Sweet disposition

di Viki_chan
(/viewuser.php?uid=120313)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. ***
Capitolo 2: *** II. ***
Capitolo 3: *** III. ***
Capitolo 4: *** IV. ***
Capitolo 5: *** V. ***
Capitolo 6: *** VI. ***
Capitolo 7: *** VII. ***
Capitolo 8: *** VIII. ***
Capitolo 9: *** IX. ***
Capitolo 10: *** X. ***
Capitolo 11: *** XI. ***
Capitolo 12: *** XII. ***
Capitolo 13: *** XIII. ***
Capitolo 14: *** XIV. ***
Capitolo 15: *** Epilogo. ***



Capitolo 1
*** I. ***


Sweet disposition

I.



a moment,
a love,
a dream,
aloud.
a kiss,
a cry,
our rights,
our wrongs.


“Ok. Quindi.. Maglioni, pantaloni, le felpe.. Dovrei averti dato tutto.” dissi controllando per l'ennesima volta la montagna di vestiti che avevamo sistemato sul grande tavolo della cucina di Grimmauld Place.
Harry seguì il mio sguardo sui suoi effetti personali che avevo tenuto per mesi nella mia borsa di perline, poi prese una felpa e me la porse.
“Tienila. Voglio che questa la tenga tu.” disse guardandomi un istante negli occhi, tornando poi ad osservare con attenzione un vecchio paio di jeans sdruciti.
“Harry.. N-non.. io..”
“No, Hermione. Davvero. Tienila tu. Tornerai ad Hogwarts dopo l'estate. Non so se ci vedremo più così spesso. Io voglio che tu la tenga, ecco.” concluse lanciandomela.
La presi al volo, la girai più volte tra le mie mani.
Me la misi, lisciai le pieghe che lo scomodo viaggio aveva creato sul tessuto.
Era calda.
Calda come un abbraccio.
“Ti sta bene.” commentò con un mezzo sorriso Harry dopo qualche secondo di silenzio concentrato.
Non ci pensai due volte.
Tolsi la felpa, feci il giro del tavolo e mi gettai tra le sue braccia.
Le sue vere braccia.
Il suo vero abbraccio.
“Hermione.” disse addolorato. “Non me ne sto andando. Abbiamo ancora un estate per stare insieme. E Hogwarts è a due passi. Io e Ron verremo a trovarvi.”
Non risposi.
Rimasi incollata al suo petto come una bambina, in attesa.
Borbottò ancora qualcosa su gite fuori porta e pomeriggi alla Tana, poi tacque.
Lentamente, goffamente, alzò le braccia e mi strinse a sé, rispondendo all'abbraccio.
“Non sto per morire Hermione, non più.” sussurrò tra i miei capelli. “Sei la mia migliore amica, io non ti lascerò mai.”
Sentii una scossa.
Una disposizione amorosa verso Harry.
Per qualche secondo mi convinsi che mi sarebbe bastato alzare appena il volto ed incontrare le sue labbra per stare bene.
Trassi un profondo respiro e sentire il suo profumo mi risvegliò.
Era Harry.
Era sbagliato.
“E' strano.” dissi cercando di spostare la mia attenzione a qualcosa che non fosse il battito del suo cuore, schiacciando il mio volto nel suo petto, sentendo il mio naso scricchiolare sinistramente. “Tu e Ron a Londra, io e Ginny ad Hogwarts. Dovreste finire gli studi, prendere dei M.A.G.O. anche voi, tornare a..”
“Dobbiamo riparlarne proprio adesso?”
“No.” soffiai stringendolo più forte.
La sua presa, al contrario, si era già indebolita.
Si allontanò velocemente.
Sembrava stesse scappando da qualcosa.
“Credo che sia ora di lavare questa roba e sistemare la casa.” disse iniziando a raccogliere una pila di vestiti e facendo per uscire.
“Mi stai cacciando?”
“No, no. Puoi rimanere quanto vuoi.. I-io però vado di sopra.” sorrise guardandomi di sfuggita.
Un muto invito.
Era ora di andare.


“Sto morendo di freddo. Salgo a prendere un altro maglione.”
Ginny si passò più volte le mani sulle braccia, per scaldarsi.
Eravamo appena rientrate in Sala Comune dopo la cena, e nonostante il camino fosse acceso, la stanza era ancora molto fredda.
“Ne prendi uno anche per me?”
Durante l'attesa presi due poltrone e le avvicinai al fuoco, poi mi buttai a capofitto nel tema di Pozioni.
Ginny tornò poco dopo e mi lanciò una felpa.
Non una, La felpa.
Rimasi ad osservarla qualche istante, facendo passare il tessuto attraverso le dita.
“Che fai, non la metti?” chiese.
La guardai indecisa.
Non l'aveva riconosciuta.
Senza aggiungere altro la infilai.
Ginny si sedette senza commentare e si mise a scrivere.
Meglio così.
Perchè bastò un secondo.
Di nuovo quel calore, quel profumo riconoscibile.
Sapeva di pioggia, di chiuso, di legno.
Il legno del baule dove era stata chiusa per troppo tempo.
Chissà perchè Ginny aveva preso proprio quella.
Forse perchè aveva un profumo inconsciamente famigliare, forse perchè sapeva di Harry.
Lasciai cadere il libro a terra, mi aggrappai a quella felpa come se stessi cadendo in un burrone.
Ginny mi guardò, mi sentii in colpa.
Era come se stessi tradendo la mia migliore amica.
Come se stessi tradendo il mio fidanzato.
Mi allontanai da lei, mi arrampicai sulle scale per i dormitori.
Non doveva vedere.
Non doveva capire.
Non doveva sapere.
Come quel giorno d'estate, io volevo Harry.

 


Sweet disposition
never too soon
oh reckless abandon
like no one’s watching you


 


Temper Trap - Sweet disposition
Sono appena tornata da Londra. In aereo mi è venuta in mente questa fic. Qualche accenno autobiografico c'è. A volte bisogna scrivere anche di se stessi.
Commentate, recensite..

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** II. ***


Sweet disposition

II.

 

E tutto appare labile,
flebile,
effimero.
L'emozioni e i sentimenti
sono bolle di sapone



Natale alla Tana.
“Herm, dovresti svuotare il baule.” ripetè Ron per l'ennesima volta.
“Te l'ho detto, i vestiti sono più ordinati lì dentro.” mentii.
Sembrava il ritornello di una canzone.
Ogni ora, uno dei due si fermava davanti al baule pieno e si sentiva in dovere di dire qualcosa.
Ogni giorno,  nei 3 giorni, 15 ore, 15 minuti e 45 secondi che avevo passato nell'appartamento di George, questa scena si era ripetuta almeno sei o sette volte.
“E' casa nostra, questa. Almeno finchè tu non tornerai a Hogwarts.”
“Tecnicamente è casa di George, anche se lui non c'è.” ribadii.
George non c'era, era partito per lavoro.
Almeno quella era la scusa.
Era il primo Natale senza Fred, George lo sapeva meglio di tutti.
Non voleva passare un Natale senza Fred.
Un Natale senza Fred e George, come se ancora stessero insieme, ancora.
“Vado a farmi una doccia. Nella doccia  di George.” disse Ron scocciato, prima di uscire dalla camera già mezzo nudo.
La convivenza non era male.
Non era stata male per quei 3 giorni, 15 ore, 16 minuti e 30 secondi.
Non era nemmeno passato un minuto.
Per fortuna che quando si è con la persona che si ama il tempo corre, pensai tirando fuori dal baule il mio vestito migliore.
Stropicciato.
Mi sentii una ladra mentre con un tocco di bacchetta sistemavo il danno.
“Allora, che ti metti?” mi chiese Ron uscendo dalla doccia poco dopo.
“Questo.” risposi sorridente mostrandogli l'abito perfettamente piegato sul letto.
Con un mezzo sorriso, iniziò a vestirsi.
“Sai, l'appartamento qui di fronte è in vendita. Sarebbe bello se potessi comprarlo. Sarei accanto al negozio, vicino a George,”
“Ci vogliono un sacco di galeoni per comprare un appartamento così grande.” commentai iniziando a spogliarmi alle sue spalle.
“Lo so. Ma sarebbe bello no? Poi quando avrai finito la scuola, potresti venire a vivere qui con me.”
3 giorni, 15 ore, 48 minuti, 12 secondi.
Ron Weasley mi aveva chiesto di vivere con lui.
“Non so Ron. E' un'idea.. Ma io non ho galeoni da investire ora come ora.. Quando mi troverò un lavoro..” mi trovai a dire sbagliando per la quarta volta il buco dell'orecchino, ferendomi il lobo.
“Ci penseremo a tempo debito. Adesso andiamo, è tardi.”
Ron mi cinse i fianchi e mi scoccò un bacio sulla bocca.



“Harry, se devi fare il tuo annuncio, dovresti farlo ora. Fra poco devo andare.” sussurrò Kingsley a Harry mentre Molly serviva la torta.
Harry annuì, poi guardò Ginny, seduta proprio accanto a lui che gli fece un cenno triste.
“Devo fare un annuncio.” disse dopo essersi schiarito la voce. “Il Ministro.” Kigsley gli fece l'occhiolino. “Ha deciso di accettare la mia richiesta per entrare nel corso di addestramento per Auror. Alla fine delle vacanze di Natale partirò per un corso intensivo di due mesi.”
Una fitta, un bruciore.
Dentro e fuori.
Mi accorsi di essermi infilata il coltello in un dito e subito lo portai alla bocca.
Panna montata e sangue.
Ancora in piedi di fronte a me, Harry mi guardò un secondo, poi si risedette.
“Miseriaccia, Harry. Sei un disastro nei discorsi. Ma wow!” commentò Ron entusiasta. “Non si sa dove andrai, vero?”
“Oh, il Ministro lo sa, io non ancora.” rispose Harry.
Qualcuno si congratulò, gli altri chiesero a Kingsley delucidazioni.
Io rimasi a fissare Harry.
Sarebbe partito per una meta sconosciuta.
Senza Ron, senza di me.
Per la prima volta dopo tanti anni, solo.
Totalmente incapace di ingoiare un altro boccone, porsi il mio piatto al mio ragazzo.


“Molly, insisto.”
“Harry, c'è la magia, davvero. Ci penso io.”
“Ho davvero voglia di lavare i piatti, alla babbana.” ribadì lui.
“Sei sicuro? Sono davvero tanti, caro.”
“Lo aiuto io.” dissi facendomi avanti e dirigendomi al lavandino.
Molly sorrise e tornò in salotto, dove Un calderone d'amor bollente risuonava dalla solita vecchia radio.
“Io lavo tu sciacqui?” proposi quando fummo di nuovo soli.
“Ho visto che ti sei tagliata, non dovresti insaponarti le mani.”
“Non è un problema.”
“Va beh, però lavo io.” disse sorridendo.
Rimanemmo un po' in silenzio, passandoci metodicamente le stoviglie.
“E così parti.” dissi ad un certo punto.
“Sì, sì. Non vedo l'ora.”
“Hai già preparato le valigie?”
“E tu, l'hai disfatta la tua valigia?” chiese ridendo.
Appoggiai il bicchiere che stavo sciacquando e mi voltai verso di lui, fingendomi arrabbiata.
“Ron non sa proprio tenere la bocca chiusa eh.”
“Non è colpa sua. E' colpa tua. Dai, Hermione, svuota quel baule e facciamola finita.”
Rideva ancora.
Risi anche io, poi il silenzio prese il sopravvento.
“E che gli hai detto tu?” gli chiesi curiosa, rimettendomi al lavoro.
“Niente, tranquilla, non gli ho detto la verità.”
“Scusa?”
“Che tieni il baule pronto per scappare con me.”
Impiegai qualche secondo per rimettermi a ridere.
E fu più difficile del solito, difficile come non mai.
Mi sembrò che anche le risate di Harry si spegnessero sul nascere.
Ancora quella disposizione.
Il baule era pronto, io pure.
Non seppi dare un nome a quello che provai guardando Harry negli occhi.
3 giorni, 20 ore, 36 minuti, 34 secondi.
Io, Hermione Granger, mi trattenni a stento dal violare la regola che mi ero autoimposta.
No, Harry no.
Harry era sbagliato.
Harry era Harry.


Poco dopo, al posto di una stoviglia, Harry mi porse la sua mano insaponata.
“Che c'è?” gli chiesi con rabbia ingiustificata.
“Abbiamo finito, Hermione.”
“Di già?”
Quando si è con la persona che si ama il tempo corre
, disse una vocina non richiesta dentro di me.




