diamanti blu

di shirl96
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Trovata ***
Capitolo 2: *** prima dell'inizio ***



Capitolo 1
*** Trovata ***


Trovata

 

Il bosco quel giorno era incredibilmente luminoso. I raggi del sole passavano attraverso le foglie gialle dando un color oro ad ogni cosa. Il Maestro si muoveva cauto per la foresta. Ormai non aveva più l'età per scorazzare da una parte all'altra. Ma gli altri non volevano capirlo e continuavano a pensare a lui come al capo che era stato in gioventù. Temererario, pieno di forza e pronto alla battaglia. Il Maestro sospirò. Il passato avrebbe dovuto insegnarli qualcosa. E invece riempiva di idee pericolose tutti i giovani che ormai non pensavano ad altro che alla foga della guerra. Il Maestro era pieno di dubbi: stavano forse facendo la cosa giusta? O per una volta era meglio lasciare perdere il coraggio e salvarsi la pelle? Attraversò un piccolo corso d'acqua camminando sopra un ponticello, poi prese un sentierino laterale e si addentrò nel bosco. Il Maestro iniziò a camminare più velocemente. Voleva sbrigarsi per togliersi subito ogni dubbio. Ad un tratto vide qualcosa tra i cespugli. Era qualcosa di grande. Annusò l'aria. Sapeva di...sapeva di umano! Che ci faceva un uomo nella foresta? Che fosse venuto per la stessa ragione del Maestro o per colpirli di sorpresa? Si avvicinò cautamente. Non sembrava pericoloso. A dire la verità non sembrava neanche vivo. Forse era morto. Tuttavia il Maestro si tenne pronto. Non aveva ancora dimenticato le tecniche di combattimento. Si avvicinò un altro po'. L'uomo non fece alcun movimento. Allora il Maestro abbandonò ogni difesa, si accostò all'umano e... altro che uomo. Era una ragazza svenuta fra le foglie. Il Maestro trattenne il fiato. Non si poteva dire che non fosse sorpreso. Era dai tempi precedenti alla prima guerra che non vedeva un ragazza nel bosco. Le ascoltò il cuore e il respiro. Tutto regolare. Iniziò a scuoterla piano piano, poi sempre più forte. La ragazza ad un certo gli tirò un colpo e si girò dall'altra parte. Il Maestro si tranquillizzò: stava solo dormendo. Decise allora di aspettare che la ragazza si svegliasse. Che per una volta fossero gli altri ad attenderlo.

 

Una luce enorme la accecava. Di sicuro doveva essere in ospedale e proprio in quel momento un infermiera le stava dando una bella dose di calmante in modo che potesse dormire tranquillamente. Lea si girò dall'altra parte. Chissà cosa era successo nel bosco. Molto probabilmente nonna Matilda aveva inviato uno dei suoi domestici-fantasmi a cercarla; così l'avevano trovata distesa per terra con una grande ferita al ginocchio. In effetti sentiva proprio un formicolio insopportabile nella gamba. Avrebbe voluto svegliarsi e chiedere spiegazioni, ma la testa era troppo pesante e la lingua impastata. Quando la luce iniziò a diventare un po' meno forte decise che era arrivato il momento di svegliarsi. Prese a muovere lentamente le dita delle mani e dei piedi, poi provò con gli occhi che però sembrava proprio che non volessero aprirsi. Alla fine ci riuscì e riconobbe il bosco. Era ancora nel bosco? Non era in ospedale? Girò la testa lentamente e per poco non si mise ad urlare. Affianco a lei era seduto un tasso che la guardava. Più che guardarla sembrava che aspettasse qualcosa. Quando si accorse che era sveglia le sorrise. Lea ricambiò il sorriso quando si fermò subito. I tassi non sorridevano! A dirla tutta un tasso non avrebbe neanche dovuto aspettare che lei si svegliasse seduto su un tronco.

– Pensavo che non ti saresti svegliata fino al tramonto –

Chi aveva parlato? Lea guardò verso il tasso. Forse era stato lui anche se la ragazza avrebbe preferito tagliarsi la lingua piuttosto che ammetterlo.

– Che ci fa una ragazza nel bosco? Pensavo che le donne preferissero andare al mercato –

Questa volta era stato proprio il tasso a parlare. Lea l'aveva visto muovere le lebbra esattamente mentre sentiva le parole. – Sei stato tu a parlare? – sussurrò la ragazza. Si sentiva ancora un po' stordita e sinceramente non si sentiva pronta per scoprire che i tassi parlavano.

– Certo che sono stato io a parlare. Non c'è nessun altro qui. È più logico che parli io piuttosto che il tronco su cui sono seduto, non credi? –

Lea non sapeva se aveva più paura o stupore. – Tu parli – affermò – ma io che ci faccio qui. Questo non è il mio bosco. E nel mio bosco non c'erano tassi parlanti.

