lasciata…”
L’uomo sbatté le palpebre, cercando di focalizzare bene quello che la moglie gli aveva appena detto.
“Lo sapevo io!” esclamò, battendo un pugno sul divano. “Lo sapevo che quel damerino l’avrebbe fatta soffrire! Ma se lo prendo lo faccio nero!” concluse, alzandosi dal divano.
Sakura spalancò gli occhi e lo afferrò per il braccio, sentendo il cuore scaldarsi per il modo in cui Shintaro si stava dimostrando protettivo verso sua figlia.
“Lascia stare, caro” si alzò e lo fronteggiò, tornando seria.
“Ichigo non lo vorrebbe, aspettiamo che sia lei a dirci qualcosa. Oltretutto non sono sicura che c’entri Aoyama…”
“Certo che c’entra lui, io l’ho sempre detto. Quel ragazzo non mi è mai piaciuto”
Sakura sorrise. A lei invece piaceva Masaya. Era dolce, carino, gentile, e sembrava tenere sinceramente a sua figlia. Per questo non riusciva a darsi una spiegazione.
“Ok, ma adesso aiutami a preparare da mangiare. Faremo i piatti preferiti di Ichigo, almeno avrà qualcosa con cui consolarsi una volta sveglia”
Sapeva che del semplice cibo non avrebbe risolto il problema, ma per ora non le veniva in mente altro.
E comunque Ichigo adorava ingozzarsi, soprattutto di dolci, quando era triste.
E di certo stavolta non gliel’avrebbero vietato.

*

Erano passati due giorni da quando Ichigo aveva chiuso la sua storia con Masaya.
Non aveva fornito spiegazioni dettagliate ai genitori, aveva semplicemente detto che si erano lasciati. Il motivo?
Non aveva saputo trovare una scusa decente, quindi aveva optato per un silenzio forzato e soprattutto doloroso.
Ichigo avrebbe voluto sfogarsi con qualcuno, ma chi era la persona adatta? Non voleva che le ragazze la compatissero, e parlarne con Kei o Ryo era fuori discussione. Di certo si sarebbero sentiti in colpa perché tutto era accaduto a causa del loro progetto.
Ripensandoci bene, però, Ichigo si era detta che probabilmente Ryo si sarebbe sentito sì, in colpa, ma fino a un certo punto. La sua poca simpatia per Aoyama era nota a tutti, anche se lei non era mai riuscita a capire il perché.
E così alla fine si era tenuta tutto dentro, aveva pianto per due notti di seguito e l’allegria che l’aveva sempre caratterizzata ormai era solo un vago ricordo.
Se n’erano accorti tutti, soprattutto le sue compagne.
 “Ichiiigoooo” Purin si arrampicò sul tavolo al quale era seduta la rossa, e si sporse sopra di lei, richiamando la sua attenzione.
“Purin!” sbraitò Minto, “Scendi dal tavolo! Lì i clienti ci mangiano!”
La biondina sbuffò e scese, ma non demorse dal suo intento.
“Ichigo, che succede? Perché non dici una parola?” domandò apprensiva. Normalmente, oltre a lei, Ichigo era quella che faceva più casino al Caffè – sia per servire le clienti che per sbraitare contro Minto. Da qualche giorno, invece, la sua vitalità contagiosa sembrava essere sparita.
“Purin ha ragione” Retasu si avvicinò alle due, intervenendo. “Saranno un paio di giorni che sei così… triste. Cosa ti è successo?”
“Avrà litigato con Aoyama” rispose Ryo che, proprio in quel momento, era entrato nel locale e aveva ascoltato quei discorsi. “Smettetela di perdere tempo e sistemate, tra cinque minuti si apre”
Ichigo chinò la testa, sussurrò qualcosa e poi si alzò, camminando a passo spedito verso i camerini.
“Cosa?” domandò Purin, guardandola e attirando l’attenzione anche di Zakuro, Minto e Ryo. “Non ho capito cosa hai detto!”
Ichigo si fermò mentre apriva la porta del camerino.
“Ho detto che io e Masaya ci siamo lasciati” concluse entrando nella stanza e chiudendosi la porta alle spalle.
Purin, Minto e Retasu spalancarono la bocca, guardandosi tra di loro. Lo sguardo di Zakuro, invece, corse subito verso Ryo.
Il biondo si passò una mano sulla fronte e poi dietro la testa, con sguardo costernato.
“Accidenti…” mormorò, rendendosi conto di quanto fosse stato indelicato.
Anche lui aveva notato la tristezza di Ichigo durante quei giorni, ma l’aveva attribuita a qualche brutto voto o a qualche litigio con Aoyama – e proprio per quest’ultimo motivo aveva fatto finta di nulla. Sì, un po’ egoista da parte sua, ma Aoyama gli stava sull’anima, gli aveva portato via l’unica ragazza che era riuscita ad attirare il suo interesse in diciannove anni di vita. Era una cosa che non aveva mai potuto tollerare.
Ma se si erano lasciati, beh, quello era tutto un altro paio di maniche.
Doveva scusarsi, ma voleva anche sapere. Perché un litigio si poteva sempre risolvere, una rottura invece era una cosa ben più grave. E lo sguardo con cui Ichigo aveva annunciato la notizia, lo aveva quasi fatto sentire male.

Ichigo, nel camerino, sbatté la porta del proprio armadietto e vi si poggiò contro, ringhiando contro se stessa. Ecco, perfetto. Voleva mantenere il segreto  e invece l’aveva già spifferato subito.
Era una persona debole, si disse. Una persona che non ha neanche la forza di supportare un’idea che lei stessa aveva avuto.
Batté piano la nuca contro il metallo alle sue spalle una volta, poi due, poi un’altra ancora.
Voleva scappare, fuggire lontano da quella situazione.
Che spiegazione avrebbe dato? Con che faccia poteva dire che l’aveva lasciato perché non lo amava più? Con che faccia avrebbe detto quell’enorme bugia?
No, non poteva. Doveva trovare qualcos’altro, e alla svelta, perché sapeva che le sue compagne non avrebbero perso tempo e sarebbero immediatamente corse ad indagare. Non per curiosità, ma semplicemente per aiutarla.
Scosse piano la testa.
Lei non meritava aiuto. Era una persona spregevole che aveva fatto soffrire l’unica persona che non meritava affatto tutto quello. Era una stronza.
Si lasciò scivolare contro l’armadietto e si sedette a terra, le ginocchia al petto e le braccia che le circondavano le gambe. Chinò la testa e frugò nella sua testa alla ricerca di qualcosa da dire, qualche scusa da inventare, ma non trovò nulla.
Singhiozzò.
Che persona orribile…
Sollevò la testa di scatto quando sentì la porta del camerino aprirsi, e vide una testa bionda fare capolino all’interno della stanza.
Il proprietario di quei capelli così splendenti, poi, sospirò, entrò e si chiuse la porta alle spalle, avvicinandosi alla rossa.
Ryo non disse nulla. La fissò dall’alto e poi si chinò alla sua altezza, sul viso un’espressione dannatamente seria. Poche volte Ichigo lo aveva visto così.
“Sono stato insensibile, scusami…” mormorò lui, facendole sgranare gli occhi.
Neanche aveva dato peso alle parole che lui le aveva detto poco prima.
Dopotutto era abituata alle frecciatine di Ryo, e non aveva voglia di ricominciare a litigare proprio ora che le cose erano tornate normali, tra loro.
“No-non c’è problema…” balbettò lei, passandosi il dorso della mano destra sugli occhio. “To-torna di là, io vi raggiungo subito…”
Ryo la fissò con le labbra arricciate, poi fece per alzarsi. Il secondo dopo, Ichigo se lo ritrovò davanti, seduto a gambe incrociate e con un’espressione corrucciata sul volto.
“Ti va di parlarne?” domandò cauto, vedendo l’espressione sbalordita sul volto della rossa.
Ichigo perse un battito. Si stava preoccupando per lei?
Scosse piano la testa, cercando di non guardarlo negli occhi. Ryo poggiò delicatamente una mano sotto il suo mento e le sollevò il capo, esaminando quel viso stravolto.
“Non credo che tu sia in grado di lavorare, oggi…” si alzò e se la tirò appresso, ma con delicatezza. Ichigo si trovò in piedi, le gambe che la reggevano a malapena e un peso nel petto che quasi le impediva di respirare.
“Vai a casa, quando starai meglio potrai tornare”
“Ma… ma io…”
“Niente ‘ma’, Ichigo. Non sei nelle condizioni di fare nulla adesso. Devi solo pensare a riposarti e a riprenderti”
E se becco Aoyama gli spacco la faccia si ritrovò a pensare il biondo, ma evitò accuratamente di dirlo a voce alta. Era sicuro che fosse stato lui a lasciarla, altrimenti non si poteva spiegare lo stato d’animo di Ichigo. Sì, di certo era stato quel buono a nulla. Dio, quanto lo odiava.
Ichigo rimase un attimo in silenzio, valutando per un po’ quell’offerta.
Riposare? Tornare a casa e rimanere in camera, da sola, con i suoi pensieri? E quindi piangere fino allo sfinimento e fino a sentirsi la persona più orribile del mondo?
Quella prospettiva la spaventava.
Scosse la testa. Continuando così sarebbe crollata inesorabilmente.
“No… ce la faccio, sul serio… “ sussurrò, strofinandosi le mani sul viso e cancellando anche le ultime tracce di lacrime. Spalancò la bocca in un enorme sorriso, cercando di essere convincente, ma Ryo la fissò preoccupato.
“Non devi sforzarti”
Ichigo annuì. “Sì invece. Perché se mi fermo ora… e-e se mi fermo a pensare…” deglutì, sollevando poco la testa perché sentiva già altre lacrime premere ai lati degli occhi.
“Non potrei reggere…” concluse, tornando a guardarlo e sfoggiando quel sorrisone tirato.
Ryo non seppe più cosa fare. Riusciva a scorgere negli occhi della rossa la determinazione, ma anche l’angoscia, la stanchezza e la tristezza. Ma la cosa che più lo colpì, fu leggervi anche la paura.
Cercò di dire qualcos’altro, ma Ichigo lo interruppe sollevando una mano.
“Vado, è ora di aprire. Grazie Ryo” borbottò prima di superarlo velocemente, e uscì dalla stanza.
Ryo rimase fermo a fissare il vuoto davanti a lui, poi assottigliò gli occhi, sentendo le mani tremare per la rabbia.
Se Aoyama gli fosse capitato tra le mani, l’avrebbe ucciso.
Quella era la sua unica certezza, in quel momento.

 

 

 

 

Note:

Bene *W* ok, allora ribadisco che io odio Aoyama perché è un essere inutile e blabla XD Ma in questo capitolo mi ha fatto una pena assurda ò.ò a conti fatti non ha fatto proprio nulla, ma tutti meditano di farlo fuori XD Povero (fino a un certo punto ù_ù) xD
Beh, che altro dire °-° visto l’andazzo credo che sarà una storia mooolto lunga, dato che ancora non c’è manco un briciolo di flirt tra le varie coppie ò_ò spero non sia un problema xD
Nient’altro da dire, spero abbiate apprezzato il modo in cui ho cercato di esprimere i sentimenti dei vari personaggi! E se ci sono riuscita fatemelo sapere :D anche se non ci sono riuscita, ovviamente D:
Buona giornata, al prossimo aggiornamento!!!

tonna *-*

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Capitolo 5
*** Can't Escape This Hell ***