Spero di non aver rovinato tutto.
Spero davvero che anche questo nuovo capitolo vi piaccia, come il primo.
Grazie mille per le recensioni e continuate a farmi sapere che ne pensate!
Ah, la citazione iniziale, ahimè, non so di chi sia. In internet  dicono che sia di un certo Avramov. Siccome Wikipedia riconosce come unico Avramov un calciatore, evito di scrivere stupidaggini.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** III. ***


Sweet disposition

III.



And if this is what we’ve got,
then what we’ve got is gold

We’re shining bright and I want you,
 I want you to know

The morning’s on it’s way, our friends all say goodbye
There’s nowhere else to go,
I hope that you’ll stay the night



 

Una scatola di cioccolatini.
La guardavo con attenzione.
Seguivo ogni arabesco della grande scatola di latta che Leo mi aveva posato davanti qualche minuto prima.
Ogni linea, ogni decoro.
Non volevo alzare lo sguardo, non volevo vedere le reazioni degli altri.
Rimasi a fissare testardamente quella scatola per molto tempo.
Sperando che si rimpicciolisse, che diventasse invisibile.
Che fosse già il giorno seguente.
Il giorno dopo San Valentino.
Alla fine non successe niente.
Quando finalmente alzai lo sguardo, nessuno stava badando a me.
Molti studenti avevano ricevuto dei cioccolatini, altri lettere d'amore.
Tutti avevano qualcosa in mano.
Tutti tranne Ginny.
Cercai di indovinare il suo umore, mi sembrava calma.
“Harry non può mandare più di una lettera a settimana. Regole dell'addestramento.” disse a mo' di giustificazione. “Ma Ron quest'anno ha proprio esagerato.”
Guadai di nuovo la mia scatola di cioccocalderotti e mi sentii come in dovere di proteggerla.
“E' san Valentino e Ron è il mio ragazzo.” dissi con passione.
“E tu cosa gli hai regalato?”
“Un biglietto fatto a mano.”
Ogni volta che ritornavo sulla scatola, sembrava sempre più grande.
Il mio piccolo e anonimo biglietto d'auguri mi sembrò inadatto.
Quando mi ricordai che era stata Romilda Vane a ricordarmi che era la vigilia di San Valentino la sera prima, mi alzai di scatto.
“Stai uscendo?” mi chiese Ginny alzandosi e seguendomi verso il corridoio.
“No.”
“Dobbiamo per forza andarci, oggi, a Hogsmeade?” chiese di nuovo indicando la fila di studenti che si stava facendo autenticare l'uscita da Gazza.
La maggior parte era a coppiette.
“No, affatto.”

 

Non c'era niente di meglio di un bel libro pesante e un saggio da 30 centimetri su come riconoscere un uomo sotto la maledizione Imperius per smettere di pensare a San Valentino.
Il compito mi permise di liberare la mente per buona parte della giornata, fin quasi all'imbrunire.
“Hermione, non volevo rovinarti la giornata.” borbottò Ginny scarabocchiando qualcosa sul suo tema.
La Sala Comune si stava riempiendo di studenti in ritorno dalla gita. Mi guardai intorno per trovare le parole giuste, ma l'unica cosa che avevo dentro era tanta rabbia.
“N-non.. No, Ginny. Non è colpa tua. Non sono un'amante di San Valentino, tutto qui.” abbozzai.
“Vorrei che Harry fosse qui.”.
Non riuscii a capire subito che stesse succedendo.
Ginny spalancò gli occhi e aprì la bocca.
Era terrorizzata da qualcosa.
Mi voltai verso il buco del ritratto e capii che non era terrore.
Era sorpresa.
Harry era lì.
“Buon San Valentino Ginny.” mormorò arrossendo.
Sia io che Ginny ci alzammo di scatto.
Lei per saltare in braccio al suo ragazzo.
Io per fargli un cenno e sparire in dormitorio.

 

Non so cosa mi portò ad arrabbiarmi così tanto.
Rimasi chiusa in dormitorio a lungo.
Chissà come aveva fatto Harry a convincere la McGrannit a farlo entrare.
Era Harry, risposta prevedibile quanto vera.
Chissà come aveva convinto gli addestratori a regalargli un giorno di riposo.
Era Harry, doveva esserselo meritato.
Chissà perchè ero così arrabbiata con lui.
Era Harry, ed era ad Hogwarts per un'altra.

 

Spaventata da quei pensieri, caddi in un sonno leggero e agitato.
Quando mi alzai dal letto, ancora più stanca di prima, il mio stomaco reclamò la mia attenzione.
La sala comune era deserta.
Era quasi mezzanotte.
Ero troppo affamata per tornare a letto.
Tirai fuori dalla borsa la scatola di latta e mangiai un cioccolatino.
Era buono, era caldo come un abbraccio.
Il secondo, il terzo.
Al quarto fui colpita dalla malinconia.
Mi sentii incredibilmente sola, incredibilmente stanca, incredibilmente confusa.
Mi sedetti sul tappeto davanti al fuoco e appoggiai scomodamente la testa su una delle poltrone.
Presi un ultimo cioccolatino e chiusi gli occhi, lasciandomi cullare dal crepitio del fuoco e dal dolce oblio del cioccolato.

Due braccia delicate.
Calde.
Abbastanza forti per portarmi un piano più in alto.
Non abbastanza forti per portarmi via dalla realtà.
La strada era sbagliata.
Non seppi dove mi stavano portando.
Non aprii gli occhi, tanta era la paura che il proprietario di quelle braccia si accorgesse che ero sveglia.
Poi qualcosa di morbido.
Una coperta.
Un bacio posato sulla fronte.
Un sussurro.
“Buon San Valentino Hermione.”
Era San Valentino, la festa degli innamorati.
Al mio ragazzo avevo regalato un biglietto fatto a mano.
A me stessa la consapevolezza di amare il mio migliore amico.

 

“I-io.. Hermione... Lo s-so che.. M-ma.”
Qualcuno balbettava davanti ai miei occhi.
Li aprii lentamente.
Neville.
“Che c'è?”
“E' quasi ora di colazione.”
“Da quando i maschi possono entrare nel dormitorio delle ragazze?”
“Veramente..” rispose guardando il comodino.
Un bigliettino.
Scritto in fretta, spiegazzato.

 

“Non so di chi sia questo letto, ma è San Valentino, siate cavalieri. Lasciate dormire Hermione."

“Harry?” chiesi senza bisogno di aspettare la risposta, che il suo profumo e il suo tocco erano così riconoscibili da sembrarmi giusti, per la prima volta.
“E' stato a cena qui ieri sera. Poi è andato dalla McGrannit e poi non so. Con Ginny da qualche parte penso. Non l'ho più visto poi. Tu eri già qui quando siamo tornati, con quello.”
Lasciate dormire Hermione.
Hermione, purtroppo, aveva già aperto gli occhi.

 



Stay the night - James Blunt. Carina, estiva, Auror.
Auror Power all'ennesima potenza. Dedico questo capitolo a Roxy, la mia brand new sister.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** IV. ***


Sweet disposition

IV.




All I ever wanted
All I ever needed
Is here in my arms
Words are very unnecessary
They can only do harm


Consapevolezza.
Mi ero innamorata del mio migliore amico.
Mi ero innamorata di lui in un momento strano.
Avevamo passato lunghe giornate soli, in una tenda.
Sfregando tra loro i nostri corpi per combattere il freddo, sfregando tra loro le nostre anime per combattere la solitudine.
Ma non era niente. Amavo Harry come si ama un fratello, un compagno fedele, un alleato fondamentale.
Forse era stato il distacco a trasformare tutto quell'amore buono e puro in quel sentimento che mi ribolliva dentro, lentamente come un distillato mortale.
Non mi ero fatta distrarre.
Hermione Granger aveva amato Ronald Weasley per anni senza perdere una sola lezione o un solo appunto.
Ero come sempre ordinata, studiosa, forse un po' saccente.
Seduta in un angolo della biblioteca, riflettevo.
Era strano come da quando mi ero innamorata di Harry, tutto mi sembrasse più chiaro.
Trasformare un tipo d'amore in un altro.
Non era facile come trasfigurare una tazza in un gerbillo, pensai sfogliando il libro di Trasfigurazione.
“Ciao Hermione.”
“Luna!” esclamai quasi spaventata. “Anche tu studi fino a tardi?” dissi guardando il grande orologio appeso alle spalle di Madama Prince.
Mancavano pochi minuti al coprifuoco ed eravamo rimaste solo io e lei in biblioteca.
“Stavo cercando un libro di Erbologia per Neville, ma credo che li abbia già letti tutti.”
“Non mi sorprenderebbe affatto se fosse così.”
Dopo quel breve scambio di battute, rimanemmo in silenzio.
Luna continuò a passeggiare avanti e indietro per lo scaffale davanti a me, lanciandomi occhiate eteree.
“C'è qualcosa che non va?”
“No, no. Verrai domani a Hogsmeade?” chiese prendendo da terra la sua borsa.
“Sì, credo.”
“A domani, allora.”


“Non penso verrò ad Hogsmeade.” mi annunciò Ginny il mattino seguente. “L'ultima volta non andarci mi ha portato fortuna.”
“Non penso che il tuo non andare a Hogsmeade abbia cambiato qualcosa. Era san Valentino, Harry sarebbe venuto lo stesso.” dissi decidendo quale maglione indossare.
Optai per quello primaverile, era una bella giornata di aprile.
“Magari verrà anche oggi.”
“Gin..”
“Ho capito, ho capito, è impossibile.” sbottò. “Ma mi manca ok? Ho deciso, sto qui.”


Scontrarsi con la testardaggine di Ginny era inutile, così presi la via di Hogsmeade con Luna e Neville.
Un'ora dopo il nostro arrivo, il cielo si oscurò, facendomi maledire la mia scelta di abbigliamento.
Mentre i due andarono all'ufficio postale, io mi rintanai ai Tre Manici di Scopa.
Il locale era pieno di studenti in gita e professori infreddoliti.
Mi accomodai nell'unico tavolino libero e iniziai a sorseggiare una Burrobirra, osservando il viavai di clienti.
“Hermione!”
Non dovetti voltarmi per capire chi mi stesse chiamando.
Ron era appena entrato e si stava creando un varco tra la folla per raggiungermi.
“Cosa ci fai qui?” chiesi sorpresa, accettando di buon grado il bacio che mi aveva stampato sulle labbra.
“Devo comprare il regalo di compleanno a George. E' due settimane che provo a comprargli qualcosa ma mi scopre sempre. Sono già in ritardo di qualche giorno...” disse stringendomi forte la mano. “Come stai?”
“Bene, bene.”
“Oh, Herm. Avevo così voglia di vederti. Aspetta che Harry sappia che ti ho trovato, non credeva fossi qui!”
“Harry è con te?”
“Sì, è qui in giro. E Ginny?”
“E' al castello.”
Ron fece un'espressione confusa, poi continuò a sorridermi.
Stare con lui mi piaceva. Amavo il modo in cui mi faceva sentire importante.
La sua Herm.
Dopo aver ascoltato la descrizione di tutti i nuovi scherzi dei Tiri Vispi, rimasi per qualche minuto in silenzio.
“Chissà dove si è cacciato Harry. Ha detto che mi avrebbe raggiunto qui.”
“Magari ha incontrato Luna e Neville.” ipotizzai finendo con un sorso la burrobirra.
“Può darsi.” disse avvicinandosi per darmi un altro bacio.
Amavo i baci di Ron.
In qualche modo, amavo ancora anche Ron.
Eppure sapevo di amare Harry.
Di amarlo di più.
Di amarlo con più rabbia.
Quando riaprii gli occhi, quasi mi sorpresi di essere ancora lì con Ron.
“Devo andare.” mi disse alzandosi. “Ho promesso a George di tornare in negozio prima della chiusura.”
“Tornerò anche io al castello, ho davvero freddo.”


