Il Patto dei Draghi

di Lelichan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I ***
Capitolo 3: *** Capitolo II ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


IL PATTO DEI DRAGHI

 

 

 

 

 

All’anno 514 della Prima Era risale la più antica leggenda sulla nascita dei Regni Mortali, quella che narra la storia dei Tre Fratelli e del Patto dei Draghi.

Quando il genere umano fece la sua comparsa nelle Terre Conosciute, i Draghi presero l’impegno di proteggerlo e guidarlo con la loro saggezza. Le creature più antiche si unirono a quelle più giovani attraverso il Patto.

Tre giovani fratelli, che si erano distinti fra i membri della loro specie per forza e virtù, furono designati per stringere questa unione: i loro nomi erano Endel, Tain e Uthenor.

Il giorno dell’equinozio di primavera uomini e draghi si riunirono per assistere all’evento e i Tre Fratelli si legarono ai tre Draghi chiamati Drawol, Hekas e Nigeral. L’alleanza, suggellata con il sangue, avrebbe legato per sempre le discendenze di entrambe le parti.

A ogni fratello fu affidato il comando di uno di quelli che furono poi chiamati i Regni degli Uomini: Artia, Dibei e Tarna.

Gli anni di pace furono intensi quanto fugaci. Ben presto la gelosia e la brama di potere invasero il cuore del fratello più giovane che, affiancato da ogni sorta di creatura oscura che avesse aderito alla sua causa, mosse battaglia contro il sangue del suo sangue.

Soggiogando il proprio drago Nigeral con la magia e la forza del Patto, il giovane Uthenor sfidò i fratelli nella battaglia decisiva nelle pianure a sud di Tarna.

Da una parte Endel e Tain, appoggiati da tutti i popoli liberi delle Terre Conosciute, dall’altra quello che un tempo era il loro amato fratello.

La battaglia imperversò per tre giorni, concludendosi con la caduta di Uthenor, nel momento in cui il suo drago Nigeral fu colpito a morte. L’esercitò si disperse preso dal panico e il corpo di Uthenor non fu mai più ritrovato.

Endel e Tain tornarono alla capitale di Artia, Indegar, dove i Draghi Anziani proclamarono il loro definitivo abbandono delle Terre Conosciute, offesi e straziati da ciò che un Uomo aveva osato fare. A Drawol ed Hekas fu ordinato di abbandonare i loro compagni umani ma i due decisero di  restare, pagando un prezzo molto alto: ripudiati dal Consiglio dei Draghi Anziani, fu tolta loro metà della vita che gli restava.

Ogni traccia della presenza dei Draghi nelle Terre Conosciute svanì con la loro morte.

 

 

Primo Ministro del Consiglio dei Maghi di Indegar

Cronache delle Terre Conosciute

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo I ***


CAPITOLO I

 

Eilyn sedeva sui gradini dell’ingresso, il naso all’insù, ad osservare le nuvole rosse del tramonto che si muovevano lentamente nel loro mare arancione. Dalla porta alle sue spalle uscivano le ultime signore che si erano attardate in bottega a chiacchierare con sua zia; le passavano accanto, salutandola nel modo in cui si saluta una nipotina che si è vista crescere ed Eilyn rispondeva loro con lo stesso calore.

Da dentro il negozio giunse la voce di sua zia che l’avvisava di essere in procinto di chiudere e che se non voleva rientrare subito, poi avrebbe dovuto passare dall’ingresso sul retro; Eilyn si limitò a lanciarle un “sì” in risposta, continuando a fissare una nuvola particolare che aveva attirato la sua attenzione.

Chiuse gli occhi, ascoltando la miriade di suoni che riempivano la calma di quella serata di inizio autunno, ogni voce, ogni risata, ogni sordo rumore di scarpe o ruote che marciavano per la strada; e fra tutti quei passi ne distinse uno in particolare: rapido, scalpicciante, che diventava mano a mano più forte.

Aprì gli occhi per controllare cosa o chi fosse in avvicinamento e non si stupì di vedere un giovane ragazzo a pochi metri da lei, con il respiro affannato, che le faceva un segno di saluto con la mano. Era alto e longilineo, con dei lucenti capelli color ebano che gli ricadevano in ciocche leggermente mosse ai lati del viso, perfettamente in tinta con due scuri quanto profondi occhi neri; la pelle era di un caldo color bronzo.

-Non credi sia ora di tagliarti quei capelli?- chiese Eilyn facendo un cenno con la testa verso di lui.