Capitolo 5: Can’t Escape This Hell

 
 Evitare Masaya si rivelò più facile del previsto.
Grazie alle doti feline che i geni del Gatto selvatico di Iriomote le avevano conferito, Ichigo poteva tranquillamente saltare dalla finestra per evitare il moro quando lo incrociava per i corridoi. L’aveva fatto tre o quattro volte quel giorno, e fortunatamente non era mai stata vista da nessuno. Solo l’ultima volta era atterrata nel cortile proprio davanti a un ragazzo che stava passando di lì in quel momento mentre leggeva una rivista. Le era andato a sbattere contro, ma evidentemente non aveva notato che quella ragazza dai capelli rossi era spuntata dall’alto ed era atterrata con eleganza proprio davanti ai suoi piedi.
Nonostante la cosa stesse sfociando nel ridicolo, Ichigo non aveva nulla da ridere. Per quel poco che aveva visto, Masaya era distrutto. Non l’aveva mai visto con un viso così atterrito e con quelle leggere occhiaie che gli ombreggiavano il volto. Le si stringeva il cuore a vederlo così. Più di una volta, in effetti, si era chiusa nel bagno della scuola a soffocare i singhiozzi contro l’avambraccio o contro un mucchio di fazzoletti.
Aveva sempre pensato che lasciarlo sarebbe stata una buona idea, che magari in quel modo avrebbe smesso di mentire e di sentirsi una persona orribile. Le cose, in realtà, non erano cambiate affatto.
La condizione di pensare di essere la persona più disgustosa del mondo era rimasta, considerando che stava facendo soffrire l’unica persona che non lo meritava nel modo più assoluto. E, nonostante avesse agito così per evitare di continuare a mentire, si era resa conto che da quel giorno lo aveva fatto molte altre volte. Per esempio, non aveva raccontato alle amiche perché lei e Masaya non stavano più insieme. Ovviamente loro vedendola triste e con un muso così lungo da sfiorare il pavimento, avevano dato la colpa a Aoyama.
Non avevano mai fatto parola dell’argomento davanti a lei, ma era ovvio che quello fosse il pensiero comune. Immaginava già i loro discorsi quando non era presente. E questo le faceva ancora più male, perché effettivamente aveva fatto tutto da sola.
Il coraggio per raccontare la verità, però, le mancava.
Mentre puliva l’aula insieme a altre quattro compagne, si fermò a fissare il pavimento, poggiando il peso sulla scopa e sospirando lievemente.
“Sarebbe tutto più facile se potessi rivelargli il mio segreto” mormorò mentre per l’ennesima volta gli occhi si riempivano di lacrime.
Li asciugò in fretta passandosi il dorso della mano sul viso.
Si era soffermata parecchie volte a pensare che forse era veramente colpa di Ryo e Kei, che l’avevano coinvolta in quel progetto. Eppure nessuna delle sue amiche si era mai lamentata, e in un certo senso si poteva dire che c’era chi stava peggio di lei.
Purin, ad esempio, aveva sette fratellini da mantenere e un padre quasi sempre assente per lavoro, ma non si lamentava mai. Scattava sull’attenti ogni volta che c’era qualche alieno in zona, e a dirla tutta Ichigo l’aveva vista parecchie volte divertirsi durante gli scontri.
Avrebbe voluto somigliare alla piccola Purin. La sua forza d’animo era così grande che Ichigo sentiva un bruciore all’altezza del petto ogni volta che il pensiero di incolpare Ryo e Kei faceva capolino nella sua testa.
Anche Zakuro, nonostante i numerosissimi impegni lavorativi, non si era mai lamentata. Retasu e Minto non facevano eccezione.
Comunque, a conti fatti, la colpa non era neanche di Kei e Ryo; probabilmente a ben pensarci non era di nessuno. Il suo Dna era compatibile con quello degli animali codice rosso, e quella non era colpa di nessuno. Era stata una casualità, una casualità che si era abbattuta su di lei e non poteva fare niente per evitarla.
Nonostante il peso che comportava essere un’eroina, comunque, doveva ammettere che le riempiva il petto d’orgoglio poter proteggere la terra e le persone a cui teneva per una giusta causa.
E qui si tornava al discorso di Masaya. Avrebbe continuato a proteggerlo cercando di non farsi scoprire e vegliandolo da lontano. Per lo meno, non standole più sempre accanto, avrebbe di certo corso meno pericoli.
L’unica cosa positiva, comunque, era che il giorno dopo la scuola avrebbe chiuso per le vacanze estive.
Finì di pulire il pavimento con la scopa e uscì per riporla nello stanzino alla fine del corridoio.
La scuola era quasi deserta; meglio così, si disse. Non aveva voglia di incrociare gli sguardi di nessuno, soprattutto perché il fatto che lei e Masaya non stessero più insieme era ormai diventato di dominio pubblico. Il fatto che il moro fosse lo studente più bravo della scuola, nonché il campione indiscusso di Kendo, faceva sì che tutte le ragazze sapessero quello che gli succedeva, e molte erano state felici di sapere che Masaya Aoyama era di nuovo tornato su piazza.
Sospirò frustrata e pensò ironicamente che avrebbe dovuto trovarsi un altro ragazzo, magari uno che conoscesse il suo segreto.
Scosse la testa mentre i volti delle due uniche persone di sesso maschile che conoscevano il suo segreto gli balenavano davanti agli occhi.
Da una parte c’era Keiichiro, dolce e gentile, sempre affabile e che la trattava come una principessa. Beh, in effetti trattava tutte le ragazze come principesse, da quello che aveva potuto vedere. Era davvero un bravo ragazzo, sempre pacato e con la parola giusta al momento giusto.
Dall’altra c’era Ryo. Il freddo, distaccato e pungente Ryo. Ichigo l’aveva visto tante volte scostante nei suoi confronti, ma aveva notato che con le altre ragazze non si comportava in quel modo.
Non era ancora riuscita a capire il perché, nonostante avessero affrontato l’argomento tante e tante volte.
Comunque barrò con una x immaginaria entrambi i volti dei ragazzi, dicendosi che in ogni caso non provava niente per loro, se non un grande affetto. Li considerava un po’ i suoi fratelli maggiori – più l’affabile Kei che il freddo Ryo.
Arrivò a casa e quando entrò sentì il silenzio assoluto che regnava. La pervase un senso di tristezza.
Andò in cucina e trovò una torta al cioccolato sul tavolo, coperta da un tovagliolo; prese un piattino, un coltello e un cucchiaino. Ne tagliò una fetta e la ripose sul piatto, poi si sedette e rimase a fissare quella fetta di torta che giaceva immobile davanti a lei.
Strizzò gli occhi come se cercasse di coglierne qualche movimento, poi senza preavviso gli occhi si riempirono di lacrime e affondò il cucchiaino nel dolce.
Era buono.
Singhiozzò, mandando giù un altro boccone, e per poco non si strozzò mentre faceva partire un altro singhiozzo e il campanello di casa suonava.
Si alzò così di fretta che la sedia cadde rumorosamente indietro. Non le diede peso e asciugandosi velocemente gli occhi con il dorso della mano, si affrettò ad andare ad aprire.
Chi poteva essere?
Aprì la porta e rimase allibita.
“…C’è qualcuno?” chiese, uscendo fuori. Non c’era nessuno, eppure aveva sentito distintamente il campanello suonare…
Pensò a uno stupido scherzo e rientrò sbattendo la porta, ma quando si voltò un urlo squarciò l’aria.
“Ciao micetta”
Di fronte a lei Kisshu galleggiava a un metro e mezzo da terra, quasi sfiorando il soffitto. Ichigo boccheggiò e indietreggiò verso la porta, portando la mano indietro per cercare la maniglia, ma l’alieno scattò veloce e le afferrò entrambi i polsi, sollevandole le braccia.
“No, gattina, niente mosse azzardate… Non vorrei essere costretto a ucciderti…” Ichigo tremò voltando la testa di lato, mentre l’alieno si chinava su di lei e tentava di baciarla.
“…Così presto” concluse, fissandola duro con gli occhi ambrati. Ichigo sentì le gambe tremare e tornò a fissarlo cercando di ostentare sicurezza e coraggio, mentre tutto quello che provava era paura. Era in casa da sola con quell’alieno, e prima di quattro o cinque ore non sarebbe entrato nessuno. E anche se i suoi genitori fossero rientrati in quel preciso istante, si disse, non avrebbero potuto fare nulla per salvarla. Kisshu era un alieno e loro erano dei normali esseri umani.
Kisshu, che ora fissava attentamente il volto della rossa a pochi centimetri di distanza, aggrottò le sopracciglia. Aveva notato le lacrime intrappolate tra le ciglia di Ichigo e il viso un po’ umido lungo due strisce verticali sotto gli occhi.
Strinse le labbra, combattuto. Alla fine, aprì la bocca per parlare.
“Piangevi?” domandò serio, e Ichigo trattenne il fiato. Non aveva usato il solito tono malizioso, né uno dei suoi soliti nomignoli da pervertito. Non riuscì a capire il motivo, loro erano nemici. E i nemici non si lasciavano andare in confidenze.
Kisshu la scrutò ancora, attendendo una risposta, ma quella non arrivò. Ichigo, prontamente, dopo aver riacquistato un po’ del suo coraggio, gli rifilò un calcio nei gioielli di famiglia e lo spinse via, correndo su per le scale.
L’alieno scattò dietro di lei e l’afferrò per il piede mentre lei saliva il terzo gradino e cadde a terra, battendo il viso sul legno e sentendo il naso scrocchiare. Sapeva che non era rotto, ma faceva decisamente male.
Urlò qualcosa che Kisshu non colse e tentò di prenderlo a calci per liberarsi, ma l’alieno non ne volle sapere. Si sollevò da terra sempre tenendo il piedi di Ichigo stretto tra le dita e la sollevò con sé, facendola poi cadere a terra. Con un gemito e un tonfo la rossa atterrò sul pavimento davanti alla porta della cucina, tenendosi con una mano il naso che aveva preso a sanguinare.
Kisshu rimase un attimo interdetto, ma non si diede per vinto. Si avvicinò, le strinse il polso e il secondo dopo la teletrasportò nel salone. La gettò sul divano e la fissò serio.
“Niente scherzi, micetta” ringhiò, i tridenti apparvero improvvisamente nelle sue mani. Ichigo deglutì, gli occhi appannati per il dolore insopportabile al naso, e si rannicchiò sul divano, impaurita.
Che cosa aveva in mente Kisshu? Perché si era presentato lì, le aveva praticamente spaccato il naso e poi l’aveva buttata sul divano?
L’alieno fece per avvicinarsi, quando Ichigo tentò un’ultima disperata mossa. Allungò di corsa una mano verso il vaso sul tavolino lì accanto e lo spaccò letteralmente sulla testa di Kisshu, che per un attimo barcollò e rimase confuso. I tridenti scomparvero dalle sue mani
Questo diede a Ichigo il tempo di rialzarsi e cercare di correre via, ma la vista appannata quasi le impediva di vedere dove stava correndo.
Come prevedibile, il secondo dopo, si ritrovò sul divano con Kisshu sopra di lei che le reggeva i polsi, schiacciandoli forte contro il tessuto morbido.
Ichigo gemette sentendo i polsi scricchiolare, la stava tenendo troppo forte.
“Mi-mi fai male, Kisshu…” piagnucolò, cercando di divincolarsi. L’alieno esplose in una risata cristallina e gettò la testa indietro, scuotendola poi in direzione della rossa.
“Se non avessi opposto resistenza fin dall’inizio non sarei costretto a fartene” rispose, sempre con quella punta di ilarità nella voce.
Ichigo tremò da capo a piedi. Cosa aveva da ridere?
Vide nei suoi occhi un lampo di follia, e si chiese che cosa lo provocasse. Il proprio petto si alzava e abbassava velocemente, il cuore martellava furioso come a voler sfondare la cassa toracica.
Chiuse gli occhi per un attimo mentre frugava nella sua testa alla ricerca di un’idea, ma non le venne in mente nulla.
“Quindi l’hai mollato” era più un’affermazione che una domanda, e Ichigo si trovò a riaprire gli occhi di scatto: il sorriso sul volto di Kisshu era sparito.
“Saggia mossa” continuò, mentre lei assottigliava gli occhi in due fessure e si chiedeva  come facesse lui a saperlo. “Avrei potuto ucciderlo, hai fatto bene a eliminarlo dalla tua vita…”
Ichigo deglutì sonoramente, una lacrima che le colava dall’occhio, e sibilò sprezzante rivolta al suo aggressore.
“Dammi solo un’occasione e eliminerò te… e io e lui potremo tornare insieme…”
Kisshu la fissò basito, un’espressione indecifrabile sul volto.
Avvenne in un secondo. Lasciò andare il polso di Ichigo, portò la mano alla sua gola e con l’altra corse a trattenere il braccio ormai libero insieme all’altro, sopra la sua testa.
Strinse la presa sul collo mentre il volto di Ichigo si tingeva di rosso – oltre al sangue che già le macchiava metà viso -, le mancava il fiato.
“Tu sarai mia, ti porterò sul mio pianeta e non rivedrai mai più quell’insulso essere umano” disse in tono cattivo, fissandola freddo ma con una certa rabbia negli occhi.
Ichigo boccheggiava nel tentativo di respirare e Kisshu si accorse di stare un po’ esagerando. Allentò di pochissimo la presa, giusto per permetterle di respirare, e qualcosa lo colpì in pieno viso.
Le lasciò il collo per togliersi dalla guancia la saliva della rossa, che gli aveva appena sputato.
“Mi fai solo schifo... Io non-non verrò mai via con te…” balbettò, riprendendo a respirare regolarmente.
Kisshu la fissò per un attimo, poi perse la pazienza.
Si avventò di nuovo su di lei e riprese a stringerle il collo mentre cercava ancora di baciarla con la forza.
Ci riuscì. Le schiuse le labbra a forza e le penetrò con la lingua, spingendola a fondo nella sua bocca. Ichigo si agitò sotto di lui e spalancò gli occhi, ma la testa aveva iniziato a girare. Un po’ per il dolore al naso, un po’ per il bacio violento di Kisshu e un po’ per la presa che quasi le bloccava il respiro, sentì le forze venire meno e i muscoli si rilassarono in un istante.
Kisshu se ne accorse e si allontanò lentamente, ma di poco.
“Sei mia, Ichigo…”
La rossa non poté ribattere, stava male. Lacrime avevano iniziato a scendere dai suoi occhi, e Kisshu le raccolse una a una con le labbra.
Avrebbe quasi potuto sembra dolce, se non fosse che la stava praticamente torturando.
Ad un tratto, Kisshu si sollevò di scatto e si guardò intorno. Ichigo rimase perplessa da quel gesto, ma subito la mano dell’alieno le lasciò il collo e le tappò la bocca; qualche secondo dopo Ichigo capì il motivo di tanta agitazione: il campanello aveva suonato, per la seconda volta evidentemente.
Cercò di capire che potesse essere. I suoi genitori no, ma poteva anche essere un postino, un piazzista, ma poteva anche essere Minto, o Retasu… Poteva essere qualcuno che avrebbe potuto aiutarla in qualche modo.
Spostò freneticamente gli occhi di qua e di là, cercando un modo per distrarre Kisshu, e notò che nel movimento repentino di sollevarsi, le aveva lasciato inavvertitamente libera una gamba.
Senza pensarci due volte sollevò il ginocchio così in fretta che colpì Kisshu all’altezza della pancia, e l’alieno tolse la mano dalla bocca della rossa.
“AIUTO!!” gridò lei con tutto il fiato che aveva in gola. Ora aveva libere anche le mani, ma non riusciva ad alzarsi. Vide gli occhi furenti di Kisshu folgorarla e rimase impietrita, mentre sentiva dei forti colpi provenire dalla porta di ingresso. Era chiaro che chiunque fosse dall’altra parte stava cercando di buttarla giù.
Non ci aveva pensato, purtroppo. La porta era pesante e spessa quasi 5 centimetri, impossibile da buttare giù.
Altre lacrime presero a scivolarle dagli occhi mentre Kisshu ringhiava frustrato e le mollava un ceffone in pieno volto. La testa finì piegata di lato contro lo schienale del divano, e così rimase. Ichigo aveva paura di muoversi ancora.
Pochi secondi dopo, sentì il peso di Kisshu sparire dal proprio corpo e tremando azzardò un’occhiata di fronte a lei.
Vide una ciocca di capelli biondi che affiorava da dietro il divano e si affrettò ad alzarsi.
Ryo era lì a terra intento ad azzuffarsi con Kisshu. La scena sarebbe stata anche divertente in un altro contesto, ma vedendo i due che si rotolavano a terra Ichigo pensò che non c’era niente da ridere.
Vide Ryo avere la peggio, steso a terra sotto il peso di Kisshu che in una mano aveva evocato il tridente e ora lo puntava dritto alla gola del biondo, che cercava in tutti i modi e con tutti gli sforzi possibili di farlo tornare al mittente.
Ichigo, terrorizzata, si guardò intorno e notò la grande scacchiera in marmo che lei e sua madre avevano regalato al padre qualche anno prima. Toshiaru Momomiya adorava le scacchiere, e Ichigo si ritrovò ad afferrarla con fatica e cercò di colpire Kisshu.
Lo prese alla spalla, rischiando poi di farla cadere addosso a Ryo.
Con un ululato di dolore, l’alieno rotolò di lato e scomparve in un secondo.
Ichigo, ansimante, poggiò sul mobile la scacchiera e crollò a terra, i nervi a pezzi.
“Ichigo!” Ryo le fu subito accanto e la prese fra le braccia. Le tastò piano il naso cercando di capire se fosse rotto o meno, ma non sentì ossa fratturate né niente. Probabilmente si era rotto qualche capillare quando…
“E’ stato Kisshu a fare questo?” le chiese, sistemandola sul divano ma continuando a tenerla stretta.
Ichigo tossì nervosa, piegandosi come se stesse veramente male, e annuì.
“Mi-mi ha afferrata mentre cercavo di fuggire e- e ho… ho sbattuto…”
Raccontò brevemente quello che era successo da quando l’alieno era entrato in casa sua, e sentì Ryo tremare di rabbia accanto a lei.
“Aspettami qui, torno subito” disse, alzandosi dal posto accanto a quello della rossa.
Lei spalancò gli occhi e la sua mano corse ad afferrare il bordo della maglia di Ryo, che si voltò a fissarla. La vide terrorizzata.
Si chinò davanti a lei e le accarezzò la testa gentilmente.
“Stai tranquilla” le disse, “sto solo andando a prendere qualcosa per medicarti…”
Ichigo annuì debolmente dopo il primo attimo di paura e lo vide sparire oltre il corridoio.
Tornò un paio di interminabili minuti dopo e si sedette accanto a lei, aprendo la cassetta del pronto soccorso e tirando fuori un bel po’ di garza. La poggiò accanto a sé, poi prese l’acqua ossigenata e un po’ d’ovatta, prendendo a ripulire il viso di Ichigo dal sangue.
Non disse nulla, ma la mano riusciva a rimanere immobile per puro miracolo.
Se non fosse andato da Ichigo cosa sarebbe potuto succedere? Cosa le avrebbe fatto Kisshu?
Digrignò i denti e gettò l’ovatta ormai sporca di rosso a terra, per poi prendere la garza.
“Questa… la devi mettere nel naso” disse. “E’ meglio che tu la tenga per qualche ora, respirerai con la bocca”
Ichigo annuì tremante e mentre cercava di infilarle due pezzi di garza alla bell’e meglio nel naso, notò altri particolari.
I polsi arrossati, quasi lividi. E il collo. Il collo che era sempre abituato a vedere liscio e candido, ora era coperto di segni rossi e presentava anche qualche graffio.
Ichigo si rese conto di cosa aveva attirato l’attenzione di Ryo e chinò la testa di scatto, rendendosi conto solo in quel momento che quando Kisshu le aveva stretto il collo, le aveva anche conficcato le lunghe unghie nella carne, seppur lievemente.
Gemette dal dolore e si passò una mano sul collo, cercando di nascondere quei segni. Si vergognava e neanche lei sapeva perché.
Ryo la squadrò da capo a piedi per cercare altri segni di violenza, ma scoprì con enorme sollievo che non ve n’erano.
Sospirò, scosse la testa e Ichigo si voltò a guardarlo impaurita.
Il biondo aggrottò le sopracciglia, chiedendosi il perché di quello sguardo. Poi capì.
Senza pensarci due volte, la prese tra le braccia e la cullò un po’, poggiando il mento sulla sua testa.
La sentì rilassarsi leggermente e qualche secondo dopo i singhiozzi invasero la stanza.
Ichigo si sciolse in lacrime, finalmente al sicuro tra le braccia di una delle poche persone di cui si fidava.

