Somewhere in my mind.

di Maggie_Lullaby
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6. ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7. ***
Capitolo 8: *** Capitolo Otto. ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1. ***


Autore: Maggie_Lullaby

Rating: Arancione.

Ambientazione: è ambientata nella sesta stagione. Benché il secondo episodio sia già passato JJ non se n'è andata.

Personaggi: un po' tutti, Spencer Reid, Nuovo Personaggio.

Disclaimer: i personaggi, ad eccezione di quelli da me creati, non mi appartengono ma bensì a Jeff Davis. Criminal Minds appartiene alla CBS. Questa storia non è stata scritta a scopi di lucro.

Somewhere in my mind.


A Ornella, perché non doveva finire così.

Ad Arianna e Sebastiano, perché non hanno più una madre.

A chiunque ha perso qualcuno, che quel qualcuno abbia scelto o meno di morire.

Temere l'amore è temere la vita, e chi teme la vita è già morto per tre quarti.

{Bertrand Russell}

Sede di Quantico; Virginia.

Reid, è la decima volta che ti chiamo, per favore, richiamami appena senti il messaggio. Se non avrò tue notizie entro mezzogiorno verrò a casa tua a controllare che vada tutto bene. Ovunque tu sia, accendi questo dannato telefono!”, ruggì Derek Morgan nella cornetta del telefono dell'ufficio, riattaccandolo rabbiosamente e passandosi una mano sul viso, stancamente.

Nella sede dell'Analisi Comportamentale di Quantico, quel giorno, andava tutto nel migliore dei modi: non c'erano casi urgenti e gli agenti del B.A.U. approfittavano di simile situazione per rimettersi in pari con i rapporti degli ultimi omicidi seguiti e le scartoffie che riempivano le loro scrivanie.

Tutti gli agenti, meno che Reid.

Morgan lanciò un'occhiata al proprio cellulare per controllare se fosse arrivato qualche messaggio e, non vedendone, si alzò dalla propria scrivania per raggiungere Emily Prentiss nell'angolo relax, dove si stava versando un caffè.

Reid ti ha detto che oggi non sarebbe venuto?”, domandò più bruscamente di quanto sarebbe voluto essere.

Come..? No. Non mi è arrivato nessun messaggio. Come mai?”, domandò la donna, alzando un sopracciglio prima di rispondere per via del tono del collega.

Non noti nulla? Lui non c'è. L'ho chiamato almeno una decina di volta, sia a casa che al cellulare: non risponde. Ho una brutta sensazione”, spiegò Morgan, lanciando ad intermittenza un'occhiata al proprio orologio da polso.

È deformazione professionale”, disse Emily. “Vedrai che starà benissimo, non gli sarà suonata la sveglia”.

Sai benissimo che tiene sempre il cellulare acceso, Prentiss”, ringhiò Derek, mentre l'ansia che covava dentro di sé cresceva.

Si sarà scaricato mentre dormiva”, provò la mora, ora con meno convinzione di prima.

I due rimasero in silenzio a guardarsi negli occhi, innervositi.

Perché deve sempre accadere qualcosa anche nelle giornate più tranquille in questo ufficio?!”, sbottò Emily, sbattendo con forza la tazza di caffè sul ripiano del piccolo bar e camminando a grandi passi verso l'ufficio del loro capo-sezione, l'Agente Speciale Supervisore Aaron Hotchner.

Bussò due volte alla porta chiusa, tamburellando il piede destro sul pavimento in linoleum scuro mentre Morgan la raggiungeva.

Avanti”, disse la voce profonda di Hotch da dietro la porta. Emily la spalancò ed entrò, piazzandosi davanti alla scrivania del collega affiancata da Morgan.

Qualcosa non va?”, domandò Aaron, confuso dalle espressioni dei due agenti.

Reid ti ha per caso avvertito che oggi non sarebbe venuto?”, domandò Derek, velocemente.

No, ve l'avrei riferito. Non è venuto?”, domandò Hotch, mentre lasciava cadere sul fascicolo su cui stava lavorando la propria penna e alzandosi.

No. L'ho chiamato e non risponde. Se devo essere sincero, sono un po' preoccupato”, ammise Morgan, nervosamente. “Non è da lui non avvertire che non sarebbe venuto, lo sai bene”.

Hotch gli fece cenno di aspettare, prese in mano la cornetta del telefono e digitò il numero di casa di Spencer Reid.

Dopo qualche secondo riattaccò.

Non risponde. Cosa vuoi fare, Morgan?”, domandò, una nuova espressione sul viso.

Vorrei andare a controllare a casa sua. Solo accertarmi che vada tutto bene”, spiegò il nero, gesticolando con le mani. Le ipotesi di un incidente domestico non erano del tutto da scartare, dopotutto, Reid viveva solo.

Hotch meditò qualche secondo.

Non abbiamo casi, Hotch, ti prego. Non sono tranquillo”. Derek e Aaron si guardarono negli occhi per parecchi istanti.

Se c'è qualcosa che non va, chiamaci”, gli intimò.

Lo farò.”, assicurò Derek. “Torno presto”. E uscì dallo studio sotto lo sguardo meditabondo del capo-sezione.

Emily lo osservò qualche secondo.

Va tutto bene?”, domandò.

Morgan ha ragione: non è da Reid non dire nulla”.

**

Man mano che guidava verso la casa di Reid la sensazione di occlusione che stringeva lo stomaco di Morgan si acuiva sempre di più. I pensieri dei più improbabili incidenti domestici gli attraversavano la mente a una velocità allarmante. Provò a richiamare il giovane amico ancora una volta, sia al numero di casa che la cellulare, senza ricevere risposta se non quella della segreteria telefonica.

Dove diavolo ti sei cacciato, ragazzino?”, domandò, sbottando, superando una vecchia auto scura preso dalla foga.

Per un misero decimo di secondo pensò anche a un S.I. che l'aveva preso in ostaggio, prima di darsi dello stupido. Emily aveva ragione, quella era deformazione professionale.

Parcheggiò davanti al condominio in cui viveva Spencer, entrando nel piccolo cortile del palazzo per poi entrare in un piccolo ingresso; salì le scale sino al quarto piano, lì dove abitava l'amico, e inizio a bussare alla porta, alternando con delle suonate al campanello.

Reid? Ci sei? Va tutto bene, ragazzino?”, domandò ad alta voce, senza ricevere alcuna risposta. Si abbassò al livello della serratura per controllare se riuscisse a vedere quel che accadeva dentro casa.

L'idea di buttare giù la porta a calci non lo attraeva particolarmente, specialmente se in seguito sarebbe venuto a galla che, tutto sommato, era vero che il cellulare si era scaricato e la sveglia non squillata e il giovane stava semplicemente dormendo beatamente.

Aspettò due minuti davanti alla porta chiusa, sperando di udire i passi di Reid raggiungere la porta, aprirla, e dirgli che non era suonata la sveglia e se gli concedeva qualche minuto sarebbero potuti andare al lavoro insieme.

Speranze vane.

Okay, ragazzino, la responsabilità è la tua”, mormorò tra sé Morgan, prima di fare un respiro profondo e buttare giù la porta con un potente calcio. La superficie in legno cadde a terra rovinosamente, e il rumore che provocò risuonò lungo le scale per un po'.

Derek portò istintivamente una mano alla pistola che teneva alla cinta, per ogni evenienza, ed entrò in casa.

L'appartamento di Reid era un trilocale che si apriva sul grosso salotto in cui vi era un divano, una poltrona, un piccolo televisore e le pareti stracolme di librerie piene di libri. Ovunque, vi erano libri e collezioni di CD di musica classica. In particolar modo, spiccava il nome di Beethoven sulle copertine dei dischi.

Seguì il corridoio e si affacciò sulla cucina. Era intatta, pulita, l'unica cosa vagamente fuori posto era un cartone di latte ancora pieno, ma nulla di più.

Morgan proseguì la strada, controllando tutte le stanza, chiamando l'amico ad alta voce. Anche se ormai era sicuro che non si trovasse in casa.

Per ultima, entrò nella camera di Reid. Il letto era stato rifatto, nulla lasciava presumere che ci fosse qualcosa che non andava. Oltre al fatto che il proprietario della casa non si trovava da nessuna parte.

Morgan si diede un'occhiata in giro, preda dell'ansia più totale.

Dovette fare qualche respiro profondo prima di calmarsi.

Prese il cellulare mentre le gambe gli tremavano per la preoccupazione.

Hotch. È scomparso”.


Continua...


Okay. Ci riprovo, e questa volta finirò questa fanfiction, costi quel che costi! Anzi, scusatemi se non ho finito la fic precedente ma mancavo assolutamente di immaginazione e ispirazione.

Con questa, invece, è tutta un'altra storia. Il secondo capitolo è già bello che pronto e lo pubblicherò tra qualche giorno e il terzo capitolo credo lo scriverò 'sta notte. So già quasi tutto quel che deve accadere, quindi le possibilità che io non finisca questa storia sono assai poche, per vostra sfortuna. ;)

Scherzi a parte, spero che questa storia vi piaccia, mi sono impegnata molto anche se trovo che sia troppo dialogata. Trovate così anche voi? Fatemi sapere se questo primo capitolo vi è piaciuto, oppure se non vi è piaciuto affatto. Le critiche sono sempre ben apprezzate. :D

Un bacio, a presto!

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Capitolo 2
*** Capitolo 2. ***


Wow, non mi aspettavo addirittura cinque recensioni, grazie! *-*

Dunque, in questo capitolo capiremo già qual'è il segreto tenuto nascosto da Spencer... Spero vi piaccia! L'idea mi attraeva molto...

