Mio

di Giada810
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Mio ***
Capitolo 2: *** La volevo, ma non l'avrei avuta. ***
Capitolo 3: *** Sincerità? ***
Capitolo 4: *** Attacco e difesa ***
Capitolo 5: *** Cure e gelosie ***
Capitolo 6: *** Risposte e verità ***
Capitolo 7: *** Un amore particolare ***
Capitolo 8: *** "Resta" ***
Capitolo 9: *** Tentazioni ***
Capitolo 10: *** Conoscersi ***
Capitolo 11: *** Sorprese notturne ***
Capitolo 12: *** Risvegli ***
Capitolo 13: *** Hogsmeade ***
Capitolo 14: *** Amicizie ***
Capitolo 15: *** Rivelazioni ***
Capitolo 16: *** "Chiaro?" "Cristallino." ***
Capitolo 17: *** Attimi di Vita ***
Capitolo 18: *** Guerra e pace ***
Capitolo 19: *** Guerra e pace - parte 2 ***
Capitolo 20: *** "Legilimens." ***
Capitolo 21: *** "Benvenuto a Londra, Draco." ***
Capitolo 22: *** Buon Natale ***
Capitolo 23: *** La quiete... ***
Capitolo 24: *** Castelli di sabbia ***
Capitolo 25: *** ...e la tempesta. ***
Capitolo 26: *** Novecentonovantanove ***
Capitolo 27: *** Mille ***



Capitolo 1
*** Mio ***


Stavo tornando dalla biblioteca. Avevo le mani impolverate come non mai: probabilmente ero l’unica ad aver sfogliato quei volumi di Antiche Rune negli ultimi due secoli.
Decisi, essendo già ora di cena, di fare un salto nel bagno più vicino per sciacquarmi le mani. Era un bagno in comune per maschi e femmine, motivo per cui era quasi sempre vuoto; gli studenti di Hogwarts erano soliti cercare un po’ di privacy altrove, ma io dovevo solo lavarmi le mani, quindi decisi di sorvolare su una sciocchezza del genere.

Aprì la porta e rimasi sorpresa nel vedere una figura che osservava attentamente il proprio riflesso nello specchio appeso alla parete di fronte alla porta, proprio sopra i lavandini.  Pur essendo ancora girato, lo riconobbi all’istante: capelli quasi bianchi, spalle larghe modellate dal Quidditch, divisa scolastica di alta sartoria, cucita probabilmente su misura..
Draco Malfoy si girò lentamente verso di me, con uno sguardo sorpreso ma per nulla ostile.
-Oh, scusa.. credevo che non ci fosse nessuno. Faccio in un attimo e poi tolgo il disturbo – non ero mai stata una persona remissiva, specialmente con lui, ma avevo la netta sensazione di aver interrotto il flusso dei suoi pensieri.
Mi avvicinai ai lavandini, poggiai la borsa con i libri sul ripiano e mi lavai le mani.
-Nessun disturbo- disse una voce vicino a me. Mi girai di scatto, sgranando gli occhi per la sorpresa. Draco Malfoy stava dicendo a me, sporca mezzosangue, che non gli stavo inquinando l’aria??
Hogwarts era davvero cambiata dopo la guerra, tutto il mondo magico lo era.
Forse, il cambiamento dell’ultimo discendente della dinastia sia dei Black sia dei Malfoy era semplicemente più evidente che in altre persone. Camminando per i corridoi, non era più circondato dai suoi scagnozzi o dalle solite stupide oche che speravano di diventare per lui qualcosa di più che un nome tra tanti nell’elenco delle sue conquiste. L’unico che gli fosse rimasto fedele era Blaise Zabini, bello quasi quanto lui, con un fascino mediterraneo e il passato decisamente meno torbido di quello del biondo Serpeverde.
Mi accorsi, riemergendo dai miei pensieri, che ero rimasta immobile a fissarlo, ipnotizzata da quegli occhi simili al cielo durante una di quelle tempeste che così spesso si abbattevano su Hogwarts.
Notai con sollievo che anche lui mi stava osservando, con una sfumatura di curiosità e sorpresa negli occhi.
Studiai attentamente il suo volto, gli zigomi perfetti, le sopracciglia candide, il naso dritto, le labbra piene e morbide, poi nuovamente gli occhi.. occhi grigi.. chi diavolo aveva gli occhi grigi?? Ora capivo perché tante ragazze sarebbero state disposte a fare follie per lui.

Solo allora mi accorsi di  un particolare che rovinava quel volto perfetto, un piccolo taglio sotto la mascella sul lato sinistro del volto. Era piccolo ma profondo, a giudicare da quanto sanguinava, ed era probabilmente il frutto di un duello appena sostenuto. L’ennesimo.
Da quando Hogwarts era ricominciata, dopo la guerra e la ricostruzione della scuola stessa, molti avevano deciso di manifestare apertamente la propria opinione riguardo al fatto che certa gente fosse ancora ammessa. Il problema era che le suddette opinioni non sempre, anzi raramente, venivano espresse con moderazione. I bisbigli diventavano insulti, gli insulti provocazioni e le provocazioni  scontri aperti con bacchette alla mano.
Avevo cominciato a provare un misto di pena e ammirazione per quel ragazzo, che da un giorno all’altro aveva perso tutto ciò che aveva: amici, adulatori, denaro, fama. Era rimasto solo, ma conservava ancora il coraggio necessario per poter camminare nei corridoi a testa alta.
La mia mano si avvicinò, quasi con un movimento autonomo rispetto al mio volere, alla piccola ferita, sfiorandola delicatamente. Non si sottrasse al mio tocco, come mi sarei aspettata, ma si limitò a stringere i denti.
-Fa male?- chiesi, prima ancora di poter bloccare quella domanda che alle mie orecchie suonava così sciocca. Lui si limitò ad una leggera e incurante alzata di spalle, continuando a fissarmi negli occhi.
Avevo la sensazione di essere circondata non da aria, bensì da una sostanza viscosa e tossica che rallentava i miei movimenti e stordiva la mia capacità di raziocinio. Con le dita accarezzai la linea elegante della mascella coperta da un velo di barba, il collo bianco e liscio come seta, fino ad arrivare alla pelle lasciata scoperta dalla camicia sbottonata e dalla cravatta allentata.
Evidentemente la sensazione di non essere in pieno possesso della proprie facoltà stava invadendo anche Malfoy, perché sentii la sua mano che, dolcemente, si posava sul mio fianco.
Mi avvicinò delicatamente a lui e quando i nostri corpi si toccarono rimasi stupita di come combaciassero perfettamente.
Ero incatenata ai suoi occhi, diventati improvvisamente più cupi di come fossero pochi secondi prima, e continuai a guardarlo mentre si avvicinava al mio viso.
Vicino, sempre più vicino. Vedevo ogni singola pagliuzza delle sue iridi diventare più brillante e definita. Poi sentì le sue labbra sulle mie, e in quel bacio mi persi.
Sentivo le sue labbra e la sua lingua, dolce e delicata come non mi sarei mai aspettata.
Sentivo il fruscio della sua camicia.
Sentivo le sue mani sulla mia schiena.
Sentivo i suoi capelli lisci e morbidi scorrere tra le mie dita.
Tenendomi stretta al suo petto, mi fece appoggiare al bordo del lavandino.
Sentii il rumore dei miei libri, caduti di schianto sul pavimento.
Poi fu l’estasi più totale.
 
Dopo esserci sistemati, ancora in piedi vicino ai lavandini, posai la testa sul suo petto. Per un momento pensai che mi stesse per respingere, poi sentii il suo mento sulle mia testa e le sue braccia avvolgermi. Sarei rimasta così per ore, ma il tempo scorreva inesorabile e io sapevo che tutto ciò che c’era stato tra noi due non sarebbe potuto durare.
-Ora vai- mi sussurrò, posandomi un lieve bacio sulla tempia.
Alzai il volto verso il suo, lo guardai ancora una volta negli occhi, in quei meravigliosi occhi grigi che mi avevano stregata, e gli accarezzai la guancia; poi raccolsi la mia borsa da terra e mi diressi verso la porta.
Prima di uscire mi voltai ancora una volta verso di lui, ancora spettinato, appoggiato al bordo dei lavandini in una posa assolutamente statuaria, con le guance arrossate. Non guardava me, ma un punto imprecisato al di fuori della finestra.
Era bellissimo, e, anche se per poco, era stato mio

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Capitolo 2
*** La volevo, ma non l'avrei avuta. ***


Mi guardai il volto allo specchio. Quel maledetto taglio stava sanguinando copiosamente e la macchia sul colletto della mia pregiata camicia si allargava sempre più. Avvicinai la bacchetta alla ferita per rimarginarla, ma mi bloccai: perché rimarginare una ferita sapendo che il giorno dopo sarebbe stata sostituita da altre due??
Ero stufo di dover attraversare i corridoi come se fossero campi di battaglia, di una battaglia sleale oltretutto. I duelli mi erano sempre piaciuti: servivano astuzia, abilità, classe.. ma esigevo anche onestà. In uno scontro a parole ero il primo a puntare sulla superiorità numerica per intimidire l’avversario, ma quando lo scontro si spostava sul lato pratico esigevo sempre, fosse stato anche contro Potter in persona, che fosse equo. Che gusto ci sarebbe stato a sconfiggere un avversario solo perché quest’ultimo era in minoranza?? Era una cosa da codardi, e io ero tutto, tranne un codardo. Bastardo sì, codardo mai.
Il rumore di una porta che si apriva e una voce conosciuta mi fecero voltare.
-Oh, scusa.. credevo che non ci fosse nessuno. Faccio in un attimo e poi tolgo il disturbo –
Harmione Granger si stava avvicinando ai lavandini. Era diventata proprio bella e io non ero tanto stupido da non essermene accorto. Nell’ultimo anno, mentre la guerra stava distruggendo il mondo magico e la mia famiglia stava andando in pezzi, mi ero allontanato sempre più dagli ideali di Lord Voldemort, continuando comunque a seguirlo per paura che potesse vendicarsi su mia madre. La servitù che si promette al Signore Oscuro è eterna, non ci possono essere ripensamenti.
Mi ero ritrovato a invidiare Potter e i suoi, che lottavano e morivano per una causa in cui credevano, per gli ideali che volevano difendere, per amore.
Non sapevo cosa fosse l’amore, ma da quando l’avevo vista il giorno della Battaglia di Hogwarts, ferita e debole, ogni volta che incrociavo il suo sguardo sentivo una morsa allo stomaco.
-Nessun disturbo- le risposi. Si girò di scatto verso di me, stupita della mia improvvisa gentilezza.
Come darle torto.
Rimasi immobile a fissarla, ricambiando il suo sguardo che studiava lentamente i tratti del mio volto.
Lei era l’unica, insieme a Potter, che non mi avesse insultato da quando la scuola era cominciata. Sull’Espresso, mentre tutti gli altri sussurravano al mio passaggio maledizioni e inviti a bruciare all’inferno, lei mi aveva rivolto un sorriso. Era stato un sorriso stanco, simili a quelli che Potter tanto spesso rivolgeva a quelli che lo acclamavano, il sorriso di chi è stanco di combattere e vuole solo vivere.
Mi sfiorò la ferita, chiedendomi se mi  faceva male. Mi chiedeva se soffrivo, nonostante tutto quello che le avevo fatto passare?? Non le risposi, ma la baciai.
La baciai perché le ero grato di non trattarmi come io l’avevo sempre trattata.
La baciai perché la trovavo bellissima.
La bacia perché la volevo.
La baciai e rimasi stupito quando la sentii abbandonarsi tra le mie braccia.
 
Dopo esserci rivestiti, mi abbracciò, in cerca di quell’affetto che non avevo mai concesso a nessuna delle numerose ragazze che erano passate nel mio letto in quegli anni. Avere lei tra le mie braccia mi faceva sentire bene; non l’amavo, era troppo presto e io non sapevo nemmeno cosa fosse l’amore, ma l’avrei tenuta stretta  a me per ore.
Poi all’improvviso realizzai chi era la ragazza accoccolata sul mio petto:  Hermione Granger, l’amica di Potter, la ragazza che tutti acclamavano per quello che aveva fatto contro il lato Oscuro.. Qualsiasi cosa ci fosse stata tra noi in quel bagno, fuori da quelle mura non sarebbe sopravvissuta. E io lo sapevo.
-Ora vai – le dissi, posandole un lieve bacio sulla tempia.
La vidi sollevare i suoi occhi color cioccolato nei miei; per un attimo mi ritrovai a sperare stupidamente che dicesse qualcosa per farmi capire che non voleva tornare dai suoi amici, ma solo stare ancora con me.
Lei però si limitò a farmi una carezza; raccolse la sua borsa da terra e se ne andò.
 
Idiota. Ero un perfetto idiota.
Come avevo potuto pensare, anche se per poco, che lei volesse davvero stare con me? Lei, la perfetta So-Tutto-Io, che incarnava tutti quei valori di cui si gloriava la Casata dei Grifondoro.
Io ero un reietto, stare con me sarebbe equivalso a perdere i suoi amici e la stima che si era guadagnata. E questo sicuramente non era ciò che voleva. Nessuno l’avrebbe voluto.
Cercai di scacciare il senso di vuoto e freddo che mi attanagliava, ma mi accorsi che ormai era troppo tardi. Avrei voluto stare ancora con lei, ma non le avrei permesso di rovinare la sua vita; ero un egoista, ma avevo visto a cosa portava l’egoismo.
La volevo, ma non l’avrei avuta. 




ecco il secondo capitolo!!
non so ancora ne come continuerà la storia, ne quando aggiornerò, perchè parto..
sicuramente entro fine agosto!
commentate numerosi!!
baci
Giada

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Capitolo 3
*** Sincerità? ***


Nelle tre settimane che erano trascorse da quell’incontro nel bagno con Malfoy, lui mi aveva evitato come la peste. E io mi ero accorta di cercarlo sempre più spesso con lo sguardo, sia quando eravamo in sala grande per i pasti, sia durante le lezioni che avevamo in comune.
Ma lui mi aveva sempre ignorato.
 
I primi tempi mi ero sentita delusa, poi la delusione aveva lasciato posto alla consapevolezza che per lui ero stata solo un passatempo: isolato da tutta la scuola, non si era lasciato scappare l’occasione di poter fare una nuova e intoccabile conquista. Infine la delusione venne sostituita dalla rabbia, verso me stessa per essere stata tanto stupida e verso di lui per avermi usata.
E pensare che mi era sembrato così dolce quel giorno..
La dolcezza e l’attrazione che avevo provato erano svanite, o forse si erano solo assopite. Non so.
 
-Allora Malfoy, come ci si sente ad essere un Mangiamorte come quel bastardo di tuo padre?-
Una voce cattiva giunse alle mie orecchie, strappandomi alle mie riflessioni e accendendo la mia curiosità. Mi avvicinai al muro e sbirciai da dietro l’angolo che il corridoio formava svoltando a destra.
-Zitto- la sua voce era gelida come il ghiaccio e dura come una lama.
Malfoy era in piedi al centro del corridoio, le spalle dritte e lo sguardo fiero puntato negli occhi del ragazzo che aveva parlato. E che non era solo. Altri suoi amici lo fiancheggiavano, tenendo come lui le bacchette puntate contro il loro nemico.
Cinque contro uno, pensai, molto leale.
Poi il mio sguardo venne attirato da un bastoncino di legno alle spalle del biondo Serpeverde, a circa tre metri da lui.
Cinque contro uno disarmato, mi corressi, estremamente leale.
-Come ci si sente ad essere un assassino?-, la voce che parlò era molto più fredda e profonda della prima che avevo udito, ma aveva in comune con essa la cattiveria e la chiara volontà di ferire.
-Zitto-, la voce di Malfoy era piatta, ma nei suoi occhi vedevo ribollire la rabbia.
-Puoi anche negarlo e fingere di essere cambiato, ma ai miei occhi sarai sempre quello che ha ucciso mio fratello a soli quattro anni!!- il ragazzo sputò le ultime parole cariche di veleno con rabbia, odio e disprezzo, quello stesso disprezzo che per anni Malfoy aveva riversato su di me.
 
Concentrata com’ero sulle parole del ragazzo, quasi non mi accorsi di Malfoy che si gettava verso colui che gli aveva rivolto parole tanto dure. Uno dei cinque ragazzi, alto e con cortissimi capelli color topo, lo schiantò all’istante facendolo finire contro il muro.
Mentre Malfoy raccoglieva le forze per rialzarsi, i suoi aguzzini riposero le bacchette: avevano deciso di passare alle maniere babbane, decisamente più soddisfacenti per una vendetta.
Un giovane piuttosto robusto, che riconobbi per uno del quarto anno di Corvonero, lo scavalcò con ben poca delicatezza e poi lo sollevò quel tanto che bastava affinché il suo compare potesse tirargli un pugno ben assestato su uno zigomo, facendolo cadere e sbattere la testa contro la parete.
 
Non potevo più aspettare. Uscì da dietro l’angolo con passo deciso.
-Adesso basta- urlai, prendendoli di sorpresa e facendoli sussultare. Aver combattuto e sconfitto il più grande mago oscuro di tutti i tempi dava i suoi vantaggi.
Con uno sguardo di intesa se ne andarono alla svelta, non senza aver prima tirato un violento calcio nello stomaco a Malfoy, ancora disteso per terra.
 
Corsi per raggiungerlo e mi inginocchiai accanto a lui, che ancora sussultava e respirava pesantemente a causa del dolore. Gli posai una mano sulla spalla, per fargli capire che ero vicino. Pensavo che avesse bisogno di aiuto, invece..
 
-Non ho bisogno della tua pietà, Mezzosangue!- la sua voce era piatta, incolore ma al tempo stesso cattiva.
Mi ritrassi come scottata, ma non mi alzai e rimasi a fissarlo mentre con un gemito di dolore cercava di mettersi a sedere. Malfoy si appoggiò al muro e respirò profondamente, stringendo i  denti in una smorfia di dolore.
Era bellissimo anche così, con un sopracciglio spaccato che perdeva sangue e uno zigomo tumefatto.
-La mia non è pietà. Malfoy..-
-Non è pietà? E allora cos’è, spirito Grifondoro? Volontà di dimostrarmi che sei migliore di me? Che sei migliore di tutti perché anche se ti ho trattato come feccia per anni tu sei disposta a dimenticare? Oppure vuoi solo..-
Non volevo sapere altro.
Ma cosa avrei dovuto rispondergli??Avrei potuto limitarmi a cacciar via quei ragazzi, ben sapendo che lui non era certo il tipo che accettava l’aiuto altrui. Men che meno il mio. In fondo per lui ciò che c’era stato tra noi poteva essere stato solo sesso.
Sapevo, però, che quando avevo visto quel gruppo aggredirlo, ma soprattutto quando lo avevo visto ansimante  a terra, una morsa mi aveva stretto lo stomaco.
-Forse lo faccio solo per te-.
Decisi di essere sincera: non dicono che la sincerità viene sempre ripagata?
 
 
Ecco il terzo capitolo… anche se devo dire che non mi convince molto.
Fatemi sapere che ne pensate, e se avete voglia accetto anche suggerimenti per lo sviluppo, perché al momento ho un po’ un blocco creativo! L
Baci Giada 

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Capitolo 4
*** Attacco e difesa ***


Per me.
Nessuno aveva mai  fatto nulla per me, almeno non in modo disinteressato.
I miei genitori mi avevano viziato solo per mostrare al mondo che un Malfoy può avere qualunque cosa voglia.
Le ragazze avevano fatto la fila per me per poter sperimentare le mie innate e innegabili capacità di seduttore e i miei compagni mi avevano seguito per godere della protezione che il mio nome garantiva.
Solo Blaise aveva scelto di essermi amico nonostante i mie difetti, il mio caratteraccio e la mia cattiva reputazione. La sua famiglia, che si era sempre tenuta a distanza dagli affari di sangue e dalle idee di quel pazzo senza naso, lo aveva sempre dissuaso dallo starmi vicino, ma lui sapeva il fatto suo e aveva seguito le sue idee. E ora aveva abbastanza fegato per fregarsene di quei pochi che lo accusavano di fraternizzare con il nemico e con un assassino.
Meno male che c’era lui. Non glielo avevo mai detto, non ero il tipo che si lasciava andare a certi sentimentalismi tra uomini, ma lui lo sapeva.
 
Per me.
Era uno scherzo? Lei voleva fare qualcosa per me? Aiutarmi?
La guardai negli occhi, e non ebbi più alcun dubbio sul fatto che non fosse uno scherzo.
Era sincera.
Ma perché?
Perché voleva aiutarmi? Non ne avevo idea.
Gli unici che mi avevano aiutato erano stati Blaise e Piton, e l’avevano fatto per amicizia, ma lei, la Granger, non aveva nessun motivo per essermi amica.
Mi accorsi che probabilmente stavo facendo la figura dello stupido, immobile a fissarla nel profondo degli occhi, per cercare di capire il motivo per cui non era intenzionata a darmi il colpo di grazia, come mi sarei meritato.
-Per me?- la canzonai – Granger, non è che per caso ti sei fatta strane idee riguardo il nostro.. come dire.. incontro in bagno?-
Ero davvero un bastardo. Lo lessi nei suoi occhi. Quella battuta l’aveva colpita nel profondo. E l’aveva ferita.
-Vorrei che fosse chiaro che quello che c’è stato era solo sesso.- continuai, cercando di mettere in quelle parole tutto il disgusto che negli anni passati le avevo rivolto. –Mi annoiavo e tu sei capitata proprio al momento giusto. E devo dire che mi hai dato non poche soddisfazioni!-
Feci scorrere lascivamente il mio sguardo sul suo corpo, indugiando volontariamente sulla scollatura della camicia. Quando rialzai lo sguardo per incrociare i suoi occhi, li trovai lucidi e accesi dalla rabbia.
-Sei stata una vera sorpresa, magari potremmo ripetere l’esperienza.-
 
La quasi totalità della popolazione femminile della scuola si sarebbe offerta di “ripetere” con il sottoscritto anche in quello stesso istante, ma lei non era come loro.
Mi tirò un sonoro ceffone sulla guancia già livida e dolorante. I suoi occhi bruciavano.
-Io non sono la tua puttana, Malfoy.- le parole che uscirono dalle sue labbra erano un sibilo.
-Volevo aiutarti e basta, ma evidentemente è proprio vero quello che dicono a scuola. Quelli come te non meritano nulla- Sputò le ultime parole con disgusto, un disgusto rivolto esclusivamente al sottoscritto.
E il suo disgusto bruciava.
Fece per alzarsi, ma le afferrai un polso e la bloccai.
-Come me? Perché non mi dici quello che pensi realmente di me, invece di nasconderti dietro quello che dicono gli altri?-
-Vuoi sapere davvero quello che penso?- la sua era chiaramente una domanda retorica, e infatti non  mi preoccupai nemmeno di risponderle. Aspettai che continuasse.
-Penso che sei un bastardo, che non sei cambiato per niente, che continui comunque a considerare la gente come oggetti di tua proprietà. Ma in fondo è inutile dare la colpa a te.. la scema sono io che mi sono fatta abbindolare dalla tua bellezza!-  Urlò le ultime parole con rabbia e frustrazione. La rabbia di chi si sente usato e la frustrazione di chi ormai non può più combattere contro ciò che prova.
 
La capivo bene, e la cosa non mi stupì più di tanto. La capivo perché mi sentivo allo stesso modo.
Arrabbiato perché ero convinto che lei mi avesse usato solo per sfogarsi e frustato perché cominciavo a vedere in lei qualcosa di più che un bel corpo e una mente brillante.
Avrei dovuto bloccare quei sentimenti, i primi che provavo in tutta la mia vita, sul nascere, ma ormai era tardi. La consapevolezza che non sarebbe mai stata mia mi faceva stare male.
 
-Draco, ma che cazz..?!-
La voce perplessa e preoccupata del mio migliore amico mi riportò alla realtà, lontano dallo sguardo della Granger e dal desiderio di baciarla di nuovo.
Blaise si affrettò a raggiungermi, controllando rapidamente le mie condizioni.
-Ehm, Hermione..- domandò con voce gentile e un poco titubante – Potresti aiutarmi ad accompagnarlo in camera? Ce la farei anche da solo, ma non ho idea di come curalo. Se tu potessi..-
Lei però non gli permise di continuare.
-Potrei, è vero.. Ma il tuo amichetto ha già espresso chiaramente le sua idee. Il mio aiuto non è gradito. Ora posso anche andarmene senza il senso di colpa per averlo abbandonato qui.-
 
Si alzò con grazia e si allontanò. Giunta vicino alla bacchetta, si fermò un istante e con un calcio la fece arrivare ai miei piedi.
 
Blaise mi fece alzare e, sostenendomi, mi riportò in camera mia.
-Tu hai bisogno di lei, sai benissimo che io non sono in grado di curarti.. Perché diamine l’hai trattata in quel modo?- Chiaro e diretto, era sempre stato così.
- Beh, sai come si dice, no? La miglior difesa è l’attacco..- replicai, ma le mie parole furono stroncate da un gemito di dolore.
 
 
 
Ecco il nuovo capitolo!
Spero che averlo postato abbastanza in fretta vi abbia ripagato per il tempo di attesa del terzo..
Mi lasciate un commentino, per favore??
Baci Giada 

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Capitolo 5
*** Cure e gelosie ***


(Hermione)
-Hermione-
Una voce calda e un tocco gentile sul mio braccio mi fanno voltare, bloccando la mia serie di insulti contro Malfoy, il suo menefreghismo e la sua maleducazione. E ovviamente anche contro la mia stupida infatuazione.
Mi giro e quello che vedo mi lascia pietrificata.
Mi ritrovo a due centimetri di distanza da un viso perfetto, dove due ardenti occhi blu risplendono come gemme, che brillano ancora di più sulla pelle leggermente scura e levigata del ragazzo.
Blaise Zabini è davvero bellissimo.
Rimango rapita dal suo sguardo, caldo e sensuale, e dal suo profumo che mi avvolge.
Fortunatamente lui si riprende in fretta.
-Senti, lo so che Draco è un perfetto idiota e un gran maleducato, ma ha bisogno di cure. Io lo porterei da Madama Chips, ma è anche un gran cocciuto e si rifiuta di farsi aiutare e di dover dare spiegazioni.-
Si interrompe, come per fare una pausa ad effetto. Forse ho capito dove vuole andare a parare e la cosa non mi piace per nulla.
-Ho bisogno di te..-
-Senti Zabini, io non ho intenzione di aiutare quel maleducato, almeno finché non sentirò le sue scuse!-
Ribatto inviperita e ferita dalla tendenza di Malfoy a pensare che può sempre avere ciò che vuole quando vuole.
-Blaise..- mi corregge il mio interlocutore –Mi chiamo Blaise, non Zabini. Te l’ho già detto l’altra volta-.
Oh sì, me lo ricordavo benissimo.
-Fallo almeno per me, quando soffre Draco diventa ancora più insopportabile del solito.- e così dicendo si apre in un meraviglioso sorriso.
Alla fine cedo, un po’ per lo spirito Grifondoro, un po’ per Blaise e un po’ per Malfoy, purtroppo.
 
 
(Draco)
Sono sdraiato a letto dolorante quando sento la voce di Blaise al di là della porta che ride e scherza con qualcuno.
Maledetto! Io sono a letto che aspetto la pozione che è andato a rubare in Infermeria, e lui fa il cascamorto con una ragazza?? Bell’amico!
La porta si apre, ed entra il suddetto imbecille, che ancora ride come un idiota con.. con la Granger??
-E lei che cavolo ci fa qui?- mi apro in una della esclamazioni più fini che le mia mente sia riuscita a concepire.
-Furetto, ti ha mai detto nessuno che sei molto maleducato per essere uno che si vanta della nobiltà del proprio casato?- ribatte pronta lei. Tipico.
-Draco, cerca di fare il galantuomo!- mi riprende il mio ex migliore amico, per poi continuare –E tu Hermione, non farci caso, Draco è un gran cafone!-
Un momento.. Hermione??? E da quando la chiama per nome?
Si sorridono complici.. e la loro complicità mi manda in bestia, come anche le occhiate non proprio caste che Blaise le lancia.
Vengo riscosso dai miei pensieri dalla voce melodiosa, ma autoritaria della Grifongoro.
-Spogliati Malfoy! Non ho tempo da perdere!-
 
Rimango un attimo perplesso, così lancio un’occhiata al mio compagno di Casa, che per fortuna mi chiarisce le idee.
-Hermione è venuta qui per curarti, sai che io non ne sono in grado- chiarisce subito prima che io possa ribattere.
Che infame, ha usato la scusa della pozione per andare a chiamarla anche se io avevo esplicitamente chiesto di non farlo. Ma ormai è qui e il dolore sta diventando insopportabile. Così mi slaccio la camicia e la lancio in un angolo, dove gli elfi domestici della scuola provvederanno a raccoglierla, lavarla e stirarla.
-Guarda che non devi mica fare uno strip tease..- commenta acida la mia “salvatrice”.
-E tu vedi di non allungare le mani, Mezzosangue!-
Vedo i suoi occhi brillare di una luce sarcastica e maliziosa, mentre si china sul mio orecchio e mi sussurra:
-Non mi sembra che ti abbia fatto così schifo l’altra volta.. e comunque rilassati, una volta basta e avanza per togliermi lo sfizio!-
Rimango pietrificato dalle sue parole. Per lei sono stato solo uno sfizio.
E la verità fa male. Avevo proprio ragione: meglio togliermela dalla testa, prima di soffrire ancora di più.
 
 
(Hermione)
Non so nemmeno con che faccia tosta gliel’ho detto. Fare la smorfiosa non è proprio da me, anche se dopo essermi lasciata andare in quel bagno non mi stupisco più di nulla.
Anzi di una cosa mi stupisco ancora parecchio. L’ho zittito, per la prima volta in otto anni.
Per evitare di ripensare al nostro pomeriggio di fuoco, comincio a mormorare incantesimi di medicina puntando la bacchetta sul suo addome, dove sta cominciando a spuntare un livido violaceo. 
Evidentemente  il dolore sta diminuendo, perché vedo i suoi muscoli rilassarsi e la sua fronte corrucciata distendersi. Gli curo anche lo zigomo, controllo la botta alla testa e gli faccio cicatrizzare il sopracciglio spaccato.
-Ti ho praticamente rimesso a nuovo, Malfoy!- mi congratulo con me stessa e ricevo un sonoro applauso da Blaise.
-Grazie mille, Hermione! Sei un angelo, e sei anche più bella!-
Gli faccio un mezzo inchino scherzoso e gli sorrido raggiante: fa sempre piacere ricevere un complimento, specialmente se detto dalla personificazione di un dio greco!
 
Il mio amico che fa in latin lover con la Mezzosangue mi sta facendo venire il diabete.. oltre che una insana voglia di picchiarlo e una lancinante fitta al petto.
-Dai andiamo ti accompagno fino alla torre!- propone lui, lanciandole occhiate languide, che ovviamente lei non coglie.
Arrivati alla porta, la Granger si volta.
-Prego Malfoy! Non ti disturbare a ringraziare!- dice ironica e forse un po’ offesa.
Poi Blaise le cinge le spalle con un braccio e la porta si chiude dietro di loro, nascondendoli alla mia vista.
Vorrei fare due chiacchiere con il mio amico, ma sarebbe inutile, perché ormai ho capito tutto.
Sono anni che mi ripete che la Granger è diventata uno schianto e ora evidentemente ha deciso di provarci.
E non posso fare  a meno di pensare che non potrei mai reggere il confronto con lui.
 
 
Ciao a tutti!
In questo capitolo si alternano i due punti di vista ed emerge una certa gelosia in Draco.. spero che l’idea vi sia piaciuta!
Grazie mille a chi a recensito e… ovviamente aspetto altri commenti!!
Baci Giada  

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Capitolo 6
*** Risposte e verità ***


Blaise tornò in camera parecchie ore più tardi, con un’espressione felice stampata in faccia che mi fece innervosire ancora di più.
Potevo solo immaginare cosa avesse trattenuto il mio amico per tutto quel tempo e soprattutto in maniera così palesemente piacevole.
Una morsa allo stomaco mi colpì come un pugno e nella mia mente si affollarono immagini di lui e lei, abbracciati e complici, con i respiri affannati , i corpi vicini e le mani intrecciate.
Ero geloso.
La verità mi colpì come un fulmine a ciel sereno, inaspettata e spaventosa, perché non avevo idea di come comportarmi.
Agii di istinto, come avevo sempre fatto, provocandolo.
 
-A quanto vedo tu e la Granger ve la intendete a meraviglia, vero?- non avevo mai usato un tono così cattivo e provocatorio con lui, ma volevo delle risposte. Ne avevo bisogno.
-Chiariamo una cosa, Draco- mi rispose, calmo ma palesemente infastidito –Io ed Hermione non ce la “intendiamo” nel senso che intendi tu-
-Hermione..- gli feci il verso –E da quando la chiami per nome?-
-Da un po’.-
 
Un ragazzo dalla carnagione scura, su cui brillavano i suoi occhi blu, entrò in biblioteca, strappando sospiri e occhiate adoranti.
Si diresse verso la zona più tranquilla e isolata, dove andavano solo coloro che volevano studiare davvero.
E lei era lì, seduta ad un antico tavolo, assorta nella lettura. I raggi del sole che filtravano dalla finestra le illuminavano i capelli bronzei, creando giochi di luci e ombre degni dei migliori pittori dell’Ottocento.
Concentrata com’era, non si accorse nemmeno della sua presenza fino  a quando non scostò la sedia accanto alla sua.
-Posso studiare accanto a te, Granger?-
La ragazza alzò lo sguardo, incontrando i suoi occhi, e annuì con un sorriso.
Il tempo passava e i bisbigli e le chiacchiere si acquietarono, sostituiti dal fruscio delle pagine e… dal sospiro esasperato di una ragazza.
-Tutto bene Granger?-
-No!- rispose lei –Non va affatto bene, Zabini! Questo tema per Ruf sulle tradizioni e gli obblighi delle famiglie Purosangue mi sta mandando al manicomio!!-
Il ragazzo rise.
-Hai presente con chi stai parlando? Non trovi uno col sangue più puro del mio nemmeno a pagarlo, eccetto Draco ovviamente… Basta chiedere. Farsi aiutare non equivale ad una umiliazione pubblica, sai?-
Le sorrise, poi tornò a dedicarsi alla sua pergamena, mentre la ragazza accanto a lui si mordeva il labbro inferiore, nervosa e pensierosa.
-Mi aiuti, Zabini?- gli domandò con voce incerta.
-Blaise- la corresse lui – MI chiamo Blaise, non Zabini.-
-Chiamami Hermione allora, Blaise.-
 
Qualche giorno dopo, nel cuore della notte, alcune candele illuminavano fiocamente la cucina di Hogwarts, mentre una ragazza dai lunghi capelli castani e ricci osservava il cielo oltre il vetro di una piccola finestra.
-Granger- Più che un saluto, una constatazione dal tono stupito.
Hermione non si girò nemmeno; quel tono caldo e avvolgente, incredibilmente gentile per un Serpeverde, l’avrebbe riconosciuto ovunque.
-Zabini-
-Non fa bene alla tua reputazione girovagare di notte per la scuola-
-Teoricamente non sto girovagando.. sono ferma qui- rispose la ragazza, mentre un sorriso le illuminava il volto.
-Comunque qualcuno potrebbe pensare che tu abbia un appuntamento con qualcuno- continuò lui.
La ragazza si girò lentamente verso di lui; -Mi hai scoperta- rispose ironica.
Si guardarono: lei sembrava pronta per una corsa, con i pantaloni della tuta e una semplice canottiera bianca, mentre lui sembrava essersi preparato per una sfilata di intimo maschile.
Hermione osservò il corpo atletico del ragazzo, lasciato scoperto dai boxer e dalla vestaglia di seta lasciata aperta.
-Voi Serpeverde non usate i pigiami?- lo provocò lei con aria perplessa.
-Senti chi parla- rispose Blaise, piacevolmente stupito dall’abbigliamento notturno del Prefetto di Grifondoro, aderente e sensuale.
Si avvicinarono al tavolo, si sedettero vicini e parlarono per ore della scuola, del futuro, della guerra, delle vacanze di Natale…
-Cosa stai bevendo?- le domandò Blaise, osservando la tazza che  la ragazza teneva tra le mani e che continuava a sprigionare, ormai da ore, un fumo caldo e aromatico.
-Cioccolata- fu la risposta semplice della giovane, che allungò la tazza verso di lui –Ne vuoi un po’?-
-No, voglio solo sentire che sapore ha..-
Così dicendo, Blaise di allungò verso di lei, leccandole le labbra e baciandola con passione. Sentendo le braccia di Hermione cingergli il collo, la strinse a sé, facendola sedere a cavalcioni sulle sue gambe.
-Che cosa stiamo facendo,  Zabini?- la voce ansante di lei interruppe il bacio.
-Non lo so, Hermione- fu la roca risposta di lui –Ma chiamami Blaise, te l’ho già detto.-
Si guardarono negli occhi, lucidi e scuri per il desiderio.
-Blaise- sussurrò Hermione sulle labbra del giovane Serpeverde, prima di perdersi di nuovo in quel bacio, dolce e passionale al tempo stesso.
 
La risposta di Blaise mi aveva spiazzato e mi stava facendo soffrire.
-Te la sei scopata sul tavolo della cucina, Bla?-
Il mio tono malizioso e provocatorio non gli piacque per niente.
-Non me la sono scopata, né quella sera in cucina né in nessuna altra occasione.- Avevo sentito il suo tono duro poche volte, ma mai con me.
-Siamo amici, anche se a volte ci lasciamo.. ehm..- sembrava cercare le parole giuste -..trasportare, ecco. Non  siamo mai andati oltre dei semplici baci, per quanto spinti potessero essere..-
Il mio silenzio e la mia faccia perplessa, lo indussero a chiarire.
-Hermione è una persona fantastica. Lei cerca un affetto diverso da quello fraterno e io voglio un calore che vada oltre quello che posso trovare tra le lenzuola di un letto diverso ogni sera. Ci limitiamo a questo, al contrario di qualcun altro…- aggiunse con tono allusivo.
-Prego?- finsi di non capire.
-È inutile che fai il finto tonto con me, Draco. Me lo ha raccontato lei..-
-È stata solo una botta e via, non c’era nulla da raccontare. E poi..- Volevo continuare, ma la rabbia che esplose in Blaise me lo impedì.
-Dannazione Draco!- urlò, tirando un calcio al comodino –Fai l’amore con lei e poi la ignori per settimane, lei ti aiuta e tu praticamente le dici che è una puttana.. Poi ti cura, tu nemmeno la ringrazi e poi vieni qui a fare il geloso con me??-
Si fermò, ansante. Non urlava più, ma i suoi occhi dicevano tutto, tutto quello che pensava di me.
-Non mentire a me, Draco. Se fosse stata solo una scopata come dici tu, me l’avresti raccontata fin nei minimi particolari, come fai da quando abbiamo dodici anni…-
Continuammo a fissarci a lungo, mentre non potevo fare a meno di pensare che se fossi stato meno orgoglioso e insicuro, lei si sarebbe lasciata trasportare con me, invece che con il mio migliori amico.
Se le avessi chiesto scusa, lei avrebbe potuto trasformare il suo sfizio in una abitudine piacevole e da lì, chissà..
Ancora una volta venni strappato ai miei pensieri dalla voce di Blaise.
-È curioso, però..  Tu hai detto che è stata solo una scopata, lei ha detto di aver fatto l’amore con te..-
Sottolineò le ultime parole, mentre recuperava le sue sigarette dal comodino.
-Sei proprio un bastardo..-
Lasciò le sue parole a galleggiare nell’aria e uscì dalla stanza sbattendo la porta.
Aveva ragione.
 
 
 
Ciao a tutti!!
Ecco un nuovo capitolo, in cui si chiarisce un po’ meglio il rapporto tra Blaise ed Hermione..
Mi lasciate un commentino???
Baci Giada 

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Capitolo 7
*** Un amore particolare ***


Dopo aver lasciato la stanza di Malfoy, io e Blaise andammo a sederci in un piccolo cortile della scuola, dove, dopo ore passate a chiacchierare, gli raccontai anche quello che era successo tra me e Malfoy in quel bagno.
-Perché non me lo hai detto prima?- mi chiese.
-Non lo so.. mi sembrava di tradirti, credo..- risposi sinceramente.
-Sei innamorata di lui, Herm?-
Scossi la testa, non sapevo cosa rispondergli.
-Signore e signori- annunciò Blaise con aria canzonatoria –Hermione Granger è rimasta senza parole!!-
Gli tirai una gomitata tra le costole.
Rise.
-Sei bellissimo quando ridi, Blaise. Un giorno troverai una ragazza che lo apprezzerà quanto me, ma di cui sarai anche innamorato.-
-E tu troverai un ragazzo che abbia almeno un minimo di educazione, non come quel troglodita del mio amico.-
Ci guardammo.
-Ma fino ad allora avrò bisogno di te- continuò lui –In tutti i sensi.- Specificò poi con aria maliziosa.
-Io non ti amo, Herm, come tu non ami me. Ma quando ti bacio è come se i miei problemi si annullassero..  È più dell’attrazione fisica, ma meno dell’amore.. Non so nemmeno come spiegartelo e soprattutto non so se è giusto che sia così.- concluse con uno sguardo triste e forse un po’ colpevole.
-Non c’è bisogno di dare un nome a tutto, Blaise.- risposi, posando una mano sul suo braccio per richiamare la sua attenzione.
Lui mi sorrise e dopo avermi dato un leggero bacio sulle labbra si allontanò.
-Dove vai?-
Non mi rispose, ma si limitò ad un gesto vago e poco rassicurante della mano.
 
Alzai lo sguardo verso il cielo: grossi nuvoloni carichi di pioggia si stavano addensando sopra il castello, colorando il cielo di tutte le sfumature di grigio possibili e immaginabili.
Tutte, tranne una. Quella dei suoi occhi.
Lucidi per il desiderio, quando avevamo fatto l’amore in quel bagno.
Fieri, quando veniva insultato nei corridoi.
Orgogliosi, quando aveva fronteggiato i suoi aggressori nel corridoio.
Doloranti, quando aveva ricevuto quel calcio in pancia.
E poi sofferenti  quando Blaise mi aveva messo un braccio intorno alle spalle. Forse anche un po’ gelosi, possibile?
 
Draco Malfoy stava diventando la mia ossessione.
Per quanto lo avessi sempre odiato, il suo mondo, così diverso e lontano dal mio, mi aveva sempre incuriosito e affascinato.
Potevo solo immaginare il vuoto che la sua famiglia gli aveva lasciato in tutti quegli anni, la frustrazione di non poter essere veramente chi si è e di non poter fare le proprie scelte.
Non avevo fatto l’amore con lui per divertimento o perché volevo verificare le sue  tanto decantate doti a letto o per semplice attrazione fisica, o almeno non solo per quello.
Avevo fatto l’amore con lui perché mi ero innamorata dei suoi occhi e perché nel suo sguardo potevo vedere un Draco Malfoy diverso da quello che faceva trasparire dai suoi gesti e dalle sue parole.
 
E quando in quel corridoio l’avevo visto a terra, avrei voluto aiutarlo, fargli sentire che non era solo, che c’era qualcuno disposto a stargli vicino.
Evidentemente, però, una Mezzosangue come me non era degna di questo onore, ma solo di diventare una delle sue tante bamboline. Mi considerava poco più che una puttana.
 
All’inizio dell’anno mi sentivo disperatamente sola.
Harry era troppo occupato a vivere la sua storia con Ginny e a combattere i suoi mostri, Ron si stava godendo l’amore di una dolcissima ragazza di Tassorosso e Ginny era impegnata a raccogliere i cocci della propria famiglia e a cercare conforto tra le braccia del suo fidanzato.
Passavamo ancora del tempo insieme, certo, ma io mi sentivo di troppo.
 
Aver trovato Blaise era stata una benedizione: con lui parlavo di tutto, dei miei progetti per il futuro, dei miei genitori che erano rimasti in Australia, di quello che avevo visto in guerra.
Lui, d’altra parte, mi apriva le porte di quel mondo sotterraneo della Casata di Serpeverde che mi aveva tanto incuriosita nel corso degli anni, spiegandomi che non erano tutti esseri privi di sentimenti come poteva apparire, ma solo persone che li relegavano in fondo al cuore, dove non potevano far male.
Più che dei mostri senza cuore, delle persone che temevano di soffrire.
 
Io avevo trovato in Blaise un nuovo splendido amico.
Lui in me aveva trovato una ragazza che si affezionasse a lui, non al suo corpo.
E poi c’erano quei momenti in cui, complice magari l’atmosfera o le preoccupazioni più profonde, ci lasciavamo andare a baci appassionati e densi di emozioni.
 
Quando Blaise tornò, era più nervoso di prima.
-Tutto bene?- chiesi, ma lui non rispose alla mia domanda.
-Il mio amico è un idiota- rispose con rabbia accendendosi una sigaretta.
-Non mi piace che fumi-
-Lo so, Herm- sbuffò il fumo lontano da me –ma ora sono veramente incazzato nero e ne ho bisogno.-
-Ti chiederei di dirmi che è successo, ma so che non mi risponderesti.- Sorrise colpevole –Quindi te lo ordino- continuai compiaciuta del mio ricatto e soprattutto della sua faccia stupita e divertita al contempo.
-Mi dà fastidio come ti tratta e ancor di più il fatto che non mi dica la verità- stavo per ribattere ma mi bloccò con un gesto della mano –È inutile che ci provi, non ti dirò più niente-
Spense la sigaretta e si alzò.
-Vado a sfogarmi al Club dei Duellanti. Ci vediamo dopo cena?-
Annuii e lo osservai mentre si allontanava.
 
Tornai a fissare il cielo, ma venni distratta quando una presa salda sul mio polso mi fece alzare.
Blaise mi strinse a sé e mi baciò come non aveva mai fatto.
Mi ritrovai intrappolata tra Blaise e una colonna del porticato, tra il suo corpo caldo e il marmo freddo, rapita da quel bacio pieno di rabbia, amarezza, frustrazione, dolore.
Ero innamorata di Draco, ora lo sapevo, ma non riuscivo a sentirmi in colpa.
Volevo quel bacio per poter dimenticare il dolore che mi provocava il modo in cui mi trattava, in cui mi chiamava Mazzosangue, in cui mi teneva lontana da lui e non riusciva a esprimere ciò che i suoi occhi lasciavano trasparire.
E infatti per un istante dimenticai tutto, anche come mi chiamavo.
 
Ci staccammo con il fiato corto, ansanti e accaldati.
-Grazie- mi sussurrò prima di allontanarsi.
 
 
 
Ciao a tutti!!
In questo capitolo ho voluto chiarire (e spero di esserci riuscita) il rapporto tra Blaise ed Hermione.. lo immagino come un sentimento particolare, che non si può spiegare, che va oltre le convenzioni di amicizia e amore, ma di cui non si riesce a far a meno..
Lasciate un commento, per favore???
Grazie a tutti coloro che hanno recensito e a presto!!
Giada 

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Capitolo 8
*** "Resta" ***


(Hermione)
Il bacio di Blaise mi aveva lasciata senza fiato e completamente frastornata, non tanto per la passione, quanto per il fatto che racchiudeva in sé molto di più.
Rabbia, disperazione, possesso, rassegnazione, urgenza.
C’era qualcosa che turbava Blaise, qualcosa di cui non mi aveva parlato.
Blaise era l’uomo perfetto: intelligente, simpatico, dolce, galante e incredibilmente bello e sensuale.
Un sogno.
Il ragazzo perfetto per qualunque donna, me compresa. Avrei voluto amarlo con tutta me stessa, mi sarei risparmiata molta sofferenza.
Ma non lo amavo, almeno non nel modo in cui meritava di essere amato.
E poi, si sa, l’amore è cieco e masochista.
Alzai il volto verso il cielo ormai completamente coperto e un solo pensiero occupò la mia mente.
Draco.
Chissà come stava.
 
(Blaise)
Non appena girai l’angolo, tirai un pugno contro il muro.
Abbassai lo sguardo e osservai le nocche sporche di sangue, ma non me ne importava.
Ma come diavolo mi è venuto in mente di baciarla in quel modo??
Guardai le pietre del muro, leggermente tinte di rosso. Un rosso puro come l’oro zecchino. Ma non me ne curai.
“Io non ti amo”.. mai menzogna fu più falsa.
Lo sapevo. Me ne ero accorto quando stavo parlando con Draco e il mio cuore ne aveva avuto la conferma quando aveva cominciato a sanguinare parlandone con lei.
Era successo quello che cercavo di evitare da quando l’avevo conosciuta, da quando eravamo diventati amici e anche qualcosa in più, da quando avevamo dato inizio a quello strano rapporto che ci legava.
Mi ero innamorato di lei.
Di Hermione.
La storia più vecchia del mondo si ripeteva ancora: lui ama lei, ma lei ama l’altro. E l’altro è quasi sempre il tuo migliore amico.*
-Zabini, sei pronto?-
Solo quando un Tassorosso del sesto anno mi parlò, realizzai di essere arrivato al Club.
Ma la mia mente era altrove, o almeno, una parte di essa.
Sfogai la mia rabbia e il mio dolore contro il mio avversario, un avversario senza volto e senza nome.
Avrei potuto farli litigare.
Avrei potuto dimostrarle che ero io ragazzo giusto per lei.
Avrei potuto raccontarle la vita dissoluta e da libertino che il rampollo dei Malfoy aveva condotto fino ad allora.
Avrei potuto, ma poi non avrei saputo trovare il coraggio per guardarli negli occhi.
Ero una Serpe fuori dal comune, me lo avevano sempre detto tutti.
E avevano ragione.
Sarei stato in grado di ingannare il Ministro della Magia in persona con le mie innate capacità oratorie e la mia abilità nel recitare, ma non avrei mai avuto il coraggio di mentire ai miei migliori amici.
-Zabini, credo che basti così-
Di nuovo quella voce a disturbare i miei pensieri.
Misi a fuoco la figura davanti a me: un giovane studente e affiliato del Club dei Duellanti, legato dalle catene che avevo fatto uscire dalla mia bacchetta.
Le feci scomparire e uscii dalla stanza, mentre un pensiero che non mi aveva mai sfiorato mi colpiva in pieno.
Ero geloso di Malfoy, di Draco.
Non perché avesse più soldi o più fama di me, ma perché Hermione lo amava.
Amava lui e non me. E la realtà e la mia impotenza davanti a tutto ciò mi fecero male, molto male.
Se non potevo, o non volevo, separarli, mi sarei limitato ad allontanarmi da loro.
Forse per sempre.
 
(Hermione)
Ero riuscita ad entrare nella sala comune delle Serpi, fortunatamente vuota, minacciando un bambino del primo anno.
Non era proprio un metodo ortodosso, ma, come si dice, a mali estremi, estremi rimedi.
Raggiunsi rapidamente la camera di Malfoy e bussai con delicatezza.
Nessuna risposta.
Bussai ancora, ma non udii nessun suono.
Aprii la porta, me la richiusi alle spalle l’attimo dopo e mi voltai verso il letto.
Un dio greco…fu l’unico pensiero che il mio cervello riuscì a formulare.
Draco Malfoy dormiva serenamente, a torso nudo come l’avevo lasciato e con le lenzuola tirate a stento fino ai fianchi e aggrovigliate intorno alle gambe.
Intorno a me, tutto parlava di lui, dalle sigarette sulla scrivania, alla camicia pregiata appesa ad una gruccia, ad un comodino malandato e rovesciato, vittima probabilmente della sua furia.
Lo fissai per qualche secondo, poi notai che non dormiva proprio serenamente come poteva apparire.
Aveva i muscoli del petto contratti, le braccia tese e le mani serrate intorno alle lenzuola.
Mi avvicinai e mi sedetti accanto a lui sul letto, tenendo ancora in mano la pozione che mi ero fatta dare da Madama Chips.
-Malfoy- lo chiamai.
-Malfoy- questa volta lo scossi leggermente, ma l’unica reazione che ottenni fu un movimento improvviso con la testa.
Alcune ciocche bionde gli caddero davanti agli occhi, rendendolo, se possibile ancora più bello.
Sentii un tuffo allo stomaco e un brivido lungo la schiena.. Accidenti a lui.
Spostai i capelli dalla fronte accaldata e lo accarezzai con una mano.
Sembrò apprezzare il gesto, o forse solo il fatto che avessi le mani gelate, e strofinò la guancia bollente contro la mia mano.
Dovevo fare alla svelta, dargli la pozione e andarmene da lì, prima di farmi altre dolorose illusioni.
-Draco!- lo chiamai con voce più decisa e lui scattò a sedere, urtando il bicchiere colmo del medicinale che gli avevo portato.
 
(Draco)
Mi svegliai all’improvviso, quando una voce dolce ma decisa mi chiamò.
Aprii gli occhi e misi a fuoco il viso a cui apparteneva la voce: Hermione.
Con un gemito di dolore mi lasciai ricadere sui cuscini.
-Che diavolo ci fai qui, Mezzosangue?-
L’educazione non era mai stato il mio forte, dovevo ammetterlo, soprattutto quando mi sentivo minacciato.
E con lei accadeva praticamente sempre; minacciato dalla sua bravura, dalla sua bontà e da quello che risvegliava in me.
-Buongiorno, Mister Educazione!!- acida e tagliente come sempre, la Granger.
-Non mi hai risposto. Ti ho chiesto cosa ci fai qui- freddo come sempre, bastardo più del solito.
-Ti ho portato questa- disse sbattendo in malo modo un bicchiere sul comodino –È contro la febbre e anche per il doloro allo stomaco. Peccato che non esista qualcosa contro la tua strafottenza!-
Si alzò con la grazia che l’aveva sempre contraddistinta, guardando infastidita e scocciata una macchia appiccicosa sulla camicia.
-Smettila di fare tante storie, basta un incantesimo e si pulisce- il mio tono saccente dava fastidio a me in primis, ma ero ancora nervoso per la conversazione che avevo avuto con Blaise prima di addormentarmi.
-Allora non ti sei comprato solo l’ammissione nella squadra di Quidditch, ma anche la tua E in Pozioni. Questo è un rimedio metà Babbano e metà magico- spiegò come se fosse a lezione –e le sue componenti miscelate devono prima seccarsi per essere ripulite con la magia.-
Le sue insinuazioni sulla mia incapacità mi ferirono più di quanto lei stessa avesse voluto.
-Capirai che problema! Quella camicia sarà costata quanto un mio bottone.-
 
(Hermione)
Le sue parole mi avevano ferita, di nuovo.
Odiavo il suo modo di rinfacciarmi sempre le mie origini, ma amavo, e ormai lo sapevo, ciò che ogni tanto lasciava trasparire dai suoi occhi.
-Fottiti Malfoy- mi girai con aria stizzita, diretta verso la porta.
 
(Draco)
Vidi un lampo di delusione e dolore passare nel suo sguardo, un dolore che non avevo mai visto in anni e anni di pesanti insulti e prese in giro.
Possibile che fosse cambiato qualcosa?
Venni assalito nuovamente da quella fastidiosa fitta allo stomaco e dalla sensazione che il mio cuore stesse sanguinando.
Nella mia mente la vidi uscire, magari in lacrime per le offese non tanto velate che le avevo rivolto, e cercare conforto nelle braccia di Blaise, nei suoi baci, nel suo letto.
Li vidi cercarsi, ridere insieme, magari di me.
La vidi felice e sorridente, abbracciata all’uomo che amava. E che non ero io.
Non lo potevo sopportare, anche se sapevo che il mio amico sarebbe stato la scelta migliore per lei.
 Ero un egoista, un bastardo, un reietto, un figlio di Mangiamorte, come tutti mi ricordavano in continuazione, ma non ero un codardo.
Non potevosopportare l’idea di perderla, anche se sarebbe stata la cosa migliore per lei.
Non volevoperdere l’unica fonte di luce che avessi intravisto dalla fine della guerra e in quel momento dimenticai anche il mio stupido orgoglio.
Non ero un codardo e avrei lottato per lei, per averla.
Perché nonostante i miei buoni propositi la volevo per me, con me.
Come al rallentatore la vidi allungare la mano verso la maniglia.
-Resta-
Un sussurro così basso da essere a fatica udibile, ma sufficiente perché lei si fermasse.
-Resta-
La mia voce, questa volta più sicura, sembrò rimbombare nel silenzio della stanza.
Un silenzio così spesso e prolungato che mi fece temere di aver fatto una cazzata, di aver commesso l’errore di credere di essere stato più di uno sfizio per lei.
Ma lei di girò verso di me.
 
Ciao a tutti!!
ecco un nuovo capitolo, che, devo dire, mi piace molto.
*La frase è tratta dal film "Notte prima degli esami", mi sembra.
Grazie per le belle recensioni che mi avete lasciato. Ne aspetto delle altre!! :)
con affetto
Giada 

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Capitolo 9
*** Tentazioni ***


(Hermione)
Il cuore conosce ragioni che la ragione non conosce.
Parole sante.
Chiunque avesse sentito le parole di Malfoy avrebbe creduto che erano solo una richiesta, ma alle mie orecchie erano molto di più.
Erano meno di un ordine, più di una richiesta, quasi una preghiera. Erano la speranza che capissi anche quello che non mi aveva detto, che capissi che mi stava chiedendo scusa, che mi stava chiedendo di restare con lui nonostante i suoi difetti e quel tono odioso che usava sempre.
E il mio cuore lo capì.
 
(Draco)
Si girò verso di me, guardandomi con quello sguardo preoccupato e gentile che solo lei aveva.
Si avvicinò al letto con calma e con delicatezza posò una mano sul mio petto, spingendomi all’indietro. Preso com’ero dalla sua reazione alle mie parole, non mi ero nemmeno reso conto di essermi tirato a sedere.
-Sdraiati, non c’è bisogno di fare l’eroe- mi disse con un sorriso – e bevi questa roba- continuò porgendomi il bicchiere che mi aveva portato.
Sentivo ancora la pelle bruciare sotto il suo tocco, mentre vedevo scorrere davanti agli occhi i momenti di quando eravamo stati insieme: le sue mani che mi accarezzavano, la sue unghie conficcate nelle mie spalle..
Dovevo smetterla di pensarci o le sarei saltato addosso come un pervertito.
Afferrai il bicchiere che mi porgeva e ne ingoiai il contenuto: era risaputo che le pozioni curative avessero un sapore piuttosto disgustoso, ma questa le superava tutte.
-Ma che schifo!!- esclamai.
Lei rise alla vista della smorfia disgustata che probabilmente era comparsa sul mio viso.
-Che cosa ti aspettavi, succo di zucca?-
-In realtà, Granger, mi aspettavo che essendo la studentessa più in gamba di Hogwarts sfruttassi le tue doti per migliorare il sapore di questa robaccia!-
-Sarà per la prossima volta d’accordo?-
-Ma quale prossima volta?? Non ho intenzione di farmi pestare ancora in questo modo.- ribattei con aria offesa.
Lei rise di nuovo e cominciò a camminare per la mia camera, osservando con curiosità quello che c’era in giro.
La osservai con attenzione, perché Hermione Granger, caposcuola di Grifondoro ed eroina del mondo magico, che gironzolava per la camera del caposcuola di Serpeverde era assolutamente una visione celestiale.
 
(Hermione)
Camminai per la sua camera, un po’ per curiosità e un po’ per distogliere l’attenzione dal suo corpo seminudo e soprattutto dai pensieri che quel corpo provocava.
Mi soffermai davanti ad una mensola carica di libri: “Pozioni Proibite”, “Ascesa e Declino del Lato Oscuro nei Secoli”, “Genealogia e Alleanze di Sangue”,…
No, decisamente quelle non erano letture fatte per me, ma in fondo cosa mi aspettavo di trovare nella camera di un Mangiamorte?
Il pensiero mi colpì all’improvviso. Preoccupata com’ero per la sua salute e colpita dalle sue parole, non mi ero nemmeno accorta della presenza del Marchio Nero.
Mi girai di scatto e puntai il mio sguardo sul suo avambraccio sinistro. Sulla pelle candida spiccava il tatuaggio simbolo di Voldemort, anche se più sbiadito di altri che avevo visto ai processi che si erano tenuti quell’estate dopo la sua caduta.
Mi accorsi che Malfoy aveva notato il mio sguardo e mi voltai imbarazzata, continuando a osservare la sua camera.
 
(Draco)
Si era girata di scatto e per un secondo avevo pensato, e sperato, che stesse per corrermi incontro e baciarmi appassionatamente.
Invece il suo sguardo disgustato e terrorizzato si era fissato sul mio Marchio.
Si era voltata di nuovo, imbarazzata e forse anche spaventata da me, ma perlomeno non era fuggita.
-Ti aspettavi di vederlo nero e lucente e in piena attività, o di non vederlo affatto?- chiesi con una nota di cattiveria e ironia nella voce.
-Vuoi la verità, Malfoy?-
Tremai al pensiero della sua risposta.
-In realtà non ci avevo né pensato né ci avevo fatto caso. Diciamo che non era il mio primo pensiero-
-Eri troppo occupata a contemplare il mio fisico, Mezzosangue?- la presi in giro, passandomi lascivamente una mano sugli addominali, e lei mi tirò in faccia un maglione che avevo lasciato sulla scrivania.
Mi divertivo a provocarla.
 
(Hermione)
-Posso?- chiesi, indicando una cornice su una mensola e cambiando discorso.
Malfoy emise un verso neutro in risposta, che io interpretai come un assenso.
Presi la cornice e osservai la foto: ritraeva lui e Blaise, stupendi nelle loro divise da Quidditch, all’inizio del campionato della scuola di quell’anno. Sullo sfondo, alcune persone confabulavano tra loro, additando Malfoy con sguardo adirato e schifato.
-È molto bella- commentai. Forse non era il massimo dell’originalità come commento, ma era la verità.
-Sì. Immagino che il merito sia dei soggetti, non trovi?-  lo guardai, con stampato in faccia il suo solito ghigno strafottente e affascinante.
-Granger- mi chiamò poco dopo –Tieni, mettiti questa-
Mi porse una camicia bianca, probabilmente di alta sartoria, e davanti al mio sguardo perplesso continuò: -Così ti togli quella sporca e appiccicosa che hai addosso.-
-Posso usare il bagno?- domandai educatamente.
-E perché? Ti ho già vista nuda e non mi pare che ti avesse dato così fastidio- un sorriso malizioso gli illuminò il volto –O forse hai qualcosa da nascondere.. Sai, Mezzosangue, conosco molto bene i segni di Blaise, sarei curioso di vedere come stanno su di te..-
Ancora una insinuazione: mi stava sfidando?
 
(Draco)
Ero riuscito a dare alla mia voce un tono ironico e malizioso, ma in realtà stavo morendo dalla curiosità. Vedere i segni rossi di Blaise sul suo corpo sarebbe stata la conferma che tra loro due c’era qualcosa di più profondo dell’amicizia, una conoscenza ben più intima.
Assottigliò gli occhi con aria di sfida e senza staccare lo sguardo da me sbottonò con lentezza esasperante i bottoni della camicia.
La fece scivolare lungo la spalle e rimase in reggiseno. Sul suo corpo, nessun segno.
-Contento??- mi lanciò addosso la sua camicia e si infilò la mia.
-Almeno hai avuto la gentilezza di non darmene una con lo stemma dei Serpeverde…- commentò acida.
Mi stava servendo la battuta su un piatto d’argento e nemmeno se ne rendeva conto.
-Beh, non mi sembra che in realtà ti faccia così schifo la Casata di Serpeverde. O quantomeno i ragazzi di Serpeverde, vero Granger?-
-Ti ho mai detto che mi dai sui nervi, Malfoy?- mi rispose infastidita, appoggiandosi al muro.
-Guarda che non ho la lebbra.. ti puoi sedere vicino a me, prometto che non ti toccherò nemmeno con un dito- sollevi le mani in segno di resa.
Mi fissò un po’ dubbiosa, poi si avvicinò e si lasciò cadere sul letto accanto a me.
-Almeno, fino a che non sarai tu a chiedermelo…-  le sussurrai all’orecchio con voce roca e sensuale, strusciando la mie labbra sulla sua pelle.
Dio, se la volevo.
 
Buongiorno!!
ecco il nuovo capitolo, non succede molto, è un po' di passaggio ma credo che chiarisca bene il rapporto tra Draco ed Hermione.
si provocheranno sempre, altrimenti non sarebbero più loro.
Grazie a coloro che hanno recensito!
mi lasciate un nuovo commentino?? :)
Baci
Giada 

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Capitolo 10
*** Conoscersi ***


(Hermione)
-Piantala di fare il deficiente, Malfoy! Anche se capisco che ti risulti difficile nascondere la tua vera natura!-
Non riuscivo proprio a non ribattere, soprattutto perché se mi avesse parlato ancora una volta con quel tono, non avrei risposto più delle mie azioni!!
Ero seduta vicino a Malfoy, il ragazzo di cui mi ero innamorata nonché  la personificazione del sesso e della lussuria, per di più mezzo nudo e nel suo letto!!
Un attentato alle povere coronarie di qualsiasi ragazza!!
-Ma come sei sboccata, Granger! Mi domando come tu abbia fatto a conquistare Blaise con questi modi!-
Voleva fare battutine ed insinuazioni maliziose? L’avrei accontentato!
-E chi ti dice che l’abbia conquistato con le mie buone maniere? Magari ho utilizzato altre.. come dire.. doti nascoste.- gli sorrisi –O forse non credi che ne sarei capace?- continuai sporgendomi verso di lui e accarezzandogli il torace.
Davanti alla sua espressione sconvolta e perplessa scoppiai a ridere, gettando la testa all’indietro e lasciandomi cadere sui cuscini.
-Oddio Malfoy, dovevi vedere la tua faccia!!-
Malfoy però non sembrò apprezzare il fatto di essere deriso da una sporca Mezzosangue. O forse il sangue non contava più, semplicemente non gli andava a genio l’idea di essere deriso.
-Ti sei divertita Granger?- mi apostrofò con aria scocciata e infastidita.
 
(Draco)
Smise di ridere, conservando però ancora un luminoso sorriso.
-Non sai quanto!! Comunque, a parte gli scherzi, non so come abbia fatto a “conquistare” il tuo amico- mi confessò con lo sguardo perso al di là della finestra –Credo sia iniziata un giorno in biblioteca.. Io stavo studiando e lui..-
-Sì, lo so. Me lo ha già raccontato il tuo spasimante..- la interruppi io con aria cupa, ripensando alla discussione avvenuta poche ore prima, ma lei non parve farci caso.
-Vuoi dire che Blaise ti ha raccontato tutto quello che è successo tra noi?- mi domandò con aria preoccupata.
Un colpo al cuore.
“Tutto quello che è successo tra noi”?
Nonostante quello che mi avevano detto entrambi, infatti, non ero riuscito a cancellare l’idea che lei avesse fatto l’amore con lui. E questo pensiero, ormai il mio pensiero fisso, mi stava consumando e facendo impazzire.
-Hai mai fatto l’amore con lui?- mi feci serio, avevo bisogno di risposte chiare e sapevo che lei mi avesse risposto mi avrebbe detto solo la verità.
-Ma che domanda è??- mi chiese imbarazzata – noi.. cioè io.. insomma lui..-
-Dannazione Granger!!- esclamai esasperato – Sei venuta  a letto con me dopo sei anni di insulti senza problemi e non trovi il coraggio di dire un maledetto monosillabo?!? O sì o no, Mezzosangue, non ti ho chiesto il resoconto della tua vita sessuale!-
Rimase a fissarmi per  qualche istante; era probabilmente il discorso più lungo che le avessi mai fatto.
E per di più non ero nemmeno riuscito a nascondere l’irritazione e il bisogno che sentivo.
 
