Walking on my own

di Geisha
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Guess who I saw today ***
Capitolo 2: *** Things that go boom! ***
Capitolo 3: *** How little we know ***
Capitolo 4: *** Growing up fast ***
Capitolo 5: *** No, not much... ***
Capitolo 6: *** Future imperfect ***
Capitolo 7: *** Why can't we be friends? ***
Capitolo 8: *** Just knock at my door... ***
Capitolo 9: *** A nice day for a right wedding! ***
Capitolo 10: *** You might just turn into something I like ***
Capitolo 11: *** You're my Wonderwall ***
Capitolo 12: *** But now out of control ***
Capitolo 13: *** Some things just won't change ***



Capitolo 1
*** Guess who I saw today ***


 

Disclaimer: I personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Hideaki Sorachi; questa storia non è scritta a scopo di lucro.


 

Guess who I saw today


 


 

La musica rimbombava nella sua mente offuscata dal sake e le ragazze che danzavano davanti a lui erano solo delle figurine sfuocate, nere, senza contorni. Gintoki si stropicciò il viso con una mano e subito dopo lo sguardo cadde sulla figura ubriaca di Hasegawa-san. L'idiota con gli occhiali da sole si era presentato a casa sua armato di sorriso smagliante, lacrime di gioia e quattro o cinque birre in un sacchetto di plastica.

-Ho vinto al Pachinko e ho pensato di festeggiare!- aveva detto esultante, asciugandosi gli occhi con un braccio, poi gli aveva mostrato un bigliettino di fine carta di bambù sfarzosamente colorato e che, sullo sfondo, ritraeva un locale in miniatura. “Atomic Wango”, aveva letto mentalmente prendendolo fra due dita. La sola carta di bambù sarà costata ai proprietari del bar più di quanto avrebbe potuto immaginare e Hasegawa ce lo voleva portare?! Ma se erano poveri in canna!

E lui si era dimenato con tutte le proprie pigre forze, davvero! Aveva anche finto di avere impegni più importanti a cui prestare attenzione ed era parso addirittura convincente! Ma poi l'uomo aveva aggiunto che con quel biglietto avrebbero avuto una cena gratis e stranamente tutti i famigerati lavori erano diventati quisquilie che avrebbe potuto svolgere in un secondo momento.

Fino alla bevuta in compagnia a casa e le capatine nei bar da loro frequentati, la serata era proceduta bene. A parte le vecchiette che ci avevano provato scambiandolo per uno della loro età a causa dei suoi capelli argentei o le donne barbute in cerca di avventure. O i travestiti... Ma nel complesso non poteva lamentarsi!

-Goditi questa serata, amico- Hasegawa gli batté una pacca sulla spalla riportandolo alla noiosa e caotica realtà -Non ci capiterà più l'occasione di rimettere piede in un posto del genere!- rise sconfortato, poi tornò a gongolarsi davanti alla ragazza appena salita sul palco pronta per uno streap-tease; il quarto della serata, se proprio si voleva essere precisi. Gintoki la guardò tediato non perché fosse immune al fascino femminile che quella provocante biondina emanava dalla base dei capelli con la ricrescita visibile a chilometri di distanza fino alla punta dei piedi, ma perché tutte quelle che si erano esibite avevano riproposto lo stesso, identico passo di danza. Avrebbe potuto esibirsi anche lui che i pomposi signori lì dentro non si sarebbero accorti della differenza.

-Se non fosse stato per quel biglietto, non ci avrebbero nemmeno fatto entrare.- replicò guardandosi attorno, dando un'occhiata veloce alle pareti scure della saletta scarsamente illuminata. Chissà a che Diavolo avevano pensato i proprietari di quel posto quando avevano adottato lampade dalla luce blu che a malapena mettevano in risalto le ragazze mezze nude. Ora che ci pensava, anche l'insegna al neon fuori dal locale, che ritraeva una ballerina attaccata ad un palo era di colore blu. Scivolò mollemente sulla poltrona di velluto bordeaux e fissò per parecchi minuti la palla stroboscopica che girava sul soffitto, creando giochi di luce fastidiosi sulle pareti e sulle persone intente a bere e godere della splendide natiche della ballerina dalla carnagione scura. No, se andava avanti così la sua sanità mentale non avrebbe potuto reggere!

-Ehi, ma mi stai ascoltando?- la testa di Hasegawa ciondolava da una parte all'altra e Gin dubitava stesse seguendo il ritmo della musica.

-Certo, certo- si sistemò meglio per agguantare le patatine nel recipiente sul tavolino -Cosa stavi dicendo?-

-Non mi stavi ascoltando, nessuno mi ascolta mai!- l'uomo cominciò uno dei propri monologhi che dispensava solo quando era saturo di alcohol -La prossima volta non ti porto. Non meriti di vedere la Perla!-

-La perla? Di che perla stai parlando? Frutterà qualche soldo?- una serie di domande che non avrebbero avuto risposta, constatò nell'osservare l'espressione confusa dell'amico. O meglio, una risposta l'avrebbe avuta ma sarebbe stata poco chiara.

-Ma non hai sentito la cameriera di poco prima?- era passata una cameriera? -Tra poco si esibirà la “Perla” dell'Atomic Wango! E noi siamo così fortunati da poterla vedere!-

-Se è come tutte le altre capitateci stasera, che se ne resti nella sua ostrica.- biascicò tediato appoggiando il mento su di una mano, tornando a guardare il palco. E questa “Perla” doveva essere davvero qualcuno di importante se tutta la sala si era fatta attenta e concentrata, come se stesse per fare entrare un membro dello Shogunato.

Ed effettivamente, la figurina che fece il proprio ingresso in sala non era una persona che passava inosservata, ma non sapeva spiegarsi se fosse per il corpetto rosso dalle bordature di pizzo nero, i lunghi capelli corvini che ricadevano mossi e fino alla vita, coprendole il seno nemmeno troppo prosperoso o gli occhi color del fiume, socchiusi e penetranti che si guardavano attorno mentre la ragazza lasciava scivolare dietro di sé le tende da cui era passata. Non sorrise, semplicemente si avvicinò al centro del palco con passo lento e meccanico, come se non vedesse l'ora di finire.

Gintoki avrebbe davvero voluto distogliere lo sguardo, pensare ad altro -tipo che avrebbe dovuto fare la spesa- o andarsene via, ma quando quella aveva cominciato a muoversi lenta seguendo il ritmo cadenzato della musica, beh, era finito come gli altri uomini. La guardava, con forse più attenzione di quanto avrebbe dovuto prestarle.

Perché c'era qualcosa nel modo in cui si muoveva quella ragazza dalla pelle bianca, nel modo in cui con un gamba si aggrappava all'asta e lei lenta si piegava in avanti per poi riportare con un gesto veloce la cascata di capelli dietro le spalle, guardandosi attorno spaesata. Il suo lento ondeggiare tenendosi salda con la mano, sorridere in maniera impercettibile ma con malizia in direzione dei clienti silenziosi,volteggiare intorno al palo e poi circondarlo con le gambe, scivolando fino al suolo. In quella figura annoiata c'era un'aura di sensualità capace di creare un campo magnetico nella sala che non lasciava via di scampo.

Scese lenta lungo il palo, una mano stretta su di esso e l'altro braccio a penzoloni vicino il fianco; le gambe erano unite e piagate poi le aprì con lentezza estenuante, seguendo il ritmo ora più modulato della canzone. Aveva posato delicata le ginocchia e a quattro zampe aveva cominciato a muoversi come un felino lungo il palco, guardandosi attorno con aria famelica come se stesse cercando la propria preda. E quando meno se lo aspettò, la Perla gli fu davanti. I capelli arruffati le ricadevano scompigliati lungo il viso imperlato di sudore e nonostante il rossetto rosso fosse sbavato agli angoli della bocca, così come l'ombretto colato le dava l'aria di una che si era appena alzata dal letto, Gintoki si ritrovò a deglutire quando la ballerina lo fissò, l'angolo destro delle labbra che guizzò all'insù.

Le mani coperte da guanti rossi accarezzarono i fianchi, le cosce, fino ad aggrapparsi al bordo del palco, facendo sì che potesse sporgersi con un gesto misurato, quel tanto che bastava a fargli ritrovare a pochi centimetri dal proprio viso il suo, ovale e dalle guance imporporate.


 

Fu come se la musica si fosse fermata di colpo, come se nella stanza ci fossero loro due... Come se lui conoscesse fin troppo bene quella provocante ragazzina dai fianchi un po' pienotti. E la passione svanì. L'immagine vivida della ballerina sexy si confuse con quella sbiadita e scolorita di una adolescente mingherlina, impacciata e dai lunghi capelli scuri. E non era colpa della quarta birra della serata!

La fissò, con stupore e mal celata confusione ritrovandosi a venir squadrato con la stessa espressione da parte sua per tutta la durata dell'esibizione. Solo una volta che la canzone terminò e il frastuono degli schiamazzi rimbombò nella sala, scombussolando i suoi pensieri, Gintoki la indicò spalancando la bocca; lei fece lo stesso.

Fu un grido detto all'unisono, carico di stupore e che si levò sopra il frastuono e sopra i battiti accelerati del suo cuore in tumulto.

-Tu!-


 

Sonnecchiava beato sotto il sole di inizio primavera, lasciandosi accarezzare dalla brezza che gli rinfrescava la pelle chiara e dai petali di ciliegio che vorticavano in lenti arabeschi, trasportati dal vento fino a posarsi delicati sul terriccio e sui suoi capelli argentei.

Quello era il suo primo giorno al tempio e piuttosto che socializzare, Gintoki se ne stava a dormire in un angolino. Gli altri bambini, per ragione a lui oscure, lo tenevano alla larga e ciò non gli dispiaceva granché -sopratutto se pensava di aver vissuto praticamente in solitudine fino a quel momento-. Lui, dentro sé, continuava a sostenere che ciò fosse colpa dei suoi capelli ricci naturali, in aggiunta di uno strambo colore; o forse era la sua aria da addormentato perenne che faceva scappare gli altri. O magari ancora la spada affilata che non lasciava mai.

-Ridatemi il mio libro!- la vocetta stridula di una bambina gli fece comparire una smorfia di fastidio sul viso chiaro.

-Perché non vieni a prenderlo?- e la voce baldanzosa di un ragazzino lo costrinse ad aprire gli occhi cremisi. Quando aprì un occhio, si ritrovò ad osservare una bambina dal kimono blu a fiori azzurri attorniata da un gruppetto di cinque o sei bambini decisamente il doppio di lei in quanto a stazza, che la prendevano in giro per motivi a lui ignoti. E quella li guardava con aria vagamente minacciosa, cercando di recuperare il libro verde che uno dei bulletti le aveva, a quanto sembrava, rubato. Assottigliò gli occhi e si rese conto che quel libro era lo stesso che il Sensei gli aveva porto qualche ora fa. E si ricordò di aver già visto anche lei. Quella ragazzina impolverata era la stessa che a lezione non aveva mai alzato la testa dal libro, continuando a scribacchiare imperterrita sul foglio di carta tutto macchiato. Ricordava anche di averla fissata a lungo per via delle macchioline di inchiostro che si erano depositate sul suo viso pallido, risultando ancora più diafano sotto quella sporcizia color petrolio. E lui aveva pensato che una bambina del genere stonava in mezzo alle altre bambine tutte pulite e composte. Poi si era addormentato, e gli era passato di mente di averla già vista.

Svogliato si avvicinò a loro, sbadigliando sonoramente -Ehi, voi, potreste fare meno rumore?-

-Si può sapere chi cavolo sei?- l'energumeno che doveva essere il capo lo fissò con astio, in attesa di una risposta.

-Capo- uno scagnozzo gli tirò un braccio -Questo è il bambino arrivato oggi. Dicono che abbia ucciso tante persone!- mormorò con fare spaventato. Fu la rissa più breve che Gintoki affrontò dall'alto dei suoi dieci anni, perché a quella frase i sei ragazzi erano scappati a gambe levate lanciando addosso alla bimba il libro sporco sulla copertina.

-Avete avuto paura, eh? E non fatevi più vedere!- con fare bellicoso, quella cominciò a strepitare in loro direzione, voltandosi poi con gioia verso di lui -Grazie per avermi aiutata, Gin-chan!- sorrise radiosa, mettendo in mostra una finestrella proprio dove mancava un dente da latte.

Gin-chan?!” si ritrovò a pensare squadrandola, chiedendosi il perché di così tanta confidenza. Ma sopratutto...

-Come fai a sapere il mio nome?-

-Siamo in classe insieme! Ti ho anche salutato, stamattina!- la vide imbronciarsi di fronte alla sua espressione neutra e sonnolenta -Ma non ricordi? - gonfiò le guance al suo “No” laconico, prima di darle le spalle per poter tornare a dormire. E lui avrebbe davvero voluto tanto dormire, ma davvero!, solo che la quiete venne interrotta dal vociare concitato di un ragazzino dagli occhi verdi oliva che avanzava con fare bellicoso verso loro; stando al passo c'era invece un ragazzino dai capelli a coda che continuava ad intimargli di non fare casino, anche se con scarsi risultati.

-Che cosa le hai fatto?- tuonò il ragazzino dai capelli corti e scuri mentre lo affrontava minaccioso. Gintoki lo squadrò, si indicò e con aria annoiata sventolò una mano.

-Io? Proprio nulla.- e mentre si grattava la testa per sottolineare il proprio scarso interesse, quello lo prese per il bavero dello yukata celeste, scuotendolo appena.

-E allora perché Chyo è tutta sporca?-

-Me lei è sempre sporca!-

-Io non sono sporca! Mi lavo!-

-Takasugi, vuoi lasciarlo andare?- il suo amico si intromise, tirandolo per un braccio. Fu solo quando si levò la voce di Chyo, preoccupata e colpevole, che il ragazzino lo lasciò andare.

-Shin-chan, Gin-chan mi ha salvata!- annuì vigorosa per dar forza al proprio pensiero -E sono sporca perché sono caduta!- si scompigliò i capelli a caschetto in disordine, mentre le gote si imporporavano per l'imbarazzo della propria goffaggine.

E Shinsuke, a quel punto, sospirò lasciando andare Gintoki.

-Scusalo, quando si tratta di Chyo diventa piuttosto irascibile.-

-Zura, se non stai zitto ti taglio i capelli durante il sonno!- il diretto interessato, per risposta, sbuffò esasperato.

-Il mio nome è Katsura, non Zura!-

Quei tre erano davvero strani, pensò Sakata vedendoli riunirsi a gruppetto mentre procedevano alla volta del tempio. C'era il paciere del gruppo, tale Katsura, che sembrava mantenere la calma in qualsiasi circostanza -tranne quando lo si chiamava Zura, lì faceva paura-; poi c'era Shin-chan che rappresentava il cavalier servente della sventurata Chyo “Sempre sporca di inchiostro” che si cacciava nei guai come se la venissero a trovare così, per una scampagnata amichevole.

-Grazie ancora Gin-chan!- la ragazzina sventolò un braccio -Ci vediamo a cena, non fare tardi o il Sensei si preoccuperà!-

Fu in quel preciso istante, vedendo il sorriso radioso di Chyo, mentre li vedeva allontanarsi con passo lento, mentre li sentiva ridere e scherzare, che si ritrovò a pensare per la prima volta a quanto scomoda fosse la propria solitudine...


 

-Gin-san, ma la conosci?- Hasegawa lo scosse per una spalla, facendolo ritornare coi piedi per terra.

I ricordi così a lungo nascosti erano tornati in superficie con prepotenza e in maniera nitida, senza neppure una sbavatura. In un certo senso era come se fossero rimasti sempre lì, nascosti ben bene in attesa del momento migliore per poter tornare a galla. Ricevere uno schiaffo avrebbe fatto meno male.

-Gin-chan...- il mormorio di Chyo, incerto e velato di imbarazzo era stato fin troppo udibile. Ma nonostante tutto si voltò verso il compagno di bevute con il solito fare pigro e alzò le spalle.

-È solo un'amica.-

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Capitolo 2
*** Things that go boom! ***


 Le note importanti sono in fondo alla storia, ma una cosa mi preme dirla: vorrei ringraziare la Fra, che mi ha aperto le meravigliose porte dell'html facendomi comprendere che non è poi così difficile da utilizzare xD

E ovviamente, beh, ha letto in anteprima la nascita di questa storia. Non posso che esserle grata per avermi convinta (leggasi costretta) a pubblicare :)

Disclaimer: I personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Hideaki Sorachi; questa storia non è scritta a scopo di lucro.
 

Things that go boom!

 

Fissava l'ampio giardino del nascondiglio del gruppo Joui da venti minuti abbondanti. Vistose occhiaie le solcavano il viso ma la spossatezza era completamente svanita nel rendersi conto che, dopo tanto tempo, il passato aveva deciso di fare una capatina nella sua vita. E nella maniera peggiore, a dire il vero.

-Se non bevi ora, il the si fredderà- volse il viso in direzione del ragazzo seduto al basso banco da lavoro, intento a costruire chissà quale nuova diavoleria. Lasciò perdere il monotono paesaggio per dedicarsi completamente alla bevanda, sperando che i propri pensieri si spostassero dall'incontro sgradevole di qualche ora prima a qualcosa di più interessante.

-Zura, si può sapere a cosa pensi? Hai lo sguardo di un condannato a morte.- si sedette al suo fianco, recuperando la tazzina in terracotta pronta a bere il the gentilmente preparato dall'amico. Amico che, sentendosi chiamare con quel nomignolo, la fulminò con lo sguardo.

-Il mio nome è Katsura, non Zura! E penso che se non mi muovo, rischio di mandare in fumo il mio piano geniale.- mormorò tetro, mettendosi a braccia conserte mentre fissava il pacchettino davanti a sé. Chyo socchiuse gli occhi di fronte alla serietà che quel ragazzo poneva nel proprio, discutibile lavoro, ma la domanda sorse spontanea nella sua testolina.

-E che piano geniale sarebbe, questa volta?-

Katsura scosse una mano, dribblando agilmente il discorso -Nulla, nulla. Piuttosto, hai una faccia orribile, sicura di stare bene?- domandò preoccupato, rivolgendole un'occhiata furtiva. Chyo storse il naso quando bevve il primo sorso.

-Perché è così amaro questo the?-

-Non ho messo lo zucchero. Lo zucchero corrode la tua anima. E non cambiare argomento come tuo solito!-

-Più corrotta di così...- mormorò lasciandosi sfuggire un risolino nervoso, deglutendo quando il ragazzo le regalo un'occhiata intimidatoria che, sapeva bene, significava una sola cosa: parlare, parlare e ancora parlare. Perché per qualche strana ragione, Katsura aveva preso a cuore i suoi silenzi e le ripeteva più e più volte che sfogarsi le avrebbe fatto bene. Ma fino a quel giorno nulla che avesse turbato la sua monotona vita era stato degno di nota. Sospirò; forse vuotare il sacco non sarebbe stata una cattiva idea.

-Oggi ho incontrato una persona. Un incontro spiacevole, a dirla tutta.-

-Un cliente sgradito?-

-Più o meno...- arricciò le labbra color ciliegia -Ho incontrato Gintoki.- fu un sussurro carico di amarezza, capace di riportare in superficie vecchie ferite che credeva si fossero rimarginate col tempo. Incredibile poi era l'avvertire ancora delle leggere fitte di dolore solo pronunciando il suo nome. Per tutti quegli anni aveva evitato l'argomento “Sakata” tergiversando o semplicemente cambiando discorso con magistrale noncuranza, dicendosi che ciò che era sepolto poteva starsene sottoterra. E Katsura, l'unico che aveva rivisto con piacere a guerra ormai conclusa, era sempre stato abbastanza delicato da non parlarne, da non porre domande, come se davvero il loro amico fosse morto.

-Gintoki è in città?! Ma è fantastico!- la guardò con vivido interesse, suscitando le sue ire. E nella sua mente, un altro ricordo si fece largo, sbaragliando prepotente tutte le caselle sparpagliate di quell'incasinato puzzle che era la sua vita.

-No, che non è fantastico! È terribile!- serrò le labbra per l'irritazione poi si massaggiò una tempia -Inoltre, mi avevi detto che era morto.- guardò la sua figura piegata sul tavolino.

-Non ho mai detto questo. Ho semplicemente fatto notare che, dopo la sua scomparsa, nessuno ha più avuto il piacere di rincontrarlo.- parlò con ovvietà, facendola indispettire. A volte aveva davvero sperato che fosse morto, almeno non sarebbero capitati episodi spiacevoli come quello. Ma infondo Chyo non era così stronza, era solo conscia della propria codardia quando si trattava di affrontare problemi che richiedevano troppe parole e in cui si mettevano in ballo le emozioni.

-E perché questo piacere ho dovuto averlo io?- rassegnata, appoggiò le mani sul pavimento e si stiracchiò per poi tornare a fissare la porta finestra che dava sull'enorme giardino, contemplando i fili d'erba che venivano mossi dalla lieve brezza. Neppure il paesaggio primaverile fu in grado di suscitarle pace e quiete se pensava che quell'idiota di Sakata bighellonava come un passerotto felice per le vie di Edo. Cielo, più che a bighellonare se lo immaginava trascinare i piedi con fare pigro e con la vitalità tipica di un'ameba, visione che avrebbe anche potuto farla ridere se non fosse stata in una fase critica del suo equilibrio mentale già di per sé in bilico.

-Mai sentito parlare del Karma? Avrai commesso qualche atto deprecabile e il Karma avrà deciso di punirti.- Zura sciorinò quella spiccia spiegazione con calma, mugugnando poi qualcosa sul fatto che avesse a disposizione meno polvere da sparo del necessario.

Chyo volse il capo, guardandolo con sufficienza -E sentiamo, quale atto deprecabile avrei commesso tanto da far arrabbiare il Karma?-

-La prostituzione non è una bella cosa. E nemmeno lo streap-tease.-

-Se per questo, nemmeno il terrorismo. E non guardarmi con quella faccia, sei un terrorista e lo sai fin troppo bene!-

-Così la fai sembrare brutta, come cosa. È un passatempo come un altro!- Chyo guardò il soffitto e decise di lasciar cadere il discorso, troppo stanca per poter trovare qualche argomentazione arguta da propinargli. E Zura sembrò farsela bastare, perché per dieci minuti buoni la lasciò a crogiolarsi nei propri pensieri. Quando il silenzio cominciò a darle fastidio, scrutò l'ammasso di ferraglia, polvere grigia e carta sparpagliati su quel tavolino che l'amico utilizzava spesso per i propri progetti. Progetti assai discutibili, ma pur sempre per una buona causa come amava ripeterle quando gli faceva notare i guai in cui sarebbe incorso.

-Si può sapere cosa stai facendo?-

-Devo spedire un pacco speciale.- chiuse gli occhi, sorridendo compiaciuto. Chyo si passò una mano sul viso.

-Un'altra bomba? Dimmi di no! L'ultima volta hanno rischiato di prenderti!- lo vide incrociare le braccia

-Lo sai che è per il bene del paese!- a quella frase la ballerina posò la testa sul tavolo pregando che qualcuno la tramortisse e la portasse via. Ma perché doveva per forza avere come amico un tizio che se ne andava a gettare bombe all'ambasciata? Il terrorista e la prostituta... Che accoppiata tremenda! Sembrava il titolo di un film d'azione di serie Z! Ma Zura, con l'abilità di un grande oratore, sviò ancora l'argomento “Terrorismo” per dedicarsi ad uno decisamente più scottante e che, per lei, rappresentava una vera e propria bomba a orologeria.

-Come ti è sembrato? Gintoki, intendo.- Chyo alzò la nuca, appoggiando il mento sulle braccia incrociate sul tavolino.

-Il solito idiota.-

-Chyo!-

-Non era deperito, se è questo che vuoi sapere. Ma non naviga nemmeno nell'oro. Da quello che mi han detto le mie colleghe, è riuscito ad entrare all'Atomic Wango solo perché aveva un buono per una cena gratis. E non ha lasciato nemmeno una minuscola mancia.-

-Non significa che sia povero. Magari è tirchio!- propose Katsura con semplicità, costringendola a prendere in considerazione anche quell'ipotesi. Lei preferiva immaginarselo senza l'ombra di uno yen, però. Almeno il destino si stava prendendo gioco anche di lui, e questa era una soddisfazione dopo tanti patimenti. La voce pensosa di Zura la riportò coi piedi per terra -Chissà come se la passa. Dopo la guerra è scomparso, nessuno ha mai saputo dove si fosse nascosto- e prima che Chyo potesse dire qualche cattiveria il ragazzo aggiunse -Ma avete almeno parlato?- lasciò da parte il cacciavite, concentrandosi su di lei che, macabra, guardò prima l'ordigno, poi lui.

-Non ce n'è stato il tempo! Sono corsa via, doveva ballare un'altra ragazza e un cliente mi attendeva nel camerino- lo vide inarcare un sopracciglio -E poi non avrei saputo cosa dirgli. Non... Non sono pronta.- mormorò portando dietro le orecchie due ciocche sfuggite al fermaglio.

-Potevi dirgli “Ciao, da quanto tempo!”- come se fosse così semplice -E poi, non dovrebbe essere così difficile parlargli. Del resto, tu e lui non andavate d'accordo?-

 

Il sole stava calando, portando via con sé la luce che per tutta la giornata li aveva accompagnati nella loro scampagnata. Il Sensei aveva deciso di portarli fuori, quel venerdì mattina, per poter fare lezione all'aperto dicendo loro che stare chiusi con una così bella giornata sarebbe stato uno spreco.

-Sensei, ci riporterà ancora fuori?- i piccoli gli trotterellavano attorno, prendendolo per mano e costringendolo ad accelerare il passo solitamente lento e cadenzato.

-La settimana prossima potremmo tornare qui- sorrise in loro direzione, lanciando poi un'occhiata alle proprie spalle per accertarsi che nessuno fosse rimasto indietro; solo Shinsuke, Zura e Chyo camminavano a qualche metro di distanza mentre Gintoki se ne stava in disparte -Ma questa volta seguirete la lezione, d'accordo?- li ammonì sottilmente con voce pacata, senza perdere il dolce sorriso. I bimbi annuirono, continuando a schiamazzare intorno a lui lungo la via del ritorno.

Chyo zampettava tranquilla, persa nella propria fantasia, senza prestare attenzione a ciò che la circondava. Solo pochi attimi prima aveva rotolato in mezzo ai fiori e al verde dell'enorme collina su cui il Sensei li aveva accompagnati, aveva sonnecchiato sotto l'ombra di una enorme pianta e aveva giocato alla principessa da salvare con Katsura e Takasugi. Ovviamente Takasugi aveva interpretato la parte del principe che veniva a salvarla dalla torre elevata fino al cielo -alias l'albero- a bordo del proprio cavallo bianco -alias Zura-, per sottrarla alle grinfie del perfido re -sempre Zura.-.

-Sensei, facciamo a gara a chi arriva primo?- propose un bambino dai capelli a scodella, alzando un braccino per attirare la sua attenzione.

-Non è giusto, tu sei più avanti!- lo rimproverò una bambina dai capelli chiari mentre strattonava il Maestro. Questo rise, lasciando che la propria allegria contagiasse anche gli altri che ora avevano cominciato la propria corsa verso il Tempio. Fu in quel preciso istante che i due compagni di merende le passarono di fianco, ignorandola. Facevano sempre così quando si ritrovavano a disputare guerriglie futili, iniziate sempre da Shinsuke. E lei cominciò ad accelerare la propria andatura, ritrovandosi a bighellonare fianco a fianco con Gintoki.

Ormai erano passati due mesi dal suo arrivo al Dojo e ancora non si era fatto un amichetto. Lo aveva visto sempre in disparte, sempre a dormire in qualche angolo, sempre così pigro e svogliato. Eppure le pareva simpatico, davvero! E subito fantasticò; finalmente, se si fosse mai unito a loro, qualcuno avrebbe potuto sostituire Zura nel ruolo del cavallo! Era un po' indisciplinato e scalciava troppo spesso per disarcionare Shin-chan.

-Gin-chan, tu non corri con gli altri?- portò le mani dietro la schiena, vedendolo scuotere la testa dopo alcuni istanti.

-Non ne ho voglia. È noioso.- biascicò stringendo la katana alla propria spalla. Chyo corrugò la fronte, parandosi di fronte a lui.

-Perché vai in giro con quella spada? La mia mamma dice sempre che non bisogna giocare con le cose appuntite!- inclinò il viso, portando i capelli a caschetto dietro le orecchie. Lo sguardo guizzò dalla spada alla sua espressione neutra.

-L'ho sempre avuta con me- mormorò superandola -Non mi va di separarmene.-

-Anche io non mi separo mai dal mio quaderno. Guarda! Questo l'ho disegnato io!- aprì un foglietto di sottile carta di riso su cui era riprodotto un omino stilizzato dallo sguardo cattivo e le labbra rivolte verso il basso. Di fianco a lui, una figurina più alta dai tratti tremolanti e quelli che dovevano essere capelli lunghi, sorrideva allegro con le braccia aperte -Non trovi sia stupendo?- saltellava impaziente in attesa di una risposta da parte di Gintoki. Ma quello fissava il foglio con un sopracciglio arcuato e sembrava si stesse trattenendo dal dire qualcosa. Magari non trovava le parole per descrivere il suo immenso capolavoro, già, doveva essere proprio così!

-Chi sono quei due sgorbi?- fu tutto quello che proferì aggrottando le sopracciglia, la confusione che traspariva dal suo viso.

-Sono gli uomini della mia vita!- gracchiò Chyo dopo aver gonfiato le guance -Non sono due sgorbi! Questo è Shin-chan!- il ditino si posò sull'omino dalla faccia incazzosa, poi si spostò sullo stecco coi capelli -Questo invece è Shouyou Sensei!- e mentre lei sorrideva, orgogliosa del proprio operato a suo dire stupendo, Gintoki la fissava con una smorfia di schifo sul viso perennemente imbronciato in quella espressione di noia e pigrizia che non lo abbandonava mai.

-Takasugi è brutto uguale.- fu tutto ciò che le concesse, superandola e lasciandola impalata con la boccuccia spalancata. Ma come si permetteva quel maleducato? Offendere le sue creaturine finemente rappresentate! E sopratutto, non doveva prendere in giro Shin-chan perché era bello e buono, il suo principe azzurro! Altro che cavallo, lui avrebbe fatto il re malvagio!

Chyo strinse i pugni, gonfiò le guance e partì alla carica verso il cafone pronta a lamentarsi per tutto il tragitto -Ah, aspettatemi!- cadde rovinosamente a terra inciampando nei propri piedini. Non rialzò il viso, troppo impegnata a trattenere le lacrime per il dolore. Sarebbe potuta rimanere lì, come un salame o un sacco di patate senza rendere conto a nessuno, almeno fino a che non l'avessero raccolta.

-Possibile che tu cada sempre?- il tono annoiato di Sakata la costrinse ad alzare il proprio viso. Con occhi grandi e lucidi si scontrò con la figura di Gintoki che, spada stretta contro la propria spalla la stava osservando come se fosse una lucertola stravaccata al sole.

-Sono i sassi che mi fanno cadere.- strinse il labbro inferiore quando avvertì un fastidio pungente alle ginocchia. Probabilmente se le era sbucciate.

-Certo, i sassi...- Chyo si passò una mano stretta a pugno sulla faccia per togliere un po' di polvere. Imbronciata, guardò a lungo il bimbo senza emettere suono. Fu lui il primo a spezzare il silenzio, tendendole la mano -Alzati o ci lasceranno indietro.- e Chyo sorrise, riprendendo il buon umore.

-Grazie, Gin-chan!- sorrise a trentuno denti, mettendo in mostra la finestrella. Gintoki alzò le spalle mormorando un “Prego” strascicato.

-Ho deciso! La prossima volta farò un tuo ritratto, poi te lo regalerò!-

-Ed io ti lascerò a terra, la prossima volta.- l'espressione disgustata che sfumò sul suo viso la fece indispettire, ma nonostante tutte le sue cattiverie si ritrovò a guardarlo divertita. Perché quel bambino era simpatico nella sua perenne pigrizia ed era sempre pronto ad aiutarla, quasi avesse un radar per tutte le vole che si ficcava nei guai. E mentre nella sua testolina si formavano grandi avventure che vedevano protagonista lei, Zura, Shinsuke con la gentile partecipazione di Gintoki, il Maestro li richiamò.

-Chyoko, Gintoki, torniamo a casa.- sorrise loro con amorevole dolcezza ed entrambi annuirono, zampettando verso gli altri.

Chyo fece qualche passo avanti saltellando, si voltò con le braccia aperte portandole poi dietro la schiena e guardò Sakata con aria di sfida -Ti va di fare a gara? Se riesco a batterti, potrò farti un disegno! -e senza nemmeno attendere una risposta cominciò a correre, avvertendo la presenza del piccolo dietro di sé.

Inutile dire che Chyo perse miseramente capitolando a terra un paio di volte. Ma prima che potesse rendersene conto, era diventata amica di quello strambo ragazzo.

 

-È stato tanto tempo fa- si riscosse dal proprio torpore, deconcentrata dal trafficare piuttosto concitato di Zura ora intento a infilare l'ordigno in un pacchetto -Si può sapere ora che stai facendo?- inclinò il capo, chiudendo gli occhi mentre richiamava la pace dei sensi.

-Devo consegnare questo pacco urgente al postino.- e chissà perché, il postino che comparve dietro la porta scorrevole aveva un'aria piuttosto familiare. Era un ometto basso e dalle folte sopracciglia che aveva visto più volte gironzolare fra i corridoi del nascondiglio.

Chyo arcuò un sopracciglio, ma notando che Katsura continuava ad ignorarla per dare direttive all'uomo si alzò, si lisciò il kimono sgualcito e recuperò la borsa contenente i vestiti da lavoro che giaceva in un angolo della stanza -Vado a casa a dormire. Questa sera devo fare gli straordinari- confessò con una smorfia sul viso portando sulla spalla la borsa -E ti prego, non gettare un'altra bomba mentre qualche membro dello Shogunato si trova ad un meeting.- aprì la porta che dava sul corridoio senza ricevere alcuna imprecazione in cambio. Katsura era troppo educato per abbassarsi a certe risposte puerili.

-Chyo, perché non smetti di lavorare all'Atomic Wango? Potresti sempre unirti a noi. Stiamo cercando nuovi membri e soprattutto, sarebbe un ritorno al passato!- come se non ne avessi già avuti abbastanza, di ritorni al passato.

-Nh, no, grazie. La guerra e i combattimenti non fanno per me, non più.- alzò una mano in segno di saluto e dopo averlo ringraziato per l'ospitalità scomparve nell'oscurità del corridoio fiocamente illuminato. Si fermò a metà strada solo quando avvertì dei passi dietro sé e volgendo il busto, scorse la figura di Katsura.

-Fossi in te gli darei un'altra chance- Chyo si irrigidì -Sai anche tu quanto Gintoki sia idiota.-

*****

L'appartamentino 109 sorgeva in una zona in fase di costruzione di Kabukicho. La “Strip di Kabukicho”, così il suo capo amava chiamare quella fetta di quartiere in cui la strada si diramava in piccole vie che portavano alla perdizione, caratterizzate dall'agglomerarsi di Night Club, Casinò e luci al neon talmente lampeggianti da risultare visibili a chilometri di distanza. Come se fossero lanterne che, con la loro luce rossa, richiamavano gli insetti sperduti durante la notte. E Chyo, in quella massa di smarriti, si lasciava trascinare come se fosse in balia della corrente, senza opporre resistenza. Perché così era più comodo. Incredibile come una ragazza facente parte di quel mondo lussurioso e fluttuante, si sentisse la più spaesata.

Chiuse la porta appoggiandovisi contro e posò la busta della spesa sul mobiletto vicino all'ingresso, lasciando all'esterno il rumore caotico del cantiere che continuava i propri lavori di manutenzione. Lasciandosi alle spalle quella notte che era cominciata come le altre, ma che era terminata nella maniera meno prevedibile che avrebbe mai potuto aspettarsi. Lei che si rendeva conto di dove fosse, di cosa stesse facendo e di chi la stesse osservando. Perché con tutti i Night Club che spuntavano come funghi in quel distretto, Gintoki si era infilato proprio all'Atomic Wango?!

Trascinò i piedi fino alla poltrona rattoppata con stoffe di vari colori -era la meno costosa che aveva trovato al mercato delle pulci- e vi si gettò a pesce, decisa a riposare per almeno una decina di minuti. Purtroppo per lei, però, la mente era troppo scombussolata dalla marmaglia di pensieri per potersi sconnettere e lasciarla cadere nel mondo dei sogni. Si girò a pancia in su, fissando il soffitto color panna. La chiacchierata che aveva avuto con Zura non l'aveva per nulla tranquillizzata, sopratutto se pensava che la chiusa del discorso era stata un sincero “Dagli un'altra possibilità”; storse il naso a quella eventualità. Inevitabilmente lo sguardo spossato cadde sulla foto posata sul tavolino, di fianco alla rosa rossa che un cliente le aveva regalato due giorni addietro.

L'immagine ritraeva una Chyo dai tratti adolescenziali che sorrideva verso l'obiettivo affiancata da quei vispi ragazzi che erano stati i suoi compagni di avventure. Da destra c'era Sakamoto, perso ora chissà dove nella galassia; ora che ci pensava, anche la sua intelligenza le era sempre parsa un enorme buco nero. Poi c'era Katsura che guardava accigliato un Takasugi serio serio e in procinto di allontanarsi dal gruppetto se non fosse stato trattenuto da una mano di un Gintoki dal sorriso appena accennato e lo sguardo da pesce lesso. Se solo si fosse fermata a pensarci, quelli erano stati tempi piacevoli anche se contornati da uno scenario di Apocalisse. Peccato che fosse troppo nervosa per ricordarsene, così con un gesto secco e da brava donnina isterica scaraventò un cuscino rosso contro la foto, colpendo però il vaso blu che cadde rovinosamente a terra.

Storse il naso al pensiero della propria, scarsa mira, decisa ora a crogiolarsi nella propria depressione davanti ad un film strappalacrime e una tazza enorme di pasta e Wasabi. Accese la televisione su di un canale a caso e a piedi nudi zampettò verso la busta di carta recuperando la salsa piccante. Tornò indietro, lasciando che lo sguardo scorresse sulle pareti dall'intonaco sbiadito e di un vomitevole giallastro, sui fiori che alcuni clienti le avevano comprato -e che davano al monolocale un'aria decisamente più curata- e sulla televisione che cominciava a fare le bizze come suo solito. Eppure la bolletta l'aveva pagata!

Si avvicinò con sguardo omicida verso l'apparecchio, ripromettendosi di demolirlo se solo fosse uscita la scritta “Segnale non trovato”. Si inginocchiò, sbatté un paio di volte la mano affusolata sulla cassa nera e attese, fino a che le immagini disturbate non divennero nitide e cristalline.

-Oh, il telegiornale- mormorò sedendosi a terra a gambe incrociate -Vediamo che accade nel Mondo.-

-Siamo accorsi sul luogo dell'incidente- cominciò la cronista tappandosi un orecchio per coprire il vociare della massa riunita intorno ad un motel da cui usciva una quantità esorbitante di fumo nero -Sembrerebbe che ad aver provocato l'esplosione sia stato lo stesso giovane che, solo qualche ora prima, ha bombardato l'ambasciata degli Amanto.-

-Solo un idiota bombarderebbe l'ambascia-- le parole le morirono in gola, tornando nella cavità del suo stomaco quando lo zoom si ingrandì sull'idiota in questione che, appeso ad una bandiera, con voce stranamente squillante tuonò:

-Bombardato! Che parola grossa!- Chyo sospirò, si coprì il volto con entrambe le mani e scosse la nuca. Non solo aveva avuto il dispiacere di incontrare il samurai dai capelli argentei dal vivo, ora le toccava osservarlo in tv! Per di più in un servizio interamente dedicato alla sua geniale bravata! Bravata in cui, ne era certa, c'era lo zampino di Katsura e del suo pacchetto speciale. E del postino comparso dietro la porta scorrevole.

Un commento stanco le uscì dalle labbra carnose -Quello è il più grande idiota che esista nell'intero Universo!-

*****

Maledetto Zura!

L'istinto omicida sopito per tutti quegli anni si riversò completamente sull'ex compagno di scorribande, in piedi dietro di lui. Lo stava pedinando da venti minuti abbondanti e, ogni qualvolta si voltasse, subito Katsura si metteva a fischiare, si guardava la punta dei piedi... Ma provare a nascondersi, no!, a quello neppure ci pensava!

-La vuoi smettere di seguirmi? Hai causato già abbastanza danni per oggi!- volse il busto e con fastidio mal celato studiò la sua figura longilinea. Katsura parve però infischiarsene del suo tono di voce così aggressivo, perché al posto di fare dietro front lo raggiunse con calma invidiabile, quasi si fosse dimenticato del bordello causato poche ore prima. O della polizia che li cercava nemmeno avessero una taglia sopra la testa da cento milioni di yen; d'altronde non poteva dar loro tutti i torti, eh. Per colpa sua si era ritrovato a venir additato come terrorista, a combattere con quei balordi della Shinsengumi -in particolar modo con quel tizio dalle pupille talmente tanto dilatate da apparire un drogato- e a fuggire dai succitati coglioni alla ricerca di quiete e pace.

Quiete e pace che sarebbe stata rovinata da un tizio dai capelli lunghi che se ne andava in giro a reclutare membri per la propria banda di mentecatti, ci scommetteva il proprio latte alla fragola!

-Volevo sapere come stavi.- lo affiancò nel suo lento andare, rimanendo in silenzio per alcuni secondi. Gintoki storse il naso dopo essersi passato una mano fra i capelli.

-A parte la capigliatura da afro, sto bene.- biascicò sbattendo una mano sul fianco, lasciando che le imprecazioni raschiassero la sua gola senza però librarsi nell'aria. Non era più abituato a tutte queste emozioni! Stava invecchiando, lui! E Zura si ripresentava dopo tanti anni chiedendogli di aiutarlo a scacciare gli Amanto dal paese, come se gli avesse proposto di andare a mangiare una pizza in onore dei bei tempi andati.

Immancabilmente, i pensieri volarono a quel giorno infernale saturo di avvenimenti. Due incontri fortuiti e sgradevoli a poche ore di distanza... Certo che il destino doveva davvero avercela con lui per accanirsi in maniera così bastarda sulla sua miserabile vita! Prima gli donava dei capelli ricci naturali talmente strambi da precludere ogni uscita romantica con qualche dolce fanciulla -chissà perché, ma quelle preferivano solo i capelli lisci. O le zucche pelate-, poi non gli faceva trovare uno straccio di lavoro, costringendolo a rimandare il pagamento dell'affitto alla vecchia ciabatta accampando scuse su scuse; e quella megera era troppo acida per chiudere un occhio con benevolenza, senza capire la sua reale situazione. Poi, quando credeva di poter compiere un'opera buona ricevendo magari in cambio un compenso, ecco che si ritrovava a gettare bombe all'ambasciata venendo scambiato per alleato dei terroristi! Ma lui non lo era! Insomma, essere un terrorista richiedeva un dispendio di energie troppo eccessivo per uno che camminava per le vie della città grattandosi le natiche con disinvoltura. E chi c'era a capo di questa banda? Ma Zura! Quel maledetto ex compagno di battaglie che non solo lo aveva ficcato nei casini più assurdi, ma aveva anche alzato le mani un paio di volte! Qui, l'unico che avrebbe dovuto ricevere dei calci nel culo, sarebbe stato lui.

E senza nemmeno rendersene conto, come se anche la sua mente volesse divertirsi con i suoi nervi tesi, nella sua mente sfumò l'immagine di Chyo, l'unica che tra tanti avrebbe evitato di vedere fino alla fine dei propri giorni. Ma doveva aver commesso qualche brutta azione per far sì che il Karma approfittasse della sua ingenuità e buona fede in maniera tanto meschina, odiava ripetersi ma doveva per forza essere così.

-Cosa intendi fare con quel casino all'ambasciata?- domandò a bruciapelo; tutto, pur di scacciare la figura della Fujiwara dai propri contorti pensieri.

-Quello è stato solo l'inizio- con voce colma di orgoglio, Katsura si schiarì la gola e cominciò ad esporre il proprio geniale piano -Io voglio arrivare in alto, voglio distruggere la torre. Il luogo in cui tutti gli Amanto si riuniscono- lo sentì prendere un profondo respiro e un campanellino d'allarme suonò nella sua testa -Gintoki, torna a combattere al mio fianco- aveva lo sguardo talmente serio, ma talmente serio che per un attimo commise l'imperdonabile errore di starlo ad ascoltare -Insieme libereremo Edo dagli Amanto!- la solita luce di passione brillò negli occhi vispi dell'amico. Gintoki sospirò, memore che una volta anche lui era stato animato da tali impulsi di vendetta e liberazione. Già, una volta...

Purtroppo i giorni erano volati senza che lui potesse muovere un dito e quando meno se lo era aspettato, la voglia di combattere per gli altri e per sé stesso era scemata, finendo nel dimenticatoio della sua mente stanca. Legati alla guerra c'erano solo tristi ricordi, morti inutili sulla coscienza e la sensazione che tutto ciò per cui aveva combattuto fosse scivolato via con la sua resa. Ed era scivolata via anche lei. Ma ormai vi aveva messo una pietra sopra e non sarebbe stato Katsura a fargli cambiare idea.

-Te l'ho già detto. La guerra è finita e io non ho alcuna intenzione di combattere una battaglia inutile. Abbiamo perso, fine della storia. Rassegnati una buona volta.- alzò le mani spazientito, riprendendo il proprio, svogliato vagare. Ma avrebbe dovuto ricordare che Katsura era un osso duro, perché seppur in silenzio lui continuava a seguirlo standogli a debita distanza, ma lanciandogli occhiate talmente perforanti da metterlo in ansia. La tentazione di mollargli un pugno e utilizzarlo come masso da catapulta -magari colpendo la sua amata torre e distruggerla- fu tanta e venne placata solo da un quesito neppure troppo importante ma che, per motivi a lui oscuri, continuava a ronzargli in testa. Allora si fermò, avvertì il rumore dei passi dell'amico farsi inesistente e solo allora si voltò, l'espressione solitamente annoiata velata di sincera curiosità.

-Come facevi a sapere che mi avresti trovato qui?- studiò la figura pensierosa di Katsura ora irrigidita. Che avesse scoperto che era lui il mitico proprietario dell'Agenzia Tuttofare? Nah, impossibile! Per essere mitico, era mitico ma non aveva mai pubblicizzato la sua attività. Non aveva abbastanza yen da buttare via.

E quando Katsura parlò, avvertì il cuore precipitare nelle cavità più scure del suo animo -Me lo ha detto Chyoko.-

Avrei dovuto immaginarlo, fu quello il primo pensiero che formulò il suo neurone; ma le emozioni che gli suscitò il nome della ragazza, beh, quelle non poteva proprio controllarle. Fu un senso di colpevolezza misto ad ansia che gli fece contorcere il cuore, il tutto condito da una spolveratina di... gioia? Non sapeva che nome attribuire a quel barlume di serenità che aveva per un momento diradato l'angoscia. Ma questa era tornata prepotente e il malumore lo aveva accolto a braccia aperte.

Così al posto di stupirsi o far finta di sembrare felice per una probabile rimpatriata, Gintoki arcuò le sopracciglia e inclinò il capo -Cos'è, hai reclutato anche lei?-.

-Figurati, quella bazzica nel nostro nascondiglio solo per bere e mangiare. E per rubarmi gli elastici per i capelli- sembrava visibilmente indispettito dal comportamento della ragazza -E poi, dice che il suo lavoro è già abbastanza pericoloso.-

-Ma certo, lo streap-tease è al primo posto nella lista dei lavori pericolosi.- disse sarcastico, riprendendo il proprio girovagare. Zura lo affiancò, sospirando pesantemente.

-Facesse solo quello...e- Gin lo guardò di sottecchi, scrutando la sua espressione seria seria e piuttosto delusa -L'anima di quella ragazza è ormai corrotta. Dobbiamo riportarla sulla retta via! Dopo aver liberato il paese, ovvio.-

Dobbiamo... Perché usava il plurale?! Lui non voleva essere messo in mezzo alle sue cretinate, così come non voleva portare a casa Chyo, divenuta una pecorella smarrita. Non gliene fregava nulla, non erano affari suoi! Non era la persona più adatta a poterlo fare...

-Allora, cosa ne pensi?- si guardarono, si studiarono; poi Gintoki gli diede le spalle, deciso a tornare a casa.

-Lascio a te il compito di liberare il paese e di riportarla sulla retta via.- alzò una mano in segno di saluto, lasciandolo indietro nelle proprie convinzioni.

-Ma, Gintoki!- lo chiamò a gran voce con tono di rimprovero -Ma a noi questa città piace! E Chyo è nostra amica! Non possiamo abbandonarla!- Gintoki parve pensarci su seriamente. Era vero, Edo gli piaceva e per questo motivo ci trascorreva i suoi lenti giorni con entusiasmo -per quanto un bradipo possa essere entusiasta- e sempre per questo motivo aveva partecipato alla guerra per espellere gli alieni. Ma la vita passava, lui cresceva e le sue certezze crollavano. Così come svaniva la cieca convinzione che Chyo lo considerasse ancora un amico.

Sospirò -Cavatela da solo- si massaggiò una spalla indolenzita -Oramai non è più un mio problema.- e le sue gambe si mossero adagio, trasportandolo lontano da Katsura, dal passato e dal senso di vuoto che aveva cominciato ad attanagliarlo da un po' di tempo.

 

Note noiose dell'autrice!

Questo capitolo è stato un parto, dico sul serio! È lungo, poco brillante (non che gli altri lo siano xD) non succede nulla e non sono stata capace di rendere i loro pensieri come volevo. Sembrano accavallarsi, rincorrersi ma non andare mai a parare da nessuna parte! Insomma, una delusione. L'idea era descrivere le loro sensazioni post-incontro restando comunque sul vago. Ci sarò riuscita? Bah! L'unica cosa azzeccata è il titolo xD

Ho voluto dedicare un po' di spazio a Chyo per poter introdurre qualche sfaccettatura del suo carattere. Spero che non sia odiosa, così come spero sia stato comunque esauriente quel breve passo dedicato a Gintoki. Solitamente cerco di alternare i vari punti di vista e di non fossilizzarmi mai sul singolo, ma qui era dovuto.

Lascio la parola a voi che spero accoglierete comunque il mio sforzo per il cercare di non rendere noioso questo capitolo di transito ma che era necessario -farli incontrare subito mi sembrava una mossa azzardata e soprattutto forzata; mi sono impuntata affinché ciò non accadesse. Vorrei cercare di dare un alone di realtà nonostante sia un'opera di fantasia-. Spero di non essere andata troppo OOC con Katsura e Gintoki, personaggi che ho sempre il terrore di non rendere al meglio come vorrei e dovrei -a dire il vero, ho il terrore di andare Out Of Charcter con tutti-.

Ringrazio di cuore tsunade22 per aver aggiunto "Walking on my own"  fra le seguite ed Elizabeth_smile e Silver Fede per aver commentato così carinamente il primo capitolo della mia prima ficcy, dandomi anche la motivazione per riuscire a concludere questa faticata. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate del continuo :) Ringrazio anche chi ha solo dato una sbirciata, una lettura veloce veloce o approfondita ma è rimasto in silenzio. Sappiate che apprezzo qualsiasi tipo di commento -anche la critica distruttiva!- purché sia motivato :) Perciò vi invito calorosamente a lasciare anche una minuscola traccia del vostro passaggio giusto per farmi sapere se la mia opera è da buttare o è accettabile.
 

Alla prossima!

Geisha.


 



 

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Capitolo 3
*** How little we know ***


Dico solo una cosa: si incontrano. E la loro è stata la chiacchierata più difficile di tutta la mia vita. Che, poi, non è che si dicano chissà quali sconcertanti verità! Ma loro sono così, ingestibili :)

Ci vediamo alle note in fondo :)

 

How little we know

 

Gintoki iniziava ad odiare Night club, discoteche e affini e ci avrebbe volentieri rinunciato. E incominciava a non sopportare anche la birra e il sake, ma a quelli non avrebbe mai detto “No” neppure sotto tortura. La sera prima era andato a bere al solito baretto così, per spendere un po' di quegli yen che, stranamente, entravano nelle tasche in un battito di ciglia e con la stessa velocità scomparivano.

E si era preso una sbronza epocale, non c'era che dire! Quella mattina funesta era riuscito a mettersi in piedi solo perché Shinpachi lo aveva praticamente sollevato di peso -cioè, Kagura lo aveva sollevato di peso; il quattrocchi si era limitato a sbraitare dalla cucina quanto immaturo fosse da parte sua ubriacarsi e poi girovagare in motorino per le vie di Edo- e si erano diretti a casa di un tizio di cui non ricordava il nome che, da quel poco che ricordava, gli aveva offerto un incarico: ritrovare la figliola scomparsa.

Gettò un'occhiata alla foto della ragazza in questione, che giaceva sul tavolo vicino alla ciotolina delle noccioline e si ritrovò a storcere il naso al pensiero che, quell'autobus umano dalla faccia da maialino, potesse aver trovato un uomo tanto idiota da rapirla per qualche fuga romantica! Era assurdo, impensabile! Nemmeno uno disperato come lui -e lo era davvero!- avrebbe mai corso il rischio di invischiarsi in una relazione con un porcellino dalle sembianze di donna!

Esternò i suoi pensieri con un macabro -Chi se la prenderebbe mai, questa?- sbattendo le palpebre un paio di volte per mettere bene a fuoco.

Shinpachi sospirò -Gin-san, nessuno ti ha mai detto che un libro non va giudicato dalla copertina?-

-Se è un libro di matematica sì, lo puoi giudicare dalla copertina.- si massaggiò le tempie pulsanti, poggiando la testa sullo schienale.

-E cosa c'entra ora questo con la ragazza scomparsa?!- aprì un occhio e notò indistintamente la vena pulsante sulla tempia destra del povero Shinpachi; se non si fosse calmato, il gallo dietro il bancone del bar avrebbe dovuto chiamare un'ambulanza -Piuttosto, perché non la vai a cercare?-

Alzò le mani al cielo e le mosse in maniera nervosa, borbottando un secco -Non è scomparsa! Sarà fuggita con qualcuno, te l'ho detto! Perché perdere tempo prezioso che potremmo usare, che so, per leggere Jump? O magari per preparare una torta!-

-O per bere della birra!- trillò il ragazzino con sguardo sadico, il ghigno che si allargò a dismisura quando lo vide portare una mano a coprirsi la bocca, trattenendo i conati di vomito. In quel momento, milioni di imprecazioni nei confronti dell'occhialuto vorticarono nella sua mente, ma nessuna davvero cattiva sembrava fare al caso suo. Così rimase in silenzio, concentrandosi affinché il suo stomaco la smettesse di fare le capriole -Gin-san, sono serio. Per una volta che abbiamo un lavoro, vediamo di portarlo a termine senza problemi! E poi, si può sapere perché se ne sta occupando Kagura di fare le ricerche?- la indicò visibilmente scocciato. Gin si massaggiò il collo, poi alzò le spalle.

-Lo sai che quella mocciosa quando si fissa su qualcosa, ci si butta a capofitto. Adesso si sarà appassionata ai polizieschi- aprì un occhio, incrociando l'espressione rassegnata dell'amico -Magari la tizia se ne è tornata a casa. Magari suo padre la sta già cucinando arrosto.-

-La vuoi smettere di essere così perfido?!- brontolò il ragazzino sbattendo i pugni sulle gambe; Gintoki puntellò l'indice sulla fotografia.

-Ma l'hai vista? Potremmo portare un cosciotto di maiale che il vecchio non si accorgerebbe della differenza!- Shinpachi, dall'altra parte del tavolo, grugnì sonoramente -Resto della mia idea. Un cosciotto e siamo a cavallo!-

-La vuoi smettere di scherzare?! Sii serio per una volta!- strepitò scocciato, venendo guardato con curiosità dai vicini di tavolo.

-E chi scherza...- biascicò Sakata alzandosi in piedi; sventolò una mano, salutandolo pigramente mentre con l'altra si grattava il sedere.

-Ma! E adesso dove vai?!- spazientito, Shinpachi neppure si accorse di aver coperto il rumore della musica assordante con il proprio vocione -Dobbiamo cercare la ragazza!- si alzò, rincorrendo per metà strada quel pacione di Gin che ciondolava infermo sulle le gambe, reggendosi in piedi per chissà quale miracolo.

-Vado al cesso. Pensaci tu, Shin-chan.- rabbrividì nel pronunciare quel nome, memore di un altro ben noto Shin-chan che, decisamente, non avrebbe voluto rincontrare. Perché pensava questo? Perché nell'ultimo mese aveva avuto ben due incontri ravvicinatissimi con i suoi amici di infanzia e più quei portatori di sfortuna e brutti ricordi gli stavano lontano, meglio poteva trascorrere le sue monotone giornate. Ci mancava solo che svoltasse l'angolo che portava ai gabinetti della discoteca e si ritrovasse ad affrontare quel mezzo ciecato di Takasugi.

Troppo preoccupato ad rimuginare sulle proprie, ingiuste disgrazie, Gintoki nemmeno si rese conto di aver sbandato di parecchi centimetri, finendo addosso ad una figurina che, sciagurata, passava di lì per caso. Ah, maledetta sbronza!, pensò intontito mentre volgeva il viso per porgere una scusa biascicata alla povera vittima della sua ebrezza.

-Potrebbe guardare dove cammina?- e in quel preciso istante, i fumi dell'alcol si dissolsero come la nebbia mattutina, lasciando che la lucidità tornasse a svegliare i suoi neuroni dormienti. La sua voce inconfondibilmente pacata, nonostante la fronte corrugata palesasse la sua irritazione, lo riportò bruscamente alla realtà, paralizzandolo all'istante.

All'angolo che portava ai bagni, nel corridoio dalle pareti grigie incrostate e con sottofondo il rombo della musica attutito dalle spesse mura, stretta nel suo kimono rosa tenue Chyo ripiombò inaspettatamente nella sua vita,.

-Che cosa ci fai qui?!- le parole gli uscirono più brusche di quanto avrebbe mai immaginato ma lei sembrò non badarci perché la fronte corrugata di prima si rilassò, donandole un'espressione confusa e incredula. Probabilmente, anche lei sperava di non rivederlo più.

-Potrei farti la stessa domanda- arricciò le labbra color ciliegia, lasciando trapelare quei tratti della Chyo infantile che era stato solito conoscere -Ma prima, sarebbe carino che tu chiedessi scusa.- si lisciò il kimono, guardando i fiori giallo opaco ricamati su di esso. Alzò poi il viso, regalandogli un sorriso di attesa, come se si aspettasse sul serio le sue sincere scuse!

E lui rimase in silenzio, contemplandola con forse più attenzione di quanta avrebbe dovuto prestarle, esattamente come quella lontana notte all'Atomic Wango. E non perché Chyo fosse bella -non lo era più di molte ragazze con cui aveva avuto a che fare- semplicemente, era sempre una sorpresa ritrovarsela fra i piedi, tutto qua. Una spiacevole sorpresa, ovvio.

 

Chyoko Fujiwara era ormai distante dalla Chyo-chan dei suoi giorni infantili e adolescenziali; la ragazzina ingenuotta con cui era cresciuto si era eclissata all'ombra di una donna dalla vita tutt'altro che casta e la sua immagine acerba era sparita dietro una maschera di pelle candida e trucco vistoso; i tratti del viso ovale si erano fatti più appuntiti ma non per questo meno delicati, incorniciati da quella marea di capelli corvini raccolti in una lunga coda laterale.

In tutti quei cambiamenti, solo i suoi occhi grigi avevano mantenuto la stessa, identica velatura di quella malinconia che, in cinque anni, sembrava non essere mutata. Chyo sarebbe potuta essere un'altra Chyoko, ma quegli occhi color del fiume li avrebbe riconosciuti fra mille. La sfortuna di essersi soffermato a guardarli troppo, ai tempi che furono...

-Nh, scusa...- biascicò grattandosi la nuca, lasciandosi invadere da un vago senso di nostalgia nel non avvertire dolcezza nel suo tono di voce ora calmo e saccente -Non ti avevo vista.-

Un “Certamente...” poco convinto uscì dalle sue labbra caricando di ulteriore tensione l'aria già di per sé pregna di nervosismo, aggravata soprattutto dal fatto che la ballerina fosse in vena di chiacchiere quel pomeriggio -Non pensavo ti piacessero le discoteche.- Chyo portò dietro l'orecchio destro una ciocca di capelli sfuggita al fermaglio. Impercettibilmente, Gintoki sorrise compiaciuto di sé stesso; nonostante gli anni passati fossero molti, ancora ricordava i gesti che la ragazza compiva quando era nervosa.

-Sono molto più eleganti dei Night club.- alzò le spalle, guardandosi attorno con noia. Sapeva che l'unico modo per poterla affrontare senza uscirne perdenti e sfiancati era restare sulla difensiva, e quale modo migliore se non sparare frecciatine condite da una buona dose di ironia? Ironia che, però, sembrava non intaccare la rilassatezza apparente della giovane, perché con un sorriso appena accennato replicò:

-Eppure, li frequenti i Night.- incassò il colpo serrando le sottili labbra, trattenendo nella propria gola le imprecazioni che avrebbe volute dedicarle con quanto più affetto aveva.

-C'era una cena gratis, e poi sono stato trascinato da un mio amico. Figurati se metterei piede in uno di quei postacci di mia spontanea volontà!- storse il naso nell'udirsi pronunciare quelle scuse che, in realtà, erano solo la pura verità. A parte l'ultima sparata; se avesse avuto gli yen, ci si sarebbe infilato una sera sì e l'altra pure, in quei postacci -E poi si può sapere che razza di lavoro fai? Zura mi sembrava piuttosto preoccupato.-

-Faccio la ballerina!- il suo tono di voce stridulo, così come la risposta pronta e troppo celere lo misero in allarme. O meglio, misero in allarme il suo radar “punti deboli”, sapendo ora dove andare ad attaccare per chiudere quella discussione in maniera vincente; ma a distanza di tempo, non gli sembrava più così facile premere quei tasti delicati e vederla cadere a terra. Sfortunatamente per lui, Chyo doveva essere satura di acido da riversare contro qualcuno, perché con voce decisa mormorò un flebile -Almeno, io ce l'ho un lavoro.-

Il silenzio li avvolse, costringendoli a studiarsi per quei minuti che gli parvero infiniti. No, nulla della dolce Chyo era rimasto e probabilmente niente l'avrebbe riportata indietro. Neppure se le avesse chiesto scusa, sarebbero potuti uscire da quel vortice di conti in sospeso che li metteva sul piede di guerra. In quel preciso istante, un nodo di colpevolezza gli chiuse la bocca dello stomaco, costringendolo a massaggiarsi le tempie pur di non svenire lì, sul pavimento.

-Ehi, anche io lavoro! Gestisco un'agenzia di tuttofare!- non seppe nemmeno lui perché rispose con tono bellicoso, l'unica cosa che sapeva era che si era sentito punto sul vivo con la sua risposta allusiva. Come se lui poltrisse tutto il giorno... Che poi, era quello che faceva, ma lei mica doveva saperlo!

-Sì, Katsura me ne ha parlato- il sorriso derisorio che le aveva increspato le labbra in una smorfia, indurendo i suoi tratti delicati era sparito, sommerso da un'espressione a metà fra il sofferente e il rassegnato -Sai, pensavo fossi diventato un illusionista...- le lanciò un'occhiata confusa, pronto a difendersi dal colpo che gli avrebbe rivolto di lì a poco -A sparire senza lasciare traccia, sei piuttosto bravo.- ma a quella recriminazione non era preparato.

Nuovamente immerso da quel surreale silenzio, Gintoki si ritrovò a sudare freddo al pensiero che avrebbe dovuto affrontare una discussione più grande di lui e senza mezzi per potersene andare con la vittoria in tasca. Perché il passato che aveva seppellito nel proprio animo non poteva tornare a galla con così tanta facilità, perché non si era mai preparato un discorso da propinarle... La verità era che quella Chyo per lui era un'estranea e non sapeva cosa dirle o farle per poterla allontanare dalla sua vita una volta per tutte. E la paura che in realtà lui non avesse mai voluto mandarla via albergava nel suo animo da più di quanto si sarebbe mai aspettato...

-Ma è stato tanto tempo fa- la sua voce tranquilla spezzò il flusso dei suoi pensieri, facendolo rilassare per un breve istante; che volesse andarsene? -Non è più così importante.- c'era rassegnazione nei suoi occhi e un vago senso di pace che non fece che accrescere il suo senso di colpa fin troppo grande.

Per un breve istante, gli mancò la Chyo a cui aveva voluto bene...
 

Volse il viso all'indietro, studiando le impronte che aveva lasciato sulla neve durante il suo peregrinare. Il tempio era parecchio distante ma le voci dei bimbi che giocavano erano ancora ben udibili.

Tornò a guardare davanti a sé, ammirando la distesa di alberi coperti di bianco in quello scenario ammantato di neve. E pensare che, quando si era ritrovato a vivere da solo, la neve aveva cominciato ad odiarla. Era fredda, gli entrava nella pelle e ogni volta ci finiva dentro sporcandosi, bagnandosi. Da quando però il Sensei lo aveva accolto in casa sua, il gelo faticava a colpirlo con tutto quel calore che lo riscaldava...

-Gin-chan! Che fai lì da solo?- vide una sagoma dimenarsi a pochi metri di distanza -Vieni qui!- e quella bimba dal viso sempre sporco di inchiostro stava ora agitando una manina, attirando la sua attenzione.

Solo pochi istanti prima si era ritrovato a crogiolarsi nella propria, per nulla fastidiosa solitudine fissando gli altri bambini che giocavano a piccoli gruppetti e ora era lì, davanti a quell'enorme albero coperto di neve su cui sedevano i due compagni di classe.

-Chi gli ha detto di venire qui?- sentì indistintamente la voce irritata di Shinsuke, ma nonostante la sua sgarbatezza non fece dietro front. Ripensandoci a posteriori, si disse che l'unico motivo che gli aveva dato la forza di non andarsene fu il sorriso gentile di Chyo, come se fuggendo avrebbe intaccato quel briciolo di bontà che lei sembrava donare con naturalezza e dolcezza. Ma a quei tempi, con la visione e la mentalità di piccolo undicenne, restò a fissarli solo per dar fastidio a Takasugi.

-Takasugi!- lo rimproverò Katsura distogliendo lo sguardo dal libro che stava leggendo -Non hai sentito cosa ha detto il Sensei? Dobbiamo essere gentili con il prossimo, soprattutto tu.- gli lanciò un'occhiata bieca, ricevendo un sonoro sbuffo in cambio.

-C'è posto per tutti, Shin-chan!- Chyo gli sorrise ancora, facendo poi la linguaccia al ragazzo dagli occhi verdi che, seccato, si limitò ad alzare le spalle tornando a guardare il cielo plumbeo di metà dicembre. Gintoki, invece, strinse a sé la propria spada per mascherare il proprio nervosismo; non era abituato a trascorrere del tempo con gli altri e l'ostilità di Shinsuke non lo aiutava ad adattarsi.

Per fortuna la voce allegra di Chyo spezzò il silenzio intorno a loro; aveva costruito un pupazzo di neve piuttosto piccolo e continuava a sorridere come una beota. A lavoro terminato li aveva chiamati a raduno, ma solo Katsura e Takasugi si erano avvicinati a lei.

-Ti assomiglia!- esclamò il ragazzo coi capelli a coda di cavallo indicando Shin che, gonfiando le guance, lo fissò infastidito.

-Questo sgorbio non mi assomiglia!-

-Non è uno sgorbio!- Chyo portò le mani strette a pugno davanti al petto -E ha ragione Katsura, ha la tua stessa faccia triste!- indicò le sopracciglia ricurve del pupazzetto create con dei legnetti. Ora che ci faceva caso, anche la bocca aveva gli angoli piegati verso il basso.

-Io non ho la faccia triste!-

-Hanno ragione. Sei sempre triste.- solo quando il silenzio fu calato, Gintoki si rese conto di essersi intromesso nella loro discussione senza né capo né coda; e ora lo osservavano come se fosse stato un alieno. Poi la risata cristallina di Chyo riempì l'aria invernale, seguita a ruota da quella più contenuta di Katsura. Solo Takasugi lo fissava con astio, ma Gin ne se preoccupò. Quel bambino lo aveva guardato con diffidenza da quando aveva messo piede nella classe, quindi...

-Ma cosa vuoi saperne, tu.- Takasugi diede loro le spalle e nonostante le continue richieste di Chyo affinché restasse, lui non si voltò.

-Dovremmo chiedergli scusa- mormorò la bimba guardando il pupazzo che aveva scatenato la guerra -La prossima volta ne farò uno sorridente, così sarà contento!- il sorriso si era allargato, mettendo in risalto le sue guance rosse e paffute.

-Sbrigatevi, o resterete indietro!- ma Shinsuke non se ne era andato, era rimasto lì, distante ad aspettarli. Zura scosse la nuca sottolineando quanto infantile fosse a prendersela per così poco e Chyo continuava a ridere divertita.

-Grazie per avermi dato ragione- la sentì dire con velato imbarazzo e lui si era ritrovato senza parole, chissà perché scombussolato da quella gentilezza inaspettata -Farò anche a te un pupazzo di neve! Però sarà con la faccia annoiata.-

-Io non ho la faccia annoiata!- cercò di ignorare la vocina che gli diceva di risponderle con garbo e si incamminò verso il dojo superandola, sentendo però il rumore della neve che scricchiolava sotto le loro ciabatte dietro di sé. Chyo gli zampettò al fianco, l'espressione divertita a dipingerle il viso -E poi, perché mai dovresti farmi un pupazzo?!-

Chyoko rallentò, fermando i propri piedini sotto la neve che lenta aveva ripreso la propria discesa. La confusione aleggiava sul suo viso, come se quello che per lei era ovvio, per lui rappresentasse un punto oscuro e poco chiaro. Ma lei era lì, pronta a dargli una spiegazione ed era la più imprevedibile che avrebbe mai potuto prendere in considerazione.

-Perché siamo amici- si ritrovò a sgranare gli occhi cremisi, vedendola sorridere dolce; il cuore si fermò nel suo petto, per poi riprendere a battere più velocemente -Non è così anche per te, Gin-chan?-

 

-Sarà meglio che vada- alzò le spalle, scacciando quel senso di disagio che lo aveva avvolto, superandola con passo scoordinato e pigro mentre si grattava la nuca -Spero di non incontrarti più.- mormorò bieco, volgendo il viso per studiare la sua reazione. Ma la Fujiwara si era già messa in cammino senza degnarlo di una risposta piccata.

La vide allontanarsi con la stessa camminata meccanica della notte dell'esibizione e la sensazione che ormai il loro rapporto era diventato qualcosa di irrecuperabile, divenne una certezza. E intanto l'ansia scemava piano...

*******

Entrò nella sala da ballo venendo sommersa dal frastuono della musica e dal chiacchiericcio degli Amanto intorno a lei, rendendola ancora più seccata. Aveva appena lasciato dietro sé l'idiota per eccellenza, che eccola ripiombava in una stanza gremita di deficienti ubriachi e urlanti. Ma forse era solo lei a vedere tutto negativo. Era sempre così quando la rabbia prendeva il sopravvento sulla sua ragione. Possibile che si incontrassero sempre nei bar?! Chyo si imbronciò, studiando la propria immagine nella parete riflettente al proprio fianco; beh, almeno quel giorno non era vestita con corpetto e tacchi alti.

Alzò il viso, cercando il tavolo che aveva abbandonato per recarsi in bagno e nel mentre un ragazzino si avvicinò a lei, sorridendo gentile. Si chiese cosa ci facesse tanta ingenuità in un posto come quello.

-Mi scusi, signorina- gli rivolse un'occhiata fugace colorata di sorpresa; una persona che usava tanta educazione era davvero una rarità coi tempi che correvano, soprattutto con una come lei -Posso farle una domanda?-

-Non intendo unirmi al vostro circolo religioso. E non intendo neppure comprare enciclopedie.- mormorò sventolando una mano, tornando alla ricerca del tavolino scomparso. Il fumo di sigaretta aveva creato una nube densa in quella piccola stanzetta, rendendo poco nitida la sua visuale.

Il ragazzo si aggiustò gli occhiali, ridacchiando nervoso prima di scuotere la nuca -Credo mi abbia confuso con qualche altra persona.-

-Non sei un venditore ambulante? Solo loro sono così garbati- accortasi della discussione futile che stava nascendo -e rendendosi conto che non aveva tempo prezioso da elargire ai poveri ragazzini sventurati- Chyoko gli mise fretta -Volevi sapere qualcosa?-

-Ha visto questa ragazza?- Shinpachi, con sguardo speranzoso, sollevò la foto e la mise davanti al nasino della ragazza, ricevendo una smorfia di confusione. Ritraeva una ragazzina dai tratti porcellosi, la pelle scura e i capelli biondi. La trovò simpatica, soffermandosi sul suo sorriso gioviale.

Scosse la nuca, intravedendo il tanto agognato tavolo -No, mi dispiace. Spero tu riesca a trovare la tua ragazza!- lo superò scompigliandogli i capelli, trascinandosi nella propria rabbia che di scemare non voleva saperne e udendo in lontananza un gracchiante “Non è la mia ragazza! Ho una dignità anche io!” che le strappò un sorriso. Ah, l'amore giovanile!
 

-Ce ne hai messo di tempo!- Chyoko si sedette al proprio posto, sbuffando in direzione dell'uomo seduto davanti a sé.

-Wang, si può sapere cosa siamo venuti a fare qui?- gli rivolse un'occhiata tediata, girovagando con lo sguardo per accertarsi che il babbeo non ci fosse -Ci vorrà molto?- si ritrovò a dire con tono seccato, tornando a concentrarsi sull'uomo.

-Il tempo necessario, Chyo-chan.- replicò con malizia, regalandole un'occhiata languida. C'era qualcosa in quel “Chyo-chan” che le mise i brividi, ma forse era solo lei ad avere i nervi a fior di pelle.

Wang era il suo capo, un Amanto di bell'aspetto -per quanto uno di quegli alieni potesse essere definito affascinante- dalla carnagione ancora più pallida di quella di Chyo, gli occhi sottili sottili di un opaco colore verdognolo e dei capelli corti con la riga di lato che gli conferiva un'aria stupida, a suo dire. Per Chyo, tutto in quell'uomo era stupido; a partire dalla giacca a scacchi bianchi e neri fino ai mocassini marrone scuro. Ma forse l'unica ad essere scema era lei, visto che lo aveva seguito nonostante la proprio ritrosia.

-Siamo qui da più di un'ora e ancora non c'è traccia del tuo cliente. E poi, chi verrebbe mai a parlare di affari un posto come questo?!- fece girare un dito intorno alla stanza, lasciando cadere poi le mani affusolate sulle gambe in un gesto di esasperazione. Era stanca, aveva sonno e come se non bastasse, a pochi metri da lei, Sakata Gintoki respirava la sua stessa aria.

-Mi sembri piuttosto nervosa. Qualcosa non va?- glissò dall'argomento “cliente” per dedicarsi a lei che, di parlare, non aveva voglia. E non aveva voglia nemmeno di sorseggiare birra e sake in una discoteca affollata e piena di balordi, in compagnia di due vecchiardi che avrebbero parlato di affari a lei oscuri per almeno due ore!

-Sono solo stanca. Vorrei riposarmi un po'.- mugugnò a bassa voce, impegnandosi a nascondere le proprie, scomode emozioni che rischiavano di renderla più vulnerabile di quanto non fosse. Perché se c'era una cosa che in quei cinque anni non era affatto cambiata, era il sentirsi terribilmente messa a nudo quando si ritrovava ad affrontare Gintoki. Come se controllarsi fosse impossibile e lasciarsi sopraffare dalle proprie turbe un punto a suo sfavore. Aveva voluto dimostrargli che, in quegli anni, anche senza di lui se l'era cavata benissimo, ma si era ritrovata a navigare in un mucchio di parole acide e maligne, cominciando a dubitare delle proprie certezze.

-A proposito, l'altro giorno, al Wango, mi hanno riferito del tuo momento di défaillance- la voce curiosa del suo capo la costrinse a prestargli attenzione -Dicono che hai avuto a che fare con un cliente... Scomodo, oserei definirlo- Chyo deglutì, sentendo le mani prudere e le gote imporporarsi; ringraziò che le luci fossero troppo soffuse per renderla ben visibile agli occhi scaltri dell'alieno -Qualcuno a te molto vicino, dal modo in cui lo guardavi. E non è un cliente abituale. Chyoko, manco un mese e tu mi combini questi scherzi?- lo vide alzare un angolo della bocca in quella sorta di sorriso subdolo e che lasciava presagire una ramanzina coi contro fiocchi. Perché Wang era un uomo indulgente, ma quando si trattava delle sue regole non transigeva. Ed era quella sua aura di sempre nascosta malvagità che la faceva rigare dritto.

-Era solo un cliente come gli altri.- si ritrovò a mormorare dopo aver preso coraggio, guardandolo con quanta più sincerità possedesse. Era appena uscita da una chiacchierata poco piacevole con Sakata. Non voleva ritrovarsi invischiata in parole che non poteva gestire. E poi, perché se ne saltava fuori con quei discorsi così, di punto in bianco?

L'uomo posò il bicchierino di sake sul tavolo, poi assottigliò gli occhi -Se scopro che hai una storia al di fuori del lavoro, Chyo--

-No! Lui non...- serrò le labbra color ciliegia, abbassando il viso per nascondere l'espressione addolorata che le si era dipinta sul viso -Non è nessuno di importante.- ed era così, lo era davvero! Allora perché pronunciare una frase del genere le sembrava un errore madornale, un ferire indirettamente i sentimenti di quel cretino? Un ingannarsi futile e immaturo...

Wang sbatté le palpebre un paio di volte, sistemandosi meglio sulla poltrona blu scuro -Meglio così, meglio così. Sai bene che è vietato avere a che fare con i clienti, oltre l'orario lavorativo.- il viso si rilassò, un sorriso pacato le venne rivolto e lei sentì il disagio crescere nel suo minuscolo spazio vitale.

-Senti, io vado a fare un giro, d'accordo? Qui non si respira.- si alzò senza attendere il permesso o una richiesta affinché restasse lì. Due discussioni futili nell'arco di quindici minuti... Il suo fisico non poteva reggere tutti quei problemi! Con passo veloce si diresse verso i bagni, sentendosi meglio ad ogni centimetro che la portava lontana dal frastuono e dallo sguardo inquisitorio di Wang.

-Bastardi! Si può sapere che diavolo sta succedendo?- fermò il proprio andare, Chyoko, ritrovandosi davanti al viso una scena da campanellino d'allarme quando avvertì quello strepitio irritato: un gruppo di Amanto poco raccomandabili che sembravano in procinto di suonarle di santa ragione a... A Sakata Gintoki. Ma perché quell'idiota si cacciava nei guai con così tanta sconsideratezza?

Chyo si nascose dietro al muro per non essere vista; non avrebbe potuto fare granché visto che la lotta e lei si erano presi una pausa di riflessione; e se anche avesse voluto fare da esca, lanciando loro addosso i sandali, avrebbe rischiato di colpire qualche povero innocente, visto che la sua mira era migrata verso altri lidi.

-Bel colpo, capo!- si appiattì contro il muro freddo, trattenendo il respiro pur di non essere avvertita dal gruppetto che passava di là. Quello che doveva essere il boss, con aria irritata scostò i lunghi capelli lisci oltre le spalle e cominciò a strofinare il braccio con sempre più forza borbottando di tanto in tanto qualche stridulo “Sporcizia! Quanta sporcizia!”.

-Siamo sicuri che sia morto?- mormorò un pancione gettando un'occhiata verso i bagni.

-Sì, ho controllato io! È finito nella discarica qua sotto. Dopo un volo del genere, solo un mutante si rialzerebbe!-.

Chyoko sospirò, uscì dal proprio nascondiglio e si guardò attorno accertandosi di avere via libera -Quell'idiota.- mormorò zampettando verso l'entrata, dimentica del capo che l'attendeva seduto al tavolo. In quel momento, le interessava solo scoprire se Gintoki si fosse fatto male. E sperava se ne fosse fatto tanto.

 

Ed eccolo lì, infatti, che giaceva in mezzo all'immondizia schiacciato da quel rotolino che era la fidanzata dell'occhialuto. Perché era avvinghiata a Gintoki? Adesso andava anche a rubare le fidanzate altrui? Certo che doveva essere proprio disperato...

-Come due veri innamorati- un sorriso malvagio le solcò il viso, imbruttendo i suoi tratti solitamente dolci -Che cosa patetica.- perse il sorriso, perse ogni istinto di vendetta e perse anche la pazienza nel vederli così stretti. Si rimboccò le maniche del kimono e sospirò mentre guardava il cielo prima di tirarli entrambi per un braccio, sperando di non cadere fra i rifiuti. Cosa che ovviamente avvenne, maldestra com'era.

-No! Il mio kimono buono!- si lagnò mettendosi a braccia conserte, trattenendosi dall'ammazzarlo approfittando del suo essere tramortito. Resoconto della giornata: incontro casuale e orrendo con il maledico Gintoki, rimprovero da parte del capo per una sua presunta -e assolutamente falsa!- storia d'amore sempre con il suddetto malefico Gintoki, e infine un kimono costoso sporco e sgualcito. E puzzolente...

-Fujiwara-san, cosa ci fa qui?-

-Butto la spazzatura!- cinguettò con ironia, scostando i lunghi capelli che le erano solo d'intralcio in quella delicata operazione. Volse il capo per incontrare il suo interlocutore: un membro del gruppo Joui di cui però non ricordava il nome. Yoshi? Goku? Ma che cos'era, quella? La giornata degli incontri accidentali e che avvenivano nel giro di pochi paragrafi?!

-Ma cos'è successo?- l'uomo la affiancò, squadrando i due cadaveri che respiravano e lei, completamente sporca di immondizia. La ragazza si pulì il viso.

-Una rissa tra idioti.- mormorò acida, alzandosi in piedi senza perdere la smorfia di disgusto che le si era dipinta sul volto. Odorava di avanzi e... Bah! Non voleva nemmeno saperlo!

-Capisco... Ma perché è sporca?- la indicò arcuando le sopracciglia. Chyo aprì la bocca pronta a rispondergli, ma prima che potesse dire alcunché, ecco che l'uomo indicò entusiasta i due privi di sensi -Aspetti! Quello è Sakata Gintoki?!- cominciò a trascinarlo fuori dalla discarica, sorridendo compiaciuto, senza nemmeno curarsi di ricevere una conferma. Quella giornata stava diventando senza senso ogni secondo che passava...

-Beh? Cos'è questa allegria immotivata?- irritata lo fissò, non capacitandosi di come la gente potesse trovare fantastico imbattersi in quel cretino.

-Oh, nulla, solo lo stavamo cercando! Adesso lo portiamo via!- Chyoko arcuò un sopracciglio e senza dire nulla aiutò l'uomo, sollevando la ragazza.

-E dove li portiamo?- soprattutto, perché ha usato il plurale?!

-Dal capo!-

-Certo, lo portiamo dal capo...- si bloccò in mezzo al marciapiede, le labbra serrate quando realizzò la triste verità; la testa le cadde pesantemente avanti -Fantastico, una bella rimpatriata tra dementi!-


 

Note noiose dell'autrice!

E via! Avanti con il carosello dei capitoli pieni di nulla! Inizialmente questo doveva essere il quarto, ma poi ho pensato: e nel tre? Che combinano questi mentecatti nel terzo?! Sono giunta alla conclusione che allungare il brodo sia deleterio e che Gin e Chyo potevano avere la loro dolce rimpatriata -seppure breve- anticipando tutto.

Ponderavo su questa storia. Credo che abbia delle pecche, parecchie direi... Due credo siano soprattutto la sua lentezza e la lunghezza -sì, in una notte insonne la mia mente ha cominciato a vagare...-. Purtroppo quando hanno munito noi essere umani del dono della sintesi, io probabilmente ero a letto a dormire e questi sono i risultati. Milioni di parole che si mescolano fra loro per dar luce a pensieri contorti e che, a volte, credo si dilunghino fin troppo.

E lenta, beh, far avere ai personaggi un confronto all'alba del capitolo 3 direi che è classificabile fra le cose lente xD Il fatto è che adoro analizzare -se mai a qualcuno interessi saperlo. O se mai qualcuno leggerà queste note- scavare nei più minimi pensieri dei personaggi, e alla fine mi ritrovo ad aver concluso un capitolo fatto solo di sensazioni e ricordi ma dove i rapporti non maturano, restano statici.

Un'altra pecca davvero ben visibile è la mancanza di quella demenza che caratterizza il manga, che ne è pregno. Purtroppo questo è un mio limite; sono più brava nel cercare con il lanternino i pensieri dei personaggi, piuttosto che dotarli di senso dell'umorismo.

Inoltre, per cercare di far ambientare Chyo, ho dovuto sfruttare i primi capitoli del manga/anime, come avrete potuto notare, e questo potrebbe denotare una mancanza di fantasia stratosferica! Ed è effettivamente così xD Ma andando avanti la storia si poserà su basi partorite dalla mia mente malata e che si discosteranno dagli eventi già raccontati :D

Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate voi, che magari avete leggiucchiato qualcosina. Non mi stancherò mai di ripeterlo, ogni tipo di critica se motivata è sempre la ben accetta! Altrimenti comincio a credere che questa storia faccia proprio schifo! XD Credo si chiamino insicurezze dello scrittore... Sarà così?! XD Comunque, dico sul serio, sapere cosa pensate mi renderebbe davvero felice!

Concludo ringraziando Elizabeth_smile per aver commentato il secondo capitolo :) Sei sempre gentilissima cara e non vedo l'ora di leggere cosa pensi di questo capitolo -a mio dire esattamente poco brillante come i precedenti e troppo frettoloso-.

Alla prossima!

Geisha.


 



 

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Capitolo 4
*** Growing up fast ***


 

Dopo un mese di assenza, torno con un nuovo capitolo pieno di mirabolanti colpi di scena! Non è vero, ma fa figo dirlo :D Come sempre, le note sono a fine capitolo.

Disclaimer: I personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Hideaki Sorachi; questa storia non è scritta a scopo di lucro.


 

Growing up fast


 

Chyoko teneva lo sguardo fisso sulla tazza di the fumante gentilmente preparata da Katsura. A pochi metri da lei, la causa del suo malumore giaceva incosciente in un futon, sempre gentilmente offerto da Katsura. Anche Chyoko aveva gentilmente proposto di gettare Gintoki in un cassonetto perché nuocente gravemente alla salute e all'aria pulita di Edo, ma Zura aveva rifiutato con un “No” secco e una porta che sbatteva, costringendola a sedersi silenziosa. Ecco un'altra cosa che la mandava in bestia: Zura era cortese con tutti, tranne che con lei!

-Mi spieghi cosa ci facevi in quel posto?- la voce cavernosa del capo dei Joui la risvegliò dal suo torpore incazzoso. Da quanto è seduto lì?! Con un leggero sussulto, si ritrovò a fissarlo con sguardo intimorito. Già sapeva che sarebbe scaturita, da quella banale domanda, una serie di altri innumerevoli quesiti che l'avrebbero mandata fuori di testa.

-Ero andata per... Cuccare?-

-Cuccare non si dice più da secoli.- incrociò le braccia al petto. Brutto, bruttissimo segno!

-Ero andata a ballare!- agitò l'indice per avvalorare la propria affermazione, ma lui arcuò entrambe le sopracciglia e questo significava solo una cosa: brutto, bruttissimo segno!

-Non ti basta ballare al Wango?- la ragazza recuperò fra le mani affusolate la tazza in terracotta, cercando una scusa plausibile che le permettesse di volare verso la propria casa. Purtroppo, le parole avevano fatto dietro front rifugiandosi in cassetti chiusi a chiave della sua mente, così fu costretta a sospirare e a confessare la verità. Che spirito battagliero, Chyoko Fujiwara!

-Ho accompagnato il mio capo. E prima che tu dica qualcosa: no, non so di che affare si tratti questa volta!- la sua espressione contratta dall'ansia si dissolse, dando vita ad una smorfia di disgusto -E perché questo the non è zuccherato? Lo sai che amaro non mi piace!- la sua voce si era fatta stridula e i suoi gesti più nervosi. Si sentiva sotto torchio e la certezza che sarebbero finiti col parlare di Gintoki non fece altro che accrescere il suo stato d'animo così altalenante.

-Non parleremo dello zucchero, non oggi- Zura sospirò pesantemente, probabilmente stava cercando di trattenersi dal ribadirle che le cose dolci avrebbero corroso la sua anima. Ma dallo sguardo carico di preoccupazione che le regalò, comprese che la loro chiacchierata non si sarebbe chiusa con una sua sfuriata isterica -Sicura di non sapere cosa ci facesse lì il tuo capo?-

-No, certo che no. Lui mi chiede solo di accompagnarlo per intrattenere i suoi clienti, non per rendermi partecipe delle sua beghe!- fissò con astio la tazzina contente per lei veleno, concentrandosi poi sull'espressione mortalmente seria dell'amico -Perché, è successo qualcosa?- con tutta calma, Katsura tirò fuori dalla tasca dello yukata una bustina trasparente contenente della polverina bianca e la mostrò alla ragazza, agitandola appena -Oh, il mio zucchero!- trillò felice, sporgendosi sul basso tavolino per poterlo prendere. Purtroppo, i suoi sogni dolciosi svanirono con la mano del ragazzo che si ritraeva.

-Non è zucchero, razza di scema!- Chyoko storse il naso per l'appellativo poco grazioso nei propri confronti -Si tratta di droga. Viene fatta con una speciale pianta che non cresce sul nostro pianeta e noi Joui abbiamo scoperto che viene spacciata in quel locale. Sicura che il tuo capo non sia invischiato in questa faccenda? Del resto, un Amanto che gestisce un Night Club...-

Chyoko rimase in silenzio, un po' depressa nello scoprire che quella invitante polverina non fosse zucchero, un po' accigliata al pensiero che il proprio datore di lavoro potesse essere davvero coinvolto in questi sporchi traffici. Era vero, Wang non era uno stinco di Santo considerando che l'economia dell'Atomic Wango non si basava solo su streap-tease e prostitute, ma da lì al partecipare attivamente al mercato della droga ce ne passava di acqua sotto ai ponti! -E come potrei saperlo? Wang non mi ha mai detto per cosa ci saremmo dovuti recare lì. Mi è venuto a prendere a casa e siamo andati in quel locale, nient'altro. E anche volendo, non so che faccia abbia questo fantomatico cliente, visto che ho dovuto aiutare quel balordo laggiù!- allungò un braccio, indicando con stizza il samurai dormiente.

Katsura seguì la linea del suo dito, poi inclinò il capo -Già, che cavolo ci faceva Gintoki in un posto come quello?-

-Credimi, sono più sorpresa io di te!- poi, come un fulmine a ciel sereno, un'idea balenò nella sua mente -Ma, aspetta... Vuoi dirmi che...- si coprì il volto stanco con entrambe le mani -Gli avevo detto più e più volte che la droga non è una soluzione!-

-Dubito sia andato lì per comprarsi una dose. Non ha neppure i soldi per pagare un tozzo di pane!- Katsura annuì convinto, facendola sospirare di sollievo. Ci mancava solo che quel mentecatto si cacciasse in ulteriori guai. Però, pensandoci bene, se quegli alieni dall'aspetto poco raccomandabile avevano cercato di spedirlo all'altro Mondo, significava che qualche cavolata l'aveva combinata -Piuttosto, come hai fatto a trovarlo?-

Chyoko appoggiò le mani dietro la schiena, sul pavimento, stiracchiando un po' la schiena -Stavo andando in bagno e ho visto degli Amanto che lo circondavano.-

-E non hai fatto nulla per aiutarlo?!- a quel tono di voce incredulo, la ballerina inarcò un sopracciglio -Anche se, non so quanto saresti potuta essergli d'aiuto.- Chyoko grugnì seccata per la scarsa fiducia che il ragazzo riponeva nei suoi metodi di combattimento.

