♥Damon & Elena♥ di FraRose (/viewuser.php?uid=93303)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lavori Domestici ***
Capitolo 2: *** Lezioni di Cinese ***
Capitolo 3: *** Giardinaggio ***
Capitolo 4: *** Pulsanti ***
Capitolo 5: *** Colloqui ***
Capitolo 6: *** Carnevale ***
Capitolo 7: *** Damon vs. Stefan ***
Capitolo 8: *** Incomprensione ***
Capitolo 9: *** AVVISO ***
Capitolo 10: *** Formiche in Overdose ***
Capitolo 11: *** Siringhe & Punture ***
Capitolo 1 *** Lavori Domestici ***
1.
Lavori Domestici
La mattina di un freddo
giorno di gennaio, Damon Salvatore si alzò molto
più presto rispetto al solito.
Si sentiva responsabile di troppe cose: doveva assolutamente fare
contenta la
sua fidanzata e se non l’avrebbe fatto avrebbero sofferto
entrambi. Peccato che
quello che doveva fare non rientrava nella lista delle cose che Damon
amava
fare.
Ora Elena e Damon
vivevano
nella stessa casa e come minimo lui doveva dimostrarle quanto la amava
e quanto
teneva alla presenza di Elena nella loro nuova villa sul mare. Era
stupenda,
con una vista meravigliosa sull’oceano. Non c’era
un giardino, ma avevano a
disposizione una piccola spiaggia privata tutta per loro. Elena non
vedeva
l’ora che arrivasse l’estate per poter prendere il
sole e per potersi godere il
calore della sabbia bollente sotto l’asciugamano.
Elena negli ultimi
anni era
riuscita a diventare una bravissima maestra delle elementari: i bambini
la
stimavano, la adoravano come se fosse il loro eroe. Tutti in
città conoscevano
la maestra Elena, era famosa e il suo ragazzo andava fiero della sua
piccola
umana. Era come se fosse Barbie per le bambine e Batman per i
maschietti. Sarebbe
stato davvero fantastico e perfetto, peccato che quando tornava a casa
Elena
era… un po’ andata di testa… come il
giorno prima.
“Allora,
Damon?”, sbraitò
Elena entrando in casa e sbattendo la porta con la forza di Hulk. Forse
i
bambini non le insegnavano cose che avrebbero semplificato la vita a
Damon.
“Ciao
anche a te, tesoro”,
la salutò lui con un sorriso ironico da infarto, alzandosi
dal divano e
avvicinandosi per stamparle un bel bacio di buon ritorno a casa.
“Ma che
hai fatto tutto il
tempo?”, domandò poi lei, evitando le sue labbra e
guardandosi attorno con gli
occhi fuori dalle orbite, come se attorno a loro fosse in corso la
rivoluzione
francese.
Damon
alzò le spalle: “Beh,
tante cose”, si difese, appena vide lo sguardo accusatorio di
Elena che poteva
incenerire l’Everest.
“Ah
sì? Che cosa?”, lo sfidò
lei, tremando dalla rabbia.
Damon si
guardò attorno, in
cerca di ispirazione:
“Allora… prima
di tutto mi sono rilassato e ho fatto la doccia, e ho lavato i capelli
e li ho
trattati con un balsa-“, iniziò lui, ma venne
interrotto da un’Elena con gli
occhi che cadevano per terra da quanto stavano uscendo dalle orbite:
“Quale mio balsamo,
Damon?”, chiese minacciosa
e alzandosi sulle punte dei piedi.
“Io…
non lo so. Quello che
ho trovato nell’armadio. Anzi, dovresti proprio dirmi dove lo
compri perché ha
un effetto unico sui miei unici capelli. Vuoi toccarli? Ti
assicuro che sono tutt’altro rispetto a
quell’idiota della pubblicit-“, si
vantò lui, chinando la testa.
“Bene…
poi che hai fatto?”.
Quando Damon iniziava a parlare dei suoi capelli e di quanto erano
belli, era
meglio rinunciare alla conversazione oppure cambiare
l’argomento in fretta.
Damon
aprì la bocca. Poi la
richiuse. Poi la riaprì. Poi la richiuse.
“Vedi? Non
hai fatto un
cazzo!”, strillò Elena, crollando sulla poltrona e
iniziando a piangere.
Intorno a loro, sui
tavoli e
per terra c’erano libri, riviste, foto (ovviamente di Damon)
e… delle
“Settimana Enigmistica”.
“Mi
spieghi perché ti sei
messo a fare la Settimana Enigmistica?”, domandò
urlando Elena.
“Beh…
avevo voglia di
acculturarmi e… ne ho presa una e c’era sempre una
definizione che non sapevo
allora dovevo cambiare quesito. Poi i cruciverba finivano e allora
dovevo
andare a comprare un altro giornale”, spiegò
Damon, senza abbandonare il suo
solito tono “alla Damon”.
“Quindi tu
avresti comprato
(fece una pausa per contare)… 60 giornali di cruciverba e
non ne hai risolto
nemmeno uno?”, domandò incredula.
Damon si strinse
nelle
spalle. Non voleva sembrare imbranato o scemo, anche se sapeva
perfettamente
che non riuscire a risolvere uno di quei giochini dove bisognava
trovare le
parole in mezzo alle lettere era da completi rammolliti cerebralmente.
“Sei tu
la maestra, non io”, tentò di giustificarsi lui.
Elena si
alzò: “Lo sai io
cosa faccio tutto il giorno? Io sono a scuola, in mezzo a una banda di
bambini
pazzi e scalmanati che non sanno nemmeno qual è la
differenza fra caccia e
cacca. E io lo spiego, lo spiego ma loro non capiscono. Continuano a
sbagliare
ed è così frustrante… E tu, mentre io
sono lì a farmi il culo per fare imparare
qualcosa a venti bambini asini, tu sei qui che tenti di risolvere senza
successo
cruciverba, rebus e compagnia bella. E non so se te ne sei accorto, ma questa casa puzza e te non
fai nemmeno le
pulizie, nonostante hai ore di tempo libero, a differenza di me. Qui
devo fare
tutto io, e non lo sopporto più. Io giuro che me ne
vado”, concluse Elena senza
fiato.
A
quell’affermazione Damon
iniziò a traballare. No, non poteva andarsene.
“Elena, ti prego, non
andartene”, pensava lui.
“Ti prego,
dammi solo una
possibilità. Ti dimostrerò quanto posso fare di
più, va bene?”, la supplicò
Damon, inginocchiandosi davanti a lei.
Elena, per quanto
incazzata
fosse con lui, decise di concedergli l’ultima chance, ma se
avesse fallito
allora non gli avrebbe più rivolto la parola.
“Farai qualsiasi cosa ti dico?”,
chiese lei, guardandolo negli occhi.
“Qualsiasi
cosa”, ripeté
Damon. Sembrava che in quel momento fosse Elena a soggiogare Damon, e
non il
contrario. Lui era davvero terrorizzato a morte dal fatto che la
persona che
più amava al mondo lo potesse lasciare da un momento
all’altro perché lui si
era divertito a fare l’idiota.
“Domani
farai la lavatrice.
E pulirai per terra. Buona fortuna”, e così Elena
lo congedò. Prese una coperta
dall’armadio e se ne andò in bagno, e da
lì non uscì più. Sì, Elena
non aveva
voglia di passare la notte con il suo vampiro, che ora era scosso,
addolorato e
assalito dai sensi di colpa.
Damon si
sollevò da terra e
andò a dormire nel suo letto, che appariva davvero troppo
vuoto. Sentiva che
Elena mancava. Il giorno dopo doveva fare tante cose, cose che non
sapeva
neanche come si dovevano fare.
Proprio per la
promessa
fatta a Elena, Damon si alzò prestissimo. Elena era
già andata via: il suo
lavoro le imponeva di essere a scuola molto prima rispetto ai bambini,
per
poter preparare le lezioni e cose così. Damon si vergognava
ad ammettere che
quando lei gli aveva spiegato come funzionava non l’aveva
ascoltata poi così
tanto.
“Allora…
sì, devo pulire il
pavimento. Con cosa posso pulirlo?”, mormorò a se
stesso Damon. Si diresse
verso il bagno, dove in teoria si trovavano i detersivi e quelle cose
là, e
cercò. Mastro Lindo, Vanish, Acchiappacolore,
Swiffer… che diavolo doveva
usare?
“Acchiappacolore…
beh,
acchiapperà anche lo sporco, no?”,
ragionò Damon. Afferrò la scatoletta con
scritto: “Novità, in polvere!” e
l’aprì. Dentro c’era una polverina
grigia,
disgustosa, puzzolente e molto fina. Probabilmente la doveva sciogliere
nell’acqua.
Decise di prendere
un
secchio, lo riempì fino all’orlo e poi
versò un po’ di quella polverina.
L’acqua si colorò di un grigio chiarissimo, quasi
trasparente. Damon annusò e
sembrava tutto normale. Non stava esplodendo niente e si
sentì invaso da
un’ondata di orgoglio: “Elena mi adorerà
e mi rivorrà con se”, si ritrovò a
pensare.
Damon decise che
avrebbe
fatto le cose per bene, così prese anche uno straccio e una
scopa che gli avrebbe
permesso di scovare anche il più
piccolo granello di polvere. “Gli acari e lo sporco non
avevano scampo, con
Damon Salvatore al comando”. Damon ridacchiò al
suo nuovo slogan e scese le
scale.
Intinse lo straccio
blu
nell’acqua che straboccò abbondantemente dal
secchio. Prese la scopa e Damon iniziò
a pulire allegramente, alla Mary Poppins.
Decise che forse con
la
musica sarebbe stato più divertente e accese così
lo stereo a tutto volume.
Iniziò a ballare con la scopa a ritmo di musica, sorrideva
come un ebete
vedendo che il pavimento iniziava a scintillare. Ovviamente, la cosa
che
scintillava di più nella stanza non era di certo il
pavimento, bensì il suo
sorriso accecante e luminoso.
Damon
completò l’opera dopo
qualche ora. Tutto, ma proprio tutto, scintillava. Aveva deciso di
lavare anche
le padelle, i piatti, le posate e le stoviglie. Ma c’era
qualcosa che non
andava, qualcosa che non scintillava come il resto. Damon si
guardò attorno in
cerca della causa e poi la vide: il tappeto. Quello persiano a cui
Elena teneva
tantissimo, che era costato un occhio della testa e che la sua
fidanzata
abbracciava ogni sera prima di andare a dormire; Elena sarebbe stata
felicissima se l’avesse pulito.
Damon
sollevò il secchio con
l’acqua, prese lo straccio, lo bagnò e
iniziò a strofinare per bene. Il tappeto
sembrava davvero pulirsi e schiarirsi.
Certo che ce n’era parecchio di sporco sopra: da marrone
scuro era diventato
giallo ocra. Certo che quell’ Acchiappacolore
funzionava davvero anche per lo sporco. Wow, Damon non poteva fare a
meno di
sentirsi una leggenda. Perché non aveva mai provato a fare
strada nel mondo
della pulizia? Perché non aveva mai provato a offrirsi come
domestico? Perché in
quel momento non si trovava a vendere aspirapolveri? Perché
non stava studiando
la formula di un nuovo detersivo? Damon non lo aveva
ancora capito, ma una risposta a tutte quelle
domande c’era, eccome se c’era.
“Wow! Sono
un mito e ora…
tutti a fare la lavatrice!”, urlò Damon,
saltellando su per le scale e andando
nella “stanza-lavanderia”. Per quel che ne sapeva
la lavatrice serviva a
lavare. Non era certo se i vestiti oppure le stoviglie…
“Non credo
le stoviglie. Poi
le ho già lavate prima… proviamo i
vestiti”, pensò Damon.
Andò alla
ricerca dei suoi
vestiti sporchi. La camicia nera, la giacca di pelle nera, le scarpe
nere, i
calzini neri, l’intimo nero… Trovò una
vecchia cravatta risalente probabilmente
al 1864. Perché non anche quella?
Andò a
controllare l’armadio
di Elena e vide tantissimi vestiti colorati… prese quello
giallo che gli
sembrava troppo tendente al marrone. “Ti ho trovato, sporco!
Muhahahahahahah!”,
gridò sadico Damon. Poi decise che tanto valeva lavarli
tutti, i vestiti.
Ritornò alla lavatrice con cinquanta vestiti tutti
di colori diversi fra le braccia.
“Allora…
per accendere. Questo”,
rifletté Damon, fissando un tasto arancione.
Sobbalzò quando l’apparecchio iniziò
a cinguettare una specie di suoneria. “Forse significa che
è accesa.
Probabilmente devo
infilarci
i vestiti dentro…”. Damon aprì lo
sportello e infilò tutta la roba che aveva
trovato. Poi chiuse tutto e arrivò la parte più
difficile: “Segui il tuo
istinto… Damon, sei un dio della pulizia. Oggi hai pulito la
casa, tutto da
solo…”, tentò di convincersi.
Così ad occhi chiusi si ritrovò a girare le
manovelle per quella che doveva essere la temperatura e
qualcos’altro. Non
guardò quello che aveva combinato e schiacciò
“avvia”.
Appena
sentì la lavatrice
muoversi si alzò, soddisfatto, e ritornò in
soggiorno per una meritata pausa.
Mentre guardava
“La prova
del cuoco” alla televisione (così sarebbe
migliorato anche in cucina, oltre che
nell’igiene), sentì dei rumori strani provenienti
dal piano di sopra. Aggrottando
le sopracciglia andò a vedere che stava succedendo. Durante
il tragitto trovò
la scarpa che voleva lavare; a quanto pareva era caduta. Damon la
raccolse,
pronto per lavare anche quella e aggiungerla al carico di lavaggio.
Entrò nel
bagno e vide la
lavatrice saltellare.
Letteralmente. Stava saltellando.
“No, non può essere.
Io sono un dio della pulizia. Oggi ho pulito la casa da solo, sono un
dio della
pulizia. È normale che saltelli”,
tentò di convincersi Damon.
Doveva assolutamente
infilare quella scarpa nella lavatrice. Come poteva fare? Il modo
più semplice:
aprirla e richiuderla.
Tranquillo e poco
consapevole di quello che stava per combinare aprì lo
sportello e tutta l’acqua
con la schiuma uscì allagando il bagno. Damon aveva lasciato
la porta aperta e
l’acqua dilagò anche per tutto il piano, fino a
poi scendere dalle scale e ad
arrivare in soggiorno.
“Merda…
che faccio ora? Ho
allagato la casa…”, sussurrò
spaventato. Era la fine. Elena lo avrebbe
lasciato.
“Sono
tornata! Come è andata
ahhhhhhhhhhhhhhh!”, urlò Elena
dall’ingresso.
Damon scese
lentamente le
scale. “Io…”, provò lui.
Elena lo guardava,
in cerca
di spiegazioni. Casa sua era completamente allagata, come se uno
tsunami
l’avesse colpita. “Che hai combinato
Damon?”, domandò.
“Io…
ho solo fatto la
lavatrice e… mi ero dimenticato una scarpa e…
ecco l’acqua è uscita”,
spiegò
lui in un sussurro. Non voleva guardarla negli occhi. Era la fine.
Poteva anche
andare a preparare le valigie.
“Una
scarpa? Damon ma che ci
hai messo nella lavatrice?”, chiese Elena.
“Tutti i
vestiti sporchi,
cosa se no?”, rispose lui.
Dalle scale scesero
lentamente la camicia di Damon, la giacca di pelle di Damon, i calzini
di
Damon, una scarpa di Damon… Sentendo movimenti dietro di
lui, Damon si voltò e
vide la sua amata giacca distrutta.
“Noooooooooooooo”, ululò lui addolorato
nel
profondo.
Elena corse ad
abbracciarlo:
“Vedrai ne troveremo un’altra. Almeno ci hai
provato…”, lo consolò lei.
“E ho
fallito”, sussurrò
sconfitto lui. “No, hai fatto solo del tuo meglio. Ti amo
ahhhhhhhhhhhhhhh”.
Anche Elena aveva visto qualcosa che forse sarebbe stato meglio non
vedere. “I
miei vestiti”, ansimò. Il vestito giallo era
diventato nero, come se un vestito
nero avesse ceduto il suo colore. E lo stesso era successo ad altri
vestiti
prima chiari, ora scurissimi.
“Mi
dispiace”, sussurrò
colpevole e
dispiaciuto Damon. Lei lo
guardò, riprendendo la calma. “La colpa
è mia e solo mia. Mi sono arrabbiata
troppo con te”, disse.
“Sono io
che non so fare un
cazzo”, rispose lui.
“Ti amo
anche per questo”,
sussurrò lei, baciandolo dolcemente.
Il divano aveva
iniziato a
galleggiare.
“Secondo
te ci regge?”,
domandò malizioso il vampiro.
“Mah…
non so, vuoi provare”,
rispose altrettanto maliziosamente Elena.
“Tu che
dici?”, chiese
Damon.
“Sei
sempre il solito…”,
sbuffò Elena. Lo baciò con passione.
“Senti…
ho alcune domande. È
normale che una lavatrice saltelli? E l’Acchiappacolore
acchiappa anche lo
sporco?”, chiese lui con uno sforzo immane. Ma doveva sapere
quali altri casini
aveva combinato.
“No, non
è normale che
saltelli. E… no, l’Acchiappacolore non acchiappa
lo sporco. Perché, che hai
combinato? Ma basta parlare”, sussurrò Elena,
riprendendo da dove era stata
interrotta.
“Niente,
tranquilla. Non ho
fatto niente… chiedevo così solo per
chiedere…”, mentì Damon.
“Allora, devo
comprare una nuova lavatrice e anche un nuovo tappeto
persiano… mi serve un
lavoro”, pensò preoccupato il vampiro, rendendosi
conto perché il tappeto si
stava schiarendo. “Ehi, com’è che oggi
sei così distante?”, mormorò Elena.
“Niente.
Ora sono tutto tuo
ma… un’ultima cosa”.
“Cosa?”.
“Ti amo,
Elena”.
“Anch’io
ti amo Damon”.
[Continua…]
Angolino
della Matta Fra o.O
Ciao!
Allora
questa fan fiction mi
è venuta così, ieri mentre stavo nel letto mi
sono messa a scrivere delle
ipotetiche OneShot sui nostri amati Delena. Qui vedete Damon alle prese
con una
lavatrice… non è venuto fuori quello che volevo
esattamente che venisse fuori,
comunque…
Questa
fan fiction sarà una
raccolta di OneShot. Alcune saranno indipendenti l’una
dall’altra, mentre altre
saranno il continuo di altre precedenti. Questo
“episodio” avrà un seguito fra
circa tre o quattro capitoli, non so se mi spiego.
Sono
storie assolutamente
demenziali, proprio il massimo che la mia mente malata poteva produrre,
ma
spero che comunque siano storie che abbiate voglia di leggere quando
non sapete
cosa fare e mi raccomando: lasciate una piccola recensione. Sono sempre
curiosa
di sapere quello che ne pensate.
Vi
dico inoltre che un
episodio simile (l’inondazione del bagno) è
successo a una mia amica (quando
era piccola) e mi ha fatto così tanto ridere che ho deciso
di riscriverlo per i
Delena.
Tutte
le OneShot saranno
solo e soltanto Delena, vedrete che vi aspetterà. Premetto
che ci sarà da
divertirsi!
Uh,
e qui
c’è il
mio crossover fra Twilight e The Vampire Diaries. Non
perdetevelo e lasciatemi un parere! Bacioni
Fra
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Lezioni di Cinese ***
2.
Lezioni di Cinese
Elena aveva appena
parcheggiato l’auto fuori dalla lussuosa villa
che lei e Damon avevano comprato pochi mesi prima. Era una felice donna
sposata
ora, amava suo marito e lui amava lei. Non poteva chiedere altro dalla
vita.
Sapeva di essere il primo pensiero di Damon: ogni giorno, quando lei
tornava
dal lavoro, trovava il tè con i biscotti al cioccolato sul
tavolo, che lui preparava
sempre come buon ritorno a casa. Aveva sposato un angelo,
su questo ne era certa.
Elena
s’incamminò verso l’entrata e non
poté fare a meno di
sbirciare attraverso le leggere tende del soggiorno. Vedendo Damon il
suo cuore
perse un battito. Osservando meglio, però, vide che il suo
bellissimo e sexy
vampiro stava parlando con un omino basso, dai capelli lisci e neri.
Non poteva
vederlo in faccia perché era voltato verso Damon, il quale
sembrava stesse
facendo sforzi disumanamente faticosi.
“Sono
tornata!”, annunciò Elena allegra.
“Xiiiin
xaaan, dooo zixanxii”, stava dicendo Damon.
“Oh
no”, pensò preoccupata Elena, “Damon ha
ripreso a bere”.
Come ne sarebbero usciti stavolta?!
“Damon che
diavolo stai facendo?”, chiese Elena fissandolo. Ma
lui aveva occhi solo per il tipo davanti a lui e per un libro
appoggiato sulle
sua ginocchia. Il vampiro stava inoltre sgranocchiando una penna che
continuava
a rigirarsi fra le mani con fare nervoso.
Sembrava proprio non
sentirla. Elena fissò il tavolo: niente
biscotti e niente tè. Oh no! Che stava succedendo? Si era
dimenticato di lei?
Elena venne avvolta dall’ansia, iniziando a pensare di aver
fatto qualcosa di
male.
“Naaaaxa!
Xin naaa xiiiiiin. Dakaxa? Do zixanaxiiiiiiiiii!
Xiiiiii! Caxazaza? Xi? Naa?”, stava dicendo il tipo dai
capelli neri.
Elena non capiva.
Per quanto si sforzasse, proprio non
riusciva a comprendere una sola parola. Che diavolo di lingua stavano
parlando?
Era peggio del farfallese quando andava alle elementari…
“Damon!”,
strillò Elena, isterica.
Lui parve
risvegliarsi: “Oh, ciao amore. Mi sono dimenticato
il tè. Per una volta potresti farlo tu, no? Sono piuttosto
impegnato ora… ”,
disse distrattamente, passandosi la penna da una mano
all’altra. “Dakaaaa Xan Xin”,
aggiunse poi, concentrato.
Elena era sconvolta.
Che cavolo si era messo in testa
stavolta?
“Scusami?
Tu stai… dicendo parole senza senso e hai anche il
coraggio di dire…”, esclamò Elena
scandalizzata da quel nuovo e strano
comportamento di Damon.
“Texe?
Arxete xinxaaaaanxixuuu cinxamuxa xanamaxa”,
esclamò
il tipo basso.
Elena aveva gli
occhi fuori dalle orbite quando Damon si
mise a saltellare tutto eccitato sul divano. Ormai aveva visto tutto e
poteva
anche morire e lasciare la terra: Damon saltellante come un bambino?
“Capazzaxa
xincaxinca! Hai detto: Tè? L’arte del
tè è molto antica!”, gridò
Damon battendo
le mani.
Elena aveva la bocca
spalancata per lo stupore. Si era
avvicinata al Damon e aveva visto sulle sue ginocchia un volume enorme
scritto
fitto: caratteri cinesi. Cinesi.
