Why does it always rain on me ?

di 1918
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Bella si guardò intorno, non riconoscendo il posto.
Si era appena svegliata e si era resa conto di essere distesa su di una soffice sabbia bianca. La gola le bruciava, mentre il mare lambiva i suoi piedi coperti dalle scarpette.
Alzò la testa, davanti a lei la spiaggia e della fitta vegetazione.
Cercò di alzarsi, il corpo le doleva tutto. Riuscì a mettersi seduta. Di fianco a lei un pezzo della sua barca. Lo sfiorò, e i suoi ultimi ricordi le vennero in mente.
Il viaggio in solitario, la tempesta, lei che cadeva in acqua, poi era stata buttata contro qualcosa, uno scoglio forse, e la vista le si era spenta.
L'ultimo ricordo era della barca che veniva sbattuta da una parte all'altra dal vento impetuoso.
Si guardò in giro, il sole ora era accecante, il cielo era limpido, le sembrava quasi impossibile che solo poche... quanto tempo era passato ?
Chissà in quale isola era finita, le conosceva quasi tutte, ma oltre quell'isola non riusciva a vedere niente, fino all’orizzonte.
Con non poca fatica si alzò in piedi, le girava la testa.
La vegetazione era fitta, il sole scompariva dopo pochi metri dalla spiaggia, alla sua destra la vegetazione arrivava quasi fino al mare, rendendo impossibile a Bella, capire quanto quell'isola fosse grande.
Si girò verso il mare, non c'era nessuna barca, nessun ormeggio, ma cosa più importante sul quella poca porzione di isola che era riuscita a vedere, non c'era nessun segno di presenza umana.
Il petto si alzava e abbassava rapidamente, con respiri sempre più brevi, la vista si sdoppiò, mentre la testa le girava sempre di più.
Poi tutto si fece buio.

Salve a tutti =)
eccomi qui con una nuova storia, spero che il prologo vi abbia incuriosito
mi farebbe molto piacere sapere cosa ne pensate =)
comunque penso di postere un giorno a settimana, impegni permettendo
al prossimo capitolo
un bacio
1918

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1


Il sole splendeva alto nel cielo, Bella si stava avviando verso la spiaggia dove era sistemata la sua piccola barca a vela. Per lei era un gioiello, tutta la sua vita.
Si sta preparando per lasciare quell’isola che le aveva dato tanto, ma anche tolto molto.
“Tesoro, anche oggi non riesci a stare lontano da lei ?” un gruppo di vecchi pescatori era seduto sotto di un ombrellone, con un tavolino ed un mazzo di carte. Erano in quattro, i visi simili, tutti con la pelle abbronzata, le rughe segnate dal vento e dalla salsedine, gli ampi sorrisi, e la pipa in bocca. Paul aveva parlato, ma era sicura che fosse il pensiero anche degli altri. La vedevano un po’ come la loro nipotina.
“Pensavo che ormai mi conosceste, non è un giorno degno di essere vissuto se non salgo su di Elizabeth” si alzò gli occhiali da sole sopra la testa e mise le mani nelle tasche dei corti pantaloni.
“Lo sappiamo piccola, ma se fossi in te starei attenta, questo vento non mi piace per niente” Bella guardò verso il mare, a pochi metri da loro. Era vero, le onde increspavano il mare, ma il cielo era completamente sgombro di nuvole. Ma si ricordava come il tempo poteva cambiare velocemente.
“Sapete benissimo che senza vento non vado da nessuna parte, e poi non ho intenzione di andare molto lontano oggi, voglio iniziare il viaggio fra 3 giorni”
“Non sei felice qui ?” Francisco era forse quello con cui aveva legato di più, come tutti i marinai era saggio, ma loro due avevano una visione della vita molto simile. Forse ad accumunarli era il fatto di aver perso entrambi i genitori quando erano molto giovani e per colpa del mare. Lo stesso mare che tanto amavano.
“Si che lo sono, ma adesso l’isola inizia ad andarmi stretta, ci sono troppi ricordi, voglio vedere altre isole”
“Ragazza, sei come il vento, devono ancora inventare chi ti possa rinchiudere, e sono convinto che mai ci riusciranno. Credevo che mio nipote avesse fatto colpo” John buttava sempre tutto sul ridire, anche se in mezzo ci metteva sempre qualche frase filosofica.
Bella sorrise, e passandosi una mano sulla nuca li salutò “D’accordo vecchi lupi di mare, è stato bello parlare con voi, ma adesso devo proprio andare, non vorrei mai che il vento si abbassasse” .
“Non penso succederà, c’è qualcosa di strano nell’aria. Ma non hai risposto alla mia domanda implicita su Jacob”
“Arrivederci signori” li salutò agitando una mano mentre si stava già avviando verso il bagnasciuga.
I quattro signori risero, poi tornarono alla loro partita di burraco.
Spinse la barca verso la riva, era leggera e piccola, fatta di legno, con una vela triangolare bianca, ma con dei remi sempre pronti all’evenienza, due piccole panche e la prua coperta dove sotto era incastonata una piccola stiva erano le uniche cose abbordo.
Era perfetta per affrontare il viaggio che tre giorni dopo avrebbe intrapreso.
Nei suoi 24 anni non era la prima volta che partiva, aveva visitato le piccole isole vicine, ma aveva deciso di spingersi in là, voleva trovarne di nuove, conoscere persone nuove, essere libera e sola.
Il vento era sempre leggero, le scuoteva i lunghi capelli marroni che con l’aria impregnata di salsedine si arricciavano. Il sole rifletteva sull’acqua, accecandola anche con gli occhiali da sole, ma ormai era abituata, quella era la sua vita, la sua essenza.
Solo su Elizabeth si sentiva sicura, come quando era tra le braccia della madre o del padre. Quel pensiero le procurò un sorriso colmo di tristezza.
Tre giorni dopo sarebbero stati vent’anni, e lei aveva deciso di partire per sempre.
Stette in mare fino al pomeriggio inoltrato, poi decise di tornare nella sua capanna e di radunare le sue poche cose, doveva prepararsi e sistemare tutto nella piccola stiva.
Già si immaginava distesa sull’amaca legata all’albero maestro e alla prua, coccolata dal dolce ondeggiare, e con una coperta infinita e illuminata da tanti puntini di altri mondi.
Sicuramente avrebbe portato una bussola, un quaderno per scrivere, magari un po’ di carne secca, dei fiammiferi, una rete per cercare di pescare.
Era ottimista e piena di speranze, di lì a poco la sua nuova vita sarebbe cominciata.