(Hermione)
Era infastidito? Forse anche un po’ geloso?
Ormai non avevo più dubbi, soprattutto per i lampi di rabbia che attraversavano le sue iridi argentee.
E la cosa mi lusingava, anche se parlare del tipo di rapporto che avevo con il suo migliore amico non era certo la mia massima aspirazione.
-No, Malfoy,- gli risposi dolcemente –Non ho mai fatto l’amore con Blaise. Contento?-
Aspettai una sua risposta, che però non arrivò, così ricominciai a parlare.
-Non so spiegare il rapporto che ho con Blaise. È un amico fantastico, quasi come Harry, ma con lui c’è anche qualcos’altro. È bello e c’è una sorta di attrazione puramente fisica, cosa che con Harry non è mai successa. Non sono innamorata di lui, come lui non lo è di me, ma è più dell’affetto fraterno..-
Mi interruppi bruscamente, non appena realizzai la situazione assurda che si era creata.
-Scusa, non ti volevo annoiare, ma non so con chi altri parlarne..-
-La Weasley? Potter?- mi chiese realmente incuriosito.
-Beh ecco, lei è troppo presa da Harry, Harry ha i suoi problemi e comunque non mi sembra il caso di parlare con lui della mia vita sessuale e amorosa.. è sempre un ragazzo..-
-E io cosa sono secondo te? Un manico di scopa?- mi domandò punto nell’orgoglio.
-Guardando il colore dei tuoi capelli ci si potrebbe anche confondere..- provai ad insinuare, ma una sua occhiata torva bastò a farmi desistere –E poi con te è diverso,non siamo mai stati amici e quindi non ho quel senso di pudore che ho con loro.-
-Oh, lo so benissimo che non hai alcun senso del pudore con me..-
Mi guardò ancora con un aria furba e, quando finalmente capii cosa intendesse, assunsi tutte le tonalità di rosso esistente.
-Malfoy!!- esclamai indignata, tirandogli una manata poco fine sul braccio.
-Ah!!-  il suo urlo mi fece realizzare che se ero in camera era perché era stato picchiato brutalmente.
-Granger, mi vuoi uccidere? Vuoi terminare quello che hanno cominciato mio padre e quei tizi di oggi?-
-Scusa, non volevo, giuro!- mi affrettai a scusarmi.
-Sì lo so che non hai fatto apposta..-
Un attimo di silenzio, poi realizzai quello che aveva appena detto.
-Tuo padre, Malfoy? Che cosa vuol dire che tuo padre ha cercato di ucciderti?- mi girai preoccupata verso di lui  in attesa di una risposta; non potevo credere che ci fosse qualcuno capace di uccidere il proprio figlio.
 
(Draco)
Era troppo intelligente e sveglia, l’avevo sempre detto.
Mi aveva fatto proprio la domanda che speravo non mi facesse; ne avevo parlato solo con Blaise, perché sapevo che in tutti gli altri generava compassione e pena.
Mi limitai a fissare la maniglia della porta, perché, anche se una parte di me urlava il suo bisogno di aprirsi con lei con la certezza che mi avrebbe capito, l’altra aveva paura che lei mi vedesse come un debole, incapace di reagire e combattere.
 
(Hermione)
Avevo visto i suoi occhi velarsi e incupirsi alla mia domanda.
Ero stata indelicata, ma speravo che lui si volesse confidare con me. Volevo capire cosa aveva passato per diventare un Mangiamorte. Avevo bisogno di sapere che non aveva fatto quella scelta di sua spontanea volontà, ma condizionato dalla sua famiglia e dal suo passato.
Volevo la certezza che fosse davvero come io lo vedevo.
-Scusa non volevo- mormorai abbassando lo sguardo.
-Ehi..- mi sollevò il viso con due dita, delicatamente –Non è un problema, davvero. Non è colpa tua se la mia vita è stata.. beh, diciamo burrascosa.-
Distolse lo sguardo dai miei occhi e cominciò a giocare con una ciocca dei miei capelli, studiandola attentamente.
-Vedi, Granger, mio padre è stato allevato con in modo ferreo, con una disciplina militare, la stessa che poi ha deciso di insegnare a me. Per lui l’obbedienza e l’onore della famiglia vengono prima di tutto. E chi disobbedisce deve essere punito.-
Fece una breve pausa, come per ricollegare il filo dei suoi pensieri; poi continuò.
-Ho sempre amato mio padre, come è normale che sia, ma nel tempo i suoi modi di.. educarmi, diciamo.. mi hanno fatto capire che l’immagine di grand’uomo che mi ero costruito di lui non era reale, che in realtà era solo un animale. Quando dico che mi ha quasi ucciso non intendo dire che l’abbia fatto direttamente, semplicemente che non si è mai fatto problemi a prendermi a cinghiate o a usare qualche Cruciatus.-
 
(Draco)
Quasi non avevo terminato di parlare che mi ritrovai sommerso da una marea di riccioli scuri.
 Hermione mi stava abbracciando come se fosse la cosa più naturale del mondo, come se fosse normale consolare il proprio nemico di sempre che negli anni è stato picchiato a sangue e torturato dal padre.
Rimasi immobile per qualche istante, poi, come era successo poche volte nella mia vita, feci solo quello che volevo davvero fare.
La strinsi a me e mi sentii in pace con il mondo.
 
Ciao a tutti!!
Come è già successo per il capitolo precedente, in questo capitolo non succede qualcosa di preciso, ma è necessario per descrivere il rapporto tra Draco ed Hermione.
Io comunque lo trovo molto carino.
Sto ultimando il prossimo capitolo, quindi è possibile che lo pubblichi prima del previsto: spero che possa farvi piacere!!
Grazie a chi ha commentato e a chi commenterà questo capitolo!
Baci
Giada
   

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Capitolo 11
*** Sorprese notturne ***


(Draco)
Continuai a stringerla a me sperando, come era già successo tre settimane prima in quel bagno, che il tempo non passasse mai.
Appoggiai il mento alla sua testa, beandomi del senso di pace che sapeva donarmi un contatto così intimo e delicato.
-Hai fame?- mi chiese senza alcuna logica precisa, alzando il volto verso il mio.
-Un po’, ma non ho molta voglia di scendere, anzi di salire- risposi, alludendo al fatto che il dormitorio della mia Casa si trovava nei sotterranei.
-Non c’è problema.. Kreacher!!!-
Un attimo dopo un piccolo essere verde era apparso nella mia camera e si stava esibendo in una serie di inchini goffi e profondi.
-Padroncina Granger, che piacere vederla.. Kreacher è sempre contento di vedere gli amici di Harry Potter… Kreacher si domanda cosa può fare per la padroncina Granger-
La parlantina ininterrotta dell’elfo domestico venne bloccata da Hermione: -Ciao Kreacher, anche io sono contenta di vederti. Mi porteresti  un vassoio con della pasta e delle patate arrosto.. e una brocca di succo di zucca, per favore??-
-Subito, padroncina! Kreacher è contento di poter servire la padroncina!-
Senza nemmeno darle il tempo di ribattere scomparve con un rumore secco.
Mentre Hermione era in bagno e attendevo il ritorno dell’elfo, mi appoggiai alla testiera del letto.
Non volevo solo  il suo corpo.
Volevo lei.
 
(Hermione)
Uscii dal bagno nel momento in cui arrivò anche Kreacher con un vassoio colmo di cibo e una brocca di succo.
-Grazie Kreacher, verrò a trovarti spesso, promesso!!!-
Dopo una lunga serie di ringraziamenti e buffi inchini, si smaterializzò nelle cucine.
Presi il vassoio e mi sedetti sul letto accanto a Draco, bilanciandolo sulle ginocchia e porgendogli una forchetta. Cominciammo a mangiare in silenzio, finchè lui non parlò.
-Cosa vuoi fare nella vita, Granger?-
Mi aveva colta alla sprovvista, non tanto perché non sapessi cosa fare, quanto perché non mi aspettavo che volesse fare conversazione. Sembrava davvero interessato a me.
-Vorrei seguire un corso di Medimagia, sai, mi piace aiutare le persone..-
-L’avevo notato..- commentò lui, sorridendo e indicando il proprio stomaco, dove ormai l’ematoma era quasi scomparso del tutto.
-E tu invece, Malfoy? Cosa vuoi fare adesso che sei libero di scegliere?-
-Lavorare al Ministero nella sezione delle Relazioni Magiche Internazionali, anche se dubito che dopo i casini che ha fatto mio padre accetteranno di darmi un posto.- rispose insicuro e con una punta di amarezza nella voce.
Un nuovo lato della sua personalità, che mi sorprese.
-Basta che tu sia capace di mostrare al mondo il vero Draco Malfoy, quello in gamba e intelligente, non il bastardo razzista Purosangue.-
Riuscii a strappargli un sorriso, uno di quelli veri e sinceri, e per me era una grande vittoria.
 
(Draco)
Continuammo a mangiare finché la sua nuova domanda non mi fece andare di traverso una forchettata di pasta.
-Sei mai stato innamorato, Malfoy?-
-Granger, hai presente con chi stai parlando?- risposi non appena ebbi fiato –Sono sei anni che vado a letto ogni sera con una ragazza diversa, spesso alla mattina non ricordo nemmeno il nome o il viso di quella con cui sono stato.. Per me le donne sono sempre state un passatempo, anche perché mi ero rassegnato ad un matrimonio combinato, come quello che di cui mi aveva sempre parlato mio padre.- sputai l’ultimo parola con disgusto, come una medicina inutile e amara.
Era sorprendentemente facile e liberatorio parlare con lei.
-E tu?- alla mia domanda, Hermione si aprì in un dolce sorriso.
-No, credevo di essere innamorata di Ron, ma abbiamo capito che era solo affetto unito alla paura della guerra, al timore di non vivere abbastanza per trovare davvero l’amore.-
-Un po’ come con Blaise..- mormorai e mi pentii subito delle mie parole: sembravo dannatamente geloso e insicuro.
E lo ero.
 
(Hermione)
-No- risposi, notando che ogni volta che parlavamo d’amore lui nominava il suo amico –Sono certa di non amare Blaise, perché ora so cos’è l’amore e non lo confonderei con nient’altro.–
Lo guardai a lungo negli occhi, pieni di ombre e sfumature come la sua anima e probabilmente anche il suo passato. Mi guadava come se non ci fosse stato altro nella stanza, come se tutto il mondo avesse perso colore, importanza, forma.
Spostammo il discorso su argomenti meno impegnativi come il campionato di Quidditch di quell’anno, le vacanze di Natale, i M.A.G.O. sempre più vicini, gli assurdi vestiti della nuova insegnante di Babbanologia..
-Io vado Malfoy. Devo finire di studiare e sto morendo di sonno. Rimani sdraiato e limita l’attività fisica per questa notte- terminai con un tono malizioso che lui colse al volo.
 
(Draco)
-Oppure potresti rimanere qui.- proposi, cercando di nascondere quanto desiderassi che accettasse.
-E dormo nuda?- mi guardò perplessa, con un sopracciglio alzato.
Sogghignai alla vista di quell’espressione così simile alla mia.
-Volendo.. ma io intendevo con la mia camicia.-
La vidi mordersi il labbro inferiore, pensierosa e dannatamente sexy.
-Granger, io vado a farmi una doccia- “fredda” aggiunsi mentalmente –Tu pensaci intanto-
Mi rifugiai in bagno per calmare i miei bollenti  spiriti, ma fu totalmente inutile, visto che quando uscii la trovai vicino alla scrivania con solo la mia camicia, bianca e quasi trasparente, addosso.
Mi sdraiai sul letto e lei mi si avvicinò, offrendomi una visione perfetta delle sue gambe.
Urgeva un’altra doccia fredda.
 
(Hermione)
-Granger, mi stai provocando?- mi disse con voce roca, spogliandomi con gli occhi e risalendo con la punta delle dita la mia coscia.
-Perché, funziona, Malfoy?- stavo perdendo il controllo, e anche lui.
Mi tirò per un polso, facendomi finire sopra di lui.
-Assolutamente sì, Granger- mormorò prima di baciarmi con impeto.
Mi sistemai meglio su di lui, mettendomi a cavalcioni e strappandogli un gemito.
All’improvviso il modo intorno a me sparì, diventando un insieme insignificante di minuscole particelle.
Per quanto mi riguardava tutto ciò che contava era il corpo di Draco premuto contro il mio, le sue labbra che cercavano le mie, le sue mani che mi accarezzavano le gambe.
Solo lui.
Di nuovo mio.
 
(Draco)
Questa ragazza era una sorpresa continua.
Mi stava mandando al manicomio e la desideravo da impazzire, ma lo stomaco mi faceva ancora male.
Ci baciammo a lungo, senza sosta, così vicini che sembrava che i nostri corpi si fondessero.
Mi staccai dopo quelle che parvero ore, facendola scivolare al mio fianco e stringendomi a lei.
-Dormi, Granger- le intimai con il fiato corto –altrimenti ti stupro per davvero-
La sua risata sommessa e divertita riempì la stanza, mentre con un gesto della bacchette le candele si spegnevano.
-E comunque- mormorai quando il suo respiro divenne regolare e rilassato –non mi sono comprato l’ammissione nella squadra di Quidditch né la E in Pozioni.. Sono le uniche cose che so fare per davvero-
Sapevo che, visto che dormiva, non mi poteva sentire, ma volevo lo stesso togliermi un peso.
-Lo so- mi rispose in un sussurro.
Rimasi immobile, avevo fatto la figura dell’idiota.
Ma infondo ero anche felice che non mi considerasse un’incapace.
 
(Blaise)
Non avevo visto Hermione a cena. E neppure dopo.
Decisi di parlarle il giorno seguente, inventando una scusa per quel bacio disperato.
Dovevo allontanarla prima che scoprisse la verità, perché era ovvio che se avesse capito che l’amavo il nostro rapporto sarebbe precipitato.
D’altra parte non potevo nemmeno ignorarla da un giorno all’altro: si sarebbe insospettita.
Meglio prendere le distanze gradualmente, inventando scuse e impegni inesistenti ma credibili.
Passai la serata con alcuni ragazzi dell’ultimo anno al Club dei Duellanti, ormai il punto di ritrovo fisso per tutti coloro che volevano sfogare le ansie e le proprie preoccupazioni.
Quando finimmo di esercitarci e dopo aver fatto un paio di partite a poker e giri di Whiskey Incendiario, mi incamminai verso il mio dormitorio.
La sala comune era silenziosa, sebbene molti ragazzi fossero ancora svegli a chiacchierare con i rispettivi amici.
Notai l’assenza di Draco e decisi di parlargli e di informarmi sul suo stato di guarigione.
Era pur sempre il mio migliore amico e in fondo non era colpa sua se si era innamorato di Hermione.
Al cuor non si comanda e per di più lei era una persona splendida.
Mi diressi a passo sicuro verso la sua camera  e l’aprii senza far rumore: non volevo svegliarlo inutilmente.
Errore.
Grandissimo errore.
Il sangue si ghiacciò nelle mie vene non appena realizzai la scena che mi si parò davanti agli occhi e per qualche istante rimasi immobile per la sorpresa.
Hermione e Draco.
Nel suo letto.
Seminudi.
Lei a cavalcioni su di lui.
Come aveva fatto con me la prima sera in cucina.
Richiusi silenziosamente la porta e mi appoggiai alla parete.
Un suono.
Il mio cuore che cadeva in pezzi.
 

Buongiorno!
Ecco il nuovo capitolo, a breve anche il prossimo.
Come potete vedere, ho corretto gli avvertimenti aggiungendo OOC, che mi ero dimenticata di impostare. Per questo ringrazio la lettrice che me lo ha fatto notare!
Grazie a coloro che hanno recensito.
Lasciate un commento, per favore, perché sono un po’ in crisi e non so se sia il caso di continuare questa ff.
Baci a tutti
Giada   

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Capitolo 12
*** Risvegli ***


(Blaise)
La mattina dopo mi svegliai in un letto non mio, abbracciato ad una ragazza di Corvonero di cui ricordavo a stento il nome.
Eileen, Elle, Helen… qualcosa del genere.
L’avevo conosciuta la sera prima, era una cugina di una del quinto anno di Serpeverde. Avevamo parlato un po’, era una ragazza simpatica e molto bella. Poco dopo eravamo finiti nel suo letto, dove ero rimasto fino a quel momento.
La guardai, stesa accanto a me, avvolta nelle coperte e con una mano posata sui miei addominali.
Poi la sua figura sparì, sostituita da lunghi capelli castani, un corpo più morbido e maturo…
Scossi la testa come per cancellare l’immagine di Hermione dal mio cervello.
Cominciai a rivestirmi e prima di andarmene le posai un bacio sulle labbra.
In fondo lei non aveva colpa, non si meritava di essere usata per sfogare il mio dolore e cancellare la mia frustrazione.
-Blaise..- mugugnò nel dormiveglia.
Ma non era la sua voce che volevo sentire.
Non le risposi e uscii dalla sua stanza.
Camminai in lungo e in largo per i corridoi di Hogwarts, mentre un piano prendeva forma nella mia mente.
L’unico modo per convincere Hermione ad allontanarsi da me era farle capire che non avevo più tempo da dedicarle, forse trascurarla un po’ e farle credere che ero tornato ad essere la Serpe di sempre.
Il Quidditch, ripetizioni che mi permettessero di tentare la carriera di Auror, una ragazza diversa ogni notte come negli anni passati, il Club dei Duellanti..
Qualsiasi scusa sarebbe andata bene, anche perché comunque lei sarebbe stata impegnata con Draco.
Draco, il mio migliore amico.
Avrei dovuto allontanare anche lui, ma questo non costituiva un vero problema, perché, intelligente come era, aveva di sicuro già capito che cosa mi tormentava.
L’avrei perso per sempre.
Mi accorsi di essere arrivato in un bagno del sesto piano. Fissai la mia immagine allo specchio, poi il ricordo di ciò che avevo visto la sera prima mi colpì e, furioso, tirai un pugno allo specchio.
Un dolore atroce alla mano.
Non mi importava.
Il sangue che colava e sporcava il lavandino.
Non mi importava.
Qualche scheggia brillante conficcata nella carne.
Non mi importava.
Scivolai lungo il muro e seduto per terra piansi, come non avevo mai fatto nella mia vita.
Al diavolo l’orgoglio, non mi importava più.
Non le avevo confessato quello che provavo per lei quando potevo, e ora il rimpianto mi stava distruggendo.
 
(Draco)
Quando mi svegliai, il primo pensiero fu che dovevo andare a lezione e non ne avevo voglia.
Il secondo fu che non dovevo andare a lezione: era domenica.
Il terzo fu che ero abbracciato al corpo caldo di Hermione, che dormiva beatamente con la testa appoggiata alla mia spalla e le gambe intrecciate alle mie.
-Granger- chiamai, ma ottenni solo un mugolio infastidito.
-Granger-  provai di nuovo, ma lei si limitò a strusciarsi su di me, come per cercare più calore.
-Granger, muoviti, sono le otto meno un quarto e abbiamo la McGrannit alla prima ora-
Era una bugia, ma la mia bellissima Mezzosangue scattò a sedere.
-Cosa??-
Risi sommessamente e, circondandole la vita con un braccio, l’attirai a me.
-Rilassati, Granger, è domenica-
-Malfoy, stai scherzando vero?! Mi hai svegliato per niente!!- esclamò, assottigliando pericolosamente lo sguardo e alzando la mano per tirarmi quello che, ne ero certo, sarebbe stato un colpo poco delicato sul mio braccio.
La fermai subito, avvicinando le mie labbra al suo polso, baciandolo nel punto in cui si intravedeva la linea bluastra delle vene.
-Mezzosangue..- soffiai con le labbra ancora a contatto con la sua pelle.
La osservai: aveva gli occhi socchiusi, la testa leggermente inclinata di lato e i capelli un po’ scompigliati.
Mi stava mandando in estasi.
La volevo.
-Mezzosangue- ripetei posandole un altro lieve bacio sul polso –Fai l’amore con me.-
Mi fissò sconcertata e un po’ sorpresa, ma dopo qualche istante si riprese e mi baciò.
 
E, si sa, un bacio vale più di mille parole.
 
(Draco)
Fare l’amore con lei, fare davvero l’amore con lei, sapendo che mi voleva completamente, ombre del mio passato e presente comprese, mi faceva sentire libero.
Finalmente libero.
Mi accettava per quello che ero e che ero stato negli anni precedenti. E me lo confermò nella sua disarmante semplicità.
-Malfoy- bisbigliò contro il mio collo.
-Draco- la corressi –Quando sono con te voglio essere solo Draco-
Ero orgoglioso del mio casato e della mia nobiltà, ma non ero orgoglioso di ciò che il mio nome significava per il mondo magico. Servilismo e razzismo.
-Draco..- mi assecondò lei, alzando il mio braccio all’altezza del suo viso e posando un lieve bacio sul mio Marchio Nero.
Mi volevo per quello che ero.
Non Draco, non Malfoy.
Draco Lucius Malfoy.
 
(Hermione)
Avevo fatto l’amore con Draco donandogli tutta me stessa e questa volta sapevo che per lui era lo stesso.
Mi aveva chiesto di fare l’amore con lui.
E per me in quelle parole e nello sguardo che le aveva accompagnate era contenuto tutto ciò di cui avevo bisogno.
Rimasi abbracciata accanto a lui, che mi accarezzava con aria assorta i capelli e le spalle.
Dopo quelle che parvero ore, mi scostai e cominciai a rivestirmi.
-io oggi vado a Hogsmead con Blaise, gliel’ho promesso settimane fa.. ci vediamo là?- alle mie parole il suo sguardo si rabbuiò e la linea della mascella si indurì in modo palese.
-Non lo so, Granger- l’uso del cognome mi lasciò un po’ perplessa, visto che poco prima non aveva fatto altro che ripetere il mio nome.
-Nott mi ha detto che forse avrebbe avuto bisogno di me oggi, quindi prima devo sentire lui..-
Era chiaramente scocciato, ma perché? Possibile che fosse per Blaise? Avevo notato che ogni volta che lo nominavo diventava improvvisamente freddo.
Impossibile che fosse per quello, in fondo era il suo migliore amico.
Sentivo, però, che c’era ancora qualcosa che non mi aveva detto.
-Ma non è solo per Nott, vero?- lo incalzai.
-No- rimase un attimo in silenzio, come soppesando le parole.
 
(Draco)
Che cosa le dovevo dire?
“Non voglio venire a Hogsmead con il mio migliore amico perché si è innamorato anche lui di te e ho solo una gran voglia di prenderlo a pugni”?
No, non mi sembrava una bella idea, così decisi di sorvolare e dirle qualcosa che era meno della verità completa, ma non era nemmeno una bugia.
-Non credo sia una buona idea farci vedere insieme. Insomma, tu sei..-
-Lascia perdere, ho capito.- mi interruppe con tono seccato –Ci vediamo Draco-
Uscì dalla mia camera sbattendo la porta.
Non aveva capito proprio nulla.
Non intendevo che lei era una Mezzosangue e quindi indegna di farsi veder con me, gliel’avevo già dimostrato quella mattina che del suo sangue non me ne importava un accidente.
Non volevo farmi vedere con lei perché io ero un reietto, la feccia della società, il Purosangue Mangiamorte che per qualche strana ragione era riuscito a non finire ad Azkaban.
Dovevo parlarle.
 
 
 Ciao a tutti!
Chiedo scusa per il ritardo, ma come vi ho detto sono un pochino in crisi.
Cercherò di aggiornare al più presto, ma non so esattamente quando, perché comincio domani l’università e non ho idea di quanto tempo avrò a disposizione.
Ringrazio coloro che hanno recensito lo scorso capitolo!! J
Come vedete, ho aggiunto all’inizio di ogni spezzone il nome fra parentesi di chi parla, come mi aveva suggerito una lettrice.. ho una domanda: secondo voi è utile o rallenta un po’ la lettura?
Fatemi sapere e lasciate un commentino, please!!
Un abbraccio
Giada 

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Capitolo 13
*** Hogsmeade ***


(Blaise)
Stavo flirtando con una bella ragazza, per convincerla a disertare la gita ad Hogsmeade e passare del tempo con me.
E mi stavo annoiando come mai nella mia vita.
Non lo facevo per interesse, solo per trovare qualcosa di alternativo da fare e distrarmi da lei.
Non c’era passione in quello che facevo, solo abitudine e gesti perfezionati.
Parole già dette, gesti già compiuti, sguardi scontati e meccanici.
Una mano sul suo fianco, l’altra appoggiata al muro accanto al suo volto.
La mia guancia sulla sua, il mio alito caldo contro il suo collo.
Rise sommessamente.
Aveva una bella risata, sincera e limpida, ma non bella quanto la sua.
-Blaise- la sua voce mi chiamò e la distinsi anche al disopra del vociare confuso degli studenti che affollano l’ingresso.
Pregai Salazar Serpeverde in persona affinché qualcuno la distraesse dal proposito di venire qui a parlarmi.
-Blaise!-la sua voce era più vicina.
Diedi appuntamento alla bionda davanti a me all’ingresso della sua Sala Comune, le posai un bacio sul collo e mi voltai, stampandomi in faccia un sorriso quanto più sincero possibile.
 
Si stava avvicinando sorridente e quando fu abbastanza vicino si lanciò tra le mie braccia, come aveva sempre fatto negli ultimi mesi.
La strinsi a me e assaporai la sensazione del suo corpo premuto contro il mio, fingendo che Draco, e ciò che era successo tra loro, non esistessero.
-Scusa, Blaise, se ieri sera ti ho dato buca, solo che sono andata da Draco per vedere come stava.. poi però abbiamo cominciato a parlare…-
Distolsi la mia attenzione dalle sue parole, notando che il suo profumo, che mi piaceva così tanto, era mischiato ad un altro.
Tabacco e muschio. Il profumo di Draco.
Sentii qualcosa rompersi dentro di me, di nuovo.
Mi staccai da lei bruscamente, forse fin troppo.
-C’è qualcosa che non va?- mi domandò preoccupata dalla mia brusca reazione.
-No, solo che ho un impegno con una ragazza. Sai, non è educato farsi aspettare.-
-Ma dovevamo andare ad Hogsmeade insieme!-ribatte.
In un’altra occasione avrei capito che era dispiaciuta di non poter passare del tempo insieme, ma in quel momento non ero lucido.
Ero accecato dalla delusione.
Avrei voluto vedere nei suoi occhi la stesa rabbia e gelosia che sapevo esserci stata nei miei quando mi stava parlando di lui poco prima.
-Dovresti ringraziarmi, invece di fare la finta dispiaciuta!- sputai con cattiveria.
-Finta dispiaciuta?- ripeté incredula –Blaise, ma che cavolo stai..?-
La interruppi, sopraffatto dalla rabbia.
-Su, Granger- la derisi,sottolineando il cognome come facevo gli anni passati –Ora puoi tornare a rotolarti tra le lenzuola con Draco, non sei felice??-
Ero stato cattivo, crudele.. una vera Serpe, come lei non mi aveva mai visto essere.
I suoi occhi spalancati e leggermente lucidi mi fecero, però, rinsavire.
-No scusa, Herm. È che oggi mi sono alzato con il piede sbagliato.- lei sembrò distendersi un po’.
-Ora vado. Ci vediamo.- le posai un rapido bacio sulla guancia e mi allontanai stringendo i pugni.
 
(Draco)
Avevo trovato Nott impegnato in una partita a poker. Stava perdendo parecchi galeoni e il favore che mi aveva chiesto sembrava essere l’ultima delle sue preoccupazioni.
L’idea di passare la mia giornata chiuso in camera a rimuginare non mi allettava per niente. Continuavo a pensare a lei. Anzi, a lei e Blaise insieme.
Si era offesa per le mie parole, senza capire nulla di quello che le volevo realmente dire, e poi se ne era andata senza darmi il tempo di chiarire.
E se avesse cercato conforto in Blaise?
L’idea che lui la toccasse dopo che avevamo fatto l’amore mi faceva impazzire.
Mi vestii in fretta e lasciai il castello.
Direzione: Hogsmeade.
 
Era ormai metà novembre e il freddo pungente dell’inverno scozzese si insinuava anche sotto i vestiti.
Camminavo per le vie di Hogsmeade lentamente, sbirciando all’interno dei negozi e dei locali, cercandoli, mentre il mio respiro di condensava davanti ai miei occhi.
Quando la trovai era sola e stava guardando la vetrina di una libreria specializzata in manoscritti magici e babbani antichi.
La guardava, ma non la vedeva. Era persa nei propri pensieri.
-Non hai capito proprio nulla, Mezzosangue.- le dissi, raggiungendola e affiancandola.
-Prego?- chiese, fissandomi nel riflesso della vetrina.
-Ho detto che non hai capito nulla di quello  che volevo dire prima in camera.-
-Ho capito benissimo, invece, Malfoy- mi rispose ad alta voce, chiaramente nervosa e spazientita –Finchè siamo tra la mura della tua camera sei simpatico e perfino gentile, ma appena usciamo tu torni ad essere il Purosangue razzista e arrogante e io.. beh, io sono di nuovo una lurida Sanguesporco.-
Chinò la testa in avanti, come se un peso insopportabile le si fosse posato sul capo. I capelli le coprivano il volto e non riuscii a vedere la sua espressione quando ricominciò a parlare.
-Come vedi ho capito benissimo.- mormorò, poi mi diede le spalle e fece per allontanarsi.
-Non hai capito nulla, Granger, non farmelo ripetere.- le dissi con voce tremante per la rabbia, dopo averla afferrata per un braccio per costringerla a voltarsi.
Non sopportavo il fatto che si ostinasse sulle sue  idee senza darmi modo di spiegare.
-Quello che intendevo è che..- provai a chiarire ma venni interrotto.
 
-Hermione, tutto bene?- un ragazzo della nostra età si era avvicinato e fissava insistentemente il braccio di Hermione stretto nella mia presa salda.
-Sì certo, Mark!- rispose lei con un sorriso.
Lo scocciatore annuì poco convinto: -Allora ci vediamo in giro, Herm!-
Dopo un sorriso a Hermione e uno sguardo minaccioso rivolto a me, se ne andò.
-Capisci?- le chiesi esasperato –Mi sto riferendo a questo!- indicai il tipo che se ne era appena andato con un gesto stizzito della mano.
-Per loro io sarò sempre un Mangiamorte, che trama per picchiarti, torturati, stuprarti o peggio.- scossi la testa amaramente –Non sarò mai nient’altro per loro.-
-E da quando ti importa?- mi stava fissando con aria di sfida.
-Non mi importa infatti.- sbuffai roteando gli occhi davanti alla sua incapacità di comprendere –Ma la gente ti eviterà, Granger, dirà che sei la mia puttana che si è fatta abbindolare dai miei soldi.. come se me ne fossero rimasti molti, poi..-
-Non sarebbe la prima volta che la gente dice cattiverie su di me, vero, Malfoy?- replicò con un sorriso, cominciando ad incamminarsi lungo la via principale.
La seguii e per un po’ ignorai le occhiate inquisitorie e i commenti malevoli degli altri studenti che incontravamo per strada.
 
-Ehi, Granger!- una voce alle nostre spalle ci fece voltare.
George, l’unico dei gemelli Weasley sopravvissuto alla guerra, era fermo in mezzo alla strada con un sorriso stanco sul volto.
-George!- esclamò contenta la mia… amica?! Non sapevo come definirla.
Percorse a passo veloce i pochi metri che li separavano e lo abbracciò affettuosamente.
Quando vidi lui che le cingeva la vita, stringendola contro di sé, l’unico pensiero che la mia mente elaborò fu che lo odiavo profondamente.
Si scambiarono poche parole e la vidi sorridere.
Ora che aveva compagnia, una compagnia molto più salutare della mia, mi allontanai nella stessa direzione che stavamo percorrendo insieme poco prima.
 
Sentii una mano stringere la mia.
-Si può sapere perché te ne sei andato?-
Era tornata indietro. Da me.
-Avevi trovato compagnia.- dissi come se fosse una spiegazione sufficiente.
-E allora? Anche prima ero in compagnia, in tua compagnia.- si affrettò a specificare.
Era testarda quasi quanto me.
-Granger, non è una buona idea passare del tempo con il sottoscritto.-
-Non mi sembrava che stanotte tu ti sia lamentato.-
Decisamente testarda come un mulo.
-Non è la stessa cosa. Lì nessuno poteva vedere con chi eri e giudicarti- feci una pausa e scossi la testa amareggiato –Non senti i commenti che fanno, gli insulti che mi lanciano? Vuoi che pensino che sei diventata il mio nuovo e prestigioso giocattolo? Vuoi perdere i tuoi amici? Potter e Weasley ti ripudieranno se stai con me!-
Parlavo senza sosta, in parte perché volevo davvero che lei non si complicasse la vita per causa mia e in parte perché volevo delle rassicurazioni, volevo sentirmi dire che per lei valevo la pena di affrontare qualche difficoltà.
Mi chiuse le labbra con un dito.
-Taci, Malfoy. Harry non è come pensi tu, è molto comprensivo e mi vuole bene. Non direbbe una parola. Ron, lui è un po’ più ostinato, ma non ha più molto tempo per me ultimamente.- fece una pausa –Loro hanno la loro vita ora ed è giusto che anche io trovi la mia felicità.-
 
-Hermione!- la stessa voce fastidiosa ci interruppe di nuovo.
-Mark, ciao!-
-Mi chiedevo- continuò lo scocciatore senza curarsi del fatto che io fossi lì vicino –se ti potessi accompagnare a fare un giro-
Mi stava ignorando deliberatamente.
Hermione tentennò un attimo, lanciandomi una breve occhiata per capire le mie intenzioni.
-Veramente, Mark..- era in difficoltà, non voleva essere scortese, ma evidentemente giudicava questo tipo, come me, uno scocciatore appiccicoso.
-Veramente- la interruppi io –lei è impegnata con me-
Ci lanciammo uno sguardo truce per alcuni secondi.
-Quindi, Mark, aria!- gli intimai.
Si allontanò, offeso e, sperai, con il suo ego a pezzi.
 
(Hermione)
-Quindi io sarei impegnata con te?- gli domandai ironica.
Le sue parole mi avevano rincuorata, così come tutti i suoi gesti da quando mi aveva raggiunto davanti alla libreria.
Era geloso marcio. E si vedeva.
Voleva stare con me, altrimenti non mi avrebbe cercato, ma non voleva coinvolgermi in quel giro di insulti e duelli che si era scatenato dall’inizio della scuola.
-Se vuoi.- era dubbioso, speranzoso, come non l’avevo mai visto.
-Voglio.-
Si avvicinò a me e mi mise un braccio sulle spalle, avvicinandomi a lui.
-Torniamo al castello, fa un freddo allucinante!- si lamentò, prima di dirigerci verso Hogwarts.
 
Eravamo a metà strada quando la sua voce ruppe il silenzio, insinuandosi nel vento che spazzava la strada.
 
(Draco)
-Ti devo dire una cosa, ma devi farmi finire di parlare, non come hai fatto stamattina-
Annuii in attesa che proseguisse.
-Io so che tu e Blaise siete amici, amici intimi, potrei dire- la vidi arrossire e mi imposi di controllare la mia rabbia verso il mio migliore amico –ma vedi, io credo che tu per lui sia più di una amica.-
-Cosa? Ma ti pare? Io e Blaise abbiamo chiarito la cose fin da subito!-
-Granger- la ripresi, come avrei fatto con una bambina di quattro anni –cosa mi avevi promesso?- lei si zittì, con enorme fatica.
-Ecco, brava. Io non ti chiedo di non vederlo più, solo di non cercarlo più per qualcosa che non siano quattro chiacchiere-
 
(Hermione)
Mi guardò incerto e nei suoi occhi vedevo il timore che non capissi il motivo che lo aveva spinto a farmi questa richiesta.
Il timore che gli dicessi che non volevo rinunciare a quel lato del mio rapporto con Blaise.
-Draco, io cercava quel tipo di conforto in Blaise perché lo trovo bello, questo sì, ma anche perché mi sentivo sola. Ora non lo sono più.-
Forse ero stata un po’ enigmatica, ma non avrei avuto il coraggio di dirgli che non avevo più bisogno di contatto fisico con Blaise perché ormai volevo solo il suo.
 
Mi baciò
 
(Draco)
La baciai.
Finalmente la baciai.
In una via pubblica, dove chiunque avrebbe potuto vederci.
 
 
Sono in ritardassimo, lo so!
Chiedo perdono!
Spero che il capitolo vi piaccia e, come al solito, vi chiedo una piccola (e spero bella) recensione!!
Un bacione
Giada 

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Capitolo 14
*** Amicizie ***


(Hermione)
Camminammo fino ad Hogwarts, il suo braccio ancora sulle mie spalle, caldo e protettivo, e poi ci dirigemmo verso il parco.
E parlammo.
 
-Colore preferito?-
-Stai scherzando, Mezzosangue?-
Hermione scosse il capo.
-E perché dovrebbe interessarti il mio colore preferito?-
-Perché non so quasi nulla di te. Avanti.- lo incitò accompagnando le sue parole con un gesto del capo.
Draco sbuffò, roteando gli occhi esasperato.
-Nero e bianco.- poi, vedendo che la ragazza stretta nel suo abbraccio stava per aprire bocca, le accarezzò il labbro inferiore con il pollice, zittendola –Lo so, non sono veri e propri colori, ma a me piacciono. Se proprio vuoi un colore.. beh, il verde, credo.-
-Serpeverde fino in fondo, vero?-
-E orgoglioso di esserlo!- ammise sincero.
 
-In cosa si trasforma il tuo Molliccio?-
-È un po’ che non ne incontro uno- rifletté la ragazza –Ma l’ultima volta diventava Harry. Harry in una pozza di sangue, ad essere precisi.- confessò, scossa da un brivido.
-Potter morto? Non Weasley?- era perplesso. Era convinto che fosse Weasley il suo primo amore.
-Beh, Draco, Harry è il mio migliore amico, quasi un fratello. Ma in quel periodo era anche la nostra unica speranza per un mondo migliore, diverso. La sua morte, per me, avrebbe significato solo due cose: la morte o la fuga, abbandonando il mondo a cui appartenevo.-
Lei spostò lo sguardo sui monti lontani che si stagliavano sul grigio cielo invernale, mentre lui manteneva il suo fisso su di lei.
Un moto di gelosia ruggì nel profondo del suo petto.
 
-Sei capace di produrre un Incanto Patronus?-
-Ero un Mangiamorte, Granger, non un perfetto imbecille incapace!-
Lo innervosiva il fatto che lei mettesse in dubbio le sue capacità.
-Sai, Harry ha imparato al terzo anno..- lasciò cadere la frase con estrema noncuranza, pronta alla reazione che, sapeva, sarebbe giunta fulminea.
-Allora forse ti conviene andare a fare una camminata con Potter, se è così bravo!-
Aveva urlato come un bambino capriccioso, se ne rendeva conto benissimo, ma il confronto con Potter lo distruggeva ogni volta.
Ancor più dopo quella specie di confessione strappalacrime d’amore che Hermione aveva fatto poco prima.
Ancor più sapendo che mentre Potter era stato la sua salvezza, lui era rimasto immobile a guardarla urlare sotto le torture di sua zia.
Si allontanò a grandi passi, ma due braccia gentili gli accarezzarono il petto, avvolgendolo da dietro.
Era tornata di nuovo.
-Geloso, Malfoy?- ironia e.. una punta di aspettativa nella voce.
-Sì-
Lei sorrise contro la sua schiena, mentre il Serpeverde intrecciava le loro dita.
 
-Il tuo piatto preferito?-
-Prima ti stupisci che io ti chieda il tuo colore preferito, e ora ti interessi delle mie preferenze culinarie?-
-A quanto pare sai risvegliare i miei interessi più impensabili- commentò mentre un sorriso gli distendeva le labbra.
-È un piatto italiano, non so se lo conosci, le lasagne.-
Draco scosse la testa.
-L’ho assaggiato la prima volta quando un’amica dei miei, italiana, è venuta a trovarci.- gli raccontò –ma immagino che tu non ti sia mai abbassato a mangiare cose di questo tipo.-
-Sì, beh- tentennò lui –i miei avevano gusti diversi.-
-Una volta devo fartele provare.-
Promise lei con convinzione.
 
Il tempo con Draco correva veloce, sia che parlassimo sia che ci dedicassimo a impegni più fisici. Quando il vento diventò più freddo e insistente e il cielo passò dal grigio perla ad un color piombo, ci avviammo verso la scuola.
Ci salutammo con un bacio all’ingresso e appena lo vidi scomparire dietro l’angolo che conduceva ai dormitori della sua Casa, mi misi a correre.
Salì le scale in fretta, ringraziando che non avessero cambiato direzione, e arrivai davanti al ritratto della Signora Grassa.
 
Mi fiondai nel dormitorio e cercai tra le persone radunate in Sala Comune una familiare testa mora spettinata.
Mi avvicinai e, incurante del fatto che Harry e Ginny fossero teneramente abbracciati, strattonai il mio migliore amico per un braccio.
-Ti devo parlare.- gli dissi ancora con il fiatone.
-Magari dopo, Herm- cercò di liquidarmi con poche parole, ma si sbagliava di grosso se pesava di convincermi.
-Col cavolo, Harry! Io ti ho dedicato tutta la mia vita, combattendo al tuo fianco e parandoti il fondoschiena, ora tu concederai a me, la tua migliore amica, dieci minuti della tua serata. Chiaro?-
Feci leva sui suoi sensi di colpa, in modo, devo ammettere, molto poco Grifondoro, e dopo pochi secondi ci trovammo nel dormitorio maschile, dove il caos regnava sovrano.
Scostando qualche felpa abbandonata e un mantello della divisa da Quidditch, mi sedetti sul suo letto appoggiandomi alla spalliera.
Quando Harry si accomodò accanto a me, cominciai a parlare.
-C’è una cosa che ti devo dire..-
-L’avevo notato- borbottò ironico Harry.
-Si tratta di Malfoy.-
Da quel momento le mie parole diventarono un fiume in piena. Gli raccontai della sera in quel bagno, dell’aggressione di quei ragazzi nel corridoio, della sua reazione e del pomeriggio passato insieme. Sorvolai sui particolari della nottata: non volevo che il ragazzo sopravvissuto a Voldemort morisse per un colpo apoplettico.
 
Lo lascai basito, totalmente incapace di reagire per i pochi minuti in cui cercò di rielaborare quel mare di novità con cui l’avevo sommerso.
-Ma io non ho capito bene il ruolo di Zabini in tutto questo..- disse pensieroso.
Gli raccontai tutto, a partire da quel pomeriggio in biblioteca che mi sembrava così lontano e dalla notte nelle cucine, godendomi le espressioni shockate e divertite che si alternavano sul suo viso.
-Ci hai proprio preso gusto con i Serpeverde, eh, Herm?-
-Ma che fai, sfotti?- lo ripresi, un po’ offesa e un po’ divertita. E sì, anche un po’ sorpresa, perché da Harry non mi aspettavo un comportamento così rilassato, anzi, mi ero preparata ad urla e tesi di loschi complotti ai miei danni.
-Un po’.- confessò –Ammetterai che immaginare te e Malfoy insieme è piuttosto comico. Ancora di più se pensi che Malfoy è geloso marcio del suo migliore amico!-
Si stava decisamente divertendo troppo per essere uno che aveva appena scoperto che la sua migliore amica si era innamorata di quello che per anni aveva considerato il suo peggior nemico, degno di finire ad Azkaban.
-Perché non urli e sbraiti come facevi di solito al solo nominare Malfoy? Perché non mi dici che è un Mangiamorte, un assassino e che sono pazza?-
-Se vuoi te lo posso anche dire, se questo ti fa stare meglio. Come hai detto tu, dopo tutto ciò che hai fatto per me in questi anni, sono in debito.- rispose ironico.
Ma che simpatico, commentai acida tra me e me.
 
-Non sto scherzando, Harry. Malfoy è diventato il tuo migliore amico e non me lo hai detto?-
-Non ancora.- sorrise –Ma è cambiato. Non provoca più nessuno, non è più circondato dai suoi leccapiedi e dalle solite oche della sua Casa. Non cerca più di essere al centro dell’attenzione, si guarda sempre le spalle ed è sempre coperto di tagli e lividi.-
Harry spostò la sua attenzione su un cumulo di vestiti che sommergeva una poltroncina vicino alla finestra.
-L’ho odiato tanto, Herm. Ma quando lo guardo ora, quando lo insultano e lui non reagisce, mi sembra di tornare indietro. Mi ricorda come ero io quando tutti pensavano che fossi l’erede di Serpeverde, quando pensavano che fossi un pazzo visionario egocentrico con manie di protagonismo.-
Sospirò afflitto dai fantasmi del suo passato.
-Ha gli stessi occhi che avevo io, Herm, con la differenza che io avevo voi.-
Mi guardò negli occhi, serio come era stato forse troppe volte nella sua giovane vita.
-L’ho odiato tanto, Herm, ma non augurerei nemmeno a lui di sentirsi come io mi sentivo in quei momenti. Come hai detto tu, hai sacrificato tutta la tua vita per me, hai sofferto e sei stata in pericolo per aiutare me. Se ora ne sei innamorata, non sarò certo io ad impedirti di stare con lui.-
Lo abbracciai con tutta la gratitudine e l’affetto che provavo in quel momento.
 
Un leggero colpo di tosse, degno dei tempi d’oro della Umbridge, ci fece staccare.
Ginny ci guardava parecchio arrabbiata e indispettita.
-Ho interrotto qualcosa?- chiese acida come uno jogurt magro scaduto da giorni.
-No, Ginny, stavo andando via.-
La sua gelosia era totalmente immotivata e mi infastidiva, ma volevo evitare che lei ed Harry litigassero ora che si erano finalmente ritrovati dopo la guerra.
Diedi un bacio sulla guancia ad Harry, soffermandomi  forse più del dovuto per parlargli all’orecchio.
-Grazie. Dille tutto, così si dà una calmata.- sussurrai.
Poi mi chiusi la porta alle spalle e mi diressi verso i dormitori femminili.
 
(Draco)
Quando rientrai nei dormitori di Serpeverde nessuno fece caso a ma, come avveniva ormai da mesi.
Incrociai subito un paio di occhi blu impossibili da non riconoscere e gli feci un cenno col capo in segno di saluto.
 
Non appena chiusi la porta della mia camera singola alle spalle, mi buttai a peso morto sul letto, inspirando il profumo di Hermione che impregnava le lenzuola.
Era stato il pomeriggio più bello della mia vita.
Avevo capito quanto tenesse a me, anche se per qualche ragione a me sconosciuta e incomprensibile.
Poteva avere Blaise, l’uomo perfetto che l’avrebbe resa felice, e invece voleva stare con me.
 
Un leggero bussare alla porta, il rumore della maniglia che si abbassava e il suono inconfondibile di una porta che veniva aperta.
-Posso?-
La semplice domanda di Blaise riassumeva tutto ciò che era successo.
Il rancore, l’astio, la gelosia, la rabbia, l’odio persino, condensati in due sillabe.
Blaise non aveva mai bussato per entrare in camera mia.
Nemmeno quando ero con una ragazza.
Nemmeno quando riflettevo guardando il mio Marchio Nero.
Nemmeno quando chiedevo esplicitamente di non essere disturbato.
Mai.
-Entra pure.-
-Grazie.- si appoggiò alla porta chiusa –Come stai?-
Tutta quella educazione impostata, falsa e stridente non faceva altro che incrementare la tensione.
-Meglio, grazie.- mi misi a sedere sul letto e accesi una sigaretta –Vuoi?- chiesi educatamente, forse troppo.
Blaise si allungò verso il mio pacchetto e ne prese una tra le labbra senza accenderla. Fece un passo indietro, per potersi appoggiare nuovamente al muro, ma inciampò in qualcosa.
Si chinò e raccolse la camicia di Hermione.
Il gelo calò sulla stanza e vidi la stretta del mio amico stringersi ulteriormente su quell’indumento.
-Non sarei dovuto venire qui- lo sentii mormorare mentre appoggiava quel pezzo di stoffa sul mio letto.
-Cosa ti dà fastidio, Blaise?- mi alzai veloce dal letto e lo strattonai per un braccio, portando i nostri volti vicini.
-Nulla, Draco.-
-Bugiardo.- soffiai contro il suo naso.
-Pensala come ti pare, ma lasciami andare.- mi intimò, liberandosi dalla mia stretta.
-Perché, hai impegni?- gli domandai ironico.
-Già, ho impegni.- era talmente teso nel dirlo da non risultare neanche minimamente credibile.
-Come ad esempio sbatterti una ragazza a caso per non pensare a Hermione?-
-Fatti i cazzi tuoi, Draco.-
-Sei un codardo. Non hai nemmeno il coraggio di guardare in faccia la realtà.-
-La realtà…- ripeté come soppesando quelle parole –Credo di aver avuto una visione piuttosto precisa della realtà stanotte, quando sono venuto qui a vedere come stavi e ho trovato Hermione mezza nuda sopra di te.-
Sgranai gli occhi. Non volevo che lo venisse a sapere così.
 
(Blaise)
-Sono stato abbastanza forte da sopportare la vista della donna che amo a letto con il mio migliore amico senza prenderlo a pugni. Non chiedermi di recitare la parte dell’amico felice.-
Abbassai gli occhi. Non riuscivo a guardare Draco in faccia senza pensare che le stesse labbra che mi ora mi parlavano avevano accarezzato Hermione tutta la notte.
-Lo so, Blaise.- la voce di Draco era strascicata, sofferente quasi –So che tu saresti l’uomo perfetto per lei, so che con te non dovrebbe affrontare tutto quello comporta stare con me, so che tu la ami. Ma non voglio rinunciare a lei. Non posso rinunciare  a lei. Sono disposto a battermi se serve, a farmi insultare, a giocare sporco, a ingannarti e a umiliarti, se dovesse servire.-
Sentire il tuo migliore amico che progetta di distruggerti non era proprio in cima alla mia lista di esperienze da provare una volta nella vita, ma io stesso avevo fatto quei pensieri.
-Non ce ne sarà bisogno, Draco. L’amore è qualcosa di assolutamente fuori dagli schemi e per qualche strana ragione lei si è innamorata di te. Potrei portarle la luna, ma non cambierebbe niente.-
La voce mi si spezzò sulla fine delle mie parole, con la consapevolezza che tutto l’amore del mondo non sarebbe bastato per portarla da me.
-Sei stato il mio migliore amico. L’unico. Non avrei voluto perderti, ma non posso nemmeno chiederti di fare come se nulla fosse.- la voce di Draco era più flebile e sincera di come non l’avessi mai sentita.
Sapeva che non avrei retto alla richiesta di rimanere suo amico, ascoltando i suoi problemi e i suoi racconti.
Meritava di essere felice con lei, ma io non meritavo di soffrire.
-Lo so, Draco, nemmeno io.-
Ci fissammo per un lungo istante, poi con due passi ci avvicinammo.
Lo abbracciai, un gesto davvero poco virile e ancor meno degno di due Serpeverde del nostro rango.
-Ciao Draco.-
-Ciao Blaise.-
 
Mi chiusi la porta alle spalle e di nuovo scivolai lungo la parete.
Perdere il proprio migliore amico è un dolore immenso.
Perdere il proprio migliore amico non per un litigio epico, ma solo perché si è innamorati della stessa donna, è una tortura.
Con l’intesa che possono avere solo due veri amici, avevamo compreso che la nostra amicizia sarebbe rimasta solo una facciata.
Una facciata per non costringere Hermione a fare una scelta che sarebbe stata devastante per tutti.
Avrei fatto l’amico con lei, per lei, davanti a lei.
Ma io e Draco avremmo detto addio a tutto ciò che ci aveva legato fino ad allora.
 
 
Buongiorno!!
Non ho potuto aggiornare presto, mi dispiace. L
Questo capitolo è un po’ più lungo degli altri e rappresenta di sicuro una svolta.
Harry accetta Draco (perché io Harry l’ho sempre immaginato buono e comprensivo, con quella comprensione che possono avere solo coloro che hanno sofferto un bel po’), ma Blaise non può sopportare di vedere Draco ed Hermione insieme.
Come dargli torto.
Ho visto che ci sono state mote visite all’ultimo capitolo, ma poche recensioni.
Se qualcosa non vi dovesse piacere, fatemelo sapere, così posso cercare di migliorare!!
Un bacio, al prossimo capitolo!!
Giada 

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Capitolo 15
*** Rivelazioni ***


(Hermione)
Il giorno successivo mi svegliai un po’ agitata.
Era lunedì.
Avevo voglia di vedere Draco, ma non potevo non temere le reazioni dei nostri  compagni di scuola, soprattutto nei suoi confronti, alla vista di noi due insieme.
 
Nei primi mesi di quel nuovo anno scolastico avevo osservato Draco con attenzione chirurgica. Avevo notato il suo cambiamento, completamente stravolto dalla guerra. Vedere il proprio nome crollare come un castello di carte non sarebbe stato facile per nessuno, specialmente se per tutta la vita ti hanno insegnato che è l’unica cosa che conta.
Ma lui si era rivelato diverso dal padre, non era caduto insieme al prestigio del suo casato. Era andato avanti a testa alta, orgoglioso e fiero nonostante tutto: faceva i compiti, studiava, cercava di difendersi quando veniva attaccato, ma non si vendicava mai.
Mi ero sentita attratta da lui e dal nuovo mondo che sembrava essere racchiuso nella sua anima, nascosto a chiunque non fosse abbastanza coraggioso da scrutare in quei pozzi di mercurio che erano i suoi occhi.
Sotto quella nuova prospettiva, mi ero finalmente accorta di quanto fosse bello.
 
Fare l’amore con lui in quel bagno, benché mancasse di romanticismo, non mi era parso tanto strano. Certo ci eravamo odiati per anni, ma lui non era più quel bambino viziato, la copia sputata di suo padre. Era un uomo, un nuovo uomo.
 
Era successo tutto così in fretta.
Il pestaggio, le offese, la litigata.
Paura, indignazione, rabbia.
Le cure, Blaise, la sua camera.
Altruismo, fuoco, novità.
Suo padre, la sua carriera.
Sofferenza, stupore.
La notte e la mattina.
Passione e completezza.
La nuova litigata, Hogsmeade.
Dolore e gioia.
E poi quella timida richiesta. Se vuoi.
 
Volevo? Sì, volevo.
 
(Draco)
Avevo trascorso una notte agitata, turbato dalla discussione della sera prima con Blaise.
Ero stato crudele. Più di quanto avessi voluto.
Avevo infierito. Più di quanto meritasse.
Avevo esagerato. Me ne rendevo conto.
Ma ero una Serpe, e i serpenti attaccano quando si sentono in pericolo.
E Blaise in quel momento rappresentava un pericolo per quello che stavo cercando di costruire con Hermione.
 
Mi vestii rapidamente e uscii dal dormitorio, diretto alla torre più alta del castello, quella di Grifondoro.
Avevo bisogno di vederla, perché solo accanto a lei mi sentivo in pace con il mondo, anche quello che avevo dentro me stesso.
Mi ero innamorato di lei? Forse sì.
Negli anni passati avevo conosciuto la facciata con cui affrontava il mondo, un mondo in cui, secondo molti, quelli come lei non avrebbero dovuto esistere. Era testarda, orgogliosa, saccente, astuta, intelligente.
In quei due giorni –era passato davvero così poco?- avevo scoperto un nuovo lato, più spontaneo, gentile, sensibile, altruista, sensuale.
Mi sembrava di conoscerla da sempre, forse perché mi completava.
 
Giunto davanti al quadro realizzai che dei Grifondoro appena svegliati, probabilmente con la prospettiva di una giornata di studio pesante , non erano la migliore garanzia per la mia sopravvivenza.
Mi nascosi nell’ombra, ad aspettarla.
Uscì dal ritratto solo in compagnia di Potter, che sbadigliava assonnato trascinandosi dietro la borsa con i libri.
-Granger..- la chiamai in un sussurro, grato a Salazar del fatto che non ci fossero altri in giro.
-Draco-
Si girò riconoscendo la mia voce e di slancio si strinse a me.
Potter se ne andò silenzioso, senza battute o fastidiose interruzioni.
Avevo bisogno di lei, per compensare il vuoto lasciato da Blaise e per ricordarmi perché rinunciavo all’amicizia di una vita.
La strinsi più forte, tanto da strapparle un leggero gemito di dolore.
-Scusa.- le dissi posandole un bacio sulle labbra e allentando la presa –Scusa, non volevo farti male- mi scusai nuovamente.
-Non è successo niente- mi prese il mento e spostò il mio volto per guardarla.
-Tutto bene?- mi chiese, un po’ preoccupata dal mio strano comportamento.
-Certo- mi limitai ad una scrollata di spalle –Ho fame, andiamo?-
Lei annuì.
Mossi il braccio, come per cingerle le spalle, ma mi bloccai all’improvviso.
Non sapevo cosa volesse fare.
Certo, qualcuno ad Hogsmeade ci aveva visti insieme, senza dimenticare quel cretino, Mark o come diavolo si chiamasse. Tuttavia, andare in giro per la scuola abbracciato a lei era tutta un’altra storia, che poteva crearle problemi.
Così, anche se a malincuore, mi limitai a sistemarle una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
 
Arrivati nell’atrio capii subito che qualcosa non andava.
Una folla di studenti era accalcata a semicerchio nell’ingresso, cercando di vedere al di sopra della spalla di chi aveva davanti.
Al centro di tutto questo interesse, Paciock e Tockson, un Serpeverde del sesto anno, si stavano fronteggiando.
Mentre Hermione si avvicinava a Potter, io mi dileguai tra la folla, per non dare nell’occhio e raggiungere alcune ragazzine della mia Casa, per capire cosa stesse succedendo.
Tockson aveva urtato la Lovegood, deridendola pesantemente, e Paciock, da bravo cavaliere senza macchia e senza paura, l’aveva difesa, con il risultato di scatenare una litigata epica di prima mattina davanti alla Sala Grande.
Complimenti.
-Pensi di farmi paura Paciock? Pensi che comincerò a strisciare ai tuoi piedi terrorizzato?-
-Beh, è una cosa che ti riesce piuttosto bene, non trovi? Anche se devo ammettere che di solito tu e la tua famiglia strisciavate nascosti da un mantello nero, o sbaglio?-
I toni stavano diventando pesanti, e la cosa mi spaventò.
I Tockson erano tra i Mangiamorte che compivano le spedizioni punitive nei quartieri babbani. Un insulto del genere contro quel ragazzo, propenso alle vendette e alle maniere  forti, poteva rivelarsi una bomba pronta a esplodere.
 
-Paciock, non ti sembra di esagerare?- gli domandai con voce ferma ma non aggressiva.
-Malfoy, perché non torni dalla oche con cui te la fai di solito?-
-Ma come, non lo sai?- una voce beffarda si levò da un angolo, indistinta tra un gruppo di Corvonero –Lui adesso se la fa con la Granger..-
Il silenzio calò su tutti gli studenti radunati intorno a me, che continuavano a voltare il capo alternativamente tra me ed Hermione, come seguendo una partita di tennis molto avvincente.
La guardai. Era immobile.
Decisamente non voleva che tutta la scuola lo sapesse in modo così plateale.
O, forse, non voleva che lo sapesse affatto, insinuò una vocina fastidiosa.
Forse ci ha ripensato, mi dissi.
Ma quello non era decisamente il momento di pensarci. Spintonando chi si trovava sulla mia strada, mi diressi deciso verso il ragazzo che aveva parlato, arrabbiato come non lo ero da tempo.
Arrabbiato, perché la sua uscita, che riduceva volgarmente quello che c’era tra noi a dello squallido sesso, rischiava di mandare all’aria ciò in cui avevo sperato per tutta la notte, che Hermione decidesse di stare davvero con me.
 
Perché la volevo. Non solo a letto, non solo tra quattro mura.
La volevo ogni giorno, per i corridoi, in aula.
Volevo che fosse mia e di nessun altro.
Volevo che gli altri  sapesseroche era mia.
 
Continuai ad avanzare, finché due braccia forti e un corpo fermo mi si pararono davanti, bloccando la mia furiosa avanzata.
Distolsi lo sguardo dal Corvonero che sorrideva beffardamente, per guardare chi aveva osato fermarmi prima che potessi portare a termine il mio proposito. Potter.
-Smettila, Jason- intimò al ragazzo che aveva parlato, uno della squadra di Quidditch.
Lui rise, per nulla spaventato dall’ammonimento del Prescelto e, anzi, particolarmente divertito dalla fatica con cui  mi tratteneva.
-Ma come, Harry, non sapevi che la tua amica si sbatte un Mangiamorte?-
Voleva scatenare la mia furia e farmi fare qualcosa di particolarmente violento–esattamente come era mia intenzione- per farmi espellere e rovinarmi la vita.
Senza un diploma e con il mio Marchio Nero non mai avuto un futuro.
Cercai di divincolarmi ancora, ma qualcuno ci sorpassò, con andatura tranquilla.
Blaise.
Si fermò a due passi dal ragazzo e, con immensa e apparente calma, gli spaccò il naso con un pugno.
 
La voce imperiosa della McGrannit risuonò alta al disopra della folla vociante.
-Allora? Che succede qui? Andate a colazione, forza!- ci incitò.
Le folla cominciò a disperdersi lentamente, restia a perdersi uno spettacolo del genere in anteprima.
 
Tesi un braccio verso Hermione, in una muta richiesta a venire da me.
Se la conoscevo almeno un po’, era rimasta sconvolta.
Lei mi guardò un attimo, poi corse tra le mie braccia, stringendo nei pugni il maglione della mia divisa.
I commenti di coloro che ci passavano accanto si sprecarono.
-Vergognati, Malfoy, persino una Mezzosangue-
-Non ci credo, se la fa con un Mangiamorte-
-Malfoy, ti sei trovato una nuova puttana?-
-Come sei caduta in basso, Granger-
Quanto dovevano farle male?
Mi tesi come una corda di violino, al solo pensiero del suo dolore.
Tenevo a lei più di quanto mi aspettassi. Più di quanto sarebbe normale dopo un periodo così breve.
 
(Hermione)
La muta richiesta del suo braccio teso mi attrasse verso di lui come una calamita.
Lo abbracciai con forza, chiudendo le mani a pugno, stringendo il suo maglione.
Mi accoccolai contro di lui, il mio sostegno, mentre gli insulti piovevano intorno a noi.
Sentii i muscoli del suo petto tendersi nervosamente ad ogni parola che sentivamo, il segno di quanto dovessero infastidirlo, anche se cercava di non darlo a vedere.
 -Sono un egoista, Granger- sussurrò, stringendomi ancora di più –Dovrei mandarti via e dirti che per me è stato tutto un gioco, una scommessa, un’espiazione…-
-No, invece.- lo interruppi come al solito, ma mi ignorò.
-Ma non riesco  a farlo. Voglio stare con te, anche se questo è quello che otterrai.-
-Non devi farlo, invece. Non mandarmi via, perché non voglio.-
Alzai il volto, per guardarlo bene negli occhi e fargli capire quanto fossi convinta delle mie parole.
I suoi occhi erano scuri, fumosi, appannati dalla rabbia.
 
(Blaise)
–Lui adesso se la fa con la Granger..-
Le parole del Corvonero sembravano rimbalzare sulle secolari pareti di pietra.
Vidi lo sguardo furente e bruciante di Draco e quello paralizzato di Hermione.
Potter le posò un braccio sulle spalle, accarezzandole la spalle per tranquillizzarla.
Distolsi lo sguardo, frenando il desiderio di andare da lei e mi concentrai su Draco.
Fissava quel ragazzo come dimenticandosi di tutto il resto.
Quanto doveva essere innamorato per buttare all’aria la sua tipica compostezza, il suo proverbiale distacco?
Quanto doveva essere innamorato per agognare la vendetta che gli si era dipinta sul volto, quando era riuscito a controllarsi per mesi?
 
Potter lo fermò in tempo, prima che spaccasse la faccia a quello stronzo, facendo il suo gioco e rovinandosi la vita.
-Ma come, Harry, non sapevi che la tua amica si sbatte un Mangiamorte?-
Era un Serpeverde mancato.
Voleva rovinare Draco e non si curava di dover calpestare qualcuno per raggiungere il suo scopo.
Aveva fatto male i calcoli, però. Aveva insultato Hermione.
Anche se lei non ricambiava, io l’amavo e non avrei permesso a nessuno di farla passare per una puttana qualunque.
Mi avvicinai, concentrando in quel pugno tutta la rabbia accumulata in quei giorni.
Il suo naso spaccato mi diede una immensa soddisfazione, quella soddisfazione sadica che solo un degno Serpeverde può provare.
E poi, io non rischiavo l’espulsione.
Quindi perché non approfittarne?
 
Mi avvicinai a loro due, ancora abbracciati.
-Herm..- la chiamai, facendola voltare verso di me.
Si staccò da Draco e mi abbracciò.
-Non dovevi prenderlo a pugni- cercò di mostrarsi severa, come una vera Caposcuola di Grifondoro dovrebbe essere, ma una nota di divertimento e soddisfazione nella voce le fece perdere ogni credibilità.
Guardai Draco, continuando comunque a stringerla a me.
Fremeva di gelosia e rabbia repressa, che non aveva potuto sfogare su quel Corvonero.
Non ancora, almeno.
-Facciamo colazione in giardino?- Hermione sollevò il viso dalla mia spalla, staccandosi da me -Credo che mi abbiano insultato abbastanza per essere solo le otto di mattina- spiegò con una smorfia.
 
Uscimmo in un cortile interno, spazzato da un vento gelido che annunciava l’inverno ormai alle porte.
Hermione andò a sedersi su un muretto, stringendo tra le mani una tazza di cioccolata calda.
Era sexy anche bevendo una cioccolata? Forse. O forse era il ricordo che io associavo alla cioccolata ad essere così seducente.
Sentii la presenza di Draco accanto a me.
-Hai fatto esattamente quello che avrei fatto io.- non accennò a guardarmi, parlò con me sempre fissando lei –E non è vero che non avresti dovuto picchiarlo. È proprio uno stronzo.-
Ci fu un attimo di silenzio.
-Si meritava anche di peggio.-
Parlammo contemporaneamente, come dei bambini, e le nostre bocche si tesero in un sorriso.
Un sorriso stanco e che nascondeva delle ombre, ma pur sempre un sorriso.
-Cosa sono tutti questi sorrisi? Devo essere gelosa?-
La voce della donna che amavamo ci riscosse entrambi, facendoci ripiombare in quel mondo in cui, forse, non potevamo più compiacerci del nostro affiatamento.
 
(Draco)
Per quanto potessi essere geloso di lui, ero grato a Blaise di aver fatto quello che Potter mi aveva impedito.
Fortunatamente.
Senza la possibilità di rifarmi una vita potevo anche dire addio a quello che provavo per Hermione.
 
Risi con lui della nostra complicità, della perfetta intesa che ancora ci legava, poi spostai la mia attenzione su Hermione.
Sorrideva di nuovo e lo sgomento iniziale per quella brusca rivelazione era scomparso.
-Gelosa?- le feci eco –Per ora no, ma se dovessi cambiare idea sarai la prima a saperlo.- asserii solennemente.
Risi.
Rise anche lei.
E, stranamente, rise anche Blaise.
Forse non ci eravamo persi del tutto.
 
 
Ciao care lettrici (e lettori, se ce ne sono)!
Mi scuso tantissimo per aver aggiornato così in ritardo. La verità è che le poche recensioni ricevute mi hanno bloccato l’ispirazione, perché non riesco a capire se la storia vi piace o no!
Ringrazio comunque coloro che hanno inserito la storia nelle preferite, seguite o ricordate!
Lo ripeto ancora: commentate per favore!!
Un abbraccio
Giada 

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Capitolo 16
*** "Chiaro?" "Cristallino." ***


(Hermione)
-Malfoy, Hermione, Malfoy!- per l’ennesima volta Ginny ripeté quelle parole, mettendo a dura prova i miei nervi già sfiancati da una giornata di sguardi incrociati e occhiate indagatrici.
Camminare lungo un corridoio accanto a Malfoy e parlare con lui non era mai stato così difficile come quel giorno. Il brusio di sottofondo che ci accompagnava ovunque fossimo e le persone che rimanevano ferme a guardarci mi avevano innervosito fino allo stremo.
Avevo trascorso la giornata con Draco, incontrandoci nei cambi d’ora e girovagando per la scuola durante le ore buche. Avevamo studiato un po’ insieme e lui si era rivelato decisamente un ottimo compagno di studi, attento e intelligente.
 
-Maledizione, Hermione ti rendi conto di chi stiamo parlando?-
Ancora la voce di Ginny.
Lei e Ron mi avevano ignorato per tutta la giornata. Certo, non era piacevole essere ignorati, ma almeno era un passo avanti rispetto ai commenti che captavo dalle conversazioni altrui.
Alcuni dicevano che avevo venduto i miei ideali in cambio di un bel corpo con cui spassarmela, altri che ero una traditrice irrispettosa nei confronti di chi era morto per mano dei Mangiamorte come lui, altri ancora che Malfoy era caduto veramente in basso per stare con una Mezzosangue. Si sa, certe convinzioni sono dure a morire, soprattutto in coloro che non avevano dovuto pagare per le loro idee razziste.
Fortunatamente c’era anche qualcuno che si faceva i fatti propri, sostenendo che in fondo erano solo affari miei.
 
