CAPITOLO I
Eilyn sedeva sui gradini dell’ingresso,
il naso all’insù, ad osservare le nuvole rosse del tramonto che si muovevano
lentamente nel loro mare arancione. Dalla porta alle sue spalle uscivano le
ultime signore che si erano attardate in bottega a chiacchierare con sua zia;
le passavano accanto, salutandola nel modo in cui si saluta una nipotina che si
è vista crescere ed Eilyn rispondeva loro con lo
stesso calore.
Da dentro il negozio giunse la voce
di sua zia che l’avvisava di essere in procinto di chiudere e che se non voleva
rientrare subito, poi avrebbe dovuto passare dall’ingresso sul retro; Eilyn si limitò a lanciarle un “sì” in risposta,
continuando a fissare una nuvola particolare che aveva attirato la sua
attenzione.
Chiuse gli occhi, ascoltando la
miriade di suoni che riempivano la calma di quella serata di inizio autunno,
ogni voce, ogni risata, ogni sordo rumore di scarpe o ruote che marciavano per
la strada; e fra tutti quei passi ne distinse uno in particolare: rapido,
scalpicciante, che diventava mano a mano più forte.
Aprì gli occhi per controllare cosa
o chi fosse in avvicinamento e non si stupì di vedere un giovane ragazzo a
pochi metri da lei, con il respiro affannato, che le faceva un segno di saluto
con la mano. Era alto e longilineo, con dei lucenti capelli color ebano che gli
ricadevano in ciocche leggermente mosse ai lati del viso, perfettamente in
tinta con due scuri quanto profondi occhi neri; la pelle era di un caldo color
bronzo.
-Non credi sia ora di tagliarti quei
capelli?- chiese Eilyn facendo un cenno con la testa
verso di lui.
Sebian sorrise, spettinandosi la chioma
con una mano.
-Si, forse sono un po’ lunghi…-
ammise.
-Se vuoi posso farlo io!- propose
lei con un pericoloso entusiasmo.
-Scusami Lyn…-
disse sedendosi anche lui sul gradino- Ma non ho molta fiducia riguardo le tue
doti con le forbici!
Eilyn arricciò il naso imbronciata,
osservando l’amico che se la rideva sotto i baffi sistemandosi i capelli dietro
le orecchie a punta; non riuscì a fare a meno di fissarle incantata, nonostante
le vedesse tutti i giorni da circa quattordici anni.
-Un giorno smetterai di fissarle?-
chiese Sebian con un sorriso storto- Ne hai un paio
anche tu se non l’hai notato.
-Ma le mie non sono così belle e poi
tu sei l’unico su cui io possa ammirarle!
-Sai perfettamente che non è vero.
Aveva ragione; in città anche i
nonni di Sebian
potevano sfoggiare quel tipo di fisionomia, per non parlare degli Elfi che
negli ultimi tempi passavo molto spesso per la città. Correva voce che alcuni
di loro avessero intenzione di stabilirsi nella periferia.
-Le immigrazioni stanno aumentando…-
constatò Eilyn, tornando a guardare il cielo-
Immagino che non se la passino bene nel Regno di Artia.
-La situazione era brutta già
all’epoca del mio arrivo. Con la politica di Re Lorian,
dubito che sia migliorata- aggiunse Sebian
pensieroso.
Artia, il regno confinante con quello di Dibei, da circa 18 anni era sottoposto a una monarchia
autoritaria e dittatoriale, il cui sovrano aveva dato il via a una forte
repressione nei confronti delle creature Non Umane, in particolar modo gli
Elfi. Vedendosi defraudati delle loro posizioni e di quasi ogni diritto,
costretti a fare qualsiasi cosa pur di vivere, molti Elfi tentavano la strada
dell’emigrazione verso Dibei. Una scelta pericolosa,
perché se si veniva colti in flagrante dalle truppe artiane,
il rischio era quello di non rivedere più la luce del sole. C’era da chiedersi
perché il sovrano di Dibei, Margot, non tentasse di
combattere ciò che si consumava nel regno vicino, ma era molto più facile
girarsi dall’altra parte e chiudere un occhio su Elfi, Nani e altre creature
clandestine che riuscivano a passare il confine di tanto in tanto.
-Le cose non possono andare avanti
così…-mormorò Eilyn a voce così bassa che non era
sicura che Sebian potesse sentirla.
Ma le orecchie degli Elfi non erano
solo un abbellimento estetico.
-Hai intenzione di scalare le vette
del governo e fare un colpo di stato?- chiese il ragazzo scherzosamente, per
alleggerire il tono del discorso.
Eilyn storse il naso- Non credo di essere
portata per il governo, troppo impegnativo.
-Allora sei fortunata a lavorare in
una modesta e tranquilla erboristeria di paese.