Il prossimo capitolo è pronto e dovrei pubblicare il 15 Gennaio, in tal modo da portarmi avanti anche con il quarto capitolo, e magari il quinto. I capitoli non sono eccessivamente lunghi ma non voglio scrivere decine di pagine poiché impiegherei troppo tempo tra un aggiornamento e l'altro.

Beh, vi lascio al capitolo, io vado a scrivere il primo capitolo di un'altra long su Criminal Minds che mi è appena venuta in mente... *o*

Capitolo 2.


A casa sua non troveremo niente. È pulita, non vi sono segni di difesa. Se qualcuno ha preso Reid, deve averlo reso innocuo oppure l'ha fatto fuori casa”, spiegò Morgan, gli occhi scuri che riflettevano l'ansia dipinta su tutto il suo viso.

Sembrava che stesse accadendo tutto di nuovo, come con Raphael.

C'era la sua auto nel parcheggio?”, domandò Rossi, toccandosi il mento, pensieroso.

No”, rispose Derek. “Non c'è niente che faccia presumere che Reid abbia passato a casa il week-end”.

JJ si mise una mano su una bocca, tentando di fare dei respiri profondi per riprendere il controllo di sé stessa. Non poteva credere che Spencer fosse sparito di sua volontà senza dire nulla a nessuno, e men che mai riusciva a pensare che un altro S.I. l'avesse preso in ostaggio. Non Spencer. Non di nuovo.

Qualcuno di voi sa che impegni avesse per questo fine settimana?”, domandò Hotch, seriamente, il volto rigato da profonde righe di spossatezza.

Erano riuniti in sala riunioni, con loro c'era anche Garcia, ma vedere comunque la sedia di Reid vuota dava a tutti un segno di disagio.

A me ha detto solo che venerdì sera sarebbe andato a un concerto, non so che altri programmi avesse”, spiegò JJ, cercando di mantenere il tono di voce fermo e professionale.

Che concerto? Dove?”, chiese Rossi.

Al John F. Kennedy Center for the Performing Arts. Un concerto di... Bach, mi sembra”, spiegò la bionda.

Iniziamo da lì, controlliamo se qualcuno l'ha visto, se il suo biglietto è stato segnato”, disse Hotch alzandosi. “È palese che non assumeremo nuovi casi finché non troveremo Reid, ma vi prego di mantenere un'aria discreta su questa faccenda. Non voglio che l'intero dipartimento si metta in allarme finché non abbiamo la certezza che sia effettivamente scomparso. Garcia?”.

Sì, signore?”, domandò l'eccentrica informatica, scattando sull'attenti mentre afferrava una penna pronta a scrivere qualunque cose le chiedesse il suo capo.

Voglio che chiami tutti gli ospedali di Washington, che contatti tutte le stazioni di polizia, le concessionarie - voglio sapere dov'è finita la sua auto – anche... gli obitori”. Un senso di gelo calò nella stanza non appena venne pronunciata quest'ultima parola.

Hotch...”, lo richiamò Emily, con tono predicatorio.

Bisogna essere sicuri di tutto, Prentiss. Non voglio avere incertezze. Garcia, sei ancora qui? Morgan, Emily, voi due venite con me al John F. Kennedy Center for the Performing Arts; JJ aiuta Garcia, è un lavoro lungo; Rossi tu contatta la clinica della madre, voglio sapere se le è successo qualcosa e se Reid sia partito per questo motivo. Mettiamoci al lavoro”, concluse Aaron, dopo aver dettato gli ordini velocemente.

In simultaneo tutta la squadra si alzò per svolgere i propri compiti.

**


Il John F. Kennedy Center for the Performing Arts era uno dei più grandi teatri di tutta Washington D.C e considerato uno dei patrimoni culturali della Virginia.* Il fatto che Reid frequentasse un luogo simile non stupì nessuno dei membri del Bureau: conoscevano tutti la passione che provava il collega per la musica classica.

Il venerdì ha suonato qui la National Simphony Orchestra**”, disse Emily, notando il cartellone che avvisava l'evento passato attaccato vicino all'ingresso del teatro.

Roba grossa, non è uno spettacolo che si vede tutti i giorni”, mormorò Morgan. Per quanto non lo affascinasse la musica classica conosceva molto bene la fama di questa Orchestra, considerata dai critici una delle migliori degli Stati Uniti.

Ovviamente Reid avrà voluto assistere”, disse Prentiss, con un mezzo sorriso mentre immaginava il giovane genio emozionarsi a un simile evento.

Hotch, alla guida, parcheggiò nel primo posto libero che trovò più vicino all'ingresso e scese dall'auto, estraendo dalla tasca il proprio distintivo e una foto che aveva recuperato dagli archivi di Spencer.

Il cellulare di Morgan squillò e l'agente rispose al secondo squillo.

Rossi?”.

La clinica dice che Reid non si è visto e che la madre gode di ottima salute. Mi sono preso la libertà di controllare i movimenti della sua carta di credito: l'ultima spesa che ha fatto è stata il venerdì sera, tardi, al Nora Restaurant”, spiegò David Rossi.

Al Nora Restaurant? Però, si tratta bene il ragazzino. Grazie mille, Rossi, noi stiamo per entrare”, riattaccò prima che il collega più anziano potesse aggiungere qualcos'altro. “Rossi dice che non è successo nulla a Diana, Reid non è a Las Vegas e l'ultima volta che ha usato la carta di credito è stata venerdì sera, sul tardi, probabilmente dopo il concerto”, riferì a Emily e Hotch, che lo fissavano speranzosi.

A quelle parole la donna scrollò le spalle e si incamminò a grandi passi verso l'ingresso, lasciando indietro i due colleghi.

Non so davvero dove sia finito”, disse Derek, stremato.

Vedrai che lo troveremo. Abbiamo solo bisogno di tempo”.

Hotch, se l'ha preso un S.I. sai benissimo cosa dicono le statistiche!”.

Lo so, solo una piccola percentuale viene ritrovata dopo le ventiquattr'ore passate dal sequestro, e se Reid è stato rapito il sabato sono quasi passati tre giorni. Ma Spencer è in gamba, Morgan, ha già vissuto questa esperienza, sa come deve comportarsi”.

Derek annuì stancamente e si incamminò dietro ad Emily, seguito dal capo-sezione.

L'ingresso del teatro era spazioso, molto illuminato e decorato con sfarzo. Un tipico luogo frequentato da persone con molto denaro. Probabilmente lo stesso Presidente aveva camminato su quel pavimento decine e decine di volte.

Prentiss stava parlando con un inserviente, il distintivo ancora aperto in mano. Faceva dei gesti nervosi, evidentemente non stava gestendo bene la situazione. Per un secondo Hotch fu tentato dal desiderio di richiamarla e mandarla in ufficio.

...molta gente, qui, non so dirle...”, stava dicendo l'inserviente, un uomo sulla quarantina, tarchiato, con due spessi baffi a manubrio. “Dovrei vedere una foto”.

Hotch gliela mostrò insieme al distintivo.

L'impiegato socchiuse gli occhi per vedere meglio la foto, avvicinando il viso all'immagine.

Oh, Spencer! Sì, certo che mi ricordo di quel ragazzo, abbiamo passato mezz'ora a parlare solo dei messaggi subliminali, un paio di settimane fa”, disse. “Io però non l'ho visto venerdì, ma non c'è da stupirsi, era pieno di gente e io ho lavorato a lungo nell'ala nord del teatro”.

Lo conosce?”, domandò Morgan.

Certo! Ormai viene qui frequentemente da almeno tre anni!”. L'inserviente sorrise. “Io non so dirvi se venerdì ci fosse o meno, dovreste chiedere però ad Alison Juliet”.

Alison Juliet... e poi?”, fece Emily, segnandosi il nome.

Patricks. Alison Juliet Patricks. È una delle violiniste. Beh, diciamo la violinista della National Simphony Orchestra. Dovreste trovarla nell'auditorium, oggi è giornata di prove, lo spettacolo inizia solo questa sera”.

Hotch lo ringraziò con un cenno del capo, e si allontanò mentre Emily afferrava il cellulare e chiamava Garcia.

Dimmi tutto, zuccherino”, disse l'informatica dopo pochissimi squilli.

Dovresti farmi un controllo per un nome: Alison Juliet Patricks. È una violinista qui al teatro”.

Dammi due secondi, tesoro”, disse la rossa, mentre in sottofondo risuonava la voce leggera di JJ, evidentemente al telefono, e un pigiare di tasti. “Eccola qui, figlia di un avvocato e un'infermiera, ceto medio, ha due fratelli minore, Louis e Neil. Si è diplomata a diciotto anni, a diciannove anni a concluso gli studi al conservatorio ed è entrata a soli vent'anni nell'Orchestra di Washington. Ha iniziato a suonare il violino a tre anni. Questa ragazza è una piccola Mozart al femminile, rovesciato al violino!”, spiegò Garcia, mentre le informazioni sfilavano sotto i suoi occhi. “Ha ventisette anni e viva alla Seventh Avenue, 118. Ma chi è questa? Una sospettata? Ha la fedina immacolata”.

No, solo una conoscente di Reid, probabilmente. Voglio solo fare dei controlli su chiunque sia stato vicino a Spencer nelle ultime cinquantadue ore”, ringhiò Emily. “Voi avete qualche novità?”.

Nulla, grazie al cielo, dagli obitori. Abbiamo iniziato da quelli. Stiamo per finire gli ultimi, poi passeremo agli ospedali, vi chiameremo non appena sapremo qualcosa”.

Grazie, Garcia. A dopo”, riattaccò e infilò il cellulare nella tasca della giacca nera che indossava, poi, dopo aver fatto qualche respiro profondo, si avviò lungo le scale che portavano sino all'auditorium.

Hotch e Morgan aspettavano sotto al palco, le braccia incrociate mentre una guardia di sicurezza li scrutava dall'alto verso il basso.

