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Will stava fuggendo. Qualcosa la inseguiva. Non sapeva bene cosa o chi era,
però avvertiva la sua presenza, era sempre là, dietro
l’ultimo angolo che aveva voltato. Corse disperatamente, ma il suo
inseguitore non le lasciava scampo. I vicoli della città, vuoti e
bui, si susseguivano uno dopo l’altro, i suoi passi rimbombavano nel
silenzio. Il fiato cominciava a mancarle, i polmoni invocavano disperatamente
aria e il suo cuore batteva troppo, troppo rapidamente. Dietro di lei il
respiro del suo inseguitore, invece, era sempre, lo stesso, profondo e ferino,
ritmico e riposato. Si stava avvicinando, I suoi passi risuonavano sempre
più forte. Una mano sconosciuta le sfiorò un lembo della maglietta.
Will gridò, invocando aiuto.
Si svegliò nel suo letto caldo, i capelli rossi mandidi di sudore
e gli occhi spalancati. Il cuore le batteva furiosamente nel petto e, nello
svegliarsi di soprassalto, si era alzata a sedere. Si guardò intorno,
ancora in preda al panico dopo l’incubo appena vissuto. Si sfiorò
la fronte con la mano e affondò il volto nel palmo.
“Che sciocca che sono.” Mormorò “Era solo un
incubo.”
“Will, attenta, dietro di te!” La sveglia gridò, con voce
metallica e acuta. La ragazza reagì di istinto, prima di capire cosa
stava succedendo, gettandosi di lato e cadendo dal letto in un cumulo confuso
di coperte. Dalle ombre dietro al letto, emerse un’alta figura, le braccia
ancora tese davanti a sé, alla cui presa, Will era sfuggita per un
soffio. Will rotolò ancora di lato, tentando di liberarsi dalle lenzuola,
in preda al panico. Si sentiva come se il suo incubo le fosse piombato addosso,
ancora più spaventoso, dopo quel breve sollievo. Il suo aggressore
si gettò di nuovo su di lei. Chi era quell'uomo, chi era? Cosa voleva
da lei? Da dove era arrivato? Will indietreggiò alla cieca. La sua
schiena urtò contro un ostacolo. Will cercò disperatamente
di scansarlo, mentre l'ombra scura si chinava su di lei. La lampada sul comodino
si accese da sola. Un fascio di luce colpì il nuovo arrivato negli
occhi ed egli, preso alla sprovvista, arretrò, coprendosi gli occhi
con le mani. Will riuscì a vederlo per una frazione di secondo: un
giovane dai lunghi capelli neri, stretto da una imponente armatura scura
e avvolto da fluide vesti di velluto. Poi l’apparizione svanì.
La porta della stanza di Will si spalancò, un fasciò di calda
luce gialla si riversò su di lei, mentre sua madre irrompeva nella
stanza.
“Wiil, Will! Tutto bene? Hai gridato e poi ho sentito quel
botto…” Si arrestò di colpo, vedendo la figlia distesa sul
pavimento, mentre una buffa smorfia divertita le appariva sul viso. “Non
ci credo, sei caduta dal letto! Era da quando avevi otto anni che non succedeva.
Dai, tirati su, ti do una mano a rifare il letto.”
Will annuì, il respiro che si placava e afferrò grata la mano
che la madre le stava porgendo. Rifecero il letto insieme, la madre troppo
assonnata per parlare ancora, la figlia ancora troppo spaventata. Da dove
veniva quel giovane? Chi era? Cosa voleva da lei? Il volto cupo, di cui non
aveva avuto più che un impressione, continuava ad aleggiarle di fronte
al viso. Doveva parlare con le altre, il prima possibile. Susan diede
un bacio veloce sulla fronte di Will.
“Buonanotte dolce” mormorò “Dormi bene.”
“’Notte mamma” rispose Will, mentre la madre spengeva la luce
e tornava a letto.
La ragazza fece per infilarsi a sua volta sotto le coperte. Avrebbe fatto
bene a stare vigile per la notte, domattina avrebbe parlato con le altre.
In fondo, forse, era stato tutto un sogno. La voce di Taranee la raggiunse
improvvisamente. “Will, Will” chiamava urgentemente “Aiuto,
aiuto! Sono stata attaccata!”
Will si guardò un attimo intorno sorpresa, prima di ricordarsi dei
poteri telepatici dell’amica. Poi socchiuse gli occhi concentrandosi
e Taranee apparve, ansimante e rabbiosa di fronte a lei. Will l'afferrò
per le spalle "Stai bene? Sei ferita!"
"Non c'è tempo per questo! Anche le altre potrennero essere in
pericolo… Presto richiamale!”
Taranee stava studiando. Era tardi, molto tardi. Ma la mattina seguente la
aspettava un'interrogazione e non era sicura di sentirsi preparata. Si
sfregò gli occhi per, probabilmente, la millesima volta, sfilandosi
gli occhiali con la sinistra, poi sospirò stancamente e tentò
di concentrarsi di nuovo sul libro di fisica.
Il dolore la colpì, improvviso e inaspettato, una morsa di fuoco intorno
al collo, che le spezzava il fiato e le fiaccava le carni. Le mani di Taranee
corsero istitivamente alla gola, cercando di liberarsi dalla presa. Ma la
corda metallica era avvolta intorno al suo collo sottile troppo strettamente,
perchè Taranee riuscisse ad afferrarla. La ragazza si contorse
disperatamente, annaspando. Il suo aggressore, silenzioso e determinato,
non allentò, neanche per un secondo, la presa, stringendo con sempre
maggior forza. Taranee fu colta dal terrore, tese le braccia all'indietro,
riuscendo ad afferrare la corda della garotta. Evocò il suo potere
e, in un istante, il fuoco divampò. Un voce femminile si lasciò
sfuggire un urlo di rabbia, mentre Taranee si liberava. La ragazza cadde
in avanti, sulla scrivania, prossima all'incoscienza, mentre la garotta bruciava.
Ma la rabbia di essere stata sorpresa era tale, che riuscì a trovare
le forze per voltarsi e fronteggiare il suo assalitore, anzi la sua assalitrice.
La donna dimostrava una trentina d'anni, aveva la pelle scura e lunghi capelli
ramati, raccolti in traccine. Un'armatura in cuoio borchiato le proteggeva
il busto e portava un'impressionante varietà di armi: a parte la garotta,
di cui aveva ancora in mano l'impugnatura, Taranee ebbe il tempo di vedere
una corta lancia sulle spalle, una tozza spada al fianco, pugnali da lancio
su una fascia a tracolla e altri due più lunghi legati alle cosce.
La ragazza la squadrò con furia, gli occhi fiammeggianti, come osava
quella.. quella ... troia! Attaccarla in casa sua, alle spalle! Le si
scagliò contro, globi di fuoco nelle mani. Non avrebbe fatto il comodo
suo! La donna fu colta di sorpresa dalla furia dell'attacco di Taranee, ma
riuscì a difendersi egregiamente. Non riusciva a contrattaccare, ma,
per quanto la ragazza l'attaccasse con tutta la sua energia, non riusciva
ad infrangere le sue difese. Il fuoco scivolava dalla sua pelle ramata e
lei lo deviava a mani nude. Non poteva continuare così, un combattimento
magico nello studio di sua madre, non era esattamente auspicabile... Certo,
le bruciava, ma forse era meglio, per quella volta, solo per quella, battere
in ritirata. Taranee invocò l'aiuto di Will.
Irma si immerse di nuovo nell'acqua con un sospiro di soddisfazione. Era
meraviglioso, veramente meraviglioso. Un bagno caldo prima di andare a letto
era esattamente quello che ci voleva, dopo una dura giornata a base
di studio e pettegolezzi con le amiche. E nessuno sarebbe venuto a bussarle
maleducatamente, urlando di sbrigarsi: il resto della famiglia era sotto
le coperte già da un po'. Ma lei era appena tornata dal Neverwhere
Pub, dove l'aveva accompagnata quello schianto di Mark. Irma si concesse
cinque minuti di deliziose fantasticherie sul sedere del ragazzo. Mark era
proprio bello, ma proprio bello bello. Un po' allampanato, magari, e magari
aveva il naso un po' troppo a becco e quel modo strano di parlare, ma era
proprio bello in fondo. Un po' noioso magari, ma proprio bello... forse...
Oh insomma. Avrebbe fatto meglio a uscire subito, prima di convincersi che,
in fondo, Mark non le piaceva poi un gran che. Uscì dalla vasca con
decisione e si avvolse nel suo fantastico, morbidissimo, profumatissimo
accappatoio azzurro. Adorava quell'accappatoio. Scrutò lo specchio.
Aveva i capelli tirati indietro dalla fascia rosa e grondava acqua. Si
squadrò criticamente, volgendo il capo da una parte e dall'altra.
Era forse un bollicino quello che stava facendo capolino sul lato del naso?
Avvicinò il volto allo specchio per controllare. Quanti punti neri!
Accidenti! Avrebbe dovuto farsi prestare da Cornelia quella sua lozione...
però quella faceva tante di quella storie. Una risatina divertita
interruppe quell'occupazione. Irma si girò di scatto.
Un curioso ragazzo stava seduto sul bordo della vasca e sogghignava beffardo.
Indossava, Irma non riuscì a impedirsi di arrossire, solo pochi stracci.
In compenso era adorno di una raguardevole quantità di pendenti di
sassi, conchiglie e coralli, tenuti insieme rozzamente da spaghi. Il ragazzo
non doveva avere molto più di lei, era molto magro, con un viso
strafottente e i capelli biondi e perfettamente lisci, divisi in cinque codini
trattenuti da perle di legno.
Irma si portò le mani sui fianchi, ma guarda te quel bellimbusto,
entrava così in casa sua e le faceva quasi prendere un colpo. E rideva
pure!
"Certo che se volevi un appuntamento bastava chiedere, ti mettevo in lista,
fra un paio di mesi dovrei avere un pomeriggio libero. Entrare furtivamente
in casa di un poliziotto è un po' troppo anche per vedere le
mie belle gambe!"
Il ragazzo ghignò con ancor maggiore divertimento. "Per le tue gambe
non muoverei un passo, ma per i tuoi poteri... per quelli andrei in capo
al mondo." Schioccò pigramente le dita della mano destra e, ehi! Irma
spalancò gliocchi con indignazione. L'acqua della vasca si divise
in tentacoli serpentiformi che le si scagliarono addosso. Quello lo faceva
lei! Irma indicò verso il basso con un gesto imperioso, come per dire
a un cane di sedersi e i tentacoli cambiarono traiettoria, ma per poco. Il
giovane li diresse di nuovo verso di lei e lei deviò di nuovo.
Cominciarono a contendersi il controllo dell'elemento con crescente dispetto.
"Lascia stare, lascia stare!" Sbraitò Irma "Come ti permetti! Sono
io la Witch dell'acqua! la plendida sirena di Eth..." La fanciulla sparì
nel nulla. L'acqua si rovesciò, improvvisamente libera, sull'altro
contendente e sul pavimento piastrellato del bagno.
Hay Lin si trascinò su per le scale a testa china. Le avevano fatto
fare turno doppio al ristorante. Non che non fosse contenta che la sua famiglia
avesse tanti clienti, però non si reggeva più in piedi. Si
lavò i denti come uno zombie e si infilò il pigiama a occhi
chiusi. Sollevò un lembo del lenzuolo con gioia e improvvisamente
un turbine di vento la scaraventò contro il soffitto. Cosa stava
succedendo? Forse aveva perso il controllo dei suoi poteri per il sonno.
Cercò di voltarsi in aria. Ecco cosa dovevano sentire le vittime del
suo potere. Su piccolo sono io! Io, Hay Lin. Il vento le lasciò un
pò di libertà, ma c'era una forza che le stava opponendo una
strenua resistenza. Hay Lin, sempre più confusa, si guardò
in torno, mentre tentava di concentrarsi sul suo elemento. Dall'angolo della
stanza ,sbucò un ragazzino, magro, anzi magrissimo, con un volto da
folletto e grandi occhi a mandorla, indossava una sorta di kimono nero e
stringeva le labbra, sforzandosi di non perdere il controllo del vento. Hay
Lin spalancò gli occhi, ancora più confusa di prima e si contorse
in aria. Dall'altro capo della stanza, emerse un'altra snella figuretta,
così simile alla prima da non lasciar dubbi sulla loro parentela.
"Arrendeti! Arrenditi!" Le intimò con voce acuta e capricciosa "Possiamo
batterti quando vogliamo Zeph e io! Il vento è nostro! Nostro!"
Ma come si permetteva quella bambina antipatica! Hay Lin le spedì
contro una folata di vento con tutte le sue forze e la ragazzina si ritovò
a sedere per terra con gli occhi spalancati.
"Come... come hai fatto! Tu non puoi..."
Dall'altro capo della stanza si levò una risata argentina. "Ahahaha
Ire... ti ahaha.... ti ha preso in pieno! Ahahaha ti sei fatta fregare come
una scema ahahah"
Hay Lin sentì il vento allentare la sua presa su di lei e riatterò
con leggerezza.
Ire mise su un broncio irato. "Come ti permetti... tu... tu... incapace!"
Inveì contro il gemello. "Avresti dovuto trattenerla! E' colpa tua!"
Cosa doveva fare? Que due la stavano ignorando completamente! Hay Lin aprì
la bocca per dire qualcosa, mentre Zeph smetteva di ridere giusto il tempo
necessario per rispondere a tono alla sorella. "Ehm scusate..." cominciò
e... svanì nel nulla. Zeph e Ire guardarono il punto dove era sparita
e bocca aperta.
"E' stata tutta colpa tua! Perchè doveva capitarmi un fratello così
incapace!"
"Ma se sei tu che ti sei distratta! Sei proprio una serpe!"
"Sgorbio!"
"Serpe!"
Cornelia dormiva pacificamente nel suo soffice letto. I biondi capelli sparsi
sul cuscino, il gatto comodamente acciambellato contro il petto. Stava facendo
un sogno splendido, uno di quelli che non sai esattamente di cosa parlano,
ma dove tutto è pervaso di lieve odore di arance e i colori sono caldi
e pastello. Un sorriso lieto aleggiava sulle labbra rosate.
Il risveglio non fu altrettanto piacevole.
Una mano forte le strinse senza troppi complimenti i polsi delicato, sollevandola
in aria. Cornelia spalancò gli occhi, subito lucida, come un gatto.
Napoleone, brutalmente scaraventato dal letto, miagolava energicamente. Di
fronte a lei stava un uomo alto e massiccio, dal volto maturo, ma attraente.
Il suo rapitore rispose al suo sguardo furibondo con un'occhiata carica di
dolce tristezza.
"Mi spiace bambina, non meritavi tutto questo. E' una triste sorte la tua"
Dal suo braccio sinistro si dipartirono funi di piante rampicanti che
cominciarono ad avvolgersi intorno a Cornelia.
Non si sarebbe fatta catturare così! Non lei! Cornelia provò
a controllare le piante, ma una forza estranea le sottraeva al suo controllo.
Allora, senza riflettere, contrasse gli addominali e colpì il suo
aggressore con entrambi i piedi nudi. Pieno sul naso. L'uomo preso di sorpresa
la lasciò andare. Bene! Bene così! Adesso gliela avrebbe fatta
vedere lei! Cornelia raccolse il suo potere caricando le braccia all'indietro,
i capelli biondi che frustavano l'aria dietro a lei, sospinti dall'energia
che ella emanava... e si dissolse nell'aria limpida.
L'uomo rimase a fissare per un momento il punto dove si trovava, negli occhi,
un misto di malinconia e sollievo.
Ho cambiato l'impaginazione perchè mi hanno giustamente suggerito
che non era adatta alla lettura sullo schermo del pc, spero ora vada meglio.
619: grazie per la recensione, mi fa molto piacere riceverne :) Il soggetto
della storia corrisponde più o meno ad una "saga" originale del fumetto.
Credo che potrebbe venirmi un bel numero di capitoli, una venina almeno,
ma forse parecchi di più. Non ti preoccupare la continuo, avendo già
scritto la trama, mi resta molto semplice andare avanti veloce. XD
Irma capitombolò sedere a terra, svanita improvvisamente la tensione
magica, a cui era aggrappata, nella lotta contro il suo strano visitatore.
Intorno a lei tutto si era fatto buio.
"Ahia, che male!" imprecò "Cos'è quest.." Una mano premuta
contro la bocca.
"Zitta" le mormorò una voce conosciuta all'orecchio "Sveglierai
mia mamma!"
Accanto a lei, una fiamma cominciò a rilucere nel nulla. Un piccolo
fuoco che si allargò fino a illuminare il volto di Taranee, che lo
stringeva fra i polpastrelli dell'indice e del pollice. Will le liberò
lentamente la bocca, mentre le faceva segno con l'altra mano di fare
silenzio.
"Ragazze! Siete state voi a richiamarmi con la dislocazione! Mi è
accaduta una cosa allucinante..."
Ma venne interrotta un'altra volta da un'attonita Hay Lin, la mano ancora
alzata nel tentativo di interrompere Zeph e Ire. Le altre tre ragazze la
fissarono perplesse.
"Ah... io..." borbottò Hay Lin, ormai completamente confusa "Cosa
ci faccio qui?" Si accorse di avere ancora la mano sollevata e la abbassò
imbarazzata. "Ecco...c'erano dei tipi e io..."
Fu il suo turno di venire interrotta. Cornelia apparve, avvolta da una
vampa verde di potere, pronta a scagliare un attacco contro un invisibile
aggressore.
"Infame bastardo! Adesso ti insegno un po' di educazione!" Le sue quattro
compagne le saltarono prontamente addosso, prima che mettesse in atto il
suo proposito. Irma le chiuse la bocca con la mano con un'energia forse non
proprio del tutto necessaria, sedendole soddisfatta sulle spalle.
"Era così tanto che lo volevo fare..." gongolò "Mi presti
la tua lozione per i punti neri? Non rispondi? Ok lo prendo per un sì,
chi non risponde acconsente."
Cornelia si levò la mano della bocca con stizza, mentre Taranee,
Will e Hay Lin la lasciavano andare.
"Levati di dosso! E no! Non te l'avrei prestata neanche prima, tanto
meno adesso!"
Will intervenne, aiutando la furibonda Cornelia ad alzarsi.
"Ragazze adesso basta! Io e Tarenee siamo state attaccate e anche voi,
mi sembra di capire!"
Cornelia annuì, spolverandosi la graziosa camicia da notte.
"Ovviamente."
Dietro di lei Irma interruppe un attimo le boccacce che le stava rivolgendo
per esclamare:
"Io ho soltanto ricevuto una visita di cortesia!"
Hay Lin riflettè un momento, guardò il soffitto pensierosa,
aggrottò le sopracciglia e infine mormorò:
"Uh... sì, suppongo fosse un attacco... almeno credo che lo
fosse..."
Taranee prese la parola con decisione.
"La madre di Will finirà per svegliarsi se rimaniamo qui. Sarà
meglio andarcene in un luogo più tranquillo."
Will annuì.
"Sì, hai ragione, non possiamo restare qui. Dove possiamo
andare?"
"A Kandrakar! Ormai immagino di poter dire addio alla mia notte di sonno!"
rispose Cornelia, ancora fumante di rabbia.
"E l'Oracolo dovrà darci parecchie spiegazioni" interloquì
Taranee, una luce pericolosa negli occhi "Non so i vostri, ma il mio assalitore
non era sicuramente terrestre! A Kandrakar dovrebbero saperlo se questi bei
tipi scorrazzano allegramente tra piani!"
"A Kandrakar allora!" concluse Will sollevando in aria il Cuore. Una
calda luce avvolse le ragazze.
Nel silenzioso biancore di Kandrakar apparvero cinque colorate e snelle
figure. Le ragazze atterrarono lievemente sul pavimento di materiale indefinibile
del luogo e si guardarono attorno, attonite.
Kandrakar non era più come lo avevano lasciato, silente e immoto,
luminoso e imponente nel suo candore senza macchia, pulsante di energia.
La fortezza languiva in un grigio decadimento. La sua luce che pulsava
faticosamente, lottando per non spegnersi. Di tanto in tanto un brivido breve,
ma minaccioso la percorreva e le sue torri svettanti erano sbreccate come
antiche rovine.
Mentre le ragazze osservavano addolorate e meravigliate, Tibor discese
rapidamente l'ampia scalinata, un tempo così regale, davanti a loro.
L'anziano consigliere si affrettò incontro a loro a braccia
spalancate.
"Per fortuna state bene! Per fortuna siete qui! Non sapevamo come fare
a contattarvi, l'anziana Yan Lin era così in pena!"
Le Witch si scambiarono uno sguardo perplesso.
"Non sapevate come contattarci, Tibor?" prese la parola Will "Ma com'è
possibile? E poi... cos'è successo qui? Dov'è l'Oracolo?"
"Oh ragazze, se sapeste!" esclamò il vecchio, addolorato "L'Oracolo
è molto malato, molto. Temiamo per la sua vita! Ma venite, venite,
accomodatevi. Vi devo raccontare molte cose"
Le ragazze lo accampagnarono attraverso gli ingrigiti corridoi di Kandrakar,
silenziose e preoccupate. Di tanto, in tanto incrociavano qualcuno degli
abitanti del luogo, che camminava rapido, lo sguardo basso e le spalle incurvate
e rivolgeva loro sguardi di timore e speranza.
Finalmente Tibor le fece accomodare in uno studiolo e si accomodò
lui stesso, con un sospiro, su una poltrona di velluto dall'aspetto antico
e stanco.
"Volete un thè? Metto il bricco sul fuoco". L'uomo armeggiò
per un poco con una cuccuma di rame dall'aspetto desueto.
Poi, mentre l'acqua cominciava a scaldarsi si rivolse alle ragazze.
"E' Everlan la causa di tutto questo. Sapevo che quel posto avrebbe
dato problemi prima o poi..." brontolò scuotendo la testa
rassegnato.
"Everlan è uno dei mondi di cui Kandrakar è il cardine"
continuò, in risposta allo sguardo interrogativo delle ragazze. "E'
un luogo permeato di magia, magia che ha permesso ai sui abitanti una vita
comoda e piacevole per secoli."
"Non capisco quale sia il problema..." interloquì perplessa
Will.
"Il problema è che gli abitanti di Everlan sono stati troppo
avidi. Hanno chiesto troppo alla loro terra, si sono abbandonati ai piaceri
e alle comodità, fino a prosciugare quasi del tutto la loro fonte
di energia"
"Un po' come stiamo facendo sulla terra, insomma" proruppe Taranee "Ma
questo non spiega comunque perchè Kandrakar sia in queste condizioni
e perchè noi si sia state attaccate"
"Non esattamente come quello che sta accadendo nel vostro mondo. La
magia di Everlan non è solo una fonte di energia. Everlan esiste grazie
alla sua magia, la magia scorre nel cielo, nel mare e nella terra. Prosciugando
la loro magia gli Everlaniani hanno prosciugato il loro mondo. I fiumi si
asciugano, la terra trema, i vulcani eruttano, l'aria si avvelena. Everlan
sta morendo"
"Ma è terribile!" esclamò Hay Lin, ancora un po' confusa,
ma sicura di doversi sentire addolorata "Dobbiamo fare qualcosa per
aiutarli"
Tibor la squadrò severamente.
"No eh? Ho detto di qualcosa di sbagliato, vero? Ma... ok, ok..."
borbottò interrompendosi imbarazzata.
Tibor riprese a parlare.
"Per ovviare a questo incoveniente la regina di Everlan, Nimuel, sta
attingendo all'energia di Kandrakar, con i risultati che vedete." sospirò
nuovamente con tristezza.
"Fermatela allora! Cosa combina il pelatino? Cos'è, con tutti
i suoi fantastici poteri non riesce a evitare che gli si attacchino alla
linea elettrica?" esclamò Irma sarcastica.
"E' malato, ve l'ho detto. Lui e la fortezza sono una cosa sola, la
fortezza languisce e anche lui ne soffre. Se gli Everlaniani non verranno
fermati in tempo lui e Kandrakar..." Tibor si interruppe con gli occhi
lucidi.
Le ragazze tacquero, imbarazzate davanti alle lacrime dell'anziano
consigliere e addolorate da quelle notizie. Rimasero ferme e silenziose,
guardano pensierose il pavimento.
Will interruppe il silenzio. Si avvicinò a Tibor, stringendogli
una spalla. Il dolore del vecchio la impietosiva. L'Oracolo era la sua guida
spirituale e al tempo stesso qualcosa a metà fra un figlio e un caro
amico.
"Non vi preoccupate, Tibor. Ci penseremo noi, cosa dobbiamo fare?"
Il vecchio si asciugò gli occhi con una mano.
"Scusate, non dovrei... Lui...lui vuole parlarvi. Yan Lin vi
accompagnerà."
L'anziana donna entrò nella stanza da una porticina alle sue
spalle, un'espressione triste impressa sul volto, di solito così
allegro.
"Nonna che bello vederti!" esclamò con voce squillante Hay Lin,
correndole incontro. Yan Lin e le sue compagne le rivolsero uno sguardo di
rimprovero.
"Ah... ecco... io... forse non era il caso, vero?" concluse
mortificata.
"Venite" Mormorò Yan Lin "Vi accompagno dall'Oracolo."
Seguirono Yan Lin per uno stretto corridoio e per delle scale ancora
più strette, fino ad arrivare a un portone robusto, ma fatiscente,
come ormai tutta la fortezza. Yan Lin aprì la porta, che sembrò
faticare a girare sui cardini e le condusse, attraverso un salotto severo,
in un'ampia camera da letto, spoglia e impersonale.
Su un grande letto sul lato sinistro della stanza giaceva l'oracolo.
Appariva sofferente e febbricitante, le guance scavate e il respiro debole
e affannoso. Un indistinto timore strinse i cuori delle ragazze; con tutta
la sua boria, antipatia e rigidità l'Oracolo era diventato parte delle
loro vite e sembrava eterno. Sapere che sarebbe sempre stato lì, a
disposizione per le loro domande o invettive era... come dire... una certezza.
Rimasero in rispettoso silenzio, senza sapere cosa dire, come rivolgersi
a quella pallida ombra del deciso e forte giovane che conoscevano.
Yan Lin si avicinò al letto e mormorò poche parole
all'orecchio dell'Oracolo. Il giovane aprì lentamente gli occhi e
la guardò. L'Anziana pronunciò qualche altra parola a bassa
voce e indicò le ragazze. Lo sguardo dell'Oracolo seguì
faticosamente il suo gesto e si posò sulle ragazze. L'uomò
annuì stancamente e si tirò a sedere sul letto, appoggiandosi
con gratitudine al cuscino che Yan Lin gli sistemava dietro la schiena.
"Siete qui per fortuna,temevo per voi." La voce era poco più
che un bisbiglio, ma fredda e distaccata come sempre.
"Per noi?" Interloquì Irma, un sopracciglio sollevato "Mi sembra
che si debba preoccupare di se stesso, più tosto!"
"Di me si preoccupano già in troppi. Voi eravate in pericolo
quanto me."
"Immagino che faccia riferimento a quei tipi che ci hanno attaccato."
Intervenne Conrnelia scettica "Francamente non capisco perchè lo abbiano
fatto, cosa c'entravamo noi? Era una sorta di attacco preventivo?"
"No, niente di tutto questo. Tibor non vi ha spiegato? Hanno bisogno
di infondere nuova linfa alla loro terra, per questo hanno bisogno di
voi."
"Adesso ho capito!" Esclamò Irma soddisfatta "Vogliono usare
i nostri poteri! Ecco cosa voleva dire quel ragazzetto che mi è piombato
in casa!"
"Sì è proprio così." confermò l'Oracolo.
"Con i vostri poteri potrebbero dar nuova vita alla loro terra, per sempre,
probabilmente."
"Ma allora dobbiamo darglieli!" Proruppe Hay Lin con impeto "Noi possiamo
fare anche senza!"
L'Oracolo la squadrò freddamente.
"No eh? Ma... cioè... d'accordo, d'accordo sto zitta finchè
non riesco a farmi un bel sonno!" concluse rassegnata.
"Però non è che abbia tutti i torti" interloquì
Taranee "Questi Everlaniani saranno anche stati avidi, ma lasciare che il
loro mondo venga distrutto in questo modo, condannarli a morte certa, non
mi sembra giusto!"
L'Oracolo rispose in un sussurrio gelido.
"Voi siete responsabili per tutti i mondi collegati a Kandrakar e per
gli abitanti di tutti quei mondi. Non avete il diritto di sacrificarvi per
uno solo. Gli Everlaniani avranno solo ciò che si sono meritati. E
adesso andate. Yan Lin vi darà una chiave per giungere su Everlan.
Andate e fermate la guardia di Nimuel." La voce dell'Oracolo, tremò
un attimo per la stanchezza, il giovane dovete interrompersi per riprendere
fiato. "Avete già incontrato i suoi membri: l'irascibile Efri, i gemelli
Ire e Zeph, l'imprevedibile Flood e il pacato Ardu. Sono pericolosi, fate
attenzione. E ancor più attenzione ponete nell'affrontare il loro
comandate, Avren, è un guerriero di rara perizia. Metteteli fuori
gioco e gli Everlaniani dovranno rassegnarsi al loro destino. Solo i membri
della Guardia possono muoversi fra i piani, senza di loro Everlan è
isolata dagli altri mondi. Gli Everlaniani non potranno fare altri
danni."
L'Oracolo ricadde spossato sul letto.
Le ragazze, esclusa Hay Lin che ormai stava letteralmente dormendo in
piedi, tentarono di protestare indignate dalla crudele freddezza di quella
che avrebbe dovuto essere la loro guida, ma Yan Lin le azzittì con
un gesto talmente imperioso che non osarono opporvisi.
L'Anziana donna le condusse nuovamente nell'ufficio di Tibor, dopo aver
chiuso la porta delle stanze dell'Oracolo con delicatezza.
"Tenete bambine" mormorò appena furono entrate "Questa chiave
vi permetterà di accedere al piano di Everlan. L'Oracolo me l'ha affidata
ai primi segni della sua malattia, sospettando quello che sarebbe
successo."
Yan Lin porse a Will una chiave elaborata in legno e metallo fusi
strettamente assieme, ma al contempo fortemente distinti.
La Witch allungò una mano per afferrarla. Poi la colpì
il ricordo dello sguardo di Avren, gli intensi occhi grigi che le trafiggevano
il cuore. Ritrasse la mano, stringendosela al petto e nascondendo il volto
sotto i capelli rossi.
"Non posso" sussurrò "Non è giusto."
"Will ha ragione!" la sostenne Taranee, il suo senso della giustizia
che combatteva contro l'antipatia ispiratale da Efri "Anziana Yan Lin, non
sarà d'accordo anche lei con quello che dice l'Oracolo? Come si può
condannare a morte un intero popolo?"
"Non le sembra un pochettino esagerata come punizione per essere stati
avidi? Neanche mangiassero bambini!" la spalleggiò Irma. Quel ragazzuccio,
quel Flood, poteva anche essere maleducato, scorretto e pure un gran copione,
ma il diritto di salvarsi la pelle ce l'hanno tutti!
"Questa volta sono d'accordo con lei" intervenne Cornelia "Questa storia
è assurda! Quell'uomo che ha tentato di rapirmi... nonostante tutto
non sembrava malvagio, sembrava triste. Adesso capisco perchè: la
sua terra sta morendo e l'Oracolo non ha intenzione di impedirlo."
"E' vero nonna! Non puoi essere d'accordo con lui! E' mostruoso pensare
di lasciare morire tutta quella gente per un bene superiore, ancora peggio
dire che se lo sono meritato! Quelli che mi hanno attaccato erano solo dei
ragazzini!" Hay Lin si interruppe titubante, le altre che la guardavano a
occhi spalancati. "Questa volta ho detto la cosa giusta, vero?"
Yan Lin sospirò. "Bambine, dovete fidarvi di lui. Un grande peso
grava sulle sue spalle. Non dovreste rendergli tutto ancora più difficile
con la vostra ostilità. Ci sono molte cose che io e voi non sappiamo,
non siamo in grado di giudicare, possiamo solo affidarci a lui. Prendete
la chiave, so che farete la scelta giusta."
Will aprì lentamente il pugno e afferrò con riluttanza
la chiave.
Grazie ancora 619! Mi fa piacere che almeno una persona segua con
entusiasmo questa storia :) Voi che leggete senza recensire: prendete esempio!
La mattina seguente ad Heatherfield era grigia e brumosa. Minacciava
pioggia e Susan non aveva voluto che Will andasse a scuola in bicicletta.
L'aveva accompagnato in macchina molto presto, prima di entrare a lavoro.
Adesso Will aspettava l'arrivo delle sue amiche, appoggiata ad un degli
alti pilastri ai lati del cancello del liceo. Stava a testa china pensierosa,
tormentandosi i capelli rossi. Il ricordo della notte precedente la tormentava.
Non riusciva a togliersi dalla testa l'Oracolo, stanco e febbricitante, eppure
freddo e pretenzioso come sempre. Come poteva essere così spietato?
Le tornò alla mente il volto pallido di Avren, lo sguardo determinato
e severo. Adesso riconosceva l'ombra che aveva scorto nei suoi occhi chiari:
era paura e disperazione. Naturale che fosse spaventao e disperato, naturale
che fosse determinato a catturarla, ne andava dell'esistenza stessa del suo
mondo e del suo popolo. L'Oracolo lo aveva definito il comandate della Guardia,
un guerriero eccellente, un grande pericolo per loro. Che peso doveva avere
sulle sue spalle quel giovane! E non era molto più grande di lei!
Quanti anni poteva avere? Venti, forse venticinque, non di più
sicuramente.
Un lampo di capelli castani la distrasse. Matt passò accanto
a lei, camminando rapido, parlando piacevolmente con un amico. Quando
intercettò il suo sguardo le rivolse un'occhiata triste e imbarazzata
e un rapido cenno di saluto. Will ricambiò con un sorriso appena abbozzato
e un movimento del capo. Erano stati insieme per un otto mesi, quando lei
aveva quindici anni. Ormai era passato quasi un anno e mezzo da quando si
erano lasciati, ma vederlo era ancora doloroso. Matt era stato il suo primo
amore, il suo grande amore e in verità non c'era niente che veramente
non andasse nel loro rapporto... solo, si erano allontanati un po' alla volta,
ognuno seguendo la sua strada. Will, a volte, si trovava ancora a chiedersi
se non avrebbe potuto evitarlo. Ormai si rispondeva di no, quasi sempre.
Una risata squilante la distrasse dei suoi pensieri. Will alzò
lo sguardo riconoscendo il suono e il rumore delle alte zeppe sulla pietra
del vialetto. Irma le veniva incontro, a braccetto con un ragazzo alto. Will
si concentrò un momento, cercando di radunare i pensieri. Chi era
quello? Ah sì, quel tipo di quinta, quel Dennis. Non sapeva facesse
parte anche lui dei pretendenti di Irma. Non riusciva a capire come facesse
lei a non confonderli, ne cambiava uno a settimana. Chi l'avrebbe mai pensato,
un paio di anni prima, che la mangiatrice di uomini sarebbe diventata lei
e non Cornelia. Irma salutò con fresca civetteria il ragazzo, che
tentò di schioccarle un bacio sulla guancia senza successo, e le
andò incontro, la lunga chioma castana che ondeggiava ad ogni passo.
Tutto sommato era la solita Irma di due anni prima, spiritosa e un po' avventata,
il suo problema era che non pensava, prima di parlare o di agire. Si divertiva
a giocare con i ragazzi senza pensare al dolore che poteva causare. Se si
fosse innamorata anche lei, per una volta...
Irma le si piazzò davanti, le mani sui fianchi, fissandola con
decisione:
"Allora che abbiamo intenzione di fare? Io a quel bel tipo che si è
infilato nel mio bagno, una lezione la darei più che volentieri, ma
mi sembra che l'Oracolo abbia davvero esagerato stavolta! Ma non ha cuore
quello?"
Will le rivolse un'occhiata stanca e rassegnata.
"Ehi! Hai delle occhiaie pazzesche! Non hai più dormito stanotte?
Non sarai stata sveglia a pensare a questa storia vero?"
Will sorrise malinconicamente, rivolgendole un'occhiata eloquente.
"Lo hai fatto davvero! Finirai per ammalarti, se non impari a prendere
la vita più alla leggera!
"Dovrebbe fare come te, per caso?" chiese acidamente una voce melodiosa.
Cornelia le raggiunse, splendida e indisponente come sempre "Tu, che non
sei capace di prendere niente sul serio? Se Will non ha dormito stanotte,
mi sembra che ci siano delle ragioni più che buone." Poggiò
una delle mani dalle lunghe dita sul fianco, fissando Irma con sfida, la
testa alta, leggermente reclinata da un lato. Era diventata sempre più
gelida Cornelia, in quegli anni e sempre più bella. Era così
alta, molto più di Irma, nonostante l'altra portasse i tacchi e lei
un paio di ballerine e aveva cambiato nettamente stile da quando l'aveva
conosciuta. Era raffinata come sempre, ma adesso aveva uno look aggressivo
e underground. Aveva i capelli ancora più lunghi di due anni prima,
ma si era tagliata una frangia cortissima, che le ombreggiava appena la fronte.
Quel giorno indossava dei jeans sdruciti a vita bassa, larghi, che le arrivavano
a metà polpaccio e una canotta beige, sotto la giacca marrone di
pelle.
Irma le rivolse un'occhiataccia. "Ecco che arriva Miss Perfettini. Cosa
credi? Di sapere solo tu come va il mondo?"
Con sollievo di Will, a interrompere le avvisaglie di tempesta arrivò
Taranee, un espressione combattiva dipinta sul viso. I suoi numerosi pendenti
di legno sbattacchiavano rumorosamente, mentre lei si avvicinava a passo
deciso. Will conosceva quell'espressione. Era quella che Taranee tirava fuori
sempre più di frequente. Quella che aveva quando era partita, per
stare, un'estate intera, su una nave di Greenpeace e quella che aveva sfoderato,
quando sua madre aveva tentato di convicerla a rinviare le sue attività
di volontariato a dopo il diploma. Significava che aveva preso una decisione
e che avrebbe combattuto con le unghie e con i denti, per quello in cui
credeva.
"Non ho nessuna intenzione di obbedire all'Oracolo in questo modo! Non
possiamo lasciar morire quella povera gente! Avranno anche sbagliato, ma
dobbiamo fare lo stesso il possibile per aiutarli!" Taranee incrociò
le braccia sul petto, scuotendo con foga i dreadlocks. Irma sospirò,
alzando gli occhi al cielo. Will sapeva cosa stava pensando. Pensava che
Taranee era di nuovo partita in quarta per una delle sue solite crociate,
come quando aveva tentato di convertirle tutte alla dieta vegetariana.
"Naturale che non possiamo obbedire all'Oracolo senza riflettere, però
non avete pensato che se noi non ci sbrigassimo, lui potrebbe morire e Kandrakar
venire distrutto? Non è così semplice." Cornelia non aveva
ancora abbandonato la sua posa aggressiva.
"E allora Miss Perfettini, cosa consiglia?" le chiese Irma facendole
il verso.
"Che non dovremmo prendere decisioni affrettate! E non chiamarmi
così!" rispose l'altra con stizza.
Hay Lin arrivò di corsa, appena in tempo per il suono della
campanella e per impedire che Irma rispondesse a tono a Cornelia. "Ragazze,
ragazze!" esclamò ansimando, le mani appoggiate alle ginocchia, mentre
tentava di riprendere fiato. "E' proprio vero che per risolvere un problema
bisogna dormirci su! Mi è venuto in mente stamattina appena sveglia!
Perchè non partiamo subito per Everlan e andiamo a dare un'occhiata
a cosa succede là? Potremo formarci un giudizio per conto nostro.
Non possiamo mica fidarci sempre di quello che dice l'Oracolo e poi... non
è giusto neanche per lui, come dice la nonna è un peso troppo
grande sulle spalle di una sola persona, prendere decisioni per tutti."
Le amiche rimasero un momento in silenzio riflettendo. Si scambiarono
un paio di occhiate dubbiose, poi Irma si strinse nelle spalle, Taranee
annuì vigorosamente e Cornelia fece un gesto di assenso. Will si
guardò intorno velocemmente.
"Andiamo alla palestra, lasceremo qui le Gocce e partiremo subito."
Le cinque ragazze entrarono nella palestra buia e, cinque minuti dopo,
le loro copie uscivano dalla stessa porta e si avviavano verso le aule. Nel
frattempo loro, riunite intonro a Will, fissavano perplesse la Chiave di
Everlan.
"E mo'? Che si fa?" domadò Irma perplessa "Hay-hey non è
che tua nonna ci abbia dato molte spiegazioni su come funziona questa
cosa."
"Forse dovremmo trasformarci prima" propose Cornelia "Sarà meglio
essere pronte a tutto, quando riusciremo ad arrivare là. Sempre che
ci riusciamo."
"Possiamo tornare a Kandrakar e farci spiegare dalla nonna, magari..."
mormorò dubbiosa Hay Lin
"Magari dovremmo provare a prenderci per mano e canalizzare la nostra
energia o cose del genere." aggiunse Taranee.
Intanto Will fissava la Chiave, silenziosamente. Era così bella
e delicata e sembrava così viva. Ed era senza dubbio una chiave, una
di quelle vecchie e pesanti, come quella che apriva la cantina di sua nonna.
Sarebbe bastato infilarla nella serratura e girarla e la porta si sarebbe
aperta con uno scatto. Solo non c'era la serratura.
Will allungò la mano con la chiave davanti a sè e la
girò. E la portà si aprì.
Will guardò con occhi affascinati lo spicchio di mondo che si
apriva davanti a lei. I prati verde pallido e la striscia di cielo di un
azzurro profondo. Respirò l'aria dolce e profumata. Dietro di lei,
le altre smisero di discutere, guardando la scena a bocca aperta.
"Ci sei riuscita! Grande! Si capisce perchè sei tu il capo! Entriamo?
Forza, dai!" Irma spalancò completamente la porta invisibile,
catapultandosi sull'erba soffice. Le altre la seguirono più
titubanti.
"Aspettate" le richiamò Cornelia "Io continuo a pensare che dovremmo
trasformarci. Will?" rivolse un'occhiata interrogativa all'amica.
Will inghiottì, cercando di risvegliarsi dall'incanto in cui
era caduta guardando le piane fiorite di Everlan. "Sì, sì"
balbettò "Sarà meglio trasformarci."
Il Cuore di Kandrakar cominciò a risplendere come una stella
candida mentre Will lo sollevava davanti a sè. Se ne dipartirono raggi
luminosi, che colpirono le altre ragazze avvolgendole in un bozzolo di luce
colorata. Quando si spense al posto delle cinque sedicenni stavano cinque
fanciulle di smagliante bellezza, avvolte in abiti che la mettevano ancor
più in risalto. Will guardò le sue compagne. Almeno quando
erano trasformate non erano cambiate per niente in quegli anni.
Le ragazze si guardarono intorno, affascinate dallo spettacolo che si
stendeva davanti ai loro occhi. In mezzo all'erba verde spuntavano fiori,
dai colori vividi e dalle forme esotiche, il loro profumo pervadeva l'aria
e la temperatura era quella di un tiepido giorno di primavera. Gli alberi
erano carichi di frutta dall'aspetto delizioso e ognuno era così perfetto
nella sua grazia delicata o nella sua contorta anzianità, da sembrare
uscito a un quadro rinascimentale. In lontananza, svettavano delle montagne,
le cime luminose di ghiaccio contro i raggi del sole. Abitazioni erano
disseminate per la piana, anche la più semplice, splendida, con le
sue sottili colonne lignee scolpite per sembrare avvolte da piante rampicanti
e le trifore ad arco acuto decoranti le finestre. La piana declinava lentamente
verso una spiaggia bianca, accarezzata dall'acqua cristallina. Mentre più
lontano si potevano scorgere scogliere eburnee, aggettanti sul mare. Il rumore
della risacca era lieve e musicale come una canzone. Vele candide punteggiavano
la superficie cobalto.
"O mammina, o mammina! E' splendido, è splendido! Lo sapevo io
che non dovevamo dar retta all'Oracolo!" proruppe Irma eccitata "Sarà
meglio dividerci per dare un'occhiata a giro! Io vado ad esplorare la spiaggia!".
Prima che le altre avvessero il tempo di interloquire, la ragazza si era
già lanciata a rotta di collo verso il mare.
"Ehi dove stai andando? Torna qui! Torna qui! Le decisioni dovremmo
prenderle tutte insieme" le gridò dietro Cornelia, senza risultati.
"Accidenti" sbuffò "Quella ragazza è impossibile! Mai che rifletta
prima di prendere iniziative! E' così irresponsabile!"
"Ormai è andata" sospirò Hay Lin "Che facciamo noi? Seguiamo
il suo esempio e ci dividiamo, o restiamo insieme?"
"Penso che a questo punto sia meglio dividerci. Gli unici che potrebbero
riconoscerci sembrano quei tipi della Guardia e credo che abbiamo già
dimostrato di saperli tenere perfettamente a bada" sentenziò Taranee
"Credo che attireremmo meno l'attenzione se siamo divise."
"D'accordo, allora. Ci troviamo qui stasera?" concluse Will.
Non so se potrò aggiornare nelle prossime settimane, perchè
martedì parto per Tokyo. Intanto leggetevi questo... io farò
il possibile per tenere il passo :)
Irma corse allegramente fino alla spiaggia, troppo eccitata per preoccuparsi
delle grida delle amiche. Si sfilò rapidamente gli stivaletti per
poter camminare a piedi nudi sulla rena candida e finissima e cominciò
a passeggiare piacevolmente lungo la linea della risacca. La sabbia era tiepida
sotto i suoi piedi, l'aria odorava lievemente di salmastro e Irma si
incantò ad ascoltare la voce del mare.
Dopo non molto che procedeva in quel modo, si imbattè in una
piccola nave tirata a secco. Tre uomini la attorniavano studiandola con cura.
Uno era accoccolato accanto al fianco panciuto, accarezzando delicatamente
il legno ruvido con le dita, mentre gli altri due lo guardavano. Intorno
a lui erano posate vari ciotole di legno, piene di tinture colorate.
"Mmmh... è qui. Va rafforzato subito, altrimenti rischiamo che
si spacchi, la prima volta che la caliamo in acqua."
Irma osservò la scena incuriosita. La nave sembrava formata da
un pezzo unico di legno, lavorato chissà in qual modo per assumere
una forma a foglia. L'intera superficie, compreso l'alto albero, era ricoperta
di decorazioni dai colori vividi, verdi cupi, azzurri accesi e blu fumosi.
Solo la vela, ora accuratamente ripiegata e legata, era di un bianco accecante.
In mezzo ai colori occhieggiavano pietre dure, conchiglie e coralli che formavano
disegni geometrici. Tutto aveva un gusto caldo ed esotico.
Ecco dove aveva imparato a vestirsi Mr.Copycat! Il pensiero attraversò
la mente di Irma.
I tre uomini avevano la pelle abbronzata e barba e capelli sbiaditi
dal sole. Erano vestiti semplicemente, come ci si aspetta da dei marinai,
ma con una certa rozza eleganza. In effetti, Irma sospettava che, sulla Terra,
sarebbe stato difficile trovare tutti insieme dei marinai di aspetto così
gradevole. Persino l'odore che aleggiava intorno a loro non era quello acuto
del pesce, bensì un gradevole miscuglio di sudore, pelle scaldata
dal sole e sale.
"Ehi, abbiamo visite" uno dei tre uomini, quello con i capelli più
lunghi e gli occhi languidi, si era accorto di lei e le rivolse un caldo
sorriso. Gli altri due si voltarono e quello inginocchiato si alzò
spolverandosi i pantaloni per liberarli dalla sabbia.
"Non ti ho mai visto da queste parti, sei straniera?" le chiese quello
che l'aveva interpellata per prima.
"No che non lo è! Se fosse di queste parti l'avrei notata
sicuramente" aggiunse uno degli altri, con uno sguardo di chiara ammirazione.
Era più giovane del primo, con la mascella squadrata e gli angoli
delle labbra all'insù.
Irma rivolse loro un sorriso smagliante. Quello era il suo elemento.
Forse non avrebbe dovuto fidarsi... ma perchè mai non avrebbe dovuto?
Sembrava così gentili e simpatici, non sembrava proprio che fossero
animati da cattive intenzioni.
"Già, vengo da parecchio lontano!" rispose arricciando il naso
"Mi chiamo Irma e voi?"
"Io sono Aron" disse quello che non aveva ancora parlato, decisamente
più anziano degli altri e con la barba molto più folta "E loro
sono Finn" continuò indicando il giovane con i capelli lunghi "e Iurean."
concluse presentando l'ultimo.
"Piacere! Sapete che è proprio bella la vostra nave? Non ne avevo
mai vista una così!"
Il volto dei tre si illuminò.
"Trovi?" rispose Finn, fingendo modestia, con scarso successo. "L'abbiamo
costruita noi, è per la pesca. Oggi speravamo di vararla per la prima
volta, se riusciamo a risolvere questo problema in tempo."
"Però.. uhm..." Irma piegò le labbra in una smorfia dubbiosa
"Tutti quei colori e le pietre e tutto il resto... non si staccheranno appena
la calate in acqua? E poi non sembra molto funzionale per essere una nave
di pescatori."
Iurean ridacchiò divertito. "E' funzionale, perfettamente funzionale!
Te l'assicuro: l'ho disegnata io. E ho tracciato personalmente tutti i simboli
sullo scafo. Vedi queste linee che si inseguono lungo la prua?" Sfiorò
con la punta delle dita il legno, con la tenerezza di un amante, gli occhi
scintillanti di orgoglio. "Queste servono a imbrigliare le correnti,
affinchè la nostra navigazione sia rapida e sicura. E vedi queste
pietre posizionate a spirale? La renderanno più longeva. E queste
conchiglie ci guideranno verso i luoghi più pescosi. E questi rombi
di coralli e onice daranno al legno forza e robustezza."
"Vuoi... vuoi dire che è magica?" esclamò Irma deliziata,
fissando la nave ad occhi spalancati.
"Magica?" mormorò perplesso Iurean "Non so cosa vuoi dire con
questo. E' costruita in modo tale da essere in armonia con gli elementi,
affinchè gli spiriti ci concedano il loro favore e il loro potere
e infondano la loro energia nella nave."
"Bhè... sì... armonia... spiriti... energia... sempre
magia è!"
"Insomma vogliamo vedere di sistemare questo problema, Iurean?"
interloquì Aron "Altrimenti non lo sapremo mai, se è davvero
così veloce e sicura."
"D'accordo, d'accordo. Mi ci metto subito" rispose il compagno "Vuoi
vedere Irma? Se resti, appena ho finito. puoi venire in mare con noi...Se
ti fidi, è ovvio... magari ho fatto male a chiederlo?" soggiunse,
guardandola con occhi preoccupati.
"Scherzi? Certo che voglio vedere! Sono così curiosa, non sono
mai salita su una nave magica prima d'ora!"
"Allora inizio subito!"
Sotto gli occhi deliziati di Irma, Iurean prese a dipingere la fiancata
della barca, nel punto che aveva indicato prima, cantando a bassa voce una
melodiosa litania.
"Allora, ti piace?" Finn le si era avvicinato e la guardava
divertito.
"Oh, sì! E' meraviglioso, sembra che le tinture splendano quando
le stende! Non credevo si facessero così le barche. Allora... Iurean
l'ha progettata e l'ha dipinta. E voi due? Cosa avete fatto?"
"Aron ha scolpito lo scafo. Non trovi che sia grandioso? Alcuni li
preferiscono più lanceolati, ma io trovo che così, con più
curve, sia più armonioso" le rivolse uno sguardo che la fece quasi
arrossire. Quasi, però.
Finn continuò "Io, invece, ho tessuto la vela"
"La vela? Ti sei sprecato... loro due hanno fatto tutto questo lavoro
e tu ha fatto solo una vela bianca?"
"Scherzi? Solo una vela bianca?" inorridì Finn "E' molto più
di questo! Vieni a vedere". L'accompagnò accanto alla nave e la
aiutò a salire sul ponte. Si avvicinò alla vela e la liberò
dalle corde. La stoffa ricadde morbidamente intorno all'albero. Irma ne prese
un angolo fra le mani, era liscia come seta. Rifletteva la luce come un liquido,
rilucendo e risplendendo.
La ragazza rimase ad ammirarla senza una parola.
Finn sorrise, consapevole del suo stupore. "Gli spiriti dell'acqua sono
più balzani, amano i colori sgargianti e le decorazioni forti. Quelli
dell'aria preferiscono una bellezza più sottile."
"Non.. non è male in effetti!" balbettò Irma "Ma gli spiriti
dell'acqua hanno più buon gusto, non per niente sono la loro preferita!"
concluse con civetteria.
"Ho finito!" Esclamò Iurean, alzandosi in piedi con i pugni in
aria in segno di vittoria.
Aron studiò con serietà la zona appena dipinta, tormentandosi
la barba con la mano. "Mmmh, mi sembra vada bene ora".
"Ti sembra vada bene?" sbottò Iurean "Ma se è perfetta!
Assolutamente fantastica! La nave migliore dell'isola! Non fare tante storie!
Aiutami a spingerla in acqua, piuttosto."
Finn aiutò Irma a scendere dal ponte, poi la lasciò sola
qualche minuto, mentre aiutava gli altri a fare scivolare la nave in acqua.
I tre non sembrarono fare la minima fatica in quell'operazione come se la
nave si spostasse ubbidientemente al tocco delle loro dita.
"Dobbiamo darle un nome!" Gridò Iurean, sollevando teatralmente
una ciotola di colore e un pennello.
"La Occhi di Irma" suggerì Finn scoccando un'occhiata allusiva
alla ragazza "Hanno esattamente la stessa tonalità dei colori che
hai usato."
"Ehi hai ragione! Va benissimo! Mi piace un sacco, sono sicuro che ci
porterà fortuna!" Esclamò Iurean con entusiasmo.
"Sì, perchè no, in fondo ha assistito al varo, è
un po' la sua madrina." convenne Aron
"Allora Irma, per te va bene?" le chiese Finn con un sorriso
sornione.
"Ma, sì, via! Vi permetterò di usare il mio nome! Ma solo
perchè mi siete simpatici..." Irma fece l'occhiolino, tirandosi indietro
i capelli in una posa da star "E poi mi somiglia, anche se non sarà
mai bella come l'originale."
I tre pescatori risero alle sue parole e Finn la aiutò a salire
sul ponte, immergendosi nell'acqua fino alla vita.
Dai 609! Visto che sono tornata? Il viaggio in Giappone mi ha tenuta un po'
di tempo lontana dal pc, ma non ho abbandonato la mia ff! Grazie moltissime
per i tuoi complimenti e per l'entusiasmo che dimostri sempre per Terra Magica...
vorrei avere più lettori così :(
Hay Lin guardò Cornelia avviarsi con decisione verso i campi
coltivati e i frutteti e Taranee dirigersi verso una città, di cui
si scorgevano i tetti oltre gli alberi. Scambiò uno sguardo con Will,
che si era attardata insieme a lei, indecisa su che direzione prendere.
"Da che parte pensi di andare tu?"
Will si strinse nelle spalle, si guardò intorno e indicò
una strada lastricata di pietre multicolori, che attraversava la piana e
si arrampicava serpeggiando sui promontori in lontananza.
"Ok, allora io vado di là, a stasera!" Hay Lin si incamminò
allegramente attraverso il prato fiorito. La brezza le sussurrava piano alle
orecchie, sfiorando i morbidi ciuffi intorno alle tempie. L'aria di quel
posto le piaceva, era profumata e fresca, formata da venti imprevedibili
e un po' dispettosi, ma leggeri e vivaci.
Mentre passava accanto ad un melo dalla corteccia lucida, udì
un fruscio dietro di sè. Si voltò appena in tempo per scorgere
le immagini di due giovani, prima che si dissolvessero con un soffio di vento.
Hay Lin rimase interdetta. Si avvicinò all'albero. La ragazza era
seduta proprio lì un momento prima, la schiena appoggiata al melo,
i lunghi capelli fluttuanti che si avvolgevano intorno al tronco. Però
l'erba fresca non recava traccia della sua presenza. Com'era stato possibile?
Hay Lin colse una mela e le diede un morso di gusto. Bhè forse
era stata un'allucinazione, inutile pensarci! Non sembravano pericolosi,
in ogni caso...
"Ehi! Questa mela è ottima! Mai mangiata una così buona
a Heatherfield... o forse sarà che non avevo mai mangiato una mela
appena colta prima d'ora..."
Hay Lin riprese a camminare, decisa a non lasciarsi distrarre. Stava
passando accanto a un ruscello che gorgogliava fra l'erba, quando accadde
di nuovo. Per un breve istante scorse di nuovo i due giovani. La ragazza
dai lunghi capelli stava danzando a piedi nudi nell'acqua, mentre il suo
compagno, che dava le spalle ad Hay Lin, la guardava dalla riva. Quando Hay
Lin li vide, la fanciulla stava piroettando su se stessa, voltandosi verso
il giovane con un luminoso sorriso. E sparirono di nuovo!
Questa volta Hay Lin era sicura che non era stata un allucinazione.
Proprio no! Li aveva visti benissimo! Si avvicinò al ruscello cercando
accuratamente tutt'intorno. Qualche traccia dovevano pur averla lasciata,
sulla terra morbida accanto alle sponde. Ma tracce non ce n'erano, da nessuna
parte. Hay Lin si alzò di scatto, gettando indietro i capelli che
le cadevano sugli occhi. Questi tipi facevano i furbi! Però era divertente
tutto sommato, misterioso e non uno di quei soliti misteri in cui si imbattevano
loro, che creavano un sacco di problemi, questo sembrava uno di quelli romantici
e affascinanti e che non facevano male a nessuno.
Giunta a questa conclusione riprese a camminare, guardandosi ben bene
intorno, per non perdere il seguito della storia. Improvvisamente un uccello
trillò, Hay Lin avvertì un movimento dietro di sè e
si voltò di scatto. Fece appena in tempo a vedere il giovane sollevare
la destra, con l'indice piegato ad uncino, ed un uccellino colorato posarvisi,
mentre la fanciulla si stringeva il petto estasiata. Lei era davvero splendida,
nel delicato abito bianco pieno di pizzi... Ehi aspetta un attimo! Prima
non aveva quell'abito. Prima indossava un abito corto con lunghe maniche
vaporose e prima ancora un vestito lungo e romantico, rosa pesca. E anche
i capelli! La prima volta che l'aveva vista erano sciolti, la seconda volta
aveva due ciuffi trattenuti dietro la testa ed adesso erano raccolti in due
spesse trecce.
Hay Lin riflettè intensamente, corrugando la fronte. Poi sul
voltò le si allargò un sorriso smagliante. Ma certo aveva capito!
Era così semplice in fondo... Il fruscio delle foglie del melo, il
gorgoglio del ruscello, il cinguettio dell'uccelino... Stava semplicemente
leggendo nel passato dei suoni! Evidentemente quei due dovevano aver lasciato
una traccia molto profonda del loro passaggio, perchè le visioni che
li riguardavano fossero così frequenti.
La ragazza, soddisfatta di aver trovato la soluzione dell'inghippo,
riprese a camminare in mezzo all'erba, seguendo un passaggio a zig-zag del
tutto casuale e cambiando di continuo direzione, per osservare da vicino
un albero particolarmente bello, cogliere un fiore dai colori brillanti o
mettersi in tasca una pietruzza scintillante. In fondo non c'era alcun bisogno
che seguisse una strada particolare! Le sarebbe bastato andare in su e giù
sperando di avere altre visioni. Si fermò, per far scintillare al
sole un sassolino appena trovato. Facendolo roteare, però, le cadde
di mano. Nel momento in cui, TING, il sassolino colpì una pietra
affiorante dal terreno, un'altra visione si presentò ad Hay Lin. La
fanciulla inciampava su quella stessa pietra e il giovane la sorreggeva
stringendola al petto. Hay Lin trattenne il respiro. Erano così carini!
La fanciulla sorrise, arrossendo lievemente e la visione sparì. Che
peccato... chissà se lui l'aveva baciata. Hay Lin pensava di
sì.
La Witch riprese il suo contorto cammino, aspettando speranzosa di
imbattersi in altre visioni. Un refolo di vento le sollevò la gonna
sottile.
"Ehi! Brutto maleducato! Cosa combini!" Hay Lin non riuscì a
trattenersi dal rivolgerglisi ad alta voce: quel vento sembrava così
umano! Era così sensibile e allegro, arguto e brillante. Un vento
che non c'era ad Heatherfield. Certo, a volte sembrava fare apposta a soffiarle
negli occhi granelli di polvere o delle foglie secche nei capelli, ma altre
sollevava, intorno a lei, nubi di petali con galanteria e Hay Lin lo perdonava
subito. Era un vento giocherellone, un po' infantile.
Hay Lin si lasciò cadere sull'erba con un sospiro. Si stava
così bene lì. Voltò la testa di lato e si trovò
faccia a faccia con una rospo grigio e roccioso. Spalancò gli occhi
per la sorpresa e tirò indietrò la testa, un po' disgustata
all'idea che il rospo potesse saltarle in faccia.
GROAK! gracchiò il rospo... e una mano sottile scese, davanti
agli occhi di Hay Lin. Sfiorò un altro rospo, uno che Hay Lin non
aveva visto, anche se era proprio lì, accanto al primo e che era
accasciato, dolorante, con una zampetta spezzata. "Guarda, poverino!"
esclamò una voce melodiosa e vellutata. "Lo vuoi curare?" soggiunse
una più profonda, addolcita dalla tenerezza. Hay Lin alzò il
viso di scatto. Scorse per un attimo le due figure proprio sopra di lei,
ma, prima che riuscisse a mettere a fuoco il viso del giovane, erano sparite.
Oh accidenti! Non riusciva proprio a vederlo in faccia! Era curiosa di sapere
se era bello come lei.
Hay Lin si alzò a sedere e si guardò intorno. Dove poteva
andare adesso? Sulla sua destra, nella direzione che aveva seguito, più
o meno irregolarmente, fino ad adesso, la distesa erbosa continuava fino
alla scogliera a strapiombo. Davanti a lei ,i campi si stendevano a perdita
d'occhio fino alle pendici dei monti. La colpì un luccichio improvviso.
Doveva esserci un lago là. Si, un lago le piaceva. E poi i laghi sono
così romantici! Sicuramente i suoi due begli innamorati dovevano esserci
stati.
Hay Lin saltò in piedi e si diresse spedita in quella direzione.
Il suo passo svelto spaventò un fagiano, o qualcosa di molto simile,
per lo meno, che si alzò in volo con un frullo d'ali. La fanciulla
fece un passo indietro spaventata, mentre l'uccello si alzava in volo
praticamente sotto i suoi piedi. Il giovane le strinse le braccia intorno
all spalle e lei gli si accoccolò contro. Hay Lin sbuffò con
stizza, questa volta erano di spalle tutti e due. Però la storia si
faceva sempre più interessante e la ragazza era sicura che le visioni
sarebbero continuate. Prima o poi avrebbe visto anche il viso di lui.
Riprese la sua passeggiata verso il lago. Però... stava facendo
la cosa giusta? In fondo lei era lì per capire come risolvere un problema
molto, molto grave. Forse avrebbe dovuto occuparsi di quello. Cercare di
capire se non c'era davvero niente che loro potessero fare o se l'Oracolo
aveva le sue buone ragioni per voler abbandonare a se stesso il popolo di
Everlan. Quella terra era meravigliosa, come si poteva lasciare che si
sgretolasse? Certo, se pensava che tutta quella bellezza era sostentata dal
decadimento di Kandrakar, l'apprezzava un po' meno, però... Era tutto
così splendido e piacevole, più di Kandrakar, in effetti. E
i due giovani delle sue visioni... Erano degli Everlaniani? Lo erano sicuramente,
da dove altrimenti sarebbero potuti venire? Non sembravano così malvagi
e avidi come li dipingevano Tibor e l'Oracolo. Chissà perchè
l'Oracolo ce l'aveva così a morte con quella terra. Era sempre stato
così freddo o era perchè gli Everlaniani stavano attentando
a Kandrakar e alla sua vita?
Una foglia secca scricchiolò sotto il suo piede. Un altro piede
,fasciato in stivali di cuoio, calpestò un'altra foglia. Il giovane
strinse la fanciulla per la vita sottile, affondando il collo nei capelli
argentei. "Ma io ti amo Nim, Non voglio lasciarti, non voglio andarmene".
La fanciulla affondò le dita nei capelli castani di lui "Ma devi,
amore mio e nè io nè tu possiamo farci niente".
Hay Lin si strinse le mani al petto. Si erano dovuti lasciare! Era
così triste! Troppo triste! La voce di lui era così appassonata
e lei sembrava così disperatamente rassegnata. Chissà cosa
gli era successo. Forse gli Everlaniani erano un popolo bellicoso e lui era
stato chiamato alle armi? Oppure era una storia impossibile come quella di
Romeo e Giulietta? Forse le loro famiglie si erano opposte e li avevano divisi.
Magari lui aveva dovuto sposare qualcuno che non amava, mentre lei languiva,
sola e disperata. Hay Lin si dovette asciugare una lacrima mentre tirava
su con il naso. Erano così carini! E si vedeva che erano felici insieme.
Doveva andare avanti e sperare di trovare altri indizi. Sicuramente avrebbe
scoperto che sia erano riuniti.
Scusate ho corretto il titolo e ne approfitto per scrivere due righe: quando
ho postato il capitolo stavo chiaccherando su messenger e mi sono dimenticata...
>_< . Intanto grazie 609!!! Le tue recensioni mi fanno sempre piacere!
Ti va di dirmi cosa ti piace di più e cosa no? Mi aiuta a migliorare
:)
Aspetto che qualcun'altro si decida a recensire... anche solo per insultarmi
perchè ho fatto lasciare Will e Matt! E vi propongo un quiz... i nomi
dei membri della Guardia di Nimuel, nascondono qualcosa... riuscite a scoprire
cosa?
Cornelia scosse i capelli biondi. Non era convinta che quell'idea di
dividersi fosse buona, ma se le altre avevano deciso così, lei non
si sarebbe messa a discutere. Lei sapeva cavarsela perfettamente da sola.
Anche quel tipo che l'aveva attaccata, quell'Ardu. Non avrebbe avuto problemi
a sbrigarsela da sola, con lui, se Will non l'avesse richiamata.