-Sembri quel bifolco di Takasugi, lo sai?- commentò seria seria, sentendolo sospirare pesantemente. Probabilmente si stava trattenendo dall'insultarla o dal cacciarla da casa a calci -E comunque, avrei solo peggiorato le cose. Avrei rischiato di farmi prendere, mandando in fumo l'unico aiuto che avrebbe potuto avere a disposizione.- incrociò le gambe, appoggiando i gomiti sulle ginocchia. Volse appena il capo in direzione di Gintoki, intimorita al pensiero che da un momento all'altro avrebbe potuto svegliarsi. E allora cosa avrebbe fatto? Sarebbe rimasta in silenzio e avrebbe lasciato la parola a Katsura? Avrebbe evitato di incrociare il suo sguardo pigro o lo avrebbe sostenuto, dimostrandogli quanto poco della fragile e piccola Chyo era rimasto in lei? O lo avrebbe picchiato per scacciare almeno un briciolo del malumore che l'aveva assalita da quel pomeriggio?

-Se continui a guardarlo così rischierai di incenerirlo, lo sai?- posò lo sguardo pensieroso sul viso sorridente di Katsura, pacato nelle sue riflessioni che, per quanto le riguardava, avrebbe potuto tenere per sé. E quando meno se lo aspettò, ecco che la domanda che tanto temeva riempì la stanza silenziosa -Siete riusciti a parlare?-

Coraggio Chyo, non è una domanda difficile!, ma le parole le morirono in gola, legandosi in un nodo che non avrebbe sciolto facilmente e nemmeno ci avrebbe provato. Non voleva ricordare la breve ma faticosa discussione avuta con il samurai, così come non voleva dare modo a Zura di psicanalizzarla. Un mugolio sommesso e incomprensibile venne soffiato dalle sue labbra color ciliegia, costringendo il ragazzo a sporgersi per sentire meglio.

-Lo prendo per un no.- bofonchiò pochi secondi dopo, appoggiando la schiena alla parete color panna. Chyoko intrecciò le dita delle mani, studiando le unghie corte laccate di rosso.

-Qualcosina ce la siamo detti- mormorò dopo una lunga pausa, vedendo Zura drizzare le orecchie -Ma non credo che sia molto contento di riavermi tra i piedi. Non che faccia piacere anche a me, incontrarlo così spesso.- la sua espressione ansiosa mutò divenendo più rilassata, ma sempre velata da quella ambigua sensazione di incertezza che la faceva sembrare una bugiarda patentata. E Katsura, dall'alto della propria saggezza, portò in superficie quella verità che, forse, ancora Chyo non aveva preso in considerazione o che aveva soffocato nelle zone più intoccabili del proprio animo.

-Chyo, se ti piace ancora dovresti parlarne con lui.-

Chyoko deglutì, allargò gli occhi color del fiume e portò una mano sul cuore, pregando che i battiti rallentassero almeno un poco. Zura invece, dopo aver sganciato quella bomba senza preavviso alcuno, si mise a raccogliere le tazze sul tavolo riponendole sul vassoio. La ragazza morse il labbro inferire e si chiese perché le parole dell'amico avessero così tanto effetto su di lei. E soprattutto, si chiese come mai il samurai si comportasse come se quella fosse una cosa palese e naturale.

-Non è questo che conta!- gracchiò mettendosi a braccia conserte, come se potesse proteggersi da tutte le ondate di parole che di lì a poco le avrebbe propinato. Zura si appiattì contro la parete, investito dalla rabbia dell'amica.

-E allora cosa conta? - la ballerina studiò la sua espressione seria seria e si chiuse nel proprio silenzio, un'arma che Gintoki era stato solito utilizzare in passato e lei, da brava primadonna qual'era, l'aveva odiata a morte. Ironico come ora fosse lei a sfruttarla senza troppi problemi. Katsura sbuffò, mugugnò qualcosa che alle sue orecchie suonò indecifrabile, ma non sembrò arrabbiato perché le rivolse un sorriso gentile -D'accordo, ne parleremo quando avrai voglia. Sappi che le cose si sistemeranno dopotutto, il passato è passato. Può non sembrare ma Gintoki non è più l'idiota di un tempo e nemmeno tu sei la Chyo di cinque anni fa.- le sorrise incoraggiante, come se fosse semplice seppellire tutto quello che c'era stato.

Immancabilmente, il passato ripiombò nella sua mente come un'ombra malefica, facendole perdere ogni contatto con la realtà. A volte Chyoko rimpiangeva i tempi andati, quando tutto le sembrava più facile, l'unica preoccupazione era prendere bei voti a scuola... E guardare Gintoki non le faceva mancare il fiato...

Chyo scribacchiava assorta sul proprio quaderno di sottile carta di bambù, cercando di ritrarre l'immagine davanti ai propri occhi: Takasugi che, imperlato di sudore, si allenava senza sosta nella palestra del dojo. Da ormai parecchi mesi i quattro compagni di merende si recavano di nascosto all'interno dell'enorme salone per potersi allenare; o meglio, Takasugi si destreggiava fra le varie tecniche di combattimento, Katsura lo aiutava con gli allenamenti, Gintoki dormiva e Chyoko occupava il tempo come meglio poteva. A prendere in mano una katana neppure ci pensava; imbranata com'era avrebbe rischiato di ferire qualcuno e poi, le umilianti lezioni pomeridiane le sembravano sufficienti.

-Chyoko, comincia a riordinare. Tra poco dobbiamo andare.- Shinsuke si passò un asciugamano fra i capelli scuri dalle sfumature violacee e lei si perse in quel gesto assolutamente banale. Cielo, stava peggiorando! Nemmeno la sua testolina bacata poteva concepire come tanta beltà fosse stata donata ad un solo ragazzo sulla faccia della Terra. Insomma, era perfetto! Bello come un Dio e con un sorriso capace di resuscitare anche i morti.

-Stai sbavando.- la voce sonnolenta di Gintoki interruppe il corso dei suoi pensieri incentrati su Shinsuke, ora intento a riporre la katana nell'apposito mobile.

-Non è vero! Ho solo molta salivazione, tutto qua!- berciò in sua direzione, pulendosi l'angolo destro della bocca. Accidenti, doveva darsi un contegno! Chyo schioccò la lingua, sorridendo a trentadue denti mentre avvicinava il quaderno al naso dell'amico -Piuttosto, guarda qui!- la scena era sempre la stessa: lei disegnava, mostrava a Sakata le sue meraviglie e lui la derideva, schernendo le sue doti da pittrice. Ma che voleva saperne, lui? A malapena sapeva disegnare una casa vicino ad un rigagnolo e i dipinti appesi alle pareti del dojo ne erano la prova lampante!

A discapito però di tutte le sue convinzioni, Gintoki doveva essere in vena di gentilezze quella sera, perché sbattendo un paio di volte le palpebre disse -Ehi, sei migliorata!- Chyoko serrò le labbra, trattenendosi dallo starnazzare. Finalmente la sua creatività veniva compresa!

-Tu dici?!- squittì gioiosa, pronta a mostrare il capolavoro anche al suo modello.

Ma quello che sul viso di Gintoki si era dipinto come un sorriso, si trasformò in un ghigno colmo di scherno -Ma sì, non vedi qui?- indicò le gambe del ragazzo -Sei riuscita a fargliele a forma di X proprio come nella realtà! E sei riuscita anche a catturare la sua essenza stupida!-

-Gintoki!- tuonò assottigliando gli occhi grigi, vedendolo allontanarsi con aria svagata verso l'angolo più remoto della palestra. Era un mistero il perché Sakata si unisse ai loro allenamenti serali e segreti -anche perché passava le ore a poltrire- ma lui non rifiutava mai un invito e a dispetto di ciò che diceva Takasugi, non aveva mai fatto la spia con il Sensei.

-Smettetela di fare rumore. Ricordatevi che è vietato urlare- Zura li ammonì non solo con tono duro, ma anche regalando loro uno sguardo colmo di rimprovero -Rischiate di farci scoprire.-

-Certo, nessuno noterà le luci accese.- ironizzò Gintoki, facendole scappare un risolino; risolino che terminò con un suono strozzato a causa dell'occhiata omicida che Katsura aveva appena rivolto loro. Promemoria: mai far arrabbiare uno Zura che impugnava una katana ben affilata!

-Al posto di stare lì a dormire, potresti anche dare una mano a pulire!- Shinsuke gli tirò addosso uno straccio colpendolo dritto sul viso.

-Ma quanto sei cretino, Takasugi?-

-Molto meno di te, Gintoki.-

-Eccoli che ricominciano.- Zura sbuffò sonoramente, cominciando a lucidare la palestra senza aspettare il loro aiuto. Chyoko recuperò una scopa e cominciò a spolverare, lasciando che la propria risata cristallina rimbombasse nella palestra piena degli insulti di quei due mentecatti. In quei quattro anni nulla era mutato e questo le metteva buon'umore; Gintoki era rimasto il solito pigrone svogliato che non pensava prima di parlare, Takasugi era ancora il suo principe azzurro -anche se il diretto interessato ignorava di essere elevato a tale categoria- e Katsura faceva da paciere, mantenendo calmi gli animi facilmente infiammabili degli amici. E lei non voleva saperne di sorpassare la linea che divideva l'infanzia dal mondo degli adulti. Si stava così bene, al centro...

Fu all'ennesimo rimprovero di Zura e al centesimo insulto di Takasugi che la porta del dojo si aprì, pietrificandoli sul posto. Potevano dire addio alle loro scorribande notturne: il Sensei li aveva scoperti e adesso sarebbero stati cacciati dal dojo. E chi l'avrebbe sentita, ora, sua madre? Chyoko volse il viso contratto in una smorfia di colpevolezza e timore verso la porta, ritrovandosi però a fissare quello che, decisamente, non era il Maestro.

Era un ragazzo alto e corpulento, dai capelli corti e chiari e con l'aria minacciosa di chi non vedeva l'ora di alzare le mani. Decisamente lontano dall'immagine angelica che il Sensei emanava con un solo sorriso. Dietro l'omaccione dal ghigno facile, comparvero altri tre ragazzi poco amichevoli.

-E voi? Si può sapere chi siete?- fu Takasugi a pronunciare ad alta voce il quesito che attraversò le loro menti, mostrandosi fermo e deciso mentre lasciava andare il bavero dello yukata verde di Gintoki.

-Ma come? Ti sei già dimenticato di noi?- un ragazzino mingherlino si sporse, sorridendogli malevolo. Gli scagnozzi, da bravi cani fedeli, ridacchiarono.

-Ci siamo già conosci--

-Hai la memoria più labile di quella di Gintoki!- bofonchiò Zura tirandolo per la manica; Sakata, nel proprio angolino, ringraziò con un sentito “Crepate, tutti e due” -Quello è Shinichi, del Dojo di Hombu!- scandì tutte le parole con voce al limite dell'udibile, come se fosse una celebrità quel bozzolo col sorriso da ebete.

-E io sono Chyoko del Dojo di Choshu, ma mica vado a vantarmi in giro.- sbuffò acida la ragazza, lasciandoli spiazzati per un attimo. Solo la risata leggera di Gintoki si levò nell'aria, ma Katsura preferì trasalire sulla stupidità patentata della compagna.

-Possibile che tu non ricordi?!- Zura strattonò il kimono grigio del ragazzo che, con sguardo scettico, scrutò i quattro ragazzoni impalati sulla porta, in attesa che qualcuno si facesse avanti -Rimembri la rissa di tre settimane fa? Quel ragazzo che hai buttato nel fiume, dopo esservi picchiati...- scorse la sua espressione vaga; un cavo elettrico avrebbe avuto più espressività e intelligenza di Takasugi -Ma perché perdo tempo inutilmente?- la testa di Zura cadde pesantemente in avanti e lasciò andare la presa..

-Idiota, Shinichi è il ragazzo che hai picchiato.- biascicò Gintoki dandogli una manata in testa.

Shinsuke gli lanciò uno sguardo di fuoco -Vuoi la guerra, deficiente?- portò le mani sui fianchi, osservando il ghigno di Gin che si allargava.

-Per me va bene. Scusami Fujiwara, renderò il tuo Takasugi un po' più brutto.-

-Il mi, mio... Cosa?!- con il colorito bordeaux per l'imbarazzo e le braccia conserte, Chyoko si ritrovò a balbettare quella domanda davanti al sogghigno di Sakata, le gote imporporate di Shin e lo sbuffo pesante di uno Zura stranamente silenzioso.

-Smettetela di ignorarci!- berciò un ragazzino allampanato dall'altra parte della sala, spingendo di lato due compari -O avete forse dimenticato con chi dovete vedervela davvero?-

-Saldiamo i conti una volta per tutte. Che ne dici, Takasugi?- Shinichi fece qualche passo avanti, facendosi forza delle risate degli scagnozzi e delle titubanze del gruppetto di amici, incerti sul da farsi.

- Sono ancora qui?- mugugnò Katsura legando i capelli nella solita coda di cavallo -Takasugi, non facciamo cazzate. Torniamo a casa senza spargere sangue, ti prego!- e voltatosi, si rese conto della triste realtà: Shinsuke si era già avviato verso i ragazzi che avevano sbarrato la porta per evitare intrusioni fastidiose -Takasugi!- sbatté le braccia lungo i fianchi.

-Se avete paura tornatevene a casa- li guardò oltre la spalla, squadrandoli con superiorità -Non ho bisogno del vostro aiuto per batterli.-

-Non vorrai davvero affrontarli!- l'amico si mise a braccia conserte, guardandolo arcigno.

-Hai un'idea migliore?- scrocchiò le dita -Non ci faranno uscire da qui e prima che la situazione peggiori, sarà meglio far capire loro chi è comanda qui.-

Gintoki inclinò il capo -E saresti tu?-

-Vuoi forse prendere te il comando?-

-Smettetela di fare i bambini!- Chyoko si intromise, cercando di calmare le acque. Quando erano più piccoli le sue parole avevano sempre sortito l'effetto sperato, ovvero far sì che i due idioti non passassero alle mani, ma ora erano due adolescenti cui il sangue dava subito alla testa, facendo perdere loro ogni controllo e l'espressione di fastidio che Shinsuke le rivolse la mise sull'attenti.

-Non immischiarti, Chyoko. Rischierai di farti male e non abbiamo tempo per occuparci di te.-

-Tu non hai mai tempo per nulla.- prese la parola Zura, affiancandolo. Evitò di guardare i tre amici, probabilmente conscio di star commettendo un errore, ma di certo non poteva lasciarlo da solo in una situazione come quella.

-Zura, ti ci metti anche tu?- lo vide superarla con uno sbuffo pesante, seguito a ruota da Takasugi. In quel momento, non seppe cosa le prese, ma una molla scattò nelle viscere della sua anima, spingendola a fermare l'amato -Shin-chan, rischierai di farti male. E se il Sensei ti scopre passerai dei grossi guai! Non andare!- strinse la presa sulla manica dello yukata, costringendolo a fermarsi.

-Shin-chan, cosa aspetti?!- delle risate sguaiate si levarono dall'entrata della sala ma Chyo le ignorò, troppo presa a far cambiare idea al ragazzo.

L'amico non l'ascoltò e nemmeno la degnò di uno sguardo. Semplicemente si divincolò, continuò il proprio andare lasciandola indietro, mormorando un flebile e tagliente -Non chiamarmi Shin-chan. Mi dai sui nervi.- che la fece impietrire sul posto.

-Gintoki...- borbottò Katsura facendo segno con la testa al compagno di portare indietro Chyoko, evitando che rimanesse coinvolta nella mischia. Con tutta la delicatezza che aveva in corpo, il ragazzo eseguì l'ordine tirandola per il colletto e trascinandola verso il muro della palestra, la fece sedere sul parquet di ciliegio.

-Come fa a piacerti quel babbeo?-

-Direi che non è il momento adatto.- replicò tetra, mordendosi il labbro inferiore. Nei minuti seguenti Chyo si concentrò affinché le lacrime rimassero lì, dentro i suoi occhi pizzicanti e in procinto di lasciar cadere un fiume sulle gote pallide. Perché doveva sempre trattarla così male? Ogni volta era la stessa storia: lei era l'unica a preoccuparsi, ma agli occhi degli altri sembrava invisibile. E se Sakata e Katsura avevano la decenza di prenderla in considerazione quando erano di Luna buona, per Takasugi lei sembrava rappresentare il fardello della compagnia, la ragazzina gracile e debole che andava lasciata indietro se volevano sopravvivere. Prima che il ragazzo potesse vederla in quello stato pietoso, Chyo appoggiò la fronte sulle ginocchia, nascondendo il volto.

-Stai piangendo?- la domanda di Gin le sembrò colorita di confusione -Ehi, se vuoi piangere fallo almeno quando sei da sola.- mormorò grattandosi la punta del naso, guardandola di striscio.

Chyo strinse le braccia intorno alle gambe, scuotendo la nuca -Non sto piangendo. Mi è venuto il raffreddore!-

-Sì, e il germe si chiama Takasugi.- biascicò in risposta, piccato da qualche strano motivo a lei ignoto. Perché Gintoki era sempre ermetico e più gli anni passavano, più lei faticava a comprendere cosa vorticasse in quella sua testolina coperta di ricci capelli argentei. Come in quel preciso istante: Takasugi e Zura stavano affrontando quel branco di idioti giunti lì per saldare i conti e Gintoki, piuttosto che buttarsi nella mischia, rimaneva seduto al suo fianco cercando di tirarle su il morale nella sua stramba maniera contorta e poco carina. Chyoko si irrigidì quando sentì la mano del compagno posarsi sulla propria testa corvina in quel gesto assolutamente banale.

Alzò appena il viso, lasciando intravedere i propri occhi color del fiume rossi e grandi velati di incredulità che si infransero sulla figura seria di Sakata, concentrato ad osservare i movimenti degli amici. Sembrava aver perso parte della sua, proverbiale pigrizia ma forse era solamente lei a vedere tutto amplificato, data l'infelicità

-Ci penso io Chyo-chan, stai tranquilla.- le rivolse un sorriso appena accennato, capace di infonderle un briciolo di coraggio. Chyoko non comprese affondo il significato di quella frase e nemmeno si chiese se fosse rivolta a lei o a Takasugi, semplicemente non ci badò. Perché erano solo parole cariche di decisione in mezzo alle sue paure, era una frase banale e scontata che chiunque le avrebbe rivolto in quelle circostanze. E perché Gintoki non le era mai parso così maturo come in quell'istante, lasciandola spaesata.

Così, fra una scazzottata e una gomitata, fra mugugni di dolore e risate sguaiate, le certezze di Chyoko vacillarono pericolosamente. L'unica cosa di cui era certa, però, fu la piena consapevolezza di essersi dimenticata per un breve istante dell'amore che provava per Shinsuke quando aveva incontrato gli occhi cremisi di Gintoki...

Lo guardava con una mano a reggerle la guancia, la bocca arricciata per accentuare il proprio broncio. La chiacchierata con Katsura era stata meno lenitiva di quanto avrebbe mai potuto pensare e scavare nei propri ricordi era stata una mossa così azzardata, ma così azzardata che per un istante ebbe l'impulso improvviso di dare a Sakata quello schiaffo liberatorio che, cinque anni prima, non era stata capace di dargli.

-Spero si risveglino presto.- borbottò Katsura scrutando la porcellina stesa nel futon vicino alla porta e il samurai dai capelli argentei che, ora, si era voltato su di un fianco.

-Ti prego, non dirgli che l'ho aiutato io. Non voglio che inizi a pensare di avere un debito da saldare.- giocherellò con la tazzina ormai fredda, sbuffando alla vista dell'occhiata torva che il compagno le aveva appena lanciato. Del resto, Chyo sperava che quello fosse il loro ultimo incontro.

-Come preferisci- replicò accontentandola, alzandosi in piedi con un gesto fluido -Vado a controllare come procedono i preparativi per la missione. Chiamami se succede qualcosa.-

-E che dovrebbe succedere?- sarcastica, lanciò un'occhiata ai due infermi che di svegliarsi proprio non volevano saperne.

Katsura alzò le spalle -Magari Gitoki decide di tornare nel Mondo dei vivi e chissà, potrebbe aver voglia di chiacchierare con te e siccome so che finirà tutto con qualche scazzottata, farai meglio ad avvertirmi prima che ciò avvenga. Il tatami è stato pulito questa mattina- la guardò serio serio dirigendosi verso la porta, costringendola a grugnire per disapprovazione. Come se quel babbeo di Sakata si sarebbe mai messo a discutere con lei di qualcosa! Non sarebbero riusciti ad avere una conversazione civile neppure se si fossero messi a parlare di bigodini e Jump -Sarò indietro fra cinque minuti.- la rassicurò pacato, infondendole un po' di speranza. La porta che si chiuse piano accompagnò i suoi pensieri sparpagliati come foglie cadute dai rami, rendendo ancora più complicato il filo conduttore delle sue emozioni. Era un accavallarsi di sensazioni e ricordi che, tornati prepotenti dopo tanto tempo, rendevano più difficile la convivenza con la sua angoscia. E affrontare Gintoki senza preparazione, non le sarebbe stato di alcun aiuto.

Un mugolio di dolore la fece alzare di scatto; Gintoki si era svegliato, si era messo seduto e si massaggiava la spalla dolorante. E Zura non c'era... Fantastico, sarebbe toccato a lei fare i convenevoli.

-Che ci fai tu qui? Piuttosto, dove mi trovo?- lo vide guardarsi attorno con confusione, rivolgendole infine un'occhiata scettica. Chyoko sospirò. Sarebbero stati i cinque minuti più lunghi della sua vita.

******

Quando aprì gli occhi cremisi, si ritrovò ad affrontare un dolore lancinante alla spalla, i muscoli intorpiditi e un soffitto bianco che non sembrava il suo. Quando poi si era alzato con uno scatto, risvegliando i propri arti indolenziti e malconci, ecco che un rumore sospetto di chi si è introdotto furtivamente in casa altrui senza invito, lo fece ridestare. E si scontrò con la figura agitata di Chyoko.

Fantastico... Aveva appena avuto un incubo in cui un mucchietto d'ossa gli ricordava quanto incapace a salvare gli altri lui fosse e ora doveva avere a che fare proprio con lei?! Il destino gli stava tirando troppi tiri mancini, in quel periodo.

-Dove Diavolo mi trovo?- si massaggiò le tempie, mettendo in ordine i propri pensieri.

-Sei nel nascondiglio dei Joui- spiegò incolore la ragazza portando dietro l'orecchio una ciocca di capelli -Ti ha portato qui un compagno di Katsura.-

-Il nascondiglio... Nh, quell'idiota ha trovato un pretesto per arruolarmi- grugnì grattandosi la nuca -Cos'è, anche tu ci sei cascata con tutto il trucco e parrucco?- le regalò un sorrisetto ironico e l'espressione velatamente omicida che lei gli restituì non gli procurò altro che divertimento. Cielo, Chyoko non sarebbe apparsa minacciosa nemmeno se muscolosa e piena di tatuaggi; per di più, quel kimono color confetto non aiutava di certo.

-Io sono qui solo per rubargli gli elastici- inarcò un sopracciglio e con il sedere indietreggiò quando la vide fare qualche passo verso di sé con una tazza fra le mani -Tieni, Zura l'ha preparato con amorevole cura solo per te.- cinguettò porgendogli la tazzina in terracotta. Storse il naso; chissà quale brodaglia gli avrebbe propinato quel babbeo. Prese il the fra le mani senza mormorare nemmeno un grazie, come se non ci fosse nulla di carino in quel gesto improvviso; quando il liquido arrivò alle sue labbra, si ritrovò a sputacchiare quella schifezza nauseabonda.

-Ma che roba è?! Veleno?!- deglutì più e più volte sperando che il saporaccio se ne andasse in fretta; non gli sfuggì il risolino divertito della ragazza, così si volse verso di lei pronto a tirarle i capelli, darle un pugno in faccia o semplicemente insultarla. Purtroppo per lui, delle fitte al braccio sinistro lo colsero all'improvviso, costringendolo a trattenere un lamento.

-The non zuccherato- trillò sadica, sospirando poco dopo -Dovresti stare giù, sai? Così sentirai meno dolore.- avvertì le sue dita sfiorare la sua maglietta nera, prima di venire spinto delicatamente sul futon. Fu un gesto appena accennato, come se Chyo volesse mantenere le distanze nonostante la calma apparente di quel momento. E lui aveva eseguito l'ordine semplicemente perché troppo scombussolato per poter reagire. Doveva fare chiarezza: era in una stanza a lui sconosciuta, infermo e con a pochi metri il cosciotto che avrebbe dovuto riportare dal padre disperato; vicino al proprio capezzale, una Fujiwara fin troppo pacata lo accudiva come se le cose tra loro andassero bene. Ma niente andava bene! Era ridotto ad uno straccio e sapeva che quella vipera dai capelli neri e il trucco pesante avrebbe di sicuro attaccato, rilasciando il suo veleno assassino. Già gli aveva fatto bere the amaro, che altro avrebbe combinato quell'arpia?!

-Certo che avete fatto proprio un bel volo. È una tragedia che tu sia qui ancora per raccontarlo.- la vide incrociare le braccia e giocherellare con la punta della lunga coda corvina.

-Sei gentile come un carro attrezzi.- sbottò portando le mani dietro la nuca, chiudendo gli occhi pur di non vedere il suo sorriso intriso di sarcasmo. E comunque si dice miracolo!

-Non che siano affari miei, ma si può sapere che hai combinato? Quegli Amanto mi sembravano piuttosto arrabbiati.-

-Ma guarda un po'? Hai proprio ragione, non sono affari tuoi- colse indistintamente la sua imprecazione detta a mezza voce e un sorriso placido gli spuntò sulle labbra sottili, rendendosi ancora più odioso. Aprì un occhio e lanciò un'occhiata alla ragazza adagiata nel futon, avvertendo il suo respiro pesante ma regolare nel silenzio calato nella camera -Come sta l'insaccato?-

Chyoko inarcò un sopracciglio e gli scoccò un'occhiata scettica -É così che chiami la tua ragazza? Noto che il romanticismo è ancora il tuo punto forte.- sventolò una mano, sistemandosi meglio sul posto. Si era inginocchiata al suo fianco e teneva le mani sul ventre, il viso voltato verso la maialina. E qualcosa nella sua mente si inceppò: chi Diavolo sarebbe la sua fidanzata?! Come se non avesse già abbastanza problemi a cui badare!

-Quella scrofa non è la mia ragazza! Mi merito qualcosa di meglio, io!- si puntellò sui gomiti, stringendo gli occhi quando una fitta di dolore lo colpì in pieno petto; sospirò, rilassandosi, poi le rivolse un'occhiata sarcastica -Anche se perfino quella sarebbe meglio che stare con una come te...- l'ennesima frecciatina venne scagliata senza pietà e incassata con disarmante indifferenza. Ancora una volta, quella ragazza dal trucco appariscente si era rivelata meno incline all'isteria di quanto ricordasse ed era una sorpresa riscoprirsi turbato nel rendersi conto che, più il tempo passava, più la Chyoko dei suoi giorni da adolescente si stava allontanando. Dopo qualche istante di religioso silenzio, vide le labbra carnose di Chyo aprirsi pronte per vomitare veleno, ma prima che potesse dirgli amenità del tipo “Ti ricordo che con me ci sei stato e anche a lungo”, Gintoki prese in mano le redini del discorso cercando di indirizzarlo dove voleva lui -Allora, sta bene?-

Chyo parve sollevata di quel repentino cambio di argomento, perché dopo un sottile sospiro replicò -La ragazza è messa piuttosto male, ma Zura dice che cadere sul tuo corpo è stata la sua salvezza.-

-E la morte mia.- sbottò massaggiandosi la spalla, avvertendo dei dolori all'addome se solo provava a fare qualche movimento. Si sdraiò, evitando che la ragazza dovesse intervenire di sua spontanea volontà e sperò che il tempo trascorresse così, indolore e veloce.

-Tu non ti droghi, vero?-

-Ma che domande fai?- aggrottò le sopracciglia, sentendola biascicare un indecifrabile “No, nulla, lascia perdere” che gli bastò per tornare a farsi i fatti propri. Se continuavano così, sarebbe riuscito a sopravvivere. Il perché Katsura avesse però piazzato come cane da guardia Chyoko era ancora un mistero che la sua mente non riusciva a risolvere. Probabilmente si erano messi d'accordo per farlo diventare pazzo.

Ad un certo punto, infastidito e inorridito dal motivetto stonato che la ragazza si era messa a cantare a labbra strette, il tutto condito da un'espressione ebete sul volto pallido e ovale, Gintoki si ritrovò circondato da uno sgradevole odore, come se si fosse buttato in una piscina piena di sacchi della spazzatura dalla dubbia provenienza Annusò l'aria, fino a scontrarsi con il kimono rosa chiazzato di strane sostanze di Chyo -Ma che puzza immonde! Che profumo stai usando? Melanzane marce con aggiunta di pollo andato a male?- si tappò il naso con una mano mentre con l'altra cercava di scacciare l'odore maleodorante che gli stava facendo salire il vomito. Chyo indietreggiò, stringendo i pugni sulle cosce, rossa di vergogna.

-Sei solo un maleducato!- nessuna giustificazione uscì dalle sue labbra carnose, ora serrate e piegate verso il basso conferendole un'espressione accigliata e infantile; la sensazione che nascondesse qualcosa nacque nella sua mente, ma non porse domande e nemmeno provò a trovare una spiegazione alla sua presenza lì. Era troppo impegnato a non vomitare per sapere cosa nascondesse quella demente -La prossima volta ti lascerò a morire. Ma spero che non ricapiti una seconda volta.- il suo sussurro flebile venne scagliato con la potenza di uno schiaffo in pieno volto e senza sapere come replicare, cercando un senso alle sue parole, Gintoki deglutì e poi si morse la lingua.

La maschera di indifferenza che Chyoko continuava a portare con sé si era dissolta alle sue parole maleducate e Chyo-chan era riapparsa in tutta la sua isteria, rilassandolo e facendogli salire un magone di nostalgia alla gola secca, smorzandogli il respiro. L'incubo che lo aveva costretto a ributtarsi a capofitto nella realtà gli aveva lasciato addosso un senso di angoscia e un sapore amaro a livello della bocca. O forse è il the. Fatto stava che più lo sguardo indugiava sulla figurina esile di Chyo, più si diceva che quel mucchietto di ossa del sogno non aveva poi tutti i torti. Si riscoprì spaventato al pensiero che i timori di un tempo non fossero affatto svaniti, così come si riscoprì ancora avvinghiato alla cieca certezza che, dietro tutto quel trucco, ci fosse ancora la Chyoko della sua infanzia. L'unica per cui valesse la pena...

Zura cadde di schiena, trattenendo un lamento di dolore, finendo di fianco agli altri due che avevano dato forfait.

-Di questo passo vi farete ammazzare- Gintoki si grattò una guancia, guardando annoiato la lotta -Se Takasugi dovesse rompersi una gamba sarebbe anche divertente, ma per te mi dispiacerebbe.- aggiunse sincero, vedendo Katsura alzarsi a fatica.

-Perché non dai una mano, al posto di stare lì a commentare?- si tastò l'occhio gonfio e chiuso. Gintoki alzò le spalle, senza dargli una risposta. Che risposta dargli? Non aveva voglia di sporcarsi le mani, non voleva finire nei casini per colpa di Takasugi, non erano affari suoi... Non voleva fare un torto a Shouyou Sensei o a Chyoko. E quest'ultima, piuttosto che correre ai ripari o chiamare aiuto si stava improvvisando membro onorario del funclub “Shin-chan we love you”. Iscritti alla lista: uno; nome fan: Chyoko Fujiwara. Che pena, davvero. E la cosa che lo lasciava più basito era rammentare che, quindici minuti prima, Takasugi l'aveva trattata come una cretina qualunque! Bah, malfunzionamenti della mente femminile...

Shinichi assestò un diretto nello stomaco di Shinsuke e con un gesto veloce gli diede una gomitata sulla testa, approfittando del suo piegamento per soffocare il dolore alla pancia. Un risolino uscì dalle labbra sottili di Sakata -Stare qui è più divertente, fidati!-

-Bastardo...- mormorò Katsura digrignando i denti, evitando il pugno del mingherlino.

Con la coda dell'occhio Gintoki si accorse dello scatto furtivo di Chyo, così allungo un braccio e la riportò col sedere per terra -Resta qui. Rischi di farti male.-

-Ma Shin-chan-- Chyo non continuò la frase, limitandosi a torturarsi le mani ma Gintoki ne colse il suo significato recondito guardandole gli occhi rossi e gonfi. Aveva smesso di piangere da pochi minuti e per tutto quel tempo era rimasta in silenzio a mordersi le unghie. Sakata sbuffò, grattandosi la nuca. Ma perché cavolo gli dava fastidio che Chyo riversasse tutte le proprie preoccupazioni nei confronti di Takasugi?

-Quell'idiota sta bene- con il mento indicò in cretino in questione, seccato dal suo repentino miglioramento -Non vedi che si sta vendicando?- ed effettivamente, era proprio così. Davanti ai loro occhi, Shinsuke sembrava brillare di luce propria circondato da quell'aura di ira e violenza che gli stava permettendo di avere la meglio su Shinichi. Si era scagliato con forza contro il bulletto, lo aveva schiacciato contro la parete e gli aveva conficcato un pugno nello stomaco, gettandolo a terra come il peggiore delle bestie.

-Non credi di stare esagerando?- Zura si appoggiò al muro, lanciando un'occhiata al mingherlino che sputava sangue sul pavimento.

-Io non pulisco, sia chiaro.- il commento annoiato di Gintoki si librò nell'aria e Takasugi, con un diavolo per capello, si voltò pronto a liberare la propria ira contro il nulla facente. Purtroppo per lui, la risata sguaiata del bullo lo costrinse a fermarsi sul posto. Shinichi si reggeva a malapena in piedi, ma nonostante le numero contusioni, sorrideva maligno in sua direzione.

-Il tuo amico ha ragione. Rischi di farti espellere dal dojo.-

-Non siamo amici!- sbottarono in coro, tralasciando quello che, forse, era il punto focale del suo discorso. Shinsuke, infatti, scostò i capelli dal viso e lo guardò assottigliando gli occhi verde oliva -E comunque, farai la stessa fine anche tu.- sorrise cattivo, abbozzando un ghigno.

-Sai che me ne frega! Il dojo è di mio padre, non mi caccerà mai. Ma tu? Chi prenderà mai un ragazzo come te, così debole da lasciarsi istigare alla rissa?- i ragazzi si pietrificarono per la seconda volta in quella serata e rimasero ammutoliti al proprio posto. Shinsuke doveva però essere stato colpito dalle sue parole, perché si era scagliato contro di lui aumentando la potenza dei colpi; se avesse continuato così, lo avrebbe ridotto ad uno straccio..

-Idiota! Stai facendo il suo gioco!- Gintoki si alzò in piedi, adagiando la propria katana contro la parete, pronto a rifilare un ceffone a quel babbeo. Per lui, la rissa poteva dirsi conclusa già da parecchio tempo. Ma quando si accorse che qualcuno era già intervenuto e che quel qualcuno sarebbe dovuto restare in disparte, un nodo lo soffocò. L'amica era sgusciata dalla sua guardia come un'anguilla e ora era lì, al fianco di Takasugi e di un malconcio Shinichi, entrambi immobili e sorpresi.

-Shin-chan, adesso basta...- le parole di Chyo ebbero il potere di fermare la lotta per un breve istante, come se la sua voce incerta potesse placare gli animi di tutti -Se continui così ti caccerai nei guai.- la mano affusolata si strinse intorno al suo polso ancora a mezz'aria; il ragazzo indugiò sulla sua figurina esile e tutto quello che mormorò fu un assorto -Chyo-chan...- che lasciò sospesa la lotta, i loro pensieri e la sensazione che di lì a poco qualcosa sarebbe accaduto; e come in uno dei suoi peggiori incubi quel qualcosa avvenne, portando più scompiglio nel suo animo di quanto avrebbe mai potuto immaginare.

-Non ti intromettere, razza di cretina!- l'energumeno la scostò malamente, rifilandole una manata sulla guancia che la fece capitombolare a terra. Il suono dello schiaffo fu secco, duro, rimbombante nel silenzio della palestra e della sua mente ormai completamente vuota. Fu come se tutti i pensieri si fossero dissolti e la calma trattenuta fosse fuoriuscita dal vaso della sua pazienza. Se picchiavano lui, era un conto; se picchiavano Zura, era un altro paio di maniche; se picchiavano Takasugi, avrebbe stretto loro la mano. Ma Chyoko, la stessa Chyo che adesso si massaggiava la guancia dolorante e sedeva a terra non andava sfiorata. Fu quello l'ultimo pensiero che gli attraverso la mente, che gli fece salire la rabbia al cervello e che spezzò le catene che a lungo avevano tenuto a bada la sua ira omicida. Qualcosa si spezzò nella sua anima, come se una bestia ringhiante sopita ma sempre vigile in ogni fibra del suo essere fosse scattata all'attacco, scatenata dal mugolio di dolore della ragazza.

-Chyo, stai-- Takasugi venne sbalzato, ritrovandosi faccia a terra -Gintoki, sei impazzito?!-

Si era lanciato contro l'assalitore della ragazza senza vedere ciò che lo circondava, il raziocinio completamente offuscato da una coltre di rabbia che lo spinse a lanciarsi contro il nemico senza nemmeno ponderare sulle conseguenze, come se tutti i fili del cervello si fossero scollegati e un enorme blackout lo avesse avvolto, mandandolo in berserk. Inconsciamente, una voce continuava a ribadirgli quanto sbagliato fosse quel suo gesto, mettendolo in grossi guai, ma non riusciva a placare la propria sete di vendetta e più le nocche si scontravano con il corpo del ragazzo, più la lucidità scompariva. Gli occhi si erano fatti vacui, inespressivi.

Sferrò un altro pugno sul volto ormai livido del ragazzo, la vista completamente annebbiata alla vista del sangue che sputava senza controllo alcuno; gli diede una gomitata allo stomaco, ma nemmeno il suo lamento di dolore servì a placare la sua furia crescente.

-Adesso smettila! Stai davvero esagerando!- Zura lo prese per le spalle, cercando di allontanarlo dal bullo che respirava a fatica. Spintonò l'amico sfuggendo alla sua presa, facendolo capitombolare a terra e con foga tornò a ricoprire l'avversario di pugni. Come se non lo sapesse che doveva smettere! C'era già la sua coscienza a farlo andare in confusione, non aveva bisogno che Zura si intromettesse. Shinichi mise le mani davanti al viso, coprendo le lacrime che avevano cominciato a colare sulle guance martoriate. In lontananza, le voci dei compagni di scorribande giunsero ovattate e incomprensibili, incapaci di fermare la sua ira. Sollevò il braccio in alto, deciso a dargli il colpo di grazia ma prima che la sua mano potesse abbattersi sul ragazzo, una presa salda afferrò il suo polso sottile.

Chyoko era lì, immobile, piccola e fragile nella propria insicurezza -No, Gin-chan! Così lo ammazzerai!- alzò il viso chiazzato di sangue e incrociò i suoi occhi grigi colmi di terrore, avvertendo un senso di chiusura che dalla bocca dello stomaco si diramò fino alla gola. La forza che si era impossessata del suo corpo scemò, le mani scivolarono lungo i fianchi e per la prima volta, riuscì a sentire indistintamente i rumori intorno a sé. Il respiro debole del bullo sotto di sé, la voce alterata di Shinsuke, quella preoccupata di Katsura... E i singhiozzi rumorosi di Chyo.

-Questo è completamente fuori...- bisbigliò sgomento il mingherlino, appoggiato al muro mentre si massaggiava il braccio destro -Non hai visto come ha ridotto Shinichi?- i due energumeni rimanenti si avvicinarono al compagno martoriato, raccattandolo come meglio potevano mentre lo spintonavano. Ci fu uno scambio di sguardi, poi un sussurro carico di cattiveria e paura -Sei solo un mostro...- prima che si allontanassero a gambe levate, lasciandoli soli e incapaci di reagire. Facendolo irrigidire... Da quanto non lo chiamavano in quel modo?

-Muoviamoci prima di metterci nei casini- Takasugi si alzò e con fatica procedette verso la porta del dojo -Chyoko, puoi muoverti?- volse il viso oltre la spalla, scorgendola nella sua immobilità. Era come pietrificata, paralizzata alla vista di tutto il sangue riversato sulle tegole di ciliegio. Gintoki la guardò a lungo, la lingua attorcigliata e incapace di fargli dire un semplice “Mi dispiace” che avrebbe potuto alleggerire la tensione, renderlo meno abbietto... Ma lui si alzò, la superò piano e uscì dal dojo lasciandosi indietro le sue lacrime, gli sguardi indecifrabili degli amici e la completa certezza di aver perso l'unica amicizia di cui davvero gli importasse qualcosa...

-Oh, ti sei svegliato. Noi due abbiamo un sacco di cose di cui parlare.- il tono deciso di Katsura e il chiudersi di una porta lo riportarono alla realtà. Per un istante ebbe il terrore che fosse stata Chyo a porgergli una richiesta del genere, ma per sua fortuna quella se ne stava rannicchiata vicino al maialino a borbottare come una pentola di fagioli senza prestare loro attenzione. E per quanto la sua voce risuonasse cavernosa, ancora non aveva raggiunto i livelli baritonali dell'amico.

-Zura, sei inquietante. Sembri una fidanzata gelosa!- gracchiò guardandolo con disgusto, passandosi una mano sul viso al ventesimo “Il mio nome è Katsura, non Zura!” che gli fece venire voglia di prenderlo a ginocchiate. Un po' per sfogare l'ansia nello svegliarsi da un incubo e rendersi conto di essere piombato all'Inferno, con Satana in persona a fare da tour operator, un po' perché così avrebbe sfogato il nervoso che si portava dietro da quando, in quel corridoio della discoteca, aveva avuto a che fare con una Chyo acida come un limone.

-Lasciamo perdere e dimmi piuttosto cosa ci facevi in quella discoteca.- Katsura andò dritto al punto, inginocchiandosi al suo fianco. E senza neppure lasciargli il tempo di accampare una scusa, o più semplicemente cedergli la parola, Gintoki si ritrovò a sorbirsi un racconto fantascientifico che vedeva protagonisti degli Amanto, una droga a lui sconosciuta e... Cazzo, Shinpachi e Kagura! Se ne era quasi dimenticato!

-Oh, porco cane!- si alzò di scatto, ignorando il dolore al torace che si propagò per tutto il corpo come se mille spilli lo avessero infilzato.

-Si può sapere che hai?-

-Ha pippato...-

-Chyoko!- berciò Katsura assottigliando gli occhi, costringendola ad ammutolirsi. Gintoki si avvicinò alla porta scorrevole che dava sul giardino. Solo allora si rese conto di come il sole stesse ormai calando, colorando di arancio il panorama attorno a lui -Si può sapere che c'è, ora?-

-Starei volentieri ad ascoltare la tua storia, ma ho una cosa più importante da fare- recuperò gli stivali e li infilò ai piedi, appoggiandosi allo stipite per riprendere fiato. Se si stancava con un gesto così banale, come avrebbe potuto salvare i due ragazzi? -I miei amici sono stati catturati da quegli Amanto, credo li abbiano drogati. Non posso perdere altro tempo.- spiegò vago, alzando le mani al cielo in un gesto nervoso.

-E pensi di poterli aiutare ridotto in quelle condizioni?- la voce saggia dell'amico lo riportò coi piedi per terra.

Gintoki si grattò la nuca -Non lo so, se mi impegno...- la risata derisoria di Chyo e il sospiro pesante di Zura lo costrinsero a continuare il discorso -Che dovrei fare, abbandonarli?!-

-E perché no? Ti riesce piuttosto bene.- cinguettò con cattiveria Chyo, studiando le unghie smaltate. Sakata represse un'imprecazione con un sonoro grugnito, maledicendola nella propria mente. Se aveva voglia di litigare, Chyoko aveva sbagliato giorno e soprattutto persona.

Katsura inclinò il capo -Gintoki, guardati. A mala pena ti reggi in piedi!-

-Non me ne frega niente! Andrò strisciando, se ne sarà costretto!- sbatté le braccia sui fianchi, dando loro le spalle -Il fatto è che sta diventando più forte di me. Quel peso che avevo abbandonato allontanandomi dalla guerra, è ritornato sulle mie spalle senza che me ne accorgessi, da quando sono piombati nella mia vita. E per quanto io ci provi, quei due sono diventati troppo importanti perché possa abbandonarli senza fare nulla. Non... Non posso ricommettere lo stesso errore.- inspiegabilmente, come se un filo invisibile lo conducesse in quella direzione, Gintoki volse il busto per poter scorgere l'immagine di Chyo, sempre più distante e intoccabile, stretta in quel kimono rosa pallido e nel proprio silenzio colmo di chissà quali recriminazioni. Ma a discapito di tutte le propri turbe, la Fujiwara non si volse e nemmeno provò a spezzare l'aria con la propria voce; quanta forza le stava costando trattenersi?

-Se la metti così...- Katsura si era fatto vicino, sorridendogli pacato -Ti accompagno. Così non potrai fare granché. Sarò il tuo braccio sinistro, visto che il destro è piuttosto malconcio. Chyo, vuoi essere le nostre gambe?- Katsura si voltò complice in sua direzione e Gintoki fece lo stesso, guardandola con noia.

Attese qualche attimo, poi scosse la nuca -Nah, salto il giro- replicò incolore rimboccando le coperte della maialina ancora incosciente -E poi devo andare a lavorare, stasera.-

-Meglio così.-

Non avvertì più il rumore delle lenzuola, così come per un istante gli parve di sentir cessare i battiti del proprio cuore. E lo sguardo colmo di stupore misto ad ira che Chyo gli stava regalando, gli fece comprendere la triste realtà: quello che doveva essere solo un pensiero si era sparso nell'aria con velato sollievo.

-Meglio...?- bisbigliò aggrottando le sopracciglia, scacciando l'amarezza con un grugnito -E lui non sarebbe più il solito idiota?!- guardò Zura, facendogli sorgere il sospetto che quei due durante la sua ripresa di coscienza, si fossero detti più del necessario. Ma Gintoki non indagò, nemmeno si premurò di chiedere spiegazioni. L'unica cosa che gli importava in quel momento era cercare la lite con Chyo, spinto da chissà quale forza malsana che continuava ad alimentare la vocina nel proprio essere che ripeteva instancabile “Non hai bisogno di lei. Non ne hai mai avuto”.

-Come mi hai chiamato?-

-Idiota! Sei diventato sordo, con la caduta? Ti ricordo che me la so cavare da sola, non sono più una bambina!- replicò tagliente, stringendo i pugni.

-Noto con dispiacere che ti lamenti ancora come una mocciosa- le restituì un ghigno malevolo -Come ai bei, vecchi tempi.- biascicò tediato.

-E tu sei rimasto il solito maleducato che soffre di diarrea verbale!- di cosa soffrirei?! -Ma tu non pensi mai prima di parlare? Ah, già, il vuoto cosmico gira in quella testa.- un tonfo sordo lo distrasse; Katsura era svenuto sulla veranda, sbattendo la testa più e più volte per l'esasperazione.

-Si può sapere che Diavolo ci fa qui, quella?- lanciò un'occhiata di fuoco al capo dei Joui che, balbettante, mormorò un incerto “Beh, veramente lei...” che venne spezzato dalla voce stridula della ragazza:

-Adesso sarei quella?!- digrignò i denti, avanzando minacciosa verso di lui -Dovresti solamente ringraziarmi!-

-E per cosa, per essere tornata nella mia vita tranquilla? Sei ridicola, sei uno strazio!- alzò la voce, scagliandole contro tutto il nervosismo che aveva in corpo e la piccola Chyo si irrigidì, mettendosi a braccia conserte. E Gintoki ne approfittò, conscio di avere la partita in mano. Sarebbe bastato così poco per allontanarla... -Saresti solamente di intralcio. La mia priorità sono Shinpachi e Kagura, non tu- la sua lingua continuava ad attaccarla come se fosse ricoperta di lame affilate -Sai, si stava meglio quando tu non c'eri.- e con quell'ultima frase, dichiarò la propria vittoria sulla fragile Chyoko. Ma stranamente non riuscì a gustare nessun senso di godimento nel vedere le sue iridi grigi tremare, così come non provò gioia nel vedere le sue labbra serrate nel tentativo di trattenersi dal picchiarlo. Le sue parole avevano toccato quei tasti che, sapeva, avrebbero messo K.O. la Fujiwara. Deglutì a fatica, Gintoki, avvertendo il senso di colpa farsi largo in lui pesante come un macigno, schiacciando il suo stomaco. Perché da quando l'aveva rincontrata era stato un susseguirsi di frasi colme di odio, sature di colpi bassi e frecciatine che nemmeno credeva di avere in repertorio; almeno, non per la piccola Chyo. E quando vide i suoi occhi dal taglio orientale divenire lucidi, comprese quanto in là si fosse spinto nel suo tentare di apparire immune alla sua presenza.

-Andatevene al Diavolo, tutti e due!- sibilò con tutta la forza che aveva in corpo, risultando vagamente intimidatoria stretta in quel kimono da bambolina.

-Ma io cosa c'entro?- Katsura la guardò accigliato, sospirando quando sentì la porta sbattere. La testa cadde pesante in avanti, seguita da un mugugno di esasperazione per l'infantilità di quei due.

-Quella è diventata tutta matta- mormorò Gintoki grattandosi la nuca, avvertendo il sollievo pervadere ogni fibra del suo essere -È proprio vero che le donne diventano psicolabili quando invecchiano.-

-Gintoki...-

-Magari aveva le sue cose.-

-Gintoki!-

-O magari sta andando in menopausa. Tu che ne pensi, Zura?-

-Il mio nome è Katsura, non Zura!- Gin ricevette un pugno sulla nuca -E penso che dovresti ringraziarla...- distolse lo sguardo, concentrandosi sui fili d'erba mossi dal vento -Se non fosse stato per lei, il netturbino ti avrebbe di sicuro scambiato per immondizia.-

*******

-Gin-chan, a cosa servire mio vestito?- Kagura mangiucchiava un gelato, il quarto della serata da quando aveva rimesso piede in casa. Nemmeno i rapimenti le facevano passare la fame a quel maledetto pozzo senza fondo! -Tu avere fianchi troppo larghi per poterlo mettere!-

-Non è per me, razza di cretina!- studiò il vestito dal taglio cinese che stringeva fra le mani, ponderando su quanto avventata fosse la decisione presa durante il ritorno a casa. Ricordava ancora di aver accettato di trasportare quei due pesi morti di Kagura e Shinpachi sulle proprie spalle dopo averli salvato da morte certa, imprecando a mezza voce circa il loro peso non proprio da piuma. Ma più muoveva i passi, più sentiva che a pesare non erano i due amici, bensì la certezza che, se non fosse stato per Chyoko, quei due non sarebbero stati lì ad allietargli le giornate. E la voce cantilenante di Zura che recitava “Dille grazie. Non essere idiota!” che lo aveva accompagnato fino a casa, continuava a ronzargli nelle orecchie come una mosca fastidiosa.

Così li aveva lasciati cadere pesantemente davanti all'uscio, si era recato all'armadio dei vestiti della coinquilina e aveva cercato in mezzo a quel macello qualcosa che potesse tornargli utile. E quel vestito gli era balzato all'occhio come un latte alla fragola in mezzo a del comune latte di mucca. Lo aveva preso senza pensarci due volte, lo aveva infilato in una busta di plastica e si era catapultato verso la porta scostando Kagura di lato con poca delicatezza.

-Dove portare mio vestito?!-

-Al banco dei poveri! Hanno bisogno di vestiti per i bisognosi- Kagura e Shinpachi si scambiarono un'occhiata scettica -Te ne compro un altro!- gridò mentre si metteva gli stivali, sbuffando verso i lacci che continuavano a sfuggirgli dalle dita.

-E vorresti andarci conciato così?- Shinpachi si sistemò gli occhiali, rammentandogli che ancora indossava il vestito da pirata spaziale gentilmente donatogli da Zura per camuffarsi e penetrare nel covo nemico.

-Lo trovo comodo, qualche problema?-

-A parte che sembri un depravato? No, nessun problema.-

-Ehi, questo depravato ti ha salvato la vita!-

-Almeno togliere baffi!- la vocetta seria di Kagura troncò il loro futile litigio; volsero il viso, incrociando la sua espressione gioviale -Baffi non essere più di moda e banco dei poveri scambierà te per barbone.- Gintoki annuì, strappando i baffi finti e gettandoli sul pavimento. Ringraziava il cielo che Kagura fosse una ragazzina ingenua.

-E dopo questi consigli di moda, io vado.- aprì la porta con un calcio, fiondandosi per le scale.

-Gintoki! Ma dove vai?!- Shinpachi lo inseguì, aggrappandosi alla balaustra per poterlo vedere meglio.

-Ad una convention!- urlò cominciando a correre, stringendo nella mano destra il sacchetto bianco. In quel momento non gliene fregava nulla di fornire spiegazioni, così come non gli interessava essere presentabile. Gli interessava solo non combinare cazzate, questa volta.


 


 

Note noiose dell'autrice!

Finalmente sono cresciuti! Di qualche anno, d'accordo, e sono ancora nel pieno della loro fase adolescenziale... Ma direi che è un buon inizio, no? Ripeto, so che la narrazione è lenta e sembri stia tirando le fila delle relazioni per le lunghe, ma le cose frettolose non mi piacciono e non mi va di far avere loro un contatto fisico -o una chiacchierata davanti ad un bicchiere al bar- se prima non c'è stato qualcosa che possa unirli. E cosa può unire meglio di una lite? :D

Questo capitolo è stato, purtroppo, suddiviso in due parti. Era lungo ben venti pagine, non potevo rischiare di farvi venire un colpo al cuore! Ho pensato bene di tagliarlo e postarlo nel più breve tempo possibile, lavoro permettendo ^^

E ora, momento emotivo: recensiteeeeeee, vi prego! ç__ç

Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate, sul serio! Anche un sincero “Datti all'ippicaaaaaaa!” è ben gradito, sappiatelo ^^ Scherzi a parte (ma ero seria!!!) mi farebbe enormemente piacere trovare un vostro riscontro, sia positivo che negativo. Anche per dirmi che i capitoli sono troppo lunghi, vanno aggiunti degli avvertimenti alla presentazione della storia, i personaggi non sono gestiti bene, Chyo dovrebbe scomparire dalla faccia dell'Universo ficcinaro... Qualsiasi cosa, purché lasciate un segno del vostro passaggio :) Rendereste una povera autrice felice :D

Passando alle cose importanti: ringrazio Kuroro94 per aver aggiunto la mia storia fra le seguite e le preferite. Me felice *_* Se passerai ancora di qui, mi renderebbe felice sapere cosa ne pensi di questa storiella ^^ Un ringraziamento enorme va anche ad Elizabeth_smile per averla aggiunta fra le preferite e perché continua a recensire così carinamente, dandomi la motivazione per portare avanti al meglio la storia. Spero che mi renderai partecipe dei tuoi pensieri relativi al quarto capitolo :)

Grazie anche a chi legge ma resta in silenzio :)

Al prossimo aggiornamento!

Geisha.

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Capitolo 5
*** No, not much... ***


Dopo un po' di assenza, torno con il quinto capitolo! E' più breve rispetto agli altri perché, inizialmente, era unito al capitolo quattro (diviso per non far venire una sincope agli sventurati che leggono xD). Come solito, le note sono in fondo alla pagina :)

Disclaimer: I personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Hideaki Sorachi; questa storia non è scritta a scopo di lucro.

 

No, not much...



Il chiacchiericcio della gente giungeva distante alle sue orecchie, nonostante pochi istanti prima un paio di mocciosi gli fossero andati contro piagnucolando delle scuse a cui lui non aveva badato, nonostante dei bulletti di periferia si fossero fermati a fumare a pochi passi da lui vantandosi di non aveva capito bene quale rissa vinta contro non sapeva quale banda. E come dimenticare il travestito che ci aveva spudoratamente provato, continuando a ripetergli quanto “soffici e assolutamente stupendi” fossero i suoi capelli ricci e argentei? O la vecchietta davanti a sé che, aria corrucciata, lo fissava irritata mentre puliva l'ingresso.

Ma a lui di tutto questo non gliene fregava niente.

Perché era stanco, affannato dalla corsa e intimorito al pensiero che di lì a poco sarebbe rientrato nel luogo dove tutto aveva avuto inizio dopo troppi anni di solitudine. L'insegna “Atomic Wango” lampeggiava in blu davanti ai suoi occhi cremisi, facendogli comprendere che ormai, tornare indietro, sarebbe stato inutile. Nella mano destra stringeva un sacchettino, nell'altra stringeva la propria coscienza affinché tacesse. Del resto, bastavano già i ricordi a farlo stare male...


-La violenza non è mai la soluzione migliore- severo, il Sensei continuò la propria arringa da quando aveva scoperto la loro deprecabile azione -Pensavo che dai miei insegnamenti, aveste ricavato qualcosa di buono. Probabilmente mi sbagliavo- scribacchiava su un foglio di carta di riso, dando loro le spalle. Gintoki lanciò un'occhiata furtiva ai tre amici, immobili e silenziosi incapaci di discolparsi. Come avrebbero potuto, dal momento che avevano infranto parecchie regole? Si appoggiò alla parete fiocamente illuminata dalla lampada ad olio che, nella stanza da letto, creava particolari giochi di luci ed ombre che catturavano la sua attenzione. Solo alla sberla leggera di Katsura sul braccio si rimise composto, studiando l'espressione arcigna del compagno sotto i cerotti e l'occhio gonfio -Katsura, che cosa recita il quarto principio del Bushido?- il Sensei volse il viso appena oltre la spalla, attendendo una risposta. Zura si mosse sul posto, si schiarì la gola e recitò con voce flebile:

-I Samurai non devono dimostrare la propria forza e sono gentili con i nemici. Senza tale rispetto, gli uomini diventano poco più che bestie. Il Samurai è rispettato non solo per la sua forza in battaglia, ma anche per come interagisce con gli altri uomini.*-

-Secchione.- bisbigliarono Takasugi e Gintoki, scambiandosi un'occhiata inceneritrice. Zura li guardò in cagnesco e Chyoko ridacchiò, emettendo un verso strozzato quando il Sensei si volse completamente in loro direzione. Non gli parve collerico, così come non gli sembrò in procinto di rispedirli a casa senza possibilità di ritorno al dojo; c'era delusione e quello sguardo, che ne era così saturo, lo costrinse ad abbassare il viso per un breve istante. Perché quell'uomo lo aveva portato fuori dal baratro in cui era precipitato e tutto ciò che gli aveva chiesto era di non commettere altra violenza, di imparare che la via della spada non serviva solo per far del male al prossimo; e lui aveva disobbedito, infrangendo quella misera richiesta che gli era stata posta con pacatezza.

-Ci caccerà?- sussurrò Chyo con voce tremante, stropicciandosi le mani. Solo i due compagni lo separavano da lei, ma a Gintoki la distanza parve insormontabile. Ricordava ancora i suoi occhi grigi sgranati, la sua guancia gonfia e rossa, lo sguardo terrorizzato... L'immagine era marchiata nella sua mente sgombra dai pensieri e se solo ci pensava, avvertiva un macigno sullo stomaco, un peso difficile da spazzare via. Si chiese se quella sera, se i suoi gesti, avrebbero cambiato qualcosa nel loro rapporto sano e genuino.

-Non vi caccerò, Fujiwara, ma sappi che il vostro comportamento mi ha molto deluso- un sorriso impercettibile le venne rivolto e quella placidità gli fece distendere i sensi -Takasugi, Katsura e Gintoki, sarete in punizione per un mese. Non frequenterete gli allenamenti al dojo e pulirete la palestra ad allenamenti terminati. Fujiwara, tu darai loro una mano nelle pulizie.-

-Dice sul serio?!- squittì la ragazza sporgendosi leggermente, un sorriso radioso ad illuminarle il volto.

-Inoltre, domani mattina verrete con me al Dojo di Hombu e vi scuserete personalmente con Shinichi.-

-Ma è stato lui a cominciare!- Shinsuke, con fare battagliero, si oppose alla richiesta del Maestro.

-Takasugi, non sei nella posizione di poter ribattere. So bene che è stata difesa, ma non avreste dovuto usare la stessa moneta. La violenza non genera altro che violenza, non mi stancherò mai di ripeterlo. Ora prendete stracci e secchio e andate a pulire la palestra. Voglio che quel sangue sia sparito entro domani mattina.-

-Ma è tardi. I nostri genitori potrebbero preoccuparsi.-

-Sono già stati avvertiti, Katsura. Ora andate.- sorrise loro incoraggiante, mantenendo la propria compostezza e severità. Zampettarono all'esterno dopo essersi inchinati davanti al Maestro e pigramente si spostarono verso il dojo ancora illuminato. Gintoki si trascinava stancamente sui piedi, ancora scombussolato dalla propria reazione, il senso di colpa nei confronti del Maestro che ancora gli bloccava il respiro. E poi c'era lei... Lei che non lo degnava di una parola o di uno sguardo. Volse il viso, deciso ad affrontarla, a cercare gli occhi grigi di Chyoko almeno un ultimo istante, ma la voce scorbutica di Takasugi lo fece bloccare sul posto.

-Stai bene?- scorse il compagno prendere in disparte Chyoko. Digrignò i denti e strinse i pugni; com'era possibile che quel babbeo lo precedesse in tutto?!

-Non mi sono fatta niente. Tu, piuttosto?- alzò gli occhi al cielo; potevano essere più patetici?!

-Riguardo a prima..- lo vide tentennare, grattarsi la nuca e mugugnare qualcosa di indecifrabile; fu tentato di deriderlo senza ritegno. L'algido Takasugi che si dimostrava così impacciato nei confronti della piccola e innocente Chyo. Uno spettacolo da filmare!

-Va bene così!- prese lei la parola, destabilizzando Sgin per un attimo. Probabilmente credeva di uscirsene con una frase ad effetto, ma lei lo aveva anticipato con la propria pacatezza -Lo so, scuse accettate.- e poi lo vide, riuscì a scorgere il suo sorriso dolce rivolto a quell'idiota di un Shinsuke che, dopo tutte le cazzate commesse, non si meritava altro che calci.

Il ragazzo annuì, dandole le spalle con un gesto secco pronto ad andarsene via, ma prima che ciò avvenisse si rivoltò verso di lei, lo sguardo ora più sereno e meno duro -E non mi da fastidio se mi chiami Shin-chan.- eh no! Vederlo così smielato, per i canoni di Takasugi, e osservare il rossore che si propagava sul volto pallido di Chyoko era troppo per il suo stomaco delicato!

-Che pena...- mormorò zampettando verso Zura, sentendo montare una strana sensazione di rabbia che, dallo stomaco, si protrasse per tutto il corpo. Il viso contratto in una smorfia di irritazione aveva indurito i suoi lineamenti solitamente rilassati e le mani prudevano, solleticando l'idea di prendere a pugni qualcun altro. In particolare un cretino con i capelli a scodella e gli occhi verde oliva. Come se la rissa di qualche ora prima non fosse stata sufficiente...

-Fai paura. Te la sei presa per le parole del Sensei?- pacato, Zura, inarcò un sopracciglio alla vista della suo cipiglio nervoso; con la coda dell'occhio, lo vide fissare la coppietta a pochi metri da loro intenti a parlare come due automi senza chip -Oppure...?-

-Andiamo a pulire. Prima finiamo, prima dormiamo.- buttò lì con noncuranza, grattandosi la nuca mentre procedeva a passo spedito verso il sentiero che lo avrebbe condotto a casa del Sensei. Katsura, nonostante la caviglia slogata, gli zampettò dietro cercando di stare al suo passo.

-Io farei attenzione, se fossi in te. Oppure mi darei una mossa- la brezza di fine aprile scompigliò la sua chioma argentea e mentre si voltava verso l'amico, lasciandosi raggiungere dimentico della stanchezza e della rabbia, si ritrovò a soppesare con fin troppa attenzione le parole che ora gli stava rivolgendo. Perché Zura sembrava aver compreso ciò che per lui non era poi così chiaro e cristallino? -Takasugi è un rivale temibile, sappilo.-


-Vuole entrare giovanotto o intende piantare le radici qui?- una voce gracchiante lo ridestò dal tuffo nel passato e lo sguardo appisolato si infranse contro la figura striminzita della vecchietta. Migliaia di rughe solcavano il suo viso smunto, facendola sembrare vagamente minacciosa, e quella scopa fra le sue mani non prometteva nulla di buona, soprattutto perché la maneggiava con fin troppa cattiveria.

Gintoki si grattò il collo, regalandole un'occhiata malevola, poi si decise a parlare -E' ancora aperto?- con un gesto della nuca indicò il locale, ricevendo un grugnito in risposta.

-Stiamo per chiudere. Se vuoi divertirti, è rimasta solo quella disgraziata di Chyoko- tornò a pulire, mugugnando un -Quella è acida come una zitella.- che lo fece ghignare d'assenso.

La brezza fredda gli fece accapponare la pelle e massaggiandosi le braccia per riscaldarle, prese un profondo respiro cominciando ad avanzare verso l'entrata -Perfetto, cercavo proprio lei!- sgarbatamente la spostò di lato, lasciandosi trasportare dalle imprecazioni della nonna e con un braccio alzò la tenda, facendosi largo. Subito un odore di fumo misto ad alcool impregnò le sue narici, facendogli storcere il naso. Si guardò attorno, notando che nulla in quel mese era cambiato del blu Atomic Wango. Il locale era semi deserto, fatta eccezione per qualche ubriacone seduto al tavolo del bar dove una barista svogliata lavava i bicchieri, le inservienti vestite da conigliette che pulivano i tavoli e l'oggetto della sua corsa folle fin lì che, sul palco, ciondolava come una cretina.

Aveva i capelli neri scompigliati che le conferivano un'aria selvaggia e l'espressione imbronciata mentre si guardava attorno svogliata, giocherellando con i pizzi e merletti del corpetto nero e bianco che mettevano in risalto le sue generose forme. Gin deglutì quando avvertì una strano calore montare dalla bocca dello stomaco fino al cervello, cominciando a mandare impulsi strani alla sua coscienza che, stranamente, era riuscita a liberarsi. E adesso farneticava di quanto Chyo fosse sexy in tenuta da cortigiana di periferia. Scosse la nuca con vigore e strinse il sacchetto, avanzando di qualche passo pronto all'ennesima discussione della giornata.

-Per tutti i Kami!- un urlo disperato si levò nella sala, interrompendo il suo lento andare; e adesso che cavolo stava succedendo?! -Quello è il terrorista!- la barista portò le mani fra i capelli, poi si abbassò dietro il bancone -È venuto per ucciderci! Ha una bomba, tutti a terra!-

Un vociare di “Ci ucciderà tutti! Chiamate la Shinsengumi” riempì la sala. Gintoki, capendo di essere l'oggetto delle attenzioni isteriche dei presenti, fissò con apatia il gruppo di baristi che si stavano gettando a terra, poi scosse la nuca mentre procedeva verso il palco con passo di marcia biascicando un seccato -Bombarda una volta l'ambasciata e ti marchiano a vita!-

-Tranquilli, è un idiota ma non è pericoloso- amorevole come uno scorpione, Chyo li richiamò all'ordine con fare scocciato poi lo scrutò con stizza -A cosa devo questa spiacevole visita?- sembrava nervosa, stanca e piuttosto sciupata, ma si disse che era solamente la luce giallastra che la illuminava a renderla vagamente malaticcia e poco attraente. Non che lo fosse mai stata attraente, sia chiaro!

-Ha proprio ragione la vecchia all'entrata. Sei acida come una zitella.-

-Hai detto qualcosa?- domandò Chyoko inarcando un sopracciglio. Gin sventolò una mano, lasciando cadere il discorso -Perché sei travestito così?- mise le mani sui fianchi, inclinando appena il capo -Sei stato ad un cospaly? O era una convention su Capitan Harlock?- un sorriso di scherno le increspò le labbra rese ancora più scure dal rossetto.

-Sei simpatica come un budino scaduto e ricoperto di muffa.- replicò aspro, chiedendosi per quale razza di motivo le sue gambe lo avessero portato fino a lì. Anzi, la colpa era solo da attribuirsi al suo cervello forato che aveva partorito quella stramba idea, con la grande partecipazione della sua bontà smisurata. Perché se adesso si ritrovava ad affrontare una Chyo simpatica come una doccia gelata e già sul piede di guerra, la colpa era da attribuirsi solo e unicamente alla propria gentilezza. O forse, le parole di Zura erano state la molla che aveva dato il via allo sciamare di pensieri che ancora non volevano saperne di scomparire.

Se non fosse stato per lei, il netturbino ti avrebbe di sicuro scambiato per immondizia.”

Forse un grazie glielo doveva...

-La ragazza sta bene?- aveva le braccia incrociate e della rabbia che l'aveva accolto non vi era più nulla. Grazie al cielo, Chyo sembrava essersi rilassata.

-Ahm, sì, direi che sta piuttosto bene. È sempre in carne e si mantiene in forma.- alla sua sparata poco delicata, Chyoko si lasciò sfuggire un risolino, mormorando un incolore “Meglio così, davvero” prima di dargli le spalle e recarsi vicino al lungo palo. Per un momento, Gintoki ebbe il terrore che la giovane si sarebbe esibita in un altro dei suoi maledetti numeri, ma tutto quello che fece fu aggrapparsi con una mano e cominciare a ruotare intorno ad esso in maniera lenta e ritmata, come se stesse seguendo una melodia silenziosa.

E tutto ciò che lui fece, fu seguire quel ritmico movimento che lo lasciò senza parola alcuna, come se per un brevissimo istante avesse deciso di godere di quello spettacolo, conscio che qualsiasi parola detta avrebbe scalfito la quiete faticosamente recuperata. Se solo la guardava bene, con la testa inclinata, un occhio chiuso e l'altro bendato, la Fujiwara non era poi così tanto brutta come la sua mente continuava a dipingerla.

-Tra poco chiudiamo- mormorò Chyo -Devi dirmi qualcosa?-

Molte, troppe cose...” continuava a soffocare quelle parole con tutta la forza che aveva in corpo, conscio che quella notte sarebbe stata l'ultima in cui la Fujiwara si sarebbe presentata ancora davanti ai suoi occhi.

-Non esattamente...- si guardò attorno, distogliendo lo sguardo dai suoi fianchi pienotti. Perché continuava a fissarglieli?! Dov'era una forchetta quando serviva?

-Non so che intenzioni tu abbia, ma stasera non ho voglia di discutere- spossata, circondò il palo con una gamba e inarcò la schiena, lasciando ricadere i capelli dietro sé, quella cascata di fili corvini che per anni aveva sempre visto legati e solamente in qualche rara notte aveva avuto l'onore di stringere fra le dita. E come un susseguirsi di ricordi e immagini via via più nitide, ecco che gli occhi si posarono sul fianco destro, dove una cicatrice svettava su quella pelle color delle neve. Incredibile come un solo, misero particolare potesse fargli tornare un peso sul cuore che da tempo credeva di aver distrutto -Si può sapere che hai da fissare?- pose una mano sul fianco, coprendo la ferita scoccandogli un'occhiata intimidatoria, come se fosse stata capace di catturare il flusso dei suoi pensieri.

Gin si riscosse, poi preso dal nervosismo causato dalla tensione, corrugò la fronte -La puoi smettere di girare? Mi stai facendo venire mal di testa!- le lanciò la busta addosso e lei la schivò per miracolo, guardandolo poi con espressione omicida.

-Ma sei diventato scemo? Potevi farmi male!- lo guardò accigliata, poi con un piede mosse la busta bianca -E questa? Che roba sarebbe?-

-Il saldo del mio debito.- si mise a braccia conserte, imbarazzato dalla propria reazione bambinesca.

-Avevamo un debito?- alzò le spalle, incapace di ribattere. Ma poi la vide stropicciarsi il volto, come se avesse compreso -Maledetto Zura! Gli avevo chiesto di non dirti niente!-

-Non potevi dirmelo subito? Avrei evitato di fare tanta strada!- ancora una volta, fu in grado di far ricadere le colpe sulla Fujiwara; un po' e ne compiacque.

Chyoko sbatté le mani sui fianchi, alzando lo sguardo esasperato al soffitto -Proprio per questo! Non volevo che noi due avessimo un debito, una specie di legame!- Gintoki ascoltò appena le sue parole intrise di irritazione, ma non gli sfuggì quell'ultima parolina pronunciata con disgusto, il tutto corredato da una smorfia di nausea da far sparire a suon di schiaffi.

-Infatti non c'è alcun debito, tra di noi.- si grattò la nuca, conscio che se la favola di Pinocchio fosse stata vera, il suo naso sarebbe arrivato fino allo spazio. Perché per quanto Chyo si ostinasse a sostenere che non avrebbe dovuto sentirsi in dovere di ripagarla, in cuor suo sentiva che qualcosa glielo doveva. Come se quello potesse essere un minuscolo, impercettibile passo per far sì che il perdono arrivasse. E quando lei sospirò, scuotendo la cascata di capelli corvini e mossi, la domanda sorse spontanea nella sua mente: voleva essere davvero perdonato da quella arpia?

-E allora perché sei qui? Ti prego, dimmi che la convention era dietro l'angolo- aggiunse speranzosa, sbuffando subito dopo al suo medio alzato -Che cosa c'è qua dentro?- alzò il sacchetto bianco, guardandolo con diffidenza.

-Hai gli occhi per guardare, no?- replicò scorbutico, sedendosi pesantemente sulla poltrona di velluto rosso dietro sé. Si passò le mani fra i capelli e quando le lasciò ricadere davanti a sé, gli parve di essere ripiombato a quella sera di un mese fa, con Chyo che si esibiva sul palco senza degnarlo di uno sguardo, come se non esistesse, come se non fosse mai entrato nella sua vita. E la sensazione di vuoto che lo colse al pensiero che davvero Chyo sarebbe potuta diventare un vago ricordo, lo spaventò. Per fortuna il rumore della plastica che veniva accartocciata lo richiamò alla realtà e così si scontrò con una Fujiwara incazzosa che fissava il pacchetto neanche fosse stato un pannolino sporco.

-E aprila! Non c'è nessuna bomba, quelle le lascio a Zura- appoggiò le braccia sullo schienale, lasciando cadere la testa all'indietro. Già si immaginava la scena: la risata sgraziata della ragazza avrebbe corroso l'aria pulita del Wango, il suo già scarso buonumore sarebbe finito sotto la suola degli stivali neri e una bella croce rossa sarebbe stata messa su Chyoko Fujiwara. Quella sarebbe stata l'ultima volta che il destino la piazzava sulla sua strada lastricata di sfiga. Purtuttavia crogiolandosi in questi pensieri, alzò il capo quando si rese conto che nessun suon amaro gli era stato scagliato contro. Una Chyo silenziosa e impietrita, che stringeva fra le dita affusolate un vestito rosso di fattura cinese, era dipinta davanti ai suoi occhi, mescolandosi con la piccola adolescente dei suoi ricordi felici.

-Ehm, è-- il suo balbettio fu un suono nuovo, particolare, così stonato in mezzo alle parole colme di cattiveria che gli aveva rifilato a mo' di mitraglietta per tutta la discussione. E il colpo che avvertì al cuore lo colse alla sprovvista.

-Kagura aveva dei vestiti da buttare, così ho pensato di dartene uno- delicato come un elefante, Gintoki provò a mettere insieme una frase di senso compiuto, risultando però più maleducato di quanto avrebbe dovuto. La verità era che parlare con lei non era più facile come un tempo e nemmeno sostenere il suo sguardo era una passeggiata -Non so se ti andrà. Kagura non ha i fianchi così larghi.- si grattò la punta del naso, ghignando alla vista della sua vena pulsante.

-Stai forse dicendo che sono grassa?!-

-Beh, rispetto a cinque anni fa hai messo su qualche chiletto- replicò alzando le spalle, godendo delle sue imprecazioni sommesse -Ma così è meglio. Le tue cosce erano orribili da toccare, così spigolose, scarne...- si stupì della propria capacità di tirare fuori il passato senza preoccupazione alcuna, come se le ostilità fossero scomparse per un attimo.

Lei stessa ne sembrò sorpresa, perché al posto di fare l'isterica per aver commentato le sue giunoniche forme, lasciò cadere il discorso con uno sbuffo e un serio -Perché lo hai fatto?-

-Il tuo kimono si era sporcato, no?- questa volta gli occhi sgranati furono indirizzati a lui, così si alzò e le diede le spalle pur di non doverla affrontare -Beh, con questo non sono più in debito con te.-

Nessuno dei due fiatò, lasciando cadere gli innumerevoli discorsi tirati in ballo in quella stramba giornata cadessero in un silenzio cadenzato dalla musica soft del locale ormai chiuso. Non si erano presi a parole, non avevano fatto recriminazioni e non si erano nemmeno presi a sberle. Levò una mano in segno di saluto, per nulla sconfitto dal silenzio che Chyo gli aveva dato in risposta. Una volta fuori gli parve di poter respirare con più facilità, un enorme macigno si era levato dai polmoni. Guardò il cielo scuro, cercando qualche stella adombrata dalle luci al neon scintillanti e vistose, avvertendo la porta del locale chiudersi alle proprie spalle. Poteva essere un piccolo passo avanti, no?

*****


Chyo coprì le labbra rosse con una mano, soffocando uno sbadiglio. Era un pomeriggio pigro di metà maggio e Chyo, su ordine del Sensei, stava raccogliendo la frutta di stagione con Zura. Pochi giorni e avrebbero finalmente scontato la loro punizione e da quella famosa notte, Chyoko si era ripromessa di non lasciarsi sopraffare dagli eventi. Aveva fatto un patto con sé stessa: diventare più forte e dipendere meno dagli altri. Certo, se Takasugi voleva darle una mano e divenire il suo cavalier servente non avrebbe detto certo no...

-Smettila di sbavare. Pensare a Takasugi ti fa male.- Katsura le tirò dietro una ciliegia, ricevendo una linguaccia come risposta e un poco credibile “Non pensavo a Shin-chan!” che avrebbe fatto ridere anche i sassi. Che poteva farci se era bello come un Dio e lei era cotta come una mela? Scacciò l'immagine sensuale del ragazzo e focalizzò la propria attenzione sul migliore amico, invidiando i suoi capelli lisci e neri, più lunghi dei suoi di almeno una spanna.

-Non pensavo a lui. O almeno, non solo...- borbottò sedendosi sulla veranda, fissando i piedi.

-Pensi ancora che Gintoki ce l'abbia con te?-

-Perché, non è forse così?- inarcò un sopracciglio -Ma insomma, non ti ha detto nulla?-

-Certo che no. Quello non parla mai!- i due lasciarono cadere quel breve discorso che, da un mese a quella parte, cominciavano senza darsi una vera e propria risposta. Perché Chyo non si sognava le cose ed era convinta che, dal giorno della rissa in palestra, Gintoki la stesse evitando per un motivo a lei oscuro. Il babbeo passava le sue giornate a poltrire e quando non dormiva, studiava con Takasugi e Katsura. Beh, questo fino a che lei non metteva piede nella stanza, salutandoli allegra e lui accampava scuse su scuse, defilandosi dalla loro vista. La scusa più gettonata era “Devo andare al bagno!”, e se inizialmente la ragazza aveva pensato che la sua vescica avesse dei seri problemi, con l'andare del tempo aveva cominciato a capire che lì, l'unico problema, era lei.

-E' troppo giovane per avere la vescica debole.- constatò pensierosa mentre dondolava le gambe.

-Credo ce l'abbia con sé stesso, non con te- fu la constatazione di Zura mentre raccoglieva delle ciliege -Da quando c'è stata la rissa, sembra insofferente quando ci sei tu.-

-Andiamo, non gli ho mai rimproverato nulla!- incrociò le braccia, soppesando le parole dell'amico -La verità è che lui è più contorto di quanto non sembri.-

Zura scese dallo sgabello, riponendo le ciliege nel cesto di bambù, sospirando in sua direzione -In realtà è più semplice di quanto credi. È solo scemo, tutto qui.- raccolse il cesto e dandole le spalle cominciò ad incamminarsi verso il dojo.

-A me non sembra...- mugugnò seguendolo, osservando la sua coda di cavallo ondeggiare a destra e sinistra ad ogni suo passo lento.

-Chyo, perché non vai a parlargli? La parola risolve sempre molti problemi- si fermò, ancora una volta intontita dalle parole di Kotaro. Lui la guardò, le rivolse un sorriso dolce poi continuò -Hai mai pensato che tu, per lui, sia più importante di quanto voglia dare a vedere?- e con quella frasetta sibillina e contorta per il suo cervellino, la Fujiwara rimase immobile sotto il sole, crogiolandosi nell'ansia -Inizia ad andare in palestra, io ti raggiungo.- e senza nemmeno prestargli ascolto, la ragazza si incamminò. Perché più gli anni passavano più Gintoki si rivelava incomprensibile? -

Aprì la porta della palestra con svogliatezza, richiudendola piano quando si rese conto che, a rompere il silenzio, era il russare di un Gintoki addormentato contro il muro. Una strana sensazione di disagio la pervase consapevole che, da molto ormai, non le capitava di passare del tempo in sua compagnia. Certo, dormiva e forse nemmeno si era accorto di lei, ma era già un inizio!

Tolse gli okobo e li prese fra le mani, avvicinandosi in punta di piedi verso l'amico. Si acquattò davanti a lui, osservando la sua espressione rilassata e beata, sorridendo piano nel constatare quanto le fosse mancata la vicinanza con quel cretino. Era talmente pacioso che trasmetteva rilassatezza solo standogli affianco. Una sensazione di pace che nemmeno Shinsuke era capace di infonderle.

-Se non la smetti di fissarmi ti do un pugno- Gin aprì un occhio, sistemandosi meglio mentre, Chyo, imbronciata, mugugnò qualcosa di indecifrabile. Piano si mise composta, scrutandolo di sottecchi pronta ad una sua eventuale fuga. Ma l'amico rimase immobile, apparentemente non turbato della sua presenza e la sensazione che Zura avesse ragione, la fece sentire tremendamente stupida. Magari era lei a farsi troppe fisime, forse Gin non ce l'aveva con lei. Magari aveva davvero problemi di vescica...

-Vuoi qualcosa, Chyo?- la sua voce impastata dal sonno la fece annuire e prima che potesse rendersene conto, le parole uscirono dalle sue labbra con facilità e tremolio.

-Dobbiamo pulire la palestra- deviò le proprie paure, accampando una scusa pur di non dover affrontare alcun argomento con lui. E mentre lo sentiva camminare lento verso l'altra parte della stanza, incominciando lei a pulire il tatami, la voglia di scoprire cosa gravitasse in quel buco nero che era il suo cervello montò in lei, sparpagliando tutti i timori e le preoccupazioni -Gin-chan, posso chiederti una cosa?- domandò pacata, guardando il pavimento con fin troppo interesse. Un grugnito le diede il via libera a parlare e dopo aver preso un respiro profondo, Chyo volse lo sguardo in sua direzione -Per caso sei arrabbiato con me?-

Le parve irrigidirsi, ma forse era solo scocciato di dover lavorare -Perché dovrei?-

-Mi... Mi stai evitando da quando c'è stata la rissa e... E io voglio che tu sappia che a me non importa. Tu non hai fatto nulla di male e- si bloccò, indecisa su come continuare; Gintoki continuava a rimanere in silenzio, dandole le spalle -Cioè, hai fatto una cosa brutta, ma non sono arrabbiata con te e--

-Come se mi importasse di quello che pensi- si voltò di scatto, guardandola con le sopracciglia aggrottate -Chyo, non temo il tuo giudizio, non farti problemi per nulla.-

-E allora perché mi eviti?-

-Non ti sto evitando!-

-Vai sempre in bagno quando arrivo io!-

-Mi concili una visitina al gabinetto, tutto qui!-

-Io cosa?!- gracchiò lasciando cadere la scopa, incollerita dall'atteggiamento infantile del compagno. Perché si ostinava a negare l'evidenza? -Zura dice che dovrei parlarti, ma a quanto pare è tutto inutile. Sei peggio di un muro...-

-E tu sei seccante...- strinse le labbra, conscia che di lì a poco sarebbe arrivata la fine della sua tranquillità -Credo tu ti stia dando troppa importanza. Tu non se così...- si bloccò, guardandola con rammarico e colpevolezza, mormorando un flebile -Scusami...- a cui seguì un'alzata di spalle e il suo lento andare, pronto ad andarsene fuori dalla palestra e, ancora una volta, dalla sua quotidianità.

E qualcosa in lei si frantumò in mille pezzettini. Quelle poche parole, pronunciate con tanta indifferenza, ebbero il potere di spezzare la pace del suo animo, come se la tensione accumulata in tutto quel tempo fosse pronta ad esplodere. Recuperò gli okobo e incurante della propria, scarsa mira li scagliò contro Gintoki, colpendo la sua schiena leggermente ricurva.

-Ahi, ma sei diventata scema?!- si voltò con sguardo assassino e sconvolto, massaggiandosi la parte lesa -Razza di cretina, avresti potuto...Chyo, cos'hai?- l'espressione di Gintoki era qualcosa di nuovo, assolutamente mai visto. Traspariva sorpresa dalle sue sopracciglia inarcate e gli occhi spalancati gli conferivano un'aria più sveglia del solito. E tutto questo, era dovuto al fatto che Chyoko sembrava essere diventata una pantera pronta ad attaccare. Tremava da capo a piedi, teneva i pugni stretti e respirava piano, trattenendosi dal commettere qualche pazzia.

-Non ignorarmi! Guardami quando ti parlo!- strillò dando voce ai propri pensieri, facendo uscire tutte quelle parole che non era riuscita a dirgli.

-Chyo, non fare la primadonna- sbuffò contrariato, come se si stesse infastidendo -Quel primato appartiene già a Takasugi.-

-Io non faccio la primadonna, io voglio solo capire cosa Diavolo sta succedendo! Un giorno siamo amici e la volta dopo non mi degni di uno sguardo. Io non ce la faccio più... Io... Io non-- portò le mani sul viso, stringendole così forte da far divenire le nocche bianche e quando chiuse gli occhi, comprese di essere giunta al limite -Io non ce la faccio se tu non mi parli, Gin-chan.- le proprie labbra tremarono e le lacrime che a lungo aveva ricacciato indietro uscirono prepotenti dagli occhi grigi, solcando le guance rosse.

Un Gin sorpreso e colto contropiede si grattò la nuca, farfugliando frasi a lei incomprensibili. Nel silenzio della palestra, spezzato dai singhiozzi rumorosi del proprio pianto, Chyoko non seppe spiegarsi il perché di quella scenata isterica e nemmeno riuscì a spiegarsi come mai le parole di Gintoki fossero suonate come uno schiaffo in pieno viso. Fu come venire tradite, come se solo lei vedesse del bello in quel loro rapporto di amicizia. O forse lei non aveva mai capito Sakata fino in fondo.

Ma tanto, a che pro dispiacersene proprio in quel momento? Cioè che era stato detto non poteva essere rimangiato e la consapevolezza che tutto le stava sfuggendo dalle mani non fece altro che aumentare il senso di angoscia che l'aveva pervasa. Ad un tratto, però, avvertì una mano fra i capelli scuri e la voce atona di Gin che diceva -Basta piangere. Giuro che non farò più lo stronzo, ma tu smettila- e quando alzò il viso, scorse le sue guance rosate, l'imbarazzo dipinto sul suo viso e un sorriso di sollievo fiorì sulle proprie labbra, come se quel semplice gesto avesse potuto scacciare la tristezza covata in quel mese -Sei proprio una mocciosa.- aggiunge con un ghigno.

-Non sono una mocciosa!- si lamentò, gonfiando le guanciotte rosse per il pianto.

-Per essere una mocciosa, pensi troppo.-

-Ehi, ho quindici anni! Non sono una mocciosa!- ripeté tirando su con il naso, scostando la sua mano, tirandogli le guance cercando di usare tutta la forza che aveva in corpo. Cielo, quanto le era mancata quella faccia assonnata e da stupido.

-Mi sei mancato, Gin-chan.- sorrise raggiante, ridacchiando alla vista della sua aria imbarazzata.

-Tu no, non molto...- gli diede una sberla sul braccio, dimentica per un attimo della lite e della vaga sensazione che, dopo quel momento, nessuna parola sarebbe stata utile e far cessare l'imbarazzo. Per fortuna, la voce tuonante di Shinsuke non le diede il tempo di chiedersi come comportarsi.

-Chyo-chan! Gintoki, dove siete?!-

-Arriviamo, Shin-chan!- squittì la ragazza, sbuffando subito dopo alla vista dell'espressione disgustata dell'amico -E tu non dire niente!- gli fece la linguaccia, zampettando verso gli okobo che giacevano a terra. Li infilò ai piedi e si sistemò la lunga treccia scompigliata, mormorando quando orribile fosse con le occhiaie e quel brufolo sulla fronte.

-Andiamo, per Takasugi non sarai mai più bella di lui- la prese in giro e lei replicò con uno sbuffo, procedendo a passo di marcia verso la porta. Un altro urlo di Shinsuke si levò e i due decisero che, forse, uscire sarebbe stata cosa buona e giusta -Muoviamoci, il tuo fidanzato ti cerca.-

-Non è il mio fidanzato!-

-Ah... Meglio così.- fu un frase appena sussurrata, uno sventolio di farfalla che sfiorò la sua mente in maniera martellante. Che avesse capito male? Che avesse travisato le parole di Gintoki? E colta dai dubbi, un incuriosito:

-Hai detto qualcosa?- l'immerse nell'attesa, speranzosa che non fosse un altro modo di Gin-chan per scomparire. Ma lui alzò le spalle, scuotendo la nuca. E Chyoko si sentì più sollevata mentre sorrideva radiosa in sua direzione, zampettando all'esterno verso il cortile, raggiungendo gioiosa Zura e Shin-chan.

Forse era lei a farsi troppi problemi, forse doveva prendere la vita con più serenità. E chissà perché, ma questo non le veniva così difficile se Gin-chan non scompariva...


Aprì gli occhi pesanti mettendo a fuoco la stanza. L'orologio alla parete ticchettava incessante, segnando le 16.40. Quanto aveva dormito? Non si diede risposta, l'unica cosa a cui pensò fu all'incubo del passato che aveva offuscato la sua mente. E quell'abito di fattura cinese piegato ordinatamente in mezzo al marasma della stanzetta, posato sul tavolino davanti a sé, non aiutava la sua mente già stanca.

Come mai Gin fosse corso fino al Wango per darle quel vestito, probabilmente sarebbe stata un'altra domanda a cui non avrebbe mai dato risposta. Un quesito che si sarebbe aggiunto all'infinita serie di domande che mai avevano ottenuto una risposta decente e che lei, nel corso degli anni, aveva accantonato in angolo. Ma una risposta, in questo caso, la voleva davvero? Storse il naso, lanciando un cuscino sul vestito per nasconderlo alla sua vista, ma fu il povero vaso di fiori a venire colpito, cadendo a terra.

-Promemoria: prendere lezioni di mira.- mugugnò rannicchiandosi meglio sulla poltrona, guardando la televisione che trasmetteva un gioco a premi. Nel proprio giorno libero non sapeva mai cosa fare e se da una parte non vedeva l'ora che quello arrivasse per poter dormire, dall'altra sapeva che ciò avrebbe significato perdersi in pensieri inutili, coltivando così paranoie difficili da scacciare.

Chyo, se ti piace ancora dovresti parlarne con lui.”