Il tasso annuì lentamente.

– Quindi – continuò Lea – o sono impazzita, o sto sognando. –

– Nessuna delle due, cara – rispose placido il tasso – perché io non sto sognando e non sono pazzo. Puoi spiegarmi cosa ci fai qui, se vuoi –

Lea rimase in silenzio. Già, cosa era successo prima? Ma soprattutto prima quando? Si guardò meglio attorno. Le foglie erano più gialle e gli alberi più secchi di come ricordava.

– Io ero nel bosco, quando ad un certo punto mi sono addormentata – iniziò Lea.

– Si a volte succede –

-- Quando poi mi sono svegliata, c'era una strana nebbia e il bosco era diverso, più buio e più tetro. Credo di essere caduta – Lea cercò di alzarsi in piedi ma il ginocchio le cedette. Vide tutto nero e credette di svenire di nuovo, ma quando riaprì gli occhi si accorse che il tasso le controllava il ginocchio. -Hai una brutta ferita, ma niente di irreparabile – disse il tasso.

Lea guardò la gamba: sangue incrostato e sporco le ricoprivano tutto il ginocchio. – Che schifo – mormorò – Cosa può essermi successo? – chiese al tasso.

– Forse hai sfregato il ginocchio contro una parete rocciosa. Adesso cercherò di fermare il sangue che ancora esce – Il tasso strappò una striscia dei pantaloni di Lea e gliela strinse attorno al ginocchio. Fece così per una paio di volte fino a che Lea non riuscì più a vedere la ferita. – Ora prova ad alzarti – disse. Lea si alzò e per poco non cadde sopra il tasso. – Attenzione attenzione! Tieni questo ti sarà utile – il tasso le diede un lungo bastone, e senza neanche guardare se la ragazza lo stava seguendo iniziò a camminare. Lea arrancava dietro di lui. Il ginocchio le pulsava dolorosamente e camminare con quel bastone non era per niente semplice. – Dove andiamo? – chiese. Il tasso non sembrava per niente contento della situazione. – In un posto dove ti curerò per bene –

Lea non sapeva più che dire. Camminarono ancora un po', fino a che il tasso si fermò così bruscamente che per poco la ragazza non gli andò addosso. – Siamo arrivati – disse il tasso.

– Arrivati? – Lea si guardò attorno. Era pieno di alberi, neanche l'ombra di una casa o di una capanna. Ad un certo punto notò una corda in mezzo agli alberi. Collegava due rami grandi quanto il suo braccio. Lungo un tronco vide un'apertura troppo grande per essere naturale. Erano davvero arrivati. – Questa è una piccola fortezza. Dobbiamo difenderci in qualche modo – il tasso la sorpassò e proseguì lungo il sentiero. Lea avrebbe voluto chiedere da chi si dovevano difendere, ma più si guardava intorno, più notava i piccoli particolari della fortezza. Lea seguì il tasso fino a che non arrivarono nel vero e proprio cuore della base. Lì i cambiamenti sulla foresta erano così radicali che non si poteva non notarli. Il tasso la guardò con attenzione. – Ora ti presenterò al resto della comunità. Lascia parlare me e non rispondere alle loro domande – prima che il tasso potesse finire la frase, intorno a Lea si erano radunati una serie di animali che erano sbucati dal nulla. C'era una puzzola viola con una lunga striscia bianca in mezzo alla schiena, un cinghiale con una sola zanna, una lepre dalle orecchie lunghissime. Da un ramo arrivò uno scoiattolo con una folta coda rossa, mentre si fecero largo tra la folla una famigliola di ricci che gli altri animali fecero passare lamentandosi. Il tasso gli fece zittire con un gesto. – Zitti tutti e guardate cosa ho trovato nel bosco. Una ragazza che dormiva! Non è forse un segno amici? Gli dei ci vogliono aiutare – la folla fece silenzio. Ad un tratto si levò una voce – E come facciamo a sapere che non è un'aiutante di Dallas e che non è venuta qua per spiarci? – Lea vedeva chi aveva parlato. Era una piccola faina. – Ti sembra forse una Figlia dell'Uomo di questo mondo Farin? Si vede lontano un miglio che non di qui. Verifica tu stesso se non ci credi. – replicò il tasso con aria di sfida. La faina però non si fece intimorire e si avvicinò a Lea fino a che non le salì sulle scarpe. – Parla ragazza: dove ci troviamo esattamente? – l'animale la guardò ma Lea non sapeva che rispondere. Ci provò – Siamo in un bosco – affermò. Almeno su questo non vi erano dubbi.

– Questo lo sanno tutti. Ma in che territorio ci troviamo?

Lea era spaesata. Cosa poteva saperne? Si guardò attorno disperata sperando che qualcuno degli animali potesse suggerirle la risposta, ma quelli non fece niente per aiutarla.

