♥Damon & Elena♥

di FraRose
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lavori Domestici ***
Capitolo 2: *** Lezioni di Cinese ***
Capitolo 3: *** Giardinaggio ***
Capitolo 4: *** Pulsanti ***
Capitolo 5: *** Colloqui ***
Capitolo 6: *** Carnevale ***
Capitolo 7: *** Damon vs. Stefan ***
Capitolo 8: *** Incomprensione ***
Capitolo 9: *** AVVISO ***
Capitolo 10: *** Formiche in Overdose ***
Capitolo 11: *** Siringhe & Punture ***



Capitolo 1
*** Lavori Domestici ***


1. Lavori Domestici

 

 

La mattina di un freddo giorno di gennaio, Damon Salvatore si alzò molto più presto rispetto al solito. Si sentiva responsabile di troppe cose: doveva assolutamente fare contenta la sua fidanzata e se non l’avrebbe fatto avrebbero sofferto entrambi. Peccato che quello che doveva fare non rientrava nella lista delle cose che Damon amava fare.

Ora Elena e Damon vivevano nella stessa casa e come minimo lui doveva dimostrarle quanto la amava e quanto teneva alla presenza di Elena nella loro nuova villa sul mare. Era stupenda, con una vista meravigliosa sull’oceano. Non c’era un giardino, ma avevano a disposizione una piccola spiaggia privata tutta per loro. Elena non vedeva l’ora che arrivasse l’estate per poter prendere il sole e per potersi godere il calore della sabbia bollente sotto l’asciugamano.

Elena negli ultimi anni era riuscita a diventare una bravissima maestra delle elementari: i bambini la stimavano, la adoravano come se fosse il loro eroe. Tutti in città conoscevano la maestra Elena, era famosa e il suo ragazzo andava fiero della sua piccola umana. Era come se fosse Barbie per le bambine e Batman per i maschietti. Sarebbe stato davvero fantastico e perfetto, peccato che quando tornava a casa Elena era… un po’ andata di testa… come il giorno prima.

 

“Allora, Damon?”, sbraitò Elena entrando in casa e sbattendo la porta con la forza di Hulk. Forse i bambini non le insegnavano cose che avrebbero semplificato la vita a Damon.

“Ciao anche a te, tesoro”, la salutò lui con un sorriso ironico da infarto, alzandosi dal divano e avvicinandosi per stamparle un bel bacio di buon ritorno a casa.

“Ma che hai fatto tutto il tempo?”, domandò poi lei, evitando le sue labbra e guardandosi attorno con gli occhi fuori dalle orbite, come se attorno a loro fosse in corso la rivoluzione francese.

Damon alzò le spalle: “Beh, tante cose”, si difese, appena vide lo sguardo accusatorio di Elena che poteva incenerire l’Everest.

“Ah sì? Che cosa?”, lo sfidò lei, tremando dalla rabbia.

Damon si guardò attorno, in cerca di ispirazione: “Allora… prima di tutto mi sono rilassato e ho fatto la doccia, e ho lavato i capelli e li ho trattati con un balsa-“, iniziò lui, ma venne interrotto da un’Elena con gli occhi che cadevano per terra da quanto stavano uscendo dalle orbite: “Quale mio balsamo, Damon?”, chiese minacciosa e alzandosi sulle punte dei piedi.

“Io… non lo so. Quello che ho trovato nell’armadio. Anzi, dovresti proprio dirmi dove lo compri perché ha un effetto unico sui miei unici capelli. Vuoi toccarli? Ti assicuro che sono tutt’altro rispetto a quell’idiota della pubblicit-“, si vantò lui, chinando la testa.

“Bene… poi che hai fatto?”. Quando Damon iniziava a parlare dei suoi capelli e di quanto erano belli, era meglio rinunciare alla conversazione oppure cambiare l’argomento in fretta.

Damon aprì la bocca. Poi la richiuse. Poi la riaprì. Poi la richiuse.

“Vedi? Non hai fatto un cazzo!”, strillò Elena, crollando sulla poltrona e iniziando a piangere.

Intorno a loro, sui tavoli e per terra c’erano libri, riviste, foto (ovviamente di Damon) e… delle “Settimana Enigmistica”.

“Mi spieghi perché ti sei messo a fare la Settimana Enigmistica?”, domandò urlando Elena.

“Beh… avevo voglia di acculturarmi e… ne ho presa una e c’era sempre una definizione che non sapevo allora dovevo cambiare quesito. Poi i cruciverba finivano e allora dovevo andare a comprare un altro giornale”, spiegò Damon, senza abbandonare il suo solito tono “alla Damon”.

“Quindi tu avresti comprato (fece una pausa per contare)… 60 giornali di cruciverba e non ne hai risolto nemmeno uno?”, domandò incredula.

Damon si strinse nelle spalle. Non voleva sembrare imbranato o scemo, anche se sapeva perfettamente che non riuscire a risolvere uno di quei giochini dove bisognava trovare le parole in mezzo alle lettere era da completi rammolliti cerebralmente. “Sei tu la maestra, non io”, tentò di giustificarsi lui.

Elena si alzò: “Lo sai io cosa faccio tutto il giorno? Io sono a scuola, in mezzo a una banda di bambini pazzi e scalmanati che non sanno nemmeno qual è la differenza fra caccia e cacca. E io lo spiego, lo spiego ma loro non capiscono. Continuano a sbagliare ed è così frustrante… E tu, mentre io sono lì a farmi il culo per fare imparare qualcosa a venti bambini asini, tu sei qui che tenti di risolvere senza successo cruciverba, rebus e compagnia bella. E non so se te ne sei accorto, ma  questa casa puzza e te non fai nemmeno le pulizie, nonostante hai ore di tempo libero, a differenza di me. Qui devo fare tutto io, e non lo sopporto più. Io giuro che me ne vado”, concluse Elena senza fiato.

A quell’affermazione Damon iniziò a traballare. No, non poteva andarsene. “Elena, ti prego, non andartene”, pensava lui.

“Ti prego, dammi solo una possibilità. Ti dimostrerò quanto posso fare di più, va bene?”, la supplicò Damon, inginocchiandosi davanti a lei.

Elena, per quanto incazzata fosse con lui, decise di concedergli l’ultima chance, ma se avesse fallito allora non gli avrebbe più rivolto la parola. “Farai qualsiasi cosa ti dico?”, chiese lei, guardandolo negli occhi.

“Qualsiasi cosa”, ripeté Damon. Sembrava che in quel momento fosse Elena a soggiogare Damon, e non il contrario. Lui era davvero terrorizzato a morte dal fatto che la persona che più amava al mondo lo potesse lasciare da un momento all’altro perché lui si era divertito a fare l’idiota.

“Domani farai la lavatrice. E pulirai per terra. Buona fortuna”, e così Elena lo congedò. Prese una coperta dall’armadio e se ne andò in bagno, e da lì non uscì più. Sì, Elena non aveva voglia di passare la notte con il suo vampiro, che ora era scosso, addolorato e assalito dai sensi di colpa.

Damon si sollevò da terra e andò a dormire nel suo letto, che appariva davvero troppo vuoto. Sentiva che Elena mancava. Il giorno dopo doveva fare tante cose, cose che non sapeva neanche come si dovevano fare.

 

Proprio per la promessa fatta a Elena, Damon si alzò prestissimo. Elena era già andata via: il suo lavoro le imponeva di essere a scuola molto prima rispetto ai bambini, per poter preparare le lezioni e cose così. Damon si vergognava ad ammettere che quando lei gli aveva spiegato come funzionava non l’aveva ascoltata poi così tanto.

“Allora… sì, devo pulire il pavimento. Con cosa posso pulirlo?”, mormorò a se stesso Damon. Si diresse verso il bagno, dove in teoria si trovavano i detersivi e quelle cose là, e cercò. Mastro Lindo, Vanish, Acchiappacolore, Swiffer… che diavolo doveva usare?

“Acchiappacolore… beh, acchiapperà anche lo sporco, no?”, ragionò Damon. Afferrò la scatoletta con scritto: “Novità, in polvere!” e l’aprì. Dentro c’era una polverina grigia, disgustosa, puzzolente e molto fina. Probabilmente la doveva sciogliere nell’acqua.

Decise di prendere un secchio, lo riempì fino all’orlo e poi versò un po’ di quella polverina. L’acqua si colorò di un grigio chiarissimo, quasi trasparente. Damon annusò e sembrava tutto normale. Non stava esplodendo niente e si sentì invaso da un’ondata di orgoglio: “Elena mi adorerà e mi rivorrà con se”, si ritrovò a pensare.

Damon decise che avrebbe fatto le cose per bene, così prese anche uno straccio e una scopa che gli  avrebbe permesso di scovare anche il più piccolo granello di polvere. “Gli acari e lo sporco non avevano scampo, con Damon Salvatore al comando”. Damon ridacchiò al suo nuovo slogan e scese le scale.

Intinse lo straccio blu nell’acqua che straboccò abbondantemente dal secchio. Prese la scopa e Damon iniziò a pulire allegramente, alla Mary Poppins.

Decise che forse con la musica sarebbe stato più divertente e accese così lo stereo a tutto volume. Iniziò a ballare con la scopa a ritmo di musica, sorrideva come un ebete vedendo che il pavimento iniziava a scintillare. Ovviamente, la cosa che scintillava di più nella stanza non era di certo il pavimento, bensì il suo sorriso accecante e luminoso.

Damon completò l’opera dopo qualche ora. Tutto, ma proprio tutto, scintillava. Aveva deciso di lavare anche le padelle, i piatti, le posate e le stoviglie. Ma c’era qualcosa che non andava, qualcosa che non scintillava come il resto. Damon si guardò attorno in cerca della causa e poi la vide: il tappeto. Quello persiano a cui Elena teneva tantissimo, che era costato un occhio della testa e che la sua fidanzata abbracciava ogni sera prima di andare a dormire; Elena sarebbe stata felicissima se l’avesse pulito.

Damon sollevò il secchio con l’acqua, prese lo straccio, lo bagnò e iniziò a strofinare per bene. Il tappeto sembrava davvero pulirsi e schiarirsi. Certo che ce n’era parecchio di sporco sopra: da marrone scuro era diventato giallo ocra. Certo che quell’ Acchiappacolore funzionava davvero anche per lo sporco. Wow, Damon non poteva fare a meno di sentirsi una leggenda. Perché non aveva mai provato a fare strada nel mondo della pulizia? Perché non aveva mai provato a offrirsi come domestico? Perché in quel momento non si trovava a vendere aspirapolveri? Perché non stava studiando la formula di un nuovo detersivo? Damon non lo aveva  ancora capito, ma una risposta a tutte quelle domande c’era, eccome se c’era.

“Wow! Sono un mito e ora… tutti a fare la lavatrice!”, urlò Damon, saltellando su per le scale e andando nella “stanza-lavanderia”. Per quel che ne sapeva la lavatrice serviva a lavare. Non era certo se i vestiti oppure le stoviglie…

“Non credo le stoviglie. Poi le ho già lavate prima… proviamo i vestiti”, pensò Damon.

Andò alla ricerca dei suoi vestiti sporchi. La camicia nera, la giacca di pelle nera, le scarpe nere, i calzini neri, l’intimo nero… Trovò una vecchia cravatta risalente probabilmente al 1864. Perché non anche quella?

Andò a controllare l’armadio di Elena e vide tantissimi vestiti colorati… prese quello giallo che gli sembrava troppo tendente al marrone. “Ti ho trovato, sporco! Muhahahahahahah!”, gridò sadico Damon. Poi decise che tanto valeva lavarli tutti, i vestiti. Ritornò alla lavatrice con cinquanta vestiti tutti di colori diversi fra le braccia.

“Allora… per accendere. Questo”, rifletté Damon, fissando un tasto arancione. Sobbalzò quando l’apparecchio iniziò a cinguettare una specie di suoneria. “Forse significa che è accesa.

Probabilmente devo infilarci i vestiti dentro…”. Damon aprì lo sportello e infilò tutta la roba che aveva trovato. Poi chiuse tutto e arrivò la parte più difficile: “Segui il tuo istinto… Damon, sei un dio della pulizia. Oggi hai pulito la casa, tutto da solo…”, tentò di convincersi. Così ad occhi chiusi si ritrovò a girare le manovelle per quella che doveva essere la temperatura e qualcos’altro. Non guardò quello che aveva combinato e schiacciò “avvia”.

Appena sentì la lavatrice muoversi si alzò, soddisfatto, e ritornò in soggiorno per una meritata pausa.

Mentre guardava “La prova del cuoco” alla televisione (così sarebbe migliorato anche in cucina, oltre che nell’igiene), sentì dei rumori strani provenienti dal piano di sopra. Aggrottando le sopracciglia andò a vedere che stava succedendo. Durante il tragitto trovò la scarpa che voleva lavare; a quanto pareva era caduta. Damon la raccolse, pronto per lavare anche quella e aggiungerla al carico di lavaggio.

Entrò nel bagno e vide la lavatrice saltellare. Letteralmente. Stava saltellando. “No, non può essere. Io sono un dio della pulizia. Oggi ho pulito la casa da solo, sono un dio della pulizia. È normale che saltelli”, tentò di convincersi Damon.

Doveva assolutamente infilare quella scarpa nella lavatrice. Come poteva fare? Il modo più semplice: aprirla e richiuderla.

Tranquillo e poco consapevole di quello che stava per combinare aprì lo sportello e tutta l’acqua con la schiuma uscì allagando il bagno. Damon aveva lasciato la porta aperta e l’acqua dilagò anche per tutto il piano, fino a poi scendere dalle scale e ad arrivare in soggiorno.

“Merda… che faccio ora? Ho allagato la casa…”, sussurrò spaventato. Era la fine. Elena lo avrebbe lasciato.

“Sono tornata! Come è andata ahhhhhhhhhhhhhhh!”, urlò Elena dall’ingresso.

Damon scese lentamente le scale. “Io…”, provò lui.

Elena lo guardava, in cerca di spiegazioni. Casa sua era completamente allagata, come se uno tsunami l’avesse colpita. “Che hai combinato Damon?”, domandò.

“Io… ho solo fatto la lavatrice e… mi ero dimenticato una scarpa e… ecco l’acqua è uscita”, spiegò lui in un sussurro. Non voleva guardarla negli occhi. Era la fine. Poteva anche andare a preparare le valigie.

“Una scarpa? Damon ma che ci hai messo nella lavatrice?”, chiese Elena.

“Tutti i vestiti sporchi, cosa se no?”, rispose lui.

Dalle scale scesero lentamente la camicia di Damon, la giacca di pelle di Damon, i calzini di Damon, una scarpa di Damon… Sentendo movimenti dietro di lui, Damon si voltò e vide la sua amata giacca distrutta. “Noooooooooooooo”, ululò lui addolorato nel profondo.

Elena corse ad abbracciarlo: “Vedrai ne troveremo un’altra. Almeno ci hai provato…”, lo consolò lei.

“E ho fallito”, sussurrò sconfitto lui. “No, hai fatto solo del tuo meglio. Ti amo ahhhhhhhhhhhhhhh”. Anche Elena aveva visto qualcosa che forse sarebbe stato meglio non vedere. “I miei vestiti”, ansimò. Il vestito giallo era diventato nero, come se un vestito nero avesse ceduto il suo colore. E lo stesso era successo ad altri vestiti prima chiari, ora scurissimi.

“Mi dispiace”, sussurrò colpevole  e dispiaciuto Damon. Lei lo guardò, riprendendo la calma. “La colpa è mia e solo mia. Mi sono arrabbiata troppo con te”, disse.

“Sono io che non so fare un cazzo”, rispose lui.

“Ti amo anche per questo”, sussurrò lei, baciandolo dolcemente.

Il divano aveva iniziato a galleggiare.

“Secondo te ci regge?”, domandò malizioso il vampiro.

“Mah… non so, vuoi provare”, rispose altrettanto maliziosamente Elena.

“Tu che dici?”, chiese Damon.

“Sei sempre il solito…”, sbuffò Elena. Lo baciò con passione.

“Senti… ho alcune domande. È normale che una lavatrice saltelli? E l’Acchiappacolore acchiappa anche lo sporco?”, chiese lui con uno sforzo immane. Ma doveva sapere quali altri casini aveva combinato.

“No, non è normale che saltelli. E… no, l’Acchiappacolore non acchiappa lo sporco. Perché, che hai combinato? Ma basta parlare”, sussurrò Elena, riprendendo da dove era stata interrotta.

“Niente, tranquilla. Non ho fatto niente… chiedevo così solo per chiedere…”, mentì Damon. “Allora, devo comprare una nuova lavatrice e anche un nuovo tappeto persiano… mi serve un lavoro”, pensò preoccupato il vampiro, rendendosi conto perché il tappeto si stava schiarendo. “Ehi, com’è che oggi sei così distante?”, mormorò Elena.

“Niente. Ora sono tutto tuo ma… un’ultima cosa”.

“Cosa?”.

“Ti amo, Elena”.

“Anch’io ti amo Damon”.

 

[Continua…]

 

 

Angolino della Matta Fra o.O

Ciao!

Allora questa fan fiction mi è venuta così, ieri mentre stavo nel letto mi sono messa a scrivere delle ipotetiche OneShot sui nostri amati Delena. Qui vedete Damon alle prese con una lavatrice… non è venuto fuori quello che volevo esattamente che venisse fuori, comunque…

Questa fan fiction sarà una raccolta di OneShot. Alcune saranno indipendenti l’una dall’altra, mentre altre saranno il continuo di altre precedenti. Questo “episodio” avrà un seguito fra circa tre o quattro capitoli, non so se mi spiego.

Sono storie assolutamente demenziali, proprio il massimo che la mia mente malata poteva produrre, ma spero che comunque siano storie che abbiate voglia di leggere quando non sapete cosa fare e mi raccomando: lasciate una piccola recensione. Sono sempre curiosa di sapere quello che ne pensate.

Vi dico inoltre che un episodio simile (l’inondazione del bagno) è successo a una mia amica (quando era piccola) e mi ha fatto così tanto ridere che ho deciso di riscriverlo per i Delena.

Tutte le OneShot saranno solo e soltanto Delena, vedrete che vi aspetterà. Premetto che ci sarà da divertirsi!

Uh, e qui c’è il mio crossover fra Twilight e The Vampire Diaries. Non perdetevelo e lasciatemi un parere! Bacioni

Fra

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Capitolo 2
*** Lezioni di Cinese ***


2. Lezioni di Cinese

 

Elena aveva appena parcheggiato l’auto fuori dalla lussuosa villa che lei e Damon avevano comprato pochi mesi prima. Era una felice donna sposata ora, amava suo marito e lui amava lei. Non poteva chiedere altro dalla vita. Sapeva di essere il primo pensiero di Damon: ogni giorno, quando lei tornava dal lavoro, trovava il tè con i biscotti al cioccolato sul tavolo, che lui preparava sempre come buon ritorno a casa. Aveva sposato un angelo, su questo ne era certa.

Elena s’incamminò verso l’entrata e non poté fare a meno di sbirciare attraverso le leggere tende del soggiorno. Vedendo Damon il suo cuore perse un battito. Osservando meglio, però, vide che il suo bellissimo e sexy vampiro stava parlando con un omino basso, dai capelli lisci e neri. Non poteva vederlo in faccia perché era voltato verso Damon, il quale sembrava stesse facendo sforzi disumanamente faticosi.

“Sono tornata!”, annunciò Elena allegra.

“Xiiiin xaaan, dooo zixanxii”, stava dicendo Damon.

“Oh no”, pensò preoccupata Elena, “Damon ha ripreso a bere”. Come ne sarebbero usciti stavolta?!

“Damon che diavolo stai facendo?”, chiese Elena fissandolo. Ma lui aveva occhi solo per il tipo davanti a lui e per un libro appoggiato sulle sua ginocchia. Il vampiro stava inoltre sgranocchiando una penna che continuava a rigirarsi fra le mani con fare nervoso.

Sembrava proprio non sentirla. Elena fissò il tavolo: niente biscotti e niente tè. Oh no! Che stava succedendo? Si era dimenticato di lei? Elena venne avvolta dall’ansia, iniziando a pensare di aver fatto qualcosa di male.

“Naaaaxa! Xin naaa xiiiiiin. Dakaxa? Do zixanaxiiiiiiiiii! Xiiiiii! Caxazaza? Xi? Naa?”, stava dicendo il tipo dai capelli neri.

Elena non capiva. Per quanto si sforzasse, proprio non riusciva a comprendere una sola parola. Che diavolo di lingua stavano parlando? Era peggio del farfallese quando andava alle elementari…

“Damon!”, strillò Elena, isterica.

Lui parve risvegliarsi: “Oh, ciao amore. Mi sono dimenticato il tè. Per una volta potresti farlo tu, no? Sono piuttosto impegnato ora… ”, disse distrattamente, passandosi la penna da una mano all’altra. “Dakaaaa Xan Xin”, aggiunse poi, concentrato.

Elena era sconvolta. Che cavolo si era messo in testa stavolta?

“Scusami? Tu stai… dicendo parole senza senso e hai anche il coraggio di dire…”, esclamò Elena scandalizzata da quel nuovo e strano comportamento di Damon.

“Texe? Arxete xinxaaaaanxixuuu cinxamuxa xanamaxa”, esclamò il tipo basso.

Elena aveva gli occhi fuori dalle orbite quando Damon si mise a saltellare tutto eccitato sul divano. Ormai aveva visto tutto e poteva anche morire e lasciare la terra: Damon saltellante come un bambino? “Capazzaxa xincaxinca! Hai detto: Tè? L’arte del tè è molto antica!”, gridò Damon battendo le mani.

Elena aveva la bocca spalancata per lo stupore. Si era avvicinata al Damon e aveva visto sulle sue ginocchia un volume enorme scritto fitto: caratteri cinesi. Cinesi. Damon aveva iniziato a drogarsi. Cosa gli saltava in mente di studiare cinese?