Ecco che le parole di Zura tornavano prepotenti nella sua incasinata mente, tartassandola come mai prima di allora. E lei che credeva, alla soglia dei suoi ventidue anni, di aver passato il tempo dei turbamenti e delle crisi adolescenziali, si ritrovava immersa nelle proprie incertezze, soppesando le parole dell'amico come se fossero la chiave per poter trovare un senso a tutto ciò che stava accadendo. Forse era solo paranoica e presto Gintoki sarebbe scappato come al solito, lasciandole l'amaro in bocca e la certezza che, nonostante l'essere cresciuta, alcuni errori non avrebbe mai smesso di commetterli.

E no, Gintoki non era lo sbaglio più bello che avrebbe rifatto volentieri... Era solo un terremoto devastante. Quando Chyoko credeva di aver ripreso in mano le redini della propria vita, subito quel cretino di Gintoki ripiombava come un uragano, mescolando tutti i pezzi del puzzle faticosamente costruito. Un puzzle in cui lei era la protagonista assoluta, l'Atomic Wango era la sua casa e Zura era l'amico fedele della porta accanto pronto a darle una tazza di the amaro e degli elastici per capelli. Sakata non rientrava in tutto questo. Anzi, a dir la verità lui c'era, ma rappresentava quei pezzi di solo cielo, tutti blu, che mai sarebbe stata in grado di assemblare. Così rimanevano sparpagliati e quando sembrava riuscire a congiungerne anche solo un paio, ecco che questi si dividevano, facendole passare la voglia. Che fosse troppo vecchia per cercare di capire un ragazzino di venticinque anni?


Il telefono squillò ma la ragazza non tentò nemmeno di andare a rispondere. Non aveva voglia di alzarsi o di chiacchierare con qualcuno. Che poi, nessuno la cercava mai. Tranne il vecchio Ukitake, il pervertito che le regalava migliaia di rose una volta alla settimana. A proposito, forse quelle appassite andavano gettate nella pattumiera, ora che ci pensava.

Al decimo squillò partì la segreteria e la sua voce scocciata che diceva “Non sono in casa e se anche sentissi il messaggio, non è detto che vi richiami! Soprattutto se hai i capelli argentei e ricci” sovrastò il volume della televisione accesa, tenuto basso per non infastidirla.

-Bambolina, sono Wang. Spero tu ti stia godendo il tuo giorno di riposo- storse il naso, Chyo, al suono della voce baritonale del capo. Non era solito fare telefonate di piacere, quindi aguzzò le orecchie, pronta alla cazzata della giornata -Non appena sentirai il messaggio, fammi il favore di venire all'Atomic Wango a ridarmi i vestiti. E le chiavi dell'appartamento...- colse una nota di severità in quella parola, ma un barlume di speranza le scaldò il cuore: che si fosse finalmente deciso a darle un appartamento più carino? -Da domani non lavorerai più qui. Sei licenziata.- il rumore della cornetta che si chiudeva concluse il monologo di Wang, lasciandola incredula sul divano rattoppato.

Non pronunciò neppure una parola, rimase immobile e incredula. Solo quando realizzò l'accaduto si mise seduta. Era stata licenziata e il sonno era completamente sparito.


********

*Ringraziamo in coro Santa Wikipedia.

Note noiose dell'autrice:

Scompaio per un po' e cosa posto? Una schifezza -.- Purtroppo questo capitolo non mi convince e nonostante le migliaia di modifiche apportate, è stata partorita questa... cosa che spero possa comunque piacere. E il titolo... Non ne parliamo! Ho un foglietto su cui sono segnati tutti i titoli da inserire nei capitoli e nessuno si adattava bene alla situazione. Così ho deciso di riportare una frase che Gintoki dice a Chyo quando erano ragazzini. Per me ha un senso, ma non è facile coglierlo e non so neppure quanto senso abbia a prima vista.

Ho fatto del mio meglio, ma purtroppo questo è il classico capitolo di transizione, abbastanza inutile ma comunque importante. Infatti Chyo e Gin sembrano sulla via del rappacificamento... Ma sarà davvero così? Si inizia inoltre a intravedere la piega che voglio dare al loro rapporto e ormai è palese che, tra quei due, qualcosa ci sia stato nel passato. Altrimenti Chyoko non sarebbe così rancorosa :) Ma è ancora troppo presto per poter parlare di rapporto fra questi bambinoni troppo cresciuti. Ci tengo inoltre a ribadire che le cose fra loro evolvono lentamente perché è questo che voglio che accada. Voglio analizzare i loro comportamenti, dare un senso ai loro gesti e alle loro parole e se mai ci sarà qualcosa che andrà oltre le liti, mi piacerebbe avvenisse perché è nato effettivamente qualcosa. E questo qualcosa ci sarà? Mah, leggendo si scoprirà :)


Ne approfitto per dire: povera Chyoko, non gliene faccio passare una :(  Prima Gin, poi il lavoro perso... Vedrò di farla riscattare :)

Oggi sarò breve, così vi lascio liberi in fretta, ma voglio concludere ringraziando THEARTY per aver messo Walking on my own fra le seguite (se passassi ancora di qui mi piacerebbe sapere cosa ne pensi ;)) ed Elizabeth_smile per la bellissima recensione che ha lasciato al capitolo precedente. Sei sempre gentilissima, cara! 

Ringrazio anche chi sta in silenzio ma continua a leggere :)

Prometto che i prossimi capitoli saranno migliori *.* Mi scuso per eventuali errori. Se me li faceste notare, li modificherò immediatamente :)

Al prossimo aggiornamento,
Geisha.

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Capitolo 6
*** Future imperfect ***


 

Disclaimer: I personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Hideaki Sorachi; questa storia non è scritta a scopo di lucro.

 

Future imperfect

 

Portò la lunga treccia dietro la spalla destra, lisciò il kimono viola pallido e puntò gli occhi grigi e velati di malinconia verso l'Atomic Wango, quel posto di maniaci e provoloni che aveva cominciato a chiamare casa da tre anni a quella parte. Ancora non credeva che, a breve, avrebbe messo la parola fine ad un capitolo importante della sua vita.

Alzò la tenda con un braccio, lasciando indietro l'ansia e la paura, sentimenti che subito la travolsero quando si ritrovò puntati contro gli sguardi sorpresi degli ex colleghi. La barista tornò immediatamente a pulire i bicchieri, le conigliette si lanciarono occhiate curiose e alcuni clienti le sorrisero paciosi, come se si aspettassero un suo numero da un momento all'altro.

Con passo veloce, per quanto quei maledetti okobo glielo permettessero, si diresse verso l'ufficio del malefico alieno tenendo il capo alto, come se ogni vergogna potesse scivolare dal suo sguardo imperturbabile.

-Hai sentito? Wang l'ha licenziata!- riconobbe al volo la voce rauca della barista.

-Chissà perché... Non era la sua Perla?- domandò al suo fianco la coniglietta numero# 2; no, Chyoko non si era mai presa la briga di imparare i loro nomi. A fatica ricordava quello dei vicini di appartamento che la salutavano cordiali ogni santo giorno!

Il chiacchiericcio nemmeno troppo nascosto dei giovani la costrinse a velocizzare il proprio passo in quel tragitto che a lei parve infinito ma finalmente, dopo aver superato il bar e il palco, fiondandosi nella sezione dei camerini, Chyo si ritrovò davanti alla porta che dava all'ufficio del capo. Era stata parecchie volte in quella stanza per allietare le serate dei clienti più importanti, ma mai aveva creduto che vi avrebbe messo piede per consegnargli chiavi e vestiti. Del resto, le ragazze avevano ragione: lei non era la Perla dell'Atomic Wango? Che fosse tempo per lei di andare in pensione?

Bussò con forza, decisa più che mai ad andare infondo a quella faccenda, ma quando la voce pacata di Wang l'accolse con un -Avanti- così calmo, l'energia di Chyo venne meno. Prese un profondo respiro e mise piede nell'unica saletta vagamente accogliente dell'Atomic Wango, lasciando che lo sguardo vagasse sulle pareti bianche, sui dipinti eleganti di non ricordava quale famoso Amanto e infine su di lui, Wang.

-Oh, sei tu Chyo-chan!- si alzò in piedi, indicandole con una mano la sedia libera posta davanti alla scrivania. Bastardo, cos'era tutta quella spensieratezza?! Chyo annuì e fece pochi passi -Bambolina, com'è andato il tuo giorno libero?- le sorrise magnanimo, come se quel messaggio in segreteria non fosse mai stato lasciato; la ragazza non poté non lasciarsi sfuggire una smorfia di disgusto mentre guardava la sedia.

-Uno schifo. Indovina il perché?- si sedette sgraziatamente, mentre il magone prendeva il sopravvento sul training autogeno che si era fatta per tutto quel tempo. Wang, dal canto suo, parve leggermente confuso per tutta quella scarsa gentilezza ma dopo aver sbattuto le palpebre un paio di volte, ecco che un sorriso deliziato si dipinse sulle sue labbra sottili segno che, finalmente, aveva compreso il senso di tutta quella sceneggiata.

-Bambolina, il messaggio diceva di presentarti non appena lo avessi sentito. È passata una settimana!- si appoggiò allo schienale della sedia girevole e la fissò enigmatico, anche se il divertimento traspariva dal viso asciutto.

-Nh, il mio minuscolo mondo non gira intorno a te. Sai, resterai sorpreso, ma ho una vita sociale anche io e non avendo più un lavoro, ho pensato bene di prendermi quelle meritate vacanze che da anni mi prometti e ancora non mi hai concesso.- l'angolo destro delle labbra guizzò all'insù e Wang, a dispetto di ogni sua immaginazione, reagì al suo fiume di parole con una risata felice, appoggiando una guancia sul pugno chiuso.

-Chyo-chan, tu non hai una vita sociale- constatò assottigliando gli occhi verdognoli. La ragazza incassò il colpo con silenzio e vergogna, pregando che l'uomo non scorgesse il rossore d'imbarazzo sulle guance. Si schiarì la gola, decisa ora più che mai a mettere fine a quella messinscena. Ciò che le interessava in quel preciso istante era conoscere il reale motivo del suo licenziamento. Insomma, quando Wang l'aveva assunta come cameriera in quel locale di balordi, mai si sarebbe immaginata di diventarne la Perla, sopratutto perché la sua grazia era pari a quella di un elefante zoppo. Ma poi la prima ballerina si era licenziata e lei senza alcun preavviso si era ritrovata sbattuta sotto l'occhio di bue, davanti ad un mucchio di ubriachi e pervertiti, a danzare. Ed era brava, dannatemene brava; almeno quello se lo concesse! Perché se a cantare faceva schifo visto quanto stonata fosse -perfino la sua doccia aveva provato ad ammazzarla. Alla fine, aveva optato per il suicidio e rimetterla a posto le era costato ben ventimila yen di idraulico!-, a cucinare era un'inetta -l'ultimo superstite era ancora in prognosi riservata- e non era nemmeno stata capace di servire dei maledetti clienti -cinquanta bicchieri rotti nel giro di un'ora sola-, quando danzava sembrava essere un'altra persona, quella Chyoko femminile e sensuale che mai in tutti quegli anni era riuscita ad essere. Nel resto, era una vera incapace... -Comunque, le chiavi dove sono? Per quanto riguarda i vestiti, lasciali pure a Tomoko, al bar. Ci penserà lei a--

-Perché mi hai licenziata?- interruppe il suo monologo con tono serio, per nulla arrabbiato. Si mise a braccia conserte, alzando gli occhi al cielo per studiare il soffitto bianco dell'ufficio, attendendo la risposta di Wang che, al momento, la studiava come se fosse stata ad un colloquio di lavoro.

Il sospiro dell'uomo interruppe il flusso dei suoi pensieri scombinati, facendole riposare lo sguardo su di lui e sulla sua orrenda giacca a scacchi -Chyo-chan, innanzitutto ci tengo a dirti che ti voglio bene. Ti ho cresciuta come una figlia e--

-Oh, ma non dire balle!- soffiò con acidume, disgustata dalla perfida gentilezza di quell'uomo subdolo. Solo perché le aveva dato un lavoro, un appartamento e tante belle parole, quello non faceva di lui suo padre. Anche perché suo padre le aveva voluto veramente bene prima di passare a miglior vita.

-Bambolina, come sei nervosa. Dovresti tranquillizzarti un po', altrimenti ti verranno le rughe. E noi non vogliamo che quel bel visino si sciupi, vero?- la ragazza grugnì in risposta, sbuffando subito dopo quando lo vide alzarsi per avvicinarsi alla teca dei liquori. Che volesse corromperla con un po' di sake?

-Te ne fregherebbe qualcosa? Tanto ne troverai un'altra per rimpiazzarmi. Di sicuro avrà i capelli più lucidi dei miei, i fianchi meno grossi e sarà più simpatica. Sai, il signor Saito sta vendendo delle oche a metà prezzo giù all'angolo, magari ti faciliterà nella scelta.- appoggiò il mento su di una mano mentre incurvava la schiena verso la scrivania di ciliegio, storcendo il naso nell'udire la risata dell'uomo.

-Ecco cosa apprezzo di te! Sei sempre così piena di sarcasmo!-

-E tu sei un idiota- bisbigliò a sé stessa, sventolando una mano quando lo vide posare un bicchierino di sake davanti al suo naso -Allora, perché mi hai licenziata?-

L'uomo si avvicinò all'enorme finestra che dava sulla strada, dandole le spalle mentre lasciava che il silenzio li avvolgesse -Ricordi la regola numero uno dell'Atomic Wango?- domandò poco dopo con tono di voce basso, serio, così poco da Wang che quasi se ne spaventò.

-C'era un regolamento?- replicò ironica, roteando poi gli occhi per la stizza. Sbuffò, prese fra le dita fini il bicchierino di sake e studiò il liquido trasparente, dicendosi che bere così presto non avrebbe giovato alla sua già fragile bellezza -Senti, se me la vuoi far pagare per aver risposto male al signor Maeda va bene. Ma toglimi un mese di paga, non lasciarmi senza lavoro!-

-Bambolina--

-E ci tengo a precisare che è stato lui a palparmi il seno mentre scendevo dal palco. Il mio schiaffo è stato solo legittima difesa e--

-Chyoko, non me ne frega niente di Maeda! Ormai sono abituato ai tuoi gesti, come dire, poco eleganti- si voltò massaggiandosi le tempie e la giovane, nella propria mente, si fece un promemoria: ricordarsi che è cosa buona e giusta farsi toccare dai maniaci senza reagire, perché così la femminilità verrà premiata. Altrimenti ti ritrovi senza lavoro, senza fidanzato e senza casa -E non ti licenzierei per così poco- se non era il Signor Maeda, allora cosa aveva combinato di così grave? E mentre il suo cervello si lambiccava alla ricerca di una risposta, il suo ormai ex-capo ripeté con calma -Qual'è la regola numero uno?-

-Non avere relazioni con i clienti- rispose prontamente, stravaccandosi sulla sedia mentre guardava di lato. Ed era quello che lei aveva sempre fatto: mai nessun appuntamento, mai nessuna parola di troppo, mai nessuna emozione che potesse farle commettere qualche pazzia, soffocare i propri sentimenti verso quel cliente carino e premuroso che, più di una volta, aveva dimostrato interesse per lei e non per la sua terza di reggiseno... E tutto solo per non venire lasciata a casa. Ma a quanto pareva, qualcosa con qualcuno doveva averla combinata se l'alieno era arrivato a prendere quella drastica decisione -Nh, come se qualcuno potesse pensare di avere una storia con una ballerina.- mormorò amaramente divertita, ignara che Wang avesse colto le sue parole.

Questo infatti ridacchiò, piegandosi leggermente verso la scrivania mentre con un ghigno la fissava angelicamente -Eppure, qualcuno che ti ronza intorno c'è- Chyo lo fissò, inarcando un sopracciglio -Ha dei capelli strani e orribilmente ricci, lo sguardo da scemo e bombarda l'ambasciata dei miei amici.- se non fosse stato un tipo elegante, Chyo avrebbe giurato che un grugnito sarebbe potuto uscire da quelle labbra ora piegate per l'irritazione. E grazie a quella spiccia descrizione, la giovane comprese chi fosse il soggetto di tanta rabbia: l'unico, l'onnipresente Sakata Gintoki. Una vera e propria spina conficcata nella palma del piede, ormai.

Una risata nervosa si spanse nell'aria, aumentando la tensione ormai palpabile e più le lacrime uscivano, più la giovane si rendeva conto di essere arrivata ormai al limite della sopportazione. Possibile che quell'idiota, indirettamente, le avesse fatto perdere il lavoro?!

-Se trovi tutto così divertente, perché non lasci le chiavi e torni a casa?-

-Tra me e quell'idiota non c'è assolutamente nulla!- sbottò lei in risposta dopo essere tornata seria. Ed era così, era la pura verità! E non poteva essere incolpata perché le faceva delle visite sgradite quando meno se lo aspettava.

-Idiota... Quanta importanza per uno con il quale non hai nulla da spartire.- parlò piano, rigirando il bicchiere di sake fra le mani, poi le lanciò un'occhiata.

-Credo che anche tu sia un idiota. Però tra me e te non c'è nulla- E ti vesti come tale. Cielo, quella giacca a scacchi è improponibile!, avrebbe voluto confessargli, ma cacciò le parole in gola e si trattenne.

-Che i Kami me ne scampino, Bambolina. Stare con te sarebbe come fare un giro infinito di montagne russe.- rise di gusto, Wang, facendola imprecare a mezza voce. Come se già non lo sapesse di essere un caso perso con gli uomini!

-Comunque, è la verità. Tra me e lui non c'è mai stato nulla. Mi doveva un favore, tutto qua.- spiegò con calma, abbassando il capo per non incrociare lo sguardo attento dell'alieno.

-So che siete cresciuti assieme e che avete preso parte alla guerra contro gli Amanto. Siete stati nella stessa fazione e, forse, nello stesso le--

-Abbiamo combattuto assieme la guerra contro gli Amanto, ma più di questo non c'è stato nulla.- lo interruppe dura, sentendosi nuda di fronte al fatto che Wang sapesse particolari del suo passato che lei stessa aveva taciuto per tutti questi anni. Nessuno a parte Zura sapeva i suoi pensieri riguardanti la guerra, la sua infanzia e Gintoki. E la domanda sorse spontanea: come Diavolo faceva a sapere?

Chyoko non era mai stata riservata, era vero, ma solo all'età di sei anni. Da piccola era stata una pentola di fagioli, sempre con quel forno aperto per dare aria ad ogni pensiero che le vagava nella mente. Quasi sempre erano cavolate assurde ma lei non si perdeva d'animo e continuava a chiacchierare. Crescendo aveva imparato che non sempre dire la propria portava a qualcosa di concreto e che molte cose andavano tenute nascoste perché semplicemente segrete, proprie, non spiegabili ai più. E se aveva trovato una fonte di sfogo in Katsura, era anche vero che aveva smesso di esporre i propri stati d'animo agli altri da ormai parecchio tempo. E Wang non era un'eccezione.

-Le mie fonti dicono il contrario.- sussurrò con malizia, socchiudendo gli occhi.

La ragazza non si premurò nemmeno di chiedergli chi avesse cantato, conscia che avrebbe ricevuto solo una risata in cambio -É stato tanto tempo fa- si arrese, scompigliandosi i capelli con le mani mentre, con un sospiro, lasciava uscire tutta la propria ansia -E comunque, Gintoki non è un cliente!-

-Ah, già, Gintoki Sakata. Per un momento lo aveva scordato. Il grande e temuto Shiroyasha. Rammento che alcuni amici, scampati alla sua ira, tremano ancora al ricordo di quel giovanotto- Chyo serrò le labbra, lasciandosi corrodere dall'acido che avrebbe voluto sputare su quel maledetto alieno -Ad ogni modo, se bazzica nel mio locale è un cliente come tutti gli altri.-

-É entrato una volta sola, e solo perché aveva vinto un omaggio!-

-A me pare sia entrato anche la settimana scorsa.-

-Te l'ho detto! Mi doveva un favore! Probabilmente non ci rivedremo mai più!- e come al solito, al pronunciare quella frase o al semplice pensiero che sarebbe potuto essere davvero così, Chyoko avvertì una fitta al cuore che le tolse il respiro. Provò ad ignorarla, ma non le venne così facile come avrebbe voluto.

-Bambolina, come posso crederlo? Sai, mia madre era solita dire: non si chiude mai la porta in faccia al passato. Prima o poi, ci si ricade di nuovo.-

-E mia madre diceva: diffida dagli uomini. Sono tutti una manica di cretini.-

-Beh, se la passavano male entrambe!- l'alieno rise di gusto mentre Chyo si lasciò prendere dallo sconforto. Quell'Amanto era diventato imbecille d'un tratto. E poi non c'era nulla di comico in quella situazione! Almeno, non per lei -Comunque, non torno indietro bambolina. Sei stata brava, ma l'Atomic Wango ha bisogno di una nuova stella e--

-Io non sono stata brava! Io sono stata la migliore!- presa da un impeto di megalomania, Chyoko bloccò il suo discorso con voce sprezzante, certa che l'ex capo l'avrebbe derisa con gioia. Ma ciò non avvenne, a scapito di tutte le sue elucubrazioni. Semplicemente la fissò con un sorriso, la perfidia traspariva dai suoi occhi verdognoli e le parole giunsero come lame affilate:

-Come se ci volesse chissà quale bravura per fare uno spogliarello e andare a letto con qualche cliente.- incassò il colpo con il silenzio, stringendo i pugni e serrando le labbra. L'orgoglio che aveva abbandonato mettendo piede in quel Night Club come ballerina, era completamente svanito. Chissà se sarebbe ritornato.

-Che motivo stupido per licenziarmi.- sussurrò stanca, portando le mani sul viso come se ciò potesse nascondere la sua sconfitta. Sconfitta che giunse solo quando Wang decise, probabilmente, di chiudere quella conversazione con il colpo di grazia:

-Chyoko, mettitelo bene in testa una volta per tutte- avvertì il rumore della sedia che si spostava e quando alzò il viso, lo sguardo si infranse sulla schiena dell'uomo -Non sei così indispensabile come vuoi credere.-

Il colpo arrivò, scagliato con freddezza e cattiveria, dritto e preciso al suo cuore,. Chyo trattenne il fiato, strinse gli occhi con forza onde evitare che le lacrime a lungo trattenute scendessero, rendendola più paretica di quanto già non si sentisse. Recuperò le chiavi dalla tasca della borsa e il loro tintinnio fu l'unico suono che riempì la stanza silenziosa, mentre le posava sulla scrivania -Hai un mese per trovare una casa nuova, dopodiché mi ridarai le chiavi- e come un automa le recuperò, si alzò evitando di pensare alle mille parole scambiate con Wang, all'umiliazione ricevuta nel constatare che, nonostante la sua bravura, non era poi così indispensabile e alla sensazione di aver sbagliato tutto nella propria vita. Sentì lo sguardo di Wang perforarle la schiena stretta mentre si dirigeva verso la porta dell'ufficio; ora era pronta ad andarsene -Chyo-chan, lo so che adesso mi odi...- colse una nota di tristezza nelle sue parole appena sussurrate, costringendola a stringere la mano sul pomello con forza, senza però avere il coraggio di aprire quella porta che avrebbe sancito la fine del suo rapporto con l'Atomic Wango -Ma credimi, un giorno capirai- volse il viso, incrociando i suoi occhi sottili e verdi -Forse, allora, mi perdonerai.- e senza avere nulla da dire, senza la forza di resistere a quello slancio di dispiacere immotivato, Chyoko aprì e si fiondò nel corridoio, lasciandosi indietro un tassello della sua strampalata vita.

Quando percorse il bar non salutò nessuno, nemmeno i clienti che si rivolgevano a lei calorosamente. Semplicemente li ignorò, dicendosi che ormai nulla di tutto quella le apparteneva. E venendo accarezzata dalla brezza mattutina una volta per strada, lasciandosi circondare dal vociare della città ormai sveglia che la sfiorava senza trascinare via i suoi pensieri, solo una frase vorticava nella sua testolina confusa:

Non sei così indispensabile come vuoi credere”

Un sorriso amaro le spuntò sulle labbra. Del resto, lei, lo era mai stata per qualcuno?

 

Correva freneticamente incespicando nei propri passi, capitombolando a terra ogni volta che i suoi piedi si scontravano con qualche sasso. In lontananza poteva avvertire le grida della gente, il rumore dei fucili e le risate sguaiate di quegli essere orribili che avevano invaso il loro tranquillo villaggio.

-Stai bene?- domandò Shinsuke alla sua ventesima caduta, riprendendo fiato mentre si asciugava la fronte con la mano libera -Non abbiamo tempo da perdere, Chyo-chan.- l'aiutò ad alzarsi, ma la ragazza rimase immobile, il capo chino e le spalle tremanti.

-Shin-chan, voglio tornare indietro- mormorò piano, la voce appena udibile in mezzo al frastuono della battaglia -Voglio andare da mamma e papà.-

-Non essere sciocca! Non possiamo tornare indietro, ci ammazzeranno!- tentò di farla ragionare, provando di nuovo a sollevarla da terra, ma la ragazza sembrava essere diventata un tutt'uno con il terriccio. E Shinsuke, probabilmente spossato, lasciò andare la sua esile mano e cominciò a stropicciarsi il viso, imprecando a mezza voce.

-Voglio andare da mamma e papà.- ripeté stringendosi nelle spalle, incurvano ancora di più la schiena mentre le lacrime scendevano senza ritegno. In quel momento, non le importò che il suo Shin-chan potesse assistere alla sua debolezza, non le importò degli occhi rossi e gonfi e nemmeno del suo tirare su con il naso poco elegante: voleva solo andare dai suoi genitori e accertarsi che, quei corpi martoriati stesi a terra in mezzo ad un lago di sangue, fossero solo un incubo.

-Non abbiamo tempo. Gintoki e Zura ci aspettano al dojo.- fu tutto ciò che le concesse, guardandosi in giro con circospezione.

-Non voglio andare al dojo! Voglio andare da mamma e papà!- strepitò di nuovo, scuotendo la nuca con forza.

-Anche se tornassi sarebbe tutto inutile.-

-Non mi interessa, non mi interessa, io voglio andare a casa!- portò le mani fra i capelli, disperata e senza alcun barlume di razionalità. Sembrava impazzita, incapace di riuscire a fare il punto della situazione. L'unica immagine vivida nella sua mente era la sua corsa frenetica verso casa, i genitori privi di vita e poi quegli esseri che cercavano di attaccarla. E se non fosse stato per il tempestivo intervento di Shincuke, probabilmente non sarebbe lì a cercare di andare avanti.

-Chyo-chan, devi stare calma- sentì il corpo del ragazzo più vicino, così come la sua voce risultava meno arrabbiata e distante; alzò il viso rigato di lacrime, scontrandosi con la sua espressione stanca e spaesata, segno che nemmeno lui sapeva cosa fare o dire in quella situazione. Un altro colpo di fucile interruppe il suo pianto e la sua disperazione, costringendola a guardarsi attorno con paura -Sapevamo che presto o tardi sarebbero arrivati fino Chōshū. I villaggi adiacenti sono già stati conquistati dagli Amanto.- spiegò con disgusto, pulendosi la fronte dal sangue che colava. Altre urla sovrastarono il pianto di Chyo e le parole di Shinsuke, mettendoli in guardia da un possibile arrivo di uno di quegli alieni.

-Saremmo dovuti scappare tempo fa!- mormorò Chyo asciugandosi gli occhi con una manica, coprendosi le orecchie quando udì il millesimo colpo di fucile -Mamma voleva andarsene, ma io le avevo detto di restare. Non volevo andarmene via da voi.- confessò piegando il capo, lasciando che nuove lacrime le rigassero le guance rosse. Se solo avesse dato retta ai suoi genitori, loro non sarebbero morti e lei non si sarebbe ritrovata a fuggire con quel peso sulle spalle e con i rimorsi che la stavano divorando.

-Se foste scappati, gli Amanto vi avrebbero trovati lo stesso- furono le dure parole che Shinsuke le rivolse, probabilmente spazientito dal suo atteggiamento -Avresti solo allungato la loro vita di qualche giorno.- concluse lapidario, afferrando la sua mano per sollevarla da terra, cominciando di nuovo a camminare veloce lungo il sentiero. E quando lei inciampò ancora, quando sentì l'imprecazione dell'amico uscire dalle sue labbra sottili con nervosismo, Chyoko sussurrò un flebile:

-E' meglio se mi lasci qui. Sono solo di impiccio.-

Un rumore secco si levò intorno a loro e Chyo guardò con sorpresa la mano sollevata a mezz'aria di Shinsuke, poi portò la propria sulla guancia dolorante. Il dolore era pungente e si mescolava ai sensi di colpa che le attanagliavano lo stomaco.

-Credi di essere l'unica a stare male?! Anche i miei genitori volevano scappare, anche quelli di Zura non volevano più restare qui!- respirò pesante, gli occhi verde oliva sgranati per la rabbia e lucidi, le mani tremanti, come se da un momento all'altro si sarebbe potuto scagliare contro di lei, ora incredula e silenziosa.

-Shin-chan... I tuoi genitori--

Le diede le spalle, cominciando di nuovo a camminare -Non mi va di parlarne.- la interruppe con durezza, senza aspettarla. In quell'istante, Chyoko comprese la dura realtà: non solo lei aveva perso qualcuno di caro, ma anche Sinsuke era rimasto da solo. La differenza era che Takasugi cercava di farle forza nella propria brusca maniera soffocando il proprio dolore, lei invece non faceva altro che riversare la propria angoscia su di lui. Piano, si sollevò da terra, corse verso di lui afferrando la sua mano facendo attenzione a dove metteva i piedi. E mentre si lasciva di nuovo trascinare verso chissà quale meta, Chyo lanciò un'ultima occhiata alla propria casa che poteva intravedere dalla salita.

Si asciugò le lacrime con la mano libera e volse il viso dritto davanti a sé. Doveva farsi forza e non perdersi d'animo, doveva andare avanti. E intanto rivedeva il sorriso dolce della madre e sentiva la risata allegra del padre...


-Chyo-chan, come sei mattiniera!- a risvegliarla dall'incubo ad occhi aperti in cui era piombata ci pensò Katsura, composto come al solito. Aggrottò le sopracciglia, studiando il suo abbigliamento da bonzo.

-Che ci fai nella Strip? Non avrei mai detto che--

-Baka, non sono qui per assaporare i piaceri della carne. E comunque non siamo a Kabukicho.- a quelle parole, Chyo realizzò di aver camminato per chissà quanto senza nemmeno essersene resa conto. Incredibile come nessuno le avesse portato via il portafogli o l'avesse accidentalmente investita.

-Ah, già...- osservò le bancarelle attorno a sé, poi lanciò un'occhiata scettica all'amico -Non so se te ne sei accorto, ma c'è un pupazzo gigante che ti sta seguendo.- Chyo puntò il dito contro l'enorme paperone che affiancava uno Zura incurante di tutto.

-Non è un pupazzo, è Elizabeth!- sorrise in direzione del coso, invece a lei regalò l'espressione più truce che aveva nel repertorio.

Chyo si massaggiò le tempie -E che Diavolo sarebbe Elizabeth?-

-Non saprei... Stamattina mi sono svegliato e me lo sono ritrovato davanti alla porta di casa con un biglietto. A quanto pare Sakamoto ha deciso di farmi un regalino- la papera tirò fuori un cartello con sopra scritto “Piacere di conoscerti, Chyoko” a cui la diretta interessata replicò con un poco sentito “Piacere mio” che fece irritare Katsura -Potresti essere un po' più gentile con Elizabeth! E se si offende?!-

-Stai scherzando, vero?!- fulminò l'amico con un'occhiata, ma quando vide due grossi goccioloni scendere dagli occhi dell'alieno, subito Chyo agitò le mani, farfugliando un imbarazzato -Lieta di fare la tua conoscenza, Elizabeth!- che lo fece tranquillizzare -Perché a me non ha regalato nulla?- imbronciata, superò il compagno di sventure pronta a dirigersi verso casa. Sentì i loro passi dietro sé, segno che non l'avrebbero lasciata in pace tanto presto.

-Forse perché non ti sei più fatta sentire da quando la guerra è terminata?- la rimproverò pacato, ricevendo un'imprecazione in cambio.

-Nemmeno tu gli hai mai scritto!-

-Già, ma io sono più simpatico di te.- e per la terza volta nel giro di due ore, Chyo incassò il colpo con magistrale noncuranza.

-Si può sapere perché te lo porti appresso?- bisbigliò poco dopo, guardando il paperone di sottecchi.

Katsura le sorrise placido e poi rispose con un sentito -E' tremendamente carino- che per poco non le fece cadere le braccia. Certo che la gente era davvero strana, non c'era che dire! -Piuttosto, che ci fai in giro a quest'ora? Hai appena finito di lavorare?- si sentì studiata, capendo che una filippica su quanto quel lavoro fosse degradante sarebbe partita di lì a poco. E la Fujiwara, spossata dalla discussione con Wang e dal passato che ancora una volta le aveva fatto una visita di scortesia, decise di troncare ogni possibile ramanzina.

-Più o meno...- ma cogliendo la confusione nel suo sguardo, Chyo si stropicciò il viso e con tono stanco mormorò un afflitto -Mi hanno licenziata.-

*******

Più lo guardava più Gintoki se ne convinceva: Sakamoto era un coglione e probabilmente lo sarebbe sempre stato. Lo spazio che lui amava tanto girava anche nella sua mente e quella risata sguaiata che stava martellando le sue orecchie da ore non faceva altro che alimentare questa sua certezza.

-Kintoki, grazie ancora per avermi salvato! Ah ah ah!- gli diede una pacca sulla spalla che per poco non lo fece cadere sul marciapiede. Ma cacchio, perché lo stava seguendo? Non aveva qualche pianeta da conquistare con la sua idiozia?!

-La prossima volta ti lascio crepare.- digrignò i denti mentre si massaggiava la parte lesa, lanciandogli un'occhiata di fuoco. Solo qualche ora prima era stato attaccato da una specie di piovra del deserto che aveva rapito Sakamoto e preso da chissà quale slancio di bontà, si era fiondato alla riscossa per salvare le chiappe dell'amico. Ma giurò, questa sarebbe stata l'ultima volta. Un idiota in meno, del resto, avrebbe solamente reso l'aria più pulita.

-Suvvia, Gin-san! Dovresti essere contento di aver rivisto un amico dopo così tanto tempo!- Shinpachi, di fianco a sé, si sistemò gli occhiali sul naso e sorrise in sua direzione. Gintoki roteò gli occhi mormorando un flebile “Razza di moccioso” che però non venne captato dal diretto interessato.

-Sono così felice che mi è venuta voglia di ubriacarmi e dimenticarmi tutto, pensa un po'.- li superò, speranzoso che lo lasciassero perdere almeno per quel pomeriggio. Aveva davvero voglia di ubriacarsi, non era mica una bugia! Voleva prendersi una sbronza colossale e fare tabula rasa degli ultimi mesi, dimenticando un bombarolo dai capelli lisci e lunghi, un idiota dalla chioma riccia e castana che rideva sempre e una ragazza dai fianchi larghi e dagli occhi grigi che ancora avevano il potere di togliergli il fiato. Ecco, in particolare voleva dimenticare l'arpia dallo sguardo paralizzante.

-Oh, ottima idea Kintoki! Che ne dici se andiamo in qualche localino? Dicono che sulla Terra ci sia molta varietà!-

-Il mio nome è Gintoki, quante volte dovrò ripeterlo?!- sbottò infuriato dandogli un calcio sul ginocchio, pregando che questo lo facesse desistere dal seguirlo. Ma quello continuava a trotterellargli dietro pacioso e senza pensieri come se nulla fosse -E poi non frequento certi posti.- tagliò corto, pregando che si levasse dalle palle. Ma non doveva ripartire per lo spazio, seriamente?

-Tu frequentare certi posti, invece- la vocetta gioviale di Kagura li fece voltare. Era piegata sulle ginocchia e beata accarezzava la testa di un cane, dando voce ai suoi pensieri cretini -Io avere trovato strano biglietto su scrivania. Diceva: “Benvenuti all'Atomic Tango”!-

Shinpachi arcuò un sopracciglio -Ti sei dato alla danza, Gin?-

-Idiota, si chiama Atomic Wango! E non lo frequento, ci sono capitato per sbaglio un paio di volte.-

-Come fai a capitare per sbaglio in un Night Club?!- berciò Shinpachi con una vena pulsante sulla tempia.

Gin si massaggiò il collo, mugugnando un flebile -C'era del cibo gratis- accompagnando il tutto da un'alzata di spalle -E comunque non è un Night Club! È un locale come tanti.- farfugliò imbarazzato, cercando di uscire fuori da quel discorso vincitore. Ma Kagura aveva da parte sua un'arma micidiale: l'ingenuità dei mocciosi che li spingeva a spifferare tutto quello che passava loro per la testa.

-C'era una donnina nuda sul biglietto da visita!- trotterellò dietro di loro, sorridendo all'indirizzo di Gintoki. Questo si bloccò, puntandole il dito contro con fare nervoso.

-Non è una donnina nuda! È solo una che fa la lap-dance!-

-Oh, ma allora è un bel posto!- batté le mani Sakamoto, rendendo vagamente idiota quella discussione già di per sé imbarazzante e senza senso.

-No, in realtà è uno schifo, pieno di ubriachi e gente depravata, con cameriere simpatiche come un gelato rancido e un'arpia come ballerina.- spiegò spiccio, procedendo in direzione casa. Magari se si fosse infilato sotto le coperte avrebbero smesso di importunarlo con domande del cavolo e soprattutto non si sarebbero impicciati degli affari suoi. Perché se andavano avanti di questo passo, presto sarebbero riusciti a scoprire che la ballerina arpia aveva in realtà un nome e un cognome che era meglio dimenticare.

-Ma sono carine almeno le cameriere?- indagò Sakamoto, divenendo serio come se quell'argomento lo toccasse nel profondo. Maledetto maniaco! Non era cambiato di una virgola. L'espressione da molestatore era la stessa e quegli occhiali da sole che si ostinava ad indossare non facevano altro che conferirgli un'aura di depravazione da cui tutte le ragazze sembravano fuggire. Già non era fortunato in amore e trovare qualcuna che lo trastullasse di notte era un'impresa ardua a cause dei suoi capelli; se andava in giro con gentaglia del genere, sarebbe rimasto single a vita! Non che gli dispiacesse la vita da scapolone, ma avere una ragazza nel futon di tanto in tanto non sarebbe stato male.

-Come se le avessi guardate.- biascicò sventolando una mano. Ed era così. Era entrato assonnato e ubriaco, la vista sfuocata e che non gli permetteva di capire cosa stesse accadendo intorno a sé. I suoi occhi in quel momento era stati quelli di Hasegawa, conciato peggio di lui e quindi inaffidabili. L'unica che avrebbe potuto descrivere per filo e per segno era Chyoko, ma solo perché a causa sua la sbronza era passata.

-Sei andato lì solo per mangiare?- deluso, l'amico si mise a braccia conserte. Gintoki imprecò a mezza voce ma non replicò alla sua sciocca domanda, cosicché l'argomento potesse cadere nell'oblio.

-Gin essere pozzo senza fondo.-

-Kagura, non disturbare Gin. Non vedi com'è nervoso?- bisbigliò Shinpachi -Insomma, è andato in un Night Club e non è nemmeno tornato a casa con qualche numero di tele--

-Volete chiudere la bocca, voi due?- sbottò alzando le braccia al cielo, sbattendole poi sui fianchi per concretizzare la propria rabbia. Cielo, che impiastri!

-Ah ah ah, anche perché Kintoki ha già una fidanzata!-

La frase di Sakamoto gelò i presenti che, sotto la sua risata allegra, si fissarono silenziosi e immobili. E adesso cosa andava a farneticare quel decerebrato? Saltarsene fuori con cazzate del genere, per di più davanti a quei due creduloni di Shinpachi e Kagura!

-Hai una fidanzata?!- trillarono i due compagni di sventure, portando una mano sulla bocca spalancata.

-Gintoki, idiota!- poi strabuzzò gli occhi -Ho una fidanzata?!-

-Ah ah ah non fare finta di niente, Kintoki! Per quanto volevi tenerlo nascosto?- e come se temesse il peggio, Gintoki deglutì a quelle parole perché aveva il vago sentore che presto Sakamoto avrebbe tirato fuori l'argomento scomodo per eccellenza -Stai ancora con Chyoko, vero? Salutamela appena la vedi!- ecco, appunto. Ma perché da un po' di tempo la gente si ostinava a parlare di quella megera dai fianchi larghi? Sembravano farlo apposta! O forse, era il suo cervello a darle più peso di quanto lui volesse.

-Nh, non la vedo da anni.- replicò grattandosi la nuca, conscio che se manteneva indifferenza forse l'amico avrebbe desistito dal continuare quel discorso. Ma come al solito Tatsuma era in vena di chiacchiere.

-Quindi tu e Chyoko non siete più compagni di letto?-

-Vuoi chiudere la bocca?-

-Gin-san, chi è Chyoko?-

-Gin-chan, che cos'è una compagna di letto?-

-Volete stare zitti?! E non ascoltate quel cretino, che vi fate delle idee sbagliate!-

-Allora hai avuto una fidanzata!- Shinpachi gli puntò il dito contro, meravigliato. Beh, ma che storia era?! Dava davvero l'idea di un verginello che a venticinque anni suonati non aveva ancora scoperto l'universo femminile?

-Niente del genere! Quella non è mai stata niente di importante!-

-Ah ah ah a me non sembrava così! Non eravate voi che vi nascondevate nel ripostiglio mentre noi festeggiava-- Gintoki mollò un pugno sul viso dell'amico, lasciandolo mezzo tramortito a terra.

-Gin-chan essere come tutti uomini. Prima prende donna, poi la lascia come se lei roba vecchia. Mia mamma diceva di diffidare da uomini così.-

-Più ne parli, più credo che tua madre abbia avuto una vita disastrata con il sesso maschile- biascicò Shinpachi mentre con una mano muoveva il corpo esanime dell'uomo spaziale -Ehi, Gin! Kagura ed io andiamo a fare la spesa!- li salutò con una mano, procedendo beato verso casa. Ma per sua sfortuna, mentre andava a passi lenti e pigri lungo le vie di Edo, Tatsuma lo raggiunse con fare vispo, trotterellandogli affianco.

-Quindi non vi vedete più?- rimase zitto, fissando davanti a sé imperturbabile -Credevo che tu e lei sareste stati assieme anche dopo la guerra, che avreste avuto dei bambini e che uno lo avreste chiamato come il sottoscritto!- Sakamoto se ne uscì con quella confessione bizzarra che, per poco, non lo fece andare a sbattere contro il lampione. Cielo, che cosa rivoltante! Lui e Chyo sposati con prole al seguito... Nemmeno i suoi incubi peggiori avevano dato vita ad uno scempio simile!

-Spero che questa sia solo la stesura del copione per un film del terrore- mormorò tetro, vedendolo sghignazzare felice come un bambino a cui avevano appena regalato un giocattolo -E poi chi darebbe mai al proprio figlio il tuo nome? Anzi, chi si azzarderebbe a mettere al mondo un figlio con quella?- alzò le braccia al cielo, incamminandosi verso casa a grandi falcate, deciso a lasciarsi indietro quell'impiastro. Purtroppo per lui, il pirla spaziale era ancora al suo fianco.

-Ricordo che quella ti piaceva da morire.- quando ci si metteva, Sakamoto sapeva toccare con abilità i punti dolenti, gliene dava atto.

-Chiudi quella fogna!- con voce cavernosa, volse lo sguardo verso il compagno di battaglie, scorgendo la sua espressione placida come se quell'argomento fosse di ordinaria amministrazione. Peccato che per lui parlare della Fujiwara non fosse proprio una passeggiata.

-Allora le cose tra voi vanno proprio male!- e giù a ridere, manco avesse raccontato una barzelletta. Ma a quella semplice constatazione, Gintoki non rispose e nemmeno provò a trovare una risposta che potesse soddisfare l'appetito di gossip dell'amico.

La verità era che nemmeno lui sapeva come andavano le cose con Chyoko: il giorno prima la prendeva a parole e il giorno dopo correva al suo posto di lavoro per regalarle un abito rosso di fattura cinese, dicendosi nel proprio piccolo che essere perdonato almeno per una cazzata sarebbe stato il massimo dell'aspirazione. Poi non si vedevano per una settimana e lui non ne sentiva la mancanza e non provava nemmeno ad imbattersi in lei. Eppure, perché se saltava fuori il suo nome, subito la voglia di vederla galoppava nella sua mente come un chiodo fisso?

-Non sono mai andate bene- tagliò corto rallentando il passo, guardando dritto davanti a sé per evitare lo sguardo confuso dell'amico -Era solo un gioco.-

Bisognava passare il tempo. Era questa la frase che si ripeteva come un mantra se solo ripensava al suo trascorso con Chyoko. Era un passatempo piacevole, l'unica certezza che si era potuto concedere quando tornava da una battaglia, con la completa consapevolezza che lei sarebbe stata lì ad aspettarlo. Era una nota felice nel grigiore della sua esistenza ma era comunque qualcosa di poco conto, non meritevole di attenzione. Così era stato e così continuava ad essere. Ma quando Gintoki volse lo sguardo verso Sakamoto, ora intento a provarci con un paio di ragazze, subito quelle frasi scomparirono dalla mente, lasciando spazio ad un unico ricordo che, nonostante il tempo, non se ne era andato via.

Perché tutte le parole venivano meno se ripensava che, quando quel cretino di Sakamoto gli aveva proposto di girare lo spazio assieme, lui aveva rifiutato solo per poter vedere un giorno in più Chyoko...


Appoggiato al muro del tempio diroccato, Gintoki fissava davanti a sé senza vedere i tre amici intenti a discutere. O meglio, Takasugi e Katsura discutevano di non aveva capito quale fuga, Chyoko si medicava i piedi con una garza prestatagli da Zura pochi minuti prima.

-Ehi, tu cosa ne pensi?- solo in quel momento si accorse della vicinanza di Zura, ora a pochi centimetri da lui. Doveva avergli rivolto uno sguardo davvero confuso a quella domanda, perché con calma l'amico spiegò a cosa si stesse riferendo -Dobbiamo andarcene da qui, gli Amanto potrebbero tornare. Verrai con noi?- aveva il viso sciupato, Zura, i capelli scompigliati e l'espressione spossata. Avrebbe voluto confessargli che in quel preciso istante non gliene fregava di niente e nessuno, ma capendo che la situazione in cui gravavano era troppo per degli adolescenti, si limitò ad annuire -Gintoki, stai bene?- mormorò poco dopo, guardandolo negli occhi cremisi.

Subito nella mente di Sakata riemersero le immagini che ancora non lo abbandonavano e che, probabilmente, mai lo avrebbero lasciato.

Il suo correre frenetico verso il dojo, le fiamme che ardevano e che gli impedivano di avvicinarsi, il suo chiamare il Maestro senza ricevere alcuna risposta. E poi il suo grido disperato mentre le lacrime scendevano copiose sul viso. Distolse lo sguardo e appoggiò la testa contro il muro -Sto bene. Mai stato meglio.- replicò atono, pregando che Katsura non lo guardasse più con preoccupazione.

-SE lo dici tu...- bisbigliò per nulla convinto, delicato come al solito nel non insistere. Lo vide poi volgere il busto in direzione dell'amica -Chyo-chan, ti unisci a noi?-

-Qui da sola non ci resto.- borbottò trattenendo un mugolio di dolore mentre posava i piedi a terra, sorridendo poi in direzione di Katsura che la guardava placido mentre si andava a sedere in un angolino.

-Perfetto, allora direi che siamo tutti d'accordo- Takasugi sembrava l'uomo della situazione, austero e algido mentre si guardava attorno con fare da combattente. A lui irritava e basta e gli avrebbe spaccato il suo bel visino con un cazzotto -Cercheremo un posto in cui stare e cacceremo quei maledetti Amanto dal nostro pianeta- Takasugi li guardò uno ad uno -Partiremo domani mattina all'alba. Riposatevi.- così dicendo, uscì all'esterno lasciandoli a crogiolarsi nei loro pensieri.

-Chi ha deciso che sarà lui il capo?- Gintoki sollevò un sopracciglio e Zura scosse la nuca, sospirando stanco.

-Fagli fare come vuole. Non abbiamo tempo per litigare.- volse poi lo sguardo verso Chyo e portando una mano sulla sua spalla, sussurrò un calmo -Tu stai con lei. Io vado a parlare con Shinsuke.- e sorrise pacato, scomparendo dalla sua visuale.

Chyo sembrava voler diventare un tutt'uno con le macerie, le ginocchia sbucciate e i vestiti impolverati. Il kimono lilla che aveva mostrato con orgoglio quando si era presentata alla festa del paese era ormai un vago ricordo, ma dubitava che alla ragazza gliene importasse qualcosa.

-Hai il kimono sporco- buttò lì sedendosi al suo fianco -E i capelli sconvolti.-

-Già, credo di essere orribile.- ridacchiò chiudendo gli occhi, giocherellando con le dita con fare nervoso.

-Che hai fatto alla guancia?- domandò piano, studiando la sua reazione. Chyoko sorrise appena mentre portava la mano a coprirla, quasi volesse nasconderla.

-Sono inciampata.-

-Che novità.- non seppe cosa dirle, non sapeva come continuare il discorso, conscio che qualsiasi presa in giro per alleggerire la tensione sarebbe stata inutile in un momento come quello. Aveva sentito dire da Takasugi che avevano trovato i suoi genitori morti e lui, in situazioni delicate come quelle, preferiva starsene per i fatti propri. Non era un campione di dolcezza e le poche volte in cui aveva provato a consolare qualcuno, aveva finito col venir cacciato per la sua scarsa capacità di comprensione. E Chyo era l'ultima che voleva vedere soffrire per causa propria.

-Mi spiace per il Maestro- la sentì mormorare piano, stringendo le labbra come a volersi trattenere -Mi dispiace davvero tanto.- e quando si voltò verso di lei, la vide con il capo piegato sulle ginocchia a nascondere le lacrime, mentre veniva scossa dai fremiti.

-Va tutto bene.- mentì con disinvoltura, stringendo a sé la katana, l'unico ricordo rimastogli del Sensei. Probabilmente, se non fosse andato alla festa del paese sarebbe riuscito a salvarlo, magari se fosse arrivato prima avrebbe potuto fare qualcosa. Invece la sua incapacità non aveva provocato altro che danni e l'unica persona che avrebbe meritato il suo concreto aiuto, se ne era andata. Bel modo di ringraziarlo per averlo salvato...

-Cosa faremo adesso?- aggiunse tremante, tirando su con il naso -Siamo soli, senza cibo e con gli Amanto alle costole.-

-Vedrai che andrà tutto bene, Chyo-chan- posò la mano sulla sua chioma corvina, perdendosi nel rumore del suo pianto -Ci sono i-- le parole gli si spezzarono in gola, conscio che in quella situazione era una confessione troppo forte, una promessa che non poteva mantenere. Così sospirò, appoggiando la testa contro il muro mentre attendeva speranzoso il ritorno degli amici -Ci siamo noi, con te.-

Sospirò. A consolare faceva schifo, a proteggere gli altri era una frana e l'amica aveva ragione: erano soli e disperati. Andando avanti di questo passo, gli Amanto ci avrebbero messo poco a farli fuori. E lui non avrebbe permesso che ciò accadesse. Perché Katsura, Chyoko e perfino quel maledetto di Takasugi erano gli unici che gli erano rimasti e non li avrebbe persi. Anche a costo della propria vita.

E guardando l'amica che non accennava a placarsi, un pensiero fugace vagò nella sua mente, un pensiero che prese forma e si radicò nel suo essere come se avesse piantato delle radici: non gliene fregava nulla della guerra, di seguire la via della spada o di liberare il paese. Voleva proteggere loro, solo quello.

O forse domani si sarebbe risvegliato da questo tremendo incubo, forse il Sensei gli avrebbe sorriso placido come sempre, Takasugi e Katsura lo avrebbe aspettato davanti all'albero di ciliegio del cortine, il primo con sguardo seccato e il secondo con tranquillità. E poi sarebbe corsa loro incontro Chyo-chan sorridendogli solare, riscaldandogli il cuore, facendo crescere in lui quell'ammassarsi di emozioni che diventavano più forti giorno dopo giorno, senza saper dare loro un nome.

Ma purtroppo, sapeva che non sarebbe stato così.

Alla quasi età di diciotto anni, Gintoki si ritrovò a vagare senza meta alcuna, ripiombato nel limbo da cui era faticosamente uscito, a dover affrontare una nuova vita. Si chiese se ne sarebbe stato in grado... Ma fino a che l'alba non sarebbe spuntata, non ci avrebbe pensato.


-Ah ah ah, un altro due di picche!- rise sguaiatamente Sakamoto, affiancandolo nel suo peregrinare. Per la prima volta fu grato della sua idiozia che fu in grado di riportarlo lontano dai ricordi dolorosi del passato. Anche se, ripensandoci, a quell'epoca tutto gli era parso più semplice e non solo con Chyoko. Incredibile come, crescendo, fosse diventato più codardo.

-Dovresti smetterla di importunare le ragazze. Ti caccerai nei guai.-

-Forse hai ragione, forse dovrei sistemarmi!- gli diede una pacca sulla spalla -Comunque, amico, mi dispiace che tra te e Chyo-chan non sia andata bene.- proclamò serio, sorridendogli sincero. Gin si fermò, lasciandolo procedere verso chissà dove, restando immobile in mezzo al marciapiede affollato.

-Anche a me.- sussurrò, grattandosi la nuca prima di rimettersi in viaggio e per la prima volta in tutti quei mesi, capì di essere stato davvero sincero con sé stesso.

Aveva chiuso i suoi demoni in una gabbia, forse era arrivata l'ora di chiuderci anche Chyoko, gettando la chiave. Anzi, no, senza gettarla, solo l'avrebbe messa in un cassetto. Almeno, una volta pronto, avrebbe potuto liberarla e lasciarla rientrare nella sua vita.

Sorrise amaro. Forse, sarebbe stata Chyoko a non volerne più far parte.


*******

Note noiose dell'autrice:


E anche il capitolo sei è stato sfornato! Non so perché, ma più la storia va avanti, più diventa difficile gestire le varie relazioni, i gesti e le azioni che compiono questi adorabili mentecatti <3 Sì, sono sempre ingestibili.

Innanzitutto, ci tengo a precisare una cosa: scusate la piccola licenza poetica. So bene che quando il Sensei muore Gintoki era un bambino (lui stesso racconta di esse stato piccolo quando gli Amanto arrivarono ad invadere Edo), ma purtroppo, andando avanti con la storia, mi sono resa conto che le età non combaciavano, quindi ho dovuto farli scappare che erano già adolescenti ç_ç.

Passando al testo... Che dire in breve? Capitolo difficile da scrivere, dico sul serio. Del resto, Gintoki & Co. non sono più bambini che giocano spensierati nel dojo, ma stanno crescendo e si ritrovano ad affrontare una guerra più grande di loro senza adulti a guidarli, quindi d'ora in avanti non so quanto piacevoli saranno gli avvenimenti del loro passato. Soprattutto, questi sono stati i più terribili: descrivere le emozioni di Chyo e gli altri che hanno perso i genitori e il Sensei non è stato granché facile. Infatti, ancora non mi soddisfano :( Spero non facciano schifo, ecco!
Inoltre, so che il licenziamento di Chyo sembra campato per aria, ma tutto ha un senso anche se non sembra ;)

Lato positivo, mi piace la conclusione del capitolo. Lascia vedere un barlume di speranza per quei due impiastri e più si va avanti, più si delineerà la loro storia, dando luce anche a tutti i punti oscuri accennati nei vari discorsi ma mai affrontati :)

Concludo ringraziando ancora una volta Elizabeth_smile per la recensione (è sempre un piacere leggere i tuoi pareri, mi motivano, dico davvero!) e Calla per aver aggiunto Walking on my own fra le seguite. Ringrazio anche chi sta in silenzio ma continua a leggere :)


Ne approfitto per augurare a tutti buone feste, anche se in ritardo ^^


Al prossimo aggiornamento,

Geisha.

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Capitolo 7
*** Why can't we be friends? ***


Disclaimer: I personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Hideaki Sorachi; questa storia non è scritta a scopo di lucro.

 

Why can't we be friends?

 

Quando Chyo volse il capo verso la propria camera da letto, grande quanto una scatola di sardine, uno sbuffo sonoro uscì dalle labbra color ciliegia. Da una parte giacevano vestiti stropicciati e che probabilmente avrebbe dovuto stirare -o più semplicemente li avrebbe infilati nell'armadio alla rinfusa- e dall'altra, unico angolo immacolato e ancora scampato alla sua furia caotica, il futon azzurro con fiori blu. Fantastico... Ci avrebbe impiegato almeno tre ore per riordinare e far ritornare la camera da letto una camera da letto. Oltretutto, non c'era spazio per dormire con tutto quel disordine!

Da quando era senza lavoro, trascorreva la maggior parte del tempo a poltrire crogiolandosi nell'autocommiserazione, ma alla ventesima vaschetta di gelato aveva deciso di riprendere in mano la propria vita o almeno quello schifo che le era rimasto. Così aveva pensato bene di uscire a prendere una boccata d'aria fresca, ma a quanto pareva i vestiti buoni si erano dati alla fuga...

-Hai fatto una guerra contro il letto?-

Volse lo sguardo stanco verso Katsura, squadrandolo da capo a piedi.

-Chi ti ha fatto entrare?!-

-La porta era aperta- le fece notare con calma, guardandosi attorno con malcelato disgusto -Già che c'ero, mi sono permesso di mettere su il the- aggiunse pratico, come se il padrone di casa fosse stato lui. Chyoko imprecò a mezza voce, ma Katsura le puntò l'indice contro -Tu entri nel mio nascondiglio solo per rubarmi gli elastici per capelli!- sentendosi punta sul vivo, la ragazza arricciò le labbra e decise di non replicare. Tanto Katsura aveva sempre ragione!

Più il tempo passava, più Zura cominciava a sentirsi ignorato, probabilmente, perché dopo aver tossicchiato un paio di volte, le sue parole giunsero cariche di isteria: -Si può sapere cosa stai facendo?!-

-Cerco un vestito pulito, non vedi?- si voltò, mettendo in mostra un kimono sgualcito e logoro di un azzurro opaco -Come ti sembra?-

-L'hai rubato a tua nonna?-

-Ma cosa vuoi saperne, tu?! Ti vesti come un bonzo da quattro soldi!- alzò le braccia la cielo, lasciandosi poi cadere a terra. La maggior parte degli abiti erano stati ridati all'Atomic Wango e se Wang era stato così magnanimo dal lasciarle l'alloggio per almeno un altro mese, lo stesso non si era potuto dire del vestiario. Ed eccola lì, con indosso un kimono sporco in più punti e che sapeva di naftalina -Comunque, cosa ci fai qui?- ripeté giocherellando con la frangetta, riposandosi un momento.

-Volevo vedere come stavi- replicò l'amico mettendo piede nel campo di battaglia guardandosi attorno alla ricerca di un posto libero in cui sedersi; ardua impresa -E direi che te la passi piuttosto male.- constatò con una smorfia di disgusto.

Chyoko ridacchiò -Il casino di questa stanza non è nemmeno paragonabile al caos della mia vita!- aggiunse per nulla amareggiata, ormai abituata a dover affrontare una marea di ostacoli senza aver risolto neppure un problema. Solo, perché Katsura piombava sempre nei momenti meno opportuni?

-C'entra il licenziamento?-

-Il lavoro perso, lo sfratto imminente...- “Gintoki” pensò mentre un sorriso nostalgico si dipinse sulle labbra carnose -Peggio di così non potrebbe andare. Non mi stupirei se venisse a chiedermi dello zucchero Takasugi- si mise a ridere della propria, sciocca battuta e volgendo lo sguardo verso l'amico, si rese conto di quanto a disagio sembrasse mentre la fissava con le sopracciglia aggrottate -Zura, stavo scherzando!-

-Il mio nome è Katsura, non Zura!- le scagliò un kimono floreale, facendola sghignazzare divertita.

-Avevi una faccia. Cos'è, hai visto Shin-chan questa mattina?-

-Ma che ti salta in mente?- volse il viso da un'altra parte, tossicchiando un paio di volte prima di tornare a guardarla con curiosità -Perché non chiedi aiuto a Gintoki a trovare lavoro? Fa il tuttofare, magari--

-Oggi sei in vena di stronzate?- domandò con leggiadra finezza, facendogli comparire l'ennesima espressione di disgusto -Quello non riesce a trovare un lavoro per sé, figurati per gli altri!-

-Ma lui ha un lavoro!-

-Sì, un'agenzia tuttofare che non fa niente!- lo corresse con perfidia -La maggior parte delle volte combina casini insieme a quei due santi che trascorrono le giornate con lui.-

-Lo sai che se continui di questo passo, l'acido che hai in corpo corroderà la tua anima già corrotta, oltre a farti restare zitella?-

Chyoko lo guardò di sbieco -Mia madre diceva sempre: meglio sole che da Gintoki Sakata accompagnate.-

-Tua madre non ha mai detto nulla del genere!-

-Già, ma se fosse viva lo direbbe- si grattò la nuca, poi si alzò in piedi e si guardò attorno -Senti, Zura, non mi va di parlarne. E poi devo trovare un vestito pulito!- l'amico roteò gli occhi ma non replicò, limitandosi ad appoggiarsi allo stipite mentre la guardava indaffarata nella sua ricerca.

-Ma perché, vai alla festa?

-Quale festa?-

-Ok, ti ci porto io alla festa.-

-Quale festa?!- strillò confusa, non capendo di cosa stesse parlando l'amico. Non aveva tempo da perdere in bagordi, lei!

Zura si massaggiò un orecchio -Quella che ci sarà questa sera in paese.-

-Io non voglio andare a nessuna festa! Non so se te ne sei reso conto, ma sono senza lavoro, senza soldi e mancano due settimane allo scadere della grazia concessami da Wang!- istericamente calciò una pila di kimono, sbuffando come una teiera mentre Zura scuoteva placido la testa.

-Ancora non hai trovato nulla? Cos'hai fatto in questa settimana?!- la rimproverò con durezza, portando le mani nelle larghe maniche del kimono. Chyo indietreggiò nel sentirsi osservata da quello sguardo assassino. Le ricordò la madre che la aspettava al varco quando, da piccola, tornava a casa con i kimono sporchi perché aveva giocato a fare la guerra con i tre amichetti.

-Sono andata ad un paio di colloqui, ma non sono andati granché bene- bisbigliò imbarazzata, rammentando i disastri combinati nei due bar in cui aveva messo piede -E comunque non accetto critiche da te! Nemmeno tu hai un lavoro!-

-Io sono il capo dei Joui.- replicò con superbia, chiudendo gli occhi per darsi un tono.

Chyo, d'altro canto, sollevò un sopracciglio con scetticismo -Essere il capo di un gruppo di terroristi non è un lavoro. E nemmeno costruire bombe, a meno che tu non sia un minatore.-

-Noi non siamo un gruppo di terroristi!- sibilò irato, per poi sospirare come se dovesse confessare un tremendo segreto -In realtà ho bisogno di una copertura, per la festa intendo. Ci sarà lo Shogun e vorrei--

-Scordatelo! Non sarò la tua amante per una sera! E non intendo essere arrestata per aver cercato di far saltare in aria lo Shogun!- mise le mani avanti, cercando di non lasciarsi convincere dai suoi occhi seri seri.

-Ma, Chyo-chan, non intendo ucciderlo!-

-Vuoi andare lì a stringergli la mano e parlare della pace nel Mondo?- lo apostrofò ironica, ignorando le sue lamentele e le sue scenate da donnina isterica. Quando Katsura ci si metteva, sapeva essere davvero insistente ed esasperante!

-Volevo solo svagarmi un po'- borbottò l'amico -E poi, ci penserà già qualcun altro a farlo saltare in aria.- a quella frase sibillina, la disoccupata si volse a guardarlo lasciando trasparire la propria curiosità. Che Zura avesse trovato un rivale nei suoi loschi piani di terrorismo e vendetta? Magari per questo era nervoso, magari qualcuno voleva soffiargli il primato di bombarolo e persecutore della legge.

-Ci sono altri pazzi che vogliono finire nei casini?- domandò noncurante, aprendo un kimono viola e lasciandolo cadere a terra con malagrazia quando si accorse delle macchie di the che lo sormontavano. Forse avrebbe dovuto dividere gli stracci in “mucchio da lavare” e ancora “mucchio da dare ai poveri”.

-Ah, no, lascia perdere- sventolò una mano, osservandola nella sua frenesia -Sicura di non volere una mano?- domandò pacato, facendola sorridere serena.

-Nah, so cavarmela da sola ormai!-

-Sai, più il tempo passa, più mi rendo conto di quanto tu sia cresciuta- lo guardò incuriosita e anche spaventata, conscia che presto o tardi avrebbe tirato fuori una bella ramanzina per la sua condotta deprecabile -Prima ti saresti gettata nello sconforto, ma vedo che stai reagendo bene.-

-Abbiamo affrontato di peggio nella vita, non credi?- guardò il soffitto, lasciandosi sommergere dai ricordi -Del resto, era solo un lavoro. Ne troverò tanti altri.-

-Questo è lo spirito giusto!- alzò una mano in segno di vittoria -Saresti perfetta nel mio gruppo!-

-Ti ho già detto che non entro nella vostra banda di mentecatti!-

-Era per dire!- Zura si guardò attorno, l'espressione torva verso tutto quel disordine -Ehi, perché non indossi questo?- raccolse uno straccio rosso ai propri piedi con una mano, squadrandolo come se fosse un enorme topo di fogna -Non sembra male.-

Chyo guardò con raccapezzo la stoffa rosso accesso -Quello non lo metto!- bofonchiò gonfiando le guance, osservando il malefico indumento con astio crescente. Indossarlo significava darla vinta a quel farabutto di Gintoki o, indirettamente, accettare un aiuto caritatevole che non aveva richiesto. Ma Katsura lo studiava con interesse.

-A me non sembra malvagio. Certo, è un po' troppo scollato, ma direi che ci sei abituata.- constatò con tranquillità, rigirandoselo fra le mani.

-Io non lo metto!- ma Katsura glielo tirò contro, colpendola in pieno viso.

-Smettila di fare la bambina e cambiati!- le ordinò autoritario venendo apostrofato con epiteti poco galanti -E muoviti, la festa inizierà tra poco!- sparì verso il soggiorno, lasciandole la privacy per potersi cambiare. Chyoko sbuffò, si lasciò cadere sul letto e guardò con vena omicida l'abito che stringeva fra le mani. Alla fine, non c'era nulla di male. Era solo un vestito di poco conto e perfino pacchiano! Eppure, il pensiero che Gintoki glielo avesse regalato per motivi a lei oscuri, continuava a procurarle una sensazione di fastidio misto a piacere. E si risentì un adolescente dai capelli lunghi e mai in ordine, in balia di sentimenti troppo grandi per lei e sperduta nel bel mezzo del proprio cammino.

Peccato che, all'epoca, c'era stato Sakata a tenderle la mano...


-Io ho fame!- appena uscì dalla radura, il lamento di Gintoki l'accolse come il cinguettio degli uccellini.

-Al posto di lamentarti, potresti dare una mano a procurarci il cibo.- lo apostrofò Katsura volgendo il busto verso di lui.

-Buoni, buoni, porto libagioni!- sorrise radiosa Chyoko, lasciando cadere a terra un pezzo del suo kimono che stava utilizzando come straccio. Ricordava ancora come si fosse impuntata per non farselo strappare, ma quando meno se lo aspettò, Gintoki aveva fatto il danno. Maledetto impiastro! -Zura, hai pescato qualcosa?- diede una sberla alla mano di Gin che, famelico, stava cercando di portarle via il cibo faticosamente raccolto.

Katsura le lanciò una scarpa vecchia e appena pescata -Il mio nome è Katsura, non Zura! E poi questi pesci non abboccano.- concluse abbacchiato, incurvando la schiena.

-La verità è che fai schifo a pescare.-

-Ma se tu non stai facendo niente!-

-Io critico in un angolo, che porta via lo stesso tante energie.-

-Smettetela di litigare!- brontolò Chyo, stropicciandosi il viso sporco.

Stavano marciando senza una meta precisa da parecchie settimane, il cibo scarseggiava e la maggior parte del tempo quei tre bifolchi la passavano a litigare per questioni futili: “Chi ha preso il mio elastico per capelli?!” o ancora “Gintoki, non dormire, continua a camminare!” o “Takasugi, perché non ti ci sgozzi con quella katana?” e il classico e sempre evergreen “Crepa!” detto in coro. E lei seguitava senza fiatare, persa nel proprio piccolo mondo pur di non pensare allo stomaco che brontolava, ai piedi che dolevano o alle ginocchia, sbucciate per le cadute, che bruciavano. Solo quando si sentiva spossata li guardava tutti e tre con fare da mammina e diceva di piantarla di comportarsi da mocciosi. C'era chi imprecava, chi restava in silenzio e chi mugugnava frasi sconnesse, ma almeno la quiete durava per qualche minuto. Giusto il tempo di vedere Gintoki fare lo sgambetto a Shinsuke.

-Takasugi dov'è? È via da parecchio, ormai.- constatò Zura affiancandoli, guardando l'entrata della foresta.

-Ah, ci siamo divisi ad un certo punto. Ha detto di voler cercare un posto tranquillo per la notte- spiegò Chyo guardando in cagnesco Gintoki -E tu che hai da fissare?-

-Ti ha lasciata da sola?- domandò serio, posando al proprio fianco la katana mentre, svogliato, fissava la frutta.

Lei corrugò la fronte -Beh? Non ho cinque anni.-

-Ma se cadi ancora come una mocciosa?-

-Sono solo maldestra, tutto qui!-

-Non bisticciate! Dobbiamo risparmiare le energie!- li ammonì l'amico portando indietro i lunghi capelli neri prima di piegarsi verso lo straccio -Sicura che siano commestibili?- prese una mora e la studiò attentamente, poi la riposò nel fazzoletto -E se fossero avvelenati?-

-Potremmo sempre farle provare a Takasugi- si intromise Gintoki con fare pratico e serio. Si volse verso la radura in cui Shinsuke era scomparso, mise una mano davanti alla bocca e urlò -Shin-chan! Shin-chan! Vieni a provare delle cosine buone buonine che ho raccolto con le mie manine?- cinguettò imitando con voce stridula una Chyo rossa di rabbia.

-E sarei io, quella?! Io non parlo così!- gracchiò tirandogli una manata, mancandolo, ovviamente.

-Takasugi è proprio un essere inutile. Quando abbiamo bisogno di lui, scompare.- continuò Sakata dopo aver sonoramente sbuffato alla volta della foresta.

-Almeno lui è andato a cercare un riparo per la notte, al posto di criticare in un angolo.- al commento serio serio di Katsura, Chyoko nascose a malapena un ghigno e il diretto interessato imprecò poco elegantemente, massaggiandosi poi la pancia gorgogliante.

Rimasero in silenzio studiando la frutta, indecisi se cominciare a mangiare e rischiare un avvelenamento oppure aspettare Takasugi e magari morire tutti assieme, senza lasciare nessuno in vita. E no, Chyoko non era per niente d'accordo con questa trovata made in Gintoki che aveva biascicato un solenne “Ehi, se io muoio quel bastardo non può stare in vita!” . Da quando avevano lasciato il villaggio, i rapporti tra i due sembravano essersi inaspriti e se prima Chyo e Zura erano stati bravi a fare da paceri, adesso non gli riusciva più così facilmente. Forse erano solo stanchi, forse non sapevano da che parte sbattere la testa. O forse stavano solo crescendo e la vita li stava mettendo alla prova.

-Qualcosa non va?- Katsura posò delicato una mano sulla spalla della ragazza e questa sorrise pacata, scuotendo la nuca. Non aveva voglia di tediarli con le proprie paranoie, preferiva crogiolarsi nei dubbi e nelle proprie insicurezze senza che gli altri la vedessero...

-Guarda che se vuoi parlare, a noi non dai fastidio.- aggiunse Sakata portando le mani sull'erba, stiracchiando la schiena.

Ma i suoi amici la conoscevano troppo bene perché potesse fargliela sotto il naso. La Fujiwara fece per rispondere, ma l'avvento di Takasugi glielo impedì.

-Alla buon'ora!- sbottò Gintoki in direzione del nuovo arrivato, guardandolo con schifo malcelato. Chyoko si voltò pronta a salutarlo allegra e quando il suo sguardo si infranse sulla figura a torso nudo di Shinsuke, il suo intelletto venne meno. Come poteva tanta beltà non scuoterle l'animo? Come poteva tanta perfezione esistere in un solo uomo? E arrossì come una scolaretta di fronte al figo della scuola.

-Sono andato a cercare un posto per passare la notte, idiota.- lo apostrofò con seccatura il leader, avvicinandosi ai tre e sedendosi di fianco a Chyoko, allungando una mano verso le more.

-A torso nudo?- Gintoki inarcò un sopracciglio e Chyoko, trovandoselo così vicino, si perse nei suoi occhi oliva. E d'accordo, sul suo fisico assolutamente statuario. Avrebbe dovuto capirlo quel testone che ormai erano troppo cresciuti perché potesse reggere a quella vista magnifica senza farsi venire in testa strani pensieri! Volse il capo per non far scorgere le gote arrossate e si ritrovò ad essere derisa dal ghigno di Sakata che, probabilmente, stava per dire qualche sua stronzata. Infatti, dopo aver tossito, cominciò:

-Senti, Takasugi, se continui a restare a torso nudo la nostra Chyo qui si--

-Hai trovato un posto, alla fine?!- gracchiò la ragazza sull'orlo di una crisi isterica dopo aver infilato nella bocca dell'amico una manciata di mirtilli che aveva raccolto.

Shinsuke li guardò scettico -A circa un'ora da qui c'è una capanna abbandonata. Passeremo lì la notte.-

-Ad un'ora? Ma è lontano!- bisbigliò Chyo massaggiandosi i piedi martoriati.

-Se è così, sarà meglio incamminarci. Tra poco farà notte.- aggiunse Katsura dando una mano a Chyo per aiutarla ad alzarsi. Questa lo ringraziò svogliatamente, poi fissò Takasugi, pronto a raggiungere il rifugio, con apatia.

-Io sono stanca.- mormorò imbronciata, recuperando il cibo con malavoglia.

-Non lamentarti Chyoko, non abbiamo tempo da perdere- la liquidò con durezza -E lascia stare quelle cose là. Sono amare e immangiabili.- lanciò un'occhiataccia al fazzoletto e scomparve dietro i folti alberi lasciandola con l'amaro in bocca. Da quando erano scappati dal villaggio, Takasugi non le aveva granché rivolto la parola e a malapena si premurava delle sue condizioni. Inoltre era peggio di una donna isterica e la maggior parte delle volte se le prendeva per delle inezie, rispondendo sgarbatamente a chiunque. E se Gintoki reagiva mandandolo al Diavolo senza troppi complimenti, Katsura usava la diplomazia e replicava con pacatezza, lei adottava la tecnica del silenzio. Forse, essendo il leader del loro gruppo, non aveva tempo da prestarle, ma più il tempo passava più cominciava a sentirlo distante. E più il tempo passava, più la cotta si spegneva...

-Takasugi è un coglione, non capisce niente.- volse il viso stanco in direzione di Gintoki che, seduto, ingurgitava senza fermarsi i mirtilli e le more. Scorse sul suo viso una nota di disgusto mentre ingoiava i bocconi, ma quando lei enunciò monocolore un flebile -Non devi farlo per forza. Se fanno schifo, dillo.- lui le sorrise appena, scompigliandole i capelli -Sono buoni, dico davvero!-

Chyoko abbassò lo sguardo e sorrise intenerita. Gintoki l'aiutava sempre, cercava di farla sorridere come poteva e da quando la loro fuga era cominciata, non l'aveva lasciata un attimo da sola. Un amico esemplare, non c'era che dire. E mentre si perdeva nei propri pensieri, vide Gintoki inginocchiarsi a terra e chiamarla a gran voce.

-Che vuoi fare?-

-Ti porto in spalletta, no?- Chyoko sgranò gli occhi grigi, avvertendo una strana fitta al cuore che la fece arrossire come i mirtilli che aveva raccolto -Hai detto di essere stanca, no?- aggiunse tranquillo, guardandola di sottecchi.

-Anche tu lo sarai.- mormorò lei giocherellando con la punta della treccia, imbarazzata. E perché adesso si comportava come una perfetta cretina?! Soprattutto, perché il cuore le batteva a mille?

-La frutta mi ha dato energia.- e dopo varie persuasioni, Chyoko acconsentì a lasciarsi portare in spalle, come una damigella indifesa. Cominciava ad odiarsi. Per un momento le parve di essere tornata bambina, quando correvano alla volta del dojo e lei inciampava, slogandosi una caviglia. E come al solito, tra tutti e tre, era sempre Sakata a preoccuparsi di aiutarla a camminare, era sempre lui a prendersi cura della sua stanchezza...

-Se sei stanco, dimmelo.- mormorò appoggiando la guancia sulla sua schiena.

-Sbaglio o sei ingrassata?- la prese in giro e lei, per risposta, gli diede un pizzicotto sulla guancia -Stavo scherzando!-

-Impari!- si imbronciò, rimanendo in silenzio per qualche istante -Se non ci fossi tu, Shin-chan mi avrebbe già abbandonata.- confessò assorta, stringendo lo yukata blu del ragazzo con forza.

-Takasugi è un cretino- rispose prontamente, facendola ridacchiare -Proprio non capisco come faccia a piacerti. Certo che voi donne cercate solo i deficienti.- lo lasciò a sproloquiare mentre lei roteava gli occhi per l'esasperazione. Ogni momento era buono per criticare Shinsuke, eppure le parole dell'amico non rimasero inascoltate. La spinsero a pensare alla non gentilezza che Takasugi le aveva sempre riservato, al proprio amore a senso unico, alla sensazione che per lui non sarebbe mai stata tanto importante.

E mentre cercava di controllare il respiro che cominciava a mancarle, di non lasciarsi cullare dal buon odore di Gintoki e dai battiti accelerati e martellanti del proprio cuore, Chyoko bisbigliò:

-Me lo chiedo anche io.-

 

Con passo di battaglia entrò in cucina, allargando le braccia mentre fissava sconvolta il proprio amico -Sembro una deficiente!- sbottò Chyoko mettendosi in mostra di fronte ad un pacioso Zura che sorseggiava il the.

-Sembri una pornostar, più che altro- constatò mettendo una mano sotto al mento -Di certo, è meno pacchiano dei corpetti che indossavi all'Atomic Wango.- concluse alzandosi in piedi per portare la tazzina nel lavabo.

-Fai schifo nel fare i complimenti- sibilò velenosa, rimirandosi allo specchio posto vicino all'ingresso. Quell'abito di fattura cinese era striminzito, le faceva due tette esagerate che non possedeva e dei fianchi talmente larghi che avrebbe potuto fare concorrenza ad una portaerei -Gintoki ha ragione, ho messo su i fianconi.- abbacchiata, sbatté la fronte sullo specchio.

-No Elizabeth, Chyoko non sta andando a girare un film a luci rosse.- nel sentire quelle parole serie serie dell'amico, la ragazza si voltò di scatto, assottigliando gli occhi con fare omicida.

-E quello com'è entrato?!-

Elizabeth sedeva sul divano, guardando la televisione dal volume basso. Nel marasma della propria isteria lo aveva scambiato per un puff bianco gigante.

-La porta era aperta.- così recitava il cartello del paperone. Chyoko lasciò cadere il capo, sconsolata.

-Dovresti farla aggiustare, lo sai? O un giorno ti ritroverai degli sconosciuti in casa che usufruiscono delle tue cose.- spiegò Zura con ovvietà lavando la tazzina in terracotta. Chyo alle sue parole inarcò un sopracciglio, evitando però di rispondere, e si guardò in giro.

-Non è più un problema mio- puntò lo sguardo in giro, sorridendo malinconica -Tra poco non starò più qui- alzò le spalle -Comunque, io conciata così non ci vado in giro. Sembro una squillo da quattro soldi!-

-Smettila di lamentarti! Sembri un'adolescente che combatte contro l'acne, più che una prostituta!- la ammonì passandole di fianco -Coraggio, raggiungiamo il festival- le sorrise dolce mentre apriva la porta e lei gli lanciò un'occhiata sconsolata -Ti offro un po' di ramen.-

-Non puoi corrompermi col cibo.- mugugnò mogia mentre si massaggiava la pancia gorgogliante. Attese che anche Elizabeth zampettasse fuori, poi chiuse la porta, appoggiandovisi contro.

-Chissà se ci sarà anche Gintoki.-

-Non me ne frega niente!-

-E' proprio arrabbiata con il suo ex.-

-Puoi ben dirlo Elizabeth!-

-Gli hai spifferato qualcosa?!- trapassò Zura con lo sguardo, raggelandolo.

-No, è solo molto intuitivo- replicò l'amico con serietà per poi sospirare -Promettimi che se vi rincontrerete proverai ad andarci d'accordo!- Zura la guardò con espressione stanca e Chyoko, dapprima contrariata, si ritrovò a sbuffare per poi biascicare un -Come vuoi.- nemmeno troppo entusiasta.

-Se solo vi impegnaste, tutto andrebbe meglio- le sorrise placido, facendola sentire quasi colpevole per la sua incapacità di riuscire ad andare avanti. E forse avrebbe dovuto davvero chiudere col passato e iniziare tutto da capo. Del resto, non lo stava facendo già da un pezzo? Un fuoco in lontananza la distrasse -Faremmo meglio a muoverci- Kotaro le tese una mano -La festa sta per cominciare.-

*******

C'era il pienone a quella stupida festa di paese di non ricordava quale festività e non aveva voglia di spintonarsi con la calca, così Gintoki si fermò dietro ad un muro di persone, godendosi i fuochi d'artificio che di lì a breve sarebbero cominciati. In realtà aveva solo voglia di tornare a casa e dormire, visto che aveva passato la giornata come un matto a sgobbare per un malefico vecchietto nell'aggiustare macchine e robot, ma doveva tenere d'occhio Kagura e Shinpachi, quindi non poteva permettersi distrazioni. Volse lo sguardo attorno... Dei due amici nemmeno l'ombra. Missione fallita.

-Che palle.- soffiò seccato grattandosi la testa argentea, indeciso se tornarsene a casa, a quel punto, o godersi lo spettacolo. Ma sì, un po' di divertimento poteva concederselo! Ma poi, come poteva divertirsi in quel posto? Era troppo cresciuto per i giochi, troppo cresciuto per la pesca dei pesci e perfino troppo cresciuto per poter fare dei giri sulle giostre -sì, aveva provato a salirci. Senza successo, ovviamente.- e tutto perché i capelli argentati lo fregavano. Lo facevano somigliare ad un vecchio rincoglionito che, probabilmente affetto da qualche malattia celebrale, voleva tornare bambino per almeno una serata. Lì, invece, l'unico vecchio rimbambito era Gengai che dopo avergli scroccato la cena alla bancarella del ramen, gli aveva fatto discorsi strani sul vendicarsi degli amici morti in guerra.

Come se a lui gliene fregasse qualcosa. Cercare vendetta significava covare rancore ed era una perdita di tempo che lui non poteva permettersi e che avrebbe potuto utilizzare in modo più costruttivo come: leggere Jump, scaccolarsi, prendere in giro Shinpachi e giocare a NemmenoOggiTiPagoL'affittoVecchia! con Otose. Insomma, le solite faccende di ordinaria amministrazione! Si grattò il capo, guardando il cielo scuro pregando che il vociare dei passanti sommergesse le parole nella propria testa, perché se pensava che solo Katsura sarebbe stato capace di fargli frullare strani pensieri in testa -e che solo la perfida Fujiwara potesse fargli provare sopite emozioni- quella sera Gintoki scoprì che anche un vecchio dall'aria sciocca poteva esserne capace. Se c'era una cosa che odiava, era proprio il ributtarsi a capofitto sul campo di battaglia e rivedersi adolescente, incapace di aiutare chi gli stava affianco, incapace di proteggere chi di più caro aveva. E se anche si fosse vendicato? I caduti non sarebbero tornati per ringraziarlo.

-Maledetto vecchio.- biascicò contrariato, lasciandosi distrarre dai fuochi d'artificio che segnavano l'inizio dello spettacolo di quegli odiosi robot aggiustati con le proprie manine. Si meritava come minimo del denaro, delle Geisha e un fuoco d'artificio con scritto il proprio nome che avrebbe illuminato la volta celeste. O anche una stretta di mano sarebbe stata sufficiente.

-Ma sono i fuochi di Gengai, il più grande costruttore di tutta Edo!- aveva strillato un omaccione a pochi passi da lui.

-No, il più grande rompipalle di tutta Edo.- soffiò lasciando cadere le mani sui fianchi.

-Perché così arrabbiato? Dopotutto, è bello vedere tanta gente che si diverte, non credi?

Fu un commento carico di ironia, che giunse alle sue orecchie velenoso e martellante, capace di riportarlo indietro nel tempo, ancora. Non ebbe bisogno di voltarsi per scoprire chi fosse il proprietario di quella voce così bassa. Estrasse la spada di legno pronto a difendersi nell'eventualità di un attacco, ma l'avversario fu più veloce. Così, immobile, Gintoki replicò con un secco:

-Takasugi, che Diavolo ci fai qui?-

-Perché non ti godi lo spettacolo, Gintoki?- a quelle parole sibilline, volse appena lo sguardo riuscendo a scorgere l'unico occhio buono di quel ciclope che era Shinsuke. Aveva la solita faccia da sbruffone, corredata da un perfido ghigno che metteva in mostra quei perfetti denti bianchi che avrebbe reso volentieri delle tessere da parole crociate. Ma proprio mentre stava per tirargli un gancio sul naso, ecco che un'esplosione in lontananza catturò la sua attenzione e la gente che cominciava a scappare gli fece comprendere come quello sciroccato dietro di sé avesse commesso qualche stronzata.

-Si può sapere cosa vuoi?-

-Gintoki, ci si rivolge così ad un amico di lunga data?- ridacchiò, facendogli accapponare la pelle. Da quando era diventato così inquietante? Dopo alcuni istanti di silenzio, la voce di Takasugi si fece seria -Ti ricordi quando combattevamo in guerra? Nel mio plotone c'era un ragazzo negato con la spada, ma incredibilmente abile nel costruire macchine e che non faceva altro che parlare del padre. Si chiamava Saburou e--

-Non dirmi che tu hai che fare con lo squilibrio del vecchio!- ma perché non rinchiudevano questo deficiente e non gettavano la chiave? No, lo lasciavano libero nell'andare a mettere zizzania e strani pensieri nella gente. Peccato scoprire che non fosse morto, in tutto questo tempo.

-L'ho solo aiutato a capire qual'è la cosa giusta da fare.-

-Uccidere la gente?-

-Farla pagare a chi ha portato via i nostri amici, Gintoki. Una cosa che tu non fai più da tempo, ormai.- rimase ad ascoltare le sue parole senza sapere cosa replicare per farlo tacere perché odiava ammetterlo, ma l'ex compagno di battaglie non aveva tutti i torti. Però poteva sempre prenderlo a pugni.

-Ah, maledetti tacchi!- la voce squillante di una ormai nota ballerina di lap-dance in un locale di dubbio gusto guastò il divertimento di Takasugi che, gentile come un carro attrezzi, sibilò un secco:

-Che cosa Diavolo c'è, adesso?- e quando Gin si rese conto di cosa esattamente, anzi chi avesse interrotto il monologo del pazzo, subito comprese come la situazione stesse precipitando sempre più a fondo. Alla vista di Chyoko si dimenticò della presenza sgradevole di Takasugi e della spada puntata contro la schiena che, con un movimento brusco, avrebbe potuto trafiggerlo. Che cosa ci faceva quella sconsiderata in mezzo alle esplosioni? Perché non scappava a gambe levate come tutti i sani di mente? Perché all'età di venti e passa anni non la smetteva di cadere come una mocciosa? Ma poi vide i suoi occhi grigi spalancati e colmi di sorpresa che guardavano in un'unica direzione, come se lui non esistesse, come se l'unica persona degna di nota fosse Shinsuke. Gli parve di essere finito in una stupida soap opera, più precisamente nella scena clue più trash del piccolo schermo: la rimpatriata del triangolo amoroso per eccellenza. Solo che al posto di tre adolescenti dai sentimenti confusi c'erano un pazzo squilibrato, una zitella e un genio incompreso.

-Shin-chan...- il mormorio flebile di Chyo gli diede sui nervi e con sgarbatezza, prendendo in mano la situazione, la fissò con rimprovero.

-Non dovresti essere qui. Vattene via, Chyoko!-

-Chyoko, che piacere rivederti!- la risata acuta di Shinsuke lo fece irritare maggiormente e probabilmente fece paralizzare la ragazza, perché sembrava essersi irrigidita -Vedo con piacere che non sei affatto cambiata.-

-Ma se è ingrassata?!-

-Taksugi, uccidilo per favore. È deleterio per la società- replicò ritornata acida come un formaggio andato a male -Comunque, anche tu non sei cambiato.- sembrava assorta, piombata in un sogno ad occhi aperti. E come tanti anni addietro, sentì la rabbia montare, una sensazione di fastidio che da anni non gli contorceva più le budella e che credeva svanita con il finire della guerra e con tutto ciò che ne era conseguito. Eppure vedere la Fujiwara fissare quell'idiota di Takasugi senza alcun briciolo di rancore, lo spinse a chiedersi perché le cose fossero finite in quella maniera. E perché, dopo quella notte all'Atomic Wango, non si fosse comportata allo stesso modo. Del resto, anche Shinsuke era stato uno stronzo di dimensioni galattiche.

-A parte il kimono rubato alla nonna.-

-Anche il tuo senso dello stile è peggiorato, Gintoki.-

-La peggiore qui è Chyoko, comunque. Sembra una squillo!-

-Mi hai regalato tu questo vestito!-

-Che quadretto patetico- Shinsuke esplose in una fragorosa risata, squadrandoli entrambi come se stesse osservando due prede nella gabbia, appositamente costruita per procurargli divertimento -Resterei volentieri, qui, a gustarmi il vostro litigio che mi riporta indietro di anni, ma ho cose più importanti da fare.- Gin notò il movimento della spada di Takasugi, pronto probabilmente ad attaccare la ragazza che, con loro, non c'entrava nulla. E mettendo da parte le irritazioni, i rancori e le frecciatine scagliatisi in questi mesi, Sakata la fissò con sguardo deciso, pregando che questa volta si allontanasse sul serio:

-Chyoko, scappa!- la vide ridestarsi e guardarlo con preoccupazione, un'espressione così diversa dalla solita incazzosa che quasi lo fece sentire a disagio -Non accadrà nulla.- non seppe spiegarsi il perché di quella rassicurazione, semplicemente voleva saperla lontana dai guai e dalla furia omicida di quel debosciato che ancora la fissava famelico, quasi volesse trafiggerla da un momento all'altro. E quando lei annuì, dando loro le spalle per poter scappare verso lidi più tranquilli, Gintoki si chiese se con quel “Non accadrà nulla”, il pensiero della ballerina fosse volato a lui o a Takasugi. Forse, tenendo conto della bontà di quella stupida, il suo pensiero volava ad entrambi.

-Noto con piacere che nulla è cambiato, in tutti questi anni.-

-Lascia stare Chyoko.-

-Sai, non ho mai capito come avesse potuto preferire un inetto come te- Gintoki volse lo sguardo altrove, riportandolo su di lui solo quando riprese a parlare -Quella stupida non si stancava mai di ripeterlo: l'amore non può essere controllato. Mah, io ho preferito farne a meno. E non guardarmi così...- Gintoki strinse con forza la mano sulla lama a quelle parole cariche di derisione e il ghigno di Takasugi si allargò a dismisura -Del resto, non l'hai messo da parte anche tu?-


-Buttate a terra le armi!-

Gintoki estrasse la spada dal ventesimo Amanto che, quella notte piovosa, li aveva attaccati di sorpresa mentre riposava nei presso di un tempio crollato. Zura, poco distante da lui, puliva il proprio Yukata verde dal sangue di uno di quegli esseri.

