Se non mi guardi rovescio il mondo

di loonaty
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ossessione ***
Capitolo 2: *** Curiosità ***
Capitolo 3: *** Compassione ***
Capitolo 4: *** Vendetta ***
Capitolo 5: *** Timidezza ***
Capitolo 6: *** Terrorismo ***
Capitolo 7: *** Recitazione ***
Capitolo 8: *** Infatuazione (?) ***
Capitolo 9: *** Offese ***
Capitolo 10: *** Stasi ***
Capitolo 11: *** Rientri ***
Capitolo 12: *** Ricordare ***



Capitolo 1
*** Ossessione ***


                                                                                 OSSESSIONE


Ossessione.
Era quella la parola giusta.
Era diventata un'ossessione per lei seguire con lo sguardo l'andamento felino del corpo snello del compagno di classe.
Un'ossessione cercare i suoi occhi fra i banchi di scuola e non trovarli mai. I suoi occhi neri erano lì, certo, ma assenti. Inutile dire che non la guardasse mai.
Dopotutto era la piaga della scuola. La secchiona della classe. Di certo non era bella.
Forse un po' eccentrica vista la tinta vivace dei suoi capelli, ma non bella.
Anche ora mentre fili di luce si intrecciano alle ciocche morbide che ti incorniciano la fronte spaziosa, tuo eterno cruccio,  i tuoi pensieri sono tutti per il silenzioso moro della fila accanto.
Il mento sottile elegantemente poggiato ad un palmo. Le labbra strette e pallide che facevano risaltare la capigliatura d'ali di corvo.
E sospiri.
Le gote di un grazioso colore pot-pourri che poco s'intona al rossetto color pesca che hai sottratto, all'insaputa di tua madre, dalla sua trousse. 
-Haruno!- Il professore ti sta richiamando. Te ne rendi conto solo quando lui si volta. Per molto tempo hai goduto della visuale perfetta del suo profilo delicato, adesso che è voltato verso di te però non puoi fare altro che sentirti il fiato bloccato nei polmoni.
Qual'era la domanda? Il quesito? La risposta ... ?
-Haruno! Insomma!- Il professore sbatte il libro sul tavolo. Rabbrividisci chiedendoti cosa potrebbe mai averti chiesto. Sasuke sbuffa e distoglie lo sguardo. -Leggi il paragrafo tre. Capitolo otto. - Il suo è un grugnito annoiato.
-G-grazie!-
-Mpfh-
Il suo sguardo torna a perdersi nel vuoto assoluto.
La voce squillante ed un po' affannata per i battiti accelerati. Però in fondo riesci ad arrivare fino alla fine senza strozzarti con la saliva. Il che è già un grande miglioramento.
Quando la campanella dell'ultima ora suona scatti in piedi. Lui è velocissimo, capace di volatilizzarsi in un nanosecondo. Per questo eri già pronta. Solo grazie ad anni di attenta ed ostinata osservazione sei riuscita a farti trovare accanto al cancello ad aspettarlo. Ti lancia giusto un'occhiata di sbieco, come fa con tutte le altre centomila galline starnazzanti che calpesta senza nemmeno la grazia di uno "scusa". Vi allontanate insieme. Lui non ti caccia via, già, per Sasuke Uchiha sarebbe una concessione troppo grande mostrarti almeno a sua irritazione. Tu non meriti nemmeno quella. Però ti accontenti. Camminare al suo fianco e basta. Il lungo cappotto patchwork rosso e panna con la stoffa a rombi che ti struscia sulle gambe nude. Perché la minigonna è d'obbligo, e se hai qualcosa da mostrare sono solo le gambe. Nemmeno tutte. Solo quella parte priva di cellulite che va dal bordino dell'uniforme alle caviglie fragili e tinta color latte. I mocassini neri di vernice che battono l'asfalto a ritmo con le scarpe altrettanto lucide del ragazzo. Camminate in silenzio per molto, molto tempo.
-Haruno vai a casa- Sbotta.
Sua altezza imperiale ti ha rivolto la parola per la seconda volta in un giorno!
Da segnare sul calendario.
Arrossisci lievemente decidendo di giocarti il tutto per tutto. Ci sono solo pochi giorni di scuola prima delle vacanze di Natale. Tu vuoi dirglielo.
Vuoi confessargli cosa provi da fin troppo tempo.
-Devo andare da mia nonna, abita di qua!- esclami con forse troppo zelo stringendoti i libri al petto.
Lui inarca un sopracciglio.
-Haruno ... Questo è il quartiere Uchiha. - Terza - volta.
Ora è da guinness dei record.
Arrossisci ed indietreggi. Un paio di scuse mezze balbettate, ma non ai livelli di Hinata. Ti volti e corri via.
 
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Sei seduta al tuo solito banco. Una fila più in là il solito ragazzo con il mento appoggiato alla mano e l'espressione annoiata. Non come quel fesso di Shikamaru che dorme sul banco, sia chiaro. Sasuke è capace persino di annoiarsi con stile.
C'è una bella poesia.
Molto bella. LA professoressa  Kurenai fa passare il libro. Quando arriva nelle tue mani e poggi gli occhi su quelle scritte sottili ti rattristi un po'.
Persino quei poeti brutti e sfigati conoscevano l'amore.
Però lei era brutta e sfigata quindi ... Allunghi il libro nella sua direzione. Ti scivola ma il ragazzo lo afferra al volo. Per chissà quale riflesso ha afferrato anche un tuo polso.
Mi ha toccata.
E' stizzito dalla tua mancanza di reattività. Ti lascia andare un po' brusco mormorando qualcosa tipo "noiosa".
Forse, se tu fossi un po' meno Sakura ...
 
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Ino ti pianta un gomito nello stomaco e ammicca nella direzione del bel tenebroso.
Siete sedute a mensa, l'una accanto all'altra, davanti nessuno, la visuale deve essere libera. Davanti a voi, oltre la porta a vetri che da sul giardino, proprio accanto alla cucina c'è la zona inavvicinabile, anche detta "tavolata dei maschi". 
Le lanci un'occhiataccia svitando il tappo di una sprite con immensa facilità. Di certo la forza non ti manca, peccato che non sia quella a conquistare i ragazzi.
-Che hai fronte spaziosa?-
Sospiro. Le bollicine ti scendono giù per la gola facendoti lacrimare gli occhi. Cosa che capita fin troppo spesso.
Poi guardi la tua "amica", la tua eterna rivale. Angelica con i suoi occhi azzurri e il biondo pallido della liscia capigliatura completamente raccolta in una coda alta.
Sorride maliziosa soffiando via il ciuffo che le ricade costantemente sul volto e poggiando un gomito sul tavolo.
-Non mi noterà mai, vero?- Riesci a domandare abbassando lo sguardo. -Come fai Ino-pig?-
Lei getta la testa e ridacchia cristallina mentre una marea di gente si volta a fissarla sbalordita. Già. Come non notare la bellezza di Ino? Peccato che il cervello da gallina non sia altrettanto in bella vista.
-La vuoi piantare?- Stavolta sei tu a darle una gomitata.
-Tu, stai chiedendo consiglio ... A me?- Altra risata. Molti ragazzi ormai ci stanno fissando e non posso fare a meno di arrossire.
- Smettila!- sibilo stringendole forte un braccio.
-Scusa Sakura, è solo che ti dimentichi troppo spesso che non sei la sola a cui piace SASUKE!-
Il fatto che abbia praticamente urlato quel nome aiuta la rosa solamente a sprofondare di più nella vergogna ... E a caricare un pugno ovviamente.
-Taci Ino!- Ringhia, gli occhi verdi fiammeggianti.
Qualcuno le blocca il polso. Si volta di scatto incontrando gli occhi neri di Sasuke con un cipiglio tutt'altro che gentile.
-S-Sas'kè-kun ... -
Lui la incenerisce con lo sguardo.
- Oggi sono di vigilanza durante il pranzo. Preferirei non dover ricorrere a soluzioni ...  Drastiche come un richiamo del preside.-
A Sakura crollò il mondo addosso. Vero. Sasuke era uno dei rappresentanti di istituto, praticamente alla pari dei professori e poteva dare a una nullità come lei un biglietto di sola andata per l'inferno.
Abbassi lo sguardo sconsolata. Le lacrime che inquinano gli occhi verdi. Lasci che le lunghe ciocche rosa pastello ti coprano il volto paonazzo di rabbia e vergogna. LE tue unghie affondano nella coscia della Yamanaka come la promessa di una morte lenta e dolorosa. Lei lancia uno strilletto acuto e Sasuke, che si stava allontanando verso il bancone, si volta impassibile. -Yamanaka, preferirei la piantassi di starnazzare, grazie.- La bionda resta di sale mentre tu, in fondo, speri che l'abbia fatto per te.
 