****

Erano le quattro di mattina e Bella era seduta sui gradini delle capanna intenta a guardare il piccolo villeggio risvegliarsi.
Chi passava la salutava, era un piccolo miracolo per quel villaggio di pescatori, trovata al largo attaccata alla sua bambola Elizabeth, con addosso un giubbotto salvagente, ed un ciondolo infilato frettolosamente, con dentro la foto di una bambina di circa un anno, in braccio alla madre e che giocava con il dito del padre, e con l’incisione ‘Plus que ma propre vie’. Quello, oltre alla ormai sgualcita Elizabeth, era l’unico oggetto appartenuto alla sua vita con i propri genitori. E nient’altro che ricordi gelosamente custoditi.
Nel villaggio il tempo sembrava non passare mai. La tecnologia doveva ancora arrivare, anche nelle cose elementari come un accendino, tutto era ancora fatto a mano.
Bella guardava con tristezza quei volti amici, era sicura che non gli avrebbe più visti. Ma poi si chiese perché fosse triste, non era forse quello che voleva ? Chiudere per sempre quel capitolo di vita che tanto l’aveva fatta soffrire.
“Bella…” Jacob era comparso nel suo campo visivo senza che lei se ne rendesse pienamente conto, persa com’era nei suoi pensieri. “Ciao Jake” non sapeva cosa dirgli, non dopo che durante il loro ‘appuntamento’, per quanto si possa definire appuntamento un’uscita in quel piccolo villaggio, lui le ha confessato i suoi sentimenti.
Quel ‘mi piace da quando mio padre ti ha portata nella barca’ le aveva messo paura, lei non era fatta per donare amore, e nemmeno per riceverne. Su di questo era convinta.
“Allora oggi parti.. Verso che ora ? Magari passo per salutarti, o ti serve una mano per qualcosa ?” Jacob era in imbarazzo, pensava che quella partenza fosse colpa sua, e non aveva tutti i torti.
“Non ti preoccupare, è tutto a posto, penso di partire tra tre ore. Se non ti dispiacerebbe, preferirei un arrivederci qui, non voglio una folla da funerale. Ritornerò. Prima o poi” concluse con un sorriso.
“Ok, allora arrivederci” Bella gli tese la mano sorridendogli, lui la prese per poi tirarla verso di lui. Jacob era enorme, una montagna di muscoli. Bella pensò che fosse caldo, e che quel calore umano non le dispiaceva. Quanto tempo era passato dal suo ultimo abbraccio ricevuto ? Vent’anni, perché le piaceva pensare che fosse stato dei suoi genitori l’ultimo abbraccio.
Jacob stava inquinando un ricordo, o forse un falso ricordo, visto che i ricordi che riguardavano i suoi genitori erano avvolti da un alone di fantastico, un po’ come se avesse preso pezzi di vita reale attaccandoci sopra l’unica immagine che possedeva di Charlie e Renèe. Almeno i nomi li ricordava.
Si staccò in fretta da quell’abbraccio. “Beh, arrivederci Jacob”
Strinse il ciondolo che portava al collo e si diresse verso la spiaggia, pronta per la sua nuova vita.


Salve a tutti =)
come va ?
grazie per aver letto il prologo, grazie a chi lo ha recensito =)
spero che questo capitolo vi sia piaciuto,
mi fareste molto piacere se mi lasciate un piccolo commento
un bacio
1918

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2


La barca tagliava leggera le onde, Bella era seduta a poppa con una mano sul timone e i suoi fidati occhiali da sole inforcati. Aveva trovato quel paio di occhiali una mattina che era uscita presto per godersi l’alba, stranamente erano arrivati a riva. Così pesanti sarebbero dovuti rimanere sul fondo.
All’epoca era una bambina di poco più di sei anni, quegli occhiali da donna le sembravano quasi un regalo da parte dei suoi genitori per il suo compleanno.
Inutile dire che non se li era più tolti.
Era il terzo giorno di viaggio, e ormai aveva trovato un buon modo per passare le notti. Quando il sole calava, gettava l’ancora vicino ad una isoletta disabitata, legava l’amaca, tirava fuori il cuscino e la coperta pesante dalla stiva.
La prima notte l’aveva passata in mare aperto, ma l’umidità che saliva dall’acqua era troppa, e al mattino si era svegliata ancora più stanca e con il corpo a pezzi. Così la sera successiva aveva deciso di provare ad andare vicino ad un’isoletta e seppur l’umidità fosse ancora molta, era più sopportabile.
Cercando il cuscino, si imbatté in Elizabeth, e decise di tirarla fuori per farsi compagnia. Con la bambola uscirono anche le carte che i suoi quattro pescatori le avevano regalato mentre si avviava verso la barca. “Così non diventerai pazza di noia” le aveva detto Paul, poi le avevano dato un bacio sulla guancia dicendole arrivederci come voleva lei.
Le donne del villaggio l’avevano riempita di cibo a lunga conservazione. Pesce affumicato, carne secca, riso, della farina, alcuni cocchi e naturalmente moltissima acqua.
La coperta creava un bozzolo intorno a lei e alla sua piccola bambola, mentre il freddo del medaglione premeva sul petto.
Decise che il giorno dopo avrebbe pescato un po’ e che avrebbe cercato qualche frutto su quell’isola, in fin dei conti non aveva una meta, e svagarsi le avrebbe fatto solo che bene.
Con questi pensieri si addormentò, cullata dallo sciabordio delle onde.

****

Era fantastico. Il sole illuminava ogni cosa facendo assomigliare quel posto, più ad un paradiso che ad una isola sperduta nell’Atlantico. “Se quest’isola non è il paradiso, non ho la minima idea di come possa essere” si disse.
Risistemò ciò che aveva usato per la notte tirando fuori un pezzo di torta regalatole da Marie, la moglie di Paul.
Dopo aver bevuto un sorso d’acqua per mandare giù il boccone si tolse i pantaloni e la maglietta, rimanendo in costume.
Prese dalla piccola stiva la rete.
Fissò la rete sul fondale, con i due rami con cui era solita andare a pescare, sapeva che erano solidi.
Poi si diresse verso la vegetazione per cercare dei rami asciutti per allestire un fuoco, anche con tutta l’esperienza che aveva, non si sarebbe acceso subito.
Nello cercare la legna trovò dei cocchi e delle banane poco mature, ma decise di prenderle lo stesso e di lasciare loro il tempo di maturare.
Da Elizabeth prese un coltello e un contenitore per aprire i cocchi e mettere via il loro latte.
Verso mezzogiorno il fuoco era scoppiettante e Bella decise di andare a controllare la rete.
Ci trovò quattro pesci, “non male” disse soddisfatta di se stessa. Aveva già messo una pietra liscia sul fuoco, in modo che si scaldasse, e dopo aver pulito i pesci li sistemò su di essa.
Si girò verso destra e notò degli scogli in lontananza, erano perfetti per cercare piccoli molluschi. Controllò la cottura del pesce, e siccome era ancora indietro, decise di andare a cercare sugli scogli.
Mise un altro ceppo di legna sul fuoco e presa una sacca per mettere dentro il raccolto.
Con in coltello in una mano, la sacca legata al fianco,e con un paio di scarpette di tela si avviò verso gli scogli.
La sacca era piena, e lei si godeva il tramonto seduta sulla sabbia. Il pesce era pronto, lo aveva avvolto tra le foglie grandi dell’albero di fianco a lei, non era riuscito a mangiarlo tutto, così aveva deciso per tenerselo quando fosse stata al largo. I molluschi invece erano dentro una pentola piena d’acqua, Bella aspettava solo che uscissero dalla loro conchiglia per poterli mettere sul fuoco. Così le avevano insegnato le donne del suo piccolo villaggio.
Nessuno di quel villaggio si era voluto mettere al posto dei suoi genitori, e lei li ringraziava. Vedeva Paul e Marie più come nonni, ma aveva lasciato vuoto il posto riservato ai suoi genitori. Il villaggio aveva subito voluto bene a quella bambina arrivata dal mare. Ma avevano anche capito perché non si facesse mai abbracciare, neanche quando si svegliava in preda agli incubi,urlando il nome dei genitori.
Le mancavano i suoi genitori. Quel pensiero era affiorato mentre si scaldava vicino al fuoco. La sua testa era un ammasso di pensieri senza capo ne coda, ma il pensiero dei suoi genitori era sempre presente.
Come le potevano mancare se di loro non aveva altro che una foto ? Non aveva gesti che fossero loro, solo falsi ricordi creati da una bambina troppo sola.
Non si era resa conto di avere il viso inondato di lacrime, se le asciugò e dalla barca prese una stuoia, la coperta e il cuscino. Riempì il braciere di legna e si distese vicino al tepore del fuoco.
Con il medaglione stretto nella mano si addormentò.

