Forever it's a hard word to say

di KikiSuicide
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Return ***
Capitolo 2: *** Son of Rockstar ***
Capitolo 3: *** Please tell me a lie - Falshback ***



Capitolo 1
*** Return ***


Return

 
La mia primissima Fiction sui mitici Children Of Bodom.
Spero che possiate apprezzare davvero l’impegno che prometto di metterci :)
Ps:Non scrivo a scopo di lucro
 

 
Lucinda Pov

Ero tornata a casa. Dopo tre anni e senza preavviso ero tornata.
Stavo parcheggiando l’auto di fronte a quella casa che non consideravo più mia.
Mi ero chiesta tante e tante volte se la chiave fosse entrata nelle toppa. Se aprendo la porta lo avrei ritrovato lì a bere birra, su quel divano logoro che tanto amava.
Per il bene di Tomas ero tornata, per il bene di mio figlio.
Presi quel frugoletto tra le braccia e cercai di salire le scale del portico, erano piene di neve e ghiaccio.
Gl’inverni di Helsinki mi mancavano nonostante il freddo che poteva raggelare il sangue.
-Hei, piccolo sveglia- la sera si stava facendo largo, impertinente, nel cielo della Finlandia.
-Mama, dove siamo ?- la vocina spaventata e fioca di Tom irruppe nell’aria.
-Siamo a casa tesoro- anche se il mio tono non lasciava nessuna incertezza, in cuor mio mi domandavo: Eravamo davvero a casa?
-Mama?- con tutta la delicatezza possibile misi giù quell’ometto.
-Si amore?- dovevo essere forte anche per lui, non doveva capire minimamente la paura che provavo.
-Ti voio bene- e mi si strinse alla gamba.
Momenti come quello ti facevano capire il bello di essere madre. La gioia che tuo figlio ti dava, nessuno te la poteva dare, o meglio l’unica persona che me l’avrebbe potuta dare non sarebbe mai tornata da me.
-Anche io tesoro mio, ora entriamo però- presi la chiave dalle tasche e la misi dentro.
Sperai con tutta me stessa che avesse girato, infatti con grande sollievo entrammo dentro l’abitazione, vuota e priva di alcunché.
 

**


? Pov

Camminavo tranquillo per le strade di quella città che era patria del mio cuore.
Pensavo a tutto e di più: a come la musica potesse farmi sentire così bene, a come la vita sembrava avermi per una volta incoraggiato ad’andare avanti, a dimenticare ciò che era successo.
Eppure come ogni volta passavo di fianco a quella casa così spenta e deserta.
Cercavo di dimenticare. ma il cuore sembrava non voler dar ascolto al buon senso.
Come di consuetudine attraversai la strada vicino all’abitazione.
Una luce flebile illuminava la finestra, quella luce proveniva dall’interno.
Il mondo mi crollò addosso, il mondo di sicurezza che mie ero creato cadde sotto la mia impotenza.
Volevo non aver visto, strapparmi gli occhi e sotterrargli sarebbe stata un’idea ma la mia mente avrebbe ricordato.
Non potevo credere che lei era tornata.
 



Note dell’autrice:
Capitoletto piccolo piccolo che mi è stato dettato dall’ispirazione della notte xD
Spero che vi sia piaciuto e vi abbia almeno un pochino incuriosito :D
Quesito fondamentale (hahaha scherzo) secondo voi di chi sarà il Pov misterioso???
Comunque vi ringrazio per aver letto e se volete siete liberi di lasciare una recensione, mi rendereste tanto tanto felice visto che, ripeto, è la mia prima fiction sui COB!!!
Ok allora smetto di rompervi le scatole e me ne torno al mio posto.
Bacioni oni
Kiki
 

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Capitolo 2
*** Son of Rockstar ***


Son of Rockstar

 
 