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-Ancora.-
La sua non è una domanda, è un' affermazione.
Dopotutto è vero. Lo stai seguendo ancora a casa.
Manca una settimana alla vigilia. Alle vacanze. Non lo vedrai fino a Gennaio e non è fattibile.
Poi quella settimana verranno persino formati i gruppi di studio extrascolastico a cui, tutti, nessuno escluso, dovrà partecipare.
Riempiranno il tuo tempo e non potrai più perderti in fantasticherie su di lui. Soprattutto se finissi con quella testa quadra di Naruto.
Però se nel tuo gruppo ci fosse Sasuke ...
-Casa tua è di là - Sasuke la riportò alla realtà. Teneva un braccio davanti a lei indicandole la via esatta.
- Oh! Oh ... Certo, mi ero persa ... -
-Quando scendi dalle nuvole vedi di non schiantarti al suolo- Disse con voce annoiata. Allontanandosi. Vedeva solo la sua schiena fasciata dalla camicia bianca. I capelli nerissimi, la cartella che teneva dietro la spalla in una posa perfettamente calcolata. Un sospiro. Già, era davvero impossibile che ...
 
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-SIAMO NELLO STESSO GRUPPO! SIAMO NELLO STESSO GRUPPO ... ODDIO, SIAMO NELLO STESSO GRUPPO!- Sakura saltella davanti alla bacheca nel corridoio. I loro nomi sono l'uno acanto all' altro e questo non può che renderla felicissima!
-Hei, Sakura-chan!- Una voce entusiasta la chiama, lei si volta. LA sua espressione passa da euforia a desolata. -Hei, Sakura-chan, non sarai così felice perché sei nel mio gruppo vero?- Le sorrise mostrando i denti bianchi. I capelli biondi erano spettinati nella tipica pettinatura alla "cuscino".  Lei si batté un palmo sulla fronte. Naruto Uzumaki.
No, forse non sarebbe sopravvissuta.
 
-Ino, non capisci! Sono in squadra con il miele e l'aceto!-
-Sì, rispiegami un attimo chi è il miele e chi l'aceto-
-Sasuuuuke è il miele logicamente ... - Disse lei intrecciando le dita al lato del volto con espressione sognante.
-Mentre Naruto è l'aceto - La sua espressione divenne caustica mentre stringeva i pugni ai lati del corpo.
Ino inarcò un sopracciglio.
-Diciamo che la tua obbiettività lai mandata a stendere quando avevi sette anni, giusto?-
-Cosa intendi dire Ino-pig?-
-Intendo dire, racchia, che se c'è qualcuno che ricorda l'aceto in questa scuola è proprio quel bonazzo di un Uchiha -
Sakura non capiva. Sì, certo Sasuke era un po' brusco, pareva costantemente annoiato, non prestava attenzione ad alcuna ragazza tanto che certe male lingue lo rapportavano all'altra sponda e, soprattutto, la sua presuntuosaggine era mostruosa. Però non avrebbe mai paragonato Sasuke Uchiha all'aceto.
-Bhè tu con chi sei in squadra cicciona?- Ino si fermò al suo armadietto sbattendoci contro la fronte mentre un'aura nera si levava intorno a lei.
- All'ananas fessa e ed allo scroccone grasso -
-Urgh, Shikamaru e Choji ... -
Un occhio turchese dell'amica si socchiuse.
-Tu sei l'ultima che può permettersi di commentare Miss. Sfiga, nella lista delle persone più popolari della scuola il tuo nome nemmeno compare e dire che si facevano buoni progetti su di te Sakura -chan, con quella tinta confetto ... -
Eccola, l'Ino perfida di nuovo all'attacco. Forse sarebbe dovuta semplicemente battere in ritirata. Voltò le spalle allontanandosi.
-Ehi, tipa in viola!- Quella voce. Quella voce acuta che le perforava i timpani. Eccolo il vero aceto della vita. Eccolo.
-Ehi, tu- Mise una mano grande sulla spalla di Ino facendola voltare verso di lui. Aveva le sopracciglia aggrottate ed un'espressione decisa. -Prova di nuovo ad offendere Sakura-chan e ti brucio al rogo ok?-
Ehhhhhh? Ora minacciava persino di morte una ragazza? E non una qualunque! Proprio la reginetta del suo anno. Ino Yamanaka. Intorno a loro ci fu silenzio. Molti dei ragazzi che passeggiavano per i corridoi si fermarono  a guardare. Tra venti minuti sarebbero cominciati i corsi di ripasso pomeridiano, dovevano spicciarsi ...
-Come hai osato?- Ringhiò la bionda dandogli uno spintone poderoso. Naruto indietreggiò.
-Non insultare Sakura Chan ribadì stringendo un pugno.
-Smettila Naruto!- Sakura strillò afferrandogli un braccio e trascinandolo attraverso quel capannello di ragazzi pronti a godersi la rissa.
-Si vede da lontano un miglio quando uno è una testa quadra- Borbottò strattonandolo verso l'aula. -Pure con le povere fanciulle indifese attacchi briga? Eh?-
Lui sghignazzò. - Eddai tesoro, quel cinghiale non ti farà niente- Si indicò con il pollice della mano libera. -C'è qui il tuo principe a protegg ... -
Un pugno gli si abbatté sulla testa.

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Capitolo 2
*** Curiosità ***


                           CURIOSITA'