Sebian sorrise, spettinandosi la chioma con una mano.

-Si, forse sono un po’ lunghi…- ammise.

-Se vuoi posso farlo io!- propose lei con un pericoloso entusiasmo.

-Scusami Lyn…- disse sedendosi anche lui sul gradino- Ma non ho molta fiducia riguardo le tue doti con le forbici!

Eilyn arricciò il naso imbronciata, osservando l’amico che se la rideva sotto i baffi sistemandosi i capelli dietro le orecchie a punta; non riuscì a fare a meno di fissarle incantata, nonostante le vedesse tutti i giorni da circa quattordici anni.

-Un giorno smetterai di fissarle?- chiese Sebian con un sorriso storto- Ne hai un paio anche tu se non l’hai notato.

-Ma le mie non sono così belle e poi tu sei l’unico su cui io possa ammirarle!

-Sai perfettamente che non è vero.

Aveva ragione; in città anche i nonni di  Sebian potevano sfoggiare quel tipo di fisionomia, per non parlare degli Elfi che negli ultimi tempi passavo molto spesso per la città. Correva voce che alcuni di loro avessero intenzione di stabilirsi nella periferia.

-Le immigrazioni stanno aumentando…- constatò Eilyn, tornando a guardare il cielo- Immagino che non se la passino bene nel Regno di Artia.

-La situazione era brutta già all’epoca del mio arrivo. Con la politica di Re Lorian, dubito che sia migliorata- aggiunse Sebian pensieroso.

Artia, il regno confinante con quello di Dibei, da circa 18 anni era sottoposto a una monarchia autoritaria e dittatoriale, il cui sovrano aveva dato il via a una forte repressione nei confronti delle creature Non Umane, in particolar modo gli Elfi. Vedendosi defraudati delle loro posizioni e di quasi ogni diritto, costretti a fare qualsiasi cosa pur di vivere, molti Elfi tentavano la strada dell’emigrazione verso Dibei. Una scelta pericolosa, perché se si veniva colti in flagrante dalle truppe artiane, il rischio era quello di non rivedere più la luce del sole. C’era da chiedersi perché il sovrano di Dibei, Margot, non tentasse di combattere ciò che si consumava nel regno vicino, ma era molto più facile girarsi dall’altra parte e chiudere un occhio su Elfi, Nani e altre creature clandestine che riuscivano a passare il confine di tanto in tanto.

-Le cose non possono andare avanti così…-mormorò Eilyn a voce così bassa che non era sicura che Sebian potesse sentirla.

Ma le orecchie degli Elfi non erano solo un abbellimento estetico.

-Hai intenzione di scalare le vette del governo e fare un colpo di stato?- chiese il ragazzo scherzosamente, per alleggerire il tono del discorso.

Eilyn storse il naso- Non credo di essere portata per il governo, troppo impegnativo.

-Allora sei fortunata a lavorare in una modesta e tranquilla erboristeria di paese.

-Si, il sogno di una vita…- il tono della voce di lei si fece lievemente afflitto.

-La carriera magica la trovi più consona?

Eilyn posò lo sguardo su Sebian. Il tasto era dolente, e lui lo sapeva benissimo.

-Oggi la figlia maggiore dei Tiller è venuta in negozio a fare provviste di erbe- disse lei- È stata ammessa all’Accademia.

Sebian sbatté le palpebre, annuendo lentamente.

L’Accademia della Fenice era probabilmente l’unico luogo nel regno di Dibei dover poter imparare le arti magiche e ricevere per questo una certificazione ufficiale. I suoi insegnanti avevano fama di essere spietati e i corsi tremendamente pesanti; nonostante questo, ogni anno le richieste di iscrizione superavano grandemente i posti disponibili. Ovviamente esisteva un’alternativa: avere abbastanza denaro da poter affidarsi a un insegnante privato e successivamente sostenere l’esame ufficiale.

Un tempo esisteva un accademia gemella nel regno di Artia, ma dalla salita al trono di Re Lorian questa era diventata monopolio della corona, che la teneva fortemente sotto controllo e i pochi maghi che si diplomavano erano strettamente condizionati dal trono nello svolgimento del loro lavoro.

-Riesco a immaginare perfettamente madre e figlia che gongolano per il negozio- commentò Sebian con una smorfia.

-La signora Tiller tentava in tutti i modi di stuzzicare zia Joe- annuì Eilyn- Peccato abbia puntato sul bersaglio sbagliato. Ad ogni modo ho scoperto che i corsi iniziano fra due settimane; anche se la zia fosse colpita da momentanea infermità mentale e potessi fare domanda, sarebbe comunque troppo tardi.

