Il cuore dell'Arcangelo

di Agapanto Blu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tristezza lassù in cielo ***
Capitolo 2: *** Problemi normali e non... ***
Capitolo 3: *** La cattiveria di chi vince ***
Capitolo 4: *** L'attacco dei Vendicatori ***
Capitolo 5: *** Testimone inopportuno ***
Capitolo 6: *** Accordi e strategie ***
Capitolo 7: *** Rivelazioni ***
Capitolo 8: *** Dolori nascosti ***
Capitolo 9: *** Una ragazza sola ***
Capitolo 10: *** Stanno arrivando! ***
Capitolo 11: *** Sorprese ***
Capitolo 12: *** Tradimento? ***
Capitolo 13: *** WOW! ***
Capitolo 14: *** Cioccolata ***
Capitolo 15: *** Aiuto... I ***
Capitolo 16: *** Aiuto... II ***
Capitolo 17: *** Lucia in pericolo! ***
Capitolo 18: *** La cattura ***
Capitolo 19: *** Passo falso ***
Capitolo 20: *** Le apparenze ingannano ***
Capitolo 21: *** In azione ***
Capitolo 22: *** Un Angelo stravagante ***
Capitolo 23: *** Nella tana del lupo ***
Capitolo 24: *** Affari ***
Capitolo 25: *** Coraggio ***
Capitolo 26: *** Il ritorno dell'Angelo perduto ***
Capitolo 27: *** L'Angelo non è nulla contro l'Arcangelo ***
Capitolo 28: *** Un grande cambiamento ***
Capitolo 29: *** Una mira perfetta ***
Capitolo 30: *** Assemblea ***
Capitolo 31: *** Inferno ***
Capitolo 32: *** Il momento tanto atteso ***
Capitolo 33: *** Epilogo, Miriam e Nick ***
Capitolo 34: *** Epilogo, Lucia e Mattew ***



Capitolo 1
*** Tristezza lassù in cielo ***


 

Il cuore dell’Arcangelo

 

   Questa è la storia di un amore nato in cielo e sofferto sulla terra,
un amore vero tra due creature eteree.
 
L’Amore è bellissimo. 
L’Amore degli angeli è Eterno.
 

 
   Miriam chiuse gli occhi e una lacrima scivolò piano giù dalla sua guancia. Era bollente sulla sua pelle. Arrivò sino alle labbra e rimase imprigionata nell’angolo sinistro della bocca. Lei la cancellò dal suo viso con un gesto lento del dorso della mano.
Era una donna di una bellezza devastante: dimostrava diciotto anni e aveva i capelli color dell’argento che le arrivavano folti e lisci sino alle cosce, i suoi occhi non avevano la pupilla ed erano anch’essi argento, le folte ciglia nere creavano un contrasto con la parte bianca degli occhi e indossava un lungo abito di seta bianca con le spalline sottili come fili, la sua pelle era appena più rosea dell’abito.
Era in bilico sul bordo di una grossa nuvola pannosa e guardava giù, verso la Terra.
Si piegò con delicatezza sulle ginocchia e spiccò un salto verso il basso, atterrò su di una nuvoletta sottile molto più in basso e si sedette sul bordo ciondolando le gambe avanti e indietro.
Un’altra lacrima.
Stavolta la cancellò con forza, non per rabbia ma perché stava arrivando qualcuno.
Istintivamente spalancò le ali. Le sue ali. Ali di morbidissime piume candide. Ali grandi due volte lei ciascuna. Ali ancora saldamente attaccate alla sua schiena.
Si nascose dentro di esse portandole ai lati del suo viso.
Non voleva parlare con nessuno, non voleva vedere nessuno.
Eppure non pensava che fosse colpa di qualcuno ciò che era accaduto: era stata semplicemente la conseguenza di un’azione sbagliata, con motivazioni buone certamente, ma sbagliata.
L’angelo era arrivato al limite della nuvola in alto, anche lui si piegò e saltò giù atterrando con grazia al fianco di Miriam.
Si sedette nella sua stessa posizione e attese che lei reagisse in qualche modo ma Miriam rimase chiusa nel suo bozzolo.
L’angelo sospirò e aprì le ali. A differenza di Miriam sulla sua schiena si aprivano due paia di ali, per un totale di quattro, anch’esse candide. Il nuovo venuto si chiuse in una difesa simile a quella della ragazza e attese.
Miriam rise richiudendo le ali sulla schiena ma era una risata velata di un dolore intenso che non sarebbe mai sparito.
“Era ora.” disse l’Arcangelo imitandola, “Mi chiedevo se mi avresti ignorato per l’eternità.”
“Non lo farei mai, Gabriele.” disse Miriam con dolcezza, “Volevo solo stare un po’ sola…”
Gabriele annuì.
“Quanti anni sono oggi?” chiese con calma, uno sguardo tenero negli occhi.
“Cento, giusti giusti.” rispose Miriam con una nuova lacrima.
Sorrideva nonostante tutto.
Gabriele fece un fischio di sorpresa nel tentativo di farla ridere ma sapeva già che non ce l’avrebbe fatta: nonostante il suo triste destino Miriam era sempre lì, con la sua fede incrollabile nel Creatore e le sue ali sempre pronte ad eseguire il loro dovere. Era il suo angelo migliore, la destinata a succedergli come Arcangelo dei Compassionevoli… Eppure, per un giorno all’anno, lei soffriva.
O meglio, soffriva sempre ma solo quel giorno si permetteva di crollare.
Il giorno della sua Caduta.
Miriam non reagì ma continuò a guardare giù.
“Cento anni sono tanti, forse abbastanza per aver espiato la sua colpa. Forse se convochi un’Assemblea e chiedi pietà per lui, lo faranno tornare…” tentò di dire lui.
Miriam scosse la testa.
“Sai che non sarà così.” disse voltandosi a guardarlo, “Sai che per un Caduto le porte del Paradiso sono sbarrate per sempre. Non gli permetteranno mai di tornare.”
Gabriele distolse lo sguardo dagli occhi di lei, sapeva che aveva ragione.
Gabriele dimostrava venti-ventitrè anni al massimo, aveva corti capelli corvini e occhi neri come il baratro più profondo, come quelli di Miriam erano senza pupilla sebbene entrambi ci vedessero benissimo. Era alto almeno una spanna in più di lei ma aveva la pelle abbronzata e nei tratti del viso si vedeva la saggezza di chi ha vissuto tanti anni o, come nel suo caso, tanti secoli al comando di un gruppo. Indossava solo un paio di pantaloni di lino candido e per il resto era a torso nudo. Sia lui che Miriam erano scalzi.
Stettero in silenzio per un po’, tutti e due con gli occhi puntati sulla Terra, su una cittadina, su una scuola, su un ragazzo in particolare.
“A volte vorrei saper cadere.” disse Miriam ad un tratto senza spostare gli occhi.
“Ma che dici?” obbiettò Gabriele fissandola allibito, “Sei matta? Tu sei l’angelo migliore che io abbia mai incontrato! Sei fedele, buona, generosa… Tu non puoi cadere!”
Miriam fece un sorriso amaro.
“Grazie, Gabriele, ma a volte credo che sia il modo migliore. Sì, insomma… Se cadessi, sarei con lui. Staremmo insieme per sempre.”
“Per sempre a vagare sulla Terra e sempre a rischio di finire all’Inferno…e non a fare i demoni!” la interruppe Gabriele, “Miriam, ragiona… Nemmeno lui vorrebbe che tu lo raggiungessi.”
“Tanto non sono capace.” disse Miriam, “Non riesco ad avvicinarmi a qualcuno e ad ucciderlo. O a rubare. Sono una Compassionevole e il mio dovere è far ricordare a chi ha preso la via sbagliata ciò che è giusto prima che la sua anima vada perduta. Non posso intervenire, ferire o altro. Lo so. Questa è la mia natura e non posso cambiarla.”
Gabriele la fissò, era una donna bellissima e triste. Forse proprio il dolore le dava quella luce che la rendeva ancora più bella. Miriam era per lui come una figlia e avrebbe fatto qualsiasi cosa per farla felice.
“Eppure vorresti raggiungerlo.” disse concludendo al suo posto.
“Lo amo, Gabriele. Non posso cambiare nemmeno questo.” singhiozzò Miriam voltando il viso verso di lui, ora le lacrime scendevano inarrestabili.
Gabriele le asciugò.
“Sei una creatura pura, Miriam. Forse sei quella che più di tutti si merita il nome di Angelo. Ma tu devi capire che sono millenni che io sono l’Arcangelo dei Compassionevoli: tutti gli altri Arcangeli si sono fatti da parte per cedere il posto ai loro prediletti e resto solo io. Ho aspettato e sperato che tu guarissi da questa ferita ma ora non posso più rimandare…” fece Gabriele prendendo un’espressione seria e tormentata, “Tu… capisci che non è mai capitato che un Arcangelo cadesse. Sarebbe la fine, la dimostrazione dell’inutilità della nostra esistenza se il Tentatore riuscisse ad arrivare fino a qui. Tu sei sempre stata la mia pupilla e ora ti devo chiedere una cosa, so di chiederti molto ma so anche che tu capisci quanto mi costi farlo: ti ritieni adatta a sostituirmi come Arcangelo quando lascerò il posto?”
Miriam lo fissò, all’inizio spaurita poi con la sua solita determinazione: niente minava il suo senso del dovere, sapeva che c’erano dei limiti e delle cose necessarie e si comportava di conseguenza.
“Sai che sono pronta e che al momento giusto farò ciò che devo. Presterò fede alla promessa che ti feci e prenderò il tuo posto. Il Tentatore non si prenderà la mia anima!” disse decisa.
Gabriele annuì.
“Sapevo di poter contare su di te. Zira non si è dimostrata la scelta migliore che Arlem potesse fare. Non possiamo permetterci due Arcangeli indegni di questo nome” disse mentre un’ombra gli attraversava il viso.
“Sono certa che Zira manca solo di esperienza…” tentò di obbiettare Miriam ma Gabriele la fermò con un gesto.
“Sì, e io so che tu pensi sempre bene di tutti. Se ti trovassi davanti Satana in persona cercheresti di convincerlo a redimersi e diresti che è solo una fase.” borbottò.
Miriam sorrise.
“Si risolverebbero molti problemi, no?” disse.
Gabriele alzò gli occhi al cielo, così vicino, e le sorrise.
“Ti lascio da sola.”
Si alzò e, prima di allontanarsi le mise una mano sulla spalla.
“Era un ottimo angelo, posso comprendere il suo gesto. Se può consolarti è l’unico ad essere caduto per un motivo diverso dall’aver rinnegato il Creatore.”
Detto questo Gabriele spiegò al vento le quattro ali, assaporò per un istante l’aria sulle piume poi saltò.
Il suo balzo non ebbe una ricaduta e lui volo via, verso il Paradiso dal quale proveniva.
Miriam sorrise poi riportò lo sguardo verso il basso.
Ti amo, Nicola. Non lo dimenticare.pensò tristemente mentre si alzava in piedi.
Aprì l’ala sinistra e ne portò la punta davanti a sé dopodichè staccò una piuma.
Sobbalzò nel farlo ma non gridò: le ali erano fragili e delicatissime, un taglietto faceva male come un osso rotto.
Si rigirò la penna tra le dita affusolate e ne fissò l’estremità bagnata da una goccia di sangue, sull’ala le piume attaccate a quella che lei aveva tolto si stavano tingendo di un rosa che si scuriva sempre più.
Tese la mano davanti a sé e lasciò cadere la piuma.
Quella ondeggiò nell’aria con pigra lentezza.
Un’ora dopo atterrò nella mano aperta di un ragazzo, in una radura nel bosco.
Il ragazzo la prese e ne carezzò i bordi morbidi.
Miriam…

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Capitolo 2
*** Problemi normali e non... ***



“Signor Person, sarebbe così gentile da spiegarci perché non sta seguendo la lezione?”
Nick sobbalzò nel sentirsi chiamare.
Il professor Hudson, docente di Fisica al liceo scientifico della minuscola città di Victoria nel nord degli Stati Uniti, se ne stava in piedi davanti alla cattedra a braccia conserte e fissava con finta cordialità il suo studente più odiato: Nicola Person detto Nick.
Dietro la curiosità e la domanda cordiale covava l’odio per uno studente che l’aveva messo in imbarazzo a inizio anno correggendolo di fronte a tutta la classe.
Nick aveva maledetto il suo gesto milioni di volte in quei cinque mesi di scuola forzata.
Forzata, sì! Perché un angelo che vive da secoli non ha certo bisogno che un mortale gli spieghi come fa a respirare!
“Allora?” insistette il professore.
“Mi scusi, signore…” si limitò a rispondere.
Nick dimostrava diciotto anni, aveva i capelli corti biondo chiaro e gli occhi azzurro chiaro tipici delle popolazioni del nord, era alto e abbastanza muscoloso, non aveva le spalle larghe ma era comunque il tipo di ragazzo che non vorresti mai trovarti di fronte in una rissa, la sua pelle era molto chiara anche se ormai stava, quasi, iniziando ad abbronzarsi.
Il professor Hudson parve compiaciuto e riprese la lezione con la frase: “Come stavamo dicendo prima che il vostro compagno ci interrompesse con il suo brillante commento…”
Nick sbuffò cercando di non farsi notare.
Ma quando suonava?
Negli ultimi dieci anni era stato costretto ad iscriversi a decine di scuole diverse ed era arrivato alla conclusione che se c’era qualcosa che lui odiasse più di ogni altra cosa al mondo era la campanella: non suonava mai quando doveva, suonava quando non doveva e sembrava prolungarti l’attesa ogni volta che arrivava l’ultima ora!
Tra l’altro la lezione del giorno verteva sulle domande: perché ci innamoriamo e cosa accade nel nostro corpo?
Considerando che il giorno prima era stato l’anniversario della sua caduta, non era esattamente dell’umore giusto per affrontare un simile argomento.
Driiiin.
Il ragazzo scattò in piedi afferrando la borsa a tracolla verde mimetico che usava come zaino e vi infilò dentro a forza e con malagrazia i libri e l’astuccio. Tenne fuori solo il foglio su cui stava scarabocchiando per osservare cosa la sua mente contorta aveva impresso sulla carta.
“Cavolo! Hudson ce l’ha proprio a morte con te!” fece una voce alle sue spalle mentre usciva dalla porta e si avviava nel corridoio che portava all’uscita.
Mattew Orlean era un suo coetaneo e compagno di classe, un ragazzo di corporatura simile alla sua ma con i capelli rossi ricci e gli occhi verde opaco. Indossava una T-shirt azzurra a maniche lunghe con lo scritta “I’m here, baby!”, cioè “Sono qui, piccola!”, su di un paio di blue jeans con una cintura nera e stava per indossare la giacca pesante di colori bianco, rosso e marrone mentre in testa portava il solito cappellino da baseball blu e bianco che aveva comprato all’EMEA: un’importante gara europea di baseball che suo padre gli aveva fatto vedere quando aveva portato tutta la famiglia in vacanza in Europa per rendere felici sia la moglie che il figlio e per farsi quindi perdonare l’ennesima scappatella. Erano diventati amici quasi subito e il loro legame era forte.
“Ma non te lo togli mai quell’affare?” chiese Nick evitando l’argomento e indicando con un cenno del mento il cappellino, l’abbigliamento sgargiante di Mattew strideva stranamente con il suo, sobrio: blue jeans senza cintura un po’ stinti sul davanti e una maglia a maniche lunghe nera e senza scritte, il suo giubbotto era grigio scuro e anonimo come il resto.
“Scherzi, spero… Guarda che oltre alle gare maschili ho visto le femminili, le ragazze mi hanno baciato il cappello! Le tedesche sembravano degli armadi a due ante ma le italiane… Belle e brave, l’unico problema e che sanno darle di santa ragione!” rispose Mattew gioviale come suo solito.
Nick sorrise furbo mentre si girava di fianco e cercava di farsi il più sottile possibile per passare attraverso la folla degli alunni che restavano a scuola per il pomeriggio.
Una volta dall’altra parte del fiume di corpi si fermò e attese che Mattew riuscisse a riemergere.
Il ragazzo spuntò tra le schiene di due ragazze con la stessa espressione di un maratoneta scarso a fine gara e si piegò in due appoggiandosi alle ginocchia per riprendere fiato, la borsa a tracolla gialla sulla schiena.
“Un giorno verrò a scuola con la maschera con il boccaglio!” borbottò alzando l’indice.
Nick ridacchiò.
Mattew alzò lo sguardo e lo fulminò.
“Taci!” disse.
Nick scosse la testa e tornò sull’argomento interrotto mentre riprendevano a camminare.
“Mi spieghi come fai a sapere che le italiane picchiano duro?” chiese.
“Semplice! C’è quasi stata una rissa tra due energumeni sugli spalti finite le partite: un tedesco e un americano. Due di quelle sono salite e li hanno divisi a forza, uno spettacolo grandioso!” rispose l’altro.
Nick scosse la testa.
“Sei impossibile…”
“No, caro mio! Sono solo di larghe vedute…” fece Mattew alzando l’indice al livello del viso e facendogli fare dei cerchi verso il cielo.
“Hai ragione!” disse Nick con espressione orgogliosa.
“Davvero?” chiese l’altro con stupore.
“Sìììì… Tu per guardare una ragazza gireresti gli occhi a 360 gradi! Più larghe di così!”
Mattew gli tirò un pugno sulla spalla ma ormai erano all’uscita.
“Che fai? Vuoi un passaggio?” chiese a Nick guardando il cielo di febbraio che prometteva pioggia.
“No, tranquillo. Vado a piedi... Grazie lo stesso…”
Mattew alzò le spalle.
“Come vuoi… Ci vediamo domani… Cerca di stare più attento durante le lezioni o la tua media perfetta del nove in tutte le materie colerà a picco! Non voglio vederti piangere se Hudson ti darà solo otto…” disse facendo l’espressione da ‘cocker bastonato’, l’espressione tipica di tutti gli studenti quando viene fatta loro una domanda a cui non sanno rispondere: occhi grandi e languidi, labbro inferiore in fuori e le orecchie che quasi si abbassano.
Scappò via di corsa quando vide Nick abbassarsi a raccogliere una manciata della neve rimasta. Sporca e ghiacciata: quello che ci voleva per far tacere Mattew.
Lo mancò per un pelo e il suo amico salì sulla macchina del padre ridendo a squarciagola.
Nick scosse la testa e guardò il cielo. Dalla Terra sembrava lontanissimo…
Sospirò e si tirò su il colletto del giubbotto per ripararsi dal forte vento freddo che si stava alzando.
Mani in tasca, camminò per due isolati per poi svoltare in una viuzza secondaria e spuntare in un’altra via molto più trafficata delle altre. Il posto con il più alto rischio di incidenti auto/pedone era il parcheggio delle scuole superiori e medie all’uscita: un marasma di auto, clacson, ragazzi a piedi sconsiderati e biciclette da museo superabili da una tartaruga!
Nick preferiva la strada più libera anche se, di certo, un’auto non l’avrebbe ammazzato.
Raggiunse il bar- caffetteria- tavola calda di Joe, un altro angelo caduto.
Entrò e si avvicinò al bancone per cercarlo ma non lo vide, dietro alla cassa nessuno.
Il locale era grande e illuminato da luci gialle che rendevano l’atmosfera calda, sulla sinistra si spiegavano le finestre e i tavolini, alcuni con sedie e altri con divanetti, alcuni rotondi e altri quadrati ma tutti rigorosamente bianchi. Sulla destra correva il bancone sul quale un pittore aveva dipinto lo scorcio di un bosco estivo. Dietro a quello stavano tre ripiani a muro su cui svettavano: bottiglie, insalate già pronte, tramezzini e panini da cuocere, una piastra da toast un forno a microonde e, in mezzo, un buco rettangolare enorme dal quale si vedeva la cucina e dove la cameriera, Betty, portava e prendeva le ordinazioni. Sul bancone, accanto all’entrata svettava la cassa.
“Joe?” chiamò.
“Ehy Nick!” lo chiamò la voce di Joe dal magazzino la cui porta d’entrata era accanto alla cucina, all’estrema sinistra dei ripiani, “Ehy, ragazzo… Vienimi a dare una mano… Credo di avere un problemino…”
Nick aggrottò le sopracciglia e si affrettò ad entrare.
La luce era spenta e quella poca che entrava dalle sue spalle non era sufficiente per vedere così cercò a tastoni l’interruttore. Quando riuscì a trovarlo e ad accendere vide Joe sdraiato a terra sulla schiena con cinque scatoloni addosso.
“Ehy… Credo di essere caduto…” disse l’uomo con un sorrisetto colpevole.
“Aspetta, ti do una mano…” fece Nick raggiungendolo e iniziando a spostare scatoloni.
“Grazie ragazzo…” fece Joe quando, finalmente, potè mettersi a sedere.
Fu allora che Nick si guardò intorno e notò il macello: mobili rovesciati, scatoloni aperti e ribaltati, fogli e oggetti sparsi ovunque.
“Ma che è successo?” chiese sbalordito.
“Eh?” fece Joe, “Ah, quello… Beh dovrò mettere un po’ a posto… Sai al buio ho urtato contro un bel po’ di roba"
Nick spostò lo sguardo ma non credette all’amico, era vicino alla porta quando l’aveva trovato: perché mettere tutto a soqquadro?
“Joe, sei sicuro che…” tentò di dire.
“Santo Cielo, ma sei menagramo, sai?” borbottò uscendo.
“E il danno?” chiese Nick.
“Mangia qualcosa e poi metti a posto tu, ti pago per questo, no?” fece Joe uscendo tranquillo dal magazzino.
Joe dimostrava una quarantina d’anni, aveva la pelle color schiuma di caffé e i capelli neri come gli occhi, era basso, mezza spanna in meno di Nick, ma tosto: nel suo locale niente piantagrane. Era scherzoso e furbo quando voleva.
Il ragazzo sorrise scuotendo la testa a destra e sinistra ma non replicò, trovare un lavoro da un angelo caduto filo-Creatore era stata una vera fortuna: poteva capire che il mattino era impegnato con la scuola, sapeva che era più grande di quello che dimostrava e, soprattutto, a lui poteva raccontare la sua storia…
Joe si era dimostrato molto comprensivo e gli permetteva di andarsene il giorno della ricorrenza della caduta che, tra loro, chiamavano semplicemente: l’Anniversario.
Nick si sedette al bancone e Joe gli portò il solito tramezzino…
Dieci minuti dopo Nick rimise piede in quel pandemonio di magazzino.
La prima cosa che fece fu mettersi le mani nei capelli per poi tirarsi su le maniche e avventurarsi nell’ignoto…

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Capitolo 3
*** La cattiveria di chi vince ***




 Allora… Ciao a tutti! Innanzi tutto vi ringrazio per essere qui a leggere… Ho visto che siete un po’ e spero che la storia vi piaccia.
Questo capitolo è dedicato a  Parissa alla quale ho confessato una cosa che non sa nessun’altro… Ti auguro ogni bene! ;D                                                          Lady Catherine

 
 
 
3.
 
Lucia si sedette con calma su uno degli sgabelli messi di fronte al bancone e attese che la cameriera venisse a prendere la sua ordinazione.
Di solito mangiava a casa sua, al sesto piano dell’edificio di fronte, ma quel giorno sarebbe dovuta rientrare a scuola per fare da tutor a Mattew Orlean e non avrebbe potuto fare in tempo.
Era una ragazza normale: Lucia Sciadda, studentessa al liceo classico di Victoria, ragazza e studentessa modello, borsa di studio ogni anno e dieci in condotta, comportamento riservato e poche amiche intime, sempre pronta ad aiutare e ascoltare tutti… il vero problema era che non aiutava né ascoltava mai sé stessa…
Era una ragazza carina: carnagione rosata, capelli corvini che la arrivavano alle spalle e che teneva perennemente legati in un’ alta coda di cavallo, gli occhi avevano un taglio leggermente orientale e il loro colore era verde accanto alla pupilla e scuriva fino a diventare marrone avvicinandosi al bianco, aveva le ciglia corte ma fitte e il naso era piccolino, le labbra erano sottili e rosse. Sempre struccata, una bellezza acqua e sapone.
Stava seduta al bancone della tavola calda “Joe’s” indossando una camicetta azzurro pastello molto chiara e con le maniche lunghe tre quarti del suo braccio e un paio di pantaloni bianchi simil-jeans, ai piedi, invece, portava un paio di ballerine azzurro scuro con una pietrolina di vetro colorato sopra, sul davanti. Il suo zainetto blu scuro e nero stava per terra, appoggiato con delicatezza al bancone.
Stava rimuginando sul perché tutte le tavole calde in circolazione si chiamassero “Da Joe” quando una cameriera sui quarant’anni con i capelli e gli occhi scuri si avvicinò a lei nel suo vestitino verde chiaro con il grembiule bianco e tirò fuori un block notes chiedendo la sua ordinazione.
Lucia lesse il nome sulla targhetta: Betty.
Ordinò un tramezzino e una coca cola e poi si mise ad aspettare guardandosi intorno.
“Ehy! Tutto bene?” fece una voce davanti a lei.
Lucia alzò gli occhi sobbalzando e vide che un uomo, probabilmente il vero Joe, si stava affacciando dalla cucina e la guardava sorridente.
“Sì, sì…” rispose lei arrossendo ma la voce uscì tanto fievole che l’uomo le chiese di ripetere e divenne viola.
L’uomo ridacchiò.
“Sicura? Non è che il tuo ragazzo ieri si è dimenticato di regalarti dei cioccolatini? No, perché se è così avresti il diritto di tirargli dietro una scarpa!” disse.
Lucia rise, sul serio questa volta, e scosse la testa.
“Non ho un ragazzo… Meglio per lui perché, con le doti culinarie che ho, i miei cioccolatini potrebbero uccidere un toro!” rispose.
“Ooooh! Vedi che ce l’hai la voce?!” ribatté Joe.
Lucia spostò lo sguardo sul tramezzino e la bibita che la cameriera le aveva appena portato e si mise a far correre l’indice destro sul bordo alto della Coca cola.
“Già…” disse.
“Se vuoi te li regalo io due cioccolatini…” fece Joe e detto questo alzò la voce con il chiaro intento di farsi sentire dall’interessata, “Betty non li ha accettati!”
Betty sospirò e alzò gli occhi al cielo.
“Due scatole, Joe! Mi hai regalato due scatole di cioccolatini!” rispose quasi ringhiando.
“E allora? È perchè ti amo tanto!” rispose Joe, stizzito.
“SONO A DIETA! CAPRONE!” gli sbottò in faccia Betty prima di voltarsi e tornare a pulire il bancone, a cominciare dal punto più lontano da Joe che potesse trovare.
“Oh-oh!” fece lui guardandola, “Mi sa che ho fatto un danno…”
Lucia si portò una mano davanti alla bocca per non far vedere che stava ridendo.
“Tu fai sempre danni, Joe!” fece una voce alle spalle di Lucia.
Un ragazzo più o meno della sua età stava dietro di lei con in braccio uno scatolone enorme che, però, non sembrava pesargli e guardava Joe con rimprovero.
“Sono tre settimane che ti ripete che è a dieta… E tu pensi di conquistarla regalandole i cioccolatini che adora?” disse ancora il ragazzo.
“Nick, tu non avevi il magazzino da riordinare?” chiese Joe, ostile.
“Sì…”
“E allora fila!” borbottò.
“Sono qui per questo: posso sapere che cosa te ne fai di tutta ‘sta robaccia? Non è che c’è qualcosa che si possa buttare? Per esempio le vecchie uniformi tutte rattoppate e strappate?” chiese Nick speranzoso -dopo aver alzato gli occhi al cielo- mostrando un indumento giallo pieno di rammendi, più chiari o più scuri della stoffa originale, e di buchi.
“Non ti ci azzardare!” rispose Joe per poi sparire in cucina e ricomparire da una porticina accanto a quella del magazzino, “Queste cose” disse afferrando lo scatolone, “sono cimeli!”
E quindi il grande Joe si voltò e, tutto impettito, riportò lo scatolone nel magazzino…
Nick scosse la testa sconsolato.
“Un giorno o l’altro questo locale salterà all’aria perché non ci starà più roba nel magazzino… E non credo che Joe abbia l’assicurazione contro le esplosioni da vestiario!” borbottò.
Lucia rise ancora.
“Sembra veramente simpatico…” disse.
Nick annuì.
“È un mito… Una testa quadrata come ce ne sono poche, però è un mito…”
Joe tornò in quel momento dal magazzino battendo le mani l’una con l’altra e facendo precipitare una cascata di polvere.
“Oh, oh! Ehy, ragazzo! Ne hai di lavoro da fare là dentro… Fossi in te mi metterei la mascherina, hai presente quella dei chirurghi? Ecco, quella!” disse.
Joe se ne tornò in cucina e riemerse dal buco con in mano una piccola scatolina rossa di latta a forma di cuoricino con sopra stampato in nero “Hope is the last who die… But if she die, We still have the Love!”: “La speranza è l’ultima a morire… Ma se muore, noi abbiamo ancora l’Amore!”
La porse a Lucia.
“Auguri!” le disse.
“Cos’è tutta questa storia di cioccolatini?” chiese Nick.
Joe alzò gli occhi al cielo.
“Le persone normali, che stanno con i piedi per terra e che, a volte, prestano a attenzione a ciò che hanno intorno, per esempio al calendario, sanno che ieri era il quattordici Febbraio: San Valentino! Ma che parlo a fare con te?! Sei un caso disperato di lontananza cerebrale!” borbottò.
“Di che?” chiese Nick.
“C’hai la testa tra le nuvole!” gli rispose Joe.
Lucia rise piano senza capire i sottintesi di quel dialogo, era la prima volta che si trovava così a suo agio con degli estranei, e abbassò lo sguardo: l’occhio le cadde sull’orologio.
“Santo Cielo!” esclamò alzandosi di scatto, “sono in ritardo!”
Afferrò in fretta e furia lo zaino e la sua giacca nera da cavallerizza appoggiata ad esso per mettersela sul braccio.
Afferrò il portafoglio alla ricerca disperata dei soldi giusti per non dover perdere altro tempo con il resto ma Joe la fermò.
“Offre la casa” le disse.
Lucia gli regalò un sorrisone intriso di dolcezza e poi si voltò per scappare.
“Ehy! Ragazza! E il tramezzino non lo tocchi?” le gridò Joe accennando al pranzo intatto.
Lucia tornò indietro di corsa e prese il tramezzino per un angolo con la bocca e poi corse via salutandoli con un gesto della mano.
Joe e Nick la osservarono attraversare la strada di corsa rischiando di essere investita e poi si guardarono.
“Sono caduto il giorno di San Valentino?” chiese il secondo.
Joe annuì.
“Ma questa è cattiveria!” borbottò il ragazzo tornando nel magazzino.
Una volta dentro si guardò intorno con calma, la sensazione che Joe mentisse sempre addosso. Chiuse gli occhi e si concentrò.
Sulla schiena riprese a pulsare il dolore ma ormai sapeva ignorarlo per concentrarsi solo sulla scarica che, come una scossa, lo percorse da un punto preciso tra le scapole fino alla testa.
La scarica era un segnale d’allarme che tutti gli angeli avevano e partiva dritta, dritta dalle ali, era una cosa che mantenevano anche i caduti.
Altri angeli! capì.
Percorse di nuovo la stanza con lo sguardo alla ricerca di qualcosa che lo aiutasse a far luce e i suoi occhi intercettarono il movimento meccanico della telecamera di sorveglianza a circuito chiuso.
Sorrise.
Afferrò un paio di cianfrusaglie e uscì con espressione disinvolta.
“Joe, posso buttare almeno questa roba?” disse sporgendosi dal quadrato della cucina.
“Cosa?! No, no, no, no, no! Ragazzo! Oggi hai il cervello in pappa! Ho detto che questa roba: Non. Si. Tocca!” rispose quello scattando di nuovo fuori dalla cucina per riprendersi il suo ciarpame e riportarlo in magazzino.
Come Joe si girò, Nick scattò verso l’ufficio che stava dalla parte opposta del locale, entrò e si chiuse a chiave dentro, nel caso Joe ci avesse messo meno del previsto.
Si girò, il televisore era dietro la scrivania.
 
Corse con quanto fiato avesse in corpo. Una ragazza sola che si auto-mantiene e che sta a scuola soltanto grazie alla borsa di studio non può permettersi di arrivare tardi! Tanto meno se deve fare da tutor a qualcuno!
Santo cielo! Santo cielo! Santo cielo!si ripeteva mentalmente mentre attraversava a rotta di collo l’incrocio davanti alla scuola attirandosi un paio di clacson e rischiando di finire sotto una delle auto.
Aveva ingollato il tramezzino in tre morsi mentre correva e ora lo stava sentendo tornare su.
Raggiunse l’edificio che era senza fiato e salì le scale di corsa maledicendo il fatto che le aule per le ripetizioni fossero quelle al terzo piano.
Arrivò davanti alla classe, prese fiato ed entrò.
“Scusami per il ritardo ma…” si interruppe a metà per sgranare gli occhi e guadarsi intorno.
La stanza era vuota.
“Scusa, scusa, scusa! Una pazza si è quasi buttata sotto la macchina di mio padre mentre venivamo qui!” fece una voce alle sue spalle.
Un ragazzo vestito di almeno dieci colori diversi stava sulla porta e si reggeva allo stipite senza guardarla.
Quando alzò lo sguardo e la riconobbe divenne paonazzo.
“Scusa, ecco… io… non potevo immaginare che… sì, insomma… che tu fossi…” tentò di dire e Lucia, presa dalla pietà, lo tolse dall’imbarazzo.
“La pazza?” chiese sorridendogli, “Scusa, ero convinta di essere in ritardo e non volevo farti aspettare…”
“Ah, beh… Sentiti pure in diritto di arrivare tardi tutte le volte che c’è in ballo la tua sopravvivenza…” replicò lui rispondendo al sorriso.
Lucia andò a sedersi ad uno dei banchi e fece segno a Mattew di andarle accanto. Lui non se lo fece ripetere due volte.
Lucia sorrise. Quella scatolina aveva cambiato la sua giornata.
 
Nick guardò la videocassetta che teneva tra le dita. Dopo tante ricerche l’aveva trovata, ma ora aveva paura a guardarla.
Joe era un grande amico, che diritto aveva di dubitare di lui? Però c’era quella sensazione…
Se Joe fosse stato nei guai con dei caduti gliel’avrebbe detto, era già successo…
Nick cercò di appoggiare la cassetta ma un’idea lo fermò: se fosse stato nei guai con i Vendicatori non gli avrebbe detto nulla perché con loro non c’era scampo…
Nessun caduto poteva pensare di sfuggirgli, erano angeli a tutti gli effetti e sopravvivergli era impossibile, se erano decisi ad eliminarti…
Joe avrebbe fatto di tutto per tenerlo fuori da una questione con loro…
Nick infilò la cassetta nel videoregistratore sapendo già che cosa ci avrebbe trovato dentro…
All’inizio non si vedeva nulla poi Joe entrava accendendo la luce.
Sul lato opposto del magazzino c’era una figura incappucciata appoggiata al muro. Un istante di silenzio poi la figura si era staccata dalla parete e aveva spiegato un paio d’ali grigio scuro, le ali degli angeli vendicatori. Joe era indietreggiato ma due luci nere erano brillate accanto alla figura: due stelle di oscurità che avevano preso la forma di altrettanti angeli come il primo.
Non avevano detto niente, nessuna delle due parti, ma i due appena arrivati si erano lanciati su Joe in una colluttazione violenta.
Il terzo si era girato verso la telecamera per poi raggiungere l’interruttore e spegnere la luce impedendo a Nick di vedere.
Il ragazzo fece andare avanti il nastro fino a quando lui stesso non era entrato e aveva trovato Joe: mezz’ora dopo.
In mezzora potevano aver cercato, trovato e portato via qualsiasi cosa…
Ma c’era ancora una cosa che non quadrava: perché non avevano tolto di mezzo Joe?
Era un testimone e un caduto e, di certo, non aveva collaborato, quindi perché non sbarazzarsi di lui?
Nick tolse la cassetta e corse fuori dall’ufficio diretto alla cucina.
Joe stava cucinando un paio di uova strapazzate e sorrise quando lo vide arrivare.
“Ehy, ragazzo! Si può sapere che fine avevi fatto? Ho pensato che fossi andato in bagno ma se è così: fatti vedere da un dottore!” disse sorridendo.
Nick non ricambiò e lo fissò torvo lanciando la cassetta sul tavolo accanto ai fornelli.
Joe sembrò prima stupito, poi arrabbiato, poi rassegnato.
“Perché non mi hai detto che i Vendicatori sono stati qui?!” chiese Nick con rabbia.
Joe non rispose e tornò alle sue uova.
Nick corse fuori dalla cucina, afferrò la sua giacca e uscì dal locale sbattendo la porta, furioso.
 
“Wow! Altro che Hudson! Insegnassi tu ci sarebbero molti meno cinque!” disse Mattew dopo la prima mezz’ora di lezione.
Lucia arrossì lievemente ma il ragazzo aveva fatto abbastanza battute e complimenti in quel tempo che ormai si era abituata.
“Sei molto gentile…” rispose.
“E tu molto brava… Oltre che carina…” disse Mattew e a Lucia parve di vederlo arrossire un attimo prima che riprendesse il solito sorrisetto ma forse se l’era solo immaginato.
“Di nuovo grazie… Oltre a fisica di che cosa devo aiutarti?” chiese.
“Latino…” rispose Mattew con una smorfia, “Io non capisco: è una lingua morta! Non serve a nessuno!”
Lucia sorrise.
“Non è morta, credimi… Vive oggi come secoli fa” disse, “così come il greco antico…”
Mattew sgranò gli occhi.
“Classicista?” le chiese.
Classicista era il termine che, nella scuola, significava alunno del classico; mentre l’alunno dello scientifico era lo Scientifista.
Lucia annuì sperando di non trovarsi davanti un “radicale scolastico”.
“Oh…” fece lui.
Lei sospirò, i pregiudizi delle due “razze” erano pari a quelle tra Capuleti e Montecchi: c’erano addirittura alunni che non parlavano con quelli dell’altra “sponda”, una cosa allucinante.
Mattew, evidentemente, era uno di quelli più convinti perché la sua reazione fu di palese sconvolgimento.
La lezione riprese molto più formale e rigida, Mattew pareva studiarla come fosse un alieno e Lucia tornò a sentirsi in imbarazzo.
Quando la lezione finì, fuggì via con ancora il libro di latino tra le braccia. Si mise lo zaino in spalla e corse stringendo l’amato volume al petto come uno scudo dalla cattiveria della gente.
Una sola lacrima solitaria le scese sul volto: era una ragazza fragile.
Corse sempre più sfruttando al massimo i polmoni e le gambe.

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Capitolo 4
*** L'attacco dei Vendicatori ***




 Salveee!!! Escludendo il fatto che mi sto demoralizzando, va tutto bene!!!
Questo capitolo è dedicato a lames76: grazie per il semplice fatto che mi aiuti, mi ascolti e, soprattutto, mi impedisci di mollare tutto!!! Grazie!!! ;D!!!                               Lady Catherine

 
 
 
4.
 
Nick aspettò che il semaforo diventasse verde per attraversare, le mani infilate con tanta forza nelle tasche che rischiava di bucarle e la testa di cui spuntavano solo due quinti dal colletto alzato gli davano un’aria da brontolone deluso.
Verde.
Arrivato dall’altro lato della strada incominciò a camminare senza guardare avanti ma solo in terra.
Si sentiva escluso, deluso, ferito e, soprattutto, tradito… Dall’unica persona che sperava lo avesse capito…
Urtò contro un uomo con un cappotto che si lamentò, borbottò qualche scusa e fece ancora due passi prima di decidersi ad alzare gli occhi per capire dove fosse finito e quanto e in che direzione dovesse ancora camminare per raggiungere casa sua… sua e di Chuck, l’angelo caduto che interpretava la parte del suo tutore agli occhi degli insegnanti.
Davanti a lui c’erano i cancelli in ferro battuto del parco cittadino, il quale si trovava nella periferia a Est.
“Oh, cavolo!” borbottò: era dalla parte opposta della città!
Gli conveniva fare rapidamente retromarcia e muoversi per tornare a casa se voleva dormire in un letto: la mancanza delle ali era veramente una scocciatura.
Sbuffò, fece per girarsi poi gli “sovvenne” che era il giorno del ricevimento parenti del professor Hudson.
Poco ma sicuro Chuck era dovuto andare a parlargli e chissà che cosa aveva detto di lui il caro insegnate… senza contare il fatto che Chuck si divertisse un mondo a prenderlo in giro ogni volta che parlava con uno dei suoi “maestri mortali” come li chiamava lui.
No, decisamente non era dell’umore per subire le sue battutine.
Si voltò ed entrò nel parco ormai deserto.
Il vento gelido frustava con forza l’erba alta del prato facendola ondulare come un mare percosso dalle onde di mareggiata e faceva sibilare e cigolare gli enormi alberi secolari dando a quel posto un’aria desolata e triste.
Nick camminò fino a raggiungere l’albero centrale del parco: una quercia bassa e tozza ma soprattutto ondulata e nodosa le cui fronde si allargavano per metri attorno a lei.
Il cartello accanto alle panchine che l’attorniavano in cerchio diceva che aveva ben cinquecento anni.
Il ragazzo raggiunse le panchine di legno dipinte di rosso a cui la vernice si staccava e cadeva preda del vento, le guardò per un istante poi si piegò sulle ginocchia e le saltò con eleganza: i suoi movimenti, dal flettere le gambe al salto all’atterraggio rannicchiato, ricordavano quelli di un predatore, di un guerriero invincibile.
Nick rimase rannicchiato nell’erba ancora per un attimo assaporando il gusto del potersi permettere un gesto da angelo, una volta ogni tanto, poi si rialzò.
Si avvicinò al tronco dell’enorme albero e posò una mano sulla sua corteccia, chiuse gli occhi e percepì l’energia che correva nel tronco come il sangue scorre nelle vene.
“Sei ancora una ragazza, eh?” disse all’albero sentendo la sua forza primitiva e potente, giocosa ed entusiasta.
Felice di ogni giorno nuovo.
Nick sospirò e si sedette a terra, con la schiena contro il fusto, a guardare il vuoto.
“Beata te… Io sono millenni che sono al mondo…” fece una risatina amara ricordando i tempi in cui anche lui era gioioso come la quercia, “Sono solo cento anni che sono quaggiù… Ma non ho il coraggio di lasciare la presa sui ricordi e godermi ciò che ho, sai? È per questo che voi piante siete più forti…”
L’albero si inclinò verso di lui e gemette quasi a chiedergli cosa lo turbasse.
“Cosa?!” ripeté Nick con le lacrime agli occhi, saltò in piedi e allargò le braccia al cielo, “Mi hanno strappato dalla donna che amavo, mi hanno cacciato da quella che era la mia casa e sbattuto qui, mi hanno condannato a passare l’eternità senza poter morire, senza la speranza di rimediare a ciò che ho fatto! Ma la cosa peggiore è che giocano con me!” gridò alle fronde.
Abbassò le braccia e il capo, sconfitto, e si voltò verso il tronco per riprendere a parlare e liberare il cuore dal suo peso.
“Mi hanno tolto le ali! Mi hanno scacciato da casa mia e da quella che era il mio unico amore il giorno di San Valentino! Il giorno degli Innamorati! Sono passati cento anni dall’ultima volta che l’ho vista e non mi è più stato concesso, da allora! La persona di cui più mi fidavo mi ha mentito! E forse rischia anche la vita e non me lo vuole dire! I Vendicatori, gli unici con il permesso di uccidere a parte i demoni, non si sono mai fatti vedere quando li ho pregati di uccidermi e ora che ho trovato qualcuno che mi capisce spuntano per uccidere lui!” sussurrò senza riuscire a dar forza alla voce nonostante fosse furibondo.
“La mia colpa è tremenda, lo so… Ma perché devono prendersela anche con gli altri?” chiese triste alla pianta, “Il Creatore non può volere questo, no?”
Attese in silenzio poi scosse la testa.
“Nessuno può aiutarmi…” sussurrò.
Accarezzò la corteccia con la punta delle dita. Quando le staccò, sul tronco, nel punto che aveva sfiorato, c’era la piccola gemma di quello che, un giorno, sarebbe stato un ramo.
Sorrise.
Si voltò e fece per allontanarsi dal parco. Superò le panchine ma, fatta una cinquantina di metri, si udì uno schianto secco.
Nick si voltò.
La grande quercia era aperta in due esattamente nel mezzo e i suoi rami toccavano inerti il terreno in una posa che suggeriva un’agonia profonda.
Nick fissò sconcertato l’albero prima di notare che sopra le due metà, dove una volta stava il cuore dell’albero, levitava una figura ammantata di nero.
Sulla sua schiena brillavano due ali grigie.
“Chi sei?” gridò Nick cercando di restare calmo, “Perché l’hai fatto?”
La figura scese e posò i piedi su ciò che restava della grande quercia, Nick era certo che stesse sogghignando.
“Ma che commovente…” disse con voce chiaramente maschile, “E io che pensavo che i caduti potessero solo far ridere…”
Nick indietreggiò con l’amarezza nel cuore per il vecchio albero.
L’angelo scese dal legno e si incamminò lentamente verso il ragazzo che indietreggiava al suo stesso ritmo.
Nick sentiva il cuore martellargli nelle tempie ma sapeva che mostrare paura era il modo migliore per farsi intrappolare.
Prese un respiro profondo senza farsi notare e piantò gli occhi in quelli nascosti del Vendicatore.
“Che cosa vuoi da Joe?” chiese senza distogliere lo sguardo.
L’angelo reclinò indietro la testa di scatto e proruppe in una sonora risata.
“Ah… Povero Nicola… La tua ingenuità è incredibile… Joe non ci interessa, ci interessi tu… Ma, purtroppo, quando siamo passati al locale per farti un salutino tu non c’eri…” disse, gentile, prima di indurirsi, “Né ieri, né oggi…”
A Nick si accesero le lampadine nella testa: il giorno prima non era andato a lavoro perché era l’Anniversario e quando i Vendicatori erano passati era mattina e lui era a scuola…
I Vendicatori non erano pazienti…
“Volevate sapere quando trovarmi…” sussurrò.
“Grazie, non c’è bisogno che tu me lo dica… Lo so” rispose ironico l’uomo, “Piuttosto, piantala di cercare una via di fuga perché non ti servirà…”
Come l’angelo finì di parlare due stelle nere comparvero alle spalle di Nick, che si voltò, e altrettanti Vendicatori si unirono al gruppo.
“Che volete da me?” gridò girandosi di nuovo verso il primo manifestatosi, “Sto già scontando la mia condanna!”
Tutti e tre risero.
“Sì, ma tu stai scontando la condanna per una delle tue colpe…” disse l’angelo alla sua spalla destra, uomo.
“Ma non per la seconda…” concluse quello a sinistra, donna.
“Ma che state dicendo?!”
Nick era sconvolto: aveva sbagliato una volta, non due!
L’angelo che guidava gli altri due, quello che aveva spezzato la quercia tornò serio, incrociò le braccia dietro la schiena e lo fissò.
“Vieni con noi” era un ordine.
Nick sapeva che doveva andare, non aveva scelta… A meno che…
“No!” disse.
“Prendetelo” ordinò il Vendicatore ai suoi due compagni senza scomporsi.
I due angeli si avvicinarono e Nick non si voltò, li attese a piè fermo, i pugni chiusi.
Quando tra lui e i due c’erano solo più due passi si abbassò e premette i palmi contro il terreno.
L’erba già alta crebbe avvinghiandosi alle gambe dei due che caddero rovinosamente.
Nick si alzò e li saltò per poi correre con tutta la sua velocità d’angelo.
Corse e corse senza guardarsi indietro, leggermente accucciato per sfruttare tutta la sua energia.
Superò incroci e strade fino a trovarsi davanti al “Joe’s”.
Nei bagni del locale c’era un piccolo passaggio segreto che conduceva in un edificio protetto dal potere congiunto di tanti caduti e dove i Vendicatori non potevano entrare.
Se lo raggiungeva era salvo.
Attraversò la strada senza nemmeno guardare il semaforo ma a metà qualcosa gli sbatté contro, in pieno petto e lo rispedì indietro.
Dall’altra parte della strada e poi nel vicolo stretto e buio dove passava dopo scuola per andare
da Joe.
Era vuota e, a quell’ora, non ci sarebbe passato nessuno.
Nick si sentì mettere in piedi nella strada poi l’angelo più minuto, la donna, gli si avvicinò e lo colpì con un manrovescio in pieno petto mandandolo a sbattere contro il muro.
Si schiantò e cadde riverso a terra in posizione fetale, tentò di alzarsi mettendosi a gattoni ma il secondo uomo lo raggiunse e lo colpì al ventre con un calcio violento che lo costrinse di nuovo a terra.
Nick respirava affannosamente e cercava di trovare una via d’uscita tra un ansimo e l’altro.
Nel vicolo erano tre, lui e i due sgherri: probabilmente il capogruppo era così certo che i suoi due compari l’avrebbero preso che non si era preso il disturbo di correre dietro ad una preda in trappola, giocava con lui come il gatto col topo.
“Beh?” fece il maschio ridacchiando senza nemmeno il fiato un po’ grosso, “Non corri più?”
La donna rise, una risata acuta e tintinnante come quella di una ragazzina.
“Peccato, dall’alto era divertente…” disse.
Nick si diede dello stupido cento volte per non aver pensato che loro, a differenza sua, volavano: se si fosse infilato nella metropolitana all’incrocio prima avrebbero perso tempo a trovare un posto dove planare non visti e lui avrebbe potuto usare il collegamento dietro al cartellone pubblicitario.
Scese il silenzio mentre i due lo tenevano d’occhio in attesa dell’arrivo del terzo.
Nick si chiese che cosa avesse fatto per meritarsi di essere punito di nuovo e il suo corpo rabbrividì al ricordo del dolore del primo castigo e della caduta.
Involontariamente ebbe uno spasmo che l’uomo scambiò per un tentativo di fuga.
Il vendicatore lo afferrò per i capelli della nuca e lo costrinse ad alzare la testa per poi tirargli un pugno.
Nick rotolò di nuovo contro il muro e la sua schiena si lamentò per il secondo urto.
Sentì un liquido salato in bocca e si portò il dorso della mano al viso, quando lo riguardò era sporco di sangue.
Gli angeli erano molto più resistenti degli umani ma erano anche più forti quindi tra di loro potevano farsi dei seri danni, ma la fonte di buona parte della loro forza erano le ali. I caduti a cui venivano strappate erano più deboli dei caduti che, a loro volta, erano più deboli degli Angeli ancora in cielo.
Era una lotta decisamente impari considerando che erano due contro uno.
Il terzo Vendicatore spuntò all’entrata del vicolo e lo guardò, fece il gesto di avvicinarsi ma poi si bloccò.
Le sirene di alcune volanti di polizia si avvicinarono sempre più e i tre svanirono in tre stelle nere mentre due poliziotti correvano dall’altra entrata del vicolo verso di loro.


Beh, eccomi qui... Dunque, come avrete capito Nick è nei guai... Ma chi avrà chiamato la polizia?... Mistero che svelerò nel prossimo capitolo anche se la maggior parte di voi l'avrà intuito...
Comunque... Questa storia mi è venuta in mente mentre mi rigiravo nel letto senza riuscire a prendere sonno... Spero che vi piaccia e, per favore, commentate!!! Sennò non ha senso...
Beh, a presto!!!
Lady Catherine

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Capitolo 5
*** Testimone inopportuno ***



Ehy! Ragazzi! Come direbbe Joe… Allora, il mistero si infittisce: perchè Nick è caduto? Cosa farà Miriam? Cosa c’entra Lucia? E, soprattutto, cosa vogliono i terribili Vendicatori?
Se volete saperlo continuate a leggere ;)!!! Se vi va commentate così so che cosa va cambiato e cosa va bene e posso migliorare…

Questo capitolo è per Grace17: perché per tutti c’è un angelo custode!!! Basta crederci!!! Sei grande e grazie per tutto!!! Sono certa che Dolly e Mitchie la pensano come me!!!
Ciao ciao a tutti!!!                                                                                            Lady Catherine
 
 

5.
 