“Suo marixto fa progresssxxi incredibilixiiiin, signorax! Cinxa, ha imparato tutte lex lettere in un solosxx giornocinxin!”, esclamò allegro il signore.

“Xamaaan xixi cin xa… xaman!”, disse allegro Damon, come se stesse raccontando una barzelletta.

Il tipo scoppiò in una risata o qualcosa di simile: “Xaxaxaxaxaxa ciiiiiiiin xaxaxa! Suo marixto èx davveroooxx dicinvertente, signoraaaxxxzzcin!”, la informò il tipo, sempre ridendo.

Elena annuì debolmente, accennando una risatina: “Xaxaxaxaxaxaxa. Lo soxcin”, sussurrò Elena, sperando di aver azzeccato almeno una parola su tre.

“Noxaxaxanocin! Naxa lo! Loxxooooo…”, la corresse il professore.

“Elena, amore. Lui è Xin Xan. Il mio professore di cinese!”, lo presentò Damon gonfiandosi di orgoglio, tantoché il cuore sarebbe potuto uscire dal petto.

“Tanto piacere”, sussurrò Elena tendendo una mano.

“Piacerex miox, Ellllllenaaaaaa…….cin”, la salutò “cordialmente” Xan Xin. Non poteva proprio fare a meno del suo “cin” alla fine delle parole.

“Oh che sbadaxtooocin. Hox una lexxioneeeex”, disse Xinxan, imprecando. Salutò educatamente Elena e amichevolmente Damon, come se si conoscessero da una vita.

Appena la porta si chiuse, Elena scoppiò: “Mi spieghi. Che diavolo. Hai intenzione. Di fare?”, sillabò urlando.

Damon alzò le spalle: “Facevo una ricerca in Internet… e ho visto che la lingua più parlata al mondo è il cinese così… ho chiamato Xan Xin, facile”, spiegò lui.

“Sì e cosa pensi di fartene del cinese?”, domandò Elena, strillando.

“Troverò un lavoro. Tesoro, mi sembra ovvio che adesso tutti mi vorranno. Non tutti sanno parlare il cinese”, si vantò.

“Ma a che ti serve parlare il cinese se non vivi in Cina?”, chiese testarda Elena.

“A qualcosa servirà. Te l’ho detto: è la lingua più parlata del mondo!”, ripeté Damon.

Elena cercava disperatamente di farlo ragionare: “Forse perché la densità della popolazione in Cina è elevatissima. Ci saranno tre milioni di abitanti per kilometro quadrato. La Cina poi non è esattamente quello che si dice un piccolo stato quindi… a più b fa…”, spiegò Elena, come se avesse a che fare con un adolescente con le proprie idee irremovibili.

“Credi quel che vuoi. Ma vedrai che d’ora in poi, io avrò un lavoro. Sarò un onesto lavoratore americano, porterò a casa uno stipendio e amerò la mia piccola umana come non ho mai fatto”, annunciò Damon, ponendo fine alla conversazione con un’alzata di spalle.

“Qiiii bonnnnnqichin Elenacin”, la salutò lui, stampandole un bacio sulle labbra e allontanandosi verso la camera da letto con il dizionario sottobraccio.

Elena lo guardò allontanarsi, chiedendosi cosa aveva fatto di male per meritarsi una cosa del genere. Il suo sguardo si abbassò sul quaderno che Damon usava per le sue lezioni: dei caratteri incomprensibili coprivano le pagine, scritte in modo fittissimo. Damon stava studiando l’alfabeto? O era già passato ai colori? Elena non ne aveva idea, ogni tratto di penna su quella pagina le mandava in tilt in cervello. Ogni singola lettera era un grosso punto di domanda. Elena sapeva quanto sarebbe stata dura con un Damon fissato con il cinese, ma non aveva idea di quanto tanto sarebbe stata dura…

 

Il giorno dopo…

 

“Xiiinnnn xan ciiiin ah ok, Xan Xin… quindi… xiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin xoxa chan. Giusto?”, domandava un Damon molto concentrato. Sembrava affaticato, come se stesse trascinando dietro di se un aeroplano di qualche centinaia di tonnellate.

“Giustocin Damoncin! Devi faccinare le “i” cin più lunghexe. Capitocin?”, spiegava Xan Xin.

“Sicin sicin, Xan Xin”, diceva Damon, sempre con quel tono ridicolmente affaticato.

Elena guardò assonnata la sveglia: ore 06:12. Che cazzo faceva Damon alle 06.12 del mattino? Parlava il cinese a quell’ora?

Bestemmiando e imprecando silenziosamente, Elena scese dal letto bruscamente facendo cigolare le assi sotto di lei. Sbattendo i piedi scese le scale e si appoggiò allo stipite della porta, osservando Damon e Xan Xin conversare. Chissà cosa cazzo stavano dicendo.

“Xiiiiiiin xan cio chi chan ya?”, chiedeva Damon con fare interessato.

“Xoooooo Damoncin. Xaxa!”, rispondeva Xan Xin, annuendo.

“Xagaxagaxaga!”, rideva il vampiro, scatenando la ridarella anche in Xan Xin.

“Xaxa, ci ho caxacaxacaxa, Damoncin”. Elena fece la sua grande entrata. Gli sguardi dei due uomini scattarono verso la ragazza, che sorridendo senza divertimento osservava la scena. Stava cercando di nascondere l’esasperazione.

“Oh Elenacin! Tu hai talento, davvero. Elenacin, mi offro di fare lezioni cin perxe texe!”, si offrii Xan Xin, alzandosi in piedi e correndo verso di lei scuotendo le braccia nell’aria.

Elena lo guardò male: “No, Xan Xin. Sto bene così, davvero. Non sapevo quello che dicevo…”, tentò Elena. Me quello che ottenne fu un furioso: “Nonononono! Elenacin, tuxe hai cin talento per cinese cin! Damoncin, dillo anchexe tuxe!”, Xan Xin incitò il vampiro.

Damon annuì vigorosamente: “Assolutamente, tesoro. Sembrava che parlavi cinese da una vita”, la informò Damon. Elena non aveva la più pallida idea di che cosa fare: cosa doveva dire?

“Non ho tempo per studiare una lingua del genere…”, riprovò Elena, ma senza successo.

“Oh Elenacin. Una nuova alunna! Damoncin vieni con Elenacin. Dobbiamo recuperare in fretta quello checin non hai imparato concin noicinxe! Seixe indietro col programma, Elenacin”, esclamò Xan Xin, afferrandole un braccio e trascinandola verso il divano.

“Questo è solo l’inizio”, pensò Elena. Infatti…

 

“Dobbiamo preparare quella ricetta, Damon!”, strillò Elena con in mano un mestolo e una terrina.

“Ok. Ti do una mano. Allora: cinxa dakaaaa yah kokokokokokkko daka…”, iniziò Damon. Elena sbuffò, furiosa: quella storia del cinese si faceva sempre più odiosa. Ringhiò: “Non capisco niente di quello che dici, Damoncin!”, gridò.

Lui parve non sentirla e continuò a parlare e a tradurre la ricetta in cinese. Elena sbuffò, lasciò cadere per terra la terrina e se ne andò a grandi passi verso la sua stanza, mandando al diavolo Damon e la torta che avrebbe voluto preparare.

 

“Damon, fermati. Che stai facendo?”, domandò esasperata Elena. Sembrava di essere capitati in una puntata di Desperate Housewives. Solo molto, ma molto peggio. Quello era un incubo. Damon che faceva shopping sarebbe stato affascinante e sexy, ma solo se Damon avesse portato borse piene di vestiti… ma stava portando borse piene di libri in cinese.

“Per favore. Damon, non mi piace il cinese, per favore!”, lo supplicò Elena. Ma lui non voleva proprio saperne: stava leggendo incantato un volume di “Via col vento”; ovviamente, in cinese. “Ehi, amore! Che hai detto? Devo iniziare a studiare di più, non capisco una parola”, la informò il vampiro.

Cosa? Studiare di più? “No, Damon. Sono certa che è una questione di tempo. Anzi, ne sono più che sicura!”, lo rassicurò lei.

“Va bene… ma lo prendo lo stesso”, annunciò sorridendo Damon. Elena alzò gli occhi al cielo. “Senti io mi sto vergognando di te. Sarà il ventesimo libro che compri in questa libreria. E ti sei fatto fare venti scontrini differenti dalla stessa commessa. Io mi vergogno, quindi me ne vado”, annunciò seccata Elena.

“Senti, non è colpa mia se all’inizio non volevo prendere un libro e poi ho cambiato idea. Potrebbero finire lo sai!”, esclamò indignato Damon, afferrando Elena per un braccio, cercando di impedirle di tornare a casa.

Elena lo guardò male: “Chi vuoi che compri un libro in cinese? Solo tu!”, disse lei, e con uno strattone si liberò dalla sua presa.

Damon rimase a guardarla andare via, ferito nel profondo. Fissò la copertina di “Via col vento” e riappoggiò il volume sullo scaffale da cui lo aveva preso, uscendo dalla libreria.

 

“Damoncin, Elenacin. È quasi ora dell’esame, ok?”, informò Xan Xin iperagitato.

Elena sbuffò, mentre Damon sudava dappertutto per la tensione. Ma cosa erano? Gli esami di maturità?

“Ci saranno trexe fasi: la prima è scritta qi aiii, la seconda è ascoltare ciiii e la terza è un dialogo fra voi due cin, tesorini cin”, annunciò tutto soddisfatto il neomaestro.

“Ma per favore. Chi me lo fa fare?”, domandò seccata Elena alzandosi, ma ancora una volta venne trattenuta. Si voltò e vide Damon che la fissava intensamente: “Ti prego Elena. Fai questo esame e poi non ne parleremo più”, la supplicò.

Elena socchiuse gli occhi, insospettita: “Intendi… non parleremo più di questa fissa sul cinese e anche che non parleremo più cinese nella nostra lunga ed eterna vita?”, chiese lei.

Damon annuì: “Voglio arrivare fino in fondo, per favore”, la pregò lui. Lei annuì lentamente, pentendosi immediatamente di quel che aveva fatto.

“Facciamo questo esame”, disse debolmente.

 

Elena sbuffava mentre scriveva.

Elena sbuffava mentre ascoltava.

Finalmente arrivò la fine di quel dannato esame: il dialogo domestico fra lei e Damon.

“Xaaaa Elenacin”, salutò Damon. [Ciao, Elena].

“Xaaaaa, Damoncin”, salutò Elena sbuffando. [Ciao, Damon].

“Xava coi xixannnnn yahaaaa?”, domandò il vampiro. [Che possiamo fare?]

“Noxa naaaaaa xa Damoncin”, rispose di malavoglia la ragazza. [Non ne ho idea Damon].

Intanto l’esaminatore li fissava, intento a cogliere il minimo errore. Per quella scuola di cinese, il dialogo quotidiano fra coniugi era il miglior modo per capire se la lingua era padroneggiata nel modo corretto. Ridicolo, secondo Elena; ingegnoso, secondo Damon.

“Dakaaa, yaha do a daaaaaaa”, disse Damon serio. [Ok, allora ti dico una cosa importante].

Elena lo fissò, comprendendo che Damon stava per dire davvero una cosa seria.

“Elenacin, da quaaandoxa yahaahahaha cin logahi naha yahahahaha ahssss uhuhuhuhu ahayyyyy no xiiiiiiiiiiiiiiiinxaxaxaxaexerte nonononodadadaiuuuun xin ixin xinxxixxxxin dalatu xin xannnnn nxiiiuiuiuiuiu lalalakcin cina cina aiiincincicn”, disse Damon tutto d’un fiato. [Elena, per me tutto questa cosa del cinese è stata davvero importante perché ho potuto finalmente capire che anch’io so fare qualcosa, non sono completamente inutile. Sono riuscito a fare qualcosa che non tutti sanno fare Elena, e sono felice. Capisci?].

Elena era sicurissima di aver capito ogni singola sillaba di tutto quello che Damon aveva detto e lo abbracciò, commossa e sentendosi colpevole per non aver incoraggiato Damon nel suo folle progetto.

Fregandosene dell’esaminatore che aveva sbarrato gli occhi, allibito dalla piega che la conversazione aveva preso, Elena disse: “Non hai bisogno di parlare il cinese per dimostrare che sei grande, Damon. Io credo in te e ti amo, non dimenticartelo mai. E mi scuso per non averti incoraggiato. Sei un grande, sei il mio eroe. Sei unico. Ti amo, Damon”, dichiarò Elena.

Damon la fissò commosso e rendendosi conto di quanto era innamorato: “Ti amo anch’io, Elena. E sei perdonata, per questa volta”, sorrise e le fece l’occhiolino, mandando la ragazza su un altro pianeta.

Si presero per mano e se ne andarono, lasciando l’esaminatore sul tavolo a scrivere qualche cosa sui suoi fogli.

 

 

Angolino della Matta Fra o.O

 

Ciao!

Allora sono rimasta a bocca aperta dalle 6 recensioni che mi avete lasciato. Grazie ragazze! un grazie speciale a GLObulesROUGE, Giuls_Salvatore e a Laura the vampire slayer per seguire entrambe le mie storie. E per questo segnalo il mio crossover fra Twilight e The Vampire Diaries: Qui potete leggere e lasciarmi una piccola recensione, perché stanno calando e inizio davvero a preoccuparmi. Da 11 siamo arrivate a 5! Ditemi che cosa non funziona! Poco Delena. Capisco… ma abbiate un po’ di pazienza! XD

Ecco, lezioni di cinese… non so come mi sia venuta in mente una cosa del genere, ma è venuta. Spero che vi sia piaciuta e spero di ottenere tante bellissime recensioni da parte vostra. Se arrivo, posterò un qualcosa su S.Valentino o lunedì o martedì. Spero di arrivare!

Grazie ancora a tutte quelle che hanno aggiunto la storia fra le preferite, fra le seguite e fra le ricordate. Grazie di cuore,

bacioni Fra

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Capitolo 3
*** Giardinaggio ***


3. Giardinaggio

 

Elena guardò fuori dalla finestra di casa Salvatore. Si era appena lasciata con Stefan, che era andato chissà dove con Katherine, e stava tentando da poco di intraprendere una relazione seria con il “fratello cattivo” Damon.

Aveva realizzato che lo amava da sempre. Nonostante tutto quello che lui aveva fatto, tutti i suoi errori, tutte le persone che aveva ucciso… lei non era riuscita a non perdonarlo. Di certo aveva avuto tutte le sue buone ragioni per odiarlo dopo che aveva tentato di uccidere suo fratello, ma la sua sincerità e il suo autentico senso di colpa l’avevano spinta a perdonarlo.

E ora, per quanto le costasse ammetterlo, era felice.

Damon era andato a fare scorta di sangue all’ospedale. Sarebbe tornato dopo un’oretta.

Elena fissava il giardino del pensionato dei Salvatore. Lo fissava, cercando di capire cosa non funzionasse. Si concentrava, spremeva i suoi neuroni fino a bruciarli, per trovare quella dannata cosa che stonava. Dopo qualche minuto, la trovò: il giardino faceva schifo.

L’erba ingiallita circondava il pensionato e fra i cespugli secchi crescevano ogni tipo di erbaccia esistente sulla Terra. Un disastro. Le aiuole di rose che stavano proprio sotto la finestra erano tutte appassite e la maggior parte dei petali erano caduti, formando un tappeto marrone. Da quando qualcuno non le annaffiava? Da quando qualcuno non dava una pulita a quel povero giardino? Pensandoci bene, sarebbe potuto essere davvero carino se si fosse messa a curarlo.

Così, prese la decisione più folle che avesse mai preso: decise di fare la giardiniera.

Elena uscì a grandi passi dal soggiorno e corse verso una piccola casetta poco distante dalla casa. Era quel tipico posto dove si mettevano tutti gli attrezzi per lavorare in giardino; sperava di trovarci un rastrello, un tagliaerba, dei guantoni e possibilmente dei semi da piantare.

Trovò tutto, tranne i semi. Elena alzò le spalle; d’altronde c’era da aspettarselo. Decise che avrebbe fatto un salto veloce dal fioraio per comprare tante belle piantine da travasare.

S’infilò con decisione i guantoni e afferrò il rastrello, iniziando a togliere l’erba ingiallita dalla terra.

 

Damon stava pensando alla sua nuova bellissima fidanzata, se si poteva definire tale. Elena. L’unica che gli era mai davvero interessata negli ultimi anni. Finalmente quello stupido di suo fratello si era tolto di mezzo e Elena aveva capito che lei amava lui. Da sempre. Beh, forse non da sempre, ma da parecchio tempo. E lui amava lei, come non aveva mai amato nessuno.

Sorridendo consapevolmente come un ebete, raccolse altre due sacche di sangue dall’emoteca, pronto a infilare tutta la sua scorta di A negativo nel bagagliaio della sua auto.

Mentre chiudeva lo sportello del bagagliaio, si sentì chiamare dall’ultima persona da cui voleva essere visto in quel momento: Liz Forbes, lo sceriffo.

“Damon!”, gridò lei.

Damon si voltò, controllando che il baule della macchina fosse ben chiuso; era presidente del consiglio antivampiri e lui era un vampiro. Se Liz lo avesse scoperto, dire che lo avrebbe ucciso e smembrato era davvero poco.

“Liz! Che succede?”, domandò lui con un sorriso.

“Abbiamo scoperto una cosa. All’autostrada. Puoi venire a dare un’occhiata? Si tratta di…”. Lo sceriffo si guardò attorno per controllare quanta gente c’era e poi fece una strana faccia piena di significati nascosti.

Damon non voleva andare a ripulire i casini di Katherine o chiunque altro fosse stato, ma doveva farlo. A malincuore si scusò mentalmente con Elena e annuì, seguendo Liz e salendo sull’auto della polizia.

 

Elena rimirava il suo capolavoro da ogni angolazione. Prima si era messa fuori dal cancello del pensionato per vedere che effetto faceva per chi entrava a casa Salvatore. Poi si era sistemata sulla veranda, dopo sulla panchina. Il suo obiettivo ora era vedere come si sarebbe visto dall’alto, ma non aveva voglia di tentare una missione suicida salendo sul tetto.

In realtà, per ora aveva affrontato una sola fase del suo progetto di ricostruzione giardino. Aveva tolto tutta l’erba ingiallita e secca, lasciando quello che prima era un prato giallo un ammasso di terreno marrone.

Elena guardò l’ora: dove diavolo si era cacciato Damon? doveva essere lì da almeno… 10 minuti! Tardava ad arrivare così Elena decise di fare un salto dal fioraio. Ci avrebbe messo poco e comunque avrebbe lasciato un bigliettino a Damon per dirle che sarebbe tornata presto e di non preoccuparsi per lo stato pietoso del giardino.

Lasciò il biglietto sul tavolo della cucina, prese le chiavi della macchina e si diresse verso il centro di Mystic Falls, se così si poteva chiamare, per compare qualche piantina e dei semi d’erba.

La porta d’ingresso tintinnò alla sua entrata. Salutò il fioraio e iniziò a parlare del suo progetto.

“Vede… questo giardino è davvero malmesso e volevo fare una sorpresa al mio fidanzato…”, stava spiegando tutta orgogliosa.

“Ok, ho capito”, tagliò corto il fioraio. “Che ne dice di questo nuovo tipo di erba?”, propose lui, mostrando alla ragazza che aveva gli occhi accesi e illuminati d’entusiasmo. Quando vide la scritta: “Cresce in un’ora grazie alla nuova speciale formula chimica!”, Elena non capì più niente.

“Prendo tre scatole di questa”, annunciò sorridendo.

“Bene…”, rispose il fioraio iniziando subito a fare lo scontrino.

“No, no… un attimo. Devo piantare anche dei fiori. E mi serve un buon concime per quei poveri cespugli… E avrei bisogno anche di…”, ricominciò Elena.

“Ok, ho capito. Che ne dice di questa?”, disse il fioraio.

Elena fissò la pianta con quei tipici fiori violetti: “No, questa non mi piace”, improvvisò lei. La verbena non era proprio l’erba giusta nel giardino di casa Salvatore.

“Questa bellissime rose, perché no? A quanto vengono?”, domandò interessata Elena.

“ 2 $ ciascuna”, rispose sbuffando il fioraio. Doveva togliersi di mezzo questa cliente; fuori c’era una fila eterna che continuava a battere i piedi, spazientita.

“Sa, ripensandoci penso che prenderò tre cespugli di rose. E anche quei bei bulbi di tulipano… si ricordi il concime, però. Devono crescere in fretta!”, lo ammonì lei, tutta saltellante.

“Bene. Allora…”, il fioraio iniziò a prendere sacchetti e pacchetti, per infilarci dentro i bulbi e i cespugli. “Questo è il concime. Ne metta quanto le sembra che ne servi”, disse lui, non volendo dilungarsi troppo.

Schiacciò qualche tasto e poi le mostrò il conto: “Allora sono… 250 $”, disse.

Elena sussultò: aveva davvero speso così tanto? Damon l’avrebbe uccisa; ma poi avrebbe visto con più attenzione il suo nuovo giardino e l’avrebbe perdonata. La ragazza tese la carta di credito e le sembrò di vedere le banconote strapparsi alla velocità della luce davanti a lei.

Sorrise, salutò e prese tutte le borse, che caricò con fatica in macchina.

Ritornata a casa, non perse tempo: Damon non era ancora arrivato. Per prima cosa piantò l’erba. Dopo qualche minuto poteva vedere i sottili fili spuntare da sotto la terra. Sorrise, eccitata e soddisfatta.

Sradicò i vecchi cespugli e li sostituì con quelli nuovi. Ora delle bellissime rose colorate circondavano il pensionato, donandogli quell’aria allegra e primaverile che non aveva mai avuto. Elena saltellava dalla gioia e esultava al solo pensiero della faccia di Damon quando avrebbe visto il suo capolavoro.

Piantò i tulipani nel prato; quelli non sarebbero cresciuti altrettanto in fretta, ma non importava. Concluse il lavoro lanciando concime da tutte le parti, sperando che avesse risultato istantaneo.