*

“Non ci posso credere!” esclamò Minto basita, rimanendo impietrita sulla sedia quando Ryo raccontò a grandi linee quello che era successo.
Zakuro scosse la testa, poggiata allo stipite della porta. Teneva le braccia incrociate e aveva lo sguardo di chi la sapeva lunga. Purin si avvicinò a lei e le chiese perché avesse quell’espressione, e attirò l’attenzione di Retasu, Minto e Keiichiro.
“Sapevo che sarebbe successa una cosa del genere” disse fissando i presenti, ma poi si corresse. “Lo sapevamo tutti quanti. Aspettavamo solo un attacco del nemico, no?”
Guardò gli altri e ci furono dei segni di assenso. Allora proseguì.
“La cosa che non riesco a mandare giù è che sia successo a Ichigo. O meglio, solo a Ichigo. Suppongo che abbiano deciso di prenderci separatamente” concluse.
Retasu spalancò gli occhi, rendendo noto che non aveva fatto caso a quella piccola sfumatura. Minto rimase muta in un silenzio tombale, e Purin tornò a sedersi sulla sua sedia accanto a Keiichiro, che fissava tutti con un’espressione funerea.
“Allora non abbiamo altra scelta” esordì Ryo. “Finché non troveremo una qualche protezione da mettere sulle vostre case, non dovete rimanere sole”
“Potremmo andare alla tua casa al mare” borbottò Kei, riflettendo con una mano sotto il mento. Sollevò la testa verso Ryo, cercando il suo consenso. “Anche lì abbiamo dei macchinari e le ragazze potrebbero distendersi un po’… Soprattutto Ichigo”
Ryo la trovò un’ottima idea.
“Per la scuola?” chiese, rivolgendosi a Retasu, Purin e Minto. Loro scrollarono le spalle e la più piccola disse che le vacanze estive sarebbero iniziate il giorno dopo.
“Perfetto, allora-” Ryo fu costretto a bloccarsi a metà frase perché Retasu, titubante, aveva appena preso la parola.
“Ma… dov’è Ichigo in questo momento? E’ sola a casa sua?”
“E’ in camera mia” rispose pronto Keiichiro, alzandosi. “Quando andrete via le riferirò la nostra conversazione, poi l’accompagnerò a casa a fare i bagagli mentre Ryo sistemerà le cose qui. Che ne dite di partire domani mattina?”
“Ossia, dovremmo passare tutta la notte… in balia dei nemici?” domandò Minto punta sul vivo.
Ryo parve riflettervi un attimo.
“Dormite trasformate” ribatté incrociando le braccia. Minto e Purin lo guardarono con gli occhi spalancati.
“Ma non avevi detto tempo fa che consumiamo molta più energia quando siamo trasformate?” domandò la biondina, ma Ryo scosse la testa.
“Non se dormite” rispose, e considerò il discorso chiuso. Si allontanò ed entrò nel laboratorio, mentre Keiichiro congedava le ragazze dando appuntamento per il giorno dopo alle nove lì al Caffè.
Quando si chiuse la porta alle spalle, Ryo scese le scale e si ritrovò nella stanza rettangolare piena di computer. Arrivò in fondo, sprofondò su una sedia e chiuse gli occhi, una mano sulla fronte.

Keiichiro salì silenziosamente le scale e bussò lievemente alla porta della propria camera, dove una voce roca gli disse di entrare.
Aprì la porta e la richiuse subito, avvicinandosi al letto dove Ichigo era seduta, poggiata contro la testiera, il cuscino stretto tra le braccia.
A Kei si strinse il cuore a guardarla così, e quando si sedette accanto a lei le accarezzò la testa con fare fraterno.
Ichigo sollevò lo sguardo spaurito su di lui e lui sorrise affabile. La rossa sentì il cuore scaldarsi un po’, ma non riuscì proprio a dire nulla.
Keiichiro notò il letto intatto, tranne per il cuscino che Ichigo aveva sfilato via dalle lenzuola, e sospirò.
“Non hai riposato per niente?” domandò, cercando di invogliarla a parlare.
Ichigo deglutì e scosse la testa, affondando il viso nel cuscino.
Kei continuò a parlare.
“Abbiamo pensato di andare alla casa al mare di Ryo per qualche giorno…” mormorò, continuando ad accarezzarla, “per trovare un modo per proteggere le vostre case e per tenervi sotto controllo. Stando tutti nella stessa casa gli attacchi di certo saranno molto meno probabili”
Ichigo sollevò la testa di scatto, spalancando gli occhi e facendo sobbalzare Kei.
“Perché, pensi che potrà attacca- attaccarmi di nuovo?” chiese sconvolta, gli occhi che si riempivano in fretta di lacrime.
Kei la fissò perplesso. Aveva già visto Ichigo combattere contro Kisshu, da quello che aveva visto e da quello che gli avevano raccontato aveva già cercato altre volte di convincerla ad andare con lui o a baciarla, ma lei gli aveva sempre risposto a tono. Perché ora quel comportamento?
Si fece più vicino e la fissò serio, ma con uno sguardo infinitamente dolce.
“Ichigo… posso farti una domanda?”
La rossa parve agitata dal fatto che lui non aveva risposto a quello che gli aveva chiesto, ma annuì lo stesso lievemente.
“Perché sei così sconvolta? Capisco che… sia stata una brutta esperienza, ma non è la prima che hai passato e Kisshu si è comportato come al solito…”
“E’ diverso” rispose subito lei, scattando con la testa verso di lui. Aveva gli occhi vacui.
“E’-è entrato in casa mia… Mi ha colta alle spalle e-e…” si lasciò scappare un piccolo singhiozzo, ma raccolse tutte le sue forze per parlare, perché lo sguardo di Kei le stava chiedendo di aiutarlo a capire.
“ho avuto paura che potesse… “ interruppe la frase perché non sapeva come dirlo, ma Kei poggiò una mano sulla sua, che stringeva il cuscino, e concluse la frase per lei.
“Che potesse abusare di te” disse in un sussurro. Ichigo annuì prendendo a stringergli la mano, e Kei si sentì quasi male nel vederla così.
“Mi dispiace…” mormorò lui facendosi ancora più vicino. La strinse con un braccio mentre con l’altro le stringeva la mano. La sentì tremare contro di lui e si chiese da quando Ichigo era diventata così debole.
La sua mente corse veloce all’ultima volta che l’aveva vista sorridere o con un minimo di energia, e si sorprese di ricordare che era già da un po’ di tempo che la rossa era diventata strana. La faccenda di Aoyama, poi, sembrava aver peggiorato la cosa e ora l’attacco di Kisshu le aveva dato il colpo di grazia.
“Posso chiederti… perché tu e Aoyama vi siete lasciati?” domandò cauto, sentendola trattenere il respiro nel suo abbraccio.
Sperò solo di non averla fatta arrabbiare, perché la sentì allontanarsi piano e irrigidirsi.
Ichigo lo guardò, tirando su con il naso. Avrebbe potuto dirglielo, dopotutto, poteva concedersi di essere sincera con almeno una persona visto che quel segreto la stava lacerando dentro.
“L’ho lasciato io…” esalò con un profondo sospiro. Keiichiro sbatté le palpebre un paio di volte, confuso. Tutte le volte che aveva immaginato la situazione, aveva sempre pensato che fosse stato Masaya a lasciare Ichigo, e non il contrario, e lo aveva pensato per il semplice fatto che il comportamento di Ichigo era diventato più strano e la sua tristezza aveva preso il sopravvento. Sapere questo, ora, gli fece sembrare la questione poco chiara.
“Ma perché?” domandò incuriosito, e la vide titubare un attimo. Poi Ichigo prese coraggio e parlò.
“Perché… ho scelto di proteggere la terra…” borbottò, non guardandolo in viso. Kei si ammutolì.
“Come hai detto?”
“Ho scelto di seguire la mia missione e l’ho lasciato per non dovergli più mentire, perché così non sarebbe mai stato felice insieme a me” rispose tutto d’un fiato, sperando che lui avesse finito con le domande.
Il bruno rifletté, ma non trovò nulla da obiettare. Sentì un vago senso di colpa espandersi nel petto e Ichigo se ne accorse vedendo la sua espressione.
“Oh no!” esclamò, mettendosi in ginocchio e afferrandogli le mani. “Non è colpa vostra Keiichiro, io- io ho preso questa decisione perché era la cosa giusta da- da fare! Voi non c’entrate, non sentirti in colpa!”
Kei la fissò sgomento. Come aveva fatto a capire che in lui si stava già instaurando quel sentimento?
Il ragazzo scosse la testa. “Io… mi dispiace Ichigo, non sapevo che fosse questo il motivo”
“Ti prego di non dirlo a nessuno” lo supplicò Ichigo, gli occhi che si riempivano di nuovo di lacrime. “Tantomeno a Ryo” concluse, cercando di ostentare un cipiglio deciso.
Dopo qualche secondo, Kei annuì alla ragazza che si sciolse per la prima volta da ore in un piccolo sorriso.
Kei abbozzò un sorrisetto a sua volta, sporgendosi e dandole un bacio sulla fronte.
“Riposa un altro po’, ora” disse alzandosi e avvicinandosi alla porta. “Stasera ti accompagno a casa a prendere il necessario per partire, e se vorrai potrai tornare a dormire qui”
Ichigo afferrò al volo quella proposta, non poteva e non voleva restare sola in quella casa dopo quello che era successo, anche se quella notte ci sarebbero stati i suoi genitori.
“E- e dove dormirei?”
“Qui nella mia stanza”
La rossa spalanco gli occhi arrossati e scosse la testa.
“Non posso!” esclamò concitata, “E’ la tua stanza e- e tu stai già facendo tanto per me!”
Kei abbozzò un sorriso divertito e le strizzò l’occhio, dicendo furbo “Tranquilla, Ryo mi farà un po’ di spazio nel suo letto… O glielo ruberò, mandandolo a dormire sul divano. Lo manderò su tutte le furie”
Ichigo non poté fare a meno di sorridere e con un cenno della testa mormorò un grazie mentre si faceva piccola piccola.
Kei ricambiò e uscì dalla camera, richiudendosi la porta alle spalle.