Lucinda Pov

Quella mattina mi ero presentata davanti alla porta dei miei genitori. Sapevo che per loro ero morta, ma quando mi videro sulla soglia con un bambino in braccio non poterono far altro che invitarmi a entrare.
Gli avevo spezzato il cuore quando me n’ero andata, soprattutto a mia madre che era venuta a Monaco con le lacrime agl’occhi, pregandomi di tornare a casa e io gli avevo praticamente sbattuto la porta in faccia. Non potevo biasimarli per quella scelta, quella di eliminarmi dalla loro vita. Era difficile da capire la ragione che mia aveva spinto a tale gesto, un gesto di cui certo non andavo fiera ma provai lo stesso a spiegargliela consapevole del fatto che non meritavo il loro perdono.
-Ti sei fatta mettere in cinta da qualche altra rockstar tedesca a Monaco?- disse mio padre acido e scorbutico alla vista di Tomas. Poteva prendersela con me per quello che avevo fatto, ma non avrei mai accettato che desse la colpa a mio figlio, l’unica vittima della situazione.
-Non è come pensate- pensavo avessero avuto una stima migliore di me.
-E allora com’è Lucinda KyraSchneider?- esordì mia madre che aveva preso il bambino dalle mie braccia e ora lo cullava a se.
-Dovremmo sederci e parlarne- non volevo farlo in piedi ne tantomeno con i loro sguardi accusatori che mi fissavano, anche se da quelli nessuno mi avrebbe mai salvato.
-Ok- acconsentirono e mi guidarono verso il divano.
Preferii accomodarmi nella poltrona per avere una panoramica migliore sula scena che sarebbe accaduta, sperando nella loro migliore reazione.
-Puoi cominciare dallo spiegarci chi è lui?- disse solenne mio padre capendo la mia faccia.
C’erano troppe cose da dire e troppe di quelle cose ancora si dovevano risolvere.
-Lui è Tomas, mio figlio- ero davvero fiera di quel gioiello che si era addormentato in braccio a mia madre.
-Chi è il padre?- mia madre sembrava aver messo da parte il suo tono accusatorio per passare a uno più dolce.
Avrei potuto dire che non sapevo chi fosse il padre o che era uno sconosciuto tedesco ma non volevo mentire ancora, non più a loro. Gli avevo troppo feriti.
-Lo sapete- avrei potuto semplicemente dire il suo nome ma farlo mi avrebbe fatto male e soprattutto mi avrebbe fatto riportare alla memoria momenti che preferivo dimenticare.
-Henkka?- gli occhi di mio padre si erano ridotti a due fessure quando mia madre aveva nominato il suo nome. Lui l’odiava, pensava che stare con lui mi avrebbe portato su una cattiva strada facendomi diventare una drogata e bevitrice a tempo pieno. Io però ero l’unica tra pochi che sapeva chi era il vero Henkka Seppälä.
-Si- quella semplice parola bruciava come mille fuochi incandescenti.
-Lo sa?- il mio vecchio sempre protettivo, si era calmato e mi stava facendo una domanda di cui sapeva benissimo la risposta.
-No- ma non mancava molto che lo sapesse. Ero tornata perché, stufa di fuggire, volevo affrontare la realtà che per quanto difficile poteva essere sempre realtà era.
-Perché sei scappata?- la domanda da un milione di euro. Alla luce del tutto il mio era stato un atto di codardia ma lo avevo fatto per amore in fin dei conti. Non volevo rovinargli la vita, costringendolo a mettere da parte la musica per me, per noi.
Solo io sapevo che quando iniziava a suonare e quella folle musica piena di adrenalina prendeva il sopravvento sulla calma e sul silenzio, il mio cuore iniziava a scalpitare, rapito dalla melodia.
Non avrebbe dovuto mai smettere di fare quello che faceva. Però doveva sapere, non potevo neanche negargli la scelta visto che aveva una testa per pensare e io non ero nessuno per avergli portato via una parte di se. Suo figlio e il mio cuore.
 