-Si, il sogno di una vita…- il tono
della voce di lei si fece lievemente afflitto.
-La carriera magica la trovi più
consona?
Eilyn posò lo sguardo su Sebian. Il tasto era dolente, e lui lo sapeva benissimo.
-Oggi la figlia maggiore dei Tiller è venuta in negozio a fare provviste di erbe- disse
lei- È stata ammessa all’Accademia.
Sebian sbatté le palpebre, annuendo
lentamente.
L’Accademia della Fenice era
probabilmente l’unico luogo nel regno di Dibei dover
poter imparare le arti magiche e ricevere per questo una certificazione
ufficiale. I suoi insegnanti avevano fama di essere spietati e i corsi
tremendamente pesanti; nonostante questo, ogni anno le richieste di iscrizione
superavano grandemente i posti disponibili. Ovviamente esisteva un’alternativa:
avere abbastanza denaro da poter affidarsi a un insegnante privato e
successivamente sostenere l’esame ufficiale.
Un tempo esisteva un accademia
gemella nel regno di Artia, ma dalla salita al trono
di Re Lorian questa era diventata monopolio della
corona, che la teneva fortemente sotto controllo e i pochi maghi che si
diplomavano erano strettamente condizionati dal trono nello svolgimento del
loro lavoro.
-Riesco a immaginare perfettamente
madre e figlia che gongolano per il negozio- commentò Sebian
con una smorfia.
-La signora Tiller
tentava in tutti i modi di stuzzicare zia Joe- annuì Eilyn- Peccato abbia puntato sul bersaglio sbagliato. Ad
ogni modo ho scoperto che i corsi iniziano fra due settimane; anche se la zia fosse
colpita da momentanea infermità mentale e potessi fare domanda, sarebbe
comunque troppo tardi.
A quelle parole Eilyn
sentì chiaramente Sebian irrigidirsi di fianco a lei.
E dalla sua lunga esperienza sapeva che quel tipo di reazione avveniva solo
quando mentiva o nascondeva qualcosa.
-Cosa c’è?- chiese lei
immediatamente.
Il ragazzo scosse la testa,
mettendosi a fissare le nuvole sopra la sua testa- Proprio niente.
Eilyn gli prese il mento e gli girò il
volto, costringendolo a guardarla in faccia.
-Dicevi?- domandò con un
sopracciglio inarcato.
-E va bene!- esclamò Sebian divincolandosi dalla presa- Non riesco mai a tenere
qualcosa nascosto con te.
L’amica non rispose, attendendo che
lui continuasse.
-Bhè,
riguardo la domanda per l’Accademia…in effetti farla adesso sarebbe troppo
tardi, ma il fatto è che noi l’abbiamo già fatta…un paio di mesi fa.
Eilyn gli afferrò un braccio- Che cosa hai detto?
-Diamine…- Sebian
iniziò a sudare- Speravo la prendessi meglio. Ho spedito io le domande
d’ammissione per entrambi.
Eilyn gli mollò il braccio e si alzò in
piedi- COSA HAI FATTO?
Istintivamente tutti e due si
voltarono verso l’entrata del negozio, sperando che zia Joe
non avesse sentito nulla.
-Seb…-
borbottò Eilyn con voce più bassa, ma comunque
minacciosa- Non è possibile, avresti dovuto falsificare le firme mie e di zia Joe. Lo sai che ho bisogno del suo permesso.
-E’ quello che ho fatto- spiegò Sebian con un velo di orgoglio che alla ragazza non piacque
per niente- Sono piuttosto bravo se pensi che nessuno all’Accademia le ha mai
viste.
-E come avresti fatto con la prova
pratica? Di solito convocano i candidati per dare delle dimostrazioni di magia,
visto che non avrebbe senso ammettere qualcuno senza aver constatato le sue
doti.
Eilyn aveva iniziato a usare il suo tono
da saccente e Sebian non poté fare a meno di
sorridere.
-Ho risolto anche questo problema…-
rispose- Insieme alla tua domanda ho inviato uno dei tuoi pugnali incantati, a
mio parere uno dei migliori che ti siano mai riusciti. Per me invece ho spedito
una delle piante sottoposte al mio incantesimo di crescita.
Eilyn strinse i pugni e sbatté un piede
per terra.
-Ma come hai potuto? Hai una vaga
idea di quello che farà zia Joe quando lo scoprirà? Sebian, avresti dovuto avvisarmi, non…non dovevi!
Dal volto di Seb
sparì il sorriso: l’aveva chiamato col nome intero, questo significava che era
davvero arrabbiata, ma non intendeva cedere, non quella volta.