“Sei sicuro di stare bene?” chiese per l’ennesima volta il commissario, un uomo basso e grassoccio ormai calvo.
Nick gli sorrise e si sentì lusingato per tutte le attenzioni che quell’uomo gli rivolgeva.
Era seduto sul sedile del passeggero dell’ambulanza che era arrivata con la polizia e stava bevendo un po’ di cioccolata dal termos che gli aveva gentilmente offerto l’assistente del commissario, alto e magro con i capelli castani corti.
“Sto bene, grazie…”
 Di certo non poteva dar torto a quei due poliziotti che si stavano preoccupando: avevano trovato un ragazzo, secondo loro, appena maggiorenne che era stato pestato in un vicolo di notte.
Non è che ci fosse da stare tranquilli…
“Per fortuna siete passati di qui…” aggiunse prima di bere ancora un po’.
“Fortuna? No, ci hanno chiamato…” rispose il commissario sorpreso.
Nick rischiò di farsi andare di traverso la bevanda nel sentirlo e iniziò a tossire ripetutamente con il poliziotto al suo fianco che gli tirava pacche sulla schiena per farlo respirare.
“Sto bene, sto bene…” disse all’uomo sperando che non gli facesse sputare polmoni e costole.
Rimase a pensare per un po’ fissandosi le mani e il bicchiere.
Se qualcuno aveva visto la colluttazione allora poteva aver visto le ali o le stelle nere…
E se era così la segretezza degli angeli andava a farsi “benedire”!
“Posso sapere chi ha chiamato?” chiese Nick con disinvoltura, “Per ringraziare, probabilmente sarei ridotto molto peggio se non vi avesse avvertiti…”
Il commissario lo guardò dubbioso per un po’ poi scrollò le spalle e tirò fuori un blocchetto dalla tasca dei pantaloni e lo consultò.
“Si chiama… Ah, ecco… Lucia, Lucia Sciadda… Abita in questo edificio qui…” disse indicando il muro contro il quale i Vendicatori avevano sbattuto Nick, “Sesto piano, interno ventinove” concluse facendo scattare il block nel chiuderlo.
“Grazie, di tutto…” fece Nick alzandosi ma la sua testa era già sei piani più in alto.
“Sicuro che non vuoi un passaggio?” gli chiese l’assistente.
“No, no… Grazie…” rispose.
I poliziotti si allontanarono in auto salutandolo con le mani e Nick rimase fermo finché non sparirono, a quel punto prese il cellulare e chiamò Chuck.
“Nicola Person! Appena ti metto le mani addosso…!” sbraitò la voce dell’angelo dall’altra parte della cornetta.
“Chuck, non è il momento…” cercò di dire Nick.
“Certo che no! Hai idea di che ora sia?! E di quanto sia passato da quando tu avresti dovuto essere a casa?! Sono il tuo tutore, per l’amor del Cielo!”
“Chuck, i Vendicatori sono venuti da me…” lo bloccò il ragazzo.
Silenzio dall’altro lato.
“Ascolta, sto bene… Ma c’è mancato poco… Dicono che devo scontare un’altra condanna per qualcos’altro che ho fatto…”
“E tu cos’hai fatto Nick? Se è grave come l’altra non ti posso aiutare!” borbottò Chuck in ansia.
“Non ho fatto niente! Per questo è strano… Ho scoperto che ieri e stamattina sono andati da Joe…”
Chuck non rispose per un po’.
“Lo so…” disse alla fine, “Joe mi ha chiamato… Ieri e stamattina…”
Nick rimase di stucco.
“Perché a te l’ha detto e a me no? Fa niente! Ascolta perché abbiamo un grosso problema: qualcuno li ha visti…”
“COSA?!”
“Hai capito: qualcuno ha visto quei tre idioti, forse addirittura ad ali spiegate…”
“Tu ne sei certo?”
“Sì, ha chiamato la polizia… Era una ragazza: Lucia Sciadda… Ora sono sotto casa sua… Salgo e cerco di capire che cosa ha visto esattamente…”
“No! Nick non mi sembra il caso di…” tentò di protestare Chuck ma il ragazzo aveva già chiuso la comunicazione.
Nick entrò dal portone di ingresso e salì le scale senza badare alla povera portinaia che gli stava chiedendo chi fosse.
Salite due rampe di scale e fuori dalla vista della donna iniziò a correre sul serio, un angelo in corsa può addirittura sparire dalla vista.
Nick aveva perso questa capacità assieme alle ali ma era ancora molto veloce.
Arrivò al sesto piano in trenta secondi e si voltò a destra e sinistra alla ricerca dell’appartamento ventinove.
Davanti al suo naso stava il ventotto, guardò a sinistra e trovò il ventisette, guardò a destra.
Ventinove.
Si avvicinò alla porta e bussò con delicatezza.
Senza delicatezza, invece, Lucia aprì la porta in un lampo, come se fosse stata lì dietro ad aspettare.
E forse era proprio così.
Nick la guardò stupito.
Indossava una maglia con disegnati sopra diversi tipi di pasticcini e la scritta “Tres Bon!” alla quale aveva fatto un nodo sul lato sinistro, a livello dei fianchi, eppure non si vedeva un briciolo di pelle, la maglia pendeva da un lato e la spalla destra era scoperta e rivelava che la ragazza non indossava il reggiseno, portava un paio di semplicissimi jeans blu scuro e un paio di ballerine che sembravano scarpe da ginnastica ma era senz’altro la ragazza a cui Joe aveva regalato il cioccolatino.
Lei pareva altrettanto stupita poi parve riprendersi scrollò appena la testa e fissò il labbro inferiore di Nick, quello spaccato dal pugno del Vendicatore.
“Santo Cielo! Stai bene?” chiese con apprensione.
 
Lucia tolse con delicatezza due bicchieri dalla madia e li posò sul tavolo quadrato di legno scuro, il tavolo aveva quattro sedie di cui una era occupata da Nick che si guardava intorno.
L’appartamento era pulito e ordinato, il pavimento era di pietra nera mentre le pareti erano state dipinte di un azzurro chiarissimo. La cucina era grande e comunicava con la sala nella quale stava il tavolo tramite una grossa porta a due ante senza battenti, in sala c’era anche la madia e un altro mobile basso sul quale stava un computer portatile. Il muro a sinistra rispetto a quello che collegava la sala con la cucina era stato abbattuto e, scendendo un paio di gradini, si raggiungeva un salotto con un divano nero, una televisione, due vasi con delle belle piante lussureggianti, un’enorme mobile-libreria e una grande finestra con un ampio davanzale interno sul quale era stato messo un cuscino, una vecchia macchina fotografica istantanea e un libro messo a pagine in giù aperto.
La ragazza entrò in cucina e aprì il freezer per tirarne fuori una bottiglia di coca cola. Riempì i bicchieri e ne porse uno a Nick.
Il ragazzo lo prese di buon grado e sorrise.
Chi se lo sarebbe aspettato…
La ragazza rispose al sorriso e poi spostò lo sguardo fuori dalla finestra dietro il computer.
Il silenzio iniziò a farsi pesante senza che lei desse segno di volerlo spezzare.
Nick diventava più ansioso ogni istante che passava e, vedendo che lei non parlava, decise di prendere in mano la conversazione.
“Non volevo disturbarti… Solo dirti grazie per aver chiamato la polizia e…”
“Chi erano?” lo interruppe Lucia senza guadarlo, non era il suo solito comportamento ma quello non erano le solite circostanze in cui conosceva qualcuno.
“Non lo so… Penso dei ladri…” tergiversò Nick.
“Ah…” rispose lei senza cambiare espressione ma voltandosi verso di lui, “E ti hanno preso tanto?” chiese.
“No, la polizia è arrivata in tempo…” rispose Nick.
Se non tentava di contraddirlo vuol dire che gli credeva, no?
Lucia tornò a guardare fuori, verso la strada.
“Strano perché quando ho telefonato eri già bloccato nel vicolo… Tempo che la polizia è arrivata e avrebbero potuto rubarti tutto e farla franca…” disse la ragazza con nonchalance.
No. Non gli credeva.
“Aspettavano un terzo uomo rimasto indietro…” spiegò Nick.
“E come sono fuggiti?”
“Il vicolo non è cieco, ha due uscite…”
“Ah…”
Nick sentì un brivido freddo su per la schiena.
Lucia sembrava strana e fissava la strada come se ci fosse un enigma.
Aveva visto? Sapeva degli angeli? Lui che cosa doveva fare con lei? Ucciderla? Cosa?
“Lo conosci? Credo che aspetti te… L’altro è Joe ma questo non lo conosco…” disse la ragazza ad un tratto indicando col mento la strada di sotto.
Dall’altra parte delle corsie c’era una macchina, ferma mezza sul marciapiede, in cui due uomini discutevano animatamente indicando l’edificio.
Joe era al volante e doveva periodicamente fermare l’altro uomo che cercava di scendere dall’auto per fare chissà cosa.
Nick sorrise nel riconoscere Chuck nella sua versione più protettiva e ansiosa.
Ecco cosa guardava Lucia.
Nick rise e sospirò di sollievo.
“Quello è Chuck, il mio tutore… L’ho avvertito di cosa è successo e sarà fuori di testa… Per fortuna non ha la macchina e deve farsi scarrozzare da Joe! Almeno lui è un po’ più lucido… A volte…” disse.
Lucia sorrise dolcemente e i suoi tratti divennero morbidi e quasi materni.
“Meglio se vai, prima che venga su lui…” disse ridendo.
“Già…” fece Nick unendosi alla risata.
Porse il bicchiere vuoto a Lucia e la ringraziò ancora.
Lei, da brava padrona di casa, lo accompagnò alla porta e aspettò che lui avesse iniziato a fare le scale per chiudere la porta.
Nick scese in fretta e uscì dal portone.
La macchina dall’altro lato della strada era vuota.
Nick si fermò e aggrottò la fronte ma non fece in tempo a farsi prendere dal panico che Chuck lo afferrò dalle spalle e iniziò a strofinargli la testa con le nocche, nel chiaro intento di far male.
“E bravo Nick! Che non da mai retta a nessuno…” disse poi lo lasciò andare, “Ma hai idea di quanto cavolo siamo stati in pensiero per te?!” gli strillò in faccia.
“Sì, sì… Però ho risolto un problema…” disse lui raggiante, “La ragazza non ha visto niente…”
“Almeno quello!” borbottò Joe spuntando alle spalle di Chuck.
“Avete qualcosa da dirmi?” chiese Nick guardando Joe con astio.
“A parte che ci siamo preoccupati tanto per te?” fece l’uomo speranzoso.
“A parte…” rispose Nick lapidario.
“Ne parliamo a casa…” disse Chuck mettendo una mano sul petto di Nick, quasi a dividerlo da Joe.
Chuck era un uomo sui trentacinque anni con folti capelli ricci castano scuro, occhi scuri e pelle abbronzata, era abbastanza muscoloso e molto colto… Indossava una felpa grigia e pantaloni da tuta grigi, persino le scarpe da ginnastica erano grigie segno che si era messo la prima cosa che aveva trovato per precipitarsi fuori.
I tre attraversarono la strada e stavano per salire in macchina quando una voce li fermò.
“Nick!” chiamò Lucia dalla finestra della sala, quella che dava sul vicolo, “Hai dimenticato questa!”
E così dicendo fece cadere un foglietto bianco, rientrò e chiuse la finestra con uno scatto seccò che riecheggiò nel buio.
Il pezzo di carta ci mise un minuto buono per atterrare e Nick era già tornato nella viuzza quando toccò terra.
Si chinò e lo raccolse.
Sbiancò e si irrigidì.
“Nick?” lo chiamò Chuck, di nuovo in ansia.
“Tutto bene, ragazzo?” chiese Joe aggrottando la fronte.
Nick attraversò la strada e girò il pezzo di carta in modo che lo vedessero.
“No…” rispose a Joe.
Il foglio era una foto istantanea che ritraeva dall’alto un ragazzo a terra e tre figure con dei mantelli neri.
Le figure avevano le ali.
 
Commentino: Eccomi di nuovo!!! Dunque… Lucia sa, ma Nick cosa dovrà fare con lei?
Voglio solo dirvi che da adesso cercherò di postare un capitolo a settimana, il martedì perché di lunedì il mio computer non collabora :-S!!!
Se qualcuno di voi ha qualche commento, suggerimento o critica recensisca pure,, farò il possibile per rimediare!
Domandina: secondo voi quale potrebbe essere la colpa per cui Nick è caduto??? Ho già l’idea ma vorrei capire che cosa sospettano le menti esterne alla mia…
Ciao ciao!
Lady Catherine

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Capitolo 6
*** Accordi e strategie ***


 

Allora!!! Salve!!! Sì, purtroppo sono sempre io… Dunque… Vi ho lasciato con delle domande e spero che questo capitolo soddisfi parte di esse… Recensite mi raccomando!!!
Questo capitolo è dedicato a Iloveworld che mi sostiene sin dall'inizio di quest'impresa Titanica!!! Grazie e scusa per il ritardo!!!
Lady Catherine

 

6.
 
“Ecco… Adesso siamo nei guai!” borbottò Chuck quando Nick ebbe finito di spiegargli l’accaduto.
“Perché prima con i Vendicatori alle costole no, eh?” gli ricordò Joe con sarcasmo.
“Ma ti pare il momento di fare battutine idiote?!” gli ringhiò Chuck in risposta.
L’uomo si incupì.
“Sempre meglio che fare avanti e indietro ripetendosi: siamo nei guai, siamo nei guai!” replicò.
I due continuarono a litigare mentre Nick si perdeva nei dettagli della fotografia.
Stava seduto sull’unica poltrona del piccolo salotto di casa loro, Joe stava sul divano e Chuck camminava avanti e indietro sul tappeto rischiando di consumarlo.
L’ambiente era scarsamente illuminato perché Chuck aveva chiuso tutte le finestre e spento tutte le luci ignorando il ragazzo che cercava di rammentargli che un trucco simile non avrebbe funzionato con i Vendicatori.
Alla fine, visto che nessuno lo ascoltava, si era ritirato in un solitario silenzio per ragionare.
La foto era la chiara conferma che Lucia aveva visto molto più di quanto potesse, ma lei doveva aver senz’altro capito che si trattava di persone pericolose… A maggior ragione, visto che aveva chiamato la polizia…
Ma allora doveva essersi aspettata che Nick si stesse accertando di quanto era coinvolta in quella storia…
Perché non aveva finto di non essere in casa? Perché sarebbe stata un’ammissione bella e buona dato che lui sapeva esattamente chi aveva chiamato la polizia.
Solo in quel momento Nick si rendeva conto della sottile astuzia che aveva messo su quella ragazza e nella quale lui era caduto: si era finta preoccupata per far credere che non ci fosse altro che la turbava e aveva fatto domande a cui lui aveva risposto con bugie che lei aveva senz’altro scoperto e, quando stava per perdere il controllo, aveva spostato la sua attenzione su Chuck per convincerlo che nient’altro la impensieriva.
Nel tempo in cui lui era sceso lei aveva preso la foto, che doveva aver scattato con la macchina appoggiata al davanzale, e aveva scelto la linea da seguire.
Il gettargli la foto dalla finestra era stata una mossa da maestro…
Nick era tranquillo, convinto di non doversi preoccupare, c’era molta distanza tra loro e se lui fosse tornato su a bomba la portinaia si sarebbe davvero insospettita.
Mi ha giocato! Ho millenni in più di lei, eppure mi ha giocato!continuava a ripetersi Nick, un po’ offeso e un po’ meravigliato.
Rimise a fuoco la fotografia tornando e al presente.
E adesso che devo fare con te?si chiese.
Intanto il volume delle voci di Chuck e Joe si era alzato, rischiando di svegliare i condomini.
“Basta!” intimò loro Nick sibilando, “Volete mettere tutti a conoscenza di quello che siamo? Già una dà abbastanza problemi!”
I due tacquero continuando a fissarsi in cagnesco.
“D’accordo… Innanzitutto dobbiamo mettere Nick al sicuro: se sono così determinati a… qualunque cosa vogliano fargli, dobbiamo prendere seriamente in considerazione l’idea di confinarlo nel Fallen’ s Skyscraper…” borbottò Chuck gesticolando.
“Non ci penso nemmeno!” ribatté il ragazzo, “Io non mi vado a rintanare in quella gabbia per uccelli!”
“Nick…” disse Joe conciliante, “Quella non è una gabbia, è un edificio nel quale i Vendicatori non possono entrare… Date le circostanze, sarebbe la scelta migliore…”
“La migliore per farli infuriare…” ribadì il ragazzo, “No, c’è qualcosa di strano… Se fossero così determinati mi avrebbero preso appena i poliziotti se ne sono andati o ti avrebbero ucciso ieri… C’è qualcosa di strano nel loro modo di muoversi… Come se fossero… Prudenti…”
“Il che è incredibile perché non c’è nessuno che possa minacciarli…” fece Chuck, “Gli spazzini come loro non hanno nemici in grado di metterli in pericolo…”
“Ma amici, sì…” borbottò Joe.
Chuck e Nick lo fissarono dubbiosi.
“Sarebbe credibile pensare che magari un certo angelo molto influente stia tenendo d’occhio i Vendicatori e li stia sabotando?” chiarì lui.
Chuck si voltò verso Nick che si irrigidì.
“No…” disse alla fine, “Non è possibile… Non funziona così… Sarebbe tradimento e Miriam cadrebbe… No, non è da lei”
A Nick parve di aver sputato veleno nominandola… Non lo faceva mai, era una cosa su cui era irremovibile…
E al contempo le sue labbra accarezzarono dolci ogni lettera…
La sua mente partì…
“Nick!!!” strillò a quel punto Chuck riportandolo alla realtà, “Ecco, non farlo mai più, Joe! La sua testolina vive sulla Terra per puro miracolo, non darle pretesti per volare via!”
Nick si riscosse, aveva altro a cui pensare: Lucia, spiegazioni, sparire…
“Non importa perché si comportino così, è un vantaggio che dobbiamo sfruttare per risolvere il problema di Lucia finché siamo in tempo…” disse.
“Ovvero finché non lo fanno loro…” disse Chuck grattandosi pensoso il mento.
“Qualche idea?” chiese Joe lasciando andare all’indietro sul divano sino a che la sua schiena non sprofondò nel morbido schienale.
“Non le farò del male, Joe…” disse Nick lanciandogli uno sguardo esplicito: non un’altra volta.
Joe annuì ma non ripose.
“Me ne occuperò io…” fece ancora il ragazzo, “Basto, e meno persone crede coinvolte, meglio è…”
Chuck e Joe si guardarono, restii a cedere, ma alla fine crollarono.
“E sia… Ma vedi di sbrigartela in fretta… Non abbiamo tempo per le tue lunghe strategie…” brontolò Chuck.
“Fidati di me…” ripose Nick.
 
“Puoi fidarti di me…” sussurrò Lucia.
Era in camicia da notte e stava seduta sul davanzale della finestra in salotto. Il libro era in camera, sul comodino, la macchina fotografica accanto a lei e il cuscino in terra.
Fissava le sue mani tra le quali stava una tazza di una tisana rilassante che sembrava non avere effetto.
La creatura davanti a lei parve leggerle nella mente e le si avvicinò.
“Tornerò presto… Tu ricordati ciò che devi fare!” le sussurrò prima di sparire in una stella.
Lucia rimase un attimo ferma per consentire agli occhi di abituarsi al buio. L’unica fonte di luce fino ad allora erano state le ali dell’angelo che l’aveva visitata.
Prese un respiro profondo e si alzò diretta in camera da letto.
Afferrò il cellulare con una calma serafica che non le apparteneva.
Scorse la rubrica fino alla M di Mattew Orlean.
Mise il pollice sul tasto di chiamata ma si fermò.
Prese un profondo respiro.
Stava per entrare in un gioco pericoloso, pieno di magia e creature incredibili.
Se avesse accettato di giocare non avrebbe più potuto tirarsi indietro…
Premette il tasto.
Al quinto squillo un assonnato Mattew rispose.
“Chi cavolo sei?” borbottò con la voce impastata dal sonno.
“Sono Lucia… Ho bisogno di un favore…”
“Adesso?!” chiese Mattew sbalordito.
“Sì!” rispose lei, secca, “Devi darmi il numero di cellulare del tuo amico Nick…”
“Perché?”
“Perché deve darmi ripetizioni di storia e ho perso il suo numero… devo chiamarlo domattina presto…”
Una storia molto antica.
“D’accordo…” borbottò Mattew, disposto a tutto per tornare a dormire e lei fece un sorrisetto scaltro.
Lucia segno il numero sul blocchetto di post-it che teneva sul comodino assieme alla penna, poi salutò Mattew e riattaccò.
“E ora a noi, Nicola Person…” disse con uno sguardo astuto mentre rileggeva il numero.
 
Il mattino dopo Nick si alzò con calma e il suo primo pensiero fu: Lucia.
Come liberarsi di lei senza ucciderla?
La domanda lo tenne impegnato tutta la mattina, era Domenica e non c’era scuola…
“Esco e vedo se riesco a capire come rimettermi in contatto con lei senza terrorizzarla…” disse a Chuck quando era già sulla porta.
“Vai ad un funerale?” gli chiese l’uomo scrutando il suo abbigliamento identico a quello del giorno prima.
Nick non gli rispose e uscì.
Camminò rimuginando fino a raggiungere la casa di Lucia e rimase un po’ ad osservarla da fuori.
Passò qualche minuto ad arrovellarsi alla ricerca di una scusa quando il suo cellulare squillò.
Numero privato.
Rispose.
“Così non va, Nick…” fece la voce tranquilla di una donna dall’altro lato della cornetta, “Potresti passare per Stalker…”
“Lucia?!” fece lui sorpreso riconoscendola, “Come fai ad avere il mio numero?!”
La risata dall’altro capo della cornetta fu dolce, senza provocazione.
“Sai, considerando ciò che ho visto ieri sera e il fatto che stai appostato sotto casa mia da dieci minuti, penso di avere io il diritto di fare le domande, no?”
Nick prese un profondo respiro: Lucia si stava rivelando con più risorse di quante le avesse attribuito.
“Senti: tu non ti rendi conto di cosa…” provò a dire ma lei lo interruppe.
“No! Sentimi tu: io non so… cosa… tu sia, ma sono sicura che non sei normale! E le persone che stavano con te ieri sera erano senz’altro pericolose! Io voglio, e pretendo, di sapere in che guaio mi sono ficcata salvandoti la pelle! È abbastanza chiaro?” la voce di Lucia si era indurita ma Nick avrebbe scommesso che, più della rabbia, il motivo della sua ostilità fosse la paura.
“Salgo e ti spiego…” disse sospirando ma lei lo fermò.
“No! Sono in svantaggio Nick, non giocherò alle vostre condizioni…”
“Che intendi?” chiese lui sorpreso.
Ci fu un attimo di silenzio poi Lucia parlò in tono più calmo.
“Va’ da Joe… Io ti raggiungo…”
“Joe ha chiuso… Oggi è Domenica…”
“Non ho detto di entrare…” precisò lei, “Aspettami lì davanti… Hai la macchina?” chiese.
“Se serve posso prendere quella di Joe…” rispose lui, deciso a dimostrarle che era innocuo.
“Serve” disse lei poi agganciò.
Nick alzò lo sguardo e la vide seduta sul davanzale della finestra dalla quale aveva scattato la foto.
Lei lo fissava senza cercare di nascondersi, il cellulare ancora in mano, non sorrideva e sul suo viso pareva essere calata un’ombra.
Lui le fece un cenno col capo e poi si incamminò verso il Joe’s.
Lei non fece un movimento.
Arrivato davanti al ristorante lo aggirò e andò nel garage sul retro, lo aprì e salì in macchina.
L’auto era semplice, era con i finestrini dietro scuri. Una volta seduto compose il numero di Joe e lo avvertì che prendeva la macchina.
Lui chiese se andasse tutto bene e Nick fu costretto a spiegargli di come Lucia lo stesse beffando in ogni modo.
Joe rise.
“Credo che la tua missione sarà più difficile del previsto!” fece l’uomo prima di chiudere la comunicazione.
Nick infilò il cellulare nel vano portaoggetti e fece retromarcia.
Non parcheggiò davanti al locale ma in una traversa dalla quale poterlo tenere d’occhio e aspettò.
Non gli piaceva essere alla mercè di qualcuno.
Una mano aprì all’improvviso la portiera del passeggero facendolo sobbalzare.
Lucia si sedette con calma e richiuse la porta con un tonfo sordo.
Si voltò a guardarlo.
“Stessa idea…” disse.
Nick irrigidì la mascella: stava perdendo la pazienza.
“Questo gioco non mi piace, Lucia…” disse.
“L’hai iniziato tu…” replicò lei fredda, “Ora guida…”
Nick mise in moto e spostò gli occhi sulla strada fingendo di prestare attenzione alla manovra per uscire dalla viuzza: la realtà era che non riusciva a sostenere il suo sguardo.
L’aveva cambiata troppo in un giorno solo e non si conoscevano neanche. Stava finendo in un “gioco”, come lei si ostinava a chiamarlo, molto rischioso e la colpa era sua.
“Vai al parco cittadino…” lo istruì Lucia ad un tratto.
Lui non rispose ma fece come le aveva detto.
 
Autrice: Et voilà! Nel prossimo capitolo molte domande su Nick, Miriam e gli angeli troveranno risposta ma, al contempo, apriranno tanti altri interrogativi…
Alla prossima settimana!!!                                                                 Lady Catherine

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Capitolo 7
*** Rivelazioni ***




Ciao a tutti!
Sarò breve: Questo capitolo è per una grande amica che mi sta sopportando in tutti i modo possibili! Grazie mia pre-lettrice!!!
Lady Catherine
 

7.
 
Nick parcheggiò accanto agli enormi cancelli del parco.
Non aveva voglia di entrare e rivedere lo scempio della quercia.
Si chiese se fosse solo un caso che Lucia l’avesse portato proprio lì dove i Vendicatori l’avevano attaccato la prima volta.
Sciocchezze! Non può saperlo… Si tratta soltanto di una coincidenza!si disse scuotendo la testa.
Lucia fu la prima a scendere dall’auto. Si avviò con calma verso l’entrata e passò i cancelli senza esitare né guardarsi indietro.
Dopo un attimo di smarrimento Nick scese e la seguì.
Lei sembrava dirigersi verso il centro ma, prima che lui potesse intravedere i resti dell’albero, lei svoltò a sinistra, uscendo dai sentieri e portandolo in una piccola foresta.
Nick la seguì senza fiatare, aspettando che lei fosse pronta.
Gli alberi, più che altro pini e abeti, si diradarono appena creando un minuscolo spiazzo. Davanti a Nick stavano due massi grigio chiaro con sfumature azzurrine e Lucia si stava sedendo con grazia su uno di essi.
Quando la ragazza lo guardò fu per studiarlo attentamente.
Nick attese ancora aspettandosi una domanda che non arrivò.
I minuti di silenzio passavano.
Alla fine Lucia parlò.
“Chi sei? Anzi, cosa sei?” chiese.
“Un angelo” rispose lui senza esitazioni, non aveva senso negare l’evidenza.
“No!” strillò lei staccandosi dalla pietra con rabbia e stringendo i pugni, “Quelli sembravano angeli! Ma gli angeli non picchiano un ragazzo in un vicolo di notte! Cosa erano? Caduti? Demoni? Strani Nephilim?”
Nick sorrise dolente.
“No, loro sono angeli… Io sono un Caduto…”
Lucia sobbalzò poi riportò le mani lungo i fianchi e prese un profondo respiro, rilassò le spalle.
“Se è vero… Perché ti hanno attaccato? Cos’hai fatto?” si portò una mano alla bocca, “Tu sei un traditore! E io ti ho aiutato a sfuggirgli!”
Iniziò ad andare avanti e indietro davanti alla pietra con le mani tra i capelli. Nick la guardò per un attimo poi la afferrò per le spalle per fermarla.
Lei saltò indietro come un animale ferito.
“Scusa…” sussurrò lui, “Credimi… Non è come sembra…”
Lei lo guardò per un attimo con la rabbia negli occhi che, lentamente, scemava.
“E allora com’è?” chiese.
Nick sospirò e fissò il terreno.
“Non lo so… Mi hanno attaccato senza dirmi perché…” rispose.
Lucia non lo interruppe e lui capì che era il momento di raccontare.
“Io ero un angelo e per millenni ho fatto il mio compito a fianco a una donna. Eravamo innamorati da tanto e sembrava che tutto sarebbe andato bene…” disse senza alzare la testa, nella voce una nota di sofferenza che non fu in grado di cancellare.
Vide la mano affusolata di Lucia comparire nel suo campo visivo e prendergli il mento per fargli alzare la testa.
Sembrava tornata la ragazza dolce e timida che aveva intravisto il giorno prima, quando si erano conosciuti.
Lei lo guardava con compassione.
“Ma non è andata così, vero?” disse piano.
Nick scosse la testa.
Lei gli prese una mano e lo tirò verso le pietre che arrivavano alle ginocchia di entrambi e lo fece sedere, poi si mise davanti a lui a gambe incrociate e attese.
Nick fece un sospiro.
“La mia storia non ha ancora il suo lieto fine…” esordì, “Quanti anni mi dai, Lucia?”
Lei aggrottò le sopracciglia ma rispose senza esitare.
“Diciotto…”
Nick sorrise.
“Ti dirò solo che ho più di duemila anni…” disse, “Quando ancora ero un umano vivevo in un villaggio del nord, niente più che qualche capanna di pelli, chiariamo subito! Non era gran che e si sopravviveva a stento… Accanto alla tenda della mia famiglia abitava un altro… ‘clan’… chiamiamolo così, e lì, nello stesso anno in cui nacqui io, venne alla luce una bambina… Capisci bene che i nomi dell’epoca erano molto diversi da quelli attuali però il suo era molto simile al moderno Miriam…”
“E il tuo?” l’interruppe lei, “Senza offesa ma dubito che all’epoca andasse di moda Nick…”
Il ragazzo rise.
“No, in effetti no… Il mio era simile a Nicola…” rispose sorridendo prima di riprendere, “Comunque… Io e Miriam crescemmo quasi come fratello e sorella e, una volta più grandi –all’epoca a tredici anni una ragazza era maritabile-, capimmo che era amore… I nostri non vedevano l’ora e noi non ci opponevamo certo al matrimonio…”
Nick sospirò.
“Poi però ci fu un anno terribile… Una carestia portò con sé molte malattie e la nostra tribù dovette migrare… A metà strada ci fu una lite tremenda tra gli adulti e le famiglie mia e di Miriam scelsero di andare per conto loro assieme a poche altre… Non fu la scelta più saggia che potessero fare: in una foresta fummo attaccati dai lupi, resi aggressivi dalla fame, e ci disperdemmo. Io afferrai Miriam per una mano e corremmo lontano da quelle belve. Quando ci riunimmo agli altri eravamo stati decimati… Per ancora poco vagammo per i boschi alla ricerca di un luogo dove insediarci, poi fummo catturati da un gruppo di commercianti di schiavi… Io e Miriam facemmo tanto che ci vendettero assieme… Avevamo sempre contato l’uno sull’altra e così facemmo mentre ci passavano da un commerciante all’altro… Alla fine fummo venduti nientemeno che al faraone d’Egitto, solo allora capimmo dove ci avevano portati. Io fui mandato alla costruzione della piramide e lei a fare da ancella: con i nostri lineamenti nordici, eravamo due fenomeni da baraccone… Passammo anni strani: di notte lei sgattaiolava via dall’ala per le schiave e mi veniva a trovare. Spesso doveva curare le ferite delle frustate e delle botte che mi davano di giorno, non ero molto ben visto, e poi restava per un po’ con me a sfogarsi per ciò che accadeva anche a lei… Un giorno il figlio maggiore del faraone le mise gli occhi addosso… Miriam era terrorizzata dall’attenzione che lui le rivolgeva e spesso veniva da me a piangere… Un giorno lui tentò di metterle le mani addosso e lei reagì fuggendo…”
Nick strinse i pugni e Lucia si chiese cosa si fosse attirata contro Miriam, era più che certa che una schiava non potesse disubbidire al padrone.
Il ragazzo intanto si era calmato, prese un respiro profondo e riprese la narrazione.
“Quella notte lei venne da me e, quando mi raccontò tutto, andai su tutte le furie finendo per alzare un po’ troppo la voce… Probabilmente uno degli altri mi sentì e vedendoci pensò di guadagnarsi la libertà vendendo l’informazione al principe… La sera dopo, quando Miriam venne da me, arrivarono anche le guardie e Sua Maestà in persona…” Nick sputò il nome come se fosse un insulto e il suo viso si atteggiò in una smorfia di disgusto, “Le tirò uno schiaffo in pieno viso, io lo insultai in ogni modo e lui mi fece portare via dai suoi uomini come, penso, avrebbe fatto comunque quindi tanto valeva prendermi la soddisfazione di dirgli ciò che pensavo di lui…”
Il ragazzo sembrò tornare al presente e guardò Lucia negli occhi con tenerezza.
“Ti risparmio il resoconto di ciò che mi fecero in cella…” disse e lei rabbrividì vistosamente, “Il mattino dopo non riuscivo a reggermi in piedi e mi portarono nella sala del trono a braccia, ancora sanguinante…”
Nick sembrò mettere a fuoco qualcosa per terra, tra i fili d’erba, mentre continuava.
“Lei era lì, non le avevano torto un capello ma sembrava isterica… Aveva un grosso livido su una guancia e mi guardava con gli occhi sbarrati come un cervo impaurito… Stava zitta in modo innaturale mentre una grossa guardia la teneva per le braccia…” disse, “Lì per lì non capii, poi il principe si avvicinò a lei e la accarezzò…” Nick fece un sorriso soddisfatto, “Miriam gli sputò in un occhio! Non puoi immaginare la sua faccia sbalordita! Mi porterò quell’espressione dietro per l’eternità!” concluse ridacchiando.
Lucia lo guardò sorridendo suo malgrado, Miriam le stava simpatica per il solo modo in cui aveva affrontato tutto; ai suoi occhi era una delle principesse delle fiabe, solo che lei era esistita, e esisteva, sul serio.
“Che avvenne poi?” chiese, curiosa e senza paura.
“Il maledetto afferrò la spada e cercò di trapassarmi lì nella sala…” rispose Nick con calma.
Lucia spalancò la bocca. Solo in quel momento si ricordò che la storia del ragazzo che le stava di fronte non era felice.
“Non so come, Miriam riuscì a liberarsi e mi abbracciò… Quel maledetto ci uccise entrambi con un colpo solo…” concluse lui alzando gli occhi a guardare il cielo.
“Ma… Se ti ha ucciso… Tu come?” borbottò Lucia cercando di mettere ordine.
“Esistono degli angeli, pochi, che possono creare altri angeli… Loro esaminano le anime e, se ritengono che una persona lo meriti, alla sua morte gli donano un corpo d’angelo quasi del tutto simile a quello che aveva da mortale…”
“Ti hanno salvato?” chiese la ragazza conoscendo già la risposta: dopotutto era lì davanti a lei…
Ci hanno salvato… Devi capire che, nella condizione in cui eravamo, era difficile commettere qualche peccato: l’unico poteva essere desiderare qualcosa o qualcuno che non ci apparteneva ma, innamorati a tal punto, non volevamo altro che stare insieme…” rispose lui scrollando le spalle, “Quanto alla libertà, era nostra e ci era stata tolta quindi avevamo tutto il diritto di rivolerla…”.
“Allora dov’è Miriam, ora?” chiese Lucia.
Nick indicò il cielo con un dito.
“E perché non sei con lei?”
Il ragazzo sospirò diventando triste.
“Qui viene la parte difficile… Cento anni fa, si avvicinava la Prima Guerra Mondiale, mi venne affidato un compito…”
“Gli angeli hanno dei compiti? Non devono solo vegliare sull’anima di cui si occupano?” chiese la ragazza, sorpresa.
Nick fece una strana smorfia.
“Sì e no… Quelli di cui parli tu sono i Custodi… Per spiegarti bene la mia posizione e ciò che è accaduto ieri devo spiegarti un po’ com’è organizzato il Paradiso…” disse guardandola come se fosse una domanda.
Un uccellino volò via da un ramo facendo sobbalzare Lucia, Nick rise.
“Va’ avanti!” borbottò la ragazza, offesa.
“Allora… Gli angeli, un tempo, si suddividevano in otto gruppi. Quando Lucifero, che era uno degli Arcangeli, cadde uno dei gruppi sparì. Da allora, l’ottavo gruppo è quello di Satana e dei suoi demoni… Gli altri sette ordini rimasero in Cielo ed erano: i Compassionevoli, i Pietosi, gli Angeli della Sofferenza, gli Angeli del Dolore, i Custodi, gli Angeli della Morte e i Vendicatori.
Dei Pietosi ti ho già parlato, sono gli angeli che creano altri angeli…
Gli Angeli della Sofferenza sono quelli che si occupano, appunto, di coloro che soffrono emotivamente, a volte prendono le sembianze di un passante che dice una parola gentile, altre di una persona che lavora in orfanotrofio e cose simili. Il loro lavoro è molto delicato ma lo svolgono con rigore, è raro che falliscano se si permette loro di fare ciò che devono…
Gli Angeli del Dolore si occupano delle sofferenze fisiche, prendono l’aspetto di medici o paramedici e si avvicinano alle persone portando loro la forza di resistere. Loro in realtà non curano, danno l’energia per sopravvivere: sta poi ai medici veri e ai malati, guarire…
I Custodi li hai menzionati tu e sono i più noti, a ciascuno di loro viene affidata un’anima della quale si devono occupare. La solita storia: consigliare, indicare la via giusta e salvare le penne ai più incoscienti; così va il mondo…” disse Nick allargando le braccia e facendo ridere Lucia di gusto.
“Continua!” lo esortò la ragazza.
“Gli Angeli della Morte sono quelli che fanno il ‘lavoro sporco’ si potrebbe dire: portano via le anime dai corpi quando giunge la loro ora… Io non farei mai l’Angelo della Morte, non so come facciano!
Ad ogni modo, proseguiamo…
Gli ultimi sono i Vendicatori… Gli angeli che mi davano la caccia appartenevano alla loro cerchia… Il loro compito è combattere i demoni, i Nephilim… e i Caduti…” concluse Nick.
Lucia rimase a bocca aperta.
“Anche se non hanno fatto niente?” chiese.
Nick le fece cenno di no con la testa.
“Quando a guidarli era Arlem, no… Lui si sbarazzava solo dei demoni e di Nephilim e Caduti malvagi... Gli altri stavano già scontando la loro condanna… Ma ora…”
Nick scosse il capo tristemente.
“Ma ora, cosa?” chiese Lucia, “Arlem è cambiato?”
“No, Arlem ha ceduto il suo posta alla sua pupilla, come era giusto che fosse… Il problema è che Zira, la nuova Arcangelo, si è rivelata più crudele di ciò che sembrava. E nonostante ciò è sempre riuscita a ‘restare in equilibrio’ e, quindi, a non farsi buttare giù… Sotto la sua guida i Vendicatori stanno diventando violenti e senza scrupoli…”
“Aspetta!” disse Lucia alzando una mano come un vigile che intima lo stop, “Zira è un Arcangelo?”
“Ogni gruppo ha il suo Arcangelo che è un po’ come un capogruppo o un dirigente o anche la loro guida… Mettila come vuoi… Attualmente, Zira guida i Vendicatori; Zhacary: gli Angeli del Dolore; Marcus: gli Angeli della Sofferenza; Chiara: i Custodi; Valentina: gli Angeli della Morte; Samuel: i Pietosi; e Gabriele: i Compassionevoli” spiegò il ragazzo.
“Tu di che gruppo eri?” chiese Lucia.
“Io ero con Miriam nei Compassionevoli, sotto il controllo di Gabriele… Il compito di quelli come noi era quello di toppare, per farla semplice, lì dove falliscono i Custodi, cioè riportare sulla strada giusta coloro che sbagliano…”
Lucia annuì pensosa.
“Sembra adatto a voi…” concluse.
Nick la sorrise riconoscente.
“E ora veniamo al fulcro della cosa: perché sto qui con te invece di svolazzare lassù mezzo nudo come un cherubino assieme Miriam?” disse.
“La sintesi fatta a persona…” commentò la ragazza ridendo.
Nick riprese con serietà.
“Come ho già detto mi fu affidato un compito: convincere un malvivente a non fare del male alla figlia di un uomo che gli doveva dei soldi… Lì per lì, non mi parve una gran sfida, l’avevo già fatto, finché non trovai la bambina, aveva sì e no dieci anni, già bloccata da quel pazzo in un vicolo accanto al porto. Noi ci manifestavamo spesso per far ricredere le persone e così feci… Inizialmente l’uomo parve stupito poi mi disse di andarmene… La bambina era appoggiata al muro, lui davanti a lei e io dietro di lui, all’entrata del vicolo… Io iniziai a cercare di farlo ragionare e il risultato fu che quello tirò fuori una pistola e me la puntò contro… Io gli dissi di sparare pure perché non mi avrebbe ucciso…”
Nick si mise le mani nei capelli e abbassò la testa.
“L’uomo si voltò e sparò alla bambina…” sussurrò.
Lucia sobbalzò e si portò una mano alle labbra. Cercò di mettere l’altra sulla spalla di Nick ma poi si fermò e riabbassò il braccio.
Nick non alzò lo sguardo ma riprese a parlare.
“Non sai che… dolore… mi fece vedere il corpicino della piccola che si accasciava…” disse con voce tormentata, “Poi fu un istante… Mi avvicinai alla piccola nel suo lago di sangue e lui rise… Non so cosa mi sia preso, so solo che lo buttai in acqua e che non lo tirai fuori mentre gridava di non saper nuotare…”
Il vento cessò e tutto il boschetto parve immerso in un silenzio ultraterreno.
Lucia stava trattenendo il fiato.
Dov’era la paura? Perché non provava l’impulso di scappare da quel ragazzo che era, per sua stessa ammissione, un assassino?
Lo sapeva bene: perché al suo posto avrebbe, probabilmente, fatto la stessa cosa…
E perché, annidata dietro alle sue palpebre, stava l’immagine di una bambina… morta.
Non ne vedeva i tratti ma sapeva che era piccola…
Uccisa per l’avidità di un uomo e per l’incoscienza di un padre…
Che colpe aveva lei? Perché aveva dovuto pagare il prezzo più alto?
Non poteva provare pietà o tristezza per colui che l’aveva uccisa.
“Lui morì, vero? Ti cacciarono per questo…” disse con tranquillità, desiderosa di vederlo alzare il viso.
Nick la guardò sollevando appena il capo.
“Solo i Vendicatori hanno il permesso di uccidere… Gli Angeli della Morte dividono solo le due parti: la carne dall’anima…” disse la voce ferma ma gli occhi pieni di dolore.
Lucia distolse lo sguardo, non riusciva a sostenerlo, poi una domanda la folgorò.
“Che ne è stato di Miriam?” chiese con angoscia.
“Te l’ho già detto…” disse Nick raddrizzandosi lentamente mentre il dolore spariva piano dai suoi occhi, “Lei non è caduta… Lei è lassù e un giorno, quando sarà pronta, prenderà il posto di Gabriele come Arcangelo dei Compassionevoli e li guiderà con tutta la sua saggezza e purezza…” concluse.
Lucia si chiese se Nick si fosse reso conto dell’orgoglio nella sua voce e del fatto di aver gonfiato il petto nel parlare dell’amata.
“Lei è davvero pura, è così?” chiese con dolcezza.
Nick annuì con vigore.
“Quindi i Vendicatori non ce l’hanno con te per un motivo preciso?” chiese ancora la ragazza.
Il ragazzo sospirò.
“Loro dicono che ho commesso un’altra colpa e che devo essere punito di nuovo… Ma io non ho fatto nulla e non so di cosa parlino! Devi credermi, Lucia!” la supplicò.
Lei lo fissò negli occhi poi gli prese il viso tra le mani.
“Ti credo…” disse con improvvisa ansia, “Ma dobbiamo tornare indietro! Potrebbero venirti a cercare qui e…”
“No” disse lui tranquillizzandola.
“Come fai ad esserne sicuro?”
“Oggi è Domenica… A meno che non sia strettamente necessario, gli Angeli non uccidono nel giorno del Signore…” disse con solennità.
“Quindi siamo al sicuro?” chiese Lucia.
“Per oggi, sì” rispose Nick.
“Per oggi, sì…” gli fece eco Lucia.
 
Bene! Spero che la storia vi abbia soddisfatto e sia comprensibile… Se volete parlare con me potete contattarmi all’interno di EFP…
Due grazie sono d’obbligo: a Iloveword e a lames76 che mi recensiscono e consigliano sin dall’inizio! Grazie ragazzi! Che farei senza di voi?!
Lady Catherine

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Capitolo 8
*** Dolori nascosti ***




Scusate, scusate, scusate con tutto il cuore! Ho avuto un contrattempo e non ho potuto pubblicare fino ad oggi! Ma ora posto il capitolo mancante e domani posterò in orario come al solito!
Questo capitolo è per la mia Stra-super-mega-ottima futura manager (ho messo abbastanza complimenti ;D!)!!! Accetto qualsiasi compromesso ma la scimmia da lavoro non la faccio XD!
Ciao ciao!
Lady Catherine

 

8.
 
Lucia salì in macchina e chiuse la portiera con delicatezza.
Era sul sedile del passeggero e Nick si stava sedendo accanto a lei.
La ragazza stava rimuginando sulle informazioni che le aveva dato lui nel parco.
L’ultima cosa che si sarebbe mai immaginata era la sua arrendevolezza…
Spostò lo sguardo su Nick che usciva tranquillamente dal parcheggio e si immetteva nella strada, deserta vista l’ora.
Le persone normali erano a casa o in un ristorante a mangiare pranzo.
Forse aveva bisogno di parlarne…si disse, in fondo non doveva essere stato facile portarsi dietro un segreto così per cento anni.
“Posso farti una domanda?” chiese al ragazzo.
Nick sorrideva tranquillo.
“Ancora?” chiese lui sorpreso ma sorridente.
Lucia annuì, imbarazzata.
“Beh, direi che il peggio è passato, no?” scherzò il ragazzo.
Lucia annuì.
“Hai detto che il corpo di angelo che vi è stato dato è diverso dal corpo umano… Come?”
Nick ci pensò un secondo.
“Allora… La differenza principale sono le ali, ovviamente, ma non c’è solo quello… Gli angeli non hanno la pupille…” disse guardandola.
Lucia spalancò la bocca.
“Scherzi?” chiese.
Nick fece segno di no con la testa.
“Hanno solo l’iride… Alcuni angeli cambiano il colore degli occhi e dei capelli: per esempio Miriam era bionda con gli occhi azzurro chiaro mentre ora ha i capelli e gli occhi d’argento puro…” spiegò.
“E tu com’eri? Da angelo intendo…” chiese Lucia cercando di non far vedere quanto le costasse assimilare tutte quelle informazioni.
Nick scrollò le spalle.
“Niente di speciale…” rispose.
“Ti tormenterò fino alla fine dei miei giorni!” lo minacciò lei.
“No, ti prego!” si finse spaventato lui.
I due scoppiarono a ridere mentre Nick parcheggiava nel garage di Joe.
“Capelli e corporatura erano quelli attuali ma i miei occhi erano blu scuro…” disse il ragazzo spegnendo l’auto.
“Perché avvengono questi cambiamenti?” chiese Lucia, interessata.
“Dovrebbero rappresentare meglio l’anima, mostrare come uno è veramente…” disse lui.
Il ragazzo scese dalla macchina ma Lucia rimase seduta, Nick fu costretto a batterle con dito sul finestrino dopo aver fatto il giro.
La ragazza sussultò e scese.
“Che avevi?” chiese lui.
“Stavo cercando di immaginarmi degli occhi senza pupille ma non ci riesco…” disse mentendo spudoratamente.
Nick non se ne accorse e le fece strada fuori dal garage.
Lucia si rimise a pensare ai Vendicatori.
Uscirono in strada che era ormai l’una e mezza e Lucia invitò Nick da lei.
A quel punto, con Joe chiuso, era il massimo che potessero fare e la ragazza aveva ancora un paio di domande in gola.
Passarono davanti alla portinaia e Nick la salutò con garbo mentre lei li scrutava cercando di capire il motivo della confusione del giorno prima.
Arrivati al sesto piano Lucia non aveva neanche un po’ il fiatone e Nick dedusse che fosse ormai abituata.
Entrarono con calma e senza quasi parlare.
Lucia sparì in cucina mentre lui si guardava attorno.
Si stava avvicinando alla finestra quando il suo naso intercettò la polvere d’angelo.
“Lucia, è meglio uscire…” disse lui rialzandosi e correndo in cucina.
“Perché?” chiese la ragazza stupita, teneva in mano una confezione di pasta e un cucchiaio di legno.
Nick cercò un modo per spiegargli tutto con calma, senza farla spaventare, ma non trovò niente per indorare la pillola.
“Qui c’è stato un angelo…” disse alla fine avvicinandosi, “Ho sentito l’odore delle ali…”
Lucia si paralizzò, la pasta e il cucchiaio le caddero dalle mani e atterrarono sul pavimento nero con due tonfi distinti.
“Calma…” le disse Nick mettendole le mani sulle spalle, “Ci sono io… Non ti faranno nulla…”
“Bella consolazione visto come ti hanno ridotto ieri!” sibilò lei ma stava tremando.
Nick le sorrise.
“Oggi è Domenica!” le ripeté, “Siamo al sicuro. E poi: guarda…” le disse mostrandole il labbro inferiore.
Il taglio del giorno prima era sparito nel nulla.
Lucia lo osservò con sorpresa.
“Ma… era…” tentò di dire, “Com’è possibile?”
“Sono un angelo, Lucia… Caduto, ma pur sempre un angelo…” ribadì lui senza spostare le mani.
Lucia chiuse gli occhi e prese un respiro profondo.
“Sei sicuro?” chiese infine.
“L’odore era sottile ma l’ho sentito…” rispose il ragazzo.
“Dove?” chiese ancora lei.
Nick si voltò e tornò il sala, si fermò e passò un dito per terra ma l’odore era svanito.
Annusò a lungo ma non lo trovò più.
Chiuse gli occhi e si concentrò sui resti delle sue ali, ignorando il dolore, ma anche queste negarono il pericolo.
“Non c’è più… Forse mi sono sbagliato…” azzardò.
Lucia sembrò visibilmente sollevata.
“Magari veniva dal vicolo…” disse la ragazza, “Aprendo la finestra, forse…”
Nick annuì ma non era sicuro.
Forse si era trattato del custode della ragazza, venuto da lei dopo il disastro con i Vendicatori.
Il ragazzo stabilì che era l’ipotesi più plausibile e tornò da Lucia che aveva raccolto il materiale da terra e stava cucinando tranquilla.
“Che odore hanno le ali?” chiese lei senza voltarsi mentre Nick si sedeva al tavolo.
Il ragazzo aveva imparato che lei non voleva nessuno tra i piedi mentre lavorava in cucina.
“Odore di casa… Non so spiegartelo… Sa di pulito, di sole, di nuvole… Di tutto…” Nick aveva chiuso gli occhi e Lucia lo osservò di nascosto.
Con la sua corporatura abbastanza muscolosa e i suoi capelli biondo chiaro era certamente un bel ragazzo, nulla da ridire, ma i suoi sentimenti si erano auto-eliminati quando aveva sentito la storia della bellissima angelo argentata…
Non riusciva a vedere Nick con qualcun’altra, men che meno con lei.
“Cosa stavi facendo prima, quando hai chiuso gli occhi?” chiese ancora tornando ai fornelli, “Sembravi concentrato…”
“Stavo sentendo le mie ali…” rispose il ragazzo, “Le ali degli angeli fremono, mandano una specie di adrenalina al cervello, quando c’è un pericolo o se c’è polvere d’angelo in una stanza…”
“La tue ali…” sussurrò Lucia pensosa, “Non le ho mai viste… Perché non le hai usate per sfuggire ai Vendicatori?” chiese.
Nick si rabbuiò.
“Non le ho più…” disse in un soffio.
Lucia si immobilizzò ancora.
Ormai Nick sapeva riconoscere, in quel gesto, la sua sorpresa mentre se era spaventata diventava sicura di sé, come a dissimulare ciò che provava per difendersi meglio.
Ci fu un lungo silenzio che Nick non osò spezzare mentre fissava Lucia che, lentamente, riprendeva il controllo di sé riprendendo a mescolare la pasta nella pentola.
Quando ebbe finito l’operazione si voltò verso Nick.
Un’espressione impenetrabile sul viso.
“Te le hanno strappate?” chiese a voce bassissima, quasi non volesse essere sentita.
Nick fece cenno di no con la testa.
Lucia attese, era chiaro che volesse sapere ma che non si osasse a insistere per paura di ferirlo.
Stava appoggiata accanto al ripiano cottura e lo fissava.
Illeggibile.
Nick sospirò.
“Quando un angelo cade, i Vendicatori prendono provvedimenti…” spiegò, “Se la colpa del neo-caduto è grave loro gli strappano le ali, per essere sicuri di poterlo riprendere con più facilità…”
“Mi avevi detto che non te le avevano strappate…” insinuò Lucia senza muoversi di un millimetro, una punta d’accusa nella voce.
“A me le hanno bruciate…” le rispose Nick.
Lucia rimase immobile ancora un istante poi si voltò e riprese a cucinare.
Nick attese per un po’ che arrivassero le domande ma lei rimase zitta.
“Tutto qui?” chiese sorpreso, “Nessuna reazione?”
“Avresti preferito che ci fosse?” chiese lei senza voltarsi in modo che il ragazzo non potesse vedere il suo viso e capire quanto fosse sconvolta in realtà, “Pensavo che non ti facesse piacere parlarne…”
Nick sbuffò.
“Non è la cosa più felice che mi sia capitata, ma un pochino ti conosco e so che odi non capire… Non so perché ma vuoi avere tutto sotto controllo per evitare che gli eventi ti colgano impreparata facendoti sfuggire tutto di mano” insinuò.
Lucia fece una piccola risatina, strana.
Nick spalancò gli occhi quando capì che cosa differenziava quella dalle altre risa.
“Stai… piangendo?!” chiese scioccato.
Si alzò di scatto e la raggiunse costringendola a fargli vedere la faccia.
I lacrimoni scendevano sulle sue guance e lei non lo guardava.
“Scusami…” sussurrò Nick abbracciandola, “Non volevo…”
“Una volta sola…” sussurrò Lucia contro il suo petto, “una volta sola le cose mi sono sfuggite e ho pagato per anni…”
Nick la strinse più forte chiedendosi con tutto il cuore di cosa stesse parlando.
Decise che doveva parlare, per farle dimenticare cosa l’aveva rattristata a tal punto.
“Zira mi odiava…” le sussurrò in un orecchio, “O forse odiava il fatto che preferissi Miriam a lei, buttarmi di sotto per lei fu una rivincita perché l’avevo respinta… Voleva togliermi tutto… Mi fece mettere in ginocchio dai suoi ‘gorilla’, Ivan e Dimitri, per poi costringermi ad aprire le ali con la forza… Evocò una fiammella sulle dita e bruciò lei stessa le piume, una per una, partendo dal basso, finché non rimasero che le ossa e la pelle in alto, quelle che reggevano il tutto… Allora mi appoggiò un ginocchio sulla schiena e le strappò via con uno strattone… Il dolore fu atroce e gridai con tutto il fiato che avevo in gola fino a che non ebbi più voce per farlo… Ricordo che avevo la schiena e il petto striati di sangue e che c’erano tante gocce scarlatte che bagnavano i miei pantaloni bianchi e il pavimento immacolato… Ma la cosa più dolorosa furono le grida di Miriam… Non la fecero entrare, qualcuno la trattenne per impedirle di interferire… Gridò così tanto da là fuori…” Nick fece un respiro profondo, non avrebbe mai immaginato che ricordare potesse essere così doloroso, “Dopo caddi e non mi fu più permesso di vederla: quelle urla sono l’ultimo ricordo che ho di lei… Mi restano solo quelle, le bruciature sulla schiena e le radici delle ali nella carne…”
Lucia si era calmata, non singhiozzava né piangeva più, e sembrava più tranquilla.
“Mi spiace…” sussurrò, “Per tutto quello che ti è successo… E per averti bagnato la maglia…”
Nick rise per alleggerire l’atmosfera.
“Non ti preoccupare… Ti va di parlarne?” chiese.
Lucia annuì.
“Direi che te lo devo…” disse.