– Come dicevo Farin. La ragazza non sa neanche dove si trova. Non predicevano ciò le antiche leggende? Finalmente si sono avverate! –

Anche se le parole del tasso erano convincenti molti degli animali continuarono a rimanere scettici. Lea non sapeva più cosa pensare. Gli animali non parlavano. Rimanevano zitti e immobili a fissarla. Ad un tratto lo scoiattolo parlò – Se è davvero lei colei che stavamo aspettando ci deve essere un modo per esserne certi. Facciamole fare la Prova del Fuoco! –

Dopo quelle parole la folla si entusiasmò. Due orsetti presero la ragazza per le mani e la spinsero verso uno spiazzo. Più che uno spiazzo sembrava un'arena. Piccoli spalti circondavano un cerchio di terra compatta che al centro aveva un fuoco acceso. Gli animali presero rapidamente posto sugli spalti, fino a che non rimasero vicino al fuoco solo Lea e il tasso. La ragazza iniziava ad avere un po' di paura. Le parole prova e fuoco, implicavano sicuramente una dimostrazione di coraggio e del fuoco. Lea non aveva alcuna voglia di ustionarsi la mano.


salve a tutti gente.  se questa storia vi è piaciuta (o magari non vi è piaciuta) fatemi sapere cosa ne pensate! please, per me è molto importante che lasciate un commentino o le vostre impressioni =)
un ringraziamento a Coderra97: grazie per il tuo commento super!


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Capitolo 2
*** prima dell'inizio ***


Prima dell'inizio

 

L'autunno era ormai alle porte, ed era un ottimo momento per andare a casa di nonna Matilda. In realtà era sempre un ottimo momento per fuggire dalla città. Lea guardava fuori dal finestrino dell'auto in corsa gli ultimi rimasugli dell'estate, che quell'anno sembrava proprio non volersene andare. Le foglie erano ancora tutte sugli alberi ma presto sarebbero diventate prima rosse, poi marroni e infine gialle, colorando gli spiazzi e i parchi della città.

– Siamo quasi arrivati – avvisò il padre.

– Mmm – rispose Lea. La ragazza continuava a guardare fuori dal finestrino pregustando già le passeggiate nel bosco. Era stata proprio una fortuna l'invasione delle formiche all'interno della scuola accompagnata dalla rottura dei tubi dell'impianto idraulico. La scuola sarebbe rimasta chiusa una intera settimana e forse anche di più. Naturalmente nonna Matilda si era subito offerta di ospitarla a casa sua. La sua nipotina non poteva mica rimanere da sola tutto il giorno!

– Ti prego, Lea. Quando sarai da tua nonna non fare sciocchezze. Non stare tutto il tempo su quella casa sull'albero e non voglio che tu vada nel bosco quando farà buio. E ti prego, non dare ascolto a tutte le stranezze che dice tua nonna! –

Ecco la mamma che come al solito rovinava tutta l'atmosfera. Tanto lei non sarebbe stata là, a sorvegliare secondo per secondo i movimenti della figlia.

Il vialetto della casa li accompagnò dolcemente fino al cancello. – Bene eccoci arrivati. Ci sentiamo stasera Lea –

Lea sbuffò. Suo padre. Sempre così stringato. La ragazza scese dall'auto con il suo borsone. – Ti vogliamo bene tesoro – disse sua mamma prima che chiudesse lo sportello. L'auto ripartì rumorosamente alzando un polverone lungo il vialetto. Lea sorrise: finalmente era arrivata.

 

Definire casa il posto in cui abitava nonna Matilda, era troppo vago. Molto meglio dire villa o reggia. La casa era semplicemente maestosa, tenuta insieme da una serie di domestici fantasma e da peli di gatto che stavano ormai su qualunque cosa. Come al solito la nonna le era andata incontro.

– Finalmente sei arrivata, tesoro. Temevo che quei due barbagianni non ti volessero lasciare venire –

Particolarità di nonna Matilda numero uno: identifica tutti con un animale. I genitori de Lea erano due barbagianni, i suoi maggiordomi dei piccoli cani fedeli.

– Lascia che ti prenda la borsa, almeno –

– Nonna non ce n'è davvero bisogno – rispose Lea.

Particolarità numero due: la nonna pensa ancora di avere vent'anni.

– Mi sei mancata tanto, piccola. La servitù non vuole mai ascoltare le mie storie e io non ci riesco proprio a raccontarle ai gatti –

Particolarità numero tre: nonna Matilda racconta delle bellissime storie.

La casa era esttamente come la ricordava. I lunghi tappeti persiani continuavano a riempire i corridoi, mentre gli arazzi nascondevano ancora le macchie di umidità sul muro.