-Se ti riferisci ad un ragazzo biondo, bello e con gli occhi grigi, Ginny- ripresi il filo del discorso solo per farla tacere –allora sì, so di chi stiamo parlando.-
Vidi un leggero sorriso stendersi sulle labbra di Harry, che ci osservava appoggiato ad una colonna del porticato, in silenzio come Ron.
-Non c’è niente da ridere, Herm! È un Mangiamorte! Quelli come lui hanno ucciso Fred!- esclamò infuriata.
Quello era un colpo basso.
Mi mancava Fred, anche se l’avevo sempre sgridato per me era stato come un fratello, mi ero affezionata a tutti i suoi strani esperimenti e alle sua battutine taglienti.
-Hai detto bene, Ginny. Quelli come lui, non lui.- precisai quella differenza –Non puoi incolparlo per qualcosa che non ha fatto.-
La fissai severamente. Non mi piaceva che lei, come molti altri della scuola, riversasse le colpe di altre persone sull’unico che era rimasto a prendersi le sue responsabilità, solo perché avevano portato entrambi un mantello nero.
-È suo padre che mi ha dato il diario di Tom Riddle. Potevo morire!- continuò imperterrita, indifferente alle mie parole –Ma è evidente che a te non importa, se in cambio puoi stare nel suo letto, vero?-
-Piantale, Gin, ora stai esagerando- Ron l’aveva fermata prima che andasse troppo oltre. Le sue orecchie tendevano paurosamente verso la stesa tonalità di rosso dei suoi capelli. Era arrabbiato, ma non con me.
 
-Non è solo questo che c’è tra noi. Non sto con lui solo perché è bravo a letto.- sussurrai.
Avevo le lacrime agli occhi.
Perché nessuno capiva che in lui c’era dell’altro?
Perché nessuno si era accorto di quello che c’era nei suoi occhi?
Perché erano tutti così ciechi? Volontariamente ciechi.
-Stai con lui? Stai con lui?- ad ogni ripetizione Ginny sgranava sempre di più gli occhi –Mio Dio, Herm, allora è proprio ufficiale. E al matrimonio come vi vestirete? Con mantelli neri?-
L’allusione non troppo velata ai Mangiamorte mi fece più male del previsto, mentre nella mia mente rimbombavano ancora le sue parole.
Per loro io sarò sempre un Mangiamorte, che trama per picchiarti, torturati, stuprarti o peggio.
E per Ginny, evidentemente, il peggio era che diventassi un Mangiamorte come era stato lui.
-Piantala, Gin. Questo è veramente troppo.-
Harry si era avvicinato a lei, posandole una mano sulla spalla, come un ammonimento. I suoi occhi verdi erano duri, seri, arrabbiati.
 
-La difendi? Per quale motivo difendi una che sta con il tuo peggior nemico, con uno che ha reso la tua vita un inferno per anni, che ha cercato di uccidervi nella Stanza delle Necessità?-
-La difendo perché è mia amica, Gin.-
-Tua amica! Tua amica!- urlò Ginny isterica. Quella sera sembrava aver sviluppato l’abitudine di ripetere sempre le cose due volte.
Un’abitudine fastidiosa e irritante, in realtà.
-Non è che per caso la difendi perché è più di un’amica?-
-Questa domanda non merita nemmeno una risposta.-
Harry si allontanò da lei, guadandola con un distacco tale che non gli avevo mai visto in volto.
-Sei una stronza! Hai già Malfoy, che bisogno c’è di provarci con Harry?-
Provarci con Harry? Quando eravamo al secondo anno, forse.
Ginny era impazzita.
-E non fare quella faccia! Ho visto come lo toccavi e lo abbracciavi l’altro giorno!-
Si avvicinò, appoggiando le mani sulle mie spalle e spingendomi via, lontano da lei e da Harry.
-Adesso basta.- sillabò Harry, prendendole un polso per fermarla –Stai davvero esagerando.-
Sentii un rumore di passi affrettati nel porticato della scuola, dove ci eravamo rintanati per evitare che qualcuno sentisse. Certo, le urla di Ginny avevano probabilmente vanificato questo tentativo.
Fantastico.
 
Mi voltai e vidi una figura scura allontanarsi in fretta.
Un portamento altero e un riflesso dorato.
Draco.
Senza nemmeno prestare attenzione a quello che stavano dicendo i miei amici, lo seguii.
-Draco! Draco!-
Si fermò di colpo, tanto che non riuscii a fermare la mia corsa e gli sbattei contro.
-Che c’è?- mi domandò, senza nemmeno voltarsi.
La sua voce era fredda, sofferente, faticosamente distaccata e spezzata.
Gli girai attorno e mi misi davanti a lui, posandogli due dita sotto il mento, per costringerlo a guardare me invece del pavimento.
Aveva gli occhi lucidi.
-Tu le credi.- la mia non era una domanda, solo la certezza che avevo letto in lui.
Aveva lo sguardo di chi è disilluso, sofferente, tradito e umiliato.
-E come potrei non crederle? Io non so nulla di quello che è successo tra voi fino ad ora, nelle settimane in cui ho pensato bene di ignorarti.-
Scosse il capo, come per scacciare un’idea o un pensiero fastidioso.
-Sono stato un’idiota, era ovvio che dopo oggi avresti deciso di stare con uno più.. meno problematico di me. Blaise o Potter, poco importa chi sia.-
-Che diavolo centra Blaise adesso?-
Non riuscivo mai a seguire il filo del suo ragionamento, aveva un mente troppo contorta.
-Come diavolo fai a non capirlo! Lui è innamorato di te! Innamorato perso!- stava urlando anche lui, ormai era un’abitudine –Ecco perché abbiamo litigato, ecco perché non stiamo più insieme come prima, ecco perché ha ricominciato a comportarsi come una volta!-
 
Blaise innamorato di me? Impossibile.
Poi un ricordo.
Io non ti amo, Herm, come tu non ami me.
Una frase detta con tono affaticato e sofferente, il bacio disperato che mi aveva dato dopo, le parole di rabbia prima di Hogsmeade.
Guardai Draco.
Una goccia lucida era appesa alle sue ciglia. Una sola, non di più, ma per me era sufficiente per capirlo.
-Sei un idiota.-
Mi avvicinai a lui, con il pollice raccolsi la sua lacrima e gli spostai i capelli che gli cadevano scompostamente sulla fronte.
-Anche se ti credevo più intelligente.-
Spostai la mano sulla sua guancia, passandogli il pollice sulle labbra, saggiandone la morbidezza e ricordandone il sapore.
Sapeva di buono.
-Davvero? E cosa ti ha fatto cambiare idea?- sentivo la sua labbra muoversi contro le mie dita, mentre un po’ della rabbia e della delusione dei suoi occhi stava scomparendo.
-Il fatto che non hai ancora capito che mi sto innamorando di te.-
 
Draco Malfoy era una contraddizione vivente.
Prima riversava su di me la sua rabbia e la sua delusione, poi mi baciava come se fossi l’aria di cui non poteva fare a meno.
Prima piangeva, poi assumeva quell’aria soddisfatta.
Prima sembrava un ragazzo devastato dal dolore della perdita, poi semplicemente un bambino felice.
Almeno una cosa in lui era sicura.
Baciava da dio.
 
(Draco)
-Come diavolo fai a non capirlo! Lui è innamorato di te! Innamorato perso!- urlai esasperato. Come poteva essere così intelligente e non  capire una cosa così ovvia.
 –Ecco perché abbiamo litigato, ecco perché non stiamo più insieme come prima, ecco perché ha ricominciato a comportarsi come una volta!-
Dannazione perché l’avevo detto?
La vidi bloccarsi un istante, come quelle foto babbane che catturavano l’immagine. Unica, immobile, irripetibile.
Mi preparai a vederla voltarsi, magari scusarsi e correre lontano da me.
Mi preparai a rimanere di nuovo solo.
Il discorso che avevo sentito prima mi aveva distrutto, perché stava succedendo esattamente quello che avevo predetto.
La scuola l’aveva additata come una traditrice, i suoi amici la colpevolizzavano senza nemmeno ascoltare le sue ragioni e ben presto, per lei, la situazione sarebbe diventata insostenibile. A quel punto la sua scelta sarebbe stata inevitabile: se non voleva rovinarsi la vita, se ne sarebbe andata via.
 
Sentii gli occhi bruciare.
Non tanto perché pensassi che davvero Hermione ci stava provando con Potter.
Quello che più mi faceva arrabbiare era il modo in cui io mi sentivo.
Non sopportavo l’influenza che Hermione aveva su di me, non sopportavo il fatto che la sola idea di rimanere di nuovo solo, senza di lei, mi provocasse un dolore così forte, non riuscivo ad accettare di essermi affezionato a lei dopo che per anni ero riuscito ad evitare ogni rapporto umano ad esclusione dell’amicizia con Blaise.
Cercai di convincermi che era solo il mio orgoglio a farmi stare male, perché non poteva sopportare che ci fosse qualcuno migliore di me, ma non riuscivo ad ingannarmi davvero.
Il problema non era che Blaise o Potter fossero gli uomini perfetti, delle loro qualità non me ne poteva fregare di meno.
Il problema era che fossero gli uomini perfetti per lei.
 
Mi stava innamorando di lei, dei suoi modi spontanei, appassionati, gentili e del mondo nuovo che mi aveva mostrato, un mondo dove avere dei sentimenti e mostrarli non era una debolezza, una colpa da punire con frustate e Cruciatus.
Mi stavo innamorando della libertà che stare con lei mi garantiva.
Potevo essere me stesso, eppure una persona migliore.
Potevo essere pungente e cinico, perché lei era abbastanza intelligente e astuta da tenermi testa.
Potevo essere dolce con lei, non per ottenere qualcosa in cambio, ma perché volevo davvero essere così.
Potevo essere il reietto della società e convincermi che in fondo le etichette che ci danno gli altri non contano poi così tanto.
Con lei avevo capito, che non siamo sempre ciò che la gente dice, che siamo più di quello che gli altri credono e che dobbiamo essere capaci di dimostrarlo, a noi stessi e agli altri.
Accanto a lei avevo trovato la forza di credere che anche uno come me era in grado di amare ed essere amato, di trovare la pace nell’oceano di dolore e gelo che era stata la mia vita.
 
Sapere che lei aveva preferito Potter o Blaise a me, significava semplicemente che tutto ciò di cui mi ero convinto non era vero.
Che mi ero illuso, di nuovo, come quando aveva sottolineato la bravura di Potter nell’eseguire un Patronus.
Solo che, probabilmente, questa volta non mi sarebbe corsa dietro per abbracciarmi e dirmi che ero un idiota.
-Sei un idiota.-
Come non detto.
Allungò un braccio verso di me, raccogliendo una lacrima che non ero riuscito a fermare e che era rimasta appesa alle ciglia.
Mi passò una mano tra i capelli, in un gesto che non era mai stato così dolce e intimo come allora.
-Anche se ti credevo più intelligente.-
Facevo fatica a concentrarmi sulle sue parole, non solo a causa della sua mano che mi accarezzava la guancia e le labbra, ma soprattutto per il modo in cui mi guardava.
Era uno sguardo intenso, profondo, carico di un messaggio che non riuscivo a comprendere.
Mi guardava come se fossi la cosa più bella ed importante sulla Terra, come se volesse leggermi dentro, a fondo, senza tralasciare alcun particolare.
Era uno sguardo uno sguardo da vero Grifondoro, pulito, sincero, deciso.
Lo sguardo di chi avrebbe continuato a combattere per i propri ideali, senza cedere o mollare. Fino alla fine.
Uno sguardo che mi stava sciogliendo e che, poco a poco, distrusse tutti i dubbi che quella conversazione origliata aveva fatto nascere in me.
-Davvero? E cosa ti ha fatto cambiare idea?- le chiesi. Volevo arrivare alla conclusione di quella conversazione così impegnativa, perché non riuscivo più a reggere la tensione del’attesa.
Doveva dirmi qualcosa, lo sapevo, qualcosa di estremamente chiaro e palese, qualcosa che però io non riuscivo a capire.
Che fosse un addio o meno, volevo saperlo il più in fretta possibile.
-Il fatto che non hai ancora capito che mi sto innamorando di te.-
Sentii il cuore fermarsi e poi esplodere.
Mi stava dicendo la verità.
Lo sperai con tutto il cuore e al contempo ne fui assolutamente certo, di una certezza assoluta che va al di là dell’umana comprensione.
Mi gettai sulla sua bocca come se fosse la fonte della vita, il fuoco nel gelo invernale, l’aria dopo una lunga apnea.
 
Tutto il mondo esterno, al di fuori del suo corpo e della sua bocca, si annullò.
Una nuova guerra, una tempesta, un incendio. Poteva accadere di tutto e io non me ne sarei accorto.
L’unica cosa di cui mi importava era quel bacio e tutto ciò che Hermione mi stava dicendo con quel bacio.
Sofferenza, appagamento, felicità, amore? Sì, anche amore.
Mi staccai da lei a fatica, prima di perdere l’ultima briciolo di autocontrollo che avessi e fare l’amore con lei nel corridoio della scuola.
-Davvero?-
La domanda più stupida tra tutte quelle che affollavano la mia mente fu anche l’unica che trovò la strada per uscire dalle mie labbra.
-Davvero.-
Eravamo ancora abbracciati, così vicini che sentivo le sue labbra muoversi sulle mie.
-E come mai hai detto ai tuoi amichetti che stiamo insieme?-
-Vuoi proprio sentirtelo dire?-
Le feci un sorriso compiaciuto e lei roteò gli occhi esasperata.
-D’accordo! Sì, ho detto ai miei amici che stiamo insieme davvero, insomma, non solo per il sesso, perché è quello che voglio.-
-Il mio fascino ha colpito ancora. Me ne compiaccio.- gongolai.
-E che vuoi anche tu. Quindi fai poco il sostenuto, Draco, perché ti conosco troppo bene.-
Cercò di allontanarsi da me, ma la strinsi più forte.
-Ridillo- mugugnai contro le sue labbra.
-Draco-
-Ancora-
Mi piaceva il suono leggermente roco della sua voce quando pronunciava il mio nome.
-Draco-
Mi stava mandando in estasi.
-Stai con me, stanotte.- le mormorai in un orecchio, passandole la lingua sul lobo.
-Perché vuoi che stia con te?-
L’espressione sul suo volto era pericolosamente simile a quella che avevo assunto io stesso pochi minuti prima per sentirmi dire quello che volevo.
-Perché non voglio passare un’altra notte lontano da te e perché voglio farti capire bene che sei mia.- le passai una mano sulla nuca, per avvicinarla ancora di più –Chiaro?-
-Cristallino.-
La baciai ancora e ancora e ancora, fino a raggiungere la porta della sala comune di Serpeverde e poi quella della mia camera.
 
Hermione la richiuse con un colpo alle mie spalle, poi si staccò da me.
-Malfoy- mi chiamò, ma io mi limitai a risponderle con un mugolio infastidito.
-Draco, aspetta-
-Granger- mi staccai da lei solo un attimo –ti sembra il momento??-
-Sì!-
Era testarda, dannatamente testarda.
Non avrei ottenuto nulla continuando ad impuntarmi, così mi allontanai da lei per sedermi sul letto. Non potevo di certo prestare attenzione con il suo corpo caldo attaccato al mio.
-Avanti, dimmi.-
-Io non sto con te perché mi fai pena o perché sei bravo a letto. Sto con te perché mi piace il tuo modo di essere, anche se preferirei che fossi un po’ meno arrogante, presuntuoso, lunatico e permaloso..-
-Ti ringrazio dei complimenti…- commentai con un sorriso ironico.
Lei mi fece una linguaccia.
-Prego.-
-Ora che hai enunciato tutte le mie qualità , mi spieghi perché mi stai dicendo tutto questo? Mi bastava quello che mi hai detto prima.-
-Lo so che ti bastava, ma volevo che te lo ricordassi.-
-Me lo ricorderò.-
-Malfoy, non voglio più vederti.. così. Come stavi prima. Sto bene con te e non ho intenzione di lasciarti solo perché Ginny dice che sei un assassino e che al nostro matrimonio ci vestiremo di nero!-
-Granger- mi passai una mano sugli occhi, con aria frustrata –apri bene le orecchie perché non te lo ripeterò tanto presto.-
Presi un respiro profondo e continuai.
-Io sono contento di stare con te, non solo quando facciamo l’amore, anche quando parliamo. Mi piace il tuo modo di essere e il fatto che mi accetti per quello che sono. Presuntuoso, lunatico, permaloso..-
-Dimentichi arrogante.- mi corresse lei con un sorriso.
-Ma qua non parliamo più solo della Weasley. È quello che pensano tutti. A me non importa quello che dicono gli altri, dirmi che me la faccio con una Mezzosangue non è peggio di quando mi dicono che sono un assassino, ma stare con me ti  allontanerà dalla maggior parte della comunità magica.-
Mi alzai dal letto e mi avvicinai a lei, sollevandole il mento e facendo scontrare i nostri sguardi.
-Sono contento di stare con te, ma sono anche un Serpeverde e non ho intenzione di soffrire eroicamente per amore come fate voi. Se non pensi di essere in grado di stare con me e sopportare quello che dicono, dimmelo adesso. Non voglio soffrire ancora.-
 
-Malfoy, voglio stare con te, anche se gli altri pensano che mi sono venduta. Harry è il mio migliore amico e lui mi capisce. Questo mi basta. Chiaro?-
-Cristallino.-
-Bene.. E ora, dove eravamo rimasti?-
Mi fece indietreggiare, spingendomi sul letto. Si lasciò cadere sopra di me, baciandomi il collo.
-Lascia che ti rinfreschi la memoria, Mezzosangue.-
 
 
Buon giorno, mie belle lettrici!!
Sono tornata prima del previsto.
Il capitolo è un po’ lungo, ma spero che vi faccia piacere.
Ho voluto chiarire bene i sentimenti di entrambi: Hermione ha combattuto tutta la vita, non ha paura di farlo ancora per stare con Draco. Per lui è diverso: si sta innamorando di lei (spero che si capisca anche se non è detto esplicitamente), ma è un Serpeverde e come tale ha paura dei sentimenti.
Quindi ora stanno insieme ufficialmente e dal prossimo capitolo vedremo come si evolve la situazione.
Grazie a tutti coloro ce hanno commentato o aggiunto la storia tra le preferite, seguite o ricordate.. e ovviamente a tutti coloro che leggono!
Come al soliot, i commenti sono più che apprezzati, perché mi fanno capire se la storia piace o se devo correggere qualcosa.
Al prossimo capitolo!!
Un abbraccio
Giada
PS. La battuta “Chiaro?” “Cristallino” è di un film, ma non ricordo quale!! Lo dico perché non è “farina del mio sacco” -.-“
 

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Capitolo 17
*** Attimi di Vita ***


-Basta! Questo tema di pozioni mi ha distrutto!-
Hermione appoggiò la pergamena sul comodino e si lasciò cadere all’indietro sul materasso, sprofondando nel morbido cuscino verde.
-Udite udite, Hermione Granger messa in difficoltà da un semplicissimo compito di Pozioni!- una voce roca e profonda la derise, mentre il suo proprietario fumava appoggiato al muro.
-Io non sono in difficoltà!- precisò la ragazza socchiudendo gli occhi minacciosa –Ho solo detto che sono stanca!-
-Ma guardala, la Grifondoro ha tirato fuori gli artigli!-
Hermione lo liquidò con un gesto della mano, tornando a stendersi sul letto e coprendosi gli occhi con un braccio.
Draco rimase a guardarla, gustandosi la visione delle gambe fasciate dalle calze di lana e lasciate scoperte dalla gonna che si era sollevata.
-Tra un po’ devo andare, è tardi.-
Le si avvicinò, sdraiandosi accanto a lei.
-Perché invece non mi fai compagnia?- le propose suadente, baciandole il collo e accarezzandole le gambe.
-Draco, no! Non sarei affatto di compagnia.- lo allontanò brusca.
-Granger si può sapere che hai? È tutto il pomeriggio che cerchi di non farti toccare da me.- la guardò deciso, in attesa di spiegazioni.
-Ho il ciclo, Draco.- sbuffò sconfitta –Ecco perché non mi sono fatta toccare. Non volevo che poi fossi costretto a fermarti quando.. saresti stato ormai al limite.-
Draco rotolò su un fianco, abbandonandosi ad una risata profonda.
-Dio, Mezzosangue, sei assurda! Non ho dodici anni, so controllarmi!- si alzò dal letto, andando a rovistare in un cassetto del suo armadio.
-Se dà fastidio a te essere toccata in questo periodo, non voglio obbligarti. Se lo fai solo per me, invece.. beh, mettiti questa e dormi qua.- le propose con semplicità, lanciandole una delle sue camicie.
 
 
-Granger, credo di avere qualche problema a trasfigurare la mia pergamena..- sussurrò Draco, richiamando l’attenzione di Hermione che stava scrivendo delle note a margine sul suo libro di Trasfigurazione, mentre il suo canarino cinguettava felice.
Come accadeva durante tutte le lezioni che avevano in comune, sedevano allo stesso banco, possibilmente in fondo all’aula per ridurre al minimo le occhiate pettegole dei loro compagni.
Hermione distolse l’attenzione dei suoi appunti e si voltò verso Draco.
La sua risata sommessa venne coperta dai cinguettii e dalle esclamazioni contrariate di chi non riusciva ad eseguire la sua trasfigurazione.
Il canarino di Draco tentava di librarsi in volo con scarso successo, agitando convulsamente le sue ali di pergamena.
-Ti sembra il modo di aiutarmi?- si indignò lui, arricciando le labbra infastidito.
Non ricevendo alcuna risposta, puntò di nuovo la bacchetta contro il piccolo volatile, pronto a ritentare l’incantesimo.
Una mano si posò sulla sua, bloccandola proprio mentre suonava la campanella.
-Lascialo stare, è così tenero! Dai, lo voglio tenere!- propose entusiasta, accarezzando il piccolo animaletto con occhi inteneriti.
-E come vorresti chiamarlo?- la assecondò mentre camminavano per i corridoi.
-Draco!-
Alle loro spalle, Harry Potter scoppiò a ridere convulsamente.
 
 
-Herm, che lezione abbiamo adesso?- Harry la guardò interrogativo.
-Ma non hai ancora imparato l’orario?- lo rimproverò.
-Sai com’è, ho avuto cose più importanti a cui pensare. La mia migliore amica che si mette con Malfoy, i provini della squadra di Quidditch...-
-Aggiungerei la tua fidanzata che ti tiene il broncio da più di una settimana..- Ron li affiancò, aggiungendo con una risata l’ultimo prezioso punto della lista di Harry.
-Harry mi dispiace, è colpa mia.- si scusò con aria afflitta.
-No.- il tono di Harry era duro e non ammetteva repliche –Io la amo molto, ma lei ha davvero esagerato. Deve imparare a gestire la sua gelosia, perché io non ho intenzione di perdere la mia migliore amica.- asserì convinto, circondandole le spalle con le braccia e dandole un affettuoso bacio tra i capelli.
-Bel discorso, Potter, ma giù le mani dalla mia ragazza.-
Draco comparve dal nulla, liberando Hermione dalla presa di Harry e stringendola possessivamente a sé.
-Ma tu guarda- lo canzonò il Grifondoro –Malfoy è geloso marcio!-
-Scappa Potter o sarà la tua fine..- sibilò a denti stretti.
 
 
-Scacco matto!- esultò Harry.
Seduti al tavolo della loro Casa in Sala Grande, lui ed Hermione avevano appena concluso l’ennesima partita a scacchi, in attesa che terminassero le due ore buche.
-Herm, sei una schiappa!-
-Ma sentitelo, il grand’uomo come si vanta!- si indignò, sporgendosi al di là del tavolo e tirando un piccolo pugno sulla spalla del suo amico.
-Potter, cosa le hai fatto?-
Draco si fermò alle spalle di Hermione, dandole un intenso bacio dietro l’orecchio.
-E tu che ci fai qui? Non dovresti essere ad Erbologia?- lo studiò con sguardo indagatore.
-Dovrei, dici bene. Mi stavo annoiando e ho finto un mal di testa.- sollevò le spalle noncurante, poi proseguì, vedendo la bocca della sua ragazza aprirsi per dare inizio ad una lunga ed interminabile serie di rimproveri –Cosa state facendo?-
-Scacchi. Sto cercando di insegnare qualcosa al genio!- sorrise, indicando con il capo Hermione e ottenendo come unica risposta una linguaccia.
-Ehm, ok. Buona fortuna allora!- commentò ironico, allontanandosi da loro con sguardo dispiaciuto.
Ad un cenno eloquente e supplichevole di Hermione, Harry prese un bel respiro e si schiarì la voce, appuntandosi mentalmente di chiederle una ricompensa.
Stava per fraternizzare con il nemico, come avrebbe detto Ron. Silente sarebbe stato immensamente orgoglioso di lui.
-Malfoy, che ne dici di una partita? Sempre che tu sappia giocare a scacchi meglio di quanto giochi a Quidditch..-
Poi guardò la ragazza di fronte a lui: il sorriso felice di Hermione sarebbe stata una ricompensa sufficiente.
 
 
-Herm, vieni a vedere gli allenamenti?-
-Mi spieghi, Ron, perché ti ostini a chiedermelo quando sono ormai sette anni che ti rispondo che mi annoio?-
-Abitudine, di solito.- Ron si strinse nelle spalle, giustificandosi –Ma questa volta te l’ho chiesto perché anche tu stai andando al campo.- le fece notare, indicando gli anelli che si intravedevano appena nella nebbia che avvolgeva il parco in quei primi freddi giorni di dicembre. 
-Oh, ma io,senza offesa, non sto andando lì per voi.- un sorriso felice le illuminò il viso –Sto andando lì per lui.-
Sorridendo rilassato come un ragazzo normale e disordinato come nessuno l’aveva mai visto, Draco Malfoy si avvicinò a loro, con la divisa da Quidditch appiccicata al corpo per l’umidità e il sudore e i capelli scompigliati, portando in spalla la sua scopa.
-Ma sei tutto sudato!- urlò Hermione, cercando di divincolarsi dalle braccia del suo ragazzo –Ma non ti sei fatto la doccia come tutte le persone normali?- domandò, abbandonando il suo proposito e abbandonandosi, invece, ai baci di Draco.
-Primo: io non sono una persona normale.- chiarì lui –Secondo: non capisco perché avrei dovuto fare la doccia in uno spogliatoio freddo e pieno di spifferi di aria gelida, quando la posso fare in camera mia e con la mia ragazza.- terminò la spiegazione, sollevando allusivamente le sopracciglia.
-Vado a vomitare.- sentenziò Ron, con una smorfia genuinamente schifata.
-Ti seguo.- lo appoggiò a ruota Harry, allontanandosi.
 
 
-Andrà malissimo!- si lamentò Ron, abbandonando la testa sul banco con un rumore secco.
-Certo che andrà male, Ron, se continui a ripeterlo invece di studiare!-
-Per te è facile, la McGrannit si è innamorata di te dalla prima volta che ti ha vista!-
-Forse perché io studio?- domandò sarcastica –Dai, ve lo spiego di nuovo. Aprite bene le orecchie.-
Prese la pergamena su cui aveva tracciato uno schema dei concetti base e la spinse davanti a Harry e Ron, che la fissarono dubbiosi.
-Allora, per prima cosa visualizzate..- l’inizio della spiegazione fallì dopo poche parole.
-Ehi.- Draco la salutò con un bacio, dedicando ai suoi amici solo un lieve cenno del capo –Ero venuto a cercarti, sai, pensavo che potevamo vederci per studiare. Ma non fa niente, io vado.-
Lanciò uno sguardo alle pergamene sparse sul tavolo, avviandosi verso l’uscita.
-Aspetta.- il richiamo di Ron bloccò Draco come se fosse stato colpito da un Pietrificus e fece sgranare gli occhi ad Hermione.
-Ecco, pensavo..- cercò appoggio nello sguardo perplesso di Harry –Potresti studiare qui con… con noi. Così almeno Hermione deve spiegare una volta sola. Ma non lo so. Era un’idea. Cioè, se poi tu… insomma…-
Il balbettare agitato di Ron venne interrotto dal suono stridente di una sedia che veniva spostata con poca delicatezza.
Con l’ennesimo cenno del capo, in quello che doveva essere un muto ringraziamento, Draco si accomodò accanto alla sua ragazza, passando un braccio sulla spalliera della sua sedia e sporgendosi un poco per poter sentire meglio la spiegazione.
“Gra-zie” sillabò in silenzio Hermione, mentre Ron le sorrideva in risposta e Harry tentava di ripetere i passaggi fondamentali della Trasfigurazione umana.
 
 
Abbandonati l’uno contro l’altro nella vasca da bagno, si godevano in silenzio il dolce sciabordio dell’acqua che ondeggiava contro i loro corpi.
Draco le accarezzò piano la spalla, facendovi scorrere la punta del naso, per poi scendere lungo il braccio.
Sfiorò piano la cicatrice, tracciandone le lettere con le dita e sentendo Hermione stringersi di più tra le sue braccia. Non l’aveva mai osservata attentamente, anche perché le cure dei Medimaghi avevano reso la parola quasi invisibile.
-Sanguesporco- lesse a bassa voce.
-E fiera di esserlo.-
-Perdonami.- soffiò, abbandonando la fronte contro la sua spalla.
-Ehi.- Hermione si girò tra le sue braccia, accarezzandogli i capelli umidi –Non sei stato tu a farmela. Non hai alcuna colpa.- tentò di rassicurarlo, ma Draco si alzò di scatto, uscendo dalla vasca e allagando il pavimento.
-Sì, invece!- urlò esasperato –Mentre Potter cercava un modo per liberarvi e Weasley si offriva di essere torturato al posto tuo, io sono rimasto fermo a guadare. Ho.. ho..-
Cercava di trovare le parole giuste, muovendo freneticamente lo sguardo sulle piastrelle del bagno.
-Per un attimo, un attimo solo, ho anche pensato che fosse giusto, perché  eri una sporca Mezzosangue, la feccia della società. Dio santo!- si portò le mani sulle testa in un gesto pieno di frustrazione –Non mi rendevo nemmeno conto che eri un essere umano.-
Hermione si alzò, andando al suo fianco. Allungò un braccio per sfiorarlo, ma Draco con un gesto brusco la allontanò.
-Come diavolo fai a stare con me?- la guardò con i suoi occhi grigi, offuscati dall’odio verso se stesso –Mi faccio schifo da solo.-
Indossò l’accappatoio e uscì dal bagno.
-Draco.- si inginocchiò davanti a lui, avvolta in un accappatoio maschile troppo largo per lei –Ognuno di noi cresce in base agli insegnamenti che riceve, al modo in cui le persone ci trattano.-
-Questa non è una giustificazione per come mi sono comportato. Potevo scegliere e non l’ho fatto.- la interruppe.
Era colpevole, si sentiva colpevole e voleva che anche lei lo riconoscesse.
Non era da lui aprirsi e criticarsi davanti ad altri, ma con lei sapeva di poterlo fare. Di doverlofare.
-È vero, non l’hai fatto. Non negherò che sei stato per anni un borioso, viziato, razzista figlio di papà, con la puzza sotto il naso e la tendenza a credersi superiore agli altri.-
-Grazie, che consolazione.- berciò lui, fissando con morbosa ostinazione il Marchio Nero che troneggiava sulla sua pelle lucida e bagnata.
-Ma alla fine sei cambiato. Non so cosa ti abbia fatto cambiare, ma almeno è successo.- concluse Hermione, coprendo il marchio con la propria mano.
 
 
-Granger, svegliati.-
Draco si districò dal groviglio di gambe e braccia che l’avevano riscaldato per tutta la notte.
-Cinque minuti, ho sonno.- si lamentò Hermione, accoccolandosi di più nella trapunta.
-Se avessi dormito, ieri sera, invece di provocarmi, adesso non avresti sonno.-
Cercò di alzarsi dal letto, liberandosi delle lenzuola che si erano attorcigliate attorno alle sue gambe durante la notte, ma Hermione lo sospinse con decisione sul materasso.
-Oggi hai due ore buche all’inizio della giornata, vero?-
Draco si limitò ad annuire, trovando non poche difficoltà ad articolare un discorso coerente con il corpo nudo di Hermione che premeva contro il suo.
-E allora?- biascicò.
-Allora potrei saltare Antiche Rune. Non fare quella faccia.- replicò davanti allo sguardo piacevolmente stupito del biondo –È solo per questa volta e poi voglio farti vedere una cosa.-
-E sarebbe?- le leccò sensualmente la giugulare, mentre le sue mani vagavano sulla sua schiena.
-Niente di quello che pensi tu, scemo. Voglio farti vedere la mia Sala Comune.-
-No.- negò deciso.
-E se ti prometto una ricompensa?- propose languidamente.
-Dipende se mi soddisferà questa ricompensa..-
-Allora puoi anche cominciare a vestirti.- rise, saltando giù dal letto e fiondandosi sotto la doccia.
Draco si lasciò ricadere sul cuscino, con un leggero sorriso sulle labbra.
 
 
-Semper Fidelis-  Hermione pronunciò la parola d’ordine ad alta voce.
-Cara,- la apostrofò la Signora Grassa –non dovresti rivelare la nostra parola d’ordine ad un estraneo. Soprattutto se è.. è…- lanciò un’occhiata alla divisa di Serpeverde dell’estraneo in questione.
-…il mio fidanzato.- completò per lei Hermione –E ora, se non le dispiace..- indicò eloquentemente il quadro che nascondeva l’entrata alla Sala comune, in attesa che si aprisse.
-Il tuo fidanzato?- le fece eco Draco, mentre oltrepassavano il passaggio dietro il ritratto –Non pensavo che fosse una cosa seria! Dovrò dirlo ai miei genitori.- la prese in giro.
-Oh, taci.- sbuffò Hermione –Beh, eccoci. Benvenuto a Grifondoro.-
Draco girò su sé stesso, osservando l’ambiente luminoso e caldo, dai colori accesi e brillanti.
Decisamente un altro mondo rispetto alla sua Casa.
-Ma non avete caldo con tutto questo rosso?-
Hermione rise, cingendogli il collo con le braccia e facendo scorrere le dite tra i suoi capelli biondi.
-Vedere Draco Malfoy immerso nei colori della mia Casa.. fidati, è uno spettacolo che non credevo di vedere mai.-
 
 
Cercò di regolarizzare il respiro, ancora affaticato dopo l’amplesso.
-Draco, perché non mi chiami mai per nome?-
-A te non passa mai la voglia di parlare?-
-Allora?- lo esortò.
-Credevo di aver urlato piuttosto chiaramente il tuo nome, poco fa.- commentò, guadandola malizioso.
-Appunto, mi chiami per nome solo quando siamo a letto. Perché?- scattò a sedere, come se fosse stata punta all’improvviso.
- Non lo faccio perché ti considero inferiore e lo voglio ribadire, né perché ti voglio tenere a distanza da me, né per nessuno degli altri motivi che pensi tu.- spiegò, sedendosi davanti a lei e accarezzandole un braccio.
Ogni volta che parlava con lei di qualcosa, sentiva il bisogno di toccarla, di sentirla presente e rilassata sotto le sue dita, di avere la certezza che non stesse tremando di paura.
-Ti chiamo Mezzosangue perché per me è un soprannome, è il modo in cui ti ho sempre chiamato. Non mi fa più schifo quello che sei. È lo stesso ragionamento anche per il tuo cognome.- si strinse nelle spalle –È complicato da spiegare a parole.-
-E quando siamo a letto.. beh, mi sembrerebbe stupido non chiamarti per nome quando facciamo l’amore, non ti pare?- la guardò, trovando l’appoggio che cercava nel suo sorriso –Comunque se preferisci posso chiamarti Hermione.-
-No, va bene anche come mi chiami di solito. Ero solo curiosa.-
-Allora permettimi di soddisfare la tua curiosità, Mezzosangue.-
Era come un dejà vu, un piacevole dejà vu.
 
 
-Hai qualcosa da prestarmi?-
-Perché? Cosa c’è che non va nei tuoi vestiti?- le chiese, squadrandola da capo a piedi.
-Che ne dici del fatto che qualcuno potrebbe insospettirsi se vedesse che giro per la scuola con la divisa di sabato mattina?- Hermione aveva il tono di chi pensa di spiegare una cosa estremamente ovvia.
-Tutti sanno che stiamo insieme. Non credo che abbiamo molti dubbi su quello che facciamo quando veniamo in camera mia.- le fece notare Draco.
-Su questo non avevo dubbi, anche perché, considerando il soggetto di cui stiamo parlando…- lasciò cadere la frase, lanciando uno sguardo di divertito rimprovero al Serpeverde –E comunque ti faccio notare che le regole della scuola lo proibiscono e non mi va di dover parlare con la McGrannit della mia vita sessuale, se non ti dispiace.-
Draco si alzò e le passò una delle sue felpe, abbandonata su una poltroncina.
-Senti, Granger, perché non ti porti un po’ di roba qui? Ti faccio posto in un cassetto, così non devi più rubare la mia roba o scappare la mattina presto per andare a prenderti una divisa pulita.-
Non riuscì quasi a terminare la sua proposta che un turbine di capelli ricci lo travolse, al colmo della felicità.
 
 
-Draco..-
-Mhm..- mugugnò lui, continuando a scrivere il suo tema di Storia della Magia sull’importanza dell’alchimia del Diciannovesimo secolo.
-Quando sei nato?- la domanda di Hermione lo stupì non poco, convincendolo a distogliere la sua attenzione dalle vicende dell’ennesimo mago russo.
-Il 29 novembre*, perché?-
-Ma era dieci giorni fa!- esclamò oltraggiata, voltandosi verso di lui, per poi continuare con tono accusatorio –Perché non me lo hai detto?-
-E cosa ti dicevo? “Ciao Mezzosangue, oggi è il mio compleanno, tanti auguri a me”?- le chiese con amara ironia.
-Stupido. Vieni nelle cucine tra mezz’ora. Ti aspetto!- gli schioccò un bacio sulle labbra e poi uscì di corsa dall’aula studio del terzo piano.
-Granger?- la chiamò Draco, quando esattamente mezz’ora dopo entrò nelle cucine scarsamente illuminate.
-Auguri!- Hermione emerse da un angolo buio, tendendo verso di lui una torta su cui brillava una piccola candelina.
Draco si avvicinò lentamente a lei, senza distogliere lo sguardo da quella fiammella tremula che li divideva.
-Sì, lo so che queste cose  non sono proprio il tuo genere, però pensavo..-
In silenzio, Draco prese la torta e la appoggiò su un tavolo. Senza alcun impedimento a dividerli, la strinse a sé, inspirando il profumo di dolce appena sfornato che invadeva l’aria e strofinando il naso contro una macchia di farina sulla guancia di Hermione.
-Draco, che c’è?- gli domandò, preoccupata dal silenzio e dal leggero fremito che avvertiva tra le sue braccia.
-L’ultima torta di compleanno che qualcuno ha preparato per me è stato quella per i miei otto anni.- spiegò, rimanendo abbracciato a lei e sperando che premere la bocca contro il suo collo servisse a nascondere il tremore della sua voce.
-Grazie.-
L’abbraccio di Hermione intorno alla sua vita si fece più stretto.
 
 
 
 
Buonasera mie care lettrici!
Chiedo perdono per non aver aggiornato entro la fine del week end, come promesso, ma vi assicuro che scrivere questo capitolo è stato piuttosto impegnativo.
Non è per niente facile immaginare degli spezzoni di vita!! Spero quindi di non avervi deluso.
*ovviamente la data di nascita di Drao è totalmente inventata.
Grazie a tutti coloro che leggono e/o che hanno inserito la mia ff tra le preferite, seguite  o ricordate.
E ovviamente un ringraziamento speciale alle ragazze che mi fanno sentire il loro appoggio con le loro recensioni!
Spero di riuscire ad aggiornare entro la fine di questa settimana (i capitoli seguenti sono già ben delineati nella mia mente!).
Lasciate un commento, per favore: mi fanno sempre piacere!
Una bacio
Giada
 

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Capitolo 18
*** Guerra e pace ***


(Draco)
Il gelo di quella mattina di metà dicembre sembrava infiltrarsi attraverso gli stipiti sconnessi delle antiche finestre di Hogwarts.
Il soffitto incantato della Sala Grande rivelava quanto il tempo, quel giorno, fosse poco clemente.
La consegna della posta, e del Profeta in particolare, gettò un’ondata di indignazione su tutti i ragazzi seduti alle tavolate.
“Gli avvocati di casa Malfoy chiedono la revisione del processo”.
Il titolo della notizia del giorno campeggiava a caratteri cubitali in prima pagina. Gettai una rapida occhiata alla copia del giornale che un gufo marrone dell’aspetto affaticato aveva consegnato a Nott.
Gli avvocati di mia mamma avevano fatto domanda per una revisione del processo e una nuova udienza allo scopo di ottenere per mio padre una pena più clemente.
Come se la meritasse.
Sentii gli sguardi di gran parte della Sala Grande puntati su di me.
Fantastico.
Mi alzai e mi diressi velocemente fuori dalla Sala Grande.
 
Non appena svoltai nel primo corridoio, compresi che la mia non era stata una mossa intelligente. La fretta di scrivere una lettera a mia madre per sapere perché non mi avesse informato, mi aveva spinto a mettere la prudenza in secondo piano.
Pessima mossa.
Dei passi frettolosi e delle voci concitate rimbombarono dietro di me. Ben presto mi trovai circondato, mentre alcuni ragazzi puntavano la loro bacchette contro di me.
Sfoderai la mia, ma un incantesimo di disarmo alle mie spalle la fece volare via.
Estremamente corretti.
-Dunque dunque dunque, Malfoy.- cantilenò un ragazzo dai capelli color fango –Cosa ci fai qui solo soletto?-
-Non ti sembra una domanda stupida, Steve?- lo riprese sarcasticamente il suo compagno di casa –Starà andando a spedire una lettera alla sua mammina per festeggiare il lieto evento.-
Un ghigno perfido si dipinse sul suo volto.
-Cosa organizzerete per festeggiare? Una strage di babbani dovrebbe rientrare nel vostro stile.-
Le parole del giovane, che riconobbi come uno di quelli che mi avevano aggredito nel corridoio, quando avevo incontrato Hermione, suscitarono nei suoi compari uno scoppio di risate.
-O forse i babbani non ti divertono più?- mi domandò retorico –Forse tu provi più gusto a uccidere un bambino?-
Strinsi i pugni, sollevando il mento con aria di sfida.
Non mi sarei di certo lasciato toccare dalla loro accuse come avevo fatto la volta precedente.
Poi la vidi.
Tra gli studenti che si erano assiepati a guardare, poco dietro il Corvonero che aveva parlato, mi guardava con occhi sgranati.
 
Non poteva crederci davvero.
Non poteva credere che fossi capace di fare del male ad un bambino.
Mossi un passo verso di lei, ma venni schiantato all’istante, sbattendo pesantemente la testa contro un muro.
Per un attimo la vista si offuscò e le figure davanti a me si sdoppiarono.
Scossi la testa e strizzai gli occhi. Li riaprii e mi accorsi, fortunatamente, che ogni immagine aveva acquistato di nuovo i propri contorni definiti.
Hermione si era inginocchiata accanto a me ed ora era china sul mio volto.
-Draco..- mormorò preoccupata.
Mi passò una mano dietro la schiena, per sorreggermi, ma la sentivo rigida, distante, tesa.
-Levati, Granger.- le intimò Matt.
-Ha ragione, Mezzosangue. Spostati, ci penso io.- le sfilai la bacchetta dalla tasca della gonna e mi alzai a fatica. Quando il mondo cominciò a girare mi accorsi che era stata una pessima idea.
Hermione mi lanciò un’occhiata di sfiducia. In effetti con quel dolore alla testa non ero nelle condizioni migliori per risolvere il problema.
-Allora, Granger, non ci senti? Questo non è un tuo problema.- ribadì con voce secca e infastidita uno dei ragazzi.
Vedendomi barcollare leggermente sul posto, Hermione mi fece fare un passo indietro, affinché potessi appoggiarmi alla parete, rimanendo tuttavia distante da me.
-Levati Granger, altrimenti..- provò a minacciarla ma Hermione non era decisamente il tipo di donna che si lasciava mettere i piedi in testa dal primo idiota.
E quel ragazzo era chiaramente un idiota.
-Altrimenti cosa?- lo incalzò, con una sfumatura di nervosismo nella voce –Ma vi vedete? State attaccando una persona che non vi ha fatto nulla, dopo che lo avete disarmato alle spalle e che ha battuto la testa.-
Si fermò, squadrandoli dall’alto in basso con uno sguardo pieno di repulsione.
-Siete ridicoli.- sentenziò.
Il volto del ragazzo assunse rapidamente una sfumatura purpurea, mentre l’umiliazione subita lo faceva fremere.
Mossi un passo, spingendola dietro di me con una mano, forse inconsapevolmente.
Vedendolo muovere la bacchetta, sfoderai quella di Hermione, ma un ragazzo arrivò di corsa, interrompendoci.
-Matt, Steve!- li incitò –Arriva la McGrannitt, filiamo!-
In breve la folla si disperse, mentre un ultimo “Malfoy, non finisce qui!” risuonava nell’aria.
 
Camminando in silenzio accanto a me e toccandomi solo quando mi vedeva barcollare, mi accompagnò in infermeria, dove fummo accolti dai soliti rimproveri di Madama Chips, che borbottava qualcosa di indefinito sulla preoccupante frequenza con cui le facevano visita gli studenti della scuola.
Mi distesi su un letto, mentre la donna controllava la mia testa.
-Hai preso una bella botta, ma niente di grave. Hai la testa dura, signor Malfoy.- sentenziò acida, camminando spedita verso il suo laboratorio.
Sentii il materasso piegarsi. Hermione si sedette accanto a me, squadrandomi con occhio clinico.
-Sul fatto che hai la testa dura, davvero non avevo alcun dubbio.-
La osservai attentamente, volevo chiarire con lei quello che avevano detto poco prima sul mio conto. Le posai una mano sulla gamba, cercando, come sempre quando le parlavo di qualcosa di potenzialmente pericoloso, il contatto con il suo corpo, sperando di trovarlo rilassato e non impaurito.
Non appena la toccai, mi resi conto che era a disagio.
-Mezzosangue, io..-
Madama Chips mi interruppe, porgendomi una fialetta di vetro dal contenuto sospetto.
-Bevi e resta qui per un paio d’ore.- ordinò -Ora scusatemi, vado da uno del secondo anno. Ha fatto indigestione di Gelatine Tutti i Gusti +1 per una scommessa.. ma io dico, si può essere più stupidi?- si domandò, sinceramente perplessa, allontanandosi verso il fondo dell’infermeria e lasciandoci soli.
-Granger, quello che hanno detto prima non era vero.- iniziai, ma venni interrotto.
-Draco, lo so benissimo che non stai organizzando nessuna strage di babbani.- cercò di alleggerire l’atmosfera, ma il suo sguardo era irrequieto.
-Mezzosangue, fammi parlare.- la ammonii –Non sto parlando di quello. Hanno detto che mi diverto a uccidere i bambini.-
Sentii i muscoli della sua coscia irrigidirsi ancor di più e la vidi abbassare lo sguardo.
Ci credeva.
-Non puoi crederci davvero.- la implorai quasi, mettendomi a sedere sul letto.
-Draco, Madama Chips ti ha detto di restare sdraiato.- fece pressione sulle mie spalle per farmi distendere, ma io feci resistenza.
-Non me ne frega un cazzo di Madama Chips!- urlai –Quello che mi interessa è sapere se la mia ragazza crede che io sia un assassino, un mostro!-
La guardai ansimante.
Non poteva crederci.
Non poteva crederci davvero.
Non ero un assassino, un mostro.
-Io non credo che tu abbia ucciso dei bambini, Draco. Ma tu non gli hai risposto, non hai fatto niente per difenderti!- rispose con voce incerta, tremante.
-Per Merlino, cosa avrei dovuto fare secondo te? Rispondergli cosa? Non mi crederebbe nessuno!-
Ero frustrato e ferito.
-Nemmeno tu mi credi.- sussurrai.
-Questo non è vero e tu lo sai.- si difese.
-Sicura? Perché dallo sguardo schifato che avevi prima si direbbe proprio il contrario..-
Non rispose.
Sentivo una rabbia infinita crescere dentro di me.
Ero arrabbiato con quel ragazzo che continuava a ripetermi le stesse accuse infondate.
Ero arrabbiato con me stesso perché avevo permesso che mi accusassero di un crimine infamante come l’omicidio di un bambino.
Ero arrabbiato con lei che mi credeva davvero capace di un tale abominio.
Non ero mai stato un santo, e probabilmente non lo sarei mai diventato, ma pensavo di essere riuscito in quel mese che avevamo trascorso insieme a mostrarle il vero Draco, quello freddo ma non crudele.
Speravo di essere riuscito a convincerla che non ero mai stato un Mangiamorte fino in fondo, forse perché troppo codardo per esserlo o forse perché anche io avevo una coscienza.
Invece non era servito a nulla. Tutta la fatica che avevo fatto per aprirmi con lei, per mostrarmi gentile con i suoi amici e lasciarle i suoi spazi era stata uno spreco.
Non le avevo raccontato del mio passato perché speravo che il mio presente fosse sufficiente a rassicurarla.
-Pensavo di averti dimostrato qualcosa in questo mese, pensavo che tu fossi diversa da tutti gli altri e che avessi capito. Che mi  avessi capito. È proprio vero che non si finisce mai di sbagliare.- diedi sfogo ai miei pensieri.
Il suo silenzio mi spronò a continuare.
-Se non ti fidi della mia parola, evidentemente non abbiamo motivi per continuare a stare insieme.-
Ancora quel silenzio. Un silenzio pieno di sorpresa, attraversato dal suo sguardo stupito, preoccupato, triste.. colpevole?  
-Ti sei fidata di me solo fino a quando qualcuno non ti ha detto una cazzata più crudele e falsa delle altre. È più comodo credere a quello che dicono gli altri e decidere che sono io il mostro che va isolato ed eliminato, vero? Sei proprio come loro. Vattene.-
Ero arrabbiato, ferito e deluso.
-Draco, io…-
-Vattene. Adesso.-
Vidi i suoi occhi lucidi, colmi di lacrime di scuse e dispiacere a stento trattenute.
Soffriva? Io di più.
Soffriva? Non me ne importava.
 
(Hermione)
Richiusi la porta dell’infermeria dietro di me, mi appoggiai al muro freddo e ruvido e mi lasciai scivolare a terra.
Perché avessi dubitato di lui, rimaneva per me un mistero.
Perché lui mi avesse detto di andarmene, invece, era maledettamente chiaro.
L’avevo deluso, abbassandomi al livello di coloro che si fidavano ciecamente della accuse sussurrate o urlate nei corridoi, dei bisbigli in Sala Grande, delle occhiate e dei cenni nelle aule.
Avevo deluso me stessa, perché l’avevo ritenuto capace di perpetrare un tale orrore. Vedendolo impassibile davanti alle accuse che gli lanciavano, l’avevo rivisto nel salotto di casa sua, elegante nei suoi abiti di pregiata fattura, che mi fissava immobile mentre io urlavo dal dolore. Fermo come uno statua di marmo indifferente, mi era parso così tristemente simile alle espressioni annoiate dei Mangiamorte che erano stati processati quell’estate, che nemmeno si degnavano di negare i crimini che gli venivano imputati.
Poi il dubbio, così come si era insinuato nella mia mente, si era dissolto in uno sbuffo di vapore davanti al suo sguardo ferito e sincero, limpido come nessuno avrebbe mai pensato che lo sguardo di un Malfoy potesse essere.
Il ragazzo che conoscevo io, quello che sin da bambino era stato vittima delle ire del padre, quello spensierato che mi raccontava della sua passione per il Quidditch, quello gentile che mi diceva di dormire con lui solo per sentirmi vicina, quello emozionato che mi ringraziava per la sua torta di compleanno in ritardo.. no, quello non poteva essere capace di restare immobile a godersi lo spettacolo di un bambino ucciso a sangue freddo, peggio ancora essere lui stesso a scagliare la maledizione.
Avevo notato la sua abitudine di sfiorarmi quando mi diceva qualcosa di importante, come per controllare la reazioni del mio corpo, e quello che aveva sentito poco prima non doveva essergli piaciuto, per niente.
Avevo percepito la sua rabbia impregnare ogni sua parola, mentre mi accusava di essere come tutti gli altri. E quella rabbia sofferente, ferita nel profondo, eppure così orgogliosa nella sua incapacità di mostrare apertamente quanto il mio sospetto lo ferisse, mi aveva zittita.
Quello che più mi faceva stare male era che tutto quello che mi aveva detto era vero.
Mi aveva dimostrato di essere diverso, in ogni parola, in ogni gesto, in ogni carezza, in ogni bacio. Era vero.
Non mi ero fidata delle sue parole subito. Era vero.
Avevo dato peso alle parole di uno stupido che nemmeno conoscevo e che probabilmente si era inventato tutto di sana pianta. Era vero.
“Evidentemente non abbiamo motivi per continuare a stare insieme.”
No, questo non era vero. Non l’avrei permesso.
 
Mi ero innamorata di lui, senza logica e senza alcun valido motivo.
Nessuno vedeva in lui altro che l’arrogante viziato borioso razzista figlio di Mangiamorte, ma io sapevo che era diverso e questa sua diversità traspariva in ogni suo gesto. Il suo cingermi possessivamente le spalle con un braccio mentre camminavamo per i corridoi, il suo leggero accarezzarmi le gambe sotto il banco durante le lezioni, la divertita noncuranza con cui ignorava deliberatamente le mie proteste, il suo capriccioso disinteresse verso lo studio che accantonava per avere tutta la mia attenzione, fisica e mentale.
Lui era diverso, in un modo sincero che nessuno di sarebbe aspettato da lui. Sapeva essere così sinceramente entusiasta nel parlare del fascino che le pozioni esercitavano su di lui, che io stessa all’inizio ero rimasta stupefatta.
Lui era diverso. Allora perché ero stata così stupida da credere a quel ragazzo?
Mi balenarono in mente le parole di una Tassorosso.
“Come puoi dimenticare un passati pieno di insulti e minacce solo per un bel fisico?”
Ecco perché.
Avevo paura del passato e di quello che poteva nascondere. Paura di scoprire che mi ero innamorata di qualcuno che non esisteva realmente. Paura di sapere che il Draco che conoscevo io era ben diverso dal Draco che aveva combattuto in guerra vestendo un mantello nero e una maschera. Paura che la realtà fosse troppo dura.
Avevo paura dell’ignoto.
Mi alzai in piedi, risoluta.
Come sottolineava lui, io ero una Grifondoro e non mi lasciavo abbattere facilmente.
 
-Hermione?-
Alzai lo sguardo su Ginny, che mi guardava preoccupata e anche un po’ impacciata.
-Cosa è successo?-  domandò davanti al mio sguardo, che non doveva essere uno dei più sereni.
Ci spostammo dall’altro lato del corridoio e mi appoggiai al davanzale sotto le alte vetrate.
-Ho litigato con Draco.- risposi asciutta. Non le dissi che in realtà lui mi aveva appena lasciata. Faceva troppo male.
-Herm, io..-
La bloccai con un gesto stanco della mano, sospirando al pensiero di quello che mi avrebbe detto.
-Se devi dire “Te l’avevo detto”, ti prego non dirlo.-
Lei sorrise.
-In realtà volevo chiederti scusa. Sono stata una stupida.-
Mi morsicai le labbra per evitare di dirle che condividevo pienamente la sua opinione.
Mi sedetti sul davanzale, incrociando le gambe e facendole cenno di sedersi accanto a me. Mi imitò e cominciò a spiegare.
-Avevo sentito una ragazza parlare di Harry mentre ero in bagno. Diceva che ti invidiava molto, perché il rapporto che condividete voi due è talmente forte che.. beh, che è difficile da esprimere a parole.- mi fece cenno di non interromperla –Disse che in fondo le facevo pena, perché io non sarei mai stata per lui ciò che invece sei tu.-
Mi guardò con un misto di tristezza e rassegnazione sul volto.
-Ed è vero.- ammise –Tu e lui avete condiviso la guerra, la fuga, la paura, cose che io non capirò mai fino in fondo. Voi vi capite al volo, avete qualcosa che si trova difficilmente in giro. Tu sei la sua migliore amica, Herm. Anzi, sei molto di più e io lo devo accettare se voglio stare con lui.-
Soffriva, si vedeva.
-Ginny- le sorrisi –Prometti che non farai più la pazza isterica come l’altra sera?-
-Giuro solennemente.- asserì con una mano sul cuore –E poi tu ora hai Draco, che diciamocelo pure, è decisamente più sexy di Harry.-
La sua risata venne coperta dal suono della campanella che annunciava la fine della prima ora di lezione.
-Beh, grazie Weasley. Anche tu non sei male.-
 
Mi voltai verso la voce che si era intromessa nel nostro discorso. Draco era fermo sulla soglia dell’infermeria, che ci guardava compiaciuto.
-Signor Malfoy!- urlò inviperita Madama Chips alle sue spalle –Pensa di soggiornare lì ancora a lungo? Perché c’è corrente e qui ci sono persone che stanno male! Quindi, visto che ha tanto insistito per andarsene, vada fuori!-
Le ultime lamentele della donna rimasero imprigionate dietro la porta chiusa.
Saltai giù dal davanzale e mi mossi verso di lui, che però rimase fermo, con il gelo assoluto negli occhi.
-Weasley, ci si vede. Dì a Potter che stasera gli cedo il campo per l’allenamento.-
Sgranai gli occhi. Non aveva mai rimandato l’allenamento nemmeno per stare con me. Cosa aveva da fare di così importante?
-Mezzosangue, addio.- sputò con odio e rabbia.
-Draco, ascolta..- provai.
-Mezzosangue, sono incazzato nero. Lasciami stare e non rompere.- mi freddò.
Poi svoltò l’angolo e i suoi passi si persero nel silenzio che avvolgeva il castello.
 
 
Buonasera!
Scusate il ritardo, ma ho avuto una serie di problemi che mi hanno impedito di aggiornare.
Questa è la prima metà del capitolo, che ho diviso in due parti. Spero di aver espresso al meglio i sentimenti e le contraddizioni che si agitano nei due protagonisti.
Come sempre, un commento mi farebbe felicissima!!!
Grazie a tutti coloro che seguono la mia storia e che hanno commentato o inserito la storia in una delle liste!
Con affetto
Giada 

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Capitolo 19
*** Guerra e pace - parte 2 ***


(Hermione)
Ginny mi sfiorò la spalla, richiamando la mia attenzione. Mi voltai verso di lei e lessi lo stupore sul suo volto, lo stesso stupore che doveva esserci sul mio.
Draco non poteva lasciarmi davvero.
-Herm, che cosa voleva dire quell’addio?- domandò preoccupata.
Le spiegai tutto, anche se in quel momento l’ideale sarebbe stato parlare con Harry. Lui però non c’era e Blaise neppure. Mi evitava da settimane ormai, rifilandomi scuse poco credibili.
Se all’inizio quello che mi aveva detto Draco mi era sembrato plausibile, il suo comportamento mi aveva tolto ogni dubbio. Era innamorato di me ed evitarmi doveva sembrargli meno doloroso. Così, anche io avevo cominciato a non cercarlo più, limitandomi a freddi e rari saluti.
-Non dirmi “Te l’avevo detto”, per favore.- le chiesi quando ebbi terminato il racconto di quella mattinata.
Sollevò le mani in segno di resa.
-Herm, ma perché hai creduto a quello là? Lo sanno tutti che è un idiota!-
-Ho avuto paura. Paura che lui fosse davvero come mi avevi detto tu, che fosse davvero un criminale come dicono tutti. Che mi fossi innamorata di un mostro.-
Sentii un lacrima scorrermi su una guancia e lungo il collo, per terminare poi la sua corsa sul coletto della camicia della divisa.
-Parlaci, Hermione.-
-Non servirebbe a niente.- scossi la testa –Non ora. È troppo testardo e orgoglioso.-
Mi fissò un attimo, poi mi prese sotto braccio.
-Dai, andiamo da quell’idiota del mio fidanzato, che non c’è mai quando serve.-
La guadai interrogativa, non capivo perché volesse portarmi da Harry di sua spontanea volontà.
-Lo so che hai bisogno di parlare con qualcuno che ti capisca fino in fondo. E questo “qualcuno” è lui.-
 
 
(Draco)
Con gli avambracci appoggiati sul parapetto del ponte di legno, guardavo il cielo mischiarsi con i contorni poco definiti dell’orizzonte lontano.
-Malfoy!-
Mi voltai verso Potter che camminava inferocito verso di me. Non trovai nulla da dire, nessuna battuta da fare, nessun commento acido da sputargli addosso.
Per la prima volta in vita mia, ebbi davvero paura di qualcuno che non fosse mio padre o il Signore Oscuro.
-Che vuoi?- gli domandai e un attimo dopo mi trovai a terra con un dolore acuto appena sotto l’occhio destro.
-Sei un maledetto idiota.- soffiò, senza fiato dalla rabbia e dalla corsa che aveva fatto per arrivare –Ha affrontato a testa alta tutto quello che hanno detto in questo mese, senza dirti niente. Scommetto che non sai nemmeno che alcuni tuoi amichetti le hanno chiesto quando la paghi per riscaldare il tuo letto.-
Colpito e affondato.
Non lo sapevo. L’avevo immaginato dalle occhiate che molti le lanciavano, ma sentirselo sbattere in faccia era un altro paio di maniche.
-Immaginavo.- si compiacque –Lei ha sopportato tutto questo e per una volta che sbaglia tu la lasci? Sei proprio un idiota.-
-E io? Secondo te io non ho sopportato niente?- mi rialzai da terra –Nessuno si chiede che cosa ho sopportato io in questi anni, nemmeno lei. Nemmeno la mia ragazza che tanto si gloria di essere diversa dagli altri.-
-Lei non si gloria di un bel niente. Lei è diversa dagli altri. E tu non l’hai capito.- mi scrutò, percorrendo tutta la mia figura dall’alto in basso –Quante persone avrebbero accettato di combattere contro quello che rappresenti e fidarsi di quello che sei?-
Allungò una mano verso il mio polso sinistro e con un gesto secco sollevò la manica della camicia e del maglione.
-Quante persone credi che sarebbero riuscite a convivere con questo?- abbassai lo sguardo fino a contemplare il Marchio Nero che brillava, anche se leggermente sbiadito, sulla palle dell’avambraccio sinistro.
-Ha sbagliato, è vero. Lo sa anche lei e ci sta male. Non comportarti come l’idiota che sei sempre stato. Lo rimpiangeresti per sempre.-
Lasciò il suo suggerimento a volteggiare nell’aria frizzante dell’inverno e si incamminò verso il castello.
 
Ritornai nella posizione di meditazione e straniamento che avevo assunto fino all’interruzione di Potter. Avevo seguito distrattamente le lezioni di quella mattina, fortunatamente nessuna delle quali era in comune con Grifondoro, e avevo approfittato del mio pomeriggio libero per pensare.
Lo sapevo da solo che ero stato un idiota.
Lo sapevo anche senza il suo intervento illuminante che Hermione era diversa, perché era riuscita a stare con me nonostante tutto quello che le dicevano e perché si comportava come se il vecchio Malfoy non esistesse più, come se il ragazzo cattivo e bastardo fosse scomparso, lasciando dietro di se solo un brutto sfregio nero sul braccio.
Non riuscivo a non sentirmi offeso e ferito dal suo comportamento e al contempo mi sentivo uno stupido che allontanava l’unica persona che si era avvicinata a me dopo la guerra.
Non sarei riuscito a tornare alla vita di prima, solo e isolato da tutti, non dopo che con lei ero stato così bene, non dopo che mi era stata vicina per un mese intero, non dopo aver scoperto che anche dei Grifondoro con manie di eroismo erano meglio della solitudine totale.
Aveva creduto a delle accuse infondate senza parlarne prima con me, ma potevo davvero fargliene una colpa? Non le avevo mai raccontato nulla del mio passato, nulla di come avessi affrontato la guerra, di come avessi vissuto la battaglia dalla parte dei perdenti.
Mi passai le mani tra i capelli, cercando di scacciare i problemi e trovare una soluzione. L’unica cosa a cui pensai, però, fu a quanto era più piacevole e delicato il suo tocco.
In quel momento avrei dato qualsiasi cosa per rimangiarmi quello che le avevo detto.
Vattene. Adesso.
Lasciami stare.
La volevo di nuovo con me, ma non mi sarei mai abbassato a chiederle scusa. Rimasi fermo, appoggiato al parapetto del ponte, ad osservare il sole invernale che impallidiva poco a poco nel freddo e cupo pomeriggio dicembrino.
Rimasi fermo, combattuto, come in un limbo.
Troppo orgoglioso per andare da lei, troppo debole per stare senza di lei.
Troppo debole, o forse solo troppo innamorato.
 
(Hermione)
Dopo essermi sfogata con Harry, mi sentii decisamente meglio. Forse perché lui mi capiva e aveva capito anche Draco, forse perché era il mio migliore amico e qualcosa di più, forse perché la sua sola presenza era rassicurante.
Incrociai Draco nei corridoi, ma lui non mi degnò nemmeno di un’occhiata.
Era arrabbiato, anzi incazzato nero, come aveva detto lui. Lo vedevo nei suoi occhi, più scuri e fumosi del solito, e nel suo incedere rigido.
Finalmente la giornata, almeno dal punto di vista scolastico, era giunta al termine. Harry aveva detto di avere un impegno improrogabile. Da quando usasse parole così altisonanti era per me un mistero.
Così, mentre Harry si dedicava al suo impegno misterioso e Ginny seguiva le sue ultime lezioni, io osservavo i dolci rilievi e le foreste scure che circondavano Hogwarts, seduta su una delle tante gradinate che immettevano nei cortili.
Il gelo invernale avvolgeva la natura, scurendo i colori e cristallizzandone l’algida bellezza. Era un’immagine bellissima, sembrava quasi una cartolina babbana.
Mi promisi di fare una foto al più presto e mandarla ai miei genitori.
Dei passi dietro di me mi risvegliarono dalle mie riflessioni. Per un attimo sperai che fosse lui, poi un profumo mi avvolse.
-Blaise.-
-Hai un occhio come Moody e non me ne sono mai accorto?-
Dopo quasi un mese di scuse prive di alcuna fantasia e tentativi di ignorarmi, era tornato a scherzare come se nulla fosse successo.
Mi era mancato. Non fisicamente, come Draco temeva, ma come amico, un amico che mi mostrava il suo modo Serpeverde di guardare la vita.
Scossi la testa.
-È per il tuo profumo. Sai di foresta.-
 
(Blaise)
Conosceva il mio profumo.
Riconosceva il mio profumo anche dopo un mese in cui avevo ridotto i nostri contatti a qualche scusa banale e totalmente priva di fantasia e inventiva.
Avevo origliato casualmente la conversazione tra lei e Draco. Una dichiarazione struggente e dolorosa. Una morsa impietosa si era stretta intorno al mio stomaco e ai miei polmoni, lasciandomi senza fiato.
Vederli insieme era fastidioso.
Saperla innamorata di lui era doloroso.
Sentire quelle parole uscire dalle sue labbra era stato assolutamente insopportabile.
Avevo inventato una scusa dopo l’altra. Se mi chiedeva di studiare con lei, rispondevo di aver già fatto i compiti. Se mi invitava ad Hogsmeade, dicevo di aver già preso impegni con una ragazza. Se mi chiedeva di vederci durante un’ora buca, mi lamentavo dei miei doveri presso il Club dei duellanti. Se mi chiedeva di vederci prima di cena, prendevo come scusa la stanchezza per gli allenamenti di Quidditch, praticamente gli unici momenti in cui non potevo evitare anche Draco.
Le scuse che rifilavo ad Hermione diventavano ogni giorno meno credibili ed anche lei ormai aveva capito che ciò che le aveva detto Draco era vero. I suoi inviti si erano diradati e nei rari casi in cui, nell’ultima settimana, provava ancora a coinvolgermi in qualcosa che riguardasse lei e Draco, avevo la stessa scusa inattaccabile.
Rose era gelosa.
Ero stato con Rose una sera. L’avevo trovata piacevole e simpatica. Niente a che vedere con Hermione, certo, ma era una compagnia che non disdegnavo. Ci eravamo seduti vicini qualche volta a lezione e improvvisamente avevo avuto l’illuminazione.
Io le interessavo. Bastava darle corda e in poco tempo la scuola avrebbe saputo che io e lei ci frequentavamo, cosicché nessuno potesse dubitare della sua possibile gelosia. Il piano era semplice: usarla per dimenticare Hermione ed avere al contempo una scusa per stare lontano da lei.
Non potevo separarla da Draco, ma almeno avrei avuto una valvola di sfogo.
Starle lontano però non era stato così semplice come avrebbe potuto sembrare in un primo momento e quando quel giorno la vidi sola a fissare il paesaggio, dopo aver saputo della sua litigata con Draco, non riuscii a starle lontano.
Poteva essere la mia occasione.
 