-Non mi pento di quello che ho
fatto- ammise- Ricordo ogni singolo momento degli ultimi anni in cui abbiamo
sognato di poter andare all’Accademia. Ricordo ogni singola volta che ti sei
lamentata delle restrizioni incomprensibili di tua zia. Quindi non mi venire a
dire che non dovevo, quando sappiamo benissimo tutti e due che era esattamente
quello che volevi.
Eilyn non osò ribattere e Sebian approfittò della sua esitazione.
-Hai solamente paura- continuò- Il
fatto che zia Joe sia sempre stata contraria, in un
certo senso ti ha fatto comodo, perché in questo modo avevi una scusa per non
fare nulla, invece di ammettere che hai paura di affrontare una cosa nuova.
Eilyn si morse il labbro inferiore. Come
poteva controbattere? Aveva perfettamente ragione.
-Comunque non è stato corretto…-
disse.
Il ragazzo annuì- Questo è vero.
Forse è meglio se andiamo a casa e ci dormiamo sopra. Ne riparliamo domani.
Anche Sebian
si alzò in piedi, passandosi una mano fra i capelli.
-Dobbiamo andare al mercato- gli
ricordò Eilyn- Ti aspetto domattina presto, vedi di
svegliarti.
-Vedrò cosa posso fare- rispose lui
con un sorriso- A domani.
La salutò con la mano e si girò,
incamminandosi lungo la strada che lo portava verso casa.
Eilyn rimase qualche secondo a guardare
la sua schiena, poi anche lei si mosse, dirigendosi verso il retro del negozio.
Quando raggiunse una grossa porta marrone staccò una delle chiavi che teneva
appese alla sua cintura e l’aprì, entrando nel piccolo ingresso buio. Richiuse
l’uscio e iniziò a salire le scale che portavano al piano di sopra.
Stavolta Sebian
l’aveva davvero spiazzata, non avrebbe mai pensato che sarebbe stato capace di
una cosa del genere. E non aveva mai preso in considerazione l’ipotesi che
avesse intuito tante cose di lei; ma in fondo era abbastanza logico, solo lui
le stava così vicino ogni giorno da poter capire cosa le passasse per la testa
solo guardandola.
Arrivata in cima al pianerottolo fu
investita dalla luce che proveniva dalla cucina, proprio di fronte a lei, dove
sua zia era indaffarata nel preparare la cena.
-Ciao tesoro- esclamò quando la
vide. Indossava il suo grembiule blu, l’unico che aveva oltre a quello
arancione e che alternava a seconda che l’uno o l’altro fosse sporco. I capelli
biondi, non più luminosi come quando era giovane e leggermente striati di
bianco, erano raccolti nella solita treccia, arrotolata su sé stessa e
appuntata dietro la nuca con delle forcine. Un’immagine di sua zia che Eilyn conosceva a memoria.
-Dove sei stata?- chiese prendendo
dei piatti dalla credenza.
-Ero con Seb-
rispose la nipote prendendo dal tavolo la caraffa dell’acqua e versando il
liquido in un bicchiere.
-Ovviamente- commentò Joe con un sorriso- A volte mi chiedo se non ci sia
qualcosa fra voi.
Per poco ad Eilyn
non andò l’acqua di traverso.
-Scherzavo…- continuò la zia ma
senza togliere il sorriso sornione dal volto- Dovresti essere più ironica a
volte.
-Io sono ironica- puntualizzò la
ragazza- Ma non quando si parla di…certe cose riferendosi a Seb.
Joe tolse la pentola dal fuoco e iniziò
a versare la zuppa nei piatti; li porse poi ad Eilyn,
che li mise in tavola. Mangiarono in silenzio per i primi minuti, sedute l’una
di fronte all’altra, come facevano da una vita.
Ogni tanto Eilyn
alzava gli occhi e gettava di sottecchi uno sguardo a sua zia. Quella sera le
sembrava particolarmente di buon umore. Forse valeva la pena di tentare.
-Hai visto come gongolava oggi la
signora Tiller?- chiese a bruciapelo, ingoiando un
cucchiaio di zuppa.
-Già- rispose Joe
con indifferenza- …qualcosa riguardo a sua figlia, giusto?
Tipico di sua zia rimuovere
istantaneamente ogni informazione che non le interessasse, o comunque fingere
di averla rimossa.
-Si, a quanto pare è stata ammessa.
-Ammessa dove?
Quella sua falsa ignoranza iniziava
a darle sui nervi.
-All’Accademia, zia!
Joe le lanciò uno sguardo contrariato.
Forse aveva pronunciato la frase con troppa enfasi.
-Oh.
Quello era il suo unico commento.
Oh. Così sintetico ma allo stesso tempo così esplicativo. In una sola sillaba Josephine Sedley riusciva a
condensare così tanta disapprovazione e biasimo da far desistere chiunque
avesse voluto tentare di contrastarla.
