Maratona mondiale

di apochan kenshiro
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Si parte! ***
Capitolo 2: *** On the road ... ***
Capitolo 3: *** Paris, mon amour ***



Capitolo 1
*** Si parte! ***


Si parte!


 

Era ormai sera, il momento di coricarsi, e Diletta non vedeva l'ora: la sua giornata a scuola era stata lunga e aveva dovuto affaccendarsi molto. Il pomeriggio, poi, aveva avuto i laboratori, dei quali uno in particolare le stava a cuore: la professoressa aveva dato a ciascuno dei suoi compagni di classe, compresa lei, uno stato europeo, sul quale studiare e redigere una scheda dettagliata, dalla storia, all'economia, alla geografia, fino addirittura a creare un itinerario turistico ideale attraverso di esso. Lei non avrebbe potuto chiedere di meglio: le era stata assegnata la Gran Bretagna e, poichè la sua storia si intrecciava indissolubilmente per secoli con la sua "vicina", aveva avuto in consegna anche l'Irlanda, paese che adorava e che aveva visitato l'estate scorsa con la sua famiglia.

Contenta e soddisfatta, ed anche molto stanca, quindi, si diresse in camera sua, sbadigliando sonoramente; entrata, si buttò proprio come un sacco di patate sul letto e, tirate su le coperte, non fece in tempo a darsi la buonanotte che sprofondò immediatamente nel sonno.

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"Diletta!!" "Mh?". Con la bocca impastata dal sonno, Diletta mugolò, mentre sentiva una voce familiare chiamarla. "Allora, Diletta, sei fra noi?" "Ancora cinque minuti mamma..." "Spiacente Bellinzoni, ma presumo che tua madre sia a lavoro; qui siamo in classe, dormito forse poco stanotte? Visto un film un po' troppo lungo alla televisione?" "Eh?". In quel momento, mentre a poco a poco la voce che le parlava si faceva più nitida, Diletta si rese conto che quello dove teneva le sue braccia incrociate, in cui aveva affondato la testa, non era il suo morbido cuscino: si trattava piuttosto del suo duro e scomodo banco. Alzò repentinamente la testa, spalancando gli occhi, che le fecero vedere che si trovava in mezzo alla sua classe, intenta a fare un pisolino.

"Ommioddio! Ma è lei professoressa Rossellini!!!" "Chi altro dovrei essere, Bellinzoni? Siamo in classe e stiamo facendo lezione... capisco che sia l'ultima ora e che per una volta probabilmente non ti sei riposata abbastanza, ma non mi sembra un buon motivo per dormire sul banco!" "Ommamma, ma io...". Diletta era più confusa che mai: ma cosa ci faceva in classe se qualche ora fa era andata a letto?

"Professoressa, io..." "Lascia stare, Diletta, per questa volta chiuderò un occhio, è la prima volta che ti succede... però mi raccomando di stare attenta: mi spiacerebbe molto dover parlare con i tuoi genitori, lo sai..." "D'accordo, grazie..." "Bene... allora, come stavo dicendo, Cavour venne a patti segreti con Napoleone III a Plombieres, perchè il regno Sabaudo avesse dei validi alleati, in quella che doveva essere una guerra..."

Diletta ascoltava sempre meno la voce della professoressa, che le arrivava alle orecchie semrpe più ovattata. Non riusciva davvero a capire... tutto le appariva insensato e decisamente strano. Abbassò gli occhi, per constatare sul serio se si trovasse al suo banco, e vide, come comparsi dal nulla (era sicura di aver tastato solo la superficie fredda di compensato del banco...) il suo diario, il suo astuccio ed il suo libro di storia, aperto proprio sulle premesse alla seconda guerra d'indipendenza. Sbirciò dunque ai suoi piedi, dove vide il suo adorato zaino fucsia, con centinaia di pupazzetti e dediche, ed a quel punto si rassegnò: aveva sicuramente sognato di essere a casa ed andare a letto, non c'era altra spiegazione...