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Capitolo 9
*** Una ragazza sola ***




Eccomi!!! Ancora tante scuse per l’altra volta! Bene, Nick ha ammesso tutto e ha raccontato la sua storia, ora è il turno di Lucia… Che cosa è successo nella vita di quella ragazza?
Capitolo dedicato alla mia consulente di nomi! Senza di te credo che questa storia sarebbe finita rovinata dai nomi orrendi che invento io! Grazie!!!
Ciao ciao!
Lady Catherine

 
9.
 
Lucia stava seduta al tavolo e osservava Nick cercare di raccapezzarsi tra gli arnesi da cucina.
“Un vero casalingo…” commentò ironica a bassa voce.
“Ti ho sentita!” ribatté lui.
Il ragazzo prese la pentola dal fuoco ma si bruciò e rischiò di far cadere il tutto.
Riuscì a salvare la pentola riportandola sui fornelli appena in tempo per evitare che si rovesciasse ma Lucia ridacchiò.
Nick la fulminò con lo sguardo e lei gli fece segno indicandogli due presine appese accanto ai fuochi.
Il ragazzo le osservò per un attimo come se fossero un enigma poi le prese commentando: “Giusto…”
Lucia scosse la testa sorridendo.
Nick portò in tavola il pranzo e riempì i due piatti, uno davanti all’altro, poi però, invece di sedersi, appoggiò i palmi al tavolo e fissò Lucia.
Lei lo guardò interdetta: era ancora in imbarazzo per essersi messa a piangere davanti a lui.
“Non mi siedo finché non ti avrò vista mangiare qualcosa” dichiarò lui raddrizzandosi e incrociando le braccia davanti al petto.
Lucia fece un mezzo sorriso poi prese un po’ di pasta.
Nick sorrise e si sedette soddisfatto, ma non toccò cibo.
“Che c’è?” chiese lei, la voce ancora bassa e roca per via del pianto.
“Non mi devi niente, Lucia…” disse lui serio, “Se mi racconterai a cosa ti riferivi, lo farai solo perché vuoi sfogarti, d’accordo?” concluse allungando la mano sopra il tavolo.
Lucia allungò la sua e lui gliela strinse.
Fu un istante, un attimo in cui lei si chiese perché non potesse stare con lui…
Ma niente di più.
Lucia ritirò la sua mano sorridendogli, pensò a Miriam e cercò di infondere nei suoi occhi tutta la sua speranza perché lui potesse rivederla.
Nick sembrò leggerlo e abbassò il viso.
“Non sai quante persone mi hanno detto che ci credono…” disse, “Io la amo, questo è certo… Ma non mi illudo, Lucia: il Paradiso è per chi è senza macchia…”
Lei continuò a fissarlo, la speranza fissa nello sguardo.
“Il Paradiso non è per chi è senza macchia: è per chi ha il coraggio di cercare di pulirsi…” disse.
“Non sai quanto ci ho provato…” le disse Nick con amarezza.
Lucia rimase zitta per un attimo, lo sguardo basso.
Pensava.
Ad un tratto si alzò piano, afferrò Nick per un braccio e lo tirò con lentezza sulla porta della sala.
Arrivata lì lo lasciò andare e scese i piccoli gradini per mettersi al centro della sala.
Allargò le braccia e fece un giro su sé stessa indicando tutto l’appartamento.
“L’ho preso qualche mese fa…” disse, “Il mio modo di fuggire…”
“Fuggire da cosa?” chiese Nick scendendo e raggiungendola.
Lei gli fece cenno di seguirla e si sedette sul divano.
Una volta lì rimase un attimo in silenzio a  pensare, a decidere da dove iniziare.
“I miei litigavano spesso quando ero piccola… Una sera, avevo dieci anni, gridarono così forte da svegliarmi, scesi e dissi loro che preferivo vederli uno in una stanza e uno in un’altra piuttosto che sempre pronti a scannarsi…”  disse, teneva le gambe un po’ divaricate e i gomiti appoggiati sopra con le mani che le reggevano il mento, “Un mese dopo divorziarono e mio padre andò via… Ero sempre stata io a tenerli uniti, una volta che mi ero dimostrata ‘favorevole’ alla separazione per loro era come se non ci fossero più problemi…”
“Mi spiace…” disse Nick.
Lucia rise amaramente.
“Perché? Pensi che sia per questo che mi sono messa a piangere? Con il senno di poi ho capito che era inevitabile, ma questo non vuol dire che lo sopportai di buon grado…” disse lei iniziando a sfregare le mani tra loro, “Mia madre si risposò qualche mese dopo con un riccone fissato con l’educazione e il bon ton…”
Lucia raddrizzò la schiena, chiuse le ginocchia e si posò le mani in grembo con una grazia e una maestria che poteva venire solo da anni di studio.
“Capisci?” chiese.
Nick annuì e lei si rilassò.
“Era un uomo intransigente e violento… A sedici anni iniziai a trovarmi due lavoretti per iniziare a mettere da parte i soldi per andarmene via da lui: davo ripetizioni ad altri ragazzini e di sera lavoravo come cameriera in un bar… Ovviamente, il mio patrigno non ne sapeva niente: a casa dicevo che il pomeriggio facevo volontariato e la sera uscivo con le amiche…” raccontò la ragazza, “Un giorno il proprietario del locale mi chiese di fare gli straordinari e finii tardi… Quando tornai a casa, lui era furioso… Mi prese a schiaffi e mi chiuse nello sgabuzzino, era tanto piccolo che dovetti stare in piedi appoggiandomi alla porta… La mattina dopo non si curò nemmeno di aprirmi, mi tirò fuori mia madre… Non le parlai nemmeno e corsi a scuola… Se c’era una cosa che sapevo era che, se volevo tirarmene fuori, dovevo studiare: trovarmi un buon lavoro, lontano magari… Uscita da scuola coprii i lividi con la cipria e andai a dare ripetizioni, non tornai a casa e aspettai per andare al bar… Dissi che non potevo rifare gli straordinari perché ero troppo piccola, ma non ci credette nessuno. Il proprietario del locale vide che avevo il fondotinta e me lo pulì, visti i lividi non ci mise molto a fare due più due…” concluse scrollando le spalle.
Nick attese che continuasse perché sapeva che non era finita.
Lucia sorrise.
“Per due anni la mia routine fu questa, gli occhi sempre puntati sull’obiettivo: andarmene. Qualche mese fa, dopo che ebbi compiuto diciotto anni, il mio patrigno venne, per caso, nel locale dove lavoravo e mi vide… Puoi immaginarti il putiferio che venne fuori! Ricordo poco, in realtà: mi afferrò per il braccio e cercò di portarmi via a forza, io mi dimenai e poi… black out! Nero, vuoto!” continuò.
Lui la guardò stupito.
“Mi svegliai in ospedale” chiarì lei, “Il medico mi disse che il mio patrigno mi aveva colpito ed io avevo sbattuto la testa contro lo stipite della porta… Il maledetto se l’era data a gambe ma c’erano un sacco di testimoni…” Lucia allargò le braccia, “Ed ecco come sono finita qui… Lo denunciai per violenze domestiche e, con i soldi accumulati in quei due anni, affittai questo appartamento… Mia madre mi lasciò una grossa somma di denaro sul mio conto corrente quando lo arrestarono… Credo che fosse il suo modo di scusarsi ma non sono pronta a perdonarla per il suo silenzio… Ho cercato di restituirgli tutto ma non l’ha voluto…”
Nick la osservò in silenzio.
Certo, la storia spiegava lo strano comportamento di Lucia, la suo paura di non capire e la sua abilità nel controllare le emozioni all’occorrenza… Però era incredibile che una ragazza come lei avesse dovuto passare quell’inferno…
“Non deve essere facile farcela da sola…” disse abbassando la testa.
“Lo è più che vivere con loro, no?” rispose Lucia decisa.
Nick dovette riconoscerle che aveva ragione.
“Ok…” disse cercando di trovare un argomento più sereno, “Allora, visto che abbiamo finito gli scheletri negli armadi, siamo amici?” chiese sorridendo.
Lucia rise.
“Sì, se non mi diventi noioso…”
Nick alzò gli occhi al cielo.
Risero assieme, felici.
“Domani ci vediamo a scuola?” chiese il ragazzo.
“Non sei anti-classicisti?” chiese lei fingendosi sospettosa.
“Non sia mai!” fece lui alzando le braccia in segno di resa.
Lucia scoppiò di nuovo a ridere.
“Ridi sempre?” chiese lui sorpreso.
Lei fece cenno di no.
“Di solito no… Adesso invece ci sono tre persone che mi fanno sempre morire…” rispose.
Nick si fece interessato.
Si sedette e fece il gesto di contare sulle dita.
“Vediamo: io…” disse agitando il pollice, “Di sicuro Joe…” alzò l’indice, “E chi altro?” chiese.
Lucia distolse lo sguardo, imbarazzata.
“Il tuo amico Mattew… O almeno, lo faceva finché non ha capito che sono del Classico…”
Nick spalancò la bocca.
“Ecco chi ti ha dato il mio numero…” disse, “Hai capito la ragazza…”
Lucia iniziò ad aggrovigliare le mani.
Nick le sorrise.
“Mattew è una testa di cavolo, ma è una brava persona… Sono sicuro che cambierà idea…” disse, “Ma non è che l’hai preso un po’ a cuore?” insinuò, “In fondo, credo che sia un bel ragazzo…”
Lucia gli sorrise, affabile, ma afferrò di nascosto uno dei cuscini e glielo schiaffò in faccia.
“Fatti gli affari tuoi, angelo ficcanaso dei miei stivali!” gli disse.
Nick afferrò l’altro cuscino e restituì il colpo.
“Ha parlato la regina delle domande!” disse ridendo.
Andarono avanti per tutto il pomeriggio.
A sera fu il turno di Nick di invitare Lucia per cena.
La ragazza accettò volentieri.
Chuck si dimostrò un cuoco provetto e Joe e Betty si aggiunsero alla compagnia portando il dolce.
Fu così che Lucia venne a sapere che anche Betty era un angelo caduto.
“Lei e Joe hanno scelto la via di mezzo per amore l’uno dell’altra… Sono due teste calde identiche!” le aveva detto Nick.
“E Chuck?” aveva chiesto lei.
“Chuck è felice di essere territorio da conquistare e non conquistatore… Hanno tutti i loro motivi, per loro non è dura…” aveva risposto il ragazzo scrollando le spalle, “È per quelli come me, che hanno lasciato qualcosa lassù, che è difficile vivere normalmente…”
Quella sera, quando Nick la riaccompagnò a casa, Lucia decise che avrebbe fatto il possibile per capire…
Lei non era normale e avrebbe riportato Nick a Miriam, fosse stata l’ultima cosa che faceva…


 
Ecco qui… La vita di Lucia non è sempre stata tutta rose e fiori ma chissà che non cambi tutto…
Cosa succederà?
Scusate se il capitolo è un po’ corto… Comunque il prossimo sarà più lungo…
Anticipazione:

“Giù!” gridò una voce nell’orecchio di Nick mentre rovesciava il letto su cui era sdraiato.
Il ragazzo finì a terra con un tonfo e sentì il gomito sinistro scricchiolare in modo raccapricciante sotto il suo corpo.
Spero di avervi incuriosito ;D!!! Recensite!!!
Un grazie enorme a: ILOVEWORLD, LAMES76 e ANGY EMPTINESS… Grazie per aver letto e recensito!

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Capitolo 10
*** Stanno arrivando! ***




Salve! Ecco il capitolo anticipato… Spero che vi piaccia perché ci ho messo un bel po’ d’impegno…
La solita dedica: questo capitolo è per la mia grande classe, tra poco si ricomincia ma vale la pena di farlo! A tutti voi compresa la prof di italiano! Grazie a tutti per essere così grandiosi!!!
Detto questo, faccio una precisazione: Angeli (scritto con la maiuscola) è il gruppo di esseri che stanno in Cielo e non sono Caduti; angeli (con la minuscola) è il gruppo totale che comprende Angeli, Demoni e Caduti... Bene, ci vediamo giù!
Lady Catherine



10.
 
“Giù!” gridò una voce nell’orecchio di Nick mentre rovesciava il letto su cui lui era sdraiato.
Il ragazzo finì a terra con un tonfo e sentì il gomito sinistro scricchiolare in modo raccapricciante sotto il suo corpo.
Rotolò per vedere chi fosse e vide Joe che prendeva roba a manate da dentro i cassetti per metterli in una borsa da palestra.
Il giovane era nella sua stanza e, fino a poco prima, era stato sdraiato nel suo letto a dormire.
La sveglia sul comodino segnava le sei del mattino.
“Per l’amor del Cielo, Joe!” disse arrabbiato, “Ma che stai facendo?!”
“Nick, si stanno avvicinando!” rispose l’uomo senza fermarsi.
“Cosa?!” Nick balzò in piedi tenendo il braccio al petto, incurante all’improvviso del male che gli faceva.
“Stanno arrivando… Betty li sta tenendo occupati al Joe’s…” spiegò l’uomo, “Credono che tu sia già nel Fallen’s Skyscraper ma se scoprono che sei ancora a portata di mano, ci uccidono tutti!”
Nick afferrò al volo con la mano destra i jeans e la maglia che Joe gli lanciò e iniziò a indossarli.
“Dov’è Chuck?” chiese con angoscia.
Ogni istante che passava voleva dire mettere Betty sempre più in pericolo.
“Di sotto, in macchina… Ci aspetta col motore acceso…”
Nick si vestì col cuore che batteva a mille.
I Vendicatori.
Erano arrivati infine.
Erano tornati per lui.
Di nuovo il suo corpo iniziò a tremare contro il suo volere.
Il ricordo delle ali che bruciavano era impresso nella sua mente e la schiena pareva pulsargli.
Per un istante gli parve di vedere le striature rosse sul suo petto e sulle mani e cercò di pulirsi in modo ossessivo.
“Nick! Non c’è niente lì, Nick! Sbrigati!” gli strillò Joe costringendolo a infilare la manica sinistra.
Il ragazzo tornò al presente ma sentiva ancora caldo alla schiena.
Corsero giù dalle scale.
In strada, parcheggiato sul marciapiede e con le portiere verso l’edificio aperte, stava Chuck, già pronto a schizzare via.
Teneva l’auricolare nelle orecchie e la luce blu indicava che stava parlando con qualcuno anche se stava in silenzio.
Nick salì davanti, il braccio stretto al petto, mentre Joe ficcò a forza la borsa dietro e ci si sedette accanto.
“Come sta andando?” chiese l’uomo a voce bassissima.
“Male!” rispose Chuck partendo, “Non le credono…”
“Dannazione!” imprecò Joe sottovoce.
Nick non poté fare a meno di ascoltarlo e di sentirsi in colpa quando capì che Chuck stava origliando la conversazione tra Betty e i Vendicatori.
Lei ora era da sola al ristorante a tenere impegnati, probabilmente, tre Vendicatori che stavano smaniando dalla voglia di riprendersi la preda che gli era sfuggita per un soffio.
Sapevano bene tutti e tre che, se solo avessero voluto, quegli Angeli avrebbero potuto uccidere o spedire all’Inferno Betty con la stessa facilità che bere un bicchier d’acqua.
Nick conosceva Betty dalla sua caduta, lei l’aveva trovato nel bosco tutto ridotto male e l’aveva curato, poi assieme a Joe si era presa cura di lui e Chuck, che stava con loro, era diventato il suo tutore agli occhi esterni.
Se alla donna fosse successo qualcosa non se lo sarebbe mai perdonato.
“Dove stiamo andando?” chiese con angoscia.
“Al Fallen’s… Se ci arriviamo prima di loro dovremmo essere al sicuro…” disse Joe.
“Dovremmo?!” esclamò Chuck voltandosi indietro, scioccato.
La macchina cambiò corsia ma l’uomo riuscì a riportarla indietro in tempo per evitare un frontale con un camion.
“Chuck! Abbiamo già abbastanza gente alle calcagna senza bisogno che ci pensi tu a eliminarci!” gridò Joe.
Nick non riusciva ad ascoltare, la sua testa era all’unica volta in cui aveva assistito a un massacro compiuto dai Vendicatori, già al servizio di Zira: una casa riempita di Caduti e poi bruciata.
Si piegò in due e si portò le mani alle orecchie ignorando il braccio, probabilmente rotto, nel tentativo di non risentire le grida di quel giorno.
“Nick! Sta’ calmo!” lo rimproverò Chuck.
Joe lo afferrò per la spalla e lo ritirò contro il sedile.
“Calmo! In questo stato sei solo un problema in più!” gli disse.
Nick cercò di respirare più lentamente e di calmarsi. Chiuse gli occhi e appoggiò la testa al vetro del finestrino mentre Chuck infrangeva tutti i limiti di velocità per raggiungere il centro della città.
Il Fallen’s Skyscraper era, come diceva il nome, il Grattacielo del Caduto perché a costruirlo fu un angelo caduto che si era rifatto una vita come architetto e al suo interno vivevano molte persone, tutte di origini celesti.
L’energia di tutti quegli immortali veniva immagazzinata tramite degli speciali ricettori perennemente attivi ed era sufficiente a creare una barriera che Angeli e Demoni non potevano oltrepassare.
Nick ci era stato solo un paio di volte per farsi conoscere e ottenere una stanza in caso di necessità.
Vista la sua situazione, erano in molti ad essere certi che prima o poi ne avrebbe avuto bisogno.
Nel nero delle palpebre vide crearsi il volto di Lucia: lei che gli aveva raccontato tutto, lei che avrebbe tenuto il suo segreto anche se lui fosse sparito, lei che, però, si sarebbe sentita tradita e umiliata da un ragazzo che le aveva promesso di starle vicino e invece sarebbe scomparso senza dire niente…
Nick si sentiva un mostro.
Il cellulare era rimasto a casa per evitare che i Vendicatori ascoltassero le sue conversazioni e capissero chi gli aveva soffiato la preda.
Lucia aveva solo quel numero lì e l’unica volta che lo aveva chiamato aveva nascosto il suo.
Nel delirio tra la paura, il dolore immaginario alla schiena e quello vero al braccio Nick cercò di convincersi che la Domenica successiva sarebbe potuto andare da lei a spiegarle tutto.
Certo, probabilmente avrebbe dovuto implorarla da dietro la sua porta chiusa per ore prima che lei gli parlasse di nuovo ma l’avrebbe fatto volentieri, senza contare che poi sarebbero stati entrambi al sicuro…
Le avrebbe dato il nuovo numero e si sarebbe sempre accertato che fosse in salvo…
Sì, sarebbe andata così…
Nessuno sarebbe morto per colpa sua: né Lucia, né Betty.
Nick aprì gli occhi.
Il Fallen’s Skyscraper era comparso davanti a loro: alto, con le pareti di vetro intersecate dalle regolari linee nere del suo scheletro d’acciaio.
Chuck arrivò nel parcheggio e fece girare l’auto proprio davanti all’ingresso, Nick e Joe scesero senza aspettare che si fermasse e corsero fino alle porte girevoli dell’entrata. Una volta dentro si fermarono e ripresero fiato.
Nick si concesse un gemito di dolore all’ennesima fitta del braccio.
Una Nephilim li raggiunse di corsa.
“Ascolti” le disse Joe quando lei li raggiunse, “Noi siamo…”
“Siamo al corrente della situazione…” lo fermò la donna, “Adesso siete al sicuro, il vostro amico parcheggerà un po’ meglio e vi raggiungerà… Un gruppo da Caduti si sta già preparando nel caso servisse aiuto alla femmina…” concluse in modo professionale e prese il borsone a Joe.
Nick respirava ancora affannosamente e si guardava intorno in modo agitato.
Il primo piano del grattacielo pareva una reception e vi si muovevano angeli e Nephilim di ogni età, sesso e aspetto.
I Nephilim si riconoscevano dai Caduti perché portavano tatuato sul dorso della mano sinistra il nome del genitore angelico, scritto in un ideogramma che sapevano leggere solo loro: un modo per consolidare le proprie origini e ribadire la propria posizione senza mettere in pericolo i propri parenti.
Il ragazzo si avviò dietro la donna semi-angelica che gli fece strada fino agli ascensori.
Joe era rimasto al piano terra ad aspettare Chuck per sapere come se la stava cavando Betty.
“Ehy, ragazzo!” gli aveva detto, “Mi spiace per il braccio!”
La donna portò Nick al cinquantaseiesimo piano, il ragazzo lesse i numeri sul pannello e scoprì che avevano aggiunto altri due piani dalla sua visita: ora erano sessanta.
Per gli umani era incredibile vedere il grattacielo che continuava ad alzarsi, ma per gli angeli era roba da poco.
Purtroppo questa stranezza li metteva un po’ a rischio ma con Zira sempre più pericolosa e sanguinaria c’erano tantissimi angeli in più da nascondere e proteggere.
Il lato positivo era che più creature vi si rifugiavano, più il Fallen’s diventava sicuro e impenetrabile.
L’ascensore era quasi totalmente di vetro e Nick poteva vedersi attorno da ogni lato, pavimento compreso.
Era stato creato per far sentire gli angeli, creature d’aria, a loro agio ma il ragazzo si sentì soltanto ancora più amareggiato per via della perdita delle ali.
“Andrà tutto bene…” lo rassicurò la donna.
“Sì… Come sempre…” sussurrò lui.
Il Fallen’s era dotato anche di una squadra di angeli che intervenivano per aiutare quando i Vendicatori erano già in azione: per lo più si trattava di disperati a cui non cambiava niente la prospettiva di finire all’Inferno, gente che aveva già qualche caro tra le Fiamme.
Nick sperò con tutto il cuore che Betty stesse bene.
 
Passarono le ore.
 
Lucia corse attraverso il vicolo dove i Vendicatori avevano intrappolato Nick e attraversò la strada per raggiungere il Joe’s.
Arrivata davanti al locale spiò tra due fogli sperando che Nick fosse lì.
Dentro, Betty faceva l’indifferente e lavava i bicchieri come se non ci fosse nulla di strano.
Lucia prese un lungo respiro ed entrò.
Era andata a scuola e aveva aspettato Nick all’entrata ma non si era fatto vedere, l’aveva cercato durante la pausa di metà mattinata ma non l’aveva trovato, si era appostata all’uscita e aveva perfino fermato Mattew ma di lui nessuna traccia.
Nick non poteva averle fatto una cosa del genere: erano amici! Lei gli aveva detto tutto, lui si era confidato! Non poteva essersene andato senza dirle nulla a meno che non fosse successo qualcosa di grave!
Era certa che Betty, Joe e Chuck ne sapessero qualcosa.
Entrò nonostante il cartello con scritto ‘chiuso’ e si piazzò davanti alla donna.
Lei la guardò sorpresa poi si ricompose.
“Siamo ancora chiusi, signorina…” le disse.
“Dov’è Nick?” chiese Lucia a bassa voce, ferita dall’indifferenza dell’angelo.
“Nick è andato via ieri sera, sul tardi… Non tornerà a lavoro per un po’…” rispose la donna con calma, “Sei una sua amica di scuola?” chiese poi.
La ragazza indietreggiò con le lacrime agli occhi.
Se n’era andato così? Cancellando ogni traccia di lei? Joe e Betty avevano solo finto interesse e gentilezza perché era importante che si affezionasse e tenesse il segreto?
Era davvero così inutile e patetica?
“Va bene…” sussurrò abbassando il capo.
Si voltò e corse fuori ma prima di uscire si fermò sulla porta.
“Io scoprirò dov’è finito, Betty! Mi rivolgerò alla polizia se necessario ma scoprirò che fine ha fatto!” gridò voltandosi verso la cameriera che, non più visibile dall’ufficio, cercò di farle capire con l’espressione che i Vendicatori erano nel ristorante.
Ma Lucia aveva la vista annebbiata dalle lacrime e non capì l’avvertimento.
Uscì sbattendo la porta.
“Maledetta ragazzina!” sibilò il secondo uomo del terzetto quando uscirono dall’ufficio nel quale si erano nascosti.
Erano gli stessi di due giorni prima: due uomini e una donna a volti coperti.
“Adesso se facciamo sparire la donna qui, correrà dritta, dritta alla polizia!” sibilò la femmina.
Betty non mostrò sollievo, era ancora troppo sconvolta dal rischio che aveva corso Lucia.
“Andiamocene!” ordinò il capo dei tre ma prima si voltò verso di lei.
“Non finisce qui! Prenderemo quel maledetto, è chiaro?!” le ringhiò in faccia.
Betty rimase imperscrutabile.
I tre sparirono in altrettante stelle di luce nera.
La donna scattò a recuperare il telefono nascosto tra i bicchieri sotto il bancone.
“Chuck?” chiamò.
“Ho sentito…” brontolò lui.
“Lucia è in pericolo, ora più che mai!” disse Betty angosciata.
“Però ha salvato le penne a tutti… Dovrò ringraziarla la prossima volta che la vedo!”
“Chuck! Non è il momento!”
“Non le faranno nulla, Betty! Non possono: è umana e loro non sanno ancora che cosa ha scoperto… Pensano solo che lei si stia preoccupando per la scomparsa di un compagno! Calmati, finché non scende in campo Zira, non dobbiamo preoccuparci…”
“Sarà…” disse Betty preoccupata, “Vi raggiungo al Fallen’s?” chiese.
“Sì” rispose Chuck serio, “Non è il caso di rischiare ancora…”
 
Lucia entrò in casa e sbatté con forza la porta dietro di sé.
Il tonfo echeggiò per le scale ma lei non se ne preoccupò: se aveva disturbato qualcuno, peggio per lui.
Lasciò lo zaino nell’ingresso e corse in sala.
Si sedette sulla finestra e pianse sulle sua ginocchia.
“Traditore!” singhiozzò, “Mi hai mentito! Mi hai presa in giro!”
Una delle sue lacrime cadde su un foglio di carta appoggiato accanto al davanzale.
Lucia lo guardò sorpresa poi lo prese e lo girò: era una delle foto che aveva fatto ai Vendicatori.
A Nick ne aveva data solo una ma ne aveva altre.
Eppure era certa di averle nascoste tutte.
Un lampo di genio!
Era Lunedì: i Vendicatori potevano essere tornati in azione!
Lucia tirò fuori da sotto la maglia a collo alto uno spago scuro a cui erano appesi due ciondoli: due pietre bianche modellate creare le due metà di un cuore unico.
Le strinse tra le dita e chiuse gli occhi.
Cos’è successo?, chiese mentalmente.
I Vendicatori sono tornati…, le sussurrò una voce proveniente direttamente dalla sua mente, Cercavano Nick… Erano al Joe’s da stamani e Betty li stava tenendo a bada quando sei entrata…
La ragazza sentì una goccia di sudore calarle lungo la tempia quando si rese conto del pericolo corso.
Dov’è Nick?, chiese ancora.
Al Fallen’s Skyscraper… Un edificio protetto dove sarà al sicuro dagli Angeli…
Lucia prese un profondo respiro.
Perché la foto? Solo come indizio?
No, nella foto c’è qualcosa che a Nick potrebbe servire… Cerca, Lucia! Cerca!
La giovane si alzò e portò la foto al computer.
Aprì l’anta del mobile sotto la macchina e usò lo scanner che teneva lì per passare l’immagine nell’apparecchio.
Se c’era qualcosa l’avrebbe trovato, a costo di esaminarla pixel per pixel!


Allora… il capitolo è un po’ lungo ma non mi piaceva spezzarlo prima…
Nel prossimo capitolo ci sarà una scoperta interessante su Lucia e sulla sua scelta di campo…
Sarà davvero così affidabile?
Titolo del prossimo capitolo: Sorprese
A voi giudicare…
Un Enorme Grazie! a tre persone che mi stanno aiutando un sacco: LAMES76, ILOVEWORLD e ANGY EMPTINESS… Vi adoro! ;D…
Lady Catherine

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Capitolo 11
*** Sorprese ***




Salve a tutti! È ricominciata la scuola e temo che dovrò rallentare un po’ la produzione dei capitoli… Comunque ho un notevole vantaggio sulla pubblicazione quindi potrei anche riuscire ad essere puntuale… Chissà…
Un grazie speciale va alla mia classe e alla mia scuola in generale: perché se credo ancora che tutto sia possibile lo devo a  persone grandiose come quelle che ogni giorno finiscono -chi da una parte, chi dall’altra della cattedra- a far danni lì dentro... ;D!
A presto!
Lady Catherine

 
11.
 
Lucia osservò l’ingrandimento della foto che aveva appena fatto.
A lei non diceva niente ma magari Nick avrebbe capito.
Aveva già provato a telefonare al ragazzo tre volte quella mattina, probabilmente non aveva portato con sé il cellulare.
La ragazza si avvicinò alla finestra, la foto sempre tra le dita, e guardò giù nel vicolo.
Che cosa volevano i Vendicatori?
Nick diceva di non saperlo ma non era vero: lo sapeva eccome, solo che non aveva collegato…
Lucia iniziò a giocherellare con il ciondolo di pietra bianca.
“Ma se è vero quello che credo: come possono essere chiamati angeli?” si disse Lucia, parlare ad alta voce la aiutava a ragionare.
“Non sono angeli… Sono il disonore della nostra razza! Ma nessuno ha il coraggio di ammetterlo…”
Lucia si voltò.
L’angelo era davanti a lei. A differenza delle altre volte indossava il mantello nero ma il cappuccio non gli copriva il volto.
“Perché?” chiese la ragazza incrociando le braccia, la durezza nella voce.
Non sopportava che potessero fare quello che volevano senza che nessuno li fermasse.
“Perché nessun Arcangelo è mai caduto… Sarebbe la dimostrazione che nemmeno i più fedeli sono purissimi…” rispose la creatura, l’ironia nella voce.
Ironia e sicurezza.
“Dove posso trovare Nick?” chiese Lucia con un brivido.
La figura davanti a lei le dava una strana sensazione di calma ma la situazione era spinosa.
“Al Fallen’s Skyscraper…” rispose la figura senza spostarsi di un millimetro.
Stava lì, al centro della sala, e la fissava, Lucia ne era certa, con il dubbio che crollasse.
“Cos’è?” chiese la ragazza.
“Un grattacielo protetto dagli Angeli…”
“Protetto?”
“Lì dentro gli Angeli, e quindi i Vendicatori, non possono entrare…” spiegò la creatura, “Ma non fanno entrare nemmeno gli umani…”
Lucia si lasciò sfuggire un gemito di disappunto.
“E io come faccio?!” borbottò.
L’angelo sorrise.
Quell’umana era forse l’unica che poteva farlo: chi altro si butterebbe in un piano simile?
“Ti ci porto io…” disse.
Sul viso della ragazza comparve uno sguardo stupito.
“Non hai detto che…?” chiese.
“Non entrerò: ti lascerò sulla terrazza in alto… A quel punto ti darò il numero del nuovo telefono di Nick e lo chiamerai dicendogli di raggiungerti… Solo lui può farti entrare: se ti fa passare come sua ospite nessuno dirà nulla…”
“Ok…” Lucia parlò in tono ironico e scosse la testa su e giù, “E secondo te nessuno si accorgerà che sono umana?!” chiese scettica.
“Si accorgeranno eccome che sei un umana ma nessuno ci farà troppo caso: un sacco di angeli sono caduti perché erano innamorati di un mortale! Non è poi così strano…” rispose l’Angelo con calma.
“Va bene… E come mi ci porti sopra al Fallen’s Skyscraper?” chiese la ragazza dirigendosi all’attaccapanni dietro la porta e prendendo la borsa appesa.
L’angelo si girò per guardarla mentre vi infilava le foto con delicatezza e come risposta spiegò le ali.
“No!” s’impuntò Lucia, “Ascolta, angioletto bello, soffro di vertigini!”
L’Angelo rise.
“Non fa paura… Chiudi gli occhi” ordinò.
Lucia obbedì, certa che tanto non l’avrebbe avuta vinta, e si strinse al petto la sua borsa: una semplice tracolla rossa ma molto grande, di panno.
Sentì la pelle tiepida dell’angelo circondarla con braccio a circa metà schiena e l’altro togliere l’appoggio del pavimento afferrandola dietro le ginocchia.
Si ritrovò in braccio alla creatura in capo ad un secondo e un attimo dopo la finestra si aprì senza che nessuno la toccasse.
“Pronta?” chiese l’Angelo.
“No!” ribadì la ragazza richiudendo gli occhi e stringendosi al suo collo.
Con una risata la creatura si lanciò fuori dalla finestra.
 
Nick si osservò il braccio.
L’osso si era già saldato ma Joe aveva insistito perché si facesse fasciare e quindi un Nephilim l’aveva visitato.
Ora l’arto era circondato da una sottile garza bianca.
Il ragazzo si girò sul fianco.
Era nella sua stanza da letto e stava sdraiato pensando a tutto e di più. Era ancora vestito, sopra le coperte, e non riusciva a dormire.
Troppe paure lo assillavano.
Betty era tornata ma la scenata di Lucia lo preoccupava: si era fatta vedere dai Vendicatori e se loro avessero capito quanto era legato a lei e chi aveva fatto la soffiata alla polizia…
Nick si voltò sull’altro lato con un grugnito per poi pentirsene quando sentì il braccio formicolare.
Si rimise a pancia in su.
Guardò il soffitto dipinto di un tenue azzurro, simile al colore del cielo la mattina presto.
Con un verso si mise seduto e si prese la testa tra le mani.
Si stropicciò gli occhi, indolenziti dal poco sonno.
La camera era troppo anonima, troppo normale per farlo stare tranquillo: gli ricordava che era dovuto scappare.
Si alzò e fece due passi per sgranchirsi, avrebbe voluto chiamare Mattew per rifilargli una bugia per spiegare la sua futura assenza e per dargli il nuovo numero ma non gli era stato permesso...
In realtà aveva sperato che Lucia chiedesse di nuovo informazioni a lui ma alla fine non aveva combinato nulla.
Il cellulare squillò nella sua mano facendolo sobbalzare.
“Di’ un po’: ce l’hai con me?” borbottò rivolto all’apparecchio che stava alzando il volume della suoneria.
Lesse il display.
Numero privato.
“Non ci credo!” esclamò il ragazzo con un dubbio che prendeva piede nel suo cervello prima di rispondere.
“Pronto?”
“Immagino che Betty ti abbia avvertito della mia scenata di oggi…” rispose una ragazza, “Quindi sai che sono furiosa e seriamente intenzionata a farti una lavata di capo al di fuori del normale!”
“Lucia! Santo Cielo, hai idea di quello che hai rischiato?” ribadì Nick.
“Sei sparito! Ti ho raccontato cose che non sa nessuno e tu mi hai mollato come se non fossi in grado di starti dietro!” sibilò lei.
Nick si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo.
“Stai bene?” le chiese.
“Sì, tu?”
“Bene… Joe mi ha rotto un braccio involontariamente ma ormai è guarito…”
“Già, certo… In fondo cosa vuoi che sia un braccio rotto? Oggigiorno tutti si rompono le braccia senza volerlo e nel giro di una mattinata guariscono!” borbottò la ragazza.
Nick rise.
“Mi spiace, non ho il permesso di usare il mio vecchio cellulare… Aspetta! Tu come hai il mio numero?!” chiese.
Fu il turno di Lucia di ridere.
“E no, caro il mio angioletto: lasciami i miei segreti o non potrò inseguirti la prossima volta che te la darai a gambe!”
“A proposito: non sono a casa, Lucia… Sono…”
“So benissimo dove sei…”
Nick rimase sbalordito.
“Non è possibile!” disse.
“Sicuro?” insinuò la ragazza, “Facciamo così: sali all’ultimo piano e vedrai che mi trovi…”
“Sono in un edificio a un solo piano…” mentì il ragazzo cercando di capire se la sua amica stesse bluffando.
“Oh, peccato…” disse Lucia, per niente scalfita, “C’è una vista splendida da quassù, sai?”
Nick deglutì.
Davvero c’era arrivata?
“Sali, Nick… Ti aspetto…” disse Lucia dolcemente prima di chiudere la telefonata.
Nick chiuse la chiamata.
Impossibile.
Lucia non poteva essere sulla cima del Fallen’s: gli umani al suo interno erano tutti accoppiati ad angeli.
Non facevano entrare umani che non sapevano nulla e lei non poteva certo aver detto a tutti ciò di cui era a conoscenza, esponendosi a un rischio enorme.
Però, a conti fatti, l’aveva trovato già una volta…
Nick scattò fuori dalla stanza e corse fino all’ascensore.
Salì al sessantesimo piano e la lentezza dell’ ‘aggeggio’ lo irritò al punto di fargli rimpiangere le care e vecchie scale.
Arrivato, saltò fuori rischiando di travolgere due angeli e poi prese i gradini di ferro che portavano sulla terrazza.
Aprì la porta e uscì.
Vuota.
Nick scosse la testa.
“Ovvio… Figurati se è arrivata sino a qui!” disse a sé stesso ad alta voce, rimproverandosi.
“Potrei offendermi, lo sai?” fece una voce alle sue spalle.
Appoggiata accanto alla porta stava Lucia, sorridente e tranquilla come non mai.
“Come?... Cosa?...” Nick iniziò ad indicarsi attorno cercando una spiegazione ma poi, non trovandola, scelse di fare la domanda più importante, e l’unica a cui la ragazza avrebbe risposto: “Perché?”
Lucia aprì la borsa e ne tirò fuori un foglio di carta sul quale era stato stampato un disegno.
“Ho controllato le foto degli Arcangeli e ho trovato questo…” disse porgendogli l’ingrandimento.
Nella foto si vedeva il braccio di uno dei tre Vendicatori con sopra un tatuaggio molto complesso.
“È il capogruppo, l’ho preso mentre compariva all’entrata del vicolo…” disse la ragazza, “Ho pensato che forse l’avresti riconosciuto…”
Nick fissò il tatuaggio: l’aveva già visto sì, ma voleva dire guai.
 
 
Allooooora… Forse c’è un po’ poco in questo capitolo ma sarà molto importante più avanti…
Spoiler: “L’angelo fissava i due ragazzi dal tetto dell’edificio accanto: abbastanza in alto da vedere ma abbastanza in basso da non essere visto.
“Ridi Nick…” sussurrò, “Ridi finché puoi…”
[…]
Ora tutto stava nelle mani di Lucia e, se lei fosse riuscita a conquistare la totale fiducia di Nick, il piano sarebbe riuscito: lui le avrebbe dato ascolto e avrebbe fatto tutto quello che lei gli diceva.”
Il titolo del prossimo capitolo: “Tradimento?”
Un grazione a: LAMES76, ILOVEWORLD, ANGY EMPTINESS e STAR__ …


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Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa pro-recensioni. Farai felice milioni di scrittori! Chiunque voglia aderire a tale iniziativa, può copia-incollare questo messaggio dove meglio crede. (© elyxyz)

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Capitolo 12
*** Tradimento? ***




Eccomi! Fortunatamente sto sopravvivendo alla scuola senza troppi problemi e riesco, al contempo, a proseguire con la stesura della storia…
La dedica di questo capitolo è un po’ strana ma davvero DEVO farla: a tutti i lettori che non si fanno ‘sentire’ ma ci sono… Grazie perché per me è molto importante sapere che la storia piace!
Lady Catherine
 

12.
 
Nick e Lucia scesero le scale e tornarono nella stanza del ragazzo.
Joe e Betty erano a discutere con una Nephilim di nessuno-sapeva-cosa e Chuck era tornato a casa a controllare i danni nel caso i Vendicatori avessero reagito ‘male’ all’ennesima sparizione della loro preda.
Lucia si sentiva in colpa per il modo in cui aveva trattato Betty ma Nick le aveva assicurato che la donna non se l’era affatto presa e quindi camminava tranquilla al suo fianco.
Raggiunsero la porta, rimasta aperta dopo la corsa spericolata di Nick, e si sedettero sulle piccole poltrone del salotto.
L’appartamento era composto da pareti-finestre e muri normali e comprendeva due camere da letto con un armadio di legno chiaro, un matrimoniale con copriletto bianco e una scrivania di legno scuro in ciascuna; un salotto con un mobile-libreria di ferro e vetro che copriva un’intera parete, due poltrone e un divanetto azzurro pastello, un tavolino di ferro all’apparenza antico e una televisione; un bagno e una cucina attrezzatissima sebbene il Fallen’s fosse dotato di ristorante interno.
“Ti costerà una fortuna vivere qua dentro per un po’…” disse Lucia con sarcasmo.
“Non si paga… O meglio, paghiamo in sicurezza: più angeli ci sono, più l’edificio è sicuro… Diciamo che è una convivenza utile a tutti…” spiegò il ragazzo senza staccare gli occhi dall’ingrandimento.
La ragazza attese per un po’ che Nick le raccontasse l’accaduto ma lui rimase in silenzio a fissare la foto.
“Allora?” chiese infine.
Nick sobbalzò.
“Eh? Ah! Scusa… Ero soprappensiero…” ammise.
“Ho visto…” commentò lei, “Belle o brutte notizie?”
“Brutte” rispose il ragazzo con un sorriso amaro.
“E ti pareva! Mai una volta che arrivi una buona novella!” borbottò Lucia incrociando le braccia.
Nick rise.
“Cosa vuoi sapere?” le chiese con gentilezza.
“Lo riconosci?” chiese Lucia a sua volta accennando al tatuaggio.
Nick annuì.
“Ti ho già detto che Zira aveva due ‘gorilla’ personali… Ricordi?” chiese il ragazzo.
“Sì…” rispose Lucia picchiettandosi il labbro inferiore con un dito con  fare pensoso, “Ivan e Dimitri, giusto?”
Nick le fece cenno di sì.
“I Vendicatori si muovono praticamente sempre in gruppi da tre perché il tre è un numero speciale per gli angeli…”
“Perché?” chiese la ragazza interrompendolo.
Nick alzò gli occhi al cielo.
“Dimenticavo la tua insaziabile curiosità…” commentò, “Vedi: il tre è il terzo numero primo, la più piccola figura geometrica regolare chiusa ha tre lati e tre angoli, tre sono i tipi di angeli –Angeli, Caduti e Demoni-, tre sono i regni oltre la morte –Paradiso, Purgatorio e Inferno-, tre sono le cerchie angeliche che sono -a loro volta- divise in tre gruppi ciascuna e, per finire, il tre è la somma dell’uno –numero che simboleggia l’uomo- con il due –numero che simboleggia la donna-… Capisci?”
Lucia sgranò gli occhi: in effetti il tre era un numero importante e ricorrente…
“Va bene…” concesse, “Ma questo cosa c’entra?”
“Quando Zira entra in azione di persona il suo trio è composto da lei, Ivan e Dimitri… Ovviamente, accade di rado che la signora si esponga al rischio di venire ferita o di compiere uno sbaglio e, quindi, di Cadere…” spiegò Nick, “Perciò quando deve fare il lavoro sporco…”
“Manda avanti i suoi uomini di fiducia…” concluse Lucia, “Ma, di nuovo, mi sono persa…”
Nick le sorrise.
“Questo tatuaggio ce l’ha un solo angelo: Dimitri… Se l’è fatto dopo essere stato ferito da un demone… Sai, per coprire la cicatrice…” spiegò.
“Quindi” commentò Lucia elaborando le informazioni, “questa storia partirebbe da Zira in persona… E potrebbe non essere esattamente pulita, ho capito bene?”
Il ragazzo annuì.
“E, se è davvero partita da Zira, le possibilità sono tre: o lei cade prima di mettermi le mani addosso, o mi prende e mi accoppa, o mi tocca starmene rinchiuso qua dentro per l’eternità!” borbottò Nick.
Lucia si sporse e gli mise una mano sul ginocchio per confortarlo.
“Ehy…” disse con dolcezza, “La Domenica potresti uscire…”
Nick alzò gli occhi al cielo.
“Cavolo! Grazie! Che bello! Un giorno a settimana potrò uscire a vedere una strada diversa!” disse con sarcasmo.
Lucia rise per alleggerire l’atmosfera ma non si sentiva affatto allegra.
Nick se ne accorse e le sorrise, sul serio.
“Beh, prima o poi potrebbe fare un passo falso, no?”
Lucia annuì, conscia del fatto che nessuno dei due ci credesse davvero.
La porta si aprì di botto e Betty entrò a passo di marcia nella stanza con Joe alle calcagna.
“Ma ti pare che, in un momento simile, io mi possa mettere a guardare le altre donne?” stava dicendo Joe quando li vide, “Oh… Ehy! Salve ragazzi!” disse per poi tornare a rivolgersi a Betty che, però, fissava scioccata Lucia.
La ragazza, intanto, stava contando mentalmente i secondi necessari perché Joe si accorgesse della situazione.
L’uomo infatti, dopo aver fissato per un po’ Betty, si voltò di scatto a guardarla.
“E tu come ci sei arrivata fin qui?!” chiese scioccato.
Lucia rise arrestando il tempo a trentadue secondi.
“Sono venuta a scusarmi con Betty” rispose voltandosi verso la Caduta.
“Di niente, tesoro…” rispose lei sorridendo.
Poi, inavvertitamente, la donna incrociò lo sguardo di Joe e tornò furiosa. Entrò nella seconda camera e sbatté la porta.
L’uomo alzò il dito indice, sul punto di dire qualcosa, quando il botto lo raggiunse e preferì rinunciare.
Si voltò verso i due ragazzi che lo guardavano sorridenti.
Indicò la porta chiusa e disse: “Le passerà… So essere irresistibile: tornerà ai miei piedi in un batter d’occhio!”
“Scì, varda! ‘Spetta ‘ncu ‘n po’ e t’rivo ai pe’!*” gli strillò Betty di risposta in perfetto piemontese.
Lucia si voltò verso Nick e indicò col pollice della mano la porta chiusa.
“Italiano?” chiese sorpresa riconoscendo la lingua.
Nick scrollò le spalle.
“Betty è Italiana, non lo sapevi?” chiese chiedendosi come Lucia l’avesse riconosciuto nonostante la parlata dialettale.
La ragazza scosse la testa in segno di diniego e lui le sorrise.
“Alessandria, Nord Italia… Il suo nome di battesimo è Elisabetta, detta Bettina, detta Betty… Ha un sacco di nomignoli…” disse il ragazzo ridacchiando.
La porta si aprì di colpo e Betty mise la testa fuori.
“Embeh?!” chiese per poi tornare all’inglese, “Non si può?”
Nick alzò le mani in segno di resa.
“Per carità!” disse, “Non sia mai…”
Lucia decise di intervenire.
“I miei nonni materni sono italiani, mia madre è venuta in America da giovane: studiava le lingue…” disse.
Betty la guardò tornando a sorridere.
“In effetti, Lucia è italiano… Come si chiama tua madre?” chiese.
“Mariarosa…” rispose Lucia.
Joe tentò di intervenire.
“Eddai, Betty! Lo sai che ti amo…” disse.
Betty lo fulminò con lo sguardo e sbatté di nuovo la porta.
Nick guardò Joe con rimprovero.
“Ma tu sei sempre pronto a rovinare tutto, eh?” chiese sarcastico.
“Ma sta’ zitto tu!” borbottò l’uomo.
“Lasciala un po’ in pace, Joe…” disse Lucia, “Tra un po’ le passa e vedrai che ti perdona…”
Joe alzò le braccia e gli occhi al cielo.
“Ma, se non ho fatto niente, come fa a perdonarmi?!” sbraitò.
“Joe…” lo chiamò Nick.
L’uomo si voltò verso il ragazzo.
“Lasciala un po’ in pace…” ribadì lui spalleggiando Lucia.
Joe uscì dalla stanza borbottando e, una volta sulla porta, si voltò e gridò: “Allora, visto che non sono gradito, vado da Christine! Lei mi apprezza!”
Dopodichè chiuse la porta.
Un secondo.
Due.
Tre.
La porta della camera di Betty si aprì.
“Da chi va?!” chiese, furiosa.
“Sono sicura che scherza…” tentò di dire Lucia.
“Sarà meglio per lui!” replicò Betty.
La donna uscì dall’appartamento borbottando cose che stavano malissimo sulle labbra di una signora.
Lucia e Nick guardarono per qualche secondo la porta, scioccati, poi si fissarono a vicenda.
Nick scrollò le spalle.
“È amore…” commentò.
I due giovani scoppiarono a ridere di gusto.
 
L’Angelo fissava i due ragazzi dal tetto dell’edificio accanto: abbastanza in alto da vedere ma abbastanza in basso da non essere visto.
“Ridi Nick…” sussurrò, “Ridi finché puoi…”
Fece apparire e spalancò le ali senza pensarci e quelle produssero un delicato fruscio, appena udibile.
Il loro movimento, silenzioso ma potente, causò un soffio di vento tutt’intorno alla figura immortale e sollevò un po’ di polvere..
In tutta l’operazione, durata meno di qualche secondo, gli occhi dell’angelo non si erano staccati dal Caduto e dall’umana.
Richiuse le ali sulla schiena senza però farle sparire.
Come sarebbe finita non sapeva dirlo ma sapeva per quale obiettivo stava combattendo sebbene non avesse certezze date da una sua stessa entrata in scena.
Ora tutto stava nelle mani di Lucia e, se lei fosse riuscita a conquistare la totale fiducia di Nick, il piano sarebbe riuscito: lui le avrebbe dato ascolto e avrebbe fatto tutto quello che lei gli diceva.
Di certo sta facendo un ottimo lavoro, la ragazza…pensò osservando Lucia che sorrideva con dolcezza al Caduto.
L’Angelo voltò le spalle al Fallen’s Skyscraper e raggiunse il bordo del tetto.
Salì sul cornicione e rimase immobile.
Una piccolissima folata di vento la spinse in avanti e la creatura precipitò.
A metà dell’altezza del grattacielo l’Angelo si mise con la testa puntata verso il suolo, allargò le ali e prese il volo, raddrizzandosi.
Fece lo slalom tra gli edifici piegando, virando, salendo e scendendo di quota fino alla sua destinazione: il parco cittadino, in periferia.
Sorvolò i cancelli e il boschetto per raggiungere il centro esatto.
La quercia era ancora lì, squarciata in due e distesa al suolo, e, fortunatamente, non l’aveva ancora notata nessuno perché il parco era quasi abbandonato.
L’interno e il cuore della pianta erano bruciati.
L’Angelo strinse le labbra con disappunto.
Degli idioti! Ecco cos’erano quei tre!
Pensavano davvero che un albero squarciato in un giorno di sole non avrebbe messo in allarme gli umani?
Volò fino a posarsi sui resti della quercia.
“Vediamo di rimettere tutto a posto…” disse in un soffio.
Sorrise.
Poi fece correre le dita sui bordi frastagliati del vecchio albero…
 
Nick si voltò all’improvviso verso la finestra, si alzò e la raggiunse guardando fuori.
“Che c’è?” gli chiese Lucia raggiungendolo, “Cos’hai visto?”
Nick esitò.
“Mi pareva di aver visto delle ali…” sussurrò, “Un angelo sull’altro grattacielo…”
Lucia guardò fuori come lui e aggrottò le sopracciglia.
“Io non vedo niente…” disse, poi si voltò e prese due bicchieri.
Andò nella piccola cucina e li riempì entrambi d’acqua poi tornò in sala e ne porse uno a Nick.
“Ti sei sbagliato… Secondo me, sei troppo in ansia…” disse.
Nick guardò fuori.
Eppure…
“Sì…” ammise non trovando nulla, “Probabilmente hai ragione…”
Il ragazzo portò il bicchiere alle labbra e Lucia gli sorrise teneramente.
Fortunatamente per lei, Nick era molto insicuro di sé negli ultimi momenti…
 
 
 
-Sì, guarda! Aspetta ancora un po’ e ti arrivo ai piedi!-
Questa è la traduzione del commento (velenosissimo) di Betty… Scusate ma non sono riuscita a trattenermi! ;)
 
 
Ed ecco qua! Mi rendo conto che sia un capitolo terribile! Ma, credetemi sulla parola, mi serve per introdurre il proseguo della storia…
Comunque qualcosa lo dice anche questo: Lucia ha agganci che superano le aspettative dei Caduti… La domanda però è: da che parte sta?
Il prossimo capitolo sarà un po’ una pausa da intrighi, fughe e scontri vari…
Spoiler:

- Le loro dita si toccarono.
Erano rosse e intirizzite dal freddo ma il contatto tra loro fu lì, lì per sprizzare scintille.
I due alzarono le teste e si fissarono negli occhi.
Si sorrisero.
Lentamente, quasi senza accorgersene avvicinarono i volti l’uno all’altra.-
Incuriositi? Spero di sì!
Titolo: WOW!
Ciao ciao!
Lady Catherine

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Capitolo 13
*** WOW! ***




Allora! Salve a tutti! dunque, non ho molto da dirvi se non di stare tranquilli (o di preoccuparvi a seconda dei punti di vista) perchè sono riuscita a scrivere praticamente tutta la storia e dovrei (incrociamo le dita) riuscire a postare tutto con regolarità...
Comunque...
Dedichina, ina, ina: A chi ama leggere e fa di tutto per far continaure a far vivere la lettura (di qualsiasi tipo essa sia) in questo mondo ormai troppo disilluso...
OK, fine momento serietà...
Godetevi questa full immersion nei fatti atrui...
A dopo!

 

Lady Catherine



13.
 