-Perché il dobe ha un bernoccolo?- Sasuke sollevò appena la testa dal libro sul quale stava ripassando geometria fissando il rigonfiamento sulla testa del biondo-
- Sakura-chan! Sei crudele!- Piagnucolò a voce tanto alta che tutti i componenti dei vari gruppetti si voltarono.
-zitto!-
Sbraitò lei con la schiuma alla bocca.
Sasuke spostò lo sguardo dall'uno all'altro. Poi tornò a fissare il suo libro.
Subito però fu interrottò dal tono entusiasta della ragazza che gli si fece vicina portandosi una ciocca di capelli dietro un orecchio.  Lui alzò un sopracciglio.
-Sasuke-kun, non potresti rispiegarmi quest'argomento? Non l'ho capito bene ... -
Lui rimase accigliato a fissare il suo profilo arrossato ed i suoi occhi che indugiavano sulle pagine appena sollevate dalle sue dita. Sakura Haruno che non capiva qualcosa? Perché tutt'ad un tratto non nevicava?
Chiuse il libro e fece scorrere le pagine sovrappensiero. Le gettò uno sguardo di traverso e poi glielo batté sulla fronte alta.
- Magari se qualcuno si degnasse almeno di guardare il professore mentre spiega- grugnì.
Sakura arrossisce ancora di più mentre gli occhi verdi si sgranano. Allora lo sapeva, l'aveva vista.
-Davvero Sakura-chan, come fa a piacerti quel ciocco di legno? Qui ci sono io!- Naruto ridacchiò spaparanzandosi sulla sedia. All'improvviso fece una smorfia. -Ahi!- Tirò sulla sedia una gamba massaggiandosi lo stinco. Sul volto di Sasuke un sorriso soddisfatto.
- Cos'è che non hai capito?- Dice poi tornando serio con un sospiro rassegnato. Poi alza gli occhi su Naruto.
-Se vuoi ascolta anche tu, Dobe-
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-Non mi sorprende che i tuoi voti calino se invece di scappare a casa a studiare mi aspetti qui fuori tutti i giorni - Commentò un cupo Uchiha passando accanto alla rosa che gli si affiancò con l'immancabile sorriso.
-Non capisco come tu possa essere così ostinata- Ringhiò tra i denti mentre scansava di malagrazia una ragazzetta che gli porgeva un pacchetto infiocchettato.
Già.
La vigilia era tra cinque giorni.
Alcune ragazze avevano già cominciato a porgere timidi pacchetti e letterine agli altri ragazzi, ma soprattutto a Sasuke. Solo lei ed Ino non si erano ancora mosse. Non si erano ancora scoperte. L'unica altra ragazza che probabilmente avrebbe tardato a fare il suo regalo era l'Hyuga, ma lei era una causa persa. l'irraggiungibile e eterea Hinata. Tutti pensavano che fosse una ragazza dal cuore di ghiaccio, eppure era dolce e timidissima.
-Però sembra che questa ostinazione serva a farti parlare con me!- esclamò arzilla saltellando per rimanere al suo fianco senza essere lasciata indietro.
-Certo, l'importante è crederci- La smontò sarcastico. Però ora non doveva più contare le volte in cui le rivolgeva la parola. Ed oggi aveva persino dribblato Naruto per poter uscire DA SOLA con il suo bel moro.
Era di nuovo immersa nei suoi pensieri. Aveva cominciato a seguirlo a casa già in prima media. Lo seguiva di nascosto, quando, ovviamente, riusciva a raggiungerlo. Poi aveva imparato a sincronizzarsi con i suoi tempi, tanto da non perderlo più di vista. Non ricordava bene quando si ritrovò per la prima volta a saltellare tranquillamente al suo fianco senza essere degnata di alcuna attenzione. Era stata una cosa graduale. Se tu butti una rana viva dentro una pentola di acqua bollente lei salta via. Se però tu la riscaldi a poco a poco, quando se ne accorge è troppo tardi. Rana bollita. Bene, le restava solo da capire se lei era la rana o l'acqua.*
-Sa ... -Cominciò lui sapendo come sempre che la ragazza era andata perdendosi nelle sue riflessioni e che probabilmente l'avrebbe seguito fino a casa senza nemmeno accorgersene.
Lei scosse il capo. -Vieni a bere qualcosa da me?- Gli domandò di un fiato. Lui si voltò a fissarla senza espressione.
Ecco, ora la rana salta vero Sakura? Hai alzato troppo la fiamma. Stupida.
- Ci si vede domani a scuola- Ti da le spalle ed alza una mano in segno di saluto.
Sakura si mordicchia un labbro senza alzare lo sguardo da terra.
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-Mamma, conosci Sasuke Uchiha?- Ti rigiri la tazza di latte bollente tra le mani. Il nastro rosso che ti forma un morbido fiocco a lato del capo. Gli occhi verdi socchiusi persi nel tuo mondo. Alle tue orecchie arriva un tintinnio indistinto. Allora ti riscuoti alzando il volto ovale e albicoccato dalla tazza bianca. Quella a macchie nere che ti ha regalato papà che ha il manico come la coda di una mucca. Tua mamma ti fissa, i suoi occhi sono verdi quanto i tuoi, ed altrettanto grandi solo che vi leggi qualcosa di strano, che non hai mai visto.
-Mamma ... Ti è caduto il cucchiaino ...- Il cucchiaino che stava usando per far filare il miele nella sua tazza è a pochi centimetri dai tuoi piedi, ti pieghi in modo da raggiungerlo. Poi ti alzi per sciacquarlo. Il miele ha appiccicato un sacco di polvere. Glielo restituisci mentre lei si sforza di sorridere. -Sasuke Uchiha? Quel bel bambino che viene in classe con te?- Sbuffi facendo sollevare un ciuffo rosato mentre ti accanisci con uno straccio sulla macchia appiccicosa rimasta sulle mattonelle.
-non siamo più dei bambini ma' -
Ma guarda te quant'è appiccicoso 'sto miele ...
-Comunque perché mi parli di lui tesoro?- Sorseggia il latte, ha un leggero fremito ad una mano.
Proprio non vuole venire pulito il pavimento, ce n'è caduto un quintale?
-Così, sai mi piace molto ... - Arrossì lievemente. -Sai qualcosa su di lui?-
Ecco, ho quasi fatto ...
- Bhè la storia è complicata e non è bello parlarne.- Le belle mani adornate di anelli della donna si contrassero attorno alla porcellana con uno spasmo. -Se proprio ti interessa ...  Ecco vedi, i genitori di Sasuke sono stati assassinati quando lui aveva solo sei anni, suo fratello non frequentava buone compagnie e dalla ricostruzione dei fatti pare che si fosse invischiato in una situazione non troppo buona, così si trasferì all'estero. Sentendosi traditi i suoi "compagni" fecero irruzione in casa ed uccisero tutti. Itachi aveva fatto sì che suo fratello all'ora prestabilita fosse fuori casa, ma non era riuscito a fare altrettanto con i genitori ... - Aveva parlato tutto d'un fiato. Lo straccio di Sakura era stretto tra le sue dita. Stava sfilacciando il bordo con le unghie e non si accaniva più contro la minaccia zuccherata e collosa. 
-Suo fratello partì comunque per l'estero?-
Sua madre deglutì, non era facile per un genitore pensare alla sofferenza di un bambino lasciato solo alla sua sorte.
-Certo, è per questo che lui lo detesta. Lo ha abbandonato. e' cresciuto solo povero figliolo ... -
-Capisco ... Tu come le sai tutte queste cose?-
La madre scrollò le spalle. -Tuo padre è un poliziotto ricordi? Lavorava insieme a Fugaku, era un suo sottoposto, indagò a fondo su questa faccenda e ne parlò molto anche con me -
Annuisci meccanicamente mentre senti qualcosa spezzarsi dentro di te.
-Nel quartiere Uchiha ... ?-
Stavolta sua madre scuote la testa -Viene chiamato anche quartiere fantasma, dopo quella volta se ne sono andati tutti. Ci vive solo Sasuke.-
-Solo!?-
Un sorriso amaro, un altro sorso di latte. -Dopotutto, avete diciannove anni, non siete più dei bambini-
Non siamo più dei bambini, esatto.
Però quanto può essere giusto, anche per un adulto, vivere completamente da solo?
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-Sasuuuuuuuukeeeeeeeeeeee!!!- Ino si sbraccia correndo per i corridoi per poi attaccarsi con foga ad un suo braccio.
-Sakuuuuuuuuuuuuuraaaaaaaaaaaaaa!!! - La scena è praticamente identica. Solo che è Naruto ad attaccarsi saldamente  al braccio della rosa.
La prima viene fulminata.
Il secondo aggiungerà un bernoccolo alla sua collezione.
Sakura Haruno oggi non perseguita Sasuke con il volto porpora e lo sguardo adorante. Non lo fissa durante la lezione. Durante il pranzo si siede accanto a Naruto e chiacchiera con lui sorridendogli, scopre che è davvero molto simpatico e che è piacevole quando non si fissa con il volerla portare a cena a tutti i costi.
Ino rode da lontano. Poi ci ripensa. Forse la sua amica si è arresa lasciandole campo libero e ghigna soddisfatta.
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Sono in biblioteca. E' il giorno di scrittura creativa. Prendere un romanzo, aprirlo a metà, prelevare una frase e scriverci un racconto.
Sembra facile.
Sembra.
Sakura passa le dita sulle copertine di vari libri, seduta sul tavolo tra due scaffali, per arrivare ai libri più alti ci sale sopra in piedi. Comunque non è abbastanza alta. Sbuffa incastrando un mocassino tra un paio di volumi e facendovi leva. -Cosa combini?- Voce calma, pacata. Sasuke la fissa con quel suo sguardo di sufficienza e lei non può fare a meno di arrossire prima di ricordare le parole della madre ed i suoi occhi si riempiono di compassione. -Niente- Mormora per poi risollevare il volto e darsi la spinta. Lo scaffale traballa in avanti. La sua schiena colpisce il legno del tavolo mentre una frana di pagine la investe.