Damon aveva iniziato a drogarsi. Cosa gli saltava in mente di studiare
cinese?
“Suo
marixto fa progresssxxi incredibilixiiiin, signorax!
Cinxa, ha imparato tutte lex lettere in un solosxx
giornocinxin!”, esclamò
allegro il signore.
“Xamaaan
xixi cin xa… xaman!”, disse allegro Damon, come se
stesse raccontando una barzelletta.
Il tipo
scoppiò in una risata o qualcosa di simile:
“Xaxaxaxaxaxa ciiiiiiiin xaxaxa! Suo marixto èx
davveroooxx dicinvertente,
signoraaaxxxzzcin!”, la informò il tipo, sempre
ridendo.
Elena
annuì debolmente, accennando una risatina:
“Xaxaxaxaxaxaxa. Lo soxcin”, sussurrò
Elena, sperando di aver azzeccato almeno una
parola su tre.
“Noxaxaxanocin!
Naxa lo! Loxxooooo…”, la corresse il
professore.
“Elena,
amore. Lui è Xin Xan. Il mio professore di
cinese!”,
lo presentò Damon gonfiandosi di orgoglio,
tantoché il cuore sarebbe potuto
uscire dal petto.
“Tanto
piacere”, sussurrò Elena tendendo una mano.
“Piacerex
miox, Ellllllenaaaaaa…….cin”, la
salutò “cordialmente”
Xan Xin. Non poteva proprio fare a meno del suo
“cin” alla fine delle parole.
“Oh che
sbadaxtooocin. Hox una lexxioneeeex”, disse Xinxan,
imprecando. Salutò educatamente Elena e amichevolmente
Damon, come se si
conoscessero da una vita.
Appena la porta si
chiuse, Elena scoppiò: “Mi spieghi. Che
diavolo. Hai intenzione. Di fare?”, sillabò
urlando.
Damon
alzò le spalle: “Facevo una ricerca in
Internet… e ho
visto che la lingua più parlata al mondo è il
cinese così… ho chiamato Xan Xin,
facile”, spiegò lui.
“Sì
e cosa pensi di fartene del cinese?”, domandò
Elena,
strillando.
“Troverò
un lavoro. Tesoro, mi sembra ovvio che adesso tutti
mi vorranno. Non tutti sanno parlare il cinese”, si
vantò.
“Ma a che
ti serve parlare il cinese se non vivi in Cina?”,
chiese testarda Elena.
“A
qualcosa servirà. Te l’ho detto: è la
lingua più parlata
del mondo!”, ripeté Damon.
Elena cercava
disperatamente di farlo ragionare: “Forse
perché la densità della popolazione in Cina
è elevatissima. Ci saranno tre
milioni di abitanti per kilometro quadrato. La Cina poi non
è esattamente
quello che si dice un piccolo stato quindi… a più
b fa…”, spiegò Elena, come se
avesse a che fare con un adolescente con le proprie idee irremovibili.
“Credi
quel che vuoi. Ma vedrai che d’ora in poi, io avrò
un
lavoro. Sarò un onesto lavoratore americano,
porterò a casa uno stipendio e
amerò la mia piccola umana come non ho mai fatto”,
annunciò Damon, ponendo fine
alla conversazione con un’alzata di spalle.
“Qiiii
bonnnnnqichin Elenacin”, la salutò lui,
stampandole
un bacio sulle labbra e allontanandosi verso la camera da letto con il
dizionario sottobraccio.
Elena lo
guardò allontanarsi, chiedendosi cosa aveva fatto di
male per meritarsi una cosa del genere. Il suo sguardo si
abbassò sul quaderno
che Damon usava per le sue lezioni: dei caratteri incomprensibili
coprivano le
pagine, scritte in modo fittissimo. Damon stava studiando
l’alfabeto? O era già
passato ai colori? Elena non ne aveva idea, ogni tratto di penna su
quella
pagina le mandava in tilt in cervello. Ogni singola lettera era un
grosso punto
di domanda. Elena sapeva quanto sarebbe stata dura con un Damon fissato
con il
cinese, ma non aveva idea di quanto tanto
sarebbe stata dura…
Il giorno
dopo…
“Xiiinnnn
xan ciiiin ah ok, Xan Xin… quindi…
xiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin xoxa chan. Giusto?”, domandava un
Damon molto
concentrato. Sembrava affaticato, come se stesse trascinando dietro di
se un
aeroplano di qualche centinaia di tonnellate.
“Giustocin
Damoncin! Devi faccinare le “i” cin più
lunghexe.
Capitocin?”, spiegava Xan Xin.
“Sicin
sicin, Xan Xin”, diceva Damon, sempre con quel tono
ridicolmente affaticato.
Elena
guardò assonnata la sveglia: ore 06:12. Che cazzo
faceva Damon alle 06.12 del mattino? Parlava il cinese a
quell’ora?
Bestemmiando e
imprecando silenziosamente, Elena scese dal
letto bruscamente facendo cigolare le assi sotto di lei. Sbattendo i
piedi
scese le scale e si appoggiò allo stipite della porta,
osservando Damon e Xan
Xin conversare. Chissà cosa cazzo stavano dicendo.
“Xiiiiiiin
xan cio chi chan ya?”, chiedeva Damon con fare
interessato.
“Xoooooo
Damoncin. Xaxa!”, rispondeva Xan Xin, annuendo.
“Xagaxagaxaga!”,
rideva il vampiro, scatenando la ridarella
anche in Xan Xin.
“Xaxa, ci
ho caxacaxacaxa, Damoncin”.
Elena fece la sua grande entrata. Gli sguardi dei due
uomini scattarono verso la ragazza, che sorridendo senza divertimento
osservava
la scena. Stava cercando di nascondere l’esasperazione.
“Oh
Elenacin! Tu hai talento, davvero. Elenacin, mi offro di
fare lezioni cin perxe texe!”, si offrii Xan Xin, alzandosi
in piedi e correndo
verso di lei scuotendo le braccia nell’aria.
Elena lo
guardò male: “No, Xan Xin. Sto bene
così, davvero.
Non sapevo quello che dicevo…”, tentò
Elena. Me quello che ottenne fu un
furioso: “Nonononono! Elenacin, tuxe hai cin talento per
cinese cin! Damoncin, dillo anchexe
tuxe!”, Xan Xin incitò
il vampiro.
Damon
annuì vigorosamente: “Assolutamente, tesoro.
Sembrava
che parlavi cinese da una vita”, la informò Damon.
Elena non aveva la più
pallida idea di che cosa fare: cosa doveva dire?
“Non ho
tempo per studiare una lingua del genere…”,
riprovò
Elena, ma senza successo.
“Oh
Elenacin. Una nuova alunna! Damoncin vieni con Elenacin.
Dobbiamo recuperare in fretta quello checin non hai imparato concin
noicinxe!
Seixe indietro col programma, Elenacin”, esclamò
Xan Xin, afferrandole un
braccio e trascinandola verso il divano.
“Questo
è solo l’inizio”, pensò
Elena. Infatti…
“Dobbiamo
preparare quella ricetta, Damon!”, strillò Elena
con in mano un mestolo e una terrina.
“Ok. Ti do
una mano. Allora: cinxa dakaaaa yah
kokokokokokkko daka…”, iniziò Damon.
Elena sbuffò, furiosa: quella storia del
cinese si faceva sempre più odiosa. Ringhiò:
“Non capisco niente di quello che
dici, Damoncin!”,
gridò.
Lui parve non
sentirla e continuò a parlare e a tradurre la
ricetta in cinese. Elena sbuffò, lasciò cadere
per terra la terrina e se ne
andò a grandi passi verso la sua stanza, mandando al diavolo
Damon e la torta
che avrebbe voluto preparare.
“Damon,
fermati. Che stai facendo?”, domandò esasperata
Elena. Sembrava di essere capitati in una puntata di Desperate
Housewives. Solo
molto, ma molto
peggio. Quello era un incubo.
Damon che faceva shopping sarebbe stato affascinante e sexy, ma solo se
Damon
avesse portato borse piene di vestiti… ma stava portando
borse piene di libri
in cinese.
“Per
favore. Damon, non mi piace il cinese, per favore!”, lo
supplicò Elena. Ma lui non voleva proprio saperne: stava
leggendo incantato un
volume di “Via col vento”; ovviamente, in cinese.
“Ehi, amore! Che hai detto?
Devo iniziare a studiare di più, non capisco una
parola”, la informò il
vampiro.
Cosa? Studiare di
più? “No, Damon. Sono certa che è una
questione di tempo. Anzi, ne sono
più
che sicura!”, lo rassicurò lei.
“Va
bene… ma lo prendo lo stesso”, annunciò
sorridendo
Damon. Elena alzò gli occhi al cielo. “Senti io mi
sto vergognando di te. Sarà
il ventesimo libro che compri in questa libreria. E ti sei fatto fare
venti
scontrini differenti dalla stessa commessa. Io mi vergogno, quindi me
ne vado”,
annunciò seccata Elena.
“Senti,
non è colpa mia se all’inizio non volevo prendere
un
libro e poi ho cambiato idea. Potrebbero finire lo sai!”,
esclamò indignato Damon,
afferrando Elena per un braccio, cercando di impedirle di tornare a
casa.
Elena lo
guardò male: “Chi vuoi che compri un libro in
cinese? Solo tu!”, disse lei, e con uno strattone si
liberò dalla sua presa.
Damon rimase a
guardarla andare via, ferito nel profondo. Fissò
la copertina di “Via col vento” e
riappoggiò il volume sullo scaffale da cui lo
aveva preso, uscendo dalla libreria.
“Damoncin,
Elenacin. È quasi ora dell’esame, ok?”,
informò
Xan Xin iperagitato.
Elena
sbuffò, mentre Damon sudava dappertutto per la
tensione. Ma cosa erano? Gli esami di maturità?
“Ci
saranno trexe fasi: la prima è scritta qi aiii, la
seconda è ascoltare ciiii e la terza è un dialogo
fra voi due cin, tesorini
cin”, annunciò tutto soddisfatto il neomaestro.
“Ma per
favore. Chi me lo fa fare?”, domandò seccata Elena
alzandosi,
ma ancora una volta venne trattenuta. Si voltò e vide Damon
che la fissava
intensamente: “Ti prego Elena. Fai questo esame e poi non ne
parleremo più”, la
supplicò.
Elena socchiuse gli
occhi, insospettita: “Intendi… non
parleremo più di questa fissa sul cinese e anche che non
parleremo più cinese
nella nostra lunga ed eterna vita?”, chiese lei.
Damon
annuì: “Voglio arrivare fino in fondo, per
favore”, la
pregò lui. Lei annuì lentamente, pentendosi
immediatamente di quel che aveva
fatto.
“Facciamo
questo esame”, disse debolmente.
Elena sbuffava
mentre scriveva.
Elena sbuffava
mentre ascoltava.
Finalmente
arrivò la fine di quel dannato esame: il dialogo
domestico fra lei e Damon.
“Xaaaa
Elenacin”, salutò Damon. [Ciao, Elena].
“Xaaaaa,
Damoncin”, salutò Elena sbuffando. [Ciao, Damon].
“Xava coi
xixannnnn yahaaaa?”, domandò il vampiro. [Che
possiamo fare?]
“Noxa
naaaaaa xa Damoncin”, rispose di malavoglia la
ragazza. [Non ne ho idea Damon].
Intanto
l’esaminatore li fissava, intento a cogliere il
minimo errore. Per quella scuola di cinese, il dialogo quotidiano fra
coniugi
era il miglior modo per capire se la lingua era padroneggiata nel modo
corretto.
Ridicolo, secondo Elena; ingegnoso, secondo Damon.
“Dakaaa,
yaha do a daaaaaaa”, disse Damon serio. [Ok, allora
ti dico una cosa importante].
Elena lo
fissò, comprendendo che Damon stava per dire
davvero una cosa seria.
“Elenacin,
da quaaandoxa yahaahahaha cin logahi naha
yahahahaha ahssss uhuhuhuhu ahayyyyy no
xiiiiiiiiiiiiiiiinxaxaxaxaexerte
nonononodadadaiuuuun xin ixin xinxxixxxxin dalatu xin xannnnn
nxiiiuiuiuiuiu
lalalakcin cina cina aiiincincicn”, disse Damon tutto
d’un fiato. [Elena, per
me tutto questa cosa del cinese è stata davvero importante
perché ho potuto
finalmente capire che anch’io so fare qualcosa, non sono
completamente inutile.
Sono riuscito a fare qualcosa che non tutti sanno fare Elena, e sono
felice.
Capisci?].
Elena era
sicurissima di aver capito ogni singola sillaba di
tutto quello che Damon aveva detto e lo abbracciò, commossa
e sentendosi
colpevole per non aver incoraggiato Damon nel suo folle progetto.
Fregandosene
dell’esaminatore che aveva sbarrato gli occhi,
allibito dalla piega che la conversazione aveva preso, Elena disse:
“Non hai
bisogno di parlare il cinese per dimostrare che sei grande, Damon. Io
credo in
te e ti amo, non dimenticartelo mai. E mi scuso per non averti
incoraggiato.
Sei un grande, sei il mio eroe. Sei
unico. Ti amo, Damon”, dichiarò Elena.
Damon la
fissò commosso e rendendosi conto di quanto era
innamorato: “Ti amo anch’io, Elena. E sei
perdonata, per questa volta”, sorrise
e le fece l’occhiolino, mandando la ragazza su un altro
pianeta.
Si presero per mano
e se ne andarono, lasciando
l’esaminatore sul tavolo a scrivere qualche cosa sui suoi
fogli.
Angolino
della Matta Fra o.O
Ciao!
Allora
sono rimasta a bocca aperta dalle 6 recensioni che mi
avete lasciato. Grazie ragazze! un grazie speciale a GLObulesROUGE,
Giuls_Salvatore e a Laura the vampire slayer per seguire entrambe le
mie
storie. E per questo segnalo il mio crossover fra Twilight e The
Vampire
Diaries: Qui
potete leggere e lasciarmi una piccola recensione, perché
stanno calando e
inizio davvero a preoccuparmi. Da 11 siamo arrivate a 5! Ditemi che
cosa non
funziona! Poco Delena. Capisco… ma abbiate un po’
di pazienza! XD
Ecco,
lezioni di cinese… non so come mi sia venuta in mente
una cosa del genere, ma è venuta. Spero che vi sia piaciuta
e spero di ottenere
tante bellissime recensioni da parte vostra. Se arrivo,
posterò un qualcosa su
S.Valentino o lunedì o martedì. Spero di arrivare!
Grazie
ancora a tutte quelle che hanno aggiunto la storia
fra le preferite, fra le seguite e fra le ricordate. Grazie di cuore,
bacioni
Fra
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Giardinaggio ***
3.
Giardinaggio
Elena
guardò fuori dalla finestra di casa Salvatore. Si era
appena lasciata con Stefan, che era andato chissà dove con
Katherine, e stava
tentando da poco di intraprendere una relazione seria con il
“fratello cattivo”
Damon.
Aveva realizzato che
lo amava da sempre. Nonostante tutto
quello che lui aveva fatto, tutti i suoi errori, tutte le persone che
aveva
ucciso… lei non era riuscita a non perdonarlo. Di certo
aveva avuto tutte le
sue buone ragioni per odiarlo dopo che aveva tentato di uccidere suo
fratello,
ma la sua sincerità e il suo autentico senso di colpa
l’avevano spinta a
perdonarlo.
E ora, per quanto le
costasse ammetterlo, era felice.
Damon era andato a
fare scorta di sangue all’ospedale.
Sarebbe tornato dopo un’oretta.
Elena fissava il
giardino del pensionato dei Salvatore. Lo
fissava, cercando di capire cosa non funzionasse. Si concentrava,
spremeva i
suoi neuroni fino a bruciarli, per trovare quella dannata cosa che
stonava.
Dopo qualche minuto, la trovò: il giardino faceva schifo.
L’erba
ingiallita circondava il pensionato e fra i cespugli
secchi crescevano ogni tipo di erbaccia esistente sulla Terra. Un disastro. Le aiuole di rose che stavano
proprio sotto la finestra erano tutte appassite e la maggior parte dei
petali
erano caduti, formando un tappeto marrone. Da quando qualcuno non le
annaffiava? Da quando qualcuno non dava una pulita a quel povero
giardino? Pensandoci
bene, sarebbe potuto essere davvero carino se si fosse messa a curarlo.
Così,
prese la decisione più folle che avesse mai preso:
decise di fare la giardiniera.
Elena
uscì a grandi passi dal soggiorno e corse verso una
piccola casetta poco distante dalla casa. Era quel tipico posto dove si
mettevano tutti gli attrezzi per lavorare in giardino; sperava di
trovarci un
rastrello, un tagliaerba, dei guantoni e possibilmente dei semi da
piantare.
Trovò
tutto, tranne i semi. Elena alzò le spalle;
d’altronde
c’era da aspettarselo. Decise che avrebbe fatto un salto
veloce dal fioraio per
comprare tante belle piantine da travasare.
S’infilò
con decisione i guantoni e afferrò il rastrello,
iniziando a togliere l’erba ingiallita dalla terra.
Damon stava pensando
alla sua nuova bellissima fidanzata, se
si poteva definire tale. Elena.
L’unica che gli era mai davvero interessata negli ultimi
anni. Finalmente
quello stupido di suo fratello si era tolto di mezzo e Elena aveva
capito che
lei amava lui. Da sempre. Beh, forse non da sempre, ma da parecchio
tempo. E
lui amava lei, come non aveva mai amato nessuno.
Sorridendo
consapevolmente come un ebete, raccolse altre due
sacche di sangue dall’emoteca, pronto a infilare tutta la sua
scorta di A
negativo nel bagagliaio della sua auto.
Mentre chiudeva lo
sportello del bagagliaio, si sentì
chiamare dall’ultima persona da cui voleva essere visto in
quel momento: Liz
Forbes, lo sceriffo.
“Damon!”,
gridò lei.
Damon si
voltò, controllando che il baule della macchina
fosse ben chiuso; era presidente del consiglio antivampiri e lui era un
vampiro. Se Liz lo avesse scoperto, dire che lo avrebbe ucciso e
smembrato era
davvero poco.
“Liz! Che
succede?”, domandò lui con un sorriso.
“Abbiamo
scoperto una cosa. All’autostrada. Puoi venire a
dare un’occhiata? Si tratta di…”. Lo
sceriffo si guardò attorno per controllare
quanta gente c’era e poi fece una strana faccia piena di
significati nascosti.
Damon non voleva
andare a ripulire i casini di Katherine o
chiunque altro fosse stato, ma doveva farlo. A malincuore si
scusò mentalmente
con Elena e annuì, seguendo Liz e salendo
sull’auto della polizia.
Elena rimirava il
suo capolavoro da ogni angolazione. Prima
si era messa fuori dal cancello del pensionato per vedere che effetto
faceva
per chi entrava a casa Salvatore. Poi si era sistemata sulla veranda,
dopo
sulla panchina. Il suo obiettivo ora era vedere come si sarebbe visto
dall’alto, ma non aveva voglia di tentare una missione
suicida salendo sul
tetto.
In
realtà, per ora aveva affrontato una sola fase del suo
progetto di ricostruzione giardino. Aveva tolto tutta l’erba
ingiallita e
secca, lasciando quello che prima era un prato giallo un ammasso di
terreno
marrone.
Elena
guardò l’ora: dove diavolo si era cacciato Damon?
doveva essere lì da almeno… 10 minuti! Tardava ad
arrivare così Elena decise di
fare un salto dal fioraio. Ci avrebbe messo poco e comunque avrebbe
lasciato un
bigliettino a Damon per dirle che sarebbe tornata presto e di non
preoccuparsi
per lo stato pietoso del giardino.
Lasciò il
biglietto sul tavolo della cucina, prese le chiavi
della macchina e si diresse verso il centro di Mystic Falls, se
così si poteva
chiamare, per compare qualche piantina e dei semi d’erba.
La porta
d’ingresso tintinnò alla sua entrata.
Salutò il
fioraio e iniziò a parlare del suo progetto.
“Vede…
questo giardino è davvero malmesso e volevo fare una
sorpresa al mio fidanzato…”, stava spiegando tutta
orgogliosa.
“Ok, ho
capito”, tagliò corto il fioraio. “Che
ne dice di
questo nuovo tipo di erba?”, propose lui, mostrando alla
ragazza che aveva gli
occhi accesi e illuminati d’entusiasmo. Quando vide la
scritta: “Cresce in
un’ora grazie alla nuova speciale formula
chimica!”, Elena non capì più niente.
“Prendo
tre scatole di questa”, annunciò sorridendo.
“Bene…”,
rispose il fioraio iniziando subito a fare lo
scontrino.
“No,
no… un attimo. Devo piantare anche dei fiori. E mi
serve un buon concime per quei poveri cespugli… E avrei
bisogno anche di…”,
ricominciò Elena.
“Ok, ho
capito. Che ne dice di questa?”, disse il fioraio.
Elena
fissò la pianta con quei tipici fiori violetti:
“No,
questa non mi piace”, improvvisò lei. La verbena
non era proprio l’erba giusta
nel giardino di casa Salvatore.
“Questa
bellissime rose, perché no? A quanto vengono?”,
domandò interessata Elena.
“ 2 $
ciascuna”, rispose sbuffando il fioraio. Doveva
togliersi di mezzo questa cliente; fuori c’era una fila
eterna che continuava a
battere i piedi, spazientita.
“Sa,
ripensandoci penso che prenderò tre cespugli di rose. E
anche quei bei bulbi di tulipano… si ricordi il concime,
però. Devono crescere
in fretta!”, lo ammonì lei, tutta saltellante.
“Bene.
Allora…”, il fioraio iniziò a prendere
sacchetti e
pacchetti, per infilarci dentro i bulbi e i cespugli. “Questo
è il concime. Ne
metta quanto le sembra che ne servi”, disse lui, non volendo
dilungarsi troppo.
Schiacciò
qualche tasto e poi le mostrò il conto: “Allora
sono… 250 $”, disse.
Elena
sussultò: aveva davvero speso così tanto? Damon
l’avrebbe uccisa; ma poi avrebbe visto con più
attenzione il suo nuovo giardino
e l’avrebbe perdonata. La ragazza tese la carta di credito e
le sembrò di vedere
le banconote strapparsi alla velocità della luce davanti a
lei.
Sorrise,
salutò e prese tutte le borse, che caricò con
fatica in macchina.
Ritornata a casa,
non perse tempo: Damon non era ancora
arrivato. Per prima cosa piantò l’erba. Dopo
qualche minuto poteva vedere i
sottili fili spuntare da sotto la terra. Sorrise, eccitata e
soddisfatta.
Sradicò i
vecchi cespugli e li sostituì con quelli nuovi.
Ora delle bellissime rose colorate circondavano il pensionato,
donandogli
quell’aria allegra e primaverile che non aveva mai avuto.
Elena saltellava
dalla gioia e esultava al solo pensiero della faccia di Damon quando
avrebbe
visto il suo capolavoro.
Piantò i
tulipani nel prato; quelli non sarebbero cresciuti
altrettanto in fretta, ma non importava. Concluse il lavoro lanciando
concime
da tutte le parti, sperando che avesse risultato istantaneo.
