...and remember to feed the cat!

di Mao chan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chihuaua ***
Capitolo 2: *** PetGirl ***



Capitolo 1
*** Chihuaua ***


Ci sarebbero troppe cose da dire a riguardo. E non dovrei dire niente.

Ma siccome non sono capace, leggetevi ‘sta storia intanto.

 

1.

Chihuaua

 

Una bambina?

No, ragazzina.

Vabbé, mica puoi fartela, una così giovane.

Stai zitto tu. Possiamo farcela eccome.

«Non mi piace.»

Infatti, è una bambina.

Mica puoi fare lo schizzinoso, sfigurato come sei.

Ma è troppo giovane per noi!

Perché, quanti anni ci sono di differenza?

E io che ne so? Non so nemmeno quanti anni ha lui.

Chiediglielo.

«A dir la verità non lo so. L’ho cercato su google, in una scheda del personaggio. C’era scritto “età impossibile da determinare”»

…ah.

 

«Ehi, tu, mi stai ascoltando?!»

La ragazzina abbatté quel che rimaneva del muro dietro di lei con un pugno.

«Sai cosa odio?»

No, cosa?

Tutto.

«No, più specificatamente, in questo momento.»

Dicci.

«Che spuntino fuori sempre nuovi supereroi con poteri sempre più assurdi. Insomma, Miss Marvel deve essere proprio a secco per…»

Deadpool s’interruppe a metà frase, preferendo schivare il masso che la nuova arrivata gli aveva lanciato.

Allora ammazzala.

Sì, giusto, una in meno.

«Uh, okay.»

Con un gesto fluido caricò la sua amata USG Marui e la puntò verso la bimbetta in maschera.

«Bang! Bang! Bang!» gridò euforico, facendo fuoco.

La ragazza però doveva essere dotata di qualche potere come la super velocità, perché sparì dalla traiettoria dei proiettili prima che questi potessero raggiungerla.

Wade appoggiò la canna della pistola sulla propria spalla.

«Uffaaaa.»

Chiedile cosa vuole da te.

Chissene importa. Uccidila!

Chiedile cosa vuole da te e poi uccidila.

«Cosa vuoi da me?» gridò l’uomo al cielo nero e nuvoloso di quella notte texana.

Non poteva certo dirsi di pessimo umore. Aveva appena sbrigato una consegna (un’auto piena di cadaveri russi), era stato rapito dagli alieni, torturato, poi era venuto il suo turno di torturarli e ucciderli, si era fatto una grupie talmente drogata che certamente non s’era resa conto di nulla e ora gli avevano appena messo davanti un nuovo giocattolo da malmenare.

Le voci nella sua testa, però, sembravano stressate.

A quanto pare era troppo pazzo persino per loro.

 La ragazzina era comparsa all’improvviso sulle macerie della centrale che la navicella aveva distrutto atterrando.

Portava una sottile maschera a celarle gli occhi, ma era comunque troppo distante da Wade perché lui potesse riconoscerne i lineamenti.

Si era stagliata contro la luna piena (certamente in una posa ricercata), gli aveva puntato un dito contro e gridato qualcosa come “Pagherai con la vita per questo!”.

“Questo” Deadpool non l’aveva ben inquadrato, ma non gli importava più di tanto. Una delle voci si era fissata per saperlo, e va bene, diamole corda.

 Nessuno rispose alla sua domanda.

Invece, percependola arrivare alle sue spalle, silenziosa come un gatto nella notte, si voltò di scatto e le scaricò contro le sue munizioni.

Incredibilmente, la cosa non bastò a fermarla.

Quella furia gli fu addosso in una frazione di secondo, e prima che Deadpool potesse mettere a fuoco la scena, qualcosa di terribilmente affilato gli strappò un braccio.

Il dolore lo piegò per un istante, e questo bastò alla pazza.

Lo colpì duramente, spedendolo dritto contro l’ultimo muro superstite, che si abbatté all’impatto.

«Piccola troia…» bofonchiò Wade, riassestandosi la mandibola con la mano rimasta.

Sì tirò seduto, e finalmente poté vederla bene.

Non raggiungeva il metro e sessanta, e il suo costume da supereroina era quasi inesistente. Oltre alla maschera, consisteva in un paio di shorts di jeans e il reggiseno di un costume verde acceso.

Ma non fu questo a colpire l’uomo, poiché anche le voci avevano deciso all’unanimità che quella ragazza era troppo acerba per attirare la sua attenzione (non si trattava affatto di una delle voluttuose super eroine a cui era abituato, purtroppo). No.

Furono le scaglie verdi e dure sulla sua pelle a incuriosirlo.

«Che roba è quella? Sei un’aliena e vuoi vendicarti del macello che ho fatto dei tuoi amici? Questo mi ricorda una puntata di Star Trek…»

S’interruppe nuovamente (due volte nell’arco di un combattimento, questo era un record per il Mercenario Chiacchierone!), perché le scaglie della ragazza stavano lentamente sparendo per lasciar posto a centimetri di pelle normale.

«Non sono un’aliena.» dichiarò lei, spavalda «Mi chiamo Metazoa, e tu sei nella mia zona di giurisdizione!»

Okay, ora basta. Falla fuori.

Prima chiedile perché ci tiene tanto ad ammazzarci!

No, ho detto basta, la sua vocetta mi dà sui nervi!

«Prima che ti uccida, si può sapere perché ce l’hai con me?» Deadpool fece una pausa «Vi va bene ora?»

No! Ammazzala!!

«Non posso perdonare quello che hai fatto.»

«Sai, io ho fatto tante cose. Dovresti essere un pelino più specifica.»

Ora che ci penso, dove diavolo è la tua maschera?

«Come?»