A quelle parole Eilyn sentì chiaramente Sebian irrigidirsi di fianco a lei. E dalla sua lunga esperienza sapeva che quel tipo di reazione avveniva solo quando mentiva o nascondeva qualcosa.

-Cosa c’è?- chiese lei immediatamente.

Il ragazzo scosse la testa, mettendosi a fissare le nuvole sopra la sua testa- Proprio niente.

Eilyn gli prese il mento e gli girò il volto, costringendolo a guardarla in faccia.

-Dicevi?- domandò con un sopracciglio inarcato.

-E va bene!- esclamò Sebian divincolandosi dalla presa- Non riesco mai a tenere qualcosa nascosto con te.

L’amica non rispose, attendendo che lui continuasse.

-Bhè, riguardo la domanda per l’Accademia…in effetti farla adesso sarebbe troppo tardi, ma il fatto è che noi l’abbiamo già fatta…un paio di mesi fa.

Eilyn gli afferrò un braccio- Che cosa hai detto?

-Diamine…- Sebian iniziò a sudare- Speravo la prendessi meglio. Ho spedito io le domande d’ammissione per entrambi.

Eilyn gli mollò il braccio e si alzò in piedi- COSA HAI FATTO?

Istintivamente tutti e due si voltarono verso l’entrata del negozio, sperando che zia Joe non avesse sentito nulla.

-Seb…- borbottò Eilyn con voce più bassa, ma comunque minacciosa- Non è possibile, avresti dovuto falsificare le firme mie e di zia Joe. Lo sai che ho bisogno del suo permesso.

-E’ quello che ho fatto- spiegò Sebian con un velo di orgoglio che alla ragazza non piacque per niente- Sono piuttosto bravo se pensi che nessuno all’Accademia le ha mai viste.

-E come avresti fatto con la prova pratica? Di solito convocano i candidati per dare delle dimostrazioni di magia, visto che non avrebbe senso ammettere qualcuno senza aver constatato le sue doti.

Eilyn aveva iniziato a usare il suo tono da saccente e Sebian non poté fare a meno di sorridere.

-Ho risolto anche questo problema…- rispose- Insieme alla tua domanda ho inviato uno dei tuoi pugnali incantati, a mio parere uno dei migliori che ti siano mai riusciti. Per me invece ho spedito una delle piante sottoposte al mio incantesimo di crescita.

Eilyn strinse i pugni e sbatté un piede per terra.

-Ma come hai potuto? Hai una vaga idea di quello che farà zia Joe quando lo scoprirà? Sebian, avresti dovuto avvisarmi, non…non dovevi!

Dal volto di Seb sparì il sorriso: l’aveva chiamato col nome intero, questo significava che era davvero arrabbiata, ma non intendeva cedere, non quella volta.

-Non mi pento di quello che ho fatto- ammise- Ricordo ogni singolo momento degli ultimi anni in cui abbiamo sognato di poter andare all’Accademia. Ricordo ogni singola volta che ti sei lamentata delle restrizioni incomprensibili di tua zia. Quindi non mi venire a dire che non dovevo, quando sappiamo benissimo tutti e due che era esattamente quello che volevi.

Eilyn non osò ribattere e Sebian approfittò della sua esitazione.

-Hai solamente paura- continuò- Il fatto che zia Joe sia sempre stata contraria, in un certo senso ti ha fatto comodo, perché in questo modo avevi una scusa per non fare nulla, invece di ammettere che hai paura di affrontare una cosa nuova.

Eilyn si morse il labbro inferiore. Come poteva controbattere? Aveva perfettamente ragione.

-Comunque non è stato corretto…- disse.

Il ragazzo annuì- Questo è vero. Forse è meglio se andiamo a casa e ci dormiamo sopra. Ne riparliamo domani.

Anche Sebian si alzò in piedi, passandosi una mano fra i capelli.

-Dobbiamo andare al mercato- gli ricordò Eilyn- Ti aspetto domattina presto, vedi di svegliarti.

-Vedrò cosa posso fare- rispose lui con un sorriso- A domani.

La salutò con la mano e si girò, incamminandosi lungo la strada che lo portava verso casa.

Eilyn rimase qualche secondo a guardare la sua schiena, poi anche lei si mosse, dirigendosi verso il retro del negozio. Quando raggiunse una grossa porta marrone staccò una delle chiavi che teneva appese alla sua cintura e l’aprì, entrando nel piccolo ingresso buio. Richiuse l’uscio e iniziò a salire le scale che portavano al piano di sopra.