 

 

 

 

Note dell’autrice:

E dopo mesi e mesi ricomparve ._.
Scusate ma gli esami sono stressanti e lunghi e impegnativi e sono una rogna bella e buona, ma ho ripreso a scrivere e spero che sia stato di vostro gradimento *-*
A me piace *modesta*, mi piace come ho scritto questo capitolo e mi piace molto anche quello che succede *-* *Sadica*
fatemi sapere come la pensate ;) E grazie per aver letto!!
Bacini

Tonna

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Capitolo 6
*** Here I Am ***


Capitolo 6: Here I Am

 

“Come sta?” domandò Ryo quando Kei scese le scale per raggiungerlo nel laboratorio.
Il bruno scosse la testa e si sedette accanto all’amico.
“Non bene” ammise. Stava cercando di soppesare le parole da dire e cosa raccontare a Ryo, per evitare di infrangere la promessa fatta a Ichigo. Dopotutto, però, le aveva giurato che non avrebbe raccontato il motivo per cui lei e Aoyama avevano rotto, perciò il resto pensò di poterlo raccontare tranquillamente e a grandi linee.
“Non ha dormito, sono entrato e l’ho trovata seduta sul letto che stringeva il cuscino…” sospirò, mentre Ryo gli prestava tutta la sua attenzione.
“È sconvolta, Ryo… E’ terrorizzata da quello che è successo” si fermò un attimo e poi continuò, più serio “da quello che sarebbe potuto succedere”
Ryo inarcò un sopracciglio. “Spiegati” gli disse.
“Ha avuto paura che Kisshu avrebbe potuto abusare di lei”
“L’ho temuto anche io” ribatté subito il biondo, annuendo con la testa. “Quando sono andato a casa sua e ho suonato e non ha risposto, ho pensato che non ci fosse. Ma ho riprovato, giusto per scrupolo, e qualche secondo dopo l’ho sentita gridare. Ho provato a buttare giù la porta ma niente,  allora mi sono trasformato in gatto e sono entrato dalla finestra della sua camera” raccontò, ottenendo la piena attenzione dell’amico.
“Quando sono entrato li avevo davanti, ma Kisshu mi dava le spalle. Era sopra Ichigo. Lì per lì ho temuto il peggio, Kei” ammise, la voce leggermente incrinata.
“Per fortuna eri andato da lei” annuì Keiichiro, sapendo che Ryo era andato a trovare Ichigo perché l’aveva vista molto giù per la storia di Aoyama. Ultimamente si comportava in modo affettuoso con lei.
“Potevo arrivare prima, però” borbottò l’altro contrariato, incrociando le braccia. “Se Kisshu avesse…” deglutì, la rabbia negli occhi, “non me lo sarei mai perdonato. Mai” concluse.
Kei non rispose, capiva fin troppo bene lo stato d’animo di Ryo. Anche lui in una situazione del genere sarebbe stato male e sapeva quanto Ryo si sentisse già responsabile per il fatto di aver trasformato quelle povere ragazze in cinque paladine della giustizia.
“Come facciamo per proteggere le loro case?” cambiò discorso il bruno, al che l’altro scosse le spalle. Non ne aveva la più pallida idea.
“Ok, ok” disse l’altro comprensivo, alzandosi. “Ci verrà in mente qualcosa, ora prepariamo i bagagli e domani andremo alla casa al mare. Fra poco accompagno Ichigo a prendere le sue cose e poi tornerà a dormire qui”
“Dove?” domandò Ryo, alzandosi a sua volta. Si avviarono fuori dal laboratorio e chiusero la porta.
“In camera mia”
“E tu dove starai?”
“Mi arrangerò sul divano” fece lui alzando le spalle. Ryo gli mollò un lieve schiaffo dietro la testa.
“Il letto in camera mia ti fa schifo? E’ a una piazza e mezzo, c’entriamo benissimo entrambi”
Kei sorrise e pensò a Ichigo che probabilmente – sperò – dormiva nella sua camera.