** 
 
Henkka Pov

Da quando ero tornato non mi sentivo più lo stesso.
Non sapevo con certezza se Lucinda fosse tornata o semplicemente qualche vandalo era entrato dentro quella casa abbandonata e in disuso da tre anni.
Quello che sapevo e che avevo una strana sensazione, una sensazione di speranza misto a qualcosa che no riuscivo a definire.
Tutti sen’erano accorti, più di tutto Janne e Alexi che mi stava attaccati al culo come due zecche riempiendomi  di domande su domande per capire il motivo della mia stranezza.
-La volete finire, sto bene ho detto- proprio non ce la facevo più, stavo per esplodere.
-No se tu non ci dici la verità- proprio due teste dure quei due, eppure erano i miei due fottuti fratelli e compagni di vita.
-Ok ma astenetevi dai commenti- sapevo che soprattutto Alexi (la portinaia della situazione xD) tendeva a esagerare e non lasciarmi finire il discorso, saltando alle conclusioni.
Così li raccontai di come passassi ogni volta davanti a casa sua, di come mi sentissi e di ieri che avevo trovavo una luce accesa.
-Quindi tornerai, strisciando, da lei?- ed eccolo lì l’Alexi che non si smentiva mai.
Però se fosse stata davvero lei? Se fosse tornata, come mi sarei comportato? L’amavo ancora? L’odiavo?
Ovviamente avevo troppi dubbi che dovevo chiarire, un vortice di domande.
-Non lo so- Janne sgranò gli occhi e mi diede un leggero schiaffo come per farmi tornare il sale in zucca.
-Sei scemo o cosa? Stai davvero pensando di tornare da lei?- mi sentivo come un bambino che aveva commesso una marachella e i genitori lo stavano rimbeccando.
La differenza era sostanziale, loro non erano i miei genitori (anche se facevano parte della famiglia).
-Si ci penso- per essere testardo ero testardo, ma non stava esattamente parlando la mia testa ma il mio cuore.
-Non ci posso credere, sei senza speranze Henkka, un coglione di prima fila- non vedevo perché doveva farmi la morale Alexi.
-Parli proprio tu Laiho?- non volevo degenerasse in una lite tra me e quel deficiente ma non riuscivo a trattenermi. La mia lingua sputava tutto quello che il mio cervello pensava, peggio di quando ero ubriaco.
-Cosa stai insinuando?- non insinuavo niente la mia era una semplice costatazione o per meglio dire la verità.
-Dico che se Kim ti avesse lasciato senza nessuna spiegazione e dopo tre anni ritornasse tu saresti già da lei e non qui a parlare con me- avevo stramaledettamente ragione.
-Forse hai ragione ma il punto è che lei non lo ha fatto- anche questo verissimo, visto che vivevano come una di quelle pubblicità delle mulino bianco, l’unica cosa che gli mancava erano i figli, di cui non era intenzionato ad avere fino hai cinquant’anni.
-Lei non ha deciso una mattina di scomparire nel nulla, senza una spiegazione- conoscendo Kim lei non lo avrebbe fatto, lei era una guerriera, una combattente coraggiosa.
Non era Lucinda.
-Ti ha lasciato un fottuto biglietto- aveva aggiunto Janne più calmo di Alexi ma sempre incazzato era.
-Questo non toglie che l’ama- intervenne Roope che era stato in silenzio fino a quel momento.
-Tu la ami? Dopo tutto quello che ti ha fatto passare la ami ancora?- per dirlo con certezza avrei dovuto vederla.
-Non lo so- Alexi non era in se, mi reputava uno stupido.
-Si, si, sei proprio un coglione- e detto ciò se ne andò sbattendo la porta.
-Vedrai che si calmerà- non capivo proprio come poteva dire quelle cose nonostante Lucinda fosse stata la sua migliore amica. La gente commette errori eppure a quale prezzo lo aveva fatto?
Non c’era dubbio dovevo rivederla.
 
 

Note dell’autrice:
Secondo capitolo!!!
Spero che vi sia piaciuto e che vi abbia chiarito le idee in merito ^^
Penso di aver fatto abbastanza schifo (ma non più del solito per lamentarmi XD)
In ogni caso vi ringrazio per legge e se volete recensire di certo non vi mangio…
 
Risposta alla recensione xD
 
@HateBreeder: Sono supercontenta della tua recensione. Sono davvero felice che ti piaccia e cmq sono io a dover farti i complimenti visto che adoro le tue fiction XD
Spero che questo capitolo ti abbia fatto luce sulla situazione ^^.
 
Baci
Kiki

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Capitolo 3
*** Please tell me a lie - Falshback ***


Please tell me a a lie – Flashback

Le loro bocche facevano un gioco d’amore.

Le loro lingue, intrecciate, erano diventate l’una parte dell’altro; come indivisibili. Si volevano così tanto che il desiderio bruciante avrebbe potuto ucciderli.

- Aspetta! – esordì la ragazza che proprio in quel momento, così pregno di passione, si era ricordata il vero motivo per il quale si trovavano lì. Aveva lasciato il lavoro in fretta e furia per tornare a casa.