Stavolta Sebian l’aveva davvero spiazzata, non avrebbe mai pensato che sarebbe stato capace di una cosa del genere. E non aveva mai preso in considerazione l’ipotesi che avesse intuito tante cose di lei; ma in fondo era abbastanza logico, solo lui le stava così vicino ogni giorno da poter capire cosa le passasse per la testa solo guardandola.

Arrivata in cima al pianerottolo fu investita dalla luce che proveniva dalla cucina, proprio di fronte a lei, dove sua zia era indaffarata nel preparare la cena.

-Ciao tesoro- esclamò quando la vide. Indossava il suo grembiule blu, l’unico che aveva oltre a quello arancione e che alternava a seconda che l’uno o l’altro fosse sporco. I capelli biondi, non più luminosi come quando era giovane e leggermente striati di bianco, erano raccolti nella solita treccia, arrotolata su sé stessa e appuntata dietro la nuca con delle forcine. Un’immagine di sua zia che Eilyn conosceva a memoria.

-Dove sei stata?- chiese prendendo dei piatti dalla credenza.

-Ero con Seb- rispose la nipote prendendo dal tavolo la caraffa dell’acqua e versando il liquido in un bicchiere.

-Ovviamente- commentò Joe con un sorriso- A volte mi chiedo se non ci sia qualcosa fra voi.

Per poco ad Eilyn non andò l’acqua di traverso.

-Scherzavo…- continuò la zia ma senza togliere il sorriso sornione dal volto- Dovresti essere più ironica a volte.

-Io sono ironica- puntualizzò la ragazza- Ma non quando si parla di…certe cose riferendosi a Seb.

Joe tolse la pentola dal fuoco e iniziò a versare la zuppa nei piatti; li porse poi ad Eilyn, che li mise in tavola. Mangiarono in silenzio per i primi minuti, sedute l’una di fronte all’altra, come facevano da una vita.

Ogni tanto Eilyn alzava gli occhi e gettava di sottecchi uno sguardo a sua zia. Quella sera le sembrava particolarmente di buon umore. Forse valeva la pena di tentare.

-Hai visto come gongolava oggi la signora Tiller?- chiese a bruciapelo, ingoiando un cucchiaio di zuppa.

-Già- rispose Joe con indifferenza- …qualcosa riguardo a sua figlia, giusto?

Tipico di sua zia rimuovere istantaneamente ogni informazione che non le interessasse, o comunque fingere di averla rimossa.

-Si, a quanto pare è stata ammessa.

-Ammessa dove?

Quella sua falsa ignoranza iniziava a darle sui nervi.

-All’Accademia, zia!

Joe le lanciò uno sguardo contrariato. Forse aveva pronunciato la frase con troppa enfasi.

-Oh.

Quello era il suo unico commento. Oh. Così sintetico ma allo stesso tempo così esplicativo. In una sola sillaba Josephine Sedley riusciva a condensare così tanta disapprovazione e biasimo da far desistere chiunque avesse voluto tentare di contrastarla.

Eilyn immerse di nuovo il cucchiaio nella zuppa, iniziando a mangiare molto più rapidamente di prima; il suo unico desiderio era fuggire da quella stanza prima che il discorso degenerasse. Non avrebbe mai dovuto tirarlo fuori, lo sapeva, ma a volte sospettava che il suo cervello non funzionasse a dovere.

Aveva quasi svuotato il piatto e scorgeva davanti a sé la salvifica possibilità di raggiungere a breve la sua camera, quando Josephine le fece la domanda.

-Come mai ti interessa?

Inghiottì la zuppa. E adesso?

-Era solo…un’osservazione…- borbottò Eilyn.

Sua zia smise di mangiare e la fissò con intensità. Se avesse potuto le avrebbe perforato il cranio.

-Grazie per la cena!- esclamò la ragazza alzandosi in piedi e portando il piatto al lavandino.

-Lyn, non sono nata ieri- la informò Joe- Lo so cosa frulla nella tua testolina  e la risposta è “no”.

Eilyn strinse il bordo del lavandino, trattenendosi dal girarsi e urlare.

-Vado in camera mia…- disse cercando di uscire dalla cucina senza incrociare lo sguardo della zia.

-Un giorno ti passerà questa insana fissazione- commentò Josephine alzandosi per lavare i piatti.

