Beneath our Skin

di GoldenRose
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Scorpius ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Prologo - Scorpius ***


Beneath our Skin


Prologo - Scorpius
Cadeva una pioggia leggera. La avvertiva contro il volto, fredda, a contrasto con il calore della sua pelle; gli inzuppava gli abiti, che gli si appiccicarono. Scorpius si strinse nel mantello, portandosi le mani nelle tasche, al caldo. Sebbene fosse quasi estate, per un bizzarro mistero della natura la temperatura delle sue mani si manteneva bassa per tutta la durata dell'anno. Proseguì lentamente alla volta del castello, sebbene non fosse nelle sue intenzioni entrarvi. Era sempre stato affascinato dalla pioggia; in verità, non credeva che purificasse, o che lavasse via le colpe degli uomini. No, era sicuro che fossero tutte sciocchezze, un tentativo di cercare significati nascosti - e più profondi di quelli che vi fossero davvero - in tutto. A Scorpius piaceva la pioggia perché, se rimani all'aperto quando piove, senti. Ad Hogwarts, quando pioveva, tutti correvano frettolosamente verso il castello, coprendosi il capo con le borse o i libri che avevano a portata di mano, pronti a riscardarsi davanti al fuoco delle loro Sale Comuni. Scorpius, invece, preferiva sempre rimanere fuori. C'era silenzio, nel parco; non quel tipo di silenzio opprimente, che a modo suo è rumoroso - era un altro silenzio, uno che quasi che dava pace, e che si mescolava al rumore della pioggia che cadeva, o delle fronde degli alberi scosse dal vento. E allora, Scorpius semplicemente sentiva. Quelle situazioni gli consentivano di pensare in tranquillità, senza essere disturbato dai suoi compagni di Casa, e, soprattutto, dalle chiacchiere di suo cugino Trystane Zabini, che avvertiva il bisogno di aprire bocca almeno ogni minuto e mezzo. Scorpius amava la pioggia.
Si rintanò nel vano del grosso portone del castello, poggiandosi con la schiena contro uno dei muri spessi, e, in silenzio, continuò ad osservare la pioggia cadere, il profumo di erba bagnata che gli entrava nelle narici. Chiuse gli occhi, abbandonando il capo all'indietro, stancamente. Talvolta era certo di sentire, sul suo braccio destro, il peso di un marchio che non aveva; eppure, per molti, era come se ci fosse comunque. Scorpius, solitamente, preferiva non pensarci, preferiva ignorare e andare avanti per la sua strada. Ma la sua mente, in un modo o nell'altro, tornava spesso e volentieri a soffermarsi sulle questioni che più lo tormentavano. Non seppe mai, esattamente, per quanto tempo rimase con gli occhi chiusi. Ma, appena avvertì un rumore di passi, seppur lieve, li riaprì in fretta, lungi da lui farsi trovare debole, inerme, con le difese abbassate. Notò una figura attraversare il parco, per poi raggiungere Scorpius lì, al riparo.
Era Lily Luna Potter, e aveva pianto. I capelli rossi, che le ricadevano lungo la schiena, erano bagnati e appiccicati al viso, così come i vestiti erano aderiti al suo corpo minuto. Scorpius aveva notato gli occhi rossi, ma non era stato quello ad impressionarlo. Tutti piangono. Perfino lui, certe volte, quando riusciva a lasciarsi andare, quando riusciva a concederselo. Allora piangeva, silenziosamente e dove nessuno poteva vederlo, e quando ritornava in mezzo alla gente nulla sembrava essere successo. No, Scorpius non era rimasto impresso dagli occhi rossi, ma dal modo in cui Lily non tentava di nasconderli. Sul suo viso pallido e minuto non v'era traccia di alcuna vergogna per quello che aveva fatto; eppure, sapeva benissimo che Scorpius avrebbe notato i segni del suo recente pianto, come sapeva che presto si sarebbero trovati faccia a faccia, dato che lo stava addirittura raggiungendo; e nonostante tutto, camminava a testa alta, con un portamento fiero dettato dall'orgoglio. Quando fu anche lei al riparo, si appoggiò con la schiena al muro di fronte, salutandolo con un cenno del capo e nessun sorriso.
Lily era una Serpeverde, e sebbene fossero nella stessa casa, i loro discorsi si erano sempre limitati a dei formali 'buongiorno' o 'buonanotte', già sufficientemente sorpendenti di loro, dal momento che le loro famiglie erano sempre state considerate rivali e agli antipodi. Scorpius aveva pochi - ma ben impressi nella sua mente - ricordi di lei. Mentre la osservava, ferma di fronte a lui e sottile come un giunco, notò che i suoi occhi azzurro chiaro scrutavano senza sosta il parco che li circondava, quasi volessero sondarne ogni cenimentro, e suoi denti bianchi mordicchiavano il labbro inferiore in modo tormentato. Sembrava nervosa, tesa; Scorpius era curioso di sapere perché avesse pianto, ma soffocò in fretta tale curiosità e rimase in silenzio. Il suo sguardo cadde sull'orlo del mantello di lei, e sulle sue scarpe, entrambi infangati, il tessuto del primo lacerato in più punti. Senza ombra di dubbio era stata nella Foresta Proibita, poiché era impossibile conciarsi a quel modo semplicemente camminando per il parco di Hogwarts; ma perché vi era andata? Per farci cosa? Uno dei tanti quesiti che si stava ponendo Scorpius, e destinati probabilmente a rimanere senza alcuna risposta. Distolse lo sguardo, il viso una maschera d'indifferenza, e prese a fissare il Lago Nero. Le sue acque, di solito tranquille, erano bersagliate dalle gocce di pioggia, che ne infrangevano la superficie, usualmente piatta e liscia, come piccoli proiettili, e...
Scorpius, perdendo il filo dei suoi pensieri, quasi non fece più caso a quello che i suoi occhi vedevano. Erano ricordi, ciò su cui si stava concentrando. Scorpius ricordava lo smistamento di Lily Luna Potter; o meglio, da quando il Cappello Parlante l'aveva spedita a Serpeverde in poi, perché, prima di allora, l'aveva notata solo di sfuggita, e per pochi secondi, sul treno che li avrebbe portati al castello. Un'altra Potter, aveva sbuffato, fra sè e sè. Speriamo somigli a suo fratello Albus, e non a James. Credo che non riuscirei ad affrontare un altro Potter ogni giorno per i corridoi. E poi, semplicemente, non le aveva dedicato più alcuna attenzione. Ma quando il lacero, consunto e ormai da pensione Cappello Parlante aveva urlato "SERPEVERDE!" appena la sua tesa aveva sfiorato i rossi capelli di Lily, il chiacchiericcio di Trystane si ridusse ad un semplice, fastidioso ronzio mentre osservava la sua nuova compagnia di casa. Lily era scesa dallo sgabello, l'espressione solenne, seria, mentre nessuno in sala applaudiva, nessuno osava fiatare. Tutti osservavano James Potter, come avrebbe reagito, che cosa avrebbe detto. Chiunque, ad Hogwarts, era a conoscenza dell'aperto disprezzo che James nutriva per i Serpeverde; ma, ora che la sua adorata sorellina era diventata una di loro, come si sarebbe comportato? Scorpius aveva ghignato, soddisfatto come non mai, gettando occhiate divertite al tavolo di Grifondoro, dove James si era alzato in piedi, e, pallido, aveva urlato "Ci deve essere un errore!". Suo fratello Albus, invece, si era portato una mano alla fronte, imbarazzato dalla reazione del fratello, con l'espressione di chi non desidera altro che essere inghiottito dal pavimento. Trystane fu il primo a fare il primo passo, mettendosi ad applaudire in onore della nuova recluta dei Serpeverde, e seguirono il suo esempio ben pochi altri suoi compagni di casa; quando Lily si sedette al loro tavolo, lontana da tutti e senza degnare di un'occhiata i propri fratelli, in molti l'avevano scrutata; chi con sincera curiosità, chi con palese avversione. Scorpius, dopo aver battuto le mani assieme al cugino, sì unì alla prima categoria. La stava guardando, nel tentativo di riuscire a decifrare la sua espressione, e così capire cosa provasse nell'essere smistata in una casa così poco apprezzata dai più. Nonostante l'aria fiera e dura che aveva ostentato prima, camminando verso il tavolo di Serpeverde, ora la maschera di Lily sembrava essere scivolata via per lasciar posto ad un'espressione di quello che sembrava essere timore. Si tormentava il labbro inferiore con i denti, torcendosi le mani pallide in grembo; ogni tanto, lanciava occhiate ai suoi compagni di casa, o ai ragazzini che si sedevano uno dopo l'altro sullo sgabello, forse sperando in qualche altro nuovo Serpeverde, come lei, ma che comunque non arrivò. Alla fine della cena, però, sembrò già più tranquilla, più a suo agio, e osò alzare lo sguardo dal proprio piatto per darsi un'occhiata in giro. I suoi occhi incrociarono quelli di Scorpius; parve riconoscerlo, forse per averlo visto sul treno, o alla stazione, o forse solo per sentito parlare. Inarcò un sopracciglio, come per chiedergli, temerariamente: "Che cosa vuoi?". Lui aveva sorriso e fatto spallucce. "Niente." E allora lei distolse lo sguardo. Quando si alzarono, grattando le panche sul pavimento di pietra, Lily fece per seguire gli altri Serpeverde, che si stavano avviando nei sotterranei, ma suo fratello James la placcò. "Tu vieni con me!" aveva esclamato con decisione, prendendola per un polso. "Andremo dalla McGrannitt e chiariremo questa situazione! Non preoccuparti, Lils, sono certo che ci sia stato un errore; dubito che tu possa essere stata davvero smistata in quella casa di schifosi..." Lily si divincolò con tutte le sue forze, mossa da un improvvisa e gelida furia. "Lasciami. Andare.", aveva sibilato, mentre il fratello la guardava, scioccato, facendo un paio di passi indietro, come se non riuscisse a credere a quello che stava succedendo. Nel frattempo, avevano bloccato il flusso degli studenti che si dirigevano nei loro dormitori, fermi com'erano nella Sala d'Ingresso; tutti li guardavano, sussurravano, perfino ridevano. Albus Potter si fece largo fra la folla, allentandosi il cravattino di Corvonero, quasi come se tutta quella situazione lo stesse soffocando. "Piantala, James.", aveva borbottato nervosamente, il viso corrucciato, lanciandosi occhiate attorno, molto più consapevole dei suoi fratelli degli sguardi che avevano puntati addosso. "Non mi sembra il caso di parlarne qui in mezzo.", aggiunse, rivolto a James, posandogli una mano sul braccio, come se sarebbe servito a calmarlo. Lily lo guardò, grata del suo sostegno, ma lo contraddisse. "No. Non mi sembra il caso di parlarne più e basta." Le sue labbra tremavano, e, in quel momento, dimostrava tutti i suoi undici anni, la rabbia di poco prima che si tramutava in dolore. "Mi dispiace, Jamie.", aveva mormorato, abbassando lo sguardo, e nessuno sarebbe riuscito a negare che le dispiaceva davvero. "Ma non sono chi tu hai sempre voluto che io sia..."
E poi, di Lily, Scorpius ricordava ben poco. Mattine in cui si erano intravisti a colazione, pomeriggi in cui l'aveva notata in riva al lago, sola, a leggere vecchi libri, oppure sere davanti al fuoco in sala comune, occhiate che si erano lanciati nei corridoi, stralci di conversazioni udite per caso sul treno, parole in francese che sua cugina Dominique le insegnava e Scorpius l'aveva sorpresa a ripetere a bassa voce; probabilmente, parole che componevano una poesia. E finiva lì. Ma ora ce l'aveva davanti, quattro anni dopo, e nulla sembrava essere cambiato in lei, eccetto il fatto che, chiaramente, era cresciuta. Ma il vizio di mordicchiarsi il labbro inferiore, quando pensierosa o indecisa o triste, Scorpius aveva notato subito che ce l'aveva ancora. Certo, sapeva qualcosa d'altro su di lei, come probabilmente anche lei possedeva delle informazioni su di lui, ma erano più che altro chiacchiere che gli aveva rifilato Trystane, con l'aria da "so-i-pettegolezzi-di-tutta-Hogwarts-ti-va-di-sentirne-qualcuno" che sfoderava spesso, o piccoli particolari che era riuscito a notare lui stesso. Lily non aveva molti amici, nè sembrava esserne alla disperata ricerca. Metà Hogwarts continuava a dubitare che possedesse davvero le qualità di una Serpeverde, e, tutt'ora, nella sua stessa casa non era ancora del tutto ben vista. "Ciao, Potter" le dicevano davanti, "Ciao, intrusa", era il saluto che le riservavano alle spalle. Parlava spesso con Hugo Weasley e Dominique Weasley, entrambi suoi cugini, o i gemelli Scamander. Si distraeva spesso, durante le lezioni, o così si mormorava, immersa in sogni ad occhi aperti o intenta a scribacchiare sulla sua pergamena tutto tranne il contenuto della lezione. Leggeva molto e lasciava fiori a seccare nei libri. Questo, Scorpius lo sapeva perché una volta, in biblioteca, le erano scivolati dei libri dalle braccia e lui, da poco lontano dove si trovava, l'aveva raggiunta per aiutarla, richiudendoli e ordinandoli nuovamente in una pila. "Grazie", era stato il mormorio di lei, un grazie pronunciato rigidamente, freddamente, quasi temesse che lui l'avrebbe insultata, sbeffeggiata; il suo tono di voce tendeva alla difensiva. Scorpius non aveva replicato e, voltandole le spalle, era tornato al suo tavolo, vicino alla finestra, dove Trystane sogghignava da dietro la sua copia della Gazzetta del Profeta. Una sventola all'orecchio di Scorpius, però, gli cancellò in fretta il sorrisetto dalla faccia. "Ehi!", aveva esclamato, offeso, gli occhi scuri che lanciavano lampi, mentre Scorpius gettava un'occhiata alle proprie spalle. Lily era già andata via.
«La osservi spesso, la pioggia?» Fu proprio lei ad interrompere il loro silenzio, ponendogli una domanda con quella che sembrava genuina curiosità. Loro due non si erano mai parlati così apertamente; non ne avevano mai avuto l'occasione, o forse non erano stati abbastanza bravi a cercarne e trovarne una. Ad ogni modo, Scorpius puntò lo sguardò sul viso sottile di Lily, che lo osservava a sua volta, paziente ed in attesa di una risposta.
«Sì. Lo faccio spesso, in verità. Ogni volta che piove. Mi fa sentire bene.», disse, sincero, stringendosi nelle spalle. Tornò ad osservare il Lago Nero, trovando quella situazione strana, inusuale, nello stesso modo in cui si trovano irreali quelle dei sogni. Non se lo sarebbe mai aspettato, di intavolare finalmente una conversazione con Lily Potter. Avrebbe voluto chiederle come si sentiva, lei, a portare un cognome così importante, così famoso, ad essere sempre paragonata ai suoi parenti, a dover sempre superare le aspettative di tutti. La stessa cosa, in fondo, succedeva anche a lui, con l'unica differenza che la sua, di famiglia, veniva sempre ricordata per meriti opposti. Ed eccolo, di nuovo, il peso di un Marchio Nero che non aveva mai avuto. In molti, spesso, continuavano a guardarlo storto nei corridoi, quasi aspettandosi che tirasse fuori la bacchetta e lanciasse Avada Kedavra a tutti i presenti. Scorpius ci aveva semplicemente fatto l'abitudine, e, in loro compagnia, si comportava con algida indifferenza, come se le loro parole non lo ferissero, come se i loro sguardi, accusatori, ostili, non gli bucassero comunque la pelle. Scorpius non piangeva per se stesso. Scorpius piangeva per la sua famiglia. Piangeva per suo padre. Tutte cose che non aveva mai detto a nessuno, che durante il giorno erano soffocate e di notte erano loro a soffocare lui. Sospirò, mentre Lily annuiva, senza più guardarlo, sovrappensiero.
«Fa sentire bene anche me.»
«Ma io non ti ho mai vista, qui.», ribatté Scorpius, sentendosi subito dopo molto stupido. Si morse la lingua, desiderando di aver detto qualcosa di più brillante.
«Hai ragione; non mi hai mai vista qui perché, in effetti, non ci vengo. Quando piove, faccio in modo di uscire e andare nella Foresta Proibita, per osservare la pioggia filtrare tra le foglie, e...» I suoi occhi caddero sulla spilla da Prefetto appuntata sul mantello di Scorpius, e si interruppe. Poi si guardarono per un lungo momento, in silenzio, soppesandosi a vicenda, attendendo l'uno la mossa seguente dell'altra, senza azzadarsi a fare un primo passo.
«Facciamo finta che io non abbia detto nulla.», dichiarò Lily, infine, con tranquilla freddezza; ma sotto sotto, nel suo tono di voce, c'era una nota d'incertezza, come se sospettasse che Scorpius non avrebbe affatto fatto finta di nulla.
«Come preferisci.», replicò Scorpius, a sorpresa, quasi con leggerezza. Lily si mordicchiò il labbro inferiore, lanciandogli un'occhiata preoccupata, e non trovò nient'altro da dire. Scorpius notò che la loro piovigginata era quasi giunta al termine.
«Perché stavi piangendo?», le chiese piano, con delicatezza, poco dopo, sperando di non risultare troppo invadente - anche se sicuramente lo era. Non che attendesse davvero una risposta, ma aveva preso la decisione di domandare comunque, di farle capire che sì, se n'era accorto, prima, ma aveva fatto finta di nulla, e che quegli occhi rossi c'erano ancora. Lei gli sorrise, divertita; apparentemente, la domanda non sembrava recarle alcun disagio.
«Ora, non allarghiamoci troppo, Scorpius.», fu la sua calma risposta; era la prima volta che pronunciava il suo nome. Scorpius le sorrise a sua volta - "non lo dimenticherò", era ciò che diceva quel sorriso -, e poi Lily fece qualche passo avanti e gli si avvicinò.
«E tu, perché piangevi?» Lo aggirò, come un serpente faceva con la preda, e la domanda rimase sospesa nell'aria, la tensione fra di loro che si poteva tagliare a fettine. I suoi occhi azzurro chiaro scrutavano il suo volto con attenzione, la fronte corrugata, le braccia incrociate sul petto. Scorpius si irrigidì, i muscoli facciali che, improvvisamente, gli sembravano diventati di pietra. Mi ha visto. Mi ha visto. Ma quando? Dove? No, non è possibile.
«Credo che tu ti stia sbagliando. Forse ti confondi con qualche altro biondo. Non è che dovresti portare degli occhiali, come tuo padre?», commentò, sprezzante, gli occhi grigi più freddi del solito, nel maldestro tentativo di nascondere il suo palese turbamento.
«No, ne sono piuttosto sicura.», ribatté Lily, testarda, ignorando bellamente la battuta sugli occhiali. «Ero al secondo anno. Avevo rubato... Una cosa a James. Una mappa. E mio padre mi aveva raccontato di un bagno, un bagno speciale - quello della Camera dei Segreti; credo che tu lo conosca, no? Ne parlano tutti, dopo le avventure di papà. Ecco, desideravo soltanto vederlo. Io... » fu chiaro, che, in quel momento, decise di omettere una parte degli eventi, «... entrai. Sapevo che eri lì; non chiedermi come, tanto non ti rispondo. Ma non pensavo...» Si schiarì la gola, a disagio, mentre Scorpius la fissava, pietrificato, il sangue che sembrava esserglisi ghiacciato nelle vene. Era per questo che aveva smesso di recarsi nel bagno di quella palla al piede di Mirtilla Malcontenta: troppe possibilità di essere scoperti, e, dopo, troppe possibilità che la voce si spargesse. Lily, infatti, era riuscita a beccarlo; ma aveva tenuto la bocca chiusa, Scorpius lo aveva capito, anche se non ne sapeva il motivo. Chiunque altro, al posto di lei, si sarebbe divertito a diffamarlo in lungo e in largo per il castello. «Non importa, comunque. Me ne andai subito, e tu non mi notasti affatto. Non ho mai avuto il... coraggio di dirtelo. Preferivo che non sapessi che io avevo visto.» Fece spallucce. «Oggi mi sento particolarmente temeraria, quindi ecco, l'ho ammesso.» Tu hai visto i miei occhi rossi, Scorpius, ma io ho visto direttamente le tue lacrime, sembrava stesse dicendo.
«Facciamo finta che io non abbia fatto nulla.», borbottò in tono burbero Scorpius, a occhi bassi, citandola. Nonostante non la stesse guardando, poté comunque notare, con la coda dell'occhio, il sorrisetto di Lily.
«Come preferisci.», replicò, citandolo a sua volta. Aveva smesso di piovere, e, dalle nuvole, aveva cominciato a fare capolino, timidamente, il sole. I suoi capelli rossi cominciarono ad asciugarsi, e le ricadevano mossi sulla schiena.
«E' stata la prima pioggia estiva», osservò, il capo alzato in direzione del cielo, un'espressione indecifrabile sul volto.
«Già. La scuola sta per finire.», rispose Scorpius, dando voce alla prima osservazione che gli era venuta in mente. Lei annuì, e poi tornarono a guardarsi, soppesarsi, per la prima volta consapevoli l'uno dell'altra. Nessuno dei due sembrava particolarmente entusiasta all'idea di tornare a casa, lo si poteva leggere chiaramente sui loro visi, sebbene entrambi evitarono di tirare in ballo il discorso.
«Ci vediamo, Scorpius.», lo salutò infine Lily, e sembrava di nuovo nervosa, tesa, come quando l'aveva raggiunto poco prima. Si erano rinchiusi in una piccola bolla, durante quei minuti, e ora che ne stavano uscendo il peso delle loro responsabilità, delle loro vite, sarebbe tornato in fretta a gravargli sulle spalle.
«Sì. Ci vediamo. E' stato... Interessante», aggiunse Scorpius, anche se dal suo tono di voce era impossibile capire se fosse un 'interessante' positivo o negativo. Lei lo guardò un'ultima volta, e per un attimo sembrò quasi che stesse per rimanere; ma poi gli voltò le spalle ed entrò nel castello. Prima che sparisse dalla vista di Scorpius, uno dei raggi di sole che filtrava dalle nubi grigie le colpì i capelli rossi, e fu quella l'immagine che restò impressa nella sua mente fino al loro incontro seguente; la figura minuta di Lily, avvolta nel mantello nero, che gli dava le spalle, i capelli che brillavano ancora di più grazie alla luce del sole, creando un particolare gioco di luci. Se fosse stato capace di disegnare, o di dipingere, Scorpius avrebbe scelto quell'immagine come soggetto.

Parlò nuovamente con Lily Luna Potter in estate, a Malfoy Manor.