Elena prese un bel
respiro e si guardò attorno, sorridendo
come se fosse primavera.
Damon aveva finito
di indagare sul corpo dell’uomo ucciso.
Aveva promesso di impegnarsi per cercare il vampiro colpevole. Sfinito,
si era
avviato a piedi verso casa, dove la sua Elena lo stava attendendo
sicuramente
preoccupata per il suo ritardo.
Percorreva
camminando la strada e venne improvvisamente
assalito da un pizzicore al naso, leggermente fastidioso. Si diede una
leggera
strofinata e lasciò perdere.
Man mano che si
avvicinava a casa sua, il pizzicore si
faceva sempre più intenso. Damon iniziò a
starnutire, a tossire. Gli occhi
cominciarono a lacrimare, come se stesse sniffando verbena. Che cavolo
gli
stava succedendo?
Estrasse i suoi
Ray-Ban dalla tasca del giubbotto di pelle e
li infilò; si sentì subito molto meglio e venne
avvolto da una piacevole
sensazione di sollievo… che durò poco.
Anche il naso
cominciò a dargli seri disturbi: cominciò a
colare e il vampiro fu costretto a soffiarsi il naso.
Che cavolo stava
succedendo? Non gli capitava una cosa del
genere da quando era entrato in una fior-…
“Damon,
amooore!”, strillò un’Elena tutta
saltellante. In
mano aveva… un mazzo di rose.
“Senti
qui! Senti qui! Annuuuusa!”, lo incitò la ragazza,
completamente impazzita. Ma che aveva oggi? Damon non riusciva comunque
a darsi
delle risposte: aveva le rose sotto il naso e stava esplodendo. Lui
aveva
questa tremenda allergia ai pollini da sempre e non era sparita, per
sua
disgrazia, con la trasformazione.
“Forza
amoooore! Annusa! Le ho appena piantate! Sono belle o
no?”, domandò Elena che scuoteva i fiori sotto il
viso del vampiro.
“El…
Ele… na…”, ansimò lui.
“Che
c’è? Guarda che mi offendo! Non ti
piacciono?”, disse
delusa Elena, senza finire di ficcargli quelle dannate rose negli occhi.
“Sì…
sono stupende ma…”, rispose lui, ma venne
interrotto:
“Ahhh ok, pensavo che ti facessero schifo. Allora vado a
prendertene altre
ok?”, disse tutta eccitata Elena. Ma che si era fumata?!
“No,
Elena! In realtà… etciiii. Io non
posso… io non… sono
allergico!”, confessò tutto d’un fiato
Damon.
Elena
sussultò: “Oh mio Dio, Damon! Perché
non mi hai mai
detto che sei allergico! A che cosa, amore?”, chiese poi.
Certo che era dura di
testa…
“Amore:
sono allergico ai pollini”, disse Damon. Questo era
un duro colpo nell’orgoglio: era l’unico vampiro
esistente che non tollerava i
pollini primaverili. Era un debole.
Elena
impallidì alle parole del suo ragazzo: Damon era
allergico ai pollini? No, non poteva assolutamente essere…
ora dove sarebbero
andati ad abitare?
“Non
preoccuparti. È tutto ok… ora andiamo a casa, mi
faccio
una doccia e sto meglio, va bene?”, la rassicurò
Damon, abbracciandola e
soffiandosi il naso contemporaneamente.
Elena impallidiva
sempre di più: “Ehm sì…
ok”, disse lei
incerta.
Lui sorrise e si
incamminò verso il pensionato, ma quando lo
vide rimase scioccato e allibito: “Elena. Che cosa. Hai.
Fatto?”, domandò.
Lei
cominciò a piangere: “Io… non sapevo
che tu… oddio,
pensavo di farti un favore”, singhiozzò lei. Una
folata di vento fece alzare i
petali di rosa, facendoli andare verso di loro.
“Etciiii!”,
starnutì Damon. Per quanto stesse male, non
riusciva ad avercela con Elena. Voleva solamente migliorare il
giardino, niente
di che…
“Non…
importa. Nella casetta ci dovrebbe essere il veleno
per le piante. Vai a prenderlo”, le disse Damon, ansimando.
Lei corse attraverso
il giardino e prese il veleno e lo
spruzzino. Cominciò a malincuore a spruzzare veleno
dappertutto. Sentiva il
respiro di Damon farsi più regolare e ne fu sollevata.
Quando ebbe
terminato, lasciò cadere lo spruzzino: “Ok.
Finito. Puoi attraversare al sicuro questa strada e… puoi
farti la doccia”,
disse tristemente, pensando a tutto il lavoro fatto che ora era andato
perduto.
Lui si
addolcì alla vista della sua piccola Elena in quello
stato: “Senti… andrò a vaccinarmi
ok?”, propose lui. L’idea della puntura lo
terrorizzava, ma aveva visto un’Elena felice e spensierata
quel pomeriggio.
Allegra e spiritosa, circondata da petali colorati. E lo avrebbe fatto
per lei.
“Fai sul
serio? Non hai… paura?”, domandò Elena.
Lui sorrise:
“Sì. Ma lo faccio per te. Perché ti
amo. E
perché oggi eri più bella del solito, mentre
pensavi di farmi felice
ristrutturando il giardino”, confessò lui.
Elena
arrossì e si avvicinò a lui: “Grazie.
Ti amo anch’io e
comunque… sei sexy anche con il naso colante”,
aggiunse con un tono provocante.
Corse dentro casa, andò sotto la doccia e presto venne
raggiunta dal suo
bellissimo e affascinante vampiro.
Angolo
della Matta Fra o.O
Ciao!
Scusate
per il ritardo, ma sto scrivendo una nuova ff di
pochi capitoli e voglio scriverla tutta prima di postarla. Quindi i
miei
aggiornamenti saranno più lenti, ma non preoccupatevi. Non
sono morta e
continuo a regalarvi momenti Delena. 7 recensioni! Io vi amo ragazze!
Continuate così!
Ok
questa OneShot è davvero demenziale: io sono allergica ai
pollini e vi dirò le verità: fa schifo essere
allergici ai pollini. L’unico
lato positivo è che non sei costretto a fare le gare di
atletica della scuola.
E ho pensato: e se Damon avesse problemi con i pollini? Non credo che
sia
venuta fuori una cosa bella, sinceramente mi piacevano di
più le altre due che
ho scritto, comunque… il prossimo capitolo sarà
la continuazione del Damon che
fa la lavatrice quindi… ah ho già iniziato a
scrivere. Vedrete che cosa ho
progettato!
Vi
segnalo il mio crossover fra The Vampire Diaries e
Twilight:
E
infine voglio ringraziare tutte coloro che hanno recensito,
tutte coloro che hanno aggiunto questa storia alle preferite, alle
seguite e
alle ricordate. Grazie anche a chi legge in silenzio.
Particolari
ringraziamenti a
Che
seguono tutte le mie storie.
Un
grazie particolarissimo a TVD
che legge in
silenzio in attesa di riavere il suo computer! Grazie per esserti fatta
sentire! Ti dedico questa OneShot anche se fa un po’ pena. XD
Grazie
di cuore a tutte
Bacioni
Fra
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Pulsanti ***
4.
Pulsanti
[…
continua dal 1° Capitolo “Lavori
Domestici”…]
Elena
non riusciva a perdonarsi per quello che aveva fatto. Aveva detto a
Damon di
fare la lavatrice, e doveva ammettere che aveva sempre saputo che
sarebbe
successo un disastro. Eppure voleva dargli una lezione, fargli capire
che lei
non ne poteva più di tornare a casa e trovarlo stravaccato
sul divano, mentre
lei era esausta dopo una giornata di lavoro intenso.
Ora
sapeva che Damon aveva capito, e aveva la certezza che appena avrebbe
messo piede
in quella casa tutto sarebbe stato perfetto. Tutto in ordine, tutto
pulito. Una
rivoluzione in quella casa, ecco
quello che voleva.
***
“Ok,
quindi sono… 700 $” annunciò il
venditore occhialuto.
Il
campanello d’allarme del cervello di Damon iniziò
a suonare fastidiosamente,
come una sirena in mezzo alla strada. “Ehm…
così tanto? Non è che si è
sbagliato? A me pare che quel “7”
sia più un “2”… non trova che
abbia ragione?” tentò di persuaderlo il vampiro.
Il
venditore lo fissò attentamente, poi sorrise malignamente:
“Ma con chi crede di
avere a che fare? Non sono mica nato ieri, lo sa? 700 $ o
niente” disse il
tipo, iniziando a raccogliere le sue cose.
Damon
era in crisi: primo, doveva darsi una mossa perché Elena
sarebbe tornata a
momenti. Secondo, doveva assolutamente sostituire quel dannato tappeto
persiano
prima che Elena se ne accorgesse. Terzo, aveva promesso di non
soggiogare più
le persone per risparmiare soldi. Il problema era che Damon non aveva soldi. In genere usavano
quelli di Elena per fare la spesa, per pagare le tasse, cose
così… e Elena si
sarebbe sicuramente accorta che mancavano 700 $. Damon, per quanto
fosse
riluttante e pieno di sensi di colpa, cedette ai suoi istinti:
“Io dico che si
è sbagliato e quello non è un 700, ma un 200”
sussurrò minaccioso fissando negli occhi
il venditore di tappeti. Poi Damon ci pensò su un momento e
disse: “Anzi… non è
nemmeno un 200, ma un 20”
aggiunse piano. “Quindi… vediamo se hai capito che
cosa devi fare” mormorò
Damon senza smettere di fissarlo.
“Io…
devo farti pagare il tappeto 20 $” sussurrò il
venditore in risposta.
Damon
sorrise e si complimentò con lui, lasciando la presa sul
colletto della sua camicia.
“Molto bravo! Ecco a te” disse tendendo una
banconota, invece dell’assegno che
avrebbe dovuto dare.
Il
tipo prese i soldi e se li mise in tasca con avidità. Mentre
il venditore
iniziava a mettere via le sue cose, Damon prese il tappeto e lo
sistemò al
posto di quello vecchio. Poi ritornò dal tipo per
ringraziarlo delle sue cortesie, e
trovò un volantino per
terra.
“Questo
è tuo” disse Damon, dando un’occhiata
veloce. Poi il suo occhio cadde su
un’immagine. Ritraeva una specie di robot, molto tecnologico
e avanzato. E
accanto a quell’ammasso di ferraglia grigiastra, una scritta:
“La
rivoluzione nel mondo della pulizia!”.
A
Damon cadevano, letteralmente, gli occhi: cosa voleva dire
rivoluzione nel mondo della pulizia? Sicuramente per lui
significava tanto. Lesse la didascalia sotto:
“Da
oggi non avrete
più problemi con la pulizia della vostra casa se
acquisterete la rivoluzionaria
macchina DF4564TFE. La grande e unica cosa che la caratterizza? Fa
tutto. E con
tutto, s’intende tutto! Fa da mangiare, vi pulisce la casa
senza tralasciare
nessun angolo, sa lavare i panni e le stoviglie. Dite addio a tutti gli
elettrodomestici nella vostra casa, e acquistate colei che svolge tutto
in uno,
al massimo della qualità!”
“Sì,
sarebbe mio” borbottò il venditore, indicando il
volantino.
Damon
gli fece un cenno di avvicinarsi: “Senti… tu vendi
questa cosa?” domandò con
interesse e senza staccare gli occhi dal foglio.
Il
venditore sbuffò e annuì:
“Sì. Altrimenti perché sarebbe sul mio volantino?”.
“Non
mi interessa niente delle tue ragioni. Voglio questa
macchina!” ordinò Damon.
Il
tipo scosse la testa: “Signor Salvatore. Ha letto il
prezzo?” disse sospirando.
Damon
cercò il prezzo accanto alla macchina e spalancò
gli occhi: dove li trovava
90.000 $?
Il
tipo lo consolò, mettendogli una mano sulla spalla:
“Sì, lo so. È deprimente.
Se la può consolare, non ne ho venduta nemmeno una, finora.
Ma è un prezzo
assurdo; la gente non può permettersi di pagare una cifra
del genere al giorno
d’oggi, con questa crisi e tutto. Quindi… meglio
che me ne vada, signore”
annunciò il tipo.
Damon
non si sarebbe arreso: questa volta sapeva con certezza che Elena
l’avrebbe
perdonato; dopotutto, stava facendo un favore a entrambi. Avrebbero
potuto
passare più tempo insieme, si sarebbero divertiti di
più e avrebbero legato più
che mai. Avrebbero potuto seriamente pensare al matrimonio, visto che
avevano
meno cose di cui preoccuparsi e Damon avrebbe potuto trovare
tranquillamente un
lavoro che non fosse il casalingo.
“No
tu non te ne vai proprio” sibilò il vampiro.
Lui
lo fissò terrorizzato. “Voglio questa macchina,
all’istante” ordinò Damon,
sempre più minaccioso.
L’uomo
annuì, lentamente. Corse fuori dalla casa e andò
a frugare nel suo furgone.
Ritornò con una scatola di enormi dimensioni fra le braccia:
“Ecco. Questa è la
prima. Ora vado a prendere le altre dieci” ansimò
affaticato il venditore.
“Come
mai le hai già qui?” domandò Damon,
aprendo il primo scatolone.
“Dobbiamo
approfittare della gente che vuole questa macchina. Se passa troppo
tempo
rischiano di cambiare idea e di non volerla più”
spiegò l’uomo ritornando con
un’altra scatola.
Dopo
aver aperto tutte e dieci le scatole, Damon iniziò a
riflettere che doveva
mettersi a montare i pezzi.
“Come
si monta quest’affare?” chiese iniziando a
preoccuparsi che non ce l’avrebbe
mai fatta. Dieci scatole enormi piene di pezzi di plastica e ferro
troneggiavano
nella stanza. Non sapeva nemmeno più quale fosse la prima.
“Semplice.
Faccio io. Ci hanno fatto fare un corso per montare questo aggeggio.
Lei stia
fermo” ordinò l’uomo iniziando
l’opera di montaggio.
In
poco più di mezz’ora, tutto fu pronto. Una specie
di drago-robot occupava tutto
il soggiorno. Una parte era rivolta verso la cucina per poter
permettere a
quella creatura meccanica di aprire il frigorifero e procurarsi gli
ingredienti
per i suoi piatti. Poi un’altra parte era più
vicina al bagno, dove avrebbe
fatto la lavatrice. Poi c’erano anche la lavastoviglie, lo
stenditoio, il
computer automatico, il cameriere meccanico…
“Bene.
Sono 90.000 $” concluse il tipetto tutto soddisfatto del suo
lavoro. Almeno il
corso per montare i robot era servito a qualcosa. Iniziava seriamente a
dubitare che gli si sarebbe rivelato utile nella vita.
Damon
sorrise maligno: “Io dico di no, tu che dici” disse
allegramente, voltando di
scatto la testa per fissarlo negli occhi.
Lui
cadde in una specie di trance e annuì: “Ti regalo
questo robot, in cambio della
tua gentilezza”.
Damon
sospirò e gli aprì la porta, facendogli un cenno
di uscire.
Poi
ritornò alla macchina e schiacciò qualche
bottone.
Improvvisamente,
un “braccio” si mosse e aprì il frigo.
Tirò fuori due sacche di sangue e le
vuotò in una terrina. Automaticamente cominciò a
mescolare e ad amalgamare bene
l’AB positivo con lo 0 negativo. Dopo qualche minuto in cui
Damon assistette
allibito, il “braccio”, gli tese un bicchiere con
tanto di ombrellino e una
voce robotica annunciò: “Cocktail al sangue
prelibato dell’emoteca”.
Damon
sbarrò gli occhi, sorpreso dall’intelligenza di
quell’essere. Assaggiò il
cocktail e realizzò che era davvero squisito. Delizioso,
come se il sangue provenisse
direttamente dalla vena di una cameriera prelibata.
Damon
schioccò le labbra soddisfatto e cominciò a
premere bottoni rossi, gialli e
verdi ovunque. Sarebbe potuto apparire come uno scienziato pazzo; ci
mancavano
solo i capelli elettrici sparati in aria. Gli venne in mente
un’idea per far
carriera: poteva creare una serie televisiva chiamata: “Damon
lo scienziato”,
oppure “Il Laboratorio di Damon”. E quello di
Dexter sarebbe crollato come se
fosse stato colpito da una frana.
Mentre
il vampiro premeva pulsanti a più non posso, si sentivano
dei rumori
agghiaccianti provenire da ogni parte della macchina. Ad un certo punto
si
azionò la lavatrice. Damon andò a controllare
cosa stesse lavando e rimase
colpito nel vedere che all’interno c’erano solo
vestiti gialli. Il vampiro
sorrise come un bambino con le caramelle; appena sarebbe arrivata
Elena…
***
Presto
sentì con il suo udito da supervampiro il rombo
dell’auto di Elena. Era
arrivata. Chiuse le tende per non far trapelare nulla: voleva che fosse
una
sorpresa di quelle grosse.
Elena
entrò, leggermente spaventata per quei rumori agghiaccianti.
E quello che vide
la lasciò senza fiato. Era allibita.
Damon non voleva proprio capire che non doveva provare a fare le
pulizie?
“Ehi
amore!” la salutò Damon con un bicchiere di vetro
pieno di sangue con sopra
panna montata. “Guarda un po’ che affare che ho
fatto oggi!” gridò mentre
sorseggiava il suo drink. E che
affare…
Elena
non apriva bocca, non sapeva cosa dire: aveva intrapreso una relazione
con una
persona con seri, ma seri davvero, disturbi cerebrali.
Perché se ne accorgeva
solo ora?
“Ehi,
tesoro. Guarda un po’” disse Damon per sbloccare la
situazione. Schiacciò un
pulsante blu elettrico e una sedia spuntò fuori dalla
macchina: di quelle
comode e morbide. Damon si sedette con grazia: “Visto?
È la rivoluzione del
comfort amore!” spiegò lui entusiasta.
I
rumori metallici non finivano. Si sentivano scrosci d’acqua,
centrifughe e
stoviglie che sbattevano.
Elena
annuì lentamente e in modo meccanico, come se fosse anche
lei una specie di
robot: “Ah ah. Quindi… questa
semplificherà la nostra vita” ragionò.
Più che
altro, cercava di convincersi che accettare tutto quello fosse la mossa
giusta,
insieme a non staccare la testa a Damon.
“Ma
certo” esclamò Damon, alzandosi per abbracciarla,
“non vedi: mai più pulizie.
Solo io e te” aggiunse avvicinandosi per baciarla. Lei si
scostò: “Ehm ok,
Damon. io credo di aver bisogno di una bella dormita” si
giustificò lei,
avviandosi nella stanza da letto.
“No,
aspetta! Non vuoi una torta alle mele?” domandò
Damon schiacciando l’ennesimo
pulsante giallo. Aveva un sorriso ebete stampato in faccia, in attesa
che dal
frigorifero uscisse la torta. Pochi secondi dopo si ritrovò
quella meraviglia
appoggiata alla mano destra su un elegante vassoio d’acciaio.
Elena
lo guardò storto e riprese a camminare verso la stanza;
Damon sembrava un
ridicolo venditore televisivo, di quelli che non sanno cosa fare e si
mettono a
vendere materassi, creme solari e cereali per la colazione.
Damon
la guardò stupito: come riusciva a resistere
all’aroma di quella deliziosa,
profumata, meravigliosa torta alle mele? Il vampiro scosse la testa e
si
appoggiò alla macchina; il suo gomito capitò
proprio sul bottone violetto: una
mazza da baseball uscì dalla macchina e lanciò
dall’altra parte della stanza la
torta. E lei cadde proprio lì,
dove
non doveva cadere: sul nuovo tappeto persiano.
Damon
imprecò e decise di andare a letto. Era presto, ma non
voleva rischiare di
frantumare la macchina a causa dei suoi nervi tesi. Non
provò nemmeno a
spegnere la macchina: non si ricordava più nemmeno
dov’era il pulsante giusto.
Ore
01:27, durante la notte…
“Damon”
farfugliò Elena, assonnata.
“Che
c’è tesoro?” chiese Damon, altrettanto
assonnato.
“Ho
fatto un incubo” disse la ragazza. “Posso venire
più vicina a te?” aggiunse
timidamente. Era bellissima quando era così innocente,
così umana.
“Certo.
Vuoi parlarne?” domandò Damon, dolce, mentre
stringeva forte a se la sua
piccola umana.
Lei
annuì, strusciando la testa contro il petto di Damon:
“Può sembrare molto
stupido ma… ero in soggiorno con quella macchina.
E… ho schiacciato il pulsante
violetto e una mazza da baseball mi ha centrata in pieno e…
mi ha spedita su
per il camino. E poi… sono tornata giù e ho
premuto il pulsante giallognolo ed
è spuntato fuori un clown. Era così spaventoso.
Allora io per sbaglio mi sono
appoggiata e ho premuto di nuovo il pulsante violetto e sono stata
rispedita su
per il camino. Damon, mi fa male il sedere”
piagnucolò Elena.
Damon
si sentiva un po’ inquieto e responsabile degli incubi del
suo piccolo amore:
“Ehi… era un sogno!” la
tranquillizzò. “Vuoi il massaggino?”
aggiunse
sghignazzando. Ricevette in risposta una cuscinata: “Sei
sempre il solito!”
sbuffò Elena.
E
poco dopo si riaddormentarono l’uno nelle braccia
dell’altra.
La
mattina seguente…
Damon
aveva deciso di premere il pulsante di quel colore inquietante.
Quel… rosso
elettrico misto ad altri colori. Non sapeva cosa avrebbe causato quel
gesto…
Marito,
moglie e figlia, turisti, passavano da quelle parti e
all’improvviso videro il
pensionato. Tutto normale, fino a qui. Ma, improvvisamente, una cosa
enorme
iniziò a farsi strada attraverso il camino. Si sentivano dei
tonfi pesanti,
come se quell’ammasso di ferri camminasse. Non prometteva
bene, quella
situazione era assurdamente pericolosa.
“Mamma!
Drago incantato” sussurrò incantata la bimba.
“Albert
chiama la polizia prima che quella cosa esca fuori” disse
spaventata la donna.
“Mamma!
Fumo colorato dal camino. Casa della fatina!”
saltellò tutta contenta la bimba.
“Pronto
polizia. Eh siamo nei pressi di… del bosco, vicino a una
casa piuttosto grande”
spiegò al telefono l’uomo, impacciato.
Dopo
aver parlato un po’ di quello che stava succedendo, la
polizia chiuse la
chiamata e pochi minuti dopo si presentò sul luogo
“del delitto”.
“Mamma!
Nanetti incantati stanno uscendo dalla casa! Sono soldatini! Guarda
mamma! E
hanno anche le scope! Puliscono! Ne adottiamo uno, mamma?”
supplicò la bimba.
Liz
Forbes assisteva alla scena allibita: che cavolo stava facendo Damon
Salvatore?
***
“Non
risponde più ai comandi!” strillò
Elena, in pantofole coi puf rosa e una
camicia da notte di pizzo.
“Oddio!
È fuori controllo!” gridò Damon
schiacciando i pulsanti a caso.