Eilyn si bloccò di fronte alla porta. Era troppo.

-In base a quale legge scritta la mia fissazione, se così vogliamo chiamarla, sarebbe insana?- chiese voltandosi- Non mi sembra che faccia del male a qualcuno o che crei problemi alla società.

-La legge è la mia- rispose gelida Joe- Finchè vivrai sotto questo tetto la rispetterai. La magia e qualsiasi cosa ad essa collegata portano solo guai.

-Se è così, perché esiste l’Accademia?- chiese Eilyn infervorandosi- Perché le persone che ne escono sono rispettate da tutti, se è solo una cosa inutile? Non vuoi che nella mia vita faccia qualcosa che mi rende felice? Che mi realizzi?

-Eredita il negozio, sposa un bravo ragazzo e cresci i tuoi bellissimi figli. Non c’è realizzazione migliore.

-Questo detto da una donna che non si è mai sposata e che ha cresciuto la figlia di sua sorella.

Josephine si girò a guardarla con gli occhi spalancati. Il piatto che aveva in mano le era caduto nel lavandino, provocando un fracasso di stoviglie.

Eilyn sentì improvvisamente freddo. Come aveva potuto dire una cosa simile? Era la persona più vicina a una madre per lei, eppure la parole erano uscite da sole, crudeli e taglienti.

-Mi dispiace zia…- mormorò abbassando la testa. Si vergognava di sé stessa.

-Non mi aspetto che tu mi capisca…- rispose Joe fissando i piatti nel lavandino- Ma faccio tutto questo per te. Ora vai in camera tua, per favore.

Eilyn annuì, non sapendo nemmeno se sua zia l’avesse vista, poi uscì dalla cucina e percorse a passi svelti il corridoio, raggiungendo l’entrata della sua piccola stanza.

Entrò e chiuse la porta dietro di sé, buttandosi subito sul letto che distava appena mezzo metro. Sentì la stoffa ruvida della coperta premerle contro il viso, mentre gli occhi iniziavano a pizzicarle.

Era vero, non capiva sua zia. Di certo non le voleva meno bene per questo, ma avrebbe davvero dato qualsiasi cosa perché le spiegasse il motivo di tutta quella avversione per la magia. Non poteva trattarsi di una semplice inclinazione innata, non sarebbe stata così veemente; sicuramente c’era qualcosa dietro, un motivo molto più grande e serio. Se solo Josephine le avesse espresso le sue ragioni, lei avrebbe tentato di capirle e avrebbe anche cercato di spiegarle che era la sua vita ora ad essere in gioco e che sentiva il diritto di fare le proprie scelte.

L’unica cosa che desiderava era essere compresa e appoggiata nelle proprie decisioni; aveva solo diciannove anni e non aveva mai accudito niente di più impegnativo di un gattino, ma sentiva che il compito di un genitore a volte doveva essere semplicemente guardare il figlio commettere degli errori e accoglierlo in caso di bisogno.

Si alzò dal letto, strofinandosi gli occhi e si diresse alla finestra, aprendola. La sfera infuocata del sole era sparita oltre l’orizzonte, lasciando il posto a un cielo blu scuro, punteggiato di stelle.

Eilyn inspirò il profumo della notte.

Voleva essere lei a decidere per se stessa.

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Capitolo II ***


CAPITOLO II

 

La mattina dopo, quando scese in negozio, Eilyn si aspettava un “buongiorno” gelido da parte di sua zia. A dirla tutta non si aspettava nemmeno che le rivolgesse la parola e non avrebbe potuto biasimarla in quel caso.

Invece Josephine la salutò come ogni altra mattina, forse con meno calore del solito, ma in ogni caso sembrava non esserci traccia dei residui della discussione della sera prima. Probabilmente aveva deciso di fingere che non ci fosse stata, per il bene di entrambe.

-Ti ho preparato la lista per la spesa e il cesto della colazione- le disse mentre, seduta al bancone, controllava la posta- Tu e Sebian cercate di non attardarvi a chiacchierare come vostro solito.

Eilyn annuì, prendendo il foglio bianco con l’elenco scritto nella grafia svelta di sua zia.

-Le radici di mandragola sono quasi finite, devo prendere anche quelle?- chiese la ragazza scorgendo la lista.

Zia Joe non rispose ed Eilyn alzò lo sguardo per vedere cosa stesse facendo. Aveva gli occhi fissi su una lettera aperta, di carta giallastra, della quale vedeva in controluce qualche macchia di inchiostro. La cosa strana era il volto di Josephine: sembrava sconvolta come la sera prima, dopo la loro discussione.