Non avevo mentito, non su quel particolare, per lo meno.
Incrociai le braccia al petto e iniziai la risalita verso il castello.
Faceva freddo.
Era un freddo quasi innaturale.
Arrivata all'altezza della Stamberga Strillante mi fermai.
Il sole faceva capolino tra due banchi di nubi, illuminando un piccolo spiazzo di erba.
Mi sedetti e godetti del calore dei raggi.
“Speravo che non fossi ancora tornata indietro.”
“Se il sole ci avesse impiegato un secondo di più ad uscire, non sarei qui.”
“A volte basta un secondo per cambiare le cose, no?”
Harry si avvicinò e si sedette accanto a me, mentre la mia mentre tornò alle parole di Ginny.
Era rimasta al castello, Harry era arrivato.
Forse se fosse venuta con me sarebbe cambiato tutto.
Mentre congetturavo su cose più grandi di me, Harry si tolse gli occhiali e rivolse il viso al sole con un mezzo sorriso.
“Devi dirmi qualcosa?”
“Voglio prepararti.” sussurrò sorridendo. “Io e Ginny abbiamo avuto una lite furibonda. Se vai ora al castello, potrebbe incenerirti.”
“Che hai fatto?”
“Perchè deve essere sempre colpa mia?” chiese sorridendo ancora, tornando con lo sguardo su di me. “Ho comprato casa.”
“E' una bellissima notizia!”
“Oh sì! Questa è la reazione che una fidanzata dovrebbe avere.” Esclamò. “Lei invece ha iniziato a inveire contro di me. Così, senza ascoltarmi.”
“Non capisco.”
“Nemmeno io Hermione, nemmeno io.” disse battendo la sua mano sulla mia. “Odia Grimmauld Place, ma se le dico che ho comprato un appartamento a Diagon Alley..”
“L'appartamento accanto a quello di George?” chiesi ricordando una vecchia conversazione avuta con Ron.
Harry tacque e rimase a fissarmi con espressione concentrata per qualche secondo.
“Che stai facendo?”
“Cerco di chiudere la mente.”
“Non stavo leggendo i tuoi pensieri Harry. Avevo già sentito parlare di quell'appartamento.”
Rise.
“Ho sempre pensato che tu sapessi leggermi dentro, Hermione.” disse con tranquillità disarmante. “A volte però fingi di non capire.”
“A volte devo fingere di non capire. Ci sono certe cose che è meglio nascondere.” sussurrai più a me che a lui, lasciandolo interdetto.


Silenzio. Silenzio e calore.
Una giornata fredda d'aprile, un maglione leggero.
Parole dette per sbaglio.
Harry fissò il villaggio sotto di noi per un po', in silenzio.
Quando si voltò verso di me sorrideva.
“Devi vedere la casa. Manca ancora un sacco di tempo alla fine della scuola però. Ho un'idea!”
Harry non commentò più la mia frase, anzi.
La lasciò cadere tra le pieghe del discorso, forse sperando di farla sparire dalla mia mente.
Parlò quasi senza prendere fiato, quasi impaurito dal silenzio.
Forse non ero la sola a fingere di non capire.
Forse Harry sapeva e, come me, aveva paura.




Depeche Mode - Enjoy the silence
Momenti di pausa dalle vacanze. Si pensa troppo, si pensa male.
Capitolo così.
Ho scritto anche il prossimo.
E, promesso, sarò più buona..

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** V. ***


Sweet disposition

V.




I am a dreamer but when I wake,
You can't break my spirit - it's my dreams you take.
And as you move on, remember me,
Remember us and all we used to be
 


“Ne avranno ancora per molto?” mi chiese Ron giocando con i miei capelli.
“Spero che non sia questo quello che avevate in mente quando vi siete presentati in Sala Comune.”
“Questo chiarimento doveva durare dieci minuti. E' un'ora che sono chiusi lì dentro.”
Metropolvere.
Harry aveva tenuto la sua idea per sé per quasi un mese.
Poi, una sera, lui e Ron erano usciti dal camino della Sala Comune ormai deserta.
L'unica studentessa ancora sveglia per studiare era Hermione Granger.
Lo sapevano.
Li accolsi con gioia e una punta di preoccupazione, poi svegliammo Ginny e ci trasferimmo a casa di Harry.

“Che ore sono Herm?” chiese Ron alzandosi dallo sgabello su cui era seduto e dirigendosi verso il divano.
“L'una e un quarto.”
Un'ora esatta.
Un'ora da quando Harry e Ginny si erano chiusi in camera.
Dall'ultima uscita ad Hogsmeade non avevano più avuto modo di vedersi.
Dopo un mese di battibecchi tramite lettere roventi, avevano deciso di parlare a quattr'occhi.
Dapprima le urla di Ginny, poi solo qualche sporadico innalzamento di tono.
“Non è che hanno fatto pace e adesso..” strinse le braccia al petto e fece una smorfia.
"Ron!” lo fermai prima che potesse concludere la frase.
Non che io non ci avessi pensato.
Ci avevo pensato dal primo istante, in effetti.
Dal primo sguardo che avevo lanciato alla camera da letto di Harry e a quell'enorme – enorme – letto a baldacchino.
Era forse quello il particolare che più mi era rimasto impresso della nuova casa di Harry.
Un appartamento piccolo ma confortevole.
Un grande salotto con annessa cucina, un bagno e una camera da letto.
E un letto enorme.
“E se ci sdraiassimo? Ho lavorato tutto il giorno, sono a pezzi.” disse Ron aprendo con un colpo di bacchetta il divano letto.
Un rumore sinistro seguì quel gesto, ma Ron non se ne preoccupò.
Mi avvicinai, guardai il mio ragazzo negli occhi.
Era stanco.
Mi sorrise e mi avvicinò a sé.
Mi baciò.
Mi sdraiai accanto a lui, mi lasciai coccolare.
Dalla camera accanto proveniva il suono di due voci distinte.
Sembravano calme.

 

Uno scricchiolio, una porta che si apriva.
Mi liberai dalla calda stretta di Ron e scesi dal letto.
Una luce proveniva dalla cucina.
“Non volevo svegliarti.” sussurrò Harry facendo capolino dal frigorifero con un cartone di latte.
“Quanto ho dormito?”
“Il sole sta sorgendo.”
Harry si versò del latte e porse un bicchiere anche a me.
“Avete fatto pace?” chiesi mossa da qualcosa di più della semplice curiosità.
“Sì. Io non penso che questa lontananza ci faccia bene.”
Sorrise.
“Non mi sembri molto turbato.”
"Abbiamo fatto pace, è quello l'importante.” ribadì bevendo un altro sorso di latte. “Non volevo che la serata andasse così.”
“Sono stata bene lo stesso, con Ron. E questa casa è molto carina.”
Harry si guardò intorno come se vedesse per la prima volta quelle mura.
“E' mia. E' questo quello che conta, per me. Non ci sono ricordi negativi qui. Non ci sono ricordi che non ricordo. E' come essere ripartiti da zero di nuovo.”
Posò il suo sguardo su di me.
Mi aggrappai con le unghie alla sedia, convinta di cadere da un momento all'altro.
“Cosa c'è Hermione?”
“Niente.”
“Lo sai, vero, che quando vorrai parlarne io sono qui?”

Mi prese un braccio, scoprì le mie dita serrate contro la sedia.
Mi sfiorò le nocche.
“Qualunque sia questa cosa che ti tormenta, dovresti parlarne con qualcuno.”
Sentii il suo sguardo su di me.
Lo evitai.
Rilassai i muscoli, ripresi il bicchiere, bevvi.
Harry rimase a guardarmi, in silenzio.
“Cos'hai da guardare?”
“Hai il segno del cuscino sulla guancia.” disse passando un dito sul solco lasciato dal tessuto sul mio viso.
Chiusi gli occhi, presi un respiro, mi scostai.

Harry, io ti amo.
Harry, non toccarmi.
Harry, vai via.
Harry, resta qui.

“Sono esausta, torno ad Hogwarts.”
“Proprio non ti piace la mia compagnia.” commentò. “Stai qui ancora un po'.”
“Harry, davvero.”
“Hermione, davvero.” ribadì lui, diventato serio. “Rimani ancora un po'”
“Ho un tema da finire.”
“Vorrei fosse vero.”
Harry si alzò, fece il giro del tavolo, si mise di fronte a me. “E' tutta sera che sei così distante.”
Abbassai lo sguardo.
“E' solo una tua impressione.”
“Hermione.”
“Basta!”
Quasi un urlo.
Harry si ritrasse.
“Sto bene. Va tutto bene.”


La sentivo sgretolarsi.
La sentivo perdere un petalo alla volta, come una rosa sotto una pioggia battente.
L'amicizia tra me ed Harry era in pericolo.
Non potevo essere la migliore amica di Harry, non più.
Non potevo stargli accanto.
Non potevo salvare una cosa che stavo distruggendo con le mie stesse mani.
Ogni passo verso di lui era un passo verso il baratro.
Ogni casta carezza, ogni sua parola.
Erano ferite.
Il suo modo di essermi amico mi distruggeva.
La sua impeccabilità nutriva la mia rabbia.


Baciai Ron sulla fronte, mi diressi al camino.
Diagon Alley numero 7/C scomparve in un istante.

 


James Blunt - Goodbye My Lover.
Avrevo detto che sarei stata più buona, mi sbagliavo.
Ho preso il capitolo e ho spostato alcune cose.
Ho dato ad Harry ancora un po' di tempo. 

Per Light. 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** VI. ***


Sweet disposition

VI.

 



Let’s run away together you and me,
Forever we’d be free,
Free to spend our whole lives running,
From people who would be,
The death of you and me,
‘Cause I can feel the storm clouds,
Sucking up my soul.






Gli esami erano finiti.
Con ogni probabilità avrei preso tutti i M.A.G.O. preventivati, alcuni con Eccezionale.
Passai la prima settimana di vacanza con i miei genitori.
Poi mi trasferii alla Tana.
Ron lavorava ogni giorno ai Tiri Vispi Weasley.
Io e Ginny spesso davamo una mano in negozio.
Harry andava e veniva.
Studiava molto.
“Harry..” chiesi prima di entrare nel suo appartamento.
Sempre con la porta aperta, quella casa era diventata di tutti.
“Entra.”
Pantaloncini corti e maglietta sdrucita, si era appena alzato.
Erano settimane che non ci trovavamo soli in uno spazio chiuso.
Quasi subito mi mancò l'aria.
“Ginny chiede se oggi ci sei per pranzo.”
Mugugnò versandosi del caffè. “Penso di sì.”
Lo osservai per qualche secondo, poi feci per andarmene.
Harry mi guardò ma non disse nulla.
“Vuoi una mano a rifare il letto?” chiesi cercando una scusa per rimanere ancora con lui.
L'enorme letto ci divideva.
Il lenzuolo era stropicciato.
Dal mio lato, l'impronta inconfondibile di un corpo rannicchiato.
Ginny.
Ginny era stata in quel letto fino a poche ore prima.
Presi il tessuto e lo lisciai quasi con violenza, strappandolo di mano ad Harry.
Mi guardò solo un istante, poi si rimise a sistemare il letto metodicamente.
Non appena ebbe finito, si avvicinò.
“Stai meglio?”
“Sì, ora si.” risposi meccanicamente.
“Ero preoccupato Hermione. Soprattutto perchè ero l'unico a vedere, l'unico ad accorgermi che..” rimase con la bocca aperta, come colpito da un Pietrificus. “Sono io il problema, Hermione.”
Non era una domanda, non era un'ipotesi. Era un'affermazione.
“No, Harry. Ti sbagli..”
“Ti ricordi quella volta.. Ti avevo detto che sapevi leggermi, Hermione. Non mi sbagliavo. Io forse non so leggerti. Mi ci è voluto un po' per capire. Ma con Ron, con Ginny... Va davvero tutto bene. Sono io il problema, l'ho capito ora.”
Harry mi guardò addolorato.
“Ti sbagli.”  dissi seria, prendendogli un braccio. “Sono io. Harry. Sono io.”
“Allora dimmi che cosa c'entro, perchè non capisco.”
Silenzio.
Harry alzò le spalle e lasciò la stanza.
Tornai in salotto, non lo trovai.
La doccia era aperta.
Mi appoggiai al muro di fronte al bagno, attesi per un po'.
Poi capii di non aver niente da dire.
Nulla che potesse cambiare la situazione, nulla se non un sentimento che avrebbe peggiorato tutto.
L'unica cosa che avrebbe potuto salvare la nostra amicizia era la verità.
O la negazione più totale.
Tornai in camera.
Appallottolato a terra c'era il pigiama di Ginny.
Mi sedetti sul lato del letto di Ginny.
Era casa sua.
Era il suo letto.
Era il suo ragazzo.
La doccia si spense, sentii dei passi.
Harry fece capolino in camera, mi vide lì seduta.
“Non hai ancora niente da dirmi?”
“No.”
Dopo un ultimo sguardo, Harry fece retrofront e riaccese la doccia.


Una guerra silenziosa.
Il campo di battaglia era il tavolo da pranzo.
Sapevo che guardare Harry dopo la nostra discussione era sbagliato, ma non riuscivo a smettere.
Non riuscivo a spostare gli occhi da lui, dal suo volto.
Non ero l'unica.
Harry mi guardava.
Scrollava impercettibilmente la testa, si concentrava su altro, talvolta muoveva le labbra come se stesse pregando.
Poi però tornava da me.
Ron e Ginny, ignari della battaglia che si stava scatenando sotto ai loro occhi, discutevano di vacanze.
“Villa Conchiglia.” propose Ron ad un certo punto. “Fleur e Bill sono in Francia, è un'idea.”
“Non è il massimo capitare in casa di tuo fratello quando lui non c'è.”
Contemporaneamente, Ron e Ginny si voltarono verso di noi.
Contemporaneamente, io e Harry abbassammo lo sguardo e annuimmo.
“Vedi?” disse Ginny al fratello, troppo preoccupata a raccogliere consensi per accorgersi di aver appena interrotto l'ennesimo duello.
Cercai di resistere.
Lentamente, mi arresi.
Mi alzai da tavola, iniziai a sparecchiare.
“Torno in negozio.” disse Ron dandomi poi un bacio.