****

Fu svegliata da un gabbiano che volava e strideva sopra di lei.
All’orizzonte grossi nuvoloni bianchi e un vento soffiava verso ovest. Bella decise di riprendere il viaggio. Sistemò tutto ciò che aveva preso dalla barca caricando anche il nuovo cibo. Spinse la piccola barca verso il mare e agilmente ci saltò sopra.
Il vento soffiava sempre più forte, così si coprì con una maglia più pesante e con una sciarpa.
Sugli occhi i suoi immancabili occhiali da sole, Elizabeth seduta sulla banca di fianco a lei.
Guardò dritto davanti a lei, la prua con il salvagente arancione con scritto Elizabeth che Paul e Marie le avevano regalato, e poco più in là il mare sconfinato. Colui che le aveva tolto tutto, ma anche dato molto, la sua vita, la sua gioia.
Con il vento che le frustava i capelli sul viso si diresse verso la prossima spiaggia.
Il sorriso era coperto dalla sciarpa, ma continuava a splendere sulle sue labbra.











salve a tutti...
purtroppo per chi seguiva la storia, non mi sento più di continuarla,
l'ispirazione se n'è andata, e scrivere capitoli campati in aria non mi sembra il caso,
se si aggiunge il fatto che la storia non sembra piacere affatto, sto pensando di concluderla qui,
evidentemente mi sono sbagliata...
mi scuso con chi seguiva questa storia,
spero che almeno questo capitolo vi sia piaciuto,
un bacio
1918

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

Il vento soffiava sempre più forte, e le nuvole che quel mattino sembravano così lontane e inoffensive, con il passare delle ore si erano fatte sempre più vicine e minacciose.
Con la barca cercava di allontanarsi dai nuvoloni neri, ma il vento era instabile e cambiava direzione velocemente.
Bella si guardò in torno alla disperata ricerca di un piccolo atollo, un’isola, un lembo di terra dove mettersi al riparo dal temporale che la stava per colpire.
Si girò indietro per guardare dove i nuvoloni neri erano arrivati, e li vide spaventosamente vicini. I lampi saettavano minacciosi, ed illuminavano di un bagliore sinistro il mare ormai nero.
Bella strinse con la mano, che non era intenta a cercare di governare il timone, il medaglione, lo porto sopra la sciarpa e lo baciò. “Vi prego” non sapeva nemmeno lei perché li pregasse, il destino era il destino.
Questa era la sua filosofia di vita.
Un altro lampo, seguito a brevissima distanza dal tuono. Il bagliore illuminò in lontananza una piccola isoletta. Bella non credeva a quella visione, aveva le lacrime agli occhi. “Grazie”.
Legò con una fune il timone con la direzione dell’isola. Il mare era sempre più agitato ma lei doveva mettere in sicurezza alcune cose della barca nel caso peggiore. Chissà perché in quel momento non riusciva a pensare positivo. A quel pensiero una risata isterica le uscì dalle labbra. Già, chissà perché.
Si diresse verso prua, scavalcando le due piccole panchine, prese Elizabeth che aveva messo nel suo giubbotto e decise di chiuderla nella stiva di ferro, dove era tutto sistemato e che in caso di naufragio sarebbe dovuto rimanere a galla. Quell’aggeggio all’avanguardia, come lo aveva definito John, era stato il regalo da parte sua e di Francisco. Lo avevano comprato per lei in un isola vicina. Il massimo del moderno sull’isola era qualche barca a motore.
Bella a quel regalo si era commossa, sapevano quanto teneva a certi suoi oggetti, ed era convinta che quella scatola costasse parecchio.
Dentro ci mise anche i suoi occhiali, non avrebbe mai voluto separarsi da loro, ma non voleva tentare la sorte inutilmente.
Sigillò la scatola con il lucchetto e la chiave la mise insieme al medaglione. Poi mise la collana sotto agli strati di vestiti che si era messa addosso.
Il vento crudele sembrava penetrarle fin nelle ossa, e strapparle la pelle. Gli occhi le lacrimavano, voleva solo raggiungere quella piccola isoletta.
Le sembrava di vedere della luce, forse di un fuoco, ma non ne era sicura, era così distante.
La pioggia arrivò in un attimo. Una colonna d’acqua riversatasi su di lei, che improvvisamente si sentì piccola ed indifesa. In quel momento capì di essere sola. Nessuno sarebbe venuto a cercarla, nessuno avrebbe mai pensato che le fosse successo qualcosa.
Ma a lei non sarebbe successo niente, doveva pensare positivo. Avrebbe raggiunto quell’isola, anche a nuoto se necessario.
Il vento cambio direzione d’un colpo. La stava portando lontano dalla sua unica possibilità di salvezza.
“Nooooo, noooo, gira ti prego, gira!” le lacrime di Bella si confondevano con la pioggia. Il vento, il suo gemello le aveva voltato le spalle.
Cercò di slacciare la fune che teneva dritto il timone, ma l’acqua l’aveva ingrossata, e le mani di Bella erano congelate, quasi non le sentiva più.
Disperata si diresse verso la prua, cercando di togliersi l’acqua dagli occhi,voleva prendere il coltello per tagliare la fune. Poi si ricordò di aver sigillato la stiva. Si accasciò sulla piccola panchina. Era convinta che la morte la stesse richiamando a se, che per sbaglio vent’anni prima l’avesse lasciata andare e adesso volesse il suo conto. “Mamma, papà” si prese la testa tra le mani ed in quel momento li vide.
I remi.
Con foga si gettò verso di loro e cercò di metterli nelle forcelle, era un tentativo pazzo, voleva remare contro il vento. “Tu mi hai tradito! Io mi fidavo di te” si ritrovò ad urlare al nulla. Il vento, il suo migliore amico, un pezzo di lei alla stregua del mare, che in quel momento si ingrossava sempre più, rendendo vani i tentativi di Bella. I singhiozzi le perforavano il petto, e stremata decise di non apporsi. Se il destino voleva questo per lei, Bella poteva cercare di opporsi quanto voleva, ma quella sarebbe stata la sua fine. Ne era sicura.
Si accasciò su se stessa e decise di lasciarsi andare, forse il temporale sarebbe finito in presto.
Ma poi si girò, e la vide. Un’immensa colonna d’acqua, diversa dall’acquazzone, una tromba d’aria che aveva sollevato l’acqua, scagliandola intorno con estrema forza.
Bella urlò, convinta di esser arrivata alla sua fine. Chiuse gli occhi, e dietro alle palpebre vide l’immagine del suo medaglione. Si coprì le orecchie e si mise a canticchiare una ninna nanna che quando era piccola, la sera si cantava da sola. Questa canzoncina era sicura che sua madre gliela cantasse per farla addormentare. La calmava subito.
Il muro d’acqua arrivò. Per quanto Bella pensasse di essere preparata, non si aspettava un colpo del genere. La barca urtò contro qualcosa, e l’acqua cominciò ad affiorare dal fondo. Le lacrime continuavano a scendere incessanti, la sua Elizabeth si stava distruggendo sotto ai suoi occhi, mentre lei era dentro.
Un’onda arrivò all’improvviso e bella fu sbalzata via, in pieno mare. Il colpo le tolse tutta l’aria nei polmoni,e quando riemerse, la gola le bruciava per il poco fiato che aveva nel corpo.
Lotto contro l’acqua nera, la stessa acqua che considerava sua sorella, ora le stava togliendo tutto, come una volta già le aveva tolto tutto.
Riaffiorò, prendendo ossigeno e sputacchiando un po’ d’acqua che aveva ingerito.
Davanti a lei, la scena più brutta che avesse mai visto.
La sua adorata Elizabeth, la sua barca era sbattuta contro gli scogli e stavo seminando il mare di detriti. Spaccò la prua, il salvagente cadde in mare, insieme alle casetta della stiva, sperava di sopravvivere tanto da poter dire che quella scatola funzionava davvero.
Il mare colpiva anche lei, che trovò la forza di attaccarsi allo scoglio più vicino, che raggiunse con non poche difficoltà. Senza fiato rimase sullo scoglio, l’unico punto fermo in quel mare in subbuglio. Con sguardo vitreo fissava la barca che stava cadendo a pezzi.
Chiuse gli occhi, ogni colpo alla barca, era un colpo al suo cuore.
Un’onda più forte delle altre, improvvisa, la staccò dal suo rifugio. Bevve acqua, disperatamente cercò di tornare in superficie, ma un’altra onda la sbatté contro qualcosa di duro. E tutto il mondo perse i suoi colori.