- Cosa? – gli disse accarezzandogli dolcemente la guancia.

- Dovevamo parlare Henkka ricordi? – l’aveva chiamata perché doveva parlargli subito, prima che Alexi con quella bocca che si ritrovava gli spiattellasse la verità.

- Tra una settimana partiamo in tour – non erano tornati neanche da un mese che dovevano di già ripartire.

Un’ombra di tristezza s’impossessò del volto di Lucinda. Non voleva rimanere di nuovo da sola, senza di lui.

- Per quanto questa volta? – lei era sempre stata la prima a supportarlo nelle sue scelte, nel suo lavoro, in tutto e per tutto ma non poteva fare a meno di non pensare al lato negativo.

- Tre mesi – peggio dell’altra volta.

- Mi chiedo se non dovrei trovarmi un’amante nel frattempo – disse acida e spinosa.

Intanto però una lacrime aveva solcato il suo volto. Una lacrima era scesa per ammettere quanto gli facesse male. Quella lacrima diceva tutto.

- Non scherzare – si era voltata per non farsi vedere piangere ma Henkka aveva capito. Capiva perfettamente che gli dispiaceva ma anche lui ci stava male. Avrebbe voluto portarsela dietro come Alexi faceva con Kim, ma sapeva che non era possibile.

- Henkka – d’un tratto si era girata ancora fragile e vulnerabile con le lacrime agl’occhi.

- Dimmi – senza pensarci si gettò a capofitto sul ragazzo, ormai uomo; il suo uomo. Lo stava abbracciando, voleva sentirlo vicino a se come non mai.

Non sapeva cosa dire Henkka, si sentiva impotente. Gli accarezzava i lunghi capelli corvini per tranquillizzarla e fargli sapere che lui era lì, per lei sempre e comunque.

- Mi ami? – Lucinda era intelligente ma in quel momento, per la prima volta, la considerò una stupida.

- Che domande del cazzo. Certo – i loro occhi così diversi eppure così uguali si ritrovavano a fissarsi. Lui e i suoi occhi chiari, lei e i suoi occhi scuri.

- Dimmi la bugia che non partirai, ne ho bisogno – l’amore ti fotte il cervello. Lui non avrebbe mai voluto innamorarsi, gli sembrava una cosa stupida e priva di senso, eppure quando Alexi gli aveva presentato Lucinda non ci aveva più visto. Era diventato un cieco e lei era l’unica sua luce, l’unica persona che poteva vedere.

- Non partirò amore, rimarrò con te – quelle parole sembravano così vere. Peccato non lo fossero.

- Grazie – più tranquilla e meno triste da quella data che incombeva come la spada di Damocle sulla sua testa, si era accasciata sul petto di Henkka.
 
 
 
 
** 
 
Quella sera d’estate si erano tutti riuniti in un pub.

Volevano festeggiare l’inizio del tour, anche se mancavano sette giorni non era mai troppo presto per bere e darsi alla pazza gioia.

Lucinda si trovava sopra le gambe del suo uomo, accoccolata come una bambina stanca sulle sue braccia. Si erano dati troppo alla pazza gioia visto che era decisamente ubriaca.

- Lucy? – il soprannome che gli aveva dato Alexi, quando era solo una marmocchia rompicoglioni di cinque anni, gli era rimasto e con il tempo gli era anche piaciuto.

- A..ksi – la sua vocina così carina e soave ora, grazie al consumo industriale d’alcol misto alla sonnolenza, la facevano sembrare un orco delle paludi.

- Henkka credo che dovreste andare a casa. Sempre se ci arriva – disse questa volta riferito al bassista che lo guardava male.

- Devo ringraziare la tua cattiva influenza se è ridotta così – questa volta risero tutti.

L’atmosfera calorosa e felice avvolgeva tutti i presenti.

Erano una grande famiglia.

 

 
 




Note dell’autrice:
Volevo pubblicare questo Flashback da tanto ma non so se era il caso, alla fine però l’ho fatto :D
Spero vi sia piaciuto.
Ora vado e spero di aggiornare presto la storia vera e propria. Penso che di tanto in tanto ne posterò di flashback, mi piace scrivergli ^^
Bacioni
Kiki 

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