Elena prese un bel respiro e si guardò attorno, sorridendo come se fosse primavera.

 

Damon aveva finito di indagare sul corpo dell’uomo ucciso. Aveva promesso di impegnarsi per cercare il vampiro colpevole. Sfinito, si era avviato a piedi verso casa, dove la sua Elena lo stava attendendo sicuramente preoccupata per il suo ritardo.

Percorreva camminando la strada e venne improvvisamente assalito da un pizzicore al naso, leggermente fastidioso. Si diede una leggera strofinata e lasciò perdere.

Man mano che si avvicinava a casa sua, il pizzicore si faceva sempre più intenso. Damon iniziò a starnutire, a tossire. Gli occhi cominciarono a lacrimare, come se stesse sniffando verbena. Che cavolo gli stava succedendo?

Estrasse i suoi Ray-Ban dalla tasca del giubbotto di pelle e li infilò; si sentì subito molto meglio e venne avvolto da una piacevole sensazione di sollievo… che durò poco.

Anche il naso cominciò a dargli seri disturbi: cominciò a colare e il vampiro fu costretto a soffiarsi il naso.

Che cavolo stava succedendo? Non gli capitava una cosa del genere da quando era entrato in una fior-…

“Damon, amooore!”, strillò un’Elena tutta saltellante. In mano aveva… un mazzo di rose.

“Senti qui! Senti qui! Annuuuusa!”, lo incitò la ragazza, completamente impazzita. Ma che aveva oggi? Damon non riusciva comunque a darsi delle risposte: aveva le rose sotto il naso e stava esplodendo. Lui aveva questa tremenda allergia ai pollini da sempre e non era sparita, per sua disgrazia, con la trasformazione.

“Forza amoooore! Annusa! Le ho appena piantate! Sono belle o no?”, domandò Elena che scuoteva i fiori sotto il viso del vampiro.

“El… Ele… na…”, ansimò lui.

“Che c’è? Guarda che mi offendo! Non ti piacciono?”, disse delusa Elena, senza finire di ficcargli quelle dannate rose negli occhi.

“Sì… sono stupende ma…”, rispose lui, ma venne interrotto: “Ahhh ok, pensavo che ti facessero schifo. Allora vado a prendertene altre ok?”, disse tutta eccitata Elena. Ma che si era fumata?!

“No, Elena! In realtà… etciiii. Io non posso… io non… sono allergico!”, confessò tutto d’un fiato Damon.

Elena sussultò: “Oh mio Dio, Damon! Perché non mi hai mai detto che sei allergico! A che cosa, amore?”, chiese poi. Certo che era dura di testa…

“Amore: sono allergico ai pollini”, disse Damon. Questo era un duro colpo nell’orgoglio: era l’unico vampiro esistente che non tollerava i pollini primaverili. Era un debole.

Elena impallidì alle parole del suo ragazzo: Damon era allergico ai pollini? No, non poteva assolutamente essere… ora dove sarebbero andati ad abitare?

“Non preoccuparti. È tutto ok… ora andiamo a casa, mi faccio una doccia e sto meglio, va bene?”, la rassicurò Damon, abbracciandola e soffiandosi il naso contemporaneamente.

Elena impallidiva sempre di più: “Ehm sì… ok”, disse lei incerta.

Lui sorrise e si incamminò verso il pensionato, ma quando lo vide rimase scioccato e allibito: “Elena. Che cosa. Hai. Fatto?”, domandò.

Lei cominciò a piangere: “Io… non sapevo che tu… oddio, pensavo di farti un favore”, singhiozzò lei. Una folata di vento fece alzare i petali di rosa, facendoli andare verso di loro.

“Etciiii!”, starnutì Damon. Per quanto stesse male, non riusciva ad avercela con Elena. Voleva solamente migliorare il giardino, niente di che…

“Non… importa. Nella casetta ci dovrebbe essere il veleno per le piante. Vai a prenderlo”, le disse Damon, ansimando.

Lei corse attraverso il giardino e prese il veleno e lo spruzzino. Cominciò a malincuore a spruzzare veleno dappertutto. Sentiva il respiro di Damon farsi più regolare e ne fu sollevata.

Quando ebbe terminato, lasciò cadere lo spruzzino: “Ok. Finito. Puoi attraversare al sicuro questa strada e… puoi farti la doccia”, disse tristemente, pensando a tutto il lavoro fatto che ora era andato perduto.

Lui si addolcì alla vista della sua piccola Elena in quello stato: “Senti… andrò a vaccinarmi ok?”, propose lui. L’idea della puntura lo terrorizzava, ma aveva visto un’Elena felice e spensierata quel pomeriggio. Allegra e spiritosa, circondata da petali colorati. E lo avrebbe fatto per lei.

“Fai sul serio? Non hai… paura?”, domandò Elena.

Lui sorrise: “Sì. Ma lo faccio per te. Perché ti amo. E perché oggi eri più bella del solito, mentre pensavi di farmi felice ristrutturando il giardino”, confessò lui.

Elena arrossì e si avvicinò a lui: “Grazie. Ti amo anch’io e comunque… sei sexy anche con il naso colante”, aggiunse con un tono provocante. Corse dentro casa, andò sotto la doccia e presto venne raggiunta dal suo bellissimo e affascinante vampiro.

 

 

Angolo della Matta Fra o.O

Ciao!

Scusate per il ritardo, ma sto scrivendo una nuova ff di pochi capitoli e voglio scriverla tutta prima di postarla. Quindi i miei aggiornamenti saranno più lenti, ma non preoccupatevi. Non sono morta e continuo a regalarvi momenti Delena. 7 recensioni! Io vi amo ragazze! Continuate così!

Ok questa OneShot è davvero demenziale: io sono allergica ai pollini e vi dirò le verità: fa schifo essere allergici ai pollini. L’unico lato positivo è che non sei costretto a fare le gare di atletica della scuola. E ho pensato: e se Damon avesse problemi con i pollini? Non credo che sia venuta fuori una cosa bella, sinceramente mi piacevano di più le altre due che ho scritto, comunque… il prossimo capitolo sarà la continuazione del Damon che fa la lavatrice quindi… ah ho già iniziato a scrivere. Vedrete che cosa ho progettato!

Vi segnalo il mio crossover fra The Vampire Diaries e Twilight:

E infine voglio ringraziare tutte coloro che hanno recensito, tutte coloro che hanno aggiunto questa storia alle preferite, alle seguite e alle ricordate. Grazie anche a chi legge in silenzio.

Particolari ringraziamenti a

Laurathevampireslayer

Giuls_Salvatore

GLObulesROUGE

Che seguono tutte le mie storie.

Un grazie particolarissimo a TVD che legge in silenzio in attesa di riavere il suo computer! Grazie per esserti fatta sentire! Ti dedico questa OneShot anche se fa un po’ pena. XD

Grazie di cuore a tutte

Bacioni Fra

 

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Capitolo 4
*** Pulsanti ***


4. Pulsanti

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[… continua dal 1° Capitolo “Lavori Domestici”…]

 

 

 

Elena non riusciva a perdonarsi per quello che aveva fatto. Aveva detto a Damon di fare la lavatrice, e doveva ammettere che aveva sempre saputo che sarebbe successo un disastro. Eppure voleva dargli una lezione, fargli capire che lei non ne poteva più di tornare a casa e trovarlo stravaccato sul divano, mentre lei era esausta dopo una giornata di lavoro intenso.
Ora sapeva che Damon aveva capito, e aveva la certezza che appena avrebbe messo piede in quella casa tutto sarebbe stato perfetto. Tutto in ordine, tutto pulito. Una rivoluzione in quella casa, ecco quello che voleva.

 

***

 

“Ok, quindi sono… 700 $” annunciò il venditore occhialuto.
Il campanello d’allarme del cervello di Damon iniziò a suonare fastidiosamente, come una sirena in mezzo alla strada. “Ehm… così tanto? Non è che si è sbagliato? A me pare che quel “7” sia più un “2”… non trova che abbia ragione?” tentò di persuaderlo il vampiro.
Il venditore lo fissò attentamente, poi sorrise malignamente: “Ma con chi crede di avere a che fare? Non sono mica nato ieri, lo sa? 700 $ o niente” disse il tipo, iniziando a raccogliere le sue cose.
Damon era in crisi: primo, doveva darsi una mossa perché Elena sarebbe tornata a momenti. Secondo, doveva assolutamente sostituire quel dannato tappeto persiano prima che Elena se ne accorgesse. Terzo, aveva promesso di non soggiogare più le persone per risparmiare soldi. Il problema era che Damon non aveva soldi. In genere usavano quelli di Elena per fare la spesa, per pagare le tasse, cose così… e Elena si sarebbe sicuramente accorta che mancavano 700 $. Damon, per quanto fosse riluttante e pieno di sensi di colpa, cedette ai suoi istinti: “Io dico che si è sbagliato e quello non è un 700, ma un 200” sussurrò minaccioso fissando negli occhi il venditore di tappeti. Poi Damon ci pensò su un momento e disse: “Anzi… non è nemmeno un 200, ma un 20” aggiunse piano. “Quindi… vediamo se hai capito che cosa devi fare” mormorò Damon senza smettere di fissarlo.
“Io… devo farti pagare il tappeto 20 $” sussurrò il venditore in risposta.
Damon sorrise e si complimentò con lui, lasciando la presa sul colletto della sua camicia. “Molto bravo! Ecco a te” disse tendendo una banconota, invece dell’assegno che avrebbe dovuto dare.
Il tipo prese i soldi e se li mise in tasca con avidità. Mentre il venditore iniziava a mettere via le sue cose, Damon prese il tappeto e lo sistemò al posto di quello vecchio. Poi ritornò dal tipo per ringraziarlo delle sue cortesie, e trovò un volantino per terra.
“Questo è tuo” disse Damon, dando un’occhiata veloce. Poi il suo occhio cadde su un’immagine. Ritraeva una specie di robot, molto tecnologico e avanzato. E accanto a quell’ammasso di ferraglia grigiastra, una scritta: “La rivoluzione nel mondo della pulizia!”.
A Damon cadevano, letteralmente, gli occhi: cosa voleva dire rivoluzione nel mondo della pulizia? Sicuramente per lui significava tanto. Lesse la didascalia sotto:

 

“Da oggi non avrete più problemi con la pulizia della vostra casa se acquisterete la rivoluzionaria macchina DF4564TFE. La grande e unica cosa che la caratterizza? Fa tutto. E con tutto, s’intende tutto! Fa da mangiare, vi pulisce la casa senza tralasciare nessun angolo, sa lavare i panni e le stoviglie. Dite addio a tutti gli elettrodomestici nella vostra casa, e acquistate colei che svolge tutto in uno, al massimo della qualità!”

 

“Sì, sarebbe mio” borbottò il venditore, indicando il volantino.
Damon gli fece un cenno di avvicinarsi: “Senti… tu vendi questa cosa?” domandò con interesse e senza staccare gli occhi dal foglio.
Il venditore sbuffò e annuì: “Sì. Altrimenti perché sarebbe sul mio volantino?”.
“Non mi interessa niente delle tue ragioni. Voglio questa macchina!” ordinò Damon.
Il tipo scosse la testa: “Signor Salvatore. Ha letto il prezzo?” disse sospirando.
Damon cercò il prezzo accanto alla macchina e spalancò gli occhi: dove li trovava 90.000 $?
Il tipo lo consolò, mettendogli una mano sulla spalla: “Sì, lo so. È deprimente. Se la può consolare, non ne ho venduta nemmeno una, finora. Ma è un prezzo assurdo; la gente non può permettersi di pagare una cifra del genere al giorno d’oggi, con questa crisi e tutto. Quindi… meglio che me ne vada, signore” annunciò il tipo.
Damon non si sarebbe arreso: questa volta sapeva con certezza che Elena l’avrebbe perdonato; dopotutto, stava facendo un favore a entrambi. Avrebbero potuto passare più tempo insieme, si sarebbero divertiti di più e avrebbero legato più che mai. Avrebbero potuto seriamente pensare al matrimonio, visto che avevano meno cose di cui preoccuparsi e Damon avrebbe potuto trovare tranquillamente un lavoro che non fosse il casalingo.
“No tu non te ne vai proprio” sibilò il vampiro.
Lui lo fissò terrorizzato. “Voglio questa macchina, all’istante” ordinò Damon, sempre più minaccioso.
L’uomo annuì, lentamente. Corse fuori dalla casa e andò a frugare nel suo furgone. Ritornò con una scatola di enormi dimensioni fra le braccia: “Ecco. Questa è la prima. Ora vado a prendere le altre dieci” ansimò affaticato il venditore.
“Come mai le hai già qui?” domandò Damon, aprendo il primo scatolone.
“Dobbiamo approfittare della gente che vuole questa macchina. Se passa troppo tempo rischiano di cambiare idea e di non volerla più” spiegò l’uomo ritornando con un’altra scatola.
Dopo aver aperto tutte e dieci le scatole, Damon iniziò a riflettere che doveva mettersi a montare i pezzi.
“Come si monta quest’affare?” chiese iniziando a preoccuparsi che non ce l’avrebbe mai fatta. Dieci scatole enormi piene di pezzi di plastica e ferro troneggiavano nella stanza. Non sapeva nemmeno più quale fosse la prima.
“Semplice. Faccio io. Ci hanno fatto fare un corso per montare questo aggeggio. Lei stia fermo” ordinò l’uomo iniziando l’opera di montaggio.
In poco più di mezz’ora, tutto fu pronto. Una specie di drago-robot occupava tutto il soggiorno. Una parte era rivolta verso la cucina per poter permettere a quella creatura meccanica di aprire il frigorifero e procurarsi gli ingredienti per i suoi piatti. Poi un’altra parte era più vicina al bagno, dove avrebbe fatto la lavatrice. Poi c’erano anche la lavastoviglie, lo stenditoio, il computer automatico, il cameriere meccanico…
“Bene. Sono 90.000 $” concluse il tipetto tutto soddisfatto del suo lavoro. Almeno il corso per montare i robot era servito a qualcosa. Iniziava seriamente a dubitare che gli si sarebbe rivelato utile nella vita.
Damon sorrise maligno: “Io dico di no, tu che dici” disse allegramente, voltando di scatto la testa per fissarlo negli occhi.
Lui cadde in una specie di trance e annuì: “Ti regalo questo robot, in cambio della tua gentilezza”.
Damon sospirò e gli aprì la porta, facendogli un cenno di uscire.
Poi ritornò alla macchina e schiacciò qualche bottone.
Improvvisamente, un “braccio” si mosse e aprì il frigo. Tirò fuori due sacche di sangue e le vuotò in una terrina. Automaticamente cominciò a mescolare e ad amalgamare bene l’AB positivo con lo 0 negativo. Dopo qualche minuto in cui Damon assistette allibito, il “braccio”, gli tese un bicchiere con tanto di ombrellino e una voce robotica annunciò: “Cocktail al sangue prelibato dell’emoteca”.
Damon sbarrò gli occhi, sorpreso dall’intelligenza di quell’essere. Assaggiò il cocktail e realizzò che era davvero squisito. Delizioso, come se il sangue provenisse direttamente dalla vena di una cameriera prelibata.
Damon schioccò le labbra soddisfatto e cominciò a premere bottoni rossi, gialli e verdi ovunque. Sarebbe potuto apparire come uno scienziato pazzo; ci mancavano solo i capelli elettrici sparati in aria. Gli venne in mente un’idea per far carriera: poteva creare una serie televisiva chiamata: “Damon lo scienziato”, oppure “Il Laboratorio di Damon”. E quello di Dexter sarebbe crollato come se fosse stato colpito da una frana.
Mentre il vampiro premeva pulsanti a più non posso, si sentivano dei rumori agghiaccianti provenire da ogni parte della macchina. Ad un certo punto si azionò la lavatrice. Damon andò a controllare cosa stesse lavando e rimase colpito nel vedere che all’interno c’erano solo vestiti gialli. Il vampiro sorrise come un bambino con le caramelle; appena sarebbe arrivata Elena…

 

***

 

Presto sentì con il suo udito da supervampiro il rombo dell’auto di Elena. Era arrivata. Chiuse le tende per non far trapelare nulla: voleva che fosse una sorpresa di quelle grosse.
Elena entrò, leggermente spaventata per quei rumori agghiaccianti. E quello che vide la lasciò senza fiato. Era allibita. Damon non voleva proprio capire che non doveva provare a fare le pulizie?
“Ehi amore!” la salutò Damon con un bicchiere di vetro pieno di sangue con sopra panna montata. “Guarda un po’ che affare che ho fatto oggi!” gridò mentre sorseggiava il suo drink. E che affare…
Elena non apriva bocca, non sapeva cosa dire: aveva intrapreso una relazione con una persona con seri, ma seri davvero, disturbi cerebrali. Perché se ne accorgeva solo ora?
“Ehi, tesoro. Guarda un po’” disse Damon per sbloccare la situazione. Schiacciò un pulsante blu elettrico e una sedia spuntò fuori dalla macchina: di quelle comode e morbide. Damon si sedette con grazia: “Visto? È la rivoluzione del comfort amore!” spiegò lui entusiasta.
I rumori metallici non finivano. Si sentivano scrosci d’acqua, centrifughe e stoviglie che sbattevano.
Elena annuì lentamente e in modo meccanico, come se fosse anche lei una specie di robot: “Ah ah. Quindi… questa semplificherà la nostra vita” ragionò. Più che altro, cercava di convincersi che accettare tutto quello fosse la mossa giusta, insieme a non staccare la testa a Damon.
“Ma certo” esclamò Damon, alzandosi per abbracciarla, “non vedi: mai più pulizie. Solo io e te” aggiunse avvicinandosi per baciarla. Lei si scostò: “Ehm ok, Damon. io credo di aver bisogno di una bella dormita” si giustificò lei, avviandosi nella stanza da letto.
“No, aspetta! Non vuoi una torta alle mele?” domandò Damon schiacciando l’ennesimo pulsante giallo. Aveva un sorriso ebete stampato in faccia, in attesa che dal frigorifero uscisse la torta. Pochi secondi dopo si ritrovò quella meraviglia appoggiata alla mano destra su un elegante vassoio d’acciaio.
Elena lo guardò storto e riprese a camminare verso la stanza; Damon sembrava un ridicolo venditore televisivo, di quelli che non sanno cosa fare e si mettono a vendere materassi, creme solari e cereali per la colazione.
Damon la guardò stupito: come riusciva a resistere all’aroma di quella deliziosa, profumata, meravigliosa torta alle mele? Il vampiro scosse la testa e si appoggiò alla macchina; il suo gomito capitò proprio sul bottone violetto: una mazza da baseball uscì dalla macchina e lanciò dall’altra parte della stanza la torta. E lei cadde proprio , dove non doveva cadere: sul nuovo tappeto persiano.
Damon imprecò e decise di andare a letto. Era presto, ma non voleva rischiare di frantumare la macchina a causa dei suoi nervi tesi. Non provò nemmeno a spegnere la macchina: non si ricordava più nemmeno dov’era il pulsante giusto.

 

 

Ore 01:27, durante la notte…

 

 

“Damon” farfugliò Elena, assonnata.
“Che c’è tesoro?” chiese Damon, altrettanto assonnato.
“Ho fatto un incubo” disse la ragazza. “Posso venire più vicina a te?” aggiunse timidamente. Era bellissima quando era così innocente, così umana.
“Certo. Vuoi parlarne?” domandò Damon, dolce, mentre stringeva forte a se la sua piccola umana.
Lei annuì, strusciando la testa contro il petto di Damon: “Può sembrare molto stupido ma… ero in soggiorno con quella macchina. E… ho schiacciato il pulsante violetto e una mazza da baseball mi ha centrata in pieno e… mi ha spedita su per il camino. E poi… sono tornata giù e ho premuto il pulsante giallognolo ed è spuntato fuori un clown. Era così spaventoso. Allora io per sbaglio mi sono appoggiata e ho premuto di nuovo il pulsante violetto e sono stata rispedita su per il camino. Damon, mi fa male il sedere” piagnucolò Elena.
Damon si sentiva un po’ inquieto e responsabile degli incubi del suo piccolo amore: “Ehi… era un sogno!” la tranquillizzò. “Vuoi il massaggino?” aggiunse sghignazzando. Ricevette in risposta una cuscinata: “Sei sempre il solito!” sbuffò Elena.
E poco dopo si riaddormentarono l’uno nelle braccia dell’altra.

 

 

La mattina seguente…

Damon aveva deciso di premere il pulsante di quel colore inquietante. Quel… rosso elettrico misto ad altri colori. Non sapeva cosa avrebbe causato quel gesto…
Marito, moglie e figlia, turisti, passavano da quelle parti e all’improvviso videro il pensionato. Tutto normale, fino a qui. Ma, improvvisamente, una cosa enorme iniziò a farsi strada attraverso il camino. Si sentivano dei tonfi pesanti, come se quell’ammasso di ferri camminasse. Non prometteva bene, quella situazione era assurdamente pericolosa.
“Mamma! Drago incantato” sussurrò incantata la bimba.
“Albert chiama la polizia prima che quella cosa esca fuori” disse spaventata la donna.
“Mamma! Fumo colorato dal camino. Casa della fatina!” saltellò tutta contenta la bimba.
“Pronto polizia. Eh siamo nei pressi di… del bosco, vicino a una casa piuttosto grande” spiegò al telefono l’uomo, impacciato.
Dopo aver parlato un po’ di quello che stava succedendo, la polizia chiuse la chiamata e pochi minuti dopo si presentò sul luogo “del delitto”.
“Mamma! Nanetti incantati stanno uscendo dalla casa! Sono soldatini! Guarda mamma! E hanno anche le scope! Puliscono! Ne adottiamo uno, mamma?” supplicò la bimba.
Liz Forbes assisteva alla scena allibita: che cavolo stava facendo Damon Salvatore?