La terra smossa odorava di buono e gli alberi da frutto erano disposti
secondo un disegno che sembrava più votato alla bellezza che alla
funzionalità. Cornelia si incamminò decisa in quella direzione.
C'era un sacco di gente a lavorare nei campi, se voleva sapere qualcosa degli
Everlaniani quello era il modo migliore.
Avvicinandosi, cominciò ad accorgersi che c'era qualcosa di strano
nelle attività dei contadini. Sembravano danzare fra gli alberi, invece
di dedicarsi alla coltivazione. Una melodia bucolica giungeva a lei sempre
più forte, modulata flauti di legno bruno e arpe d'argento e rame.
Cosa stava facendo quella gente? Forse si trattava di una festa. Erano tutti
abbigliati semplicemente, ma in modo decisamente inadatto al lavoro nei campi,
con morbide tuniche, di colori autunnali, quelle degli uomini, primaverili,
quelle delle donne, decorate con motivi spiraliformi. Voci femminili si levavano
gorgheggiando, alte e limpide, mentre quelle maschili intessevano una melodia
profonda e coinvolgente che pulsava nelle tempie e nei polsi di Cornelia.
Quelle danze e quei canti erano assurdi, del tutto fuori posto: quale agricoltore
con la testa a posto, ballerebbe con tutti i suoi amici in mezzo a un campo
di grano? L'unico risultato sarebbe schiacciare tutte le spighe! Eppure la
musica le risultava familiare e conosciuta, l'avvolgeva morbidamente, facendola
sentire a casa come non si sentiva da molto, molto tempo. C'era qualcosa,
in quel posto, che sembrava essere in grado di penetrare la sua granitica
corazza di impassibile fredezza.
Cornelia cominciò a percorrere il sentiero che si snodava attraverso
le spighe verdi. I fusti sottili si chinavano a sfiorarle delicatamente le
gambe nude. La terra morbida accoglieva con dolcezza i suoi piedi. Era scura
e ricca, soffice come un tappeto. C'era qualcosa di indefinibile in quella
terra. Non era la terra che Cornelia conosceva. C'era come un vago sentore
di famiglia, come quello che riconosci sul volto di un lontano parente di
tua madre, incontrato per caso per strada; ma sembrava più consapevole,
più viva. Le lasciava una sensazione di dolce malinconia e di affetto
silenzioso. Sentiva di essere un'estranea in quel luogo, ma un'estranea accolta
a braccia aperte, con la tacita promessa di diventare presto una del
posto.
Mentre si avvicinava, confusa da quelle sensazioni, un uomo anziano
la trattenne con un gesto.
"Aspetta fanciulla. Non puoi irrompere così fra i danzatori".
Cornelia gli rivolse i suoi occhi verdi. Il volto dell'uomo era scavato
e segnato dal tempo, ma non c'era niente di sgradevole in lui, gli occhi
grigi erano chiari e limpidi, i denti bianchi e perfetti. Com'era possibile
che non ci fosse niente di sbagliato in quel posto?
"E' una festa religiosa, forse? Sono straniera, non conosco le vostre
abitudini" chiese, un po' per curiosità, un po' per buona
educazione.
"No, no,niente del genere. Devi venire davvero da molto lontano per
non sapere questo" L'uomo la squadrò con discreta curiosità.
"D'altra parte non avevo mai visto abiti simili ai tuoi. I canti e le danze
servono a incalanare l'energia della terra, affinchè i frutti maturino
succosi e zuccherini e il grano cresca in abbondanza"
Cornelia rivolse uno sguardo scettico ai ballerini. "Non sarebbe più
utile concimare il terreno, ararlo e dissodarlo?" domandò.
L'uomo rise di gusto. "Perchè dovremmo fare tanta fatica inutile?
Abbiamo appreso da molti secoli fa a plasmare la magia che pervade la nostra
terra, a sfruttare la forza delle nostre menti e dei nostri spiriti, invece
che quella dei muscoli. Guarda come sono belli i nostri alberi, ricchi i
nostri campi! Non sono un piacere per gli occhi i nostri danzatori? Non sono
uno spettacolo migliore di uomini sudati che zappano i campi con attrezzi
primitivi e donne che strappano le erbacce con mani rovinate dal
lavoro?".
Indubbiamente erano uno spettacolo migliore, ma Tibor non aveva forse
detto che, proprio agendo in quel modo, stavano prosciugando il loro mondo?
Cornelia ripensò alla sensazione di malinconia che pervadeva il suo
elemento, in quel luogo. Non era una violenza quella che gli Everlaniani
le facevano? Nonostante lei gli donasse con tale largezza i suoi frutti.
Lei... o lui, c'era un qualcosa di maschile nel suo elemento, su Everlan.
"Non finirà questa magia, prima o poi?" chiese ancora Cornelia.
Era decisa ad ottenere più informazioni possibili, a non lasciarsi
incantare alle prime parole.
Lo sguardo dell'uomo si velò di preoccupazione. "A volte lo temiamo,
ultimamente la terra trema e ci sono altri sintomi che qualcosa non va, vulcani
che eruttano, tempeste improvvise. La terra diventa sempre più avara
e pare che anche le miniere si siano impoverite. I pescatori non tornano
più con le reti piene, come una volta. Coloro che conoscono meglio
l'andamento delle correnti di energia dicono che sono agitate e che fonti,
un tempo ricche, sono prosciugate. La magia tiene insieme la nostra isola,
se non venisse trovato un rimedio, persino la terra potrebbe sgretolarsi
sotto i nostri piedi. Ma" concluse, tornando sereno "la nostra amata regina,
sempre sia benedetta, ha già trovato una soluzione, una nuova fonte
a cui attingere potere, per curare la nostra terra. Presto sarà tutto
come prima!"
Una nuova fonte a cui attingere potere? Ma certo... Era come aveva detto
Tibor! Lo sottraevano a Kandrakar! la loro regina aveva già trovato
una soluzione... la facevano semplice loro! L'Oracolo non le stava certo
simpatico, ma stava morendo perchè questi tipi potessero continuare
i loro bei balletti senza preoccupazioni!
Cornelia rivolse uno sguardo alla danza. Le evoluzioni dei ballerini
si facevano sempre più complicate, mentre la musica trillava e tintinnava.
Nonostante tutto, non poteva impedirsi di pensare che era bella. E quella
gente non sembrava malvagia, solo un po' eccessivamente adagiata nelle sue
mollezze. Probabilmente gli Everlaniani non sapevano neanche, da che parte
arrivava l'energia che la loro regina si procurava, a spese di Kandrakar
e loro. L'Oracolo era stato eccessivamente severo questa volta. Certo questi
Everlaniani si meritavano una punizione, probabilmente, ma fare di Everlan
una nuova Atlantide, non era un po' troppo?
Una fanciulla dai corti capelli rossi interruppe le sue riflessioni,
porgendole un cesto pieno di frutti, allungati come pere ma violacei come
prugne.
"Ne vuoi? Sono appena colti, assaggia!" consigliò con un sorriso
gioioso.
Cornelia scelse con cura un frutto, ancora caldo di sole. Scrocchiava
piacevolmente sotto i denti ed era dolce, senza essere stucchevole. Lasciava
in bocca un lieve retrogusto acidulo, che lo rendeva ancora migliore. Mentre
continuava a gustarlo a piccolo morsi, la danza finì e gli Everlaniani
le si fecero incontro.
Sembrava che almeno un minimo di fatica l'avessero fatto, pensò
Cornelia con soddisfazione, le pelli brunite dei giovani rilucevano di sudore.
Però non c'era niente di sporco o brutto in quello spettacolo e i
danzatori parlavano e ridevano, facendo balenare i denti bianchi. Indubbiamente
c'era una bella differenza tra lavorare così o spaccarsi la schiena
a zappare.
Molti le si fecero attorno, chiaramente colpiti dalla sua bellezza,
mormorando fra loro parole di ammirazione.
Uno, i capelli color giaietto e gli occhi di un blu intenso, dopo aver
scambiato un sorriso con i suoi compagni, le porse un fiore.
"Per la bella straniera. Posso sapere il tuo nome, splendida fata?"
le chiese galantemente.
Cornelia, dentro di sè, storse il naso. Quel tipo di smancerie
potevano attaccare con Irma, non certo con lei. Lei aveva già vissuto
una storia d'amore con un principe da fiaba e sapeva come era andata a finire.
Ci voleva molto di più che un fiore e qualche bella parola, perchè
si interessasse a qualcuno. Però sorrise con dignità e
accettò il fiore. Le apparenze vanno salvaguardate.
Scusate per la lunga assenza! Efp è rinato proprio mentre io ero
completamente presa da centomila impegni diversi. In tre settimane ho dovuto
preparare tre quadri per una mostra, l'allestimento per delle animazioni
per bambini a tema Harry Potter, occuparmi della casa e delle varie bestie
in assenza dei miei e studiare per un esame. Continuando a lavorare in tutto
ciò... Il risultato è che non mi sono neanche accorta che il
sito era tornato in linea.
Max: Grazie per i complimenti! E grazie per la segnalazione degli errori,
prometto che mi metterò a cecarli li correggerò quanto
prima, datemi ancora una settimana di respiro! Se ne vedi altri dimmelo.
Io sono disgrafica e ho molta difficoltà a trovarli da sola. La
storia è nata come sceneggiatura per un fumetto in effetti, però,
quando mi sono messa a scriverla in forma di racconto mi sono presa qualche
libertà in più (tipo far crescere le Witch). Non l'ho mai
presentata alla Disney, anche se l'insegnante che l'ha revisionata lavorava
per loro. All'epoca avevo anche elaborato i character design dei nuovi
personaggi, semmai ve li farò vedere prima o poi.
619: Grazie come sempre del tuo entusiasmo! Ecco qua il capitolo di Taranee!
Su Matt, che posso dirti? In generale non ho una gran passione per i personaggi
maschili di Witch, sarà che, visto che sono una vecchiaccia, li trovo
tutti un po' dei mocciosetti scemi. L'unico con un po' più di fascino
è Cedric... Però non li ho fatti lasciare tanto per questo,
quanto perchè mi sembra normale che questo tipo di cotte adolescenziali
finiscano per svanire mentre si cresce e si cambia. Poi mi faceva comodo
una Will single e malinconica per la trama...
Miki: Mi fa piacere che la storia ti appassioni! Continua a seguirmi :) Riguardo
a Will e Avren... bhè... vedrai! Ci saranno molte sorprese... Ma visto
che sono in vena di confidenze: come si fa a non avere un debole per Avren?
^_^ E' il tipo di personaggio maschile che mi fa impazzire (infatti assomiglia
al mio ragazzo ahahah, e il mio ragazzo l'ho conosciuto DOPO aver creato
Avren).
Sui vestiti delle Witch rispondendo a te spiego la questione a tutti: trasformate
le Witch sono esattamente uguali a prima! Invece in abiti normali sono piuttosto
diverse, dovreste già aver cominciato a farvene un'idea. Io sono
un'appassionata di moda undeground, per cui non stupitevi se alcune delle
ragazze avranno degli abbigliamenti piuttosto eccentrici. A partire da Hay
Lin, che si è tinta i capelli di rosa chewingum e li porta acconciati
in ciuffi sparati in tutte le direzioni.
Se Cornelia era attratta dai campi coltivati e dai ricchi frutteti,
Taranee aveva subito il fascino della città distante, di cui si
intravedevano i tetti multicolori. Arrivare fin là, a piedi, le avrebbe
preso un po' di tempo, ma aveva tutto il giorno davanti a sé e non
aveva paura di camminare un po'.
Taranee si diresse verso la città tagliando per i campi, fino
a incontrare una strada lastricata. Solo la vista della pavimentazione
bastò a lasciarla senza fiato. Le pietre erano tagliate in forme
geometriche che si incastravano l'una nell'altra come i pezzi di un puzzle.
Avevano colori caldi e vividi, appena opacizzanti dalla polvere bianca, accostati
con sapienza. La strada proseguiva in linea retta verso la città,
tagliando il paesaggio senza ferirlo, bensì armonizzandosi con esso.
Taranee cominciò a seguirla, senza resistere alla tentazione
di fermarsi ogni pochi passi per ammirare le delicate decorazioni delle case.
Si potevano dire molte cose di questi Everlaniani, senza alcun dubbio, ma
non che non fossero dei costruttori eccezionali, dotati di sensibilità
e gusto e capacità tecniche impareggiabili. Taranee si chiese quanto
tempo ed energie dovessero aver dedicato solo per pavimentare quella strada.
Avevano forse modernissime tecnologie che permettevano loro di risparmiare
tempo? Eppure non le sembrava di vedere macchinari nei campi, ma solo uomini
e donne che si muovevano fra le coltivazioni quasi danzando. Forse la loro
era una società schiavista o basata su caste e i pochi uomini liberi
e ricchi potevano permettersi ogni tipo di comodità, grazie al lavoro
degli altri. Eppure non le sembrava che nessuna delle persone che scorgeva
fosse in catene, sofferente o mal vestita. Anzi era stupita dal notare quanto
tutti coloro che la salutavano agitando le mani dai campi, sembrassero lieti,
in buona salute e di bell'aspetto. La bellezza era certamente un lato fondante
di Everlan, ma era una bellezza per niente stucchevole, zuccherosa o patinata,
era una bellezza fresca e viva, sempre nuova, dotata di carattere.
Taranee camminava ormai da un pezzo, quando finalmente incontrò
i primi edifici della città. E scoprì con sorpresa che non
era una città, almeno nel senso comune del termine. Almeno da quello
che poteva vedere, non c'erano abitazioni, bensì un'ampia distesa
di tende, sotto cui si distendeva un gigantesco mercato, qua e là
sorgevano degli edifici in legno o mattoni, però non sembravano case,
ma botteghe di artigiani, a giudicare dalle insegne.
Taranee si immerse nella folla rumoreggiante del mercato. Era una folla
piacevole e accogliente, che si scostava gentilmente per lasciarla passare,
fatta di denti bianchi, abiti colorati e mani dalla pelle ruvida e abbronzata.
Le ricordava l'India, dove era stata l'estate prima in vacanza, ma senza
la povertà dilagante, i mendicanti a ogni angolo di strada, la sporcizia
e la delinquenza e dotata di un'estetica ricca dello stesso esotismo e della
stessa forza espressiva, ma più raffinata.
Passeggiò attraverso le ampie strade del mercato, curiosando
sulle bancarelle, affascinata dai singolari manufatti che gli Everlaniani
vendevano, insieme a frutta dalla forma curiosa e dai colori accesi, granaglie,
spezie dagli odori intensi e gustosi e stoffe ricamate con perizia. Rimpianse
più volte la sua macchina fotografica.
Si fermò davanti alla bottega di un fabbro, colpita dal calore
che emanava dalla porta aperta, dall'odore dei mantici e dall'oscurità
balenante di fiamme. Si affacciò all'ingresso, timorosa di entrare
senza permesso. Un uomo anziano, dotato di folte basette grigie e di un viso
scarno si voltò verso di lei. La squadrò da sopra gli occhiali
rettangolari per un momento, poi la invitò a entrare con un gesto.
"Ti interessa qualcosa, ragazza?" chiese con ruvida gentilezza.
"In effetti, io... non so, ero curiosa di vedere come lavoravate." rispose
Taranee, un po' intimidita.
"La curiosità è una buona qualità, va sempre
soddisfatta" asserì il fabbro "Vieni ti faccio vedere le fucine".
Taranee attraversò la stanza, guardando con meraviglia le centinaia
di manufatti, vasi, fibbie, specchi, ciondoli e ninnoli che si affollavno
sulle mensole di legno chiaro. La luce del sole, penetrando attraverso la
finestra circolare di vetro colorato, si infrangeva su di loro creando tremanti
arcobaleni. Da una porta sul alto opposto rispetto a quella da cui era entrata,
si scorgevano le vampe del fuoco che l'aveva attratta. Taranee varcò
la porta, al seguito del fabbro.
Le fucine non avevano niente a che fare con l'immagine fumosa e cupa
che si era immaginata. La stanza era ben illuminata, anche se sembrava in
penombra, a lei che arrivava dalla piena luce del sole e il fumo saliva con
una linea diritta su per il camino, che tirava così perfettamente
che non una solo macchia scuriva i mattoni rossi e il legno chiaro dei muri.
A muovere i pesanti mantici non erano uomini stanchi e accaldati, nè
asettici meccanismi. I mantici semplicemente si muovevano da soli, facendo
levare ad ogni sbuffo alte fiamme nella fornace.
Una donna giovane, con una lunga chioma di capelli intrecciati, stava
levando dal fuoco, con un paio di lunghe pinze, un massa informe di metallo
che sistemò con cura sulla superficie d'acciaio del tavolo. Taranee
si sarebbe aspettata, a quel punto, un gran lavoro faticoso e sgraziato,
fatto di colpi di martello e torsioni di pinze. Invece la donna si sedette
comodamente sul un alto sgabello a tre gambe. Con un pennello intinto in
una pittura rosso scarlatto si dipinse dei simboli sulle mani, quindi
avvicinò lo sgabello al tavolo.
Senza preoccuparsi della temperatura del metallo lo sfiorò con
le mani, cominciando a lavorarlo. Per la sorpresa di Taranee, sembrava che
la pelle liscia non riportasse danni, da quel contatto con l'argento semi-fuso.
Sotto le sue mani esperte, la materia si modellava ubbidientemente, senza
opporre la minima resistenza. In pochi minuti, una brocca dal lungo collo
elegante aveva preso forma. La donna continuò a lavorarlo con delicatezza,
decorando la superficie con disegni floreali e inserendo delle pietre blu
nel metallo, senza dover far altro che appoggiarle sulla superficie e spingere
con delicatezza.
Finita l'opera alzò lo sguardo, accorgendosi di Taranee.
"E' una giovane curiosa" rispose l'uomo alla sua tacita domanda "Voleva
sapere come lavoravamo. La tua curiosità è stata soddisfatta?"
aggiunse girandosi verso Taranee.
"Io... posso chiedere ancora una cosa'?"
"Ma certamente!" rispose la donna con voce calda e roca, lavandosi le
mani in un catino e asciugandole con una stoffa chiara.
"Ti lascio con lei" intervenne il vecchio, "non posso lasciare la bottega
ancora vuota a lungo."
"Allora, cosa vuoi sapere?" le chiese la donna mentre l'uomo usciva
dalla stanza.
"Mi domandavo... come è possibile tutto questo? Come fai a toccare
il metallo incandescente senza bruciarti e a modellarlo in quel modo? Dovrebbe
essere molto più duro, invece sembra morbido e flessibile come
creta"
"Sono i simboli" spiegò la donna, sollevando le mani su cui i
disegni che aveva tracciato prima erano ancora visibili, in un rosa sbiadito.
"I simboli mi permettono di usare il potere delle fiamme, così non
devo temere scottature e l'argento rimane sempre morbido, come appena estratto
dalla fornace."
Taranee si avvicinò alla fabbra, per guardarle le mani più
da vicino. Alla vista dei simbolo, avvertì un formicolio di riconoscimento
alla base della nuca. Indubbiamente racchiudevano il potere del fuoco, domandolo
e costringendolo, placando il suo spirito selvaggio e violento. In qualche
modo la intimorivano, ma la affascinavano anche.
La donna le sorrise "Io sono Ailean, a proposito e tu, come ti
chiami?".
"Sono Taranee" rispose la Witch guardandola neli occhi chiari.
"Allora Taranee, prendi queste in ricordo della tua visita alla nostra
bottega! E torna a trovarci! Se continua a interessarti, potrei anche insegnarti
l'arte della metallurgia" disse Ailean porgendole un cesto pieno di grandi
perle di metallo lucido, di ogni tonalità, in cui erano incastonate
pietre dure di vari colori.
Taranee allungò una mano titubante e ne prese una.
"Su, non essere timida" la esortò Ailean. "Prendine una bella
manciata, sono sicura che trovarai il modo di usarle" soggiunse con un
occhiolino.
Taranee ubbidì, riempiendosi le tasche di perle. "Grazie molte,
siete stati davvero disponibili. Buon lavoro." salutò la donna con
un sorrise e uscì.
Mentre passava accanto al bancone, il fabbro la salutò con un
gesto "Torna quando vuoi, gli ospiti educati sono sempre ben accetti"
Taranee annuì e si rituffò nel fiume colorato della
folla.
Ciao a tutti! Questo capitolo è stato un po' difficle da scrivere,
spero sia venuto decentemente...
Grazie delle recensioni ... e anche a chi legge, ma non recensisce... però
un po' meno! Suvvia siate carini e scrivetemi due righe, che mi servono di
ispirazione!
609: Gentilissima come sempre ^^ Allora, la mia Witch preferita? Uhm, che
domanda difficile... avrei detto Cornelia qualche tempo fa, però quando
scrivo su dei personaggi mi ci affeziono sempre molto, per cui adesso riesco
a trovare i lati migliori di tutti e non so più scegliere! E certo
che sono contenta di avere altre recensioni , ma non mi dimentico che tu
sei stata la prima :)
Miki: Ti chiami così per Marmalede boy, per caso? Grazie ancora della
recensione, sono davvero contenta che ti piaccia Avren. Quando creo un
personaggio mi ci affezione come a un figlio e sono tanto contenta quando
viene apprezzato :) . Ovviamente sono anche contenta che ti piaccia il nuovo
capitolo, forse tra questi capitoli di "esplorazione" è il mio preferito.
Max: Vero che sono belle le mie descrizioni? Ohohohoh ,come sono brava!!!
Ehm... a parte questi attacchi di autostima eccessiva, descrivere luoghi
e oggetti mi è sempre piaciuto moltissimo, fin da quando ero alle
elementari... la mia maestra adorava i miei temi eheh... I disegni ve li
farò vedere quanto prima, appena riuscirò a disseppellirli
dal cumulo di scartofie dove sono finiti... e se non li trovo li rifarò,
non ci vuole poi tanto e così non vedete come ero schiappa qualche
anno fa...
Will si separò da Hay Lin con riluttanza. Non poteva dire di
essere sicura che quell'idea di dividersi fosse buona. Forse avrebbe dovuto
opporsi. C'era qualcosa in quel posto che la metteva a disagio.
Certo Everlan era magnifica, non c'era niente di allarmante o spaventoso,
però...
Avvertiva come un nodo all'altezza del petto, che le rendeva difficile
e faticoso respirare.
Si incamminò lungo la strada lastricata di pietre colorate. Era
davvero bella Everlan. Come poteva Avren non essere disposto a sacrificare
lei, una sconosciuta, pur di salvare il suo mondo? Lei stessa, che la vedeva
adesso per la prima volta, capiva come si potesse amare quella Terra. Il
sole era tiepido e gentile, la brezza la sfiorava con delicatezza, i colori
sembravano usciti dalla tavolozza di un pittore. L'anima di Everlan era delicata
e suadente, ma ricca di forza e coraggio. Eppure la sensazione che colpiva
Will più di ogni altra era la malinconia. La ragazza si strinse le
braccia intorno al corpo: nonostante il sole luminoso, sentiva freddo.
Cosa stavano facendo? Dovevano veramente combattere contro questo popolo?
Ma potevano lasciare Kandrakar andare in rovina? Non era decisamente presuntuoso
da parte loro, voler dare un giudizio su una materia così ampia e
complessa, che incideva su così tante vite? Non lo era anche da parte
dell'Oracolo? Ma almeno lui stava lottando per la sua vita e per Kandrakar.
Loro invece si arrogavano il diritto di giudicare senza aver alcun titolo
per farlo.
Camminò come in sogno lungo la strada multicolore. La bellezza
del panorama intorno inaspriva ancora di più la sua angoscia, invece
di alleviarla. Come avrebbe dovuto reagire la prossima volta che avrebbe
incontrato la Guardia reale di Everlan? Come avrebbe potuto combattere quegli
uomini e quelle donne, quei ragazzi, adesso che sapeva per cosa lottavano?
Era già difficile combattere quando si è sicuri delle proprie
ragioni, ma così? E poi è davvero possibile essere mai sicuri
di qualcosa? In fondo lei era stata così sicura che, fra lei e Matt,
non sarebbe mai finita. E invece quasi non si parlavano più. Ma almeno,
in quel caso, era stato un errore che aveva danneggiato solo lei, invece
adesso rischiava di trascinare le sue compagne in una missione distruttiva.
E poi... era davvero sicura che le sue compagne si sarebbero lasciate trascinare
da lei, in ogni caso? Cornelia ultimamente non si apriva più con nessuna
di loro, era sempre più solitaria. E sempre più testarda. Se
avesse preso una decisione diversa dalla sua, probabilmente avrebbe continuato
dritta per la sua strada. Taranee, poi... erano sempre grandi amiche, non
c'erano dubbi, ma sembrava condividere molte più cose con i suoi nuovi
amici dei gruppi di impegno civile. In fondo anche il suo ragazzo era uno
di loro... Irma era così sicura di sè: non teneva molto in
considerazione il giudizio degli altri. Bastava pensare a come era scappata
via poco prima, senza chiedere nulla a nessuno. Hay Lin... Hay Lin forse
l'avrebbe ascoltata. Era così briosa e allegra Hay Lin. Nonostante
l'aspetto bizzarro che le davano i capelli, tinti di rosa e pettinati in
rigide ciocche, tra tutte era la più dolce e affettuosa. Ma lei cosa
le avrebbe detto? Cosa avrebbe detto a tutte le altre? Qual era la sua scelta?
Che non voleva combattere ancora, perchè lei non voleva combattere.
Ma poteva lasciare Kandrakar spengersi? L'Oracolo consumarsi giorno dopo
giorno? E a quel punto, avrebbero dovuto rinunciare ai loro poteri per ridare
vita a Everlan?
Lei ai suoi poteri avrebbe rinunciato anche subito. Erano un peso così
grande. Poteva essere divertente quando erano più piccole, ma adesso,
adesso... era davvero stanca. Come avrebbe volentieri abbandonato tutto!
Ma ne aveva il diritto? Quante volte si era già fatta quella domanda.
E la risposta era sempre la stessa: no. Non era lei ad avere scelto quel
compito, le era stato assegnato e non poteva rifiutarlo. Ma poteva davvero
fidarsi dell'autorità che l'aveva scelta? Quell'autorità non
si concretizzava forse nell'Oracolo? Oracolo che sembrava mostrarsi così
crudele e vendicativo. Stavano forse diventando la mano armata di un crudele
tiranno?
Will sospirò alzando lo sguardo dal pavimento multicolore. La
strada continuava davanti a lei. Tagliava dritta attraverso i campi e poi
cominciava a salire serpeggiando lungo i fianchi dei monti. Will
rabbrividì, attanagliata dal senso di colpa. Quel mondo la odiava.
E faceva bene. Lei era lì, come rappresentante del potere che lo aveva
votato alla distruzione, come poteva pensare di essere una gradita
ospite?
Continuò a camminare lentamente, mentre il sole saliva nel cielo.
Poco alla volta, la strada cominciò a farsi più ripida, mentre
Will si avvicinava alle pendici dei monti. Il paesaggio intorno a lei
cambiò, dai campi coltivati della piana a erti pendii erbosi, punteggiati
da massi erratici. Le montagne avevano un aspetto fiero e rigoroso, di severa
eleganza. E, a una svolta del sentiero, fra i bastioni rocciosi, apparve
improvvisamente un castello. Will spalancò gli occhi sorpresa.
La costruzione si fondeva con la roccia con naturalezza, senza che si
riuscisse a capire dove finisse l'una e cominciasse l'altra. I tetti, punteggiati
da cupole ogivali e pinnacoli, si sviluppavano su diversi livelli, uniti
fra di loro da scale e bastioni con archi a sesto acuto. Giardini pensili
si arrampicavano fra un livello e l'altro, con sprezzo della forza di
gravità.
Will rimase a guardare lo spettacolo, senza parole per la meraviglia.
L'edificio rifulgeva come una gemma, grazie alle ampie ventrate colorate
e alle decorazioni in metalli preziosi. Non distava più di un paio
di chilometri e Will, come ammaliata, non riuscì a trattenersi
dall'avvicinarsi.
Il cammino era molto più lungo di quello che sembrava, ma Will
non si lasciò scoraggiare. In effetti, non sentiva la fatica, forse
grazie all'aria frizzante e leggera o forse perchè il fascino che
l'edificio aveva su di lei, era tale, da farle scordare tutto il resto. E
poi era sicura che ormai stava quasi per arrivare. Erano alcuni minuti che
il castello era sparito dietro l'ennesima curva, ma Will era quasi sicura,
che sarebbe riapparso tra poco, proprio davanti a lei. C'era quasi.
L'oracolo aveva parlato di una regina, una certa... una certa Nimuel.
Doveva essere lei ad abitare nel castello. E questo spiegava anche la strada,
così accuratamente lastricata, che si inerpicava per le montagne,
i cui soli frequentatori sembravano essere pochi pastori con le loro
mucche.
Ecco, avrebbe dovuto solo svoltare dietro a quell'ultima curva e avrebbe
trovato il castello, proprio davanti a sè. Forse avrebbe potuto
presentarsi come un'ambasciatrice, parlare con la regina. Spiegare che lei
voleva solo trovare una soluzione in comune accordo e che non li reputava
dei nemici. Voleva che sapessero che lei li capiva e desiderava aiutarli.
Non voleva che persone come Avren, con il suo sguardo severo e malinconico,
la credessero una persona spregevole. Voleva spiegare che avrebbe volentieri
ceduto loro i suoi poteri, ma che aveva dei doveri nei confronti di tutti
i mondi che ruotavano intorno a Kandrakar e non poteva farlo. O, almeno,
avrebbe dovuto rifletterci con cura.
Will superò la curva.
In mezzo alla strada si ergeva un'immensa figura scura. Will si
irrigidì dal terrore. La pantera era alta come un cavallo e completamente
nera, con grandi occhi ambrati. Era ricoperta da una gualdrappa viola, blu
e argento e da un'armatura d'acciaio. Avren stringeva le redini nella sinistra,
mentre con la destra brandiva la sua grande spada. Le ampie vesti scure
ricadevano in pieghe pesanti sul dorso della sua cavalcatura e i capelli
corvini ondeggiavano lievemente nel vento.
Will rimase a fissare, come ipnotizzata, la lama d'acciao. Aveva una
forma esotica e un aspetto massiccio. Era perfettamente liscia, ma non era
lucida, sembrava argento satinato. Con quella spada, lo sapeva bene, Avren
non avrebbe esitato un secondo a trafiggerla.
Il giovane le rivolse uno sguardo di ghiaccio. Will si sentì
rabbrividire. C'era, in quello sguardo, un'indifferenza feroce, che la feriva
più di quanto avrebbe creduto possibile.
"Sei diversa strega" le parole furono pronunciate con altrettanta lenta
freddezza. La voce di Avren, che Will udiva per la prima volta, era profonda
e setosa. Una voce che Will riconobbe, fin da subito, essere in grado di
accenti di grande calore, ma in quel momento forgiata in una forma altrettanto
tagliente e dura della sua spada.
609: grazie per le tue recensioni sempre entusiastiche. Anche a me Irma ed
Hay Lin piacciono molto (Nd me stessa, ma non hai appena detto che ti piacciono
tutte, bhè si, in effetti è così...?), soprattutto Hay
Lin, proprio per le stesse ragioni che hai elencato tu. Infatti la mia Hay
Lin è ancora più stravagante di come viene presentata nel fumetto.
Mi piacciono molto questi personaggi dolci e positivi che, però, a
volte vengono feriti dal mondo che non li accetta per quello che sono, solo
perchè non sono omologati. Non esagerare con l'adulazione! non ci
vuole poi tanto a scrivere così, basta esercitarsi e leggere molto!
Se ti interessa leggere altro di quello che scrivo ci sono alcune mie FF
pubblicate al momento su efp, tra gli originali. Una fiaba "La piante della
signora Wintrop", un racconto drammatico che si accosta a temi decisamente
forti (per cuis e non hai almeno quattordici anni gira al largo, che poi
mi denunciano!) e un fantasy di cui al momento ho arrestato la pubblicazione,
ma di cui ho già scritto diversi capitoli. Settimana prossima dovrei
cominciare anche a pubblicare un racconto romantico. Insomma, vedi un po'
tu, ce n'è per tutti i gusti ^^
Max: tu mi sottovaluti! Prima di pubblicare un capitolo mi assicuro di averne
già scritti almeno alti due, così non rischio di avere
rallentamenti nella pubblicazione ^^. Spero di aver eliminato gli errori
di ortografia. Tu continua a segnalarmeli, eh! Grazie per avermi seguito
(inchino, inchino).
Il sole allungava i suoi raggi sul mare, tingendone la liquida superficie
scura di cremisi e oro. La nave tornava lentamente verso riva, scortata da
molte altre, mentre i marinai si scambiavano lazzi dai rispettivi ponti.
Mentre la Occhi di Irma attraccava, la sua eponima sorrideva ricordando la
giornata appena passata e godendosi la prospettiva della festa a cui l'avevano
invitata i suoi nuovi amici.
La nave beccheggiava dolcemente, la brezza profumava di sale e i riflessi
sull'acqua facevano socchiudere gli occhi a Irma. In lontananza si scorgevano
di tanto in tanto le vele perlacee e gli scafi colorati di altre navi, nessuna
lontanamente bella come la "Occhi di Irma", a giudizio della ragazza. Di
tanto in tanto reti cariche di pesci boccheggianti si rovesciavano sul ponte
della barca. I merluzzi si contorcevano sulle assi di legno, rilucendo argentei.
Irma non era sicura di come questo esattamente avvenisse, visto che nessuno
dei suoi tre accompagnatori pareva occuparsi attivamente della pesca. Non
che le importasse poi molto. Si stava godendo la gita con assoluta soddisfazione.
Iurean era seduto, un tamburo sistemato fra le ginocchia e suonava un ritmo
coinvolgente, che pulsava nelle tempie di Irma, accompagnandolo con un canto
simile ad un sordo ronzio. Aveva gli occhi chiusi e un sorriso soddisfatto
gli aleggiava sulle labbra. Aron stava in piedi a prua e scrutava l'orizzonte
intensamente. Irma aveva l'impressione che, in qualche modo, pilotasse la
nave. Quanto a Finn... Finn stava mollemente disteso al suo fianco e chiaccherava
con lei, rispondendo a tutte le domande che potevano venirle in mente.
Irma si crogiolò soddisfatta nella consapevolezza che il bel
pescatore era attratto da lei. Finn era molto più grande dei ragazzi
con cui era uscita a fino a quel momento e certi suoi modi di fare e di guardarla
la mettevano quasi a disagio. Quasi però. La verità era che
così era anche più divertente. Molto meglio del solito ragazzino
che la guardava a occhi spalancati, cercando goffamente di scoccarle uno
sguardo di nascosto nella scollatura. E poi se doveva ottenere informazioni
su Everlan questo le avrebbe semplificato il lavoro. Non stava civettando.
Non esattamente almeno. Era lavoro.
Rivolse a Finn un sorriso smagliante. "Dunque, di solito, a pescare,
andate la mattina molto presto, quando il sole non è ancora
sorto?"
"Naturalmente è così" rispose il giovane "Il pesce va
portato al mercato la mattina presto, perchè possa essere acquistato
ancor fresco e cucinato in giornata. Oggi abbiamo deciso di varare la nave
appena pronta, solo per vagliarne le qualità".
"Ma tutto questo pesce non vorrete buttarlo via!" Esclamò Irma,
rivolgendo uno sguardo a metà tra il compassionevole e l'affamato
ai pesci boccheggianti.
"Questo è per uso personale, faremo una festa sulla spiaggia,
stasera, per celebrare il varo della Occhi di Irma. Serviremo pesce arrosto,
cucinato sul momento e molluschi crudi".
"Sarà bellissimo!" sospirò Irma "ma piuttosto dei molluschi
crudi" continuò con una boccaccia "Preferirei un bel gelato fragola
e cioccolato!"
"Ma come? I molluschi freschi sono una vera delizia! I bambini si alzano
la mattina presto per andare incontro alle navi dei pescatori e farsi dare
reti di arselle appena pescate! Invece questo gelato di cui parli... cos'è?
Un dolce delle tue parti?"
"Tu! Fellone, non conosci il gelato! Meriteresti che rinnegassi
immediatamente il tuo nome!" Tuonò Irma, indicandolo con un dito con
fare accusatorio. "Il gelato è la suprema delizia" continuò
con fare sognante "E fresco e vellutato, può essere di qualunque gusto
tu voglia, ma quello al cioccolato è inimitabile! Però è
essenziale gustarlo insieme alla fragola, perchè il suo sapore
delicatamente acidulo esalti al massimo quello forte e dolce del cioccolato!"
Concluse con tono quasi lirico.
"Va bene, mi hai convinto" Si arrese Finn "prima o poi dovrai farmi
assaggiare questo tuo dolce..."
"Uhm... suppongo che potrei portarne un po' la prossima volata che passo
da queste parti... Non che ci venga di frequente, ma è un bel posto
per una gita!"
"Intanto, per stasera, ti dovrai accontentare dei molluschi e del vino
dolce..." aggiunse Finn insinuante.
Irma esitò solo una frazione di secondo. Doveva vedersi con le
altre, la sera, non poteva tardare... ma quante altre occasioni avrebbe avuto
di godersi una festa sulla spiaggia a Everlan? E lei adorava le feste sulle
spiaggie. Soprattutto corredate da falò, vino e bei fusti... Peccato
per il gelato.
Avrebbe avvertito le altre telepaticamente, potevano sempre raggiungerla
se volevano e, se non volevano, bhè, avrebbero aspettato un po', non
avrebbe fatto tardi. Solo il tempo di raccogliere qualche informazione in
più...
Il giovane la guardò di sottecchi, le iridi azzurre scintillanti
attraverso le lunghe ciglia scure.
"Allora Irma? Resterai con noi per stasera?"
"Non potrei mancare! Sono la madrina di questa nave si o no? sarebbe
come se mancassi alla festa di battesimo del mio figlioccio!"
"Battesimo?" chiese pigramente Finn.
"Oh... Una tradizione delle mie parti, non farci caso!"
La barca attraccò vicino alla spiaggia e i tre pescatori si calarono
in acqua per spingerla in secco. Irma scivolò con grazia giù
dal fianco panciuto, godendo dell'acqua fresca dopo tutto il sole che aveva
preso. Intorno alla Occhi di Irma, si accalcarono marinai e pescatori di
tutte le età, uomini e donne, tutti dotati dello stesso ruvido fascino
dei tre nuovi amici di Irma.
"Siete riusciti a finirla, allora, questa bagnarola!" Esclamò
qualcuno. "Ormai pensavamo che non l'avremmo mai vista in mare!"
"E' solo che ci piace fare le cose per bene e con calma" rispose Finn
sornione "Così non ci troveremo a mollo solo per aver voluto varare
la nave troppo in fretta. Com'è successo a qualcuno..."
"Ehi!" Protestò il nuovo venuto "Non continuiamo a rivangare
questa storia! E' roba di ere fa!"
"E' bella vostra nave Iurean!" si complimentò una giovane donna
dai capelli color miele e dalla sguardo intenso "Quasi quanto la mia Stella
Maris, dovrai farmi fare un giro, prima o poi".
"Leiala, ma certo! Come no! Sarà un onore!" Iurean concluse con
un occhiolino scherzoso.
Una bella donna dai capelli castani avvolse Aron in un caldo abbraccio,
mentre una bambina lentigginosa dava l'assalto alle sue gambe, gridando con
voce acuta ed eccitata "Papà, papà, quando mi porti sulla barca
nuova? Quando, quando? Mi hai portato qualcosa? Eh? Eh?"
Irma osservò la scena, soddisfatta che molti si avvicinassero
alla nave studiandola con fare competente, sfiorandone la carena con delicatezza
e complimentandosi con i tre pescatori.
Ma fu ancora più soddisfatta quando Finn, allontanatosi un po'
dalla barca, accese un grande falò con l'aiuto di due giovani e di
una ragazza e cominciò ad arrostire il pesce. Qualcuno aveva portato
frutta fresca, acqua di fonte e vino e la serata si prospettò subito
piacevole.
Nel giro di pochi minuti, tutti si stavano servendo di molluschi freschi
e Iurean, seduto a gambe incrociate, insegnava a Irma come mangiarli,
succhiandoli direttamente dal guscio incrostato di sale. Come dal nulla erano
apparsi degli strumenti e una musica allegra si levava nel silenzio della
sera, accompagnata dal fruscio della risacca.
"Ehi! Ma son ottimi! Molto meglio di quello che pensavo!" Esclamò
Irma entusiasmata dalla scoperta. Il volto allegro di Iurean si aprì
in un sorriso soddisfatto.
"Cosa ti porta da queste parti Irma? Non ci hai ancora raccontato niente
di te!"
Irma rise, era esattamente la domanda che stava aspettando! "Un ragazzo!
E cosa se no?"
Finn sollevò pigramente un sopracciglio: "Il tuo innamorato?"
Bene! Sembrava vagamente deluso, non troppo se doveva essere del tutto
sincera, ma probabilmente era dovuto al fatto che sembrava un tipo molto
sicuro di sé. Iurean invece, aveva assunto un'espressione affranta:
quello sì che era un ragazzo che dava delle soddisfazioni!
Comunque era meglio non tirare troppo la corda...
"Assolutamente no! E' un tipo che... " Qui ci voleva una balla veloce...
veloce... "...ha ha spezzato il cuore a una mia amica. Voglio fargliela pagare
a quel brigante infido!" Irma sorrise a trentadue denti, con tutta la
sfacciataggine che riuscì a trovare.
Fortunatamente i due parvero bersi la menzogna senza
difficoltà.
Finn arricciò le labbra in uno sbilenco sorriso sornione "Hai
perfettamente ragione, bisogna proprio che lo troviamo, questo tipo. Descrivimelo
un po'".
Irma si concentrò cercando di ricordare il più chiaramente
possibile il viso di Flood e quello le balzò subito alla memoria,
con una rapidità che quasi la sorprese. "
"Un ragazzo... poco più grande di me. Alto, molto, molto magro,
un vero stecco! Con delle braccia esageratamente lunghe e una faccia
insopportabilmente arrogante. Vestito di stracci che non coprivano un bel
niente e tutte queste collane, braccialetti e cinture. E i capelli... i capelli
di questo biondo scuro che sembravano bagnati anche se erano asciutti, tutti
raccolti in... bhe, che c'è?"
Finn non la stava più guardando, invece aveva gli occhi fissi
in quelli di Aron che si era voltato, distogliendo la sua attenzione dalla
figlia che ne approfittò per riempirgli i capelli di sabbia. Iurean
la guardava a bocca aperta.
Aron si voltò verso di lei, lo sguardò a metà tra
il preoccupato e il divertito. "C'è, dolce Irma, che se ti sei immischiata
con Flood della Guardia, avrai delle belle gatte da pelare"
"E perchè mai dovrei preoccuparmi di quel ragazzetto scalzo e
ignudo?" Irma sollevò esageratamente entrambe le sopracciglia, nella
più convincente espressione di incredulità che riuscì
a produrre.
Iurean cominciò a ridere, ansimando per lo sforzo di parlare
tra i sigulti di ilarità. "Un... un raga... ragazzetto uhuhuh sapete
se lo ... se lo viene a sapere ahahaha sca a a alzo e ignuuudo! Ahahaha!
Irama sei una foorzaaaaa ahahaha!"
Irma gli scoccò un'occhiata ancora più perplessa, mentre
Iurean si piegava in due, piangendo dal ridere. "Grazie, lo so, ma evidentemente
c'è qualcosa che non so".
Finn si tirò a sedere con un gesto che, come tutto in lui, sembrava
mirato a al minor dispendio possibile di energia. "Non ti offendere Irma...
Iurean non sta ridendo di te. E' solo che siamo colpiti dalla...
familiarità di cui parli di lui. E' un tipo piuttosto suscettibile,
Flood e dotato di poteri non proprio da sottovalutare".
"Poteri non da sottovalutare? Non parlerai mica di quei giochetti che
faceva con l'acqua?" Irma sollevò le spalle con disprezzo "Umpf, sai
che ci vuole!"
Iurean, che era appena riuscito a riprendere fiato, fu colpito da un
nuovo attacco di irrefrenabile ilarità.
Aron la squadrò severamente: "Ragazza, sai di chi stai parlando?
Flood fa parte della Guardia di palazzo di Nimuel, il suo nome sia sempre
lodato, la nostra buona regina"
Irma gli rivolse uno sguardo interrogativo: "E cos'hanno di così
particolare questi tipi?"
Finn scrollò le spalle "Sono i protettori di Everlan, o almeno
questo è quello che dicono. Per quello che ne so io, l'attività
pricipale di Flood è ciondolare a giro".
"I membri della Guardia di Nimuel sono molto di più che semplici
combattenti" interloquì Aron "E anche se il comportamento di Flood
a volte potrebbe non rispecchiare quello che ci si aspetta da una persona
nella sua posizione, lui e gli altri sono indispensabili per noi"
"Ma alla fine" chiese Irma "cos'è che fanno? E cosa sono per
essere tanto importanti?"
"Ma" riprese Finn con uno sbuffo "Non credo che nessuno lo sappia veramente,
in teoria la pace di Everlan dipende soprattutto da loro. Proteggono la nostra
bella regina da tutto ciò che potrebbe accaderle e Nimuel, lei è
tutto per noi".
Irma sbattè le ciglia perplessa, che razza di discorsi erano?
"Non credo di capire molto bene..."
"Puoi andare alle scogliere" le rispose Iurean che sembrava essere venuto
finalmente a capo del suo accesso di risa "Se sei fortunata saprai tutto
quello che vuoi sapere".
"Le scogliere?" chiese ancora Irma aggrottando le sopracciglia.
"Vedi, là quei bastioni bianchi che scendono a picco sul mare?"
Aron indicò
in lontananza, mentre Irma stringeva gli occhi per scorgere qualcosa
oltre il falò. La roccia candida delle falesie si accendeva di un
lieve bagliore argenteo alla luce della luna.
"Sono... sono belle... " Irma rimase un attimo incantata e, incredibilmente
senza parole. "Ma cosa c'è là di tanto speciale? Un vecchio
saggio forse? O una biblioteca?" si riprese subito.
"No" rispose Iurean, per una volta serio "Interminabili caverne sono
scavate dal mare nella roccia. E sulle pareti bianche appaiono immagini che
narrano la storia di Everlan. Ognuno, però, ci può leggere
solo quello che vuole davvero sapere. Chissà che tu non scopra chi
è davvero Flood della Guardia?"
"Yap!" Esclamò Irma, scagliando un pugno di aria per la soddisfazione
Proprio quello che ci voleva! Ragazzi scusatemi tanto! Devo andare!"
Continuò, cercando di assumere un atteggiamento il più contrito
possibile "Devo proprio andare... ho delle amiche che mi aspettano..."
Delle amiche che si sarebbero complimentate con lei per le informazioni
che aveva trovato, invece che rimproverarla, come al solito, per il
ritardo!
Eco qua il nuovo capitolo! AVVERTIMENTO: questo capitolo va espressamente
contro degli avvenimenti narrati nei numeri di witch POSTERIORI a quelli
che io tengo in considerazione. Se pensate che ciò possa darvi fastidio
non leggete, non vi obbliga nessuno...
Io però credo che questo sia il capitolo migliore che ho scritto...
quasi mi commuovevo da sola...
619: perchè le risate? Spero che fossero perchè il capitolo
era divertente... Da questo capitolo la storia comincia a entrare nel vivo!
La storia di Will con ... il tipo del capitolo otto ^^ ? Bhè prosegue..,
anche se magari non PROPRIO nel modo che puoi star pensando ;)
Max: grazie dei comlimenti ^^. Visto che ti piace investigare sui nomi...
I nomi dei sei membri della guardia non ti dicono niente? ;) "Ciondolare
a giro" si dice, ma è un registro molto basso, dipende se è
adatto al contesto.
Hay Lin si diresse decisa verso il lago, aspettando fiduciosa che altre
immagini si presentassero ai suoi occhi. E puntualmente, appena il vento
accarezzò le foglie di un ontano, i due giovani apparvero di nuovo
davanti a lei.
Erano entrambi seduti, la schiena appoggiata al tronco, con dispetto
di Hay Lin erano troppo lontani perchè riuscisse a scorgere i tratti
di lui, anche se... uhm... avevano qualcosa di familiare. Il giovane leggeva
da un grosso codice rilegato in pelle, mentre la fanciulla lo fissava
intensamente. Egli interruppe la lettura, incontrando gli occhi di lei.
"Cosa c'è?" mormorò "Ho letto male?"
"No... no, certo che no" rispose ella "Stavo pensando che non conosco
nessun altro in grado di declamare questi antichi carmi con così grande
emozione".
Questi avvenimenti dovevano essere precedenti agli ultimi che aveva
visto, riflettè Hay Lin, forse non sapevano ancora di essere innamorati,
sicuramente non sospettavano nemmeno che avrebbero presto dovuto
separarsi.
Hay Lin riprese a camminare, pensierosa e un po' malinconica. Chissà
come era finita poi, quella vicenda.
Non lontano da lei, un cavaliere trottava rapidamente, i finimenti del
cavallo sauro che splendevano al sole. Gli zoccoli colpivano il terreno
ritmicamente, sollevando nuvole di polvere e il loro rumore soffocato si
fondeva con quello tintinnante dei campanelli, che pendevano dalla gualdrappa
colorata.
Campanelli simili risuonavano al collo di un altro cavallo, ma questo
era grigio chiaro e i suoi finimenti erano bianchi e spogli. Avevano una
foggia stranamente familiare, pensò Hay Lin.
Il cavaliere, ma forse era una donna? Abbigliata in bianco anch'ella,
stava consegnando al giovane un plico.
"... vi reclama, Hadyn di Everlan, le mie congratulazioni. Avrete dieci
giorni per prepararvi e salutare i vostri cari, poi passaremo a prendervi.
Da oggi in poi sarete molto di più che un semplice studioso. La cerimonia
avverrà durante la prossima luna. Nei prossimi giorni dovrete purificarvi
e meditare, per prepararvi a..."
Hay Lin non seppe a cosa avrebbe dovuto preparasi Hadyn, perchè
la visione scomparve. Quello di cui era certa, però era che il giovane
non era sembrato per niente contento della notizia. Lei non l'aveva visto
in viso, ma la fanciulla accanto a lui l'aveva fissato con espressione accorata
e lui si era portato una mano al volto.
Probabilmente era stato il momento in cui avevano saputo di doversi
dividere. Chissà per cosa era stato scelto Hadyn? Hay Lin era sicura
che ci fosse qualcosa che le sfuggiva...
Intanto il sole era sempre più alto e Hay Lin cominciava ad avvertire
una certa fame, in fondo dalla mattina aveva mangiato solo una mela, ottima
senza dubbio, ma sempre una mela.
Uno scampanio allegro giunse a lei da una curva della strada, accompagnato
da muggiti pigri e profondi. Hay Lin, incuriosita, si precipitò a
vedere e si ritrovò in mezzo a una mandria di mucche dal manto castano
e fulvo. La ragazzina strillò di contentezza. Le mucche avevano grandi
occhi dolci, come pozze di cioccolato fuso e morbidi musi vellutati. Ad Hay
Lin erano sempre piaciute tanto quando le aveva viste in foto. Una volta,
in verità ne aveva anche vista una dal vivo, un giorno che, alle
elementari, avevano fatto una gita ad una fattoria. Quella volta però,
la mucca panciuta era sola in un piccolo recinto con il pavimento di terra
battuta. Aveva l'aria malinconica e depressa. Trovarsi proprio in mezzo ad
un'intera mandria, che pascolava soddisfatta tra l'erba verde, era tutta
un'altra faccenda.
Hay Lin abbracciò di impulso una mucca dal manto rosso scuro
e dallo sguardo particolarmente affabile. La mucca continuò a ruminare
placidamente, il muso appoggiato sulla spalla di Hay Lin. Hay Lin la
lasciò, quasi ansimando per il peso che aveva dovuto sostenere con
le sue spalle sottili.
"Ti piacciono le mie vacche, eh ragazza?" escalmò una voce roca
alle sue spalle. Il vecchietto era magro e asciutto, tutt'ossi e nervi, con
i capelli e i baffi completamente bianchi, ma aveva un aspetto ancora energico.
Sorrideva ad Hay Lin con evidente simpatia, mordicchiando il bocchino della
sua lunga pipa elaborata.
Hay Lin gli sorrise istintivamente a sua volta "Sì! Mi piacciono
tanto! Hanno un muso così buono!"
"Eh sì!" rispose il vecchio rivolgendo uno sguardo affettuoso
alle mucche "Sono delle brave ragazze".
"Ah... dimenticavo! Il mio nome è Hay Lin, piacere di conoscerla"
si presentò Hay Lin piegandosi in un inchino ad angolo retto.
"Eheh, che ragazza educata!" la risata del pastore sembrava vecchia
e secca come lui. "Il mio nome è Toron, Hay Lin e il piacere è
mio".
Hay Lin si avvicinò stringendoli energicamente la mano "Molto,
molto piace..."
GROOOWWWL
La pancia di Hay Lin scelse quel momento per lamentarsi della vacuità
che l'affliggeva. Gli occhi della ragazza si incrociarono per l'imbarazzo,
mentre diventava rossa come un pomodoro.
"Eheh, non hai ancora mangiato, eh ragazza? Non preoccuparti, ho io
quello che ci vuole. Persino Sua Maestà Nimuel non rifiuterebbe un
pranzo così! E ti dirò, non l'ha rifiutato!" concluse con un
occhiolino furbo.
Toron avvicinò il panchetto su cui era seduto a uno delle mucche
e poco dopo schizzi spumeggianti di latte riempivano un secchio lucido di
rame, finemente decorato con motivi a spirale e lapislazzuli.
Hay Lin osservava con occhi spalancati dalla meraviglia: non solo era
finita in mezzo a una mandria, ma aveva persino visto mungere un mucca!
Toron finì di riempire il secchio, poi porse ad Hay Lin una ciotola
di legno, dalla venature complicate e vi versò il latte.
La ragazza, deliziata, fece per avvicinarla alla bocca, ma il pastore
la trattenne con un gesto: "Ancora un attimo!".
Portò una mano nodosa alla bisaccia al suo fianco per poi aprirla
al di sopra della ciotola, lasciando sfuggire tra le dita decine di rosse
fragoline di bosco.
Hay Lin trillò di felicità! Fragole! Di bosco! Che delizia!
E nel latte appena munto. Si avventò sulla ciotola con entusiasmo,
bevendo e mangiando insieme con soddisfazione. Concluse il pranzo con ultimo
lungo sorso e leccandosi le labbra bianche di latte, sotto gli occhi orgogliosi
di Toron.
Hay Lin appoggiò la ciotola guardandosi intorno e, ecco, in mezzo
alle bestie camminavano due giovani, mano nella mano.
L'uomo reggeva un secchio pieno nella destra e porgeva il latte alla
fanciulla in una coppa d'argento, da cui ella beveva con voluttà
"Non mi sembra vero di essere qui con te, non merito tanto".
"Meriti questo e molto di più, Hadyn non ho mai conosciuto nessuno
come te" rispose lei, guardandolo con adorazione "Ho solo timore" continuò
abbassando lo sguardo "Che prima o poi qualcuno si accorga di quanto vali
e ti porti via da me".
"Non succederà mai, non temere. Chi mai potrebbe essere interessato
a me? E comunque, io non ti lascerei mai".
Lei lo guardò di nuovo, ma adesso il sguardo era carico di malinconia
"Sei saggio, ma ci sono ancora molte cose che sono nascoste a tuoi occhi.
Ai tuoi, ma non ai miei. Questa è la mia maledizione".
I due scomparvero, lasciando Hay Lin con un groppo in gola. Non poteva
perdere altro tempo: doveva salutare le sue amiche mucche e continuare il
suo cammino. Salutò con calore il pastore e abbracciò di nuovo
la mucca rossa con impeto, poi riprese la strada, decisa a raggiungere il
lago.
Era ormai quasi arrivata, quando si presentò la nuova visione,
evocata, questa volta, dal grave rintocco di una campana di bronzo. Hay Lin
sentì gli occhi riempirsi di lacrime prima ancora di vedere, c'era
qualcosa in quel suono che le riempiva il cuore di tristezza.
La fanciulla stava consegnando al giovane qualcosa, stringendo le dita
di lui intorno... intorno...a qualcosa di grosso e pesante, di metallo polito
e legno lucido... ma quella era la chiave di Everlan! Non c'erano dubbi!
Era la stessa chiave che la nonna aveva consegnato a Will. Questo sicuramente
significava qualcosa, ma cosa?
"Non posso accettare Nim, non posso. Questa appartiene a te..." Hay
Lin era sicura che la pausa fosse dovuta a un sorriso malinconico "E al tuo
popolo".
"E' vero: appartiene a me. E io voglio darla a te, Hadyn, non protestare!"
soggiunse accorata. "E' l'unico legame che ci resta, non infrangerlo. Non
desidero che appartenga a nessun altro, se non a te." Lo guardò negli
occhi con dolcezza "E comunque tu la possiedi già, questa è
solo l'ufficializzazione di qualcosa che non posso e non voglio
cambiare".
Il giovane la strinse fra le braccia, cingendo la vita sottile e affondando
le mani nei capelli argentei.
Mentre lei alzava il volto verso il suo, la visione si dissolse, insieme
all'ultima eco del rintocco della campana.
Hay Lin, sperando ancora in un soprendente lieto fine, ma carica di
cupi presentimenti, percorse l'ultimo tratto del sentiero che portava al
lago.
Il vento di Everlan le sfiorava delicatamente i capelli, per poi sollevarle
un polverone tra i piedi. Hay Lin avvertiva provenire da lui alternativamente
malinconia e rabbia. Qualunque fosse il sentimento, però, la ragazza
era certa che fosse la triste storia a cui stava assistendo a provocarlo.
Finalmente i suoi piedi lasciarono l'erba soffice per la ghiaia umida
intorno al lago.
La superficie del lago era argento liquido, su cui il sole e le onde
disegnavano lenti cerchi dorati. Sotto la superficie, nel punto più
vicino a lei, Hay Lin poteva scorgere lunghe alghe scure ondeggiare quietamente
sotto la superficie. Poco più lontano, in una zona della riva ombreggiata
da grandi alberi frondosi, fiori simili alle ninfee, dai morbidi colori pastello,
giacevano sulle loro larghe foglie verde cupo. Tra le ninfee crescevano snelle
canne brunite che mimavano, nel vento, l'ondeggiare delle alghe nell'acqua.
Trampolieri dalle gambe magre e dal piumaggio umile, si muovevano prudentemente
fra le piante, sfiorandole appena al loro passaggio.
Hay Lin rimase per un momento ad osservare il paesaggio, piena di tranquilla
sicurezza, aspettanto l'ultimo atto della storia. Era lì che avrebbe
saputo, bastava aspettare.
Come rispondendo alla sua muta domanda, si levò dalla riva opposta
del lago, il lento e straziante richiamo di una gru. Rimase sospeso per un
lungo attimo nel silenzio, prima che due figure apparissero pochi metri davanti
ad Hay Lin.
I due giovani guardavano il lago, uno accanto a l'altro, ma senza sfiorarsi,
come se la distanza, che li avrebbe presto definitivamente separati, già
si fosse insinuata fra di loro. Una brezza leggera sfiorava i loro capelli,
anche se il vento intorno ad Hay Lin si era placato, per lasciare il posto
ad una calma innaturale.
Il giovane parlò con voce atona e roca, priva di qualsiasi
sentimento.
"Questa è l'ultima volta che ci vediamo. Da domani, per me Everlan
sarà solo un'altro mondo fra i tanti e tu una donna fra i tanti. Tu
lo hai voluto. Hai voluto che mi facessi carico dei doveri che mi sono stati
posti sulle spalle senza protestare. E lo farò. Non mi è permesso
di amare, di preferire qualcuno a qualcun'altro, davanti a me, tutti dovranno
essere uguali, perchè da domani io sarò il giudice imparziale,
sarò il garante l'equilibrio, l'arbitro del fato. Da domani..." Il
giovane fece una pausa, come se esitasse a pronunciare quelle parole e si
voltò verso di lei e verso Hay Lin.
Hay Lin spalancò gli occhi, mentre per la prima volta vedeva
chiaramente i tratti di Hadyn.
"...Da domani, io sarò l'Oracolo".
Il vento, fischiando con furiosa disperazione, si avvolse in vortici
tormentati ai suoi piedi.
Miki: non te l'aspettavi davvero? Bene! Doveva essere così! Continua
a leggere e vedrai che le sorprese non sono finite. Però per il capitolo
di Will dovrai aspettare ancora un po'...
Max: Lo sai già, ma ci hai dato! Per quasi tutti ^^ Ardu non è
un anagramma, bensì il termine alto sassone per earth, terra, mentre
Efri è l'anagramma di fire, sì, ma suona anche come Efreet
(Pron. Efrit) spirito delle fiamme nella mitologia mediorientale. Eh, bhè
sì, l'Oracolo è il vecchio Oracolo! Ne conosci un altro? ^^
609: Noooo... mi abbandoni anche tu? ç_ç Dove sei finita?
Il sole era giunto al suo culmine e adesso cominciava lentamente a
declinare. E Cornelia stava cominciando a pensare che ne aveva abbastanza
dell'allegro cicalare egli everlaniani, della loro splendida musica, della
loro frutta succosa e dolce e del loro aspetto gradevole. Decisamente abbastanza.
Le facevano venir voglia di gridare solo per movimentare un po' la
situazione.
E' sempre così noiosa la perfezione?
Senza ritenere necessario dare spiegazioni, si alzò con grazia
e salutò con un sorriso e un cenno del capo che fece elegantemente
ondeggiare i capelli. Un paio fra i suoi più fervidi ammiratori tentarono
di trattenerla, ma Cornelia non aveva intenzione di perdere altro tempo.
"No grazie, vorrei rimanere un po' da sola" rispose con voce così
gelida da lasciare impietriti i due giovani.
Che stupidi. Davvero gli uomini sono prevedibili, si ritrovò
a pensare Cornelia. Sono sempre convinti di essere al centro del mondo e
che nessuna donna possa resistergli. Ci sta proprio bene dargli un bel due
di picche ogni tanto. E lei era una specialista in questo campo. Negli ultimi
due anni non era uscita con nessuno.
A parte con Peter, certo. Ma solo perchè era il fratello di Tara,
non sarebbe stato carino rifiutarlo senza una spiegazione. Però anche
lui era esattamente come tutti gli altri. Poteva anche essere simpatico e
intelligente, ma l'unica cosa che pareva attivare le sue cellule neuronali
era lo sport. Per il resto del tempo giacevano in pacifico riposo.
E poi, dopo Caleb, i difetti di qualsiasi ragazzo le balzavano agli
occhi molto prima delle sue qualità. Se doveva dirla tutta, a volte
pensava che persino Caleb, l'aveva giudicato perfetto, solo perchè
praticamente non lo conosceva. Ma quell'immagine di perfezione era davvero
quello di cui aveva bisogno? Visto quello che era successo con lui, ne dubitava.
Forse non era fatta per innamorarsi. In fondo lei bastava per sé
stessa.
Continuando a riflettere, prese a passeggiare fra gli alberi da frutto
sfiorandoli delicatamente con le mani. Per quanto il paesaggio sembrasse
sereno, avvertiva come un dolce lamento provenire dalle piante. Non tutto
andava così bene come agli everlaniani piaceva credere,
evidentemente.
Si sedette sull'erba e affondò le mani nel terriccio scuro. Una
sensazione di stanchezza la afferrò. Le servirono alcuni secondi per
capire che proveniva dal suo elemento. Cornelia si concentrò un momento,
mentre sondava con delicatezza quella terra tanto diversa da quella che
conosceva. Dei flussi di energia parevano attraversarla, tenendola insieme,
dandole vita. Si intrecciavano strettamente con altri che sfuggivano all'esame
di Cornelia e che lei giudicò essere di pertinenza del'aria e dell'acqua.
Il flusso non era continuo, però, scorreva faticosamente, come
se la fonte da cui proveniva si stesse prosciugando. Concentrandosi maggiormente
Cornelia avvertì un tremore nel terreno. Molti chilometri sotto di
lei si stava preparando un terremoto. I fili d'erba, che a un prima occhiata
sembravano tutti di un perfetto verde tenero, a un esame più accurato
si rivelavano pallidi e sofferenti. Davanti a lei una viola stava appassendo.
Cornelia avvertì un impeto di compassione riempirle il petto.
Prima di sapere esattamente cosa stava facendo riversò un piccola
parte del suo potere nel terreno, attraverso le mani ancora affondate nel
terriccio fino al polso. La viola di fronte a lei alzò il capo, mentre
l'erba riprendeva colore. Ma il rombo del terremoto in lontananza non si
arrestò.
"Sei una fanciulla di buon cuore".
Una voce pacata e gentile arrivò da dietro le sue spalle.
Cornelia balzò in piedi, girandosi di scatto. Seduto all'ombra
di un nocciolo, Ardu la fissava. Aveva qualcosa chiuso nel pugno della mano
destra e lo cullava dolcemente.
"Vuoi combattere?" ringhiò Cornelia senza timore "L'altra volta
ti è andata bene, ma questa non sarai così fortunato".
Ardu non sembrò colpito da quella dimostrazione di
aggressività. "No, guardiana, oggi non sono qui per combattere. Ci
è stato ordinato di darvi tempo per riflettere e credo che sia stato
un ordine giusto. E neanche tu vuoi combattere".
"Cosa sai cosa voglio o non voglio io?" ribattè Cornelia con
rabbia.
"So molte più cose di quelle che tu non creda. A me non puoi
mentire, come menti alle tue amiche e persino a te stessa".
"Io... io non mento mai! Come ti permetti?" lo aggredì Cornelia
con stizza. Come osava quello giudicarla? Lei era una di quelle
che dicevano sempre le cose come stavano, non era certo come Will che, pur
di non litigare, passava sotto silenzio qualsiasi cosa.
Ardu si alzò lentamente, avvicinandosi a lei.
"Invece è così. Avverto il tormento del tuo cuore, da
quant'è che non parli più sinceramente con nessuno, di quello
che provi e che senti? Da quant'è che assali chiunque ti si avvicini
con dolcezza, perchè ti senti debole e insicura e non sei disposta
ad ammetterlo? Da quanto tempo è, che ti senti diversa?"
Cornelia lo fissò con sfida, ma un lampo di timore le
attraversò gli occhi, mentre un dubbio si insinuava infido nella sua
mente "Cosa... cosa intendi?"