La sveglia iniziò a suonare con insistenza.
Lucia aprì gli occhi di scatto, spaventata.
Ansimava, il suo cuore andava a mille e la fronte era imperlata di sudore.
La ragazza prese un respiro profondo e si tirò su a sedere spegnendo l’aggeggio che trillava.
A gambe incrociate sul letto, si prese il viso tra le mani e cercò di respirare lentamente per calmarsi.
Aveva avuto un incubo, un semplice incubo… non lo ricordava nemmeno più bene ma sapeva che cosa l’aveva innescato.
Borbottando scese dal letto e si avviò in bagno.
Si vestì con calma visto che aveva fatto la doccia la sera prima e aveva già gli abiti pronti sul bordo della vasca.
Per prima cosa, si rinfrescò i polsi e osservò il suo riflesso nello specchio di fronte a lei.
“Io non sono capace a mentire!” bofonchiò, “Non a scuola!”
Appoggiata sopra i suoi abiti stava la lettera di Chuck per il preside.
Non era altro che un foglio pieno di bugie che affermava che Nick era affetto da una rarissima e contagiosissima malattia e che, perciò, non sarebbe andato a scuola per un po’ ma avrebbe studiato nella ‘clinica specializzata’ dov’era ‘ricoverato’…
Bugie che lei avrebbe dovuto far bere ad un sacco di persone.
Lucia spostò con malagrazia la busta sul davanzale della finestra e continuò a vestirsi fingendo che fosse tutto a posto a beneficio di sé stessa.
Indossò i pantaloni neri attillati e il maglioncino grigio a collo alto, poi osservò fuori dalla finestra: durante la notte aveva piovuto ma il cielo prometteva bel tempo.
Prese la busta e la infilò in una tasca dello zaino, anch’esso già pronto, si appoggiò al muro per infilare gli stivali di pelle nera e afferrò la giacca a vento nera dall’appendiabiti dietro la porta.
Andò in cucina e afferrò al volo una fetta biscottata, tanto da non essere a stomaco vuoto nonostante l’agitazione le avesse fatto passare la fame.
Infilando la giacca ripassò accanto all’appendiabiti e si fermò: appeso sul pomello più alto c’era un cappello, un basco nero come quelli dei pittori francesi.
Sorrise e si sfilò il nastro per capelli, arruffò un poco la chioma e lo indossò.
Scese le scale e uscì in strada canticchiando a bassa voce, già dimentica delle paure.
Arrivata a scuola, entrò e puntò dritta verso la presidenza ripetendosi: via il dente, via il dolore.
A metà corridoio, però, andò a sbattere contro un ragazzo che usciva di corsa da un’aula e finì a terra per il colpo.
“Oh, cavolo! Scusa ma…” iniziò a scusarsi il ragazzo quando lei alzò la testa.
“Lucia!” esclamò sorpreso.
Mattew indossava un paio di pantaloni mimetici e una maglia nera assieme all’immancabile cappellino e se ne stava imbambolato in mezzo al corridoio a fissarla.
“Oh!” fu tutto quello che lei riuscì a dire.
Ma Mattew è sempre stato così muscoloso?, si chiese.
Arrossì al pensiero e si rimise in piedi.
Il ragazzo si riprese e le porse la mano per aiutarla ma lei si era già rialzata, così cercò di nascondere il movimento passandosela tra i capelli, salvo poi ricordarsi che indossava il cappello.
Arrossì.
Lucia recuperò lo zaino ma si accorse con orrore che la cerniera della taschina si era scucita e la lettera non c’era più.
“Oh, no!” gemette iniziando a cercarla a tentoni per terra.
Mattew la fissò per un attimo.
“Cosa cerchi?” le chiese.
“Una lettera… Era per il preside, Santo Cielo!” mormorò Lucia continuando a cercarla ossessivamente.
“Posso aiutarti, se vuoi…” si offrì lui.
Lucia si voltò verso di lui, stupita.
Il ragazzo le sorrideva, imbarazzato.
“Beh… Certo, grazie!” si costrinse a rispondere ma in realtà non sapeva come comportarsi.
Iniziarono a cercare la busta a gattoni sul pavimento e continuarono a farlo finché il corridoio non si svuotò e non vi rimasero che loro, segno che le lezioni stavano per cominciare, ma quella non saltò fuori.
Lucia si alzò.
“Lascia perdere…” disse, sconfitta.
Da casa sua a scuola la strada era abbastanza lunga da poter aver perso la lettera ovunque… Probabilmente aveva rotto la cerniera chiudendola, in casa, e non se n’era accorta…
“Chissà dove sarà, adesso…” concluse tristemente.
Mattew si alzò e la guardo grattandosi il mento in modo pensoso.
“Era importante?” chiese.
Lucia annuì: in fondo, era meglio vedere se la bugia reggeva con qualcuno meno influente del preside prima di metterla in atto.
“Era una lettera di Chuck, il tutore di Nick: lui si è ammalato e ora è ricoverato in una clinica privata quindi non verrà a scuola per un po’…” gli spiegò.
“Oh, mamma!” esclamò Mattew, “Che cos’ha? È grave?”
Lucia scosse la testa cercando di ricordare ciò che avevano stabilito.
“No, ma potrebbe diventarlo…” rispose, “È una malattia rara…”
“Può usare il cellulare?” chiese Mattew, “Ieri ho provato a chiamarlo ma non mi ha risposto e, se le cose stanno così, vorrei sapere come sta…”
Il cellulare!, si rimproverò Lucia.
Nick ora ne aveva uno nuovo ma con una SIM diversa… Come spiegarlo?
Lucia prese un respiro profondo e rispose con calma inventando sul momento.
“Domenica notte ha avuto le convulsioni e, agitandosi, ha rovesciato il comodino e rotto il cellulare…” disse, mentendo con facilità, “Adesso ne ha un altro… Sai, Joe e Betty sono preoccupati e vogliono che sia rintracciabile…”
Mamma mia!, pensava intanto, Ma sono proprio io questa?
“Cavoli! Le convulsioni!” esclamò Mattew, “OK, ascolta… Proviamo a uscire e vediamo se la troviamo fuori dalla scuola…”
Lucia gli sorrise con le lacrime agli occhi, piena di riconoscenza.
Lui rispose al sorriso.
“Dai che la ritroviamo…” la rassicurò dolcemente, poi la prese per mano e la condusse fuori.
Lucia arrossì violentemente a quel contatto ma Mattew guardava avanti e non se ne accorse.
O finse di non farlo.
All’esterno faceva fresco ma, almeno, c’era il sole: unico segno della primavera che stava per arrivare.
Una volta fuori dal portone Mattew la lasciò per mettersi le mani sui fianchi.
“È pieno di pezzi di carta qui!” borbottò.
Lucia spostò lo sguardo sul parcheggio davanti all’edificio per non fissare il ragazzo al suo fianco e i suoi occhi puntarono inavvertitamente una busta di carta bianca che svolazzava in un piccolo turbine di vento.
“Sì,” disse a Mattew indicandogliela, “ma solo uno ha il mittente!”
I due ragazzi corsero fino alla lettera che però si allontanò, dispettosa, all’ultimo secondo.
“Te la prendo io!” disse Mattew ridendo e raggiungendola ma quella prese quota e lui si rimise a saltellare per cercare di prenderla.
Lucia scoppiò a ridere.
La busta le si avvicinò e, suo malgrado, anche lei iniziò a saltare per recuperarla.
Dopo un bel po’ di salti da parte di entrambi i giovani il foglio di carta decise di atterrare.
Lucia fece due passi e prese la busta ma Mattew fece la stessa cosa nello stesso istante.
Le loro dita si toccarono.
Erano rosse e intirizzite dal freddo ma il contatto tra loro fu lì, lì per sprizzare scintille.
I due alzarono le teste e si fissarono negli occhi.
Si sorrisero: Lucia in imbarazzo e Mattew con gentilezza.
Lentamente, quasi senza accorgersene avvicinarono i volti l’uno all’altra.
Tra loro non c’era più che un soffio…
La campanella suonò facendoli sobbalzare.
Lucia divenne bordeaux mentre Mattew dissimulò subito l’imbarazzo e le sorrise.
La ragazza si alzò di scatto sfilando la busta da sotto le dita del ragazzo e si voltò.
“Devo andare, sono in ritardo…” disse correndo via.
Sentì Mattew chiamarla ma non si tornò indietro.
Fuggì in classe senza fermarsi e sgusciò al suo posto ringraziando il fatto che il suo insegnante della prima ora fosse un ritardatario cronico.
“Ehy, tutto bene?” le chiese la sua vicina di banco, Sarah Wirm.
“Sì, sì…” le rispose.
Assolutamente no!, pensò.
Chiuse gli occhi e si premette l’indice destro sulla tempia ricordando a sé stessa il comportamento di Mattew l’unica altra volta che si erano visti.
Di certo era cambiato: era tornato gentile e disponibile…
Anzi, lo era forse più di prima…
Ma cosa c’era tra loro?
Niente!, cercò di convincersi la ragazza ma per le tre ore successive non riuscì a smettere di pensare, con un po’ di rimpianto che non riusciva a sopprimere, a quel mancato bacio.
Quando suonò l’intervallo la ragazza si alzò lentamente e raggiunse la presidenza.
Camminava come un condannato verso il patibolo e sentiva le mani inumidirsi.
Ripensò alla calma con cui aveva mentito a Mattew.
Ma Lui non può certo mandare all’aria la mia borsa di studio!, si disse, ferma e impalata davanti alla porta.
Bussò con delicatezza sperando che non ci fosse nessuno.
“Avanti”
 
Lucia si chiuse la porta alle spalle e tirò un sospiro di sollievo: ce l’aveva fatta, le avevano creduto.
Iniziò a camminare e tornò in classe.
Le successive due ore furono un supplizio perché non riusciva a impedirsi di vedere Vendicatori ovunque si girasse.
Pronti, ghignanti e determinati a togliere di mezzo chiunque si frapponesse tra loro e Nick, nella fattispecie: lei.
La lettera le aveva ricordato che c’era un motivo per il quale il suo amico se ne stava rinchiuso in un grattacielo.
Quando l’ultima campanella suonò, Lucia si alzò e afferrò la sua roba a tempo record per poi fuggire dalla classe.
Superò il primo tratto di corridoio zigzagando e dribblando studenti di ogni tipo senza degnarli di uno sguardo.
Arrivata in fondo girò a destra e andò a sbattere la faccia contro qualcosa.
Indietreggiò a occhi chiusi mugugnando per il dolore.
“Non ricordavo che qui ci fosse un muro…” borbottò tra sé e sé tenendosi una mano sul naso.
“Non c’è in effetti…” ammise la voce gioviale del ‘muro’.
Lucia aprì gli occhi lentamente.
Fa’ che non sia davvero chi penso che sia! Fa’ che non sia davvero chi penso che sia! Fa’ che non sia davvero chi penso che sia!, supplicò mentalmente ma uno sguardo bastò a farle capire che la sua preghiera non era stata esaudita.
Mattew le sorrise.
“Davvero pensavi che fosse nato un muro dal nulla?” le chiese ridacchiando.
Lei lo fulminò, scocciata.
“Di certo non mi aspettavi di essere pedinata da uno… uno…” si scervellò alla ricerca di qualcosa per offenderlo, “uno Scientifista radicale!” sbottò aggirandolo e cercando di darsela a gambe prima di rendersi davvero conto di ciò che aveva detto ma lui la seguì.
“D’accordo… Scusa per ora, per stamattina e per il mio comportamento dell’altro giorno! Va bene?” le chiese il ragazzo camminandole accanto.
“Va bene…” disse Lucia fermandosi e guardandolo negli occhi.
Ma è cresciuto in questi pochi giorni o è sempre stato così alto?
“Scuse accettate eccetera… Cosa vuoi? Scusa ma ho molta fretta…” aggiunse.
“Vorrei il nuovo numero di Nick…” le disse lui poi abbassò lo sguardo sulle punte delle scarpe, “E vorrei sapere se oggi ci vediamo per le ripetizioni…”
Lucia sgranò gli occhi e sentì le gambe cedergli ma riuscì a restare in piedi.
Aveva totalmente dimenticato che lei e Mattew si vedevano due volte a settimana per le ripetizioni: Martedì e Sabato.
“Sì, allora…” Lucia prese il cellulare dallo zaino e lo accese poi inviò a Mattew il numero di Nick con un messaggio, “Ecco il numero…” disse con un sorriso a operazione terminata.
Mattew iniziò a trafficare per salvare il numero in rubrica.
“E per oggi?” chiese subito dopo.
Lucia si morse il labbro inferiore.
In fondo, Nick era al sicuro nel Fallen’s e, in ogni caso, lei non sarebbe certo stata d’aiuto contro i Vendicatori, quindi… Perché no?
“Ci sarò…” disse sorridente.
Mattew rispose al sorriso.
“Bene, ma non rischiare la vita quando vieni a scuola…” le disse facendole la schicca prima di allontanarsi.
Lucia rimase a bocca aperta, un po’ per le sue parole che erano arrivate incredibilmente vicine alla verità –rischiava la vita ogni secondo da quando aveva salvato Nick- e un po’ per il gesto.
Cos’aveva scatenato in Mattew tutta quell’attenzione per lei? C’entrava con il loro quasi-bacio?
“Mah!” fece la ragazza alzando le spalle.
 
Il cellulare di Nick squillò e il ragazzo alzò gli occhi dal libro che stava leggendo.
Era sdraiato a pancia in giù sul letto e il telefono era sul comodino.
Allungò il braccio, lo prese e lesse il display ma il cellulare non riconosceva il numero.
Nessuna sorpresa visto che aveva perso tutti i numeri con la vecchia SIM finita in un cassonetto.
“Pronto?” chiese.
“Ehy Nick!” fece la voce di Mattew.
L’angelo caduto si mise a sedere, sorpreso e felice per quella chiamata inaspettata.
“Mattew? Come hai avuto il mio numero? Volevo chiamarti ma…” il ragazzo si fermò alla ricerca di una scusa plausibile ma l’amico lo interruppe.
“Sì, Lucia me l’ha detto… Mi ha dato lei il numero…”
“Te l’ha detto?” chiese Nick confuso.
“Sì, la storia delle convulsioni, il comodino che cade, il cellulare che si rompe… Ora stai meglio?”
“Sì, sì… Sto migliorando…” disse il ragazzo portandosi il pollice e l’indice a stringere il punto del naso tra gli occhi, sorpreso e sollevato, “Grazie… Beh, come stai?”
“Io bene… Bene… Febbre non ne hai?  Che razza di sfortuna hai per beccarti una malattia rara di Domenica? L’unico giorno libero che abbiamo e tu t’ammali? Insomma!”
Nick rise.
“Mi hai chiamato solo per sapere come stavo?” chiese sentendo la voce di Mattew molto tesa.
“Sì!” rispose lui troppo in fretta.
L’angelo attese in silenzio.
Sospiro dall’altra parte della cornetta.
“Non proprio…” ammise alla fine Mattew.
“Beh? Qual è il problema?” chiese Nick sorridendo.
Un attimo di silenzio.
“Al diavolo! Nick?”
“Sì?”
“Mi sa che mi sono innamorato…”


Allora...
Piaciuto?
Mattew mi è sempre sembrato perfetto per Lucia sin dal loro primo incontro ma lei sarà daccordo?
Cosa farà di quest'improvvisa piega presa dalla sua vita incasinata?
Fatemi sapere!
Titolo prossimo capitolo: Cioccolata...
Non vi do spoiler ma solo un indizio: Lucia e Mattew nella stessa stanza per un bel po' di ore...
Che accadrà?
Ciao ciao!
Lady Catherine

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Capitolo 14
*** Cioccolata ***


Ciao!!!
Ho ricevuto un paio di recensioni decisamente Sentite per il proseguo di Lucia e Mattew...
Spero di rendervi soddisfatti con questo capitolo ;)... 
Dedichina: Alla mia cara amica a cui sbaglio a dare i compiti ma che non se la prende mai... Ti adoro!
A sotto!

Lady Catherine



14.
 
Nick sgranò gli occhi e rimase in silenzio per un lungo momento, tanto che Mattew si preoccupò.
“Ehy? Non è che ti ho fatto venire un infarto o un ictus, vero? Non credo che ti farebbe bene nelle tue condizioni…” disse il ragazzo cercando di scherzare nonostante il groppo in gola.
Dirlo ad alta voce era stato più difficile che pensarlo.
Nick si riscosse.
“No, no!” disse, “Mi hai solo preso alla sprovvista… Mattew, da quando ti conosco tu non hai mai detto ‘Mi sono innamorato’! Certo, hai fatto un mare di apprezzamenti ma non pensavo che qualcuna avesse davvero fatto centro!”
“Grazie, eh?”
“Non offenderti!” disse Nick sorridendo: la situazione iniziava a divertirlo; “È solo che non me l’aspettavo… Chi è? La conosco?”
Mattew esitò.
“Ti ricordi che mi è stata affidata una tutor?”
“Sì…”
“Ti ricordi anche che mi ha chiesto il tuo numero?” azzardò il ragazzo.
“Mattew, che c’entra Lucia?” chiese Nick senza capire.
Il ragazzo dall’altro capo della cornetta prese un profondo respiro.
“C’entra che l’ho quasi baciata, oggi…” disse tutto d’un fiato.
Nick spalancò la bocca.
Lucia? La Lucia a cui stava pensando lui? Quella Lucia?
Il ragazzo sorrise.
“E lei?” chiese.
“Come ‘E lei?’?!” esclamò Mattew, “Non state insieme?”
“Cosa?” Nick rimase di stucco, “No! Mattew, Lucia è solo una carissima amica, puoi credermi!” disse poi per rassicurarlo, “Dimmi come ha reagito…”
“Non lo so!” esclamò Mattew esasperato, “È suonata la campanella e lei è scappata! Il problema principale è che tra… un’ora e mezza ci vedremo per le ripetizioni! Che faccio?”
Il Caduto sorrise.
“Ascoltami bene: tu adesso ti calmi, ti prepari, studi e vai alla lezione… Ti comporti normalmente e poi, quando avete finito, la inviti a prendere qualcosa… Che ne so?... Una cioccolata! Sì, che tanto fa freddo… OK? Così poi parlate e cerchi di capire cosa le piace e cosa no…” disse poi prese un tono malizioso, “Davvero non sai che fare? Non sei mai uscito con una ragazza?”
“Certo che ci sono uscito!” replicò Mattew stizzito, “Ma lei mi piace davvero… E se faccio qualche casino?”
Nick sospirò teatralmente in modo da farsi sentire.
“Tu non farai nessun casino se starai tranquillo… Ma, se ti può consolare, in caso contrario, uscirò di corsa da questa clinica per venirti a prendere a calci personalmente! OK?”
“La sai la cosa strana?” fece Mattew, “Mi rinfranca saperlo!”
Nick alzò gli occhi al cielo.
“Vai Mattew… E niente cappello!”
“L’ho già tolto, a dire il vero…” ammise il ragazzo, “Nick, tu sei esperto di ragazze, vero? Non è che mi usi come collaudatore per un metodo che poi si rivela distruttivo…”
Il ragazzo rise.
“Sono un esperto!” disse pensando a Miriam, “Ora vai… Ti resta solo un’ora e venti minuti!”
Mattew salutò frettolosamente e chiuse la chiamata.
Nick corse alla rubrica.
Lucia gli aveva, finalmente, dato il suo numero così da poterla rintracciare.
Premette il tasto di chiamata.
“Pronto, Nick? Oh Santo Cielo, tu non sai il rischio che ho corso stamattina!” lo bombardò la voce di Lucia.
“Immagino…” le rispose lui, “Il preside ha fatto storie?”
“No, no… Ma io ho quasi perso la lettera… per fortuna c’era… Niente…”
“Che c’è?” chiese il ragazzo con finto stupore, “Chi ti ha aiutato?”
“Mattew, il tuo amico… ” ammise la ragazza riluttante, “Mi ha sorpresa a dir la verità: era stato così freddo l’altro giorno invece oggi era gentile e…”
“Sei arrossita, Lucia?” insinuò il ragazzo, ben sapendo che era così.
“No!”
“Ah, mi pareva dalla voce… Oggi passi a trovarmi?”
“Non posso… Devo dare ripetizioni come tutor…”
“A chi?”
“Perché tutto questo interesse?” obbiettò Lucia sulla difensiva.
“Così… Qua dentro non c’è niente da fare! Ci credi se ti dico che farei volentieri qualche ora di lezione con Hudson?”
Lucia scoppiò a ridere al di là della cornetta e Nick pensò che avrebbe fatto davvero molto male a Mattew se l’avesse fatta soffrire.
“Ti credo, ti credo… Magari dopo faccio un salto…” disse la ragazza.
“Lascia perdere!” esclamò Nick alla ricerca di una scusa.
“Perché?” chiese la giovane stupita.
Il Caduto sentì Joe e Betty parlare dietro la porta della sua camera e gli venne l’ispirazione.
“Joe e Betty stanno litigando e temo che qui ci sarà maretta per un po’… Cosa non da poco  vista l’altezza a cui siamo!”
“OK!” esclamò la ragazza ridendo, “Allora vado altrimenti non faccio pranzo… Ciao Nick!”
“Ciao… Ah! Aspetta! Ti piace la cioccolata?”
“Sì, molto… Perché?” chiese Lucia stupita.
“Così… Ciao!” disse il ragazzo prima di chiudere la telefonata.
Lucia si tolse il cellulare dall’orecchio e lo guardò confusa.
Ma sono tutti così strani i ragazzi?, pensò poi scrollò le spalle.
 
Lucia aprì la porta dell’aula con calma ma si fermò, stupita, quando vide che Mattew era già lì.
Strano perché credeva di essere in anticipo di dieci minuti rispetto all’appuntamento.
“Ciao,” la salutò lui con gentilezza, “Hai visto un marziano?”
“No, solo uno studente in anticipo…” rispose lei, “Come mai così presto?”
Mattew scrollò le spalle.
“Così…” disse.
Lucia aggrottò le sopracciglia, certa di aver già sentito quell’espressione.
“Beh? Iniziamo?” chiese scrollandosi di dosso il dubbio.
Mattew annuì e si alzò in piedi quando lei si avvicinò al banco.
Prima che Lucia potesse capire che cosa volesse fare, il ragazzo allontanò la sedia dal tavolo invitandola a sedersi con gentilezza.
La ragazza rimase un attimo sorpresa poi si sedette e lui la aiutò ad accomodarsi.
Il ragazzo poi si sedette con calma e senza dire niente.
Iniziarono la lezione come se nulla fosse, tornando scherzosi e spensierati come all’inizio.
 
Alle quattro e mezza avevano finito.
Lucia guardò l’orologio appeso al muro con stupore.
“Incredibile!” disse con sarcasmo, “A cosa dobbiamo un tale miglioramento?”
Mattew le sorrise stando al gioco.
“All’insegnante…” rispose con nonchalance.
Lucia arrossì e rise prima di alzarsi e mettersi lo zaino sulla spalla.
“È stato divertente…” iniziò a dire ma lui lo fermò.
“Già ma abbiamo finito presto…” disse abbassando la testa e passandosi la mani tra i capelli, in imbarazzo, “Senti, mio padre verrà solo alle cinque… Ti va di prendere qualcosa insieme?” azzardò.
Lucia arrossì e fece per replicare dicendo che doveva andare da Nick quando si ricordò che lui le aveva consigliato di non passare.
Sorrise.
“Mi andrebbe…” rispose.
Mattew le prese lo zaino da in spalla con gentilezza per portarglielo e le offrì la mano.
Lucia la strinse con un po’ di batticuore.
Così, vicini e con le dita intrecciate, si diressero verso una piccola caffetteria.
Quando entrarono, scelsero un piccolo tavolino rotondo di un rosso cupo e Mattew si offrì di andare a ordinare al bancone.
“Ti va una cioccolata?” le chiese sorridente.
Lucia sentì il cuore perdere un battito a quella domanda.
Nick le aveva chiesto, poco prima, se le piaceva la cioccolata.
La ragazza sentì una strana rabbia venirle su ma ingoiò gli insulti e sorrise a Mattew dicendogli che la andava bene.
Non appena il ragazzo si fu allontanato, Lucia afferrò il cellulare e compose un SMS infuocato:
 
A: Nick [scheda in rubrica]
 
Maledetto! Appena ti avrò tra
le mani ti farò rimpiangere i
Vendicatori! E non me ne
frega un tubo se gli angeli
sono immortali! Ti ridurrò in
uno stato tale che la tua
‘eternità’ scapperà via con
la coda tra le gambe! NON
POSSO CREDERE CHE TU
ABBIA OSATO FARMI UNA
COSA DEL GENERE!!!
 

Inviò il messaggio e mise via il cellulare prima che Mattew tornasse con due tazze beige chiaro dalle quali si levava un filo di fumo profumato di cacao.
Lucia si lasciò intenerire dalla gentilezza e decise che avrebbe rimandato la sfuriata a quando si sarebbe trovata davvero tra le mani l’angelo caduto.
Mattew fu gentilissimo e la fece parlare come mai in vita sua. Chiacchierarono di tutto e di più e la mezzora passò così velocemente che se ne accorsero solo quando il ragazzo ricevette una telefonata dal padre.
“Devo andare…” disse quando ebbe riattaccato.
Lucia gli sorrise.
“Magari potremmo vederci un’altra volta…” azzardò il ragazzo incoraggiato.
Lei annuì.
“Mi farebbe molto piacere” disse col cuore.
Mattew si alzò e fece per andarsene  ma Lucia gli afferrò una mano.
“Grazie,” mormorò piano guardandolo negli occhi non appena lui si fu girato a guardarla, “Era da un po’ che nessuno era così gentile con me…”
Mattew dapprima le sorrise poi prese un’espressione seria che stonava stranamente con il suo viso.
La guardò intensamente.
Lucia capì cosa sarebbe successo: stavolta non ci sarebbero state maledette campanelle pronte a mandare tutto a monte!
Mattew si abbassò e la baciò sulle labbra con tutta la delicatezza del mondo.
Il contatto fu tiepido e morbido…
E finì troppo presto.
Il ragazzo si rialzò e raggiunse la porta, solo arrivato lì si voltò e la salutò.
Lucia, troppo imbambolata, riuscì a mormorare solo un fievole ‘Ciao’ quando lui era già sparito dalla vista.
La ragazza abbassò il viso imporporato dalla timidezza sulla tazza vuota e sentì il cellulare suonare nella tasca.
Sobbalzò.
Lo tirò fuori, sorpresa di esserselo dimenticato, e fissò il display.
C’erano due messaggi non letti.
Il primo, quello più vecchio in ordino di tempo, era di Nick:
 
Deduco dalle minacce che
l’appuntamento sta andando
a gonfie vele! Fammi sapere:
ci sto prendendo gusto a fare
il Cupido… Sarà nel mio DNA,
XD!

 
Lucia non capì se fosse più scioccata dal contenuto del messaggio o dal fatto che un angelo Caduto le avesse mandato una faccina.
Scosse la testa e passò al secondo messaggio.
 
Da: Mattew [scheda in rubrica]
 
Non mi sono mai divertito tanto!
A domani, d’accordo? Scusa per
la fuga!

 
Lucia sentì il cuore gonfiarsi e sorrise mentre recuperava le sue cose e usciva dal locale.
Camminò senza vedere nulla e con un sorriso stupido sulle labbra.
Quando si riprese dalla trance era sulla porta di casa.
Entrò nell’appartamento, lasciò lo zaino a terra con la grazia di un elefante in una cristalleria e si appoggiò alla porta con la schiena.
Rise.
Prima piano, con timidezza, poi più forte.
Era felice come una bambina: poco importava che fosse durato nulla di più che due secondi, Mattew l’aveva baciata!


Salveeee!
Non uccidetemi! So che è un po' misero come inizio di una storia d'amore ma vedrete che andrà meglio: Lucia è troppo timida per farla iniziare in un'altro modo, secondo me...
Mi scuso per il ritardo nella pubblicazione ma ci ho messo un po' per via di una ricerca da fare ma ora sono qui...
Faccio il mio solito Spoiler e mi scuso per averlo mancato nel precedente ma sono sadica e non volevo darvi indizi ;)...
"
Iniziò a sentire i brividi lungo la schiena ma soppresse tutti i tremiti e rimase fermo mentre la pelle, già chiara, sbiancava e le labbra diventavano viola.
Il temporale continuava a infuriare senza accennare a smettere e il tempo passava senza che lui potesse comprenderlo perché il sole stava nascosto dietro la cappa nera dei nuvoloni.
“Dove sei?” sussurrò sconfitto.
"
Allora?
Incuriositi?
Spiacente di dovervi far preoccupare ma il titolo del prossimo capitolo sarà: Aiuto... I
Chi sarà in pericolo?
Chi si rivelerà l'eroe della situazione?
Il passato torna per tormentare tutti, gli umani come gli angeli...
OK, detto questo...
Fatemi sapere cosa ne pensate!
GRAZIE!
A ILOVEWORLD, LAMES76, ANGY EMPTINESS, STAR__, SWEET ME e GIOBLACK... Grazie per aver recensito o inserito le mie storie tra le seguite...
Mi date una carica enorme!
A presto!
Lady Catherine

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Capitolo 15
*** Aiuto... I ***




Salveeee!
Allora... Ho ricevuto più recensioni del solito (ben 6) e, anche se so che possono sembrare insignificanti, per me vogliono dire tantissimo!
Quindi grazie di cuore a tutti!
Questo capitolo ha una dedica strana: a tutti quelli che hanno preso parte (in passato, ora o lo faranno in futuro) al mio 'spaccio' di libri, la lettura passa anche così!
Niente da dire riguardo al capitolo se non che sarà un po' diverso da quelli precedenti: entriamo un po' nella testa di Nick...
Spero che vi piaccia perchè ci ho messo un bel po' di impegno...
A sotto!

Lady Catherine


15.
 
Nick richiuse la chiamata con un orecchio in fiamme.
Lucia gli aveva appena fatto una ramanzina della serie ‘non impicciarti!’ che l’aveva tenuto occupato per un’ora buona però lui era riuscito a farsi dire che Mattew l’aveva baciata il giorno prima ed era felice così.
Uscì dalla stanza con la voglia di stare da solo e di pensare così si incamminò verso l’ascensore.
Mentre saliva guardò la città rimpicciolirsi pensando a come, a volte, le cose cambiassero o fossero diverse da come ci saremmo aspettati.
Mattew, per esempio, che dava l’impressione del Don Giovanni, di quello che non pensa ad altro che a divertirsi, e invece si era innamorato ed era deciso a fare sul serio.
Oppure Lucia che se ne stava seduta sul davanzale della finestra e che sembrava la classica ragazza timida e spaurita ma che spaurita non era affatto con il suo passato violento e il suo presente sconvolto da un ragazzo in fuga e tre esseri con le ali.
Lui, invece, era sempre lo stesso.
Sempre impulsivo, sempre cocciuto, sempre innamorato.
L’ascensore raggiunse l’ultimo piano e Nick uscì per poi dirigersi in terrazza.
Il Fallen’s era il più alto edificio della città e, guardando dritto, il ragazzo non vedeva nulla a parte il cielo.
Per un istante gli tornarono in mente i voli che aveva fatto quando ancora viveva in Paradiso e chiuse gli occhi per godersi i ricordi, purtroppo migliori della realtà.
In quel buio artificiale la sua immaginazione creò due immagini di volti di donne familiari: la prima era il viso di Miriam umana, la donna con cui tutto era iniziato; la seconda era Miriam Angelo, la donna con cui tutto era finito.
Nick paragonò i capelli di quel colore biondo così chiaro da sembrare bianco e quelli argento; confrontò gli occhi azzurro chiaro con quelli argento liquido senza pupilla.
I tratti del viso erano identici: le labbra morbide e delineate in due onde delicate, il viso ovale, la pelle chiara…
Miriam era sempre bellissima e gli sorrideva rassicurante in entrambe le immagini.
Con un sospiro il ragazzo mollò la presa sulle fantasie e riaprì gli occhi.
In effetti, molti Angeli lo avevano invidiato per quell’Amore che aveva sfidato tutto ciò che era mortale.
E che sfidava, ora, tutto ciò che era immortale.
Le notizie celesti arrivavano anche sulla Terra e tutti –Angeli, Demoni e Caduti- sapevano bene, e ci spettegolavano sopra, che Miriam aveva rimandato, e continuava a farlo, il momento in cui avrebbe sostituito Gabriele.
“Cento anni sono tanti…” disse Nick guardando in alto, “Quante pressioni ti fanno? Perché non accetti?”
La seconda domanda, in particolare, lo aveva tormentato per anni: non riusciva a capire l’esitazione di lei.
Con il passare del tempo, Zira si era fatta sempre più forte mentre la fiducia dei Compassionevoli in Miriam era diventata ogni giorno più debole.
Il tempo passava e nessuno ancora si opponeva alla Vendicatrice mentre molti Angeli avevano iniziato a far presente a Gabriele che doveva trovarsi un successore.
Nick conosceva bene l’Arcangelo che aveva servito per millenni e sapeva che non avrebbe mai voltato le spalle a Miriam… Probabilmente l’avrebbe aspettata finché lei non fosse stata pronta…
“So che ti sei preso cura di lei…” mormorò Nick al Cielo sperando che i due lo sentissero.
Sospirò e rimase fermo a guardare in su.
Passarono ore e il ragazzo vide il cielo oscurarsi e lasciare il posto a nuvole nere.
La pioggia iniziò a scendere, gelata e insensibile; gli inzuppò la maglia e i pantaloni, i capelli bagnati gli si attaccarono al viso ma lui non si mosse.
Iniziò a sentire freddo ma rimase sulla terrazza a osservare i fulmini e a sentire i tuoni del temporale.
Era vicino, molto vicino, perché a ogni tuono il rimbombo sembrava pronto a far crollare la città e a farla sommergere dall’acqua che continuava a scendere senza tregua.
Ma l’angelo rimase lì.
Aspettava, anche se non sapeva cosa.
Iniziò a sentire i brividi lungo la schiena ma soppresse tutti i tremiti e rimase fermo mentre la pelle, già chiara, sbiancava e le labbra diventavano viola.
Nick cercò di scrutare il cielo ma le gocce di pioggia glielo impedivano.
Il temporale continuava a infuriare senza accennare a smettere e il tempo passava senza che lui potesse comprenderlo perché il sole stava nascosto dietro la cappa nera dei nuvoloni.
“Dove sei?” sussurrò sconfitto.
Rimase lassù finché non sentì il sale sulle labbra e capì che alla pioggia si stavano aggiungendo le sue lacrime.
Lacrime inutili perché sincere ma nascoste in migliaia di gocce di pioggia: lacrime finte.
Nick abbassò il capo e si voltò lasciando che la pioggia gli sferzasse la schiena mentre rientrava, quasi e ricordargli che non era come gli altri.
Entrò nell’ascensore come in trance e tornò nella sua stanza dove trovò Betty, intenta a mettere a posto la camera già perfettamente in ordine.
La donna alzò lo sguardo, lo vide e lasciò cadere il cuscino che stava sprimacciando con un’esclamazione stupita.
Lui non rispose ma si diresse verso la sua stanza in un silenzio cupo che valeva più di mille parole.
Betty sapeva che a volte Nick soffriva di momenti di depressione come quelli ma aveva sperato che l’aiuto di Lucia, la sua normalità e la sua allegria contagiosa, sarebbero serviti a farlo stare un po’ meglio.
Una parte di lei aveva sempre saputo che per Nick sarebbe esistita sempre e solo Miriam ma si era illusa che un’amica avrebbe potuto tirarlo un po’ su.
Aspettò qualche minuto, incerta sul da farsi, poi recuperò il cuscino, finì di riordinare e si diresse verso la camera del giovane.
Bussò ma non le rispose nessuno.
Betty spinse la porta con delicatezza e trovò Nick seduto a gambe incrociate sul letto.
Si era cambiato e doveva aver cercato di asciugarsi i capelli con l’asciugamano che portava sulle spalle ma quelli erano ancora bagnati.
La donna scosse la testa ed entrò, gli si mise alle spalle e prese l’asciugamano per iniziare ad asciugargli i capelli.
Nick sapeva che Betty, da umana, aveva avuto un figlio che era andato via di casa a diciotto anni per una lite tremenda col padre.
Lei l’aveva perso allora ma il suo istinto materno era sopravvissuto e l’aveva spinta, quel giorno nel bosco, a prendersi cura di lui.
Era da allora che Betty faceva un po’ da mamma a Nick; in effetti, erano quasi una famiglia.
Il ragazzo la lasciò fare mentre fissava il cofanetto che teneva tra le dita.
Era un portagioie rettangolare di legno scuro, con il coperchio arrotondato e uno smeraldo sulla sommità.
Betty continuò ad asciugare i capelli del ragazzo in silenzio, aspettando pazientemente che fosse lui a parlare.
“Perché non l’ha ancora fatto?” chiese Nick infine.
La donna non ebbe bisogno di chiedergli a che cosa si riferisse ma preferì scherzarci.
“Forse aspetta la persona giusta…” disse con malizia.
“Dai!” la riproverò Nick ma non riuscì a trattenere un sorriso.
Lei sospirò.
“Forse non ha perso la speranza… Ci hai mai pensato? Io e Joe non siamo sopravvissuti due giorni lassù insieme… Magari è indecisa…” disse.
Nick aggrottò la fronte.
“Indecisa su cosa?”
“Su che parte scegliere…”
Nick non rispose, confuso.
“Forse sta vagliando tutte le possibilità: non esiste solo il Paradiso, né solo l’Inferno…” azzardò lei, più esplicita.
“Dici che vuole cadere?” chiese Nick scettico.
Betty alzò le spalle.
“È un’ipotesi ma, in questo modo, una spiegazione vale l’altra e non si può sapere cosa stia passando per la testa della tua bella dal cervello piumato…”
“Betty…”
“Sai come la penso, Nick! Le nuvole, lassù, annebbiano le idee… Non mi stupirebbe se fosse, un pochino, diventata matta…”
Nick sospirò alzando gli occhi al cielo: Betty voleva molto bene a Miriam ma aveva pur sempre uno strano modo di dimostrarlo.
“Grazie…” disse però poi.
La donna gli sorrise con dolcezza poi uscì dalla camera per lasciarlo solo, tanto ormai i capelli erano asciutti: non rischiava il raffreddore.
Nick era certo che se le avessero chiesto perché si era comportata così lei avrebbe risposto proprio a quel modo.
Scosse la testa e tornò a guardare il cofanetto.
Era abbastanza grosso, quindici centimetri per trenta, e aveva la serratura e gli intarsi in oro.
Il ragazzo sbuffò poi fece scattare il meccanismo e lo aprì.
Dentro, pulite e in bell’ordine, stavano moltissime piume candide.
Nick vi fece passare sopra il dito e ne assaporò la morbidezza ricordando i momenti in cui le stringeva assieme al corpo a cui appartenevano.
Era messe in fila una vicino all’altra e poi, a fila finita, una sopra l’altra.
La piuma più in alto a destra era l’ultima che Nick aveva recuperato: era la piuma di quell’Anniversario.
Miriam non ne mancava uno e, puntualmente al tramonto di quel giorno, si staccava una penna e la lasciava cadere, precisamente, nel palmo di Nick.
Quelle piume erano il conto, le tacche sul muro, di tutti gli anni che avevano passato divisi: erano cento esatte.
Il ragazzo richiuse il cofanetto e lo mise al suo posto: in un cassetto.
Non era certo il nascondiglio più intelligente, ma in caso di emergenza era impossibile scordarselo.
Guardò l’ora: era salito sulla terrazza alle due e un quarto, era tornato in camera alle quattro e mezza ed erano ormai le cinque.
Il giovane sbuffò ma non se ne preoccupò più di tanto.
Il telefono iniziò a squillare dalla sua postazione sul termosifone dove era stato piazzato dopo che aveva fatto il lavaggio totale nella tasca dei Jeans, zuppi.
Il ragazzo lo raggiunse, lo asciugò un po’ con la manica della maglia pulita con un sorrisetto mentre pensava a quello che il cellulare aveva passato e poi lesse il display.
Nick rispose al cellulare con sorriso ritrovato: era Lucia.
“Ehy!” salutò con un sorriso.
“Aiuto...” sussurrò la voce della ragazza dall'altro lato della cornetta, così fievole da parere un sussurro.
In sottofondo si sentirono botti e tonfi irriconoscibili.
Ci fu un colpo tremendo, più forte degli altri, ma Nick non fece in tempo a risponderle: uno sparo e la chiamata si chiuse. 

Eh, già... Finisce così...
Cosa sta succedendo a Lucia?
Cosa farà Nick?
E Mattew?
Sì, nel prossimo capitolo ci saranno tutti e tre più una vecchia ombra che torna dal passato...
Spoiler:
"Tra i volumi c’era un album fotografico camuffato da libro: erano le sue foto.
Lo aprì e iniziò a sfogliarlo lentamente osservando ogni foto e ricordando in che momento e con che sentimento l’aveva scattata. 
[...]
Lucia prese la sua foto e la appoggiò con delicatezza sul foglio, la aggiustò bene e poi la fissò agli angoli con lo scotch.
Scrisse la didascalia: La nuova Lucia.
"
Incuriositi?
Titolo del prossimo capitolo: Aiuto... II
Un grazie ENORME a: ILOVEWORLD, LAMES76, ANGY EMPTINESS, MIONE 1986, STAR__, SHELIVEINAFAIRYTALE e GIO BALCK!
Grazie, grazie, grazie! Che farei senza di voi???
A presto!
Ciao ciao!
Lady Catherine

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Capitolo 16
*** Aiuto... II ***




Eccomi!!! Allora: vi ho lasciato un pochino in ansia (un pochino) ma ora sono qui!
Capitolo un po' veloce per lo svolgimento dei fatti e consiglio di tenere ben d'occhio "l'ora" e di ricordare che Nick ha ricevuto la telefonata di Lucia alle 5...
Per il resto c'è qualcosa per chi preferisce l'azione e qualcosa per chi aspetta i momenti teneri tra Lucia e Mattew...
Spero che vi piacerà!
DEDICHINA: Alla più grande amica che io possa avere e che sostione questa pazzia letteraria dal suo inizio alla sua fine... Grazie Giuggiola!
Detto questo: a sotto!
A presto!

Lady Catherine
 

16.
 
La campanella suonò e Lucia si stiracchiò lentamente.
Intervallo: una parola che voleva dire salvezza in molti casi, dalla noia e dalle interrogazioni.
La ragazza si alzò lentamente e raggiunse un paio di amiche per parlare un po’ ma la voce squillante di Sarah la fermò.
“Luuuci!” la chiamò con malizia dall'entrata della classe, “C’è qualcuno per te!”
Lucia la guardò stupita e, in risposta, la testa di Mattew spuntò dalla porta e la guardò con un sorriso smagliante.
La giovane cambiò rapida la sua traiettoria e raggiunse il ragazzo sotto gli occhi sorpresi e felici delle sue compagne di classe che in più d’una occasione avevano cercato di trovarle un compagno.
“Ciao…” salutò lei per prima, rossa in viso.
“Ciao…” rispose lui, “Posso parlarti un secondo?”
Lucia gli fece segno di entrare -in corridoio era impossibile stare da soli- e i due si recarono nell’angolo dell’aula.
Erano stretti tra l’ultima fila di banchi e la cartina geografica degli Stati Uniti.
“Volevo parlarti di ieri…” esordì il ragazzo, “Forse non avrei dovuto… sì insomma… baciarti… senza chiederti il permesso ma io non sono bravo con le parole e tu…”
Lucia gli mise un dito sulle labbra con calma mentre dentro di sé qualcosa stava uccidendo la sua timidezza.
Sorrise.
“Io sì…” disse, “Ma non ti ho detto di fermarti…”
“Neanche di rifarlo però…” la provocò lui.
Lucia si morse il labbro inferiore arrossendo un poco, un ultimo spasmo della sua timidezza morente.
“Se te lo chiedessi?” osò dire a omicidio avvenuto.
“Lo farei” rispose Mattew senza esitare.
“Baciami!” disse Lucia fissandolo negli occhi.
Mattew rimase un attimo immobile, sorpreso dalla reazione di lei, ma poi posò le labbra su quelle di Lucia.
Fu un bacio diverso dal primo: non un semplice contato ma un bacio vero!
Qualcuno gli fischiò, qualcuno applaudì, qualcuno rise ma loro non se occuparono.
Mattew posò con delicatezza le mani sui fianchi di Lucia che, invece, posò le mani sul suo petto.
Quando si allontanarono posarono uno la fronte su quella dell’altra e rimasero un attimo a occhi chiusi.
Quando li riaprirono si osservarono.
“Questo vuol dire che stiamo insieme?” chiese Mattew ma una parte di lui fremette a quel pensiero, era un brutto modo per dire al mondo che si amavano.
Lucia gli sorrise mandando in frantumi ogni pensiero che non fosse la gioia per l’averla trovata.
“Sì…” rispose.
 
La ragazza chiuse la porta con calma e posò lo zaino con delicatezza mentre la sua mente sfarfallava verso i ricordi di quegli ultimi momenti magici.
Corse e si lanciò sul divano per poi abbracciare un cuscino con una forza tale da sbriciolare le ossa di una persona.
“Sì!” squittì.
Era felice come mai prima.
Si preparò un pranzo misero perché aveva la pancia piena di farfalle, o qualsiasi altra cosa fossero.
Poi tornò alla sua finestra e prese la macchina fotografica.
Per la prima volta la girò e si mise dalla parte dell’obbiettivo, scattò.
La fotografia era sempre stata il suo hobby, un modo di vedere il mondo rinchiudendolo dove non poteva distruggersi o distruggere.
L’immagine uscì dalla macchina e Lucia la sventolò.
Dopo pochi secondi vide la foto: sarebbe anche sembrata solo una ragazza normale, che sorrideva in modo normale, in un giorno normale se nei suoi occhi non ci fosse stata una gioia così immensa da venire catturata anche dalla pellicola gelida e insensibile.
Mentre sorrideva, Lucia sentì il telefono squillare: era Nick.
Sentì tornare prepotente la rabbia per l’appuntamento organizzato e, al contempo, il dubbio per come dirgli che lei e Mattew stavano insieme.
Adesso gli faccio la scenata,decise, e appena lo incontro di persona gli dico che sono la ragazza del suo migliore amico!
Rispose.
“Coma diavolo ti sei permesso di fare una cosa del genere! A me!” attaccò senza permettergli di parlare.
“Ciao Nick, come stai? Grazie per aver dato a Mattew la spinta per dirmi che è cotto di me e scusa se non ti ho detto che gli sbavavo dietro!” la imitò lui ironico.
“Non è divertente!” sbottò la ragazza.
“Sì che lo è!” rispose lui tranquillo.
“Buffone!”
“Dai, Lucia! Come è andata?”
“E ancora ti immischi?!”
“Wow! Se sei così furiosa vuol dire che è andata alla grande! Sei cotta!”
“Non è vero!”
“Sì!”
“No!”
“Sembri un pomodoro maturo!”
“No!”
“Cavoli ma è proprio una cosa seria! Ti ha preso solo per mano e ci sei rimasta male?”
“Non sono affari tuoi!”
“Mmm… Forse allora non sei così brava con i ragazzi se non ti ha nemmeno sfiorata!”
Lucia arrossì ancora ma di rabbia.
“Se proprio ci tieni a saperlo, il tuo amico mi ha baciata!” disse prima di potersi rendere conto della trappola.
“Ah-ah!” esclamò Nick, “Lo sapevo! Ecco perché continui ad arrossire!”
“Non sono arrossita!”
“E invece sì! Sei rossa che più rossa non si può! Inventeranno una nuova tonalità: il rosso Lucia!”
“NICK!” sbraitò lei.
“Non gridare Lucia che poi diventi ancora più rossa…”
La ragazza si calmò e prese un respiro profondo.
“Nick, te lo dico bene così capisci: NON TI AZZARDARE MAI PIÙ A FARMI UNA COSA SIMILE!”
“Wow! Lucia, hai superato i decibel di un trapano elettrico, sai?”
“Se ti metto le mani addosso, ti uccido!”
“Non ci credo…”
“Lo faccio!”
“Sei troppo poco violenta per un atto simile…”
“Vuoi vedere?!”
“No!”
“Ecco!”
“Dai! Stavo scherzando! Sono felice per te e Mattew: siete una bella coppia…”
“Grazie ma non… Aspetta! Stai cercando di intenerirmi così mollo il mio proposito di farti del male quando ci vedremo, giusto?”
“Ci ho sperato…”
“No! Voglio restare arrabbiata finché non te l’avrò fatta pagare!”
“Ma anche no…”
“Ma anche sì! Non riesco a credere che tu mi abbia fatto davvero una cosa simile!”
“Sai che cosa terribile convincere il ragazzo a cui piaci a invitarti a uscire! Guarda che non gli ho detto io di baciarti!”
Gliel’ho detto io…, pensò Lucia ma si trattenne dal dirlo.
“Devo andare ma se ti prendo…!”
“Sì, sì… Mi accoppi, lo so… Ciao!”
“Ciao!”
Lucia chiuse la chiamata e guardò il cellulare con uno strano senso di colpa.
Non è un segreto!, si disse, Ma è una cosa che non si dice per telefono!
La ragazza prese la foto che si era scattata e raggiunse la libreria.
Tra i volumi c’era un album fotografico camuffato da libro: erano le sue foto.
Lo aprì e iniziò a sfogliarlo lentamente osservando ogni foto e ricordando in che momento e con che sentimento l’aveva scattata.
Le prime erano cupe e buie: tempeste, paesaggi aridi, case abbandonate e foto di lividi erano ovunque…
All’improvviso, però, le immagini cambiavano: la prima immagine diversa era la foto del suo appartamento, vuoto e da riverniciare com’era quando ci era andata a vivere ma pieno di sogni e speranze.
Poi venivano foto di albe, tramonti, nuvole con forme strane e divertenti, coppiette che si baciavano in mezzo alla strada, ragazzi che ballavano alle feste o semplicemente in gruppo, skater che eseguivano acrobazie, break-dancer… Ogni foto era sempre più luminosa e mostrava i limiti, le regole, infranti… Mostravano la libertà che nasceva e cresceva in lei con il passare del tempo…
C’era una sola foto di quelle dei Vendicatori: era Nick, da solo, in piedi alla fine del vicolo che salutava i poliziotti.
Non sapeva che emozione rappresentasse ma sapeva che doveva stare lì dentro perché era la prova tangibile del cambiamento avvenuto in lei.
Seguivano foto di Joe e Betty e poi di Chuck e Nick a quella cena fatta a casa loro.
Sotto quella foto lo spazio era ancora bianco: erano le ultime che aveva attaccato.
Lucia prese la sua foto e la appoggiò con delicatezza sul foglio, la aggiustò bene e poi la fissò agli angoli con lo scotch.
Scrisse la didascalia: La nuova Lucia.
Sorrise poi guardò l’orologio.
Segnava le cinque meno dieci.
La ragazza mise a posto l’album, prese il telefono e andò in cucina a prepararsi una tisana rilassante: acqua calda e succo di limone con un po’ di zucchero.
Mise l’acqua a scaldare tornò in sala senza sapere che fare, il giorno dopo avrebbero dovuto avere per cinque ore lo stesso insegnante che, però, li aveva già avvertiti che avrebbe preso parte allo sciopero organizzato dal sindacato.
Andò in camera, aprì l’armadio e scelse gli abiti da mettere il giorno dopo, tempo totale dell’operazione: cinque minuti di cui tre persi a mettere a posto i vestiti che erano nel cassetto sbagliato.
Tornò in cucina e si versò al tisana ma dovette soffiarci sopra perché era rovente.
Stava bevendo quando suonò il campanello.
Lucia prese in mano il cellulare e lo guardò: erano quasi le cinque.
Chi poteva essere a quell’ora?
La ragazza raggiunse la porta e la aprì con un sorriso che però le morì sulle labbra quando riconobbe l’uomo dietro la porta.
Il tipo era alto più di lei di almeno una testa, indossava abiti anonimi ma lei sapeva che poteva permettersi i vestiti di qualsiasi stilista al mondo.
Lui la fissò negli occhi con furia.
“Guarda un po’ chi si rivede…” disse.
“Che ci fai qui?” rispose la ragazza fingendo una calma che non aveva, “Io non voglio più avere niente a che fare con te!”
“Ma io sì, bastardina!” disse l’uomo tirando fuori una pistola dalla tasca della giacca.
Lucia sobbalzò.
“Sei impazzito?”
“No, sono evaso…” rispose l’uomo facendola voltare e passandole il braccio che non teneva l’arma attorno al collo.
Lucia iniziò a sentire la paura crescere dentro di lei e attanagliarle il cuore mentre il suo patrigno chiudeva la porta alle sue spalle e tirava il chiavistello imprigionandola nel suo stesso rifugio.
“Adesso facciamo i conti…” le sussurrò l’uomo all’orecchio.
Lucia sentì la stoffa della sua giacchetta sfiorarle il braccio e vide l’attaccapanni.
Pregò che fosse una buona idea.
“No!” gridò afferrando gli abiti sopra il mobile in ferro e rovesciando il tutto tra lei e il patrigno.
Corse nella sua camera e chiuse a chiave la porta poi ci mise davanti la sedia e si allontanò andando ad appoggiarsi alla parete opposta.
Sentì l’uomo inveire e scaraventare via quello che probabilmente era l’attaccapanni.
Aprì il cellulare e chiamò il primo numero che trovò, l’ultimo che l’aveva chiamata: Nick.
Nell’altra stanza il suo patrigno distruggeva tutto cercandola e chiamandola con insulti.
Il ragazzo al telefono rispose al primo squillo.
“Ehy!” disse lui allegro.
“Aiuto…” sussurrò Lucia mentre al voce le veniva meno sentendo l’uomo avvicinarsi alla camera.
Non potè dire altro perché l’uomo sparò alla serratura facendola saltare e iniziò ad entrare nella camera.



Spero con tutto il cuore che mi vogliate bene anche dopo questo...
Comunque qualcosa ve l'ho detto: c'è una nuova coppia "mista" al liceo e a minacciare lucia è il suo ex-patrigno...
Il prossimo capitolo eliminerà il problema, promesso!
Spoiler:

"Lucia chiuse la chiamata e lanciò il cellulare sotto il letto, pregando che l’uomo non si accorgesse che aveva telefonato a qualcuno.
La porta si spalancò e lui entrò senza tante cerimonie e la afferrò per i capelli sulla nuca.
La ragazza gridò di dolore mentre lui la trascinava fuori."
Ok, interessa?
Titolo alquanto banale ma non sono riuscita a fare nulla di meglio: Lucia è in pericolo!
Informazione di servizio: qualcuno con le ali farà la sua ricomparsa in questo capitolo, qualcuno di cui mi avete chiesto...