*

“MAREEEEEE!” esclamò Purin lanciandosi verso l’acqua. Si tuffò schizzando tutti quanti ma l’unica a lamentarsi sul serio fu Minto, che era indietreggiata di parecchi passi quando le goccioline d’acqua le avevano bagnato il vestitino leggero che indossava.
“Purin!!” sbraitò stringendo i pugni e vedendo la ragazzina che nuotava felice e veloce come un delfino.
Zakuro si lasciò scappare un risolino e si stese sulla sdraio.
Per l’occasione avevano piantato quattro ombrelloni e avevano portato in spiaggia sette sdraio di plastica, ormai quasi tutte occupate da teli da mare. L’unica libera era quella di Ichigo, che si era trattenuta in casa per chissà quale motivo.
Avevano sistemato le sdraio sotto gli ombrelloni, sotto l’ombra per evitare un’insolazione.
Retasu, il costume verde chiaro intero e i capelli legati nella solita treccia, era seduta e osservava la piccola Purin e Minto che continuava a sbraitarle contro. Zakuro si era stesa e si stava spalmando la crema su braccia e gambe per evitare di scottare quella sua pelle così perfettamente chiara.
Kei e Ryo, invece, erano in piedi accanto a una piccola struttura di legno sulla spiaggia semideserta, probabilmente un tempo era stata adibita come torretta di salvataggio per i guardaspiaggia.  Vi avevano poggiato contro le loro tavole da surf e si voltarono a guardare le ragazze. Ryo notò che lo sguardo di Kei si soffermò per un po’ sul succinto bikini nero indossato da Zakuro e lo sorpassò senza però passargli davanti, non voleva disturbare il suo viaggio mentale.
“Ichigo è ancora dentro?” domandò Ryo a Retasu, conoscendo però già la risposta. La verdina alzò gli occhi verso di lui e per un attimo arrossì furiosamente, opportunamente coperta per fortuna dalla crema che aveva iniziato a spalmarsi sul viso. Ryo era un sogno. I capelli biondi scompigliati dal vento gli davano un’aria più ribelle di quanto già non fosse, e il costume nero spiccava particolarmente contro la sua pelle chiara. Retasu si ritrovò a fissare il suo petto nudo e cercò di dissimulare l’imbarazzo con un colpo di tosse, spostando poi lo sguardo al suo viso.
“S-sì…” rispose, chinando la testa per fingere di leggere qualcosa sul tubetto di crema. Perché chiedeva sempre di Ichigo? Ormai si era accorta che c’era qualcosa che non quadrava, qualcosa di non detto tra quei due… Ma qualcosa dentro di lei le faceva sempre sperare che si sbagliasse, che erano solo due amici che andavano d’accordo…
Ryo smise di guardarla e sollevò la testa verso la casa, dall’altra parte della strada.
Sentì picchiettarsi sulla spalla e si voltò, trovando Minto davanti a lui.
Si era tolta il vestitino leggero e indossava un bichini azzurro. Anche se era notevolmente bassa, Ryo dovette ammettere che in costume stava molto bene.
“Vai a chiamarla?” domandò la moretta, e la sua domanda risultò più ansiosa di quanto volesse dare a vedere. Era preoccupata per Ichigo, ma il suo carattere altezzoso e snob le impediva per principio di bilanciarsi troppo per gli altri. Ovviamente, però, c’erano le eccezioni.
Ryo rimase un attimo interdetto da quella domanda, poi si girò di nuovo a guardare la casa e la sua porta perennemente chiusa.
“Forse dovrei” rispose vago senza spostare lo sguardo.
“Penso abbia bisogno di aiuto” continuò Minto alle sue spalle ma con la voce bassa. “Non sono abituata ad un’Ichigo così… così tetra. Non mi sento a posto se non discuto con lei almeno una volta al giorno, ma non posso discutere con un cadavere”
Ryo si voltò di nuovo verso di lei e la fissò, mentre la mora si faceva piccola e imbarazzata. Il biondo capì al volo quello che aveva detto, anche se l’aveva travestito con una pungente metafora. Le mancava l’Ichigo allegra e divertente che tutti erano abituati a veder saltellare ovunque. Mancava a tutti, comunque.
Senza dire altro annuì e si avviò verso la propria casa a passo svelto.
Attraversò la strada ed entrò richiudendosi la porta alle spalle.
Quella casa era davvero grandissima, si ritrovò a pensare. I suoi genitori gli avevano lasciato così tanto che non aveva mai avuto bisogno di nulla.
Si guardò intorno in silenzio alla ricerca di qualche rumore per captare la presenza di Ichigo, ma per oltre due minuti non sentì nulla. Forse Ichigo era ancora in camera.
Si avvicinò all’enorme scalinata accanto alla porta da cui era entrato e salì le scale piano. Le loro camere erano al piano di sopra, la rossa condivideva la sua con Retasu e Purin, Zakuro e Minto ne dividevano un’altra e Ryo e Kei dormivano nella camera matrimoniale dei suoi genitori. Certo, le stanze erano molto più di tre – non ricordava bene ma gli sembrava ci fossero 5 camere da letto – ma dormire insieme era una specie di conforto, soprattutto per le ragazze che avevano paura di essere attaccate.
Arrivò davanti alla porta della camera delle tre Mew e bussò piano. Bussò di nuovo quando non ottenne risposta, ma nulla.
Visti i precedenti, comunque, si decise lo stesso ad entrare.
Aprì la porta e la luce del sole che batteva attraverso la finestra per un attimo lo accecò, poi riuscì a mettere a fuoco la stanza e vide i tre letti intatti e la camera vuota.
Uscì e si chiuse la porta alle spalle, chiedendosi dove potesse essere andata la rossa, quando si bloccò all’improvviso sentendo un rumore di vetri infranti al piano di sotto.
Con il cuore che batteva all’impazzata, corse giù dalle scale saltando la maggior parte dei gradini e si scapicollò in cucina.
Si bloccò sulla soglia e spalancò gli occhi.
Ichigo si chinò da terra e si voltò verso di lui, aprendo la bocca per parlare.
“Scu-scusa…” disse, spostandosi e mostrando a Ryo la fonte di quel rumore inaspettato.
A terra accanto al tavolo e ai piedi della rossa, c’era un contenitore bianco di coccio in frantumi e il pavimento era ricoperto di biscotti spezzati.
“I-io volevo solo prendere qualcosa da mangiare, ma mi è caduto e- e…” non finì la frase perché vide Ryo ancora immobile sulla soglia.
Non gli piaceva. Non gli piaceva vedere Ichigo tremare per una stupidaggine come quella. Tempo prima si sarebbe semplicemente scusata per poi dire che l’unica cosa che le dispiaceva veramente era non poter più mangiare quei biscotti buonissimi – e lui si sarebbe arrabbiato con lei prendendola in giro, chiamandola balena e con altri epiteti poco carini -, ma vederla così, che si scusava e chinava la testa… No, affatto, non gli piaceva.
Si avvicinò trattenendo un sospiro e si avvicinò, accennando un sorriso.
“Non fa niente” disse. “Ti sei tagliata?”
Ichigo sobbalzò alla domanda e si guardò le mani. “No, tutto ok. Mi dispiace per il contenitore…”
“Non c’è problema” rispose Ryo sorpassandola. Prese la scopa poggiata contro il muro e la pattumiera, iniziando a raccogliere quel disastro sul pavimento.
Ichigo lo fissò mentre lui si dava da fare e poi buttava tutto nel secchio dell’immondizia nello sportello sotto il lavandino.
Ryo poggiò di nuovo la scopa al muro e si fermò a guardarla. “Non vieni in spiaggia?”
Lei arrossì appena, cercando di non guardarlo.
“Volevo prima mangiare qualcosa…” mormorò, sicura che lui le avrebbe subito dato della grassona visto che la prima cosa su cui si era precipitata erano i biscotti.
“Hai fame?” chiese lui per verificare la sua supposizione. Si avvicinò di più e la fissò, Ichigo si sentì sprofondare.
“No” rispose, “Semplice gola”
A quella frase Ryo non poté evitare di scoppiare a ridere, e la rossa rimase impietrita davanti a quella scena. Tutto si aspettava, anche un’esplosione, ma l’esplosione di risate proprio no.
Lo fissò alzando le sopracciglia, e Ryo fu felice di vedere che mostrava qualche espressione.
“Dai allora, andiamo che gli altri ti aspettano” la prese per mano e la condusse fuori dalla cucina. Ichigo lo seguì senza emettere un fiato ma con il volto ancora congestionato.
Raggiunsero gli altri in un paio di minuti e Ryo, prima che si accorgessero della loro presenza, le lasciò la mano e la superò di qualche metro, avvicinandosi a Kei che era seduto sulla sua sdraio e parlava con Purin. La piccola stava costruendo un castello di sabbia e Retasu la stava aiutando. Minto e Zakuro leggevano due riviste sotto un ombrellone e sembravano non aver notato il loro arrivo – anche se Ryo notò un piccolo e quasi impercettibile sorriso sul volto di Minto.
Ichigo si mise sotto un ombrellone libero e sollevò la maglietta leggera che indossava, la poggiò sulla sdraio e si sfilò la minigonna.
Ryo, che si era seduto accanto a Kei, le gettò un’occhiata così, giusto per vedere cosa stava facendo e rimase a bocca aperta.
Non aveva mai visto Ichigo in costume da bagno, e non aveva mai visto una ragazza stare così bene in costume. Certo, Ichigo e il suo corpo erano totalmente diversi dai canoni tipici della bellezza. Zakuro rispecchiava di più quel prototipo, con il corpo magro e alto, il seno prosperoso e le curve ben definite.
Ichigo, tuttavia, nonostante fosse così diversa da quel modello, era in qualche modo perfetta.
Nettamente più bassa di Zakuro, indossava quel suo costume rosso con semplicità. Un piccolo anello era posto in mezzo ai seni sodi, che non erano propriamente piccoli, si disse. Il pezzo sotto del costume le fasciava il sedere piccolo e compatto e le gambe chiare emanavano un bagliore tutto loro. Solo in quel momento, poi, si rese conto che si era anche sciolta i capelli.
Cercando di smettere di pensare, si voltò e tornò a fissare con insistenza le torrette del castello di Purin e Retasu; quest’ultima, notando lo sguardo di Ryo, si distrasse e fece crollare mezzo castello praticamente cadendoci sopra.
Purin rise – un po’ seccata in realtà – mentre l’altra si tingeva color porpora e prendeva il secchiello per andare a prendere altra acqua dal mare.
Ichigo, che aveva ridacchiato, si avvicinò alla battigia e un attimo dopo le fu accanto, salutandola.
“Ehi, Retasu” la ragazza si voltò di scatto e sorrise vedendo l’amica accanto a lei.
“Ichigo! Come stai?”
Lei annuì in risposta come per dire che andava tutto bene, anche se non era propriamente vero.
La notte precedente aveva avuto incubi come mai prima di allora.
Retasu parve non crederle, infatti si chinò a prendere l’acqua e tornò in piedi.
“Penso tu sappia che Kei ci ha raccontato la faccenda di Kisshu” le disse cercando di non usare un particolare tono di voce. Ichigo per un attimo sobbalzò, ma poi si disse che era ovvio che l’amico l’avesse raccontato alle ragazze.
Annuì stringendosi nelle braccia senza dire nulla e sperando che il discorso fosse chiuso lì, ma l’altra riprese a parlare.
“Non ci piace vederti così a pezzi” disse cauta scuotendo la testa. Ichigo vide i suoi grandi occhi azzurri fissarla con intensità. “Sei l’anima del gruppo, Ichigo, e so che… so che è stata un’esperienza terribile. Io avrei sicuramente reagito come te, ma è la nostra battaglia. Non possiamo chiuderci in noi stessi ogni volta che accade qualcosa, anche perché ho la terribile sensazione che questo è solo un assaggio di ciò che hanno in serbo per noi”
Ichigo rimase interdetta. Non aveva mai sentito Retasu parlare così tanto e con tutta questa serietà. Normalmente, emotiva com’era, l’avrebbe semplicemente consolata dopo averle appunto chiesto se stava bene. Quella, invece, somigliava più a una ramanzina.
Si era forse invertito il mondo? Ryo era diventato più dolce e gentile e Retasu aveva assunto il suo carattere?
Non sapeva davvero cosa rispondere, così l’altra si sentì in dovere di continuare.
“Siamo insieme, qui, e tu sei forte. Forse la più forte tra tutte noi, essendo la leader. Se crolli tu crolliamo tutte”
A quella parole, il cuore di Ichigo perse un battito.
“È una grande responsabilità” rispose solamente, tornando a fissare il mare davanti a lei. Era limpido e sereno, e sentì l’improvvisa voglia di tuffarsi e nuotare per dimenticare tutto. Dimenticare i suoi doveri, Kisshu, Masaya, il petto che le faceva male ogni volta che pensava a quest’ultimo…
“Lo è anche per noi” ribatté Retasu scrollando le spalle, “Ma sei la più forte, bisogna ammetterlo. Quindi rimettiti, la prossima volta prenderai Kisshu a calci nel sedere e gli renderai pan per focaccia” concluse, e si allontanò senza aggiungere altro.
Ichigo rimase immobile a fissare l’acqua. Per Retasu era facile parlare, ma lei non sapeva quello che Kisshu aveva realmente tentato di fare. Nessuno lo sapeva a parte Kei – e probabilmente Ryo, era sicuro che il bruno gliel’avesse raccontato.
Inspirò profondamente e senza pensarci due volte si tuffò in acqua e nuotò lontano, cercando di annegare tutti i suoi pensieri.

“Ma è buonissimo!!” esclamò Purin saltellando sulla propria sedia, mentre addentava lo spiedino e ne strappava un piccolo pezzetto di carne.
Kei sorrise affabile mentre si toglieva il grembiule bianco che aveva indossato per cucinare carne alla brace e si sedeva accanto a loro.
“Complimenti Kei, è tutto ottimo” asserì Minto che mangiava i suoi hamburger e i suoi spiedini con coltello e forchetta, così come Zakuro e Retasu.
Ryo annuì in direzione dell’amico e si servì una porzione d’insalata, ma prima che potesse ripoggiare l’insalatiera sul tavolo Ichigo gliela rubò dalle mani.
“Mia!” esclamò, servendosene una porzione piuttosto grande. Ryo guardò nel suo piatto. Due salsicce, due hamburger, tre spiedini…
“Hai intenzione di diventare una balenottera?” le chiese con il sopracciglio inarcato, e Minto rise maligna. Ichigo scrollò le spalle e addentò il suo spiedino, ignorando quel commento.
Kei la fissò sorpreso. Non l’aveva vista così… così espressiva da giorni. Certo, non parlava molto ma sembrava che qualcosa dentro di lei fosse cambiato.
Il suo sguardo si spostò alle spalle della ragazza e notò una cosa a cui non aveva mai fatto caso durante quella giornata.
Ichigo era dimagrita un po’. Era per quello che si era rimessa a mangiare?
Ryo decise di smettere di punzecchiarla e si rivolse a Kei, che distolse lo sguardo dalla rossa e si concentrò sull’amico.
Erano le otto e il tramonto che si presentava davanti a loro era a dir poco mozzafiato. Avevano deciso di cenare fuori, sulla terrazza che dava sulla spiaggia, era una buona occasione per godersi il fresco delle serate in quel particolare posto. La brezza del mare che scompigliava loro i capelli era molto piacevole e il rumore delle onde che si infrangevano sulla spiaggia era quanto di più rilassante potesse esserci.
Tutti si erano resi conto che da quella mattina Ichigo aveva fatto enormi progressi. Aveva accettato di giocare a pallavolo in acqua con loro e anche di giocare a beach volley sulla spiaggia. Non si era tirata indietro nemmeno quando Kei e Ryo avevano proposto di insegnare loro a fare surf il giorno dopo.
E ora, nella più totale tranquillità, erano seduti intorno a un tavolino sulla terrazza, il barbecue con il fuoco che scoppiettava accanto a loro e la luce della luna che si univa a quella dei lampioni e delle lampade.
“Qualche novità su come difendere le nostre case?” chiese all’improvviso, attirando l’attenzione di tutti.
“Ehm…” Kei sembrò perplesso, ma rispondere alla domanda era opportuno, visto e considerando che Ichigo l’aveva fatta con tutta calma.
“Stiamo cercando, ma per ora non abbiamo trovato nulla”
“Io forse ho trovato qualcosa” si intromise Zakuro e stavolta l’attenzione ricadde su di lei. “Voglio dire, ho pensato che potremmo creare delle barriere usando i nostri poteri in sincronia. Creare una specie di scudo che impedisce la smaterializzazione, per lo meno. È quella la cosa più pericolosa per noi al momento”
Ci fu un attimo di silenzio, poi Ryo schiacciò un pugno contro l’altra mano aperta e parlò: “Ma certo! È un’ottima idea Zakuro!” rispose sorridente, al che la mora fece un cenno del capo e riprese a mangiare.
“Domani farò delle ricerche e vedrò se una cosa del genere è possibile” disse Kei con le sopracciglia inarcate.
“Non avevate pensato a nulla del genere?” domandò Minto curiosa. Di solito Kei e Ryo prestavano attenzione a ogni piccolo particolare e facevano attenzione a tutto, vagliando ogni ipotesi possibile. Come mai non ci avevano pensato?
“In realtà eravamo su un’altra pista, ma la abbandoneremo se il piano di Zakuro si rivelasse funzionante” rispose Keiichiro riprendendo anche lui a mangiare.
Ryo annuì e Minto parve soddisfatta della risposta, così riprese coltello e forchetta e prese a mangiare il suo hamburger.
Era ormai l’una passata quando si alzarono da tavola; avevano mangiato e riso, raccontato episodi divertenti e avevano passato una serata piacevole. Fu Purin ad alzarsi per prima, stiracchiandosi, annunciando che era stanca e che magari era meglio andare a dormire.
Le ragazze, salutando Kei e Ryo, la seguirono a ruota. Era stata una giornata intensa e volevano godere di un buon riposo prima di affrontarne un’altra domani.
Ichigo, Retasu e Purin salutarono le due more ed entrarono nella loro stanza. Minto e Zakuro si chiusero nella loro.
“Hanno lasciato a noi l’onere di riordinare e lavare i piatti, vedo” borbottò Ryo contrariato mentre chiudeva la porta della terrazza. Kei rise e disse che non c’era problema, avrebbero potuto pensarci il giorno dopo; dopotutto anche loro erano piuttosto stanchi e volevano dormire.
“Come hai trovato Ichigo?” domandò il biondo vago, riponendo la chiave nella tasca dei pantaloni.
“Meglio di due giorni fa” ribatté l’altro poggiando tutte le stoviglie nel lavello. Si stiracchiò allungando le braccia verso l’alto e sbadigliò: la giornata aveva sfiancato anche lui, dopotutto.
“Che dici se andiamo a dormire?”
“Certo” rispose Ryo annuendo con la testa, ma in realtà aveva capito a malapena quello che Kei gli aveva detto. Il suo pensiero era concentrato su Ichigo, e sperò con tutto il cuore che quella notte i suoi sogni fossero tranquilli.