Giusto. Sei nudo. Che vergogna.

«Ma… ma…»

Sono stati gli alieni! Odiosissimi musi verdi… se solo ci ripassano tra le mani…

Ci siamo già divertiti con loro.

La maschera!

E’ ovvio che questa stupida si accanisca tanto! Non sa chi sei. Non ti ha riconosciuto!

«State zitti un attimo! Ciccia, senti, tu… mi sembri proprio uscita dal cartone di Mew Mew, amiche vincenti.» dichiarò Deadpool, notando che sul capo dell’avversaria erano comparse due grandi orecchie feline.

«E tu sembri uscito da un manicomio…»

«Lo sono!»

«…ma non importa, perché adesso ti ammazzo.»

«Eppure sono abbastanza sicuro di non aver ucciso troppa gente in Texas…»

Wade schivò il pugno della ragazza che si abbatté sulle macerie dietro di lui e la colpì in pieno petto con un calcio.

La ragazza fu scagliata a una decida di metri di distanza, ma cadde stranamente in piedi.

Tossì forte, massaggiandosi il petto, tentando di recuperare il respiro.

Deadpool non aspettò tanto.

Le fu di nuovo addosso e la centrò con un pugno sull’addome.

Lei accusò il colpo scivolando all’indietro, ma lui sentì tutte le nocche rompersi per l’impatto con qualcosa di tremendamente duro.

Gli ci vollero pochi secondi perché si riassestassero, e comunque aveva ormai recuperato il braccio, ma questo bastò alla ragazzina.

Gli sputò addosso qualcosa, qualcosa che si rivelò essere denso e appiccicoso.

Wade si ritrovò intrappolato nella bava bianca e collosa della sua avversaria.

«Che schifo! Che schifo! Che schifo!» strillò, cercando di togliersela di dosso.

Inutile dire che peggiorò la situazione.

Inciampò e s’incollò all’asfalto dell’unica strada che attraversava quell’arida pianura.

«Toglimelaaa!»

Smettila di fare il bambino.

Se non fossi stato nudo, a quest’ora avresti già affettato la bimba con le tue spade.

«Ditemi qualcosa di utile!»

Sei scemo.

«Questo non mi sembra costruttivo.»

Neanche il tuo cervello mi sembra costruttivo.

Beh, è il tuo stesso cervello, quindi io starei zitto.

«Grazie didascalia gialla!»

Taci tu, sei il più stupido di tutti.

«Ta farò male. Molto male.»

«Questa voce non è nella mia testa, vero?»

No, è la ragazza che ti sta parlando, idiota!

«Ah già. Allora, ci ho pensato, e sono abbastanza sicuro di aver ammazzato pochissime persone qui intorno, a meno che quegli alieni non ti stessero a cuore…»

«Non m’importa degli alieni, stupido! E nemmeno delle persone!» sbottò lei, irritata dall’essere continuamente ignorata.

«Umh, questa è più o meno una novità per me. Di solito chi tenta di uccidermi o è un mio rivale o vuole interferire con la mia attività. Che è, in effetti, ammazzare le persone.»

La ragazza si strinse nelle spalle, scuotendo la zazzera cespugliosa che le circondava le grandi orecchie da gatto.

«Non mi interessa quello che fai! Avresti potuto continuare tranquillamente se non avessi…»

Si bloccò.

Deadpool vide la sua bocca contrarsi per trattenere un gemito e tutto il piccolo corpo muscoloso fu scosso da un singulto.

«…usato…quel…chihuaua…» (lacrima) «…come randello!»

«Chihuaua?»

Nella sua testa esplose solo musica, e le voci ci marciarono.

Taaa-nana-na na!

Chihuaua!

Ohhh chihuaua!

«Ah, quel chihuaua! Quello che ho usato per ammazzare uno dei russi! Lo so, a volte esagero.» ammise il mercenario.

La biondina si riscosse all’improvviso e scoprì le zanne, così bianche e appuntite che scintillarono alla luce della luna.

«Sì! E per questo pagherai!»

Con un sibilo spaventoso, guizzò sul suo collo e lo morse.

Qualche frazione di secondo dopo, Wade si contorceva nella melma bianca in preda agli spasmi. Il dolore era terribile.

«Wa! Wah! Waaaaaaaaaah!»

«Doloroso, vero? È il morso di un serpente a sonagli. Tra poco sarai morto.»

Morto? Morto no. Però cazzo, quando l’effetto di ‘sta schifezza finisce, te lo insegniamo noi un luuungo modo per morire, ragazzina!

Lungo e doloroso.

«Waaaah!»

Però in effetti non avresti dovuto uccidere quel chihuaua.

Che palloso che sei. Ha afferrato la prima cosa che ha trovato. Si è accorto solo alla fine che era un cane!

Questo perché non presta mai attenzione a quello che fa!

 L’agonia durò due lunghe ore, che le voci spesero a discutere su quanto idiota fosse e perché.

Quando finalmente il dolore si disperse nell’organismo, Deadpool aprì lentamente gli occhi sul cielo stellato.

Ucciderla. Adesso.

Fu una delle rare volte in cui le voci parlarono in sincrono e Deadpool si trovò tremendamente d’accordo con loro.

Cercò di districarsi dal grumo di bava, e un canto appena accennato gli giunse all’orecchio.

Smise di divincolarsi e il canto s’interruppe.

«Non sei morto.»

Il viso della ragazzina entrò prepotentemente nel suo campo visivo.

Aveva un’espressione perplessa.

No, non era bella come tutte le super eroine che aveva conosciuto, affatto. Era solo una ragazzetta mascherata, velenosa e con della bava schifosa.

Sicuramente non doveva aver molto successo con gli uomini.

«Posso farti una domanda?»