Ardu, ormai alla distanza di un braccio da lei, aprì lentamente
la mano. Sul palmo ruvido giaceva, delicata e fragile, una margherita.
Gli occhi di Cornelia si spalancarono di sorpresa, mentre, nel suo sguardo,
la rabbia cedeva il passo a una paura irrazionale.
"M-Margareth... "
Rimase impietrita per qualche secondo, prima di voltare le
spalle e fuggire via.
Quando la chiamata di Irma arrivò, avvertendola della festa sulla
spiaggia, Cornelia non la sentì nemmeno. Era troppo occupata a
piangere.
Ardu guardò la ragazza allontanarsi, con lo stesso sguardo di calma
malinconia che le aveva rivolto la prima volta.
"Nimuel, dolce signora, avete ragione voi. Non sono che fanciulle e
non desiderano farci male, non più di quanto lo desideriamo noi. Ma
saranno disposte a sacrificare i loro doveri per noi?"
L'uomo scosse lentamente la testa.
"Non sempre possiamo comportarci come vorremmo. Se sarà necessario
farò ciò che va fatto. Cornelia Hale, se sarà necessario,
so dove colpirti per farti più male".
Si chinò lentamente e con le grosse dita interrò con
attenzione la margherita. Sotto il suo tocco delicato, il fiore mise nuove
radici.
La visita di Taranee al mercato si protrasse per tutta la giornata.
Quel popolo era incredibile, davvero incredibile. Come poteva pensare l'Oracolo
di cancellare una simile splendida cultura? lei l'avrebbe difesa a spada
tratta.
Anche se...
Anche se quegli uomini avevano sfruttato a tal punto la loro terra da
portarla lentamente al disfacimento? Ma era veramente così? A Taranee
Everlan sembrava splendida e rigogliosa.
Certo, un paio di volte le era parso di avvertire paura e preoccupazione
provenire dalla gente che la circondava, ma erano sentimenti che svanivano
rapidamenti, sostituiti dall'euforia e dala gioia di vivere.
Una volta, passando accanto alla fornace di un vetraio le era parso
anche di avvertire una sorta di instabilità nel suo elemento. Una
furia selvaggia a stento trattenuta, come la follia feroce e disperata di
un cane tenuto troppo a lungo alla catena. Ma era stata solo un'impressione...
o no? In verità il ricordo dei simboli sulle mani di Ailean, le causava
una fredda sensazione di disagio.
Taranee si chinò ad osservare incuriosita una serie di splendidi
insetti meccanici. Il disgusto la travolse. Eppure, così erano quasi
belli. Allungò una mano come per toccarne uno, ma alla fine la sua
fobia ebbe il soppravvento e Taranee si sollevò con un brivido.
E in quel momento la vide.
Appena a qualche metro da lei, nel mezzo della folla, Efri la
fissava.
Taranee rispose allo sguardo come ipnotizzata, colta troppo alla sprovvista
per reagire.
La donna alzò una mano davanti a sé e una fiamma le
divampò fra le dita.
Con un sorriso crudele e allusivo, lentamente strinse il pugno.
Lingue di fiamma le sfuggirono tra le dita, agitandosi
selvaggiamente.
Mentre il suo sorrisi si allargava, la donna serrò il pugno.
Dalle dita si levò un ultima fiamma morente e poi soltanto un sottile
filo di fumo.
Più chiaro di così.
Taranee, ripresasi dalla sorpresa, fu di nuovo invasa dalla rabbia.
Tentò di raggiungere Efri, facendosi largo fra la folla, ma la perse
di vista un istante, quando un uomo con un ampio mantello le
attraversò la strada e tanto bastò perchè dell'altra
sparisse ogni traccia.
In quel momento la raggiunse la chiamata telepatica di Irma, che la
avvertiva del ritardo e la invitava a partecipare ad una festa sulla spiaggia.
Festa sulla spiaggia? Non le sembrava proprio il momento per il divertimento.
Erano rimaste troppo cose in sospeso.
E dopo tutta quella giornata, Taranee aveva ancora più domande.
Max: grazie per avermi fatto notare gli errori... Ora provo a cercarli e
eliminarli! Eh... in effetti l'antico sassone non è una lingua molto
conosciuta, ma quando ho inventato i nomi stavo preparando l'esame di filologia
germanica, per cui mi è subito balzato alla mente! Mi sono accorta
che non ho risposto riguardo a Everlan: ebbene sì è ispirato
a Everland, come dire... l'Isola che c'è ^^
609: Uah, che bello! Allora non mi avevi scordato ^^. Anche tu sei stata
presa di sorpresa dalla rivelazione sul passato di Hadyn, eh? Bene, bene!
Mi fa piacere che la rivelazione ti abbia colpito, temevo di non riuscire
a dare il giusto effetto alla notizia! Il capitolo di Cornelia e Tara...
bhè di per sè non molto importante (ma sono contenta se mi
dici che è scritto bene!), però c'è un piccolo indizio
su una sopresina che salterà fuori più avanti...
AyaCere: Ooooh! Un nuovo recensore! Benvenuta! Sono proprio contenta che
ti sia dovuta ricredere sul mio racconto e spero che Everlan non ti
deluderà. Riguardo al nostro capellone... qualche indizio ce l'avevo
messo! Sei stata in gamba a notarli! Dimmi, che sono curiosa, cos'è
che ti ha fatto sospettare?
Will rimase impietrita a fissare il giovane, incapace di reagire. Le
sembrava che persino la sua mente fosse paralizzata.
Cosa doveva fare?
Cosa doveva fare?
Cosa, cosa, cosa?
Disperatamente pregò per avere una risposta, ma gli occhi freddi
di Avren sembravano aver congelato anche la sua capacità di
giudizio.
Un lieve tremito, come lo spasmo di una bestia ferita, attraversò
per un attimo il terreno.
Il cavaliere sobbalzò, come colpito da una fitta improvvisa e
volse lo sguardo dietro di sè, verso il castello, gli occhi per un
attimo dubbiosi e spaventati.
Quando la sua attenzione tornò sulla fanciulla, però,
il suo volto mostrava solo feroce determinazione.
"Non aspetterò ancora". Con un gesto deciso, spronò la
pantera, caricando.
Ma nel frattempo, Will era in qualche modo riuscita a superare la confusione
e il timore che le avevano stretto il cuore. Aveva deciso di parlare con
la regina di Everlan e quello avrebbe fatto.
Non era lì per far del male, non c'era nessuna ragione per cui
doveva sentirsi in colpa.
Davvero.
Anche se l'intera Everlan sembrava accusarla, attraverso gli occhi grigi
del suo avversario.
Will parlò, con voce che sperava decisa, ma che le sembrò
disperatamente tremante e acuta, poco più di un fragile mormorio.
"Non sto cercando di ingannare nessuno. Sono qui per parlamentare. Voglio
solo parlare, nient'altro" strinse i pugni nel tentativo di farsi coraggio
"Voglio conferire con la regina Nimuel di Everlan".
L'attacco di Avren la prese alla sprovvista. Si era aspettata che il
giovane, si fermasse ad ascoltarla o, quantomeno, a studiarla. Invece non
aveva nemmeno rallentato la carica. Il primo fendente calò prima ancora
che lei avesse finito di parlare.
Will non seppe come esattamente aveva fatto a schivare il colpo. Ma
in qualche modo, c'era riuscita. Fortunatamente, perchè altrimenti
lo scontro sarebbe finito con quel singolo attacco preciso e violento.
La pantera si erse davanti a lei, le zampe soffici irte di artigli e
le fauci spalancate, la lingua rossa arricciata per facilitare il morso.
Il suo respiro caldo investì in pieno la ragazza. Will si tirò
all'indietro, cadendo quasi sulla schiena, per evitare due potenti zampate.
Riuscì a riprendersi solo all'ultimo momento, sollevandosi agilmente
in aria, con una leggerezza e una grazia che possedeva solo in virtù
della magia.
Non poteva librarsi in aria come Hay Lin, ma saltò con innaturale
facilità sull'alta parete di roccia, rimanendo in equilibrio sulla
superficie scoscesa.
"Vengo da Kandrakar per parlamentare! Per trovare una soluzione di comune
accordo" annaspò, ansimando più per il terrore che per la fatica.
Non ci credava nemmeno lei, sicuramente non sembrò convincente ad
Avren, che non si dette nemmeno la pena di risponderle.
La pantera, con un balzo soprendente per la sua mole, tanto più
considerando il peso della armatura che la copriva, si portò quasi
sullo stesso livello di Will. Il suo cavaliere menò un secondo fendente
all'altezza delle caviglie della ragazza. Mentre lei saltava in alto per
schivare, superò agilmente lo spazio che li separava, venendo a trovarsi
appena sopra di lei.
Will non era un'esperta di combattimenti all'arma bianca, ma anche lei
riusciva a capire che quella era una situazione pericolosa.
Era in piedi su una sottile cengia di roccia, da un lato la parete declinava
rapidamente, mentre dall'altro, dopo un tratto in lieve pendenza, si sollevava
improvvisamente in modo quasi verticale.
Sotto di lei la pantera ringhiava pericolosamente, stringendo gli occhi
gialli e frustando l'aria con la lunga coda, in lente onde sinuose.
Sopra di lei, un nemico armato e ben più esperto di lei.
Nemico.
Nonostante l'evidente peso della spada, Avren pareva maneggiarla con
straordinaria facilità. A un energico affondo mirato al petto di Will,
fecero seguito, senza soluzione di continuità, due rapidi fendenti
che la costrinsero in disperate schivate.
Per parare l'ultimo colpo, che se fosse arrivato le avrebbe probabilmente
squarciato il petto, la ragazza fu costretta ad evocare il suo potere. Uno
scudo di abbagliante energia avvampò di fronte a lei.
Il colpo del giovane non riuscì ad infrangerlo, pur se Will
sentì le sue braccia tremare nello sforzo, all'impatto con la
spada.
Avren non sembrà venir preso alla sprovvista. Non si arrestò
nemmeno un secondo. Senza un attimo di indecisione roteò la spada
e calò un colpo dalla parte opposta.
Will indietreggiò, riuscendo a parare solo grazie al suo
istinto.
Avvertì la terra franarle sotto i calcagni e si arrestò
all'ultimo minuto, mentre il brontolio della pantera si trasformava in un
urlo di dispetto: solo per pochi centimetri gli artigli delle sue zampe anteriori
non riuscivano a raggiungere le gambe nude di Will. La ragazza si voltò
per un attimo verso la belva e il baratro, agghiacciata dal pericolo
sfiorato.
Avren, afferrata l'impugnatura a due mani, affondò la spada verso
il volto di lei.
Will riuscì a spostarsi dalla sua traettoria all'ultimo momento,
ma il colpo era arrivato così vicino che una ciocca di capelli rossi
ondeggiò libera nel vento. La spada doveva essere affilata come un
rasoio.
La ragazza si trovò bloccata fra il pendio, dove l'attendeva
fremente la pantera, e Avren.
Il volto di lui era così vicino a lei che Will poteva avvertire
il sibilo del suo respiro. I sui capelli corvini si agitavano nel vento,
mescolandosi a quelli fulvi di lei. Il braccio sinistro del giovane,
nell'affondo, era venuto a trovarsi a contatto con il petto della ragazza,
tanto che ella poteva avvertire il freddo del metallo della sua armatura
attraverso la stoffa sottile dei suoi abiti.
Per un lungo secondo i loro occhi si incrociarono, quelli freddi e grigi
di Avren e quelli castani e terrorizzati di Will. Per un lungo secondo, a
Will parve di scorgere la paura, la disperazione e la rabbia che si agitavano
oltre la superficie impassibile degli occhi del giovane. Ma in quel turbinio
di sentimenti, tutto quello che scorse nei suoi confronti non era odio né
ribrezzo. Era solo totale e assoluta indifferenza.
Quella consapevolezza la sconvolse. I suoi poteri l'abbandonarono,
lasciandola nuda e indifesa. Inerme fanciulla di sedici anni.
I suoi lunghi capelli rossi si avvolsero disperatamente intorno al suo
volto e alle braccia di Avren.
Il cavaliere, metodico e implacabile, la colpì all'altezza dello
sterno con l'avambraccio sinistro, un colpo leggero, sufficiente, però,
per farla barcollare all'indietro.
Will precipitò verso gli artigli della pantera.
Ma la belva non reagì. Placidamente distesa contro la parete
rocciosa, non mostrò niente dell'aggressività di poco
prima.
L'istinto di sopravvivenza si fece di nuovo forte in Will, che evocò
i suoi poteri, un istante prima di toccare terra e riuscì ad atterrare
in piedi con una capriola.
Sopra di lei, Avren la fissava con un'espressione indefinibile.
Will non aspettò di vedere come avrebbe reagito.
Uniti gli indici, svanì nel nulla.
Riapparve nel punto che avevano scelto come luogo di ritrovo. Nessuna
delle altre era arrivata, benchè il sole cominciasse a declinare.
La chiamata telepatica di Irma la raggiunse in quel momento. La voce
allegra e briosa dell'amica sembrava venire da un altro mondo. Come poteva
pensare a divertirsi in quel momento? Will provò a protestare, ma
Irma parve non accorgersene nemmeno e lei era troppo stanca per avere la
forza di aggiungere altro.
Miki: Eh sì! Will ha i capelli lunghi ^^ mi sembra che le stiano
bene, perchè mettono in risalto la sua fragilità e timidezza.
Visto che in questo racconto sarà molto tormentata li trovavo adatti!
Max e 609: Grazie delle recensioni, come sempre! Dunque Au, cioè Universo
Alternativo, vuol dire che il "continuum spazio-temporale" non è quello
del fumetto originale. Siccome io non tengo in considerazione informazioni
come la fuga delle gocce, il fatto che l'Oracolo venga da Basiliade, che
Hay Lin conosca Eric eccecc, si può dire che il mio mondo è
diverso dall'originale. Come ho già sottolineato, però, tutto
quello che c'è prima della saga dell gocce non cambia! OOC significa
Out Of Character, vuol dire che dei personaggi sono diversi dal punto di
vista psicologico da come sono in realtà. Questo è un po'
opinabile, nel senso che io credo di essere stata coerente con il modo in
cui i personaggi sono presentati nel fumetto, ma, almeno in un caso, le mie
scelte potrebbero essere discutibili, per cui preferisco mettere le mani
avanti! Cmq potete trovare tutte queste spiegazioni direttamente nel regolamento
di efp!
Will attese a lungo, mentre il sole si abbassava sempre più
sull'orizzonte e le ombre cominciavano ad allungarsi.
Taranee arrivò per prima, carica di oggetti multicolori di cui
le avevano fatto dono al mercato.
"Allora, cosa facciamo? Andiamo a cercare Irma o aspettiamo le
altre?"
Will la guardò stancamente. Domande sempre domande e lei non
aveva risposte.
"Io... non lo so... Aspettiamo le altre per il momento":
"Sì penso anche io che sia la soluzione migliore" convenne Taranee
annuendo. "Tu cosa hai visto? Che te ne sembra di questo posto?"
continuò.
"Non... non so. Io... non penso che siano malvagi, però..." Will
scosse la testa confusa.
"Io credo che non dovremmo fidarci" intervenne Cornelia, raggiungendole,
i lunghi capelli che ondeggiavano seguendo il ritmo dei passi decisi. "Forse
non saranno malvagi, ma hanno qualcosa che non mi piace, questi Everlaniani".
Solo gli occhi un poco gonfi testimoniavano del pianto di poco prima. Sia
Taranee che Will avevano troppi pensieri per notarli.
"Non è un po' poco per condannare questa gente?" ribattè
Taranee punta sul vivo. La verità era che lei era stata tentata di
dare la stessa risposta di Cornelia solo in base all'idea che si era fatta
di Efri e lasciarsi trascinare così dai sentimenti le dava terribilmente
fastidio. Possibile che non fosse in grado di giudicare con più coscienza?
Non aveva sempre ripetuto che prima di dare un giudizio bisogna cercare di
raccogliere più informazioni possibili e studiare la situazione da
più punti di vista? Non leggeva forse tre diversi quotidiani e non
confrontava le notizie con quelle trovate sul web prima di prendere una
posizione? Prima della conferenza che aveva organizzato con la sezione giovanile
di Greenpeace aveva studiato l'argomento per settimane.
In effetti, adesso che ci pensava, quella situazione non era diversa
da quella con cui doveva confrontarsi adesso.
Doveva essere permesso agli inuit di cacciare le foche con mezzi non
tradizionali? Questo avrebbe potuto portare all'estinzione della specie,
ma il caso contrario rischiava di ridurre quella gente alla fame. Taranee
aveva deciso che la conservazione della cultura e della specie era più
importante e aveva difeso ferocemente il provvedimento che impediva la caccia
alle foche con l'uso di fucili. Adesso però...
"Un'impressione non è un metodo valido per giudicare di un argomento
di tale importanza!" continuò, rifiutando di arrendersi ai suoi stessi
dubbi.
Cornelia le rivolse uno sguardo di ghiaccio: "Non siamo venute qui apposta
per farci "un'impressione"? Ebbene, la mia "impressione" è che di
questa gente non c'è da fidarsi".
Taranee distolse gli occhi, frustrata per non essere in grado di rispondere
prontamente e irritata con se stessa perchè non poteva negare di essere
in cuor suo d'accordo con l'amica. Se gli Everlaniani stavano davvero
prosciugando il loro mondo di tutte le energie, se stavano davvero distruggendo
quella loro terra meravigliosa, meritavano di essere salvati o dovevano subire
le conseguenze delle loro azioni? Avvertì il fuoco dentro di lei
contorcersi rabbioso.
Anche Will non incrociava lo sguardo con quello delle compagne. Aveva
troppo timore di quello che le altre avrebbero potuto leggere nei suoi occhi.
Confusione, paura... tristezza. E forse qualcosa che persino lei rifiutava
di ammettere con se stessa, ma che le altre avrebbero saputo vedere. Forse
le ragioni per cui lei non si sentiva di condannare gli Everlaniani non erano
altrettanto labili e soggettive? Tutto quello che aveva visto di Everlan,
alla fine, era un castello splendido e due occhi grigi.
Le tre ragazze rimasero l'una accanto all'altra in silenzio, a lungo.
Quando già il cielo cominciava a ingrigire sopraggiunse Hay Lin con
passo strascicato e il volto pensieroso. Normalmente le tre amiche si sarebbero
accorte del suo turbamento, ma in quella situazione erano talmente prese
dai propri pensieri da non notare la malinconia che offuscava il suo sguardo,
di solito limpido e allegro.
Hay Lin salutò le ragazze con un cenno della mano. Le altre le
risposero appena. La fanciulla fece per parlare, una parte di lei sentiva
il bisogno di confidare la scena a cui aveva da poco assistito, eppure...
Forse fu l'atteggiamento chiuso e indifferente delle sue interlocutrici o
forse semplicemente il fatto che non si sentiva di confidare un segreto altrui,
un segreto così personale, ma Hay Lin richiuse la bocca senza spiccicare
parola.
"L'idea di venire qui è stata tua" l'apostrofò aggressivamente
Cornelia "Forse tu ti sei fatta "un'impressione" più valida delle
nostre. Hai scoperto forse qualche eccezionale segreto che ci aiuterà
a trovare il bandolo della matassa a e a fare la cosa giusta affinchè
tutti possano vivere felici e contenti?"
Le sue parole spinsero Hay Lin a rinchiudersi ancor più in sè
stessa. Intimidita, scosse la testa, lo sguardo fisso sull'erba verde e si
sedette mestamente accanto a Will.
Cornelia sbuffò, incrociando le braccia. "Lo dicevo io. Non esiste
una bancolo della matassa: solo nelle favole tutti vivono felici e
contenti".
Taranee desiderava ribattere con tutta se stessa, quante volte spinta
dal suo spirito combattivo si era eretta a madrina delle cause perse? Eppure
adesso non sapeva cose rispondere. Avrebbe combattutto con le unghie e con
i denti, se solo fosse stata sicura della causa per cui farlo. Ma non era
così, perciò si limitò a irrigidire la mascella, a
sprofondare ancora più le mani nelle tasche e a fissare il terreno
con maggiore insistenza.
A interrompere quell'atmosfera carica di tensione fu Irma, quando il
sole era ormai calato da un pezzo e i grilli frinivano le loro canzoni eterne
alla luna. La ragazza arrivò senza fiato per la corsa, ma entusiasta
e in forma perfetta.
"Ah! Scusate il ritardo! Non è un problema vero? Visto che non
avete accettato il mio invito ho pensato che sicuramente aveste di meglio
da fare..." Si scostò i capelli dalla fronte e rovesciò la
testa all'indietro cercando di respirare profondamente.
"Questo posto è fantastico, no?" riprese allegra, senza notare
nè le occhiate assassine di Cornelia nè la frustrazione di
Taranee, l'apatia di Will e lo scoramento di Hay Lin.
"E la gente! Aaaah la gente è assolutamente adorabile! Io non
so perchè l'Oracolo ci abbia raccontato tutte quelle fregnacce, ma
secondo me è solo geloso di questi ragazi perchè sono tipi
che si sanno divertire, al contrario di lui!"
"Dunque è così che giudichi la gente, tu!" replicò
furibonda Cornelia. Non avrebbe saputo dire nemmeno lei perchè le
parole di Irma le davano così fastidio, ma erano andate a toccare
qualcosa dentro di lei che nessuno, nessuno aveva il diritto di stuzzicare.
Soprattutto quel giorno."Per te ci sono solo quelli che sia sanno divertire
e quelli che no! Bel modo per decidere se qualcuno è colpevole o no!
Scommetto che la ragione di questa brillante uscita è che qualche
ragazzo ti ha fatto gli occhi dolci e tanto basta a te per decidere che hanno
tutte le ragioni!"
Irma arrossì di stizza. Accidenti a lei, ma chi si credeva di
essere? Sempre a giudicare tutto e tutti!
"Faresti bene a imparare a divertirti un po' anche tu, magari diventeresti
meno acida!" rimbeccò la compagna, indispettita.
"Io sarò anche acida" rispose Cornelia squadrandola con
superiorità "ma almeno non sono una gattamorta. E sono in grado di
giudicare in modo un po' più oggettivo!"
"Vorrei proprio sapere cosa ha di tanto oggettivo il tuo modo di giudicare!
Non hai nemmeno aspettato di sentire cosa avevo da dire!" proruppe Irma in
preda all'ira. Come, come osava? Soltanto perchè aveva i capelli biondi
ed era un po' più alta di lei pensava di sapere tutto del mondo?
"Ho sentito fin troppo! Sai cosa me ne può importare di quanto
ti sei divertita oggi! Non sarà questo a farmi cambiare idea!" Cornelia
si volse con furia verso Will "Apri subito quella maledetta porta, visto
che sai come si fa! Non ho intenzione di rimanere qui un momento di
più".
Irma strinse i pugni convulsamente. Non le importava quello che lei
aveva da dire? Ebbene non lo avrebbe saputo e neanche le altre, se per questo!
Tanto non sembravano più interessate della bellona alle sue informazioni.
Altrimenti avrebbero preso le sue parti, quando quella strega l'aveva
aggredita.
Appena Will aprì la porta, Irma la spalancò con furia
e fuggì nella notte di Heatherfield, mentre il suo aspetto tornava
quello di una normale ragazza sedicenne. Una normale ragazza sedicenne sul
cui capo si addensava una nube nera di rabbia.
Quasi altrettanto rapidamente uscì Cornelia. Si voltò
verso le altre con sussiego e le salutò con voce perfettamente
controllata, quindi si voltò di scatto e sparì a sua volta.
Sentiva di nuovo, improvvisamente, il bisogno impellente di piangere, ma
non avrebbe permesso a nessuno di vederla in preda alla debolezza. Mai. E
poi, se le altre l'avessero vista in lacrime avrebbe dovuto spiegare. E non
sapeva nemmeno lei cosa.
Le altre tre si rivolsero uno sguardo dubbioso, si salutarono confuse
e malinconiche e presero la strada di casa.
Perdonatemi! Ho avuto il blocco dello scrittore, un paio di capitoli che
mi hanno fatto davvero penare... sob...
A proposito, questo capitolo non doveva andare così! Lo giuro! Doveva
essere un capitolo di riempimento, più o meno, c'erano un paio di
cose che dovevano succedere, ma niente di che, serviva a mandare avanti la
storia più che altro, poi mi è sfuggito un po' di mano...
Miki: Grazie mille per la recensione! Mi fa davvero felice! Quello che cerco
di fare sempre è proprio quello: descrivere con realismo i pensieri
e i sentimenti dei personaggi. Se mi dici che ci sono riuscita ne sono davvero
contenta! Continua a seguirmi, io cercherò di aggiornare sempre il
prima possibile ^^ (poi ogni tanto succede come questa volta... >>)
Max: In effetti, aproposito di OOC, sono d'accordo anche io, mi sembra che
il modo in cui le ho fatte evolvere non sia in contrasto con quello che si
sa di loro dalla serie. D'altra parte vi avverto già che ci sarà
almeno una sorpresa un po' "scottante", per cui... io metto le mani avanti,
prima di prendermi le infamate! Adattarla alla serie Disney? Boh, chissà...
si starà a vedere! Intanto continuo a scrivere, quando avrò
finito ci farò un pensiero. :)
609: Non preoccuparti se non riesci a commentare subito! So che mi leggi
e aspettero con pazienza le tue recensioni che mi fanno sempre piacere. Baci
baci.
Commentate, commentate! Mi date un grandissimo aiuto ad andare avanti e a
non arrendermi!
Corse via, non troppo velocemente però. Sperava pur sempre che
le altre la richiamassero, si scusassero e la implorassero di riferire le
sue informazioni. Lei si sarebbe fatta pregare un po', ma alla fine, perchè
no? Avrebbe detto tutto quello che c'era da dire. Poteva forse privarsi del
piacere di umiliare la Principessina, che non aveva trovato un bel nulla?
Però non la richiamò nessuno.
Il silenzio che seguì la sua fuga la ferì ancora più
delle parole di Cornelia. Non la volevano? Ebbene allora non la meritavano.
Nessuna avrebbe saputo niente!
Irma si allontanò nella notte. Aveva intenzione di tornare a
casa e riunirsi alla goccia, ma prima di rendersi conto di quello che stava
facendo i suoi passi la portarono sulla strada per la spiaggia.
Quando se ne accorse, ormai non era più molto lontana. Tutto
sommato il suo istinto aveva fatto la scelta migliore. Il rumore delle onde
la calmava sempre. Quando si sentiva sola e triste era sempre alla spiaggia
che veniva. Rigorosamente da sola, però.
Non sopportava dividere i suoi momenti di malinconia con qualcuno, forse
per questo tutti la considerevano leggera e sconsiderata e persino un po'
insensibile. Tutti si aspettavano sempre che lei fosse il pagliaccio della
situazione, quella che non capiva mai la gravità del momento o
l'importanza di una discussione. E lei proprio non riusciva a tirare fuori
il suo lato più profondo davanti agli altri. Neppure davanti alle
sue amiche. A volte avrebbe voluto essere come Hay Lin, con la sua aria dolce
e ingenua: nessuno avrebbe mai pensato che LEI fosse insensibile, tutti la
trattavano come una preziosa bambolina di ceramica che si poteva rompere
con un gesto. Invece nessuno si faceva problemi a ferire lei. A Irma si poteva
dire di tutto. tanto Irma non capiva niente, a Irma i commenti rimbalzavano
addosso, Irma prendeva tutto sul ridere, non c'era niente che la toccasse
davvero.
Solo quando si trovava sulla spiaggia si sentiva capita, la solitudine,
che a volte le stringeva il cuore, veniva lenita dal rumore delle onde e
dalle grida dolenti dei gabbiani, più che dalle parole di chiunque
conoscesse. La spiaggia era l'unico posto dove le capitasse di piangere.
E senza nemmeno capire perchè.
Semplicemente le prendeva questo magone all'improvviso e le lacrime
cominciavano a scendere senza che potesse fermarle.
Si fermò per riprendere fiato, poi ricominciò a camminare
più lentamente. UN po' alla volta, all'asfalto sotto i suoi piedi, si
sostituirono i ciottoli rotondi della spiaggia di Heatherfield.
Irma si sfilò i sandali e passeggiò a piedi nudi fino
al bagnasciuga. La luna era sorta da poco e si rifletteva bianca e tremante
sulla superficie scura e oleosa del mare.
La ragazza respirò a pieni polmoni godendosi l'odore di salmastro.
Si sentiva già meglio. Certo Heatherfield non era Everlan, con il
suo mare che sembrava cantare e l'acqua cristallina. Ma questo mare era suo,
lo conosceva come le sue tasche e lui conosceva lei, rispondeva alla sua
presenza con un mormorio gentile.
Irma si mise a sedere, le caviglie e i polpacci lambiti dalle onde più
intraprendenti. Una sensazione ben conosciuta le strinse il petto, mentre
una lacrima le scivolava sulla guancia. Lei, che di solito odiava piangere,
non cercò in alcun modo di trattenerla. Ormai lo sapeva, piangere
lì le avrebbe fatto bene, le lacrime e il mare avrebbero lavato via
tutta la tristezza e il rancore e domani sarebbe stata in grado di affrontare
la sua giornata con energia rinnovata. Irma la donna di ferro! Che non si
piega e non si spezza.
"Ma pensa te, una guardiana che piange come una ragazzina, che spettacolo
curioso!"
Una voce beffarda la colpì all'orecchio. Irma sobbalzò,
non sopportava essere vista in quei momenti, era un irrompere violento nella
sua intimità che non permetteva a nessuno.
Si asciugò le lacrime rabbiosamente con la manica, mentre si
voltava di scatto verso il suo interlocutore.
Flood stava in piedi a pochi metri da lei, una mano sul fianco e la
testa piegata in gesto strafottente da un lato. Eppure, le parve che ne suoi
occhi fosse passato un lampo di preoccupazione, rapidamente occultato.
"Senti tu, bel tomo!" esclamò Irma alzandosi in piedi. Chi si
credeva di essere quel ragazzino? Gli avrebbe fatto pagare quella intromissione.
E poi... se aveva visto davvero quello che aveva visto il tipo era bell'e
fregato. "Vuoi continuare il gioco dell'altra sera? Ti avverto che questa
volta non sarai altrettanto fortunato: ho intenzione di darti una bella
lezione".
"Uh che paura!" ghignò Flood, sollevando le mani davanti al viso
come per proteggersi da qualche orrida visione. "Non aspetto altro guardiana"
aggiunse "peccato che non possa. Mi è stato ordinato di aspettare
e chi sono io, per disubbidire?".
"Hai soltanto paura, caro mio" lo stuzzicò Irma "e poi, se non
vuoi combattere, cosa sei venuto a fare qui?"
Con estrema soddisfazione di Irma, Flood parve titubare per un secondo.
"Le alte sfere avranno pure le loro ragioni" rispose, riprendendo la sua
solita aria, a giudizio di Irma, insopportabilmente arrogante "ma io non
ammetto di lasciare uno scontro a metà! Qui ne va del mio onore. L'Acqua
è il mio elemento!"
"Ah sì?" rispose Irma sollevando il mento in un gesto, sì
di sfida, ma venato da una certa civetteria "Dimostralo!". Con un gesto la
ragazza raccolse le energie, mentre l'acqua dietro di lei si sollevava in
un'onda imponente.
Flood arricciò le labbra con disprezzo "Sei proprio stupida,
allora! Se ti ho appena detto che non posso combattere!" Si chinò
in avanti, stringendosi il mento con la mano, mentre un sorriso sbarazzino
si allargava sul volto "Ho un'altra idea!".
Irma lasciò ricadere l'acqua, vagamente perplessa, ma ben decisa
a non darlo a vedere "E sarebbe?"
"Una gara! Per dimostrare chi fra noi due è in grado di controllare
meglio il nostro elemento." Flood incrociò le braccia sul petto
rivolgendole uno sguardo soddisfatto che sembrava sfidarla a tirarsi
indietro.
Per un attimo, Irma si trovò a pensare come suonava piacevole
la frase "il nostro elemento" e il pensiero la colse così di sorpresa,
che quasi perse il tempo per rispondere. Si riprese appena in tempo, indispettita
e ancora più decisa a non farsi mettere sotto.
"E facciamola questa sfida allora! Ma i giudici, chi saranno?"
"Saremo noi! Il vincitore dovrà esserlo per piena ammissione
della sua superiorità da parte dell'altro!"
"In tal caso preparati ad essere umiliato, ragazzino!" ribattè
Irma, di nuovo baldanzosa.
"A te la prima mossa, guardiana! Le donne vengono sempre per prime!"
rispose Flood con un inchino non meno beffardo del suo sorriso.
Irma gli rivolse uno sguardo di superiorità "Guarda e
impara!"
Si voltò verso l'acqua, mentre un espressione di assoluta
concentrazione si disegnava sul suo volto, la punta della lingua stretta
fra i denti per lo sforzo.
L'acqua cominciò a sollevarsi, sotto i raggi della luna, modellandosi
sotto i gesti sicuri ed esperti di Irma. In pochi secondi in mezzo all'acqua
si levava una scultura liquida e vibrante sotto i raggi della luna. Tre delfini
balzavano verso il cielo, i musi eleganti, le pinne taglienti, i corpi
affusolati, più luminosi che se fossero stati intagliati nel
cristallo.
Per pochi secondi si stagliarono contro l'orizzonte, poi si sciolsero
in una cascata tintinnante, da cui i lampioni sulla strada ricavarono centinaio
di arcobaleni balugginanti e, in un vortice di schiuma bianca e zampilli,
l'opera di Irma svanì.
Quando la ragazza si voltò, fu certa di sorprendere un'espressione
di ammirata meraviglia sul volto di Flood, ma il ragazzo la cancellò
all'istante, appena si accorse di essere osservato, per sostituirla con il
suo solito sorriso strafottente.
"Tutto qui? Lo sanno fare anche i bambini... Adesso sta a guardare il
maestro!"
"Certo, certo, come no, fa pure!" rispose Irma con condiscendenza.
Flood si avvicinò all'acqua e la sfiorò appena con le
dita aperte della mano destra.
Istantaneamente la superficie del mare parve congelarsi, trasformandosi
in una lastra simile al vetro, perfettamente trasparente ed immobile. Dalle
profondità marine cominciò a diffondersi una luminescenza
verde-azzurra.
Davanti agli occhi stupefatti di Irma, il fondale rivelò i suoi
segreti più nascosti. A solo pochi metri dalla riva, illuminato dalla
fosforescenza, irreale e ammaliante, si spalancava un mondo intero.
La luce sorgeva dagli scogli contorti e taglienti come dal fondale sabbioso,
su cui le onde imprimevano mutevoli curve concentriche, dall'ancora abbandonata
e coperta di alghe, imponente e minacciosa come dalle conchiglie dalle forme
ritorte.Accendeva di fuochi cangianti il fondale che precipitava improvvisamente
in una fossa oscura appena lasciata la riva. Quel luogo di ombre tenebrose
e gelidi sussurri di nascosti pericoli, si rivelava una foresta incantata
non più spaventosa di quelle di superficie, ma cento volte più
stupefacente e meravigliosa. I sottili pesci argentei scivolavano nell'acqua
con calma indolenza, solo per poi mutare repentinamente direzione, spaventati
dal muoversi di un'ombra e quelli più grandi aprivano e chiudevano
stolidamente le bocche rotonde, attraversando lentamente i banchi di alghe
vellutate. Granchi aracneiformi e nervosi erano nascosti sotto le rocce aguzze
e allungavano pigramente le chele chitinose, pizzicando l'acqua e sotto il
molo si nascondeva una grande murena verdastra dal muso cavallino e
crudele.
La fosforescenza si infrangeva in mille e mille riflessi dorati e verdi
sulle onde che scorrevano sotto la superficie vetrificata, si avvolgevano
intorno agli scogli in timidi vortici e lambivano amorevolmente i ciottoli
argentei della spiaggia.
Irma rimase immobile, davanti a quello spettacolo, così affascinata
da non riuscire quasi a muoversi, desiderando di poter camminare su quella
fragile lastra fino all'orizzonte, mentre il mare le rivelava tutto ciò
che fino a quel momento aveva solo potuto intuire dai suoi mormorii e dalle
carezze delle correnti. Fece per muovere un passo, quasi senza accorgersene,
in quella direzione, ma in quel momento la luminescenza svanì e il
piede di Irma incontrò l'acqua.
Ella rimase ferma, come stordita dopo un sonno troppo lungo, continuando
a fissare famelicamente le onde scure, che nascondevano di nuovo i loro misteri.
Accanto a lei Flood si alzò lentamente. Il suo movimento la riscosse
e Irma si voltò verso di lui. Il ragazzo la fissava intensamente con
i suoi occhi obliqui e imperscrutabili. La fanciulla rispose al suo sguardo,senza
veramente riconoscerlo, confusa e ancora piena del desiderio, che la visione
di poco prima aveva risvegliato. Flood la guardò per un tempo che
una parte dentro di lei trovò esageratamente lungo, caricandola di
un'attesa fastidiosa che non era in grado di rompere lei stessa, come avrebbe
fatto normalmente, con una battuta o uno scherzo.
Poi il ragazzo si chinò e la baciò, senza nemmeno sfiorarla
con le mani. Un bacio leggero e a fior di labbra che fu Irma stessa ad
approfondire stringendosi a lui con trasporto. La ragazza si sorprese a
desiderare con un urgenza quasi violenta quelle mani che la toccavano appena
e le labbra titubanti del giovane. Perchè non poteva comportarsi come
tutti quelli che aveva baciato prima di lui? Con quelli aveva dovuto quasi
lottare perchè non si spingessero troppo in là, tratti in inganno
dalle sue forme abbondanti e dalla sua tendenza alla civetteria. Adesso invece
era lei che si trovava a cercarlo, accarezzando le spalle larghe del ragazzo
e il suo ventre piatto, schiacciando le labbra contro le sue e il suo petto
morbido contro quello scarno di lui.
Quando la ragazza si allontanò lentamente dal viso di lui, per
riprendere fiato, Flood le scostò un ciuffo scomposto dallla fronte,
sorridendo, per una volta, gentilmente. "Pare che abbia vinto io, Guardiana"
le mormorò all'orecchio. Poi, mentre lei ancora faticava a capire
il senso delle sue parole e già alzava il volto per baciarlo di nuovo,
il ragazzo scomparve nel nulla.
Sola, sulla spiaggia, con il vento che le scompigliava i capelli, mentre
un senso di frustrazione e dispetto cominciava a farsi largo dentro di lei
davanti alla comprensione di quello che era successo, Irma si rese conto,
per la prima volta, che Flood aveva lo steso odore salmastro del mare.
Scusate il ritardo... Non ho proprio potuto fare prima, tra l'altro
questo capitolo è stato proprio difficile da scrivere.
Grazie tante a tutti i miei recensori per i tanti, troppi complimenti. Non
vorrei scrivere troppi papiri in cima ai capitoli, per cui se volete qualche
informazione in più riguardo a questo capitolo e alle prossime
pubblicazioni andate a guardare il topic che 619 ha tanto gentilmente aperto
sul forum!
MaxT e MaxT vi prego, smettetela! ç____ç Mi fate venire mal
di testa... tanto non riesco a distinguervi...
Taranee bussò alla finestra della sua camera e un'altra Taranee
apparve dietro al vetro: si sarebbe potuta credere il suo riflesso, se non
fosse stato per il pigiama rosa a pois bianchi che indossava e l'espressione
assonnata di chi è stato buttato giù dal letto in piena
notte.
"Svelta aprimi!" sibilò Taranee alla sua Goccia.
L'altra armeggiò per un attimo con la finestra, poi sollevò
il vetro quanto bastava perchè la ragazza potesse scavalcare il davanzale
e intrufolarsi nella stanza.
Le due Taranee si fissarono per un attimo negli occhi, poi unirono la
punta delle dita e furono di nuovo una sola.
La ragazza rimase in piedi nel centro della stanza indecisa se riinfilarsi
subito a letto o andare in bagno a lavarsi i denti. Una parte dei suoi ricordi
le assicurava che era in pigiama e pronta a ricacciarsi sotto le coperte,
ma l'altra sosteneva che era appena entrata dalla finestra e aveva decisamente
bisogno di una bella doccia e dei suoi esercizi di Yoga giornalieri per
distendersi e rilassarsi.
Chiuse gli occhi, concedendosi alcuni minuti per chiarirsi le idee e
riesaminare i due flussi di ricordi che le restavano di quella giornata:
l'interrogazione di matematica e l'arrivo a Everlan, il pomeriggio con Dean
e la visita alla fornace, la litigata a cena con la madre e l'apparizione
di Efri. Quello era sempre stato l'aspetto che l'aveva colpita di più
delle Goccie. Era incredibile che nessuna delle altre avesse riflettuto più
approfonditamente sulle possibilità che dava poter vivere il doppio
di esperienze nello stesso giorno. Quanti avrebbero voluto poter fare
altrettanto? Ogni giorno della vita di ogni persona è costellato di
scelte che sono rinunce, rinunce a un'altra possibilità, a un'altra
strada che potrebbe portare a soluzioni del tutto diverse. Nel guardare a
destra si rinuncia vedere quello che c'è a sinistra o difronte, quando
si sceglie un gusto di gelato si perde la possibilità di assaggiare
tutti gli altri, per leggere un libro bisogna ingnorarne centinaia, quandi
si decide di legarsi a qualcuno, chiudiamo la porta a tutti gli incontri
che potremmo fare da quel momento in poi, se decidiamo di dedicare la nostra
vita a una causa, sappiamo che non potremo avere una famiglia o una carriera.
Era un argomento che l'aveva sempre colpita e affascinata, le sembrava che,
in verità, l'unico vero dramma della vita fossero le occasioni perdute,
tutte quelle migliaia, milioni di opportunità a cui si doveva rinunciare
ogni giorno per vivere. D'altra parte le sembrava che fosse pericoloso e
spaventoso quel loro potere che permetteva loro di evitare di fare almeno
una scelta, forse la più importante di tutte: vivere in pieno i momenti
che non sarebbero più tornati della loro adolescenza o compiere il
loro dovere come Guardiane.
Si riscosse dalle sue riflessioni, senza essere riuscita capire a quale
flusso di ricordi avrebbe dovuto adeguarsi: erano perfettamente equivalenti
nella sua mente. Chiuse gli occhi con stizza per la sua incapacità
di scegliere e decise per una via di mezzo. Andò in bagno si
sciacquò il viso, bevve un lungo sorso di acqua fresca e, dopo essersi
sincerata di essere effettivamente in pigiama, si acquattò soddisfatta
sotto il suo morbido e coloratissimo copriletto.
Era stanca morta dopo le ore passate a camminare per il mercato di Everlan
e anche per l'intensa giornata a Heatherfield, ma anche nervosa e preoccupata
sia per il compito che l'attendeva come Guardiana che per l'ennesimo litigio
con la madre. Ci avrebbe messo ore ad addormentarsi...
...Invece dopo neanche un minuto dormiva della grossa, dimentica di
tutti i suoi problemi e di tutti i suoi dubbi.
Fame. Fame. FAME.
Noi abbiamo fame, sempre fame. Cibo, mangiare, divorare tutto quello
che ci capita a tiro. La fame insaziabile ci tormenta. Noi non possiamo
sopportarla, dobbiamo mangiare, divorare, distruggere. Distruggere, sì
distuggere le nostre catene che ci trattengo, ci limitano, ci
prosciugano.
Aaaaaaaaaah.
Fanno male, fanno male, dobbiamo correre, essere liberi, mangiare, mangiare,
DISTRUGGERE. Noi non siamo fatte per essere comandate, legate,
IMPRiGIONATE.
Noi siamo forti, forti, nessuno ci può fermare e siamo crudeli
e abbiamo FAME. Si fame, tanta fame, divoreremo tutto, tutto.
Divoreremo fino all'ultimo granello di polvere di questo miserevole
pianeta, consumeremo ogni atomo di ossigeno nella nostra furia selvaggia,
vaporizzeremo fino all'ultima goccia dei suoi oceani, carbonizzeremo il legno
e sgretoleremo la pietra.
Bruceremo, bruceremo in un'armageddon di fiamme bianche e azzurre, più
calde della più calda delle stelle e le LORO grida saranno per noi
la musica più dolce.
NO! No! Non è così! Io sono io! Sono Taranee non ho fame,
non distruggerò, non brucerò. Sono razionale, so fare le mie
scelte, non sono una bestia!
Ho i miei ideali, so quello per cui voglio combattere e se non lo so,
rifletterò e ci penserò, finchè riuscirò a fare
una scelta consapevole. Le mie catene sono volontarie: sono il pensiero,
la volontà, la morale.
Io non sono il fuoco, non sono solo il fuoco, il fuoco è solo
una parte di me!
Io non sono così, un animale feroce, pronto ad attaccare tutto
ciò che vede. Io non voglio morte e disperazione, non ho una fame
implacabile da saziare.
Senti la rabbia. Senti la rabbia dentro di te. Tu sei come me. Tu sei
me. Puoi distruggere, vuoi distruggere, libera la tua rabbia, libera la tua
forza. Tu sei il fuoco. Noi siamo il fuoco.
E abbiamo Fame.
No non sono il fuoco... Non sono solo il fuoco...
Rabbia, rabbia, fame e disperazione.
Tu vuoi, noi vogliamo.
Rabbia, rabbia, RABBIA.
E FAME.
Taranee si contorse nel letto, grondante di sudore, incapace di sciogliersi
dal sogno che la teneva crudelmente avvinta.
"No... no..." mormorò nel sonno, le unghie conficcate nei palmi
e le vene sulla fronte che si gonfiavano.
Io non sono il fuoco. Non mi lascerò dominare dalla rabbia. Non
sono il fuoco.
"Non sono il fuoco..." le parole le sfuggirono dalle labbra secche.
Si rilassò sul cuscino, mentre i muscoli si distendevano e il respiro
si calmava.
Efri apparve di fronte a lei, stringendo due spade dalla lama corta
e larga, un sorriso crudele che aleggiava sulle labbra sottili.
Taranee fu sveglia in un attimo, senza nemmeno sapere come. Saltò
indietro appena in tempo, mentre le due lame affondavano nel materasso dove
giaceva fino a pochi secondi prima. Efri non perse tempo a estrarle,
afferrò invece la lancia che portava sulla schiena e la roteò
rapida come una fiamma, prima ancora che la sua avversaria avesse toccato
terra. Il manico di legno duro colpì dolorosamente Taranee al fianco
destro.
La ragazza riuscì comunque ad atterrare in piedi, a qualche metro
dal letto, ma prima che riuscisse a mettere in atto qualsiasi strategia
difensiva, Efri era di fronte a lei. Nel muoversi si era portata la lancia
in verticale dietro alla spalla sinistra e aveva il braccio destro libero.
La colpì in pieno petto con il palmo della mano.
Taranee cadde a terra. Per la seconda volta era senza fiato a causa
di Efri. La donna le si avvicinò, sprezzante sicurezza dipinta sul
viso. Come sempre aveva le movenze e la fredda precisione di una macchina
da guerra e la stessa apparente assenza di emozioni, oltre al crudele
divertimento che le dava il combattimento.
La rabbia esplose nel petto della ragazza. Ecco come erano gli Everlaniani!
Si proclamavano un popolo gentile e pacifico e poi, per i loro interessi,
ti spedivano a casa, nottetempo, assassini professionisti.
E Taranee prese fuoco. Sparì letteralmente in un vortice di fiamme,
il suo corpo che si fondeva con il fuoco, perdendosi in esso. E insieme al
suo corpo fisico, svaniva anche la sua coscienza, rimanevano solo la rabbia,
il desiderio di distruggere e la Fame.
In un secondo il fuoco si attaccava al copriletto colorato, alle pesanti
tende di velluto, ai libri che la loro proprietaria aveva disseminato per
tutta la stanza e subito anche le assi di legno duro cominciavano a fumare
e crepitare. Il fuoco si gonfiò in un'onda violenta e la porta della
camera esplose, scaraventata dall'altra parte del corridoio dalle fiamme
che si liberavano.
Si levarono acute, le grida dei genitori di Taranee, mentre le fiamme
raggiungevano la loro camera. Il fuoco ruggì con maggior ferocia,
nulla sarebbe sfuggito alla sua ira, tutto doveva bruciare, bruciare, per
placare la sua ira e la sua fame. Tutto era menzogna e falsità e sarebbe
stato purificato dalle fiamme.
Le loro grida erano la musica più dolce.
Peter si svegliò, tossendo e ansimando per il fumo, ciò
che era stato Taranee seppe che stava arrancando verso la porta, gridando
quello che era stato il suo nome. Ma non se ne curò.
Peter non raggiunse mai la sua camera.
Il fuoco si propagò al giardino.
E poi alla casa accanto. E a quella accanto ancora.
L'intera Heatherfiel avvampò in un inferno di fuoco.
Taranee si svegliò, grondante di sudore. Esaminò con uno
sguardo la stanza, esattamente uguale a come l'aveva lasciata prima di
addormentarsi, poi scivolò giù da letto e, cercando di tenere
a freno l'ansia e la sensazione di urgenza che le stringevano il petto,
aprì piano la porta della camera dei suoi genitori e poi quella del
fratello. Tutti e tre dormivano tranquillamente. Taranee ristette in silenzio,
finchè non fu sicura di udire il suono regolare del loro respiro.
La ragazza andò in bagno e si sciacquò il viso, mentre
la tensione l'abbandonava, i singhiozzi cominciarono a scuoterla e le lacrime
a scorrerle irrefrenabili sulle guance. Si sostenne al lavandino e si
guardò allo specchio. Ma non vide il suo riflesso.
Una immagine era impressa a fuoco nella mente: il volto di Efri che
la fissava con espressione trionfante, illesa in mezzo alle fiamme.
"Io non sono il fuoco" affermò Taranee a voce alta.
Ecco il secondo capitolo che avevo promesso! A scriverlo mi sono divertita
da matti, mi è venuto giù liscio come l'olio, spero che piaccia
anche a voi, anche se è indubbiamente un po' particolare...
La notte di Cornelia passò agitata e insonne. Quando la fanciulla
si svegliò gli occhi rossi e la pelle sciupata testimoniavano la sua
agitazione. Si guardò lungamente allo specchio, detestando quesi segni
di debolezza e imperfezione. Chissà quanto avrebbe rotto sua madre
vedendola in quelle condizioni, quante domande le avrebbe fatto, probabilmente
l'avrebbe rimproverata per la sua sciattezza e le avrebbe consigliato di
usare il correttore. Per un attimo la mano di Cornelia corse allo sticker
nero, mentre già si preparava a ripetere il quotidiano rituale. Poi
si fermò.
Ci teneva così tanto a essere perfetta? A essere come voleva
sua madre? Tanto lei non sarebbe mai stata come voleva sua madre! Lei non
era perfetta! Odiava l'insopportabile perfezione degli Everlaniani, sua madre,
lei sì che si sarebbe trovata bene a Everlan.
Invece di cancellare i segni della notte turbolenta, Cornelia rafforzò
ulteriormente i segni scuri intorno agli occhi con la matita nera, si
guardò allo specchio e sogghignò pensando all'effetto che avrebbe
avuto quel look su sua madre e sugli insegnanti. E persino sulle sue amiche.
Dopo il primo passo, fu tutto molto più facile. Soprattutto se stava
attenta a non guardare verso lo specchio.
Quando Cornelia finalmente osò voltarsi verso la superficie lucida,
quasi non si riconobbe. Certo, le era già capitato, per uscire la
sera, di adottare quello stile, ma non si era mai spinta tanto in là.
E, certamente, non per andare a scuola.
Aveva gli occhi cerchiati di nero, con le ciglia esageratamente lunghe
e folte e le labbra di un rosso cupo. Indossava una gonna scozzese a pieghe,
molto corta. Avrebbe anche potuto essere approvata da sua madre, se non fosse
stato per le catene, che si agganciavano ai passanti in cuio nero per la
cintura, e per il colore: un rosa shocking a cui Cornelia si meravigliava
ancora di avere trovato il coraggio di accostarsi. E, in effetti, da sola
non l'avrebbe mai trovato. Sopra portava una maglietta di contone nera, con
le maniche a larghe righe rosa e nere e lo scollo a barca. Sul petto, la
sagoma di quella che sembrava essere Alice, quella del paese delle Meraviglie.
Ma doveva essere un paese meno innocente quello da cui veniva questa Alice,
perchè nella mano destra reggeva una pistola ancora fumante.
Per un attimo desiderò spogliarsi, lavarsi la faccia e vestirsi
come quelli là fuori avrebbero voluto che lei facesse. Poi il suo
orgoglio prese il soppravvento: non si sarebbe piegata più! Lei era
così, punto e basta. Almeno un persona, ne era certa, l'avrebbe sostenuta
in quella scelta. E non era nessuna delle sue quattro compagne.
Con determinazione, si chiuse intorno al collo un collarino di cuoio
borchiato.
Sgattaiolò giù dalle scale, sotto braccio la scatola degli
altissimi anfibi che teneva nascosti sotto il letto, e infilò la porta
del salotto evitando la cucina, dove, lo sapeva, la aspettava sua madre:
non era ancora pronta a quella prova.
Si allacciò il più rapidamente possibile gli stivali,
ma quanti accidenti di ganci avevano? E se la svignò senza fare
colazione.
Arrivò davanti al liceo con quaranta minuti di anticipo. Non
c'era ancora nessuno e Cornelia sospirò di sollievo. L'idea di trovarsi
davanti, subito, al cancello, tutti gli altri studenti, la imbarazzava. Per
anni, i commenti sul suo conto avevano riguardato solo e sempre la sua aura
di perfezione e lei aveva potuto permettersi di guardare tutti dall'alto
in basso. Potevano anche fare commenti acidi su di lei, ma la verità
era che la invidiavano! Perchè lei era come tutti loro avrebbero voluto
essere. E non solo. Quella su cui loro giudicavano era la Cornelia creata
da sua madre, dalla sua famiglia, qualcuno di altro da se stessa, di cui
non si sentiva responsabile. Però... vestirsi in quel modo era come
rivelarsi, mostrare al mondo la sua vera faccia e sfidarlo a dire qualcosa.
E Cornelia non sapeva se era pronta a sopportare il brusio che avrebbe causato
l'apparizione di miss Perfettini in versione punk.
Si guardò intorno, indecisa se entrare. Avrebbe potuto sgattaiolare
dentro e aspettare in classe. Così non avrebbe dovuto affrontarli
tutti insieme. Però a quel punto non avrebbe più trovato il
coraggio di uscire dall'aula e allora... sarebbe stata sola.
Si guardò intorno indecisa. Poi il suo sguardo si fissò
sul bar di fronte. Era a stomaco vuoto. Forse avrebbe potuto rifugiarsi lì,
fare colazione e aspettare, lontano da sguardi indiscreti.
Superò decisa la porta a vetri e si mise a sedere, con eleganza,
al bancone, in un punto abbastanza defilato, ma da cui poteva tenere d'occhio
la scuola.
Ordinò un caffe lungo e una briosche cercando di ignorare le
occhiate perplesse del barista.
Aveva finito da un pezzo la briosche e stava sorseggiando il caffe ormai
freddo, cercando di farlo durare il più possibile, quando vide finalmente
quello che stava aspettando.
Per un attimo il suo cuore perse un battito, mentre le riaffiorava alla
mente l'immagine della margherita sul largo palmo di Ardu.
A uno dei piloni del cancello stava appoggiata una ragazza alta, abbigliata
non meno curiosamente di Cornelia, ma che sembrava perfettamente a suo agio
in quelle vesti. Aveva corti capelli neri che le ricadevano scomposti sugli
occhi. Una camicia bianca, aperta decisamente oltre quella che sarebbe stata
normalmente considerata decenza, copriva appena il petto androgino. Portava
dei pantaloni scozzesi, rossi, con due fasce di stoffa che legavano le gambe
fra di loro, mentre una cravatta con la stessa fantasia pendeva, negligentemente
annodata, dal collo bianco. Si stava accendendo una sigaretta con la noncurante
sicurezza di chi è consapevole di attirare l'attenzione, ma non se
ne cura ormai da anni.
E, in effetti, intorno a lei si alzava un il brusio eccitato di chi
si trova ad ammirare da vicino una bestia pericolosa.
Cornelia finì il suo caffè ed uscì dal bar, avviandosi
timidamente verso la ragazza mora. Quella alzò lo sguardo dalla sigaretta
e dalle mani inanellate chiuse a coppa, appena in tempo per vederla avvicinarsi.
La squadrò da capo a piedi con un lungo sguardo indagatore, quindi
si staccò dal muretto con un colpo di reni e le si fece incontro,
inspirando profondamente il fumo denso della sigaretta.
"Alla fine hai trovato il coraggio di mettertela, eh?" le mormorò
all'orecchio, con una voce roca e profonda, quasi mascolina. Si voltò
appena mentre espirava, il fumo che sfuggiva dalle labbra sottili e sfiorava
il viso di Cornelia, che non riuscì a trattenersi dall'arricciare
il naso disgustata. La ragazza alta si concesse un lungo sguardo annoiato
alla folla di studenti che sciamava loro intorno, quindi, sempre senza guardare
l'altra, continuò, con voce più bassa e quasi timida "Ti sta
bene, ne ero certa".
Cornelia, senza nemmeno sapere bene perchè, arrossì fino
alla radice dei capelli "Dai Meg, non fare così, sono già
abbastanza in imbarazzo!".
"Non siamo ancora pronte ad affrontare la folla, eh?" commentò
Meg con un sorriso divertito "la prima volta è sempre la più
difficile. Forse per oggi potresti saltare... Io fugo. Voglio andare a farmi
un altro buco, sei con me?"
Cornelia guardò istintivamente l'orecchio sinistro dell'amica,
che l'altra indicava con la punta della sigaretta. Era già discretamente
carico di metallo, forgiato, per l'esattezza, nella foggia di: un bilancere
sferico al lobo e due a cono in alto, sulla curva dell'orecchio, tre cerchietti
d'argento (due nello stesso buco), un ragno, una mano di carte da gioco,
un teschio con il cilindro e, stranamente incongruenti, ma in qualche modo
adeguate, due cilege attaccate per il picciolo e laccate di rosso e verde.
Perchè no? Aveva fatto trenta, tanto valeva fare trentuno. Se
sua madre lo fosse venuta a sapere sarebbe impazzita, ma ormai, che le importava?
Fino a quel momento non era mai arrivata a forcare un intero giorno
di scuola, semmai se l'era squagliata con Meg per un paio di ore, nascondendosi
nel giardino o nei bagni durante il laboratorio di chimica o la lezione di
educazione fisica. Quando l'altra saltava con agile noncuranza il muro della
scuola o si allonatanava flemmaticamente senza nemmeno esserci entrata,
però, Cornelia era sempre rimasta a guardare, divisa fra la riprovazione
per il comportamento scorretto e l'invidia per il suo coraggio e per il suo
disinteresse per le regole. Meg faceva sempre quello che le pareva, sembrava
che non dovesse mai render conto a nessuno.
La concreta Guardiana della terra alzò le spalle, in un gesto
di passivo assenso.
Scusatemi tanto per l'attesa! Sono stata via e ho avuto molto da fare. Adesso
ho sempre molto da fare, ma mi sono di nuovo installata a Firenze e ho di
nuovo disponibile il mio pc.
Questo capitolo mi è costato una gran fatica... In effetti l'ho scritto
spinta solo dal desiderio di scrivere quello dopo che invece mi diverte
moltissimo già in potenza (visto che vi voglio bene, vi dirò
già che parla di un pò tutte, ma soprattutto di una Irma in
preda a una semi-crisi di nervi...). Riguardo al presente capitolo, vi prego,
perdonatemi! Ha fatto tutto da solo e non sono tanto sicura che abbia preso
la direzione giusta, potrei decidere di cambiarlo completamente tra qualche
tempo, però volevo evitare di continuare a tenerlo nel cassetto,
perchè era ferma già da abbastanza.
MaxT (firmato): spero di esserti stata di aiuto, grazie dei complimenti e
della fiducia.
MaxT (anonimo): Sono sempre più confusa... ma suppongo che tu sia
arrivato DOPO l'altro MaxT. In ogni caso grazie dei complimenti sull'ultimo
capitolo, a cui sono molto affezionata. Credo di aver capito che sei stato
tu a scrivere l'unico commento "negativo" firmato MaxT. Mi piacerebbe se
mi spiegassi cosa NON ti è piaciuto, ricevere critiche mi aiuta molto.
Miki: le crisi adolescenziali sono fonte di infinita ispirazione ^^ Ho buttato
negli ultimi capitoli un po' un mix di esperienze miei e di miei amici, ho
frullato il tutto e l'ho esagerato un po', spero che funzioni... Grazie dei
complimenti e continua a seguirmi!
Inciampò un'ennesima volta, mentre camminava spedita verso la
scuola.
"Ma cosa succede stamattina?" esclamò Hay Lin, tra il lamentoso
e il perplesso. Sembrava che quel giorno non riuscisse a mettere un piede
dietro l'altro e fin dalla mattina non faceva altro che combinare pasticci;
aveva rovesciato il té che beveva sempre a colazione, si era agganciata
alla maniglia della porta del bagno, strappando la sua maglietta preferita,
le erano cascati i libri mentre preparava lo zaino e tutti i suoi fogli si
erano sparsi a giro. Le era persino sfuggita di mano la confezione del gel
con cui, ogni mattina, si acconciava accuratamente i capelli, infrangendosi
in mille pezzi. Così sfoggiava, invece della sua solita capigliatura
da porcospino, un morbido caschetto rosa caramella, corto corto sulla
nuca.
Forse le succedeva perchè aveva dormito così poco, quella
notte, e non era tanto lucida. In ogni caso, era ben decisa a non permettere
che la sfortuna la sconfiggesse. Aveva pensato molto a quello che aveva scoperto
sull'Oracolo ed era ben decisa a scoprirne di più e a fare il possibile
perchè Haydin, che nella sua immaginazione era improvvisamente diventato
una sorta di eroe romantico, si ricongiungesse con la misteriosa giovane
Everlaniana. Avevano il diritto di vivere felici e contenti. Secondo Hay
Lin tutti avevano il diritto di vivere felici e contenti e, per esserlo,
in fondo, bastava trovare l'anima gemella.
Sfortunatamente, lei in particolare, l'anima gemella non l'aveva ancora
trovata. O meglio la sua anima gemella non aveva ancora trovato lei. Tutte
le sue amiche vivevano più o meno appassionate e appassionanti storie
d'amore, che ella seguiva con sentita partecipazione: aveva pianto più
di Will, quando lei e Matt si erano separati. Lei però non aveva ancora
avuto neanche un ragazzo. In effetti, non aveva nemmeno dato un miserrimo
bacino a un esemplare di sesso maschile. Eppure passava gran parte del suo
tempo a sospirare d'amore e a fantasticare su romantiche effusioni e abiti
da sposa.
Hay Lin dava la colpa della sua solitudine a una sorte avversa. Le sue
amiche al fatto che fuggiva a gambe levate appena un ragazzo si avvicinava.
In effetti Cornelia aveva crudamente sentenziato che se si fosse data un
po' più da fare invece di perder tempo a sognare con il naso per aria
e a leggere romanzetti rosa, avrebbe trovato tutti i ragazzi che voleva.
Comunque per il momento Hay Lin si sarebbe accontentata di darsi da
fare per le storie altrui. La sua poteva aspettare: in fondo ormai erano
anni che aspettava.
Inciampò nuovamente mentre entrava in classe, crollando
catastroficamente addosso a Will e rischiando di trascinare in terra anche
lei.
"Ouch" si lamentò l'amica, sbattendo dolorosamente la schiena
contro lo stipite "Attenta Hay-Hey, non ti reggi nemmeno in piedi
stamattina?"
"In effetti no..." rispose mortificata.
"Dai, non è niente" la consolò Will, subito ammorbidita
dalla sua espressione da cucciolo bagnato "Hai già visto le
altre?"
"No, non ancora. Irma sarà in ritardo, come al solito, ma Cornelia
e Taranee? Dovrebbero essere già arrivate, sono sempre in
anticipo!".
Will si strinse nelle spalle "Non so, saranno già in classe,
andremo a cercarle a ricreazione, adesso devo assolutamente ripassare, rischio
un altro votaccio in matematica".
Hay Lin scrutò l'amica mentre si sistemava al suo posto e tirava
fuori i libri con svogliatezza. Will sembrava triste e stanca. E non sembrava
studiasse con molto impegno: fissava la pagina con espressione vacua. Hay
Lin si sentì in colpa. Si sentiva sempre in colpa quando l'amica era
giù, forse se lei avesse fatto qualcosa in più perchè
lei e Matt non si lasciassero... ma forse era soltanto preoccupata per
l'interrogazione o per la storia di Everlan, magari.
Irma entrò in classe come un ciclone proprio mentre Collins chiudeva
la porta, scusandosi confusamente per il ritardo.
Per tutta la durata della lezione, sembrò in preda a una
straordinaria agitazione: continuava a levare e mettere i libri nella borsa,
a scorrere le pagine del quaderno, giocherellare con la penna e batteva
furiosamente un piede sotto il banco, scrutando ogni secondo l'orologio.
Hay Lin cercò di interrogarla in proposito, ma lei si rifiutò
categoricamente di confessare alcunchè, facendo l'indiano. Poichè
Will studiava matematica con il libro nascosto sotto il banco e non le prestava
attenzione, Hay Lin si dedicò al suo passatempo preferito: fantasticare.
Fortunatamente Collins era occupato a martirizzare uno dei suoi compagni
e non se ne accorse. La prof di matematica, invece, se ne accorse subito
e la chiamò alla lavagna, sorprendendola del tutto impreparata. Almeno
Will l'aveva scampata, si consolò Hay Lin, mentre quella strega le
affibbiava implacabile un lapidario quattro.
Dopo le due ore di matematica tortura, finalmente suonò la campanella
e giunse l'agognata ricreazione.
Hay Lin si voltò verso le sue due amiche, lieta di poter finalmente
mostrare le sue creazioni notturne. Nel farlo, in qualche inspiegabile modo,
riuscì a scaraventare praticamente tutti i suoi possedimenti per terra.
Mentre la ragazza si precipitava a raccogliere gomme e matite che rotolavano
per tutta la classe, Irma, rapida come un fulmine, se la squagliò,
ignorando Will che tentava di trattenerla.
Will e Hay Lin si scambiarono uno sguardo allibito, quindi si strinsero
nelle spalle. Ogni tanto a Irma prendevano i cinque minuti di follia, poi
le passavano sempre.