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Capitolo 3
*** Compassione ***


COMPASSIONE



Cammini a fianco a lui. La testa fasciata. Così come il suo braccio. Te l'ha messo davanti al volto quando uno dei ripiani di legno è venuto giù rischiando di fracassarti il cranio. La cosa che più ti pesa e che quando andrai a casa tua madre comincerà a strillare, a preoccuparsi, a sgridarti per l'emerita cazzata che stavi facendo. Ti scioglierà la benda, controllerà la botta, forse ti porterà dal dottore ... Mentre lui incontrerà solo silenzio.
-Sasuke - kun, vieni a prendere un tè da me oggi - Non si ferma, tira dritto. Afferri la sua cartella. Lo blocchi. Le tue dita tra la cinghia e la sua schiena calda, il lieve contatto.
Volta appena il capo sbirciandoti con un occhio onice scuro. Tu sorridi automaticamente. Fa ancora un passo in avanti trascinandoti con se. Quasi volesse scappare a tutti i costi. -Eddai Sasuke, guarda che c'è il rischio che oggi Naruto venga a cercarti per la rivincita a Go- Lo vedi rabbrividire all'idea. Tentenna un secondo poi si volta verso di te costringendoti a lasciare la presa. -Perché dovrei venire con te?-
Già, quante volte te lo sei chiesta? Perché dovrebbe uscire con te? Perché proprio con te? Apri la borsa traendone un libro. Lo scrittore anonimo, la copertina sbiadita della stessa carta delle pagine riportava solo il titolo stampato in piccole lettere nere.
"Canarino"
Lo apri dove c'è un segnalibro di cartoncino spesso e prendi a leggere.
- Solo perché hai una gabbia attorno non significa che tu debba esserne rinchiuso. Se qualcuno dovesse dimenticarla aperta spicca il volo.
Solo perché sei sempre stato solo non significa che tu lo debba restare. -
Chiudi il libro, alzi lo sguardo. Trovi il suo sorriso di crudele scherno e delusione.
-Se è la tua compassione che offri, non so che farmene. Sei solo una bambina inutile ed impicciona, fattene una ragione- Disse voltandosi e proseguendo la sua strada. Sakura rimase lì. In piedi nel bel mezzo dell' incrocio. Sono le sette di una sera d'inverno. E' buio ed i lampioni non funzionano.
Però ... Però tu lasci cadere il libro e la borsa e corri, ti avvii verso il quartiere "fantasma" incurante del fatto che le indicazioni di tua madre fossero piuttosto datate e che in fondo qualcuno lo abitasse. Qualcuno che non era affatto buono.
 