Angolo Autrice
Uhm. Non so esattamente cosa sia questa cosa - è nata semplicemente dal bisogno di leggere (scrivere), finalmente, della Nuova Generazione come la immagino io. Sebbene abbia letto tantissime fanfictions su questi personaggi, anche in inglese, non ne ho mai trovata una che rispecchiasse la mia Lily, o il mio Scorpius, o la mia Rose, e così via. Quindi, eccomi qui. Nonostante la storia si incentri principalmente su Lily e Scorpius, conto di riuscire ad inserire anche tutti gli altri. Il prologo è dal POV di Scorpius; gli altri capitoli, però, saranno da quello di Lily. Alla prossima, dunque.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Beneath our Skin


Capitolo 1
Sognò un vecchio sogno. Un grosso, viscido serpente, un ragazzo dai capelli corvini, un bagno, e un'altra figura, dai capelli color fiamma. Senza vita. V'era sudore freddo sulla pelle di Lily, e paura che le attanagliava le viscere. C'erano notti in cui soffocava le urla che parevano squarciarle la gola contro il cuscino, o in cui rimaneva con gli occhi sbarrati nel buio; il suo cuore, che batteva impazzito contro la cassa toracica come quello di un canarino stretto fra le mani troppo maldestre del proprio padrone, era l'unica cosa che riusciva ad udire. Ma quel giorno fu il rumore del cigolio dei cardini della porta a destarla, e non il sogno; continuò a tenere gli occhi chiusi, ostinata, pur sapendo che qualcuno era entrato nella sua stanza. Si girò addirittura dall'altra parte, nella speranza di scoraggiare qualunque tentativo di conversazione. Stavo dormendo, per Merlino. Potevi avere la decenza di aspettare che mettessi un piede a terra, pensò, irritata.
Scoprì che l'intruso era James. Suo fratello era sempre stato un tipo mattiniero, e, quando erano bambini, si divertiva a svegliarla prestissimo; poi, assieme, correvano a disturbare anche Albus, e in seguito i loro genitori. Ben presto nella casa regnava la confusione più totale, accompagnata da un forte vociare di bambini. Ma bambini, ora, non lo erano più, e quell'abitudine era ormai andata perduta da molti anni, scivolata via dalle loro dita; non l'avevano trattenuta abbastanza forte, oppure, semplicemente, avevano deciso di lasciare che le cose andassero così. A Lily tutto era scivolato via dalle dita, come granelli di sabbia, che lo avesse desiderato o meno.
«Lily», fu il sussurro di James, che, nel silenzio della camera di lei, risuonò come l'eco di mille campane. «Credo che dovresti alzarti.» Sebbene vi fosse qualcosa di strano, identificabile, nella sua voce, qualcosa che un tempo l'avrebbe fatta drizzare immediatamente a sedere, Lily rimase esattamente com'era e non fece nessun accenno ad alzarsi.
«No», ribatté, annoiata, cercando la gamba di suo fratello con il piede e provando a cacciarlo giù dal bordo del letto, dove si era seduto. «E' estate. Mi alzo quando mi pare e piace, non di certo quando lo dici tu.» Forse aveva replicato troppo seccamente; ma, ormai, cosa importava? I suoi rapporti con James si erano raffreddati da tempo, lei aveva la coscenza a posto al riguardo. Il ricordo le faceva ancora prudere le mani e bruciare gli occhi, a metà fra il piangere e il desiderare di prendere a pugni il fratello. James non sembrò scalfito dal suo poco bendisposto - probabilmente vi era troppo abituato - e, bensì, dalle parole passò ai fatti: cominciò a scuoterle con energia la spalla, e, al quel punto, Lily comprese che non sarebbe riuscita più a dormire, per quel giorno; rassegnata, si mise a sedere, fulminando James con lo sguardo.
«Che cosa vuoi? Dev'essere davvero importante, visto che a quanto pare hai avuto il bisogno impellente di svegliarmi.» Non lo facevi da anni.
«Lo è, cara sorella», fu la risposta di James, che la guardava con espressione grave. Lily si chiese se, per caso, non la stesse prendendo in giro.
«Ma davvero? Dimmi, dunque, di cosa si tratta?», domandò, sospettosa, socchiudendo gli occhi chiari nella penombra della stanza. Decise di mettersi in piedi, lasciando suo fratello seduto sul letto; si posizionò di fronte a lui, poggiandosi contro la scrivania, e inarcò un sopracciglio, in attesa di una risposta.
«Come ben sai, nostra madre è amica di Astoria Malfoy; per ragioni a me ignote, comunque, dato che mi chiedo come si possa essere amici di un Malf-»
«Vai avanti», lo interruppe Lily, infastidita. Suo fratello approfittava di qualsiasi occasione gli capitasse sotto tiro per gettare fango sui Malfoy; tutto a causa della rivalità fra lui e Scorpius, il figlio di Draco ed Astoria Malfoy, nonché compagno di casa di Lily. Lei, però, era giunta da tempo alla conclusione che non si trattava di una vera e propria rivalità: era James a voler sempre competere; Scorpius, invece, sembrava desiderare solo di essere lasciato in pace, e rispondeva alle provocazione unicamente perché non era tipo da incassare colpi in silenzio.
«D'accordo», replicò James, palesemente deluso di non aver potuto continuare il suo discorso anti-Malfoy. «Insomma, siamo stati invitati a cena. Io mi oppongo», continuò, fieramente, alzando il mento, gli occhi scuri che scintillavano. «Corriamo dei seri rischi a recarci nel covo del nemico...»
«Tu hai visto troppi film Babbani.» Lily fu fredda, la disapprovazione chiaramente visibile sul suo viso. «Hai terminato Hogwarts, James. Forse è giunto il momento di crescere e sotterrare una volta per tutta i tuoi stupidi pregiudizi. I Malfoy non sono il nemico. Non c'è più nessuna guerra, ormai, tranne quella fra i pochi neuroni che ti sono rimasti che tentano di farsi ragionare l'un l'altro.» Troppo, troppo. Ma mai si era sentita così audace, prima di allora, e mai aveva avuto il coraggio di sfidarlo così apertamente; non le importava di aver esagerato, non le importava di essere stata troppo dura. La parola, la libertà di esprimere ciò che pensava liberamente era qualcosa che non le avrebbero mai potuto portar via. Non riteneva suo fratello così stupido, ovviamente; era stata un'affermazione dettata dall'irritazione del momento, poiché James era un ragazzo intelligente, e leale e generoso sebbene, delle volte, si comportasse in un modo che le faceva salire il sangue alla testa. Ed era così tremendamente cieco; non riusciva a vedere oltre il suo naso o quello che lui considerava giusto o sbagliato, senza considerare che, il mondo, non tutti lo vediamo allo stesso modo. James osservava tutto in bianco e nero. Dischiuse la labbra, sorpreso, come quella volta, anni prima, nella Sala d'Ingresso, quando Lily era stata smistata a Serpeverde. James non aveva ancora compreso quanto i pregiudizi irritassero sua sorella. Lei era una Potter, quindi tutti, automaticamente, pensavano che avrebbe fatto grandi cose, e ritenevano che il suo cuore fosse grande come quello di suo padre. Se eri un Malfoy, invece, automaticamente diventavi qualcuno da evitare, come se fossi affetto da una malattia particolarmente contagiosa, e al diavolo se non avevi davvero un Marchio Nero sul braccio. Immersa nei suoi pensieri, Lily scosse piano il capo, sprezzante. Quanto finto moralismo regnava dopo la guerra. Come se non commettessimo tutti degli errori, nella vita. Smettetela di sputare sugli altri solo perché voi vi trovavate dal lato del vincitore, dal lato che voi consideravate giusto. James, incapace di aggiungere altro, si alzò in piedi e parve raggiungere la porta a rallentatore. Non hai ancora imparato, caro fratello. Ti stupisci ancora quando oso parlarti così; sarò anche minuta e apparentemente fragile come dici tu, ma questo non equivale ad essere innocenti. Non sono più la bambina di otto anni che potevi rigirarti a tuo piacimento.
«Vai pure, James», lo sbeffeggiò Lily, ridendogli dietro; provò un leggero senso di colpa, ma scacciò quel sentimento in fretta: James non si era mai sentito colpevole per le cose che le aveva detto in passato, ne era sicura. «Scappi sempre, quando sai di aver perso
James, la mano già sulla maniglia, si voltò a guardarla da sopra la spalla; appariva triste, nuovamente deluso, gli angoli della bocca piegati verso il basso. «Assomigli ad una vipera che sputa veleno, te l'hanno mai detto?» E poi se ne andò, richiudendo la porta dietro di sè con un brusco scatto.
E Lily si chiese come, nonostante tutti i suoi tentativi di ferirlo, lui fosse sempre più bravo a farle del male. Piena di rabbia, afferrò la prima cosa che aveva sotto mano - il manuale di Trasfigurazione - e lo scagliò con tutte le sue forze contro la parete; strinse le mani a pugno, mentre il volume ricadeva a terra con un piccolo tonfo, aprendosi a caso. Intrusa. Intrusa. Intrusa. Parole che erano state scritte ai margini delle pagine, scarabocchiate dalla piuma di Jeremy Smith, sesto anno, quella volta in cui era riuscito ad impossessarsi della sua borsa dei libri; Lily vide il viso del ragazzo davanti agli occhi, quasi fosse in quella camera, assieme a lei, le labbra distorte in un ghigno, gli occhi azzurri illuminati di soddisfazione mentre si divertiva a torturarla per l'ennesima volta con le sue prese in giro. Strinse i denti.
Lily abbassò il capo, mordendosi il labbro inferiore. Le sue mani bianche tremavano; era arrivata ad un livello di esasperazione impossibile da superare. Ho già permesso agli altri di divertirsi a mie spese, di riempirsi la bocca del mio nome, di giudicarmi senza neppure tentare di capirmi, di conoscermi. Ma non succederà mai più, lo giuro. Devo essere coraggiosa e affrontarli tutti e batterli tutti. E' ora che questa battaglia la vinca io.

Le sembrò di avvertire, lontano, l'eco della risata derisoria di Jeremy Smith.

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Sua madre, Ginny, le aveva acconciato pazientemente i lunghi capelli rossi, e, per lei, aveva scelto il vestito; era sul grigio scuro, di una vecchia moda, particolare che lo rendeva ancora più bello agli occhi di Lily.
«Sembri una bambola», la complimentò Ginny, con tenerezza, mentre erano entrambe in piedi davanti al lungo specchio della stanza di Lily; le diede un bacio sulla testa, mentre i suoi capelli, che profumavano di fiori, sfioravano il viso della figlia, per poi uscire dalla camera e andare a sua volta a prepararsi. Lily si concesse un piccolo sorriso davanti allo specchio; era determinata ad essere graziosa, e fare una bella figura con Astoria Malfoy. Da come l'aveva descritta sua madre, era una donna gentile, educata; Lily l'aveva intravista di sfuggita, alla stazione, negli anni passati, con i suoi capelli bruni e gli occhi scuri che non abbandonavano la figura del figlio fino a che non saliva sul treno e allora non le era più possibile vederlo. Astoria Malfoy lavorava al San Mungo e aveva una passione per l'Astronomia; "Sicuramente è una donna eccezionale", aveva commentato suo padre Harry la mattina prima, a colazione, mentre inghiottiva un boccone di porridge, "visto che è riuscita a conquistare uno come Draco Malfoy". E Lily non aveva mai desiderato così ardentemente l'approvazione di qualcuno; forse perché, prima di allora, non l'aveva mai davvero ricevuta (quella dei suoi genitori o del resto della sua famiglia non contava, dal momento che i parenti, di solito, ti trovano bello ed intelligente per contratto), e ne avvertiva un profondo bisogno. Il suo sorriso si spense come la fiammella di una candela al vento; lo specchio le restituì la sua immagine, riflettendo la sua espressione seria, priva di qualunque allegria. Lily fece un respiro profondo; si chiese cosa ne pensasse Scorpius, di quella inaspettata cena fra le loro famiglie. Probabilmente non ne era particolarmente entusiasta. Ricordava l'ultima volta che si erano parlati, durante quella prima pioggia estiva, e di come era stato facile, fingere di non avere cognomi e di non dover sostenere il peso di quello che essi significavano sulle spalle. Ma tutto era sfumato così in fretta, appena la pioggia era terminata, che Lily non si aspettava neppure che Scorpius le rivolgesse la parola, quella sera. Per fortuna ci sarebbe stato Albus con cui poter scambiare qualche parola.
La aspettava nel corridoio d'ingresso, mentre si sistemava il farfallino nero come la giacca attorno al collo. Lily si trattenne dallo scoppiare a ridere; non voleva offendere Al, che aveva una vera e propria viscerale passione per vestiari così eleganti e sembrava estremamente soddisfatto dell'abbigliamento sfoggiato per la cena al maniero dei Malfoy.
«Sei bellissima, Lily», commentò suo fratello, osservando l'abito di lei e parendo soddisfatto di quello che vedeva. La sorella arrossì appena, abbassando gli occhi, un largo sorriso ad illuminarle il volto; i complimenti la imbarazzavano sempre, e non sapeva mai come reagire o cosa dire quando gliene veniva rivolto uno. Lo prese sottobraccio, chiedendosi dove si fosse cacciato James; poi si ricordò della litigata che aveva avuto luogo quella mattina, e sperò che non venisse. Rovinerebbe tutto. Non che sia una novità.
«Anche tu, Al.» Affettuosamente, gli scompigliò i folti capelli neri che, come quelli di Harry, non riuscivano mai a stare giù. Una volta avevano perfino rotto un pettine nel tentativo di sistemarglieli; un pettine di Lily, fra l'altro, che da allora si era tenuta ben lontana dai tentativi di domare la chioma di suo fratello. Era sempre andata d'accordo più con Albus che con James; forse perché, caratterialmente, erano di gran lunga più compatibili, mentre lei e James finivano sempre, inevitabilmente, per scontrarsi. Albus era una persona tranquilla, con un tasso di pazienza incredibilmente alto, e ligia al dovere; sin da bambino aveva una passione per la mitologia Greca - roba babbana, che aveva finito per affascinare anche Lily - e, prima di andare entrambi ad Hogwarts, nelle sere d'inverno si accucciavano sul tappeto davanti al camino del loro salotto e Albus le recitava con aria solenne i miti che si era impegnato ad imparare quel giorno. Grazie alla passione che possedevano entrambi per la lettura, avevano sempre reso zia Hermione particolarmente orgogliosa di avere due nipoti come loro. "Se fossi un animale, sarei una tartaruga, probabilmente", le aveva confidato una volta Albus; James, che in quel momento era stato, sfortunatamente, a portata d'orecchie, lo aveva preso in giro per settimane. "Sei lento come una tartaruga, Al!", "Ma non ti rendi conto di quanto sono brutte le tartarughe, Al?", si divertiva a strepitare, sotto le occhiate omicide di Albus. "Le tartarughe sono creature sagge ed affascinanti; non conta solo l'esteriorit-" "Certo, certo", l'aveva interrotto James, annoiato, accompagnando le sue parole ad un pigro gesto della mano che stava a significare 'lascia perdere, non ho voglia di starti a sentire sproloquiare su un argomento di cui non mi interessa'. Lily, al ricordo, provò una profonda fitta di nostalgia; i fratelli Potter in tempi migliori. Inutile negare che quel periodo, un po', mi manca.
«Ehi. C'è qualcosa che non va?» Il tono di voce di Albus era gentile, ma nascondeva una preoccupazione di fondo che non riusciva a celare del tutto. Abbassò appena la testa, per portarla all'altezza di quella di Lily, che si stringeva ancora al suo braccio.
«Nulla, non preoccuparti», fu la breve risposta di lei, decisa a non rovinare l'umore della serata con la sua improvvisa malinconia. Scosse il capo, come per scacciare un cattivo pensiero, e gli sorrise, sperando di riuscire ad ingannarlo; dall'espressione del fratello comprese che la sua piccola bugia era stata smascherata, ma lui annuì comunque, raddrizzandosi. Quando tutta la famiglia Potter si ritrovò nel corridoio - Harry e James che sfoderavano un'aria particolarmente abbattuta, e Ginny avvolta in un elegante abito blu scuro -, si Smaterializzarono poco lontano dal maniero dei Malfoy. La strada che conduceva alla loro abitazione si inerpicava girando per due volte attorno alla collina sulla quale era stato costruita, prima di raggiungere la sommità. Dai campi attorno a loro si levò in volo uno stormo di corvi, fendendo il cielo violetto ed immobile del tramonto. Nonostante fosse stata una giornata umida e grigia, e le nuvole avessero rifiutato di aprirsi prima del tardo pomeriggio, l'aria era tiepida, e tutto sembrava essere avvolto in un verde manto estivo. Il maniero di Draco ed Astoria Malfoy era meno imponente di quello appartenuto ai genitori di lui, Lucius e Narcissa, ma, come Harry stesso dovette ammettere, riusciva nel fare la sua bella figura. Era circondato da un immenso parco, inizialmente ben curato, tutto cespugli rotondi e sentieri e aiuole di fiori, ma che poi si disperdeva fino a creare una barriera di grossi alberi, altissimi e nodosi, di una vasta gamma di specie, che sembravano formare un recinto. Cominciò a soffiare un leggero vento da est, che si portò via il borbottio intriso di sarcasmo di James - "Smaterializzarci più avanti sarebbe stato troppo faticoso, suppongo" -; Lily, sentendosi la quindicenne che era, strinse con nervosismo il braccio di Albus. Lui le rivolse un sorrisetto rassicurante, gli occhi verdi illuminati di entusiasmo - come la sorella, sembrava genuinamente interessato a conoscere i Malfoy - mentre, assieme, si avviavano verso il maniero, le ultime luci del sole morente che lentamente svanivano.