****

Bella si guardò intorno, non riconoscendo il posto. Si era appena svegliata e si era resa conto di essere distesa su di una soffice sabbia bianca. La gola le bruciava, mentre il mare lambiva i suoi piedi coperti dalle scarpette. Alzò la testa, davanti a lei la spiaggia e della fitta vegetazione.
Cercò di alzarsi, il corpo le doleva tutto. Riuscì a mettersi seduta. Di fianco a lei un pezzo della sua barca. Lo sfiorò, e i suoi ultimi ricordi le vennero in mente.
Il viaggio in solitario, la tempesta, lei che cadeva in acqua, poi era stata buttata contro qualcosa, uno scoglio forse, e la vista le si era spenta. L'ultimo ricordo era della barca che veniva sbattuta da una parte all'altra dal vento impetuoso.
Si guardò in giro, il sole ora era accecante, il cielo era limpido, le sembrava quasi impossibile che solo poche... quanto tempo era passato ?
Chissà in quale isola era finita, le conosceva quasi tutte, ma oltre quell'isola non riusciva a vedere niente, fino all’orizzonte.
Con non poca fatica si alzò in piedi, le girava la testa.
La vegetazione era fitta, il sole scompariva dopo pochi metri dalla spiaggia, alla sua destra la vegetazione arrivava quasi fino al mare, rendendo impossibile a Bella, capire quanto quell'isola fosse grande.
Si girò verso il mare, non c'era nessuna barca, nessun ormeggio, ma cosa più importante sul quella poca porzione di isola che era riuscita a vedere, non c'era nessun segno di presenza umana.
Il petto si alzava e abbassava rapidamente, con respiri sempre più brevi, la vista si sdoppiò, mentre la testa le girava sempre di più.
Poi tutto si fece buio.






Salve...
avevo detto che non avrei continuato questa storia, ma non mi sembrava giusto nei confronti di chi la seguiva...
e diciamo che qualcuno non mi parlava più... (contenta ?)
spero che questo capitolo vi sia piaciuto,
e spero anche che quella della cassetta non sia una cavolata, prendetala un po' come licenza poetica ;)
nel prossimo comparirà Edward, ma credo proprio sarà umano, e anche lui pieno di dolore...
spero che continuate a seguire la storia,
mi piacerebbe sapere cosa ne pensate,
un bacio
1918

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

Edward era disteso su di una amaca, con il vento leggero che lo faceva dondolare dolcemente. Il sole era accecante, ma per fortuna oltre a essere sotto un baldacchino di foglie, c’era quella leggere brezza.
Indossava solo un paio di pantaloni corti, l’abbigliamento che usava per andare a pescare.
Quel giorno la pesca era andata bene, era riuscito a prendere 7 pesci, di media grandezza. Di certo sia il pranzo che la cena era assicurati.
Sull’isola ognuno aveva i propri compiti, ma molte volte si scambiavano. Di solito a Edward toccava la pesca, suo fratello Jasper raccoglieva molluschi e gli dava una mano a pescare, Emmett, l’altro fratello, guidava una barca a motore,l’unico mezzo che li collegava alle altre isole, e raccoglieva i cocchi. Il loro padre, Carlisle era un medico, e nell’isola era colui che badava al fuoco generalmente.
Quando avevano lasciato New York, le fidanzate di Emmett e Jasper, Rosalie ed Alice, li avevano seguiti, e con Esme erano le uniche donne di quell’isola.
Edward era andato su quell’isola appena diciottenne, lasciando quella caotica città che l’opprimeva.
La sua famiglia non si era fatta problemi a seguirlo, anzi erano stati tutti contenti, soprattutto Esme. Era stata sollevata del fatto di lasciarsi la pesante aria di New York alle spalle. Quello che era successo aveva scosso tutti, soprattutto le malelingue dei salotti per bene.
Cullato dal vento chiuse gli occhi, lasciando che la leggera brezza gli scompigliasse i ciuffi ribelli. Si passò una mano tra quella massa indistinta, e sbuffò. Sicuramente Esme tra poco l’avrebbe rincorso con un paio di forbici in mano. A quel pensiero una risata leggera gli uscì dalle labbra.
Le loro capanne le avevano costruite in mezzo alla vegetazione, anche se non erano molto lontane dalla riva, dove passavano la maggior parte della giornata.
Ogni coppia aveva la sua capanna, e lui era l’unico a passare la notte da solo, per fortuna che aveva i suoi libri.
Quel giorno era l’unico uomo sull’isola, Carlisle,Emmett e Jasper erano andati verso un’isola più grande, centro del commercio locale. Ormai sia il riso che le scatolette iniziavano a scarseggiare.
Non sarebbero tornati prima di due o tre giorni, tutto dipendeva dal tempo. Quel vento a lui non piaceva affatto.
Dopo dieci anni in quell’isoletta aveva imparato a riconoscere i segnali del tempo.
Si avviò verso il braciere dove Esme stava cucinando il pesce da lui pescato.
“Tesoro, ne hai preso troppo, lo cucino così non va a male”
“Oggi potremmo mangiare solo quello, magari con qualche verdura che ha preso Rose” lanciò uno sguardo alla sua sorella acquisita che cercava di aprire un cocco.
“Dammi, che non c’è papà se ti fai male”
“Tu non ti ricordi più come si fa una fasciatura ?” Alice era appena arrivata, e in mano teneva delle foglie che avevano fatto seccare per fare delle stuoie.
Rose e Alice si misero ad intrecciarle mentre Esme continuava a controllare il cibo.
Esme alzò lo sguardo e si soffermò sui capelli di Edward. “I tuoi capelli sono troppo lunghi, che ne dici se dopo li taglio ?”
“Aspettiamo un po’, tanto non scappo”
“Come vuoi”
Esme tornò a cucinare e Edward disse “Penso che tra poco arriverà un temporale, forse è il caso di sistemare tutto, questo vento non mi piace, e quelli lì in fondo mi sembrano dei nuvoli”
“Hai ragione, lo stavo pensando anche io” constatò Alice
“Adesso mangiamo che ne dite ? Poi sistemiamo tutto nelle capanne. Speriamo che non partano con il brutto tempo” Esme era sempre in pensiero quando partivano, e lo rimaneva fino a quando la chiglia non toccava la sabbia.
Sapeva quante insidie poteva nascondere il mare, lo aveva provato sulla sua pelle.
Avevano finito di pranzare, il fuoco lo avevano portato nella capanna di Esme e Carlisle, quella dove le donne si riunivano quando erano sole. Sulla capanna c’era una piccola terrazza, che coperta con stuoie per riparare il fuoco dalla pioggia, era il posto perfetto.
Più che delle capanne avevano costruito delle palafitte, quasi delle case sugli alberi. Alice adorava chiamarle proprio case sugli alberi. Diceva che quando era piccola le sarebbe sempre piaciuto averne una, ma gli unici alberi dove poteva costruirne una, erano quelli di Central Park che vedeva dalla finestra della sua camera.
Per salire sulle capanne usavano una scaletta. Erano ben attrezzati, tra legno, materassi e cuscini. Esme da buona arredatrice d’interni qual’era nella Grande Mela, aveva deciso di portare un po’ di confort direttamente da New York.
La tecnologia l’avevano lasciati lì, ma erano rare le volte che mancava a qualcuno.
Edward entrò nella sua casa, un po’ distante dalle altre, per mantenere la privacy di ognuno.
Sulle finestre mise delle assi di legno, per evitare che il vento distruggesse la sua camera e lo stesso fece con le altre capanne, anche quella dove quella sera avrebbero dormito tutti.
“Tutto a posto Edward ?”
“Certo, ho sistemato tutto, la legna l’ho messa nella capanna di Alice e Jasper così non si bagna, questa è l’ultima finestra, ma ho pensato di lasciarla aperta così vediamo la situazione”
“ Pensate che durerà molto “
“Alice, tesoro, deve ancora iniziare, magari ci siamo sbagliati, ma è sempre meglio prevenire che curare”
“Questa notte chi bada al fuoco?” Rose passò alle questioni pratiche
“Faccio io, non ti preoccupare”
“Edward, potremmo fare dei turni, non è giusto che ti stanchi solo tu”
“Domani recupero, non ti preoccupare”
“Se ne sei convinto..”
“Certo mamma, non ti preoccupare”
Esme si sedette vicino alla finestra ancora aperta, lo sguardo verso l’alta vegetazione che le impediva di vedere il mare.
Ormai il sole stava tramontando, Edward sentiva sempre di più nell’aria l’odore della tempesta, qualcosa stava cambiando. Non sapeva cosa, e nemmeno se in meglio o in peggio, ma la vita avrebbe avuto un nuovo sapore.
Il pensiero andò ai ragazzi e Carlisle. E se fosse successo qualcosa a loro ? Non avrebbe potuto sopportare di perdere anche loro, probabilmente sarebbero tornati a New York. Era sicuro che nessuno sarebbe sopravvissuto ad una notizia del genere. Lo leggeva in quel momento negli occhi di Esme, che fissavano spenti il lavoro di cucito che stava sistemando.
Scacciò quei pensieri, non sarebbe successo niente, perché doveva essere così pessimista ?
Alice, che guardava fuori dalla finestra disse “Vi ricordate Mary Poppins ?”
Rose le rispose, Esme e Edward si limitarono a guardala curiosi. “Si”
Alice disse solo “Il vento sta cambiando”
Poi si girò verso di loro e sorrise.