Ti attacchi al campanello premendolo con insistenza. La porta si spalanca così come gli occhi del ragazzo che hai davanti. -Non sono stato chiaro? Cosa ci fai qui?- Ringhia. Non riesci a sostenere oltre il suo sguardo ed indietreggi comprendendo solo ora il tuo errore, non era come credevi, come tutte le ragazzine sognano ormai da anni. Sasuke Uchiha non era il bel cavaliere senza macchia e senza paura. Sasuke Uchiha era oscuro e presuntuoso proprio quanto appariva. Ingoi le lacrime che comunque ti colorano il viso. -Volevo solo chiederti scusa- Dici tentando un mezzo sorriso che fallisce miseramente. Sollevi appena una mano, poi ricominci a correre.
Non senti le sue urla, né la porta che sbatte ed il ragazzo che ti segue. Finisci soltanto a terra mentre qualcosa ti strattona i capelli. Sei bloccata in ginocchio. Le lacrime che bagnano l'asfalto.
-Quindi sei tu l'amichetta di Sasu-chan?-
La voce è viscida e sibilante. La strattona in modo che volti il capo. E' un uomo alto, con la capigliatura liscia e nera. Gli occhi ambrati allungati e un che di serpentino nel sorriso tirato sulla pelle gessata.
-Chi sei?- Gemi tentando di liberarti dalla sua morsa.
-Sai, mi sarebbe piaciuto molto avere Sasu-Chan nella mia banda, ma suo fratello non me l'ha lasciato, quindi ho pensato che se io avessi convinto il bel bambino ad unirsi a me il suo fratellino non avrebbe avuto di che dire.
Ostaggio. Era un ostaggio dunque.
Un ragazzo arriva di corsa. Solo ora si accorge della presenza di altre persone ammantate di nero. Alcuni reggono armi di vario tipo, altri semplici chiavi inglesi. Non sono molti, ma abbastanza. Tenti di divincolarti ma l'uomo fa presa più forte sui tuoi capelli.
-Guarda guarda che bei capelli lunghi, perché tanta cura principessina?- Sibila l'uomo.
A Sasuke piacciono le ragazze con i capelli lunghi ...
Il ragazzo che sta arrivando è Sasuke. Li sta raggiungendo di corsa. -Tu, stupida!- Inveisce contro di lei fermandosi a qualche metro di distanza. E' ancora in uniforme, ma è scalzo e la camicia è slacciata. Il suo fiato forma piccole nuvole fra le sue labbra. Ha il respiro affannato, poggia per un istante le mani sulle ginocchia.
-Cosa dici, ti unisci a noi?- L'uomo alle sue spalle le tira i capelli piegandole in dietro la testa fino a quasi spezzarle il collo. sente qualcosa di freddo premerle sulla giugulare. Strizza gli occhi. Un rumore secco, il clangore del ferro, diverse urla, gemiti, il metallo abbandona la sua gola.
Il suo persecutore le spinge nuovamente il capo in avanti procurandole nuove lacrime di dolore. Ride come un pazzo davanti all'espressione impaurita della ragazza. -Sas'-kè ... kun ...- Mormora. Il ragazzo è a terra mezzo svenuto, ha una ferita su una tempia mentre un uomo gli si avvicina con un coltello sollevato. C'è una persona priva di sensi accanto lei, dev'essere quello che prima la minacciava con la lama. Sasuke l'ha steso. Vede l'arma brillare accanto alla sua gamba. Vede Sasuke a terra con il ginocchio di uno di quei bastardi piantato nella schiena mentre gli afferrano i capelli e gli piegano indietro la testa.
-Visto che non collabori nemmeno con "viso d'angelo" in ostaggio vuol dire che non ci servi- Disse l'uomo che la stringeva con un sorriso pericoloso facendo un cenno ad uno dei tipi incappucciati. Lei seppe cosa fare. Afferrò saldamente la mannaia che poco prima aveva rischiato di trovarsi piantata sotto il mento. Poi sollevò il braccio tremante tirando su pateticamente con il naso.
-Sai che non hai possibilità di toccarmi con quel coltello?- Sghignazza l'uomo sollevandola da terra con e dita affondate nella chioma rigirata più volte attorno al suo palmo. Si volta con un mezzo sorriso beffardo contornato dalle lacrime.
- Chi ti dice che lo uso su di te?- Le sue braccia si sollevano in un gesto fulmineo. A Sakura non era mai mancata una forza quasi disumana. Le piaceva lo sport ed era anche brava. Forse non tanto quanto i ragazzi, certo, ma poteva vantarsi di essere più forzuta della metà di loro.
La lama trapassò il rosa della chioma mentre le ciocche volavano scomposte al suolo.
A Sasuke piacciono le ragazze con i capelli lunghi.
Si alzò in piedi traballando, aveva le ginocchia sbucciate con il sangue che gocciolava nelle calza grigio chiaro. Anche sotto il collo sentiva caldo ed appiccicoso. Il cranio le doleva. Aveva dato un bello strappo per reciderli così nettamente e li aveva quasi estirpati. Sentiva la testa fin troppo leggere. Chissà cosa avrebbe detto sua madre ...
Tutti questi pensieri le passarono per la testa mentre capitombolava in avanti verso l'uomo che stava per infierire sul ragazzo.
Gamba di dietro flessa, inchioda quella davanti, datti la spinta, piega il gomito, stringi il pugno, lasciati cadere ...
LA gomitata colpì l'uomo direttamente al centro della colonna vertebrale. Si accasciò a terra rantolante. Lei lo scansò con un calcio. Non le fregava molto della minaccia scura che li circondava. L'importante era aver difeso il suo Sasuke. Perché nonostante fosse ombroso, assurdo, presuntuoso, sarcastico ed estremamente offensivo, quello era il ragazzo di cui era innamorata da quando aveva sette anni. Quello che in terza elementare se ne stava con la schiena contro il muro e lo sguardo basso al tuo compleanno e passandogli  accanto gli avevi sollevato il mento con una mano. Gli avevi preso il volto dalle guance bianche e paffute tra le manine imbranate e lo avevi costretto a guardare, in basso sì, ma verso di te. Eri rimasta un attimo seria seria e poi gli avevi messo in mano qualche caramella ed un cioccolatino un po' sciolto. Avevi sorriso e lui si era soffermato sul tuo muso imbrattato di panna. Aveva distolto lo sguardo e biascicato degli auguri un po' smozzicati, ma sempre auguri erano. Le amichette ti avevano fatto i dispetti per una settimana. Perché lui era Sasuke l'inavvicinabile, quello che tutte sognavano da lontano. Forse fu proprio lei a far incominciare la persecuzione. Da quel giorno tutte le ragazzine della scuola diventarono come isteriche e gli ronzavano sempre attorno.
Sasuke di qua, Sasuke di là ...
Lui non ti rivolse mai più la parola. Ti muovevi nello stormo di gallinelle completamente a tuo agio. Starnazzando a ritmo con le altre ...
Anche ora le tue mani vanno istintivamente a sollevargli il volto dalla polvere. I suoi occhi sono chiusi. LE palpebre fremono. Ha una tempia scorticata, così come la guancia che poggiava sull'asfalto. -Lascialo o ti spezzo le ginocchia!- Ruggii lei rivolta a l'uomo che continuava a bloccarlo a terra.
Quello ghignò.
-Stupida ragazzina ... -
Il pugno arrivò inaspettato facendole scattare la testa di lato. Assaporò il sangue che le sgorgava sulla lingua. Il sapore metallico. Il secondo pugno nello stomaco le fece inarcare la schiena. Il terzo era diretto a Sasuke. Automaticamente si chiuse a guscio su di lui. Ma il colpo non arrivò mai.
-Non avete sentito la signorina?- Conosceva quella voce. Rock Lee il primo ragazzo ad averle mai fatto una dichiarazione d'amore gentilmente rifiutata più e più volte.
- Toccali ancora e ci penso io a spezzarti le ossa, i dottori giocheranno a shanghai con le tue vertebre- Il tono serio e rabbioso.
Alzò lo sguardo con le lacrime agli occhi.
-Naruto - kun - Mormorò mentre gli occhi le si riempivano nuovamente di lacrime. Passò le dita fra i capelli corvini del ragazzo esamine tra le sue braccia. Il sangue le colava sul mento e dal taglio sotto la gola sulla camicetta bianca dell'uniforme. In più non riusciva a parlare bene, il suo volto doveva avere un aspetto orribile. Così come i capelli tagliati alla peggio con ciocche lunghe e corte alternate in un groviglio di sudore e polvere crostificati.
Loro però erano solo in due.
Quelli lì erano una decina.
Se solo Sasuke si fosse ripreso, magari ...
Se solo non avesse lasciato a terra la borsa con il cellulare ...
Se solo non l'avesse seguito ...
Se solo non fosse stata la stupida Sakura Haruno che tutti conoscono ...
Sentiva i colpi, le grida degli uni e degli altri, incorniciate dalla risata sadica dell'uomo con la chioma scura.
-Sakura? - La voce la fece sobbalzare. Rock Lee era a terra accanto a lei, a quattro zampe, un occhio gonfio, una tuta da ginnastica di un verde orribile, il caschetto nero e lucido. Le strizzò l'occhio in modo convincente facendo scivolare verso di lei un cellulare.
La polizia, doveva chiamare assolutamente la polizia!
Aprì lo sportellino continuando a non guardarsi intorno.  112.  -Pronto?!? Pronto?!?!-
-SAKURA!-
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Sakura, chi ti ha fatto questo?
Seduta sul letto a gambe incrociate. Il libro di matematica sulle ginocchia contuse.
Sasuke fermati! Tra poco arriva la polizia, fermo!
Ricorda il calore del suo corpo, le tue braccia che si stringono attorno al suo petto mentre lascia cadere la spranga di ferro che fino a poco prima usava per fracassare ogni singolo osso a quei dannati barbari. I suoi muscoli rigidi dal furore che si sciolgono.
Chiama anche l'ambulanza, Naruto ...
Un ultimo calcio ad un uomo per terra un sorriso soddisfatto. Si volta severamente verso di te e stavolta hai davvero paura che ti afferri la testa e te la schianti al suolo.
Quanto sei stupida
La sua mano elegante che ti scompiglia i capelli mentre ti strappa di mano il telefonino.
La polizia ha arrestato quella banda di malfattori che da molto tempo perseguitava la gente del paese.
Sei in punizione. Tua madre te l'ha detto ventimila volte di non andare in quel quartiere.
La porta della stanza d'ospedale si apre.
Aspetti che l'infermiera arrivi tutta compunta con quei passetti veloci e il sorriso alla mousse che ti fa venire le carie. Ti prepari a chiudere il libro quando ti chiederà "Studiamo ancora miss?" con quel suo irritante accento inglese e tu da scolaretta obbediente scuoterai il capo con un sorriso colpevole, le gote illuminate da un rossore esaltato dai capelli che oramai non sfinano più le guance piene da bambina. Fai un bel respiro preparando la recita mentre gli occhi verde diluito si perdono nel vuoto, in un punto imprecisato del muro bianco e segnato di nero.
-Sakura chan!- Naruto salta dentro simil-tornado atterrando ai piedi del tuo letto e molleggiando con un espressione birichina sul volto solare. -Naruto- La tua voce ha un tono giocoso e quasi di rimprovero.
-Sai, sei più carina così - Le dice afferrandole una ciocca dal colore tenue. Certo, certo che Naruto non capisce proprio niente. Non capisce che non le interessa essere carina, ma le interessa piacere a Sasuke. A quel moro balordo che non si è nemmeno degnato di venirla a trovare. Si esamina la spalla fasciata. Però se non fosse stato per lui ...
- SAKURA! - Il piombo le arriva addosso senza che se ne accorga, le colpisce la clavicola facendola urlare e cadere di mano il cellulare. Vede il tubo alzarsi nuovamente. Ed una mano candida fermarlo a pochi centimetri dal suo volto. Come la mensola quella mattina. Un movimento automatico come lo spostare la mano dal fuoco per non bruciarsi.
-Sakura, chi ti ha fatto questo?-
Quell'ultima frase la mastica, la assapora, se ne nutre come se fosse il cibo più prelibato al mondo. Perchè dopotutto lui ha pensato a lei.
Una mano le sventola davanti agli occhi. Sbatte più volte le palpebre.
-Terra chiama Sakura, rispondi Sakura!- Naruto sorride a disagio. Lei lo rassicura con un colpetto sul ginocchio. La porta si socchiude ancora ed all'interno si precipita Ino. 
-Sakura, che pena, quasi ti fai ammazzare in una rissa, armata per di più, e di tutti i tuoi compagni ti veniamo a far visita solo io è l'idiota di turno?-
Oh, certo, ci mancava solo la sua incredibile positività.
-Grazie Ino chan, la tua visita è molto gradita- La rosa tentò di sorridere mentre parlava dolcemente ... In fondo voleva solo essere gentile, no?
Ino la scrutò caustica. Poi le afferrò un ciocca. Eccola che cominciava. -Li hai tagliati con un trinciapollo arrugginito?-
-Una mannaia-
-Già, con un trinciapollo l'effetto sarebbe stato migliore- Fu la risposta sarcastica dell'amica che ravviava il ciuffo biondo.
-Senti cos'hai da ridire verso la mia mannaia?! Se non fosse stato per lei il tuo bel tenebroso sarebbe stato sgozzato!-  Ringhiò Sakura protendendosi verso la bionda che ridacchiò sotto i baffi.
-Quindi lo ammetti che è mio?-
-Cos ...-
-Ma seeeeeeeeeeeempre di Sasuke parlate voi due?-  Si lamentò Naruto portando le mani dietro la nuca e sdraiandosi di traverso sul letto.
-Mi pare ovvio, è molto più figo di tutti i ragazzi della scuola ! - Sospirò Sakura con gli occhi che prendevano una forma vaga particolarmente cuoriciosa.
-Sarà, ma io sono più bello!- Sorrise facendole l'occhiolino. Un sopracciglio di Sakura vibrò in contemporanea con quello di Ino.
-Come osi ... - Cominciò la bionda.
-...DIRE QUESTE ERESIEEEEEE!-
Naruto fu scaraventato a suon di pugni fuori dalla stanza. Imparò così a non mettere mai più in discussione il fascino del tanto odiato teme ... Anzi, non è che proprio lo odiasse. Lo trovava interessante, sempre chiuso nel suo mondo, però quel suo modo di fare altezzoso e MOLTO da prima donna lo irritava.
 