Ringraziamenti ENORMI a: LAMES76, ILOVEWORLD, ANGY EMPTINESS, SHELIVEINAFAIRYTALE, ELIBABY, STAR__, MIONE1986 e GIOBLACK...
Grazie di tutto ragazzi!
A presto!
Ciao ciao!

 

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Capitolo 17
*** Lucia in pericolo! ***




Eccomi di nuovo qui! Ok, ok: chiedo umilmente perdono per i due capitoli che vi hanno lasciato in sospeso...
Adesso risolvo tutto: promesso!!!
La mia dedichina è una cosa a cui tengo: di recente due mie care amiche si sono molto buttate giù per colpa della scuola e una di loro mi ha detto chiaramente che si sentiva inutile...
La mia dedica è per tutti quelli che stanno passando un momento difficile per qualsiasi motivo: il bel tempo torna sempre dopo la pioggia anche quando non sembra, parlo per esperienza...
Premessa: ho dovuto inserire alcune parole volgari, anche se le odio, perchè detesto il personaggio che ho creato come patrigno di Lucia (so che sembra strano), perciò scusate!
A sotto!
Ciao ciao!

Lady Catherine



17.
 
Lucia chiuse la chiamata e lanciò il cellulare sotto il letto, pregando che l’uomo non si accorgesse che aveva telefonato a qualcuno.
La porta si spalancò e lui entrò senza tante cerimonie e la afferrò per i capelli sulla nuca.
La ragazza gridò di dolore mentre lui la trascinava fuori.
“Cosa pensavi di fare, eh?” sbraitò l’uomo, “Ho passato mesi in galera per colpa tua, stronza!”
E la colpì al viso con uno schiaffo.
Lucia perse la forza di pregare.
 
Nick spalancò al porta e uscì dall’appartamento, ignorò totalmente l’ascensore per prendere le scale e poter correre giù.
Arrivò al piano terra e si diresse a rotta di collo verso le porte dell’uscita.
Si fermò davanti a esse, così vicino che la fotocellula le fece aprire, e si chiese che cosa avrebbe potuto fare.
Il secondo dopo era già fuori che correva per le vie diretto all’edificio davanti al Joe’s.
 
Lucia rotolò fino a finire contro la spalliera del divano per il manrovescio ma si tirò a sedere e cercò di sgusciare via.
Non fece che qualche centimetro e l’uomo la riprese torcendole un braccio fino a farle venire le lacrime agli occhi per il dolore e la rimise in piedi.
Si dimenò ancora attirandosi un altro schiaffo che la ferì al viso per via degli anelli e finì di nuovo a terra ma l’uomo non mollò la presa su di lei e le tirò un calcio al fianco.
“Pensavi davvero di risolvere qualcosa?” sbraitava, “Ti sei messa contro al persona sbagliata!”
La ragazza piangeva ma ebbe la prontezza di afferrare i ciondoli che portava al collo col braccio sano.
Chiuse gli occhi mandando la sua richiesta d’aiuto a chiunque la potesse sentire ma lui la vide e le strappò la collana con forza, ferendole il collo.
“Cos’è? Un portafortuna?”
Alzò il braccio e lanciò i ciondoli verso il muro contro il quale sbatterono finendo in mille pezzi.
“NO!” gridò Lucia vedendo la sua unica speranza andare in fumo e protendendosi verso di essa.
 
Nick attraversò la strada senza guardare. Un’auto frenò all’improvviso ma lui non si fermò e si limitò a saltarla posando una mano sul cofano.
Intorno a lui sentiva i clacson di chi lo vedeva passare ma non si fermò un istante, nella sua testa rimbombava un solo pensiero: Lucia è in pericolo!
Corse con tutta la sua energia fino a far pulsare le ferite sulla schiena di un dolore lancinante e ancora più forte rischiando di riaprirle.
Prese tutte le scorciatoie che conosceva ma non si fermò un istante a riprendere fiato.
Corse.
Corse.
Corse.
Fino al Joe’s.
 
Lucia si slanciò sull’uomo che la teneva e gli morse il polso.
L’uomo indietreggiò gridando di dolore e mollò la presa, la giovane si rialzò corse e afferrò i pezzi del ciondolo ma erano freddi, semplice pietra senza più magia angelica.
L’uomo la riprese per i capelli e riprese a schiaffeggiarla urlando.
“Nessuno può mancarmi i rispetto! Nessuno manca di rispetto a John Thrien! Tanto meno una sgualdrina come te!”
In quell’istante Lucia smise di lottare e lasciò cadere le schegge bianche mentre dentro di lei cresceva la consapevolezza che lui l’avrebbe uccisa e poi, probabilmente, l’avrebbe pure fatta franca.
Le lacrime continuarono a scendere limpide dai suoi occhi mentre lui continuava a picchiarla ma iniziarono ad arrivare rosse sul pavimento.
 
Nick si infilò nel vicolo dove i Vendicatori l’avevano pestato e corse fino al portone d’ingresso dell’edificio ma lì si paralizzò nel vedere una figura fin troppo nota sulla soglia dell’entrata.
 
John alzò la mano per colpire la figlioccia con l’ennesimo manrovescio ma la finestra davanti a lui si spalancò e una folata di vento fortissima lo spedì indietro di almeno quattro passi, allontanandolo da Lucia.
La ragazza era in ginocchio sul pavimento e alzò la testa con paura per guardare cosa aveva creato quella folata miracolosa.
Fuori, nel cielo, all’altezza della sua finestra, stava un Angelo.
Lucia guardò quelle creatura incappucciata che aveva ancora le ali davanti a sé dopo il brusco movimento in avanti che aveva fatto fare loro per creare la corrente che aveva interrotto la furia dell’uomo.
La creatura rispose allo sguardo della ragazza con ansia e lei si sentì piena di riconoscenza e sollievo: le pietre avevano portato il suo messaggio fino al suo alleato e l’avevano salvata.
Con un battito d’ali la creatura si portò più in alto della finestra in modo da non essere vista da John che si stava rialzando.
“La tua fortuna è finita, puttana!” disse l’uomo, furibondo, alzando la pistola e puntandola contro la ragazza che si ritrovò premuta contro il davanzale della finestra senza potersi nascondere da nessuna parte.
In silenzio pregò che l’Angelo sapesse cosa stava facendo poi chiuse gli occhi.
 
“MATTEW!” gridò Nick mentre si avvicinava angosciato, “Che ci fai qui?”
“Che ci fai tu qui?! Non eri malato?” chiese il ragazzo sorpreso.
Nick notò che l’amico aveva in mano una rosa rossa e dedusse che era lì per Lucia.
Non è riuscita ad avvertire nessun altro!, pensò con paura crescente.
Non si fermò con Mattew ma spalancò il portone e gli fece cenno di seguirlo.
“Non c’è tempo! Lucia è in pericolo!” gridò.
Mattew non fece più domande, gettò la rosa per terra e iniziò a correre su per le scale.
“Chiami la polizia!” gridò il ragazzo umano alla portinaia sconvolta, “La ragazza della ventinove è in pericolo!”
La donna sembrò esitare ma nessuno dei due giovani pensò di perdere tempo a spiegarle meglio e continuarono la corsa su per le scale.
Nick fu il primo a raggiungere il sesto piano e a vedere la porta chiusa dall’interno.
Iniziò a colpirla a pugni chiamando il nome della ragazza.
“LUCIA!” gridò.
 
“LUCIA!” urlò la voce di un ragazzo da dietro la porta.
La ragazza spalancò gli occhi.
Nick! Era lì! Era arrivato in tempo!
John si voltò un attimo, sorpreso, e lei ne approfittò.
“SONO QUI! AIUTO!” gridò in risposta ma l’uomo le fu subito addosso.
La prese e la spinse avanti quel tanto che bastava per infilarsi dietro di lei, la afferrò con un braccio per la gola e le puntò la pistola alla tempia con l’altra mano.
In quel momento la porta cedette.
 
“SONO QUI! AIUTO!”
Nick sentì una scossa di adrenalina partirgli direttamente dal cervello.
È ancora viva!, pensò.
A quel punto mise totalmente da parte la prudenza, spinse un po’ indietro Mattew che era appena arrivato e tirò un calcio alla porta con tutta la forza che aveva.
I cardini si spaccarono e il legno cadde al suolo con un tonfo, crepato nel punto in cui il Caduto l’aveva colpito.
Nick entrò di corsa e li vide.
L’uomo, umano senza dubbio, teneva Lucia in ostaggio puntandole una pistola alla testa.
La ragazza non sembrava nemmeno più lei: era pallidissima, aveva le labbra spaccate, un taglio su uno zigomo e uno sulla fronte, le usciva un po’ di sangue dal naso ma, in mezzo al rosso, spiccavano nette due linee chiare parallele: la pelle lavata dalle lacrime che aveva versato.
Il ragazzo sentì una furia omicida montargli dentro ma la soppresse, conscio dei rischi che avrebbe corso la sua amica se avesse fatto un gesto avventato.
In mezzo a tutto quel delirio, arrivò la piccola consapevolezza che Mattew non era entrato con lui.
Ma che sta facendo?!, si chiese prima di rivolgere di nuovo tutta la sua attenzione a Lucia.
“Lasciala…” disse piano, controllando la voce.
“Vattene o l’ammazzo!” gridò l’uomo, davanti alla finestra di fronte alla porta.
Nick alzò le mani per mostrare che non aveva niente ma non si mosse.
“Lasciala…” sussurrò, “Che ti ha fatto di male?”
John scoppiò a ridere.
“Che mi ha fatto? Mi ha fatto finire in cella per mesi! Ecco che mi ha fatto!”
Nick sobbalzò comprendendo la situazione: il patrigno di Lucia era tornato per vendicarsi di lei!
“Lei si è solo difesa…” replicò, “Sei tu che le hai fatto del male!”
L’uomo fece un’espressione mezza sorpresa e mezza ironica.
“Ma guarda! Il signorino è informato!” disse sarcastico avvicinando la bocca alla guancia della ragazza, “Ti sei trovata un ragazzo, Lucia?”
Lei voltò la testa e fissò Nick con angoscia.
Aiuto! Aiuto! Aiuto!, gridavano i suoi occhi ma il Caduto non osò muoversi di un passo per non far innervosire ancora di più l’uomo.
“Non sono il suo ragazzo, sono solo un suo amico…” replicò.
I suoi occhi colsero all’improvviso un movimento dove meno se l’aspettavano: sul cornicione, fuori dalla finestra aperta alle spalle dell’uomo, comparve Mattew, in equilibrio perfetto e armato del vocabolario di greco che Lucia aveva prestato alla vicina della stanza ventotto.
“Ma se non la lasci il suo fidanzato te la farà pagare…” concluse Nick cercando di coprire con la sua voce il rumore delle scarpe di Mattew sul cemento.
“Ah, sì?” esclamò l’uomo scoppiando a ridere, “E cosa fa? Mi tira il sonaglietto in testa?”
“No! Il dizionario!” gridò Mattew scagliando con forza il pesante volume sulla testa dell’uomo.
John non ebbe il tempo di reagire e cadde a terra privo di sensi.
Lucia, spaventata, gridò e corse fin tra le braccia di Nick che le stava venendo incontro.
“Shhh…” le sussurrò il ragazzo all’orecchio, “Tranquilla, è tutto finito… Non succederà più… Sei al sicuro ora… Non ti può più fare niente, Lucia… Calmati, su…”
Lucia singhiozzò sempre più piano fino a che il pianto non si ridusse a un silenzioso scendere di lacrime.
La ragazza prese un respiro profondo e, solo allora, si voltò per vedere chi l’avesse salvata.
“Mattew!” esclamò sorpresa e sollevata.
Il ragazzo stava lentamente entrando dalla finestra avendo ben cura di calpestare l’uomo svenuto.
Nick sorrise sentendo il cuore dell’amica aumentare i battiti e sciolse l’abbraccio per farla correre verso Mattew.
Lui l’accolse contro il suo petto.
“Stai bene, Angelo?” le sussurrò.
Nick si trattenne a fatica ma Lucia si lasciò sfuggire una risatina isterica a quell’epiteto.
“Grazie!” mormorò.
“Di niente!” rispose Mattew con dolcezza prima di voltare la testa per guardare John steso a terra, “Chi era quel gran figlio di…”
“Mattew!” lo interruppe Nick, “Lucia odia le parolacce!”
La ragazza si mise a ridere anche se aveva la voce ancora stridula, felice di quella piccola premura.
“D’accordo…” riprese il ragazzo alzando gli occhi al cielo, “Chi era?... Così va meglio?”
Nick annuì e scambiò uno sguardo significativo con Lucia.
La ragazza sospirò.
“Diciamo che è una storia un po’ lunga e un po’ complicata…” disse alzando la testa per guardarlo negli occhi.
Sotto l’edificio, intanto, frenarono in malo modo due auto della polizia e gli agenti si lanciarono di corsa su per le scale.




Bene!
Eccomi qui: spero di avervi soddisfatto...
questo è stato un capitolo un po' lungo e un po' violento ma mi serve...

Chiedo scusa a tutti per l'ansia e spero di aver soddisfatto chi tifa M&L (citazione di SHELIVEINAFAIRYTALE!!!) e prometto ancora un po' di dolcezza per il prossimo capitolo...
Spoiler:
"
Vicolo cieco…, pensò Nick, per una volta senza paura.
Attese.
Una folata di vento improbabile lo fece rabbrividire e gli provocò la pelle d’oca.
Passi alle sue spalle.
Leggeri, aggraziati.
Letali."
Eh, già...
Spero (sì, spero) di avervi (di nuovo) messi sulle spine ;)...
Titolo del prossimo capitolo: La cattura
Grazie!, come al solito, A: LAMES76, ILOVEWORLD, ANGY EMPTINESS, MIONE 1986, GIO BLACK, SHELIVEINAFAIRYTALE, ELIABABY E AI LETTORI SILENZIOSI CHE STANNO AUMENTANDO...
GRAZIE!!!
Detto questo...
A presto!
Ciao ciao!
Lady Catherine

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Capitolo 18
*** La cattura ***




Eccomi!
Scusate il ritardo!
Faccio in fretta: questo cap è per ILIVEINAFAIRYTALE: grazie per il fatto che mi segui perennemente!
A sotto!
Lady Catherine



18.
 
L’agente chiuse il block notes con uno scatto secco e sospirò.
“E, almeno una, l’abbiamo messa a posto evitando la tragedia… Lei è una ragazza fortunata, signorina…” disse guardando Lucia.
La giovane stava seduta sul divano, accoccolata contro il fianco di Mattew che le cingeva le spalle con fare protettivo.
Nick osservava la coppietta da seduto sul bracciolo e sorrideva tranquillo.
“Lo so…” rispose intanto la ragazza al poliziotto.
John era stato portato via ancora privo di sensi su di una barella già da un po’ e gli agenti erano rimasti a fare i rilevamenti del caso e a prendere le deposizioni.
“Uscirà di nuovo?” sibilò Mattew fulminando l’agente con lo sguardo.
Lucia gli aveva raccontato tutta la storia mentre spiegava l’accaduto al poliziotto e il ragazzo non pareva convinto ora che sapeva che l’uomo era già evaso una volta.
“Non credo proprio…” rispose deciso il sergente, “Dopo questo, può scordarsi lo sconto per buona condotta e la libertà vigilata… Inoltre, verrà trasferito in un carcere di massima sicurezza...”
“Bene!” fu la secca risposta del giovane che strinse ancor di più le spalle della fidanzata, come a ribadirne il legame.
“Dubito che tornerà” commentò sarcastico Nick, “ora che sa che Lucia ha un fidanzato armato di dizionario!”
“Ma se è il mio!” replicò la ragazza con un sorriso stentato.
Il medico si era già occupato di lei: le aveva messo un cerotto sul taglio sulla fronte, si era limitato a disinfettare quelli sulle guance e sulle labbra e aveva osservato attentamente il suo braccio per essere sicuro che non si fosse rotto o slogato.
Entrambi i ‘maschietti’ avevano assistito all’operazione uno accanto all’altro a braccia conserte davanti al petto e sguardo corrucciato.
Il dottore aveva riso e aveva detto alla giovane che poteva stare tranquilla finché avesse avuto due guardie del corpo simili.
La tranquillità dei tre era però solo una facciata a beneficio della polizia e della portinaia presenti nell’appartamento: Mattew aveva visto Nick, sapeva che stava benone e che la clinica specializzata non era mai esistita esattamente come la malattia; Lucia voleva a tutti i costi stare da sola per poter recuperare i frammenti del ciondolo e ringraziare il suo speciale salvatore angelico; Nick doveva a tutti i costi sistemare la situazione mettendo tutti al sicuro e inventando una spiegazione.
Martedì gli risuonava in testa come il ritornello di una canzone ma lo faceva sentire come un condannato che posa la testa sul ceppo del boia.
“Beh, noi andremmo signorina… È sicura che se la sente di stare da sola? Non vuole almeno un agente in strada?” chiese ancora il sergente.
Lucia scosse la testa.
“Sto bene così, davvero… Grazie di tutto…” rispose.
“Si figuri! È il nostro dovere!” replicò l’uomo deciso strappandole un grosso sorriso che le fece male alle labbra tagliate.
La ragazza si alzò e fece per accompagnare gli uomini alla porta ma Nick la fermò.
“Tranquilla, faccio io…” disse alzandosi e seguendo gli agenti.
Mattew, intanto, porse a Lucia la tazza con dentro altra tisana che aveva fatto prima, incitandola a berne un po’ per riprendersi.
“Mi scusi…” sussurrò Nick all’agente quando furono sulla porta.
“Dica…”
“Lucia è sempre molto riservata ma credo che non si renda bene conto del pericolo che ha corso: per lei è sempre stato ‘normale’, diciamo, vivere così… Forse sarebbe meglio lasciarle davvero un agente di sorveglianza…” azzardò ben sapendo che se Lucia l’avesse scoperto lo avrebbe fatto a pezzi sul serio.
“La ragazza ha già denunciato il patrigno una volta e ora si è detta disponibile a farlo ancora: non mi pare incapace di capire la situazione…” rispose però l’uomo, “Inoltre, è maggiorenne ed è, per legge, in grado di badare a sé senza che né io né lei ci immischiamo… Capisce?”
Nick annuì, spiazzato dall’atteggiamento dell’uomo che salutò e iniziò a scendere le scale.
 
“Perché ci hai messo tanto?” chiese l’agente scelto al sergente quando salì in macchina, “Cosa voleva il ragazzo?”
“Non lo so…” rispose l’uomo confuso cercando di ricordare che cosa gli avesse detto il giovane dai tratti nordici, “Ha solo ringraziato… Credo…”
“Stanco, eh?”
“Già… Andiamo a casa…”
 
Nick richiuse la porta sbalordito: non si era aspettato certo un simile trattamento!
Tornò dagli altri due ma si paralizzò nel vederli.
Mattew e Lucia si stavano fissando negli occhi con un’intensità che minacciava di far esplodere ogni aggeggio elettrico nell’intero quartiere.
Il Caduto tossicchiò per attirare l’attenzione sentendosi in imbarazzo.
I due sobbalzarono e lo fissarono, entrambi arrossiti.
“Se volete stare soli, non dovete fare altro che chiederlo…” disse malizioso indicando la porta con il pollice.
“Scemo!” gli rispose Lucia.
Nick le sorrise.
“Non mi sembri sorpresa di vederlo…” insinuò Mattew guardando Lucia e gli sguardi si spostarono su di lui, “Tanto più, che hai chiamato lui quando il tuo patrigno è venuto qui...”
Lucia abbassò lo sguardo ma rispose.
“C’è una spiegazione, Mattew,” iniziò, “ma non è affatto logica e non te la posso dire…”
“Beh, grazie della fiducia ragazzi!” replicò lui lanciando uno sguardo accusatorio a Nick, “Pensavo che fossimo amici noi due!”
“Lo siamo, Mattew!” replicò l’altro, sapeva che l’umano non era in grado di restare arrabbiato con qualcuno a lungo ma si sentiva in colpa a liquidare la cosa a quel modo, “Ma, credimi, non posso dirti nulla!”
“Perché? Altrimenti dovresti uccidermi?!”
Nick e Lucia si scambiarono uno sguardo a quell’affermazione che a Mattew non sfuggì.
Il ragazzo sbiancò.
“Ma in che razza di guaio ti sei ficcato?!” sussurrò.
Nick prese un respiro profondo e aprì al bocca per parlare ma si paralizzò.
Martedì…
“Lucia…” mormorò, “Devo andarmene…”
La ragazza lo guardò confusa tanto quanto Mattew che osservava la scena in silenzio.
Nick non disse altro ma andò alla porta e la aprì.
Si fermò sulla soglia con un moto d’incertezza.
“Raccontagli tutto…” disse in un soffio.
Lucia sobbalzò ma capì.
“Sei sicuro?” chiese soltanto.
Nick annuì, poi uscì e si chiuse la porta alle spalle prima di partire a razzo giù per le scale.
“Spiegarmi cosa?” chiese a quel punto Mattew, pallido in volto.
Lucia sospirò e gli porse la sua tazza di tisana rilassante.
“Bevi!” ordinò.
Il ragazzo obbedì docilmente…
Alla fine della spiegazione la tazza era già vuota da un pezzo…
 
Nick si fermò e fissò il semaforo, indeciso.
L’incrocio era trafficato e il ragazzo si sentiva come in uno di quei film in cui il protagonista sta immobile in mezzo agli altri che corrono a destra e sinistra e non lo vedono nemmeno.
Il rosso lo teneva fermo in mezzo a quel movimento che gli era totalmente estraneo.
Si ritrovò a osservare una donna con una carrozzina che camminava dall’altro lato della strada chiedendosi a cosa stesse pensando, quali fossero i suoi problemi normali, umani.
La donna accarezzò il volto del bambino nel passeggino e sorrise ma sembrava preoccupata.
Il piccolo starnutì.
Fu come svegliarsi all’improvviso per il ragazzo.
Intorno a lui si svolgevano centinaia di vite che si intrecciavano a loro volta con altre migliaia, probabilmente tutte diverse tra loro.
Persone con sogni, speranze, paure e problemi…
Tutte cose umane, esistenze mai stravolte dall’arrivo di angeli di un qualsiasi tipo…
Pensò a Joe, Betty e Chuck che erano caduti per vivere liberi e erano finiti rinchiusi nel Fallen’s con lui…
Pensò a Lucia che sognava la sua vita, l’Università, un bel lavoro lontano da chi l’aveva fatta soffrire e che era costretta a tenere segreti enormi per nascondersi dai Vendicatori…
Pensò a Mattew che stava scoprendo tutto dalla sua ragazza e che sarebbe rimasto invischiato in quella storia come tutti gli altri…
Pensò a Miriam che aveva aspettato invano per cento anni e che continuava a farlo, indecisa se ‘saltare’ o meno giù da casa sua e auto-condannarsi all’esilio…
Aveva trascinato con sé nella sua pena chiunque gli si fosse avvicinato…
E forse aveva davvero tirato troppo la corda…
Forse, da un momento all’altro, qualcuno di immortale si sarebbe potuto introdurre nella vita di uno di quegli umani e sconvolgerla per puro divertimento: poteva essere un Demone che attaccava la donna con il passeggino, così come una Caduta che sorrideva senza problemi all’uomo con il giornale seduto al bar dell’angolo o poteva essere un Angelo che salvava la sua bimba-protetta da un automobilista ubriaco…
Indipendentemente dal caso, la loro vita sarebbe stata capovolta e spazzata via…
Oppure no…
Forse nessun Demone avrebbe fatto ammalare il bimbo nel passeggino, nessuna Caduta sarebbe andata a lavorare in quel bar e nessun Angelo sarebbe stato costretto a intervenire…
Ma quelle persone avrebbero corso il rischio senza saperlo perchè continuavano a passargli accanto…
Erano estranee al soprannaturale eppure vi vivevano accanto, erano innocenti e inconsapevoli ma sarebbe potuto essere un massacro ugualmente…
I telegiornali avrebbero parlato di un attentato e nessuno si sarebbe mai sognato di pensare che i responsabili stessero volando nel Cielo sopra le loro teste, nascosti dalle nuvole…
Scattò il verde e la gente iniziò ad attraversare.
Nick rimase fermo, paralizzato dalla consapevolezza di essere un bersaglio mobile che poteva costare la vita a centinaia di persone che nemmeno erano nate quando quella caccia era iniziata…
Scattò di nuovo il rosso.
Nick si voltò e diede le spalle al Fallen’s.
Raggiunse la via dalla quale era arrivato e trovò senza difficoltà il vicolo che aveva visto all’andata.
Entrò e ne raggiunse la fine poi svoltò a sinistra.
Quattro metri, forse cinque, poi un muro chiudeva la strada.
Vicolo cieco…, pensò Nick, per una volta senza paura.
Attese.
Una folata di vento improbabile lo fece rabbrividire e gli provocò la pelle d’oca.
Passi alle sue spalle.
Leggeri, aggraziati.
Letali.
Qualcuno gli si accostò da dietro e gli mise le mani sulle spalle, dita affusolate con unghie limate e curate lo strinsero in modo possessivo.
Nick sentì i seni della donna premergli contro la schiena mentre lei si alzava in punta di piedi per accostargli le labbra all’orecchio.
“Ottima scelta…” sussurrò a bassa voce, morbida e sensuale.
Ingannatrice.
Nick sospirò.
La donna rise, piano.
L’ultima cosa che il Caduto sentì fu un dolore intenso alla nuca.
Poi…
Buio.


Come avevo detto: mi servivano i capitoli precedenti: Nick ha fatto un errore, è uscito dal Fallen's, ma si è consegnato da solo...
A chi però?
Spoiler:
"
Qualcuno (non so chi) disse che un bacio era un apostrofo rosa tra le parole t’amo…
Io te ne ho dati due ma non ho avuto il coraggio di dirtelo, così lo faccio ora: TI AMO…

Mattew
"
Titolo: Passo falso.
Non so cosa aggiungere se non: alla prossima!
Ma prima i miei soliti grazie a chi mi segue, sono di corsa e non posso elencare i vostri nomi ma, raagzzi, vi adoro con tutto il cuore!
Non abbandonatemi!
A presto!
Ciao ciao!

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Capitolo 19
*** Passo falso ***




Eccomiiiiiiii!!! Sono ufficialmente in ritardo e sto sfruttando il computer di una mia amica quindi scusate gli eventuali cambiamenti e ringraziatela (mi sta costringendo a scriverlo)... Dedichina: all'amica 1 che mi ha prestato il computer e sta morendo dal ridere e all'amica 2 che sta qui a sopportarmi nonostante So che mi vuole uccidere!!!
VI ADORO RAGAZZE!!!!
Detto questo...
A sotto!

Lady Catherine

 


19.

Mattew strinse le dita attorno alla tazza fissando il vuoto davanti a sé, ancora perso nelle immagini violente che la sua mente aveva creato passo passo con il racconto di Lucia su Nick.

La ragazza tornò da lui, in salotto, dalla cucina con in mano la teiera e gli versò ancora un po’ della tisana, come lui aveva chiesto.

Il ragazzo sobbalzò quando il liquido caldo rese bollente anche il contenitore.

“Scusa…” mormorò Lucia.

Mattew posò la tazza sul tavolino con un sospiro e poi si passò una mano sul viso.

“No, scusa tu… Sono un po’ scioccato…” ammise.

La ragazza gli si sedette accanto e gli mise una mano sulla spalla.

“È normale… Chiunque rimarrebbe un po’ scioccato…” disse dolcemente.

“Tu no…” replicò lui.

La ragazza alzò le spalle sentendosi sulle spine: sapeva che era stato un passo falso.

“Forse perché ci ho sempre creduto…” rispose cercando di essere sincera pur omettendo i dettagli, “Quando si vive in una determinata situazione si ha bisogno di una speranza…”

Mattew annuì.

Mi spiace… Mi spiace tanto mentirti, se puoi perdonami…, gli rivolse la ragazza.

Rimasero fermi e in silenzio per un po’ poi lei si alzò e raggiunse il muro.

Si inginocchiò a cercare i pezzi della sua collana con un misto di tristezza e sollievo: tristezza perché non avrebbe più potuto parlare con l’Angelo, sollievo perché non doveva più portare addosso la prova delle bugie che stava rifilando a Nick e agli altri.

Non trovò i pezzi così si mise a gattoni per guardare dietro i mobili.

“Cerchi la collana?” la interruppe Mattew, “Guarda che è lì… Aspetta te la prendo…” finì il ragazzo raggiungendo il ciondolo e prendendolo.

“No, aspetta!” cercò di fermarlo lei ma era troppo tardi: il ragazzo aveva già in mano i due ciondoli, intatti, e li fissava sbalordito.

“Erano a pezzi…” mormorò come se stesse parlando solo con sé stesso, “Li ho visti… Anche il poliziotto ha detto che erano andati distrutti…”

Lucia ammutolì.

Mattew si voltò verso di lei con espressione guardinga, una domanda nello sguardo.

La ragazza non rispose ma cercò di riprendere la collana.

“Dammela…” ordinò quando lui allontanò il braccio da lei.

“Cos’è?” chiese lui sospettoso.

Lucia sospirò e lasciò cadere le braccia.

“Mattew, devi fidarti di me: non posso dirtelo…” sussurrò

“Perché? Nick ti ha detto di raccontarmi tutto…” rispose lui.

La ragazza rimase ferma a capo chino, in silenzio aspettando che Mattew capisse.

“Oh…” sussurrò lui quando capì, “Non lo sa…”

Lucia scosse la testa.

“È una cosa che devo fare da sola…” disse alzando al testa e fissando il ragazzo dritto negli occhi.

Per un istante, lui pensò di non restituirle affatto la collana: come poteva fare qualcosa da sola? Bastava guardarla: piena di tagli, graffi, con un cerotto sulla fronte e gli occhi gonfi e rossi per il pianto…

Sembrava così fragile…

Poi la guardò negli occhi e vi lesse una forza d’animo enorme…

In quell’istante capì che lei avrebbe potuto fare qualsiasi cosa…

Lentamente le passò i ciondoli. Lucia allungò la mano per prenderli nel palmo del ragazzo ma lui strinse le dita prendendola.

“Se avrai bisogno di aiuto, potrai sempre contare su di me…” mormorò prima di lasciarla andare.

I due si guardarono negli occhi.

Il campanello suonò e Lucia si diresse ad aprire senza staccare lo sguardo da Mattew.

Aprì e si trovò davanti la portinaia.

La donna le sorrise con dolcezza e le chiese come si sentisse.

Lucia le rispose in modo cortese e con il sorriso sulle labbra.

“Credo che questa sia per lei…” disse alla fine la donna porgendole un involucro di carta trasparente e sorridendo mentre se ne andava.

Lucia girò sorpresa il dono per vedere cosa fosse si immobilizzò: nella carta stava una rosa rossa bellissima.

Un petalo era un po’ rovinato e stava cadendo via dal fiore ma per il resto era stupenda.

La ragazza rimase ferma.

“Mi spiace…” mormorò Mattew alle sue spalle, “Quando ho visto Nick correre su l’ho gettata a terra… Deve essersi rovinata…”

Lucia non lo degnò di uno sguardo ma prese il piccolo biglietto e lo aprì.

Sopra qualcuno aveva scritto con l’inchiostro nero:

 

Qualcuno (non so chi) disse che un bacio era un apostrofo rosa tra le parole t’amo… io te ne ho dati due ma non ho avuto il coraggio di dirtelo, così lo faccio ora: TI AMO…

Mattew

 

Lucia non fu in grado di muoversi per un bel po’ mentre quelle parole le entravano dentro e si piazzavano nel suo cuore con l’intenzione di restarvi per sempre.

“Anch’io…” mormorò.

Mattew sobbalzò, preso alla sprovvista.

“Anche tu cosa?” chiese.

“Anch’io ti amo…”

Lucia si voltò lentamente verso il ragazzo, la rosa tra le braccia e il viso pallido.

Mattew iniziò a respirare più velocemente mentre capiva.

I due si avvicinarono senza osare toccarsi fino ad arrivare a un soffio l’uno dall’altro.

Per la prima volta, fu Lucia a prendere l’iniziativa iniziando il bacio più lungo che i due si fossero mai dati.

La ragazza guardò Mattew negli occhi.

“Mi mancavi…” disse.

“Anche tu…” rispose l’altri ironico.

I due si abbracciarono.

 

“Nick?” chiamò Joe per l’ennesima volta aprendo la porta della terrazza.

Vuota.

Scese al piano del loro appartamento e vi trovò Betty con le mani a stringersi le braccia, spaventata.

“Allora?” chiese la donna, “L’hai trovato?”

Joe scosse la testa sconsolato.

“Niente…”

Chuck arrivò dalle scale dopo aver cercato in tutti i piani sottostanti.

“Nulla nemmeno io…” disse sotto gli sguardi degli altri Caduti.

“Oddio!” mormorò Betty prendendosi il viso tra le mani.

Joe le strinse le spalle.

“Vedrai che lo troveremo…”

“No… No…” singhiozzava la donna.

Chuck entrò nella stanza e ne riemerse poco dopo.

“Che c’è?” gli chiese Joe vedendolo trafficare con qualcosa.

“Il cellulare di Nick… C’è una chiamata di Lucia durata solo cinque secondi…” disse l’uomo alzando al testa dal telefono verso i compagni.

“Chiamala!” esclamò Betty, le guance rigate dalle lacrime, “Forse lei sa dov’è!”

 

Il cellulare di Lucia iniziò a squillare sul tavolino facendo sobbalzare i due ragazzi ancora abbracciati.

La ragazza corse al telefono e lesse il numero.

“È Nick…” commentò sorpresa, “Nick, che c’è?” chiese rispondendo.

“Non sono Nick, Lucia, sono Chuck…”

“Oh… Ciao… Tutto bene?”

“Più o meno… Sai dov’è Nick?”

“Come dov’è? Non è con voi?” chiese lei stupita.

“No, lo cerchiamo da ore!” mormorò l’uomo in risposta e nella voce stava tutta l’ansia del mondo.

La ragazza guardò l’orologio: sei e mezza.

Nick avrebbe dovuto essere al grattacielo già da tempo.

“Vi raggiungiamo!” disse la ragazza agitata prima di chiudere la comunicazione.

“Che succede?” chiese Mattew preoccupato.

“Nick è sparito… Non è mai tornato al Fallen’s!” gli rispose lei correndo verso al porta.

Il ragazzo le fu dietro in un baleno.

 

Mattew era andato da Lucia facendosi prestare la macchina dal padre e così i due raggiunsero il grattacielo in poco tempo.

Scesero e entrarono nella Reception di corsa, trovandovi Chuck, Joe e Betty decisamente agitati.

“Lucia!” esclamò la donna correndole incontro, ignorando il ragazzo.

“Dov’è Nick?!” esclamò Joe raggiungendole.

“Non lo so!” rispose la ragazza.

“Che ci fa lui qui?!” esclamò invece Chuck, sorpreso, indicando Mattew.

 

Lucia spiegò al situazione in fretta.

“È partito da casa mia che saranno state le cinque e mezza… Sarebbe dovuto già essere qui!” mormorò alla fine.

I tre Caduti si guardarono tra loro, sorpresi.

“Sono sicuro che c’è una spiegazione…” mormorò Chuck.

“Sì…” sussurrò a bassa voce Betty ma era chiaro che stava solo cercando di convincersi.

Lucia si sentiva sciocca, non aveva capito quanto alto fosse il rischio che correva Nick e, se le cose stavano come pensava, era tutta colpa sua.

“Adesso calmiamoci…” disse Joe, “Sono sicuro che andrà tutto bene… Voi due” disse rivolto ai ragazzi umani, “è meglio se andate a casa… Noi potremo muoverci più liberamente se non vi avremo tra i piedi… Senza offesa…”

Mattew annuì.

“Fateci sapere…” disse, pallido.

Lucia invece rimase zitta.

“Tranquilla…” le disse Chuck avvicinandosi e mettendole una mano sulla spalla, “Nick se la caverà…”

“Come?” mormorò lei affranta.

“Non lo so… Ma dobbiamo continuare a credere che…” stava dicendo lui ma le posò una mano sul cuore e, nel farlo, sfiorò i ciondoli che portava al collo.

Saltò all’indietro, sorpreso.

“Che hai?” chiese Joe stupito.

“Sono bollenti!” esclamò il Caduto.

Lucia indietreggiò d’istinto per impedire all’uomo di toccare di nuovo al collana ma lui la fermò.

Chuck teneva gli occhi sgranati fissi sulle due metà del cuore bianco.

Annusò e si irrigidì.

“Polvere d’Angelo…” mormorò calcando la voce sulla A maiuscola della parola…

Tutti gli sguardi si puntarono su Lucia.


Alloooora...
(Si inginocchia e supplica) Non ammazzatemi!!!
Tra poco molte cose saranno chiarite...
Spoiler: Lucia, l'Angelo e Mattew tenteranno di salvare Nick, ma ce la faranno???
GRAZIE A TUTTI QUELLI CHE MI RECENSISCONO E A QUELLI CHE MI SEGUONO DALL'INIZIO!!! GRAZIE A TUTTI!!!
A presto!

 

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Capitolo 20
*** Le apparenze ingannano ***




Ehyyyyy!
Sì, sono tornata con il capitolo...
So di aver lasciato tutti un po' in ansia e mi spiace dover dire che mi toccherà farlo molto spesso d'ora in poi...
Ci avviciniamo alla resa dei conti...
Ok, vedo sguardi assassini perciò finisco e vi lascio in pace (per un po')...
Dedichina, ina, ina: A quell'amica pazza che volteggia sul trapezio e in sella al cavallo perchè è sempre lì che mi sopporta e un enorme IN BOCCA AL LUPO!!! a quella ragazza che Domenica farà la sua prima gara di salto a ostacoli... Non faccio nomi, ma sapete che siete voi! Vi voglio troppo bene!
A sotto!

Lady Catherine
 




20.
 
“Sciocchezze!” esclamò Betty, “Sarà la Polvere nostra o di Nick! Nel caso te lo fossi scordato, Chuck, lei è sempre con noi!”
Chuck continuava a fissare l’umana mentre il suo cervello elaborava.
“Nick non ha le ali! Non produce più la Polvere e noi non le abbiamo mai spiegate davanti a lei!” replicò lui brusco prima di voltarsi verso Lucia, “Hai creduto alla storia degli Angeli senza battere ciglio anche se era inverosimile per te, hai creduto a Nick, sei comparsa il giorno dopo all’Anniversario quando lui era più debole, hai fotografato i Vendicatori e loro non ti sono venuti a cercare, sei entrata nel locale quando c’erano anche gli Angeli e neanche a quel punto loro ti hanno dato la caccia, sei arrivata al Fallen’s dal tetto…”
Betty impallidiva a ogni pezzo che Chuck faceva combaciare con gli altri e Joe rimase in silenzio totale, scioccato.
“Avevi entrambi i numeri di Nick anche se non te li aveva dati lui…” rincarò Chuck, “C’era la Polvere d’Angelo nella tua stanza ed eri l’unica con Nick quando lui credeva di aver visto qualcosa fuori dalla finestra…”
“Chuck, non è come sembra!” tentò la ragazza ma lui non l’ascoltava.
“Lo hai chiamato con una telefonata di soli cinque secondi e l’hai fatto uscire dal Fallen’s oggi che i Vendicatori potevano prenderlo perché non è Domenica!”
“Lucia…?” tentò Betty supplichevole.
La ragazza si voltò verso di lei ma vide chiaramente che nessuno le credeva più.
“Betty, io non c’entro niente con la sparizione di Nick!” tentò comunque mentre le lacrime iniziavano ad addensarsi.
“Ah no?” esclamò Chuck, arrabbiato, “E come mai hai la Polvere d’Angelo addosso assieme al Contatto?”
“Contatto?” si intromise Mattew stupito.
Joe indicò i ciondoli di Lucia.
“Si tratta di un oggetto impregnato di magia angelica: di solito permette a chi lo possiede di contattare l’Angelo che l’ha forgiato… Credevo che non ne esistessero più dai tempi della Caduta…” spiegò l’uomo.
Lucia li ignorò.
“Chuck, so come sembra ma non stai capendo niente!” esclamò cercando una via d’uscita da quella storia.
“E allora com’è?” chiese l’uomo.
“Non posso, Chuck!” gridò Lucia.
La discussione iniziò a attirare gli sguardi stupiti dei Nephilim e dei Caduti presenti nella sala che iniziarono a scrutare il gruppo con apprensione e sospetto.
“Allora te lo dico io com’è andata! Hai venduto Nick ai Vendicatori!” urlò Chuck fuori di sé.
“NO!” gridò la ragazza iniziando a piangere ma sapeva che non sarebbe servito: Chuck era troppo furioso per crederle, Betty troppo spaventata e Joe troppo scioccato.
“Non ti credo” fu infatti la lapidaria risposta di Chuck che si voltò e si allontanò senza più dire una parola.
Betty si accostò un istante alla giovane.
“Spiegami…” la implorò ma Lucia girò la testa dall’altra parte.
Non poteva farlo, non poteva spiegare a quella Caduta che si era accordata con un Angelo né perché lo aveva fatto…
Betty non avrebbe sopportato il colpo.
La donna iniziò a versare lacrime silenziose mentre voltava le spalle alla ragazza e, con Joe, seguiva Chuck.
Lontano.
Lucia si girò e scappò via, senza aspettare Mattew.
Corse senza fermarsi ma non lo fece per molto.
Appena il ragazzo fu troppo indietro per vederla si infilò in una stradina laterale.
Non ci fu bisogno nemmeno di sfiorare il Contatto: appena svoltò la curva, le braccia esili e forti dell’Angelo le cinsero la vita e le fecero staccare i piedi dal suolo senza che il movimento si interrompesse.
Lucia vide la città sotto di lei ed ebbe la certezza che nessuno poteva vederla ma questo la fece sentire più sola e lontana da tutti.
Per la prima volta, rimpianse di aver detto ‘sì’ all’Angelo, aveva sempre saputo i rischi che correva a prendere parte a un piano come quello ma non si era certo immaginata che le avrebbe fatto così male.
Continuò a piangere silenziosamente mentre la creatura la portava fino a casa sua a una velocità inaudita.
Quando i suoi piedi toccarono di nuovo terra era sulla terrazza del suo palazzo.
Si liberò dall’abbraccio e corse alle scale.
“Lucia…” le arrivò debole alle orecchie quando l’Angelo la chiamò ma non tornò indietro.
Raggiunse il suo piano, aprì al porta di casa sua ed entrò sbattendola.
 
Nick iniziò a riprendere i sensi lentamente.
La prima cosa di cui si accorse fu il buio, la seconda la benda che gli chiudeva gli occhi.
La testa gli girava come se fosse stato ore su una giostra e, a sprazzi, gli pareva di vedere lampi di luce.
Quando la vertigine iniziò a placarsi, sparirono anche quelli e gli permisero di ragionare e pensare lucidamente.
Era in ginocchio, con le mani legate dietro la schiena con delle catene dure molto calde che poi si attaccavano al pavimento, impedendogli di alzarsi.
Tentò di liberarsi ma si rese conto che qualcuno le aveva cosparse con Polvere d'Angelo, rendendole resistenti alla forza fisica di un'altro Angelo, a maggior ragione di uno debole e stordito.
Con calma decise di fermarsi e di cercare di capire.
Punto uno: era vivo… Buona notizia…
Punto due: non avrebbe dovuto esserlo… Perché?
Che cosa volevano da lui i Vendicatori per tenerlo in vita? Non sarebbe stato più semplice, per loro, buttarlo all’Inferno o fargli la festa subito, mentre era privo di sensi?
Iniziò a pensare che volessero prima fargliela pagare per essere riuscito a farla franca così a lungo ma poi si disse che non aveva senso legarlo e imbavagliarlo: se erano in tre, che speranze aveva? E poi si era arreso…
No, qualcosa non quadrava.
Nick cercò di concentrarsi e di ricordare chi l’avesse stordito: era sicuro di aver riconosciuto la voce…
Poi il ricordo delle unghie che lo pungevano anche attraverso la maglietta e dei seni che gli premevano sulla schiena lo colpì come un pugno…
Sapeva chi si era preso la briga di ridurlo così: prigioniero e inerte…
Umiliato.
La paura lo attanagliò al cuore…
Se aveva ragione, non se la sarebbe cavata in fretta ma lo avrebbero ucciso lentamente…
Passi risuonarono attorno a lui, frusciando contro un pavimento duro e riempiendo lo spazio con la loro eco.
Sembrava di essere in una segreta medioevale, fredda e fatta di pietra.
Sentì i suono inconfondibile di un paio di piedi femminili, più silenziosi degli altri, avvicinarsi a lui.
Provò un brivido freddo lungo la schiena ma si impose di nasconderlo.
Ora i piedi dell’Angelo erano davanti al suo viso.
“Zira…” mormorò a bassa voce.
In risposta, ricevette un calcio nello stomaco.
 
Lucia appoggiò la schiena contro la porta e si lasciò scivolare contro di essa, singhiozzando.
Si portò le ginocchia al petto e vi nascose dentro la faccia.
Si vergognava di sé stessa: le avevano dato un compito semplicissimo e aveva fallito.
Non era riuscita ad allungare i tempi per tenere Nick al sicuro quel tanto che bastava perché gli altri fossero pronti.
Passi lievi si mossero davanti a lei.
“Non dovresti lasciare la finestra aperta quando esci…” mormorò l’Angelo ma la sua voce era troppo triste perché la frase sembrasse davvero una battuta.
“Ho rovinato tutto…” singhiozzò la ragazza senza alzare la testa.
La creatura si inginocchiò davanti a lei.
“Non è vero…” sussurrò dolcemente, “Hai fatto più di quanto potessi… Senza di te sarebbe finito tutto molto prima…”
“È a questo che servivo?” gemette la ragazza alzando la testa di scatto, “A guadagnare qualche giorno?”
L’Angelo attese pazientemente che si sfogasse.
“Ascolta…” sussurrò poi, “Non è ancora finita…”
Lucia sgranò gli occhi.
“Come?” chiese stupita.
“Non è ancora finita…” ripeté la creatura con determinazione, “Nick è ancora vivo e c’è una possibilità di salvarlo…”
“Perché lo dici a me? Io non servo a nulla…”
“Non è vero, Lucia! Se non mi aiuti, Nick morirà! Scegli!”
Lucia si morse il labbro.
“C’è una speranza?” chiese.
L’Angelo, più calmo, annuì.
“Ma…?” incalzò la ragazza.
“Ma io non posso avvicinarmi…” sospirò la creatura, “Zira sta sfruttando un incanto che mi impedisce di raggiungerla, così come lo impedisce a tutti gli Angeli…”
Lasciò un istante di silenzio per permettere a Lucia di capire.
La ragazza respirò veloce quando capì.
“Ma non ferma gli umani…” mormorò.
L’Angelo annuì.
“So di chiederti molto: Lucia, se tu riesci ad entrare e a portare con te questi…” disse sfiorando con le dita i ciondoli che facevano da Contatto tra loro due, “Potrei riuscire a raggiungerti…”
Lucia toccò le pietre con le dita che tremavano.
“Cosa dovrei fare?” sussurrò.
“Adesso ti spiego…”
 
Nick si ripiegò su sé stesso per il colpo.
Una risata dolce sembrò scivolargli accanto.
Il ragazzo strinse le labbra per chiudersi la bocca, aveva capito il messaggio: totale silenzio.
Non sapeva cosa stesse per accadere ma era certo che avrebbe tanto voluto poter sapere perché stava per succedere.
“Vuoi delle spiegazioni, vero?” mormorò tranquilla la voce della sua carnefice.
 
“È pericoloso…” sussurrò l’Angelo ma Lucia aveva già preso al sua decisione prima ancora di sentire il piano.
“Sai che lo farò…” disse seria in risposta.
Si era asciugata le lacrime e si era promessa che non ne avrebbe fatte cadere più fino alla fine di quella storia.
“Lucia, non è una cosa da prendere sottogamba!” replicò la creatura con durezza, “Potresti morire…”
“Hai detto bene, angioletto bello!” replicò Lucia alzandosi, “Potrei! Condizionale presente! Ciò significa che potrei anche non morire! Ora dimmi: quante speranze ha invece Nick se non lo faccio?”
La creatura sospirò.
“Nessuna…”
“Bene, allora siamo d’accordo!” borbottò la ragazza acchiappando al volo le foto dei Vendicatori.
“Lucia, se Zira sente la presenza della mia Polvere d’Angelo o percepisce il Contatto, ti ammazzerà sul posto… Lo sai, vero?”
“Vogliamo stare qui ancora molto?” replicò la ragazza.
La creatura alzò gli occhi al Cielo.
“Giusto il tempo che il tuo umano ci raggiunga… Sempre che non muoia di crepacuore salendo le scale…” commentò poi piantando gli occhi senza pupilla in quelli di Lucia.
“Il mio umano?” chiese scioccata poi ricordò, “Santo Cielo, Mattew!”
Corse ad aprire la porta e rischiò di prendersi un pugno in faccia quando il ragazzo cercò di bussare.
Il giovane sembrava distrutto.
“Sesto piano…” ansimò, “Un bel modo per fare ginnastica…”
Lucia lo fece entrare e lui stava per aprire bocca per dire qualcosa quando vide l’Angelo, tranquillamente in piedi nel bel mezzo del salotto.
Qualsiasi cosa volesse dire si risolse in un: “Oh, mio Dio!”



Dunque, dunque, dunque...
Ci siamo quasi: l'Angelo (che credo qualcuno abbia già "svelato") è diventato una presenza "fisica" ed è ora che anche i nostri due umani facciano la loro parte...
Nick? Cosa gli succederà?
Come fermare Zira?
Risposta semplice: non ve lo dico! ;P...
A parte gli scherzi...
Spoiler: "All’inizio, sembrò che volesse fargli una carezza poi, però, l’Arcangelo strinse le dita come artigli e graffiò il viso del Caduto con le unghie fino a farlo sanguinare.
Nick gridò di dolore.
“Fatto male?” chiese ironica lei prima di avvicinargli la bocca all’orecchio, “Io non devo niente a nessuno, tanto meno a una nullità come te…”
"
Titolo: In azione...
Beh...
A voi come interpretarlo :)...
I miei soliti ringraziamenti sono per: LAMES76, ILOVEWORLD, ANGY EMPTINESS, STAR__, GIO BLACK, SHELIVEINAFAIRYTALE, MIONE 1986 E PARISSA...
Grazie di cuore...
A presto!
Ciao ciao!

Lady Catherine

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Capitolo 21
*** In azione ***




Ehy!!!
Scusate il ritardo ma ieri ho dovuto combattere strenuamente contro un dannatissimo virus...
Alla fine l'ho spuntata!
Bene, vi lascio al capitolo...
Dedichina: sono stata ad un concorso e, al mio ritorno, ho sentito fortissima l'amicizia dei miei compagni... A voi ragazzi perchè, finchè ci siete, io vinco sempre!
A sotto!

Lady Catherine


21.
 
Lucia fissò Mattew negli occhi senza distogliere lo sguardo mentre lui faceva schizzare il suo dall’Angelo alla ragazza e viceversa.
“Lucia...?” gemette stordito.
“Non c’è tempo, Mattew” replicò lei gelida.
“Che significa?” chiese ancora lui, spostandosi a fissare l’Angelo.
“Significa che siamo in partenza…” rispose la creatura con lo stesso tono della ragazza.
“Per dove?”
“Ma non la smette mai di fare domande?” chiese l’Angelo rivolgendosi a Lucia.
“Come se tu non lo sapessi…” rispose la ragazza spostandosi verso il mobile libreria e prendendone una busta gialla formato protocollo.
Mattew la fissò infilarvi dentro le foto senza prendersi la briga di dare al suo viso una sola espressione.
“Vengo con voi…” disse senza esitazione.
Lucia lo guardò stupita poi fissò Angelo: era impenetrabile.
La ragazza alzò le spalle.
“Come vuoi… Tanto aspetti fuori…” rispose.
“Cosa?!” esclamò il ragazzo sorpreso, “No, ascolta…”
“Mattew” lo chiamò la creatura, “Lucia deve fare da sola… Tu ci servi per altro…”
“Altro?”
Lucia sospirò.
“Lascia perdere: ho imparato che chiedere serve a poco… Ti spiegherà tutto a ‘tempo debito’!” borbottò.
Mattew annuì ma non pareva convinto.
 
“Che cosa vuoi fare?” chiese Nick.
Zira gli girava intorno, lo capiva dal suono dei suoi piedi sul pavimento, come un predatore che sta per saltare addosso alla sua preda.
La donna rise.
“Sicuro di volerlo sapere?” chiese maliziosa.
“Che cosa ho fatto? Ecco cosa voglio sapere! Questo almeno, me lo devi!” esclamò il ragazzo protendendosi in avanti quel tanto che gli era concesso dalle catene.
Zira si abbassò davanti a lui e gli mise una mano sulla guancia.
All’inizio, sembrò che volesse fargli una carezza poi, però, l’Arcangelo strinse le dita come artigli e graffiò il viso del Caduto con le unghie fino a farlo sanguinare.
Nick gridò di dolore.
“Fatto male?” chiese ironica lei prima di avvicinargli la bocca all’orecchio, “Io non devo niente a nessuno, tanto meno a una nullità come te…”
Il ragazzo rabbrividì e la donna si rialzò di scatto riprendendo a muoversi intorno a lui.
“Semmai sei tu che mi devi qualcosa…” continuò.
“Cosa?” replicò il ragazzo sentendo la rabbia crescergli dentro.
“Mi hai umiliata, Nick… Io non perdono, lo sai…”
Il Caduto mise da parte la prudenza per la furia.
IO ti ho umiliata!” gridò, “Non sono stato io a metterti in ginocchio e a strapparti le ali come se fossi un animale!”
La donna si fermò, evidentemente contrariata.
“Non mi provocare…” sibilò.
“Perché?! Altrimenti?!” urlò ancora il giovane ignorandola, “Cos’altro vuoi portarmi via?! Non ho più niente! Credi che me ne importi qualcosa se mi ammazzi?! Beh, ti sbagli! E, tanto per la cronaca: ti ritengo la creatura più ributtante del creato! Sei la donna più perfida e crudele che abbia mai conosciuto e se è per averti respinto che sono caduto, allora ne vado fiero e lo rifarei altre mille volte!”
Zira gli mollò un calcio al fianco.
“E adesso?” chiese gelida, “Che te ne fai della tua sciocca fedeltà alla tua Miriam se ora morirai senza neanche vederla? Quella stupida non ti merita…”
“Miriam è un Angelo come tu non sarai mai!” gridò il ragazzo furibondo.
La donna iniziò a tempestarlo di calci con un grido di rabbia, furiosa oltre ogni limite.
Quando smise, Nick pendeva verso sinistra, tenuto ancora fermo dalla catena, e respirava appena. Sentiva chiaramente il gusto salato del sangue in bocca e sapeva di averlo nel naso perché riusciva a respirare solo con molte difficoltà.
Zira ansimava per lo sforzo ma si calmò, dominò il respiro, il cuore e la voce e, infine, tornò glaciale.
“Se pensi che ne sia valsa la pena pur di fare la figura dell’eroe che difende la sua bella, ti sbagli di grosso!” sibilò.
Poi i suoi passi si allontanarono.
Nick rimase solo nel buio.
 