Io, Harry e Ginny.
Harry si avvicinò alla sua ragazza, la abbracciò velocemente.
“Mi faccio una doccia.” disse lei, ricevendo un bacio sulla fronte.
Harry poi venne verso di me.
Si mise a lavare i piatti alla babbana.
Come al solito.
Come al solito mi misi accanto a lui, iniziando a sciacquare ciò che mi passava.
“Harry..”
“No.”
“Non sai nemmeno cosa voglio dirti.”
“Non voglio litigare con te, Hermione. Non qui dentro. Non voglio che questa casa mi ricordi la prima volta in cui ho litigato con te.”
Harry abbassò lo sguardo e si accanì su una pentola, schizzando acqua da tutte le parti.
“Io non voglio litigare con te.” dissi con semplicità. “Non è mia intenzione.”
“Eppure Hermione, ti stai comportando come se fosse la cosa che vuoi di più al mondo.”
Silenzio, di nuovo.
Alzai lo sguardo un paio di volte.
Harry era ancora meditabondo.
“Vorrei tanto capire.”
“Questo l'hai già detto.”
“Non so che altro dire. Tu lo sai, cosa sei per me Hermione? Tu sei la pace. Sei la certezza. Se io non ti capisco, vado in crisi.” disse con rabbia. “Volevi tornare ad Hogwarts, l'hai fatto. Volevi stare con Ron, pure. Volevi la pace, una casa, una famiglia. Stai bene con tutti, tranne che non me. Perchè hai scelto me? Qual'è la mia colpa?”
Perchè avevo scelto Harry?
Perchè avevo riversato il mio dolore su di lui?
Perchè lo amavo. E lui non amava me.
“Hai detto che qui non si può litigare. Ne parleremo quando saremo di nuovo soli.”
Uno scricchiolio, il rumore di vetri infranti.
Harry aveva rotto il bicchiere che teneva in mano.
Con la forza, con la magia.
Principalmente con la rabbia.
Sanguinava.
Ginny canticchiava serena in bagno.
“La pace.” dissi indicando con il mento il bagno. “E' lei.”
Uscii dalla stanza di corsa.
Dietro di me, Harry disse qualcosa.
“Non scapperai, la prossima volta. Non te lo permetterò.”




Capitolo brutto e cattivo. Si, lo so.
Hermione mi odia.. Voi lettrici anche. Ok, ho dato una scadenza però.
La prossima volta... Ne vedremo delle belle!
Ah, il banner.
Merito di Light. E' speciale. Il banner, sì. Lei, anche.
Noel Gallagher - The death of you and me


Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** VII. ***


Sweet disposition

VII.



Delilah I can promise you
That by the time we get through
The world will never ever be the same
And you’re to blame





Ron aveva capito.
Forse non aveva colto tutto, ma aveva capito qualcosa.
Quella mattina, mentre facevamo colazione, si sporse più volte verso di me con aria contrita.
“Sto per chiederti una cosa folle.” borbottò dopo l'ennesimo tentativo. “Tu e Harry avete litigato, non è vero?”
Lo guardai.
La fronte aggrottata, un mezzo sorriso.
Ron Weasley, il mio ragazzo, era bello.
Di una bellezza diversa, un po' rude e abbozzata.
Come una statua scolpita nel legno.
“Non abbiamo litigato, abbiamo avuto una piccola discussione.”
“E c'è differenza?” chiese confuso.
“No.”
“Allora non capisco. Siete strani. E' come se si fosse spento il collegamento. Di solito avete quella cosa solo vostra di capirvi. Adesso...”  roteò il cucchiaio in aria, con fare meditabondo. “Non vi toccate nemmeno, non c'è contatto. Una cosa tipo “se ti tocco muoio”. Non so. Mi sembra una cosa impossibile. Voglio dire.. tu e Harry che litigate? E per cosa?”
Per niente Ron, avrei voluto dirgli.
Bevvi l'ultimo sorso di succo di zucca, attesi.
La verità mi balenò in mente per qualche secondo.
Scrollai la testa, presi un respiro.
“Non abbiamo litigato.” ribadii. “E' stato un periodo strano, ci siamo allontanati.”
“Ma adesso siamo tutti insieme, è una cosa momentanea, no?”
Ron era allarmato.
Quasi come se fosse la fine del mondo.
Harry ed Hermione arrabbiati, impossibile.
Mi alzai, mi sporsi verso di lui.
Gli schioccai un bacio sulle labbra.
“Va tutto bene, Ron. Davvero.”
Ron strofinò il suo naso contro il mio.
“Ottimo, perchè stasera partiamo.”
“Scusa?”
“Villa Conchiglia. Ho convinto Ginny.”
“Benissimo.”



Quella cosa nostra di capirci.
Quel collegamento spento.
Villa Conchiglia era ancora lì, in riva al mare.
Era ancora accarezzata dalla brezza fresca.
Eravamo noi quelli cambiati.
Ginny appoggiò le borse all'ingresso e spalancò le finestre.
Ron la seguì a ruota.
Harry non entrò.
Nonostante il collegamento spento, sapevo dove si era nascosto.
La tomba di Dobby, il mare scosso dalle onde.
Non si fece vedere a lungo.
Quando rientrò, era inquieto.
Si sedette, si rialzò.
Mangiammo parlando poco.
Le ore di lavoro si facevano sentire.
Harry uscì di nuovo dopocena.
“L'addestramento lo distrugge.” mi confidò Ginny lavando i piatti. “Spero che questi due giorni servano a  rilassarlo.”


Salii in camera, presi un maglione, una felpa per Harry.
Scesi in giardino, non bastava l'oscurità a nascondere Harry ai miei occhi.
Lo trovai senza problemi, in un angolo appartato, seduto a guardare il mare.
“Fa freddo, dovresti coprirti.”
Harry si voltò e uno spicchio di luna intercettò i suoi occhiali, illuminandoli.
Prese la felpa che gli porsi, se la mise.
“Questa non è mia.” disse dopo qualche minuto di silenzio.
“Sì. E' quella che mi hai regalato tempo fa.”
“Infatti. E' tua, un po' sa di te, Hermione.”
Sentii la voce di Harry lontana.
Non ci toccavamo più.
Distanti solo un passo.
Ma distanti.
“La metto quando ho voglia di abbracciarti.” dissi in tono sincero.
Così sincero da farmi sentire quasi male.
“Ron crede che siamo malati. Mi ha chiesto quando ci passerà.” sussurrò.
“Anche a me.”
“Che gli hai risposto?”
“Che va tutto bene.”
Harry si voltò di scatto, mi guardò poco convinto.
“Va tutto bene?”
“Adesso sto meglio, Harry. Davvero.”
Harry si alzò, mi porse una mano.
La strinsi, mi aggrappai a lui per alzarmi, fu facile.
Con naturalezza mi avvicinai a lui, appoggiai la mia testa al suo petto.
Forse non era così diverso, forse avrei potuto resistere.
Alzai lentamente le braccia.
Harry ci mise un secondo di più, poi mi strinse a sé.
Il battito del suo cuore mi spaventò.
Lo spinsi via con tutta la forza che avevo.
Harry ricevette il colpo senza poter reagire, quasi cadde a terra.
Mi guardò solo un istante,  poi abbassò lo sguardo e fece per andarsene.
Mi passò accanto, vicino.
Troppo vicino perchè me ne stessi zitta.
Gli presi un polso, lo fermai.
“Harry.” dissi con un filo di voce. “Io ti amo.”.




Hey there Delilah - Plain White T's
Ok, emm.. Io lo so che mi odiate, che SD è una tortura continua.
Però.. Insomma..
Capitolo sempre sul limite del tracollo emotivo. Cattivo, sì.
Per le mie Paladine.


Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** VIII. ***


Sweet disposition

VIII.




Maybe I’m in the black, maybe I’m on my knees
Maybe I’m in the gap between the two trapezes
But my heart is beating and my pulses start
Cathedrals in my heart




“Scacco matto.” esclamò Ron nell'altra stanza.
Ginny, seduta accanto a me in cucina, guardò per l'ennesima volta l'orologio.
“Vuoi andare?”
“Sì. Domani vado a Diagon Alley per i libri di scuola. Voglio passare da casa prima di andare da Harry.”
Ginny si alzò, si avvicinò alla porta e guardò i ragazzi.
“Un altro anno lontana da lui.” sussurrò più a se stessa che a me.
Chiusi gli occhi.
Ripensai alla sera precedente, a Harry.
Amavo Harry.
Lo amavo anche prima di amarlo davvero.
Amavo Harry e amavo la mia capacità di capirlo.
Amavo il fatto che niente tra di noi fosse sprecato.
Silenzi, parole, gesti.
Tutto aveva un senso.
Harry la sera precedente non aveva detto nulla.
Aveva guardato per qualche secondo la mano che teneva ferma il suo polso, aveva guardato me.
Si era liberato della presa e se n'era andato.
“Hermione?”
Ron appoggiò una mano sulla mia spalla.
“Harry e Ginny stanno partendo, andiamo anche noi?”
“Sì. E' un problema se stasera torno dai miei? E' una vita che non sto con loro.”
“Nessun problema.”


Harry entrò in cucina poco dopo, salutò Ron, si avvicinò.
Tra me e Harry niente era sprecato.
Mi mise una mano in testa, mi scompigliò i ricci.
“Controllate di non aver lasciato qui niente.” disse prima di uscire, ammiccando appena.
Qualche minuto dopo Ron portò le borse in salotto.
“Ehi, Harry è sempre il solito.” disse affacciandosi alla cucina sorridendo. “Dice a noi di ricordarci le cose, e lascia la sua felpa sul divano.”
La lanciò.
La felpa cadde sul tavolo, proprio davanti a me.
“Questa felpa non è più di Harry.” dissi stringendola con forza. “E' mia.”


Il primo di ottobre.
Un giorno qualsiasi, un giorno come tanti altri.
Ero sola, nel mio nuovo appartamento.
Piccolo, confortevole.
Proprio sopra alla gelateria di Florian Fortebraccio.
Ero seduta a terra, nella cabina armadio riadattata a mini biblioteca.
Ero seduta da ore, prima ancora che il sole sorgesse.
Ero seduta a pensare.
Mi ero iscritta all'accademia del ministero, al corso relazioni con i non maghi.
Andavo al Ministero, vivevo a Diagon Alley.
Ma dall'ultimo weekend a Villa Conchiglia non avevo più rivisto Harry.
Non sapevo cosa facesse.
Mi ero tenuta a distanza.
Sapevo che se avesse voluto vedermi, avrebbe saputo dove trovarmi.
Ogni sera, prima di andare a letto, guardavo Diagon Alley.
Le fioche luci degli ultimi locali aperti.
Da lontano potevo intuire le vetrine dei Tiri Vispi.
Sempre, continuamente, fissavo la nuova casa di Harry.
Mi mancava.
Mi mancava ogni giorno.
Mi mancava il mio migliore amico, il mio confidente.
Mi mancava il suono della sua voce, i suoi abbracci sempre in ritardo di qualche secondo.
I suoi “Hermione” densi come oro colato.
Anche se nell'ultimo periodo erano detti con rabbia.
Come ogni giorno, arrivava il momento di pensare al peggio.
Di pensare a quello che avevo fatto.
A quello che stavo perdendo.
Come d'abitudine, mi alzai e tornai in camera.
Aprii l'armadio.
Lì appoggiata, la mia felpa di Harry mi riportò per un istante a quella sera.
A quel “ti amo” sussurrato.
Mai parole così belle e profonde avevano provocato un danno così grande.
Avevo perso Harry.
Lo avevo perso per colpa del mio sentimento non richiesto.
Chiusi l'anta dell'armadio, presi un libro, iniziai a sfogliarlo.
Senza veramente leggere le pagine.
Arrabbiata con me stessa come non mai.
Le lacrime non tardarono ad arrivare.
Lacrime di rabbia, di tristezza.
Respirai, al solito, mi calmai pensando allo studio.
Lessi pagine e pagine, fermandomi solamente per soffiarmi il naso, per prendere il respiro.
Qualche ora dopo, qualcuno suonò alla porta.
“Ehi, Hermione! Ho portato il.. no.”
Ron mi guardò, lentamente il suo sorriso si spense.
“No, basta. Io non ne posso più. Sei uno straccio, hai pianto vero?”
“Sono solo un po' nervosa per l'accademia.” risposi abbassando lo sguardo, sentendomi le gote bollenti per l'imbarazzo. “Entra.”
“No, non entro. Non entrerò finchè non mi prometterai che andrai da Harry.”
“H-ha.. Lui non c'entra.” dissi con la gola secca dopo tutte quelle lacrime.
Il suo nome era un tabù, come lo era stato quello di Ron un paio d'anni prima.
In entrambe le situazioni, mi sentivo abbandonata.
“Allora è una strana coincidenza, il fatto che state entrambi così male nello stesso momento. Non siete più gli stessi. Non sono pazzo, Hermione. ”
Mi avvicinai un passo, gli misi una mano sul petto, quasi mi aggrappai a lui.
Era come se avessi smesso di respirare.
“Ron, io..”
“Dimmi che andrai da lui Hermione, ti prego.”
“Sì lo farò.”
“Oggi stesso.”
“Magari è impegnato o..”
Ron mi appoggiò un indice sulle labbra.
Si avvicinò, si prese un bacio.
“Ti ho portato il pranzo. Mangia, poi vai da lui. Capirai perchè sono così preoccupato.”