 

***

 

“Non risponde più ai comandi!” strillò Elena, in pantofole coi puf rosa e una camicia da notte di pizzo.
“Oddio! È fuori controllo!” gridò Damon schiacciando i pulsanti a caso.
“Te l’avevo detto che era una cattiva idea! Oh no! I nanetti pulitori!” strillò Elena, isterica.
Un esercito di nanetti in divisa da bidelli stava uscendo dalla macchina: “Eh op eh op andiamo a lavorar! Eh op eh op Damon dicci cosa far!” intonarono.
Uscirono dalla casa e Damon e Elena cercarono di raggiungerli, ma si ritrovarono davanti lo sceriffo Forbes in persona. “Che succede qui, Damon?” domandò isterica.
Lui non sapeva cosa rispondere: “Ehm… piccoli difetti di questa macchina” tentò di spiegare lui.
“Siete in arresto per disturbo della quiete pubblica” annunciò Liz.
“Liz…” provò Damon con uno dei suoi soliti sorrisi.
“Damon…” disse lei.
“Sei tu Damon, il capo dei nanetti? Mi fai un autografo?” domandò la bimbetta tutta felice, mentre lo sceriffo ammanettava i due fidanzatini Salvatore.
“Ma certo piccola” rispose ammiccante Damon, firmando un autografo per la prima volta nella sua vita. Era un’enorme soddisfazione.
“Grazie! I nanetti ti aiuteranno!” promise la piccola, preoccupata alla vista delle manette.
“Lo spero tanto” ringhiò Elena salendo sull’auto, seguita da un Damon con un sorriso pieno di scuse.

 

 

[…Continua…]

 

 

 

 

Angolino della Matta Fra

Ok, questa è una vera, autentica scemata. Ma non sapevo bene cosa scrivere e ormai avevo scritto più di metà e ho deciso di postare lo stesso questo schifo. Spero che comunque vi sia piaciuto, in qualche modo.
Ovviamente continuerà con un nuovo episodio dei Delena. Il prossimo capitolo sarà più normale, se così si può dire… Damon troverà un lavoro. Potete considerarlo un seguito delle “Lezioni di Cinese”.
Fatemi sapere che ne pensate di questo schifo… e grazie per le 5 stupende recensioni. Grazie ragazze siete mitiche. E questo capitolo non lo dedico a nessuno non perché non siete grandiose, ma perché non me la sento di dedicare una cacca del genere a persone fantastiche come voi!
Grazie a chi ha aggiunto la storia fra le preferite, le ricordate e le seguite. Grazie a chi legge in silenzio…
Insomma, grazie a tutti!
Bacioni Fra

PS Mi raccomando, dobbiamo darci forza fino al 7 Aprile. Io giuro che non ce la faccio senza The Vampire Diaries per un mese…
Vi segnalo il mio crossover tra Twilight e The Vampire Diaries: qui leggerete una storia un po’ più seria! Se vi va lasciatemi un piccolo parere!

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Capitolo 5
*** Colloqui ***


5. COLLOQUI  

[… continua dal 2° Capitolo “Lezioni di Cinese”]

 

Damon si alzò dal letto dopo una bellissima notte passata insieme alla sua dolce metà: Elena. Quanto l’amava! Non aveva parole adatte per descrivere l’amore della sua vita.

Ora che avevano fatto l’esame di cinese si sentiva molto rilassato. Ma aveva dei seri dubbi che fosse passato con un buon voto; anzi, sospettava che fosse stato bocciato. Avevano lasciato l’esaminatore per andare in camera da letto. Chissà cosa aveva pensato?!

Scese le scale un po’ insonnolito sperando che Elena non si svegliasse: voleva essere al suo fianco quando avrebbe aperto gli occhi.

Si avvicinò al tavolo dove poche ore prima aveva svolto i vari esami: trovò un biglietto e delle carte. L’esaminatore aveva davvero compreso la situazione? Damon volle controllare, incredulo.

Sì, a quanto pareva aveva compreso: il biglietto (ovviamente scritto in cinese) diceva che aveva capito i “loro bisogni coniugali” e aveva deciso di promuovere il signor Salvatore. La signora Salvatore aveva totalizzato un punteggio pessimo nella prova scritta, mentre in quella orale tutto sommato se l’era cavata abbastanza bene, ma non abbastanza da meritarsi la sufficienza. La prova coniugale era andata bene a entrambi, ma comunque Elena non era riuscita a passare.

“Pazienza”, pensò Damon, “sicuramente Elena ne sarebbe stata depressa per un giorno…”. Sì certo come no; Elena odiava studiare il cinese e avrebbe accolto la sua bocciatura come un segno divino.

“Damon?”, si sentì chiamare il vampiro. Si voltò e vide la sua Elena scendere le scale con le sue ciabattine rosa di peluche. Che dolce…

“Sì amore?”, rispose il vampiro sognando la sua principessa.

“Perché te ne sei andato? Ho creduto che ti avessero rapito”, lo rimproverò Elena.

Una volta Damon avrebbe riso di fronte a tanta smielatezza, ma ora non poteva fare a meno di sentire il suo cuore sciogliersi a quella premura caratteristica di Elena. “No, sono qui. Guardavo solamente i nostri risultati”, spiegò Damon con un sorriso.

Elena pensò un attimo: “Ah… me ne ero già dimenticata. Come è andata?”, domandò poi raggiungendo il vampiro e sbirciando il foglio che aveva in mano.

“Uh sei stato promosso! Grande amore!”, esultò Elena iniziando a complimentarsi con Damon. Sperava solo che questo non avrebbe causato la conversazione in cinese fra coniugi in ogni momento della giornata.

“Grazie!”, rispose il vampiro, orgoglioso del suo primo trionfo accademico.

“E io? Io come sono andata?”, aggiunse poi Elena. Non sembrava molto interessata alla risposta, ma comunque voleva sapere, giustamente, quanto aveva fatto schifo da uno a dieci.

“Ehm… non ho guardato… ecco qui”, mentì Damon tendendo il foglio a Elena.

Lei lo scrutò attentamente e poi Damon la vide correre verso il divano, prendere cuscini e cominciare a lanciarli per tutta la sala saltando sul divano: “Sìììììì mi hanno bocciata! Il cinese esce definitivamente dalla mia vita! Oh yeahhh Damon vieni qui e balla con me, let’s dance! Oh yeahhh!”, strillò Elena.

Qualche piuma uscì da un cuscino. “Sei matta, amore?”, domandò preoccupato Damon.

Lei si fermò per un attimo: aveva i capelli annodati che facevano un effetto cotonato. E una faccia da matta. “Eh????”, e ricominciò a saltare. Poi urlò: “Non hai parlato cinese? Yuuuphy!”.

Riprese a saltare come una drogata.

Damon annuì e salì le scale, lasciando la moglie alle sue follie. Una volta all’anno succedeva sempre ed era comprensibile. Doveva ringraziare che aveva sposato una donna tutto sommato normale e non Bonnie: stando a quello che diceva Jeremy, la streghetta aveva degli scleri circa due o tre volte al mese. Uno spettacolo orribile, diceva il fratello di Elena.

Damon decise di ascoltare la musica in attesa che Elena tornasse normale: accese il computer per andare nella sua libreria iTunes e si mise le cuffie, facendole aderire bene alle orecchie.

Mentre ascoltava a tutto volume, vide l’icona di Internet Explorer. Gli turbava la mente, quella figurina azzurra. Non sapeva il perché, ma si costrinse a trascinare il mouse fino all’icona e a premere. Sullo schermo apparve il logo di Google.

Damon si sentiva sulla pista giusta: chiuse gli occhi e lasciò che le dita premettero da sole sui tasti che sentiva di dover premere.

Voleva un lavoro.

Così avrebbe fatto felice Elena.

Dopo aver scritto la parola una decina di volte ad occhi chiusi (Damon era convinto che i tasti sulla tastiera fossero in ordine alfabetico), e dopo essersi arreso a guardare la tastiera, Damon si trovò una serie di risultati.

Scrisse il luogo dove voleva il suo amato lavoro: nei pressi di Mystic Falls, o comunque in Virgina e negli Stati Uniti, possibilmente.

Prese nota di qualche indirizzo e qualche numero di telefono. Damon sorrise, trionfante: rivoluzione in casa Salvatore. Damon che si impegnava sarebbe stata una rivoluzione.

 

[Nello studio di un dentista]

“Dunque signor…”, disse il vecchio barbuto. In realtà, lui tentava di non far vedere i lunghi peli bianchi che scendevano dal mento e dal viso alla Albus Silente con una mascherina, ma senza successo. Damon soffocava le risate a stento: se l’avesse assunto gli avrebbe regalato un rasoio, come un buon collega generoso.

“Salvatore”, disse Damon con un sorriso, che diceva “mi sono preso cura dei miei denti quindi: mi prenda mi prenda mi prenda mi prenda”.

“Salvatore”, ripeté sputacchiando il dentista. “Il suo curriculum?”, domandò poi dopo aver esaminato il foglio che teneva stretto fra le mani.

Damon incominciò a frugare nella mente, accumulando un po’ di cazzate: “Beh dunque. Sono uscito dall’università con il massimo dei voti”, cominciò Damon. “Prima di cominciare a studiare a Harvard, ho fatto un anno di volontariato con Greenpeace per salvare le balene”, raccontò Damon.

Il dottore lo guardò colpito: “Ma davvero! E com’erano?”, chiese sinceramente interessato.

Damon assunse uno sguardo perso nel vuoto: “Deliziose”, disse poi con un sospiro.

Silente lo guardò interrogativo: “Le ha… mangiate, intende dire?”, sussurrò poi.

Damon non aveva il pieno controllo di sé stesso: “Oh, sì. Meglio dire… prosciugate”, specificò. Il dottore era inorridito.

Damon lo guardò e poi vide il suo sguardo terrorizzato, e si rese solo a quel punto conto di cosa aveva detto che sarebbe stato meglio non dire: “Cioè voglio dire…”, provò a rimediare lui. Non trovò scuse così decise di ricorrere al solito sistema alla Damon: “Dimentica questa conversazione”. E Damon senza farselo ripetere se ne andò.

 

[In una libreria…]

“Sono un amante dei classici, quindi saprei dare dei consigli ai clienti come ottimo lettore di diversi generi…”, spiegava con un sorriso Damon a una donna sulla sessantina dai capelli color topo.

Lei annuiva: “Senta, Damon. Mi sembra piuttosto giovane per aver letto tutti questi libri”, notò con discrezione la signora, dando l’ennesima occhiata alla lista di cinquanta pagine scritte a carattere 12. Ci saranno stati almeno due migliaia di libri, senza contare i Geronimo Stilton che Damon aveva letto in un momento di noia dopo aver dissanguato un orfanatrofio molti anni prima.

Damon sorrise: “Oh lo so. Ma amo leggere. Davvero. Credo di sapere a memoria Via col Vento”, disse tutto orgoglioso.

La donna assunse una faccia stupita: non era esattamente un libro corto e semplice. “Ma davvero?”, domandò sorpresa. Intanto la sua testa pensava solamente al futuro della sua libreria: successo, successo, successo. Bisognava assumere gente competente, non il primo che capitava fuori da un istituto di scarsa qualità. E Damon era la realizzazione di un sogno. Senza contare che mezza popolazione femminile sarebbe venuta solo per vedere il volto di quel nuovo commesso supersexy.

“Sì! E le posso raccontare tutti i dettagli della Guerra di Secessione. Dopotutto, io c’ero”, disse con disinvoltura Damon.

La vecchia signora spalancò gli occhi, mentre il suo cervello pensava, ragionava, faceva calcoli. La Guerra Civile americana… non era avvenuta nel 1864, intorno a quegli anni lì?

“Damon… lei c’era?”, balbettò la vecchia.

Lui annuì mentre scrutava gli scaffali in cerca di un qualcosa di nuovo da leggere. Poi si voltò verso la vecchia, pronto a raccontare i dettagli sulla guerra, ma la vide con lo sguardo vacuo e impaurito. Che aveva detto? Damon rivisitò le sue ultime battute e si accorse di aver rivelato che lui nel 1864 aveva vissuto… Ops. Errore. “Io non sono mai stato qui e tu dimentica questa conversazione”, ordinò alla donna, soggiogandola. E poi corse via con in mano una copia del Ritratto di Dorian Gray, rivisitata e corretta e con l’esclusiva introduzione di Alaric Saltzman. “Povero vecchio Alaric, a che livelli si arriva a volte”, pensò con un sorriso malinconico Damon.

 

[Da una certa signora Flowers, a offrirsi come badante]

“Sono disposto a fare tutto: pulire i piatti, lavare i panni, strofinare le sue scarpe prima che lei esca a fare la spesa. Oh ma che dico! Andrò io a fare la spesa!”, diceva Damon in perfetto stile da bravo ragazzo.

Vedendo che la vecchia signora Flowers lo guardava da mezz’ora con occhi fulminanti e inceneritori, cominciò a inventarsi storie sulla beneficienza per sbloccarla: “E per di più, signora gentilissima, ho fatto volontariato nella squadra che si occupa di pulire le strade dai rifiuti. Ho aiutato a ripulire i boschi e ho partecipato alla campagna di sensibilizzazione della popolazione alla raccolta differenziata. E uno dei prossimi progetti a cui voglio partecipare è una missione in Africa. Ovviamente ho già contribuito più volte nella ricerca contro il cancro e ho fatto molte donazioni a organizzazioni come UNICEF e Medici senza frontiere…”, blaterava Damon, inventandosi storie che aveva letto su qualche giornale di Elena. Però sapeva che se tutto quello di cui stava sparlando lo avesse davvero fatto, Elena sarebbe stata non orgogliosa; di più.

La vecchia non la finiva di guardarlo dritto negli occhi con quelle pupille ardenti e minacciose; quasi metteva inquietudine al vampiro. “Che intenzioni ha, signore?”, domandò infine dopo anni luce di sacro silenzio. Damon si prese uno spavento; aveva seriamente iniziato a pensare che quella avesse problemi di mutismo.

Damon si strinse nelle spalle: “Solamente aiutarla, signora Flowers”, rispose con la faccia da santo.

La signora scosse la testa e la sua mano si avvicinò pericolosamente a una scopa, di quelle che ti immagini usino le streghe delle fiabe: le setole tutte ingarbugliate e il manico scheggiato ovunque.

“Non sono nata ieri. Per chi mi ha presa, signore? Non le permetterò di abusare di me e non mi lascerò incantare dal suo fascino da perfetto imbecille”, ringhiò la vecchia, stringendo la presa sul manico.

Damon per poco non scoppiò a ridere: pensava davvero che le sue intenzioni fossero di sedurre una vecchia semimorta? Questa sì che era bella.

“Oh senta. Prima di tutto non mi dica di non essere sexy e provocante perché lo sa anche lei che sta clamorosamente mentendo. Ho 160 anni, cazzo e me li porto da Dio”, cominciò Damon.

“Seee, e io ne ho 280”, replicò altrettanto ringhiante la vecchia, quasi tagliandosi le mani da come impugnava la scopa.

“Sì e le posso dire che se li porta molto male, signora?”, urlò Damon che iniziava a temere la scopa in legno. Sarebbe stato facile uscire da quella situazione: bastava ammazzare la vecchia, ma aveva promesso a Elena che non avrebbe più ucciso nessuno…

“Brutto razza di figlio del diavolo! Sei fortunato che Dio non abbia già provveduto a eliminarti dalla faccia di questa Terra! Ingrato! Rispetta i fratelli figli del Signore!”, strillò isterica la vecchia che cominciò a dare “scopate” sulla testa di Damon.

“Ahi! Mi fa male, brutta vecchia idiota!”, urlò di dolore Damon. Quella ci sapeva davvero fare; la notte probabilmente non dormiva, ma picchiava il muro in attesa di quel dannato giorno dove avrebbe potuto sfogarsi contro un umano o qualcuno con sembianze umane, nel caso di Damon.

“Se Dio non ti ha punito ancora, vuol dire che vuole che sia io a farlo! Vattene al diavolo, ingrato!”, continuava a urlare la vecchia.

Damon aprì la porta della casa e ululante andò a cercare un qualsiasi strumento per giocare a scherma con la vecchia pazza. Trovò il rastrello e glielo incastrò fra i capelli, facendola urlare come una matta: “Dio ho fatto quello che volevi! Ho punito il diavolo! Perché ora mi stai richiamando a te?”, urlava, isterica. Sì, perché Dio la richiamava nella sua casa tirandola per i capelli.

Damon, con tutta la sua forza, impiantò lo strumento nella terra vicino all’orto della vecchia, la quale stava ancora appesa ai rami del rastrello. Nonna - spaventapasseri, pensò Damon ridacchiando.

“Addio! Dio l’assisterà”, si congedò il vampiro, tornando alla macchina. Mentre partiva, non poté fare a meno di notare che uno stormo di uccelli affamati si stavano avvicinando all’orto curato della Flowers, ma appena la videro si rizzarono le penne a ognuno di loro, come se si fossero presi una scossa elettrica di quelle potenti.

Poi caddero all’indietro con un tonfo, svenuti alla vista del nuovo spaventapasseri che troneggiava nel giardino.

 

Damon era depresso: perché nessuno lo voleva? O meglio, perché non riusciva a dire le cose giuste per farsi volere? Gli veniva quasi da piangere per la depressione, ma il pensiero “Io sono Damon Salvatore” glielo impedì. Damon Salvatore non piangeva mai.

“Suvvia, non è andata così male. Almeno ti hanno fatto entrare nell’ufficio del capo”, lo consolava Elena, abbracciandolo dopo aver sentito le (dis)avventure di Damon. “Che ne dici di scriverci un libro? Sulle tue avventure”, suggerì la ragazza.

Damon sbuffò: “Sì, lo chiamiamo… diario di un fallito”, bofonchiò il vampiro.

“No, dai. Ci riproverai domani”, disse Elena.

Damon improvvisamente si alzò: “Devo fare una cosa”, borbottò.

Poco dopo tornò. “Che hai fatto?”, chiese Elena.

Damon prese un profondo respiro: “Ho fatto una donazione a Medici senza frontiere per la morte di Mary Flowers. Così almeno mi sentirò meno in colpa per le balle che ho raccontato e se le racconterò domani non saranno più tanto balle. Quindi… una buona azione. Comunque era ora che quella vecchia rincitrullita andasse al Signore. Non faceva che invocare Dio, mentre si incastrava nel rastrello”, disse Damon, sdraiandosi sul letto insieme a Elena, che lo guardava orgogliosa.

“Sono fiera di te, vampirone mio!”, esclamò Elena, abbracciandolo. Damon che pensava agli altri era davvero un fatto che la riempiva di felicità.

E sì, Damon aveva davvero capito che non esisteva solamente una via per rendere orgogliosa la sua Elena, ed era felice di essere riuscito a trovarne una sua personale che era veramente riuscita a sorprenderla.

 

Angolino della Matta Fra o.O

Ehilà! Questa volta ho scritto una follia un po’ più seria. Damon vuole un lavoro… e lo avrà. Presto. Prossimamente.

Sono così contenta di aver ricevuto 7 recensioni per la scemata della scorsa volta.  E proprio oggi la mitica FRAYXSalvatore me ne ha lasciata una. Grazie! E leggete le sue storie, sono davvero stupende. TI DEDICO QUESTO CAPITOLO SPERANDO CHE NON SIA COSì PENOSO COME QUELLO PRECEDENTE!

Ovviamente grazie anche tutte le altre meravigliose ragazze che leggono e aggiungono le mie storie alle preferite, alle seguite e alle ricordate, grazie grazie mille. Anche a chi legge in silenzio. Sappiate che è sempre gradito un commentino, una critica, qualsiasi cosa!

Ora me ne vado a leggere il capolavoro di Glo (sto arrivando! Mi manca il nostro baratro della follia!). Bacioni a tutte

e fatemi sapere che pensate di questo nuovo capitolo!

Fra

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Capitolo 6
*** Carnevale ***


6. Carnevale

 

“Elena!”, esclamò Damon.

“Damon!”, lo rimproverò Elena.

Era da circa mezz’ora che andava avanti quel ritornello fastidiosamente ripetitivo. La commessa dai capelli lisci e biondi ossigenati li fissava da venti minuti, nell’attesa che si decidessero a comprare qualcosa. Era abituata a queste situazioni: era un negozio per bambini. E Carnevale era il periodo dove tutti i genitori andavano lì a comprare costumi colorati e idioti per i loro figli. Era abituata a quel genere di scenate.

“Elena!”, continuava a chiamare Damon.

“Damon!”, ripeteva lei, scocciata e esasperata.

“Ora basta. Senti Elena… ok che è Carnevale, ma non ti vergogni?”, disse calmo Damon, indicando il vestito da carota che aveva in mano la sua ragazza. Da carota! Una verdura. Era ufficiale: Damon amava la ragazza umana più strana di quella terra.

“A me piacciono le carote!”, mugolò Elena, come una bambina piccola.

Damon alzò gli occhi al cielo: “Se ragionassimo tutti così, allora là fuori ci sarebbe un ristorante ambulante. È come dire… a me piace il tiramisù e me ne vado in giro con crema finta cinese che puzza di plastica. Dai, Elena, ti prego”, provò a convincerla. Ma Elena era cocciuta, e questo lo sapeva benissimo.

“Davvero c’è anche il costume da tiramisù?”, fraintese Elena. Damon non sapeva cosa fare.

“No, Elena. Non c’è nessun costume da tiramisù”, sbottò lui. Stava perdendo il controllo. “Prendiamo questo”, brontolò lui alla commessa, che borbottò un “finalmente”, senza curarsi di nasconderlo. Afferrò il costume arancione acceso e lo portò alla cassa. Damon non esitò a seguirla; a quella situazione preferiva davvero Elena che gli faceva spendere una barca di soldi con i suoi dannati vestiti firmati Armani.

“Quanti anni ha la bambina?”, domandò la commessa mentre tamburellava sulla tastiera del computer con quelle unghie finte lunghe quattro centimetri e laccate di rosso.

Damon la guardò, confuso. La bambina? Elena sembrava davvero una bambina? Non se ne era mai accorto, in fondo lei era alta e visibilmente “sviluppata”. Damon sorrise malizioso a quel pensiero.