"Andiamo da Tarane e Cornelia?" propose Hay Lin, decisa a ottenere un
minimo di attenzione per la sua fantastica idea: avrebbe fatto anche gli
identikit degli altri, con l'aiuto di chi li aveva visti, sicuramente sarebbero
stati di una qualche utilità.
"Non ce n'è bisogno" interloquì una voce squillante: Taranee
entrava in quel momento dalla porta.
"Cornelia?" chiese Will "Ce l'ha ancora con Irma?".
"Non ne ho idea, non si è fatta viva stamani, forse sta male"
rispose l'amica, stringendosi nelle spalle.
"Guardate cosa ho fatto!" esclamò Hay Lin sollevando i suoi disegni.
Qualcuno aprì la finestra e l'improvvisa corrente d'aria glieli
strappò dalle mani. La ragazza si ritrovò ad eseguire un
imbarazzato balletto in mezzo alla classe, nel tentativo di sottrarli alle
dita dispettose del vento, ma uno riuscì comunque a sfuggire dalla
finestra.
"Vado... Vado a riprenderlo subito" si scusò trafelata con le
amiche e saltò precipitosamente il davanzale, per fortuna erano al
piano terra, mentre il rossore le saliva alle guancie.
Will e Taranee si scambiarono uno sguardo sorpreso.
"Da quand'è che Hay Lin ha così poco controllo del vento?"
domandò cautamente Taranee.
"Non ne ho idea... oggi sembra che vada tutto al contrario!" rispose
Will.
Hay Lin sarebbe atterrata con leggerezza sul prato, ma, nel salto, la
gonna le si sollevò e, nel tentativo di tirarla giù, finì
lunga distesa. Per un attimo le salì un magone alla gola: perchè
le andava tutto storto?
Due scarpe da tennis rosse apparvero davanti al suo naso. Hay Lin trattenne
il respiro: conosceva quelle scarpe. C'era una sola persona in tutta la scuola
che le portava di quella misura, quella marca e quel colore... e soprattutto
sdrucite in quel modo e piene di firme. Qualcuno che aveva finito il liceo,
ma che frequentava l'università annessa all'istituto.
"Immagino che questo sia tuo, Hay Lin" mormorò la voce morbida
e pacata di cui la ragazza conosceva ogni sfumatura. Il suo disegno le comparve
davanti al naso insieme alle scarpe.
Hay Lin, in preda alla confusione, ma perchè, tra tutti, doveva
essere proprio lui a vederla in quella situazione? Allungò una mano
per ricevere il foglio. Fu invece afferrata dalla presa sicura del suo
interlocutore che la tirò in piedi.
"Sei più leggera di un uccellino" disse sorridendo Matt Olsen
"Forse dovresti imparare a volare!"
E Hay Lin pensò che era il ragazzo più meraviglioso del
mondo.
E come tutte le volte che lo pensava fu assalita dai sensi di colpa.
Era il ragazzo di Will... Va bene, tecnicamente non lo era più da
un bel pezzo, ma Hay Lin era sicura che Will fosse ancora innamorata di lui,
altrimenti si sarebbe interessata a qualche altro ragazzo, in tutto quel
tempo! E sicuramente anche lui era ancora innamorato di lei, un amore come
il loro non poteva svanire così, senza una ragione. Prima o poi avrebbero
preso coscienza dei sentimenti che ancora li legavano e sarebbero tornati
insieme, felici e contenti per sempre.
Avrebbe dovuto salutarlo e andarsene rapidamente: erano così
vicini. Decisamente troppo vicini. Qualcuno avrebbe equivocato.
"Io penso, penso che dovrei... DEVO, scappare! Ciao! "
Un brezza tiepida e profumata di ciliege li sfiorò dolcemente.
Matt inspirò profondamente con gli occhi socchiusi. E poi successe
una cosa che Hay Lin non avrebbe immaginato nemmeno nei suoi sogni più
folli.
"Aspetta" Matt la trattenne gentilmente per il polso. Hay Lin gli rivolse
un'occhiata di puro terrore. Non voleva aspettare! Non lì, non con
lui! E se si fosse accorto di quello che ella provava? Sarebbe morta di vergogna,
lì, sul posto! Tanto non c'era neanche la più vaga
possibilità di poter essere ricambiata e, in ogni caso, NON voleva
essere ricambiata dal ragazzo, va bene Ex-ragazzo, di Will.
"Ti è rimasta una foglia tra i capelli" continuò il ragazzo
gentilmente. Allungò l'altrò braccio e le sfiorò
delicatamente una ciocca. "Ecco qua!" esclamò mostrando una piccola
foglia rotondeggiante che Hay Lin fissò come inebetita. "Sai, ti stanno
bene i capelli così".
Matt sorrise, scostandosi un ciuffo di capelli dal viso, in un gesto
che gli era sempre stato abituale e continuò, guardandola negli
occhi:
"Mi piacerebbe se ti occupassi della grafica del nuovo Cd dei Cobalt
Blue, Hay Lin. Non conosco nessuno che disegni bene come te!"
La ragazzina arrossì di piacere. Lei sapeva fare bene così
poche cose... E sentirsi lodata per l'unica di cui si sentiva orgogliosa
era sempre così gratificante.
"Io... certo, mi piacerebbe, pensi che sarei all'altezza? Siete così
bravi..."
"Non te lo chiederei se non ne fossi sicuro. Perchè non ci
incontriamo oggi pomeriggio per parlarne?" rispose il ragazzo con tono convinto
e convincente.
Hay Lin si azzardò a rispondere al suo sguardo con un'occhiata
furtiva.
"Davvero? Mi piacerebbe tanto...". E se Will fosse stata gelosa? Se
la fosse presa con lei? Non voleva rischiare di ferirla.
"Forse, però... magari meglio un'altra volta, anche con gli altri
membri della band. Dovrete parlarne tutti insieme, no?" aggiunse
convinta.
"Ah, d'accordo, stasera ci troviamo per suonare, dopo cena, se ti va
di venire..." . Sembrava un po' deluso, pensò Hay Lin, ma probabilmente
era solo una sua impressione.
"Io allora vado, devo tornare in classe, ciao!" Hay Lin scappò
via, prima che lui potesse rispondere alcunchè.
Salve a tutti, eccomi qua! Scusate se continuo a farvi aspettare, ma vi assicuro
che è un periodaccio...
MaxT: Grazie, grazie per i complimenti, ho tanto bisogno di sostegno
ç_ç questi capitoli sono proprio il centro della storia e sono
un casino da scrivere.... Riguardo Cornelia e Will: se ho ben capito sono
nate nello stesso anno delle altre, ma nei primi mesi, per cui risultano
più grandi, al dato di fatto.
Miki: Come vedi chi non muore si rivede! Ho giurato e stragiurato che
scriverò tutto il racconto e lo farò ad ogni costo. Per fortuna
so già dove sto andando a parare, per cui anche se ogni tanto mi blocco
un po', poi riparto spedita. Non te l'aspettavi che Hay Lin avesse un debole
per Matt, eh? In effetti neanche io... pensavo di inserire un nuovo personaggio,
poi ci ho riflettutto bene bene e ho pensato, perchè no? Così
è più interessante e complico un po' la vita a tutti!
Anonima: Suvvia dammi un nick che possa ringraziare, almeno! Se hai continuato
a leggere saprai che l'angolo ringraziamenti l'ho prontamente inserito appena
ho avuto qualcuno da ringraziare. Per fortuna non hai trovato tanti errori
di ortografia... faccio così fatica a riconoscerli (sono disgrafica...),
se ne trovi segnalameli: mi fa molto piacere! Riguardo hai sentimenti: continua
a leggere e vedrai che prenderanno sempre più campo.
Doveva dirlo a qualcuno! Doveva assolutamente, istantaneamente sfogarsi
con qualcuno! Non sarebbe riuscita a tenerselo dentro nemmeno un secondo
di più. E naturalmente non poteva dirlo alle altre. Cosa avrebbe potuto
raccontargli? "Sapete ragazze? Sono andata con un dei nostri avversari,
sì un Everlaniano e no, nemmeno uno qualsiasi, uno di quei tizi della
guardia". Ma la verità è che quello che le bruciava dentro
ancora di più, quello che MAI e poi MAi avrebbe voluto che le sue
amiche venissero a sapere era che quello stronzo figlio di una cagna zoppa
l'aveva mollata come un baccalà, in mezzo alla spiaggia di Heatherfield.
Se si fosse trattata di una qualche romantica e tormentata storia alla Romeo
e Giulietta... sarebbe stato diverso! In quel caso, probabilmente non avrebbe
trovato niente da nascondere, anzi sarebbe stato qualcosa di cui andare fiera.
E invece! Si era ritrovata a baciare quel... quel fighetto pieno di sè
e poi lui era sparito nel nulla con il suo ghignetto beffardo. Ma gliela
avrebbe fatta pagare! Ah, se gliel'avrebbe fatta pagare!
Però adesso doveva dirlo a qualcuno, subito! Era una cosa troppo
grossa per far finta di niente. Avrebbe sputato fuori il rospo e poi tutto
sarebbe andato meglio.
Vide un ciuffo di capelli biondi in mezzo alla folla che combatteva
per i pochi panini rimasti al bar e sospirò di sollievo: eccola, la
sua ancora di salvezza!
Afferrò Martin, trascinandolo fuori dalla mischia, proprio nel
momento in cui le dita del poveretto erano finalmente riuscite a sfiorare
la tanto agognata schiacciatina alla mortadella.
"Ehi, ehi, ehi! Che succede, cos'è tutta questa foga, mostrino?"
esclamò Martin cercando di recuperare un minimo di dignità.
"Ti devo parlare, ti devo assolutamente parlare!" Irma lo guardò
con occhi spiritati "Ora! Subito! Adesso! E' successo una cosa e se non mi
sfogo subito esplodo!"
Martin la squadrò preoccupato, notando i capelli in disordine
e l'espressione allucinata.
"Eh" sospirò, sollevando gli occhi al cielo "cosa devo fare con
questa ragazza? Mi da sempre un sacco di preoccupazioni! Non riesci proprio
a stare lontana dai guai tu, eh?"
Irma mise su un broncetto offeso: "Io non faccio proprio niente! Sono
loro che vengono a cercarmi!"
"Certo, certo, come no..." borbottò Martin accondiscendente.
"Certo che sì!" ribattè Irma indispettita.
"Dammi solo un minuto che avverto Lu, poi andiamo".
"Va bene, ma fai in fretta muoviti! Non ho tempo da perdere, la ricreazione
dura poco!".
Incrociò le braccia e riprese a battere furiosamente un piede,
cercando di non dare in escandescenze, mentre seguiva con lo sguardo Martin.
Il ragazzo raggiunse un fanciulla grassottella, dalla pelle color cioccolato
al latte, che usciva vittoriosa dalla mischia, con in mano due panini. Uno
era quello che Martin si era fatto sfuggire a causa del'intervento di Irma.
La ragazza glielo porse e Irma li osservò mentre si scambiavano due
parole e il ragazzo faceva cenno verso di lei. Lucy le rivolse un'occhiata
perplessa, poi la salutò allegramente con la mano e, dopo un bacio
durato, a giudizio di Irma, assolutamente troppo, lasciò il suo confidente
finalmente libero.
"Per fortuna che Lu non è gelosa!" osservò Martin
avvicinandosi "Un'altra potrebbe avere da ridire, sai? Mi sequestri tutte
le volte che ti prendono le paturnie... e fosse raro... Perchè non
ti decidi a trovarti un ragazzo serio?"
"Perchè i ragazzi seri non esistono!" esplose Irma. "Sono tutti
degli stronzi, egoisti, approfittatori. Non si capisce mai cosa vogliono,
ti girano intorno solo per farti impazzire e sono tutti, ma proprio tutti,
matti come cavalli! E questa è un offesa per i cavalli. Perchè
mai devono venirti a cercare se non gliene importa niente di te? Eh? Eh?
Eh? Dimmelo! Avanti dimmelo!".
Martin si limitò a fissarla placidamente mentre lei gli urlava
offese a tutto il genere maschile a cinque centimetri di distanza dal viso.
Poi si levò gli occhiali, che si erano del tutto appannati, e li
pulì metodicamente con la maglietta.
"Sarà meglio andare a fare due chiacchere in privato...". La
prese sotto braccio, accompagnandola fuori dalla stanza.
"Allora" continuò "Chi è questo uomo crudele che ti ha
sedotta abbandonata?".
"Ho forse detto che qualcuno mi ha sedotta e abbandonata eh? Ho forse
detto qualcosa del genere?" lo rimbeccò Irma, intimamente soddisfatta
di poter sfogare la sua ira su qualcuno. "Nessuno, e sottolineo nessuno,
potrà mai dire di avermi sedotta e abbandonata!"
"E allora quale sarebbe questa tragedia che ti è capitata fra
capo e collo? C'entra un uomo o mi sbaglio?" ribattè Martin
sornione.
"Ecco... in effetti... sì" dovette ammettere Irma.
Hay Lin entrò trafelata dalla porta e fermò all'ultimo
momento la sua corsa a rotta di colla, afferrandosi a Taranee. L'amica la
sorresse mentre rimprendeva fiato. Era incredibilmente rossa, il cuore le
batteva velocissimo e cercava affannosamente di respirare. Poteva essere
effetto della corsa, ma... veramente solo di quella? Taranee la studiò
sospettosamente, mentre Hay Lin appoggiava infine fieramente i suoi disegni
sul banco e ci crollava sopra.
"Sarà meglio che tu beva un sorso, mi sa" osservò, offrendole
il succhino biologico che era tutta la sua merenda.
Hay Lin lo afferrò come se fosse la Cornucopia dell'Abbondanza
e, con un risucchio violento che le scavò le guance, lo vuotò
completamente in un colpo solo.
"Gra..grazie" ansimò "Ora va meglio!". Tese il cartone a Taranee
che lo scosse con rammarico e lo gettò via con un sospiro. Cosa non
si fa per amicizia...
"Bene stavo, stavo dicendo..." Hay Lin rivolse una occhiata, fin troppo
timida per non essere sospetta, a Will "Ho fatto degli identikit di Zeph
e Ire e di... uhm.. un'everlaniana che ho visto in una visione".
"Visione?" Chiese indagatrice Taranee "Non ci avevi detto di aver avuto
delle visioni!".
"Io... ecco, io ho letto nel passato dei suoni su Everlan e... ho visto
questa ragazza... Ieri..ieri non ve l'ho detto... perchè...
perchè..." Hay Lin arrossì,se possibile, ancora di più,
mentre Taranee la fissava intensamente "Cornelia mi spaventava..." concluse
affranta.
Taranee si risistemò gli occhiali ridacchiando. Adesso capiva
perchè l'amica era tanto imbarazzata.
"Bhè in effetti..." concesse fra un risolino e l'altro "Cornelia
può essere spaventosa a volte".
"Comunque, ecco! I disegni sono questi!" concluse Hay Lin, tentando
di sviare il discorso.
I primi due schizzi ritraevano due ragazzini poco più piccoli
di loro, con alti zigomi da folletto, grandi occhi a mandorla e capelli neri
sparati in aria. Più sparati di quelli di Hay Lin, molto di
più.
"Sembrano usciti da Dragon Ball" commentò divertita Taranee "Con
questa specie di Kimono tutti strappati, poi...".
Will studiò i disegni in silenzio. Poi prese in mano il terzo
e lo guardò con una certa dolce tristezza.
Taranee, incuriosita, lo sbirciò da sopra la sua spalla. Era
il ritratto di una giovane di grande bellezza con capelli chiari che si
avvolgevano in morbide onde fino alle caviglie. Aveva un volto saggio e gentile,
ma malinconico.
"E' questa la visione, Hay Lin? Non ci sai dire niente di più
su questa specie di fata? Non è che ti sei sognata tutto?" concluse
dubbiosa: la fanciulla era di una bellezza talmente perfetta che faticava
a credere nella sua esistenza.
"Io, sì! Sono sicura!" affermò Hay Lin con decisione.
Taranee si spinse di nuovo gli occhiali sul naso scrutandola. Se Hay
Lin ne era certa allora doveva essere vero. Hay Lin era così timida
che vederla sostenere qualcosa con fermezza aveva un che di miracoloso.
"So... so solo..." borbottò la ragazzina tormentandosi il bordo
della gonna "Che... che si chiamava Nym".
"Nym, dici? Questo... mi fa venire in mente qualcosa, però non
riesco a capire cosa. Dovrò rifletterci" mormorò Taranee,
pensierosa.
"Voi... voi non volete descrivermi chi avete visto? Posso farcela a
finire i disegni prima che suoni la campanella!" Hay Lin infuse un tal trasporto
nella proposta da renderla quasi un'implorazione.
Taranee sapeva quando l'amica fosse sempre desiderosa di essere d'aiuto
e come si sentisse spesso inutile a confronto con delle personalità
forti come quelle di Cornelia o Irma.
"Dunque..." i suo occhi bruni si incupirono, mentre richiamava alla
mente l'immagine della donna "Efreet è molto asciutta e, uhm, ha i
capelli ramati, e le treccine. Credo che abbia gli occhi castani... o forse
sono gialli..."
L'espressione speranzosa che Hay Lin aveva sfoderato appoggiando il
lapis sulla carta, si traformò rapidamente in una smorfia delusa.
"Ma no!" esclamò "Questo non mi serve a nulla! Mi devi spiegare
di che forma aveva il viso e gli occhi, il naso...Capito?" riabbassò
il lapis fissandola in modo quasi famelico in attesa di informazioni.
Taranee si sentì vagamente a disagio. Non aveva mai dovuto osservare
qualcosa per poi riprodurlo su carta a memoria. Adesso aveva il sospetto
di non essere assolutamente in grado di soddisfare la richiesta di Hay
Lin.
"E' alto, ma credo sia snello sotto l'armatura. Ha un volto pallido,
allungato, con la mascella forte, ma con una linea dolce. Il mento è
largo, ma non troppo pronunciato. Il naso è irregolare, piuttosto
imponente" Will parlava lentamente, ma con sicurezza, gli occhi persi nel
vuoto mentre richiamava alla memoria i tratti del comandante della Guardia
"Ha dei grandi occhi grigi e tristi. Le sopracciglia formano un angolo sopra
gli occhi e..." guardò un attimo il disegno da sopra le spalle di
Hay Lin che stava scarabocchiando con foga "E si biforcano in questo punto"
continuò indicando con un dito.
Taranee guardò l'amica mentre un improvvisa consapevolezza si
faceva largo in lei. Will aveva assunto un'espressione dubbiosa, parve riflettere
qualche secondo, poi si chinò di nuovo su Hay Lin.
"No, qui non va bene! Il naso è più largo alla base e
gli occhi... hanno un'espressione diversa. Qui sembra che siano un po' sognanti.
Invece sono decisi e penetranti, ma se guardi bene, ti accorgi che sono velati
di tristezza" Will studiò ancora il disegno, mentre Hay Lin cancellava
e correggeva il ritratto secondo le sue indicazioni.
"La bocca è piuttosto larga, il labbro inferiore è più
carnoso di quello superiore. Ah sì, proprio così! I capelli
sono lunghi e neri e lisci" La ragazza sottrasse il foglio alle dita di Hay
Lin.
"Ah, ma non è finito!" esclamò Hay Lin, cercando di
trattenerlo "Devo ancora aggiungere tutto il resto".
"Penso che basti così Hay Lin, davvero" intervenne Taranee,
allontanandole la mano.
Hay Lin si voltò di lei, poi seguì il suo sguardo e i
suoi occhi a mandorla si spalancarono nel vedere l'espressione che Will aveva
mentre guardava la sua opera.
"Pare che abbiano i nostri stessi poteri, però..." Will sollevò
i grandi occhi castani dal disegno e Taranee si accorse che erano carichi
di angoscia "se questo è il custode che il cuore di Everlan si è
scelto, come può essere un terra di malvagi?"
Grazie ancora a tutti ^^ Ho un problema con l'html: negli ultimi due capitoli, non so perchè non mi prende i doppi spazi o_0. Non capisco la ragione, perchè su Aolpress torna tutto... mi cambia l'impaginazione solo quando li pubblico.
MaxT: ti ho risposto anche un po' più ampliamente sul forum! Grazie
comunque per i complimenti e le correzioni, mi era rimasta meza frase nella
penna, che vergogna...
AyaCere: che piacere risentirti :) Ho anche visto il tuo sito, che è
molto carino, quando avrò un po' più di tempo me lo girerò
per bene. Hay Lin innamorata di Matt è curioso, vero? Il fatto è
che io non mi interesso per nulla di shipping (si dice così? :?).
Non è che tifo per una coppia o per un'altra, semplicemente mi piace
che le relazioni abbiano un senso e, magari, risultino utili per il filo
della storia. Hay Lin è molto timida e sognatrice, per cui mi sembra
difficile che possa conoscere un ragazzo facilmente. Matt l'ha conosciuto
proprio perchè è il ragazzo di Will. Visto che lui è
carino e molto romantico, ma "intoccabile", mi sembrava il soggetto perfetto
per una cotta da parte di una ragazza dolce e idealista come Hay-hey. Irma
e Flood torneranno presto sulle scene: scrivere di loro due mi piace moltissimo!
Il profilo di Meg era regolare e mascolino, con quel naso dritto e la
mascella quadrata, le labbra, però erano piene e grandi e donavano
dolcezza all'insieme del volto. Cornelia si ritrovò a scrutarla con
attenzione, chiedendosi chi fosse la più attraente fra loro due. Meg
sicuramente non aveva tutti gli ammiratori che aveva lei, Cornelia, ma questo
dipendeva probabilmente più dal fatto che si abbigliava in modo
stravagante e poco femminile, che dalle sue attrattive intrinseche. Aveva
degli occhi scuri, magnetici e i capelli scarruffati erano lucidi e setosi.
Certo, non si poteva dire che fosse più bella di lei, eppure la perfetta
miss Hale, e non per la prima volta, fu sfiorata dal sospetto che la selvatica
teppista Meg Shane fosse sotto, sotto, decisamente la più affascinante
e sensuale tra le due
Nonostante fosse piatta come una tavola.
Cornelia si accorse di avere, sull'onda di quel pensiero, incosapevolmente
abbassato lo sguardo per sbirciare la disinvolta scollatura dell'amica e
distolse rapidamente lo sguardo imbarazzata. Va bene la curiosità,
ma se qualcuno se ne fosse accorto, chissà cosa avrebbe pensato...
Fortunatamente Meg non sembrava averci fatto caso. Guardava dritta davanti
a se, a denti stretti, mentre aspettava che un giovane massiccio le traforasse
la cartilagine dell'orecchio con un ennesimo orecchino.
Erano arrivate in quello che Meg definiva il buco di Dan poco prima.
A prima vista il posto sarebbe potuto sembrare solo un normale negozio di
dischi, solo decisamente minuscolo e popolato piuttosto da manifesti di capelloni
vestiti di cuoio che di belloccie seminude. Ma Meg, con un saluto distratto
ai commessi, era scivolata dietro il bancone e oltre una porta buia e aveva
sceso una scala pericolosamente ripida. Quando Cornelia, annaspando
nell'oscurità il più elegantemente possibile, aveva sceso gli
ultimi gradini, si era trovata in un locale scarsamente illuminato, assolutamente
straripante di cuoio nero e di metallo. Cornelia aveva pensato di non aver
mai visto tante borchie insieme in vita sua. Nemmeno al concerto degli Smashing
Pumpkin.
Un ragazzo biondo si stava facendo tatuare sulla schiena un qualcosa
di colorato che comprendeva un serpente, una scarpa col tacco al termine
di un lunghissimo polpaccio femminile e delle viti. Cornelia aveva deciso
di non approfondire.
Il tatuatore aveva alzato lo sguardo verso di loro e un larghissimo
sorriso era apparso sul suo volto, scoprendo una schiera di denti grandi
e eccezionalmente bianchi.
"Ma guarda chi c'è! Che fai qui principessa?" l'uomo aveva appoggiato
l'ago a inchiostro con cui stava lavorando e in pochi passi raggiunto le
ragazze. Aveva stritolato Meg in un abbraccio da orso, che lei aveva ricambiato
con evidente affetto, poi si era voltato verso Cornelia tendendole la mano
amichevolemente.
"Io sono Daniel e tu, signorina?" aveva domandato in un modo formale
curiosamente in contrasto con l'atteggiamento familiare tenuto con Meg.
"Il mio nome è Cornelia, signor Daniel" aveva risposto miss Hale
orgogliosa e sprezzante.
Meg era scoppiata a ridere, con la sua risata roca e profonda. Era
così sensuale la sua risata, Cornelia avrebbe voluto ridere come lei.
"Come siamo rigide cara mia! Il vestito non fa davvero il monaco, pare".
Cornelia era avvampata. Perchè finiva sempre per comportarsi
così? Meg avrebbe finito per ritenerla una spocchiosa figlia di
papà. Anzi probabilmente lo faceva già. Intimidita e timorosa
di una nuova gaffe, si era rinchiusa in un quasi dignitoso silenzio e era
rimasta a guardare mentre Meg prendeva accordi con Daniel per farsi fare
l'ennesimo buco.
In quattro e quattr'otto, la sua amica si era seduta sua una specie
di poltrona da dentista, mentre il tatuatore aveva gentilmente spedito il
suo cliente a prendere un caffè per tutti. Quindi l'uomo si era messo
a sterilizzare il suoi strumenti, continuando a chiaccherare allegramente
con Meg.
E poi aveva avvicinato la pistola ad aghi, dall'aspetto inquietante
all'orecchio della ragazza.
Meg si strofinò l'orecchio con una smorfia e si dette un'occhiata
distratta nello specchio che Dan le passava. Un sorriso ampio e fanciullesco
le si allargò sul volto.
"Great!" esclamò "E' perfetto Dan! Per pagarti questo, vengo
a lavorare tutto il sabato, d'accordo?"
L'uomo le dette una pacca sulla spalla "Non ti preoccupare, principessa!
Per te è gratis, se vuoi! Piuttosto, perchè non mi porti un
po' di collari nuovi e qualche maglietta, magari... Non faccio in tempo e
matterli in vendita che sono già spariti. E me li chiedono in
continuazione". Agitò un dito ammonitore davanti al naso di Meg,
continuando in tono di rimprovero "E come faccio io, ad accontentare i miei
clienti, se la mia fornitrice non si da da fare?".
"Oh, Dan... lo sai... lo faccio solo per divertimento, quando mi va...
Non voglio che mi prenda troppo tempo. Devo lavorare, e poi... ho la scuola...".
Cornelia non riuscì a trattenersi dal pensare che la scuola non
sembrava un impegno così pressante per Meg, però era incuriosita.
Meg sapeva cucire? O lavorare il cuoio? In effetti non ne aveva idea. Parlava
così poco di sè.
"Dovresti pensarci, invece. Hai talento, potresti guadagnare abbastanza.
Sai che sarei felice di averti come socia" la voce profonda era seria.
Cornelia si domandò perchè Meg avesse tanto bisogno di
guadagnare. Dan sembrava saperne più di lei. Aveva sempre avuto il
sospetto che la sua situazione familiare non fosse rosea e sicuramente non
doveva avere una gran disponibilità di denaro, ma oltre a quello erano
solo supposizioni. Avvertì un doloroso vuoto nel petto. Meg era capace
di stare ore ad ascoltarla mentre si lamentava di sua madre, delle sue amiche,
della sua vita, lei, invece, era mai stata ad ascoltarla?
"Vengo sabato pomeriggio" tagliò corto Meg "Piuttosto... Cornelia
vuole farsi un terzo buco". La spinse avanti gentilmente. Cornelia si sedette,
titubante sul bordo della poltrona. Forse non era proprio una buona idea.
Però tirarsi indietro adesso... sarebbe stato imbarazzante.
Alzò gli occhi verso Meg, in una muta preghiera. L'amica le rispose
con uno sguardo intenso e un sorriso, chinandosi verso di lei.
"Non devi farlo, se non ti va" mormorò "stai benissimo anche
così".
Cornelia si sentì rilassata all'istante. Era esattamente così.
Meg non si aspettava assolutamente niente da lei. Avrebbe approvato qualunque
sua scelta. Lei lo sapeva e l'altra lo sapeva. Sorrise.
"E' vero, ma mi va di farlo!".
Martin incrociò le braccia e fissò la ragazza castana
seduta sul banco di fronte a lui. E sospirò.
Non era del tutto sicuro di aver capito di cosa parlava Irma. Sembrava
che lei e le sue amiche fossero coinvolte in una specie di guerra fra bande,
ma lui le aveva promesso, molto tempo prima, che non le avrebbe fatto domande
sulla sua misteriosa vita segreta e non avrebbe cominciato in quel momento.
In ogni caso era piuttosto chiaro che il nervosismo di Irma aveva molto più
a che fare con il suo nuovo spasimante che con tutto il resto.
Spasimante che, a quanto pareva, non spasimava abbastanza. Martin
ridacchiò sotto i baffi. Era l'ora che qualcuno tenesse testa a Irma.
Era troppo abituata a fare la prima donna.
"Allora? Cosa c'è da ridere?" indagò la ragazza
sospettosamente.
"Niente, niente... Mi domandavo, cosa pensi di fare adesso?" era molto
curioso di sapere quale sarebbe stata la mossa successiva. Sospettava che
avrebbe tentato la fuga...
"Sono qui per un consiglio! Non per darti gratuitamente informazioni
di cui spettegolare!" sbottò Irma " Comunque quello che è certo
è che non starò qui a languire d'amore. Cosa vuoi che me ne
importi di quello. E' stata solo la debolezza di un momento" concluse
imbronciata.
"Perciò...?"
"Perciò niente. Cosa credi? Fanno la fila per uscire con me!
Non devo far altro che scegliere, proprio non me ne importa niente di lui,
solo mi secca essermi fatta fregare. Gliela farò pagare con gli
interessi!" asserì decisa gettandosi i capelli dietro le spalle.
Ecco! Come sospettava, si preparava a fuggire veloce come il lampo.
Peccato, perchè la storia si prospettava divertente...
"Ho capito, e allora che consiglio vorresti, da me? Hai già deciso
tutto da sola..."
La ragazza abbassò la testa e per qualche secondo rimase in silenzio,
studiandosi pensierosa le unghie laccate.
"Io... non so. Pensavo che tu, magari, mi sapessi dire... perchè
lo ha fatto? Voglio dire, se voleva solo levarsi una soddisfazione, perchè
è stato così carino prima e poi... sembrava davvero preoccupato
per me, nonostante tutto. E invece... mi ha preso in giro per tutto il tempo?
E poi... " e qui la pausa fu molto più lunga e sofferta "sembrava
che non avesse neanche voglia di baciarmi". Si strofinò il naso senza
alzare la testa e rimase in silenzio.
A volte sembrava indifesa come un cucciolo.
Martin le si avvicinò, le accarezzò la testa e la strinse
in un abbraccio affettuoso. Il calore di lei mentre nascondeva il volto contro
il suo petto, gli ricordò il tempo in cui era stata il centro della
sua vita. In cui aveva pensato che sarebbe stata per sempre l'unica, per
lui. Adesso era solo un'amica, eppure il ricordo di quello che non era stato
era ancora doloroso, a volte. Sarebbe comunque rimasta speciale. Non voleva
vederla triste.
Ma non poteva fare niente, come non aveva mai potuto.
Scusate tanto, tanto, tanto per l'attesa. Purtroppo ho avuto un periodaccio,
sono ancora strapiena di impegni, ma sono un po' più tranquilla, per
cui riesco a gestirli meglio. Non abbandonatemi, per favore!
Miky: spero che il racconto continui a piacerti! Grazie mille per tutti i
complimenti, mi fanno venir voglia di scrivere.
Max: eccomi di ritorno finalmente! Ho corretto gli errori di ortografia,
ma la discussione tra Irma e Martin, alla fine, è rimasta così
com'era: ci ho pensato un po' e mi sembra che, tutto sommato, descriva abbastanza
bene le situazioni in cui senti il desiderio di confidare qualcosa che però
ti imbarazza. Comunque, quando avrò finito di scrivere tutto farò
una revisione generale e, magari, anche questo paragrafo verrà cambiato.
Grazie della fedeltà con cui mi segui! E di tutti i tuoi commenti.
Hay Lin ingurgitò l'ultimo boccone, scaraventò bastoncini
e ciotola nella lavastoviglie e schizzò in bagno a prepararsi.
Si lavò e si vestì con la più grande cura. Si
truccò un minimo, sperando di sembrare più grande; purtroppo
il caschetto le dava irrimediabilmente un'aria fanciullesca, però
l'ultima confezione di gel che le restava era quella che aveva spalmato sul
pavimento la mattina.
Un quarto d'ora dopo era in strada e se ne correva entusiasta verso
la sala prove dei Cobalt Blue. Una parte di lei era ancora terrorizzata e
una parte, molto più grande, si stava contorcendo nei sensi di colpa,
ma, in quel momento preciso, la felicità se la faceva da padrona.
Non solo avrebbe avuto modo di vedere Matt fuori dalla scuola e di parlarci,
perfino, ma aveva anche la possibilità di disegnare una copertina
dei Cobalt Blue: troppo spaziale!
Avrebbe voluto parlarne con qualcuno, ma Irma, la sua confidente preferita,
sembrava avere un centinaio di diavoli per capello e Taranee... era così
sospettosa! Era imbarazzata all'idea che l'amica le facesse altre domande
su Nim, non aveva voglia di parlarne, non ancora. E aveva inventato quella
stupida balla su Cornelia! Non che Cornelia non sapesse intimorirla, ma non
era per quello che non aveva detto niente sulle visioni avute su Everlan.
Quanto a Will. A Will non sarebbe mai riuscita a parlarne. Anche se...
anche se... forse, in fondo, molto in fondo Will non era più innamorata
di Matt. Però Hay Lin si ricordava troppo bene i momenti che avevano
passato tutti insieme, la gioia negli occhi di Will quando era insieme a
lui, l'attenzione che ponevano entrambi a non metterla in imbarazzo con le
loro effusioni. Will non sarebbe stata ferita, a sapere quello che lei provava
per Matt? Lo sarebbe stata sicuramente. Non vivi una relazione così
senza delle conseguenza. Matt sarebbe sempre, sempre rimasto speciale per
lei, non c'erano dubbi. Non avrebbe sopportato di vederlo con una sua amica,
si sarebbe sentita tradita.
Per questo Hay Lin si era sempre trattenuta dall'avvicinarlo, ma, adesso,
era lui che si avvicinava a lei e la ragazza non aveva la forza di allontanarlo.
In fondo, per ora, non stava facendo niente di male, no? E l'aria della sera
era così inebriante...
Una moto accostò al marciapiede.
"Vuole un passaggio, bella signorina?" chiese scherzosa una voce gentile.
Il cuore di Hay Lin perse un battito. Si voltò con un ampio sorriso
e avvertì un morso di delusione, quando vide che, sulla moto, erano
già in due.
Entrambi i ragazzi si tolsero i caschi, uno dei due era veramente Matt,
ed era terribilmente bello con i capelli così spettinati, ma il guidatore,
quello che aveva parlato, era il biondo Joel.
"Ma siete in due! Non posso mica salire sul portapacchi!" Esclamò
Hay Lin. La presenza di Joel era rassicurante e la aiutava a sciogliersi.
Joel era un tipo simpatico, uno forte che sembrava non prendersela mai per
nulla. Era molto amico di Irma e, per un certo tempo, Hay Lin era stata sicura
che si sarebbero messi insieme; fra loro due, però, doveva esserci
stato qualcosa di cui lei non era a conoscenza, perchè, all'improvviso,
avevano allentato i rapporti.
Joel rise. "Si fa posto subito! Giù dalla moto tu!" ordinò
imperiosamente "Puoi anche camminare per qualche metro, lascia il poso alla
nostra fanciulla!"
Hay Lin arrossì fino alla radice dei capelli "Ma no, no non potrei
mai rubare il posto al chitarrista dei Cobalt Blue! No, davvero.. non importa
vado a piedi..."
"Ehi, dove scappi! Devo sempre ricorrerti?" Matt la trattenne per un
braccio, mentre lei tentava la fuga.
"Ah, io... ecco..." Hay Lin prese a balbettare, mentre si dibatteva,fin
troppo violentemente, per liberarsi della sua presa.
Joel rise sgangheratamente "Sei così brutto che le fai paura,
compare!"
La ragazza si rese improvvisamente conto dell'assurdità della
scena. Che figura da stupida stava facendo, a ribellarsi in quel modo: Matt
non la stava mica assalendo!
Si calmò, cercando di recuperare un minimo di dignità.
"Uff, finalmente!" sospirò Matt "Mi sento Apollo con
Dafne...".
Hay Lin rimase a fissarlo con occhi stellati. Apollo con Dafne. Si riscosse
solo quando lui le infilò in testa il casco e la spinse, quasi a forza,
sulla moto di Joel.
"Ci vediamo là, trattala bene tu! Mi raccomando!" Intimò
Matt a Joel. E si avviò sul marciapiede.
Era così cavaliere!
"Non puoi decidere sempre della mia vita! Io sono come sono! E non ho
nessuna intenzione di levarmi, l'orecchino: mi sono fatta il buco e me lo
tengo!" Cornelia ringhiò in faccia alla madre, furibonda.
La donna la fissava accigliata, Cornelia riusciva a sentire il peso
della sua disapprovazione, pur se la madre non sbraitava come lei.
"Finchè vivi in questa casa, tu fai quello che dico io signorina!
Come ti permetti di rispondere così a tua madre? Fila subito in camera
e levati quella roba, altrimenti d'ora in poi puoi scordarti di ricevere
un soldo da me!"
"Come, come osi? Ho diciassette anni, ho il diritto di fare le mie scelte!
E poi non capisco cosa hai da lamentarti! Ho sempre avuto buoni voti, non
vi ho mai dato preoccupazioni. Potrò almeno vestirmi come mi pare?"
urlò Cornelia con le lacrime agli occhi.
"Finchè resti nei limiti della decenza e del buon gusto, sì!"
rispose freddamente la madre. "Cosa penseranno i colleghi di tuoi padre vedendoti
andare in giro conciata in quel modo? Cosa penseranno di ME? Non pensi al
buon nome della tua famiglia? E smettila di gridare!".
Cornelia la fissò con rabbia, mordendosi le labbra per non piangere,
poi si voltò di scatto e corse a chiudersi in camera. Sbattè
la porta con violenza, vi spinse contro la scrivania, visto che la madre
aveva requisito le chiavi di tutte le stanze e si gettò sul letto,
singhiozzando disperatamente.
Possibile che quella stupida di sua madre non capisse che lei stava
semplicemente cercando di vivere la sua vita? Di trovare la sua strada? Di
capire veramente chi era. Lei l'amava con la condizionale, le concedeva affetto
e comprensione solo finchè era come lei la voleva. Ma una madre non
dovrebbe amare una figlia a prescindere?
Era rimasta fuori, con Meg, fino a sera: se fosse tornata a casa per
pranzo, con il buco appena fatto, sua madre avrebbe capito che aveva fatto
forca. Era una volpe, quella vipera, quando si trattava di scoprire le sue
mancanze.
La giornata era stata perfetta, Meg, nonostante l'aspetto da disadattata,
aveva la capacità di metterla a suo agio. Come quando si erano conosciute:
Cornelia aveva appena litigato ferocemente con Taranee, che voleva sempre
sapere la cosa giusta da fare per tutti e disapprovava, quasi quanto sua
madre, la svolta ribelle di Cornelia. Nessuna delle altre aveva preso le
sue parti e la ragazza era fuggita, in preda all'ira, dal pub.
Strinse i pugni intorno al lenzuolo, tirandolo con rabbia, anche le
sue amiche erano delle sciocche, tutte felici e contente si godevano le loro
vite. Non riuscivano a capire i dubbi che la dilaniavano, i suoi problemi
veri. Loro erano come ci si aspettava che fossero e non potevano comprendere
come era difficile, per lei, sfidare il posto che le era stato assegnato
dal mondo.
Nessuna di loro era venuta a cercarla quella sera, invece aveva incontrato
Meg. Ricordò il suo sguardo perplesso e turbato, quando si era accorta
delle sue lacrime e ricordò la gentilezza con cui l'aveva fatta sedere
su una panchina e le aveva offerto un fazzoletto.
Meg la conosceva appena, si erano viste di sfuggita a scuola. Cornelia
la conosceva di fama, ovviamente, ma non le aveva parlato che un paio di
volte, di sfuggita. Ed era rimasta colpita, molto colpita, dall'altra. Non
credeva, però, che anche Meg si ricordasse di lei. Invece Meg si ricordava
perfettamente ed era rimasta ad ascoltarla, silenziosamente, per quasi due
ore, mentre lei si sfogava.
Alla fine l'aveva abbracciata e le aveva consigliato, con una
sincerità e un trasporto inaspettati, di fare pace con le sue
amiche.
Cornelia si raggomitolò sul letto e abbracciò il cuscino.
Lasciò che il ricordo del calore di Meg la cullasse dolcemente e,
mentre pensava al pomeriggio passato con lei, le lacrime smisero lentamente
di scendere.
Taranee si strinse forte al corpo nudo di Dean e fece scorrere un dito
lungo la sua clavicola sporgente. Adorava stare così, abbracciata
a lui, a godersi il suo calore. Se non fosse stato per quel pensiero che
la tormentava...
Si voltò sulla schiena e fissò il soffitto.
"Dean, senti..."
"Sì? Che c'è?" borbottò lui, insonnolito.
"Tu pensi... pensi che noi abbiamo davvero il libero arbitrio o che,
in qualche modo, non seguiamo altro che una sorta di istinto, per cui ci
comporteremo sempre in un modo predefinito?".
Dean mugulò qualcosa, sospirò, si coprì il volto
con una mano e si raggomitolò su sé stesso.
Taranee aspettò pazientemente.
Con un ennesimo sospiro, il ragazzo si girò verso di lei e
sollevò il busto appoggiandosi a un gomito.
"Come ti è venuto in mente adesso?" le chiese, fissandola con
curiosità.
La ragazza si strinse nelle spalle con espressione indefinibile. Non
poteva dare spiegazioni e, in ogni caso, Dean era abituato alle sue
stranezze.
Come aveva previsto, il ragazzo la osservò ancora per qualche
secondo, poi scrollò le spalle e si tirò a sedere, appoggiandosi
comodamente al cuscino.
"Io penso che noi siamo padroni del nostro destino. Gli uomini cercano
sempre scuse per giustificare le loro azioni peggiori, ma la verità
è che abbiamo sempre una possibilità di scegliere, di fare
la cosa giusta. Il difficile, magari, è capire qual'è, la cosa
giusta. Un tempo gli uomini facevano affidamento sulla Chiesa, sulla religione
perchè gli indicasse la strada, si fidavano di ciò che gli
veniva raccontato dai preti, ma adesso, con l'avvento dell'umanesimo, del
laicismo..."
Taranee lasciò che i suoi pensieri vagassero, mentre Dean continuava
a parlare: quando attaccava con la Chiesa non riusciva più a
smettere.
Non era sicura di essere d'accordo con lui. Davvero si è sempre
in grado di fare delle scelte? Veramente non esistono istinti che non si
possano controllare? Sperava di sì, ma esserne sicura, era tutta un'altra
storia.
Si alzà pigramente e iniziò a rivestirsi.
"Vai già via?" domandò Dean accorato, interrompendo la
sua orazione "Resta ancora un pochino..."
"Devo, andare, sai com'è fatta mia madre... E' tanto se ho potuto
restare a cena qui". Lo baciò rapidamente sulle labbra e si
abbottonò il maglione, poi si sedette sul letto e lo baciò
di nuovo. Molto più a lungo.
Questa volta sono stata rapida via! Perdonatemi per la lentezza con cui ho
pubblicato i capitoli precedenti, a parte un po' di miei problemi personali,
ho anche avuto una certa difficoltà a gestire i "tempi" di questa
parte del racconto, in modo da far maturare le varie storie personali delle
protagoniste con il giusto ritmo. Adesso mi sembra di aver superato
questa impasse, ho ancora un sacco di problemi e di impegni, ma quando sono
dell'umore giusto, riesco a trovare comunque il tempo per scrivere...
AyaCere: Grazie per aver continuato a seguirmi e per tutti i complimenti!
Spero che tu abbia digerito la "stranezza" dell'infatuazione di Hay-Hey per
Matt ^^. Sono molto contenta che si percepisca il cambio di registro tra
un personaggio e l'altro: cerco di farci attenzione, ma non è sempre
facile.
MaxT: grazie come sempre dell'attenzione con cui mi segui, mi fa molto piacere.
Sono assolutamente impantanata con la tesi, ma per altri versi, la mia situazione
attuale è un po' più leggera. per cui spero di poter presto
finire di scrivere la FF, anche se temo che per almeno un'altra quindicina
di capitoli dovrete sopportarmi. Ci riuscirete?
Ho aggiunto un sacco di virgole! Tendo sempre a metterne troppe poche...
Ho anche corretto gli errori di ortografia. Sono contenta che ti piaccia
la mia caratterizzazione dei personaggi: sono consapevole che è opinabile
che sia coerente con il fumetto. Riguardo a Taranee: sì i suoi dubbi
sono legati agli avvenimenti precedenti, ma in proposito ti ho risposto più
ampiamente sul forum!
Il quaderno di matematica giaceva aperto sul tavolo. Will aveva scritto
in caratteri ordinati il testo di un esercizio, completo di data e
dell'intestazione "es n256 pagg63" in rosso scarlatto. Il resto della pagina
era, però, intonso.
La ragazza mordicchiò la punta del lapis pensosamente, mentre
la sua mente riprendeva a vagare. Chissà dov'era finita Cornelia,
non si era fatta vedere né sentire per tutto il giorno. Proprio ora
doveva sparire che avevano una questione così complicata da risolvere?
Certo che, da quanto aveva avuto l'incidente pattinando e aveva dovuto
abbandonare l'agonismo, era diventata aggressiva e insofferente. E non parlava
più davvero con nessuna di loro. Però, fino ad adesso, era
sempre stata presente nei momenti importanti.
Quanto alle altre... erano strane anche loro. Chissà cosa prendeva
a tutte. A Irma soprattutto. Per fortuna, almeno Taranee e Hay Lin sembravano
ricordarsi che si trovavano nel bel mezzo di una missione.
E lei stessa, lei, Will, non era strana anche lei? Si sentiva così
stanca e apatica... Non aveva più voglia di combattere e di accollarsi
i problemi altrui. Non aveva più voglia di salvare il mondo e soprattutto
non aveva più voglia di doversi chiedere se ciò che faceva
era giusto. Era già così complessa la vita di tutti i giorni.
Avrebbe voluto preoccuparsi solo di quella. Preoccuparsi solo di avere dei
voti decenti a scuola, di far capire a sua mamma che uscire la sera era
altrettanto importante per la sua vita dello studio, di scovare un reggiseno
che le regalasse una misura in più da vestita e di metterselo per
uscire con un ragazzo strafigo. Sempre che ne incontrasse uno. Uno interessato
a lei. Avrebbe dovuto tenersi stretta Matt: quanti altri ragazzi così,
potevano voler uscire con una con lo stesso sex-appeal di un palo della
luce?
Purtroppo, ora come ora, aveva ben altri problemi per la testa.
Dalle pagine del libro di matematica, estrasse il disegno di Avren fatto
da Hay Lin. Eccolo il suo problema principale. La matita rotolò sul
tavolo e cadde, senza che lei se ne accorgesse, intenta a fissare gli occhi
chiari del ritratto, come se nascondessero la soluzione a tutti i suoi dubbi.
Non poteva sconfiggerlo. Era troppo forte, troppo determinato e troppo
disperato. E non voleva nemmeno. Non voleva combattere ancora contro il giovane
guerriero. E non solo perchè ciò che stava facendo le sembrava
ingiusto e crudele.
La verità, quella vera, la verità sul dolore che giaceva
in profondità nel suo cuore e, crudele, lo dilaniava strappandone
le fibre una ad una, bloccandole il respiro, annebbiandole i pensieri, era
che Will aveva paura.
Paura di guardarlo ancora negli occhi.
E di dover affrontare, di nuovo, la realtà della sua
indifferenza.
Hay lin si sedette compostamente, quasi tremante dall'eccitazione
trattenuta, in un angolino della sala di registrazione.
"Adesso ascolta! Questo pezzo è una bomba, te l'assicuro! E'
quello che da il titolo all'album, ci ho messo quasi due settimane a scrivere
la musica, ma il testo, il testo l'ho scritto in due ore, era come se avessi
tutto dentro e dovessi solo tirarlo fuori. Ti piacerà vedrai". Matt
pronunciò le ultime parole con un'intensità che le fece battere
il cuore, poi le fece segno con il pollice verso e si mise la chitarra a
tracolla.
Quando la musica cominciò, esplodendole nelle orecchie con una
violenza quasi eccessiva, Hay Lin dovette reprimere il desiderio di tapparsi
le orecchie per diminuire il volume.
Poi attaccò il cantante.
"Ci sono certi giorni in cui il cielo è grigio
e io vorrei volare sopra quelle nubi
e vedere le nuvole da sopra
e sulla mia testa solo il sereno.
Ma mi sento pesante,
così pesante,
che non riesco a camminare.
Non posso scoprire il segreto delle nuvole,
lo conoscono solo gli uccellini.
Allora trascino i miei piedi sull'asfalto
e vedo solo il grigio del terreno.
Ma poi vedo i piedi di quella ragazza:
sono sempre a dieci centimetri da terra.
Quella ragazza è come un uccellino.
E' fatta di vento e di sole
e per lei ogni giorno è Capodanno.
Vede sempre le nuvole da sopra
e sulla sua testa c'è solo il sereno.
Ci sono certi giorni in cui, persino,
dimentico di guardare verso il cielo.
Anche gli occhi diventano pesanti
e vedo soltanto i piedi della gente.
Hanno scarpe di piombo,
così pesanti
da non riuscire a camminare,
da pensare che volare è solo un sogno.
E guardando i loro passi stanchi,
dimentico persino di sognare il cielo
e che sopra il grigio c'è il sereno
Ma poi vedo i piedi di quella ragazza:
sono sempre a dieci centimetri da terra.
Quella ragazza è come un uccellino.
E' fatta di vento e di sole
e per lei ogni giorno è Capodanno.
Vede sempre le nuvole da sopra
e sulla sua testa c'è solo il sereno.
In quei giorni in cui sono un lombrico,
che striscia sulla terra dura,
che non sa nemmeno che esiste il cielo,
e che le nuvole hanno un segreto,
incontro a volte, quella ragazza,
che cammina leggera,
così leggera,
che ha i piedi a dieci centimetri da terra.
Lei sa che volare non è un sogno,
quando la vedo lo credo anche io.
Lei mi sussurra,il segreto delle nuvole,
insieme a lei, lo so anche io.
Quando sono con quella ragazza,
i miei piedi sono a dieci centimetri da terra.
Mi sento come un uccellino,
innamorato del sole e del vento,
come se ogni giorno fosse Capodanno.
Con lei, vedo le nuvole da sopra
e sulla mia testa c'è solo il sereno"
Gli occhi di Hay Lin diventarono sempre più grandi, mano a mano
che la canzone andava avanti. Di cosa parlava, di chi parlava quella canzone?
Il cantante accarezzava il microfono, dando fondo, a beneficio della
ragazza, a tutto il suo repertorio di sguardi intensi e contorcimenti vari.
Hay Lin lo fissava come ipnotizzata, senza però riuscire a mettere
a fuoco la sua immagine.
Le parole della canzone le rimbombavano in testa.
"I piedi di quella ragazza,
sono sempre a dieci centimetri da terra"
Cosa voleva dire? Di chi stava parlando?
"Quella ragazza è come un uccellino...
Quella ragazza è come un uccellino"
Altre parole si sovrapposero a quelle del cantante, come un controtempo,
stridente, confuso, ma così piacevole, per il suo alludere al canto
pricipale, pur senza ripeterlo perfettamente, richiamandone la melodia e
il tempo con lievi cambiamenti.
"Se più leggera di un uccellino...
....sei più leggera di un uccellino..."
Forse, forse Matt aveva un vocabolario un po' limitato?
Cosa, cosa stava pensando? Che stupida! Certo che Matt non aveva un
vocabolario limitato. Forse allora, quando l'aveva vista prima, aveva in
testa le parole della canzone e quella frase gli era uscita così.
Forse stava pensando a quella ragazza.
Chissà chi era quella ragazza? Forse Will? Certo, doveva essere
lei eppure, in qualche modo, c'era qualcosa che strideva, come se quelle
frasi, riferite a Will, risultassero inevitabilmente sbagliate. Non avrebbe
saputo dire perchè, ma l'emozione che le trasmettevano, le sensazioni
che facevano vibrare dentro di lei, non suonavano come "Will". Chissà
chi era la ragazza che suonava in accordo con quella canzone.
Magari, forse, le sussurrò un refolo di vento che, infiltratosi
furtivamente nella stanza le solleticava il collo, potresti essere tu...
Hay Lin scosse violentemente la testa: "Che sciocchezza".
Matt impallidì, abbassandosi di colpo di venti centimetri, mentre
la mano che aveva allungato verso di lei si contrasse come per un dolore
improvviso.
"Non.. non ti piace?" chiese debolmente.
"Ah,io... no! Cioè non volevo... cioè stavo parlando tra
me e me" Basta basta con queste sciocchezza! Doveva prendere in mano la
situazione! "Mi piace tantissimo! Sì, sì! E' super spaziale
davvero!" Fece un sorriso a trentadue denti.
Matt sospirò di sollievo "Ah, ok, per fortuna! Che tipo che sei,
Hay Lin! Ci stavo per rimanere male davvero... Ero convinto che fosse davvero
una bomba questo pezzo!".
"Ma certo che lo è compare! Non vedi che è rimasta senza
fiato?" si intromise Joel, urlando dal fondo della stanza, mentre accordava
il basso.
Hay Lin si accorse di essere rimasta imbambolata a guardare Matt, che
imbarazzo! Se ne era accorto di sicuro! Ma era così adorabile, mentre
ammetteva di sentirsi sollevato dal suo apprezzamento e la fissava con quei
suoi ridenti occhi nocciola. E quella voce maliziosa nel vento le aveva
sussurrato nell'orecchio:
"Quando sono con quella ragazza,
i miei piedi sono a dieci centimetri da terra..."
e lei si era dimenticata di tutto il resto.
Si stava cacciando proprio in un bel guaio, un guaio bello grosso!
Irma agitò il piede destro con stizza. Era distesa sul letto,
con le gambe accavallate e guardava il soffitto. Cosa faceva lì? Avrebbe
fatto bene a trovare qualcuno con cui uscire il prima possibile per levarsi
subito dalla testa quello stupido. Per dimostrare a tutti e forse, uno
zinzinnino, anche a sé stessa che non le era mai importato niente
di quello, che si era trattato solo della debolezza di un momento.
In fondo il mare era blu, la notte era dolce e lei si era lasciata
trascinare dalla situazione, tutto qui. Ma non riuscì trattenere un
brivido di piacere, ricordando il calore delle labbra asciutte di Flood e
quel suo profumo... quel suo profumo di mare.
Oh accidenti! Non poteva farsi fregare così! Avrebbe dovuto uscire...
se non fosse che suo padre le aveva categoricamente ordinato di non mettere
piede fuori casa la sera fino al sabato. I suoi ultimi voti non erano stati
proprio brillantissimi... Accidenti anche ai compiti! E anche a suo padre,
in sovrappiù!
Adesso quello magari era lì che si vantava delle sue imprese
amatorie con i suoi amici di Everlan. Proprio con Finn, Aron e Iurean, come
minimo, visto la sfiga che sembrava perseguitarla. Perchè l'aveva
fatto, cosa voleva dimostrare?
E lei scema! Che aveva anche creduto che lui si fosse davvero preoccupato
quando l'aveva vista piangere... Era tutta colpa di quella sua stupida sicurezza
di sé. Sì proprio così, era colpa sua che credeva di
riuscire sempre a capire cosa volevano gli uomini. In verità non capiva
proprio niente.
Gli uomini sono delle creature assurde, non si capisce MAI cosa vogliano.
Doveva farsene una ragione, E smettere di pensare a come sembrava carino,
quando l'aveva guardata con quegli occhi obliqui, per poi cambiare subito
espressione e fare lo strafottente come al solito. Non era un ragazzo gentile
che faceva il duro. Era uno stupido bastardo e basta! E lei si era fatta
bellamente prendere per il naso.
Si era fatto beffe di lei tutto il tempo. Magari aveva capito perfettamente
che lei pensava di poterlo rigirare come voleva e ora se la stava ridendo
della sua ingenuità.
Irma si girò di scatto e abbrancò il cuscino violentemente,
nascondendoci la faccia arrossata. Non poteva soppravvivere a quella vergogna!
Meglio se fosse morta lì, subito!
Non poteva sopportare l'idea che quel bamboccio se ne stesse là,
a ridere di lei con i suoi amici.
O forse, forse... magari... non stava ridendo.
Forse aveva avuto davvero un problema, un problema grave. Forse non
si era sbagliata a pensare di interessargli. Forse quello stupido aveva soltanto
avuto paura delle conseguenze di quel gesto, magari si era preccupato di
causarle dei problemi, forse...
Ma chi voleva prendere in giro? Era soltanto uno stronzo che le aveva
fatto un bello scherzo e lei ci era cascata in pieno.
MaxT: Grazie di seguirmi sempre e di tutti i complimenti!
La perfetta Miss Hale si trovava ad affrontare un problema che non aveva
mai dovuto porsi prima: come falsificare la firma di sua madre sul libretto
delle giustificazioni. Fino a quel momento aveva sempre guardato con disprezzo,
dall'alto della sua integrità, quelli che si trovavano a barcamenarsi,
prima delle lezioni, fra penne e carta copiativa. Che bisogno aveva di fare
forca? Era perfettamente in grado di decidere quando e come venire interrogata.
Fare forca sarebbe andato a discapito della sua fama di alunna modello, senza
che lei ne ricavasse alcun vantaggio.
Adesso, invece, era lì, piantata davanti alla scuola che rimpiangeva
di non essersi informata meglio in proposito. Non sarebbe stato difficile
copiare la firma di sua madre e nessuno avrebbe sospettato che LEI, potesse
aver fatto forca. Il problema era un altro. Prima o poi il libretto avrebbe
potuto finire in mano a sua madre e quella se ne sarebbe accorta di sicuro,
che c'era un giorno di assenza in più. Con lei non c'era modo di
scamparla. Che doveva fare?
Cornelia fissò con disperazione il libretto delle giustificazioni,
sperando in un miracolo, una soluzione divina. Già era sul piede di
guerra con sua madre a causa dell'orecchino (per non parlare del trucco),
non poteva aggiungerci anche questo...
La data dell'ultima giustificazione si contorse, mentre l'inchiostro
sembrava sciogliersi e solidificarsi di nuovo. Cornelia fissò i numeri
cambiare, allibita. Era stata lei? I numeri si riformarono creando la data
del giorno precedente.
La ragazza si tappò la bocca con la destra soffocando
un'esclamazione. Aveva usato i suoi poteri per un fine personale... e non
proprio condivisibile, per altro. Non resistette a lanciarsi un'occhiata
furtiva alle spalle, come aspettando di vedere l'Oracolo in mezzo alla strada,
a fissarla a braccia conserte con aria di rimprovero. Ma, chiaramente, non
c'era nessuno. Chi mai avrebbe dovuto esserci?
E poi, aveva o non aveva il diritto di fare qualcosa per sé una
volta tanto? Non li sopportava più quelli che cercavano di gestire
la sua vita. Aveva trovato la soluzione al suo prolema? Sì! Bene,
che gliene importava, allora, che qualcuno potesse avere da ridire sui suoi
metodi? Niente, assolutamente niente.
Chiuse il libretto delle giustificazioni e entrò in classe. Un
lieve ronzio perplesso, simile a quello che aleggiava intorno a Meg,
commentò la sua entrata. Il suo look era leggermente più discreto
di quello del giorno precedente, perchè aveva esaurito tutto il suo
coraggio nel presentarsi a sua madre truccata e con l'orecchino, ma differiva
comunque non poco dal suo abbigliamento usuale. Cornelia strinse i denti
e scosse i lunghi capelli biondi. Scoccò un'occhiata gelida a un compagno
che aveva tentato di rivolgerle la parola e si sedette al suo posto. Estrasse
un libro dalla cartella e lo aprì con un gesto secco e definitivo:
lei faceva quello che le pareva, era come era e tutti gli altri potevano
andare a farsi friggere.
Taranee fissò scettica Cornelia consegnare il libretto delle
giustificazioni al professore. Lui, poteva anche farlo scemo, ma la ragazza
sentiva puzza di bruciato. C'era qualcosa nell'atteggiamento dell'amica che
le suggeriva, chiaro come se ce l'avesse avuto scritto in faccia, che non
era per un malessere che era mancata il giorno precedente. Oltre al fatto
che, la gonna corta a pieghe e la maglietta a righe grigie e viola, erano
un chiaro indice che Cornelia non doveva essere tanto in sé. Ultimamente
era diventata aggressiva e insofferente e, in effetti, aveva mostrato un
curioso e improvviso interesse per il punk. Taranee non riusciva a fare a
meno di pensare che queste sue "deviazioni" erano cominciate in coincidenza
con il legame che aveva stretto con la Shane.
Va bene d'accordo.
Margareth era una povera ragazza bisognosa di aiuto, non una squallida
teppista dalle tendenze sessuali ambigue. Lei avrebbe dovuto essere impietosita
da quello che era evidentemente il prodotto di una vita difficile. Non era
per il recupero dei delinquenti? Non era per un società equa e paritaria
in cuia ogni ragazzo sarebbero state date le stesse possibilità? Non
era per la libertà di pensiero, parola ecc ecc ecc?
Lo era!
Ma la Shane le stava comunque irrevocabilmente sulle scatole. Lei e
quella sua fissa di rompere ogni regola conosciuta senza alcuna remora e
senza alcuna ragione. Solo per farsi notare. Lei e quella sua attitudine
a fregarsene di tutto e di tutti. Lei e quella sua maledetta, insopportabile
e terribilmente INVIDIABILE sicurezza di sé.
Oltre al fatto che Dean sembrava trovarla più sexy di Angelina
Jolie.
Certo non avrebbe dovuto pensare che era colpa di quella stronza se
adesso Cornelia si comportava così.
Eppure...
Eppure le bastava pensare che una delle sue migliori amiche sembrava
aver perso completamente la bussola, che veniva assalita da una voglia
incontenibile di stirare la Shane con il motorino.
Ma non doveva. No, non doveva. Non doveva farsi trascinare così
dalla rabbia. Sicuramente Margareth non c'entrava niente. Sarebbe stato molto
più sensato parlare con Cornelia e cercare di capire cosa la tormentava;
non lasciarsi prendere dalla tentazione di farle una predica e provare ad
ascoltarla.
Certo eliminare la Shane, prima, non avrebbe fatto male...
Così avrebbe eliminato, una volta per tutte, una delle principali
cause delle defezioni di massa a tutto quello che tentava di organizzare.
Appena il circolo sociale di cui faceva parte provava a far partire qualche
iniziativa (la raccolta differenziata nella scuola, per dirne una, o la
partecipazione alla manifestazione contro la guerra in Iraq), la figlia di
un cane diceva qualcosa di assolutamente stronzo, con la più perfetta
noncuranza, agitando l'immancabile sigaretta e riuscendo a farsi sentire
dall'intera aula magna. E tutti, tutti! Anche se la stragrande maggioranza
dei presenti la giudicavano una pazza scatenata, probabilmente pericolosa,
scoppiavano a ridere e dimenticavano l'orazione di un'ora che Taranee aveva
scritto al prezzo di lacrime e sangue.
Certo ognuno ha il diritto di replica. Però...
Taranee contrasse un pugno, mentre Cornelia tornava a sedere al suo
posto, con un'insolita espressione colpevole stampata in faccia. Doveva
assolutamente farci due chiacchere.
Oppure poteva arrostire la Shane. Sai che soddisfazione bruciarla sul
rogo quella strega!
Involontariamente un angolo della bocca le scattò verso l'alto
in un sorrisino crudele e le dita della mano sinistra si chiusero una dopo
l'altra accarezzando l'aria, come per evocare la fiamma che avrebbe cancellato
il suo fastidioso problema.
La ragazza davanti a lei fece balenare un attimo uno specchio, mentre
si risistemava accuratamente il rossetto, nascosta dietro un muro di libri.
E Taranee vide il suo riflesso.
Subito ogni pensiero e ogni emozione l'abbandonarono, per lasciare il
posto solo all'angoscia.
Hay Lin lasciò che le parole del professore si trasformassero
poco a poco in nient'altro che rumore di fondo. Appoggiò la fronte
contro il vetro umido della finestra e cominciò a seguire il volo
basso degli uccelli con lo sguardo. Era chiaro che stava per piovere. La
ragazza lo sentiva nell'aria, dai moti del vento, appesantito dall'acqua
che portava, ma l'avrebbe capito anche senza i poteri dalla pesante coltre
di nubi e dal modo in cui si flettevano le lunghe cime dei cipressi.
Immaginò se stessa camminare a testa bassa tra gli alberi funerei,
piccola macchia rosa caramella in mezzo al grigio. Ecco, avverte dei passi
e alza il viso a guardare il nuovo arrivato. E' Matt, che scosta i capelli
lunghi dal volto, con quel suo gesto così familiare. Hay Lin lo saluta
allegramente, mentre il suo cuore accelera i battiti. Il ragazzo risponde
con un sorriso triste e impacciato.
"Cosa c'è?" chiede Hay Lin, preoccupata. Allunga timidamente
una mano per stringerli la giacca, in un gesto di incosapevole familiarità.
Come vorrebbe potergli domostrare l'affetto che nutre per lui, come vorrebbe
poterlo consolare!
La reazione di Matt la coglie inaspettata. Il ragazzo le afferra la
mano e se la porta a una guancia. Hay Lin cerca di ritrarla, il più
gentilmente possibile, ma con una certa forza. Matt, però la trattiene,
anzi l'attira ancora più vicina a sé. Strofina il viso contro
il palmo della sua mano. La sua barba è morbida, molto più
di quello che lei si immaginasse e leggermente riccia, come bambagia. Sotto
la pelle è calda e morbida.