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Lily Luna Potter non aveva mai incontrato dei bardi magici prima d'allora. Erano seduti ciascuno in ognuno dei quattro angoli di quella grossa sala, dal soffitto alto, tutta finestroni e grossi candelabri con altrettanto grosse candele ad illuminarla; ad ogni portata, mentre le loro voci intonavano una nuova ballata, mani invisibili pizzicavano le loro arpe argentee, allietando la serata con la loro musica. Per quella cena, era stato posizionato un grosso tavolo di legno, in orizzonale, verso il fondo della sala, dove erano seduti gli adulti; al centro, in verticale, ve n'era un altro, dove erano stati fatti accomodare i ragazzi. Quando fu servita la terza portata, pernice al ginepro e miele, così calda che bruciava la punta della lingua, Lily, che aveva al suo fianco James e di fronte Albus e Scorpius, scoccò un'occhiata in direzione dei suoi genitori. Sua madre, Ginny, stava conversando con Astoria, che era seduta al suo fianco e portava i lunghi capelli bruni sciolti sulle spalle. Indossava un raffinato abito bianco, che metteva in risalto i suoi occhi scuri e la sua pelle lattea. La donna, forse avvertendo gli occhi di qualcuno su di sè, distolse la sua attenzione da Ginny per voltare il capo ed incrociare lo sguardo di Lily; a sorpresa, le sorrise, un sorriso caldo e gentile ed inaspettato. Lily chinò il capo, imbarazzata, tornando frettolosamente a concentrarsi sul suo piatto, mentre James si ingozzava di pernice ed esclamava complimenti al cuoco fra un boccone e l'altro. Negli occhi di Scorpius, che gli era capitato di fronte - un'infelice scelta dei posti -, si poteva chiaramente leggere del disgusto quando si posavano sulla figura di James. Albus, invece, sembrava diviso a metà fra il ridere a causa del comportamento del fratello e il voler sprofondare a causa della figura che gli stava facendo fare. Nonostante in sala vi fossero unicamente otto presenti, quella appariva quasi come una festa in piena regola, grazie al vociare che proveniva da entrambi i tavoli e la musica che non s'interrompeva neppure per un secondo.
«Ah no, Potter? Diventato un po' troppo vecchio per queste cose?», stava sghignazzando Draco Malfoy, rivolgendosi ad Harry, che era seduto all'altro capo del tavolo. Lily non riuscì a cogliere il succo del discorso, perfino con le orecchie tese al massimo; Draco, ancora divertito, si voltò in direzione della moglie, che, vedendo il viso del marito così illuminato, si unì alla sua risata. E così anche Ginny, mentre Harry alzava gli occhi al cielo, fingendosi estremamente offeso. Ma poi, dalle arpe dei bardi iniziò a provenire la musica più malinconica che le orecchie di Lily avessero mai udito, e tutto sembrò dimenticato. Le risate terminarono, James smise perfino di mangiare, poggiando coltello e forchetta sul piatto; ciascuno di loro rimase in ascolto, e la ballata che i bardi intonarono fu una ballata di morte e nostalgia e rimorso. Lily non era mai stata tipa dalla lacrima facile. Era Albus che aveva quel ruolo, in famiglia, sin da quando era bambino. Una volta avevano visto un vecchissimo film babbano, "E.T.", ed Al aveva pianto per settimane. Com'era possibile che lei avesse una gran voglia di fare la stessa cosa per una stupida ballata, ora? Fa' che pensino sia la luce delle candele, per Merlino. L'ultimo dei suoi desideri, quella sera, era di apparire come una frignona; ma rimanere indifferenti a quella ballata, al momento, le appariva un'impresa impossibile. Albus, chiaramente, provava le sue stesse emozioni, non che Lily avesse mai sospettato il contrario; anche i suoi occhi erano lucidi. Scorpius era l'opposto di loro due; pareva un unico blocco di ghiaccio, per nulla impressionato come lo erano Lily e Albus, e i suoi occhi grigi e freddi non mostravano neppure le minime di tracce di commozione. Si mise addirittura ad osservarsi le unghie della mano destra, privo di qualunque interesse per quello che gli stava accadendo attorno. James, dal canto suo, rimaneva sempre James e, annoiato, aveva fermato un elfo domestico per domandargli quante portate mancassero per il termine della cena. Un'espressione estremamente soddisfatta gli si dipinse sul viso quando l'elfo gli rivelò che dovevano essere serviti ancora otto piatti. Quando la ballata fu conclusa, una sola, piccola lacrima sfuggì a Lily, che lesta fece per asciugarsela col pollice, sperando di non essere stata notata da nessuno; in altre occasioni non l'avrebbe imbarazzata essere stata beccata a piangere, come non l'aveva imbarazzata Scorpius quando aveva visto i suoi occhi rossi. Ma adesso era diverso; che cosa avrebbero pensato i coniugi Malfoy? Per sua sfortuna, però, James si voltò nella sua direzione e il gesto non gli sfuggì.
«Stavi forse piangendo, Lils?», ululò, forse per accertarsi che le sue parole giungessero alle orecchie di tutti i presenti e mettendosi a ridere, mentre la sorella lo fulminava con lo sguardo. James la ignorò, e non sembrava affatto intenzionato a smettere di prenderla in giro; così, irritata, Lily afferrò il suo calice di succo di zucca e senza tante cerimonie glielo rovesciò in testa. Scorpius, che fino ad allora non aveva aperto bocca, prorruppe in una profonda risata, iniziando a battere la mano sul tavolo di legno; James, nel frattempo, si scostò i capelli bruni imbevuti di succo di zucca dagli occhi, infastidito più dalle risate di Scorpius che dal gesto di Lily. Albus si ficcò un pugno in bocca, ma poi, senza più riuscire a trattenersi, si gettò a ridere sotto il tavolo. Lily incrociò lo sguardo di Scorpius, che stava ancora ridendo; si guardarono a lungo, e poi Lily scoppiò a ridere a sua volta, mentre James intimava loro di smetterla immediatamente. Alla fine, Albus riemerse da sotto il tavolo, rosso in faccia, e si schiarì la gola, fingendo che nulla fosse successo.
«Me la pagherai, Lils, segnati queste parole da qualche parte», borbottò James, tentando di pulirsi la camicia bianca - anch'essa sporca di succo di zucca - con un fazzolettino ricamato che, a giudicare dall'aspetto, aveva rubato alla pro-zia Muriel. Lily avvertì dei risolini provenire dal tavolo degli adulti, fra cui riconobbe perfino quello di suo padre.
«Devo proprio ringraziarti, Potter», iniziò Scorpius, rivolgendosi a James, derisorio. «Hai davvero migliorato la serata. Dovrebbero roversciarti del succo di zucca in testa più spesso: ti dona.» E incrociò di nuovo lo sguardo di Lily; lei distolse subito il proprio, voltandosi verso sua madre, nella paura di un rimprovero. Ma Ginny le fece segno di alzarsi e avvicinarsi al suo tavolo, un'espressione divertita dipinta sul viso. Emozionata all'idea di essere presentata, finalmente, ad Astoria, Lily si sistemò la gonna dell'abito e si alzò in piedi, il sorriso migliore che aveva in repertorio stampato sulla faccia. Quando Lily fu di fronte alle due donne, sempre continuando a sorridere, gettò un'occhiata ad Astoria da sotto le lunghe ciglia.
«Ciao, piccola colomba.» Gli occhi di Astoria erano luminosi e gentili, e i suoi modi di fare riuscirono nell'intento di metterla a suo agio. Scorpius l'aveva raggiunta, probabilmente chiamato da sua madre, ed ora era al suo fianco, a braccia conserte, e fissava Draco Malfoy; sembrava quasi che stessero avendo una conversazione, ma senza ricorrere all'utilizzo di parole. Lily si chiese come facessero a comunicare così bene tramite delle semplici occhiate; ma poi la sua attenzione fu nuovamente rivolta ad Astoria, e Draco e Scorpius furono dimenticati.
«Quanti anni hai, Lily?», le chiese Astoria, cortese, mentre Ginny sorrideva incoraggiante.
«Ne ho quindici, signora Malfoy», rispose Lily, educata, le mani strette dietro la schiena. Quando si accorse che anche suo padre e Draco la stavano fissando si mosse da un piede all'altro, in preda ad un lieve nervosismo. Bada a non dire alcuna sciocchezza.
«Scorpius mi ha parlato di te. Siete nella stessa casa, non è vero?» Lily, dimentica per un attimo della signora Malfoy, si voltò in direzione di Scorpius, stupita. Davvero aveva parlato di lei a sua madre? E che cosa le aveva riferito? Avvertì lo stomaco stringersi in una morsa, mentre il ragazzo guardava Astoria con occhi ancora più stupiti dei suoi. I bardi cominciarono ad intonare una ballata di gran lunga più gaia e sfrenata della precedente; nel frattempo, arrivarono otto elfi in fila indiana, grandi piatti istoriati posati sui loro capi. Diligentemente, poggiarono le portate, ancora fumanti, sui tavoli. Questa volta si trattava di delizioso maiale in crosta, con noci e pinoli come contorno. Astoria, prima di tornare a parlare di nuovo, scoccò un'occhiata comprensiva, sebbene divertita, al figlio.
«Ti piacerebbe vedere i nostri giardini, Lily? Tua madre mi ha confidato che collezioni fiori secchi. Magari potresti coglierne qualcuno; abbiamo la fortuna di possederne di molto rari.»
Il viso di Lily si illuminò all'istante all'idea, facendola sembrare ancora più giovane di quello che era. Annuì, mentre Astoria sorrideva soddisfatta; «Allora accompagnala, Scorpius, o potrebbe perdersi. Il maiale in crosta potrà aspettare. Certo, può darsi che tuo fratello si mangi anche la tua porzione prima del tuo ritorno. Magari lui ed Albus potranno accompagnare te e Scorpius, dopo che avranno finito questa portata.» Astoria occhieggiò James, che si stava dedicando con rinnovato entusiasmo al suo piatto. Anche Scorpius lo guardò per un breve attimo, storcendo il naso.
«Certo, madre. Ma porterò solo lei. I nostri giardini non sono fatti per un tour turistico», borbottò Scorpius, palesemente restio a portarsi dietro anche i due fratelli di Lily. Poi, in seguito ad un cenno del capo in direzione dei suoi genitori e dei coniugi Potter, voltò loro le spalle e si avviò verso l'uscita della sala, senza aspettare la ragazza. Dopo aver sorriso nel modo più grazioso possibile agli adulti, Lily prese anche lei congedo e si affrettò a seguire Scorpius.
«Ehi, ma dove stai andando? Ti stai perdendo il maiale in crosta più saporito del Mondo Magico!», le urlò dietro James per sovrastare il rumore della musica dei bardi, alzandosi in piedi con uno scatto e strofinando la panca di legno contro il freddo pavimento di pietra. Lily lo ignorò bellamente, uscendo dalla sala e ritrovandosi nel freddo corridoio principale del maniero dei Malfoy. Era buio e privo di finestre; da un lato, vi era un'imponente scala di marmo bianco che conduceva ai piani superiori; dall'altro, vi era un largo portone di rovere massiccio ed intarsiato, quello d'uscita.
«Da questa parte.» Scorpius la precedette, e, sebbene con un po' di fatica a causa del peso, lo aprì. Era una serata senza stelle, il cielo blu che pareva liscio come velluto, nubi che si avvicinavano da occidente pronte a nasconderlo alla loro vista. Lontano, delle cicale frinivano, nascoste dall'erba che brillava sotto la luce della luna. Lily desiderava togliersi quelle scomodissime scarpe e camminare a piedi nudi sull'erba, o sdrairvisi sopra e affondarci il viso. Ma non lo fece; non voleva che Scorpius la guardasse con la medesima espressione di disgusto che riservava a suo fratello James. I giardini dei Malfoy erano incantevoli, quasi fossero usciti da una di quelle leggende su ninfee ed altre creature dei boschi che la appassionavano tanto; le piante, in quel periodo, erano in fiore, oppure vi erano dei frutti ad incurvare i rami degli alberi sotto il loro peso. Ma c'erano anche delle fontane - non sapeva dove fossero state posizionate, ma poteva udire il suono dell'acqua scrosciante -, e statue, e piccoli cortiletti, sui cui selciati e colonnati di marmo le figure degli alberi proiettavano distorte pozze d'ombra. Lily rimase immobile, immersa in un silenzio così assoluto, eccetto per dei lievi rumori - grilli, o foglie scosse dal vento - che il suo stesso respiro le pareva fastidioso. Scorpius la stava guardando, osservando la sua reazione; Lily si domandò come gli dovesse apparire, bagnata dalla luce lunare e resa ancora più pallida del solito da essa, i capelli rossi intrecciati e gli occhi azzurri colmi di quella che era quasi adorazione. Niente la affascinava più della natura di notte. Lily ricambiò lo sguardo i lui, i capelli biondo chiaro che parevano brillare quanto i suoi occhi grigi. Gli si avvicinò, e, fianco a fianco, presero a camminare lungo uno dei tanti sentieri che si snodava, sinuoso come un serpente, fra i giardini, senza profferire parola alcuna.
«Ti piace?» Fu Scorpius, infine, a parlare, spezzando definitivamente il loro silenzio. Non che fosse stato uno di quei silenzi imbarazzanti, di quelli che sembrano protrarsi all'infinito, prolungando la tortura che ti autoinfliggi mentre cerchi di trovare qualcosa di cui parlare per intavolare un discorso. Lily, fino ad allora, non aveva mai conosciuto un silenzio piacevole fra lei ed un'altra persona; Hugo, dopo qualche minuto, finiva per parlare a raffica sparando una castroneria dopo l'altra pur di dire qualcosa, mentre Dominique, ad esempio, ripeteva a intervalli di trenta secondi "E quindi...", come una radio rotta, sperando che Lily continuasse la sua frase. Ma con Scorpius non c'era stato bisogno di parlare, e il loro silenzio aveva avuto un significato maggiore di tante parole.
«Moltissimo.» Gli sorrise, un sorriso sincero, che la stupì. Ma si sentiva così inusualmente felice, senza un vero e proprio motivo, che preferì non porsi troppe domande, almeno per quella sera. Scorpius ricambiò; era così alto rispetto a lei, e così elegante nella sua camicia bianca e giacca nera che Lily finì per abbassare lo sguardo, arrossendo appena.
«Vieni, allora. Ti mostro una cosa.» Le pose una mano sulla spalla, con delicatezza, e la guidò verso un sentiero più stretto, probabilmente meno praticato. La cementazione aveva crepe in più punti, da cui spuntavano ciuffi di erbacce, ed alberi e cespugli erano cresciuti in modo più selvaggio, tanto che Scorpius fu costretto a scostare parecchi rami col braccio per consentire loro di passare. Era buio, là, gli alberi più alti che, con le loro fronde, formavano una cupola di un verde cupo, quasi metallico, sulle loro teste. Lily fu ben felice di avere Scorpius a guidarla, visto che si sentiva più cieca di una talpa. Era per questo che, da bambina, mentre Al aveva detto che sarebbe stato una tartaruga, lei aveva replicato che avrebbe preferito essere un gatto: i loro occhi riuscivano a scrutare nell'oscurità e notare particolari che gli umani, di notte, non sarebbero mai riusciti a cogliere. Continuando a farsi strada fra rami d'alberi ed erbacce che le graffiavano i polpacci nudi, giunse assieme a Scorpius in quella che, un tempo, doveva essere stata una piazzola; al centro vi era un vecchio pozzo, costruito con pietre grossolane, di varie dimensioni e colori che andavano dal grigio, al nero, al marrone. Dal pozzo, sorgeva l'albero più particolare sui cui Lily avesse mai posato lo sguardo.
E lei, al riguardo, era un'esperta. Ad Hogwarts, era la migliore del suo anno, in Erbologia, che era, inoltre, la sua materia preferita. E sebbene sapesse elencare nomi e caratteristiche di molti alberi, fiori ed altri tipi di piante a menadito, non aveva la più pallida idea di che specie di albero avesse di fronte, ora. Era strano, spettrale, ma forse era solo il colore del tronco e dei suoi rami a farglielo sembrare così, bianchi come ossa. Era il suo aspetto ad averle fatto scegliere quel paragone: avrebbe potuto dire bianchi come neve, ma, a tutti gli effetti, quel colorito le ricordava quello osseo in modo inquietante. L'albero era cresciuto obliquamente, i rami sottili che parevano voler artigliare il cielo, e il tronco aveva una circonferenza così larga da occupare quasi tutto il pozzo.
«Ma come...» La domanda appena mormorata di Lily rimase sospesa nell'aria, incompleta, ma Scorpius comprese comunque. Mentre lei si era avvicinata, per osservare l'albero più da vicino, lui era rimasto indietro, a braccia conserte; la raggiunse, e, tendendo il braccio, indicò grosse, distorte radici che spuntavano a tratti, facendosi largo fra le pietre o addirittura spaccandole, dalla base del pozzo, appena visibili nel buio.
«Ovviamente questo è un pozzo chiuso. Dopo che fu ostruito vi fu gettata sopra della terra, suppongo, e poi, in un modo o nell'altro, forse portati dal vento, sulla terra caddero dei semi. E l'albero crebbe. In questa parte dei giardini non ci viene mai nessuno: è per questo che è tutto così incolto, qui. I miei trovano questo posto inquietante. Io penso che sia affascinante. Questo maniero esiste da secoli, probabilmente, la mia famiglia l'ha solo acquistato. Mi piace immaginare le vite di quelli che hanno vissuto qui prima di noi.» Perfino nell'oscurità, Lily riuscì a scorgere lo sguardo lontano di Scorpius, immerso in pensieri che non le era dato conoscere.
«Come mai hai deciso di portarmi proprio qui?»
«Pensavo ti sarebbe piaciuto. So che a scuola ti piace molto Erbologia.» Aggrottò la fronte, improvvisamente dubbioso, il tono di voce velato d'incertezza. «Non è così?» Sorpresa che Scorpius sapesse qualcosa di più su di lei oltre al suo cognome e chi fossero i membri della sua famiglia, Lily annuì.
«E' così. Grazie per avermelo mostrato.» Timidamente, gli voltò le spalle, avvicinandosi all'albero a piccoli passi.
«La sua specie si chiama Neviens. Era presente in una gran moltitudine di leggende, specialmente celtiche, secoli fa. Negli ultimi anni è molto raro poterne vedere uno con i propri occhi.» Lily, allungando piano la mano, sfiorò con le dita sottili la corteccia, liscia al tatto, e stranamente fredda.
«Mi sono sempre chiesta che storie avrebbero da raccontare, alberi così vecchi. Se solo avessero il dono della parola...» Ma Scorpius non sembrava prestarle più attenzione. Afferrò la bacchetta dalla tasca dei pantaloni e la puntò verso un avversario invisibile; Lily, che si era voltata per vedere come mai Scorpius stesse tardando così tanto a risponderle, fece subito lo stesso; «Lumos», sussurrò, e poi udì anche lei ciò che aveva udito Scorpius. Passi, rametti calpestati, e una canzoncina cantata a bassa voce, svagatamente e in modo del tutto privo di ritmo. Lily trattenne il fiato, in attesa, sebbene fosse alquanto perplessa; tenne la bacchetta puntata in direzione dei rumori, mentre Scorpius, non più preoccupato, sbuffava e abbassava la sua.
«Che ci fai qui, Trystane?» E Trystane Zabini, scarmigliato e con un graffio in piena fronte, uscì dall'intrico di rami ed erbacce alte fino al ginocchio. Nonostante lo stato dei suoi abiti e dei suoi capelli, sorrideva con la stessa felicità di chi ha scoperto che la lezione di Storia della Magia è stata annullata.
«Finalmente ti ho trovato!»
«Per Merlino, ma chi ti ha fatto entrare? E come ci sei riuscito, a trovarmi?», continuò Scorpius, storcendo il naso con aria infastidita; Trystane, per nulla scalfito dal suo tono, gli si avvicinò e gli circondò le spalle con un braccio.
«E' stata tua madre a farmi entrare; mi ha anche rivelato dove cercarti. Neanche lei mi ha salutato: ora ho finalmente capito che le cattive maniere sono di famiglia. Ad ogni modo, credo che l'abbia irritata il fatto di essere arrivato nel bel mezzo di una festicciola con i Potter. Da quando siete culo e camicia con loro, comunque? Perché non avverti mai tuo cugino di questi eventi così importanti?» Lily si chiese come fosse umanamente possibile parlare così velocemente e senza aver bisogno di fermarsi a respirare per un attimo. Probabilmente il tipo aveva dei gran bei polmoni. Continuò a tenere la bacchetta accesa e la puntò in faccia a Zabini, inarcando un sopracciglio; lui, accecato, imprecò sottovoce e finalmente si accorse della sua presenza. Quando la riconobbe, scoppiò a ridere, mentre Scorpius si passava una mano sul viso, esasperato.
«Oh, c'è Lily. Ecco chi mancava all'appello dei Potter. Tuo fratello James sembrava alquanto... preoccupato sapendoti sola con mio cugino. Magari, in questo momento, sta vagando solo soletto per i giardini, urlando il tuo nome nella speranza che tu riesca a sentirlo.» Sogghignò, separandosi da Scorpius e circondando Lily con un braccio come aveva fatto con lui. Lei sussultò, ma non si ritrasse, sorridendo forzatamente, poco abituata ad essere praticamente abbracciata da persone che conosceva solo di vista.
«Hai ragione. Sarebbe da lui», replicò Lily, tranquilla, facendo spallucce. Trystane, stupito, cercò di incrociare gli occhi di Scorpius; ma lui guardava Lily, un sorrisetto ad incurvargli le labbra sottili.
«Da quando non difendi più tuo fratello, Potter
«Non l'ho mai difeso, Malfoy.» Non le era sfuggito l'uso del cognome da parte di Scorpius. «E in fondo, che motivo ne avrei? Certo, è mio fratello; ma perché dovrei negare ciò che dicono di di lui se è vero? Io ho scelto la mia strada, lui la sua. Arrivederci e tanti saluti.», continuò, velenosa, atteggiamento che fece sghignazzare Trystane.
«Guarda guarda che abbiamo qui, Scorpius. Se la prendessimo sotto la nostra ala potrebbe diventare una vera vipera.» Gli occhi neri di Trystane erano accesi d'entusiasmo, illuminati all'idea di quella che, per lui, doveva essere una vera e propria sfida. «Immaginati che faccia farebbe James Potter...»
Scorpius, senza degnarlo di una singola occhiata, si avvicinò a Lily e le scostò il braccio del cugino dalle spalle come se niente fosse. Trystane lo guardò storto, ma si ritrasse evitando di fare troppe storie. Scorpius continuava a sorridere, e così Lily lo imitò, senza avere una chiara idea su come si sarebbe evoluta la situazione; attese. Si domandò dove fosse finito lo Scorpius malinconico e pensieroso di poco prima; si domandò anche chi fosse davvero, Scorpius. Quante maschere aveva, e quando e come decideva di indossarle?
«E quale sarebbe, la strada che tu hai scelto?» Era sinceramente curioso, ma il modo in cui inarcò un sopracciglio biondo fu scettico. Lily rimase in silenzio per quelli che parvero attimi interminabili, mordicchiandosi il labbro inferiore. Per prendere tempo, ripose la bacchetta nella tasca del vestito; poi i suoi occhi azzurro chiaro incrociarono quelli di lui, e la risposta le fu chiara come se fosse scritta su una lavagna, posta davanti al suo viso.
«Ammetto di non saperlo. Non ancora. So solo che è diversa da quella dei miei genitori, o dei miei fratelli, o del resto della mia famiglia. Io non sono come loro.» Alzò il mento, orgogliosa, acquistando minuto dopo minuto più sicurezza. «E intendo dimostrarglielo, se lo smistamento non è bastato.» I due cugini si soppesarono a lungo, gli occhi di Lily che si spostavano da uno all'altro, ma poi sui visi di entrambi si dipinse un identico ghigno.
«Noi, Lily, siamo le persone migliori che potessi decidere di avere come amiche», si vantò Trystane, passandosi una mano fra i folti capelli neri.
«Sul treno. A settembre. Vedi di venire nel nostro scompartimento.»
«Merlino, Scorpius, da come la dici tu sembra il nostro scompartimento ospiterà una riunione segreta di importanza nazionale. Invece saremo solo tre cogl-»
«Non mi hai ancora detto che ci fai qui», lo interruppe Scorpius, accompagnando le sue parole ad un pigro gesto della mano. «Sicuramente non perché sentivi la mia mancanza. Ci siamo visti solo l'altroieri.»
«Io avverto sempre la tua mancanza, caro cugino.» Trystane si pose melodrammaticamente una mano sul cuore. «Ma in realtà sono scappato di casa.» Il tono disinvolto con cui annunciò della sua fuga fece scoppiare Lily a ridere; Scorpius la guardò storto, non condividendo per nulla il suo divertimento.
«E perché diavolo lo avresti fatto? Sappi che se intendi farti ospitare da me il pavimento di pietra è il posto che ti spetterà...»
«Certo, certo. Tanto so benissimo dov'è la camera degli ospiti. Comunque te lo dico se ce ne andiamo di qui. Te l'ho sempre detto che quell'albero schifoso mi fa accapponare la pelle.» Scorpius alzò gli occhi al cielo, ma fece cenno a Lily di precederlo; le pose di nuovo una mano sulla spalla e la guidò fra i giardini, ripetendo la strada dell'andata, mentre Trystane, dietro di loro, chiacchierava senza sosta.
«... E così, visto che mio padre ha detto che sono libero di fare le mie esperienze, eccomi qui.»
«Da quando "trasferirmi a casa di mio cugino" rientra fra le tue esperienze?»
Poco prima di rientrare nel maniero, Scorpius trattenne Lily per un braccio, facendo segno a Trystane di andare avanti senza di loro. Lui fece spallucce, bussò e quando gli elfi domestici aprirono il portone d'ingresso sparì nell'ombra del grosso corridoio principale.
«L'altro giorno ho visto Jeremy Smith.» Lily irrigidì la mascella, il viso una maschera d'indifferenza, mentre il sangue le si gelava nelle vene.
«Gli ho detto che presto avremmo avuto te e la tua famiglia a cena. Lui mi ha chiesto di porgerti i suoi saluti.» Lily abbassò gli occhi, non volendo più incrociare lo sguardo di Scorpius, temendo che lui potesse leggervi qualcosa.
Jeremy Smith, figlio di Zachary Smith, sesto anno, Serpeverde. Un brivido gelido corse lungo la spina dorsale di Lily; tentò di farsi forza, conficcandosi le unghie nei palmi delle mani.
«Ricambia il saluto, se puoi», fu tutto quello che riuscì a sussurrare. Non capiva se Scorpius fosse preoccupato per la sua reazione o reso scettico dalla sua risposta.
«Ci vediamo a settembre.» La presa sul braccio di Lily svanì. Lo avvertì allontanarsi, e presto rimase sola, nel cortile, il vento che le scompigliava i capelli e lo stesso vuoto nel petto di sempre e che non riusciva mai a colmare.
Quando tornò in sala, i bardi avevano smesso di suonare, e di Scorpius Malfoy non c'era più traccia, così come di Trystane Zabini.
Ci vediamo a settembre.
«Ci conto», mormorò Lily.


Angolo Autrice
Innanzitutto mi scuso per il tremendo ritardo, dovuto a cause maggiori - ovvero, quelli dell'infostrada mi hanno tolto la connessione senza tante cerimonie, dicendo che ci sono in corsi dei lavori (?) e non so per quanto andranno avanti. Ma sono riuscita ad ottenere un'altra connessione, quindi eccomi qui. Durante questo periodo senza internet ho scritto parecchi capitoli; in questo modo i prossimi aggiornamenti non dovrebbero tardare troppo. Non vi ruberò altro tempo, visto che il capitolo è piuttosto corposo, ma vi ringrazio comunque per le bellissime recensioni. Davvero, per me vogliono dire molto. :)
Sperando che questo capitolo non faccia troppo schifo - l'ho riletto mille volte, ma perdonatemi se notate degli errori che mi sono sfuggiti -, alla prossima!