"...Quindi avvenne che, dalle premesse della guerra di Crimea...". A quel punto la voce della professoressa fu interrotta dal suonare della campanella, che decretava la fine delle lezioni. "Bene, per oggi terminiamo qua! Domani riprenderemo dal paragrago sette... per il momento vi saluto e salutiamo il vostro compagno Massimo, che per una settimana andrà a Lione, nella regione dei castelli, con la sua famiglia.". Detto ciò tutti i compagni di classe fecero, chi più chi meno, gli auguri di un buon viaggio al ragazzo. Diletta posò gli occhi su di lui, sentendole il cuore sussultare: Massimo, alto, capelli neri, carnagione chiara ed occhi scuri, il suo amore, sarebbe partito e non lo avrebbe visto per una settimana! Anche lei andò a salutarlo, come tutti, forse un po' timidamente, ma non appena si rese conto di essere rimasta improvvisamente solo in classe, proruppe in un grido disperato.

"NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! Massimuccio!!!!!! come farò senza di teeeeeeee!!!!!!". Grossi lacrimoni le salivano incontrollati agli occhi ed intorno a lei, vide pian piano formarsi un grande pozzanghera sul pavimento; tentava di calmarsi di darsi un contegno, non si sentiva proprio in sè, ma era inutile: piangeva allagando la classe. "Buuuuuuuuuuuuuuuuuuhhhhhhhh!!! Perchè????". All'improvviso, mentre era ancora tutta intenta a disperarsi, sentì qualcuno picchiettarle sulla spalla. "Uh?", fece voltandosi e tirando su forte con il naso; era la bidella che, con tutto il suo armamentario di secchi, scope e detersivi, la guardava con uno sguardo fra l'apatico e l'irritato. "Senti gioia, qui devo pulire, quindi: uno, smetti di piangere, altrimenti ci metterò una vita a dare il cencio; due, se non esci di qui, ti chiudo dentro la scuola...". Diletta, con grandi occhi da cerbiatto annuì, cessando di piangere, poi si diresse in tutta fretta all'uscita, zaino in spalla, miracolosamente pronto.

Si buttò dunque a rotta di collo oltre il cancello, che subito dopo si chiuse sbattendo violentemente. Si fermò, guardandosi intorno, poi finalmente vide la piccola utilitaria grigia della madre, dove dentro scorse entrambi i genitori. Si avvicinò alla vettura, e la madre abbassò il finestrino mostrandole un sorriso a trentadue denti:"Ah, eccoti tesoro! Forza sbrigati, non ti ricordi che dobbiamo partire?", fece sua madre con allegria; lei la guardò con occhi piccoli come fessure ed un grande punto interrogativo sulla testa; forse in quel momento le parve addirittura di sentir ululare un coyote ed il fischio del vento, che trascina gli sterpi secchi per il deserto arido del Far West. "Scusa, mamma, ma da quando avevamo in porgramma di partire?". Suo padre si abbandò ad una grassa risata, mentre la madre manteneva quel sorriso da capogiro, che le arrivava da un orecchio all'altro. "Ah, la mia bambina", fece l'uomo gioviale, "sempre così distratta... ma non ti ricordi che avevamo programmato il fine settimana a Roma?" "Quindi adesso io dovrei salire in macchina e poi partiremmo, giusto?" "Giusto, tesoro.". Diletta si mise un attimo a riflettere: doveva partire? Poi un'assurda idea le balenò in mente ed una strana espressione le comparve il volto ... quel giorno si sentiva decisamente strana, bene, ma strana ... fece due più due: Massimo partiva, lei partiva ... cosa c'era di più semplice?

"Papino?" "Sì orsacchiotta?" "Dobbiamo andare per forza a Roma?" "Tesoro, certo, avevamo deciso così..." "Sicuro, sicuro, sicuro?", fece la ragazzina con una vocina dolce e zuccherosa, sbattendo esageratamente le ciglia, divenute misteriosamente lunghe. "Ma sì, mia cara..." "Ne sei proprio SICURO?!?!?!?". Il volto Diletta si era improvvisamente trasfigurato, divenendo bordeaux; le tempie le pulsavano paurosamente e gli occhi erano in procinto di uscire dalle orbite, tutti costellati da miriadi di capillari rosso sangue; ma ciò che era più spaventoso era la voce, divenuta roca e stridula, così alta da spaccare i timpani. I genitori, fattisi piccoli piccoli, si abbracciarono, come se fosse arrivato il giorno del Giudizio; la madre tentò di prendere la parola:"Perchè tesoro", disse con voce flebile e tremante, "dove preferiresti andare?". La ragazzina tornò istantaneamente versione dolce-carina-e-zuccherosa, e, con occhi scintillanti, disse semplicemente:"In Francia!" "Beh," fece il padre riprendendo la parola, "allora partiamo!" "Sìììììììììììììììììììììììììììììììììììì!". Il grido di felicità di Diletta costrinse madre e padre a tapparsi le orecchie.