“Te
l’avevo detto che era una cattiva idea! Oh no! I nanetti
pulitori!” strillò
Elena, isterica.
Un
esercito di nanetti in divisa da bidelli stava uscendo dalla macchina:
“Eh op eh op andiamo a lavorar! Eh
op eh op
Damon dicci cosa far!” intonarono.
Uscirono
dalla casa e Damon e Elena cercarono di raggiungerli, ma si ritrovarono
davanti
lo sceriffo Forbes in persona. “Che succede qui,
Damon?” domandò isterica.
Lui
non sapeva cosa rispondere: “Ehm… piccoli difetti
di questa macchina” tentò di
spiegare lui.
“Siete
in arresto per disturbo della quiete pubblica”
annunciò Liz.
“Liz…”
provò Damon con uno dei suoi soliti sorrisi.
“Damon…”
disse lei.
“Sei
tu Damon, il capo dei nanetti? Mi fai un autografo?”
domandò la bimbetta tutta
felice, mentre lo sceriffo ammanettava i due fidanzatini Salvatore.
“Ma
certo piccola” rispose ammiccante Damon, firmando un
autografo per la prima
volta nella sua vita. Era un’enorme soddisfazione.
“Grazie!
I nanetti ti aiuteranno!” promise la piccola, preoccupata
alla vista delle
manette.
“Lo
spero tanto” ringhiò Elena salendo
sull’auto, seguita da un Damon con un
sorriso pieno di scuse.
[…Continua…]
Angolino
della Matta Fra
Ok,
questa è una vera, autentica scemata. Ma
non sapevo bene cosa scrivere e ormai avevo scritto più di
metà e ho deciso di
postare lo stesso questo schifo. Spero che comunque vi sia piaciuto, in
qualche
modo.
Ovviamente continuerà con un nuovo episodio dei
Delena. Il prossimo capitolo sarà più normale, se
così si può dire… Damon
troverà un lavoro. Potete considerarlo un seguito delle
“Lezioni di Cinese”.
Fatemi sapere che ne pensate di questo schifo…
e grazie per le 5 stupende recensioni. Grazie ragazze siete mitiche. E
questo
capitolo non lo dedico a nessuno non perché non siete
grandiose, ma perché non
me la sento di dedicare una cacca del genere a persone fantastiche come
voi!
Grazie a chi ha aggiunto la storia fra le
preferite, le ricordate e le seguite. Grazie a chi legge in
silenzio…
Insomma, grazie a tutti!
Bacioni Fra
PS
Mi raccomando, dobbiamo darci forza fino al
7 Aprile. Io giuro che non ce la faccio senza The Vampire Diaries per
un mese…
Vi segnalo il mio
crossover tra Twilight e The
Vampire Diaries: qui
leggerete una storia un po’ più seria! Se vi va
lasciatemi un piccolo parere!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Colloqui ***
5.
COLLOQUI
[…
continua dal 2° Capitolo “Lezioni di
Cinese”]
Damon si
alzò dal letto dopo una bellissima notte passata
insieme alla sua dolce metà: Elena. Quanto
l’amava! Non aveva parole adatte per
descrivere l’amore della sua vita.
Ora che avevano
fatto l’esame di cinese si sentiva molto
rilassato. Ma aveva dei seri dubbi che fosse passato con un buon voto;
anzi,
sospettava che fosse stato bocciato. Avevano lasciato
l’esaminatore per andare
in camera da letto. Chissà cosa aveva pensato?!
Scese le scale un
po’ insonnolito sperando che Elena non si
svegliasse: voleva essere al suo fianco quando avrebbe aperto gli
occhi.
Si
avvicinò al tavolo dove poche ore prima aveva svolto i
vari esami: trovò un biglietto e delle carte.
L’esaminatore aveva davvero
compreso la situazione? Damon volle controllare, incredulo.
Sì, a
quanto pareva aveva compreso: il biglietto (ovviamente
scritto in cinese) diceva che aveva capito i “loro
bisogni coniugali” e aveva deciso di promuovere il
signor
Salvatore. La signora Salvatore aveva totalizzato un punteggio pessimo
nella
prova scritta, mentre in quella orale tutto sommato se l’era
cavata abbastanza
bene, ma non abbastanza da meritarsi la sufficienza. La prova coniugale
era
andata bene a entrambi, ma comunque Elena non era riuscita a passare.
“Pazienza”,
pensò Damon, “sicuramente Elena ne sarebbe stata
depressa per un giorno…”. Sì certo come
no; Elena odiava studiare il cinese e
avrebbe accolto la sua bocciatura come un segno divino.
“Damon?”,
si sentì chiamare il vampiro. Si voltò e vide la
sua Elena scendere le scale con le sue ciabattine rosa di peluche. Che
dolce…
“Sì
amore?”, rispose il vampiro sognando la sua principessa.
“Perché
te ne sei andato? Ho creduto che ti avessero rapito”,
lo rimproverò Elena.
Una volta Damon
avrebbe riso di fronte a tanta smielatezza,
ma ora non poteva fare a meno di sentire il suo cuore sciogliersi a
quella
premura caratteristica di Elena. “No, sono qui. Guardavo
solamente i nostri
risultati”, spiegò Damon con un sorriso.
Elena
pensò un attimo: “Ah… me ne ero
già dimenticata. Come
è andata?”, domandò poi raggiungendo il
vampiro e sbirciando il foglio che
aveva in mano.
“Uh sei
stato promosso! Grande amore!”, esultò Elena
iniziando
a complimentarsi con Damon. Sperava solo che questo non avrebbe causato
la
conversazione in cinese fra coniugi in ogni momento della giornata.
“Grazie!”,
rispose il vampiro, orgoglioso del suo primo
trionfo accademico.
“E io? Io
come sono andata?”, aggiunse poi Elena. Non
sembrava molto interessata alla risposta, ma comunque voleva sapere,
giustamente, quanto aveva fatto schifo da uno a dieci.
“Ehm…
non ho guardato… ecco qui”, mentì Damon
tendendo il
foglio a Elena.
Lei lo
scrutò attentamente e poi Damon la vide correre verso
il divano, prendere cuscini e cominciare a lanciarli per tutta la sala
saltando
sul divano:
“Sìììììì
mi hanno bocciata! Il cinese esce definitivamente dalla
mia vita! Oh yeahhh Damon vieni qui e balla con me, let’s
dance! Oh yeahhh!”,
strillò Elena.
Qualche piuma
uscì da un cuscino. “Sei matta, amore?”,
domandò preoccupato Damon.
Lei si
fermò per un attimo: aveva i capelli annodati che
facevano un effetto cotonato. E una faccia da matta.
“Eh????”, e ricominciò a
saltare. Poi urlò: “Non hai parlato cinese?
Yuuuphy!”.
Riprese a saltare
come una drogata.
Damon
annuì e salì le scale, lasciando la moglie alle
sue
follie. Una volta all’anno succedeva sempre ed era
comprensibile. Doveva
ringraziare che aveva sposato una donna tutto sommato normale e non
Bonnie:
stando a quello che diceva Jeremy, la streghetta aveva degli scleri
circa due o
tre volte al mese. Uno spettacolo orribile, diceva il fratello di
Elena.
Damon decise di
ascoltare la musica in attesa che Elena
tornasse normale: accese il computer per andare nella sua libreria
iTunes e si
mise le cuffie, facendole aderire bene alle orecchie.
Mentre ascoltava a
tutto volume, vide l’icona di Internet
Explorer. Gli turbava la mente, quella figurina azzurra. Non sapeva il
perché,
ma si costrinse a trascinare il mouse fino all’icona e a
premere. Sullo schermo
apparve il logo di Google.
Damon si sentiva
sulla pista giusta: chiuse gli occhi e
lasciò che le dita premettero da sole sui tasti che sentiva
di dover premere.
Voleva
un lavoro.
Così
avrebbe fatto felice Elena.
Dopo aver scritto la
parola una decina di volte ad occhi
chiusi (Damon era convinto che i tasti sulla tastiera fossero in ordine
alfabetico), e dopo essersi arreso a guardare la tastiera, Damon si
trovò una
serie di risultati.
Scrisse il luogo
dove voleva il suo amato lavoro: nei pressi
di Mystic Falls, o comunque in Virgina e negli Stati Uniti,
possibilmente.
Prese nota di
qualche indirizzo e qualche numero di
telefono. Damon sorrise, trionfante: rivoluzione
in casa Salvatore. Damon che si impegnava sarebbe stata una rivoluzione.
[Nello
studio di un dentista]
“Dunque
signor…”, disse il vecchio barbuto. In
realtà, lui
tentava di non far vedere i lunghi peli bianchi che scendevano dal
mento e dal
viso alla Albus Silente con una mascherina, ma senza successo. Damon
soffocava
le risate a stento: se l’avesse assunto gli avrebbe regalato
un rasoio, come un
buon collega generoso.
“Salvatore”,
disse Damon con un sorriso, che diceva “mi sono
preso cura dei miei denti quindi: mi prenda mi prenda mi prenda mi
prenda”.
“Salvatore”,
ripeté sputacchiando il dentista. “Il suo
curriculum?”, domandò poi dopo aver esaminato il
foglio che teneva stretto fra
le mani.
Damon
incominciò a frugare nella mente, accumulando un
po’
di cazzate: “Beh dunque. Sono uscito
dall’università con il massimo dei
voti”,
cominciò Damon. “Prima di cominciare a studiare a
Harvard, ho fatto un anno di
volontariato con Greenpeace per salvare le balene”,
raccontò Damon.
Il dottore lo
guardò colpito: “Ma davvero! E
com’erano?”,
chiese sinceramente interessato.
Damon assunse uno
sguardo perso nel vuoto: “Deliziose”,
disse poi con un sospiro.
Silente lo
guardò interrogativo: “Le ha… mangiate,
intende
dire?”, sussurrò poi.
Damon non aveva il
pieno controllo di sé stesso: “Oh, sì.
Meglio dire… prosciugate”, specificò.
Il dottore era inorridito.
Damon lo
guardò e poi vide il suo sguardo terrorizzato, e si
rese solo a quel punto conto di cosa aveva detto che sarebbe stato
meglio non
dire: “Cioè voglio dire…”,
provò a rimediare lui. Non trovò scuse
così decise
di ricorrere al solito sistema alla Damon: “Dimentica questa
conversazione”. E
Damon senza farselo ripetere se ne andò.
[In una
libreria…]
“Sono un
amante dei classici, quindi saprei dare dei
consigli ai clienti come ottimo lettore di diversi
generi…”, spiegava con un
sorriso Damon a una donna sulla sessantina dai capelli color topo.
Lei annuiva:
“Senta, Damon. Mi sembra piuttosto giovane per
aver letto tutti questi libri”, notò con
discrezione la signora, dando
l’ennesima occhiata alla lista di cinquanta pagine scritte a
carattere 12. Ci
saranno stati almeno due migliaia di libri, senza contare i Geronimo
Stilton
che Damon aveva letto in un momento di noia dopo aver dissanguato un
orfanatrofio
molti anni prima.
Damon sorrise:
“Oh lo so. Ma amo leggere. Davvero. Credo di
sapere a memoria Via col Vento”, disse tutto orgoglioso.
La donna assunse una
faccia stupita: non era esattamente un
libro corto e semplice. “Ma davvero?”,
domandò sorpresa. Intanto la sua testa
pensava solamente al futuro della sua libreria: successo, successo,
successo.
Bisognava assumere gente competente, non il primo che capitava fuori da
un
istituto di scarsa qualità. E Damon era la realizzazione di
un sogno. Senza
contare che mezza popolazione femminile sarebbe venuta solo per vedere
il volto
di quel nuovo commesso supersexy.
“Sì!
E le posso raccontare tutti i dettagli della Guerra di
Secessione. Dopotutto, io c’ero”, disse con
disinvoltura Damon.
La vecchia signora
spalancò gli occhi, mentre il suo
cervello pensava, ragionava, faceva calcoli. La Guerra Civile
americana… non
era avvenuta nel 1864, intorno a quegli anni lì?
“Damon…
lei c’era?”, balbettò la vecchia.
Lui annuì
mentre scrutava gli scaffali in cerca di un
qualcosa di nuovo da leggere. Poi si voltò verso la vecchia,
pronto a
raccontare i dettagli sulla guerra, ma la vide con lo sguardo vacuo e
impaurito. Che aveva detto? Damon rivisitò le sue ultime
battute e si accorse
di aver rivelato che lui nel 1864 aveva vissuto… Ops.
Errore. “Io non sono mai
stato qui e tu dimentica questa conversazione”,
ordinò alla donna,
soggiogandola. E poi corse via con in mano una copia del Ritratto di
Dorian
Gray, rivisitata e corretta e con l’esclusiva introduzione di
Alaric Saltzman. “Povero
vecchio Alaric, a che livelli si arriva a volte”,
pensò con un sorriso
malinconico Damon.
[Da una
certa signora Flowers, a offrirsi come badante]
“Sono
disposto a fare tutto: pulire i piatti, lavare i
panni, strofinare le sue scarpe prima che lei esca a fare la spesa. Oh
ma che
dico! Andrò io a fare la spesa!”, diceva Damon in
perfetto stile da bravo
ragazzo.
Vedendo che la
vecchia signora Flowers lo guardava da mezz’ora
con occhi fulminanti e inceneritori, cominciò a inventarsi
storie sulla
beneficienza per sbloccarla: “E per di più,
signora gentilissima, ho fatto
volontariato nella squadra che si occupa di pulire le strade dai
rifiuti. Ho aiutato
a ripulire i boschi e ho partecipato alla campagna di sensibilizzazione
della
popolazione alla raccolta differenziata. E uno dei prossimi progetti a
cui
voglio partecipare è una missione in Africa. Ovviamente ho
già contribuito più
volte nella ricerca contro il cancro e ho fatto molte donazioni a
organizzazioni come UNICEF e Medici senza
frontiere…”, blaterava Damon,
inventandosi storie che aveva letto su qualche giornale di Elena. Però sapeva che se tutto quello di cui
stava
sparlando lo avesse davvero fatto, Elena sarebbe stata non orgogliosa;
di più.
La vecchia non la
finiva di guardarlo dritto negli occhi con
quelle pupille ardenti e minacciose; quasi metteva inquietudine al
vampiro. “Che
intenzioni ha, signore?”, domandò infine dopo anni
luce di sacro silenzio. Damon
si prese uno spavento; aveva seriamente iniziato a pensare che quella
avesse
problemi di mutismo.
Damon si strinse
nelle spalle: “Solamente aiutarla, signora
Flowers”, rispose con la faccia da santo.
La signora scosse la
testa e la sua mano si avvicinò
pericolosamente a una scopa, di quelle che ti immagini usino le streghe
delle
fiabe: le setole tutte ingarbugliate e il manico scheggiato ovunque.
“Non sono
nata ieri. Per chi mi ha presa, signore? Non le
permetterò di abusare di me e non mi lascerò
incantare dal suo fascino da
perfetto imbecille”, ringhiò la vecchia,
stringendo la presa sul manico.
Damon per poco non
scoppiò a ridere: pensava davvero che le
sue intenzioni fossero di sedurre una vecchia semimorta? Questa
sì che era
bella.
“Oh senta.
Prima di tutto non mi dica di non essere sexy e
provocante perché lo sa anche lei che sta clamorosamente
mentendo. Ho 160 anni,
cazzo e me li porto da Dio”, cominciò Damon.
“Seee, e
io ne ho 280”,
replicò altrettanto ringhiante la
vecchia, quasi tagliandosi le mani da come impugnava la scopa.
“Sì
e le posso dire che se li porta molto male, signora?”,
urlò Damon che iniziava a temere la scopa in legno. Sarebbe
stato facile uscire
da quella situazione: bastava ammazzare la vecchia, ma aveva promesso a
Elena
che non avrebbe più ucciso nessuno…
“Brutto
razza di figlio del diavolo! Sei fortunato che Dio
non abbia già provveduto a eliminarti dalla faccia di questa
Terra! Ingrato! Rispetta
i fratelli figli del Signore!”, strillò isterica
la vecchia che cominciò a dare
“scopate” sulla testa di Damon.
“Ahi! Mi
fa male, brutta vecchia idiota!”, urlò di dolore
Damon.
Quella ci sapeva davvero fare; la notte probabilmente non dormiva, ma
picchiava
il muro in attesa di quel dannato giorno dove avrebbe potuto sfogarsi
contro un
umano o qualcuno con sembianze umane, nel caso di Damon.
“Se Dio
non ti ha punito ancora, vuol dire che vuole che sia
io a farlo! Vattene al diavolo, ingrato!”, continuava a
urlare la vecchia.
Damon
aprì la porta della casa e ululante andò a
cercare un
qualsiasi strumento per giocare a scherma con la vecchia pazza.
Trovò il
rastrello e glielo incastrò fra i capelli, facendola urlare
come una matta: “Dio
ho fatto quello che volevi! Ho punito il diavolo! Perché ora
mi stai
richiamando a te?”, urlava, isterica. Sì,
perché Dio la richiamava nella sua
casa tirandola per i capelli.
Damon, con tutta la
sua forza, impiantò lo strumento nella
terra vicino all’orto della vecchia, la quale stava ancora
appesa ai rami del
rastrello. Nonna - spaventapasseri, pensò Damon ridacchiando.
“Addio!
Dio l’assisterà”, si congedò
il vampiro, tornando
alla macchina. Mentre partiva, non poté fare a meno di
notare che uno stormo di
uccelli affamati si stavano avvicinando all’orto curato della
Flowers, ma
appena la videro si rizzarono le penne a ognuno di loro, come se si
fossero
presi una scossa elettrica di quelle potenti.
Poi caddero
all’indietro con un tonfo, svenuti alla vista
del nuovo spaventapasseri che troneggiava nel giardino.
Damon era depresso:
perché nessuno lo voleva? O meglio, perché
non riusciva a dire le cose giuste per farsi volere? Gli veniva quasi
da
piangere per la depressione, ma il pensiero “Io sono Damon
Salvatore” glielo
impedì. Damon Salvatore non piangeva mai.
“Suvvia,
non è andata così male. Almeno ti hanno fatto
entrare nell’ufficio del capo”, lo consolava Elena,
abbracciandolo dopo aver
sentito le (dis)avventure di Damon. “Che ne dici di scriverci
un libro? Sulle tue
avventure”, suggerì la ragazza.
Damon
sbuffò: “Sì, lo chiamiamo…
diario di un fallito”, bofonchiò
il vampiro.
“No, dai.
Ci riproverai domani”, disse Elena.
Damon
improvvisamente si alzò: “Devo fare una
cosa”,
borbottò.
Poco dopo
tornò. “Che hai fatto?”, chiese Elena.
Damon prese un
profondo respiro: “Ho fatto una donazione a
Medici senza frontiere per la morte di Mary Flowers. Così
almeno mi sentirò
meno in colpa per le balle che ho raccontato e se le
racconterò domani non
saranno più tanto balle. Quindi… una buona
azione. Comunque era ora che quella
vecchia rincitrullita andasse al Signore. Non faceva che invocare Dio,
mentre
si incastrava nel rastrello”, disse Damon, sdraiandosi sul
letto insieme a
Elena, che lo guardava orgogliosa.
“Sono
fiera di te, vampirone mio!”, esclamò Elena,
abbracciandolo. Damon che pensava agli altri era davvero un fatto che
la
riempiva di felicità.
E sì,
Damon aveva davvero capito che non esisteva solamente
una via per rendere orgogliosa la sua Elena, ed era felice di essere
riuscito a
trovarne una sua personale che era veramente riuscita a sorprenderla.
Angolino
della Matta Fra o.O
Ehilà!
Questa volta ho scritto una follia un po’ più
seria. Damon
vuole un lavoro… e lo avrà. Presto. Prossimamente.
Sono
così contenta di aver ricevuto 7 recensioni per la
scemata della scorsa volta. E
proprio
oggi la mitica FRAYXSalvatore
me ne ha lasciata una. Grazie! E leggete le sue storie, sono davvero
stupende. TI DEDICO QUESTO CAPITOLO SPERANDO CHE NON SIA
COSì PENOSO COME QUELLO PRECEDENTE!
Ovviamente
grazie anche
tutte le altre meravigliose ragazze che leggono e aggiungono le mie
storie alle
preferite, alle seguite e alle ricordate, grazie grazie mille. Anche a
chi
legge in silenzio. Sappiate che è sempre gradito un
commentino, una critica,
qualsiasi cosa!
Ora
me ne vado a leggere il capolavoro di Glo (sto arrivando! Mi manca il
nostro baratro della follia!). Bacioni a
tutte
e
fatemi sapere che pensate di questo nuovo capitolo!
Fra
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Carnevale ***
6.
Carnevale
“Elena!”,
esclamò Damon.
“Damon!”,
lo rimproverò Elena.
Era da circa
mezz’ora che andava avanti quel ritornello
fastidiosamente ripetitivo. La commessa dai capelli lisci e biondi
ossigenati
li fissava da venti minuti, nell’attesa che si decidessero a
comprare qualcosa.
Era abituata a queste situazioni: era un negozio per bambini. E
Carnevale era
il periodo dove tutti i genitori andavano lì a comprare
costumi colorati e
idioti per i loro figli. Era abituata a quel genere di scenate.
“Elena!”,
continuava a chiamare Damon.
“Damon!”,
ripeteva lei, scocciata e esasperata.
“Ora basta.
Senti Elena… ok che è Carnevale, ma non ti
vergogni?”, disse calmo Damon, indicando il vestito da carota
che aveva in mano
la sua ragazza. Da carota! Una verdura. Era ufficiale: Damon amava la
ragazza
umana più strana di quella terra.
“A me
piacciono le carote!”, mugolò Elena, come una
bambina
piccola.
Damon alzò
gli occhi al cielo: “Se ragionassimo tutti così,
allora là fuori ci sarebbe un ristorante ambulante.
È come dire… a me piace il
tiramisù e me ne vado in giro con crema finta cinese che
puzza di plastica.
Dai, Elena, ti prego”, provò a convincerla. Ma
Elena era cocciuta, e questo lo
sapeva benissimo.
“Davvero
c’è anche il costume da
tiramisù?”, fraintese
Elena. Damon non sapeva cosa fare.
“No, Elena.
Non c’è nessun costume da
tiramisù”, sbottò lui.
Stava perdendo il controllo. “Prendiamo questo”,
brontolò lui alla commessa,
che borbottò un “finalmente”, senza
curarsi di nasconderlo. Afferrò il costume
arancione acceso e lo portò alla cassa. Damon non
esitò a seguirla; a quella
situazione preferiva davvero Elena che gli faceva spendere una barca di
soldi
con i suoi dannati vestiti firmati Armani.
“Quanti anni
ha la bambina?”, domandò la commessa mentre
tamburellava sulla tastiera del computer con quelle unghie finte lunghe
quattro
centimetri e laccate di rosso.
Damon la
guardò, confuso. La bambina? Elena sembrava davvero
una bambina? Non se ne era mai accorto, in fondo lei era alta e
visibilmente
“sviluppata”. Damon sorrise malizioso a quel
pensiero.