Riconobbe il mio profumo.
Sai di foresta.
Sorrisi.
-Ed è un buon profumo?- le chiesi sedendomi accanto a lei.
-Sì. Sai di buono.-
Ricordai il sapore della sua bocca. Anche io avevo pensato spesso che lei sapesse di buono, solo che non avevo mai avuto il coraggio di dirglielo.
-Ho saputo che hai litigato con Draco. Come stai?-
-Male.- mi rispose sincera –E comunque non c’è bisogno che tu sia delicato. Il tuo amico mi ha proprio lasciato. E sai perché?- chiese retorica.
Io scossi la testa. Era bello parlare con lei, anche se mi stavo facendo volontariamente del male e lei mi stava confessando le sue pene d’amore.
-Perché sono stata così stupida da dubitare di lui. Dopo tutto quello che ho visto in lui in questo mese, sono stata capace di farmi ingannare dalle parole di un’idiota!- si maledì da sola, biascicando tra i denti.
-Tranquilla.- mi allungai verso di lei e la strinsi tra le braccia.
Respirai a fondo il suo profumo. Era ancora mischiato a quello di Draco.
Fiori e muschio. Talco e tabacco.
Così diversi e così perfetti insieme.
-Draco non è stupido. Capirà che ha sbagliato.-  cercai di rassicurarla, ma lei si staccò dal mio abbraccio per contraddirmi.
No, ti prego. Resta con me.
-No, invece. Sono io che ho sbagliato. Io che non mi sono fidata di lui come avrei dovuto!-
Le passai ancora un braccio sulle spalle e sentii la sua testa abbandonarsi contro di me.
-È vero, tu hai sbagliato a non credergli, ma un dubbio è lecito, visto i vostri trascorsi, non ti pare? E lui d’altra parte ha sbagliato a non cercare di capirti.-
Si aggrappò al mio maglione.
-Mi sei mancato.-
Magari.
-Ho avuto da fare. E poi Rose è un po’ gelosa, te l’ho detto.-
Era bugia bella e buona e dallo sguardo che mi rivolse lo sapeva anche lei.
 
-Oggi non devi studiare per tenere alto l’onore della tua Casa?- la presi in giro, cambiando discorso.
-Ho già finito tutti i compiti che ci hanno assegnato fino a metà della prossima settimana.- scossi la testa per la sua ossessiva mania di portarsi avanti –E comunque non sarei riuscita a concentrarmi.-
La scostai da me, alzandomi e tendendole una mano.
-Ho fame. Mi fai compagnia?-
Mi fissò un attimo, poi fece presa sulla mia mano e si alzò.
-Cioccolata con la panna?- mi propose, forse un po’ intimorita da quel mese di completo distacco.
Annuii e la affiancai, incamminandoci verso le cucine, il regno degli elfi domestici. Mentre lei mi spiegava la precisa utilità del C.R.E.P.A., di cui io non mi curai minimamente, mi accorsi di una figura bionda che mi fissava. E questo particolare mi mise di fronte ad un dubbio amletico, degno del buon vecchio Shakespeare.
Tradire o non tradire? Tradire la fiducia di Hermione e tramare alle sue spalle per conquistarla?
La mia metà Serpeverde mi suggerii di fare leva su questa litigata, trasformando una piccola frattura in una crepa che sarebbe stato impossibile aggiustare. Avrei potuto allontanarla da Draco, fingere con maestria il mio immenso dispiacere e consolarla, mettendo in mostra tutte le mia buone qualità.
L’altra parte di me, quella perdutamente innamorata di lei e che avrebbe voluto, secondo i valori più smielatamente Grifondoro, vederla felice, si chiedeva con che coraggio le avrei asciugato le lacrime quando ero stato io ad averle provocate.
Solo pochi mesi prima la mia parte Serpeverde avrebbe distrutto senza alcuna pietà la sua metà complementare, troppo guastata dai buoni sentimenti, ma ormai Hermione mi era entrata dentro.
 
Nei giorni seguenti Draco continuò ad ostentare la facciata di fredda indifferenza e noia tipicamente bohemien che lo aveva sempre caratterizzato, ingannando chiunque tranne me. Lo conoscevo bene, troppo bene, per non sentirmi il suo sguardo addosso nei momenti in cui stavo con Hermione.
Momenti sempre più frequenti, a dir la verità.
Mi scrutava, mi studiava, mi minacciava silenziosamente.
Non avrebbe mai fatto il primo passo, almeno fino a quando non fosse stato al limite della sopportazione. Aveva sempre avuto un carattere possessivo e avrei scommesso qualsiasi cosa che in quei giorni fosse dilaniato dalla gelosia.
Non sapevo cosa fare, come comportarmi. Hermione era tornata quella di un tempo, probabilmente vedermi così tranquillo e rilassato in sua presenza aveva cacciato dalla sua mente il sospetto che potessi provare qualcosa per lei.
La verità era che semplicemente con lei stavo bene, almeno finché riuscivo a tenere lontano il pensiero che prima o poi Draco sarebbe tornato da lei.
Perché lo sapevo, prima o poi sarebbe tornato di sicuro e, visto il modo ossessivo con cui mi controllava, avevo il sospetto che quel prima o poi sarebbe arrivato molto presto.
 
(Draco)
Due giorni erano già passati, ma non la mia rabbia. Mi guardava, accennava talvolta un sorriso, ma non mi aveva ancora chiesto scusa. Di certo non sarei stato io il primo.
Era lei a non aver fiducia in me.
Era lei quella nel torto.
Ero io, però, quello che senza di lei non poteva stare.
Me ne rendevo conto ogni giorno di più, ogni volta che la cercavo al tavolo da pranzo in Sala Grande, ogni volta che mi svegliavo la mattina con la voglia di lei, ogni volta che non sapevo come riempire le ore buche perché non c’era nessuno a cui interessasse passare del tempo con me, ogni volta che la fine degli allenamenti non era più una gioia, perché sapevo che non avrei fatto la doccia con lei come era diventata ormai nostra abitudine.
Mi rifiutavo di stare così male per una donna che avevo odiato per tanti anni, con cui avevo condiviso un mese e nient’altro.
Già, commentò a tradimento una vocina nella mia testa, ma hai mai passato un mese più bello?
Maledetta vocina traditrice. Maledetta coscienza e maledetta Grifondoro che l’aveva riportata in vita dopo anni di letargo in cui non mi aveva mai infastidito.
 
E maledetto Blaise, che negli ultimi giorni passava molto tempo con lei, comportandosi in modo decisamente più affettuoso di quanto io gli avrei permesso e non facendo altro che fomentare la rabbia e la gelosia che mi stavano distruggendo.
La seguivo, studiandone attentamente le reazioni alla premure di Blaise.
Non potevo umiliarmi e andare da lei, ma non potevo nemmeno continuare a fingere che di lei non me ne importasse nulla.
Mentre ero assorto nei miei pensieri poco amichevoli verso Blaise, mi scontrai con qualcuno.
Lei.
-Draco..- provò, ma l’immagine di Blaise che le ronzava intorno come un’ape con il miele mi fece imbestialire.
-Stammi alla larga, Mezzosangue. Sono ancora incazzato nero.- la freddai.
Mi allontanai lungo il corridoio, imprecando contro me stesso e il mio maledetto orgoglio.
 
(Blaise)
-Blaise.- mi chiamò, ma io continuai a scrivere sulla pergamena, grugnendo in risposta.
-Tu sei innamorato di me?-
Mi strozzai con la mia stessa saliva e cominciai a tossire, attirando l’attenzione di Madama Pince che arrivò a passo di carica, incenerendomi con lo sguardo.
-Blaise, sei vivo?- mi posò una mano sulla schiena, preoccupata per il tempo che impiegavo per riprendere a respirare.
-Che domanda è?- chiesi sulla difensiva. Erano passati ormai tre giorni da quando avevo ricominciato a comportarmi normalmente, senza evitarla, e a quel punto non mi aspettavo più una domanda del genere.
Dopo un mese da quello che le aveva detto Draco, lei ci pensava ancora?
-Me l’ha detto Draco, più o meno un mese fa.- osservò assorta le nuvole fuori da una finestra –Poi tu hai cominciato ad ignorarmi e a non parlarmi più..- si strinse nelle spalle, senza terminare la frase.
-E tu ci credi?-ci fissammo, mentre io non sapevo cosa sperare.
-Sì.-
Abbassò lo sguardo, in imbarazzo.
-Non voglio che tu stia male e non voglio obbligarti a stare con me solo perché io ora mi sento sola.- alzò di nuovo il viso, guardandomi –Se ti fa stare male io posso anche andarmene.-
-Sì, è vero. Mi sono innamorato di te, ma passare tanto tempo con Rose mi ha aiutato. Sto bene con lei, mi aiuta a distrarmi da te.- affermai sicuro, senza vergogna.
-Mi dispiace.- si alzò rapidamente dalla sua sedia, afferrando la sua borsa e uscendo dalla biblioteca.
La raggiunsi, sotto lo sguardo vigile di due occhi plumbei che notai solo di sfuggita. La fermai, deciso a farmi ascoltare.
-Non c’è nulla di cui ti debba scusare, davvero. Mi sono allontanato da te per non soffrire. Se adesso sono tornato, è perché non sto più male quando ti sto vicino e so che non ti posso toccare, non ti pare?-
Annuì incerta.
-Seti, sono un Srpeverde. Non è nella mia indole soffrire e farmi da parte solo per la felicità altrui.-
Si morse un labbro, soppesando le mie parole.
-Lo so che sei innamorata di lui e mi sta bene così.-
Bugiardo.
 
D’altra parte, sapevo benissimo che non avrei potuto costringerla ad amarmi, non quando lei pensava ancora a Draco. Quindi, che senso avrebbe avuto allontanarla da lui e farla soffrire inutilmente?
Nessuno e io non potevo fare questo alla donna che amavo solo perché reputavo il mio amico un idiota.
Un idiota che se la lasciava scappare. Ma a questo avrei rimediato presto.
Per lei.
-Herm, se ti manca, perché non vai da lui a parlargli?- le chiesi dopo averla accompagnata alle scale che portavano alla sua torre.
-Ieri ci ho provato.- mi confessò sedendosi su un gradino, ormai rilassata e convinta della mia menzogna.
-E lui?- la pronai a continuare.
-“Stammi alla larga, Mezzosangue. Sono ancora incazzato nero.”- citò, imitando il segno delle virgolette –Non mi ascolterebbe comunque, almeno finché non avrà sbollito la rabbia. E visto che per eliminare i pregiudizi sul sangue puro ci ha messo tutti i suoi diciannove anni di vita, non credo che cambierà idea tanto presto.-
La fissai e le accarezzai i capelli, abbracciandola quando abbandonò la testa sulla mia spalla.
-Sicuro Blaise che non ti dà fastidio?- mi chiese preoccupata.
Mentii.
 
(Draco)
Giovedì sera finalmente era arrivato.
Mi buttai sul letto, ripetendomi come un mantra che l’indomani sarebbe stato l’ultimo giorno prima del meritato riposo del week end. Poi collegai: week end uguale gita ad Hogsmeade. Avevamo deciso di andarci insieme, ma ora?
Ci andrà con Blaise, insinuò quella maledetta vocina che non voleva saperne di andarsene fuori dalle scatole.
Gettai dall’altro lato della camera il cuscino, mentre il mio cervello elaborava migliaia di possibilità, una più improbabile dell’altra, su cosa le avesse detto Blaise dopo averla raggiunta nel corridoio della Biblioteca.
Avevo cominciato anche a seguirli.
Dio, com’ero messo male!
Qualcuno bussò.
-Avanti.- cercai di evidenziare nel tono di voce quanto poco gradita fosse quella visita.
Quel “qualcuno” non diede segno di aver capito il concetto, perché abbassò la maniglia ed entrò.
-Blaise.- constatai.
-Ho un dubbio.- asserì, senza curarsi minimamente del clima di tensione che aleggiava nella mia camera singola, decisamente troppo piccola per contenere noi due e il nostro risentimento.
-Dimmi e poi sparisci.-
-Davvero pensi che fingendo che non te ne importi nulla di lei riuscirai a soffrire di meno? Perché io ci sto provando da un mese e non è servito a un bel niente.-
-Non sono affari tuoi, Blaise, quindi vattene.-
Si avvicinò alla poltrona, prendendo tra le mani un maglione di cotone femminile.
-Io darei qualunque cosa per poterle dire che la amo.- esordì mantenendo lo sguardo fisso sull’indumento di Hermione –Darei qualsiasi cosa per poterla baciare, accarezzare, per toccarla e sentirla calda sotto le mie mani, per..-
Lo spinsi contro il muro, stringendo il colletto della camicia della divisa, furente e incapace di contenere oltre la mia gelosia.
-Un altro commento sulla mia ragazza, e quella con cui te la fai non ti riconoscerà nemmeno, chiaro, Blaise?-
Con un gesto secco della mano mi allontanò da lui, sistemandosi poi il nodo della cravatta con noncuranza.
-Sicuro che sia ancora la tua ragazza? Perché a quanto mi risulta sei stato proprio tu a lasciarla tre giorni fa.-
Strinsi i pugni, irritato dal suo modo di sbattermi in faccia la realtà.
-Vattene, Blaise.-
-La verità fa male.-
La sua non era una domanda. Si fermò davanti alla porta, la mano già sulla maniglia.
-Non mandare tutto a puttane, Draco. Non allontanarla da te, perché lo rimpiangerai per sempre.- mi lanciò uno sguardo di ammonimento da sopra la spalla, poi se ne andò.
Ma lui e Potter si erano messi d’accordo?
 
Mi passai stancamente una mano sul viso.
L’orgoglio o Hermione?
La solitudine o Hermione?
La gelosia che mi scavava dentro o Hermione?
Domande inutili.
Domande stupide come ero stato io fino a quel momento.
La risposta era una sola.
Hermione, decisamente.
 
 
Buonasera!
Come al solito ringrazio per le recensioni che mi avete lasciato e vi faccio la solita richiesta: recensite!!!
Ecco tornato Blaise, anche se da quello che ho capito dalle recensioni non vi sta molto simpatico.
Aspetto qualche commentino.
Un bacio
Giada
 

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Capitolo 20
*** "Legilimens." ***


(Hermione)
Eravamo in un corridoio del terzo piano, poco fuori dall’aula di Difesa contro le Arti Oscure, aspettando che il professore ci facesse entrare per la lezione.
Accanto a me, Ron sbadigliava assonnato, manifestando apertamente cosa significasse essere reduce da due ore di Storia della Magia e da una notte passata sui libri.
-Sia lodato Merlino che domani è sabato!- ringraziò alzando gli occhi al cielo.
-Preferirei non doverlo ammettere in pubblico, fratellino, ma sono d’accordo con te.- gli concesse Ginny, ottenendo in risposta una linguaccia.
-Abbiate pietà di noi.- bofonchiò Harry, reprimendo uno sbadiglio –È mattina, non cominciate  a battibeccare!-
Era venerdì mattina, l’ultimo giorno della settimana. Davanti a noi, come ultimo ostacolo prima dell’agognato week-end, solo altre cinque ore di lezione.
La sera prima ero rimasta fino alle due di notte in sala comune con loro, aiutandoli a terminare un tema per la McGrannit, anche e soprattutto con il supporto di massicce dosi di caffè.
-Domani andiamo ad Hogsmeade? George mi ha scritto chiedendo se andiamo a trovarlo e mangiamo con lui.- la voce di Ron mi arrivò un po’ attutita.
Hogsmeade. Io e Draco avevamo deciso di andarci insieme, ma ora?
Mi sentii osservata e alzai lo sguardo. Dall’altro lato del corridoio, Draco mi guardava.
Gli occhi erano fumosi, mi sembrava quasi di vedere delle ombre scure attraversarli, come nuvole nere e minacciose in un pomeriggio di tempesta. Qualcosa si agitava dentro di lui ed ero quasi certa che quel qualcosa fosse una lotta all’ultimo sangue tra il suo orgoglio e la sua gelosia.
Avevo visto il modo in cui guadava Blaise, ma quando avevo cercato di parlare con lui mi aveva cacciato via in malo modo.
Mi limitai a sorridergli e vidi un po’ delle ombre che lo opprimevano dissolversi e i suoi occhi tornare a brillare.
 
Lo stomaco di Ron brontolò, attirando la mia attenzione.
-Ron! Ma hai fatto colazione appena due ore fa!- lo sgridai divertita.
Alcune cose sarebbero rimaste uguali anche con il passare del tempo. Lo stomaco di Ron e la sua fame perenne erano due di questo cose immutabili.
-Sì, ma due ore con Ruf mi hanno messo appetito! Tu invece non hai mangiato nulla.- ribatté, distogliendo l’attenzione dal suo appetito e concentrandola su di me -Stai bene?-
-Ho solo mal di testa. Ho dormito male.-
Avevo dormito bene, tranquilla e rilassata, finché non mi ero svegliata per colpa di un incubo. Era un incubo indefinito, una spirale confusa di voci, suoni, colori, volti di persone.
Persone conosciute, persone viste di sfuggita ma che mi avevano colpito, persone che avevo perso, persone a cui tenevo, persone importanti, Draco.
Mi ero svegliata sudata e preda di un’agitazione che non mi aveva permesso di addormentarmi, lasciando dietro di sé un terribile mal di testa.
-Dormito male? Strano detto da una che riuscirebbe a dormire anche con delle cannonate.- mi girai verso Harry e gli tirai una sberla sulla spalla.
Il nostro amorevole battibecco, un piacevole interludio prima dell’inizio della lezione, venne interrotto da una voce.
 
John, un ragazzo del nostro stesso anno di Tassorosso, sbucò dal fondo del corridoio, chiamandomi. Mi staccai dalla parete a cui mi ero appoggiata, dirigendomi verso di lui.
-Grazie, grazie, grazie!- ripeté euforico, abbracciandomi.
-Deduco che l’interrogazione di Trasfigurazione sia andata bene?- gli chiesi, sorridendo, quando mi lasciò andare.
-Oltre Ogni Previsione.- annunciò fiero –I tuoi appunti sono stati la mia salvezza, erano perfetti!- mi ringraziò, allungandomi un pacchetto ordinato di pergamene.
-Ora scappo, devo andare a Pozioni. Evviva.- esultò ironico con voce piatta.
Mi ringraziò ancora, dandomi un bacio euforico sulla guancia per poi allontanarsi di nuovo lungo il corridoio.
La porta dell’aula si aprì e i miei compagni cominciarono ad entrare. Mi attardai fuori, mettendo gli appunti nella borsa, finché una mano mi fece alzare, sospingendomi con le spalle al muro.
Draco si appoggiò su di me, schiacciandomi e insinuando una gamba tra le mie, intrappolandomi e facendomi dimenticare tutto quello che non fosse lui. Appoggiò la fronte contro il muro, la sua bocca che mi sfiorava l’orecchio
-Devo cominciare a controllare anche quello lì, oltre a Blaise?-
Non risposi, limitandomi a portare le mie mani sulle sue spalle. Mi strinse di più, respirando affannato contro il mio collo.
-Tu sei mia, chiaro, Granger?-
Sentivo nella sua voce un tremito di rabbia e gelosia repressa, qualcosa che lo rendeva incredibilmente umano e quasi tenero. Affettuoso e dolce. Mi voltai verso il suo viso, cercando i suoi occhi, ma non li trovai.
Teneva il volto premuto contro la mia spalla, gli occhi chiusi. Strinse la presa sui miei fianchi, facendomi inarcare contro il suo corpo.
La mia risposta venne stroncata da Ginny.
-Herm, muoviti. Tra poco inizia la lezione, continuerete dopo.-
Draco si staccò da me, riacquistando la sua facciata di indifferenza che aveva in quei giorni. Lanciò un’occhiata infastidita a Ginny, entrando nell’aula.
-Fatto pace?- mi chiese lei appena la raggiunsi.
-Dipende. Secondo te dirmi che sono sua è fare pace?-
-Forse no.- mi guardò ridendo –Ma stringerti in quel modo in corridoio sì!-
 
Fissai per un po’ Draco, che però si ostinava a fissare fuori da una finestra, ascoltando distrattamente Nott che gli parlava di qualcosa riguardo al Quidditch.
Non mi guardava, perché?
Poco dopo entrò il professore.
Bruno Matters, di madre italiana e padre inglese, era un uomo anziano, alto e imponente ma dai tratti gentili. Era stato un Auror per molti anni e, una volta in pensione, aveva deciso di realizzare l’altro grande sogno della sua vita, l’insegnamento.
Fin dalle prime lezioni si era rivelato un ottimo mago, come era logico dedurre dal lavoro che aveva svolto per tanto tempo, e anche un uomo con una grande pazienza. Alternava lezioni teoriche ad altre pratiche, bilanciando perfettamente i due aspetti della sua materia.
I suoi occhi azzurri, leggermente acquosi a causa dell’età, sapevano essere incoraggianti e severi al tempo stesso e i sottilissimi capelli di un bianco candido gli conferivano un’aurea di rispetto e venerabilità. In poco tempo, la sua era diventata la materia preferita dalla maggioranza degli studenti.
-Buongiorno, signori.- ci salutò, varcando la porta che conduceva ai suoi alloggi. Seguendo le sue disposizioni, ci affrettammo a spostare i banchi sul fondo dell’aula, mentre Matters introduceva la lezione.
-Come ricorderete, l’ultima volta abbiamo trattato la parte tecnica e teorica dell’Incanto Patronus. Oggi ci dedicheremo alla sua esecuzione pratica.- fece una pausa, spostandosi davanti alla cattedra e fronteggiandoci.
-Come sapete, questo tipo di magia richiede molte energie, quindi dopo aver eseguito l’incantesimo, siete pregati di andare alla cattedra e magiare un pezzetto di cioccolato.-
Sorrisi ricordando l’abitudine di Lupin di portarsi sempre una tavoletta di cioccolata in tasca.
Aiuta davvero, diceva.
Guardai per un attimo Draco, mentre tutti gli studenti tendevano davanti a sé la bacchetta, concentrandosi su un ricordo felice.
-Expecto Patronum!-
Decine di voci si sovrapposero le une alle altre, mentre ognuno dei miei compagni si concentrava su un ricordo felice.
Alcuni incantesimi si rivelarono un fallimento, altri produssero un nebbiolina argentea indistinta, altri ancora diedero vita a definiti Patronus corporei.
Risi, mentre il cervo di Harry mi trotterellava intorno felice, prima di andare da Ginny. Mi voltai verso Draco e vidi un lupo maestoso ed elegante accucciato davanti a lui, che ululava algido ad una luna invisibile. Poco lontano Blaise aveva prodotto un’aquila reale, che volteggiò in cerchio sopra la sua testa, prima di compiere un giro vanitoso lungo tutto il perimetro dell’aula.
Gli sorrisi, facendo sparire la mia lontra. Sentii un forte giramento di testa e mi avviai verso la cattedra per prendere un pezzetto di cioccolato, ma le forze mi vennero meno.
Mi accasciai al suolo, svenuta.
 
(Draco)
Dall’altro lato dell’aula, vidi Hermione cadere a terra, svenuta.
Nonostante non l’avessi calcolata fino a quel momento, appena cominciò a cadere, i miei occhi furono calamitati dalla sua figura.
La verità era che non mi piaceva sentirmi così, espormi così. Con quella scenata nel corridoio avevo ammesso che ero geloso, avevo mostrato la mia debolezza e, implicitamente, avevo anche ammesso di aver sbagliato.
Alla fine, di fatto, ero stato io a tornare da lei, con la coda tra le gambe, come uno sporco Babbano, ammettendo che ero io  che senza di lei non potevo stare.
Maledizione, stavo diventando debole.
 
Matters le si affiancò con fare paterno, toccandole la fronte e controllando le pulsazioni.
-Per caso questa mattina la signorina Granger si sentiva poco bene?-
-No.- rispose Potter, avvicinandosi –Ma non ha fatto colazione.-
Il professore annuì, visibilmente tranquillizzato.
-Qualcuno la porti in camera sua e appena si riprende, le dia qualcosa di sostanzioso da magiare.-
Potter annuì, avvicinandosi a lei, pronto a portarla nel loro dormitorio. Con due rapide falcate lo raggiunsi e gli misi una mano sulla spalla.
Avevo fatto l’indifferente tutta l’ora, ma vedere Potter e Blaise muoversi contemporaneamente verso di lei mi aveva smosso. Non aiutarla in quel momento, avrebbe significato mettere definitivamente la parola fine su quello che c’era stato tra di noi. E io non volevo.
-Ci penso io.-
Potter mi guardò un attimo, poi sorrise.
Mi inginocchiai accanto a Hermione, passandole un braccio sotto le gambe e uno dietro la schiena, sollevandola senza troppa fatica.
Mi avviai alla porta, pronto a spalancarla con un calcio, ma non ce ne fu bisogno. Una mano dalla carnagione scura si posò sulla maniglia, aiutandomi.
Blaise.
Rimasi un attimo immobile, guardando prima lui, poi la sua mano che spostava dolcemente i capelli di Hermione che le erano caduti davanti al volto.
-Grazie.-
Mi fissò stupito. Mai in tanti anni di amicizia gli avevo detto grazie. Forse per orgoglio, forse perché ci eravamo sempre capiti al volo, senza bisogno di parole.
Senza dire altro, uscii dall’aula e mi incamminai lungo il corridoio. La sistemai meglio tra le mie braccia, sfiorandole piano una tempia con le labbra, spostandole poi sulla fronte.
Giunsi nell’ingresso, per scendere poi nei sotterranei umidi. Svoltai in un corridoio a destra, fermandomi davanti al dipinto che conduceva alla mia sala Comune.
La guerra raffigurata era nel pieno del suo svolgimento; all’orizzonte alcuni incendi illuminavano la notte scura di un bagliore rosso, inquietante, presagio di sventura. In un angolo, un uomo con un pesante mantello marrone vendeva il proprio popolo per aver salva la vita.
Rimasi qualche istante immobile, fissando il quadro e stringendo di più Hermione al mio petto.
Quella era l’idea che da secoli, forse millenni, si aveva della Casata di Salazar Serpeverde. Traditori e infami, assassini e Mangiamorte.
E anche lei, anche se per pochi istanti, aveva creduto che io fossi così, un mostro che pensava solo alla propria vita, senza etica e senza coscienza.
Dovevo spiegarle e farle capire che io non ero più così.
Perché immaginare che lei pesasse diversamente, faceva male, davvero troppo male.
 
Io non ero così.
Forse lo ero stato, anzi sicuramente, ma non lo ero più.
Continuai a ripetermelo, fissando l’uomo con il mantello marrone che passava una pergamena al nemico.
Fissai ostinato il dipinto, come se lui potesse darmi delle risposte.
Io non ero così.
Strinsi Hermione.
Io non ero così.
Non mi preoccupai nemmeno del lieve rumore che avevo sentito.
Io non ero così.
Io non ero così.
Lei doveva saperlo.
Io non ero così.
 
-Tu non sei così. Lo so.-
Abbassai il volto verso Hermione. Aveva le labbra leggermente screpolate ed era ancora un po’ pallida per il mancamento, ma i suoi occhi erano accesi e penetranti.
-Cosa?- la domanda che uscì dalla mia bocca era poco più che un flebile sussurro.
-So cosa stai pensando. Che il dipinto che custodisce la vostra Sala Comune rappresenta tutto quello che la gente pensa di voi.- fece una pausa allungando un braccio fino a toccare la tela –Traditori, mercenari, infami, assassini.. Mangiamorte.-
Superai il dipinto e attraversai la Sala Comune deserta, dirigendomi direttamente in camera mia. La feci stendere sul letto e mi accorsi che era ancora pensierosa, come se stesse riflettendo su qualcosa.
Notai un vassoio colmo di cibo e una brocca sul mio comodino, accompagnato da un biglietto.
“So che a Hermione piacciono i dolci. Blaise”
-Matters ha detto che devi mangiare qualcosa.- le indicai il vassoio e le porsi il biglietto, che lei lesse rapidamente con un sorriso sul volto.
-Sì, sì. Dopo, però.- liquidò la faccenda del cibo rapidamente, continuando a rigirare nervosamente tra le dita il bigliettino.
-Io so che tu non sei come tutti credono, che non sei un mostro. Lo so, lo sento, lo vedo. Lo vedo ogni volta che stiamo insieme, ogni volta che mi parli, quando..- lasciò la frase in sospeso –Sempre. Lo vedo e lo so. Eppure ci ho creduto lo stesso. Ho avuto paura.- confessò.
-Paura di cosa?- indagai.
-Paura del tuo passato, di quello che non sapevo, di quello che potevi nascondermi.- alzò il viso fino a far scontrare i nostri sguardi, fiera come solo lei sapeva essere –Scusa.-
Non un tremolio, non un’incertezza. Solo il suo dispiacere, il suo sincero dispiacere.
Scusa.
Era solo una parola, ma nella sua semplicità era la scusa più sincera che potesse farmi. Chiara e diretta, semplice e profonda nel suo significato.
 
Mi avvicinai al letto, puntellando un ginocchio sul materasso. Mi piegai su di lei, avvicinandomi e spingendola sul letto. Le accarezzai le labbra con le mie, inumidendole con la punta della lingua.
La baciai piano, con delicatezza.
Non volevo dimostrarle quanto la volevo, lo sapeva già. Volevo farle capire che non ero più arrabbiato, che capivo quello che mi aveva detto, che sapevo quanto fossero state sincere le sue scuse.
Era una posizione scomoda, avevo tutti i muscoli della schiena e delle gambe in tensione, tirati nello sforzo di non cadere e schiacciarla. Ero dannatamente scomodo, ma mi sentivo bene.
La accarezzai un fianco con la mano libera, mentre con l’altra mi sostenevo. Scostai appena il maglione, sfiorando la pelle calda con la punta delle dita. Mi staccai un poco per riprendere fiato e quando Hermione si inarcò per venirmi più vicino, inseguendo la mia bocca, insinuai una mano sotto la sua schiena.
Sollevandola un po’, la spostai al centro del letto, per poterla raggiungere e stare più comodo. Feci scorrere il palmo della mano dal collo, alla pancia, fino al fianco e poi lungo la coscia.
Sentii un gemito profondo uscire dalle labbra di Hermione. Forse era stanca, ma non riuscivo a staccarmi da lei.
Volevo fare l’amore con lei. In quel momento, subito, senza aspettare nemmeno un minuto, perché probabilmente sarei morto dal desiderio.
La gamba di Hermione che si piegava contro il mio fianco, le sue braccia intorno alle mie spalle, una mano che correva lungo il mio petto, le sue labbra, il suo corpo.
 
Rallentai, staccandomi dalla sua bocca e dal suo corpo.
Mi ero ripromesso di darle delle spiegazioni, di aiutarla a capire quello che io non riuscivo a raccontare. E dovevo farlo prima di stare ancora con lei.
La prossima volta che l’avessi fatta mia, volevo la certezza che conoscesse tutto di me.
Il mio passato compreso.
 
(Hermione)
Sentii i suoi baci tornare dolci, delicati, lenti.
Dopo poco si staccò, guardandomi negli occhi in quel modo attento che sembrava capace si sondarti l’anima, in quel modo che solo lui aveva.
Occhi grigi. Chi diavolo aveva gli occhi grigi?
Me lo domandai ancora, per l’ennesima volta. Avevo conosciuto e incontrato moltissime persone nella mia vita, sia nel mondo babbano sia in quello magico. Nessuna, nemmeno una, aveva gli occhi di quel colore. A prima vista sembravano come quelli del padre, ma mi ero accorta che quelli di Draco non tendevano verso sfumature azzurre.
Erano grigi. Grigi e basta. Come l’acciaio, come il cielo che annuncia pioggia, come il mercurio.
-Sei pallida, magia qualcosa.- mi ordinò. Era preoccupato, ma non si sarebbe mai permesso di assumere un tono premuroso nei confronti di qualcuno che non fosse come minimo in fin di vita.
-Lo farei se Sua Altezza levasse il suo dolce peso.- lo stuzzicai.
Avevo sentito la nostalgia anche dei nostri battibecchi.
-Senti da che pulpito!- si indignò, alzandosi dal letto –Ho dovuto portarti in braccio per tre, e ripeto tre, piani. Ho la schiena a pezzi.-
Posò il vassoio sul letto e poi si sedette, sistemando un cuscino tra la sua povera schiena dolorante e la testata del letto. Allungai una mano verso un’invitante fetta di torta al cioccolato, ma non riuscii ad afferrarla.
Draco mi aveva passato un braccio intorno alla vita, tirandomi indietro, contro il suo petto, e facendomi sedere tra le sue gambe. Poi si allungò di nuovo verso il vassoio e me lo mise sulle gambe.
Stavo per ribattere che poteva anche evitare di trattarmi come una bambola, ma lui mi precedette.
-Evita di contraddirmi e mangia. Tanto lo so che ti piace stare così.-
Inutile ribattere, aveva ragione.
Mi sistemai meglio e comincia a mangiare, interrotta ogni tanto da Draco, che mi afferrava il polso e avvicinava il mio dolce alla sua bocca per assaggiarlo. E per darmi fastidio.
Sospettavo che il suo vero scopo fosse il secondo e che assaggiare tutte le torte fosse una semplice postilla aggiuntiva al suo obiettivo finale.
-Non dobbiamo andare a lezione tra un po’?- chiesi, guardando l’orologio e vedendolo completamente rilassato.
-Granger, non ho alcuna intenzione di uscire da questa comoda e calda camera per andare a fare tre ore di Cura delle Creature Magiche al freddo. Chiaro?-
-Sai che diventi ogni giorno più scorbutico?-
Sollevò le spalle indifferente, prima di concentrare la sua attenzione sulla crostata che avevo appena scelto.
 
Quarantacinque minuti e quattro fette di torta dopo, spostammo il vassoio sul comodino.
-Dovremo fare tanta attività fisica per smaltire tutte queste torte.- mi sussurrò con voce roca all’orecchio.
Non gli risposi nemmeno, mi imitai ad abbandonare la testa all’indietro e a chiudere gli occhi. Ascoltai il suo respiro sulla mia pelle, mentre faceva scorrere il naso lungo il mio collo, con un ritmo lento e ipnotico.
Sarei rimasta così per sempre.
 
-Io lo so che tu vorresti sapere qualcosa del mio passato. Ma io non riesco a parlarne, almeno non facilmente. E poi è tutto troppo complicato da spiegare.-
-Draco.- lo interruppi, riconoscendo nella sua voce quella nota di agitazione e freddezza che lo invadeva sempre quando parlavamo della sua vita –Non serve, tranquillo.-
-Ma serve a me.- replicò deciso –Mi serve sapere che tu sai, che sai la verità e nonostante questo stai ancora con me.-
Nonostante questo.
Cosa c’era di così terribile nel suo passato che avrebbe potuto convincermi a lasciarlo?
-Allora prova a parlarmene.- suggerii, ma lo sentii scuotere la testa dietro di me.
-No, devi vedere.- mi rispose criptico.
Mi rigirai tra le sue braccia, con la fronte corrucciata.
-A meno che tu non abbia una palla di vetro o un pensatoio personale sotto mano, non vedo come sia possibile.-
-Granger, devi vedere dentro la mia testa.- quasi sillabò quelle parole, mentre il loro senso si faceva chiaro.
-No.- risposi spaventata.
-Perché no?-
-Non l’ho mai fatto, non sono capace. E…- mi sentii una stupida per quello che stavo per dire –Ho paura di farti male. Harry aveva sempre un mal di testa atroce quando finiva le lezioni con Piton. E poi…- Draco mi osservava curioso –Non voglio vedere ricordi troppo personali, intimi.-
Io mi morsi un labbro, a disagio, e lui inarcò un sopracciglio.
-Intimi?- mi fece eco.
-Sì, insomma. Avrai dei ricordi delle tue numerose ex, immagino, e io non voglio assolutamente vederli.-
Mi guardò un attimo, poi cominciò a ridere. Una volta che si fu calmato da quello scoppio di ilarità, riprese a parlare con tono serio e sicuro.
-Punto primo: ti aiuterò io a fare l’incantesimo. Punto secondo: fa male se qualcuno cerca di forzare la mente, ma tu non mi farai alcuna violenza mentale perché sono io  che te lo chiedo. Punto terzo: ti guido io tra i miei ricordi. Vedrai solo quelli che voglio mostrarti, tranquilla.-
Appoggiai la fronte sulla sua spalle, cercando di respirare lentamente e calmarmi.
 
-Dai Granger, vieni. Tra fuori le unghie e sii Grifondoro fino in fondo.-
Si alzò, districandosi dal groviglio di braccia e gambe che avevamo creato, e si alzò in piedi. Afferrai la mano che mi tendeva e mi alzai in piedi a mia volta.
Estrasse la sua bacchetta e me la porse. Lo guardai stranita, senza accennare minimamente a prenderla. Lui la scosse davanti a me.
-Draco, che cosa dovrei farci con la tua bacchetta?-
-Usarla?- mi propose ironico –Usando una bacchetta che non sia la tua, che non riconosce in te il suo  padrone, l’incantesimo sarà più lieve e io riuscirò a guidarti meglio.-
Il suo ragionamento non faceva una piega.
Allungai la mano e strinsi le dite attorno a quel bastoncino di legno. Draco aveva ragione. La magia scorreva e si incanalava a fatica dentro a quel corpo estraneo.
Presi un respiro e la puntai verso Draco, la mano che tremava leggermente. Dovette accorgersene anche lui, perché posò la mano sulla mia.
-Andrà bene. Rilassati, Granger.- mi incoraggiò con voce suadente.
-Pronta?-
Annuii.
-Legilimens.- scandii attentamente.
Venni catapultata in un vortice indefinito. Ombra scure si addensavano e scomparivano attorno a me come inchiostro gettato nell’acqua. I colori si mischiavano tra loro, per poi separarsi e unirsi nuovamente, in infinite e indistinte girandole di forme e dimensioni.
Finché, ad un tratto, un’immagine prese forma davanti a me.
 
-Padre.- salutò rispettoso Draco. Ad appena sei anni, già si rivolgeva al padre con distaccato rispetto.
-Buonasera, Draco. Perché mai sei spettinato in quel modo?- domandò, osservando con rimprovero la bionda chioma scomposta del figlio.
-Ho giocato con Blaise Zabini nel parco. Oggi sua madre è venuta per bere il tè e noi..-
Con un solo gesto della mano il padre lo fermò.
-E i tuoi studi? E le esercitazioni di pianoforte?-
-Ho pensato che per un pomeriggio potessi fare altro. Prometto..-
Uno schiaffò blocco qualunque promessa fosse intenzionato a fare. Perse l’equilibrio e cadde a terra.
-Ti ho già detto che tu non devi pensare. Tu devi solo ubbidire a me ed eseguire quello che ti dico. Sono stato chiaro?-
-Sì, padre.- la voce del bambino tremò appena. Si alzò, ricomponendosi in fretta.
-Vai nel mio studio. Come al solito dovrò rovinarmi la serata per insegnarti il rispetto che mi devi.-
Gli occhi di Draco divennero lucidi. Fece un secco cenno d’assenso, poi salì rigido le scale.
 
Uno studio elegante prese forma in pochissimi secondi. Il ricordo seguiva quello che avevo appena visto.
 
Una poltrona, un bar con qualche bottiglia di liquore invecchiato, una scrivania in ebano, molti volumi dalla copertina scura che riempivano una grande libreria.
Draco, a capo chino, stavo ritto al centro della stanza. Sobbalzò quando la porta si aprì.
Lucius Malfoy entrò, stringendo tra le mani una cintura di pelle nera.
-Draco, spogliati.-
La fibbia tintinnò, mentre l’uomo si andava a versare un bicchiere di scotch, osservando senza alcuna emozione il figlio che gli dava le spalle ormai nude.
Alzò la mano che stringeva la cintura un attimo prima che l’immagine svanisse.
E l’immagine svanì, non abbastanza in fretta perché un suono secco echeggiasse nell’aria, seguita da un urlo soffocato.
 
Una massa di colore rosso si concretizzò davanti a me. Un treno.
 
Sul binario 9 e ¾ la folla salutava i ragazzi che erano già  saliti sul treno rosso, mentre qua e là le madri davano gli ultimi saluti ai figli, molti dei quali già scalpitavano per poter cercare gli amici.
Distanti da tutta la feccia che li circondava, i Mafoy parlottavano con il figlio undicenne.
-Mi raccomando, Draco. Tieni alto l’onore dei Malfoy. Altrimenti lo sai, qual è la punizione.-
La mano dell’uomo scivolò lungo la schiena del ragazzo, premendo sulle cicatrici appena rimarginate. Un gemito di dolore scappò dalle labbra di Draco.
-Buon viaggio, Draco. Scrivi spesso.- lo salutò Narcissa Black in Malfoy, chinandosi verso il figlio per un bacio d’addio. La mano del marito, però, scattò  rapida verso la sua spalla trattenendola.
-Non mi fare vergognare in pubblico, Cissy.-
La spinse lontano dal figlio, seguendola dopo aver scandito l’ultimo ordine.
-Onore e rispetto. Ricordatelo.-
 
L’ultimo monito aleggiò nell’aria, mentre i colori vorticavano.
Per molti secondi una spirale di ombre mi avvolse, poi mi ritrovai al centro del salotto oscuro di Malfoy Manor.
 
-Draco.- lo chiamò asciutto Lucius, fronteggiandolo in un angolo del salotto.
-Sì, padre?-
Un Draco poco più che sedicenne fece un piccolo inchino pieno di sottomissione.
-Sei sempre stato una delusione come figlio. Troppo poco ligio alle regole, troppo libertino. Non ti sei mai distinto. Persino Potter e la sua amichetta Mezzosangue ti hanno superato, come Cercatore della sua squadra e come migliore studentessa di Hogwarts.-
La mascella di Draco si contrasse, mentre la nocche scricchiolavano sinistramente per la tensione.
-Chiedo perdono, padre.-
-Le tue scuse sono totalmente inutili, come te. Tuttavia, il Signore Oscuro ci ha concesso una grande grazia.-
Si voltò  verso il giovane figlio.
-Diventerai un Mangiamorte e ucciderai Silente.- non si interruppe davanti all’espressione sconcertata del figlio –Questo è il compito che ti è stato assegnato. È un grande onore.-
-Padre, ma..- tentò Draco, ma venne stroncato sul nascere. Come sempre.
-Sei pregato, figlio, di infastidire qualcun altro con le tue stupide domande.-
Si allontanò in fretta, uscendo dalla stanza mentre Draco cadeva in ginocchio, schiacciato dal peso della sua vita.
 
Lo stile del grande salone in cui mi trovai poco dopo era lo stesso. Cupo, tetro, opprimente, pesante.
 
-Hai fallito.- un sibilo letale echeggiò nell’aria, creando un’eco spaventoso in quella sala troppo grande per ospitare solo tre persone.
Voldemort sedeva rilassato, anche se infastidito, su una sedia di legno intagliato, fin troppo simile ad un trono. Ai suoi piedi, Draco era inginocchiato, immobile. Non un tremito mostrava il terrore che lo invadeva e che di riflesso pervadeva l’atmosfera del ricordo.
-Tuttavia Severus ha portato ha termine il tuo compito. Silente è morto e di questo posso rallegrarmi.-
Un sorriso macabro e folle illuminò il volto di Lucius Malfoy, che aspettava in piedi alla destra del suo signore.
-Ma tu hai fallito e per questo devi essere punito. Ne sei consapevole?- domandò con falsa e strisciante cortesia.
-Sì, mio Signore.-
Un colpo di tosse, discreto ma chiaro, attirò l’attenzione di Voldemort e del ragazzo, che alzò appena il capo per guardare il padre.
-Vorrei occuparmene io, mio Signore. Mio figlio si è rivelato un ulteriore fallimento. Vorrei potergli insegnare una lezione.-
Voldemort soppesò la proposta.
-E sia. Mostrami come educhi tuo figlio, Lucius.-
Un cenno di ringraziamento, poi teso la bacchetta verso il corpo del figlio.
-Crucio.- pronunciò la formula con voce piatta, totalmente indifferente alla tortura inflitto al proprio figlio.
Le urla di Draco, inumane come la maledizione che le aveva provocate, invasero l’aria.
 
E continuarono a rimbombare anche mentre un nuovo ricordo si mostrava ai miei occhi.
 
Lo stesso salone di Malfoy Manor era ora gremito di uomini e donne che vestivano un mantello nero. Ritti, osservavano il loro padrone camminare avanti e indietro davanti al suo trono, osservando un uomo inginocchiato.
-Hai provato a scappare, Haggs. Deduco che non sei più contento di servirmi?-
L’uomo non rispose. Sarebbe stato inutile.
-Non sarò io a punirti. Oggi non ne ho voglia.- sibilando le ultime sillabe, passò in rassegna i suoi servitori.
-Draco. Vieni qui da me.- lo invitò, tendendogli una mano e circondandogli le spalle quando fu abbastanza vicino.
-Questa è la tua prova, giovane Malfoy. Mostra agli altri di essere un uomo, un uomo in grado di cruciare e punire chi è indegno di essere al mio servizio.-
Con un gesto cerimonioso del braccio, indicò il traditore. Poi fece qualche passo indietro, per lascargli lo spazio per agire.
Draco tese tremante la bacchetta. Chiuse gli occhi e respirò profondamente.
-Crucio.-
Le urla dell’uomo continuarono  a lungo, diffondendo negli animi dei presenti una sorta di raccapricciante soddisfazione.
-Ora basta, Draco. Sono stufo.- Voldemort pose fine all’agonia dell’uomo, che ansimava a terra, in fin di vita –Finiscilo e poi andiamo a cena. Ho fame.-
Con gli occhi ancora più cupi, Draco tese di nuovo la bacchetta contro il corpo di Haggs.
Un lampo verde e il corpo si afflosciò a terra senza vita.
Lucius Malfoy si avvicinò impettito al figlio.
-Sono orgoglioso di te, figlio mio.-
Gli passò un braccio intorno alle spalle, come poco prima aveva fatto il suo Signore, e lo pilotò verso la sala da pranzo.
 
Tutto intorno a me si colorò di bianco.
 
Draco si guardava allo specchio del suo bagno, tanto bianco quanto lui si sentiva sporco.
-Ho ucciso un uomo. Ho ucciso un uomo.-
Continuò a ripetere quella nenia dolorosa per minuti, fino a che il ricordo non svanì. E, forse, anche oltre.
 
Di nuovo un vortice di colori, bagliori rossastri, lampi verdi.
 
In un salotto babbano, il corpo di una donna giaceva a terra, inerme, vuoto, freddo, morto.
Delle risate echeggiarono nella stanza, mentre un debole urlo fanciullesco si spegneva.
Un bambino di quattro anni piangeva disperato al centro del salotto.
Un uomo tese di nuovo la bacchetta.
-Cruc..-
-Avada Kedavra.- Draco Malfoy interruppe la maledizione del suo compagno e un lampo verde mise fine alle sofferenze di quella povera creatura.
-Mi ero stufato. Le sue urla mi hanno trapanato il cervello e ora ho l’emicrania.-
La sua voce era talmente annoiata che gli uomini, dopo un attimo di silenzio attonito, si misero a ridere.
-Beh ragazzi, ho trovato una ragazza, come dire.. piuttosto compiacente a Nocturn Alley. Chi viene con me a vedere se le sono mancato?-
Delle risate sguaiate coprirono il suono delle Materializzazioni.
 
Pochi istanti e mi trovai di nuovo nella camera di Draco, ad Hogwarts, fuori dalla sua mente e nella vita reale.
Ora lo sapevo davvero. La sua vita era stata uno schifo sotto tutti i punti di vista.
Niente amore, niente svago, niente giochi.
Tante punizioni, tante responsabilità, tanto orrore.
L’immagine di Draco davanti a quello specchio mi ritornò davanti agli occhi.
Aveva appena ucciso un uomo ed era solo, completamente solo.
Aveva appena ucciso un uomo e suo padre era fiero di lui.
A pensarci, mi veniva quasi da vomitare dallo schifo.
Barcollai un po’, ma le sue braccia mi sostennero. Alzai lo sguardo e cercai il suo.
Era fatica sprecata.
Teneva gli occhi bassi, i pugni stretti e si era allontanato da me di un paio di passi.
Che diavolo gli era successo?
 
(Draco)
Mi ero pentito di quello che le avevo mostrato due secondi dopo che l’avevo fatta uscire dalla mia mente.
Vedendola barcollare, come sotto il peso di quello che aveva visto, mi ero maledetto in tutte le lingue che conoscevo.
Speravo di farle capire che ero, sì, un assassino, ma che non l’avevo fatto per scelta. Che avevo ucciso un bambino, ma non per gioco. In quel momento mi era sembrato l’unico modo per non farlo soffrire.
Vedendo i miei ricordi dal suo punto di vista, invece, avevo capito che avrebbe potuto fraintendere tutto.
Che idiota.
-Draco.-
la sua voce tremava. Dalla paura o dallo schifo che suscitavo in lei?
La guardai. I suoi occhi avevano un’espressione che non sapevo come interpretare.
-Draco, quello che ho visto..- cominciò con voce incerta.
Già mi immaginavo il resto della frase.
“Quello che ho visto mi ha fatto capire che persona sei, un mostro. Mi fai schifo. Sparisci dalla mia vita e vedi di starmi lontano. Mi fa schifo anche solo l’idea che tu mi abbia toccato, immagina essere stata la tua ragazza.”
E questo nella migliore delle ipotesi.
Non le permisi di continuare.
-Non è come sembra!- quasi urlai, cominciando a camminare avanti e indietro per la stanza.
-Non l’ho voluto io. Io non volevo, non volevo. Io.. io l’ho fatto perché non volevo morire. Se non avessi ucciso Haggs l’avrebbe fatto qualcun altro e sarei morto anche io.-
Mi guardava con gli occhi sgranati.
Stavo facendo peggio.
-Non volevo essere un assassino, come mio padre. Volevo solo vivere, sopravvivere. Lo so che sono stato un codardo, ma avevo paura. Avevo paura ed ero solo.-
-Draco.-
-E quel bambino.. Lo stavano torturando!- urlai, come se fosse una giustificazione.
Mi sedetti sul bordo del letto, tenendomi la testa tra le mani.
Lei era ancora ferma.
-L’ho ucciso perché era l’unica cosa che potessi fare. Loro non avrebbero mai smesso, sarebbero arrivati fino in fondo. Loro.. non sanno cos’è la pietà. Io lo volevo aiutare.-
-Draco.-
-Io non sono un mostro!- urlai ancora, poi tornai a tenermi la testa con le mani, stringendo le tempie –Io non sapevo cosa fare. Era lì, per terra, e loro lo stavano torturando. E lui urlava e chiamava la madre e poi urlava.-
-Draco.-
-Io non sono un assassino, non sono un assassino..-
 
(Hermione)
Ero immobile.
Guardai con gli occhi sgranati Draco urlare, camminare avanti e indietro, parlare senza sosta.
Sembrava impazzito.
O forse no. Forse semplicemente, per la prima volta, stava dando sfogo a tutto quello che aveva dentro.
-Io non sono un assassino, non sono un assassino..-sembrava una cantilena piena di dolore, come quando davanti allo specchio continuava a ripetersi quello che era successo.
Ma non era più solo.
-Draco.- lo chiamai ancora, sedendomi vicino a lui.
-Hermione, per favore, tu mi devi credere. Io non sono un assassino, io..-
Gli misi le dita sulla bocca, fermando il suo delirio.
-Shh, basta, Draco.-
Gli accarezzai i capelli, leggermente umidi di sudore. Lo guardai negli occhi. Aveva le pupille dilatate dal terrore, dall’ansia.
Era spaventato, non sapevo se dai ricordi o da quello che io potevo pensare di lui.
-Lo so che non sei così, anche io forse avrei fatto la stessa cosa.-
-Non volevo uccidere quel bambino, ma lui urlava e le sue urla e ..- ricominciò a parlare, tentando di spiegarsi.
-Draco, basta!- gli presi il mento, obbligandolo a guardarmi –Non hai fatto niente di male. Eri solo, in una situazione difficile e hai fatto l’unica cosa che potevi fare. Tu l’hai aiutato.- gli dissi con tono rassicurante.
Chiuse gli occhi, spingendo la testa contro la mano con cui gli accarezzavo i capelli.
-Ti faccio schifo, vero?-
-No.-
-Io invece mi faccio schifo da solo.- fece una pausa, continuando a tenere gli occhi ben chiusi –Andrai via da me? Scapperai?-
-Ti sembro il tipo che scappa?- gli chiesi con sfida, provocandolo.
-No. Quello che scappa di solito sono io, lo sono sempre stato.-
 
Continuai ad accarezzarlo, osservando il suo respiro diventare meno affannato. Lo feci sdraiare, sistemandomi contro di lui.
Sentivo la sua mano scorrere ipnotica lungo la mia schiena.
-Mi sono spaventata.- confessai.
-Per quello che ti ho fatto vedere?- chiese preoccupato.
-No.- scossi la testa, sentendo il cotone della sua camicia sotto la guancia –Intendo dopo. Ero preoccupata per te.-
-Non dire niente, della scenata che ho fatto prima.-
-Tranquillo.-
-Posso chiederti un altro favore, Granger?-
Annuii.
-Giura di non dirlo a nessuno.-
Annuii ancora.
-Stringimi.-
 
(Draco)
Quel pomeriggio avevo, con tutta probabilità, fatto la figura del pazzo, ma poco mi importava. Mi sentivo più leggero, più tranquillo. Lei sapeva ed era rimasta.
Restammo in camera mia, fermi sul letto, abbracciati, parlando poco. Quel silenzio però non mi pesava. Era un silenzio tranquillo, uno di quei silenzi che dicono molto più di tante parole.
Di tanto in tanto pensavo a quello che le avevo mostrato e sentivo il bisogno di sentirla ancor più vicina. Mi piaceva sentire il peso del suo corpo sdraiato sopra il mio, era rassicurante, così come la sensazione della sua mano che mi accarezzava i capelli o che stringeva il cotone della camicia.
Come se non mi volesse far andar via.
Sorrisi. Era bello pensare che ci fosse qualcuno che non poteva vivere senza di te. Era bello pensarlo anche se forse non era vero.
 
Dopo che Hermione se ne era andata, tornando al dormitorio per cambiarsi per la cena, mi feci una doccia lunga e mi cambiai. Uscii dalla mia camera e mi diressi verso il dormitorio maschile.
-Blaise.-
-Hey.- mi salutò con un leggero sorriso, continuando poi a raccogliere i vestiti abbandonati su una poltroncina.
-Ti volevo ringraziare. Per il cibo che hai fatto portare in camera.-
-Oh.- alzò le spalle –Di niente, non è stato un problema.-
Osservò un maglione, poi con uno sbuffo lo lanciò nella cesta della roba sporca. Gli passai un paio di sue camicie che avevo trovato sul letto di Nott, sempre nel silenzio più totale.
-E anche per quello che mi hai detto ieri. Mi hai aiutato a capire che stavo facendo una cazzata anche se per te..- mi passai una mano tra i capelli, Potter mi aveva contagiato con il suo vizio. Maledetti Grifondoro.
-Anche se per me sarebbe stato meglio che continuassi a fare l’idiota.- completò la mia frase, con un sorriso triste.
-Già.-
-Non si può obbligare qualcuno ad amarti, non ti pare? E io non vorrei che Hermione stesse con me solo perché, non so, le ho dato un filtro d’amore. Vorrei che mi amasse davvero.- mi guardò negli occhi -Mi capisci?-
Vorrei che mi amasse davvero.
Come io volevo che mi amasse per quello che ero e per quello che ero stato.
-Sì, Bla, ti capisco.-
Sorrise al nomignolo con cui l’avevo chiamato.
-Andiamo a mangiare? Ho fame.- il brontolio del suo stomaco accompagnò le sue parole.
Annuii a uscimmo dalla camera in silenzio. Un silenzio meno teso.
 
Dopo cena trascinai Hermione fino alla mia camera, chiudendo e sigillando la stanza.
-Draco, ma che..-
La spinsi con le spalle contro la porta di legno, baciandola con foga.
Assaporai le sue labbra, leggermente screpolate per il freddo. Era vera, era naturale.
Era mia.
Feci scorrere le labbra sulla sua guancia, fino all’orecchio e poi lungo il collo.
Le sbottonai la camicia, sentendo la pelle calda sotto le mie mani. Stringendomi i capelli, spinse la mia testa contro il proprio corpo.
Rialzai il viso fino ad incontrare il suo. Ci baciammo ancora, indietreggiando fino al letto. Mi lasciai cadere sul materasso morbido trascinandola sopra di me.
Ringhiai insoddisfatto quando si staccò da me e scese a baciarmi la giugulare e il pomo d’Adamo. Le sue labbra leggermente secche non erano fastidiose, anzi, mi facevano fremere.
Quando la sua mano arrivò ai miei pantaloni, le morsi il collo.
-Ti voglio.- ansimai staccandomi –Dimmi che mi vuoi. Dimmi che mi vuoi come mi volevi prima. Dimmi che mi vuoi anche se sai cosa ho fatto.-
-Ti voglio.-
E fu l’oblio dei sensi.
 
 
Un’altra settimana era passata. Una settimana di fuoco dirompente in contrasto con il freddo pungente dell’inverno giunto ormai al suo culmine.
Hogwarts, addobbata a festa, era più bella che mai.
Mi svegliai.
Il primo pensiero fu che ero finalmente in vacanza.
Il secondo fu che faceva un freddo terribile, più del solito.
Il terzo fu che faceva un freddo terribile perché Hermione non stava dormendo attaccata a me.
Ma dov’era?
Mi misi a sedere sul letto e notai una voluminosa scatola verde con un nastro dorato posta davanti alla porta, a terra.
Andai ad aprirla, incuriosito.
Sopra dei vestiti ripiegati con cura, spiccava un biglietto color panna.
“Indossali, sono una parte del tuo regalo di Natale. Ti aspetto alle 10.00 davanti al portone. Hermione”
 
Buonasera!
Ecco un nuovo capitolo. Personalmente lo trovo molto carino.
Draco mostra tutta la sua fragilità, tutto il dolore del suo passato. Spero di non  deludervi.
È più lungo del solito, spero che vi faccia piacere.
Che dire, il pacco servirà per lo sviluppo del prossimo capitolo.
Natale si avvicina: dove lo trascorreranno i nostri personaggi? Fatemi sapere le vostre idee.
Grazie  a chi ha recensito e a chi ha aggiunto la storia a qualche lista!
Fatemi sapere cosa ne pensate, per me è importante e sarebbe un bel regalo di Natale!!
Un bacione e tanti auguri!!
Giada
  

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Capitolo 21
*** "Benvenuto a Londra, Draco." ***


(Draco)
Mentre l’acqua calda della doccia mi accarezzava, sfiorai i graffi che Hermione mi aveva lasciato sul fianco sinistro.
Sorrisi. Era passionale la mia Mezzosangue.
 
Rilassato e impeccabile, mezz’ora dopo studiai il mio riflesso nello specchio. Hermione aveva buon gusto nei vestiti, anche se a giudicare dai maglioni improbabili che aveva indossato gli anni precedenti non l’avrei mai detto.
I jeans, per quanto un po’ troppo sportivi per i miei gusti, erano comodi e semplici e il pullover blu mi calzava a pennello, cadendo alla perfezione sui muscoli che avevo ottenuto con tanti anni di faticosi allenamenti di Quidditch e tanto esercizio fisico.
Allacciai le scarpe da ginnastica abbastanza sobrie da sembrare adatte a me- e mi voltai perplesso verso il letto, dove avevo adagiato un cappotto nero, morbido e di classe, ma decisamente babbano.
E questo era il vero problema. Passino i vestiti babbani per avvicinarmi al suo mondo, ma perché non potevo indossare un comodo, caldo, tradizionale mantello?
Con riluttanza e un pizzico di sospetto, lo indossai.
Quando arrivai in cima alla rampa di scale che dai sotterranei immetteva nell’Ingresso, vidi che Hermione era già lì.
Tipico.
Vestita con un paio di jeans e un cappotto nero simile al mio, giocava distrattamente con la bacchetta. Nonostante fossero già la dieci di mattina, la scuola era quasi deserta. La maggior parte degli studenti era ancora in Sala Comune, godendosi l’inizio delle tanto sospirate vacanze natalizie o preparando i bagagli.
L’espresso che ci avrebbe riportato a King’s Cross sarebbe partito l’indomani mattina. Mi aspettava un Natale solitario in compagnia di una madre il cui unico pensiero era tirare fuori il marito da Azkaban.
Fantastico.
Scacciai anche questo pensiero e mi dedicai alla mia ragazza.
-Ciao Mezzosangue.-
Si girò sorridente verso di me.
Chi era mai stato tanto felice di vedermi? Forse solo Pansy, e sicuramente non in modo disinteressato.
Non le diedi nemmeno tempo di rispondere e mi attaccai alla sua bocca, baciandola famelico e appassionato, come ero sempre stato.
-A cosa devo tutta questa passione?- mi domandò compiaciuta e con il fiato corto.
-Era per farti capire cosa ti sei persa andandotene via prima.- ghignai allusivamente, poi cambiai discorso.
-Allora, questo regalo di Natale?-
Lei sorrise, mi prese per mano e mi condusse fuori dal portone della scuola. Il freddo dell’inverno ci investì in pieno, facendoci rabbrividire.
Camminai un po’, notando lo sguardo soddisfatto con cui Hermione mi studiava.
-Come mi stanno?- le chiesi, certo della sua risposta.
In parte ero cambiato, ma di certo ero rimasto vanitoso come un tempo.
-Mmm, insomma. Ho visto di meglio.- commentò con sufficienza, accelerando il passo e superandomi.
-Scusa?- sibilai minaccioso e offeso. Le passi un braccio intorno alla vita e la fermai, facendola indietreggiare contro il mio petto e chinando il volto in avanti, sbirciandone le reazioni.
-Stai bene, molto bene, benissimo.- mi prese in giro, ridendo.
Ricominciammo a camminare, sferzati da gelide raffiche di vento. La vidi rabbrividire e le passai un braccio sulle spalle, stringendola e cercando di riscaldarla.
Forse, però, era più lei a riscaldare me.
 
Dieci minuti dopo, arrivammo in vista dei cancelli della scuola. Attraverso l’aria fredda ma tersa, scorsi una figura inconfondibile in attesa del nostro arrivo.
Minerva McGrannit ci aspettava, impassibile, ben stretta nel suo mantello da viaggio.
-Buongiorno ragazzi.-
Salutò con un sorriso complice Hermione e poi si accinse a eliminare alcuni incantesimi di protezione per permetterci di uscire dalla scuola.
-Granger, mi dici dove stiamo andando?- le chiesi.
-No!- replicò decisa –Deve essere una sorpresa!-
Assottigliai lo sguardo, sempre più sospettoso.
-Non è che hai paura che se mi dici dove stiamo andando, io non vorrò venire?-
-Forse. Ma non è questo il punto.- rispose evasiva.
La mia risposta venne stroncata dalla McGrannit, che ci fece segno di uscire dal cancello. Appena fuori, la vecchia strega si affrettò a rimettere tutti gli incantesimi di protezione.
-Bene, ragazzi. Questa è la vostra passaporta.- ci porse una copia vecchia del Profeta –Fate i bravi!- ci raccomandò, lanciandomi uno sguardo non del tutto fiducioso.
Poi la passaporta si illuminò e sentii una strappo all’altezza dell’ombelico.
 
Quando rimisi i piedi a terra, scossi leggermente la testa per riprendermi dal senso di intontimento che le passaporte lasciavano.
Intorno a me, Diagon Alley risplendeva di candele e addobbi variopinti.
-Diagon Alley?- chiesi perplesso.
Tanto mistero per portarmi in un posto in cui venivo tutti gli anni? Non capivo proprio.
-Veramente Diagon Alley è il punto di partenza.- si morse un labbro a disagio, restia all’idea di continuare con la sua spiegazione.
Poi improvvisamente tutto fu chiaro. Mi diedi dell’idiota per non averlo capito prima.
-Tu mi vorresti portare nel mondo babbano?- chiesi, forse in tono un po’ troppo aggressivo.
-In realtà sì, ma non importa.- l’entusiasmo che l’aveva animata fino a quel momento si spense di colpo alle mie parole –Dai vieni, andiamo al Ghirigoro.-
Con un sorriso forzato mi prese per mano, incamminandosi nella direzione opposta al Paiolo Magico, da cui saremmo dovuti passare nel suo mondo.
-Perché andiamo al Ghirigoro?- ero confuso –Il Paiolo Magico non è dalla parte opposta?-
-Al Ghirigoro c’è un amico della McGrannit che ci ha preparato una passaporta per il ritorno. Ci porterà alla Testa di Porco e da lì useremo il passaggio segreto per tornare a scuola.-
-Frena Mezzosangue.- mi bloccai, costringendola a fare lo stesso.
Fissava il pavimento sotto i nostri piedi. E non era per niente uno spettacolo interessante. Con una mano sotto il mento la costrinsi a guardarmi.
Da quando eravamo usciti dal portone era stata felice, entusiasta, quasi euforica. E ora capivo il perché. Non voleva solo farmi conoscere un mondo che avevo sempre ignorato e detestato, per mostrarmi che non c’era niente da odiare con così tanta convinzione. Voleva farmi conoscere il suo mondo, una parte di lei, che nemmeno volendo avrei potuto cancellare.
-Ti sei offesa per quello che ti ho detto prima?- indagai e lei scosse appena le spalle –Granger, non ti volevo offendere, ok? Sono solo rimasto stupito. Insomma, mi ci vedi nel mondo babbano? Non saprei come muovermi!- cercai di farle capire che non ero arrabbiato per la sua idea, ma che ne ero semplicemente rimasto stupito.
-È per questo che ti avrei accompagnato io!- esclamò –Volevo solo farti veder com’è il mondo da cui vengo, ma non importa, non voglio obbligarti. Dai andiamo.-
Non aveva capito un accidenti di quello che le avevo detto due secondi prima.
Merlino, com’era stupida a volte.
-Mezzosangue, ti sei persa?- la canzonai –Il Paiolo Magico è da quella parte!- indicai con un dito la direzione opposta a quella verso cui lei si era già incamminata.
Impiegò qualche secondo per realizzare che quello che stava acconsentendo a  farsi accompagnare nel mondo non magico ero proprio io, Draco Malfoy.
Una notizia da infarto.
Rimase un attimo immobile, poi si lanciò felice verso di me, baciandomi con gratitudine.
-Devo accontentarti più spesso..- mugugnai contro le sue labbra.
 