-Chi Diavolo siete?- la voce tuonante di Shinsuke si levò nell'aria, rivolta agli uomini appena giunti armati di katana.

-Armi a terra, ho detto!-

-Takasugi, non fare l'idiota!- sibilò Katsura scorgendo l'amico pronto ad attaccarli. Gintoki, accorso per evitare che un'altra guerra incombesse, tirò il ragazzo per il colletto e lo portò indietro, sorbendosi i suoi improperi. Beh, avrebbe davvero voluto lasciarlo perire sotto le armi di quegli sconosciuti, ma l'espressione torva mista a preoccupazione che Chyoko gli aveva rivolto per tutto il tempo, lo aveva costretto a fare qualcosa.

-Facciamo come dicono.- mormorò Zura posando la katana a terra, seguito a ruota dagli altri. Nh, d'accordo, fu Gintoki a strappargliela di mano e gettarla chissà dove. Ci mancava solo che venissero accoppati per colpa della sua impulsività.

-Chi siete?-

-Educazione vuole che siate voi a presentarvi.- asserì Katsura con pacatezza, pronto probabilmente a sorseggiare the e biscotti.

-Guarda che vogliono ammazzarci, non fare amicizia.- rimbrottò Shinsuke guardandolo in cagnesco.

-Sii sempre educato con i tuoi nemici.-

-Quell'Amanto ti ha dato una botta in testa?!- intervenne Gintoki mettendosi a braccia conserte.

-Volete smetterla di ignorarci?!- berciò uno dei nemici, richiamando la loro attenzione.

-Ragazzi, non è il momento!- strepitò Chyoko tesa, torturandosi le mani.

Rimasero tutti e quattro immobili, lasciandosi studiare dal gruppetto di samurai che non voleva saperne di abbassare le armi.

-Che Diavolo è successo, qua?- mormorò uno di loro, studiando il paesaggio. Lo scenario intorno a loro era desolante: corpi massacrati di alieni che giacevano a terra, i loro kimono logori e sporchi di sangue...

-Siete stati voi a fare questo?-

-Ci stavamo difendendo.- fu la pronta risposta di Katsura, l'unico capace di mantenere un briciolo di autocontrollo in quel frangente.

-Si può sapere quanti anni avete?!-

-Io ne compio diciassette fra due mesi!- trillò con gioia la ragazzina, tirando una manica dello yukata azzurro di Gintoki.

-Ma siete dei ragazzini...-

-Cosa ci fate qui?- domandò un altro abbassando la spada con lentezza.

-Siamo scappati dal villaggio di Choshu- intervenne Kotaro -Stiamo marciando da mesi, ormai.- i quattro si guardarono, lasciandosi accarezzare dalla brezza serale.

-Cosa facciamo?- sentì dire da uno dei samurai.

-Potrebbero venire con noi...-

-Perché mai dovremmo seguirvi?-

-Perché siamo stanchi, affamati, debilitati... E perché gli Amanto ci stanno alle costole.- rispose Gintoki guardando il leader di striscio, ricevendo un dito medio in risposta. Si, tra loro era proprio amore, non c'era che dire!

-Per quanto mi riguarda potresti anche crepare.-

-La volete smettere di litigare?-

-Ha cominciato lui!- si indicarono vicendevolmente, grugnendo subito dopo.

-Takasugi, potremmo andare con loro- intervenne Chyoko, pacata come sempre mentre teneva le mani affusolate sullo stomaco -Ho fame, sono stanca, ho sonno. Ormai non dormiamo più da un mese.-

-Non sappiamo nemmeno chi siano!- li indicò, abbassando il tono della voce nel constatare che gli uomini, indaffarati a guardare gli Amanto a terra, non si stavano preoccupando di loro.

-Non sembrano malvagi.- seguitò Katsura, osservandoli con attenzione.

-Anche gli Amanto non sembravano malvagi, eppure hanno ucciso tutti quelli che conoscevamo.-

-Loro non sono Amanto!-

-Shin-chan!- Chyoko li aveva interrotti, guardandolo stanca -Solo per una notte, ti prego.- mormorò massaggiandosi le braccia. Vide Shinsuke guardarla apatico, per poi biascicare un -E va bene- nemmeno troppo convinto. E il sorriso solare che gli regalò non fece altro che far aumentare la sua rabbia non ancora placatasi. Dio, che strazio che era quel rimbambito di un leader!

-Veniamo con voi!- asserì Shinsuke con tono duro, avvicinandosi agli uomini -Chi avete detto che siete?-

-Non l'abbiamo detto!- replicò quello che pareva il più giovane -Facciamo parte dei Joui, un gruppo che si occupa di scacciare questi mostri. Ma vi spiegheremo tutto una volta al campo.- cominciarono a muoversi, seguiti dalla Fujiwara e dal capo.

-Fantastico, il capo comanda, noi eseguiamo!- esclamò alzandosi in piedi, cominciando a seguire i samurai con passo svelto -Incredibile come una sola parola di Chyoko possa fare tanto.-

-Incredibile come tu stia diventando sempre più geloso ogni giorno che passa- con ironia, Katsura si intromise nei suoi pensieri. Anzi, si intromise nel proprio monologo. Lo squadrò con seccatura, ma rimase in silenzio mentre accelerava il passo per non perdere di vista i compagni -Inutile che mi ignori, tanto sono proprio dietro di te.-

-Beh, allora seguimi in silenzio.-

-Non capisco perché non vuoi ammetterlo- continuò con tono basso -Non c'è nulla di male se ti piace Chyoko!- a quelle parole fu tentato di tagliargli quei capelli da donna che si ritrovava o di mandarlo semplicemente a quel paese, ma morse la lingua e trattenne il veleno.

-Chyoko non mi piace.- si limitò a rispondere con tono incolore, grattandosi la nuca per appare disinvolto.

-E Takasugi domani dispenserà amore e pace- vide Katsura stringersi nello yukata sporco -Allora, ne vuoi parlare?-

-Certo che no.-

-Lo sai che quando fai così, sembri Takasugi?- Gintoki, a quelle parole, roteò gli occhi per l'esasperazione.

-Si può sapere cosa vuoi?!- passò le mani fra la chioma argentea.

Katsura sospirò, inclinando il capo -Senti, non ci girerò attorno- Katsurà tossì -Chyoko è stupida forte quando si tratta di ragazzi. Ricordi Akira del dojo di Kogakyo? Beh, lui le ha detto: “Mi piacerebbe stare con te”, lei ha risposto: “A lezione mi siederò di fianco a te, promesso!”. Sai cosa significa?-

-Che da grande diventerà una stronza coi fiocchi e che un giovane uomo vivrà per sempre nell'insicurezza.-

-No, significa che per lei rimarrai un semplice amico finché non le farai capire cosa provi realmente.- concluse l'amico con serietà, convinto delle proprie certezze. E lui, cosa pensava? Davvero gli piaceva Chyoko? Insomma, era solo una ragazza, un'amica d'infanzia che si stava trasformando in una donna come tante, che non aveva nulla di speciale. Se non che, aveva la strabiliante capacità di farlo sentire in pace con sé stesso nonostante le proprie paranoie. Ma non poteva bastare questo per farsela piacere... -Ricordati, Takasugi è un avversario temibile, non dimenticarlo mai.- concluse sorpassandolo, lasciando solo con i propri pensieri, arrovellandosi sulle sue parole.

E mentre li vedeva camminare l'uno di fianco all'altra, parlando tranquilli come da tempo non accadeva, Gintoki si chiese se Chyoko non fosse solo una chimera, un'illusione creata dalla sua mente in quel periodo di crisi e incertezze. Come se fosse l'unico punto di riferimento nella sua dispersione...

-Gin-chan, sbrigati!- gli stava sorridendo allegra, luminosa, colorata in mezzo al grigiore della pioggia -Hanno detto che ci offriranno il sake!-

Sì, bastava quello perché potesse piacergli Chyoko. Bastava solo quello.


Studiò la mano sanguinante, stringendola mentre si guardava attorno osservando lo scenario disastrato intorno a sé. Bancarelle distrutte, gente che fuggiva, bambini che piagnucolavano... E una ballerina che correva trafelata verso di lui. Che palle!

-Grazie ai Kami stai bene.- Chyoko gli rivolse uno sguardo colmo di sollievo mentre si appoggiava al muro e per un breve istante gli parve di essere ripiombato in uno dei tanti campi dove, durante la guerra, aveva trascorso le notti con una Chyoko visibilmente scossa che attendeva il suo ritorno. E lui, al pensiero che quello non fosse un campo di battaglia, che non avevano più diciotto anni e che la situazione era parecchio cambiata con lo scorrere del tempo, la superò con passo pigro, sventolando la mano sana come a dirle che tutto andava a gonfie vele.

-Tranquilla, quell'idiota si è levato dalle palle.-

-Oh, meglio così- la sentì bisbigliare dietro di sé, segno che la stava seguendo; ed era effettivamente così. Gli zampettava dietro, stretta nel vestito rosso succinto, guardando a terra con espressione apprensiva. Avrebbe voluto dirle di scomparire, che di incontri ravvicinati con il passato ne aveva avuti fin troppi, ma lo sguardo saturo di timore che gli rivolse quando si fermò, lo fece desistere dal comportarsi da bastardo -Sanguini...- alzò la mano destra, costringendolo a guardare la propria. Già, sanguinava copiosamente, ora che ci faceva caso. Doveva essere parecchio turbato da tutte quelle emozioni piovute tutte in una volta! Proprio quando aprì il palmo soffermandosi ad osservare il taglio netto che la lama di Shinsuke aveva lasciato sulla pelle, si rese conto di quanto vicina si fosse fatta Chyo e quando gli prese la mano, Gintoki capì che il limite della vicinanza era stato ampiamente superato.

-E' solo un taglietto!- sbottò infastidito, scansando l'arto con un gesto secco. Ecco che sarebbe arrivata una filippica su quanto indisponente fosse, il tutto condito da battutine colme di ironia, che si sarebbe conclusa con un addio definitivo. Ma tutto ciò che fece fu regalargli uno sguardo collerico ed esasperato -Io me ne torno a casa.- mormorò subito dopo, procedendo a passi pigri e svogliati alla ricerca di quei due impiastri di Kagura e Shinpachi. Sperava non si fossero feriti, con tutto quel macello combinato dal vecchiaccio.

-Gintoki...- si fermò, contemplò il cielo affinché la pace dei sensi cadesse su di lui e poi volse il busto, scontrandosi con la figurina immobile di Chyoko che lo fissava seria, ma senza quell'astio accumulato nei suoi confronti. Si sentì sollevato nel riscoprirla così gentile e premurosa, come se gli fosse mancata da morire -Andiamo a medicare la ferita.- con infinita pacatezza lo aveva fermato dal suo lento andare e per ragioni a lui oscure, si era ritrovato a seguirla fino ad una panca vuota, accasciandosi su di essa con quanto più scazzo potesse. La verità era che se lei si comportava in maniera tanto gentile, lui non sarebbe mai riuscito a trattarla con cattiveria. C'era riuscito una sola volta e tutto si era concluso con una capatina al Wango per regalarle quell'abito che adesso indossava.

-Alla fine lo hai messo, il vestito intendo.- commentò con noncuranza, volgendo il viso di lato pur di non fissarle il seno.

-Non avevo altro da mettere.-

-Ti fa i fianchi larghi.- rispose prontamente, come se la frase della giovane fosse la solita frecciatina.

-Ancora con questa storia?!- con sgarbatezza gli aveva preso la mano ma a dispetto di tutto, non ci fu violenza nel suo osservare la ferita. Posava delicata le dita fini, quasi temesse di fargli male. Tanta premura gli scaldava il cuore, doveva ammetterlo. Era a pochi centimetri da lei, attraversato da mille brividi ogni volta che le sue dita sfioravano la propria pelle, inebriandosi del profumo che emanava i suoi capelli neri e lucenti, legati alla bene e meglio. E subito saltò alla mente il ricordo di tutte le volte che li aveva sciolti per potervi passare le dita. Incredibile come tutte quelle cose avessero ancora così tanto effetto su di lui.

-Tante volte mi sono chiesta che fine avesse fatto quell'idiota. Non pensavo sarebbe tornato così indemoniato- la vide strappare un lembo della lunga gonna rossa -Lo avevo già incontrato tempo fa, ma all'epoca non aveva l'aria dello psicopatico.- sembrava serena e aveva qualcosa di vagamente zuccheroso mentre avvolgeva la benda improvvisata attorno al suo palmo.

-Quello non è mai stato tanto normale.- borbottò in risposta, sentendo lo stomaco contorcersi per quella frase pacata di Chyo. Credeva che il tempo dei turbamenti fosse passato da tempo!

-Ma nonostante tutto, sono contenta che stia bene.- sorrise dolce, probabilmente colta da un improvviso attacco di scemenza senile, altrimenti non si spiegava il perché di quella reazione così poco nevrotica. Ma alla fine, Gintoki comprese come alcune cose non fossero cambiate: Takasugi e lui continuavano ad odiarsi e Chyoko si comportava ancora da mamma chioccia. La sua vocina interna, inoltre, voleva spingerlo ad indagare su un possibile incontro fra quei due, ma si morse la lingua e soffocò la propria curiosità; ciò che quella sciocca faceva non aveva più alcuna importanza, visto che l'aveva spinta malamente fuori dalla sua vita...

Nulla è cambiato, in tutti questi anni”

Forse, Takasugi non aveva poi torto.

-Oh, adesso dovrebbe andare meglio!- si guardò la mano fasciata, biascicando un “Grazie” poco sentito. Chyo, al suo fianco, si lasciò sfuggire uno sbuffo prima di alzarsi e levare le tende. Adesso poteva tornare a respirare, a pensare lucidamente e chiedersi come mai sentisse così tanto freddo da quando la ragazza non gli sedeva più accanto.

-Torni a casa da sola?- si ritrovò a domandare senza guardarla in viso, studiandosi la fasciatura.

-Se non trovo Zura, sì.-

-A proposito, ti ricordi di un certo Saburou?- strinse la mano ferita, storcendo il naso quando una fitta di dolore lo colse.

-Mmm? Oh, sì, era un ragazzo davvero gentile! Si fermava a sempre a parlare di suo padre, doveva essere davvero orgoglioso di lui. Sai, aveva gli occhi che gli brillavano.-

-Lo immaginavo- si grattò il collo, tergiversando quanto più poteva. Perché cavolo non le diceva ciao o addio e levava le tende? Perché voleva godere ancora un po' della sua scomoda presenza e provare a vedere quanto della vecchia Chyoko fosse rimasto in quella donna diventata grande troppo in fretta? Ma quando la vide guardarsi attorno, apparentemente indifferente alla sua presenza lì, comprese come niente potesse riaggiustare le cose tra loro e per quanto impegno avrebbe potuto metterci, Chyoko non sarebbe mai stata disposta a collaborare -Senti, io vado a casa. Salutami Zura se lo vedi.- le diede le spalle, sventolando la mano fasciata di rosso in segno di saluto.

E proprio mentre cominciava a convincersi di quanto giusto fosse girare i tacchi, Chyoko se ne uscì fuori con una frase talmente assurda, ma talmente assurda da lasciarlo immobile a fissarla come un ebete:

 

-Che ne dici se ricominciassimo da capo?-

 

Per un breve, misero istante riapparve la ragazzina dai lunghi capelli neri piegata sulle carte geografiche e che gironzolava per ore se nervosa, mordicchiandosi un'unghia, che si accarezzava i capelli se pensierosa; aveva perfino lo stesso tono di voce, placido e rilassato di quando, la notte, gli raccontava di come avesse passato la giornata pur di fargli dimenticare le atrocità della guerra. Lo lasciò senza parole, dovette ammetterlo. Fu per quello che le biascicò un confuso -Che vuoi dire?- il tutto corredato da un'alzata di sopracciglia.

-Ricominciare da capo, come se ci fossimo appena conosciuti- a quella stronzata gratuita le regalò un'occhiata scettica e lei parve coglierla perché, muovendo un pelo la testa, si corresse -Potremmo dimenticare questi mesi di battibecchi, che ne pensi? Come se non esistessero.- lo guardava con attesa, a disagio mentre si accarezzava le braccia.

Gintoki la studiò a fondo, dicendosi che solo la Chyo sedicenne di tanti anni prima sarebbe potuta venire fuori con un'idea balorda come questa; un'idea talmente balorda che non gli parve poi tanto malvagia. Era come se fossero partiti per una lunghissima crociera e ora fossero lì, seduti l'uno davanti all'altra pronti a raccontarsi nei più minimi particolari il viaggio e le mete visitate. Loro però non avrebbero parlato, si conosceva e la conosceva fin troppo bene. Nello stupore del momento, nell'imbarazzo della loro repentina vicinanza e nell'incertezza delle sue azioni, Gintoki annuì piano, alzando le spalle con menefreghismo -Per me va bene.- fu tutto ciò che le concesse, vedendola tirare un sospiro di sollievo.

-Ahm, d'accordo, se così... - il sorriso imbarazzato tremò appena e mentre la vedeva voltarsi in maniera delicata, la sentì mormorare -Allora, buonanotte. Ci si vede.- allontanandosi veloce dalla sua vista.

Non rispose al suo saluto, restando immobile a pensare. Chyoko era disposta a rientrare nella sua vita. Questa era l'unica cosa che sembrava contare. Era così semplice, così impensabile e improvviso, che si chiese cosa l'avesse spinta a tanto. Lei che sembrava odiarlo, lei che serbava rancore senza riserve; lei, che nonostante tutto, si era dimostrata capace di saperlo perdonare, se necessario. Mentre lui, ancora, non ne era stato in grado.

Guardò la mano fasciata, avvertendo ancora il suo tocco delicato e piacevole. Si grattò la nuca, abbassando il capo per nascondere l'imbarazzo.

-Cazzo...- mormorò piano, accorgendosi di come certe cose, davvero, non mutassero col trascorrere del tempo. Il perdono non richiesto e inaspettato di Chyoko era arrivato senza preavviso alcuno, lasciandolo impalato in mezzo alla via. E l'averla lì, significava poter tornare indietro sui propri passi, domandarsi cosa sarebbe stato se, cinque anni prima, le cose fossero andate diversamente...

Guardò il cielo stellato mentre sul viso si dipingeva un sorriso di sollievo: fu come aver riconquistato la serenità che a lungo aveva perso.


 

******

Note noiose dell'autrice:

Questo capitolo fa proprio schifo! Ah ah ah!

No, sul serio, avrei potuto sfornare qualcosa di decisamente più leggibile, ma purtroppo questo è il massimo che sono riuscita a creare. Nulla è come l'avevo immaginato, o meglio, le scene sono esattamente quelle ma una volta su carta, mi sono resa conto che descriverle non è stato così facile. Inoltre, più i capitoli finiscono, più mi rendo conto di quanto siano esageratamente lunghi o.O E privi di senso. Ho talmente tante cose da dire, raccontare e mostrare che mi riduco a creare migliaia di periodi senza concluderne uno. Va beh, spero non sia uscito una schifezza colossale e che non ci siano troppi errori.

Però una nota positiva c'è... Si sono riappacificati ç_ç

Avevo in mente da tanto la loro unione. Doveva avvenire alla festa, doveva avvenire con Chyoko che gli diceva quelle esatte parole e lui, impacciato, avrebbe accettato. Eppure, scritta così, non mi pare così bella com'era nella mia mente :(

E poi', va beh, compare Shin-chan! Solo questo dovrebbe rendere il capitolo un po' migliore xD


Ringrazio come sempre Elizabeth_smile per la recensione al capitolo precedente (sei carinissima come sempre!!!). Ringrazio anche Dark_Glo per averla aggiunte fra le preferite! Se passerai ancora di qui, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensi :)

Grazie anche a chi legge ma resta in silenzio :)


Alla prossima!

Geisha.

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Capitolo 8
*** Just knock at my door... ***


 

Disclaimer: I personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Hideaki Sorachi; questa storia non è scritta a scopo di lucro.

 


Just knock at my door...


 

-Tutto questo è imbarazzante.- Gintoki sbatté la testa sul tavolo, chiedendosi ancora come avesse fatto a finire in quel luogo di stramberie. Perché, insomma, un uomo che si vestiva da donna e allietava degli uomini non doveva avere tutte le rotelle a posto.

-Almeno hai trovato lavoro- quella voce che trasudava saggezza lo fece grugnire di dissenso -Con la crisi che c'è e con la tua pigrizia, dovresti solo esserne grato.-

Gintoki alzò il capo, osservando il profilo delicato dell'amico Katsura che, pacato, sorseggiava del the appena preparato. Intorno a loro, gente ubriaca rideva in faccia ai ballerini che sculettavano e creavano arabeschi con i ventagli sul palchetto illuminato.

-Non parlarmi di lavoro proprio tu, bombarolo dei miei stivali.-

-Non sono un bombarolo, sono Zurako!- l'ammonì severo agitando l'indice con fermezza -E comunque, non capisco perché il mio lavoro debba venire sempre denigrato.-

-Forse perché uccidere lo Shogun e tentare di bombardare la torre degli Amanto non è esattamente un lavoro?-

-E' solo invidia.- così recitava il cartello di Elizabeth, divenuto buttafuori per l'occasione. Ma diamine, da quando Sakamoto gli aveva regalato quello sgorbio, Katsura si ostinava a trascinarselo dietro con la scusa che “Una cosa così graziosa non può stare in casa!” e più il tempo passava, più quei due cominciavano a fare comunella! Inoltre, quell'idiota di Zura doveva avergli raccontato vita, morte e miracoli della sua mezza relazione con Chyoko, perché ogni volta che lo incontrava, anche solo per sbaglio, il paperone tirava fuori un cartello con sopra scritto “Il cuore di una donna sta piangendo per colpa tua”, facendolo sentire più in colpa di quanto non fosse. Che poi quella sembrava essere in gran forma; lì, l'unico ad avere le palle frantumate era lui.

-Hai ragione, sono solo invidiosi.-

-Perché mai dovremmo essere invidiosi di un ricercato?- si grattò la chioma argentea, aprendo poi un occhio per scrutarlo curioso -E poi, dovremmo... Ma di chi stai parlando?-

-Chyoko continua a criticare il mio lavoro.- mormorò affranto, forse deluso dal fatto che la ragazza ancora non fosse diventata così scema dall'entrare nella sua banda di sballati. Eppure, in tutto quel discorso senza capo né cosa, Gin si ritrovò a borbottare uno scazzato:

-Nemmeno il suo lavoro è questo granché.- ricordandosi ancora di quando l'aveva vista ballare vestita di un solo, striminzito corpetto. Ma da quello che Katsura aveva spiegato, sempre con delusione, il lavoro della giovane non si limitava alla semplice danza; d'accordo, il movimento di fianchi c'era, ma di certo non era sola quando li muoveva e il tutto non avveniva sopra un palco! Cercò di controllare il proprio nervosismo a quel pensiero, continuando a ripetersi che ciò che quella cretina combinava della propria vita privata non era più affar suo. Del resto, anche lui si divertiva senza lei...

-Ah, non lo sai?- guardò l'amico con la fronte corrugata, chiedendosi cosa mai non sapesse; comunque doveva essere qualcosa di assolutamente stupendo, perché Katsura sembrava piuttosto felice di ciò -Chyo è--

-Paako, Zurako, al posto di cianciare come due zabette, potreste venire ad aiutarci con i clienti.- un omaccione vestito con un kimono verde richiamò la loro attenzione con voce cavernosa e lamentosa, facendogli scorrere i brividi lungo la schiena. Quella visione orrida avrebbe popolato i suoi incubi, ne era certo!

-Coraggio, andiamo ad allietare questi giovanotti!- Katsura si alzò in piedi, lisciandosi il kimono nero decorato con fiori rosa chiaro, sistemando poi la frangetta con le dita.

-Tu sei diventato tutto scemo, stare qui dentro ti sta facendo male!- lo rimproverò il ragazzo zampettando dietro di lui, anche se quegli infernali okobo rischiavano di farlo inciampare la maggior parte delle volte. Ora capiva perché la Fujiwara non era mia riuscita a stare in bilico su quei maledetti cosi. Nh, no, forse era solo lei ad essere completamente sgraziata.

-Andiamo, Paako, prima finiamo prima ce ne andiamo. Il paese aspetta solo il mio trionfale ritorno!-

-Io non vorrei mai essere salvato da una damigella come te.- mormorò disgustato, vedendolo scuotere la nuca con femminea eleganza. Sì, decisamente era stato troppo a contatto con quegli spiantati.

-Paako, potresti sembrare un po' più allegra- un uomo dal kimono viola e il mento troppo sporgente lo guardò accigliato, mentre aggiustava il proprio shamisen -Così tutti i clienti penseranno che sei qui contro la tua volontà!-

-Ma io sono qui contro la mia volontà!- si lamentò seccato, conscio che di lì a poco sarebbe piovuta una ramanzina su come, in realtà, avrebbe dovuto essere fiero di ciò che stava facendo. Come se essere truccato di rosa e vestito da donna potesse renderlo orgoglioso. Già in campo femminile faceva cilecca, figurarsi se lo vedevano conciato in maniera tanto pacchiana! E no, per quanto fosse considerato graziosa, non gliene fregava niente di veder sbavare un gruppo di bambocci; anzi, più li vedeva, più gli veniva voglia di prenderli a sprangate -Senti, posso tornarmene a casa? Sono inversa, non sarei di compagnia e mi renderei solo antipatica!- cinguettò falsamente, sperando che quel tizio gli desse la grazia. Almeno, Chyo aveva ripetuto spesso una frase del genere e lui, pur di non avere a che fare con la sua isteria da primadonna aveva sempre saggiamente deciso di lasciarla cuocere nel suo brodo. E lui ne era fermamente convinto: tutte le donne reagivano nella stessa, contorta maniera.

-Non decido io chi torna a casa e chi no- bofonchiò Azumi posando lo shamisen di lato, scuotendo la nuca in sua direzione -Spetta a Mademoiselle Saigou questa decisione.-

-Fantastico, sono fregato.- sconsolato, andò a sedersi al tavolo di Katsura che, a quanto pareva, insieme ad altri due tizi stava allietando la serata di un gruppo di ubriachi che più che ridere con loro, sembravano ridere di loro. Di male in peggio, si ritrovò a pensare quando posò l'ultimo passo vicino al tavolo e si ritrovò squadrato dai presenti.

-Un altro strambo.- fu il delizioso commento di un pelato dall'aria stupida.

-La tua capacità qual'è? Sai mettere il mascara senza mani?- la battuta provenne da un tizio col riporto, intento a tracannare quello che sembrava essere il decimo bicchierino di liquore. Se non la smettevano, avrebbe dato il via alla rissa, ne era certo.

-No, so picchiare come un uomo. Vuoi provare?- mormorò scrocchiando le dita, ricevendo un'occhiataccia da parte di Zura. Quello era entrato fin troppo nella parte, doveva rinsavire!

-Le donne non alzano le mani!-

-Zura, sei inquietante, smettila!-

-Vuoi la guerra, ninfetta dei miei--

-Qualche problema?- la voce tuonante del capo del locale, capace di far tremare anche i vetri, mise sull'attenti i Kishin lì presenti e Gintoki, strattonato da uno Zura troppo, troppo femminile per i suoi gusti, si ritrovò ad osservare la scenetta con occhi spalancati. Non capì granché della dinamica dell'incidente; solo, il tipo che avrebbe voluto gonfiare di botte era già stato scaraventato dall'altra parte della stanza da Mademoiselle Saigou con la forza di due sole dita, prima che lui potesse strappargli quei quattro peli che si ritrovava in testa. Oltre ad essere strambo, quel tipo era pure forte come un toro! -Le ricordo, gentile cliente, che qui non si insultano le mie ragazze, sono stata chiara?- ed era anche lunatica come una donna... Altrimenti, come spiegarsi quel repentino cambio di umore, il tutto corredato da un sorriso zuccheroso che male si intonava alla sua faccia da gorilla? -Paako, questo signore ti sta importunando?- ma prima che la diretta interessata potesse replicare, l'energumeno si scagliò contro il cliente utilizzando una mossa degna di un westler. E sì, Gintoki giurò di aver sentito rumore di ossa che si spezzavano.

-Bastava una sberla.- bofonchiò Katsura socchiudendo gli occhi alla vista dell'uomo malconcio che veniva aiutato dai propri compari.

-Questo è un mostro!- mormorò Gintoki indietreggiando di qualche passo, spaventato dall'aura di negatività che emanava l'enorme corpo del proprietario.

Mademoiselle Saigou era quanto di più raccapricciante ci fosse sulla faccia della Terra e Gin, in tutto il suo peregrinare, non aveva mai incontrato una faccia più brutta di quella, così mascolina eppure ricoperta da fondotinta, ombretto e rossetto. Poi c'erano quei capelli lunghi e grigi raccolti in un acconciatura da novella Geisha e kimono arancione e vistoso che lo fasciava perfettamente per corredare il tutto.

Doveva scappare da quel covo di matti, in fretta! Caso volle che Azumi dal mento enorme si affiancò a loro e dopo aver bisbigliato un -Santi cielo!- con troppa enfasi, guardò i due e aggiunse -Meglio filare. Non sapete quanto possa essere irritante Mama in queste situazioni.-

-Quindi, cosa vorresti fare?- i tre si fissarono, indugiarono sui propri visi come alla ricerca di un piano perfetto per poter tornare alla propria libertà e quanto Azumi sorrise loro furbescamente, capirono di avere la strada spianata verso l'uscita di quel locale.

-Quello che fanno tutte le brave donne, mie care!- cinguettò battendo le mani, volgendo poi il busto verso il capo che, ancora, sbraitava insulti e improperi contro i clienti -Mama, noi andiamo a fare la spesa!- trillò Azumi prendendoli entrambi sotto braccio, correndo alla velocità della luce verso chissà dove. Kabukicho, del resto, non era quartiere enorme... Ma a loro bastava solo scappare dalle ire di Mademoiselle Saigou.


-Quindi quello che fanno tutte le brave donne è fare la spesa?- ponderò Zura sorseggiando del caffè caldo in lattina.

-Care, non avevo un'altra scusa- si giustificò l'uomo, portando una mano sulla guancia -Dovete scusare Mama, in questi giorni è parecchio nervosa.-

-E' come se fossi piombato in un film dell'orrore!- proferì Gintoki stropicciandosi il viso, cercando di non ascoltare i rimproveri di Azumi che, al suo fianco, continuava a ribadire che così facendo avrebbe di sicuro fatto sbavare il trucco -Come fate a lavorare con quello schizzato?- come fate a conciarvi così tutti i giorni?!

-Mademoiselle Saigou è una brava persona! Sotto quella scorza dura si nasconde una donna dal cuore enorme- a quelle parole zuccherose, Gin rivolse un'occhiata stralunata ad un pacioso Zura che, sventolando una mano, lo costrinse a sentire ciò che l'uomo aveva da spiegare -Come ama ripeterci: dobbiamo essere più leggiadre di una fanciulla e più possente di un uomo per poter andare avanti. Del resto, coloro che sono nella nostra posizione non possono permettersi alcun tipo di fragilità.-

-Non c'è bisogno di essere dei travestiti per essere leggiadri e forti, eh!-

-Infatti tu sei un uomo e sei un cavernicolo- fu l'aspro commento di Zura e lui, da bravo cialtrone qual'era, imprecò in sua direzione senza alcun tipo di eleganza; l'amico, però, era sempre stato bravo ad ignorarlo -Ad ogni modo, la forza di Mademoiselle Saigou è davvero indiscutibile.- e questa frase, diede il via ad un racconto su Saigou dal bianco fundoshi, una specie di leggenda mescolata ad un film porno di serie Z. e Gin, che aveva già lo stomaco sottosopra, decise di staccare il cervello pur di non far salire altri conati di vomito. Insomma, cosa mai poteva esserci di leggendario in un uomo gigantesco che andava in giro con un perizoma bianco e che lasciava poco o niente all'immaginazione?! Ecco, ci stava pensando ancora... Doveva eliminare quell'orrenda immagine, doveva distrarsi, dove...

E poi, ogni pensiero si bloccò, fu come se la sua mente avesse dato forfait e qualsiasi pensiero logico fosse scappato in vacanza senza lasciargli alcuna parola da poter pronunciare. Perché se aveva pensato che quella giornata era già cominciata col piede sbagliato per le grida della vecchia Otose all'alba delle due del pomeriggio, era andata avanti ancora peggio perché adesso ciondolava per la Strip vestito da donna e poteva forse concludersi decentemente con una bella bevuta che lo avrebbe aiutato a dimenticare tutto quel casino, non aveva fatto i conti con la possibilità di venir visto dall'unica persona che, invece, non avrebbe dovuto vederlo: Chyoko Fujiwara camminava nella direzione opposta alla loro, il capo rivolto verso destra nel fissare alcune vetrine. Gintoki si irrigidì, conscio che se solo avessero mosso un passo in più, lei si sarebbe accorta della loro presenza. E se era già abbastanza imbarazzante conciarsi in quella maniera per ballare di fronte a dei vecchi bavosi, era ancora peggio farsi beccare da lei; a parte le prese per il culo che avrebbero portato a guerra certa, non voleva farle pensare che avesse una vita nascosta.

-Paako, sembri un baccalà in mezzo a tanti begli squaloni- cinguettò Azumi con fare curioso, seguendo poi la direzione del suo sguardo da pesce lesso terrorizzato -Oh, hai visto il ragazzo che ti piace?- un sorrisetto si dipinse sulle sue labbra sottili e pitturare di rosa.

-Più che un ragazzo, è una ragazza- spifferò Katsura portando una mano davanti la bocca -Anzi, una ex!-

-Oh, povera Paako, le ex sono la razza peggiore.- mortificato, Azumi posò una mano sulla sua spalla, quasi volesse infondergli coraggio e comprensione.

-La volete smettere con queste cretinate?!- strepitò dando le spalle alla figurina che ancora camminava, indifferente a loro -E tu, razza di debosciato, smettila di spiattellare ai quattro venti la mia vita privata.- prese l'amico per il bavero, scuotendolo così forte da rovinargli l'acconciatura.

-Paako, così la ucciderai!- squittì Azumi cercando di fermarlo, invano. Gin volse appena lo sguardo, accorgendosi di quanto vicino fosse ora l'oggetto dei loro discorsi che,purtroppo, non guardava nemmeno più le vetrine, per sua somma sfiga -Presto, cambiamo strada!- fece per andarsene, ma Zura – o quello che ne rimaneva- lo prese per la collottola e con la mano libera si sbracciò, sorridendo verso la Fujiwara.

-Chyoko! Chyoko, siamo qui!- lo avrebbe ammazzato sul serio, un giorno di questi.

Ma grazie ai Kami, o a qualsiasi essere fluttuante che stava in cielo, la ragazza si fermò di colpo e con sguardo scettico li squadrò tutti e tre. Magari non li avrebbe riconosciuti...

-Ci... Ci conosciamo?- domandò socchiudendo gli occhi, restando sulla difensiva.

-Dai, siamo noi.- continuò Katsura pensando davvero che l'amica avrebbe potuto riconoscerli nonostante gli abiti poco mascolini. Ma per qualche strano motivo, Chyoko fu davvero in grado di riconoscerli, perché dopo arricciato le labbra color ciliegia, sul suo viso si dipinse un sorriso allegro capace di irradiare tutto il quartiere.

-Zura, Gintoki, ma come Diavolo vi siete conciati?!- domandò sconvolta, le labbra carnose semi aperte mentre tastava i loro abiti -Ah, ma che kimono stupendi!- batté le mani mentre li squadrava da capo a piedi, gli occhi che le brillavano come se avesse appena visto Shinsuke a petto nudo. Nh, no, pessimo esempio. D'accordo, come sarebbero brillati a lui se fosse atterrato sul paese dei dolci, ecco.

-Come hai fatto a riconoscerci?!- gracchiò Gin imbarazzato, scostando le mani della giovane dal proprio indumento.

La vide inarcare un sopracciglio, per poi rispondere tranquilla -Ho riconosciuto il tuo sguardo da pesce lesso- un'imprecazione gli sfuggì dalle labbra pitturate di rosa, ricevendo in cambio una sberla di ammonizione da Azumi -Comunque, perché siete conciati così?- ripeté curiosa, affiancandosi nella loro camminata.

-Io ho fatto rissa in un negozio di Soba.- proferì Katsura con tono greve.

-Io ho rotto le palle alla vecchia di prima mattina.- Gin si grattò la testa, reprimendo uno sbadiglio.

-Per me è una filosofia di vita!- con fierezza, Azumi si intromise nella loro chiacchierata, costringendo Gin a passarsi una mano sul viso. Quell'uomo andava ricoverato d'urgenza.

Chyo sorrise al Kishin, apparentemente incoraggiante, poi li guardò severa e bisbigliò -Trovatevi un lavoro serio...-

-Anche tu!- berciò Gin con tono forse troppo brusco, perché tutti e tre lo guardarono stralunati. Il samurai sbuffò mentre si grattava la nuca per non destare alcun tipo di sospetto -come avrebbe potuto spiegare che, al pensiero di saperla circondata da uomini, la rabbia cresceva a dismisura?!- e li lasciò alle loro chiacchierate da femmina, pregando comunque che Chyo sparisse.

Ma come gli aveva sempre ripetuto il Sensei, la curiosità è femmina, e infatti Azumi si sporse leggermente per poter guardare l'intrusa -Ma cara, dimmi, che lavoro fai te?-

-Lei è di... Ahia!- a quel gridolino, Gin volse il busto verso i tre compagni di sventure, scorgendo un Katsura dolorante che si massaggiava il sedere -Perché mi hai dato un pizzicotto?!-

-Sarà stata una zanzara, caro!- cinguettò lei sorridendo tirata -Comunque faccio la ballerina all'Atomic Wango.- e mentre Zura stava cercando dire qualcosa, la giovane gli tappò la bocca con entrambe le mani ridacchiando nervosa. Forse era stanca delle sue ramanzine...

-Ma... Ma allora sei tu la Perla?!- vide Azumi battere le ciglia finte e portare una mano davanti alla bocca per palesare lo stupore; cioè, lui viveva lì da un po' di anni e mai aveva sentito parlare della Perla, invece quel mentecatto dall'aria frivola sapeva chi fosse. Per fortuna che ad Azumi piacevano gli uomini, altrimenti lo avrebbe preso a pugni -Cara, sei davvero graziosa! Ho sentito molti uomini decantare la tua bellezza, ma le voci non ti rendono giustizia!-

Gin portò una mano davanti alla bocca per trattenere le risate, Chyoko arrossì come un gamberetto mugugnando frasi sconnesse e l'unico che prese la parola in mezzo a quel mucchio di cretinate fu il saggio Katsura -La bellezza esteriore non è nulla senza quella interiore. E la sua anima è troppo corrotta perché possa essere--

-Ha un carattere che fa schifo, non girarci tanto attorno.- lo interruppe Gin con un ghigno, ricevendo una gomitata da parte di Katsura.

-Sono solo stata forgiata dal fuoco di mille idioti, tutto qua*- a dispetto di ogni sua previsione, Chyoko non si arrabbiò e nemmeno lo insultò o alzò le mani. Sorrideva divertita, aveva risposto in maniera pacata e poi aveva continuato a chiacchierare con Azumi come se nulla fosse. Forse Zura aveva avuto sempre ragione: se le cose tra loro si fossero sistemate, avrebbero smesso di attaccarsi e tutto sarebbe tornato semplice come prima. Peccato che, di fronte a lei, si comportasse ancora come un moccioso- Comunque, quegli uomini esagerano. Non sono più bella di tante altre donne che lavorano all'Atomic Wango.-

-Non essere modesta, quando noi donne siamo così belle dovremmo solo esserne orgogliose!- rise raucamente, Azumi, facendogli venire la pelle d'oca -Fidati, sei davvero favolosa come dicono. Capisco perché gli uomini non avevano occhi che per te. Sai, sono un po' gelosa!- portò una mano sulla guancia ruvida a causa della barba incolta, facendola ridere piano.

-Se lo dice lei.-

E Gintoki, osservano di striscio la figurina di Chyoko che sorrideva imbarazzata, suo malgrado si ritrovò a dover dare ragione all'uomo dal mento lungo. Chyoko era bella, punto. Non stupenda, non favolosa e nemmeno magnifica, semplicemente era bella. Da che ricordava, era sempre stata carina, poco femminile forse, ma sempre guardabile e aveva avuto la sua esigua stregua di ammiratori -o, forse, questo era dovuto al fatto che al campo era una delle poche femmine presenti- e adesso che l'aveva rincontrata, non poteva non notare come, da maldestra adolescente, fosse divenuta una donna sensuale. Ovvio, il caratteraccio le faceva perdere punti, ma in fatto estetico non poteva raccontarsi balle. Un po' gli dispiaceva essersi perso la sua metamorfosi.

-Che strazio.- si ritrovò a sussurrare più a sé stesso che a loro, ritrovandosi l'espressione inquisitoria di Zura su di sé.

-Hai detto qualcosa?-

-Non sono affari tuoi.- replicò secco, chiudendo subito il discorso. Quel maledetto di Katsura riusciva sempre a captare i suoi pensieri e quel giorno non voleva essere psicanalizzato.

-Se lo dici tu... Comunque sarà meglio tornare. Prima finiamo, prima potrò tornare a salvare questo Mondo corrotto.-

Chyoko, a quella sparata, ridacchiò divertita -Chi vorrebbe mai farsi salvare da un travestito?- domandò squadrandoli.

-E' quello che le ho detto anche io.-

-Per tua informazione sono ancora un uomo, Paako.-

-Suvvia, suvvia ragazze, non litigate. Non sta bene!- li ammoni Azumi sventolando una mano, procedendo con passo leggiadro verso altri lidi. Gintoki roteò gli occhi, esasperato, ma decise di seguirlo pur di togliersi dalla vista l'immagine divertita di Chyo. Questa però zampettò al loro fianco, cianciando di quanto adorabili fossero i loro vestiti e di come sembrassero pregiati, ancora.

-Da quando voi due andate così d'accordo?- bisbigliò il samurai alla propria sinistra, a metà tra il curioso e l'incredulo.

Gin osservò di striscio la ragazza che camminava dall'altra parte con tranquillità e che canticchiava un motivetto stonato, poi alzò le spalle mentre con aria vaga rispose -Mah, da un po'.- che probabilmente a Katsura bastò, perché gli sorrise appena e continuò a camminare in silenzio. O magari sapeva già tutto. Bah, chi capiva quello era bravo!

-Cielo, esistono ancora i bulletti al giorno d'oggi?- domandò Azumi che, sporto verso la balaustra che dava sul fiume, si ritrovò a fissare due bambini che punzecchiavano con un legnetto un altro ragazzino manco si fosse trattato di un cadavere. E Zura e Gintoki, dopo essersi lanciati uno sguardo di intesa, memori delle loro risse tra mocciosi, si ritrovarono a salvare la povera vittima a suon di sputi. Sì, ai tempi gli era stato vietato alzare le mani.

-Ehi, piccolo, stai bene?- domandò Chyo preoccupata, aiutandolo ad alzarsi -Guarda, sei pieno di tagli. Ti fanno male?-

-No, signorina, non--

-Ah, Teruiko!- l'urlo del Kishin li fece sobbalzare e mentre Zura lo abbandonava per accorrere dal bambino, Gin si ritrovò a pensare a come Chyoko, sotto certi aspetti, non fosse per nulla mutata. Poteva essere diventata stronza, poteva essersi inacidita con trascorrere degli anni, poteva essere divenuta una zitella che non deve chiedere mai, ma quando si trattava degli altri diventava sempre la dolce Chyo-chan di cui, tanto tempo prima, si era invaghito...
 

Uscì dal tendone dove i compagni di battaglie bevevano sake a volontà e si strinse nello yukata bianco e azzurro quando avvertì la brezza sfiorarlo delicatamente. La notte era ormai calata sul rifugio e avevano pensato bene di festeggiare la vittoria contro un gruppo di Amanto ubriacandosi fino allo sfinimento. Era trascorso all'incirca un mese da quando il gruppo dei Joui li aveva accettati fra le loro fila e se quella famosa notte di tanto tempo prima, i quattro avrebbero solo dovuto riposare per poi ripartire verso una meta sconosciuta, per qualche strana ragione si erano ritrovati a marciare con loro, combattendo al loro fianco, divenendo loro compagni.

Si lasciò scappare una sbadiglio, guardandosi attorno alla ricerca di un giaciglio su cui riposare, magari lontano dalle urla di quegli idioti che, se continuavano così, avrebbero rischiato di rimanerci secchi. Si era però accorto durante la bevuta che mancava la presenza pacata e femminile di Chyoko e in un impeto di follia, complice l'alcool che aveva in corpo, si era ritrovato a vagare per il campo alla sua ricerca.

Incredibile come il proprio sguardo cercasse sempre quello della ragazza ovunque si trovassero. Se andava avanti di questo passo, rischiava di farsi infilzare come uno spiedino. Percorse tutto il campo, giungendo al limitare della radura, scorgendo una figurina che, agitando un bastone, sembrava allenarsi. Takasugi era dentro a sbronzarsi, Zura stava improvvisando un balletto e gli altri sani di mente la notte riposavano. All'appello mancava solo una ragazza dai lunghi capelli neri... E senza nemmeno aver bisogno di vederla in viso si rese conto che quella persona era effettivamente Chyo; solo lei capitombolava a terra con la forza dei propri piedi.

-Fai schifo, lo sai?- commentò sinceramente brutale, vedendola sobbalzare per poi guardarlo con espressione stralunata.

-Lo so da me!- strillò lanciando lontano il bastone, mettendosi a braccia conserte prima di guardarlo con aria scocciata -Sai che se continuerai di questo passo, non troverai mai una fidanzata?-

Gintoki per poco non si strozzò con la propria saliva a quella frase detta in maniera tanto convinta; come se in quel preciso istante, a guerra inoltrata, potesse permettersi di cercarsi una fidanzata! Che poi, non ne aveva bisogno! Le fidanzate erano solo un peso inutile, richiedevano un dispendio di energie che doveva mantenere per ammazzare gli Amanto ed erano una palla al piede, ma enorme! Di sicuro una di queste avrebbe potuto obbligarlo a stare tutto il giorno in futon piuttosto che andare a combattere per liberare il paese o per proteggere i suoi amici.

-Come se me ne fregasse qualcosa.-

-Non venire a piangere da me quando ti piacerà qualcuna e lei non ricambierà per i tuoi modi rozzi!- vipera come mai lo era stata, Chyoko continuava a riversargli litri di veleno contro. Lui, invece che mandarla al Diavolo, si ritrovò a grattarsi un orecchio con fare pigro, socchiudendo gli occhi mentre la vedeva sbuffare come una teiera.

-Anche Takasugi è una persona orribile, eppure piace alle donne- la vide gonfiare le guance -Perciò, anche io troverò qualcuna capace di sopportarmi.- concluse con un ghigno, conscio di avere la vittoria in pugno. Ma quando non la sentì replicare, aprì gli occhi cremisi e la vide fissarlo con derisione.

-Shin-chan è bello, a differenza tua.-

-Ti hanno mai detto che hai il gusto dell'orrido?- domandò pacato, per poi agitare le mani -Ma davvero stiamo parlando di fidanzate?!-

-Sei tu che hai cominciato- si imbronciò lei, strappando dei fili d'erba, come se ciò potesse farla calmare. E lui, che non era poi così cattivo come voleva darle a vedere, si sedette al suo fianco lasciandola sbollire, aspettando che fosse lei a cominciare una conversazione -Non dovresti essere con gli altri a bere?- Chyoko proprio non riusciva a stare zitta per troppo tempo. Amava riempire i silenzi con la sua voce e se inizialmente questo suo difetto gli aveva dato sui nervi, ora semplicemente lo trovava perfetto. Almeno, gli evitava di fare strani pensieri.

-Non ti ho vista, così sono venuto a cercarti.-

-Non mi andava di ubriacarmi. E poi, sarei stata l'unica ragazza in mezzo a voi uomini. Mi sarei sentita a disagio.-

-Potevi restare con noi.-

-Ma non posso sempre starvi attaccata!-

-Allora vai dalle infermiere!-

-Ma quelle sono delle oche, parlano solo di maschi e di come vi trovino carini- la vide ghignare di fronte al proprio sguardo compiaciuto -Di te dicono solo che sei un samurai dall'aria addormentata- e lui imprecò, facendola ridere di gusto. Incredibile come bastasse poco per farlo sentire a proprio agio, incredibile come bastasse la sua presenza per fare ciò. Dopo un breve istante di silenzio, fu l'amica a parlare -Sono stanca di dover restare qui. Passo le mie giornate a lavare i piatti e a chiedermi se tornerete sani e salvi.-

-Ah, già, ho sentito che ne hai rotti parecchi di piatti.-

-Sto parlando seriamente, Gin.- sbuffò, concentrandosi sul fiume di parole che avrebbe volute riversarle contro ma che, quando poi se la trovava davanti, non volevano saperne di uscire. Perché temeva che lei avrebbe frainteso, che le cose sarebbero potute cambiare. O che, piano piano, sarebbe arrivato a farle promesse che non poteva mantenere.

-Sai? C'è una cosa che vorrei dirti, da tanto...- mormorò massaggiandosi una spalla, indeciso sul da farsi. Insomma, non era bravo nelle chiacchierate cuore a cuore e l'espressione stanca che gli stava rivolgendo Chyo non lo metteva a proprio agio. Ma quando lei mormorò dolcemente un -Cosa c'è?- pacata come solo lei sapeva essere, Gin si ritrovò a dar voce ai propri pensieri con una semplicità che non credeva di possedere -Non c'è bisogno che ti mostri forte, te lo abbiamo sempre detto- la vide inclinare il capo, come se non cogliesse appieno le sue parole e quando la guardò serio serio, lo sguardo deciso e non spento come suo solito, la vide allargare gli occhi color del fiume -Se vuoi piangere, piangi. Ci sono io qui, con te- tornò a guardare dritto davanti a sé, ringraziando la notte per nascondere le proprie gote rosate dall'imbarazzo. Cielo, suonava vagamente come una dichiarazione, quella! Ma ormai che c'era, doveva continuare il proprio monologo -Quindi, quello che voglio dirti, è che se non ti senti bene, ci sono io ed io voglio aiutarti. Perciò, quando vuoi piangere bussa sempre alla mia porta.-

-Non hai una porta.-

-Oh, hai capito cosa voglio dire!- la rimproverò nervoso, massaggiandosi il collo sentendosi decisamente coglione nel dirle quelle belle parole. Ma nemmeno lui riusciva a comprendere cosa Diavolo gli stesse accadendo e per quanto le parole di Zura continuassero a rimbombargli nella mente, non voleva dar loro ascolto. Chyoko era un'amica, una semplice amica che aveva bisogno di conforto e tra amici ci si aiutava. Il fatto che la considerasse carina non significava assolutamente nulla, il fatto che quando lo sfiorava mille brividi lo attraversavano non era sintomi di attrazione e il semplice sentirsi in pace con lei presente, significava solo che Chyoko aveva la strabiliante capacità di saper mettere a proprio agio la gente.

-D'accordo, verrò da te quando sarò giù!- gli sorrise felice, mettendo in mostra i denti bianchi e lui, di fronte a tutta quella gioia, si riscoprì imbarazzato e colto dallo strano desiderio di stringerla a sé. Ah, doveva fare qualcosa o sarebbe diventato matto! -Mi porti a bere qualcosa?- domandò lei, alzandosi in piedi e pulendosi il kimono blu scuro.

Gin annuì, deciso a prendersi una bella sbronza che gli facesse scordare quella chiacchierata da donnicciola. E magari anche le sensazioni che provava standole al fianco...

-Gin-chan, grazie.-

Ma era certo che qualsiasi cosa avrebbe fatto, Chyoko non sarebbe più uscita dalla sua mente.


Il vecchio Saigou stava tempestando di domande quel povero bambino da minuti ormai -sì, il grazioso Teruiko era figlio di quel gorilla- e quando questo se ne era andato dicendogli che aveva giocato a fare la lotta con gli amici, l'uomo aveva perso quel briciolo di femminilità che aveva e si era comportato da uomo: aveva cominciato a bere per soffocare i dispiaceri.

Gin sbuffò di fronte a quel teatrino, cercando con lo sguardo la figura di Zura che, però, non c'era; se se nera andato senza di lui lo ammazzava! Era rimasta solo Chyoko, presa dallo spirito della crocerossina che, appoggiata al muro con lui, guardava il proprietario tracannare la bottiglia di sake.

-Mi sembra di rivedere te, Shin-chan e Zura di ritorno da qualche scazzottata- la osservò di sbieco, rilassato dal fatto che nessuna frecciatina sarebbe stata scagliata -Un giorno mi spiegherai come mai finivi sempre per picchiare Takasugi, comunque.-

-Mi dava sui nervi.- fu tutto ciò che le concesse, dicendosi che non c'erano altre spiegazioni. Ed effettivamente, era così. Si era sempre divertito a prenderlo a schiaffi durante le risse, dicendogli che, menando di qua e di là, non poteva controllare dove le sberle finissero.

La ragazza ridacchiò, poi guardò l'orologio appeso al soffitto ed esplose in un'imprecazione, scappando come una furia verso la porta.

-Si può sapere cos'è tutta sta' fretta?- domandò Gintoki squadrandola malamente.

-Ho un appuntamento e sono in ritardo!- strillò lei prima che la porta del locale sbattesse, accompagnandola fuori. A quelle parole, era venuta voglia di bere anche a lui.

-Dov'è Chyoko? Volevo incora--

-Non mi avevi detto che era fidanzata.- interruppe la venuta di Zura con tono duro, forse più di quanto avrebbe dovuto, perché il samurai lo guardò con occhi grandi grandi e poi sorrise furbescamente.

-Non credevo ti sarebbe interessato.-

-Infatti non me ne frega niente- volse il viso dall'altra parte, nascondendo le mani nel kimono per potersi trattenere dal prenderlo a pugni e far svanire quel ghigno derisorio -Sono solo sorpreso che qualcuno possa riuscire a stare con lei, tutto qui.-

-Chyoko è una brava ragazza, e lo sai anche tu- le parole di Zura vennero scagliate con seccatura, facendolo sentire vagamente colpevole per le frecciatine gratuite che lanciava contro l'amica. Dopotutto, erano trascorsi cinque anni e la Fujiwara era liberissima di imbastire una relazione con chiunque volesse ma Katsura, probabilmente nascosto per troppo tempo in quegli abiti femminili, cominciò a straparlare come una scolaretta pronta a dare consigli di cuore all'amichetta -Senti, Gintoki, so che non sono affari miei, ma se Chyo ti piace ancora dovresti dirglielo, no?-

-Piantala con queste stronzate, non abbiamo più quindici anni.- gli diede le spalle, allontanandosi dal suo sguardo indagatore.

-Sarai anche cresciuto, ma la tua età cerebrale rimane quella di un ragazzino- ironizzò l'amico zampettando dietro di lui e Gintoki, continuando a dargli le spalle, alzò un medio in sua direzione ricevendo uno sbuffo come risposta -Comunque, Chyoko non è fidanzata. E non so nemmeno come possa esserti venuta in mente un'idea del genere.- aggiunse pensieroso.

-Ha detto che doveva correre ad un appuntamento e sembrava piuttosto di fretta.- se rimaneva distaccato, magari l'amico non si sarebbe intromesso nei suoi pensieri.

-Sta andando ad un colloquio di lavoro, se vuoi saperlo- guardò Zura con stupore, decisamente sorpreso a quella notizia piovuta dal cielo -L'hanno licenziata quasi un mese fa, non te l'ha detto?-

Si ritrovò a fissarlo, scuotendo piano la nuca. Ma come, non aveva detto ad Azumi di lavorare ancora lì? E poi, non era considerata la “Perla dell'Atomic Wango” o qualche simile baggianata? Probabilmente doveva essere una perla nera per essere finita disoccupata come lui. Eppure, dentro sé, l'idea che la ragazza non stesse correndo da qualche playboy ma solo ad un colloquio, lo fece sentire più leggero, come se avesse avuto un problema in meno da affrontare. Che codardo... Era sempre stato così. Quando si trattava di sentimenti, preferiva non avere ostacoli altrimenti la situazione diventava ingestibile e forse questo non era dovuto alla propria svogliatezza; semplicemente, le questioni di cuore erano qualcosa che lui non sapeva gestire.

-Ah, solo quello?- e mentre si allontanava piano verso un tavolo, pronto a trincare sake pur di dimenticare quella orrenda giornata, avvertì le spalle rilassarsi, le mani smettere di tremare e perfino l'aria cominciò a tornare respirabile -Meglio così.-

*******

-Farò tardi!-

Chyoko attraversò Kabukicho a velocità della luce, rischiando di investire i poveri passanti che le intralciavano il passaggio. Gli okobo l'avevano fatta cadere malamente un paio di volte e il vestito azzurro pallido era ormai troppo impolverato perché potesse conferirle un'aria pulita ed elegante.

La Casa da the di Tadamson era uno dei locali più famosi che costeggiava la via di Hanamiko-ji e Chyo, che mai si era interessata alle usanze tipiche giapponesi, si era ritrovata a cercare lavoro lì solo per la disperazione. L'annuncio diceva di indossare il kimono più bello che avessero, truccarsi e pettinarsi come un Geisha professionista e presentarsi in perfetto orario davanti all'ingresso, cosicché la Madre potesse dare il via ai colloqui. E Chyoko, quella mattina, aveva capito di essere fuori dagli standard richiesti di almeno cinquantamila punti...

-Fujiwara Chyoko!-

Una donna corpulenta e dalla bizzarra acconciatura a ventaglio l'accolse dalla porta d'entrata. La fissava austera dalle scale in pietra e avvolta in un caramelloso abito di seta rosa appariva più un Sakura Mochi* che una datrice di lavoro.

-Sono qui!- agitò le braccia, zampettando verso le scale con rinnovata gioia, lieta di non essere arrivata in ritardo.

-Ben venti minuti di ritardo- come non detto... -Questa è la seconda volta che esco e--

-Mi scusi per--

-Non mi interrompere quando elargisco critiche!- Chyoko annuì, rossa di imbarazzo per la gaffe commessa nell'arco di una manciata di pochi secondi -Entra dentro e sbrighiamoci, ho altre ragazze da guardare, dopo di te.- Chyoko annuì e la seguì all'interno dell'edifico, una classica sala da the giapponese, forse una delle poche rimasta attiva con l'arrivo degli Amanto. Si guardò attorno, lasciandosi cullare dall'aroma del the appena preparato che la riportò indietro nel tempo, quando la madre la chiamava in cucina per la merenda. Un sorriso malinconico si dipinse sulle labbra color ciliegia, facendo svanire un briciolo di tensione che l'aveva accompagnata per tutta la mattina. Beh, a dir la verità quella si era già dissolta grazie all'incontro con Kotaro e Sakata, se doveva essere sincera.

Un grugnito misto a sbuffo richiamò la sua attenzione -Fammi vedere- con un gesto secco, la donnona la fece voltare e le puntò uno sguardo carico di disapprovazione dietro tutto quel mascara -Sei stata truccata da un panda ammaestrato, per caso?-

-Cosa? No, io--

-Una donna che non è capace di sapersi truccare, non sarà mai in grado di rendersi presentabile ad un uomo- la vide appuntare qualcos'altro su quel taccuino, ma la voglia di sbirciare cosa quella penna scrivesse, venne sconfitta dal disagio che provò nel sentire quelle parole. Gli uomini con cui aveva avuto a che fare erano stati suo padre, il Sensei e i tre amici di scorribande che l'avevano vista sempre senza trucco -come se in guerra un po' di fondotinta avesse potuto portarla alla vittoria!- e poi i pervertiti dell'Atomic che, da che ricordava, non si erano mai lamentati del suo trucco appariscente. Così, seguendola verso un altra stanza, osservò il proprio riflesso nel grande specchio posto sulla parete alla propria sinistra, rendendosi conto di come la matita fosse colata sotto gli occhi, facendola sembrare un pugile uscito da una scazzottata -E poi sei troppo magra. Agli uomini non piacciono le donne scheletriche.-

Più quell'energumeno parlava, più la propria autostima finiva sotto la suola degli okobo. Prima arrivava Sakata a farsi beffe dei suoi fianchi pienotti -che poi, non erano nemmeno così esageratamente larghi!- poi arrivava questa ad accusarla di essere pelle e ossa. Ma che la gente trovasse una via di mezzo, eh!

-Non va bene, non va bene... E se volessi generare dei figli?- smise di girarle attorno come una mosca fastidiosa e la studiò. Chyo arricciò le labbra carnose; cosa c'entrava mettere al mondo dei bambini con il versare del the a dei ricconi?! Dopo aver pensato che, a lei, di tutta quella roba non gliene fregava niente, Chyoko fece per rispondere ma la donna fu più celere nel sbatterle in faccia i propri pensieri -Ma poi, chi vorrebbe mai avere dei bambini da te?-

-Signora, se permette--

-Di qua!- trillò ignorandola. Chyoko morse la lingua, trattenendosi dall'insultarla in maniera poco fine ed elegante. Quel lavoro le serviva, non poteva permettersi di venire sbattuta fuori a calci senza prima averle dimostrato che dietro quel trucco pessimo e la sua aria frivola, si nascondeva una donna che sapeva quello che voleva. In realtà non lo sapeva, ma in quel momento doveva risultare risoluta e tutta d'un pezzo -Hai già lavorato in una sala da the?- domandò a bruciapelo, guardandola di sottecchi dall'enorme quaderno rosso.

-No, questa è la prima volta.-

-Una principiante, di male in peggio!- gracchiò aspra agitando le braccia grassocce, facendole storcere il naso.

-Mi scusi, ma l'annuncio diceva espressamente: “apprendista cercasi”.- commentò irritata, seguendola in un lungo corridoio dalle pareti rosse acceso provvista di arazzi e quadri di ogni sorta. Quel posto era così diverso dall'Atomic Wango che subito la nostalgia l'assalì. Così elegante, fine, sobriamente decorato con tutti quegli arazzi dai mille colori. Decisamente raffinati se paragonati ai quadri pacchiani che esponeva il Night club.

-Stai forse dicendo che non ricordo cosa c'era scritto sull'annuncio?!-

-No, no, certo che no, intendevo--

-Per poter lavorare qui dovrai sudare e faticare, signorinella.- e mentre cercava di seguire il suo discorso sulla bellezza interiore ed esteriore, perdendosi alla prima riga, Chyo riuscì a captare una sola parola in mezzo a tutto quel fiume.

-Danza?!- mugugnò mentre la donna continuava a blaterare della sottile arte dell'eleganza e della beltà.

-Hai fatto la ballerina, no?!- il quaderno rosso sbattuto sul tavolo la fece sobbalzare. Forse avrebbe dovuto prestare attenzione alla capa. Chyoko sorrise appena mentre annuiva piano, tossicchiando un paio di volte prima di parlare.

-Ahm, non esattamente. Cioè, sì, ma--

-Sì o no?-

-In un Night Club- sussurrò, ma vedendo la sua espressione arcigna, Chyo si ritrovò a ripetere con voce più alta -Ho ballato in un Night Club per tre anni!-

-In un...- la vide allargare la grande bocca rossa prima di cominciare a farle una paternale su come una donna come lei, corrotta, non c'entrasse nulla all'interno di quella prestigiosa sala. Chyo roteò gli occhi, chiedendosi se dentro a quell'enorme corpo non vi fosse in realtà Zura pronto a metterla alla prova, ma più della consapevolezza di sapere che mai avrebbe lavorato lì dentro, la sensazione che sarebbe potuta diventare come quell'energumeno di fronte a sé la spaventò non poco. E se fosse ingrassata così anche lei? E se fosse diventata così tanto acida? Forse Katsura aveva ragione, se andava avanti di questo passo sarebbe rimasta zitella.

-Andiamo, di qua!- la tirò per un braccio, facendola giungere ad un basso tavolino su cui era posato un vassoio con un paio di tazzine in terracotta -Ora, versa il the!- la donna fece scivolare la caraffa verso di lei, studiando ogni suo più minuscolo gesto. E così la rimproverò dei gomiti troppo in fuori, del suo essere troppo curva e del fatto che i capelli, ormai sfuggiti all'acconciatura, rischiassero di finire inzuppati nella tazza -Per compiacere gli uomini devi essere raffinata mentre versi il the, essere sempre elegante- Chyoko storse il naso. Doveva solo versare del the, non conquistare lo Shogun in persona! -E ascoltare quando la gente parla!- agitò il pennello davanti al suo naso, facendola risvegliare.

-Sto ascoltando!- replicò stizzita, sorridendo poi dolce nell'accorgersi del proprio atteggiamento sgarbato -Diceva?-

-Non raggirarmi, signorinella!- le puntò il dito contro, facendola indietreggiare per lo spavento -Io le conosco quelle come te, sai? Fate le moine e gli uomini cadono nella vostra rete, malefiche vedove nere- Chyo arcuò un sopracciglio. Ma se non aveva uno straccio d'uomo da raggirare? -E loro si lasciano incantare dalla vostra giovane grazia e li portate via da noi mogli, lasciandoci a gestire una sala da the frequentata da gente di infimo livello!- era diventata rossa e se possibile, ancora più corpulenta.

Ma Chyo, che non aveva più la pazienza di un tempo e che col trascorrere degli anni si era lasciata affidare all'impulsività, si ritrovò a nascondere la bocca carnosa dietro una mano per trattenere un risolino, lasciandosi però sfuggire un maligno -Se suo marito l'ha lasciata, è per via del suo caratteraccio.- e prima che potesse rendersi conto della gravità della sua frase, si ritrovò a venire trascinata verso le scale all'ingresso, finendo col sedere per terra. Nessuna scusa servì a qualcosa, ormai poteva dirsi ancora disoccupata.

-Farò in modo che nessuna sala da the ti accetti come Geisha!- tuonò al suo indirizzo mentre si alzava piano, ripulendosi -Sei solo una disgrazia, un'inetta che non è nemmeno capace di versare del the- e su quello non poteva darle torto, visto che ne aveva versato metà sul tavolo. Ma quando le diede le spalle, pronta ad andarsene via e accantonare quella figuraccia, la donna diede il colpo di grazia alla sua già martoriata autostima, costringendola a fermare il proprio andare -Potrai essere più graziosa di Orihime in persona, avere gli occhi color della pioggia e il fisico di una Idol, ma resterai una sgualdrina maldestra e goffa, una donna che nessun uomo vorrebbe al proprio fianco!- e non appena avvertì la porta chiudersi dietro sé, la rabbia montare e gli occhi pizzicare, Chyoko cominciò a correre, scaraventando in giro i propri okobo quando la fecero inciampare per l'ennesima volta.

Ma perché non gliene andava bene una?!

Rallentò la propria corsa, riscoprendosi nei pressi del centro, sul ponte che sovrastava il fiume Sumida. Si appoggiò alla balaustra di legno, riprendendo fiato e stropicciandosi il viso per scacciare il pianto imminente. Se c'era una cosa che Chyo aveva imparato col passare del tempo, era che piangere non l'avrebbe portata da nessuna parte. E anche se avesse voluto, la porta a cui avrebbe voluto bussare sarebbe rimasta chiusa...


-La stratega?!- strillò Chyoko fissando incredula Takasugi. Questo si massaggiò un orecchio e lei, sconvolta, fissò i tre amici con gli occhi grigi spalancati, ma prima che il leader potesse replicare, la giovane aveva cominciato ad agitarsi come un'ape impazzita -Non posso fare la stratega, non so nemmeno come si fa!-

-Ti darò io una mano.- la interruppe Katsura e lei scosse la nuca, continuando il proprio monologo.

-Potrei farei l'infermiera! Anche se rischierei di uccidervi mettendovi un solo cerotto.-

-Chyoko--

-Oppure potrei cucinare! Ma a nessuno piace quello che cucino.-

-Chyo-chan--

-Oppure potrei--

-Vuoi smetterla per un secondo? Stai iniziando a darmi sui nervi!- Takasugi la fermo per un braccio, assottigliando gli occhi verde oliva carichi di nervosismo. La ragazza deglutì, paralizzata dalla potenza del suo sguardo. E per la prima volta, a Chyoko mancò il fiato nel ritrovarselo così vicino ma non per il piacere, no. Aveva la vaga sensazione che, se gli altri non ci fossero stati, l'avrebbe ammazzata di sicuro.

-Adesso basta, così le fai male.- Gin si era parato fra loro, scostando la mano di Takasugi e lei ne approfittò per massaggiarsi la zona lesa.

-Chyo-cha, prova a capire...- le parole di Zura arrivarono vellutate alle sue orecchie, ma scosse ancora la nuca, stringendo il labbro inferiore per non scoppiare a piangere.

-Di infermiere ne abbiamo già troppe e di cuochi ne abbiamo a sufficienza.- si intromise Sakata, parlando pigramente.

-Ma... Potrei venire con voi! Potrei rendermi utile comba--

-Fammi il favore, saresti solo di intralcio!- Shinsuke la ammonì duro, costringendola ad abbassare lo sguardo. Era vero, probabilmente avrebbe creato più danni che aiuti concreti, ma sentiva che stando lì al campo non avrebbe fatto altro che ammuffire e dopo tutti gli aiuti che gli amici le avevano dato, voleva cercare di rendersi utile almeno in parte. Al dojo, da bambina, aveva partecipato agli allenamenti e per quanto fosse maldestra, conosceva ancora qualche mossa. Rialzò il capo, incrociando lo sguardo severo di Takasugi, quello incoraggiante di Katsura e quello scazzato di Gin.

-Sentite, io--

-Farai la stratega, è la mia ultima parola!- lo vide darle le spalle, stanco delle sue continue lamentele e quando credette che Shinsuke se ne sarebbe andato senza fiatare, ecco che le rivolse parole taglienti come lame -Prova a fiatare ancora e ti lasciamo indietro.- sgranò gli occhi, aggrottò le sopracciglia e si irrigidì, zampettando via dal gruppetto quando vide un bellicoso Katsura seguire Takasugi.

Si lasciò cadere su di una cassa davanti ad una tenda, passando una mano sugli occhi per scacciare le lacrime che non volevano saperne di trattenersi dal solcarle le guance rosse per via dell'umiliazione. Insomma, era così che la vedevano? Un intralcio, un peso? Sospirò, chiedendosi perché non l'avessero abbandonata tempo addietro se questa era la considerazione che avevano di lei e mentre lasciava scorrere i pensieri, cominciò a lasciar scorrere le mani sui capelli, come era solita fare per placare il nervosismo.

-Io lo immobilizzo e tu lo prendi a pugni.- alzò il capo, scontrandosi con la figura ghignante di Sakata. Chyo non replicò, tornando a guardare per terra. Non aveva voglia di ridere e scherzare, voleva solo stare sola.

-Io non gli piaccio, vero?- domandò piano, come se fosse venuta a capo di quella sconcertante verità. Però, a differenza di come aveva sempre pensato, quella consapevolezza non le lasciò l'amaro in bocca. Dispiacere, sì, ma solo quello. Fu come se non le importasse della considerazione che Takasugi aveva di lei come donna, ma come persona.

-Non credo sia questo il problema, ora- le parve irritato mentre si sedeva al suo fianco, portando le mani indietro per stiracchiarsi -Comunque, per quanto mi scocci ammetterlo, siamo tutti d'accordo con Takasugi. Non vogliamo averti fra i piedi mentre combattiamo.-

-Siete gentili come dei caterpiller.- borbottò esasperata, vedendolo ghignare divertito.

-Non prenderla a male- le sorrise appena -Se tu fossi lì, saremmo più concentrati a proteggere te che ad ammazzare gli Amanto.-

-Quindi lo fate per proteggermi?- guardò di lato, evitando di incrociare l'espressione rilassata del compagno. Ma quando non lo sentì fiatare, tornò a puntare il proprio sguardo lucido su di lui, chiedendosi perché dopo una discussione fosse sempre Sakata a venire in suo soccorso -E se faccio schifo? Se vi faccio ammazzare?-

-Beh, fai che il primo sia Takasugi, allora.-

-Sono seria!-

-Anche io!- rimbrottò mettendosi a braccia conserte, facendola sorridere appena. Gin non sarebbe mai cambiato, ne era certa. E proprio quando credette che tutto si sarebbe concluso in questa sciocca maniera, tipica delle conversazioni serie con Gintoki, la ragazzina si ritrovò come paralizzata quando avvertì le sue dita fasciate sfiorarle i capelli e volgendo il viso con sorpresa ,vide chiaramente la mano del ragazzo ritrarsi per poi posarsi sul collo compiendo lenti massaggi.

-Mi fido, ti basti questo.- fu tutto ciò che le concesse prima di alzarsi e lasciarla sola, velato di imbarazzo e teneramente impacciato come mai prima di allora.

Chyoko, a quel punto, arrossì vistosamente, presa da una strana sensazione di panico mista a piacere, avvertendo un dolore lancinante al cuore. Per la prima volta da quando lo conosceva lo trovò bello. Bello, gentile e premuroso. Il tipo di persona che non credeva Gintoki sarebbe mai potuto essere ai suoi occhi. E con la certezza che quella chiacchierata l'avesse solo confusa di più, cominciò a cercare Katsura. Lo trovò vicino ad alcuni nakama, chiacchierando tranquillamente delle prossime battaglie.

Chyoko sospirò -Zura...- si voltò indispettito, pronto a rimarcare quale fosse il suo nome vero -Mi insegneresti qualcosa sulle strategie?-


-Se resti lì impalata, la gente ti verrà addosso.- si voltò con rinnovata rabbia quando quelle parole le vennero rivolte con serenità ed era pronta a sbottare come una scaricatrice di porto verso il malcapitato. Ma quando si rese conto di chi le aveva rivolto tali parole, la rabbia divenne fastidio e amarezza: Gintoki era appoggiato al suo fianco e guardava davanti a sé come se tutto andasse bene.

-Cos'è tutta questa gioia immotivata?- sibilò acida, volgendo lo sguardo dall'altra parte. Non aveva voglia di parlargli, men che meno di venire presa in giro. Perché sapeva che se gli avesse confessato di aver perso il lavoro e di essere stata cacciata a calci da un colloquio, di sicuro l'avrebbe presa per il culo a vita. Oltretutto, avrebbe voluto urlargli contro perché, indirettamente, era stata lui la causa del suo licenziamento dal Wango... Sospirò. No, alla fine la colpa era solo di Wang e della sua idiozia.

-Come siamo acide!- la rimproverò seccato, portando le mani in tasca -Poi mi danno le gomitate se dico che hai un pessimo cara--

-Senti, è una giornataccia. Non mi va di stare ad ascoltarti.- lo interruppe brusca, superandolo pronta a lasciarlo marcire su quelle tegole di legno. Errore madornale cercare di perdonarlo. Poteva accantonare la sua stronzaggine passata, ma quella presente era troppo per lei!

-Zura mi ha detto che avevi un colloquio di lavoro- lo sentì dire con tono svogliato, come se gli pesasse tutta quella conversazione. Chyo, d'altro canto, arricciò le labbra nel constatare che Katsura era una maledetta pettegola -Immagino non sia andato bene.-

-Possiamo non parlarne? La proprietaria della sala da the mi ha già insultata abbastanza!- alzò le mani al cielo per poi sbatterle sui fianchi.

-Volevi diventare una Geisha?-

-Non c'era di meglio in giro- ma sentendolo ghignare, borbottò -Tanto non sarei mai andata bene. Faccio schifo in quanto ad eleganza.-

-Già!- ok, ora lo prendeva a cazzotti! -Ma, se fossi stata una novella Geisha, probabilmente saresti crepata tanto tempo fa. Forse non è un male.-

-Dovrei prenderlo come un complimento?- mormorò secca, lisciandosi i lunghi capelli neri senza guardarlo. Quegli occhi cremisi sembravano scrutarla e più la fissava, più le veniva voglia di picchiarlo.

-Prendilo come vuoi.- replicò il ragazzo grattandosi la nuca, apparentemente impacciato in quella situazione di quiete. E lei, capendo che null'altro c'era da dire, gli diede la spalle, pronta a tornare a casa ad autocommiserasi. O a mangiare del gelato, tanto non faceva alcuna differenza. E mentre mosse il primo piede, pronta a lasciarsi indietro quella giornata, la voce impigrita di Gintoki la fece bloccare, come se avesse gridato. Eppure, quando si voltò, era così pacato nel suo fissarla assorto.

-Ti va di mangiare del ramen, a casa mia?- spalancò le labbra color ciliegia nell'udire quell'invito inaspettato. Gintoki era serio, goffo nella sua pigrizia e la fissava come se fosse in attesa di una sua risposta affermativa. Forse avrebbe dovuto dire di no, forse tornare a casa a lagnarsi della propria inettitudine sarebbe stata la cosa migliore da fare. Ma quando lui le sorrise appena, impercettibilmente, qualcosa si spezzò, facendola sentire in pace con sé stessa nonostante l'umiliazione appena subita.

-Sì, mi farebbe piacere.- replicò placida, sorridendogli. E mentre lo seguiva lentamente, stando al suo passo cadenzato, Chyoko si disse che non tutto poteva andare per forza male e che se una giornata cominciava col piede sbagliato, non doveva concludersi allo stesso modo.

Guardò Gintoki. Del resto, il sole doveva brillare anche per lei, anche se per poco.

*********

Fissava la ciotola di ramen con occhi piccoli piccoli, alzando la testa di tanto in tanto per appurare che Chyoko era davvero lì, sul proprio divano, a casa propria, a mangiare il suo ramen. E quando si accorse che non era un'illusione, ma che se solo avesse allungato una mano avrebbe potuto sfiorarla, si domandò che Diavolo gli fosse preso! E non c'era risposta alcuna da darsi, nemmeno qualche bugia per far tacere la propria vocina interiore. Solo, l'aveva vista sul ponte appoggiata alla balaustra con fare pensoso, assorta in chissà quali pensieri contorti e la sensazione che la Chyoko dei suoi giorni felici fosse ancora lì, nascosta da qualche parte, lo aveva spinto ad invitarla a casa.

-Hai finito il turno?- chiese lei spezzando il silenzio, soffiando piano sulla ciotola per raffreddarla.

-Mi, anzi ci, hanno licenziati- la vide coprirsi le labbra con una mano, scusandosi subito dopo per l'indelicatezza. Ma cosa si rideva, quell'oca, se anche lei era stata mandata a casa a calci?! -Comunque, meglio così. Saigou mi metteva i brividi.-

-Mamma diceva sempre: un uomo dal volto sgradevole non dovrebbe aprire un negozio!- la vide cominciare a mangiare piano, facendolo ripiombare nella quiete. Quanto ci mettevano Kagura e Shinpachi a tornare dal supermercato?! Così, almeno, poteva non darle retta! Sì, non era un campione di bon ton.

-Come mai ti hanno licenziata dall'Atomic Wango?- chiese curioso, ricordandosi che Zura non era mai stato chiaro su quel punto. La vide strozzarsi con il ramen, per poi sventolare una mano e dirgli che ormai non aveva più importanza. E lui se lo fece bastare, dicendosi che tanto non gliene fregava granché. Era solo una ruota e la sfortuna aveva colpito lei.

-Piuttosto, sono contenta per te!- la guardò confuso, vedendola guardarsi attorno -Sapere che ti sei fatto una famiglia mi da sollievo.- la vide portarsi una mano sul cuore e sembrava davvero sincera per quella stronzata appena sparata. Cogliendo la confusione del suo sguardo, Chyo indicò la foro sulla scrivania che ritraeva lui, Kagura e Shinpachi davanti al bar di Otose.

-Guarda che non sono figli miei!- gracchiò sconvolto, rischiando di versarsi addosso il piatto di ramen bollente.

Chyo sventolò una mano -Non intendevo quello- lanciò un'occhiata intorno -Hai una casa, gente che ti vuole bene. Non è come avere una famiglia?-

-Più o meno...- si grattò la nuca, per poi stropicciarsi il volto -Sono due veri impiastri. Kagura non fa altro che mangiare e Shinpachi sembra una suocera isterica. Per non parlare di Otose, che rompe tutti i giorni perché vuole l'affitto e se non c'è lei, manda la perfida Catherine, quella pseudo gattaccia!- non seppe perché spifferò a grandi linee i propri pensieri, per di più in maniera tanto sgarbata nei confronti di quelli che, tutto sommato, gli riempivano il cuore e le giornate. Forse, voleva darle l'impressione che la sua vita fosse uno schifo, come se non volesse lasciarla sola. Come se non volesse farle capire che, anche senza lei, la vita era andata avanti.

Ma quando la vide, Chyoko sorrideva dolce e non sembrava per nulla dispiaciuta o rancorosa -Devi volere loro molto bene, saranno di sicuro delle brave persone- e come sempre, lo capiva con un solo sguardo. Strabiliante che quella sua capacità non fosse venuta a mancare. Si appoggiò al divano senza replicare, vedendola trafficare prima di alzarsi -Sarà meglio che vada, fra poco farà buio.- avrebbe voluto chiederle di accompagnarla, ma sentiva che se lo avesse fatto avrebbe combinato qualche casino.

-Ah, puoi prendere il kimono se vuoi- confusa, Chyo inclinò il capo -Quello che indossavo oggi, puoi prendertelo. Tanto non mi vestirò più da donna in vita mia.- si grattò la nuca, ancora imbarazzato al pensiero che l'avesse beccato con rossetto e ombretto.

-A parte che mi andrà largo... A me piaceva quello di Zura.- si lagnò lei imbronciandosi, prendendo fra le mani l'indumento e sbuffando mentre se lo rigirava.

-Non credo te lo regalerà. Sembrava piuttosto geloso di quel kimono- tra i due calò il silenzio, poi Gintoki se ne uscì con una sua solita sparata -Quello dovrebbe trovarsi qualcuna con cui passare il tempo.-

-Una maniera poco carina per dire fidanzata? - domandò divertita, perdendo il sorriso alla vista del kimono lillà pallido logoro -Perché è sporco di terra?-

-Sono caduto.-

-Poi sono io l'imbranata!-

-Vuoi prenderlo stando in silenzio?!- gracchiò stravaccandosi sul sofà, portando le braccia dietro la nuca.

-Grazie per il ramen, Gin-chan.- la sentì cinguettare pacata mentre apriva la porta e quando alzò appena il capo, incrociò il suo sorriso dolce prima di scomparire dalla sua vista. E come sempre, quando si trattava di Chyoko, la lasciò andare senza provare a fermarla, magari dicendole qualcosa che avrebbe potuto farla restare.

Volse lo sguardo verso il tavolino, fissando il piatto fumante che la ragazza aveva lasciato.

Era stupido da parte sua, pensare che avrebbe voluto averla davanti a sé ancora per qualche minuto?


 

*******

Note noiose dell'autrice:

* Sono solo stata forgiata dal fuoco di mille idioti, tutto qua: frase infelice detta dalla sottoscritta nel descrivere il proprio rapporto con i maschietti... Credo che Chyoko mi stia odiando, per ciò che le faccio passare -.-


Che capitolo sudato! Ma a dispetto di ogni mia conclusione, ammetto che questo non mi dispiace. C'è tutto quello che volevo ci fosse e anche le scene del loro passato mi sembrano uscite abbastanza decenti. Mah, forse è solo perché Gin e Chyo vanno d'accordo, ora. E tra parentesi, amo descrivere di loro due da soli che si affrontano, anche se alla fine si ritrovano a lottare più con la loro coscienza che altro.

Come avrete potuto notare, nella parte di Chyoko c'è un miscuglio fra Mulan e Memorie di una Geisha (li amo ) e questo mi porta a ricordarmi che, inizialmente, Chyoko doveva essere una Geisha di nome Junko innamorata del nostro Hijikata... Cosa può fare la mente umana quando inizia ad apprezzare altri personaggi. A dir la verità la storia tra i due l'ho pure scritta, ma è talmente abominevole che credo giacerà per sempre nei meandri del mio pc. Parlando di Chyo, invece... Povera! Continuo a non fargliene andare bene una, proprio no. E' come se dovesse sudare per guadagnare un briciolo di felicità... O forse sono solo io un po' stronza -.- Però ho finalmente mostrato la sua utilità nella guerra: sì, quando ho pensato a questa storia, lei era da sempre stata la stratega della situazione!

Cooomunque, piano piano tra quei due adorabili testoni le cose vanno bene e, sinceramente, per il momento mi piace la piega che sto dando al loro rapporto. Vedremo cosa succederà andando avanti!


Non vi tedio oltre e passo subito ai ringraziamenti, sempre doverosi e sentitissimi:

-Elizabeth_smile: Cara, grazie mille per le tue parole! Mi rendono sempre piena di gioia, sul serio! Apprezzo che ti sia piaciuto Shin-chan e il suo torso nudo, anche se quei l'ho reso particolarmente odioso. Non so, non ce lo vedo amorevole e coccoloso! O forse la sua bellezza interiore è nascosta mooooolto in profondità :) Mi fa piacere che trovi Chyo meravigliosa, ma ho la vaga impressione che mi odierai per come l'ho trattata in questo capitolo D:. Mi riesce piuttosto bene maltrattarla, non ne capisco il motivo -.- Però, dai, alla fine le ho dato un momento un po' romantico, gliel'ho concesso ♥ Spero che passerai ancora di qui e mi farai sapere cosa ne pensi di questi due testardi che si stanno riappacificando :) Bacioni!

-Dark_Glo: Cara, innanzitutto grazie mille per la recensione! Fa sempre piacere sapere cosa ne pensa la gente e sei stata molto carina :) Mi fa piacere che apprezzi le introspezioni e come sto cercando di renderle al meglio ad ogni capitolo, sperando sempre di non far uscire fuori un mezzo macello! Lieta anche di sapere che il rappacificamento tra Gin e Chyo sia stato colto in maniera positiva :) Alla fine dovevano pur trovare un punto di incontro, no? E sì, come sempre serve Shin-chan per questo! E per Zura ed Elizabeth... Beh, sono semplicemente adorabili assieme, come non potrei dar loro un po' di scena? Anche se qui hanno gossippato poco poco :( Vedrò di farmi perdonare! Spero mi farai sapere cosa ne pensi anche di questo capitoletto, mi farebbe piacere :) Bacioni!

Ringrazio ovviamente anche chi legge ma resta in silenzio :)


Alla prossima,

Geisha.


 


 

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Capitolo 9
*** A nice day for a right wedding! ***


 

A nice day for a right wedding!



Il rumore fastidioso dell'aspirapolvere sovrastava quello della televisione, più precisamente un gioco a quiz che nessuno sembrava seguire, tranne Kagura. Bah, quella aveva il gusto del trash. Fu incredibile constatare che, per una volta, non era Shinpachi con le proprie manie da donnina tuttofare a disturbare la quiete di casa Gintoki, no; l'occhialuto se ne stava seduto sulla poltrona rossa continuando a squadrarlo malamente, come se avesse compiuto chissà quale oltraggioso atto!

-Tesoro, alza i piedi! Devo pulire il tappeto!-

E quando Gin guardò con irritazione malcelata la ragazza davanti a sé, si disse che sì, un atto oltraggioso nei confronti della propria anima era stato compiuto.

Quella mattina si era svegliato avvinghiato ad una squinternata dagli improponibili capelli viola che, una volta lucida, aveva iniziato a blaterare su come loro due, avendo fatto “taaaante cose” quella notte, erano ormai uniti da un indissolubile filo rosso che mai si sarebbe potuto spezzare. E il samurai, che di anni ne aveva anche troppi per poter credere a quelle scemenze che le ragazzine leggevano sui giornalini, si era limitato a guardarla con seccatura, ignorando i suoi discorsi insensati, per poi ribadire che no, non c'era andato a letto assieme.

Ma Shinpachi, entrato nella parte della novella mammina pronta a punire il figlio colto in flagrante, si aggiustò gli occhiali e lo fissò truce -Sicuramente hai partecipato ad un cosplay e te la sei portata a casa.- fu il suo aspro commento a cui lui replicò con un grugnito.

-Quante volte dovrò dirti che a me piacciono le infermiere, eh?- si mise a braccia conserte, alzando i piedi affinché l'intrusa potesse pulire e magari levarsi dalle palle. Ma come aveva ormai constatato in quell'ultimo periodo, la buona sorte non era più dalla sua parte. Non che lo fosse mai stata, eh, ma ultimamente gli girava proprio male -Ma quando si leva dalle scatole?- biascicò tediato, appoggiando il mento sul palmo aperto.

-Direi mai, visto che ormai siete marito e moglie.- altra frecciatina che Shinpachi scagliò senza timore alcuno, sbuffando alla vista della massaia che, incurante di loro, continuava a rimettere a lucido quel posto.

Gintoki nell'udire quelle parole storse il naso, appoggiandosi meglio alla poltrona -Non dire scemenze! Non posso sposarmi con una che nemmeno conosco!-

-Ma sì che ci conosciamo, caro- cinguettò la donna voltandosi allegra, spegnendo il malefico aggeggio -Io sono Sacchan e tu, marito mio adorato, sei Ginto--

-Conoscere i rispettivi nomi, non fa di te mia moglie!- gracchiò in sua direzione, inspiegabilmente irato nei confronti di quella lì che, ne era sicuro, voleva solamente incastrarlo; magari l'aveva scambiato per un riccone in incognito, altrimenti non si spiegava questa stramba attrazione. Perché nessuna donna sana di mente si sarebbe mai spinta a tanto con lui, a malapena duravano cinque minuti in sua compagnia! A dir la verità, una ragazza capace di stare con lui per più di un battito di ciglia c'era stata, ma se solo ci pensava i ricordi cominciavano ad affollargli la testa e il suo primo pensiero, in quel momento, era mandare fuori dalla propria casa -e magari anche dalla propria vita- la tipa vestita da ninja; a farsi le fisime per Chyoko ci avrebbe pensato poi.

-Ma io non conosco solo il tuo nome- sentenziò maliziosa, sistemandosi gli occhiali rossi sul naso -Sappi, che conosco ogni centimetro del tuo corpo. Mmm... Se solo ripenso all'altra notte...- la vide portare una mano sulla guancia diventata per motivi a lui ignoti bordeaux, prima di perdersi in un brodo di giuggiole sulle sue doti amatorie. Ma se nemmeno le aveva sfoderate, ancora?!

-Non statela ad ascoltare! Questa è pazza, dice solo fesserie!- agitò le mani in aria, accasciandosi sulla poltrona per non dover guardare l'espressione contrariata di Shinpachi.

-Gin, non c'è niente di male se tu essere stato con lei- la vocina di Kagura lo fece trasalire; quella che sembrava una completa scema in questioni sentimentali, magari si sarebbe rivelata la più comprensiva -Divertiti finché sei giovane!-

-Ma io non mi sono divertito.- borbottò esasperato, al limite della propria pazienza. Gli sembrava di essere stato catapultato su di un universo parallelo, dove una donna lo trovava attraente e mamma Shinpachi cominciava col gioco “odio la mia futura nuora per sport”. E pensare che lui nemmeno la voleva una donzella con cui spassarsela! La vita da scapolone non era male, tutto sommato; aveva la propria indipendenza, non doveva rendere conto di niente a nessuno e soprattutto, niente scenate isteriche di gelosia o di nervosismo dettate dagli ormoni in subbuglio. Perché rinunciare alla quiete per gettarsi a capofitto in un tornado distruttivo?

-Cambiando discorso... Otose vuole i soldi per l'affitto.- lo rimproverò Shinpachi, pronto probabilmente a rimarcare che gli doveva lo stipendio da almeno tre mesi. Gin reagì con un'alzata di spalle e una pulitina di orecchie mattutina, soffiando poi sul mignolino.