Nel frattempo l'Orchestra stava suonando una melodia meravigliosa. Un susseguirsi di alti e bassi, una melodia che poteva assomigliare al suono delle onde del mare e al fruscio delle foglie in autunno. Almeno una ventina di violini suonavano in contemporanea la stessa, meravigliosa, melodia, mentre il direttore d'orchestra muoveva la propria bacchetta per guidarli con una tale armonia che sembrava fossero un tutt'uno.

Poi, improvvisamente, il suono dei violini calò e solo uno continuò a mantenere il volume precedente, ma cambiando totalmente melodia, rendendola più complicata quanto più bella.

Il violino solista era suonato da una ragazza alta e magra, i lunghi capelli biondi stretti in una coda dietro la testa, gli occhi chiusi, il volto affilato ma bellissimo.

Siamo dell'FBI”, ripeté questa volta Morgan con voce più alta, da far fermare il direttore d'orchestra e di conseguenza tutti i violinisti. La violinista solista aprì gli occhi, mostrando due bellissime pozze azzurre.

Zinque minuti di pauza”, disse l'orchestratore, con un brusco cenno della mano, voltandosi poi verso i tre agenti con espressione allibita. “Mai interrompere azzolo di violino! È una coza vergognoza!”.

Dall'accento si capiva chiaramente che era russo. Era piuttosto basso, dal fisico scheletrico e una calvizia incipiente, gli occhi erano scuri e in quel momento trasparivano rabbia in ogni modo possibile.

Siamo qui per vedere una persona”, disse Aaron, cercando di mantenere un tono calmo, si avvicinò alle scale che portavano al di sopra del palco sotto lo sguardo sempre più rabbioso della guardia di sicurezza. Emily e Derek lo raggiunsero poco dopo.

Il capo-sezione mostrò la foto di Spencer al direttore d'orchestra.

Riconosce questo ragazzo?”, domandò.

Zpenzer? Ma certo! Un ragazzo molto intelligente!”, si rallegrò l'uomo.

Morgan si chiese come mai lì sembravano conoscere tutti Reid.

Era qui allo spettacolo di venerdì sera?”, continuò Hotch.

Zuppongo di zì, agente, zì, come quazi ogni volta che ci ezibiamo qui a Washington, d'altronde. Io però non l'ho vizto venerdì, ma ero molto impegnato, un violinizta zi era infortunato qualche minuto prima dello spettacolo e mi zono dovuto occupare di lui. Dovete chiedere a Alizon Juliet, però. Lei di certo za. Alizon?”, urlò l'ultima parola in direzione delle quinte.

Qualche attimo dopo apparve la ragazza, un'espressione seria sul viso, quasi angosciata, e tra le mani teneva una bottiglietta d'acqua che stringeva troppo forte.

Alizon, cara, credo che quezti agente debbano farti delle domande zu Zpenzer”, spiegò, appoggiando amorevolmente una mano sulla spalla esile della ragazza, prima di allontanarsi.

Siete i colleghi di Spencer?”, domandò la ragazza dopo qualche secondo di silenzio. Aveva una voce flautata, armoniosa, simile in un certo senso al suono dei violini.

Sì”, rispose Morgan.

Sta bene?”, chiese ancora Alison Juliet, passando con lo sguardo su ognuno di loro.

I tre esitarono.

Non lo sappiamo”, disse infine Aaron.

La ragazza annuì piano, deglutendo rumorosamente.

È... è scomparso davvero, allora?”, domandò lentamente, mentre stringeva ancora più forte la presa alla bottiglietta d'acqua.

Morgan e Prentiss si scambiarono un'occhiata allibita, chiedendosi chi mai fosse quella ragazza.

Non lo sappiamo”, ripeté Hotchner. “Lei perché pensa che sia...”.

Scomparso? Non riesco a rintracciarlo da quasi tre giorni. Non è normale. Dovevamo vederci sabato mattina a colazione, ma non si è visto. L'ho chiamato, ma non risponde né al telefono di casa né al cellulare. Casa sua è deserta. Ho chiamato ovunque per sapere dove fosse finito. Se non si fosse fatto sentire entro le sei di oggi sarei venuta da voi a controllare”, spiegò la giovane violinista, scostandosi una ciocca di capelli dal viso.

Quando è stata l'ultima volta che l'ha visto?”, domandò Hotch.

Venerdì sera, dopo cena. Mi ha portato a casa e mi ha detto che ci saremmo visti il mattino dopo. Poi se n'è andato”.

Era in auto?”.

Sì”.

Calò il silenzio, mentre la carnagione della ragazza sfumava e diventava man mano sempre più pallida.

Mi scusi, ma chi è lei?”, sbottò Morgan.

Alison Juliet voltò lo sguardo verso di lei, guardandolo con i suoi grandi occhi chiari.

Sono la fidanzata”, mormorò, alzando lentamente la mano sinistra. All'anulare splendeva un anello d'oro bianco, con un diamante che splendeva al centro. Un anello di fidanzamento.


Continua...


Anello di fidanzamento: http://www.modaevviva.com/fashion/wp-content/uploads/2006/12/engagement_tiffany_ring.jpg

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Capitolo 3
*** Capitolo 3. ***


Capitolo 3.

 

Alison Juliet si sedette sulla sedie che le veniva indicata da Hotch, la schiena rigida, gli occhi umidi, le labbra serrate in una smorfia preoccupata e il viso pallido.

Allora”, esordì Hotch, seduto dall'altra parte della scrivania. “Ci racconti... dall'inizio”.

Dietro di loro, chi in piedi, chi seduto, c'era il resto della squadra, tutti consci dell'ultima informazione data loro dalla ragazza.

Alison fece un respiro profondo, congiungendo le mani sulle gambe, prima di iniziare a parlare.

Venerdì è stato come sempre: Spencer mi aveva avvertito che sarebbe tornato nel pomeriggio dopo il vostro ultimo caso. Io avrei avuto il concerto, quella sera, quindi gli dissi di venire. È rimasto per tutto il tempo dietro le quinte, non ha preso un biglietto dato che l'avevo invitato io ad assistere”, iniziò la bionda.

Come si comportava?”, chiese Hotch.

Era felice. Tranquillissimo. Non sembrava minimamente preoccupato... o spaventato. Era il solito Spencer. Era contento di aver risolto il caso. Il concerto è finito alle undici, come sempre. Era il nostro quarto anniversario”, ripensò alla serata con un lievissimo sorriso pensando alla sorpresa che le aveva fatto Reid: aveva completamente riempito i sedili posteriori della propria macchina di rose rosse per lei: i suoi fiori preferiti.

Quarto?”, deglutì JJ ad alta voce.

Alison Juliet si voltò verso di lei.

Sì, quarto”. Poi si rivoltò verso Hotch.

Siamo andati a mangiare al Nora Restaurant, ci siamo andati per ogni nostro anniversario, è una sorta di tradizione, dopodiché abbiamo fatto una passeggiata in centro, preso un gelato, e tornati a casa verso le due. Mi ha accompagnato lui, era serenissimo, ve lo posso assicurare”.

Cosa ti ha detto?”, domandò Rossi. “Le ultime parole che ti ha detto?”.

Alison arrossì.

Ci vediamo domani mattina, tesoro. Ti amo”, balbettò imbarazzata. Era una persona riservata, in particolar modo nei confronti di Spencer. Riferire una simile frase alla squadra che per lui era quasi una famiglia, dopo tutto quello che avevano fatto per tenerglielo nascosto, le pareva tanto strano quanto imbarazzante.

Calò un minuto di silenzio.

Ma lui non si è fatto vedere”, continuò Hotch, invogliandola a continuare.

No. Avevamo appuntamento alle nove in un bar vicino a casa mia, si chiama 'Ariana', se volete controllare, vado lì quasi tutte le mattine. Ho aspettato tre quarti d'ora. L'ho chiamato a casa, al cellulare. Quando ho visto che non rispondeva ho pensato che avesse cambiato idea, oppure gli fosse venuto un attacco di panico, non so...”, la voce le si abbassò di qualche tono man mano che parlava. Si asciugò velocemente una lacrima sfuggitale dagli occhi.

Aaron finse di non averla vista.

Come mai un attacco di panico?”.

Beh, avevamo accordato quella colazione per parlare principalmente del matrimonio: cappella, invitati, le partecipazioni, fiori... Ogni cosa. Conoscete Spencer, sapete com'è fatto esattamente quanto me. Ho creduto che non se la sentisse, quel giorno. Gli ho anche lasciato dei messaggi in segreteria... Gli ho detto che non importava se non voleva parlarne quel giorno. Dopo, però, mi sono... Arrabbiata, gli ho detto che per lo meno non doveva fare il vigliacco e dirmelo che non voleva parlare del matrimonio. Gli ho detto che non doveva illudere una ragazza chiedendole di sposarla per poi cancellare tutto”, man mano che parlava dagli occhi di Alison scivolavano lacrime cristalline che le rigavano il bel viso. “Mi sono comportata come un'idiota.”

Era arrabbiata, non si deve sentire colpevole, chiunque si sarebbe comportato esattamente come lei”, la interruppe Emily, sentendo il tono della ragazza che man mano si faceva sempre più incerto, rotto dal pianto.

Alison annuì, piano, asciugandosi di nuovo le lacrime e facendo dei respiri profondi.

Ho iniziato a preoccuparmi per davvero quella sera: Spencer non è il tipo da non lasciare nemmeno un messaggio per avvertirmi... di qualsiasi cosa, qualunque fossero le sue idee. L'ho richiamato decine di volte, ed ogni volta scattava la segreteria telefonica. Ho telefonato alla clinica di Diana, per sapere se fosse andato lì, ma mi hanno detto che non c'era. La domenica mattina sono andata a controllare a casa sua...”.

Ha una copia delle chiavi?”, domandò Hotch.