-Come hai fatto a convincere la McGrannit a farci uscire?- chiesi curioso, anche se un’idea me l’ero già fatta.
-Beh, essersi quasi fatti ammazzare per salvare la pelle a tutti, ha i suoi vantaggi. E poi, come direbbe Ron, la McGrannit ha un debole per me.-
-Cioè hai fatto leva sui buoni sentimenti di quella donna? Sei subdola, Granger.- mi congratulai con lei, a modo mio.
Entrammo nel locale. Da dietro il bancone Tom sorrise gentilmente ad Hermione, ma il suo sorriso si spense non appena realizzò chi ero.
Mormorii ostili si diffusero nell’aria e qualche mago, notando le nostre mani unite, lanciò delle occhiate di incredula disapprovazione ad Hermione. Sciolsi rapidamente le nostre dita intrecciate, poi la sospinsi verso la porta nel tentativo di uscire da lì il più velocemente possibile.
Ignorai con stile, lo stile di un Malfoy, gli insulti che mi rivolgevano, finché l’aria fredda e frizzante mi investì, facendomi respirare a pieni polmoni.
-Benvenuto a Londra, Draco.- mi disse con un sorriso smagliante.
Davanti a me, si apriva una via babbana, la prima che vedevo nella mia vita, se si escludevano quelle che avevo visto durante le spedizioni di Mangiamorte. Qualche auto passò davanti a noi, altre erano ferme a lato della strada. I negozi esponevano in vetrina, illuminate a festa, i loro prodotti migliori mentre i caffè erano pieni di gente.
Sentii qualcosa o qualcuno sbattere contro la mia gamba. Mi voltai di scatto, pronto a insultare il maldestro babbano, ma mi trovai davanti solo una bambina di quattro anni, con un vivace cappotto rosso e i lunghi capelli biondi riccioluti.
-Scusa!- mi disse allegra, per niente dispiaciuta, prima di continuare  a camminare tenendo la mano di sua madre.
Mia mamma non mi aveva mai tenuto per mano quando andavamo in giro insieme.
-Pensi di fissare ancora a lungo quella bambina o possiamo andare?- domandò divertita.
-Dai, muoviti, Mezzosangue.- borbottai nervoso.
Mi incamminai lungo il marciapiedi, rendendomi conto solo dopo che non avevo la minima idea di dove dovevamo andare.
Mi fermai dopo pochi passi e mi schiarii la gola, facendole cenno di precedermi. Lei ridacchiò e si incamminò nella direzione opposta a quella che avevo preso io.
Ecco, appunto.
 
Ci fermammo in una caffetteria. Al banco Hermione ordinò decisa un cappuccino da asporto, poi si voltò verso di me.
-Vuoi qualcosa?-
-Mezzosangue, io non so nemmeno cosa bevono i babbani!- le bisbigliai all’orecchio.
Lei fece cenno al ragazzo dietro il bancone di aspettare un  secondo e lui acconsentì, sorridendole sornione.
-Malfoy, cosa credi che bevano i babbani? Non sono mica degli alieni, bevono quello che beviamo noi, tranne il succo di zucca.- mi spiegò esasperata.
-Uhm. Allora un caffè.-
-Vedi che non era difficile?!-
Si voltò ridendo verso il ragazzo e ordinò.
Cinque minuti dopo stavamo di nuovo camminando lungo la via che  avevamo imboccato prima.
-Questa è la Charing Cross Road. Più avanti si incrocia con Oxford Street, la via dei negozi, per intenderci.-
Annuii, bevendo un sorso del mio caffè. Buono.
-Buono?- si informò, come leggendomi nel pensiero.
-Abbastanza.- emise uno sbuffo sarcastico e io decisi di cambiare argomento, per precauzione –Quindi dove andiamo adesso?-
Sembrò animarsi di colpo.
-Londra è troppo grande per vederla a piedi in un giorno. E non credo che tu voglia spostarti da un quartiere all’altro con la metropolitana.-
-La metro-che?- le feci eco.
-È come un treno che però va sottoterra e ti porta in varie parti della città, più o meno. La usano i babbani per spostarsi quando non prendono la macchina.-
-Scordatelo, Granger. Passi visitare una città babbana, ma questa cosa affollata e piena di germi te la puoi scordare!- misi in chiaro.
-Infatti non avevo dubbi su questo, Mister Sangue Puro. Quindi ho pensato di prendere un taxi.. sai cos’è un taxi?- annuii –E ci facciamo portare in giro per la città. Così tu non ti devi mischiare con i comuni babbani più del necessario –notai una sfumatura di derisione nella sua voce –e io posso stare tranquilla, senza bisogno di controllare costantemente che tu non faccia disastri.-
-Mi stai trattando come un bambino!- protestai.
Lei mi liquidò con un gesto scocciato della mano.
 
Oxford Street si aprì davanti a noi.
Natale era nell’aria. Babbani carichi di sacchetti correvano lungo i marciapiedi, entrando ora in un negozio ora nell’altro. Molti si salutavano, scambiandosi gli auguri e dandosi festosi baci sulle guancie.
In strada, automobili, taxi e quelli che credevo fossero autobas, o qualcosa del genere, erano incolonnati, muovendosi lentamente ma con ordine in due direzioni opposte. Uno strano babbano vestito di rosso camminava tra le persone, gridando auguri e saluti anche a persone che non conosceva. Sollevai un sopracciglio perplesso, poi tornai ad osservare la strada.
Un negozio di abbigliamento, uno di  scarpe, uno di intimo femminile, una pasticceria, uno di giocattoli, uno di accessori sportivi..
Ricordava Diagon Alley. Era colorata, era viva. Era solo più normale.
Quando una persona mi urtò, scusandosi frettolosamente prima di ricominciare la caccia al regalo perfetto, mi accorsi di essere rimasto imbambolato a fissare quella via, così pulsante di vita e di normalità.
Ripensai a tutte le storie sull’inferiorità dei babbani  che mio padre mi aveva raccontato da piccolo, di come fossero indegni e sporchi. Forse erano inferiori perché non conoscevano la magia, ma a quanto vedevo erano riusciti ad adeguarsi, mi doleva ammetterlo, egregiamente.
Sentii la mano di Hermione stringere la mia, intrecciando le sue dita alle mie.
Era il suo mondo, era lei.
-Ti piace?- mi chiese con un fondo di ansiosa curiosità nella voce.
Come dirle che mi piaceva il mondo babbano senza perdere la faccia?
-Mi piaci di più tu, Granger.-
Si illuminò di gioia, poi mi abbracciò teneramente. Con la testa contro il mio petto, sentii che respirava il mio profumo. Io non avevo bisogno di sentire il suo, lo conoscevo. Fiori e talco.
Continuai ad abbracciarla, studiando il mondo babbano intorno a me. Qualche coppie adulta ci guardava con tenerezza, ricordando i tempi andati, e alcune ragazze mi lanciarono sguardi ammiccanti.
Sì, erano proprio come noi.
 
Seduto sul sedile posteriore di un taxi, osservai Hermione borbottare complice con il signore seduto alla guida. Gesticolò un po’, mentre l’altro annuiva, le sopracciglia corrugate per la concentrazione di tenere a mente il fiume di informazioni che Hermione gli stava dando.
Poveretto.
Il taxi partì ed Hermione si accoccolò contro di me. Mi avevano sempre dato fastidio le ragazze appiccicose, asfissianti, ma con lei era diverso. Forse perché non lo faceva in modo studiato, cercando di sedurmi, ma lo faceva perché lei era proprio così, perché le veniva naturale.
Cominciammo a correre per le vie di Londra, mentre palazzi e monumenti sfrecciavano davanti ai miei occhi e la voce di Hermione mi istruiva sulla storia della sua città.
Mi raccontò dell’incendio che nel 1666 distrusse gran parte della città, mi spiegò chi era Nelson e perché c’era la sua statua a Trafalgar Square, mi disse che in realtà la torre del Parlamento era intitolata a Santo Stefano e che era solo la grande campana ad avere il nome di Big Ben. Mi fece vedere le case dalle porte colorate di Notting Hill e la casa del loro Primo Ministro che, il primo giorno del suo mandato, veniva a conoscenza del nostro mondo*.
Mi raccontò qualche aneddoto sulla famiglia reale, la storia della Torre di Londra, delle mogli del re Enrico VIII e della sua abitudine di far decapitare gli avversari politici.
-Era parente della cara vecchia prozia Elladora*?- commentai sogghignando, meritandomi una vigorosa gomitata tra le mie preziose costole.
Evidentemente non condivideva le mie idee sugli elfi domestici.
Viaggiammo per la città per quasi due ore, accompagnati dai racconti di Hermione e da qualche breve interruzione dell’uomo alla guida.
Hermione parlava e parlava. Ma non respirava mai?
Raccontava senza sosta, genuinamente entusiasta di quello che mi stava spiegando. Mi ricordai che un giorno mi aveva detto che aveva una grande passione per Londra e mi accorsi che quella era una delle poche cose che sapevo di lei.
Avevamo parlato di me, del mio passato, di quello che volevo fare. Mi aveva detto di voler diventare Medimaga, avevamo chiacchierato della scuola e dei M.A.G.O. di fine anno, ma non avevamo mai parlato davvero di lei.
E io non mi ero mai interessato.
La verità mi colpì con un pugno allo stomaco.
Non le avevo mai chiesto nulla della sua famiglia, niente di come aveva affrontato la guerra, niente di come era stata la sua fuga e la latitanza, niente del suo passato nel mondo babbano.
Mi bastava che lei stesse con me, che non mi lasciasse solo, che non tornasse da Blaise.
Solo questo.
Si sporse di nuovo davanti a me, indicandomi fuori dal finestrino Westminster, la chiesa in cui si sposavano i reali e in cui erano sepolti o solo ricordati i grandi geni del mondo babbano inglese.
La guardai. Sorrideva e mi teneva ancora per mano. Stava con me.
E io non le avevo mai chiesto niente.
Che uomo ero?
 
Scesi dal taxi, ci trovammo di nuovo in Oxford Street, affollata come prima nonostante fosse ormai ora di pranzo.
Hermione porse un mazzetto di banconote all’uomo, che la ringraziò con un sorriso.
Ricominciammo a camminare, schivando le persone e i loro voluminosi sacchetti. Mi fermai davanti a un negozio strano. Tirai Hermione per un braccio e la feci fermare di colpo.
-Che cosa sono quelli?- indicai con un dito degli strani congegni esposti al di là del vetro.
-Elettrodomestici. Aspirapolvere, lavastoviglie..- spiegò, indicandomeli di volta in volta con un dito –Si usano per fare i lavori domestici. Funzionano a elettricità.-
Annuii, anche se non avevo idea di cosa fosse l’ecletticità*.
Il sorriso furbo che si dipinse sulle labbra di Hermione mi fece capire che probabilmente ne era perfettamente consapevole. Senza dire altro, svoltammo in una stradina laterale che ospitava, pochi metri più avanti, un accogliente ristorante italiano. Una musica soffusa ci accolse, mentre un cameriere si avvicinava sorridente.
-Buongiorno!- salutò, poi scrutò attentamente Hermione –Sbaglio o lei è già venuta qui?-
Lei annuì, sorridendo gentile, e il cameriere ci scortò fino ad un tavolo, lasciandoci del tempo per studiare i menù.
-Quindi vieni spesso in questo posto?- chiesi, scorrendo il menù.
-Sì. Quando tornavo a casa per le vacanze e prima di ripartire per Hogwarts a settembre, venivo sempre qui con i miei genitori. Era una specie di tradizione.- rispose, poi tornò a concentrarsi sul menù.
Aprii la bocca per chiederle qualcosa sulla sua famiglia, ma una coppia di anziani signori si avvicinò a noi.
-Hermione?- chiese la donna, chinandosi in avanti per scorgere il viso al di là della cascata di capelli scuri.
Hermione sollevò il viso, aprendosi in un sorriso sincero e tuttavia teso nel riconoscerli. Si salutarono affettuosamente, poi la signora si voltò verso di me, tendendomi la mano. La fissai scettico e vidi gli occhi di Hermione spalancarsi e ne compresi perfettamente il motivo.
Avrei dovuto stringere la mano ad una babbana? Era decisamente oltre le mie possibilità di sopportazione. Tentennai e alla vista della mia titubanza Hermione si affrettò ad intervenire, facendo le presentazioni e spiegandomi che erano i suoi vicini di casa.
-I tuoi come stanno, cara? Non li vediamo da molto tempo.- la signora era sinceramente interessata, ma gli occhi di Hermione si incupirono.
-Bene, grazie. Sono ancora in Australia. Torneranno tra qualche mese. Sa, si sono proprio innamorati quei posti!- la sua risata trascinò anche i signori, ma alle mie orecchie suonò falsa e stridente.
-Quindi lui è il tuo fidanzato?- chiese con un sorriso ammiccante l’anziano uomo.
-No, è solo un mio compagno di scuola. Viene in quel college americano con me. Non aveva mai visto Londra e così ho dovuto provvedere a questa mancanza!-
Aveva negato con tanta convinzione da convincere anche me. Le sue parole, la veemenza con cui aveva esposto quella bugia mi lasciarono uno spiacevole sapore in bocca, mentre nuovi pensieri si facevano strada in me.
Quante bugie aveva detto durante una conversazione così breve?
Tanti dubbi e nessuna risposta, perché io non avevo mai chiesto niente.
Salutai con un cenno del capo la coppia che si allontanò, poi il silenzio aleggiò pesante sopra di noi. Ordinammo nervosamente e rimanemmo in attesa dei piatti, che fortunatamente vennero serviti in fretta.
 
-Dove sono i tuoi genitori?- capì di aver fatto la domanda sbagliata dallo sguardo duro che mi rivolse, duro e forse anche un po’ dispiaciuto.
-Non ti interessa davvero.- mi liquidò, bevendo un sorso d’acqua.
-Se te l’ho chiesto significa che..- mi impuntai, ma lei sbatté con forza il bicchiere sul tavolo.
-Me l’hai chiesto solo perché la signora ti ha messo la pulce nell’orecchio. Se ti fosse interessato, me l’avresti chiesto spontaneamente, non solo per placare la tua curiosità.-
Sbuffò, abbandonando la forchetta nel piatto e appoggiando la fronte su una mano, nel tentativo di nascondere le lacrime che si erano addensate agli angoli dei suoi occhi.
Mi alzai e mi inginocchiai davanti  lei, portando il volto alla sua altezza.
-Granger, che ti succede?-
-Non penso davvero quello che ho detto, che non te ne frega nulla della mia vita.- si asciugò nervosamente la guancia umida con il palmo della mano –Ma è così difficile. Ogni volta devo raccontare un sacco di bugie e devo ricordarmi quelle che ho detto la volta prima e stare attenta a dire qualcosa che sia plausibile e semplice da ricordare.-
Sbuffò di nuovo.
-I miei genitori sono in Australia perché li ho mandati via con la memoria modificata quando è scoppiata la guerra, in modo che non li trovassero e li prendessero per ricattare me ed Harry. Sto aspettando che una cura dei Medimaghi faccia effetto per poter ridar loro la memoria  e riportarli qui, da me.-
Le accarezzai la guancia, sentendola umida e accaldata sotto il palmo della mano.
-Dai, basta piangere. Se ti riporto da Potter sciupata, comincerà a rompere in eterno. E ti voglio ricordare che lo sopporto già da sette anni, ormai.- le ricordai con tono strascicato e pieno di mistica sopportazione, che riuscì a strapparle un sorriso.
-Scusa, è che ho paura che non riescano a ricordare.- mi confessò, mentre tornavo a sedermi davanti a lei.
-Impossibile dimenticarsi di una rompiscatole come te.-
Mi tirò una mollica di pane, poi tornò a dedicarsi al suo piatto. Stavo tagliando un pezzo di arrosto, quando la forchetta di Hermione comparve nella mia visuale.
-Vuoi imboccarmi?-
-Solo se sei regredito fino all’età infantile.- berciò con ironia –Ti ricordi quando siamo andati ad Hogsmeade la prima volta e mi hai chiesto quel’era il mio piatto preferito?- io annuii –Ti avevo promesso che ti avrei fatto assaggiare le lasagne perché, davvero, non esiste che io stia assieme ad una persona che non le ha mai assaggiate.-
Mosse eloquentemente la forchetta davanti a me. Mi limitai a sporgermi in avanti e ad aprire la bocca, sentendo sul palato il sapore di sugo.
-Buono?- chiese, come aveva fatto quella mattina per il caffè.
Deglutii soddisfatto e aprii la bocca per commentare, ma Hermione mi precedette.
-E non dire “abbastanza” perché tanto non ti credo. Qui fanno le lasagne più buone di tutta Londra.-
-È buono, molto buono.- ammisi sconfitto e lei sorrise vittoriosa.
Terminammo di mangiare, poi ci avvicinammo all’uscita. Vidi Hermione avvicinarsi alla cassa con il portafoglio in mano e mi parai di fronte a lei, impedendole di andare avanti. La sospinsi con delicatezza lontano dal cameriere, facendogli cenno di aspettare.
-Cosa pensi di fare, Granger?-
-Pagare?- mi propose con ironia.
-Non esiste che una ragazza che esce a pranzo con me paghi di tasca propria.-
-Se pagassi con dei galeoni non solo penserebbero che li vuoi fregare, ma penserebbero anche che tu sia un pazzo visionario che vive in un altro mondo.- mi fece notare, convita di avermi in pugno. Sogghignai.
-Infatti non pagherò con i galeoni, genio. Tu mi dirai a quanto corrispondono queste sterline e io ti darò il corrispettivo in galeoni.- mi aprii in un sorriso, soddisfatto del mio ragionamento inconfutabile.
Dopo qualche resistenza, i dovuti calcoli per cambiare i miei galeoni in sterline babbane e relative spiegazioni su come pagare, riuscii ad avvicinarmi alla cassa.
-Draco..- Hermione tentò di convincermi l’ultima volta, ma la fulminai.
-Mezzosangue, fuori.- scandii gelidamente. Socchiuse la bocca, pronta a ribattere, poi sbuffò ed uscii dalla porta di vetro.
 
Camminammo attraverso l’ampia piazza, gremita di gente che si accalcava intorno alle due fontane e all’alto obelisco che troneggiava al centro.
-Dove mi stai portando, Granger?-
-Alla National Gallery, forse il più famoso museo della città.- spiegò con lo stesso tono che usava a lezione, conducendomi verso l’entrata.
Le sale si snodavano una dopo l’altra, le pareti ospitavano quadri di autori ed epoche diverse. Hermione mi spiegava qualcosa sulla vita di un pittore, qualcosa sulla tecnica usata nel quadro, qualcos’altro su un determinato periodo storico. Molte persone tendevano l’orecchio per carpire qualcosa delle sue spiegazioni, probabilmente confondendola per la mia guida personale.
Passammo tutto il pomeriggio in quel museo, circondati da un atmosfera raccolta e intima nonostante le persone che affollavano quelle sale. Mi immersi completamente in quel mondo fatto di tempere e tele che sapevano comunicare anche senza che i personaggi raffigurati fossero animati e parlanti.
Ancora una volta mi stupii della quantità di informazioni che conteneva il cervello di Hermione. Uscimmo nella sera londinese, ricominciando a camminare lungo le vie affollate di persone impegnate negli ultimi acquisti di Natale.
-Granger, quando hai cominciato a trasformarti in una enciclopedia ambulante?- mi scoccò un’occhiata risentita, ma non offesa.
-Da quando tu hai cominciato a dirmi che ero feccia, immagino.- le sue parole erano dure, ma il suo tono era disteso, quasi stesse constatando il colore del suo cappotto –Mi è sempre piaciuto studiare, imparare cose nuove. Ma quando tu hai cominciato a dirmi che non valevo niente, ho deciso che ti avrei dimostrato che ti sbagliavi, che potevo essere un’ottima strega anche se provenivo da un altro mondo. Volevo farti capire che il sangue non era tutto.- terminò mordendosi le labbra e strappandosi una pellicina.
-Ahi!- mormorò, quando qualche piccola goccia di sangue uscì dal piccolo taglio che si era procurata. Mosse una mano per pulirlo, ma la bloccai.
Mi avvicinai, prendendo il suo labbro tra le mie e succhiando via quelle goccioline purpuree. Sentii il sapore ferroso e amarognolo del suo sangue in bocca e sorrisi, vedendo i suoi occhi sgranati per lo stupore di quel gesto che aveva molti più significati di quanto potesse sembrare.
Mi staccai passandole ancora una volta la lingua sul labbro, restandole vicino nel freddo della sera londinese.
-Hai ragione, Mezzosangue, il sangue non è tutto.- constatai tranquillo, prima di prenderla per mano.
 
-Granger- richiamai l’attenzione di Hermione, poi ponderai la domanda che volevo farle e che da un po’ di tempo mi tormentava. Sollevò le sopracciglia in modo interrogativo, attendendo che parlassi.
-Perché quella volta, in bagno, hai..- “fatto sesso con me”  sembrava accordarsi decisamente male con tutto il sentimento che mi aveva trasmesso –ti sei concessa a me? Perché ti sei lasciata toccare da me, anche se sapevi chi ero, cosa avevo fatto?-
-Insomma- proseguii nel tentativo di sollecitarla e riempire quel silenzio che si era creato –non mi sei mai sembrata il tipo che lo fa in un bagno con il primo che capita..-
Lei voltò il viso verso il finestrino del taxi, concentrandosi sulla città che scorreva sotto i nostri occhi, quasi tentando di nascondere il lieve rossore che avevo scorto sulle guancie. Mi domandai cosa ci fosse di così imbarazzante nella risposta che mi stava per dare.
-I tuoi occhi.- non si voltò a guardarmi mentre mi dava quella strana risposta –Non mi ero mai nemmeno accorta che avessi gli occhi grigi prima di settembre. L’ho notato solo quest’anno, quando ho visto che ti comportavi.. beh, bene. Facevi i compiti, non insultavi nessuno e non rispondevi quando gli altri insultavano te, duellavi solo se erano gli altri ad attaccarti.-
Si strinse le braccia al petto, in un gesto di inconsapevole protezione.
-Mi ucciderai per quello che sto per dirti, ma avevi lo stesso sguardo di Harry. Solo, triste, abbandonato, ferito e umiliato. Eppure fiero, orgoglioso di se stesso e convinto di non aver nulla da nascondere.-
-C’era qualcosa nei tuoi occhi- continuò –Qualcosa che non traspariva dai tuoi gesti, ma che andava oltre, che andava più in profondità. Mi piaceva quello che vedevo dentro di te quando incrociavi il mio sguardo.-
-Lo so che è una motivazione stupida, però..- sollevò le spalle, come a dire che per quanto stupida quella era l’unica motivazione che avesse.
A me però non sembrava per niente stupida. Era la tipica motivazione che mi sarei dovuto aspettare da una come lei. Altre mi avrebbero detto che erano state con me perché ero bello, perché volevano salvarmi, perché avevo il fascino della mela proibita.
Lei no. Lei aveva fatto l’amore con me perché aveva visto qualcosa nei miei occhi, perché era riuscita ad andare oltre.
Hermione era ancora voltata verso il finestrino, le mani che stringevano saldamente il cappotto. Le scivolai accanto e l’avvolsi tra le mie braccia, premendola contro di me.
-Comunque ti facevo più sveglia, Granger.- la canzonai per toglierla dall’imbarazzo che provava -Insomma, a parte mio padre che è decisamente troppo vecchio per te, sono l’unico uomo al mondo con gli occhi grigi, occhi meravigliosamente  grigi vorrei specificare, e tu nemmeno te ne accorgi?-
Dal suo leggero scuotere la testa, capii che mi considerava una causa persa.
-Malfoy, sei sempre il solito idiota.-
Infatti.
 
Arrivati al Paiolo Magico, dall’aria tetra che strideva con gli altri negozi  illuminati a festa della via, Hermione pagò l’uomo alla guida del taxi e poi entrammo nel locale. Era decisamente più affollato di quella mattina e tutti gli sguardi si puntarono su di noi, inquisitori e vagamente riprovevoli.
Cercai di liberare Hermione dal mio abbraccio, per non darle problemi, ma ottenni esattamente l’effetto contrario. Si voltò verso di me infuriata per il mio tentativo, poi si sostenne alle mie spalle per bilanciarsi in punta di piedi e poggiò le labbra sulle mie.
-Vuoi dare spettacolo?- mugugnai staccandomi quel tanto che bastava per poter articolare le parole.
Non mi rispose nemmeno, si limitò a tirarmi i capelli e a circondarmi le spalle con un braccio, mentre con l’altra mano mi accarezzava il collo. La strinsi di più, sorridendo contro le sue labbra.
Il suo modo per dimostrarmi ancora una volta che voleva stare con me.
Quando ci staccammo notai con piacere e soddisfazione le sua labbra arrossate e gli occhi liquidi.
-Miss Granger..- un mormorio attonito, di qualcuno che probabilmente non si capacitava di come l’amica di Harry Potter potesse aver dato un bacio del genere a un Mangiamorte.
-Problemi?- la voce di Hermione avrebbe convinto chiunque a desistere dall’esternare le proprie opinioni. E così fu.
-Buon… Buon Natale.- mormorò la stesa signora che aveva parlato prima, cercando di togliersi d’impiccio.
-Anche a lei.- ringraziò con acidità, poi ci incamminammo verso il retro dello locanda. La guardai mentre picchiettava sulle mattonelle rosse.
La bocca era leggermente distorta da una smorfia di fastidio e scontento, ma gli occhi aveva una luce maledettamente soddisfatta, di cui mi assunsi tutto il merito. Cercai di mimetizzare una risata con un colpo di tosse, senza successo.
-C’è qualcosa che ti fa ridere, Malfoy?-
-Fidati, Granger, se potessi vedere la tua faccia rideresti anche tu.-
Rallentò il passo pensierosa.
-Dici che ho esagerato?-
-Esagerato?- le feci eco, divertito –Uno sguardo di un Basilisco sarebbe stato meno letale, credimi.-
Le tenni aperta la porta mentre una scampanellio annunciava la nostra entrata al Ghirigoro.
 
Venti minuti dopo stavamo percorrendo il passaggio che dalla Testa di Porco ci avrebbe condotto nella Stanza delle Necessità.
-Mezzosangue, ma la Stanza delle Necessità non era stata distrutta dall’Ardemonio di Tiger?-
-Sì e no. Si è distrutta la Stanza degli Oggetti Dimenticati, ma non la Stanza delle Necessità in sé. Se hai bisogno di qualcosa, lei appare ancora.-
Era veramente un’enciclopedia ambulante.
La stanza che si aprì davanti a noi era piccola, simile ad una spoglia anticamera. Hermione si diresse decisa verso la porta di quercia, ma la fermai prima che l’aprisse.
-Dormi da me stanotte?-
-Come sempre.-
-Come sempre.-
 
Dopo cena andammo direttamente verso i sotterranei. Attraversammo la Sala Comune prima che arrivassero i miei compagni di casa, chiusi la porta della mia camera alle nostre spalle e mi sdraiai sul letto, stanco.
La vidi togliersi le ballerine e abbandonarle vicino alla porta, poi si sfilò il maglione e lo lasciò sulla poltrona. Si ravviò i capelli, guardando distrattamente le pergamene sulla mia scrivania.
-Nessuno ti ha insegnato a farti i fatti tuoi?- la sgridai.
-Hai qualcosa da nascondere, come le lettere delle tue numerose amanti?- mi riprese.
Merlino, quella ragazza doveva avere sempre l’ultima parola su tutto.
Scossi la testa divertito, mentre lei continuava a frugare tra i miei compiti per la settimana successiva. Mi ignorava, constatai piccato.
Mi allungai verso di lei, feci passare un braccio intorno alla sua vita e la trascinai sul letto, sovrastandola e bloccandola contro il materasso.
-Bene Granger- le posai un bacio sul collo –Ora parliamo di te.- lo sguardo che mi rivolse mi fece chiaramente intendere che non condivideva la mia idea –Raccontami qualcosa.-
Mi sfiorò la linea della ascella con le labbra, salendo fino alla tempia e poi tornando sulla guancia.
-Cerchi di distrarmi?-
-Perché, ci riesco?- si allungò per baciarmi di nuovo, ma mi tirai indietro.
-No. Quindi parla.- soppesai la domanda –Tu e Potter siete stati insieme?-
-Ma siete tutti fissati!- si indignò –Io e Harry siamo amici, chiaro? Amici.- sillabò attentamente.
-Vuoi dirmi che davvero non ti sei mai presa nemmeno una sbandata per lui, il grande Eroe? Che non vi siete mai dato nemmeno un bacio?- arrossì appena –Dai Mezzosangue, sputa il rospo.- poi mi chinai sul suo collo.
-Tu mi deconcentri.- si lamentò, sospirando. Poi continuò, accarezzandomi i capelli –Al primo anno mi ero presa una cotta per lui, era così tenero..- la morsi e lei smise con i complimenti –E ci siamo dati solo un bacio a stampo durante un sabato sera, quando in Sala Comune ci hanno fatto giocare al gioco della bottiglia.. sai cos’è, vero?-
Annuii, continuando ad accarezzarle il collo con le labbra, mentre ponderavo la domanda successiva.
-Con chi l’hai fatto la prima volta?- formulai la domanda che mi assillava praticamente dalla prima volta che l’avevo avuta, non appena avevo realizzato che, nonostante io l’avessi sempre immaginata un po’ bacchettona, lei non era più vergine.
-Davvero lo vuoi sapere?- mi chiese stupita.
-Che c’è di strano?- la guardai negli occhi e vidi un lampo malinconico attraversarli.
-Nulla, in realtà. Solo che io preferisco pensare che sei stato con tante ragazze solo in generale, senza sapere chi sono. È più.. semplice.-
-Semplice?-
-Sì. Mi dà meno l’idea di essere, che so, l’ennesima figurina della tua collezione, l’ennesimo svago per riempire il tempo libero.-
-Ti do questa impressione, che tu sia un gioco, un passatempo?- mi misi a sedere, un po’ offeso e dispiaciuto.
-No, era per farti capire che sapere esattamente chi è passata nel tuo letto prima di me sarebbe troppo pesante da sopportare.- corrugò la fronte -Non so se si capisce quello che voglio dire.-
-Sì, ho capito.- mi sistemai di nuovo sopra di lei, sorreggendomi con un braccio quel tanto che bastava per sentire le sue forme contro di me senza schiacciarla –Comunque non sei un passatempo, non lo sei stata nemmeno all’inizio.-
Mi abbracciò riconoscente, premendo le labbra sulle mie.
 
-Non pensare che questo basti, non ho ancora finito con le domande e tu mi devi ancora rispondere.-
-Con Viktor.- rispose timidamente, dopo un attimo di incertezza.
-Krum? Al quarto anno? Non ti facevo così..- mi interruppe.
-Sappi che se stai per dire facile, il pugno che ti ho dato quattro anni fa ti sembrerà una carezza.- mi mise in guardia.
-Infatti stavo per dire libertina. Non direi mai alla mia ragazza che è un tipo facile.-
-Sarà meglio per te.- mi incenerì con lo sguardo -Comunque non credo sia questione di essere libertina o meno. Non esiste il ragazzo giusto in assoluto, solo quello giusto in quel momento. E per me il ragazzo giusto era Viktor, tutto qui.-
-E come è stato?-
-Draco!- urlò scandalizzata –Non ti aspetterai davvero che risponda a questa domanda!-
-Dai, stavo scherzando!- mi difesi –Non ho bisogno di chiedertelo, tanto lo so che nessuno è meglio di me!-
Rise della mia vanità e del mio narcisismo, borbottando qualcosa di molto simile  a”presuntuoso”. Sorvolai sul complimento, continuando a posarle lievi baci sul collo, cullati dai suoi sospiri e dal rumore delle lenzuola che frusciavano sotto di noi.
-Mezzosangue, quando torni a scuola? Dopo Natale, intendo.- chiesi.
-Penso il 27, il 28 al massimo. Noi Grifondoro vorremmo passare capodanno e le vacanze qui ad Hogwarts, visto che è l’ultimo anno. Tu?-
-Il 27, il 28 al massimo.- le feci eco –Ti aspetto.-
-A tua madre non dispiacerà passare le vacanze da sola?- mi chiese.
-Granger, chiariamo una cosa.- le dissi infastidito, allontanandomi da lei e alzandomi dal letto –Non dico che mia madre non mi voglia bene, anzi. Ma in questo momento di me non gliene frega nulla. Il suo unico pensiero è tirare fuori mio padre di prigione e io questo non posso accettarlo.-
Mi passai le mani tra i capelli.
-Lei è innamorata di mio padre, lo è sempre stata. Tuttavia non posso accettare l’ostinazione con cui insiste nel voler liberare non solo un  assassino, bensì l’uomo che ha usato suo figlio come carne da macello per l’onore della famiglia.-
-Questo non lo accetto e non lo tollero.- sentenziai.
Un amore profondo come il loro, che superava la guerra, era qualcosa che io non avevo mai nemmeno sperato di poter trovare. Tuttavia non potevo tollerare che mia madre tentasse di tirar fuori mio padre da Azkaban e al contempo si lamentasse del trattamento che ci riservavano le persone per strada.
Avevamo poche chance di restaurare il nostro nome nella società e lei le stava buttando al vento, rovinando le uniche possibilità che avevo di ricostruirmi un’immagine rispettabile.
-Ho capito, rilassati.- Hermione accompagnò le sue parole con una carezza sulla nuca. Si era avvicinata e non me ne ero nemmeno accorto.
-Domani è la Vigilia e io vado a cena dai Weasley. Vuoi venire?- domandò titubante.
-Non mi sembra il caso. Sai, vorrei evitare di fare più danni di quanto abbia già fatto. Oltretutto presentarmi a casa loro il giorno di Natale sarebbe un valido motivo per lanciarmi tutte le maledizioni che mi hanno risparmiato finora.- ironizzai.
-Ma Draco, loro non..-
-Mezzosangue, dobbiamo discutere o possiamo fare altro?-
Sbuffò esasperata, ma non oppose alcuna resistenza quando la spinsi sul etto,  cominciando a slacciarle la camicia.
-Inutile che sbuffi, tanto lo so che mi desideri anche tu, Hermione.- soffiai nel suo orecchio, soddisfatto nel vederla reclinare la testa all’indietro.
Le baciai il collo, la spalla, scendendo fino al reggiseno azzurro. Sentivo la sua pelle calda, morbida e liscia sotto le mie mani, mentre le facevo scorrere su tutto il suo corpo. Cominciai ad ondeggiare il bacino contro il suo, sentendola sospirare. Poteva sembrare un gesto osceno, volgare, ma con lei non c’era mai stato niente di sporco. Volevo solo farle capire quanto la desiderassi, quanto fosse importante per me.
Piegò le gambe, accogliendomi ancora più vicino al suo corpo. Emisi un gemito di puro godimento quando le sue mani slacciarono i bottoni della camicia e mi accarezzarono le spalle e poi la schiena, in una carezza  ipnotica e tuttavia insufficiente a placare il mio desiderio. Mi tesi di più, in una ricerca spasmodica del suo tocco, delle sue mani, che correva febbrili sul collo, tra i miei capelli, sul petto e fino alla pelle tesa del ventre.
Gemetti frustrato quando le sue mani si allontanarono da quel punto così sensibile, regalandomi solo delle carezze gentili sul viso. La baciai languidamente, accarezzando la sua lingua con la mia.
Spostai una mano tra le sue gambe, al di sotto della gonna della divisa che aveva indossato prima di cena. Si inarcò contro di me, aggrappandosi alle mie spalle e mordendomi un labbro nel tentativo di contenere l’ennesimo gemito.
-Mi stai facendo impazzire, Draco.- mormorò con voce roca.
Gemetti al solo suono della sua voce, al modo in cui pronunciava il mio nome. Possibile che una sola parola potesse avere un effetto così devastante su di me?
-Dillo di nuovo.- le ordinai.
Odiai quei vestiti che mi impedivano di sentirla su di me.
-Draco.-
Altri sospiri, altre carezze.
-Draco.-
Un bacio, un gemito, la sensazione di averla solo per me.
-Implorami.-
-Draco, ti prego.-
Una richiesta, il senso di potere nel vederla piegata a me, nel sapere che solo io potevo darle ciò che realmente voleva.
-Ancora.-
La volontà di sapere che ero solo io che voleva, che solo io ero ciò che desiderava.
-Ti prego, ti voglio.-
Credere che non possa fare a meno di me.
-Mi vuoi?-
-Come sempre.-
Volere di più.
-Come sempre?-
-No. Di più.-
La sentii spingere il bacino verso di me, impudente ma non studiata, sensuale ma non volgare.
Dopo aver cercato di piegarla, di farla sentire in mio potere, mi piegai a lei.
-Ti voglio, Hermione.- gemetti, senza controllo, senza inibizioni, senza vergogna.
-Implorami.-
La sua rivincita. Anche in quella situazione, lei doveva sempre avere l’ultima parola su tutto.
-Ti prego, fai l’amore con me.-
E poi, finalmente, l’appagamento completo dei sensi.
 
 
Buonasera!
Per prima cosa vi devo delle scuse per il ritardo. Tuttavia ho una scusante: sto preparando un esame per l’università e sto studiando come una pazza. Se qualcuna di voi frequenta l’università, mi capirà di certo.
 
Ora qualche piccola nota (*) nell’ordine in cui sono segnate:
-preso da HP 6, quando Caramel va ha presentarsi al Primo Ministro babbano appena eletto
-Elladora Black, la prozia che inaugura la tradizione di far decapitare gli elfi domestici, se non sbaglio
-ecletticità, riprendo la storpiatura del signor Weasley in HP 4, quando arriva a casa dei Dursley
 
Che altro dire. La prima volta di Hermione con Krum.. beh, a me lui è sempre stato simpatico e poi scrivere che aveva aspettato Ron mi sembrava troppo scontato, troppo “stile eroina del Settecento”. Personalmente non sono dell’idea che si debba aspettare l’amore della propria vita, credo sia giusto fare l’amore anche con chi ci fa sentire bene e amate in quel momento (ovviamente non il primo che passa!).
Spero di non aver deluso le vostre idee e aspettative, comunque fatemi sapere se ho fatta una cavolata.
Superato lo scoglio dell’esame (mercoledì 11) cercherò di aggiornare in fretta per farmi perdonare questo mostruoso ritardo.
 
Ho visto le poche recensioni dei due capitoli precedenti e devo dire che ci sono rimasta un po’ male..
Commentate per favore!!
Un bacione
Giada 

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Capitolo 22
*** Buon Natale ***


(Hermione)
-Harry, ma che cavolo stai facendo?-
-Weasley ha ragione, Potter. Sei una pippa a scacchi!-
-Ma piantatela di rompere!-
-Amore, non ti vorrei deludere, ma hanno ragione.-
-Ginny! Ma tu da che parte stai?-
-Dalla tua, sempre, ma hai fatto massacrare due alfieri nel giro di due mosse!-
Una porta che si apriva.
-Ciao Neville!-
-Ciao ragazzi, che fate? Ah scacchi.. Harry, ma cosa stai combinando?-
-Non pensavo che sarebbe mai arrivato questo giorno, ma devo dire che Paciock ha ragione!-
-Ma la volete smettere di commentare come gioco a scacchi?-
-Ciao ragazzi..-
-Ciao Luna!-
-Lunatica, vorrete dire.. Ahi, Weasley, perché mi hai tirato un calcio?-
-Harry, sei pieno di Nargilli intorno alla testa.-
-Come?-
-Beh, è evidente che ti stanno confondendo le idee, altrimenti perché staresti facendo questo disastro a scacchi?-
 
Continuando a leggere il libro che tenevo tra le mani, sorrisi all’urlo esasperato di Harry. Prescelto o meno, gli scacchi non erano proprio il suo forte.*
 Draco accanto a me sembrava fastidiosamente soddisfatto e si abbandonò contro lo schienale del sedile, un braccio sul bracciolo e l’altro attorno alla mia vita.
-Granger, a che punto sei arrivata? Perché mi sembra di essere fidanzato con Madama Pince..-
-Beh, allora nulla ti impedisce di andare da lei quando vorrai soddisfare le tue voglie.- lo liquidai, continuando a leggere.
-Ma lei non mi eccita come mi ecciti tu.- constatò ad alta voce, senza un minimo di pudore.
Avvampai, vedendo le facce sconvolte e imbarazzate di Harry e Ron, che aveva assunto una decisa colorazione fosforescente. Mi voltai infuriata verso Draco, che esibiva un ghigno divertito sul volto.
-Harry, rilassati, per l’amor del cielo!- Ginny diede una scrollata energica ma bonaria al suo fidanzato –Non vedo perché ti scandalizzi tanto. È normale che un ragazzo trovi la sua fidanzata eccitante, no?-
-Ma ovvio!- nonostante le sue parole, Harry non sembrava proprio convinto –Solo che lei è lei!-
-Chiarissimo.- commentò Ginny, decisa più che mai a vedere fin dove sarebbe arrivato il suo ragazzo con la sua mania di invischiarsi in discorsi ingarbugliati, senza riuscire mai a uscirne.
-Voglio dire, lei è Hermione!- esclamò indicandomi e Ron, accanto a lui, annuì, certo che quella fosse una motivazione sufficiente. Tuttavia Harry continuò, spiegando a noi comuni mortali che non condividevamo la loro visione della vita –Insomma, preferisco non immaginare cosa fanno insieme questi due.- mosse il dito tra me e Draco con espressione disgustata.
-Potter, non è che ci sia molto da immaginare. Facciamo quello che fate tu e la Weasley, solo che io lo faccio meglio.- commentò spavaldo.
-Va bene, basta!- mi intromisi, profondamente spaventata dalla piega che stava prendendo quella conversazione –Sono sicura che Harry sia molto bravo anche in questo campo e tu vedi di fare meno il presuntuoso.- lo sgridai, mentre lui commentava che “Mi hanno sempre insegnato a dire sempre la verità”.
Sollevai un sopracciglio, scettica riguardo la sua sincerità. Fortunatamente arrivò il carrello con cibi e bevande.
Ron si illuminò come un albero di Natale, allungando il collo per sbirciare i dolci esposti. Mi domandai come avesse fatto a sviluppare una tale venerazione per i dolciumi, constatando che non mi aveva mai guardato con occhi tanto appassionati. Incrociando lo sguardo della sua ragazza, seduta accanto a lui e altrettanto perplessa, capii che anche Claire la pensava esattamente come me.
-Qualcosa dal carrello, cari?- ci domandò la donna.
-Tre zuccotti e due sandwich.- chiese Ron, lasciandoci a bocca aperta –Ho fame.- si giustificò alzando le spalle, senza accennare al fatto che fossero solo le undici di mattina.
-Per me una brioche di zucca e.. tu, Draco?-
-Nulla.- mi rispose, voltandosi verso il finestrino ed estraniandosi dalla conversazione che intanto era ripresa, vertendo su temi più tranquilli e meno imbarazzanti.
Draco aveva qualcosa di strano. Da quando eravamo saliti sul treno avevo visto nei suoi occhi una traccia di preoccupazione e i suoi muscoli erano visibilmente tesi. Si era isolato per un po’, poi Harry l’aveva convinto a giocare a scacchi e, tra una chiacchierata sul Quidditch e un commento acido rivolto a Ron, si era rilassato.
-Herm.-
Ginny mi chiamò  e io mi lasciai coinvolgere nella sua discussione sui regali di Natale, lasciando Draco ai suoi pensieri.
 
(Draco)
-Nulla.-
Mi limitai a risponderle, poi volsi lo sguardo verso il finestrino e mi isolai di nuovo dalle loro chiacchiere. All’inizio non ero stato particolarmente entusiasta all’idea di condividere lo scompartimento con i Grifondoro e la ragazza di Weasley. Ragionandoci in quel momento, invece, mi convinsi che era stata una buona idea, poiché mi permetteva di isolarmi senza attirare troppo l’attenzione di Hermione e, soprattutto, senza che lei avesse l’occasione di farmi un interrogatorio.
Avevo lo stomaco serrato in una morsa fastidiosa, che mi creava un senso di disagio e mi impediva di rilassarmi.
Guardai l’orologio. Ancora cinque ore e poi sarei tornato al Manor, cupo, vuoto e silenzioso. Fantastico. Avrei passato i successivi tre giorni di festa in isolamento totale, con la sola compagnia di silenzi pesanti e di discussioni con mia madre sui danni che avrebbe comportato la scarcerazione di mio padre da Azkaban.
Avrei voluto passare il Natale con Hermione, magari soli ad Hogwarts. Sicuramente mi aveva invitato di sua spontanea volontà, senza chiedere nulla ai Weasley, dando già per scontato che non accettassi. Immaginai le loro facce sconvolte vedendomi comparire sulla porta di casa loro con una bottiglia di spumante in mano.
Probabilmente non sarei sopravvissuto abbastanza per raccontarlo.
Sentii la testa di Hermione che si posava sulla mia spalla, cingendomi la vita con un braccio. Ricambiai la stretta, guardandola solo di sfuggita.
-Tutto bene?- indagò, reclinando il capo all’indietro per potermi scrutare.
-Uhm uhm.- le risposi con un verso di gola, decisamente poco comprensibile. Dovette considerarlo un assenso, perché si abbandonò completamente contro il mio corpo, osservando come me la campagna inglese che scorreva fuori dal finestrino.
 
Dopo pranzo il treno venne avvolto da un silenzio sazio e soddisfatto.
Ville isolate circondate solo dal biancore adamantino della neve, piccoli paesini attraversati da vie illuminate, campi bianchi che all’orizzonte si confondevano con il cielo grigio.
Fissai quello spettacolo per ore, sentendo il respiro di Hermione regolarizzarsi. La guardai, dormiva come tutti gli altri occupanti del vagone.
Potter e la Weasley, seduti davanti a noi, erano nella nostra stessa posizione, Claire riposava placidamente accanto ad Hermione con i piedi appoggiati sulle gambe di Weasley, che seduto davanti a lei dormiva con la bocca aperta.
Che finezza.
Mi voltai a guardare nuovamente il paesaggio, quando incrociai gli occhi verdi di Potter.
-Hermione mi ha detto che stasera non verrai.- annuii e basta, lui continuò –Posso chiederti perché?-
-Potter- sbottai infastidito –ho sempre pensato che fossi un idiota..-
- La cosa è reciproca.- puntualizzò divertito.
-.. tuttavia ultimamente mi ero convinto che dopo tutto qualche neurone l’avessi anche tu.- continuai, sorvolando sulla sua risposta -Quindi non credo ci sia bisogno di ricordarti che uno dei fratelli di Weasley è stato ucciso da quelli come me e che l’altro è rimasto sfigurato perché io ho fatto entrare i Mangiamorte a scuola due anni fa.-
-Loro non sono arrabbiati con te, Malfoy. Pensano che tu sia un idiota borioso e arrogante, certo, ma questa è solo la verità.- alzò le spalle, accarezzando i capelli della sua ragazza –A Hermione farebbe piacere che tu ci fossi.-
-Non c’è bisogno che me lo dica tu, Potter. Ma ormai ho deciso che non verrò. Fine della discussione.- conclusi irremovibile.
-Fa come vuoi. Sappi solo che Molly fa il tacchino di Natale più buono del mondo.- aggiunse dopo qualche istante, a voce bassa.
Mi voltai per ribattere ma aveva già chiuso gli occhi. Sembrava dormisse, ma la piega delle labbra non mi convinceva del tutto.
 
Ogni volta mi stupivo di quanto la banchina del Binario 9 e ¾ fosse affollata di parenti e amici. Ovviamente per me non c’era nessuno.
Scendemmo e aiutai Hermione a scaricare il suo baule e la cesta di quella palla di pelo informe che lei si ostinava a chiamare gatto. Mentre gli sguardi accusatori e riprovevoli delle persone mi trapassavano crudeli e impietosi, seguii gli altri alla ricerca della famiglia Weasley, camminando a testa alta accanto ad Hermione.
-Ma con che coraggio ti fai vedere in giro? Dopo tutto quello che ha fatto tuo padre dovresti solo vergognarti di essere ancora vivo.- la voce di quella donna, aggressiva e anche un po’ spaventata, mi colpì in pieno.
Per la prima volta nella mia vita, mi piegai a qualcuno che non fosse mio padre.
Hermione rafforzò la stretta della sua mano e aprì la bocca per protestare, ma qualcuno la precedette.
-Adesso basta.- la voce calma ma risoluta di Potter mise a tacere il mormorio che si era formato intorno a me, catalizzando l’attenzione di molte persone –È la Vigilia di Natale e sarebbe molto più opportuno che tornassimo tutti a casa per preparare la cena per questa sera, non trovate?- educato, ma con  una sfumatura di minaccia letale nella voce che non avevo mai sentito.
Il suo, più che un invito a dedicarsi ad attività culinarie in famiglia, era chiaramente un’esortazione molto poco amichevole a levarsi dai piedi. Pochi minuti e la folla che si era radunata intorno a noi si disperse.
-Bel discorso, Harry.-
Il signor Weasley si avvicinò a Potter, battendogli una mano sulla spalla. Incrociai per un istante il suo sguardo, giusto il tempo sufficiente per rendermi conto di quanto fosse invecchiato da quando l’ultima volta l’avevo visto alla Coppa del Mondo di Quidditch.
Presi per mano Hermione e la condussi lontano dal gruppo, mentre gli altri si salutavano e venivano raggiunti anche da altri ragazzi con i capelli rossi.
 
(Hermione)
Lontano da Harry e dagli altri, Draco si voltò verso di me, facendo scorrere una mano dalla mia spalla al polso in una lunga carezza. Osservava la sua stessa mano muoversi sul tessuto scuro del mio cappotto, mentre nel fondo dei suoi occhi riuscivo a scorgere un’ombra scura di disagio.
-Allora, ciao Mezzosangue. Ci vediamo il 27 a scuola, o il 28, comunque ti aspetto.-
Vedevo nei suoi occhi un’ombra scura, unica testimonianza di quella tempesta di senso di colpa che si agitava in lui in quel momento, scatenata dalle parole di quella donna.
-Mi dispiace per quello che ti ha detto.- mormorai.
-Ci sono abituato.-
Quella era la triste verità. Che lui, a tutto quell’odio e risentimento che le persone gli sputavano addosso, ci era abituato.
-Mi mancherai.- gli dissi, abbracciandolo. Sorrisi quando sentii le sue labbra che mi accarezzavano la tempia.
-Lo so che non sai resistermi.- mi sussurrò divertito –Credo che Blaise voglia salutarti.- mi disse con voce piatta.
Mi voltai, seguendo il suo sguardo e scorsi Blaise, che mi fece un cenno con la mano.
-Torno subito. Mi aspetti, vero?- mi affrettai a domandargli, anche se il suo tono tranquillo mi aveva già in parte rassicurato.
-Certo.- annuì –Vado un attimo da Nott.- indicò un gruppo di Serpeverde a pochi passi da noi, poi mi lasciò la mano e io mi incamminai verso Blaise.
 
(Blaise)
Incrociai lo sguardo di Draco e un attimo dopo Hermione si voltò verso di me, prima di raggiungermi.
-Ho disturbato?- lei scosse la testa  e io tirai un sospiro di sollievo.
Io e Draco avevamo ricominciato a parlarci, di argomenti neutri, certo, ma era comunque un passo avanti. Giorno dopo giorno, apprezzando più che mai la sua attenzione nel nominare Hermione il meno possibile, avevo cominciato a cancellare il risentimento che provavo nei suoi confronti, che ormai aveva lasciato dietro di sé solo una scia di amarezza.
-Domani parto, vado a Venezia.- la informai e vidi i suoi occhi brillare.
-Venezia?- mi fece eco –È una città bellissima, piena di storia e di magia.- si infervorò, ancora più bella nel suo entusiasmo così genuino.
-Ti comprerò un regalo di Natale lì, visto che ti piace così tanto.- le promisi, poi notai che Draco ci aveva lanciato uno sguardo da sopra la spalla –Beh, io devo andare. Buon Natale.-
Feci un passo verso di lei, posando una mano alla base della schiena e avvicinandola a me. Sfregai un attimo la guancia contro la sua, inspirando il suo profumo e posandole un bacio lungo e intenso sulla guancia.
-Buon Natale anche a te.. e Buon viaggio.- contraccambiò con tranquillità. Evidentemente non si era accorta dell’intensità con cui l’avevo salutata, o comunque non l’aveva giudicata sospetta.
-Mi raccomando- mi sorrise -il mio regalo deve essere bellissimo.-
-Promesso.- la guardai ancora, poi mi incamminai verso Draco, richiamando la sua attenzione con una pacca sulla spalla.
Si girò, interrompendo le ultime raccomandazioni agli altri componenti della squadra: non mangiare troppo, non bere troppo, fare un minimo di esercizio fisico per non rammollirsi prima del ritorno a suola.
-Le raccomandazioni valgono anche per te, ovviamente. Andare in Italia non ti dà il diritto di abbuffati di cibo.- mi raccomandò, mentre gli altri annuivano solidali.
-E tu? Festeggi con.. lei?- gli chiesi, mentre gli altri si disperdevano tra la folla con un ultimo cenno di saluto.
-No..- scosse la testa -Credo che resterò a casa, con mia madre.- sbuffò –Allora buon viaggio.-
Ci stringemmo la mano.
-Buon Natale, amico.- gli dissi, poi con un ultimo cenno di saluto mi smaterializzai a casa.
 
(Draco)
Tornai da Hermione, mentre poco lontano da noi la famiglia Weasley ascoltava con interesse Potter, che parlava gesticolando, in attesa di essere raggiunti da Hermione e Ron, che a qualche passo di distanza stava salutando piuttosto affettuosamente la sua ragazza.
E bravo Weasley.
-Beh, Granger, è ora che tu vada.- lanciai uno sguardo al rosso che aveva terminato le sue effusioni –Stanno aspettando solo te.-
Lei annuì, abbracciandomi ancora.
-Mi aspetti a Hogwarts?- chiese, sembrava una bambina bisognosa di rassicurazioni.
Annuii in risposta e lei sollevò il volto verso di me. La guardai a lungo accarezzandole i capelli e la schiena. Mi sorrise, sollevandosi sulla punta dei piedi per baciarmi. Un bacio lungo, intenso, in previsione di tutti quelli che non ci saremmo dati nei giorni successivi. Mi staccai senza fiato.
-Come sei passionale, Mezzosangue.- le diedi un altro bacio –Buon Natale.-
-Buon Natale, Draco.- si avvicinò ancora al mio viso, sfiorando appena le mie labbra con le sue. Poi si incamminò verso i Weasley.
Feci un cenno a Potter, poi loro scomparvero, lasciandosi dietro solo il rumore di uno strappo. Ormai solo, mi incamminai lentamente verso la zona bagagli, dove avevo lasciato il mio baule. Fretta non ne avevo, più tardi fossi arrivato a casa, meno avrei dovuto discutere con mia madre, meglio sarei stato.
-Malfoy!-
Mi voltai, sentendomi chiamare da una voce che non riconobbi. George Weasley camminava deciso verso di me, l’ombra di un sorriso sul volto stanco e sciupato. Notai che portava i capelli piuttosto lunghi.
Strano.
-Solo due parole, poi ti lascio andare.- annuii incuriosito e lui continuò –Dunque, noi non siamo esattamente dei tuoi fan. Non ti inviterei mai a vedere una partita di Quidditch con me e la mia famiglia, per intenderci.-
-Però- sollevò un dito con per sottolineare l’importanza di quanto stava per dire –Hermione è nostra sorella ormai e lei si è innamorata di te, anche se non capisco proprio il motivo.- rifletté fra sé e sé, passandosi un dito sul mento.
-Quindi?- lo sollecitai, visto che sembrava perso nelle sue riflessioni.
-Oh, giusto.- riprese –Quello che ti volevo dire è che mia mamma sarebbe felice di averti a cena da noi, stasera.-
Sollevai un sopracciglio, scettico, e lui dovette comprenderne il motivo.
-Certo, non ti avrebbe mai invitato di sua spontanea volontà- agitò una mano, come dando per scontato quel particolare –ma se per essere felice Hermione ha bisogno che anche tu ci sia, beh.. possiamo aggiungere un posto in più per te.-
Mi guardò, sorridendo sinceramente, in attesa di una mia risposta.
-Weasley, veramente c’è mia madre..-
-Oh, ma ovviamente l’invito vale anche per lei.. Ha aiutato Harry e poi Andromeda vorrebbe vederla.-
-Io non so, Weasey..- riprovai, ma lui mi interruppe di nuovo, dopo aver guardato l’orologio.
-Senti, Malfoy, per me il tempo è denaro. Devo andare in negozio.- si chiuse il giubbotto in pelle di drago, sistemandosi la sciarpa –Tu sai qual è il mio negozio, vero?- annuii –Ok, ti aspetto alle otto davanti all’entrata. Se non ti vedrò per quell’ora, saprò che sei proprio un idiota come ho sempre pensato e  che non te ne frega nulla di Hermione, come Ginny ha sempre pensato.-
Mi fece un cenno con la mano, poi si smaterializzò, diretto con tutta probabilità a Diagon Alley. Aveva parlato così in fretta, senza pause, che non mi aveva dato né il tempo di ribattere né quello di decidere.
Che non te ne frega nulla di Hermione.
In fondo aveva ragione, cosa avevo mai fatto io per lei? Forse uno sforzo avrei potuto farlo. In fondo si trattava solo di una sera e anche se i Weasley non erano proprio l’alta società magica, almeno Potter era abbastanza.. sopportabile, ecco.
Guardai l’orologio. Erano quasi le cinque. Avevo abbastanza tempo per prepararmi e per litigare con mia madre nel tentativo di convincerla a venire con me.
Mi smaterializzai a Malfoy Manor.
 
 
(Hermione)
-Hermione, cara, ti spiacerebbe portare il vassoio con le patate arrosto di là?- mi chiese la signora Weasley, indicando un vassoio fumante.
La cucina della Tana sembrava pronta per sfamare un esercito. Pentole che ribollivano, mestoli di legno che mescolavano il contenuto di numerose padelle, la luce interna del forno che illuminava un magnifico tacchino dorato, un coltello che affettava di propria iniziativa un filone di pane, i profumi più disparati che inondavano le narici.
Tutti quei rumori, tutti quegli aromi, tutti quei colori sapevano di casa e mai come in quel momento, la guerra sembrava lontana.
Guardai il volto della signora Weasley. Era uguale alla prima volta che l’avevo vista, solo con qualche capello bianco in più. Eppure, per quanto sembrasse sempre la stessa, qualcosa nei suoi movimenti e nel suo tono di voce affettuoso, era evidentemente cambiato. La perdita di Fred aveva sconvolto tutta la famiglia, ma loro ne erano usciti più in fretta del previsto e più uniti che mai.
-Ma certo, Molly.- risposi. Da quando eravamo tornati a casa dopo la ricerca degli Horcrux, ci aveva ordinato di non chiamarla più signora. Disse che eravamo parte della famiglia e che altrimenti si sarebbe offesa e arrabbiata.
E nessuno voleva fare arrabbiare Molly Weasley più del necessario.
Feci un incantesimo riscaldante sulle patate, in modo che non si raffreddassero e poi andai in sala da pranzo. Mi stupii di quante persone potesse contenere quella casa.
Andromeda e Harry parlavano seduti sul divano, mentre Teddy, seduto tra loro, pronunciava parole a caso e giocava con un orsacchiotto; Ginny, Charlie e Bill parlavano di Quidditch, ovviamente; Percy, Ron e il signor Weasley stavano trafficando in un angolo con un congegno che riconobbi come una caffettiera, che nella sua semplicità sembrava entusiasmare il capofamiglia in modo preoccupante; Fleur cullava la piccola Victoire, che dormiva beata, senza curarsi minimamente di tutto quel trambusto. Mancava solo George.
Posai il vassoio sul tavolo e schiaffeggiai la mano di Ron, che si era allungata furtivamente verso una patata dorata e croccante.
 
Qualcuno bussò alla porta e subito dopo sentimmo la voce della signora Weasley che salutava quel qualcuno. Ron e Charlie sorrisero raggianti, non tanto per l’arrivo del fratello ritardatario, quanto per ciò che comportava: l’inizio della cena.
Poi, qualcosa nelle loro espressioni cambiò.
Andromeda sorrise felice, Harry e Ron si guardarono sollevando i pollici, Bill e Charlie sorrisero trionfanti, Ginny sbuffò tra l’esasperato e il divertito, Fleur sollevò un sopracciglio, il signor Weasley si aprì in un sorriso bonario, Percy corrugò la fronte.
Aggrottai la fronte, perplessa, voltandomi mentre qualcuno, alle mie spalle, si schiariva la voce.
-Ehm, buonasera.-
Draco.
Davanti a me Draco era fermo sulla porta, i lineamenti immobili e gli occhi che si muovevano da una persona all’altra, attendendo che qualcuno facesse o dicesse qualcosa.
Andromeda si alzò dal divano, camminando veloce verso il nipote e abbracciandolo con affetto. Draco rimase immobile, imbarazzato e probabilmente non abituato a quelle manifestazioni d’affetto. La donna si allontanò un poco da lui, facendogli una carezza sulla testa e asciugandosi una lacrima solitaria.
-Dai Malfoy, dammi quel mantello che lo vado ad appendere.- gli disse Harry, dopo avergli dato una pacca di saluto sulla spalla. Notai con una morsa allo stomaco che il mantello di Draco era blu, di quella tonalità blu notte che si distingueva chiaramente dal nero.
Un mantello blu, non nero come quello dei Mangiamorte.
-Dimmi, Herm.- mi sussurrò George all’orecchio, mentre gli altri Weasley si avvicinavano a Draco per salutarlo –Quanto sono stato bravo?-
Lo guardai senza capire e lui mi spiegò.
-Oggi alla stazione gli ho fatto un discorsetto.- sorrise con quell’espressione furba che tante volte gli avevo visto sul viso in quegli anni –Quindi direi che mi merito un premio.-
-Tipo?- indagai.
-Tipo non dovrai raccontare a mia madre degli esperimenti che sto facendo in camera e non dovrai nemmeno farmi la predica.-
-E perché dovrei?- mi puntai le mani sui fianchi, in una posa molto simile a sua madre.
-Perché mi vuoi tanto bene e perché è anche merito mio se il tuo detestabile fidanzato è qui stasera.- mi diede un bacio sulla guancia, poi si avvicinò a Percy con un ghigno malefico sul volto.
 
(Draco)
Mia zia mi corse incontro, abbracciandomi di slancio. Rimasi immobile,un po’ in imbarazzo per quella dimostrazione d’affetto a cui non ero abituato.
- Dai Malfoy, dammi quel mantello che lo vado ad appendere.-
Potter mi diede una pacca sulla spalla, poi prese il mantello che gli porgevo e sparì in corridoio.
-Malfoy.- constatò Percy Weasley, scrutandomi con attenzione dall’alto in basso, gli occhi stretti dietro gli occhiali cerchiati di corno.
Charlie e Bill Waesley mi tesero la mano, presentandosi e lanciandomi sguardi soddisfatti, Ron e Ginny mi salutarono con un cenno della mano e Fleur mi salutò da lontano,  continuando a cullare la sua bambina. Il padre dei Weasley si avvicinò con passo lento e misurato, fermandosi proprio davanti a me.
Deglutii imbarazzato.
-Beh, è evidente che se Hermione sta con te non puoi essere così male come sembri.- commentò gentilmente, lanciando uno sguardo paterno a Hermione, che sorrise di rimando. Poi la voce della moglie ci fece sobbalzare.
-Non penserete di mangiare senza fare nulla, vero?- urlò dalla cucina –Vi concedo tre secondi per venire a darmi una mano!-
Dopo essersi lanciati una fulminea occhiata di consultazione, tutti i ragazzi uscirono rapidi dalla stanza. Mentre la francese tornava in un angolo in compagnia di Potter, che la signora Weasley aveva prontamente rispedito indietro con una frase gentile, Hermione si avvicinò a me.
-Alla fine sei venuto.- mi disse sorridendo.
Mi chinai verso di lei e la abbracciai, dandole un bacio sulle labbra, poi un altro e un altro ancora. Anche se per poche ore, nel freddo del Manor mi era mancata più che mai.
-Sì, ma non ti illudere.- precisai –Sono venuto solo per mangiare il tacchino della signora Weasley.-
-Oh beh, in questo caso..- tentò di divincolarsi  e io la strinsi con più forza.
La baciai, ma trovai le sue labbra fermamente serrate tra loro. Presi il labbro inferiore tra i denti, mordicchiandolo piano e accarezzandole la schiena.
-Non fare tanto la sostenuta con me, Mezzosangue.-
Dischiuse appena le labbra per rispondermi e io ne approfittai, facendo scivolare la lingua nella sua bocca. Con una mano risalii lungo la sua schiena, sentendo la stoffa del suo abitino grigio scorrere sotto il palmo della mia mano, fino a tuffarla tra i suoi capelli. Le accarezzai la nuca e le tirai i capelli per farle reclinare a tesata all’indietro, completamente abbandonata tra le mie braccia.
Baciava dannatamente bene.
Ci staccammo e subito lei protestò.
-Non è leale!-
La mia risposta venne stroncata da una stretta debole sul mio polpaccio. Abbassai lo sguardo fino a  incontrare gli occhi scuri di un bambino dai folti capelli blu, che mi rivolse un sorriso sdentato.
 
Hermione si chinò, prendendolo in braccio e dandogli un bacio dolcissimo sulle guancie, mentre lui stringeva tra le dita corte una ciocca dei suoi capelli. Immediatamente la chioma blu del bimbo divenne riccioluta e castana, facendolo somigliare alla fotocopia di Hermione.
-Lui è Teddy Lupin, tuo cugino.- me lo presentò e il bambino, sentendosi chiamato in causa, tese verso di me una manina. Rimasi fermo, senza sapere come comportarmi. Hermione  mi sorrise e si diresse verso la finestra, mostrando al piccolo la neve che copriva il giardino.
-Sai, è un Metamorfomagus, come la madre.- fece una pausa, accarezzando la testa riccioluta del piccolo. Aveva un atteggiamento materno innato, che traspariva da ogni gesto che faceva nei confronti del bambino, dal muovere il pupazzo davanti ai suoi occhi, al leggero solletico che gli faceva sulla pancia, alla tranquillità con cui si faceva tirare i capelli.
Ted smise un attimo di ridere, guardandomi curioso e allungando una mano verso di me, che contraccambiai l’occhiata, forse un po’ diffidente.
-Dai, ti assicuro che non morde!- mi incoraggiò Hermione. Titubante, allungai una mano verso la sua manina tesa, che immediatamente si chiuse intorno al mio dito, agitandolo felice. I suoi capelli si schiarirono poco a poco, fino a diventare di un biondo pallido, proprio come i miei.
-A tavola, ragazzi!- trillò la voce della padrona di casa, accompagnata dal rumore di sedie che strisciavano sul pavimento.
Andromeda venne a prendere il nipotino, sussurrando qualcosa all’orecchio di Hermione che arrossì. Poi tornò verso il tavolo, sistemando il bambino nel seggiolone.
Hermione mi prese per mano, ma io prima volevo delle risposte.
-Che cosa ti ha detto.. mia zia?- era strano definire zia  una persona che non avevo mai visto.
-Mi ha detto- mi guardò decisa, le gote ancora un po’ arrossate –Che con quei capelli Ted sembrava nostro figlio.- rise, poi mi trascinò al tavolo,dove mi sedetti tra lei e Potter.
 
I Weasley erano veramente dei pezzenti, nel vero senso del termine. Indossavano abiti semplici e probabilmente poco costosi, il sevizio di piatti era dozzinale, le sedie erano spaiate, i bicchieri di semplice vetro colorato.
Eppure, per quanto povera e plebea, quella tavolata aveva tutto ciò che le feste di Natale a Malfoy Manor non avevano mai avuto. Il rumore delle posate sui piatti quasi non si sentiva, sovrastato dalle chiacchiere allegre e confidenziali dei commensali, dagli urletti di gioia dei bambini e dalle note di una canzone di Celestina Warbeck.
Niente a che vedere con quei ricevimenti noiosi e silenziosi, pieni di rigida educazione e di affettata convivialità. Mia madre aveva sempre invitato le famiglie dei miei compagni di Serpeverde, senza mai riflettere sul fatto che l’unica cosa che li accomunava fosse il sangue. Nessun interesse comune, nessun legame di amicizia, nessun affetto. Niente di quello che pervadeva quella sala piccola, decisamente troppo piccola per dodici persone, ma così piena di un calore che non aveva nulla a che vedere con il fuoco acceso.
 