*

Dopo aver appurato che l’idea di Zakuro era decisamente fattibile, Ryo e Kei avevano ritenuto necessario accorciare la vacanza di qualche giorno.
Le ragazze non avevano accolto molto bene quella notizia, tutte tranne Zakuro che purtroppo era andata via dalla villa solo quattro giorni dopo esserci arrivata. Il suo manager le aveva chiesto di tornare per girare un paio di spot pubblicitari all’ultimo minuto e lei non si era rifiutata, scatenando l’ammirazione di Minto che aveva iniziato a blaterare su come l’amica fosse professionale e cose del genere.
Purin aveva passato tutta la vacanza giocando, mangiando e dormendo; Retasu, invece, fu beccata parecchie volte a fare i compiti delle vacanze sotto l’ombrellone con le sopracciglia aggrottate e la penna tra le labbra.
Ichigo in quel frangente era un po’ più simile a Purin. Dormiva, giocava, mangiava e sembrava più rilassata giorno dopo giorno.
Tutti quanti se ne erano accorti e avevano tirato un sospiro di sollievo, ma alla notizia del ritorno inaspettato e anticipato, l’umore era nettamente calato di nuovo.
La sera prima della partenza – avevano deciso di godersi l’ultima mattinata al mare e quindi di partire verso le due del pomeriggio dopo aver sistemato un po’ la casa -, Ryo si ritrovò nel letto con gli occhi aperti a fissare il soffitto.
Si sentiva inquieto, non riusciva a dormire. Quei giorni passati alla villa erano stati belli – non rilevanti, ma nel complesso belli – e anche lui avrebbe voluto rimanere qualche giorno in più.
Si alzò facendo scivolare la coperta fino al bacino e si sedette, massaggiandosi la fronte.
Aveva un po’ di mal di testa e forse una boccata d’aria gli avrebbe fatto bene.
Scese silenziosamente dal letto per non svegliare Kei e indossò il costume da bagno che aveva usato il giorno prima: magari poteva anche fare un bagno, già che c’era. Adorava il mare di notte, era decisamente tranquillo e rilassante. Indossò le infradito e una maglietta presa a caso dall’armadio, afferrò il telo da mare e si voltò a guardare l’amico che dormiva nel letto accanto.
Sapeva che anche a Kei piaceva il mare, ma aveva voglia di stare solo in quel momento, così decise di non svegliarlo.
Uscì dalla porta richiudendosi la porta alle spalle e scese le scale piano, sbadigliando e scompigliandosi i capelli che ricadevano davanti agli occhi. Prese le chiavi dal portachiavi appeso in cucina e aprì la porta.
La brezza leggera della notte gli accarezzò la pelle e per un attimo lo fece rabbrividire, abituato com’era al caldo delle lenzuola.
Attraversò il piccolo tratto di strada che separava la villa dalla spiaggia e ben presto si trovò ad immergere i piedi nella sabbia umida mentre si avvicinava alla riva.
Gli piaceva il mare, non c’era nulla da fare. Forse a progetto ultimato si sarebbe trasferito lì per riposarsi e magari anche in pianta stabile.
Poggiò a terra il telo e si sfilò le ciabatte, ammucchiando tutto da un lato. Si sfilò la maglietta e poggiò anche quella a terra, e poi tornò a guardare il mare.
Inspirò con gli occhi chiusi l’aria fredda e l’odore della salsedine. Si sentiva in pace con se stesso.
Si stiracchiò, fece un paio di passi avanti e poi, proprio mentre si guardava intorno, la sua attenzione fu catturata da una figura poco più in là che si era appena mossa.
Non gli ci volle molto per capire cosa – o meglio chi – fosse.
Per un attimo sentì montare la rabbia, vedendo quei codini svolazzare seguendo il movimento del vento.
Si avvicinò piano senza far rumore e vide che Ichigo non aveva affatto notato la sua presenza.
Osservava il mare buio, silenziosa, come se stesse aspettando chissà cosa.
“Allora sei stupida” esordì Ryo all’improvviso, e Ichigo fece un salto tale che per poco non cadde a faccia avanti nella sabbia.
“Ry-Ryo!” sbottò spalancando gli occhi, il cuore che le martellava nel petto. “Che ti salta in mente?! Mi hai spaventata! Che ci fai qui?!” domandò, sentendo il petto scoppiare. Le era quasi venuto in infarto, non l’aveva proprio visto, immersa com’era nei suoi pensieri.
“Potrei chiederti la stessa cosa” rispose lui stizzito guardandola dall’alto verso il basso.
“Io… sto prendendo una boccata d’aria” rispose lei scrollando le spalle ma esitando appena. Ryo scosse la testa e schioccò la lingua in segno di disapprovazione.
“E non hai pensato che magari Kisshu potrebbe attaccarti mentre sei qui tutta sola?” chiese alterato; diavolo, possibile che non avesse imparato la lezione?
Ichigo sollevò di nuovo la testa verso di lui e, le ginocchia di nuovo strette contro il petto, sollevò una mano stretta a pugno e la aprì, rivelando il piccolo ciondolo per la trasformazione.
Ryo si sentì sollevato per un secondo, poi tornò a guardarla con le sopracciglia aggrottate e si sedette accanto a lei, spiazzandola.
“Resti qui?” chiese la rossa fissandolo con le sopracciglia alzate, ma capendo che comunque era riuscita a sorprenderlo.
Ryo scrollò le spalle. “Volevo fare un bagno” notò che aveva il costume addosso e si chiese se magari poteva chiederle di farlo insieme.
Ma no, si disse. Se l’avesse proposto probabilmente Ichigo gli avrebbe urlato contro che era un maniaco o qualcosa del genere.
“Capito” rispose lei tornando a guardare l’oscurità che si estendeva davanti a loro.
Dopo qualche attimo di silenzio, la ragazza sospirò e si strinse di più nelle spalle, la camicetta leggera aperta che svolazzava seguendo i movimenti del vento.

“Quindi domani si torna a casa” mormorò a se stessa triste, guardandosi la mano destra fasciata.
Si era divertita durante quella pseudovacanza e già pensava con nostalgia alle intere giornate passate con le ragazze a non far altro che divertirsi.
“Ritorneremo” rispose lui passandosi una mano fra i capelli. “Piace molto anche a me questo posto, probabilmente verrò a viverci alla fine del progetto”
“Quindi non rimarrai a Tokyo?”
“Non ho nessun motivo per restare. Sconfiggere gli alieni è la mia priorità, il resto non conta”
Ichigo si sentì un attimo spiazzata. Non aveva motivi per restare? Quindi lei e le altre ragazze – e anche Kei – erano solo una conoscenza di “lavoro”?
Ryo parve accorgersi di aver detto qualcosa che non andava, così si voltò e le diede un piccolo colpo di dita sulla testa, facendola gemere.
“Non pensare male, non mi riferisco a voi. È solo che penso che sarebbe meglio cambiare aria”
“Capito” rispose lei con un cenno della testa, e dopo quella parola tra loro cadde un profondo silenzio.
Ryo non sapeva cosa dire, ma la sua mente ormai vagava verso lidi lontani. Più di una volta il suo sguardo era caduto sulla camicia aperta di Ichigo che mostrava il seno foderato dal costume rosa, e un po’ meno volte era caduto sulla gonnellina a pieghe che le fasciava il sedere che, come aveva avuto piacere di scoprire durante quei giorni, era piccolo e sodo.
Le piaceva e si sentiva attratto da lei come una calamita, ma non poteva permettersi di fare passi falsi.
Ichigo era ancora provata dalla storia di Aoyama e da quella di Kisshu, probabilmente non sarebbe stata felice di avere addosso le mani di qualcun altro.
Ichigo, dal canto suo, aveva la testa completamente vuota.
Da quando Ryo l’aveva salvata da Kisshu, il suo modo di guardarlo era decisamente cambiato. Si era sempre ostinata a vederlo come un ragazzino viziato e snob, ma dopo averlo visto così premuroso nei suoi confronti, qualcosa aveva iniziato a muoversi.
Un paio di volte aveva girato lo sguardo verso di lui e l’occhio le era immancabilmente caduto sul petto nudo del ragazzo, che si abbassava e alzava piano mentre respirava.
Era bello, decisamente, non c’era nulla da obiettare.
Ad un tratto, il biondo si alzò e si stiracchiò, muovendo qualche passo avanti.
“Vado a farmi un bagno, vieni?” chiese, mandando al diavolo il suo ragionamento di poco prima. Se Ichigo non avesse accettato, pazienza. Se invece avesse detto di sì, meglio ancora, ma non poteva starsene con le mani in mano.
La rossa alzò la testa e lo guardò, poi guardò il mare alle sue spalle.
“…Ma sì, va!” si alzò con un piccolo saltello e si sfilò la camicia e la gonnellina, poggiandole a terra. Si avvicinò a Ryo aspettando che entrasse per primo, ma quello non si mosse.
“Veramente il bagno al mare di notte si fa nudi” asserì lui serio incrociando le braccia. Ichigo spalancò gli occhi e si sentì avvampare all’improvviso.
“Imbecille!!” strillò allungando la mano e cercando di mollargli un ceffone che Ryo evitò facilmente piegando la testa indietro.
Scoppiò a ridere e con un salto si tuffò in acqua, schizzando l’amica da capo a piedi.
Ichigo strinse i pugni e, tremando per il freddo, si tuffò dietro di lui urlando un “ti ammazzo!” che echeggiò per tutta la spiaggia deserta.
Dieci minuti dopo erano entrambi esausti e completamente infreddoliti.
Ichigo rise di cuore mentre scaraventava contro Ryo l’ennesima cascata d’acqua, e quest’ultimo si tuffò sott’acqua, si avvicinò a lei e l’afferrò per le gambe lanciandola dritta in acqua.
Quando riemerse, Ichigo tossì forte e si portò le mani alla bocca, la testa piegata verso il basso.
“Ichigo?” Ryo si avvicinò chiedendosi se avesse esagerato. “Hai bevuto?”
Le poggiò una mano sulla spalla e in un secondo si trovò le mani della rossa schiacciate sulla testa che premevano per affogarlo.
Con una risata di scherno si rialzò e la prese in braccio, sollevandola così tanto da lasciarla fuori dall’acqua.
“Ry-Ryo, ho freddo!!” balbettò lei agitando le gambe e strepitando.
Ryo rise e prese a camminare verso la riva, si chinò e la fece sedere accanto ai suoi vestiti.
“Fa-fa troppo freddo per il bagno…” constatò lui tremando come Ichigo, e la rossina rise.
“È stato divertente” mormorò lei asciugandosi le gocce d’acqua che le imperlavano le ciglia. Si guardò intorno e prese la camicia per rimettersela, ma un attimo dopo Ryo le buttò addosso il proprio asciugamano.
Ichigo alzò lo sguardo, spiazzata.
“Ma non puoi stare senza asciugamano!” strillò. Si alzò, lo tolse dalle proprie spalle e lo poggiò su quelle larghe e piuttosto muscolose di Ryo.
Il biondo sbuffò e glielo ributtò addosso, incrociando le braccia.
“Io sono un uomo, ragazzina. Ora copriti!”
Ichigo decise di non ribattere.
Si sedette a terra e afferrò il braccio di Ryo, lo trascinò giù con sé e allargò l’asciugamano quel tanto che bastava per coprire la schiena di entrambi.
Il biondo perse un battito e ringraziò il cielo che fosse notte: se Ichigo avesse visto il rossore che gli stava imporporando le guance in quel momento l’avrebbe preso in giro a vita.
La rossa, dal canto suo, rimase immobile accanto a Ryo, le spalle e le braccia a contatto e gli occhi chiusi. Faceva freddo ma trovava quella posizione estremamente confortante.
“Ryo…?” mormorò lei all’improvviso, stringendo di nuovo le ginocchia al petto.
Il biondo, che era rimasto a fissare il mare per paura di girare lo sguardo verso di lei, annuì in risposta e si azzardò a piegare leggermente la testa per guardarla.
Eppure era sicuro che il suo viso fosse asciutto, cos’erano quelle gocce?
“…” non seppe cosa dire, semplicemente prese un lembo dell’asciugamano e glielo passò delicatamente sul viso, ricordandosi poi che lei lo aveva chiamato.
“Dimmi…” sussurrò in risposta con la voce roca. Ichigo rabbrividì e poggiò la testa sulla sua spalla.
“Grazie per avermi salvata da Kisshu…”
Ryo abbozzò un piccolo sorriso dopo il primo attimo di smarrimento. Tutto si aspettava, tranne che Ichigo tirasse fuori quel discorso all’improvviso.
Senza pensarci un secondo, tolse la mano dalla propria gamba e la passò dietro la schiena della rossa, stringendola piano per confortarla.
“Io ci sono sempre, Ichigo. Questo non dimenticarlo”
La rossa sentì il cuore galleggiare come non le succedeva da tempo e annuì piano, rilassandosi contro la sua spalla.
Nessuno dei due si accorse della figura che li fissava a qualche metro di distanza.