-Zia…- la chiamò ancora Eilyn.

La donna si ridestò dalla trance- Si…si dicevi?

-Le radici di mandragola…

-Si, prendi anche quelle- rispose Joe nascondendo rapidamente il foglio giallastro in mezzo alle altre lettere non ancora aperte- Quattro dozzine dovrebbero bastare fino al prossimo mercato.

-D’accordo- Eilyn non disse nulla riguardo ciò che aveva appena visto e prese il cestino da sopra il bancone. La verità era che moriva dalla voglia di chiedere a sua zia cosa ci fosse scritto in quella lettera da sconvolgerla tanto, ma per il momento voleva evitare qualsiasi discorso che avrebbe potuto farle litigare. Prese il cesto con la colazione per lei e Sebian, salutò Josephine e uscì dal negozio, dirigendosi verso ovest.

 

 

Il Mercato Maggiore si svolgeva generalmente durante la prima settimana del mese ed era di dimensioni decisamente superiori rispetto al piccolo mercato che la cittadina vedeva quotidianamente. Veniva allestito fuori dal villaggio, raccogliendo i mercanti di metà regno ed era l’occasione di maggiori contatti con il mondo esterno; dava inoltre la possibilità ai piccoli lavoratori indipendenti, come Josephine, di fare scorte di materiali altrimenti poco reperibili.

Eylin camminò seguendo la fila degli alberi, fino a raggiungere Sebian, seduto sotto una quercia al limitare dello spiazzo erboso; non aveva dimenticato di essere quanto meno irritata con lui, ma non riuscì ad evitare di salutarlo con un sorriso.

-Cosa c’è per colazione?- chiese il ragazzo adocchiando il cestino che Eilyn teneva in mano.

-Non te la meriti…- ribattè lei, ma tirò comunque fuori un involto bianco che gli porse.

Sebian si alzò in piedi afferrandolo, lo scartò con rapidità e poi addentò una fetta di pane farcita con formaggio e miele; con la bocca ancora piena borbottò di muoversi e tutti e due iniziarono a dirigersi verso i primi banchi del mercato.

Eilyn osservava in silenzio le prime file di bancarelle scorrere alla sua destra, ascoltando l’amico accanto a lei ancora intento a masticare vigorosamente la sua colazione; quando lui le porse una fetta di pane, lei la prese senza dire nulla, iniziando a sbocconcellarla con calma.

-Sei ancora arrabbiata per ieri?- domandò Sebian.

Eilyn scrollò le spalle- Direi di no.

-Ma è successo qualcosa…- osservò il ragazzo, che la conosceva troppo bene per non accorgersi del lieve aggrottarsi delle sue sopracciglia.

-Zia Joe…- fu l’unica risposta. Una risposta più che sufficiente per Sebian.

-Quindi cosa facciamo?- chiese lui.

Eilyn rimase in silenzio qualche secondo, riflettendo. Non se la sentiva di dire al ragazzo su che toni si era svolta la discussione con la zia, ma di una cosa era sicura: voleva smettere di scappare.

-Quando hai detto di aver mandato le domande di ammissione?- domandò alla fine.

-Due mesi fa, circa.

-Secondo te, se fossero state positive, ci avrebbero già contattati?

Sebian fece spallucce-A rigor di logica si, visto che la Tiller ha ricevuto il suo avviso, ma se devo essere sincero, non ne ho la minima idea.

I due ragazzi si scambiarono un’occhiata.

-Quante possibilità potremmo avere?- domandò lui.

La risposta di Eilyn fu semplicemente una smorfia, poi la ragazza tornò a rivolgere la sua attenzione ai banchi pieni di mercanzia che affollavano lo spiazzo erboso; prese dalla borsa la lista della spesa compilata da zia Joe, le diede una rapida occhiata e poi la passò a Sebian, in modo che anche lui potesse cercare quello di cui avevano bisogno.

Presero a camminare più lentamente, soffermandosi ad osservare la mercanzia.

-Come pensi che sarebbe la vita all’Accademia?- domandò il ragazzo controllando la lista che aveva in mano.

-Non iniziare a costruirti castelli in aria Seb, ci manca solo questo…- borbottò Eilyn esaminando delle radici di mandragora- Farci illusioni è l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno.

-Non mi sto facendo illusioni…- ribattè lui- Sto solo ipotizzando!

-Allora ipotizza di meno!