(Hermione)
La famiglia Weasley era sempre stata rumorosa. La cena della Vigilia e il pranzo di Natale, così allegro e confusionario, mi ricordavano le feste a casa mia, quando ancora ero piccola e casa nostra, a Natale, era affollata. I miei genitori, i loro genitori e l’anziana prozia di mia madre, sorella di suo padre.
Con la morte dei nonni e della prozia Charlotte, quell’atmosfera di confusionaria felicità era sfumata, fino a perdersi definitivamente con la guerra. Ora, però, l’avevo ritrovata.
Il signor Weasley discuteva con Percy di lavoro; Andromeda e Molly chiacchieravano di cucina; George tentava, con l’aiuto di Charlie, di versare una pozione piuttosto sospetta nel piato di Percy, senza che lui se ne accorgesse; Bill e Fleur parlavano con Ron, mentre Ginny faceva il verso alla francese; Harry rideva sotto i baffi, cercando di convincere la sua fidanzata a smetterla, senza alcun risultato.
Accanto a me, Draco mangiava composto, guardando di sottecchi il resto della famiglia. Vestito con camicia e pantaloni neri, abbinati ad una cravatta bianca, era certamente elegante, forse fin troppo.
-Come va?- gli chiese, chinandomi verso di lui.
-Benissimo, direi.- mi rispose con un sorriso –Sono ancora vivo, almeno finché continueranno a ignorarmi e non mi coinvolgeranno in una discussione sulla guerra.-
-Non fare il melodrammatico!- lo sgridai –Non sono cattivi come dici tu. Non ti stanno interpellando solo perché non sanno di cosa parlare con te.-
-Infatti non mi sono mica lamentato.- specificò –La mia era solo una constatazione.-
In quel momento Percy si voltò di scatto, con un sesto senso affinato in anni e anni di scherzi subiti dai fratelli, verso George, che con la sua miglior espressione angelica tornò prontamente a mangiare le sue patate. Pochi secondi dopo, Percy si voltò nuovamente verso il padre e George si sporse verso il suo piatto, cercando di portare a termine la sua missione.
-Ma fanno sempre così?- domandò, sinceramente stupito.
-Di solito fanno anche peggio.- intervenne Harry –Credo che oggi George stia facendo del suo meglio per trattenersi.. sai, a Natale sono tutti più buoni!-
Mentre le chiacchiere continuavano, tornammo a dedicare la nostra attenzione alle pietanze della signora Weasley.
 
-E tu, Malfoy, cosa vuoi fare dopo i M.A.G.O.?- nonostante il tono affabile, la domanda del signor Weasley riuscì a far andare di traverso l’acqua a Draco.
Tossì un poco, cercando di mantenere quel contegno che l’aveva sempre contraddistinto. Senza alcun pudore, Charlie e George risero del piccolo incidente e lo stesso signor Weasley sorrise divertito e non del tutto dispiaciuto.
-Ehm, dunque..- si schiarì la voce e, approfittando di un momento di distrazione generale, in cui Molly faceva passare tra i commensali un tortino di patate e funghi, si sporse verso di me –E adesso che faccio?-
-Intanto allentati questa cravatta e slaccia un po’ la camicia, altrimenti soffochi.- gli suggerii, aiutandolo –E poi dì la verità. Mostragli chi sei veramente, il Draco che conosco io, non quello che al Ghirigoro gli ha detto che erano dei pezzenti.-
Mi guardò un po’ incerto, ma, accorgendosi degli occhi puntati su di lui, capii che non poteva più aspettare. Sfoggiò la sua miglior espressione decisa, eliminando ogni imbarazzo e incertezza che lo rendevano debole, o semplicemente più umano, e parlò.
-Vorrei lavorare al Ministero nella sezione delle Relazioni Magiche Internazionali.- confessò, saettando con lo sguardo tra i vari commensali, alla ricerca di qualche battuta tagliente.
-Mi sembra una buona scelta.- annuì Bill –Parli già qualche lingua straniera?- chiese interessato.
-Francese, tedesco e italiano.- alle sue parole ci aprimmo tutti in espressioni ammirate, io compresa. Con tutto quello che gli avevo chiesto e pur conoscendo la sua aspirazione, quella era una domanda che non avevo mai considerato.
-Chi ti ha insegnato tutte queste lingue?- si informò Percy.
Un istante dopo il volto di Draco si incupì. Abbandonando la forchetta sul piatto, la mano di Draco scese sotto il tavolo, stringendosi a pugno attorno al tovagliolo.
Intuii la sua risposta ancor prima che uscisse dalle sue labbra.
-Mio padre.-
Appoggiai una mano sulla sua, ma lui si sottrasse al mio tocco, come scottato. Nel silenzio, interrotto dalla voce di Celestina che ancora usciva dalla radio nell’angolo, gli  sguardi di tutti erano puntati verso Draco, come consapevoli di quello che si stava agitando dentro di lui, e tuttavia non arrabbiati per quello che aveva detto.
Avevo bisogno di qualcuno che spezzasse tutta quella attenzione e quel silenzio con un discorso futile che non centrasse assolutamente nulla con il passato di Draco. Lanciai una guardo a George e indicai Draco con un cenno del capo, sperando che capisse al volo.
Aggrottò un attimo la fronte, poi mi ammiccò complice.
 
(Draco)
-Mio padre.-
Strinsi i pugni sotto il tavolo, mentre un urlo silenzioso mi scuoteva dall’interno.
Per quanto avessi finto di non essere quello che ero, dopo quelle parole nessuno avrebbe potuto negarlo. Mi aspettavo che da un momento all’altro la madre dei Weasley, come rinsavita da una momentanea follia, mi invitasse ad andarmene, suggerendo ad Hermione di lasciarmi per qualcuno più degno.
La mano della mia ragazza si posò sulla mia e io, come scottato, mi ritrassi. Il silenzio si fece sempre più pesante, finché una voce non lo ruppe.
-Mi sono appena accorto di una cosa..- meditò il gemello –Tu sei un Serpeverde!- constatò entusiasta, come realizzando questo fatto solo in quel momento.
Lo guardai perplesso, sollevando un sopracciglio.
E questo cosa diavolo centrava con il discorso di prima?
-Da cento generazioni, anno più, anno meno.- cercai di ironizzare, un po’ teso.
-Esatto!- batté le mani, felice –Ora, il problema è questo. I Serpeverde non vengono nel mio negozio, non perché non apprezzano i nostri prodotti, questo sarebbe impossibile, ma perché il negozio è nostro.- spiegò, professionale.
-Dove vuoi arrivare, George? Lo vuoi usare come testimonial per le tue pubblicità?- chiese Bill.
-Perché in questo caso, fratello- lo corresse Ron –Forse è meglio usare Hermione, visto il successo che ultimamente ha con i Serpeverde!-
-Ronald!!- si indignò lei, battendo una mano sul tavolo.
-Non avete capito proprio nulla!- gesticolò esasperato l’altro –Ho fatto stampare questo.- mi lanciò un catalogo dei suoi prodotti che era apparso dal nulla, piuttosto voluminoso e con la copertina arancione e verde acido –Potresti farlo passare in Sala Comune?-
-Certo, ma a quale scopo?- acconsentii, rigirandomelo tra le mani.
-Lì c’è la descrizione dei nostri prodotti, i prezzi e soprattutto la spiegazione di come ordinare via gufo, assicurandosi che il gufo che effettuerà la consegna sia totalmente anonimo. Così loro li comprano senza rovinare la loro preziosissima reputazione e io guadagno!-
Il suo piano non faceva una piega. Molti Serpeverde che non avevano perso nulla durante la guerra, si mantenevano ostinatamente fermi sulle loro idee sul sangue puro. Quegli stessi Serpeverde non erano però riusciti a sottrarsi al fascino della merce dei Tiri Vispi Weasley e avevano sempre avuto difficoltà nel comprare i loro prodotti, commissionando gli acquisti a parenti o elfi domestici.
L’idea di George era geniale.
-Sei un genio, George!- si complimentò Harry.
-No!- lo contraddisse Hermione –I vostri prodotti sono vietati a Hogwarts e tu..-
-Hermione- cantilenò George riprendendola come fosse una bambina –Cosa mi avevi promesso prima?-
Lei chiuse la bocca, imbronciata, e si risedette con le braccia incrociate sotto il seno, borbottando.
-Malfoy, vuoi dell’altro tortino?- mi offrì la signora Weasley, allungandomi il vassoio.
-No, grazie.-ringraziai educatamente, passando il vassoio dall’altra parte del tavolo. Guardai Hermione e mi venne un’idea –Però può chiamarmi per nome, se vuole.- proposi.
Hermione si voltò verso di me sorridente, stampandomi un bacio sulle labbra, felice.
 
(Hermione)
Gli stampai un bacio veloce sulle labbra, per ringraziarlo. Sapevo quanto gli costava stare in mezzo a tanti Grifondoro e sapevo, anche se lui non l’avrebbe mai ammesso, che lo stava facendo per me.
Finimmo di cenare e ci sedemmo sui divani, in attesa della mezzanotte e di scambiarci gli auguri. Presi Teddy in braccio per coccolarlo un po’ e mi sedetti sul bracciolo della poltrona su cui Draco si era seduto.
-Sai, mi sono sempre piaciuti i bambini.- mormorai, giusto per fare conversazione.
-Vorresti dei figli da grande?- mi chiese e senza pensarci annuii.
-Non subito, ovviamente. Però sì, un giorno vorrei avere dei figli, un maschio e una femmina.- arrossii lievemente, dando un bacio al piccolo che aveva appena sbadigliato sonoramente.
-Sarai una madre bravissima, Granger.- mi stupì facendo spontaneamente una carezza a Ted sui capelli, ora dello stesso rosso delle decorazioni natalizie che erano state appese ai muri e sul camino.
-Anche tu sarai un bravo papà, Draco.-
E lo pensavo davvero. Anche se era un po’ freddo e faticava ad esprimere platealmente i suoi sentimenti, Draco era fondamentalmente una persona affettuosa.
-Allora saremo dei genitori eccezionali, insieme.- sussurrò l’ultima parola nel mio orecchio, come un segreto che pochi avevano l’onore di conoscere.
Quello era il suo modo di dirmi che voleva stare con me per tanto tempo?
 
(Draco)
L’avevo detto davvero? Davvero le  avevo detto, seppur a modo mio, che mi sarebbe piaciuto avere dei figli da lei?
Merlino, mi stavo proprio Grifondorizzando, anche se dubitavo che esistesse un termine simile.
-Draco- mi chiamò Andromeda, avvicinandosi –come mai Cissy non è venuta?-
Deglutii pesantemente, cercando di inumidire la gola improvvisamente secca.
-Lei, ecco, aveva già accettato un invito da parte dei Nott.-
Una parziale verità sarebbe andata più che bene.
In effetti, mia madre era davvero dai Nott, ma in realtà aveva accettato il loro invito solo poche ore prima, esattamente quando io l’avevo invitata a venire insieme a me alla Tana.
Ad Hogwarts e durante i primi anni del loro matrimonio, mia madre era stata molto amica della signora Nott, Purosangue fino al midollo ma con vedute decisamente più ampie.
Poi, le idee di mio padre e la sua fedeltà a certi  ideali le avevano divise. Dopo la guerra, con la prigionia, speravo definitiva, di mio padre, la signora Nott aveva riallacciato i contatti e allo stesso modo suo figlio Theo aveva continuato a parlarmi normalmente.
Mia madre aveva deciso di accettare il loro invito per la cena della Vigilia, rifiutando decisamente ogni mia proposta.
Avrebbe anche potuto accettare Potter e tentare di riappacificarsi con sua sorella, ma non aveva intenzione di sopportare una famiglia di babbanofili come i Weasley e una sporca Mezzosangue.
Evitai tutti quei particolari, ma mia zia dovette intuirli, perché annuì con aria grave e mi prese da parte per parlarmi.
-Si rifiuta di abbassarsi al livello di Babbanofili e Mezzosangue, vero?- pronunciò quei termini con disgusto, come se le costasse una certa fatica usare parole così incivili.
Al suono di quegli insulti, che per anni io avevo usato con tanta leggerezza, mi domandai che effetto facesse ad una persona sentirsi chiamato in quel modo.
Annuii, certo che negare sarebbe stato inutile con lei. Conosceva mia madre decisamente meglio di come potevo conoscerla io, che l’avevo sempre vista da lontano, oltre quella patina di distacco che mio padre le aveva imposto e che lei aveva accettato per tutta la sua vita.
-Mia sorella non era così una volta.- ricordò con aria triste e voce malinconica –Era allegra, decisamente più simile a me che non a Bellatrix. Poi si è innamorata di tuo padre e lui l’ha rovinata.-
Si asciugò una lacrima solitaria, conservando però intatta la dignità di una fiera Black.
-Mi piacerebbe conoscerti meglio, Draco, se me lo permetterai.-
-Ma certo, zia.- acconsentii, facendola sorridere commossa, prima che Potter ci chiamasse per brindare.
 
Quando il sonno cominciò a farsi sentire e gli sbadigli diventarono sempre più frequenti e diffusi, capimmo che era decisamente ora di tornare ognuno a casa propria.
-Senti- esordii portando Hermione in un angolo della sala per poterle parlare più tranquillamente –io voglio passare il Natale con te. Punto.-
-Vedo che il diritto di parola non è uno dei tuoi capisaldi.- berciò ironica.
-Esatto, io sono per il potere assoluto.- sorrisi –Comunque, so anche che tu hai promesso ai tuoi amichetti che passerai il Natale con loro.- lei annuì, così presi un respiro e sganciai la bomba –Che ne dici se invitassi anche Weasley e famiglia da me, domani?-
Mi guardò sconcertata e pensai di aver fatto una cazzata.
-Draco, è un bellissimo pensiero da parte tua, ma io non sono stupida.- la guardai interrogativo e lei continuò –Ho la sensazione che tua madre non sia venuta perché non vuole stare con dei Traditori del sangue e con una Sanguesporco come me, sbaglio?-
Era fastidiosamente intelligente.
-Sì è vero. Ma- le misi due dita sulla bocca per farla tacere –dimentichi che quella è anche casa mia e che quindi ho tutto il diritto di invitare la mia fidanzata.-
Dopo aver battibeccato ancora a lungo su quanto fosse opportuno invitare in casa di mia madre qualcuno che lei chiaramente  non gradiva, mi voltai verso il resto dei Weasley e feci un respiro profondo, stringendo la mano di Hermione per ricordarmi che lo facevo solo per lei.
-Avrei pensato di invitarvi a pranzo da me, domani.- dissi tutto d’un fiato, dopo aver catturato la loro attenzione.
Un silenzio totale, poi Potter mi venne in aiuto. Venne verso di me, mi diede una pacca sulla spalla e annuì.
-Ma quindi ti devo comparare anche il regalo, Malfoy?-
 
 
(Hermione)
Studiai il mio riflesso allo specchio, poi guardai l’orologio. Indossai cappello e cappotto e scesi in salotto con Ginny, dove gli altri ci aspettavano.
-Ci siamo tutti?- chiese il signor Weasley. Annuimmo e lui ci tese un ombrello rosso a pois bianchi. La passaporta si illuminò e, con il familiare strappo all’ombelico, venimmo catapultati a Malfoy Manor.
Forse era la neve che la circondava, forse era l’assenza dei Dissennatori, forse era semplicemente il fatto che la guerra era finita.. qualsiasi fosse il motivo, Malfoy Manor non sembrava affatto una casa degli orrori come la ricordavo, bensì tutto il contrario.
Sorrisi pensando che sembrava una di quelle cartoline babbane che si spediscono per Natale, con una villa immensa, qualche finestra illuminata e la neve candida e immacolata che la circonda.
Arrivammo al portone che si spalancò da solo, senza che nessuno avesse bussato. Abbassai lo sguardo e vidi un elfo domestico, che con un profondo inchino ci disse di seguire il corridoio fino alla grande porta di quercia nera.
Seguimmo le istruzioni, fino a trovarci in un ampio salone con il pavimento in parquet e grandi vetrate che si affacciavano sul giardino. Andromeda era già arrivata e giocava con il nipote, mentre Bill e Fleur, che erano partiti con un’altra passaporta da Villa Conchiglia, parlavano con Draco.
Gli feci un cenno con la mano e lui venne subito verso di me.
-Auguri, Mezzosangue.- mi diede un bacio sulle labbra e poi si staccò subito, guardandomi attento –Hai le labbra fredde..- sussurrò, guardandomi con aria maliziosa –Dovrò riscaldartele, non trovi?-
Mi leccò le labbra, succhiandole piano prima di approfondire il bacio, accarezzandomi la lingua con la sua e stringendomi al suo corpo, piacevolmente caldo. Insinuai una mano nel colletto della sua camicia, scaldandomi le dite fredde a  contatto con la sua pelle bollente, causandogli un lungo brivido di freddo. Forse non solo di freddo.
-Pensate di dare spettacolo ancora a lungo?- chiese Harry con espressione sorniona, dopo essersi pesantemente schiarito la voce.
Io avvampai di vergogna, mentre Draco si allontanò dalle mie labbra, continuando a tenermi un braccio sulle spalle, senza essere minimamente turbato dalla figuraccia che avevamo appena fatto.
-E tu perché stavi guardando, Potter?- Harry aprì la bocca per replicare, ma venne interrotto.
-Regali!- chiese Teddy battendo le mani.
-Mi sembra giusto, amore.- acconsentì Andromeda, appellando un cesto che conteneva tanti piccoli pacchetti regalo colorati.
-Mezzosangue, io non ho comprato i regali a nessuno, non avrei saputo cosa scegliere.- mi sussurrò all’orecchio Draco.
-Tranquillo, ci abbiamo pensato io e Harry, abbiamo messo la tua firma sui regali che io  e lui abbiamo fatto agli altri.-
Io e Harry avevamo preso quella decisione la sera precedente, quando prima di andare a letto ci eravamo incontrati in cucina a bere della camomilla per smaltire tutto ciò che avevamo mangiato.
Draco non avrebbe saputo cosa comprare ai Weasley, questo era ovvio, e altrettanto ovvio era che non sarebbe stato carino metterlo in imbarazzo. Così avevamo aggiunto anche il suo nome accanto alle nostre firme sui biglietti.
-Sei un genio.- si complimentò dandomi un bacio sulla guancia.
 
Mi sedetti sul tappeto, ai piedi della poltrona su cui si era accomodato Draco. Presi Teddy e lo sistemai tra le mie gambe e Harry si mise vicino a me, porgendo un pacchetto al suo figlioccio.
Aiutai Ted a strappare la carta, rivelando un morbido coniglio di peluche azzurro. Ted sorrise felice, stringendo il suo nuovo amico al petto e articolando parole sconnesse che secondo la sua logica dovevano rivelare tutta la sua felicità.
Appellai anche il regalo di Harry e glielo porsi, sorridendo. Lo aprì e la sua bocca si spalancò per lo stupore.
Era un normalissimo quaderno babbano, all’interno del quale avevo attaccato vari articoli cha parlavano di lui ritagliati da vecchie copie della Gazzetta del Profeta e del Cavillo. Avevo aggiunto i miei commenti, a volte ironici a volte terribilmente seri, a margine e qualche foto a colori, la maggior parte delle quali ritraeva solo noi due.
Mi abbracciò di slancio.
-Non so come avrei fatto senza di te.- mi sussurrò in un orecchio –Grazie.- mi diede un bacio sulla guancia e poi si alzò, andando da Ginny.
-Beh, ora tocca a me.- disse Draco, porgendomi da sopra una spalla un pacchetto.
Slegai il fiocco e strappai la carta, rigorosamente verdi come la sua Casata e svelai un libro dalla copertina scura e leggermente consunta.
-Viene dalla biblioteca di mio padre, ma è un libro sulla storia magica dell’Inghilterra, nulla di oscuro o malefico.- spiegò, indicandomi il titolo serigrafato in lettere dorate sulla copertina –Ho pensato che un libro antico e di difficilissima  comprensione facesse al caso tuo, anche se viene da una famiglia come la mia.- sospirò amareggiato.
-È un regalo bellissimo. Grazie.- gli diedi un bacio e poi appellai anche il suo regalo.
Guardò scettico la grande scatola cubica che era comparsa davanti a lui e che si agitava leggermente,
-Non è un Molliccio o roba simile, vero?- mi chiese, mentre gli sguardi di tutti si erano puntati su di noi.
-Dai, non fare il fifone!- lo incitai, ricevendo un’occhiata gelida in risposta –Apri, ti giuro che non è niente di pericoloso.-
Senza essere troppo convinto slegò il nastro e sollevò il coperchio, sbirciando all’interno della scatola.
-Ma cosa..?- mormorò stupito, sollevando il suo regalo.
Dentro ad una gabbietta per uccelli, Draco, il canarino con le ali di pergamena che lui aveva trasfigurato a lezione, svolazzava felice, cinguettando. Tolsi l’incantesimo insonorizzante che avevo fatto e anche quello per l’aria, poi mi voltai a osservare Draco, quello vero, in carne e ossa.
-Non sapevo cosa regalarti e ho pensato che lui ti avrebbe fatto compagnia, almeno finché non torniamo  a scuola.- spiegai mentre il canarino tentava per l’ennesima volta di librarsi in volo –Però te lo lascio solo se prometti di trattarlo bene.- gli raccomandai.
-Granger, mi stai trattando come un bambino!- protestò e io alzai le spalle, mentre gli  altri ricominciavano a chiacchierare.
-Allora, ti piace?- indagai, sedendomi sul bracciolo della poltrona.
Draco mi passò un braccio intorno alla vita e mi fece scivolare sulle sue gambe, baciandomi sulle labbra.
-Prometto che lo troverai sano e salvo quando tornerai ad Hogwarts.- promise solenne, portandosi una mano sul cuore.
-Pappa!- la voce di Ted ci richiamò alla realtà.
Draco chiamò un elfo e gli ordinò di servire il pranzo, poi lo congedò con un solo gesto della mano.
-Draco!- mi infervorai, ricordando quello che avevo già pensato appena arrivata –Non trattare male quei poveri elfi, hanno dei diritti, sai?-
-Eccola che riparte col CREPA!- sbottò Ron, alzando gli occhi al cielo.
-Non CREPA, ma C.R.E.P.A.!-
-Sì sì, va bene Mezzosangue, adesso mangiamo.- mi assecondò Draco, trascinandomi verso il tavolo come una bambina mentalmente instabile. Sbuffai ma evitai di replicare.
 
-Draco- lo chiamai quando anche l’ultimo piatto venne portato via da un elfo –Dov’è il bagno?-
-Ehm..- ci rifletté –Quando esci dalla porta della sala, quarta porta sul lato sinistro nel corridoio di destra.-
-O-Ok.- tentennai, domandandomi se in quella villa le persone si muovessero con una mappa.
Uscii alla ricerca del bagno, bloccandomi però prima della mia meta. Al di là di una porta a due battenti, uno dei quali era rimasto aperto, si intravedeva un salotto molto più cupo, con pavimento e soffitto color antracite.
Il mio cuore perse un battito e come se fossi sotto ipnosi, entrai, fermandomi davanti al camino.
Il salotto dove Bellatrix mi aveva torturata.
 
(Draco)
D’accordo che le donne avevano bisogno di più tempo degli uomini in bagno, ma addirittura dieci minuti?
-Malfoy, dove è finita Hermione?- mi chiese George, seduto accanto al posto vuoto della mia ragazza.
-Esattamente quello che mi stavo domandando io…- borbottai, alzandomi e uscendo dalla sala da pranzo. Chiamai un elfo, per sapere dove era finita.
La villa era grande, ma addirittura perdersi!
Con un profondo e reverente inchino, l’elfo mi indicò un porta a pochi metri da me. Entrai nella stanza e trovai Hermione che fissava il tappeto, sorreggendosi al camino in pietra. In un attimo capii il motivo di quello sguardo vuoto e spaventato.
-Hermione.- la chiamai il più dolcemente possibile.
Sobbalzò sentendo la mia voce che rompeva il silenzio e si girò verso di me. Per un attimo temetti che quello sguardo sgranato non fosse dovuto ad altro se non alla paura che le incutevo.
-Hermione, stai tranquilla. Non ti faccio niente, lo giuro.- alzai le mani e lei mi fissò senza dire nulla.
-Non ti succede niente. Fidati.- la incoraggiai.
Si guardò ancora intorno, lanciando una breve ma intensa occhiata la tappeto e poi camminò veloce verso di me, abbracciandomi.
-Ssh.- la strinsi più forte, sentendola tremare un poco. Immaginai quello che aveva provato trovandosi sola nella stessa stanza in cui nemmeno un anno prima una pazza isterica l’aveva torturata senza pietà, incidendole sul braccio quello che era e che per mia zia rappresentava la sua condanna senza appello.
-Io.. mi sono spaventata.- provò a spiegare –Mi sono ricordata di quanto faceva male e..-
-Ho capito. Non c’è bisogno.- la fermai, sapendo quanto poteva essere doloroso per lei ricordare, proprio in quella stanza –Non ti succede niente ora.-
-Lo so. Ci sei tu adesso.- sussurrò.
Rimasi un po’ spiazzato da tanta dolcezza e fiducia nei miei confronti. Poi capii che era la stessa fiducia che io avevo riposto in lei quando le avevo mostrato i miei ricordi. La baciai sui capelli e poi sulla tempia.
-Già, ci sono io.-
Senza nemmeno vederla in volto, sentii  che sorrideva.
 
 
Buongiorno!
Avevo promesso di postare domenica, ma dovete ammettere che questo capitolo è più lungo del solito, quindi direi che potete perdonarmi, giusto??
Beh, spero che vi sia piaciuto!
Aggiornerò tra una settimana, dieci giorni al massimo.
Piccola nota:
*ho scritto che Harry non è molto bravo a scacchi. Se non sbaglio è scritto in HP 1, quando parlano di Scacchi Magici e si dice che Ron vince praticamente sempre, ma non vorrei dire una cavolata. Diciamo che questo benedetto ragazzo doveva pur avere qualche difetto, no?
Per quanto riguarda i bambini, Victoire dovrebbe avere circa sette mesi, se non sbaglio, mentre Ted quasi un anno, ma anche qui non vorrei sbagliarmi.
A presto!
Lasciate qualche recensione, mi farebbe felicissima!
Un bacione
Giada
 

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Capitolo 23
*** La quiete... ***


Hogwarts era immensamente vuota senza gli studenti che la affollavano ogni giorno.
Aveva passato tutta la mattina a gironzolare per la scuola, aspettando che Hermione tornasse. Aveva trascorso con sua madre solo un giorno a mezzo, ma era stato sufficiente per fargli saltare i nervi e mettere a rischio il suo sistema circolatorio. Solo il ricordo delle discussioni sulla scarcerazione di Lucius che aveva dovuto affrontare gli facevano pulsare pericolosamente una vena sul collo.
Si riscosse dai pensieri che gli affollavano la mente solo quando al di là della finestra impolverata vide in lontananza le carrozze trainate dai Testral avanzare verso il castello, riportando a scuola gli studenti.
Si allontanò dalla finestra e scese le scale, arrivando nel portone quasi di corsa. Sulla soglia Hermione si guardava intorno, cercandolo.
Senza una parola, le si avvicinò e la prese tra le braccia, baciandola con impeto e sollevandola da terra.
Qualche fischio e un applauso li fecero staccare.
-Me ne sbatto di quello che pensano.- le disse, dandole un bacio veloce sulle labbra –Voglio fare l’amore con te, adesso.-
 
 
Un cielo color perla si estendeva placido sopra Hogwarts, carico di neve, quasi insoddisfatto di quanta ne aveva fatta cadere in quei giorni. I cortili e la Foresta Proibita ne erano completamente ricoperti.
-Dai, Herm, sbrigati!- la sollecitò Ginny, infilando i guanti.
Hermione si strinse la sciarpa di lana intorno al collo e seguì l’amica fuori dal portone. Ebbe a stento il tempo di rabbrividire, colpita da una folata di aria gelida, che una palla di neve la colpì sullo stomaco.
La battaglia era iniziata.
-Ma siete due infami!!- sbottò Ron, cercando di schivare le palle di neve che i suoi cosiddetti migliori amici, alleati in quella guerra senza esclusione di colpi, lanciavano verso di lui.
Hermione rise, battendo il cinque ad Harry che aveva centrato l’amico in pieno volto.
In disparte, lontano dalla mischia di ragazzi di varie case che giocavano come bambini nella neve, Draco fumava una sigaretta.
-Time out.- dichiarò Hermione, allontanandosi e avvicinandosi al Serpeverde.
-Non ti piace la neve?- gli chiese, sedendosi sul muretto di pietra accanto a lui.
-La neve mi piace, ma non ho intenzione di comportarmi come un bambino.- commentò, lanciando un’occhiata di superiorità alla folla che urlava divertita a una decina di metri da loro.
-Non ti abbasseresti mai a correre nella neve, vero?-
-Precisament… Ah!-
Imprecò tra i denti, mentre la neve scivolava lungo la sua schiena, facendolo rabbrividire.
Hermione, poco distante, rideva e si scrollava gli ultimi fiocchi residui dai guanti. La tentazione di infilargli della neve nei vestiti era stata troppo forte.
Un lampo d’ira e di vendetta attraverso gli occhi grigi di Draco ed Hermione cominciò a correre, urlando e ridendo.
-Presa.- esultò Draco, stringendo un lembo del cappotto di Hermione e trascinandola a terra.
La spinse nella neve, sovrastandola e vedendola rabbrividire.
-Così impari a provocarmi, Mezzosangue.- sibilò.
-Io dico che ti è piaciuto correre nella neve, solo che non lo vuoi ammettere.- ribatté convinta.
-Taci, Granger e cerca di farti perdonare.- mugugnò senza allontanarsi dalle sue labbra, insinuando una mano sotto la sua schiena e sollevandola quel poco che bastava per non farla restare a contatto con il terreno gelido.
 
 
Driin Driiin
Hermione allungò la mano oltre il bordo del letto, cercando a tentoni la sveglia azzurra che trillava sul comodino.
La mise a tacere e poi abbandonò la testa sul cuscino, voltando il viso dalla parte opposta alla finestra. Cercò di rotolare dall’altra parte del letto, ma un ostacolo caldo glielo impedì. La sua schiena si scontrò con il petto di Draco, che la circondò inconsciamente con un braccio.
-Ci dobbiamo alzare.- biascicò Hermione, la voce ancora impastata e poco chiara.
-Ancora cinque minuti.- la richiesta di Draco sembrava così dolcemente infantile che la replica di Hermione non suonò nemmeno lontanamente autoritaria.
-Dai, sono le dieci! Non posso poltrire a letto tutta la mattina, io devo studiare.- protestò, ad occhi chiusi.
-Sì, va bene, ma più tardi, Hermione. Ora ho sonno.-
-Solo cinque minuti.- acconsentì. Si voltò verso di lui, sistemando un braccio intorno alla sua vita e serrando un pugno intorno alla maglietta con cui dormiva il ragazzo, mentre accostava la guancia al suo collo caldo. Intrecciò le gambe alle sue, in cerca di più calore, e poi si lasciò cullare dal suo respiro regolare, rilassato.
Molti minuti dopo Draco Malfoy aprì pigramente gli occhi, storcendo il naso, infastidito da un raggio di sole che lo colpiva fastidiosamente sul volto.
-Mezzosangue, forse è ora di alzarci.- le suggerì in un orecchio.
-Mmm.-
-Che risposta eloquente.- sorrise, baciandole il capo –Dai Mezzosangue, svegliati.- sfregò il naso sui capelli riccioluti della sua ragazza, sorridendo per il leggero solletico che gli provocavano.
-Ho sonno.- si lamentò Hermione.
-Sono le undici e mezzo passate.- le fece notare e lei sobbalzò.
Hermione sgranò gli occhi, stupita di aver dormito così tanto, e piegò il capo all’indietro per  scorgere Draco in viso, che la guardava incuriosito.
-Come mai non sei ancora saltata in piedi urlando come una Veela inferocita?- le sfiorò la fronte con le labbra –Sicura di non avere la febbre?- si informò ironico.
Lei si limitò a sistemarsi più comodamente sotto il piumone, stringendosi più saldamente a Draco, sorridendo con un’espressione beata.
-Sto bene qui.-
Draco sorrise compiaciuto, baciandola sulle labbra e chiudendo di nuovo gli occhi.
Qualsiasi cosa non fosse Hermione poteva aspettare.
 
 
Senza i tavoli della quattro case che la occupavano di solito, la Sala Grande sembrava ancora più spaziosa. Radunati tutti insieme, gli studenti di Hogwarts chiacchieravano in attesa della mezzanotte che avrebbe sancito l’inizio del nuovo anno.
-Signori- la professoressa McGrannit richiamò l’attenzione generale, alzando il calice –vi invito a tenervi pronti per il brindisi.-
I ragazzi cominciarono il fatidico conto alla rovescia.
10, 9..
Draco si staccò dal gruppo di Serpeverde con cui stava parlando e si avvicinò a Hermione.
8, 7, 6…
Hermione sorrise ad Harry e si allontanò, mentre il ragazzo veniva raggiunto da una radiosa Ginny.
5, 4…
Draco le si avvicinò, passandole un braccio intorno alla vita e stringendola contro il proprio petto.
3…
-Sei bellissima stasera, Hermione.- le sussurrò in un orecchio, sfiorandole il lobo con la lingua.
2…
-Anzi- si corresse all’istante –lo sei sempre.-
1.
Nel cielo sopra la scuola, perfettamente visibile oltre il soffitto incantato, uno dei migliori fuochi d’artificio dei Tiri Vispi Weasley esplose, illuminando la notte stellata con la sua luce colorata.
“Happy New Year, Hogwarts!”
-Buon anno, Hermione.-
Prima che potesse dirle altro, Hermione si aggrappò alle sue spalle e si sollevò sulle punte, posando le labbra su quelle di lui.
 
 
Aveva sostenuto tanti allenamenti duri e faticosi, ma nessuno come quello che era appena terminato. Non solo faceva freddo e le gocce di pioggia somigliavano ad aghi di ghiaccio, quel giorno si erano aggiunti anche il vento e la nebbia.
Si incamminò velocemente verso il castello, deciso nonostante il freddo a fare la doccia in camera sua, per evitare sguardi indiscreti al Marchio Nero.
Scese rapidamente verso i sotterranei e attraversò la sala comune come un fulmine, il freddo che sembrava insinuarsi fin nelle ossa. Aprì la porta della camera e istantaneamente sorrise.
Sdraiata di traverso sul suo letto, a pancia in giù e con le gambe che dondolavano in aria, Hermione leggeva un libro, sostenendosi la testa con una mano e torturandosi una ciocca di capelli con l’altra.
-Mi stavi aspettando, Granger?- domandò, facendola sobbalzare un poco.
-Oh cavolo!- esclamò dispiaciuta, alzandosi dal letto –Devo aver sbagliato camera.- lo prese in giro.
-Non ci prov..- la sua minaccia fallì miseramente, interrotta da uno starnuto.
Hermione rise, poi vedendo la sua aria contrariata si avvicinò a lui, spingendogli i capelli bagnanti indietro.
-Povero, ti sei ammalato?- gli domandò dolcemente, baciandogli appena le labbra –Mi occupo io di te..- propose suadente.
-È una minaccia?- rise Draco.
-Veramente voleva essere una proposta..- sorrise un po’ imbarazzata, togliendogli la divisa ormai pregna di pioggia e del fango che aveva raccolto attraversando il prato.
Draco si abbandonò alla sua voce e al tocco delle sue mani, lasciandosi condurre placidamente nel suo bagno da caposcuola. Chiuse gli occhi sotto il getto caldo dell’acqua della doccia, godendosi le mani di Hermione che gli insaponavano il corpo con cura e dolcezza e gli massaggiavano lo shampoo sui capelli chiari.
Sobbalzò, lasciandosi scappare un lamento, quando le mani lisce di Hermione scesero decisamente più in basso di dove si sarebbe aspettato, accarezzandolo con perizia. Gemette un po’ più forte, appoggiandosi al muro, e la baciò con forza, mentre un gemito roco di piacere allo stato puro gli usciva dalle labbra
-Mi farai morire..- mormorò spossato, ma con espressione soddisfatta –Questo è cert..-
Ridendo per l’ennesimo starnuto di Draco e per l’espressione infinitamente infastidita che aveva provocato in lui, Hermione lo sciacquò da tutta la schiuma che shampoo e bagnoschiuma avevano prodotto, osservandola scivolare sul suo corpo.
-Mi hai quasi fatto affogare nella schiuma, Granger.-
-Merlino, quanto sei polemico.- roteò gli occhi esasperata, mentre entravano in camera –La prossima volta arrangiati.-
Draco si sedette sul letto, chiudendo nuovamente gli occhi mentre Hermione frizionava un asciugamano sui suoi capelli bagnati, massaggiandogli la nuca.
-Oppure potresti usare un po’ meno sapone. Sai- le confessò facendola sedere sulle sue gambe –mi è piaciuto il modo in cui ti sei occupata di me.- citò le parole che aveva usato lei prima.
-Davvero?- cercò conferme, ancora un po’ spaesata da tanta audacia.
-Davvero.- la rassicurò –Anzi, come fai ad essere così brava?-
-Diciamo che sei tu che mi ispiri.-
Draco si gonfiò d’orgoglio, gongolando internamente.
 
 
Nel silenzio della biblioteca, il rischiamo di Madama Pince risuonò forte e chiaro.
-Signorina Weasley, non corra!-
Draco, Hermione, Harry e Ron sollevarono lo sguardo dalle loro pergamena, osservando un turbine rosso fuoco che si fiondava al loro tavolo.
-Non sapete cosa è successo!- annunciò euforica, stampando un bacio al suo fidanzato.
-La McGrannit si è fidanzata.- propose Draco.
-Hanno abolito i M.A.G.O.- suggerì speranzoso Harry.
-Mielandia regala tutto gratis.- sognò ad occhi aperti Ron.
-Magari se state zitti ce lo spiega.- li zittì Hermione.
Raccolta l’attenzione generale, Ginny raccontò lo scoop.
-Karl ha chiesto ad Hanna Abbot di sposarlo, dopo gli esami.-
Le bocche di tutti si spalancarono per lo stupore, mentre Draco si limitò a storcere le labbra in  una smorfia perplessa.
-Dicono che si sia inginocchiato in Sala Comune, davanti a tutti!-
Hermione scosse il capo.
-Non ti vedo così emozionata per la notizia.- notò Draco, distogliendo l’attenzione dal libro di Storia della Magia.
-No, non è questo. Anzi, trovo bellissimo che vogliano sposarsi anche se sono così giovani.- si affrettò a precisare –Solo che, non so, è un gesto troppo plateale, troppo pubblico.-
-Sì, in effetti ha ragione..- concordò Ginny.
-Amico- Ron diede una gomitata ad Harry –prendi appunti, ti conviene.- gli suggerì.
-Io l’ho sempre immaginato come un momento romantico e privato, qualcosa solo tra me e lui.- guardò Harry, ridendo quando una goccia di sudore scivolò lungo la sua tempia.
La risata di Draco si spense sul nascere.
-E tu, Herm?-
-Beh, è una stupidata in realtà.- si schernì, ma Ginny la esortò a continuare –Ecco, io ho sempre immaginato mille margherite bianche.*-
 
 
-Burrobirra?- suggerì il battitore di Serpeverde, allungando una bottiglia verso i compagni.
Diede una bottiglia ad ognuno e poi si sedette su una poltrona, allungando i piedi su un tavolino di vetro.
-Allora- Nott si sistemò sul divano accanto a Draco –tu e la Granger..-
-Io e lei.. cosa?-
Draco assottigliò gli occhi, non del tutto sicuro di voler sentire quello che Nott gli voleva dire.
-No, dico, è una cosa seria la vostra. Insomma, state sempre insieme.-
Prese una lunga sorsata dalla sua bottiglia, in attesa di una risposta, e Draco fece lo stesso.
-Sì, è una cosa seria.- confermò, guardando le fiamme che guizzavano nel camino.
-E tua madre cosa ne dice?-
-Mia madre non dice. Non lo sa.- rispose asciutto.
-Draco, non la prenderà bene, tu lo sai, vero?- si voltò verso di lui, scrutandone le reazioni.
-Nemmeno io l’ho presa molto bene quando mi hanno marchiato come una mucca, ma non mi pare che le sia importato più di tanto.- commentò con amarezza, sapendo che comunque non era la completa verità.
-Lei non sarà mai come noi, Draco.- quando il biondo lo guardò, continuò –Il suo sangue sarà sempre…-
Una mano sul collo, premuta contro la sua giugulare, lo bloccò.
-Non dire sporco, Theo, non dirlo.- sibilò –Tu non sai quanto può essere sporco il sangue di chi si vanta di averlo puro e che per mantenerlo tale è disposto a tutto.-
 
 
Nessuno sapeva esattamente perché, ma negli ultimi anni la casa di Grifondoro aveva sviluppato un’insana passione per un gioco babbano. Sabato sera, ben oltre l’orario del coprifuoco, gli studenti del settimo anno avevano spostato i divani e le poltrone per avere abbastanza posto dove sedersi in cerchio.
Al centro, la terribile arma. Una bottiglia di Burrobirra, vuota.
Seamus si sporse verso la bottiglia e la fece ruotare, dando inizio a quella che sapevano sarebbe stata una lunghissima e imbarazzante sequela di domande.
-Neville, la ragazza più bella della nostra Casata.-
-Ehm, Ginny.- mormorò con un filo di voce –Scusa Harry.-
Harry abbozzò un sorriso, gelandosi alla domanda successiva.
-Harry, quando vi sposate tu e Ginny?-
-CHE COSA?- Ron sputò la Burrobirra in faccia a Neville e si alzò, ribaltando il tavolino su cui era seduta Calì.
-Dean scherzava, Ron.- Harry si applicò nella difficile arte di fulminare il ragazzo con il solo sguardo –Vero, Dean?-
-Sì sì sì sì!!- confermò il giovane, annuendo freneticamente.
-Oh peccato.- il sussurro di Ginny fece andare altra Burrobirra di traverso al fratello che tossì rumorosamente cercando al contempo di protestare.
-Ginny- Calì si sporse verso di lei con aria cospiratoria –quanto è bravo a letto Harry?-
Hermione rise del colorito rossastro che avevano assunto le guancie del moro, ma un sorriso vendicativo la fece smettere. Era nei guai.
-Molto bravo.- confessò la rossa, dandogli un bacio sulla guancia.
Prima che Ron potesse fare la sua domanda, Harry si intromise, sorridendo ad Hermione.
-Herm, com’è Malfoy a letto?- mentre gli altri la guardavano interessati, il moro si avvicinò al suo orecchio –Così impari a ridere di me.-
-Bravo, contenti?- hermione cercò di svignarsela alla svelta.
-Tesoro, non credo che tu possa liquidare Draco Malfoy con un semplice “bravo”.-
-Già, anche perché se lo sapesse ti ucciderebbe.-
-E poi, io mi ricordo che era molto più che bravo.- una ragazza sorrise al ricordo.
“Mi ricordo”?
La mente di Hermione sembrò annebbiarsi. Con quante altre sue compagne di Casa era stato? Con quante ragazze della scuola? E fuori?
Uscì di corsa dalla sala comune.
 
 
-Hermione.-
L’espressione preoccupata di Harry divenne triste, mentre Hermione si voltava verso di lui, il volto rigato da tante lacrime lucide.
-Con quante ragazze è stato? Con quante?- gli chiese, come se da lui potesse ottenere le risposte che cercava.
-Non lo so, Herm. Tante , credo.- rispose sincero. Hermione tirò su con il naso, asciugandosi le lacrime con il polsino del maglione.
-Non ti avrei mai fatto quella domanda se avessi saputo..- le disse, avvicinandosi.
-Lo so.- lo rassicurò Hermione, abbracciandolo –E in fondo non è colpa tua se lui è così… così..- cercò la parola giusta, senza trovarla.
-Forse è per questo che sta con me. Forse..- scoppiò ancora a piangere.
Solo immaginare di essere stata, per lui, solo un sorta di giochino erotico la faceva star male.
-Ti fidi di me?- chiese Harry e lei annuì –Allora credimi, per lui sei di più. Molto di più.-
Draco non era il suo migliore amico e non lo conosceva bene, ma qualsiasi persona che l’avesse guardato con un occhio attento avrebbe visto quello che c’era nei suoi occhi quando la guardava e nei suoi gesti, ogni volta che le era vicino.
Non sapeva dire se fosse amore, ma sicuramente non era solo sesso.
 
 
-Draco.-
Lui alzò lo sguardo dal libro di Trasfigurazione.
-Ti devo chiedere una cosa, ma tu devi essere sincero.- lui annuì –Promettimelo.-
-Promesso.- acconsentì Draco.
-Con quante ragazze sei stato?-
-Non lo vuoi sapere davvero.-
-Sì.-
-No. Me l’hai detto quella sera, quando siamo tornati da Londra.- replicò sicuro.
Sapeva che la risposta non le sarebbe piaciuta. A nessuna donna sarebbe piaciuta.
A lui dava fastidio solo immaginare che lei fosse stata a letto con il bulgaro e con Weasley, probabilmente se avesse avuto una vita sessuale come quella che aveva avuto lui, non l’avrebbe sopportato.
Una sfumatura nei suoi occhi scuri, però, gli fece capire che qualcosa era cambiato.
-Tante, Granger. Davvero tante.- vide una lacrima scendere dai suoi occhi e le si avvicinò, sedendosi su una sedia dall’altra parte del tavolo da studio, accanto a lei.
-Ascoltami, Hermione.- le asciugò la lacrima con la mano, poi le sistemò i capelli dietro l’orecchio –Sono stato con tante ragazze, così tante che non mi ricordo nemmeno quante sono state, figuriamoci i loro nomi. Per me sono state solo degli oggetti, le ho trattate peggio di come tu avresti trattato un calzino usato.  Le ho usate per costruirmi un’immagine, per dimostrare che io potevo avere tutte le donne che volevo o semplicemente le ho usate perché volevo scopare e loro erano lì.- le spiegò, senza curarsi di usare un’espressione meno volgare, perché in fondo era proprio quel termine volgare quello che meglio descriveva ciò che era successo.
-Guardami, Hermione.- le asciugò un’altra lacrima, che scendeva solitaria lungo una guancia –Le ho prese, le ho usate come preferivo e poi le ho buttate via. Sono state tante, è vero, ma quelle di cui mi è importato qualcosa si contano sulle dita di una mano.-
-E chi sono?- chiese ostinata nel voler sapere tutto ciò che lui era disposto a raccontarle.
-Pansy e Daphne. Per un periodo sono stato davvero, non innamorato, ma.. ecco, affezionato a loro. E poi Meryl, una di serpeverde di un anno avanti a noi, non la conosci.- le spiegò, scrutando la sua reazione.
-E io?- Hermione si sentì stupida nel fargli quella domanda, infantile forse, ma non riuscì a farne a meno.
-Ah già.- Draco si picchiò una mano sulla fronte, come ricordandosi in quel momento di qualche dettaglio –Ecco con chi sono stato ultimamente.-
Le sorrise, abbracciandola e facendola sedere sulle sue gambe.
-Dai Mezzosangue, smetti di piangere.-
Hermione reclinò la testa sulla sua spalla, lasciandosi cullare dai baci leggeri di Draco, inumidendo il colletto della sua camicia con le proprie lacrime.
-E vedi di non bagnarmi la camicia.- la ammonì, così serio da non essere credibile, ma da riuscire  a farla ridere.
-Granger, ascoltami bene perché non te lo ridirò tanto presto.- le sembrava di averla già sentita quella frase –Non ti devi mai sentire in competizione con il mio passato, mai.-
 
 
-Parkinson e Granger.- chiamò il professor Matters –Bacchette alla mano e ricordate: solo  combattimento base, non voglio morti durante le mie lezioni.-
Con un gesto della mano, il duello cominciò.
La Serpeverde non era la ragazzina stupida che era stata negli anni precedenti, ma comunque  non poteva competere con Hermione, non quando quest’ultima aveva centinaia di libri di incantesimi letti  e una guerra combattuta in prima linea alle spalle.
-Complimenti, signorina Granger.-
Hermione ringraziò con un cenno del capo, andandosi a sedere al proprio posto, accanto  a Draco. Sobbalzò quando un incantesimo si schiantò ai suoi piedi.
-Nessuno ti ha insegnato che non si attacca alle spalle, Carlino?- la apostrofò, infuriata davanti a tanta scorrettezza.
-Sanguesporco, abbassa i toni quando parli con me. Solo perché Draco ti porta a letto, non significa che tu ti puoi  permettere di parlare con chi è più degno di te.- affermò sicura.
-Sarai più degna di me quando comincerai a coniugare i verbi, Parkinson.-
Hermione si andò a sedere, mentre la ragazza, ancora schiumante di rabbia, veniva invitata dal professor Matters a non usare più un linguaggio simile durante le sue lezioni.
-Mezzosangue.-  Draco tentò di parlarle, ma Hermione tenne il capo chino sul suo libro.
-Lasciami stare,.- gli chiese gentilmente, ma con tono perentorio.
Era sempre la stessa storia. Agli occhi di molti Serpeverde, una Sanguesporco come lei poteva essere solo un passatempo fisico per un purosangue come Draco, niente di più.
Fuori dalla classe, Hermione aspettò appoggiata al muro i suoi amici. Draco le si affiancò.
-Scusa se prima ti ho risposto male, ma..- si scusò con lui, ma la vista della Serpeverde che usciva dall’aula la distrasse.
Mosse qualche passo nel corridoio, sorridendo beffardamente.
-Sai, Parkinson, dovresti attaccare alle spalle solo se sei sicura di colpire il bersaglio.- la informò con tono piatto, giocherellando con la bacchetta.
-Non mi  interessano i tuoi consigli, Sanguesporco.- continuò a camminare, senza voltarsi.
Hermione sollevò le spalle, quasi dispiaciuta. Harry mosse un passo per fermarla, ma Draco lo trattenne.
-Fermo, Potter.- gli mormorò all’orecchio –Voglio vedere la mia ragazza all’azione, visto che per una volta non ce l’ha con me.-
-Peccato…- si rammaricò Hermione, con un secco movimento del polso.
Pansy inciampò  magicamente, cadendo a terra e sbattendo la faccia, mentre un  accidentale soffio di vento le sollevava la gonna.
-Sai Parkinson, dovresti accertarti di non avere la cellulite, prima di poter anche solo pensare di permetterti di non mettere le collant sotto la divisa..-
La faccia della giovane si corrucciò, mettendo ancora più in  evidenza i lineamenti canini.
-Però ti capisco.- continuò la Grifondoro, inginocchiandosi accanto a lei –In fondo non tutte possono permettersi la ginnastica che mi fa fare Draco ogni sera.- sorrise della sua espressione allibita e oltraggiata.
-Che cosa è successo?- domandò il professor Vituos, insospettito dal capannello di persone che si era formato.
-Oh nulla, professore.- la voce dolce di Hermione avrebbe convinto chiunque –Ma se posso darle un suggerimento, forse dovreste inserire delle ore di Portamento nell’orario scolastico.- davanti allo sguardo allibito e perplesso dell’uomo, spiegò –Sa, così almeno la signorina Parkinson imparerebbe a camminare in linea retta.-
In contrasto con le occhiate offese della amiche della giovane, molti degli studenti che si erano radunati scoppiarono a ridere, mentre alcuni dei suoi stessi compagni di casa stentavano a rimanere seri.
Hermione tornò da Draco e gli stampò un bacio sonoro sulle labbra, voltandosi poi verso Harry, che la guardava allibito.
-Devi dirmi qualcosa?- domandò, palesemente soddisfatta.
-Sei stata stupenda, devo farti una statua!- si congratulò, dandole un bacio in fronte.
 
 
-Ragazzi, siamo già a febbraio, dobbiamo cominciare  a ripassare per i M.A.G.O., o arriveremo impreparati e ci bocceranno.-
-Hermione, abbiamo studiato tutto il pomeriggio.- le fece notare Ron –Se non ci riposiamo, moriremo prima della fine dell’anno.-
-Sempre meglio della vergogna di farci bocciare!- replicò, mentre Draco accanto a lei scuoteva la testa.
-Questa ha bisogno di rivedere le sue priorità.- sussurrò complice Ron, rivolgendo a Draco ed Harry uno sguardo sconsolato.
-Ciao ragazzi, Malfoy.- salutò Ginny, arrivando di corsa e sedendosi con loro –Cosa mi sono persa?- domandò, tirando fuori i libri e le pergamene.
-Oh nulla.- la aggiornò Harru, dopo un bacio veloce sotto l’attenta vigilanza di Ron –La sua ragazza- indicò con la testa Draco –ha semplicemente deciso di cominciare con i ripassi per gli esami.-
-Oh no!- gemette Ginny, abbandonando la testa  contro il legno del tavolo.
Hermione scoccò ai suoi amici un’occhiata truce e intimidatoria, continuando comunque a tirare fuor dalla borsa molti, moltissimi libri.
-Mi spiegate perché quando parla di studiare diventa la  miaragazza, e quando invece fa guadagnare punti alla vostra casa è la  vostraamica?-
Harry alzò le spalle indifferente, mentre la  suaamica richiamava l’attenzione con un calcio sotto il tavolo.
 
 
-Granger, hai messo troppa polvere di corno.-
-Niente affatto, sei tu che ne hai messa troppo poca.-
-Balle. E tra l’altro hai messo anche una goccia di bile in meno.-
-Stupidate, Malfoy.-
-Non saranno stupidate quando Lumacorno ti dirà che non hai preso il tuo solito Eccezionale.-
-O quando lo dirà a te, caro.-
-Nessuno si è mai sognato di darmi meno che Eccezionale in Pozioni, cara.-
-Tempo finito, ragazzi. Ora vediamo cosa avete prodotto.-
Lumacorno cominciò a girare per l’aula, contemplando il lavoro, molto spesso miserabile, dei suoi studenti.
-Paciock, mi dispiace.. Desolante.-
-Potter, ragazzo mio, Accettabile.-
-Waesley, complimenti! Accettabile!-
Ron si illuminò di gioia. Per lui era un grande successo.
-Parkinson, so che non si dovrebbe dire ad una signorina, ma.. Troll, mi rincresce.-
-Malfoy, Eccezionale.- si allontanò rapido dal ragazzo, quasi impaurito dalla sua fama.
-Granger, Oltre Ogni Previsione. Questa volta è stata meno brillante del solito, ha messo- scrutò nel pentolone –troppa polvere di corno e una goccia in meno di bile.-
Hermione annuì, mentre Draco sorrideva vittorioso.
-Dai, non fare l’offesa.- tentò di rabbonirla, passandole un braccio intorno alla vita, ma lei si divincolò, decisamenteoffesa.
 
 
-Signorina Granger, vista la sua brillante media, e considerando che sarebbe un peccato rovinarla per un singolo episodio.. ecco, se vuole può rifare la pozione e portarmene un campione per una valutazione.-
-Grazie, grazie mille.-
-Ah- la bloccò Lumacorno, mentre lei  se ne stava già andando –Se posso darle un suggerimento, si faccia aiutare dal signor Malfoy. Potrebbe darle consigli preziosi.-
-Sì, professore.-
Odiava essere da meno rispetto a qualcuno, soprattutto se questo qualcuno non aveva sgobbato come lei. E Draco di certo non aveva sgobbato come lei sui libri, visto che sembrava bravissimo in Pozioni anche senza.
Anche lei era brava, non voleva certo sminuirsi, ma lui aveva.. classe, ecco. Una classe innata.
Scese fino all’ingresso, sperando di incontrarlo di ritorno dalla lezione di Erbologia.
E infatti eccolo lì, che parlava con Nott, di Quidditch probabilmente. In fondo era sempre un uomo.
-Draco.- lo chiamò, rivolgendo un cenno del capo all’altro ragazzo.
-Dimmi, cara.- la prese in giro, ancora seccato per come l’aveva ignorato dopo la lezione di Pozioni –Sei per caso venuta a scusarti per il modo in cui mi hai trattato tutto il giorno? Completamente ingiustificato, oltretutto.-
-Sì, scusa.- subito Draco si aprì in un sorriso vittorioso –Ma non è solo per questo. Lumacorno mi ha proposto di rifare la pozione, per avere un altro voto che non comprometta la mia media..-
-Fantastico, così ti toglierai quell’aria offesa dalla faccia.-
-Sì, ma mi ha anche consigliato di.. ehm, farmi aiutare da te.- confessò parlando veloce.
Rapido e indolore, si disse.
-Forse ti aiuterò, ma solo se me lo chiederai bene.- incrociò le braccia al petto, aspettando.
-E va bene.- Hermione decise che per una volta poteva anche accrescere l’ego smisurato di quel ragazzo –Mi aiuteresti in Pozioni, per favore, visto che sei più bravo di me?-
Lui la guardò un attimo, poi annuì e la baciò.
-Certo, chérie, se me lo chiedi così gentilmente non posso proprio rifiutare.-
 
 
-Io amo Harry.- annunciò Ginny, entrando nella camera di Hermione.
-Per un motivo in particolare o nel complesso delle sua qualità?- ironizzò, allacciandosi  le scarpe da ginnastica.
-In generale, certo, ma oggi lo amo di più.- si sedette sul letto –Sai quelle scarpe che avevo visto ad Hogsmeade e che non ho comprato perché costavano troppo?- Hermione annuì –Me le ha comprate lui, sai, per San Valentino, al posto dei classici cioccolatini.-
Hermione annuì ancora, pettinandosi i capelli.
-E Malfoy? Cosa ti regala?-
-Nulla, credo.- ci pensò un attimo –Insomma, non me lo immagino proprio che mi vada a comprare dei cioccolatini a forma di cuore, tu?-
-No, in effetti hai ragione.-
E infatti ebbe ragione, Malfoy non le regalò nulla, né fiori né cioccolatini.
Il giorno dopo, a pranzo, mentre ancora molte ragazze raccontavano alle amiche le sorprese fantastiche che i loro fidanzati aveva organizzato per loro il giorno precedente, un gufo entrò da una della finestra, planando elegante sopra le tavolate affollate.
-Non è ora di posta.- constatò Ron, con grande acume.
Elegante nel suo piumaggio nero, il gufo sorvolò la tavolata di Grifondoro, lasciando cadere il suo messaggio sul piatto ancora vuoto di Hermione.
Una rosa rossa.
Dall’altra parte della Sala Grande, Draco, incrociando i suoi occhi, sollevò il bicchiere in un muto brindisi.
 
 
 
Buonasera!
Eccomi qui, prima del previsto. Sono stata brava? :)
Dunque, è un capitolo di transizione, me ne rendo conto, ma spero che questi frammenti vi piacciano ugualmente.
Solo una nota:
*mille margherite bianche: è preso da una puntata di “Gilmore Girls”, in cui Lorelay parla con Max e dice che ha sempre immaginato mille margherite gialle. Io le ho scelte bianche perché mi piacciono di più, ma l’idea viene da lì.
Grazie mille per le vostre bellissime recensioni, siete fantastiche!
Lasciate qualche commentino anche questa volta, per favore?
Un bacione
Giada
PS. Godetevi la quiete, finché dura.. ;) 

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Capitolo 24
*** Castelli di sabbia ***


(Hermione)
Non capivo proprio come potessi essermi legata a Draco in così poco tempo e così intensamente.
All’inizio era stata soprattutto attrazione e voglia di conoscerlo, curiosità e comprensione per quello che aveva passato. Era stato anche un tuffo nel vuoto, in realtà, ma per fortuna l’avevo fatto.
Con lui stavo bene come mi era capitato con poche altre persone nella mia vita. Avevamo affrontato il nostro passato, non tutto, certo, ma poco alla volta ce l’avremmo fatta, e il nostro presente stava migliorando rapidamente.
C’era ancora chi, soprattutto tra i suoi compagni di Casa, credeva che tra noi fosse solo una questione di sesso, ma la maggior parte delle maligne voci di corridoio che ci avevano accompagnato i primi tempi, si era acquietata.
Qualcuno sosteneva che avesse preso una botta in testa molto, ma molto forte, ma i più si erano convinti che il suo cambiamento fosse sincero.
Nessuno si era curato dei cambiamenti che emergevano dal suo comportamento già dall’inizio dell’anno, ma non appena avevano visto che Harry non si dimostrava ostile, anzi quasi amichevole, allora avevano subito abbassato le bacchette e sollevato bandiera bianca.
Incredibile quanto una sola persona potesse essere così influente.
Senza tutte le pressioni esterne che avevamo avuto i primi tempi, con Draco stavo dannatamente bene. Mi faceva sentire bella, desiderata, protetta. Mi faceva sentire a casa.
Si lamentava continuamente del fatto che parlassi in continuazione e della mia abitudine di ripassare sempre tutto due volte, ma alla fine restava ad ascoltarmi e mi faceva compagnia mentre terminavo il ripasso in biblioteca.
Non aveva un briciolo di pazienza e quando spiegava qualcosa sembrava che stesse comandando un plotone dell’esercito, ma si era offerto spontaneamente di darmi un aiuto in Pozioni.
In modo spontaneo, non disinteressato.
“Meno tempo ti serve per studiare Pozioni, più tempo possiamo impiegare per attività più piacevoli.”
E certe attività con Draco erano decisamente piacevoli.
Draco, a letto, era veramente perfetto. Sapeva essere dolce, attento, passionale. Non si preoccupava egoisticamente solo di se stesso, ma anche di me, di come stavo, di quello che provavo, di quello che volevo.
Era perfetto, ma anche insopportabile.
Odiavo il suo orgoglio, la sua testardaggine, il suo voler sempre aver ragione. Odiavo quel suo sorrisetto ironico che gli increspava le labbra quando combinavo qualche pasticcio a Pozioni, quella sua camminata superiore che sfoggiava quando era contrariato.
C’erano cose in lui che odiavo e che avrei odiato sempre, ma nel complesso era perfetto per me.
Avevo riflettuto a lungo sulla nostra storia e la conclusione che traevo era sempre la stessa.
Mi innamoravo di Draco ogni giorno di più.
 
Appoggiati al muro di uno dei corridoi del secondo piano, Draco insinuò una mano tra i miei capelli, mentre l’altra, alla base della schiena, mi spingeva contro il suo corpo, facendomi inarcare. Spinse una gamba tra le mie e mi lasciai sfuggire un sospiro di appagamento.
Sentii dei passi avvicinarsi e socchiusi un occhio, giusto in tempo per vedere la McGrannit che si allontanava velocemente, scuotendo la testa.
-Stiamo dando spettacolo.-
Sorrisi contro le sue labbra e le sentii incresparsi a loro volta in un sorriso menefreghista.
-Che cosa vuoi che me ne freghi..- mugugnò, continuando quello che avevo interrotto.
Posò le labbra sulle mie, accarezzandole con la lingua. Mantenni le labbra serrate, dispettosa, e mi lasciai scappare un sorriso divertito quando lo sentii mordermi le labbra, indispettito.
Odiava non essere assecondato.
Intrecciai la lingua con la sua, stringendomi di più al suo corpo, così caldo, così perfettamente modellato contro il mio.
Morgana, quell’uomo era un peccato vivente.
Ci staccammo per riprendere fiato e mi lasciai sfuggire quello che pensavo e che ormai sentivo da tempo.
Pensavo fosse naturale.
-Ti amo.-
Ci volle nemmeno un secondo perché capissi di aver fatto una cavolata.
Le mani che prima mi stavano accarezzando la nuca e la schiena si immobilizzarono, si allontanò dal mio corpo e lo sentii quasi trattenere il fiato.
Aprii gli occhi e l’espressione assolutamente fredda, quasi infastidita, che lessi sul suo volto mi fece cadere a pezzi. Come se un burattinaio avesse tagliato i fili che le sorreggevano, le mie mani scivolarono inerti lungo le sue braccia, cadendomi lungo i fianchi.
-Non so cosa dire.-
Eccola, la risposta più stupida, più insignificante e più crudele che avrebbe potuto darmi.
Mi chinai per raccogliere la borsa dei libri che avevo lasciato cadere a terra, troppo insignificante rispetto ai baci di Draco.
-Credo che il fatto stesso che tu non sappia cosa dire, sia una risposta in sé.- commentai, cercando di rimanere calma.
-Ascoltami, Granger..-
Era un soprannome, niente di particolare, ma in quel momento, dopo quello che io gli avevo confessato, mi sembrò un insulto.
Ero sempre stata agnostica, ma in quel momento pregai Dio, se davvero ne esisteva uno, di aiutarmi. La campanella suonò, ponendo fine all’intervallo tra la seconda e la terza ora della mattinata e, soprattutto, a quella penosa conversazione.
-Devo andare. Ho Erbologia.-
Mi allontanai nel corridoio con il passo più veloce ma all’apparenza calmo che riuscii a mantenere, grata che l’orario non prevedesse un’ora assieme a lui.
Scesi le scale di corsa, travolgendo un ragazzino di Grifondoro. Normalmente mi sarei fermata ad aiutarlo o a chiedergli scusa, ma in quel momento non mi importava.
Non avevo mai detto a nessuno quello che avevo detto a lui, per nessuno avevo mai provato quello che provavo per lui, con nessuno mi ero esposta come avevo fatto con lui. In quel momento, ebbi la sensazione che tutto questo per Draco non contasse nulla, che tutto quello che avevano sempre detto gli altri fosse vero.
Che per farsi amare da Draco Malfoy si dovesse essere fatti d’oro zecchino, che si dovesse essere disposte ad accettare di non occupare il primo posto nel suo cuore.
Forse per una volta, dopo tutta la verità che gli avevo chiesto, avrei preferito una bugia.
Avrei preferito sentirmi dire che mi amava, anche se forse non era vero, piuttosto che leggere quell’espressione infastidita, forse anche disgustata, sulla sua faccia.
Aveva sempre finto egregiamente, perché non poteva farlo anche quella volta?
 
(Draco)
Quando arrivai in Sala grande per il pranzo, Hermione era già seduta al suo tavolo, chiacchierando tranquillamente con i suoi compagni. Si alzò una decina di minuti prima che suonasse la campanella dell’inizio delle lezioni pomeridiane.
Cercai di raggiungerla prima che varcasse la soglia, ma lei era già scomparsa nella folla di studenti della sua Casa. Salii le scale di corsa e cercai di intercettarla prima che entrasse in aula per la lezione di Incantesimi, ma lei era già al suo posto con accanto Potter che le parlava all’orecchio.
Lo liquidò con un gesto brusco, poi però si addolcì e gli rivolse un sorriso gentile. Contrariato, mi sedetti in banco con Nott, continuando a guardarla  durante tutta la lezione, nella speranza che lei guardasse verso di me.
Speranza vana. Rispose con precisione alle domande di Vituos, facendo guadagnare alla sua casa venti punti. Weasley, dal banco davanti, si girò e le diede il cinque, sotto lo sguardo divertito del professore, che si limitò a scuotere la testa.
Mi fiondai fuori dalla porta non appena la campanella iniziò a squillare, prendendola per un braccio quando uscì dall’aula.
-Devo parlarti.- le dissi, ma lei si divincolò dalla mia presa.
-Io no, invece.- non mi guardò nemmeno, sistemandosi la borsa con i libri sulla spalla –Scusa, ma avevo promesso di aiutarli con i compiti. Devo andare.-
Mi salutò con un solo cenno del capo e si allontanò, prendendo Potter sotto braccio.
Un giorno o l’altro avrei staccato le braccia a quel ragazzo.
 
Continuò ad ignorarmi per tutto il giorno e dopo cena mi liquidò semplicemente con un gesto della mano, mentre scompariva nella fiumana di gente che si dirigeva ai propri dormitori.
Andai in camera mia e mi gettai a peso morto sul letto, nascondendo il volto nel cuscino.
Maledizione, aveva il suo profumo.
Mi voltai a pancia in su, fissando il soffitto sopra di me.
Che risposta stupida che le avevo dato. La sua rabbia era comprensibile, io probabilmente l’avrei affatturata.
Cazzate.
Non le avrei mai fatto del male, ma avrei sofferto come un cane, questo era certo.
Mi aveva spiazzato e mi aveva spaventato.
Sapevo quello che c’era tra di noi era qualcosa di forte, che si rafforzava ogni giorno di più, ma non ero ancora pronto, forse non lo sarei mai stato. Crescere senza amore, o comunque senza che quest’amore mi fosse mai stato dimostrato, non aveva aiutato la mia natura, già piuttosto schiva e introversa.
A modo suo, mio padre amava mia madre, l’aveva sempre amata, e quest’amore l’aveva rovinata, l’aveva fatta diventare quella donna distaccata, fredda e razzista che tutti conoscevano. Era diventata la moglie di un Mangiamorte, di un assassino, e  non se ne era mai pentita.
L’amore per mio padre l’aveva rovinata.
Cosa avrei fatto io a Hermione?
Non lo sapevo, ma sapevo per certo quello che le avevo già fatto.
Il modo in cui mi aveva guardato mi aveva raggelato, ancor più che le sue parole. Avevo letto nei suoi occhi scuri tutto quello che provava, a dispetto del tono di voce e della camminata forzatamente calme.
Si era sentita offesa, amareggiata, arrabbiata e ferita. Un tempo, per me era stata un muro di gomma; per quanto la potessi colpire mi avrebbe sempre rimandato indietro. Ora tutto era cambiato, la leggevo come un libro aperto e quello che avevo letto non mi era piaciuto.
Avevo fatto un casino.
 