"Non posso farci niente, mi dispiace. Ho pensato, ho pensato tanto che
non potevo. Che tu sei amica di Will" Fa una pausa, durante la quale le preme
le labbra febbricitanti sul palmo. Poi si volta verso di lei, negli occhi
lucidi brucia una fiamma tormentata "ma non posso farci niente Hay Lin, io..
io... io sono innamorato di te".
Hay lin lo fissa a occhi sbarrati, come un uccellino spaventato. E'
vero? Matt le ha appena confessato il suo amore? Non sta sognando, non è
impazzita? Si gode per un breve, brevissimo momento, quella sensazione di
calore che le stringe il petto.
Poi gli occhi spalancati si socchiudono dolcemente. Sorride e accarezza
piano il ragazzo sulla guancia. Com'è bello! Com'è
perfetto!
"Grazie" sussurra con un'intensità da spezzare il cuore "Grazie
di provare questo per me".
Poi sfila la mano dalla sua presa, che si è fatta debole, volta
le spalle e si allontana. Lui non deve vedere che sta piangendo, che allontanarlo
l'ha distrutta.
Ferito dal rifiuto di Hay Lin, Matt torna dall'unica ragazza che abbia
mai veramente amato, l'unica che può consolarlo. Lei, impietosita
vedendolo così affranto, non può respingerlo. Si riavvicinano
e capiscono che ancora, ancora e per sempre sono fatti l'uno per l'altra.
Hay Lin incrocia Will e Matt ogni giorno, a scuola, per strada ma ogni
volta sorride e gli saluta. Nessuno saprà mai che vederli insieme
la strazia, che non potrà mai amare nessun altro. Vivrà per
sempre con questo tormento.
Aveva dovuto quasi asciugarsi una lacrima di commozione: come è
stata coraggiosa!
Il suo sguardo cadde di nuovo sui cipressi e di nuovo si vide lì
salutare Matt per sempre. Immaginò la scena in ogni dettaglio, ogni
movimento dei suoi capelli rosa, ogni bottone della giacca impermeabile di
lui, perfezionando ogni particolare.
Ma si levò improvviso un vento furibondo; sollevò una
nube di foglie rosse che vorticarono fra gli alberi scuri. E un'altra immagine
si fece largo nella mente di Hay Lin.
Matt, non la lascia andare quando lei tenta di sfilare la mano; l'attira
lentamente a sé, guardandola negli occhi, le foglie cremisi tutto
intorno a loro.
"Resta con me Hay Lin" sussurra "Tu sei il mio uccellino, la sola che
possa svelarmi il segreto delle nuvole".
Mentre la ragazza, senza più la forza di reagire, lo guarda
ammaliata, avvicina il volto al suo e la bacia.
Hay Lin saltò praticamente in piedi, scaraventando la mano verso
il soffitto.
"Professore, scusi professore, posso andare in bagno?"
Aveva urgente, urgentissimo bisogno di sciaquarsi il viso con dell'acqua
gelata...
Ooops ho cacellato i ringraziamenti per sbaglio! Cmq un bacio a tutti quelli
ceh mi seguono (e im particolare a chi commenta ^^) come vedete alla fine
riappaio sempre, abbiate pazienza e vedrete la fine!
Un grazie in particolare a Max che mi incoraggia moltissimo!
Era passata una settimana intera dalla loro visita su Everlan. E non
stavano facendo niente. Niente di niente. Da Kandrakar non erano giunte notizie
di sorta, significava buone nuove o che l'Oracolo stava talmente male da
non avere più nemmeno la forza di comunicare? Forse avrebbe dovuto
chiedere a Will di fare una visita alla fortezza, tanto per sicurezza.
Una piccola ruga preoccupata si formò tra le sopracciglia scure,
mentre Taranee rifletteva su quale avrebbe dovuto essere la loro prossima
mossa. O la sua, per lo meno.
La verità è che Cornelia era stata praticamente inavvicinabile
in quei giorni. Quando non era a spasso con la Shane, era talmente chiusa
in sé stessa che rivolgere la parola era del tutto inutile. Ti freddava
subito con un'occhiataccia o, al più, ti rispondeva con una frase
così acida che c'era da meravigliarsi che non le corrodesse i denti
mentre la pronunciava.
Irma sembrava completamente impazzita, parlava a raffica per cinque
minuti e poi sprofondava nel silenzio. E, in ogni caso, faceva di tutto per
stare con loro il meno possibile, inventandosi le scuse più improbabili.
Sembrava che ce l'avesse ancora per la storia di Everlan. Poteva essere
così infantile Irma! Ma era quasi incredibile che
Miss-sono-la-volubilità-in-persona fosse riuscita a tenere il muso
per così tanto tempo: di solito le si scioglieva la lingua dopo un
massimo di due ore. Che fosse successo qualcos'altro?
Hay Lin passava la maggior parte del suo tempo a disegnare. Le aveva
rivelato, arrossendo furiosamente, di star creando la copertina per il prossimo
CD dei Cobalt Blue e l'aveva implorata di tenere il segreto. Aveva provato
a spiegarle che nessuno se la sarebbe presa, anzi, che probabilmente Will
ne sarebbe stata contenta, ma Hay Lin sembrava stare per mettersi a piangere
appena aveva fatto il nome dell'amica, per cui aveva deciso, saggiamente,
di soprassedere.
Quanto a Will, Will... sembrava triste e svagata. Taranee temeva seriamente
che la sua malinconia potesse avere a che fare con il prestante Capitano
della Guardia di Everlan. Aveva provato a scambiare due parole con lei, ma
con scarsi risultati.
"Non possiamo continuare a starcene così, con le mani in mano!
Dobbiamo fare qualcosa! L'Oracolo potrebbe star morendo in questo preciso
momento e Everlan, probabilmente, sta già venendo distrutta da alluvioni
e terremoti!"
Taranee aveva le mani appoggiate sul banco di fronte a sé
e parlava con enfasi crescente.
Wil sollevò appena la testa, reclinata stancamente sul libro
di storia.
"Perchè? Tu hai idea di cosa sia giusto fare?" chiese con
voce atona, fissandola con uno sguardo che non era da Will. Uno sguardo vuoto
e freddo.
Taranee rimase senza parole, abbassò gli occhi, incapace di
fissare quelli dell'amica e scrollò la testa, sconfitta.
Non ne aveva la più pallida idea.
E non ce l'aveva nemmeno adesso, dovette ammettere a malincuore con
sé stessa, ma l'urgenza di agire si faceva sempre più pressante.
Non potevano continuare ad aspettare, senza nemmeno una vera strategia,
lasciandosi trascinare ognuna dalla sua vita e allontandosi sempre di più.
Dovevano fare qualcosa! Però, cosa?
Forse avrebbero dovuto tornare su Everlan e cercare di sitemare una
volta per tutte la Guardia della Regina. O forse andare a Kandrakar e affrontare
l'Oracolo per avere delle spiegazioni più chiare. Sul perchè
odiasse a tal punto quel mondo, tanto per cominciare. Però, però...
aveva paura. Aveva paura che prendendo la questione di petto, la bestia affamata,
che sembrava vivere dentro di lei da quanto era tornata da Everlan, si liberasse
nuovamente. Di non riuscire a trattenerla, prima o poi. Di esplodere veramente
in un vortice di fiamme rabbiose e distruttive.
Meg aspirò con voluttà il fumo denso della sigaretta,
per poi lasciarlo sfuggire lentamente dalle narici. Sembrava che provasse
un piacere ferocemente intenso in quel gesto e lo trasmetteva con tutto il
suo essere. Cornelia fu assalita da una fitta di invidia. Fissava come
ipnotizzata la sigaretta che si avvicinava alla bocca dell'amica senza riuscire
a staccare lo sguardo. Meg la stringeva fra l'indice e il pollice con un
gesto che aveva in sè il germe della ribellione, un atteggiamento
strafottente e rudemente sensuale. La sfiorava appena con le labbra rosee,
aspirando, lasciando intravedere per un secondo i denti, grandi e candidi
nostante la nicotina e la lingua nervosa. Socchiudeva gli occhi, mentre il
fumo le invadeva la bocca, avvolgendosi in volute sorprendenti e lo tratteneva
per un secondo, gustandone il sapore acre, prima di lasciarlo scendere con
soddisfazione nei polmoni.
Come faceva a provare tutto quel piacere soltanto a causa di quella
stupida sigaretta? Era una sigaretta, diamine! Una schifezza puzzolente che
ti lascia le dita macchiate di giallo e ti riempie i polmoni di robaccia
nera. Però...
Però la invidiava! Accidenti se la invidiava! Sembrava che Meg
riuscisse a lasciarsi andare sempre, in qualsiasi situazione, non si faceva
mai problemi di nessun genere, diceva sempre quello che pensava e si godeva
sempre qualsiasi cosa al massimo livello senza mai preoccuparsi delle
conseguenze. A lei non riusciva, non riusciva proprio lasciarsi andare.
Come era successo quando aveva lasciato il pattinaggio. Non aveva sopportato
l'idea di dover ricominciare tutto. Soprattutto non aveva sopportato l'idea
che qualcuno potesse capire quanto si era illusa, quanto aveva sofferto,
quanto si era sentita ferita. Aveva preferito mostrarsi orgogliosa e superiore
e mollare tutto. Nessuno, nessuno, tanto meno le sue amiche aveva capito
perchè lo aveva fatto.
"Io me chiamo Juliette, io éspèro di trovarmi bione
con voi! En Fransa, pratica pattinajio artistiquo, io voudrei continuore
qui. Molto lieta di voi conoscère".
Cornelia si ritrovò a fissare ad occhi spalancati la nuova
arrivata. Era... era deliziosa, ecco. Talmente carina e delicata e così
terribilmente accattivante, che era impossibile provare gelosia nei suoi
confronti. I capelli castani, lisci lasciavano intravedere le orecchie piccole
e perfette, i grandi occhi bruni erano vivaci e innocenti. Era molto, molto
minuta, più bassa dell'intera testa di lei, con un fisico snello,
ma molto proporzionato, seno piccolo, vita sottilissima e fianchi dolcemente
ampi.
Quando finì di parlare, puntò diretta diretta verso
di lei, le afferrò le mani con decisione ed esclamò:
"Io te a vu pattinère, tu è tonto brava, éspèro
tonto di poter pattinare con te".
Juliette faticava a parlare inglese e non si poteva dire che al liceo
di Heatherfield fossero in molti a parlare scorrevolmente francese. Cornelia
lo parlava bene e volentieri, invece, perciò le venne naturale passare
diverso tempo in compagnia della nuova venuta, aiutandola con la lingua.
E poi la sua famiglia era inglese, si erano trasferiti in America a causa
del lavoro del padre di Cornelia quando lei era molto piccola. Dell'Inghilterra
non si ricordava quasi niente, ma la mentalità e la cultura, che i
suoi le avevano trasmesso, erano molto più europei di quello che lei
stessa avrebbe creduto. Si rese conto di avere molte più cose in comune
con Juliette dei suoi compagni.
Juliette si iscrisse alla sua stessa scuola di pattinaggio senza
alcuna esitazione. Sia Cornelia, che l'allenatrice, che le altre ragazze
rimasero stupefatte: era bravissima, scivolava sul ghiaccio apparentemente
senza alcuna fatica, esibendosi in figure complesse, cambiando espressività
e stile a seconda della musica.
"Fascevo agonisme" ammise alle loro domande allibite.
Altro che "fascevo agonisme" doveva aver partecipato ai nazionali,
se non agli europei ed aveva la loro età.
Cornelia si sentì arrossire dall'imbarazzo. Quella specie
di fenomeno sui pattini le aveva detto che era "tonto brava"? La stava forse
prendendo in giro? Eppure sembrava così sincera. Lo stesso commento
fatto da chiunque altro l'avrebbe lasciata del tutto indifferente e sarebbe
stato accolto con condiscendenza, ma in questo caso...
Juliette si attaccò a lei con assoluta naturalezza, forse
perchè parlava francese e lei sentiva nostalgia di casa o forse
perchè aveva riconosicuto in lei un'anima gemella. Si allenavano insieme
tutti i giorni, si vedevano a scuola, andavano a mensa insieme, Cornelia
la portava fuori con le sue amiche. Divenne per lei quello che era stata
prima Elyon: un'amica a cui dire tutto, con cui condividere tutto, quella
con cui ti racconti segreti nascosta sotto le lenzuola e che è speciale,
più di chiunque altro. Più dei ragazzi. Qualcuno che capisce
sempre quello che vuoi dire, anche se parla un'altra lingua, qualcuno che
anticipa quello che stai pensando, che è sempre disponibile per te,
ma anche se non è vicino sai che c'è.
In più con Juliette poteva condividere anche la sua passione:
erano una squadra imbattibile. Purtroppo i doppi si fanno necessariamente
con coppie miste, ma potevano allenarsi insieme lo stesso, scambiandosi la
parte dell'uomo ed eliminando le prese, studiare insieme le coreografie e
consigliarsi l'un l'altra. Quando ballavano insieme erano in perfetta sintonia,
una sola persona con due corpi. Due corpi che si sfioravano, si allacciavano,
si allontanavano solo per riavvicinarsi subito dopo. Cornelia era certa che
con nessuno avrebbe mai potuto avere altrettanta intimità e che per
Juliette fosse lo stesso: non si può avere un rapporto così
con più di una persona.
E' qualcosa di assoluto.
Si morse le labbra, ricordando.
La lama che perdeva aderenza, il mondo che girava, il piede che si
piegava, il dolore che le attraversava il ginocchio, il freddo del ghiaccio
sulla pelle semi nuda.
E poi l'ospedale, i medici che le dicevano "Bisognerà fare
degli esami, non si sa, forse, il legamento potrebbe essere lesionato. Forse
rotto. Forse si deve operare." E poi sì, si doveva operare e poi tutto
sarà come prima, ma intanto lei era lì, in ospedale e fuori
la vita continuava e lei era tagliata fuori. Ed era perduta la speranza di
partecipare alle gare estive, proprio adesso che aveva la possibilità
di sfondare, di fare il salto di qualità, perchè sapeva che
con Juliette ne avrebbe avuto la possibilità.
L'amica veniva a trovarla con assiduità, portandole i compiti,
studiando seduta lì, vicino al suo letto, raccontandole degli allenamenti
e facendole coraggio. E Cornelia si domandava come doveva sentirsi sol,a
in pista e a scuola, senza di lei, che fino a quel momento non l'aveva mai
lasciata. Chissà se c'era qualcuno che le faceva compagnia a mensa
e che l'aiutava con i compiti. Arrivò persino a chiedere a Irma di
presentarle Martin, perchè potesse darle una mano. Chissà se
sarebbe riuscita a prepararsi ai regionali che si tenevano di lì a
due mesi, da sola. Le sue amiche la rassicuravano, dicendole che l'inglese
di Juliette si era fatto sempre più sciolto e che lei si stava facendo
molti amici, di stare tranquilla. Cornelia, però, sapeva che non era
così. Nessuno altro avrebbe potuto dare a Juliette quello che le dava
lei, doveva sbrigarsi a guarire, per poterle stare vicino.
Dopo venti lunghi giorni, potè finalmente tornare al palazzetto
del ghiaccio, arrancando sulle stampelle. Senza avvertire nessuna della sua
visita, entrando di soppiatto, un po' perchè non aveva voglia di venire
assalita dalle solite domande che fanno a tutti quelli che hanno avuto un
incidente, un po' perché... perché voleva vedere Juliette senza
che lei la vedesse.
In mezzo alla pista Juliette pattinava con la solita grazia perfetta,
la solita delicatezza, la solita passione che traspariva da lei quando ballavano
insieme. L'istruttrice la fissava da bordo pista con sguardo severo e compreso,
ma orgoglioso. Le sue compagne guardavano con ammirazione malcelata e un
pizzico di invidia.
Ma Juliette non era sola. Un ragazzo ballava con lei sfiorandola,
allacciandola con le braccia, allontanandosi solo per riavvicinarsi subito.
In perfetta sintonia.
Non avrebbe neppure saputo dire, perchè si era sentita così
crudelmente ferita, così insopportabilmente gelosa, ma non era riuscita
a sostenere quello spettacolo. Aveva preso e se ne era andata. E non era
più tornata al palazzetto. Mai più.
Era stata glaciale con Juliette quando si erano viste nei giorni
seguenti. La sopresa che traspariva dal volto dell'altra per quel trattamento
la inveleniva ancora di più e Cornelia la trattava con tanta più
ferocia, quanto più l'altra cercava di essere gentile. Finchè
Juliette non aveva smesso di venire a trovarla.
A quel punto, quando aveva ripreso a frequentare le lezioni, fu ovvio
che continuassero a evitarsi, fino a smettere del tutto di parlare.
Nessuno aveva capito perchè avesse deciso di non ricominciare
a pattinare, appena guarita. Continuavano a incoraggiarla, dicendole che,
se avesse voluto, avrebbe potuto ancora ottenere ottimi risultati, che la
fisioterapia sarebbe stata dura, che avrebbe dovuto ricominciare dalla basi,
ma che poi il suo ginocchio sarebbe stato quello di prima e lei avrebbe ripreso
tutto quello che aveva perduto, ma lei non aveva voluto saperne. Non avrebbe
pattinato mai più. Non si sarebbe trascinata goffamente su quella
pista su cui aveva piroettato con tanta grazia. Su cui Juliette
piroettava.
Comiciò a isolarsi sempre di più, a interessarsi a un
tipo di musica, abbigliamento, cultura underground che aveva sempre disprezzato.
Si allontanò dalle sue amiche che la assillavano con domande che riteneva
stupide e fastidiose, perchè non riuscivano a capire quello che la
tormentava. Forse perchè non lo sapeva nemmeno lei. Nemmeno lei riusciva
a capire perché quell'episodio l'avesse segnata fino a quel punto,
perché un sospetto inammissibile le si annidava nel cuore.
Era stato allora che aveva conosciuto Meg. Meg che si era fatta largo
attraverso il sospetto e l'indifferenza che Cornelia aveva schierato a difesa
dei suoi sentimenti feriti, accettandola incodizionatamente, con tutti i
suoi difetti e i suoi pregi. Che le aveva dato i migliori consigli che avesse
mai ricevuto semplicemente stando zitta, che l'aveva consolata come non aveva
saputo fare nessuno, soltanto con un abbraccio. Meg che aveva capito tutto
e non aveva detto nulla.
Eccomi qua con un nuovo capitolo! Sono stata abbastanza veloce, stavolta?
Max, carissimo, grazie mille del supporto! Spero che tu apprezzi anche questo
capitolo e che ti ripaghi della costanza con cui mi segui e della pazienza!
Il pennello si mosse sinuosamente sulla carta porosa, lasciando un
evanescente segno azzurro, che lentamente delineò il profilo di una
nuvola. Hay Lin pulì il pennello nel bicchiere verde che teneva di
fronte a sé. Strofinò la punta sulla pasticca del giallo, facendola
rotolare su stessa finchè non fu carica di colore. Lasciò sgocciare
il colore su una delle vaschette bianche che punteggiavano il tavolo e
ripeté la sequenza con il verde, in quantità molto più
ridotte. Mischiò i due colori aggiungendo anche una goccia di terra
bruciata e si dedicò a dipingere le ombre delle nuvole.
L'acquarello, di dimensioni imponenti e di forma pressappoco quadrata,
rappresentava un paesaggio come si può vederlo dal finestrino di un
aereoplano: le nuvole che riempivano quasi del tutto la visuale e il cielo
di un blu profondo che appariva a tratti, un grande uccello che si librava
sopra le nubi e uno squarcio di verde e oro dove il bianco si apriva lasciando
intravedere il paesaggio sottostante.
Si era appuntata i capelli sopra la testa con una piccola pinza colorata
perchè non le dessero fastidio. Soltanto qualche soffice ciuffo le
sfuggiva dall'acconciatura sfiorandole le guance. Da quando era andata allo
studio di Matt non aveva più ricomprato il gel. Il caschetto le aveva
portato fortuna e poi a Matt piacevano così. Diceva che la facevano
sembrare una caramella. Aveva anche composto una filastrocca che faceva
così:
Ragazza caramella
hai i capelli
di fragola
e il sorriso di panna
e lamponi.
Forse che i tuoi denti
siano di zucchero filato?
Hay Lin la trovava carina, anche se non era sicura che fosse lusinghiera.
Anzi probabilmente non lo era. Matt non la riteneva altro che una bambinetta.
Però le bastava anche questo. Era molto di più di quanto non
avesse mai osato desiderare, che lui la trovasse graziosa, se non altro come
si trova grazioso un gattino.
Oggi l'avrebbe visto di nuovo. Che meraviglia!
Continuava a sentirsi in colpa nei confronti di Will, però era
tutto così bello, come un sogno a occhi aperti. Così bello
che non poteva evitare di lasciarsi trasportare dagli avvenimenti.
I Cobalt Blue era adorabili verso di lei, la vezzeggiavano in tutti
modi e sembrava che i suoi disegni piacessero loro moltissimo. Sperava che
il risultato finale sarebbe stato di loro gradimento e l'idea di poter vedere
il CD nei negozi, con la sua copertina, la emozionava come il presentimento
del Natale emoziona i bambini. Sarebbe stato il simbolo tangibile del sentimento
che la legava a Matt. Non desiderava altro. Quello le sarebbe bastato.
Concentrata sul disegno, piano piano smise anche di pensare a Matt,
nonostante il suo ricordo le lasciasse una sensazione di calda felicità.
Il piacere di tirare il colore sulla carta, di perfezionare i particolari,
di lasciare le gocce azzurre allargarsi liberamente sulla carta in disegni
imprevedibili, eppur perfettamente inseriti nella sua visione l'assorbì
completamente.
Questa era la vita che voleva fare!
Finì di stendere l'ultimo strato di colore e studiò il
disegno con aria critica. Avrebbe detto che era buono. Uno dei migliori che
avesse mai fatto, però avrebbe dovuto aspettare fino al giorno dopo
per esserne sicura. Una notte di sonno è un ingrediente fondamentale
alla completezza di un disegno, quasi quanto i colori e la carta. Gli occhi
riposati la mattina dopo, liberati dall'immagine ideale del disegno che le
si era fissata negli occhi, avrebbero saputo dirle se funzionava davvero
o se andava corretto o rifatto.
Ma, la mattina dopo, l'illustrazione le parve anche migliore che la
sera precedente. Forse era la luce dell'alba che la illuminava morbidamente,
rendendo i colori ancora più freschi e veri. Sperava solo che non
si rovinasse al momento della stampa.
E che piacesse ai ragazzi, naturalmente...
Con tutta la cura di cui era capace, staccò lo scotch e le puntine
che bloccavano il foglio a una base di compensato e lo arrotolò stretto,
stretto, per poi infilarlo in un tubo di plastica nera.
Preparata, molto più alla rinfusa, la cartella, scese in cuicina
e si servì una colazione regale: se l'era meritata! E a lei i cereali
con il latte piacevano tanto... soprattutto quelli alle ciliegie! Non era
molto cinese tradizionale, magari, ma, diamine! Vivevano o no in America?
Percorse il tragitto fino a scuola quasi saltellando, sentendosi il
cuore pieno di fiducia per il futuro e allegria a causa di quel pezzo di
carta F6 (100% fibre di cotone, l'unica con cui si trovava bene, ma cavolo
quanto costava!) che portava sulle spalle.
Il suo pass verso la felicità! E non aveva nemmeno niente di
cui rimproverarsi. La sua relazione con Matt era assolutamente lecita, no?
Non faceva niente di male. Passavano solo del tempo insieme e collaboravano.
Niente di più, ma sufficiente a farla sentire al settimo cielo.
Sospirò in estasi.
Avrebbero, per sempre, avuto una relazione dolce e platonica. Piena
di rispetto e affetto sincero. Lui non avrebbe mai saputo del sentimento
diverso che ella nutriva, ma era davvero così importante? Avrebbe
avuto altre donne, forse si sarebbe sposato. Magari e allora sarebbe stato
perfetto, sarebbe tornato a stare con Will. Però questo non avrebbe
cambiato niente. Sarebbero stati sempre vicini. Forse avrebbero raggiunto
il successo insieme e sarebbero sempre stati legati dal loro lavoro, che
era anche la loro passione. Cosa ci poteva essere di meglio?
Anche la giornata era splendida, limpida e fresca. Il cielo di una sfumatura
di turchese che sembrava quasi eccessiva per essere naturale e rendeva tutto
più vivo e tangibile. Un turchese che si respirava.
Che giornata!
Che giornata stupenda, perfetta, una giornata che era nulla poteva
rovinare... Nemmeno quel vento antipatico che le fece cadere il tubo con
l'illustrazione. Si chinò a raccoglierlo e dovette inseguirlo per
un pezzo, mentre rotolava spinto dalle raffiche insinuanti e dispettose.
Ma nulla poteva rovinare quella giornata, si disse, risollevandosi
vittoriosa con il rotolo in mano.
Nulla tranne... tranne... tranne...
Ma brutta civetta impicciona!
Una biondina dalla gonna troppo corta stava aggrappata al braccio di
Matt, con tutte le sue forze. Come qualcuno in procinto di annegare. E intanto
gli rivolgeva un servizio completo di sguardi languido-ammirati e sorrisi
assassini.
Ma guarda un po' te!
E' vero, è vero! Fino a un attimo prima pensava che non le sarebbe
importato se Matt avesse delle ragazze. Che per lei non sarebbe cambiato
niente.
Però... bhè, non aveva pensato che sarebbe stato così
presto! Quando il loro rapporto non si era ancora consolidato! E non proprio
oggi, che doveva essere una giornata soltanto per loro! La giornata in cui
gli consegnava l'illustrazione che li avrebbe legati per sempre.
E non aveva pensato che sarebbe stato con una Marilynbionda, lungogambuta,
biancosorridente universitaria. Insomma. doveva essere uno scontro un minimo
più equilibrato!
Invece, adesso, quello che avrebbe dovuto essere il SUO giorno, sarebbe
cominciato con Matt che non si accorgeva nemmeno di lei, ipnotizzato da una
scollatura lungometrica. Di quelle che lei non sarebbe mai potuta per permettere,
per capirsi.
Prima di rendersene conto le si erano già riempiti gli occhi
di lacrime per la delusa frustrazione. Accidenti, proprio oggi doveva venire
a lezione con la ragazza? Che ingiustizia!
Matt alzò gli occhi e la vide. Per un breve momento le parve
in imbarazzo. Sicuramente era stata soltanto una sua impressione. Però,
però... si districò rapidamente e in modo quasi brusco,
dall'abbraccio poliposo della pupa da gangster, la liquidò in quattro
e quattr'otto, spengendo il suo sorriso a tremila Watt e si diresse verso
di lei.
YEP!
Yep? Che yep? Niente yep! Non c'era nessuna ragione di essere soddisfatta!
L'aveva vista mentre lo fissava come una scema e si sarebbe anche accorto
delle lacrime che le rigavano le guance. Che vergogna!
Istintivamente, si voltò e cercò di tagliare la corda.
Forse era il suo animo leggero e aereo, ma affrontare i problemi di petto
non era proprio il suo forte.
Sentì un mano afferrarle il polso sinistro, un braccio che la
stringeva al fianco e, nel tempo di un respiro, si trovò voltata verso
Matt e quasi schiacciata contro il suo petto.
Il ragazzo la scostò appena, con delicatezza, e sorrise. Un ciuffo
gli ricadeva sulla fronte e sugli occhi. Lo rendeva ancora più
affascinante del solito.
"Ormai sono diventato esperto di caccia agli uccellini!"
Hay Lin rimase senza fiato per un attimo. Se evitò di morire
soffocata, fu solo, perchè Matt distolse un attimo gli occhi dai suoi,
per fissarli sul tubo di plastica.
"E cosa abbiamo qua? Non dirmi che hai finito la copertina?" il suo
sorriso si fece ancora più largo e caldo.
Annuì felice. Se n'era accorto. Il rossore le colore appena le
guance. Si era sentita così delusa che adesso il piacere era ancora
maggiore. Che bello.
Matt la fissò per un attimo, indagatore, poi spalancò
gli occhi.
"Ma... Ehi, hai pianto? Che ti è successo?" sembrava davvero
preoccupato.
"Niente... niente, davvero, solo... il vento freddo. Il vento, ecco".
In fondo era stato veramente il vento.
"Non mi piace vederti piangere. Nemmeno per il vento" mormorò
Matt, asciugandole le lacrime con il dorso di un dito "Sei sempre così
allegra e solare, così spontanea e piena di vita."
La guardò negli occhi, per troppo, troppo tempo, mentre Hay Lin
rianeva immobile, stregata da quello sguardo così vellutato, come
un uccellino da quello freddo di un serpente.
"E' per questo che mi sono innamorato di te".
A quel punto, secondo la sua sceneggiatura, Hay Lin avrebbe dovuto rifiutare
il suo amore e traformare il loro legame in una splendida amicizia.
Però come è difficile rinunciare ad amare, quando si è
appena scoperto quanto è crudele la gelosia, quella vera.
Soprattutto se soffia una brezza lieve, che sa di ciliegie e
primavera.
Ciao a tutti, eccomi qua, sto riuscendo a scrivere regolarmente in questo
periodo.
Max: Grazie mille per l'aiuto che mi hai dato per correggere questo ostico
capitolo! A presto!
In piedi poco fuori dalla cancellata della scuola, Taranee guardò
Hay Lin allontanarsi con Matt indirezione dell'edificio. Era inevitabile
che finisse così: era chiaro come il sole che Hay Lin fosse cotta
di lui, e non era difficile intuire che lui la ricambiava. Prima o poi ci
sarebbero cascati di sicuro.
Ma perchè proprio ora che avevano già tanti problemi e che
erano così divise?
Forse sarebbe stato meglio far finta di niente, per il momento.
Si eclissò fra la folla di studenti, sperando che Hay Lin non l'avesse
vista.
Una chioma rossa sbucò all'improvviso di fronte a lei.
Ora doveva arrivare? Accidenti!
Taranee scoccò una rapida occhiata alle sue spalle: Hay Lin stava
parlando timidamente con Matt, tenendo una manica della sua felpa stretta
nella mano sinistra. Erano entrambi un poco arrossiti e c'era una certa qual
intimità, nel loro atteggiamento, che avrebbe insospettito anche
il più ben pensante. Non erano poche le ragazze che scoccavano occhiate
degne di Cerbero ad Hay Lin. Una bionda prosperosa, in particolare, sembrava
volerla incenerire con lo sguardo.
Si voltò verso Will, appena in tempo per agganciarle un braccio
e trascinarla in un'altra direzione.
L'amica la guardò vagamente perplessa, ma l'apatia che la pervadeva
in quei giorni fu provvidenziale, perchè non reagì
altrimenti.
"Allora, cosa pensiamo di fare?", proruppe Taranee scegliendo il primo
argomento che le passava per la testa. "Non possiamo continuare ad aspettare
l'evolversi degli eventi. Pensa se ci attaccassero di nuovo! Se succedesse
qualcosa a Irma o a Cornelia, ci metteremmo giorni a scoprirlo. Già
spariscono nel nulla per conto loro".
Allungando il collo, si accertò che Matt e Hay Lin si stessero
allontanando. Vide che l'amica aveva tirato fuori un disegno e lo stavano
guardando insieme. Probabilmente si trattava della famosa copertina galeotta,
da cui Hay Lin sembrava essere stata completamente assorbita negli ultimi
giorni. Forse sarebbe tornata con i piede per terra, una volta finito.
Anche se sembrava improbabile, dato come guardava Matt. Se non altro
non erano più in atteggiamenti compromettenti.
"Taranee, mi ascolti?". Will la stava guardando interrogativamente.
"Uh... io sì, sì certo... stavo cercando Dean...",
ridacchiò nervosamente.
Will riprese: "Dicevo... dicevo che non riesco a prendere una decisione
da sola su quest'argomento. Vorrei parlarne con le altre. Irma sembrava
volerci dire qualcosa quel giorno, a Everlan".
Continuò con voce incolore di rassegnazione: "Se soltanto l'avessimo
ascoltata allora, forse...".
Taranee annuì. Ciò che diceva Will aveva un senso.
Se solo non fosse stata troppo distratta da Hay Lin e Matt, forse avrebbero
potuto cavare qualcosa di buono da quel discorso. "Parlare... parlare con
le altre... Sì sarebbe... sarebbe utile, sicuro. Sì utile.
Hay Lin doveva dirci qualcosa, vero?", balbettò, cercando di concentrarsi
sulle parole dell'amica.
Will la squadrò perplessa.
"Hay Lin? Ma no, stavo parlando di Irma. Ti ricordi quando è
tornata da quella fantomatica festa sulla spiaggia? Sosteneva di avere delle
informazioni".
I due neo-innamorati sembravano sufficientemente lontani.
Con uno sforzo, Taranee riuscì a ricollegare il cervello. "Sì,
sì, è vero. Pareva che Irma dovesse dirci qualcosa. Dovremmo
bloccarla in un angolo e costringerla a parlarci. Credi di riuscire
a fermarla a ricreazione?"
Will scosse la testa, affranta: "Scappa via appena suona la campanella.
E lo sai com'è... sguscia come un'anguilla. Forse, se Hay Lin mi desse
una mano...".
"Eeeehu... sì. Hay Lin. Sicuro...". Che situazione
imbarazzante!
A distrarre Will, fortunatamente, si era levato un improvviso brusio.
Due figure alte e snelle fendettero la folla davanti ai cancelli della scuola,
fianco a fianco, camminando con l'altezzosa grazia di due modelle in passerella.
Una delle due era terribilmente familiare, nonostante la grande coppola di
stoffa scozzese che le copriva metà volto e il trucco che stravolgeva
l'altra metà.
Cornelia era di nuovo con la Shane... e non sembravano proprio intenzionate
a entrare a scuola.
Anzi,marciavano decise nella direzione opposta, incuranti dei mormorii
degli studenti e delle occhiate indignate di un paio di insegnanti.
Taranee si sentì fremere. Questa volta non avrebbe permesso alla
Shane di trascinare di nuovo una delle sue migliori amiche nelle sue assurde
avventure.
Trascinandosi dietro la apatica Will, si parò davanti a
Cornelia.
Questa la squadrò con disappunto. "Bhè? Che vuoi?"
domandò aggressiva.
"Si può sapere cosa credi di fare?", la rimproverò.
"Ultimamente salti le lezioni quasi tutti i giorni. Non è da te. Non
avevi mai fatto una forca prima! Cosa ti sta prendendo?". Squadrò
ostile l'alta figura della Shane. "E' colpa di questa tua... amica?".
"Sono fatti miei cosa faccio e con chi esco", soffiò Cornelia.
"Tu pensa ai tuoi".
Taranee sentì l'ira, repressa lungamente nei giorni precedenti,
montarle alla gola. "Sono fatti anche nostri! Ti ricordo che abbiamo dei
doveri. Sembra te ne sia completamente scordata!".
"Ne ho abbastanza di doveri!", sbottò Cornelia con astio. "Me
ne frego, voglio pensare un po'a me!".
Quella risposta e quell tono colpirono Taranee profondamente. E' così
che la pensava allora? Dove stava la loro amicizia, in tutto questo?
"E' colpa sua, vero? E' tutta colpa sua!", abbaiò indicando Meg,
mentre la rabbi ale dava alla testa. "Ti comporti in modo strano da quando
la conosci!".
Era stanca! Stanca che tutte si comportassero come delle bambine viziate,
che pensassero soltanto a loro stesse. Le avrebbe fatte ragionare, a costo
di usare la forza, di prenderle tutte a schiaffi. Era inutile continuare
a rimuginare, stare lì a pensare, pensare, pensare e non combinare
niente.
"Cornelia Hale, possibile che tu non riesca a comportarti in modo più
responsabile?", aggiunse, poi si voltò furibonda verso Margareth.
"E' da quando ti conosce che si comporta in queso modo assurdo!", gridò,
ergendosi in tutta la sua altezza nel patetico tentativo di competere con
la Shane, che la guardava impassibile dall'alto del suo metro e ottanta.
Perchè diavolo non reagiva, quella stronza? Perchè non
si levava dalla faccia quell'espressione amabile e non le rispondeva a tono?
La riteneva solo una povera stupidella, indiana e bassina per di più.
Ma ci avrebbe pensato lei, Taranee, a cancellarle quell'aria strafottente
dalla faccia!
A cancellare direttamente lei dalla faccia della terra, magari!
Il fuoco dentro di lei ruggì, sempre più violento, sempre
più affamato.
"Credo che ti sbagli", rispose Meg pacata, alzando appena le spalle
e accendendosi un'altra sigaretta. "Esce con me perchè è cambiata,
non il contrario. E' troppo in gamba per farsi plagiare".
Cornelia fece un passo avanti, cercando di costringere Taranee a rivolgersi
di nuovo a lei. "Tieni fuori Meg da questa storia. Lei non c'entra niente",
ringhiò puntandole un dito sul petto. "Sono io che decido cosa faccio!"
Ella sentì dentro di sé la furia salire come una marea.
Più plagiata di così...
Sposto con un gesto brusco il braccio di Cornelia, continuando a tenere
gli occhi puntati in quelli della Shane.
"E allora perchè si comporta così? Perchè si è
dimenticata di noi, che siamo le sue migliori amiche, e difende te, che quasi
non la conosci? Perchè si dimentica di tutto quello che abbiamo passato
insieme e ci abbandona nel momento del bisogno?"
Le fiamme si agitarono selvagge, cercando di liberarsi dalle catene
con cui le teneva avvinte. E sarebbe stato così piacevole, lasciarle
andare, scagliarle contro quella stangona bruna che la guardava con... con
compatimento! Come se fosse dispiaciuta per lei. La credeva una stupida?
"Dovresti provare ad ascoltare di più, sai?", suggerì
Meg, in tono colloquiale e affabile.
Era troppo per Taranee. Era stanca di dubbi, di chiedersi cosa fosse
giusto. Era stanca di pensare, di essere ragionevole! Abbandonarsi al fuoco
era tanto più facile e piacevole!Il fuoco si levò feroce dentro
di lei. Poteva rendere tutto semplice, tutto chiaro, tutto luminoso. Eliminare
ogni problema, smettere di esitare. Bastava che lo volesse.
Ed ella lo chiamò a sé, godendo dell'impaziente prontezza
con cui le rispondeva,lambendole la pelle, accendendole gli occhi, crepitando
nelle sue orecchie.
Aveva soltanto fame, adesso. Nessun dubbio, più.
"Tara... nooo!"
Sentì una voce gridare e due braccia stringerle le spalle con
forza.
Il fuoco l'abbandonò all'improvviso, mentre Will la tratteneva.
Taranee avvertì la consapevolezza, il senso di colpa, il panico farsi
largo dentro di lei.
Cornelia si era appesa al collo della Shane, facendole scudo con il
proprio corpo, il viso affondato nei capelli scuri dell'amica, che la guardava,
lievemente sorpresa e, forse, un po' compiaciuta.
Si slacciò lentamente dall'abbraccio e squadrò Taranee
con odio.
"Sei impazzita? Ti sei resa conto di cosa stavi per fare? E poi sarei
io che mi comporto in modo strano!".
Si, se ne rendeva conto. Cosa le stava succedendo? Aveva ragione Cornelia,
era lei che stava impazzendo completamente.
Sarebbe mai più riuscita a controllare quella belva feroce che
le si nascondeva dentro?
L'aspetto peggiore di tutta quella storia era che una piccola parte
di lei sospettava che la Shane potesse aver ragione. Forse, se fosse stata
vicina a Cornelia in silenzio, invece di dirle come doveva comportarsi, non
si sarebbe arrivati a questo. Il germe del dubbio la rodeva da dentro e la
confondeva, come tutto, tutto in quei giorni. Perchè non poteva essere
più semplice? Bianco e nero, giusto e sbagliato.
"Io... io non so cosa mi abbia preso. Davvero. Mi spiace, mi spiace
tanto".
Will, vicino a lei, le strinse appena una spalla per farle coraggio.
"Non ti preoccupare, per fortuna ce ne siamo accorte prima che succedesse
qualcosa di grave. L'abbiamo sentito crescere dentro di te. Non è
colpa tua, siamo tutte strane in questi giorni".
Meg, che non aveva capito cosa stesse succedendo, sfiorò i capelli
di Cornelia, che cominciò a singhiozzare convulsamente. La punk, con
espressione allarmata, l'abbracciò cercando di consolarla, mormorandole
all'orecchio qualcosa che Taranee non riuscì a sentire.
L'altra scosse i lunghi capelli biondi e, asciugandosi le lacrime, si
allontanò rapidamente da loro.
Meg si morse un labbro, inquieta. Guardò le due ragazze di fronte
a lei.
"Ha bisogno di voi...ma non in questo modo".
Si voltò e la inseguì a lunghi passi.
Taranee, svuotata dal fuoco e dalle emozioni che l'avevano travolta,
si accasciò fra le braccia di Will, mentre le lacrime cominciavano
a scivolarle lungo le guance.
Arieccomi! Questo capitolo mi è piaciuto da matti scriverlo e spero
che piaccia a voi leggerlo.
Max: grazie dell'aiuto che mi dai e del sostegno, lo scorso capitolo è
stato proprio un parto, per fortuna che ci sei tu! Scusami se a volte sono
un po' lenta a rispondere, ma ne ho sempre troppe e poi ho la testa perennemente
fra le nuvole ^^
Hiromi: Ce ne hai messo di tempo, per commentare, disgraziata! Però
sono proprio contenta che tu abbia trovato la forza, alla fine, grazie mille,
sia dei complimenti che delle dritte. Quando avrò finito di scrivere
tutto, mi darò alla revisione (oddio che noia...) e cercherò
di sistemare anche i dialoghi secondo i tuoi consigli. Mi fa piacere che
ti piaccia Irma, così come l'ho rappresentata, ame piace tantissimo
scrivere di lei: è così divertente ^^. Riguardo ai periodi
di pace, eh... mi sa che dopo questo lungo intermezzo, che comunque proprio
di pace non è, si tornerà all'azione più pura...
mi dispiace ç_____ç. Tu intanto, cerca di scrivere il prossimo
capito di EYL che io aspetto...
Amantha: bhè mi fa piacere che "Terra Magica" ti abbia interessato,
anch se non leggi più Witch (al momento nemmeno io, a essere sincera...).
Ho visto che ti interessa il fantasy e.. bhè... "Terra Magica" in
effetti è praticamente un fantasy puro, molto influenzato da alcune
delle mie letture, pur cercando di mantenere anche un aspetto romatico e
adolescenziale. Aspetto altri tuoi commenti, continua a leggermi!
Una mano si appoggiò furtiva accanto alla serratura, mentre un'altra
inseriva una chiave con estrema cautela.
Piaaaano, doveva fare piano, piano... se papino si accorgeva che era
rientrata di nuovo così tardi, le avrebbe tolto i soldi per
l'eternità.
Nonostante la sua cautela la serratura emise un lieve rumore metallico
scattando. Irma si congelò sul posto, una smorfia di terrore dipinta
sul viso.
Rimase immobile in ascolto per qualche secondo.
Dall'interno della casa non provenne alcun rumore.
Forse le era andata bene.
Aprì la porta con la massima prudenza e...
"Irma Lair, ti sembra questa l'ora di rientrare a casa?".
Suo padre incombeva, a braccia conserte e pigiama a righe, dietro la
porta di ingresso.
Irma si trascinò a capo chino, sotto il suo sguardo corrucciato,
nel corridoio e si preparò spiritualmente alla ramanzina.
"Sono le due passate! Non ti sei fatta sentire per tutta la sera e avevi
il cellulare spento! Non mi pare che fossero questi i nostri accordi! Avevo
detto che potevi uscire il sabato sera, purché rientrassi entro le
una! Ti rendi conto di quanto mi fai preoccupare?".
Sotto quel fuoco di fila, Irma si limitò ad annuire e ad arrossire
leggermente. Obbiettivamente era lei ad aver sbagliato, si era completamente
dimenticata dell'ora, mentre ballava scatenatamente. Ma che ci poteva fare
se le avevano messo tutte le sue canzoni preferite di fila? Tutte, ma proprio
tutte-tutte e quando stava per andarsene era attaccata "The Passenger" e
aveva DOVUTO tornare indietro. Insomma era "The Passenger" la canzone più
perfettissima del mondo per ballare!
Suo padre, intanto, era passato dalla modalità "severo e furibondo"
a "comprensivo e preoccupato".
"Cosa devo fare con te?" continuò, scrollando la testa "Lo capisci
quanto mi fai spaventare quando ti comporti così? Cosa ti sta prendendo
in questo periodo? Io non ti capisco più... La mia bambina non mi
avrebbe mai fatto preoccupare così".
E poi, per lei ballare era come una terapia. Andava lì e, con
quella musica assordante nelle orecchie e le luci stroboscopiche, le partiva
la testa, smetteva di pensare, si muoveva e basta. Se c'era qualcosa che
non andava, se ne dimenticava subito. Sorrideva con fare malizioso a un ragazzo
e agitava le anche, poi si girava di scatto, lasciandolo con un palmo di
naso e faceva l'occhiolino a un altro e si sentiva splendida. Nessuno poteva
rifiutarla, nessuno! Lei era Irma, una forza della natura mica per modo di
dire!
Era arrivato il momento finale della predica, quello che Irma detestava
con tutta sé stessa. Cominciava sempre nello stesso modo, perciò,
visto che era preavvertita, alle prime avvisaglie di pericolo mise il cervello
in stand-by.
"E' tutta colpa mia, vero? Non sono un bravo padre. Avrei tanto voluto
che tua madre fosse stata qui con noi, ad aiutarmi a crescerti. Purtroppo
non è stato così, io ho fatto il possibile, ma vedo che non
è abbastanza. Mi spiace tanto, bambina mia, non sai come vorrei che
la mamma fosse ancora..."
Quello stupido di Flood credeva che lei fosse una squinzia qualunque?
Di poterla rigirare come voleva? Bhè si sbagliava della grossa! Non
aveva pensato a lui per tutta la sera, nemmeno una volta. Ben gli stava!
Diede distrattamente un paio di colpetti incoraggianti, sulla spalla
del padre.
"Sei un papà bravissimo, non ti devi rimproverare di niente.
Sono io che attraverso un periodo un po' così, non ti devi preoccupare,
davvero. Su, su, dai" borbottò un po' a casaccio.
"La mamma ti manca vero?" chiese suo padre, come faceva tutte le volte,
con espressione implorante.
"Certo che mi manca" rispose Irma, cercando di comunicare maturità
e avvedutezza, nonostante le lucette che le ballavano negli occhi e il ronzio
che le riempiva le orecchie "Come manca a tutti noi, Ma sono felice lo stesso
papà, davvero. Sto bene. Sono una brava ragazza. Ho dei voti decenti
a scuola, non bevo, non fumo e non mi drogo. Vedi? E' tutto a posto..."
"Ma se hai appena detto che hai un periodo un po' così" indagò
inquisitorio il signor Lair.
Lo aveva detto? Ah sì lo aveva detto. Ormai ripeteva il copione
talmente in automatico che, se cambiava un pezzo, si perdeva per
strada...
"Sì, è vero, è vero... Ho un periodo un po' così,
ma non c'entra niente, niente con la mamma. Niente." incrociando e poi allargando
le braccia, fece il gesto di diniego più ampio che poteva, nel
tentativo di rafforzare l'affermazione.
"E' l'adolescenza, capisci?" sussurrò con fare cospiratorio "E'
normale, succede a tutti. Sono gli ormoni!" asserì, annuendo con
enfasi.
"Se lo dici tu..." borbottò il padre, poco convinto.
"Comunque questo non ti esime da rientrare in orario" riprese di nuovo
severo. "Niente più uscite serali per un mese. Devi imparare a rispettare
le regole".
Irma sospirò rassegnata. Era il minimo che potesse
aspettarsi.
"Va bene papà. Hai ragione tu... Scusami". La buona condotta
era il metodo migliore, per sperare in una riduzione di pena.
Il padre le sorrise con affetto.
"Su, da brava, va a letto ora".
"Ormai che ti ho svegliato, ne approfitto per farmi la doccia. Sono
sudata fradicia".
"Va bene, ma fa piano, cerca di non svegliare tutta la casa. Anna è
stata sveglia fino a poco fa per aspettarti, ma alla fine è crollata.
Aveva lavorato tutto il giorno ed era stanca morta".
Irma annuì, con l'aria più mortificata che poté
trovare "Mi dispiace tanto".
"Su, su, buona notte pulcino". Il padre le accarezzo il capo, sorridendole
con affetto.
"Buonanotte pa'" lo salutò Irma con un bacio sulla guancia.
Si trascinò in camera con le ultime energie residue. Tutto sommato
le era andata bene... anche se non poter più uscire la sera per un
mese, sarebbe stata una tortura.
Se l'era proprio voluta. Già papà era poco soddisfatto
dei suoi risultati scolastici, avrebbe dovuto sapere che non era il caso
di tirare la corda. Però ne era valsa la pena.
Cominciò a sfilarsi la gonna alla timida luce gialla
dell'abat-jour.
Un imbarazzato colpo di tosse la gelò sul posto.
Irma fissò terrorizzata la parete di fronte a sé e poi
si voltò.
Lentamente.
Molto lentamente.
Sicuramente non ci sarebbe stato nessuno di fronte a lei. Aveva sicuramente
avuto un'allucinazione uditiva. O magari si trattava di quel mostro di Chris,
che si era svegliato nonostante il suo passo felpato.
Ma difficilmente l'alta figura dinoccolata, nell'angolo opposto della
sua stanza, avrebbe potuto essere scambiata per quella di suo fratello. Neppure
nella penombra della sua camera. Neppure con centinaia di lucette ancora
danzanti davanti gli occhi.
Irma contò fino a dieci, mentre esaminava tutte le
possibilità.
Poteva ucciderlo seduta stante. Sarebbe stato sicuramente un guadagno
per l'umanità intera.
Oppure poteva urlare a squarciagola e godersi la scena, quando suo padre
si fosse precipitato in camera. Pensarlo con le manette ai polsi, costretto
a salire sulla volante, era allettante.
Infine, avrebbe potuto saltargli addosso e finire quello che avevano
cominciato sulla spiaggia. In fondo, lui era perennemente seminudo, lei si
stava già spogliando e si trovavano di notte, nella sua camera da
letto.
Il difetto di una qualsiasi di queste possibilità era che
includevano, necessariamente, ammettere che le era bruciato da matti, venir
mollata nel mezzo del nulla in quel modo.
E questo non l'avrebbe fatto mai! Piuttosto la morte!
"Proprio non ci riesci a star lontano da me, eh?" chiese sarcastica,
guardandolo dall'alto in basso.
"Uhm" borbottò Flood, fissandosi insistentemente i piedi
"Dovrei...uhm...parlarti".
"Non ho sentito bene? Cos'hai detto?" insistette Irma, impietosa.
"Che...uhm..." si passò una mano tra i capelli, in un gesto stanco
e si sedette sul letto "Senti non ho voglia di litigare, ne ho già
passate a sufficienza, per colpa tua", aggiunse in tono conclusivo.
Irma annaspò dalla rabbia. Lui, ne aveva passate a sufficienza?
Ma brutto... Assunse una sorprendente tonalità fucsia, mentre l'idea
di mettere rapidamente fine ai giorni di quel bellimbusto si faceva ancora
più allettante.
Poi, mentre prendeva coscienza delle implicazioni dell'affermazione,
un sorrisetto sadico si allargò soddisfatto sul suo volto.
"Perchè..." chiese crudele, gustandosi ogni sillaba "Cosa posso
mai aver fatto, per causarti tanti problemi?"
Flood appoggiò le mani sul materasso, dietro di sè e
alzò il viso verso di lei. "Tu niente. Il problema è che pare
non abbia fatto a sufficienza neanche io" arrossì di botto, anche
più di lei, solo che, bruno di pelle com'era, il suo colorito divenne
piuttosto mattone che rosso.
"Ah sì? E cioè?" cantilenò Irma, sempre più
allusiva e maligna.
"Certo che come ospite non vali proprio niente" le rispose il ragazzo,
la sua vecchia arroganza resuscitata dalle punzecchiature della ragazza "Mi
fai il terzo grado prima ancora di farmi accomodare? Guarda che arrivo da
un'altra dimensione. E' un viaggio lunghetto!".
"Non vedo proprio perchè dovrei far accomodare il nemico!"
ribattè Irma a braccia conserte. "Non ho l'abitudine di offrire il
té a gente che ha cercato di uccidermi! Tanto meno alle tre di
notte!".
"Bhè, adesso vengo in pace. Ambasciator non porta pena, no?
Perciò comportati da brava ospite".
"Tu? E di chi saresti ambasciatore tu? Esiste qualcuno così stupido
da affidare una missione diplomatica a te?" domandò la ragazza
beffarda.
Lo sguardo di Flood, con grande soddisfazione di Irma, si fece di nuovo
sfuggente e il ragazzo parve in difficoltà a trovare una risposta.
"Io... ecco... diciamo che sono ambasciatore di me stesso e tu... faresti
bene a starmi a sentire" la guardò serio negli occhi "Per il bene
tuo e delle tue amiche".
Forse... forse sarebbe stato ragionevole, dargli il tempo di dire quello
che aveva da dire. Ma anche così terribilmente pericoloso.
Nel suo grande e lussuoso appartamento anche Cornelia non dormiva,
nonostante l'ora tarda. Negli ultimi giorni si era tenuta a distanza dalle
sue compagne, benché Meg avesse provato a suggerirle di provare a
parlarci. Non aveva intenzione di scendere a compromessi al momento, soprattutto,
non aveva intenzione di perdonare Taranee.
Cosa diavolo le era preso? Avrebbe potuto fare seriamente del male a
Meg. Aveva sentito il potere bruciante che emanava, aveva visto i suoi occhi
farsi pericolosamente torbidi, mentre il fuoco scorreva dentro di lei, libero
e affamato.
Il suo elemento non era così. Non aveva mai avuto difficoltà
a controllarlo. Era lento e paziente, forte e robusto e ricco di vita, ma
non esplosivo come il fuoco. Forse stava succendendo qualcosa di pericoloso
per tutte e avrebbe dovuto preoccuparsene anche lei, però non voleva.
Quei giorni, che aveva passato quasi perennemente in compagnia di Meg,
facendo cose che non si sarebbe mai sognata, prima, l'avevan fatta sentire
meglio, molto meglio di quanto non si fosse mai sentita da diverso tempo
a quella parte.
La sera precedente, l'amica l'aveva accompagnata in un buco di palestra,
nella zona meno dignitosa della città. Era scura e piccola, puzzava
di sudore e risuonava di grida roche e ansiti raschianti. Meg aveva salutato
la fauna bizzarra di uomini massicci e tatuati e di donne dall'aria feroce,
con un gesto pigro e amichevole dei suoi, poi l'aveva condotta negli spogliatoi
e le aveva fatto indossare una tuta, mentre si fasciava i polsi.
Le aveva imposto un riscaldamento che persino Cornelia, che pure
era allenata e in ottima forma, aveva trovato estenuante, poi, molto più
allegra di quanto l'amica l'avesse mai vista, le aveva porto un paio di guantoni
puzzolenti.
"Vedrai, sarà divertente" aveva esclamato, tutta contenta
"E poi aiuta a scaricare i nervi!" aveva aggiunto, rivolgendole un occhiolino
malizioso.
Ed era stato divertente davvero. Cornelia non avrebbe mai pensato
di poter trovare tanto appassionante prendere a pugni un vecchio sacco marcio,
invece, una volta cominciato a capire come muoversi, non avrebbe più
smesso. Era faticoso, faticoso da matti, le sembrava che dovessero caderle
le braccia in terra ad ogni colpo e tutte le volte che sbagliava il tempo
e colpiva il sacco, mentre quello dondolava verso di lei, sentiva il dolore
attraversare i suoi polsi sottili. Però la faceva sentire bene, proprio
bene. Sentiva l'astio, che continuava a covare dentro di sé, verso
sua madre, le sue amiche, il mondo intero, riversarsi fuori, dando energia
ai suoi colpi e vincendo la stanchezza, lasciandola serena e
rilassata.
Meg ogni tanto le si avvicinava, per mostrarle come tenere le braccia
ed eseguire i colpi, poi si piazzava poco distante a prendere metodicamente
a pugni un piccolo sacco veloce.
Chissà come faceva Meg a conoscere quella palestra, si domandò
rigirandosi nel letto,conosceva tutti i luoghi più loschi della
città. Avrebbe voluto tanto sapere qualcosa di più di lei,
della sua famiglia, della sua vita, dei suoi sogni, dei suoi desideri, però
la compagna era sfuggente come un'anguilla, era impossibile ottenere una
risposta diretta. Alle domande di Cornelia rispondeva sempre deviando il
discorso e la bionda si ritrovava, non sapeva nemmeno come, a parlare di
sé, con Meg che l'ascoltava attenta e compresa.
La coda bionda sferzava l'aria mentre Cornelia provava a muoversi
veloce sui piedi, come vedeva fare agli altri intorno a sé. Accidenti
se era difficile! Però, i lunghi anni di allenamenti le avevano dato
un controllo non comune del suo fisico e rapidamente aveva cominciato a prendere
confidenza con i movimenti.
"E brava la biondina! E' tosta! E' una una amica Meg?" aveva esclamato
un uomo asciutto sulla quarantina, che l'aveva osservata in silenzio fin
dal suo arrivo.
"E' amica mia ed è tosta sì, Joe! Dalle tempo e vi
manda tutti al tappeto, voi omacci" aveva risposto la ragazza bruna, rivolgendole
un'occhiata di approvazione, che aveva riempito Cornelia di un'ondata improvvisa
di orgoglio.
"Non aspetto di vedere altro" aveva commentato convinto l'uomo "Ehi
biondina, come ti chiami?".
"Corn... elia" aveva sputato fuori lei, ansimando e senza distogliere
gli occhi dal sacco.
"Se ti iscrivi, scommetto che tra sei mesi puoi cominciare a salire
sul ring. Ti va l'idea?" le aveva proposto.
La ragazza si era fermata e aveva allontanato un ciuffo ribelle dagli
occhi, con la mano guantata "Perchè no?".
Dietro di sé aveva sentito Meg ridere. Non aveva nemmeno dovuto
voltarsi, per sapere che stava ridendo di pura e semplice allegria.
"Ehi Meg, ci stai a fare quattro round con me, tesoro?" aveva gridato
una donna dal fondo della palestra.
Cornelia l'aveva squadrata, sempre incuriosita dalle frequentazioni
di Meg, nella speranza di scoprire qualcosa di più su di lei. Era
più bassa di entrambe loro, ma muscolosa, con il petto largo. Rossa
tinta, di una tintura dozzinale e sbiadita. Una riga di matita sugli occhi
e le labbra abbondanti, nonostante tutto aveva una certa bellezza
strafottente.
Meg aveva risposto con un cenno di diniego della mano "Oggi no Hellen,
è la prima volta di Cornelia e volevo starle un po' dietro".
"Non ti preoccupare, Meg, ci penso io alla tua amica" aveva interloquito
Joe "Va pure".
A Cornelia, l'amica era sembrata un po' indispettita da quell'intrusione,
ma poi aveva annuito e si era arrampicata sul ring in mezzo alla
palestra.
Era salita anche Hellen, rivolgendole un sorriso divertito e un'occhiata
allusiva. Cornelia aveva avvertito un impeto di rabbia salirle nel petto.
Come si permetteva di guardarla così? Brutta maiala... Prese a colpire
il sacco con più forza di prima, ascoltando appena i consigli di
Joe.
Di tanto in tanto allungava un occhio, per controllare come se la
cavava Meg sul ring. Con sua soddisfazione, fu subito chiaro che le
capacità della sua amica erano decisamente superiori a quelle dell'altra.
Era rapida, schivava con apparente facilità i colpi della donna, fintava
e rispondeva con pugni decisi e veloci. Ma non abbastanza forti, a giudizio
di Cornelia, quella era ancora lì in piedi che sbatteva le ciglia
da brava oca, evidentemente Meg non le stava facendo tanto male.
Pperchè le aveva dato tanto fastidio, quella donna? Si chiedeva
adesso Cornelia rannicchiata nel suo letto. Ancora adesso, se ricordava come
guardava Meg, sentiva un impeto di rabbia salirle nel petto e un gran desiderio
di avere il sacco della palestra a disposizione per potersi sfogare.
Mentre facevano la doccia, aveva distrattamente chiesto alla bruna
chi fosse quella tipa, ma Meg aveva elusivamente risposto che si trattava
solo di una vecchia amica. Per qualche ragione, quella risposta l'aveva inacidita
ancor di più, nei confronti della rossa. Quando quella, poi, era entrata
negli spogliatoi e aveva rivolto una lunga occhiata d'apprezzamento a Meg,
che si stava rivestendo, aveva desiderato di cuore ucciderla sul posto. Porca.
Non che non fosse comprensibile guardare con apprezzamento Meg seminuda:
con quel fisico androgino era così bella, da farla sentire priva di
ogni attrattiva.
Le sarebbe piaciuto essere come lei, con le scapole sporgenti, il
sedere piccolo e le spalle muscolose.
Soprattutto le sarebbe piaciuto avere il suo odore, aveva un odore
incredibile la punk, forte e dolce. Lo stesso odore stordente dei fiori di
magnolia, che sfumavano dal viola nel bianco in cima ai nodosi rami scuri,
nei giardini ombrosi delle ville vittoriane, nel quartiere ricco di Heatherfield.
Un quartiere dove, sicuramente, l'amica non aveva mai messo piede. Eppure
l'odore era proprio lo stesso. Che strano.
Con un sospiro sorridente, Cornelia si abbandonò al sonno, ricordando
il profumo di Meg.
MaxT: Alla fine ce l'ho fatta a pubblicare! E' stato un capitolo un po' faticoso,
perché è l'inizio della "fine", il momento in cui si torna
all'azione e gli eventi cominciano a precipitare. D'ora in poi spero che
sia tutto in discesa! Grazie per supportarmi sempre, spero che quando avrò
finito di scrivere tutto, mi darai una mano a fare la revisione, che sarà
il momento più duro.
Amantha: Grazie per il tuo entusiasmo nei confronti del mio racconto. Spero
che troverai il tempo di leggere questo capitolo! Io mi appassiono molto
a quello che scrivo e sono felice che si veda.
La prima guerra modiale era scoppiata perché…
perché… era stato assassinato qualcuno, da qualche parte, anche
se non è che fosse proprio la ragione vera, perché… già,
perché? Perché doveva essere tutto così complicato?
Non poteva essere un po’ più semplice e lineare? Un po’
più chiaro? Will chiuse il libro con stizza, mentre i compagni
cominciavano ad affollare la classe. Era arrivata presto quella mattina,
nella speranza di riuscire a studiare un po’ in vista dell’inevitabile
interrogazione di storia, ma era una speranza che si era rivelata presto
vana. In quei giorni sembrava incapace di concentrarsi. Everlan continuava
a tornarle alla mente e, con Everlan, Avren. Così pericoloso, così
tormentato e così insopportabilmente perfetto.
Guardò l’orologio distrattamente: mancava ancora un quarto
d’ora al suono della campanella. Né Hay Lin né Irma erano
ancora arrivate. Il pomeriggio precedente aveva ricevuto una serie di telefonate
insistenti da Irma e una valanga di chiamate telepatiche da Taranee, ma si
era rifiutata di rispondere e aveva chiuso ostinatamente la mente, non aveva
voglia di parlare, per un po’potevano cavarsela anche da sole. Adesso,
però, avrebbe voluto sapere perché l’avessero cercata
e si sentiva in colpa. Di rimettersi a studiare non valeva nemmeno la pena
pensarlo, era così palesemente inutile…
Tanto valeva approfittarne per andare in bagno, prima che la carta igienica
venisse fatta sparire.
Mentre si lavava le mani, cercando di ottenere il miglior risultato
possibile usando solo acqua, dato che il contenitore del sapone era, come
sempre, rigorosamente vuoto, udì una voce familiare trillare gioiosamente
in corridoio.
“Allora cominciate a registrare stasera? Che bello! Posso venire
a vedervi?” cicalava.
“Te l’avrei chiesto io” rispose una voce maschile,
altrettanto familiare all’orecchio di Will “Canto meglio quando
ci sei tu” concluse affettuosamente.
Hay Lin e… Matt? Possibile? Da quando erano così in
confidenza?
“…Ma dai… che dici” borbottò la voce che
sembrava proprio quella di Hay Lin, con ridacchiante e lusingato
imbarazzo.
Will si azzardò ad affacciarsi prudentemente dalla porta. Matt
e Hay Lin le davano fortunatamente le spalle e si allontanavano camminando
fianco a fianco. Non si tenevano per mano, né azzardavano gesti
particolarmente intimi, ma il modo in cui la testa del cantante inclinava
verso la studentessa e il modo in cui ella gli sfiorava una manica con le
dita, erano per Will sintomi altrettanto eloquenti.
La ragazza si ritrasse dentro il bagno e si rifugiò in una toilette,
chiudendosi la porta alle spalle. Si afflosciò contro l’anta,
sopraffatta dallo sbigottimento.
Matt e… e Hay Lin? Come era possibile? Come poteva non essersene
mai accorta?
Perciò alla fine l’aveva veramente, definitivamente dimenticata.
L’aveva sostituita. Adesso avrebbe guardato un’altra, con la dedizione
che prima dedicava a lei, avrebbe rivolto a un’altra le sue profferte
di amore, accanto a un’altra avrebbe cantato sulla spiaggia, accompagnandosi
con la chitarra.
Non un’altra qualunque, poi, ma Hay Lin, una delle sue migliori
amiche!
Un’improvvisa cosapevolezza la colse, lasciandola smarrita. Come
aveva potuto non sospettare niente? Si era confidata con lei, era andata
a piangere sulla sua spalla, quando si era separata da Matt e, intanto, forse
Hay Lin era già innamorata di lui. Chissà cosa aveva pensato
mentre lei le raccontava di come si stavano allontanando. Forse aveva gioito
alle sue spalle, forse aveva manovrato per spingerla a lasciarlo, senza che
lei se ne fosse resa conto. La vergogna e la paura le strinsero le
viscere. Chissà cosa provava mentre la consolava e sembrava tanto
addolorata per lei? Le aveva tenuto nascosto tutto. Non le aveva mai detto
niente di quello che provava, né tanto meno, del fatto che lei e Matt
stessero diventando così intimi. Will non aveva mai avuto il benché
minimo sospetto che si frequentassero, nemmeno come amici. Forse si era servita
delle sue confidenze per conquistarlo.