Eilyn sentì Sebian sbuffare accanto a lei, ma cercò di ignorarlo. Non le andava proprio di pensare a come avrebbe potuto essere la vita all’Accademia; viste le scarse possibilità di essere ammessi, non era salutare appesantire il colpo, che di li a poco sarebbe arrivato, con delle false illusioni.

Si rese conto improvvisamente di non stare assolutamente controllando le radici di mandragora che aveva in mano, ma senza pensarci troppo le porse al mercante per farsele incartare. Face per aprire la borsa e prendere il denaro per pagare, quando sentì una strana sensazione all’altezza della nuca; si guardò alle spalle e per qualche secondo gli occhi vagarono fra la folla, senza notare niente di particolare, finché non lo vide.

Non avrebbe saputo dire quanti anni avesse o come fosse esattamente il suo volto, visto che per buona parte era coperto da un pesante cappuccio; riusciva a intravedere solamente un mento barbuto e nonostante gli occhi fossero celati dalla stoffa, Eilyn era praticamente certa che stessero fissando proprio lei.

Mise a fuoco la figura intera dell’uomo e notò subito un frugale abbigliamento da viaggio e l’elsa brillante di una spada che spuntava da sotto il braccio. Era dorata, dall’impugnatura larga e adorna di grosse pietre di smeraldo che riflettevano la luce del sole, mandando bagliori verdi tutt’attorno.

Per alcuni secondi, che parvero durare ore, Eilyn fissò la figura di quell’uomo, sentendo nei suoi confronti un’attrazione che non sapeva spiegare; per un attimo fu convinta che le sue gambe si sarebbero mosse in quella direzione, ma Sebian la afferrò per il braccio, destandola da quella che sembrava essere una sorta di trance.

-Devi pagare- le ricordò il ragazzo.

Eilyn sbatté le palpebre, guardando prima Seb e poi il mercante ancora in attesa del suo pagamento; si girò di nuovo, alla ricerca di quell’uomo, ma quando tornò a guardare nello stesso punto, si accorse che era scomparso. Passò in rassegna la folla nelle vicinanze, ma non vide nessuna figura somigliante; a quel punto Sebian la scosse di nuovo ed Eilyn si scusò col mercante per l’attesa, porgendogli il denaro.

 

 

Il cielo all’esterno si era tinto dei colori rossastri del tramonto ed Eilyn indossò la sua mantella, mentre Sebian aiutava sua nonna a rigovernare la cucina.

-Grazie mille per la cena Annabel- disse la ragazza prendendo la sua borsa, appoggiata sulla sedia.

-E di cosa, cara? È sempre un piacere averti qui- l’elfa si voltò a guardarla, rivolgendole un largo sorriso. Eilyn non aveva mai saputo quanti anni avesse con esattezza, ma dal suo aspetto esteriore difficilmente si sarebbe potuto giudicarla una “nonna”. Le leggende narravano che un tempo gli elfi possedessero il dono dell’immortalità, tuttavia ora l’unica cosa certa era la particolare longevità della razza, grazie alla quale ci sarebbero voluti ancora molti anni perché le poche rughe sui volti di Annabel e di suo marito si infittissero.

-Fai attenzione sulla via del ritorno- continuò la donna- Oggi ho sentito delle voci inquietanti riguardo un brutto ceffo che si aggirava per la città.

-Nonna, tu ti lasci suggestionare troppo- commentò Sebian con un sorriso- e comunque da qui a casa di Eilyn ci vogliono solo cinque minuti camminando.

-In cinque minuti può succedere di tutto.

Eilyn alzò gli occhi al cielo, chiedendosi cosa spingesse Annabel a insistere sulla questione: a casa doveva tornarci per forza, con o senza brutti ceffi che passeggiavano al chiaro di luna.

-Farò attenzione- disse infine con un sorriso e dirigendosi verso l’ingresso- Grazie ancora.

Sebian la accompagnò all’uscita, indugiando sulla porta d’ingresso.

-Mandami un piccione viaggiatore quando arrivi a casa- disse il ragazzo con un ghigno. Eilyn sorrise di rimando, sapendo perfettamente che “piccione viaggiatore” era un nome in codice per “incantesimo di comunicazione a distanza”.

-A domani- disse semplicemente lei, imboccando il vialetto che la condusse in strada.

Ormai il sole era calato quasi del tutto oltre l’orizzonte e il colore arancione del cielo sfumava in quello blu scuro della notte.