La macchina di Mattew era silenziosa e, soprattutto, veloce.
Con il ragazzo alla guida, Lucia seduta accanto a lui e l’Angelo seduto dietro con le ali nascoste, uscirono dalla città.
Passarono davanti alla scuola e proseguirono verso il bosco su di una strada sterrata.
“Che ci facciamo qui?” bofonchiò Lucia, cercava di nascondere la sua paura sotto il gelo come aveva imparato dall’Angelo.
“Andiamo da Nick…” replicò la creatura senza ansia, “Alla fine di questa strada troveremo una radura però ci dobbiamo fermare prima, d’accordo Mattew?”
Il ragazzo annuì ma Lucia si voltò indietro.
“Cosa c’è nella radura?”
“Niente”
“Come ‘niente’?”
“Nick è sotto la radura…”
Lucia sgranò gli occhi sorpresa.
“Sotto?” chiese incerta.
L’Angelo annuì.
“Sotto la radura c’è una vecchia costruzione: un paio di stanze fatte di pietra… Gli Angeli li usavano come rifugi per i fuggitivi innocenti di ogni epoca…”
“Fuggitivi?” chiese Mattew.
“Persone accusate di stregoneria nel Medioevo, orfani maltrattati nel settecento e chi più ne ha più ne metta!” spiegò la creatura alzando le spalle.
“Un tempio profanato…” commentò Lucia pensando a Nick, prigioniero lì dentro.
L’Angelo annuì in silenzio.
Fu un viaggio vuoto, senza parole o immagini che restassero nella mente dei passeggeri.
Non ci fu nulla fino a che la creatura non fece cenno a Mattew di fermarsi.
Il ragazzo accostò sul ciglio della strada senza dire una parola.
I tre scesero dalla macchina e la creatura si allontanò per lasciare ai due giovani amanti la possibilità di salutarsi.
Potevano sopravvivere e ritrovarsi.
Potevano perdersi, divisi da una barriera enorme: il confine tra la vita di uno e la morte dell’altro.
Potevano morire entrambi e lo sapevano.
Lucia e Mattew si ritrovarono uno davanti all’altro, spaventati.
La ragazza guardò il ragazzo dritto negli occhi mentre il cuore gli si faceva pesante come un macigno.
Gli mise le mani sui lati del viso.
“Resta al sicuro…” sussurrò piano, sperando che la ascoltasse e che non lo facesse insieme.
Sperando che almeno lui non dovesse morire e sperando, nel caso, di non essere da sola a separarsi dal corpo mortale.
“Non ti lascio da sola…” rispose lui prendendo le mani di lei tra le sue, senza durezza ma con calma.
Tranquillo e deciso.
Innamorato.
Non ci furono altre parole.
Lucia poggiò la testa sul petto di Mattew, lasciando che le sue braccia la cingessero in abbraccio che la fece sentire protetta per un istante.
Con l’orecchio, sentì il battere ritmico e forte del cuore del ragazzo.
Con un brivido, promise a sé stessa che a quel cuore avrebbe affidato il suo.
Per sempre.
I due giovani si sciolsero dall’abbraccio senza parlarsi, si presero per mano e si avvicinarono all’Angelo.
La creatura li guidò lungo la strada ancora per un po’.
Sempre in silenzio.
Sempre nel vuoto.
Sempre nella paura.
All’improvviso la creatura si spostò tra i tronchi, in modo da essere invisibile.
Camminarono ancora poco poi videro la radura.
Tre angeli Caduti cercavano di entrarvi disperatamente da tre punti diversi.
“No…” gemette Lucia quando riconobbe i volti di Betty, Chuck e Joe.
“Hanno seguito la Polvere dei tre Vendicatori…” disse piano l’Angelo, “Mattew, tu devi distrarli mentre io porto Lucia all’entrata…”
“Dov’è l’entrata?” replicò lui.
“C’è una piccola grotta poco più a nord, da lì c’è un passaggio segreto dal quale lei potrà entrare nei sotterranei… Sono un labirinto ma se segui le mie istruzioni, non avrai problemi…” concluse la creatura voltandosi poi verso Lucia.
La ragazza era pallida ma stava recuperando il controllo.
“Vai…” le mormorò Mattew all’orecchio, “Vai e torna da me…”
Lucia annuì senza voltarsi.
Si rialzò piano per non farsi vedere e sentire dai tre Caduti poi seguì l’Angelo lontano dal suo ragazzo.
 
Quando Mattew vide sparire la figura di Lucia tra gli alberi si concesse un sospiro spaventato e si passò una mano tra i capelli per calmarsi.
Ora toccava a lui e non avrebbe fallito: c’erano la vita della sua ragazza e del suo migliore amico in gioco e non sarebbe stato lui a condannarle.
Entrò nella radura senza farsi fermare dalle espressioni sorprese degli Angeli.
“Non potete passare…” disse prevenendoli nella speranza di evitare domande, “C’è una barriera che impedisce l’accesso agli Angeli…”
“E tu come faresti a saperlo?” chiese acido Chuck.
Per dimostrare che diceva la verità, il ragazzo fece un passo in avanti per superare il limite che fermava gli Angeli…
Il suo piede sbatté contro qualcosa e lui non poté passare.
Nello shock, Mattew sentì la paura attanagliarlo.
Se la barriera fermava anche gli umani, Lucia non sarebbe potuta entrare.
Cosa facciamo adesso?, si chiese angosciato.


Cosa farete, invece, voi adesso? Non mi ucciderete, vero?
Spero che la storia stia piacendo, anche perchè adesso si entra nel vivo...
il prossimo capitolo sarà un po' una pausa e vedrà sulla scena solo e soltanto un personaggio speciale, creato sul modello di una persona che ho conosciuto su questo sito e che avrà u ruolo fondamentale nella storia...
Spoiler:
"
L’Angelo sbadigliò sonoramente.
Era annoiato.
Non che ci fosse qualcosa di strano: quando si aspetta per secoli un Arcangelo annunciato da una profezia si finisce per stufarsi un po’ dell’attesa.
Se poi si conta anche che la profezia se l’era fatta da solo, si può capire perché molti Angeli lo ritenessero il primo essere celeste con le rotelle fuori posto."
Allora?
Spero che il nuovo angioletto riscuota successo ;)...

Titolo inevitabile: Un Angelo stravagante...
E poi...
Un grandissimissimissimissimo GRAZIE!!! a: LAMES76, ILOVEWORLD, ANGY EMPTINESS, STAR__, GIO BLACK, MIONE 1986 e PARISSA...
A presto!
Ciao ciao!

Lady Catherine

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Capitolo 22
*** Un Angelo stravagante ***




Eccomi!!!
Scusate! So di essere in ritardo bandato ma un virus ha fatto fuori il mio computer e ho dovuto portarlo dal tecnico...
Adesso ci sono e posso postare regolarmente...
Ho finito la stesura e la storia durerà 34 capitoli compresi i due Epiloghi...
Dedichina: so di aver già dedicato un capitolo a questa persona ma questo Deve essere suo perchè un po' lo riguarda,,,
A Lames76, perdonami se sono sparita per un po' ;)...
A sotto
!

Lady Catherine



22.
 
L’Angelo sbadigliò sonoramente.
Era annoiato.
Non che ci fosse qualcosa di strano: quando si aspetta per secoli un Arcangelo annunciato da una profezia si finisce per stufarsi un po’ dell’attesa.
Se poi si conta anche che la profezia se l’era fatta da solo, si può capire perché molti Angeli lo ritenessero il primo essere celeste con le rotelle fuori posto.
Sbuffò.
“Che dicano quel che voglio, loro e i loro cervelli imbottiti…” borbottò tranquillamente sciogliendo le spalle e accomodandosi meglio.
L’Angelo era un uomo, di età compresa tra i trenta e trentacinque anni, capelli neri corti che gli arrivavano appena alle sopracciglia, grandi ali e il solito abbigliamento degli Angeli maschi, ovvero solo un paio di pantaloni bianchi.
Il problema, in lui, erano i colori: aveva gli occhi bianchi, totalmente, e le ali erano bicolore, ovvero una, quella di destra, bianca e l’altra, quella di sinistra, nera.
Non apparteneva a nessuna cerchia angelica, a nessun gruppo…
Diceva che, secondo la sua profezia, sarebbe arrivato un nuovo Arcangelo che avrebbe riportato gli Altari del Cielo a otto, come erano prima della Caduta.
Altro motivo per cui nessuno capiva che cosa fosse lui era che, nel corso di millenni, non aveva fatto altro che ricontrollare la sua profezia e analizzare tutti gli Angeli alla ricerca di quello predestinato.
Pazzo, era l’aggettivo più usato per definirlo.
Genio incompreso si definiva lui.
Se ne stava tranquillamente sdraiato su uno strano divano di Cirro, più simile a un triclinio romano, e aspettava.
Cosa, ad essere sinceri, non lo sapeva nessuno eccetto, forse, lui.
Ora però era più tranquillo perché, lo sentiva, i tempi erano maturi.
Una scarica di adrenalina lo percorse e saltò in piedi.
“Ci siamo…” mormorò.
Sorridendo si alzò e si protese sotto il divanetto per tirar fuori un grosso libro con la copertina blu e le pagine nere con le lettere bianche.
L’aveva scritto totalmente lui: era la sua profezia, i suoi calcoli, le prove, le domande con e senza risposta che si era fatto nei secoli.
Sull’ultima pagina aveva iniziato il ritratto di un viso.
Lentamente si sedette sul suo divanetto, appoggiò il volume sulle sua gambe.
Con calma chiuse gli occhi ed espirò poi posò le dita della mano destra sul foglio e le fece muovere lentamente seguendo l’energia che percepiva sulla pagina.
Dove la sua pelle toccava la carta il nero si ritirava come un macchia liquida risucchiata via lasciando spazio a bianchi puri e colori accesi finché sulla pagina non si distinse netto il ritratto di un Angelo.
La creatura aprì gli occhi e fissò l’opera d’arte con un’espressione pensosa prendendo il prezioso libro per i lati come se fosse una rivista di gossip e sdraiandosi di nuovo sul suo divanetto.
“E così sei tu, eh?” commentò osservando il ritratto.
Fece una smorfia insoddisfatta e corresse una piccolissima sbavatura sugli occhi dell’Angelo.
“Ecco, così va meglio…”
Richiuse il libro con uno scatto secco, si piegò e lo rilanciò nella sua originaria postazione.
Raddrizzatosi, sbatté le mani l’una contro l’altra per pulirle da una polvere inesistente.
“Bla bla bla!” commentò alzandosi e raggiungendo un tavolino piccolo di puro Cumulo, “Demoni! Puah! Sempre bravi a sparar sentenze!”
I Demoni si erano sempre divertiti alle sue spalle, sostenendo che nessuno, Angelo o Arcangelo, avrebbe osato creare un gruppo in sostituzione di quello di Satana perché l’ottavo Altare era stato maledetto dal Signore Degli Inferi all’epoca della Caduta e chiunque vi si fosse posto sopra sarebbe stato corroso dal male.
Inutile dire che lui non ci avesse mai fatto caso: erano rare le cose che sapevano scuoterlo dalla sua profezia…
Scuoterlo e basta, a esser sinceri.
Era l’Angelo più apatico del Paradiso!
Osservò con tranquillità il cibo appoggiato sopra il tavolo.
Prese una mela con noncuranza.
“Forse il frutto tentatore…” commentò accennando alle ipotesi umane con ironia.
Si passò il frutto da una mano all’altra avvicinandosi al bordo delle nubi e guardando giù.
“C’è movimento…” commentò placidamente prima di dare un morso deciso alla sua mela rossa.
Zira non gli era mai piaciuta e non si era mai fatto problemi a dirlo.
Ricordava ancora con soddisfazione il giorno in cui lei gli aveva offerto di unirsi ai Vendicatori…
 
“Inutile che ti dica, Andrea, che è un onore far parte della nostra cerchia se non ne si ha la vocazione…”
“Immagino…”
“Allora?”
“Inutile che ti dica, Zira, che non me ne frega niente di te e dei tuoi svitati da compagnia…”
 
Andrea scoppiò a ridere ripensando alla faccia scandalizzata di lei.
Scosse la testa: quella donna non era a posto di cervello, a parer suo.
Invece c’erano Angeli che suscitavano la sua curiosità: Miriam, per esempio.
Era una creatura strana, non c’era niente da dire, ma era senz’alcun dubbio meglio di Zira.
La sua innocenza e, soprattutto, la sua ingenuità lo avevano sempre fatto sorridere e avevano suscitato la sua simpatia…
Cosa rarissima!
Ma di Nick aveva sempre e soltanto sentito parlare…
Si erano visti a volte alle Assemblee, a cui lui partecipava di diritto in quanto rappresentante di se stesso, ma non si erano mai parlati.
Sapeva che era sempre stato un grande Angelo, molto rispettato, però non lo aveva mai considerato nulla di più di uno dei tanti…
Miriam invece era estranea a tutto e tutti pur facendone parte come se fosse nata per essere lì.
Ancora non riusciva a identificare questo istinto ma sapeva che non riusciva a vederla come Arcangelo dei Compassionevoli.
Scosse la testa.
“No, non è proprio il tipo…” borbottò.
I suoi occhi furono catturati da un dettaglio divertente: un ragazzo umano pensava di rendersi utile dimostrando a tre Caduti che esisteva una barriera Anti-Angeli… Peccato che ci si fosse appena stampato contro…
L’Angelo aggrottò la fronte: certo che ce n’erano di colpi di scena in quel gruppetto!
“E così non sei normale…” mormorò in un ipotetico colloquio con l’umano che in quel momento stava tirando spallate alla barriera nel tentativo di passare.
“Finirà per rompersi qualcosa…” bofonchiò l’Angelo scuotendo al testa e allontanandosi dal limite delle nuvole per tornare al suo triclinio.
Con un balzò lo superò, lanciò la mela sul divano dove scomparve e fece schioccare le dita.
In un lampo comparvero due paia di pantaloni bianchi, di lino… Identici tra loro e a quelli che indossava l’uomo.
Lui li osservò portandosi una mano al mento e una a reggere il gomito della prima.
Sembrò valutare pregi e difetti di entrambi con attenzione ma in realtà non gliene importava affatto: erano uguali, uno valeva l’altro.
Lo sapeva lui e lo sapeva l’Angelo che lo stava osservando.
Per dieci minuti continuò a fissare i pantaloni, senza fretta, facendo esasperare il suo ospite.
“Ti decidi?!” esclamò questi all’improvviso.
Questa, era una donna con il viso coperto e le ali grigie.
“La moda è un’arte, mia bella Samantha…” rispose lui sarcastico voltandosi.
“Smettila di fare l’idiota… Zira vuole sapere se ci sono novità…”
L’Angelo scrollò le spalle.
“Se anche fosse? Tanto lei non crede agli sciocchi deliri di un povero pazzo solitario, no?”
Le ali della Vendicatrice tremarono indicando al sua stizza.
“È arrivato l’Arcangelo?” chiese imponendosi la calma.
“No, ma sono riuscito a scoprire quante nuvole c’erano venti minuti fa in Cielo, ti interessa? Con una buona mezz’oretta potrei anche dirti quante ce ne sono ora… Prima però, scusami, devo occuparmi di una questione ben più importante…” e, così dicendo, Andrea si voltò verso i pantaloni e riprese a fissarli con espressione pensosa.
Samantha si lasciò sfuggire un verso di irritazione.
“Va’ al diavolo!” escalmò prima di sparire.
“Prima le signore…” replicò lui quando fu certo che lei non l’avrebbe più udito.
Non era da furbi irritare troppo i Vendicatori…
Farlo un po’ era uno spasso!
Fece sparire i pantaloni con uno schiocco di dita.
Sorrise e si voltò verso il vuoto.
Aprì le ali.
Il contrasto tra nero e bianco, così netto in lui, dava un notevole colpo d’occhio e lo rendeva comunque bello nonostante i suoi occhi senza iride; o meglio, a iride bianca…
Era un Angelo alla ricerca della sua guida.
Era un profeta alla ricerca dell’Arcangelo annunciato.
Era Andrea il pazzo e da pazzo si sarebbe comportato come aveva sempre fatto in vita, quando faceva il buffone nei castelli sassoni come Wamba*.
 

*Wamba era il buffone di Cederic il sassone nel romanzo storico Ivanoeh di Walter Scott, libro che ho letto di recente e che consiglio a chi ama veder combattere i prodi cavalieri di Riccardo Cuor di leone e i fuorilegge di Sherwood in nome dell’uguaglianza di sassoni e normanni!


Allora...
Che mi dite di Andrea? Mi piacerebbe avere un parere su questo nuovo Angelo perchè ci tengo particolarmente (e sarà molto importante in futuro...)
Per il resto ringrazio tutti, ma proprio tutti. quelli che recensiscono, che leggono, che mettono nelle seguite, nelle preferite e nelle ricordate...
Grazie a tutti di essermi vicini anche se da lontano!
Ok, spoiler:
"
"Se ce la faremo, ti ringrazierò poi per quello che hai fatto” disse, “Se no, sappi che non te ne farò una colpa!”"
Allora?
Titolo: Nella tana del lupo...
A domani!
Ciao ciao!
Lady Catherine

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Capitolo 23
*** Nella tana del lupo ***




Allooooooooooooooora...
Come promesso ho il capitolo in orario!
Spero che non ne siate delusi!
Dedicato ad una amica che forse andrà via... Mi mancherai :(... Ma gli amici veri sono per sempre...
A sotto!

Lady Catherine
 

 

23.
 
Lucia uscì dagli alberi di corsa pur cercando di non fare rumore.
Sbucò tra le piante con il respiro accelerato dalla paura ma si calmò quando vide, davanti a sé, l’espressione dolce e tranquilla dell’Angelo.
“Credevo mi avessi lasciato indietro…” ammise la ragazza in un sussurro.
La creatura la prese per mano facendole un sorriso di incoraggiamento.
“Andrà tutto bene…” le mormorò dolcemente.
Tenendola per mano, condusse Lucia fino ad una piccola grotta mimetizzata tra le spaccature di una bassa parete di roccia a cui si erano addossati gli alberi della foresta negli anni.
La ragazza iniziò a sentire la paura scemare lentamente, sostituita dal gelido controllo che le era imposto dal ruolo che doveva recitare: era un’attrice alla prima del suo debutto, ma era, al contempo, una professionista e sapeva come comportarsi.
L’entrata non era ampia ma una specie di ferita e, nonostante questo, all’interno il locale si ampliava diventando un corridoio grezzo.
L’Angelo mollò Lucia e le indicò il condotto che proseguiva scendendo nel buio più totale.
“Scendi fino alla parete che ti bloccherà il percorso, cercagli sopra uno spuntone di roccia simile a un pomello poi prendilo e giralo verso destra…” spiegò, “A quel punto, il pavimento si interrerà e troverai una scala: scendila e ti troverai in un lungo corridoio…”
Lucia annuì.
“Come faccio a trovare la strada giusta?” chiese, “Hai detto che è un labirinto…”
La creatura annuì.
“Prendi sempre, dico sempre, la strada più a sinistra, d’accordo?”
Lucia fece cenno di sì poi spostò lo sguardo sull’oscurità incombente.
Prese un respiro profondo e iniziò a camminare in avanti ma l’Angelo la afferrò per un polso.
“Quando sarai dentro, segui il piano!” ribadì, “Non importa cosa succede o cosa vedi, è chiaro? Arrivata laggiù, fai quello che ti ho detto!”
La ragazza annuì.
“Se ce la faremo, ti ringrazierò poi per quello che hai fatto” disse, “Se no, sappi che non te ne farò una colpa!”
La creatura annuì grave poi la giovane iniziò a scendere la strada in pendenza che la portava nella tana del lupo.
“Buona fortuna, Lucia…” mormorò l’Angelo, “E grazie di tutto…”
Detto questo, si voltò e uscì dalla grotta con una peso sul cuore dato dall’impotenza.
 
Lucia mise piano un piede davanti all’altro, il pavimento era sconnesso e scivoloso e rischiava di cadere a ogni minimo movimento.
Teneva le mani con i palmi aperti davanti e sé, cercando a tentoni la parete che le serviva.
All’improvviso sentì sotto le dita la pietra fredda, ruvida e tagliente, in certi punti.
Iniziò a esplorarla cercando lo spuntone che le serviva ma scoprì, con orrore, che la roccia era piena di irregolarità.
Il primo, irrazionale pensiero fu che avesse sbagliato strada ma non aveva visto ramificazioni quindi accantonò l’ipotesi mentre il panico prendeva posto nel suo cervello mandandola in palla.
Iniziò a respirare velocemente e a tastare la parete con disperazione.
“Ti prego…” iniziò a mormorare.
All’improvviso le parve di sentire il ciondolo al suo collo sussurrare.
Si staccò dalla parete con paura: era impossibile, la barriera avrebbe dovuto fermare anche i contatti con il suo Angelo.
Prese la collana tra le dita cercando di capire ma la pietra bianca era fredda.
Chiuse gli occhi e si concentrò.
Un sussurro, un’eco lontana parve arrivarle da quel piccolo cuore, una voce che le chiedeva calma.
Lasciò la collana e prese un respiro profondo.
Ferma, con le braccia lungo i fianchi, iniziò a ripescare i ricordi di quei giorni agitati.
Vide Betty che litigava con Joe per i cioccolatini, che teneva a bada i Vendicatori, che parlava in quel suo dialetto così strano…
Vide Joe che le porgeva la scatolina con il cioccolatino, che faceva avanti e indietro dalla cucina, che scherzava e che prendeva in giro gli altri…
Vide Chuck nella sua versione di tutore di Nick, che difendeva il suo amico da tutto e tutti…
Vide Nick con le braccia piene degli scatoloni di Joe, distorto dal vetro dello spioncino della porta di casa sua, che faceva danni in cucina, che rideva tranquillo in macchina, sorpreso sulla cima del Fallen’s, dolce mentre parlava di Miriam…
Vide l’Angelo illuminato solo dalla luce della Luna come la prima volta che si erano visti, lo vide calmo e fermo davanti al Fallen’s dopo avercela portata, lo vide maestoso quando l’aveva salvata, lo vide triste ma deciso quando aveva scelto di cercare di salvare Nick…
Vide Mattew…
Lo vide e sentì il suo tocco sul viso, le sue labbra sulle sue…
Sempre ad occhi chiusi, alzò lentamente le mani e iniziò a farle scivolare lungo il muro.
Sentì sotto i polpastrelli conche e dossi e si accorse che c’era un disegno, appena percettibile, che li collegava.
Una specie di strada che scivolava sinuosa tra la roccia, salendo e intricandosi.
Con l’indice e il medio seguì quel percorso fino al suo arrivo: un piccolo pomello di roccia.
Lucia sorrise nel buio con riconoscenza poi lo afferrò e lo fece ruotare verso destra.
La terra iniziò a tremare ma la scossa durò solo un attimo.
Quando finì, il pavimento si era abbassato a creare una scalinata di pietra come un pezzo di stoffa che si adagia su uno scalino.
La ragazza iniziò a scenderla lentamente mentre nascondeva ogni traccia di emozione dal suo viso.
Si va in scena…, pensò con amaro sarcasmo.
 
Il labirinto fu lungo.
Trovò due ramificazioni al primo bivio, cinque al secondo, sette al terzo e otto al quarto…
Alla fine perse il conto e decise di preoccuparsi solo di prendere la strada giusta.
Proseguì nel buio per un tempo che non seppe delineare...
Era un’ora o un minuto che stava lì dentro? Mancava poco o era ancora a miglia di distanza?
Quando i dubbi iniziarono a farsi insistenti nella sua testa, vide una torcia.
Il corridoio cambiava: sembrava un po’ più raffinato, fatto di pietre come una qualsiasi costruzione umana e non più di roccia grezza, fiaccole stavano appese a intervalli regolari di spazio in anelli di ferro vecchi ma funzionali e c’era un’insolita e anormale brezza fresca che mitigava la sensazione di essere talpe.
Lucia prese un respiro profondo e continuò a camminare con un’espressione impenetrabile sul viso.
Fece pochi passi poi sentì un fruscio alle sue spalle, qualcuno che correva dietro di lei.
Invece di girarsi o guardarsi attorno, la ragazza si fermò in mezzo al corridoio e attese.
Per un po’ non si sentì più nulla e il silenzio dava l’impressione che qualcuno avesse soffiato all’improvviso su tutte le torce che, però, scoppiettavano ancora tranquille, estranee agli avvenimenti.
“So che sei qui…” disse Lucia con calma, la voce controllata.
“Ma davvero?” le sussurrò una voce maschile all’orecchio.
Era un suono basso, morbido che le arrivava dritto nella mente ma a catturare la sua attenzione fu il fatto che la testa del Vendicatore fosse proprio sopra la sua spalla.
“Via di lì!” sibilò Lucia tenendo lo sguardo dritto davanti a sé.
“Ma che coraggiosa…” mormorò ironicamente l’uomo spostandosi davanti a lei, così vicino che pareva la sfiorasse.
“Dov’è Zira?” chiese la ragazza piantando i suoi occhi marroni in quelli neri e senza pupilla dell’Angelo.
Per la prima volta lo vedeva senza cappuccio: era alto e muscoloso tanto da sembrare un armadio, poteva dimostrare trenta forse trentacinque anni ma doveva averne molti di più, portava i capelli castani corti e un ghigno sarcastico svettava su di un viso che era senz’altro molto bello e ben definito.
Sul braccio aveva il tatuaggio di linee nere che si intrecciavano tra loro sopra un altro reticolato, frastagliato e biancastro, di ben diversa natura.
“E così conosci Zira, eh?” commentò l’uomo, “Non sei l’amica di Nick?”
“Conosco Zira come conosco te, Dimitri…” replicò la ragazza ignorando di proposito la seconda domanda, “E sono certa che Ivan sia qui da qualche parte… Forse alle mie spalle, forse a fare la guardia alla cella di Nicola…”
“Per impedire a Nicola di fuggire basterebbe mezzo Vendicatore…” sibilò un’altra voce alle spalle di Lucia.
La ragazza si voltò: davanti a lei stava un Angelo di corporatura e età praticamente identiche a quelle di Dimitri ma che si differenziava decisamente nel viso perché era aveva i capelli biondi, color grano, e i suoi occhi erano grigi.
“Ivan…” salutò la ragazza garbatamente, “Dov’è Zira?” chiese di nuovo.
“Perché dovrei dirtelo?” chiese il secondo Vendicatore con disprezzo.
“Perché ho qualcosa che potrebbe interessarle…” replicò la giovane tirando fuori dalla borsa il plico di fotografie che aveva preso a casa sua.
Ivan prese la busta, la aprì e si irrigidì vistosamente nel vederne il contenuto.
“Hai firmato la tua condanna a morte, umana!” sibilò velenoso. 


Beh... Che dirvi?
Spero che la storia continui a piacere anche se di questo capitolo non ero pienamente sicura...
Lo spoiler di stavolta è un po' diverso: Signori e signore, comparirà Zira!
Chissà se ve la siete immaginata così...
Mi piacerebbe sapere, per ora, come credete che sia questa Vendicatrice...
Titolo del cap: Affari
Grazie a tutti come al solito!
A Martedì!
Ciao ciao!
Lady Catherine

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Capitolo 24
*** Affari ***





Allora prima che qualcuno mi strozzi...
Ecco il capitolo che darà moltissime risposte...
Signori e signore: vi presento Zira!
Vi avverto subito: nessuno ci è andato vicino a com'è fatta!
Dedichina: a topoleone che si è aggiunta adesso e mi sta facendo un sacco di complimenti (pure troppi)!
Grazie!
A sotto!

 

Lady Catherine


24
 
“Io non credo…” rispose calma Lucia.
Ivan non la fece finire ma la prese per la gola con una sola mano e la sollevò da terra di due palmi buoni.
La ragazza iniziò a respirare con fatica ma non fece un gesto per liberarsi, rimase ferma a peso morto con le braccia lungo i fianchi.
“Perché non dovrei ucciderti subito?” chiese l’uomo rabbiosamente, “Mi risolverei un sacco di problemi…”
“Non… Non è… Vero…” ansimò Lucia mentre il soffitto iniziava a farsi sfocato ai suoi occhi.
“Come?!” chiese sorpreso Ivan allentando appena la presa per consentire all’umana di parlare.
“Le foto originali e i rullini…” sussurrò la ragazza, “Sono a casa mia… Nascosti dove non potete prenderli… Se non torno, la polizia perquisirà casa e li troverà…”
Il volto di Ivan mostrò una furia indicibile e la sua presa sulla gola di Lucia divenne ferrea.
La ragazza si sentì mancare.
“Ci serve, Ivan…” si intromise Dimitri per la prima volta, “Zira si infurierà se la ragazza dice il vero e tu ti sbarazzi di lei comunque…”
Ivan fissava Lucia negli occhi ma la logica, e forse il timore della rabbia della sua signora, lo fece capitolare quindi mollò la presa lasciando cadere la ragazza a terra.
Nonostante lo stordimento, Lucia non si fece cogliere impreparata dalla mossa e riuscì a flettere le ginocchia in modo da atterrare in piedi assorbendo l’atterraggio sulle punte.
Si raddrizzò e fissò Ivan dritto negli occhi fingendo sicurezza.
In realtà, la sua vista era offuscata da pallini colorati dovuti alla carenza di ossigeno.
Quando si riprese, pochi istanti dopo, diede sdegnosamente le spalle a Ivan per rivolgersi a Dimitri.
“Portami da Zira…” disse a voce bassa e minacciosa, nonostante tutto.
In una normale situazione, Dimitri avrebbe riso dell’arroganza dell’umana ma, avendo lui il coltello dalla parte della lama, si limitò a guardarla in cagnesco e ad eseguire l’ordine.
Ivan li seguì camminando piano.
Lucia scoprì che anche i due Vendicatori stavano prendendo tutti i cunicoli a sinistra: un sollievo perché questo le permetteva di avere la certezza sulla strada da percorrere per uscire di lì: tutti i corridoi a destra.
Pochi bivi dopo, il corridoio si allargò in una stanza circolare, grande forse quanto la radura mostrata a Lucia dall’Angelo, fatta interamente di pietre squadrate e illuminata solo dalle torce sparse lungo il suo perimetro.
Tra i supporti delle luminarie si intervallavano porte e corridoi ma lo sguardo di Lucia si posò inevitabilmente sul fagotto di vestiti al centro della sala.
Lì per lì le parve una cosa strana ma poi il fagotto si mosse facendo tintinnare le catene che lo costringevano a terra e alzando abbastanza la testa da rivelare i corti capelli biondo chiaro che la ragazza avrebbe riconosciuto ovunque.
Nick!, pensò sconvolta ma nessun pensiero trasparì sul suo viso.
Il Caduto invece, ignaro della ragazza nella stanza, iniziò a muovere la testa a destra e sinistra cercando invano un segno della presenza di qualcuno, un suono o qualcos’altro.
Ma Ivan e Dimitri si erano immobilizzati e Lucia non osò farsi sentire per paura di mostrare a tutti quanto bene volesse alla creatura prigioniera.
Nick aveva gli occhi bendati da una stretta fascia nera legata sulla parte posteriore della nuca e sembrava un po’ ammaccato da come poteva capire Lucia, che si trovava alla sua destra e lo vedeva solo di fianco.
Senza nessun preavviso, il ragazzo chiamò Zira.
“Non puoi nasconderti!” le gridò nonostante la sua voce tremasse per la debolezza, “Questa volta non la farai franca, lo capisci?! Cadrai! Mi hai sentito?”
Lucia sentì una fitta al cuore mentre vedeva il suo amico fare un ultimo tentativo di ferire la sua avversaria con le parole ma non potè far nulla perché, dal corridoio di fronte a lei e alla sinistra di Nick, comparve dall’ombra la figura sinuosa di una donna.
Zira era un Angelo bellissimo: era alta, aveva i capelli corvini che le scendevano ondulati fino al bacino e le due ciocche ai lati del viso erano fissate insieme dietro la nuca di lei in modo da mostrare bene il suo viso, il suo naso era piccolo e appena all’insù, i suoi occhi grandi e contornati da ciglia folte e sensuali, le pupille dell’esatto colore degli smeraldi, le guance rosee e la pelle chiara senza imperfezioni, il corpo sinuoso e pieno nei punti giusti la rendeva formosa e magra allo stesso tempo…
Era l’incarnazione della bellezza femminile, la degna erede di Venere e Afrodite, la Ninfa perfetta…
Ma Lucia sapeva bene che, più che una Ninfa, Zira era una Sirena: bella e ammaliatrice quanto crudele e letale.
La cosa che però la stupì più di tutto non fu la sua bellezza, non fu il contrasto tra l’aspetto e il carattere dell’Angelo…
Fu la sua età: Zira sembrava una diciottenne…
Se l’avesse incontrata per strada, Lucia non avrebbe esitato a definirla una sua coetanea decisamente molto bella…
Non ha diciotto anni ma addirittura più di cento… Ed è pericolosa…, ricordò a sé stessa.
Zira arrivò, scalza e fasciata in uno stretto abito nero a spalline sottili che le arrivava alle ginocchia, con una camminata aggraziata e sinuosa, che però ricordò a Lucia l’incedere di un cobra, e si fermò esattamente davanti a Nick senza degnarlo però di uno sguardo.
Lucia vide il ragazzo irrigidirsi con la coda dell’occhio e si chiese che cosa potesse aver causato la paura di Nick poi riportò al sua attenzione alla Vendicatrice puntando i suoi occhi castano-verdi in quelli senza pupilla di lei.
“Ma cosa abbiamo qui…” commentò Zira e la sua voce risuonò nella sala vuota come un coro che ripeteva le parole dolci e sensuali dell’Angelo che, di fatto, era, “Un’umana ben informata a quanto vedo… Amica tua?” chiese sporgendosi dolcemente su Nick e facendo toccare il viso del Caduto ai suoi capelli.
Lui non rispose ma si paralizzò ulteriormente mentre cercava di dare alle parole di Zira un senso diverso da quello che già gli stava facendo accapponare la pelle.
Lucia vide le labbra di Nick schiudersi e cercare di dire il suo nome così lo precedette.
“Mi chiamo Lucia” disse facendo risuonare la sua voce come prima aveva fatto Zira, come a marcare la sua autorità, “Sono qui perché ho qualcosa che credo possa interessarti…”
Dimitri le rimase accanto, neanche temesse una fuga da parte sua, mentre Ivan si avvicinava a Zira cupo in volto e le porgeva le immagini.
La donna sorrise mentre guardava le foto, le scorse tutte lentamente, esaminandole una ad una ma il suo viso non mutò l’espressione soddisfatta.
“Sei brava…” constatò.
“La fotografia è il mio hobby” rispose tranquilla la ragazza, “Un passatempo interessante, devo dire…”
“E anche pericoloso a volte…” replicò Zira spostando gli occhi su di lei da sotto le folte ciglia.
“A volte…” concesse Lucia, “Ma confido che questa non sia una di quelle…”
“Mmm…” Zira stese una mano e la appoggiò sulla nuca di Nick, accarezzandogli i capelli.
Fu solo un istante prima che lui si ritraesse ma Lucia capì l’ammonimento che la donna le stava mandando.
“Lui non vale niente per me…” disse avvicinandosi a Zira di due passi, incurante dei ringhi di Dimitri e di Ivan, “Nicola è stato solo lo strumento adatto per ottenere le informazioni che mi servivano e arrivare a te… Nulla di più, nulla di meno…”
“Dici il vero, Lucia?” chiese ironica Zira.
Lucia non rispose ma tirò indietro la gamba e tirò un calcio al fianco di Nick.
In realtà fece piano ma Nick, nonostante non capisse bene cosa stava accadendo, la assecondò e finse di piegarsi e di gemere di dolore.
Zira alzò un sopracciglio con aria soddisfatta.
“Mi piaci, ragazzina…” commentò.
Lucia chinò il capo lateralmente in un cenno di ringraziamento.
La donna le diede le spalle e fece un paio di passi con calma prendendosi una mano nell’altra davanti al ventre.
“Ovviamente, io ritengo che una delle doti principali di una donna sia la moderazione…”
Lucia sorrise.
Di una donna qualsiasi a parte te!, pensò con rabbia ma rimase composta.
“Non chiedo molto… Diciamo… Una buona parola con Samuel…” disse sentendosi ipocrita solo per quella menzogna.
“Samuel?” chiese Zira facendo la finta tonta.
“L’Arcangelo dei Pietosi… Non ti sarai forse scordata di non essere l’unica con quattro ali sulla schiena…” borbottò Lucia, “Voglio sperare che, alla mia ora, qualcuno prenda in considerazione l’idea di rendermi un Angelo come è stato fatto con Nicola e Miriam…”
Zira si irrigidì palesemente nel sentir nominare la sua rivale e le sue labbra si stinsero in una linea retta dandole un’aria minacciosa.
“Non nominarla mai più in mia presenza…” sibilò.
Lucia ritenne più prudente fare un passo indietro così chinò il capo.
“Come vuoi… Allora?”
“E tutto quello che chiedi perché tu metta a tacere questa storia?” chiese solennemente Zira.
“Diciamo pure che, se avrò la tua parola, i miei rullini e le mie foto spariranno nel nulla…”
L’Angelo annuì.
“Sei saggia... Oculata in ciò che fai…” scandì lentamente avvicinandosi a lei, “Furba…” mormorò a un soffio dal suo viso, “Ma io lo sono di più!”
Con un movimento fulmineo l’Arcangelo strappò i ciondoli dal collo della ragazza rompendo la corda e gettando la giovane a terra.
Zira scoppiò a ridere.
“Pensavi davvero che non avessi sentito la presenza del Contatto quando sei entrata?” chiese sarcastica, “Dovevo solo capire dov’era…”
Lucia non si fece spaventare e si rialzò.
“Ridammelo!” ordinò.
“Eh no! Qui comando io!” replicò l’altra poi fece un gesto con la mano, come a scacciare un insetto, e Lucia fu sbalzata indietro fino a sbattere la schiena contro il muro di pietra alle sue spalle.
“Allora… Chi è l’Angelo tanto incapace da essersi dovuto prendere un’umana come alleata?”
Nonostante il colpo le avesse tolto l’aria, la ragazza si rimise in piedi.
Si appiattì con la schiena contro il muro e, incredibilmente, sorrise.
Un sorriso trionfante che fece preoccupare Ivan e Dimitri e portò Zira a stringere la presa sui ciondoli nella sua mano.
“Che te ne importa?” chiese allegra l’umana, “Tanto tra poco avrai altro di cui preoccuparti!”
Come evocata da quelle parole, una luce bianca accecante si sprigionò dai ciondoli nella mano di Zira.
L’Arcangelo gridò di dolore e aprì al mano ma il cuore bianco, invece di cadere a terra, levitò verso l’alto aumentando l’intensità della sua luce e più saliva, più la terra tremava fino a che le pietre non iniziarono a spostarsi come spinte da una forza sovrannaturale finendo per rompersi o cadere.
La volta della sala si coprì di crepe e la luce esterna iniziò a filtrare, pezzi del soffitto si staccavano all’improvviso precipitando nella stanza e ostruendo i cunicoli, la polvere rendeva l’aria irrespirabile ma la luce bianca non impediva la vista.
I tre Vendicatori si portarono le mani al viso per schermarsi gli occhi da quel bagliore e iniziarono ad affannarsi per raggiungere una via d’uscita.
Lucia si staccò dal muro e corse verso Nick.
“Nick!” lo chiamò gridando con tutta la forza che aveva, “Nick! Forza, dobbiamo andarcene! Crollerà tutto!”
Ma per quanto urlasse, il Caduto non si vedeva.
La ragazza corse sempre più vicina alla fonte di luce ma i suoi occhi scrutavano il pavimento alla disperata ricerca dell’Angelo.
Alla fine lo vide: la testa del ragazzo sanguinava per via di una pietra che l’aveva colpito nel crollo e non sembrava molto lucido.
“NICK!” urlò Lucia, “Avanti! Ti scongiuro!”
Lo afferrò per la maglietta sulla schiena e iniziò a strattonarlo cercando di rimetterlo in piedi ma le catene opposero resistenza.
“Esci…” mormorò il ragazzo riprendendosi quel tanto che bastava per capire la situazione.
“NO!” Lucia gridava e piangeva ma i suoi occhi e la sua mente intercettarono un grosso pezzo di volta.
La ragazzo lo afferrò e tornò da Nick poi lo sbatté con forza sull’attaccatura degli anelli di ferro.
La catena resse il colpo, ne resse un altro e un altro ancora poi Lucia crollò in ginocchio a terra mentre le lacrime continuavano a scendere. 


Eccomi!!!
Ho una grande notizia: non potete uccidermi perchè vi servo per finire la storia! Ah ah!
Ammetto che forse (forse) mi diverto un po' a tenervi sulle spine ;)...
Spoiler:

"Mattew cadde a terra quando il terreno iniziò a tremare e si ritrovò sdraiato sulla schiena ad assistere a qualcosa che credeva impossibile: la radura, tutta la radura, si iniziò a crepare e nel centro si creò un rigonfiamento che andava appuntendosi sempre di più. 
[...]

Che stai combinando laggiù, Lucia?, pensò il ragazzo sgomento. "
Ecco...
Che ve ne pare???
Si inizia a fare sul serio, adesso!!!
Titolo?: Coraggio!
Grazie di cuore a tutti quelli che seguono questa storia, recensendola e non!!!
A presto!
Ciao ciao!
Lady Catherine

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Capitolo 25
*** Coraggio ***




Eccomi!
Sono in anticipo di un giorno perchè domani, causa gita di classe, non potrò aggiornare e non ci tengo a finire sbranata da qualcuno per il ritardo ;)...
Non so che altro dirvi...
Dadichina: a un'amica che mi ascolta anche quando blatero troppo, a bianca96 che mi sopporta ormai da due anni!
Grazie!
A sotto!

Lady Caterine

 
25.
 
Lucia singhiozzò e appoggiò la testa sulla schiena di Nick, aggrappandosi a lui con le unghie.
“Mi dispiace!” continuava a dire, “Mi dispiace!”
“Lucia…” sussurrò con dolcezza una voce.
La ragazza saltò in piedi perché la voce che aveva sentito era quella di un Angelo anche se introno a lei non c’era altro che l’Inferno.
Il soffitto continuava a crollare, la terra si scuoteva come un toro furioso che cerca di sbarazzarsi del cavaliere che porta sulla schiena, dei condotti che una volta c’erano non ne restava neanche uno totalmente intatto, i migliori erano ancora integri ma pieni di detriti e comunque la ragazza aveva completamente perso l’orientamento.
E nonostante tutto si guardò intorno sotto la luce bianca del suo Contatto che ancora levitava cercando di aprirsi un varco verso l’aria aperta a costo di distruggere tutto.
“Lucia…” chiamò ancora qualcuno ma stavolta la voce era diversa: era rotta, debole, piena di dolore.
Era troppo diversa da quella di prima e, con stupore, Lucia si accorse che era stato Nick a parlare la seconda volta.
La ragazza si rigettò in ginocchio accanto all’amico e gli slacciò la benda.
Nick sembrò non avere problemi con la luce, come se i suoi occhi fossero già abituati.
“Lucia, dobbiamo uscire…” disse, la voce spezzata da un colpo di tosse.
“Non… Non so come…” pianse la ragazza.
“Riprova…” consigliò lui e i due si fissarono negli occhi.
Quelli di Nick erano come due laghi ghiacciati, sotto lo strato gelato del dolore fisico stava la fiducia in lei, pura come acqua di montagna.
La ragazza riprese la pietra e si spostò di nuovo dietro a Nick, la alzò e la scagliò con tutta la sua forza sulle catene.
Ressero di nuovo l’urto una prima volta, lo ressero una seconda, una terza e una quarta…
Ma, alla quinta, la volontà della ragazza ebbe la meglio e il ferro si spaccò in migliaia di schegge taglienti.
Fu allora che il ciondolo ebbe la meglio sulla costruzione e spaccò il soffitto.
 
Mattew cadde a terra quando il terreno iniziò a tremare e si ritrovò sdraiato sulla schiena ad assistere a qualcosa che credeva impossibile: la radura, tutta la radura, si iniziò a crepare e nel centro si creò un rigonfiamento che andava appuntendosi sempre di più.
Dopo pochi ma tremendi minuti, il centro della radura si squarciò come fosse un vulcano che eruttava una luce bianca e potente.
I Caduti erano dall’altra parte della radura rispetto a lui ma sembravano altrettanto sorpresi.
Che stai combinando laggiù, Lucia?, pensò il ragazzo sgomento.
Poi la radura si ripiegò su sé stessa e crollò lasciando al suo posto un enorme cratere.
 
Quando il soffitto crollò del tutto Lucia e Nick rimasero separati.
La ragazza finì sbalzata in uno dei tunnel la cui entrata era stata riaperta dal secondo crollo da un grosso pezzo di radura, con tanto d’erba.
“Nick!” chiamò ma nel trambusto non riuscì a farsi sentire.
“ESCI DA LÌ!” gridò rabbiosa e preoccupata la voce dell’Angelo.
Lucia sobbalzò.
Ma, senza il Contatto…?, pensò sorpresa prima di accorgersi che la voce era reale e al suo fianco.
Si voltò ma non vide nessuno.
Prese un profondo respiro poi si staccò dalla parete di roccia che ostruiva il passaggio alla sala e iniziò a correre prendendo tutti i vicoli alla sua destra nella speranza che il primo fosse quello giusto.
 
Quando la fonte della luce, il ciondolo di Lucia, uscì dalla terra e la radura fu crollata, le scosse di terremoto si fermarono.
Mattew non ragionò ma si sporse a guardare nel cratere e fu lì che vide Nick, schiacciato da un pezzo di radura relativamente piccolo.
L’umano chiamò l’amico e quello rispose chiamandolo a sua volta.
“Resisti! Arriviamo!” gridò Mattew poi iniziò a correre intorno a buco.
Lui e i Caduti si raggiunsero nell’estremo Sud della ex-radura e si sporsero giù per cercare di tirare fuori il ragazzo.
Mattew prevenne tutti, saltò accanto a Nick e iniziò a spingere cercando inutilmente di smuovere il masso facendo forza con le spalle.
Poco dopo il masso si alzò di colpo.
Mattew si voltò sorpreso e vide Joe e Chuck che, insieme, sollevavano la roccia.
“Tiralo fuori!” gridò Chuck.
Mattew non se lo fece ripetere e afferrò Nick sotto le braccia per poi spostarlo e passarlo a Betty come fosse un pupazzo.
La donna lo tirò su e lo adagiò per terra chiamandolo con angoscia.
Quando i tre uscirono dalla buca, Nick stava cercando di calmare la donna rassicurandola che stava bene.
“Bene un corno!” gridò Mattew afferrandolo per la maglia, “Hai idea del creppo che ci hai fatto prendere?!”
Nick gli sorrise ma poi sgranò gli occhi e prese un’espressione spaventata.
“Dov’è Lucia?” esclamò.
“Che c’entra quella adesso?!” bofonchiò Chuck ma il ragazzo non gli diede retta.
“Era dentro con me!” gridò.
Mattew si paralizzò, raggelato dalla paura.
“No…” mormorò ma lo sguardo di Nick era troppo serio per essere uno scherzo, “NO!” urlò scattando di nuovo verso la buca e guardandoci dentro.
Tra i cumuli di macerie era impossibile dire se ci fosse oppure no un corpo umano.
Stava per saltare giù quando una voce di donna lo paralizzò.
“Maledetti!”
Zira stava in alto, sopra il ciondolo che ancora splendeva, con Ivan e Dimitri ai fianchi.
Erano tutti impolverati ma illesi e, soprattutto, furiosi.
La donna incuteva una paura tremenda mentre le sue quattro ali grigie sbattevano con violenti scatti che mostravano la furia della proprietaria.
Si abbassò cercando di afferrare il Contatto ma quello aumentò al sua intensità accecandola.
Zira urlò.
“Non ti hanno insegnato a chiedere prima di prendere le cose degli altri?” esclamò una voce femminile e gioiosa.
I Caduti, Mattew e gli Angeli si voltarono: dall’altra parte della radura, in piedi dritta e fiera con la testa alta e le braccia lungo i fianchi, stava Lucia.
La ragazza sorrise dolcemente ai suoi amici poi portò le mani a coppa davanti a sé e il ciondolo, delicatamente, le si avvicinò e, sbiadendo lentamente, si appoggiò tra le sue dita come un pugnale che trova posto nel suo fodero.
 
“Dannata!” urlò Zira quando si riprese dallo shock e si voltò verso di lei come per aggredirla poi qualcosa la fermò.
Lucia la vide vacillare, stringere i denti e fulminarla con lo sguardo.
“Che c’è?” chiese provocandola, “Non puoi farmi del male? Perché? Forse… Perché cadresti?”
La donna lanciò un verso simile a un grido di rabbia poi però invece di attaccare l’umana, si voltò e si scagliò contro il gruppo di angeli per afferrarne uno.
“No!”
Lucia iniziò a correre attorno alla radura ma non era abbastanza veloce per competere con le ali potenti di Zira che puntava le sue prede come un’aquila.
Betty però fu più pronta, afferrò un bastone e, con la forza della disperazione, lo usò per colpire Zira dritto in faccia.
L’Arcangelo indietreggiò furiosa.
“IVAN! DIMITRI!” gridò rabbiosamente.
I due Vendicatori non se lo fecero ripetere due volte e si scagliarono contro il piccolo gruppo.
Chuck e Joe si misero avanti come a fare scudo a Mattew e Betty che, di riflesso, coprivano loro le spalle e proteggevano Nick, sdraiato a terra.
I due Vendicatori arrivarono in picchiata sui Caduti ma, prima di poterli afferrare, un Angelo si piazzò in mezzo e li spedì lontano facendo una mezza giravolta su sé stesso così da colpirli con le sue ali.
Nick riuscì a vedere il viso del nuovo arrivato prima che questi si girasse.
“Andrea!” esclamò stupito.
L’Angelo girò il viso, gli fece la schicca da sopra la spalla poi si rivolse ai due gorilla.
“Allora” commentò tranquillo, “Che ne dite di prendervela con qualcuno della vostra taglia? Più o meno…”
“Tu?” rise Ivan, “Per uno come te basterebbe mezzo Vendicatore!”
“Sì, sì… Ma se per bloccarci tutti servono solo mezzi Vendicatori, perché voi due siete in formato maxi?” lo provocò Andrea divertendosi come un pazzo.
Gli occhi di Ivan fiammeggiarono.
“Ti ammazzo!” gridò scattando in avanti.
Andrea lo attese a piè fermo poi, all’ultimo secondo, volò in alto lasciando che il suo avversario, spinto dalla foga, sbattesse i denti contro il bordo pietroso della radura.
“Fuori uno!” esclamò l’Angelo assumendo una posa molto simile a quella che aveva quando stava sdraiato sul suo divanetto.
“E l’altro?” si chiese ad alta voce in modo plateale.
Senza scomporsi né cambiare posizione, si abbassò un po’ lasciando che Dimitri si schiantasse nel folto della vegetazione dietro ai Caduti.
“Eccolo… Fuori due!” rise Andrea con la faccia più tranquilla del mondo, e uno sguardo divertito negli occhi dalle pupille bianche. 


Allooooora...
Che ve ne pare?
Ultimamente un bel po' di gente mi ha detto che Andrea destava sospetti (sono stata costretta ad ammettere che sembrava un po' Il padrino :P) ma spero di averlo pienamente riabilitato con questo capitolo...
Sarà un po' pazzo ma è bravo, lo assicuro!
Spoilerino:
" “Che c’è? Stanchi?” chiese cercando di nascondere la sua debolezza, ormai incalzante.
“No” rispose secca una voce femminile alle sue spalle. 
[...]

Andrea si rese conto con rabbia di essere stato messo fuori combattimento.
Ivan fu il primo a farsi avanti per avere la sua vendetta e colpì l’Angelo al ventre poi lo immobilizzò con l’aiuto di Dimitri.
I due Vendicatori afferrarono l’Angelo per le braccia e lo tennero fermo mentre Zira gli si avvicinava.
"
Beh... Spero di avervi incuriositi...
So cosa state pensando: un attimo prima difende il suo personaggio dai lettori e il secondo dopo lo fa cadere prigioniero...
Però vi assicuro che è necessario!
Comunque, grazie mille a tutti quelli che seguono! Spero di non deludervi...
A presto!
Ciao ciao!

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Capitolo 26
*** Il ritorno dell'Angelo perduto ***




Eccomi!!!
Scusate il ritardo ma ieri non ho potuto aggiornare perciò lo faccio ora...
Finalmente, in questo capitolo, rivelerò nome e aspetto dell'Angelo misterioso...
Dedichina: a chi crede nell'Amore anche in questo mondo grigio che sopprime le speranze. Perchè è grazie a chi ci sogna ancora che i fiori continuano a sbocciare!
A sotto!