Beh, sì... Stiamo per andare a vivere ufficialmente insieme, ma da un anno a questa parte passiamo spesso intere settimane solo a casa sua, o a casa mia, quindi io ho una copia delle sue chiavi di casa, e lui delle mie”, spiegò Alison Juliet, un po' stupita per la domanda ma senza approfondire.

Rossi e Morgan, che sino a quel momento erano rimasti in un angolo con le braccia incrociate in silenzio, si scambiarono una profonda occhiata.

Per un po' Derek aveva pensato che quella ragazza si fingesse la fidanzata di Reid, presa chissà quale strana ossessione nei confronti del giovane, ma man mano che sentiva il racconto non poteva che dire a sé stesso che era stato solo un grande idiota a pensarlo. Era ovvio che Alison fosse la promessa sposa di Reid... solo non voleva crederci.

Perché non gliel'aveva detto? Perché per quattro lunghi anni aveva taciuto sul fatto di avere una ragazza? E perché non gli aveva detto che si stava per sposare? Lui, Reid, che gli aveva raccontato il suo bacio con Layla confusamente, che gli aveva chiesto se mai avesse dovuto richiamarla.

Man mano che ripensava a quei momenti si rese conto che Reid, invece, gli aveva fatto delle domande riguardanti alle ragazze.

Morgan”, disse Spencer, una tazza di caffè in mano che stringeva quasi compulsivamente. Era notte, si trovavano sul jet, sulla strada di ritorno per Washington dopo un caso a New York.

Sì, ragazzino?”, chiese Derek, sfilandosi le cuffie con cui stava ascoltando la musica.

Posso... chiederti un consiglio?”, balbettò rosso in viso, cercando di nascondere gli occhi con una ciocca di capelli.

Dimmi, ti ascolto”, fece Morgan.

Tu... Ecco... Come sorprenderesti una ragazza? Una cosa... speciale, per un'occasione particolare”, disse Reid, con la voce roca e nervosa.

Morgan lo squadrò dall'alto verso il basso.

Cosa mi nascondi, stallone?”, domandò ridendo, facendo avvampare il genio.

Niente!”, esclamò con voce acuta.

Derek rise, smettendo quando vide JJ rigirarsi nel sonno, probabilmente infastidita dal rumore.

Per rispondere alla tua domanda: dipende dalla ragazza”.

Lei è... semplice, dolce, amante della musica, dei posti caldi, divertente, spiritosa, odia il cioccolato in qualsiasi sua forma e dimensione e sapore, ama i libri di Stephen King, nonostante abbia paura poi a vedere i film, ed è...”, iniziò ad elencare Spencer, con voce sognante.

Frena, ragazzo! Ne so abbastanza”, gli fece un occhiolino. “Un'occasione speciale? Beh, hai detto che le piacciono i posti caldi, no? Un viaggio in qualche isola caraibica non sarebbe male come idea. Come mai?”. L'occhiata che fece Morgan non prometteva nulla di nuovo.

Niente”.

Forza Reid, a me puoi dirlo!”.

Niente!”.

Un mese dopo si era preso cinque giorni di ferie. Non disse mai a nessuno il motivo, e il resto della squadra non volle indagare, pensavano avesse bisogno di una pausa: dopo la storia di Owen era piuttosto stressato. L'unica cosa che sapevano era che dopo quei cinque giorni di vacanza, Reid sembrava felice, veramente felice.

Ha idea di dove potrebbe essere?”.

Io...? No. Assolutamente no. Ma voi credete che sia sparito di propria volontà?!”. Alison Juliet era scioccata. Non poteva credere che la squadra del suo fidanzato riuscisse a pensare che se ne sarebbe andato senza dire nulla; lei stessa si dava della stupida per averlo pensato, e per aver aspettato tanto a lungo prima di denunciare la sua scomparsa, loro più che altri avrebbero dovuto sapere cosa sarebbe potuto accadere.

La verità era che sperare che Reid fosse andato via di propria volontà e non preso in ostaggio da qualche S.I. era molto più facile.

Stiamo ancora valutando le...”, iniziò Hotch.

È impossibile, lo sapete! Spencer non lo farebbe mai!”.

Signorina...”.

Niente signorina!”, si alzò in piedi, furente. “Se volete perdere tempo invece che cercarlo per davvero, benissimo! Mi rivolgerò alla polizia”.

Non stiamo dicendo che non lo cercheremo”, la interruppe Rossi. “Solo che dobbiamo fare ogni tipo di ipotesi”.

Alison lo squadrò, lo sguardo pieno di rabbia furente.

Evidentemente”, riprese Hotch, e nella sua voce c'era rassegnazione quanto, in un certo senso, anche delusione, “lei conosce Reid meglio di noi, dal punto di vista privato, quindi le chiedo di collaborare alle indagini”.

Qualsiasi cosa”, annuì Alison, velocemente.

Benissimo, riuniamoci in sala riunioni per discutere un po' sul da farsi”, disse Hotch.

Posso... Posso avere cinque minuti, per favore?”, chiese la giovane violinista, mormorando. Aaron la guardò e vide che gli occhi, man mano le si stavano sempre più offuscando dalle lacrime.

Naturalmente”, disse.

Alison uscì dalla stanza, cercando di convincersi a non mettersi a correre. Raggiunse il bagno che aveva visto mentre arrivava lì e si chiuse in quello delle donne, lasciandosi scivolare lungo la parete sino a terra, senza più riuscire a controllare il pianto.

Era sempre stata una ragazza sensibile, dolce quanto facilmente impressionabile, e la paura di perdere il ragazzo che amava, l'uomo che avrebbe voluto accanto per il resto della vita la mandava completamente fuori di testa.

Seppellì il capo tra le braccia, contando dentro di sé sino a dieci.

Quando si alzò, aveva le ginocchia tremanti; si avvicinò al rubinetto e lo aprì, sciacquandosi il viso con forza, eliminando ogni traccia di lacrime. Si aiutò con un fazzoletto a pulirsi il viso dalla traccia di mascara colato sotto gli occhi chiari.

Fece un respiro profondo e uscì dal bagno con una nuova espressione, fredda, determinata. Entrò in sala riunioni sotto lo sguardo attenti di tutti.

Da dove cominciamo?”, domandò.


Continua...


Sette recensioni, oh! *o*

Okay, terzo capitolo, spero vi sia piaciuto benché non dica molto: iniziamo soltanto a capire un po' il personaggio controverso di Alison Juliet, dolce e sensibile, eppure dura e forte quando si tratta del suo Spencer e di una primissima occhiata delle reazioni differenti della squadra. Nei prossimi capitoli vedremo una vera facciata e veri scontri tra i vari agenti del B.A.U e la violinista.

Spero vi sia piaciuto anche questo capitolo! <3

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Capitolo 4
*** Capitolo 4. ***


Capitolo 4.


 

Alison si sedette su una sedia, rigida, gli occhi ridotti a fessure, cercando di nascondere dentro di sé la frustrazione, e non riuscendoci, probabilmente.

Ci dica i vostri amici comuni, alcune persone di cui le ha parlato Reid in qualche maniera: magari con cui ha avuto un diverbio, anche di poco conto, e tutti i suoi ex che lei ha lasciato”, spiegò seccamente Morgan mentre Penelope Garcia, con il suo fedele portatile sotto mano, era pronta ad appuntarsi tutti i nomi dati dalla ragazza per fare ricerche approfondite.

Di amici comuni? Beh, abbiamo decine di amici, ma ne frequentiamo spesso soltanto quattro: Mike Oswool, Jeremy Sure, Amaranta Tennynson e Nina Rockset. Vi posso assicurare che non potrebbero mai fare male a qualcuno, tra l'altro Spencer non ha mai avuto alcun problema con nessuno di loro, a meno che non consideriate diverbio una discussione di due minuti con Mike su chi dovesse pagare il conto di una cena. Ed è stato più di un anno fa. Non mi ha mai detto di litigi particolari... Solo di un piccolo scontro qualche mese fa, se ben ricordo, con un uomo che l'ha tamponato con la macchina...”, iniziò Alison, cercando di ricordare tutto ciò che le aveva detto il suo ragazzo su simili argomenti.

Ne parlò anche a me”, la interruppe Morgan. “Se non sbaglio poi risolsero, giusto?”.

Esattamente. Hanno trovato un compromesso e non ci sono stati problemi. Il nome l'avrò segnato in agenda in casa, per l'assicurazione...”.

Suoi ex?”, chiese Rossi. Garcia, al suo fianco, trascriveva al computer ogni dettaglio.

Alison Juliet si morse il labbro inferiore.

Signorina?”, insistette Hotch, guardandola con un'occhiata penetrante.

Max. Maximilian Lucas. Seriamente, lui è sempre stato comprensivo, nell'ultimo periodo, poi...”, balbettò Alison.

Emily alzò le sopracciglia.

Dove abita il signor Lucas”, chiese.

Alison aveva gli occhi spalancati dal panico.

Max non lo farebbe mai”, disse, mangiandosi le parole dall'ansia.

Se non ce lo dice lei, lo troveremo noi, quindi può cortesemente risponderci?”, domandò seccamente Morgan, guardandola di traverso.

1517 Chensinton Road”, sussurrò la bionda violinista. “Ma sul serio, lui non lo farebbe mai. Non potrebbe, non ne sarebbe capace”.

Dicono tutti così. Guarda caso, sono esattamente questi 'incapaci' che compiono le stragi”, sbottò Derek.

Ma voi non capite. Lo conosco da quando abbiamo dodici anni, siamo stati insieme sei anni, non ci siamo quasi mai persi di vista, è una persona a posto che ama giocare a golf ed odia la cioccolata”, disse Alison Juliet con voce stridula.

Odia la cioccolata? Questo per me fa di lui già il primo sospettato possibile”, disse Garcia con una smorfia, attirando su di sé le occhiate di tutti i presenti.