La commessa, vedendo il cliente un po’ spaesato chiarì: “Il vestito… è per la vostra bambina, giusto?”, chiese ancora.

Damon all’improvviso capì: quella povera commessa aveva frainteso tutto. Non aveva capito che il vestito in questione era per Elena, che intanto stava guardando estasiata un costume enorme e rigido rosa confetto. L’etichetta lo descriveva come un “vestito per avere sempre le tue bambole con te, anche a Carnevale! Ovunque tu vada, Barbie è con te. Da Giochi Preziosi”. Damon non riusciva a credere che Elena s’interessasse ancora a quelle bambole di plastica che se tiravi un po’ troppo la gamba si staccava per non riattaccarsi più, neanche se ci avessi applicato cinque strati di colla Attack.

“Damoooon!”, si sentì chiamare.

Il vampiro ne approfittò al volo per evitare di dare spiegazioni sul carattere fuori di testa della sua ragazza. “Arrivo subito”, disse alla commessa che ricominciò a guardarsi le unghie.

“Damoooon!”, chiamò ancora Elena.

“Che c’è?, sbuffò Damon.

“Guarda qui!”, lo incitò Elena indicando un punto che Damon non voleva per nessuna ragione al mondo guardare.

“Dimmi che non è quel vestito orrido con i puf rosa che spuntano fuori dalla gonna. E nemmeno quello che circonda il corpo con una casa porta-peluche, perché altrimenti rischio di vomitare, di lasciarti da sola per questa orrenda giornata e di non festeggiare più il Carnevale con te”, la ammonì Damon. Elena costrinse il vampiro a guardare il vestito che tanto l’aveva incantata: “Oh no”, sillabò Damon.

“Oh sì”, sussurrò sadica Elena.

Davanti a loro troneggiava uno di quei manichini enormi, fatti apposta per vestiti del genere. E con “vestiti del genere”, s’intendeva un costume tutto imbottito di qualcosa che Damon aveva il cattivo presentimento fossero piume vere di gallina. Era un tessuto marrone scuro, marrone… gallina. Con estrema cura il povero stilista fallito aveva disegnato i contorni delle singole piume. I pantaloni erano dello stesso colore. I piedi del manichino di legno erano infilati dentro a delle scarpe senza suola di tessuto marrone. E per concludere, una maschera con il becco arancione e grosso quanto bastava a coprire il naso di un normale essere umano.

Un costume da gallo.

Da gallo.

“Non puoi farmi questo, Elena!”, sussurrò impaurito Damon, sapendo quali fossero le intenzioni di Elena. No, non poteva fargli questo. “Non te lo perdonerò mai, lo sai vero?”, provò a minacciarla. Il solo pensiero di andare in giro travestito da gallo primaverile lo umiliava a morte. E se avessero incontrato Stefan? No, che vergogna. Che umiliazione. No, non poteva dargliela vinta così facilmente, doveva fare qualcosa.

“Sì che posso farlo. E comunque mi farò perdonare”, disse Elena con leggerezza, già frugando sugli scaffali in cerca della taglia di Damon. In realtà, la taglia di Damon non esisteva; prendevano le taglie più grandi disponibili, ossia 10-11 anni. La gente fallita che disegnava quei costumi di certo non pensava che ragazzi adulti li comprassero.

“No! Perché non lo diamo a Stefan?”, propose Damon, già immaginando la faccia di suo fratello se lo avesse visto travestito da gallo. No no no. E se ci fosse stata anche Katherine? O Barbie vampira? No. Non poteva. No.

“No, per Stefan c’è questo”, spiegò paziente la sua Elena, completamente uscita di senno. E indicò un vestito da pecora, con tanto di paraorecchie di lana soffice e bianca.

Damon scoppiò in una risatina isterica: “Ma che è? La bella fattoria? E chi fa lo zio Tobia?”, domandò il vampiro per alleggerire quella situazione così assurdamente inquietante.

Elena fece una faccia pensierosa, poi le si illuminarono gli occhi: “Trovato! Alaric!”, strillò.

No, non poteva essere vero. Elena aveva bevuto. Fumato. Si era drogata.

“Allora, ce l’avete fatta?”, chiese la ragazza di prima, sempre più annoiata ed esausta.

“Sì! E prendiamo anche questi!”, annunciò Elena tutta balzellante. E raccolse quella che a Damon pareva una decina di costumi (in realtà, Damon aveva perso le sue conoscenze matematiche per la paura di quello che l’aspettava).

La ragazza guardò Elena allibita, ma si limitò ad annuire. Si avviò verso la cassa e si voltò verso Damon e Elena più volte, per assicurarsi che questa volta venissero con lei a pagare il conto.

“Per chi sono gli altri vestiti?”, domandò sussurrando Damon, sempre più preoccupato.

Elena sorrise: “Ovviamente per Bonnie, Caroline, Jenna e… rullo di tamburi: Katherine!”, annunciò con uno strillo acuto che fece voltare metà dei clienti del negozio.

Katherine? Elena era proprio andata, ma Damon si consolò: almeno non sarebbe stato l’unico a fare la figura dell’idiota.

Andarono alla cassa. “Dio! Immagino che abbiate due gemelli di dieci anni e parecchi nipoti. E voi siete così giovani per di più! Wow, dev’essere difficile. Intendo… avere così tanta follia da gestire”, disse la commessa mentre attendeva che la macchinetta stampasse lo scontrino.

Damon non poté essere più che d’accordo; gestire tutta quella follia era impossibile. Soprattutto se pensavi che non erano dieci nipotini scatenati, bensì solamente una persona adulta: Elena. “Non sa quanto ha ragione”, si congedò Damon, afferrando le due borse che Elena gli porgeva.

 

Passarono le due ore successive a consegnare costumi…

“Che cosa? Io dovrei fare la mucca? Elena, ma che ti salta in testa?”, strillò Caroline, in preda a una crisi isterica consolatoria per Damon; almeno, lui si era saputo trattenere.

“Caroline sarà solamente per oggi! I bimbi ci adoreranno!”, spiegò Elena tutta entusiasta.

“Ma come fai ad essere d’accordo, Damon?”, urlò ancora Caroline.

Damon fece per rispondere, ma Elena lo precedette: “Mi ama! Tutto qui!”, gridò lasciando la casa di Barbie vampira.

Già, Damon l’amava. Altrimenti, avrebbe già tentato il suicidio. Da mesi.

 

“Elena, non mi sembra una buona idea…”, spiegò calma Bonnie. Damon la invidiò con tutto il cuore: come diavolo faceva a mantenere la tranquillità davanti alla proposta: “vuoi fare la parte del maiale nella nostra piccola comitiva di Carnevale?”.

“Perché no? Dai, ci divertiremo! Caroline ha già acconsentito a fare la parte della mucca!”, la informò tutta entusiasta Elena. Damon assisteva, stravaccato sul divano a bere del whisky scadente della strega. Sperava che in quel modo avrebbe trovato un lato positivo in tutta quella folle faccenda.

“Va bene. Ma solo perché sei la mia migliore amica!”, si arrese Bonnie.

Le due si abbracciarono e mentre Damon le fissava con il bicchiere in mano, il vampiro capì quale era il lato positivo della pazzia: avrebbe visto S. Stefano vestito da…

 

“Canarino?!”, strillò Stefan.

“E dai, Stef! Che c’è di male? Solamente un uccellino giallo, dolce, tenero e innocente”, tentò di spiegare Elena. Aveva deciso che la pecora sarebbe stata meglio su Jenna, così a Stefan era toccata la parte del canarino.

“E poi tu ne hai conosciuti di canarini”, aggiunse ironico Damon, schioccando le labbra deliziato dal sapore prelibato del sangue.

Stefan ringhiò: “Dovresti conoscerne un po’ anche te, invece di bere quella roba! Vergognati!”, sbraitò il vampiro santo, sostenitore della campagna “caccia gli animaletti selvatici e delle gabbie”. “Ehi, Stefanuccio mio! Tutto ok? Ti ho sentito ruggire come un leoncino affamato!”, cinguettò una voce smielata che apparteneva a Katherine. Incredibile come l’amore ci cambia.

“Ehi, Katherinuccia mia! Non è successo niente!”, tentò di rassicurarla lui. Damon rideva come un matto: quei due che si chiamavano con quei nomignoli sdolcinati lo divertivano un sacco. Erano da filmare e da mettere su YouTube. Avrebbe ricevuto qualche milione di “Mi piace”.

“Ehi Katherine! Ma che bella sorpresa!”, esclamò Elena. “Tu farai la parte della lumaca mangia cavolfiori!”, aggiunse. “Ora ce ne andiamo Damon! Davvero, è stato un piacere ricontrarvi!”, li salutò Elena, prendendo per mano Damon e andandosene, lasciando Katherine a bocca aperta.

 

“Questo è l’unico favore che ti faccio per i prossimi dieci anni, chiaro, Elena?”, sputò Jenna infilandosi il costume da pecora. Le stava stretto sui fianchi e la faceva sembrare una donna di mezz’età che non aveva idea di cosa fosse la moda. E quel cappellino di lana sulla testa era la ciliegina sulla torta.

“Sei sexy anche così, tesoro”, la rassicurò Alaric, nei suoi pantaloni da montagna marroni. Teneva in mano la zappa giocattolo e la camicia a quadri infilata sotto i pantaloni gli conferivano un’aria alquanto ridicola.

“Anche tu”, rispose Jenna baciandolo.

Ah, quanto ci rende ciechi l’amore…

 

Erano tutti pronti. Si misero in fila e Elena s’improvvisò la regista della situazione. Lei non avrebbe avuto un ruolo preciso nella comitiva, avrebbe solamente dovuto controllare la scena e impedire che andasse tutto a rotoli.

Pretese che Alaric salisse sopra Jenna e che la povera zia lo trasportasse camminando a gattoni. Inoltre, voleva che Alaric picchiasse la lumaca mangia cavolfiori con la sua zappa e che facesse a Katherine molto, ma molto male. Il gallo Damon, che nonostante tutto manteneva comunque la sua aria sexy e provocante, doveva chiudere la fila urlando “cocococococococococococcodè!”. La mucca Caroline doveva urlare “muuuuuuuuu” e distribuire latte a lunga conservazione a tutti i bambini. Barbie vampira era terrorizzata al pensiero di incontrare qualcuno di sua conoscenza. E, onestamente, come si poteva darle torto?

Maiale Bonnie doveva fare il verso del suo animale e sostenere la mucca nella distribuzione del latte. Stefan doveva cantare la canzone della bella fattoria in acuto, mentre Alaric avrebbe fatto da controcanto con le note basse.

“Sarà un capolavoro!”, li rassicurò Elena.

Gli altri annuirono fintamente convinti; si stavano davvero lasciando sottomettere da Elena? La timida e dolce Elena?

Lei annuì un’altra volta per convincere se stessa e poi andarono nel centro di Mystic Falls, sfilando lungo la strada principale.

“Nella vecchia fattoria iaiaooooo! Quante bestie al zio Tobia, iaiaoooooooo!”. Gli alunni della classe di Alaric lo riconobbero e urlarono qualche complimento al loro prof: “Prof, è un figoooo!”.

“Scrof scrof”, fece Bonnie, scatenando le risate dei bambini.

“C’è il cane!”

“Muuuuuuuuuu”, entrò Caroline lanciando bottiglie di latte in testa alla gente.

“Il gatto!”.

“Beeee beeeeee!”, fece Jenna, odiandosi per quello che stava facendo.

“Il ga ga gatto!”

Stefan intonò un acuto da spezzare i timpani, e Elena la carota gli diede un pugno in pancia.

La gente si spanciava dalle risate per quella follia e appena Damon intonò il coccodè finale, la popolazione femminile esultò iniziando ad avvicinarsi e a chiedere autografi, baci qui e lì.

Elena quando vide che la situazione stava precipitando zittì tutti: “Damon è il mio galletto e io sono la sua carota. Damon è unico e purtroppo non ama le galline”, spiegò decisa indicando il gruppetto di donne che circondavano la fattoria, fulminandolo con lo sguardo.

“Ora andatevene! E trovatevi il vostro gallo, il mio è occupato! E lo amo”, dichiarò sicura di se Elena.

La folla femminile si diradò, sorpresa di essere rimasta toccata dalle parole di una carota. Tutta la fattoria li lasciò soli, ansiosi di levarsi quei ridicoli costumi.

“Mi sono fatta perdonare?”, domandò Elena, ritornando incredibilmente timida.

Damon era colpito che Elena avesse dichiarato l’amore per lui così apertamente e decisa, davanti a tutta la cittadina.

“Certo, sei mia carotina!”, le sussurrò dolce.

Lei rise. Il suono della sua risata era qualcosa di unico, magico, che non si poteva sentire da nessuna altra parte. Si baciarono dolcemente, senza nessuna pretesa.

Fino a quanto una bottiglia di latte li interruppe. Un bambino l’aveva lanciata dritta sulle loro teste, inzuppandoli dalla testa ai piedi di liquido biancastro. “Gallo? Posso avere il tuo costume da gallo? Perché… beh, hai così tanto successo con le ragazze! E allora…”, spiegò imbarazzato il bimbo.

Damon sorrise, internerito da quella timidezza: “Certo, tieni”, rispose. Si sfilò rapidamente il costume, e glielo porse: “Ti porterà tanta fortuna”, promise. Il piccolo se ne andò, correndo via felice.

“Quello che hai fatto è stato… gentile”, notò Elena.

Damon alzò le spalle lentamente, sempre sorridendo e fissando il punto in cui il bambino era sparito: “Era davvero carino”, spiegò solamente.

Elena sorrise: “Quanto ti amo quando sei così… diverso. Umano”, confessò.

Damon sorrise a sua volta: “Ti amo”.

 

Angolino della Matta Fra o.O

Ciao!

Ed eccomi qui ad aggiornare anche questa follia.

Beh, devo dire che mi soddisfa. A parte il finale. Che fa pena.

Devo scrivere altre cose per aggiornare il prima possibile, per esempio la mia storia su Twilight e The Vampire Diaries. Ringrazio tutti quelli che la seguono e che mi sostengono sempre. Ovviamente grazie a  chi segue questa follia Delena. Qui potete leggere il crossover che ho scritto e lasciarmi un parere se vi va. Ovviamente sono sempre ben accetti!

Fatemi sapere che pensate di questa follia carnevalesca.

Ringrazio chi ha inserito questa raccolta nelle preferite, nelle seguite e nelle ricordate. Grazie a chi legge in silenzio e grazie a chi recensisce. È importantissimo per me leggere i vostri pareri. Quindi fatemi arrivare tante belle recensioni (o brutte, se necessario XDXD).

Dedico il capitolo a  Quinn_Amy_Rose per aver letto tutti questi capitoli e avermi riempita di complimenti. Grazie grazie mille.

Ora vi lascio, bacioni Fra

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Capitolo 7
*** Damon vs. Stefan ***


7. Damon vs. Stefan

 

Damon era assolutamente contrario alla pazza idea di Elena. Molto, ma molto contrario.

Rivedere quel verme secco di suo fratello era davvero l’ultima cosa che voleva fare in quel momento. Quell’idiota aveva fatto soffrire Elena, e ora lei lo invitava a cena? Aveva un fratello idiota e la sua idiozia l’aveva in parte trasmessa a Elena, in passato.

Damon si annotò mentalmente che doveva fare la “medicina” per Elena per guarirla da quel morbo che solo Stefan poteva avere: l’idiozia acuta.

Il vampiro si stava disperatamente chiedendo come potesse una persona sana di mente invitare l’uomo che l’aveva fatta soffrire a cena. La risposta? Facile, questa persona non era sana di mente.

“Elena”, implorò supplicante Damon per l’ennesima volta.

Ma l’unica e frustrante risposta che aveva sempre ricevuto era sempre stato un sorriso splendente e spensierato, seguito da un: “Eddai Damon! Ci divertiamo! È parte della famiglia, vedrai sarà strafico!”.

A quel punto Damon diceva: “Ma Elena”, sottolineando bene il nome, “non è Brad Pitt. È Stefan”. Elena alzava le spalle e si voltava, pronta per andare a vedere per l’ennesima volta The Last Song,  quel film demente da adolescenti con Hannah Montana o come diavolo si chiamava. Damon allora la tratteneva per un braccio e ricominciava la filastrocca.

“Elena”.

“Eddai Damon! Ci divertiamo! È parte della famiglia, vedrai sarà strafico!”.

E avanti così per altre novanta volte.

Fino a quando Damon non ne poté più; la sua pazienza aveva un limite: “Elena! Va bene, ma tu prova a chiamarlo ancora e giuro che non ti perdonerò mai!”, la minacciò.

Elena parve disorientata: era abituata che dopo “Elena” doveva rispondere “Eddai Damon! Ci divertiamo eccetera”. Damon non aveva rispettato il copione!

“Sono così contenta che tu abbia accettato!”, strillò Elena entusiasta. Lo baciò con passione e andò a prepararsi per l’arrivo di Stefan.

 

[Quella sera…]

 

“Allora… abbiamo saputo di te e Katherine”, provò a smuovere la conversazione Elena. Stefan era diventato davvero un pesce fritto; non parlava neanche se gli avessi tirato fuori le parole di bocca con una pala.

Stefan annuì, non sapendo bene perché stava mangiando quel disgustoso stufato con la ricetta di nonna Gilbert, preparato con grande cura e amore da Elena.

Elena lo fissò, poi guardò Damon che giocherellava con la forchetta e un pezzo di pane.

Vedendo che nemmeno Katherine, a quanto pareva, riusciva a dare una svegliata a quel ghiro di suo ex, cominciò a parlare di cibo: “Questo stufato… buono no?”, esclamò con una risatina nervosa Elena.

Stefan annuì ancora una volta. Elena ci rinunciò: “Damon? Ti piace il mio stufato?”, domandò Elena seccata.

Damon annuì: “Buonissimo, amore”.

Elena strabuzzò gli occhi: “Tutto qui? Nessun complimento, nessuna lode?”, chiese indignata lei.

“Detesto dire le bugie, tesoro”, ammise Damon con un misero senso di colpa.

Elena quasi scoppiò in lacrime: “Fa schifo, vero?”, singhiozzò spingendo il piatto verso il centro del tavolo, facendo schizzare il sugo che circondava quell’ammasso indistinto di carne e ossa.

Damon stava quasi per confermare, ma Stefan lo fermò: “Elena, ma che dici? È delizioso. Un sapore prelibato e un retrogusto assolutamente divino. Perfetto”, la tranquillizzò il fratello santo.

Damon lo fulminò con uno sguardo e Stefan gli lanciò un’occhiataccia. Poi, dichiarando implicitamente sfida aperta, andò ad abbracciare Elena.

Damon in quel momento non lo stava fulminando; di più. Lo stava incenerendo.

“Che stai facendo?”, ringhiò.

“Consolo la povera fidanzata di mio fratello, talmente insensibile da trattare male la sua ragazza”, spiegò innocentemente Stefan. Cosa che fece andare fuori di testa Damon: il tono da santo con lui non l’avrebbe fatto, su questo era certo.

“Bene. Vuoi sfidarmi, Stefan?”, ghignò Damon.

“Oh sì, Damon”, rispose malvagiamente Stefan.

Damon scoppiò in una risata maligna: “Lo sai che vincerò io. Perché io vinco sempre”, sottolineò.

Stefan alzò le spalle e lasciò Elena: “C’è sempre una prima volta, Damon”.

E lasciando i due fidanzati allibiti, se ne andò sbattendo la porta.

 

[Il giorno dopo…]

 

Elena si svegliò a causa di un rumore particolarmente fastidioso: qualcosa stava cigolando in modo insopportabile. Indossò le sue pantofole a forma di cane gigante e scese le scale. Quello che trovò la stupì a dir poco.

“Che diavolo stai facendo, Damon?”, domandò scioccata.

Damon era a petto nudo e indossava solamente un paio di pantaloncini neri da ginnastica. Sarebbe stato da svenire, peccato che Elena riusciva solamente a concentrarsi su quello che stava facendo e non su quello che stava indossando.

Cyclette.

Damon stava facendo cyclette.

Ci mancava solamente che avesse davanti il computer aperto sul sito dei cereali a basse calorie “Special K”.

Pedalava e pedalava come un forsennato e il cigolio proveniva proprio dai pedali, che non riuscivano a sostenere la velocità. I polpacci e i muscoli delle gambe sembravano ingrandirsi ad ogni secondo che passava e le goccioline di sudore scendevano da ogni parte del corpo.

“Damon?”, strillò isterica Elena.

“Amore!”, ansimò lui. “Non so cosa intenda Stefan per “sfida” quindi mi preparo in tutti i campi possibili”, spiegò lui mentre continuava a tenere il ritmo.

Elena non sapeva cosa dire, non ne aveva la più pallida idea. Il suo vampiro era completamente uscito di testa. “Passami quello!”, urlò Damon in mezzo allo sforzo.

“Quello quale?”, gridò in risposta Elena, mentre si guardava attorno.

“Quello!”, ripeté Damon, senza chiarire le idee a Elena. Poi lei vide un peso: quanto poteva pesare? Lo raccolse con un sorriso e improvvisamente urlò di dolore: “Ahhhhhhhhhh maaaa quantooooo pesaaaaa?”, strillò dolorante.

Damon rallentò un pochino l’andatura, fino a smettere.

“Ti sei fatta male? Amore, erano 55 kg, neanche così tanto…”, disse dolce Damon. La tenne fra le braccia dandole teneri bacini fino a quando non sentirono bussare alla porta.

“Aspetta qui!”, sussurrò dolce il vampiro e l’adagiò con delicatezza sul divano. Andò ad aprire la porta e si trovò Stefan in versione Superman: gli addominali erano visibili da un chilometro, le spalle possenti potevano reggere un elefante obeso, dei bicipiti e dei tricipiti da far paura.

Fratellino”, disse maligno Stefan.

Damon si sentì piccolo, anche se non sapeva con esattezza le sue nuove dimensioni. Ma non voleva correre rischi: “Stefan… Elena sta male. È meglio se facciamo dopo”, propose Damon.