No, che assurdità! Una cosa del genere poteva sospettarlo di
tutti, ma non certo di Hay-hey, così sincera e spontanea, incapace
veramente di architettare un piano così subdolo, non doveva nemmeno
pensarlo.
Piuttosto doveva averla ferita crudelmente riferendole le sue pene d'amore,
lamentandosi perché aveva quello che magari Hay-Hey desiderava. Bella
amica, era. Non si era accorta di niente, non aveva capito niente
Però adesso era lei ad avere accanto Matt e Will l’aveva
perduto per sempre.
Era finita, finita davvero.
Non l’avrebbe più guardata in quel modo meraviglioso che
escludeva tutto il resto del mondo e le faceva scoppiare il cuore, non
l’avrebbe più stretta fino a soffocarla con le sue braccia forti,
schiacciandole il naso contro il petto largo, non le avrebbe più
sussurrato dolci sciocchezze nelle orecchie, che la facevano ridere e
rabbrividire di piacere.
Non sarebbe stato più suo, non più. Non lo sarebbe stato
mai più, perduto per sempre.
Un vuoto soffocante si fece largo nel suo petto, bloccandole il respiro
dolorosamente.
Avrebbe dovuto tenerselo stretto finché poteva, che sciocca che
era stata. Era così bello sentirsi amata, la faceva sentire al caldo
e al sicuro, avvolta e protetta dal suo affetto. Qualsiasi difficoltà
è più facile da affrontare, se c'è qualcuno al tuo fianco,
sempre pronto a sostenerti, ad ascoltarti e consolarti. Qualsiasi sconfitta
si supera più facilmente, se hai accanto qualcuno che ti stimerà
e ti amerà, anche se tu ti odi e ti disprezzi.
Invece la solitudine è come la pioggia novembrina, che bagna
pian piano, senza che quasi ce ne si accorga, finché non si è
completamente inzuppati e il freddo è penetrato fin nelle ossa.
Si voltò, appoggiandosi stancamente con la fronte, contro il
legno ruvido della porta, mentre un groppo doloroso le stringeva improvvisamente
la gola, insieme a un'angoscia crudele, un bisogno irreprimibile di fuggire,
ma non c'era nessun luogo dove fuggire. Una lacrima le scivolò lungo
uno zigomo, mentre la sensazione di soffocamento si faceva più forte.
Le mancava così tanto, così tanto. Non voleva che fosse di
un’altra.
Eppure era così egoista un simile pensiero. Si erano lasciati
ed ella era stata d’accordo, allora perché Matt non doveva cercare
la sua felicità con un’altra? Perché Hay Lin non avrebbe
dovuto cercarla con lui?
Ma perchè Hay Lin?
Però avrebbe voluto che restasse sempre lì, per lei, un
paio di braccia tra cui rifugiarsi nei momenti di malinconia, un porto sicuro
a cui tornare.
Invece era sola, sola veramente e gli occhi grigi e indifferenti di
Avren facevano ancora più male.
I singhiozzi irruppero attraverso di lei e cominciò a piangere
disperatamente, incapace di fermarsi. Senza riuscire a pensare ad altro che
all'abisso che le si era improvvisamente spalancato nel petto.
La campanella squillò indiscreta e con la campanella tornò
la razionalità. Smise di piangere quasi all'istante, soltanto qualche
singhiozzo saltuario che si ostinava a salirle alla gola.
Doveva tornare in classe, ci sarebbe mancato soltanto di prendere anche
una nota. Si premette con forza i palmi delle mani sugli occhi, per fermare
le lacrime e si sciacquò rapidamente il viso.
Non doveva farsi vedere debole, non doveva!
Si diresse quasi di corsa, verso la classe, ma venne intercettata da
una mano dalle unghie accuratamente laccate di blu pervinca, che
l’afferrò per un braccio, bloccandola bruscamente.
La mano la trascinò dietro un angolo. Will si trovò davanti
un’eccitatissima Irma, una Taranee dall’aria severa e una Hay Lin
evidentemente a disagio.
Hay Lin. Rimase a fissarla ipnotizzata. Cosa... come doveva comportarsi?
Che dirle?
“Manda la tua goccia a sostituirti, presto!” esclamò
Irma pressante, guardandosi attorno preoccupata.
Will la guardò attonita, tornando in sé. “Ma…ma
io…io… cioè…qui?” balbettò.
“Non ho tempo per spiegarti adesso! Vi devo parlare! Fa come ti
dico, veloce!” ordinò l’altra, continuando a guardarsi attorno
con fare sospetto.
Will obbedì, troppo confusa per opporsi ancora. Si sdoppiò
e spedì in classe la sua goccia.
“Venite presto!” bisbigliò Irma, afferrandò
Hay Lin per una mano e avviandosi velocemente verso i bagni.
Appena furono riusciti a pressarsi tutti dentro una toilette, con Irma
appollaiata sul water e le altre tre appiccicate contro le pareti, la Guardiana
dell’acqua cominciò a parlare concitatamente.
“Si può sapere dov’eravate finite tu e tu?”
esclamò con tono di rimprovero indicando Will e Hay Lin.
Entrambe le interpellate abbassarono il capo vergognose.
La più piccola arrossì vistosamente.
Era con Matt!
Il pensiero colse Will con fulminante certezza, non fece in tempo ad
articolarlo, però, perché Irma aveva ripreso a parlare.
“Quanto alla principessina, non c’è stato verso di
contattarla e a scuola non s’è vista nemmeno oggi, perciò
dovremo cavarcela da sole!”.
“Cavarcela…?” domandò Will. Avvertiva la presenza
di Hay Lin accanto a sé, come se fosse stata un fuoco bruciante. Era
consapevole di ogni suo respiro, di ogni suo battere di ciglia.
“Irma ha delle informazioni che potrebbero esserci utili”
spiegò Taranee “E che, ci ha nascosto fino adesso, per qualche
ragione” completò gelida.
“Ehm… sì…cioè, non proprio…io e poi…
non tutte ce le avevo da prima…” Irma si schiarì la voce,
cercando di sfuggire agli sguardi indagatori delle altre “Oh insomma!
Voi non mi state mai ad ascoltare! E comunque adesso ho deciso di dirvelo
e ho anche delle notizie importanti e voi non vi facevate trovare!”
concluse imbronciata.
“Forza, spara, prima che qualcuno decida di venire a ficcanasare
da queste parti!” la spronò Taranee.
“So di un posto su Everlan dove… dove… com’è
che avevano detto? Ci sono delle immagini che raccontano la storia di
Everlan… però…uhm non ho capito bene, sembra che narrino
soltanto quello che uno vuole veramente sapere… non so come sia
possibile…” Irma si interruppe confusa, riflettendo, poi scrollò
le spalle “Bhè, insomma così”.
“E perché non ce l’hai detto prima?” sbottò
Taranee.
“Bhè a te l’ho detto ieri…” borbottò
Irma vaga.
L’altra non sembrava molto soddisfatta della risposta e Will credette
di capire quello che stava pensando: “Non avremmo passato due settimane
a tormentarci in questo modo, se tu non ti fossi comportata come una bambina
capricciosa”. Solo pochi giorni prima, aveva avuto quell'attacco di
folle furia che l'aveva quasi portata a compiere qualcosa di irreparabile
e ne era uscita prostrata. Pensare che Irma avrebbe potuto evitarle quella
prova, non doveva essere facile da mandar giù. Però litigare,
a questo punto, era inutile. Così come sarebbe stato inutile litigare
con Hay Lin. Inutile.
“Non ce l’ha detto prima e tant’è, indietro non
si può tornare” interloquì “perché adesso
ce ne parli, però?”.
Irma acquistò un’allarmante tonalità porpora.
“Ah… uhm… ecco io…” si tormentò le unghie,
scrostando lo smalto così accuratamente steso “ecco…”
abbassò la voce finchè non fu poco più di un bisbiglio
“E’ venuto a parlare con me Flood della Guardia di Everlan sabato
notte…”.
Will le rivolse un’occhiata dubbiosa, incerta se aveva capito bene.
Di chi stava parlando...?
Dietro di lei Hay Lin esplose in un “Eeeeeeh???” assolutamente
incredulo, mentre Taranee sollevava così tanto le sopracciglia da
farle sparire sotto i rasta.
“E’ rimasto abbaglianto dal mio fascino, che ci volete fare”
si gloriò Irma recuperando la sua abituale faccia tosta e gettandosi
dietro le spalle la chioma, con un gesto da star.
Nessuna delle altre tre si azzardò a commentare la fanfaronata
e Irma riprese a parlare con un bisbiglio cospiratorio.
“Pare che i suoi amichetti stiano mettendo in atto un piano per
dividerci e indebolirci, per poi attaccarci di nuovo!” la ragazza
incrociò le braccia sul petto, per dare forza
all’affermazione.
E ci stanno riuscendo benissimo, rifletté Will, ma guardateci!
Hay Lin esce con il mio ex e io nemmeno lo sapevo, Taranee quasi da fuoco
a una nostra compagna nel piazzale della scuola, Irma ci tiene nascoste preziose
informazioni e Cornelia… Cornelia non sappiamo nemmeno dove sia, speriamo
che non abbia cominciato a drogarsi, almeno...
“Perciò propongo di partire subito per Everlan e andare
alle scogliere bianche, non c’è tempo da perdere!” concluse
Irma con enfasi.
“Come facciamo a fidarci di questo Flood?” chiese Taranee
sospettosa “Potrebbe essere un tranello anche questo”.
“No!”rispose Irma, con una foga che prese Will alla sprovvista
“No! Lo so che non ha raccontato balle, è così e
basta!”
Lo sapeva che non le aveva mentito, mentre parlava piano, seduto sul
suo letto, a testa china, le mani strette fra le ginocchia. Quella mani grandi,
con i polsi squadrati, che la facevano deglutire soltanto a vederle. Quando
le vedeva, così vicine, non poteva continuare a negare di desiderarlo,
nonostante tutto o forse a causa di tutto, perché quel suo essere
così imprevedibile, lo rendeva ancor più affascinante.
“Efri e i gemelli stanno pensando alle tue amiche dell’aria
e del fuoco e stanno facendo un ottimo lavoro, temo. Avren, invece, si è
rifiutato di prender parte al piano, lui combatte solo faccia a faccia, afferma.
Non ha bisogno di trucchetti simili. Aspetta però, aspetta ad attaccare
di nuovo la tua amica, per permettere agli altri di portare a termine il
piano.”
“E tu?” aveva domandato Irma con un filo di voce, trattenendosi
a stento dal poggiargli il capo sulla spalla.
“Io…” si era strofinato il mento e le labbra con il dorso
della mano, quindi le aveva rivolto un lungo sguardo pensoso, con quei sui
bizzarri occhi a mandorla “Non lo so, all’inizio ero d’accordo
anche io. Abbiamo bisogno dei vostri poteri, dobbiamo ottenerli, a qualsiasi
costo” un lampo deciso gli aveva attraversato lo sguardo “non possiamo
farci scrupoli. Dovevo confonderti e ingannarti, coglierti di sorpresa”.
Aveva sorriso, di un sorriso triste e malizioso al tempo stesso “E mi
stava riuscendo anche bene! Però… poi… mi è passata
la voglia” aveva concluso scrollando le spalle.
Irma, la cui indignazione era stata risvegliata dall’affermazione
precedente, era stata completamente disarmata da quelle parole distratte.
“E…?” aveva chiesto con timida aspettativa.
“E niente... Ho proposto di cercare un'alternativa, di provare
a parlare con voi. Di chiedervi di farci da ambasciatrici presso l'Oracolo,
per cercare una soluzione pacifica ” aveva risposto il ragazzo, per
poi continuare, una sfumatura rancorosa nella voce“Il Capitano nessuno
osa contraddirlo, ma io mi sono trovato al centro del ciclone. Efri e Ire
mi trattano come un traditore, quanto a Ardu…” era rabbrividito,
poi l’aveva fissata con spaventosa serietà “Guardatevi da
lui, è pericoloso, veramente pericoloso, è capace di qualsiasi
cosa, pur di portare a termine il suo dovere”.
Era rimasto in silenzio per un pezzo, mentre lei, seduta al suo fianco
cercava di dominare il turbinio di emozioni che la sua presenza e le sue
parole avevano risvegliato.
Se ne era andato poco dopo, senza averle detto molto altro, lasciandolo
euforica e, al tempo stesso, delusa e insoddisfatta.
Will annuì. Non c’era altro da fare, non potevano continuare
a versare in quello stato di insofferente incertezza. E lei non poteva più
restare lì, spalla a spalla con Hay Lin, con il desiderio di voltarsi
verso di lei e gridarle in faccia, con quanto fiato aveva in gola "Perché,
perché mi hai fatto questo, perché proprio lui?" che si di
dibatteva dentro di lei. Doveva agire, doveva fuggire.
“Partiamo per Everlan, subito.”.
Taranee si tirò un rasta, riflettendo. “Cornelia deve poterci
raggiungere, se si deciderà di venire." un lampo di colpa le
attraversò gli occhi scuri, mentre la voce si faceva dolente "Apriamo
la porta per Everlan a The Olde Bookshop" propose "Così potremo lasciarla
aperta, mentre saremo là e Cornelia potrà seguirci... se lo
vorrà”.
Le ragazze si guardarono negli occhi, poi, con un cenno di assenso
sgattaiolarono fuori dal bagno e dalla scuola e si diressero alla
libreria.
Chiedo scusa a tutti per l'assenza, ho avuto un periodo complicatissimo e
sono veramente tanto impegnata. Ho finito di scrivere questo capitolo alle
11, 45 di sera, dopo 10 ore di lavoro e la prospettiva di alzarmi alle 7
( e il gatto protesta perché ha finito i biscottini). Voi abbiate
fede, però: costi quel che costi finirò di scrivere "Terra
Magica" e spero che possiate apprezzare i prossimi capitoli come i precedenti.
Vi avverto che questo capitolo è un po' ostico... Non posso dire niente
per non rovinare la trama ma... siete sempre liberi di spengere il pc e andarvene
^^
Ad Personam:
MaxT: Come sempre mi sostieni moltissimo con la tua costanza a seguire la
mia storia. Spero che le soluzioni dell'inghippo, che si faranno via via
più chiare, ti possano soddisfare. Per questo capitolo, invece, ti
toccherà pazientare, perchè la telecamera si sposta fuori
dall'azione... sulla dispersa delle cinque ragazze.
Amantha: Cerca di seguirmi, se ce la fai, tra un impegno e l'altro, così
come io cercherò di scrivere ^^. Mi fa piacere che la mia storia ti
appassioni, spero che il resto non ti deluda. Grazie delle entusiasmo!
AyaCere: Sei veramente un tesoro ç_______ç mi sono commossa!
Immagino che sia stato grazie a te, se ho avuto un improvviso aumento di
lettori! Non sai quanto mi fa contenta leggere una recensione così
ben scritta e intelligente e incredibilmente positiva. Continua a seguirmi
e fammi sapere cosa pensi del seguito. (A proposito... spero che il ritorno
in scena di Flood sia stato di tuo gusto ^^ Scrivere di lui e Irma è
così divertente...).
Fruittella110: Una nuova lettrice, che bello! E' la recensione di AyaCere
che ti ha indirizzato? I tuo commento mi fa molto piacere, sono sempre molto
felice di sapere che sono riuscita a trasmettere le emozioni dei personaggi,
perchè è quello a cui tengo di più, quando scrivo. Aspetto
altre recensioni ai capitoli seguenti!
Marina: Grazie della recensione e benvenuta tra le mie lettrici. Aspetto
di sapere cosa pensi del resto della storia (se mai arriverai a leggere questo
capitolo lo saprai^^)
Witch 92: Che recensioni entusiaste! Grazie mille! Mi sembra che la storia
ti stia prendendo e questo mi fa un grandissimo piacere. Spero che il resto
e gli altri colpi di scena non ti deludano.
Meg leggeva con quella sua voce bassa e roca, quasi mascolina. Il fumo
le sfuggiva dalle labbra insieme alle parole. La ragazza sembrava trovare
uguale piacere in Prevert e nello spinello. Era incredibile la capacità
di Meg di godersi appieno qualsiasi piccola soddisfazione potesse offrirle
la vita, pensò Cornelia, aspirando l'odore dolce e pungente della
canna.
"Non si può leggere Prevert senza fumare!" aveva commentato con
uno di quei sorrisi candidi che sconvolgevano all'improvviso i suoi lineamenti
imbronciati, tirando fuori un panetto di fumo dalla tasca.
Aveva usato una cura pignola a non perdere nemmeno un grano di fumo,
bizzarramente in contrasto con la sfacciataggine con cui si rollava una canna
in pieno parco pubblico; in un orario in cui avrebbero dovuto essere a scuola,
per di più.
Cornelia avvertì un vago senso di colpa. Non avrebbe dovuto essere
lì e non soltanto per la scuola. Taranee aveva cercato ripetutamente
di mettersi in contatto con lei, tramite i suoi poteri da telepate, ma lei
aveva chiuso la mente e li aveva tenuta fuori. Quello che la preoccupava
di più, però, era che non aveva dovuto sforzarsi, per non
ascoltare. La voce di Taranee, nella sua testa, era stato poco più
d un sussurro ovattato, di cui poteva percepire il suono, ma non le
parole.
Stava forse perdendo i suo poteri?
O era a causa dell'attrito che c'era fra loro in quel momento? Non sarebbe
stata la prima volta che il pomo della discordia, gettato fra di loro, indeboliva
il loro legame, non solo affettivo, ma anche empatico e psichico.
Non aveva voglia di vederle o di confrontarsi con loro, però.
Non aveva voglia di dare spiegazioni, di ascoltare scuse e di fornirne, di
concedere perdoni. Non aveva voglia di raccontare cosa aveva fatto in quei
giorni e cosa aveva provato in quegli ultimi mesi.
Non aveva voglia di confidarsi e di affrontare giudizi.
Uscire con Meg, chiaccherare, ascoltarla leggere e sedere al sole, in
mezzo al verde e ai fiori, era decisamente meglio. Decisamente più
facile.
Le parole della poesia ondeggiarono pigramente nella mente di Cornelia,
ai limiti della coscienza.
"...Contre le portes de la nuit
Et les passent qui passent les désignent du doigt
mais les enfant qui s'aiment
Ne sont là pour personne..."
Si piegava sul libro Meg, leggendo. Lo teneva sollevato con una mano
sola, quel libretto leggero di un centinaio di pagine, poggiando appena il
gomito destro sul ginocchio e incurvando le spalle ossute. Il braccio destro
penzolava dal lato metallico della panchina, sollevandosi per portare la
canna alle labbra.
Era incredibile come potesse apparire bella anche in quella posizione
assurda. Cornelia la fissò con invidia, mentre l'amica soffiava volute
di fumo aromatico dalla bocca. Lei sarebbe sembrata ridicola nella medesima
posa, goffa e sgraziata. Invece Meg sembrava soltanto ancora più sexy
del solito, mentre gustava sulla lingua, le erre arrotate del francese.
Incredibile che Margareth Shane, la delinquente, la perenne ultima della
classe, leggesse il francese con tanta naturalezza, caricandolo della la
stessa insopportabile carica di sensualità che gli danno i
madrelingua.
Il ventre di Cornelia si strinse dolorosamente, mentre un'altra melodiosa
voce francese mormorava al suo orecchio.
Lo spinello sembrava così attraente. L'espressione di Meg così
rilassata e dimentica di tutto, mentre aspirava con voluttà.
La punta irregolare, strettamente arrotolata intorno a un filtro fatto
con un biglietto dell'autobus, aveva un fascino ipnotizzante.
"...Excitant la rage des passants
leur rage leurs mèpris leurs rires et
leur envie..."
Lo sguardo di Cornelia seguiva famelico il movimento della canna.
Voleva sapere che sapore avesse, quel cilindretto allungato, appena
inumidito dal contatto con le labbra di Meg. Erano giorni che, tutte le volte
che Meg tirava fuori una sigaretta, rimaneva incantata a fissarla, tormentata
dalla curiosità di sentirne il sapore sulla lingua.
Tese un braccio, quasi in sogno, senza sapere bene cosa stava
facendo.
"Fammi fare un tiro" esordì, brusca per mascherare
l'imbarazzo.
Meg sollevò lo sguardo dalle pagine, la squadrò per qualche
secondo, poi allungò languidamente il braccio, passandole lo spinello
da sopra al libro.
"Aspira bene" le raccomandò con voce incolore "Butta
giù".
Cornelia strinse goffamente la canna fra le dita, studiandola nervosamente.
Non ne aveva mai provata una, così come non aveva mai provato una
sigaretta. Aveva sempre avuto un pessimo rapporto con il fumo. Odiava chi
riempiva le stanze di nebbia puzzolente, che le faceva bruciare gli occhi
e si attaccava ai capelli e a i vestiti.
Però adesso le sembrava di non poterne fare a meno.
Appoggiò sospettosamente lo spinello fra le labbra e aspirò,
sforzandosi di "buttare giù" come aveva detto Meg.
Un momento dopo stava tossendo convulsamente sulla panchina, piegata
in due e con le lacrime agli occhi.
L'amica recuperò con prudente destrezza lo spinello, prima che
lei lo facesse cadere in terra e prese una boccata con soddisfatto piacere,
indifferente al fatto che lei stesse passando le pene dell'inferno.
"Così non ti verrà in mente di riprovarci un'altra volta"
commentò tranquillamente.
Cornelia le rivolse uno sguardo rancoroso, carico di orgoglio
ferito.
"Ti ci metti anche tu, adesso, a dirmi che cosa devo fare?" ansimò
ferita.
"No" rispose la punk scrollando le spalle "Io ti faccio imparare
dall'esperienza. O saresti ancora interessata a provare adesso?".
Cornelia rispose con una smorfia disgustata.
Meg esplose in una risata fragorosa e improvvisa che cessò
rapidamente come era cominciata.
Appoggiò con cura il libro fra di loro, mentre Cornelia la fissava
perplessa e ancora indispettita. Le avvolse il braccio libero intorno alle
spalle sottili e la strinse contro di sé, con uno dei gesti inaspettati
e affettuosi che la bionda aveva imparato a conoscere ed ad amare.
Con il viso premuto contro le scapole sporgenti di Meg, Cornelia sorrise
fra sé e sé: era proprio una sciocca, ma come si faceva a tenerle
il broncio?
La sentì aspirare sopra la sua testa e fu avvolta dal profumo
dolciastro della canna quando espirò.
La faceva sentire bene bene, quella pazza, tranquilla e rilassata, come
nessun altra. Sospirò di soddisfazione, strofinando la fronte contro
il cotone ruvido della camicia dell'amica.
Meg la scostò, con un gesto altrettanto brusco del primo,
affondandole le dita fra i capelli lunghi e luminosi.
Cornelia non capì esattamente lo svolgimento dell'azione nei
secondi successivi, ma poco dopo i capelli scompigliati di Meg le solleticavano
la fronte e le sue labbra morbide premevano sulle sue.
Un'ondata di panico confuso la invase e la ragazza reagì nell'unico
modo che conosceva; attaccando.
Allontanò da sé Meg con decisione e, fissandola negli
occhi, scandì con freddezza: "Io non sono una di quelle".
L'altra ricambiò il suo sguardo e, per un attimo, a Cornelia
parve di scorgere un lampo di inquietudine attraversare le sue iridi scure,
poi scrollò le spalle e si voltò per prendere un altro
tiro.
"Davvero?" chiese con moderata curiosità "Allora mi sono
sbagliata".
Raccolse il libro, lo aprì alla pagina che aveva lasciato e riprese
a leggere.
"...bien plus loin que la nuit
bien plus haut que le jour
dans l'éblouissante clairté de leur prémier
amour"
Cornelia, accanto a lei, fissava nel vuoto, calma solo in apparenza.
Cosa sarebbe successo adesso?
Aveva sempre saputo delle tendenze di Meg, non che con lei ne avesse
mai parlato, ma lo sussurravano tutti, nei corridoi. Non le era mai importato
prima. Era convinta che non le importasse.
Nella pratica, però, era ben diverso. Come avrebbe dovuto comportarsi
ora? Avrebbero potuto continuare a essere amiche?
Un groppo doloroso le salì in gola. Non poteva perderla. Come
Elyon, come Juliette. Non poteva farcela senza di lei. Nessuno poteva prendere
il suo posto.
Era normale avere un rapporto così totalizzante con una
ragazza?
Aveva sempre evitato di porsi la domanda. Si era testardamente rifiutata
di ascoltare la vocetta che le sussurrava insinuante, all'orecchio, parole
che le scavavano un vuoto nello stomaco.
Perché era una risposta troppo complicata, troppo spaventosa,
troppo imperfetta, per la perfetta miss Hale.
Ed era troppo semplice, troppo ovvia, troppo chiara, perchè potesse
sfuggire a una brillante come lei, se si fosse posta la domanda.
Era sempre stata incapace di stringere rapporti reali con ragazzi reali.
I suoi innamoramenti svanivano appena si concretizzavano.
Non si era mai sentita sciogliere per un complimento, come Will o Hay
Lin, li accettava come dovuti, più graditi alla sua vanità
che al suo cuore.
Aveva sempre provato un certo disgusto nel sentire Taranee e Irma discutere
dei loro rapporti con i ragazzi, che si facevano via via più fisici.
Li trovava atti così volgari e grezzi e di scarso interesse.
Aveva sempre giudicato e neppure troppo nascostamente, la bellezza femminile
decisamente superiore a quella maschile.
Con le ragazze, invece, aveva sempre stretto rapporti di gelosa e intima
amicizia che, difficile negarlo, sconfinavano nell'amore, più di quelle
fantasiose infatuazioni.
Quella domanda da cui era fuggita per così tanto tempo, però
aveva continuato inseguirla, fino a raggiungerla e, adesso, si trvava costretta
ad affrontare le conseguenze di una risposta.
Poteva negare, sapendo di mentire e riprendere il suo ruolo di ragazza
perfetta, di modello ideale, ritornare ad essere la principessina che sua
madre, i suoi insegnanti, le sue amiche volevano.
O poteva accettarsi per com'era, pacchetto completo e superare
definitivamente il limite, tra ciò che il mondo giudicava giusto e
ciò che giudicava sbagliato.
Dall'altra parte di quel limite stava Meg.
"Forse sono io che mi sono sbagliata".
Pronunciò quelle parole con voce chiara e decisa, continuando
a guardare davanti a sé.
Sentì lo sguardo di Meg su di sé e si voltò verso
di lei per guardare negli occhi lei e quel destino che le faceva tanta paura.
Avrebbe affrontato le sue paure a testa alta. Non sarebbe fuggita più,
perché lei non era tipo da affrontare le sfide tremante e timorosa,
una volta che le aveva accettate.
Lo spinello cadde dalle dita di Margareth, dimenticato, mentre Cornelia
le allacciava le braccia intorno al collo, con la stessa irruenza con cui
si era stretta a lei per proteggerla dalla furia di Taranee.
La punk le strinse la vita con un braccio, mentre le accarezzava timidamente
il viso con il dorso dell'altra mano.
Si sfiorarono le labbra solo per un istante, sufficiente, però,
perché Cornelia sentisse qualcosa accendersi dentro di lei, una smania,
un calore che nessun ragazzo era mai riuscito a infonderle.
Meg le nascose il viso nella piega del collo, stringendola a sé
e tremando leggermente per la tensione, che doveva aver nascosto fino a quel
momento; Cornelia si sentì finalmente, pienamente completa.
Adesso sapeva da cosa era scappata per tanto tempo, adesso sapeva cosa
l'aveva tormentata, rendendola aggressiva e intrattabile. Era pronta a
ricominciare, ad affrontare il giudizo degli altri, ad affrontare la vita,
perché sapeva per cosa l'avrebbe fatto ed era sicura che nevalesse
la pena.
Scusate per averci messo così tanto per aggiornare! Corro come
una pazza tutto il giorno, gli straordinari si accumulano... Voi abbiate
fiducia però! In un nodo o in un altro, prima o poi, continuerò
ad aggiornare! Anche perché, d'ora in poi, viene la mia parte preferita
e comincia il climax finale...
Ad personam:
Amantha: grazie per il sostegno! Sono proprio contenta che tu abbia apprezzato
il capitolo scorso: è stato molto difficile da scrivere. Sono indecisa
a proprosito dell'avertimento Shojo Ai: ci avevo pensato anche io, ma mi
sembra riduttivo, in fondo la parte fra Cornelia e Margareth è sol
una piccola parte del racconto. Non so consigliatemi voi ^^.
MaxT: Grazie Max di seguirmi sempre. I tuoi giudizi mi fanno sempre un gran
piacere, perché ti stimo anche come autore. Mi fa piacere sapere che
hai trovato il modo adeguato il modo in cui ho affrontato l'argomento e mi
diverte molto la diversità fra le nostre Cornelie ^^
Witch92: sai che ti chiami come mia zia? Continua a seguirmi e a dirmi che
ne pensi della storia, mi raccomando! Irma è diventata il mioc avallo
di battaglia ormai, sarà ch mi diverto da matti a scrivere di lei
e di Flood... Quanto a Cornelia... ora che ha sbattuto il naso su tutti i
problemi che ha cercato di evitare, sarà ora che si di una smossa!
Fruittella 110: Mi spiace averti fatto aspettare tanto :( spero di riuscire
ad aggiornare più in fretta d'ora in poi... almeno ci proverò!
Su Cornelia... dovrai aspettare un po' per sapere cosa le capiterà
e se sarà in grado di rimprendere in mano la situazione, per adesso
ce ne andiamo su Everlan con le altre ^^.
AyaCere: grazie ancora di tutto! Anche a me questa Cornelia piace... altrimenti
non la descriverei così eheh... mi piacciono i personaggi complicati,
combattuti e mi paice Meg! E' in gamba, ababstanza da stare con una come
Cornelia, che non è proprio un agnellino ^^. Irma e Flood, però,
sono in cima alla mia classifica delle preferenze anche se... uhm anche Hay
Lin e Matt... e Taranee con tutti i suoi casini e Will e l'ombroso Avren...
Insomma dico la verità: io mi innamoro dei personaggi di cui scrivo,
anche dei più stronzi, tipo Efri o l'Oracolo e non ho preferenze per
l'uno o per l'altro. Sapere che vengono apprezzati e, perché no, amati
anche da qualcun'altro, mi rende davvero felice :)
Il morbido braccio bianco Di Irma tagliava in due il cielo azzurro,
puntando deciso verso l'orizzonte e un riflesso candido in lontananza.
"Così lontano?". L'esclamazione sorpresa di Hay Lin spezzò
il loro silenzio allibito, esprimendo lo stesso pensiero di Taranee.
Accidenti a Irma... non poteva parlare chiaro una volta tanto? Come
se già non fosse bastato tenerle per così tanto tempo all'oscuro
di informazioni importanti. Se avesse parlato prima, non sarebbero state
per giorni a lambiccarsi il cervello, confuse e nervose. Forse...
"Non c'è molto da fare. Gambe in spalla e andiamo". La voce stanca
di Will interruppe le sue riflessioni.
Sì, non c'era altro da fare. Con un sospiro Taranee seguì
le amiche che si avviavano.
Irma guidava baldanzosa il gruppetto, Will la seguiva, il capo inclinato
in una posa malinconica. Hay Lin si teneva a debita distanza in un palese
tentativo di rendersi invisibile.
L'aria era calda e odorava di umidità, gravando sulla terra e
sui loro spiriti, il cielo plumbeo e minaccioso. Nei campi intorno, si vedevano
solo scarni gruppi di lavoratori, che le salutavano con entusiasmo decisamente
minore della prima volta.
Taranee avvertiva come un basso ringhio vibrante, che le risuonava nel
sangue, come un drago imprigionato nelle viscere del mondo che si agitasse
feroce, pregustando il momento in cui le sue catene arrugginite si sarebbero
spezzate e sarebbe stato libero di vendicarsi dei suoi aguzzini. Ogni tanto,
come se la bestia si ribellasse con più energia, un leggero tremito
scuoteva la terra.
Everlan non era molto diversa dall'ultima volta che l'avevano vista,
eppure... era come se l'attesa del disastro fosse improvvisamente divenuta
palese. Poteva percepire la malattia che divorava la terra, altrettanto
chiaramente che se avesse visto un bella fanciulla con un foulard legato
strettamente attorno al capo glabro.
Era come se la luminosità del mondo si fosse spenta e Taranee
era convinta che questo non fosse soltanto conseguenza del tempo. Persino
i temporali dell'Everlan che aveva conosciuto avrebbero dovuto essere
spettacolarmente affascinanti.
Un fastidioso velo di sudore cominciò a formarsi sulla pelle.
Si passò infastidita un braccio sulla fronte. Quel tempo la fiaccava,
quanto ci sarebbe voluto ad arrivare alle scogliere di cui parlava Irma?
Sembravano così lontane e poi... tutte le informazioni che l'amica
aveva ottenuto venivano da Everlaniani, per non parlare poi di quel Flood
della guardia... Facevano bene a fidarsi così di un loro diretto nemico?
Irma non era propriamente conosciuta per la saggezza dei suoi giudizi.
Soprattutto quando si trattava di ragazzi.
Camminarono finché non perse il conto del tempo, mentre, dietro
le nuvole, il sole si alzava nel cielo, arrancando lungo la costa, mentre
il pendio si faceva sempre più ripido e la spiaggia si trasformava
in falesie.
Davanti a lei, l'allegro cicaleccio di Irma si faceva sempre più
stentato, in parte, forse, per il disagio dovuto al fatto che né Will
né Hay Lin partecipavano attivamente alla conversazione, in parte,
sicuramente, per l'apatia che quell'aria pesante provocava.
Poco alla volta, anche gli ultimi tentativi di Irma di tenere viva la
conversazione si spensero e la ragazza continuò a camminare in silenzio
con le altre. Di tanto in tanto, scoccava lunghe occhiate ansiose verso il
mare cupo, che si stendeva come una coltre di lana pesante e scura sotto
di loro.
Si mordeva il labbro inferiore e tormentava un boccolo castano fra le
dita della mano destra. Cos'era a preoccuparla tanto? Capire Irma non era
mai facile, nonostante sembrasse più limpida di un bicchier d'acqua.
Era in grado di inviare decine di segnali contrastanti nello stesso momento,
perciò intuire cosa provava davvero era estremamente complesso.
Personalità come quelle di Will e Cornelia, molto più chiuse,
erano in verità più semplici e lineari. Irma, invece era un
mistero. Cambiava espressione con la velocità con cui si increspa
la superficie di un lago. Adesso, cos'era che la turbava tanto? Possibile
che temesse una trappola? Sembrava così poco da Irma...
E se invece... se invece... Guardava l'acqua con un espressione così,
ecco, tenera.
Non è che si era presa una cotta per quel Flood? Questo avrebbe
peggiorato ulterormente la sua capacità di giudizio. Forse quelli
della Guardia le stavano attirando in una trappola, approfittando
dell'ingenuità di Irma.
Eppure sembrava così certa di potersi fidare.
Mentre le falesie improvvisamente si facevano più vicine, dopo
che per ore, parevano essere rimaste sempre alla stessa distanza, incrociarono
una delle multicolori strade di Everlan e continuarono il loro cammino marciando
sulle piastrelle irregolari. La polvere bianca, appesantita dall'aria umida,
aveva reso il fondo viscido e scivoloso e spento i colori in un grigio
fangoso.
Come era doloroso vedere l'agonia di quella terra dall'anima luminosa!
Vederla spegnersi, appassire mortalmente ferita, dibattersi come un'animale
morente che disperatamente tenta di riempire un'ultima volta i polmoni, per
poi giacere senza più forze e speranze, i grandi occhi bruni in cui
lentamente il terrore si spegne, sostituito solo dal vuoto.
La strada scivolò improvvisamente oltre il limitare della scogliera,
mutandosi in una scalinata ripida, finemente cesellata e dall'aspetto antico.
Persino Irma parve farsi titubante all'idea di scendere per quei gradini
stretti, resi scivolosi dalle onde che si infrangevano violentemente contro
le rocce, molti metri più in basso.
Hay Lin, invece, presa dai suoi pensieri, si avviò, inconsapevole
del timore delle sue compagne. Soltanto dopo che la sua testa era quasi del
tutto sparita dietro al profilo degli scogli parve accorgersi che le altre
non la stavano seguendo, e si volse smarrita verso di loro.
"Cosa... cosa succede?", chiese confusa, in precario equilibrio sulla
cengia di roccia.
"Noi non abbiamo le ali Hay-Hey... Non è che ci vada proprio
a genio questa strada!", ribattè Irma sarcastica.
Hay Lin guardò in basso perplessa, spalancando gli occhi, come
se, fino a quel momento, non si fosse accorta del baratro sotto i suoi
piedi.
"Però... non c'è un'altra strada per scendere", le
informò.
Will si sistemò una ciocca dietro le orecchie, con l'ennesimo
sospiro rassegnato. "E allora dovremo per forza passare da lì".
Irma scese un paio di gradini, poi si strinse convulsamente alle spalle
di Hay Lin, che tentò di rassicurarla con una comprensiva pacca sulla
mano che le artigliava la maglietta. Non servì a molto, ma le due
presero comunque a scendere, mentre l'orientale tentava vanamente di convincere
l'altra ad allentare la presa.
Will le seguì, sempre a capo chino, sempre indifferente, con
un'attenzione appena maggiore a guardare dove metteva i piedi.
Taranee sbirciò oltre il bordo. La parete di un bianco accecante
piombava nel mare scuro praticamente in verticale. Le onde si infrangevano
contro gli scogli sotto di lei. Decisamente troppo sotto di lei.
Si ritirò altre il bordo con un sigulto di paura. Non ce l'avrebbe
mai fatta. Non poteva farcela. Era fuori discussione.
La voce acuta per la paura di Irma si allontanò, i sui urletti
isterici intervallati dai vani tentativi di Hay Lin di farla ragionare.
Deglutì e chiuse gli occhi. Doveva scendere.
Non poteva scendere! Non poteva!
Strinse gli occhi ancora più forte e, a tastoni cercò
il punto in cui la soffice erba verde spariva nel nulla.
E se una di quelle scosse di terremoto le avesse sorprese mentre scendevano?
O cavolo, cavolo... non ci poteva pensare.
Non doveva pensarci.
Si girò lentamente, senza smettere di strisciare né aprire
gli occhi, fino a dare le spalle alla parete.
Cautamente allungò un piede. Quando la familiare sensazione fresca
dei fili d'erba sparì, per lasciar posto al nulla, ritrasse la gamba
di scatto, in preda al panico.
Deglutì di nuovo, contò fino a dieci e provò di
nuovo. Questa volta riuscì a poggiare la punta del piede sul primo
gradino.
Bene, ok, stava andando bene, bene... adesso doveva solo... doveva solo
spingersi con tutto il corpo oltre il bordo... con solo quei miseri centimetri
di roccia a dividerla da una caduta di decine di metri.
Affondò le dita nella terra e cercò di rallentare il respiro
affannoso. Ok, ok, andava bene così.
Lentamente allungò anche l'altro piede, finchè non riusci
a poggiarlo accanto al primo.
Strisciò sulla pancia fino a superare l'orlo e si
schiacciò contro la parete di roccia, gemendo dal terrore.
Piano, piano, doveva solo fare piano e non sarebbe successo niente.
Si mise a quattro zampe e raschiando con le unghie la roccia, cominciò
a scendere, a tastoni, perchè non osava aprire gli occhi.
La discesa sembrò durare ore. Nell'aria opprimente del pomeriggio,
il fragore del mare era assordante. Di tanto in tanto, la voce di una delle
sue amiche la raggiungeva, ma le loro voci si facevano sempre più
lontane e fievoli. Il sudore si mischiava con la polvere gessosa delle falesie,
facendole prudere la pelle e gli occhi. Le facevano male le ginocchia, le
mani, i gomiti graffiati dalla roccia.
A ogni passo le veniva da piangere.
Ma chi glielo aveva fatto fare?
E poi, all'improvviso, la cengia si allargò in una ben più
comoda piazzola. Taranee tastò ben ben il terreno intorno a sé,
prima di azzardarsi ad aprire un occhio. Si trovava su una terrazza di pietra
scolpita, piccola ma confortevole per una che avesse appeno sceso quattro
piani di scale dissestate a strapiombo sul mare. Davanti a lei si spalancava
l'ingresso di una caverna dall'arco magistralmente intarsiato.
Si appoggiò con la schiena alla scogliera e si fermò a
riprendere fiato e a calmare il battito del cuore.
Le altre non si vedevano da nessuna parte. Taranee, però poteva
sentire, a tratti, il cicaleccio di Irma provenire da qualche parte oltre
la parete di roccia.
Pian piano, mentre riprendeva il controllo di sé, si alzò
e si diresse verso l'imboccatura della caverna. L'interno era fresco, tranquillo,
come preservato dall'angoscia che opprimeva il resto del paese. Taranee
cominciò ad avviarsi verso le voci, che la raggiungevano di tanto
in tanto come se le sue amiche si avvicinassero e si allontanassero da lei
secondo le curve del percorso.
La strada era fievolmente illuminata, benché non riuscisse a
capire dove si trovasse la fonte di quella lieve luce gialla. Si sentì
sollevata, all'idea di non dover far uso dei suoi poteri. Mentre avanza
prudentemente nella penombra, l'occhio le cadde sulle pareti scure. Sembravano
macchiate... forse ci crescevano delle piante, del muschio? O era
umidità?
Si avvicinò per guardare meglio.
Erano dipinte. Dipinte meravigliosamente. Colori sgargianti, ma
perfettamente amalgamati, figure eleganti e delicate, ma incredibilmente
vivide, forti nella loro espressività.
Osservò la scena con più attenzione, non riusciva a capire
che cosa descrivesse, eppure ne era attratta in modo quasi morboso. Voleva
capire, doveva capire. Come se fosse stata questione di vita o di morte.
Strinse gli occhi, dietro le lenti, concentrandosi.
L'immagine ardeva di fiamme rosse, gialle e roventi di bianco. Danzanti
fiamme di candele e accoglienti fiamme di focolare, fiamme crudeli di incendi
distruttivi e fiamme laviche di divina possanza. Uomini le veneravano,
ringraziavano, usavano, imprigionavano.
Tra le fiamme camminava una fanciulla. Una fanciulla di una bellezza
smagliante, con i lunghi capelli argentei, la pelle candida e luminosa, gli
arti lunghi e aggraziati e i grandi occhi di un blu profondo. Incredibilmente
simile a quella disegnata da Hay Lin, così simile che, se non era
la stessa, doveva essere la sua sorella gemella.
Il fuoco l'avvolgeva e si inchinava a lei, si piegava ai suoi piedi
e la proteggeva come il più feroce dei cani da guardia.
Doveva trattarsi delle immagini di cui aveva parlato loro Irma. Dunque
quello che stava vedendo doveva avere a che fare con i suoi dubbi più
profondi... ma cosa significava?
Desiderava vedere i dipinti che seguiva e che scorgeva dipanarsi lungo
le pareti della caverna, ma il timore di quello che avevrebbe potuto scoprire
la frenava. Ci sono certe domande di cui è meglio non cercare la risposta.
Ci sono certi dogmi in cui é meglio aver fede, senza nemmeno porsele
certe domande, per non dover vedere tutto ciò in cui si crede cadere
come un castello di carte a un soffio di vento.
Però...
Le risposte... sapere di poterle avere e rifiutarsi di confrontarsi
con esse... non sarebbe stata solo vigliaccheria? Vigliaccheria ingiustificabile?
Menzogna spudorata come quelle che tanto avrebbe criticato in un altro?
Mosse un passo verso il dipinto successivo. La fanciulla sollevava una
mano in un gesto di richiamo, attorniata da personaggi adoranti; il fuoco
si agitava di fronte a lei, tendendosi per raggiungerla.
Ipnotizzata dal racconto, il cui fascino metteva a tacere i suoi dubbi,
si spostò ancora.
Le fiamme si avvolsero su loro stesse prendendo una forma solida, assumendo
un aspetto umanoide...
Taranne si precipitò verso l'immagine seguente.
Efri si inchinava alla fanciulla, le trecce rosse che ricadevano intorno
al capo, la pelle bronzea che riluceva come una fiamma. Sembrava nobile e
selvaggia. Affascinante nella sua pericolosità.
Dunque l'istinto che aveva avuto, sin dalla prima volta che l'aveva
incontrata, di paragonare Efri al fuoco e di sentirsi in qualche modo simile
a lei, era giustificata.
Nel dipinto successivo, la donna combatteva per proteggere la fanciulla,
o forse sarebbe stato più giusto definirla regina, e tutto il suo
popolo.
A Taranee parve di scorrere centinaia di dipinti, in ognuno dei quali
Efri tratteneva la sua furia distruttiva per servire gli Everlaniani. In
ognuno si umiliava maggiormente, abbassandosi a ogni tipo di compito e in
ognuno le veniva richiesto sempre di più dagli uomini. In ognuno il
suo ghigno crudele si faceva più simile a quello che Taranee
conosceva.
Di tanto in tanto, riappariva la fanciulla dalle chiome lunari e, sempre,
Efri la guardava con adorazione e, forse, affetto. In quelle immagini mostrava
uno sguardo caldo che riservava solo a lei e, al quale, la fanciulla rispondeva
con dolcezza e pietà. Solo davanti a lei gli inchini di Efri non
sembravano mai forzati. Davanti a lei continuava ad essere simile a quella
apparsa nel primo dipinto.
In ogni altra immagine, però, la follia stravolgeva sempre più
i suoi lineamenti e la sua rabbia, forzatamente repressa, era sempre più
evidente.
Era chiaro che sarebbe esplosa, se le catene che la legavano e che si
facevano sempre più strette non si fossero allentate.
Come il drago che giaceva nelle viscere di Everlan.
Come il fuoco che crepitava nel cuore di Taranee.
Affrettò il passo verso l'ultima immagine.
Dietro di lei, una luce gialla e danzante si accese mostrandole chiaramente
il dipinto.
Efri le rivolse il suo ghigno crudele, mentre stringeva le mani intorno
al suo cuore, sussurrando parole infuocate alle suo orecchie.
Taranee la fissò imbambolata; un brivido freddo le scendeva lungo
la schiena e si diffondeva fino al cuore.
Salve a tutti! Sono molto fiera di me stessa per essere riuscita ad aggiornare
in tempo ragionevole ^^. Grazie a tutti per i commenti, spero che anche
questo capitolo possa piacervi. Festeggiamo: Questo è il TRENTESIMO
capitolo! Entriamo nell'ultimo quarto della storia, tenetevi forte che d'ora
in poi gli eventi precipiteranno!
Ad Personam:
AyaCere: Grazie carissima :) Purtroppo temo che dovrai aspettare ancora un
po' per sapere cosa succede a Taranee... E' un truccaccio di serie B per
tenere alta la tensione eheh. Su Flood, invece, qualcosina verrai saperla
anche subito... anche se mi sa che non sodisferà molto la tua
curiosità ^^
MaxT: Ciao Max! Grazie del continuo sostegno e dell'aiuto che mi dai.
Mi fa molto piacere aiutarti, quando posso, anche se mi sembri cavartela
benissimo anche da solo... Il capitolo mi è venuto facile da scrivere
e, di solito, quelli che vengono giù al primo colpo sono quelli che
poi risultano migliori! fammi sapere cosa pensi di questo.
Amantha: Non ti preoccupare, non c'è bisogno di dilungarsi (anche
se fa sempre piacere..) i tuoi commenti mi fanno comunque molto contenta.
Gli ultimi capitoli sono i tuoi preferiti? Bene ^^ si va a migliorare allora...
Fruittella101: Grazie, grazie tante per l'entusiasmo e il sostegno! Spero
che la storia continui a piacerti e di non deluderti. Sono contenta che quello
che scrivo ti faccia affezionare un po' di più a i vari personaggi,
vuol dire che il mio affetto per loro (che cresce via via che ne scrivo),
traspare dalle mie parole.
I cunicoli erano scuri e si susseguivano come viscere contorte della
roccia. A Will sembrava di camminare in sogno, trascinandosi dientro a Irma
e Hay Lin, che camminavano una accanto all'altra tenendosi per mano, come
due bambinespaventate, e nemmeno si voltavano verso di lei.
Hay Lin doveva sentirsi in imbarazzo a parlare, di sicuro avrebbe
preferitoche lei non fosse lì in quel momento. E Irma? Irma probabilmente
sapeva tutto e aveva preso le parti di lei, in fondo le due erano sempre
state amiche del cuore.
La migliore amica di Will, invece, era Taranee. Forse perché
erano arrivate a Heatherfield nello stesso momento e, non conoscendo nessuno,
avevano legato soprattutto tra di loro. Erano state inseparabili per anni;
Taranee, timida, pacata e intelligente, capace di incredibili gesti di coraggio
e sentimenti brucianti, era la sua spalla, la più affidabile tra tutte,
l'unica a non avere mai un atteggiameno antagonistico nei suoi confronti,
eppure ben capace di esporre le sue idee e di farle valere.
Peccato che, ultimamente, vederla fosse diventato quasi impossibile.
Taranee passava il suo tempo a organizzare elezioni scolastiche, campagne
contro la caccia alle foche e dibattiti sul matrimonio tra omosessuali. La
faceva sentire a disagio, pigra in modo colpevole, disinformata e disinteressata
a ciò che succedeva nel mondo. Non riusciva più a confidarsi
con lei, le sembrava che qualunque argomento affrontasse non potesse che
risultare sciocco e privo di interesse, rispetto alle cause per cui lottava
Tara.
Taranee le mancava. Le mancavano le loro serate a chiaccherare di niente,
nei lettini gemelli della camera degli ospiti, al buio per non svegliare
la mamma. Le mancavano le uscite a due, i pomeriggi al cinema, persino le
giornate di studio.
Le mancava, soprattutto, che Taranee non la cercasse più per
parlare dei suoi problemi, dei suoi dubbi, che non la chiamasse più
sul cellulare nel cuore della notte, svegliandola e tendendola sveglia ad
ore impossibili per avere conforto, che non richiedesse più la sua
compagnia per interminabili scampagnate in mezzo all'erica, alla ricerca
di assurdi insetti da fotografare.
Era terribilmente triste pensare che Taranee non avesse più bisogno
di lei.
La faceva sentire inutile e sola.
Non riusciva a confidarsi con lei, ad appoggiarsi a lei, se l'amica
non faceva altrettanto.
Avrebbe voluto poterle raccontare... raccontare qualcosa che non sapeva
nemmeno lei, qualcosa che aveva a che fare con i sorrisi che Matt rivolgeva
ad Hay Lin e gli occhi grigi di un loro mortale nemico.
Si voltò indietro per vederla, desiderando uno sguardo di conforto,
di quelli che la Taranee di un tempo le avrebbe sicuramente rivolto.
Dietro di lei, però, non c'era nessuno.
Si voltò di nuovo, solo per scoprire che anche Hay Lin e Irma
si erano volatilizzate.
Dovevano aver svoltato in un cunicolo laterale senza che lei se accorgesse.
Non potevano essere lontane.
Ma come avrebbe fatto a ritrovarle? Quel posto era gigantesco, un maledetto
labirinto!
Il cuore le cominciò a battere all'impazzata, mentre tornava
di corsa sui suoi passi e si infilava nel primo cunicolo sulla destra. Non
potevano essere lontane.
Si fermò e tese l'orecchio, sperando di udire il suono dei passi
di Irma e Hay Lin. Il silenzio le rispose con muta crudeltà.
Ritorno indietro di corsa e prese un'altra direzione, si fermò
nuovamente e ascoltò. Nuovamente sentì solo il silenzio.
Chiamò prima piano, poi con voce progressivamente sempre più
alta, i nomi delle sue compagne. L'unica risposta che ottenne fu una flebile
eco che ribalzava nei corridoi.
Si appoggiò con la schiena alla parete, cercando di pensare.
Da quanto tempo potevano essersi divise? Non molto sicuramente, ma abbastanza
perché i suoi richiami venissero resi vani dai tornanti della
galleria.
Cercandole alla cieca non le avrebbe mai trovate, era fuori di
dubbio.
Meglio tornare verso l'uscita e aspettare lì, sperando che Taranee
la contattasse telepaticamente.
Dunque, che strada avevano fatto fino a quel momento?
Un ondata di panico le strozzò il respiro, mentre realizzava
di non aver assolutamente fatto caso alle svolte che avevano preso, distratta
dai pensieri che le affollavano la mente.
Dunque, sicuramente doveva lasciare quel cunicolo e tornare nella galleria
principale.
Si allontanò dalla parete, poi si girò a fissarla, cercando
di imprimersi nella memoria eventuali segni di identificazione, per avere
qualche punto di riferimento in quel labirinto di roccia.
Fu allora che se ne accorse: l'intera parete era affrescata,
meravigliosamente.
Il dipinto che aveva davanti a sè rappresentava una stanza magnifica,
le pareti rivestite di un marmo blu venato di bianco e azzurro. Alte colonne
sorreggevano il soffitto, terminando in capitelli elaborati.
Al centro della stanza e del dipinto, una fanciulla con lunghissime
chiome argentee e un volto malinconico, sedeva su un alto trono istoriato.
Intorno a lei cinque figure: un ragazzo alto e seminudo, un uomo massicicio
dal volto pacato, una donna dalla pelle ramata carica di armi e, infine,
due ragazzini con visi da folletto, uguali sputati a quelli disegnati da
Hay Lin.
Doveva essere la Guardia di Everlan, non c'erano dubbi.
Ma se quella era la guardia, dov'era Avren?
Oltre il dipinto, alcune macchie chiare sulla parete ne facevano sospettare
un altro. Will, spinta da un disperato bisogno di risposte, si
avvicinò.
Era un altro dipinto e, da quello che riusciva a scorgere alla luce
fioca del luogo, dovevano essercene molti altri.
I dipinti successivi mostravano soprattutto i cinque rappresentanti
della Guardia di Everlan che... ecco... era difficile definire quello che
facevano...sicuramente non quello che ci si sarebbe aspettato da loro, in
verità, sembravano più che altro creare problemi.
I due ragazzini con i poteri dell'aria erano impegnati soprattutto a
inventare scherzi e dispetti da infliggere a tutto il circondario, quando
non litigavano tra di loro. Erano dispetti a volte divertenti, ma più
spesso pericolosi e crudeli; nessuno sembrava in grado di tenerli a bada.
Quel tipo alto e magro come uno stecco, che doveva essere il Flood nel
quale Irma aveva tanta fiducia, passava il suo tempo a... una sola parola
poteva definire le sue attività: bighellonare. Il che comprendeva
serate intorno al falò, nuotate notturne, dormite sull'erba, graziose
fanciulle da circuire (questo doveva dirlo a Irma) e abbondanti banchetti
ricchi di ogni pietanza e bevanda.
La donna dai capelli rossi, probabilmente quella che aveva attaccato
Taranee, pareva indomabile, del tutto incapace di collaborare con i suoi
compagni e con le persone che avrebbe dovuto proteggere. Non pareva avere
la più pallida idea di cosa significasse disciplina, attaccava briga
con chiunque e ragiva in maniera distruttiva ed esagerata a qualsiasi stimolo.
Sembrava che, a impedirle di dar semplicemente fuoco a tutto, fossero invisibili
catene di incantesimi forgiate da pallidi stregoni.
L'uomo, che non poteva essere altri che Ardu, era il suo esatto opposto:
freddo e razionale come una macchina, assolutamente ligio al dovere. Troppo,
sospettava Will. Nei dipinti fustigava bambini per aver rubato un frutto
e trascinava nelle carceri uomini che avevano raccolto legna nel campo del
vicino.
Ogni tanto nelle immagini appariva anche la fanciulla, attorniata da
uomini con vesti da stregoni e bastoni intagliati e dipinti con simboli magici.
Anch'ella aveva un volto familiare, ma Will non riusciva a capire dove l'avesse
già visto. Sembrava sempre triste e riprendeva i cinque guardiani
per le loro colpe. I guerrieri la guardavano con adorazione e affetto,
espressioni colpevoli dipinte sul viso.
Nel dipinto successivo, però si comportavano esattamente come
prima.
La fanciulla li continuava pazientemente a riprendere, mentre sui volti
dei suoi consiglieri si dipingeva un'espressione sempre più
insofferente.
Infine si riunirono insieme a consiglio. Gli uomini e le donne che
attorniavano la fanciulla parevano molto accalorati, mentre lei
ascoltava con dolce rassegnazione.
Will, confusa e con un presentimento che le si agitava nel petto, si
diresse subito all'affresco successivo.
Gli stregoni erano riuniti in circolo, le braccia alte al cielo, mentre
intonava canti e suonavano strumenti sconosciuti a Will. Alcuni danzavano
eleganti e imponenti. Intorno a loro Will poteva scorgere le correnti magiche
dell'isola piegarsi e cambiare, secondo il loro volere.
La fanciulla assisteva. Sembrava rassegnata e ancora più
triste.
Nel dipinto accanto, ogni uomo e ogni donna di Everlan alzava le braccia
al cielo unendosi ai canti dei suoi maghi sacerdoti. Ognuno degli uomini
e delle donne abbandonava nel flusso dell'incatesimo una piccola scintilla
di sé.
Istintivamente Will seppe che quella scintilla rappresentava il fulcro
del coraggio, della fedeltà, della forza di volontà di
ognuno.
Ognuna di quelle luci danzanti si immerse nelle correnti guidate dai
maghi unendosi alle altre, stringendosi, avvolgendosi in un turbine di
lucciole.
Will, con il cuore che batteva troppo, troppo velocemente, si avvicinò
titubante all'immagine che seguiva.
Gli occhi grigi di Avren guardavano il mondo per la prima volta, mentre
il giovane (ma aveva un senso definirlo giovane?) stava in piedi nel cerchio
di incantatori. Non erano sofferenti come Will li ricordava, ma limpidi e
decisi, in qualche modo, però, sembravano mancare di vita, finestre
che si aprivano sul vuoto.
Sotto la guida di Avren, la Guardia di Everlan parve imparare la disciplina,
la collaborazione e il buon senso, con tutti i limiti del caso. Quello che
all'inizio sembrava un branco di delinquenti, nei dipinti successivi appariva
come una squadra efficiente, in grado di svolgere qualsiasi lavoro gli venisse
affidato.
Tutto soltanto perché c'era Avren a guidarli, a tenere unito
il gruppo, a dargli un'anima.
Will camminò lungo il corridoio, il senso del tempo completamente
perso, osservando quelle immagini con dolente ammirazione. Avren era come
avrebbe dovuto essere un capo, come avrebbe dovuto esserlo lei.
I suoi occhi chiari, che Will cercava sempre per primi in ogni immagine,
si facevano via via più vivi, più profondi, come se un'anima
crescesse dentro quella creatura forgiata dalla magia e dalla fede. Si facevano
sempre più simili a quelli che la ragazza ricordava: fieri, luminosi
e... tristi.
Will ne fu sorpresa: era convinta che quella profonda malinconia che
aveva scorto nelle iridi grigie fosse causata dalla catastrofe che minacciava
la sua terra. Invece pareva insita in lui fin da ben prima.
Era una tristezza diversa, però, concluse Will dopo averlo studiato
per un pò. Mancava della disperazione prossima al terrore che tremava
adesso nel suo sguardo; era carica, invece, di calore.
Si avvicinò all'ultima immagine, mentre la comprensione si faceva
via via largo in lei e l'oppressione che le cresceva nel petto in quei giorni
si faceva sempre più prossima a schiacciarla.
Il dipinto era nuovamente ambientato nella grande sala ricoperta di
marmo blu.
Erano rappresentati solo due personaggi, l'eterea fanciulla dai capelli
biondi e il giovane capitano di quelle che, ne era ormai convinta, dovevano
essere le sue guardie.
Ella era in piedi, di fronte al trono e guardava lui con affetto e
compassione, il volto velato di malinconia. Avren era inginocchiato,
stringeva la fra le mani quella sottile della ragazza e la fissava con
sguardo estatico.
Will era travolta da quel racconto muto. Le lacrime le scivolano lungo
le guance. Chissà da quando. E perché, poi?
Però si sentiva così terribilmente triste e sola. Sentiva
un disperato bisogni di venire abbracciata con affetto, come faceva Matt.
Egli capiva sempre quando aveva bisogno di sostegno e sapeva sempre la cosa
giusta da fare.
"Non guardare".
La voce vibrava di rabbia minacciosa e oltraggiata. Una mano robusta
sulla spalla la costrinse a voltarsi
Will si trovò a fissare Avren negli occhi. I suoi lineamenti
erano impassibili come sempre, ma nella curva delle sopracciglia e agli angoli
della bocca vibrava la furia.
"Perchè stai vedendo questo? Cosa ti importa? Non dovresti nemmeno
POTERLOvedere" ringhiò il giovane, rafforzando la stretta sulla
spalla.
La ragazza strinse le labbra cercando di trattenere i sigulti, mentre
si allontanava i capelli dal viso con la mano tremante.
Intanto scusate tutti per questo ritardo ALLUCINANTE, le ragioni sono molteplici
e, spero, valide. Intanto ho avuto un periodo piuttosto complicato tra un
marasma assurdo a lavoro e un incidente che mi ha bloccato a letto, ma c'è
anche una ragione "interna" al racconto: sono quasi arrivata alla fine e
gli ultimi capitoli sono piuttosto concitati e concatenati strettamente fra
di loro, perciò ho dovuto scriverli quasi tutti insieme, per non rischiare
di trovarmi con delle discrepanze tra l'uno e l'altro. Per lo meno ne ho
diversi da pubblicare in un breve lasso di tempo e, nel frattempo, spero
di scrivere anche gli ultimi e arrivare così alla fine senza farvi
aspettare ulteriormente.
Ad Personam
MaxT: grazie come sempre del tuo sostegno e del tuo aiuto. Spero che questo
capitolo ti piaccia: è stato un po' ostico (e quelli dopo anche
peggio....). Un bacio e a presto!
Rainboy: la tua recensione mi ha fatto davvero tanto, TANTO piacere, intanto
perché è molto completa e scritta, si vede, con conoscenza
del fumetto e senso critico, eppure estremamente positiva e, poi, perché
Barbucci è il mio idolo e essere anche solo vagamente paragonata a
lui mi rende felice da morire. Sarei molto curiosa di sapere qual'è
la tua interpretazione delle witch: adoro confrontare i diversi punti di
vista su questo argomento, mi diverte moltissimo ^^. Sono consapevole che
la mia versione è opinabilissima, anche perché, via via che
scrivevo mi lasciavo prendere la mano e mi dimenticavo sempre più
il fumetto. In effetti, nella trama originale del racconto, Hay Lin era meno
impacciata e più solare, Taranee meno aggressiva e Cornelia meno...
gay. Un bacio e grazie ancora! PS: cercherò di stare il più
attenta possibile all'ortografia, giuro! Mi cospargo il capo di cenere...
Wtch92: finalmente mi degno di aggiornare, vedrai che d'ora in più
sarò più rapida! Spero che apprezzerai anche i capitoli che
verranno. Riguardo a Will... ecco in verità avevo una mezza idea di
fare un sondaggino per decidere le sue sorti: ora ci penso!
Fruitella110: Ti è toccato aspettare un bel po'... chiedo venia! Sono
contenta che ti piaccia Avren: avevo paura mi uscisse un po' troppo perfettino,
spero invece di essere riuscita a renderlo un po' più umano e
interessante. Nei prossimi capitoli avrà un bel po' di spazio e una
scena madre... mi auguro che mi seguirai fino a quel momento. E non rattristarti
per la fine della storia, a parte che vorrà ancora un po' e poi...
chissà!
Amantha: grazie di tutti i tuoi complimenti! Spero di riuscire sempre a
migliorare via via che scrivo, altrimenti significherebbe che non mi impegno
abbastanza. Spero che la storia risulti davvero un po' originale, anche se
sono tanti i predecessori che mi hanno ispirato.
Ragazzasayan: Alla fine ho continuato (mi hai fatto pena davvero, giuro!
Non ci dormivo la notte e mi distraevo a lavoro!), spero proprio che tu non
abbia abbandonato e che continuerai a leggermi. Grazie del tuo entusiasmo.
Le caverne erano fiocamente illuminate, apparentemente smisurate e
orrendamente comuni. Irma cominciava a sospettare di essere stata presa
un’altra volta per il naso.
Per di più nessuna delle altre sembrava aver voglia di parlare,
il che rendeva il tutto di una noia mortale.
Hay Lin camminava al suo fianco zitta zitta, fingendo di non
esistere.
Questo bizzarro comportamento poteva indicare solo una cosa, almeno
secondo i paramentri di Irma.
“Dì Hay-Hey” sbottò all’improvviso, sperando
di prenderla alla sprovvista “Questo tuo mutismo ha forse a che fare
con Matt?”.
Hay Lin si voltò verso di lei di scatto, gli occhi rotondi per
il panico e la sorpresa.
“Matt” balbettò “Come fai a sapere di
Matt?”.
Si fissarono per un attimo in silenzio. Un ghigno soddisfatto si
allargò sul viso di Irma. Hay Lin spalancò gli occhi ancor
di più, mentre la consapevolezza del suo errore si faceva largo e
si tappò la bocca con entrambe le mani.
“Troppo tardi, Hay-Hey” la stuzzicò Irma “E comunque
lo sapevo da un sacco di tempo” si gloriò, decidendo di soprassedere
sul fatto che era stata Taranee a parlargliene mesi prima, convinta che Hay
Lin si fosse confidata con lei. Se se ne fosse accorta da sola, avrebbe torchiato
l'amica già da tempo sull'argomento, ma Taranee l'aveva costretta
a giurare di non farne parola. Però ormai... era passato tanto tempo
e poi Hay Lin era così mogia: era suo dovere di amica consolarla!
“Allora… come sta andando? Non ti fila, eh?”
Hay Lin arrossì e abbassò timidamente gli occhi “Ecco,
veramente…”.
“Non vi sarete mica usciti insieme?” proruppe Irma
sdegnata.
"Ecco.. cioé..noi..."
"Non vorrai dirmi che vi siete messi insieme e che io non lo sapevo?"
ululò incredula.
“Sì” rispose semplicemente l’altra con un accenno
di sorriso.
“E tu non mi hai detto niente!” si lagnò “Non
ci sono più le amiche di una volta”.
“Io… mi dispiace… non… non ci siamo tanto viste
in questo periodo” si giustificò Hay Lin vergognosa.
“Fortunatamente per te sono molto clemente e ti perdonerò”
asserì la Guardiana dell’Acqua con aria d’importanza
“Piuttosto cos’è questo muso lungo?”. Le assestò
una pacca decisa sulla spalla: “Su con la vita!”.