Ripensando tempo dopo a quelle ore, quelle poche ore che mi separarono dal faccia a faccia con Harry, sorrido.
Sorrido pensando ai mille pensieri fatti, ai discorsi preparati, alle parole annotate in giro.
Ricordati di dire ad Harry che è una follia.
Ricordati di dire ad Harry che ti manca.
Ricordati di dire ad Harry di dimenticare quello che hai detto.
Sorrido pensando alla mia lenta passeggiata per Diagon Alley.
Al pensiero di quella bella piuma in vetrina al Ghirigoro.
Al cuore che aumentava i battiti.
Alla testa che dimenticava ad ogni passo i discorsi e le parole e le frasi e i concetti che mi ero imparata quasi a memoria.
All'esitazione prima di suonare il campanello.
“Sali.”





Every teardrop is a waterfall - Coldplay
Amo le vostre recensioni, il vostro soffrire o arrabbiarvi con Hermione e per Hermione.
Solo questo.
Grazie, davvero.
Non commento il capitolo, anche perchè, come capite da voi, è solo un corridoio.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** IX. ***


Sweet disposition

IX.



It's a kind of magic
A kind of magic
One dream, one soul, one prize
One goal, one golden glance
of what should be
It's a kind of magic

Uno, due, dieci, venticinque.
Salii i gradini lentamente.
Bussai.
Non vidi nulla.
Non percepii altro che il contatto con Harry.
In un istante ero tra le sue braccia.
Senza capire chi aveva fatto il primo passo.
Convinta che le mie braccia avessero agito da sole.
Tutto il mio corpo aveva sentito l'assenza di Harry.
L'assenza delle sue braccia sempre un attimo in ritardo.
Eppure, in quel momento, così puntuali.
“Hermione.” disse solo.
Con un tono di voce disarmante.
“Sono qui.”
Ero lì.
Ero lì davvero, con tutta me stessa.
Con la mia voglia di rimanere lì per sempre.
Con la mia rabbia per essermene andata.
Ero lì.


Due tazze di tè fumante.
Biscotti di Molly Weasley.
Io e Harry, seduti a qualche centimetro di distanza.
“Sai da quanto tempo non ti abbracciavo così, Hermione? Era San Valentino e tu dormivi. Sai, se avessi saputo quanto tempo avrei dovuto aspettare per rifarlo, ci avrei messo più tempo a metterti a letto.”
Harry sorrise, ma il suo sguardo era ancora opaco.
“Ti sono mancata così tanto?” 
“Se n'è accorto Ron. E sai che Ron non è molto bravo con i sentimenti. Ma ieri è venuto qui e mi ha sbraitato contro. Sembrava Molly.”
Parlammo, a lungo.
Di tutto.
Dell'accademia, di Ron, di Ginny.
Iniziammo a ridere per niente.
Per il semplice stare insieme.
Complici come non lo eravamo da tempo.
“Non ho dimenticato Hermione.” disse dopo un momento di silenzio. “Non ho dimenticato perchè sei qui.”
“Non c'è bisogno di parlarne proprio adesso.”
“Io credo di sì.” ribadì, serio. “Questa cosa ci ha divisi. Non voglio che succeda ancora.”
“Sono qui adesso.”
“Stai dicendo che non te ne andrai di nuovo? Per un altro stupido motivo, magari.”
Mi alzai in piedi, mi allontanai.
“L'amore non è una cosa stupida.” dissi a denti stretti.
“Non è l'amore che ti ha tenuto a distanza. L'amore unisce, non divide.”
“Non è stata una mia scelta. Non ti sono stata lontana per mia spontanea volontà.”
“Nessuno ti ha puntato la bacchetta al petto. Io ero qui. Sono sempre stato qui, Hermione.”
Anche Harry era in piedi adesso.
“Sapevi dove cercarmi, se volevi vedermi.” ribattei piccata.
“Mi hai detto ti amo, Hermione. Non si abbandonano le persone amate.”
Avvilito, arrabbiato.
Non era il tempo di negoziare.
Vedevo gli occhi di Harry carichi di parole.
Stava per esplodere.
Feci un passo avanti.
Harry mi fulminò con lo sguardo.
“La guerra, Voldemort, la morte. Niente ci ha diviso. Nemmeno l'abbandono di Ron. Siamo sempre stati insieme io e te. Nelle difficoltà, nei momenti peggiori. Mi voltavo e tu eri lì. Se mi ami, perchè te ne sei andata?”
Non risposi.
Lasciai che il silenzio rispondesse per me.
Harry si sfregò la fronte, deformando la vecchia cicatrice con le dita.
Mi sedetti di nuovo, misi la testa fra le mani.
“Vuoi sapere la verità Harry? Come puoi pretendere che io passi del tempo con te? E' difficile dimenticare ciò che provo. E' difficile anche solo provare ciò che provo. Conviverci.”
Harry si voltò verso il muro.
Lì, appesi, tanti piccoli Harry ed Hermione ci guardavano.
Vecchie foto, vecchi ricordi.
Rimase voltato per lunghi minuti, poi si voltò e mi guardò.
Uno sguardo che non lasciava spazio ad errori di interpretazione.
“Non è colpa tua, Harry.” dissi con il cuore in mano.
Una lacrima solitaria fece capolino dal mio occhio sinistro.
“Non era quello che stavo per dire.”
“Ma lo stai pensando. Lo pensi da quando ho detto quelle due maledette parole.”
Lo sguardo di Harry si addolcì.
Prese una cornice, me la porse.
Un ritaglio della Gazzetta del Profeta di molto tempo prima.
Una foto di me ed Harry abbracciati e un po' sorpresi dal flash della macchina fotografica.
La sua divisa del Torneo Tremaghi.
“Ti rendi conto di quello che stiamo perdendo, Hermione?”
Harry aveva affrontato un drago, schiere di Dissennatori, Mangiamorte e Voldemort in persona.
Ma poche volte l'avevo visto così in difficoltà.
Rimasi a fissare quella foto senza dire nulla.
Qualche secondo dopo, la mano di Harry entrò nel mio campo visivo.
Sfiorò la mia, percorse tutta la superficie della cornice.
Si bagnò delle lacrime che scendevano dai miei occhi.
“Non è facile.” sussurrai.
“Se tenermi a distanza è la soluzione, se questo può farti sentire meglio... Beh, lo accetto. Ma io Hermione..” sospirò.
Alzai lo sguardo.
C'era qualcosa negli occhi chiari di Harry che mi sorprese.
Qualcosa più della semplice sofferenza, della rabbia che aveva dimostrato.
Non ebbi tempo di capire.
Harry chiuse gli occhi, e quando li riaprì quella luce era scomparsa.
“Io sarò qui ad aspettarti. Proprio come ho fatto fino ad adesso.”
Feci un passo indietro, un altro.
Spaventata dalle sue parole, distrutta dal suo volto.
Sembrava lo stessi lasciando.
Sembrava stessi abbandonando una storia d'amore tormentata.
Un amante indesiderato.
Prima che potessi raggiungere la porta, Harry cercò i miei occhi un'ultima volta.
Uno sguardo di sfuggita.
Uscii senza dire altro.


Arrivata a casa, la cornice e quella foto ancora in mano, chiusi gli occhi.
Rividi lo sguardo di Harry.
Dovevo essermi sbagliata.
Non poteva essere.
Per un istante, in quegli occhi, io ci avevo visto lo stesso amore che riempiva i miei.




Queen - A kind of magic
Sì, Auror mie.  Sì.
Sottile linea rossa pucciosa, vieni a me.
Posso continuare a dire che amo le vostre recensioni?
Vi stancherete mai di questo tormento?
Alla prossima.
Un cuore.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** X. ***


Sweet disposition

X.



Well, my girl's in the next room
Sometimes I wish she was you
I guess we never really moved on

 


Mano per la mano.
Vicini, eppure distanti.
Harry e Ginny erano seduti sul divano da casa mia da un paio d'ore.
Non si erano mai separati.
Saldamente uniti dalle loro dita intrecciate.
Ma non si parlavano.
Harry aveva passato quasi tutta la serata a raccontare a Ron l'ultima missione che gli era stata affidata.
Ginny, appesantita da pranzi e cene natalizi dei giorni precedenti, si stava appisolando.
Il Natale era arrivato e passato di colpo, improvvisamente.
Dalla finestra chiusa, le luminarie di Diagon Alley entravano in salotto in un concerto di colori.
Sarebbe stato un bello spettacolo, se i miei occhi non fossero stati troppo impegnati in un altro genere di attività.
Harry e ancora Harry.
Harry e Ginny.
Una parte di me, per tutto il periodo che Ginny aveva trascorso con noi, aveva notato tanti piccoli strani dettagli.
Qualche silenzio in più, qualche sguardo mancato.
L'altra parte, forse quella giusta, forse quella più ragionevole, vedeva con oggettività inoppugnabile quelle mani unite.
Sempre.
Anche quando, come il quel caso, i due non si rivolgevano la parola da ore.
“Ho un'idea.” disse Ginny proprio in quell'istante, forse sollecitata dai miei pensieri, talmente concentrati su di lei da appesantire l'aria. “Stanotte è la mia ultima notte alla Tana. Dormiamo in tenda!”
Harry mi guardò solo un istante.
Giusto il tempo per ricordarsi che evitava il mio sguardo da più di un mese.
Poi si voltò verso Ron, che abbozzò un sorriso.
“Ma dove?”
“Nel giardino della Tana.” esclamò Ginny rinata di punto in bianco.
“Sì, va bene. Per me non c'è nessuno problema.. Hermione?”
Guardai Ginny.
Ignorai Harry.
Ritornai su Ron.
“Va bene, lasciatemi solo il tempo di preparare la borsa.”