Poco dopo era già in macchina, in viaggio, diretta verso la Francia. Tutta quella giornata era curiosa, ma ora non le importava: si sentiva leggera, euforica e spensierata, ed ilsuo obiettivo era uno ed uno soltanto: MASSIMO.

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"Oh, accidenti, che fastidio!" "C'è qualcosa che non va Massimo?". Una donna corpulenta e massiccia si voltò indietro, verso i sedili posteriori della macchina, dove siedevano i figli. "No, tutto ok, mamma... mi fischiava un orecchio..."


 

To be continued...


 


 


 


 


 


 


 

Salve a tutti! Questa è la prima volta che pubblico nella sezione, ma è da tantissimo tempo che avevo scritto questa storiellina (dalle medie...) ed avevo voglia di pubblicarla... è stata un po' modificata, rendendola in primis più leggibile, poi un pochino meno demenziale (ma solo dello 0,000000 ..... 00001 % ...) ed infine le ho dato una trama un po' più comprensibile...

Spero vi abbia interessato un pochino... se vi piacesse, mi farebbe molto piacere se lasciaste un commentino, di qualsiasi natura (quelli critici sono ben accetti, eh!)

Alla prossima!!! 

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Capitolo 2
*** On the road ... ***


On the road ...


 

Il viaggio procedeva tranquillo, nel migliore dei modi, e la famiglia Casoni non poteva chiedere meglio, mentre attraversava spedita la A12, verso la Provenza. Il padre Calogero, che guidava, canticchiava a squarciagola tutte le canzoni anni '60 che gli passavano per la testa, mentre la moglie Agata lo seguiva allegra fischiettando e muovendo gli indici delle mani a tempo; i figli, dietro, Massimo e la sorella minore Fiorenza, si tappavano le orecchie come meglio potevano, sorridendo spudoratamente per non offendere il padre; alternavano a questi momenti di follia a lunghe partite ad Uno, partite spesso interrotte da simpatiche buche in mezzo alla strada.

Massimo e Fiorenza era proprio nel bel mezzo di una partita, quando udirono un rombo. "Ma che fa ora, si mette a piovere?" fece la bambina, immusonitasi, "Sì certo, come no .... e dove sarebbero le nuvole scusa?". Fiorenza guardò oltre il vetro della bauliera, vedendo solo il sole che brillava nel cielo sgombro, causando anche un discreto caldo, che faceva tenere accesa al padre l'aria condizionata. "Ma allora cos'è questo rumore se non sono i tuoni?". Massimo si mise ad ascoltare con attenzione ... ora lo sentiva anche lui: un curioso e continuo rombo che aumentava esponenzialmente di rumore. "Ma che ..." "Guarda Massimo!". Il ragazzo non fece in tempo a parlare, che la sorella gli indicò nel traffico una vettura grigio metallizzata che sfrecciava a massima velocità, sfidando le leggi del codice della strada e quelle della fisica. Zigzagava impazzita in mezzo alle corsie, sorpassando una ad una tutte le macchine che sembravano intralciare il suo cammino. In poco tempo quella fu a meno di duecento metri dall'auto della famiglia Casoni e Massimo, aguzzando la vista, potè vedere, mentre gli si gelava il sangue della vene, chi erano gli occupanti.

"Ommioddio, Diletta!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!" "Cosa hai detto figliolo?". Agata si girò indietro vedendoil figlio in preda ad una crisi mistico – epilettico – esistenziale. "Tesoro, ma rilassati! Stiamo andando in vacanza!" "Ma quale relax!!! ci stanno inseguendo!!!" "Eh? Ma quante sciocchezze, figghiu mio ...". Massimo, davvero terrorizzato, piantò le proprie unghie nella stoffa del sedile ed osservò l'incedere sempre più rapido della maledetta vettura, mentre la madre ed il resto della famiglia continuavano ad ignorarlo.