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Capitolo 7
*** Whispers ***


7.  Whispers

Il ritorno a casa era stato meno traumatico del previsto.
Per le due settimane successive non si era presentato alcun ostacolo di nessun tipo e le ragazze avevano ripreso a lavorare al Caffè in tutta tranquillità.
Il giorno dopo essere tornati, le MewMew, Kei e Ryo avevano usato il potere dei medaglioni delle ragazze per creare delle barriere intorno alle case delle guerriere, ma non avevano potuto avere la certezza che aveva funzionato. Avrebbero dovuto aspettare un attacco o per lo meno una materializzazione da parte dei nemici, cosa che, in due settimane, non era mai successa.
Ichigo in quel lasso di tempo aveva avuto modo per ritrovare se stessa. Aveva completamente superato il trauma dell’incontro con Kisshu e anche la depressione per la rottura con Aoyama, anche se il solo pensiero di dover tornare a scuola il mese dopo la rendeva triste; avrebbe dovuto rivederlo e non si sentiva ancora pronta.
Il senso di colpa che l’attanagliava si era un po’ attenuato dopo aver parlato un po’ con Zakuro.
La mora le aveva spiegato che anche loro non avevano detto ai loro cari di essere delle MewMew, ma che dopotutto questo non era sbagliato, non potevano essere considerate delle persone orribili solo per aver taciuto una scottante verità che avrebbe potuto in qualche modo turbare o ferire. Oltretutto, le aveva spiegato che lei aveva lasciato Aoyama per il suo  bene e per non dovergli più mentire, e che se c’era una persona orribile a quel mondo, di certo non era lei.
Ichigo aveva trovato confortanti quelle parole, così confortanti da essere riuscita a relegare in un angolino della sua testa tutta quell’angoscia, ed era tornata a vivere.
Per quanto riguardava gli alieni, Ryo e Kei avevano cercato di rintracciarli in tutti i modi, ma sembravano essere scomparsi nel nulla. Probabilmente, aveva detto Keiichiro, stavano mettendo a punto qualche altro attacco contro di loro e per l’ennesima volta l’unica cosa che avrebbero potuto fare era aspettare.

Il giorno dopo essere rientrati, alle cinque del pomeriggio, trovarono il locale stracolmo di gente; dopo giorni di riposo le ragazze si trovarono all’improvviso a dover fronteggiare mille ordinazioni e richieste, e questa volta anche Minto fu costretta a darsi da fare, correndo come una forsennata per tutto il locale.
Anche Ichigo e Retasu correvano a destra e a manca – quest’ultima cercando di non farsi scivolare nulla dalle mani – e Purin saltellava felice prendendo le ordinazioni.
Solo Zakuro era assente quel giorno, purtroppo: come al solito il suo manager l’aveva portata via per girare l’ennesimo spot e questa volta sarebbe stata via per dieci giorni su un’isola caraibica.
Quando l’aveva saputo, Minto aveva fatto carte false per poterla accompagnare, ma purtroppo ciò non era stato possibile, e si era limitata a mettere il muso.
“Ichigo, scusami” Kei si affacciò nella sala cercando la ragazza con lo sguardo; la rossa, che stava prendendo ordinazioni a un tavolo da cinque, si voltò verso di lui con un sorriso smagliante, e l’altro si sentì parecchio sollevato. Era da tanto che non la vedeva così.
“Appena hai fatto lì puoi venire un secondo?”  domandò cortesemente, e vedendola rispondere con un cenno della testa, tornò in cucina e versò un po’ di caffè in una tazzina.
Un paio di minuti dopo Retasu entrò insieme a Ichigo e afferrò due vassoi poggiati sul tavolo.
“Eccomi, dimmi tutto” sentì dire dalla rossa. Senza cercare di farsi notare, rallentò i movimenti e fece finta di sistemarsi bene i vassoi in mano.
“Potresti svegliare Ryo e portargli questo, per favore?”
Ichigo trasalì proprio come Retasu, che piegò leggermente la testa per poter vedere cosa doveva portare la rossa.
“Dorme ancora?” domandò lei con le sopracciglia alzate, prendendo in mano la tazzina di the e una ciambella che Kei le aveva porto.
“Ieri sera ha fatto tardi per delle ricerche, è andato a dormire poco prima dell’apertura del locale”
“Ma sono le cinque e mezzo! Che dormiglione” borbottò Ichigo voltandosi per andare di sopra.
Si sentiva un po’ agitata, in effetti. Perché doveva fare da cameriere a Ryo? Kei avrebbe tranquillamente potuto chiederlo a Minto, a Purin o anche a Retasu, e invece perché proprio a lei?
Salì le scale borbottando piccoli insulti e sparì al piano di sopra.
“Come mai l’hai chiesto proprio a lei?” chiese Retasu all’improvviso, e Kei sobbalzò, voltandosi verso di lei. Non aveva notato che era rimasta in cucina, pensava che fosse andata via dopo aver preso i vassoi.
“Come hai detto?” domandò, vedendola avvicinarsi. Notò la sua espressione strana e cercò di studiarla il più in fretta possibile.
“Ti ho chiesto perché hai mandato proprio Ichigo a svegliare Ryo” ripeté lei con impazienza, incrociando le braccia.
Kei inarco un sopracciglio: dove voleva andare a parare Retasu?
“Senza nessun particolare motivo” rispose scrollando le spalle. Notò le guance della ragazza colorirsi appena; sapeva che lei provava qualcosa per Ryo, ma non l’aveva mai vista spingersi tanto avanti.
Avendo ottenuto quella risposta, Retasu non seppe cosa ribattere.
Senza dire nulla si voltò, afferrò di nuovo i vassoi con poca grazia e sparì nella sala principale.

Ichigo rimase immobile di fronte alla porta della stanza di Ryo, indecisa sul da farsi.
Doveva bussare oppure entrare senza permesso? E nel caso avesse bussato, Ryo si sarebbe svegliato? Oppure aveva il sonno pesante? E se fosse entrata e basta? Magari lui se la sarebbe presa perché aveva violato la sua privacy?
Sospirò e provò a bussare un paio di volte, prima piano poi un po’ più forte, ma non ottenne risposta neanche dopo aver atteso quasi un minuto.
“E va be’, io entro” mormorò e aprì la porta piano.
La luce del corridoio illuminò appena la stanza di Ryo e mentre entrava notò nella penombra il letto del ragazzo. Richiuse la porta alle proprie spalle – lo fece perché lei in prima persona odiava essere svegliata con la luce accesa, preferiva abituarsi gradualmente alla luce – ma presto si rese conto di aver fatto una stupidaggine perché non riusciva più a vedere dove stava andando. Rimase immobile in quello che credeva essere il centro della stanza e attese un attimo in silenzio.
Si sentiva disorientata e quasi non riusciva più a ricordare da che parte fosse la porta, così decise che per lo meno avrebbe cercato di trovare la scrivania per poggiarci sopra la tazzina di caffè e la ciambella.
Fece un esitante passo avanti, poi un altro e un altro ancora.
Al quarto passo, però, sentì un mugolio provenire probabilmente dal letto di Ryo e voltò la testa di scatto e andò a sbattere contro quella che doveva essere la sedia, o meglio lo spigolo della sedia.
“AHIA!” strillò sentendo il lato del ginocchio pulsare.
Il secondo dopo, sentì un cigolio di molle e una voce molto familiare.
“Chi c’è?!”
Ryo a quanto pareva si era svegliato – ovvio, dopo l’urlo che aveva cacciato era impossibile che fosse rimasto addormentato.
Il biondo, non sapendo né chi ci fosse in camera sua né perché, allungò le mani a casaccio e sentì qualcosa di caldo cadergli sul braccio e un altro urlo. Riconobbe l’odore del caffè e la voce di Ichigo.
“…Ichigo?” chiese perplesso, allontanandosi per accendere la luce.
Quando la stanza fu completamente illuminata, rimase a bocca aperta.
Davanti a lui c’era un Ichigo che, piegata, si teneva un ginocchio con una mano e con l’altra sollevava la divisa sporca di caffè, gli occhi fuori dalle orbite e un altro urlo nascente sulle labbra.
“Che ci fai qui?” chiese avvicinandosi e raccogliendo la tazzina rotta e la ciambella che erano cadute a terra.
“Kei mi ha chiesto di portarti la colazione” rispose lei con le lacrime agli occhi. Aveva il braccio e la gamba sinistra arrossati e il ginocchio destro dolente.
“Ti sei bruciata?” domandò, notando solo in quel momento che anche lui era un po’ scottato sul braccio.
La rossa annuì stringendo il labbro inferiore fra i denti.
“Mi sono anche sporcata la divisa…” piagnucolò, e lo sguardo di Ryo cadde sulla divisa sporca.
Fu costretto a voltare immediatamente lo sguardo altrove perché Ichigo aveva sollevato la gonna sporca un po’ troppo.
“Cretina, metti giù quella gonna” la ragazza parve non capire per un attimo, poi evidentemente, pensò Ryo, capì, perché con un altro urlo lasciò andare la divisa e se la appiattì addosso con evidente imbarazzo.
“Non c’è bisogno di fare tutta questa scena” borbottò lui gettando la ciambella ormai sporca e la tazzina nel cestino dell’immondizia,  “te l’ho detto solo perché non era una visione poi così piacevole”.
Le orecchie di Ichigo divennero ancora più rosse dei suoi capelli e strinse i pugni, sentendosi umiliata. Odiava quando Ryo la prendeva in giro in quel modo, non lo sopportava.
“Po-posso usare il bagno?” chiese, e seppur spiazzato per un secondo, il biondo annuì e le indicò la porta alle sue spalle.
Senza dire nulla Ichigo fece dietrofront ed entrò nella stanzetta adiacente, richiudendosi la porta alle spalle.
Ryo si passò una mano fra i capelli e sospirò lievemente, il battito del cuore più accelerato del previsto, e si sedette sul letto.
“Ma… sei entrata senza permesso?” chiese, e la voce della rossina lo raggiunse da oltre la porta.
“Ho bussato, ma dormivi alla grande a quanto pare” rispose lei mentre si sciacquava la gamba e il braccio. Si sollevò in punta di piedi e sollevò la gonna fino al rubinetto, sciacquandola con l’acqua e un po’ di sapone liquido per togliere quella macchia marrone scuro, ma il risultato non si stava mostrando poi così soddisfacente.
“E perché sei entrata a luce spenta?”
“Perché magari odi essere svegliato da una luce improvvisa, che ne so, forse hai bisogno di abituarti gradualmente. Non so cosa ti passa per la testa”
Ryo rimase un attimo in silenzio, chiedendosi il perché di quel comportamento così “premuroso” nei suoi confronti. Se fosse stato per lui avrebbe spalancato porte e finestre solo per farle un dispetto.
Si mise un attimo a pensare al motivo o alla situazione in cui lui avrebbe potuto svegliarla e la sua mente prese a vagare.
“Non si toglie…” mormorò Ichigo uscendo dal bagno e richiudendo la porta.
Stavolta tenne la gonna ben premuta contro il corpo ma la mostrò a Ryo, che parve risvegliarsi all’improvviso dai suoi pensieri.
Il biondo ignorò quel commento e si alzò, avvicinandosi.
Ichigo spostò subito lo sguardo sulle punte dei propri piedi, vedendo il petto abbronzato e nudo di Ryo farsi sempre più vicino a lei. La metteva sempre in imbarazzo vederlo così, sia al mare che in situazioni diverse. La verità era che non era abituata a vedere ragazzi mezzi nudi, e soprattutto non era abituata a vedere Ryo così.
“Quindi…” disse lui, fermandosi davanti a Ichigo, “Hai avuto una sorta di… premura? Verso di me?”
La rossa sentì le orecchie scaldarsi di più e alzò piano la testa, le sopracciglia aggrottate.
“N-non pensarci nemmeno” rispose, cercando di fare la dura ma non riuscendoci affatto. “L’ho fatto perché magari un giorno tu mi riserverai la stessa premura, all’occorrenza”.
“Perché balbetti?” domandò lui a bruciapelo, fissandola con quei pozzi azzurri come il cielo.
Ichigo sentiva la gola secca. Odiava essere guardata in quel modo da Ryo, sembrava che volesse trapassarla da parte a parte.
“Non sto balbettando” ribatté lei, la voce stavolta ferma e sicura. “E ho risposto alla tua domanda di prima. No, non era una premura, era una specie di ‘io ti faccio un favore, così magari tu ricambi’”
“Quindi fai i favori alle persone solo per ottenere qualcosa in cambio?” chiese lui incrociando le braccia e sollevando un sopracciglio. Adorava vederla in difficoltà, avrebbe passato la vita tentando di metterla alle spalle al muro. Era troppo divertente prenderla in giro.
“Non ho detto questo!” strillò lei spalancando gli occhi. “E’-è che tu sei diverso”
“Stai balbettando di nuovo” l’ammonì lui con un sorriso ironico stampato sul volto.
Ichigo sbuffò e si stancò di tutto quello. Non le piaceva quando Ryo giocava con lei – perché era ovvio che si stava solo divertendo a torturarla.
“Oh, finiscila” borbottò voltandosi per tornare al piano di sotto, ma Ryo la bloccò per un braccio.
“Che c’è?!” sbottò lei voltandosi a guardarlo, e il suo volto era più rosso di quanto non volesse. Non le piaceva quella situazione, stare nella stessa stanza con un Ryo mezzo nudo… No, non era quello che voleva, decisamente.
“Cosa intendi quando dici che io sono diverso?” chiese serio, e il cuore di Ichigo perse un battito. Difficilmente l’aveva visto così serio, forse l’ultima volta era quando l’aveva salvata da Kisshu.
“Ehm…” fece vagare lo sguardo per la camera cercando di non incrociare il suo, ma la presa di due forti mani che le stringevano le braccia la costrinsero a riportare gli occhi sul suo interlocutore.
“Guardami” le disse, lo sguardo fermo e la voce altrettanto sicura. “Ti ho fatto una domanda”.
“Lo so” mormorò lei, frugando nella propria testa alla ricerca di una risposta che avrebbe chiuso quella conversazione.
“Quando dico che sei diverso, intendo che…” si bloccò a metà frase, non sapendo proprio cosa dire. Quel “tu sei diverso” l’aveva detto così, tanto per dire, intendendo che comunque con lui poteva anche diventare una ricattatrice. Scherzava, ovviamente, ma non sapeva in che modo spiegarlo a Ryo senza farlo alterare o senza fargli prolungare quella tortura.
“…Mi lasci, per favore?” chiese, tornando a spostare lo sguardo sulle sue scarpette da cameriera.
“Perché non mi guardi?” ribatté lui, allentando un po’ la presa sulle braccia della rossa.
“E tu perché non mi lasci?” stavolta la voce le tremò appena, e Ryo si sentì estremamente tentato di lasciarla andare, ma qualcosa dentro di lui gli diceva di non farlo.
Aveva passato mesi vedendo Ichigo tra le braccia di un altro, e ora che quel damerino si era fatto da parte forse avrebbe potuto farsi avanti lui. Insomma, era sicuro di non essere indifferente a Ichigo, ne stava avendo la prova proprio in quel momento, ma voleva essere sicuro di una cosa. Aveva avuto tante ragazze in vita sua, ragazze conquistate solo dai suoi soldi o dalla sua bellezza. Quello che voleva da Ichigo era diverso, lui voleva avere lei e voleva che lei volesse lui non solo per il suo aspetto o per quello che possedeva. Dopo anni in cui non aveva ricevuto amore da nessuno se non da Keiichiro, aveva iniziato a desiderarlo da una sola persona che vedeva quasi tutti i giorni e che gli aveva fatto battere il cuore.
Ichigo gli piaceva, e voleva che anche a lei piacesse lui allo stesso modo.
“Perché non voglio” rispose stringendo i denti.
Ichigo spalancò gli occhi e sollevò la testa di scatto per guardarlo: non si era aspettata quella risposta, ma un’altra presa in giro. E dal tono in cui aveva detto quella frase, Ryo stava facendo tutto tranne che giocare.
La ragazza lo fissò con il volto congestionato e i battiti del cuore più veloci del normale; sentiva la presa di Ryo sulle proprie braccia delicata, non forte come quando l’aveva afferrata.
Non sapeva neanche lei cosa voleva che succedesse. Da una parte provava l’irrefrenabile voglia di spingerlo via e scappare, dall’altra voleva abbandonarsi a quei profondi e bellissimi occhi azzurri che la stavano scrutando ormai da qualche minuti.
L’unica cosa che sapeva per certo era che probabilmente anche Ryo era in quella situazione, perché negli occhi gli leggeva una confusione mai vista prima.
“Ryo…?” mormorò aggrottando le sopracciglia, le guance arrossate.
Il biondo sembrò risvegliarsi quando Ichigo pronunciò il suo nome e si decise.
La lasciò andare.
“Scusami… ora vai” disse, passandosi una mano sul volto e girandosi per darle le spalle.
Senza farselo ripetere due volte, Ichigo uscì sbattendo la porta e corse al piano di sotto, si tuffò nel camerino e si chiuse in uno dei bagni.
Si accasciò con la schiena contro la porta, le mani premute sulla bocca e il cuore che sembrava volerle sfondare la cassa toracica tanto batteva forte.