Stefan rise: “Ovviamente. Impaurito, eh? Sì, facciamo pure dopo”, si congedò e andò a casa. Probabilmente a fare altro sollevamento pesi e lancio del peso.

“Sono rovinatoooooooooooo!”, ululò Damon, pensando già alla sua sconfitta.

“Amoooore! Dimmi, ti sembro molto più grosso?”, domandò preoccupato il vampiro mettendosi in vista in tutte le posizioni possibile per farsi osservare (e ammirare) meglio da Elena.

Ora che la ragazza lo guardava meglio, Damon era davvero molto grosso: aveva muscoli sviluppati dappertutto, le gambe erano muscolose il doppio rispetto a prima. Sembrava davvero molto più forte. “Sì, amore. Puoi farcela!”, lo incoraggiò Elena massaggiandosi una spalla.

Damon annuì per rassicurare sé stesso.

“Senti, amore. Sfidalo in cucina, no? Ti do lezioni io!”, propose Elena.

L’idea di prendere lezioni di cucina da Elena non l’allettava molto; il sapore di quello stufato gli ritornò in bocca.

“Ehm… ok, va bene”, rispose incerto Damon. Non poteva dire di no a quel bel faccino innocente.

“Sì!”, esultò Elena saltellando dappertutto, poi fermandosi sentendo i muscoli che imploravano pietà.

Damon capì che forse aveva fatto l’errore più grande della sua vita, ma per Elena avrebbe fatto di tutto pur di vederla sorridere, per vedere quel sorriso.

 

[Più tardi…]

 

“Damon, devi mettere il sale nella pasta”, gridò disperata Elena mentre correva di qua e di là. Damon non era nato per fare il cuoco.

“Mi pareva di averlo messo!”, spiegò colpevole Damon. Era davvero convinto di aver messo il sale nella pasta. A meno che…

“Questo è zucchero, Damon!”, esclamò Elena, sull’orlo della disperazione.

“Ops… vado a dire a Stefan che si fa la gara di cucina”, annunciò Damon. Voleva batterlo in qualcosa. Qualsiasi cosa. Ed era certo che nonostante egli fosse un disastro fra le padelle, era comunque migliore di Stefan.

“Ehi, Stef! Domani gara di cucina ok?”, disse Damon con un sorrisetto.

“Bene… ma dopo gara di sollevamento pesi. Chi solleva la cosa più pesante, vince”, spiegò velocemente Stefan.

“E chi cucina la migliore pasta al pomodoro vince”, concluse maligno Damon e chiuse la chiamata.

“Bene. Rifacciamo tutto, Elena. Tutto”, ordinò Damon mentre si infilava il grembiule ereditato da chissà quale antenata di Elena.

 

Stefan suonò alla porta e Damon andò ad aprire, già con un sorriso vittorioso stampato sul viso. Era certo che avrebbe vinto, si era esercitato a sollevare alberi tutta la notte.

“Ciao fratellino”, salutò Damon. Aveva riacquistato la sicurezza in sé stesso. “Solleviamo? Comincia te, dai. Non vorrei spaventarti troppo”, aggiunse poi con un ghigno divertito.

Stefan rise sadicamente: “Bene. Ho portato questa pasta… l’ho fatta a casa per accorciare i tempi. Sai, non volevo disturbare troppo”, spiegò il vampiro.

Damon alzò le spalle e inorridì davanti al piatto di porcellana pieno di pennette color rosso marcio, tutto coperto dalla pellicola trasparente. Probabilmente Stefan l’aveva comprata via Internet e non sapeva (causa la sua immensa ignoranza) che non si acquista il cibo in Internet.

La prova in cucina l’avrebbe superata Damon; aveva cucinato da Dio e la sua pasta era elegantemente contenuta in un piatto e decorata con qualche foglia di basilico. Aveva la vittoria in pugno.

“Benissimo. Anch’io l’ho già fatta. Andiamo fuori a sollevare?”, propose Damon.

Stefan annuì e andò a sollevare un’enorme quercia. Damon rabbrividì: lui solleva a malapena un ulivo rinsecchito.

“Allora… che te ne pare?”, sogghignò Stefan, rimettendo l’albero al suo posto.

“Grandioso, ma non abbastanza”, improvvisò il fratello mentre pensava a un qualcosa di più pesante che sarebbe stato in grado di sollevare.

Si guardò attorno sotto gli occhi divertiti di Stefan, fino a quando Damon arrivò a quello che doveva sollevare: c’era un’unica soluzione; la casa.

“Bene… e ora…”, disse Damon.

Mise le mani sotto il muro della casa e la sollevò con tutte le sue forze. Sentiva le mani tremare sotto il peso enorme che doveva sostenere, le dita dolevano e si stavano ripiegando verso il basso. Si sentiva le mani arrossate e gonfie, ma percepiva una forza che non aveva mai sentito. Si sentiva forte, un eroe che cerca in tutti i modi di dimostrare alla principessa che è lui il miglior principe.

Stefan rimase scioccato: “Come fai?”, domandò balbettando.

Damon fece un ultimo sforzo e riappoggiò la casa a terra, sperando con tutto il cuore che Elena non se ne fosse accorta o che perlomeno non si fosse fatta troppo male. Aveva comunque fatto molta attenzione a non sbilanciare la casa da una parte, per evitare che Elena si catapultasse da un lato all’altro dell’edificio.

“Perché ho una vera ragione per farlo. Tu no. A te non importa niente di Elena, a me sì. E io voglio che scelga me, e non te. Per sempre. E questo so benissimo che non è il modo per dimostrare l’amore verso qualcuno ma… è uno dei tanti. Io amo Elena, e tu devi andartene dalla nostra vita. Non ti vogliamo più vedere”, dichiarò Damon tutto d’un fiato, come se stesse recitando l’inno nazionale.

Stefan rimase colpito dalle parole del fratello e senza aggiungere una sillaba se ne andò.

“Amooooore!”, strillò Elena uscendo di casa.

Damon allargò le braccia e l’accolse fra di esse: “Piccola”, sussurrò dolce.

“Hai davvero detto che mi ami?”, domandò Elena.

Damon annuì.

“Sei stato grande! Hai sollevato la casa!”, esclamò Elena ancora.

“Sì. Scusa se ti ho fatto male, ma se ce l’ho fatta è tutto merito tuo”, confessò Damon.

Elena scosse la testa: “No, il merito è tuo. Tu credi in te stesso Damon. Sai che puoi farcela, in qualsiasi cosa”, spiegò Elena.

“Se ci sei tu”, aggiunse Damon.

Elena sorrise: “Io ci sarò sempre, Damon”.

 

 

Fine

 

Angolino della Matta Fra o.O

Ciao!

Guardate, vi giuro. Mi dispiace da morire per questo ritardo, ma davvero non sono riuscita a fare prima. Ora che ho finito la mia schiera di concerti e prove sarò più presente, promesso. Specifico che la parola “fine” non intende la fine delle OS, ma solamente che questa OneShot non avrà un seguito come succede per altre. Spero vi sia piaciuta, un po’ stupida forse e meno ridarella. Ma una lotta fra Damon e Stef ci vuole.

Vi ringrazio tantissimo per le vostre mitiche recensioni! Come sempre, vi adoro!

Mi raccomando, recensite, sono sempre molto curiosa di sapere quello che ne pensate. Magari suggerimenti per altre OS. Tutto è ben accetto!

Dedico il capitolo a… Delena_96! Ti adoro, sei sempre presente e per me è davvero importante.

Grazie anche a Glo ovviamente e a tutte quante, Giuls, Marghi, Silvia e Laura.

Grazie a tutti coloro che hanno aggiunto la storia tra le preferite, le seguite e le ricordate. E amo tutti quelli che mi hanno aggiunta alle autrici preferite. Wow!

Grazie mille di cuore

Fra

  

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Capitolo 8
*** Incomprensione ***


8. Incomprensioni

 

 

 

“Buongiorno cari telespettatori! Siamo in diretta dallo studio di Valloacapire, l’unico programma che aiuta i coniugi americani a capirsi l’un l’altro. Oggi abbiamo una coppia di Nashville, il signor Browne e la signora Browne. Qual è il vostro problema, signori Browne?”, domandò una ragazza bionda assurdamente entusiasta del suo lavoro.

I coniugi, seduti sulle poltrone e con sguardi rabbiosi, risposero in coro: “Non ci capiamo”, sbottarono. La ragazza sorrise: “Naturale! Siete qui per questo! Per questo il programma si chiama Valloacapire, perché appunto non vi capite! Signora Browne, cosa la disturba del comportamento del signor Browne?”, riprese a blaterare la bionda. Doveva chiamarsi Bree, in teoria.

Damon Salvatore lasciò cadere la testa all’indietro, centrando in pieno il muro. “Ahi!”, si lamentò mentre un rumore sinistro infranse la quiete domestica. Damon lo ignorò e cercò di concentrarsi su quel programma in stile “Uomini e Donne”. Porcherie della televisione moderna.

Afferrò il bicchiere pieno di sangue che si trovava sul tavolino accanto al divano bianco e immacolato.

“… non capisco perché mio marito pretende che durante i nostri rapporti… ehm, intimi, ci sia una terza persona di sesso obbligatoriamente femminile che collabori con noi...”, stava dicendo quella vecchia dai capelli bianchi e così crespi che sembrava che qualcuno le avesse messo sopra la testa un ferro da stiro.

Appena sentì quelle parole Damon sputò il sangue che stava bevendo per l’attacco di ridarella che lo invase. Dio, se certa gente era stupida. Era più intelligente Stefan di quella povera suora.

“Ahahahahahahahahahahahahahah!”, ululò Damon, divertito.

Intanto Elena, che stava cucinando un’ottima torta di mele, venne distratta da quella risata impazzita del vampiro che si era sposata due anni prima. Lo amava tanto, ma a volte proprio non lo capiva. Ponendosi mille domande, afferrò la terrina continuando ad amalgamare bene l’impasto, e si diresse verso il soggiorno.

“Damon che succ ahhhhhhhhhhh!”, urlò poi. I suoi occhi si spalancarono come due palle da calcio, inorriditi alla vista del muro crepato e del sangue che colava dal divano. In alcuni punti era già secco e impregnato nel tessuto.

“Amore! Guarda questa qui! Non si rende nemmeno conto che… ahahahahahahahahahah”, continuò Damon, sbattendo i piedi per terra dal divertimento. Ad un certo punto si mise a dare anche pacche sul divano, facendo schizzare il sangue dappertutto.

“Damon!”, strillò isterica Elena.

“Ahahahahahahahahahah!”, fu la risposta del vampiro, che ormai schiaffeggiava il povero divano con i cuscini.

“Damon!”, urlò ancora Elena.

“Uhhhh ahahahahahahahahahahahahahah!”, rideva lui. Ora saltava in piedi sul divano, con il serio rischio di sfondarlo. Gli occhi di Elena seguivano i movimenti di Damon, su e giù, su e giù, fino a quando….

“Ahhhhhhhhhhhhhhhhhhhh!, gridarono in coro Damon e Elena. Damon perché era scivolato dal divano centrando in pieno il bicchiere pieno di sangue e Elena perché era ricoperta di B positivo dalla testa ai piedi.

“Se avete dei problemi non esitate a contattarci! Vedrete che li risolverete al più presto! A domani, sempre qui su Mouse Life, il canale per chi non sa cosa fare!”. La faccia della bionda scomparve così come quel sorriso ebete stampato in faccia.

“Bene! Chiamiamo il canale degli sfigati, io ne ho proprio bisogno!”, ringhiò Elena afferrando il telefono per poi scomparire in cucina a buttare il suo impasto dalle sfumature cremisi nello scarico del lavandino.

“Oh no. Uomini e Donne no!”, riusciva solamente a pensare Damon. Ma doveva andare così: Stefan l’avrebbe visto su un programma per sfigati. Che umiliazione.

 

Ore 8:30, studi della Mouse Life

 

“Buongiorno cari telespettatori! Siamo in diretta dallo studio di Valloacapire, l’unico programma che aiuta i coniugi americani a capirsi l’un l’altro. Oggi abbiamo una coppia di… Mystic Falls, il signor Salvatore e la signora Salvatore. Qual è il vostro problema, signori Salvatore?”, chiese la solita cammella bionda. Damon si era costretto a imparare il suo nome: Bree. Ma non riusciva ancora a entrargli in testa.

Lui e Elena risposero in coro: “Non ci capiamo”. Era tutto costruito, fino a quel punto dell’interrogatorio. I produttori avevano detto che dovevano fare così. Quando avevano dato le indicazioni, Elena aveva annuito seriamente mentre Damon progettava come ammazzarli senza che le altre persone lì attorno se ne accorgessero.

“Naturale! Siete qui per questo! Per questo il programma si chiama Valloacapire, perché appunto non vi capite! Signora Salvatore, cosa la disturba del comportamento del signor Salvatore?”, domandò la cammella. No, ops: Bree.

Elena parve riflettere un attimo, poi rispose: “Tutto”.

Damon scosse la testa, semidisperato e divertito da quella situazione ridicola.

Bree – sorriso – da – cavalla allargò la bocca mostrando delle pale bianche rivoltate verso l’esterno: “Per questi casi assolutamente disperati”, e fece una faccia così ridicolmente seria che fece scoppiare a ridere Damon, “abbiamo la dottoressa psicologa laureanda in psicologia della mente umana e nel rapporto fra i sessi, la migliore dottoressa dell’ospedale di Richmond dove lavora dal 1977 con impegno e premura nei confronti dei suoi pazienti…”.

“Salve, grazie mille”, tagliò corto la dottoressa laureanda in psicologia che Bree – occhi – a – lampione aveva presentato in tutti i modi possibili senza nemmeno dire il suo nome.

Damon e Elena risposero al saluto della dottoressa con un sorriso.

“Consiglio per i signori Salvatore una terapia di questo tipo”, disse solamente la povera vecchia occhialuta. Tese un foglio che Bree afferrò facendolo cadere appena lo sfiorò. “Oh che sbadata che sono!”, esclamò e poi rise come una cavalla impazzita.

“Bene! Ecco quello che dovrete fare secondo la dottoressa psicologa laureanda in psicologia della mente…”, cominciò di nuovo, ma Damon non ne poté più e la interruppe: “Ci può dire come si chiama la dottoressa laureanda?”, sbottò.

Bree lo guardò spalancando gli occhi; sembrava che avesse incastonate due mele verdi nelle orbite al posto di due normali e comuni occhi umani. “La dottoressa psicologa laureanda in psicologia della mente umana e nel rapporto fra i sessi, la migliore dottoressa dell’ospedale di Richmond dove lavora dal 1977 con impegno e premura nei confronti dei suoi pazienti si chiama Mary Froofy”, concluse lei, facendo cadere la cartelletta che aveva in mano. Altra risata da cavalla.

“Grazie”, dissero grati in coro Damon e Elena.

“Prego. Dicevo. Viene consigliata una terapia del seguente tipo: i signori Salvatori presentano chiari tipi di incomprensione coniugale. Per questo è consigliabile uno scambio di vestiti per un giorno intero, mangiare le cose che mangia il partner, dormire secondo i ritmi del partner, fare le attività del partner. In poche parole, dovete essere il vostro partner per un giorno. Vi filmeremo e poi il vostro video andrà in onda a Valloacapire!”, spiegò ancora Bree.

Damon e Elena impallidirono fino ad assumere un colorito termosifone, poi annuirono dando l’impressione che avessero un nodo all’osso del collo particolarmente doloroso.

Uscirono dallo studio con l’idea che il seguente sarebbe stato un giorno molto, molto pesante.

 

Ore 9:00, casa Salvatore

 

Driiiin! Driiiin!

“Ma che cazzo…”, sbottò Damon.

Si guardò attorno e vide che Elena non c’era accanto a sé. Ma che ore erano?

Guardò la sveglia e vide che erano le 9 di mattina! Ma di solito lui si alzava circa cinque ore prima.

“Amore! È pronta la colazione!”, strillò Elena. Ma che aveva? Di solito quella era la sua battuta. Poi ricordò quella stupida tipa del programma televisivo e capì che Elena lo aveva preso sul serio. Forse un pochino troppo sul serio.

“Arrivo!”, miagolò lui in stile Elena appena alzata. Ciabattò scendendo le scale come faceva sempre la sua cara mogliettina, a lui in genere non dava fastidio. Ma sapeva perfettamente che Elena non sopportava quando gli altri facevano quei rumori con le pantofole, però nonostante questo amava farli lei.

Vide Elena digrignare i denti alla sua entrata e lui sbatté i piedi ancora più forte: voleva farle perdere il controllo. Letteralmente.

“Damon. Smettila”, ordinò autoritaria.

Lui sorrise: “Tu lo fai sempre. E io non ti avrei detto di smetterla quindi”, e ciabattò ancora di più.

La vide prendere un profondo respiro.

Damon osservò che Elena aveva preparato quello che di solito preparava lui per lei. Peccato che questa volta il regolamento diceva chiaramente che lui doveva mangiare ciò che di solito mangiava lei e lei quello che di solito mangiava lui.

Elena però questo non lo aveva capito, infatti afferrò un bicchiere di vetro scintillante e si versò un po’ di succo all’ananas. “Alt!”, la fermò Damon sghignazzando.

Elena si ritrovò con il bicchiere appoggiato sulle labbra, inclinato leggermente. Con un sospiro lo sistemò sul tavolo e sbottò: “Perché, che hai ora? Non posso nemmeno bere il mio solito e amato succo di frutta?”.

Damon sorrise: “No. Oggi tu sei me e io sono te, quindi…” e afferrò il bicchiere. Se lo portò alla bocca e bevve il succo, concludendo con un schiocco soddisfatto incredibilmente simile a quello che di solito faceva Elena.

Intanto lei stava pensando con timore al bicchiere di fronte a lei: pieno di fluido sangue rosso. Elena non voleva sentire i globuli rossi sulla sua lingua, non voleva proprio. Ma non voleva nemmeno perdere contro Damon.

Prese il bicchiere mascherando l’angoscia e fingendosi audace e lo ingurgitò il più velocemente possibile per evitare di dover sopportare troppo quel sapore ferroso, dolciastro ma anche leggermente amarognolo. Una vera e autentica porcheria. Peggio del brodo della Star.  

Mascherò il disgusto con un sorriso, poi se ne andò tutta soddisfatta in camera.

 

Nel pomeriggio…

 

“Dove sono i miei vestiti?”, urlò Elena in preda al panico. Era un’ora che li cercava dappertutto: sotto al letto, sopra alla scrivania, dentro l’armadio, fuori sul poggiolo. Dove diavolo erano la sua t-shirt verde scollata e i suoi amati jeans?

Damon intanto malediceva tutti i poveri santi dell’universo per aver inventato le scarpe con i tacchi.

“Damon!”, strillò isterica Elena. I suoi passi si avvicinarono sempre di più alla stanza di Damon, poi la porta si spalancò: “Damon hai visto… arghhh!”, concluse Elena inorridita.

Damon era davanti a lei, vestito con i suoi vestiti, le sue scarpe, il suo intimo.

“Amore. Prima di tutto vorrei informarti che questo reggiseno è piuttosto stretto e che ho fatto una fatica tremenda ad agganciarlo. Secondo, queste mutandine mi si incastrano . Terzo, queste calze sono così poco elastiche che le ho strappate sulla coscia, mi dispiace tanto. Quarto, questa maglietta è così scollata che mi si vede tutto. Quinto, queste dannate scarpe mi fanno male ai talloni. Sesto, non vedo l’ora che questa giornata sia finita. Settimo: per qualche cazzo di ragione hai voluto partecipare a questo idiota programma? Almeno ci dessero un milione di dollari invece niente… ci fa solamente andare di matto!”, concluse Damon finendo per urlare anche lui.

Elena impallidì di fronte ai vestiti che lei avrebbe dovuto indossare. Senza dire una parola si avvicinò al letto di Damon e si spogliò. Poi indossò la t-shirt nera e larga di Damon, i pantaloni neri di Damon, gli stivali di Damon, gli occhiali da sole di Damon.

Risultato: sembrava una specie di dark sfigata che tentava invano di farsi notare in modo positivo dalla gente. Più che altro, assomigliava a una povera drogata vagabonda e orfana che era stufa di stare nell’orfanatrofio.

Damon la fissò un attimo, tentando di non ridere: “Elena, amore. Sei… molto, come dire… non saprei”, borbottò lui, voltandosi per lasciarsi andare al suo attacco di ridarella.

Elena imprecò tra sé e scese le scale inciampando nei suoi stessi pantaloni.

 

Damon voleva vincere questa lotta con Elena, per questo la sfidò ulteriormente. Avrebbe usufruito della sua profumeria. E di qualche rossetto e lucidalabbra.

Il vampiro andò nel bagno e si chiuse dentro, come faceva spesso la sua cara mogliettina. Frugò negli armadietti e prese a caso qualche barattolo di creme, balsami, trucchi.

Trovò un tubetto con scritto “crema idratante”. Ne mise un po’ sul palmo della mano e l’applicò su tutto il viso. Notò con una smorfia che il suo colorito pallido era meno singolare del solito.

Afferrò a caso qualche matita e, facendo fatica a non cavarsi un occhio, si colorò la palpebra di nero. Il risultato che ottenne non era esattamente quello che di solito otteneva Elena, ma ci aveva provato. E l’importante è mettere impegno nelle cose che si fanno.

Trovò una matita verde e decise che sarebbe stata fica attorno alle labbra, anche se Elena non l’aveva mai messa e probabilmente non lo avrebbe mai fatto in futuro nemmeno se Damon si fosse messo a baciarle i piedi.

Il balsamo senza risciacquo lo attirava come una calamita; dopotutto “senza risciacquo” significava che non avrebbe dovuto nemmeno lavarsi i capelli. Ingegnoso. Perché no? Prese una noce di prodotto sul palmo della mano e se la applicò sulla chioma nera.