– La tua stanza è lassù, sempre al suo posto. Quando hai finito scendi così pranzeremo – disse la vecchietta. Lea corse nella sua camera. La vista che godeva dalla finestra era la cosa che le era mancata di più. Lea aprì la porta e finalmente, eccolo lì il suo piccolo rifugio.

Quando Lea finì di sistemare le cose l'ora di pranzo era già scivolata via, ma sua nonna insitette lo stesso per pranzare in grande stile sulla veranda.

– Te lo ricordi ancora, questo? – le chiese la nonna a metà pranzo. La vecchietta le porgeva un libro dalla copertina in pelle rossa. – Ma certo nonna! – rispose la ragazza.

Lea aprì con reverenza il libretto. I disegni erano ancora nitidi e chiari, così come la scrittura.

– Tommaso l'altro giorno lo stava quasi per buttare, ma io sono riuscita a prenderglielo. Ormai tutti i domestici pensano che io debba andare in una casa di riposo, ma finchè sono io a pagarli... –

Lea non ascoltava più la nonna. Era stata completamente rubata dal libretto. Per lei quelle pagine ingiallite avevano rappresentato tutto il suo mondo.

– Ormai dovresti essere grande per le favole, ma ero sicura che riaverlo ti avrebbe fatto piacere. Quanti anni hai, eh? Dodici, tredici... –

– Quindici nonna –

– Ah, sì? Accidenti come vola il tempo! –

Il pranzo ormai era finito e il cameriere-fantasma di turno stava già riordinando il tavolo.

– Nonna posso andare nel bosco? A fare una passeggiata – chiese Lea mentre si rigirava il libretto fra le mani. – Certo tesoro. Ma non rimanerci fino a tardi. Lo sai come la pensa tua madre in proposito.

 

Lea si sistemò sotto un grande albero, che la proteggeva dal sole. Benchè non andasse da molto tempo dal sua nonna, non aveva dimenticato i sentieri del bosco. Ma ora l'unica cosa che la interessava era il libretto. Iniziò a sfogliarlo sempre più in fretta. Non poteva credere di riaverlo!

Il libro era infatti stato scritto a mano da sua nonna quando era ancora molto giovane; ed era una sorta di guida del bosco. Per ogni descrizione c'era un disegno in bianco e nero. Quando era piccola, Lea non faceva altro che leggerlo e osservare i disegni minuti, delle piante, e degli alberi ma soprattutto degli animali che popolavano il bosco. Lea si era così creata il suo mondo fantastico, la sua piccola oasi di felicità, grazie alle pagine del libro. Ma presto i suoi genitori si erano accorti che aveva la testa fra le nuvole, e avevano così deciso di far sparire il libretto.

Ora Lea lo guardava estasiata. Si appoggiò al tronco dell'albero e iniziò a leggerlo. I raggi del sole erano ancora caldi, ma una brezza fresca li mitigava. Il vento fra gli alberi provocava un fruscio melodioso. Così Lea si addormentò in fretta.

 

Si svegliò di soprassalto. Un freddo umido le era penetrato in tutta la schiena e non si sentiva più le mani. Lea si guardò attorno. Doveva aver dormito veramente a lungo, perchè il cielo da azzurro e limpido, era diventato grigio. Una folta coltre di nubi riempiva il cielo, e l'aria era elettrica. Un temporale era in arrivo. Lea recuperò il libretto che era finito in mezzo alle foglie secche e iniziò a tornare verso casa. Il sentiero era sempre più difficile da seguire. Cosa stava succedendo? Il sentiero non deviava a destra in quel punto e gli alberi sembravano molto più fitti. Lea iniziò a camminare più velocemente. Se non fosse arrivata a casa prima dell'inizio del temporale, nonna Matilda si sarebbe sicuramente preoccupata tantissimo. Lea iniziò a sudare. Il sentiero non la stava riportando verso casa, ma dentro al bosco! La ragazza si mise a correre. Il sentiero era ormai quasi sparito e lei non riusciva più a orientarsi. Dov'era la roccia a forma di orso che le indicava la via di casa? Sarebbe dovuta essere lì! Incominciò a piovere. Lea ormai non guardava neanche più dove metteva i piedi. Quello non era il suo bosco! Il sentiero non c'era più e gli alberi erano sempre più fitti e all'improvviso arrivò una forte nebbia. Un tuono riempì l'aria e Lea inciampò. Finì lunga distesa per terra con la bocca piena di foglie e la nebbia che la circondava. La ragazza scosse la testa e si rialzò . Sentì un fruscio. Lì c'era qualcuno. Una voce la chiamò. All'inizio piano, più piano di un sussurro, poi però la voce si alzò sempre di più e Lea si rimise a correre. Terorizzata e spaventata non riusciva a capire in che direzione stesse correndo, fino a che non inciampò di nuovo e sbattè la testa.

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