Eilyn percorse il breve tragitto verso casa sua a passo svelto, ripensando alla frase di Annabel “in cinque minuti può succedere di tutto”. Si sentiva un po’ stupida a farsi suggestionare a sua volta, ma in fondo la prudenza non era mai troppa. Giusto?

Fu così che, con il respiro affannato, arrivò davanti all’ingresso del negozio senza quasi rendersene conto. Facendo un profondo respiro costeggiò il lato dell’edificio, arrivando fino alla porta sul retro che poi aprì con il suo mazzo di chiavi. Chiuse l’uscio dietro di sé e appoggiò la schiena contro il legno freddo. Rimase lì al buio per qualche secondo, con il solo rumore dei suoi pensieri. La maggior parte delle bambine ha paura del buio, ma lei da piccola, durante le notti di luna nuova, passava le ore seduta sul balcone della sua stanza, ad ascoltare la notte. Il buio era quasi totale, ma la cecità degli occhi raffinava il suo udito, e riusciva a cogliere ogni minimo rumore, persino quelli della foresta.

Il flusso dei suoi pensieri fu bruscamente interrotto da delle voci al piano di sopra. Era durato solo un attimo, poi la voce era scomparsa, come se il proprietario si fosse reso conto di averla alzata troppo.

Eilyn tese l’orecchio, ma non riusciva più a sentire nulla; che lei sapesse l’unica persona a trovarsi al piano di sopra doveva essere sua zia, la quale non aveva l’abitudine di parlare da sola. Presa dalla curiosità, percorse il corridoio fin sotto le scale che portavano al piano superiore; lì le voci si sentivano meglio: erano due, una femminile, che riconobbe come quella di Joe e l’altra maschile, che Eilyn non conosceva. Ma era ancora impossibile capire quello che stessero dicendo. Allora la ragazza iniziò a salire le scale, evitando accuratamente quei punti dei gradini che sapeva provocavano dei cigolii; si accostò alla porta, udendo finalmente delle parole chiare.

-È fuori discussione- disse sua zia.

-Josephine, cerca di essere ragionevole- era decisamente una voce maschile. Eilyn passò di nuovo in rassegna tutti gli uomini che conosceva, ma nessuno era collegabile a quella voce. E poi chi potrebbe trovarsi a casa mia a quest’ora?

-È il suo destino- continuò l’uomo misterioso – Non c’è altro da dire.

-No, mi rifiuto di accettarlo!- esclamò Joe con un tono che non ammetteva repliche.

Eilyn iniziava davvero a sentirsi confusa. Chi era quell’uomo? Sembrava avere una certa confidenza con sua zia. Ma la domanda che più le premeva nella mente era: il destino di chi?

-Ho trascorso tutti questi anni con il solo obbiettivo di vivere una vita normale- proseguì Joe- Diciassette anni, Armes! Diciassette anni in cui io l’ho protetta. L’ho tenuta al sicuro, e non voglio che proprio ora tutti i miei sforzi vadano in fumo. Puoi parlare di destino e di quello che ti pare, ma sono io quella che l’ha cresciuta e sono io che decido!

Stavano parlando di lei, ne era certa, ma l’aver capito l’argomento del loro discorso non diminuiva di certo la sua confusione, anzi, la aumentava in modo esponenziale.

-Ritengo che alla sua età sia perfettamente in grado di decidere da sola- affermò la voce maschile con tutta calma- E a tal proposito, ritengo doveroso informarti che non siamo più soli in questa conversazione.

La ragazza trasalì. Si era accorto di lei. Non capiva come avesse potuto, ma se n’era accorto. Restò immobile di fronte alla porta, avvolta nel buio in cima alle scale, in attesa.

Inspiegabilmente il cuore le martellò nel petto per qualche istante, poi la porta si aprì, rivelando il volto dell’uomo misterioso. Era molto alto, con un fisico asciutto ma imponente; indossava un lungo cappotto di pelle marrone, sopra a dei pantaloni e a una casacca neri. Legata alla vita portava una grossa cintura e anche da sotto il cappotto era ben visibile il fodero di una spada. I lunghi capelli, un tempo biondo scuro ma ormai rigati dalle prime striature grigie, erano legati in una coda bassa; il volto, circondato da una corta barba, era quello di un uomo vissuto ma che conservava ancora il fascino della sua bellezza giovanile, testimoniata dagli occhi azzurro chiaro che risaltavano sulla pelle abbronzata.

Quando vide la ragazza le sorrise gentilmente e si scostò per farla passare.

-Buonasera Eilyn.

 

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