Lady Catherine


26.
 
Zira strinse i pugni e digrignò i denti mentre i suoi occhi verdi parevano fiammeggiare.
Quell’unico, maledetto pazzo di Andrea stava umiliando lei e il suo ordine giocando come solo un buffone, quale era stato quel dannato, sapeva fare.
Andrea stava saltellando a destra a sinistra sfruttando le possenti ali bi-cromatiche e facendo schiantare Ivan e Dimitri ora qui, ora lì, ora l’uno contro l’altro.
“IDIOTI!” gridò la donna furiosa, “Vi fate mettere nel sacco da quello svitato?”
“Non è carino quello che dici, Zira…” commentò placido l’Angelo scuotendo la testa, “Come minimo dovresti dire una preghiera per confessarti…”
“Io ti uccido!” urlò la donna ma non si mosse.
Andrea di nuovo fece cenno di diniego.
“Così mi ferisci…” iniziò poi scrollò le spalle, “Bugia!”
Zira pensò seriamente di strangolarlo con le sue mani ma poi si fermò.
Era quello che voleva: provocarla per farla agire in base alla furia, senza ragionare…
“Nessuno mette nel sacco Zira…” sibilò la donna a voce così bassa che era impossibile udirla.
Si abbassò fino a posarsi sulle rovine nel cratere e, dal basso, osservò la situazione.
I Caduti cercavano di rialzare Nick ma non si azzardavano a muoversi per timore di distrarre il loro provvidenziale salvatore, la ragazza umana stava in ginocchio accanto a lui e il ragazzo le stava dietro spostando nervosamente gli occhi dalla battaglia in corso al suo gruppo, Ivan e Dimitri si lasciavano provocare da Andrea finendo nei suoi patetici trucchetti e continuando a ferirsi a vicenda o da soli senza comunque colpire il bersaglio.
Nessuno le prestava attenzione.
Con lentezza, camminò silenziosamente fino a portarsi alle spalle di Andrea che combatteva tenacemente con i due Vendicatori.
Ivan e Dimitri notarono la loro signora e iniziarono a pressare l’Angelo colpendolo lateralmente e velocemente senza cercare realmente di ferire quanto di impedirgli di voltarsi.
La lotta serrata assorbì totalmente l’Angelo, costretto a difendersi da solo dai colpi incalzanti dei due nemici, superiori sia fisicamente che numericamente, che gli arrivavano da ogni parte.
L’uomo strinse i denti e iniziò a combattere senza più perdere tempo in fronzoli; la sua abilità era notevole essendosi allenato per secoli per essere in grado di servire, un giorno, l’Arcangelo che sarebbe arrivato.
Parava, reagiva, colpiva e tornava in posizione senza cedere terreno e senza andarselo a prendere, cercando solo di stancare i suoi avversari abbastanza da ferirli e/o metterli in fuga.
All’improvviso i due indietreggiarono all’unisono, lasciando ad Andrea un insperato quanto necessario momento di pausa da quella battaglia estenuante.
“Che c’è? Stanchi?” chiese cercando di nascondere la sua debolezza, ormai pericolosa.
“No!” rispose secca una voce femminile alle sue spalle.
Andrea si accorse troppo tardi di Zira che, approfittando della sua distrazione, gli stava ormai alle spalle puntandogli un piccolo pugnale in argento fuso nel centro degli Inferi: l’unico metallo che potesse davvero uccidere gli Angeli.
Andrea si rese conto con rabbia di essere stato messo fuori combattimento.
Ivan fu il primo a farsi avanti per avere la sua vendetta e colpì l’Angelo al ventre poi lo immobilizzò con l’aiuto di Dimitri.
I due Vendicatori afferrarono l’Angelo per le braccia e lo tennero fermo mentre Zira gli si avvicinava.
La donna si piegò e si sporse su di lui.
“Di te mi occuperò dopo…” gli sibilò in faccia.
Andrea la guardò malissimo e, in risposta, alla minaccia tentò di dimenarsi.
Il suo gesto coraggioso causò solo le risate dei suo due carcerieri e il sorriso soddisfatto dell’Arcangelo.
Zira si girò e tornò a rivolgersi al gruppetto a terra.
“Adesso credo proprio di volere delle spiegazioni…” dichiarò.
“Dattele da sola!” le gridò contro Mattew.
La donna lo fulminò ma poi vide qualcosa che la attirò.
Velocemente scese in picchiata davanti a lui poi lo fissò dritto negli occhi.
“Questa poi!” esclamò dopo poco, poi si mise a ridere.
“Che c’è?” chiese Mattew risentito.
“C’è che tu, mio caro, non puoi vantare l’immunità che rende la tua squallida amica intoccabile…” disse la donna.
“Cosa?”
“Stai dicendo cavolate, Zira!” esclamò Joe, “Lui è umano e a te non è permesso fargli del male!”
“Se fosse umano non potrei fargli nulla, concordo…” replicò però l’Arcangelo voltandosi verso il Caduto, “Ma lui non è umano!”
Nick e Lucia si voltarono scioccati verso Mattew che, però, non era meno sorpreso di loro.
“Tu sei pazza!” esclamò.
“No!” replicò la donna ritornando davanti a lui, “Ambiziosa, decisa, tenace e forse un po’ impulsiva certo, ma pazza no…”
Il ragazzo si ritrasse con uno strano moto di repulsione, quella donna lo disgustava profondamente, e al contempo si portò più vicino a Lucia e le si piazzò davanti venendosi a trovare tra lei e l’Arcangelo.
Zira però comprese la mossa e iniziò a ridere.
“Ma che carino! Tenta di difendere la sua fidanzata!”
Ivan e Dimitri si unirono alla risata mentre Andrea iniziò a fissare il ragazzo con più attenzione.
Mattew ricambiò lo sguardo e, quando i suoi occhi e quelli della creatura si incontrarono, sul viso dell’Angelo si dipinse una smorfia di addolorata comprensione.
“Oh no…” mormorò ma Ivan lo strattonò impedendogli di dire altro.
Mattew riportò lo sguardo su Zira alla ricerca di una spiegazione ma poi cambiò idea e si ritrasse ancora un po’, in modo da poter mettere una mano sulla spalla di Lucia nel tentativo di dimostrare la sua intenzione a difenderla.
Zira rise di nuovo.
“Patetico! Il Nephilim che cerca di difendere l’umana!” esclamò.
Mattew spalancò la bocca.
“Il cosa?”
“Come? Stai tanto con i fedifraghi e non lo sai? Nephilim, caro… È quello che sei…”
“Un mezzosangue angelico…” sussurrò Lucia guardando Mattew dal basso con uno sguardo orgoglioso e al contempo spaventato: era un mezzo angelo, vero, ma questo dava a Zira il pretesto per eliminarlo… Nick aveva sempre detto che l’Arcangelo si era accanita nella caccia ai Caduti e ai Nephilim.
“Esatto!” la distasse Zira sempre sorridendo, “Il figlio bastardo di uno stupido traditore: niente meno!”
Quell’insulto gratuito fece fremere Mattew ma Nick lo afferrò per l’orlo dei pantaloni impedendogli di avanzare verso la creatura.
Il Nephilim si voltò e trovò il Caduto impegnato nel tentativo di mettersi seduto.
Mattew si inginocchiò e, con Lucia, aiutò l’amico a mettersi in ginocchio.
“Bah!” esclamò Zira, “Ne ho abbastanza di scene patetiche!”
Fece un movimento in avanti ma fu bloccata dal mugolio di dolore di Ivan.
La donna si voltò e vide l’uomo tenersi il naso mentre Dimitri cercava da solo di trattenere Andrea, che si stava nuovamente dimenando.
“Maledetto!” gridò Ivan lasciandosi il volto e mostrando il naso piegato e imbrattato di sangue: Andrea, fingendo di protendersi in avanti, aveva sfruttato lo strattone datogli dai due Vendicatori per colpire con una testata il naso dell’uomo.
Zira strinse le labbra in una linea sottile.
Dimitri riuscì a trattenere Andrea e Ivan riprese posto afferrandolo di nuovo e concedendosi di colpirlo al viso con un pugno.
“Tu sarai il prossimo…” promise l’Arcangelo ad Andrea ma l’Angelo non le badò e spostò lo sguardo preoccupato sul gruppo di Caduti, ora nelle mire di Zira.
“Lasciali stare!” gridò Nick cercando di rialzarsi ma la debolezza ebbe la meglio e lui crollò di nuovo in ginocchio.
“Molto coraggioso… Trovo divertente il fatto di trovarmi di fronte un intero branco di leoni; a quanto pare sono una brava domatrice…”
Lucia aveva continuato a spostare lo sguardo da Nick a Mattew a Zira nel tentativo di capire e di riuscire a prendere almeno minimamente parte agli eventi senza doverli attendere passivamente ma la frase di Zira, pronunciata con un tono ironico e sprezzante, la fece esplodere.
Non sapeva dove fosse il suo Angelo, non sapeva se davvero Mattew fosse un Nephilim e non sapeva se anche solo uno di loro sarebbe sopravvissuto per girare il foglio del calendario ma non le importava.
Scattò in piedi e si portò accanto a Mattew, tra il ragazzo e Chuck, e fulminò Zira.
Lucia pronunciò le uniche parole che potevano veramente far perdere il controllo all’Arcangelo e le gridò con un tono acido e furioso che sapeva di sfida e di rivalsa.
“Va’ all’Inferno!”
Zira sobbalzò poi, con un grido selvaggio, si gettò in avanti per afferrare Lucia ma una nuova luce l’abbagliò costringendola a indietreggiare.
“Cos’è?! Un altro dei tuoi trucchi?!” gridò la donna furiosa coprendosi gli occhi.
“No…” replicò una voce gelida che però non proveniva da Lucia.
Il fascio di luce sembrò diventare liquido e modellarsi prendendo la forma di un essere umano.
Creò un paio di lunghe gambe dalla carnagione chiara fasciate in un paio di pantaloni leggermente a zampa d’elefante bianchi e poi un bacino morbido dalla pelle del colore più chiaro possibile che si vedeva fino al ventre sopra il quale il corpo magnifico era coperto da un piccolo top a spalline sottili, anch’esso candido, che metteva in risalto un seno piccolo ma morbido e una silouette invidiabile. Il collo della creatura era lungo e sinuoso come quello di un cigno e il viso era ovale, con delle dimensioni perfette, il naso normale e le labbra sottili risaltavano gli zigomi delicati e gli occhi circondati da folte ciglia nere, i capelli scendevano lunghi in una coda bassa fino al fondo della schiena.
Le iridi senza pupille e la chioma erano dell’esatto colore dell’argento e le due ali che si spalancarono sulla schiena dell’Angelo erano del medesimo candore della luce che prima si era scatenata.
Nick alzò la testa a fissare la giovane donna comparsa all’improvviso e i suoi occhi si riempirono di lacrime mentre un nodo gli si scioglieva nel cuore quando riconobbe la creatura.
“Miriam…” 


Ta dàààà!!!
Allora...
Quanti di voi hanno indovinato?
Spero che questo capitolo sia piaciuto perchè finalmente mi sono decisa a far tornare in scena un'Angelo che in molti mi hanno detto che "dovrebbe darsi una svegliata"... Spero che finalmente Miriam piaccia più di prima!
Spoiler: "
Nick chiuse gli occhi in un’espressione distrutta.
“Hanno scelto Zira…” mormorò a Lucia e Mattew ma i due avevano già capito.
Era finita, e non ci sarebbe stato appello per nessuno di loro… 
"
Titolo: L'Angelo è nulla contro l'Arcangelo...
Sì, so che è un po' lunghetto ma non sono riuscita a fare di meglio!
Spero che vi piaccia!
Grazie a tutti quanti!
A presto!
Ciao ciao!
Lady Catherine

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Capitolo 27
*** L'Angelo non è nulla contro l'Arcangelo ***




Salve a tutti!!!
Allora...
Sono leggermente in ritardo ma ci sono!!!
Spero che questo capitolo piaccia e vi avverto che ci avviamo verso la conclusione di questa storia che, se non altro, ha tenuto molta compagnia almeno a me...
Dedichina: Alla mia sorellina che è una rompiscatole di prim'ordine ma alla quale voglio un bene dell'anima!!!
A sotto!
Ciao ciao!

Lady Catherine


27.
 
Zira e Miriam si scrutarono in silenzio per un lungo momento.
“Che ci fai qui?” sibilò Zira, furiosa.
Miriam non le rispose, la guardò con rabbia e allargò le braccia a fare da scudo al gruppetto dietro di lei.
“Sta’ lontana da loro…” scandì l’Angelo lentamente con ostilità.
“Altrimenti?” la provocò l’Arcangelo.
Miriam non rispose ma non lasciò la sua posizione. Le sue ali sbattevano lentamente in modo da tenerla sospesa e creavano, con il suono di quelle di Zira, una melodia fatta di battiti cupi che raccontava del prepararsi di una battaglia.
Perché era quello che stava per accadere: Miriam e Zira si erano accuratamente evitate l’una con l’altra nei cento anni successivi alla caduta di Nick e ora che si trovavano di fronte e schierate alla battaglia, nessuno avrebbe potuto evitare uno scontro…
E nessuno avrebbe potuto impedire la morte di una delle due…
Se si fosse arrivati a una guerra, sarebbe stato un duello all’ultima goccia di sangue immortale.
Gli Angeli muoiono solo dissanguati…
Le due donne si fissavano negli occhi, verde e argento, senza abbassare la guardia né azzardarsi a parlare; erano pienamente concentrate sull’obbiettivo: difendere e uccidere.
La prima a spezzare l’immobilità fu Miriam che indietreggiò lentamente fino ad arrivare a toccare terra con i piedi a poco più di un metro da Chuck e Joe.
Zira la seguì e atterrò davanti a lei, a un metro di distanza circa.
C’era troppo poco spazio tra loro, se ne rendevano conto tutti: la battaglia era sempre più imminente.
“Stanno scegliendo…” commentò Zira, come se non fosse una cosa a cui dare importanza.
“Lo so…” replicò asciutta Miriam ma sembrava molto più tesa dell’altra.
Nick gemette e Lucia gli si accostò ancora di più attirando anche l’attenzione di Mattew.
“Che succede?” chiese la ragazza.
“Stanno decidendo!” mormorò il Caduto con un’espressione angosciata sul viso.
“Cosa? Chi?” si intromise Mattew.
“Gli Arcangeli!” sussurrò Nick nonostante l’urgenza, “Si sono riuniti e stanno votando per decidere chi di loro due abbia ragione!”
“Non capisco…” sussurrò Lucia, la voce improvvisamente debole.
“Per impedire le contese interne tra Angeli, gli Arcangeli convocano un’Assemblea quando ci sono degli scontri simili e poi votano… Chi ha più voti vince…” spiegò Chuck senza distogliere lo sguardo dalla battaglia di occhiate in corso.
“Chi vince ha ragione e chi perde deve farsi da parte…” mormorò Nick, “Gli Arcangeli comunicano con gli Angeli anche da enormi distanze e possono costringerli a obbedire… Se qualcuno si ribella agli ordini mentali, cade…”
“Non daranno ragione a Zira…” affermò Mattew ma il suo tono era quello di una domanda.
“Nessun Arcangelo è mai Caduto…” sussurrò Lucia sentendo il gelo della sconfitta scivolarle lungo la schiena, “Sarebbe una vergogna per le schiere celesti…”
Mattew sbiancò ma non disse nulla, Nick puntò gli occhi accesi da una tenue speranza sulla schiena di Miriam, immobile e potente.
Lucia osservò l’Angelo: dava una sensazione di forza, bellezza… Sembrava la giustizia a cui era stato dato corpo… Poteva perdere?
Le gambe di Miriam iniziarono a tremare all’improvviso, brividi rapidi che venivano e sparivano all’improvviso facendola vacillare, le sue braccia si abbassarono leggermente e le spalle si incurvarono all’improvviso, sembrando cariche di un peso enorme da sostenere.
La testa si spostò in avanti mentre i suoi occhi argentati si spalancavano, colmi di stupore, angoscia e dolore, sia fisico che mentale.
Zira sorrise soddisfatta.
Nick chiuse gli occhi in un’espressione distrutta.
“Hanno scelto Zira…” mormorò a Lucia e Mattew ma i due avevano già capito.
Era finita, e non ci sarebbe stato appello per nessuno di loro…
L’Arcangelo si avvicinò lentamente a Miriam, gustandosi ognuno di quei secondi di rivalsa sulla ragazza dai capelli d’argento.
La raggiunse e le mise una mano sulla spalla opposta a quella che si trovava davanti, non in segno di sostegno ma il contrario: per spostarla.
La spinse per aprirla come fosse una porta e ignorando le sue ali spiegate e le braccia ancora aperte che cercavano inutilmente di opporsi a ordini che venivano da qualcuno nella sua testa.
Ogni singola fibra, ogni nervo, ogni muscolo di Miriam tremava per gli stimoli contrastanti: l’ordine di difendersi e quello di farsi da parte che si affastellavano sul corpo della ragazza minacciando di lacerarlo.
Zira attese tranquillamente, lasciando che la sua avversaria soffrisse per quel comando crudele.
Alla fine, Miriam lasciò cadere le braccia inerti contro i fianchi e le sue ali si abbassarono.
L’Arcangelo esercitò una pressione sulla spalla dell’Angelo e la creatura si spostò di lato, facendosi da parte e consentendo a Zira l’accesso ai Caduti.
“Brava, angioletta…” la provocò Zira sorpassandola ma senza togliere la mano dalla sua spalla.
Miriam puntò gli occhi in quelli di Lucia senza alzare la testa e poi, quasi per errore, il suo sguardo si incatenò a quello di Nick.
Era passato un istante, nulla di più: Zira stava ancora appoggiata alla sconfitta e si stava ancora muovendo verso le sue prede.
La presa degli Arcangeli su Miriam si spezzò.
L’Angelo afferrò con violenza il polso dell’Arcangelo che stava sulla sua spalla e lo usò come perno per scagliare indietro a forza l’avversaria con un grido selvaggio e liberatorio.
Zira fu sbalzata in alto e volò indietro per molti metri senza riuscire a riprendere il controllo; sbatté la schiena contro il tronco di un albero dall’altra parte della radura.
Riuscì a non cadere e a rimanere in piedi e puntò gli occhi verdi in quelli argentei di Miriam.
Gridò, un urlo tremendo e lacerante che scosse gli animi di chi lo udì.
La terra riprese a tremare e gli alberi che delimitavano il perimetro di quella piccola area furono squarciati da grosse lastre di pietra grigia che crebbero verso l’alto fino a creare una barriera quasi naturale attorno alla zona: un recinto circolare dal quale era impossibile scappare se non in volo.
Zira è certa che Miriam non fuggirà lasciandoci qui!, capì Lucia, Si sta premunendo di intrappolarci qui tutti così da avere in pugno anche lei e Andrea!
Ma l’intento palese dell’Arcangelo non distrasse Miriam che fletté le ginocchia e saltò verso l’alto per poi prendere posizione stabile in volo a cinque o sei metri da terra, un po’ più avanti del gruppo che doveva proteggere.
Zira saltò allo stesso modo e le due si trovarono una di fronte all’altra in aria.
Si guardarono in cagnesco per un po’ e i loro sguardi erano così eloquenti che perfino Ivan e Dimitri planarono dalla loro postazione in volo e si adagiarono al suolo nella zona a Est della radura, sempre tenendo saldamente Andrea che fissava la scena scioccato da ciò che l’Angelo aveva osato fare.
Zira si scagliò su Miriam per prima e la ragazza la attese a piè fermo, senza spostarsi.
All’ultimo secondo portò entrambe le mani davanti a sé e accolse il pugno dell’Arcangelo tra le dita, accompagnandolo e ammortizzandolo.
Lo scontro fu tale che dovette indietreggiare fino sulla testa dei Caduti ma il colpo fu fermato senza danni.
Zira fissò gli occhi verdi in quelli di Miriam e la sua furia era tale che nelle sue iridi si vedevano lampi rossi.
All’improvviso la donna, invece di ritrarsi, sfruttò la vicinanza con l’avversaria per colpirla al viso con un pugno dell’altra mano.
Miriam voltò la testa e fu scagliata indietro di un metro, un metro e mezzo ma si riprese e scattò in avanti, attaccando per la prima volta.
Se lo stile di Zira era rabbia e forza bruta, quello di lei era agilità e attenzione.
Usava soprattutto le gambe e cercava di colpire Zira ai fianchi e di farle perdere l’equilibrio.
Non attaccò più giocando di forza.
“Non può farcela…” sussurrò Betty angosciata.
“Ma che dici?!” urlò Lucia e la sua voce le uscì più stridula di quanto volesse.
“Un Angelo non ha speranze contro un Arcangelo…” sussurrò Nick appoggiando tristemente la Caduta, il tormento nella voce, “Non è abbastanza forte: la potenza degli Angeli deriva dalle loro ali…”
“Un Arcangelo ne ha quattro mentre un Angelo solo due…” capì Lucia impallidendo.
Spostò lo sguardo sul combattimento ancora in corso.
Forza, Miriam!, pensò angosciata.
“Ci sto… provando!” sussurrò l’Angelo a denti stretti mentre tentava di evitare i colpi micidiali dell’avversaria.
Puoi farcela…, pensò ancora l’umana, Forza, mio Angelo!
Miriam sorrise a quel pensiero: Lucia era sempre così, la speranza incrollabile fatta a persona…
La ragazza prese un respiro profondo tra due colpi e si slanciò in avanti afferrando Zira per la gola e chiudendo le ali.
Le due donne precipitarono verso il basso.
Miriam cercò di mettere Zira sotto di sé per schiacciarla col suo peso ma la donna spalancò le quattro ali e le gonfiò attutendo la caduta e raddrizzandosi.
Miriam fece in tempo solo a vedere una furia incontenibile nei suoi occhi poi l’Arcangelo afferrò i suoi polsi, ancora vicini alla sua gola, e fece roteare l’avversaria per un po’ dandole slancio.
Zira la mollò all’improvviso e la lasciò andare.
“E ora pensiamo alle cose importanti…” disse l’Arcangelo subito dopo aver lanciato l’avversaria senza nemmeno guardarla e voltandosi verso i Caduti, ora totalmente senza protezione.
Miriam sbatté la schiena contro la parete di roccia e schiacciò malamente le ali tra sé e la pietra.
Gridò di dolore per la posizione innaturale presa dalle piume.
Il suo corpo si accasciò e lei iniziò a cadere con la testa verso terra.
No…, pensò Nick con dolore fissando il corpo dell’Angelo che ancora precipitava. 

Bene...
So che in questo momento sembra una situazione abbastanza patetica per i "nostri eroi" ma abbiate pazienza ancora un po'...
Allora...
Miriam ha fatto una forte scelta di campo e si è opposta al Paradiso ma Zira sembra ancora la più forte...
Cosa succederà?
Spoiler:"
La sua morte era stata troppo rapida e violenta per potersi far prendere dai ricordi ma in quel momento immagini che credeva di aver scordato si fecero strada nella sua mente [...]
Non poteva passare di nuovo quel dolore, nulla valeva la pena di soffrire così!"
Beh...
A voi giudicare...
Titolo: Un grande cambiamento
Grazie di cuore a tutti coloro che leggono questa storia, a quei pochi ai quali voglio un bene dell'anima che mi hanno aggiunto tra le storie Seguite o Preferite o addirittura tra gli Autori Preferiti e a quelli che mi sostengono impedendomi di cedere allo sconforto recensendomi...
Grazie di cuore...
Adesso mi sto anche imbarcando nella pubblicazione di una nuova storia del genere Romantico, L'Amore nel Silenzio, ma questa storia è completamente scritta perciò non subirà rallentamenti e se qualcuno ha voglia e passa a dare un'occhiata anche all'altra, mi farà davvero felice...
A presto!
Ciao ciao!
Lady Catherine

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Capitolo 28
*** Un grande cambiamento ***





Eccomi!!! Ci sono!!!
Allora...
Non dico nulla: il titolo parla da sè...
A sotto!!!
Ah, dedichina: a una persona speciale, che arriverà...
A dopo!!!

Lady Catherine


 

28.
 
Miriam precipitava verso il basso senza dar segni di ripresa.
Si stava per schiantare a terra ma tutto era lento e lei ragionava.
Era stata una pazzia schierarsi contro l’Assemblea degli Arcangeli e cercare di combattere Zira da sola.
Cosa gli era saltato in testa non lo sapeva ma si rendeva benissimo conto che la sua rabbia era una cosa che le era rimasta dentro per anni.
Farla uscire era stato tutto ciò che le restava per salvare la sua famiglia.
Era a pochissimo da terra: due metri, un metro e mezzo circa…
Chiuse gli occhi e cercò di calmarsi, con sua sorpresa ci riuscì.
Cercò nei suoi ricordi tutto quello che l’aveva portata lì.
Sapeva che alcuni dicevano di aver visto la propria vita scorrergli davanti quando più avevano rischiato di perderla.
La sua morte era stata troppo rapida e violenta per potersi far prendere dai ricordi ma, in quel momento, immagini che credeva di aver scordato si fecero strada nella sua mente: due bambini che giocano nella neve vicino a una foresta, entrambi biondi e dai tratti nordici, compresi gli occhi azzurro chiarissimo, ridono e giocano felici, potrebbero sembrare fratello e sorella ma non lo sono; due ragazzi che corrono in una foresta inseguiti dai lupi, il maschio che afferra un bastone e colpisce gli animali allontanandoli dalla ragazza spaventata, un’animale che salta e morde il ragazzo al braccio, lui che si libera e lo colpisce sulla testa, le belve che si ritirano, i giovani che tornano dalla famiglia; i due ragazzi catturati e battuti all’asta che gridano e si chiamano per restare insieme, che vengono lavati malamente e spinti su dei carri; uomini che se li passano come oggetti; un paese caldo e con il sole a picco sulle loro teste quando sono ormai quasi adulti, la ragazza che barcolla per le temperature alte a cui non è abituata e il ragazzo che la sorregge cercando di non crollare anche lui, il controllore degli schiavi che li divide con forza strappandola la femmina dalle mani del maschio, il ragazzo che grida il nome della giovane e l’uomo che lo colpisce alla nuca con l’elsa della spada, la ragazza che non trova la voce per chiamarlo a sé; la ragazza che scivola tra corridoi deserti e bui a mezzanotte, che sguscia tra un’ombra e l’altra per raggiungere la grande sala sotterranea in cui vengono rinchiusi tutti gli schiavi addetti alla costruzione della piramide, che raggiunge il ragazzo, che bagna una striscia di stoffa d’acqua e la usa per pulire dalla polvere e dal sangue secco le ferite su di lui mentre lo ascolta canticchiare piano la canzone della loro famiglia; il ragazzo portato a braccia nella sala del trono, ferito e sanguinante; una spada che trafigge insieme i due giovani legandoli per sempre nella morte come lo erano stati nella vita; due nuovi Angeli forti e potenti; una vita passata a servire il giusto e cento anni a fare il proprio dovere nella devastazione di chi perde l’unica cosa che conti davvero…
Per la prima volta, Miriam provò paura.
Non poteva passare di nuovo quel dolore, nulla valeva la pena di soffrire così!
E mentre il terreno arrivava a mezzo metro dalla sua testa, un solo pensiero le nasceva in testa.
Non di nuovo!
Un bruciore intenso la percorse lungo la schiena, scivolandole giù fino all’attaccatura delle ali.
Una fiamma che la bruciava riducendola in cenere e al contempo la rinnovava rendendola diversa, forte e bella.
Il dolore raggiunse le piume e divenne una fiume fresco che levigava lì dove il fuoco e la botta avevano lasciato tracce dolenti sul suo corpo.
Sotto il buio degli occhi chiusi vide una strana luce e poi un’immagine che non avrebbe mai dimenticato: un’immagine che la fece sorridere.
 
Miriam cadde a una velocità spaventosa verso il basso e tutti furono certi che si sarebbe schiantata di testa su quel terreno duro.
Ma a mezzo metro dal terreno le ali dell’Angelo iniziarono a risplendere, si aprirono e, a un soffio da terra, la ragazza si raddrizzò iniziando a volare verso l’alto.
Zira si voltò di scattò con sorpresa.
Il corpo risanato, i capelli mossi dal vento, gli occhi gelidi e le ali brillanti: Miriam sembrava più potente che mai.
L’Arcangelo la guardava con l’invidia dipinta sul viso, la rabbia dell’eterna seconda, e digrignò i denti.
“Non ne hai ancora abbastanza?!” esclamò rabbiosa.
“Risparmia il fiato per combattere, Zira!” la interruppe la voce di Andrea, di nuovo gioviale, “Ne avrai bisogno…”
L’Arcangelo si girò a guardarlo, prigioniero eppure sorridente…
Qualcosa non andava.
Un delicato fruscio la fece voltare verso Miriam.
La giovane si stava ripiegando su sé stessa in posizione fetale e, così facendo, lasciava visibile l’attaccatura delle ali sulla schiena.
L’attenzione di tutti si focalizzò lì dove due piccoli, traslucidi bitorzoli si stavano formando tranquillamente.
Sembravano due perle di un vetro opaco e brillante insieme.
I bozzi crebbero fino a sembrare due grosse biglie e poi ancora sino a prendere le dimensioni di palle da baseball infilate per un quarto sotto pelle.
Erano passati cinque secondi, forse poco di più quando le due protuberanze scoppiarono.
Si strapparono come fossero state fatte di una stoffa sottile o di carta di riso e il loro contenuto si aprì, allargandosi al vento con una forza maestosa e muta.
Un paio di enormi, splendide ali bianche si spiegò sotto le due già esistenti.
Era impossibile pensare che due cose così grandi fossero state racchiuse in quel poco spazio ma quelle facevano bella mostra di sé assieme alle altre.
Miriam si raddrizzò lentamente, lo sguardo sempre glaciale.
Fissò Zira.
“Battiti ad armi pari…” sibilò solo.
Zira sgranò gli occhi sorpresa.
Davanti a lei, ora, c’era un Arcangelo degno di quel nome.
La donna non si fece intimorire e si alzò in volo in modo di trovarsi davanti a Miriam.
“Non so come tu abbia fatto ma non ti servirà!” esclamò lanciandosi verso di lei.
Miriam scattò in avanti con lei e le due donne si scontrarono afferrandosi per le spalle.
Giravano in tondo, prendevano e perdevano quota apparentemente senza rendersene conto mentre lottavano febbrilmente per un solo obiettivo: non mollare la presa.
Zira era furiosa per il gesto di Miriam ma la ragazza aveva cento anni di rabbia repressa in corpo e la supremazia sembrava ora di una ora dell’altra.
Nello scontro il movimento era così frenetico che da terra era impossibile vedere i volti di una o dell’altra e gli spettatori si affidavano solo al colore dei capelli o delle ali per distinguerle.
Nick tentò di nuovo di alzarsi, barcollante, ma fu sul punto di crollare nuovamente a terra.
Mattew fu il più rapido e lo afferrò per un braccio reggendolo il tempo necessario perché sparissero le vertigini e lui riuscisse a prendere di nuovo l’equilibrio.
Quando fu certo che non sarebbe caduto, Nick sciolse la presa di Mattew con delicatezza e decisione e si avvicinò al cratere.
Superò tutti e nessuno osò fermarlo.
Il ragazzo raggiunse il bordo e non si preoccupò di staccare lo sguardo dalle Arcangelo in volo.
I suoi occhi brillavano di ammirazione, orgoglio, speranza e timore mescolati in un groviglio strano che lo faceva sembrare inquieto.
All’improvviso le due ragazze si separarono con uno spintone e si guardarono in cagnesco mentre giravano in tondo come due predatori.
“Che credi di fare?” esclamò Zira, “Gli Arcangeli sono con me!”
“La situazione, nel caso non te ne fossi accorta, è cambiata…” replicò Miriam sbattendo frivolamente le ali inferiori appena nate, “Credo che ci vorrà un’altra Assemblea, ma prima che possano aprirla questa storia si sarà conclusa!”
“Siamo tre alati conto una… Due se Andrea riuscisse a liberarsi e decidesse di stare dalla tua… Pensi davvero di farcela?”
“Certo che no, Zira…” rispose gentilmente Miriam fermando il movimento circolare davanti ai Caduti, “Ma le cose cambiano e, come a un Angelo posso nascere due ali in più, a un Caduto posso rispuntare le sue…”
La ragazza rimase immobile per un istante, giusto il tempo di far assorbire a Zira le sue parole, poi, veloce come un fulmine, si voltò e si scagliò in picchiata verso il bordo della radura.
“NO!” urlò la Vendicatrice volandole dietro ma era troppo tardi.
Miriam avvolse il corpo di Nick con il suo, come in un abbraccio dolce e atteso da tempo.
Le gambe del ragazzo vennero meno quando il fuoco iniziò a percorrere anche lui ma, quando si trasformò in balsamo, sentì l’energia crescere nel suo corpo ben più forte di prima e rimase fermo in ginocchio ad assaporare la sensazione di forza e l’abbraccio di Miriam, chinatasi con lui, che sapeva di perdono e di ritorno a casa.
Un unico flash che durò un istante poi, dove prima stava il Caduto inginocchiato, si stagliava la figura di un Angelo grandioso: i capelli chiari stavano scompigliati in modo perfetto, gli abiti umani e sporchi erano scomparsi per essere sostituiti da un paio di pantaloni di lino bianchi, era a torso nudo e scalzo ma la sua posa eretta e a testa dritta lo faceva sembrare invulnerabile; stava a occhi chiusi e raddrizzava i muscoli uno dopo l’altro, alzandosi fino a far sembrare il suo metro e settantanove molto di più.
Due ali candide stavano ripiegate sulla sua schiena.
Gli occhi chiusi indicavano concentrazione ma le sue mani non stavano ferme e trovarono senza esitazione il corpo morbido dell’Arcangelo davanti a lui.
Nick cinse la vita di Miriam spostandola leggermente al suo fianco in una posa protettiva e lei si mise di lato in modo da vedere sia Zira che lui.
Per aspetto sembrava identico a prima ma poi spalancò gli occhi.
Due iridi di un blu cupo e brillante scintillavano senza pupilla.
“Non può essere!” esclamò la Vendicatrice sconvolta, “Non può essere tornato!”
“Mai dire mai, Zira…” le rispose Nick con voce atona, “Mai dire mai…”
Il gelo aveva paralizzato i due Angeli Vendicatori al seguito di Zira che fissavano la scena con angoscia evidente.
Miriam li guardò furente prima di voltarsi verso Nick.
“Occupati di loro…” disse e la sua voce sembrava troppo dolce per un ordine, “Libera Andrea e rendeteli inoffensivi, a lei ci penso io…”
Nick le sorrise, annuì poi spalancò due ali bianche che gli spuntarono all’improvviso dalla schiena e assaporò per un istante la sensazione dell’aria sulle piume prima di spiccare il volo.
L’Angelo piombò su Ivan senza dargli il tempo di riprendersi e il Vendicatore mollò la presa sul prigioniero volando indietro sotto la spinta potente di Nick.
Andrea, libero da un braccio, si sbarazzò tranquillamente di Dimitri scagliandolo nella fossa.
“Direi che il nuovo Arcangelo ha già i suoi tirapiedi…” commentò ironico voltandosi verso Nick.
Il ragazzo gli sorrise.
“E avevi pure ragione!” gli gridò ridendo prima di tornare a occuparsi di Ivan, irritato come al solito.
Lo scontro più difficile, però, si sarebbe svolto in cielo tra le due donne Arcangelo che già erano tornate in posizione di attacco. 


Beh...
Ditemi voi...
Allora, faccio uno spoiler un po' particolare: il prossimo capitolo vedrà tornare in azione anche i Caduti, l'umana e il Nephilim... Ma se Lucia usasse una fionda? Aiuterebbe?
Titolo: Una mira perfetta...
Un Grazie enorme a tutti quelli che Seguono, Preferiscono o recensiscono questa storia ;)...
A presto!!!
Ciao ciao!!!
Lady Catherine

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Capitolo 29
*** Una mira perfetta ***




Eccomi!!! Scusate il ritardo!!!
Sono proprio di corsa...
A sotto!

Lady Catherine


29.
 
Miriam e Zira volavano in cerchio senza staccarsi gli occhi di dosso.
Miriam scattò in avanti all’improvviso, decisa a chiudere la faccenda.
Zira non riuscì a scattare altrettanto prontamente e incassò il colpo allo stomaco piegandosi in avanti.
L’altra Arcangelo non le diede il tempo di riprendersi e sfruttò la sua posizione per tirarle una ginocchiata sul viso che la spedì contro la parete di roccia.
Zira sbatté e chiuse gli occhi.
L’Arcangelo non si muoveva più.
Miriam non si avvicinò ma le tenne gli occhi puntati addosso.
Si spostò in avanti di un paio di centimetri.
Zira spalancò gli occhi e le si lanciò addosso.
 
Nick si abbassò appena in tempo per evitare il destro di Ivan e poi si spostò a sinistra scansando un calcio.
“Maledetta pulce!” esclamò Ivan stufo.
Il ragazzo non lo ascoltò ma continuò a schizzare a destra e sinistra evitando i colpi.
All’ennesimo diretto al viso di Ivan, Nick si abbassò, lo afferrò per la cintola e riuscì a scaraventarlo nel cratere e facendolo atterrare sulla schiena.
Saltò giù e si mise a cavalcioni del Vendicatore iniziando a prenderlo a pugni sul viso.
 
Andrea scattava a destra e sinistra con ritrovata baldanza mentre Dimitri tentava inutilmente di afferrarlo.
L’Angelo attese che il suo avversario si lanciasse verso di lui poi fece una capriola in aria e si trovò alle spalle di Dimitri.
Velocemente si voltò e gli passò un braccio intorno al collo, nel tentativo di immobilizzarlo ma il Vendicatore lo afferrò per il polso e lo scagliò contro le pareti della buca.
 
Lucia faceva scattare gli occhi da Nick a Miriam ad Andrea nel tentativo di stare dietro a tutti gli scontri ma i sei Angeli si muovevano a una velocità incredibile.
Joe e Chuck osservavano lo scontro tra Miriam e Zira mentre Betty non perdeva di vista Nick.
“Dannazione!” esclamò Mattew all’improvviso.
Lucia e gli altri si voltarono verso di lui.
Il Nephilim si teneva la testa con le mani e faceva avanti e indietro osservando ora la vegetazione, ora il terreno, ora gli Angeli, apparentemente alla ricerca di qualcosa.
“Mattew…” mormorò Lucia guardandolo preoccupata.
“Possibile che non possiamo fare nulla?! Maledizione, un modo per aiutarli deve esserci!” gridò lui aumentando il ritmo della camminata, “Non sopporto di fare il topo in trappola!”
Lucia non gli disse nulla ma era totalmente d’accordo.
La ragazza incrociò lo sguardo con quello di Betty e vi lesse la sua stessa sensazione di impotenza.
“Oh, insomma!” bofonchiò la ragazza scattando verso gli alberi.
“Che cosa fai?!” le chiese Chuck sorpreso mentre lei si affaccendava accanto a un albero.
“Sapevi che il liceo classico apre la mente e insegna ad arrangiarsi?” gli rispose lei enigmatica, “Lo dicono tutti i più recenti studi e sondaggi…”
“Lucia,” si intromise Joe, per una volta senza ‘Ehy!’, “Dubito che conoscere una lingua morta o due possano aiutare in questo momento…”
“Dici?” chiese Lucia rialzandosi da terra con un piccolo ramo spezzato a forma di Y.
La ragazza sorrideva.
“Non mi piace quando fai così…” intervenne Mattew, “Vuol dire che hai un’idea in testa…”
La ragazza non rispose ma si sciolse il capelli e spezzò in due l’elastico che li aveva tenuti e lo legò ai due punti più alti del bastone ottenendo una rudimentale fionda.
“Ehy! Lucia, la tua reputazione di brava ragazza si sta distruggendo sempre più…” commentò Joe.
“Non l’ho mai usata…” chiarì lei, “Ma ho vista un sacco di ragazzi costruirla, un po’ ci so fare…”
La ragazza si piegò e afferrò una pietra grande poco meno del suo pugno.
“Trovatemene altre così…” ordinò mostrandola agli altri.
“Se non altro, le rocce qui non mancano…” sospirò Chuck.
Dieci minuti dopo avevano organizzato una bella catena di montaggio -Joe e Chuck che cercavano le pietre nella buca, Betty che prendeva quelle che i due le porgevano e le passava a Mattew che le ammucchiava ai piedi di Lucia- e si era dotati di una trentina di pietre già pronte.
In quel momento, Ivan riuscì a scrollarsi di dosso Nick e a rotolare invertendo le posizioni.
“Ora ti faccio male!” esclamò il Vendicatore alzando il pugno.
“Dici che possiamo iniziare?” chiese Mattew a Lucia con ansia fissando i due.
“Dico che non abbiamo scelta se non vogliamo che quel pazzo rompa il naso a Nick…” mormorò ironica Lucia alzando la fionda a livello del viso.
“Solo il naso?” mormorò il Nephilim a voce bassissima.
Lucia lo ignorò, mirò e lanciò la pietra.
Il sasso attraversò la radura diagonalmente e prese Ivan su una tempia.
L’uomo si paralizzò ma il sasso gli rimbalzò addosso come se avesse colpito un muro.
“Non una ferita, non un livido e nemmeno un ‘Ahi!’…” bofonchiò Mattew, “Testone il nostro amico…”
Ivan si voltò verso il gruppetto e vide gli angeli e il Nephilim darsi da fare per ammucchiare le pietre poi un’altra pietra lo colpì in fronte e, di nuovo, rimbalzò via.
Solo allora, il Vendicatore notò Lucia con la fionda.
“Adesso ti strozzo sul serio…” sibilò alzandosi per raggiungerla ma, come allentò la presa della mano sulla spalla di Nick e quella delle gambe sui suoi fianchi, il ragazzo scattò e lo colpì al viso.
Per un solo istante Nicola si girò verso Lucia e le fece un finto saluto militare poi tornò ad occuparsi di Ivan.
Lucia sorrise poi ricaricò la fionda puntandola verso Dimitri che stava sbattendo ripetutamente la testa di Andrea contro il bordo del cratere.
Era troppo lontana per sentire le parole ma, a giudicare dalla faccia del Vendicatore, era certa che Andrea lo stesse ancora prendendo in giro.
Un pazzo!, pensò scioccata prima di tirare,Un pazzo furioso!
Il secondo dopo un sasso colpiva Dimitri alla collottola.
“Ma cosa?!” gridò l’uomo voltandosi e Andrea scivolò via dalla sua presa senza farsi notare.
Quando Dimitri si voltò di nuovo, la sua mano era vuota.
“Ma cosa?!” ripeté ma fu messo a tacere da un grosso masso che si schiantò sulla testa.
“I bravi bambini fanno la nanna a quest’ora!” disse Andrea mentre batteva le mani una contro l’altra per pulirle dalla polvere della roccia che aveva tirato.
Lucia si concesse un secondo sorriso poi alzò lo sguardo verso gli Arcangeli.
Miriam e Zira si scagliavano l’una contro l’altra troppo velocemente e non si capiva chi avesse la meglio.
La ragazza non era certa di riuscire a colpire l’Arcangelo giusto.
“E fermatevi un po’!” sbuffò spazientita ma poi capì che non poteva fare nulla per la ragazza dai capelli d’argento e tornò a concentrarsi su i due Gorilla.
Ivan e Dimitri si vedevano un po’ in difficoltà contro Nick e Andrea e le poche volte che riuscivano a prendere vantaggio sugli avversari venivano immancabilmente colpiti da Lucia e, anche se non facevano male, i sassi li distraevano quel poco di tempo necessario perché i due seguaci di Miriam riprendessero il controllo degli scontri.
Tuttavia nessuno cedeva e la battaglia proseguiva senza interruzione.
Si prendono per sfinimento!, comprese Mattew e scambiò l’informazione con Lucia con uno sguardo.
La ragazza annuì tristemente.
Non contava chi fosse più forte o dalla parte del giusto, non importavano astuzia o forza, i poteri non avrebbero aiutato nessuno e non c’era modo di accelerare i tempi: dovevano aspettare e vedere chi fosse riuscito a resistere più a lungo.
Era impossibile fare una previsione sul vincitore ma, più di tutto, Lucia temeva il protrarsi della lotta per un motivo ben preciso: l’Assemblea.
Miriam aveva garantito a Zira che la questione sarebbe stata chiusa prima che gli Arcangeli potessero convocarne un’altra ma era vero?
Ivan e Nick si scagliavano l’uno contro l’altro, Andrea e Dimitri si inseguivano e si sfuggivano a vicenda e le due Arcangelo si battevano senza tregua.
Se si fosse arrivati ad una nuova Assemblea, dalla parte di chi si sarebbero schierati gli altri Arcangeli ora che la contesa coinvolgeva due loro simili?
In un modo o nell’altro un Arcangelo sarebbe andato perduto: Caduto, morto o ferito nell’anima in modo irreparabile.
Otto erano gli Arcangeli celesti, otto erano gli Arcangeli in quel momento, ma sarebbero rimasti tali?
Per qualche motivo, Lucia non seppe né volle rispondersi. 

Bene!!!
Allora?
Piaciuto?
Come ho già detto sono di corsa quindi un GRAZIE enorme a tutti!
Spoiler: "
“Bene!” esclamò l’Arcangelo voltandosi verso i suoi compagni e dando le spalle alla vista del campo di battaglia, “Spero che siate orgogliosi di quello che avete fatto!”"

Titolo: Assemblea...
A presto!
Ciao ciao!
Lady Catherine

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Capitolo 30
*** Assemblea ***




Salve a tutti...
Scusate il ritardo ma stavo male...
Vi lascio al capitolo...
Dedichina: a Lola...
A sotto!

Lady Catherine


30.
 
“Bene!” esclamò l’Arcangelo voltandosi verso i suoi compagni e dando le spalle alla vista del campo di battaglia, “Spero che siate orgogliosi di quello che avete fatto!”
“Non infierire, Gabriele…” mormorò una voce femminile bassa e morbida ma anche colpevole.
Chiara, l’Arcangelo dei Custodi, teneva china la piccola testa coperta da boccoli biondi in modo che non fossero visibili i suoi occhi color acquamarina; all’apparenza non dimostrava più di sedici anni ma era una degli Angeli più antichi del Paradiso: lei era stata creata tale e non era mai stata umana.
“Sai bene che era la cosa migliore da fare in quel momento…” aggiunse una voce maschile più duramente.
Zhacary, Arcangelo degli Angeli del Dolore, appoggiato ad un muro inesistente e avvolto nel suo mantello nero, sostenne lo sguardo furente dell’Arcangelo dei Compassionevoli senza esitazione con i suoi occhi neri e i suoi capelli grigi lunghi sino alle spalle.
“Ah, sì?!” chiese sarcastico Gabriele, “Credevo che un’Assemblea servisse a scegliere!”
“Ed è quello che vogliamo fare…” mormorò dolcemente la voce dell’unica altra Arcangelo donna estranea alla battaglia: Valentina, Arcangelo degli Angeli della Morte.
Gabriele la fissò con riconoscenza, Valentina e Samuel erano stati gli unici a schierarsi con lui a favore di Miriam.
La donna era sui venticinque anni con capelli castano chiaro che le scendevano sino a metà schiena e magnetici occhi d’oro.
Samuel, Arcangelo dei Pietosi, prese la parola.
Lui era sui trent’anni, con lunghi capelli corvini e occhi grigi.
“Ormai non possiamo far nulla per la scelta presa in passato e, comunque, ti faccio presente che è servito alla tua pupilla per divenire Arcangelo…” disse fissando Gabriele negli occhi con serietà.
L’altro Arcangelo distolse lo sguardo con stizza: Samuel era, forse, l’Arcangelo più importante poiché lui aveva il potere di rendere un’anima un nuovo Angelo e perciò Gabriele non si sarebbe mai sognato di offenderlo… Tanto meno se aveva ragione.
“Sì, sì, va bene… Come dici tu: è servito…” bofonchiò ma fu interrotto dall’ultimo membro dell’Assemblea: Marcus, Arcangelo degli Angeli della Sofferenza.
“Ma ora dobbiamo scegliere di nuovo…” commentò placido.
Marcus era un uomo schivo, per età pari a Gabriele, con capelli castano scuro ma occhi rosso-ramati.
“Non ti passa mai per la testa l’idea di preoccuparti, Marcus?!” esclamò Zhacary con astio.
“Preferiresti che facessi il musone tutto il tempo come te: sono l’Arcangelo del Dolore e non sorrido mai!”
Degli Angeli del Dolore!” sibilò Zhacary, “E tu dovresti mostrare un po’ di contegno in più: sei della Sofferenza non dell’allegria!”
“Basta!” esclamò Valentina ad alta voce portando il silenzio nella sala.
Essere l’Arcangelo degli Angeli della Morte era molto utile.
La donna era soddisfatta ma mantenne un’espressione seria.
“Non siamo qui per batterci tra di noi!” esclamò ad alta voce indicando il limite delle nuvole sotto il quale si vedeva la radura, “Ce ne sono già due che combattono, non mi sembra il momento giusto per le vostre scaramucce!”
Zhacary e Marcus si voltarono in modo da non guardarsi ma era chiaro che la ramanzina di Vale li aveva colpiti in pieno.
Brava ragazza!, pensò Gabriele, Ecco una Arcangelo degna!
Valentina diede le spalle all’Assemblea per avvicinarsi al bordo ma nel farlo lanciò un’occhiata a Gabriele.
Grazie!, pensò intrufolando i suoi pensieri nella testa del Compassionevole.
Gabriele distolse lo sguardo, imbarazzato per aver dimenticato che gli Angeli della Morte avevano il dono di leggere e inviare i pensieri.
“Signori, credo che bisogni prima capire il motivo della trasformazione di Miriam…” si intromise acido Zhacary.
“Credevo che fosse per la profezia di Andrea…” mormorò Chiara alzando la testa con sorpresa.
“Andiamo!” aggiunse Marcus, “Non verrete davvero a dirmi che quel pazzo aveva ragione!”
“Se non è per la profezia per cosa, scusate?” si intromise Samuel aggrottando le sopracciglia.
“Diciamo che magari qualcuno non ha accettato la decisione dell’Assemblea…” precisò Zhacary fissando Samuel ma la frecciata era senz’altro diretta a Gabriele che reagì.
“Stai forse insinuando che avrei lasciato il mio posto a Miriam per far sì che si opponesse a Zira?” sibilò, “Non ti conviene!”
“E a te non conviene minacciarmi!” esclamò Zhacary raddrizzandosi.
“Ascoltami bene, tu…”
“Basta!” urlò Samuel e la sua voce fece tremare le nuvole tanto era furioso; puntò l’indice verso i due litiganti, “Valentina l’ha già detto a te, Zhacary, ma vale anche per te, Gabriele: non è il momento di metterci a litigare tra di noi e io non ho intenzione di tollerare risse come se fossimo in uno squallido bar in un quartiere malfamato della Terra, mi sono spiegato?”
Zhacary si allontanò di nuovo ma era chiaro che fosse arrabbiato.
Gabriele si guardò attorno e notò che l’idea di Zhacary si stava diffondendo a macchia d’olio.
“Sentitemi bene tutti,” disse mettendosi al centro del cerchio informale creato dagli Arcangeli, “D’accordo: ho sempre detto che Miriam sarebbe stata la mia…” Gabriele cercò la parola ma non la trovò, “successore…” tentò ma Chiara lo interruppe: per lei la grammatica corretta era quasi una seconda religione.
“Si dice succeditrice…” replicò apatica.
“Grazie!” le replicò Gabriele ma pronunciò le prime due lettere come un ringhio e la parola perse la gentilezza originaria, “Ho sempre detto che Miriam mi avrebbe sostituito” riprese, “ma, se finora non le ho dato il mio posto, è stato perché volevo aspettare che si riprendesse! Sappiamo bene tutti che lei e Nick sono nati, vissuti, morti e cambiati insieme! Dannazione, li hai trasformati tu, Samuel; sai che è vero! Si amano e lo hanno sempre fatto, anche quando erano entrambi qui: siamo stati proprio noi a stabilire, in un’Assemblea come questa, che potevano stare insieme pur nei limiti dell’anima e non del corpo!”
“E questo cosa c’entra?” commentò Marcus.
“C’entra che tutti noi sappiamo come Miriam abbia sofferto per ciò che accadde e, con questo, non voglio giustificare Nicola per quello che fece ma chiarire che sarebbe stato da irresponsabile dare a Miriam una tale responsabilità allora… E oggi lo sarebbe ancora di più!” l’uomo incrociò lo sguardo di tutti gli Arcangeli, uno dopo l’altro, “Qualunque cosa sia successa là sotto, io non c’entro nulla…”
Gabriele concluse il suo discorso accalorato e se ne tornò da una parte incrociando le braccia.
Valentina lo seguì in silenzio e gli mise una mano sulla spalla.
Samuel sospirò e si prese il naso tra due dita.
Chiara abbassò lo sguardo a fissarsi i piedi in modo pensoso.
Zhacary si rinchiuse in un silenzio astioso mentre Marcus se ne stava tranquillo come se l’Assemblea non fosse mai iniziata.
Il silenzio si allungava sempre di più.
Valentina lanciò uno sguardo significativo a Samuel che annuì.
“Dobbiamo decidere…” azzardò la donna.
“Dobbiamo capire!” gridò Zhacary, “Non ho intenzione di rischiare una seconda Zira! Una basta e avanza a farmi perdere la pazienza!”
Gabriele lo guardò stupito.
“Ma se l’hai sempre difesa!” esclamò.
“Non l’ho difesa! Ho difeso il Paradiso come era mio dovere fare ma ora, visto che un Arcangelo cadrà comunque, voglio essere certo di sbarazzarmi di quella peggiore!”
Gli Arcangeli si scambiarono sguardi scioccati.
Samuel sospirò.
“Credo che Zhacary abbia tirato fuori il vero problema…” disse, “In passato abbiamo agito cercando di evitare una Caduta dai piani più alti ma ora qualcuno, anzi qualcuna, cadrà comunque quindi a noi sta decidere quale delle due…”
Il silenzio tornò prepotente dopo le parole del Pietoso.
Chiara fece un passo avanti e tutti si voltarono a guardarla in attesa del suo parere ma la ragazza scosse la testa e riprese a camminare.
Attraversò il cerchio e raggiunse Gabriele poi gli si mise al fianco.
“Credo che il mio parere sia chiaro…” commentò la giovane.
“Come il tuo nome…” le bofonchiò Marcus.
La ragazzina lo fulminò con uno sguardo per la battuta ma non aprì bocca.
Samuel annuì.
“Il comportamento più maturo dall’inizio di questa riunione, fatta eccezione per Valentina…” si complimentò con Chiara, che non aveva risposto alla provocazione, facendo sbuffare Marcus.
Zhacary sospirò.
“Siamo andati avanti cercando di preservare il nostro regno come è nostro dovere ma non abbiamo fatto altro che permettere alla serpe che avevamo in seno di crescere…” mormorò, “Credo che sia ora di fare un po’ di disinfestazione…”
Valentina annuì.
“Votiamo?” chiese.
Marcus annuì vigorosamente.
“Votiamo!” accettò.
Era il turno di Valentina di essere la guida dell’Assemblea quindi la ragazza voltò il viso alla sua destra.
“Samuel?” chiese.
“Miriam” rispose lui senza esitazione e facendo un cenno di rispetto con la testa alla donna.
Lei rispose e passò oltre.
“Zhacary?”
L’uomo sospirò.
“Quell’oca non mi è mai piaciuta, sapevo che il potere le avrebbe dato alla testa…” bofonchiò, “Miriam…” scelse.
Valentina annuì nuovamente con professionalità e passò di nuovo oltre.
“Marcus?”
“Miriam” rispose lui tranquillamente.
“Chiara?”
“Miriam”
“Gabriele?”
“Miriam”
“Miriam” votò anche lei, “La decisione è unanime e l’Assemblea è di nuovo concorde… Così è deciso…”
Gli altri annuirono.
“Chiama Arlem…” ordinò Samuel a Marcus, “Sarà meglio per lui tornare al suo posto e trovare un nuovo successore, migliore della precedente…”
L’uomo sorrise e si alzò.
Quando diede le spalle al consiglio, sparì.
“Zira non mollerà la presa solo perché glielo diciamo noi…” fece notare Chiara, “Temo che sarà il caso di intervenire… personalmente!”
Samuel e Zhacary annuirono all’unisono.
“Allora prepariamoci anche a questo…” mormorò Gabriele, stanco e sollevato assieme come se avesse sostenuto una battaglia difficile ma l’avesse vinta alla fine, “Zira dovrà abbassare la testa!”
Tutti gli altri presenti annuirono con decisione: era ora di ripulire la casta degli Arcangeli. 