La commessa, vedendo il
cliente un po’ spaesato chiarì: “Il
vestito… è per la vostra bambina,
giusto?”, chiese ancora.
Damon
all’improvviso capì: quella povera commessa aveva
frainteso tutto. Non aveva capito che il vestito in questione era per
Elena,
che intanto stava guardando estasiata un costume enorme e rigido rosa
confetto.
L’etichetta lo descriveva come un “vestito per
avere sempre le tue bambole con
te, anche a Carnevale! Ovunque tu vada, Barbie è con te. Da Giochi Preziosi”. Damon non
riusciva a
credere che Elena s’interessasse ancora a quelle bambole di
plastica che se
tiravi un po’ troppo la gamba si staccava per non
riattaccarsi più, neanche se
ci avessi applicato cinque strati di colla Attack.
“Damoooon!”,
si sentì chiamare.
Il vampiro ne
approfittò al volo per evitare di dare
spiegazioni sul carattere fuori di testa della sua ragazza.
“Arrivo subito”,
disse alla commessa che ricominciò a guardarsi le unghie.
“Damoooon!”,
chiamò ancora Elena.
“Che
c’è?, sbuffò Damon.
“Guarda
qui!”, lo incitò Elena indicando un punto che
Damon
non voleva per nessuna ragione al mondo guardare.
“Dimmi che
non è quel vestito orrido con i puf rosa che
spuntano fuori dalla gonna. E nemmeno quello che circonda il corpo con
una casa
porta-peluche, perché altrimenti rischio di vomitare, di
lasciarti da sola per
questa orrenda giornata e di non festeggiare più il
Carnevale con te”, la
ammonì Damon. Elena costrinse il vampiro a guardare il
vestito che tanto
l’aveva incantata: “Oh no”,
sillabò Damon.
“Oh
sì”, sussurrò sadica Elena.
Davanti a loro
troneggiava uno di quei manichini enormi,
fatti apposta per vestiti del genere. E con “vestiti del
genere”, s’intendeva
un costume tutto imbottito di qualcosa che Damon aveva il cattivo
presentimento
fossero piume vere di gallina. Era
un
tessuto marrone scuro, marrone… gallina. Con estrema cura il
povero stilista
fallito aveva disegnato i contorni delle singole piume. I pantaloni
erano dello
stesso colore. I piedi del manichino di legno erano infilati dentro a
delle
scarpe senza suola di tessuto marrone. E per concludere, una maschera
con il
becco arancione e grosso quanto bastava a coprire il naso di un normale
essere
umano.
Un costume da gallo.
Da
gallo.
“Non puoi
farmi questo, Elena!”, sussurrò impaurito Damon,
sapendo quali fossero le intenzioni di Elena. No, non poteva fargli
questo.
“Non te lo perdonerò mai, lo sai vero?”,
provò a minacciarla. Il solo pensiero
di andare in giro travestito da gallo primaverile lo umiliava a morte.
E se
avessero incontrato Stefan? No, che vergogna.
Che umiliazione. No, non poteva
dargliela vinta così facilmente, doveva
fare qualcosa.
“Sì
che posso farlo. E comunque mi farò perdonare”,
disse
Elena con leggerezza, già frugando sugli scaffali in cerca
della taglia di
Damon. In realtà, la taglia di Damon non esisteva;
prendevano le taglie più
grandi disponibili, ossia 10-11 anni. La gente fallita che disegnava
quei
costumi di certo non pensava che ragazzi adulti li comprassero.
“No!
Perché non lo diamo a Stefan?”, propose Damon,
già
immaginando la faccia di suo fratello se lo avesse visto travestito da
gallo.
No no no. E se ci fosse stata anche Katherine? O Barbie vampira? No.
Non
poteva. No.
“No, per
Stefan c’è questo”, spiegò
paziente la sua Elena,
completamente uscita di senno. E indicò un vestito da
pecora, con tanto di
paraorecchie di lana soffice e bianca.
Damon
scoppiò in una risatina isterica: “Ma che
è? La bella
fattoria? E chi fa lo zio Tobia?”, domandò il
vampiro per alleggerire quella
situazione così assurdamente inquietante.
Elena fece una faccia
pensierosa, poi le si illuminarono gli
occhi: “Trovato! Alaric!”, strillò.
No, non poteva essere
vero. Elena aveva bevuto. Fumato. Si
era drogata.
“Allora, ce
l’avete fatta?”, chiese la ragazza di prima,
sempre più annoiata ed esausta.
“Sì!
E prendiamo anche questi!”, annunciò Elena tutta
balzellante. E raccolse quella che a Damon pareva una decina di costumi
(in
realtà, Damon aveva perso le sue conoscenze matematiche per
la paura di quello
che l’aspettava).
La ragazza
guardò Elena allibita, ma si limitò ad annuire.
Si avviò verso la cassa e si voltò verso Damon e
Elena più volte, per
assicurarsi che questa volta venissero con lei a pagare il conto.
“Per chi sono
gli altri vestiti?”, domandò sussurrando Damon,
sempre più preoccupato.
Elena sorrise:
“Ovviamente per Bonnie, Caroline, Jenna e…
rullo di tamburi: Katherine!”, annunciò con uno
strillo acuto che fece voltare
metà dei clienti del negozio.
Katherine? Elena era
proprio andata, ma Damon si consolò:
almeno non sarebbe stato l’unico a fare la figura
dell’idiota.
Andarono alla cassa.
“Dio! Immagino che abbiate due gemelli
di dieci anni e parecchi nipoti. E voi siete così giovani
per di più! Wow,
dev’essere difficile. Intendo… avere
così tanta follia da gestire”, disse la
commessa mentre attendeva che la macchinetta stampasse lo scontrino.
Damon non
poté essere più che d’accordo; gestire
tutta
quella follia era impossibile. Soprattutto se pensavi che non erano
dieci
nipotini scatenati, bensì solamente una
persona adulta: Elena. “Non sa quanto ha ragione”,
si congedò Damon, afferrando
le due borse che Elena gli porgeva.
Passarono le due ore
successive a consegnare costumi…
“Che cosa? Io
dovrei fare la mucca? Elena, ma che
ti salta in testa?”, strillò Caroline, in preda
a una crisi isterica consolatoria per Damon; almeno, lui si era saputo
trattenere.
“Caroline
sarà solamente per oggi! I bimbi ci adoreranno!”,
spiegò Elena tutta entusiasta.
“Ma come fai
ad essere d’accordo, Damon?”, urlò
ancora
Caroline.
Damon fece per
rispondere, ma Elena lo precedette: “Mi ama!
Tutto qui!”, gridò lasciando la casa di Barbie
vampira.
Già, Damon
l’amava. Altrimenti, avrebbe già tentato il
suicidio. Da mesi.
“Elena, non
mi sembra una buona idea…”, spiegò
calma Bonnie.
Damon la invidiò con tutto il cuore: come diavolo faceva a
mantenere la
tranquillità davanti alla proposta: “vuoi fare la
parte del maiale nella nostra
piccola comitiva di Carnevale?”.
“Perché
no? Dai, ci divertiremo! Caroline ha già
acconsentito a fare la parte della mucca!”, la
informò tutta entusiasta Elena.
Damon assisteva, stravaccato sul divano a bere del whisky scadente
della
strega. Sperava che in quel modo avrebbe trovato un lato positivo in
tutta
quella folle faccenda.
“Va bene. Ma
solo perché sei la mia migliore amica!”, si
arrese Bonnie.
Le due si abbracciarono
e mentre Damon le fissava con il
bicchiere in mano, il vampiro capì quale era il lato
positivo della pazzia:
avrebbe visto S. Stefano vestito da…
“Canarino?!”,
strillò Stefan.
“E dai, Stef!
Che c’è di male? Solamente un uccellino
giallo, dolce, tenero e innocente”, tentò di
spiegare Elena. Aveva deciso che
la pecora sarebbe stata meglio su Jenna, così a Stefan era
toccata la parte del
canarino.
“E poi tu ne
hai conosciuti di canarini”, aggiunse ironico
Damon, schioccando le labbra deliziato dal sapore prelibato del sangue.
Stefan
ringhiò: “Dovresti conoscerne un po’
anche te, invece
di bere quella roba! Vergognati!”, sbraitò il
vampiro santo, sostenitore della
campagna “caccia gli animaletti selvatici e delle
gabbie”. “Ehi, Stefanuccio
mio! Tutto ok? Ti ho sentito
ruggire come un leoncino affamato!”, cinguettò una
voce smielata che
apparteneva a Katherine. Incredibile come
l’amore ci cambia.
“Ehi, Katherinuccia
mia! Non è successo niente!”, tentò di
rassicurarla lui. Damon rideva come un
matto: quei due che si chiamavano con quei nomignoli sdolcinati lo
divertivano
un sacco. Erano da filmare e da mettere su YouTube. Avrebbe ricevuto
qualche
milione di “Mi piace”.
“Ehi
Katherine! Ma che bella sorpresa!”, esclamò Elena.
“Tu
farai la parte della lumaca mangia cavolfiori!”, aggiunse.
“Ora ce ne andiamo
Damon! Davvero, è stato un piacere ricontrarvi!”,
li salutò Elena, prendendo
per mano Damon e andandosene, lasciando Katherine a bocca aperta.
“Questo
è l’unico favore che ti faccio per i prossimi
dieci
anni, chiaro, Elena?”, sputò Jenna infilandosi il
costume da pecora. Le stava
stretto sui fianchi e la faceva sembrare una donna di
mezz’età che non aveva
idea di cosa fosse la moda. E quel cappellino di lana sulla testa era
la
ciliegina sulla torta.
“Sei sexy
anche così, tesoro”, la rassicurò
Alaric, nei suoi
pantaloni da montagna marroni. Teneva in mano la zappa giocattolo e la
camicia
a quadri infilata sotto i pantaloni gli conferivano un’aria
alquanto ridicola.
“Anche
tu”, rispose Jenna baciandolo.
Ah, quanto
ci rende
ciechi l’amore…
Erano tutti pronti. Si
misero in fila e Elena s’improvvisò
la regista della situazione. Lei non avrebbe avuto un ruolo preciso
nella
comitiva, avrebbe solamente dovuto controllare la scena e impedire che
andasse
tutto a rotoli.
Pretese che Alaric
salisse sopra Jenna e che la povera zia
lo trasportasse camminando a gattoni. Inoltre, voleva che Alaric
picchiasse la
lumaca mangia cavolfiori con la sua zappa e che facesse a Katherine
molto, ma
molto male. Il gallo Damon, che nonostante tutto manteneva comunque la
sua aria
sexy e provocante, doveva chiudere la fila urlando
“cocococococococococococcodè!”. La mucca
Caroline doveva urlare “muuuuuuuuu” e
distribuire latte a lunga conservazione a tutti i bambini. Barbie
vampira era
terrorizzata al pensiero di incontrare qualcuno di sua conoscenza. E,
onestamente, come si poteva darle torto?
Maiale Bonnie doveva
fare il verso del suo animale e
sostenere la mucca nella distribuzione del latte. Stefan doveva cantare
la
canzone della bella fattoria in acuto, mentre Alaric avrebbe fatto da
controcanto con le note basse.
“Sarà
un capolavoro!”, li rassicurò Elena.
Gli altri annuirono
fintamente convinti; si stavano davvero
lasciando sottomettere da Elena? La timida e dolce Elena?
Lei annuì
un’altra volta per convincere se stessa e poi
andarono nel centro di Mystic Falls, sfilando lungo la strada
principale.
“Nella
vecchia fattoria iaiaooooo! Quante bestie al zio
Tobia, iaiaoooooooo!”. Gli alunni della classe di Alaric lo
riconobbero e urlarono
qualche complimento al loro prof: “Prof, è un
figoooo!”.
“Scrof
scrof”, fece Bonnie, scatenando le risate dei
bambini.
“C’è
il cane!”
“Muuuuuuuuuu”,
entrò Caroline lanciando bottiglie di latte
in testa alla gente.
“Il
gatto!”.
“Beeee
beeeeee!”, fece Jenna, odiandosi per quello che stava
facendo.
“Il ga ga
gatto!”
Stefan
intonò un acuto da spezzare i timpani, e Elena la
carota gli diede un pugno in pancia.
La gente si spanciava
dalle risate per quella follia e appena
Damon intonò il coccodè finale, la popolazione
femminile esultò iniziando ad
avvicinarsi e a chiedere autografi, baci qui e lì.
Elena quando vide che
la situazione stava precipitando zittì
tutti: “Damon è il mio galletto e io sono la sua
carota. Damon è unico e
purtroppo non ama le galline”, spiegò decisa
indicando il gruppetto di donne
che circondavano la fattoria, fulminandolo con lo sguardo.
“Ora
andatevene! E trovatevi il vostro gallo, il mio è
occupato! E lo amo”,
dichiarò sicura
di se Elena.
La folla femminile si
diradò, sorpresa di essere rimasta toccata
dalle parole di una carota. Tutta
la
fattoria li lasciò soli, ansiosi di levarsi quei ridicoli
costumi.
“Mi sono
fatta perdonare?”, domandò Elena, ritornando
incredibilmente timida.
Damon era colpito che
Elena avesse dichiarato l’amore per
lui così apertamente e decisa, davanti a tutta la cittadina.
“Certo, sei
mia carotina!”, le sussurrò dolce.
Lei rise. Il suono
della sua risata era qualcosa di unico,
magico, che non si poteva sentire da nessuna altra parte. Si baciarono
dolcemente, senza nessuna pretesa.
Fino a quanto una
bottiglia di latte li interruppe. Un
bambino l’aveva lanciata dritta sulle loro teste,
inzuppandoli dalla testa ai
piedi di liquido biancastro. “Gallo? Posso avere il tuo
costume da gallo?
Perché… beh, hai così tanto successo
con le ragazze! E allora…”, spiegò
imbarazzato il bimbo.
Damon sorrise,
internerito da quella timidezza: “Certo,
tieni”, rispose. Si sfilò rapidamente il costume,
e glielo porse: “Ti porterà
tanta fortuna”, promise. Il piccolo se ne andò,
correndo via felice.
“Quello che
hai fatto è stato… gentile”,
notò Elena.
Damon alzò
le spalle lentamente, sempre sorridendo e
fissando il punto in cui il bambino era sparito: “Era davvero
carino”, spiegò
solamente.
Elena sorrise:
“Quanto ti amo quando sei così…
diverso.
Umano”, confessò.
Damon sorrise a sua
volta: “Ti amo”.
Angolino
della Matta Fra o.O
Ciao!
Ed eccomi qui ad
aggiornare anche questa follia.
Beh, devo dire
che mi soddisfa. A parte il finale. Che fa
pena.
Devo scrivere
altre cose per aggiornare il prima possibile,
per esempio la mia storia su Twilight e The Vampire Diaries. Ringrazio
tutti
quelli che la seguono e che mi sostengono sempre. Ovviamente grazie a chi segue questa follia
Delena. Qui
potete
leggere il crossover che ho scritto e lasciarmi un parere se vi va.
Ovviamente
sono sempre ben accetti!
Fatemi sapere che
pensate di questa follia carnevalesca.
Ringrazio chi ha
inserito questa raccolta nelle preferite,
nelle seguite e nelle ricordate. Grazie a chi legge in silenzio e
grazie a chi
recensisce. È importantissimo per me leggere i vostri
pareri. Quindi fatemi
arrivare tante belle recensioni (o brutte, se necessario XDXD).
Dedico il
capitolo a Quinn_Amy_Rose
per
aver letto tutti questi capitoli e avermi riempita di complimenti.
Grazie
grazie mille.
Ora
vi lascio, bacioni Fra
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** Damon vs. Stefan ***
7.
Damon vs. Stefan
Damon era assolutamente
contrario alla pazza idea di Elena.
Molto, ma molto contrario.
Rivedere quel verme
secco di suo fratello era davvero
l’ultima cosa che voleva fare in quel momento.
Quell’idiota aveva fatto
soffrire Elena, e ora lei lo invitava a cena? Aveva un fratello idiota
e la sua
idiozia l’aveva in parte trasmessa a Elena, in passato.
Damon si
annotò mentalmente che doveva fare la
“medicina”
per Elena per guarirla da quel morbo che solo Stefan poteva avere:
l’idiozia
acuta.
Il vampiro si stava
disperatamente chiedendo come potesse
una persona sana di mente invitare l’uomo che
l’aveva fatta soffrire a cena. La
risposta? Facile, questa persona non era
sana di mente.
“Elena”,
implorò supplicante Damon per l’ennesima volta.
Ma l’unica e
frustrante risposta che aveva sempre ricevuto
era sempre stato un sorriso splendente e spensierato, seguito da un:
“Eddai
Damon! Ci divertiamo! È parte della famiglia, vedrai
sarà strafico!”.
A quel punto Damon
diceva: “Ma Elena”,
sottolineando bene il nome, “non è Brad Pitt.
È Stefan”.
Elena alzava le spalle e si
voltava, pronta per andare a vedere per l’ennesima volta The
Last Song, quel
film demente da adolescenti con Hannah
Montana o come diavolo si chiamava. Damon allora la tratteneva per un
braccio e
ricominciava la filastrocca.
“Elena”.
“Eddai Damon!
Ci divertiamo! È parte della famiglia, vedrai
sarà strafico!”.
E avanti
così per altre novanta volte.
Fino a quando Damon non
ne poté più; la sua pazienza aveva
un limite: “Elena! Va bene, ma tu prova a chiamarlo ancora e
giuro che non ti
perdonerò mai!”, la minacciò.
Elena parve
disorientata: era abituata che dopo “Elena” doveva
rispondere “Eddai Damon! Ci divertiamo eccetera”.
Damon non aveva rispettato il
copione!
“Sono
così contenta che tu abbia accettato!”,
strillò Elena entusiasta.
Lo baciò con passione e andò a prepararsi per
l’arrivo di Stefan.
[Quella
sera…]
“Allora…
abbiamo saputo di te e Katherine”, provò a
smuovere
la conversazione Elena. Stefan era diventato davvero un pesce fritto;
non
parlava neanche se gli avessi tirato fuori le parole di bocca con una
pala.
Stefan
annuì, non sapendo bene perché stava mangiando
quel
disgustoso stufato con la ricetta di nonna Gilbert, preparato con
grande cura e
amore da Elena.
Elena lo
fissò, poi guardò Damon che giocherellava con la
forchetta e un pezzo di pane.
Vedendo che nemmeno
Katherine, a quanto pareva, riusciva a
dare una svegliata a quel ghiro di suo ex, cominciò a
parlare di cibo: “Questo
stufato… buono no?”, esclamò con una
risatina nervosa Elena.
Stefan annuì
ancora una volta. Elena ci rinunciò: “Damon? Ti
piace il mio stufato?”, domandò Elena seccata.
Damon annuì:
“Buonissimo, amore”.
Elena
strabuzzò gli occhi: “Tutto qui? Nessun
complimento,
nessuna lode?”, chiese indignata lei.
“Detesto dire
le bugie, tesoro”, ammise Damon con un misero
senso di colpa.
Elena quasi
scoppiò in lacrime: “Fa schifo, vero?”,
singhiozzò spingendo il piatto verso il centro del tavolo,
facendo schizzare il
sugo che circondava quell’ammasso indistinto di carne e ossa.
Damon stava quasi per
confermare, ma Stefan lo fermò:
“Elena, ma che dici? È delizioso.
Un
sapore prelibato e un retrogusto assolutamente divino. Perfetto”,
la tranquillizzò il fratello santo.
Damon lo
fulminò con uno sguardo e Stefan gli lanciò
un’occhiataccia. Poi, dichiarando implicitamente sfida
aperta, andò ad
abbracciare Elena.
Damon in quel momento
non lo stava fulminando; di più. Lo
stava incenerendo.
“Che stai
facendo?”, ringhiò.
“Consolo la
povera fidanzata di mio fratello, talmente
insensibile da trattare male la sua ragazza”,
spiegò innocentemente Stefan.
Cosa che fece andare fuori di testa Damon: il tono da santo con lui non
l’avrebbe fatto, su questo era certo.
“Bene. Vuoi
sfidarmi, Stefan?”, ghignò Damon.
“Oh
sì, Damon”, rispose malvagiamente Stefan.
Damon
scoppiò in una risata maligna: “Lo sai che
vincerò io.
Perché io vinco sempre”,
sottolineò.
Stefan alzò
le spalle e lasciò Elena:
“C’è sempre una prima
volta, Damon”.
E lasciando i due
fidanzati allibiti, se ne andò sbattendo
la porta.
[Il
giorno dopo…]
Elena si
svegliò a causa di un rumore particolarmente
fastidioso: qualcosa stava cigolando in modo insopportabile.
Indossò le sue
pantofole a forma di cane gigante e scese le scale. Quello che
trovò la stupì a
dir poco.
“Che diavolo
stai facendo, Damon?”, domandò scioccata.
Damon era a petto nudo
e indossava solamente un paio di
pantaloncini neri da ginnastica. Sarebbe stato da svenire, peccato che
Elena
riusciva solamente a concentrarsi su quello che stava facendo e non su
quello
che stava indossando.
Cyclette.
Damon stava facendo cyclette.
Ci mancava solamente
che avesse davanti il computer aperto
sul sito dei cereali a basse calorie “Special K”.
Pedalava e pedalava
come un forsennato e il cigolio
proveniva proprio dai pedali, che non riuscivano a sostenere la
velocità. I
polpacci e i muscoli delle gambe sembravano ingrandirsi ad ogni secondo
che
passava e le goccioline di sudore scendevano da ogni parte del corpo.
“Damon?”,
strillò isterica Elena.
“Amore!”,
ansimò lui. “Non so cosa intenda Stefan per
“sfida” quindi
mi preparo in tutti i
campi possibili”, spiegò lui mentre continuava a
tenere il ritmo.
Elena non sapeva cosa
dire, non ne aveva la più pallida
idea. Il suo vampiro era completamente uscito di testa.
“Passami quello!”, urlò
Damon in mezzo allo sforzo.
“Quello
quale?”, gridò in risposta Elena, mentre si
guardava
attorno.
“Quello!”,
ripeté Damon, senza chiarire le idee a Elena. Poi
lei vide un peso: quanto poteva pesare? Lo raccolse con un sorriso e
improvvisamente urlò di dolore: “Ahhhhhhhhhh maaaa
quantooooo pesaaaaa?”,
strillò dolorante.
Damon
rallentò un pochino l’andatura, fino a smettere.
“Ti sei fatta
male? Amore, erano 55 kg, neanche
così tanto…”,
disse dolce Damon. La tenne fra le braccia dandole teneri bacini fino a
quando
non sentirono bussare alla porta.
“Aspetta
qui!”, sussurrò dolce il vampiro e
l’adagiò con
delicatezza sul divano. Andò ad aprire la porta e si
trovò Stefan in versione
Superman: gli addominali erano visibili da un chilometro, le spalle
possenti
potevano reggere un elefante obeso, dei bicipiti e dei tricipiti da far
paura.
“Fratellino”,
disse maligno Stefan.
Damon si
sentì piccolo, anche se non sapeva con esattezza le
sue nuove dimensioni. Ma non voleva correre rischi:
“Stefan… Elena sta male. È
meglio se facciamo dopo”, propose Damon.