Improvvisamente, tutta l’ostilità con cui l’aveva combattuto poco prima sembrava svanita.

Quella di Wade, invece, stava montando. Ed era certamente più pericolosa.

«Un ultimo desiderio prima che ti ammazzi?»

Lei scosse la testa.

«Cosa allora?»

«Cos’ha la tua pelle?»

«Cancro.»

«Davvero?»

«No. Mi diverto a bucarmi. Non l’hai visto Trainspotting? Dio, quel film è assurdo.»

«A me ha fatto schifo.»

Deadpool rimase un attimo interdetto. Poi le voci esplosero nella sua testa.

UCCIDILA SUBITO!!!

Con un gesto secco delle braccia si liberò dalla sua prigione collosa.

Fece per scagliarsi sulla ragazzina, ma un puntino rosso in mezzo alle macerie attirò la sua attenzione.

È la tua maschera!! Sbrigati, recuperala!

Giusto, la maschera.

Scartò di lato, la raggiunse e la indossò.

Ahhh, sì.

Non importava che fosse completamente nudo, avere la sua maschera addosso era sempre tremendamente confortevole.

Finalmente, si voltò verso la piccoletta.

«E ora è finita sul serio.»

Lei lo fissava con gli occhi sgranati.

Aprì la bocca per parlare, ma non riuscì ad articolare alcun suono.

Eppure non sembrava spaventata.

«Ehi, ragazzina? Devi urlare di terrore. Daiii, urla. Sto per squarciarti il pancino.»

Niente, era semplicemente paralizzata dallo stupore.

Allungò una mano verso di lui, puntandogli contro il dito.

Rimase così, a bocca aperta, additandolo.

«Tua mamma non ti ha insegnato che è maleducazione indicare le persone?»

«Deadpool?»

«Sì?»

«Sei Deadpool?»

«Ah-ha.»

«Il mercenario chiacchierone?»

«Già.»

«Quello che non sta mai zitto?»

«Quello bello e simpatico. Sì, io. Qualcosa non va?»

Uccidila e basta.

No, aspetta aspetta. Vediamo che ha da dire.

Ma la ragazza non disse nulla.

Cadde in ginocchio, si nascose il viso tra le mani e cominciò a piangere.

I singhiozzi la scuotevano tutta e copiose lacrime le rotolavano sui polsi.

Wade fu preso del tutto in contropiede.

«Ehm… ragazzina? Mew Mew? Dai, su, non fare così. È sono un piccolo squarcio. Vedrai, me l’hanno fatto molte volte. Solo che tu morirai. Ma mi hanno detto che è una cosa abbastanza veloce.»

Non lo ascoltò neppure.

Continuava a piangere disperata, le grosse orecchie abbassate ai lati della testa.

«Senti bimbina, mi dici perché piangi?» chiese infine Wade, esasperato.

Lei annuì tra i singulti.

Cercò di calmarsi, tirò su col naso e si strofinò gli occhi con le mani guantate.

«Tu sei…sigh!...insieme a Spiderman…(sniff)…tu ERI…! Il mio… (cough)…il mio supereroe preferito…! Ma ora… ora hai rovinato tutto! TUTTO!»

«Io…»

Probabilmente per la prima volta nella sua vita, Deadpool non sapeva cosa dire.

Rimase a fissare quella ragazzina piangente, nudo e sfigurato, con la sua maschera rossa e le voci nella testa.

Che hai? Adesso ti dispiace aver deluso le aspettative di una mini eroina qualunque?

«Ha detto che sono il suo preferito…»

No, ha detto che ERI il suo preferito. Insieme a Spiderman.

Quello Spiderman piace sempre a tutti, hai notato?

Già. Ma tu hai dovuto ammazzare il chihuaua.

«Non l’ho fatto apposta…»

Ma l’hai fatto, e questa qui è uscita scema! Non sei più il suo preferito, tanto vale che l’ammazzi.

Sì, ormai la sua vita è rovinata.

«Zitti un attimo! Non capite? Questa poteva essere la mia occasione per avere qualcuno che mi volesse!»

Infatti. POTEVA essere. Dai sbrigati a concludere la faccenda, voglio andare a casa.

Wade mosse un passo verso la ragazza.

«Senti… in realtà io non volevo davvero far del male a quel cane. È che non me ne sono accorto. Non c’è speranza di redenzione? Voglio dire, mi hai anche iniettato quello stupido veleno… a proposito bimbetta, mi spieghi un attimo cosa sei?»

Lei lo fissò, gli occhi umidi e la bocca corrucciata.

«Non sono una bimbetta. Te l’ho già detto, mi chiamo Metazoa e, per tua informazione, ho già diciotto anni!»

Prima che Wade potesse rispondere, una forte esplosione alle sue spalle lo scagliò in avanti.

Sbatté la faccia sull’asfalto, ma si rialzò immediatamente, cercando di capire cosa fosse successo.

La ragazza, che probabilmente era riuscita a vedere il colpo prima che si abbattesse sulla strada (ormai completamente distrutta), era schizzata indietro ed atterrò al suo fianco.

Finalmente, constatò Deadpool, un po’ di sano spavento deformava i suoi lineamenti!

«Non sono stata io!» strillò, aguzzando gli occhi felini sull’incendio che era scoppiato davanti a loro.

«Sono stata io.»

Una sagoma femminile emerse dalle fiamme.

Questa sì che aveva tutte le sue belle forme al punto giusto.

Ma c’era qualcosa che non andava.

Quelle mani. Quelle…

«Oh, no.» sospirò Wade.

Proprio lei.

Che palle.

«Chi è?» chiese Metazoa, portandosi in posizione da combattimento.

In quel momento, la donna lasciò un urlo disumano.