-Quella vecchia avrà i suoi soldi, prima o poi- borbottò, avvertendo lo sbuffo dell'amico -A proposito di soldi, mi viene in mente che devo andare a comprare il latte alla fragola.-

-Pagami lo stipendio, invece di scialacquare il misero denaro che hai!- tuonò l'occhialuto battendo le mani sulla poltrona, ricevendo un'occhiataccia.

-Comprare il latte alla fragola non è uno spreco di soldi! Meriteresti di essere cacciato da casa a calci.-

-Otose ha ragione, devi cominciare ad assumerti un po' di responsabilità- mormorò Shinpachi dopo essersi tranquillizzato, appoggiandosi meglio allo schienale -Magari sposarti con lei non porterà altro che benefici.- concluse indicando con il pollice la ragazza che, ora, spolverava la scrivania canticchiando un motivetto.

Gin la fissò, provò ad immaginarsi vestito di tutto punto pronto ad andare alla cerimonia nuziale che si sarebbe conclusa con un bel bacio fra lui e quel carciofo dai capelli viola e magari, in un futuro, avrebbe avuto dei bambini, dei piccoli Sakata che ciondolavano pigramente come bradipi stecchiti per le vie di Edo... Disgusto, orrore e raccapriccio. Queste tre emozioni si dipinsero chiaramente sul volto mentre la squadrava da capo a piedi. D'accordo, Sacchan non era male fisicamente, anche se in quanto ad intelligenza dubitava che qualcosa funzionasse nella sua testa, e due o tre salti li avrebbe fatti volentieri, ma da qui a sposarsi e mettere su famiglia ce ne voleva di fantasia! Non era portato per quelle cose, non sarebbe stato capace di accudire un bambino piagnucolante e men che meno, sarebbero riuscito a sopportare il decadimento della propria giovane moglie a causa dei chili in eccesso e dell'isteria dilagante che l'avrebbe corrosa come un latte amaro.

-Ma tu dai ascolto a quella vecchia ciabatta?- mugugnò alzandosi in piedi, troncando quel discorso troppo pesante perché le sue celluline grige potessero mettersi in moto. E proprio mentre i piedi cominciavano a muoversi verso la cucina, ecco che il caos ebbe inizio, sbrigliato dalle parole alla rinfusa di Kagura:

-E poi Gin avere già fidanzata!-

Se possibile, l'aria del salotto divenne ulteriormente tesa, facendoli ammutolire all'istante. Kagura li guardava tutti e tre placida come un lago d'estate, probabilmente ignara di aver scatenato l'Inferno, e loro, ancora scioccati, si limitavano a fissarla con la bocca spalancata e gli occhi ridotti a due puntini.

-Ma... Ma di che cosa parli?- fu Shinpachi a spezzare il silenzio, pulendosi il sudore con un fazzolettino. Intanto, l'occhio destro di Sacchan aveva cominciato a dondolare pericolosamente in un tic che non prometteva nulla di buono.

-Sakamoto detto che Gin già fidanzato.-

-Ti sbagli, ha solo detto che eravamo compagni di letto!- si difese prontamente, coprendosi il viso con una mano quando si rese conto di cosa effettivamente avesse detto. Sapeva che quell'idiota ridens avrebbe portato solo casini e nient'altro!

-Io avere parlato con Otae e lei dire che compagni di letto--

-Hai parlato di queste cose con mia sorella?!- gracchiò Shinpachi al limite dello sconvolto e del disgustato. Doveva essere un duro colpo, per lui, immaginarsi la dolce sorellina che cianciava con la mocciosa di letti e uomini.

-Noi chiederci quando tu sistemarti, Gin.- Kagura l'imbecille continuava ad esprimere i propri pensieri senza curarsi del fatto che, dietro di lei, l'uragano Sacchan era pronta a distruggere tutto ciò che incontrava. Nh, ecco cosa odiava delle donne: riportavi a galla una vecchia storia e subito quelle cominciavano delle scenate senza senso, facendogli venire il mal di testa.

-Non me ne frega niente di sistemarmi!- sbottò seccato, massaggiandosi una spalla -E comunque, non sono affari vostri.-

-Anche perché ormai sei già sistemato.-

-Tu smettila di dire scemenze!- puntò il dito verso un Shinpachi rannicchiato sul divano, gli occhi piccoli piccoli e l'espressione di chi ha appena partecipato ad una vivisezione.

-Quindi sei già impegnato, ma bene! Ti diverti con me e poi? Poi scopro che c'è un'altra donna!-

-Tu sei tutta matta!- l'apostrofò irato, scomparendo dalla loro visuale ma sempre con le orecchie tese, pronto a captare le stronzate che provenivano dal salotto. E infatti, come ogni previsione, l'intrusa cominciò il valzer delle cazzate:

-Cara, raccontami tutto di questa meretrice.- Sacchan, con fare amorevole, si era seduta di fianco alla ragazzina, sollecitandola con la sola forza dello sguardo. Ci mancavano solo le chiacchierate cuore a cuore.

-Chyoko non è una meretrice.- sbuffò irritato, deciso ora più che mai a levare le tende.

-Ah, allora ha anche un nome!- sibilò la giovane -Vedrò di ricordarmelo.- assottigliò gli occhi, tornando poi a guardare Kagura con ansia.

La ragazzina continuava a mordicchiare un'alga, senza però essere realmente coinvolta nella discussione. Però le sue labbra continuavano ad aprirsi per dare aria -Gin essere stato tanto tempo con Chyoko e loro essere stati compagni di letto. Io non sapere più di questo!- spifferò allegra, tornando a guardare la televisione con aria concentrata.

Cielo, gli si stava atrofizzando il cervello a furia di stare chiuso con quella massa di cretini...

-A parte che Chyoko ed io non siamo mai stati compagni di letto e nemmeno fidanzati- cercò di darsi un tono, giusto per non apparire un racconta balle di prima categoria -Ma se anche lo fossimo stati, questi non sarebbero affari vostri- i tre lo guardarono attentamente e lui, conscio di avere la situazione in mano, sorrise appena prima di riprendere la propria ramanzina -Da quando Sakamoto vi ha parlato di Chyo continuate a farmi domande su di lei, nemmeno fosse Ketsuno Ana in persona!- confessò esasperato -E sono stanco di gente che va a spifferare ai quattro venti le mie relazioni.-

-LA tua relazione.- lo corresse Kagura con fare pratico, dando prova di essere una vera bastarda. Gin strinse i pugni, trattenendosi dal prenderla a sberle.

-D'accordo, la mia relazione.-

-Allora c'è stato qualcosa tra di voi.-

-Ma sei ancora qui? Quanto ti ci vuole per levarti dalle palle?!-

-Tesoro, siamo uniti da un filo indissolubile, ormai.-

-Ma che--

-Vado a preparare il bouquet.- mormorò il quattrocchi alzandosi in piedi, seguito da una trotterellante Kagura che annunciò allegra -Io preparare lista invitati e chiamare catering!-

Ma perché nessuno sembrava dare ascolto alle sue scenate isteriche, eh?! Era ingiusto! Veniva sempre trattato da idiota quando lì, in tutto l'universo, l'unico cretino era quel bamboccio che bighellonava in giro vestito di un kimono viola con farfalle e che ciarlava di una bestia nera da nutrire e cazzate da indemoniato che andava ricoverato. Ah, alla fine era sempre così! Si finiva sempre col parlare della Fujiwara, della loro mezza relazione o di quello che ne era rimasto e lui si ritrovava sempre ad insultare mentalmente quel baka di Takasugi senza un motivo apparente, solo perché l'abitudine e la routine richiedevano meno dispendio di energie.

-Bah, lasciamo perdere.- agitò le mani, lasciandosi cadere pesantemente sul divano rosso, buttando la testa all'indietro pregando che tutti i pensieri scivolassero via. Davanti a lui, però, la tediosa Sacchan lo fissava a metà tra il preoccupato e il curioso, probabilmente sconvolta dal fatto che, ehi, anche lui ci aveva dato dentro quando era un ragazzo di belle speranze.

-Senti, caro--

-Non chiamarmi “caro”, non siamo ancora sposati.- la interruppe brusco, massaggiando la testa con una mano. Quell'ancora gli mise i brividi, come se ormai per lui fosse finita.

-Caro...- Ma chi è, Sakamoto travestito da ninja?! -Non so chi sia questa Chyoko, ma deve averti fatto molto male- alzò la nuca, incrociando i suoi occhi color lilla e scorgendo la sua espressione irritata. Come se Chyoko gli avesse fatto qualcosa... Se doveva essere sincero, sarebbe stato più corretto dire che lì, lo stronzo, era stato lui -Perciò sappi che io non sarò come lei. Io non ti farò del male, sarò una brava moglie e--

-Guarda che non mi ha fatto niente di male. Solo-- si bloccò, rendendosi conto di star dando troppa voce a tutti quei pensieri reconditi che non aveva mai voluto tirare fuori; si alzò in piedi, sconcertato da quelle parole uscite troppo veloci, senza che ci avesse pensato su realmente.

-Solo?- continuò imperterrita, alzandosi anch'ella come se lo volesse sfidare.

Solo cosa? Già, c'erano tante cose che avrebbe potuto dire riguardo la ex ballerina, ma se ne avesse parlato avrebbe messo a nudo la propria coscienza, facendo aumentare a dismisura quel peso che, nemmeno a guerra conclusa, era riuscito a lasciarsi indietro. E lui, che del passato e tutto ciò che comportava aveva deciso di farne a meno, si era ritrovato a guardare Sacchan con noia, grattandosi la chioma argentea prima di darle le spalle mugugnando uno scazzato -Solo non sono affari tuoi.- rinchiudendo, ancora una volta, tutti i pensieri e le sensazioni che quei discorsi rievocavano in lui.

-Vuoi parlarne?- avvertì la sua presenza sfiancante dietro sé e lei, in attesa, si puntellava ritmicamente sulle punte.

Si massaggiò una spalla, ponderando su quella domanda. La verità era che era stanco di parlare della Fujiwara, prendendo in considerazione sempre e soltanto la loro storia, senza vedere oltre l'affetto che avevano provato l'uno per l'altra. E se Chyoko per prima era stata capace di seppellire tutto per tornare la cara amica di un tempo, non capiva perché la gente si ostinasse a voler far sì che, tra loro, ci fossero dei chiarimenti. O che lui facesse chiarezza con sé stesso, era uguale. Alla fine, era così semplice comportarsi da sfaccendato davanti a lei, senza tirare in ballo il passato, le frasi dette e non dette, le azioni compiute e che quelle che avrebbero fatto meglio ad evitare. Se le cose avrebbe dovuto prendere una piega diversa, l'avrebbero presa senza che lui calcasse sugli eventi. Perciò no, non voleva parlarne e non voleva neppure essere psicanalizzato. Per quello c'era già la sua coscienza dai capelli lunghi e neri seguito da un Amanto dalle sembianze di papera.

Non le rispose, dirigendosi verso la porta di ingresso.

-Dove vai?- domandò lei con voce curiosa, anche se una nota di isteria si poteva captare indistintamente.

-A comprare del budino, visto che su l'ultimo rimasto hai versato del natto.-

-L'ho fatto perché rappresenta il simbolo della nostra unione!- la sentì confessare con orgoglio e volgendosi, se la ritrovò prostrata ai suoi piedi come una brava mogliettina -o una serva, era uguale- pronta a servirlo e riverirlo. Forse si sarebbe dovuto davvero accontentare... Storse il naso, calmandosi pur di non tirarle un calcio in pieno viso e aprì la porta, fiondandosi per le vie di Edo per raggiungere il supermercato più vicino.

Camminò per qualche minuto, crogiolandosi nei propri pensieri e sotto il sole che brillava alto, avvertendo però una scomoda presenza alle proprie spalle; volse il busto, scorgendo la figura di Sacchan vestita da cretina con una capigliatura ancora più assurda che seguiva il suo passo cadenzato, indietro di qualche centimetro -Perché Diavolo mi stai seguendo?! E perché sei conciata così?- di sicuro aveva perso qualche scommessa e quella era la sua penitenza.

-Ma per essere al passo coi tempi, tesoro! Non sei contento di avere una moglie così giovanile?-

-Si quanto me ne frega- replicò esasperato, portando una mano nello yukata e continuando a camminare pacioso per la città -E non sei mia moglie, per la centesima volta!- quella ostinata non se ne voleva proprio andare, era un virus da debellare me niente sembrava darle la spinta affinché se ne andasse. E pensare che lui, a mandare via le persone a cui teneva, era sempre stato bravo...

A quel pensiero scosse la nuca, chiudendo forte gli occhi per ricacciare le immagini della sua adolescenza che cominciavano ad accavallarsi fra loro, mescolandosi e provocandogli solo un gran mal di testa.

-Oh, ma che bei vestiti!- sentì la voce cinguettatane di Sacchan allontanarsi e Gintoki si disse che, prima o poi, avrebbe ringraziato quell'arzillo vecchietto che gestiva la baracca per aver, anche se indirettamente, allontanato quella mosca fastidiosa. Forse se cominciava a correre lo avrebbe perso di vista e magari non si sarebbe più fatta vedere, mettendo fine a quella messinscena! O forse se la sarebbe ritrovata in casa a preparare una cena a lume di candela, chi poteva dirlo? Del resto, quella non aveva tutte le rotelle a posto.

Stava cominciando a dirsi che quella giornata orrenda doveva pur finire, quando ad un tratto avvertì una pacca leggera sulla spalla; era pronto a voltarsi e regalare uno sguardo di fuoco al malcapitato anche se con la sfiga che aveva, sapeva benissimo che si trattava di quella pustola di Sacchan -Ciao Gin!- ma quando avvertì quel suono vellutato sfioragli le orecchie, Gintoki non ebbe il coraggio di voltarsi, almeno, non subito.

Possibile che quando qualcosa non andava, Chyoko compariva come una piaga d'Egitto? Perché era lei, ne era certo, avrebbe scommesso il suo unico gelato settimanale che quella voce delicata appartenesse alla Fujiwara. Poteva anche sembrare schifosamente romantico, ma era dannatamente vero che, fra mille voci, la sua l'avrebbe captata al volo. Semplicemente non era mai riuscito a dimenticarla, per qualche strana ragione l'aveva accompagnato anche dopo la guerra, ronzandogli nella mente come un mantra che gli dava sicurezza. Era come aver sempre avuto uno scoglio sicuro cui aggrapparsi nei momenti bui. Già, pietoso...

Abbacchiato, volse il busto verso il punto esatto da cui proveniva la voce, incrociando due occhi color del fiume che lo fissavano brillanti e le labbra color ciliegia carnose increspate in un sorriso allegro. E l'incazzatura scemò, infondendogli sollievo.

-Cosa ci fai qui?- maleducato come sempre, senza nemmeno ricambiare il saluto, la fissò svogliato, vedendola arricciare le labbra in una smorfia di disapprovazione. Forse avrebbe dovuto salutarla, la prossima volta.

-Faccio una passeggiata- replicò lei senza perdersi d'animo, sorridendogli come prima. Bah, incredibile come una semplice frase avesse potuto mettere da parte astio e rancori, rendendola la solita ragazzina capace di metterlo a proprio agio. Anche se ormai aveva fatto i conti con la realtà: quella davanti a lui era una nuova Chyoko con tante sfaccettature rimaste immutate e che lo facevano sentire a casa, ma che avrebbe dovuto imparare a conoscere. Gli lasciò l'amaro in bocca rendersi conto che, da bambino, imparare tutto su di lei gli era venuto automatico -E poi devo vedermi con Zura, dice che deve parlarmi di una cosa importante.-

-Vorrà proporti di rientrare nella sua banda.-

-Quanto è ostinato- mugugnò lei seccata, ridacchiando subito dopo -Almeno mi offre il pranzo.-

-Sei ancora con le mani bucate?- le regalò un ghigno, vedendola gonfiare le guance.

-Le tue sono un groviera- replicò ironica, facendolo imprecare a mezza voce -E comunque sì, sono ancora senza lavoro, senza uno yen e a breve dovrò traslocare. Pazienza, mi arrangerò in qualche modo!- non le sembrò abbacchiata, almeno, quel sorriso divertito che le illuminava il volto ovale non dava l'idea che si fosse buttata giù. E se un tempo Gin sarebbe stato capace di cogliere ogni più piccola sfaccettatura delle sue emozioni, riuscendo a scorgere le sue bugie, le sue finzioni potendo così aiutarla, ora non era così immediato e si continuava a chiedere se quel sorriso non nascondesse altro che disperazione e angoscia. Si grattò la nuca, dicendosi che la ragazza era cresciuta abbastanza da non avere più bisogno della sua spalla su cui piangere e che se proprio aveva bisogno di sfogarsi, Katsura sarebbe stato un amico migliore e che l'avrebbe ascoltata con maggiore e sincera attenzione.

-Perché non torni a fare la stratega per i Joui? Magari li porterai alla vittoria.-

-Ma se rischiavo sempre di farvi ammazzare?- trillò lei ridendosela, sventolando una mano -Ah, e poi non ricordo nemmeno da dove cominciare.-

-Che vuoi che sia? Non sarà difficile...- la guardò con aria di sfida, divertito al pensiero che avrebbe potuto punzecchiarla come ai vecchi tempi senza ricevere occhiatacce o frecciatine velenose -E poi, in cinque anni hai dimenticato tutto? Sei proprio scarsa.- la fissò con un ghigno, vedendola portare dietro l'orecchio una lunga ciocca di capelli corvini.

-In cinque anni sono cambiate tante cose, Gin.- gli lanciò un'occhiata esaustiva che lo zittì subito, conscio che quella frase non era riferito alle sue scarse doti mnemoniche. Ma Gin, codardo come al solito, si rifugiò nel proprio silenzio per evitare di affrontare l'argomento e gli fece piacere notare che, nonostante tutto, Chyoko era ancora capace di leggergli il pensiero perché, delicata come sempre, svolazzò verso un altra questione, cominciando a cianciare di un colloquio andato abbastanza bene da un fioraio. O, forse, anche lei era stanca di doversi sobbarcare del peso di una discussione che, come al solito, avrebbe portato avanti solo lei.

-E ti hanno presa?-

-Non lo so, il proprietario doveva sentire altre ragazze- lo guardò carica di energia -Se mi prendesse, porterò te e Zura a mangiare del ramen, che ne dici?-

La guardò abbozzando un sorriso, contagiato dalla sua euforia immotivata ma che continuava a darle la spinta per affrontare i giorni. E prima che potesse risponderle che sì, gli avrebbe fatto piacere mangiare a sbaffo, ecco che l'uragano tornò a rovinare la sua giornata... -Gintoki!- chiuse gli occhi, ricordandosi che la ninja era uscita di casa con lui. Incredibile come scambiare quattro parole con Chyo gli facesse perdere il contatto con la realtà -Si può sapere dove stai andando e senza di me, per giunta?- aveva le mani sui fianchi, l'espressione da suocera incazzata e il tic nervoso all'occhio -Ah, e questa chi sarebbe?- ed ecco che la sua attenzione si spostò sulla Fujiwara, ignara di chi fosse quella squinternata dai capelli viola raccolti in una stramba acconciatura.

-Si può sapere perché mi stai seguendo?- domandò scorbutico, vedendola sorridere tirata. Chyo, invece, puntava lo sguardo confuso prima su di lui, poi su di lei. E adesso come glielo diceva all'amica chi si era svegliato con una donna fra le braccia, ci aveva fatto sesso -ma nemmeno ne era sicuro!- e adesso era invischiato in una relazione con lei, anche se contro la propria volontà?!

La ninja lo ignorò, procedendo a grandi falcate verso la rivale che, sconcertata, indietreggiò di qualche centimetro -Ho il piacere di parlare con...?- no, maledetta, allontanati!

-Ahm, Chyoko, piacere- fece un breve inchino, guardando poi confusamente l'espressione scioccata della ragazza -Stai bene?-

Gintoki, notando le labbra spalancate e gli occhi sbarrati di Sacchan, comprese come di lì a poco sarebbe scoppiata una guerra di dimensioni galattiche. Non c'era nulla di peggio di due donne che in qualche modo legate allo stesso uomo, si stringevano la mano pronte a fare conoscenza. Raccapricciante... Fece per scappare, preso dalla codardia e dando ascolto all'istinto di sopravvivenza che gli diceva di migrare verso lidi più tranquilli, ma Sacchan fu veloce e prenderlo per la collottola, mandando in fumo ogni suo tentativo di fuga -Piacere, io sono Sacchan, la fidanzata di Gintoki- istintivamente si voltò a guardare l'espressione serena e placida di Chyoko, così inaspettata da farlo deglutire a vuoto. Cosa significava quella reazione per nulla scomposta di fronte a tale rivelazione? -Ah, Chyoko, ho sentito parlare tanto di te!- l'angolo destro delle labbra guizzò all'insù e Chyo socchiuse gli occhi, la tipica espressione che le usciva quando cercava di sforzarsi per ricordare chi fosse la persona davanti a sé. Gin si stropicciò il viso.

-Davvero?- domandò curiosa -A che riguardo?-

-Ma come Chyoko, tutti ti conoscono!- si intromise lui, spingendo da parte la ninja -Tutti sanno chi è la Perl--

-Non sei tu la ex di Gin?- ogni suo tentativo di debellaggio del discorso scomodo era svanito; abbacchiato, si ritrovò tra due fuochi, anche se Chyo non sembrava dare molto peso alle parole alla ragazza.

-Non è esattamente così.- si ritrovò a biascicare lui a disagio, voglioso di uscirsene pulito da quella situazione. Bastava dire un semplice sì e tutto si sarebbe risolto, sarebbe bastato dirle che loro due, in passato, avevano condiviso lo stesso letto e che forse erano state messe in ballo anche le loro emozioni, rendendoli più due fidanzati che due amici stanchi e annoiati. Eppure, quella misera parolina non voleva saperne di uscire dalle sue labbra, complice la pacatezza con cui Chyo sembrava affrontare quel teatrino. Se non gli dava peso lei, perché avrebbe dovuto farlo lui?

-Te la sei spassata anche con lei, no?- era una domanda banale quella di Sacchan, un po' troppo personale e a cui avrebbe potuto replicare con un delizioso medio alzato giusto per farla tacere, ma non gli veniva così facile se Chyoko lo guardava con occhi tremendamente grandi.

Spassarsela non era una parola che avrebbe potuto utilizzare per definire la sua storia con la Fujiwara. Spassarsela significava che tra i due nulla di importante era accaduto e per quanto volesse cercare di non ricommettere gli errori di un tempo, sarebbe stato sciocco da parte sua considerare un'avventura quella che, alla fine, era stata forse una delle cose più belle che gli fosse mai capitata nella vita. Spassarsela metteva Chyo sullo stesso piano delle altre, mischiandola a tutte quelle poche e mezze storie che aveva imbastito senza portarne a termine nemmeno una.

Spassarsela, significava che lei non valeva abbastanza...

Purtuttavia sfiorato da questi pensieri, Gintoki si era ritrovato a massaggiarsi il collo per palesare il proprio disagio, distogliendo lo sguardo dall'espressione malinconica dell'amica che, forse, si sentiva ancora più fuori luogo di lui ma che per qualche strana ragione, sembrava non volere andarsene. Abbassò il capo, avvertendo lo stomaco attorcigliarsi per l'ansia prima che le parole arrivassero alle labbra -Io e Chyo--

-Niente del genere, puoi stare tranquilla...- con scatto repentino, alzò la nuca nell'udire quella frase pronunciata con tono sincero dalla giovane, guardandola con le labbra aperte e le sopracciglia alzate -Tra noi non c'è stato nulla.- il suo sorriso si ampliò, rendendola più brillante di quanto già non fosse e tutta quella luminosità capace di sconvolgerlo, utilizzata in quel frangente, gli fece perdere ogni filo logico con la realtà.

Perché Diavolo era così felice mentre lui, a quelle parole, sentiva morire qualcosa dentro sé?

-Ma state da tanto assieme?- domandò curiosa.

Sacchan annuì -Da qualche tempo- avrebbe dovuto dirle che no, si conoscevano solo da qualche ora, ma il cervello e la lingua sembravano essersi scollegate fra loro -Stiamo andando a festeggiare il nostro anniversario!- cinguettò felice, stringendosi al suo braccio come una sanguisuga.

-Oh, congratulazioni!- la vide battere le mani felice prima di guardarlo imbronciata -Avresti potuto dirmelo che avevi una fidanzata.-

-Non ama parlare della nostra relazione.-

-Già, non è mai stato bravo a parlarmi- la sentì mormorare con tono amaro, incapace di scorgere i suoi occhi che, da sempre, gli trasmettevano ogni suo più piccolo pensiero. E in quel momento, lui avrebbe voluto capire cosa le ronzava in testa. Ma Chyoko non gliene diede il tempo perché, dopo aver riacquistato il suo buon umore, li guardò entrambi -Sarà meglio che vada, Zura mi starò aspettando.- mormorò facendo un piccolo inchino, sorpassandoli subito dopo senza nemmeno attendere un saluto per risposta.

In quel preciso istante, avvertendo il profumo di Loto proveniente dai capelli di Chyoko, Gintoki capì che ormai, tra loro, tutto era finito. Il passato che cercava di nascondere, le recriminazioni che cercava di accantonare, perfino la possibilità di poter sistemare tutto o anche solo qualche cosa, era eclissata con la sua andata. Si era illuso, inconsciamente, che se Chyo aveva voluto riavvicinarsi a lui era solo perché ancora attratta, perché ancora voleva da lui tutte quelle cose che non era stato capace di darle. Non aveva fatto i conti con la possibilità che, la Fujiwara, da lui volesse solo amicizia e null'altro.

E mentre Sacchan lo trascinava per un braccio verso non aveva capito dove, tornò a guardare dietro di sé, vedendo la figurina di Chyoko farsi sempre più piccola. Perché ogni volta che le cose fra loro sembravano sistemarsi, succedeva qualche disgrazia che li costringeva a separarsi? Forse era un segno di qualche forza superiore che voleva fargli comprendere come lei non fosse quella giusta, come una donna come la Fujiwara fosse semplicemente deleteria per la propria esistenza e che magari, a causa sua, la pace difficilmente guadagnata si sarebbe guastata come un gelato rancido.

Eppure... Eppure, mentre tornava a fissare la ragazza davanti a sé che continuava a blaterare della loro vita assieme, lo sguardo cadde inevitabilmente sulle loro mani intrecciate. Nessun battito accelerato, nessun tuffo al cuore, nessun nodo in gola. Solo tanta noia e irritazione. Se andava avanti di questo passo, sarebbe rimasto davvero solo per il resto dei suoi giorni.

Solo Chyoko gli faceva scorrere i brividi con un solo tocco delle dita...


Si era chiuso nella tenda adibita a camera da letto, gettandosi sul primo futon libero che aveva a disposizione.

Quel pomeriggio era andato in perlustrazione con la propria squadriglia e dei dieci che si erano messi in marcia, solo sei avevano fatto rientro al campo. Come leader faceva schifo e non poteva dare torto ai commilitoni sopravvissuti che lo avevano apostrofato con parole poco lusinghiere. E il cazziatone di Takasugi non aveva fatto altro che fargli vorticare le palle ancora di più. Lui non era portato per queste cose, lui avrebbe solo voluto combattere e proteggere senza impartire ordini. Ma a quanto pareva, con la spada se la cavava e gli altri non voleva lasciarlo nelle retrovie.

Come se di pesi non ne avesse già abbastanza sulle proprie spalle...

-Dovresti mangiare qualcosa, Katsura è piuttosto preoccupato.- si puntellò sui gomiti, scorgendo la figurina esile di Chyoko entrare con passo leggero, zigzagando fra i futon per non calpestarli. Non aveva voglia di mangiare e non aveva nemmeno bisogno che lei, da brava mammina, si fiondasse ad accertarsi delle sue condizioni.

Gin si ributtò a terra, portando le mani dietro la testa dolente. Un Amanto gli aveva rifilato una botta sulla nuca e appena arrivato al campo, una delle infermiere si era premurata di fasciargli la testa per evitare che altro sangue sgorgasse. E gli era bastato già il suo sguardo colmo di recriminazione per non aver salvato nessuno a farlo sentire minuscolo, non voleva che anche Chyo lo guardasse in quel modo.

Ma lei, con infinita pacatezza, si sedette al suo fianco in ginocchio. La guardò di sottecchi, scorgendo la sua espressione rilassata puntata per terra mentre giocherellava con la punta della treccia.

-So che non è andata bene- le regalò un grugnito, chiaro invito a levarsi dalle palle o almeno a starsene in silenzio -Mi spiace...-

-Non mi va di parlarne.- brusco, chiuse gli occhi per palesare la propria scarsa voglia di darle retta, ma aprendo un occhio vide Chyo portare le mani sui fianchi e cominciare a borbottare come un teiera. Che palle... Doveva zittirla o lì finiva per sorbirsi un'altra discussione futile. Così si diede uno slancio, prendendola alla sprovvista visto che la sentì squittire e sempre imprevedibilmente l'abbracciò per la vita per posare poi la testa sulle sue cosce. Dopo quello che gli parve un periodo infinito, Chyo posò delicata le mani fra i suoi capelli, cominciando ad accarezzarli. Arrossì al pensiero che quello fosse il loro primo, vero contatto fisico che andasse oltre le pacche sulle spalle o le semplici prese in spalletta. Le dita si muovevano lente fra i suoi fili argentei, arricciando qualche ciocca fra il pollice e l'indice, assaporando il suo respiro regolare e rilassante.

-So che oggi è venuto con te quel ragazzo nuovo, Sakamoto.- apprezzò il fatto che Chyo volesse distrarlo parlando di cazzate, ma trovò l'argomento decisamente fastidioso. Con tutti i coglioni che giravano in quel branco di dementi, proprio Tatsuma doveva prendere come esempio?!

-Peccato non sia mor... Ahi! Ma sei scema?!- si massaggiò la nuca, il punto esatto su cui Chyo gli aveva rifilato una sberla.

-Non si scherza su queste cose.-

-Ma è la verità!-

-Poi lo stronzo è Takasugi, eh?- la sentì ridacchiare e lui, storcendo il naso, si lasciò pervadere dalla sensazione di quiete che la sua risata scatenava nel suo essere -Comunque, mi piacerebbe conoscerlo, dicono che sia simpatico!-

-Sì, come uno scorpione nelle mutande.- quel Tatsuma era fastidioso, non poteva farci nulla. Rideva sempre anche quando non c'era nulla da ridere e ogni volta gli dava pacche sulle spalle che rischiavano di lasciarlo secco. Ma più di tutto, non sopportava che, ogni tre per due, continuasse a tartassarlo di domande su Chyoko.

-Gin, fai schifo nel socializzare, sai?- sbuffò contrariata e lui le pizzicò la schiena, ghignando nell'udire il suo urletto di dolore -Gli altri parlano bene di lui, dicono che sia davvero bravo con la spada.- continuò imperterrita, come se gli stesse chiedendo indirettamente di presentarglielo. E lui, avvertendo le viscere contorcersi, si ritrovò a sbottare un secco:

-Io non te le presento di certo.- che la fece zittire per una manciata di secondi.

-Posso farlo anche da sola- sbottò in risposta -Che ne sappiamo? Magari potrebbe essere l'uomo della mia vita!- non avvertì più le sue dita affusolate fra i capelli e guardandola, la vide con le mani appoggiate sulle guance con un'espressione di beatitudine. Si ritrovò a ricacciare in gola le proprie imprecazioni e l'odio che aumentava a dismisura nei confronti di Sakamoto nel constatare che più uomini giungevano fra le loro fila, più c'era la possibilità che Chyoko si allontanasse da lui. A quel pensiero si ritrovò a rendere la presa più salda, avvertendo un mugugno da parte dell'amica che, captando ancora i suoi pensieri, tornò ad accarezzargli la chioma riccia -Ehi, scherzavo.-

-Sai cosa me ne frega. Per quanto mi riguarda puoi farti tutto il campo- rimbrottò seccato, allentando la morsa -E poi, l'uomo della tua vita c'è già: ha gli occhi verdi, il fascino del coglione e si crede Dio in terra.- Chyo rise ancora di gusto, senza però fare violenza sulla sua povera testa.

-Non ne sono più tanto sicura- la sentì bisbigliare piano, appena udibile ma prima che potesse chiedere spiegazioni, Chyo se ne uscì fuori con un'altra domanda -Allora, vuoi parlarmi di oggi?-

Gin accantonò la questione Takasugi per concentrarsi sul nuovo quesito, storcendo il naso al pensiero che fossero ripiombati su quei lidi -Smettila con questo tono da mamma. Mi dai sui nervi.-

-Se fossi tua madre ti avrei già preso a calci.-

-Quanto amore.-

-Sei indisponente!- sbuffò gonfiando le guance e lui ringraziò che la propria uscita poco carina, avesse portato la ragazza a cambiare discorso -E io sono solo preoccupata- aggrottò le sopracciglia, fissandola stranito -Insomma, vai a combattere tutti i giorni, torni coperto di sangue e ti rinchiudi sempre qui. Ho paura che tu commetta qualche pazzia.-

-Guarda che mi chiudo qui per evitare che gente come te mi ronzi attorno.- si morse la lingua dopo aver detto un frase del genere ma quando aprì gli occhi., si scontrò con il sorriso dolce di Chyo per nulla turbata dalle sue parole.

-Le mamme trovano sempre i propri figli- sbuffò, conscio che non se ne sarebbe andata via molto presto, ma mentre avvertiva le sue mani muoversi fra i suoi capelli, giocherellandoci, si rese conto di quanto Chyo fosse importante per la sua sanità mentale. Se non era ancora finito a fare Seppuku nella solitudine della propria camera era solo perché lei, ogni santa notte, si intrufolava ovunque egli fosse facendolo distrarre. Era iniziato con una capatina casuale in cui Chyoko aveva parlato per tutto il tempo della propria, noiosa giornata, raccontandogli di quante cose Zura le avesse insegnato in merito alla strategia; da lì, le visite erano diventate più frequenti e capitava a volte che non vi fosse bisogno di parole per riempire il silenzio attorno a loro. Almeno, a lui bastava averla vicino per sentirsi a posto con sé stesso -Gin, posso farti una domanda?- avrebbe voluto risponderle che di domande gliene stava facendo anche troppe, ma annuì, sistemandosi meglio sulle sue gambe -Com'erano i tuoi genitori?- calò il silenzio e lui, che mai si era sentito rivolgere una cosa del genere, la guardò con tedio, indispettito dal fatto che dovesse seriamente pensare ad una cosa del genere -Non sei obbligato a rispondere se non--

-Non me li ricordo, la guerra era già cominciata quando era nato, quindi...- lasciò in sospeso la frase, continuando solo dopo aver rimesso in ordine i ricordi -Credo di essere cresciuto con un signore del mio villaggio, ma alla fine mi sono ritrovato da solo. E poi la storia la conosci anche te. Perché ti interessa?-

-Curiosità!- cinguettò -Ma non ti mancano?-

-Come può mancarmi qualcuno che non ho mai conosciuto?- rispose con un'altra domanda, forse più sgarbato di quanto avrebbe voluto, ma il fatto che Chyo ridacchiasse significava che non se l'era presa e lui, pur di non essere più l'oggetto principale dei loro discorsi si ritrovò a chiedere -I tuoi ti mancano?-

-Ogni secondo.- aveva risposto in una frazione di secondo con tono malinconico e lui, avvertendo che l'aria attorno a loro cominciava a farsi pesante, conscio che nelle chiacchierate cuore a cuore non era bravo, si sollevò con uno scatto; il suo viso era così vicino, ma talmente vicino che per un istante ebbe la sensazione che, se si fosse sporto o sbilanciato, di sicuro avrebbe corso il rischio di baciarla. Arrossì ancora, questa volta per la mancanza di fiato. Quando si alzò in piedi, alcuni istanti dopo, vide Chyo portare una mano sul collo mentre lui si sistemava lo yukata pulito in attesa che il cuore smettesse di battere all'impazzata..

-Coraggio, andiamo dagli altri. Chi lo sente poi Zura?- si scompigliò i capelli ricci portando una mano fra di essi, dandole le spalle. Un alone di imbarazzo l'aveva circondato, chiedendosi cosa fosse quel malsano desiderio di stringerla a sé.

-Io non vengo, non ho fame.-

Sakata roteò gli occhi -Dovresti mangiare un po' di più! Cazzo, non hai grasso su quelle gambe, sono così spigolose! Per tutto questo tempo mi è sembrato di aver appoggiato la testa su un macigno!- si massaggiò la spalla indolenzita e la stratega, al posto di offendersi, rise divertita -Dirò a Zura di lasciarti da parte qualcosa. Sempre che Sakamoto non abbia già mangiato tutto- mugugnò incerto.

Nel frattempo, Chyo continuava a fissare davanti a sé massaggiandosi il braccio sinistro con la mano opposta -Tra poco vi raggiungo.-

Gin annuì, procedendo pigramente verso l'entrata della tenda -Chyo-chan...- si volse con lentezza, stupito dalla quantità di dolcezza che aveva utilizzato per richiamare la sua attenzione -Grazie.- e poi le aveva sorriso, un sorriso pigro e appena accennato che lei ricambiò timidamente.

Forse avrebbe dovuto fare quattro chiacchiere con sé stesso e capire cosa Diavolo gli stesse accadendo; ma fino a che Chyoko piombava nella sua stanza solo per parlare, poteva farselo andare bene così. Bastava che lei tornasse sempre, nulla di più.

*******

Continuava a mangiucchiare un tozzo di pante in religioso silenzio, grugnendo ad ogni domanda che Zura le rivolgeva. Non solo era stata rimproverata per essere arrivata in ritardo, ma adesso doveva pure sorbirsi una ramanzina coi fiocchi per il non essere riuscita a trovare ancora un maledetto lavoro.

-Te l'avevo detto che non ti avrebbero mai presa, ma tu non mi ascolti mai.- dall'alto della sua saggezza, Zura l'apostrofò con tono duro, mentre attendeva che la cameriera gli servisse un piatto di Soba.

Chyoko, seduta davanti a lui intenta a torturarsi le dita nell'attesa di venir servita, lo trucidò con la sola forza dello sguardo -Sai cosa mi interessa del lavoro!- borbottò come un teiera, appoggiandosi meglio allo schienale della sedia, guardando l'entrata del locale.

-Se continui così, ti ritroverai a vivere sotto un ponte- Elizabeth, seduta di fianco a lui, continuava ad annuire per avvalorare la sua tesi -Ed io non ti accoglierò, sappilo.-

-Come amico fai schifo- gracchiò scontrosa -E anche consolare non ti riesce bene.-

-A dir la verità sei tu ad essere nevrotica, oggi- la rimproverò severo, sorridendo alla cameriera che aveva appena portato loro i piatti -Sei entrata come un ciclone rispondendo male al proprietario e poi ti sei seduta senza salutare Elizabeth. Sai, c'è rimasto male.- Chyoko lo guardò esasperata, prendendo le bacchette fra le dita cominciando a rimestare il contenuto del piatto fumante. Era vero, quel pomeriggio era piuttosto seccante, ma cosa poteva farci se la vista di Gintoki con fidanzata al seguito le aveva dato più fastidio di quanto avrebbe potuto immaginare?

Già, Gintoki e Sacchan...

Sacchan era una ragazza davvero graziosa, non poteva mettere in dubbio ciò.

Era alta, longilinea, senza fianchi che avrebbero fatto concorrenza ad un tir con rimorchio, dei capelli lunghi, lucenti e lisci di un improbabile colore viola (che ben si adattava all'improbabile colore argento del ragazzo) e quegli occhiali le conferivano un'aria da professoressa sexy a cui gli uomini difficilmente resistevano. Lei, d'altro canto, sarebbe sembrata una massaia sfigata, goffa e cicciottella. Non poteva competere.

Chyoko, per tutta la camminata, aveva continuato a rimuginare in compagnia del proprio cervello che, per una volta, non aveva alzato il volume dello stereo e aveva deciso di starla ad ascoltare ed era giunta alla conclusione che più di tutta la sceneggiata, più del fatto che Gintoki non avesse nemmeno provato a difendere la loro relazione, più del fatto che fosse stata lei a doversi precipitare, ancora una volta, in aiuto del ragazzo... Beh, più di tutto questo, c'era la delusione per non aver saputo che lui era davvero fidanzato. Si fidava così poco di lei dal non confidarle una scemenza del genere? Insomma, se quella sera glielo avesse detto lo avrebbe guardato con sorpresa, avrebbe sfoderato il miglior sorriso che aveva in repertorio, si sarebbe scusata per l'ora tarda e avrebbe dato un nuovo senso alla propria vita, senza aggrapparsi alla remota possibilità che tra loro... Scacciò quel pensiero prima che potesse prendere forma nella mente e sospirò, lasciandosi corrodere dalla gelosia che piano saliva dalla bocca dello stomaco fino alla gola. Soffocò tutte le maledizioni, gli improperi, le scenate fuori luogo e perfino quel briciolo di affetto che stava cominciando a riprovare per quell'idiota dai capelli argentei.

Scosse la nuca, arricciando le labbra pronta a riempire il silenzio pur di non pensare a quei due assieme, così guardò l'amico -A proposito, ti ho già detto di aver visto Shin-chan?- a quelle parole, vide Zura strozzarsi con gli spaghetti per poi tossicchiare mentre Elizabeth gli dava delle pacche sulla schiena -Beh, che c'è?-

-Hai visto Takasugi?!-

-Sì, alla festa, prima di perdermi per trovarti- gli lanciò un'occhiata truce al ricordo del proprio girovagare per le bancarelle prima di trovarlo inseguito dalla Shinsengumi, venendo trascinata per le vie di Edo senza che lei c'entrasse nulla -Era lì che chiacchierava con Gintoki- l'amico sbarrò gli occhi -Che poi, chiacchierare... Litigavano ma--

-Sapevo che c'entrava quell'idiota- tuonò irritato, senza fornirle alcuna spiegazione. Chyoko comprese come i due si fossero già incontrati precedentemente e non si sentì per nulla tradita del fatto che Zura non glielo avesse confessato. Anche se in maniera stramba, Katsura cercava sempre di proteggerla dai male che piovevano lungo la sua via e sapeva bene che Shinsuke era ancora un nodo troppo attorcigliato perché potesse essere sbrigliato così facilmente -Che si sono detti quei due?-

-Non lo so.- troncò lì il discorso, dicendosi che quel babbeo non le aveva detto di essersi fidanzato, non avrebbe di certo spifferato cosa quei due si erano detti. Incredibile come, crescendo, certe cose restassero immutate.

-Come ti è sembrato Takasugi?-

-Un po' squilibrato e vestito da un sarto cieco, ma per il resto l'ho trovato bene- mormorò pensosa, per poi sventolare una mano -Sarà andato alla festa per ammazzare il tempo.-

-No, quello ammazza lo Shogun e basta se va avanti così- il mormorio di Zura le arrivò flebile e quando chiese spiegazioni, lui si limitò a dirle -No, niente di che. Piuttosto, vedo che con Gintoki siete tornati in buoni rappo-- doveva aver assunto un'aria minacciosa, perché l'amico si era bloccato per poi biascicare -Come non detto- Chyoko si appiattì contro lo schienale, fissando di lato un punto indefinito, carica di angoscia e malinconia. Era lì che moriva dalla voglia di parlare della sua scoperta, ma d'altra parte non voleva riportare a galla vecchie ferite mai rimarginate -Mi vuoi dire cosa succede?- e lei, che di fronte agli occhi inquisitori di Katsura non riusciva a mentire, cacciò indietro le lacrime che le pizzicavano gli occhi, pronte a solcare le sue guance e replicò con un flebile -Gintoki è fidanzato- che fece ridere di gusto l'amico. Evitò accuratamente di guardare stanca il cartello di Elizabeth con su scritto “Ah ah ah, questa è una cavolata!” per dedicarsi completamente alla scemenza senile dilagante dell'amico -Che ti ridi?! Va che è vero! L'ho incontrato prima, si chiama Sacchan ed è bella quanto velenosa.- sibilò, irritata dal divertimento dell'amico.

-Gin fidanzato... Non l'avrei mai detto- ponderò quello, osservando poi il cartello del papero -Non credo fosse sua cugina, Elizabeth. Piuttosto... Ne parli con rabbia.-

-Non sono arrabbiata- ma vedendo le sue sopracciglia arcuate sospirò -Sono solo delusa, tutto qui. Avrei preferito che me lo avesse detto.-

-Anche con me non ne ha parlato.-

-Ma è diverso!- trillò rischiando di far ribaltare la ciotola -Insomma, tu sei solo un amico mentre io-- si bloccò, spaventata dalle sue stesse parole. Già, lei che cos'era? Una ex? Una persona poco importante o qualcuna che aveva reso la sua vita un po' più bella anche se per poco? Travolta da tutte quelle domande, chiuse gli occhi con forza avvertendo le lacrime premere per poter uscire. Ma lei non avrebbe pianto, non per lui, non più.

E in quel momento, inopportune, giunsero le parole di Katsura velate di incredulità, come sconvolto per non aver colto tutto prima -Tu lo ami ancora, lo hai sempre amato...- le parole dell'amico la trafissero da parte a parte, così letali e sincere da fare male nonostante gli anni trascorsi. Chyoko deglutì, volgendo lo sguardo altrove. Non sapeva se per Gintoki provava ancora amore o l'aveva mai provato davvero, forse affetto, ma le sue emozioni continuavano a mescolarsi e fino a che non avesse trovato l'equilibrio, voleva smetterla di pensare a lui in termini romantici.

-Io non lo amo.-

-Sei solo troppo spaventata per poterlo ammettere, ma ti piace ancora- lo vide piegarsi in avanti -Chyoko, non c'è nulla di male nell'ammettere che ti piace Gintoki.-

-Ma a me non piace!-

-E allora perché sei lì lì per piangere?-

-Non è vero! Solo...- sbuffò, portando le mani fra i capelli -Non mi va di parlarne!- lo vide aprire le labbra, ponto a dire la sua, ma Chyo fu più veloce -Mi hai chiamata qui per psicanalizzarmi?- domandò scorbutica, decisa a sorvolare sull'argomento Gintoki. Zura la fissò per istanti interminabili con cipiglio severo, sicuramente contrariato per la sua bambinaggine, ma alla fine si arrese e proferì:

-Volevo chiederti di tenere con te Elizabeth per un po'.-

-Cosa? E perché mai?-

-Missione top secret!- fu tutto ciò che le concesse. Chyoko fissò Elizabeth con un sopracciglio arcuato, ritrovandosi a leggere un cartello che riportava la scritta “Sarà bello convivere con te!” con un terrificante cuoricino finale.

Chyoko agitò le mani sbottando un perfido -Non ho intenzione di tenere il tuo pupazzo con me! A malapena riesco a sfamarmi da sola!- ma come sempre, scatenò i fiumi di pianto dell'Amanto, ricevendo un'occhiataccia di Zura -E va bene, verrà a stare da me!- capitolò ricevendo una montagna di affetto indesiderato -Ma mi devi un favore enorme.-

-Contaci! Se vuoi ti trovo io un lavoro! C'è giusto un posto vagante da m--

-Vai al Diavolo!-

******

I suoi piedi avevano la strabiliante capacità di trascinarla in giro per la città senza che lei avesse una metà precisa da raggiungere, come in quell'istante. Stava attraversando le vie di Edo in religioso silenzio, spezzato di tanto in tanto dallo zampettare frenetico di Elizabeth; solo quando alzò lo sguardo, rendendosi conto di dove fosse effettivamente giunta, si fermò in mezzo alla strada. Fantastico... Con tutti i posto che c'erano, proprio davanti a casa Gintoki doveva fermarsi?! Va beh, già che c'era...

-Perché ti sei fermata?- Chyo guardò di striscio il cartello del paperone, poi tornò a fissare l'edificio davanti a sé deglutendo a fatica -C'è una cosa che devo fare, prima di tornare a casa- asserì assorta, muovendo le mani quando lo vide muoversi -No, no, aspettami qui!- e sorridente, corse sopra le scale che portavano alla porta d'ingresso. Prese un profondo respiro e sentendosi una scolaretta timida che entra nella classe dei senpai per chiedere un favore alla professoressa di turno, bussò piano, pregando che lui non ci fosse.

-Chi è?- aprì un occhio, ritrovandosi a guardare un ragazzo dai capelli corti e gli occhiali. Come lo aveva chiamato Gin? Quattrocchi, già -Ah, salve. Ha bisogno?-

Chyo guardò oltre la sua spalla, cercando di intravedere la figura del proprietario, scorgendo però solo l'esile sagoma della ragazzina dai capelli rossi -Salve, cercavo Gintoki. È in casa?- sorrise tirata.

Shinpachi si sistemò gli occhiali sul naso, scuotendo la nuca -Guardi, è andato via pochi minuti fa. Posso sapere chi lo desidera?-

-Ahm, che maleducata, non mi sono neppure presentata!- fece un breve inchino -Sono Chyoko Fujiwara, una--

-Tu essere sua compagna di letto!- si intromise Kagura, indicandola felice, sbucata dietro la spalla del ragazzo.

-Kagura, stai zitta!- gracchiò quello tappandole la bocca, accampando poi delle scuse nei suoi riguardi.

-La sua... Cosa?!- si ritrovò a biascicare guardandoli sconvolta. Insomma, come faceva quella ragazzina a sapere qualcosa di così intimo? Che poi, compagna di letto... Faceva tanto ragazzini disinibiti e sfaticati, troppo impigriti per potersi dedicare completamente ad una storia d'amore seria -No, no, per carità! Sono solo sua... Sua cugina!- batté le mani, orgogliosa della propria abilità di bugiarda; orgoglio che calò immediatamente quando si ritrovò ad essere squadrata da capo a piedi.

-Se tu essere cugina di Gin, perché non avere capelli argento?-

-Perché solo gli idioti della famiglia ereditano quel gene- e i due sembrarono averla bevuta perché dopo alcuni secondi si ritrovarono a dirle che sì, Gin era decisamente un idiota e adesso ne capivano il perché. Chyo sospirò, rifiutando l'invito per una tazza di the -Piuttosto, potrei sapere quando torna?-

-Dopo Luna di Miele!- cinguettò Kagura addentando un'alga, lasciandola senza fiato. Incredibile come il suo cuore si fosse spezzato senza far alcun rumore.

-Luna di Miele?- mormorò portando le dita alle labbra tremanti, chiedendosi perché facesse così male.

-Non gliel'ha detto? Si sposano oggi!- Shinpachi la guardò felice -Non gli dica chi gliel'ho detto io, ma Sacchan è incinta!- quattrocchi era perfino più pettegolo di Zura, mentre guardava circospetto.

-Ah, davvero...- si era ritrovata a sorridere amara -Fategli le mie congratulazioni, allora.- e dando loro le spalle se ne andò, svuotata di ogni energia, raggiunse Elizabeth cominciando ad incamminarsi senza proferire parola. Elizabeth la scrutava, ma lei lo ignorò mentre abbassava il capo, sentendosi minuscola come cinque anni prima. Nonostante tutto, era ancora intrappolata nelle proprie emozioni...

**********

Sbatté la porta di casa, zampettando pigramente verso la cucina per poter bere del latte alla fragola. I due coinquilini, sorridenti, lo fissavano divertiti -A quando la Luna di Miele?- domandò Shinpachi indicando l'orologio. Cavolo, era stato via tutta notte.

-Tu potere invitare almeno noi al matrimonio.- borbottò seccata Kagura, ma lui capì che era solo indispettita per non aver gustato il buffet. Che poi, il matrimonio nemmeno era stato celebrato visto che quella l'aveva incastrato. Pazienza, niente piccoli Sakata che avrebbero ciondolato in giro.

-O tua cugina- Shinpachi si sistemò gli occhiali sul naso guardandolo serio -E' passata ieri a trovarti, ma tu eri già scappato.- inizialmente Gin non diede peso alle parole dell'amico, troppo preso a togliersi l'abito elegante che indossava per mettersi comodo. Aveva passato una nottataccia e l'unica cosa che voleva adesso era riposarsi. Insomma, non solo non si era sposato ma aveva finito addirittura con il picchiare un ratto enorme! E senza ricevere alcun compenso per i propri servigi -Possibile che tu non le abbia detto che ti sposi? Mi è sembrata dispiaciuta quando l'ha scoperto.- si mise a braccia conserte, tamburellando le dita sul braccio.

Gin storse il naso a quella visione, sentendosi rimproverato come un moccioso, e mentre si grattava la nuca recuperò l'ultimo numero di Jump, pronto a sfogliarselo con calma -E' stato tutto deciso in fretta e furia, non ho avuto tempo per avvertire mia-- si bloccò di colpo, sollevando lo sguardo dal giornale -Ma, ehi! Io non ho una cugina!-

-Ha detto lei di esserlo... Aspetta, come si chiamava?- ponderò Shinpachi, mano sotto al mento.

-Chyoko Fujiwara!- l'esclamazione di Kagura giunse come un terremoto improvviso nel proprio animo -Io ricordare perché lei stesso nome di tua compagna di letto!-

-Non è che te la sei spassata con tua cugina, eh?- domandò Shinpachi esasperato ma tutto quello che fece fu posare delicatamente il giornale vicino a sé, per poi fiondarsi verso la porta d'ingresso, recuperando gli stivali.

-Perché le avete detto che mi sposto?!- no, no, no, assolutamente no! Aveva riacquistato la sua benevolenza a fatica! Non voleva perderla per un simile fraintendimento! -Spero non le abbiate detto che era incinta!- il silenzio eloquente dei due lo fece infuriare e voltandosi, vide Kagura che indicava pacata Shinpachi. Maledetta pettegola... -Scordati la paga per questo mese!-

-Hai due mesi di arretrati, Gin!- berciò seccato, facendolo sospirare. Possibile che quello pensasse solo al vile denaro? -Ma, si può sapere dove vai? La cena è quasi pronta!- strepitò Shinpachi in versione mammina, armato di cucchiaio e grembiule.

-Mi sono dimenticato di comprare il latte! E non mi aspettate, farò tardi!- si fiondò per le scale, precipitandosi in strada come una mandria di buoi, deciso a fare chiarezza con l'unica che, per quanto odiasse ammetterlo, valeva un po' di più di tutte le altre.

Ma a lei non lo avrebbe detto. L'avrebbe guardata, le avrebbe parlato e avrebbe sperato che lei fosse disposta a riaccoglierlo nella propria vita. Non avrebbe potuto più reggere il suo sguardo afflitto.

******

Girò la pagine degli annunci di lavoro con aria sconfitta. Le case da the le aveva inserite nella lista nera, così come probabilmente la titolare della casa aveva messo in guardia le altre commari. Cosa rimaneva? Aiuto cuoca... Nah, avrebbe di sicuro rotto qualche piatto; da scartarsi quindi anche le cameriere e le bariste. Parrucchiere? No, non sapeva maneggiare un paio di forbici e l'ultima volta che aveva provato a fare una tinta ad una collega, la poverina si era ritrovata con i capelli rosa confetto... Avendo usato una tinta nocciola. Volse la pagina, scacciando quel ricordo legato all'Atomic Wango e istintivamente si ritrovò a fissare il calendario su cui svettava il malefico cerchio rosso. Una settimana appena la separava dallo sfratto e se non si dava una mossa, sarebbe andata a vivere sotto un ponte. O da Katsura... No, preferiva di gran lunga la vita della barbona che un'esistenza da terrorista e ricercata! E poi, goffa com'era, la Shinsengumi l'avrebbe catturata subito.

Gettò il giornale di lato, conscia che per quel giorno poteva smettere con la ricerca. E poi, le notizie recenti l'aveva scombussolata troppo perché potesse davvero godersi quel giorno caldo e soleggiato. Le cose non cambiavano mai, avrebbe dovuto capirlo già da tempo, ma in cuor suo aveva sperato che Gintoki si fosse svegliato e che magari avrebbe cercato di fare ammenda.

-Non c'è niente da mangiare?- dietro di lei, Elizabeth fece svettare l'enorme cartello e Chyo, solo in quel momento, si rese conto di come il frigorifero fosse vuoto da tempo, ormai. E di come quell'alieno si fosse piantato in casa propria da quando Zura era scomparso per “una missione speciale e top secret” da cui lei si era saggiamente tirata fuori.

-Devo andare a fare la spesa- si rammentò ad alta voce, portando le mani sul pavimento, fissando la parete giallognola davanti a sé -Tanto non ho nulla da fare.- si alzò in piedi, strisciando fino alla porta recuperando il borsello dei soldi che piangeva, pronta a recarsi al mercato più vicino. Lanciò un'occhiata disgustata alla propria sciatta figura allo specchio e aprì la porta con forza, avvertendo un mugugno di dolore dall'altra parte: piegato sulle ginocchia, mano sul naso e sguardo di fuoco, c'era Gin che la fissava truce.

-Che ci fai qui?!-

Gintoki non le rispose subito mentre riprendeva fiato. Poi alzò il capo, piantando il suo sguardo stranamente deciso nei suoi occhi grigi ora spalancati per la sorpresa.

-Mi hai fatto male!- fu la prima cosa che le disse, alzando la nuca mentre respirava a fondo.

-Dovresti imparare a non stare dietro le porte!- strillò seccata, osservandolo poi stanca ed esasperata -Che cosa ci fai qui, Gintoki? Non era mica a sposarti o--

-Ah, chiudi la bocca!- lo vide grattarsi la chioma argentea, mugugnando qualcosa di incomprensibile. Poi alzò il capo, guardandola con quel suo solito sguardo deciso che tirava fuori solo nelle situazioni critiche. Beh, quella del resto lo era, no? -Ho il ramen.- fu tutto ciò che snocciolò, alzando il sacchetto bianco.

E lei avvertì un tuffo al cuore che la fece arrossire come una scolaretta. Se lo faceva entrare in casa, significava lasciargli campo libero nella propria vita e questa era già abbastanza incasinata perché quel cretino la sconvolgesse ulteriormente. Ma era tremendamente adorabile così impacciato e vagamente adolescente nonostante i suoi venticinque anni suonati e Chyoko, malgrado la scorza acida e da zitella, si era ritrovata a sorridere candida.

La felicità era un dono improvviso, così le aveva sempre detto suo padre. E lui gliene stava dando, senza nemmeno accorgersene, le stava dando la spinta per affrontare il giorno dopo, e quello dopo ancora. Decise di godere del proprio attimo di felicità. Quanto sarebbe durato? Non lo sapeva...

-Dai, entra- lo fece passare, preoccupandosi solo in quel momento del disordine che c'era in casa e della sua sciatteria -Ma non aspettarti un servizio da re.-

-A servire gli ospiti fai schifo!- si ritrovò a ridere divertita mentre chiudeva la porta.

Sapeva solo che Gintoki le piaceva esattamente come cinque anni prima.


*****

Note noiose dell'autrice:

Verrò trucidata se dico che questo capitolo non mi fa impazzire? ^^ Oh cielo, alcune scene mi piacciono molto, altre mi sembrano troppo sbrigative, ma purtroppo il capitolo era troppo lungo e non aveva intenzione di dividerlo in due, visto che nella mia scaletta deve succedere altro.

Come avrete potuto vedere, oggi Chyo è stata catapultata nel fidanzamento di Gin con Sacchan; spero di non aver reso troppo odiosa la ninja, non era mia intenzione visto che come personaggio mi piace abbastanza; solo mi sono basata su alcune scene dell'anime, quindi ho cercato di riportare il più fedelmente possibile alcuni suoi atteggiamenti.

Oggi sono un pezzetto del loro passato, purtroppo :( Ma credo che sia pieno di svolte e taaanta dolcezza, quindi direi che va bene così (e poi il capitolo era davvero troppo lungo perché potessi inserirne un altro!). Adoro la piega che sta prendendo il rapporto tra Gin e Chyoko e finalmente, le cose cominciano a smuoversi non solo ora che sono grandi ma anche da adolescenti. Vedremo che gli accadrà in futuro!

Chiedo venia per qualsiasi errore incontriate nella lettura! Ho riletto molto superficialmente, lo ammetto -.- Se me li faceste notare, sarà mia premura sistemare gli orrori grammaticali o di battitura :)

Ringrazio come sempre Elizabeth_smile e Dark_Glo che commentano sempre carinamente questa storia! Care, lo apprezzo davvero molto ♥ Aspetto il vostro pensiero anche su questo capitolo, sperando che vi piaccia come sta procedendo!


Alla prossima,

Geisha.

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Capitolo 10
*** You might just turn into something I like ***


 

You might just turn into something I like


L'appartamento 109 di Chyoko era un bunker antiatomico o qualcosa di vagamente somigliante. Vestiti sparsi in giro, ritagli di annunci di lavoro che tappezzavano le pareti giallognole, un televisore acceso e che faceva le bizze... Non c'era niente di Chyoesco in quella minuscola scatola di sardine, fatta eccezione per gli innumerevoli fiori che la adornavano. Adesso che ci pensava, l'amica era sempre stata affascinata dalle piante -ricordava ancora di come, durante il loro pellegrinaggio, si fermava nei campi fioriti a fare la novella Heidi- e inevitabilmente le labbra si incresparono in un sorrisetto; sorrisetto che scomparve quando lesse “Alla mia Perla, la più bella donna di Kabukicho” su di un bigliettino appeso ad un mazzo di rose rosse. Storse il naso, conscio che se avesse buttato il vaso a terra di sicuro l'amica lo avrebbe sbattuto fuori di casa tenendosi il ramen per sé.

-Come hai fatto a trovarmi?- sentì la serratura scattare.

-Ho chiesto al tuo ex posto di lavoro.-

-Sei passato al Wango?!- gracchiò quella regalandogli una sguardo da allucinata, spaventandolo non poco.

Gin si massaggiò un orecchio -Certo e poi ho preso il ramen.- alzò il sacchetto, sempre dandole le spalle. Era come catturato dalla sciattezza di quel posto, continuando a chiedersi come mai la Chyoko che voleva una villa con giardino si fosse ridotta a vivere in quel buco angusto. Chissà perché m aveva la vaga sensazione che, se mai glielo avesse domandato, antiche discussioni sarebbero state riaperte.

-Fai come se fossi a casa tua, non stare lì in piedi- volse il busto, ritrovandosi a vedere zampettare una diciottenne dalla lunga treccia e lo sguardo stanco per le notti insonni -Mi metti ansia se te ne stai lì, fermo.- si riscosse da quella illusione, scontrandosi con la donna indipendente che, nonostante i drammi della vita, sembrava cavarsela abbastanza bene.

-Hai Jump?- l'amica scosse la nuca -Se non hai Jump, non posso sentirmi a casa.-

-Io non leggo quella roba da ragazzini.-

-Allora non posso fare come se fossi a casa mia- le puntò il dito contro berciando un infuocato -E non insultare Jump! Come se non lo sapessi di essere troppo vecchio per quelle cose. E' solo che non riesco a farne a meno.- si grattò la nuca senza aggiungere altro, come se quella spiegazione fosse esauriente.

-Vecchio... L'età cerebrale è rimasta quella di un ragazzino, eh.-

-Lo sai di essere diventata stronza, vero? Zura non te lo ha mai detto?- troncò la loro discussione semi-seria, rilassandosi al suono della sua risata cristallina prima di sentirla mormorare un tranquillo -Qualche volta.- capace di distendergli i sensi. Era semplicemente fantastico riuscire a chiacchierare con lei, punzecchiandola, conscio che il tutto si sarebbe concluso a tarallucci e vino. Non doveva più pesare le parole, finalmente, non doveva più cercare di dare un senso alle sue esclamazioni o espressioni; poteva finalmente godere della sua compagnia sentendosi in pace con sé stesso. Era una bella sensazione, doveva ammetterlo -Come va con il lavoro?-

-Un vero schifo!- la padrona di casa aveva cominciato a sistemare alla bene e meglio il casino -Ti ricordi il fiorista? Ha assunto la nipote, il maledetto!- scaraventò sul divano rattoppato alcuni kimono sgualciti, dando poi un calcio ai restanti per terra, gettandoli in un angolo.

-Non hai trovato altro?-

-Nh, no... Inizio a credere di non essere brava a fare nient'altro se non la ballerina- mugugnò incerta, alzando poi le spalle con menefreghismo -Potrei tentare la carriera della prostituta...- aggiunse assorta, prendendo seriamente in considerazione quell'ipotesi e lui la guardò, per la prima volta dopo aver messo piede in casa, con sguardo stralunato -Ma verrei arrestata subito. A quel punto, tanto vale diventare il vice di Zura.- ridacchiò divertita, raggiungendo il frigo e alzandosi sulle punte per recuperare delle ciotole dalla mensola sopra il lavabo.

Gli parve quasi assurdo che Chyoko fosse così tranquilla nonostante la situazione poco rosea in cui navigava; tempo addietro si sarebbe di sicuro lasciata travolgere dalla disperazione, mentre ora sembrava avere la situazione sotto controllo o quantomeno le sue emozioni. E mentre sentiva la sua voce vellutata spandersi nell'aria, Gintoki lasciò scorrere lo sguardo dalle pareti, fino al basso tavolino a pochi centimetri da sé, avvertendo la nostalgia invaderlo di nuovo. I ricordi lo assalirono prepotentemente, provocandogli una stretta al cuore capace di fargli sentire le vertigini. Il tavolino pieno di fogli, appunti, pennelli e inchiostro sparsi in giro alla rinfusa, il suo profumo di Loto che gli invadeva le radici... Chiuse gli occhi, inebriandosi di tutte quelle sensazioni sopite che si erano risvegliate in un colpo solo, sopraffacendolo. Se solo si concentrava, poteva ancora vedere il sorriso stanco ma sempre presente che Chyo-chan gli regalava dopo essere tornato dalla guerra, distraendosi dalle strategie per un istante, poteva ancora avvertire il suo tocco leggero delle dita che gli sfioravano le braccia, il suo corpo esile stretto al proprio, le sue labbra carnose che lo accarezzavano delicato...

-Inizia a sederti, io preparo i piatti. Butta pure tutto a terra!- quando aprì gli occhi, si rese conto di come l'oggetto dei propri pensieri fosse a pochi millimetri da sé e di come le sue dita lo avessero davvero sfiorato mentre gli strappavano il sacchetto dalle mani. E come un automa, Gintoki si sedette pesantemente per terra, sentendosi a disagio in quel minuscolo spazio vitale dove, ad ogni passo, avrebbe rischiato di scontrarsi con la padrona di casa o con il fantasma della Chyoko di cinque anni prima.

Aveva sempre pensato che dopo la loro separazione, Chyoko avrebbe avuto solo gioie e piaceri: magari avrebbe vissuto in una casa lussuosa, si sarebbe sposata con un uomo facoltoso e che l'amava, un uomo capace di poterle dare tutto ciò che desiderava, di farle avere dei figli come aveva sempre sognato. Invece era una comune ventenne con problemi di affitto, lavoro e amore. La classica ragazza che si incontrava per strada, di quelle che ti passavano affianco e nemmeno te ne accorgevi talmente erano banali. Eppure, guardando la sua schiena stretta e subito dopo, quando si fu voltata, i suoi occhi color della pioggia, Gin comprese come Chyo fosse ben lontana dall'essere una comune ragazza, del resto non lo era mai stata. E per quanto fosse troppo ostinato per ammetterlo, se si trovava lì lo doveva solo a quella consapevolezza.

Potevano passare gli anni, potevano passare anche molte donne, ma per quanto si sforzasse, lei sarebbe stata l'unica interessante e proprio non voleva saperne di uscire dalla sua mente...

    
-La Fujiwara è proprio una gnocca!-

Gin rischiò di strozzarsi con l'acqua fredda del lago in cui si era immerso e dopo essersi ripreso, tossicchiando insistente, volse il viso verso Sakamoto palesando la propria confusione -Lei... Che cosa?!-

-Beh, non dirmi che la trovi brutta!- Tatsuma si lavò le braccia, sorridendogli allegro -Io quattro salti con lei li farei volentieri!- e giù a ridere come un matto, deliziato apparentemente dalla propria stupidità. E doveva essere matto forte per uscirsene con una bomba ad orologeria del genere! Insomma... Chyoko non era bella, affatto! Era una ragazzina scialba, banale, per nulla paragonabile alle infermiere che, con la forza della loro quarta di reggiseno, gironzolavano per il campo sensuali e ammaglianti... Se doveva fare quattro salti li avrebbe fatti con loro, non con una che se ne stava rintanata a scarabocchiare su delle mappe geografiche -Ma perché mi guardi con quella faccia? Guarda che so che ti piace!-

Gin lo fissò frastornato, balbettando frasi sconnesse prima di saltare per aria -A me cosa?! Ma tu sei scemo! Come potrebbe mai piacermi una ranocchia del genere?- scompigliandosi la zazzera argentea da cui scesero alcuna goccioline. Dire che fosse sconvolto era poco... Era sconvolto dall'idiozia perenne del samurai, sconvolto dal suo accampare discorsi insensati, sconvolto dall'effetto che avevano provocato in lui quelle parole sciocche ma che aveva taciuto a sé stesso per anni e sconvolto dal fatto che fossero state esplicate con così tanta semplicità da uno che lo conosceva da appena qualche mese e che sembrava non avere contatto con la realtà tanto era scemo...

-Oh, andiamo Kintoki- probabilmente ripetergli fino alla nausea che il suo nome era “Gintoki” non sarebbe servito -Non c'è nulla di male se ti piace Myo-chan!- sì, il suo essere sconvolto era per forza dovuto al fatto che quello continuasse a sbagliare i nomi delle persone con tanta noncuranza -Non sarà un'infermiera, ma è pur sempre un gran bel pezzo di donna!- o, forse a sconvolgerlo così tanto, era affrontare il fatto che non fosse solo lui a trovarla vagamente gradevole da guardare, per quanto si ostinasse a ripetersi il contrario...

Scosse la nuca, raccapricciato da quel pensiero. Insomma, era di Chyo che si stava parlando! La piccola, ingenua Chyo-chan che aveva sempre dichiarato di volersi sposare con Takasugi, con cui avrebbe vissuto in una grande casa con un enorme giardino che lei avrebbe curato, la giovane donna che non sapeva nemmeno dove stava di casa la sensualità... E che gli era entrata dentro come una droga, diventando indispensabile -Vedo che ne hai di cazzate da dire- biascicò immergendosi nel lago, cercando di rilassarsi anche se con quel pirla di Sakamoto che schiamazzava, non poteva fare granché -Ma perché non sei al fronte?-

-Takasugi non mi voleva ah ah ah!- e Gintoki, per la prima volta da che lo conosceva, si ritrovò pienamente d'accordo con Shinsuke; Tatsuma non era cattivo, anzi, era tremendamente ilare anche nelle situazioni più grige, capace di tirare su il morale a chiunque nonostante le situazioni impervie in cui si trovavano. Ma era un chiacchierone assurdo e non diceva nemmeno cose intelligenti -Quello è sempre così serio, dovrebbe ridere un po' di più! Non capisco perché le donne ne siano così attratte!- e per la seconda volta in quel pomeriggio, Gintoki inghiottì l'acqua del lago facendosela andare di traverso. Perché più i minuti passavano, più si radicava in lui la certezza di avere a che fare con una ragazzina rincoglionita?!

-Sarà l'aria da duro- vergognandosi di aver davvero preso parte a quella discussione, Gintoki grugnì -E comunque non me ne frega niente!-

-Sai? Fossi in te farei molta attenzione- il peso e la serietà che Tatsuma diede su quella frase sibillina, lo spinsero a concentrarsi su ciò che aveva da dire -Credo che a Takasugi piaccia Chyoko.- e se parlando non aveva nemmeno sbagliato un nome, forse davvero c'era qualcosa che non andava.

-E allora? Se si piacciono buon per loro.- questa frase non era mai stata difficile da pronunciare, anzi, ormai gli veniva quasi automatica; eppure, era da un po' di tempo che quelle parole gli facevano salire la bile fino alla gola. Tuttavia cacciò indietro l'amaro che aveva in bocca, dicendosi che magari il compagno avrebbe smesso di tartassarlo.

Invece Tatsuma gli regalò un ghigno -Scommetto che vorresti essere al posto di Takasugi!-

Gintoki imprecò a mezza voce prima di spingerlo sott'acqua per cercare di annegarlo, ma la sua risata gli arrivò ovattata, segno che nulla sarebbe servito per farlo passare a miglior vita. Dio, che impiastro! Tolse le mani, facendolo ritornare in superficie e quello, dopo essersi asciugato la bava, gli diede una pacca sulla spalla con fare amichevole. Gli mancava la compagnia silenziosa e seria di Katsura, perfino quella burbera del loro leader.

-Non me ne frega niente di quei due, tanto meno del loro piacersi- portò l'indice nel naso, giusto per palesare la propria indifferenza nei confronti dei due amici -Per quanto mi riguarda, potrebbero sposarsi anche in questo momento.- soffiò sul dito, guardando il samurai con aria di sfida. Sakamoto, al posto di cercare la guerra, si limitò a guardarlo divertito restando in silenzio per qualche istante, come se stesse scegliendo l'arma migliore da usare in quel frangente.

-Quindi la tua rivalità con Shinsuke non è dettata da Chyoko, giusto?- Sakata allargò gli occhi cremisi, tornando poi a sguazzare nell'acqua senza replicare. Nh, forse era vero che tra lui e l'idiota c'era sempre stata rivalità, ma questa si era palesata più che altro da bambini, quando cercavano di raggiungere l'affetto del Sensei in qualsiasi circostanza. Dubitava che avessero mai fatto a gara anche per farsi strada nel cuore della Fujiwara. A parte quando erano scappati dal villaggio, o quando i bulli degli altri dojo se la prendevano con loro... Si disse che tutto quello era dovuto al semplice fatto che fossero amici, niente di più.

-Ci sono tante cose dietro, ma lei non c'entra nulla- mormorò piano, per poi aggiungere in un sussurro -Almeno, credo. Lo spero...- e quando Gintoki credette di aver saziato la sua fame di scemenze, ecco che il ragazzo se ne saltò fuori con un'altra perla campata per aria, rendendosi più tardo di quanto già non sembrasse.

-Zura ha detto che quei due stavano assieme.-

Sakata soffocò una risata -Sì, quando avevano cinque anni!- rispose con più stizza di quanto avrebbe voluto -Takasugi non pensa nemmeno che Chyoko sia una donna, figurati se ci si mette assieme!- seguitò convinto, annuendo per avvalorare la sua tesi -E poi quel coglione non se la fa con Kaory, l'infermiera bionda?-

-Kaory è solo un trastullo- ma come diamine parlava quell'idiota? -E io credo che Takasugi sia solo incapace di gestire la situazione. Insomma, l'amore è un peso! Kaory è solo un passatempo, è più facile!- e mentre il ragazzo cominciava ad ampliare questo insulso discorso, Gin staccò l'audio deciso a non prendere parte a quell'idiozia. Eppure... Eppure non riusciva a scacciare il malsano pensiero che i due amici potessero avere davvero una tresca.

Quando li aveva visti per la prima volta, aveva capito che qualcosa tra di loro doveva esserci: il modo in cui lei cercava il suo sguardo e la maniera goffa e forse un po' rude con cui lui la proteggeva non potevano essere atteggiamenti privi di significato. Ma all'epoca avevano sette anni o poco più e lui, che a malapena si rendeva conto del mondo attorno a sé, non aveva mai dato peso al loro cercarsi. Ma crescendo, Gin si era ritrovato sommerso da sensazioni strambe che solo lei era in grado di far scaturire e che venivano surclassate dalla rabbia se solo la ragazza regalava qualche attenzione in più a Shin-chan. E piano piano si era avvicinato a lei, così come piano piano Takasugi se ne era allontanato. E in mezzo a quelle incertezze,cominciò a chiedersi se l'atteggiamento da stronzo di Takasugi non fosse solo dettato dalla paura...

E mentre quello continuava a ciarlare, Gintoki lo interruppe bruscamente senza lasciarlo concludere -Ma se nemmeno la sopporta!?- ed era la pura verità! Quale ragazzo sano di mente trattava la donna amata con indifferenza e schifo malcelato rendendosi praticamente odioso ai suoi occhi?! -A Takasugi non piace, non le è mai piaciuta. Se potesse la ucciderebbe.- mentì cercando di auto convincersi, pregando che il senso di angoscia scivolasse via come le gocce che solcavano il suo corpo.

Ma Sakamoto schioccò la lingua -Perché credi che l'abbia costretta a stare qui all'accampamento a fare strategie piuttosto che vederla in un campo di battaglia?- e senza bisogno di aggiungere altro, Gintoki chiuse gli occhi per soppesare quelle parole, conscio di aver ricevuto più risposte in quei venti minuti che in tutti quegli anni. In mezzo alla stupidità dilagante di Sakamoto, Gin comprese quanto quello avesse colto più sfaccettature nella bastardaggine di Shinsuke rispetto a lui che lo conosceva da una vita. Non aveva mai pensato che il samurai provasse per l'amica qualcosa di così profondo da spingerlo ad agire nell'ombra pur di proteggerla. Quanto a lui, invece? Cosa aveva fatto di concreto per la stratega per essere guardato con occhi diversi? E voleva davvero essere guardato con occhi diversi?

Non si diede risposta alcuna e non provò nemmeno a cercarne; se ci avesse provato,sarebbe giunto alla conclusione che per lui Chyo-chan era davvero più di una semplice amica. E quella consapevolezza lo spaventava a morte...

Avvertì dei rumori e guardando Tatsuma, si accorse che se ne stava uscendo dall'acqua pronto a tornare al campo -Sarà meglio tornare. Se le infermiere scoprono che siamo scappati dalle nostre brande ci uccideranno e non a suon di baci! Ah ah ah- Gin annuì, camminando piano nel lago per raggiungere la riva. Sakamoto, con già i pantaloni indosso, gli lanciò contro i suoi abiti prima di raccattare i propri, osservandolo mentre si vestiva come un automa -Senti Kintoki, se Chyoko ti piace--

-Dovrei dirglielo, lo so- concluse lui il discorso con spossatezza -Ma tu e Katsura vi siete messi d'accordo, per caso?- poi allargò gli occhi cremisi, berciando in sua direzione -E comunque non mi piace quella stupida!- parole che però vennero ignorate dall'altro samurai perché, mettendosi lo yukata sulle spalle, lo fissò con placidità.

-Sai, quando la guardi sembra che tu voglia che tutti nella stanza scomparissero- gli regalò un'occhiata eloquente prima di grattarsi la nuca divertito -Anche se, va beh, tu sembri sempre incazzato!- e così dicendo si allontanò, lasciandolo più spaesato di quanto già non fosse.

-Maledetto idiota.- sibilò seguendolo, pronto ad una bella ramanzina delle infermiere. Ed entrato all'accampamento, scorgendo i protagonisti indiscussi di quei gossip pomeridiani, si ritrovò ad ingoiare il boccone amaro che quella discussione gli aveva procurato e mentre si avvicinava a loro si lasciava divorare dalla gelosia. Geloso perché Shinsuke si stava facendo largo nel cuore di Chyo senza che nessuno potesse accorgersene, geloso perché a lei la cotta forse non era mai passata... E, come un lampo, l'immagine di loro stretti in un abbraccio urgente, in cerca delle labbra l'uno dell'altra comparve nella sua mente, costringendolo a fermarsi. Scoprire di desiderare la propria amica senza averla mai trovata attraente ebbe il potere di farlo tremare di paura. Perché Chyoko gli piaceva da matti, non poteva continuare a negarlo ancora. Ed era sbagliato, era stupido, era... Superfluo. Perché non ne aveva il tempo, perché c'era la guerra di mezzo e lei sarebbe stata solo una preoccupazione in più, il fardello da trasportare quando andava al fronte, cambiavano base, la distrazione che lo avrebbe portato a morte certa. Un errore, solo quello.

-Oi, Gintoki- Takasugi lo chiamò, alzando un braccio; al suo fianco, Chyo gli aveva scoccato un'occhiata allarmata; tutto quello che lui vide fu il suo incarnato pallido che, a contatto con la luce del sole, sembrava ancora più chiaro -Si può sapere dove siete stati tu e quell'idiota di Sakamoto? Dovevate stare a letto a riposarvi!- ma il suo cervello non connetteva, le parole del compagno arrivavano confuse e sconnesse.

Tutto ciò che vedeva era la stratega a pochi centimetri da un Takasugi troppo rilassato, vicini... Troppo.

-Ero stanco di stare a letto- li guardò in maniera sfuggevole, poi li superò con passo pigro mentre si stiracchiava -Ora sono piuttosto stanco, credo andrò a dormire.-

-Ci avete fatto preoccupare.- aggiunse l'amica con delicatezza, tirando un sospiro subito dopo; Gin si limitò a sventolare una mano con svogliatezza, incrociando un'ultima volta lo sguardo placido dell'amica, capace di scombussolarlo fino alle viscere. Incredibile come la discussione con Sakamoto gli avesse aperto gli occhi... O, forse, i suoi occhi erano sempre stati capaci di scorgerla, solo non aveva avuto voglia di ascoltarle la vocina che gli diceva di provarci.

A lui piaceva Chyo. Dopo anni lo aveva ammesso a sé stesso. Deglutì, scompigliandosi i capelli, agitato -Cazzo...- mormorò entrando nella baracca dell'infermeria, ignorando le voci stridule delle donne che lo stavano trascinando verso il futon, con in sottofondo la risata sguaiata di un Sakamoto che veniva preso a calci da Kaory. Cosa avrebbe dovuto fare, adesso?    


Il rumore dei piatti tintinnanti lo riportò alla realtà e abbassando lo sguardo, vide Chyo sedersi davanti a lui pronta a gustare il ramen fumante.

-Mangia o si fredda- si premurò lei giungendo le mani, prendendo poi le bacchette mentre gli augurava buon appetito e fin lì, tutto nella norma. Ma proprio mentre stava per addentare il primo boccone, ecco che il quesito che gli aveva posto alla porta ma che lui aveva bellamente ignorato, tornò in superficie con pacatezza -Perché sei qui?- era una domanda banale a cui avrebbe potuto dare una risposta ancora più banale, eppure Gintoki capì che dalla propria risposta sarebbe, in un certo senso, dipeso il corso degli eventi tra loro: se le avesse detto di essere piombato da lei per rassicurarla sul fatto che lui non si avrebbe sposato con Sacchan, significava ammettere che tra loro le cose non era mai finite, almeno da parte propria e di questo non ne era poi così convinto. D'altro canto, mentirle significava aggiungere alla collezione di malintesi ulteriori sotterfugi con la Fujiwara e Gintoki non era più così sicuro di voler continuare con quell'andazzo... Ma come al solito, le parole non uscirono e quando lei puntò il suo sguardo curioso e in attesa su di lui, si ritrovò a guardarsi in giro come un canarino chiuso in gabbia.

E in quel momento, come una manna dal cielo, si rese conto di cosa gironzolava tra quelle strette mura rubandogli l'aria -Che Diavolo ci fa quel coso lì con te?!- deviò l'argomento con magistrale noncuranza, indicando Elizabeth che, zitto zitto, si era seduto al loro tavolo e si era accaparrato metà porzione del ramen di Chyoko. Maledetto sgorbio! Prima faceva gossip con Katsura, poi si sistemava pianta stabile dall'amica mangiando a sbaffo! E poi dove si era nascosto per tutto quel tempo, quel puff gigantesco?! Non l'aveva mica visto!

-Elizabeth? Zura mi ha chiesto se potevo tenerlo per qualche giorno- alzò le spalle, soffiando sugli spaghetti -Per caso l'hai visto? Sembra essere scomparso. E' passata più di una settimana, inizio ad essere preoccupata!-

-Magari lo hanno arrestato.- sciorinò con indifferenza gettandosi a capofitto sul proprio cibo.

-O magari la sua missione top secret era in realtà una fuga d'amore!- cinguettò portando le mani sulle guance, ridacchiando quando le regalò un'espressione di puro disgusto. A parte che Katsura non si sarebbe mai sposato se continuava a professare che le “fornicazioni portano solo guai!”, ma poi chi se lo sarebbe preso?! Quello era strano! Insomma, uno che se ne andava in giro con una papera gigante decantando quanto carino fosse non doveva avere tutte le rotelle a posto! E poi quello una moglie ce l'aveva già: si chiamava Nazione e non l'avrebbe lasciata facilmente, l'idiota.

-Spero che ci sia del ramen anche per me!- così recitava il cartello dell'Amanto, costringendolo a roteare gli occhi.

-Ma se hai rubato la sua porzione!- sbottò seccato, tirandosi indietro la propria ciotola pur di poter mangiare in santa pace.

-Ehi, va che si offende se lo tratti male!- sibilò l'amica portando una mano davanti alle labbra color ciliegia e lui, per risposta, grugnì per palesare la propria irritazione. Come se gliene fregasse qualcosa di cosa pensasse quell'essere indefinito -E poi va bene così, non ho molta fame.- aggiunse passando la propria ciotola ancora mezza piena all'animale.

-Se continui così, diventerai trasparente. Chi vorrebbe mai stare con uno scheletro?- se ne uscì con un ghigno, sentendola sbuffare contrariata.

-Ma non dicevi che avevo messo su i fianconi?- fece per rispondere, ma lei fu più veloce a continuare -E comunque, molti uomini apprezzano le mie curve.- si accarezzò i fianchi, facendolo ridere involontariamente.

-I ciechi?-

-Non solo- si limitò a replicare, rigirandosi una ciocca di capelli fra le dita. Fu in quel preciso istante che si rese conto di quanto sensuale fosse diventata -Ho avuto abbastanza uomini da quando sono arrivata qui ad Edo. Mi sono discretamente divertita- corrugò la fronte, avvertendo lo stomaco chiudersi. Insomma, lo sapeva anche lui che Chyoko, a causa del Wango in primis, aveva avuto a che fare con parecchi uomini, ma sentirlo pronunciare dalle sue labbra gli fece corrodere quel briciolo di placidità che aveva in corpo. Chissà se fra questi c'era anche Takasugi... Si morse la lingua, frenando il fiume di parole che di lì a poco avrebbe rischiato di riversarle contro -Non guardarmi così, ho ventidue anni, bisogna pur passare il tempo! E poi... Di sicuro avrai avuto anche tu qualche storia.- mormorò con un sorriso, abbassando lo sguardo verso il tavolo.

Avrebbe potuto dirle di sì, che dopo la guerra si era divertito a destra e a manca recitando tutto il Kamasutra, che ancora il suo appetito non era stato appagato e che le donne facevano la fila per potersi infilare nelle sue coperte. La verità era però che, dopo Chyoko, nessuna aveva avuto la fortuna di poter stare con lui, nessuna si era spogliata per una notte di sano sesso e lui non aveva sprecato nemmeno un centesimo di energia per poterle cercare, troppo svogliato per rendersi appetibile. E se ne era sempre fregato, dicendosi che la vita da single non era poi così male. La verità era che non aveva bisogno di loro. Che senso aveva andare a letto con qualcuna che non sapeva regalargli le stesse sensazioni che Chyo gli infondeva con un solo sguardo?

Così, nel silenzio per nulla teso che si era venuto a creare, Gintoki replicò pacato, per la prima volta non spaventato delle conseguenze -No, nessuna...- fu una risposta assorta mentre fissava le sue labbra color ciliegia ora semi aperte, cercando poi di cogliere anche il più piccolo pensiero attraverso i suoi occhi dal taglio orientale colmi di sorpresa. Non le avrebbe detto che nessun'altra era valsa la pena, niente del genere, anche perché si sentiva piuttosto in imbarazzo per il tipo di discorso che stavano affrontando; sospirò, spostando la propria concentrazione su altri lidi -Senti, puoi mandarlo via?! Mi mette ansia!- agitò una mano verso Elizabeth, ora seduto pacioso a guardare la televisione, ignorandoli.

-Va che non è malvagio! È silenzioso, non sporca... E' meglio di un bambino!- trillò contenta, battendo le mani mentre gli regalava un sorriso enorme -Mi fa sentire meno solo averlo tra i piedi.- lanciò un'occhiata all'Amanto, rodendosi conto del il fatto che uno sgorbio del genere fosse gradini sopra di sé nella scala di preferenze di Chyoko e perfino di Zura! Chi li capiva era bravo.

-In fatto di amicizie, non hai mai avuto dei bei gusti.- mormorò grattandosi la nuca.

Chyoko ridacchiò sotto i baffi -Erano anche amici tuoi!- ah, già... Non l'aveva messo in conto. Effettivamente erano cresciuti praticamente assieme, quindi avevano condiviso lo stesso giro di amicizie, anche se in guerra ci si univa non perché legati da qualche sorta di sentimento, ma solo per sopravvivenza.

-Begli amici- nascose la bocca dietro il palmo aperto, roteando poi gli occhi nel vedere il disappunto sul viso dell'amica -Perché, secondo te uno come Takasugi è mai stato nostro amico?-

-Shin-chan è solo un bambino che non accetta i cambiamenti- era stata la spiccia analisi fatta da Chyoko -Ma sì, credo che ci abbia considerato suoi amici.-

-Quello è un pazzo squilibrato, altro che moccioso!- l'apostrofò con stizza, chiedendosi perché mai un cretino di tali dimensioni venisse ancora amorevolmente chiamato Shin-chan mentre lui, pigro tuttofare, veniva appellato come idiota, cretino e altri epiteti sgradevoli che poco si addicevano alla sua figura da eroe -Vogliamo parlare di Zura? L'altro giorno è venuto a ripropormi di entrare nel suo stupido gruppo di idioti.-

-A me lascia post-it per tutta casa- mugugnò lei, ridacchiando poi divertita -E' solo ostinato, come sempre, e non accetta che sia finita in questo modo- la vide rigirarsi le bacchette fra le dita prima di esclamare curiosa -E Sakamoto?! Sono anni che non lo vedo! Chissà come sta, mi piacerebbe rivederlo!-

-Quello è il solito cretino. La sua risata è ancora più fastidiosa di come me la ricordavo.- ed era davvero così! Ancora gli ronzava in testa il suo odioso “Ah ah ah!” nonostante si fossero visti almeno un mese fa! Scosse la nuca, cosicché quel suono fastidioso potesse levarsi dalle palle, ma una volta fatto ciò comprese come il non parlare di Takasugi, Katsura o Tatsuma, portasse inevitabilmente a loro... E questo apriva la strada ad un milione di quesiti, alla tremenda possibilità di riprendere in mano quei discorsi che non avevano mai portato a conclusione e cercare di cucire una volta per tutte le ferite che si erano procurati per la loro immaturità. Non era preparato a tutto questo

-Forse i più idioti siamo noi, ma almeno siamo andati avanti.- ma ancora una volta, la Fujiwara gli aveva letto nel pensiero, rispondendo al quesito che ormai gli ronzava in mente da quando l'aveva incrociata al Wango. Che fine avevano fatto, loro? Per farsi meno paranoie e alleggerire il proprio senso di colpa, Gin non si era chiesto che fine avesse fatto l'amante e nemmeno si era premurato di scoprire se stesse bene o no, perché nulla li teneva ancora legati. La guerra che li aveva fatti stare assieme, il tremendo passato che li aveva costretti a cercarsi per dirsi che qualcosa di bello c'era ancora era solo passato e nel suo futuro, Chyoko Fujiwara non esisteva. Almeno, così aveva sempre pensato fino a che non l'aveva rivista attaccata ad un palo in un bar della strip.

-Sai? Ho provato a cercarti dopo la guerra, ma non ci sono mai riuscita- la vide scompigliarsi la frangetta mentre l'altra mano giocherellava con le bacchette -Ero in pensiero, mi chiedevo se saresti riuscito a cavartela e nonostante tutto, sono contenta che tu sia riuscito a continuare gettandoti il passato alle spalle- puntò gli occhi grigi nei suoi, stranamente attenti ad ogni suo minimo gesto -Scusami, sono proprio patetica.- la sentì ridacchiare mentre nascondeva le labbra dietro le mani affusolate.