Stefan rise:
“Ovviamente. Impaurito, eh? Sì, facciamo pure
dopo”, si congedò e andò a casa.
Probabilmente a fare altro sollevamento pesi e
lancio del peso.
“Sono
rovinatoooooooooooo!”, ululò Damon, pensando
già alla
sua sconfitta.
“Amoooore!
Dimmi, ti sembro molto più grosso?”,
domandò
preoccupato il vampiro mettendosi in vista in tutte le posizioni
possibile per
farsi osservare (e ammirare) meglio da Elena.
Ora che la ragazza lo
guardava meglio, Damon era davvero
molto grosso: aveva muscoli sviluppati dappertutto, le gambe erano
muscolose il
doppio rispetto a prima. Sembrava davvero molto più forte.
“Sì, amore. Puoi
farcela!”, lo incoraggiò Elena massaggiandosi una
spalla.
Damon annuì
per rassicurare sé stesso.
“Senti,
amore. Sfidalo in cucina, no? Ti do lezioni io!”,
propose Elena.
L’idea di
prendere lezioni di cucina da Elena non l’allettava
molto; il sapore di quello stufato gli ritornò in bocca.
“Ehm…
ok, va bene”, rispose incerto Damon. Non poteva dire
di no a quel bel faccino innocente.
“Sì!”,
esultò Elena saltellando dappertutto, poi fermandosi
sentendo i muscoli che imploravano pietà.
Damon capì
che forse aveva fatto l’errore più grande della
sua vita, ma per Elena avrebbe fatto di tutto pur di vederla sorridere,
per
vedere quel sorriso.
[Più
tardi…]
“Damon, devi
mettere il sale nella pasta”, gridò disperata
Elena mentre correva di qua e di là. Damon non era nato per
fare il cuoco.
“Mi pareva di
averlo messo!”, spiegò colpevole Damon. Era davvero convinto di aver messo il sale
nella pasta. A meno che…
“Questo
è zucchero, Damon!”, esclamò Elena,
sull’orlo della
disperazione.
“Ops…
vado a dire a Stefan che si fa la gara di cucina”,
annunciò Damon. Voleva batterlo in qualcosa. Qualsiasi
cosa. Ed era certo che nonostante egli fosse un disastro
fra le padelle, era comunque migliore di Stefan.
“Ehi, Stef!
Domani gara di cucina ok?”, disse Damon con un
sorrisetto.
“Bene…
ma dopo gara di sollevamento pesi. Chi solleva la
cosa più pesante, vince”, spiegò
velocemente Stefan.
“E chi cucina
la migliore pasta al pomodoro vince”, concluse
maligno Damon e chiuse la chiamata.
“Bene.
Rifacciamo tutto, Elena. Tutto”,
ordinò Damon mentre si infilava il grembiule ereditato da
chissà quale antenata di Elena.
Stefan suonò
alla porta e Damon andò ad aprire, già con un
sorriso vittorioso stampato sul viso. Era certo che avrebbe vinto, si
era
esercitato a sollevare alberi tutta la notte.
“Ciao fratellino”,
salutò Damon. Aveva riacquistato la sicurezza in
sé stesso. “Solleviamo? Comincia
te, dai. Non vorrei spaventarti
troppo”, aggiunse poi con un ghigno divertito.
Stefan rise
sadicamente: “Bene. Ho portato questa pasta…
l’ho
fatta a casa per accorciare i tempi. Sai, non volevo disturbare
troppo”, spiegò il vampiro.
Damon alzò
le spalle e inorridì davanti al piatto di
porcellana pieno di pennette color rosso marcio, tutto coperto dalla
pellicola
trasparente. Probabilmente Stefan l’aveva comprata via
Internet e non sapeva (causa
la sua immensa ignoranza) che non si acquista il cibo in Internet.
La prova in cucina
l’avrebbe superata Damon; aveva cucinato
da Dio e la sua pasta era elegantemente contenuta in un piatto e
decorata con
qualche foglia di basilico. Aveva la vittoria in pugno.
“Benissimo.
Anch’io l’ho già fatta. Andiamo fuori a
sollevare?”, propose Damon.
Stefan annuì
e andò a sollevare un’enorme quercia. Damon
rabbrividì:
lui solleva a malapena un ulivo rinsecchito.
“Allora…
che te ne pare?”, sogghignò Stefan, rimettendo
l’albero
al suo posto.
“Grandioso,
ma non abbastanza”, improvvisò il fratello
mentre pensava a un qualcosa di più pesante che sarebbe
stato in grado di
sollevare.
Si guardò
attorno sotto gli occhi divertiti di Stefan, fino
a quando Damon arrivò a quello che doveva sollevare:
c’era un’unica soluzione;
la casa.
“Bene…
e ora…”, disse Damon.
Mise le mani sotto il
muro della casa e la sollevò con tutte
le sue forze. Sentiva le mani tremare sotto il peso enorme che doveva
sostenere, le dita dolevano e si stavano ripiegando verso il basso. Si
sentiva
le mani arrossate e gonfie, ma percepiva una forza che non aveva mai
sentito. Si
sentiva forte, un eroe
che cerca in tutti i modi di dimostrare
alla principessa che è lui il miglior principe.
Stefan rimase
scioccato: “Come fai?”, domandò
balbettando.
Damon fece un ultimo
sforzo e riappoggiò la casa a terra,
sperando con tutto il cuore che Elena non se ne fosse accorta o che
perlomeno
non si fosse fatta troppo male. Aveva comunque fatto molta attenzione a
non
sbilanciare la casa da una parte, per evitare che Elena si catapultasse
da un
lato all’altro dell’edificio.
“Perché
ho una vera
ragione per farlo. Tu no. A te non importa niente di Elena, a me
sì. E io
voglio che scelga me, e non te. Per sempre. E questo so benissimo che
non è il
modo per dimostrare l’amore verso qualcuno ma…
è uno dei tanti. Io amo
Elena, e tu devi andartene dalla nostra vita. Non ti
vogliamo più vedere”, dichiarò Damon
tutto d’un fiato, come se stesse recitando
l’inno nazionale.
Stefan rimase colpito
dalle parole del fratello e senza
aggiungere una sillaba se ne andò.
“Amooooore!”,
strillò Elena uscendo di casa.
Damon
allargò le braccia e l’accolse fra di esse:
“Piccola”,
sussurrò dolce.
“Hai davvero
detto che mi ami?”, domandò Elena.
Damon annuì.
“Sei stato
grande! Hai sollevato la casa!”, esclamò Elena
ancora.
“Sì.
Scusa se ti ho fatto male, ma se ce l’ho fatta è
tutto
merito tuo”, confessò Damon.
Elena scosse la testa:
“No, il merito è tuo. Tu credi in te
stesso Damon. Sai che puoi farcela, in qualsiasi cosa”,
spiegò Elena.
“Se ci sei
tu”, aggiunse Damon.
Elena sorrise:
“Io ci sarò sempre, Damon”.
Fine
Angolino
della Matta Fra o.O
Ciao!
Guardate, vi
giuro. Mi dispiace da morire per questo
ritardo, ma davvero non sono riuscita a fare prima. Ora che ho finito
la mia
schiera di concerti e prove sarò più presente,
promesso. Specifico che la
parola “fine” non intende la fine delle OS, ma
solamente che questa OneShot non
avrà un seguito come succede per altre. Spero vi sia
piaciuta, un po’ stupida
forse e meno ridarella. Ma una lotta fra Damon e Stef ci vuole.
Vi ringrazio
tantissimo per le vostre mitiche recensioni! Come
sempre, vi adoro!
Mi raccomando,
recensite, sono sempre molto curiosa di
sapere quello che ne pensate. Magari suggerimenti per altre OS. Tutto
è ben
accetto!
Dedico il
capitolo a… Delena_96!
Ti adoro,
sei sempre presente e per me è davvero importante.
Grazie anche a
Glo ovviamente e a tutte quante, Giuls,
Marghi, Silvia e Laura.
Grazie a tutti
coloro che hanno aggiunto la storia tra le
preferite, le seguite e le ricordate. E amo tutti quelli che mi hanno
aggiunta
alle autrici preferite. Wow!
Grazie mille di
cuore
Fra
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** Incomprensione ***
8.
Incomprensioni
“Buongiorno
cari
telespettatori! Siamo in diretta dallo studio di Valloacapire,
l’unico programma che aiuta i coniugi americani a
capirsi l’un l’altro. Oggi abbiamo una coppia di
Nashville, il signor Browne e
la signora Browne. Qual è il vostro problema, signori
Browne?”, domandò una
ragazza bionda assurdamente entusiasta del suo lavoro.
I
coniugi, seduti sulle
poltrone e con sguardi rabbiosi, risposero in coro: “Non ci
capiamo”,
sbottarono. La ragazza sorrise: “Naturale! Siete qui per
questo! Per questo il
programma si chiama Valloacapire,
perché appunto non vi capite! Signora Browne, cosa la
disturba del
comportamento del signor Browne?”, riprese a blaterare la
bionda. Doveva chiamarsi
Bree, in teoria.
Damon
Salvatore lasciò cadere
la testa all’indietro, centrando in pieno il muro.
“Ahi!”, si lamentò mentre un
rumore sinistro infranse la quiete domestica. Damon lo
ignorò e cercò di
concentrarsi su quel programma in stile “Uomini e
Donne”. Porcherie della
televisione moderna.
Afferrò
il bicchiere pieno di
sangue che si trovava sul tavolino accanto al divano bianco e
immacolato.
“…
non capisco perché mio
marito pretende che durante i nostri rapporti… ehm, intimi,
ci sia una terza
persona di sesso obbligatoriamente femminile che collabori con
noi...”, stava
dicendo quella vecchia dai capelli bianchi e così crespi che
sembrava che
qualcuno le avesse messo sopra la testa un ferro da stiro.
Appena
sentì quelle parole
Damon sputò il sangue che stava bevendo per
l’attacco di ridarella che lo
invase. Dio, se certa gente era stupida. Era più
intelligente Stefan di quella
povera suora.
“Ahahahahahahahahahahahahahah!”,
ululò Damon, divertito.
Intanto
Elena, che stava
cucinando un’ottima torta di mele, venne distratta da quella
risata impazzita
del vampiro che si era sposata due anni prima. Lo amava tanto, ma a
volte
proprio non lo capiva. Ponendosi mille domande, afferrò la
terrina continuando
ad amalgamare bene l’impasto, e si diresse verso il soggiorno.
“Damon
che succ
ahhhhhhhhhhh!”, urlò poi. I suoi occhi si
spalancarono come due palle da
calcio, inorriditi alla vista del muro crepato e del sangue che colava
dal
divano. In alcuni punti era già secco e impregnato nel
tessuto.
“Amore!
Guarda questa qui!
Non si rende nemmeno conto che…
ahahahahahahahahahah”, continuò Damon,
sbattendo i piedi per terra dal divertimento. Ad un certo punto si mise
a dare
anche pacche sul divano, facendo schizzare il sangue dappertutto.
“Damon!”,
strillò isterica
Elena.
“Ahahahahahahahahahah!”,
fu
la risposta del vampiro, che ormai schiaffeggiava il povero divano con
i
cuscini.
“Damon!”,
urlò ancora Elena.
“Uhhhh
ahahahahahahahahahahahahahah!”,
rideva lui. Ora saltava in piedi sul divano, con il serio rischio di
sfondarlo.
Gli occhi di Elena seguivano i movimenti di Damon, su e giù,
su e giù, fino a
quando….
“Ahhhhhhhhhhhhhhhhhhhh!,
gridarono
in coro Damon e Elena. Damon perché era scivolato dal divano
centrando in pieno
il bicchiere pieno di sangue e Elena perché era ricoperta di
B positivo dalla
testa ai piedi.
“Se
avete dei problemi non
esitate a contattarci! Vedrete che li risolverete al più
presto! A domani,
sempre qui su Mouse Life, il canale per chi non sa cosa
fare!”. La faccia della
bionda scomparve così come quel sorriso ebete stampato in
faccia.
“Bene!
Chiamiamo il canale
degli sfigati, io ne ho proprio bisogno!”, ringhiò
Elena afferrando il telefono
per poi scomparire in cucina a buttare il suo impasto dalle sfumature
cremisi
nello scarico del lavandino.
“Oh
no. Uomini e Donne no!”,
riusciva solamente a pensare Damon. Ma doveva andare così:
Stefan l’avrebbe
visto su un programma per sfigati. Che umiliazione.
Ore
8:30, studi della
Mouse Life
“Buongiorno
cari
telespettatori! Siamo in diretta dallo studio di Valloacapire,
l’unico programma che aiuta i coniugi americani a
capirsi l’un l’altro. Oggi abbiamo una coppia
di… Mystic Falls, il signor
Salvatore e la signora Salvatore. Qual è il vostro problema,
signori
Salvatore?”, chiese la solita cammella bionda. Damon si era
costretto a
imparare il suo nome: Bree. Ma non riusciva ancora a entrargli in testa.
Lui
e Elena risposero in
coro: “Non ci capiamo”. Era tutto costruito, fino a
quel punto
dell’interrogatorio. I produttori avevano detto che dovevano
fare così. Quando
avevano dato le indicazioni, Elena aveva annuito seriamente mentre
Damon
progettava come ammazzarli senza che le altre persone lì
attorno se ne
accorgessero.
“Naturale!
Siete qui per
questo! Per questo il programma si chiama Valloacapire,
perché appunto non vi capite! Signora Salvatore, cosa la
disturba del
comportamento del signor Salvatore?”, domandò la
cammella. No, ops: Bree.
Elena
parve riflettere un
attimo, poi rispose: “Tutto”.
Damon
scosse la testa,
semidisperato e divertito da quella situazione ridicola.
Bree
– sorriso – da – cavalla
allargò la bocca mostrando delle pale bianche rivoltate
verso l’esterno: “Per
questi casi assolutamente disperati”, e fece una faccia
così ridicolmente seria
che fece scoppiare a ridere Damon, “abbiamo la dottoressa
psicologa laureanda
in psicologia della mente umana e nel rapporto fra i sessi, la migliore
dottoressa dell’ospedale di Richmond dove lavora dal 1977 con
impegno e premura
nei confronti dei suoi pazienti…”.
“Salve,
grazie mille”, tagliò
corto la dottoressa laureanda in psicologia che Bree – occhi
– a – lampione
aveva presentato in tutti i modi possibili senza nemmeno dire il suo
nome.
Damon
e Elena risposero al
saluto della dottoressa con un sorriso.
“Consiglio
per i signori
Salvatore una terapia di questo tipo”, disse solamente la
povera vecchia
occhialuta. Tese un foglio che Bree afferrò facendolo cadere
appena lo sfiorò.
“Oh che sbadata che sono!”, esclamò e
poi rise come una cavalla impazzita.
“Bene!
Ecco quello che
dovrete fare secondo la dottoressa psicologa laureanda in psicologia
della
mente…”, cominciò di nuovo, ma Damon
non ne poté più e la interruppe: “Ci
può
dire come si chiama la dottoressa laureanda?”,
sbottò.
Bree
lo guardò spalancando
gli occhi; sembrava che avesse incastonate due mele verdi nelle orbite
al posto
di due normali e comuni occhi umani. “La dottoressa psicologa
laureanda in
psicologia della mente umana e nel rapporto fra i sessi, la migliore
dottoressa
dell’ospedale di Richmond dove lavora dal 1977 con impegno e
premura nei
confronti dei suoi pazienti si chiama Mary Froofy”, concluse
lei, facendo cadere
la cartelletta che aveva in mano. Altra risata da cavalla.
“Grazie”,
dissero grati in
coro Damon e Elena.
“Prego.
Dicevo. Viene
consigliata una terapia del seguente tipo: i signori Salvatori
presentano
chiari tipi di incomprensione coniugale. Per questo è
consigliabile uno scambio
di vestiti per un giorno intero, mangiare le cose che mangia il
partner,
dormire secondo i ritmi del partner, fare le attività del
partner. In poche
parole, dovete essere il vostro partner per un giorno. Vi filmeremo e
poi il vostro
video andrà in onda a Valloacapire!”,
spiegò ancora Bree.
Damon
e Elena impallidirono
fino ad assumere un colorito termosifone, poi annuirono dando
l’impressione che
avessero un nodo all’osso del collo particolarmente doloroso.
Uscirono
dallo studio con
l’idea che il seguente sarebbe stato un giorno molto, molto
pesante.
Ore
9:00, casa Salvatore
Driiiin!
Driiiin!
“Ma
che cazzo…”, sbottò
Damon.
Si
guardò attorno e vide che
Elena non c’era accanto a sé. Ma che ore erano?
Guardò
la sveglia e vide che
erano le 9 di mattina! Ma di solito lui si alzava circa cinque ore
prima.
“Amore!
È pronta la
colazione!”, strillò Elena. Ma che aveva? Di
solito quella era la sua battuta.
Poi ricordò quella stupida tipa del programma televisivo e
capì che Elena lo
aveva preso sul serio. Forse un pochino troppo sul serio.
“Arrivo!”,
miagolò lui in
stile Elena appena alzata. Ciabattò scendendo le scale come
faceva sempre la
sua cara mogliettina, a lui in genere non dava fastidio. Ma sapeva
perfettamente che Elena non sopportava quando gli altri facevano quei
rumori
con le pantofole, però nonostante questo amava farli lei.
Vide
Elena digrignare i denti
alla sua entrata e lui sbatté i piedi ancora più
forte: voleva farle perdere il
controllo. Letteralmente.
“Damon.
Smettila”, ordinò
autoritaria.
Lui
sorrise: “Tu lo fai
sempre. E io non ti avrei detto di smetterla quindi”, e
ciabattò ancora di più.
La
vide prendere un profondo
respiro.
Damon
osservò che Elena aveva
preparato quello che di solito preparava lui per lei. Peccato che
questa volta
il regolamento diceva chiaramente che lui doveva mangiare
ciò che di solito
mangiava lei e lei quello che di solito mangiava lui.
Elena
però questo non lo
aveva capito, infatti afferrò un bicchiere di vetro
scintillante e si versò un
po’ di succo all’ananas.
“Alt!”, la fermò Damon sghignazzando.
Elena
si ritrovò con il
bicchiere appoggiato sulle labbra, inclinato leggermente. Con un
sospiro lo
sistemò sul tavolo e sbottò:
“Perché, che hai ora? Non posso nemmeno bere il
mio
solito e amato succo di frutta?”.
Damon
sorrise: “No. Oggi tu sei
me e io sono te, quindi…” e afferrò il
bicchiere. Se lo portò alla bocca e
bevve il succo, concludendo con un schiocco soddisfatto incredibilmente
simile
a quello che di solito faceva Elena.
Intanto
lei stava pensando
con timore al bicchiere di fronte a lei: pieno di fluido sangue rosso.
Elena
non voleva sentire i globuli rossi sulla sua lingua, non voleva
proprio. Ma non
voleva nemmeno perdere contro Damon.
Prese
il bicchiere
mascherando l’angoscia e fingendosi audace e lo
ingurgitò il più velocemente
possibile per evitare di dover sopportare troppo quel sapore ferroso,
dolciastro ma anche leggermente amarognolo. Una vera e autentica
porcheria. Peggio
del brodo della Star.
Mascherò
il disgusto con un
sorriso, poi se ne andò tutta soddisfatta in camera.
Nel
pomeriggio…
“Dove
sono i miei vestiti?”,
urlò Elena in preda al panico. Era un’ora che li
cercava dappertutto: sotto al
letto, sopra alla scrivania, dentro l’armadio, fuori sul
poggiolo. Dove diavolo
erano la sua t-shirt verde scollata e i suoi amati jeans?
Damon
intanto malediceva
tutti i poveri santi dell’universo per aver inventato le
scarpe con i tacchi.
“Damon!”,
strillò isterica
Elena. I suoi passi si avvicinarono sempre di più alla
stanza di Damon, poi la
porta si spalancò: “Damon hai visto…
arghhh!”, concluse Elena inorridita.
Damon
era davanti a lei,
vestito con i suoi vestiti, le sue scarpe, il suo intimo.
“Amore.
Prima di tutto vorrei
informarti che questo reggiseno è piuttosto stretto e che ho
fatto una fatica
tremenda ad agganciarlo. Secondo, queste mutandine mi si incastrano lì. Terzo, queste calze sono
così poco
elastiche che le ho strappate sulla coscia, mi dispiace tanto. Quarto,
questa
maglietta è così scollata che mi si vede tutto.
Quinto, queste dannate scarpe mi fanno male ai talloni. Sesto, non vedo
l’ora
che questa giornata sia finita. Settimo: per qualche cazzo di ragione
hai
voluto partecipare a questo idiota programma? Almeno ci dessero un
milione di
dollari invece niente… ci fa solamente andare di
matto!”, concluse Damon finendo
per urlare anche lui.
Elena
impallidì di fronte ai
vestiti che lei avrebbe dovuto indossare. Senza dire una parola si
avvicinò al
letto di Damon e si spogliò. Poi indossò la
t-shirt nera e larga di Damon, i
pantaloni neri di Damon, gli stivali di Damon, gli occhiali da sole di
Damon.
Risultato:
sembrava una
specie di dark sfigata che tentava invano di farsi notare in modo
positivo
dalla gente. Più che altro, assomigliava a una povera
drogata vagabonda e
orfana che era stufa di stare nell’orfanatrofio.
Damon
la fissò un attimo,
tentando di non ridere: “Elena, amore. Sei… molto,
come dire… non saprei”,
borbottò lui, voltandosi per lasciarsi andare al suo attacco
di ridarella.
Elena
imprecò tra sé e scese
le scale inciampando nei suoi stessi pantaloni.
Damon
voleva vincere questa
lotta con Elena, per questo la sfidò ulteriormente. Avrebbe
usufruito della sua
profumeria. E di qualche rossetto e lucidalabbra.
Il
vampiro andò nel bagno e
si chiuse dentro, come faceva spesso la sua cara mogliettina.
Frugò negli
armadietti e prese a caso qualche barattolo di creme, balsami, trucchi.
Trovò
un tubetto con scritto
“crema idratante”. Ne mise un po’ sul
palmo della mano e l’applicò su tutto il
viso. Notò con una smorfia che il suo colorito pallido era
meno singolare del
solito.
Afferrò
a caso qualche matita
e, facendo fatica a non cavarsi un occhio, si colorò la
palpebra di nero. Il risultato
che ottenne non era esattamente quello che di solito otteneva Elena, ma
ci
aveva provato. E l’importante è mettere impegno
nelle cose che si fanno.
Trovò
una matita verde e
decise che sarebbe stata fica attorno alle labbra, anche se Elena non
l’aveva
mai messa e probabilmente non lo avrebbe mai fatto in futuro nemmeno se
Damon
si fosse messo a baciarle i piedi.
Il
balsamo senza risciacquo
lo attirava come una calamita; dopotutto “senza
risciacquo” significava che non
avrebbe dovuto nemmeno lavarsi i capelli. Ingegnoso. Perché
no? Prese una noce
di prodotto sul palmo della mano e se la applicò sulla
chioma nera.