Un bussare leggero e delle voci oltre la porta della camera. Sentii una risata e la voce bassa e calda di Blaise. Mi alzai e andai ad aprire.
Hermione rideva con Blaise. Vedendomi, Blaise mi sorrise e mi passò un paio di tomi pesanti e impolverati che teneva tra le braccia. Poi, dopo aver dato un bacio veloce ad Hermione, si allontanò diretto al dormitorio maschile.
Guardai Hermione che mi sorrideva, fin troppo tranquilla.
-Come mai hai bussato?- le chiesi, prendendo un altro libro che stava scivolando dal mucchio che lei teneva in mano.
-Così, non si sa mai cosa si può trovare dietro ad una porta chiusa.- rispose sibillina.
Sul suo volto comparve un’espressione amareggiata e un’ombra scura, rapidamente sostituita da un sorriso di cortesia.
-Granger.-
Nott e Pansy passarono nel corridoio, scrutandola con malcelato ribrezzo. Nott la disprezzava per il suo sangue, Pansy perché stava con me. Lei li guardò indifferente, inclinando la testa da un lato, come per osservarli da un altro punto di vista.
-Draco, ti consiglio di lavare le lenzuola, dopo.- mi suggerì Pansy, lanciandomi un bacio sulla punta delle dita.
-Io dico che se Draco non ha preso una malattia sessuale stando con te.- Blaise lasciò la frase in sospeso, aperta ad ogni libera interpretazione, e continuò tranquillamente a camminare nella nostra direzione, di ritorno dalla sua camera.
Pansy aprì la bocca per ribattere, senza riuscire a pronunciare una risposta abbastanza offensiva. Blaise, senza dire altro, ci superò, diretto all’uscita della Sala Comune, facendo un sorriso a Hermione.
-Blaise, credi davvero che fare il cavalier servente ti aiuterà a portarti a letto una mezzosangue?- finalmente il cervello di Pansy aveva prodotto una risposta.
Blaise si fermò un istante, lanciandole uno sguardo pieno di pena da sopra la spalla.
-Non lo so.- meditò –Ma so per certo che non è necessario per portarsi a letto una Purosangue, vero, tesoro?- le domandò, con voce fintamente carezzevole.
Nott nascose un sorriso, mentre Pansy arrossiva indignata, guardando le spalle di Blaise che si allontanavano.
-Dai, entra.- dissi ad Hermione, sospingendola dentro la mia stanza.
Chiuse la porta dietro di se e vi appoggiò le spalle, guardandosi intorno come se non avesse mai visto la mia camera, in imbarazzo.
-Io devo studiare.- annunciò –Ci hanno assegnato una traduzione in più di Antiche Rune in preparazione agli esami.-
Mi parlava con lo stesso tono che usava per rispondere alle domande dei professori.
Freddo, impersonale, professionale, falso.
Mi sembrava quasi di sentire uno stridio di sottofondo, come il suono fastidioso delle unghie che grattano sulla lavagna. Un suono che faceva accapponare la pelle.
-Certo.-
Spostai un paio di maglioni dal letto, facendole posto. Di solito studiava sdraiata sul letto o appoggiata alla testata del baldacchino, ma quel giorno, senza una parola, si sedette sul tappeto vicino al camino.
-Non ti va più bene il mio letto?- chiesi, brusco.
Lei guardò per un attimo il materasso, poi sollevò le spalle e aprì vari libri, spargendoli intorno a sé, prendendo poi piuma, pergamena e inchiostro.
Mi sedetti sul letto e la guardai per un po’. Girava una pagina, leggeva degli appunti, scriveva qualcosa, consultava un altro libro, tutto nell’indifferenza più totale.
Sembrava tranquilla, rilassata, come se non fosse successo nulla, ma le spalle erano troppo rigide, le labbra troppo contratte, i gesti troppo studiatamente spontanei.
Aspettai più di mezz’ora, poi mi alzai. Non ce la facevo più.
-Mezzosangue, senti..-
-Devo studiare, Draco.- rispose, senza nemmeno guardarmi.
Stessa indifferenza, stesso tono, stessa menzogna.
-Non credo che due minuti di studio in meno ti uccideranno.- sbottai, infastidito dal suo modo di ignorarmi.
-Ti ho avvisato quando sono arrivata.- chiuse un libro e lo infilò in borsa –Se ti do fastidio basta dirlo, me ne vado subito e tolgo il disturbo.-
Si alzò in piedi, aprì la borsa e con un ampio gesto della bacchetta, ripose libri, piume e boccette di inchiostro  al loro posto. Infilò il mantello e si avviò alla porta.
-Fermati.- la bloccai –Granger, si può sapere che succede?-
-Nulla. Ho solo bisogno di studiare da sola.- abbassò la voce, quasi parlando tra sé –Nulla che ti possa interessare.-
-E questo che vorrebbe dire?- le chiesi, ma ricevetti solo un’alzata di spalle –Senti, Granger, se è per stamattina, ti volevo dire..-
-Non c’è niente da dire.- mi rassicurò, voltandosi finalmente verso di me –Ho sbagliato io a dire una cosa così.. così impegnativa..- cercò la parola giusta –Mi sono lasciata trasportare e ti chiedo scusa.- continuò distaccata -Ho sbagliato io, non ti preoccupare. Buonanotte.-
Mi stampò un veloce bacio sulle labbra e uscì dalla stanza.
Si sbatté la porta alle spalle, andandosene e lasciandomi in balia di quel fiume di parole.
Non sapeva mentire, nemmeno mettendosi d’impegno. Lei quello che mi aveva detto lo pensava e lo sentiva, non importava quanto potesse negarlo, quanto potesse scusarsi.
E forse era proprio questo che mi faceva sentire un nodo allo stomaco, un senso di colpa che raramente avevo provato.
Le sue scuse per qualcosa di cui non aveva colpa, il suo sguardo affranto e impotente, la sua voce fioca e sconfitta.
Io l’avevo ferita e ora dovevo lasciarle il tempo di sbollire.
 
(Hermione)
Mi sbattei la porta alle spalle.
Sperai per un attimo che la porta si riaprisse, che Draco cercasse di parlarmi, che cercasse di spiegarmi quello che provava, ma sapevo già che non sarebbe accaduto.
Mi allontanai dalla sua camera e in quel momento sentii di odiarlo.
Odiavo la risposta che mi aveva dato quella mattina, odiavo il fatto che non mi dicesse mai quello che pensava o sentiva e che mi avesse lasciato andare via senza aprire bocca.
Odiavo tutto di lui.
Quegli occhi grigi che mi avevano conquistato e che quella mattina mi erano sembrati così privi di profondità, quella bocca che sapeva essere così dolce e che invece in quel momento mi era sembrata solo una linea priva di ogni sentimento, quei tratti così perfetti che erano rimasti immobili.
Odiai il modo inquisitore in cui mi aveva guardato in camera sua, quella sua abitudine di cominciare le frasi e non riuscire mai a portarle a termine, la forza che sapeva tirare fuori solo quando gli faceva più comodo.
Odiai lui e odiai anche me stessa, per essermi innamorata proprio di lui e per sentirmi così male per uno stupido del genere, per quella sensazione di amarezza e solitudine che mi stava corrodendo lo stomaco, per quel bisogno di essere amata e di essere rassicurata come Harry faceva con Ginny.
Sentivo affiorare tutta la rabbia, la delusione, l’amarezza che avevo accumulato durante la giornata. Sentivo di essere stata rifiutata e ancor più mi sembrava che Draco avesse rifiutato quello che io provavo per lui. Il modo in cui mi aveva guardata sembrava condannare il mio amore come una colpa.
Desiderai essere un’altra persona, diversa, che fosse amata come meritava e che avesse un uomo capace di dimostrarglielo in ogni istante, che si sentisse sicura del proprio rapporto con la persona che amava e che non avesse paura di essere solo un gioco.
Camminai alla cieca per i corridoi, senza sapere come risolvere tutti quei dubbi che affollavano la mia mente e sembravano volermi sopraffare.
Cosa provava per me?
Cos’ero io per lui? Cosa voleva da me?
Voleva solo qualcuno che gli facesse compagnia? Voleva solo una donna che lo facesse sentire importante, che gratificasse il suo ego?
Aveva scelto me perché ero l’unica disponibile e poi si era affezionato come succede con un pesce rosso, né più né meno?
Mi fermai, appoggiandomi al muro nel tentativo di calmare quel senso di vomito che sembrava intensificarsi ogni minuto di più.
Sentivo freddo, un freddo che era tutto dell’anima e che non sarebbe passato, per quanto potessi stringermi nel mantello invernale.
Volevo qualcuno che mi scaldasse, ne avevo bisogno.
Volevo l’illusione dell’amore.
-Buonasera.-
Blaise.
 
(Blaise)
Hermione?
L’avevo lasciata un’ora prima davanti alla camera di Draco, cosa ci faceva ora fuori dal Club dei Duellanti?
-Buonasera.- la salutai, andandole accanto.
-Ehi.-
Era sempre poco loquace quando era arrabbiata per qualcosa. E avevo la netta impressione che questa volta il problema fosse Draco.
-Problemi con Draco?- indagai.
-Non lo so- guardò con disappunto la sigaretta che tenevo tra le labbra, ancora spenta –ma so per certo che in questo momento lo odio.-
Sputò quelle parole con una cattiveria e un dolore tali, che mi domandai cosa le avesse fatto. Non l’avevo mai vista così arrabbiata e al contempo svuotata, quella era la parola giusta.
-Non so cosa ti ha fatto, ma deve essere qualcosa di davvero grave per farti stare così.- lei annuì –Posso fare qualcosa per te?-
-Mi abbracci?-
Si voltò verso di me, arrossendo un po’ per quella richiesta così infantile, che lasciò stupito me per primo. Sorrise imbarazzata e scosse la testa.
-Scusa, mi sono dimenticata che tu..- si morse il labbro –Cioè, magari non più, però..- si sistemò i capelli dietro l’orecchio –Lascia stare, oggi continuo a dire cose che non dovrei dire..- si allontanò, salutandomi con la mano.
Rimasi fermo, travolto da quella sua mania di fare interi discorsi rispondendosi da sola, senza lasciare tempo all’altro di replicare.
La rincorsi e la fermai in fondo al corridoio.
-Farò finta di averti abbracciato di mia spontanea volontà, così non ti sentirai più in imbarazzo.-
Rimase un attimo spiazzata da quell’abbraccio improvviso, poi mi venne più vicino e mi circondò la vita con le braccia. Abbandonò la testa appena sotto il mio mento e io lo abbassai fino a sentire il solletico dei suoi capelli sulla pelle del collo. Lasciai vagare le mani sulla sua schiena, in una carezza lenta e che voleva essere rassicurante.
-Grazie.- mi sussurrò, mentre un paio di ragazzi ci superavano e ci guardavano perplessi.
-Quando vuoi, Hermione.-
Sorrisi felice di quel contatto così intimo, ma anche un po’ triste per quella sensazione di essere solo un ripiego.
Cercai di trasmetterle tutto l’amore che provavo per lei, cercai di infonderle lo stesso calore che sentivo io quando era con me, cercai di consolarla per quello che Draco aveva fatto, qualsiasi cosa fosse.
Se ancora una volta era riuscito a farla star male, io non l’avrei più aiutato.
 
(Hermione)
Volevo l’illusione dell’amore. Eccola.
Un’illusione falsa, certo, ma rassicurante come Draco non era stato in grado di essere, come forse non aveva  voluto  essere.
Rimasi abbracciata a Blaise per tanto tempo, cercando di concentrarmi solo sul suo profumo, su quanto quell’abbraccio fosse avvolgente, quasi come quello di Harry, e decisamente meno pericoloso, visto che Ginny non avrebbe messo su il broncio, come talvolta capitava.
-Vuoi che ti accompagni al dormitorio?- mi chiese.
 Mi allontanai da lui e ci incamminammo verso la torre senza parlare.
-Beh, grazie.- gli sorrisi, fermandoci davanti al ritratto della signora Grassa, che mi guardava con disapprovazione scuotendo la testa.
-Prego, per te questo e altro.- mi disse galante, dandomi un lungo bacio sulla guancia. Svoltò l’angolo agitando una mano in segno di saluto.
Mi girai verso il ritratto e dissi la parola d’ordine, ma lei non diede segno di avermi sentito, continuando a fissarmi scuotendo il capo.
-Non è conveniente che una signorina come te vada in giro con un ragazzo che non sia il suo fidanzato, cara.- mi sgridò -Insomma,..-
Cominciò a parlare della possibilità che qualcuno potesse mettere in giro voci poco onorevoli sul mio conto e io mi astenni a fatica dal farle notare sia che era sera e non c’era in giro nemmeno un’anima, sia che di voci poco onorevoli ne avevano già messe in giro parecchie.
Dal fondo del corridoio emerse finalmente Seamus, la mia salvezza.
-Che ci fai qui fuori, Herm?- mi chiese –Semper Fidelis.- disse alla signora Grassa.
-Niente, te lo spiego un’altra volta.- tagliai corto, prendendolo per il polsino della camicia e trascinandolo velocemente dentro la Sala Comune, evitando che il quadro coinvolgesse anche lui nella discussione sulle mie frequentazioni.
Mi buttai a peso morto su una poltrona, mentre intorno a me i miei compagni terminavano i compiti per l’indomani o se ne infischiavano totalmente giocando a scacchi magici.
-Che brutta cera che hai.- constatò gentilmente Harry –E soprattutto che ci fai qui così presto?-
Mi alzai di scatto, raccogliendo i libri e il mantello che avevo tolto.
-Vuoi infierire anche tu?- sbottai infastidita.
Salii in camera mia, nella speranza di poter stare sola, ma dopo nemmeno cinque minuti la porta si aprì e Harry entrò, sedendosi comodamente sul letto accanto a me.
-Fai pure come se fossi a casa tua..- lo apostrofai, vedendo che si toglieva anche il maglione per stare più comodo.
-Oh, ma che gentile.- mi sorrise e si tolse anche le scarpe. Sbuffai –Allora, che ci fai qui?-
-A quanto mi risulti questa è ancora camera mia, o sbaglio?- commentai acida e Harry rise.
-Certo, ma di solito non dormi quasi mai qui, non da sola, comunque.- mi fece notare con un sorriso insinuante –E poi quando sei uscita dopo cena sembravi tranquilla.-
Non avrebbe mollato facilmente, lo capii dal suo sguardo determinato. Sospirai rassegnata.
-Sono andata da lui e gli ho detto che dovevo studiare Antiche Rune e lui mi ha detto che non c’erano problemi.- feci una pausa e respirai –Di solito quando studio da lui, mi stendo sul letto, ma oggi mi sono seduta per terra.-
-E dove starebbe tutta questa differenza?- mi domandò, incerto.
-La differenza- spiegai roteando gli occhi –sta nel fatto che non riuscivo a stargli vicino, che mi metteva a disagio la sua sola presenza, il solo fatto che mi guardasse.-
-Ma se non ha fatto nulla.- obiettò, non tanto per un reale desiderio di difendere Draco, quanto perché non capiva il problema.
-Appunto, non ha fatto nulla, non ha detto nulla, non ha mostrato nulla. Né stamattina né adesso. Lui non lo fa mai.- sussurrai, alzandomi e camminando per la camera –Era così tranquillo, così rilassato, come se non fosse successo nulla.-
-Magari non voleva litigare.- azzardò.
-O forse non sapeva cosa dire.- usai le stesse parole che aveva detto Draco quella mattina –Dopo un po’ ha cercato di parlarmi, ma me ne sono andata.-
-E perché? Insomma, ti lamenti che non dice nulla e quando prova a parlarti te ne vai.-
-Perché so quello che dirà e preferisco evitare che me lo dica in faccia.- Harry corrugò le sopracciglia, confuso –Mi dirà che non è pronto, che non se la sente, che però questo non cambia il nostro rapporto..- enumerai tutto quello che sapevo mi avrebbe detto.
-Magari ti sbagli.- ipotizzò.
-Magari.- gli concessi –Ma resta il fatto che non ha fatto nulla per impedirmi di andare via, non si è nemmeno scomodato a fare un passo per trattenermi.-
Mi sedetti sul letto accanto a lui, guardando i suoi occhi verdi, pensierosi.
-In quel momento l’ho odiato come mai in vita mia.- mormorai –Ho odiato il suo modo di comportarsi, il suo modo di essere.- confessai.
-E ora che pensi di fare?-
Scossi le spalle, senza sapere che decisione prendere.
-Non riesco a comportarmi come se non fosse successo niente, perché quando lo guardo vorrei solo urlargli che è un idiota, che mi sento offesa, ferita e umiliata, che mi sento rifiutata e che soffro come un cane.-
Deglutii pesantemente. Realizzai di non riuscire ad esprimere bene il groviglio di sentimenti che si agitava in me, un misto di sensazioni così strettamente intricate da non riuscire nemmeno a distinguerle.
Ero arrabbiata, ma anche svuotata; ero delusa, ma in fondo me l’aspettavo; lo amavo, ma sentivo comunque di odiarlo; volevo che tutto tornasse com’era prima, ma non sapevo come fare; avrei voluto vederlo soffrire come soffrivo io, ma una parte di me diceva che sarebbe stato impossibile, visto che di me non gli importava.
Sbuffai, frustrata.
-Herm- la voce di Harry mi destò dalle mie considerazioni -io non voglio sindacare le tue decisioni e sicuramente non so cosa provi- mi disse con tono dolce –ma siete stati bene in questi mesi. Sembravi felice. Non rovinare tutto solo per delle parole.- mi consigliò, con una profondità che non mostrava spesso.
-Non è solo per le parole, è..- sentii una schianto, quasi, nel ricordare il suo volto quella mattina –È il modo in cui mi ha guadato. Sembrava infastidito.-
Qualcosa si era rotto.
Cominciai a  piangere, piegando le ginocchia al petto e circondandole con le braccia, infantile come una bambina.
Sentii il cigolio delle molle del letto e pensai che se ne stesse andando, lasciandomi sola.
-Non andare via.- lo supplicai.
Invece del rumore di una porta, sentii due braccia che mi spostavano, facendomi sedere tra le sue gambe. Lo abbracciai, continuando a piangere e a sfogarmi, senza che Harry dicesse nulla, rispettando il mio silenzio.
Rimasi con lui a lungo, finché mi addormentai.
 
 
Sbadigliai sonoramente, rigirandomi nel letto. Aprii gli occhi e un foglietto cominciò a svolazzarmi davanti al viso, attirando la mia attenzione.
“Rilassati, è sabato. Ti aspettiamo in Sala Grande per colazione. Almeno ci proviamo, non so quanto Ron possa resistere!”
Sotto la grafia di Harry, un’altra più disordinata aveva aggiunto una piccola nota.
“Non è vero!”
Sorrisi immaginando l’espressione indignata di Ron.
Mi feci una doccia, cercando di schiarirmi le idee e di decidere come comportarmi con Draco, e mi vestii con il primo paio di jeans che trovai. Infilai un maglione a collo alto a caso tra quelli che avevo nell’armadio. Mi guardai allo specchio.
Sbuffai.
Non potevo ignorarlo, sarebbe stato troppo evidente e l’ultima cosa che volevo erano altre chiacchiere inutili. Non riuscivo nemmeno a dimenticare quello sguardo, che mi aveva ferito più di quanto avessero fato sette anni di insulti e fatture alle spalle.
Restava solo una possibilità.
La menzogna.
Fingere, fingere ostinatamente, fingere a oltranza, almeno fino a che non avessi sbollito la rabbia.
Un respiro profondo e uscii.
 
 
-Scusa, ma sai, magari gli elfi si offendevano..- si scusò Ron con un sorriso e anche con una gran faccia tosta.
Lo rassicurai a cominciai a mangiare un brioche al cioccolato. Uno strattone improvviso mi fece quasi andare di traverso il boccone.
Avrei riconosciuto quella  delicatezza  tra mille, così mi stampai in faccia il miglior sorriso che riuscii a produrre e mi voltai.
Draco mi guardava arrabbiato -incazzato nero, avrebbe detto lui-, le labbra strette e la fronte corrugata.
-Vieni, adesso.-
-Come potrei rifiutare, se me lo chiedi così gentilmente, amore.- ironizzai.
Feci un cenno ai miei amici e mi allontanai con lui.
Non sapevo da dove provenisse tutta quella acidità, ma sapevo che non appena l’avevo visto, così arrabbiato quando io ero l’unica che avesse il diritto di esserlo, non ero riuscita a controllarmi.
Con uno spintone mi fece sbattere contro il muro, appena fuori dalla Sala Grande.
-Mi stai prendendo per il culo, Granger?-
-Non lo so, lo sto facendo?- lo provocai.
Basta, ormai eravamo partiti.
Non ci saremmo fermati nemmeno se anche in Sala Grande si fossero sentite le nostre urla, nemmeno se fossimo arrivati ad insultarci. Sentivo il dolore e l’odio che avevo provato verso di lui fuoriuscire ad ogni respiro, sentivo la volontà di litigare, di sfogarmi.
-Non lo so, Mezzosangue, dimmelo tu.- sputò quell’insulto come non faceva da tempo –In fondo eri tu che ieri sera si è strusciata addosso a Blaise, non il contrario.-
-Rilassati, Malfoy- mi accorsi solo distrattamente di averlo chiamato per cognome –il tuo ego può stare tranquillo, non è successo nulla.-
 
(Draco)
-Nulla?-
Vedere quell’espressione sarcastica e piena di veleno, quel suo modo di provocarmi per il solo gusto di farlo, mi aveva fatto saltare i nervi come non succedeva da tempo.
-Strano, perché oggi la notizia del giorno è come tu abbia abbracciato piuttosto affettuosamente il tuo amichetto.-
Quella era stata la prima cosa che Pansy mi aveva detto quella mattina, quando ero uscito dalla mia camera.
“Allora è proprio vero, la Granger ti ha dato buca per farsela con Blaise.”
Aveva sogghignato, per poi soffiarmi un bacio sulle dita e andarsene.
Avevo cercato Blaise, ma lui sembrava essere sparito nel nulla. Uscito dal dormitorio, le battutine sarcastiche si erano sprecate, in Sala Comune così come in Sala Grande.
E ora volevo delle risposte.
-Non vedo come possa interessarti..- incrociò le braccia sotto il seno, in una posa di annoiata attesa.
-Sei la mia ragazza, non te lo dimenticare- le intimai, stringendo la presa su un braccio -e io non permetto a nessuno di farmi fare la figura del cornuto.-
-Quindi è questo il problema, la figura che fai. Che importa se davvero ti ho tradito, se davvero sono stata con un altro, l’importante è che la tua immagine non ne venga intaccata, giusto?-
Si liberò con stizza della mia presa, spintonandomi con rabbia lontano da lei.
-Non è quello che ho detto.- puntualizzai, respirando a fondo per calmarmi.
Non era mia intenzione litigare, l’avevo chiamata solo per chiarire quello che tutti mormoravano a mezza voce da quando mi ero svegliato. Poi quel suo modo irritante e provocatorio mi avevano innervosito, sembrava quasi che mi stesse istigando a litigare.
-Ma l’hai pensato, dì la verità.- disse aprendosi in un sorriso di triste convinzione -Sono solo quella del momento, ma il tuo ego non può sopportare tutto questo, vero? Non importa se tu non mi ami e se io ci soffro, l’importante è che non lo faccia nessun altro, che nessun altro invada il tuo territorio.-
Continuava a metterla in termini di ego e di immagine, ma non era quello che io intendevo, quello che avrei voluto dirle.
-Nessuno tocca ciò che è mio.-
Lei era mia, la mia ragazza, nessuno doveva permettersi di allungare le mani.
-Mio? Ma ti senti? Io non sono un oggetto!- si infuriò –Per te è solo una questione di possesso, di predominio. Si tratta solo di dimostrare che sei migliore degli altri, che puoi permetterti quello che gli altri non possono nemmeno sperare di ottenere.-
Ebbi la sensazione che non sapesse nemmeno lei cosa stesse dicendo, che il suo fosse solo un modo di scaricare la tensione, di ferirmi.
-Non è solo una questione di possesso, ma tu sei la mia ragazza, Granger.- le ricordai.
-La tua ragazza?- allargò le braccia, esasperata –Ma se non mi chiami nemmeno per nome!- si indignò, alzando la voce.
-Non trattarmi come un insensibile, perché non lo sono. Lo sai che per me è solo un soprannome, che non c’è cattiveria nel modo in cui ti chiamo.- le dissi sincero e lei si ammutolì, mordendosi il labbro.
Ci stavamo allontanando dal nucleo del problema, ma io non volevo lasciar perdere. Avevo bisogno di sentile dire che quello che dicevano tutti non era vero, che quello con Blaise non era stato altro che un innocuo abbraccio. Meglio ancora, che mi dicesse che non c’era mai stato del tutto, che si erano confusi coloro che avevano messo in giro quella voce.
-Non hai risposto alla mia domanda.- le rammentai, avvicinandomi di un passo, cercando di tenere la voce bassa.
-Sei ridicolo.- sputò.
-Non ti permettere.- le intimai, avvicinandomi di un passo ancora, stringendole le spalle, arrabbiato per quell’espressione disgustata che le avevo letto sul viso –Non ti permettere di parlarmi così.-
-Mi fai male.- si lamentò, premendo le mani sul mio torace per spingermi lontano –Lasciami.-
-No.- risposi bruscamente –Rispondimi. Cosa è successo con Blaise?- le ordinai.
-Mi fai male!- urlò, spingendomi con più forza, le lacrime agli occhi.
Lasciai la presa sulle sue spalle, accorgendomi solo in quel momento quanto avessi stretto la presa.
Provai a  chiederle scusa, ma venni interrotto.
-Si può sapere cosa succede qui?-
Quella della McGrannit, più che una domanda, sembrava un ordine.
-Nulla.- spiegò Hermione, prima che io potessi aprire bocca –Abbiamo avuto solo una piccola discussione.- si giustificò e la professoressa annuì.
-Se volete tornare a fare colazione..- ci invitò, indicandoci l’alta porta di legno a due battenti, uno dei quali era rimasto aperto tutto il tempo.
Annuimmo entrambi. Hermione si avviò a grandi passi verso la porta e io la seguii, accorgendomi che si massaggiava una spalla con una smorfia sul viso.
-Granger, non volevo…- tentai, ma mi interruppe di nuovo.
-Non importa.- poi prese un respiro –Non è un problema per te se oggi sto con Harry e gli altri, vero?-
Notai una sfumatura particolare nel suo sguardo, aspettativa e stanchezza.
-No, come preferisci.- acconsentii.
-Perfetto.-
Si voltò senza nessuna altra parola, senza un saluto o un cenno del capo. Camminò a testa alta fino al suo tavolo, ignorando le occhiate degli altri studenti, incuriositi dai toni accesi che avevano sentito.
 
Passai la giornata al campo di Quidditch, dopo aver ottenuto il permesso per un allenamento speciale.
A pranzo Hermione mi ignorò e Blaise si fece vedere di sfuggita, dileguandosi in poco tempo con Rose. A cena la situazione fu pressappoco la stessa.
Hermione entrò, si sedette accanto a Potter e non mi rivolse lo sguardo per tutta la serata, tenendo lo sguardo fisso sul suo piatto e parlando con i suoi amichetti. Uscì dalla Sala Grande ridendo assieme ad altri ragazzi della sua Casa dell’imitazione che quello scemo di Finnegan stava facendo, senza rivolgermi nemmeno un’occhiata fugace.
Me ne accorsi in quel momento.
Stavamo crollando come un castello di sabbia.
 
(Hermione)
Quando raggiungemmo la Sala Comune, stavamo ancora ridendo dell’imitazione che Seamus aveva fatto della Cooman, che dopo la guerra sembrava essere caduta in uno stato di crisi artistica, priva com’era di altre disgrazie da profetizzare.
Harry si era messo d’impegno, dovevo ammetterlo, per cercare di distrarmi dai miei pensieri, parlandomi tutta la giornata di cose futili, sostituito da Ron nei momenti in cui Ginny reclamava giustamente la sua presenza.
Appena arrivai in camera, mi buttai sul letto a occhi chiusi, cercando di pensare.
Tutto quello che riuscì a produrre il mio cervello, però, fu un fastidioso ronzio, che sembrava amplificare le uniche cose che avevo ben chiare nella mente.
Non mi ama.
Ma mi vuole con sé.
Non posso obbligarlo.
Ma non posso nemmeno rinunciare.
Buttai un cuscino dall’altra parte della stanza e mi voltai a pancia in giù.
-Valutiamo le tue possibilità, Hermione.- mi dissi, per incoraggiarmi.
Dirgli la verità, che lo amo davvero.
No, avrei ottenuto l’unico risultato di infastidirlo di più e a me un solo sguardo colmo di fastidio era bastato.
Provare a fingere.
No, non ero riuscita nemmeno a mantenere la calma per cinque minuti e a rispondere tranquillamente alla sua domanda.
Farlo ingelosire e provare a vedere quanto tiene a me.
No, in lui possesso e affetto erano così simili che non avrei scorto alcuna differenza.
Aspettare.
Quella mi sembrò l’unica soluzione, attendere che la rabbia che provavo verso di lui e la sensazione di esser stata rifiutata che mi pervadeva si attenuassero.
Il giorno dopo sarebbe stato domenica, avrei potuto evitarlo stando con i miei compagni e adducendo ragioni di studio; lunedì l’avrei visto a lezione, ma la scusa di compiti in più e di impegni già presi avrebbe potuto funzionare; martedì non avevamo lezioni in comune e nessuna ora buca, quindi ero al sicuro; mercoledì..
Mercoledì ci avrei pensato.
 
(Draco)
Domenica mi sembrò infinitamente lunga e tediosa. Hermione mi si avvicinò solo per dirmi che doveva stare con i suoi compagni per ragioni di studio, poi si volatilizzò nel nulla. Svolsi i compiti per l’intera settimana, un caso più unico che raro se riferito a me, e sfogai la mia rabbia sui libri, ormai visibilmente sciupati, e su una quantità non ben identificata di piume, rotte a metà e gettate nel fuoco.
Lunedì arrivò dopo quello che mi parve un secolo. Ancora una volta, mi si avvicinò in corridoio quando ormai la campanella era già suonata e poco prima che entrassi nell’aula di Divinazione mi disse che non potevamo vederci a causa di compiti supplementari che le avevano assegnato e per altri impegni pregressi. Le lezioni comuni sarebbero state una buona occasione per parlarle, ma lei si sedette in fondo all’aula, circondata da Grifondoro curiosi.
Anche quel giorno, pranzo e cena sembrarono dei buchi neri, lei non guardava verso il mio tavolo e per quanti tentativi potessi fare per attirare la sua attenzione, lei non sembrava  curarsi della mia presenza.
Martedì, come previsto, si rivelò un incubo. Orario scolastico allucinante, nessuna ora buca e nessuna lezione in comune.
Mercoledì arrivò e passò, come anche giovedì e i giorni seguenti.
Una serie interminabile di scuse e saluti appena accennati nei corridoi, indifferenza totale in Sala Grande e saluti fin troppo affettuosi verso Blaise.
Mi pareva quasi di sentirlo, quell’acido che mi corrodeva dall’interno.
 
-Posso?-
Mi voltai verso la voce inconfondibile che mi aveva parlato. Hermione mi guardava attenta, in piedi accanto al posto libero accanto a me. Stringeva al petto un libro alto e dall’aria malandata, probabilmente l’ennesimo prestito dalla biblioteca.
Era tornata così, semplicemente chiedendomi se potesse sedersi accanto a me dopo più di una settimana di indifferenza quasi assoluta. C’era qualcosa nella postura della schiena, del suo ticchettio delle unghie sulla copertina rigida di “Veleni e Rimedi Per Pozionisti Avanzati” o nel suo torturarsi le labbra, che palesava la sua incertezza e tensione.
-Certo.- spostai la borsa che avevo appoggiato sulla sedia libera –Oggi Nott ha deciso che era troppo stanco per alzarsi dal letto.-
Provai a smorzare quella tensione che sentivo tra noi. Lei annuì e deglutì a fatica, salutando con un gesto della mano Blaise, che entrò in quel momento in aula. Tornò a contemplare il banco, seguendo con un dito i contorni di una bruciatura annerita.
Era nervosa, era a disagio.
Avvicinai la sedia alla sua,  mi sporsi verso di lei e le diedi un bacio sulla guancia, poco lontano dalle sue labbra. Mi staccai appena e strofinai la bocca lungo la linea della mascella, respirandole sulla pelle e posandole lievi baci dal mento fino all’orecchio.
Mi allontanai e vidi che aveva gli occhi chiusi. Rimase ferma pochi secondi, poi si voltò verso di me.
-Scusa.- baciandomi sulle labbra, delicata e indecisa –Mi sei mancato.-
Sorrisi.
-Immagino, non sai resistermi.-
Aprì appena la bocca per dirmi qualcosa riguardo, ne ero certo, il mio narcisismo, ma glielo impedii. Spinsi la bocca contro la sua, accarezzandole le labbra dischiuse con la lingue per sollecitare la sua risposta.
Avevo sentito la sua mancanza in ogni fibra del mio corpo, in ogni bacio sfuggente che mi aveva dato e in ogni attimo di lontananza. Avevo sentito un bisogno di lei forte nel corpo come nella mente, la necessità di fare l’amore con lei così come di sentirla rimproverarmi per i compiti fatti di malavoglia.
-Buongiorno ragazzi.-
Alla voce di Lumacorno, che entrò baldanzoso in aula, Hermione si staccò rapidamente da me, arrossendo di vergogna.
-Oggi cominceremo la preparazione del Veritaserum. So che l’avevate già studiato anni fa con il professor Piton*, ma vorrei vedere il vostro grado attuale di preparazione.- spiegò, facendo poi comparire sulla lavagna alcune note –Pagine 327 del vostro libro, ragazzi. Coraggio, avete due ore.- ci incoraggiò.
-Vediamo se tutte le ore che abbiamo sprecato a studiare hanno dato qualche risultato, Mezzosangue.- la provocai, accendendo il fuoco sotto il mio calderone.
-Sprecato?- domandò, guadandomi con curiosità.
-Granger- le feci notare con ovvietà –ogni ora passata a studiare è uno spreco, quando avrei potuto sfruttarla per stare con te in camera mia.- risi dell’espressione allibita che le si dipinse in volto, poi tornai a  concentrarmi sulla mia pozione.
 
(Hermione)
-Granger- dal suo tono di voce sembrava che mi stesse spiegando qualcosa di molto ovvio e scontato –ogni ora passata a studiare è uno spreco, quando avrei potuto sfruttarla per stare con te in camera mia.-
Rise e poi tornò a dedicare la sua attenzione al calderone.
Quella frase mi colpì più di quanto mi sarei aspettata, mi ferì più di quanto avessi immaginato.
Era una battuta, Hermione, solo un battuta,mi ripetei respirando a fondo.
Non è solo quello che vuole da te, anche se ogni volta che state insieme finite sempre a letto; non è solo quello il suo scopo, anche se è evidente che lo soddisfa non poco.
Una mano mi bloccò il polso, allontanandolo dal calderone in cui la mia pozione sobbolliva tranquilla.
-Vuoi far esplodere la pozione, Granger?- lo guardai senza capire –Ancora una goccia di estratto di felce e puoi dire addio alla tua media.- mi sgridò, poi tornò al suo compito.
Tirai un sospiro di sollievo per il suo avvertimento.
-Sì, scusa, ho un gran mal di testa, tutto qui.-
-Cerca di arrivare alla fine dell’ora, poi se vuoi ti accompagno da Madama Chips.- mi propose, senza nemmeno staccare gli occhi dal calderone.
Vedi che gli importa di te?
Annuii in silenzio e poi continuai a misurare gli ingredienti, cercando di concentrarmi e  di tenere alla larga strani e infausti pensieri.
 
 
-Ti è passato il mal di testa?-
Con poca gentilezza, Draco buttò la sua borsa con i libri sul pavimento, togliendosi il mantello e appoggiandolo sulla poltrona.
Io annuii, appoggiando le mie cose sulla stessa poltrona e avvicinandomi alla sua scrivania, scostando qualche pergamena, sperando di attenuare quell’agitazione che mi stava stritolando lo stomaco.
Hermione, è solo Draco, rilassati, sei stata in camera sua ogni santo giorno negli ultimi tre mesi, mi ammonii.
Non ero più  propriamente  arrabbiata con lui, ero turbata, confusa, timorosa, indecisa, incerta.. avrei potuto snocciolare tutta la mia ampia conoscenza linguistica, ma no, non ero arrabbiata.
Per Merlino, rilassati!
Ero inquieta, agitata, imbarazzata.
Qualsiasi cosa facesse, quel giorno, dopo la sua battuta a Pozioni, mi sembrava interessato, come se mirasse ad un solo scopo, quello di divertirsi con me.
-Bene.- soffiò con gentilezza nel mio orecchio, avvolgendo le sue mani sulla mia vita –Così ora possiamo stare un po’ insieme.-
Volevo obbiettare che potevamo stare insieme anche senza finire obbligatoriamente tra le lenzuola, ma la sua bocca era già sulla mia, vorace, affamata, peccaminosa.
Mi lasciai spingere sul letto, mentre le sue mani vagavano sul mio corpo con urgenza.
-Mi sei mancata.- confessò, sfilandomi la gonna a pieghe della divisa.
Sorrisi, urlando ai miei pensieri che avevano torto, che lui mi voleva bene, che io contavo per lui, che tutte quelle vocine insinuanti che avevo sentito nella mente erano false.
Sorrisi, rilassandomi sotto le sue mani.
Sorrisi, accarezzandogli i capelli.
Sorrisi, mentre mi spogliava con delicatezza.
-È stata una tortura starti lontano per tutto questo tempo.- mi sussurrò, togliendomi gli ultimi indumenti.
Mentre faceva cadere la sua camicia per terra, quelle parole assunsero un significato dolorosamente materiale.
Sentii il sorriso sgretolarsi sulle mie labbra e un bruciore intenso agli occhi.
Non è vero, non si è espresso bene, non voleva dire che gli è mancato solo il suo corpo.
Non è vero.
Non è vero.
Non è vero.
Non è vero.
Una scia calda si disegnò sulla mia guancia.
 
Per la prima volta da quando eravamo stati insieme in quel bagno, fare l’amore con Draco fu brutto.
 
 
(Draco)
Mi sforzai a lungo in quei giorni, ma non riuscivo a capirne il motivo.
Per quanto mi sforzassi di essere gentile con lei -più gentile del solito-, Hermione sembrava sempre a disagio quando era con me. Si mordicchiava le labbra, attorcigliava una ciocca di capelli, picchiettava le unghie su ogni superficie le capitasse sotto mano.
Passava quasi tutto il suo tempo con me, ma avevo la sensazione che per lei fosse uno sforzo, un dovere.
Mi sorrideva, ma erano sorrisi tirati.
Mi baciava, ma sembrava contenersi.
Mi abbracciava, ma non si lasciava mai andare completamente.
Mi parlava, ma ponderava le parole, come per mettere un filtro tra la sua mente e la sua bocca.
Evidentemente, quella mia mancata risposta doveva averla turbata più di quanto avessi sospettato. Non volevo forzarla, volevo lascarle il tempo di riflettere, di tranquillizzarsi.
Mi guardava con attenzione, scrutando ogni mio gesto. Non mi dava fastidio, ero abituato agli sguardi indagatori delle persone, ma nei suoi occhi vedevo qualcosa a cui non sapevo dare un nome.
Sospetto?
Dubbio?
Paura?
 
(Hermione)
Avevo paura.
Al diavolo tutti gli ideali Grifondoro di coraggio e temerarietà, avevo una paura immensa.
Paura di essere un gioco.
Paura di rimanere sola.
Paura di perderlo.
Draco era tornato quello di sempre, gentile e appassionato, anche più del solito. Passavo quasi tutto il mio tempo libero con lui, divisa tra quello che provavo, il mio amore e il mio bisogno di lui, e un nodo di incertezza che mi stringeva lo stomaco.
Incerta com’ero del nostro rapporto, non riuscivo ad abbandonarmi completamente a lui, in nessun momento.
Con un tempismo invidiabile, molte ragazze avevano deciso che, visti anche i recenti rapporti di tregua con il grande Harry Potter, Draco non era più da considerarsi una minaccia e che era quindi nuovamente degno delle loro attenzioni.
Qualche sorriso, qualche saluto, qualche occhiata ammiccante. Draco sembrava essere tornato il sogno proibito di molte.
Fantastico.
Non mi ero mai illusa di esser bella o affascinante come le altre, ma con Draco riuscivo a sentirmi speciale, anche se forse non lo ero. Guadandomi allo specchio mi vedevo insignificante. Forse migliorata rispetto agli anni passati, ma comunque insignificante rispetto a molte altre.
Cominciai a pensare che Draco avrebbe preferito qualcun'altra, che avrebbe capito che non c’era motivo di stare con me se poteva averne altre dieci, che ormai non rappresentavo più il fascino proibito di qualcosa di nuovo.
Un’angoscia sempre più forte e pressante si faceva strada in me.
E quello che era peggio, quello che in assoluto mi faceva soffrire di più, era il comportamento di Draco.
Era gentile, dolce, passionale. Esattamente come prima, come se non fosse successo nulla.
Stavamo crollando.
Io  stavo crollando.
 
 
 
Non sapevo con esattezza come fossimo arrivati a marzo, ma il calendario decisamente non poteva sbagliarsi. A volte me ne andavo sbattendo la porta, altre volte mentivo su come stavo, altre ancora cercavo di darmi una calmata.
Il mio riflesso allo specchio non mi piaceva. Avevo l’espressione preoccupata e tesa.
Soffrivo. Per Draco Malfoy.
Non si era mai vista una cosa più assurda di questa.
Ma tant’è, al cuor non si comanda, diceva sempre mia nonna.
 
 
Arrivati in camera sua, Draco abbandonò la scopa in un angolo e si tolse la divisa umida.
Lanciò maglia, pantaloni, felpa e calzettoni nel cesto dei vestiti sporchi, abbandonando i guanti in pelle di drago su una sedia.
-Vado a farmi una doccia.- mi disse dandomi un bacio –Mi aspetti qui?-
Annuii, sfregando il naso contro il suo collo, accarezzandogli con una mano i capelli umidi e con l’altro la schiena leggermente bagnata. Sapeva di sudore e pioggia.
-Mentre mi lavo, mi daresti una controllata alla conclusione del compito per la McGrannit? Si lamenta sempre, dice che non concludo mai come dovrei.-
Scosse la testa e arricciò le labbra, evidentemente contrariato.
-Certo.-
-È sulla scrivania.- mi disse, poi sparì dietro la porta del bagno.
Sulla scrivania.
Più semplice a dirsi che a farsi, visto e considerato la confusione che regnava su quel povero pezzo di legno.
Spostai alcuni fogli, alla ricerca del misterioso compito. Compito di Pozioni, appunti di Erbologia, turni degli allenamenti di Quidditch, convocazione dei Caposcuola, una lettera..
Una calligrafia morbida ed elegante, chiaramente femminile. Nessuna data, nessuna indicazione di tempo. Lessi rapidamente, curiosa e incredula mano a mano che le parole scorrevano sotto i miei occhi.
Non stavamo crollando come avevo pensato, semplicemente perché non c’era nulla da far crollare.
Anzi, forse qualcosa sì, poteva ancora crollare.
Io.
 
 
 
Buongiorno!
Mi scuso per non aver aggiornato presto, ma sto preparando un esame e non ho molto tempo per scrivere. Senza contare che ho qualche difficoltà a mettere per iscritto le idee, che però ci sono, per fortuna.
Questo capitolo mi ascia un po’ incerta: i contenuti sono esattamente come dovrebbero essere, ma ho qualche dubbio, non so se sono riuscita ad esprimere il senso di incertezza di Hermione.
Quel “ti amo” detto a Draco e la sua mancata risposta fanno affiorare in lei dubbi e incertezze, che si trasformano in rabbia e poi di nuovo in insicurezza. È divisa tra quello che prova e la paura di non essere abbastanza.
Piccola nota:
*Non sono totalmente sicura che l’abbiano già studiata con Piton, ma mi sembra di ricordare che Piton minacci Harry di provarla su di lui. Se qualcuno di voi se lo ricorda, me lo dica!
Spero che vi piaccia, anche se il finale è lasciato in sospeso.
Un grazie enorme a tutti coloro che seguono la storia e che hanno lasciato un commento!
Un abbraccio
Giada
PS. L’esame è il 13, quindi posterò sicuramente dopo quel giorno. Baci  

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Capitolo 25
*** ...e la tempesta. ***


(Hermione)
Rilessi quella lettera più volte, alla ricerca di qualche particolare che mi fosse sfuggito e che smentisse quello che avevo letto fino ad allora.
Ma le parole rimanevano uguali, dolorose e taglienti come erano ad una prima lettura, vergate in una calligrafia elegante, d’altri tempi.
Le volute e gli occhielli delle lettere correvano morbidi e  dolci sulla pergamena color panna, diventando sfocate mano a mano che gli occhi mi si riempivano di lacrime.
 
Draco, figlio mio,
sono stata informata della tua relazione con la Mezzosangue. Per quanto mi addolori il fatto che tu non me ne abbia parlato personalmente, non posso far altro che farti i  miei complimenti.
Ne ho parlato anche con Lucius e siamo entrambi concordi nel ritenere che il tuo sia stato un piano decisamente ingegnoso.
Palesare la tua relazione con la Mezzosangue allo scopo di migliorare la tua reputazione, mostrandoti cambiato e di mentalità più aperta dopo la guerra, è davvero una buona idea.
Permettimi di darti qualche consiglio.
Dille ciò che vuole sentirsi dire.
Fai ciò che lei si aspetta, ma sorprendila.
Mostrale ciò che vuole vedere.
Aprile la tua mente.
Se è necessario, usa le tue doti di Legilimens per mostrarle quei ricordi che la possono rendere più disponibile nei tuoi confronti,
Legala  a te, sia sul piano sentimentale sia su quello carnale, se lo ritieni fondamentale, ma attento al sangue.
Ti rinnovo i miei più sentiti complimenti, con la speranza che la prossima volta tu voglia condividere con me i tuoi piani e pensieri.
Con affetto
Tua madre

 
Sentii un tremore improvviso alle gambe e feci forza con un braccio sulla scrivania per sorreggermi.
Non è vero, Hermione.
Non è vero.
Non è vero.
Non è vero.
Ripeterlo era però inutile.
Stupida!mi ammonii, Come puoi essere così maledettamente stupida!
Non è vero!
Invece sì, maledizione!
Strizzai gli occhi, cercando di far tacere quella lotta che imperversava dentro di me.
Potevo obbligare la mia mente a credere il contrario, forse, ma non potevo fingere che quelle parole non trovassero un riscontro nella realtà.
Stralci di conversazioni ormai lontane e ricordi perfettamente nitidi si affollavano nella mia mente.
Dille ciò che vuole sentirsi dire.
“Veramente lei è impegnata con me.”
La  mia  volontà che fosse lui a dire a Mark che ero impegnata, le  mie  parole che gli avevano suggerito di farsi avanti.
Fai ciò che lei si aspetta, ma sorprendila.
Il regalo di San Valentino, arrivato con un giorno di ritardo. La rosa rossa che ormai non mi aspettavo più di ricevere.
Mostrale ciò che vuole vedere.
Una goccia lucida era appesa alle sue ciglia. Quella che io avevo interpretato come una dimostrazione di affetto nei miei confronti, di timore di perdermi, e che invece era solo l’ottima finzione di un attore eccezionale.
Aprile la tua mente.
“E comunque non mi sono comprato l’ammissione nella squadra di Quidditch né la E in Pozioni.. Sono le uniche cose che so fare per davvero.”
Quell’ingenuità che avevo intravisto –no, immaginato- nelle sue parole.
“Ehi.. Non è un problema, davvero. Non è colpa tua se la mia vita è stata.. beh, diciamo burrascosa.”
Il suo racconto del suo passato, quella nota di dolore nella sua confessione.
Se è necessario, usa le tue doti di Legilimens per mostrarle quei ricordi che la possono rendere più disponibile nei tuoi confronti.
“Punto terzo: ti guido io tra i miei ricordi. Vedrai solo quelli che voglio mostrarti, tranquilla.”
Avevo pensato che fosse una dimostrazione di preoccupazione, di accortezza nei miei confronti, che volesse proteggermi da ricordi troppo intimi e dolorosi. Invece si era limitato a tirare i fili di un piano ben congegnato.
Legala a te sia sul piano sentimentale sia su quello carnale, se lo ritieni fondamentale, ma attento al sangue.
“Mezzosangue, fai l’amore con me.”
Quella richiesta che a me era sembrata così dolce, quel suo sfiorarmi appena le vene del polso.
 
Menzogna, era stata tutta una menzogna.
I baci, le risate, l’amore.
Solo la prova di un attore sublime.
Il Natale, la Londra babbana, il Legilimens.
Solo momenti necessari per la riuscita di un piano.
Tanti mesi buttati nel.. calderone per una stupida menzogna.
Bugiarda, Hermione, mi dissi, non era affatto una stupida menzogna. Era un piano geniale.
Già, geniale e perfetto. Senza quella lettera non mi sarei accorta di nulla, l’abilità di Draco era stata decisamente irreprensibile. Non un errore, non un minimo tentennamento, non un attimo di ritrosia nei miei confronti.
Sempre appassionato, sempre perfetto.
Troppo perfetto, per essere spontaneo.
 
Mi riscossi, accorgendomi dello scrosciare dell’acqua della doccia. Mi accorsi solo lontanamente di aver raccolto borsa e mantello. Uscii in corridoio e mi lascai scivolare a terra.
Posai una mano tra i seni, sullo sterno, respirando a bocca aperta nel tentativo di attenuare quel dolore sordo al petto, al cuore. Un cuore che sembrava battere all’impazzata, rimbombare contro le costole nel tentativo di urlare il suo dolore muto.
Chiusi gli occhi e li riaprii, lasciando cadere quelle lacrime che mi appannavano la vista.
-Guarda guarda chi c’è qui!-
Una cantilena stridente e fastidiosa mi fece sollevare lo sguardo fino ad incrociare gli occhi scuri di Pansy Parkinson, il muso da carlino arricciato in quello che doveva essere un sorriso di trionfo.
Mi alzai in piedi e mi spazzolai la gonna, pronta ad andarmene.
-Che è successo, Draco ha già finito con te?-
Feci due passi avanti e le tirai uno schiaffo. Non perché avesse insinuato che ero una poco di buono, non perché mi stesse antipatica, non perché avesse detto la solita insinuazione trita e ritrita.
No.
Le tirai uno schiaffo perché aveva detto la verità.
Era finita senza nemmeno cominciare.
Le diedi le spalle e mi allontanai da lei, ancora a bocca aperta per la sorpresa. Uscii dalla Sala Comune di Serpeverde di corsa, scontrandomi con un bambino del primo anno, basso, un po’ goffo, con corti capelli neri.
In un istante di lucidità pensai che assomigliava a com’era Neville la prima volta che lo vidi, sette anni prima.
Continuai a correre, lungo i corridoi illuminati dalle torce, rincorsa dai rimproveri di signori e nobildonne che mi fecero notare, probabilmente, quanto fosse poco decoroso correre nei corridoi di una scuola.
Mi fermai quando raggiunsi un cortile, cercando di riprendere fiato respirando a pieni polmoni quell’aria fredda e pulita. Sentii le lacrime gelarsi sulle guancie, presto riscaldate da altre più calde, appena nate.
Io ero stata il suo biglietto per una nuova vita, per una reputazione migliore, per il suo futuro. Non ero stata un gioco, ma un piano.
Che squallore.
Pensai alla frase di un film babbano.
“Ci si può fidare solo di un uomo, del nostro papà.”*
Peccato che mio padre fosse in Australia, senza alcun ricordo della sua amata figlia. Mi sedetti su un muretto umido, abbracciandomi le ginocchia e continuando a piangere fino a che il freddo non divenne insopportabile.
Tornai al dormitorio con fatica, stanca per il pianto praticamente ininterrotto che avevo fatto. Attraversai la Sala Comune velocemente, per poi barricarmi in camera.
Piansi ancora.
Piansi come avevo pianto poche volte in vita mia.
Piansi per un idiota.
Piansi fino ad addormentarmi.
 
Un bussare energico alla porta mi fece svegliare. Fuori dalla finestra non era ancora completamente buio, quindi non dovevo aver dormito molto.
Mi alzai e controllai la mia immagine allo specchio, notando gli occhi arrossati e le labbra un po’ gonfie. Che fantastica visione.
-Chi è?- chiesi alla porta chiusa, su cui i colpi continuavano incessanti.
-Chi cazzo vuoi che sia?-
Harry non era mai stato un tipo tanto scurrile, tranne in momenti di particolare tensione. Era arrabbiato.
-Entra.- lo invitai con voce atona, socchiudendo la porta quel tanto che era necessario per farlo passare.
Mi guardò con le mani sui fianchi e gli occhiali un po’ storti sul naso.
-Sei arrabbiato.- constatai, sedendomi sul letto.
-Non sono arrabbiato!- protestò –Sono preoccupato!-
-E perché?-
-Perché quell’idiota del tuo fidanzato mi ha detto che non ti trova più, che sei sparita dalla sua camera e che non ha idea di dove tu sia finita! Senza contare che la Parkison è isterica e dice che te la farà pagare la prima volta che ti vede.- sbottò tutto d’un fiato –Quindi ora spiegami!- ordinò.
-Vuoi che ti spieghi?- domandai con una nota isterica e tremula nella voce –Ok!-
Mi alzai, camminando avanti e indietro per la camera, mentre Harry prendeva il mio posto sul letto.
-Ho trovato una lettere della madre di Dra.. di Malfoy sulla sua scrivania. Una lettera molto interessante, in realtà, in cui  si complimenta con lui per il piano geniale che ha ideato.-
-E che piano sarebbe?- chiese Harry, confuso.
-Io!- allargai le braccia, come per farmi vedere meglio, io, la risposta vivente –Io ero il piano, il suo piano per ricostruirsi la reputazione! Io, una povera scema che ha avuto anche il coraggio di dirgli che lo amo!- strepitai.
-Hermione.-
Non lo ascoltai, sorda ad ogni richiamo e tentativo di calmarmi. Mi avvicinai alla scrivania e gettai un libro dall’altra parte della stanza, poi un altro e un altro ancora.
Stanca e frustrata, mi fermai ansante, ricomponendo i libri rotti con un colpo di bacchetta.
-Meglio?- chiese Harry, ancora seduto sul letto.
-No.-
Andai verso di lui e lo abbracciai con forza, sbilanciandolo indietro e cadendo su di lui. Ricominciai a piangere, finalmente con il conforto di due braccia amiche che mi stringevano per consolarmi, e tra un singhiozzo e l’altro gli spiegai tutto, osservando il suo volto rabbuiarsi e i suoi occhi risplendere di rabbia.
 
(Draco)
Dove diamine era finita?
Avevo incrociato Potter in un corridoio e mi aveva detto che mi avrebbe avvisato non appena l’avesse trovata, ma di lui non avevo più saputo nulla.
Continuai a ticchettare con le unghie sulla tavolata della Sala Grande, fissando con attenzione la porta, nell’attesa che Hermione o Potter entrassero e mi spiegassero dove diavolo erano finiti.
Merlino, che nervoso!
Quando vidi Potter entrare mi alzai per andare da lui, ma mi bloccai dopo pochi passi vedendo che lui stesso stava venendo nella mia direzione, a passo di marcia e con un espressione truce sul volto.
-Potter, dove diavolo..-
Per la seconda volta nel giro di pochi mesi, mi trovai steso a terra con uno zigomo dolorante, senza avere nemmeno il tempo di rispondere. Mi alzai, imprecando e alzai il volto per capire che cavolo stesse succedendo, quando un altro pugno mi colpì di nuovo, facendomi barcollare.
-Non sei un idiota.- constatò con calma –Sei semplicemente uno stronzo!- mi informò con convinzione.
-Signor Potter!-
La McGrannit arrivò di corsa, esterrefatta e arrabbiata per il comportamento di un alunno della sua Casa.
-Trenta punti in meno per il suo comportamento inadeguato e per il linguaggio improprio che ha utilizzato!-
Potter non mosse un muscolo davanti alla sua punizione.
-Con tutto il rispetto, preside, può togliermene anche cento, ma questo non cambierà il fatto che Malfoy sia uno stronzo.- mi lanciò uno sguardo di fuoco, di quelli che non avevo mai visto sul suo volto –Scusi ancora per il termine poco elegante, ma è l’unico che gli si addica.-
Con le ultime scuse, ci diede le spalle e uscì dalla Sala Grande, accompagnato da mormorii e occhiate curiose, che saettavano tra me, lui e il posto vuoto lasciato da Hermione.
 
Quando tornai in camera, mi stesi sul letto, immobile ad osservare il soffitto, nella speranza che mi desse una risposta.
Ma la risposta non arrivò, né quella sera, né la mattina successiva. Domenica parve un buco vuoto, pieno di occhiate curiose, di mormorii pettegoli, di sorrisi vittoriosi di Pansy.
Pieno del posto vuoto di Hermione, a colazione, pranzo e cena.
Pieno delle occhiate furiose di Potter e Weasley.
Pieno del sospetto che qualcosa fosse andato storto.
Pieno della visione di vassoi colmi di cibo che Potter portava sulla torre per Hermione.
Pieno della  convinzione  che qualcosa fosse successo.
 
Quel lunedì mattina era tetro e uggioso esattamente come il mio umore. Odiavo essere ignorato, odiavo non capire e odiavo avere la colpa per qualcosa che non avevo fatto, ma di cui gli altri incolpavano me.
Aspettai Hermione ai piedi delle scale che conducevano nell’ingresso. Quando scese, insieme ai suoi cani da guardia, notai il pallore sulle guancie e le occhiaie tenui ma visibili sotto gli occhi.
-Granger, mi dici che..-
Mi fermai sul posto, gli occhi sgranati e increduli.
Mi stava puntando contro la sua bacchetta, la punta premuta contro la vena del collo.
-Sparisci. Subito.-
Indietreggiai, non per la minaccia, no, ma per quel dolore atroce, sconfinato che le avevo letto negli occhi. Mi aggirò, tenendosi a debita distanza, e superò le alte porte senza dire una parola.
La seguii tutto il giorno, cercando di parlarle, ma trovai davanti a me un muro di indifferenza e due bacchette spianate. Potter e Weasley sembravano protettivi, ma soprattutto arrabbiati.
Fosse stato per Weasley, con quell’aria da vendicatore supremo, mi sarei anche messo a ridere, ma Potter aveva una determinazione cieca negli occhi, una rabbia sconfinata che mi fece sospettare che facesse sul serio.
 
-Voglio che mi spieghi perché non mi parli, perché mi eviti e perché ci sono sempre questi due di mezzo.-
Mi piazzai davanti al trio miracoli in mezzo al cortile, con la bacchetta tesa davanti a me in risposta alle loro, impedendo la loro avanzata verso le serre di Erbologia.
-Vattene.- mi ordinò caustica, cercando di superarmi.
Mi voltai verso di lei e le strinsi un braccio.
-No, finché non mi dici che cos’hai.-
Si liberò dalla mia stretta, lasciandosi andare ad una risata fredda e sarcastica.
-Ma non c’è bisogno che te lo dica.- agitò la bacchetta verso la torre di Grifondoro e un attimo dopo quello che sembrava un foglietto stava volando verso di noi.
Lo prese al volo, gli lanciò un’occhiata piena di disgusto e lo appallottolò nella mano, lanciandolo verso di me con un gesto di stizza.
Lo raccolsi da terra, mentre lei già si allontanava.
Mi bastò uno sguardo alla calligrafia elegante e alle prime parole per capire di cosa si trattasse. In un attimo il mondo mi crollò addosso.
Aveva pensato che fosse quella la verità, che quello fosse il motivo per cui stavo con lei, per cui non avevo risposto nulla alla sua dichiarazione.
Lo rimisi in tasca e le corsi dietro.
-Hermione aspetta!-
Il mio urlo sembrò risuonare potente nel parco silenzioso. Si girò furiosa, spintonando Potter che stava camminando dietro di lei.
-Guarda che non siamo a letto, Malfoy. Mi puoi chiamare benissimo Mezzosangue, Sanguesporco se preferisci, tanto peggio di così non mi posso sentire.-
Avanzò verso di me arrabbiata come non l’avevo mai vista, mi spintonò lontano da lei, mentre tante lacrime le scivolavo sulle guancie.
-Ascoltami..- la implorai, ma lei era sorda a qualsiasi cosa non fosse il suo dolore.
-Cosa devi dirmi? Quello che voglio sentirmi dire, devi mostrarmi qualche altro ricordo doloroso scelto ad arte? Devi scoparmi per legarmi a te, ma senza mischiarti con il mio sangue sporco?-
-Io ricordo diversamente.-
Mi parve quasi di sentirlo, il sapore ferroso del suo sangue nella mia bocca, circondati dal freddo pungente della sera londinese.
-Niente che un buon disinfettante magico non possa risolvere non trovi?- domandò beffarda –Mi hai odiato per sette anni, perché diavolo non potevi continuare? Perché sei stato così dannatamente perfetto? Perché non ti sai scelto una babbana qualsiasi per migliorare la tua reputazione? Perché io?-
Il suo urlo disperato mi fece indietreggiare come un colpo al cuore.
Perché l’amavo.
E perché me ne ero accorto troppo tardi.
Si passò una mano sulla guancia per asciugare le lacrime che scendevano senza sosta, mi guardò con gli occhi pieni di dolore e poi si voltò.
 
 
(Blaise)
Forse un buon amico non avrebbe dovuto sentirsi così, ma io non ne potevo proprio fare a meno, non riuscivo a far tacere quella parte di me che urlava a gran voce la sua gioia.
Draco era stato il solito idiota e lei era venuta da me.
Non da Potter, probabilmente troppo occupato a sorbirsi le lamentele di quella Piattola; non da Weasley, che non mi era mai parso un tipo molto perspicace.
Da me.
 
-Non ti ricorda niente?-
La cucina era fiocamente illuminata da qualche torcia appesa alle pareti di pietra, mentre due giovani sedevano ad una tavolo di legno, l’uno accanto all’altro.
Lei osservava una tazza di cioccolata, lui osservava lei.
Hermione sorrise, comprendendo quello a cui lui si riferiva. Lo ricordava anche lei, il loro primo bacio, passionale e al sapor di cioccolata calda.
-Non te l’ho ancora chiesto.- notò all’improvviso Blaise –Come mai sei qui a quest’ora? Draco non sarà preoccupato?-
In effetti se l’era domandato da quando, entrato in cucina, l’aveva vista sola vicino ai fornelli, mescolando in un pentolino il latte e la polvere per la cioccolata.
-Io e Malfoy non stiamo più insieme.-
Sotto lo sguardo curioso di Blaise, Hermione prese un respiro profondo e cominciò a raccontagli della lettera, della litigata in cortile, del dolore.
-Harry non può fare di più, Ginny mi ammazzerebbe, e Ron… beh, non è mai stato molto portato per le questioni di cuore.- sorrise appena.
-Sì, non mi è mai parso un tipo molto sveglio.- concordò il giovane Serpeverde.
-Hey!- protestò Hermione, tirandogli uno scappellotto.
Blaise rise, massaggiandosi il collo, poi notò lo sguardo attento della ragazza che lo fissava.
-Mi dispiace doverlo raccontare a te. Non voglio che tu stia male.-
Senza una parola, Blaise avvicinò la sedia alla sua, le mise un braccio dietro la schiena e la trasse verso di sé, facendola sedere sulle sue gambe.
Come la prima volta, sorrise al ricordo.
-Blaise, io non..-
-Non ti faccio niente, rilassati.- mormorò con dolcezza.
Le baciò una guancia, poi il mento, poi la tempia, accarezzandole la schiena e i capelli morbidi e spettinati.
Voleva aiutarla a stare meglio, voleva farle sentire quel calore confortante che sentiva lui ogni volta che le era vicino. Voleva che si sentisse amata.
Hermione rimase seduta rigidamente su di lui, timorosa di lasciarsi andare. Ma quelle carezza erano così rilassanti e quel calore così confortevole…
Passò la mani sulla schiena di Blaise e abbandonò la testa contro la sua spalla, lasciandosi cullare dal respiro caldo del ragazzo contro il suo orecchio.
 
Entrai in biblioteca, dove sapevo che mi stava aspettando, e la cercai tra i tavoli più isolati, quelli più silenziosi e più adatti per studiare.
Era seduta da sola, circondata da pergamene ingiallite e tomi polverosi, con una mano stringeva una piuma bianca e prendeva velocemente appunti e con l’altra si attorcigliava un ricciolo sul dito medio.
Era bella.
Mi avvicinai in silenzio e le diedi un bacio sul collo lasciato scoperto dai capelli raccolti sulla nuca. Sobbalzò per lo spavento e un po’, sperai, anche per quello che aveva provato.
-Blaise!- esclamò sorpresa.
-Chi ti aspettavi, Dracula?- la presi in giro, sedendomi accanto a lei, e iniziando a fare i compiti, sfogliando i libri che avevo portato con me.
Notai che mi stava guardando, ma continuai imperterrito la mia ricerca sulle piante del sottobosco e sulla loro importanza per l’alimentazione della creature magiche.
Che schifezza.
Ma, al di là dell’argomento del compito di Erbologia, mi piaceva sentire il suo sguardo su di me, mi faceva sentire un piacevole calore sulla pelle e all’altezza del petto. E dell’inguine, inutile negarlo.
Dopo un paio d’ore di religioso silenzio, in modo da evitare urla poco gentili da parte di madama Pince, uscimmo e ci incamminammo verso le scale.
-Non mi parlerai mai più solo per un bacio?- chiesi, guardandola attentamente.
-Non, non è per il bacio, è che..- si morse un attimo il labbro, incerta su come rispondere –È che.. mi è piaciuto.-
 
(Hermione)
Era la verità.
Quel bacio sul collo, così semplice e casto, mi aveva fatto sobbalzare non solo perché era stato inaspettato, ma anche perché mi aveva provocato un intenso brivido lungo la colonna vertebrale.
Nelle ultime settimane, da quando avevo trovato la lettera, Blaise mi era stato vicino in ogni momento libero che avesse. Stavo meglio, stavo bene con lui.
Con lui, sentivo quel nodo che mi stringeva lo stomaco, quel desiderio di essere amata che era quasi un bisogno fisico, allentarsi, dissolversi.
Non lui non  avevo bisogno  di sentirmi amata, con lui mi  sentivo  amata.
 
Un ticchettare insistente sul vetro della finestra più vicina ci distrasse, distogliendo lo sguardo felice di Blaise dal mio. Aprì l’imposta della finestra, staccò dalla zampetta del gufo la busta bianca e tornò da me.
Senza una parola mi prese per mano e mi portò nel cortile più vicino, sedendosi su un muretto con una sigaretta in bocca. Lesse rapidamente la lettera con un sorriso divertito sul volto, scosse la testa rassegnato e poi mi guardò.
-Mi accompagni a fare una cosa?-
Sollevai un sopracciglio davanti a quella richiesta sibillina e poi annuì.
-Vieni allora.-
Mi bloccai solo quando giungemmo davanti al quadro che nascondeva la loro Sala Comune.
-Non posso entrare lì.- spiegai.
-Tranquilla.- Blaise mi diede un bacio sulla fronte –Non c’è nessuno, sono agli allenamenti di Quidditch.-
Sussurrò la parola d’ordine e mi condusse fino al dormitorio maschile del nostro anno. Tre letti a baldacchino, dalle cortine verdi come le trapunte, erano sistemati lungo le pareti della stanza, ognuno affiancato da un armadio e un comodino.
Chiuse la porta e andò ad aprire l’armadio accanto a quello che immaginai fosse il suo letto, sfatto e con una rivista da Quidditch abbandonato sul cuscino. Mi sedetti e lo guardai rovistare tra i suoi vestiti.
-E tu- diedi voce ad un mio dubbio –perché non sei andato agli allenamenti?-
Si raddrizzò e mi guardò a metà tra il divertito e  l’amareggiato.
 
(Blaise)
-Perché non sei andato agli allenamenti?-
Perché ho fatto a pugni con Draco?
No, non era una buona risposta.
 