-Chyoko, io non--

-Tranquillo, mi è passata da anni ormai- allargò appena gli occhi cremisi a quella confessione, avvertendo il filo della speranza spezzarsi con un colpo secco quando gli regalò un sorriso pieno di consapevolezza. Avrebbe dovuto chiederle a che cosa si riferisse esattamente, perché così dicendo sembrava quasi mettere una pietra sopra alla loro relazione senza darle possibilità alcuna di ritorno. Tuttavia, non fece nulla per fugare ogni dubbio, limitandosi ad annuire e finire in religioso silenzio il ramen ormai freddatosi -Sto cercando di dirti che non devi sentirti in colpa per me, d'accordo? Io sto bene, tutto sommato.-

E Gin, che con le parole faceva schifo e combinava sempre danni, riuscì ancora una volta a dare prova di questa sua grande abilità replicando con un placido -Non mi sono mai sentito in colpa per te, se è questo che pensi.- a cui lei replicò con un sorriso abbozzato.

-Meglio così- mormorò giocherellando con la punta della lunga treccia mentre sul suo viso si dipingeva un'espressione di amarezza. Gn si grattò la nuca sbuffando, consapevole di star rovinando la quiete così difficilmente creata -Credevo che noi cinque saremmo stati amici per sempre...- aveva mormorato lei sorridendo appena, gli occhi fissi sul tavolino in ciliegio e lui, sopraffatto da quelle parole troppo sincere, si rifugiò nella propria idiozia.

-Guardi troppe soap operas.- la risata di Chyoko riempì l'aria e lui la imitò, contagiato dalla sua stupida ilarità.

-Katsura dice che rendono la mia anima ancora più corrotta!- appoggiò la guancia sul palmo aperto prima di aggiungere divertita -Se sapesse che Elizabeth le guarda tutti i giorni, gli verrebbe un infarto!- e lui aveva continuato su quell'andazzo, facendo sì che l'aria tornasse meno tesa. Era arrivato lì con l'intenzione di essere sincero con lei almeno una volta, ma il tutto si era concluso con una sequela di menzogne che, come sempre, avevano fatto sembrare Chyoko meno importante di quanto in realtà non fosse. E fissandola, riscoprendosi ancora attratto fisicamente da lei, si disse che avrebbe avuto altre occasioni per essere sincero ma che per quella notte andava bene così, altrimenti avrebbe commesso qualche cazzata. Come quella mano che si stava allungando verso i suoi capelli corvini...

-Dov'è il mio futon?- Elizabeth piombò fra loro, interrompendo il flusso dei propri pensieri. Le fu grato, dovette ammetterlo.

-Che razza di impiastro...- bofonchiò grattandosi la folta chioma, recuperando lo yukata da terra mentre si alzava in piedi. Chyoko lo imitò, zampettando dietro ad una porta dicendo che sarebbe tornata subito, seguita dal paperone. Dopo alcuni istanti avvertì i suoi passi leggeri e volgendo il busto la vide massaggiarsi le braccia -Si è fatto tardi, sarà meglio che vada.-

-Fai attenzione.- premurosa, Chyoko gli rivolse un sorriso dolce a cui lui replicò con un cenno del capo; si avvicinò alla porta sventolando una mano in segno di saluto, infilandola poi nello yukata con aria svagata.

E mentre posava l'altra mano sulla maniglia, stringendola, avvertì la necessità di essere franco con lei, dando finalmente un senso alla propria visita -Io e lei non stiamo assieme- volse il viso, incrociando lo sguardo curioso dell'amica -E' stato solo un malinteso. Non è vero che Sacchan è la mia ragazza. E' vero che ci saremmo dovuti sposare ma non è successo e--

-Va bene- lo interruppe veloce, come se non volesse saperne niente -Ma perché non me lo hai detto prima?- la vide arricciare le labbra, imbronciata.

-Non c'è stata l'occasione- ma cogliendo le fiamme nei suoi occhi, decise di continuare -E poi l'avevi già capito da sola, non fare la finta tonta!- le puntò il dito contro, sentendola mugugnare qualcosa di incomprensibile. Chyoko continuava a massaggiarsi le spalle, fissandolo insistente come se non vedesse l'ora di levarselo dai piedi e proprio mentre apriva la porta, non capacitandosi nemmeno lui della propria idiozia, si ritrovò a confessarle quelle misere paroline che forse lo avrebbero esposto troppo e che, per quanto odiasse ammetterlo, continuava a soffocare da tempo ormai -E per me tu non sei stata solo uno spasso.- e le sorrise appena, sincero per la prima volta, chiudendosi la porta alle spalle solo dopo aver goduto della sua espressione scioccata.

Si appoggiò alla porta ormai chiusa, poggiando piano la testa mentre fissava le insegne luminose di Kabukicho. Ormai glielo aveva detto, non poteva rimangiarsi tutto, altrimenti sarebbe sembrato una donna lunatica. Ma in quel momento non gliene fregava nulla. Solo, sarebbe voluto tornare indietro per poterla stringere a sé sul serio.

*********

Passeggiava assorta per le vie di Edo, crogiolandosi nelle tiepide emozioni che la stavano cullando da quando, due sera prima, Gintoki le era piombato in casa armato di ramen e un mare di bontà che l'aveva lasciata spaesata. E se assurdo era stato il modo impacciato con cui l'aveva lasciata, ancora più assurdo era stato il commento post-cena di Elizabeth che, zampettante per la stanza con indosso un'orrida camicia da notte, aveva alzato un cartello con sopra scritto “Credo che tu gli piaccia ancora. E hai finito il latte” a cui lei non aveva replicato, decisa a lasciar perdere il paperone e le sue analisi. Bastava già Katsura a psicanalizzarla, non aveva bisogno di un altro rompiscatole.

E mentre mangiucchiava dei Dango**, reggendo una busta della spesa con l'altro braccio, si chiese come fosse potuta ricascarci con tutte le scarpe. Infatuarsi di nuovo di Gintoki... Diamine, doveva essere proprio una cretina coi fiocchi! Non poteva succedere, non a lei! Chyo aveva ormai imparato a reggersi sulle proprie gambe perché, alla fine, si ritrovava ad affrontare sempre il peggio da sola; aveva capito come gli uomini fossero volubili coi sentimenti e che un “Resta con me questa notte” non significava “Resta con me per sempre” come aveva scioccamente creduto; si era costruita delle barriere pur di non soffrire ancora ma ad un suo solo sguardo, ad un semplice sorriso abbozzato si era sentita sciogliere e si era riscoperta a guardare il Mondo con occhi diversi. A vederlo più bello di quanto in realtà non fosse.

-Uff, sei proprio recidiva...- sospirò pesantemente, gettando lo spiedino nel primo cestino che trovò. Credeva di essere ormai immune a cazzate come l'innamoramento, le farfalle nello stomaco, i tuffi al cuore, le vertigini... Ma lei non aveva provato nulla di tutto quello. Era forse più grave il fatto che tutte le domande che avevano e che continuavano ad affollarle la testa, fossero scomparse quando se lo era ritrovato davanti alla propria porta? Sì, forse era peggio...

Scosse la nuca, pregando che tutti i pensieri volassero via, facendola così respirare. E come una benedizione la sua attenzione venne colta da una minuscola folla che si era riunita a pochi metri da un ragazzo che, probabilmente affetto da qualche demenza, continuava a dare testate al lampione.

-Se continua così lo butterà giù!- esclamò la fornaia cicciottella portando una mano alla guancia. In quel momento, egoista come non mai, Chyo si chiese se la donna fosse disposta a darle un lavoretto giusto per racimolare qualche yen; ma poi si disse che non aveva intenzione di svegliarsi tutte le mattine alle quattro per infornare delle pagnotte, così tornò a concentrarsi verso il ragazzino. Tossicchiò, avvicinandosi di qualche passo quando, probabilmente non più curiosa, la folla si fu diramata.

Gli batté due dita sulla spalla -Scusi, è sicuro di-- le parole le morirono in gola quando si ritrovò a fissare un ragazzo dall'aria familiare se non fosse stato per lo sguardo allucinato dietro gli occhiali da secchione e il sangue che grondava dalla fronte martoriata -Ma lei è il Signor Quattrocchi!- lo apostrofò allegramente dopo qualche secondo, vedendolo strabuzzare le palpebre un paio di volte come a voler scacciare il sangue fastidioso. O ricordarsi chi diamine fosse lei.

-Ci conosciamo?- Appunto... Si aggiustò tranquillo gli occhiali sul naso, per le sorrise affabile -Ma lei è la compagna di letto e cugina di Gin-san! Fujiwara-san, la trovo bene!-

Chyo sobbalzò. Ma che cazzate andava dicendo?! Ma poi le discussioni non iniziavano sempre con un “Che piacere rivederla!”? Forse la botta in testa gli aveva fatto male... Purtuttavia afflitta da queste ataviche domande, Chyo si ritrovò a balbettare un incerto -No, io--

-Buona notte, signorina. È stato un piacere rivederla! La prossima volta-- prima che potesse fermare quel fiume di parole con una sberla o un grido isterico, la ragazza si ritrovò a sorreggere quel peso morto di Shinpachi ora privo di sensi. Si sentì quasi lusingata dal fatto che un giovane uomo fosse svenuto di fronte alla sua prorompente bellezza.

-Ahm, Signor Quattrocchi? Signor Quattrocchi, si svegli!- lo scosse appena ma quando quello non accennò a rinsavire, Chyo lo trascinò fino alla panca posta davanti al ristorante di ramen. Entro nel locale, si fece dare bende e garze e tornò fuori pronta a fare l'infermierina di turno. Forse avrebbe potuto provare la carriera della dottoressa!


 

-Grazie signorina, è stata gentile ad aiutarmi!- gongolò nel sentirsi rivolgere quelle parole da un affabile Shinpachi -Ma la prossima volta non usi la soia come disinfettante.-

-Vedrò di tenerlo a mente- d'accordo, la carriera da dottoressa era già terminata prima ancora di cominciare. Nh, del resto durante la guerra le avevano perfino vietato di avvicinarsi all'infermeria e cominciò a capirne il perché -Piuttosto, si può sapere che cosa stavi combinando?-

Shinpachi sospirò -Vede, sono in preda alla confusione: credevo di amare una ragazza e invece sto perdendo la testa per un'altra!- sembrava sconvolto da tutte quelle emozioni piombate insieme e Chyo, nel vederlo così ingenuamente afflitto, si ritrovò a sorridere intenerita al pensiero che alla sua età aveva affrontato lo stesso identico conflitto. Ma per lei non era stato difficile scegliere: amare Gintoki le era venuto naturale.

-Ma la ragazza che ami, ricambia?- sentendosi una mamma chioccia lo guardò incoraggiante, desiderosa di conoscere cosa girasse in quella testolina.

Shinpachi scosse la nuca trattenendosi dallo scoppiare a piangere -Non sa nemmeno che esisto.-

-Ah, tipico. È sempre così. Ti invaghisci di uno che nemmeno ti considera e quando pensi di aver perso le speranze, ecco che arriva un samurai cretino che ti incanta con la forza del suo sguardo addormentato e ti fa passare dei mesi da favola per poi darti il ben servito e-- si bloccò nel vedere il ragazzo fissarla con confusione e forse un pizzico di paura. Chyo tossicchiò, poi sventolò una mano -Vedi, alla fine ci passiamo tutti. Sta a te fare la scelta giusta. Stare solo per un amore non corrisposto o provare a trovare la felicità con qualcun altro.- si ritrovò a sorridere appena nell'udirsi, dicendosi che se queste belle parole se le fosse dette tanto tempo fa, molte cose sarebbero cambiate.

-Non mi sembra corretto. Insomma, io non potrei mai tradire Otsu!-

-Otsu?! Otsu la cantante?!- e senza alcuna delicatezza, Chyoko si ritrovò a ridere divertita, coprendosi il viso con la mano libera, biascicando delle scuse poco credibili. Avrebbe voluto dirgli di farsi una vita vera, ma quel ragazzino era l'immagine dell'ingenuità e si rammentò di quando, a sei anni, si era presa una cotta stratosferica per il personaggio di un cartone di cui ora non ricordava il nome. E poi era già abbastanza imbarazzato, non voleva infierire ulteriormente -Scusa, scusa. E questa nuova ragazza com'è?-

-E' carina da matti! Ha delle orecchie da gatto stupende e-- Chyo avrebbe voluto interrompere quel brodo di farneticazioni sulle orecchie da gatto della tizia, ma prima che potesse tramortirlo con un oggetto contundente, il ragazzo si rivolse nuovamente a lei -Cosa crede che dovrei fare?-

-Seguire il tuo cuore...?- gli rivolse un sorriso tirato, ma lui storse il naso -Senti, non sono proprio la persona più adatta a cui chiedere. L'amore non è il mio forte- si grattò la punta del naso sorridendo amara -Perché non provi a chiedere dei consigli a Gintoki o alla tenera ragazzina che sta con voi?-

-Kagura, la tenera ragazzina, pensa solo a mangiare- colse dell'ironia nella sua risposta, soprattutto al “tenera ragazzina” -E dubito che Gintoki abbia mai avuto una storia seria.-

-Ah...-

-Insomma, così continua a ripeterci.-

-Ah...-

-Dice di non aver mai incontrato nessuna di speciale, anche se quando si nomina Chyoko diventa piuttosto suscettibile.-

-Ah...-

-Ma mi tolga una curiosità: sarà mica lei questa fantomatica Chyoko?- la diretta interessata deglutì, scuotendo la nuca con vigore. E ora come si traeva di impiccio? E perché, quella che era stata una tranquilla chiacchierata, si era ritorta in un interrogatorio su di lei?

-No, ma che dici. Io sono sua cugina! Sarà stata un'altra Chyoko- si fermò, indicando l'edificio alla propria sinistra -Bene, eccoci a casa. Direi che puoi andare da solo, ora.- sventolò una mano come a volerlo scacciare e Shinpachi, con un'espressione che era tutto un programma, si aggiustò gli occhiali sul naso.

-Scusi ancora per il disturbo arrecatole e grazie per avermi accompagnato- fece un inchino e Chyo alzò le spalle, sorridendogli affabile -Vuole salire a prendere una tazza di the? Per farmi perdonare per averle fatto perdere tempo!- tutto pimpante la fissava e Chyo, colta da un improvviso senso di angoscia, si ritrovò ad indietreggiare mentre sul viso fioriva un sorriso tirato.

-Figurati, va bene così! Chiacchierare con te è stato--

-Oh, andiamo! Gin-san sarà contento di rivedere una parente!- l'angolo destro delle labbra di Chyo tremò appena a quella frase sincera e ingenua e un impeto di follia si ritrovò a seguirlo per le scale. Avrebbe potuto dirgli di no, che aveva cose più importanti da fare, che non aveva tempo da dedicare ad un nulla facente e la sua cricca di spiantati -Gin-san, sono qui! E con me c'è una sorpresa!- e invece si era chiusa la porta alle spalle come se non avesse vie d'uscita.

-Oh, mi hai portato un'infermiera?! O hai l'ultimo numero di Ju-- Gin comparve davanti ai suoi occhi con l'espressione di un bambino pacioso che corre incontro al padre; espressione che mutò in sorpresa e diffidenza quando si rese conto di come lei non fosse un'infermiera e nemmeno l'ultimo numero di Ju -Che ci fa qui?! E per di più vestita così sobria!- le indicò l'abito storcendo il naso e Chyo, velandosi di imbarazzo, si studiò da capo a piedi.

Corrugò la fronte mentre procedeva a tastare la stoffa liscia del kimono verde con motivi floreali -Guarda che non ho solo corpetti nell'armadio!- tornò a fissarlo, indicandosi le labbra con l'indice -Sei sporco di panna.-

Ma prima che potesse replicarle, un urlo sgraziato proveniente dal salotto li fece sobbalzare e i due accorsero come delle gazzelle per vedere cosa diamine fosse accaduto. O meglio, lei corse come una gazzella, il padrone di casa arrivò dopo parecchi secondi circondato da un'aura di scazzo totale.

-Che Diavolo è tutto questo casino?- si grattava un orecchio, scocciato dal frastuono che sembrava aver urtato la sua quiete.

-Shinpachi-kun, stai bene?- domandò Chyo indietreggiando alla vista del suo sguardo di fuoco; solo in quel momento si accorse di una Kagura placida come un lago che dondolava i piedi seduta sul sofà.

-Avete aperto la mia posta!- tuonò il giovane lanciando in aria il pacco semi distrutto, respirando dal naso come un toro imbufalito.

Gintoki sbuffò -E che sarà mai? Non c'era niente di interessante lì dentro, se ti interessa saperlo!-

-Non credo sia questo il punto.- bisbigliò Chyoko appiattendosi contro il muro, decisa a divenire invisibile per la lite che sapeva sarebbe scoppiata di lì a poco. Si lasciò scivolare lungo la parete, adagiando la busta di carta al proprio fianco mentre assisteva allo spettacolo.

-C'era solo una torta che Gin avere mangiato!- trillò Kagura indicandolo paciosa, come se volesse tirarsi fuori dal tutto. Shinpachi, vena pulsante sulla tempia, fissò truce il compagno.

-E delle orecchie da gatto che indossa quell'impicciona!-

-Noi però non avere letto nulla nella lettera. Noi non sapere nulla di appuntamento!-

-Appuntamento?! Lettera?!-

-Kagura, sei solo una spiona!- bofonchiò Gintoki dandole una manata sulla testa mentre una busta rosa e sgualcita gli veniva strappata di mano da un Shinpachi assatanato. Di lì al delirio, il passo fu breve. Insomma, assistere alla crisi adolescenziale di un giovane in preda agli ormoni fu uno spettacolo raccapricciante e Chyo, che ci teneva a quel poco di sanità mentale che le era rimasta, strisciò lungo il muro pronta ad andarsene. Anche perché non era nei suoi programmi assistere ad una lite familaire. Inoltre dubitava che il ragazzo le avrebbe ancora preparato del the e per lei non c'era alcuna ragione affinché restasse.

-Hai dimenticato questa- la voce strascicata di Gintoki la richiamò proprio mentre stava per fiondarsi verso l'uscio. Chyo si batté una mano sulla testa, recuperando la busta della spesa -Cosa ci fai qui?-

Si lasciò trafiggere dal suo sguardo seccato e dalla durezza del modo con qui quella frase le era stata rivolta -Tranquillo, tanto stavo per andarmene.-

-Guarda che non mi dai fastidio- si grattò la nuca, impacciato; ancora una volta, le domande nella propria mente svanirono come se non fossero mai esistite -Avrei solo preferito che non ci fossero i mocciosi, tutto qua- tornò a guardarla, questa volta con gli occhi cremisi allargati -Lascia perdere. Allora, qual buon vento?-

-Ho incontrato Shinpachi e ha pensato bene di invitare tua cugina a prendere un the- lo guardò divertita, vedendolo roteare gli occhi.

-Che razza di moccioso- lanciò un'occhiata al salotto e Chyo ne approfittò per squadrarlo da capo a piedi, rendendosi conto solo in quel momento di quanto fosse cambiato in quei cinque anni. Era diventato più alto, i capelli argentei erano più corti anche se sempre selvaggi e, per quanto cerebralmente fosse rimasto un moccioso, l'aspetto era ormai quello di uomo. Quando Chyo aveva deciso di smettere con le ricerche conscia che probabilmente fosse già morto o sposato o emigrato in qualche altro paese, la giovane aveva cominciato ad auto convincersi che, magari, aveva messo su pancia, era diventato pelato e che se mai lo avesse incrociato per strada non sarebbe stata in grado di riconoscerlo. Constatare invece quanto fosse diventato bello, non aveva fatto altro che renderla più insicura circa i propri sentimenti -Hai poi trovato Zura?-

Chyo si ridestò e scosse la nuca -Inizio a credere che sia in pericolo. Forse dovremmo cercarlo.-

-Cazzate, si sarà imboscato con qualche bella donnina e non ha voglia di tornare a casa.-

-Ma Zura non è tipo da fare queste cose!-

-E' un uomo, strano, ma pur sempre un uomo! Anche lui avrà delle voglie!- guardò la sua espressione disgustata mentre agitava le mani -Senti, possiamo non parlarne? Accostare l'argomento sesso e Zura mi fa venire i brividi!-

-Hai fatto tutto tu- bofonchiò esasperata -Comunque se non torna domani, farò un salto dai suoi compari. Non può essere scomparso.- abbassò lo sguardo, sentendo gli occhi pizzicare. Insomma, era vero che la presenza di Katsura a volte era fastidiosa e noiosa, ma era pur sempre il suo migliore amico, nonché lo psicologo che le dava consigli. Non poteva non preoccuparsi della sua scomparsa improvvisa! E come se Gin le avesse letto nel pensiero, le sue parole arrivarono pacate:

-Stai tranquilla, starà sicuramente bene. Zura non è tipo da morire facilmente, ricordi?- le sorrise appena, impacciato nel volerle infondere un po' di coraggio. E malgrado tutto, la ragazza si ritrovò ad annuire con sollievo, ripensando a tutte le volte che in guerra aveva rischiato le penne ma ne era uscito sempre sano e salvo.

-Beh, ora sarà meglio che va--

-Signorina, signorina!- il grido dell'occhialuto la distrasse e, intimorita, entrò nel salotto con passi pesanti, guardandolo come un topo in gabbia. Dietro di lei, appoggiato allo stipite, Gintoki sembrava divertirsi parecchio -Lei!- Chyo indietreggiò, spaventata dall'improvviso spirito combattivo proveniente dal pacato quattrocchi -Lei mi da l'idea di avere avuto un sacco di storie serie!- continuava a puntarle il dito contro, agitandolo minaccioso. Chyo boccheggiò prendendo tempo, cercando di dare un senso alle sue parole che ora vorticavano nella mente, ma senza nemmeno darle diritto di replica, Gin si intromise nella discussione:

-Beh, di sicuro di storie ne ha avute tante- guardò Sakata con espressione stralunata corredata da un sopracciglio inarcato -Non so quante serie, ma di sicuro tante.- concluse il suo monologo con un ghigno e Chyoko, punta sul vivo dalle sue parole, gli regalò un sorriso sardonico.

-Già, infatti l'unica storia seria che ho avuto è stata una vera delusione- si gongolò nel sentire l'imprecazione che seguì la propria frecciatina, ma per una volta decise di non dare peso alla presenza scomoda dell'ex -Comunque, qual'è il problema?-

-Ha sentito cosa diceva nella lettera?!-

-Tu avere letto tutto nella tua mente. Noi non avere sentito nu--

-Zitta tu e torna a mangiare le tue alghe!- Shinpachi zittì Kagura con tono stridulo, ritornando poi a fissare Chyo con espressione disperata. Questa tirò un'occhiata allarmata a Gintoki, ma quel pezzo di cretino se la rideva sotto i baffi -Mi ha invitato ad un appuntamento! Capisce?! Io e lei... Insieme! Cosa devo fare?-

-Escici assieme, è così difficile?- dall'alto della sua conoscenza in materia di appuntamenti romantici, Gin si intromise con tono deciso, vagamente infastidito dall'argomento che stavano affrontando -Cielo, quanto sei petulante.-

-Tu dovresti essere l'ultimo a poter parlare, visto che sei un venticinquenne single e disoccupato senza nemmeno lo straccio di una donna!- Shinpachi riversò tutto il proprio nervosismo contro il proprietario e Chyo, che forse avrebbe dovuto calmare gli animi, si ritrovò a ridere divertita senza nemmeno nasconderlo.

Gintoki fissò truce il ragazzino, poi si rivolse a lei con tono scorbutico -Che hai da ridere, razza di cretina? Guarda che anche tu sei una ventenne disoccupata senza uno straccio d'uomo!-

-Sì, ma mi ritrovo così per colpa tua, in entrambi i casi- lo zittì con tono ironico ma prima che lui potesse chiederle spiegazioni, Chyo si sedette sul divano, posando la busta della spesa sul tavolo, pronta ad ascoltare Shinpachi -Non capisco dove sia il problema. Non puoi uscire con lei e vedere come vanno le cose? Direi che lei sembra essere interessata a te.-

-Ma non so cosa fare!- si lasciò cadere sulla poltrona portando le mani nei capelli -E se non le piaccio?-

-Questo essere molto probabile.-

-Kagura!- strillò Shinpachi, lanciandole un cuscino in faccia.-E quando la vedo cosa le dico? Cosa faccio? Come mi vesto? Come--

-Quando la vedi le dici “Ciao!”, parli con lei come una persona normale e ti vesti come sempre! Cosa c'è di così difficile, si può sapere?-

-Gin-chan, tu essere piuttosto insensibile!-

-Non è mai stato innamorato, come potrebbe capire?- le parole a lungo pensate ma sempre taciute le uscirono dalle labbra con fin troppa facilità, facendo calare il silenzio attorno a loro. Avrebbe voluto davvero che le cose fra loro proseguissero con tranquillità ma c'era sempre quel tarlo fastidioso, quella sensazione di irrisolto che non le permetteva di andare avanti. La verità era che avrebbe voluto discutere con Gintoki di ciò che era accaduto, dando finalmente pace al proprio cuore martoriato e per quanto si sforzasse di apparire tranquilla, in sua presenza l'acidità tornava a galla e il veleno trattenuto veniva sputato senza rammarico. Forse Katsura aveva sempre avuto ragione: forse avrebbero dovuto chiarire la faccenda una volta per tutte o avrebbe continuato a camminare su quel filo in perenne sbilanciamento. E lui non la stava aiutando a non inciampare, non la stava aiutando a camminare e forse non l'avrebbe nemmeno aiutata a non cadere. Si rinchiuse nel proprio silenzio, incapace di pensare a cosa sarebbe potuto accadere dopo. Gintoki però non replicò, restando immobile contro il muro.

-Lei è mai stata innamorata, invece?- ora gli sguardi dei tre erano puntati su di sé, attenti e in attesa. Ma che domande faceva quella dannato occhialuto? Metterla in imbarazzo così, davanti all'ex menefreghista.

Chyo tornò a guardare Shinpachi decidendo cosa dirgli. Avrebbe potuto seriamente pensarci su, ma alla fine si ritrovò a dire la prima cosa che le era passata per la mente e che, forse, era la più vera fra le mille alternative -Una volta- inevitabilmente lo sguardo cadde su Sakata. Chyoko sospirò; del resto, lei aveva avuto il coraggio di palesare i propri sentimenti nei suoi confronti, in passato, era lui a non essere stato granché chiaro a riguardo -Ma è stato tanto tempo fa.-

-E come ha capito di essere innamorata?-

-Lei avere sentito gorgoglio allo stomaco.-

-Quello lo provi quando mangi, idiota.- la rimproverò Gintoki grattandosi la nuca con forza. Forse anche lui si sentiva in difficoltà, ora.

Chyo strinse le mani sul kimono, accartocciando il proprio cervello affinché la facesse uscire con qualche frase ad effetto, facendola apparire una figa da paura. Ma Chyo era uno schifo in quelle situazioni, con le chiacchierate cuore a cuore faceva pena e la maggior parte delle volte dava consigli talmente balordi che nemmeno lei se ne sarebbe fidata. Ma quella volta, complice il fatto che l'unico che le avesse mai fatto provare tale sentimento fosse lì, nella sua stessa stanza, le fece comprendere come le cose andassero oltre le semplici vertigini, fiati spezzati, cuori martellanti e mani sudate. E le parole, ancora una volta, si sparsero nell'aria con semplicità, come se fossero sempre state lì:

-Ah, succede, credo. Un giorno ti alzi e cominci a credere che la persona davanti a te sia semplicemente la cosa migliore che ti sia mai capitata, che ti fa vedere quanto può essere bello il Mondo anche se le cose vanno male- si contorceva le mani, incredula nel sentirsi dire quelle parole nonostante Gintoki fosse davanti a lei, a fissarla con la solita faccia da scemo, con una Kagura che mangiucchiava alghe e un Shinpachi attento che prendeva appunti; e proprio mentre decise di mettere un freno alle cazzate, quelle uscirono con tono assorto e convinte, come se racchiudessero tanti perché di tanti anni prima -Forse l'amore è che quando ti fai tutte queste domande, poi lui arriva, ti bacia e ti dice di stare tranquilla perché tanto c'è lui con te, quelle domande scompaiono...-

Fu come essere stata catapultata nel passato ritrovandosi nella stanza delle strategie, di notte, solo loro due nel futon senza parlare, ad ascoltare il respiro l'uno dell'altra senza porsi alcun quesito, godendosi quell'attimo di felicità che sarebbe potuto terminare da un momento all'altro. Fu come riscoprirsi innamorata solo posando gli occhi grigi nei suoi, cremisi e stranamente vividi. Ma quella volta lasciò scivolare ogni briciolo di sentimento, dicendosi che le cose andavano bene così e che quelle notti trascorse insieme probabilmente non sarebbero più tornate e se fosse tornate, non sarebbero state stupende in egual maniera. Così si alzò, circondata da quello strano silenzio che si era avvenuto a creare, non pesante ma assorto, come se le sue parole per una volta sensate e sincere fossero degne di meditazione. E Chyo, che di pensare era stanca, voleva solo uscire e distrarsi -Si è fatto tardi, devo andare.- si avvicinò alla porta, sentendo su di sé lo sguardo perforante dell'amico.

Avvertì i suoi passi dietro sé, stranamente galante nell'accompagnarla alla porta. O maleducato per la fretta con cui la stava mandando via, dipendeva dai punti di vista. Se si fosse attaccata a quel sentimento confuso che albergava in lei avrebbe dato spazio alla speranza, ma l'aveva chiusa in gabbia e per il momento non voleva aprirla. Così uscì dalla porta, conscia di quanto scomoda fosse divenuta la sua presenza per quel giorno. E pensare che voleva solo un the...

Sentì la porta scorrere, così come cominciarono a scorrere le parole di Gintoki -Mi spiace che le cose non siano andate come volevi, ma non puoi farmene una colpa.- e poi il rumore secco della porta che si chiudeva che non arrivò mai, il suo dargli le spalle restando dritta in piedi per dimostrargli quanto fosse cresciuta anche senza di lui e senza il suo amore, i suoi passi che la facevano allontanare da quella casa di paranoici, il suo sguardo che l'accompagnò fino alle scale. E solo quando fu all'ultimo gradino udì la porta chiudersi.

La sua incredibile capacità di rovinare tutto con le proprie parole non la stupì più di tanto, ben consapevole di essere stata lei, probabilmente, a mettere la parola fine a questa cosa di amicizia a cui avevano dato inizio senza forse esserne neppure tanto convinti. Ma di una cosa era certa: era vero che l'amore ti coglie quando meno te lo saresti mai aspettato. Del resto, al lei era successo proprio così...

Toc toc...

Si svegliò di soprassalto, infastidita dal bussare incessante alla porta della baracca. Gettò un'occhiata impigrita alla finestra, constatando che doveva essere ancora molto tardi. Si infilò lo yukata e aprì la porta, reprimendo uno sbadiglio mentre, davanti a sé, la figura di Kaory l'infermiera assumeva delle tinte più chiare.

-Chyo-chan, presto, vieni con me! Takasugi mi ha mandata a chiamarti!- si lasciò prendere per mano, venendo trascinata per i corridoi bui fino all'infermeria, ignorata nonostante continuasse a chiedere cosa Diavolo stesse succedendo. Le parve di essere piombata in una soap opera, in particolare la scena madre in cui la ragazzina innamorata viene a scoprire dall'amante dell'amato che sì, i due si frequentavano ormai assiduamente. Ma il passo svelto che stava utilizzando la donna e l'espressione colma di terrore che le aveva regalato poco prima aveva fatto crollare tutte le sue fantasie. Qualcosa di grave era successo e non appena mise piede nella baracca adibita ad infermeria, comprese di essere in realtà approdata in un terribile incubo.

Decine e decine di compagni giacevano contro i muri o sulle lettighe coperti di sangue, contorcendosi dal dolore, respirando affannati, continuando a chiamare i nomi delle infermiere affinché intervenissero. Chyo si guardò attorno spaesata, alla ricerca dei quattro amici di cui però non vi era traccia alcuna.

-Cosa è successo?- domandò dopo essersi ridestata, volgendosi verso un'agitata Kaory,

-Io non lo so- mormorò con voce tremante -Sono arrivati cinque minuti fa. Parecchi sono morti sul campo e noi siamo troppo poche e- si bloccò, prendendo un respiro profondo -Stanno guardando Katsura, ora. È pieno di ferite e ha la febbre alta.- vide le lacrime solcarle il volto mentre la mano si slegava dal suo polso per andare a stropicciarsi il viso, pulendolo. Chyo scosse la nuca, incapace in quel momento di proferire verbo, incapace di scoppiare a piangere pur di far scemare il nervoso. Voleva solo vedere gli altri e assicurarsi che stessero bene.

-Vedrai che andrà tutto bene- mormorò assorta, forse per infondere coraggio a sé stessa più che alla donna -Zura è forte, ce la farà!- le regalò un sorriso stiracchiato, vedendola annuire con forza -Dove sono gli altri?- l'infermiera le indicò il corridoio esterno prima di allontanarsi per andare ad aiutare le altre. Chyoko prese un profondo respiro poi si fiondò dove le era stato indicato, trovando un incazzoso Takasugi che si massaggiava il polso.

-Shin-chan...- bisbigliò spaventata, rilassandosi quando lo vide senza ferite -Stai bene? Ho sentito di Zura e--

-Io sto bene e anche lui. Ha solo la febbre, si riprenderà- la interruppe piano, sistemandosi meglio la fasciatura. Chyoko annuì e dopo aver stretto il labbro inferiore, si rese conto di essere in procinto di piangere -Ti prego, non cominciare a piangere. Mi dai sui nervi quando fai così.-

Trafitta dalle sue parole, la ragazza avvertì gli occhi farsi secchi di colpo, come prosciugati da ogni lacrima -Forse avrei dovuto cercare una tattica migliore.- si ritrovò a dire piano mentre il lacerante senso di colpa si annidava in ogni sua muscolo.

-Non è colpa tua!- bruscamente, Takasugi la zittì -Se avessero seguito le tue strategie, a quest'ora staremmo a bere sake.-

-Avessero?-

-Zura e Gintoki si sono separati da noi costeggiando il lato Est della montagna e sono finiti nella bocca degli Amanto- strinse i pugni intorno alle braccia, digrignando i denti -Che razza di idioti. Se non fossimo arrivati Sakamoto ed io, a quest'ora sarebbero morti.- i suoi grandi occhi grigi si allargarono a quelle parole e guadandosi attorni si rese conto di come il samurai dai capelli argentei mancasse all'appello. Un nodo alla gola le bloccò il fiato, costringendola ad appoggiarsi al muro per ritrovare le forse. Dove Diavolo si era cacciato Gin-chan?

-Perché mi hai fatta chiamare? Io non posso aiutarvi in alcun modo.- cominciò a far passare le dita fra i lunghi capelli neri, osservando le infermiere indaffarate. E quando meno se lo aspettò, anzi, quando si preparò a ricevere una risposta sgarbata in cambio, Takasugi fu in grado di sconvolgerla.

-Volevo accertarmi che stessi bene, volevo vederti- scorse le sue gote imporporate sotto quei fili scuri e prima che potesse replicare, Chyo venne fulminata da uno sguardo truce -Ora vado ad aiutare le infermiere, non possiamo permetterci che qualcun altro muoia- la superò zoppicando e solo allora si accorse della garza che gli avvolgeva la caviglia -Tu vai a cercare Gintoki. Quell'idiota si è nascosto e nessuno riesce a trovarlo.- la ragazza deglutì, poi si incamminò con passo lento ponderando sulle sue parole. Egoista come mai prima d'ora, la ragazza si ritrovò a pensare a quanto avrebbe voluto sentirsi rivolgere certe parole da Shin-chan molto tempo prima per poterne godere appieno mentre in quell'istante, girovagando per i corridoi della baracca, voleva solamente accertarsi che Sakata stesse bene.

-Alla ricerca del Gintoki perduto.- bofonchiò amareggiata, svoltando il nono angolo. E maldestra come al solito, si ritrovò per terra come un sacco di patate, massaggiandosi il nasino dolorante mentre due enormi lacrimoni le scendevano dagli occhi.

-Possibile tu sia sempre a terra?- a quelle parole strascicate, volse il viso piagnucolante per incrociare l'espressione ghignante di Gintoki che, appoggiato al muro e gambe lunghe, se ne stava stravaccato.

-E' colpa tua!- strillò mettendosi in ginocchio, agitando i pugni -Se te ne stai qui come un sacco di patate, poi la gente inciampa e-- si bloccò, scorgendo solo in quell'istante lo yukata bianco candido chiazzato di sangue. Istintivamente portò le mani sulla stoffa mentre gli occhi cominciavano a pizzicare -Stai bene?! Sei coperto di sangue!-

Gin le rivolse un'occhiata stanca per poi scacciare le sua mani con malagrazia -Io sto bene, solo qualche graffio- Chyo annuì, continuando a fissare il suo viso apparentemente rilassato, chiedendosi cosa diamine stesse frullando in quella sua testolina. Avrebbe voluto incavolarsi per la sua incoscienza, per l'essersi spinto oltre il fronte principale finendo così in un vicolo cieco, ma la ragazza capì come ciò sarebbe stato solo deleterio. Zura era sotto le cure mediche e Gin non sembrava in grado di saper gestire una discussione di alcun genere -Cosa ci fai qui? Sei stanca, dovresti riposare.-

-Mi ha fatta chiamare Takasugi- lo vide storcere il naso a quelle parole, ma lei non vi badò -Perché non sei con gli altri? -

-Non riesco a sopportare il loro sguardo- fu la placida risposta che le diede, guardandola con un sorriso abbozzato -Non riesco a sopportare le loro grida, la vista del loro sangue- le dita si contorcevano e per la prima volta da che lo conobbe, le sue parole giunsero colme di rammarico -Non avrei mai dovuto dirgli di allontanarci- concluse flebile, facendo cadere il silenzio tra loro. Chyo abbassò lo sguardo, incapace di riuscire ad infondergli un po' di coraggio; per quanto si sforzasse di fare loro da mamma chioccia, l'adulta e la matura della situazione, alla fine si dimostrava la solita mocciosa incapace di aiutare gli altri, che fosse con le parole o coi gesti. E in quel momento, di fronte ad un Gintoki così spento e colpevole, non seppe davvero come comportarsi. Volse il capo verso il muro di legno, udendo il rumore scrosciante della pioggia che aveva cominciato a cadere incessante. Un tuono la colse impreparata, facendola sobbalzare -Hai ancora paura dei temporali?-

-Non ho più dieci anni.- bofonchiò imbronciata, sentendo la sua risata rauca propagarsi per il corridoio.

-Già, ormai sei una donna- un sorriso ironico si dipinse sulle sue labbra, ma Chyo non replicò, conscia che aveva solo bisogno di distrarsi e lei, come sempre, accettava di essere utilizzata come bersaglio -Guarda che dico sul serio.- le regalò un sorrisetto a cui lei replicò con le labbra arricciate.

-Sakamoto ha detto che mi chiami ranocchia.- gonfiò le guance. Sapeva anche lei di non essere una dea se paragonata alle bellezze che giravano per il campo ed era anche consapevole di non essere il sogno erotico degli uomini e sapeva anche quanto l'amico fosse un primitivo. Ma almeno nei suoi confronti, un po' di delicatezza poteva utilizzarla.

-Quello stronzo parla troppo! Spero gli abbiano tagliato la lingua- non provò nemmeno a rimproverarlo, tanto da un orecchio gli entrava e dall'altro gli usciva -Comunque dicevo sul serio. Sei cresciuta e non sono l'unico ad essermene accorto. L'altro giorno Katsura era ubriaco e ha detto che avrebbe voluto fare “nian nian” con te.- lo vide sghignazzare divertito e più che imbarazzarsi per ciò che l'amico avrebbe voluto fare con lei, si ritrovò a chiedersi perché mai un diciannovenne dovesse dire “nian nian” al posto di “fare sesso”. Perfino lei che aveva avuto zero storie era meno pudica di quello stramboide.

-Era ubriaco.-

-Anche Sakamoto vorrebbe farlo con te.-

-Quello vorrebbe farlo anche con un palo della luce!-

-E Takasugi? Ha detto che non gli dispiaci. Direi che è abbastanza, no?-

-Non significa nulla. E poi perché non chiedi con chi vorrei andare a letto io?-

-Con chi vorresti andare?-

-Ma non si fanno queste domande ad una signorina!- gli diede una manata sulla testa, poi cominciò a blaterare su quanto pura fosse.

-Non dire cazzate. Sappiamo tutti che vorresti andare con Takasugi.-

-Non è vero- lo fissò seria -Non voglio andare con qualcuno che non mi piace.- lo vide strabuzzare gli occhi e sistemarsi meglio, stranamente colpito da quelle parole che aveva destato il suo interesse. Beh, almeno parlando di cavolate si stava riprendendo.

-Vuoi farmi credere che non ti piace più quel coglione?-

Chyo gli regalò un'occhiataccia per l'epiteto poco carino utilizzato nei confronti dell'amico, ma nonostante quello alzò le spalle -Non ti è mai successo che una ragazza non ti piacesse più?- borbottò guardando di lato, apparentemente seccata da quell'argomento. Gintoki si grattò la nuca.

-No, non mi è passata.- replicò schivo, senza entrare nei particolari. Tuttavia, la mossa fu completamente sbagliata perché Chyoko, in uno slancio di curiosità, lo guardò con espressione incredula.

-Oh, ma allora ti piace qualcuna!- trillò al culmine della gioia, facendolo sobbalzare-Era Sayuri, vero?-

-Chi?-

-Ma sì! La ragazzina col caschetto che sedeva in prima fila- spiegò pensosa, poi annuì mentre batteva le mani -Allora era Hime-chan!- Gin le regalò un'occhiata scettica -Non dirmi che non sai chi è Hime -chan!-

-Avevamo delle ragazze, oltre a te, in classe?- domandò convinto, inclinando il capo mentre lei ridacchiava.

-Guarda che con Hime-chan hai ballato alla festa del paese.- gli rammentò puntellandogli l'indice sulla fronte coperta dal fazzoletto bianco.

-Ah, quella tappetta che mi calpestava i piedi?-

-Proprio lei!- Chyo si coprì le labbra con una mano prima di proseguire -Ricordo di come è scoppiata a piangere quando non ti sei nemmeno ricordato il suo nome, il giorno dopo.-

-E io ricordo di come sei caduta davanti a tutti mentre Katsura ti faceva fare un casquet.-

-Perché ricordi le mie cadute ma i nomi non ti restano in testa?- bofonchiò lei imbarazzata, dandogli una leggera spinta. Gintoki ghignò in risposta ma Chyo, sorridendo furba, gli puntellò l'indice sulla fronte -Comunque non dimentico- assottigliò gli occhi dal taglio orientale, inclinando leggermente il capo -Chi è che ti piace? Ti piace Junko l'infermiera?-

-Quella si nasconde con Sakamoto.-

-Shibahime la Geisha che ci portiamo appresso per motivi ancora oscuri?-

-Quella si fa Sakamoto.-

-Si fanno tutte Sakamoto?!-

-Piacerà l'aria del coglione.-

-A me non piace. Sai, l'altro giorno ha provato a baciarmi- vide le sue mani stringere con forza la benda bianca che solitamente si legava in fronte.

-E tu che hai fatto?-

Sventolò una mano -Gli ho detto di no e lui è corso da un'altra infermiera- sorrise sognante, rincuorata al pensiero di poter esprimere le proprie emozioni per una volta da quando era scappata dal villaggio. Solitamente, era sempre stata sua madre ad ascoltarla, ma da quando era morta... Scacciò quel ricordo, concentrandosi su di un Gintoki nervoso -Sai, io vorrei baciare il ragazzo che mi piace in un momento che, ah, come posso dire--

-Che ti ricordi quanto bello può essere il Mondo?*- Chyo annuì, imbarazzata per l'argomento e per il fatto che avesse captato il suo ragionamento con così tanta facilità. Ma del resto, Gintoki era sempre stato bravo in questo -Tranquilla, di questo passo sarai presto fidanzata.-

-Ma piantala...-

-Arrenditi all'evidenza: sei una bella ragazza, è normale che gli uomini facciano pensieri su di te. E in più sei gentile, una dote che le infermiere sembrano non possedere- lo guardò con le gote rosse, ringraziando il poco chiarore del corridoio -Per quanto tu ci provi, non passi inosservata- lo vide appoggiare la testa contro il muro, quasi arreso dalle proprie parole. Fece per rispondere, ma Sakata fu più veloce nel proseguire -A tal proposito, non ti ho mai ringraziata per essere rimasta con me.-

-Oh, andiamo, anche Katsura è rimasto con te e--

-E' diverso!- la bloccò brusco, stringendo con forza il nastro bianco -Tu non ti sei mai allontanata, tu ci sei sempre stata e-- lo vide grattarsi la nuca, imbarazzato e impacciato nel confidarsi con lei di cose così intime e poi, deviando su un discorso più impervio, eccolo che le parole uscirono tremanti dalle sue labbra sottili -E se Zura non ce la fa? Se Zura dovesse morire?- perfino l'espressione che assunse il suo viso fu colma di colpevolezza. Chyo sbarrò gli occhi, incapace ora totalmente di barcamenarsi in quella situazione. Che fine aveva fatto il Gintoki sbruffone e indifferente a tutto? Quello che le tirava su il morale anche nelle situazioni buie? L'appoggio che le serviva per vedere quanto bello fosse il mondo intorno a sé? Se anche lui crollava, come sarebbero andati avanti? E avrebbe voluto dirgli che se lei stava diventando la donna che fino ad ora le aveva decantato, era solo perché aveva avuto la fortuna di avere il sostegno di un fantastico gruppo di amici che, anche nelle difficoltà, non l'avevano lasciata indietro. Chyo strabuzzò gli occhi, avvertendo il pizzicore pungerli, prendendo un profondo respiro per provare ad essere il più sincera possibile. Ma lui non le diede il tempo necessario...

-Vedrai che andrà tutto bene, lui-- le parole le morirono in gola quando, d'improvviso, le braccia del ragazzo le avvolsero il collo, facendola aderire meglio a sé. Si lasciò stringere con forza senza lamentarsi del dolore lancinante che l'aveva colta, restando immobile per alcuni secondi con le braccia sollevata, giusto il tempo di rilassarsi nella sua morsa e comprendere cosa esattamente stesse accadendo. Chiuse gli occhi, assaporando il profumo di buono del compagno, avvertendo il rumore della pioggia che picchiettava sulla baracca mischiandosi ai loro respiri bassi.

Per un istante si ricordò di quando sua madre la stringeva dolcemente a sé quando si spaventava per i tuoni o quella volta che le era morto il coniglio; cazzate se paragonate al fatto che c'era un loro compagno moribondo a poche stanze da loro, ma all'epoca era una bambina e quelli erano stati i drammi insormontabili della vita. Posò delicata una mano sulla sua nuca, cominciando ad accarezzargli i capelli con lentezza, avvertendo il suo tremore scemare con il trascorrere dei secondi. Non seppe con certezza quanto restò in quella posizione crogiolandosi nel calore che le stava infondendo, ma quando prese forma nella sua mente il pensiero che avrebbe voluto passare tutta la notte fra le sue braccia, Chyo allargò gli occhi grigi, scostandolo un pelo.

-Devi farti forza, Gin-chan, non lasciarti abbattere- si allontanò scorgendo il suo viso contrito; arricciò le labbra, posando i pollici sulle sue sopracciglia modellandole, così da conferirgli un'espressione arcigna -Così sembri il solito incazzoso.-

-Cretina!- strepitò dandole un pizzicotto sulla schiena, tastando poi la parte lesa -Ma... Ma porti un reggiseno! Cosa lo porti a fare, se non hai tette?!- seriamente stupito, le regalò un'occhiata allucinata prima che le posasse le mani sul seno con noncuranza. Chyo, dapprima sbigottita, allontanò le sue mani con una sberla, dandogli poi un pugno sulla nuca prima di alzarsi e sistemarsi il kimono.

-Vedo che ti sei ripreso!- imbronciata cominciò ad incamminarsi verso l'infermeria, decisa a lasciarlo lì nella sua solitudine. Incredibile come una situazione così delicata si fosse trasformata nel solito carosello di scemenze. Avvertì dei passi pesanti dietro di sé e una risata svagata, ritrovandosi a sorridere placida nel rendersi conto che, se Sakata stava meglio, anche tutto in lei si sistemava.

-Ah, eccovi finalmente!- Takasugi scoccò loro un'occhiata torva -Zura sta meglio. Passerà la notte qui ma la febbre si è abbassata. Voi andatevene a dormire, domani mattina ci dovremmo svegliare presto.- li superò senza proferire altro, lasciandoli da soli.

-Ah, ma... E Sakamoto?!- domandò Chyo guardandosi attorno, avvertendo poi le grida bellicose di un'infermiera mentre la risata sguaiata di Tatsuma li raggiunse; Chyo si ritrovò a sorridere tirata -Sakamoto sta bene.-

-Quello non lo ucciderebbe nemmeno un cobra.- replicò velenoso Gintoki, muovendo piano un piede con fare nervoso. Chyoko annuì, gli posò delicata la mano sulla spalla e gli regalò un sorriso dolce.

-Andiamo da Zura a vedere come sta?- si incamminarono in silenzio, raggiungendo la stanza in cui l'amico era ricoverato. E proprio mentre stava per chiedere informazioni ad un'infermiera, avvertì la mano grande di Gintoki stringersi intorno alla sua con forza. Chyo sorrise intenerita. Si comportavano da adulti, ma restavano ancora due mocciosi.

-Tornate domani, ora sta riposando.- annuirono, restando appoggiati contro il muro fissando la porta della stanza in cui trafficavano le infermiere.

-Possiamo andare a dormire. O possiamo aspettarlo. Possiamo intrufolarci quando se ne vanno- gli regalò un'occhiata furtiva -Sei contento? Zura sta bene!-

-Sai cosa me ne frega.-

-A me non sembra proprio.- gli regalò un ghigno e lui, per risposta, le regalò un bel dito medio alzato.

-Sei proprio stronza- non se la prese, Chyoko, si limitò a ridere divertita per poi lasciare che il silenzio cadesse ancora fra loro -Chyo-chan, scusami.- Chyo scrutò il suo viso apatico, arricciando le labbra per comprendere cosa volesse dirle quella volta. E come se il traduttore si fosse messo in moto, la giovane appoggiò la nuca contro la parete sorridendo sollevata, comprendendo che non si riferiva al modo con cui l'aveva graziosamente appellata.

-Prego.- avvertì la sua mano stringersi di più e in quel preciso istante, comprese come non avrebbe mai voluto lasciarla.

Era una notte piovosa di fine autunno e Chyoko Fujiwara si era perdutamente innamorata di Sakata Gintoki.


Aprì la porta senza nemmeno vedere chi fosse lo stronzo che, alle sette del mattino, bussava incessantemente. E non mandò a quel paese un Katsura trafelato che entrava senza fare complimenti, senza dirle un “Mi sei mancata in questi giorni!” ma solo un ammonitore “Beh, perché ci hai messi così tanto ad aprire?” perché Chyo non aveva voglia di parlare. E lui lo sapeva bene quanto fosse poco ciarliera appena sveglia.

Non era cambiato in quei giorni e non era nemmeno morto e forse avrebbe dovuto arrabbiarsi per il suo non essersi fatto sentire, ma quando chiese spiegazioni con tono strascicato e lui replicò con pacato -Scusa, ho avuto da fare- se lo fece andar bene, perché l'importante era vederlo vivo davanti a sé. Del resto, di tempo per fargliela pagare ne aveva ancora a bizzeffe. Così si diresse verso la propria camera dicendo che andava a prendere qualcosa, cercando di sfuggire ai suoi occhi indagatori -Dov'è Elizabeth? Voglio salutarla!-

-Dorme.-

-Allora mi preparo un the mentre aspetto. Ne vuoi anche tu?- si sedette sul divano rattoppato annuendo, dimentica di voler sfuggire alle sue domande da psicologo. Perché sapeva che sarebbero arrivate; del resto, Katsura aveva già capito che qualcosa in lei non andava -Hai trovato lavoro?-

-Non ce n'è. Non sono brava in niente.-

-Sei brava in tante cose. Hai solo paura di ricominciare da capo- la rimproverò burbero recuperando il barattolo del the -Comunque se non hai nulla da fare, ti porto io in un posto. Ho conosciuto una signora che gestisce un ristorante e ha bisogno di una cameriera e--

-Allora è vero che eri con una donna- portò le gambe contro il petto guardandolo seria e quando lo vide aprire le labbra riprese a parlare -Per me va bene. Oggi sono libera.- e lasciò che il silenzio tornasse ad avvolgerli, perché di parlare aveva voglia zero. Katsura la studiò, portò le mani nelle maniche del kimono e sospirò.

-Qual'è il problema questa volta?- pacato aspettò e lei era decisa a non dar voce ai propri pensieri, ma una parolina le sfuggì.

-Gintoki.-

-Ah, ancora? Che ha fatto adesso? Credevo che le cose andassero bene- Chyoko si strinse nelle spalle, alzando le spalle con svogliatezza per fargli capire che non aveva voglia di affrontare l'argomento -Ho capito, oggi non è giornata. Facciamo così, io ti racconto della mia missione top secret e quando sei pronta mi dici cos'è successo, d'accordo?- annuì, vedendolo sedersi davanti a sé con un sorriso sereno. E in quel momento, con le lacrime che solcavano le sue gote rosse e con l'amico rimasto in silenzio per lasciarla sfogare, Chyoko comprese di essere arrivata al limite della sopportazione.

-Sono una cretina.- e lui sembrò aver capito tutto senza bisogno di spiegazioni, capace di captare ogni suo pensiero. Gliene fu grata perché così le faceva risparmiare tempo e parole. E si era avvicinato, accarezzandole la testa con fare paterno.



Suo padre le aveva detto che il tempo avrebbe aggiustato ogni cosa e che ogni ferita si sarebbe rimarginata. Ma se ad ogni secondo che passava si innamorava sempre più di quell'idiota di Gintoki, come avrebbe potuto il tempo sanare i suoi dolori?


 

*Frase presa da Donnie Darko (dico solo ♥)

**Dango: gnocco giapponese ricavato dal mochiko (farina di riso). Viene spesso servito con tè verde.


Note noiose dell'autrice:

Che capitolo sofferto ç_ç Oh, mica riuscivo a scriverlo! L'ho modificato talmente tante, ma tante di quelle volte che alla fine mi sono rifiutata di rileggerlo. Ragion per cui, se trovaste qualche strafalcione vi prego di farmelo notare, almeno corro subito a correggere.  Solo le scene della loro adolescenza mi piacciono sul serio, lo ammetto. Sarà che non mi dispiace ficcare del romanticismo tra quei due debosciati e credo che ormai ci stiamo avvicinando ad una consapevolezza di quelli che sono i sentimenti dell'uno nei confronti dell'altra. E finalmente, aggiungerei io!

Cosa abbiamo capito da questo capitolo (a parte che alla fine è stato scritto con scazzo assoluto?): che Chyo ha detto almeno una volta ti amo a Gintoki. Questo è quanto. La storia sta procedendo tortuosamente, lo ammetto xD Alla fine apro tanti interrogativi ma non ne chiudo nemmeno uno! Scandaloso... Ed è anche scandaloso che sia già pronto un capitolo lontano anni luce ma che quelli successivi siano solo abbozzati. Così come è scandaloso che stia cominciando a scribacchiare un'altra storia su Gintama senza aver concluso questa.

Passo subito ai ringraziamenti concludendo le mie paranoie, che forse è meglio!

Ringrazio ancora infinitamente Elizabeth_smile per la bellissima recensione che mi ha lasciato! Spero che anche questo capitolo sia di tuo gradimento e ti obbligo a dirmi che fa schifo se dovesse farlo davvero D:

Dark_Glo: Cara, stavo per pubblicare ma ho visto la tua recensione, così ho aspettato e ti scrivo qui! Grazie mille innanzitutto per le tue parole, sei gentile come sempre! Apprezzo che il capitolo ti sia piaciuto e che la scena del loro passato ti abbia strappato un sorriso. A volte ho paura che siano troppo smielati! E su Katsura dico solo che adoro descriverlo scemo ma sempre capace di cogliere ogni preoccupazione di Chyo. Ti ringrazio ancora e attendo un tuo parere su questo capitolo :) Bacioni!

Ringrazio anche quelli che leggono ma restano in silenzio :)

Alla prossima,

Geisha.

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Capitolo 11
*** You're my Wonderwall ***


You're my Wonderwall

 

Mano nello yukata e fida spada di legno al proprio fianco, Gintoki mise piede nel ristorante di ramen, quella sera stranamente pieno di gente. Lanciò delle occhiate svogliate a destra e sinistra, chiedendosi come mai quel posto solitamente mezzo vuoto fosse ora così affollato. Beh, affollato era una parola grossa! Diciamo che, rispetto ai soliti quattro gatti, forse se ne erano aggiunti tre.

-Oh, Gin-san, qual buon vento!- si avvicinò al bancone salutando con un sorriso la padrona del locale -Era da un po' che non ti facevi vedere- la vide recuperare delle ciotole e posarle sul bancone -Hai avuto da fare?-

Il ragazzo si sedette con pesantezza, ripensando ai casini degli ultimi giorni. Beh, effettivamente era stato piuttosto impegnato: aveva dovuto badare ad un vecchio amante dei fuochi d'artificio, aiutare quel pirla di Zura a liberare ElizabethLoSgorbio chiuso in prigione e poi aveva dovuto cercarsi qualche lavoretto per campare, sfuggire alle ire di Otose e soffocare la propria coscienza per le ultime, fantastiche parole piene d'amore che aveva elargito a Chyo -Qulacosina.- si limitò a replicare lanciando un'occhiata sfuggevole al menu. Finalmente era diventato più vario e oltre al solito Ramen era stata aggiunta la Soba.

-Ti preparo il solito?-

-Quello che costa meno, ho quasi finito tutti i soldi.- volse il busto, osservando gli altri clienti. Avrebbe voluto chiedere alla donna il perché di quel pienone ma quella aveva cominciato a ciarlare.

-Dovresti cominciare a risparmiare, sai? Devi pensare al tuo futuro, a trovarti una bella donna che si prenda cura di te, a costruire una famiglia- a quei rimproveri bonari le scoccò un'occhiata scettica accompagnata da un sonoro sbuffo, segno che di quelle cazzate non gliene fregava niente. La donna rise, spostando dietro la spalla i lunghi capelli biondi legati in una coda bassa -Il giorno in cui ti fidanzerai, ti offrirò un bel pranzo gratis!-

-Cosa sei, mia madre?- domandò scorbutico, muovendo appena il capo quando gli posò davanti al naso una bottiglietta di sake e un bicchierino.

-Se fossi tua madre ti avrei preso a calci molto tempo fa!- cinguettò allegra, facendolo sorridere divertito. Quella donna gli piaceva: era semplice, riservata, non parlava mai a vanvera ed era discreta, cosa che non guastava mai visto che ultimamente la gente si stava infischiando un po' troppo dei fatti suoi.

-Cazzate a parte Ikumatsu, si può sapere cosa ci fa qui tutta questa gente?-

La donna ghignò -Da quando ho assunto la nuova cameriera, la clientela è aumentata.- la vide fissare il locale con compiacimento, come se questa nuova cameriera fosse una sua creazione plasmata apposta per far andare bene gli affari.

A quella notizia Gintoki si sporse verso la proprietaria regalandole un sorriso sghembo -Manco per una settimana e mi cambi tutto?- la vide arcuare le sopracciglia -E' carina almeno? No perché l'ultima aveva più barba della mia.-

-Questo è perché sei ancora un ragazzino- imprecò a mezza voce -E comunque sì, direi che è piuttosto carina- non che Gintoki fosse così maniaco da fare la radiografia di tutte le cameriere che incrociava, ma abituato alla brutta faccia di Catherine, perfino la donna barbuta gli sembrava un bocconcino niente male! -Forse rompe un po' troppi piatti, ma è volenterosa e questo mi basta. Vuoi che te la presenti?-

-Nah, non mi interessa!- sventolò una mano, sorseggiando del sake.

Ikumatsu gli mise davanti al naso la ciotola di riso e Azuki che lui tanto adorava, ridacchiando divertita -Sei il ragazzo più svogliato che io abbia mai incontrato. Le donne non--

-Ma perché siete tutti così interessati al fatto che io non abbia la ragazza?!- cominciò a trangugiare la propria porzione di riso interrompendola bruscamente. Se c'era una cosa che odiava, erano proprio le chiacchierate cuore a cuore manco fosse stata una ragazzina.

-Perché è inusuale vedere un ragazzo carino come te ancora single.- la donna scoppiò a ridere di fronte al suo impaccio quando, imprecando, si grattò la folta chioma abbassando il capo per nascondere il rossore. Non era abituato a ricevere complimenti, anche perché solitamente veniva deriso per la stramba capigliatura che allontanava ogni donna sulla faccia della terra; nemmeno Chyo gliene aveva mai fatti. A parte una volta quando, ubriachi marci per festeggiare la vittoria, Takasugi aveva chiesto con acidume cosa trovasse lei in un “inetto come lui” e lei, serena, tirandolo per la collottola per impedirgli di spaccargli il suo bel nasino, gli aveva risposto “Mi fa sorridere.”. Gli era suonato vagamente come un complimento e da quel momento si era calmato, sentendosi appagato così.

-Possiamo smetterla di parlare di cazzate?-

-Sei ancora un ragazzino- il sospiro della donna fu segno che poteva cominciare a mangiare senza essere disturbato. E fu in quel preciso istante, in mezzo al vociare dei clienti, in mezzo alla risata divertita di Ikumatsu, che la donna si sporse per bisbigliare -E ora sfodera il tuo miglior sorriso: la mia bella cameriera è qui.- portando una mano davanti alle labbra per poi fargli l'occhiolino.

-Ti ho già detto che non me frega nie-- e quando volse il viso alla propria sinistra, si ritrovò a fissare la figurina appena arrivata con espressione assurda, incredula, quasi amareggiata. Perché tra tutte le ragazze che c'erano in tutta Edo e bisognose di un lavoro, Ikumatsu aveva assunto proprio lei?!

-Chyoko, puoi servire il tavolo due?- le parole della padrona giungevano distanti nonostante pochi centimetri li separassero e tutta la sua attenzione era rivolta alla cameriera dal kimono corto e floreale, di un rosso così scuro da mettere in risalto la sua carnagione bianca, che ora lo fissava con sorpresa, la stesso sguardo penetrante che aveva rivolto a Takasugi quella notte alla festa. Si chiese se anche l'ex compagno d'armi fosse stato scosso dai brividi con la potenza di una sua sola occhiata. Gintoki volse il capo per mascherare il disagio, anche se i suoi lineamenti induriti facevano apparire tutto il contrario: sentì le labbra seccarsi e ritirarsi come un fiume prosciugato, gli occhi allargarsi a palla e le guance incavarsi.

-Che Diavolo ci fa lei qui?!- domandò ad Ikumtasu dopo infiniti istanti, stringendo le mani sulle ginocchia pur di non prenderla per il colletto.

-Te l'ho detto, è la nuova cameriera!- la confusione aleggiava sul viso della donna, che poi assunse tinte più maliziose -La conosci, Gin-san? Sembri sconvolto.-

-Chi te l'ha presentata? Come hai fatto a trovarla?!- glissò sulla domanda per procedere con il proprio carosello di isterie, cercando di farsi sempre più piccolo pur di essere lasciato in pace dall'amica che, ancora, non accennava a fare un passo.

-Me l'ha presentata un amico. Ma si può sapere che problemi hai? Sembra tu abbia visto un fantasma, sei pallido!- Gintoki sbatté la testa sul tavolo, consapevole di chi fosse l'amico in questione: aveva lunghi e setosi capelli neri, passeggiava con uno sgorbio osceno dalle sembianze da papera e l'idiozia dilagava nella sua mente paragonabile ad un enorme buco nero. Da quando quel cretino di Zura era tornato, aveva combinato solo casini!

-Che palle!- sbottò alzandosi di colpo, facendo sobbalzare Ikumatsu -Senti, mi sono accorto di non avere abbastanza soldi. Torno un altro giorno, ok? Magari quando avrai cambiato camerie--

-Perché te ne vai? Non hai nemmeno finito di mangiare- lo sguardo cadde subito sul viso rilassato di Chyo che, stringendo contro il petto il vassoio vuoto, lo fissava confusa. Si aspettava qualche frase carica di ironia come “Cos'è, non hai soldi da spendere al Pachinko?” oppure “A quest'ora i bambini vanno a leggere Jump e poi nel futon a fare la nanna” , frecciatine del genere insomma. Invece le sue parole furono gentili, tanto da destabilizzarlo. Non capiva se si comportava così perché entrata nel perfetto ruolo di cameriera modello o fosse stupidamente gentile. Ma vedendo la sua espressione per nulla irata, comprese quanto lì, l'unico stupido, fosse lui: a venticinque anni non riusciva nemmeno a stare chiuso nella stessa stanza con un'amica con cui aveva avuto un diverbio e un passato che non riusciva a cancellare.

-Sei sorda? Ho detto di non avere abbastanza soldi per pagare.- si grattò la nuca, mordendosi la lingua per i propri modi rozzi nel replicare.

-Chyoko, vi conoscete?- Ikumatsu si intromise con discrezione, lanciando occhiate confuse ad entrambi.

-Siamo amici!- esclamò lei con un sorriso enorme, tornando poi a guardarlo con le labbra arricciate -Siediti e mangia, offro io per oggi.-

-Non dire scemenze. Non hai soldi per campare, figurati per offrirmi qualcosa.- ancora una volta quel tono scontroso che non avrebbe fatto altro che allontanarla. Ma lei non demorse, rifilandogli un'occhiata seccata.

-A differenza tua ho un lavoro e posso pagarmi l'affitto- la frecciatina venne scagliata con noncuranza, un sorriso angelico fiorito sul suo viso ovale; trattenne una serie di epiteti poco carini alla sua persona, scartavetrandosi la gola mentre le ricacciava indietro -Andiamo siediti.-

-No, preferisco andare a casa! Magari mi mangerò il Ramen che hai dimenticato da me la settimana scorsa, o magari il tuo schifoso Wasabi!- gli occhi di Chyo erano divenuti due palline da biliardo -O perché no? La So-- Ahi! Ma sei diventata scema?!- si massaggiò il naso dolorante e lanciando un'occhiata a terra, si accorse del vassoio rotondo che gli era stato scagliato contro.

-Ti sei mangiato le mie cose?!-

-Non lo sai che ti trova tiene?-

-Ma erano mie! Il mio Wasabi!- piagnucolò stringendo i pugni.

Gintoki sbuffò seccato -Che palle che sei. Saresti potuta tornare a riprendertele!-

-O potevi portarmele tu!-

Un suono rauco e incazzoso li fece bloccare; solo in quel momento si accorse di essere divenuto l'attrazione della serata -Perché non andate fuori a discutere? Così mi spaventate i clienti.- il sorriso tirato e poco rassicurante di Ikumatsu lo fece spaventare e senza farselo ripetere due volte, si ritrovò a prendere per il polso l'amica trainandola fino all'esterno, biascicando un -Grazie per la non cena, Ikumatsu! Alla prossima!-

Percorse qualche passo, quel tanto che bastava per sentirsi al riparo e tirò un lungo sospiro, conscio di essersela cavata anche per quella notte -L'abbiamo scampata! Quella donna sa essere davvero pericolosa, non farla mai arrabbiare!- mosse l'indice in sua direzione, scontrandosi con l'espressione scettica della cameriera.

-Gin?-

-Sì?-

-Il polso... Mi fai male.- mollò la presa dopo aver studiato le sue nocche attorcigliate al suo esile polso e poi la riportò nello yukata, giusto per farle vedere quanto fosse tornato tranquillo. La verità era però che l'ansia continuava ad invadere ogni fibra del suo corpo e più i minuti passavano, più si disse di essere in pericolo. Forse era meglio tornare dentro, dopotutto... Ma prima che potesse anche solo prendere in considerazione quell'idea, la ragazza cominciò a parlare -Ricordi cosa ti dissi una sera? Se mai avessi trovato lavoro, ti avrei offerto da mangiare. Beh, ecco, direi che quel giorno è arrivato- le labbra guizzarono all'insù -Che ne dici di entrare dentro?- la vide mordersi il labbro inferiore, giocherellando poi con la frangetta nera scompigliata dalla brezza serale.

Per lei era sempre tutto così semplice, lo era sempre stato. Lui combinava i casini, lui la allontanava, lui si comportava in maniera incoerente... E Chyoko, ferita ma sempre in piedi, tornava facendo finta di nulla, mettendo una pietra sopra le sue parole maligne e le sue cattiverie, come se ogni giorno fosse nuovo e dovessero cominciare da zero. Per lui, invece, riuscire a parlarle senza cadere nella maleducazione era un passo troppo arduo e cominciava a chiedersi se davvero tornare amici fosse possibile. Cominciava a dubitarne... Come poteva riuscire ad essere amico dell'unica ragazza capace di abbattere ogni sua barriera? L'unica che avesse stretto a sé con quanta più dolcezza possedesse nonostante le sue mani avessero mietuto fin troppe vittime? L'unica che lo avesse fatto sentire indispensabile nonostante le sue numerose pecche? L'unica che, forse, non era poi tanto male come si ostinava a ripetersi inconsciamente... L'unica per cui non era stato capace di mantenere una misera promessa...

-Non credo sia una buona idea- fu tutto ciò che disse, assorto, come se quell'invito a farsi offrire una cena fosse paragonabile ad una dichiarazione d'amore. E Chyo, occhi grigi larghi e velati di tristezza, si lisciò il grembiulino bianco, sistemando le pieghe della propria divisa -Mangerò qualcosa sulla via.- concluse passandosi una mano fra la folta chioma, vedendola annuire appena. Ma ancora una volta, lui non si mosse. Continuava a mandare segnali ai piedi affinché si mettessero in moto, ma quelli rimanevano immobili. Perché più della paura di parlare con lei, c'era speranza che Chyoko lo perdonasse per la millesima volta. Allora sì che sarebbe potuto rientrare nel ristorante, fingere che tra loro nulla fosse accaduto... Ma fino a che quella parole non fossero giunte, avrebbe aspettato.

Le labbra carnose di Chyo si schiusero appena e nel bagliore fioco del lampione, la vide sorridere un momento prima di prendere in mano la situazione -Gintoki, io ho pensato in questa settimana, tanto. A me, a te, a quello che c'è stato e-- la vide contorcersi le mani, incespicando nelle proprie parole; lui non fiatò, non provò nemmeno ad aiutarla, avrebbe combinato solo fraintendimenti -E hai ragione, sì, insomma... Solo perché non è andata come speravo, non posso fartene una colpa- deglutì a vuoto, colpito dalla capacità dell'amica di affrontare con così tanto coraggio il loro argomento scomodo; lui, invece, si limitava a stringere le mani sullo yukata pur di far scemare il nervosismo -Perciò stai tranquillo, io non voglio niente, non più.- e gli sorrise, un sorriso così bruciante da irradiare la via, da far tornare il Sole nonostante fossero solo le nove di sera. Un sorriso capace di affievolire il proprio senso di colpa.

E in mezzo a tutta quella serietà, Gin agì da perfetto idiota strascicando un tediato -Sei ubriaca?-

-Eh, cosa? No!- la vide stringere le mani e saltare come una molla -Sono seria! Ah, lascia perdere...- arricciò la bocca color ciliegia, mettendosi a braccia conserte.

E nell'esatto momento in cui la vide dargli le spalle, Gintoki si rese conto di come le parole fossero uscite senza preavviso alcuno, senza essere state ponderate -Chyo-chan, grazie.- a cui lei reagì con un'espressione confusa, senza però replicare o chiedere spiegazioni. Semplicemente annuì, lasciandolo solo in mezzo alla strada.

Mentre la vedeva entrare, assimilando le sue parole, assaporando il profumo di loto di lei che il vento aveva sparso, Gin si perse in quella tempesta di sentimenti che si amplificavano e si arrese all'evidenza: per quanto avrebbe provato a cacciarla, Chyoko sarebbe sempre tornata, in punta di piedi o come un uragano, sconvolgendo la sua pigra esistenza senza rendersene conto...


Era appena arrivato nel cortile del loro accampamento quando le grida di Takasugi avevano invaso l'intera zona, così aveva accelerato il passo nonostante il dolore alla gamba sinistra ferita. Aveva sbuffato e con stizza aveva aperto la tenda, preparato allo spettacolo che, ormai da mesi, si ripeteva. Solo che quella volta era più fastidioso, più lacerante...

Le infermiere si muovevano frenetiche come api impazzite e il medico elargiva ordini con decisione mentre, piegato sul ragazzo e con le mani sporche di rosso, maneggiava ago e filo. Fu Sakamoto ad accoglierlo con espressione seria, così inusuale da farlo preoccupare. Dov'era il suo sorriso da scemo?

-Che succede?- domandò guardandosi attorno, puntando gli occhi cremisi in quelli blu del compagno.

-L'occhio sinistro di Takasugi è completamente andato- Gin corrugò la fronte; solo fino a pochi momenti prima aveva combattuto al suo fianco, gli era parsa una ferita superficiale -Per di più ha la febbre.- il respiro pesante del leader li circondò, facendoli piombare in un mutismo carico d'angoscia.

Non credeva che desiderare Takasugi morto e vederlo davvero sul letto di morte fosse così frustrante. Perché se Sakamoto non rideva, se Zura non strepitava in giro come uno schizzato e Chyo non elargiva parole di conforto, anzi, non si faceva nemmeno viva, significava che davvero il loro amico era giunto ormai alla fine dei suoi giorni... E per quanto gli stesse sulle palle, non era così animale da volerlo sotterrare con le proprie mani.

-Gintoki...- puntò lo sguardo stanco verso Shinsuke che, a fatica, gli stava rivolgendo la parola -Non guardarmi con quell'espressione sofferente. Mi dai sui nervi.-

-Vedo che sei sempre gentile- storse il naso -Peccato non ti abbiano tagliato la lingua.- no, quel bastardo stava fin troppo bene! E chi lo ammazzava?!

-Ragazzi, per favore, non è il momento! E tu dovresti stare sdraiato!- li rimproverò Zura a denti stretti mentre spingeva il compagno sul futon chiazzato di sangue -Continui a perdere sangue, dannazione!- tremava dalla punta dei lunghi capelli fino ai piedi, visibilmente scosso. Forse anche lui cominciava ad averne le palle piene di vedere cadere i propri compagni. Le infermiere intanto continuavano a cambiargli le bende che si impregnavano di sangue nel giro di pochi secondi, il medico cercava di ricucire la ferita ma Takasugi continuava a dimenarsi dal dolore.

-Chi è stato a ridurlo così?- domandò Tatsuma appoggiando la schiena contro il muro. Gintoki osservò il compagno sotto i ferri e alzò le spalle; aveva visto bene chi, tra tutti quegli Amanto, aveva avuto l'estrema abilità di intaccare le difese dell'amico ma al solo pensiero sentiva ribollire la rabbia. Gli sembrò di ripiombare nell'incubo che tanto lo tormentava, quello in cui si rivedeva circondato dalle fiamme, scrutato da un paio di occhi scuri... E poi c'era quel ghigno crudele, la risata rauca pregna di divertimento mentre lui, in lacrime, gridava a gran voce il nome del Sensei... Scosse la nuca, scacciando quelle immagini che di notte tornavano a fargli visita nel sonno.

-Ragazzi, posso chiedervi di uscire?- Kaory si avvicinò titubante, l'espressione sciupata; sembrava aver perso dieci anni di vita -C'è fin troppa gente, qui.- lanciò un'occhiata eloquente ai feriti e i due ragazzi, senza obiettare, si rifugiarono in corridoio, pronti a qualsiasi eventualità.

-Kintoki, vai a riposarti.-

-E che dovrei fare?-

-Ah, non lo so! Potresti andare a lavarti, visto che puzzi come un caprone! Oppure potresti accompagnarmi a trovare qualche bella infermierina e consolarla per la quasi perdita di Sensuke- Gin scrollò la nuca -O potresti andare a trovare Myoko. E' quasi scoppiata a piangere mentre lo portavano in infermeria.-

Avvolto nel caos della propria mente, Gintoki si pose alcune domande di un certo peso, in primo piano: chi Diavolo erano Sensuke e Myoko?! -E dovrei consolarla perché il suo adorato è in fin di vita? No, grazie.- sbottò mettendosi a braccia conserte.

-Kintoki, sono solo amici. Me lo hai detto tu che--

-Primo, il mio nome e Gintoki e se continui a sbagliarlo ti castro- la risata sguaiata di Sakamoto riempì l'aria -Secondo, è stato tanto tempo fa. Potrebbe aver cambiato idea.- si massaggiò il collo, chiedendosi perché mai dovesse parlare di queste cose con quel beone, anzi, perché ne stesse parlando sul serio. Solo perché aveva ammesso di esserne attratto, non significava che dovevano spettegolare come due amichette del cuore.

-Nah, si vede lontano un miglio che le piaci! E io me ne intendo di donne- gli fece un inquietante occhiolino a cui lui reagì con una smorfia di ribrezzo. Perché non si era confidato con Zura? Perché?! -E comunque dovresti tentare, male che vada ti darà una sberla e amici come prima! Ah ah ah!-

-E allora perché non ci provi tu?- buttò lì con noncuranza, non allettato all'idea di venir preso a sberle dall'amica. O peggio, scoprire di non essere ricambiato. Del resto quella situazione di stallo era comoda ed era troppo pigro per barcamenarsi in storie complicate.

-Perché a me non piace!- nessuna risata accompagnò quella confessione, solo un sorriso sornione e quasi incoraggiante -Andiamo, vai da lei. Scommetto che un giorno mi ringrazierai!-

Non seppe se si allontanò dal corridoio per sfuggire alle domande di Tatsuma o semplicemente perché rinvigorito dalle parole dell'amico, fatto stava che aveva percorso il campo con estrema lentezza, apparendo uno zombie malconcio, raggiungendo lo studio di Chyoko. Strinse i pugni sui pantaloni grigi, serrando le labbra mentre raccoglieva in sé la forza per poterle parlare. Nh, quasi quasi preferiva tornare sul campo di battaglia! Ma prima che potesse fare dietro front, la mano si era posata sulla maniglia e con uno scatto secco, aprì la porta della stanza.

Fu questione di un attimo, il tempo di scorgere la sua esile figurina così colorata in mezzo al pallore di quella saletta fiocamente illuminata. E quando i suoi occhi grigi dal taglio orientale incrociarono i propri, Gintoki si disse che non poteva più tornare indietro...


Una manata sulla nuca gli fece riportare la mente al presente e voltandosi con fare omicida, pronto a prendere a pugni il maleducato, ecco che un'espressione di incredulità si dipinse sul suo volto -Oh, sei tu... Possibile che tu sia sempre in giro a bighellonare?! E dove hai lasciato quell'essere immondo che ti porti dietro?-

-Elizabeth è a casa a cucinare e io sono qui solo per vedere come sta Chyoko, ma a quanto pare è in ottime mani.- Zura inclinò il capo, socchiudendo gli occhi mentre lo fissava.

-Avevo ragione, sei stato tu a portarla qui.-

-Lo dici come se avessi fatto male.-

-Beh, sappi che Ikumatsu ha appena perso un cliente.-

-Esagerato... Sai, più ti guardo e più mi chiedo cosa ci trovi Chyoko un idiota come te- Gin incassò il colpo imprecando a mezza voce, pronto a rifilargli un calcio sugli stichi, ma prima di fare ciò doveva constatare una cosa: strinse il pollice e l'indice sulle guance dell'amico e le tirò entrambe -Shei difentato scemo?- Katsura rimase immobile, braccia conserte ed espressione ridicola.

-Credevo fossi Takasugi mascherato da Zura!-

Il samurai gli rifilò una sberla, liberandosi dalla dolorosa presa -Io non sono Takasugi, sono Katsura!- Gin mugugnò frasi sconnesse mentre si massaggiava la parte lesa e Zura gettò un'occhiata preoccupata all'entrata del locale -Come ti è sembrata Chyoko?-

-La solita isterica, perché?- roteò gli occhi di fronte alla sua espressione torva -Sta bene, come dovrebbe stare? Ha trovato un lavoro, sarà felice!- si grattò la nuca, conscio che presto sarebbe cominciato un gioco ad ostacoli in cui avrebbe dovuto affrontare la propria coscienza grazie alle sagge parole di Zura; solitamente, finiva sempre con il proprio Game Over, chissà perché...

-Ah, beh, se è così...- mormorò Katsura poco convinto -Sarà meglio che vada, ora, non posso fermarmi. Domani ho un'intervista... Beh, che hai da guardare così?-

Gin strabuzzò gli occhi un paio di volte -Chi vorrebbe mai intervistarti? Che programma è? “I soliti idioti”? Sarai l'ospite d'ono-- Katsura gli mollò la seconda sberla della serata, facendolo zittire. Il ragazzo si massaggiò la mascella, guardandolo con istinto omicida -Vuoi smetterla di picchiarmi?!-

Il capo dei Joui lo ignorò con un'alzata di spalle ed espressione angelica -Beh, ci vediamo. Riportamela a casa sana e salva. E ricordati che i suoi muri sono di carta velina, i vicini potrebbero sentir--

-CosaCosaCosa?!- lo fermò per un braccio -Che cazzo stai dicendo? Io non la riporto mica a casa!-

-Ah no? Allora perché sei qui che aspetti da venti minuti?-

-Ma da quanto sei qui?- mollò la presa guardandolo con ribrezzo. Sembrava di avere davanti a sé uno stalker!

-Da abbastanza tempo per vedere che non sei cresciuto affatto- lo rimproverò rifilandogli uno sguardo colmo di astio -Non capisco perché tu debba comportati così.-

-E sentiamo, come mi starei comportando?-

-Come un bambino che non vuole affrontare i problemi. Sei solo un codardo in amore.- il sospiro di Katsura arrivò parecchi secondi dopo, quel tanto che bastava per fargli assimilare quelle parole.

Gintoki corrugò la fronte -Non sono un bambino e tanto meno un codardo! Solo che lei-- deglutì, soffiando fuori tutte le incertezze che stavano affliggendo -Credo che lei voglia qualcosa che io non posso darle.- come cinque anni fa, concluse nella propria mente aprendo le braccia per concretizzare la propria mancanza di argomenti.

Sapeva bene che Katsura sarebbe partito con una filippica su quanto pigro fosse per impegnarsi e che così facendo l'avrebbe persa, avrebbe smarrito l'unica cosa bella che aveva e bla bla bla, ma a dispetto di tutto, quello si limitò a guardarlo con serietà per poi borbottare -Sembri dimenticare la cosa fondamentale- puntellò l'indice sulla sua fronte, come se volesse far imprimere le parole nella sua mente -Prima di essere una ex, Chyoko è una tua amica. Solo per questo meriterebbe un po' più di rispetto.-

Sentì il proprio corpo irrigidirsi a quelle parole, così vere da fargli contorcere le budella. Da quando si erano rincontrati, Gin aveva sempre cercato di apporre una barriera di cattiveria fra loro, cosicché Chyo potesse desistere dal volere qualcosa di serio, ma non aveva mai fatto i conti col fatto che la cameriera potesse davvero volere della semplice amicizia. E se questo da un lato lo rincuorava, dall'altro gli lasciava l'amaro in bocca. Del resto, la storia con Chyoko era stata una parentesi di dolcezza che non gli sarebbe dispiaciuto rivivere.

-Io non--

-Si vede lontano un miglio che lei ti piace, ma nonostante tutto continui a mandarla via. Mi sono sempre chiesto come mai la lasci avvicinare ad una minuscola parte del tuo cuore, per poi cacciarla come se fosse Takasugi in gonnella. Se ammettessi di avere paura sarebbe tutto più facile, no?-

-Io non ho paura!- bofonchiò arrossendo, irritandosi maggiormente di fronte al suo sopracciglio arcuato -E poi, cinque anni fa mi sarei comportato esattamente come adesso.- ghignò, convinto di avere la meglio in quella discussione. Si dimenticò però di avere davanti Katsura, l'unico essere capace di far arrovellare il cervello della gente in pensieri contorti.

-Cinque anni fa l'avresti consolata tu mentre piangeva disperata.- una lama si conficcò nel cuore, facendogli mozzare il respiro in gola.

-Perché cavolo me lo stai dicendo?-

-Perché quando sono tornato, sono andato a trovarla e mentre pensava a te è scoppiata a piangere. Cinque anni fa avrei mandato te a consolarla, ma ora non credo sia possibile. Ah, mi fai imbestialire! Perché vuoi sempre rovinare tutto?!- Gin lo lasciò sfogare come una primadonna, ben conscio che quella non era una sceneggiata di gelosia, bensì l'incazzatura di un ragazzo che vede la propria amica soffrire. E Gin, stringendo le mani così forte da far diventare le nocche bianche, si rifugiò nel proprio silenzio.

-Beh, allora è un bene che io le stia lontano se le faccio solo del male!- sbottò seccato, dandogli le spalle pronto ad andarsene a casa. Era già rimasto fuori troppo tempo a parlare di cazzate, ne aveva abbastanza -Sai cosa facciamo?! Tu l'aspetti ed io me ne torno a casa, ok?-

-Gintoki, non fare l'idiota!- la voce irritata di Katsura lo fece borbottare.

-E cosa dovrei farei secondo te? Andare lì dentro, chiederle se posso accompagnarla a casa, prenderla per mano, lasciarla a sotto casa e poi, mentre i nostri sguardi si incrociano, baciarla con passione?- si era appoggiato al muro sotto il suo sguardo scettico -O magari entro là dentro e le dico: “Ehi, visto che siamo amici d'infanzia, ti va se andiamo a fare quattro salti nel futon?”. Si vede che la tua esperienza con le donne è pari a zero!-

-Almeno io sono cortese e galante, non rozzo come un certo cavernicolo dai capelli argento- aveva la fronte corrugata e le mani nelle larghe maniche dello yukata, segno che non stava scherzando -E comunque un semplice: “Posso accompagnarti a casa?” basterà. Chyoko si accontenta di poco, lo sai- volse il viso dall'altra parte, soffocando la propria coscienza che continuava a ripetergli di dar retta all'amico -Era per questo che ti pia--

-Senti, è passato troppo tempo! Non è facile come quando avevamo sedici anni e lei non è la stessa Chyo che ricordavo. Il tempo l'ha resa dura come una vecchia che ne ha passate troppe.-

-Ti sei mai fermato a pensare che se è diventata così, forse la colpa è anche tua?- imprecò a mezza voce pronto a ribadirgli di non impicciarsi dei fatti suoi, ma il pesante sospiro di Katsura lo fece desistere dal continuare -Ascolta, Gintoki, non so bene cosa sia successo tra di voi ma--

-Certo, come no...- lo interruppe sarcastico; come se quei due, amiconi per la pelle, non si fossero scambiati consigli e pareri in una bella chiacchierata davanti ad una tazza da the.

Zura però gli diede una manata sul braccio, come offeso per quella interruzione -Ai tempi, così come ora, disse di non volerne parlare. E se vuoi proprio saperlo, non mi ha nemmeno spiegato cos'è successo tra voi di recente. Ma era chiaro che stava in pena per causa tua.-

-Cosa vuoi che sia successo? Nulla!-

-Appunto!-

-Appunto cosa?!-

-Dovresti fare qualcosa, non credi? Chyoko sta provando a ricucire il vostro rapporto, ma tu non mi pare ti stia sforzando granché.-

-Magari non me ne frega niente di lei.-

-Ma a chi vuoi darla a bere, Gintoki- il diretto interessato guardò il cielo scuro, rifugiandosi ancora nel silenzio. Perché sapeva quando Zura fosse dannatamente bravo a psicanalizzare la gente e cosa ancora peggiore, riusciva a percepire ogni suo più minuscolo pensiero con un solo sguardo, sbattendogli in faccia tutte quelle paranoie e parole che rinchiudeva in angoli sigillati del proprio cuore pur di non doverle affrontare. E su Chyoko avrebbero potuto dire talmente tante cose che non avrebbe nemmeno saputo da che parte cominciare -Le vuoi talmente bene che la paura di deluderla è più grande della paura di rimanere deluso. E così l'attacchi, rendendola più distante di quanto già non sia. Mi chiedo perché mai tu voglia strappare a brandelli la felicità che ti è stata generosamente donata.-


-Nh? Oh, ciao Gin!- Chyoko smise di gironzolare per la stanza e sul suo viso incorniciato da alcuni ciuffi scuri sfuggiti al fermaglio, comparve un sorriso enorme eppure così strano rispetto a quelli che era solita rivolgergli. Era spento, capace solo di infondere stanchezza e tanta, tanta sofferenza -Che ci fai qui?-

-Sono venuto a vedere come stai.-

-Io sto bene...- portò dietro le orecchie una lunga ciocca, deglutendo -E Shin-chan come sta?-

-Quello non lo ammazza nessuno, purtroppo.- soffiò scorbutico, anche se rincuorato al pensiero che avrebbe potuto avere altre “amorevoli” discussioni con lui.

-Oh, meglio così- aggirò il tavolino, dandogli le spalle -Hai bisogno di altro?- Gintoki boccheggiò e poi si grattò la chioma argentea. La Chyo abbattuta era perfino meno gestibile di quella allegra. E volendo sarebbe potuto andare via avendo appurato quanto stesse bene... Ma c'era qualcosa di sbagliato e tremendamente angosciante in quell'immagine da farlo raggelare; la sensazione che, una volta uscito di lì, tutto sarebbe andato a rotoli. E forse fu per questo che restò lì, silenzioso, a fissare la sua schiena stretta -Gin-chan, perché non vai? Vorrei stare un po' sola.- la sua voce arrivò pacata, e da quella posizione scomoda, l'unica cosa che poteva scorgere era il suo muoversi frenetica mentre sistemava le carte.

-Non me ne vado.- le sue mani si fermarono dal loro trafficare, quasi si fosse irrigidita. “Voglio stare con te”, pensò subito dopo, avvicinandosi piano alle sue spalle.

-Gintoki, vai a bere. O al cabaret con Sakamoto. Io ho da fare.-

-Vieni a bere anche tu. Dovresti uscire da qui, ti farebbe bene. Sembri un formaggio tanto sei bianca!- si fermò, osservando la sua pelle candida che si intravedeva dal kimono leggermente abbassato che metteva in mostra la parte inferiore del collo. Si concentrò sulla finestra, almeno evitava di saltarle addosso.

-Non mi va. Ho da fare.- ripeté sventolando una mano, quasi volesse cacciarlo. Anche la sua voce si era fatta più irritata.

-Che cosa?-

-Devo trovare nuove strategie, devo-- agitava le mani sopra la testa, agitata. E come un ramoscello verde che aveva subito troppo, facendola voltare, vide Chyo spezzarsi in mille pezzettini, lasciando crollare la facciata di sorrisi e serenità che aveva costruito pur di non lasciar trasparire la fragilità e l'insicurezza. Ed era bastata una sola lacrima per fare tutto quello, a cui si erano poi mischiate le altre copiose e irrefrenabili, che adesso le scolavano le guance rosse. La vide strizzare gli occhi, coprirsi le labbra tremanti e scuotere la testa -Puoi lasciarmi da sola?-

-No.- replicò senza pensarci su, paralizzato di fronte alla sua figura distrutta. Era straziante, per il proprio animo, vederla ridursi in quelle condizioni e ancora peggio era la situazione di impotenza in cui lui stesso versava, incapace di poterla aiutare come avrebbe voluto. Qualsiasi parola sarebbe stata vana e non era bravo nel confortare le persone. Per questo la maggior parte delle volte se qualche loro compagno cadeva, si rintanava lontano dagli altri per sfuggire ai discorsi pesanti, alle pacche sulle spalle e alla consapevolezza che qualcosa andava pur detto, giusto per non far sentire il peso di una guerra a cui ormai faticava a dare un senso. E quando questo accadeva, era sempre Chyo a trovarlo e regalargli qualche frase di incoraggiamento, non il contrario.