Quando infine l'auto grigia fu a pochi centimetri dalla sua, e Diletta lo ebbe salutato con un sorrisone a trentadue denti ed un esagerato sbattere di ciglia, non ce la fece più: colto da un irrefrenabile ed autentico attacco adrenalinico, a sua volta causato dal panico, urlò a squarciagola, mentre scaraventava il padre, tutto intento a cantare "I Watussi", nel sedile posteriore. Si slanciò dunque al posto di guida e cominciò a pigiare il pedale dell'acceleratore, staccandosi dai suoi inseguitori. "Massimo Casoni, cosa diamine stai facendo?!?!?!" urlò isterica la madre mentre anche la station – wagon blu notte sfrecciava ormai già oltre Ventimiglia, in territorio francese. "Non lo vedi mamma?!? ci sto salvando le chiappe!!!" "Modera il linguaggio ragazzino!" "E va bene: ci sto salvando il deretano, contenta?!?!" "Ora va molto meglio...".

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Nella piccola utilitaria grigia, Diletta urlava come una forsennata, incitando il padre ad andare più veloce. "Di più, di più, di più!!!" "Ma più di così ciambellina rischiamo l'osso del collo! Ho già commesso centinaia di infrazioni, da ritiro per cinquanta patenti!" "Non è ancora abbastanza! Non vedi, non vedi!!! Sta scappando il mio tesoruccio!!" "Ah, la nostra bambina è innamorata...". Sospirò la madre con fare ebete, ormai estraniatasi dalla situazione assurda.

"Mi spiace davvero, orsacchiotta, ma io non accelererò ancora!" "Ah, no papino?" "No Diletta!" "Allora togliti da qui!!!". La ragazza con un'agile mossa, schiumante di rabbia, lanciò il povero padre allibito nella bauliera, mentre prendeva a sua volta possesso del volante. "Massimino arrivooooo!!!!!!!!!!!!!!!!!".

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Massimo vide l'improvvisa accelerazione dell'inseguitrice. I motori ruggivano, rombavano; c'è chi era disperato, chi terribilmente determinato. Cadde una goccia di sudore dalla fronte del ragazzo e l'inferno si scatenò: utilitaria e station – wagon si rincorrevano a velocità da brivido sulla corsia di percorrenza e quella di accelerazione, procedendo a zig zag, andando talvolta a fare le equilibriste sul guard rail; l'asfalto fondeva al loro passaggio, rimanendo dopo di loro solo un informe e viscosa poltiglia di catrame, che rallentava o bloccava i poveri sfortunati che vi si imbattevano. Poco dopo lo slalom cessò e cominciò un inseguimento serrato, lanciato a folle velocità, in rettilineo, mentre le auto ed i loro occupanti, vittime improvvisate, venivano scaraventati fuori dall'autostrada, in mezzo a fossi o campi, o, peggio, finivano nella corsia a marcia contraria, dove si scatenava il vero e proprio inferno, fra esplosioni, macchine accatastate, tamponamenti, testacoda ed air – bag.

La folle corsa dei due ragazzini continuava e vittime innocenti venivano mietute, quando, così, come una folgorazione, un'apparizione mistica, Massimo vide sbucare davanti a sè un autogrill: la sua mente stravolta gli fece sentire una musica celestiale, seguita da festose campane, e vedere deliziosi angioletti che svolazzavano ovunque. Pigiò dunque l'acceleratore a tutta, facendo segnare al tachimetro i 280 chilometri orari, e si diresse senza tanti complimenti all'agognata meta.

Parcheggiata in tutta fretta l'auto, mentre la sua famiglia dava allegramente di stomaco, si fiondò oltre le porte automatiche e, come un specie di supereroe dei telefilm degli anni '60, declamò a gran voce i suoi intenti:"Al cestone dei pupazzi!". Il suo propositò non si rivelò vano: poco dopo Diletta entrò come una furia, abbattendo selvaggiamente ogni povero inserviente che osava solo anche dirle "bonjour!".