La ventisettenne si alzò, passandosi una mano tra i capelli che aveva racchiuso in una cosa disordinata, camminando nervosamente avanti e indietro per la stanza.

Ci parli di Maximilian Lucas”, chiese Rossi, e dalla voce traspariva chiaramente che il suo non era un invito, ma un ordine.

Non c'è niente da dire”, ribatté Alison Juliet, fulminandolo con un'occhiataccia che avrebbe paralizzato chiunque e che lo fece rabbrividire. “Ci siamo messi insieme a quindici anni, a ventidue anni mi chiese di sposarlo. Rifiutai, il più gentilmente possibile, e ci lasciammo. Ma siamo rimasti amici, grandi amici, ve lo assicuro. L'anno dopo conobbi Spencer, avevo ventitré anni e Max è stato il primo a sapere della nostra relazione. Frequentava altre donne, era felice, non ce l'aveva con me, ne abbiamo parlato”.

La squadra si lanciò delle occhiate.

Quando è stata l'ultima volta che ha sentito Maximilian?”, chiese Emily.

Un mese fa”, deglutì Alison Juliet, consapevole di essere arrivata a un punto di non ritorno. Era pienamente convinta dell'innocenza del suo ex ragazzo, nonostante tutto.

Un po' tanto per essere questi due grandi amici che dice di essere”, sbottò Morgan, guardando la ragazza più male che poté.

Abbiamo litigato”, snocciolò la violinista, guardando solamente il bell'uomo di colore.

Oh, e su quale motivo?”, chiese questi, con occhiata strafottente.

Alison abbassò il capo.

Per il matrimonio”, sussurrò.

Era geloso?”, chiese Hotch, dopo aver intimato a Morgan di stare zitto.

Geloso? Sì, probabilmente. È stato il primo a cui l'ho detto, gli ho chiesto di farmi da testimone...”.

Posso dirle che è stata priva di qualsiasi tatto?”, ringhiò Derek. JJ lo richiamò allibita, non poteva credere a quello che il suo collega stava dicendo.

Eravamo solo due ragazzi!”, strillò Alison Juliet, piena di furia. “Due stupidi ragazzini che credevano nell'amore eterno trovato da adolescenti! Era finita da cinque anni ed eravamo migliori amici, cosa potevo pensare?! Max non mi ha mai rinfacciato il fatto che io l'abbia lasciato. MAI. Quindi non venga a farmi lezioni di morale quando non conosce affatto né me né tanto meno Maximilian quindi ora, per l'amor di Dio, se ne stia zitto!”.

Morgan ridusse gli occhi a fessure mentre la ragazza gli urlava contro tutto ciò che non era riuscita a tenere dentro di sé. Quelle urla non gli fecero il minimo effetto, non gli interessava se quella ragazzina lo odiava, l'unica cosa che gli interessava era riportare Reid a casa, ovunque egli fosse. Quella Alison Juliet stava soltanto intralciando le loro indagini con tutti i suoi balbettii e le sue stupide considerazioni da fidanzatina spaventata.

Calmiamoci, per favore”, disse seccamente Hotch, guardando prima la musicista e poi il collega ed amico. “Max ha minacciato lei oppure Reid, in qualche modo?”.

No”, rispose bruscamente lei. “Mi ha detto solamente che ero una stupida, che non capiva perché avessi deciso di sposare Reid e non lui. Ma non penso che lo pensasse veramente, era semplicemente ferito nell'orgoglio, probabilmente. Abbiamo discusso; eravamo a casa mia. È tornato Spencer, allarmato dalle urla che aveva sentito sin dall'atrio, è entrato e ha visto me e Max. E' intervenuto, Maximilian quando l'ha visto gli ha detto 'trattala bene' e se n'è andato. Non ci siamo più sentiti”.

Garcia...”, iniziò Rossi.

Come fatto, vi porterò tutto appena possibile”, disse la rossa eccentrica, uscendo velocemente dalla sala riunioni.

Alison Juliet, lei, io e Rossi andremo a casa di Maximilian Lucas. Prentiss, JJ e Morgan, voi invece andate a casa della signorina Patricks”. Hotch temette una nuova onda di furia della ragazza, ma questa si limitò soltanto a prendere le chiavi di casa dalla borsa e a sbatterle sul tavolo ovale con forza. “C'è l'allarme, la combinazione è 468”, sibilò.

Prentiss le prese e annuì.

Se avete bisogno, ci sentiamo al telefono”, disse Rossi, guardando i colleghi.

Non ce ne sarà bisogno”, rispose Alison Juliet, le gambe che le tremavano visibilmente. “Stiamo solo perdendo tempo”.

Nessuno osò ribattere a quest'ultima affermazione.


Continua...


Ecco un nuovo capitolo. Come vi avevo anticipato non sono eccessivamente lunghi ma contengono il, come dire, “stretto necessario”.

Abbiamo visto il primo diverbio tra Morgan e Alison Juliet, e nei prossimi vedremo i vari “schieramenti” della squadra.

Questa fic dovrebbe avere approssimativamente undici capitoli.

Ci vediamo mercoeldì, penso, con il prossimo capitolo. Ma forse posterò prima il prologo di una nuova fic, sempre su tema Criminal Minds, intitolata Hauntress che farà parte di una “trilogia”, se così possiamo chiamarla. Certo, sempre che vi faccia piacere! ;D Si ora ho scritto già sei capitoli, e sto per iniziare il settimo, quindi... Boh, ditemi voi. (:

<3

Uh, grazie per le 8 recensioni! Davvero! *O* <3

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Capitolo 5
*** Capitolo 5. ***


Capitolo 5.


Alison Juliet salì i gradini in legno che conducevano alla porta di casa di Maximilian e si fermò davanti alla soglia, guardando con aria affranta sia Rossi che Hotch, per poi suonare il campanello. Era inutile discutere ancora, aveva replicato quella loro scelta per tutto il tragitto sino a lì.

Sì?”, chiese una voce maschile dall'altra parte della porta, il tono era rilassato, pacato.

Max, sono io, Alison”, disse con tono incerto la bionda violinista, mordendosi un labbro per il nervosismo.

La porta si aprì dopo appena due secondi. Sulla soglia c'era un uomo decisamente molto alto, dagli occhi blu e i capelli neri corti, vestito con un paio di jeans e una t-shirt chiara.

Prima di parlare guardò meravigliato la ragazza che le stava davanti e poi i due uomini che la accompagnavano.

Alison...”, disse lui, guardando Hotch e David. “Che succede?”.

Possiamo entrare e parlare, per favore?”, chiese la giovane donna, torturandosi le mani mentre gli occhi le si velavano di lacrime.

Maximilian Lucas si spostò facendoli entrare, con espressione sempre più confusa. Casa sua era un quadrilocale, nonostante vivesse solo, ben arredato e dall'aria sobria e pulita.

Il proprietario fece loro strada e li fece accomodare in salotto; Alison Juliet si sedette, la testa tra le mani, mentre Rossi l'affiancava, serio e composto, Hotch invece rimase in piedi.

Signor Lucas, sono l'Agente Speciale Supervisore Aaron Hotchner, dell'FBI, e lui è il mio collega, l'Agente Speciale David Rossi”, fece le presentazioni Hotch sotto lo sguardo allibito e sorpreso di Max quando venne nominata la parola FBI.

Piacere di conoscervi”, disse Max, anche se da come l'aveva formulata sembrava più una domanda che un'affermazione. “Cosa succede?”.

Alison tirò su la testa e lo guardò.

Max, Spencer è scomparso”, balbettò lei, preda dell'ansia, mettendosi un pugno sulla bocca per non far vedere che un labbro aveva iniziato a tremarle per il pianto imminente.

L'uomo aprì lievemente la bocca, strabuzzando gli occhi.

Se l'è filata?!”, esclamò, esplodendo in un impeto di rabbia.

Cosa...? No! No, Max, no! Io... io credo che l'abbiano... preso”. L'ultima parola per Alison Juliet fu terribile da pronunciare, non riusciva ancora a capacitarsi di ciò che stava succedendo.

È stato rapito?”, mormorò allibito Maximilian, cercando un appoggio e trovandolo su una madia a muro. Aveva bisogno di un momento.

La ragazza annuì velocemente.

Loro sono due colleghi di Spencer...”, sussurrò, “vorrebbero farti qualche domanda”.

L'espressione dell'uomo mutò velocemente.

In che senso?”.

Dove si trovava sabato, alle due del mattino?”, iniziò Rossi, parlando per la prima volta.

Mi state interrogando?”, sputò l'ultima parola.

Gli occhi di Alison si ridussero a fessure.

Maximilian, ti prego”, lo supplicò, gli occhi che erano due pozzi di ghiaccio.

È solo per questo che sei venuta, allora, non per scusarti, no, ma per far interrogare il tuo migliore amico sul rapimento del tuo ragazzo”. Le sue parole, intrise di veleno, la ferivano peggio di lame affilate.

Non intendo rispondere.”, dichiarò Max, incrociando le braccia. “Ora, fuori da casa mia”.

Torneremo con un mandato, se sarà necessario”, lo minacciò Rossi.

Alison Juliet si alzò, ergendosi con tutta la sua bellezza, e prima che chiunque potesse dire o fare qualcosa tirò uno schiaffo sulla guancia del suo ex ragazzo. Il suono di quel gesto sembrò risuonare nella stanza per un paio di secondi.

Maximilian, Spencer potrebbe essere stato rapito, in questo stesso istante potrebbe trovarsi in guai seri, potrebbe...”, chiuse gli occhi per un secondo. “E tu non vuoi rispondere a qualche semplice domanda solo per il tuo stupido orgoglio?!”, continuò senza completare la frase precedente.