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Beneath our Skin


Capitolo 2
Il sorriso di Scorpius Malfoy era affilato come una lama, quando Lily gli si sedette a fianco sul treno diretto ad Hogwarts.
«Sei venuta, dunque.» Il sorriso si allargò.
«Ne dubitavi?» Lily lanciò occhiate incerte agli altri occupanti dello scompartimento, chiedendosi se fossero amici di Scorpius e Trystane o, semplicemente, non avessero trovato altri posti liberi. Avvertiva gli occhi grigi di Scorpius su di sè, i loro gomiti e le loro gambe che si sfioravano. Chinò il capo, fissandosi le mani raccolte in grembo, il sangue che le affluiva alle guance.
«Non fate i maleducati, voi due, e presentateci a Lily.» Era stata Morgaine Vypren a parlare; Lily alzò lo sguardo, piacevolmente sorpresa dal suo tono amichevole. Gli occhi di lei erano verdi, un perfetto accostamento cromatico con i colori del suo cravattino da Serpeverde. A giudicare dal tono che aveva usato, Morgaine, Scorpius e Trystane erano da tempo in confidenza e, probabilmente, anche il gemello di Morgaine, Edric, era amico dei due cugini. A prima vista, Lily aveva dato per scontato che fossero parenti, anni prima; solo in seguito aveva scoperto che erano gemelli, ma non l'avrebbe mai detto, poiché le loro somiglianze fisiche si fermavano al colore dei capelli, bruni, di tendenza mossa, e a quello degli occhi, verde chiaro, lievemente tendenti al nocciola, oltre che un colorito latteo della pelle che entrambi possedevano. Per il resto, i tratti dei loro visi erano differenti.
Nè Scorpius nè Trystane parevano intenzionati a presentare chicchessia; Morgaine sbuffò, rassegnata, ma Edric rimase impassibile, continuando ad osservare il paesaggio che scorreva fuori dal finestrino.
«Io sono Morgaine.» Allungò il braccio per stringere la mano di Lily, che era seduta di fronte al fratello; Lily si protese in avanti per afferrarla, e la stretta di Morgaine fu leggera e la sua pelle era fresca.
«Edric.» Edric si presentò con fredda cortesia, seguendo l'esempio di sua sorella, ma senza disturbarsi a porgere alcuna mano. Si scostò i riccioli bruni dagli occhi, puntati su Lily, che distolse immediatamente lo sguardo dal suo viso, a disagio.
I modi gentili di Morgaine finirono inevitabilmente per istillare del sospetto in lei. O, forse, si stava comportando in una maniera eccessivamente paranoica; era così poco abituata ad avere attorno persone che volevano esserle amiche, che le pareva irreale perfino condividere lo scompartimento con qualcuno che non era della sua famiglia.
«Non avete risposto alle mie lettere, Vypren. Pretendo delle spiegazioni.» Trystane, accusatorio, puntò un dito in direzione dei due gemelli, fingendosi offeso.
«Non te l'ho detto, Trystane? Edric non ti ha risposto perché era impegnato a prendere lezioni di danza dal maestro di sua sorella», rivelò Scorpius, ghignando. Edric lo fulminò con lo sguardo: «Tappati quella fogna, Scorpius», borbottò scontroso, strascicando un piede per terra con aria imbarazzata. Morgaine scoppiò a ridere, confermando la veridicità delle parole di Scorpius, e Trystane la seguì a ruota. Lily preferì rimanere in silenzio, mordicchiandosi il labbro inferiore, senza ben sapere come comportarsi, provando un imbarazzo addirittura superiore a quello di Edric. Lei non apparteneva a quel gruppo. Lei non apparteneva a niente, e non faceva parte di nulla. Meditò se fosse una buona idea alzarsi e andare a cercare Hugo. Ma con un timing impeccabile, Scorpius parve capire esattamente cosa le stava passando per la mente.
«Hai ragione di restare qui quanta ne hanno loro», le sussurrò all'orecchio, facendola sussultare appena. Le sue labbra erano fredde. «E se vuoi iniziare a farti rispettare, non stare sempre in silenzio come una sciocca che non sa come inserirsi in una conversazione. Dì qualcosa. Tira fuori un po' di veleno.»
«Grazie per la non richiesta perla di saggezza», replicò Lily sottovoce, sarcastica, guardandolo storto.
«Ecco, così va già meglio.» Scorpius sfoderò il suo sorriso-lama e fece per voltarsi quando Trystane esclamò, malizioso: «Che ci facevate voi due così vicini?»
«Parlavamo.» Scorpius si strinse nelle spalle, rilassato. Morgaine sollevò il capo da un vecchio tomo che aveva tirato fuori dalla sua borsa e osservò la scena, gli occhi verdi che scintillavano. Edric era tornato alla sua occupazione precedente, ovvero fissare il paesaggio.
«Strano. Io di solito non parlo a qualcuno con la faccia così vicina alla sua. Perché non vieni qua e parliamo anche noi, Scorpius?» Per tutta risposta, Scorpius gli fece un gestaccio.
«Forse tu non parli così a qualcuno perché essere talmente vicini alla tua, di faccia, si rivelerebbe un'esperienza alquanto traumatizzante.» Lily aveva sfoderato un tono soffice, ma il suo sorriso era affilato quanto quello di Scorpius. Edric la occhieggiò sorpreso, e Morgaine rise sotto i baffi da dietro al suo libro. Quanto a Trystane, boccheggiò, stupito, ma quando si riprese disse, divertito: «Toush.»
«E' touché, Trystane, non toush.»
«Lo sai che ho saltato tutte le lezioni estive di francese a casa tua. Non pretendere troppo.»
Ma Trystane, ormai, non godeva più dell'attenzione di Scorpius, completamente risucchiata da Lily. Giunsero ad Hogwarts un'ora più tardi, durante la quale Morgaine raccontò loro di un sogno che aveva fatto la notte prima.
«Sono su una torre spezzata, e osservo il cielo tingersi del rosso del tramonto. Stormi di cormi volano bassi, per poi scendere a banchettare sull'erba bagnata di rugiada. E poi, improvvisamente, mi trovo in un castello, e c'è un ballo. Indosso il mio vestito migliore, ma quando un ragazzo biondo giunge e mi parla, affabile, sollevo le mie gonne e scappo. Corro a perdifiato, da una sala all'altra, ma sento che lui mi troverà comunque. Sa qualcosa su di me.» Lo sguardo di Morgaine era lontano, perso. Lily la capiva. I suoi sogni, la maggior parte delle volte, si tramutavano in terribili incubi; ricordava ancora l'ultimo, impresso a fuoco nella sua mente. Il ragazzo le aveva posato le mani sulle spalle, e le sue dita avevano scavato nella sua pelle. Le sue parole erano dolci, a differenza dei suoi modi, il suo tono suadente. Ma qualcosa, in quello che Lily - era davvero lei? Aveva vissuto quel sogno semplicemente da esterna, prima, eppure ora si ritrovava a viverlo in prima persona; una prospettiva terrificante - aveva mormorato lo aveva fatto adirare. I suoi occhi avevano mandato lampi, la stretta sulle spalle di lei era aumentata a ogni secondo che passava, diventando sempre più dolorosa. Lily aveva tentato di divincolarsi, la vista appannata da quelle che, si rese conto solo dopo, erano lacrime...
E poi si era svegliata. «Io li odio, i sogni», affermò, senza esitazioni. Morgaine voltò il capo nella sua direzione, l'accenno di un sorriso ad incurvarle le labbra.
«Si dice che i sogni siano il nostro subconscio che tenta di rivelarci qualcosa, o rielabora i nostri desideri più reconditi, o ripesca le nostre fantasie più bizzarre. Talvolta, i sogni possono essere perfino una finestra aperta sul nostro futuro. O almeno, è qualcosa che la professoressa Cooman è ben felice di sostenere.»
-

Scesero dalle carrozze che la sera era insolitamente fredda, per essere solo il primo di settembre. Il vento era secco e tagliente, e alzava la polvere della giornata, trascinando foglie morte sul selciato. Albus, tra la folla, le aveva sorriso, e Hugo l'aveva salutata allegramente con la mano, così come Rose, gli altri suoi cugini e i gemelli Scamander, Lorcan e Lysander, che solo Molly Weasley pareva essere in grado di distinguere, ad Hogwarts. Ma la mancanza di James si sentiva, così come quella di Dominique, la sua cugina preferita. Dominique aveva terminato Hogwarts l'anno prima, come suo fratello maggiore, e adesso avrebbe avuto occasione di vederla solo durante le uscite ad Hogsmeade. Era felice per Dominique, però; aveva realizzato il suo sogno e si era trasferita in Francia, sebbene lei giurasse fosse solo una cosa momentanea. Là, era entrata in una squadra di Quidditch femminile; tutti avevano sempre ritenuto che le donne Delacour non sarebbero mai riuscite a destreggiarsi su un manico di scopa, ma Dominique era stata l'eccezione, e Lily era fiera di lei quasi fosse sua madre.
«Voi li vedete, ragazzi? I Thestral, intendo. Quelli che trainano le carrozze.» Trystane li guardò uno ad uno, curioso, mentre procedevano fianco a fianco alla volta del castello. Alle sue parole, i bei tratti aristocratici di Morgaine si irrigidirono, e la luce che animava gli occhi di Edric diventò ancora più gelida.
«Io li vedo.» Ed era l'unico. Sua sorella gli strinse il braccio, comprensiva, mentre Edric procedeva a capo chino. «Ho visto mia madre.»
«Non lo sapevo», mormorò Scorpius, con tono dispiaciuto. Morgaine sembrava a disagio quanto Trystane, che farfugliò un flebile "scusa", fissandosi i piedi. Edric scosse il capo.
«Non importa. Non l'ho mai raccontato a nessuno, eccetto Morgaine e il lord nostro padre.»
«Il lord?», si arrischiò a chiedere Lily, confusa. Non aveva idea che esistessero ancora dei lord, soprattutto fra i maghi. Probabilmente era un Babbano.
«Già.» I sorrisi sui volti dei due gemelli erano deboli, stanchi. «Il lord burattinaio.» Edric non aggiunse altro, nè altro gli venne domandato.

-

Lo Smistamento era terminato quando finalmente i piatti furono magicamente riempiti. Stretta fra Scorpius e Morgaine, Lily si servì di zucca speziata e trota in crosta di polvere di mandorle. Quell'anno, confermarono in molti, gli elfi domestici avevano sfruttato al massimo le loro abilità culinarie; da quando Steffon Norcross, nuovo professore di Trasfigurazione, aveva iniziato a ricoprire la carica di preside, in sostituzione di Minerva McGrannitt, ormai in pensione da due anni, tutto ad Hogwarts era "salito di qualità", come l'uomo si ostinava a ripetere. Era un tipo gioviale, sui quarantacinque, sebbene, quando non era semplicemente Steffon ma il professor Nocross, diventasse piuttosto inflessibile e particolarmente severo. L'anno prima, su richiesta dei suoi studenti, aveva organizzato addirittura un ballo di Natale. Lily non aveva avuto modo di parteciparci perché non era in età; se l'avesse invitata qualche studente più grande, però, avrebbe potuto andarci, ma sfortunatamente non aveva ricevuto alcuna sorta di invito.
«Ti piacerebbe venire a casa mia qualche volta, Lily?» Il sorriso di Morgaine era così luminoso e gentile che Lily non poté far altro che annuire e lasciarla parlare. Si sentiva intimidita, in presenza di quella ragazza di due anni più grande, ma, allo stesso tempo, era affascinata dai suoi modi di fare - tutto con un'impeccabile grazia, parole cortesi e un portamento da signora. Non che ciò la stupisse: suo padre era un lord, e, alla sua morte, Edric lo sarebbe diventato a sua volta. Sicuramente aveva preso miriadi di lezioni su come comportarsi con la gente.
«Credo che ti piacerebbe, anche se, ovviamente, ci conosciamo da così poco che non posso esserne sicura. Ma vedrai, sono sicura che apprezzerai. I nostri giardini sono sempre in fiore, perfino d'inverno, poiché mia madre, quando era in vita, fece coltivare delle rose invernali. Sono blu, Lily. E profumano più di tutte le altre. D'estate, io e mio fratello passiamo i nostri pomeriggi in cortili ombreggiati, a prendere lezioni da parte di insegnanti che ci rifila nostro padre, oppure nei boschi a praticare la caccia con il falcone. E di sera, ospitiamo sempre violinisti, arpisti, pifferai e bardi magici.»
Lily la invidiò, e sognò di vivere la sua vita; come sarebbe stato, essere figlia di un lord, vivere in un posto così splendido ed essere rispettata, a scuola? Abbassò gli occhi azzurro chiaro, ciocche di capelli rossi a coprirle la visuale, e prese a fissarsi le mani pallide, strette in grembo.
«Mi piacerebbe tantissimo, ma... Perché sei così gentile con me?»
Il sorriso di Morgaine fu delicato. «Ti faccio io una domanda: perché non dovrei esserlo? Ammetto che, anche se non mi stessi in simpatia, ti tratterei con comunque con gentilezza, perché...»
«E' dietro la cortesia e un aspetto innocente che si nasconde il vero pericolo», completò Lily, annuendo. Morgaine parve sorpresa, ma poi annuì a sua volta.
«Esattamente come la penso io. Ma vedi, Lily, tu non mi sei antipatica. Tutti abbiamo bisogno di un'amica, no?» I suoi occhi verdi si illuminarono d'incertezza, e Lily percepì la richiesta dietro le sue parole. Sarebbero potute diventare amiche? Lily non era persona da migliore amica, con cui scambiare pettegolezzi, ridacchiare assieme a lezione, passare lunghe ore a parlare o a sussurrarsi segreti. Lily non ci sapeva fare, con le amiche. Ma Merlino sapeva quanto ne avesse bisogno, anche di una sola, e Morgaine poteva andare più che bene.
«Sono d'accordo.» Sfoderò un'espressione entusiasta; ma poi il suo sguardo cadde su Jeremy Smith, seduto poco lontano da Morgaine, e il suo sorriso fu ben presto spento. Ricordati di ciò che ti ho detto, mimarono le sue labbra, quasi femminee, per appartenere ad un ragazzo. Le ghignò in faccia, maligno, e poi tornò a conversare con Tytos Goyle, il suo leccapiedi preferito, la cui corporatura ricordava vagamente le forme di un grosso masso con le gambe. Lily trattenne il respiro, come se delle mani gelide le stessero artigliando la pancia dall'interno.
«Tutto bene?» Morgaine aggrottò le sopracciglia, perplessa dal suo repentineo cambio d'umore. Ma Scorpius era riuscito a cogliere lo scambio di sguardi fra lei e Jeremy; posò coltello e forchetta ai lati del suo piatto e, da sotto il tavolo, strinse il polso di Lily per attirare la sua attenzione.
«Qualcosa che non va?», gli chiese Lily, con tutta la disinvoltura che riuscì a trovare.
«Ma pensa. Era quello che stavo per chiedere io a te.» Lily si esibì in un sorriso così finto che nemmeno Tytos Goyle, dall'alto della sua immensa idiozia, avrebbe preso sul serio. Scorpius la scrutò con gelida indifferenza, nascondendo la sua irritazione, mentre lo sguardo di Jeremy le perforava la schiena. Se solo la cena fosse finita, avrebbe potuto scattare in piedi e scappare nel suo dormitorio a gambe elevate. Condivideva la stanza con Cecyle Uquhart, l'unica Serpeverde del suo anno, oltre lei. Avevano stretto un silenzioso patto: mai rivolgersi la parola o disturbarsi a vicenda, se volevano una convivenza pacifica. Lily si era abituata alla situazione piuttosto in fretta. In effetti, preferiva Cecyle da zitta. Nella Sala Comune di Serpeverde si mormorava che avesse una cotta per Jeremy Smith duratura di anni; se mai Lily l'avesse sentita parlare di lui e riempirlo di complimenti in sua presenza, non si sarebbe trattenuta da lanciarle una fattura.
Per sua profonda disperazione, il professor Norcross li fece alzare in piedi per cantare tutti assieme una delle sue canzoni preferite su Hogwarts. A braccia alzate, e con la bacchetta ben stretta in pugno, che ogni tanto agitava con aria ispirata, facendone scaturire scintille dalla punta, fece sgolare i suoi studenti per dieci minuti buoni. Lily intonò il ritornello, "Dietro è la casa, davanti a noi Hogwarts e il mondo! E ci vogliamo andare! E ci vogliamo andare!", nello stesso tono con cui avrebbe intonato una marcia funebre, seguita da Scorpius, che pareva perfino imbarazzato di ritrovarsi a cantare una canzone del genere. Edric rimase zitto, rifiutandosi addirittura di alzarsi in piedi nonostante gli incoraggiamenti da parte di Trystane, che, al contrario, mancava poco che urlasse le strofe, entusiasmato. Morgaine canticchiò a bassa voce, distratta. Quando il professor Norcross concesse loro di prendere congedo e ritirarsi nei loro dormitori, Lily emise un sospiro di sollievo, tenendo lo sguardo ostinatamente lontano dalla figura di Jeremy. Fece per allontanarsi con Scorpius e Morgaine, quando lui la placcò. Sorrise affabilmente in direzione di Scorpius, e tese un braccio a Lily.
«Posso rubarti un attimo Lily, Scorpius?», domandò, mellifluo. Lily deglutì, sperando che Scorpius rispondesse di no, che rifiutasse. La sola idea di prendere a braccetto Jeremy la nauseava.
«Non me la ruberai, Smith, per il semplice fatto che non vedo come Lily sia mia o come possa decidere con chi deve o non deve parlare o andare. Quindi fa' un po' come ti pare.» Scorpius li superò senza aggiungere altro, facendo cenno a Morgaine di seguirlo. Morgaine sorrise cortese sia in direzione di Lily che di Jeremy, lasciandoli soli. Quando Jeremy le afferrò il braccio per stringerlo sotto al suo, Lily decise di non ritrarsi al suo tocco. Sapeva che l'avrebbe fatto adirare. Fianco a fianco, proseguirono verso i sotterranei; quando fu certo che non ci fosse nessuno nelle vicinanze, Jeremy si fermò. Lily si impose di apparire rilassata. Jeremy Smith sapeva fiutare il puzzo della paura come un segugio.
«Ma quali graziosi amici hai, ora.» Le prese il mento fra le dita, accarezzandole la guancia con un pollice. Lily non replicò, stringendo i pugni rabbiosamente, ma nessuna emozione passò sul suo viso; in presenza di Jeremy, era diventata particolarmente esperta a trasformarlo in una maschera d'indifferenza.
«Che cosa ti ho detto riguardo agli amici?»
«Proprio non rammento», sibilò Lily, cercando di non mostrare il dolore che la stretta crudele di Jeremy sul suo mento le procurava. Gli occhi di lui cominciarono a mandare lampi pericolosi; Lily si pentì della sua audacia e si morse con forza la lingua, pregando che non si infuriasse troppo.
«Farai bene a ricordare, invece. Tu non vuoi che accidentalmente vengano a sapere d-»
«No», sbottò Lily, interrompendolo. Nessuno doveva sapere. Neanche Jeremy Smith avrebbe dovuto sapere. Ma era decisamente troppo tardi per fare qualcosa a riguardo. Magari un incantesimo della Memoria, se solo avesse saputo farne uno, o conoscesse qualcuno in grado di farlo al posto suo...
«Allora perfetto. Stagli alla larga, se non vuoi che, disgraziatamente, qualcosa esca dalla mia bocca. Sarebbe molto triste vedere come iniziarebbero a trattarti se sapessero, no?»
«Sarebbe tristissimo, sì.» Lily abbassò gli occhi, ricacciando indietro le lacrime che minacciavano di strabordare. Più volte aveva domandato a Jeremy perché si comportasse così, e, tutte le volte, la risposta era stata la stessa: "Mi diverte. Forse, un giorno, capirai anche tu quanto può essere divertente avere gli altri in pugno, e sapere di avere la possibilità di rigirarteli a tuo piacere."
«Sorridi.» Era un ordine, impartito con tono inflessibile. «Sei più graziosa quando lo fai.»
E Lily sorrise. E' dietro la cortesia e un aspetto innocente che si nasconde il vero pericolo. E per ora sarà questa la mia salvezza.


-

Le ombre del pomeriggio erano lunghe e scure, quando incontrò Hugo in uno dei tanti cortiletti interni di Hogwarts. Era seduto su un muretto di pietra basso, le ginocchia raccolte davanti al petto, e si stava mangiucchiando le unghie con aria assente, abitudine - o, per meglio dire, vizio - che aveva sin da quando era bambino. Lily lo raggiunse a passo felpato, e allargò le falde del suo manello per sederglisi accanto.
«Non ti sento mai arrivare.» Hugo le concesse un sorriso, grattandosi il naso ricoperto di efelidi. I suoi occhi erano della stessa tonalità di marrone di quelli di sua madre, Hermione, e caldi. Lily gli sorrise a sua volta.
«Volevo darti una cosa.» E, da una tasca, tirò fuori la Mappa del Malandrino. Sia quella che il Mantello dell'Invisibilità erano diventati di sua proprietà, visto che James non frequentava più Hogwarts e Albus aveva dichiarato di non aver intenzione di possedere nè l'uno nè l'altra. Lily non aveva di certo perso quell'occasione, e si era accaparrata entrambi. «Ci ho riflettuto, da quando mi hai raccontato quanto avresti voluto diventare Prefetto, di come ti dispiacesse non aver ottenuto quella carica, e... Non lo faccio per compassione. Lo faccio perché mi sembra giusto. Adesso i Malandrini siamo noi due, ed è giusto che ciascuno di noi abbia una parte del bottino, no?» Gli fece l'occhiolino. Hugo osservava la Mappa, incredulo; poi guardò Lily.
«Ne sei sicura?» Scacciò una ciocca di lisci capelli rossi dagli occhi. «Voglio dire, è un regalo bellissimo, ma... Non è più giusto che appartenga a te, a una Potter?»
«Io voglio che sia tua. Quindi, prendila», gli disse Lily, autoritaria, con espressione solenne. Hugo ridacchiò.
«D'accordo, sergente. Giuro solennemente di non farne buon uso.» Intascò la Mappa, allegro. «Sai, pensavo che ora che hai i tuoi nuovi amici Serpeverde ti saresti dimenticata di me.»
«Mai», promise Lily, seria. «A proposito, ti va di andare a rubare dalle scorte di Lumacorno? Sai quanto diventa divertente quando non trova più gli ingredienti per le sue pozioni e si dispera torturandosi i suoi baffoni da tricheco.»
Ridenti, i mantelli neri che si gonfiavano al vento, Hugo e Lily rientrarono correndo nel castello.