«Wade!!»

«Lady… da quanto tempo! Certo, devo dire che non mi sei mancata per niente. Sai, tu mi sei sempre sembrata un po’ schizzata.»

Metazoa scosse la testa, come farebbe un cane per liberarsi da una mosca fastidiosa.

«Da che pulpito…»

La donna spiccò un salto impressionante e si portò a pochi metri da loro.

«Ciao Deathstrike! Qual buon vento ti porta qui in Texas?»

Non serve essere così gentili, questa porta grane.

Lo sappiamo, è sempre stato così!

Cosa facciamo? Facciamo fuori anche lei?

Sì, tu parli parli, e intanto non fai fuori nessuno.

«Veramente oggi ho fatto fuori un sacco di gente…»

E un chihuaua.

«E un chihuaua.»

«Smettila di parlare con te stesso, Wade. Il professore mi ha mandata a riprenderti.»

«Riprendermi? Perché? Io ho lasciato Arma X.»

La donna sorrise diabolica, la lingua rossa e sottile guizzò sui denti scintillanti.

«Già, ma ci sono nuove… cose. Nuovi esperimenti da provare. E tu sei sempre stato una cavia perfetta. Lo dice anche Ajax.»

Deadpool s’irrigidì.

Le unghie si ficcarono a fondo nella carne del palmo, e lì rimasero, impedendo al fattore rigenerante di chiudere la ferita.

«E così quel bastardo è ancora vivo, eh? Strano. Ero abbastanza certo di averlo ucciso.»

Sì, certo.

Non muore mai nessuno qui.

«Perché non vieni con me? Sono certa che fremi dalla voglia di vederlo…»

«Scusami, Lady. Mi piacerebbe, verrei volentieri, ma sai com’è. Sto aspettando l’ottava serie di Grey’s Anatomy, e nelle vostre basi c’è sempre una pessima ricezione.»

«Sai Wade, quando te ne sei andato hai lasciato un grande vuoto. Certo, io ho provato a riempirlo con le granate che hai dimenticato lì. Come quella di poco fa. Vogliamo provarne un’altra?»

«Uh oh.»

Deathstrike ne sfoderò quattro contemporaneamente.

«Ragazzina, sei abbastanza agile e veloce?»

«Posso essere agile come un felino e veloce come un levriero.» confermò lei, con un cenno del capo «Ma…»

Non riuscì a terminare la frase.

Altre quattro esplosioni li avvolsero.

 

 

 

*

 

 

 

Echeccavolo.

Sì, lo so. Ho altre millanta cose in cantiere, la mia incostanza è nauseante, questa storia non interesserà a nessuno e tutto il resto.

Voglio dire, chi abbandonerebbe una bella storia su OP (che mantiene il primo posto nel mio cuore), per una nerdata marvel che non leggerà nessuno?

Ovviamente io, quando la mia nuova ossessione diventa Deadpool.

Voglio dire… l’avete letto il nuovo mensile a lui dedicato? Geniale.

Comunque, veniamo alle cose serie che davvero devo dire:

 

Innanzitutto mi scuso con i veri esperti Marvel: io sono solo una novizia, non ho letto nemmeno un numero di Cable&Deadpool e probabilmente ci saranno delle incongruenze. Mi dispiace. Cerco di aggiornarmi il più possibile, ma l’universo Marvel mi sembra davvero sconfinato!

 

Seconda cosa à io amo Deadpool, ma sono anche una studentessa di veterinaria, e lui ha ammazzato un cane.

Dovevo fare qualcosa.

Qualcosa per punirlo e riscattarlo allo stesso tempo, per non cominciare a odiarlo.

Questa storia è il mio modo.

 

Ultima cosa!

La nuova coprotagonista.

Inizialmente volevo usare un personaggio marvel realmente minore, di quelli che non si caga nessuno, per intenderci.

Avevo pensato alla Gatta Nera, poi a Tigra, ma nessuna delle due ha il carattere e l’immaturità che mi serve.

Quindi ho dovuto costruirne una nuova. Un’altra.

Leggerissimamente ispirata a Hit-Girl di KickAss.

 

Questa è davvero l’ultimissima cosa.

Non so cosa ne sarà di questa storia.

Ho un paio di idee e sono anche curiosa di vedere come si evolveranno!

 

Se qualcuno è arrivato a leggere fin qui, ha tutta la mia gratitudine! J

 

Nota finale: NON ci sarà in inciucio tra il nuovo personaggio e nessuno dei protagonisti! Personalmente, è una cosa che fatico ad apprezzare.

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Capitolo 2
*** PetGirl ***


2.

PetGirl

 

 

Deathstrike non ci andava troppo per il sottile.

Gettava loro contro granate a piene mani e menava fendenti a destra e a manca con quei diabolici artigli di adamantio che si ritrovava.

Non faceva altro, in realtà.

Deadpool era già abituato al suo stile di combattimento, e si divertiva a saltare da una parte all’altra per schivare i suoi colpi, canticchiando nel frattempo la sigla di CSI Miami.

«Wade!» gracchiò lei, in un urlo carico d’odio.

«Sì, bellezza?»

«Smettila di fare il coglione e vieni con me!»

Dici che Colcord se la prende se la facciamo fuori?

«Ragazzi, lei è praticamente un cyborg. Non è che la posso far fuori.»

Beh, allora smontiamola pezzo per pezzo.

«Smontarla? Umh, sì. Potrebbe funzionare!»

Se solo avessimo le nostre spade.

Già. Se solo.

 

In quel momento, dopo un lungo volo e una brutta caduta sull’asfalto smosso e rovente, Metazoa riapriva lentamente gli occhi.

Non era atterrata in piedi, questa volta.