La forza distruttiva della ragazza devastò interi reparti, dal discount, al bar, ai bagni, ma al suo occhio sfuggi il cestone dei pupazzetti, dove si trovava ogni sorta di animale peluche. "No, è già andato via!!!!! Amore mio, giuro che ti troverò, anche in capo al mondo!!!!!!!", gridò lei, uscendo poi con una risata da maniaca dagli scorrevoli automatici. Il ragazzino fu colto dai brividi, mentre cominciava a covare istinti omicidi per i suoi genitori, che avevano deciso per lui quella vacanza.


 

To be continued ...


 


 


 


 


 


 

Allora... la questione ora si fa interessante ed il suo tasso di demenzialità sta aumentando: quale sarà la prossima mossa di Massimo? Diletta lo cercherà davvero in capo al mondo? Ed il signor Bellinzoni? Riuscirà a tenersi la sua patente? La famiglia Casoni prenderà un lassativo? Gli asini volano davvero?

Le risposte saranno tutte nel prossimo capitolo!!!

Ringrazio quei coraggiosi che hanno tentato la lettura e Struzzo per la sua recensione.

Alla prossima! 

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Capitolo 3
*** Paris, mon amour ***


 

Paris, mon amour


 

Il folle inseguimento per i vari itinerari aurostradali e Télépage, riprese senza tanti complimenti dopo nemmeno una mezz'ora: il diversivo all'autogrill era stato sufficiente a staccare Diletta da Massimo per alcuni minuti; poco dopo lei lo aveva nuovamente intercettato fra lo sconforto dei Bellinzoni, ormai succubi della figlia, ed il panico dei Casoni, ormai pallidi e cianotici, dopo aver dato corpo ed anima per la guida nervosa e spericolata del familiare.

Ormai erano ore che si rincorrevano in modo estenuante nel cuore della Francia. Addirittura alle catastrofi ed agli incidenti che provocavano si aggiungevano nell'inseguimento frotte di auto della Polizia e della Gendarmeria, auto mediche ed ambulanze, furgoncini ed elicotteri di emittenti televisive, tutti alle loro costole.

"AHHHHHHHHHHHH!!!!!!!!!!!!!! O'Marunn'santissimannunziataverginepurissimabeatadonnasenzapeccato!!!!!!!!!!!! Che cosa abbiamo fatto di male!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!"; la signora Casoni era scoppiata all'improvviso in un pianto isterico, cominciando a snocciolare ad una velocità impressionante i grani di un rosario, mentre marito e figlia erano praticamente abbarbicati a lei, privi di vitalità, ormai smorti. Massimo, alla guida, non era di animo diverso da quello della madre:"Ma', ti prego finiscila!!!! Già ho voglia di suicidarmi, non ti ci mettere anche tu!!!!!!!!!!" "Ma figghiu meu!!!" "Dobbiamo trovare una soluzione, in fretta!!!!!!". E quando il turpiloquio con la madre arrivò al culmine, così, come una santa apparizione, talmente benedetta che la signora Casoni fu sicura di aver visto la Madonna, Massimo vide la salvezza: un cartello autostradale. Ma non un cartello qualsiasi, IL cartello. Su quella magnifica lastra di metallo catarifrangente, dipinta verde e bianco, stavano scritti i nomi di due città: Lion e Paris. La soluzione venne spontanea nel cervello disperato del primogenito di famiglia Casoni: avrebbero tagliato verso Parigi, eliminando la città della Loira dal loro itinerario.

Al bivio per la seguente autostrada, Massimo fece un'inchiodata pazzesca, facendo andare i familiare a salutare la tappezzeria della macchina. Mise senza pensarci la quinta e schizzò a tutta birra verso la capitale dell'amore. Quello che però non aveva calcolato, ancora una volta, era la prontezza di riflessi di Diletta. Alla ragazzina, infatti, non sfuggì la manovra frettolosa (ed anche rumorosa) della sua preda; ma ormai era fatta ... tanto valeva tentare la sorte ...

Dopo innumerevoli e tutti infruttuosi tentativi di depistaggio, inseguito ed inseguitrice arrivarono infine a Parigi. Attraversando a velocità folle gli Champs Elysées, si catapultarono oltre Place Charles De Gaulle, per poi fermarsi, dopo aver travolto folle di innocenti pedoni, proprio sotto la Tour Eiffel.