-

«Forza, entra.» Morgaine Vypren le tenne la porta della sua camera aperta, e Lily sgusciò all'interno. Ricordava la promessa che aveva fatto a Jeremy, certo. Ma quello che Jeremy non vedeva, non sapeva; di conseguenza, non poteva ferirla.
Morgaine, in quanto a compagne di stanza, aveva avuto una sfortuna ancora maggiore della sua; non perché fosse capitata con qualche tipa particolarmente antipatica, ma perché, di compagne di stanza, non ne aveva neppure una.
«O meglio, ce l'avevo», le confidò Morgaine. «Elynor Goyle, la sorella maggiore di Tytos. Ma ha dovuto ripetere l'anno, quindi le hanno cambiato stanza.» Fece spallucce. «Non era poi di grande compagnia.»
Ma Lily non riusciva ad addormentarsi se non udiva almeno un altro respiro nella stanza. Era per questo che, quando tornava a casa per le vacanze, iniziava a soffrire d'insonnia. Per quanto ingollasse una camomilla dopo l'altra, prima di recarsi a letto, gli occhi rimanevano ostinatamente aperti per ore.
La stanza di Morgaine era grande quanto tutte le altre presenti nei dormitori di Serpeverde, sebbene apparisse molto più spaziosa, a causa della presenza di un solo letto. Per colmare i vari vuoti, Morgaine aveva collocato una grossa specchiera sulla parete destra, e aveva spostato l'armadio su quella sinistra. Al centro, vi era il classico letto a baldacchino, con le tipiche tende verdi da Serpeverde, e il comodino.
«Vieni», la chiamò Morgaine, sorridente. «Posso acconciarti i capelli, se ti va. Sono così belli. Prometto di non fare danni.»
«Tranquilla, non sei costretta...», mormorò Lily, imbarazzata, mordicchiandosi il labbro, ma Morgaine non le prestava più ascolto. La fece accomodare davanti alla specchiera senza tante cerimonie, e le posò le mani sulle spalle. Fissarono entrambe i rispettivi riflessi nei vari specchi, prima che Lily chinasse il capo, sentendosi improvvisamente sciatta a confronto di Morgaine.
«Se tu non sei la prima ad apprezzarti o ad essere sicura di te, come faranno ad esserlo gli altri?» Morgaine parve aver intuito i suoi pensieri. Lily si chiese come facesse ad essere un libro aperto per tutti.
«Prima imparerai a conoscere i tuoi pregi, e ad accettare i tuoi difetti, prima riuscirai a farti rispettare, poiché sarai sicura di te, e per quanto gli altri ti rinfaccieranno i tuoi limiti, o le tue debolezze, o le cose che secondo loro non vanno in te, tu non ti sentirai ferita, perché lo saprai già, e perché avrai imparato ad accettare tutto ciò per quello che è, cioè una parte di te.»
«Insegnami.» Lily si voltò, guardando Morgaine dritto nei suoi occhi verdi, e non tramite il suo riflesso nello specchio. «Per anni ho permesso agli altri di calpestarmi, ma... Sono stufa, ora. Voglio essere una vera Serpeverde anch'io, come te, e Scorpius, e gli altri, e imparare ad accettarmi, finalmente. Mio fratello James continua a sostenere che questa casa non faccia per me, che il Cappello si sia sbagliato durante lo Smistamento. Ma io voglio appartenerci, a Serpeverde. Voglio appartenere a qualcosa.» Il suo tono era stato quasi implorante. Ti prego, Morgaine. E' l'unica cosa che abbia mai davvero voluto.
«Tuo fratello è uno sciocco», dichiarò Morgaine. «Ha tormentato Scorpius con i suoi stupidi pregiudizi per anni. Ed ha torto riguardo a te. E riguardo a tutti noi. Quando vieni trattato da feccia, è ovvio che ti tramuti in qualcuno pieno di amarezza e rancore. E' per questo che i Serpeverde sembrano covare una tale antipatia per le altre case. Perché loro per prime ci hanno disprezzato. Come se le pecore nere le avessimo solo noi.» Morgaine fece voltare Lily con gentilezza, prendendo ad armeggiare con i suoi lunghi, mossi capelli rossi. «Ovvio che potrò insegnarti, Lily. Il punto è: lo farò? Probabilmente sì. Alla fine dell'anno, vedremo quanto il Cappello Parlante si è sbagliato, con il tuo Smistamento.» La speranza si accese in Lily, mentre le mani di Morgaine, leggere e delicate, lavoravano veloci.
«Sai, quando eravamo piccoli, costringevo Edric ad indossare i miei abiti. Volevo fingesse che fosse la mia gemella.» Il sorriso di Morgaine fu enigmatico. «Vedrai, Lily. Sarai la sorella che non ho mai avuto.»

-

Si ritrovarono in un'aula vuota, come se tutto andasse fatto clandestinamente. A giudicare dalla polvere che si sollevò quando osarono sedersi, schiena contro schiena, sulla scrivania, doveva essere in disuso da anni. La luce riusciva ad entrare tramite delle finestrelle a mezzaluna che partivano dal pavimento e raggiungevano a malapena i due quinti della parete; i banchi erano stati accatastati alla rinfusa contro le pareti, e l'ambiente puzzava di chiuso. Ma andava bene lo stesso.
«Ho litigato di nuovo, oggi», esordì Scorpius, strofinandosi gli occhi con le dita, stancamente. Lily inarcò un sopracciglio, lanciandogli un'occhiata da sopra la spalla.
«Con chi, questa volta?»
«Non ne ho la più pallida idea, il che rende la faccenda ancora più ridicola. So solo che era un Corvonero.»
«Che cosa ti ha detto?», chiese, cauta. Non era sicura di volerlo sapere.
«Inizialmente, nulla. Io e Trystane siamo capitati per quel corridoio giusto quando stava parlando di mio padre, che è un collega di lavoro del suo, a quanto dice. Ha avuto sfortuna. Nessuno oserebbe parlare così sapendomi nei paraggi.» Scorpius strinse i denti. Lily comprese che di certo non erano elogi quelli che stava rivolgendo a Draco Malfoy, o Scorpius non avrebbe di certo iniziato il litigio.
«E' divertente, sai.» Scorpius rise, piano, una risata bassa e strana, che la fece rabbrividire come il suono di mille unghie sulla lavagna. «Voleva starmi alla larga come se fossi davvero un Mangiamorte. Ho alzato la manica del braccio destro, chiedendogli se per caso riusciva a vedere un fottuto Marchio Nero, lui.» Rimase in silenzio per un lungo, interminabile momento. «Ha detto che, anche se non lo vedeva, era come se ci fosse.»
Lily si voltò, sfiorandogli la spalla con le dita, incerta. Lui non la guardava, preferendo fissare il pavimento, gli occhi grigi più freddi del normale.
«Non è la prima volta che succede. Eppure, fa male lo stesso.» Alzò lo sguardo. «Sono uno stupido. Sei libera di dirmelo.»
«No che non lo sei», replicò Lily, con fermezza, scendendo dalla scrivania di noce. La sua gonna era tutta impolverata. «Tu... Io credo che tu sia forte. Riesci a camminare a testa alta nonostante tutte le sentenze che la gente ti sputa addosso. Non è da tutti.» Non è da me.
«Forte?», ripeté Scorpius, sprezzante. «Menomale che sei stata tu a beccarmi piangere in un bagno.»
«E da quando piangere è un segno di debolezza?», ribatté Lily, sferzante. «Se lo fosse, saremmo tutti dei deboli. Noi abbiamo bisogno di piangere. C'è solo chi preferisce farlo lontano dagli altri, in modo che nessuno lo sappia. Come te.»
Consolare le persone non era mai rientrato fra i suoi talenti; in realtà, era un vero e proprio disastro in quell'ambito. Così, di solito, si limitava a lievi pacche sulla spalla, sperando che bastasse, per poi battere in fretta ritirata. Ma con Scorpius, evitò le pacche e gli sorrise mestamente, guardandolo da sotto le lunghe ciglia. A sorpresa, Scorpius ricambiò, seppur debolmente.
«Com'è? Essere una Potter, voglio dire.»
Lily sospirò, abbassando il capo. «La mia è una prigionia dorata.» Scorpius non rispose, il che la spinse a continuare, con tono sommesso. «Apparentemente, ho tutto ciò che si possa desiderare. Una bella famigliola, composta da dei fratelli adorabili e dei genitori che mi vogliono bene, di cui uno è il salvatore del Mondo Magico, mentre l'altra è tutto quello che gli altri pensano io aspiri a diventare.» La sua voce si spezzò. Si morse forte il labbro inferiore, poi proseguì: «"Hai i capelli rossi come Ginny, tua madre". "Hai lo stesso carattere di Ginny, tua madre". "Dovresti giocare a Quidditch, come Ginny, tua madre". Io non voglio essere come lei. Le voglio bene, certo. Ma qual è stato il suo più grande successo? Indovinato. Sposare il grande Harry Potter.» Scorpius la ascoltava, attento, una mano a sorreggersi il mento. I suoi occhi non la abbandonarono neppure per un secondo. «No. Io non voglio brillare di luce riflessa. La cosa triste in tutto ciò, però, è che so che è quello che succederà. So già come andrà la mia vita, capisci? Probabilmente finirò per sposare un impiegato del Ministero, un ragazzo perbene, quello che non vedi l'ora di presentare ai tuoi genitori. Io mi troverò uno stupido lavoretto, ma il mio compito più importante sarà dare a lui dei figli e ai miei dei nipoti. Scommetto che non vedono l'ora.» Strinse i denti, chiedendosi se avesse parlato troppo, senza riuscire ad incrociare lo sguardo di Scorpius. Non aveva mai scoperto le sue carte a quella maniera, con nessuno. Nè con Hugo, nè con Dominique, nè con Albus o James. I sentimenti, Lily se li era tenuti sempre per sè, soffocandoli, impedendo agli altri di sapere quello che provava. Era solo questione di tempo: sapeva che, da un momento all'altro, l'esplosione sarebbe giunta. E tutto sarebbe venuto a galla.
Scorpius si schiarì la gola. «Stupiscili, allora. Spiazzali.» Scese dalla scrivania per raggiungerla. «Se sai di essere destinata a qualcosa di più di quella vita grigia di cui mi parlavi prima.»
«Da bambina», spiegò Lily, colpita da un improvviso ricordo, «Sognavo di fuggire. Fuggire nei boschi. Là, avrei incontrato un arciere dall'oriente, che mi avrebbe insegnato a tirare con l'arco. Poi ci saremmo uniti ad una banda di fuorilegge, e avremmo cavalcato su cavalli neri come la notte, vivendo perfettamente senza l'ausilio della magia.» Ridacchiò al ricordo.
Anche Scorpius parve divertito. «Avevi davvero della fantasia. Il massimo che io abbia sognato, da piccolo, era volare sulla mia scopa fino a raggiungere una stella, rubarla e riportarla a terra per mia madre.» Si fece nuovamente serio. «Ma tu lo sogni ancora, di fuggire.»
«E' vero; ma, allo stesso tempo, mi spaventa. Sai, in un certo senso, anche il solo sostare in uno spazio particolarmente aperto, come la Foresta Proibita, mi mette a disagio. Ne apprezzo il fascino, ma mi sento così piccola, in confronto. Così persa.» Aggrottò la fronte pallida. «Se fossi una dea della mitologia greca, allora sarei Persefone. Lei abitava in una città del sottosuolo. Sarebbe l'ideale, per me. Non che credo tu sappia di cosa sto parlando.» Lei sapeva tutte quelle cose sulla mitologia greca grazie ad Al.
Scorpius era confuso. «No, infatti. Magari, un giorno, mi dirai che dio sarei io. E Trystane: penso che gli piacerebbe.»
«Sei sollevato che James abbia terminato Hogwarts? Almeno non sei costretto a vedere la sua faccia ogni giorno», disse Lily, dopo qualche attimo di silenzio, in mancanza di qualcosa d'altro di cui poter parlare.
«Hai ragione, non ho mai provato sollievo più grande. Avere tuo fratello fra i piedi era come ritrovarsi della sabbia nelle mutande: assolutamente irritante. Peccato che ora me ne ritrovo altri mille come lui.» Sospirò teatralmente. «A proposito, hai notizie di lui? L'ultima volta che l'ho sentito era ancora lì a lamentarsi col Cappello Parlante, deciso a non rassegnarsi all'idea di avere la sua povera sorellina nella casa dei fetenti Serpeverde.»
«Non ricordarmelo!», esclamò Lily, ancora scioccata al ricordo. «L'anno scorso è riuscito ad infiltrarsi nell'ufficio del preside per parlare al Cappello. Me l'ha detto dopo. Stava quasi per prenderlo e lacerarlo quando il professor Norcross l'ha mandato via a calci.» Scosse il capo. «Quando si mette una cosa in testa, James è difficile da dissuadere. E' testardo come un mulo, e la sua impulsività lo porta a fare una miriade di sciocchezze. Ma credo che ora si stia mettendo la testa a posto. Lavora ai Tiri Vispi Weasley con nostro zio George.»
Scorpius stava ridendo. «Merlino, non ci credo. E io che l'avevo detta per scherzo, quella cosa del Cappello Parlante. Poveretto. Ora capisco perché la sua canzone, quest'anno, non era delle migliori: il tuo dolce fratello l'ha traumatizzato.»
«Mi chiedo quando lo accetterà», mormorò Lily, riferendosi a James. Scorpius capì di cosa stava parlando. Le prese una mano, facendogliela voltare dal lato del palmo. Con un dito, iniziò a disegnarci sopra piccoli cerchi invisibili.
«Vuoi sapere la risposta, Lily? Allora devo raccontarti del serpente. Dimmi, cos'è un serpente senza il suo veleno? E' tutta apparenza, tutto fumo e niente arrosto. Spaventa la gente per il suo aspetto, spaventa la gente perché è un serpente, e basta quello a tenere gli altri alla larga. Può essere comunque pericoloso, certo... Ci sono i morsi, ma tutto dipende dalla sua lunghezza, dalla razza... Ma non è questo il punto. Il serpente è al massimo del suo potenziale quando ha il veleno. Un morso, e uno di loro può ucciderti.» Sollevò lo sguardo, incrociando gli occhi azzurro chiaro di Lily. E sorrise, quel suo sorriso affilato, pericoloso. «E ora, finalmente, giungiamo alla nostra risposta. Tu, Lily, sei il serpente senza veleno. Tutti ti sussurrano alle spalle, ti stanno alla larga, ti disprezzano, perfino - ma non per il tuo carattere, per carità, quello è adorabile, ci mancherebbe, e hai un aspetto talmente grazioso - ma perché sei una Serpeverde, ed è questo il trattamento che spetta a noi della casa di Salazar.» La sua voce era soffice, come quella di Lily, sul treno, quando aveva sbeffeggiato Trystane. «Dopo la guerra, tutti si proclamano amore a vicenda, e, ad Hogwarts, si inneggia l'amicizia fra tutti gli studenti. I pregiudizi? Apparentemente non esistono più. Apparentemente, nessuna casa è più favorita delle altre. Ma realmente, noi continuiamo ad essere bistrattati. Un po' come i Tassorosso: agli occhi di molti, sono dei fantasmi quasi più del Barone Sanguinario. E tu, Lily, come il serpente senza veleno, sei tutto fumo e niente arrosto, grazie al tuo essere Serpeverde.» Lily, immobile, lo ascoltava senza interromperlo, affascinata come non lo era mai stata da nessuno, suo malgrado. Scorpius continuò a disegnare cerchi sul palmo della sua mano, calmo. «I tuoi fratelli, i tuoi cugini, perfino i tuoi compagni di casa dubitano che tu abbia le qualità di una Serpeverde. Perché ti manca una componente essenziale: il veleno. Non prendertela, ma non riesci ancora a farti rispettare, Lily. Ti fai mettere i piedi in testa. Ti ho sentita, sai? Io e Morgaine, in Biblioteca, l'altro giorno. Come ubbidivi a tua cugina Rose. Come permettevi che ti contraddisse, sebbene, dentro di te, sapessi di aver ragione. Come ti dispiaceva l'idea di parlarle a tono. E tutto questo solo perché è parte della tua famiglia.» Scorpius scosse il capo. «Non dovresti permetterlo, famiglia o meno. Se vuoi sopravvivere, Lily, e se vuoi uscirne a testa alta, devi riuscire ad esprimere cosa pensi, di qualunque cosa si tratti, senza chiederti "Ma se lo dico, offenderò tizio, no? Non sarebbe meglio evitare?", o "Devo dirlo o non devo dirlo, visto che caio non la pensa come me e finiremmo per avere una discussione?". E tirare fuori un po' di cattiveria. Delle volte, può essere essenziale. Se rispondessi a tono alla gente, quando ti accorgi che ti parla dietro, forse smetterebbero di farlo così apertamente. Camminare a testa bassa e continuare a sopportare in silenzio non servirà a nulla. Quando non puoi essere amato, tanto vale essere temuto.» Non ci fu bisogno che specificasse che quest'ultimo era il suo caso. «Quindi ti chiedo, Lily: vuoi farti una tua personalità, crescere, durante quest'anno, e brillare di luce tua e non riflessa, come mi raccontavi prima? Ti assicuro che non finirai per sposare un impiegato del Ministero.» Ghignò. Lily annuì in fretta, arrossendo quando Scorpius le scostò i lunghi capelli rossi dal collo. «Ti sei chiesta quando James Potter accetterà di vederti a Serpeverde. Ora lo sai. Quando tu per prima imparerai ad esserlo veramente e ad accettarlo a tua volta. Ma ora dimentica i tuoi fratelli, Lily. Dimentica i tuoi cugini, dimentica Jeremy Smith, qualunque cosa ci sia fra di voi. Dimentica tutto questo, perché presto sarà lontano. Saremo un po' come il maestro e l'apprendista, noi due. Quindi che ne dici di girare pagina, intingere la piuma nel calamaio e iniziare a scrivere questo nuovo capitolo che abbiamo appena iniziato?»

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Beneath our Skin


Capitolo 3
«Amico dei Potter.» La voce di Theodore Nott grondava di un disprezzo che lo spiazzò.
«Non sono tenuto a giustificarmi con te, anche se sei il mio padrino. E comunque, voglio precisare che amico è una parola grossa. Non lo sono mica di tutti i Potter.» C'era il gelo nella voce di Scorpius, mentre stringeva fra le mani la sua pinta di Burrobirra, ancora così calda da scottargli i polpastrelli. Era quasi il crepuscolo, e quel giorno, sulle loro teste, torreggiavano grossi banchi di nuvole di un intenso color piombo. Minacciava un'imminente pioggia, che Scorpius attendeva a braccia aperte. Aveva partecipato all'uscita ad Hogsmeade, la prima di quell'anno, ma non si era dilungato in inutili visite a Mielandia o a Zonko. Pochi giorni prima, un gufo dal piumaggio corvino gli aveva recapitato una lettera durante la colazione, facendola cadere nella sua coppa di succo di zucca. Scorpius l'aveva guardato storto e gli aveva proibito di becchettare quel che restava dal suo bacon. Il gufo, con aria offesa, aveva gonfiato il petto e, impettito, era volato via. Trystane aveva riso, così come Morgaine. Edric aveva guardato la scena, ma pareva annoiato; d'altronde, erano molte poche che le cose che riuscivano ad impressionarlo, o divertirlo. Lily, invece, non s'era ancora vista. Sebbene la carta della lettera avesse assunto una colorazione arancione e l'inchiostro si fosse sbavato, Scorpius aveva comunque riuscito ad afferrare cosa vi era scritto, e l'identità dell'emissario. Il suo padrino, Theodore Nott, gli chiedeva di incontrarsi ai Tre Manici di Scopa, il ventitré ottobre. Erano incontri abituali; Theodore lo veniva ad incontrare spesso, durante l'anno, e Scorpius era sempre stato ben felice di vederlo. Theodore non era sposato, e, da quel che sapeva Scorpius, non aveva alcuna intenzione di trovare moglie. Ma, sin da quando era bambino, l'aveva sempre trattato come il figlio che non aveva mai avuto e che non avrebbe avuto mai.
«Come sei pignolo.» Theodore fece per sollevarsi appena le maniche del suo pullover, ma i suoi occhi neri si soffermarono sulla strega seduta al tavolino di fronte, che, al suo gesto, era sussultata. Ghignò. «Che tenerezza. La gente ha ancora paura. E si ricorda chi sono.» Anche Scorpius stirò le labbra in un sorriso, scuotendo il capo. Il brusio di decine di altre conversazioni coprì le parole del loro discorso.
«Mi chiedo come facciano quando indossi maglie a mezze maniche.»
«Per quel che mi riguarda, possono pure cavarsi gli occhi, se non vogliono vedere.»
«Perché?» Theodore inarcò un sopracciglio scuro, scettico. Scorpius si schiarì la gola. «Qualcuno di loro, te l'ha mai chiesto, il perché? Ha mai voluto ascoltare le tue ragioni?», si affrettò a precisare, rendendosi conto di quanto la sua domanda precedente fosse risultata incomprensibile.
Theodore rise. Una risata bassa, cupa, quasi pericolosa. «Dimmi, tu cosa credi? Quando una persona è totalmente convinta di avere ragione, Scorpius, e che tu sia nel torto più marcio, non si darà la benché minima pena di chiederti le tue ragioni. Ma permettimi di esporle a te, le mie.» Scorpius si tese in avanti, tentando di udire ciò che Theodore gli stava mormorando, in modo di farsi sentire solo da lui.
«Era l'estate precedente al mio sesto anno. Come tuo padre, ricevetti il Marchio. Non lo volevo. Ma il mio vecchio mi persuase. Sai, è sempre stato bravo a convincere le persone. Era così bravo, in questo, che le sue idee finivano per diventare le tue; non eri più abile di riconoscere chi te le avesse infilate in testa, poiché apparivano proprio ideate da te.» Le sue labbra si piegarono in un sorrisetto amaro. Scorpius notò, con la coda dell'occhio, che una delle sue mani, stretta a pugno, tremava visibilmente. «Una sera mi prese da parte, nella biblioteca del nostro maniero. Fu gentile, come lo era stato solo con mia madre. Io desideravo solo la sua approvazione. Volevo che non mi considerasse più una delusione. Lui mi poggiò una mano sulla spalla, e la sua era una presa ferrea, quasi dolorosa. Rimasi impassibile. "Vedi, Theodore", mi disse, tranquillo, "c'è chi nasce abbastanza fortunato da avere la possibilità, nel corso della sua vita, di percorrere una strada. Questa strada, ad un certo punto, si dirama in sentieri. Due, tre, o di più. E questa gente fortunata è libera di scegliere il sentiero che preferisce." Il suo sguardo era penetrante. Mi congelò sul posto, e non osai replicare prima di lasciarlo terminare. "Oppure c'è chi, come noi, non incontra nessun sentiero. E' nato su quella strada, e su quella strada proseguirà e morirà. Non ci sono alternative, nè vie di fuga, nè sentieri nascosti. Nulla." A quel punto, la sua voce si abbassò, assumendo un tono quasi minaccioso. "Tu prenderai il Marchio Nero, e sarai un Mangiamorte. Come me. Tu farai quello per cui sei nato." E così io feci.» Lo sguardo di Theodore era perso, lontano. Appariva distante, remoto, come se non fosse nemmeno seduto lì, a quel tavolo, a parlargli. Scorpius non profferì parola, scosso; ma poi, Theodore continuò. «Uccisi un uomo, una volta. Il mio primo ed ultimo. Nessuno seppe mai che ero stato io; c'era così tanta confusione, quella notte, che nessuno riusciva a comprendere chi lanciava incantesimi a chi. E poi, io avevo la mia maschera. E non ci fu niente di esaltante in quell'omicidio. Neppure il più piccolo brivido. Solo un grande vuoto. Mi soffocava, come delle mani invisibili che mi artigliavano la gola. Credo di aver vomitato. "Vedi, padre? Faccio quello per cui sono nato", fu tutto ciò che bisbigliai. Ma mio padre era morto tempo addietro in un precedente attacco. E io avevo scoperto che, uccidendo un uomo, ci si rende conto di quanto siamo vulnerabili, di quanto le nostre vite possano essere distrutte in un singolo istante da chiunque. Siamo alla mercé del mondo, delle persone, degli eventi. Tutto è effimero, e tutto può esserci portato via in un attimo.»
Scorpius si accorse di aver trattenuto il respiro; tentò di sistemarsi meglio sulla sedia, cercando febbrilmente qualcosa da dire. Qualcunque cosa. Ma, poi, decise di stare zitto: non c'era niente da aggiungere, niente da commentare. I suoi occhi grigi fissavano il tavolo senza davvero vederlo.
«Secondo te, Scorpius, i Potter sono diversi da quella vecchia pipistrella che è sussultata prima? No. Anzi, oserei dire che i pregiudizi, in loro, sono ancora più radicati che negli altri. Sarebbe meglio se gli stessi alla larga.»
«Lei è mia amica.» Per quanto si sentisse particolarmente infantile, pronunciando quelle parole, Scorpius sostenne lo sguardo di Theodore senza esitazioni. E non fu lui a distoglierlo per primo.
«Quella, dici?» Theodore la indicò con un brusco cenno del capo. Scorpius guardò Lily Potter da sopra la spalla, seduta ad un tavolino poco lontano, che parlottava con una ragazza bionda sui diciotto anni. Scorpius la riconobbe dopo qualche attimo; era Dominique Weasley, una delle cugine di Lily, una ex Corvonero. Non le aveva mai rivolto la parola in vita sua. Lily non sembrò notare di essere osservata; rise, forse ad una battuta di Dominique, gli occhi azzurri che scintillavano; poi si fece seria. Si mordicchiò il labbro inferiore, un gesto che Scorpius l'aveva vista compiere centinaia di volte, in determinate situazioni. Scorpius capì che qualcosa doveva averla turbata. Si voltò, tornando a incrociare lo sguardo di Theodore.
«E' una Serpeverde.» Theodore aveva notato la sciarpa che Lily portava attorno al collo. Parve sorpreso nello scoprire la sua casa di appartenenza. «Forse... Forse hai ragione. Forse dovreste essere amici.»
«Cosa?» Scorpius aggrottò le sopracciglia, perplesso. «Fino ad un minuto fa mi consigliavi di fare il contrario.»
«Pensaci. E' un'occasione che non devi lasciarti sfuggire.»
«Che intendi?» Scorpius continuava a non capire, e negli occhi di Theodore scorse un lampo di impazienza.
«E' ovvio.» Parlò piano, disinvolto. «Per la tua famiglia, diventare amici dei Potter vorrebbe dire... Essere ripristinati nella società. Oh, quanta brava gente vorrebbe essere al vostro posto, in tal caso. Forse le voci smetterebbero, forse vi guarderebbero con nuovo rispetto, fidandosi ciecamente del giudizio di quella adorabile famigliola.»
«Mamma è amica di Ginny Potter.» Scorpius scrollò le spalle. «Che ci pensi lei, a tutti questi piani contorti.»
«Tua madre, un tempo, si divertiva da matti a partecipare ai miei piani contorti. Ma ora è diverso.» Irrigidì la mascella. «E comunque, sarà anche amica della moglie di Potter, ma tu hai a portata di mano la loro unica figlia.» Theodore Nott si rilassò contro lo schienale e guardò Scorpius dritto negli occhi, scrutando le emozioni che passavano sul viso del suo figlioccio, attento come un felino.
«Riflettici, Scorpius. Rifletti su quanto aiuterebbe la tua famiglia. In fondo, è questo l'obiettivo di entrambi, no?»