Cominciava ad albeggiare, e il cielo estivo era appena illuminato da una tenue luce rosa, che si proiettava sulle nuvole grigie, sopra di lei.

Quel gioco di luci riverberò da qualche parte, davanti ai suoi occhi.

Si inginocchiò mugugnando.

Sentiva male ovunque.

I muscoli della schiena erano indolenziti e si lamentavano ad ogni movimento.

Provò a muovere le gambe, ma una fitta alla tibia sinistra le lacerò l’aria nei polmoni.

Merda. Doveva essersela rotta.

Come se non bastasse, la testa le pulsava tremendamente e lo stomaco non si era ancora disteso dopo l’ultimo cazzotto di Deadpool.

Sorrise amaramente, solo per sentire il gusto metallico del sangue riempirle la bocca.

«Oggi non è la mia giornata…» bofonchiò, massaggiandosi i muscoli stirati del collo e tentando di rimettersi in piedi.

Poteva vedere in lontananza il trambusto della battaglia sfociata tra i due.

A questo punto, lei poteva anche andarsene.

Dopotutto era venuta lì per vendicare un chihuaua, e aveva avuto la pretesa di farla pagare a un immortale. Non poteva certo sperare di punire Deadpool più di quanto non avesse già fatto.

 Finalmente riuscì a rimettersi in piedi, aggrappandosi ad alcune macerie volate fin lì insieme a lei.

Staccò con cautela le mani dal granito e provò a muovere qualche passo.

Diavolo, a differenza di quegli altri due pazzi, il suo potere poteva fare ben poco contro fratture di quel tipo.

Incespicò sui suoi passi, ma riuscì a riprendere l’equilibrio appena in tempo.

Di nuovo quel fastidioso riverbero le colpì gli occhi ultrasensibili, abbagliandola.

C’era una superficie riflettente. Una superficie riflettente nell’erba.

 

Che diavolo stai aspettando? Falla fuori!

A mani nude?

Beh, siamo sempre stati più forti di lei! O sbaglio?

Non sbagli, ma pensare di andare contro quella furia cibernetica senza uno straccio di corpo contundente…

«Cazzoooo

Deathstrike lo centrò, in pieno volto, scaraventandolo ad alcuni metri di distanza.

Bene, come se non fossimo già abbastanza sfigurati!

In un istante gli fu addosso.

«Senza le tue adorate armi non sei nulla di speciale, Wade. Sei solo immortale.»

«Già. E’ un peccato, vero?»

«Sì…»

La donna sfoderò di nuovo quel sorrisetto diabolico, e uno dei suoi artigli si allungò più degli altri.

«Perché avrò tutto il tempo per convincerti a tornare ad Arma X. Vediamo…»

Fece vagare un’unghia sulla pelle nuda e abbruttita di Wade, graffiandolo appena.

«Ehi. Vacci piano stellina, soffro il solletico.»

«Bene.»

Lei si leccò le labbra.

Così, seduta sopra di lui, con i piedi che gli avevano letteralmente spappolato i polsi sull’asfalto, l’aveva completamente alla sua mercé.

 I primi raggi del sole colorarono ulteriormente le nuvole, rischiarando l’aria.

Sta notte hai fatto proprio una pessima figura.

Infatti! Te le sei soltanto prese.

«Oh, state un po’ zitti!»

«Ho deciso da dove cominciare.» sussurrò Lady Deathstrike, portando il suo artiglio principale sull’inguine di Wade.

«Scommetto che è da un po’ che non ti diverti con una donna, eh? Io potrei darti una mano…»

L’uomo sudò freddo.

«Oh-oh.»

Questo non ci ucciderà.

Ma farà molto, molto male.

«Deadpool

Wade voltò lo sguardo appena in tempo per vedere la ragazzina, a qualche decina di metri di distanza sulla strada sfracellata, lanciare qualcosa di luccicante nella sua direzione.

No, aspetta.

Non è qualcosa di luccicante… è…!

Sono le tue spade, idiota! Afferrale!

E allora non ci furono polsi sfracellati o artigli di Deathstrike che lo tenessero ancorato al terreno.

Riuscì a liberarsi della presa ed afferrare le sue armi al volo.

Con un urlo di rabbia, la donna gli affondò gli artigli tra le gambe.

Questo fece male.

Molto male.

Ma Deadpool non gridò.

Si morse le labbra, quasi se le staccò.

Poi scattò in piedi, furioso come raramente lo era stato.

Quel che accadde in seguito a Deathstrike non fu molto piacevole.

Probabilmente ci sarebbe voluta una squadra di ingegneri esperti per rimetterla insieme dopo il lavoro metodico a cui la sottopose.

Questo, a Deadpool, non importava.

 

«Beh, alla fine suppongo di doverti ringraziare.»

Grazie!

Grazie!

«Mh.» mugugnò in risposta la ragazzina, dandogli le spalle.

Cominciò ad allontanarsi zoppicando, molto lentamente.

«Ehi, aspetta!»

Deadpool, che aveva ritrovato il suo costume rosso tra i resti in fiamme dell’astronave, la raggiunse in pochi passi.

«Eddai! Sei ancora arrabbiata per la storia del chihuaua? Ti ho detto che non volevo!»

«Lasciami in pace.» sibilò lei, fissando dritto davanti a sé con aria corrucciata.

Rischiò di inciampare su una pietra troppo sporgente, ma ancora una volta recuperò l’equilibrio prima di cadere.

Si fermò per riprendere fiato.

La gamba le doleva terribilmente.

 Senti, lei ti ha aiutato, forse ora dovresti darle tu una mano.

Mi sembra di sentire Blind Al.