Si sentì i capelli diventare freddi e bagnati. Che avesse sbagliato qualcosa?

“Damon!”, urlò Elena per l’ennesima volta.

Il vampiro impallidì e tentò in tutti i modi possibili di nascondere il casino che aveva nei capelli: infatti erano un po’ bianchi, un po’ unti, un po’ sporchi ma anche puliti. Non era proprio il caso di farsi vedere da Elena, che lo avrebbe smascherato in un attimo. Afferrò una spazzola che stava in un angolo e si spazzolò per bene i capelli, sperando che quella porcheria fluida bianca della Pantene si diradasse.

“Damon, dove sei?”, urlò ancora una volta Elena. Poi la porta del bagno si spalancò e Elena vide Damon con i capelli che sembravano bagnati tutti in faccia. Accanto a lui, la bottiglietta di balsamo per i capelli lisci. In mano, la spazzola di… oh no. Bonnie.

“Damon!”, strillò isterica Elena indicando la spazzola che Damon teneva in mano.

Lui si preparò a sentirsi dire la predica della giornata, ma vide Elena balbettare. Cosa aveva ora?

“Hai usato quella spazzola?”, chiese lei tremando. Damon annuì.

“Damon era di Bonnie”, sussurrò Elena. E allora? La streghetta non aveva mica la forfora contagiosa!

“E allora? Che cosa centra Bonnie ora?”, sbottò Damon.

“Damon, lei in questo momento ha i… i…”, disse Elena.

I cosa? “Che cosa ha la fata Merlina?”, ringhiò Damon.

Elena lo guardò impaurita: “I… pidocchi!”, concluse.

Damon non seppe cosa dire. Era una cosa grave? Erano mortali, come i tumori e quelle cose lì? Cosa erano questi pidocchi? “E che sono?”, domandò lui sbuffando.

“Animali”, rispose Elena andando già a cercare gel e shampoo e pettinina.

“Non farmi ridere. Li faccio fuori in un secondo, io!”, esclamò Damon dandosi arie.

“Tu dici?”, domandò Elena armata di gel puzzolente e pinzette per capelli.

Dliiin dlooon.

Damon e Elena si guardarono: che ore erano?

L’orologio segnava le 19.00. Ossia l’ora in cui Bree e la compagnia sarebbero venuti a registrare qualche momento della loro vita “scambiata”, per poterla trasmettere il giorno dopo sulla rete nazionale. “Merda”, dissero in coro.

Damon con i capelli sugli occhi e Elena vestita come una dark si presentarono alla porta così lentamente che sembrava davvero che casa Salvatore si fosse trasformata in una casa per celebrazioni funebri.

“Salve, siamo di Valloacapire!”, annunciò Bree la bionda.

“Salve!”, salutarono in coro Damon e Elena.

“Allora, possiamo farvi qualche domanda e riprendervi mentre vivete la vostra normale vita scambiata?”, domandò allegra la famosa conduttrice televisiva.

Damon e Elena si scambiarono un’occhiata e chiusero la porta in faccia a Bree in sincrono.

Sul tavolo nel soggiorno regnava un’emoteca, Elena era vestita come una povera sfigata e Damon aveva matita verde sbavata lungo la bocca.

“Che facciamo?”, dissero ansiosi Damon e Elena prima di correre a sistemare almeno una parte del casino che regnava in quel palazzo di casa dove si ritrovavano a vivere.

 

 

 

[… Continua…]

 

Angolino della Matta Fra o.O

 

Ciao! Eccomi qui, dopo secoli di ritardo. Innanzitutto vi voglio davvero ringraziare per tutto il sostegno che mi date. Davvero, grazie mille.

Sono piuttosto di fretta, quindi spero che mi perdonerete se non inserisco l’angolo della pubblicità occulta come dice la mitica Glo e se non vi ringrazio una ad una.

Questa OneShot è follemente folle, Damon con i pidocchi mi è venuta proprio ora dopo aver bevuto un Actimel (non so cosa c’entri, ma è andata proprio così). Comunque presto scriverò il seguito della OS e la prossima volta… udite e udite: vi ricordate l’episodio del robottino? Ahahahah Glo sarà contenta, perché scriverò la continuazione. Tenetevi pronte, il pulsante viola ci porterà tutte alla follia senza ritorno. Ahahah! Che matte!

Ok, giochiamo a questo giochetto. Ogni volta vi segnalerò una storiellina diversa, e quindi… questa volta tocca a “I WANT YOU” di   damngirl20 (qui!). Bella bella.

Ne approfitto per segnalarvi le mie follie:  Elena con un sogno un po’ speciale. E Damon che ruolo ha in tutto questo? Venite qui e appassionatevi a un qualcosa che di serio ha!

E poi il mio pazzo crossover tra Twilight e The Vampire Diaries (qui!).

Grazie tantissime a tutti che leggono questa raccolta di follie.

Bacioni Fra

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** AVVISO ***


Ciao a tutte! non sto nemmeno ad usare l'HTML quindi chissà cosa verrà fuori... in questi giorni di vacanza sono stata poco presente x leggere le vostre storie e per postare le mie. mi scuso. ma sono esausta e non sto combinando niente. se non... la mia storia please come back mi sta prendendo parecchio e sono sempre a scrivere quella, e non damon&elena. maggio sarà un mese difficile per tutte le verifiche e le interrogazioni che faranno i prof e voglio avvisare tutte le pazze che seguono con me questa follia che sospendo questa ff x un po', solo il tempo di finire il mio matto crossover. ovviamente spero di aggiornare di più con una storia in meno da gestire. scusatemi tanto, ma mentre scrivevo questa sera il robottino famoso mi sono resa conto di non avere idee, di non avere abbastanza voglia per andare avanti con qualcosa che in questo periodo non mi va di scrivere. auguratemi buon viaggetto a londra, caaare grazie x la comprensione, vvb tornerò presto XDXD fra

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Capitolo 10
*** Formiche in Overdose ***


9. Formiche in Overdose

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[… continua dal 4° Capitolo “Pulsanti”…]

 

 

 

"Lo capisci?" domandò isterica Elena, con le mani immerse tra i folti capelli in chiaro segno di disperazione.
Damon alzò la testa dopo ore, in cui l'aveva tenuta fra le ginocchia in attesa di qualche messaggero divino che venisse a liberarli: "Cosa?" singhiozzò, ritornando nel suo stato catatonico.
"Che siamo chiusi in un lurido, puzzone, sporco carcere pieno di topi e formiche così grosse che se si alleassero ci potrebbero trasportare via" urlò Elena, improvvisamente esplodendo come una bomba. L’esplosione non era programmata e Damon si svegliò di soprassalto dal suo dormiveglia.
La guardò stranito: "Elena, ma che idea hai avuto!" sussurrò estasiato Damon, come se si trovasse in una piscina idromassaggio con doccia rilassante.
Elena sbuffò: "Se tu consideri quello che ho detto un'idea, e conoscendo bene le tue idee geniali, penso che possiamo porre fine alla conversazione esattamente quando avrò finito di parlare" lo informò la ragazza con voce da presentatrice televisiva, ritornando a spazzolarsi i capelli con le dita sudice. “Cioè ora”.
Damon scosse la testa, prima che Elena si addormentasse fra i suoi pensieri: "Elena, hai detto che se le formiche si alleassero ci porterebbero fuori di qui" la fece ragionare il vampiro, entusiasta.
Senza riemergere dalla chioma mora, Elena alzò un dito e disse la sua: "Già: ho dimenticato di dirti che però avrebbero bisogno di qualche cocktail per farsi convincere a portare più di cento chili sulle loro povere schiene e se hai un po' di testosterone, qualche sale minerale, un po' di coca o droghe pesanti potrebbero davvero esserle d'aiuto" disse Elena, ritornando a dormire per passare il tempo.
Damon sorrise: "Ecco qui, tesoro" ammiccò e tirò fuori dalla tasca delle bustine con tutta l'aria da "meglio-non-farsi-scoprire".
Elena alzò lo sguardo e strabuzzò gli occhi: "Damon! Di cosa ti fai?" strillò, improvvisamente seriamente preoccupata per la salute mentale del vampiro.
Damon alzò le spalle: "Un po' di quello, un po' di quell'altro" disse con indifferenza. "Fa venire gli addominali" aggiunse con tono di chi sa più di tutti, picchiettandosi con orgoglio i muscoli scolpiti che Elena aveva sempre creduto fossero frutto di un duro e faticoso lavoro in palestra. E allora dove andava quando diceva di andare in palestra a fare un po’ di sollevamento pesi?
Ok, aveva un’amante. Era sempre così: nei film, nei libri, nei telefilm americani. Elena si fece un appunto mentale; non era il momento di parlare di amanti, anche se l’argomento non sarebbe stato sorvolato, su questo Damon Salvatore poteva stare certo.
"Allora?" chiese Damon, domandandosi per quale ragione Elena fosse così stupefatta.
"Siamo logorroici oggi" sbuffò poi ironico Damon, tentando in tutti i modi di picchiettare l'orgoglio della pazza umana che si era trovato.
Elena non apriva parola, troppo concentrata a chiedersi cos'era giusto e cos'era sbagliato. Damon  drogato non aveva mai fatto parte dei suoi piani per il presente e per il futuro. Questa era una novità ed era sbagliato. Intanto, per impedirgli di assumere ancora robaccia, poteva buttarla via. E magari darla a...
"Diamo la tua roba alle formiche" esclamò Elena, pregando Dio per chiedere scusa per aver dato il via libera all'overdose delle formiche e sperando che Damon acconsentisse. Il vampiro, che non si aspettava il risveglio dal sonno dei morti di Elena, dopo aver preso il suo "infarto da spavento" acconsentì: "Dobbiamo uscire di qui" concordò.
"Bene" sussurrò minacciosa Elena. Afferrò una di quelle bustine e sparpagliò la polverina bianca sul terreno.
"Speriamo che non se la mangino i topi" intervenne Damon ironico.
Elena lo fulminò con un'occhiata inceneritrice: "Non portar male" sibilò.
Damon annuì, sorridendo sornione. Per una volta era stato utile…
“Mangiate cretine” mormorava Elena, continuando a muovere le dita sul terreno sudicio di quella cella claustrofobica e puzzolente. Ogni tanto la ragazza imprecava perché le sue unghie si sporcavano di polvere e Damon avrebbe voluto tanto prenderla in giro; ma forse quello non era proprio il momento migliore, se teneva alla sua esistenza centenaria.
Quando Elena ebbe finito di ricoprire per bene il suolo, si lasciò cadere all’indietro, esausta, come se la distribuzione di chissà quale sostanza poco legale alle formiche fosse stata davvero faticosa. Non aveva previsto che sarebbe andata a sbattere contro il muro. “Ahi” si lamentò, cominciando a imprecare massaggiandosi lentamente la schiena.
Damon ridacchiò fra le ginocchia, posizione che aveva ormai adottato da qualche ora e da cui si liberava solamente per bisogni estremi.
Elena, tra i sussulti di dolore quando toccava un punto più sensibile, imprecava come non aveva mai fatto e stava augurando tutti i mali possibili al suo fidanzato, che rideva sempre di più.
“Smettila di prendermi in giro!” strillò Elena, che ormai non sentiva più male da quanto era occupata ad urlare.
“E chi lo sta facendo, amore?” rispose Damon, che per la lite d’occasione aveva deciso di sollevare il mento dalle gambe di qualche centimetro, pur tenendo sempre il collo piegato e sepolto.
Elena cominciò a saltellare dalla rabbia: “Non chiamarmi amore!” ordinò sempre più impazzita.
Damon alzò le mani in segno di difesa: “Va bene, va bene. Tesoro” aggiunse, sottolineando bene l’ultima parola che fece traboccare il vaso: Elena perse letteralmente il controllo.
Una tigre dal pelo disordinato, lungo, castano e sporco si avventò sul vampiro che ritenne adeguato cambiare posa. “Se non fosse per te, razza di stupido idiota, non saremmo qui!” cominciò a sfogarsi Elena, mentre sganciava pugni e calci a qualsiasi parte del corpo di Damon (o del muro, ad essere precisi) le capitava a tiro. Era così intenta e impegnata nella sua battaglia che non sentiva i deboli mormorii di pietà dei suoi piedi e delle sue mani. Elena era furente.
“Cosa ti è saltato in testa di comprare un robottino sforna gnomi?” domandò la povera ragazza, cadendo sempre più profondamente nel baratro dell’isteria. “Pensavi di farmi felice, eh?” chiese ancora Elena. Damon era in preda alla confusione più totale: doveva rispondere oppure doveva stare là, sdraiato in mezzo alla cella sotterranea, a subire il dolore provocatogli da una donna umana?
“Per quale ragione avresti pensato che uno stupido incapace robot cinese avrebbe risolto i problemi delle pulizie? Non potevi assumere una domestica rumena, serba o polacca? No, non potevi? Forse non ci hai nemmeno pensato, razzia di idiota senza cervello!” continuava a urlare Elena.
Damon decise di patire i dolori dell’inferno per altri cinque minuti, in attesa che una benedizione divina avrebbe fatto distrarre Elena dalla sua attività. E, grazie a qualche santo lassù nel cielo, quella benedizione arrivò.
Una voce di certo amplificata interruppe lo sfogo di Elena: “Qui capitan Formicuz. Attendo gli ordini”.
Elena spalancò gli occhi, in cerca della fonte da cui proveniva la voce.
“Qui capitan Formicuz. Attendo gli ordini” ripeté la voce. Damon notò con rammarico che poco distante da loro c’era una trombetta, una di quelle che i bambini usano a Carnevale per spaccare i timpani ai loro amici. Solo che invece di emettere un suono senza senso, amplificava la voce a chi parlava. Una specie di megafono in versione giocattolo.
“Damon? Damon? Lo senti anche tu? Dimmi che lo senti!” disse preoccupata Elena, guardandosi attorno come un serial killer che deve assicurarsi l’assenza di poliziotti nella zona prima di attraversare la camera.
Il vampiro avrebbe voluto dirle: “No, non lo sento. Sei ufficialmente pazza, con l’Alzheimer e da manicomio. O perlomeno da ricovero”. Ma non lo fece per due ragioni sostanziose: primo, si giocava la sua gabbia toracica; quella ragazza aveva più muscoli che ossa, a differenza di quello che aveva sempre pensato. Secondo, se senti una voce che proviene da una trombetta giocattolo, avere qualcuno con cui confrontarsi può essere incredibilmente d’aiuto.
Così, rispose con un tono carico d’ansia: “Sì, la sento anch’io”. Rifletté un attimo e decise di aggiungere un piccolo dettaglio che probabilmente Elena non aveva colto: “Viene da quella trombetta giocattolo” e indicò il tubicino di carta allargato sul fondo variopinto dei  colori più assurdi.
Elena guardò il punto indicato da Damon e annuì: “Lo avevo notato anch’io ovviamente” si vantò.
Damon sbuffò: “Sì, certo. E io vado a letto con Paris Hilton”.
Elena si voltò di scatto verso di lui: “Cooooosa?” chiese stupita, allungando esageratamente la “o” e pronta a ritornare all’attacco.
Il vampiro alzò gli occhi al cielo: “Era una battuta, Elena” spiegò paziente. 
“Ah, menomale, altrimenti io…” ricominciò a dire la ragazza, ma venne interrotta da quel tale “capitan Formicuz”: “Allora! Ci stiamo rompendo le scatole qui! Sono capitan Formicuz e voglio del rispetto, visto che avete convocato me e tutto il mio esercito” si lamentò indispettito il tipo.
Elena e Damon si fissarono, poi dissero in coro: “Ma dove sei? Chi sei?”.
Una formica con i muscoli assolutamente rinvigoriti da qualche sostanza chimica e poco salutare (a questo pensiero Elena cominciò a sentire i sensi di colpa crescere dentro di lei come piante rampicanti) si fece strada verso il debole cono di luce che proveniva dalla finestra con le sbarre della cella.
Non poteva essere vero; non poteva esserci un esercito di formiche davanti a loro. Damon stava scherzando quando aveva avuto quella stupida idea. Elena non credeva che quella roba potesse davvero influire sull’organismo di quelle poverette. Nel peggiore dei casi, sarebbero morte appena ne avrebbero assaggiata un po’.
“Tu non sei vero” farfugliò Elena, stringendosi al petto di Damon come un cucciolo impaurito. “Tu non puoi essere vero”.
Damon avrebbe giurato di vedere la formica ammiccare: “Mi dispiace, capitan Elena. Sono vero e reale” comunicò, fiero di sé stesso.
“Noooo!” strillò con un acuto da far paura Elena. “Nonononononono! Zitto! Devo pensare, ora! Lasciami pensare!” urlò, sempre più impazzita.
Si alzò con violenza, scaraventando Damon contro il muro, e cominciò a camminare avanti e indietro per la stanza. Il vampiro non sapeva cosa fare per farla ritornare in sé. Poi, improvvisamente, si fermò; e fu in quel momento che Elena toccò l’apice della follia.
“Ecco quello che faremo” cominciò a spiegare la nuova Elena, “noi distruggeremo l’esercito di gnomi”. Appena fu presentato il piano d’attacco Gilbert, Damon si lasciò sfuggire un gemito di dolore. Stava perdendo la sua Elena: non sapeva se era un’illusione ottica causata dalla paura, ma la vedeva con gli occhietti iniettati di sangue e tutta tremolante, in stile film horror.
Elena si guardò attorno con aria inquisitoria: “Qualcuno ha domande? Capitano?” chiese, puntando d’un tratto lo sguardo sul povero capitan Formicuz.
“Assolutamente no, capitan Elena” rispose lui, obbediente.
“Voi, esercito, miei prodi! Avete domande?” continuò l’interrogatorio Elena, passando in rassegna tutto l’esercito delle formiche, ancora completamente sotto l’effetto della droga.
Come un sol uomo, i piccoli insetti scossero la minuscola testa. Elena sorrise trionfante e concluse: “Damon Salvatore, tu hai domande?”.
Damon si mangiucchiò le unghie: sapeva che se avesse detto la verità quella nuova Elena lo avrebbe riempito di botte, ma non poteva dire che uccidere i nanetti da 90.000 $ era una cosa che si poteva tranquillamente fare.
“Più che altro, ho una protesta” cominciò indeciso il vampiro.
Elena storse lo sguardo, avvicinandosi come se volesse fiutare nell’aria quale fosse la cosa su cui aveva da contraddire. “Ah, sì? E qual è, si può sapere?” chiese.
Damon prese un profondo respiro e confessò: “Io ho speso la bellezza di 90.000 $ per comprarti quel dannato robottino spara gnomi e tu ora lo vuoi… lo vuoi distruggere” piagnucolò il vampiro, con la voglia divorante di distruggere quello stupido esercito schiacciando ogni lurido, schifoso insetto con lentezza disarmante, in modo che il dolore avrebbe raggiunto livelli mai sperimentati prima.
Elena lo guardò male, il suo viso non si addolcì: “Primo, non voglio distruggere la macchina ma solo gli gnomi. Secondo, sei sicuro di aver pagato?” chiese inquisitoria.
Damon sarebbe arrossito e non replicò, sotto il sorriso soddisfatto della pazza Elena in versione militare. “Allora… all’attacco!” urlò.
Le formiche si misero a sgranocchiare le sbarre della finestrella che consentiva alla luce di entrare nella cella, e dopo qualche minuto uscirono più pronte che mai ad affrontare gli gnomi.
Elena le seguì con entusiasmo, mentre Damon si alzò e camminò strascicando i piedi svogliatamente, e con una vaga voglia di chiamare il guardiano e comunicargli che la fidanzata aveva trovato il modo di scappare. Ma non lo fece.
Dopo qualche minuto si ritrovarono davanti alla loro casa e Damon vide le formiche combattere valorose, così come i suoi amati nanetti, anche se nell’ultima ora aveva cominciato seriamente ad odiarli per avergli fatto questo. Avevano portato via la sua Elena, avevano distrutto la sua vita.
Improvvisamente le bandiere gialle dell’esercito delle formiche si spostavano sempre di più verso il fiume e, Damon strabuzzò gli occhi, caddero in acqua. Sparirono alla sua vista, così come fecero gli gnomi poco dopo.
“Certe creature sono proprio stupide” pensò Damon. Poi vide Elena e per un orribile breve attimo ebbe l’impressione che si volesse buttare giù anche lei. Ma non lo fece: si voltò sorridendo come la vecchia Elena e corse verso di lui.
“Damon!” urlò felice. “Ce l’abbiamo fatta, li abbiamo uccisi tutti!” esultò felice.
“E siamo evasi illegalmente di prigione” puntualizzò Damon, abbracciandola, dimenticando completamente che nelle ultime ore aveva seriamente pensato di aver perso la sua piccola per sempre.
Elena alzò le spalle: “Scappiamo! Andiamo lontano, in Europa, in Asia!” suggerì.
Damon sorrise: “Certo, ma prima…” rispose. Si mosse a velocità vampiresca verso il pensionato. “Che fai?” chiese Elena.
Damon sorrise e sollevò un albero, sradicandolo. Lo lanciò sul robottino, che emise un ultimo singulto doloroso e sfornò uno gnomo dimenticato dai suoi compagni, ormai morti sul letto del fiume.
La ragazza lo afferrò e prese per mano il suo ragazzo: “Grazie. Ma ora scappiamo” disse. Damon sorrise e partirono per una meta non stabilita e che mai lo sarebbe stata, lasciandosi alle spalle formiche e gnomi.

 

[…continua…]

 

 

 

 

 

Angolino della Matta Fra

Ciao ragazze! Come state?
Ok, voi vi chiederete dove sono morta… beh, per questa storia avevo pure messo l’avviso, quindi spero che mi perdoniate più facilmente. 