-

Uscirono sul grande prato a prendere una boccata d'aria, avvicinandosi al limitare del Lago Nero, per rifugiarsi sotto la fresca ombra degli alberi che lo circondavano. Il sole aveva retto tutta la giornata, ed il pomeriggio era luminoso, con il cielo solcato pigramente da poche, basse nuvole. Morgaine stringeva fra le mani gli ultimi fiori estivi che era riuscita a trovare; tuttavia erano ormai secchi, come asserì Lily dopo essersi sdraiata sulla riva erbosa, i capelli sparsi attorno al capo come un'aureola di sangue.
«Li getterò», promise Morgaine, accomodandosi a gambe incrociate di fianco a Lily. Divise il suo mazzo a metà, e gliene porse una parte. «Ma prima...» Cominciò ad intrecciare i fiori più freschi con mani abili, veloci, mentre Lily si rizzava a sedere per gettare una manciata di petali sulla superficie immobile del lago. Galleggiarono sull'acqua, quasi come uno strato di muffa, prima che la brezza li trasportasse poco più lontano, dove si posarono. Assorbirono l'acqua e si appesantirono; poi, affondarono in silenzio.
Era stata una giornata tranquilla, che aveva infuso in Lily uno strano senso di pace, avvolgendola in una bolla di serenità. Era decisa a passare quelle ore libere che erano state concesse agli studenti ad oziare quanto meglio poteva, dimentica di tutto il resto. Per una volta, avrebbe vissuto in un mondo parallelo, dove non esisteva nessun segreto e dove non portava nessun cognome. Tornò a sdraiarsi. Il sole filtrava tra il fogliame dell'albero sotto il quale lei e Morgaine avevano trovato riparo, sfiorandole il viso con i suoi tiepidi raggi. Tentò di afferrarli, catturarli con le dita, ma le sfuggivano e raggiungevano, invece, il suolo.
«Ecco fatto.» Morgaine aveva terminato la coroncina di fiori; la posò sui capelli di Lily, e rimasero entrambe in silenzio, soppesandosi a vicenda, prima di scoppiare a ridere. E quando Morgaine rideva, assomigliava tantissimo ad Edric.
«Mi sta benissimo, non è vero?», chiese Lily, coprendosi la bocca con una mano per nascondere i continui risolini. In verità, si sentiva ridicola. Sull'altra sponda del lago, un gruppetto di ragazzine del primo anno udì il loro scoppio d'ilarità e smise di chiacchierare; sbatterono le palpebre, osservandole, quasi fossero perplesse, prima di tornare a ciarlare.
«Certo. Potresti tranquillamente andare in giro per la scuola così. E chiedere agli altri di inginocchiarsi davanti alla regina degli accostamenti, visto come fanno a pugni il colore dei tuoi capelli e quello dei fiori.» Morgaine sfiorò le acque del lago con la punta delle dita. Constatando che non erano troppo fredde, si sfilò gli stivali e mise a mollo entrambi i piedi, reclinando il capo all'indietro con aria soddisfatta e permettendo ai raggi solari di lambirle il viso.
«E' quello che ho sempre voluto: trovare alla gente un altro motivo per parlare di me», borbottò Lily, che però non accennò a togliersi la coroncina dalla testa, per quanto la trovasse ridicola.
«Cos'è che vorresti davvero, tu?» Morgaine chiuse gli occhi, un lieve sorriso ad arcuarle le labbra; ma nonostante la sua espressione, la domanda pareva seria. Lily si mordicchiò il labbro, pensierosa.
«Non saprei», ammise, seria, giocherellando con un ciuffo d'erba e tenendo gli occhi bassi. Qual era il suo desiderio più recondito? Morgaine voleva la verità, ne era certa; ma sarebbe riuscita a rispondere sinceramente, ad impedirsi di mentire? Non sapeva cosa animava il suo cuore, non aveva ancora imparato a conoscerlo, a comprenderlo. A volte lo temeva, perfino. «Io...» Improvvisamente la sua voce si fece decisa. «Voglio essere potente. Così potente che nessuno potrà ignorarmi o sottovalutarmi.» Per un momento non riuscì neppure a credere di essere stata lei a pronunciare quelle parole. Era come se una forza l'avesse spinta, spinta giù dal bordo di un precipizio, ma, allo stesso tempo, era stata lei a decidere di rivelare quella parte di sè, sebbene non riuscisse a scrollarsi di dosso la strana sensazione che qualcuno l'avesse accompagnata, spronata a farlo. Astuzia ed ambizione erano le qualità principali di un Serpeverde. E adesso, Lily aveva appena dimostrato quanto ambiziosa fosse. Sorrise all'idea di vedere quel suo sogno realizzarsi, e i suoi occhi azzurro chiaro scintillarono, mentre un venticello, fresco e leggerlo, le scompigliava i lunghi capelli che le ricadevano in onde disordinate sulle spalle. «E tu, Morgaine?»
«Io voglio essere libera», affermò Morgaine con semplicità; sollevò le palpebre, mettendo a fuoco l'area circostante. Si irrigidì come se fosse stata colpita da un Pietrificus Totalus non appena adocchiò Axell Lunn, Serpeverde, dirigersi a grandi falcate nella sua direzione. Lily sapeva ben poco della loro relazione - che aveva scoperto, fra l'altro, per puro caso, beccandoli abbracciati dietro una colonna mentre tornava in Sala Comune dopo cena -, una relazione che Morgaine le aveva fatto giurare di aiutarla a mantenere nascosta. Lily non aveva fatto domande, e aveva solamente annuito; non domandava mai, perché, così, si assicurava che nessuno avrebbe domandato a sua volta. Non le importava che Morgaine frequentasse qualcuno che la scuola vociferava fosse un licantropo - ogni mese si recava per alcuni giorni in Infermeria; Madama Light negava la natura attribuita al ragazzo e spergiurava che fosse solo una semplice malattia, ma c'era chi scommetteva che quella fosse solo una menzogna -, nè le importava del perché la loro relazione dovesse essere mantenuta segreta. Non era affar suo, ed era in grado di rispettare gli spazi degli altri. Ciononostante, fu con confusione che osservò Morgaine sbiancare e diventare pallida come un cencio alla vista di Axell; lui stringeva un fiordaliso nella mano destra, colto chissà dove. Morgaine scattò in piedi; «No, no...» Lily non capiva il motivo di un tale disperato bisbigliare. Sarebbe stato così terribile, per lei, uscire allo scoperto? O c'era qualcos'altro? Voglio essere libera, aveva detto poco prima. Cos'era che la bloccava, che la incatenava? Lily si tolse frettolosamente la coroncina di fiori dal capo, mentre Axell, ormai, le raggiungeva. Non degnò Lily di un'occhiata, come se non fosse nemmeno presente lì, con lui e Morgaine. Nel frattempo, le ragazzine del primo anno che le avevano fissate con perplessità in seguito alle loro risate interruppero le loro chiacchiere per osservare con crescente avidità la scena. Qualcuna lanciò gridolini di eccitazione o sgomento alla vista del fiore - dovevano possedere degli occhi da falco, per averlo notato così da lontano -, mentre altre apparivano del tutto indifferenti alla scena che si stava svolgendo sotto i loro occhi. Morgaine guardò Lily per un breve attimo; una muta richiesta d'aiuto. Axell porse il fiore a Morgaine, gli occhi verde chiaro maliziosi sotto le folte sopracciglia nere. Il fiordaliso era lì, fra le sue dita affusolate, blu e profumato. Morgaine doveva solo prenderlo.
«Per te», mormorò Axell, con voce bassa e roca. Fosse stata in Morgaine, Lily l'avrebbe afferrato all'istante, quel fiore. Arrossì, maledicendosi per un pensiero tanto stupido, e si affrettò a cercare una soluzione, qualunque cosa per tirare fuori Morgaine da quell'impiccio.
«Credo che tu abbia un ammiratore, Morgaine», commentò divertita, a voce abbastanza alta da farsi udire sia dalle tipe del primo anno sia da chiunque altro passasse di lì. Esibì un sorrisetto derisorio, congratulandosi per l'idea che aveva avuto. Così parlando, aveva fatto credere che quello fosse stato solo il primo incontro fra Axell e Morgaine, e che quel fiore non fosse altro che il pegno di un corteggiatiore, e non il dono di un ragazzo alla propria ragazza. Morgaine inclinò appena il capo di lato, e sorrise, con incredibile freddezza. La tensione si fece palpabile, quasi fosse visibile come uno spesso banco di nebbia, e Axell comprese che qualcosa non andava, di aver commesso un passo falso.
«Ma che pensiero delicato.» Morgaine gli tolse bruscamente il fiore di mano, senza staccargli gli occhi di dosso. Il suo sguardo era così gelido, così raggelante che per un brevissimo momento Lily ebbe timore. Non aveva mai considerato Morgaine pericolosa, ma era così che gli appariva. Pericolosa, e velenosa. Come una vipera dalle ciglia, immobile ad osservare la preda prima di scattare con estrema velocità, spalancare le fauci e catturarla, Morgaine rimase ferma e dopo qualche secondo fece la sua mossa. Gettò il fiore a terra, guardando Axell dritto negli occhi.
«Sei Lunn, non è vero? Mi domando se sia possibile chiedere al professor Norcross di ripulire Hogwarts da feccia come te. Sei un pericolo per tutti noi.» Le sue parole furono come uno schiaffo. Axell indietreggiò, stringendo i pugni, e, per quanto fosse sicuramente ferito, non lo dimostrò affatto. Il suo viso si trasformò in una maschera d'indifferenza, il tremito delle spalle l'unico dettaglio a tradire le sue emozioni. Morgaine Vypren gli rivolse un ultimo, sbeffeggiatore cenno del capo, prima di calare il tacco dello stivale sull'erba e calpestare con energia il fiore. Poi gli diede le spalle.
«Vieni, Lily?» Il suo tono di voce era leggero, come se nulla fosse accaduto. Tese una mano in direzione dell'amica, che la prese e, vicine, si avviarono verso il castello. Solo una volta Lily si guardò indietro. Axell aveva raccolto il fiordaliso, e le ragazzine del primo anno ridevano e lo indicavano apertamente con il dito. Non poté fare a meno di provare compassione per lui. Le osservava andare via, osservava Morgaine sfuggirgli fra le dita, scivolare via dalla sua vita. Ma Axell era solo una piccola stella che si spegneva, lontana dalla costellazione di Morgaine, una costellazione in cui non era più inclusa.
Per la prima volta, Lily si azzardò a chiedere. «Perché?» Cosa l'aveva spinta a farlo?
Morgaine non volle incrociare i suoi occhi. «Ho dovuto.» E il discorso fu chiuso per sempre. Le risate di solo una mezz'ora prima parevano così lontane, ora. Lily si chiese se la felicità dovesse essere sempre così effimera, nella vita. Non aveva avuto neanche il tempo di assaporarla...
Fece finta di non notare gli occhi lucidi di Morgaine, e, mano nella mano, si avviarono verso la Sala Comune.

-

Era distratto. Volava a grandi cerchi sul campo da Quidditch, impartendo, ogni tanto, degli ordini annoiati agli altri componenti della squadra. Chiedeva loro di eseguire gli schemi che aveva preparato durante l'estate, ma non partecipava davvero agli allenamenti. La sua mente era altrove; precisamente, al suo dormitorio, dove, sul comodino vicino al suo letto, era posato un bigliettino appallottolato, destinato a finire nel cestino della carta straccia. Tale biglietto recava un unica parola: 'bugie'. Scorpius aveva tentato di svelare l'arcano dietro quelle cinque lettere; un significato nascosto, qualunque cosa. Ma non ne era venuto a capo. L'aveva trovato a colazione, lasciato appositamente vicino al suo piatto, nel posto al quale, ad ogni posto, si accomodava sempre. Qualcuno aveva voluto che lo ricevesse proprio lui, non c'erano dubbi. Restava da capire chi, e perché. La calligrafia gli era sconosciuta, così come non aveva la più pallida idea di chi avesse potuto vergare quell'unica parola. Per quanto si fosse rassegnato all'idea che si trattasse di una cosa di poco conto, nulla di veramente importante, non riusciva a smettere di pensarci. Lo frustrava il fatto di non sapere cosa diamine quel 'bugie' avesse a che fare con lui. Morgaine aveva letto da sopra la sua spalla, e anche nei suoi occhi verdi aveva letto solo perplessità. Lily aveva irrigidito la mascella, per poi scuotere il capo: neanche lei sapeva nulla. Trystane l'aveva deriso, dicendogli che dava troppo peso a delle sciocchezze; Edric gli aveva suggerito di indagare, con aria solenne. Era per questo che Scorpius non riusciva a concentrarsi sugli allenamenti di Quidditch; quel biglietto era un tarlo che lo tormentava da ore e di cui non riusciva a liberarsi. Trystane gli volò vicino, dandogli una spallata per riscuoterlo dai suoi pensieri.
«Guarda chi c'è là», fece, e, per una volta, non sembrava affatto divertito, bensì irritato. Indicò la squadra di Corvonero, capitanata da Mathis Steeval, che, scope alla mano, sostava sotto di loro, sul campo.
«Oh, Merlino», borbottò Scorpius. Fra lui e Steeval non correva buon sangue, soprattutto in seguito alla schiacciante vittoria che i Serpeverde avevano ottenuto l'anno prima, battendo proprio i Corvonero, e conquistandosi la Coppa. Ma l'antipatia che Mathis provava per lui andava ben oltre la semplice rivalità sportiva: lo odiava, e il suo cognome giocava, ovviamente, la sua parte. Ma certo. Il nome della sua famiglia, il passato della sua famiglia. Si tornava sempre a quello, alla fine. Strinse i denti.
«Andiamo a vedere cosa vuole quel rompipalle, prima che i suoi Battitori montino sulla loro scopa e colpiscano noi al posto dei Bolidi.» Scorpius, rassegnato, planò sull'erba ancora bagnata della pioggia del giorno prima, atterrando proprio di fronte a Steeval.
«Carissimo. A cosa devo la visita? Vuoi un autografo? Spiacente, non ho la piuma con me», lo sbeffeggiò Scorpius, una luce derisoria che animava i suoi occhi grigi. Phylip Neviens e altri Serpeverde della squadra risero, Trystane più di tutti. Mathis li guardò minaccioso.
«Io avevo prenotato il campo per oggi pomeriggio. Quindi ora portate le vostre chiappe altrove. E' il nostro turno di allenarci.»
«E invece le nostre chiappe rimangono qui. Noi non ne sapevamo nulla, delle tue prenotazioni. Abbiamo agito in buona fede.» Mathis, conosciuto per la sua scarsa pazienza, grugnì.
«Buona fede? Il figlio di un Mangiamorte che agisce in buona fede? Mi fai ridere.» Scorpius alzò gli occhi al cielo. Quella gente era così priva di fantasia. Non facevano altro che ripetergli che era figlio di un Mangiamorte - no, proprio non l'aveva notato -, e, alla lunga, la faccenda si stava facendo noiosa.
«Tu guardaci: figlio di un Mangiamorte e figlio di un fallito, patetico impiegato del Ministero. Siamo una bella accoppiata, non trovi?» Scorpius si stava divertendo più di quanto avrebbe mai immaginato. Il suo divertimento aumentò quando la mascella di Mathis Steeval rischiò di slogarsi, tanto era il suo sgomento. Ma lo sgomento fu ben presto sostituito dalla rabbia. Si avvicinò a Scorpius, stringendo i pugni; fu allora che Lysander Scamander si fece avanti. Gli posò una mano sulla spalla, nel vano tentativo di trattenerlo; ma Mathis se la scrollò bruscamente di dosso e gli diede uno brutale spintone. Lysander barcollò e cadde a terra, nel fango.
«Stai al tuo posto!», gli ordinò il suo capitano, mentre Scorpius osservava la scena, sorridente, un sopracciglio biondo inarcato. Non aspettava altro che Mathis si facesse avanti.
«Osa ripeterlo, se ne hai il coraggio.» Scorpius portò il viso a pochi centimetri di quello di Mathis Steeval, niente più sorrisi sul suo viso, solo un'espressione di sfida.
«Figlio di un fallito, patetico impiegato del Ministero», ripeté, scandendo bene le parole, quasi avesse di fronte un ritardato. «E' questo che vuoi sentirti dire? Allora permettimi di aggiungere che oltre a fallito e patetico è particolarmente sfortunato. Non dev'essere facile avere un tale coglione per figlio. Non lo invidio.» Gli altri Corvonero sfoderarono all'unisono le bacchette; tutti tranne Lysander Scamander, che, rosso in faccia, fissava Steeval con risentimento.
«Voi bambine rinfoderate le vostre bacchette, se non volete che ve li infili su per... Be', mi piace considerarmi una persona fine, quindi non ve lo dirò», li derise Scorpius, allontandosi da Mathis, che sembrava del tutto incapace di replicare. Almeno finché non tirò fuori la sua, di bacchetta. Perfetto: una rissa era sul punto di nascere. Doveva solo decidere se la voleva o ci teneva a risolvere tutto pacificamente.
Allora Scorpius si ricordò di Lily, seduta sugli spalti, silenziosa osservatrice, venuta a seguire gli allenamenti della squadra. Si voltò a guardarla, e, sebbene fossero lontani, la notò scuotere impercettibilmente il capo nella sua direzione. No, non farlo, gli stava suggerendo. Poi lei si alzò, e Scorpius temette che se ne stesse per andare; in realtà, li stava raggiungendo. Lily, non intrometterti. Riguarda me, non te. Anche i Serpeverde avevano le bacchette strette in pugno, puntate in direzione dei loro avversari, pronti al duello. Passarono interminabili minuti, durante i quali le due fazioni sembrarono soppesarsi a vicenda; in realtà, Scorpius temeva che Mathis stesse cercando qualcosa di velenoso da ribattere, e, lento com'era, gli ci stava volendo parecchio tempo.
«Almeno il mio, di padre, quando si guarda allo specchio non vede la faccia di un verme che ha servito Tu-Sai-Chi.» Scorpius si trattenne dall'abbatterlo sull'erba e tempestarlo di pugni. Non aveva alcun diritto di parlare di suo padre. Nessuno. Non gliel'avrebbe permesso. Gli avrebbe fatto pentire di aver pronunciato quelle parole, di averlo chiamato verme... Sì, l'avrebbe implorato di lasciarlo stare, di smetterla di pestarlo, e poi avrebbero visto tutti chi era il vero verme...
«Nella vita non tutti hanno delle scelte. Ma temo che tu sia troppo stupido per capirlo. Come ci sei finito, a Corvonero?» disse Lily Potter, appena arrivata, con tono freddo e calcolato. La sua bacchetta era puntata con precisione in direzione della nuca di Mathis Steeval. Lui si voltò di scatto, sorpreso; quando la riconobbe, i suoi occhi castani si assottigliarono.
«Che c'è, Potter?», sputò, rabbioso. «Vuoi partecipare anche tu al discorso sui padri? Chissà cosa pensa il tuo, quando vede la sua unica figlia fra i Serpeverde, ridotta ad essere la sgualdrina di Scorpius Malfoy. Ma magari il tuo sangue è annacquato, forse non sei davvero una Potter. Sicura che sia Harry Potter tuo padre? Forse dovrei domandarlo a tua madre.» Il viso di Lily pareva scolpito nel ghiaccio, tanto diventò livido, un'unica maschera esangue. Dì qualcosa, Lily. Dì qualcosa. Ma Lily raccolse ciò che rimaneva della sua dignità, abbassò la bacchetta e se ne andò in assoluto silenzio, senza voltarsi indietro. Solo Scorpius si era reso conto di quanto fosse stata duramente colpita, ferita. Prima che potesse chiamarla, dirle di fermarsi, o correrle dietro, lei fu già lontana dalla sua vista. Nessuno osò fiatare. Fu il turno di Scorpius di puntare la bacchetta contro Steeval. Gli sollevò il mento, conficcandogli la punta nella carne.
«Sparisci.»
Per una volta, Mathis Steeval accettò quel consiglio di buon grado.