«Senti, tu non hai una bella cera.» continuò Deadpool, spostandosi davanti a lei. «So di aver detto che ti avrei aperto in due, ma ho cambiato idea, davvero. Beh, per ora. Insomma, ti porterei da qualche parte, così non penso tu possa andare lontano.»

«Sì, invece. Non devo camminare per forza.»

«E cos’altro potresti fare allora?»

«Volare.»

«Ah, sì, certo.»

Bravo, giusto, i pazzi non vanno mai contraddetti!

Ma la gente ci contraddice in continuazione.

Infatti non dovrebbe.

Mi sa che hai ragione. Vedi? Morirebbero molte meno persone seguendo poche, semplici regole…

 Metazoa digrignò i denti e si portò una mano sulla fronte, come se cercasse di vincere un mal di testa lancinante.

«No, mi sa che hai ragione, non posso. Devo essermi fatta più male di quanto pensassi.»

«Avevi detto di essere agile come un gatto e veloce come un non so che.»

Un levriero, stupido.

Ma.

«Ma cosa?»

C’era anche un “ma” in quella frase, solo che non l’ha finita in tempo.

La ragazza scrollò di nuovo la zazzera chiara di capelli nello stesso caratteristico modo di poco prima, come se volesse scrollarsi di dosso qualcosa di fastidioso.

«Senti, non–»

Sentirono il rumore tintinnante di qualcosa di metallico che rimbalzava a terra e continuava a rotolare per qualche secondo.

Entrambi gli sguardi scattarono sulla granata ai loro piedi.

Metazoa fece appena in tempo a mormorare un “oh, merda” particolarmente sentito, prima di essere avvolta dalla seconda esplosione della giornata.

 

Non svenne, non questa volta.

Strano, considerato che sarebbe dovuta saltare in aria in mille pezzi.

Istintivamente si era lanciata all’indietro tappandosi le orecchie, ma sapeva che non sarebbe servito a nulla.

Invece atterrò con uno schianto a parecchi metri di distanza, sbattendo dolorosamente contro qualcosa che si conficcò tra le scapole.

E qualcosa le cadde addosso.

No, non qualcosa. Qualcuno.

O meglio, quel che restava di un Deadpool mezzo maciullato dall’esplosione.

Per questo non era morta.

Quel pazzo furioso le aveva fatto da scudo, scagliando entrambi il più lontano possibile.

«Okay.» disse lei, sgusciando fuori da sotto gli organi maciullati dell’uomo «Forse ora posso perdonarti…»

Completamente imbrattata di sangue non [solo] suo, si rannicchiò a terra pronta a scattare, in attesa di un qualsiasi rumore o movimento.

La polvere sollevata dalla granata le impediva di vedere a pochi centimetri dal suo naso, ma esistevano ben poche cose che potevano ingannare le orecchie di un segugio.

In ogni caso, se qualcuno aveva cercato di ammazzarli ancora una volta (e difficilmente poteva trattarsi di Deathstrike), non era rimasto a controllare gli esiti delle sue azioni.

 

Ci vollero venti minuti prima che Deadpool si rigenerasse completamente, e continuò a ronfare per almeno altre tre ore.

Quando finalmente riaprì gli occhi, si ritrovò a fissare un soffitto grigio dalla vernice completamente scrostata.

Uh, che classe.

Mi sento proprio a casa.

«Nghh, la testa…»

Ti sei rigenerato idiota, non puoi avere mal di testa.

«Forse sto un po’ abusando di questa cosa della rigenerazione...»

Zitto e mangia la brioche al miele.

«Quale brioche al miele?»

Quella sul mobile alla tua sinistra.

Doveva essere in una vecchia fabbrica abbandonata.

Il giaciglio su cui si trovava consisteva in un materasso sfondato completo di coperta ammuffita, e dalle imposte tarlate alle grandi finestre filtrava qualche fascio di luce dorata, che andava a illuminare chiazze di pavimento polveroso.

La brioche appoggiata su quel che restava di un macchinario grigio, però, aveva un aspetto delizioso.

Se la ficcò direttamente tutta in bocca.

«Cshibbè shccsh engh bbegghmg gnammh chgn

Eh??

Non parlare con la bocca piena!

«Cos’è successo?» chiese, ingoiando il boccone.

Boh.

Sei tipo esploso.

«E poi?»

E poi non lo so, ci siamo spenti.

«Potete spegnervi?»

Dietro la maschera, gli occhi di Wade brillarono.

Solo quando si spegne il tuo cervello, illuso.

«Oh… peccato.»

Per un attimo ci avevi creduto, eh?

Deadpool lanciò in aria la coperta e si sedette su quel che restava del materasso.

Le sue katane erano adagiate accanto al pagliericcio. Delle armi da fuoco nessuna traccia.

Dev’essere stata la bimba a usarci tanta cortesia.

Cortesia? Ci ha abbandonati in un magazzino! Noi le salviamo la vita e lei…

Devi ammettere che la brioche, però, è stato un tocco di maestria.

Misurò la stanza a grandi passi, muovendosi nella fitta penombra, finché non s’imbatté in un’accozzaglia di scatoloni accatastati.

Sopra di loro, avvolta in un plaid rosa dall’aspetto per nulla ammuffito, la ragazzetta ronfava della grossa.

Wade si concesse due secondi per notare che le orecchie e la coda da gatto erano sparite per lasciare il posto ad un set di annessi tipici probabilmente di un qualche piccolo primate.

Le orecchie attuali, per esempio, erano piccole e cilindriche, e sporgevano ai lati della testa facendosi largo nei capelli intrattabili della ragazza.

 Fatte le dovute constatazioni, Deadpool le assestò un calcio che la fece rotolare fuori dal giaciglio, sul pavimento ingombro di cocci di vetro.