Ok questa OS era davvero una cavolata ma sapete, dopo l’esercito degli gnomi ho pensato alle formiche, a un’eventuale overdose e uno scontro tra gnomi e formiche. Ih che assurdità, ma d’altronde voi lo sapete che qui si ride e non c’è niente di realistico.
Ora spazio pubblicità e ringraziamenti: adoro tutte coloro che hanno recensito, ovviamente la mia amica
Glo  e la super Marghe che ha appena finito gli esami 
Ringrazio inoltre Ericuzza, una scrittrice che io ammiro tantissimo e di cui vi consiglio vivamente le sue storie. Sono troppo divertenti e per me è stato bellissimo che tu sia capitata su questa follia che scrivo 
La pubblicità per oggi va a queste tre meravigliose ragazze, in particolare a Glo e al suo team
con il suo crossover Gossip Girl – TVD! Leggetelo qui: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=746098
Infine vi segnalo le mie storie che spero leggerete se non lo avete già fatto: qui Please Come Back, un crossover Twilight – TVD che presto tornerò ad aggiornare e che ho intenzione di concludere quest’estate.
I Feel You è qui, una Delena al 100% che presto concluderò: i capitoli extra che non erano programmati quando ho scritto la fic sono in fase di scrittura.
E infine una mia OS a cui tengo particolarmente: qui potete leggere “Mi Manchi”, strappalacrime da far paura, ma spero vi piaccia.
Attendo vostri numerosi pareri!
Bacioni alla prossima follia
Fra

 

 

 

 

 


 

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Capitolo 11
*** Siringhe & Punture ***


11. Siringhe & Punture

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[… continua dal 3° Capitolo “Giardinaggio”]

 

Elena si è appena lasciata con Stefan e ha intrapreso una relazione con il fratello cattivo Damon, allergico ai pollini. Elena vorrà porre fine a questa storia, soprattutto dopo essere stata costretta ad avvelenare tutte le piante da lei piantate nel giardino…

 

Damon e gli starnuti

 
Damon non si era mai ritrovato prima di quel giorno a pensare al perché avesse quella strana allergia ai pollini. Se ci si rifletteva bene, effettivamente, la sua malattia appariva alquanto strana per un vampiro.
“Tesoro, è normale. Perfettamente normale. Oggi le persone che soffrono di allergie sono sempre di più. Ma tranquillo: può passarti prima di quanto credi! Pensa, mia zia era allergica alle graminacee ma quando compì i cinquant’anni… pensa un po’? Zia Kate è guarita!” aveva detto allegramente Elena, la sua stramba quanto bella fidanzata.
Zia Kate era guarita… Damon partiva sempre con quel pensiero per rincuorarsi: dopotutto, anche lui sarebbe potuto guarire, no? Qual era la differenza tra Damon Salvatore e Kate Gilbert?
Arrivato a questo punto, Damon si ritrovava a sbuffare e a raschiare violentemente il terreno con il suo stivale di cuoio. Lui era un vampiro di centocinquanta anni! Ecco qual era la differenza!
Damon, quella mattina di Maggio, guardò il cielo azzurro cosparso di qualche nuvoletta. Il sole splendeva e Elena si stava abbrustolendo sotto di esso, su una sdraio a righe rosse e bianche nel bel mezzo del giardino.
Il prato era stato devastato dal veleno repellente che ci aveva spruzzato Elena, dopo ore di lavoro per farlo tornare rigoglioso. Al pensiero della fatica che aveva impiegato la sua ragazza per quel giardino, Damon si sentiva male. Avrebbe voluto scappare e tuffarsi nel fiume, sperando la sua testa colpisse una pietra abbastanza forte da annebbiargli la mente, così quando sarebbe finito su un paletto di legno il suo istinto di sopravvivenza non lo avrebbe indotto ad attutire la caduta.
Forse era per Elena che aveva davvero seriamente proposto di andare a farsi vaccinare?
La verità era che lui detestava i medici, le siringhe, le punture; qualsiasi cosa fosse pungente, lui la odiava. E non avrebbe permesso che una stupida innocente allergia lo convincesse ad affrontare le sue più remote e nascoste paure.
“Etciiiiiiiii” starnutì Damon, ripentendosi mentalmente che non era niente.
“Etciiiiiiiii”. Ancora una volta, Damon starnutì. Ed Elena scattò: “Che diavolo aspetti, amore?” chiese, sfogliando la sua rivista di giardinaggio. “Corri a farti vaccinare!”
Damon impallidì e cominciò ad esaminare un punto indefinito del muro esterno della pensione: “Avranno una lunga lista d’attesa… lasciamo prima chi ne ha davvero bisogno” tentò di convincerla il vampiro.
Damon sentì un qualcosa incastrarsi nel suo naso e cominciò a grugnire per farlo uscire. Percepì la preoccupazione di Elena, che si era voltata e aveva abbassato gli occhiali da sole per vedere più chiaramente cosa stava combinando il suo ragazzo. “Sul serio? Lasciamo chi ne ha davvero bisogno?” ripeté lei con tono scettico.
Damon continuava a starnutire e Elena perse la pazienza: si alzò dalla sua sdraio, lanciò la sua rivista dall’altra parte del giardino e, camminando a grandi falcate verso il suo ragazzo, sollevò una quantità abnorme di erba e polline, facendolo cominciare anche a tossire.
Elena imprecò tra l’erba ingiallita che le svolazzava attorno come tanti moscerini fastidiosi, scacciandola con le mani senza troppo successo. Un lungo filo color paglia le si infilò in una narice e la ragazza sbuffò fino a quando non lo vide cadere a terra.  
Damon, alla vista di Elena così imbufalita, scoppiò a ridere. Ma forse non avrebbe dovuto: Elena era dolce come uno zuccherino e smielata come l’eroina di un film romantico, ma quando la si faceva arrabbiare poteva diventare una pantera.
“Come osi ridere?” urlò minacciosa lei.
Damon non riusciva a togliersi quell’espressione divertita dalla faccia e tanto per peggiorare la situazione cominciò ad esibirsi in un’esilarante imitazione della sua bella fidanzata. Faceva degli strani suoni con il naso e digrignava i denti, imprecando come un dannato, e sputacchiava dalla rabbia. Elena, intanto, stringeva i pugni per evitare di saltargli addosso. Era consapevole che se lo avesse fatto, sarebbe stata un’autolesionista.
“Damon! Smettila!” strillava Elena, saltellando da un piede all’altro per la rabbia.
Il vampiro non intendeva proprio fermarsi: cominciò pure a zampettare tra il giardino, emettendo urla acute ogni volta che un granello di terra si incastrava da qualche parte nei suoi vestiti: “Oddio! Della terra! Come farò? Non va via! Oddio! Damon, che facciamo?” cinguettava meschinamente.
Poi si accorse che al posto di Elena c’era solamente uno spazio di terreno dove l’erba ingiallita era più schiacciata per il peso della persona che prima stava lì, e che ora era sparita.
Damon cominciò a sentire la tipica puzza che non porta nulla di buono. La voglia di fare il pagliaccio si era volatilizzata.
“Elena?” chiamò, girandosi su se stesso come se fosse l’agente 007.
Andò un po’ più avanti, poi parve ripensarci e tornò indietro. Aveva un tic che lo induceva a voltare la testa ogni secondo per controllare che Elena non arrivasse appena a una liana e gli saltasse sulle spalle in stile Tarzan. Il solo pensiero lo terrorizzava, anche se in un’altra situazione probabilmente lo avrebbe trovato inspiegabilmente eccitante.
“Elena?” provò di nuovo Damon. Ora capiva qual era la strana sensazione che gli era capitato di sentire descrivere da qualche umano che aveva erroneamente considerato paranoico: quando hai paura o temi un rumore, lo senti nelle tue orecchie rimbombare, facendoti credere che sia reale. Era una sensazione assolutamente schifosa, constatò Damon.
Continuava a voltarsi ininterrottamente, come se gli girasse attorno un’ape impazzita che voleva a tutti i costi pungerlo.
In un momento in cui non era voltato dietro, sentì delle mani toccargli le spalle con una presa decisamente familiare: “Amooooore!” sussurrò Elena.
Damon lanciò un grido di puro spavento e si voltò verso la ragazza con un salto degno da medaglia d’oro alle Olimpiadi e indietreggiò, cadendo di tanto in tanto e risollevandosi barcollante.
“Tu! Mi hai spaventato a morte!” balbettò Damon, in preda al puro terrore. Elena sorrise, divertita alla vista del suo indice accusatorio verso di lei, tutto tremante e per nulla intimidatorio.
Fece spallucce e cominciò a camminare intorno a Damon, che si sentiva come un agnellino che stava per venire sacrificato. “Vuoi davvero evitare il tuo bel vaccino?” ghignò minacciosa Elena.
Damon scosse la testa velocemente: “No. Mi farò vaccinare” disse lui, balbettando involontariamente.
Elena sorrise trionfante: “Giuralo” lo invitò sghignazzando.
Damon non fece nemmeno in tempo a pensare ai pro e ai contro, che la sua bocca si aprì e lasciò uscire un “sì” piuttosto incerto, ma nemmeno troppo intimorito.
La ragazza di tutta risposta si lasciò andare con un ululato sguaiato e corse verso casa per andare a prepararsi. Damon si sentì chiamare, così a malincuore e in preda alle visioni di siringhe appuntite, la seguì.

 

In auto verso l’Azienda per i Servizi Sanitari

 

Elena stava guidando e aveva abbassato al minimo il volume della radio; era una cosa che non faceva mai, soprattutto se una stazione trasmetteva la sua canzone del momento. Damon sospettava che in quel maledetto tragitto da casa all’ospedale, nemmeno la melodia più bella del mondo avrebbe distolto Elena dalla sua cantilena che lo costringeva a ripetere come un bambino.
“Damon! Cosa abbiamo detto?” ricominciò Elena per l’ennesima volta.
Il vampiro sbuffò di tutta risposta, il che fece infuriare Elena.
“No! Cavoli” sbraitò, sfogando la sua rabbia sul volante e schiacciando sul clacson con esagerata foga. Damon lanciò sorrisi di scusa agli autisti che avevano sollevato selvaggiamente (e giustamente) il dito medio.
Dopo essersi impegnato nelle scuse con sorrisi ammiccanti, Damon si rivolse alla sua ragazza: “Dico! Ma stai scherzando?! Non si può suonare il clacson in quella maniera… è semplicemente…” disse il vampiro, lasciando in sospeso la frase perché non aveva la più pallida idea di come definire “suonare il clacson in quella maniera”. Si rendeva conto di comportarsi nel modo più ipocrita possibile, visto che quella era il genere di cosa che un tempo si sarebbe divertito fare.
Elena sorrise meschina: “Com’è scusa, Damon?” domandò.
Damon si strofinava le mani sudate sui pantaloni neri: “Semplicemente… vergognoso” concluse infine.
Elena si lasciò andare in una risata divertita, come se fosse appena stata pronunciata la barzelletta più divertente del mondo: “Non hai nemmeno idea di cosa voglia dire quello che hai detto” gli fece notare tra le risate sguaiate. “Comunque” riprese, quando ebbe finito di sghignazzare, “prima non mi hai fatto finire il discorso. Dovevi ripetere quello che ho detto e non l’hai fatto” disse con un tono da rimprovero Elena.
Damon sbuffò: “Devo ammaliare la segretaria per farmi vaccinare ora” mugolò con tono depresso.
Elena sorrise trionfante: “Esatto, amore. Ancora, ripeti!” lo incoraggiò.
Damon si esibì in una performance costituita da cento battute tutte uguali fra loro, e venne “salvato” dall’arrivo all’ospedale.
“Bene. Sei stato bravo” si complimentò Elena, battendo le mani in un applauso entusiasta. “Ora andiamo” aggiunse, aprendo la portiera.
Damon scese dalla macchina a sua volta, ma prima di incamminarsi verso l’entrata la fermò prendendola per un braccio: “Ma tu non vuoi mai che io ammali la gente” osservò con rabbia.
La ragazza sorrise: “Lo so. Ma oggi è proprio necessario” spiegò rapidamente. “Dunque, cosa dovrai dire?” riprese a chiedere.
Damon rinunciò a combattere e rispose solamente: “Devo ammaliare la segretaria per farmi vaccinare ora”.
Elena sorrise trionfante: “Così si fa!” esclamò, tutta soddisfatta. E si incamminarono verso l’entrata dell’ospedale.

 

La segretaria ammaliata

 
Devo ammaliare la segretaria per farmi vaccinare ora” cominciò Damon, rivolgendosi alla donna minuta dai capelli neri corvini tagliati a caschetto con una frangia spelacchiata, che stava dietro a una grande scrivania in legno.
Lei lo guardò male: “Come scusi?” chiese educatamente.
Devo ammaliare la segretaria per farmi vaccinare ora” ripeté Damon, con più insistenza. Aveva ripetuto così tante volte quella dannata frase che si era convinto che facesse parte del copione. Pure Elena non si accorgeva di quello che stava accadendo; avevano ripetuto le stesse parole all’infinito fino a non capirne più il senso.
La segretaria si accigliò: “Temo di non capire” si scusò lei.
Elena cominciò a svegliarsi e tentò di salvare la situazione, mentre lanciava calci alle gambe muscolose di Damon. “Quello che il mio fidanzato voleva dire è che… beh, vede, abbiamo scoperto che ha una gravissima allergia ai pollini e non possiamo proprio aspettare quindi… beh, è urgente, insomma” spiegò impacciata.
Damon intanto non capiva cosa avesse fatto per meritarsi quel dolore ai polpacci: “Ma che diavolo combini, amore?” chiese stravolto. Elena fece qualche segno con gli occhi, ma il vampiro non li comprese fino a quando la sua ragazza non gli sussurrò: “Ammaliala”.
Damon annuì e procedette, mentre Elena controllava che non arrivasse nessuno a disturbare.
Dopo qualche secondo sentirono la voce della segretaria, improvvisamente sicura e professionale: “Allora, signori! Da questa parte potrete fare il vaccino. Seguitemi prego” disse allegramente.
Elena la seguì all’istante e Damon le raggiunse subito, accompagnato da un sorrisetto e un  sospiro: “Quanto mi mancava ammaliare la gente…”.

 

Panico, volo e puntura!

 

Damon era seduto su un lettino scomodo dell’ospedale e sudava freddo: “Farà male?” domandò con voce tremula.
Il dottor Lockwood (laureato con il massimo dei voti in medicina, trent’anni di esperienza e un aspetto ancora piuttosto giovane), che stava confabulando con Elena sommessamente, si voltò con un sorriso che probabilmente intendeva essere amichevole, ma che risultava a dir poco terrificante: “Signor Salvatore… siamo uomini, giusto? Non farà niente!” esclamò allegramente, per poi scoppiare in una risata fragorosa, lasciando intravedere i suoi denti gialli marci. Elena si unì a lui come se si conoscessero da anni e Damon accennò a una risatina nervosa, che si affievolì del tutto quando il dottore si avvicinò a una scatola di cartone e ne tirò fuori una siringa trasparente.
Damon la osservò con attenzione, notando che aveva delle tacche per segnare i millilitri. Poteva contenere decisamente troppo liquido. Venne scosso da un’ondata di tremarella al solo pensiero che quel sottile tubicino gli si conficcasse nella pelle e qualcosa gli entrasse in circolo…
“Bene, Damon” annunciò il medico. “Si comincia”. Al vampiro parve di vedere i suoi occhi neri lampeggiare, ansiosi di uccidere.
Il vampiro si lasciò sollevare passivamente la manica della camicia e attese.
Dopo un secondo fece un salto e cadde dal lettino: “Ahhhh mi ha toccato! Ahhhh mi ha toccato” urlò in preda al terrore.
Gli parve di nuovo che gli occhi del dottore lampeggiassero, come se fossero posseduti da Satana: “Mi stia lontano, mi stia lontano!” urlò Damon.
Il dottore sorrise: “Signor Salvatore… non esageri ora. Non sentirà nulla” lo rassicurò. Gli occhi continuavano ad illuminarsi di luce agghiacciante. Ora i suoi capelli bianchi erano sparati in aria, come se la voglia di uccidere li avesse posseduti. Lockwood si accovacciò al pavimento, proprio dove si trovava Damon, il quale era piegato su se stesso nel tentativo di proteggersi.
Quando vide la siringa avvicinarsi, scattò in alto e corse verso la finestra: “Noooooooooooooo!” ululò il vampiro, e si lanciò dal cornicione, scuotendo le gambe e le mani violentemente.
Il dottor Lockwood strabuzzò gli occhi, come se fosse stato tutto il tempo al buio e solo ora vedesse la luce: “Ma dov’è finito?” chiese, con evidente tono sbigottito e incredulo.
Elena alzò le spalle e guardò giù dalla finestra con leggerezza: “Starà bene” disse solamente. Diede un’occhiata al medico e aggiunse: “E lei? Si sente bene?”.
Lockwood cominciava ad assumere tonalità sempre più vicine al verde: “Non esattamente. Sono solo un po’ sconvolto…” la tranquillizzò lui.
Elena assunse un’espressione comprensiva: “Lo so. Probabilmente è perché non le è mai capitato in vita sua di ricevere un tale rifiuto da parte di un suo paziente. Ho una soluzione, allora: possiamo ancora prenderlo. Dobbiamo solamente…” lasciò la frase in sospeso.
Prese per mano il medico e lo trascinò giù nel vuoto, passando davanti alle finestre di tre piani di ospedale. Sentiva Lockwood gridare di terrore, mentre Elena reprimeva le urla per non morire di paura.
Quando toccarono terra, entrambi rotolarono sull’erba come due tappeti. Elena si alzò per prima, afferrò la siringa e corse a cercare Damon, lasciando Lockwood a vomitare e in preda alla nausea.  
“Damon! Amooooore! Sono io, non ti farò del male!” urlava come una pazza, svoltando a destra e poi improvvisamente a sinistra. Chi non sapeva cosa stava succedendo, l’avrebbe presa per pazza.
Elena si fermò, con il fiatone che le impediva di muovere un solo passo in più. “Damon, ti prego!” sussurrò sfinita, per poi accasciarsi accanto a un cespuglio piuttosto pungente, ma la ragazza non se ne curò. Era troppo stanca per badare alle spine che le punzecchiavano la pelle.
A distoglierla dai suoi pensieri ci fu uno starnuto, che proveniva proprio da dietro di lei. Si voltò di scatto e vide Damon, bellissimo come sempre e spaventato come un bambino. Aveva un sorriso angelico e tenero stampato sul volto.
“Scusami” mormorò, “ma io non… lo so che avevo promesso, anzi giurato, di farmi vaccinare. È solo che quel tipo mi incute timore” spiegò, fissandosi le mani sudate tutto il tempo in cui parlò.
Elena sorrise, intenerita da quel nuovo Damon: “Faccio io, ok?” propose incerta.
Vide Damon annuire lentamente e lei si avvicinò con la siringa, molto cautamente. Quel vampiro era proprio stupido: preferiva essere vaccinato da una che non sapeva neanche da che parte si cominciava, piuttosto che da un medico laureato e pieno di esperienza. Proprio non lo capiva…
Damon rimase fermo e guardò tutto il tempo il cielo: “Sappi solo che se morirò, io ti ho amata e ti amo e ti amerò per sempre, davvero, Elena…” dichiarò il vampiro.
Elena sbuffò: “Ho già fatto, Damon. Comunque ti amo anch’io”. Cominciò a mettere via la siringa e si alzò, tendendo una mano per aiutarlo ad alzarsi. “Andiamo?” suggerì.
Damon era ancora sconvolto: ma davvero quel liquido gli era entrato in circolo? Davvero qualcosa aveva bucato la sua pelle? Proprio non se n’era accorto. “Sì, andiamocene via subito” concordò.
“Non così in fretta!” esclamò una voce alle loro spalle. Damon e Elena si guardarono preoccupati per quello che questa volta avrebbero dovuto affrontare. Ormai avevano capito che la loro vita non poteva essere normale. 

 

[… Continua…]

 

 

 

 

Angolino della Matta Fra

 

Ehilà a tutte quante!
Sì, lo so. Sono in ritardo immenso… ma sapete. Beh, non so nemmeno io che scusa usare.
Prima di tutto passate a leggere questa nonsense: è stupenda. Scusate se comincio così, ma è davvero carinissima! Spero che vorrete lasciare una mini recensione anche lì, è scritta da una mia amica.
Ok, passando al capitolo… questo lo dedico senz’ombra di dubbio a laura the vampire slayer che, non so se ricorda, mi aveva suggerito in una sua recensione di scrivere di Damon e il vaccino. Ecco qui, spero di non averti delusa.
Un appello adesso: Marghiiiii! Dove sei finita? Ti prego, un messaggio! Solo per sapere che non sei morta!
Grazie mille ad AriaSolis che ha recensito per la prima volta. Grazie mille. Ti aspetto ancora.
Ovviamente grazie come sempre a GLObulesROUGE che c’è sempre. In ogni cosa che scrivo. Grazie.
E infine la cara _Ericuzza_ che amo tanto con le sue recensioni e la sua meravigliosa storia “Sposati”, che non manco di segnalarvi (soprattutto perché siete in questa mia pazza storia, perché se vi piace la mia pazza demenziale fanfic, adorerete la storia di Erica e della sua amica)! Eccola qui!
Spero che vi sia piaciuto questo capitolo (anche se so che è difficile che un vampiro si faccia vaccinare per varie ragioni) e spero di tornare presto con un altro. Intanto vi segnalo anche altre mie storie:
I Feel You, una Delena romantica che sto per concludere (per chi la segue: presto il nuovo capitolo!)
Please Come Back, un crossover Twilight – TVD che spero di continuare ma sono a corto di ispirazione, anche causa calo immenso di recensioni. Evidentemente non sono stata perdonata per il ritardo… beh, forse avete anche ragione
J
Mi Manchi, un OS ispirata alla fine della II Stagione, un finale alternativo estremamente drammatico.
Ho in programma tante altre idee, ma prima devo finire le mie due long-fic, quindi ne passerà di tempo…
Grazie a chi segue questa storia e l’ha inserita tra le preferite, tra le seguite e tra le ricordate. Grazie soprattutto a chi recensisce e mi fa sapere il suo parere, ma anche a chi legge in silenzio. Vi amo.
Baci

Fra           

 

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