-Vattene via, Gin.- al suo scuotere la nuca, Chyo serrò le labbra portandosi verso di lui come una furia -Possibile che non fai mai nulla di quello che ti viene chiesto? Sei testardo, sei fastidioso! Puoi lasciarmi da sola?!- la sua voce era stridula, carica di collera e nei pugni che colpivano ora il suo petto ci stava mettendo tutta la forza che possedeva, ma lui non indietreggiava di un passo, limitandosi a fare da saccone da box. Se era il suo modo per sfogarsi, l'avrebbe lasciata fare. I suoi colpi si fecero sempre più deboli, le sue mani affusolate si aprirono e si richiusero intorno al suo yukata chiazzato di sangue, la sua fronte si posò delicata sul suo petto mentre la stoffa si impregnava con le sue lacrime. Non era la prima volta che Gin e Chyo si ritrovavano in quelle situazioni di incertezza, abbracciandosi pur di soffocare le sofferenze, come se potessero trovare conforto solo in quel semplice gesto. E Gin, ancora in bilico sul filo delle proprie emozioni, si ritrovò a far scorrere le dita fra i suoi capelli neri, stringendola a sé con forza.

Il cuore martellava incessante ed era ormai certo che perfino l'amica se ne fosse resa conto, ma lei non si mosse e non provò neppure a divincolarsi e fino a che lei non avesse cercato una scappatoia, lui sarebbe rimasto in quella posizione ancora per un po'. Giusto il tempo di far calmare il proprio cuore, giusto il tempo di tornare a respirare con regolarità... Giusto il tempo di rendersi conto che, le parole a lungo taciute, stavano cominciando a prendere forma e suono...

-Ti prego, ti prego, ti prego Chyo-chan...- sentì la propria voce farsi flebile e le braccia stringerla a sé con fin troppa forza, facendole sfuggire uno squittio; ogni paura, ogni freno, ogni timore scivolò via -Non crollare, ti prego, non farlo. Sei la mia unica ancora di salvezza, lo sei sempre stata...-

Le grida dei compagni giunsero ovattate, i passi frenetici lungo il corridoio divennero distanti. C'era solo lui e la sensazione di piacevolezza che stava provando nello stringerla a sé. E c'era libertà, come se si fosse privato di un enorme e sfiancante peso. E a dispetto di ogni sua paura, Chyoko non se ne andò e lui non avrebbe fatto nulla per allontanarla.

Era troppo stanco per lasciarla scivolare via...


Gintoki si strinse nelle spalle, appiattendosi contro il muro della baracca. Parlare con Katsura era troppo difficile, veniva messo a nudo come se fosse un libro aperto e questo lo metteva a disagio.

-Cosa dovrei fare?- mugugnò sconfitto, osservando il terriccio.

Katsura alzò le spalle -Questo sta a te deciderlo- Gintoki storse il naso; gli propinava tante belle parole e poi non gli dava nemmeno un minuscolo consiglio? -Io so che lei ti piace ma non posso dirti io cosa fare e come farlo. Ti prego però, Gintoki, non farla soffrire ancora. Ci ha messo tanto a ricucire le ferite, non aprirgliene di nuove.-

Gin gli regalò uno sguardo rassegnato per poi annuire e tornare a guardare per terra. La voce allegra di Chyo che salutava Ikumatsu li raggiunse e il samurai comprese di essere ormai vicino all'ora X. Faceva ancora in tempo a scappare, del resto era sempre stato più veloce di Katsura nella corsa. Eppure i suoi piedi non si mossero, così come i suoi occhi non volevano saperne di guardare altrove.

-Sai cosa devi fare.-

-E non usare quel tono cospiratorio!- si grattò la nuca, lanciandogli un'occhiataccia quando lo vide superarlo -Si può sapere dove vai?!-

-Non farò da terzo incomodo!- Zura volse il busto e lo indicò, come se fosse un santone pronto ad indirizzarlo sulla retta via -Ah, Gintoki, se la fai piangere ancora ti stacco l'asso di bastoni.-

-Eh?-

-Il piccolo Gin-chan...-

-Eh? Ah...-

-Già... Buona notte.- e inquietante, se ne andò. Imprecò ad alta voce, sbattendo la testa contro il muro mentre decideva il da farsi. Peccato che l'oggetto della loro discussione fosse già piombata per strada pronta a rincasare e si fosse accorta di lui.

-Ah, Gintoki, ci sei solo tu? Credevo di aver sentito la voce di Zura- la vide guardarsi attorno velata di imbarazzo, probabilmente a disagio quanto lui nello stare da soli -Probabilmente mi sono sbagliata.- ridacchiò leggera, facendolo avvampare. Cazzo, sembrava un ragazzino di fronte alla compagna di classe carina e coccolosa che sognava di farsi in segreto, un sogno erotico pronto per essere raggiunto e sfiorato -Pensavo fossi andato anche tu.- portò le mani dietro alla schiena, osservandolo.

-Stavo per andarmene, ma un ubriaco troppo chiacchierone mi ha fermato.- alzò il colletto della maglietta nera, quasi volesse nascondere il proprio nervosismo.

-Ah, beh, se è così...- la vide fissare il terreno con un sorriso appena accennato, per poi alzare lo sguardo e puntare i suoi occhi grigi nei propri -Sarà meglio che vada. Si sta facendo tardi.- la brezza le scompigliò i capelli e in quel momento, l'unico pensiero che attraversò la sua mente fu la malsana idea di sbatterla contro il muro e baciarla. Ma proprio quando la vide muovere i primi passi, le parole di Zura rimbombarono nella mente, mettendolo in allarme.

-Sei scema ad andare da sola?!- nh, nella sua mente si era immaginato più figo e meno scorbutico. Chyo però sembrò non prendersela per la sua domanda sgraziata, perché volse il busto e lo squadrò con le sopracciglia aggrottate.

-E con chi dovrei andare, scusa?-

-Non lo sai che Kabukicho è pericolosa di notte? E se qualcuno ti porta in un vicolo buio? E se ti rubano la borsa?- le parole continuavano a sfuggire al suo controllo, sentendo le mani sudare mentre le stringeva sulle proprie braccia conserte -Non sta bene che una ragazza--

-Gintoki, facevo la ballerina al Wango. Sono abituata ai delinquenti, so cavarmela da sola per quanto ti sembri strano- aveva un'espressione divertita dipinta sul viso ovale illuminato dalla fioca luce dei lampioni -Buona notte e alla prossima.- stava per dargli le spalle e forse avrebbe fatto bene a lasciarla andare. Niente discorsi nel cuore della notte, niente sguardi sfuggevoli, niente paure di recriminazioni o discorsi ingestibili, niente Chyo-chan... Alzò lo sguardo e prima ancora di potersene rendere conto le camminava a fianco nel chiacchiericcio della via, vedendosi squadrare come se fosse un maniaco. Di sfuggita, la vide cominciare a lisciarsi i capelli e mentre si crogiolava nel silenzio teso che li accompagnava, avvertì la sua voce bassa e incerta, vagamente imbarazzata -Non sei costretto a farlo.- fissava per terra, quasi si aspettasse di ricevere un commento ironico o scazzato.

-Ma a me va di farlo.- Gintoki udì la propria voce spargersi pacata e per nulla rabbiosa, in pace con sé stesso e con la consapevolezza che le cose tra loro sarebbe cambiate inevitabilmente. Ma quando lei rise appena, regalandogli un sorriso di gratitudine, le parole di Zura tornarono in superficie.

Sei solo un codardo in amore”

Forse, Katsura non aveva tutti i torti...


*******

-Chi dorme non trova casa!-

Il risveglio quella mattina fu più traumatico del solito; le tendine azzurre che venivano spostate con uno strattone secco, la luce abbagliante si infrangeva sul suo viso bianco e le lenzuola che venivano sfilate, lasciando il suo corpo semi nudo al freddo e al gelo.

-Ma che-- si puntellò su di un braccio, schiarendosi la gola per far uscire qualche suono che non fosse rauco -Che cosa ci fai qui?- la sua voce cavernosa si diffuse nella stanza disordinata e la figura che gironzolava frenetica si fermò, squadrandola con seccatura.

-Sono le 10:00 passate, a quest'ora dovresti già essere fuori. Il Sole brilla, Chyo!-

La padrona di casa gli lanciò il cuscino contro, mancandolo, recuperò le coperte e si appallottolò sul futon -Vai a casa tua, Zura. E piantala di entrare di soppiatto, sembri un maledetto ladro!-

-La porta era aperta- osservò aprendo l'armadio mentre cercava un kimono pulito, lanciandone alcuni e gettandoli alla rinfusa nella minuscola stanzetta -Seriamente, dovresti far aggiustare quella serratura! E se fossi stato Takasugi?- Chyoko avrebbe voluto rispondergli che, a quell'eventualità, di sicuro l'unico kimono che sarebbe potuto volare in giro sarebbe stato quello viola a farfalle gialle dello squilibrato, ma rimase zitta e si rannicchiò di più, pregando che quell'incubo cessasse all'istante -E non dormire in mutande e canottiera o verrai scambiata per una prostituta!- il rimprovero dell'amico le fece affrontare la triste realtà: quello non era un brutto sogno e Kotaro stava davvero gironzolando per camera sua.

-Si può sapere cosa sei venuto a fare?- domandò mettendosi seduta, recuperando una maglietta a maniche lunghe per riscaldarsi.

-Dovevamo vederci, no?-

-No.-

-Ho pensato che dovevamo vederci- alla sua espressione sonnolenta mista a scetticismo, Zura sorrise appena -Ieri sera non ti ha portata Gintoki a casa?-

-Sei venuto qui per questo?!- si risdraiò, nascondendo il viso per ripararsi dalla luce e magari ripiombare nel sonno... Ma la presenza fastidiosa di Katsura glielo impediva -Che palle.-

-Eri più educata quando facevi la ballerina, sai?- il suo sospiro la fece piagnucolare; lei voleva solo dormire! -Comunque appena sei pronta vieni di là: Elizabeth sta preparando il the- sbuffò sonoramente, avvertendo i suoi passi allontanarsi dalla stanza -E poi andiamo a cercare casa!-

Chyoko si sollevò, passando le mani fra i capelli arruffati. Sarebbe stata una luuunga giornata.


Così, pallida come una mozzarella e stanca come un bradipo, Chyoko passeggiava per le vie di Edo alla ricerca di un tetto sopra la testa. Il fido Zura, con sua somma sfortuna, le zampettava al fianco peggio di un mastino.

-Un po' mi è dispiaciuto lasciare Elizabeth a casa.- bofonchiò l'amico portando una mano sotto il mento.

-Vedrai che si divertirà. Ormai quella è anche casa sua.- replicò con un sorriso nostalgico, ripensando alla breve convivenza con l'Amanto.

-Oh, non intendevo quello- le rivolse uno sguardo indagatore -Solo, anche Elizabeth voleva ascoltare la tua storia su Ginto-- gli mollò una gomitata fra le costole, accelerando il passo pur di levarselo di torno. Avrebbe dovuto immaginarlo che quella pettegola del samurai era venuto a svegliarla con le galline solo per sapere gli ultimi gossip! Peccato che non ce ne fossero, nebbia totale... -E' andata così male?- mugugnò rassegnato, biascicando qualche improperio nei confronti del ragazzo dai capelli argentei che lei non colse.

-Affatto, è andata bene- vide i suoi occhi scuri brillare, così decise di smorzare la sua allegria -Mi ha accompagnata a casa e mi ha salutato.-

-Tutto qua?!- Chyo si voltò verso di lui, lo aspettò, aprì la bocca pronta a palesare la propria confusione ma l'amico fu più veloce nel dar voce alle proprie stronzate -Nemmeno uno sguardo languido? Un bacio rubato? Una stretta di mano?- Chyo storse il naso e arcuò un sopracciglio -Una palpatina?-

-Zura!- gli diede la seconda gomitata della giornata, udendo il suo gemito strozzato. Le parve vagamente deluso dal fatto che nulla fosse accaduto, ma sinceramente non gliene importava granché; era un gran passo riuscire a trascorrere del tempo con Gintoki senza discutere o rivangare il passato, quella camminata sotto le stelle era stata un miracolo!

-Ero solo curioso!- si lagnò scoccandole un'occhiata torva, rimuginando in silenzio per almeno cinque minuti. Poi, come se il suo cervello avesse partorito una nuova invenzione, si voltò con espressione angelica -Quindi niente Nian nian? No, perché gli ho raccomandato che i tuoi muri sono di carta veli--

-Zura-chan, andiamo...- lo interruppe stanca, mettendosi a mani giunte pur di non prenderlo a pugni -Possibile che finiamo sempre col parlare di lui? Fatti una vita e smettila di avere a cuore la nostra storia!- borbottò aprendo le braccia, trotterellando verso chissà dove. Già, perché stavano ciondolando da più di mezz'ora per le vie di Edo ma di appartamenti non ne avevano addocchiati neppure su di una locandina.

-Ingrata!- la maledì fumando come una teiera e doveva essere parecchio arrabbiato se per almeno dieci minuti se ne stette buono e zitto senza darle noia. Ma Chyo, che era contortamente masochista oppure troppo buona per vederlo così incavolato, si ritrovò a sbuffare pesante prima di sorridergli serena:

-Credo che quello sia stato il momento migliore che abbiamo mai avuto.- ponderò ripensando alla serata passata, conclusasi con un mezzo sorriso imbarazzato mentre le proprie gote arrossate veniva nascoste dal buio della notte. E ricordò anche di aver faticato parecchio per non invitarlo dentro a bere un caffè, spaventata al pensiero che, da quello, si sarebbe certamente passati ad altre pratiche decisamente più interessanti ma che avrebbero fatto nascere in lei nient'altro che confusione. E allora gli aveva detto un semplice “Buona notte e grazie”, rimanendo immobile quando lo vide trattenersi un istante di troppo... Istante che durò un battito di ciglia, ma che ebbe il potere di farle tremare le gambe.

-Non è vero, ne avete avuti molti altri.- sottolineò.

-Ultimamente era un susseguirsi di recriminazioni. Non mi interessa essergli amica se non posso trascorrere una serata con lui in tranquillità- e poi, dopo avergli lanciato uno sguardo affranto velato di dispiacere, si torturò le mani -Chissà perché mi sono illusa che le cose potessero funzionare dopo così tanto tempo.- asserì mentre le labbra tremavano nello schiudersi in un sorriso leggero. E nel silenzio che aveva seguito le sue parole, Chyoko cominciò a sentirsi tremendamente stupida. Perché se all'inizio aveva deciso di dar retta al saggio Zura, provando a ricucire il rapporto con il samurai, si era ritrovata a fare i conti con l'amore per lui che mai l'aveva lasciata, scontrandosi nuovamente con un muro invalicabile. Era come ripercorrere la stessa strada e ritrovarsi nello stesso, identico vicolo cieco...

E Zura, che riusciva sempre a cogliere ogni sua più piccola sfaccettatura di pensiero, scosse la nuca prima di alzare lo sguardo assorto verso il cielo terso d'azzurro -Le cose si aggiusteranno. Gintoki è solo un po' stupido quando si tratta di certe cose.-

-O di me.-

Sentì gli occhi di Zura fissarla come se volesse scavarle nelle viscere, una sensazione di disagio a cui credeva di essere abituata -Gintoki ha sempre avuto una cotta per te e questo lo sai anche tu.- mormorò convinto.

Chyo storse il naso a quel rimprovero bonario -La cotta non diventa necessariamente amore.- puntualizzò secca, rimuginando sul loro rapporto.

L'amico non replicò o almeno, non lo fece subito. Però, quando il suo viso si sollevò per poterla guardare dritta negli occhi, le parve di essere ritornata l'ingenua ragazzina che, maldestra, si districava fra l'amore che provava per Sakata e la paura che qualcosa potesse davvero succedere -Io non so se per lui sia mai stato amore, forse non ci ha nemmeno mai pensato, ma fidati- gli occhi scuri di Zura si scontrarono con i suoi, grigi e larghi per la confusione -Mai nessuno proverà per te quella che ha provato lui-


Il battito accelerato di Gintoki martellava incessante nelle sue orecchie e più il tempo passava, più le dita di Gintoki si districavano fra i suoi capelli legati, più sentiva le emozioni mescolarsi, facendole nascere altri mille interrogativi a cui non sarebbe mai riuscita a dare risposta. Ma di una cosa era certa: quell'abbraccio non era il solito gesto di conforto, c'era qualcosa di tremendamente diverso... C'era dolcezza, c'era un sentimento a cui aveva paura dare un volto e un nome...

Chyoko allargò gli occhi lucidi e lo spinse con entrambe le mani appoggiate sul petto, allontanandolo -Devo prendere le mie cose.- si asciugò il viso, dandogli le spalle mentre si dirigeva verso il tavolo, avvertendo il freddo congelarle le ossa.

-Ti do una mano...- lo sentì mormorare dopo un'infinità di tempo, facendole scuotere la nuca.

-Non ho bisogno di aiuto. Basterà raccogliere le mappe e sono a posto- barbottò torturandosi le mani -Devo pensare ad una nuova strategia. L'ultima è stata un vero fallime--

-Ti stai stressando troppo, non è colpa tua se Takasugi è di là moribondo!- aveva allargato le braccia e il suo tono era esasperato; Chyo gli scoccò un'occhiata torva -Smettila di preoccuparti sempre per noi, siamo cresciuti.- le sue mani continuavano a contorcersi sullo yukata sporco, quasi si stesse trattenendo.

-Come potrei non preoccuparmi? Io resto qui tutti i giorni, chiusa in questo schifo di buco solo per cercare di non farvi ammazzare e quando uno di voi torna più morto che vivo, pretendi che vada a scolarmi una bottiglia di sake ballando sui tavoli?!-

-Se fossi nuda, gli altri apprezzerebbero.-

-Gintoki, sono seria!-

-Ti fai troppi problemi.-

-Tu invece non te ne fai!- alzò un braccio con uno scatto, dandogli poi le spalle mentre cominciava a gironzolare come un'invasata-Tu sei sempre così placido, non ti tocca nulla, non te ne frega di nessuno!- le parole venivano scagliate dalle sue labbra come dardi impazziti, ben conscia di andare a toccare dei nervi scoperti che mai Gintoki sarebbe riuscito a coprire. Eppure non volevano saperne di fermarsi, era più forte di lei...

-Che cosa?!- il suo tono si era fatto duro e velato di incredulità -Credi davvero che non me ne freghi di nessuno? Perché Diavolo pensi che io passi tutte le mie notti con te, eh? Perché non ho niente da fare? Dio, quanto sei ottusa!- il rumore secco prodotto dal pugno del ragazzo che si infrangeva sulla porta fece indietreggiare Chyo, mordendosi il labbro inferiore -Si può sapere qual'è il problema?!- la fissava ora con stanchezza, stropicciandosi il viso, quasi implorante affinché gli desse una spiegazione.

Chyo si strinse nelle spalle e solo dopo alcuni secondi cominciò a parlare -C'è che quando andate in guerra, sono io che resto qua a chiedermi se tornerai vivo!-

-Se tornerò?- traspariva sorpresa dalla sua voce, come a chiederle se avesse sentito bene oppure no.

Chyo si morse la lingua, portando una mano avanti -Se tornerete tutti. Katsura, Sakamoto, Takasugi, tu-“Tu più di tutti”, avrebbe voluto confessargli, ma tenne quel pensiero scomodo per sé mentre riprendeva fiato per continuare -Non posso permettermi distrazioni. Ma non lo capisci? Ne va della vostra vita!-

-Sappiamo cavarcela da soli, Chyo!- aprì le braccia e le sbatté sui fianchi -Sakamoto è un ottimo spadaccino, Takasugi può anche morire che non ne sentiremmo la mancanza e poi comunque quello non lo ammazza nessuno, e Katsura non è uno sprovveduto, sa quando è il momento di ritirarsi! In quanto a me- era stata travolta dalle sue parole dette ad alta voce e in quel marasma di recriminazioni non si era accorta della sua vicinanza, di nuovo. Alzò lo sguardo con l'ansia dipinta sul viso, conscia che quella distanza, che ai tempi non aveva mai rappresentato un problema, ora lo era. Istintivamente si mise a braccia conserte, in quella sorta di protezione che non l'aveva abbandonata sin da quando era piccina, sperando che indietreggiasse -Non sono così stupido da lasciarti da sola. Vale la pena tornare se so che sei qui, ad aspettarmi, è questo che continuo a ripetermi mentre cammino verso il fronte, quando sguaino la spada, quando vedo i nemici giungere. Io--

Le parole di Sakata furono dette con velocità, ma nella sua mente rimbombavano ancora come un disco incantato. Lo fissava da istanti interminabili, minuti che trascorrevano lenti e più lo guardava, più non sapeva come prendere quel vortice di parole. Quella discussione cominciata con aria ostile, si era ora tramutata in una sorta di confessione a cui non era preparata e che non sapeva come catalogare. Ma era sincera, pura; classico di Gintoki metterle in faccia i propri pensieri senza pesare le parole, senza pensare che effetti potevano avere su chi gli stava intorno. A lui bastava dire la propria, che agli altri piacesse o meno non faceva differenza alcuna.

Lo vide alzare le spalle, come a dirle che null'altro sarebbe servito sapere. Se lo doveva far bastare, come al solito. E prima che potesse prendere possesso delle proprie facoltà, Chyo si era sporta verso di lui, alzandosi sulla punta dei piedi, arrivando a poterlo guardare negli occhi ora spalancati dallo stupore. Fu un guardarsi reciproco per un paio di secondi, poi abbandonarono ogni pensiero, ogni preoccupazione. E si lasciarono trasportare dal turbinio di sensazioni che li colse impreparati. Chyoko strinse le mani sul suo yukata chiazzato di sangue, posando le labbra carnose su quelle sottili di Gintoki, accarezzandole con delicatezza quasi temesse potesse sfuggirgli. Ma lui non si allontanò e nemmeno la sfiorò, rimase immobile.

Si separò appena, quel tanto che bastava per poterlo guardare negli occhi cremisi insolitamente vividi; fu quando avvertì le grida concitate dei samurai che la situazione precipitò. Chyo chiuse gli occhi con forza, quasi a voler sparire da tutto e da tutti e in quel preciso istante, avvertì i suoni farsi ovattati, distanti e aprendo gli occhi grigi si rese conto di come le mai di Gintoki si fossero posate proprio sulle orecchie, tappandogliele, come se volesse estraniarla dal mondo intero. E persero entrambi la ragione.

Si erano goffamente stretti in quello che, ad occhio esterno, sarebbe potuto apparire un groviglio di braccia piuttosto che un abbraccio, ma a nessuno dei due sembrò importare.

Chyo aveva posato le dita affusolate sulle sue guance, aveva inclinato il viso alla propria destra e con foga lo aveva baciato, cercando disperatamente di aggrapparsi a lui. Sì stupì di come quella che era sempre stata una fantasia ora fosse una bellissima realtà a cui non avrebbe voluto rinunciare, ma ancora più incredibile fu avvertire lo stesso trasporto da parte di Gintoki; il pigro, svogliato e distaccato Gintoki che mai le aveva dato modo di illudersi.

Avvertì un dolore lancinante al sedere e volgendo il viso si rese conto di essere finita addosso al tavolo su cui erano depositate, in maniera ora disordinata, le mappe geografiche. Ne approfittò per riprendere il controllo dei propri sensi, della situazione e cercare una qualsiasi voglia spiegazione a ciò che avevano appena fatto. E quando si ritrovò a guardarlo negli occhi, comprese che non le importava di ricevere un chiarimento, almeno non in quell'istante.

Così si lasciò accarezzare con gesti impacciati, mentre lei gli circondava il collo con le braccia esili pur di non far figuracce, come tastare zone che forse era meglio non toccare. Oh, ma che ne sapeva lei di come bisognava muoversi quando un ragazzo infilava le mani sotto la maglietta per accarezzarle il seno?!

Era così concentrata su cosa fare, che solo dopo alcuni secondi si rese conto di essere ormai appoggiata al tavolo; istintivamente alzò una gamba per circondare la vita del compagno. Si sentì sollevare, ritrovandosi stretta al suo corpo. Si chiese se stesse improvvisando a fare l'uomo vissuto o se davvero si fosse appartato con qualche infermiera come Sakamoto le aveva raccontato da ubriaco. Si chiese anche se lui fosse cosciente di ciò che stava accadendo o se, semplicemente, stesse reagendo ad un istinto fisico che doveva necessariamente placare. E lei... lei voleva andare avanti senza aver avuto risposte ai propri quesiti?

Prima ancora di rendersene conto, Gintoki l'aveva fatta sedere sul tavolo ribaltando il piccolo barattolo con i pennelli e le penne, le cartine ora gettata a terra, e per la prima volta non le importò del disordine, della confusione e del macello che avrebbe dovuto riordinare. Perché lui la stava baciando ancora, e ancora, senza darle tregua, facendola impazzire ogni secondo che passava. E per lei, che mai aveva avuto l'ardire di pensare che un giorno tutto ciò sarebbe accaduto, fu come se il resto fosse divenuto secondario e ininfluente.

Con Sakata, tutto diventava insignificante.

Nel frattempo, le carezze del samurai si erano fatte più delicate, meno calcate ma sempre urgenti, come se non potesse smettere di torturarla. Fece scorrere le labbra sul collo bianco, sulle spalle ancor più chiare togliendole lo yukata rosa che scivolò sulle braccia magre, fino a toccare il tavolo. E si ritrovò a guardare spaesato il suo seno color della neve,così pallido per via del sole che non baciava quella pelle da troppi mesi.

E in tutto il suo imbarazzo, Chyo gli parve bella come mai prima di allora.

La stratega sopperì al proprio nervosismo baciandogli il mento, aggrappandosi a lui come se temesse di cadere; tutto, pur di non venir ancora guardata dai suoi occhi da pesce lesso, eppure così penetranti. Passò le dita fra i suoi capelli, avvertì le sue dita coperte dai guanti accarezzarle la schiena stretta, fino a salire con lentezza, procurandole migliaia di brividi di piacere. Se avesse potuto, avrebbe voluto chiudersi in quella stanza per sempre...


 

Il bussare alla porta li trasportò fuori dal turbine di passione in cui si erano infilati. Chyo volse il viso arrossato in direzione della porta, mentre Gintoki continuava a studiare il suo volto imperlato di sudore, le labbra carnose rese ancora più gonfie e rosse dai baci scambiati, il seno che si alzava e abbassava con ritmo irregolare. Chyo gli lanciò un'occhiata sfuggevole, spaventata al pensiero che se non li avessero interrotti, a quest'ora si sarebbero ritrovati stesi nello stesso futon nudi, ansanti, in balia di quelle nuove e piacevoli emozioni.

-Kintoki! Sei qui?-

-Sakamoto- Gintoki lasciò cadere il capo in un gesto di esasperazione. Intanto l'idiota ridens continuava a bussare con forza contro la porta -Sakamoto, rischierai di distruggerla se non smetti!- tuonò a quel punto, lasciando scivolare le braccia lungo i fianchi, dando le spalle alla ragazza.

E lei gliene fu grata, ma al tempo stesso ci rimase un po' male. Se avesse varcato quella soglia, avrebbe dimenticato quei minuti di passione travolgente e imprevedibile? E nonostante quella domanda martellasse nella sua mente piena di pensieri contorti, non gliela pose, decisa a godersi il silenzio che li stava avvolgendo e che, sapeva, lo avrebbe accompagnato fuori dalla stanza.

Veloce si ricompose e cominciò a raccogliere le mappe spiegazzate volate a terra, concentrandosi su quelle che avevano dei segni rossi e che andavano studiate per prime.

-Takasugi sta bene! Ora dorme ma non è in pericolo di vita! Andiamo a festeggiare!- un altro bussare insistente -Ma che cosa state facendo là dentro? Ci state dando dentro, eh? Ah ah ah! Bravo, Kinotki, vedo che dai retta al saggio Tatsuma!- fu la prima volta che Chyo trovò irritante la risata allegra del compagno; risata che si amplificò quando il samurai dai capelli argentei aprì la porta.

-Kintoki--

-Gintoki, razza di idiota! Quante volte dovrò dirtelo?- tediato, guardò prima lui poi la bottiglia che stringeva nella mano destra. Forse, il sake era quello che serviva per dimenticare. Vide Gintoki superarlo dandogli una spallata senza nemmeno chiedere scusa o salutarla. E Chyo avvertì gli occhi pizzicare.

-Oh, ma che gli prende?- Sakamoto si grattò la chioma fulva -Chyo-chan, ti unisci a noi?-

-Finisco di sistemare e vi raggiungo.- gli regalò un sorriso pacato, lasciandosi cadere sulla sedia quando lo vide uscire. Solo pochi istanti prima Gintoki aveva carezzato la sua pelle con le labbra, facendole scorrere i brividi lungo la spina dorsale. E le sensazioni erano ancora vivide su di lei.

Non seppe cosa le fosse preso, ma in un certo senso non si pentì di averlo baciato, anche se la consapevolezza di averlo perso per sempre la stava facendo morire dentro. Solo...

Solo, baciandolo, il Mondo le era sembrato davvero più bello...


-Che te ne pare di questo?- un volantino svolazzante che Zura le porse la fece tornare alla realtà -L'affitto è basso ed è in vicino al ristorante di Ikumatsu. Perché non proviamo ad andare?- Chyo studiò attentamente il foglio arancione, lasciando che le belle sensazioni provocate dal ricordo del suo primo bacio sfumassero. Eppure si ritrovò ad arricciare le labbra color ciliegia, giocherellando con la punta della coda mentre strangolava le proprie paranoie. Perché mentre Zura la scrutava, mentre la parole scritte in grassetto scorrevano sotto i propri occhi appena truccati, Chyoko pensò a quanto sarebbe voluta correre a casa del samurai dai capelli argentei, vedersi squadrare dalla sua aria da pesce lesso che tanto adorava e baciarlo, senza pensieri o preoccupazioni, riprovando così la piacevolezza del “Il Mondo è bello almeno oggi”.

Ma non corse, non si mosse.

Zura fissò il suo viso dipinto da note di malinconia e si limitò a sospirare, cominciando ad incamminarsi all'indirizzo indicato sul foglietto -Forse dovresti chiamare Wang e ringraziarlo per averti lasciato qualche giorno in più. Sì, insomma, è stato comprensivo...- gli fu grata per il suo cercare di cambiare discorso, nonostante fosse palese la voglia dell'amico di scavare ancora un po' nel suo cervello.

-Già, forse dovrei. Magari dopo lo chiamo- buttò lì senza troppa convinzione, rammentando la breve telefonata in cui gli aveva chiesto qualche giorno in più per cercare casa. E si era stupita di come, alla sua risata rauca, era seguito un “Ma certo bambolina. Dopotutto sei e sarai sempre come una figlia per me!” che le aveva fatto storcere il naso. Però mentalmente lo ringraziava, ovvio. Poi, scrollata da una vocina interiore che la punzecchiava, soffiò -Sai, forse se mi piace ancora così tanto dovrei dirglielo. A Gin-chan, intendo.- si accarezzò la frangetta scompigliata dalla leggera brezza mattutina, ignorando l'occhiata furtiva e scettica dell'amico.

Zura mise le mani nelle larghe maniche dello yukata -Forse dovresti. Magari puoi farlo adesso.-

Chyo mosse un pelo la testa, ponderandoci su -Sì, forse adesso- storse il naso mentre si guardava intorno con disagio -O forse è meglio tra un po'. Tra un po' di anni.-


 

********

Note noiose dell'autrice:

Aaaaaaaaaaaah si sono baciati!!! Era ora!!! Mi viene da piangere se penso che la scena del bacio è stata la prima in assoluto che ho scritto prima ancora che questa fanfiction nascesse ç__ç E che ci sono voluti ben undici capitoli prima che si arrivasse a questo -.-

Ho cercato di accorciare il capitolo (sofferto, soffertissimo! E continua a non convincermi) come meglio potevo, ma mi sono resa conto che ho talmente tanto da dire che, alla fine, non ci riesco. E ho pensato che va bene così, che tanto se qualcuno ha piacere di leggere fino alla fine, può farlo un po' alla volta. E spero che ciò accada, anche se questo capitolo è proprio un'immonda schifezza -.- Mi sembra tutto troppo veloce, in particolare il punto di vista di Chyo... Mmm, vedrò di migliorare con i prossimi :)

E il finale? Vogliamo parlare del finale?! No, lasciamo perdere... L'unica nota positiva è Zura in versione “Zabetta del cuore che entra in casa degli altri senza bussare”. Perdonatemi eventuali sviste ed errori, se me li farete notare correrò a correggerli :)

Ringrazio infinitamente Elizabeth_smile per la sua recensione (mi fai sempre arrossire, cara!) e invito anche chi magari legge ma resta in silenzio a lasciarmi un piccolo, minuscolo segno della sua presenza :) Ripeto sempre che le critiche sono ben accette se possono servire a migliorarmi! Ma ringrazio comunque con piacere chi si avventura in questa lettura tortuosa senza dire nulla :)

Al prossimo aggiornamento,

Geisha.


P.S. Wonderwall è una canzone degli Oasis semplicemente stupenda ♥ Merita davvero! Se non sapete quale sia, vi consiglio di ascoltarla. Io ne sono perdutamente innamorata! ♥


 


 


 

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Capitolo 12
*** But now out of control ***


But now out of control

 

-Perché mi ronzi intorno?-

Due, anzi, un occhio verde oliva la scrutava nella stanza fiocamente illuminata dalla luce mattutina quasi fosse un Amanto da ammazzare. E Chyo, che di amantesco non aveva nulla, si limitò a sbuffare mentre zampettava verso la finestra chiusa, aprendo le tende improvvisate con degli stracci logori. “Da convalescente sei ancora più irritante!”, avrebbe voluto rispondergli con tutto l'acido che aveva in corpo, ma non lo fece limitandosi ad uno zuccheroso -Anche io sono felice di vederti, Shin-chan!- a cui lui replicò con un grugnito.

-Sei una palla al piede, lo sai?-

-Ah, i tuoi complimenti mi fanno sempre arrossire!- Chyo si portò davanti a lui, fissandolo con il capo inclinato.

Shin si appiattì contro la parete, sistemando meglio il kimono bluastro -Andiamo, che ci fai qui?-

-Devo cambiarti le bende.-

-Nh, non ci sono le infermiere per questo?-

-Oh, sì che ci sarebbero, ma si rifiutano di venire qui- adagiò la scatola con le medicazioni al proprio fianco una volta sedutasi davanti a lui -Shin-chan, dovresti essere più gentile con gli altri.- lo ammonì rivolgendogli un sorriso leggero al suo sbuffo sonoro.

-Certo mamma.-

Il silenzio tra i due calò e se inizialmente Chyoko si era prodigata per riempirlo cercando di cavargli di bocca qualche misera frasetta, ora si limitava a canticchiare stonatamente, giusto per far passare il tempo. Takasugi aveva iniziato con l'urlarle contro pur di farla tacere, che una cornacchia sarebbe stata più gradevole da ascoltare e, soprattutto, che non aveva bisogno del suoi aiuto. Ma probabilmente non doveva dispiacergli la sua fastidiosa compagnia se, dopo due settimane di convalescenza, Chyoko continuava a piombare in camera sua nei panni dell'infermiera e lui nemmeno si prendeva la briga di cacciarla a calci.

Dopo appena cinque minuti, quando il motivetto di Chyo terminò con un mi al posto di un re che gli fece accapponare la pelle, la ragazza portò indietro i capelli che gli coprivano la fronte, legandoli con una molletta -Dovresti tagliarli, sai? Sono diventati troppo lunghi.-

-A me piacciono così.- e lui le scacciava la mano, mettendosi a braccia conserte per palesare la propria irritazione.

-Saresti più carino coi capelli corti.-

-O magari ricci ed argentei- frecciò con sarcasmo, imprecando subito dopo alla vista dei suoi occhi grigi allargati. Chyoko però non indagò e nemmeno si premurò di chiedergli spiegazioni in merito al suo atteggiamento ostile. Probabilmente era solo stanco di starsene chiuso in camera e riversare la propria angoscia su di lei era un ottimo metodo di rilassamento. Chyoko, tanto, era ormai abituata ad essere la pallina antistress degli amici.

Tralasciò così il chiaro riferimento a Gintoki e scosse la nuca, recuperando il disinfettante dalla scatoletta di legno -Si può sapere cosa hai detto a Kaory? L'altra sera era disperata.- cambiò discorso, scorgendo la smorfia di fastidio imbruttirgli i lineamenti.

-Da quando passi le notti a spettegolare con quelle oche?- replicò scontroso, allontanando la sua mano affusolata che si stava avvicinando all'occhio monco.

-Sto quasi sempre con loro. Mi sono stufata di voi maschi!- gli fece la linguaccia e lui le regalò un ghigno.

-Intendi, quando non passi le notti con Gintoki?- Chyo arrossì come un gamberetto a quella insinuazione provocatoria. Da quando Takasugi sindacava su dove e con chi trascorreva le notti? Che poi, passare la notte con Gintoki faceva tanto amanti del 1800 -E non guardarmi così. Ho visto che ti intrufoli nella sua stanza quando è notte fonda.-

-Non mi intrufolo da nessuna parte!- gracchiò agitando i pugni, gonfiando le guance di fronte al suo ghigno perfido. Ed era vero, comunque! Da quando si erano scambiati quel bacio a cui non sapeva che significato dare, Gin non le aveva più rivolto la parola e a malapena trascorreva del tempo con lei. Ricordava di aver provato a parlarci quando, durante la marcia per cambiare accampamento, si era avvicinata a lui furtivamente... Ma Sakata l'aveva ignorata, ciarlando di Cabaret con Abaragi o qualcuno che aveva un nome del genere -forse il germe Sakamoto l'aveva infettata!-. Figurarsi se Chyoko, in quella situazione di stallo, poteva compiere un gesto così kamikaze come l'andare a trovarlo nella notte! Era impensabile, assolutamente illogico! Così come illogico era stato ciò che era accaduto nella propria stanza... E senza rendersene conto, le dita avevano cominciato a sfiorare le labbra carnose, quasi potesse ancora sentire su di sé quelle dell'amico -E comunque non cambiare discorso! Si può sapere che hai fatto a quella poverina?- tolse la benda macchiata di sangue posandola a terra; ormai la vista della ferita non le faceva più rivoltare lo stomaco.

-Le ho solo detto che mi irritava e che doveva levarsi dai piedi!- strinse i denti e le mani mentre Chyo, più delicata che poteva, cercava di disinfettarlo. Ma le sue mani tremarono appena, fino a farle scendere sulle proprie cosce, e le sue labbra vibrarono prima di aprirsi e lasciar spargere una risata cristallina nell'aria -Sei diventata cretina tutto d'un tratto? Che idiota.- biascicò appoggiando la testa contro il muro e Chyo, che intimamente soffriva per quella povera infermiera col cuore spezzato, non riusciva comunque a trattenersi.

-Takasugi, Kami, sei un cavernicolo!- portò le mani sullo stomaco, piegandosi in avanti per far placare le fitte di dolore che la stavano cogliendo.

-Anche Sakamoto lo è, ma a lui non dici nulla. E nemmeno a Gintoki.- si lagnò da perfetto moccioso, digrignando i denti quando la giovane strapazzò i suoi capelli dalle striature violacee.

-Gintoki lo rimprovero sempre. E Sakamoto non è un cavernicolo, è più sullo scemo andante.- spiegò spiccia, tornando ad occuparsi della sua ferita in bella vista.

-Sì, certo.-

-Shin-chan, le donne vanno trattate con gentilezza, altrimenti scappano!-

-Detto da una che non sa dove sia di casa l'eleganza...- fu assolutamente strabiliante riuscire a non sentirsi inferiori di fronte al suo sguardo di sfida, ma ancora più stupefacente fu la propria capacità di riuscire a non prenderla sul personale -Che vuoi saperne tu? L'unico contatto che avrai mai avuto con un uomo sarà stata qualche pacca sulla spalla!- e il suo denigrarla, il suo prenderla a male parole pur di farsi forte, non le faceva più male. Takasugi non faceva più male come quando era bambina. Anzi, ad essere sinceri le faceva tenerezza, come se si trovasse di fronte ad un bambino che si atteggiava da adulto e credeva che le offese fossero l'unica arma per poter sopravvivere il quel mondo orrendo. E lei era la mamma chioccia che, premurosa, cercava di farlo tornare sulla retta via.

-Fino a prova contraria sono una donna- portò le mani sui fianchi storcendo le labbra quando la sua risata stridula e derisoria si propagò nella stanza -E non è vero che-- si bloccò, deglutendo pur di ricacciare indietro le proprie paranoie. Non voleva parlare del bacio e soprattutto, non con Shinsuke. Sarebbe stato solo capace di offenderla, insultarla e soprattutto, fare battutine sarcastiche nel momento in cui Gin fosse entrato nel suo ristretto campo visivo.

-Non è vero cosa?-

-No, lascia perdere, forse hai ragione tu. Figurati se un uomo potrebbe mai interessarsi ad una come me.- strinse le mani sulle cosce, stritolando il kimono rosa pallido e sgualcito.

-Non sei esattamente il sogno erotico del Giappone.-

-Sì,sì, e le infermiere sono le macchine del sesso, lo sappiamo- portò l'indice sotto il mento -O forse lo sa solo Sakamoto. Comunque- gli puntellò il dito sulla fronte scoperta, ridacchiando alla sua espressione arcigna -Vai da lei dopo, ok? Almeno chiedile scusa.- tornò a concentrarsi sulla sua ferita, canticchiando un nuovo motivetto.

-Non è a lei che dovrei chiedere scusa- lo vide portare una mano dietro al collo per massaggiarlo, il volto velato di imbarazzo. Quella discussione stava prendendo una piega strana, Chyo avrebbe osato definirla buffa visto il comportamento atipico di Shinsuke. Insomma, solitamente la ignorava durante il suo trafficare nella stanza, ma quel giorno sembrava in vena di chiacchiere. E, decisamente, parlare con Takasugi non era così difficile come aveva sempre pensato. Crescendo si era resa conto che il suo blocco era dovuto alla cotta che covava nei suoi confronti, ma quando questa si era spenta, lasciando spazio ad un affetto fraterno, si era ritrovata a stargli accanto con una facilità che l'aveva disarmata. Chissà se si era reso conto del suo cambiamento. Anzi, chissà se si era mai reso conto che lei davvero per un po' lo aveva amato -Senti, come procedono le cose là fuori?- lo vide gettare un'occhiata verso la finestra.

Chyo storse il naso -Non bene. Gli Amanto stanno aumentando di giorno in giorno e molti uomini sono tentati di tornare a casa.-

-Devono solo provarci...- sibilò sul limite della collera, stringendo i denti quando la ragazza tamponò con più forza.

Sospirò -Shin-chan, non puoi costringere la gente a restare se non vuole. Mettiti nei loro panni: hanno moglie e figli da cui tornare!-

-E allora?!- scattò come un animale in gabbia pronto ad azzannare l'aguzzino; istintivamente, Chyo indietreggiò portando una mano davanti al viso per ripararsi -Se ragionassimo tutti così, la battaglia sarebbe già persa da tempo!-

-Secondo te stiamo vincendo?- portò le braccia sui fianchi dopo aver trovato la forza di sovrastarlo -Guarda in faccia la realtà, Shin-chan: questa guerra non ci sta portando da nessuna parte e a volte mi chiedo per cosa esattamente stiamo combattendo e-- ammutolendosi, senza guardarlo negli occhi, Chyoko si diede la risposta: lei era lì solo e unicamente per loro. Li aveva seguiti perché sola, li aveva seguiti perché accomunati tutti da un enorme perdita... Ma più il tempo passava, meno cominciava a credere di star combattendo per il paese -Forse siamo qui solo perché non abbiamo nessuno da cui tornare.-

Lo vide stringere le mani a pugno, così forte da far divenire le nocche bianche, e la sua voce uscì rauca, quasi in un lamento rabbioso -Non tornerei indietro nemmeno se mio padre fosse ancora vivo ad aspettarmi. Io sono qui solo e unicamente per Lui...-

E Chyo, aveva compreso appieno le sue parole, così come aveva colto la sua disperazione.

-Ma non è un buon motivo per non lasciarli andare. Shin-chan- Chyo gli prese il volto fra le mani, sorridendogli dolce -Sei un buon leader e loro continueranno a seguirti, ma prova a non pensare alla guerra o alla vendetta ogni tanto, ok?- non seppe come riuscì a dirglielo, però ce la fece. Sapeva bene che la sete di battaglie dell'amico non era dovuta ad un semplice capriccio e che dietro ogni sua lotta o Amanto ucciso c'era la voglia di vendicare il Maestro, ma se fosse andato avanti così, sarebbe finito come tutti gli altri compagni caduti e lei non voleva permetterglielo. Almeno, non finché anche lei sarebbe rimasta lì, con loro.

-Mi shtai fashendo male.- fu tutto ciò che mugugnò e la ragazza si accorse di aver stretto le mani troppo forte. Velata di vergogna lasciò andare la presa e poi tornò a preoccuparsi della sua ferita, questa volta nel silenzio più totale.

Dopo una manciata di minuti, Chyo bendò la ferita -Adesso va meglio!- batté le mani di fronte alle garze pulite che coprivano l'occhio dell'amico e, veloce, cominciò a raccattare tutte le cose. E prima che potesse fuggire da tutti quei discorsi, Takasugi si tastò la medicazione, poi la guardò con curiosità-

-A volte mi chiedo perché tu non te ne sia già andata.-

-Vuoi andarmi via?-

-Cretina, non ho detto questo!-

-E dove dovrei andare?-

-Dove vuoi, ma non qui. Ho sempre il timore che possa accaderti qualcosa se non ci siamo. Forse è per questo che non volevo portarti con noi. Anche se sei all'accampamento, sei sempre una distrazione- Chyoko non lo guardò, ma avvertì il suo sguardo perforante su di sé -Però, è un bene che tu continui a restare. Se fossi già andata, saremmo impazziti molto tempo fa.- e fu in quel momento, sotto lo sguardo carezzevole di Shinsuke, che Chyo si ritrovò sommersa da un miscuglio di sensazioni ed emozioni contrastanti che lottavano fra loro e non le davano modo di pensare. Ma tra tutte queste, pur cerando a fondo, non vi era l'amore che a lungo aveva covato e che era stato accartocciato come un foglio da buttare. Impercettibilmente, Chyo si ritrovò a sorridere amareggiata, incapace di replicare. Se solo lui si fosse svegliato prima... Se solo lei non fosse cresciuta così tanto...

Fu il rumore secco della porta che veniva aperta a farli allontanare -Ah, Myoko, eccoti qui!- volse la nuca verso Sakamoto che aveva fatto irruzione nella stanza, interrompendo così il loro contatto visivo -Abbiamo bisogno di te. Oh, Takasugi! Vedo che sei in forma! Allora, come va?-

-Non sei ancora morto?- domandò laconico, sbuffando alla risata sguaiata che Tatsuma utilizzò come risposta.

-Che succede?- chiese la ragazza alzandosi in piedi, lasciando perdere la cretineria di Shinsuke. Certo che il samurai aveva un tempismo perfetto!

-Gintoki- fu tutto ciò che le disse, senza aver bisogno di aggiungere altro. Ma Chyo, preda delle proprie fobie e ansie avrebbe voluto sentirsi rivolgere qualche spiegazione in più, anche solo un accenno. Una motivazione del perché sul viso di Sakamoto non vi fosse nemmeno l'abbaglio di un sorriso o del perché avesse chiamato Sakata col nome corretto. Lui doveva aver colto qualcosa dal suo sguardo contrito perché, agitando le mani, si premurò a seguitare -Oh, no, tranquilla, non gli è successo nulla! Solo, credo sia meglio che tu venga con me.- si tolse il caschetto protettivo, lasciando che i capelli ricci schiacciati gli incorniciassero il viso ricoperto di sangue.

-Perché devo venirci io?- borbottò incerta.

-Ah, beh, perché quando Kintoki entra in modalità Berserk ascolta solo te! Ah ah ah!- fu la motivazione stupida dell'amico a cui lei replicò con uno sbuffo misto a risata -Ti aspetto fuori. Ah, Kinsuke, bella molletta! - concluse uscendo dalla stanza sotto le imprecazioni di un imbarazzato Shinsuke che toglieva il fermaglio e lo scaraventava chissà dove.

Chyoko coprì le labbra color ciliegia con una mano -Sarà meglio che vada.-

-Va, corri dal tuo eroe- roteò gli occhi, biascicando un “Se, se” apatico, aprendo la porta pronta ad abbandonare Takasugi alla sua solitudine, ma la vita si stava rendendo più imprevedibile di quanto avrebbe mai potuto pensare -Ehi, Chyo- la sua voce bassa la richiamò e per la prima volta non le parve contaminata di cattiveria; pareva quasi... gentile -Non aspettarti un grazie da parte mia.-

E lei, guardandolo dapprima con la bocca arricciata, gli regalò un sorriso placido, consapevole -Va bene così.-

 

Chyoko aprì gli occhi con lentezza, scontrandosi con il soffitto giallastro. Da quanto non veniva disturbata nel sonno da Takasugi? Portò una mano sulla fronte, scompigliando la frangetta disordinata poi si puntellò sui gomiti per guardare l'orologio che, per qualche strana ragione, era finito in mezzo ad alcuni kimono logori.

-Stupidi ricordi- biascicò seccata, scompigliando la folta chioma con entrambe le mani. Con pesantezza posò i piedi a terra, rabbrividendo e maledicendosi per la sua brutta abitudine di non infilarsi le calze e, zampettando in punta di piedi facendo slalom fra gli scatoloni che occupavano la camera, si avvicinò alla pila di vestiti per raccattare la sveglia -Maledetta, perché non hai suonato?- se la rigirò, sbattendo le palpebre un paio di volte per mettere a fuoco le lancette -Ma che-- un clacson richiamò la sua attenzione non proprio attiva e solo quando i criceti cominciarono a far girare la ruota del cervello, si accorse di essere in ritardo, in tremendo ritardo! Si infilò il primo kimono che trovò, portò tutti i capelli dietro le spalle e, rifiutandosi di guardarsi allo specchio, si affacciò sulla veranda, sbilanciandosi sulla balaustra -Chi è?!- portò una mano sulla gola maledicendo la propria voce rauca.

-Fujiwara-san, ben svegliata!- un ometto basso e pelato, appoggiato affianco ad un camioncino mezzo scassato le rivolse un sorriso radioso e cui lei replicò con una smorfia -Scommetto che ieri ha festeggiato tutta notte, per questo ha dormito fino a tardi!- si indicò la parte inferiore degli occhi. Fantastico! Vuoi vedere che se ne stava lì, alla luce del sole mattutina, con due belle occhiaie da fare invidia ad un pugile steso sul ring?!

La ragazza grugnì, poi si guardò attorno -Pensavo venisse Zura.- mormorò scendendo le scale. Gli occhi semi chiusi non le permettevano di mettere a fuoco quella scomoda realtà, ma riusciva a vedere distintamente l'espressione maliziosa del vecchio che indugiava sulla sua generosa scollatura. Maledetto bavoso dagli occhiali enormi a fondo di bottiglia! Ma di che gente si circondava Zura?! Immancabili, nella sua mente rotearono i volti di alcuni, noti personaggi intramontabili: Elizabeth, Sakata, Sakamoto, Takasugi... Forse questo zozzo non sarebbe stato poi così male.

-Il capo è piuttosto impegnato. Sa, la vita di un leader è piena!- si sistemò le lenti mentre il dispiacere per quello spettacolo negato aleggiava intorno a lui; poi, ripresosi, aprì il portello posteriore del camion, pronto a caricare le cose -Allora, ha già preparato tutto?-

Scosse la nuca -Manca qualcosina, ma il lavoro più grande è stato fatto.-

-Oh, allora le do una mano- sorrise appena, osservando l'appartamentino 109 con sguardo più triste del dovuto. Incredibile come ancora non fosse abituata ai cambiamenti; proprio lei che ci aveva convissuto assieme per tutta la propria vita. E quell'uomo dall'aria svagata, sembrava aver colto il suo malumore -Signorina, sa cosa diceva mia madre?: chiusa una porta, si apre un portone- le sorrise ancora -Vedrà che le cose andranno meglio- Chyo lo studiò imbronciata ma a causa del sonno non provò nemmeno a rispondergli -Beh, io salgo!-

Lo vide trotterellare verso le scale per poi scomparire in casa. Guardò il camion poi di nuovo l'appartamento... I ricordi erano ormai lontani e forse era giunto davvero il momento di lasciarsi il passato alle spalle.

Raccolse i capelli in un'alta coda di cavallo e prendendo un lungo respiro, sorrise alla volta del proprio cammino -Coraggio!- si disse correndo verso le scale.

Del resto, di cambiamenti nella propria vita ne aveva avuti a bizzeffe. Uno in più non avrebbe fatto male. Sperava...

******

Il rumore dello scooter si affievolì quando, entrato in una via, si scontrò con un piccolo camion colmo di scatoloni che lo costrinse a frenare. Scocciato da quell'interruzione, levò gli occhiali dal viso e fissò l'ostacolo con rabbia crescente -Che palle- biascicò tediato osservando l'omiciattolo che continuava a caricare degli enormi scatoloni sul camioncino -Allora, ci vorrà ancora molto?- domandò esasperato suonando il clacson.

-Ci vorrà il tempo che ci vorrà!- la sua attenzione venne catturata da quella voce squillante dipinta da una leggera di nota di fastidio e quando alzò lo sguardo, l'esile figura di Chyoko sfrecciò davanti ai suoi occhi da pesce lesso. Allora era lei che gli stava facendo perdere tempo! -Oh, ma sei tu! Ciao!- sventolò una mano, sorridendogli beata prima di ignorarlo.

Gin si grattò la nuca, maledicendosi per la propria scarsa mancanza di pazienza e spense il motore. Chissà perché, ma aveva la netta sensazione che le cose, lì, si sarebbero spinte fino a tardi. Chyoko, vestita con una sola maglietta lunga aderente e dei pantaloncini, stava caricando degli scatoloni sul camioncino balordo e osservando il sudore che le imperlava la fronte, doveva star faticando da parecchio tempo. Quando la vide posare la scatola a terra e pulirsi il viso con il pugno chiuso, Gintoki attirò la sua attenzione con un fischio.

-Oi, che stai facendo?- la vide sobbalzare, probabilmente presa alla sprovvista.

-Mi trasferisco- replicò con ovvietà dopo aver tirato fuori dalle labbra il legnetto del ghiacciolo, gettandolo per terra -Ho speso tutti i soldi per comprare casa, figurati se posso permettermi una vacanza- storse il naso nel guardare le altre scatole ancora a terra, poi lo scrutò -Cosa ci fai qui?-

Alzò le spalle -Passavo di qua.-

-Oh, allora- sorrise civettuola -Mi daresti una mano?-

-Proprio no- si grattò il mento per dare enfasi alla propria negazione, godendo della sua espressione dapprima allibita poi seccata -E poi c'è Happosai che ti sta dando una mano- con un gesto del capo indicò il vecchietto che, guarda caso, si ritrovava sempre a fissare il sedere dell'amica -Ranma l'hai nascosto nell'armadio?-

-No, è andato a casa a cose fatte- sventolò una mano, ricominciando ad ignorarlo mentre Gin cacciava in gola un'imprecazione coi fiocchi -Forse è meglio se faccio da sola, avrai sicuramente cose più importanti da fare, che stare qui con m-- il rumore di una scatola che veniva posata sul furgoncino la fece fermare.

Gintoki non era più sul sellino della moto ora appoggiata al muro, ma era al suo fianco che, grattandosi la nuca, studiava il retro del furgone per cercare la maniera migliore di sistemare tutto senza far danni -Ti aiuto qui e poi vado. Stai ostruendo il passaggio!- non la guardò, troppo preso a capire cosa Diavolo gli stesse accadendo da spingerlo ad aiutarla senza averne realmente voglia. E quando, di sottecchi, guardò le sue labbra carnose socchiuse e gli occhi grigi sgranati si rese conto che voleva solamente stare un po' in sua compagnia. L'avrebbe aiutata, magari si sarebbe fatto sganciare qualche yen e poi l'avrebbe salutata... Nulla di più.

Sentì la sua mano affusolata posarsi delicata sulla spalla destra prima di stringere appena, quasi volesse fargli sentire la sua gratitudine con quel semplice gesto. Gratitudine che trasparì perfino dai suoi brillanti occhi grigi e dal sorriso bianco che gli stava donando.

Sui cartoni, Gintoki, concentrati sui maledetti cartoni!

-Grazie, Gin. Non ti ruberò molto tempo.-
 

Sakamoto lo aveva chiuso a chiave nell'infermeria senza dargli alcuna spiegazione. Inquietante, si era limitato a sorridergli prima di lasciarlo solo in balia della propria rabbia. Si lasciò scivolare con lentezza lungo il muro di legno e osservò la stanza illuminata da una lampada ad olio posta sul soffitto. Se solo chiudeva gli occhi, poteva ancora vedere i compagni caduti della propria divisione, le grida e le risate degli Amanto che si facevano più vicine, l'odore del sangue che si impregnava nelle narici e nei vestiti... Portò le mani fra i capelli, digrignando i denti affinché il dolore terminasse. O le loro urla strazianti, non faceva differenza. Avrebbe voluto tanto che l'Amanto che lo aveva colpito in testa lo avesse fatto fuori... Eppure era ancora lì, a respirare.

-Gin-chan, stai bene?- e quando aprì gli occhi, l'ultima persona che avrebbe voluto incontrare, si era acquattata a pochi centimetri da lui. Il suo profumo di loto si mischiava con quello del sangue degli Amanto e dei propri compagni che chiazzava il suo yukata non più bianco e sentendola così vicina, quel tanto che bastava per poter allungare le braccia e trascinarla nella propria presa, Gin avvertì l'urgenza di baciarla un'altra volta. Solo per poter togliersi dalla bocca il sapore metallico del sangue, per sentirsi bene in quel maledetto buco anche solo per cinque minuti -Hai la testa che sanguina. Deve essere stata una bella botta.- la sua voce tremava appena, colma di preoccupazione e tutta quella dolcezza, concretizzata nelle sue dita affusolate che carezzavano i suoi capelli sporchi, lo costrinse ad appiattirsi contro il muro. Doveva mandarla via, non poteva permetterle che anche lei precipitasse nel baratro in cui stava piombando. Allontanò la sua mano con un gesto brusco, digrignando i denti nella vana speranza che se ne andasse spaventata. Ma lei rimaneva immobile, fissandolo con ostinazione.

Accidenti! Non aveva bisogno di lei e della sua sciocca gentilezza, non aveva bisogno dell'amorevolezza di Chyoko per poter sopravvivere. Erano tutte cose inutili che ad un mostro come lui non servivano! Eppure... Eppure la sensazione che lei fosse ormai indispensabile si era marchiata a fuoco nella propria anima, rendendolo privo di difese. E fu questo pensiero che lo mandò in bestia. Non la sua costante presenza, non la sua bontà... Solo il suo essere così fondamentale per non impazzire.

-Vai via, Chyo-chan.- col fiato spezzato e con una forza di volontà che credeva di non possedere, la allontanò nuovamente, rischiando di farla cadere col sedere per terra.

-Non ti lascio solo- mormorò lei senza demordere, fissandolo con espressione contrita. Quello non era lo sguardo che gli piaceva di Chyoko. A lui piaceva la Fujiwara gioviale e che sorrideva alla vita, quella che si intrufolava nella sua stanza perché sapeva quanto odiasse stare solo dopo una battaglia, quella che rideva sempre colorando l'atmosfera di grigiore che lo circondava... Quella che, da sempre, lo aveva fatto sentire normale, come tutti gli altri -Come stai?-

-Cosa ci fa qui, ora?-

-Sono preoccupata.-

-Non ti sei più fatta viva, non c'eri dopo ogni battaglia, non-- morsicchiò il labbro inferiore, contorcendosi dalla confusione illogica che occupava la sua mente -Io non ho bisogno di te- le parole uscirono dalle sue labbra incrostate di sangue con esasperazione, raschiandogli la gola -Non ho bisogno di te, non ne ho mai avuto- riportò le mani fra i capelli mentre i pensieri si accartocciavano, impedendogli di pensare lucidamente -Perché allora continuo a cercarti? Perché non posso fare a meno di te? Che Diavolo sta succedendo?- parlava a vanvera, sconnesso. Ma a dispetto del proprio terrore che Chyoko se ne andasse da lui, quella si era fatta più vicina e veloce aveva preso il suo viso fra le mani, avvicinandolo al proprio petto, stringendo il suo corpo fra le proprie gracili braccia.

-Come stai, Gin-chan?- ripeté accorta, cominciando ad accarezzargli i capelli con fare materno; irrigidito in quell'amorevole stretta, Gintoki si lasciò andare -Sakamoto era preoccupato, dice di non averti mai visto così- la sua voce era pacata, vellutata, quasi rilassante per i propri nervi tesi -E anche Zura... Gli uomini dicono che sembravi una belva feroce, un-- le sue parole si spezzarono e per un istante gli parve di sentire un singhiozzo. Strinse la presa sui suoi fianchi, chiudendo gli occhi mentre le sue mani districavano i suoi ricci -Cos'è successo?- a quel punto, i singhiozzi divennero reali e martellanti. Ancora una volta, era riuscito a far piangere la sua Chyo-chan...

E poi, quel pensiero che credeva di aver solo urlato nella propria mente, si era in realtà dissolto nell'aria in un flebile bisbiglio ma che lei udì perfettamente -Non voglio che ti preoccupi per me.-

La mano di Chyoko si posò delicata sulla ferita alla nuca -Come posso non preoccuparmi? Io sono sempre preoccupata per te!- e il suo pianto non cessò per lungo tempo, riempiendo i suoi pensieri e il silenzio che si era venuto a creare.
 

-Oi, c'è qualcosa che non va?- di scatto, puntò lo sguardo verso l'amica al proprio fianco -Sembri uno stoccafisso.- gli pizzicò una guancia giusto per infastidirlo un po' di più.

Scacciò l'arto con noia -Ah, no, niente.- si passò una mano sulla fronte, fingendo una stanchezza che non provava. Solo allora si rese conto che anche l'ultimo scatolone era stato ficcato con forza dentro l'abitacolo.

-Beh, qui abbiamo finito. Grazie per l'aiuto!- Chyo gli sorrise a trentadue denti battendo le mani poi, osservando Happosai canticchiare mentre intimava loro di muoversi per recarsi alla nuova abitazione, la giovane portò le mani dietro la schiena -Ti va di aiutarmi a sistemare la mia nuova casa?- sorrideva divertita, come se gli avesse chiesto di andare a buttare la spazzatura. E forse sarebbe stato meglio dirle di no, che aveva altro da fare. Una bugia a fin di bene, del resto. Ma quante altre occasioni avrebbe avuto per poter stare con lei e magari sanare una volta per tutte i dissapori che si portavano sulle spalle da anni? E così, incerto sul da farsi, si ritrovò a tentennare davanti al suo sguardo speranzoso.

-Se lei non può ci penso io, giovanotto!- il vecchio lo guardò con un sorriso a trentadue denti.

E prima che potesse anche solo rendersene conto, si era ritrovato a seguirli con il motorino. Ma era solo per non lasciarla in balia di quel maniaco, nient'altro.

********

-Grazie per la cena.- Gintoki si tastò la pancia piena, ruttando di gran carriera. Chyo storse il naso disgustata.

-Com'è che alla fine ho pagato io?- la ragazza appoggiò il mento su di una mano e arcuò un sopracciglio per esternare il proprio scetticismo.

-Perché io sono un ospite e in più ti ho aiutata a sistemare casa- alzò le spalle, come se quella fosse una risposta ovvia e, accomodandosi come fosse casa propria, si adagiò per terra con le braccia dietro la nuca.. Lo sbuffo di Chyo lo fece divertite, sul serio!, così infantilmente scocciata era uno spettacolo, meglio delle soap alla televisione! Ma lei non sembrava divertirsi granché perché dopo qualche secondo lo guardò con sguardo assassino con tanto di vena pulsante sulle tempia.

-Tu hai portato dentro il tavolino, poi ti sei addormentato sulla poltrona!-

Il samurai guardò dapprima la moretta sbuffante, poi l'oggetto della loro discussione -Era un tavolino molto pesante- non contento di vederla irritata anche se in maniera lieve, si ritrovò a ghignare in sua direzione -A quando la mia paga?-

L'angolo destro delle labbra di Chyo guizzò all'insù, il suo dito medio si alzò per salutarlo e poi portò le mani sul pavimento mentre si guardava attorno -Domani mi toccherà finire di mettere in ordine. Che barba... Potrei richiamare quel vecchietto gentile di oggi!- trillò divertita.

-Happosai? Ti ha rubato le mutandine, prima- un urletto gracchiante uscì dalle labbra di Chyo prima che cominciasse a mugugnare che no, non lo avrebbe più invitato. Gin invece, sdraiato sul tatami, fissava il soffitto con sguardo inebetito, o forse era solo l'effetto delle tre birre scolate che cominciava a farsi sentire, ma dopo una manciata di secondi la razionalità tornò per fargli un salutino e, puntellandosi sui gomiti, la guardò serio serio -Quando hai detto che che eri disoccupata e single per colpa mia, a cosa ti riferivi?- ma vedendo le sue sopracciglia aggrottate, continuò -Quando Shinpachi ha avuto problemi con la gattaccia.-

-Ah! Ah, quello...- Chyo si grattò la punta del naso per poi sfoggiare un sorriso sciocco -Che importanza ha?-

-Dai, a me puoi dirlo! Gin-chan è tuo amico!- cinguettò inquietante, sbattendo le ciglia per conferirsi un'aria più sexy. Il sake cominciava a fare effetto.

-Wang non è stato granché chiaro. Probabilmente aveva bisogno di qualcuna più giovane, più magra e che ballasse meglio.- la vide torturarsi le dite, chiaro sintomo di disagio da parte della Fujiwara e lui, forse per non vederla così mogia in quella serata che doveva essere all'insegna del divertimento, si ritrovò a riempirsi un altro bicchierino mentre con noncuranza esclamava un sincero -Agli uomini piacevi. Quello deve essere un vero idiota.- che le strappò un sorriso divertito.

-A quanto pare, non abbastanza.- le dita affusolate di Chyo giocherellavano con le bacchette e il suo sguardo rassegnato fissava un punto indefinito della parete. Fu allora che Gin si riscoprì interessato a lei, alla sua vita. Si rese conto di sapere così poco di quella nuova Chyoko, così distante anni luce dalla ragazzina che mai avrebbe deciso di propria spontanea volontà di ballare su di un palco davanti ad uomini pervertiti, da ritrovarsi a fissarla con quanta più curiosità avesse.

-Come ci sei finita al Wango?- ogni tanto si era chiesto che fine avesse fatto e il ritrovarsela lì, avvinghiata ad un palo con una sensualità che mai aveva adoperato, nemmeno nella loro intimità, era stata decisamente una sorpresa per la sua anima stanca e colpevole. Era sempre stato convinto che, senza di lui, avrebbe di sicuro avuto una vita migliore ma il destino si era accanito con Chyo più di quanto avesse potuto prevedere. Forse, tra i due, chi meritava un briciolo di felicità era la donna meditabonda che gli sedeva di fronte.

-Cercavano una cameriera e mi hanno assunta. Poi mi hanno infilato un corpetto e prima che potessi rendermene conto ero diventata la Perla. Tutto qua!- aprì le braccia mentre un sorrisetto le spuntava sul volto accaldato. Come tutto qua?! Quella aveva sempre avuto il brutto vizio di ciarlare a vanvera e adesso se ne usciva con un misero tutto qua?! -Come vedi, non è molto interessante.- gli angoli delle sue labbra avevano tremato appena e la sensazione che la ragazza stesse nascondendo qualcosa lo pervase, spingendolo a farle altre domande.

-E ti piaceva?- c'era un pizzico di seccatura nella sua voce strascicata, se ne rese conto, ma al pensiero che apprezzasse quella vita tra alcool e sesso, beh, il sangue ribolliva nelle vene fino a mandare impulsi al suo cervello affinché la cattiveria prendesse il sopravvento.

-Non era male- le labbra sotto il suo palmo, che le semi nascondeva, guizzarono all'insù con velocità -I clienti tutto sommato erano educati- lo guardò divertita -Sai? Alcuni mi chiedevano di sposarli.- e lui, che a quell'uscita avrebbe dovuto sputare il sake e ridere di gusto, si era invece limitato a massaggiarsi una spalla mentre il cuore prendeva ad accelerare a ritmi crescenti. Aveva dato per scontato che, in tutti quegli anni, Chyo avrebbe potuto sposarsi, avere dei figli, una famiglia felice... Innamorarsi ancora... Già, avrebbe dovuto ridere. Ma non lo fece. In quel preciso istante, scorgendo la sua provocante figura che sembrava volerlo invitare a commettere qualche azione non proprio da gentiluomo, la consapevolezza che chissà quanti altri uomini avevano avuto il piacere di toccare il corpo di Chyoko sfrecciò nella sua mente offuscata dall'alcool. Fu solo un pensiero, scomodo e lacerante, ma che in qualche modo fu capace di fargli rimpiangere quei cinque anni di lontananza. Soprattutto, fu straziante accorgersi che, Chyoko Fujiwara, probabilmente non sarebbe più stata sua in nessun senso.

-E tu?-

-Vedi qualche anello al dito?- domandò ironica mettendo in bella mostra la mano libera -E poi, comincio a credere di non essere portata per quelle cose lì. I figli, un marito, una famiglia...-

Gin strabuzzò gli occhi, cercando di mettere a fuoco la sua figura e le sue parole, soprattutto quelle. Che fine aveva fatto la Chyoko che voleva sposarsi e vivere felicemente i suoi giorni? Quella che si era disperata per non aver ancora dato il primo bacio mentre le infermiere avevano già superato il K-point, quella che non vedeva l'ora di sfuggire alla guerra per potersi costruire un futuro stabile, quella che probabilmente si era aspettata di ricevere tutte queste cose da uno come lui...

-A te piacevano quelle cose lì.- si ritrovò a scandire con calma apparente mentre si aspettava di rivedere qualche barlume della vecchia Chyo-chan. Intanto i suoi pugni sotto il tavolo stringevano la stoffa dei pantaloni neri.

-Si cresce e si cambia idea. E poi ammettiamolo, a mala pena riesco a badare a me stessa, come potrei permettermi di accudire dei bambini? Tutto questo può essere appagante, ma non darebbe un senso alla mia vita- lo stava guardando assorta, quasi desolata, come se avesse compreso quanto quella rivelazione lo avesse turbato -Gin, c'è una sottile differenza tra la vita che uno crede di volere e la vita che ha.- seguì convinta, accarezzandosi le braccia mentre sul suo viso compariva un'espressione imbronciata. Quanto ci aveva messo Chyoko per adattarsi a quella situazione? Quanto ci aveva impiegato per convincersi che tutto quello in cui aveva creduto forse non avrebbe mai fatto parte della sua vita?

E al pensiero che fosse lui la causa del suo cambiamento, la propria coscienza prese le redini del suo cervello, sbaragliando ogni difesa che aveva -Mi dispiace.- si era ripromesso di non dirglielo, di non dargliela vinta. Ma aveva ceduto e adesso avrebbe dovuto pagarne le conseguenze.

-E perché ti dispiaci? Forse non fanno nemmeno per me. Così come non fanno per te. Non c'è nulla di male!- concluse rigirando il bicchierino con noia, sorseggiando poi il sake.

Però con te mi sarebbe piaciuto averle, pensò sincero, mordendosi la lingua affinché quello restasse ciò che era, cioè un pensiero dettato dall'ebrezza mentre un -Già- tediato fu tutto ciò che le concesse. Ma la sua lingua non voleva saperne di non muoversi e prima che potesse darle un freno, si ritrovò a continuare quel discorso sconclusionato -Ma sei cambiata, lo sai?-

Chyo allargò gli occhi grigi, scoccandogli un'occhiata allucinata -Eh?-

Gin si sistemò meglio per apparire sicuro, fallendo miseramente -Sembri... Non lo so-- agitò le mani, quasi volesse che fosse lei a cavargli le parole di bocca. Ma Chyo lo fissava attonita e basta -Non sembri tu.-

Una risata nervosa sfuggì alle sue labbra carnose e tremanti -Ma che dici? Sono sempre la stessa!- cominciò ad agitarsi -Ho i soliti capelli ingestibili, cammino ancora a testa bassa sperando di divenire invisibile agli altri, continuo ad usare Zura come sfogo quando sono nervosa e-- le mani, dai suoi capelli arruffati, si abbassarono fino alle cosce stringendosi a pugno -E ho sempre la sciocca presunzione che tu un giorno riuscirai a parlarmi.-

Quella che doveva essere una chiacchierata che verteva su tutto e niente, si era in realtà capovolta in una tremenda confessione a cuore aperto a cui, ancora una volta, non era assolutamente preparato. Parlare di loro veniva facile, ma solo se tirava in ballo il presente e perché no?, gli aspetti del loro passato comune senza però toccarli intimamente. Ma quanto si trattava di loro, beh, non gli veniva così facile comunicare, mentre Chyo sembrava sempre sapere cosa dire e come dirlo. Un moto di sollievo rilassò i suoi nervi tesi: forse, se cercava a fondo, la Chyoko che tanto aveva amato non sarebbe stata difficile da scorgere.

Gin aggrottò le sopracciglia -Non lo stiamo già facendo?- ma dal suo viso trasparì amarezza e lui, con un sospiro pesante, fu costretto a darle ragione -Non sono bravo a parlare, lo sai bene.- e a pensarci bene, questa suonava tanto come l'ennesima scusa da rifilarle pur di mettersi la coscienza a posto. Del resto, che colpa ne aveva lui se con i discorsi faceva schifo e quindi non era in grado di comunicare con lei? Non era nemmeno colpa sua il fatto che lei covasse delle aspettative nei suoi riguardi e lui, immancabilmente, si ostinasse a non mantenerle. E sicuramente glielo avrebbe fatto notare, come suo solito. Guardò di lato, nascondendo la bocca dietro il palmo aperto, chiedendosi perché mai ogni bella serata doveva concludersi con una litigata.

Chyoko si stropicciò il viso, sbavando il trucco sugli occhi -No, senti Gin, stasera non mi va. Sono stanca di litigare con te, non-- si picchiettò le guance, sorridendo poi tirata -Forse sono un po' ubriaca!- Gintoki abbozzò un sorriso, annuendo per darle ragione. E tutto scemò lì, nel loro silenzio e tra altre bevute di cui non stavano tenendo il conto -Ti va di festeggiare con un po' di sake?- incespicando fra i propri piedi si era alzata, dondolandosi come una mocciosa.

-Non ne abbiamo bevuto abbastanza?- constatò indicando le tre bottigliette vuote mentre il mento scivolava sul palmo aperto, rischiando di sbattere contro il tavolino. Chyoko ridacchiò scioccamente poi alzò le spalle.

-Daiiii, solo per stasera!- si mise a mani giunte, saltellando sul posto come una molla impazzita. Incredibile come l'aria tesa si fosse dissolta con la sua sola allegria immotivata.

Gin studiò l'ambiente circostante mentre prendeva tempo per darle una risposta: l'appartamentino era poco più grande della scatola di sardine 109 che aveva abbandonato, decisamente più accogliente e con delle belle pareti color panna che, pregava, non si sporcassero con la velocità della luce. Mai descrizione di una casa fu più approssimativa, ma era ubriaco fradicio quindi andava bene così. Però ora che ci pensava, che altro aveva da guardare? Forse poteva fissare lei che, tutta eccitata al pensiero di festeggiare, gli pareva più una mocciosa che una donna in carriera e dai sani principi... Nh, forse era meglio smetterla di fissare il suo seno che si alzava ed abbassava ad ogni salto... Cosa poteva guardare? L'orologio! C'era l'orologio di non ricordava quale suo spasimante e che lui, in preda ad un attacco di gelosia durante l'ebrezza, aveva appeso storto e che ora segnava le 22.00 passate -Se devi andare, facciamo un altro giorno.- aggiunse lei arricciando le labbra, seguendo la linea del suo sguardo stanco.

Gin si grattò la nuca, congratulandosi con il proprio cervello che ancora emetteva barlumi di lucidità. Il problema non era l'ora neppure troppo tarda, non era tipo da badare a queste cose quando si trattava di bagordi; il problema era il sake unito al fatto che Chyoko si trovasse nella stessa stanza. L'alcool non avrebbe portato altro che danni, danni irreparabili. Almeno, solitamente accadeva così nella sua vita. Bastava ricordare che, ubriaco marcio, era capitato nell'ultimo locale in cui avrebbe dovuto mettere piede, facendo sì che sul proprio cammino all'insegna della monotonia piombasse l'uragano Chyoko... E boh, tutto d'un tratto non gli parve così male come si era ostinato a dirsi. Così, senza pensarci troppo su la guardò con un mezzo sorriso mentre il suo -Per me va bene.- si spargeva leggero nell'aria.

Chyo si avvicinò alla credenza alla ricerca delle bottigliette e a ricerca infruttuosa si rivolse a lui -Gintoki, cerchi nello scatolone vicino alla poltrona?- avrebbe voluto urlarle di andarsele a prendere da sola, ma desistette e gattonò fino al punto indicato dalla ragazza. E se solo ci ripensava, si disse davvero fortunato per quell'avvenimento: quella non era una comune scatola, era uno scrigno delle meraviglie!

-Oh mio-- le parole gli si spezzarono in gola mentre una risata veniva mal trattenuta fra le labbra sottili tremanti -Conservi ancora queste oscenità?!- tirò fuori dallo scatolone una serie di fogli di riso e quaderni dall'aria familiare, sventolandoli e sfogliandoli. I mille e mille disegni e ritratti che Chyo aveva dipinto sin da tenera età erano ora sotto i suoi occhi impigriti e lucidi per le troppe risate. C'era il Takasugi stecco, Zura con i capelli lunghi fino ai piedi a mo' di sirenetta e poi c'era lui con dei capelli che nemmeno un cespuglio. Col trascorrere degli anni il suo tratto non era granché migliorato, ma grazie a ciò poteva trascorrere una serata a ridere e divertirsi.

Chyo assottigliò dapprima gli occhi, poi si catapultò verso di lui come a voler proteggere i suoi ricordi -No, non guardarli!- trillò cercando di strapparglieli dalle mani -Il mio estro creativo era ancora acerbo!- si giustificò rossa in viso, quasi a voler trovare una giustificazione.

-Facevi schifo in arte!- constatò sollevando le mani, in modo da non permetterle di rubargli il quaderno. E pensare che da piccola aveva difeso con le unghie e i denti quelle oscenità che lei aveva definito capolavori.

-Dai Gin, non guardarli! È imbarazzante!- si sporse, allungandosi verso di lui. Posò con poca delicatezza la mano destra sul suo viso, spingendola indietro, e con l'altra continuò a sfogliare il quaderno ormai senza trattenere le risate. Le lacrime solcavano il suo viso rosso per lo sfinimento e si piegò leggermente mentre avvertiva lo stomaco contorcersi per la mancanza d'aria. E poi, il fiato gli si spezzò in gola, il cuore martellò più forte e la risata si troncò seccamente; solo i mugugni di Chyo continuavano a ronzare per la stanza. Lì, davanti ai suoi occhi, c'era un'immagine che aveva da tempo dimenticato e che avrebbe fatto volentieri a meno di rivedere: una foto di gruppo che ritraeva tutti loro da bambini davanti al dojo. Ricordava ancora quella calda giornata di fine estate, i loro schiamazzi quando il Maestro aveva detto loro che sarebbero usciti a fare una passeggiata, le gare con Shinsuke per arrivare per primo al laghetto in fondo alla via, i richiami paciosi di Zura e il sorriso gioioso di Chyoko... E la voce pacata del Sensei che diceva loro di fare attenzione. Da quanto non aveva più provato a pensarci? Anzi, da quanto aveva fatto finta di non pensarci? Da quanto aveva provato a cancellare la faccia di quell'uomo pur di non avvertire l'angoscia attanagliare il proprio spirito? E nel silenzio generale, dove solo il suo cuore martellante poteva essere udito, si ritrovò ad accarezzare con il pollice il suo viso sorridente, come se così facendo potesse scemare l'ansia.

-Seriamente, dovresti buttarle queste scemenze.- chiuse il libro di scatto, l'allegria svanita completamente, spostando il colletto della maglietta nera con l'indice per poter respirare liberamente. Chyo aggrottò le sopracciglia, stupita dal suo repentino cambiamento, ma non pronunciò parola e piano si allungò, infilando una mano nello scatolone corretto. Gin chiuse gli occhi, inebriandosi dell'odore di Loto che i suoi capelli emanavano; strinse le mani sulle ginocchia pur di non sfiorarla, pur di non commettere pazzie.

-Sono ricordi, non sono scemenze- gli puntellò l'indice sulla fronte, poi si alzò per avvicinarsi al tavolino facendo tintinnare le bottigliette -Dai, vieni a bereee!- sfiorò la fronte, storse il naso e alla fine accantonò i pensieri scomodi pronto a farli dissolvere con un po' di sake.

 

Al ventesimo bicchiere, le cose cominciarono a peggiorare. Lo aveva immaginato.

-Quindi sei andato a vivere sopra di lei?- i suoi occhi grigi si allargarono per la sorpresa mentre buttava giù il ventesimo sorso. Come erano finiti a parlare della vecchia ciabatta?!

-Se avessi saputo che sarebbe stata una tale rompicoglioni, me ne sarei guardato bene.- avvertì la gola bruciare dopo un'altra bevuta. Quanto sake aveva ingurgitato? Ormai aveva perso il conto. A proposito... Dove aveva lanciato lo yukata?

-Intanto hai vitto e alloggio gratis- calcò sull'ultima parola con sarcasmo rifilandogli un'occhiata eloquente a cui lui replicò sfoggiando il dito medio -Come vi siete conosciuti?- Gin si massaggiò le spalle, quasi potesse avvertire su di sé il peso della neve soffice che cadeva, si tastò lo stomaco come se fosse vuoto e lui fosse affamato e nonostante il caldo procurato dall'alcool, mille brividi di freddo percorsero il suo corpo. Quel giorno era ancora vivido nella sua memoria, indelebile, così come indelebile era la sensazione di salvezza che lo aveva pervaso quando Otose aveva deciso di prendersi cura di lui. Quando lui aveva deciso di provare a redimersi facendole una solenne promessa, costringendosi a mantenerla almeno quella volta.

-Per caso. A dir la verità, non me lo ricordo bene- mentì abbassando lo sguardo -Un giorno l'ho incontrata e sono finito a lavorare su da lei. Non c'è molto da dire- e prima che potesse darsi un tono, l'ebrezza aveva cominciato ad offuscare quel briciolo di lucidità che gli aveva permesso di non commettere cazzate, ritrovandosi a ridere come un deficiente -Probabilmente è la storia della mia vita: venire raccolto come un cane randagio e accudito- Chyo non si unì alla sua risata priva di allegria, lo fissò con tenerezza mentre morsicchiava l'interno delle guance -C'è stato il Sensei, poi ci sei stata tu, Otose... Ah, mi gira le testa!- scivolò sul basso tavolino, nascondendo la testa con le braccia. Gli veniva da vomitare e più pensava alle tragedie del passato, più sentiva lo stomaco rivoltarsi. Alzò lo sguardo, incrociando i suoi occhi colmi di preoccupazione. Perché si preoccupava sempre per lui? -Perché non mi hai detto che ti saresti trasferita?- vedendola sgranare impercettibilmente gli occhi, per poi scuotere la nuca. La domanda gli ronzava in testa da parecchio, ma solo a quel punto aveva trovato il coraggio di porgliela.

-Non credevo te ne sarebbe importato qualcosa.-

-Che bella considerazione... Gin-chan c'è rimasto male, lo sai?- fece tremare il labbro inferiore, vedendola ridacchiare. Stavano passando da momenti di disperazione a coglionamento totale nel giro di pochi secondi. Forse non avrebbero dovuto bere così tanto.

-Ah, sei disgustoso quando parli così!- poi, mentre si grattava la nuca, si appiattì anche lei sul tavolino -E poi, sarebbe stato abbastanza patetico, no?- non si era accorto di aver allungato una mano verso i suoi capelli ma prima che potesse perdervi le dita l'amica si era messa in piedi e lui, chiudendo la mano a pugno, l'aveva riportata sul tavolo.

Fu solo allora che, braccia conserte e mento sopra esse, posò davvero lo sguardo offuscato dal sake sulla padrona di casa che, recatasi di nuovo alla credenza, rovistava fra gli alcolici.

Era bella da togliere il fiato, resa ancora più desiderabile dalla cascata di capelli neri che, selvaggi, le ricadevano fino al seno pronunciato. E lei, che con naturalezza sventolava la maglietta per trovare refrigerio, non si rendeva conto di alimentare la sua fantasia ogni secondo che passava, facendolo avvicinare ad una crisi di nervi che se superata lo avrebbe portato alla pazzia. E la voleva... Se anche per una sola notte, voleva risentire il suo corpo stringersi al proprio, i suoi gemiti spezzati che si mischiavano ai propri, il proprio nome pronunciato con voce vellutata ad ogni spinta... La desiderava in maniera viscerale.

Tirò con due dita il colletto della maglietta nera, cercando un po' di aria. Faceva caldo, si soffocava e quel vortice di pensieri scabrosi su di lei non aiutava -Certo che potevi mettertelo un reggiseno.- gli era uscito spontaneo quel commento, accorgendosi solamente dopo alcuni secondi della fesseria commessa. La Chyo di un tempo gli avrebbe rivolto un'occhiata scioccata condita da bocca spalancata e gote imporporate, rivolgendogli una frase del tipo “Ma dove guardi, razza di cretino?!”. Ma la Chyo cresciuta che aveva fatto la ballerina in un locale di dubbio gusto, che poco aveva a che fare con la ragazzina per cui aveva preso una sbandata coi fiocchi, gli aveva sorriso maliziosa e, giocherellando con la maglietta, lo aveva guardato con occhi lucidi e socchiusi -Hai visto che sono cresciute?- facendogli un occhiolino inquietante. Ok, era ubriaca marcia e quindi non l'avrebbe insultata. Ma se Chyoko continuava a comportarsi in maniera così conturbante non poteva trattenere i propri istinti. E prima che potesse chiedere al proprio cervello di infondergli un briciolo di razionalità, la Fujiwara si era avvicinata pericolosamente.

Indietreggiò col sedere -Sarà- Sarà meglio che io vada a casa- farfugliò -Ahm, Shinpachi e Kagura mi sta-- Chyo, a gattoni, lo squadrava assorta. I suoi occhi color del fiume erano vividi, brillanti... Capaci di paralizzarlo. Fu forse quello il motivo per il quale non si tirò indietro quando gli circondò il collo e azzerò la distanza fra i corpi, rischiando di farlo sbilanciare e cadere di schiena. I riflessi però non erano spenti come credeva e, per fortuna, appoggiò celere una mano a terra mentre l'altra andava a posarsi sulla sua schiena stretta. Lo sguardo di Gin esitò sulle sue labbra carnose, sulle sue gote rosse, sulla linea morbida del seno... E distolse lo sguardo, colto da un improvviso senso di imbarazzo misto ad eccitazione.

Poi avvertì le labbra di Chyo sfiorare delicate il suo orecchio e ci fu quel sussurro che risuonò come un grido

-Un cenno... Uno solo e mi fermo.-


 

Il suo cuore aveva cessato di battere per poi riprendere con velocità sempre più crescente, così come crescente era il desiderio che si faceva largo in lui. E la paura, oh quella ormai era albergata nelle viscere più profonde del suo essere e lo costringeva a deglutire in quel silenzio surreale che si era venuto a creare dopo le sue parole. Un cenno... Un solo, misero cenno e lei si sarebbe allontanata, avrebbe sciolto quell'abbraccio tenue che gli stava facendo perdere ogni inibizione, sarebbe ritornata distante e inavvicinabile. L'avrebbe persa ancora... Il panico aumentò e tremando si ritrovò a stringere i suoi fianchi.

-Chyo-chan- il suo naso sfiorò quello di lei e a quella distanza minima, poteva avvertire il suo respiro regolare e che sapeva di sake -Non sei patetica, non lo sei mai stata.-

Non seppe per quanto rimasero immobili a fissarsi e perfino il pensiero di dover avvisare Shinpachi e Kagura del ritardo sfumò nel dimenticatoio. La voleva, del resto non gliene fregava granché...

 

Una volta smesso di piangere, Chyoko lo aveva accompagnato nell'infermeria solitaria per poterlo medicare. Il suo sguardo sofferente aveva indugiato su di lui per tutto il tempo, ma questa volta non aveva cercato il contatto fisico pur ritrovandosela a pochi millimetri e nemmeno aveva provato a trovare qualche scusa per barcamenarsi in quella situazione. Del resto, le sue parole erano già state abbastanza sconvolgenti per poter essere sotterrate.

Seduto sulla branda, giocherellando con la fascia bianca macchiata del proprio sangue, Gintoki studiava ogni minimo movimento dell'amica, quasi volesse cogliere i suoi pensieri. Sembrava scossa, a disagio, in procinto di voler parlare senza però averne davvero l'intenzione e lui, nella sua sciocca ed immensa idiozia, si era ritrovato ad affrontare un discorso che ormai da tempo tartassava la sua mente offuscata -So che vai sempre a curare Takasugi- Chyo annuì mentre apriva il rubinetto per potersi sciacquare -Ti piace ancora?-

Aveva posto quella domanda con una naturalezza invidiabile e una tranquillità che non credeva di possedere; Chyo, d'altro canto, lo fissava come se fosse un pazzo. Non seppe perché tirò in ballo la sua ipotetica relazione con Takasugi, proprio lui che odiava quella sorta di discussioni in cui ci si esponeva troppo, ma c'era quel chiodo fisso che non lo faceva dormire la notte, quella strana sensazione che quel bacio scambiatosi in un momento di debolezza potesse farla riavvicinare a quel cavernicolo. E al pensiero di perderla, anche se solo la sua amicizia, lo mandava in tilt.

Con il viso che lasciava trasparire tutto il suo stupore, Chyo lasciò perdere le mani sporche di sangue e si soffermò a guardarlo -Stai scherzando, non è vero?- balbettò a stento, cercando di non scoppiare a ridergli in faccia.

-Rispondi alla domanda.-

-Deve essere stata una bella mazzata, quella- gli indicò la testa con un cenno della propria -Stai straparlando. Di sicuro ti hanno ridotto il cervello in--

-Chyo, ti piace Shinsuke sì o no?- con tono fermo aveva ripetuto la domanda, fissandola con una serietà disarmante, assolutamente atipica per uno svogliato come lui. Chyo lo fissò titubante, dapprima, poi farfugliò qualcosa di sconnesso prima di mormorare un secco:

-No che non mi piace e non capisco nemmeno come possa esserti venuta un'idea del genere!- tornò a guardare le proprie mani sporche di sangue, continuando a darsi una ripulita -Sai bene che mi è passata!- rimasero in silenzio a studiarsi in cagnesco e quando il sospiro pesante di Chyoko raggiunse le sue orecchie, Gin comprese come si stessero ormai avvicinando alla domanda cruciale: perché quell'interrogatorio? Una domanda scomoda che avrebbe portato ad una confessione ancora più scomoda e visti i tempi che correvano, non era certo di voler imbastire una relazione con lei. Sempre che fosse stata d'accordo, ovvio...

-Oh, beh, se è così...- poggiò i piedi per terra e dopo essersi guardato in giro con aria sospettosa, le diede le spalle. Doveva andarsene prima che le cose peggiorassero.

-Beh, te ne vai senza darmi nemmeno una spiegazione?!- si irrigidì sul posto, sentendosi colto in flagrante.