Hotch strabuzzò lievemente gli occhi, credeva di aver più o meno fatto il profilo a quella ragazza, ma evidentemente sbagliava. Credeva fosse una giovane donna innocente e piuttosto debole caratterialmente, e invece dentro di sé covava un lato di sé forte e sicuro di sé, che aveva già tirato fuori prima con Derek Morgan. Iniziò a capire cosa doveva aver affascinato Reid di lei, era indubbiamente una bella donna, condividevano lo stesso gusto per la musica classica, e possedeva un carattere niente male.

Anche se aveva cercato di non darlo a vedere il fatto che Reid si stesse per sposare e il fatto che non l'avesse detto a nessuno l'aveva in una qualche maniera offeso. Si era reso conto, nell'ultimo mese e mezzo, che Reid era più entusiasta del solito, partecipava ai casi con più attivismo del solito e a volte, invece, si chiudeva in sé stesso a pensare, ovviamente con la testa altrove.

Aveva pensato a una ragazza nella sua vita, ma non avrebbe mai creduto che in realtà il suo comportamento fosse dovuto al fatto che suddetta ragazza avesse accettato di sposarlo.

Si riscosse dai suoi pensieri quando vide Max annuire e sedersi su una poltrona mentre Alison tornava al proprio posto accanto a Rossi.

Sabato alle due del mattino ero qui a casa con una donna”, disse l'uomo, rispondendo alla parola di qualche minuto prima. “Si chiama Elizabeth Kay, residente nella villa qui accanto, al numero 1519. Può confermare”.

Rossi annuì.

Ha mai avuto particolari dissapori con Spencer Reid?”, continuò.

No. Siamo andati piuttosto daccordo, non siamo amiconi – e non potremmo mai esserlo – ma non ci odiamo. Quando Alison mi ha detto del matrimonio”, le lanciò un'occhiata profonda, “ero arrabbiato con lei, non con Reid. Lui la ama e basta, non gliene faccio una colpa”.

Alison scoppiò a piangere, singhiozzando, seppellendo la testa tra le mani, cercando di soffocare il pianto sul nascere. Rossi le rivolse un'occhiata compassionevole e le batté dolcemente una mano sulla schiena chinata. Sapeva bene cosa significasse perdere, o nel suo caso aver paura di perdere, una persona cara.

Hotch annuì comprensivo e continuò a fargli qualche domanda pressoché di routine, aveva il sospetto, e, lo sapeva, sarebbe stato presto confermato, che non fosse lui l'S.I che stavano cercando.

Quando gli suonò il cellulare fece loro cenno di scusarli e si chiuse in cucina a parlare.

Sì?”, chiese.

La casa di Alison Juliet è pulita”, disse la voce di Prentiss, dall'altra parte del telefono. “Lucida. È un trilocale comodo, accogliente, non sfarzoso. Abbiamo trovato alcuni vestiti di Reid in un armadio: non mentiva, vivono più o meno assieme”.

Non avevo dubbi al riguardo”, disse Hotch.

Voi avete qualche novità?”, chiese la mora.

Lucas è pulito, ha un alibi”, confermò i dubbi della donna l'Agente Supervisore.

Emily sospirò sconfitta.

Ed ora cosa facciamo, si può sapere?”.


Continua...


Eccomi di nuovo! Questo capitolo è veramente breve, ma dal prossimo si dovrebbe entrare nel vivo della storia e finalmente tra il sesto e il settimo capitolo capirete dove si trova Reid! :D

Grazie mille per le recensioni, siete meravigliose! *o*

A mercoledì con il prossimo capitolo di questa fic e di Hauntress. A tal proposito, vorrei pubblicizzare questa nuova mia fiction sempre con tema Criminal Minds che ho appena iniziato a postare, qui trovate il link → http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=645314&i=1. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate! (:

A presto! <3

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Capitolo 6
*** Capitolo 6. ***


Capitolo 6.


Alison Juliet varcò per prima le porte a vetri dell'open-space, il passo pesante e il respiro affannato. Si sentiva come un animale in gabbia, e non sapeva quanto tempo sarebbe passato prime di perdere completamente le staffe: lo schiaffo che aveva tirato a Maximilian e lo sfogo con Morgan non erano altro che assaggi della furia che, piano, alimentata dal nervosismo, stava crescendo dentro di lei.

Si diresse subito verso la sala riunioni sotto lo sguardo sotto lo sguardo di tutti i presenti della sala; la voce si era sparsa e ora tutti sapevano chi fosse. Ad attenderla c'erano JJ, Emily, Morgan e Garcia, che stavano parlando intorno al tavolo, le espressioni stanche ma determinate.

Lanciò un'occhiata fuori dalla finestra: il sole era calato da un pezzo e le uniche luci che provenivano dall'esterno erano quelle dei lampioni.

Tutto bene?”, osò chiedere JJ, con tono materno. Si sentiva in dovere di difenderla, non sapeva bene spiegarsi il motivo, forse perché quella ragazza era importante per il suo Spence, il ragazzo dolce che per lei era come un fratello.

Alison Juliet scosse il capo con forza, serrando gli occhi.

Hotch e Rossi entrarono nella stanza, chiudendosi la porta alle spalle.

L'alibi di Maximilian è stato confermato”, disse Hotch.

Emily si abbandonò completamente sulla sedia, appoggiandosi sullo schienale.

Quindi non abbiamo niente”, fece Morgan, strabuzzando gli occhi.

Le ginocchia di Alison Juliet cominciarono a tremare e si aggrappò con forza a una sedia per non cadere. Era vero, non avevano nulla tra le mani, non potevano avere idea di dove fosse finito Reid, che cosa gli fosse accaduto, perché non fosse con loro a sparare una delle sue statistiche, una delle tante.

Dobbiamo riordinare le idee”, disse Rossi, ottenendo dei cenni d'assenso da parte di tutti i presenti.

Ti posso parlare?”, domandò Morgan, alzandosi improvvisamente, voltandosi verso Alison Juliet.

Morgan”, lo richiamò severamente Rossi, inarcando un sopracciglio.

Derek lo ignorò e si alzò, seguito dalla bionda violinista, la quale teneva lo sguardo alto, pronta ad affrontare qualsiasi cosa Morgan le dicesse.

Lo seguì lungo un corridoio ed entrò in un piccolo studio, sentendo la porta chiudersi alle spalle.

C'è qualcosa che non ci stai dicendo?”, domandò Morgan, seccamente. Alison Juliet si voltò a guardarlo: aveva le braccia incrociate al petto e gli occhi scuri ridotti a fessure.

Come, scusa?”, domandò, strabuzzando i propri azzurri.

Stai per caso nascondendo qualche altro ex presa da chissà quale strano istinto di protezione?”, ripeté il bell'uomo di colore, digrignando i denti.

Come puoi anche solo pensare una cosa simile?!”, si alterò subito la ragazza, muovendo concitatamente le mani. A quel gesto Morgan sentì una stretta al cuore: gli ricordava tanto Reid.

Si passò una mano sul viso, stancamente.

Rimasero in silenzio per parecchi minuti.

Senti, so che non ti vado particolarmente a genio”, iniziò lei. “Ma non riesco a capire come ti possa anche solo pensare che io stia proteggendo qualcuno”.

Morgan fece una risata senza gioia.

Perché non mi ha mai detto niente di voi?”, domandò poi, con tono strozzato.

Alison Juliet sospirò.

Credo vorrebbe dirtelo lui”.

Non mi interessa”, sbottò Derek. “Io... ho bisogno di sapere”.

Alison Juliet lo guardò.

Quando è cominciata”, iniziò, “per lui era un periodo difficile, terribilmente. Ci frequentavamo, ma... non era nulla di serio. Spencer non voleva dirvi nulla, sai com'è fatto: così riservato. In quel periodo, poi, credeva che mi avreste ritenuto una distrazione per ciò che stava affrontando”.

Morgan non aveva bisogno che gli dicesse di che periodo buio stava affrontando Reid: si erano fidanzati quattro anni prima, più o meno ai tempi di Raphael, il peggior incubo del giovane genio.

Poi la nostra storia si è evoluta, e prima che ce ne rendessimo conto era già passato un anno. Reid aveva già passato la sua crisi, era diventato il ragazzo che aveva nascosto durante il suo brutto periodo... Dopo Tobias”, serrò i pugni non appena pronunciò quel nome. “Abbiamo pensato seriamente a dirvelo allora, ma... Spencer aveva paura. Ne abbiamo discusso, ma lui mi disse che rendere la nostra storia così concreta, così ufficiale, avrebbe potuto ferirci”.

Morgan abbassò il capo.

Mi disse che stava vivendo un sogno e che dirvelo sarebbe stato come svegliarsi”. La voce di Alison Juliet si incrinò, ricordando quelle parole che le si erano stampate in testa da anni.

Non pensavamo che saremmo arrivati a parlare di matrimonio, a quei tempi. Quando mi chiese di sposarlo, una delle prime cose che mi disse fu che era ora di presentarmi la sua famiglia”, lo guardò, “sapevo che non si riferiva a sua madre”.

Morgan la ascoltò in silenzio.

Reid disse... Ci aveva invitati a mangiare fuori questo venerdì”, ricordò poi

Sarei dovuta esserci anch'io, sì”, annuì lei, annuendo, intuendo la domanda del collega del fidanzato.

Grazie”, disse lui, poi.

Alison Juliet non rispose.

Riportalo a casa”, sussurrò infine.


Quando tornarono in sala riunioni trovarono tutti esattamente come li avevano lasciati: privi di idee e di punti da trattare. Si erano fatte quasi le due del mattino e, oltre a loro, la sede di Quantico era vuota.