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Capitolo 4
*** Vendetta ***


VENDETTA


Il giorno dopo a scuola non era cambiato niente.
Solo che Saskue pareva essersi chiuso a doppia mandata nel suo silenzio.
Al suono della campanella Sakura si fece coraggio e si avvicinò al suo banco.
La prima cosa che  entrò nel suo campo visivo fu la manicure appena rifatta di un verde vivace. Dal libro spostò lo sguardo su quelle mani che ben conosceva. Risalì le braccia candide e le maniche arrotolate della camicetta, la cravatta rossa infilata nel maglioncino smanicato giallo pallido e quei ridicoli capelli rosa. Poi i suoi occhi color acquamarina.  Rimase a fissarla interrogativo scostandosi la frangia dagli occhi con un gesto annoiato.
Sakura strinse le labbra sottili.
Vedendo che non parlava il moro abbassò il capo tornando ai suoi libri. Voleva finire almeno quella pagina prima di andare a pranzo. Però con la coda dell'occhio continuava a vedere quelle unghie laccate poggiate sul bordo del suo banco. Decise di ignorarle.
-Senti Sasuke ... Per quello che è successo l'altra volta ... -
Chiuse il libro, lo infilò in borsa e dopo essersela gettata in spalla uscì dalla classe.
Le lacrime le inumidirono gli occhi.
Sasuke Uchiha ... Hai fatto piangere una ragazza delicata come un petalo di ciliegio spezzandole il cuore e corrompendo la sua ingenuità. Questo significa guerra!
E con questa dichiarazione si diresse tutta impettita dall'unica persona che potesse aiutarla.
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-Fallo ingelosire. -
Fruscio di pagine.
Risatina trattenuta.
-Ingelosire ? Sasuke? Ma lo conosci davvero?-
Le pagine girano, due occhi pigri si sollevano verso di lei. Un sorriso accennato sotto la mascherina nera che portava a coprire il volto. I capelli argentei che ricadevano in avanti in un ciuffo disordinato. Le gambe incrociate sul tavolo della sala professori. Kakashi Hatake. Uno dei docenti migliori della scuola. Prendeva veramente a cuore i suoi alunni e le situazioni amorose sembrava lo intrigassero molto. O, da alcuni punti di vista, era veramente un sadico pervertito e i problemi dei ragazzi in quel campo non facevano altro che divertirlo in maniera del tutto ambigua. Ad ognuno il suo pensiero. Sta di fatto che il prof era quello che le avrebbe più facilmente potuto dare un consiglio.
- Sakura ... Tu piaci molto a Naruto ... - Allungò pigramente una mano verso il libro che stava leggendo e fece scorrere nuovamente le pagine. La ragazza si accigliò. L'uomo la fissò e sospirò.
-Potresti sempre dargli un po' di corda ... - La campanella suonò. Il professore si alzò chiudendo il libretto ed infilandolo nella sua cartella.
-Ci vediamo Haruno-
Le fece l'occhiolino poi sparì dietro la porta a vetri.
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-Saaaaaaaaaaakura chan!- Naruto le piomba alle spalle avvolgendole le braccia lunghe attorno al collo. E' sudato e imbrattato di terra. Con una gomitata lo scaraventa contro la parete più vicina per poi voltarsi a guardarlo dall'alto con le mani suoi fianchi e le gambe appena divaricate.
- Senti un po' Dobe!- Sbottò lei fulminandolo con l'acidità dei suoi occhi verdi. Il ragazzo si massaggiò lo stomaco alzando poi uno sguardo da cucciolo su di lei.
Aveva dei begli occhi color cielo.
- Certo Sakura chan. Che vuoi dirmi?- Prendi un bel respiro. Poi noti gli strappi sui pantaloni e le macchie di erba sulla maglietta.
-Naruto Kun! Che hai fatto?- Gli domandò sorpresa.
Lui si grattò la nuca spostando lo sguardo.
-Non credo di stare molto simpatico ad Hyuga san ... - Un sorrisetto colpevole ed imbarazzato si accennò sulle sue labbra.
-Ti hanno picchiato?- Domandò Sakura segga afferrandolo per un gomito ed aiutandolo ad alzarsi.
Il biondo continuò ad evitare il suo sguardo ancora più rosso in volto.
-Non è come pensi- Mormorò. Silenzio cadde tra di loro.
-Naruto ... Che gli hai fatto stavolta?-
perché pensi sempre che IO abbia fatto qualcosa?-
Gli occhi del biondo lanciarono scariche furiose nella sua direzione tanto che le venne in mente di ripararsi dietro la cartella o l'anta dell'armadietto. però una brava ragazza non è mai scortese ...
-Perché sei un idiota.-
Naruto si piegò in due come se una freccia lo avesse colpito e cadde in ginocchio fingendo di morire.
La ragazza rimase a guardarlo impassibile. -Allora che hai fatto?-
Lui smise di recitare bloccandosi con una mano sul cuore ed una sugli occhi e la sbirciò da un'apertura tra le dita. -Non attacca eh?- Constatò. Lei inarcò un sopracciglio.
Naruto sospirò rialzandosi in piedi e scrollandosi i pantaloni irrimediabilmente rovinati.
-Stava parlando da solo (di nuovo) con il naso al cielo, dicendo frasi tipo "dannato destino!" oppure "per colpa del destino la mia vita è votata al dolore e alla sottomissione!"-
Sembrava stesse recitando Amleto e Sakura soffocò una risata. Non ci riuscì. -N-Non è vero ... C-che fa così!- Disse tra un singulto di risa e l'altro mentre si copriva la bocca con una mano. Neji era di certo il più figo dopo Sasuke e l'aria ispirata con cui commentava la sua "crudele sorte", che poi nessuno aveva ancora capito perché era crudele vista: figaggine, soldi, ammiratrici e rendimento scolastico, era davvero irresistibile per tutte le ragazze, ora che però Naruto lo prendeva in giro Sakura cominciava a trovarlo davvero ridicolo. Naruto ridacchiò. -Ed invece era così, ti giuro! Rock Lee è passato di là e gli ha detto "Se continui a guardare in alto mentre cammini il destino di certo non c'entrerà quando ti spaccherai un dente contro l'asfalto"- Sakura quasi non respirava più dal ridere.
-Stai andando in apnea- Considerò lui sollevandole in mento con una mano. Lei sgranò gli occhi allontanandosi d'istinto, ma continuando a ridere.
-Solo che poi il fissato gli ha dato dell'infausto, zotico, irrecuperabile e mister sopracciglia se l'è presa ... -
-E tu che c'entri in tutto questo?-
-Ah, non lo so- Disse lui scrollando le spalle -Non so neanche cosa significasse ciò che gli ha detto Neji, figuriamoci se IO mi butto in una rissa tanto per divertirmi, ma tu mi ci vedi? Fare a botte per il solo gusto di farlo? Prendermela con gente che non mi ha fatto niente solo per divertimento ... -
-Praticamente ti sei messo in mezzo perché non sapevi che fare-
-Chi? IO?!? Sì esatto ... -
La ragazza cominciò di nuovo a ridere. -U-Uzumaki, sei davvero un cretino!-
Il biondo la fissò ridere stringendosi la pancia con le braccia. Constatò che Sakura non solo era carina. Era proprio bella. -Sakura ... Si strofinò la nuca a disagio ... Ti andrebbe di uscire solo io e te? Come ... Una coppia?- Domandò prendendo una sfumatura vermiglia e cominciando a coprirsi il naso per evitare che glielo spaccasse con un pugno.
Lei smise di ridere improvvisamente.
- EH? MA COME TI VIENE IN MENTE?- Sbottò lei caricando un gancio per poi ricordarsi le parole del professore e abbandonare mollemente il braccio lungo il fianco con un sospiro rassegnato.
-Sì, certo-
Stavolta fu il turno di Naruto per sorprendersi.
-EH? MI SBAGLIO O ... - La fissò sconvolto. -Sakura ... Hai detto sì ... - Mormorò.
-Sì- Disse lei annuendo decisa. Ok, uscire con il dobe non la riempiva d'entusiasmo. Non aveva nemmeno voglia di spiegargli che lo faceva per Sasuke, tanto non avrebbe capito.  -Ci vediamo subito dopo l'uscita da Teuchi, che dici?-
Il silenzio galleggiava tra loro. Poi sul volto di Naruto si allargò un sorriso abbagliante. -Certo!- Esultò per poi bloccarsi con gli occhi fissi alle sue spalle. Il sorriso mutò. Divenne sarcastico e strafottente con quella punta di ridicolo che aveva l'Uzumaki quando se la tirava troppo. -Hai visto teme? Alla fine Sakura chan ha buon gusto! Oggi esce con me!-
La ragazza gelò. Non voleva voltarsi.
- Se vuoi sognare almeno addormentarti dobe ... - Mormorò una voce tagliente che pareva fatta di ghiaccio e acciaio. Un anta dell'armadietto sbatté. Perché non l'aveva sentito arrivare?
Naruto ridacchiò con i pugni sui fianchi e l'aria da figo che non gli si addiceva troppo. -Invece è così, Sakura chan adesso è innamorata di me!-
Sentì lo sguardo interrogativo di Sasuke perforarle la schiena e le venne immediatamente voglia di rimangiarsi tutto. Però così non avrebbe concluso niente ... Ed allora ... Allora ...
-Sì è vero!- Si voltò saltellando accanto a Naruto e stringendogli un braccio con poca convinzione nel sorriso falso. Vide il viso pallido dell'Uchiha riempirsi di scherno mentre inarcava un sopracciglio perfetto su uno degli occhi profondi e duri.
Passò loro accanto. Sakura buttò fuori il fiato all'improvviso quando le lasciò cadere un libro in testa.
-Vedi di non fare tardi all'ultima ora - Commentò atono come al solito.
Sakura afferrò il libro di poesia che le aveva sbattuto addosso prima che questo finisse a terra.
Certo che era proprio insopportabile. Non aveva fatto una piega!
-Andiamo Naruto!- Disse allontanandosi pestando i piedi furiosamente, seguita al trotto da un sovraeccitato ragazzino biondo ed inconsapevole della figura fragile come il vetro che aveva osservato tutta la scena.
 