Hay Lin le rivolse un’occhiata atterrita.
“Ah…” abbassò bruscamente il tono della voce,
trasformandolo in un bisbiglio cospiratorio “Ora capisco: si tratta
di…” si gettò un’occhiata furtiva alle spalle “Will?!
Dov’è finita Will?!” terminò a voce di nuovo
alta.
“E Taranee? Dov’è Taranee?” le fece eco Hay
Lin.
“Oddio le abbiamo perse! Ma quando è successo?”.
Provarono a tornare indietro.
Non incrociarono nessuno.
Urlarono a squarciagola i nomi delle amiche.
Non rispose nessuno.
“Temo che sia poco da fare” sentenziò Irma quando ormai
erano diventate rauche dal gran gridare “Taranee ci contatterà
sicuramente con la telepatia… vero?” aggiunse titubante. La sensazione
di essere caduta in una trappola si faceva sempre più forte. Stupido
Flood, aveva fatto male a fidarsi di lui. E anche di tutti gli altri Everlaniani,
branco di infidi traditori... La delusione si fece lentamente largo nei suoi
pensieri.
Ci cascava sempre.
Hay Lin si strinse nelle spalle con una buffa smorfia tra il rassegnato
e il preoccupato.
“Sarà meglio tenersi per mano” propose “Non vorre
perdere anche te!”. Allacciò strettamente le dita a quelle di
Irma.
Il contatto consolò un po’ la Guardiana dell’Acqua
che rispose alla stretta, trovando conforto nella compagnia
dell’amica.
Insieme si riavviarono per i cunicoli, camminando vicine, vicine, come
bambine e guardandosi intorno, intimorite da quel luogo fattosi
minaccioso.
Improvvisamente la presa della mano di Hay Lin si fece più forte
e l’orientale si lasciò sfuggire un ansito di sorpresa.
“Ah! Guarda, guarda” esclamò incredula “Sono dei
dipinti bellissimi, bellissimi! E ci sono anche loro: devono essere stati
fatti prima che lui partisse…” borbottò meditabonda “In
suo ricordo magari…”
Finalmente! Allora non l’avevano ingannata: c'era davvero qualcosa
in quel posto!
Sollevata Irma si voltò, carica di gioiosa aspettativa, verso la
parete.
Era esattamente uguale alle altre: grigia, rocciosa e nuda.
“Ma cosa dici Hay-Hey?” sbottò, girandosi con uno sbuffo
seccato dall’altra parte “Non c’è proprio un bel niente
su quella parete…. Ehi!” esclamò eccitata “Questa parete,
sì che è dipinta!”.
Hay Lin non diede segno di aver sentito e continuò a fissare
il muro davanti a sé, mormorando frasi senza senso.
Irma, però, non se ne dette pena: era completamente assorbita
dalle immagini che le si dispiegavano di fronte.
Flood emergeva dal mare, i lunghi arti, azzurri e verdi come le acque
e altrettanto mobili e trasparenti, che lentamente acquistavano solidità
e forma. Gli occhi liquidi e lucenti, simili a specchi, i capelli cascate
scroscianti e spumose; era una creatura ammaliante e inumana.
E poi, in un battito di ciglia, era solo Flood, bruno e dinoccolato
come sempre.
Gocce argentee imperlavano ancora la pelle bronzea, mentre il ragazzo
si inchinava davanti a una tipa troppo disgustosamente bella perché
le fosse concesso di esistere.
Doveva esserci sicuramente una legge che vietasse di essere così
perfette.
Quanto a quel macaco traditore la riveriva e la serviva in tutti
modi.
L'avrebbe ucciso appena l'avesse rivisto.
Sempre che si rivedessero.
"Ora ho capito!" Trillò Hay Lin alle sue spalle "Litigano sempre
perché a lei non è mai andata giù che Haydin se ne sia
andato! Zeph invece l'ha perdonato... ".
Irma la squadrò perplessa. Hay Lin ricambiò il suo sguardo
sbattendo le palpebre.
"Ehu...niente! Come non detto!" si schermì confusa la Guardiana
dell'Aria.
Stringendosi nelle spalle, Irma ritornò a fissare lo sguardo
sugli affreschi.
Era così bello... Ed era ovvio che lo sentisse così affine,
data quella sua natura elementale. Un elementale incarnato ecco cos'era.
Incarnato per proteggere la smorfiosa, a quanto pareva.
Che stronzo!
I dipinti sembravano non finire mai e illustravano la lunga, lunghissima
vita di Flood.
Avvenimenti accaduti prima che Irma avesse anche solo sospettato la
sua esistenza.
Una fastidiosa sensazione di malinconia, andò a piazzarlesi proprio
in mezzo al petto.
"Li seguivano sempre! Li allientavano con le brezze più dolci.
Capisco perché il loro ricordo è rimasto così impregnato
nei suoni! Ire non gliel'ha mai perdonata di averli abbandonati tutti. Uhm...
che avesse una mezza cotta per lui? E' così infantile...".
Era stupido, certo, però... le dava fastidio che esistesse una
parte della vita di quello sciocco di cui lei non faceva parte, che fosse
esistito un Flood passato che... che non le apparteneva.
Come se quello di oggi le fosse appartenuto, poi!
Che scema, cosa stava pensando?
Però era così bello in quelle immagini, con le lunghe
dita da violinista, il viso delicato con le labbra carnose e gli occhi obliqui,
le spalle larghe, la pelle scura...
Basta, basta, basta con questi pensieri!
E c'era perfino lei nei dipinti, che lo guardava con occhi veramente
troppo, troppo luminosi. Che stupida, Dio, che CRETINA!
Flood la baciava.
Vedere quella scena dall'esterno la colpì come un pugno.
Il ragazzo la sfiorava appena, le sfuggiva ed ella lo cercava, gli si
stringeva vicino.
Una triste vergogna le strinse la gola, mentre lo vedeva rifuggire il
contatto, scorgeva il balenare imbarazzato nei suoi occhi, riconosceva la
menzogna nei suoi atti.
Era stato spinto dagli intrighi complottati dalla Guardia di Everlan.
Che ingenua che era stata.
Si strofinò velocemente gli occhi, augurandosi che Hay Lin non
se ne fosse accorta: avrebbe potuto fraintedere! Invece era solo quella polvere
di tufo, così fastidiosa.
Nelle immagini seguenti, però, il sorriso strafottente non aleggiava
più sul viso di Flood, che sembrava confuso e preoccupato e si sforava
pensieroso le labbra.
Irma lo rivide in piedi, nella penombra della sua camera, aspettare
il suo giudizio. I suoi occhi su di lei erano diversi, intensi e
timorosi.
La menzogna si era spinta troppo oltre, fino a travalicare il limite
con la realtà. Nelle pieghe dell'inganno era caduto anche
l'ingannatore.
Una felicità inaspettata la travolse quasi con violenza.
Che scema, che scema! Perché permetteva a quello di farla sentire
così?
Non vedeva che, nei dipinti dopo, la lealtà di Flood verso la bella
sconosciuta e l'attrazione verso di lei continuavano ad alternarsi in testa
alle sue priorità? Come poteva pensare di rivaleggiare con quella
donna che quello stupido adorava come una dea, che conosceva da sempre e
che era così bella da oscurare qualsiasi modella e dolce, comprensiva,
appassionata come lei era del tutto incapace di mostrarsi?
Perché quello sciocco non si decideva? Perché non smetteva di girarle intorno,
di rivolgerle quegli sguardi languidi e la lasciava tornare alla sua
vita?
La luce del sole la colse alla sprovvista. Da un ampio arco, raggi pallidi
si affacciavano nella caverna, accendendo di colori più vividi i
dipinti.
Mise prudentemente il naso fuori, subito imitata da Hay Lin; l'apertura
dava direttamente sullo strampiombo.
Irma guardò in basso: il mare continuava a distendersi apatico
molto, molto più giù.
Alzò il naso al cielo, cercando di sbirciare su, oltre la parete
di roccia. Un paio di metri più in alto, faceva capolino qualche ciuffo
d'erba: si trovavano quasi in cima alle falesie, dovevano aver camminato
in salita.
Dopo una breve riflessione, andò a ripescare Hay Lin, che, nel
frattempo, se ne era tornata indietro, per piazzarsi di nuovo a fissare con
adorazione la parete sbagliata.
"Guarda Hay-Hey" le indicò, dopo averla trascinata fino all'apertura
"Ce la fai a portarmi in volo fin lì?".
Hay Lin la scrutò, soppesandola per un tempo decisamente esagerato,
poi si strinse nelle spalle. "Credo... che dovrei farcela" borbottò
poco convinta.
"Credo che dovrei?" indagò Irma inquisitoria "Ma se ti ho vista
sollevare pesi molto superiori ad altezze molto maggiori!"
"Sì, però... l'aria è strana. E'... debole, pesante,
mi sembra di aver difficoltà anche ad alzare il più fievole
soffio di vento" si scusò Hay Lin "Ce la dovrei fare, però".
Irma alzò gli occhi al cielo: "Speriamo in bene, non voglio
spiaccicarmi sugli scogli".
La Guardiana dell'Aria volteggiò agile fin sulla cima delle falesie,
poi si concentrò e evocò un vento che, sollevata Irma, la spinse su,
verso il bordo.
Già la Guardiana sfiorava l'erba con le punte delle dita, quando
la terrà tremò per un istante e il vento svanì. Irma
si aggrappò disperatamente alle rocce, trovandosi a penzolare appesa
per le braccia.
Tentò di puntellarsi con i piedi, mentre Hay Lin si precipitava
in suo soccorso, afferrandola per i polsi.
Oddio, oddio, perché non si era impegnata di più durante le
lezioni di ginnastica? Il ricordo di ore e ore passate a chiaccherare con
la scusa del mal di pancia, le balenò subintaneo alla mente, subissandola
con il senso di colpa.
Sarebbe morta, morta in quel posto infame senza che la sua famiglia
avesse mai modo di saperlo.
Suo padre l'avrebbe aspettata invano per giorni, l'avrebbe fatta cercare
per tutta Heatherfield, mentre il suo corpo era orribilmente spiaccicato
in un'altra dimensione.
E Flood si sarebbe risparmiato la fatica di prendere una decisione.
Ah no, questo mai! Non gli avrebbe reso tanto facile la vita a quello!
Artigliò ferocemente la terra, mentre Hay Lin la tirava per le
spalle.
Si grattugiò ben bene la pancia sulle pietre taglienti, ma, infine,
riusciì a strisciare oltre l'orlo.
L'amica crollò a terra accanto a lei ansimando
affannosamente.
Irma la squadrò con riprovazione: Insomma! Non pesava mica così
tanto!
Mentre l'altra si riprendeva, si diede un'occhiata attorno, rimuginando
sulle immagini appena viste.
Chissà per chi avrebbe scelto di parteggiare, chissà se
aveva già scelto...
Avrebbero dovuto combattere di nuovo?
Mentre scrutava l'orizzonte pensierosa, da un tornante del sentiero
si fece loro incontro uan figura massiccia, subito seguita da due figurette
che parevano svolazzare a pochi centimetri da terra e, dietro di loro, il
cuore di Irma ebbe un guizzo, avanzava una familiare silouhette
slanciata.
Però, se quello era lui, gli altri tre...
Scosse Hay Lin freneticamente "In piedi Hay Hey, in piedi! Abbiamo
visite!"
Hay Lin saltò su, ancora con il fiato corto. Afferrata al volo
la situazione, prese a levitare a un paio di metri da terra, preparandosi
ad affrontare i due ragazzini.
Irma cercò il contatto con il suo elemento. Sentiva le onde
infrangersi contro gli scogli, ma erano lontane, molto, troppo, non poteva
raggiungerle. Non era solo quello il problema, però. Il flusso
dell'energia sembrava discontinuo e spezzato, non riusciva a manipolarlo
con la facilità a cui era abituata, il legame continuava a
dissolversi.
Constatò con soddisfazione che, perlomeno, Flood sembrava a disagio.
Si teneva dietro all'omone, gli occhi bassi e sfuggenti. Finse a malapena
di volerle strappare il controllo dell'acqua e, appena lei ebbe la meglio,
si strinse nelle spalle e si fece da parte.
In alto, sopra di lei, Hay Lin pareva tenere facilmente a bada i suoi
avversari. I due sembravano piuttosto occupati a litigare fra loro, che a
combattere con lei.
L'uomo, però, era un avversario decisamente più tosto.
Da sotto ai piedi di Irma, eruppero all'improvviso viticci di piante
rampicanti, che fustigavano l'aria come code di serpenti, cercando di stringerla
nella loro morsa.
Leggere scosse di terremoto continuavano a farle perdere l'equilibrio
e non avrebbe saputo dire se erano naturali o opera del suo avversario.
Schivare i tralci che la inseguivano richiedeva tutto il suo impegno,
costringendola a focalizzare il suo potere per richiamare acqua direttamente
dall'aria umida e manipolarla in forma di piccoli scudi tremolanti.
Sembravano ridicoli e inutili perfino a lei. Appena colpiti svanivano
in uno sbuffo patetico di vapor acqueo.
Se solo avesse potuto sfruttare il mare.
"No... Will no!" il grido disperato di Hay Lin la distrasse.
Alzò gli occhi al cielo appena in tempo per vederla precipitare
a peso morto.
La ragazzina con i capelli sparati l'afferrò al volo per la
collottola, interrompendone la caduta.
Inveendo contro "quell'imbecille di fratello che non ne azzecca una"
assestò alla sua prigioniera una decisa botta in testa, che la lasciò
priva di sensi.
Quei pochi secondi di distrazione, bastarono alle piante per abbattere
le fragili barriere di Irma e avvilupparla strettamente.
La ragazza lottò strenuamente, cercando di costringerle a liberarla,
ma ben presto si trovò completamente avvolta da un bozzolo di rami
e foglie.
Mentre tutto si faceva buio incontrò gli occhi tormentati di
Flood attraverso una fessura nel muro vegetale.
Carissimi scusatemi tanto. Questo capitolo è stato mesi nel cassetto:
continuavo a non esserne soddisfatta e non avevo il tempo di riguardarlo.
Per fortuna mi sono beccata l'influenza e sono rimasta una settimana a casa
dal lavoro...
Spero di essere più rapida in seguito... spero...
Giochino: ho inserito un po' di citazioni o riferimenti a giro per i titoli dei capitoli, chi li trova? Nell'ultimo capitolo vi do la soluzione...
Ad Personam:
MaxT: Grazie di tutto il sostegno e scusami se ultimamente non sono molto
disponibile, lavoro davvero troppo. Il problema è che il mio lavoro
mi piace da morire. In effetti hai ragione: il filo portante della storia
è la difficoltà di scegliere. Questo comprende sia il rapporto
con i loro antagonisti, sia molti altri aspetti.
GiulyPotter: certo che mi ricordo di te! Mi fa molto piacere trovare le tue
recensioni e sapere che segui la mia storia con passione. Spero di poter
leggere presto la tua FF.
AyaCere: bhè sì, sono un po' cattivella di natura XD. Questi
ultimi capitoli, poi, saranno tutti molto movimentati (a parte questo che
lo è solo un parte) perciò finiranno sempre con un po' di suspence.
Certo che Flood non poteva resistere al fascino di Irma! Come si fa a resistere
a una matta così?
Witch92: al momento sono un po' tutte nei casini, temo... comumque Flood
si farà perdonare ;) vedrai, anche se magari non proprio come ci si
aspetterebbe.
Come ogni mattina, Cornelia aspettava Meg davanti ai cancelli della
scuola. Questa volta, però, la sua attesa era carica di un'emozione
che le coloriva le guance e le faceva battere il cuore.
Intorno a lei gli studenti arrivavano alla spicciolata, si incrociavano,
si dividevano, si radunavano in branchi per poi migrare chiassosi verso le
aule,come uccelli ai primi freddi autunnali.
Le risa e i chiacchericci intorno a lei, le sembravano provenire da
un altro mondo. Si sentiva nuova, diversa, rinata: nulla poteva toccarla.
Scorse l'alta figura di Meg nel momento stesso in cui svoltò
l'angolo.
La camicia abbottonata negligentemente, i pantaloni a sigaretta, le
bizzarre scarpe da punk, che regalavano diversi centimetri in più
alla sua già raguardevole altezza, la rendevano stravagantemente elegante
e sensualmente androgina.
Sentì l'affetto e l'orgoglio per la compagna traboccarle dal
cuore, riempiendole il petto e mozzandole il respito.
La salutò con un gesto e un sorriso smagliante e, quando Meg
sollevò in risposta una mano, si sentì pienamente e perfettamente
felice.
Fianco a fianco entrarono nell'edificio. Non osavano tenersi per mano,
ma Cornelia si sentiva comunque avvolta in un bozzolo di piacevole intimità
che le separava da tutti gli altri.
Poco alla volta, però, una strana sensazione di disagio,
cominciò a incrinare la sua tranquillità. Aveva l'impressione
che qualcosa non andasse, ma non riusciva a definirlo.
Anche Meg pareva essersene accorta e corrucciava le sopracciglia scure,
guardandosi attorno confusa e perplessa.
I movimenti e i rumori attorno a loro erano cambiati: non sembravano
più eterogenei e caotici come poco prima, ma orientati, organizzati,
uniformi.
Le stavano guardando! Tutti! Bisbigliavano fra loro e ridevano e le
indicavano,
"Che c'è da guardare?" sbottò Cornelia aggressiva
all'indirizzo di una brunetta provocante, che la fissava in modo particolarmente
sfacciato.
Quella ridacchio maliziosamente, per niente intimorita. "Va a vedere
la bacheca" suggerì malignamente "Chissà che non ci trovi qualcosa
di interessante".
"Sparisci, insetto!" intimò la Guardiana, con il tono di comando
che la sua magia rendeva irresistibile.
L'altra le rivolse un'occhiata sprezzante: "Non fai più paura
a nessuno, Hale" ribatté, apparentemente immune al suo incantesimo
"O dovrei chiamarti Sbaffo?" aggiunse beffarda con un sorrisino di
superiorità.
"Saffo" la corresse una voce roca e sensuale, che fece sentire Cornelia
subito meglio "la poetessa si chiamava Saffo".
La voce pacata e gli occhi profondi di Meg parvero destabilizzare la
stronzetta che, incapace di trovare una risposta adeguata, si scansò
in silenzio per lasciarle passare.
Attraversarono la stanza sotto gli occhi di tutti, fino alla bacheca
di compensato appesa alla parete opposta.
La foto era splendida: perfettamente a fuoco e soffusa di una luce limpida
che metteva in risalto i colori.
Im un'altra occasione avrebbe potuto piangere dalla gioia di avere una
foto simile di un momento per lei così importante.
Erano venute eccezionalmente bene, sia lei che Meg. Il sentimento traspariva
dalla loro pelle stessa, trasfigurandole: anche senza il bacio si sarebbe
capito perfettamente cosa provavano l'una per l'altra.
Mentre intorno a loro le risatine, i fischi e le grida di scherno si
trasformavano in un boato, Cornelia si voltò verso Meg in una disperata
richiesta di aiuto.
Gli occhi dell'altra, però, quando si voltarono verso di lei,
erano spaventati come non li aveva mai visti.
Cornelia sentì lo sconforto insinuarsi gelido nelle vene.
Meg, così irriverente e impermeabile ai giudizi, si vergognava
della loro relazione, si vergognava di lei?
Meg si strofinò il mento con le dita della mano destra, per
nascondere quella confusione e quell'insicurezza che non potevano sfuggire
a Cornelia.
"Tutto bene?" mormorò titubante.
"Si!" rispose Cornelia ad alta voce e con tono di sfida.
Il volto di Meg si distese in un sorriso ampio,che metteva in mostra
i suoi denti bianchi e candidi: "Bene" esclamò stringendole le spalle
con un braccio rassicurante.
"Avevo paura che non volessi più vedermi" aggiunse in un bisbiglio
sollevato.
E improvvisamente andava tutto bene davvero. A Cornelia parve di poter
respirare di nuovo.
Staccò con un gesto deciso la foto dalla bacheca e la ripose,
con cura, in cartella.
"Fuori dai piedi voi!" ordinò agli astanti "Non c'è niente
da guardare!". Cercò di infondere tutto il potere che aveva in quelle
parole.
La folla cominciò a disperdersi, ma, dovette ammetterlo, seppur
a malincuore, molto più lentamente di quanto si sarebbe aspettata.
In quell'istante, si materializzò al suo fianco la segaligna
insegnate di biologia.
"La preside vuole parlarvi, a tutt'e due!" comunicò con una certa
qual sadica soddisfazione.
Cornelia la fissò furibonda: vecchia zittella acida! Non aveva
mai potuto sopportarla! Di sicuro gongolava dentro di sé sperando
che le aspettassero guai peggiori.
"Grazie prof" rispose invece Meg con un sorriso affabile "Andiamo
subito".
La donna arrossì come una ragazzina e Cornelia le rivolse un'occhiata
sospettosa, prima di venire trascinata via dalla compagna.
La preside le attendeva seduta dietro la sua scrivania di mogano scuro,
le mani nervosamente incrociate e un'espressione preoccupata sul viso.
"Buongiorno, signorine" attaccò "Accomodatevi prego" continuò
indicando le due sedie vuote di fronte a sé.
"Ho saputo dello sgradevole incidente con la bacheca e me ne scuso.
Il colpevole sarà punito. Ognuno ha diritto alla propria privacy"
affermò guardandole negli occhi.
Non è per questo che ci voleva parlare, realizzò Cornelia,
anzi, della foto deve aver saputo solo adesso ed è imbarazzata dalla
situazione.
"Però... vi ho chiamate qui per parlare di altro".
Come volevasi dimostrare.
"Del vostro rendimento scolastico, precisamente. Signorina Shane, ormai
non ho più speranze che il suo possa migliorare" continuò
squadrandola severamente da sopra gli occhiali "Ma, da quando vi frequentate,
anche quello della signorina Hale, che era una delle migliori studentesse
della scuola, é crollato".
La signora Knickerbocker sospirò "Inoltre avete fatto un gran
numero di assenze nelle ultime settimane" si sfilò gli occhiali e
li puli, mentre un greve silenzio calava sulla stanza e li indossò
di nuovo.
"Mi spiace signorine, ma sono stata costretta ad avvertire i vostri
genitori".
Cornelia si lasciò sfuggire un grido che soffocò subito
con una mano, accanto a lei, Meg si limitò a sospirare.
La signora Knickerbocker si rivolse ancora a Meg.
"Come sempre, sua madre non è stata di grande aiuto, perciò
ho deciso di trattenerla qui alla fine delle lezioni, per il resto dell'anno
scolastico".
Meg impallidì "Signora, la prego: lo sa che devo lavorare!".
La preside si sistemò i capelli dietro le orecchie con aria
stanca.
"Lo so signorina Shane, ma non mi ha lasciato altra scelta. I suoi
insegnanti mi dicono che la sua media è allarmante: se continua così
non potrò più continuare a coprirla con gli assistenti sociali"
sospirò di nuovo "E c'è di più" riprese "E' stata diffusa
notizia che molti ragazzi della scuola facciano uso di stupefacenti ed è
stato fatto esplicitamente il suo nome, Margareth".
Cornelia si sentì gelare il sangue: non era possibile! Probabilmente
l'universo intero le odiava.
"Ho voluto darle fiducia, data la sua situazione familiare, ma deve
dimostrare di meritarsela" continuò con sguardo serio "Rimarrà
a scuola tutti i pomeriggi, d'ora in poi e non accetto giustificazioni".
Cornelia si sentì stringere il cuore, in sintonia con la
preoccupazione ben visibile sul bel viso di Meg.
Doveva essere dura per lei.
Dire che non le parlava mai di sé! Ma era chiaro che doveva avere
un sacco di problemi. Avrebbe voluto così tanto poterla aiutare...
La voce della preside la distrasse da quei pensieri.
"I suoi genitori, invece, Signorina Hale, si sono mostrati ben più
interessati alle sue sorti scolastiche e mi hanno assicurato che prenderanno
provvedimenti".
Ci mancava anche questa...Perché la Kinickerbocker non poteva
farsi i fatti suoi? Che gliene fregava se anche si faceva bocciare?
Sarebbe stata guerra aperta appena fosse tornata a casa.
Per fortuna che c'era Meg che allungava furtiva un braccio a sfiorarle
la punta delle dita.
Peccato che adesso, per colpa di quell'impicciona della preside, riuscire
a vederla sarebbe diventata un'impresa.
Si trattennero un attimo fuori dall'ufficio, giocando teneramente l'una
con le dita dell'altra.
"Mi sa che non potremo vederci per un po" mormorò Meg con rammarico
"Dovrò lavorare la sera".
"E in ogni caso mia mamma mi chiuderà in casa" sbuffò
Cornelia "Però sono preoccupata per te... Non c'è niente che
possa fare? Darti una mano con lo studio, non so...".
"Non c'è problema" Meg scosse la testa con un mezzo sorriso che
illuminò gli occhi scuri "Si tratta solo di stare un po' sui libri.
Piuttosto, tu... ho paura che tutta questa faccenda sia causa di imbarazzo
per te" Uno sguardo intenso e partecipe "Scusami è tutta colpa
mia".
Cornelia la strise in un abbraccio e le sfiorò la guancia con
le labbra.
"Ho fatto le mie scelte da sola" sussurrò "e non me ne
pento!".
La mattinata passò con esasperante lentezza, gravata dall'ansia
dell'incontro con la madre e punteggiata dagli sgradevoli lazzi dei suoi
compagni.
Il pensiero di Meg l'assillava e si sentiva triste e colpevole per non
essersi interessataa a sufficienza alla sua vita.
Adesso sì che avrebbe voluto che le sue amiche le fossero vicine,
ma era troppo imbarazzata per rivolger loro la parola per prima e le ragazze
si tennero a distanza.
Non poteva biasimarle: in fondo era stata lei ad allontanarsi per
prima.
All'uscita l'aspettava sua madre che la fece entrare in macchina senza
una parola. Seduta accanto a lei nell'abitacolo, poteva sentire su di sé
il peso della sua disapprovazione.
L'ira e la frustrazione le fecero salire le lacrime agli occhi. Le
ricacciò indietro rabbiosamente: non voleva che la vedesse
piangere.
Appena arrivarono a casa, si scatenò il finimondo. La madre le
urlò addosso per più di un'ora di fila.
Cornelia provò a reagire con la calma indifferenza di Meg, ma
si trovò ben presto ad urlare con altrettanta foga di sua madre.
Alla fine si beccò uno schiaffo che le fece bruciare la guancia
e ronzare le orecchie.
Spandendo lacrime sdegnate corse a rifugiarsi in camera sua e si
barricò dentro.
Si buttò sul letto e si lasciò andare a singhiozzi convulsi,
stringendo in un abbraccio violento Napoleone, che stava dormendo beato sul
cuscino.
Scusate l'ennesimo ritardo, questa volta ho un'ottima scusa: a parte il fatto
che in questo periodo il mio ritmo lavorativo è ancora più
intenso del solito, mi si è fritto il pc e per tre settimane ho atteso
ansiosamente che il tecnico mi salvasse i dati.
Ringrazio tutti moltissimo per le bellissime recensioni per l'ultimo capitolo,
mi hanno fatto veramente molto piacere e mi aiutano ad andare avanti. Sono
molto felice del fatto che tante persone seguano la mia storia con tanto
interesse. In questo periodo della mia vita, decisamente non troppo felice,
è un vero sollievo trovare le vostre recensioni.
Parlando di questo capitolo, mi sono divertita da morire a descrivere una
certa persona con gli occhi di Cornelia, invece che con quelli di... poi
mi dite cosa ne pensate ^^
Ad Personam:
MaxT: ciao carissimo, grazie per il continuo sostegno. Come avevo detto il
capitolo mi era costato una gran fatica e sono molto contenta che ti sia
piaciuto. A presto!
AyaCere: Ciao Aya! Io la metto la maglietta di lana, ma non faccio altro
che ammalarmi lo stesso (anche adesso sto da cani), come si fa? :( Di Meg
temo che, purtroppo si verrà a sapere poco oltre a questo nel corso
della storia, ma penso che scriverò un breve spin-off per parlare
un po' di lei e Cornelia. Un po' al cantante dei Tokyo Hotel direi che ci
somiglia, solo me l'immaginavo un po' più alta, con il viso più
squadrato e i capello più corti, insomma.... più mascolina
di lui! Mi fa un gran piacere che ti sia affezionata a lei: spesso i Nuovi
Personaggi non sono molto ben visti dai fan della serie, ma io a Meg voglio
un gran bene e ci tengo che venga apprezzata.
Giuly Potter: certo che mi fanno piacere i tuoi commenti: li rileggo sempre
e riescono a tirarmi su anche durante le giornate più nere. Tanto
affetto per i miei personaggi e per i miei racconti è una panacea
per i mali del cuore! Sono d'accordo con te sul fatto che nel mondo, anche
tra i giovani, ci sia molta ostilità per la diversità di qualsiasi
tipo: è ciò che mi piace meno della società in cui viviamo.
Infatti, spesso, le mie storie parlano di personaggi che vanno contro quello
che ci si aspetta da loro.
Rainboy: grazie per l'accuratissimo e interessante commento, fa molto piacere
ricevere una critica, positiva o negativa che sia, del genere: vuol dire
che chi ha letto il tuo scritto l'ha fatto con grande attenzione. Ti rispondo
un punto alla volta. Il capitolo è corto, hai ragione e hai ragione
anche sul perché lo è: volevo separare gli avvenimenti del
precedente capitolo da quelli del precedente. Avrei dovuto allungare il capitolo
descrivendo meglio la litigata tra Cornelia e sua madre, hai ragione tu anche
su questo punto. In verità non è stata pigrizia o timore di
affrontare una difficoltà, quanto il fatto che ero concentrata sulla
trama generale e ho un po' trascurato la storia personale di Cornelia. Mi
spiace un po' e spero di tornarci sopra quando avrò finito di scrivere
il tutto, in fase di revisione. Mi fa piacere essere riuscita a rendere l'ansia
di Cornelia: è stato quello che mi è costato più fatica.
Della Knickerbocker sono piuttosto contenta, mi sembra rifletta piuttosto
bene i personaggi di quei libri per ragazzi della mia giovinezza a cui sono
tanto affezionata. Riguardo alla discussione con la madre, invece, non sono
molto d'accordo, ti spiego. Cornelia non ha libretti scolastici, è
alle superiori. Nelle ultime settimane ha ricevuto pessimi voti ed ha forcato
spesso e volentieri, ma non ha detto niente alla madre e ha coperto tutto
falsificando le giustificazioni. I suoi voti non sarebbero così tragici
da essere convocata in presidenza, ma essendo lei stata fino a quel momento
una studentessa modello, il suo rapporto con Meg ha attirato l'attenzione
della preside che si è interessata alla situazione. Una volta che
la madre ha saputo che Cornelia ha ricevuto diversi brutti voti ed a saltato
più volte la scuola a sua insaputa si è infuriata. Riguardo
al titolo mi piacerebbe sapere perché lo trovi discutibile. o l'ho
scelto per due ragioni: 1- richiama il modo in cui, nei romanzi medievali,
gli amanti si chiamano l'un gli altri e il rapporto tra Meg e Cornelia è
un po' idealizzato, da Tristano e Isotta, inoltre è nato da un'amicizia
2-è una citazione di Chiara di Fiorella Mannoia che è una canzone
che amo moltissimo. Direi che ho finito qua! Grazie ancora moltissimo per
tutto quello che mi hai scritto, spero vivamente che continuerai a seguirmi
e a lasciarmi recensioni così accurate!
_Ellie_: Sono felicissima che tu abbia deciso di commentare, per lasciarmi
una così gentilissima recensione, poi! E' un gran piacere sapere che
i lunghi capitoli che hai scritto non annoiano, anzi avvincono almeno qualche
lettore! Ti ringrazio per apprezzare la mia scrittura, per amare i miei
personaggi e seguire la mia trama con interesse. Arriverò in fondo,
non temere: sarebbe un peccato abbandonare un lavoro che ho in campo da due
anni e passa a pochi capitoli dal finale! Scrivere una storia su un fandom
poco conosciuto, con una trama complessa, una scrittura poco usuale e personaggi
e ambientazioni nuove è un vero rischio: spesso e volentieri non ti
legge nessuno. Trovare, di tanto in tanto, qualcuno che ha apprezzato la
tua costanza e amato quello che hai scritto nonostante tutto è una
grande gioia. L'ambiguità, il non sapere dove sta il "giusto", le
domande dovevano essere il tema centrale della storia: sono felice tu l'abbia
colto.Grazie ancora per seguirmi.
Riaprì gli occhi stordita.
Le bruciavano per il gran piangere e aveva mal di testa.
Doveva essersi addormentata, sfinita dalle lacrime. Era così
confusa...
Un bussare insistente la riscosse; ecco cos'era stato a svegliarla.
"Chi è?" chiese, con tono acuto e tremante a causa dei
singhiozzi.
"Sono io" era la voce stanca della madre "C'è qui un tuo amico.
Apri".
"Chi è?" ripeté, odiandosi per la sgraziatezza con cui
le uscivano le parole.
"Io" rispose una voce del tutto sconosciuta "Fammi entrare Cornelia,
per favore, è per quelle ripetizioni su.. la tavola degli elementi...
ricordi?" concluse, allusiva e quasi implorante.
Perplessa e incuriosita si avvicinò alla porta.
"Va' via mamma" intimò "Non ti voglio vedere".
Un sospiro e poi passi che si allontanavano.
Attese qualche secondo per essere proprio certa che se ne fosse andata,
poi girò la chiave e socchiuse la porta, sbirciando interrogativamente
il misterioso "amico".
"Fammi entrare" sibilò quello pressante "E' importante".
Annuì e si fece da parte, lasciandolo passare.
Acchiappata per la collottola Lillian che cercava di sgattaiolare dietro
di lui, la sbattè fuori e sprangò di nuovo la porta.
Appoggiandosi con la schiena all'anta, si voltò a squadrare il
nuovo venuto.
Era uno dei tipi più bizzarri che avesse mai visto ed era
assolutamente certa di non averlo mai incontrato prima.
Se lo sarebbe ricordato.
Era alto e allampanato, magro come un chiodo, ma con le spalle larghe.
Aveva un viso esotico, con gli occhi leggermente troppo ravvicinati e un
naso dritto, ma importante.
Indossava abiti di una taglia palesemente sbagliata: nuotava letteralmente
dentro la t-shirt, quanto ai Jeans sbiaditi, erano ragionevolmente stretti,
ma gli lasciavano scoperto metà polpaccio.
La caratteristica più curiosa, però, erano i suoi capelli:
biondi e raccolti in molteplici code sembravano bagnati fradici.
Dopo essersi guardato intorno con aria imbarazzata, il ragazzo le
piantò in faccia gli occhi castani.
"Tu sei la Guardiana della Terra, vero?" esordì senza
preamboli.
Cornelia boccheggiò per un istante.
"Chi diavolo sei tu? Cosa sei venuto a fare qui?"
Il ragazzo scoccò un'occhiata sospettosa fuori dalla
finestra.
"Sono Flood di Everlan" bisbigliò con un sibilo cospiratorio
"Sono qui per avvertirti: le tue amiche sono in un mare di guai e tu ti ci
troverai presto".
"E perché mai dovrei crederti?" questionò Cornelia sospettosa
"Le ho viste stamattina a scuola e stavano benissimo!".
"Non è possibile!" ribatté lui deciso "Le ho lasciate
poco fa nelle prigioni reali".
Non sembrava stare mentendo, Cornelia si sentì presa in
contropiede.
Possibile... possibile che quelle che aveva visto fossero state solo
le gocce delle sue amiche? Possibile che non se ne fosse accorta?
Ebbe un sussulto di panico: i suoi poteri! Li stava forse perdendo?
Anche quella mattina a scuola l'avevano tradita nel momento del bisogno.
Forse era la punizione per essere venuta meno ai suoi doveri e aver usato
la magia a sproposito.
"Potrebbe darsi che tu abbia ragione..." ammise a malincuore "Cos'è
successo?".
"La Guardia di Everlan le ha catturate" rispose il tipo Flood con una
strana espressione neglio occhi "E per onor di cronaca, è stato Ardu
a spifferare a giro i tuoi segretucci. Se non prendi l'iniziativa finirai
come loro".
"Ehi" esclamò lei, prendendo improvvisamente coscienza di un
particolare "TU sei la Guardia di Everlan!" strinse le mani pugno, mettendosi
in guardia come le aveva insegnato Meg. Poteri o no, avrebbe dimostrato a
quel tizio che non era tanto facile sopraffarla.
"No, no aspetta!" protestò lui, schivando un tentativo di diretto.
Le afferrò il polso e la fissò negli occhi con aria contrita
"Senti mi dispiace per le tue amiche, davvero. Non ho potuto farci
niente".
Sospirò.
"Ho già rischiato grosso a venire fin qui. E mi è toccato
indossare questi abiti ridicoli e ammansire a forza di balle quel mastino
di tua madre".
Cornelia liberò il braccio con uno strattone irritato e lo
scrutò con gli occhi sospettosamente socchiusi. "Mi sembrava che aveste
metodi più efficaci per piombarci in casa, o sbaglio?".
Flood sospirò di nuovo, con aria particolarmente derelitta.
"Non posso usare i miei poteri: Permetterebbe loro di rintracciarmi
e al momento non si fidano molto di me. Non credo sarebbero felici di sapere
che sono stato qui".
"Facciamo che io ti creda..." concesse dopo un attimo di riflessione
Cornelia "come farei ad arrivare su Everlan?".
"Oh, questo è facile" rispose Flood con un sorriso amaro "Hanno
lasciato una porta aperta per te. I problemi verranno dopo".
Nel tragitto fino a "The Olde Bookshop", Cornelia aveva avuto il tempo
di riflettere e la sua ira di montare. Quel maledetto Ardu le stava viscidamente
cercando di rovinare la vita! Proprio ora che aveva raggiunto un certo
equilibrio! E tutti gli altri della Guardia di Everlan con lui.
Che popolo di debosciati! Avevano paura di lei e delle sue amiche, ecco
la verità. Non erano riusciti a sconfiggerle faccia a faccia e allora
riccorrevano a questi squallidi trucchetti.
E a tirare le fila di tutta la faccenda, c'era questa "regina", questa
"Nimuel". Non si era scordata cosa le avevano detto la prima volta che si
trovata su Everlan.
"La nostra amata regina, sempre sia benedetta, ha già trovato
una soluzione, una nuova fonte a cui attingere potere, per curare la nostra
terra".
Era stata lei a impadronirsi dell'energia di Kandrakar riducendola a
una rovina.
Si nascondeva dietro alle sue guardie del corpo, ma era lei il motore
primo di tutti gli intrighi.
L'avrebbe costretta lei, Cornelia, a venire allo scoperto.
Si era trasformata senza problemi, ciò le aveva restituito fiducia
in sé stessa, così come sapere che gli incidenti della mattinata
non erano dovuti a una sfortuna avversa o a una generica crudeltà
dell'universo, ma facevano parte di un preciso piano volto a sfiancarla.
Appena arrivati su Everlan, quel vigliacco di Flood era sparito, borbottando
qualcosa come "Se mi beccano sono fritto" e l'aveva lasciata solo nel bel
mezzo del nulla.
Però si sentiva a dir poco furibonda e la rabbia, indirizzata
finalmente verso un obbiettivo preciso, le restituiva forza. Pareva che anche
i suoi poteri fossero più in forma e le sembrava di percepire, seppur
flebile e lontano il richiamo angosciato di Taranee.
Prima di darsela a gambe Flood le aveva indicato come raggiungere i
sotterranei in un modo che "doveva essere più o meno sicuro. "C'è
un cristallo nella stanza prima delle celle. Prendilo e portalo alle tue
amiche. Tutte insieme dovreste riuscire ad usarlo per aprire le porte. Fatelo
e tagliate la corda" aveva detto "Non prendere iniziative, non fare sciocchezze.
Non c'è altro che tu possa fare alla reggia e se ci dovessimo incontrare
là ti tratterò come un nemico".
Cornelia si diresse quasi di corsa nella direzione indicatela, indifferente
alla desolazione intorno a sé. Ignorò il paesaggio grigio e
squallido, le lievi scosse di terremoto e proseguì dritta lungo la
strada piastrellata, ora sconnessa, dirigendosi verso le montagne. Avrebbe
trovato Nimuel e l'avrebbe costretta a restituirle le sue amiche e a cessare
di rubare l'energia di Kandrakar.
Seguiva, senza saperlo, le orme che aveva tracciato Will due settimane
prima, e seguì i ripidi tornanti tra le pareti di pietra, finché
non scorse lo stesso splendido palazzo, abbarbicato ai bastioni di
roccia.
Del tutto dimentica dei consigli di Flood, si diresse dritta verso il
castello, invece che cercare l'ingresso che avrebbe dovuto condurla alle
segrete.
Si arrampicò agilmente, aiutata dai suoi poteri, sulla ripida
parete con cui si fondeva la reggia.
L'edificio pareva deserto. Non si scorgevano guardie, né servitori,
né nobili abitanti.
Dopo aver sbirciato da questa e da quella finestra, senza scorgere anima
viva, Cornelia si stancò della prudenza e, fatto appello al suo elemento,
aprì un'ampia crepa nelle mura.
Si insinuò all'interno e la pietra si richiuse dietro di lei
con uno scricchiolio sinistro.
L'interno del palazzo non era meno fastoso del suo esterno e non pareva
né abbandonato, né, tanto meno, in rovina, eppure pareva non
esservi alcuno.
Perplessa, ma decisa a non farsi distogliere dal suo obbiettivo da quelle
bizzarre circostanze, Cornelia prese a vagare per le sale vuote ingnorando
gli arazzi meravigliosamente intessuti, i mosaici dei soffitti, formati da
frammenti di specchi multicolori, i fregi sulle arcate, risplendenti d'oro
e d'argento.
I suoi passi risuonavano soffici nel silenzio e, lentamente, l'ansia
cominciò a prendere il posto della rabbia, incrinando la sua
sicurezza.
"Meg, Meg, Meg" prese a recitare come un mantra, al ritmo dato dai battiti
del suo cuore. I bastardi avevano tirato dentro anche lei, che era estranea
a tutta la faccenda. Non li avrebbe mai perdonati, per questo, mai.
Si aggrappò ferocemente a quel pensiero, per rinfocolare l'ira
e tenere lontano il timore, mentre attraversava stanza splendide e spettrali
che si susseguivano in una teoria apparentemente infinita.
MObili di legno pallido e argento, della stessa squisita fattura della
chiave di Everlan, arredavano le stanze, adorni di stoffe prezose, vasi di
cristallo dipinto, statue di metallo brunito che la fissavano con occhi
vuoti.
Tutto era silente, immoto, perfetto.
Se solo, si trovò a pensare Cornelia, su quelle superfici polite
si fosse posata un po' di polvere!
Invece non un solo granello di polvere si era insinuato nei bassorilievi
che adornavano le porte, non un ragno aveva adibito a sua dimora un angolo
degli alti soffitti.
E non si udiva un respiro che non fosse il suo, che si faceva sempre
più incerto e aritmico.
Attraversato l'ennesimo arco, si ritrovò in una vasta sala dalle
pareti di marmo blu. Non riusciva a scorgere altre pareti oltre a quella
dietro le sue spalle: solo una foresta di colonne sottili, riunite in fasci
svettanti e agili.
Istintivamente all'erta, cominciò circospetta ada ttraversare
quello spazio all'apparenza sterminato, innervosità dal colonnato
che le negava una chiara visuale dello spazio nel quale si trovava e formava
ingannevoli giochi di luci e di ombre.
Senza preavviso, le colonne cedettero il posto ad un'ampia navata.
Al centro di essa, su un piano rialzato, sorgeva un trono. Ne scorgeva
lo schienale e parte di un bracciolo: non si vedeva nessuno, ma se qualcuno
vi fosse stato seduto, le sarebbe stato comunque nascosto alla vista.
Era scavato nella pietra e nel legno, ricco oltre ogni immaginazione,
dipinto in un tripudio di colori perfettamente armonizzati, seppure vividi
e intensi e scolpito in ogni sua parte con la minuzia di un cammeo.
Decine di torce sfolgoranti lo illuminavano e il loro fuoco si rifletteva
sulle pietre limpide che vi erano incastonate, rinfrangendosi in centinaia
di arcobaleni. Dalla sua base scorreva, con musicale mormorio, una sorgiva
che si riversava in una vasca cristallina, dal centro della quale, il trono
stesso si ergeva.
La bellezza e la quiete di quel luogo erano tali che Cornelia sentì
il suo spirito combattivo venir meno.
Meg, pensò furiosamente, cercando di risorgerlo, devo pensare
a Meg, a quello che le hanno fatto.
Decisa, si avvicinò al piano e lo aggirò rapidamente.
"Benvenuta Guardiana" la salutò una voce melodiosa "Il tuo arrivo
mi è grato, anche se temo, ahinoi, che non vi sia pace in
quest'incontro".
"Chi è là?" gridò Cornelia, percorrendo di corsa
gli ultimi metri che la separavano dal vedere il suo interlocutore. Iniziò
a evocare i suoi poteri, preparandosi a combattere. Gioì nel sentirli
accorrere prontamente. Eppure il suo elemento sembrava spezzato e indebolito
e avvertiva la sua energia cedere e risorgere in onde agonizzanti.
Sul trono sedeva una fanciulla (o forse era una donna?) di età
indefinibile e inarrivabile bellezza. Cornelia rimase per un attimo senza
fiato, turbata dalla sua eterea complessione.
Onde di capelli di un bianco lunare si snodavano intorno a lei, riempiendo
la seduta del trono di morbide volute e riversandosi oltre i braccioli fino
a terra. L'avvolgeva una vesta multicolore, pesante di lana e ricami che
quasi gravava sul suo fisico fragile e aggraziato.
Sedeva languidamente appoggiata allo schienale: la sua posa insieme
ala suo pallore niveo e al lucore febbricitante dei suoi grandi occhi argentei,
suggerivano stanchezza e malattia.
Cornelia strinse le labbra in una linea dura: non si sarebbe fatta
impietosire dalle apparenze!
"Tu sei Nimuel" l'aggredì "La regina" sillabò
offensiva.
"Quelli sono il mio nome e il mio compito" rispose la fanciulla tranquilla
"E tu sei Cornelia, Guardiana della Terra".
La Witch sollevò le braccia e dal pavimento di marmo sorsero
due minacciose creste di roccia. Non aspettava altro, finalmente aveva davanti
a sé la causa di tutto.
"Preparati a difenderti" intimò.
Sul volto triste di Nimuel, apparve un piccolo sorriso malinconico.
"Mi spiace, Guardiana" mormorò "Questa terra è mia e così
tutti i suoi elementi. Non c'è niente che tu possa fare qui".
"Cosa stai...?" cominciò Cornelia, ma Nimuel scosse lentamente
la mano e le creste di roccia si rivoltarono contro di lei, intrappolandola
in una prigione di pietra.
Cosa...?" gridò incredula e furibonda. Il suo elemento le era
improvvisamente completamente estraneo, non avvertiva più il flusso
e, per quanto si concentrasse, non era in grado di smuovere un solo grammo
di roccia. Era come ritrovarsi improvvisamente senza una gamba o un piede.
"Sarai soddisfatta adesso!" sputò, quasi ringhiando, all'indirizzo
della regina "Ci hai catturate tutte, hai raggiunto il tuo scopo!".
"Sì, è vero" sussurrò la su avversaria "Ora la mia terra
potrà essere risanata grazie ai vostri poteri e il mio popolo sarà salvo".
Un'altro gesto stanco della mano e la gabbia di Cornelia cominciò
a sprofondare nel pavimento insieme a lei.
Nimuel voltò la testa e si riappoggiò alla schienale.
I capelli biondi nascondevano il suo viso a Cornelia.
"Siete tutti uguali voi Everlaniani" gridò la Witch, cercando
disperatamente di attirare la sua attenzone e prendere tempo. "Vi importa
solo di voi stessi. Non pensate agli altri mondi della cui pace, noi siamo
garanti?".
Ormai la roccia le arrivava al mento, vi era quasi completamente affondata
e la regina nemmeno si degnava di voltarsi verso di lei.
In preda al panico, sentendosi soffocare dal marmo che già le
stringeva la gola, tentò ancora:"Come se già non aveste depredato
l'energia di Kandrakar: la fortezza è in rovina e l'Oracolo morrà
a breve".
"No!" esclamò Nimuel, spalancando gli occhi e volgendosi di slancio
verso di lei "Questo è impossibile!".
Sembra una bambina, adesso, pensò incoerentemente Cornelia, prima
che il pavimento la inghiottisse.
Buon 2008 a tutti! Spero che sia un anno felice per tutti voi, lettori vecchi
e nuovi, per chi legge e recensisce e per chi legge e basta, per chi mi ha
sempre seguito con fedeltà e per chi viene e va! Un grande bacio a
tutti voi!
Dato che oggi è anche il mio compleanno siate carini e lasciatemi
una recensione: mi fa piacere conoscervi tutti!
Ad Personam:
MaxT: sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto. Vorrei riuscire a disegnare
gli interni el palazzo e a fare anche qualche altra illustrazione... ma ho
sempre così poco tempo! Vedremo, vedremo, farò il possibile!
GiulyPotter: grazie mille per i tuoi complimenti. Sono felice che trovi la
storia travolgente! E che ti piacciano le mie descrizioni, naturalmente:
spero di riuscire a farti vedere le immagini che io ho in testa chiarissime!
A presto!
Hay Lin stava rannicchiata in un angolo della sua celletta, scoccando
di tanto in tanto, occhiate spaurite verso Will, con grandi iridi
lacrimose.
L’altra, da parte sua, era seduta con la schiena appoggiata al
muro e la testa reclinata con rassegnata apatia. Fissava il vuoto davanti
a sé con occhi gonfi che portavano ancora tracce di pianto.
Nella cella di fronte, Taranee si premeva le tempie borbottando: da
ore continuava ostinatamanee a cercare di contattare Cornelia. Qualche tempo
prima le era parso di udire l’eco flebile di una risposta, di cui non
era però riuscita a comprendere le parole. Che Cornelia fosse riuscita
a raggiungerle su Everlan?
Irma, separata da lei da un muro di pietra grigia, si era attaccata
alle sbarre e sbraitava offese fantasiose contro i loro invisibili
guardiani.
Hay Lin si strofinò gli occhi e riprese a guardare il
pavimento.
Si sentiva così in colpa.
Will sapeva tutto. Tutto! Non l’avrebbe mai perdonata. Per averle
mentito e averle tenuto nascosti i suoi sentimenti.
E perché era ancora innamorata di Matt e lei gliel’aveva
rubato.
Mentre combattevano, i gemelli le avevano mostrato tutto: Will che spiava
lei e Matt, nascosta nei bagni della scuola, il suo pianto, il modo in cui
si era lasciata catturare senza nemmeno cercare di combattere.
Era tutto troppo reale per essere falso, costellato di particolari troppo
precisi, di verità di cui solo Hay Lin poteva essere a conoscenza.
Will soffriva così tanto, a causa sua, da avere perso la forza
di combattere e la voglia di vivere.
Lo shock era stato tale che aveva perso la concentrazione ed era caduta
giù come un sasso. Si era fatta mettere K.O. come una stupida: non
era nemmeno riuscita a rendersi utile a Irma.
Zeph e Ire le avevano rivelato anche qualcos’altro. Qualcosa di
cui, se fosse stata un’amica sincera e una persona buona avrebbe dovuto
essere felice e, invece, la riempiva di colpevole, colpevolissima,
angoscia.
Erano stati loro a generare l’attrazione di Matt per lei, grazie
ai loro poteri. Altrimenti, mai e poi mai, si sarebbe interessato a lei.
Era ovvio, in fondo, come era possibile che Matt si potesse interessare a…
a un ranocchio come lei, con tutte quelle simil-modelle che lo
segugiavano?
Il suo amore per lei, persino il suo affetto, erano solo un’illusione.
Era molto più logico così, però… Un groppo le
salì in gola. Si morse forte il labbro inferiore per non piangere
e premette gli occhi contro le ginocchia.
Come aveva potuto pensare di piacergli?
“Oh porca paletta!” Irma interruppe improvvisamente la sua
sequela di insulti con un’esclamazione allibita “Guardate
ragazze!”.
Hay Lin sollevò a fatica la testa: nella cella accanto a quella
di Will, giaceva ora Cornelia.
“E’ cascata giù dal soffitto!” spiegò Irma
concitata “E’ passata dritta dritta attraverso la
pietra!”.
Tutte e quattro si premettero contro le spalle cercando di giudicare
le condizioni dell’amica.
“Credete che sia morta?” alitò la Guardiana
dell’Acqua.
Hay Lin si sentì gelare: sembrava proprio morta…
“Ma se respira!” la rimbeccò Taranee “Cornelia,
ehi Cornelia” la chiamò poi.
Un gemito provenne dal corpo disteso.
Cornelia si sollevò a fatica su un gomito.
“Dove, dove sono?” balbettò.
“Che originalità, Nicole!” esclamò Irma sarcastica,
con una punta di cattiveria nella voce “Chi è il tuo
sceneggiatore?”.
Cornelia le rivolse un’occhiataccia raggelante.
“Questi Everlaniani sono proprio inutili: non sono nemmeno riusciti
farti star zitta”.
“Possiamo evitare di litigare una volta tanto?” le interruppe
Taranee, con una nota forse più polemica di quanto avrebbe voluto.
“Siamo su Everlan e siamo in prigione” spiegò pragmatica
“Noi quattro siamo state catturate mentre cercavamo informazioni e tu?
Come hai fatto a finire qui?”.
Cornelia si strofinò gli occhi con il dorso della mano, confusa,
poi saltò su come se avessero punta con uno spillo. “Quella Nimuel!
E’ stata lei a imprigionarmi!”.
“Nimuel…Vuoi dire la regina?” investigò Taranee
“Sei riuscita a incontrarla?”.
“Proprio lei… quella strega!” confermò Cornelia
“Come ci aveva detto l’Oracolo si apprestano a sfruttare i nostri
poteri per salvare questo posto!”.
Si arrestò confusa come se le fosse tornato qualcosa alla
mente.
“Però… è strano… ha detto… di non
aver rubato l’energia di Kandrakar…”.
Taranee sollevò scettica un sopracciglio.
“Perché mai prendersi la briga di mentire su un particolare
del genere? Con una prigioniera, poi!”
Cornelia si strinse nelle spalle “Non saprei… anche perché
non ha fatto mistero di essere colpevole di tutto il resto”.
Il cuore di Hay Lin aumentò i battiti.
Forse… forse che…
“Corny… senti non è che…” azzardò
“Non è che per caso, la regina…” si interruppe
improvvisamente confusa. Non era possibile, era proprio una stupida. Cornelia
aveva detto che la regina era una “strega” e poi le aveva imprigionate
e ingannate ed era stata così… così crudele. Non poteva
essere lei.
“Bhè? Il gatto ti ha mangiato la lingua?” le chiese
Cornelia, intimidatoria.
Hay Lin si confuse ancora di più. Scosse i codini scuri. Non
voleva più dire niente, era stato un pensiero sciocco.
“Hay Hey… che volevi dire?” la interrogò Irma
curiosa.
Hay Lin le rivolse un’occhiata implorante: non voleva dire niente.
Non voleva rendersi di nuovo ridicola con le sue stupide idee.
“Hay Lin, dovresti dire quello che pensi” la incoraggiò
Taranee fissandola seriamente attraverso gli occhiali rotondi “In questo
momento qualsiasi minimo particolare può essere dalla massima
importanza”.
Hay Lin annuì, mentre le gote le si facevano rosse e inghiottì
l’imbarazzo.
“Ecco… è solo che… non che, magari… la regina
ha lunghi capelli biondo chiaro? E occhi blu come di porcellana ed è…
bella come una bambola?”.
Cornelia corrucciò le sopracciglia sottili “Sì…
ma tu… come?” .
“La fanciulla delle tu visioni!” esclamò Taranee
“E’ lei, non è vero?”.
Hay Lin annuì, un po’ più convinta “Io…
credo. La chiamavano Nim, perciò potrebbe essere”.
Irma fece scorrere uno sguardo interrogativo dall’una
all’altra.
“Mi sono persa qualcosa?”.
“La prima volta che siamo state qui Hay Lin ha avuto delle visioni
su una fanciulla chiamata Nim. Se non fossi sparita per giorni lo
sapresti!” spiegò Taranee concisa “Potrebbe essere la regina
di Everlan… anzi! Ne sono sicura! Ora che ci penso, l’ho riconosciuta
nei dipinti delle caverne e quella poteva essere solo la regina”.
Hay Lin si ritrovò al centro di un cerchio si sguardi carichi
di aspettativa.
“Se… sembrava una persona carina” balbettò
imbarazzata.
“Sembrava una persona carina!” sbuffò Irma, facendo
roteare gli occhi “Non hai altro da dire, Hay Hey?”.
Il sangue affluì violentemente al viso di Hay Lin. Aveva detto
un’altra sciocchezza.
Era forse il caso di parlare di ciò che aveva visto? Erano faccende
così private… si sentiva in imbarazzo solo a pensarci.
Dubitava che all’Oracolo facesse piacere vederle sbandierate ai
quattro venti.
“Io…” azzardò vaga.
“Hay Lin, sputa il rospo” ordinò Cornelia
minacciosa.
Hay Lin deglutì. Era certa di avere le orecchie in fiamme..
“Era innamorata di un ragazzo che si chiamava Haydin e lui è
dovuto andare via, perché era stato scelto per diventare Oracolo”
sputò tutto d’un fiato.
Hay Lin annuì. “Perciò... eh” balbettò
“Erano così innamorati e… magari ha detto la verità
la regina, ecco…”.
Calò un silenzio di tomba, che decuplicò l’imbarazzo
della ragazza.
Lo spezzò la risata di Irma. “Non ci credo!” ansimò
tra gli sghignazzi “Il signor “ho una scopa su per il culo”!
Innamorato!”.
Cornelia e Taranee si lasciarono sfuggire un risolino, poi trascinate
dalla sua ilarità, scoppiarono francamente a ridire con lei.
Hay Lin si sentiva andare a fuoco. Se anche fosse riuscita a scappare
da Everlan, l’Oracolo l’avrebbe di sicuro uccisa con le sue
mani.
Quando riuscì a riprendere il controllo, Taranee si sfregò
pensosamente il mento.
“Forse… forse potrebbe valere la pena di parlare con questa
Nimuel” rilfetté “Chissà che non si mostri più
ragionevole dei suoi scagnozzi”.
“Sì!” Will uscì improvvisamente dallo stato
di torpore in cui si trovava, rispondendo con entusiasmo quasi eccessivo
e attirandosi l’attenzione di tutte “Dobbiamo convincerla a lasciarci
parlare con l’Oracolo, a parlamentare! Accetterà, se le parliamo,
ne sono certa!”.
“E come dovremmo fare?” domandò Cornelia sarcastica
“Non siamo proprio nella condizione migliore per chiedere udienza, mi
pare e, comunque “concluse acida “Quella non mi pareva molto
interessata a parlare”.
“E nemmeno il pelatino sembrava molto disposto a trattare, se per
questo!” aggiunse Irma, proseguendo poi con un’imitazione credibile
dell’Oracolo “Che schiattino tutti, quei brutti cattivi!”
“Chissà perché ce l’ha così con gli
Everlaniani, ora” mormorò Hay Lin dolente. Il legame tra Hadyn
e Nimuel le era parso così puro e ideale… perché le storie
d’amore dovevano finire sempre male?
“Per prima cosa dobbiamo pensare a come uscire di qui”
stabilì Taranee “E potrebbe non essere facile. Tu sei arrivata
ora, ma noi è già un po’ che siamo qui e abbiamo tentato
di tutto per aprire queste gabbie: niente da fare! Sono protette da incantesimi
che inibiscono i nostri poteri”.
“Magari vi posso dare una mano io?” si intromise inaspettatamente
una voce maschile.
“Tu!” esclamarono, come una sola Witch, Irma e Cornelia.
“Brutto stronzo traditore!” inveì la Guardiana
dell’Acqua “Era tutto un trucco per fregarmi!”.
“Viscido verme vigliacco!” rincarò la bionda Guardiana
della Terra “Mi hai mollato da sola nel mezzo al nulla e mi hai fatto
cadere dritta in trappola!”.
Hay Lin seguì affascinata la scena pur senza capirci nulla. Il
ragazzo alto sembrava in seria difficoltà: aveva a mala pena il tempo
di balbettare monosillabi di scuse sotto il fuoco di fila delle due
Erinni.
Dopo due minuti buoni che le due vomitavano offese nei suoi confronti,
raggiunse il limite della sopportazione. Prese un bel respiro, raddrizzò
la schiena e tentò un contrattacco.
“Senti tu” rimbeccò Cornelia “Io ti avevo avvertito
e tu ti sei gettata nei casini a capofitto. Quanto a te” si voltò
severo verso Irma “Ho fatto anche troppo per aiutarti. E comunque”
concluse quasi implorante “di tutto questo, non potremmo parlarne
DOPO?”.
Il silenzio imbronciato che seguì, fu rotto dalla voce imbarazzata
di Taranee.
“Ehm… Flood suppongo?” tentò, alungando una mano
tra le sbarre “Taranee, piacere”.
“Piacere mio” rispose il ragazzo con un sospiro di sollievo.
“Finalmente una persona ragionevole” bisbigliò stringendole
la mano e meritandosi un’occhiata assassina da Irma e Cornelia.
“E Will” si presentò il loro capo, tendendo la mano
a sua volta.
“E Hay Lin” si affrettò a soggiungere lei.
“Davvero puoi farci uscire di qui?” chiese Will.
“Tutte no” rispose Flood “I miei poteri da soli non sono
sufficienti a infrangere gli incantesimi di cinque celle. E poi…”
continuò con un sorriso di scuse “Perdonatemi se non mi fido:
se tagliate la corda, a me tagliano la testa!”.
Irma grugnì con disapprovazione. Ad Hay Lin parve di sentirla
borbottare qualcosa come “…e mi deve ancora spiegare come fa a
conoscere la biondona…”.
“Quante di noi puo far uscire?” domandò Taranee
inquisitoria, andando dritto al sodo.
Il sorriso di scuse si fece più ampio “Una?”.
“Da non tutte a una…” commentò Cornelia sarcastica
“Parla, parla e poi…”
“E tu che ne sai?” la rimbeccò Irma stizzita e sospettosa
“Non mi sembra che vi frequentiate…”.
“Che c’è sei gelosa Madame Bovary?” ribatté
l’altra “Non ti bastano più quelli di Heatherfield, te li
devi cercare anche nelle dimensioni parallele?”.
“Tu… razza di serpe rinsecchita! Chi sarebbe un bove?!”
sputacchiò Irma inferocita.
“Basta adesso” le interruppe Will autorevole “Non abbiamo
tempo per sta qui a becchettarci come galline”.
“Giusto” le fece eco Taranee “Anche liberare una sola
di noi è un grande favore. Te ne siamo grate” continuò
all’indirizzo di Flood “Anche se non sembra” concluse
ironica.
Hay Lin era perfettamente d’accordo. Qulle due erano sempre le
solite… “E poi, per portare un messaggio basta una sola di noi!
Però… chi sarà ad andare?”.
“Andrò io: ho un conto in sospeso con quella!” si propose
Cornelia con focosa decisione.
“Non se ne parla proprio!” ribatté Irma “Se io
resto dentro ci resti anche tu! Dovresti andare tu Hay Hey” continuò
voltandosi verso di lei “Sei quella che ne sa di più su questa
Nimuel”.
Hay Lin si affrettò a schernirsi “No, no! Non saprei che
dire!” strinse i pungi per farsi coraggio “Dovrebbe andare Will,
lei saprebbe convincerla…”.
“E vero” la sostenne Taranee, con suo grande sollievo “Non
potremmo scegliere ambasciatrice migliore”.
“Io?” ripeté Will con un sorriso triste e disilluso
che fece sentire un verme Hay Lin “Non mi pare proprio di essermi dimostrata
una grande oratrice, ultimamente. Tu sei molto più brava di me”
concluse, rivolta a Taranee.
“Io so solo recitare a memoria copioni poco brillanti che mi sono
costati ore di faticosa scrittura” rispose Taranee sincera “Tu,
invece, hai il dono di trovare sempre le parole giuste e di commuovere lo
spirito dei tuoi ascoltatori”.
“E vero, Will!” Hay Lin si unì accalorata alla preghiera
di Taranee “Tu… sei speciale!”.
Irma annuì con entusiasmo “Già, già…
e poi meglio tu che Miss Perfettini!”.
Cornelia le rivolse l’ennesima occhiataccia, ma poi si strinse
nelle spalle. “Bhè è vero” ammise a malincuore “Tu
sei la più adatta Will”.
Will le guardò una a d una e Hay Lin ebbe l’impressione
che il suo sguardo si soffermasse soprattutto su di lei. Deglutì e
le rivolse un sorriso.
“D’accordo, allora” cedette alla fine la Guardiana del
Cuore “Andrò io. Però, prima di andare, voglio avere le
idee chiare. In questo periodo siamo state divise, pare che ci siano troppi
fatti di cui non a conoscenza”. Una pausa. “Voglio sapere tutto…
da tutte”.
Salve a tutti, scusate se mi sono fatta attendere per tutto questo
tempo, ma sono stata assai incasinata
Salve a tutti, scusate se mi sono fatta attendere per tutto
questo tempo, ma sono stata assai incasinata.
Ricomincio con un capitolo temo non molto interessante,
perché è un po’ un riassunto delle puntate precedenti, ma, dato tutto il tempo
che è trascorso, potrebbe anche essere un bene: così
vi rinfrescate la memoria.
Vedrete che molti nodi verranno al pettine negli ormai pochi
capitoli rimanenti e molti particolari apparentemente incoerenti (Rainboy li hai beccati tutti…) si spiegheranno… almeno
spero ^^
Non sono troppo convinta di questo capitolo, L’ho riscritto
diverse volte, ma sono sempre perplessa. Comunque… un boh… vediamo, ce lo dovevo mettere per forza... Prometto che i seguenti saranno molto più
divertenti!
Grazie a tutti voi che avete recensito e in particolare a Max
che mi da sempre il suo sostegno.
“Sì, è giusto” rispose Taranee dopo un attimo di esitazione
“Ti dirò, anzi, vi dirò, tutto”.