Massimo parcheggiò come meglio poté (leggasi: decisamente in mezzo alla strada), lasciando la sua famiglia ad una sorte sicuramente migliore, per poi lanciarsi a rotta di collo su per gli scalini dell'altissima torre di ferro. Diletta non tardò a raggiungerlo, parcheggiando l'auto in perfetto stile fantozziano (leggasi: decisamente sul tettuccio della station wagon dei Casoni). La scena che si presentava ai parigini ed ai molti turisti era completamente assurda: mentre Massimo trafelato e con il fiato corto saliva a stento i ripidi scalini dell'emblema francese, Diletta calma e tranquilla, dopo aver impedito ad una ben nutrita folla di ostacolarla ed avendola convinta con uno sguardo luciferino, saliva su su dentro il piccolo ascensore, fischiettando allegramente.

Poco dopo i cento metri di altezza, scale ed ascensore si incrociarono e Diletta salutò agitando la mano Massimo, che alla vista della coetanea lanciò un urlo belluino. Massimo prese in sè una scarica di adrenalina talmente forte che riuscì a colmare le distanze che c'erano fra lui e la vetta della torre, dove svettava il tricolore blu, bianco e rosso. Arrivò paonazzo in cima, dove si aggrappò alla piccola antenna di ferro, per cercare di prendere fiato. Piano piano riprese un colorito decente e la sua mente cominciò a ragionare in modo più lucido. Lui si trovava a Parigi. Sulla Tour Eiffel. In cima. All'asta della bandiera. In uno spazio minuscolo. Senza via d'uscita. Ricominciò improvvisamente a sudare freddo comprendendo l'inutilità della sua mossa; capì che in ogni caso era la morte: o Diletta o il suolo. Si guardò nervosamente intorno cercando di scorgere una miracolosa via d'uscita, magari segnalata da un grosso cartello al neon ... Ma ancora niente: solo le nuvole, il suolo e qualche piccione di passaggio ... Il nervosismo aumentò, quando alle sue orecchie giunse attutito, ma nitido, il rumore del campanello di apertura delle porte dell'ascensore; pochi metri più sotto Diletta era giunta all'utlimo piano. Quando poi vide sbucare una riccia capigliatura castana, Massimo capì che la ragazzina lo stava raggiungendo.

In pieno attacco di panico, l'apparentemente insensata ricerca di salvezza del ragazzo ricominciò: doveva pur esserci qualcosa, no?!?! Pensò che non avrebbe disdegnato niente, neanche un passaggio da un piccione ... La frenetica ricerca continuava, mentre nella sua visuale era già entrata la vista completa della ragazza, che ora sfoggiava due enormi occhi a cuoricino; vagò ancora un po' con lo sguardo, quando infine vide qualcosa di giallo sotto i suoi piedi. Velocemente si sporse dalla cima aggrappandosi all'asta, come King Kong sul Crysler Building, e quello che poté osservare gli fece riaccendere la speranza: un bunji – jumping stava lì appeso all'intelaiatura di ferro.

Facendo la mossa più avventata e fulminea del secolo, afferrò la striscia in gomma e la fermò alle sue caviglie con una mano, poi, sportosi per qualche millesimo si secondo a gambe unite e a braccia aperte e tese, prese il respiro e si lanciò:"Geronimo!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!". Dopo qualche secondo che lui rimbalzava già, attaccato alla corda elastica, a pochi metri da terra, Diletta raggiunse la bandiera. "No, amore mio, ora ti raggiungero!!!!!!!!!!!!!!!!", e la ragazzina fece la cosa più assurda ed impensabile: cominciò smanettare con le mani sotto la sua maglietta, per poi estrarre un reggiseno di pizzo rosa taglia 4. "Arrivo!!!!!!!!", e detto ciò si lanciò anche lei nel vuoto, utilizzando il suo indumento intimo come paracadute.