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Capitolo 5
*** Timidezza ***


TIMIDEZZA



Fragile come il vetro, bianca e delicata, come fiocchi di neve leggera che cade fuori stagione, pronta a sciogliersi prima ancora di toccare il suolo. Gli occhi grigio chiaro che si perdevano in lontananza.
I ragazzi le passavano accanto senza nemmeno sfiorarla. Alcuni perché non facevano caso a lei, altri perché temevano che si potesse rompere ad un solo contatto.
Hinata Hyuga sospirò. Conoscendo fin troppo bene il calore che le ustionava le guance.
Quindi Naruto stava con Sakura. Se lo sarebbe dovuto aspettare. Probabilmente era ora di smetterla con quella cotta infantile. Una mano le sfiorò la spalla destra facendole drizzare la schiena di scatto. –Ancora quel dobe eh?-
Un sorriso si accennò sulle labbra pallide quando riconobbe la voce sempre troppo seria del cugino. Sapeva di non stare particolarmente simpatica a Neji, sapeva che probabilmente lui avrebbe fatto di tutto pur di togliersela dai piedi. Lei era un intralcio verso la sua parte di eredità. Eppure non riusciva  a dimostrarsi distaccata e finiva sempre con l’appoggiarsi a lui, che stranamente non si scostava mai. Sostenendola. Senza avere il coraggio di far crollare quel castello di carte.
La ragazza annuì piano nascondendo il mento nel collo della camicetta bianca.
Camminavano in silenzio per i corridoi. Il cugino che le teneva una mano delicatamente poggiata sulla spalla e con la quale la sospingeva. Erano una coppia eterea. I capelli lungi e scuri di entrambi fluttuavano alle loro spalle mentre gli occhi di un grigio ceruleo parevano portare con se schegge di ghiaccio. Si fermarono davanti ad un’ aula. Neji le gettò uno sguardo dall’alto.
-La campanella suona esattamente tra tre minuti.-
La ragazza arrossisce e poi leva il volto verso il ragazzo ancora alle sue spalle.
-G-grazie … Neji kun … -
Sulle sue labbra si dipinge una smorfia. Senza pronunciare parola si volta e si allontana.
La ragazza sospira. Sa che appena entrata Kiba-kun le salterà addosso facendole le feste come un cucciolo felice. Sa che Shino insisterà per ripassare ancora una volta il programma di scienze, sa di avere solo quattro giorni prima delle vacanze di Natale, per parlare con Naruto. Prende fiato ed apre la porta.
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-Neji!- Rock Lee parte alla carica dandogli una pacca sulle spalle quasi volesse fracassargli una scapola. Probabilmente era davvero quello il suo intento. Il caschetto nero del ragazzo dalle folte sopracciglia ondeggia lucido e simile ad un budino mentre questi continua a premersi un fazzoletto contro il naso che non vuole saperne di smettere di sanguinare.
-Lee … - il sorrisetto con cui pronuncia il suo nome sta ad indicare la sua soddisfazione nell’averlo battuto nella zuffa di poco prima. Prima che l’amico possa prendere in seria considerazione l’idea di recidergli di netto la sua chioma fluente un altro volto s’intromette tre i due.
- Oi gente!-Una ragazza molto alta per la sua età, dal fisico ben allenato e con due cipollotti castani ai lati del capo fa la sua entrata gioiosa. Neji si limita a fissarla con sufficienza. Perché gli erano capitati due idioti a cui fare da balia, perché?  Il luogo predisposto per lo studio del loro anno era il cortile interno. Una specie di giardino coperto e riscaldato. Perché ora anche le scuole pubbliche avevano gadget di lusso. Dove sarebbero finiti?
-Sapete il nuovo gossip? Sembra che dopo scuola sfiga-Haruno e Naruto-dobe vadano a mangiare insieme!- La risata della ragazza era allegra e pimpante mentre saltellava, con il libro aperto, attorno all’albero contro cui erano seduti i suoi compagni.
-C-COSA?!?- Lee saltò in piedi facendo crollare una pila di volumi sulla testa dell’Hyuga, che rimanendo sempre in silenzio li spostò uno ad uno mettendoli di lato. Perfettamente in ordine. Era destino che quel giorno non gliene andasse giusta una. Ten Ten  si avvicinò all’orecchio del sopracciglione con aria da cospiratrice. –Pare che lo stia facendo per far ingelosire Sasuke! Quel ragazzo iperfigo e tenebroso che è in classe con lei!-
-Vuoi un fazzolettino per pulirti la bava? O un secchio magari … - Commentò Neji senza alzare gli occhi dal quaderno su cui riportava attentamente ogni singolo appunto. Ten Ten gli gettò uno sguardo distratto per lo più ignorandolo. Sapeva di essere assolutamente invisibile agli occhi cerulei del compagno. E, anche se la cosa potrebbe sorprendervi, a lei non faceva né caldo né freddo. Perché, così come il mondo è tondo, il cielo azzurro e l’erba verde, l’Hyuga non si sarebbe mai interessato a nessuna. Sì, riconosceva che fosse un modello. Era davvero perfetto. Però a lei non piaceva. Nein.  Rock Lee intanto mordeva disperatamente un fazzoletto piangendo e mugugnando dei “voglio morire” che non si addicevano proprio alla sua “forza della giovinezza!”. Doveva piacergli molto quella Sakura …
-Senti Lee … Perché non provi a farla ingelosire anche tu? Fino adesso hai sempre sbavato dietro ai suoi mocassini facendoti calpestare e servendola come il più fedele dei cani … Prendi esempio invece! Ignorala! Fai finta di stare con un’altra, magari ti noterà!-
Non fece in tempo a finire di parlare che al ragazzo già brillavano gli occhi.
-Certo!- Urlò sollevando un pugno al cielo e poi puntandole un dito contro. -Da oggi io e te saremo fidanzati ufficiali!-
-COSA?-
Neji intanto riportò l’ennesimo calcolo sulla pagina bianca di fronte a lui.
                       