Buona sera...
scusate per il ritardo...
è stato, ed è tutt'ora un periodo nero... e in più l'ispirazione non c'era per niente...
questo capitolo non mi piace per niente, spero che a voi faccia meno schifo che a me...
spero di non far passare ancora così tanto tempo per il prossimo capitolo, ma purtroppo non posso promettervi niente...
in tanto vi faccio gli auguri di Buona Pasqua, a voi e famiglia =)
grazie a chi recensisce, a chi a messo tra i preferiti, seguiti e ricordati...
spero non ci siano errori
un bacio
1918

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5

La tempesta tanto temuta era arrivata. Aveva infuriato per gran parte della giornata, e solo la notte si era finalmente calmata.
Edward aveva visto la preoccupazione sui visi delle sue donne anche mentre dormivano. Esme si era svegliata con il mal di testa, lui pensava perché aveva dormito poco. Sapeva che ogni volto che c’era una tempesta le tornavano in mente quell’incidente, a cui era scampata miracolosamente.
Non si era mai perdonata di non esser riuscita a salvare la piccola.
Quando aveva detto che sarebbe venuta anche lei nel mezzo del mare, tutta la famiglia era rimasta sorpresa.
Esme dopo quell’incidente aveva il terrore dell’acqua. Edward aveva otto anni quando era successo, e si ricordava che la madre non aveva fatto avvicinare ne lui ne i suoi fratelli all’acqua, perfino permetteva loro solo di farsi la doccia.
Lui non aveva capito subito perché la sua mamma si comportasse in maniera così stramba dopo quel viaggio, ma ci aveva pensato Emmett, all’epoca sedicenne a spiegarglielo.
Edward era rimasto triste per una settima, gli dispiaceva, come solo un bambino può dispiacersi.
Le ragazze ed Esme stavano sistemando il braciere per portare di nuovo il fuoco sulla spiaggia, ormai era tutto tornato alla normalità.
“Che ne dite se dopo andiamo a cercare qualche frutto ?”
“Certo Alice” nello sguardo di Esme c’era ancora preoccupazione, così Edward le si avvicinò e l’abbracciò.
“Oddio” sussurrò Rose “Ragazzi, venite a vedere”
I tre che erano vicino al braciere andarono verso riva dove Rose stava lavando dei panni.
Nel mare pezzi di legno galleggiavano.
“Non è possibile, non è vero” Edward si girò verso Esme, era convinto che stesse per avere una crisi di panico.
“Non è detto che sia la loro barca” Alice cercava di non piangere, mentre la loro madre si era avviata verso la panchina davanti al braciere.
Nessuno osava dire nulla, il silenzio era rotto solo dalle onde.
Finché un ronzio lontano non interruppe la quiete.
Una barca a motore si dirigeva verso di loro.
La prima cosa che Edward vide furono i lunghi biondi capelli di Jasper. O almeno così credeva, ma poteva benissimo essere qualcos’altro. La barca era troppo distante per poter capire se era solo un miraggio.
La barca si avvicinava sempre più, fino a incagliarsi sulla morbida sabbia del bagnasciuga. Edward, Esme, Alice e Rosalie erano sulla spiaggia immobili.
“Cosa è successo ? Come mai tutta questa legna ? Vi siete dati alla pazza gioia ?” Emmett era sempre il solito. Incurante di Esme in lacrime cercava di fare delle battutine. Quando furono scesi tutti dalla barca ognuno andò ad abbracciare il proprio compagno. Le donne singhiozzavano, e Emmett si prese anche uno scappellotto. Carlisle guardò Edward con sguardo interrogativo. “ Pensavano fossero pezzi della vostra barca” si limitò a dire Edward. Carlisle strinse sua moglie più forte.
****

Seduti intorno al fuoco a mangiare pesce, la paura di poche ore prima era solo un lontano ricordo, anche se Esme continuava a stringere tutti.
“Ma allora quella legna?” Alice continuava ad avere un cipiglio contrariato. Non riusciva a spiegarsi tutta quella legna, lei come nessun altro. “Magari una qualche altra barca si è infranta sugli scogli.” Carlisle e Jasper erano i più razionali.
“Magari c’era qualcuno a bordo” Esme si era già preoccupata, ma lei era fatta così.
“Appena finiamo di mangiare possiamo andare nell’altro capo dell’isola per vedere se si nota qualcuno” Emmett aveva parlato con la bocca piena. Esme lo aveva guardato con uno sguardo assassino “E’ inutile vero che ti dica che non hai cinque anni e che non devi parlare con la bocca piena ?” Emmett le aveva sorriso.
Così avevano deciso di andare dall’altro lato dell’isola, e nel mentre di raccogliere i frutti come avevano deciso quella mattina.
Erano pronti per la loro piccola scampagnata, con loro non avevano portato niente, se non qualche sacca. Nessuno di loro credeva veramente che avrebbero trovato qualcuno.
Vicino a loro un albero pieno di manghi, sopra l’albero Emmett, che li buttava giù, mentre il resto della famiglia li raccoglieva. “Sono stanca morta, andiamo a riposarci sulla spiaggia ? Magari mangiamo anche qualche frutto” Alice era esuberante quanto una bambina di cinque anni. Edward si era sempre chiesto come facesse Jasper a sopportarla ancora dopo tutti quegli anni che stavano insieme.
“In effetti anche io sono stanca” Rose diede man forte alla sua migliore amica, ormai sorella. Si avviarono verso la spiaggia, che si trovava poco più in là della fitta vegetazione.
Il sole acceca Edward per qualche secondo. Ma già lo nota. Un fagotto, un qualcosa sulla spiaggia. Non riesce a capire cos’è, ma un pensiero si affaccia subito sulla sua mente. I pezzi dell’ imbarcazione, gli stessi pezzi che ci sono anche lì. La reazione è immediata. Si mette a correre, ed è seguito dagli altri, che come lui hanno notato quella sagoma sulla sabbia.
La prima cosa che Edward notò fu che era una ragazza. Si inginocchiò vicino a lei e le tolse i lunghi capelli scuri dal viso. Carlisle arrivò mentre lui si era chinato per il GAS, la prima cosa da fare quando si soccorre una persona. Guardo, ascolto, sento. Lento il respiro della giovane ragazza si infrangeva sulla sua guancia, quindi era solo svenuta. Tirò un sospiro di sollievo, mentre Carlisle ascoltava il suo battito. “E’ meglio portarla alle capanne, ma prima di trasportarla vorrei essere sicuro che non abbia qualche frattura” Edward annuì alle parole del padre.
Delicatamente Carlisle tastò la testa della ragazza, in cerca di qualche ematoma. “Penso che abbia sbattuto la testa, ma per il resto non credo abbia niente di rotto. Le costole non sono incrinate. Ragazzi, potete prendere un lenzuolo o qualcosa per trasportarla ?” Emmett e Jasper insieme alle loro fidanzate si misero a correre verso le capanne, mentre Carlisle continuava a controllare minuziosamente il corpo della ragazza.
Lo sguardo di Edward era fermo sul volto della giovane. Era abbronzato, ma non eccessivamente. I cappelli scuri risaltavano sulla sabbia bianca. Secondo Edward aveva un qualcosa di famigliare, ma non sapeva cosa. Forse era solo un’impressione.
Esme si stava avvicinando piano a loro, una mano sulla bocca per trattenere i singhiozzi. Non riusciva a credere a ciò che vedeva. Era Lei sul serio ?
La guardò in viso e le scappò un sussurro “Isabella”…