-Che spiegazione dovrei darti?- la confusione aleggiava intorno a lui. Del resto, quando si trattava di parlare, Gintoki era sempre bravo a sviare gli argomenti -A me sta bene così- alzò le spalle, pronto nuovamente ad andarsene. Chyo prese la prima cosa che le capitò fra le mani e, dimentica della propria, scarsa mira, lanciò un bicchiere che si infranse sulla schiena del ragazzo, cadendo rovinosamente a terra e frantumandosi -Ma sei impazzita? Potevi farmi male!- guardò i cocci di vetro vicino ai suoi piedi -E adesso chi lo sente Zura? Sia chiaro, non intendo pulire!-

-Sei tu ad essere impazzito, con le tue assurde domande!- aprì le braccia -Prima mi eviti, poi mi chiedi se mi piace Shinsuke e infine te ne vai con un irritante “A me sta bene così”- lo scimmiottò facendo la voce grossa -Beh, a me non sta bene così, proprio per niente!- la voce si era fatta più alta e carica di nervosismo, perfino i suoi lineamenti delicati si erano imbruttiti. E lui la guardava con pigrizia, incapace di tranquillizzarla.

Gintoki sospirò -Cosa vuoi sentirti dire?-

-Qualsiasi cosa! Basta che parli- si chiuse nel proprio silenzio, sentendosi alle strette in quella discussione più grande di lui e Chyo si ritrovò a guardarlo con stizza -Tu non puoi farmi domande assurde e poi andartene come se nulla fosse!- oh, sì che poteva! -Come quando mi hai baciata!- portò le mani sulla bocca, gli occhi grigi sgranati rivolti a lui, immobile. Gintoki aveva voltato il busto quel tanto che bastava per poterla studiare. In tutto quel carosello di stramberie, Chyo aveva tirato fuori l'unico argomento che avrebbe voluto dimenticare; ma, forse, affrontarla una volta per tutte era la cosa migliore da fare. E con calma invidiabile, Gin la fissò serio serio:

-Sei stata tu a baciare me.-

Inizialmente, Chyo rimase a bocca aperta per l'incredulità poi balbettò un imbarazzato -Ci siamo avvicinati insieme.-

-Veramente, ti sei sporta tu per prima.- utilizzò ancora il classico tono tediato di chi ha la situazione sotto controllo. Peccato che non fosse affatto così.

-Io-Io non so cosa mi sia preso!- strinse i proprio gomiti, un po' per la rabbia un po' per il nervoso. Ma ad un tratto, lo guardò con rinnovato furore, come se avesse trovato una via d'uscita -E comunque, non mi pare che tu ti sia tirato indietro!- sorrise compiaciuta quando lo vide incassare il colpo con un'imprecazione sommessa.

Le puntò l'indice contro -Mi hai preso alla sprovvista!- si giustificò malamente, facendole roteare gli occhi dall'esasperazione. Cazzo, così non andava bene, affatto! Non poteva certo dirle che se Sakamoto non li avesse chiamati, quel giorno, avrebbe portato avanti l'opera perché da troppo tempo, ormai, desiderava trovarsela stesa sotto sé nel futon, nel silenzio della notte. Non poteva, non poteva! Era una mossa troppo suicida!

-Beh, avresti potuto allontanarmi una volta realizzato il tutto!-

-Ho realizzato tardi cosa stava accadendo!-

-Gintoki, mi hai sbattuta sul tavolo!-

E quando la vide respirare affannata, con la ragione dalla propria, Gintoki strinse i pugni mentre avvertiva le parole salire fino alla gola, per poi venire sputate con rabbia -Beh, forse non volevo allontanarti! Forse non mi è dispiaciuto quello che è successo!- era lui, ora, a stringere i pugni con forza, deciso in quello che stava confessando con più coraggio di quanto non avrebbe pensato di avere. Continuava a mandare impulsi al cervello affinché lo facesse tacere, ma il fiume di parole continuava a straripare -Cazzo, se Sakamoto non fosse entrato io-- portò le mani fra i capelli, avvertendo un fischio nelle orecchie e la mente cominciare a vorticare. Voleva andarsene da lei e dalle proprie paure.

-E allora di che cosa stiamo discutendo?- chiese stanca, aprendo le braccia per poi lasciarle scivolare lungo i fianchi.

Strinse i denti, Sakata -Ah, non lo so, non so più niente! È tutto così complicato!- le diede le spalle mentre si stropicciava il volto sporco. E poi, le parole a lungo taciute si librarono nella stanza, facendole sgranare gli occhi grigi, facendolo sentire un po' più leggero -So solo che mi terrorizza il pensiero di perderti, mi manda in bestia il fatto che tu possa amare ancora Takasugi e-- la guardò, questa volta chiudendo il proprio monologo con voce flebile -E che ti ribacerei ancora, per sempre.-

 

Le sue labbra erano proprio come le ricordava, morbide e carnose, come se non avesse mai smesso di baciarle in tutti quegli anni e mentre gli toglieva la maglietta nera, buttandola dietro sé, di un fatto si diede ragione: Chyoko era cambiata anche su quel fronte. Meno impacciata, più intraprendente, più sensuale... Perfino il modo in cui mordicchiava il lembo di pelle tra la scapola e il collo fu capace di strappargli un gemito rauco mentre gettava la testa all'indietro per riempire i polmoni d'aria. Gintoki, invece, si sentiva ancora goffo nonostante avesse fatto miliardi di volte l'amore con lei quando si trovavano al campo e se dapprima aveva deciso di lasciarle fare tutto il lavoro pur di non peggiorare la situazione, quando Chyoko gli sorrise lievemente trasmettendogli quella dolcezza che ai tempi lo aveva fatto sentire completo, si ritrovò a stringerla con quanta più delicatezza possedesse, timoroso di romperla. Lisciò la stoffa della maglietta, sfilandola dalla sua pelle bianca e quando i polpastrelli scivolarono su di essa, li sentì bruciare.

Chyo aderì meglio al suo corpo con una leggera spinta di bacino che gli mozzò il fiato in gola, permettendogli di posare le mani sulle sue gambe, facendole scorrere in lente carezze fino ad arrivare alle mutandine di pizzo nero, così poco in stile Chyo che quasi si chiese se quella ragazza audace a cavalcioni su di sé non fosse una sconosciuta. Ma poi lo guardò dritto negli occhi e vi riconobbe la stessa, identica malinconia che lo aveva colto in fallo, facendolo rilassare. Lento, fece scivolare le dita sulle sue cosce, accarezzando con estenuante pacatezza le pieghe della lunga cicatrice che solcava quella destra, chiudendo gli occhi mentre i ricordi lo sommergevano; scostò lo sguardo, indugiando sulla sua espressione inebriata. Con torturante flemma arrivò a sfiorarle l'inguine fermando le dita sull'elastico delle mutandine, deglutendo a vuoto al pensiero che, con un solo gesto, avrebbe potuto averla. Ma le mani affusolate di Chyo si posarono sulle proprie, accarezzando le sue braccia dai muscoli tesi, spazzando via ogni incertezza. Le sue manine trafficarono con la cintura dei pantaloni e quando si ritrovò con i soli boxer sotto di lei, comprese che ormai non sarebbe più tornato indietro.

Con una spinta si appiattì contro il muro e la fece aderire a sé, rabbrividendo al contatto del suo seno contro il proprio petto, scorrendo le dita sulla sua schiena che si inarcava, perdendosi fra i suoi capelli neri come la pece. Le mani di Chyo ritornarono sulle sue e cominciò a spingerle verso il basso, accompagnandolo nell'inevitabile discesa delle mutandine nere.

La guardò negli occhi e in un secondo fu lampante che non si sarebbe più trattato di un semplice bacio...

 

Le proprie paure si erano trasformate in parole, riversate tutte su di una Chyoko che, incredula, lo fissava. Allargò le braccia e alzò le spalle, facendole intendere che non aveva nient'altro da dire e respirava affannosamente, come se si fosse liberato di un enorme peso. Lei, invece, se ne stava ferma e immobile senza respirare, quasi avesse dimenticato come si facesse. Perché non si muoveva? Perché non piangeva, strepitava, rideva, lo insultava, scappava... Perché non aveva alcuna reazione? Gin non era uno sprovveduto, sapeva bene che quel momento sarebbe prima o poi arrivato -anche se non immaginava così presto- ma aveva sempre pensato che lei avrebbe fatto qualcosa, si sarebbe mossa. Anche solo per picchiarlo, ma avrebbe dato segni di vita! Ma più il tempo passava, più le sue incertezze crollavano...

Solo allora si rese conto di aver praticamente dato luogo a quella che tutti chiamano “dichiarazione d'amore” e pensandoci con lucidità, si disse di non essere stato granché romantico. La sua voce non era uscita suadente come nei film, le sue parole non erano state indimenticabili come nelle soap... Ma la sincerità, quella era trasparita in ogni pausa tra una frase e l'altra.

Poi udì la sua voce tremante mentre la vedeva abbassare lo sguardo -Allora, tu--

E lui avrebbe dovuto correre ad abbracciarla mentre vedeva un sorriso fiorire sulle sue labbra color ciliegia, avrebbe dovuto gridarle quanto le volesse bene mentre Chyo riprendeva a parlare. Ma una molla in lui scattò facendo sì che l'ansia cominciasse a pervadere ogni fibra del suo corpo e senza riuscire a ragionare, la paura cominciò a parlare al posto suo -Senti, dimentica tutto, ok?- si massaggiò il collo -Sono solo--

-Gin-chan...-

I suoi occhi cremisi colmi di incertezza incrociarono i suoi grigi e lucidi, e tutte le sue forze crollarono come un castello di carte al vento...

 

-Mi piaci.-

******

-Ci pensi tu qui?-

-Sì, non preoccuparti- recuperò uno yukata a caso dallo scatolone e si coprì, perdendosi ad osservare la sua larga schiena. Le dava le spalle, alla ricerca dello yukata perduto -E' sulla poltrona- disse con calma, palpando il nervosismo e l'imbarazzo che aleggiava intorno al suo corpo -Fai attenzione mentre torni.- perché se ne voleva andare, lo aveva capito. Non aveva bisogno di sentirselo dire; era ormai abituata alle sue non parole.

-Non sono una ragazzina!- la sua voce scorbutica la colpì come uno schiaffo in pieno volto e istintivamente si strinse nello yukata. Fece per rispondergli a tono, ma la porta era già stata aperta e Gin era ormai sulla soglia. Lo raggiunse. Era sciocco da parte sua pensare che avrebbe voluto vederselo girare per casa ancora un po'?

Si guardarono di striscio -Beh, grazie per avermi aiutata.- si appoggiò con una spalla allo stipite, mentre Gintoki annuiva appoggiandosi alla balaustra di ferro che dava sul cortile d'ingresso fiocamente illuminato da un lampione. Quanto ci avrebbe messo a cambiare idea su di lei?

-Figurati. Per i soldi fa niente, mi hai già ripagato a dovere- si scompigliò la zazzera argentea -Cioè, con la cena che hai pagato tu e... E nient'altro.-

-Certo, la cena- abbassò lo sguardo, sbuffando subito dopo -Ci vediamo, ok?- e senza attendere risposta alcuna, chiuse la porta per poi lasciarsi scivolare contro. Passarono alcuni istanti, poi avvertì i piedi di Gin muoversi lontani e poi il motore dello scooter, segno che finalmente se ne stava andando. Del resto, come avrebbe potuto dare torto al suo atteggiamento ostile? Tra loro c'era questa specie di rapporto altalenante dove sembravano appacificarsi e poi si scontravano perché c'era sempre qualcosa che andava affrontato, qualche sassolino da togliere perché altrimenti la strada impervia non sarebbe stata affrontabile. E adesso, quando credeva di aver messo da parte tutto, ecco che si ripresentava un nuovo ostacolo da sormontare...

Si guardò attorno mentre ricacciava indietro le lacrime. Il piccolo appartamento era enorme e freddo senza di lui...


 

Si era eclissato. Con velocità impressionante e senza proferire verbo, Sakata si era dileguato alla sua vista stanca e lucida. La sua reazione alla sua dichiarazione era stata la fuga. Nessun Sakamoto era venuto a chiedere loro di unirsi ad una gara di bevute, nessun Katsura li aveva obbligati ad andare a riposare . Fu Gintoki, semplicemente, a darle le spalle con un gesto secco, sbattendo la porta quando fu uscito. Venire ignorata in questa maniera fu addirittura peggio che scoprire la tresca tra Takasugi e Kaory. Almeno tra loro non era successo nulla, mentre con Gin... Sorrise amara, maledicendosi per la propria ingenuità. Un bacio non significava nulla, avrebbe dovuto saperlo...

Chyo respirò a pieni polmoni, cacciò indietro le lacrime e si lasciò cadere sulla sedia -Sei solo uno stupido.- sussurrò a sé stessa,stropicciandosi il viso.

 

Anche lei aveva paura, cosa credeva?


 

*****

Note noiose dell'autrice:

E' finito! Il maledetto capitolo 12 è concluso! L'ho rimaneggiato un miliardo di volte visto che non mi convinceva e, beh... Per la prima volta devo ammettere che mi piace! Ma sul serio! I discorsi che affrontano, il modo in cui lo fanno... E poi sono riuscita a dribblare la lemon ♥ (fidatevi, sarebbe uscita una schifezza assurda D:)

Che dire di questo capitolo? La chiacchierata con Takasugi è stata per lo più inutile, ma serviva solo per far comprendere a che punto erano nella guerra (e poi ce lo volevo ficcare da qualche parte questo orbo squilibrato), e la parte del trasloco ha funto solo da imbuto tra le varie scene. Quelle a cui ho voluto dare più spazio sono state le scene del passato (che mi sembrano belle consistenti) e le confessioni dei due ubriachi. Quindi scusate se il capitolo risulta un po' troppo frettoloso in alcuni punti (e se ci sono orrori grammaticali) :(

Direi che non ho altro da dire se non: scusate il ritardo, ma sto portando avanti un altro progettino sempre su Gintama (che se va avanti così giacerà nei meandri del mio Pc -.-) e quindi sono rimasta indietro con Walking... Poi c'era una scena che si presenterà più avanti che avevo in mente da mesi ma non riuscivo ad abbozzarla e bom, appena avuta l'ispirazione ho pensato di lasciare indietro il capitolo 12... Spero comunque che l'attesa ne sia valsa la pena :)

Passo ora ai ringraziamenti: ad Elizabeth_smile che, sempre carinamente, commenta ogni mio capitolo dicendomi ciò che pensa e al nuovo fan LoScrittoreMisteriosoX che ha cominciato a seguire Walking e l'ha messa fra le seguite :) Che dirvi se non grazie mille di cuore??? Spero di poter leggere cosa pensate di questo capitolo!!!

 

Alla prossima!

Geisha.


 


 

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Capitolo 13
*** Some things just won't change ***


Some things just won’t change



 

-Come Zura non c'è?!-  

 

Il samurai che aveva aperto la porta indietreggiò di un passo, squadrandola con un sopracciglio inarcato. Isterica, Chyo sbatté le mani sui fianchi, tossicchiando un imbarazzato -E quando torna?- provando a darsi un contegno, anche se la sceneggiata di cinque secondi prima non le aveva fatto fare granché bella figura.

Aveva i nervi a fior di pelle da quella notte con Gintoki e riversava il proprio nervosismo su chiunque le capitasse a tiro ma non poteva farci nulla. Quella notte di sesso l'aveva segnata più di quanto avrebbe osato immaginare… E immediatamente il pensiero volò al diretto interessato che, come da copione, non si era presentato più alla sua porta e nemmeno aveva chiamato per accertarsi che stesse bene.

 

"Chyo-chan… Non sei patetica, non lo sei mai stata."

 

Più ci pensava più sentiva lo stomaco contorcersi in una strana fitta di piacere, speranzosa come una ragazzina che aveva dato il primo bacio al ragazzo dei sogni… E puntualmente, la ragazzina rimaneva di fianco ad un telefono che non squillava mai. O restava sofferente a fissare la sua larga schiena che si allontanava verso la porta, pregando che qualche parola uscisse da quelle labbra sottili che per tutta la notte aveva assaporato riscoprendone lo stesso, identico sapore di cinque anni prima mentre lei avrebbe voluto urlargli di guardarla. Guardami, guardami, guardami!, aveva continuato a ripetersi con rabbia ma poi si era voltato a fissarla per davvero, e quello che vi aveva letto non le era piaciuto affatto: c'era rammarico e senso di colpa... E aveva pensato che sarebbe tornato da lei con miliardi di scuse, pronto ad abbandonarla ancora. Ma Gintoki non aveva chiamato, non si era fatto vedere e dubitava che l’avesse anche solo minimamente pensata in quelle due settimane di silenzio.

-Non saprei... E' da ieri sera che non torna.- mormorò l'uomo continuando a tenere le mani sulla porta, quasi volesse proteggersi dalla sua furia omicida. Chyo si ridestò e annuì.

-Quello non esce mai e quando serve non c'è.- borbottò seccata gonfiando le guance, volgendo il viso di lato per manifestare la propria irritazione.

L'uomo rise nervoso -Signorina Fujiwara, sa bene che il nostro capo è sempre molto impegnato.-

Chyo sospirò di fronte alla propria sfortuna e alzò le spalle –Sì, sì, d'accordo, digli che sono passata e che devo parlargli. Urgentemente.- sottolineò l'ultima parola con tono grave, facendolo annuire vigorosamente.

-Ma, signorina, è successo qualcosa? Sembra piuttosto sconvolta.- sentendosi studiata dagli occhietti piccoli dell'ominide, Chyo scosse la nuca, mordendosi l'interno delle guance per far scemare lo stress. In realtà non sapeva nemmeno lei perché avvertisse l'urgenza di vedere Kotaro. Forse voleva un po' del suo the amaro così da potergli urlare contro quanto inetto fosse nel preparare una bevanda così semplice; magari voleva rubargli qualche elastico per capelli per passare il tempo, magari facendosi qualche acconciatura... Anzi, a dir la verità il motivo per cui si era spinta fino al loro nascondiglio era solo e unicamente uno: sfogarsi. Aveva solo voglia di parlare, raccontagli di come Gin l'avesse aiutata a sistemare casa e di come c'era finita a letto perché troppo ubriaca; di come, una volta che il respiro era tornato regolare e stranamente la sbornia si era dissolta per entrambi, si fossero guardati negli occhi colmi di imbarazzo e colpevolezza, comprendendo all'istante quanto sbagliato fosse stato ricercare un contatto fisico così intimo se, tra loro, c'erano ancora troppe cose in sospeso; di come le fosse preso il panico quando aveva visto la sua figura sparire dietro il chiudersi della porta, conscia che avrebbe trovato l’ennesima scusa per defilarsi da lei. Lei, che se ne era innamorata ancora di più.

Voleva dirgli tutto questo, magari fra i singhiozzi, e sentirsi dare della stupida dal saggio amico che, più di una volta, l'aveva consolata quando il cliente carino la lasciava senza dire nulla, abbandonando gli yen sul comodino, considerandola un gatto appollaiato sul letto. Ma Zura non c'era e, sinceramente, non era propensa a parlare dei propri problemi di cuore con un tizio che fissava insistentemente la sua scollatura.

-Nh, no, non mi sono pettinata, tutto qua.- passò una mano fra i lunghi fili neri, giocherellando poi con le punte.

Sentì l'uomo tossire prima che si appoggiasse allo stipite con aria da playboy mancato, sistemando meglio lo yukata scuro -Se vuole un po' di compagnia posso sempre--

Chyoko si chiuse la porta in faccia da sola, interrompendo le idiozie dell'omino e girò i tacchi, pronta a tornare a casa col morale sotto terra.

Due occhiaie spaventose le solcavano il viso ovale e pallido, conferendole un'aria malaticcia accentuata dalla cascata di capelli neri come la pece e mossi che ricadevano come una matassa disordinata, facendola apparire una vecchia bisbetica piuttosto che una fulgida ragazza di ventidue anni suonati. Il corpo esile era fasciato in un kimono sfatto e poco elegante, di un opaco azzurro cielo che poco si intonava alla carnagione diafana. Anzi, a dirla tutta la faceva apparire uno spettro vivente dal passo lento e pesante. Chyoko Fujiwara era ormai distante dall'essere il sogno proibito delle tante persone che avevano attraversato, anche se solo di passaggio, l'Atomic Wango ed era tristemente certa che il proprietario avrebbe riso se l'avesse mai beccata in tali condizioni. Per fortuna sua, Zura non abitava vicino al locale.

Uno sbuffo pesante fuoriuscì dalle labbra carnose mentre si immetteva nuovamente nelle trafficate vie di Edo, stranamente animate quella mattina soleggiata. Tutta questa felicità immotivata le stava dando sui nervi… O forse erano le felici coppiette che tubavano per strada a farla uscire fuori dai gangheri. Era invidiosa di tutte quelle ragazze della sua età e che ora se ne stavano appese al braccio del fidanzato, vivendo felici in un mondo tutto rosa e di nuvole di panna montata dove niente e nessuno sembrava scalfirle, quasi la potenza dell'amore potesse renderle immuni alle cattiverie del Mondo. Lei, invece, si ritrovava invischiata in una pseudo relazione imbastita con l'ex che anni prima le aveva dato il ben servito e che ora si era dileguato come suo solito, trattandola come la mera prostituta che era stata per i tanti clienti che avevano riscaldato il suo letto per un'ora o due. E sempre con la consapevolezza di essere l'unica innamorata tra i due e che l'amore poteva far male proprio come una spada conficcata nello stomaco.

La storia si ripete sempre” avrebbe detto Takasugi ghignando derisorio in sua direzione, ma per un breve istante, quando Sakata aveva sussurrato il suo nome fra i loro respiri spezzati con una tale dolcezza da spaccarle il cuore, Chyo si era permessa di credere che, forse, le cose tra loro non erano finite del tutto e la mancanza era stata avvertita da entrambi in egual maniera. Ma poi se ne era andato, lasciandole un gelo dentro capace di paralizzarla e di far precipitare ogni sua certezza.

Sono finita in Marmelade Boy*, pensò angosciata mentre si metteva a braccia conserte, storcendo il naso alla vista dell'ennesima coppietta felice e zuccherosa. Da lì, la consapevolezza che, pur potendo avere Gintoki tutto per sé, non sarebbero mai stati una classica coppia: Sakata non l'avrebbe mai presa per mano, non l'aveva mai fatto; non l'avrebbe stretta in un abbraccio mentre gli altri guardavano, non era nel suo stile palesare la loro intimità di fronte agli estranei o amici; non le avrebbe mai elargito qualche complimento, non era solito elemosinarne; non le avrebbe mai detto con noncuranza ti amo... Non glielo aveva mai detto. Ma nonostante tutto, Gin era sempre stato capace di far sentire la sua presenza anche se in maniera impalpabile ed era bastato sempre un suo bacio improvviso a farle comprendere come non volesse ciò che le altre ragazze avevano. Niente carezze in pubblico, niente complimenti o smancerie, non le servivano. Bastava solo lui, il resto era superfluo.

Un sorriso sereno fiorì sulle labbra color ciliegia, poi le immagini risalenti a quella notte la assalirono prepotenti, costringendola a scuotere la testa -Stupida, stupida, stupida!- batté una mano sulla fronte, procedendo a passi sempre più svagati mentre una smorfia di fastidio si delineava sul viso ovale. Doveva dimenticare quel loro riavvicinamento! Era uno sbaglio, un errore madornale che avrebbe portato solo incomprensioni e litigi, nient'altro...

Eppure continuava a ripensare al suo corpo dall'incarnato bianco che aveva aderito perfettamente al proprio; alle cicatrici che nell'arco delle loro notti di passione adolescenziale aveva accarezzato con minuzia, e attraversando il suo corpo da venticinquenne ne aveva riscoperte di nuove, portandola a chiedersi cosa diamine combinasse per tagliuzzarsi il corpo in quella maniera, e aveva sfiorato le grinze della pelle intorno ad esse quasi ad imprimerle nella memoria. Il suo respiro spezzato e irregolare che soffiava nel proprio orecchio, il suo stringerla ad ogni spinta, quasi fosse spaventato al pensiero che tutto quello fosse una semplice illusione. O forse, lì, l'unica terrorizzata era stata lei che con incredibile imperturbabilità aveva eclissato le proprie paure all'ombra del sake.

Forse devo chiuderla qui. Andarmene, cambiare aria, lontana da lui”, pensò esasperata, rallentando il proprio passo. Un sorriso zeppo di ironia fece guizzare gli angoli della bocca all'insù. Come poteva andarsene se continuava a restare incatramata in quel sentimento troppo denso?

 

-Sicura di non voler venire con noi? Dovresti svagarti un po’. Da quanto non metti piede fuori?- Chyoko si era allungata per sistemare dei libri sulla mensola, dando le spalle ad un serioso Zura fermo sulla porta che sembrava studiare ogni sua mossa.

-Dall’altro ieri.-

-Le uscite per cambiare accampamento non valgono!-  Chyo ridacchiò di fronte all’isteria dell’amico, concentrandosi nuovamente sulle proprie faccende. Non aveva voglia di divertirsi e soprattutto non voleva trascorrere la nottata con Gintoki. Immediatamente, il suo viso si rabbuiò e Zura prese la palla al balzo -Chyo, posso sapere cosa ti turba?-

-Si vede così tanto?- mormorò con grigiore.

-Sembra che tu abbia il ciclo peren-- lo zittì  scaraventandogli contro un libro, ricevendo un sibilo sommesso in risposta  -Sembri isterica, d'accordo? L'altro giorno hai quasi trafitto con una forchetta l'occhio di Sakamoto!- aggiunse turbato mentre lei mugugnava a bassa voce che era stato lui a provocarla -Ti ha solo fatto notare che hai messo su un chiletto o due!-

-Scusa se sono sensibile sulla mia linea da ippopotamo!- gracchiò stridula pensando a come mozzare una gamba pure a quel capellone di Zura.

-Andiamo, anche Gintoki te lo dice spesso, ma solitamente ci scherzi su!- eppure non le venne da ridere, non quella volta. Anzi, al suono di quel nome il suo viso si era contratto in una smorfia di fastidio e angoscia mentre un grugnito le era sgattaiolato dalle labbra serrate  -C'entra Gintoki, per caso? Che ha fatto ora?- si passò una mano sulla fronte, quasi fosse stanco degli atteggiamenti del ragazzo.

-Non ha fatto niente. Che avrebbe dovuto fare?- mascherò la propria irrequietezza giocherellando con la punta della coda, avvertendo il sospiro pesante di Zura perforarle le orecchie, quasi fosse il primo segnale delle parole catastrofiche che di lì a poco sarebbero seguite.

-Da un po' di tempo è strano. Sembra irrequieto e sul campo di battaglia sembra una belva feroce impossibile da trattenere. Gli uomini si rifiutano di voler combattere al suo fianco-  Chyo si sorprese di fronte al racconto dell'amico. Di Gintoki avrebbe potuto dire di tutto, ma mai che sotto quel ragazzo pigro e dall'aria scema si nascondesse qualcuno di così terribile. E prima che potesse concretizzare la propria incredulità con qualche domanda, Katsura diede libero sfogo alle proprie preoccupazioni -Quando combatte sembra come... Posseduto, ecco. Non guarda in faccia nessuno, si scaglia contro gli Amanto con ferocia inaudita e i suoi occhi mettono i brividi, come se fossero iniettati di sangue. Fatico a riconoscerlo... Sai, tutti lo chiamano...- Zura alzò il capo, gli occhi socchiusi ed espressione mortalmente seria, sussurrando poi un greve -Shiroyasha.**-

Le sopracciglia di Chyoko si arcuarono -Che idiozia!-

-Dici così solo perché non lo hai mai visto combattere!-

-A me sembra il solito pagliaccio- protestò piano, incerta nelle proprie convinzioni. Effettivamente, aveva notato anche lei che qualcosa nell'amico non andava, ma chissà che cavolo gli passava per la testa. Il suo essere sempre nervoso, il suo muoversi come un leone in gabbia dopo ogni battaglia, i suoi occhi spenti e colmi di sofferenza ogni volta che qualche compagno cadeva, continuando a ripetersi che era solo ed esclusivamente colpa sua. Cominciava a dirsi che,  forse, si stava sobbarcando della salvezza dell'umanità da solo e per quanto fosse bravo, non avrebbe retto a lungo. E lei avrebbe voluto stargli al fianco, anche se solo come semplice amica... Ma in qualsiasi caso, Gintoki trovava sempre una scappatoia per rendersi inavvicinabile –Hai provato a parlargli?-

-Figurati se quello parla mai dei suoi problemi!- Zura aveva alzato le braccia al cielo per l’esasperazione.

-Già.- soffiò amareggiata –Gin è ermetico.-

-Come te…- le lanciò uno sguardo eloquente, riportando poi in superfice quello che era l’argomento principale della loro confidenza –Allora, me lo dici o no che è successo con Gintoki?-

Chyo temporeggiò, si lisciò i capelli con la vana speranza che Sakamoto venisse ad interromperli… Ma nulla accadde e ormai alle strette, Chyo prese un bel respiro –GintokiEdIoCiSiamoBaciat!- si abbracciò, cercando di scomparire alla sua vista.

Zura, d'altro canto, la fissò con tanto d'occhi -Tu e chi... Cosa?- scettico, la guardò a lungo. Chyo deglutì.

-Gintoki ed io ci siamo baciati, un po' di tempo fa- quando lo vide aprire la bocca dalla sorpresa, subito la ragazza portò le mani avanti -Non farti strane idee, d'accordo? Non significa nulla!-

-Allora ti piace! Lo sapevo!- alzò i pugni in segno di vittoria, come se non gliene fregasse nulla della sua agitazione. Le balenò in mente l'ipotesi che quel cretino e Tatsuma avessero scommesso sulla loro storia affettiva, ma subito l'amico tornò a concentrarsi su di lei avvolto dall’aura della serietà che lo caratterizzava -E com'è successo?-

-Ah, non lo so...- il suo naso arricciato la costrinse a continuare -Una sera abbiamo discusso e poi boh!, l'attimo dopo ci stavamo baciando.- alzò le spalle, superandolo e uscendo nel corridoio.

-Sapevo che era questione di tempo- annuì orgoglioso della propria perspicacia, ricevendo uno sbuffo in risposta -Quindi adesso siete fidanzati?-

-Non ti pare di correre troppo?!-

-Quindi non siete assieme?-

-Certo che no! Non credo nemmeno di piacergli!-

-Questa è una cazzata!- sparò con voce grossa -E come fai a saperlo?-

-Perché quando gli ho detto che mi piace non mi ha nemmeno risposto!- alzò le braccia al cielo, ormai al culmine della tensione -Si è eclissato, puff!, sparito senza dire nulla!- e quando si voltò, pronta a regalare all'amico un sorriso di rassegnazione, quel che vide sul volto di Zura fu un miscuglio di emozioni tra loro disparate che imbruttirono i suoi lineamenti. Ma tra tutte, quella che spiccò maggiormente fu la collera... Non l'aveva mai visto così arrabbiato, nemmeno quando Sakamoto aveva perso i suoi elastici per capelli.

-Io lo ammazzo!- in un impeto di follia, Zura cominciò a fiondarsi verso i dormitori ma Chyoko gli si parò davanti, bloccandolo con il proprio esile corpo -Chyoko, fammi passare! Quell'idiota merita una lezione!-

-Tu non lo ammazzerai!- strepitò spingendolo all'indietro, saldando i piedi al suolo pur di non farlo procedere.

-E chi lo ammazza quello? Io voglio solo prenderlo a pugni!-

-Non lo picchierai!- si seccò di fronte alla propria stupidità femminile -Non puoi fargliene una colpa se non gli piaccio.- Zura smise di dimenarsi e quando lo vide respirare affannosamente ma senza più cercare di riprendere la propria marcia assassina, Chyo lasciò scivolare le braccia.

-E allora perché ti ha baciata?- domandò serio, massaggiandosi una tempia.

Alzò le spalle -Magari è uno che elemosina baci. Cosa vuoi che ne sappia?-

Una risata nervosa sfuggì dalle labbra sottili del ragazzo -Ma stiamo parlando di Gintoki, sicura? Quello stesso Gintoki che ha rifiutato di fare nian nian con ben tre infermiere?- Chyo si chiuse nel proprio mutismo, mettendosi a braccia conserte -Kami, si vede lontano un miglio quanto ci tiene a te e lui rovina tutto!-

-Forse te la stai prendendo troppo a cuore- gli sorrise placida, mettendo a tacere la speranza che aveva cominciato a brillare alle sue affermazioni -Guarda che non è un problema. Va bene così, sul serio. Sono abituata agli amori a senso unico!- si grattò la punta del naso, ridacchiando scioccamente prima di riprendere il proprio discorso -Vorrei solo che tornasse a parlarmi, almeno quello.-

-Figurati se quell'idiota--

-Zura, sappiamo bene quanto Gin-chan sia scarso a parole, lui non è portato per i discorsi.-

-Non è una giustificazione!-

-Non lo sto giustificando, solo-- l'immagine dei suoi occhi cremisi spalancati sfrecciò nella sua mente, l'espressione di puro stupore che gli aveva dipinto il viso le fece ribaltare lo stomaco e la sua larga schiena che si allontanava le stava facendo pizzicare gli occhi. Se le parole ferivano più della spada, Chyo avrebbe giurato che i gesti di Gintoki creavano molta più sofferenza, ma a Zura non disse nulla, limitandosi a scuotere la nuca come a dirgli che non aveva altro da aggiungere. E Katsura se lo fece andar bene, probabilmente, perché dopo averla studiata sospirò pesantemente, portandosi le mani fra i lunghi capelli corvini –Senti, promettimi che non gli dirai nulla.- mormorò stanca, pronta a chiudere quel discorso che continuava a straziarle il cuore.

-Chyoko- la voce di Zura volò fino a lei -Davvero non ti sei mai accorta di quello che Gintoki prova per te?- lo fissò ad occhi larghi, completamente prosciugati e incapaci di rimpicciolirsi.

-Te lo ha detto lui?-

-Certo che no, ma si vede! Quando ci sei tu, lui--

Chyoko posò le mani sulla sua bocca, tappando ogni frase che avrebbe potuto alimentare la propria chimera.

-Zura, io non credo di essere brava in queste cose- sorrise tirata avvertendo gli occhi bruciare e le lacrime spingere per poter uscire -Ricordi con Shin-chan? Credevo che sarebbe stato l'uomo della mia vita e poi sono successe così tante cose- le frasi pregne di cattiveria riecheggiarono nella mente e l'immagine di lui che usciva dalla stanza di Kaory mentre si sistemava i vestiti fu come un pugno in pieno stomaco -E mi sono sentita così umiliata anche se sapevo di non piacergli e poi credo di essermi innamora di Gintoki-- portò la ciocca sfuggita alla treccia dietro l'orecchio, le labbra che cominciavano a tremare -E non voglio risentirmi così stupida. Quindi non ci voglio pensare, le cose si aggiusteranno e—

-E se le cose non si aggiustano?-

Chyo alzò le spalle, conscia di non avere alcuna risposta da dargli. Non aveva ponderato su quella eventualità e nemmeno voleva pensarci. Sperava solo che Gintoki non fosse così scemo da buttare anni di amicizia per quel gesto dettato dalla sofferenza di entrambi.

 

-Tana per Myoko e Katsuo!- l'idiozia dilagante di Sakamoto li distrasse, costringendoli a voltarsi in sua direzione. Ad accompagnarlo c’era solo Takasugi –Allora, venite al cabaret? Abarai ha deciso di accompagnarci!-

-Ibarachi- soffiò Shinsuke passandosi una mano sul viso quando udì la sua risata sguaiata –Avete visto Gintoki? È diventato invisibile per caso?!- perché cavolo la stava guardando?! Chyoko guardò il soffitto di fronte allo sguardo eloquente del samurai, decisa a non rispondere alla provocazione.

-No, sono un Mojito- ed eccolo lì, camminata lenta e svagata, mano fra i capelli e sguardo sonnolento; Chyo, guance imporporate, evitò accuratamente di guardarlo negli occhi –Che vuoi?-

Takasugi grugnì –Andiamo al cabaret. Vieni?-  Gin si limitò ad annuire, cominciando poi le pulizie di primavera nel proprio naso –Diamine, sei disgustoso!- lo ammonì Shinsuke estraendo la katana quando lo vide avvicinare le dita che avevano terminato la perlustrazioni alla propria maglietta.

Chyo ridacchiò divertita mentre Katsura scuoteva la nuca sconsolato –Allora, vieni con noi?- si rivolse a lei con tono speranzoso, ma Chyo si ritrovò a sorridergli e scuotere il capo.

-Nah, finisco di sistemare la mia camera e vado a dormir--

-Non insistere, con lei ci annoieremmo.- a quella sparata per nulla delicata, Chyo gonfiò le guance e trafisse Gin con la sola forza dello sguardo.

-Ha parlato l’anima della festa!-

-La tua voce da gallina coprirebbe il rumore della musica.-

-Chi sarebbe la gallina?!-

-Ragazzi, smettetela!-

-Katsura, non lo sai che non si ci intromette nelle liti fra fidanzati?- ironizzò Shinsuke incamminandosi verso l’esterno, ricevendo il dito medio di Gin in cambio. Sakamoto batté una mano sulla spalla del capellone e lo trascinò via con sé, blaterando su quando si era intromesso in una lite fra coppie e ne era uscito più morto che vivo. Chyo volse il capo per celare l’imbarazzo e giocherellò con la punta della coda, rendendosi conto di essere rimasta sola con il samurai dai capelli argentei.

-Un giorno ti mancherà la mia voce da gallina.- mormorò convinta, aggrappandosi al filo della loro amicizia che, lo sapeva, era ancora lì.

Ma Gin l’aveva guardata annoiato e girando i tacchi se ne era andato, lasciandosi alle spalle un –Non contarci troppo.- che la destabilizzò. Faceva male sapere che Gin non ricambiava le sue attenzioni, ma ancora peggio era rendersi conto che anche il suo sguardo era mutato.

-Sei proprio un cretino.-

 

-Fai più attenzione!- persa nei propri pensieri, Chyo non si era resa conto dell'uomo che aveva ostruito il suo passaggio. Anzi, solo in quel momento si accorse del nuvolo di gente che bloccava la via, accalcata lungo la balaustra che dava sul fiume

-Mi perdoni!- con le gote imporporate, fece un breve inchino in segno di scuse, per poi riportare lo sguardo sulla calca -Cosa sta succedendo?-

-A quanto pare c'è stato un altro omicidio, un altro samurai- la donna appesa al braccio muscoloso dell'uomo portò una mano sulla guancia mentre, angosciata, gettava un'occhiata verso la ressa -E' già il quinto questa settimana!- Chyoko strabuzzò gli occhi, dicendosi di essersi persa qualcosa in tutto questo periodo. Perché non sapeva nulla circa questi assassinii? Ah, avrebbe dovuto guardare un po' di più il telegiornale!

Si sporse sulla ringhiera, osservando il corpo di uomo nascosto alla vista da una coperta e un gruppo di uomini che lo circondavano. Era da anni ormai che non vedeva un cadavere e, sinceramente, non voleva più avere a che fare con una vista del genere.

Un battito sulla propria spalla richiamò la sua attenzione: Elizabeth le si era avvicinata silenzioso come un ninja, riparandosi gli occhi con un cappello di vimini enorme.

-Chyoko-san!- il proprio nome svettava a caratteri cubitali su di un enorme cartello, quasi le stesse gridando “aiuto”.

-Elizabeth! Che ci fai qui?- domandò sorpresa, guardando oltre la sua spalla per intravedere Zura... Ma di lui, nemmeno l'ombra -Sei in giro solo? Ma... E Zura dov-- il paperone la prese per un polso e la trascinò nella via trafficata senza darle spiegazione alcuna -Elizabeth! Si può sapere cosa c'è?!- ma quello niente, si limitava a trattarla come un aquilone. E poi, senza che lui si voltasse, il cartello svettò alto, facendo sorgere più dubbi che chiarezze:

-Abbiamo un problema...-

 

*******

Due tazze di caffè fumanti svettavano al centro del basso tavolino in legno, fissate dagli occhi vuoti di Elizabeth e da quelli sfuggenti di Chyoko. Shinpachi, dietro il divano, continuava a sussurrare quanto la presenza dell’Amanto lo inquietasse, Kagura guardava gli ospiti incuriosita e lui… Lui voleva solamente scappare da casa propria. O cacciare la Fujiwara a calci, faceva lo stesso. Ma per qualche strana ragione, i muscoli erano come intorpiditi e per quanto si sforzasse, non riusciva ad alzarsi da quel sofà e sfuggire alla sua presenza. O, forse, erano i suoi occhi grigi velati di malumore a farlo sentire a disagio fra le proprie quattro mura.

Gintoki Sakata, come solo poche volte nella sua giovane esistenza era accaduto, si trovava completamente a disagio, incapace di tirarsi fuori da quella situazione con qualche battuta ironica.

Credeva che a rompere le palle di prima mattina fosse Otose in cerca dei soldi per l’affitto e aveva aperto la porta, pronto a ribattere alla vecchiaccia che non aveva i suoi stupidi yen e che doveva smetterlo di assillarlo, che lo stava facendo soffocare come una ex gelosa e con manie da stalker. E prima che potesse dar luogo al solito teatrino, ecco che la figurina esile e sciatta di Chyo era comparsa di fronte ai suoi occhi cremisi divenuti vividi per la sorpresa. E’ troppo presto, solo questo pensiero continuava a prendere forma nella sua mente vorticante di pensieri e immagini che avrebbe dovuto seppellire nei meandri della propria anima, intensificatisi quando la ragazza gli passò affianco e il suo buon profumo di Loto raggiunse le sue narici. E non riusciva a sopportare il suo sguardo malinconico e quelle labbra serrate che sembravano voler trattenere un’infinità di domande che, dalla notte trascorsa assieme, sarebbero riuscite a raggiungere chissà quali nervi ancora scoperti.

La studiò ancora, vedendola giocherellare con le punte dei lunghi capelli. Si sentì sollevato nella certezza che nemmeno lei sembrava sentirsi a suo agio, ma quella vacillava al pensiero che, in un’eventuale discussione, la ragazza sarebbe riuscita a barcamenarsi meglio.

-Fujiwara-san, c’è qualche problema?- chiese Shinpachi, affabile come suo solito.

-Non saprei. Elizabeth mi ha trascinato qui dicendo che ha un problema.-

-Quel coso ne ha tanti di problemi.-

-Gin-chan, non insultare nostro unico cliente!- lo ammonì Kagura nascondendo la bocca dietro la mano e lui, per tutta risposta, grugnì rumorosamente, lasciando che almeno un po’ del suo nervosismo fosse palpabile.

-Se è lui ad avere un problema… Che ci fai tu qui?- svogliato, indicò la cameriera di fronte a sé, ricevendo un’alzata di sopracciglio in cambio.

-Sei sordo? Ho detto che mi ci ha trascinato lui qui.- ruvida come cartavetrata, Chyo sembrava essere appena stata morsa da un Cobra.

Gin si morse la lingua, trattenendo le infinità di cattiverie che gli stavano passando per l’anticamera del cervello e sembravano volersi scagliare con forza contro di lei che, lo sapeva, stava sicuramente combattendo con sé stessa per starsene zitta e buona senza porre domande complicate. Perché Chyoko era arrabbiata, visibilmente a disagio e circondata da un’aura di sofferenza, reso ancora più concreto dall’aspetto trasandato che, nonostante tutto, non intaccava la sua fragile bellezza. E subito la mente giocò brutti scherzi, riproponendo, in un susseguirsi di sequenze in bianco nero manco i suoi neuroni stessero girando un film muto, la nottata trascorsa fra fiumi di sake e poi tra le sue gracili braccia. Ed ecco che la cattiveria prese il sopravvento, sbaragliando ogni sua buona intenzione:

-Beh, allora puoi anche andartene ora, no?-

-Come hai sempre fatto tu?- il sorriso di Chyo, sgradevole alla vista e al suo cuore che cominciava a battere sempre più veloce, si increspò su quelle labbra carnose –Nh, forse prima dovrei chiedere delle lezioni a lei, Sensei.- concluse avvicinando le mani affusolate alla tazza di terracotta, cominciando a sorseggiare il caffè con indifferenza. E comprese che l’insoddisfazione della ragazza non era dovuto all’errore commesso la notte del trasloco, bensì al suo tagliare la corda in qualsiasi circostanza come il ragazzino immaturo che era, dimostrando quanto poco tenesse a lei e ai suoi sentimenti.

 

Nulla è cambiato in tutti questi anni”

 

Le parole di Takasugi tornarono a galla, pronte a tormentarlo come una cantilena irritante, facendo riemergere tutti quei ricordi che aveva pensato bene di nascondere ma che erano lì, pronti a fargli pesare la sua inettitudine e vigliaccheria. Si grattò la nuca nel vano tentativo di scacciare le proprie paranoie, ma quelle si erano saldate alla sua anima e sembravano non volersene separare troppo a lungo.

-Brutta--  il telefono squillò, interrompendo la sua deliziosa imprecazione che, ora, continuava a pendere sulle labbra sottili. Con un Diavolo per riccio si fiondò verso il telefono, ringraziando mentalmente chiunque ci fosse dall’altro lato, visto che aveva appena scongiurato una guerra atomica. E quello che udì gli piacque… Gli piacque talmente tanto da farlo sorridere come un deficiente. Quella chiamata aveva portato il sole in quella nera giornata e tanta, tanta libertà! Poteva finalmente andarsene lontano dall’inquietante Amanto che ancora non si era deciso a renderli partecipi del perché della sua sciocca presenza, dalle lagne di Shinpachi e Kagura che voleva aiutare Elizabeth a tutti i costi e soprattutto da lei, Chyoko Fujiwara, che lo avrebbe portato sull’orlo di una crisi di nervi se continuava a starsene muta sul quel divano a braccia conserte. Nh, che poi forse era meglio se stava zitta: quando apriva bocca, era paragonabile ad un serpente a sonagli.

-Beh, io vado. Un cliente ha bisogno urgentemente di me- si massaggiò il collo, evitando accuratamente di osservare la ex che, imperturbabile, continuava a sorseggiare il caffè –Occupatevi voi due di loro.-

-Ma, Gin-chan…-

-Gintoki! Torna immediatamente qui, non accampare le tue solite scuse!- Shinpachi scagliò il vassoio per terra, agitando i pugni con nervosismo –Tu stai solo scappando!-

Chiuse dietro sé la porta con forza, facendo sì che le parole del quattrocchi sfumassero nell’aria, anche se continuavano a colpirlo pesanti e assordanti. Sicuramente, nell’udire ciò, le labbra di Chyoko si erano incurvate in un ghigno malevolo, ci scommetteva quei pochi spiccioli che gli erano rimasti! Si massaggiò la spalla. E pensare che le labbra di Chyo erano stato così ricche di dolcezza mentre riempiva il suo corpo di baci… Ora sembravano solo capaci di scagliare litri di veleno.

Si staccò dalla porta di legno, pronto a recarsi a casa del suo nuovo cliente e pronto a lasciarsi indietro, ancora una volta, Chyoko.

Mosse un passo appena prima di avvertire la porta aprirsi piano e voltato il capo, l’espressione mortificata di Chyo si parò davanti ai propri occhi sfumati di sorpresa. Avrebbe dovuto immaginarlo che la strega avrebbe approfittato della sua uscita teatrale per rivolgergli domande a tradimento!

-Vipera!-

-Cosa?!-

-No niente, lascia perdere- sventolò una mano, mordendosi la lingua per aver espresso quel pensiero ad alta voce –Che c’è? Devo--

-Gintoki, mi dispiace per prima. Non avrei dovuto- lo aveva interrotto con delle scuse appena mormorate, torturandosi le mani e continuando a guardare verso la strada, quasi si aspettasse di venire interrotta da un momento all’altro. E lui, che avrebbe dovuto apprezzare questa sua incredibile capacità e voglia di aggiustare sempre tutto e di prendersi interamente la colpa anche quando non ne aveva nemmeno un po’, semplicemente si limitò ad annuire e a darle le spalle. Non le avrebbe chiesto né scusa né grazie, non le avrebbe detto nulla. Avrebbe solo aggravato la situazione con le proprie goffe parole e si sentiva già abbastanza in colpa. Nemmeno il tempo di posare un piede sul primo scalino che la voce vellutata di Chyoko lo raggiunse ancora, paralizzandolo -Posso parlarti?-

Gin si massaggiò il collo, mordendosi l’interno delle guance mentre si preparava a risponderle il più gentilmente possibile; ma non era proprio bravo a controllarsi e così replicò con un secco -Non mi hai sentito? Devo andare a lavorare.-

Chyo però sembrava intenzionata a non volerlo lasciare andare -Ti prego, Gin. È importante.-

Volse il busto, esaminando la sua espressione cupa. Non era un idiota, aveva ben compreso quale fosse la questione di vitale importanza che tanto le stava a cuore, ma sentiva che se non ne avessero parlato affatto le cose si sarebbero aggiustate da sole. Lei magari si sarebbe messa l’anima in pace, avrebbe trovato un uomo migliore di lui e sarebbe uscita dalla sua vita… E lui avrebbe proseguito i propri giorni nella monotonia, senza la sua dolcezza, senza la valanga di ricordi che un suo solo sguardo riusciva a far riaffiorare.

-Oggi non ho tempo, mi dispiace- le diede le spalle, riprendendo la propria lenta camminata -Chyo...- e la sua voce strascicata, intrisa di calma apparente, uscì senza che potesse controllarla -Fai attenzione quando torni a casa.-

-Dovresti fare tu attenzione, piuttosto- aveva sentito i suoi passi delicati spingersi fino a lui, ma una volta voltatosi, si rese conto di quanto distante fosse –C’è un killer che uccide i samurai!- si preoccupava sempre per lui. Sia che andassero d’accordo sia che litigassero dalla mattina alla sera, Chyo sembrava sempre essere preoccupata per la sua vita. E questo lo mandava in bestia. Se lei continuava ad essere così dolce, come poteva allontanarla senza provare senso di colpa? La vide portarsi dietro le orecchie due ciocche di capelli –Secondo te Zura--

-Zura sa badare benissimo a sé stesso!- la interruppe asciutto, scacciando dalla mente l’eventualità che all’amico potesse essere accaduto qualcosa. Riportò lo sguardo su di lei, vedendola mordersi il labbro inferiore mentre la sofferenza le contraeva i muscoli del viso –E anche io me la so cavare da solo. Non ho bisogno che ti preoccupi per me. Anche se ti preoccupi, io non posso fare nulla.- quel pensiero scomodo e pesante che tanto aveva girovagato nella mente uscì in un sibilo pregno di indifferenza. E lei incassò stringendo i pugni sullo yukata. Si grattò la nuca, scendendo una volta per tutte quella scalinata che pareva infinita.

-Sei proprio un idiota.- udì indistintamente le sue parole intrise di seccatura, portate dal vento e che si spezzarono quando la porta di casa sbatté.

Deglutì e procedette svagatamente verso la propria meta borbottando un incolore –Lo so da me, cosa credi?-

********

Avvolta nel kimono sgualcito, appoggiata al muro di legno di un’anonima baracca che dava sul fiume, Chyoko fissava insistentemente il ponte su cui, per l’ultima volta, era stato visto Katsura.

-Dovresti tornare a casa. Può essere pericoloso.-

Chyo osservò di sbieco il cartello di Elizabeth che fissava dritto davanti a sé. Alzò le spalle e tornò a fissare il punto di prima, appoggiando la nuca alla parete –Non riesco a stare a casa. Mi sento soffocare.- spiegò mogia, dando della scema alla propria speranza che continuava ad alimentarsi grazie a chissà quale pensiero sciocco. Pregava seriamente che a Zura non fosse accaduto nulla, ma non era da lui sparirsene in quel modo senza avvertire nessuno e soprattutto, con quel killer che uccideva i samurai, non bisognava abbassare la guardia.

Si abbracciò quando si rese conto di come anche Gin fosse in giro in perlustrazione o da chissà quale fantomatico cliente, storcendo il naso al pensiero che si era eclissato così, davanti ai suoi occhi, senza lasciarle possibilità alcuna di poter chiarire quella notte di fraintendimenti. Che poi, chiarire cosa? A lei era piaciuta, non si pentiva di nulla… Ma voleva sapere cosa ne pensava lui. Voleva sentirsi dire in faccia quanto sbagliato fosse stato, così magari se ne sarebbe fatta una ragione e avrebbe guardato avanti.

-Come no.- bofonchiò a sé stessa, sorridendo amara. L’amore che provava per quel buono a nulla di Sakata era talmente ingombrante che non sarebbe riuscita a spostare l’attenzione su qualcun altro.

-Fujiwara-san, Elizabeth-senpai, ho portato del pane!- la voce decisa e ferma di Shinpachi la fece voltare. Gli sorrise appena, poi tornò a guardare di lato.

-Volevo delle crocchette di pane!-

-Non credo sia il momento esatto per sindacare sulla cena- lo ammonì Chyo ricevendo una sbuffata di sigaro in viso. Da quando fumava quello Psyduck troppo cresciuto?! –E togliti quella bandana! Sembri Rambo!-

-Fujiwara-san, riguardo ad oggi- Mr. Quattrocchi zampettò fino a lei, posando la busta su di una cassa. Chyo gli regalò un’occhiata confusa -Deve scusare Gin-san, sa, non è particolarmente caloroso con gli ospiti.-


Non ho bisogno che ti preoccupi per me.

Anche se ti preoccupi, io non posso fare nulla”

 

No, solo con me, pensò truce mentre continuava a restare immobile contro il muro e le parole vorticavano nella sua testa. Sentendolo però agitarsi al proprio fianco, gli rivolse un sorriso di gratitudine.

-Smettetela con queste smancerie!- la katana di Elizabeth tagliò l’aria, conficcandosi nel legno della parete opposta. Chyo, occhi ridotti a due puntini minuscoli, guardò dapprima l’Amanto, poi un Shinpachi stesosi a terra.

-Ma non sono smancerie!- gracchiò l’occhialuto agitando i pugni –E poi, si può sapere perché mi hai colpito?!-

-Non comparire dietro le spalle. Mai.- lo accusò il paperone sbuffando del fumo.

-Oh, per l’amor del cielo, volete smetterla?- brontolò Chyoko osservandoli di sbieco. La ragazza però sobbalzò quando una lanterna rischiarò la notte illuminata fiocamente dalla luna –Ah, lo Tsujiri!- strillò in preda al panico, gettandosi dietro il cassonetto insieme a Shinpachi.

-Signorina, crede davvero che lo Tsujiri andrebbe in giro armato di lanterna?!- trillò il ragazzo appiattendosi contro il cassonetto.

-Allora perché non esci a dare un’occhiata?!-

-Oi, volete fare silenzio?- l’uomo li richiamò all’ordine, squadrandoli malevolo -Ma cosa prende a voi giovani d’oggi, si può sapere?- la cameriera arcuò le sopracciglia, sporgendosi appena oltre il cassonetto per guardare in viso il nuovo arrivato. Era un uomo della magistratura col codino e l’aria cattiva.

-Stiamo girando una scena di Rambo- mormorò sarcastica,  portando una mano sul cuore che, piano, si placava –Piuttosto, cosa ci fa lei qui? Non sa che--

-Questo dovrei chiederlo io a voi!- tuonò l’uomo illuminandoli con la lanterna –Insomma, non lo sapete che recentemente ci sono de—

Fu un taglio silenzioso ma che ebbe la potenza di farli ammutolire per la paura. Gli occhi di Chyoko si spalancarono alla vista del sangue che grondava dal corpo dell’uomo, ora diviso a metà, e quando un vecchio dall’aria allucinata puntò la spada insanguinata contro loro, portò le mani sulla bocca per trattenersi dal gridare.

-Cosa stava dicendo? Ah, sì, ci sono degli Tsujiri recentemente- il sorriso si allargò a dismisura –Dovreste fare attenzione, no?- e prima che potesse anche solo muovere un muscolo, Chyo venne sbalzata all’indietro da un cartello di Elizabeth, finendo rovinosamente a terra trascinandosi dietro Mr. Quattrocchi. Si appestò ad aprire gli occhi grigi e trovarsi di fronte un Elizabeth trafitto da una katana… Ma quello era appoggiato al muro e davanti a sé c’era una sagoma familiare.

-Uffa, che strazio…- Chyo si puntellò sui gomiti, scostando i lunghi capelli dal viso per riuscire a guardare l’uomo davanti a sé incredula e sorpresa. I capelli argentei ricadevano lunghetti fino al collo, in quella zazzera di ricci fluenti e morbidi che sembravano ben descrivere la complessità di quel ragazzo e i vestiti erano bianco candido come li ricordava –Possibile che vi ficchiate sempre nei guai?-

-Gin-chan…- mormorò flebilmente, sentendo il cuore battere più veloce. Scosse la nuca e davanti alla vista annebbiata, la sagoma pigra del venticinquenne tuttofare riprese le proprie sembianze, sostituendosi all’immagine dell’adolescente ancora indelebile nella sua mente e nel suo cuore –Cosa ci fai qui?- domandò pulendosi il kimono logoro, ricevendo una smorfia in risposta.

-Questo dovrei chiederlo io a te- le diede le spalle, superando gli ostacoli di cartoni e bidoni –Shinpachi, tornate a casa.-

-No, tranquilli, continuate pure senza di me- l’uomo si tolse il cappello e andò a recuperare la spada conficcatasi nel terreno –Ma, ripensandoci, posso concedervi una breve rimpatriata visto che sarà l’ultima che avrete. Mi spiace solo che Katsura non possa partecipare…- una risata rauca si propagò nell’aria ora pregna di tensione. Chyo si strinse nel kimono, affiancandosi a Shinpachi ed Elizabeth, immobile come statue di sale all’udire di quella frase sibillina.

-Che-Che cosa hai fatto a Katsura-san?!- strepitò il Quattrocchi agitandosi.

-Oh, non lo sapevate? Mi duole dirvelo così, ma sapete, ero così eccitato quando ho ricevuto questa spada che l’ho ucciso! E sono così fortunato da aver incontrato te, Gintoki, che quasi non riesco a trattenere la gio—

-Zura non è così debole da farsi battere da uno come te!- eclissando le proprie paure dietro la larga schiena di Sakata, Chyo si ritrovò ad urlare quella frase che le stava raschiando la gola mentre la rabbia e il dolore si impossessavano di ogni fibra del suo corpo.

-Ah, e allora cos’è questo?- dalla tasca dello yukata tirò fuori una lunga coda di capelli trattenuti da un elastico verdognolo, agitandolo come se fosse un gioiello di inestimabile valore. Chyoko squittì, stringendo la mani sulle braccia –Volevo tenermelo come souvenir, ma credo che sia meglio se lo regalo a voi, che ne dite? Mmm, però sono così soffici questi capelli. Siamo sicuri che Katsura sia un uomo?- alzò la nuca, guardando oltre la spalla di Gintoki e Chyo si sentì scrutata -Mi chiedo se anche i tuoi siano così morbidi, donna- Chyo si irrigidì e istintivamente alzò la spallina del kimono scivolata appena lungo la spalla –Oh, magari potremmo sempre divertirci in altra maniera una volta fini—

-Toccala con un dito e sei morto- vide Gintoki scagliarsi contro Nizou quando lo sguardo del killer si era soffermato troppo a lungo su lei, ora attraversata da mille brividi di paura –E te lo ripeto un’ultima volta: Zura non è tipo da farsi battere così facilmente.-

Chyoko si lasciò scivolare lungo il muro, cercando di riacquistare un briciolo di energie mentre sotto la sua vista annebbiata cominciava il combattimento tra i due samurai. Non era più abituata a tutta quell’adrenalina, alla paura che contorceva le budella e alla sensazione di essere in costante pericolo. Ma soprattutto, non era più abituata a vedere l’amico sferrare colpi di katana contro qualcuno.

Nascose il viso fra le braccia, appoggiando la fronte sulle ginocchia sollevate.

 

"Anche se ti preoccupi, io non posso fare nulla."

 

Ma lei si preoccupava sempre per lui, era più forte di lei. E lui arrivava sempre a proteggerla, sempre… Del resto, certe cose proprio non volevano saperne di cambiare…

 

Guardò malevola il quaderno aperto sul tavolo su cui svettava il nome “Sakata” ripetuto più e più volte, dandosi mentalmente della stupida sognatrice per aver anche solo vagamente pensato che quel cretino potesse provare qualcosa per lei. Gintoki era uguale a Takasugi, doveva farsene una ragione. Con un gesto secco chiuse il quaderno, tornando a sistemare i libri sullo scaffale. Nulla sarebbe riuscita a distrarla da quella giornata dedita alla pulizia. Nessuna gara di bevute, nessuna gara di rutti, nemmeno la gara di spogliarello tra un Sakamoto e un Takasugi ubriachi sarebbe riuscita a deconcentrarla… Ma c’era troppo silenzio, cullante e quasi assurdo, graffiato da un tonfo sordo e una risata rauca. Che quegli idioti fossero già tornati? Il capo cadde pesantemente in avanti quando udì lo scricchiolio della porta che veniva aperta –Sentite, oggi non ho proprio voglia di giocare.-

-Oh, peccato…- il libro le sfuggì dalle dita, infrangendosi contro il pavimento in legno –Io volevo proprio divertirmi, con te.- volse il busto, paralizzata nel ritrovarsi di fronte quella figura che, da tempo, credeva sparita nell’oblio.

Era un Amanto dalle sembianze di un enorme maiale, simile a  quelli che aveva visto durante le proprie fughe, uguale a quelli trafitti dalle katane degli amici. Identico… Ma così diverso che sarebbe riuscito a scorgerlo e riconoscerlo in mezzo a migliaia di cloni. Riconobbe il suo sguardo tagliente, il suo ghigno perfido solcato da una serie di denti giallastri, il suo odore, la malignità che emanava da ogni poro di quella sua pelle rosa confetto… Portò una mano sulla fronte che aveva cominciato a vorticare.

-Tu-Tu dovevi- deglutì, lasciando scivolare la mano fino allo stomaco in subbuglio –Shin-chan ti aveva ucciso!- balbettò spaventata, stringendo gli occhi per scacciare le immagini di quella tremenda notte a casa propria, dove le grida dei paesani avevano riempito le mura di casa e l’odore di sangue e del fuoco aveva impregnato le sue narici. Sentì la bile salirle fino alla gola ma deglutì e tornò a guardarlo, scorgendo la sua espressione famelica.

-Nah, mi ha solo intontito- grugnì seccato –Sai, ti ho cercata per così tanto tempo. Ho seguito il tuo odore, non sei lusingata?- inclinò il capo.

Chyoko rise nervosa -Disgustata, a dir la verità.- una smorfia pitturò il suo volto candido. Doveva trovare una via di fuga, ma l’odore di cadavere che quel mostro aveva portato con sé le stava facendo venire la nausea.

-Però devo dare ragionare ai miei compagni, sei davvero bella come dicono per essere uno schifoso umano- la scrutava ad occhi socchiusi pregni di malizia e Chyo, d’istinto, si mise a braccia conserte –Forse dovrei divertirmi con te prima di ucciderti.- accarezzò amorevolmente l’enorme ascia che stringeva fra le mani.

Chyo si appiattì contro il muro. Fantastico, ora era diventata l’oggetto dei desideri di un maiale bavoso! Avrebbe preferito finire a letto con Sakamoto, piuttosto –No, guarda, senti, non ti divertiresti affatto. Ho messo su qualche chilo, ho la ciccia sballonzolante e—

-A me sembri magra.-

-Oh, tu dici?! Grazie! Effettivamente ho fatto un po’ di attività e— il rumore dell’ascia che si abbatteva sul basso tavolino in legno la fece sobbalzare e portando le mani sulle labbra, soppresse un grido.

-Ora siamo tu ed io, bambolina- si era avvicinato ad un palmo da lei, poteva scorgere le grinze sul suo volto paffuto e l’odore di carogna del suo alito le impregnò le narici –Non credo che Takasugi verrà a salvarti, non questa volta- Chyo provò a buttarlo a terra con la forza di mozzarella che si ritrovava, finendo però per ritrovarsi intrappolata tra il suo grasso corpo e il muro. Fantastico, palpata per la prima volta da un Amanto che odorava di spazzatura… Rimpiangeva di aver rifiutato una notte di sesso sfrenato in compagnia di Tatsuma. Chyo volse il volto, stringendo il labbro inferiore mentre cercava di cacciare indietro le lacrime.  Le prese il mento fra il pollice e l’indice, impedendole ogni possibilità di movimento e di pensiero. Strinse gli occhi mentre lo vedeva avvicinarsi al proprio viso, sentendo la sua pelle viscida sfiorare la propria guancia mentre le sue labbra gonfie accarezzavano il suo orecchio -Chissà se urli come tua madre.- sussurrò divertito, ridendo raucamente subito dopo.

Gli occhi le si spalancarono a dismisura mentre qualcosa in lei si spezzava, facendole montare la rabbia. Sua madre, suo padre, gli odori e i suoni che, da quella sera, albergavano indelebili in lei, facendola svegliare nel cuore della notte madida di sudore e col fiato spezzato… Credeva che l’incubo fosse finito, invece vi era ripiombata senza alcuna via d’uscita. Strinse i pugni e con tutta l’energia che aveva in corpo scagliò con ferocia una ginocchiata fra le sue gambe, facendolo accasciare al suolo in un rantolo spezzato.

-Lurida— l’Amanto si piegò in avanti, agitando l’ascia e colpendola sul polpaccio, facendola scivolare a terra per il dolore.  Era solo un taglio netto e poco profondo ma che fu in grado di paralizzarla per un breve istante. Strinse i denti e si trascinò fino alla porta chiudendosela alla spalle, ricacciando indietro le lacrime quando vide i corpi martoriati di suoi due compagni che giacevano lì, davanti ai suoi occhi enormi e velati di terrore. Deglutì mentre giungeva le mani sotto le labbra tremanti, un unico pensiero in mente:

-Gin-chan, ti prego, corri.-

******

Balzò sul ponte all'ennesimo fendente che il killer gli regalò, strisciando i piedi sulle tegole di legno per fermare il proprio andare. E prima che potesse prepararsi a scagliarsi con tutta la forza che possedeva contro il vecchiaccio, quello si era fiondato all’attacco, precedendo ogni sua possibilità di reazione.

Sentì il proprio corpo precipitare nell’enorme voragine che si era creata sotto sé, finendo di schiena sui sassi del fiume che, placido, continuava a scorrere sotto i suoi piedi.

-Ti facevo più forte.- lo derise il killer affacciandosi dalla crepatura, sbandierando la spada che sembrava essere dotata di vita propria.

Gin ghignò nonostante la situazione giocasse a suo svantaggio, soffermandosi a fissare gli enormi cavi che fuoriuscivano dal braccio di Nizou, intrecciandosi fino a saldarsi alla spada. Gli pareva un cuore pulsante più che una comune katana –Non dovremmo combattere ad armi pari?- a fatica, si alzò in piedi, avvertendo i capi bagnati pesare sul proprio corpo indolenzito per la caduta -Insomma, io ho una katana di legno mentre tu hai appeso al braccio un parassita!-

-Combattere?- Nizou saltò e si gettò contro Gin che, portando il peso in avanti, riuscì a parare il colpo con la propria spada –Chi ha parlato di combattimento?- la sua risata rauca si sparse ancora nell’aria, strozzandosi quando Sakata gli assestò un calcio sul ginocchio, facendolo capitombolare a terra.

-Perché, questo cosa sarebbe?- con un piede calpestò il suo stomaco, avvertendo il suo mugolio di dissenso che non fece altro che aumentare l’adrenalina che aveva cominciato a scorrergli nelle vene. Doveva ammetterlo, da tempo non combatteva con così tanto vigore e per quanto si stesse trattenendo per non liberare la bestia che urlava dentro sé, sentiva la voglia di colpire crescere ad ogni sferzata di spada, ad ogni calcio ricevuto. Per un breve istante, fu come ritrovarsi sul campo di battaglia, circondato dagli Amanto. Sollevò la spada a mezz’aria, sorridendo appena alla vista dell’uomo che non sembrava essere turbato davanti alla sua aria omicida, anzi, sembrava quasi divertito. E fu proprio quella scintilla di divertimento a coglierlo in fallo, paralizzandolo per un breve secondo, giusto il tempo di sollevare il capo e accorgersi che quei maledetti fili si erano attorcigliati attorno alla spada di legno, bloccando ogni sua possibilità di attacco.

-Secondo te?- Nizou gli mollò un calcio, facendolo sbilanciare in avanti. Incespicò nei propri piedi, reggendosi con la mano libera quando inciampò –Io la chiamerei esecuzione, non credi?- volse il busto, provando a pararsi con la spada, ma a nulla valse. Venne scagliato con forza contro il muro di pietra alle proprie spalle, accasciandovisi addosso mentre sentiva le ossa sbriciolarsi. Digrignò i denti per il dolore, portando una mano sul petto quando vide del sangue chiazzare di rosso l’acqua limpida del fiume.

-Gin-san!- sollevò lo sguardo, scorgendo la sua tifoseria personale sporta sul parapetto in legno che lo chiamava a gran voce, come se così potesse prendere in mano l’intera situazione. Peccato che fosse ricoperto di sangue, avvertisse gli arti formicolare e la vista si stesse annebbiando ogni secondo che passava. Appoggiò le mani sul muro, strisciò i piedi avanti e provò a sollevarsi, cercando con lo sguardo la propria spada che giaceva a pochi metri da lui, spezzata in due –Oh, merda—

-Gin-san, attenzione!- issò il capo all’urlo di Shinpachi ma prima che potesse spostarsi, Nizou si era aizzato contro di lui, conficcandogli la lama della spada nel fianco. Una fitta lancinante pervase il corpo, lo stomaco si attorcigliò e sentì la bile salire fino alla gola, ma tutto ciò che riuscì a sputare fu sangue mentre si piegava in avanti, sentendosi sorretto solo dalla spada che, nel conflitto, doveva essersi incastrata nel muro.

Lasciò scivolare le mani sui fianchi mentre stringeva i denti per far sì che il dolore non si concretizzasse in grida. Nizou continuava a ciarlare di lui, di come fosse stato una delusione per il paese, di come fosse inutile… Di Shiroyasha… Peccato aver perso ogni briciolo di energia; gli avrebbe spaccato volentieri la faccia al suono di quel nome.

-Dovresti smetterla di parlare. Se perdi la concentrazione, è la fine. Per esempio, non potresti accorgerti dell’altra mia spada.- non seppe nemmeno lui come riuscì ad ironizzare la critica situazione in cui verteva, ma in qualche modo ce la fece e prima che potesse venir massacrato una volta per tutte, Shinpachi riuscì a correre in suo soccorso tuffandosi in picchiata dal ponte, tranciando il braccio destro dell’uomo che barcollò all’indietro, mentre la spada cadeva a terra in un tonfo sordo.

I suoni intorno a sé si fecero ovattati, lontani. Il proprio corpo pesava, la testa girava e la vista si appannò. Voleva solamente cadere a terra e scivolare in un lungo sonno, di quelli che sapeva non lo avrebbero turbato con gli incubi ricorrenti e che lo tenevano sveglio.

-Gin-chan!- aprì gli occhi stanchi, scontrandosi con la figura di Shinpachi in posizione d’attacco verso il killer e sollevato il capo vide la sagoma di Chyoko scendere le scale.

-Non muoverti- provò a gridare, ma le parole si spezzarono in gola, pesando come macigni. O erano le sue gambe che erano diventate un blocco di cemento? –Non fare un passo, non—indugiò sul suo viso ovale contratto in una smorfia di terrore, ma nessun urlo era uscito da quelle labbra meravigliose.

Morire davanti a lei, con quello sguardo sofferente a deformarle il viso, non era esattamente il suo sogno...

 

-Se continui così morirai vergine, Kintoki!- Sakamoto ingoiò il decimo bicchierino di sake, ammiccando in direzione di una ballerina con un succinto vestito di paiette rosse che ridacchiò insieme ad una collega.

-Sai che me frega- mugugnò l’argenteo in risposta, staccandosi di dosso le mani avide della ballerina brilla che continuava ad avvinghiarsi come una cozza sullo scoglio –Vuoi levarti?!-

-Scommetto che se ci fosse Chyoko al suo posto non ti lamenteresti tanto!- la risata sguaiata di Tatsuma si mescolò alla alta musica di sottofondo, facendogli perdere ogni voglia di divertirsi. Era a quello stupido cabaret solo perché Abarai o come si chiamava aveva finalmente deciso di portarcelo, ma non avrebbe mai pensato che ogni essere femminile in quel postaccio si sarebbe degnato di assillarlo! Lui era abituato alla pacata presenza di Chyoko, quella che si limitava ad accarezzargli i capelli e che, fugaci abbracci a parte, mai si era permessa di appiccicarsi a lui. Tranne quando si erano baciati… Lì si era aggrappata al suo collo con tutta la forza che aveva in corpo. A distanza di settimane poteva ancora avvertire il suo calore bruciargli lo yukata…

-Smettila con le cazzate.- soffiò seccato, dando una manata alla ballerina che aveva deciso di divenire un tutt’uno con lui. Ma si levava dalle palle?!

-Nemmeno con Chyoko si divertirebbe- la ragazza finalmente cadde a terra e la sua attenzione si concentrò su un Katsura inquietante che, occhi socchiusi, sembrava volerle trafiggere con le bacchette che stringeva in mano. Ma che Diavolo combinava quell’idiota? Sembrava un prete entrato in un Night club! -Me lo spieghi adesso cos'è successo con lei o devo mandarti una lettera timbrata e firmata?- l'ironia di Zura spezzò l'armonia di quella serata svagata, ora resa tesa dalla sua espressione arcigna.

-Di che cosa stai parlando?-

-Del bacio, di che cosa vuoi che stia parlando?-  Zura inclinò il capo e lui, sotto il suo sguardo tagliente, si irrigidì -E' per questo che non le parli più?-

-Vi siete baciati?!- Sakamoto sbatté le mani sul tavolo e si sporse, felice a quella notizia –Ma era ora! E dimmi: com’è stato?-

-Non sono affari vostri!- berciò sistemandosi meglio sulla poltrona di velluto rosso, sperando che la propria incazzatura facesse desistere i due da importunarlo ancora. Ma Sakamoto rise come suo solito e Zura sospirò pesantemente. Gin si appiattì contro lo schienale.

-Si può sapere dove sta il problema?-

-Non c’è nessun problema.- si rivolse a Katsura con sguardo fiammeggiante, ostinandosi a volersi tagliar fuori da quel discorso. Non era affare loro come si comportava con Chyo, così come non avrebbero dovuto permettersi di ficcare il naso nei suoi affari. Soprattutto, odiava il loro trapanargli il cervello pur di carpire chissà quali verità. Insomma, c’era stato uno sciocco bacio datole senza pensarci troppo su, senza preoccuparsi delle conseguenza, stringendola a sé con urgenza quasi fosse consapevole che, una volta concluso il tutto, mai ne avrebbe goduto ancora. E poi c’era stata la sua confessione sincera e pulita che lo aveva messo con le spalle al muro, trasformando quel gesto banale in qualcosa di troppo grande da gestire. E la paura lo aveva fatto comportare come il Takasugi della situazione. I suoi occhi grigi lucidi e grandi, le sue labbra traballanti, il suo corpo esile e piccolo che tremava… Piegò il capo strofinando i capelli, cercando un po’ di ristoro nell’alcol ingerito. Ma quello, piuttosto che aiutarlo a fargli perdere i sensi, continuava a far cantare la sua coscienza e il senso di colpa in un duetto decisamente fastidioso.

-Sembra quasi che tu ti sia pentito.- e se già era tremendo essere psicanalizzato da Zura, era ancora più fantascientifico venir compreso al volo da quel babbeo di Sakamoto.

-No che non si può pentire! A lui piace Chyoko!-

-E con questo?!- li interruppe con bruschezza –Vi ripeto, non impicciatevi negli affari mie—

-Sei solo un idiota, mi fai venire e nervi!- Zura scosse la nuca, puntandogli poi il dito contro –Prima fai di tutto per avvicinarti a lei e quando ci riesci, la lasci senza dire nulla? Ti rendi conto di quanto tu la stia facendo soffrire?!-

-Kintoki, le hai parlato dopo, vero?- Sakamoto lo guardava sereno mentre Katsura mordeva un cuscino di velluto rosso pur di far scemare il nervoso.

-A dir la verità— si massaggiò il collo, gettando lo sguardo sul tavolo colmo di bottigliette di sake. Finalmente cominciava a vedere doppio, il maledetto alcol stava cominciando a fare effetto! Però avrebbe dovuto immaginare che la sbronza avrebbe portato anche alla fuoriuscita di un mucchio di parola insensate –E’ solo un bacio, ho pensato, non ne terrà troppo conto. Lascerà correre e torneremo amici come prima. Però ha detto che le piaccio e io non ho più capito nulla, io non—rise appena, sentendosi patetico nel confidare i propri confusi pensieri agli amici che, ora, lo guardavano attenti -Un conto è accorgerti che ti piace, l'altro è scoprire che ricambia.- lo aveva confessato. Finalmente, quel pensiero si era concretizzato e dalle labbra era volato fino alle orecchie di Zura e Tasuma.

-Quindi cos’hai intenzione di fare?- Zura si era sistemato sulla poltrona e lo guardava accigliato, come se si stesse sforzando di capire. Perfino Sakamoto pareva essere interessato alla sua risposta, anche se dalla sua espressione ebete non era poi così sicuro.

-Nulla…-

-Come sarebbe a dire nulla?!-

-Oh, Kintoki, vai da lei, sbattila al muro e dille che ti piace! Ah ah ah! Alle donne piace l’uomo aggressivo!-

-Ha mai funzionato?- chiese Zura scettico.

-Assolutamente no! Ah ah ah!-

-Idiota…- biascicò Katsura sospirando, poi si rivolse di nuovo a lui –Senti, Gin, non puoi lasciare tutto così. Devi parlare con Chyo. Se ti piace, devi--

-Non posso!- aveva alzato la voce, ritrovandosi a respirare affannosamente –Non posso, non posso andare da lei e dirle che mi piace- E se le cose non funzionano? E se mi accorgo che non è ciò che voglio? E se la faccio soffrire? Le domande ronzavano fastidiose nella sua mente confusa, ma sotto lo sguardo seccato di Zura comprese come in realtà avesse già sbagliato: lasciare Chyoko senza replicare alla sua dichiarazione, anzi, andarsene sbattendo la porta con scarsa grazia non aveva fatto altro che peggiorare la sua posizione –Mi viene da vomitare.- farfugliò stropicciandosi il viso.

-Ma cosa c’è di così difficile?- Sakamoto alzò le spalle, guardandolo con curiosità.

-Tutto diventa troppo serio e io non credo di averne il tempo- strinse le mani fra i capelli ricci -C'è la guerra cui pensare e-- e poi, diede sfogo a quel pensiero martellante che continuava a tormentarlo, facendolo sentire a disagio nonostante fosse circondato da compagni che ci tenevano a lui -E un mostro come me non può stare con una come lei, non le farei altro che del male.- digrignò i denti, redendosi conto di come fosse ormai giunto al limite del proprio equilibrio. Una bestia come lui non avrebbe mai potuto darle amore, ricambiarla di tutta la gentilezza e la dolcezza che lei gli aveva donato senza chiedere nulla in cambio, non poteva stringerla con quelle mani che da troppo tempo mietevano vittime. Avrebbe finito col trascinarla nel baratro di follia in cui lui stesso stava affondando e il terrore lo paralizzava al pensiero che, anche lei, sarebbe potuta essere preda della sua furia.

-Kintok—

-Ovvio che la farai soffrire se continui con questo atteggiamento- gli occhi di Zura era infuocati e le sue mani erano strette intorno ai pantaloni scuri –A Chyoko non importa nulla di tutto questo! Lei sa vedere oltre, possibile che tu non te ne accorga?- lo prese per il bavero, stringendo la mano con tutta la forza che aveva ma prima che potesse reagire, il sibilo di Katsura lo colpì in pieno viso -Prenditi le tue responsabilità, Gintoki.-

-Dai, ragazzi, state calmi!- Tatsuma agitò le mani sorridendo tirato, trascinando Katsura di nuovo sul divanetto. Ma che Diavolo voleva saperne quel maledetto che non si era mai avvicinato ad una donna, troppo preso dalla guerra che stavano combattendo? Cosa voleva saperne lui di cosa si provava nel desiderare la propria amica in maniera così viscerale da sentire i brividi scorrere quando se la ritrovava a pochi passi? O del costante pensiero di tornare nella sua stanza e ricompiere gli stessi errori se ciò significava tenerla stretta a sé più tempo possibile? Della consapevolezza di volere tutto questo e di essere ad un palmo di mano dal poterlo avere senza però essere capace di fare quel minuscolo passo. Della paura che lo attanagliava, mozzandogli il respiro, corrodendogli l’anima se solo si soffermava a pensare che, un giorno o l’altro, Chyoko avrebbe sofferto per colpa sua. No, Katsura e quelli come lui non lo sapevano e stava per urlarglielo con tutta la rabbia che aveva in corpo, quando un loro compagno entrò frenetico nel cabaret, barcollando al loro tavolo.

-Katsura-san, Katsura-san!- la musica coprì il suo respiro affannato e i tre si guardarono confusi.

-Eiji-san, non dovresti essere a letto a riposare?- domandò Sakamoto sorridendogli gioviale -Sei sempre così vitale!- il sorriso del ragazzo si spense quando si ritrovarono a fissare il suo viso contratto dal terrore e graffiato. Ora che ci facevano caso, anche i suoi vestiti erano pregni di sangue. Giusto il tempo di realizzare l’accaduto ed ecco che l’uomo si accasciò sul tavolo, finendo sul pavimento appiccicoso.

-Che Diavolo è successo?!- Katsura si piegò su di lui, scuotendolo leggermente per evitare che perdesse i sensi. Fu come se tutto il locale si fosse accorto dell’accaduto, perché tutti cominciavano a prestare loro attenzione.

Gin si alzò lento, osservando il liquido rosso che colava dalle sue labbra -Hanno attaccato il campo! Gli Amanto ci hanno teso un'imboscata!-

 

Blackout, buio totale...

 

I sassi erano morbidi, non gli stavano raschiando il viso... O, forse, ciò che lo stava sorreggendo malamente non era il terreno, bensì l'esile corpo dell'ultima persona che avrebbe voluto vedere in punto di morte. Incredibile come quella ragazzina fosse sempre in grado di sorreggerlo anche a distanza di anni nonostante le cattiverie, le sue barriere… Ma quel barlume di gioia che stava illuminando il grigiore della sua anima venne spento dal suo pessimo carattere che, quando si trattava di Chyo, tornava sempre a farsi sentire.

-Ti avevo detto di tornartene a casa- digrignò i denti macchiati di sangue mentre la fronte si adagiava sulla spalla dell'amica -E' pericoloso, non posso pensare a te, non— portò una mano al ventre, osservando il sangue scorrere fra le fessure tra le dita.

-Ma chi ti ha chiesto niente!- fu il sibilo sommesso di Chyo mentre le sue mani affusolate si stringevano di più sullo yukata -Pensa a te, piuttosto- le uscì un verso strozzato mentre lo aiutava a non crollare a terra come un peso morto -Stai perdendo sangue, dobbiamo andare all’ospedale.-

-Tu fai di un graffio una malattia.- Chyo non replicò, limitandosi a premere la mano affusolata sulla ferita grondante.

-Questo non è un graffio!- stridette acidula, guardandosi attorno agitata.

-Già…- ridette flebile, studiando il suo profilo delicato –Perché non sei tornata a casa?-

-Ero preoccupata per Zura, volevo aiutarvi a trovarlo- la sua voce tremava –Ed ero preoccupata per te.- la vide volgere il viso riparando il dolore dalla sua vista con l’enorme cascata di capelli neri che gli solleticavano il collo. Non era proprio capace di starsene fuori dai casini e non trascinarcela, proprio non ce la faceva. Era per questo che non aveva voluto trattenerla nella propria vita, solo per questo. Non sarebbe mai riuscito a darle un briciolo di felicità, anzi, oggi come all'ora sarebbe stato solo capace di esporla ai pericoli. E lui non avrebbe sopportato di vederla morire, non avrebbe sopportato di non riuscire a proteggerla, non avrebbe retto al pensiero di non poterla vedere più sorridere con quella lucentezza che rischiarava le sue giornate. La voleva, ma allo stesso tempo voleva saperla al riparo da sé stesso.

Strinse le mani tagliuzzate, evitando accuratamente di commettere cazzate come mani che sfiorano le guance dell'amata o che cercano le sue in segno di sostegno. Avrebbe rischiato di trasformare tutto in una scena di quei tremendi film romantici e soporiferi che tanto odiava. Ma le parole, stranamente, non riusciva più a tenerle rinchiuse nella propria mente o nel petto squarciato. Uscivano placide e spezzate, volando verso la ragazza che adesso lo aveva fatto stendere con la testa sulle proprie cosce.

-Non sono per niente bravo, ti faccio solo preoccupare.-

-Sai che sono iperprotettiva.- la sua risata strozzata era vellutata, leggera. Solo ora si rendeva conto di che suono stupendo fosse.

-Ci sono tante cose che dovrei dirti, ma non so come-- chiuse gli occhi un momento, stringendo i denti per il dolore lancinante. Sentiva formicolare tutto il corpo, cominciando ad avvertire i brividi di freddo coglierlo impreparato. Era stanco, voleva solo dormire...

-Non ha importanza.- la sua voce tremava, così come le sue mani, il suo corpo. Chyoko era in lacrime, lo immaginava, quella pensava sempre al peggio. Ma quando la guardò per un istante, nel suo sguardo c'era solo rabbia e tanta, tanta apprensione... Ma niente pianto, niente volto rigato dalla lacrime.

Una breve risata appena udibile sfuggì alle sue labbra sanguinanti a quella vista -L'ho detto io che sei cambiata.-

-Stai straparlando.- mormorò lei nervosa, regalandogli un flebile sorriso. E si disse fortunato di averla incontrata di nuovo, di aver potuto godere ancora della sua dolcezza quella notte, e di averla fatta stare in pensiero per tutto questo tempo.

Deglutì, mentre il sapore metallico del sangue scivolava nella sua gola contorcendogli lo stomaco. La mano di Chyo era ferma sul proprio viso mentre con il pollice compiva dei piccoli movimenti circolari sulla guancia, lo sguardo preoccupato puntato verso la propria destra. Cominciò a sentire i sensi distendersi, la pace avvolgerlo. Va bene così, si disse piano, percependo il dolore della ferita smettere di pulsare e placarsi.

-Chyo-chan...- la chiamò adagio, cercando di infondere nel proprio tono spezzato tutta la delicatezza che possedeva. Se doveva andarsene per sempre, voleva almeno lasciarle un buon ricordo. Magari dirle che gli dispiaceva per come si era comportato cinque anni prima, dirle che per quanto stronzo fosse stato le aveva voluto davvero bene, in maniera viscerale e che tutto questo non era cambiato, anzi, era amplificato se possibile. Dirle che dopo quella notte con lei sarebbe rimasto steso nel futon al suo fianco, ma che il panico lo aveva preso alla sprovvista e si era ritrovato a trattarla come una donna da poco, quando invece lei era tanto, troppo per uno come lui... Incredibile come mille pensieri, vertenti tutte su Chyo, vorticassero nella sua mente in un momento come quello senza però riuscire a concretizzarsi. Sciocco da parte sua credere che in punto di morte sarebbe riuscito a dirle chissà quale perla... Così la guardò, stringendo dapprima gli occhi per mettere a fuoco la sua figura delicata e quando i suoi occhi grigi e dal taglio orientale si puntarono nei propri, cremisi e stanchi, percepì l'amorevolezza di quella donna che lo stringeva a sé tremante.

-Non parlare, non sforzarti- mormorò lei lasciando scivolare le dita dal suo viso imperlato di sudore fino ai capelli ricci mentre un pallido sorriso le increspava le labbra traballanti -Adesso arriva Shinpachi con Elizabeth, sono andati a chiamare aiuto e-- la vide porta una ciocca di capelli corvini dietro l'orecchio, macchiandola di sangue -Gin-chan, non lasc--

-Chyo-chan-- la interruppe debole, bloccandola sul nascere, conscio che nemmeno quella volta avrebbe potuto mantenere la promessa. E la vide stringere le labbra mentre gli occhi grigi si allargavano e divenivano lucidi -Mi sei mancata, Chyo-chan.-

 

La  musica giungeva distante nonostante il frastuono lo circondasse, la mente ormai svuotata e senza alcun pensiero.

Fu come avvertire i propri sensi stendersi mentre la parte più aggressiva di sé prendeva il sopravvento, vedeva appannato, il sangue ribolliva dall’ira che piano piano stava prendendo il controllo di ogni fibra del suo corpo. Gli Amanto avevano attaccato il campo, lo stesso campo dove Chyo aveva deciso di trascorrere la nottata… Strinse i denti, le mani, il respiro era  pesante e irregolare.

-Oi, Kinto--  Sakamoto si ammutolì, indietreggiando di qualche passo.

In quel momento la sua mente corse incontro a Chyo, sola e incapace di maneggiare una spada nonostante gli anni di allenamento e i brividi corsero lungo la schiena al pensiero che la stratega fosse in pericolo. E lui, che aveva promesso di proteggerla, se ne stava lì a cicalare con gli altri samurai. Spinse via i compagni che gli erano di intralcio e si catapultò in strada, correndo come un indemoniato.

-Kintoki, aspettaci!- la voce di Sakamoto, non più scherzosa, lo raggiunse nella sua frenetica corsa. I piedi si erano mossi senza neppure pensarci.

 

Un giorno ti mancherà la mia voce da gallina!”

Non contarci troppo.”

 

Aumentò il passo. Aveva già perso una persona importante, non voleva perdere anche lei…

 

Il proprio nome gridato con dolore da Chyo giunse ovattato, le sagome offuscate di Shinpachi ed Elizabeth che correvano verso di lui divennero due contorni neri e privi di significato. Il buio lo stava avvolgendo e prima che potesse rendersene conto, si era ritrovato a chiudere gli occhi percependo la calma intorpidirgli i sensi.

Cambiò idea. Morire tra le braccia di Chyoko, non era poi tanto male.

 

 

*****

*Marmelade Boy:  Piccoli problemi di cuore.

**Shiroyasha: Demone Bianco.

 

Note noiose dell'autrice:

Tremendo D: E’ stato un parto scrivere questo capitolo, non sapevo come gestire i dialoghi e soprattutto i personaggi. E' di una tristezza dilagante (e non nel senso che è strappalacrime, ma perché scritto con i piedi). Chiedo venia per le descrizioni di lotta approssimative, banali e confuse... Purtroppo non sono il mio forte (si è notato xD) ma ho dovuto inserirle e ho provato a cimentarmici (anche se avrei voluto liquidare il tutto con un “Dopo diversi minuti, la battaglia si concluse”).  Comunque, vediamolo come un capitolo di transizione, d’accordo? J

La scena di Gin ferito fa tanto finale della Bella e la Bestia. A proposito di Gin: su una scala da uno a dieci quanto è OOC? Ma diciamo anche 1000 per essere gentili! E va beh, mi piace immaginarmelo così da adolescente: un po' impacciato, un po' innamorato (forse?)... Nel presente direi che è bello stronzo, quindi mi sono parata per bene (spero…).

Riguardo la battuta del Mojito e l’Invisbile… No, pessima, ma mi è capitata davvero e ricordo di aver riso come una scema xD

Passo subito ai ringraziamenti, doverosi e sentitissimi, rivolti ad Elizabeth_smile e LoScrittoreMisteriosoX che hanno carinamente commentato il capitolo precedente (siete sempre troppo buoni con me; tiratemi i pomodori quando me lo merito, tipo con questo schifo appena pubblicato L)

Ringrazio anche chi continua a leggere ma resta in silenzio J e ne approfitto per augurare a tutti una buona Pasqua (anche se in anticipissimo!).

 

Alla prossima,

Geisha.

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