Eilyn immerse di nuovo il cucchiaio nella
zuppa, iniziando a mangiare molto più rapidamente di prima; il suo unico
desiderio era fuggire da quella stanza prima che il discorso degenerasse. Non
avrebbe mai dovuto tirarlo fuori, lo sapeva, ma a volte sospettava che il suo
cervello non funzionasse a dovere.
Aveva quasi svuotato il piatto e
scorgeva davanti a sé la salvifica possibilità di raggiungere a breve la sua
camera, quando Josephine le fece la domanda.
-Come mai ti interessa?
Inghiottì la zuppa. E adesso?
-Era solo…un’osservazione…- borbottò
Eilyn.
Sua zia smise di mangiare e la fissò
con intensità. Se avesse potuto le avrebbe perforato il cranio.
-Grazie per la cena!- esclamò la
ragazza alzandosi in piedi e portando il piatto al lavandino.
-Lyn, non
sono nata ieri- la informò Joe- Lo so cosa frulla
nella tua testolina e la risposta è
“no”.
Eilyn strinse il bordo del lavandino,
trattenendosi dal girarsi e urlare.
-Vado in camera mia…- disse cercando
di uscire dalla cucina senza incrociare lo sguardo della zia.
-Un giorno ti passerà questa insana
fissazione- commentò Josephine alzandosi per lavare i
piatti.
Eilyn si bloccò di fronte alla porta. Era
troppo.
-In base a quale legge scritta la
mia fissazione, se così vogliamo chiamarla, sarebbe insana?- chiese voltandosi- Non mi sembra che faccia del male a
qualcuno o che crei problemi alla società.
-La legge è la mia- rispose gelida Joe- Finchè vivrai sotto questo tetto la rispetterai. La magia e
qualsiasi cosa ad essa collegata portano solo guai.
-Se è così, perché esiste
l’Accademia?- chiese Eilyn infervorandosi- Perché le
persone che ne escono sono rispettate da tutti, se è solo una cosa inutile? Non
vuoi che nella mia vita faccia qualcosa che mi rende felice? Che mi realizzi?
-Eredita il negozio, sposa un bravo
ragazzo e cresci i tuoi bellissimi figli. Non c’è realizzazione migliore.
-Questo detto da una donna che non
si è mai sposata e che ha cresciuto la figlia di sua sorella.
Josephine si girò a guardarla con gli occhi
spalancati. Il piatto che aveva in mano le era caduto nel lavandino, provocando
un fracasso di stoviglie.
Eilyn sentì improvvisamente freddo. Come
aveva potuto dire una cosa simile? Era la persona più vicina a una madre per
lei, eppure la parole erano uscite da sole, crudeli e taglienti.
-Mi dispiace zia…- mormorò
abbassando la testa. Si vergognava di sé stessa.
-Non mi aspetto che tu mi capisca…-
rispose Joe fissando i piatti nel lavandino- Ma
faccio tutto questo per te. Ora vai in camera tua, per favore.
Eilyn annuì, non sapendo nemmeno se sua
zia l’avesse vista, poi uscì dalla cucina e percorse a passi svelti il corridoio,
raggiungendo l’entrata della sua piccola stanza.
Entrò e chiuse la porta dietro di
sé, buttandosi subito sul letto che distava appena mezzo metro. Sentì la stoffa
ruvida della coperta premerle contro il viso, mentre gli occhi iniziavano a
pizzicarle.
Era vero, non capiva sua zia. Di
certo non le voleva meno bene per questo, ma avrebbe davvero dato qualsiasi
cosa perché le spiegasse il motivo di tutta quella avversione per la magia. Non
poteva trattarsi di una semplice inclinazione innata, non sarebbe stata così
veemente; sicuramente c’era qualcosa dietro, un motivo molto più grande e
serio. Se solo Josephine le avesse espresso le sue
ragioni, lei avrebbe tentato di capirle e avrebbe anche cercato di spiegarle
che era la sua vita ora ad essere in gioco e che sentiva il diritto di fare le
proprie scelte.
L’unica cosa che desiderava era
essere compresa e appoggiata nelle proprie decisioni; aveva solo diciannove
anni e non aveva mai accudito niente di più impegnativo di un gattino, ma
sentiva che il compito di un genitore a volte doveva essere semplicemente
guardare il figlio commettere degli errori e accoglierlo in caso di bisogno.
Si alzò dal letto, strofinandosi gli
occhi e si diresse alla finestra, aprendola. La sfera infuocata del sole era
sparita oltre l’orizzonte, lasciando il posto a un cielo blu scuro, punteggiato
di stelle.
Eilyn inspirò il profumo della notte.
Voleva essere lei a decidere per se
stessa.