Allora...
Che ve ne pare?
Nel prossimo capitolo si avrà finalmente la svolta decisiva...
Spoiler: "
“MAI!” urlò con foga la ragazza dai capelli corvini lanciandosi verso l’altra ma, prima che le due potessero di nuovo raggiungersi, una voce le fermò.
“Ora basta!” gridò, stentorea e furiosa.
"
Titolo: Inferno
Recensite, mi raccomando ;)...
A presto!!!
Ciao ciao!!!
Lady Catherine

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Capitolo 31
*** Inferno ***





Signori e signore, ormai ci siamo!!!
Bene, mancano esattamente tre capitoli (escluso questo) alla fine della storia...
Posso già dirvi che gli ultimi due capitoli saranno due epilogi (o epiloghi?) diversi: uno per Miriam e Nick e uno per Lucia e Mattew; perciò li pubblicherò assieme tra due settimane...
Quindi davvero ci siamo...
Vabbè vi lascio al capitolo!
Dedichina: a Angy Emptiness che è sempre lì a leggermi e a darmi consigli... Grazie mille: sei una grande amica!
Ci leggiamo sotto!
Ciao ciao!

Lady Catherine



31.
 
Zira e Miriam si allontanarono l’una dall’altra per l’ennesima volta e si squadrarono con astio mentre ansimavano per lo sforzo.
Ormai mancava poco: erano entrambe allo stremo e non avrebbero retto ancora a lungo.
La battaglia stava per terminare.
“Arrenditi Zira!” gridò Miriam all’improvviso, “Ormai non hai speranze!”
“Tu non ne hai!” replicò la Vendicatrice scattando avanti ma un sasso le volò davanti al viso e le sfiorò una guancia con forza sufficiente a graffiare un viso umano.
Entrambe le donne si voltarono.
In basso, sul limitare della radura, Betty e Mattew stavano aiutando Chuck e Joe a risalire i bordi del cratere mentre Lucia si chinava a prendere un’altra pietra da un notevole mucchio ai suoi piedi.
Zira ringhiò e strinse i pugni mentre Miriam sorrideva con dolcezza al gruppetto.
“Io ti consiglio di rivalutare l’offerta di Miriam, Zira…” esclamò una voce dal lato opposto dell’area.
Andrea, sorriso sulle labbra, stava tranquillamente in piedi accanto a un Dimitri privo di sensi mentre Nick trascinava Ivan, legato e imbavagliato con una robusta edera rampicante rinforzata con Polvere d’Angelo, accanto a lui.
Gli occhi della donna si sgranarono per la furia e la sorpresa.
“Arrenditi, Zira!” le gridò Nick a lavoro ultimato, “Non ci sono tante altre possibilità!”
Zira gli lanciò uno sguardo abbastanza carico di veleno da uccidere un elefante ma non cedette.
Voltò la testa verso Miriam, ancora ferma davanti a lei e un po’ rinfrancata dalla piccola pausa nella lotta concessale dai suoi compagni.
“È finita…” sibilò la ragazza dai capelli d’argento.
“MAI!” urlò con foga la ragazza dai capelli corvini lanciandosi verso l’altra ma, prima che le due potessero di nuovo raggiungersi, una voce le fermò.
“Ora basta!” gridò, stentorea e furiosa.
Le due Arcangelo si voltarono verso Nick e Andrea, alla loro destra, e videro quello che meno si aspettavano: quattordici paia di ali, raggruppate a due a due, sbattevano tranquillamente alle spalle dei due Angeli e dei due Vendicatori prigionieri.
Miriam impallidì.
“Gli Arcangeli…” sussurrò a bassa voce nel vedere le creature avvolte nei lunghi mantelli bianchi con il cappuccio che erano soliti usare in casi come quelli.
Zira fece un sorriso trionfante.
I due Angeli liberi si guardarono solo per un istante poi saltarono e si schierarono ai lati della loro signora: Nick a destra, Andrea a sinistra.
Dimitri si alzò lentamente, ancora stordito, e liberò Ivan senza che nessuno lo fermasse.
Anche i due Vendicatori si schierarono al fianco della loro Arcangelo.
I due terzetti si allontanarono l’uno dall’altro in modo istintivo quando i sette Arcangeli avanzarono in volo verso il centro della radura.
Sette?!, pensò sorpresa Miriam aggrottando le sopracciglia.
Se lei e Zira erano lì, gli Arcangeli sarebbero dovuti essere solo sei.
“Ce n’è uno di troppo…” sussurrò Nick a voce bassissima come se le avesse letto nel pensiero.
Anche Andrea pareva stupito e faceva volare lo sguardo da Zira agli Arcangeli nel tentativo di capire la situazione.
A terra, Lucia osservava la scena con ansia e iniziò a stringere convulsamente il Contatto tra le dita.
Due mani più grandi e calde avvolsero le sue tentando di farla calmare.
Lucia alzò lo sguardo e lo incrociò con quello di Mattew, cupo ma deciso.
Senza nemmeno rendersene conto, la ragazza si avvicinò al Nephilim e Mattew le sciolse la presa dal ciondolo che ricadde inerme sul petto della ragazza per stringerle le mani in una sola delle sue e passarle l’altro braccio attorno alle spalle.
Betty si avvicinò a Joe da dietro e gli si aggrappò ad un braccio.
Chuck fece un mezzo passo avanti scrutando i nuovi venuti nel tentativo di riconoscerli nonostante i cappucci.
Il gruppo si fermò prima del centro esatto dello spiazzo formando così un triangolo con le due Arcangelo ‘ribelli’.
L’Arcangelo centrale si tolse il cappuccio con un gesto solenne.
Samuel.
Fissò glaciale le due donne ma nessuna delle due indietreggiò: Zira perché era certa del loro appoggio, Miriam per orgoglio.
Dietro di lui anche gli altri mostrarono i volti: alla destra del Pietoso stava Gabriele, alla sua sinistra Arlem.
Zira indietreggiò inorridita per la comparsa del suo predecessore ma non osò dire una parola.
Miriam sgranò gli occhi nel vedere il Vendicatore e il Compassionevole ma, quando Gabriele le sorrise, capì.
“Hanno scelto me…” mormorò sconcertata.
Zira la udì nonostante il volume di voce e si voltò verso di lei con rabbia.
“Non è vero!” escalmò.
“Silenzio!” replicò Samuel.
Dietro di lui svettavano le figure degli altri Arcangeli: Chiara, Valentina, Marcus e Zhacary.
“Miriam, indietro…” ordinò.
L’Arcangelo fece un mezzo inchino poi indietreggiò seguita da Nick e Andrea.
“Zira…” ordinò ancora Samuel.
La Vendicatrice volò più avanti trovandosi al centro esatto della radura.
“Il tuo comportamento sino ad oggi è stato inaccettabile ma abbiamo voluto e, soprattutto, dovuto passarci sopra… Ma adesso? Come spieghi all’Assemblea tutto questo?” esclamò l’Arcangelo indicando con un gesto del braccio aperto tutta la radura, “Un nostro rifugio, distrutto!”
“Non l’ho certo fatto io!” replicò rabbiosa la donna interrompendolo, “Da’ pure la colpa a quell’umana!” concluse indicando Lucia, ancora stretta a Mattew.
“Tieni fuori gli innocenti almeno da questa storia, Zira!” sibilò Nick stringendo gli occhi a fessura ma Samuel lo fermò alzando la mano come un vigile e il ragazzo non osò continuare.
“Ma perché è entrata? Eh? Perché tu ci hai rinchiuso un Caduto! Non ti è stata data l’autorità per trasformare un ricovero in una prigione!” ribatté infatti l’uomo.
“Ma mi è stata data l’autorità per punire i traditori!” strillò lei.
“Nick è già stato punito!” tuonò la voce di Gabriele con rabbia.
Samuel posò una mano sul petto del Compassionevole per fermarlo e Lucia dedusse che, più che di capo dell’Assemblea, il compito dell’uomo fosse quello di evitare un’altra lotta.
“Gabriele ha ragione: non c’erano le condizioni per castigarlo nuovamente e in modo peggiore! Hai agito a scopo personale, non è vero?” continuò Samuel.
“No!” urlò la Vendicatrice.
“Sì!” intervenne Lucia da terra senza però staccarsi da Mattew.
“Taci tu!” le ordinò Zira voltandosi verso di lei ma Miriam si spostò in modo da trovarsi tra Zira e la ragazza.
“Non ti avvicinare all’umana, Zira! La sua è soltanto una versione in più che sostiene ciò che anche noi abbiamo visto!” sibilò Zhacary.
“Hai agito solo per invidia!” rincarò Marcus, per una volta serio.
“Non vi immischiate!” replicò la donna.
“Ci immischiamo eccome dato che ci riguarda pienamente!” gridò Valentina rabbiosamente, “La tua condotta mette in imbarazzo gli Arcangeli e le schiere celesti!”
“Molto di più di quanto potrebbe farlo la Caduta di uno di noi!” rincarò la piccola Chiara con serietà.
Zira sgranò gli occhi a quell’affermazione.
“Non osereste!” mormorò ma la sua sicurezza ormai vacillava.
“Ah, no?!” esclamò Samuel alzando la voce, “Il tuo comportamento è inaccettabile ed è venuto il momento di fare ciò che andava fatto già secoli fa!”
I sette Arcangeli si allargarono lentamente formando un cerchio attorno ai tre Vendicatori e escludendo invece Miriam e i suoi.
“Zira, Arcangelo dei Vendicatori, la tua guida, non solo non si è dimostrata degna di ciò che doveva essere, ma è stata anche pari a quella del peggior demone degli Inferi perciò è lì che andrai!” decretò il Pietoso aprendo le braccia e posando i palmi aperti su quelli di Gabriele e Arlem che, a loro volta, toccavano i palmi di altri due Arcangeli e così via creando un anello.
Sotto il cerchio degli Arcangeli, per terra, si creò un cerchio identico: una crepa profonda nel cratere dalla quale usciva una luce nera.
Il terreno sembrò sparire e lasciare il posto a una voragine nera sul fondo della quale si vedevano appena delle luci rosso-arancioni tremolanti.
“No!” strillò rabbiosa Zira ma non fece in tempo: le ombre della voragine uscirono dal loro limbo e si avvinghiarono attorno al corpo della donna e dei suoi fidi e complici e li trascinarono giù.
La terra tornò al suo posto sigillando il passaggio all’Inferno e zittendo le grida dei condannati. 


Ecco lì!!!
Finalmente Zira ha "dato le dimissioni" e si è tolta di mezzo!!!
Scommetto che un po' di gente ne sarà felice...
Allora, il prossimo (e ultimo "vero") capitolo si intitolerà: Il momento tanto atteso...
Spoilerino (ma ino, ino, dato che siamo alla fine):
"
“Ma il nostro lavoro non è ancora finito…” ricordò Chiara voltandosi verso Miriam.
Gli altri Arcangeli la imitarono.
La giovane sorrideva dolcemente, esausta ma felice, e il contatto tra lei e Nick non sfuggì a nessuno anche se non fu fatto notare.
“E così abbiamo la nuova Compassionevole…” sospirò Zhacary, “Peccato, mi mancheranno le litigate con te, Gabriele…”
"
Un grazie enorme a tutti quelli che leggono, recensiscono, preferiscono o seguono!!! Senza di voi, non andrei avanti!!!
A presto!!!
Ciao ciao!!!
Lady Catherine

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Capitolo 32
*** Il momento tanto atteso ***




Eccomi!!!
Dopo trentuno capitoli di follia mentale (la mia) questa storia ha raggiunto il suo finale...
Come già detto, la settimana prossima posterò due capitoli: i due epilogi finali dopodichè la storia de Il cuore dell'Arcangelo potrà considerarsi conclusa...
A qualcuno ho già accennato l'idea tramite risposte alle recensioni ma ad altri no perciò faccio un


"annuncio ufficiale"...
Nel mio computer questa storia è terminata già da un po' e la mia testolina bacata ha ragionato e ragionato fino ad avere una terribile idea: ora, nella mia fantasia forse troppo sviluppata, questa storia è una trilogia composta da tre parti... La prima, ormai finita, è Il cuore dell'Arcangelo, la seconda sarebbe L'anima dell'Angelo e la terza Il Destino della Mezzosangue...
Ora, la seconda parte della storia (L'anima dell'Angelo) ha già conosciuto i suoi natali sul mio computer ormai mesi fa e la sua stesura procede bene ma, ultimamente, mi ritrovo con parecchi dubbi sulla possibilità di pubblicarla: in poche parole, non sono sicura che sia una buona idea postarla su EFP...
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate voi, se vi piacerebbe e interesserebbe sapere il continuum di questa storia...
La seconda parte sarebbe incentrata, non più su Nick e Miriam ma su Lucia e Mattew mentre la terza su un personaggio ancora a voi sconosciuto...
Cosa ne pensate?

Va bene, ora vi lascio stare!!!
Allora: Zira è K.O.; Ivan e Dimitri, come sopra; l'umana, il Nephilim, Andrea (scusate, ma non saprei proprio come chiamarlo: è un personaggio troppo unico!) e i Caduti sono a posto; ma Miriam?
Ha salvato Nick ed è diventata un Arcangelo, come suo destino, ma adesso? Lei è in Cielo, Nick è ancora in terra: si perderanno di nuovo?, sarà per sempre?, o troveranno un modo di stare insieme?
Boh!
Dedichina: a tutti... ;)...
A sotto!

Lady Catherine
 





32.
 
Il silenzio divenne opprimente.
Nella radura rimase il vuoto.
Le rocce svettavano ancora a creare una gabbia grigia e nascondevano il sole in quella sera che avanzava portandosi via un triste passato, della radura verde e rigogliosa che aveva protetto e salvato migliaia di vite non restava che un buco profondo e fatto di pietre scure, rami e detriti costellavano il terreno rimasto assieme a enormi pezzi di tronchi che fino a quel mattino erano alberi.
Neanche il vento si azzardava a soffiare e la scena sembrava congelata dalla rivoluzione appena accaduta.
Le ali degli Angeli sbattevano lentamente senza produrre alcun rumore e la quiete era in netto contrasto con le emozioni di che aveva assistito a quel giorno di battaglia.
Era così: la guerra finiva e tornava la pace, i combattenti si riposavano e si contavano i caduti.
Tre in tutto.
Miriam abbassò lentamente le spalle, tenute rigide fino a quel momento.
“È davvero finita…” sussurrò.
Per quanta forza ci avesse messo, per quanta speranza avesse cercato di infondere, nemmeno lei si sarebbe immaginata quel risultato.
Non era un domanda ma Nick le rispose lo stesso.
“Sì…” le sussurrò all’orecchio avvicinandosi.
C’erano gli Arcangeli e questo imponeva un certo contegno così il ragazzo si limitò ad avvicinarsi un po’ di più e sfiorare il braccio della ragazza con il suo.
Un contatto minimo che fece rabbrividire entrambi.
Gli Arcangeli avevano abbassato le braccia e fissavano incerti il disastro compiuto in silenzio totale.
“Andava fatto…” fu il commento a bassa voce di Samuel.
Arlem annuì accigliato.
“Non pensavo che avrebbe fatto tutto questo…” disse il Vendicatore.
Gabriele gli si avvicinò e gli posò una mano sulla spalla.
“Nessuno avrebbe potuto prevederlo…” mormorò.
“Ma il nostro lavoro non è ancora finito…” ricordò Chiara voltandosi verso Miriam.
Gli altri Arcangeli la imitarono.
La giovane sorrideva dolcemente, esausta ma felice, e il contatto tra lei e Nick non sfuggì a nessuno anche se non fu fatto notare.
“E così abbiamo la nuova Compassionevole…” sospirò Zhacary, “Peccato, mi mancheranno le litigate con te, Gabriele…”
Il Compassionevole sorrise e fece per rispondere ma Miriam prevenne tutti.
“Credo che litigherete ancora spesso…” considerò.
Gabriele si girò a guardarla scioccato.
“Cosa vuoi dire?” le chiese con un dubbio terribile in testa.
La ragazza gli sorrise con malinconia e un pizzico di nostalgia ma la sua espressione era serena quando disse: “Non prenderò il tuo posto…”
Gli Arcangeli si fissarono sbalorditi mentre Nick e Andrea si stringevano ancora di più alla loro signora temendo le conseguenze della sua decisione.
“Miriam…” tentò Nick, “Non puoi Cadere…”
La ragazza lo interruppe mettendogli una mano sulla guancia.
“E non lo farò…” spiegò dolcemente, “Ma non diventerò l’Arcangelo dei Compassionevoli: non è il mio posto…”
Samuel si avvicinò alla ragazza.
“E allora che posto andrai a occupare? Vuoi forse sostituire Zira?”
La ragazza dai capelli d’argento scosse la testa.
“Non capisco…” mormorò Andrea, “La mia profezia questo non lo diceva!”
Marcus alzò gli occhi al cielo a quell’affermazione ma non commentò.
Miriam si voltò verso l’Angelo e gli sorrise velocemente poi si voltò a fissare negli occhi Samuel.
“Gli Angeli del Cielo possono trovare protezione da qualunque Arcangelo ma gli Angeli Caduti hanno potuto solo sopportare e cercare di organizzarsi…” dichiarò alzando i mento, “Hanno bisogno di un protettore e di una guida…”
Samuel sgranò gli occhi.
Gli Arcangeli si scambiarono sguardi sorpresi.
Gabriele sorrise.
Miriam si voltò per un istante verso terra: Mattew, Lucia, Joe, Betty e Chuck; Nick e Andrea al suo fianco…
Andavano protetti e lei sapeva come farlo…
Sapeva qual era la cosa giusta…
Di nuovo si girò verso Samuel e l’Assemblea.
“Io sono l’Arcangelo dei Caduti…” stabilì.
L’Arcangelo dei Pietosi fece un cenno di rispetto con la testa.
E gli Altari del Cielo torneranno ad essere otto senza che la maledizione del Tentatore possa nulla sul nuovo gruppo…” citò ripensando alle parole della profezia di Andrea.
“Il Tentatore non può certo prendersi l’anima dei Caduti…” sorrise dolcemente Miriam.
Andrea spalancò la bocca.
“Toh!” commentò, “C’ho preso sul serio!”
Gli Arcangeli scoppiarono a ridere.
“Tutto sistemato, allora…” disse Valentina, “Si scatenerà un putiferio lassù ma tanto tu te ne sei tirata fuori…” commentò scherzosamente all’indirizzo di Miriam poi la raggiunse e l’abbracciò con foga, “A presto…” le sussurrò.
Salutò anche Nick e Andrea poi diede loro le spalle e sparì.
Chiara rivolse a tutti un saluto con la mano poi imitò l’Angelo della Morte e svanì.
Marcus se ne andò senza degnare nessuno di uno sguardo mentre Zhacary lanciò un’occhiata sbalordita ai tre Angeli con tanto di scuotimento di capo con commiserazione prima di seguirlo.
Samuel fece un breve cenno a Miriam e Andrea ma rivolse uno sguardo intenso a Nick comunicandogli qualcosa a cui il ragazzo sorrise poi anche lui li lasciò.
Arlem fissò soltanto la radura con indignazione per un lungo istante prima di seguire gli altri.
Gabriele rimase fermo per un bel po’, immobile e in silenzio.
“Mi spiace di averti deluso…” sussurrò Miriam ma lui la fermò.
“Io ho deluso te…” si limitò a dire poi la raggiunse e prese in un unico abbraccio anche Nick e Andrea, cosa che fece notare ai tre quanto fosse alto e largo di spalle.
“Arrivederci, direi…” rise il Compassionevole.
I tre risposero al saluto poi anche l’ultimo dei sette Arcangeli in Cielo sparì.
In volo rimasero solo i tre Caduti.
Scese il silenzio mentre tutti pensavano agli ultimi avvenimenti.
“Io pensavo facesse più male volare giù dal Paradiso…” commentò Andrea dopo poco e facendo scoppiare tutti a ridere.
Quel suono allegro spezzò il gelo e rese un po’ più luminosa la radura ormai al buio della notte.
“Scemo!” replicò Nick mollandogli un finto pugno sulla spalla ma Miriam li interruppe scivolando all’indietro con grazia per planare a terra davanti a Lucia.
La ragazza rimase immobile per un istante poi si scostò da Mattew e le andò incontro.
Le si fermò davanti e, con lentezza, portò le mani dietro il collo e si tolse la collana.
“È tuo…” disse porgendole il doppio ciondolo bianco.
Miriam lo prese con calma.
“Grazie…” mormorò con dolcezza.
Lucia iniziò a piangere di gioia saltandole al collo e abbracciandola forte.
Sei bocche si spalancarono per la sorpresa.
“Ehy!” fece Miriam sotto la spinta di Lucia, “Vacci piano!” e, tuttavia, ricambiò l’abbraccio.
“Mi hai fatto preoccupare un sacco e non sai che peso quell’affare al collo! Pensavo di non potertelo ridare mai più!” esclamò la ragazza umana scostandosi un poco.
“Grazie di tutto, Lucia… Non ce l’avrei fatta senza il tuo aiuto…”
“Tu hai salvato me e io ho salvato te: siamo pari!” replicò ridendo l’umana mentre si scostava.
Nick e Andrea atterrarono lentamente.
Betty allungò una mano ad accarezzare il polso di Nick mentre iniziava a versare lacrime di gioia.
“E così adesso abbiamo un Arcangelo…” borbottò Joe, “Non l’avrei mai detto!”
Mattew scoppiò improvvisamente a ridere e passò un braccio dietro la testa di Nick piegandolo in avanti, dopodichè iniziò a sfregargli le nocche sulla testa.
“E così nel giro di un giorno mi ritrovo Nephilim con un amico Angelo Caduto, fidanzato con un Arcangelo, e con la mia ragazza umana alleata della suddetta Arcangelo! Però, niente male per uno studente liceale!” scherzò facendo scoppiare tutti a ridere.
Nick si liberò e mugugnò.
“Ti sei messo d’accordo con Chuck!” bofonchiò poi sorrise, felice.
Miriam ricambiò il suo sguardo per un istante ma poi si voltò.
“A proposito di Chuck…” esordì guardando l’interessato, “Penso che tu debba dire qualcosa…”
Il Caduto sbuffò, in imbarazzo, ma poi si decise a porre le sue scuse a Lucia.
“Avrei dovuto concederti il beneficio del dubbio…” ammise.
Nick osservò la scena sorpreso.
“Mi sono perso qualcosa, eh?” chiese.
“Ehy! Come al solito, ragazzo!” rispose Joe alzando le spalle.
Nuove risa.
“Bene! Scuse, saluti, baci e abbracci superati… Ora come usciamo di qui? Tutti intendo…” chiese Andrea guardandosi attorno.
In effetti, le rocce create da Zira impedivano ancora il passaggio all’esterno.
Miriam sorrise.
“Ci pensiamo noi…” disse all’Angelo poi, seguita da Nick, diede l’esempio volando fino alle punte delle pietre e accarezzandole.
Quelle, come animali docili, scivolarono con dolcezza nella terra dalla quale erano venute.
Terminato di farle sparire, Miriam e Nick planarono di nuovo.
“Del resto si occuperanno gli altri Angeli…” decretò il ragazzo.
“Allora io propongo di togliere le tende!” esclamò Mattew, “Non sono intenzionato a tornare qui per i prossimi vent’anni della mia vita!”
Gli altri sorrisero ma si affrettarono ad uscire dal perimetro e a tornare sulla strada sterrata.
Betty, Joe, Chuck e Andrea aprivano il gruppo parlando fitto, fitto e Lucia e Mattew li seguivano mano nella mano ma dopo poco i due si accorsero che Miriam e Nick mancavano all’appello.
La ragazza umana e il Nephilim si voltarono giusto in tempo per vedere le labbra dell’Angelo posarsi su quelle dell’Arcangelo.
Sorrisero e li imitarono. 

Eccomi qui per l'ennesima volta...
Chiedo, per favore, a tutti i lettori di dare una letta all'annuncio scritto sopra il capitolo e, magari, anche di rispondermi... Grazie...
Detto questo...
Beh, è fatta... Miriam ha trovato il modo di stare con Nick e la vita sarà molto più facile d'ora in poi...
Come già detto e ridetto (sì, so che sono pesante) la prossima volta posterò 2 capitoli: un epilogo per Miriam e Nick e un epilogo per Lucia e Mattew...
Spero che ci sarete tutti...
A presto!
Ciao ciao!

PS
E voi direte: ma dov'è lo spolier? E io rispondo: questa volta niente!

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Capitolo 33
*** Epilogo, Miriam e Nick ***




Eccomi qui…
Non so davvero che dire…
Questa storia è la prima long fic in assoluto che io abbia scritto e, di riflesso, anche la prima che io abbia mai pubblicato…
Mi rendo conto che sia un storiella e non ho mai avuto la pretesa di considerarla un capolavoro, anche perché di errori ce ne sono un sacco, però mi ci sono affezionata e sono cresciuta al fianco dei miei personaggi…
Spero che voi, come me, vi siate divertiti a seguire la storia di Nick e Miriam…
Questa storia finisce oggi, 14 Febbraio: San Valentino. Giuro che non era una cosa voluta ma una semplice casualità (ma chissà: qualcuno dice che il caso non esiste)…
Fatto sta che Nick è Caduto il 14 Febbraio e io, in questa ricorrenza, pubblico il capitolo che lo vede finalmente al fianco della sua Miriam…
A voi il capitolo, ci vediamo nel prossimo epilogo…
Ciao ciao!
Lady Catherine

 

 
33.
 
“Viva Miriam e il nuovo gruppo d’Angeli!”
La voce del proprietario del Fallen’s risuonò forte nella hall dell’enorme grattacielo resa stretta e quasi invivibile dalle centinaia di corpi di Angeli, Nephilim e umani innamorati stretti nella sala per festeggiare la libertà riconquistata.
La musica iniziò a suonare nuovamente e camerieri sorridenti portavano in giro cibo e bevande di ogni tipo mentre tutti festeggiavano la fine di un bruttissimo periodo.
I bicchieri si alzarono e tintinnarono in un brindisi spontaneo mentre le luci cambiavano e la festa si distribuiva su tutti i piani dell’edificio.
Entro la mattina dopo gli Angeli sarebbero quasi tutti andati via, alcuni sarebbero rimasti chi per lavorare e chi per semplice abitudine e il Fallen’s Skyscraper sarebbe tornato tranquillo come al solito senza l’assembramento degli esseri immortali che vi si erano rifugiati per sfuggire alla caccia di Zira.
Miriam riuscì a svicolare tra i corpi sfuggendo a un Angelo che non smetteva più di parlarle e scivolò con grazia alla ricerca di Nick.
Non avevano avuto molto tempo per stare insieme ma ora era tempo di festeggiare e lei era decisa a farlo.
Con lui.
Ma tra Angeli e semi Angeli era impossibile individuarlo, specialmente con le luci che si alzavano e si abbassavano in un’atmosfera da discoteca.
La ragazza scorse Lucia e Mattew, abbracciati, che chiacchieravano con Joe e Betty e cercò di raggiungerli per chiedere informazioni.
Mattew baciò Lucia e l’Arcangelo sorrise continuando a muoversi per raggiungerli quando una mano la afferrò per il polso e la trascinò indietro fino alla porta delle scale di servizio.
La giovane tentò di girarsi e divincolarsi e lo sconosciuto le posò una mano sulla bocca, facendola tacere.
Ma, una volta nel buio della scale con come illuminazione solo i riflessi delle luci fuori, la presa del misterioso rapitore si allentò sensibilmente e divenne una delicata carezza sul collo di lei.
Una carezza nota.
Miriam ridacchiò.
“Non avrai davvero voluto disturbarli!” la rimproverò con dolcezza Nick portando le labbra al suo orecchio, “Stanno tanto bene insieme… E poi è maleducazione interrompere un bacio…”
La ragazza scosse la testa continuando a ridere.
“Sei un pazzo! Mi hai fatto preoccupare!” disse la ragazza.
Tutti e tre gli Angeli Caduti avevano a disposizione sia un aspetto umano sia uno angelico e tutti avevano preso quello normale per la festa: Nick era tornato quello di sempre e Miriam la ragazza umana che era stata in passato con i capelli di un biondo chiarissimo che le scendevano fino ai fianchi e con gli occhi di uno strano misto di azzurro e grigio.
Nick le baciò il lobo.
Innamorato pazzo, prego….” rettificò tirandola lentamente verso le scale e convincendola a salire.
“Dove mi porti?” chiese lei percorrendo i gradini tenendolo per mano.
“Vedrai…” replicò lui enigmatico.
Salirono le scale ridendo e scherzando ma senza mai smettere di sorridere, troppo felici per la riconciliazione avvenuta.
Arrivati al sessantesimo piano, Nick continuò a salire per raggiungere la terrazza.
Quando aprì la porta lo spettacolo che li accolse fu inaspettato e meraviglioso: l’intera città brillava per le luci delle case attorno a loro come migliaia di candele che non tremavano e il buio nascondeva il grigio dell’asfalto e del cemento trasformandolo in una tonalità scura di blu, nel centro della terrazza stava un piccolo registratore.
Miriam osservò il tutto stupita.
“Mmm…” commentò Nick alzando un sopracciglio, “Dovrei stupirti più spesso…”
La ragazza lo lasciò un secondo per avvicinarsi al cornicione e ammirare lo spettacolo.
“L’altra volta non era così bello…” si lasciò sfuggire e si morse la lingua quando vide l’espressione accusatrice di Nick.
La ragazza sbuffò.
“Senti un po’, come credi che ci sia arrivata Lucia quassù?!”
Nick annuì.
“Immaginavo che tu e lei foste in combutta da quando vi siete abbracciate nella radura… Le avevi già raccontato tutto, per questo non era così scioccata…”
Miriam annuì semplicemente.
“Le ho raccontato tutto, le ho indicato il tatuaggio di Dimitri e le ho salvato la pelle mentre ti aspettava quando è arrivato John…” ammise.
“E in cambio?” chiese lui ancora sospettoso.
“In cambio lei ti ha tenuto d’occhio e lontano dai guai per me…” rispose tranquillamente Miriam.
“Non ho bisogno della baby-sitter…” bofonchiò Nick mettendo su un mezzo broncio da ragazzo offeso nella sua virilità.
La ragazza scoppiò a ridere e lo raggiunse poi gli portò le braccia dietro il collo e gli si avvicinò.
Nick posò le mani sui fianchi di lei con un sospiro di resa poi le sorrise.
“E così avevo un Angelo custode…” scherzò.
“E io non ho un Angelo che possa salvarmi da quello?” osò Miriam indicando con un cenno del capo il registratore.
“No…” le rispose Nick sorridendole poi raggiunse l’apparecchio e fece partire una musica lenta che la ragazza non conosceva ma con un ritmo facile da ballare in due.
Nick tornò indietro e la riprese tra le braccia.
Iniziarono a ballare piano, semplicemente dondolandosi.
“L’ho aggiustata…” esordì Miriam all’improvviso appoggiando il capo sul petto di Nick in modo da avere un orecchio sul suo cuore e ascoltandogli il battito.
“Cosa?” chiese lui stupito ma dalla voce la ragazza capì che non aveva perso il sorriso.
“La quercia…” rispose l’Arcangelo.
Nick si paralizzò.
La ragazza alzò la testa per guardarlo in viso e capire cosa avesse detto di male ma quello che vide furono solo due guance un po’ arrossate dall’imbarazzo.
“Eri anche lì?” chiese Nick abbassando la testa e vergognandosi all’idea che la sua fidanzata fosse presente al suo sfogo.
Miriam sorrise e annuì.
“Scusa…” disse Nick ma lei gli mise un dito sulle labbra troncando sul nascere ogni altra parola.
“Anche tu mi sei mancato tanto… Solo che se io urlavo, mi sentivano…”
Nick scostò con delicatezza la mano di Miriam prendendola nella sua e lei pensò che si sarebbero rimessi a ballare ma lui si piegò in avanti e la baciò con dolcezza.
Quando lei fece per rispondere al bacio lui si ritrasse come avevano sempre fatto in passato: non si poteva passare dall’amore al piacere in Paradiso.
La ragazza mise il broncio, gesto insolito da parte sua, e causò le risate di Nick.
Il ragazzo si sentì tirare per un braccio di nuovo verso l’interno e guardò spaesato Miriam.
“Che ho fatto?” chiese ma lei non rispose.
Continuò semplicemente a tirarlo con dolcezza verso le scale e lo fece scendere di alcuni piani.
Nick era così stordito dal cambiamento di Miriam che si accorse di essere sul suo piano solo quando lei aprì la porta del suo appartamento.
“Allora non me le sono sognate le ali!” esclamò collegando la sua presunta allucinazione alla conoscenza della ragazza del suo alloggio.
“Eh no…” confermò la giovane tirandolo ancora fino alla sua stanza.
Entrarono e lei chiuse la porta appoggiandocisi contro con la schiena.
“Sai qual è il lato positivo dell’essere l’Arcangelo dei Caduti?” chiese con serietà.
Il ragazzo scosse la testa fissandola, impalato davanti a lei.
Miriam si avvicinò a lui premendo i loro corpi assieme e portò le labbra a un soffio da quelle di Nick.
“È che, come i miei protetti, sono totalmente immune alle regole del Paradiso…” mormorò la ragazza suadente mentre faceva scivolare le mani sui fianchi del fidanzato mirando a sollevargli i lembi della maglietta.
Lì per lì, Nick tentò di fermarla ma poi assimilò le sue parole e comprese le implicazioni.
“Vuoi dire proprio tutte?” chiese temendo di aver capito male le intenzioni di Miriam.
In tutta risposte lei, trovato l’orlo della T-shirt, iniziò a sfilargli la maglia con espressione maliziosa.
Nick le tolse la mani da i fianchi e alzò le braccia per lasciarla fare rimanendo poi a petto nudo.
Tra i due non ci fu neanche un istante di imbarazzo, per lei era normale vederlo semivestito anche se la situazione era diversa e lo sapevano bene.
“Aspetta!” la fermò Nick e le mise le braccia ai lati del corpo premendola contro la porta.
Prima che potesse parlare, Miriam sentì lo scattare della serratura e capì che Nick si era accertato di non avere terzi incomodi.
“Previdente…” sussurrò staccandosi dal muro prima di baciarlo mentre sentiva le dita di lui risalirle lungo la schiena e scioglierle i lacci del top.
Si sorrisero e Nick la fece girare per spingerla con dolcezza verso il letto mentre lei lanciava per terra il piccolo pezzo di stoffa.
La ragazza aveva appena posato la schiena sul materasso che delle voci iniziarono a chiamarli nell’ingresso.
“Oh no!” bofonchiò Nick scocciato, a gattoni sopra di lei.
La ragazza rise a bassa voce.
Al di là della porta, Joe e Betty lo chiamavano.
“Nick!” chiamò l’uomo e la maniglia della porta si piegò anche se quella non si aprì.
“Ehy! Ragazzo, sei qui?” chiese l’uomo iniziando a bussare con forza.
“No!” gli rispose Nick scocciato, “Vattene!”
L’uomo rimase sbalordito per l’accoglienza e Miriam scoppiò a ridere con forza senza riuscire a trattenersi.
“Ehy! C’è anche Miriam lì dentro?” chiese sorpreso, “Perché vi siete barricati in camera tua, ragazzo?”
Entrambi i giovani arrossirono e si guardarono alla ricerca di una risposta.
“Joe!” urlò Betty, “Lasciali in pace, Santo Cielo!”
“Che sto facendo di male?” chiese l’uomo e Nick iniziò a sospettare che in realtà avesse capito benissimo la situazione.
“Secondo te perché due ragazzi giovani come loro si rinchiudono in una camera da letto ad una festa?” bofonchiò Betty e Miriam divenne bordeaux fino alle orecchie.
“Ah!” esclamò Joe, “Allora niente! Divertitevi, ragazzi!” urlò loro mentre usciva dall’appartamento con Betty.
“Lo accoppo!” promise Nick, “Prima o poi, lo accoppo!”
Miriam sorrise e la sua pelle tornò chiara poi alzò la testa e si tirò su qual tanto che bastava per baciare Nick e mordergli il labbro tirandolo giù con sé.
Quel che accadde da lì in poi, non riguarda nessuno al di fuori di loro due. 

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Capitolo 34
*** Epilogo, Lucia e Mattew ***




Attenzione: questo è il secondo epilogo!
Se non avete letto il primo, tornate indietro di un capitolo e iniziate da quello, d’accordo???
A sotto!


 
 
34.
 
Lucia si staccò da Mattew con un sorriso dopo il loro bacio.
Le luci erano ipnotiche, l’atmosfera carica di adrenalina e il tutto la stordiva abbastanza da non sentirsi in imbarazzo anche se baciava il suo ragazzo in pubblico sotto gli sguardi sorpresi o comprensivi degli altri.
Rideva, spesso.
Merito dello scampato pericolo, della felicità dell’amico Nick o della vicinanza del suo ragazzo? Non lo sapeva.
Sapeva solo che si sentiva di nuovo euforica e felice come poche volte nella sua vita e desiderava che continuasse così per sempre.
Però il peso delle ore violente le crollò addosso all’improvviso e sbadigliò sonoramente.
Mattew rise e Joe e Betty lo seguirono a ruota.
“Mi sa che è meglio se ti porto a casa, eh?” chiese premuroso il ragazzo.
Lei annuì e salutò i due angeli.
“Tanto è meglio che andiamo a cercare Nick… È sparito da un po’ e credo che sia meglio trovarlo, magari Miriam lo sta cercando…” le disse tranquillo Joe ma dallo sguardo che aveva Lucia immaginò che il Caduto sapesse perfettamente dove fosse Nick e cosa stesse facendo.
La malizia con cui la frase era stata pronunciata, poi, fece arrossire l’umana per i sottintesi ma, prima che potesse fermarli, Joe e Betty erano già partiti.
Mattew la prese per mano e la condusse con gentilezza fuori dove l’aria fresca la fece riprendere un po’.
“Va meglio?” chiese il giovane.
“Sì…”
Mattew rimase in silenzio e la fece salire in macchina aprendole la portiera, guidò muto fino a sotto casa sua.
Quando parcheggiò l’auto davanti al portone la ragazza, invece di scendere, si girò verso di lui.
“Posso sapere a cosa pensi?” chiese scocciata.
“A mia madre…” rispose lui serio e la giovane perse il broncio, “Sono sicuro che sia lei l’Angelo da cui ho preso: mio padre non può essere, è infedele, convinto che tutto possa essere risolto con i soldi... Mi sono sempre chiesto come facesse lei a sopportarlo e alla fine mi stavo convincendo che lo facesse perché era ricco ma adesso mi sento decisamente un verme per averlo pensato…” ammise il ragazzo, “Probabilmente è così innamorata di lui da perdonargliele tutte, da Cadere per stargli insieme…”
Lucia rimase in silenzio rispettando le sue riflessioni, era chiaro che si sentisse in colpa per il giudizio dato alla madre fino a poco prima.
“Noi non saremo così!” stabilì Mattew riprendendo vigore.
“Cosa?” chiese Lucia sorpresa.
“Io non sarò come mio padre!” esclamò deciso il ragazzo slacciando la cintura di sicurezza e girandosi verso di lei in modo da fissarla dritta negli occhi, “Voglio fare progetti, Luci! Voglio iniziare a immaginare il mio futuro! Con te! E senti cosa voglio: finiremo questo liceo e andremo al college, lontano se vuoi, e troveremo un appartamento in cui vivere, poi un giorno tu tornerai a casa, aprirai la porta e mi troverai inginocchiato per terra!” spiegò, “Ti chiederò di sposarmi come si deve e saremo una famiglia totalmente diversa da quelle in cui siamo cresciuti!”
La ragazza lo guardava allibita.
Mattew abbassò la testa e arrossì.
“Ho esagerato…” mormorò.
Stava ancora fissando il bordo del sedile quando la mano di Lucia iniziò a scivolargli tra i capelli.
Mattew la guardò.
“Voglio provare ad essere come tua madre…” rispose semplicemente lei.
Il ragazzo si sporse in avanti e la baciò, Lucia inarcò la schiena e gli si avvicinò ancora di più come se il tocco di lui la stesse riportando in vita.
Mattew riuscì a staccare le labbra da quel bacio tutt’altro che casto prima di andare troppo avanti per riuscire a fermarsi ma Lucia gli prese il viso tra le mani.
“Sali da me?” chiese seria.
Lui la guardò confuso.
“Passi qui la notte?” chiarì la ragazza e il giovane arrossì.
“Non voglio che poi tu…” tentò ma la ragazza gli sigillò la bocca con un altro bacio.
“Sì o no?” chiese staccandosi appena.
“Sì…” sussurrò Mattew con lentezza.
Lucia sorrise in modo furbo.
“Allora inventa una scusa per i tuoi, ti aspetto su…” gli disse scendendo dall’auto con grazia.
Mattew rimase immobile per un attimo guardandola allontanarsi poi prese il cellulare e chiamò a casa.
Rispose sua madre.
 
La donna riattaccò con un sorriso e raggiunse il marito in salotto.
“Credimi, è una cosa seria!” stava bofonchiando l’uomo, “L’altro giorno mi ha fatto aspettare una vita perché era andato con lei a prendere una cioccolata, oggi esce di corsa ma si ferma dal fiorista qua sotto e sai cos’ha comprato? Una rosa rossa! Capisci? Ed è tardissimo e non è ancora tornato! Quel ragazzo mi farà impazzire!”
La signora Orlean sorrise alle paranoie del marito.
“Mattew ha appena chiamato…” spiegò, “Resta a fare una ricerca da un amico quindi dorme fuori…”
In realtà Mattew le aveva detto chiaro e tondo che sarebbe rimasto dalla sua ragazza e la menzogna l’aveva appena inventata lei.
“Ecco! Vedi? Secondo me è una balla! Adesso chiamo qualcuno dei suoi amici… Che poi vanno peggio di lui a scuola e l’unico bravo è quel Nick ma adesso è ricoverato o non so cosa quindi è impossibile che…”
“Ho già chiamato io…” lo rassicurò la donna avvicinandosi all’uomo con fare suadente, “Non vorrai rovinare l’unica sera a disposizione che abbiamo…”
L’uomo si arrese come sempre quando la moglie prometteva amore e lei sorrise.
Nella testa della donna rimbombavano le ultime parole dettele dal figlio al telefono.
Mamma, sei un Angelo!, e non solo perché hai le ali sulla schiena…
Non aveva idea di come l’avesse scoperto ma la notizia del fatto che ora anche lei e il suo Nephilim potevano godere della protezione di un Arcangelo le era arrivata ed era decisamente in vena di festeggiare.
 

. . . . . . . . . .

 
Lucia girò la chiave nella toppa ed entrò in casa.
Casa sua: una piccola casetta a un solo piano presa in affitto vicino al college.
Sorrise pensando che era già al suo primo anno di università e che ormai lei e Mattew stavano insieme da due anni di cui uno di convivenza.
Ventenni innamorati, ecco cos’erano anche se si sentivano molto più maturi dei loro coetanei, e la stessa cosa pensavano i genitori di lui che sostenevano che l’influenza di Lucia fosse stata un toccasana per Mattew.
Portò le dita al muro alla ricerca dell’interruttore, trovò il tasto e lo premette ma la luce non si accese.
Riprovò un paio di volte ma dovette arrendersi all’idea che non ci fosse corrente.
Strano perché Mattew avrebbe dovuto già essere a casa mentre lei era rincasata un’ora dopo per via del lavoro: di nuovo barista ma la cosa non le dispiaceva.
Mattew invece lavorava nell’impresa di famiglia come stagista nei pomeriggi.
“Matt?” chiamò la ragazza, “Dove sei?”
Fece due passi lungo l’ingresso poi notò una luce tremolante che veniva dalla porta di desta: il salotto.
Aggrottò la fronte ed entrò pensando che forse il suo ragazzo aveva acceso qualcosa per compensare alla mancanza di elettricità ma quando entrò rimase senza fiato.
Su ogni ripiano possibile erano state messe grosse candele a cilindro di varie tonalità di rosso, arancione, giallo e bianco che scaldavano l’atmosfera con la loro luce.
Al centro della sala stava Mattew con una mano dietro la schiena.
“Non è un incendio…” chiarì lui con un sorriso.
La ragazza annuì sorridendo.
“Hai staccato la corrente, vero?” chiese.
Mattew annuì senza contrizione.
“Così è più romantico…”
Lucia lo raggiunse e gli si mise davanti, lei era in jeans neri e maglietta rossa ma nemmeno lui era poi così elegante in camicia bianca e jeans azzurri.
“Ho dimenticato qualcosa? Un compleanno o un anniversario?” chiese arrossendo leggermente.
“L’anno prossimo sarà un anniversario…” le rispose lui enigmatico guadagnandosi un’occhiata confusa.
Mattew rise poi, sorprendendo Lucia, la prese per una mano e si inginocchiò.
La ragazza sentì le gambe venirle meno e le lacrime gonfiarle gli occhi quando capì mentre il Nephilim sorrideva.
“Te l’avevo promesso…” sussurrò il ragazzo poi si schiarì la voce e raddrizzò la schiena, “Lucia, ne abbiamo passate tante e tu sai che sono una frana nell’usare le parole…” esordì facendola ridere.
Mattew si lasciò scappare un risolino poi riprese.
“Mi sento tanto un idiota perché ho davanti una donna stupenda e non so come dirle che la amo…” ammise prima di prendere un profondo respiro, “Lucia, mi vuoi sposare?”
Il ragazzo sfilò da dietro al schiena la mano sinistra e mostrò una piccola scatolina rossa semiaperta.
Come lasciò il coperchio quello si sollevò mostrando un piccolo anellino d’oro.
Poteva sembrare semplice ma, adagiato com’era nel bianco del contenitore, mostrava chiaramente una scritta nell’interno: Al mio unico Angelo, da Mattew.
La ragazza sorrise iniziando a piangere poi annuì con forza, non fidandosi della sua voce.
Mattew le sorrise, le mise l’anello e, mentre saltava in piedi e la sollevava per la vita ridendo come un matto, lei si accorse che anche lui aveva il viso rigato da lacrime di gioia.
Il ragazzo iniziò a far girare Lucia in aria ripetendo che l’amava e la ragazza scoppiò a ridere.
Un bacio mise fine al momento di pazzia gioiosa per portarli ad un altro tipo di follia altrettanto dolce.
 

Fine

 
 
 
Ed eccoci qui…
 
Ammetto che gli occhi lucidi li avevo mentre scrivevo la parola fine e, anche adesso che me la ritrovo sotto gli occhi, mi suona ancora strana…
 
Alla fine mi sono convinta e tra un po’ (poco, tranquilli, però un attimo di calma me lo prendo) inizierò a pubblicare la seconda parte di questa storia: L’anima dell’Angelo…
 
Allora, prima di chiudere e d lasciarvi (finalmente) in pace ci sono un paio di ringraziamenti che ci tengo a fare:
 
GRAZIE…
 
A lames76: mi segui dall’inizio e ancora non sei stufo di me… non so come ringraziarti per i complimenti e i consigli che, forse inconsciamente, mi hai dato… Una parte della mia ispirazione così come i natali di un personaggio, li devo a te, per questo Grazie mi sembra poco…
 
A Fiorella Runco: hai iniziato a seguire questa storia con un altro nickname ma non mi hai mai abbandonato, le tue recensioni (in particolare quella in cui hai fatto conoscere Sheid e Nick) mi hanno sempre reso felice e fatta sorridere… il tuo affetto mi ha sostenuto durante tutto questo tempo e non ti ringrazierò mai abbastanza per tutto, specialmente per avermi insegnato a usare il codice html: senza di te, questa storia si sarebbe arenata prima ancora di cominciare…
 
A sTar: grazie mille di esserci, di avermi seguito… Nelle tue recensioni eri così “immedesimata” nella storia da darmi un’energia per continuare a scrivere senza pari… Grazie mille perché sei sempre lì e non mi molli mai costringendo anche me a non lasciar perdere tutto…
 
A Angy Emptiness: sei sempre pronta ad aiutarmi e i tuoi consigli sono preziosi, mi aiuti e mi fai ridere nelle tue recensioni così “accalorate”: grazie perché sei stata un sostegno importante, uno dei pilastri di questa storia in un certo senso… Grazie mille…
 
A Christine_Heart: perché hai messo la storia tra le seguite, perché hai risposto al mio messaggio e messo me tra gli autori preferiti… Non hai idea di ciò che questo abbia significato per me… Grazie mille, soprattutto per la splendida recensione!
 
A lovedinde: perché sei una delle ultime arrivate ma, al contempo, una delle più accanite! Sei sempre lì e quando recensisci mi fai sorridere perché ripenso a quando temevo che la mia storia fosse seguita solo da tre gatti (per pietà)… Grazie!
 
A topoleone: sei l’unica che mi abbia dato due bandierine neutre e sono felice di questo perché so per certo che, se la storia ti avesse fatto schifo, me l’avresti detto… non l’hai fatto e spero che questo significhi che la storia ti è piaciuta… grazie mille, anzi duemila! Non sai quanto sono felice che tu abbia seguito questa follia del mio cervello…
 
A Mione1986: perché hai messo la storia nelle seguite e hai recensito, e perché sei sempre così decisa in ciò che mi scrivi da farmi sorridere, soprattutto quando te la prendi con gli Arcangeli o con Zira… Grazie…
 
A emss: non ti fai sentire da un po’ ma il tuo appoggio è sempre stato forte quindi grazie mille… Le tue recensioni mi fanno ridere, specialmente per tutte le faccine strane che ci metti e che io passo ore a studiare per riuscire a interpretarle… Grazie scopina…
 
A Gio Black: perché mi segui da poco ma sei sempre lì a sostenermi… Grazie…
 
A elibaby: una sola recensione che però mi ha allargato il cuore perché è arrivata in un capitolo che sembrava non voler essere commentato… Grazie…
 
A ilathebest: sono rimasta scioccata dalla tua recensione… tutti quei punti esclamativi e il fatto che hai chiamato la mia storia “libro” mi hanno sorpresa, fatta arrossire e lusingata… Grazie…
 
A Nidham: perché stai leggendo e commentando ogni capitolo e sei sempre così gentile che mi rendi orgogliosa di me stessa, cosa rara vista la mia scarsa autostima… Grazie mille!
 
A Parissa: sai già che questa storia un po’ ti riguarda perché c’è il tuo nome quasi ovunque… Spero che il lieto fine accada nella storia e a te… Grazie mille e buona fortuna…
 
A SweetMe: hai letto la mia storia anche se, come hai detto tu stessa, non ne avevi molta voglia e hai perfino lasciato una recensione che mi ha resa immensamente lieta di essermi iscritta a questo sito (fantastico tra l’altro) quindi grazie mille!
 
E anche un GRAZIE a:
 
- Daisy Pearl
 
- Fairy84
 
- ladyathena
 
- little angel
 
Che hanno messo la storia tra le seguite anche se non vi siete fatti vedere J
 
A:
 
- Argorit
 
Che ha messo la mia storia tra le ricordate…
 
A:
 
Marty3721
 
Che ha messo la mia storia tra le preferite…
 
 
Ovviamente, non ho ripetuto i ringraziamenti a chi ha recensito E messo la storia nelle Seguite/Ricordate/Preferite…
 
GRAZIE MILLE A TUTTI PER ESSERCI STATI!!!
 
A presto anche se in un’altra storia!
 
Ciao ciao!
 
Lady Catherine… 

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