Salve a tutti...
la storia non vi piace ? se fa così schifo, ditemelo pure, non mi offendo, magari nel tempo libero faccio qualcos'altro, anzichè scrivere...
vorrei dorvi che non sono un medico, quindi non c'è niente di scientifico in ciò che ho scritto, però il GAS esiste sul serio...
spero che questo capitolo vi sia piaciuto
un bacio
1918

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6


Bella sentiva qualcosa di bagnato sulla fronte. Sentiva il corpo intorpidito, e mugolando svogliatamente mosse le gambe. Un leggero fruscio le diede da pensare. Così decise di tastare con le mani la superficie morbida su cui era distesa.
La superficie su cui era distesa era morbida e fresca, sembrava quasi un lenzuolo.
Decise che era il momento di cercare di aprire gli occhi, quel sogno avrebbe dovuto finire. Era sicura di trovarsi ancora sulla sabbia, sola e sperduta nell’oceano.
Con fatica aprì prima un occhio e poi l’altro.
Non vide niente e si spaventò. Era anche cieca oltre che sola. Le lacrime premevano per uscire, ma lei le ricacciò indietro. A cosa sarebbe servito cedere? Si girò su di un fianco. E cadette. Non sapeva da cosa, ma d’un colpo si ritrovo su di una superficie dura. Le lacrime premevano per uscire, le lasciò libere e decise di fare un altro tentativo. Il primo pensiero che fece fu oddio sono morta.
Una luce accecante, bianca, le riempì il campo visivo. Poi delle voci, prima confuse, poi sempre più chiare “Carlisle, si è svegliata!” una voce maschile,
mai sentita prima d’ora.
Due braccia muscolose la riportano sul letto.
Il suo sguardo era fermo sul viso del ragazzo, a cui apparteneva la voce che aveva chiamato un certo Carlisle. Aveva dei capelli ramati, le cui ciocche le accarezzavano il mento. Gli occhi verdi sembravano due fari nel viso abbronzato, illuminato da un leggero strato di barba, ramata anch’essa.
Indossava una leggera maglietta bianca, e le sorrideva. “Come ti senti ?” le chiese mentre l’appoggiava sul letto.
A Bella sembrava di avere le parole bloccate in gola, non usciva un suono.
Ci riprovò e finalmente le uscì un sussurro “Bene, credo” la gola le bruciava da morire, sentiva la testa pesante e le doleva in un punto sotto ai capelli. “Io sono Edward, tu come ti chiami ?” Bella non aveva per niente voglia di parlare, la gola le doleva troppo. “Bella” la sua voce era ancora un sussurro.
“Bene Bella- le aveva sorriso- immagino che la gola ti faccia male, devi aver bevuto molta acqua. Comunque io sono Edward”.
Edward era veramente un bel ragazzo, pensò Bella. Le grosse spalle e l’ampio petto le davano un senso di protezione. Voleva essere abbracciata da lui.
Quel pensiero la turbò; non aveva mai avvertito la necessità del calore umano, poi naufragava su di un’isola che pensava deserta, dove uno sconosciuto la portava nella sua capanna,e non vedeva l’ora di essere tra le sue braccia solo perché aveva un bel viso ?
Che fine aveva fatto l’imperturbabile Bella?
Decise di smettere di fissare Edward, e spostò il suo sguardo verso un punto qualsiasi della capanna, fino a che sulla porta comparve un uomo biondo.
“Ciao, io sono Carlisle, come ti senti ?” le sorrideva amichevolmente, come se la conoscesse già. “Mi gira la testa” Bella aveva optato per la verità, quei volti così amichevoli la confortavano, come una nave che ritorna nel porto dopo una terribile tempesta.
“È normale - l’uomo le sorrise- hai dormito per molto tempo, vuoi alzarti ? Gli altri sono impazienti di conoscerti” Bella annuì anche se era un po’ confusa. Gli altri ? Edward le si avvicinò e le diede una mano ad alzarti “Come ti senti ora?” le guance della ragazza si imporporarono, non era abituata a quelle carinerie.
“Bene grazie” non lo guardò negli occhi.
Bella notò che la voce andava sempre meglio, era quasi tornata normale. “Quanto ho dormito?” una delle tante domande che avrebbe voluto porgli in quel momento.
“Da quando noi ti abbiamo trovato sono passati due giorni, penso che fossi sulla spiaggia o dalla mattina o dalla notte prima. Comunque ti abbiamo visto nel pomeriggio dopo la tempesta.”
Lentamente si diressero verso la porta della capanna, Edward che la sosteneva con un braccio intorno alla sua vita.
Le guancie di Bella continuarono ad essere rosse. Carlisle li precedeva solo di pochi metri, e diede una mano ad Edward a farle fare i gradini.
“Oh, non hai un paio di scarpe.”
Bella quasi non se n’era accorta, il vestiario era il suo ultimo pensiero, e poi era abituata a non indossare scarpe. “Non imp-” Edward l’aveva presa in braccio, e aveva iniziato a camminare verso dove probabilmente erano gli altri.
Il pensiero de ‘gli altri’ le riportò alla mente un’altra domanda. “Ehm.. Chi sono gli altri?” non sapeva dove guardare.
L’ondeggiare di Edward, dovuto alla camminata, la faceva sbattere contro il suo petto, facendole avvertire tutti i suoi muscoli, per fortuna ben coperti dalla maglietta. “Gli altri sono mia mamma Esme, i miei fratelli Jasper e Emmett, le loro fidanzate, praticamente sorelle mie, Alice e Rosalie. Carlisle è mio padre” il fiato di Edward si infrangeva sulla sua guancia, rendendola sempre più rossa.
“Non ti peso?” non sapeva cosa dire, e quella era la prima cosa che le era passata per la mente, anche se non era la domanda migliore.
Aveva paura che nel silenzio lui avrebbe sentito il battito del suo cuore, che in quel momento batteva all’impazzata.
“Sei leggerissima, piuttosto hai mai mangiato?” Bella sentì dal tono di voce usato da Edward che il ragazzo stava sorridendo. Si girò verso di lui con il viso. Erano così vicini, le braccia della ragazza a circondargli il collo. Gli sorrise e poi tornò a guardare verso il sentiero, il viso in fiamme.
Il debole sole del tramonto riusciva a filtrare sempre di più sotto le spesse chiome, illuminando di rosso i contorni della vegetazione sopra di loro, il rumore del mare era sempre più vicino.
“Come ti senti? In questi due giorni hai avuto la febbre piuttosto alta” perché si preoccupava così tanto per lei? In fin dei conti era una sconosciuta.
“Bene, potrei anche camminare da sola. Credo” non era sicura di riuscire a tenersi in piedi. Edward rise. Il suono della suona risata le penetrò fin nello stomaco, scuotendola tutta.
“Dimenticavo, questo è tuo” le disse mentre mancavano pochi metri alla spiaggia e quando la sua risata si era smorzata. Caricando il peso di Bella solo su di un braccio, frugò nella tasca alla ricerca di qualcosa.
Bella era confusa, cosa mai poteva avere di suo?
Il ragazzo tirò fuori dalla tasca un qualcosa, racchiuso completamente nella sua mano. Portò la mano davanti al viso di Bella e l’aprì.
Quando vide cosa la mano conteneva, Bella si tastò il collo, chiedendosi come aveva fatto a non sentire che niente premeva sul suo petto.
Il suo medaglione e la chiave della cassetta erano nella mano di Edward.
Sentì le lacrime premere per uscire, e si affrettò a prendere quell’oggetto per aprirlo.
Ad Edward sembrava quasi di partecipare ad un momento privato, voleva distogliere lo sguardo, ma non poteva, o meglio non ci riusciva.
Una volta che Bella ebbe aperto il medaglione se lo strinse al petto, un groppo in gola che non le permetteva di parlare, gli occhi lucidi.
Sussurrò solo “Grazie” rivolto ai suoi genitori che le aveva permesso di arrivare sana e salva su quella isola, ma anche a Edward e alla sua famiglia, che in quel momento si occupavano di lei.
Arrivarono sulla spiaggia, e Bella notò come fosse ben organizzata, c’era una zona per il fuoco e per mangiare, una per riposarsi vicino al mare ma comunque all’ombra e una specie di credenza all‘ombra, dove forse conservavano il cibo e gli utensili.
Vide una ragazza bionda e una mora in acqua, vicino a due ragazzi, mentre Carlisle era vicino ad una donna con dei delicati capelli color caramello acconciati in una coda.
Bella pensò che probabilmente era Esme, e quelli in acqua Alice, Rosalie, Emmett e Jasper.
“ Ora puoi mettermi giù, grazie” le guance erano ancora rosse, il medaglione era al suo posto sul suo petto.
Edward fece come la ragazza gli aveva chiesto, appoggiandola sulla soffice sabbia bianca.
Esme si girò verso di loro, mentre Carlisle chiamò i ragazzi che erano in acqua.
Un tornado bagnato si gettò su Bella.
“Ciao, finalmente ti sei svegliata, io sono Alice” Alice aveva corti capelli neri, un viso e un corpo da folletto.
L’altra ragazza, Rosalie, era più pacata, oltre che di una bellezza statuaria. Aveva lunghi capelli dorati che alla luce del sole brillavano ancora di più. La salutò con un cenno della mano e un sorriso caloroso “Io sono Rose, scusala, è un po’ iperattiva” Bella sorrise un po’ impacciata.
Un enorme ragazzo moro le si avvicinò stringendo le braccia intorno alla vita di Rose “Io sono Emmett, fratello di quella mozzarella” indicò Edward con un cenno del mento. Come prima impressione Emmett le piaceva, le sembrava molto simpatico.
Un ragazzo biondo si avvicinò al gruppo, sicuramente era Jasper, il ragazzo di Alice. “Io sono Jasper, piacere di conoscerti” Alice si avventò su di lui abbracciandolo al collo.
Rose non scherzava quando diceva che quella ragazza era iperattiva.
La donna si avvicinò al gruppo, insieme a Carlisle, che una volta fermati le mise una mano sulla spalla. Esme sorrise calorosamente. “Ciao, io sono Esme,la madre di questi scalmanati”.
Bella sorrise guardandoli tutti, “Io sono Isabella, ma preferisco Bella” le sembrò quasi che Emmett sussurrasse un ‘lo sappiamo’, ma non ne ebbe modo di verificare perché Esme parlò subito. “Bene Bella, cosa ne diresti di mangiare ? Immagino tu abbia fame”. Solo in quel momento Bella si rese conto della fame che aveva. Si limitò ad annuire alla donna.
Da quel lato dell’isola si vedevano altre isolette più piccole, poco distanti. I momenti durante la tempestale ritornarono in mente, ma fu riportata al presente quasi subito da Esme. “Ti va bene del pesce? O preferisce della frutta?”.
Lo stomaco brontolava, ma non voleva essere invadente, quel pesce lo avevano pescato solo per loro e l’ultima cosa che voleva era togliere del cibo a qualcuno,anche se aveva un aspetto appetitoso come quello.
“Un po’ di frutta andrà bene” disse alla donna che rovistava tra le pentole sul fuoco. Le porse delle banana caramellate che Bella fu felice di mangiare, erano così dolci!
Edward si sedette di fianco a lei, gli rubò un pezzettino di banana dal suo piatto, e poi le sorrise, rispondendo alla sua occhiata perplessa “Preso dal piatto degli altri è sempre più buono” disse con una alzata di spalle. Bella ridacchiò.
Carlisle era seduto davanti a loro, Esme vicino al marito. Bella notò che la donna non staccava gli occhi di dosso a lei e a Edward, e che aveva un sorriso estatico.
Anche gli altri ragazzi si sedettero vicino a loro. Bella si sentiva così stanca, nonostante avesse passato molto tempo a dormire, aveva ancora sonno. Il fuoco scoppiettava, riscaldando il viso di Bella e ammagliandola.
Quasi senza rendersene conto si appoggiò alla spalla di Edward, e Morfeo la rapì.