Will,
che aveva temuto di scontrarsi con un muro di silenzio, riprese a respirare. Si poteva sempre far conto su Taranee.
E ora che lei aveva accettato, lo avrebbero fatto
anche le altre. Forse si sarebbe fatta un po’ di chiarezza, finalmente.
“Alt, aspetta!” interloquì
Irma, interrompendo Taranee. “Prima di dire una
parola” si voltò verso Flood “Fuori
di qui tu, sono faccende da donne queste!”.
Nonostante il modo non proprio urbano di porre la questione, Will non poté non essere d’accordo: in certi momenti
dovevano essere loro e sono loro.
“Ok”
rispose il ragazzo stringendosi nelle spalle “Quando avete finito, usa questo
per chiamarmi”. Si staccò dal collo uno dei suoi molteplici pendenti, lo porse a Irma e svanì nel buio.
“Cos’è?" domandò HayLin incuriosita, cercando di
sporgersi dalle sbarre per vedere meglio.
“Boh…”
borbottò Irma, rigirandoselo fra le mani con una smorfia poco
convinta “Sembra un pezzo di conchiglia… o d’osso. Oh, ci sono! E’ un
fischietto”.
“E
viene quando lo chiami con quello?” domando Cornelia sarcastica “Proprio come
un cane”.
Taranee decise di intervenire, prima che la situazione
degenerasse di nuovo.
“Dunque
tornando a noi…” riprese a voce alta e chiara, coprendo gli schiamazzi delle
due “Will, ti ho già detto cosa avevo visto su Everlan e cosa ne pensavo. Però…”.
Si strofinò il labbro
inferiore, con un gesto che denotava imbarazzo “Non ti ho raccontato cosa mi è
successo in seguito. Ho cominciato ad avere sogni evisioni che parlavano di me… e di Efri. Ero...
molto strana, il mio potere era strano. Mi sembrava di non riuscire più
a controllare il fuoco. Mi sentivo una bomba ad orologeria, finché…” . Si coprì il naso e la bocca con le mani a coppa,
soffocando un singhiozzo. “Non sono quasi esplosa davvero e non ho ho quasi… quasi ucciso l’amica di Cornelia”.
Irma e HayLin la guardavano stupefatte: era chiaro che ardevano
dal desiderio di avere informazioni più precise. Entrambe, però, furono
sufficientemente discrete da decidere di rimandare le spiegazioni a un momento meno delicato.
Due lacrime rotolarono giù
dalle guance di Taranee. “Mi spiace tanto, Cornelia,
scusami… Io non so cosa mi abbia preso. Quella donna… ha come liberato la parte
più selvaggia del mio potere e io… non sono riuscita a
contenerlo”.
“Non è
stata solo colpa tua” rispose Cornelia contrita “Anche io ho sbagliato e
da prima di te, se avessi avuto più fiducia nella nostra amicizia, fossi stata
più sincera con voi, forse tutto questo non sarebbe mai successo”.
Will si premette contro le sbarre, cercando di vedere
nella cella accanto alla sua, dove era rinchiusa la Guardiana della Terra.
Forse avrebbero finalmente saputo cosa tormentava l’amica da mesi, rendendola
sfuggente e intrattabile.Avrebbe voluto
poterla guardare dritta negli occhi, purtroppo riusciva
a scorgere soltanto l’orlo della gonna che Cornelia tormentava con le mani,
mentre raccoglieva i pensieri.
“Ho avuto un periodo…
difficile” esordì “Stavo cercando di capire delle cose di
me, però mi rifiutavo di accettarle. Sembrava che nessuno si accorgesse di
quello che mi stava accadendo, a parte… a parte Ardu.
Quel bastardo! Ha sfruttato le mie debolezze e i miei segreti per tenermi
lontana da voi”.
Cornelia si avvicinò alla
porta della cella e il suo sguardo incontrò finalmente quello di Will, che glielo restituì, cercando di infonderlo di tutto
il suo affetto e il suo rispetto per lei.
“Ora sono pronta a parlare
con voi… di tutto” riprese Cornelia più sicura “Non ci
saranno più segreti a dividerci. Mi vado bene come sono, adesso” un sorriso
imbarazzato, così poco da lei, le aleggiò un momento sulle labbra “Spero di
andar bene anche a voi”.
L’ultima parte della frase
suonava terribilmente come una preghiera e Will,
d’impulso, la rassicurò: “Sei nostra amica, ne abbiamo
passate tante insieme! E’ l’unica cosa che conta, vero
ragazze?”.
Le altre tre annuirono in
coro. Irma senza troppa fretta, in verità.
"Grazie" mormorò Cornelia improvvisamente intimidita "Io, vedete... mi
sono innamorata di Meg" soffiò in un
bisbiglio a malapena udibile.
"Avevo paura di dirvelo"
aggiunse in tono di scuse.
HayLin fece un salto tale da
sbattere la testa contro il soffitto di pietra.
Taranee provò a dire qualcosa, ma, dopo un paio di tentativi
andati a vuoto e conclusisi con una serie di smorfie
boccheggianti tipo pesce fuor d'acqua, si dedicò a lucidarsi gli occhiali.
Quanto a Will,
era sicura che la sua mandibola dovesse essersi schiantata al suolo.
Passarono alcuni imbarazzantissimi minuti di silenzio, durante i quali il
viso di Cornelia assunse tutte le sfumature dell'arcobaleno.
Irma ghignò
"La bellona ha saltato lo steccato!
Fantastico! Ora non ho davvero più rivali: ragazzi di Heatherfiel,a me!".
A Will
sfuggì una risatina e dopo un attimo stavano ridendo
tutte e cinque a crepapelle.
"E poi?" chiese Will ancora ridacchiando "Come sei
arrivata qui?".
"E' stato quel tipo,
quel Flood, che mi ha detto che eravate in pericolo e
che c'era una porta aperta a The OldeBookshop". Alzò gli occhi, la decisione li illuminava:
"Ho capito che non avevo più scuse per ignorare i miei doveri e voi..." concluse.
"Bene, bene! Bella
storia, i particolari piccanti a dopo, però! Ora sta a me!"
esordì Irma. "Avevo trovato delle informazioni il primo giorno che siamo state qui, ormai lo sapete anche voi. Non mi avete
voluto ascoltare, però e... io mi sono offesa".
Si strofinò imbarazzata la
nuca "Ok, sono stata una cretina, è vero".
"Perdonaci Irma!"
la interruppe Taranee "Siamo state delle cretine
anche noi, non ti abbiamo nemmeno lasciato parlare".
"Già... io per
prima" si scusò Cornelia "Che stupida! Arduha fatto proprio un bel lavoro con me... e io ci sono
cascata in pieno!".
"E
io non ho avuto né la forza né la voglia di farvi ragionare, è colpa mia quanto
vostra" aggiunse Will.
"Insomma siamo proprio
un bel branco di decerebrate, per fortuna che almeno
ne siamo consapevoli!" scherzò Ima riprendendo la narrazione
"Insomma, sono scappata a frignare sulla spiaggia e
ecco che salta fuori quel Flood. Dice che non mi può
attaccare, perché gli è stato vietato, ma che vuole sfidarmi per dimostrare che
i suoi poteri sono meglio dei miei".
Ah Tara... cosa ti aspetti,
buon senso da Irma? Will scosse la testa rassegnata.
"Eh... sì... e che
dovevo fare?" rispose Irma spalancando le braccia.
"E
lui... lui è stato grandioso... davvero" riprese a razzo per impedire a
chiunque di insistere sull'argomento "Ha come ghiacciato il mare e
illuminato tutto" il suo sguardo si perdette da qualche parte dietro di
loro. Will avrebbe potuto giurare di poter contare i luccichini nelle sue pupille. Sembrava il personaggio di un
manga. "Era bellissimo, meglio di un concerto di Karmilla...".
"Spaziale!" alitò HayLin
affascinata "Lo vorrei vedere anche io!".
"Non è mica finita qui,
vero?" indagò Taranee sospettosa "Perché ci
hai ignorate per giorni?".
"Ehm..." Irma prese
a fissarsi le unghie blu con la più grande
concentrazione "Oh, accidenti, me ne si è scheggiata una!".
"Irma!" la
ripresero tutte in coro.
"Mi ha baciato e poi ha
tagliato la corda: mi vergognavo da morire" sbottò l'interpellata,
diventando bordeaux.
"Ecco lo sapevo che si
era presa una cotta" gemette Taranee, dandosi
una manata sugli occhiali appena lucidati.
"Possibile che tu non
sappia stare alla larga dagli uomini?" la
redarguì Cornelia.
"Scusami tanto se non ho
i tuoi interessi" ribattè Irma imbronciata.
"Ma
allora vi filate?" chiese invece HayLin con occhi grandi come piattini da caffé.
"Non lo so" ammise
la Guardiana dell'Acqua con voce malinconica "All'inizio era tutto un
trucco per confondermi, lo so per certo, però poi ci ha aiutate...
non so cosa voglia sul serio".
"Yap"
esclamò HaiLin,
scaraventando un pugno verso il soffitto "Ma allora, a TE piace! Oh, è
così ROMANTICO!" concluse, intrecciando le dita
accanto al viso con aria sognante.
Irma, invece, intrecciò
decisa le braccia sul petto "Non saltiamo alle conclusioni!" sbuffò "Piuttosto, tu! Cos'hai combinato, tu?".
"Io... Io..." balbettòHayLin, ritraendosi spaventata
dalle sbarre. Rivolse a Will uno sguardo da bestia
braccata.
Sentimenti confusi si
agitarono nel petto della Detentrice del Cuore, mentre l'immagine
di lei con Matt si faceva largo nei suoi
ricordi. Non era sicura di poterla perdonare, però HayLin era sua amica e non si può
scegliere di chi innamorarsi. Non poteva permettere a
un ragazzo di rovinare la loro amicizia.
"Su racconta"
articolò alla fine a fatica "So già tutto, non sono arrabbiata".
"Lo so!" esclamò HayLin scoppiando in singhiozzi
"Zeph e Ire mi hanno mostrato tutto. Oh Will, è tutta una balla! Matt non
è innamorato di me; sono stati loro dueincantarlo". Si interruppe soffocata dal
pianto.
"Sono io che ho
sbagliato a crederci".
I singhiozzi si fecero
convulsi.
"Hay-Hey...
su non fare così!" cercò di consolarla Irma, che doveva aver digerito la
notizia più in fretta di quanto non fosse riuscita a fare Will
"Non vorrai credere a quei due ballisti? Sono
sicura che è innamoratissimo di te... cioè... ehr..." si interruppe dopo
avere intercettato uno sguardo di Will.
Quest'ultima si limitò a sorridere tristemente.
"Irma ha ragione Hay" mormorò "Credo che tu piacessi a Mattda molto tempo prima che Zeph e Ire mettessero il loro zampino in quest'affare".
"Ma
anche se fosse così..." balbettò la Guardiana
dell'Aria, tra i singhiozzi "Ti ho tradito! ti ho
ferito! Oh, Will! Potrai mai perdonarmi?".
Will sentì le lacrime bruciarle agli angoli degli occhi,
ma si sforzò di ricacciarle indietro: per quanto questo potesse farla soffrire,
tra lei e Matt era finito tutto molto
tempo prima. Non poteva fare una colpa adHayLin dei suoi sentimenti, né
chiederle di rinunciarci.
"Non ti preoccupare"
disse alla fine con voce quasi ferma "Va tutto
bene. Ci sono rimasta male all'inizio, ma non sono più innamorata di lui: mi
passerà".
I singhiozzi di HayLin cominciarono a perdere di intensità.
"Will,
ti voglio tanto bene!" proruppe "Se anche fosse davvero innamorato di
me... se tu vuoi, lo lascerò".
La tentazione solleticò
l'animo di Will. Sarebbe stata meno dura così... se
non poteva più averlo lei, almeno che non dovesse
vederlo con una delle sue amiche.
L'immagine dell'ultimo
dipinto che aveva visto nelle caverne le balenò
davanti agli occhi. La passione negli occhi di Avren e Nimuel che, invece,
guardava lontano, sempre oltre a lui.
Un amore del passato che ostacola un amore presente... Era troppo triste.
Scosse la testa decisa
"No HayLin! Non ti
permetterò di fare una cosa simile! Non ti azzardare a spezzare il cuore al mio
ex preferito!" terminò scherzosamente. Sarebbe stata forte! Come doveva
essere stata HayLin, prima
di cadere nelle trame di Zeph e Ire.
E poi Matt non sarebbe stato
in grado di lenire il suo dolore, lo sapeva.
HayLin si agitò a disagio
Will decise di risparmiarla e prese la parola, attirando su
di sè l'attenzione delle altre. "Ora tocca a me.
Quando siamo arrivate su Everlan ho cercato di
raggiungere il palazzo per parlare con la regina". Ed
aveva miseramente fallito, come poteva pensare che adesso sarebbe stato
diverso? "Sulla strada ho incontrato il Comandante della Guardia. Mi ha
attaccato. E' molto forte: sono dovuta fuggire"
concluse vergognosa.
"Tutto qui?" la
interrogò Taranee perplessa.
"Già" commentò Will stringendosi nelle spalle. In fondo i fatti erano
quelli. "Mi hanno lasciata in pace, dopo. Chissà perché?".
"Forse lo so io"
rifletté Irma meditabonda "Flood mi ha detto che
Avren si è rifiutato di
prender parte al piano, perché voleva combattere solo faccia a faccia. Immagino
che avrebbe dovuto occuparsi lui di te...".
Era dalui, pensò Will,
non ce lo vedeva a macchinare intrighi.
"Probabilmente hai
ragione".
"E comunque"
intervenne HayLin amara
"Zeph e Ire hanno fatto anche la sua parte di
lavoro".
"L'importante è che
adesso siamo di nuovo unite e abbiamo deciso finalmente cosa fare!"
affermò Will, cercando di spronarle e infonder loro
fiducia. "Parlerò con Nimuel e con l'Oracolo.
Troveremo un accordo".
Annuirono tutte in silenzio.
"Ti terrò in contatto
telepatico con tutte noi" intervenne Taranee
"Almeno finché potrò. Così sapremo anche noi cosa
sta accadendo".
"Irma" ordinò la
Detentrice del Cuore "Chiama il tuo amico: è
ora!".
Eccomi di nuovo qua, con un capitolo finalmente un po’ più d’azione
Eccomi di nuovo qua, con un capitolo
finalmente un po’ più d’azione. Inizia, spero,
a sciogliersi qualche intrigo, spero in modo soddisfacente. Adesso sono
arrivata proprio al momento clou della trama e cerco di tirare tutti i fili…
speriamo di non trovarne qualcuno spezzato!
Grazie Max per il tuo sostegno continuo, io leggo con
grandissimo piacere la tua storia e mi onora che tu segua
la mia. In effetti rileggendo il capitolo anche io ho
pensato che sarebbe stato bene iniziare con una breve introduzione della
situazione. Ora penso un po’ a come fare… Sono contenta che le ragazze ti
sembrino canon! E’ un po’ che nel racconto non
appaiono tutte insieme: ci voleva!
Rainboy: mi fa un gran piacere
sentirti le tue recensioni sono sempre molto utili. Spero
tanto che questo capitolo spieghi alcune cose che in quelli prima potevano
sembrare incoerenti rispetto alla trama: fammi sembrare se la soluzione ti
sembra ragionevole.
Ora sono un po’ in vacanza e vorrei
approfittarne per scrivere il più possibile: è tanto che penso a questi
capitoli, dovrebbero essere i più drammatici e intensi… mi auguro di riuscire a
farcela!
Il potere di Flood dissolse
gli incantesimi della cella, disgregando non le sue mura fisiche, ma quelle
magiche, che impedivano alla Witch di dislocarsi.
Fra gli auguri e gli
incoraggiamenti delle sue amiche, Will svanì.
Riapparve molti metri sopra,
nella vasta sala di marmo blu che aveva visto nei dipinti delle caverne.
Davanti a lei, seduta sul
trono, Nimuel la guardava tranquilla.
Sembrava così piccola,
affondata nella sua cascata di capelli luminosi, benché fosse sicuramente più
anziana di Will.
Non assomigliava alla regina
ambiziosa descritta da Cornelia, né all'aristocratica presenza rappresentata
negli affreschi.
Una bambola bambina sedeva su
un trono troppo grande per lei.
"Ti stavo aspettando,
Guardiana" la salutò con voce soave.
"Mi...
aspettavate?" rispose Will incerta.
"Non c'è niente che
accada nella mia terra di cui io non sia a conoscenza" spiegò Nimuel.
"Allora, perché non ci
avete fermato?" domandò la Witch, sempre più confusa.
"E' da tanto che aspetto
questo momento, Guardiana" spiegò la regina. Il suo mormorio si confondeva
con quello della fonte che sgorgava dal trono. "Il momento in cui voi
Guardiane foste state unite e decise, pronte a parlare con l'Oracolo a nostro
favore".
Il mondo prese a ruotare
intorno a Will.
"Voi volevate
catturarci! Usare i nostri poteri per risanare la vostra terra!" esclamò,
cercando di trovare conforto in qualche certezza.
"No" Nimuel scosse
dolcemente la testa, con un pallido sorriso. "Questo è quello che credete
e quello che anche i miei fedeli protettori credono. Everlan è finita e non
potrà più risorgere" continuò, mentre i grandi occhi si appannavano di
lacrime "E non lo vuole nemmeno. Questa terra ha vissuto una vita lunga e
intensa. Ha dato tutto ai suoi figli... è tempo per lei di dormire".
"Io... non capisco"
ammise Will, frastornata.
"E' il mio popolo che
dovete salvare, portare via da qui" sussurrò Nimuel accorata. "Ma per
convincere l'Oracolo era necessario che conosceste il mio popolo nel bene
e" esitò " nel male. E lui con voi, doveva ricordarsi di noi".
"E' così, allora"
borbottò Will, pensierosa "Ma Kandrakar, l'Oracolo... perché la fortezza è
in rovina, perché egli è malato se voi non c'entrate?".
"Questo non lo so"
confessò Nimuel, mentre le lunghe ciglia scendevano a coprirle lo sguardo.
"Kandrakar è nascosta alla mia vista, l'Oracolo è al di fuori del fato che
amministro". Una pausa dolorosa interruppe le sue parole, poi i suoi occhi
tornarono a fissarsi luminosi in quelli di Will."Fino a poco fa nemmeno
sapevo che fosse in fin di vita". Alzò di nuovo lo sguardo su Will
"Ma qualcosa almeno so: se soffre la fortezza, così è anche per l'Oracolo,
però... è vero anche il contrario".
Era tutto così complicato! Un
intrigo che pareva impossibile da sciogliere. Come avrebbe voluto, Will, che la
sua vista fosse più chiara.
Voleva salvare gli
Everlaniani, avrebbe convinto l'Oracolo, però... c'era ancora così tanto che
non sapeva e non capiva. Aveva la sensazione di camminare nella nebbia e
l'insopprimibile timore di agire per scopi di cui non era a conoscenza.
"Perché l'Oracolo è
stato così severo con voi?" domandò dubbiosa "Perché è così irato con
gli Everlaniani? In fondo questo posto è casa sua".
La regina si fece triste:
"L'Oracolo di Kandrakar deve rinunciare a tutto per il suo ruolo: a sogni,
speranze, sentimenti. Per il bene dell'equilibrio sacrifica se stesso"
sospirò "Per chi fa scelte così dure, a volte, è difficile capire e perdonare
le debolezze dei mortali".
Non aveva mai pensato
all'Oracolo in quel modo. Non si era mai domandata il perché delle sue scelte.
A ogni parola di Nimuel, a
Will pareva di addentrarsi in un labirinto di specchi, che le restituivano
immagini deformate di tutto ciò che credeva di conoscere. Tutto ciò di cui
poteva essere certa era che, in realtà, non c'era niente di certo.
Eppure era convinta che le
sarebbe bastato un colpo di vento, uno solo e che gli specchi si sarebbero
spezzati in una cascata di frammenti di vetro, lasciando libero l'orizzonte.
"Partirò altezza e
parlerò a vostro nome" affermò alla fine. "Io... spero di star
facendo la cosa giusta. Il popolo di Everlan non merita di finire così, io lo
so" continuò più convinta.
Nimuel annuì: "Perché tu
non abbia dubbi sulla fiducia che nutro in te". Un cenno della mano e
accanto a Will si materializzarono le sue compagne.
"Ragazze" esclamò,
gioiosamente sorpresa.
Le altre si guardarono
intorno, altrettanto meravigliate.
Hay Lin si inchinò, facendosi
rossa come un pomodoro. "Maestà... mi spiace tanto avervi spiato"
proruppe.
Nimuel sorrise: "Non
temere, non mi hai offeso... E non dubitare dei sentimenti del tuo innamorato.
I miei fedeli possono risvegliare solo emozioni già esistenti".
"Ma allora..." Nella
voce di Taranee, Will avvertì una nota di panico "quella rabbia, quella
fame dentro di me...".
Nimuel allungò una mano verso
le torce intorno a lei che ruggirono improvvisamente furiose.
"Erano quelle delle
fiamme, Guardiana, e dell'ira. Ognuno di noi le nasconde dentro di sé e tu più
di tutti Signora del Fuoco, però..." mosse dolcemente la mano affusolata e
le fiamme tornarono ad ardere tranquillamente "...ciò che fa la differenza
è essere in grado di domarle. Tu ne sei sempre stata capace e lo sei ancora
adesso, nonostante gli incantesimi della mia Efri. E' stato brutto, ma, adesso,
sai qualcosa in più su te stessa".
Taranee annuì, il volto più
disteso.
Dietro di lei, Irma scoccava
occhiate sospettose e invidiose all'eterea regina.
Cornelia, invece, la
squadrava freddamente.
"Ci rivediamo,
altezza" le si rivolse con accento aggressivo. "Ho ascoltato le
vostre belle parole, ma sappiate che io, del vostro popolo, ho provato solo il
male".
"E io ho visto quasi
solo bene, invece!" la rimbeccò Irma stizzita.
"Entrambe avete avuto
prova di solo una parte di ciò che c'é da sapere. Spero che sappiate fare
tesoro anche delle esperienze di tutte le vostre compagne".
Una scossa di terremoto fece
tremare il pavimento. Il viso di Nimuel si contrasse in un'espressione di
panico e dolore.
"Andate Guardiane"
esclamò supplichevole "Non c'è più molto tempo! Parlate all'Oracolo del
popolo di Everlan e della sua regina! Che ci ascolti, che ci perdoni. Noi non
lo abbiamo mai dimenticato, lui si è forse scordato di noi? Guardiana del
Cuore, hai la chiave: usala per aprire le porte di Everlan e poi lascia che il
Cuore ti conduca fino a Kandrakar".
Mentre ancora il rombo della
terra echeggiava intorno a loro, Will allungò una mano, girò la chiave e
spalancò la porta.
La grande sala del consiglio
era fiocamente illuminata. Un silenzio luttuoso incombeva sulla fortezza in
rovina.
Intorno alle witch, sui loro
scranni candidi, i saggi di Kandrakar sedevano in muta concentrazione.
Un paio di occhi, neri e
vivaci come quelli di un merlo, si aprirono e si piantarono in quelli di Will.
L'anziana Yan Lin sgattaiolò
rapida fuori del suo posto e giù dalla gradinata.
"Mia piccola Hay
Lin!" esclamò abbracciandolae
stringendola con le dita nodose "Ragazze! Cosa succede? Sono giorni che
aspettiamo vostre notizie!"
"Onorevole Yan Lin"
rispose Will "Dobbiamo parlare con l'Oracolo, per favore: il tempo
stringe".
La stretta della donna si
allentò. "E' vero il tempo stringe... la sua essenza è sempre più debole.
La fortezza sta crollando, le sue fondamenta magiche si dissolvono. Non so per
quanto ancora potremo resistere".
Con passo insospettabilmente
agile si avviò per uno dei molteplici corridoi che si apriva sul salone.
"Seguitemi, vi condurrò
subito da lui".
"Nonna" l'apostrofò
Hay Lin, mentre camminavano fianco a fianco "Non credo che gli Everlaniani
stiano rubando la vostra energia".
"Proprio così" le
diede man forte Taranee "Non può esserci un'altra causa per quello che sta
succedendo?".
"Non lo credo nemmeno
io, in verità, che la colpa sia degli Everlaniani" rispose l'anziana
donna, storcendo le labbra in una smorfia "E' una supposizione di Tibor.
L'Oracolo non si è mai pronunciato in proposito. Quando ha parlato di Everlan è
stato solo riguardo al rischio che correvate voi, bambine".
Le parole di Nimuel risuonarono
nella mente di Will.
"Non... non
pensate" l'ipotesi si faceva via via più credibile, mentre la formulava
"Che potremmo aver confuso... la causa... con la conseguenza?".
Yan Lin si fermò e la fissò
negli occhi pensierosa. "Che sia l'Oracolo a star male e che questo si
rifletta su Kandrakar? Certo è possibile, però...".
Will si fece più convinta:
era sulla buona strada per risolvere il garbuglio, lo sentiva!
"Deve essere così!"
insistette "Che malattie si possono contrarre a Kandrakar?".
"E' proprio questo il
punto, Will" rispose l'anziana consigliera "Noi saggi di Kandrakar
non possiamo ammalarci".
"Ma... ma
l'Oracolo!" protestò Irma, intervenendo nella discussione.
"I corpi che vedete sono
soltanto proiezioni delle nostre menti" spiegò Yan Lin "Non sono
reali. Kandrakar è solo spirito ed energia, non materia. La malattia
dell'Oracolo non è qualcosa di fisico".
"Però" rimuginò
Taranee, mentre la loro guida le introduceva nella camera dell'Oracolo "Se
anche non può trattarsi di un malattia del corpo, non potrebbe essere una dello
spirito?".
"Forse, bambine, ma se
così fosse, perché l'Oracolo non ci parla di cosa lo turba tanto?", la
nonna di Hay Lin spinse dolcemente Will dentro la stanza "Farete meglio a
parlarne direttamente con lui".
La stanza dell'Oracolo era
illuminata da una diffusa luce bianca, che annullava forme e distanze. Il
giovane signore di Kandrakar non giaceva a letto come l'ultima volta che
l'avevano visto, ma, in piedi, fissava, attraverso una finestra alta e stretta,
il nulla che avvolgeva la fortezza.
Sarebbe potuto apparire in
salute migliore dell'ultima volta che l'avevano visto, se il decadimento della
fortezza non fosse stato indizio della sua sofferenza.
"Mi avete disobbedito
ancora una volta, Guardiane" mormorò, dando loro le spalle.
Will avvertì il senso di
colpa stringerle per un attimo il petto, ma se ne liberò quasi con violenza,
ripetendosi che la scelta che avevano fatto si era dimostrata la più giusta.
"Abbiamo fatto ciò che
abbiamo sentito di dover fare" si difese.
L'Oracolo annuì "Lo so,
Guardiane, ma a volte, vorrei che trovaste la giustizia nell'obbedire e nel non
fare domande. Sarebbe assai più facile e meno doloroso per tutti".
Un silenzio teso scese fra
loro, interrotto soltanto dal respiro faticoso dell'uomo.
"Ormai, però, le scelte
sono già state fatte e non posso far altro che accettarle. La regina è stata
astuta: sapeva che avrei seguito le vostre peripezie e vissuto le vostre
avventure attraverso i vostri occhi e mi ha costretto a ricordare ciò che
preferivo dimenticare". Le spalle incurvate dell'Oracolo riflettevano la
rassegnazione della sua voce "E, forse, è stato meglio così".
Si voltò verso di loro. Era
ancora più pallido del solito, con scure ombre sotto gli occhi e le guance
incavate.
Gli occhi erano lucidi e
vuoti.
"Tornate su Everlan.
Dite alla regina che rispetto le sue volontà" chiuse gli occhi, come se la
fatica di tenerli aperti fosse eccessiva "Non è sua la colpa"
concluse con un accento di rabbia nella voce.
"Non ho intenzione di
perdonare gi Everlaniani, però" riprese aprendo gli occhi, con una nuova
energia, alimentata dalla rabbia trattenuta "Pagheranno per le loro colpe,
anche se verrà loro risparmiata la vita".
Will si morse le labbra per
trattenersi dal protestare, accanto a lei, Irma grugnì con disapprovazione,
mentre Cornelia, subito dietro, incrociava le braccia sul petto e annuiva.
"C'è un piccolo
arcipelago vicino alla costa occidentale del Canada. E' formato da diverse
migliaia di piccole isole. E' quasi completamente disabitato, ma i terreni sono
in vendita. Kandrakar li acquisterà per gli Everlaniani e fornirà loro tutti i
documenti necessari per installarcisi".
Cornelia ringhiò "Bella
punizione... una villa con piscina a famiglia, no?".
L'Oracolo scosse la testa
"Non giudicare con troppo fretta, Guardiana della Terra. Per sei mesi
l'anno, le isole sono avvolte dalla neve e dal ghiaccio. I suoi abitanti
costretti a migrare sul continente e scendere a sud o a combattere giorno per
giorno con il freddo. Non ci sono servizi e a mala pena arrivano l'elettricità
e il gas. E' una terra dura e difficile e, per la prima volta nella loro vita,
gli Everlaniani impareranno cosa significa lavorare duramente e affrontare la
fame e le malattie".
"Non... non è una
punizione troppo dura, Oracolo?" domandò timidamente Hay Lin "Non
pensate a Nimuel? Condannarla a una vita così dura... sembra di costituzione
tanto fragile!".
"E' proprio alla regina
che penso" rispose l'Oracolo seccamente, gli occhi scintillanti. "Non
chiedete troppo: per questa grazia, infrango le leggi di Everlan e vado contro
il mio stesso volere" concluse minaccioso.
"Piuttosto"
interloquì Taranee "Basterà un arcipelago per contenere tutto il popolo di
Everlan?"
"Everlan è quasi
completamente ricoperto dalle acque" spiegò l'Oracolo "L'unica terra
emersa è l'isola che avete visitata. Non potete saperlo, ma non è molto più
grande di Chicago".
Taranee parve riflettere un
attimo, mormorando qualcosa sottovoce, lo sguardo perso nel vuoto, poi assentì.
"Avete ragione Oracolo, avete pensato a tutto".
L'Oracolo si voltò di nuovo
verso la finestra. "Andate adesso, tornate ad Everlan e portate notizia
della mia decisione. Avete la chiave e il cuore: grazie ad essi potrete aprire
un portale e trasferire gli Everlaniani sulla terra. Nel frattempo io farò sì che
il loro arrivo non crei difficoltà".
"Come faremo a far
apparire l'uscita sulla terra nel posto giusto?" domandò Will.
"A questo penserà il
consiglio dei saggi di Kandrakar" rispose l'Oracolo "Voi
preoccupatevi solo di convincere gli Everlaniani a partire: potrebbe essere più
complicato di quello che pensate".
"Perché Kandrakar è in
rovina? Se la colpa non è degli Everlaniani cosa sta succedendo?" chiese
Cornelia, battendo sul tempo Will, che voleva porgere la stessa domanda.
"E cosa dobbiamo fare
per fermare la decadenza della fortezza?" interloquì Taranee pragmatica.
"Questo... questo non vi
deve interessare" rispose l'Oracolo. Il braccio appoggiato al davanzale
della finestra tremò leggermente, mentre le dita lunghe stringevano la pietra.
Irma fece per protestare, ma
Will la trattenne afferrandola per l'avambraccio. "Basta così, è meglio
non insistere ancora".
Irma assentì con una smorfia
insoddisfatta.
Le ragazze scivolarono fuori
della stanza. Mentre chiudeva la porta, Will sbirciò all'interno un'ultima
volta. L'Oracolo si copriva gli occhi con la mano. Pareva debole e sofferente.
Will si sentì in colpa per
averlo spiato e si affrettò a chiudere la porta.
Yan Lin le aspettava fuori
dalla porta, un'espressione preoccupata dipinta sul viso rugoso "Allora,
bambine, avete capito cos'ha? Vi ha detto qualcosa?".
Will scosse la testa,
affranta "Non ci ha voluto rivelare niente".
L'anziana donna sospirò
"Allora sarà bene che mi sbrighi a tornare nella stanza del consiglio. Ci
sarà bisogno di tutti noi per impedire che Kandrakar crolli. A questo punto
inizio a temere che l'unica soluzione sia trovare un nuovo Oracolo".
"E noi dobbiamo
sbrigarci a tornare a Everlan, per parlare con la regina e salvare gli
Everlaniani" ribatté Will "E tornare qui il prima possibile".
"A presto bambine, buona
fortuna" le salutò Yan Lin.
Non trascorse che una manciata di secondi, prima che le cinque ragazze
scivolassero attraverso la porta aperta dalla chiave di
Salve a tutti, grazie per aver letto e commentato l’ultimo capitolo e per
avere sempre tanta pazienza. Grazie per tutti i vostri complimenti,
per il vostro sostegno e i vostri consigli. Spero che mi aiutino a
migliorare.
AdPersonam
Rory95: sono
contenta che tu abbia cominciato a leggere la mia storia e che ti sia piaciuta,
spero che apprezzerai il finale! Grazie della tua recensione.
MaxT: Ciao
Max! Grazie per la tua gentilissima recensione e per la bella
storia che scrivi e che leggo con tanto piacere. I nodi arriveranno
tutti al pettine in un paio di capitoli e poi metterò la parola fine a questa
lunga avventura. Poi, chissà? Mi piacerebbe scrivere qualcos’altro, ho delle
idee su alcuni corte one-shot
ispirate agli eventi e ai personaggi di Terra Magica, vedremo…
Rainboy: Ti
ringrazio ancora tanto per i consigli e i complimenti, entrambi molto ben
accetti. La trama si dovrebbe definitivamente capire nei prossimi due capitoli,
così poi potrai dirmi cosa ne pensi. Sinceramente io
non la ritengo particolarmente brillante: ho preferito concentrarmi su creare e
gestire dei personaggi che mi piacessero e un’atmosfera drammatica, sapendo che
non sono molto brava con gli intrighi e sarebbero parsi ingenui. Per la parte
sulla regina ti rimando alla risposta che ho dato a Melodie, perché, visto che
anche lei mi ha parlato dello stesso argomento, ma da un altro punto di vista,
preferisco rispondervi insieme. La seconda parte del capitolo è anche la mia
preferita, mi è venuta più scorrevole. Mi piace parlare dell’Oracolo, trovo che nel fumetto sia un personaggio non molto ben
sfruttato, spesso persino incoerente. Ho preferito fa decadere la fortezza al
posto del suo aspetto fisico, in parte per ragioni di trama…. E di parallelismi, ma anche perché preferivo che la sua malattia
rimanesse in qualche modo “invisibile” come lo sono le sue emozioni e le sue
motivazioni: c’è, ma non la mostra, non lui direttamente almeno. Di
Kandrakar in rovina si dovrebbe avere un’ultima immagine in uno dei prossimi
capitoli, poi, la descrizioni principale rimarrà
quella che si legge all’inizio del racconto, nel secondo capitolo. Grazie
ancora!
Melodie:
Mille grazie per la recensione molto… appassionata! Mi fa molto piacere vedere
che il mio racconto intriga chi lo legge! Riguardo alla regina di Kandrakar PENSO che la ragione stia a metà tra la tua recensione e
quella di Rainboy: anche io, come lui, trovo che la
prima parte del capitolo non scorra bene, che l’alternanza di battute fra le
ragazze sia troppo forzata e di non essere riuscita ad esprimere del tutto
quello che si dovrebbe recepire da quella scena. Riguardo ad
Hay Lin credo che, nonostante tutto, la sua reazione sia più o meno plausibile:
tende a prendersi tutte le colpe e a dimenticare quelle degli altri. Quella di
Taranee non mi convince troppo, per certi versi credo, come Melodie, che in effetti stia riflettendo sul suo potere e i suoi stessi
sentimenti e che questo la inibisca un po’, però credo che la sua parte di
dialogo vada comunque sistemata. La regina è un casino… E’ molto difficile
farla parlare ed agire, è una regina, appunto, e parla come tale, ma è anche
antichissima (è già antica quando Haydin diventa
Oracolo) e molto saggia, al tempo stesso però, ha un aspetto molto
“fanciullesco”, quello che la fa piangere quando parla della sua Terra che sta
andando incontro a un disastro inevitabile. E’ come un
malato terminale: sa da un pezzo come deve andare, ma se ne parla piange lo
stesso, non tanto per se stesso, ma per le persone a cui è affezionato. Perciò credo che sia giusto che sembri avere un po’ “il
gobbo”, ma, al tempo stesso, penso che dovrei cercare di farla parlare in modo
più fluido e naturale.
Non
trascorse che una manciata di secondi, prima che le
cinque ragazze scivolassero attraverso la porta aperta dalla chiave di Everlan
nella sala del trono della reggia.
La regina di Everlan sedeva avvolta nei nelle sue ampie vestimulticolori, pesanti di ricami d’oro e
d’argento. I suoi sei Guerrieri la fronteggiavano.
Non era
difficile intuire che qualcosa non andava per il verso giusto:i due ragazzini gemelli piangevano senza
freni tirando su con il naso, il maschio si mordeva il labbro inferiore per non
singhiozzare, mentre la femmina pestava i piedi per terra urlando “No, no, no!
Io non ci sto!”; il dinoccolato Flood si nascondeva la metà inferiore del volto
con una lunga mano bruna, mentre i suoi occhi scuri avevano un’espressione
attonita;sul viso di Ardu era impressaun’immagine di granitica ostinazione, mentre il cupo Avren
aveva sul volto un’espressione indefinibile e stringeva convulsamente l’elsa
della spada e Efri…
Efri si
voltò verso di loro ululando di rabbia quando entrarono nella stanza, il corpo
asciutto avvolto dalle fiamme.
“E’ tutta
colpa loro! Vi siete fatta traviare dalle loro parole
Vostra Altezza, Vi hanno ingannata e Voi, Voi ci tradite così! Ci abbandonate!” . La donna sollevò la lancia che portava sulle spalle “Ma
non ve lo permetteremo! A morte le Streghe!”.
Quella donna
era una folle pericolosa, Taranee l’aveva sempre pensato ed adesso ne era ancor più convinta. Allungò una mano e l’arma
scagliata contro di loro prese fuoco e si ridusse a poche ceneri prima di
raggiungerle. La fiammata illuminò l’intera sala, facendo danzare le ombre
scure delle colonne con una potenza che colse di sorpresa la Guardiana stessa,
il suo elemento aveva reagito con una furia che l’aveva
colta impreparata.
“Sapevo che
non poteva mento fidarci di voi, maledetti!” gridòCornelia accanto a lei. Taranee percepì
chiaramente il potere che l’amica richiamava a sé.
“Ragazze,
ferme! Ferme!” ordinò Will con una nota di panico nella voce, che fece perdere
non poco peso alle sue parole. La voce di Nimuelfu poco più di un sussurro, ma si diffuse per
tutto il salone, sovrastando le urla, i singhiozzi, le imprecazioni: “Efri,
amica mia, calmati! Così ho deciso ed è l’unica scelta che possa
o voglia fare”.
La donna si
voltò verso di lei, rapida come un serpente infuriato: “Non ve lo permetteremo,
non possiamo permettervelo”.
“Efri sei
una sciocca” intervenne severamente Ardu “Cosa pensi di fare? Sai bene che non possiamo fare niente
che non sia per il bene della nostra Signora”.
“Tu, borioso
codardo! Adesso ti tiri indietro?” ribatté velenosa la
focosa guerriera.
“Mia
Signora, se permettete due parole” riprese l’uomo, ignorandola e rivolgendosi
alla regina “la nostra compagna manifesta da sempre una riprovevole mancanza di
tatto e ancor più di sangue freddo” . L’uomo fece una
pausa e rivolse a Nimuel uno sguardo carico di affetto
e compassione “Io vi capisco: lasciate che i vostri sentimenti per quel uomo vi
distolgano dai vostri doveri nei confronti della Vostra terra, dei Vostri
sudditi e di Voi stessa” sospirò pesantemente “ Però non possiamo permettervi
di abbandonarci. Il nostro fine ultimo e solo è preservarvi”.
Sollevò
appena le braccia e le colonne del salone si sbriciolarono in un minuto
pulviscolo “Con o contro il vostro parere. E’così deplorevolmente
facile distruggere, adesso”.
“No” esalò
appena la regina coprendosi il volto con le mani “Io non posso lasciarvelo
fare, non costringetemi, vi prego, a lottare contro di voi”.
“Bastardi
traditori” ringhiò Cornelia. La ragazza si lasciò cadere su un ginocchio e
toccò terra con una mano.Un’ ampia
frattura si aprì nel pavimento di granito in direzione della Guardia e del
trono.
Ardu si
volse verso le Guardiane. La terrà tremo leggermente, la
frattura smise di espandersi. Il viso di Cornelia si contorse in una
smorfia di disappunto.
Hay Lin si
sollevò faticosamente da terra di qualche palmo, ma sembrava avere serie
difficoltà a mantenersi in equilibrio “Uh… Uh… Oh dai,
ma cosa…? Oh accidenti!” esclamò alla fine cadendo sul sedere.
Una fiamma
si accese fra le mani di Taranee, così viva e potente che la ragazza la
controllò a fatica, intorno a Irma, con il viso
contratto dallo sforzo, cominciarono a condensarsi gocce d’acqua.
“Vi prego!
Ragazze! Non è il momento! Siamo qui per parlamentare!” Will
si parò davanti alle amiche a braccia spalancate “Altezza” continuò voltando
appena la testa verso Nimuel“L’Oracolo
ci ha dato il permesso. Non c’è più bisogno di combattere”. L’ultima
frase prese un accento quasi disperato e, per un attimo a Taranee parve che gli
occhi di Will corressero al guerriero silenzioso alla sinistra di Nimuel.
“E voi credete che accetteremmo la vostra pietà pulciosa?”
ribatté Efri sfoderando i pugnali.
“E’ da
quando abbiamo capito che la regina complottava con voi che stiamo cercando una
soluzione!”sputò Ire, asciugandosi le
lacrime “Non siamo mica così stupidi”.
“Davvero?” esclamò il gemello accanto a lei, guardandola perplesso “L’abbiamo
fatto?”
“Certo,
cretino! Ma mica venivamo a dirlo a te, saresti corso subito
a dirlo a lei! Te le dai sempre ragione!”.
Flood mosse
qualche passo verso Efri, con le braccia appena aperte e un sorriso timoroso e
accondiscendente “Calma, fratelli… calma… Noi non possiamo ribellarci alla
volontà della regina, troveremo un accordo…” Efri sibilò di rabbia, ma Flood la
ignorò e si rivolse ad Avren “Non è
vero Capitano? Non ci permetteresti mai di venir meno a i
nostri doveri, tu sei qui per questo”.
Will si
voltò verso il giovane, sul volto speranza e angoscia
mischiate insieme nell’attesa della sua risposta. Taranee seguì il suo sguardo:
gli occhi grigi del Comandante della Guardia erano impenetrabili.
Avren
rimase immobile per un alcuni secondi, limitandosi a
stringere con più forza l’elsa della spada.Flood iniziò ad apparire agitato, rivolse un’occhiata preoccupata alla
sua compagna, che evidentemente non aspettava che un cenno di
assenso da parte del Comandante per aggredirlo.
“No” a quel
monosillabo, Flood si rilassò sensibilmente e sul suo volto si allargò
un’espressione di sollievo, mentre il viso di Will si illuminava.
Avren si
mosse appena, ma un secondo dopo era alle spalle di Flood, la lama pesante
della sua spada che sfiorava il collo nudo dell’altro “Non vi permetterò di
venir meno ai vostri doveri”.
Flood
sgomento non mosse un muscolo, si limitò a fissare con
apprensione, il metallo satinato dell’arma. Ire, dietro a lui, esultò “Grande Capitano, se tu sei con noi abbiamo vinto”.
Efri sollevò uno sopracciglio sottile, mentre un
sorriso sarcastico aleggiava sulle sue labbra “Allora non sei così stupido come
credevo”.
“Cosa sta succedendo?” Irma urlò inviperita e, sospettò
Taranee, preoccupata per la sorte del suo bello “Cosa sta succedendo?! Siamo
qui per portare notizie importanti ! Qualcuno vuole
ascoltarci o no?”
“Siamo
finite nel bel mezzo di un colpo di stato, se non l’hai capito” sibilò
Cornelia, crudelmente “Questi bei tomi, non sono
minimamente intenzionati ad ascoltarci. Ci toccherà
combattere” terminò con un sorrisino quasi soddisfatto.
“No, vi
prego!” Nimuel tentò di alzarsi dal suo trono, ma la sua debolezza doveva
essere eccessiva, perché ricadde a sedere “Non combattete!
Figli miei, anche così debole, io sono la sola signora
di questa terra, non potete niente contro di me”.
“Mi spiace
mia Signora” rispose Ardu con pacata
gentilezza “Ma non è così, in questi lunghi secoli che vi abbiamo servito,
siamo diventati sempre più indipendenti”.
“Lo sapevamo
che non avreste mai voluto andare contro il volere di
quegli stupidi di Kandrakar!” si intromise Ire, la sua vocetta
acuta carica di rabbia e disprezzo “Avete sempre lasciato che facessero quello
che gli pareva, anche quando si sono portati via Haydin!
E ora lui è diventato uno di quei rimbecilliti vestiti
di bianco”. Ire ridacchiò in maniera un po’ isterica
“E allora abbiamo deciso di pensarci noi, abbiamo deciso che ci saremmo
attenuti al piano VERO, qualunque cosa succedesse. Avremmo catturato le
Streghe”.
“Brutta viperella” imprecò Hay Lin sottovoce “Ora
la sistemo io!”. Taranee le posò un una mano sulla
spalla “Ti pregoHay-hey abbi pazienza…
Dobbiamo evitare di peggiorare la situazione.
Ardusospirò “Scusate la sua scortesia mia Signora, in tutto
questo tempo non sembra essere mai cresciuta. Non erano le parole che avrei
usato per spiegarvi la situazione”
La regina
gli rivolse un lungo sguardo poi spalancò gli occhi
limpidi “Oh! Non… non è possibile… voi non potete! Io…
non posso non essermi accorta!”.
“Invece è così mia Signora. Siete più debole di quanto voi
stessa non vi siate resa conto. Noi, invece, siamo più forti” ribatté tranquillamente Ardu.
“E’ stata la
permanenza sulla Terra” interloquì Efri con una risata folle “Abbiamo ripreso
le forze, in quel mondo ancora giovane, almeno quanto bastava per riuscire ad
agire di nascosto a voi”.
“Ma… ma.. gli stregoni…” Nimuel pareva attonita. Come può esserlo
una creatura millenaria e onnisciente che, improvvisamente, si trova debole e
cieca. “Non potete aver spezzato le loro catene”.
“La vostra
fiducia negli altri è sempre stata mal riposta, mia Signora” continuò Ardu “I vostri sudditi umani non hanno esitato neanche un
istante ad unirsi a noi e ad aiutarci a controllare i Vostri poteri, quando
hanno dovuto scegliere tra andare contro la volontà di Kandrakar e la
Vostrae una fine sicura”.
“Ah” gli
occhi di Nimuel si erano adombrati, ma il viso di Will si era illuminato di
speranza “Ma non è così!” si affrettò a spiegare con
urgenza e sollievo “Non sarà la fine! Dovrete solo andare via di qui, in un
altro luogo che Kandrakar ha scelto per voi!”.
“Will, no!” esclamò la regina “Non è così, non è per questo! Dovete
fuggire, subito!”.
La ragazza,
presa in contropiede, perse un attimo, sufficiente perché Ardu, con un gesto, le avvolgesse le gambe in un
groviglio di rampicanti.
“Che Kandrakar li ha graziati gli Everlaniani non lo sapranno
mai” affermò l’uomo, mentre Will tentava di districarsi “Non devono saperlo,
Everlan non può morire. Quanto a voi” continuò rivolto alle
altre Guardiane che si preparavano a vender cara la pelle “Non muovetevi.
Abbiamo degli ostaggi”.
Avren premette
l’arma sulla gola di Flood con più forza. Il ragazzo deglutì. Irma imprecò.
“Cosa ci importa di quel debosciato!” esclamò Cornelia, mentre
centinaia di frammenti di marmo cominciavano a turbinare minacciosamente
intorno a lei.
“Ma potrebbe importarti di altro, ragazza” ribatté l’uomo
“Non vorrai che le margherite sfioriscano già in
primavera”.
“No” mormorò
la Guardiana della terra, mentre l’orrore le riempiva lo sguardo insieme alla
comprensione “Meg! Cosa le hai
fatto tu, miserabile!” urlò furibonda.
“Niente, per
adesso. Giace addormentata la bella Margareth, in un
luogo segreto” rispose Ardu, tranquillo e
rassicurante “Avvolta dai rovi come una principessa delle vostre fiabe. Ma, se
non vi arrendete, i rovi invece di proteggerla…” strinse
il pugno davanti a sé in un gesto eloquente.
“E insieme a lei” aggiunse ilare Ire “C’è anche un certo musicista… Oh
è così carino, così gentile… proprio un rubacuori, sarebbe un peccato doverlo
fare fuori!”.
“No!” questa
volta fu Hay Lin a urlare, mentre Will aveva smesso
perfino di dibattersi per cercare di liberarsi “Voi non potete fargli male! Anche se siete dei ragazzini… io… io” agitò un pugno
impotente verso Ire.
Zeph si rivolse alla sorella “Tu hai fatto tutto questo senza
dirmelo? Ma come ti sei permessa! Stupida vipera!”.
“Colpa tua,
che non capisci niente” lo rimbeccò lei “Vuoi che
finisca tutto?”.
“Lei… lei ha
deciso così” borbottò il ragazzino non troppo convinto.
“Vedi? Lo
sapevo che non ci saremmo potuti fidare di te”.
Taranee sentì
la rabbia salirle dentro. Per il tradimento che quei sei infidi personaggi
stavano perpetrando, per il modo in cui torturavano le sue amiche e mettevano a rischio innocenti e, un po’, anche perché pareva che
l’avessero totalmente ignorata nelle loro trame. Cosa
credevano, che lei non potesse essere un pericolo?
“Non vi è
passato per la testa, che potrei decidere di sacrificare quei due per salvare
le mie amiche e salvaguardare l’equilibrio? Noi siamo gli emissari di
Kandrakar”.
La risata di Efri fu sguaiata e gioiosa “Provaci allora, mocciosa,
provaci”. Il suo tono di scherno fece ulteriormente infuriare
Taranee “Senti il fuoco? Più ti arrabbi e più lui diventa selvaggio”.
La terra tremò, lontano tremò, rossa nell’atmosfera grigiastra,
l’eruzione di un vulcano.
“E’ prima
della fine che le fiamme sono più alte… Non sei riuscita a controllarle sulla
terra e pensi di riuscirci qui?”
Taranee
ricordò la fiammata in cui era sparita la lancia di Efri
… Hay Lin non riusciva nemmeno a volare in quella atmosfera pesante, lei
sarebbe riuscita a domare il drago che dormiva sotto Everlan?
“Non sai
nemmeno cosa vuoi fare… sono sole vuote minacce le tue”.
Aveva
ragione… sapeva benissimo che non avrebbe rischiato l’incolumità delle sue
amiche richiamando quel fuoco spaventoso. Non avevano bisogno di ostaggi per lei… era lei stessa ostaggio del suo
elemento.
“Avren, ti prego, amico mio, non continuare con questa
follia” la regina di Everlan si rivolse accorata al
suo Capitano “So che ti può sembrare la cosa migliore al momento. Mi spiace
avervi ingannato, non avervi detto subito quali erano le mie intenzioni, ma era
necessario che non ne foste a conoscenza, per convincere le Guardiane e
l’Oracolo” .
Il giovane
si volse brevemente verso di lei e, per un attimo, la decisione nel suo sguardo
sembrò tremare, ma poi si voltò ostinatamente dalla parte opposta, rifiutandosi
di incontrare gli occhi di Nimuel. “Mia Regina, siete stanca e malata, per il
Vostro bene dobbiamo agire così. Adesso non siete in
grado di giudicare”.
“Avren, non c’è altra scelta… Quello che state facendo non
cambierà niente. Peggiorerà solo le cose, scatenerà una guerra, una guerra
tremenda” pregò Nimuel supplichevole.
Il giovane
scosse la chioma corvina “No! Vi sbagliate! E’ l’influenza che ha su di voi
l’Oracolo di Kandrakar. La regina di Everlan che si
lega così a un mortale! Ho sempre saputo che era un errore”.
“Loro, loro
erano INNAMORATI!” l’urlo di Hay Lin era pieno di rabbia impotente “Cosa credi
di saperne tu, dell’amore, specie di ghiacciolo ambulante?”.
“No… Hay
Lin, no… “ Will si volse verso di lei con urgenza “Non dire
così… Lui non è così, davvero, l’ho visto nelle caverne, lui…”.
“Sta zitta,
Strega” ordinò gelido e minaccioso il giovane Capitano “Non azzardarti a dire
un’altra parola”.
Gli occhi di
Taranee si spalancarono per la sorpresa, mentre la comprensione si faceva largo
in lei.
La regina di Everlan non mentiva quando diceva di non c’entrare nulla
con il male che affliggeva Kandrakar, ma non diceva neppure la verità.
Salve a tutti! Eccomi qui con il quasi ultimo capitolo di
profezie. Non è un capitolo d’azione, come ci si poteva aspettare, ma credo che
sia comunque pieno di avvenimenti!
Grazie a tutti di leggere e commentare, il vostro sostegno
mi è di grande aiuto! Spero mi vorrete aiutare anche quando, finito di scrivere
l’intero racconto (ma ormai è quasi un romanzo…) mi darò alla revisione.
Il capitolo scorso mi stava molto a cuore e ringrazio per il
calore con cui è stato accolto!
Ad Personam
Rainboy: grazie per il commento gentile e approfondito. In
fase di revisione penso che sistemerò un po’ il momento dello scontro fra
Cornelia e Nimuel, anche se quest’ultima, in effetti, ha dei notevolissimi
poteri, non è al massimo della forma e sarebbe una buona idea metterlo in
evidenza fin da quel momento. Nimuel… bhè spero di riuscire a renderla sempre
meglio, vedremo. Will, in effetti, è proprio bloccata: un po’ tutto Terra
Magica è incentrato sulla sua difficoltà di decidere, mi auguro che in questo
capitolo e nel prossimo possa mostrare un po’ più di nerbo! Aspetto tue
notizie!
Melodie: non sono stata proprio velocissima… ma nemmeno
troppo lenta, spero ^^ Grazie per i tuoi commenti e il tuo calore! Credo
proprio che tu abbia ragione: Taranee è cresciuta, inoltre l’ultima esperienza
l’ha resa molto più prudente. Ha paura di far del male a se stessa e alle sue
amiche. Mi auguro che questo capitolo sia avvincente come l’altro!
MaxT: ancora grazie per il tuo supporto e i tuoi commenti,
spero di riuscire a risollevare un po’ Will in questi ultimi capitolo. In
effetti sarebbe anche l’ora. Come ti ho scritto via mail, è molto debole,
confusa, si fa domande su tutto, soprattutto su se stessa, per questo non
riesce a prendere in mano la situazione. Spero di riuscire a scrivere gli spin-off
a cui pensavo, anche se riguardano solo in parte la situazione precedente di Everlan,
ma soprattutto il futuro delle ragazze e dei loro avversari. Aspetto di
conoscere Adariel!
A un gesto della mano di Ardu
le mura della sala blu crollarono e il cielo plumbeo si offerse allo sguardo
smarrito dello cinque ragazze.
“Arrendetevi, streghe” ordinò
con voce gelida Avren “Non avete possibilità”.
“Gli stregoni di Everlan
stanno già arrivando, per officiare il rito che legherà i vostri poteri alla
nostra terra e la risanerà” mormorò Ardu con la sua voce profonda e
compassionevole “Il vostro sacrificio non sarà stato vano”.
Nimuel ascoltava con gli
occhi sgranati per l’orrore, svanite completamente la sua calma sicurezza e la
sua capacità di controllo, restava davvero una bambina smarrita.
“Non vi preoccupate, Maestà!”
esclamò Ire con voce allegra “Sistemiamo tutto noi, poi starete di nuovo bene.
Il tempo di un rituale e sarà tutto come prima!”.
“Mai, mai mai!” Hay Lin urlò
di rabbia e disperazione, gli occhi pieni di lacrime, scuotendo i lunghi codini
scuri “Non cederemo a questo ricatto! Vi sconfiggeremo e salveremo tutti!”
“Non ci arrenderemo” sibilò
Cornelia con bassa voce pericolosa, mentre le piante rampicanti che stringevano
la sua compagna frustavano l’aria dibattendosi sotto i comandi opposti che
ricevevano da lei e Ardu.
“Avete intenzione di lasciare
morire i vostri cari amori?” rise folle Efri, con una luce sadica negli occhi
ambrati “Non siete così stupide, allora, così deboli come pensavo! O, almeno,
una tra voi”.
Estrasse le sue due tozze
lame, facendole vorticare un secondo fra le mani “Fatti sotto biondina” ghignò.
Un getto d’acqua la colpì in
pieno. “Non è sola!” ringhiò Irma con foga, la fronte imperlata di sudore per
lo sforzo “Razza di stupida befana, te li spengo io i bollenti spiriti”.
Efri rise di nuovo, mentre il
calore della sua pelle faceva evaporare l’acqua che la inzuppava: “Brave, così,
se combattete è più divertente, l’avevo detto fin dall’inizio, io!”.
“Sapete benissimo che non
metterete a rischio la vita dei vostri amici” sospirò Ardu paziente,
trattenendo Efri con uno sguardo “Smettete con questa farsa”.
Avren premette appena la lama
sul collo di Flood. “Ragazzi… con… con calma, eh!” balbettò il ragazzo, pallido
sotto l’abbronzatura.
Irma perdette buona parte
della sua baldanza “Avvertiremo gli Everlaniani, non si faranno mettere nel
sacco così” borbottò rabbiosamente. Cornelia smise di contendere il controllo delle
piante ad Ardu con un grugnito.
Taranee, nel frattempo,
fissava il vuoto con occhi altrettanto spalancati di quelli di Nimuel. Aveva
avvertito le parole come il brusio di sottofondo di una trasmissione
radiofonica disturbata, troppo concentrata sull’assurda rivelazione che aveva
appena avuto.
Nimuel non aveva
volontariamente causato la malattia dell’Oracolo, eppure, la ragazza ne era
sempre più sicura, in qualche modo la sua terra ne era stata la causa.
Kandrakar cadeva a pezzi
senza una ragione apparente, a meno che la causa non fosse quella che era
sembrata esserne una conseguenza: la gravissima malattia che affliggeva
l’Oracolo.
Malattia che non poteva
essere fisica, dato che gli abitanti di Kandrakar non avevano un corpo fisico,
ma solo spirituale.
Malattia, guarda un po’,
cominciata esattamente in corrispondenza dell’ultimo stadio del decadimento di Everlan,
sua terra natale.
Possibile che la causa fosse
quella? Che l’Oracolo fosse a tal punto disperato per la fine della sua patria
e patria della donna che aveva amato, che il suo spirito ne soffrisse in modo
così evidente?
Taranee era affascinata dalla
psichiatria e sapeva che molto di quello che a livello conscio si blocca o si
rifiuta può venir fuori in modi inaspettati. Non era poi così strano, perciò,
che, quello che la ragione dell’Oracolo non poteva ammettere, non si lasciasse
cancellare e causasse di tali ripercussioni.
Il compito dell’Oracolo, la
ragazza doveva ammetterlo nonostante lei stessa si fosse spesso trovata in
contrasto con lui, non era semplice. Si doveva trovare sovente in situazione
che lo costringevano a decisioni difficili, a fare scelte che lo addoloravano,
per il bene dell’equilibrio. E, sicuramente, non poteva mostrare le sue
emozioni, né confidarsi con qualcuno.
Lui era l’Oracolo, non doveva
dar segno di insicurezza.
Questo poteva essere un
ottimo esempio di una situazione simile.
Però, se la causa era quella,
perché era così furioso con gli everlaniani? Forse per il male che loro stessi
si erano attirati? O per aver distrutto la propria terra?
Possibile e qui Taranee si
trovava ad una seria impasse, che amasse tanto la sua patria e tanto poco i
suoi compatrioti?
Si domandò per un attimo se
condividere i suoi sospetti con le sue compagne, ma Irma, Cornelia e Hay Lin sembravano
decisamente troppo prese dalla loro, indubbiamente critica, situazione per
poter essere interessate alle sue speculazioni sulla psicologia dell’Oracolo.
Soltanto Will non sembrava
prender parte al loro affanno. Guardava Nimuel con occhi tristi, come se la
vicenda non la interessasse personalmente.
La ferocia disperata con cui
Avren l’aveva azzittita aveva riempito Will di dolore e vergogna e spavento. Dolore
per l’incapacità di comunicare con lui, vergogna per aver rischiato di ferirlo
involontariamente molto più di quanto non avesse fatto Hay Lin con le sue
ingenue offese, spavento per le reazioni che sempre suscitava in lei il giovane
capitano.
Poi il suo sguardo aveva
incontrato quello della piccola regina e la ragazza si era dimenticata di
tutto.
Il suo cuore aveva tremato di
pietà, per quella creatura perduta che, dopo secoli di onniscienza, scopriva
improvvisamente la fragilità della condizione umana. Era sciocco, in quel
momento, lasciarsi distrarre dalle loro personali difficoltà, eppure Will non
poteva fare a meno di sentirsi addolorata per quella che era loro avversaria.
Fino a quel momenti Nimuel
era apparsa malata e sofferente, ma sempre padrona di sé e sicura di quello che
stava facendo, calma e serena. Adesso sembrava molto più fragile di loro,
incapace di reagire a quello che le stava succedendo, nuda e indifesa molto più
di qualsiasi essere umano, dopo aver da sempre confidato nella propria
impossibilità di errare.
Will desiderò profondamente
poterla aiutare. Qualsiasi cosa pensassero gli uomini della sua guardia, non
era certamente un favore quello che le stavano facendo.
Desiderò essere in grado di
mostrare ad Avren quanto dolore stava infliggendo alla donna che amava. Come
poteva non rendersene conto? E come poteva, nonostante tutto, continuare a
credere di agire per il suo bene? Non vedeva la disperazione balenare nelle sue
lacrime?
Ma il giovane guerriero aveva
sul volto dipinta solo la decisione e sembrava che le preghiere di Nimuel non
lo toccassero.
Il flusso dei suoi pensieri
fu interrotto dalle parole di Taranee che le si inquinavano nella mente.
Fu il colpo di vento che
infranse gli specchi.
Tara aveva capito tutto. Will
non nutrì un solo dubbio in proposito. Tara, la sua migliore amica, la più
saggia e intelligente di tutte loro, come poteva non esser stata lei la prima a
capire?
Ma le era sfuggito un
particolare, quello fondamentale. Il pernio intorno a cui girava tutto.
Per Will, però, era evidente.
Forse per quello che aveva visto nella caverna, forse per l’empatia che sperimentava
con Avren e, di riflesso, con Nimuel e l’Oracolo.
Nessuna di loro si era
interrogata sulla malattia che sembrava aver colpito anche la regina di Everlan,
eppure, nei dipinti delle caverne e nelle descrizioni di Hay Lin, Nimuel
sembrava tutto meno che debole e malaticcia.
Nessuna di loro, tanto meno,
si era interrogata sulla natura chiaramente non umana della fanciulla,
sull’apparente eternità della sua vita, sui suoi incommensurabili poteri e
sulla sua eccezionale conoscenza di Everlan e di tutto ciò che vi avveniva.
Soltanto, a lei, Will, però,
era stato concesso un altro indizio, indizio che aveva deciso, per una sorta di
pudore, di non condividere le sue compagne. A lei era stato concesso di vedere
la profondità del sentimento che il Capitano della Guardia di Everlan nutriva
per la sua signora.
E non aveva capito. Fino ad
adesso.
Avren non le avrebbe mai
arrecato dolore. Nemmeno per salvare la sua stessa patria. Era stato creato per
esserle incondizionatamente fedele e l’unico sentimento che provava, più forte di
quella stessa fedeltà, era l’amore senza speranza che nutriva per lei.
Servirla su Everlan o sulla
Terra, non avrebbe fatto la minima differenza per lui, purché questo la
rendesse felice.
Non si sarebbe mai ribellato
a lei, se non per il suo stesso bene. Se non per salvarla.
Intorno a Will, le sue
compagne venivano strettamente legate da Efri e Ire, impossibilitate a reagire,
ma incapaci di arrendersi.
“No! Lasciateci! Come potete
essere così malvagi! Malvagi ed egoisti!” urlava Hay Lin sull’orlo del pianto,
cercando di prendere a calci Ire.
“Smettila di frignare!” la
rimbrottò Cornelia, resa feroce dall’ira e dalla disperazione, tremando appena
dalla furia repressa, sdegnosa come sempre, mentre Efri le stringeva la corda
intorno ai polsi “Non gliene importa niente di noi né di tutte le terre che
dipendono da Kandrakar, non lo vedi?”.
“Sei un inutile, vigliacco
traditore!” Irma sembrava aver condensato tutta la sua rabbia su Flood, che le
restituiva uno sguardo confuso e addolorato “Ti odio, ti odio, ti sei fatto
fregare stupido!”.
Taranee, a capo chino, era
così impegnata a frenare i suoi poteri e il fuoco che le bruciava dentro, da
avere appena la forza di mantenere il contatto telepatico con Will.
Oltre le mura franate del
palazzo, si udivano voci e passi affrettati.
Il rumore di molti uomini in
avvicinamento: gli stregoni chiamati dai Guardiani della regina che venivano a
compiere i rituali che le avrebbero convogliato i loro poteri per ridare vigore
alla magia della loro terra malata e sofferente.
La loro terra malata e
sofferente come la loro regina seduta sul trono.
“Questa terra è stanca, vuole
solo dormire” ricordò Will.
Aveva sempre guardato oltre.
Aveva sempre guardato a lui. Da anni, decenni, forse secoli (quanto erano
anziani lei e l’Oracolo?) non aveva fatto altro che vivere nel ricordo.
Certamente era stanca.
Certamente voleva dormire.
Quanto doveva esserle costato
separarsi da Haydin, si chiese. Tanto da aver oscurato la sua vista al punto da
renderla cieca all’affetto del suo Capitano.
Il suo Capitano o, forse,
Will adesso lo comprendeva, avrebbe dovuto dire del suo Custode.
Nimuel, Regina di Everlan,
Cuore di Everlan, voleva solo dormire.