Con già la divisa addosso, Blaise entrò di corsa nel campo di Quidditch, dove gli altri membri della squadra di Serpeverde si stavano già riscaldando.
-Alla buon’ora!- lo salutò scherzosamente il portiere, facendogli un cenno di saluto.
L’urlo del ragazzo richiamò l’attenzione del capitano, che scese fino a terra e gli andò incontro a passo di marcia.
-Hai deciso di degnarci della tua presenza?- lo provocò Draco.
-Ho fatto tardi, scusa.- si scusò senza alcuna enfasi, richiamando la scopa che aveva lasciato negli spogliatoi.
-Guarda che le regole valgono anche per te.- lo rimbeccò Draco.
-Ti ho già detto che non ho fatto apposta, non rompere.- gli consigliò Blaise, l’irritazione evidente in ogni parola –Ero impegnato e non ho visto l’ora.-
-E che impegni avevi?-
-Non credo siano affari tuoi, Draco.-
Si quadrarono intensamente per alcuni secondi, sotto lo sguardo incuriosito degli altri ragazzi ancora in sella alle loro scope.
-Io dico di sì, se arrivi in ritardo perché ti sbatti la mia ragazza.-
-Hermione non è la tua ragazza, quindi tecnicamente non sono affari tuoi.-
-Tecnicamente io non l’ho ancora lasciata.-
-Tecnicamente- lo corresse Blaise –lei ti ha urlato che sei uno stronzo.-
Gli occhi di Draco si assottigliarono, chiaramente arrabbiato.
-E per inciso- terminò Blaise –è quello che penso anche io.-
-Me ne fotto di quello che pensi tu.- Draco lasciò cadere a terra la scopa, avvicinandosi all’amico –Ma stalle alla larga.-
-Altrimenti?-
Draco non si premurò di rispondere alla sua domanda.
-Per lei sarai solo un ripiego.- sputò con rabbia, gli occhi grigi accesi di provocazione.
Nemmeno Blaise si premurò di ribattere. Un pugno sulla mascella si rivelò una risposta sufficientemente loquace.
 
 Un nodo di fastidio mi attanagliò lo stomaco, ma lo scacciai con decisione.
-Divergenze di opinione.- mi limitai a rispondere.
Continuai a esaminare il contenuto dei miei cassetti, sentendo lo sguardo di Hermione su di me.
-Mi dici per cosa ti servo?-
-In realtà non mi servi.-
Era vero, volevo solo la sua compagnia, stare solo con lei.
-Mia madre è fissata con le camicie, secondo lei non ne ho mai abbastanza e si diverte a comprarmele.- scossi la testa al pensiero di quell’assurda fissazione –È in una boutique rinomata di non so dove e vuole sapere se ho una camicia viola con, cito testualmente- precisai recuperando la lettera –sottili righine nere e grigie che danno un effetto sfumato al color viola della camicia.-
Hermione rise e mi guardò decisamente stupita da quella strana mania di mia madre.
-Che tra parentesi non ho nemmeno capito cosa intenda con la sua spiegazione.-
Hermione rise ancora, leggendo la descrizione della camicia sulla lettera e poi si alzò, venendo vicino a me e osservando le mie camicie ripiegate nel cassetto.
-Non mi sembra ce ne sia nessuna che corrisponde a questa descrizione…- meditò.
-Già, anche secondo me.-
Andai alla scrivania, scrissi la risposta e andai alla porta, affidandola ad una ragazzina del primo anno che mi promise solennemente di andarla a spedire a nome mio.
La risata di Hermione mi fece tornare in camera.
-Perché ridi?-
Lei, per tutta risposta, mi mostrò una camicia rossa con ricami dorati sul colletto e i polsini. Decisamente Grifondoro.
-Chissà cosa direbbero le tue ammiratrici se la vedessero.- rise.
Avanzai verso di lei, tendendo la mano per riprenderla, ma lei la allontanò.
-Tu, Purosangue Serpeverde, con una camicia del genere? Ti prego, provala.- mi chiese divertita.
Alternai lo sguardo tra lei e il capo incriminato  e poi, rassegnato, annuii, tendendo la mano per farmi dare la camicia.
Adesso mi sarei divertito io.
Mi tolsi il maglione e la cravatta e sbottonai lentamente la camicia. Vidi lo sguardo di Hermione scivolare sul mio corpo e sentii la pelle bruciare sotto il suo sguardo. Arrossì, accorgendosi di quella che le doveva sembrare sfrontatezza, e si voltò.
Mi avvicinai a lei e le spostai i capelli di lato, avvicinando il naso al suo collo.
Mi sembrava di non vedere altro che lei, la sua pelle, il suo respiro. Le baciai il collo, poi la nuca, passandole le braccia sul ventre e sui fianchi. La voltai verso di me.
Aveva gli occhi chiusi e le labbra socchiuse. Mi avvicinai con lentezza, sfiorando con le labbra i contorni del suo viso. Il mento, la fronte, la guancia, l’orecchio, il collo.
Aspettai di vedere le sue reazioni, ma lei non si ritrasse.
Posai le labbra sulle sue, morbide come l’ultima volta che le avevo assaggiate.
Quanto mi era mancata.
Le passai un braccio intorno alla vita e l’altra mano sulla schiena, avvicinandola al mio corpo. La feci stendere sul letto, baciandola con  delicatezza e beandomi della sua risposta, appassionata e decisa.
Le accarezzai un fianco, la pancia, il seno, le gambe. Mi staccai dalla sua bocca per farla respirare, anche se avrei preferito non doverlo fare.
Piegò una gamba contro il mio fianco, spingendomi la testa contro il suo viso.
Emisi un gemito profondo, di gola, incapace di non esternare quello che il contatto con il suo bacino aveva scatenato in me.
-Hermione, vuoi fare l’amore con me?-
 
 
Buonasera!
Posto di fretta perché devo tornare a studiare, visto che mi hanno spostato l’esame :(
*frase tratta dal musical “Grease”, che immagino conosciate tutti.
Dunque, cosa risponderà Hermione?
Vi lascio in sospeso….
Grazie a tutte quelle che hanno commentato lo scorso capitolo e a chi segue la storia.
Vi avviso che mancano 2 o 3 capitoli alla fine.
Commentate, per favore!
Un bacione

Giada 

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Capitolo 26
*** Novecentonovantanove ***


(Blaise)
-Hermione, vuoi fare l’amore con me?-
Alla mia domanda, Hermione aprì gli occhi  e mi guardò con attenzione, facendo scorrere lo sguardo sul mio viso e sul mio corpo, fino alla mia mano che continuava a scorrere sul suo fianco.
Temetti che stesse per respingermi, ma lei chiuse gli occhi di nuovo. Spiegò la testa all’indietro e mise la mani sui miei fianchi, spingendomi contro di lei.
Ricominciai a baciarle il collo, il viso, scendendo fino al seno, muovendo il bacino contro il suo. Ad ogni suo sospiro, ad ogni gemito, ad ogni sua carezza, mi sentivo felice.
Era la realizzazione di quello che avevo sognato, di quello che desideravo ormai da mesi.
Aprii gli occhi e la guardai, abbandonata alle mie mani e alla mia bocca. Sentivo il suo profumo, finalmente non più mischiato con quello di Draco.
Era bella, ancora più bella ora che il rossore sulle guance era dovuto a quello che io le stavo facendo.
-Non me ne frega un emerito…- una voce inconfondibile bloccò la mie carezze sulla sua coscia.
La conclusione della frase di Draco venne coperta dal rimbombo di una porta che sbatteva.
Aprii gli occhi e vidi che Hermione mi guardava con gli occhi scuri offuscati dalla lacrime. Mi sollevai dal suo corpo e lei si sedette sul letto, stringendosi le ginocchia al petto.
-Mi dispiace, Blaise..- mi disse con voce soffocata –Mi dispiace, mi dispiace tanto.-
Non c’era bisogno di altre spiegazioni, ma lei continuò.
-Io non posso stare con te, non ci riesco. Io lo..-
La fermai mettendole due dita sulle labbra, poi mi alzai e mi abbottonai i pantaloni.
-Non dirlo, per favore non dirlo.- la pregai.
Mi sedetti sull’altro lato del letto, piegandomi in avanti per sistemare le stringhe delle scarpe e nascondere l’espressione di totale delusione che ero certo di avere in volto.
-Blaise.- mi chiamò e io le lanciai una breve occhiata al di sopra della spalla.
Si era già sistemata la camicia e il maglione della divisa. Si lisciò nervosamente la gonna a pieghe e mise una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
-Vai via, per favore.- le chiesi –Non sono arrabbiato con te, ma voglio stare da solo.-
Sentii dei passi sulle pietre del pavimento e poi una carezza sulla spalla. Mi voltai fino ad incontrare i suoi occhi tristi e sinceramente dispiaciuti.
Le misi una mano dietro la nuca e la tirai a me, premendo le mie labbra sulle sue in un bacio duro, disperato, sofferente. Volevo che mi rimanesse qualcosa di lei, il suo profumo, la sensazione dei suoi capelli ricci, il suo sapore.
Si staccò da me e mi diede un bacio sulla fronte, materno e tenero.
Non proprio quello che avrei voluto da lei.
-Ti amo.-
Le confessai la verità, quella che avevo bisogno di dire per poter andare avanti, un attimo prima che la porta di chiudesse alle sue spalle, certo che comunque avesse sentito.
 
(Hermione)
-Ti amo.-
Le parole di Blaise arrivarono alle mie orecchie un secondo prima che la porta si chiudesse alle mie spalle.
Qualcuno mi amava, qualcuno mi amava così tanto da lasciarmi andare senza chiedere altro che un bacio duro e pieno di addii.
Qualcuno che però io non amavo. Qualcuno che non era Draco.
Blaise era bello, affascinante, con lui stavo bene, avrei potuto affogare in lui e nei suoi occhi blu, nel suo corpo e nelle sue carezze. Avrei potuto, ma non ce l’avevo fatta.
La voce di Draco mi aveva risvegliato da quella specie di limbo, di ipnosi, e mi aveva fatto realizzare che non potevo tradire Draco, non potevo tradire quello che provavo per lui.
Feci un passo avanti, poi mi fermai.
Davanti a me Draco mi guardava con uno sguardo pieno di rabbia, la sua furia che sembrava esplodere nel grigio dei suoi occhi.
-Hermione, la cravatta.-
Mi voltai verso Blaise, che era appena uscito dalla sua camera e mi tendeva la mia cravatta di Grifondoro.
Quando me l’aveva tolta?
-Grazie.-
Lui annuì, poi sparì nella camera dei ragazzi dell’ultimo anno, senza nemmeno una parola rivolta a Draco.
Lui era ancora fermo sul posto, immobile e furioso. Mi squadrò per qualche istante, poi qualcosa gli distorse i lineamenti perfetti del volto. Strinse i pugni e tornò nella sua camera.
 
(Draco)
Cosa le potevo dire?
Se davvero soffriva così tanto per quello che pensava avessi fatto, perché era andata da Blaise?
Rientrai in camera cercando di nascondere il mostro che sembrava vibrare nel mio petto e che per un attimo mi aveva fatto quasi ringhiare dalla rabbia.
Mi sentivo tradito.
Chiusi la porta alle mie spalle e mi lasciai scivolare a terra, reclinando la testa all’indietro, stanco e spossato.
Non riuscivo nemmeno a concepirlo, solo l’idea che Hermione fosse stata con Blaise, che si fosse lasciata toccare e baciare come solo io potevo fare mi stava spaccando a metà. La metà che soffriva come un animale bastonato e quella che cercava di convincersi che nessuna donna aveva il potere di farmi stare in questo modo.
Mi morsi un labbro, pensieroso e mi accorsi di non trovarci nulla.
Non c’era il suo sapore, quello a cui mi ero abituato in quei mesi, quello che ormai non sembrava più potersi distinguere dal mio.
Quel sapore che amavo come non avevo mai amato nient’altro.
Lei era mia, ribadii in un moto di orgoglio ruggente, e me la sarei ripresa.
Mi alzai e andai come una furia nella camera di Blaise, aprendo la porta e sbattendomela alle spalle.
-Cosa non ti è chiaro, Blaise?-
Urlai, andando verso di lui e spingendolo giù dal letto su cui era sdraiato. Preso alla sprovvista, cadde e si rialzò imprecando.
-Cosa non ti è chiaro della frase: non devi toccarla?- urlai, spintonandolo.
-Troppo tardi.- commentò con cattiva ironia, indicando con un cenno del capo il letto sfatto.
Fu in quel momento che dimenticai che quel ragazzo moro davanti a me era il mio migliore amico e non uno qualunque, fu in quel momento che decidemmo, probabilmente all’unisono, di sfogare tuta la rabbia e l’amarezza che covavamo dentro di noi sulla persona che avevamo davanti.
Gli tirai un pugno sul naso e uno nello stomaco, poi persi il conto.
Ci allontanammo di un paio di passi, riprendendo fiato e guardandoci in tralice. Blaise era conciato male, ma io non dovevo essere da meno.
-Non toccarla mai più, Blaise, o giuro che ti ammazzo.-
Gli voltai le spalle, poi mi diressi verso la porta. Mi girai quando un tonfo mi fece sobbalzare.
Blaise aveva tirato un calcio al suo comodino, che si era ribaltato pesantemente su un fianco. Lo guardai, vedendo i pugni stretti e le labbra contratte, un luccichio sospetto negli occhi.
-Non ha voluto farsi più toccare quando ha sentito la tua voce.-  scosse la testa, amareggiato –Alla fine non mi ha voluto lo stesso, indipendentemente da qualsiasi cosa tu le abbia fatto.-
Prese un accappatoio e uscì dalla stanza.
Un attimo dopo stavo correndo lungo i corridoi dei sotterranei, diretto in guferia.
Avevo una lettera da scrivere.
 
 
Sorrisi vedendola arrivare con tre libri voluminosi, pesanti e impolverati tra le braccia. Solo lei poteva trovarci qualcosa di interessante tra quelle pagine di pergamena ingiallita, solo lei poteva considerarle confortanti.
E soprattutto solo lei poteva decidere di andare in biblioteca subito dopo le lezioni, invece di rilassarsi altrove.
-Vai da qualche parte, Granger?- le chiesi affiancandola.
-Anche se fosse, non vedo come possa interessarti, Malfoy.-
Continuò a camminare diretta verso le scale, senza degnarmi di uno sguardo e senza  alcuna intenzione di fermarsi.
-Devi ascoltarmi.-
Vedendo che non aveva intenzione di assecondarmi, la presi per un braccio e la trascinai di peso verso un’aula vuota. Ringraziai che le lezioni si fossero concluse da un’ora e che tutti i ragazzi fossero scappati dalle aule verso le proprie Sale Comuni, perché Hermione imprecò contro tutti i maghi che avessero mai messo piede su questa terra.
Nonostante si dimenasse come un Ungaro Spinato, riuscii a spingerla oltre la soglia di quella che riconobbi come l’aula di Babbanologia.
Sigillai la stanza e la disarmai, prendendo al volo la sua bacchetta.
-Ora mi ascolterai.-
-Non ce n’è bisogno, ho letto abbastanza.-
Quella sua aria da saccente, quel suo modo di incrociare le braccia sotto il seno per proteggersi, quel suo ticchettare il piede a terra in segno di fastidio.. tutto il suo atteggiamento indisponente mi fecero esplodere.
-No invece!- urlai –Tu non hai letto nulla, non hai capito niente!-
-Non mi trattare come una scema perché non lo sono.- mi rimproverò –Non c’era nulla da capire, era tutto molto chiaro.-
-Merlino quanto sei stupida!- imprecai.
Il suo schiaffo mi arrivò dritto e forte sulla guancia sinistra.
-Non mi trattare come le altre sciacquette che hai avuto, Malfoy, perché io non sono una di loro.-
La guardai, ad un passo da me, arrabbiata e con gli occhi lucidi.
No, non lo era e non lo era mai stata.
-Fammi uscire.-
Tese una mano verso di me, aspettando che le dessi la sua bacchetta. L’idea non mi balenò nella mente nemmeno per un istante, come minimo mi avrebbe Schiantato.
-Prima devi ascoltarmi.-
Mi guardò con gli occhi ridotti a due fessure, valutando la condizione che le avevo posto, poi si mise le mani sui fianchi e sbuffò.
-Allora parla, non ho tempo da perdere con te.-
Avrei voluto prenderla a schiaffi per quel suo modo ostinato di trattarmi come un approfittatore, come un bugiardo, senza concentrarsi su quello che c’era scritto  davvero  su quella lettera.
-La lettera è vera, non ti dirò che è un falso solo per facilitarti le cose. Ma tu non hai capito niente di quello che ha scritto mia madre.- esordii, ma subito lei mi interruppe.
-Ti ho già detto che ho capito benissimo!-
-E io ti ho già detto che invece ti sei sbagliata.- urlai.
Feci un passo verso di lei ed Hermione arretrò.
-Hermione, non ti faccio niente.- ringhiai, offeso profondamente da quel lampo di paura che le avevo visto negli occhi –Davvero pensi che ti voglia picchiare, che abbia intenzione di farti del male?-
Lo chiesi con la voce più dolce che potevo avere, quella che avevo usato solo con lei e con poche altre persone. Quella voce innamorata che poche persone avevano usato con me.
Hermione scosse appena il capo e io tirai un sospiro di sollievo. Non avrei potuto accettare che avesse paura di me.
Presi dalla tasca dei pantaloni la lettera che avevo portato con me, poi la misi davanti a lei.
-Leggi.- la invitai, cercando di mantenere un tono morbido.
-Ho già letto a sufficienza.-
Si ostinò a non abbassare nemmeno lo sguardo sul foglio che le porgevo, gli occhi sempre più lucidi.
-Leggi!-
Ci fissammo per qualche istante. Eravamo due persone testarde e ostinate, ma questa volta avrei vinto io.
Dopo quella che parve un’eternità, allungò la mano e prese la lettera. Fece scorrere rapidamente gli occhi lungo le righe, mordendosi con forza il labbro inferiore, nel tentativo di nascondere quanto tremasse.
-E adesso che ho letto? Sono le stesse identiche parole che ho letto due settimane fa, Malfoy.- tirò su col naso –Non c’è nemmeno una virgola in più o in meno.-
-Lascia perdere quelli che mia madre si ostina a definire consigli.- le suggerii avvicinandomi di un passo –Guarda le prime frasi.-
Hermione abbassò lo sguardo, fissando le prime frasi, come le avevo suggerito, ma senza vederle davvero.
….sono stata informata…
….mi addolori il fatto che tu non me ne abbia parlato personalmente….
….Ne ho parlato anche con Lucius e siamo entrambi concordi….
Nelle parole che aveva usato mia madre c’era già tutto quello che le serviva per capire, ma lei doveva guardare oltre, non fermarsi al suo dolore.
-Non so chi sia stato ma qualcuno le ha detto di noi. Qualcuno che non ero io.-
-Ti vergogni così tanto di me da non..-
La strattonai verso di me e le strinsi il mento con una mano, costringendola a guardarmi.
-Io non mi vergogno di te.- ringhiai, stufo del suo atteggiamento e della sua mania di immaginare il completamento dei miei discorsi –Non le ho detto niente perché sapevo che non avrebbe capito nulla.- abbassai il volto cercando i suoi occhi.
Volevo che mi guardasse, che leggesse nei miei occhi quello che ci aveva letto la prima volta, quello che l’aveva convinta che io fossi diverso, quello che l’aveva fatta innamorare di me.
-Niente di quello che c’è scritto lì sopra è mai uscito dalla mia bocca, non mi è mai nemmeno venuto in mente che fosse possibile usarti per ripulire il mio passato dallo schifo che lo macchia.-
Ma come potevo farle vedere la sincerità che avevo dentro, se lei si ostinava a fissare solo il colletto della mia divisa?
-Mia madre e mio padre hanno trovato la spiegazione che preferivano, quella che per loro era più comoda, quella che gli permettesse di non pensare che avevano allevato un figlio diverso da loro.-  le dissi gentilmente.
-Mia madre è troppo occupata a sentire la mancanza di mio padre per domandarsi cosa siano stati per me il Marchio, l’omicidio di Silente, la guerra. È troppo occupata per chiedersi cosa mi abbia fatto cambiare, ma non abbastanza da non aver tempo di preoccuparsi di non essere infettata da chi non ha il sangue come il suo.-
Ancora silenzio, ancora i suoi occhi lucidi.
 –Sono solo supposizioni false.-
Mi avvicinai ancora un po’, allungando anche l’altra mano verso il suo viso, accarezzandole una guancia.
-Non c’è mai stato nessun piano, Granger.-
Hermione continuò a rimanere silenziosa, gli occhi che guardavano qualsiasi cosa non fossi io.
-Cosa vuoi di più, Hermione?-
-La verità.-
-Te l’ho già detta, questa  è la verità.-
-E quella- Hermione indicò la lettera –allora cos’è?-
Mi allontanai da lei.
-Quella è la spiegazione che si è data mia madre, la spiegazione che le permetteva di non ammettere che suo figlio finalmente è libero di essere chi vuole, con chi vuole.-
-Io non riesco a crederci.- chinò il capo –Non riesco a crederti.-
Le diedi le spalle gettando la bacchetta che le avevo preso su un banco, senza sapere cos’altro fare per convincerla.
Poi ebbi il famigerato colpo di genio.
Salazar, grazie!
-Vuoi la verità?- domandai retoricamente –L’avrai.- le promisi.
Uscito dall’aula, cominciai a perlustrare Hogwarts da cima a fondo.
 
 
Trovati!, esultai interiormente.
Mi misi al centro del corridoio, la bacchetta puntata contro Potter e la Weasley che venivano nella mia direzione.
-Non voglio combattere, Potter.- chiarii –Voglio solo parlare con te.-
Mi guardò per qualche istante, scrutandomi con i suoi occhi incredibilmente verdi. Assomigliava ai suoi genitori come io assomigliavo ai miei, entrambi avevamo dovuto sopportare il peso di una fama non voluta, seppur su due fronti opposti.
Forse non eravamo così diversi, in fondo.
E forse dovette pensarlo anche lui, perché annuì e sussurrò qualche rassicurazione all’orecchio della sua ragazza. Sfoderò la bocchetta, per precauzione, e mi fece cenno di precederlo.
Arrivati in un’aula, insonorizzai la stanza e mi voltai verso di lui.
-Spara, Malfoy. E in fretta.- mi suggerì impaziente e nervoso, non propriamente felice di sprecare il suo tempo con me.
Cominciai a spiegargli la verità. Di come quella lettera contenesse solo le ipotesi di mia madre, che nulla di quello che avevano letto fosse mai uscito dalla mia bocca, di come Hermione non volesse darmi ascolto e fidarsi di me.
Lui mi ascoltò in silenzio, guardandomi attentamente.
-E io ti dovrei credere sulla parola?- domandò incrociando le braccia, un tono  leggermente  derisorio.
-Sì.-
-E cosa mi assicura che tu stia dicendo la verità?-
-Nulla.-
Potter mi sorrise con un ghigno poco rassicurante, poi estrasse la bacchetta.
Fu un attimo.
-Legilimens.-
Cominciò a frugare tra i miei ricordi con disordine, non doveva essere pratico di quell’incantesimo.
Pensai di respingerlo, ma poi capii che non avrebbe fatto altro che fomentare i suoi dubbi e insospettirlo su ciò che gli avrei potuto nascondere.
Così mi limitai a isolare i ricordi della mia infanzia, mentre tanti ricordi di anni diversi mi scorrevano nella mente, un po’ sfocati per la sua inesperienza, ma comunque chiari e comprensibili.
Io e Pansy su un divano in Sala Comune, nella piscina della casa di campagna dei Greengrass, una notte con una ragazza di Corvonero, uno scorcio dell’incontro nel bagno con Hermione. Ancora Hermione, Londra, Hermione a Natale, Hermione nella mia camera, Hermione che diceva di amarmi.. poi lo trovò.
 
Come un tornado, Draco entrò nella sua camera sbattendosi la porta alle spalle. Si gettò sul letto e aprì la busta che gli era appena arrivata.
Lesse con crescente rabbia e sgomento, la fronte che si corrugava pericolosamente ad ogni parola. Finì di leggere e gettò la lettera sulla scrivania.
Una rabbia ardente sembrò pervadere l’intero ricordo, serpeggiando nelle mente di Harry come se la stesse provando in prima persona.
Narcissa era diventata proprio come l’uomo che aveva sposato. Pur non avendo mai ricevuto il Marchio, si era trasformata in una Mangiamorte senza rendersene conto.
Aveva accettato gli ideali folli e razzisti del marito e ora non poteva accettare che proprio suo figlio si fosse innamorato di una lurida Sanguesporco. Non importava quanto gli fosse pesata quella guerra che lo terrorizzava, quanto quei morti e quelle torture l’avessero segnato. Non importava quanto e perché fosse cambiato.
Narcissa Black in Malfoy non si era mai fermata per chiederselo.
Draco di ripromise che non appena avesse avuto tra le mani chi aveva informato sua madre, quella persona avrebbe passato un  brutto quarto d’ora.
Lanciò un’occhiata all’orologio e si diresse fuori dalla camera.
Per fortuna Hermione non avrebbe più avuto lezioni per il resto della giornata. Potevano stare insieme.
Mentre l’ira che pervadeva il ricordo sfumava, tutto venne investito da un sollievo morbido e avvolgente, dolce e innamorato.
 
Quando Potter uscì della mia mente, aveva gli occhi sgomenti dalla profondità del sentimento che provavo per Hermione e che lui aveva percepito come una colonna sonora dell’intero ricordo.
-Capisci, Potter?-
Lui annuì, ma io decisi di spiegare meglio, per togliergli ogni dubbio.
-Quella lettera è vera, ma è solo una supposizione di mia madre. È quello che pensa lei, non quello che ho organizzato io. Non c’è mai stato nessun piano.-
-Perché..- cominciò dopo aver annuito ancora un po’ –Perché hai bisogno di me?-
-Ho un piano.-
Sorridemmo entrambi, stranamente complici.
 
(Hermione)
Due settimane, due giorni, qualche ora e almeno quindici letture di “Storia di Hogwarts”, calcolai. Trovavo quel libro terapeutico.
Due settimane, due giorni, qualche ora e almeno quindici letture di “Storia di Hogwarts” da quando io e Draco non stavamo più insieme.
Solo tre giorni e  solo  quattro letture di “Storia di Hogwarts” da quando mi aveva parlato in quell’aula.
Ero diventata così patetica da contare da quanto tempo sentivo la sua mancanza, da quanto tempo non mi sentivo più chiamare Mezzosangue con quel tono strascicato e morbido, da quando non sentivo nessun sapore pungente sulle mie labbra?
Sì, lo ero diventata.
La spiegazione di Draco non faceva una piega, aveva senso ed era perfettamente in linea con l’immagine che avevo di Narcissa, altera e fiera, completamente coinvolta nelle idee del marito.
Eppure, anche se tutto ciò che mi aveva detto era plausibile, non riuscivo a credergli.
Salii l’ultima rampa di scale che conduceva alla torre di Grifondoro, alleggerita dei due libri di Storia della Magia che avevo riconsegnato in biblioteca.
-Calderotti di zucca.- dissi con voce stanca alla Signora Grassa.
Lei mi fece un mezzo inchino, di quelli d’altri tempi, e si fece da parte, lasciandomi entrare senza alcun commento.
La prima cosa che notai fu il silenzio. Nessun rumore proveniva dalla Sala Comune, oltre il passaggio nascosto dal quadro. Poi notai un bagliore chiaro, diverso dalla solita luce dorata e calda che emanava il camino e che si rifletteva ovunque sugli arazzi, sui tappeti e sui divani rossi.
Avanzai incuriosita e quando sbucai oltre il passaggio, mi lasciai sfuggire un sospiro stupito ed estasiato. Portai una mano davanti alla bocca, nascondendo il tondo perfetto che formavano le mie labbra.
Non. Ci. Credo. *
Sui tavoli, sul pavimento, sulle sedie. Ovunque.
Ovunque vasi con margherite bianche.
-Sono mille, se te lo stai chiedendo.- una voce morbida e divertita alle mie spalle mi fece sobbalzare –Mille, non una di più, non una di meno.-
Mi voltai. Draco mi guardava, evidentemente compiaciuto del mio stupore, ma non trionfante. Sembrava piuttosto.. felice.
Genuinamente felice.
Era rimasto appoggiato al muro di pietra, quasi nascosto da una libreria di legno. Si staccò con lentezza e venne verso di me, tenendo tra le mani una scatoletta verde, cubica e non più grande di un pugno.
Lo guardai stupita.
Come aveva fatto a far arrivare tutte quelle margherite?  E soprattutto, per Morgana, come era arrivato lui fino alla mia Sala Comune?
-Potter.- mi disse, senza aggiungere altro.
-Tutto questo è per Harry?- chiesi, cercando di apparire rilassata.
Un sorriso storto, a metà tra una smorfia e un sorriso vero e proprio, gli increspò le labbra.
-No, Potter mi ha fatto entrare e mi ha aiutato.- mi spiegò –Tutto questo, invece, è per te.-
Rimasi ferma, colpita dal modo in cui aveva detto le ultime parole.
Non avrei saputo né descriverlo né spiegarlo, nemmeno con tutti i termini colti e forbiti che avevo imparato leggendo libri elaborati da grandi menti di tutte le epoche.
Quel tono era solamente.. innamorato, forse.
-Pensi di comprarmi con delle margherite?-
La miglior difesa è l’attacco, cercai di convincermi.
-Intanto non sono margherite. Sono  mille margherite bianche.- precisò guardandole, orgoglioso dell’effetto che facevano, immerse in tutto il rosso della mia casa.
Camminò fino ad un tavolo, scrutando le margherite contenute in uno dei vasi. Ne scelse una accuratamente, poi la prese tra le dita.
-L’ultima volta che non mi hai creduto, ti ho dovuto far entrare nella mia mente e alla fine ti sei scusata per la tua diffidenza. Mi sarebbe piaciuto che ti fossi fidata di me, ma in fondo stavamo insieme da poco, era anche comprensibile. Questa volta, però, era diverso.-
Lo stelo del fiore si piegò sotto la morsa delle sue dita.
-Questa volta avrei voluto che mi parlassi, che mi chiedessi spiegazioni e avrei voluto non doverti disarmare e trascinare in un’aula vuota per poterti spiegare.- disse rapidamente, nervoso –Avrei voluto che mi credessi, che credessi a  me, non ad uno stupido pezzo di carta.-
Lo guardai negli occhi, accesi dai riflessi rossastri del fuoco e che sembravano attirare i miei come calamite.
-Ti ho detto la verità, tutta la verità che volevi sapere. Avrei voluto che ti bastasse.-
Fu quasi un soffio di vento, quel suo desiderio sussurrato ad occhi bassi.
-Ma è chiaro che non è così, che la mia parola non basta nemmeno per te.-
C’era qualcosa di infinitamente triste e deluso nella sua voce, come l’ennesima sconfitta che l’aveva ferito più del previsto, che l’aveva lasciato a terra spossato e sanguinante.
Ferito a morte.
Si avvicinò di qualche passo, in una mano la margherita che aveva rubato dal vaso, nell’altra la scatolina. La tese verso di me e io la presi titubante.
-Volevi la verità?- mi chiese mentre sollevavo il coperchio –Eccola.-
Avevo pensato che fosse una sorta di regalo, di dono per farsi perdonare.
Guardando il contenuto, capii che non erano le sue scuse. Era la mia accusa.
Una boccetta di vetro trasparente conteneva un liquido altrettanto cristallino. Inodore, insapore, incolore.
Veritaserum.
La mia verità, la mia richiesta, la mia diffidenza.
La mia accusa, la mia colpa, la mia condanna.
-Adesso sono novecentonovantanove.-
Draco mi lasciò quel sussurro all’orecchio, prima di andarsene con la millesima margherita stretta tra le dita.
La margherita che mancava per raggiungere la perfezione di quelle che mi circondavano, come lui  mancava nella perfezione della vita che avevo creato con lui.
Avrebbe potuto dirmi altro, ma non ce ne sarebbe stato bisogno.
Mi aveva dato la sua parola, non mi era bastata. Ora mi dava la possibilità di avere la conferma assoluta, magica, quasi scientifica della sua sincerità.
Una conferma che però avrebbe dimostrato solo una cosa.
Che non lo amavo abbastanza per fidarmi di lui.
 



Buonasera a tutti!
Ecco il penultimo capitolo. Ne manca solo uno (due se avrò un improvviso lampo di genio, ma non credo).
Che dire, credo che si commenti da solo. Tutti i nodi vengono al pettine: la risposta di Hermione a Blaise, chi ha scritto la lettera, la sincerità di Draco in tutto quello che ha fatto, la soluzione per togliere i dubbi a Hermione.
Cosa ne farà lei di quella piccola boccettina di Veritaserum?
Premettendo che il capitolo è già scritto (“abbozzato”, più che altro), mi piacerebbe sapere che ne pensate voi.
Nota:
*Non. Ci. Credo.Non è una vera citazione, più che altro mi è venuta in mente la battuta del protagonista del film “L’apprendista Stregone”. Guardatelo, è divertente e vi farà fare quattro risate!
Grazie a tutte le fanciulle che hanno commentato lo scorso capitolo.
Un bacione!!

Con affetto, Giada  

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Capitolo 27
*** Mille ***


(Hermione)
Avevo passato probabilmente tutta la notte a fissare quella boccettina trasparente, così piccola eppure così importante.
Sembrava acqua, ma era infinitamente più potente e pericolosa.
Ero combattuta tra due voci, tra due volontà opposte. Fidarmi di Draco, come ogni persona innamorata avrebbe fatto, rimanendo però con quella angoscia strisciante, o usare il Veritaserum e dargli la prova che non avevo un minimo di fiducia in lui?
Mi presi la testa tra le mani, le tempie che sembravano esplodere ad ogni pulsazione del sangue nelle vene, quel sangue che aveva fatto tanti danni e che ancora ne stava facendo.
Dovevo reagire o sarei impazzita.
Mi alzai, attraversando la camera piena di vasi e di margherite bianche. Molte le avevo lasciate in Sala Comune, perché non sarebbero mai entrate nella mia camera da Caposcuola, grande ma comunque non immensa.
Novecentonovantanove, mi ripetei.
Aprii la porta e scesi fino alla Sala Comune, ma mi bloccai sulle scale, scorgendo Harry e  Ginny abbracciati sul divano, impegnati nelle loro effusioni.
Incontrai lo sguardo di Ginny e mi sentii andare  a fuoco.
-Merlino, scusatemi!!!- esclamai, voltandomi in tutta fretta –Pensavo non ci fosse nessuno.. Buona serata!- mormorai tornando in camera mia.
Che figuraccia.
Un bussare sulla porta mi costrinse ad alzarmi nuovamente per andare ad aprire. Visto che erano le quattro di sabato mattina e che tutta la popolazione di Hogwarts quel giorno dormiva come minimo fino alle nove, avevo pochi dubbi su chi ci fosse al di là della porta.
Harry entrò dallo spiraglio che avevo aperto, chiudendosi la porta alle spalle.
-Sì, lo so, scusa!- esordii –Ma che ne sapevo io che voi due alle quattro eravate ancora svegli!-
Forse perché anche tu, quando stavi con Draco, rimanevi sveglia fino all’alba?
Decisi di imbavagliare con forza quella maledetta vocina che avevo nella mente e che mi stava rendendo pazza.
-Non volevo disturbare e non l’ho fatto apposta. Dì a Ginny che mi scuso tantissimo e che, se la fa stare meglio, mi sento in imbarazzo.-
Finii il mio monologo di scuse sedendomi sul letto.
-Sai una cosa, Hermione?-
Scossi la testa.
-Malfoy ha ragione, non fai mai parlare le persone.- sbuffò Harry, in parte divertito e in parte contrariato.
-E tu come sai che Dra.. Malfoy- mi corressi all’ultimo istante, non potendo tollerare di chiamarlo ancora per nome –pensa che non lo faccio mai parlare?- chiesi con sospetto.
Harry sorrise e scrollò le spalle.
-Non sono venuto qui perché ci hai interrotti. Non me ne frega nulla.-
-Harry!- lo rimproverai –Se Ginny ti sente, uccide prima me e poi anche te.-
Harry rise. Probabilmente non aveva capito che la mia non era una battuta.
-Allora diciamo che non è il mio problema principale, meglio?- io annuii e lui continuò –Ti sono venuto a dire un’altra cosa.-
Mi sistemai a gambe incrociate sul letto, mettendomi più comoda e dedicandogli la mia totale attenzione.
-Tu lo ami.- aprii la bocca per rispondergli ma lui agitò il dito indice davanti al mio naso –Non era una domanda.- mi fece notare con ovvietà, poi si alzò e guardò con aria divertita e allo stesso tempo di rimprovero.
-Puoi continuare a non guardarlo in Sala Grande e durante le lezioni, fingendo che per te la sua presenza non sia importante. Puoi ostinarti a chiamarlo per cognome perché ti fa sentire meno stupida, meno ingannata. Puoi rileggere “Storia di Hogwarts” altre cento volte cercando di estraniarti dalla realtà. Puoi anche provare a stare con Zabini, fingendo che sia Malfoy e che ti faccia stare come stavi con lui.-
Mi domandai da quando Harry fosse diventato un così attento osservatore, da quando fosse un esperto di questioni di cuore.
Di  mie  questioni di cuore.
-Herm, tu lo ami e se non gli dai una possibilità adesso lo rimpiangerai per tutta la vita, perché continuerai a chiederti per sempre come sarebbe andata se non ti fossi ostinata sulle tue convinzioni.-
Era vero.
Il rimpianto sarebbe stato la mia rovina.
-Io non so cosa tu voglia fare con quel Veritaserum che ti ha dato e non lo voglio sapere. È una scelta che spetta solo a te.- mi spiegò con un sorriso fraterno –Ma davvero vuoi chiuderti in un guscio solo per proteggerti da tutto e tutti?-
Lo volevo?
Volevo diventare vecchia e arida come mi aveva detto la Cooman cinque anni prima?
-Non voglio fare  la vittima, Herm, ma ho sofferto tanto nella mia vita. Però…-
-Però?- lo sollecitai.
-Però preferirei soffrire ancora, piuttosto che smettere di vivere.-
Si chinò verso di me e mi diede un bacio sulla guancia. Poi se ne andò lasciandomi con quella perla di saggezza.
 
 
(Draco)
Avevo smosso mari e monti per ottenere quella fialetta di Veritaserum. Lumacorno era quasi morto di paura per la mia richiesta, pensava che volessi farne un uso illecito.
Avevo dovuto mandare Potter, per il quale quel tricheco aveva palesemente una predilezione, a garantire delle mie intenzioni, per procurarmelo.
E tutto per lei.
Praticamente avevo ammesso che avrei fatto qualsiasi cosa per farla tornare da me, per conquistare nuovamente la sua fiducia.
Eppure ora non ero più così convinto che fosse stata una buona idea.
Facendomi bere il Veritaserum sarebbe tornata da me, certo, ma avrebbe voluto dire che la mia parola non le bastava, che non si fidava abbastanza di me.
Che non mi amava abbastanza.
E io? L’amavo?
Se l’amore era desiderare una persona anima e corpo ogni istante della giornata, sognare il suo profumo perché era l’unico capace di farti sentire a casa, agognare la sua bocca perché ti faceva stare in pace con il mondo.. allora sì, l’amavo.
L’amavo e mi ero anche rammollito per lei.
Ma ne valeva la pena, senza dubbio.
E se non fosse tornata? Se avesse deciso che non ero più degno della sua fiducia, che in fondo Blaise era un eccellente sostituto, che non ero poi così speciale e fondamentale nella sua vita?
Quanti  se, troppi per valutarli tutti.
Dovevo solo affidarmi a lei, mettermi nelle sue mani.
Merlino, com’era angosciante non poter fare nulla!
 
Passai tutta la notte a rigirarmi tra le dita la margherita che le avevo rubato.
Novecentonovantanove.
Non sapevo da dove mi fosse arrivata l’idea delle mille margherite bianche. Sapevo solo che volevo dimostrarle che tutto quello che lei  mi aveva detto nel tempo che eravamo stati insieme, io lo ricordavo, che le avevo prestato attenzione, che non avevo mai finto interesse nei suoi confronti.
Non voleva essere una proposta di matrimonio, voleva solo essere una proposta di.. fidanzamento?
Sì, la dimostrazione che volevo stare con lei, magari per sempre.
L’immagine di Hermione che giocava con Teddy Lupin, durante la cena della Vigilia a casa Weasley, mi tornò alla mente e mi fece sorridere.
Magari un giorno avrebbe tenuto in braccio un bambino biondo…
Mi alzai in piedi di scatto.
Merlino, mi ero proprio rammollito. E Grifondorizzato.
 
 
Al sabato mattina la Sala Grande rimaneva quasi vuota almeno fino alle dieci, poiché la maggior parte degli studenti restava a poltrire nelle proprie camere.
Non necessariamente nelle proprie, in realtà.
Mi sedetti al mio tavolo, gli occhi incollati alla porta di ingresso aspettando che  Hermione arrivasse con la decisione che aveva preso.
Morsicai una fetta di pane tostato, continuando a rigirare tra le dita la margherita che le avevo rubato e che avevo incantato perché non appassisse.
-Dormito male, Draco?-
Non c’era nulla da fare, con gli anni la voce di Pansy era diventata sempre più acuta e la sua capacità di intervenire al momento opportuno era scomparsa.
Una volta era stata simpatica, magari un poco petulante e appiccicosa, ma comunque piacevole, qualità che sembravano esser scomparse con gli anni.
-Benissimo.- sibilai, appoggiando la margherita davanti alla mia tazza di caffè e prendendo dal vassoio un biscotto.
-È per me?- domandò prendendo in mano il fiore e portandolo al naso.
Mi alzai di scatto, togliendole il fiore di mano e spingendola a sedere sulla panca di legno.
-Attenta Pansy.- la mise in guardia Nott, un sorriso ironico sul volto –Lo sai che quando si tocca la sua Mezzosangue Draco diventa irritabile.-
-Un fiore per una Mezzosangue? Certo che deve essere proprio brava a letto se ti prendi tanto disturbo per lei.- insinuò, accavallando le gambe lunghe e magre –A me non hai mai regalato un fiore, Draco.- soffiò con voce roca, sorridendomi.
-Mangia, Pansy, così almeno terrai la bocca occupata ed eviterai di rompere le palle a me.- le suggerii, voltandole le spalle e dirigendomi verso l’estremità del tavolo, il più lontano possibile da tutti coloro che stavano facendo colazione.
Mi sedetti e riempii una nuova tazza di caffè, presi un altro biscotto e imburrai un’altra fetta di pane, mentre i miei occhi rimanevano incollati alla porta. Un gufo lasciò cadere una copia della Gazzetta del Profeta davanti a me, ma io le lanciai solo una rapida occhiata, sufficiente a leggere il titolo dell’articolo che campeggiava in prima pagina.
“Wizengamot rifiuta richiesta di scarcerazione anticipata per Lucius Malfoy.”
Grazie Merlino, almeno una cosa andava bene.
Hermione arrivò in quel momento, parlando con Paciock di qualcosa che lo deprimeva molto, almeno a giudicare dalla sua espressione funerea. Probabilmente un compito di Pozioni o di Trasfigurazione, ipotizzai.
Guardai Hermione sedersi accanto ai suoi compagni, cercando qualcuno al mio tavolo. fece scorre lo sguardo da un’estremità all’altra, fermandosi solo quando incontrò i miei occhi. Le sorrisi, ma ricevetti solo un sorriso appena accennato e fugace in risposta.
Merda!
La guardai fare colazione tenendo gli occhi incollati al piatto, tutta la sua attenzione posta nella difficile operazione di cospargere di marmellata una fetta di pane.
Mi colse un momento di panico.
E se fosse quella la sua risposta? Se avesse deciso di farmi capire che preferiva chiudere la nostra storia così, con l’indifferenza totale?
Dopo aver aspettato tutta la notte il momento in cui sarebbe venuta da me, ora non ero più così ansioso.
Se non fosse tornata, sarei stato malissimo.
Se fosse tornata con la boccetta che le avevo dato, sarebbe stato un colpo al cuore, la prova che per lei mia parola valeva molto meno di una coda di lucertola.
Vederla correre verso di me, sorridente e senza alcuna boccetta in mano sarebbe stato un sogno, ma un sogno decisamente poco realizzabile.
Speranzoso sì, idiota no.
Ormai era chiaro che non mi avrebbe detto nulla quella mattina e probabilmente, pensai, nemmeno quelle successive. Era finita, ormai ne ero convinto.
Mi alzai, raccolsi il fiore e uscii dalla Sala Grande.
 
(Hermione)
Mi rivolse un sorriso, uno dei suoi bellissimi sorrisi, uno di quelli che sembravano avere il potere di illuminarmi la giornata. Risposi con poca convinzione, agitata e con un senso di oppressione al petto.
Spalmai con poca allegria la marmellata di mirtilli sulla fetta di pane tostato che avevo preso distrattamente dal vassoio.
Essere o non essere, diceva Shakespeare.
Quello era il dubbio di Amleto e in quel momento anche il mio.
Essere una codarda o non esserlo, essere una coraggioso Grifondoro o non esserlo, essere fiduciosa o non esserlo, essere sopraffatta dalla paura di essere ingannata o non esserlo.
Veritaserum o non Veritaserum, quello era il dilemma.
-Hermione, il tuo principe azzurro se ne sta andando.-  mi informò Harry –E con un’espressione non troppo allegra. Se devi riprendertelo, ti conviene farlo ora.- mi suggerì, poi tornò a dedicarsi alla sua brioche al cioccolato.
-Herm, non vorrei metterti pressione.- mi tranquillizzò Ron, un sorriso divertito sul volto spruzzato di lentiggini –Ma datti una mossa!-
Guardai prima lui, poi Harry che rideva, Ginny che scuoteva la testa sconsolata, Dean e Seamus che cercavano di affogarsi nel succo di zucca pur di non ridere della mia espressione, sicuramente stupita da quegli atteggiamenti da consiglieri, oltretutto rivolti a beneficio di Draco.
Neville non  commentò, mi diede una gomitata, invitandomi ad alzarmi con uno sguardo eloquente. Seguii la direzione del suo sguardo.
Draco si stava dirigendo verso la porta d’uscita, diretto probabilmente ai dormitori di Serpeverde per isolarsi dal mondo, per allontanarsi da me.
Mi alzai in piedi, stringendo in una mano la fialetta che mi aveva donato. Scavalcai la panca e mi diressi verso l’uscita, quasi di corsa.
-Draco.-
Lo chiamai ancor prima di varcare la soglia e lui si bloccò, proprio al centro della Sala d’Ingresso. Mi avvicinai a lui e gli misi una mano sulla spalla, invitandolo a voltarsi verso di me.
Si voltò con lentezza, lanciandomi una sguardo al di sopra della spalla e poi ruotando il resto del corpo, i movimenti irrigiditi dalla tensione e gli occhi scuriti per la rabbia e il nervosismo repressi.
-Mi volevi parlare?-
Freddo, distaccato, diretto al punto. Una belva che sapeva come attaccare per ferire l’avversario, un animale che preferiva attaccare prima di trasformarsi esso stesso in vittima.
La miglior difesa è l’attacco, era sempre stato la sua massima di comportamento. Ferire per non essere feriti.
Cosa potevo rispondergli?
Mi mordicchiai il labbro, indecisa, spostando lo sguardo lungo le pareti di pietra, alla ricerca di un appiglio, di qualcosa che mi dicesse cosa fare.
Morsi più forte il labbro vedendo che quella soluzione non arrivava. Poi sentii un dito che mi sfiorava il labbro, sottraendolo alla morsa dei denti. Il pollice di Draco mi accarezzò con lentezza il labbro inferiore, correndo da destra a sinistra, i suoi occhi che mi fissavano ardenti.
-Allora? Dimmi.- mi sollecitò, allontanando la mano dal mio volto.
Non riuscivo a replicare, cosi scelsi di fare quello che avevo  deciso dopo una notte insonne di razionali ragionamenti.
Estrassi dalla tasca la fialetta e la allungai verso di lui.
In un attimo i suoi occhi si spensero, i suoi pungi si contrassero lungo i fianchi, la margherita si piegò sotto la stretta delle dita e le sue labbra si assottigliarono.
Un attimo di esitazione.
Poi allungò la mano verso la mia, sul cui palmo la boccetta di Veritaserum brillava promettente e sinistra.
Con lentezza disarmante prese la boccetta in mano e la stappò, gettando il piccolo tappo di sughero a terra, tenendo lo sguardo incatenato al mio.
Come nelle scene salienti di alcuni vecchi film, vidi la sua mano, stretta intorno a quel vetro fragile fino a far sbiancare le nocche, avvicinarsi alla sua bocca.
Poi lo capii.
Che cosa stavo facendo?
 
(Draco)
Le accarezzai il labbro con lentezza, percependone la morbidezza e ricordandone il sapore ormai scomparso dalla mia bocca. Avrei voluto baciarla, affogare nella sua bocca e non staccarmene mai.
-Allora? Dimmi.- la sollecitai, allontanando la mano dal suo volto.
La guardai, gli occhi fissi nei suoi per scorgere una traccia della battaglia che probabilmente stava infuriando in lei, ancora indecisa su come agire.
In quel momento scoprii una cosa.
Anche i Malfoy pregavano.
Pregai ogni mago che avesse mai calpestato questa terra, pregai Serpeverde e mi abbassai fino al livello di Godric Grifondoro. Sarei stato disposto a pregare Potter in persona -ovviamente non pubblicamente- pur di vedere il mio desiderio avverarsi.
Volevo che tornasse da me, lo volevo con tutto me stesso.
Anche un Malfoy poteva pregare, ma questo non voleva dire che sarebbe stato accontentato.
Con la massima serietà, mise la mano in tasca e poi la tese verso di me, sul palmo la boccetta di vetro che le avevo dato.
Veritaserum, come avrebbero pensato molti. La fine, ecco come la vedevo io.
Quella era la fine.
Niente appelli, niente colpi di scena. Solo la verità.
Lei non ti ama abbastanza da fidarsi di te.
La testa quasi mi scoppiava. Una parte di me urlava di andarmene, di non rimanere oltre davanti a lei, a vederla tenere in mano il simbolo della fine. L’altra parte di me, quella Serpeverde fin nel profondo, mi sibilò di restare, di bere la pozione e darle la prova che voleva, la prova che la verità che aveva tanto agognato era la stessa che io le avevo confessato.
E la parte serpeverde vinse.
Presi la boccetta dalla sua mano, attento a non sfiorarla, e tolsi il piccolo tappo con cui l’avevo sigillata. Lo lasciai cadere a terra distrattamente, la mano sinistra strettamente ancorata alla margherita, ultimo appiglio di quella storia che mi sembrava arrivare al suo capolinea troppo velocemente.
Continuai a guardarla negli occhi. Volevo leggervi il dolore quando si sarebbe resa conto di quello che aveva distrutto, dell’errore che aveva commesso. Volevo vedere la consapevolezza dilagare nelle sue iridi scure.
Avvicinai la boccetta alla bocca, gli occhi sempre incatenati ai suoi.
Poi sul viso di Hermione si dipinse un’espressione sconcertata e la mano si mosse verso di me, colpendo con decisione la mia mano destra.
La boccetta cadde a terra e si frantumò in mille frammenti taglienti, spargendo sul pavimento in pietra il suo contenuto prezioso.
E solo in quel momento mi sembrò di vederla davvero.
Non più la ragazza incerta e dubbiosa che si mordeva con forza il labbro, non più quella che decideva razionalmente di farmi bere il Veritaserum per avere la prova magica della mia sincerità, ma la Grifondoro coraggiosa e temeraria, quella disposta a fidarsi di me solo per quello che vedeva nei miei occhi.
Chissà cosa ci leggeva ora.
Non mi importava, volevo solo che tornasse da me.
Mossi un passo avanti e un rumore sinistro mi informò che avevo calpestato un frammento residuo di quella fialetta. Non me ne curai, mettendole una mano sul fianco, l’altra sulla schiena,  e tirandola verso di me con forza, facendo scontrare i nostri corpi.
Staccai una mano dal suo corpo per avvicinarla al viso, mettendole davanti al naso la margherita.
-Mille.- le dissi.
Le diedi solo il tempo di prendere il fiore dalla mia mano e di abbozzare un sorriso felice –no, non felice, euforico-  prima di chinarmi sulla sua bocca.
 
(Blaise)
Li avevo osservati per tutto il tempo, seduto al tavolo della mia casa accanto ad un paio di ragazzi della squadra di Quidditch.
Le aveva accarezzato le labbra, guardandola come se fosse la donna più bella del mondo, il suo bene più prezioso. Come la guardavo io.
Dopo poche parole, però, avevo visto gli occhi di Draco scurirsi, assumendo una colorazione più simile al grigio antracite che al brillante color mercurio che avevano di solito. O forse non li avevo visti realmente, forse li avevo solo immaginati, ricordando giorni lontani in cui guardavo quegli occhi fraterni scurirsi per il dolore, per il peso del nome che Draco doveva portare, per tutto quello che sopportava senza mai potersene liberare.
Avevo visto la piega delle spalle irrigidirsi, la testa raddrizzarsi in un inconscio gesto di sfida, i pugni serrarsi intorno ad una povera e indifesa margherita bianca, le labbra contrarsi per il dolore –un dolore profondo, interiore, dell’anima.
No, del cuore.
Poi era accaduto tutto molto velocemente. Draco aveva allungato la mano verso il palmo aperto di Hermione, stappando una piccola ampolla trasparente e gettandone il tappo di sughero a terra. L’aveva avvicinata alle labbra, pronto a bere. Un manrovescio di Hermione aveva colpito la mano di Draco, facendo cadere a terra la boccetta e riducendola in frantumi. Poche parole e poi… eccolo.
Il bacio.
Un bacio da cui la quasi totalità degli studenti seduti in Sala Grande -almeno di quelli che riuscivano a sbirciare fuori dalla porta rimanendo seduti al proprio posto- non riusciva a togliere gli occhi.
Un bacio di quelli che, come mi aveva raccontato Hermione una volta, si vedono nei film.
Un bacio degno di una grande storia d’amore.
Un bacio che faceva emozionare anche chi lo vedeva con gli occhi di uno spettatore.
Un bacio passionale, per nulla casto eppure incredibilmente dolce, senza alcuna traccia di volgarità.
Un bacio che lasciava trasparire amore puro da ogni gesto.
Non era solo un bacio, era  il  bacio che chiunque avrebbe voluto dare e ricevere.
Le mani di Hermione erano perse tra i capelli biondi di Draco, la margherita ancora stretta tra le dita della mano sinistra, mentre quelle della mano destra si muovevano pigre sul suo collo, correndo dall’attaccatura dei capelli biondi fin dentro il colletto della camicia.
E Draco… Draco sembrava non averne mai abbastanza di lei.
Le mani sulla schiena, a spingerla di più verso di lui, per potersi quasi fondere con lei.
Le mani sulle spalle, per stringerla, come se fosse l’ancora di salvezza che non poteva perdere.
Le dita che scorrevano tra i suoi capelli ribelli, scivolando poi fino al suo viso, accarezzandole le guancie con delicatezza.
Distolsi lo sguardo da loro, facendolo vagare sui vari tavoli. Alcune ragazzine li guardavano invidiosi; Potter mangiava con tranquillità, sorseggiando del succo di zucca dal bicchiere e leggendo il Profeta; molti altri Grifondoro continuavano la loro colazione lanciando qualche sguardo curioso oltre la porta; qualche ragazzo ostile ostentava sul viso smorfie di riprovazione e palese dissenso.
Al mio tavolo, Pansy era palesemente disgustata e indispettita, mentre Nott scuoteva la testa amareggiato, la mascella contratta per il disappunto.
Quando riportai lo sguardo su di loro, nemmeno dieci secondi dopo, qualcosa in quel bacio era cambiato, rendendolo più urgente, frenetico.
Uno sbuffo sonoro attirò l’attenzione generale. Minerva McGrannitt cercava di nascondere un sorriso esasperato dietro il solito cipiglio austero. Scosse la testa con rimprovero, guardando severamente alcune ragazzine dei primi anni che si sporgevano sulle panche per poter vedere meglio.
Un colpo di bacchetta e la porta si chiuse con un tonfo.
Abbassai lo sguardo. Per me non ci sarebbe stato più posto.
Improvvisamente i M.A.G.O., prima così temuti,  diventarono una meta ambita, il momento in cui avrei potuto isolarmi e ricucire la mie ferite.
 
(Draco)
Da quando l’avevo baciata, tutto il resto aveva perso importanza. Ero completamente perso in lei, con lei. Sentii distrattamente un tonfo e aprii un occhio, vedendo la porta della Sala Grande chiusa.
Meglio.
Chiusi di nuovo l’occhio e continuai a baciarla, sempre più preso, sempre più perso, sempre più felice.
Non riuscivo a staccarmi, a smettere di accarezzarle la schiena, i fianchi, il collo, i capelli ricci e un po’ ingarbugliati, le guancie. Strinsi una mano sulla sua nuca, per spingere di più la sua bocca contro la mia, spostando l’altra verso la base della schiena, premendo il suo corpo contro il mio.
Le scappò un gemito dalle labbra e io sorrisi.
-Vieni.- biascicai a fatica, le labbra contro le sue, la bocca che non voleva staccarsi dal suo viso anche se quella sarebbe stata la scelta più logica e comoda.
Mi spostai verso le scale che conducevano ai sotterranei, fino al ritratto che celava la mia Sala Comune, e poi in camera mia. La sigillai e la insonorizzai.
E poi…
 
(Hermione)
Mi era mancato.
Mi era mancato tutto in lui.
Mi era mancato il modo in cui mi parlava, in cui mi guardava, in cui mi baciava, in cui mi spingeva sempre di più contro di lui.
Insinuai una mano oltre il colletto della camicia, accarezzandogli con la punta delle dita la pelle calda e liscia della spalle e i muscoli rilassati alla base del collo. Gli sfuggi un basso ansito di apprezzamento, che mi fece sorridere soddisfatta, alzandomi in punta di piedi per avvicinarmi di più a lui.
-Vieni.-
Non protestai nemmeno.
Se lo conoscevo come pensavo di conoscerlo, voleva esattamente quello che volevo anche io.
Essere sua.
 
 
***
 
 
Nessuna finestra, solo una piccola fiammella che galleggiava a mezz’aria sopra il comodino, diffondendo la luce a stento sufficiente per illuminare i volti dei due giovani.
Ma in fondo, non ce ne era affatto bisogno.
Carezze lente, estenuanti, quasi dolorose nella loro dolcezza.
Baci delicati, a fior di labbra, semplici sfioramenti leggeri come petali.
Tocchi insinuanti, lussuriosi, appaganti.
Baci urgenti, frenetici, profondi.
Mani curiose, insolenti, peccaminose.
Bocche insaziabili, esigenti.
-Ti amo.-
La voce di Draco era stato un sussurro timido, soffocato dalla bocca premuta contro il collo di Hermione. Rimase fermo, il volto nascosto dai capelli ricci della ragazza, le labbra ancora schiuse a pronunciare l’ultima sillaba, il respiro caldo e affannato che si infrangeva sulla pelle coperta da uno strato di sudore impalpabile.
Con un sorriso emozionato sul volto, Hermione portò una mano tra i capelli del ragazzo, accarezzandogli dolcemente la cute bollente.
-Me ne sono accorto quando abbiamo litigato in giardino, quando te ne sei andata e ho pensato che fosse finita.- continuò, la bocca sempre appoggiata alla sua pelle, quasi in un tentativo di nascondersi.
Strofinò lentamente il naso contro il collo, scendendo fino alla spalla e poi alla curva del seno, baciandolo con lentezza.
-Ti amo anche se sei saccente, irritante e puntigliosa.- le disse con una leggera risata  -Ti amo anche se sei una Grifondoro e sei amica di quel gruppo di rammolliti sentimentali.- sentendo un basso ringhio di disappunto provenire dalla gola di Hermione, Draco rise e vi posò un altro bacio.
-E ti amo anche se sei una Sanguesporco.- una pausa, quasi una riflessione interiore –Anzi,  soprattutto  perché sei una Sanguesporco.-
-Perché  soprattutto?-domando Hermione, la voce resa fioca dall’emozione.
-Perché altrimenti non saresti diventata quello che sei ora.- le confessò, alzando finalmente il volto dal suo rifugio –Il mio unico amore.-
Sottolineò l’unicità di quello che provava per lei, fissandola negli occhi scuri un poco lucidi, cercando ancora una volta di rassicurarla su quello che aveva capito essere il suo più grande timore.
L’inganno e il tradimento.
Hermione deglutì a fatica, fissandolo attentamente alla luce di quella piccola fiammella che aveva creato appena erano entrati in camera. Ombre scure danzavano ul suo incarnato chiaro, arricchendo gli occhi grigi di sfumature sempre nuove.
Draco emise un sospiro sollevato, vedendo quanto quello che le aveva detto l’avesse emozionata. Poi si aprì in un sorriso splendente e canzonatorio.
-Dopo il Quidditch, ovviamente- precisò per evitare di scadere in un romanticismo diabetico degno del peggior Grifondoro.
Hermione aprì la bocca indignata, facendo pressione sulle sue spalle per farlo cadere sul materasso. Draco obbedì docilmente al suo comando, abbandonandosi tra le coperte sgualcite.
-Ripetilo.- lo esortò, sistemandosi su di lui, i capelli che cadevano in avanti fino a sfiorargli il petto muscoloso, riscaldato dall’atmosfera della stanza.
-Dopo il Quidditch?.- propose Draco, cerando di eludere la domanda.
Da un lato sapeva che l’avrebbe resa ancor più felice, ma da un lato di sentiva così stupido a ripete ancora quella confessione sdolcinata.
-No!- Hermione lo colpì su una spalla –Quello che hai detto prima. Per favore.- chiese timidamente.
-Il mio unico amore.-
Decise di accontentarla, vedendo un altro sorriso spuntare al di sotto di quella cascata di capelli scuri, indomabili come lei.
Hermione si chinò in avanti, nascondendo il volto tra il collo e la spalla di Draco, cercando di nascondere quel sorriso euforico che sapeva di avere in volto, continuando a ripetere la stessa frase nella mente.
Il mio unico amore.
Il mio amore.
Mio.
Mentre ancora la frase sembrava rimbalzare contro le pareti del suo cranio, amplificandosi di volta in volta e spandendo in ogni angolo del suo animo quella dolce consapevolezza, Draco la spinse di nuovo contro il materasso, sovrastandola con dolcezza.
Baci, sospiri, un gemito più forte, una risata soddisfatta, una carezza azzardata.
Le lenzuola stropicciate, il piumone ingarbugliato ai piedi del letto, un cuscino caduto a terra.
-Ti amo.-
L’estasi.
 
***
 
A fine maggio, la natura aveva finalmente deciso di essere clemente, permettendo a quel lungo inverno di giungere al termine e alla neve di sciogliersi.
Una folata di vento fece ondeggiare le foglie del Platano Picchiatore che, indispettito, agitò i suoi rami.
Nonostante quel vento decisamente fresco, gli studenti di Hogwarts si erano rifiutati di rimanere nel castello il giorno in cui il primo sole estivo aveva deciso di onorarli della sua presenza.
Capannelli di studenti costellavano il parco di Hogwarts, tante macchie scure che brillavano sul tappeto di erba rigogliosa, più che mai fiera del suo verde brillante.
-Tieni.-
Seduti sotto un albero, Draco allungò una busta ad Hermione, che la guardò diffidente, probabilmente memore dell’ultima lettera di Draco che aveva letto.
-Queste, Mezzosangue, sono le scuse di Narcissa Black in Malfoy.- spiegò -Leggila bene, perché non ricapiterà mai un’altra occasione come questa.-
Hermione prese la lettera e la mise nella borsa.
-Come hai fatto a convincerla?-
-Niente di particolare.-
Draco si aprì in un sorriso furbo e poco rassicurante, al ricordo di come avesse minacciato di essere disposto a mettere al mondo dei figli con Hermione anche senza il suo consenso. Sua madre non gli aveva creduto, ma aveva preferito non rischiare e scrivere quella lettera di scuse impeccabili e contrite.
-Appena prendo quello che ha fatto la spia a mia madre, me la pagherà cara.-
Il sibilo di Draco non prometteva niente di buono, lasciando invece intraveder lo stesso Malfoy gelido e pericoloso degli anni passati.
Hermione allungò una mano verso il suo braccio in una carezza leggera e Draco le passò un braccio intorno alla vita, tirandola più vicina a sé sul mantello –di Grifondoro, ovviamente- che avevano steso a terra e coprendola con il proprio, su cui lo stemma di Serpeverde brillava di fiera alterigia.
-L’altro giorno Potter mi ha detto che avevate programmato di fare un viaggio in Italia, questa estate.- disse, arrotolando una ciocca di capelli castani intorno ad un dito.
-Sì, l’idea era quella.- confermò contenta Hermione.
-Un viaggio alla maniera babbana.- specificò Draco, le labbra un  poco corrucciate di disapprovazione.
-Ehm, sì.-
La conferma di Hermione fu più titubante. Avrebbe voluto che lui venisse con loro, visto che Harry e Ron avrebbero portato Ginny e Claire, ma capiva che forse una vacanza tra babbani sarebbe stato fin troppo per lui.
Draco annuì, pensieroso, poi aprì la bocca per parlare.
-Ho detto a Potter di prenotare una camera doppia anche per noi.-
Hermione si slanciò verso di lui, premendo le labbra contro le sue, con tale enfasi ed energia da farlo cadere all’indietro sulla terra umida.
-Chiariamo una cosa, però, Mezzosangue.- specificò Draco, rimettendosi a sedere con la schiena appoggiata al tronco di un albero –Non ho intenzione di dormire in una bettola sporca e plebea.-
Hermione rise per la sua espressione disgustata, poi annuì, comprendendo che non poteva chiedere la luna.
-Ciao, Draco.-
Una ragazza di Serpeverde, probabilmente del quinto anno e che Hermione classificò subito come una sgualdrina, passò accanto a loro con qualche amica, regalando un sorriso smagliante a Draco.
Hermione assottigliò lo sguardo, strinse il mento di Draco con una mano e lo voltò verso di sé, indispettita dalla gonna decisamente troppo corta della ragazza.
-Chiariamo una cosa, Malfoy.-
Draco la guardò attentamente, attratto da quell’aria battagliera e palesemente gelosa che si era dipinta sui tratti del viso della sua Mezzosangue, accendendole le gote di rosa.
Hermione si sollevò sulle ginocchia, sedendosi a cavalcioni sulle gambe di Draco per potergli stare più vicina. Gli cinse le spalle con le braccia e lo coinvolse in bacio lungo e passionale, tale da lasciarli entrambi senza fiato.
Soddisfatta dell’espressione appagata e un po’ confusa che era comparsa sul volto di Draco, Hermione raddrizzò le spalle e lo guardò negli occhi grigi.
-Tu. Sei. Mio.- scandì attentamente.
Draco annuì, abbracciandola con forza.
-E orgoglioso di esserlo.- le sussurrò all’orecchio.
 

Finitus.

 
Buonasera!
Eccolo, l’ultimo capitolo.
Sono soddisfatta di come è venuto e spero che piaccia a voi come è piaciuto a me.
La scena della boccetta che viene fatta cadere da Hermione vuole essere un omaggio a Savannah e alla sua bellissima fan fiction “The Ground Beneath Her Feet”, una storia stupenda.
Mi dispiace moltissimo che sia finita, perché è stata un’esperienza bellissima scrivere per voi.
Non l’ho mai detto, ma credo sia ovvio che
questi personaggi appartengono a J.K. Rowling e che sono stati utilizzati da me per puro divertimento, senza scopo di lucro.
Sto scrivendo altre storie (long, ma non lunghe come questa), quindi non vi libererete facilmente di me (purtroppo, direte voi)! Nell’attesa potete andare a leggere le altre due ff che ho scritto, una one-shot e una raccolta, lasciando magari un commentino, se vi fa piacere.
Grazie ancora per avermi accompagnato in questa avventura, siete state tutte fantastiche! Spero che vi sia piaciuto leggere come a me è piaciuto scrivere.
Questa è l’ultima volta che ve lo chiedo: commentate, per favore!!!
Un bacione
Giada
 
PS. Mi sono accorta che i primi capitoli sono nettamente inferiori a quelli successivi, quindi ho intenzione di rivederli, aggiungendo qualche particolare che comunque non cambierà lo sviluppo della storia.

 

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