Si
sentì i capelli diventare
freddi e bagnati. Che avesse sbagliato qualcosa?
“Damon!”,
urlò Elena per l’ennesima
volta.
Il
vampiro impallidì e tentò
in tutti i modi possibili di nascondere il casino che aveva nei
capelli:
infatti erano un po’ bianchi, un po’ unti, un
po’ sporchi ma anche puliti. Non era
proprio il caso di farsi vedere da Elena, che lo avrebbe smascherato in
un
attimo. Afferrò una spazzola che stava in un angolo e si
spazzolò per bene i
capelli, sperando che quella porcheria fluida bianca della Pantene si
diradasse.
“Damon,
dove sei?”, urlò
ancora una volta Elena. Poi la porta del bagno si spalancò e
Elena vide Damon
con i capelli che sembravano bagnati tutti in faccia. Accanto a lui, la
bottiglietta di balsamo per i capelli lisci. In mano, la spazzola
di… oh no. Bonnie.
“Damon!”,
strillò isterica
Elena indicando la spazzola che Damon teneva in mano.
Lui
si preparò a sentirsi
dire la predica della giornata, ma vide Elena balbettare. Cosa aveva
ora?
“Hai
usato quella spazzola?”,
chiese lei tremando. Damon
annuì.
“Damon
era di Bonnie”,
sussurrò Elena. E allora? La streghetta
non aveva mica la forfora contagiosa!
“E
allora? Che cosa centra
Bonnie ora?”, sbottò Damon.
“Damon,
lei in questo momento
ha i… i…”, disse Elena.
I
cosa? “Che cosa ha la fata
Merlina?”, ringhiò Damon.
Elena
lo guardò impaurita: “I…
pidocchi!”, concluse.
Damon
non seppe cosa dire. Era
una cosa grave? Erano mortali, come i tumori e quelle cose
lì? Cosa erano
questi pidocchi? “E che sono?”, domandò
lui sbuffando.
“Animali”,
rispose Elena
andando già a cercare gel e shampoo e pettinina.
“Non
farmi ridere. Li faccio
fuori in un secondo, io!”, esclamò Damon dandosi
arie.
“Tu
dici?”, domandò Elena
armata di gel puzzolente e pinzette per capelli.
Dliiin dlooon.
Damon
e Elena si guardarono:
che ore erano?
L’orologio
segnava le 19.00.
Ossia l’ora in cui Bree e la compagnia sarebbero venuti a
registrare qualche
momento della loro vita “scambiata”, per poterla
trasmettere il giorno dopo
sulla rete nazionale. “Merda”, dissero in coro.
Damon
con i capelli sugli
occhi e Elena vestita come una dark si presentarono alla porta
così lentamente
che sembrava davvero che casa Salvatore si fosse trasformata in una
casa per
celebrazioni funebri.
“Salve,
siamo di Valloacapire!”,
annunciò Bree la bionda.
“Salve!”,
salutarono in coro Damon
e Elena.
“Allora,
possiamo farvi
qualche domanda e riprendervi mentre vivete la vostra normale vita
scambiata?”,
domandò allegra la famosa conduttrice televisiva.
Damon
e Elena si scambiarono
un’occhiata e chiusero la porta in faccia a Bree in sincrono.
Sul
tavolo nel soggiorno
regnava un’emoteca, Elena era vestita come una povera sfigata
e Damon aveva
matita verde sbavata lungo la bocca.
“Che
facciamo?”, dissero
ansiosi Damon e Elena prima di correre a sistemare almeno una parte del
casino
che regnava in quel palazzo di casa dove si ritrovavano a vivere.
[…
Continua…]
Angolino
della Matta Fra
o.O
Ciao! Eccomi qui, dopo secoli di
ritardo. Innanzitutto
vi voglio davvero ringraziare per tutto il sostegno che mi date.
Davvero,
grazie mille.
Sono piuttosto di fretta, quindi
spero che mi
perdonerete se non inserisco l’angolo della
pubblicità occulta come dice la
mitica Glo e se non vi ringrazio una ad una.
Questa OneShot è
follemente folle, Damon con i
pidocchi mi è venuta proprio ora dopo aver bevuto un Actimel
(non so cosa c’entri,
ma è andata proprio così). Comunque presto
scriverò il seguito della OS e la
prossima volta… udite e udite: vi ricordate
l’episodio del robottino? Ahahahah Glo
sarà contenta, perché scriverò la
continuazione. Tenetevi pronte, il pulsante
viola ci porterà tutte alla follia senza ritorno. Ahahah!
Che matte!
Ok, giochiamo a questo giochetto.
Ogni volta vi
segnalerò una storiellina diversa, e quindi…
questa volta tocca a “I WANT YOU”
di damngirl20
(qui!).
Bella bella.
Ne approfitto per segnalarvi le mie
follie: Elena con
un sogno un po’ speciale. E Damon
che ruolo ha in tutto questo? Venite qui
e
appassionatevi a un qualcosa che di serio ha!
E poi il mio pazzo crossover tra
Twilight e The
Vampire Diaries (qui!).
Grazie tantissime a tutti che
leggono questa raccolta
di follie.
Bacioni Fra
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** AVVISO ***
Ciao a tutte! non sto nemmeno ad usare l'HTML quindi chissà cosa verrà fuori...
in questi giorni di vacanza sono stata poco presente x leggere le vostre storie e per postare le mie. mi scuso. ma sono esausta e non sto combinando niente.
se non... la mia storia please come back mi sta prendendo parecchio e sono sempre a scrivere quella, e non damon&elena.
maggio sarà un mese difficile per tutte le verifiche e le interrogazioni che faranno i prof e voglio avvisare tutte le pazze che seguono con me questa follia che sospendo questa ff x un po', solo il tempo di finire il mio matto crossover. ovviamente spero di aggiornare di più con una storia in meno da gestire.
scusatemi tanto, ma mentre scrivevo questa sera il robottino famoso mi sono resa conto di non avere idee, di non avere abbastanza voglia per andare avanti con qualcosa che in questo periodo non mi va di scrivere.
auguratemi buon viaggetto a londra, caaare
grazie x la comprensione,
vvb
tornerò presto XDXD
fra |
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** Formiche in Overdose ***
9. Formiche in Overdose
[…
continua
dal 4° Capitolo “Pulsanti”…]
"Lo
capisci?" domandò isterica Elena, con le mani immerse tra i
folti capelli
in chiaro segno di disperazione.
Damon
alzò la testa dopo ore, in cui l'aveva tenuta fra le
ginocchia in attesa di
qualche messaggero divino che venisse a liberarli: "Cosa?"
singhiozzò, ritornando nel suo stato catatonico.
"Che
siamo chiusi in un lurido, puzzone, sporco carcere pieno di topi e
formiche
così grosse che se si alleassero ci potrebbero trasportare
via" urlò
Elena, improvvisamente esplodendo come una bomba.
L’esplosione non era
programmata e Damon si svegliò di soprassalto dal suo
dormiveglia.
La
guardò stranito: "Elena, ma che idea hai avuto!"
sussurrò estasiato
Damon, come se si trovasse in una piscina idromassaggio con doccia
rilassante.
Elena
sbuffò: "Se tu consideri quello che ho detto un'idea, e
conoscendo bene le
tue idee geniali, penso che possiamo porre fine alla conversazione
esattamente
quando avrò finito di parlare" lo informò la
ragazza con voce da
presentatrice televisiva, ritornando a spazzolarsi i capelli con le
dita
sudice. “Cioè ora”.
Damon
scosse la testa, prima che Elena si addormentasse fra i suoi pensieri:
"Elena, hai detto che se le formiche si alleassero ci porterebbero
fuori
di qui" la fece ragionare il vampiro, entusiasta.
Senza
riemergere dalla chioma mora, Elena alzò un dito e disse la
sua: "Già: ho
dimenticato di dirti che però avrebbero bisogno di qualche
cocktail per farsi
convincere a portare più di cento chili sulle loro povere
schiene e se hai un
po' di testosterone, qualche sale minerale, un po' di coca o droghe
pesanti
potrebbero davvero esserle d'aiuto" disse Elena, ritornando a dormire
per passare
il tempo.
Damon
sorrise: "Ecco qui, tesoro" ammiccò e tirò fuori
dalla tasca delle
bustine con tutta l'aria da "meglio-non-farsi-scoprire".
Elena
alzò lo sguardo e strabuzzò gli occhi: "Damon! Di
cosa ti fai?"
strillò, improvvisamente seriamente preoccupata per la
salute mentale del
vampiro.
Damon
alzò le spalle: "Un po' di quello, un po' di quell'altro"
disse con
indifferenza. "Fa venire gli addominali" aggiunse con tono di chi sa
più di tutti, picchiettandosi con orgoglio i muscoli
scolpiti che Elena aveva
sempre creduto fossero frutto di un duro e faticoso lavoro in palestra.
E
allora dove andava quando diceva di andare in palestra a fare un
po’ di
sollevamento pesi?
Ok,
aveva un’amante. Era sempre così: nei film, nei
libri, nei telefilm americani.
Elena si fece un appunto mentale; non era il momento di parlare di
amanti,
anche se l’argomento non sarebbe stato sorvolato, su questo
Damon Salvatore
poteva stare certo.
"Allora?"
chiese Damon, domandandosi per quale ragione Elena fosse
così stupefatta.
"Siamo
logorroici oggi" sbuffò poi ironico Damon, tentando in tutti
i modi di
picchiettare l'orgoglio della pazza umana che si era trovato.
Elena
non apriva parola, troppo concentrata a chiedersi cos'era giusto e
cos'era
sbagliato. Damon drogato
non aveva mai
fatto parte dei suoi piani per il presente e per il futuro. Questa era
una
novità ed era sbagliato. Intanto, per impedirgli di assumere
ancora robaccia,
poteva buttarla via. E magari darla a...
"Diamo
la tua roba alle formiche" esclamò Elena, pregando Dio per
chiedere scusa
per aver dato il via libera all'overdose delle formiche e sperando che
Damon
acconsentisse. Il vampiro, che non si aspettava il risveglio dal sonno
dei
morti di Elena, dopo aver preso il suo "infarto da spavento"
acconsentì:
"Dobbiamo uscire di qui" concordò.
"Bene"
sussurrò minacciosa Elena. Afferrò una di quelle
bustine e sparpagliò la
polverina bianca sul terreno.
"Speriamo
che non se la mangino i topi" intervenne Damon ironico.
Elena
lo fulminò con un'occhiata inceneritrice: "Non portar male"
sibilò.
Damon
annuì, sorridendo sornione. Per una volta era stato
utile…
“Mangiate
cretine” mormorava Elena, continuando a muovere le dita sul
terreno sudicio di
quella cella claustrofobica e puzzolente. Ogni tanto la ragazza
imprecava
perché le sue unghie si sporcavano di polvere e Damon
avrebbe voluto tanto
prenderla in giro; ma forse quello non era proprio il momento migliore,
se
teneva alla sua esistenza centenaria.
Quando
Elena ebbe finito di ricoprire per bene il suolo, si lasciò
cadere
all’indietro, esausta, come se la distribuzione di
chissà quale sostanza poco
legale alle formiche fosse stata davvero faticosa. Non aveva previsto
che
sarebbe andata a sbattere contro il muro. “Ahi” si
lamentò, cominciando a
imprecare massaggiandosi lentamente la schiena.
Damon
ridacchiò fra le ginocchia, posizione che aveva ormai
adottato da qualche ora e
da cui si liberava solamente per bisogni estremi.
Elena,
tra i sussulti di dolore quando toccava un punto più
sensibile, imprecava come
non aveva mai fatto e stava augurando tutti i mali possibili al suo
fidanzato,
che rideva sempre di più.
“Smettila
di prendermi in giro!” strillò Elena, che ormai
non sentiva più male da quanto
era occupata ad urlare.
“E
chi lo sta facendo, amore?” rispose Damon, che per la lite
d’occasione aveva
deciso di sollevare il mento dalle gambe di qualche centimetro, pur
tenendo
sempre il collo piegato e sepolto.
Elena
cominciò a saltellare dalla rabbia: “Non chiamarmi
amore!” ordinò sempre più
impazzita.
Damon
alzò le mani in segno di difesa: “Va bene, va
bene. Tesoro” aggiunse,
sottolineando bene l’ultima parola che fece
traboccare il vaso: Elena perse letteralmente
il controllo.
Una
tigre dal pelo disordinato, lungo, castano e sporco si
avventò sul vampiro che
ritenne adeguato cambiare posa. “Se non fosse per te, razza
di stupido idiota,
non saremmo qui!” cominciò a sfogarsi Elena,
mentre sganciava pugni e calci a
qualsiasi parte del corpo di Damon (o del muro, ad essere precisi) le
capitava
a tiro. Era così intenta e impegnata nella sua battaglia che
non sentiva i
deboli mormorii di pietà dei suoi piedi e delle sue mani.
Elena era furente.
“Cosa
ti è saltato in testa di comprare un robottino sforna
gnomi?” domandò la povera
ragazza, cadendo sempre più profondamente nel baratro
dell’isteria. “Pensavi di
farmi felice, eh?” chiese ancora Elena. Damon era in preda
alla confusione più
totale: doveva rispondere oppure doveva stare là, sdraiato
in mezzo alla cella
sotterranea, a subire il dolore provocatogli da una donna umana?
“Per
quale ragione avresti pensato che uno stupido incapace robot cinese
avrebbe
risolto i problemi delle pulizie? Non potevi assumere una domestica
rumena,
serba o polacca? No, non potevi? Forse non ci hai nemmeno pensato,
razzia di
idiota senza cervello!” continuava a urlare Elena.
Damon
decise di patire i dolori dell’inferno per altri cinque
minuti, in attesa che
una benedizione divina avrebbe fatto distrarre Elena dalla sua
attività. E,
grazie a qualche santo lassù nel cielo, quella benedizione
arrivò.
Una
voce di certo amplificata interruppe lo sfogo di Elena: “Qui
capitan Formicuz.
Attendo gli ordini”.
Elena
spalancò gli occhi, in cerca della fonte da cui proveniva la
voce.
“Qui
capitan Formicuz. Attendo gli ordini” ripeté la
voce. Damon notò con rammarico
che poco distante da loro c’era una trombetta, una di quelle
che i bambini
usano a Carnevale per spaccare i timpani ai loro amici. Solo che invece
di
emettere un suono senza senso, amplificava la voce a chi parlava. Una
specie di
megafono in versione giocattolo.
“Damon?
Damon? Lo senti anche tu? Dimmi che lo senti!” disse
preoccupata Elena,
guardandosi attorno come un serial killer che deve assicurarsi
l’assenza di
poliziotti nella zona prima di attraversare la camera.
Il
vampiro avrebbe voluto dirle: “No, non lo sento. Sei
ufficialmente pazza, con
l’Alzheimer e da manicomio. O perlomeno da
ricovero”. Ma non lo fece per due
ragioni sostanziose: primo, si giocava la sua gabbia toracica; quella
ragazza
aveva più muscoli che ossa, a differenza di quello che aveva
sempre pensato.
Secondo, se senti una voce che proviene da una trombetta giocattolo,
avere
qualcuno con cui confrontarsi può essere incredibilmente
d’aiuto.
Così,
rispose con un tono carico d’ansia: “Sì,
la sento anch’io”. Rifletté un attimo
e decise di aggiungere un piccolo dettaglio che probabilmente Elena non
aveva
colto: “Viene da quella trombetta giocattolo” e
indicò il tubicino di carta
allargato sul fondo variopinto dei
colori più assurdi.
Elena
guardò il punto indicato da Damon e annuì:
“Lo avevo notato anch’io ovviamente”
si vantò.
Damon
sbuffò: “Sì, certo. E io vado a letto
con Paris Hilton”.
Elena
si voltò di scatto verso di lui:
“Cooooosa?” chiese stupita, allungando
esageratamente la “o” e pronta a ritornare
all’attacco.
Il
vampiro alzò gli occhi al cielo: “Era una battuta,
Elena” spiegò paziente.
“Ah,
menomale, altrimenti io…” ricominciò a
dire la ragazza, ma venne interrotta da
quel tale “capitan Formicuz”: “Allora! Ci
stiamo rompendo le scatole qui! Sono
capitan Formicuz e voglio del rispetto, visto che avete convocato me e
tutto il
mio esercito” si lamentò indispettito il tipo.
Elena
e Damon si fissarono, poi dissero in coro: “Ma dove sei? Chi
sei?”.
Una
formica con i muscoli assolutamente rinvigoriti da qualche sostanza
chimica e
poco salutare (a questo pensiero Elena cominciò a sentire i
sensi di colpa
crescere dentro di lei come piante rampicanti) si fece strada verso il
debole
cono di luce che proveniva dalla finestra con le sbarre della cella.
Non
poteva essere vero; non poteva esserci un esercito di formiche davanti
a loro.
Damon stava scherzando quando aveva avuto quella stupida idea. Elena
non
credeva che quella roba potesse
davvero influire sull’organismo di quelle poverette. Nel
peggiore dei casi,
sarebbero morte appena ne avrebbero assaggiata un po’.
“Tu
non sei vero” farfugliò Elena, stringendosi al
petto di Damon come un cucciolo
impaurito. “Tu non puoi
essere vero”.
Damon
avrebbe giurato di vedere la formica ammiccare: “Mi dispiace,
capitan Elena.
Sono vero e reale” comunicò, fiero di
sé stesso.
“Noooo!”
strillò con un acuto da far paura Elena.
“Nonononononono! Zitto! Devo pensare,
ora! Lasciami pensare!” urlò, sempre
più impazzita.
Si
alzò con violenza, scaraventando Damon contro il muro, e
cominciò a camminare
avanti e indietro per la stanza. Il vampiro non sapeva cosa fare per
farla
ritornare in sé. Poi, improvvisamente, si fermò;
e fu in quel momento che Elena
toccò l’apice della follia.
“Ecco
quello che faremo” cominciò a spiegare la nuova
Elena, “noi distruggeremo
l’esercito di gnomi”. Appena fu
presentato il
piano d’attacco Gilbert, Damon si lasciò sfuggire
un gemito di dolore. Stava
perdendo la sua Elena: non sapeva se era un’illusione ottica
causata dalla
paura, ma la vedeva con gli occhietti iniettati di sangue e tutta
tremolante,
in stile film horror.
Elena
si guardò attorno con aria inquisitoria: “Qualcuno
ha domande? Capitano?”
chiese, puntando d’un tratto lo sguardo sul povero capitan
Formicuz.
“Assolutamente
no, capitan Elena” rispose lui, obbediente.
“Voi,
esercito, miei prodi! Avete domande?” continuò
l’interrogatorio Elena, passando
in rassegna tutto l’esercito delle formiche, ancora
completamente sotto
l’effetto della droga.
Come
un sol uomo, i piccoli insetti scossero la minuscola testa. Elena
sorrise
trionfante e concluse: “Damon Salvatore, tu hai
domande?”.
Damon
si mangiucchiò le unghie: sapeva che se avesse detto la
verità quella nuova
Elena lo avrebbe riempito di botte, ma non poteva dire che uccidere i
nanetti
da 90.000 $ era una cosa che si poteva tranquillamente fare.
“Più
che altro, ho una protesta” cominciò indeciso il
vampiro.
Elena
storse lo sguardo, avvicinandosi come se volesse fiutare
nell’aria quale fosse
la cosa su cui aveva da contraddire. “Ah, sì? E
qual è, si può sapere?” chiese.
Damon
prese un profondo respiro e confessò: “Io ho speso
la bellezza di 90.000 $ per
comprarti quel dannato robottino spara gnomi e tu ora lo
vuoi… lo vuoi distruggere”
piagnucolò il
vampiro, con la voglia divorante di distruggere quello stupido esercito
schiacciando ogni lurido, schifoso insetto con lentezza disarmante, in
modo che
il dolore avrebbe raggiunto livelli mai sperimentati prima.
Elena
lo guardò male, il suo viso non si addolcì:
“Primo, non voglio distruggere la
macchina ma solo gli gnomi. Secondo, sei sicuro di aver
pagato?” chiese
inquisitoria.
Damon
sarebbe arrossito e non replicò, sotto il sorriso
soddisfatto della pazza Elena
in versione militare. “Allora…
all’attacco!” urlò.
Le
formiche si misero a sgranocchiare le sbarre della finestrella che
consentiva
alla luce di entrare nella cella, e dopo qualche minuto uscirono
più pronte che
mai ad affrontare gli gnomi.
Elena
le seguì con entusiasmo, mentre Damon si alzò e
camminò strascicando i piedi
svogliatamente, e con una vaga voglia di chiamare il guardiano e
comunicargli
che la fidanzata aveva trovato il modo di scappare. Ma non lo fece.
Dopo
qualche minuto si ritrovarono davanti alla loro casa e Damon vide le
formiche
combattere valorose, così come i suoi amati nanetti, anche
se nell’ultima ora
aveva cominciato seriamente ad odiarli per avergli fatto questo.
Avevano
portato via la sua Elena, avevano distrutto la sua vita.
Improvvisamente
le bandiere gialle dell’esercito delle formiche si spostavano
sempre di più
verso il fiume e, Damon strabuzzò gli occhi, caddero in
acqua. Sparirono alla
sua vista, così come fecero gli gnomi poco dopo.
“Certe
creature sono proprio stupide” pensò Damon. Poi
vide Elena e per un orribile
breve attimo ebbe l’impressione che si volesse buttare
giù anche lei. Ma non lo
fece: si voltò sorridendo come la vecchia Elena e corse
verso di lui.
“Damon!”
urlò felice. “Ce l’abbiamo fatta, li
abbiamo uccisi tutti!” esultò felice.
“E
siamo evasi illegalmente di
prigione”
puntualizzò Damon, abbracciandola, dimenticando
completamente che nelle ultime
ore aveva seriamente pensato di aver perso la sua piccola per sempre.
Elena
alzò le spalle: “Scappiamo! Andiamo lontano, in
Europa, in Asia!” suggerì.
Damon
sorrise: “Certo, ma prima…” rispose. Si
mosse a velocità vampiresca verso il
pensionato. “Che fai?” chiese Elena.
Damon
sorrise e sollevò un albero, sradicandolo. Lo
lanciò sul robottino, che emise
un ultimo singulto doloroso e sfornò uno gnomo dimenticato
dai suoi compagni,
ormai morti sul letto del fiume.
La
ragazza lo afferrò e prese per mano il suo ragazzo:
“Grazie. Ma ora scappiamo”
disse. Damon sorrise e partirono per una meta non stabilita e che mai
lo
sarebbe stata, lasciandosi alle spalle formiche e gnomi.
[…continua…]
Angolino
della Matta Fra
Ciao
ragazze! Come state?
Ok, voi
vi chiederete dove sono morta… beh, per questa storia avevo
pure messo
l’avviso, quindi spero che mi perdoniate più
facilmente.
Ok questa
OS era davvero una cavolata ma sapete, dopo l’esercito degli
gnomi ho pensato
alle formiche, a un’eventuale overdose e uno scontro tra
gnomi e formiche. Ih
che assurdità, ma d’altronde voi lo sapete che qui
si ride e non c’è niente di
realistico.