Alison Juliet”, la chiamò Hotch improvvisamente vedendola massaggiarsi le tempie come se avesse mal di testa mentre si risiedeva. Da quel pomeriggio aveva smesso di darle dal lei. “Forse è meglio se vai a casa”

No, sto bene”, disse lei, alzando il capo di scatto.

Se scopriamo qualcosa ti chiameremo”, la rassicurò Emily.

No, no, voglio stare qui con voi: non è giusto che io mi riposi mentre voi lavorate. E ora come ora non riuscirei a chiudere occhio”, ribatté lei.

Per favore, vai a casa, anche per poche ore, schiarisciti le idee e poi torna qui. Ognuno di noi ha bisogno di riposo, faremo dei turni”, le disse Rossi.

Alison Juliet lo guardò con un'occhiata più profonda.

Adesso non puoi aiutarci, vai a casa e riposati quanto puoi, a mente fresca potrebbe venirti in mente qualcosa che sin ora ti è sfuggito”, insistette la mora.

Per favore”, aggiunse, vedendo che la bionda non sembrava essere propensa ad ascoltarla.

Alison Juliet sospirò sconfitta.

Ci vediamo tra poco”, disse. “Torno presto”.

Afferrò la borsa e la giacca e uscì, chiudendosi la porta alle spalle.

JJ la seguì con lo sguardo finché non sparì dietro la superficie in legno: pensò che già ciò che stavano provando loro, come colleghi, amici, quasi una famiglia di Reid, ciò che stava provando lei non poteva essere nemmeno paragonabile.


Alison Juliet parcheggiò la propria Audi nell'apposito garage e uscì, barcollando, dall'auto. Durante il tragitto in auto si era lasciata andare a un pianto liberatorio e dopo venti minuti credeva di aver finito le lacrime. Sino a quel momento.

Aprì con le chiavi il cancelletto del condominio in cui viveva e salì con l'ascensore sino al sesto piano, dove era situato il suo appartamento.

Sbadigliò barcollante, infilando le chiavi nella seccatura della porta, quando notò ai suoi piedi, sopra lo zerbino, una busta.

Si chinò a raccoglierla, chiedendosi come mai fosse stata consegnata lì e non lasciata in portineria.

Mentre entrava in camera, disattivato l'allarme e chiudeva a chiave la porta le lanciò un'occhiata; era una comune busta bianca rettangolare bianca con una sola scritta: il suo nome.

Con una strana sensazione di occlusione allo stomaco la aprì piano, una smorfia sul bel viso affilato. Lesse le poche righe della lettera, scritte al computer, con il cuore che aumentava i battiti man mano che andava avanti. Quando arrivò all'ultima riga si mise una mano sulla bocca per non urlare.


Continua...


Scusate il ritardo per il capitolo. >.<

Spero vi sia piaciuto e grazie mille per le sei recensioni *O*

Non so quando posterò nuovamente, comunque abbastanza presto. Spero, comunque. :D

A presto!

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Capitolo 7
*** Capitolo 7. ***


Capitolo 7.


È tutta colpa tua. È tutta colpa della tua bellezza. È tutta colpa dei tuoi occhi che non mi hanno mai guardato come fanno con lui. È tutta colpa dell'anello che porti al dito. È tutta colpa tua se sta soffrendo. Non lo rivedrai mai più.

Rossi rilesse la lettera per l'ennesima volta, sentendo lo stomaco che si contorceva quando arrivò all'ultima frase.

Alison Juliet era seduta su una sedia, tremante, un bicchiere d'acqua in mano; ogni suo tentativo di mantenere la situazione, che sino a quel momento aveva funzionato, si era rovinosamente distrutto e non riusciva a dire una parola da quando era arrivata in ufficio.

Il resto della squadra tentava di non pensare al peggio, anche se ormai risultava difficile. Quelle fatidiche cinque parole risuonavano nella testa di tutti come in un fastidiosissimo eco.

Aspettate”, esordì Emily, dopo aver afferrato la lettera in mano e riletta un'altra volta ancora. “Si contraddice”.

L'attenzione si spostò tutta su di lui, un debole barlume di speranza che illuminava loro il cuore.

Guardate”, disse, appoggiando il foglio sul tavolo rotondo. “il tempo dei verbi cambia: prima ha scritto 'non mi hanno mai guardato come fanno con lui' e 'è tutta colpa tua se sta soffrendo'; ma poi dice non lo rivedrai mai più”, guardò tutti negli occhi. “Credo che Reid sia ancora vivo”.

A quell'ultima parola Alison Juliet trattenne il fiato rumorosamente, come se le facesse male addirittura sperare.

Hotch annuì convinto, dandosi dello stupido per non averci pensato prima: colpa del sonno.

Questo restringe il campo”, iniziò, con nuova determinazione, velocemente.

Deve essere qualcuno che conosci”, continuò Morgan, voltandosi verso Alison Juliet, tamburellando le dita sul tavolo nervosamente.

Alison Juliet riemerse dalle mani in cui aveva sepolto il viso.

Vi ho detto tutto”, mormorò con voce rotta. “Non ho rifiutato ragazzi da anni”.

Nessuno ti ha mai detto di essere interessato a te? Qualcuno che conosci e magari vedi abitualmente?”, domandò JJ.

No”, scosse il capo la violinista. “No”.

Hai mai ricevuto dei regali da presunti sconosciuti? Bracciali, fiori, gioielli?”.

La bionda rimase in silenzio qualche secondo.

Ricevo spesso dei fiori”, spiegò. “Ma... tutte le musiciste ne ricevano, non c'è nulla di strano!”.

Non hai idea di chi te li possa aver lasciati?”, domandò Rossi.

Alison Juliet scosse il capo.

Solo alcuni si firmano. Sono semplici spettatori che a volte se apprezzano la musica regalano dei fiori”.

Hai tenuto i biglietti?”, chiese Hotch.

Solo alcuni”, ribatté la ragazza. “Sono a casa mia”.

Emily, vai a prendere questi biglietti. Dove li tieni?”.

Nel mio comodino”.

La mora annuì e uscì dalla sala riunioni con passo veloce, scattante, il cuore che batteva a mille.

Questi fiori dove ti sono recapitati?”, fece ancora Rossi.

Alcuni assistenti li raccolgono appena dopo lo spettacolo e li portano nei camerini”, rispose Alison Juliet.

Quest'uomo è un egocentrico, un narcisista, dovrà per forza averti lasciato un biglietto con una firma: un'iniziale, un soprannome...”, rifletté ad alta voce Morgan, camminando lungo la stanca. “Ti viene in mente un biglietto simile”.

Alison Juliet dovette pensare qualche secondo.

Ogni volta che mi mandano dei fiori, c'è qualcuno che si firma con la lettera 'E'”, disse.

Conosci qualcuno che ha un soprannome o un nome che comincia con questa lettera?”, continuò Morgan, quasi pressandola.

Non devi farti prendere dall'ansia”, chiarì Rossi, cercando di calmarla, vedendola in ansia e porgendole un foglio e una penna. “Scrivi qui tutte le persone che ti vengono in mente che corrispondono a queste credenziali”.

La ragazza annuì piano, prendendo tra le mani tremanti la penna: dopo un paio di minuti aveva scritto cinque nomi.

Garcia...”, disse Derek.

Consideralo già fatto. Scaverò nelle loro vite peggio delle termiti nel legno”, disse la rossa eccentrica, prendendo il foglio e uscendo quasi di corsa dall'aula riunioni per arrivare nel suo covo.

Hotch, Rossi e Morgan si guardarono attentamente.

Quest'uomo deve avere tra i trentacinque e i quarantacinque anni, bianco, è un uomo egocentrico”, disse Morgan, iniziando a stilare un profilo.

Deve avere un lavoro modesto, che non riesce a gratificarlo professionalmente e questo non fa altro che aumentare la sua rabbia”, continuò Aaron.

Con te probabilmente si comporta gentilmente, fa qualsiasi cosa tu gli chieda, ma con gli altri è arrogante, presuntuoso, incolpa gli altri per le proprie colpe”, fece Rossi, rivolgendosi direttamente alla violinista.

Avrà sicuramente delle denunce di stalking sulla sua fedina penale e forse avrà anche passato qualche anno in carcere per stupro”, proseguì Hotch.

Oh, mio Dio”, proruppe lei. “È...”.

Edward Jacobs!”, strillò Garcia, la quale aveva seguito il discorso tramite cellulare, rubando il nome di bocca alla ragazza, prorompendo nella stanza.


Continua...


Questo capitolo è molto breve, mi spiace, credo che il prossimo sarà più lungo. Ho iniziato a scriverlo su carta e devo ancora concluderlo e copiarlo al pc.

Ci avviciniamo alla fine, credo che manchino due capitoli circa alla fine...

Grazie mille per il supporto! <3

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Capitolo 8
*** Capitolo Otto. ***


Imploro perdono. Giuro. Scusate, scusate, scusate, scusate. Non era mia intenzione postare così tardi. Vi chiedo sinceramente scusa.

Alla fine le l'ho fatta a scrivere questo capitolo, alleluia! Dovrebbe essere il terzultimo di questa fic... penso, o il quartultimo. Vedremo! Il prossimo capitolo fosse l'ultima cosa che faccio lo posterò tra circa una settimana, oppure il tempo potrebbe un pochino allungarsi di un'altra settimana dato che parto di nuovo... Comunque entro due settimane dovrei postare il nono capitolo.

Scusate ancora. Spero che questo capitolo vi piaccia.

Capitolo 8.


L'inserviente?!”, esclamò Emily, alla guida di un SUV scuro, con un'espressione scioccata sul viso mentre rievocava nella propria mente il momento in cui aveva parlato con Edward Jacobs, il giorno prima, e le aveva raccontato con tutta tranquillità del suo ultimo – presunto – incontro con Reid.

La squadra era divisa in due macchine scure, tutti indossavano un giubbotto proiettile e le pistole nella fondina, pronte all'uso.