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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7


Edward la guardava dormire. Sembrava così piccola e indifesa su quell’amaca. Gi faceva venire voglia di stringerla tra le braccia e confortarla. Proteggerla dal mondo che sapeva essere così cattivo.
E lui lo sapeva bene.
Con lui in molti erano stati cattivi, ma non aveva smesso di sperare. Ed era arrivata Bella.
Sembrava un regalo dal cielo, nonostante non la conoscesse che da poche ore, era sicuro che sarebbe diventata importante per lui. In un modo o nell’altro.
Lei sarebbe stata i suoi giorni di sole in mezzo alla tempesta che era la sua vita.
Forse ora sarebbe riuscito ad evitare il fulmine, anche quando splende il sole. [*]
“Edward” si girò verso Esme. “Credo dovremmo chiederle il più presto possibile, se è lei. Non vorrei che succedesse qualcosa, non sono tranquilla.”
“Certo, mamma.” Edward guardava Esme negli occhi, nonostante la tentazione più grande fosse incatenare gli occhi al viso di Isabella.
Voleva capire perché la donna non dicesse niente sul fatto che sapeva il nome di Bella.
Esme non voleva dire a nessuno quello che aveva supposto. Potevano anche essere solo delle coincidenze, quante persone al mondo potevano chiamarsi Isabella ed essere identiche alla sua Isabella? Poche, certo.
La verità era che Esme era stufa di farsi false speranze. Quanti anni erano che cercava quella bambina, ormai giovane donna?
Sospirando si girò, consapevole di fuggire allo sguardo curioso del figlio.
Non poteva dire niente a nessuno, non poteva darsi altre false speranze.
Edward fissò per alcuni istanti Esme che si allontanava, poi finalmente si poté girare per guardare come stava Bella.
Era preoccupato, era normale che dormisse così tanto e profondamente? Forse era il caso di chiamare Carlisle. Poi Bella si mosse mugolando.
Gli ricordò una gattina in cerca di coccole, e gli occhietti che aveva appena aperto erano cerchiati dal sonno e dolci.
Le sorrise, quello sguardo smarrito era troppo dolce. Gli faceva venir voglia di darle lui una protezione.
Si riscosse dai suoi pensieri quando la ragazza gli parlò. ''Che ore sono?'' chiese Bella passandosi una mano sul viso e nascondendo uno sbadiglio. Si era resa conto di come il sole fosse alto nel cielo, quindi doveva aver riposato tutta la notte.
''Immagino siano le nove'' gli rispose Edward intenerito da lei.
Edward aveva passato la notte disteso su di un asciugamano messo vicino all'amaca. Aveva dormito relativamente poco per i suoi standard, ma voleva essere sveglio se le serviva qualcosa. Era consapevole di avere il sonno parecchio pesante.
''Dovrei smettere di dormire così tanto, non l'ho mai fatto in vita mia, non dovrei iniziare ora''.
Edward sorrise. “È meglio che tu dorma, se devi recuperare.” Si passò una mano tra i capelli grattandosi la nuca, si sentiva così impacciato.
Solo pochi minuti prima, mentre lei dormiva ignara di tutto lui stava facendo pensieri smielati su di loro. Come se esistesse un loro.
Esisteva solo una Bella e in un altro mondo un Edward. Questa era la verità.
Si girò verso la ragazza, anche se non aveva il coraggio di guardarla negli occhi. Che fine aveva fatto l’Edward Cullen che diffidava delle donne?
Doveva allontanarsi da Isabella, era solo una complicazione. Una dolce complicazione. Scuotendo la testa si alzò, prese l’asciugamano e lo mise sul filo dell’amaca ad asciugare dall’umidità della notte.
Non guardò Bella, aveva paura delle reazioni che gli scatenava. “Io vado a pesca altrimenti oggi non si mangia.”
Si diresse verso la cassa dove erano stivati vari oggetti, tra cui la lenza e l’amo. Li tirò fuori e si mise a srotolare la matassa di filo di nylon, prima di entrare in acqua voleva controllare che non ci fossero nodi o parti malmesse.
“Ti serve una mano?” Bella era dietro di lui, minacciosamente e pericolosamente vicina a lui. “No” borbottò, poi si disse di non essere maleducato “Ma grazie comunque per l’interessamento.
Si diresse verso un tronco portato dal mare, spiaggiato all’ombra di alcuni alberi. Bella adorava il colore degli alberi che navigavano nel mare, quello secondo lei era il bianco più perfetto al mondo. Le piaceva immaginare la storia di quella pianta, il suo viaggio fino a lei.
Si sedette anche lei vicino a Edward. “Sai, adoro questi tronchi, mi piace immaginare la loro storia, il loro lungo viaggio attraverso le tempeste. Ma sai qual è la cosa principale per cui mi piacciono ?” Le piaceva parlare con Edward, lui sapeva ascoltare.
Anche se in quel momento le sembrava un po’ distante, per quello gli aveva posto una domanda, non voleva dargli fastidio.
In quelle poche ore in cui era stata con lui lo aveva sentito come un fratello maggiore, era stato lui ha trovarla, lui aveva vegliato sul suo sonno.
“Cosa?” Edward si odiò in quel momento. Non era abbastanza forte da resistere a lei, certa una parte di lui, purtroppo molto grande, che smaniava di sapere tutto su di lei. E quella parte veniva a galla troppo spesso.
“Il fatto che sono loro a trovarci. Sembrano quasi mandati per noi, come se qualcuno sapesse che noi siamo lì o che passeremmo di lì. Mi fanno sentire importante.”
Edward desistette nel suo tentativo di non guardarla. S’immerse nei suoi occhi e le parole uscirono senza che potesse fermarle.
“Tu sei importante.”
Isabella arrossì. Non spesso qualcuno le diceva così. Le guance diventarono incandescenti e dalle labbra uscirono parole sconnesse finché non prese un respiro profondo, e si girò a guardarlo negli occhi.
“Tu… Tu davvero credi che io sia speciale?” non riuscì a guardarlo negli occhi, si fermò al mento.
Edward appoggiò sul tronco vicino a sé l’occorrente per la pesca, mandando al diavolo i suoi propositi per gli antistanti cinque minuti. La prese tra le sue braccia, stringendola forte al suo corpo, i capelli scuri che premevano sul suo viso, mentre il respiro di Edward li gonfiava uno a uno.
Bella sentiva il respiro fresco del ragazzo sulla nuca. Anche il sussurrò lo avvertì, sussurro che fece partire una miriade di piccoli brividi dal collo della ragazza. “Certo che lo penso.”