Dormire in una tenda era scomodo.
Dormire in quella tenda era quasi doloroso.
La stessa tenda.
La tenda che Bill ci aveva prestato durante il nostro vagare per l'Inghilterra.
Con un paio di colpi di bacchetta fu sistemata in un angolo del grande giardino della Tana.
In pochi minuti fu circondata dalla candida neve che scendeva ininterrottamente da un paio di giorni.
Mi misi in uno dei letti a castello.
Ron si arrampicò in quello in alto.
Ma non riuscii a chiudere occhio.
Ogni volta che la stanchezza sembrava prendere il sopravvento, un rumore mi portava alla realtà.
Vivere in quella tenda era stato per mesi una tortura.
Ogni ramo spezzato, ogni fruscio di vento.
Poteva essere il nemico, poteva essere un pericolo, poteva essere la morte.
All'ennesimo incubo ad occhi aperti mi alzai.
Quasi fui sorpresa di trovarmi difronte alla Tana.
Sorrisi e respirai l'aria fredda, carica di neve.
Non mi resi conto per quanto tempo rimasi ad osservare il paesaggio, ad ascoltare il rumore del posarsi dei fiocchi su ogni superficie visibile.
“Ah, sei tu.”
Il volto di Harry fece capolino dall'interno della tenda.
Per un secondo credetti che stesse tornando indietro.
Qualche secondo dopo, invece, uscì.
“Fiammelle in barattolo?” chiesi osservando il piccolo recipiente di vetro che portava in grembo nella quale danzavano due fiamme azzurre.
“Sì, da quando ho aggiustato la mia bacchetta, il suo Lumos è potentissimo. Non volevo svegliare Ginny con tutta quella luce. Ma che ci fai qui fuori?”
“Questa tenda non è propriamente un luogo che mi concilia il sonno.”
“Già.” disse risistemandosi la coperta che portava in spalle “Mi faccio una tazza di tè, ne vuoi una anche tu?”
“Volentieri. Ma abbiamo un bollitore in tenda?”
“Ginny ha fatto le cose in grande.” sussurrò riaprendo un lembo di tessuto e scomparendo nell'oscurità.
Il solo pensiero che Harry fosse sveglio scosse la tranquillità che avevo guadagnato nel silenzio ovattato della notte.
Passarono pochi minuti e lui ritornò fuori.
Il te fumante fece effetto immediatamente.
Fui percorsa dai brividi, poi lentamente il mio corpo venne cullato da un dolce tepore.
“Come mai sei sveglio?”
“Sentivo il rumore della neve sulla tenda. Sentivo una presenza qui fuori, non ero tranquillo.”
“Tutto quello che abbiamo passato ci ha reso paranoici.”
Sorrisi.
Harry sorrise di rimando, poi si rimise a sorseggiare il suo tè, meditabondo.
“Meriteremmo un po' di riposo spensierato. Eppure eccoci qui, insonni fuori al freddo.”
“Non sempre le persone hanno ciò che si meritano.” dissi prima di trasfigurare la tazza vuota in una fiammella. “Io non merito di essere evitata. Eppure non fai altro da giorni.”.
Harry rimase interdetto.
Mi porse il barattolo che conteneva le sue fiammelle senza parlare.
Abbassò lo sguardo.
“Harry..”
“No, Hermione. Hai ragione.”
“Io stavo solo scherzando. Non è una situazione facile. Non c'è bisogno che tu mi guardi negli occhi, per ricordami quanto sono verdi. Solo, vorrei che non evitassi sempre e comunque il mio sguardo. Non mordo.”
Anche Harry appoggiò la tazza.
Si guardò le mani, le strinse con forza.
“Hai un modo tutto speciale per farmi sentire in colpa. Dai, guardami.” sussurrò alzando lo sguardo.
Lentamente, impercettibilmente, mi avvicinai a lui.
Sempre concentrata sui suoi occhi.
Più vicina, studiavo la silenziosa lotta tra la luce azzurrina delle fiammelle e il verde brillante delle sue iridi.
A qualche centimetro dal suo volto mi fermai.
Mi ricordai di chi avevo difronte.
Di Harry.
La sua fronte aggrottata.
La sua cicatrice sempre meno evidente.
Il suo naso sottile e un po' arrossato dal freddo, le labbra da cui regolarmente usciva uno sbuffo di vapore.
Le labbra di Harry.
Troppo forte, troppo vicino.
“Hermione.”
Chiese la mia attenzione, quasi m'implorò.
Esitai.
Non ero pronta a riguardarlo negli occhi.
A ricevere uno sguardo severo.
Decisi di continuare ad osservare quelle labbra, l'increspatura particolare che le attraversò quando pronunciò il mio nome di nuovo.
Un istante.
Harry alzò le mani, le agganciò al colletto del mio cappotto.
Lo strinse forte.
“Scusami.” sussurrai.
Una mossa decisa.
Harry mi tirò verso di sé.
Sempre più vicino.
Le nostre labbra si sfiorarono.
Un bacio casto, la durata di un respiro.
Le mani di Harry allentarono la presa.
Le bloccai dov'erano, le tenetti strette tra le mie.
Cercai ancora le sue labbra, incurante della sua reazione.
Che non si fece attendere.
Harry mi baciò.
E fu quasi doloroso constatare quanto fosse bello.
Scoprire quanta meraviglia si potesse nascondere dietro ad un gesto così semplice.
Un bacio come tanti altri.
Eppure diverso.
Le nostre mani unite si alzavano ed abbassavano seguendo il ritmo del mio respiro.
Veloce, velocissimo.
Come se stessi correndo da ore.
Quando le nostre labbra si separarono, impiegai del tempo a riaprire gli occhi.
Quando infine mi decisi, quelli di Harry erano fissi su di me.
Non c'era colpevolezza nel suo sguardo.
Niente tristezza.
Niente pentimento.
Nei suoi occhi, semplicemente, vidi il mio riflesso.
Sorrisi.
Niente tra me ed Harry era mai stato sprecato.
Nemmeno la carezza che fece scivolare sul mio volto.
Nemmeno il bacio che mi diede in fronte.
Nemmeno l'ultimo sguardo che mi regalò prima di rientrare nella tenda.
Tornando solo, da Ginny.
Lasciandomi sola con la neve.
Distanti, eppure vicini.


Hinder - Lips of an Angel
Allora. C'è di tutto in questo capitolo.
Aurorosità, sì.
In qualche modo questo capitolo andava scritto, prima o poi.
E spero di averlo fatto nel migliore dei modi.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** XI. ***


Sweet disposition

XI.


I let it fall, my heart,
And as it fell you also claim it.
It was dark and I was all right,
Until
you kissed my lips
and
you
saved
 me.
My hands they’re strong, but my knees were far too weak,
Stand in your arms without fall into your feet.
 
 

Tradimento.
Fu quella la parola che mi svegliò la mattina successiva.
Avevo tradito Ron.
Avevo tradito Ginny.
Un pensiero dolorosamente fisso.
Stavamo facendo colazione.
Io e Ron, uno difronte all'altra.
Harry e Ginny entrarono seguiti a ruota dalla signora Weasley, che snocciolava raccomandazioni ad una velocità quasi innaturale.
Dopo aver annuito un centinaio di volte, Ginny iniziò il giro di saluti.
Mi abbracciò, sorrise.
Harry rimase in piedi, in attesa.
“Ci facciamo una burrobirra al Paiolo stasera?” gli chiese Ron dopo aver sciolto l'abbraccio con la sorella.
“Sì. A più tardi allora.”
Un attimo, Harry mi guardò.
Un mezzo sorriso.
Gli sorrisi anche io.
“Tu e Harry avete fatto pace!” esclamò Ron quando fummo di nuovo soli.
“Cosa?”
“Tu e Harry.. Vi siete scambiati uno dei soliti sguardi alla Harry ed Hermione.” disse guardandomi come uno che la sapeva lunga.
“Io e Harry non abbiamo litigato. Abbiamo solo..”
“..avuto una discussione. Afferrato, sì. Sei pronta? George si infurierà se arriverò tardi il primo giorno di lavoro dell'anno.”
“Sì.”
Il solito sguardo alla Harry ed Hermione.
Mentre tornavo a casa, ripensai al tradimento.
Ripensai a quel bacio.
Ai mille pensieri rivolti ad Harry durante la notte.
Senza trovare una soluzione al dolore che mi pesava sul petto.


Una giornata tranquilla in accademia.
Una lunga relazione da scrivere, la neve.
Diagon Alley non era pronta a lasciarsi alle spalle il Natale.
Alcuni negozianti stavano smontando imbronciati le luci.
“Penso che le terrò finchè non smetterà di nevicare.” mi disse Florian chiudendo il grosso lucchetto del negozio. “Fanno atmosfera.”
Come dargli torto.
Il viale sembrava una cartolina.
Rimasi a fissarlo qualche secondo, poi il mio stomaco brontolò sinistramente.
L'ora di cena era passata da un pezzo.
Salii le scale lentamente, strusciando un po' i piedi.
Arrivata all'ultima rampa, vidi qualcuno seduto sull'ultimo gradino.
Harry.
“Harry?”
“Hey!” disse lui riponendo il libro che stava leggendo in una tasca della giacca.
“Che ci fai qui?”
“Ron mi ha comunicato che io e te abbiamo fatto pace, volevo avere la conferma dalla diretta interessata.” disse sorridendo.
“Scemo. Vuoi entrare?”
“No, no. Sono solo di passaggio. Devo vedermi con lui al Paiolo Magico.”
Si alzò, si guardò un po' intorno.
“Pensi di essere sveglia tra un paio d'ore?”
“Ho una relazione sul diritto magico da scrivere per domani. E' probabile che stia sveglia tutta la notte.”
“Bene, allora passo dopo.”



Trenta centimetri.
Trenta lunghissimi centimetri.
Chiusi con decisione le virgolette all'ultima citazione di un noioso processo e mi abbandonai sul tavolo.
Rimasi con la fronte incollata alla dura superficie per qualche minuto.
Doveva essere tardi.
E avevo ancora venti centimetri da riempire.
Alzai la testa, era quasi mezzanotte.
Arrancai fino al bagno, mi feci una doccia calda.
Indossai il pigiama, misi a scaldare dell'acqua per il te.
Poco dopo suonarono alla porta.
Harry.
I processi contro i Goblin mi avevano fatto dimenticare di lui.
Entrò in casa, si tolse il cappotto trapuntato di neve.
Andammo in cucina in silenzio.
“Si sta molto meglio qui dentro.” commentò sedendosi.
Lo osservai.
Osservai il suo mezzo sorriso.
“Perchè sei qui?”
Silenzio.
“Non lo so. So solo che dovevo venire. E dirti qualcosa.”
Si fece serio.
“Harry, è stato solo un bacio. Non dobbiamo per forza parlarne.” dissi sedendomi accanto a lui, spostando le mille pergamene che occupavano il tavolo.
“Solo un bacio? Smettila Hermione. Davvero. Non puoi dire così, non nella tua posizione. Devi smetterla di scegliere la sofferenza per salvarmi dalle grane. Non mi sento obbligato a parlarne. Voglio farlo e basta.”
“Ron non te l'ha mai detto, lo so. Lo conosco bene. Ma è la sua paura più grande. Io e te, insomma. E adesso.. Io ti bacio, Hermione. E non è stato solo quello, non proprio.” mi guardò con uno sguardo sofferente, poi chiuse un istante gli occhi. “E' che da quando ci evitiamo, da quando mi hai detto di amarmi, io ho capito che non voglio vivere senza di te. Basta. Come amica, come sorella, come amante, questo non lo so. Sono certo solo del fatto che quando non ci sei mi manchi da morire. E ieri sera...” si voltò guardandomi di sbieco. “Eri così vicina. Ed eravamo ancora noi, come tanto tempo fa. E mi è venuta voglia di provare. Vedere cosa succedeva. Lo sai, io sono per l'azione.”
Parlava a scatti.
Ogni frase, un respiro.
Uno sguardo altrove.
“Ed è stato bello. E mi odio per questo. Perchè c'è Ginny e c'è anche Ron. Mi sono chiesto perchè l'ho fatto per tutta la notte. E se sono qui, Hermione, è perchè non è stato solo un bacio.”
Sorpresa, mi voltai verso di lui.
Aprii e chiusi la bocca un paio di volte.
Senza sapere cosa dire, ché ogni parola mi sembrava sprecata.
Semplicemente, gli presi la mano.
Harry mi guardò, fece un mezzo sorriso.
“Sono confuso, Hermione. Ma non sono pentito.”
Presi un respiro.
Lo guardai a lungo.
Sembrava sofferente.
Sembrava agitato.
“Cosa devo fare?” chiese.
“Devi dimenticare quello che è successo, Harry. Per te, per gli altri.”
Sentite quelle parole, distolse lo sguardo.
Si alzò.
“Te ne stai andando?”
Harry annuii e scomparve in salotto.
Mentre sentivo il rumore dei suoi passi allontanarsi, mi tornò in mente quel bacio.
Le sue parole, i miei pensieri.
Il tradimento.
Per tutto il giorno avevo pensato ad un errore.
A qualcosa che avrei dovuto evitare.
Ma il tradimento vero era quello che si stava consumando in quella stanza, in quel momento.
Permettere ad Harry di andarsene di nuovo.
Mi alzai di scatto.
La sedia dietro di me si sbilanciò e cadde contro al bancone della cucina.
I passi si fermarono.
Sfruttai quel momento per raggiungere Harry.
“Ho mentito.”
“Lo so. Di nuovo, mi stai proteggendo. Ma sono stato io a baciarti Hermione. Io. Dici che mi ami, ma poi mi chiedi di dimenticare. Non capisci perchè sono qui? Non capisci cosa sto cercando di dirti?”
“No.”
“Voglio che tu mi dica che vuoi stare con me, Hermione. Fino ad allora, farò come mi hai detto.”
Harry sfiorò la mia guancia, uscì.
Le sue parole rimbombarono nella mia testa per ore.
Rimasi seduta a terra, con la schiena contro la porta fino all'alba.
Senza la minima intenzione di alzarmi.
Senza la minima voglia di prepararmi, di rivedere il mio volto allo specchio.
Perchè quella che avrei visto, la persona che l'oggettività quasi maligna dello specchio mi avrebbe restituito, non ero io.
Con quella Hermione Granger non volevo aver niente a che fare.