-

Era sempre stata veloce. Non era eccessivamente alta, ma le sue gambe erano abbastanza lunghe da consentirle di correre alla massima velocità, ed era quello che stava facendo ora, diretta verso la Foresta Probita. Lei non la temeva, la Foresta. Non temeva quegli alberi e quelle creature che si nascondevano fra le ombre, di cui si vociferava tanto, ma che poi risultavano difficili da incontrare. Rallentò la corsa. La Foresta Proibita era immersa nella semi-oscurità, la luce proveniente unicamente dagli spiragli fra le fronde degli alti alberi. Era così vecchia, nata ancora prima di Hogwarts, così vecchia che se ne poteva sentire l'odore; lichene morente, talvolta esseri che si decompongono. Lily si chiese quanti volti avessero visto gli alberi, sentinelle eterne senza riposo; quanti passi avessero udito, quante stagioni avessero vissuto. Ma le uniche parole che essi riuscivano ad emettere erano i sussurri delle foglie, provocati dal vento che ne scuoteva i rami, o il sibilio della pioggia che si faceva largo attraverso le loro fronde. Tutti assieme, gli alberi formavano un unico, silenzioso labirinto, nel quale ci si doveva districare, camminando fra quei tronchi scuri o quasi bianchi, facendo attenzione a non inciampare fra le radici, lunghe e distorte, aggrovigliate come tentacoli pronti ad artigliare le caviglie di chiunque osasse passare di lì. Giunse in una piccola radura, un cerchio di terra ed arbusti di varia natura su cui non era cresciuto alcun tipo di albero. Quelli che la circondavano, alti come giganti, riuscivano a creare una cupola sulla sua testa, quasi come se fosse un secondo cielo. Si permise solo allora di cadere sull'erba, in ginocchio, affannata e tremante, là dove correva a rifiugiarsi quando il mondo la opprimeva.
Non era fuggita dall'umiliazione che le aveva inflitto Mathis Steeval. Era fuggita da se stessa.
Perché aveva guardato Mathis Steeval e aveva immaginato come ucciderlo. No, non era stata lei: era stata la voce. Un sussurro all'orecchio. Crack, senti il braccio di Steeval spezzarsi. Sentilo gemere di dolore, chiudere gli occhi. Senti com'è appagante ferirlo. Oppure immagina di rubare un coltello dalla Sala Grande, durante la cena... Immagina di conficcarglielo nella pancia, di rigirarglielo dentro e sentirlo agonizzare. Immagina come sarebbe viscido il sangue che ti sporca le mani, ma come sarebbe magnifico vederlo soffrire. La paura si era diffusa, fredda e viscida, nelle sue vene. Non aveva formulato lei quei pensieri; eppure, eccoli lì, nella sua mente. Come se le appartenessero. Forse stava impazzendo. E quindi era scappata, soffocando la voglia di ribattere a tono, soffocano qualunque cosa, temendo che le orribili scene che prendevano forma nella sua mente diventassero realtà.
Che le stava succedendo? Non aveva mai perso il controllo così, nè le era mai accaduta una cosa simile. Tremò, rialzandosi, stringendosi con le braccia al tronco di un albero per non scivolare nuovamente a terra. Che le stava succedendo? Non bastavano i sogni? Perché, ora, si doveva aggiungere addirittura una voce a tormentarla?
«Forse Jeremy Smith aveva ragione...»
Aveva ragione. «Vattene.» Si fece forza. Raddrizzò il busto. Riprese a respirare regolarmente. Nulla era successo: doveva convincersene, doveva dimenticare tutto, fingere che tutto andasse bene, vendicarsi. E allora, perché gli aveva risposto ad alta voce, se voleva credere che nulla fosse accaduto?

-

«Corri!», rise lei, i capelli rossi che le ondeggiavano sulla schiena. Sotto il mantello nero, indossava un vestito di ciniglia celeste con decorazioni bianche, un regalo di suo fratello Albus, gli aveva spiegato.
«Sei più veloce di me!» Anche Scorpius rise, divertito, incurante della tarda ora e del fatto che le probabilità di essere beccati da Gazza fossero particolarmente alte. «Aspettami!» Inutile: Lily era già lontana, e lui non l'aveva mai vista allegra come quel giorno. Tutto, in lei, era luminoso, a contrasto con il grigiore che era stata quella giornata autunnale; la pelle chiara, gli occhi azzurri, i capelli color fuoco. Scorpius si rassegnò a seguirla, dovunque lo stesse conducendo. Mentre la rincorreva, Scorpius si ricordò delle parole del suo padrino; "riflettici, Scorpius." Quello che lui gli aveva suggerito era di usare Lily, e Scorpius non voleva arrivare a quel punto. Era sempre stato bravo a manipolare le persone, ad ottenere quello che voleva, a mentire. Ma con Lily non ci sarebbe riuscito; lei era fatta della sua stessa pasta, ed era lui stesso che la stava modellando. Loro erano dalla stessa parte. E Scorpius era una persona leale fino al midollo. Non avrebbe mai tradito i suoi amici o la sua famiglia, così come non tradiva i suoi principi, i suoi ideali. Scorpius rimaneva fedele a quello che era.
Lo stava portando alla Torre di Astronomia; Scorpius riconobbe il percorso. Era un luogo familiare. Vi si recava spesso, delle notti, per osservare il cielo. Astronomia era la sua materia preferita, oltre che quella in cui eccelleva di più. Era sempre stato il favorito della professoressa Sinistra, soddisfatta di aver finalmente trovato qualcuno così interessato ai suoi insegnamenti. Risalirono la scala a chiocciola, e, quando furono in cima, Lily si avvicinò al parapetto, accennando ad un sorriso. Quella notte, la presenza di un forte, tagliente vento proveniente da ovest sembrava sul punto di stappare intere zolle d'erba e terra o spezzare a metà i tronchi degli alberi - o di trascinarla via.
«Lily.» Scorpius le si avvicinò, sfiorandole brevemente il collo pallido con un dito. «Agli allenamenti...» Non avevano ancora avuto occasione di discutere di quanto era accaduto quel pomeriggio. In compagnia degli altri, Scorpius non se l'era sentita di tirare fuori l'argomento; quella era la prima occasione di rimanere soli che avevano avuto da giorni.
«Non ti ho chiesto di venire qui per discutere di quello che è successo con Steeval», lo interruppe Lily, seppur con garbo, voltandosi. «In parte, forse.» Il sorriso di prima, ora, fu completo, e in esso Scorpius riconobbe il proprio; affilato, pericoloso. L'aveva imparato da lui. Si sentì quasi compiaciuto.
«Dimmi, allora», la esortò, incuriosito, facendosi più vicino.
«In ben pochi lo sanno... Ma domani è il mio compleanno. O, per essere più precisi, fra meno di un quarto d'ora.» Lily gli sfiorò un braccio con le dita, la più gentile delle richieste. «E vorrei che tu mi aiutassi a, come dire, farmi un regalo.» Lo sguardo che gli lanciò era carico di sottintesi. E Scorpius inarcò, a sua volta, le labbra sottili in un largo sorriso.
«Qualunque cosa.»
«Perfetto. Un'occasione per dimostrarmi quanto sei bravo a mentire. Ci servirà. Ti spiegherò meglio quando avrò ideato il tutto per bene...»
«Spero che sia un piano abbastanza stronzo.»
«Lo è. Ho imparato dal migliore.»
«Quindi mi consideri il migliore?» Scorpius ghignò. La mano di lei era ancora sul suo braccio, e il suo tocco era piacevole.
Lily si ritrasse. «Vedi di non vantarti troppo.» Sbuffò.
«Quindi ora ti fidi di me. Abbastanza da affidarti a me per la riuscita del tuo piano.»
«Non è che mi fido. E' che sei l'unico che possa aiutarmi.»
«Non ti fidi?» Scorpius sorrise, tagliente, e le si avvicinò sempre di più.
«Non mi fido di nessuno, io.» Anche Lily sorrideva, e non indietreggiò.
«Che cosa triste.»
«E' il mio metodo di sopravvivenza. Sai, ti aiuta ad evitare tutti i tipi di delusioni... O tradimenti.»
«E' questo che fai, dunque? Fuggi dai rapporti, temendo di finire a fidarti di qualcuno, un giorno?»
«L'hai notato anche tu: correre è quello che so fare meglio. Prima ti ho stracciato alla grande.»
Scorpius rise piano alla battuta, infilandosi le mani in tasca. Il cielo era tinto d'inchiostro, e, piano piano, i banchi di nuvole che quel giorno avevano portato una leggera pioggerella si aprirono, come se fossero stati tele squarciate, lasciando posto all'apparire della luna e delle stelle. Osservò il suo orologio da polso: mezzanotte.
«E' mezzanotte. Esprimi un desiderio.» Lily sorrise, felice come solo una ragazzina il giorno del suo compleanno può esserlo; lo abbagliò e, suo malgrado, Scorpius sorrise a sua volta.
«Fatto.»
«Che cosa hai domandato?»
«Ah-ah.» Lily scosse il capo, piegando le labbra in una linea imbronciata. «Lo sai, se te lo dico non si avvera.»
«Magari se me lo riveli, invece, posso aiutarti a realizzarlo.»
«Ne dubito. Ma...» Lily prese a fissarsi i piedi, quasi imbarazzata. Non osò guardarlo in faccia. «E va bene. Vorrei capire me stessa.» Allargò le braccia in segno di resa. «Adesso la sfiga mi perseguiterà per il resto dei miei giorni. Già lo so. Sfiga è il mio secondo nome.»
«Un desiderio davvero profondo, non c'è che dire», ghignò Scorpius. La stava prendendo in giro. Lily lo guardò torva, un sopracciglio rosso che svettava come non aveva mai fatto prima.
«Sapevo che non avrei dovuto dirti niente», borbottò, fingendosi offesa; gli voltò le spalle e si riavvicinò al parapetto. Scorpius la seguì, per poi cingerle la vita con un braccio allo scopo di vederla respingerlo. E Lily, difatti, si divincolò, ma non per molto; «Sono ancora offesa», annunciò, ma stava ridendo, coprendosi la bocca con una mano, i capelli rossi e vividi come sangue alla luce della luna. Quando si calmò, la schiena premuta contro il petto di Scorpius, lui levò un braccio ed indicò il cielo.
«La vedi?», sussurrò, scostandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio. «Quella costellazione? Si chiama Scorpius, e contiene alcune delle stelle più luminose dell'emisfero sud.» Lily socchiuse gli occhi, scrutando attentamente; quando la trovò, seguendo la traiettoria del dito di Scorpius, si mordicchiò il labbro inferiore ed accennò ad un sorriso.
«E' bellissima. Davvero.»
«Bellezza chiama altra bellezza», affermò Scorpius, indicandosi con espressione strafottente. Lily roteò gli occhi, scivolando via dalla sua presa con le guance imporporate.
«Lo ammettò, questo tuo lato da pallone gonfiato ancora non l'avevo conosciuto», lo accusò, divertita.
«Sono l'uomo dai mille volti. Chissà se riuscirai a vederli tutti.»
«Ci riuscirò. Non devi preoccuparti.»
«Mi sono dimenticato di augurarti buon compleanno, comunque. Chiedo perdono. Quanti sono? Dodici?»
«Non fingere di non saperlo.» Il sorriso di Lily era derisorio. «Sai più cose sul mio conto di quante ne sappia io stessa.» Per una volta, Scorpius non trovò nulla da ribattere. Quando scesero dalla Torre di Astronomia, Lily si ricordò improvvisamente di aver dimenticato il suo Mantello dell'Invisibilità nel dormitorio.
«Per Merlino...», borbottò fra i denti. Non voleva beccarsi una punizione da Gazza proprio il giorno del suo compleanno; peccato che fosse troppo tardi.
«Mrs Purr? Cosa hai fiutato, mia cara? Sì, sì... Studenti fuori dai dormitori... Siamo vicini... Li troveremo...»


Angolo Autrice
Ed ecco il nuovo capitolo. Non mi dilungherò troppo, se non per ringraziare delle splendide recensioni - ben dieci! - e fornirvi alcune brevi spiegazioni.
Per quelli che mi hanno chiesto di rivelare cosa sa Jeremy, purtroppo dovrò deludervi. Non salterà fuori per un bel po', ancora, ma ci sono parecchi indizi sparsi, e credo che qualcuno di voi li abbia già colti, soprattutto dopo questo capitolo :)
Ho voluto inserire anche Theodore perché ho una cotta per lui perché per me il suo rapporto con Scorpius è interessante, e fornisce a quest'ultimo più introspezione.
Per chi sta già etichettando Morgaine come una stronza, be', un po' avete ragione, lol. Quella scena è servita in parte per presentarla un po' meglio, in parte per inserire una sottotrama molto importante. Ma, come ha detto lei stessa, ha dovuto, e forse riuscirete anche ad indovinare perché.
Per quanto riguarda Mathis Steeval, nel prossimo capitolo sia Lily che Scorpius avranno la loro vendetta (prima dovranno scontare la punizione di Gazza, però), quindi don't worry sul suo conto.
Ad Edric, invece, verrà dedicato molto spazio in futuro, quindi le sue fangirls possono stare tranquille.
Ah, Lily e Scorpius si sono finalmente appartati, anche se non tanto quanto speravate. Be', si sa, prima o poi la tensione fra di loro verrà risolta (;
Sulla questione di Lily e della voce, è riuscita, con Scorpius, a fingere che vada tutto bene, ma non durerà a lungo.
Piccolo PS su Axell Lunn: Lunn è un cognome particolarmente azzeccato, visto che è un licantropo, ma ci tengo a specificare che non l'ho inventato io appositamente per darlo a questo personaggio. Mi serviva un cognome, così ho deciso di spulciare lo smistamento nel primo libro ed eccolo lì, Lunn. In questa fanfiction è il padre di Axell, ed era allo stesso anno di Harry e compagnia. Il suo essere licantropo, invece, verrà spiegato più avanti con la ff.
L'angolo autrice sta diventando più lungo del capitolo, quindi la smetto di ciarlare e fuggo. Spero che non faccia troppo schifo, perdono eventuali errori etc etc. Alla prossima, e grazie ancora per le bellissime recensioni!

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Beneath our Skin


Capitolo 4
«Ci saranno almeno duecento coppe da lucidare, qua dentro» sibilò Scorpius Malfoy, straccio alla mano e dita nere di polvere. Lily Potter, con aria abbattuta, si accinse a strofinare con decrescente energia quella che doveva essere la centoventitreesima targa d'oro brunito. Non aveva idea che così tanti studenti, ad Hogwarts, avessero meritato un premio speciale, in passato; sbuffò, massaggiandosi con i polpastrelli il polso indolenzito.
«Questi lavori alla Babbana non fanno per me», continuò Scorpius, beccandosi un'occhiataccia da Gazza, che sostava davanti all'entrata della Sala dei Trofei, quasi temesse che quei due potessero svignarsela prima del tempo. Dopo essere stati beccati, la notte prima, a bighellonare per il castello, era stata inflitta loro una punizione immediata; subito dopo le lezioni della mattina erano stati spediti da Gazza, che li avrebbe controllati mentre si dedicavano alla lucidatura di trofei, coppe, medaglie e altra argenteria varia nella Sala dei Trofei - il tutto, ovviamente, senza ricorrere all'ausilio della magia, ma lavorando di gomito. Lily sbuffò di nuovo, sempre più scocciata. Bel modo di trascorrere il giorno del suo quindicesimo compleanno, doveva riconoscerlo.
«Avresti dovuto portare il Mantello dell'Invisibilità di cui mi parlavi l'altro giorno», proseguì Scorpius, rinfacciandole quella mancanza mentre rimuoveva uno spesso strato di polvere dai manici di una coppa d'argento.
«Zitto e pulisci, se non vuoi che Gazza te la faccia togliere con la lingua, quella sporcizia.»
«Certo, capitano. Agli ordini, capitano. Come desidera, capitano.»
Lily aprì bocca per stare al gioco, ma la richiuse in fretta quando si soffermò a leggere l'iscrizione sulla centoquarantaquattresima targa che le era capitata fra le mani quel giorno.
«Qualcosa non va?», chiese Scorpius, incuriosito, piazzandosi dietro Lily e sbirciando la targa che quest'ultima stringeva ancora fra le dita.
«Nulla, tranquillo», si affrettò a mormorare Lily, riponendo svelta l'oggetto nell'armadio d'angolo, dove l'aveva trovato. Scorpius sfoderò con disinvoltura il suo scintillante sorriso-lama, un sorriso che non si estese ai suoi occhi grigi, che la scrutavano con raggelante freddezza, inchiodandola.
«Ma certo.» Tolse lo straccio dalla spalla dove l'aveva poggiato e riprese a lucidare le vecchie coppe senza più rivolgerle la parola. Lily si mordicchiò il labbro inferiore, infelice, dimentica delle restanti centosettantanove targhe che aspettavano a loro volta una lucidatura. Immaginò come sarebbe stato, potersi confidare con Scorpius; rivelargli tutto, vedere sotto quale luce l'avrebbe guardata, dopo la sua confessione. Ma non poteva, e non doveva. Era condannata a sostenere quel peso sulle sue spalle, le sue soltanto. E di Jeremy Smith.
Era così facile, con Scorpius. Tutto svaniva nell'esatto momento in cui si trovavano assieme - cognomi, passati di famiglia, segreti destinati a rimanere non pronunciati -, che fosse solo per parlare, leggere uno accanto all'altra, o ordire una delle loro vendette. Scorpius era suo amico, il primo che avesse mai avuto - no, fratelli e cugini non contavano. La paura di deluderlo, la paura di perderlo per un motivo così stupido - Scorpius era certo che Lily non si fidasse abbastanza di lui, nemmeno per le sciocchezze più minime - le faceva tremare le gambe.
«Scorpius», lo chiamò, mentre si apprestava a prendere una targa a caso dal mucchio mentre lui era di spalle. Scorpius la raggiunse subito, l'espressione interrogativa. «Tieni.» Lily gliela porse, a occhi bassi. «E' per questo che, uhm, prima ero turbata e... Non volevo ammetterlo.» Era una menzogna, e come sempre, quando mentiva, i suoi denti cercarono il labbro inferiore per stringerlo in una morsa. Ma Scorpius era intento ad osservare la targa, e per fortuna non notò nulla.
«E' per Hermione Granger», fece, sorpreso, rigirandosela fra le mani. «E' tua zia, non è vero?» Lily annuì, preferendo rimanere in silenzio.
«Ho capito», sospirò Scorpius, e nell'occhiata che le lanciò Lily vi lesse pura rassegnazione. «Non volevi farmela vedere perché la tua famiglia ha ricevuto più trofei negli ultimi vent'anni di quanti la mia ne abbia guadagnati da secoli.»
«E'...Io...»
«Shhh.» Scorpius avvicinò l'indice alle labbra dischiuse di Lily, ma senza sfiorarle per davvero. «Non importa. Davvero. Comunque io ho finito con queste stramaledette coppe. Ci vediamo più tardi.» Gettò lo straccio a terra, un gesto calcolato, compiuto appositamente per far innervosire Gazza, che, infatti, si mise a imprecare fra i denti, consentendo a Scorpius, però, di passare.
Lily riprese a strofinare. Doveva essere ottimista. In fondo, le mancavano solo centocinquantuno targhe.
Quella di Tom Riddle, splendente di fresca lucidatura, giaceva sul fondo di quell'armadio d'angolo, preclusa alla vista di chiunque fosse passato di lì in futuro.