****

Bella ora era seduta sul bagnasciuga, sembrava che a nessuno servisse una mano. I piedi di Bella era dolcemente bagnati dall’acqua, mentre il suo sguardo era catalizzato da Edward.
Dopo il momento pieno d’imbarazzo da parte di Bella, il ragazzo si era staccato freddo, si era alzato e con poche parole l’aveva informata che andava a pesca. Bella aveva sussurrato un ok e quando il ragazzo era arrivato distante dalla riva lei si era alzata per chiedere a Esme se le serviva una mano.
La donna le aveva sorriso dicendole di no, che poteva pure riposarsi ed era ritornata al suo lavoro di rammendo.
Le disse anche che Carlisle, Emmett e Jasper erano intenti a fare alcuni lavori di manutenzione alle casette, mentre Rose e Alice stavano raccogliendo frutti.
Bella volle sapere dove, ma Esme le disse semplicemente che doveva stare al riposo, meglio se all’ombra.
Si sedette davanti alla donna per alcuni minuti, ma poi le prudettero le mani a non far niente. Si sentiva addosso lo sguardo della donna, e oltre alla temperatura calda sentiva anche le guance andare a fuoco.
Si alzò decisa a fare una nuotata.
Non voleva invadere troppo lo spazio di Edward.
Guardò la sua figura un’ultima volta, poi gli diede le spalle ed entrò in acqua dalla parte opposta dov’era lui. Avrebbe raggiunto quella piccola isoletta vicino, un po’ di moto non le avrebbe fatto male, al contrario di ciò che dicevano gli altri.
Entrò nell’acqua, e sorrise.
Adorava nuotare, anche se la barca rimaneva comunque al primo posto nel suo cuore. La barca univa il vento e l’acqua.
Quando da bambina si sedeva in spiaggia poco prima dell’arrivo della pioggia, le piaceva pensare che l’acqua e il vento fossero i suoi genitori.
Trattenette il respiro e s’immerse.
Era fantastica la sensazione dell’acqua calma.
Quella nuotata era la riappacificazione tra lei e la sua parte naturale, perché il vento e l’acqua facevano parte di lei. Erano lei.
Arrivare sull’altra isola non fu difficile, non c’erano correnti particolarmente forti, né troppo gelide. In piedi con le mani sui fianchi e un po’ di fiatone guardò la vegetazione sull’isola. E un sorriso nacque sulle sue labbra.
S’inoltrò nella vegetazione, magari avrebbe trovato qualcosa da poter riportare all’accampamento, avrebbe potuto ringraziarli così, rendendosi utile.
S’inoltrò nell’isola, che molto probabilmente non aveva notato durante la tempesta, era ricca di frutti. Ora si trovava dall’altro lato dell’isola e mangiava un mango.
Uno scintillio attirò il suo sguardo.
In mezzo ai bassi scogli qualcosa brillava nascosto e incastrato. Bella si alzò incuriosita.
Arrivata con il mare alle ginocchia non credette ai suoi occhi.


****

“Dov’è Bella?” chiese Edward a Esme, mettendo i pesci pescati dentro una pentola all’ombra.
“L’ultima volta l’ho vista seduta sotto quell’albero, poi sono andata a vedere se andava tutto bene dai ragazzi.”
Emmett,Carlisle e Jasper arrivarono in quel momento con Alice e Rose. “Ora non c’è più” il tono di Edward era un po’ accusatorio, se ne rese conto anche lui, ma ormai la frase l’aveva detta.
“Ehi che succede?” Alice diede ad Esme alcuni platani.
“Non troviamo più Bella” Disse Edward.
“Calmati Edward, Bella era seduta là e ora non c’è, può essere dappertutto, magari ha fatto un giro per l’isola. Mentre io cucino, voi potete andarla a cercare, così quando arrivate è pronto. Non ti preoccupare” Esme gli sorrise dolcemente accarezzandogli una guancia.
“Che ne dite di dividerci? L’isola non è così enorme” Carlisle prese in mano la situazione. “Io e Rose” disse Emmett.
“Io e Jasper” urlò Alice.
Edward scosse la testa, non sarebbe mai cambiata,per quanto la situazione fosse seria.
“Quindi io e Edward” Carlisle sorrise. Mentre Edward sospirò piano, senza farsi sentire. Sicuramente lo avrebbe interrogato sul suo attaccamento.
Ma come poteva spiegare a qualcun altro qualcosa che nemmeno lui capiva?
Una volta decise le direzioni da prendere, fissarono come punto di ritorno lì da Esme.
Edward si guardò ansioso intorno. Bella non poteva essere così distante, si disse. Prima avrebbero trovato Bella, prima l’interrogatorio sarebbe finito.





Salve...
sinceramente faccio sempre più fatica a scrivere i capitoli di questa storia, e mi dispiace, perchè ci tenevo molto..
vorrei capire però, la storia non vi piace ? è banale? scrivo così schifosamente da smettere? accetto anche critiche, le capisco di più del silenzio assoluto..
al prossimo capitolo forse..

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