Alison Juliet era rimasta a Quantico e, quando erano usciti, l'avevano vista seduta sulla sedia della scrivania di Reid, le mani sul volto in un gesto stanco e disperato. Sembrava quasi stesse pregando che trovassero il suo ragazzo vivo, e che si sentisse terribilmente in colpa per non essersi resa conto prima delle attenzioni che Edward Jacobs le rivolgeva.

Emily inchiodò davanti all'entrata del teatro John F. Kennedy Center for the Performing Arts e uscì sbattendo la portiera, imitata dal resto della squadra; Morgan, Hotch e Rossi, i quali si trovavano sull'altro SUV, scesero pochi istanti dopo.

Morgan si mise davanti alla porta e fece un respiro profondo, prima di entrare abbassando la maniglia – la porta era aperta.

L'atrio del teatro era semibuio, e illuminato solo da una piccola luce che rifletteva le loro ombre sulle pareti.

Edward Jacobs?”, chiamò ad alta voce Hotch, la mano appoggiata sulla pistola.

Aspettarono qualche secondo, in silenzio, i loro cuori che battevano all'impazzata e il respiro pesante.

Edward Jacobs, FBI!”, gridò Morgan, con quanto fiato aveva in corpo.

Le luci sopra le loro teste si accesero all'improvviso e dalla penombra di un angolo uscì la figura tarchiata dell'inserviente, tra le mani uno straccio grigio.

Che cosa diavolo sta succedendo?!”, domandò con tono stridulo. L'intera squadra si voltò verso di lui.

Mani dietro la testa”, ordinò Rossi, guardandolo con un'occhiata profonda.

...Che cosa?”, balbettò Jacobs, nervoso.

Mani dietro la testa, ho detto!”, gridò di nuovo l'agente FBI.

Morgan si avvicinò lentamente a Edward da dietro le spalle e gli prese le mani, ammanettandole.

Edward Jacobs, è in arresto per il sequestro di Spencer Reid. Qualunque cosa dica potrebbe essere utilizzata contro di lei in tribunale. Può chiedere la presenza di un avvocato, se non può permettersene uno gliene verrà assegnato uno di ufficio”, recitò Emily Prentiss, osservandolo con un'occhiata assassina.

Che cosa state dicendo?!”, ringhiò l'inserviente, cercando di divincolarsi. “Io non ho fatto niente!”. Il tono con cui disse l'ultima frase a JJ parve tremendamente falso.

Vedremo sino a che punto”, sbottò Morgan, spingendolo verso l'uscita.

Hotch seguì la scena tenendo sempre alta la pistola e la riabbassò solo quando vide Edward Jacobs varcare la porta d'uscita.

Aveva l'orribile presentimento che quell'uomo non avrebbe ceduto molto facilmente alle loro domande.

**

Morgan sbatté un pugno sul tavolo, facendolo tremare, gli occhietti acquosi di Jacobs puntati su di lui.

«Non te lo chiederò di nuovo, dimmi dove si trova Reid!», urlò Derek, l'espressione minacciosa di chi non scherza.

«Ed io non so più come dirglielo: io. Non. Lo. So.», sillabò l'inserviente, ricambiando lo sguardo verso Morgan.

Morgan si morse la lingua per non doversi mettere a urlare. Voltò le spalle all'interrogato e uscì dalla sala interrogatori, sbattendosi la porta alle spalle.

All'uscita trovò il resto della squadra, tutti con la medesima espressione spaurita, chi cercava di nasconderlo e chi meno.

In mezzo a loro, c'era Alison Juliet.

«Niente?», domandò. Non stava più piangendo, sembrava aver finito le lacrime, ora la sua voce era decisa, secca.

«Niente».

La bionda fece un gran respiro.

«Fate provare a me», enunciò nel silenzio improvviso.

«Come? No. Non hai una preparazione, non sai cosa fare, non puoi», rifiutò categoricamente Morgan.

«Lui vuole me. Posso fargli dire dove si trova Spencer, ho un'idea. Fidatevi.», li guardò tutti negli occhi, uno ad uno. «Vi prego».

Hotch e Rossi si scambiarono un'occhiata.

«Che idea sarebbe?», domandò poi quest'ultimo.

**

David aprì la porta con forza, sbattendola, una mano serrata intorno a un braccio di Alison. La ragazza stava facendo una smorfia, e questa si accentuò ancor di più quando Rossi la fece sedere a malo modo sulla sedia davanti a Edward Jacobs.

Edward, al contrario, sorrideva improvvisamente alla vista della ragazza e cercò di lamentarsi sentendola gemere.

«Cinque minuti.», ringhiò David, guardando la bionda negli occhi per poi uscire dalla porta con passo pesante.

«Alison...», sospirò Edward, gli occhi che gli brillavano. «Cosa ci fai qui?».

La ragazza alzò gli occhi su di lui.

«Che cosa ci fai tu, qui, piuttosto», commentò acidamente. Edward si strinse nelle spalle udendo quel tono e abbassò il cavo.

Alison scosse la testa e disegnò sul viso una nuova espressione.

«Scusami», sussurrò, melodica. «Sono... stanca, spaventata. Mi accusano di una colpa assurda».

Jacobs corrugò la fronte, incuriosito.

«Dicono che ho rapito Spencer», sbottò. «Io, ti rendi conto?! Perché mai dovrei fare una cosa del genere?».

«Ti accusano di che cosa?!», esclamò Edward, sbalordito. «Ma non è possibile!».

«È quello che dico anch'io! Come potrei fare una cosa del genere, per quanto mi piacerebbe che spariss-». Si zittì all'improvviso, abbassando la testa.

Edward la fissò confuso.

«Hai detto... hai detto che ti piacerebbe se lui... sparisse?». Nascondeva a stento la gioia.

Alison Juliet si guardò intorno per la stanza, alla ricerca di qualche telecamera. Non trovandone, proseguì.

«Sì», confessò, mordendosi il labbro inferiore. «Vorrei che sparisse dalla mia vita una volta per tutte».

Edward era perplesso, continuava a fissarla come se non credesse alle proprie orecchie.

«Ma... ma tu lo ami, voi vi sposerete», pronunciò l'ultima parola come uno sputo.

La bionda lo fissò, inarcando un sopracciglio.

«Ho rotto il fidanzamento qualche giorno fa, Ed. Venerdì sera, per la precisione».

«Ma non è possibile, voi vi stavate baciando, e abbracciando, e lui ti ha portato fuori a cena...», balbettò l'uomo.

«Come mi ha riaccompagnato a casa l'ho lasciato», ammise lei. «Non potevo più continuare a fingere».

«Io... io non capisco, Alison».

La giovane donna fece un sospiro, guardando velocemente alle proprie spalle.

«Non ho molto tempo, hai sentito quell'agente dell'FBI, mi sono stati concessi solo cinque minuti. Ho rotto con Spencer, perché non potevo più mentire a me stessa... né a lui. La verità, è che in lui ho cercato un sostituto, qualcuno che sostituisse il vuoto che ho dentro di me per non poter avere l'uomo che desidero». Lo prese per mano, accarezzandogli il palmo. «Tu».

«Io?!».

«Tu. So di averti trattato sempre con diffidenza, ma pensavo che standoti lontana avrei smesso di provare per te ciò che in realtà ancora provo: amore. Sei sempre stato così gentile, con me, così delicato, buono, generoso... Ma sapevo di non poteri avere, di non essere abbastanza per te. Così ho ripiegato su Spencer, che sembrava pronto ad accogliermi tra le sue braccia. È stato così per anni, ma non potevo sposarlo con la consapevolezza di amare un altro, non potevo. L'ho lasciato... e ora dicono che sia scomparso, mi accusano di essere stata io a sequestrarlo. Ma non sono stata io, lo giuro».

Lo fissò negli occhi. Sembrava che Jacobs stesse per scoppiare a piangere per la gioia.

«Ho saputo che anche tu sei sospettato, quindi mi sono detta... hanno sbagliato su di me, ma può anche darsi che... Ed, io non ti sto accusando di niente, ma... sei stato tu, non è vero? A prendere Reid?».

Ci furono degli attimi dei secondi durante i quali sia Alison che l'intera squadra all'esterno della sala interrogatori trattennero il fiato.

Poi, Jacobs annuì.

«Sì, sono stato io».

Alison Juliet riprese a respirare, cercando di non mostrarsi sollevata.

«Tu... tu mi ami?».

Di nuovo, Jacobs annuì.

La ragazza fece un gran sorriso.

«Confessa», lo supplicò.

Edward spalancò gli occhi.

«Cosa?! No!».

«Ti prego.», lo supplicò la violinista, stringendo più forte la sua mano. «Se confessi, se dici dove si trova, diranno che hai collaborato e ti abbrevieranno la pena, uscirai prima di prigione e se ancora mi vorrai potremo passare il resto delle nostre vite insieme».

Jacobs non parlò.

«Se vado in prigione io... non so quando mi faranno uscire. Spencer potrebbe essere ancora vivo, l'accusa per ora è solo di rapimento, ma se mai lo ritrovassero morto si trasformerebbe in accusa di omicidio e potrei passare il resto della mia vita in prigione...».

«È ancora vivo».

Alison sentì un enorme peso lasciarle il petto.

«Ti prego, confessa e dì dove si trova, fallo per me... fallo per noi».

Jacobs rimase ancora qualche istante in silenzio.

«Fattoria Turner, poco distante dal ponte Cartage. È lì».

Alison sorrise ancora di più.

«Grazie».

Rossi irruppe in quel secondo, trascinandola fuori dalla sala.

«Geniale», commentò, congratulandosi con lei.

Alison sorrise. Spencer era vivo. Sapeva dove si trovava. Sarebbe andato tutto bene.

«Andiamo a prenderlo».


Continua...

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