Massimo nel frattempo era riuscito a sganciarsi, impattando violentemente proprio sulla berlina dei Bellinzoni, ancora sopra la station wagon di famiglia. Si liberò in fretta del bunji – jumping, poi saltò giù dalle macchine massaggiandosi l'enorme bernoccolo che aveva in fronte. Non perse però tempo, catapultandosi fuori dai vialetti e dalle aiuole erbose intorno alla torre; si lanciò dunque in una strada attigua, alla ricerca di un luogo in cui nascondersi. Percorsi pochi metri avvistò un elegante bistrot, in cui fulmineo entrò correndo. "Monsieur, posso ...", il maître non fece in tempo a spiegarsi, che già Massimo occupava un piccolo tavolo in disparte, nascosto dietro un alto menù.

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Diletta aveva visto schizzare via il suo adorato tesoro, mentre leggiadra come un elefante in una cristalleria atterrava anche lei sul tettuccio dell'auto dei suoi. Saltò giù agile come uno struzzo e seguì la scia di polvere che il ragazzo aveva sollevato. Vagò imbronciata per alcuni minuti, finché, una volta addentratasi in una stradina, i suoi occhi si illuminarono come di fronte alle porte del Paradiso, con S.Pietro davanti: un lussuoso bistrot parigino! Udendo la sua pancia brontolare e reclamare a gran voce il cibo, non si fece pregare due volte ed entrò travolgendo il povero maître. Occupò il primo tavolo che trovò, cominciando a chiamare a gran voce il cameriere:"Garçon!!!!!!!!!! Il menù!!!!!!!!" e fu la fine ...

Un piccolo cameriere si avvicinò a lei portando quanto richiesto, poi, dopo che ebbe ispezionato da cima a fondo la vasta gamma di cibi, arrivò inevitabile la domanda dell'ometto:"Allora, mademoiselle, cosa desidera?" "Tutto." "Come prego?" "Tutto quello che c'è sul menù! Il mio pancino brontola!" "Come desidera lei, mademoiselle ...". Il cameriere sconcertato si recò in cucina a riferire; lei fu sicura di udire un ovattato "Sacre bleu!", ma poi fece correre, non facendoci caso e non capendo perché il blu doveva essere sacro.

Passò circa una mezz'ora, poi, tutte insieme, arrivarono le portate, che occuparono per intero il tavolo rotondo. Gli occhi della ragazzina brillarono e l'abbuffata cominciò. Nel frattempo un'ombra sgusciò via ...

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La famiglia Cirilli era da poco atterrata all'aeroporto di Parigi e Samuele era sinceramente contento. Quando era tornato a casa da scuola i suoi genitori gli avevano detto che dovevano partire immediatamente per la capitale francese, perchè il padre aveva erroneamente prenotato in quei giorni quella che doveva essere la loro vacanza pasquale. Era veramente irritato dal fatto che il suo amico Massimo fosse partito, lasciandolo in balia di Diletta: la ragazza infatti non era solo infatuata di Casoni, ma aveva una cotta per entrambi gli amici. Quella partenza inaspettata, quindi, si era proprio rivelata come il classico "due piccioni con una fava".

Samuele, dunque, fatti i dovuti controlli e recuperati i bagagli, si diresse all'uscita con i genitori. Arrivato sotto l'entrata dell'aeroporto, notò uno schermo gigante postò sopra le porte scorrevoli, che recava scritto sul margine superiore "Benvenuti! I luoghi più belli di Parigi in tempo reale". Gettò incuriosito uno sguardo proprio mentre in sequenza venivano mostrate le immagini della Tour Eiffel. Impietrì, sperando di avere le allucinazioni.

Il signor Cirilli si avvicinò al figlio, toccandogli leggermente la spalla. "Tutto bene, figliolo?".


 

To be continued ...


 


 


 


 


 

Eccomi ancora qua! Le cose cominciano ad essere seriamente demenziali: inseguimenti da polizieschi fatti da dodicenni senza neanche un patentino, bunji – jumping, reggiseni – paracadute e bistrot saccheggiati ... Chi avrà la meglio in tutto ciò? È cos'avrà visto di così terrificante Samuele? I Cirilli saranno indenni dal massacro genitoriale? Finirò di parlare da sola come se di fronte a me ci fosse un'immensa platea? Le risposte a tutto ciò nel prossimo capitolo ...

Colgo l'occasione per ringraziare i pochi coraggiosi che hanno intrapreso la lettura, non restando altro che augurarvi buona fortuna (spero che manteniate la sanità mentale dopo aver letto questa roba ...).

Alla prossima! 

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