«Ahiaaaa» mugolò quella, ancora bloccata nel sogno «…non un cavallo.»

Non un cavallo?

Non un cavallo?

«Non un cavallo?»

Questa è più scema di te, Wade.

Fece per punzecchiarla ancora col piede, ma un fulmine bianco e peloso lo colpì in faccia con un lungo gemito felino.

«Ma che diav–»

Sentì gli artigli affondargli nell’occhio destro.

Bene.

No, aspetta scemo, non…!

Prima che le voci nella sua testa potessero fermarlo, il gatto fu spiaccicato contro la parete accanto.

Fantastico. Davvero fantastico.

Hai fatto fuori un altro animale Wade. Ora sì che la tua piccola fan sarà entusiasta.

«Ma… ma l’avete visto anche voi! Mi ha attaccato! È stata legittima difesa!»

Per un attimo, pregò che la piccoletta non si fosse ancora svegliata e si girò freneticamente a guardarla.

Lei ricambiò lo sguardo da per terra, perplessa e annoiata.

«Mi sa che non ti posso lasciare andare in giro da solo.» sbuffò.

«Scusa, tu… non schizzi male? Voglio dire, penso di aver appena spiattellato il tuo gatto sul muro e…»

Si voltò verso la poltiglia di gatto.

E notò che la poltiglia di gatto non c’era più.

«Meow»

Il miagolio ai suoi piedi richiamò la sua attenzione.

Un grosso gatto bianco e nero lo fissava curioso, con i suoi grandi occhi gialli e placidi. Perfettamente intero.

«Ti presento Darwin, l’unico gatto al mondo a possedere del DNA mutante nel suo genoma.» disse Metazoa, allungando una mano per accarezzarlo.

«DNA mutante?»

«Sì. Fattore di guarigione. Puoi spiattellarlo sul muro quanto ti pare, questo gatto è praticamente immortale.»

Alzò lo sguardo sull’uomo, un sorriso angelico sulle labbra.

«Ma se provi a rifarlo ti ammazzo.»

Ne deve passare di acqua sotto i ponti prima che una bimbetta fragile come te possa anche solo sperare di farci male.

«Com’è possibile che un gatto sia un mutante?» chiese Wade, squadrando il felino.

Aveva orecchie e coda nere, assieme ad un paio di strisce sulla schiena. Per il resto era coperto di un soffice manto bianco.

«Credo sia frutto di un esperimento… in realtà non so molto bene neppure io. A Darwin non piace parlare del suo passato.»

Come a voler confermare quelle parole, il gatto annuì leggermente e si accomodò sul giaciglio della padrona.

Hai sentito?

«Sì… questo felino potrebbe essere proprio come me!»

Mannò, idiota! Intendevo… al gatto non piace “parlare”??

Questa… questa ha probabilmente delle voci nella testa.

O nella testa del gatto.

Fuggiamo, prima che sia troppo tardi!

«Sei stata tu a portarmi qui?»

Lei si strinse nelle spalle, alzandosi finalmente in piedi.

«Beh, tu mi hai protetta durante l’esplosione. Era il minimo.» disse, spolverandosi la maglietta troppo larga e i pantaloncini.

«E non c’è una tv in questo postaccio?» si lamentò lui, cominciando a rovistare negli angoli più bui dello stanzone.

«Una tv? Direi proprio di no. A proposito, perché l’hai fatto?»

«Fatto cosa

«Salvata. Perché mi hai salvata

«Beh, hai detto che sono il tuo supereroe preferito, e sai. Non è che io abbia molti amici, ma in realtà non mi piace nemmeno troppo la solitudine. Cioè, non è male, non per il lavoro che faccio. In genere ammazzo la gente, quindi capisci che non è che ne voglia troppa intorno. O forse è la gente che non vuole perché sa che dopo l’ammazzo. In ogni caso ho Weasel, e Blind Al, anche se in realtà se posso evitare di incontrarli è meglio perché–»

«Okay, okay, ho afferrato il concetto.» si affrettò a dire lei, allungando le braccia come per fermarlo «In realtà no, ma fingiamo che sia così.»

L’hai salvata perché ti sentivi solo.

Patetico.

«L’ho detto ad alta voce?»

Sì.

Idiota.

 Finito di esplorare i dintorni, Deadpool sfondò le imposte con un pugno, e la luce del sole inondò la stanza, ferendo gli occhi di Metazoa e del gatto.

«Tu vivi qui?»

«Solo di notte, quando sono nei panni di PetGirl. Questo è tipo, uh, il mio quartier generale.»

Questa pattumiera gigante?

«PetGirl

«Sì, così mi chiamano gli amici. Che non ho. Ma lo farebbero! Comunque di giorno sono una studentessa normale, con una vita normale

«E un gatto immortale.»

«E un gatto immortale.» concesse lei.

Scese il silenzio.

Piuttosto imbarazzante, per la verità.

Le orecchie da piccolo primate della ragazzina si abbassarono leggermente e la coda le si arrotolò intorno al polpaccio destro.

«Beh… quindi… Arma X, eh? Forte.»

No.

Non proprio.

«Senti, ma tu cos’è che fai esattamente, di notte, a parte vendicare chihuaua?»

Lei s’illuminò istantaneamente.

All’improvviso le orecchiette ai lati della testa si sollevarono, mutando velocemente in orecchie da gatto, e lo stesso fece la coda.

Un sorriso enorme si aprì sul volto di Metazoa, scoprendo i canini acuminati.

«Di notte sono PetGirl!» esclamò con entusiasmo, chiaramente ricorrendo a una formula, un tono e un’espressione che aveva provato chissà quante volte davanti allo specchio «Mi aggiro come un’ombra nell’oscurità per punire chiunque faccia del male a un qualsiasi essere del regno animale! Tremate, marrani, perché la mia vendetta si abbatterà tremenda su chiunque oserà sfidarmi!»