-

Steffon Norcross li fissava, gli occhi simili a quello di un avvoltoio dietro gli occhiali dalla montatura di ferro rossa che indossava. Le mani gli sostenevano il mento, e un piede, sotto il tavolo, batteva contro il pavimento con costante impazienza.
«Mostralo, Lily», intervenne rapido Scorpius Malfoy, temendo che le testimonianze fornite fino a quel momento non risultassero sufficienti - soprattutto considerato che lui e Lily avevano ricevuto una punizione, quel giorno, e quindi, forse, erano stati poco credibili. Lei, altrettanto rapida, sollevò l'orlo della gonna della divisa, esponendo un livido sulla coscia, che, seppur piccolo e ormai quasi in via di guarigione - la colorazione violacea stava sfumando in un chiaro giallastro -, aveva un aspetto ugualmente orribile. Scorpius distolse lo sguardo, educatamente, ma il professor Norcross, il preside, si levò in piedi per osservarlo con più chiarezza.
«E così il signor Steeval ti ha colpita proprio lì, con la punta del suo manico di scopa.» Aggrottò le sopracciglia, pensieroso, mentre rimetteva assieme i pezzi. Lily si era recata nel suo ufficio, poco prima di cena, accompagnata da Scorpius; a turno, i componenti della squadra dei Serpeverde - Trystane, Edric, e tutti gli altri - erano venuti a confermare la sua testimonianza. Tre giorni prima, durante il loro allenamento, alla quale Lily aveva partecipato da spettatrice, i Corvonero erano giunti reclamando per loro il campo; avevano sfoderato le bacchette e Mathis Steeval era stato sul punto di aggredire fisicamente Scorpius, il loro capitano, dopo averlo precedentemente già insultato. Lily, per mettere pace, si era intromessa, ma Mathis Steeval, dopo aver tremendamente offeso anche lei, insinuando, per di più, che sua madre fosse una donna di facili costumi, era passato alle mani e le aveva inferto quel colpo con la punta del suo manico di scopa, usufruendo di eccessiva forza. C'era una parte di verità, in tutto quello, ma la faccenda era stata ingigantita, mettendo Mathis Steeval nella luce peggiore. Aggredire una ragazzina non era un gesto ben visto da nessuno, soprattutto se quella ragazzina era Lily Luna Potter, aveva un'espressione così innocente e un aspetto così delicato e gli insulti erano stati rivolti alla sua famiglia. La sua famiglia. Suo padre era Harry Potter! La parola "oltraggio" era dipinta a chiare lettere sul viso di Steffon Norcross.
«Molto bene», asserì il preside, osservando Lily che, scossa, ricambiava lo sguardo e sembrava sull'orlo delle lacrime. Complimenti, Lily. Sei diventata un'ottima attrice.. In realtà, quel livido se l'era procurato durante una delle sue escursioni nella Foresta Proibita, e aveva fatto proprio al caso loro. Ora, pensò Scorpius con immensa soddisfazione, mentre, poco dietro Lily, le accarezzava la schiena con quello che doveva essere un fare rassicurante, avrebbe definitivamente spazzato via Mathis Steeval dalla circolazione. Perché sapeva che la punizione che gli avrebbero inflitto sarebbe stata definitiva, irrevocabile.
«Ora che ho sentito la versione dei fatti di voi Serpeverde, mi sarebbe utile udire anche quella dei Corvonero.» Scorpius si irrigidì, ma Lily, dopo essersi asciugata una sfuggente lacrima, annuì piano.
«Ma certo, professore. Abbiamo il Portiere dei Corvonero proprio fuori dal vostro ufficio, che attende di raccontare a sua volta cos'è accaduto. Purtroppo gli altri membri della squadra si sono rifiutati di testimoniare contro il loro capitano. Spero che lei capisca.» E Lysander Scamander venne fatto entrare, serio e composto, le mani raccolte dietro la schiena.
«Professore.» La sua voce era rigida, solenne. Rimase in piedi, accanto a Scorpius; l'unica seduta era Lily, che voltò un attimo il capo in direzione di quest'ultimo, dando le spalle al preside Norcross. Si scambiarono un'intensa occhiata d'intesa.
«Confermi ciò che hanno detto i Serpeverde, dunque, e ciò che è successo fra la signorina Potter e il signor Steeval, signor Scamander?»
«Confermo.» Negli occhi blu di Lysander non era visibile neppure il più minuscolo lampo d'incertezza. «Quando ho tentato di aiutare Lily, signore, Mathis Steeval si è intromesso. Mi ha spinto a terra, gettato nel fango, ordinandomi di rimanere al mio posto.» Norcross emise un lungo, profondo sospiro, strofinandosi gli occhi con il dorso della mano.
«Non è la prima volta che il signor Steeval si macchia di tali atti.» Sia Lily che Scorpius storsero il naso di fronte a tanta melodrammaticità. «In altre occasioni ha dato sfoggio della sua terribilmente scarsa pazienza, e immensamente grande propensione al trasformare ogni battibecco in una rissa. Ma adesso, ha esagerato.» Si rivolse, quindi, a Lysander. «Vallo a chiamare, signor Scamander. Dovrò comunicargli della sua espulsione dalla squadra di Quidditch.» Scorpius si trattenne con fatica dall'esultare; Lily continuò a recitare la sua parte, mostrandosi ancora abbatuta.
E fu proprio Mathis Steeval che incontrarono mentre uscivano dall'ufficio del preside Norcross. Era accompagnato da Lysander, e aveva un'aria preoccupata, perplessa; con sorpresa di Scorpius, che non fece in tempo a trattenerla, Lily gli gettò le braccia al collo e gli depose con delicatezza un bacio sulla guancia.
«Per quello che è successo l'altro giorno... E' tutto perdonato, Mathis.» Lui strabuzzò gli occhi, stupito, ma poi gonfiò il petto, ringalluzzito.
«Tranquilla, anch'io ti perdono, Potter.» Scorpius, disgustato, sbuffò. Che grandissimo stolto.
«Ora vai dal preside. Corri! Ti deve fare un annuncio importante.» Lily sfoderò il più luminoso dei sorrisi. Scorpius, se non avesse saputo come stavano davvero le cose, le avrebbe perfino creduto. Dopo, fianco a fianco, mentre la prima lama di luce dopo interi giorni di pioggia spazzava via le nubi dal cielo, si diressero verso la sala comune dei Serpeverde.
«Stai diventando in gamba.»
«Siamo il maestro e l'apprendista. L'hai detto tu. E le mie lezioni sono solo all'inizio.»
«Uh-uh. Forse è meglio che finiscano, queste lezioni. Risparmiami l'imbarazzo per il giorno in cui riuscirai a superarmi.»
Lily ridacchiò, piegando appena il capo all'indietro e sporgendo lievemente la gola bianca. Scorpius rimase a fissarla più di quanto la buona educazione di solito concedeva; quando si riscosse, disse in fretta: «Per stasera, Morgaine ha organizzato una cosa nella Foresta Proibita. Per te.» Gli occhi chiari di Lily si ingrandirono per lo stupore.
«Nella Foresta? Di notte, e per me? Potremmo essere beccati...»
«Porta il Mantello dell'Invisibilità, ammesso che tu ce l'abbia davvero.» Lily inarcò un sopracciglio, fulminandolo con lo sguardo.
«Sì che ce l'ho. Posso portare un po' di gente?»
«Dipende. Di che gente si tratta?» Scorpius incrociò le braccia sul petto, sospettoso.
«In verità, questa sera la dovrei passare in compagnia di Albus, Rose ed Hugo. Sai, mio fratello e i miei cugini. Ma siccome non poss-»
«Ma siccome la loro compagnia ti annoia e preferisci di gran lunga la nostra», la corresse Scorpius, interrompendola, mentre sul suo viso dai tratti aguzzi si dipingeva un largo ghigno.
«...non posso», proseguì Lily, ad alta voce, come se Scorpius non avesse parlato, «tanto vale invitarli a stare con noi.»
«Te lo scordi.»
«Non farò di certo come dici tu.»
«Morgaine non li vorrà fra i piedi.»
«Morgaine, invece, sarà d'accordissimo.»
«E va bene. Tanto vale dirtelo. Trystane ha avuto una storia con tua cugina e rivederla lo ferirebbe.»
«Te lo stai inventando. Rose ha un ragazzo da ben tre anni, ed è Lysander Scamander.»
«Splendido, davvero splendido! Visto che oggi ci sentiamo particolarmente caritatevoli, invitiamo anche lui; così, tanto per ringraziarlo dell'aiuto che ci ha dato oggi con Norcross.»
Lily si fermò, bloccandogli la strada, e il suo sorriso era carico di dispettosa perfidia. «Credo che farò proprio così.» Mentre battibeccacano avevano ormai raggiunto i sotterranei; Lily riprese a camminare, dandogli le spalle.
«Spero proprio che tu abbia acquistato un regalo per me, Scorpius. Non vorrei che tu sfigurassi davanti agli altri.»
«La mia deliziosa presenza non ti basta?»
«Mi spiace per te, ma no.»
«Allora mi premurerò di offrirti qualcos'altro.» Quando furono all'interno della sala comune - praticamente vuota, visto che erano quasi tutti a cena - la colse di sorpresa, cingendole la vita con un braccio mentre le era alle spalle. Lily sussultò, ma non si divincolò; bensì sfiorò con dita leggere l'incavo del gomito di Scorpius, scoperto dalle maniche della camicia, arrotolate poco più sopra. Fu il turno di Scorpius di trasalire per quel contatto inaspettato.
«Spera che mi piaccia», sussurrò Lily, per poi tirargli un pizzicotto. Ma Scorpius non la liberò.
«A questa notte, allora.» Scostò con una mano un fastidioso insetto che gli ronzava attorno, e sbuffò. Aveva rovinato tutta l'atmosfera, quella schifezza alata. Lily arricciò le labbra, palesemente divertita, ricacciando indietro una risata.
«A questa notte. Chissà che tu non riesca a sedurmi meglio senza insetti in giro.» Poi si diresse verso il suo dormitorio, lasciando Scorpius a scuotere il capo, divertito, un sorriso che aleggiava sul suo volto.

-

«Era l'unica soluzione.» Morgaine Vypren si strinse nel mantello, come se sperasse che quel tessuto neppure tanto pesante riuscisse a farle da scudo. «L'ho fatto per proteggerti.»
«Non ho bisogno di protezione», latrò con disprezzo Edric Vypren, fissando, glaciale, la sua gemella. «E poi, cosa c'entra proteggere me con il fatto che hai mollato il tuo ragazzo licantropo? Temevi che mi avrebbe aggredito?»
«No!» Sedette su un banco di quell'aula vuota, torcendosi le mani in grembo. Era l'unico posto sicuro per poter parlare, quello, l'unico posto dove orecchie indiscrete non sarebbero giunte ad udire i loro discorsi. «No. Lui non c'entra. E' una lunga storia.» «Puoi raccontarmela?»
«No. Non posso.»
Edric emise un sospiro di frustrazione, massaggiandosi le tempie con i polpastrelli. «Morgaine, non capisco. Se non puoi dirmelo, allora perché mi stai raccontando questa faccenda?»
Morgaine scivolò giù dal banco e gli si avvicinò, tremante. Nell'aria, Edric riuscì quasi a percepire la sua disperazione. «Qualcuno... Qualcuno mi segue. Mi sento osservata. Il sogno...» Edric posò entrambe le mani sulle spalle, incrociando il suo sguardo con determinazione.
«Stai diventando paranoica, Morgaine. Ripeti con me: nessuno ti sta tenendo d'occhio.» Scandì per bene le parole, come se si stesse rivolgendo ad una persona particolarmente ottusa, o con problemi d'udito. Gli occhi di Morgaine si fecero improvvisamente lustri.
«Ti assicuro che è così!», insistette, divincolandosi con energia dalla sua presa.
«Smettila di affidarti ai tuoi sogni!», sbottò Edric, visibilmente irritato. «Non hanno alcun significato.»
«Ma questo, di sogno, si è avverato.» La voce di Morgaine si ridusse ad uno stanco sussurro. «Sei mio fratello, il mio gemello; speravo che mi capissi. Mi sbagliavo. Ma sappi che se non fossi intervenuta, tutti avrebbero saputo.» Edric le lanciò un'occhiata spaventata, ind'ietreggiando lentamente.
«Chi? Come»
«Non importa chi, ma il come sì. Avrà scavato nel tu- nostro passato. Mi chiedo come ci sia riuscito.» Edric stringeva i pugni, gli occhi verdi puntati sul pavimento.
«Io volevo solo dimenticare...»
«Lo so. Capisci in che senso ti stavo proteggendo?»
Ma nessuna risposta arrivò da Edric, che aveva poggiato la fronte contro il muro, qualcosa di solido a cui appoggiarsi, come se temesse di scivolare a terra da un momento all'altro. Morgaine avvertì un suono strangolato. Edric stava cercando di non piangere, ma i suoi tentativi furono vani. Morgaine provò il forte impulso di correre da lui, abbracciarlo, rassicurarlo. Era stato il suo compito, sin da quando erano bambini, e Cynthia Vypren le ordinava imperiosamente "Prenditi cura del bambino, Morgaine, prenditi cura del bambino", quasi fosse stata una sorella più grande, invece che una coetanea di Edric. Erano gemelli che, eccetto per il colore dei capelli e degli occhi, poco si somigliavano. Ma l'aveva fatto, Morgaine si era presa cura di lui, accogliendolo nel suo letto ogni notte, in seguito ai suoi terribili incubi, raccontandogli le sue storie preferite prima di andare a dormire, in seguito alla morte di Cynthia, arrivando addirittura ad imparare la ricetta delle sue frittelle preferite, quelle al succo d'acero, per preparargliele la domenica a colazione. E ad Hogwarts erano stati ancora più uniti, ma Edric le si era congelato fra le dita. Era una statua di ghiaccio, così freddo e scostante e remoto. Sapeva cosa l'aveva cambiato, ma, silenziosamente, avevano pattuito di non tirare fuori quello scheletro nell'armadio, mai.
Morgaine voleva correre da lui e stringerlo fra le braccia, ma sapeva che in cambio avrebbe ricevuto solo disprezzo. Si voltò, abbassando silenziosamente la maniglia della porta, e se ne andò, lasciandolo a salvarsi la faccia e odiandosi per non essere riuscita a rimanere.

-

Sgattaiolarono fuori poco dopo la mezzanotte, avanzando silenziosamente per il grosso parco di Hogwarts ammantato di tenebra e infilandosi a passo svelto nell'oscurità della Foresta Proibita. Guidati da lei, giunsero alla radura - la sua radura - e, sedendosi a gambe incrociate uno accanto all'altro, formarono un cerchio che richiamava proprio quello che, in modo del tutto naturale, formava la natura stessa. Lily prese posto fra Scorpius e Albus, mentre Lysander Scamander e Rose Weasley borbottavano a mezza voce dei Lumos, quasi temessero di essere scoperti proprio lì, nel cuore della foresta.
«Oh, spegnetele pure, quelle bacchette.» Morgaine aprì il mantello e, dalle tasche interne, tirò fuori dei piccoli - ma vuoti - barattoli di marmellata. All'interno di ciascuno fece apparire un piccolo fuoco dalle fiamme di uno splendente turchese, che, oltre a tener caldo, illuminavano l'area circostante in modo addirittura più efficace delle candele. Poi venne il turno di Trystane di sfoderare il suo asso nella manica; apparentemente una bottiglia di succo di zucca, ma Lily avrebbe giurato che il contenuto non fosse esattamente quello.
«Che cos'è?» Rose, perplessa, lunghe trecce castane che le incorniciavano il viso e una mano stretta a quella di Lysander, fissò l'oggetto aggrottando la fronte.
Lily alzò gli occhi al cielo, un sorrisetto sarcastico che si faceva strada sul suo volto. «Olio di fegato di Ippogrifo. Secondo te che cos'è?»
Le labbra di Rose sbiancarono visibilmente, unendosi subito dopo a formare un'unica linea severa. «E' un alcolico, vero?» Solo coloro che la conoscevano a sufficienza sapevano quanto risultasse tormentoso, per lei, infrangere le regole. Gli altri avevano lo straordinario talento di uscire indenni - o quasi - da qualunque guaio; per Rose, al contrario, perfino la più minima infrazione voleva dire rischiare di perdere la fiducia e guadagnare la delusione di sua madre, Hermione Granger, o provocare una piccola crepa nella muraglia che si era accuratamente costruita negli anni e che costituiva la sua reputazione.
Morgaine si portò le mani bianche alla gola, afferrandosela in un gesto melodrammatico. «Un alcolico, dici? No, non sia mai!» Trystane sghignazzò, e Lysander, impacciato, abbozzò una lieve pacca sulla spalla della propria ragazza, che, in compenso, gli lanciò un'occhiataccia colma di disappunto.
«Sei pregata di piantarla, Weasley. Siamo appena arrivati e tu ci stai già rovinando la festa. Se non vuoi bere, nessuno ti costringerà a farlo», sbuffò Scorpius, spazientito, poggiando il capo in grembo a Lily e stiracchiando le lunghe gambe. Lei prese ad accarezzargli i corti capelli biondi con dita delicate, avvertendo il sangue affluirle con velocità sorprendente alle guance. Trystane fece finta di vomitare.
«Come sei riuscito a procurartela?» Edric si decise finalmente a profferire parola, dopo aver fissato uno dei tanti vivaci fuocherelli per interminabili attimi, perso nei meandri di chissà quali pensieri.
«Diciamo che ho corrotto qualche elfo domestico, giù nelle cucine», spiegò Trystane con aria decisamente compiaciuta, assumendo quella che secondo lui doveva essere una posa eroica, ma in realtà, a detta di Lily, lo faceva solo sembrare pronto a ricevere qualche escremento di piccione in testa.
«E ora...» Morgaine gli strappò la bottiglia dalle mani, piena d'entusiasmo, «che la festeggiata abbia l'onore di bere per prima.» Gli occhi di tutti i presenti vennero puntati sulla figura di Lily, compresi quelli di Scorpius, che parvero perforarla. «A proposito, dopo vorrei darti il mio regalo», aggiunse Morgaine, sottovoce, con fare da cospiratrice. Lily accettò la bottiglia che le stava porgendo tentando di mostrarsi il meno esistante possibile. Non aveva mai assaggiato nulla d'alcolico prima d'allora, escludendo quando, una volta, suo padre le aveva offerto un po' di vino dal suo bicchiere. E in quel caso, l'aveva sputato.
Morgaine sembrò leggerle nel pensiero. «Non si sputa», l'ammonì, palesemente divertita, sedendosi fra Trystane e suo fratello. Lily stappò la bottiglia e la avvicinò alle labbra; aveva un aroma dolciastro, pungente, e quando il liquido le scese giù per la gola, per Lily fu come se qualcuno le avesse acceso un paio di fiammiferi giusto giusto nei polmoni. Ma sorrise - aveva vinto la sfida - e domandò: «Ma cosa diamine era?»
«Whisky.» Il sorriso di Morgaine era quasi diabolico. «Particolarmente incendiario. Ah, il succo della vita. Da' qua.» Toccò a lei, poi a Scorpius, a Trystane, a Edric e infine Lysander. Mancava solo Rose, un dettaglio a cui Lily non stava neppure badando, le mani ancora fra i capelli di Scorpius e un calore incredibile che si diffondeva per tutto il suo corpo, sciogliendola in una maniera a dir poco deliziosa; le sembrava di flutturare nella sua stessa pelle, dimentica di tutto il resto del mondo e avvolta in una sottile membrana protettiva dietro la quale nessun problema pareva esistere più.
«Avanti, Rose, mica ti morde», stava tentando di convincerla Lysander, affabile, un braccio attorno alle spalle di lei.
«Ma io non ho mai bevuto prima d'oggi...»
«Non l'avrei mai detto.» Morgaine ridacchiò, fingendosi stupita. «Fallo. Questa è un'iniziazione.» Di cosa, non era ancora dato saperlo. Scorpius si drizzò a sedere, osservando con aria beffarda la scena.
«Quanto ci scommetti che non ci riuscirà?», sussurrò all'orecchio di Lily, facendola sussultare per la vicinanza.
«Ce la farà», replicò Lily, convinta. «Lo vedrai.»
Rose pulì l'imboccatura della bottiglia con la manica del mantello, poi attese. Qualcosa, dentro di lei, stava lottando.
Infine, bevve.
«Che ti avevo detto?» Lily guardò Scorpius con aria trionfante.
«Che ne potevo sapere? Finalmente ha deciso di smetterla di fare la sfigata a vita», mugugnò Scorpius, sconfitto.
Erano tutti iniziati, ora, come aveva affermato Morgaine.
«A cosa, esattamente?», si arrischiò a chiedere, la testa leggera e lontana come una piuma perduta nel vento. Avrebbe tanto voluto che Hugo fosse lì. Aveva finto un malessere, ma Lily sapeva che non aveva voluto accompagnarli perché, in presenza di Scorpius e degli altri, si sentiva a disagio; stesso discorso per Albus. A sorpresa, l'unica che aveva accettato era stata proprio Rose, convincendo, a sua volta, Lysander. Morgaine si alzò nuovamente in piedi.
«Noi siamo sulla soglia di un mondo dorato!(*)», esclamò, allargando le braccia. «Siamo giovani. Il mondo è nostro. Possiamo fare tutto ciò che desideriamo.»
«Possiamo essere un gruppo.»
«Possiamo diventare potenti.»
Fu il turno di Lily di mettersi in piedi. «Così potenti che nessuno potrà più ignorarci.» Guardava Scorpius dritto negli occhi. «Perché essere oscurati a vita delle ombre dei nostri genitori, quando potremmo farci i nostri, di nomi, vivere le nostre avventure, e diventare importanti, un giorno?»
E quando tutti raggiunsero lei e Morgaine, Rose compresa, un silenzioso patto venne stipulato, e l'ambizione mise loro le ali. Erano sulla soglia di un mondo dorato. Dovevano solo spiccare il volo e impedire che le loro ali venissero tarpate.
«Ancora tanti auguri, Lily.»

-

Portava al collo il regalo di Morgaine ed Edric, in tasca quello di Scorpius, e sul letto quello dei suoi genitori, una lettera che aveva rischiato quasi di commuoverla, e che aveva smesso precipitosamente di leggere.
Il regalo dei due gemelli era una collana sottile d'argento, che terminava con una piccola libellula e risplendeva contro la sua pelle chiara. Quello di Scorpius era molto più pratico; una lama, poco più grande di un pollice, sulla cui cima era stato inciso un minuto giglio. Un pensiero delicato e agghiacciante assieme, quello di Scorpius. "Non so se te l'hanno detto", l'aveva preso in giro Lily, "ma hanno inventato le bacchette per difendersi." Scorpius le aveva teso la lama. "Lo so", aveva ribattuto, "ma questa è più... efficace. Veloce. Può servirti al posto di un Avada Kedavra o un Diffindo, considerato che sei solita dimenticare la tua bacchetta in giro." L'aveva fissata, serio. "D'accordo", era stato il mormorio di Lily. Quella mattina, la testa le pulsava senza sosta e le sembrava di essere in coma. "Grazie." Aveva fatto per abbracciarlo, ma Scorpius aveva fatto un balzo per evitare la lama. "Sta' attenta", l'aveva redarguita, divertito. Della stessa tonalità fiammeggiante dei suoi capelli, Lily aveva riposto la lama nella tasca del mantello. Lettere e regali degli altri suoi cugini non erano stati così importanti, non tanto quanto quello di Scorpius.
Era nel suo dormitorio, a pettinarsi con cura davanti alla specchiera; si mordicchiò il labbro inferiore, stringendosi la camicia da notte contro il corpo sottile. L'ambiente era freddo, ma, in cinque anni, ci aveva fatto l'abitudine. L'orario era tardo, e la sua compagna di stanza, Cecily, non era ancora tornata. Forse era in compagnia di Jeremy Smith, l'unico amore della sua vita.
Jeremy. Era da tanto che non la importunava più. Ma Lily sapeva che stava solo aspettando di compiere la prossima mossa; non si sarebbe mai arreso con tanta facilità. Immersa com'era nei suoi pensieri, si accorse di lui troppo tardi.
Era nell'ombra, e avrebbe potuto essere benissimo uno studente. Ma ai maschi non era possibile entrare nei dormitori femminili, ad Hogwarts, sin dall'inizio dei tempi. La spazzola le scivolò dalle mani, allo stesso modo in cui lui scivolò via dall'ombra.
«Io posso aiutarti. Vuoi essere potente, non è così?»
Quando Lily tirò fuori la lama che le aveva donato Scorpius, sapeva già che nulla l'avrebbe potuta difendere.

(*) Anne Boleyn, The Tudors


Angolo Autrice
Ecco il nuovo capitolo! (Lo annuncio come se fosse una lieta notizia, ma lol) Non ho molto da dire, direi che parla da solo, e spero non faccia troppo schifo. E' un po' di passaggio, eccetto per l'ultima scena, che avrete sicuramente capito che è molto importante.
Sulla scena in cui Lily accarezza i capelli di Scorpius, però, vorrei spendere due parole. Come avrete afferrato, è ispirata a quella Draco/Pansy nel stesso libro: è voluto. Ma in questo caso, volevo far vedere che per Lily e Scorpius l'interesse è mutual, cioè a Scorpius non piace essere accarezzato così, tanto per; gli piace essere accarezzato da Lily. La cosa è, dunque, reciproca, mentre nel caso di Draco e Pansy era solo quest'ultima a provare davvero qualcosa, o così l'ho interpretata io.
Rispondo qui a Sansa e a chiunque altro voglia sapere qualcosa sul casting. Morgaine e Edric sono, rispettivamente, Natalie Dormer (Anne Boleyn in The Tudors... Come vedete, le ho fatto ripetere la stessa cosa!) e Richard Madden (Robb Stark in Game of Thrones). Ovviamente è così che li immagino io, voi siete liberissimi di usare la vostra fantasia. Per quanto riguarda, mi sembra di aver già parlato del casting per Lily e Scorpius; se non l'ho fatto ricordatemelo, così dirò qualcosa nelle note del prossimo capitolo!
A presto, spero, e vi ringrazio per le meravigliose recensioni (alla quale ho risposto una ad una, finalmente!). Siete dei fantastici sostenitori.

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