Ora
spazio pubblicità e ringraziamenti: adoro tutte coloro che
hanno recensito,
ovviamente la
mia amica Glo
e la super Marghe
che ha appena finito gli esami
Ringrazio
inoltre Ericuzza,
una scrittrice che io ammiro tantissimo e di
cui vi consiglio vivamente le sue storie. Sono troppo divertenti e per
me è
stato bellissimo che tu sia capitata su questa follia che
scrivo
La
pubblicità per oggi va a queste tre meravigliose ragazze, in
particolare a Glo
e al suo team
con il suo crossover
Gossip Girl – TVD! Leggetelo qui:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=746098
Infine
vi
segnalo le mie storie che spero leggerete se non lo avete
già fatto: qui
Please Come Back, un crossover Twilight – TVD
che presto tornerò ad
aggiornare e che ho intenzione di concludere quest’estate.
I
Feel You è qui,
una Delena al 100% che presto concluderò: i
capitoli extra che non erano programmati quando ho scritto la fic sono
in fase
di scrittura.
E
infine una mia OS a cui tengo
particolarmente: qui potete
leggere “Mi
Manchi”,
strappalacrime da far paura, ma spero vi piaccia.
Attendo vostri
numerosi pareri!
Bacioni
alla prossima follia
Fra
|
Ritorna all'indice
Capitolo 11 *** Siringhe & Punture ***
11.
Siringhe & Punture
[…
continua dal 3° Capitolo “Giardinaggio”]
Elena
si è appena lasciata con Stefan e ha intrapreso una
relazione con il fratello cattivo Damon, allergico ai pollini. Elena
vorrà
porre fine a questa storia, soprattutto dopo essere stata costretta ad
avvelenare tutte le piante da lei piantate nel giardino…
Damon e gli
starnuti
Damon
non si era mai ritrovato prima di quel giorno a
pensare al perché avesse
quella
strana allergia ai pollini. Se ci si rifletteva bene, effettivamente,
la sua
malattia appariva alquanto strana per un vampiro.
“Tesoro, è normale. Perfettamente normale. Oggi le
persone
che soffrono di allergie sono sempre di più. Ma tranquillo:
può passarti prima
di quanto credi! Pensa, mia zia era allergica alle graminacee ma quando
compì i
cinquant’anni… pensa un po’? Zia Kate
è guarita!” aveva detto allegramente
Elena, la sua stramba quanto bella fidanzata.
Zia Kate era guarita… Damon partiva sempre con quel
pensiero per rincuorarsi: dopotutto, anche lui sarebbe potuto guarire,
no? Qual
era la differenza tra Damon Salvatore e Kate Gilbert?
Arrivato a questo punto, Damon si ritrovava a sbuffare e a
raschiare violentemente il terreno con il suo stivale di cuoio. Lui era
un
vampiro di centocinquanta anni! Ecco qual era la differenza!
Damon, quella mattina di Maggio, guardò il cielo azzurro
cosparso di qualche nuvoletta. Il sole splendeva e Elena si stava
abbrustolendo
sotto di esso, su una sdraio a righe rosse e bianche nel bel mezzo del
giardino.
Il prato era stato devastato dal veleno repellente che ci aveva
spruzzato Elena, dopo ore di lavoro per farlo tornare rigoglioso. Al
pensiero
della fatica che aveva impiegato la sua ragazza per quel giardino,
Damon si
sentiva male. Avrebbe voluto scappare e tuffarsi nel fiume, sperando la
sua
testa colpisse una pietra abbastanza forte da annebbiargli la mente,
così
quando sarebbe finito su un paletto di legno il suo istinto di
sopravvivenza
non lo avrebbe indotto ad attutire la caduta.
Forse era per Elena che aveva davvero seriamente proposto
di andare a farsi vaccinare?
La verità era che lui detestava i medici, le siringhe, le
punture; qualsiasi cosa fosse pungente, lui la odiava. E non avrebbe
permesso
che una stupida innocente allergia lo convincesse ad affrontare le sue
più remote
e nascoste paure.
“Etciiiiiiiii” starnutì Damon,
ripentendosi mentalmente
che non era niente.
“Etciiiiiiiii”. Ancora una volta, Damon
starnutì. Ed Elena
scattò: “Che diavolo aspetti, amore?”
chiese, sfogliando la sua rivista di
giardinaggio. “Corri a farti vaccinare!”
Damon impallidì e cominciò ad esaminare un punto
indefinito del muro esterno della pensione: “Avranno una
lunga lista d’attesa…
lasciamo prima chi ne ha davvero bisogno” tentò di
convincerla il vampiro.
Damon sentì un qualcosa incastrarsi nel suo naso e
cominciò a grugnire per farlo uscire. Percepì la
preoccupazione di Elena, che
si era voltata e aveva abbassato gli occhiali da sole per vedere
più
chiaramente cosa stava combinando il suo ragazzo. “Sul serio?
Lasciamo chi ne ha davvero bisogno?”
ripeté lei con tono scettico.
Damon continuava a starnutire e Elena perse la pazienza:
si alzò dalla sua sdraio, lanciò la sua rivista
dall’altra parte del giardino e,
camminando a grandi falcate verso il suo ragazzo, sollevò
una quantità abnorme
di erba e polline, facendolo cominciare anche a tossire.
Elena imprecò tra l’erba ingiallita che le
svolazzava
attorno come tanti moscerini fastidiosi, scacciandola con le mani senza
troppo
successo. Un lungo filo color paglia le si infilò in una
narice e la ragazza
sbuffò fino a quando non lo vide cadere a terra.
Damon, alla vista di Elena così imbufalita,
scoppiò a
ridere. Ma forse non avrebbe dovuto: Elena era dolce come uno
zuccherino e
smielata come l’eroina di un film romantico, ma quando la si
faceva arrabbiare
poteva diventare una pantera.
“Come osi ridere?” urlò minacciosa lei.
Damon non riusciva a togliersi quell’espressione divertita
dalla faccia e tanto per peggiorare la situazione cominciò
ad esibirsi in
un’esilarante imitazione della sua bella fidanzata. Faceva
degli strani suoni
con il naso e digrignava i denti, imprecando come un dannato, e
sputacchiava
dalla rabbia. Elena, intanto, stringeva i pugni per evitare di
saltargli
addosso. Era consapevole che se lo avesse fatto, sarebbe stata
un’autolesionista.
“Damon! Smettila!” strillava Elena, saltellando da
un
piede all’altro per la rabbia.
Il vampiro non intendeva proprio fermarsi: cominciò pure a
zampettare tra il giardino, emettendo urla acute ogni volta che un
granello di
terra si incastrava da qualche parte nei suoi vestiti:
“Oddio! Della terra!
Come farò? Non va via! Oddio! Damon, che
facciamo?” cinguettava meschinamente.
Poi si accorse che al posto di Elena c’era solamente uno
spazio di terreno dove l’erba ingiallita era più
schiacciata per il peso della
persona che prima stava lì, e che ora era sparita.
Damon cominciò a sentire la tipica puzza che non porta
nulla di buono. La voglia di fare il pagliaccio si era volatilizzata.
“Elena?” chiamò, girandosi su se stesso
come se fosse l’agente
007.
Andò un po’ più avanti, poi parve
ripensarci e tornò
indietro. Aveva un tic che lo induceva a voltare la testa ogni secondo
per
controllare che Elena non arrivasse appena a una liana e gli saltasse
sulle
spalle in stile Tarzan. Il solo pensiero lo terrorizzava, anche se in
un’altra
situazione probabilmente lo avrebbe trovato inspiegabilmente eccitante.
“Elena?” provò di nuovo Damon. Ora
capiva qual era la
strana sensazione che gli era capitato di sentire descrivere da qualche
umano
che aveva erroneamente considerato paranoico: quando hai paura o temi
un
rumore, lo senti nelle tue orecchie rimbombare, facendoti credere che
sia
reale. Era una sensazione assolutamente schifosa, constatò
Damon.
Continuava a voltarsi ininterrottamente, come se gli girasse
attorno un’ape impazzita che voleva a tutti i costi pungerlo.
In un momento in cui non era voltato dietro, sentì delle
mani toccargli le spalle con una presa decisamente familiare:
“Amooooore!”
sussurrò Elena.
Damon lanciò un grido di puro spavento e si voltò
verso la
ragazza con un salto degno da medaglia d’oro alle Olimpiadi e
indietreggiò,
cadendo di tanto in tanto e risollevandosi barcollante.
“Tu! Mi hai spaventato a morte!”
balbettò Damon, in preda
al puro terrore. Elena sorrise, divertita alla vista del suo indice
accusatorio
verso di lei, tutto tremante e per nulla intimidatorio.
Fece spallucce e cominciò a camminare intorno a Damon, che
si sentiva come un agnellino che stava per venire sacrificato.
“Vuoi davvero
evitare il tuo bel vaccino?” ghignò minacciosa
Elena.
Damon scosse la testa velocemente: “No. Mi farò
vaccinare”
disse lui, balbettando involontariamente.
Elena sorrise trionfante: “Giuralo” lo
invitò
sghignazzando.
Damon non fece nemmeno in tempo a pensare ai pro e ai
contro, che la sua bocca si aprì e lasciò uscire
un “sì” piuttosto incerto, ma
nemmeno troppo intimorito.
La ragazza di tutta risposta si lasciò andare con un
ululato sguaiato e corse verso casa per andare a prepararsi. Damon si
sentì
chiamare, così a malincuore e in preda alle visioni di
siringhe appuntite, la
seguì.
In
auto verso l’Azienda
per i Servizi Sanitari
Elena stava
guidando e aveva abbassato al minimo il volume
della radio; era una cosa che non faceva mai, soprattutto se una
stazione
trasmetteva la sua canzone del momento. Damon sospettava che in quel
maledetto
tragitto da casa all’ospedale, nemmeno la melodia
più bella del mondo avrebbe
distolto Elena dalla sua cantilena che lo costringeva a ripetere come
un
bambino.
“Damon! Cosa abbiamo detto?” ricominciò
Elena per
l’ennesima volta.
Il vampiro sbuffò di tutta risposta, il che fece infuriare
Elena.
“No! Cavoli” sbraitò, sfogando la sua
rabbia sul volante e
schiacciando sul clacson con esagerata foga. Damon lanciò
sorrisi di scusa agli
autisti che avevano sollevato selvaggiamente (e giustamente) il dito
medio.
Dopo essersi impegnato nelle scuse con sorrisi ammiccanti,
Damon si rivolse alla sua ragazza: “Dico! Ma stai
scherzando?! Non si può
suonare il clacson in quella maniera… è
semplicemente…” disse il vampiro,
lasciando in sospeso la frase perché non aveva la
più pallida idea di come
definire “suonare il clacson in quella maniera”. Si
rendeva conto di
comportarsi nel modo più ipocrita possibile, visto che
quella era il genere di
cosa che un tempo si sarebbe divertito fare.
Elena sorrise meschina: “Com’è scusa,
Damon?” domandò.
Damon si strofinava le mani sudate sui pantaloni neri:
“Semplicemente… vergognoso”
concluse
infine.
Elena si lasciò andare in una risata divertita, come se
fosse appena stata pronunciata la barzelletta più divertente
del mondo: “Non
hai nemmeno idea di cosa voglia dire quello che hai detto”
gli fece notare tra
le risate sguaiate. “Comunque” riprese, quando ebbe
finito di sghignazzare,
“prima non mi hai fatto finire il discorso. Dovevi ripetere
quello che ho detto
e non l’hai fatto” disse con un tono da rimprovero
Elena.
Damon sbuffò: “Devo
ammaliare la segretaria per farmi vaccinare ora”
mugolò con tono depresso.
Elena sorrise trionfante: “Esatto, amore. Ancora,
ripeti!”
lo incoraggiò.
Damon si esibì in una performance costituita da cento
battute tutte uguali fra loro, e venne “salvato”
dall’arrivo all’ospedale.
“Bene. Sei stato bravo” si complimentò
Elena, battendo le
mani in un applauso entusiasta. “Ora andiamo”
aggiunse, aprendo la portiera.
Damon scese dalla macchina a sua volta, ma prima di
incamminarsi verso l’entrata la fermò prendendola
per un braccio: “Ma tu non
vuoi mai che io ammali la gente” osservò con
rabbia.
La ragazza sorrise: “Lo so. Ma oggi è proprio
necessario”
spiegò rapidamente. “Dunque, cosa dovrai
dire?” riprese a chiedere.
Damon rinunciò a combattere e rispose solamente: “Devo ammaliare la segretaria per farmi
vaccinare ora”.
Elena sorrise trionfante: “Così si fa!”
esclamò, tutta
soddisfatta. E si incamminarono verso l’entrata
dell’ospedale.
La
segretaria ammaliata
“Devo ammaliare la
segretaria per farmi vaccinare ora”
cominciò Damon, rivolgendosi alla donna
minuta dai capelli neri corvini tagliati a caschetto con una frangia
spelacchiata, che stava dietro a una grande scrivania in legno.
Lei lo guardò male: “Come scusi?” chiese
educatamente.
“Devo ammaliare la
segretaria per farmi vaccinare ora”
ripeté Damon, con più insistenza. Aveva
ripetuto così tante volte quella dannata frase che si era
convinto che facesse
parte del copione. Pure Elena non si accorgeva di quello che stava
accadendo;
avevano ripetuto le stesse parole all’infinito fino a non
capirne più il senso.
La segretaria si accigliò: “Temo di non
capire” si scusò
lei.
Elena cominciò a svegliarsi e tentò di salvare la
situazione, mentre lanciava calci alle gambe muscolose di Damon.
“Quello che il
mio fidanzato voleva dire è che… beh, vede,
abbiamo scoperto che ha una
gravissima allergia ai pollini e non possiamo proprio aspettare
quindi… beh, è
urgente, insomma” spiegò impacciata.
Damon intanto non capiva cosa avesse fatto per meritarsi
quel dolore ai polpacci: “Ma che diavolo combini,
amore?” chiese stravolto.
Elena fece qualche segno con gli occhi, ma il vampiro non li comprese
fino a quando
la sua ragazza non gli sussurrò: “Ammaliala”.
Damon annuì e procedette, mentre Elena controllava che non
arrivasse nessuno a disturbare.
Dopo qualche secondo sentirono la voce della segretaria,
improvvisamente sicura e professionale: “Allora, signori! Da
questa parte
potrete fare il vaccino. Seguitemi prego” disse allegramente.
Elena la seguì all’istante e Damon le raggiunse
subito,
accompagnato da un sorrisetto e un sospiro:
“Quanto mi mancava ammaliare la
gente…”.
Panico,
volo e puntura!
Damon era
seduto su un lettino scomodo dell’ospedale e
sudava freddo: “Farà male?”
domandò con voce tremula.
Il dottor Lockwood (laureato con il massimo dei voti in
medicina, trent’anni di esperienza e un aspetto ancora
piuttosto giovane), che
stava confabulando con Elena sommessamente, si voltò con un
sorriso che
probabilmente intendeva essere amichevole, ma che risultava a dir poco
terrificante: “Signor Salvatore… siamo uomini,
giusto? Non farà niente!”
esclamò allegramente, per poi scoppiare in una risata
fragorosa, lasciando
intravedere i suoi denti gialli marci. Elena si unì a lui
come se si
conoscessero da anni e Damon accennò a una risatina nervosa,
che si affievolì
del tutto quando il dottore si avvicinò a una scatola di
cartone e ne tirò
fuori una siringa trasparente.
Damon la osservò con attenzione, notando che aveva delle
tacche per segnare i millilitri. Poteva contenere decisamente troppo
liquido.
Venne scosso da un’ondata di tremarella al solo pensiero che
quel sottile
tubicino gli si conficcasse nella pelle e qualcosa gli entrasse in
circolo…
“Bene, Damon” annunciò il medico.
“Si comincia”. Al
vampiro parve di vedere i suoi occhi neri lampeggiare, ansiosi di
uccidere.
Il vampiro si lasciò sollevare passivamente la manica
della camicia e attese.
Dopo un secondo fece un salto e cadde dal lettino: “Ahhhh
mi ha toccato! Ahhhh mi ha toccato” urlò in preda
al terrore.
Gli parve di nuovo che gli occhi del dottore
lampeggiassero, come se fossero posseduti da Satana: “Mi stia
lontano, mi stia
lontano!” urlò Damon.
Il dottore sorrise: “Signor Salvatore… non esageri
ora.
Non sentirà nulla” lo rassicurò. Gli
occhi continuavano ad illuminarsi di luce
agghiacciante. Ora i suoi capelli bianchi erano sparati in aria, come
se la
voglia di uccidere li avesse posseduti. Lockwood si
accovacciò al pavimento,
proprio dove si trovava Damon, il quale era piegato su se stesso nel
tentativo
di proteggersi.
Quando vide la siringa avvicinarsi, scattò in alto e corse
verso la finestra: “Noooooooooooooo!”
ululò il vampiro, e si lanciò dal
cornicione, scuotendo le gambe e le mani violentemente.
Il dottor Lockwood strabuzzò gli occhi, come se fosse
stato tutto il tempo al buio e solo ora vedesse la luce: “Ma
dov’è finito?”
chiese, con evidente tono sbigottito e incredulo.
Elena alzò le spalle e guardò giù
dalla finestra con
leggerezza: “Starà bene” disse
solamente. Diede un’occhiata al medico e
aggiunse: “E lei? Si sente bene?”.
Lockwood cominciava ad assumere tonalità sempre
più vicine
al verde: “Non esattamente. Sono solo un po’
sconvolto…” la tranquillizzò lui.
Elena assunse un’espressione comprensiva: “Lo so.
Probabilmente è perché non le è mai
capitato in vita sua di ricevere un tale
rifiuto da parte di un suo paziente. Ho una soluzione, allora: possiamo
ancora
prenderlo. Dobbiamo solamente…” lasciò
la frase in sospeso.
Prese per mano il medico e lo trascinò giù nel
vuoto,
passando davanti alle finestre di tre piani di ospedale. Sentiva
Lockwood
gridare di terrore, mentre Elena reprimeva le urla per non morire di
paura.
Quando toccarono terra, entrambi rotolarono sull’erba come
due tappeti. Elena si alzò per prima, afferrò la
siringa e corse a cercare
Damon, lasciando Lockwood a vomitare e in preda alla nausea.
“Damon! Amooooore! Sono io, non ti farò del
male!” urlava
come una pazza, svoltando a destra e poi improvvisamente a sinistra.
Chi non
sapeva cosa stava succedendo, l’avrebbe presa per pazza.
Elena si fermò, con il fiatone che le impediva di muovere
un solo passo in più. “Damon, ti prego!”
sussurrò sfinita, per poi accasciarsi accanto a un cespuglio
piuttosto
pungente, ma la ragazza non se ne curò. Era troppo stanca
per badare alle spine
che le punzecchiavano la pelle.
A distoglierla dai suoi pensieri ci fu uno starnuto, che
proveniva proprio da dietro di lei. Si voltò di scatto e
vide Damon, bellissimo
come sempre e spaventato come un bambino. Aveva un sorriso angelico e
tenero
stampato sul volto.
“Scusami” mormorò, “ma io
non… lo so che avevo promesso,
anzi giurato, di farmi vaccinare. È solo che quel tipo mi
incute timore”
spiegò, fissandosi le mani sudate tutto il tempo in cui
parlò.
Elena sorrise, intenerita da quel nuovo Damon: “Faccio io,
ok?” propose incerta.
Vide Damon annuire lentamente e lei si avvicinò con la
siringa, molto cautamente. Quel vampiro era proprio stupido: preferiva
essere
vaccinato da una che non sapeva neanche da che parte si cominciava,
piuttosto
che da un medico laureato e pieno di esperienza. Proprio non lo
capiva…
Damon rimase fermo e guardò tutto il tempo il cielo:
“Sappi solo che se morirò, io ti ho amata e ti amo
e ti amerò per sempre,
davvero, Elena…” dichiarò il vampiro.
Elena sbuffò: “Ho già fatto, Damon.
Comunque ti amo
anch’io”. Cominciò a mettere via la
siringa e si alzò, tendendo una mano per
aiutarlo ad alzarsi. “Andiamo?” suggerì.
Damon era ancora sconvolto: ma davvero quel liquido gli
era entrato in circolo? Davvero qualcosa aveva bucato la sua pelle?
Proprio non
se n’era accorto. “Sì, andiamocene via subito”
concordò.
“Non così in fretta!” esclamò
una voce alle loro spalle.
Damon e Elena si guardarono preoccupati per quello che questa volta
avrebbero
dovuto affrontare. Ormai avevano capito che la loro vita non poteva
essere
normale.
[…
Continua…]
Angolino
della Matta Fra
Ehilà
a tutte
quante!
Sì, lo so. Sono
in ritardo immenso… ma sapete. Beh, non so nemmeno io che
scusa usare.
Prima di tutto
passate a leggere questa
nonsense: è stupenda. Scusate se comincio
così, ma è davvero carinissima! Spero
che vorrete lasciare una mini recensione anche lì,
è scritta da una mia amica.
Ok, passando al
capitolo… questo lo
dedico senz’ombra di dubbio a laura
the vampire
slayer che,
non so se ricorda, mi aveva suggerito in una sua recensione di
scrivere di Damon e il vaccino. Ecco qui, spero di non averti delusa.
Un appello
adesso: Marghiiiii! Dove sei finita? Ti prego, un messaggio! Solo per
sapere
che non sei morta!
Grazie mille ad AriaSolis
che ha
recensito per la prima volta. Grazie mille. Ti aspetto ancora.
Ovviamente
grazie come sempre a GLObulesROUGE
che c’è sempre. In ogni cosa che
scrivo. Grazie.
E infine la cara
_Ericuzza_ che
amo tanto con le sue recensioni e la sua meravigliosa
storia “Sposati”, che non
manco di segnalarvi (soprattutto perché siete in questa mia
pazza storia,
perché se vi piace la mia pazza demenziale fanfic, adorerete
la storia di Erica
e della sua amica)! Eccola qui!
Spero che vi sia
piaciuto questo capitolo (anche se so che è difficile che un
vampiro si faccia
vaccinare per varie ragioni) e spero di tornare presto con un altro.
Intanto vi
segnalo anche altre mie storie:
I
Feel You,
una Delena romantica che sto per concludere (per chi la segue: presto
il nuovo
capitolo!)
Please
Come
Back, un crossover Twilight – TVD che spero di
continuare ma sono a corto
di ispirazione, anche causa calo immenso di recensioni. Evidentemente
non sono
stata perdonata per il ritardo… beh, forse avete anche
ragione J
Mi
Manchi,
un OS ispirata alla fine della II Stagione, un finale alternativo
estremamente
drammatico.
Ho in programma
tante altre idee, ma prima devo finire le mie due long-fic, quindi ne
passerà
di tempo…
Grazie a chi
segue questa storia e l’ha inserita tra le preferite, tra le
seguite e tra le
ricordate. Grazie soprattutto a chi recensisce e mi fa sapere il suo
parere, ma
anche a chi legge in silenzio. Vi amo.
Baci
Fra
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=649567
|