Nel recitare, assunse una posa da combattimento ridicola.

Non vedeva l’ora che glielo chiedessi.

Chiaramente.

«…ah.»

Un misto tra Mew Mew e Sailor Moon, insomma.

Io sono sempre del parere di ucciderla.

«Fossi in te però, cambierei la parola “marrani”. Non funziona con il ritmo del discorso.»

«Tu dici?»

Metazoa assunse un’aria pensierosa, corrucciando la bocca e massaggiandosi il mento.

«Umh, forse hai ragione. Rivedrò il mio grido da combattimento!»

Senti, non per fare il guastafeste, ma se il caro Colcord ci sta cercando, forse è meglio sparire.

«Vero. Bene, è stato un piacere ragazzina/animale o quel che sei. Ci vediamo!»

Individuata l’uscita della fabbrica, Wade vi si diresse senza ulteriore esitazione.

«Ehi, aspetta!»

La ragazzina face per trattenerlo protendendo gli artigli, ma poggiò il peso sulla gamba sinistra, e la tibia rotta cedette facendola rovinare a terra.

Oh.

Veramente di classe.

No, sul serio. Degno di Sailor Moon.

«Forse sarebbe meglio che invece di seguire mercenari chiacchieroni, cercassi di diventare come il tuo gatto.»

Infatti. Fidati, lascia a lui il lavoro duro e va’ a farti un fattore rigenerante.

Potremmo proporre lei ad Arma X!

«Andrò in ospedale, ma non saprei come spiegare tutte queste ferite. Devo prima passare al college, fingere di cadere dalle scale e poi farmici portare.»

«E in media quante volte a settimana cadi dalle scale?»

«Ehm… parecchie.»

Davvero, infilziamola. È meglio per tutti.

«Ciao.»

«No, sul serio, ho una proposta per te!» gemette la ragazzina, sdraiata a terra, tirando la sua tuta all’altezza della caviglia.

«Hai qualcuno da farmi uccidere? Perché in quel caso, lasciatelo dire, fai proprio schifo come supereroina che si aggira come un’ombra nell’oscurità.»

Di nuovo, scosse la testa con quel buffo movimento da cane bagnato.

«No, no, per quello mi arrangio. Voglio propormi come tua sensei nel percorso per diventare un vero supereroe!»

Cos…?

«Ma come diavolo fai a sapere–»

Metazoa lo interruppe agitandogli una mano davanti agli occhi, tornando seduta.

«Il mio college è a San Francisco. C’erano tutti quando ti sei scontrato contro gli X-Men! E poi ho letto sul giornale che cercavi Spidey… insomma, basta fare due più due.»

Okay, questo un po’ mi turba.

Il lavoro potrebbe risentirne.

Io continuo a proporre di infilzarla.

Deadpool le diede le spalle, piccato.

«Anche se così fosse (e così non è!), sicuramente non verrei a chiedere l’aiuto di una Mew Mew vendica-chihuaua. Addio.»

«Ma pensaci scusa!» gracchiò lei con voce lamentosa, aggrappandosi alle sue gambe per impedirgli di procedere (Ucciderla. Ora.) «Nessun supereroe famoso e attivo a pieno ritmo accetterà mai di insegnarti! Sei troppo instabile e nessuno ti vuole tra i piedi!»

Quando la bocca della pistola le fu premuta esattamente in mezzo agli occhi, Metazoa si allontanò da lui con un guizzo, alzando le mani e sudando freddo.

«Lo vedi? Hai un caratteraccio!»

«Perché vorresti insegnarmi a fare il supereroe?» chiese lui, senza spostare la pistola di un millimetro.

«Perché così tu non te ne andresti in giro a spiaccicare procioni e usare chihuaua come manganelli! Se non posso ucciderti, almeno potrei tenerti sotto controllo.» spiattellò lei velocemente, il metallo freddo della pistola sempre sulla fronte.

Tenere sotto controllo Deadpool.

Suonò ridicolo alle sue stesse orecchie da gatto.

Per lo meno è stata sincera.

«E puoi davvero insegnarmi come si fa?»

«Sì. Con l’aiuto di Darwin. Ma devi venire. Con me. A San Francisco.»

Passò un intero minuto in cui Metazoa si chiese se sarebbe davvero morta con tutto il cervello di fuori, spiaccicato alle sue spalle.

Alla fine, Deadpool abbassò l’arma (Ma che diavolo fai?!), e lei credette di svenire per il sollievo.

«D’accordo allora.» disse, e quelle grandi orecchie scattarono verso di lui «Perché no? Si parte per San Francisco!»

Dì la verità, ti stavi annoiando.

Io sono sempre del parere che anche spiattellarle il cervello sul muro sarebbe stata una buona idea.

«Che dite, Ciclope sarà felice di rivederci?»

No.

No.

«Scusa, con chi stai parlando?» mugolò la ragazzina, riuscendo finalmente a rimettersi in piedi.

«Tu. Stai attenta.» disse lui all’improvviso, puntando l’indice contro di lei.

Quella spalancò gli occhi, spaventata.

«La didascalia gialla ti odia.»

«La… che?!»

«Andiamo, verso una nuova avventura!»

Metazoa e Darwin si scambiarono un’occhiata di terrore.

 

 

“Okay, okay… forse ho fatto una stronzata.”

 

*

 

Scusate il ritardo, lo so, sono una cacca.

Il mio solito problema degli impegni e dell’incostanza! L

Ma per una volta ho tutta la trama ben stesa e sviluppata, quindi non abbandonerò la storia!

 

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