*

Ichigo uscì dal bagno mezz’ora dopo, la divisa sporca era stata sostituita da quella di riserva, pulita e stirata.
Riprese a servire ai tavoli con la testa fra le nuvole, pensando a cose sciocche del tipo che alla fine Ryo non aveva fatto colazione o che in altre occasioni le avrebbe fatto scontare la tazzina rotta con ore di lavoro supplementare.
Sentì una punta di nostalgia pensando allo schiavista che aveva conosciuto. Era più facile capire cosa passasse per la sua testa allora, piuttosto che adesso, e la cosa non le stava affatto bene.
“Ichigo!”
La rossa si voltò di scatto e vide una Retasu trafelata correrle incontro, un blocchetto di fogli e una penna tra le mani.
“Invece di prendere i vasi” le mise in mano il blocchetto e la penna e prese il vaso che la rossa aveva evidentemente preso sovrappensiero, “vai a prendere le ordinazioni al tavolo dodici”
Ichigo arrossì e si sentì smarrita; cosa aveva intenzione di fare con un vaso?
Scosse la testa e ringraziò Retasu, poi si allontanò verso il tavolo che le aveva indicato l’amica.
La verdina la vide allontanarsi, una morsa che le stringeva il petto.
Doveva essere successo qualcosa in camera di Ryo, perché Ichigo una volta tornata si era chiusa nel camerino per più di mezz’ora. Sì, l’aveva notato e la cosa non le aveva fatto per niente piacere.
Sospirò e riprese a lavorare, sperando che quell’ora e mezza che la separava dalla chiusura del locale passasse in fretta.

“Finalmente!!” Minto chiuse la porta del locale e vi si poggiò contro, guardando di fronte a lei.
Il locale era finalmente pulito da cima a fondo e i clienti erano ormai andati via da una buona mezz’ora.
Sollevò le braccia per stiracchiarsi e sentì le ossa delle spalle scricchiolare, ma non se ne preoccupò. Lavorare al locale comportava sempre fatica, ormai aveva imparato che non poteva più tirarsi indietro quando c’era qualcosa di faticoso da fare solo perché era una signorina di buona famiglia.
“Io torno a casa” annunciò entrando nel camerino. Si sfilò la divisa e la ripiegò con cura nel suo armadietto, mentre le amiche avevano già indossato i propri vestiti per tornare a casa.
“Aspettami, torniamo insieme!” esclamò Purin infilandosi le scarpe. Le saltellò vicino e afferrò la tracolla marrone dalla sedia e salutò Retasu e Ichigo, così come Minto, ed entrambe uscirono per andare a salutare Kei e Ryo – che non si era fatto vedere per tutto il giorno -.
Ichigo si sedette su una sedia e infilò le calze in silenzio, spostando lo sguardo dal pavimento ai suoi piedi fino a Retasu, che sistemava il suo armadietto meticolosamente.
Quel silenzio non le piaceva affatto, così la rossa decise di dire qualcosa, ma prima che potesse aprire bocca Retasu la fece sobbalzare sbattendo la porta del suo armadietto e voltandosi verso di lei.
“Cos’è successo tra te e Ryo?” chiese a bruciapelo, poggiandosi con la schiena contro gli sportelli di metallo.
Ichigo si bloccò nel movimento di mettere l’ultima scarpa e sollevò il busto, fissandola.
“Niente. Perché?”
“Dal tuo comportamento non si direbbe” l’ammonì l’amica, incrociando le braccia. “Sei strana da quando sei tornata, e Ryo non si è fatto vedere per tutto il giorno”
“Abbiamo solo discusso perché ho rotto la tazzina del caffè” mentì la rossa finendo di sistemarsi e si alzò, prendendo la propria borsa. “Niente di che, davvero… Ma perché ti interessa?”
Le guance di Retasu si imporporarono all’improvviso, e Ichigo sollevò le sopracciglia.
Possibile che a Retasu…
Un improvviso urlo proveniente dalla sala principale le fece entrambe voltare di scatto. Senza dire nulla afferrarono le spille dalle borse e corsero fuori, ma furono costrette a bloccarsi.
“Kisshu!” esclamò Ichigo, mentre alcuni ricordi spiacevoli venivano a galla e lei cercava di scacciarli.
“Ciao gattina” disse lui senza entusiasmo, mentre reggeva Purin per il dietro della maglietta e la teneva sollevata da terra.
Ma perché non si muoveva?
Lo sguardo di Ichigo e di Retasu corse freneticamente alla ricerca di Minto, e la videro stesa a terra con un piede di Pai premuto sulle costole e la sua arma a forma di ventaglio puntata contro il viso dell’amica, che lo fissava con uno sguardo al tempo stesso spaventato e adirato.
“Lasciatele andare!” esclamò Ichigo trasformandosi, e sentì una risatina provenire alla sua sinistra.
Quando si voltarono, sentirono il sangue ghiacciarsi nelle vene.
Kei e Ryo erano stesi a terra, immobili, e a giudicare dalle macchie scure intorno a loro erano stati feriti gravemente.
“Ryo!!!” esclamò Retasu spiccando un salto verso di loro, e Ichigo la fissò mente colpiva Taruto – che stava svolazzando allegro sopra di loro – e si gettava su Ryo, voltandolo per costatarne le ferite.
La rossa digrignò i denti e tornò a concentrarsi su Kisshu.
“Cosa gli avete fatto?!”
“Si sono messi in mezzo” rispose lui semplicemente, galleggiando verso di lei. Lasciò andare Purin che si schiantò a terra con un tonfo sordo, e non si mosse.
Ichigo fece un passo indietro, memore del loro ultimo incontro, e si trovò con le spalle al muro.
“Che ne dici di divertirci come l’ultima volta, micetta?” domandò Kisshu facendosi più vicino. Atterrò di fronte a lei e si leccò le labbra, poggiando una mano sulla parete proprio accanto alla testa di Ichigo.
“Lasciala in pace!” Ichigo guardò oltre la testa dell’alieno dagli occhi ambra e vide Minto lottare per rialzarsi, ma il piede di Pai la schiacciava a terra e lei non riusciva praticamente a muoversi.
Dal canto suo, la rossa era paralizzata dalla paura. Non le piaceva avere Kisshu così vicino, e si ritrovò a pensare con nostalgia a quando era stato Ryo a fissarla a due centimetri dal viso.
Spostò lo sguardo di lato e vide Retasu che lanciava un attacco contro Taruto che aveva iniziato a volteggiarle intorno scagliando attacchi con la sua arma.
“Ichigo”
La rossa tornò con i piedi per terra e tornò a guardare Kisshu ormai vicinissimo.
“Vieni via con me e gli risparmieremo la vita”
Ichigo fu tentata di sputargli in faccia come aveva fatto l’ultima volta, ma memore di qual’era stata la sua reazione, decise che era meglio non farlo.
Portò una mano dietro la schiena inarcandosi appena – anche se così il suo corpo aderiva parecchio a quello dell’alieno – e serrò gli occhi, evocando lo Strawberry Bell.
Sentì il fiato caldo dell’alieno sul viso e non perse neanche un secondo. Allungò l’arma e lo colpì allo stomaco, facendolo volare dall’altra parte della stanza.
Kisshu si schiantò contro il portone e cadde a terra dolorante.
“RIBBON STRAWBERRY CHECK!” esclamò Ichigo lanciando un attacco con tutta la concentrazione che era capace di mettere insieme.
Pai volò in alto per evitare il colpo ma fu investito lo stesso in pieno e sbatté anche lui contro il muro. Minto saltò in piedi ed estrasse dalla tasca della gonna la spilla.
Si trasformò e allo stesso tempo Retasu mise Taruto al tappeto con il suo attacco d’acqua.
La rossa corse da Purin e la prese in braccio allontanandola dagli alieni, avvicinandosi di nuovo a Minto.
“Occupati di lei” si allontanò e corse da Kei e Ryo, ancora svenuti e sanguinanti.
“Re-Retasu, cosa…” balbettò inorridita, vedendo la maglietta di Ryo inzuppata di sangue e i capelli di Kei rossi anziché castani.
“Dobbiamo fa-fare qualcosa” mormorò la verdina avvicinandosi e chinandosi sui due.
“L’ospedale… Dobbiamo portarli lì, non c’è altra scelta!”
Ichigo si allontanò per prendere il telefono e chiamare un’ambulanza quando sentì che qualcuno l’aveva afferrata per il braccio. Si meravigliò nel trovare Kisshu davanti a lei, per un attimo aveva scordato che quegli alieni erano ancora nel locale.
Gettò di sfuggita uno sguardo a Ryo e Kei e si voltò di nuovo verso l’alieno.
“Lasciami andare!!” strillò e sollevò il pugno in aria, schiantandolo contro il viso del nemico.
Kisshu non fu veloce come al solito – o, probabilmente, non se l’aspettava affatto – e cadde all’indietro con il naso che sanguinava.
Ichigo si tenne la mano dolorante stretta a pugno e sibilò sprezzante “questo è per l’altra volta…”
Pai e Taruto corsero a soccorrere l’amico; un attimo dopo scomparvero, rendendosi conto che le ragazze li avrebbero potuti sopraffare tranquillamente ora che erano tutte insieme.
Ichigo corse a prendere il telefono con la mano sana – era sicura di essersi rotta per lo meno un paio di ossa dell’altra – e chiamò l’ambulanza.

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