Set Fire to the Rain - Adele
Bisogna dire che sono cattiva.
Se esistesse un simile avvertimento tra quelli che propone Efp, lo metterei.
"Scrittrice Malvagia in azione"
Daremi tempo.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** XII. ***


Sweet disposition

XII.



Tell me where it hurts,
to hell with everybody else.
All I care about is you
and that’s the truth

they don’t love me;
yeah I can tell 
but you do,
so they can go to hell


Harry, dimentica.
Un ordine rispettato.
Harry non fece più riferimento a noi, a quella tenda, a quel bacio.
Era tornato Harry, in qualche modo.
Forse nel modo peggiore.
Era tenero e disponibile, ma niente di più.
Aveva il fastidioso talento di stare al suo posto.
Senza mai farsi sfuggire uno sguardo di troppo, un tocco inadatto per due amici.
Forse aveva dimenticato davvero.
Io stavo a guardare.
Stavo a guardare quel suo perfetto modo di agire, di essere Harry.
In tutto e per tutto.
Nel semplice salutarmi nei corridoi del Ministero.
Nel chiedermi come stavo con il solito interesse non morboso.
Forse avevano ragione quei poeti e quei saggi che dicevano che la vita è semplicemente un susseguirsi delle stesse azioni, degli stessi pensieri.
Ero tornata al punto di partenza.
Forse peggio, ero arrivata ad un punto morto.
Un punto morto fatto di studio e rapporti a metà.
Dopo l'ennesima lezione, mi avvicinai all'ascensore dorato del Ministero.
Due ragazze stavano chiacchierando a qualche passo da me.
Dovevano avere più o meno la mia età, eppure le vedevo molto più giovani.
Serene, sorridenti.
“Tu scherzi, ma è una tragedia!” esclamò una delle due. “Mi sono appena guadagnata la bocciatura.”
“Secondo me dovresti ricevere dei punti in più.” commentò l'amica, trattenendo a stento le risate. “Nemmeno Tu-sai-chi è riuscito a spedire Harry al San Mungo. Ma tu...”
“Non è divertente, non è divertente. Ecco, ho dimenticato gli appunti in classe. E' tutta colpa tua!”
Sentii il loro allegro battibecco perdersi nel corridoio, sopraffatto dal rumore dell'ascensore.
Stavano scherzando.
Eppure, fui invasa da uno strano senso di disagio.
L'ascensore si muoveva troppo lentamente.
Le superfici di oro cangiante mi facevano mancare l'aria.
Arrivata all'Atrium, tirai un sospiro di sollievo.
Mi diressi velocemente verso i camini.
“Hermione?”
La voce profonda di Kingsley mi spaventò.
Era tutto vero.
Mi voltai verso di lui, interdetta.
“Harry?”
“Non è successo niente. Non so cosa ti abbiano riferito, ma non è successo niente. E' a casa, è un po' debole.” disse avvicinandosi lentamente. “Diventerà un Auror, Hermione. Non puoi fare quella faccia per un piccolo incidente di percorso.”
Kingley mi fissò per un istante negli occhi, serio.
Sorrisi debolmente.
“Vai, vai da lui. Però diglielo che ti ho detto che non c'era da preoccuparsi.”
“Grazie.”


Bianco.
Harry era disteso a letto.
La signora Weasley mi accolse con un sorriso.
“Ma che è successo?”
“Pozione levasangue.” mi disse ammiccando verso Harry. “Una delle solite prove da Auror. Una ragazza ha sbagliato a valutare un composto. Non so, comunque adesso è un po' stordito, a San Mungo lo hanno riempito di pozione rimpolpante. Kingsley mi ha mandato un gufo un paio d'ore fa. Deve solo riposare.”
“Ci sono qui io, puoi andare alla Tana. E' quasi ora di cena.”
“Sicura Hermione? Ron è appena uscito, tornerà più tardi.”
“Nessun problema.”
La signora Weasley si avvicinò a Harry, gli sfiorò una mano, gli fece un sorriso.
“Vado allora. Ma anche tu dovresti mangiare qualcosa.”
“Sì, sì.”
Presi una sedia, mi avvicinai al letto.
Harry dormiva beato.
Il volto, segnato da profonde occhiaie, aveva due segni rossi sotto il naso.
Levasangue.
Rimasi a osservarlo respirare per molto tempo.
Quasi un'ora dopo il mio arrivo, aprì gli occhi.
“Sto bene.” disse non appena mi vide.
“Lo so, Harry.” sussurrai sorridendo.
“Che ore sono?”
“Le nove.”
“Hai cenato?”
“No, ma non ho tanta..”
“Dovresti cenare.” disse alzandosi a sedere.
“Harry, io non ho perso due litri di sangue oggi. Come ti senti?”
“Come uno che ha perso due litri di sangue. Un po' vuoto.”
Mi guardò per qualche istante, sorrise.
“Molly era qui, vero?”
“Sì, se n'è andata un'oretta fa.”
“Ho sentito la sua voce. Non volevo che nessuno si preoccupasse per me.”
“Siamo la tua famiglia, è normale. Riposati ancora un po'.”
Harry annuì, bevve un sorso di acqua e si rimise a letto.
“Hermione?”
“Si?”
“Mangia qualcosa.”


Mangiai.
Rimasi seduta sul divano di casa Potter per ore, aspettando qualcosa che non sarebbe mai arrivato.
La voglia di andarmene.
Anche Ron passò a salutare Harry, rimase seduto accanto a me per un po', senza parlare.
Prese il suo cappotto e se ne andò.
Come se avesse capito.
Come se non avesse capito che non si trattava del “piccolo incidente di percorso” a tenermi legata a quel divano, sveglia.
Era il sentirmi al posto giusto nel momento giusto.
Era la consapevolezza di aver finito la voglia di fingere.


“Hermione?”
Aprii gli occhi, Harry mi era seduto accanto.
Mi ero addormentata su quel divano, vestita, seduta.
“Ehi, hai ripreso colore.”
Sorrise.
“Hai intenzione di stare a dormire raggomitolata tutta notte o torni a casa?”
“Voglio stare qui.” dissi con semplicità.
Harry mi sfiorò la mano.
“Ti cedo volentieri il mio letto, allora. Posso dormire sul divano.”
“No, no.”
Cercai i suoi occhi.
Nonostante le pesanti occhiaie, erano vivi.
Non potevo muovermi.
“Va bene.” disse solamente prima di tornare in camera.
Sola.
Su quel divano.
Chiusi gli occhi, cercando di ricordare come riaddormentarmi in quella posizione.
Minuti dopo, sentii qualcosa avvolgermi.
Harry si sistemò accanto a me, mi spinse la coperta sulle spalle.
“Sai che in questa posizione non dormiremo mai?”
“Mi fa male tutto.” borbottai accoccolandomi contro di lui.
“Sei sicura che non voler..”
“No, voglio stare qui.”
Si mosse un po', forse cercando la posizione meno scomoda.
“Alcune volte non riesco proprio a capirti, Hermione.” sussurrò su i miei capelli, facendomi venire un brivido.
“Forse  hai solo dimenticato come si fa.”
“No.” disse guardandomi bene, stringendomi appena più intensamente. “Io non ho dimenticato niente.”


Harry, dimentica.
Abbandonata contro il suo corpo, compresi che c'era troppo da dimenticare.
Uno sforzo che nemmeno Harry Potter avrebbe potuto compiere.
Troppo da tralasciare, da perdere nelle pieghe della vita.
No, Harry non aveva dimenticato.
E forse non lo avrebbe fatto mai.




Garbage - Tell me where it hurts
Aww, le Auror.
I vostri commenti riempiono il mio duro cuore di pietra con della cioccolata calda fumante.
Dedicato a tutte voi.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** XIII. ***


Sweet disposition

XIII.



Come on let me hold you touch you feel you
Always
Kiss you taste you all night
Always



E mi resi conto che un bacio non era niente.
Il tradimento minore, trascurabile.
Me ne resi conto il giorno seguente, svegliandomi accanto ad Harry.
Sentendo il suo respiro pesante e regolare.
Dormiva con gli occhiali, in una posizione innaturale.
Dormiva così per me.
Mi mossi lentamente, cercando di non svegliarlo.
Sistemai la coperta.
“Hermione.” borbottò con una voce spettrale.
“Continua a dormire.”
“Te ne vai?”
“Sì, devo tornare a casa.”
“Mhh.”
Feci per prendere il cappotto.
Qualcosa mi fermò il braccio.
La mano di Harry.
“Torni poi?”
Gli occhi semichiusi, la pelle rovinata dal tanto sangue perso il giorno precedente.
Stravolto, eppure meraviglioso nella sua vulnerabilità.
“Sì, appena posso.”


Tornai, quel giorno.
E anche il giorno dopo.
Tornai su quel divano ogni giorno.
Anche quando non avrei dovuto, anche quando l'accademia assorbiva ogni mia energia.
Stavo lì seduta, semplicemente.
In silenzio.
E Harry, non faceva nulla per non farmi tornare.
Ogni giorno mi accoglieva con il sorriso, faceva una smorfia quando mi vedeva tornare a casa.
Anche quella sera, dopo aver salutato Ron, mi diressi  verso casa sua.
Uno, due, dieci, venticinque.
Mi avvicinai, bussai alla porta.
Harry non rispose.
Rimasi seduta sui gradini per quasi un'ora, al freddo.
“Hermione?”
“George.” lo salutai alzando solo lo sguardo, le braccia gelate incollate al corpo. “Sai dove..?”
“Harry? Penso ad Hogwarts da Ginny, mi pare di aver capito così.” rispose grattandosi la testa. “Vuoi qualcosa di caldo? Sembri vicina all'ibernazione.”
“No, penso che andrò a casa.” dissi alzandomi, sentendo ogni fibra del mio corpo bruciare.
“Ok, buona notte allora.”
“Buona notte.”


Harry da Ginny.
Naturale, consueto.
Fastidioso.
Le mie gambe mi portarono a casa.
La mia testa, invece, era altrove.
Non sarebbe durata, lo sapevo.
L'idillio di stare sempre e comunque in compagnia di Harry.
Non pensando a Ginny, pensando sempre meno a Ron.
Che, involontariamente, approvava.
Ginny esisteva.
Anche se lontana, lei era la sua ragazza.
Dovevo fare qualcosa, dovevo dire qualcosa.
Semplicemente, dovevo smetterla di vivere di sogni irrealizzabili.
Solo...
Harry.
“Finalmente!”
Seduto sulle scale di casa mia.
Pallido e con il naso arrossato.
“Che ci fai qui?”
“Non hai letto il mio biglietto? Attaccato al tuo armadietto, in accademia.” il suo sorriso si spense appena.
“No. Però mi detto George che sei stato a Hogwarts.”
Il disappunto che sentii nella mia voce fu del tutto involontario.
Lo sfogo istintivo di pensieri troppo agitati per stare in una testa sola.
“Hogwarts? No, veramente no. Possiamo entrare? Sto morendo di freddo. E' un'ora che ti aspetto, dove sei stata?”
Si sfregò le mani, si alzò.
“A casa tua, ad aspettarti. Ci siamo aspettati per un sacco di tempo in luoghi diversi, che scemi.”
Lo superai, misi le chiavi nella toppa.
Harry mi seguii, percepii la sua presenza appena dietro alle mie spalle.
“Ci siamo trovati, alla fine è quello che conta, no?”



Contava.
Contava ogni istante.
Il calore di un fuoco scoppiettante.
Il rumore delle mani screpolate di Harry che sfregavano tra loro.
“Hai cenato?” gli chiesi mentre si toglieva il cappotto e alcuni maglioni, strato dopo strato.
“No, sono appena tornato a Londra. Tu?”
“Sì, con Ron. Se hai pazienza ti preparo qualcosa.”
“No, grazie. Speravo di cenare con te.”
Lo stesso disappunto.
Ci guardammo, ci capimmo.
Abbassai lo sguardo, sentii Harry sospirare.
“Tè e divano?”


Sfiorarsi, chiacchierare.
Poi solo il silenzio.
Mi appisolai un paio di volte guardando il fuoco.
“Prima o poi la verità ci sbatterà contro Hermione.” disse Harry sbadigliando. “Possiamo fingere di stare fermi, ma ci stiamo muovendo. Prima o poi dovremmo scendere da questo divano. Affrontare gli altri.”.
“Lo so. Stasera..”
Soppesai l'idea di non parlare.
Lasciai la frase a metà per qualche secondo.
Harry si voltò, aggrottò le sopracciglia.
“Stasera, avrei voluto dirti qualcosa del genere. Una di quelle frasi ad effetto. Ma non ne sono capace. Perchè poi stiamo insieme, e a me basta per stare bene.”
Harry ritornò a fissare il fuoco, mi sfiorò un braccio.
“Ti basta? Ti basta davvero?”
Iridi verdi.
Labbra talmente sottili da scomparire.
Mi bastava?
No.
“No.”
Sfiorarsi di labbra.
Sospiri.
Un altro bacio.
Un gesto involontario, frutto di due anime troppo agitate per rimanere nei loro corpi.
Ritmo lento.
Respiro affannato.
E mi resi conto che un bacio non era niente, senza sentimenti.
Il tradimento minore, trascurabile.
Ma quel bacio, era tutto.
Era lo sfogo dei nostri sentimenti frustrati da una prigionia immeritata.
“Non mi basta più.”





Always - Blink 182
Capitolo che si è fatto aspettare, lo so.
Tanti compleanni Auror di mezzo.
Un po' di miele, eeeh si.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** XIV. ***


Sweet disposition

XIV.

 

I'm sorry that I hurt you
It's something I must live with everyday
And all the pain I put you through
I wish that I could take it all away
And be the one who catches all your tears


Io e Harry passammo dei mesi così.
Da amanti.
Pochi giorni dopo il nostro secondo primo bacio, la situazione divenne incontrollabile.
Il bisogno di vedere Harry diventò la mia priorità.
Il mio pensiero fisso.
Ora che ci penso, la mia malattia.
Il primo giorno di primavera, facemmo l'amore.
E fu estremamente naturale e intenso.
Togliersi i vestiti e lanciarli a terra, accanto al divano.
Ridere della nostra goffaggine, del nostro sbattere uno contro l'altra in quello spazio così stretto.
Guardarsi negli occhi fino a lacrimare.
Provare piacere nel piacere dell'altro.
Baciarsi, baciarsi ancora.
Dopo l'amplesso, Harry mi guardò a lungo.
Passò le sue dita su tutto il mio corpo, disegnò i miei contorni.
Fu forse l'ultima volta che i nostri occhi si incontrarono di loro spontanea volontà.

Quella sera, però, furono quasi costretti a cercarsi.
Quasi con terrore.
Ron.
Entrò in casa, in silenzio.
Ci trovò in cucina, circondati da libri.
Stavamo studiando.
“Buonasera.” disse con un mezzo sorriso. “Avete ancora molto?”
“No, no.” disse Harry iniziando ad ammonticchiare i suoi libri lanciandomi un'occhiata veloce.
“Perfetto, pensavo di portarti fuori a cena, Herm. Va bene?”
“Sì, certo.”


Un ristorantino sulla collina di Ottery St Catchpole.
Tovaglie di panno leggero, candele accese.
Ron ordinò dello spezzatino di maiale in crosta.
Senza contorno.
“A cosa devo questa cena?” dissi dopo aver giocato per un po' con il mio stufato.
“A niente. Non stiamo mai insieme. Ci sono il lavoro, l'accademia e..”
Si interruppe.
Prese il suo bicchiere, sorseggiò un po' di birra babbana.
“Avevo voglia di stare con te.” sorrise, mi sfiorò la mano.
Toccarsi.
Gli occhi azzurri di Ron, illuminati dalla candela che avevano davanti, brillavano.
Brillavano di una luce che era sempre stata lì.
In attesa di essere riscoperta.
Quella sera era ancora più intensa.
Forse perchè dimenticata.
Forse perchè un po' abbandonata.
“Mi dispiace.” sussurrai.
Non aggiunsi altro.
Ron, rimase a giocare con le mie dita, meditabondo.
“Non ho mai capito cosa ci sia tra di voi. Ma, nel bene e nel male, siamo un trio. E ne io.” sottolineò indicandosi con il pollice della mano libera. “Ne tu, ne lui, nessuno dei tre dovrebbe essere chiamato fuori.”
Ron mi guardò un istante, si sporse un po' verso di me.
“Ho capito.” dissi facendo un mezzo sorriso.
Capii.
Anche in quella bella serata passata con Ron, il desiderio di vedere Harry si fece forte.
Sempre di più.
Quando Ron mi salutò davanti alla porta, impiegai meno di un minuto per smaterializzarmi qualche isolato più in là.
Il corpo tremante.
Ci buttammo sul divano.
E non fu l'amore divertente e spensierato delle prime volte.
Nemmeno l'amore tenero di quando l'incontro dei nostri corpi era diventato una consuetudine.
Fu doloroso.
Quasi con rabbia, io e Harry usammo i nostri corpi come scudo.
Cercammo di ripararci per l'ennesima volta dalla realtà incombente.
Unendoci, inebetendoci di piacere.
Corpi caldi.
Morsi e graffi.
E piacere e dolore.
Impossibile capire quale sensazione prevalse.
Rimasi sdraiata sul divano, improvvisamente stretto per entrambi.
Mi alzai lentamente, mi rivestii.
Quando trovai Harry appoggiato al mobile della cucina, fui certa che stessimo pensando alla stessa cosa.
Alzò lo sguardo dalla tazza che aveva in mano, sorrise.
Sorrisi anche io, solo per un istante.
“E' finita, non è vero?”
“Non penso che sia stato Ron a fartelo capire.” rispose guardandomi negli occhi. “Noi non siamo fatti per questo. Anche se è stato bello, non penso dovremmo sprecare quello che abbiamo per qualche brivido.”
Mi avvicinai, gli sfiorai le mani.
Come non facevo da tempo.
Semplicemente come Hermione.
Una lacrima solitaria rigò la mia guancia.
“Sai, non credevo fosse possibile. Amare così tanto una persona ma non voler star con lei. Ma stiamo facendo del male a Ron. E sopratutto a noi stessi. Questa storia, così com'è, non ha futuro nel mondo reale.”
“Non ho mai pensato che potesse averlo, Hermione. Ma sono stato egoista, forse per la prima volta nella mia vita. Abbiamo superato il limite. Rischiamo di rovinare tutto per...Non saprei nemmeno come chiamare questa cosa.”
“Già.”
Un'altra lacrima.
“Sai che ore sono?”
Mi voltai verso l'orologio appeso sul muro bianco della cucina.
“Le due meno cinque.”
“Non penso di avertelo mai detto, Hermione e so che questo può sembrare il momento sbagliato. Ma ti amo. E voglio che tu ci pensi, ogni giorno, a quest'ora. Finchè ti sarà necessario per accettare quello che stiamo facendo. Perchè è la scelta migliore. Per entrambi, per tutti.”


Sai, ora che ci penso sono quasi certa che anche ad Harry scese una lacrima.
Forse, però, quella lacrima è semplicemente il mio modo per ricordare meglio il dolore che vidi nei suoi occhi.
Nella sua fronte corrucciata.
Fu una notte strana.
Versai molte lacrime.
Presi a pugni il letto in cui mi rintanai, subito dopo aver lasciato Harry.
Harry che alle due meno cinque mi amava, ma che da molto tempo prima sapeva che non sarebbe bastato.


 The Reason - Hoobastank
Qualcuno lo sapeva.
Secondo me un po' tutti.
Non è ancora finita, no.
Per Light, che mi capisce.


Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Epilogo. ***


Sweet disposition

Epilogo.

 

Be young,
be foolish,
but
be
happy



Ci volle quasi un anno perchè tra di noi tutto tornasse come prima.
Perchè io potessi sedermi su quel divano senza aspettarmi le sue mani sul mio corpo.
Non penso che tutto poi sia tornato come prima.
E' aumentato il silenzio.
Pensoso, talvolta malinconico.
Il primo giorno di primavera, ogni anno, io e Harry evitiamo di vederci.
La prima volta fu casuale, poi un rito.
Se ci incontriamo per caso al Ministero, gli lancio giusto un'occhiata.
Perchè noi umani siamo fatti così, talvolta compiamo delle azioni anche se sappiamo in partenza che ci faranno male.
Io e Harry ci guardiamo e capiamo, ogni anno, che ricordiamo.
Ricordiamo di quel divano, l'unico mobile che Harry ha voluto conservare quando ha venduto l'appartamento sopra ai Tiri Vispi.


Ricordo ancora l'ultima volta vi ci siamo seduti.
Quattro anni fa.
Faceva freddo, in un angolo del salotto erano ammonticchiati gli ultimi scatoloni di Harry.
Eravamo lì, con il camino spento.
Quasi al buio, ché il sole era coperto da una fitta coltre di nuvole.
Io e Harry, insieme.
“Hai trovato a chi vendere questa casa?”
“Dennis Canon, il fratello di Colin. Farà uno stage alla Gringott, in primavera.” disse gettando delle occhiate veloci intorno a noi. “Quello, però, lo porto via.”
Il divano.
“Non avete un divano nella casa nuova?” chiesi senza pensarci. “Ah.”
Silenzio.
Ci scambiammo un'occhiata, Harry fece un mezzo sorriso.
“Che dici, ci sediamo un'ultima volta?”
Annuì.
Uno accanto all'altra.
Harry si avvicinò goffamente, mi abbracciò.
Entrambi rimanemmo quasi spaventati dall'intensità di quel gesto.
Non eravamo pronti.
Eravamo troppo soli per concederci un abbraccio.
Ci alzammo di scatto, come due automi prendemmo le scatole.
“Addio casa di Harry.”
“Addio.”


Addio è davvero una brutta parola.
Talvolta, però, è necessaria.
Sai, Rose, io non credo che la storia d'amore tra me e zio Harry sia stata un errore.
La sento come una cosa necessaria, che doveva succedere.
Tu, piccolina mia, hai avuto la fortuna di nascere in un mondo in pace, con una famiglia unita.
E se siamo qui, ora, è merito di Harry.
Ma noi no, era.. era tutto un disastro.
Gente che spariva e sangue..
Vedi, non è semplice da spiegare, ma dopo la guerra tutti ci trattavano come degli eroi.
Giovani e pieni di gloria.
Forse è per questo che ci siamo uniti, sai? Per sentirci vivi, reali.
Per sentirci esattamente ciò che eravamo a quel tempo: arrabbiati e stanchi di tutte quelle responsabilità.
Volevamo spogliarci di tutta quella gloria.
Sentirci liberi.
Sbagliare.
Andare oltre.
Sai, nonostante io ami tuo padre, Rosie, quello è stato il periodo della mia vita in cui mi sono sentita più padrona delle mie azioni.
Poi sono arrivati il lavoro, il matrimonio e sei mesi fa tu, che sei la mia felicità.
La morale di questa favola è che devi provarci, sempre.
Perchè commettere degli errori non è sbagliato, anzi.
Commettine quanti puoi, se ti fanno sentire felice.
Se ogni volta che ricordi quello che hai fatto hai ancora i brividi, anche se sono passati tanti anni.
Devi sapere che se cerchi l'amore, quello vero, dovrai mettere in conto una dose di sofferenza.
Guarda mamma e Harry.
Eravamo perfetti, Rosie.
Eppure...
Non tutte le storie d'amore hanno il lieto fine che ci aspettiamo, che meriterebbero.
Credimi, non è stato facile dimenticare.
Lo scoprirai, certe passioni lasciano un segno.
Qualcosa come una cicatrice, come quella che zio Harry ha sulla fronte.
Cicatrici che bruciano, pizzicano, fanno male.
Poi, arriva un momento in cui taciono.
Perchè se si è fortunati, ciò che si ha diventa ciò che si vuole.
Anche se..
“Non si è ancora riaddormentata? E' un'ora che ti sento borbottare.”
“Ora sì, penso che dorma.”
“Che hai Herm, sembri distrutta.”
“Sai che ore sono?”
“Quasi le due.”
“Quanto quasi?”
“Scusa?”
“Quanto quasi, Ron?”
“Mmh.. Mancano cinque minuti e quindici secondi alle due.”
“Credo che dopo una giornata di lavoro, sia più che legittimo essere stanchi a quest'ora.”
“Dai, vai. La metto io nella culla.”
“Anche io.”
“Cosa anche tu?”
“I-io... Non stavo parlando con te, Ron.”

 
Fine.
 

Grazie.
Grazie a tutti coloro che hanno seguito questa storia, l'hanno commentata.
Grazie a quelli che hanno sofferto con Hermione, Harry, Ron.
Grazie a chi ha capito, a chi invece mi terrà il muso perchè questa Auror non è una Auror vera.
Grazie a chi ha creduto in me e in SD dall'inizio.
Grazie a Cercando chi dà la Roba alla Rowling, agli Aurorucci.
Grazie a Light, Roxy, Jay, Patronus trip.
Ma anche alle altre, a Morgana e alle sue recensioni ipercurate, a Fefi e i suoi deliri.
Grazie a chi magari non si è espresso fino ad ora, a chi ha seguito SD in silenzio.
Aspetto le ultime recensioni.
Grazie.
Vik

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=772156