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-Kiba- kun … -
-Sì Hinata?- Il ragazzo si dondolava sulla sedia studiando le crepe del soffitto.
-E-ecco i-io … -
Con una spinta l’Inuzuka tornò a sedersi normalmente poggiando i gomiti sul tavolo ed avvicinando il volto a quello della ragazzina spaurita facendola avvampare tutto d’un colpo.
-Sei rossissima Hinata … Che hai?- Poi sollevò la testa fissando alle sue spalle il tavolo del gruppo di studio numero sette.
-U-oh, chewingum e il dobe amoreggiano, mi chiedo come faccia a piacerti quel paglierino …
La mora quasi non svenne.
-Kiba smettila- Lo ammonì Shino studiando un insetto rinchiuso dentro un barattolino con molto più interesse del dovuto.
-Dico solo che invece che perdere tempo dietro ad uno così potrebbe avere di meglio-
-Chi? Il principe dei sorbetti al limone “Mister Sasuke-non-parlo-perché-sono-troppo-figo-Uchiha”?-
-Potrebbe mettersi con me-
Buttò lì il segugio grattandosi pensosamente una guancia e guardando di lato. Intanto Hinata, sorpresa, era tornata bianca come dio comanda e fissava il compagno ad occhi sgranati. Kiba le gettò un’occhiata veloce mentre Shino ridacchiava da dietro la sciarpa che gli copriva la bocca.
-Perché non glielo chiedi allora?- Lo punzecchiò quest’ultimo liberando un ragno e facendolo zampettare sulla mano aperta. Hinata, per distrarsi dalla conversazione che stava pendendo pericolosamente verso un argomento scomodo, allungò il collo verso di esso osservandolo curiosa. Kiba aveva ripreso a dondolarsi rosso in volto.
-Poi Hinata-chan è anche l’unica ragazza che abbia mai conosciuto a cui non fanno schifo gli insetti …- Delicatamente Shino le afferrò una mano voltandola con il palmo verso l’alto e facendovi scivolare l’aracnide in modo che lei potesse guardarlo meglio.
-Tanto anche se glielo chiedessi Hinata-chan ha sempre e soltanto in mente quell’idiota biondo- Sbottò il castano continuando a dondolarsi. –Vero Hinata-chan?!- esclamò alzando di scatto la testa verso di lei in un moto d’ira. Le gambe della sedia slittarono con uno stridio fastidioso e Kiba si ritrovò sdraiato sul pavimento con gli occhi sgranati cercando ancora di capire cosa fosse successo.
-Kiba? K-Kiba-kun?-
-Ahi! Che botta!-
-Nessun idiota al mondo ti potrebbe battere lo sai?-
-Senti chi parla! Dov’è il ragno?-
-Hinata lo ha rimesso nel suo barattolo cane!-
-Per fortuna, probabilmente avresti finito per accoppiartici!-
-Come fai tu con i tuoi odiosi quattro zampe?-
-Io ti ammazzo!-
-Kiba! Shino! Smettetela!-
Tutta la classe si voltò verso i tre pronti alla rissa. Invece la fragile e silenziosa Hyuga aveva dato il meglio della sue corde vocali trovandosi per la prima volta al centro dell’attenzione. Sentiva lo sguardo distratto di Sakura, quello affilato di Sasuke  ed infine, a bruciarle la pelle, quello curioso e preoccupato di Naruto. Santo ragazzo. Si preoccupava sempre per tutti e nonostante fosse sbruffone ed imbranato, per non dire stupido … Era la persona più buona che avesse mai conosciuto. Con la sua testardaggine ogni giorno le dava la forza di sopravvivere. Anche in quel momento. Mentre tutti la fissavano e avrebbe mille volte preferito sotterrarsi viva, con il timore di esplodere per quanto era rosso e bollente il suo volto, Hinata abbassò lo sguardo. Decidendo di farsi forza. In quel momento c’erano solo lei, Kiba, Shino, e Naruto che la fissava. Ce la poteva fare.
-Kiba – kun,t- ti sei fatto m-molto male?- Domandò premurosa inginocchiandosi accanto a lui.
Il ragazzo dai capelli castani ribelli e dagli occhi lucidi e neri ora la guardava negli occhi senza la minima traccia dell’imbarazzo di poco prima. La spavalderia riempiva ogni suo gesto. Hinata riconobbe la sua stessa corazza. Il “fai finta che nessuno ti stia guardando”. Quando tempo prima l’aveva conosciuto aveva pensato fosse idiota tanto quanto Naruto. Invece aveva scoperto, con il tempo, che anche lui nascondeva se stesso dietro a ciò che gli altri volevano vedere.
Hinata Hyuga stava sempre in silenzio. Effimera come una creatura della notte. Delicata. Simile ad una camelia. Senza profumo, pura e bianca che appassisce con poco. Eppure è sempre presente. Ascolta, vede, cataloga, riflette. Hinata era un pozzo d’informazioni. Probabilmente se il suo carattere fosse stato più simile a quello di Ino sarebbe diventata la regina dei gossip …
-Macchè! Male io? Ahi!- Trasalì quando la ragazza lo afferrò per un polso per aiutarlo ad alzarsi.
-S-scusa … -
Kiba ritrasse la mano stringendola con l’altra. –Non è niente …-
-Vai in infermeria testa di ca … -
Gli occhi cerulei della ragazza trapassarono Shino.
-Di ca … aaaaaaappero –
Hinata aveva semplicemente voltato il capo verso l’insettivoro tanto perché preferiva guardare le perone quando parlavano. Questo Shino non poteva saperlo. Come l’Hyuga non aveva idea di che effetto facessero i suoi occhi. In buona parte erano quelli il motivo per cui era considerata una reginetta altezzosa
-D-Dai Kiba kun … T-Ti accompagno io … - La fredda e distaccata ragazza che in fondo non era altro che timida afferrò l’amico per il gomito trascinandolo fuori dall’aula. Una volta richiusa la porta alle sue spalle tirò un sospiro di sollievo. Notò che anche la schiena del ragazzo si rilassava, mentre sul suo volto la galiardaggine sbiadiva.
-Ahi! Però fa male!- Esclamò fissando con odio il suo stesso polso.
Così impari a dondolarti sulla sedia … Scemo … -N- non ti preoccupare K-Kiba kun … N-non è niente di che … Uhmm … C-credo che sia s-solo una leggera … mmh … Contusione … -
Intanto che lui si lamentava e lei biascicava, procedevano a discreta velocità per i corridoi.
 E Hinata non poteva fare a meno che pensare a Naruto. Naruto … Quel ragazzino dal passato burrascoso che tutti prendevano in giro … Naruto che lei aveva sempre visto come il più bello, il più coraggioso ed il più forte, il ragazzo che l’aveva sempre difesa, quello da cui lei prendeva spunto ed esempio … Insieme all’Haruno. Peccato che ce l’avessero tutti con quella ragazza. Nessuno sembrava accorgersi delle torture che le riservavano … Anche la stessa interessata non si rendeva conto di essere sempre sola come un cane. Non si accorgeva nemmeno delle male lingue che le sghignazzavano alle spalle, non si chiedeva come fosse arrivata quella gomma da masticare sulla sua sedia, l’inchiostro rovesciato sul suo libro, il nastro scomparso, probabilmente lo avrà lasciato in palestra, certo, l’importante è crederci. Appunto mentale per se stessa. Attaccare bottone con la rosa. Possibilmente farsi un’amica. Ahemm … Una volta trovato il coraggio … Sarebbe passato molto tempo …
-S- salve … PROF?! –
Kakashi Hatake stava comodamente spaparanzato sulla poltrona dell’infermiera sfogliando il suo libro dal contenuto alquanto dubbio.
-Ehilà ragazzi!-  Sotto la mascherina era sicuramente celato un sorriso degno del gatto di “Alice nel paese delle meraviglie” . Kiba tentò un facepalm del quale l’unico risultato fu una smorfia di dolore ed uno sguardo furioso al suo polso. –Se oggi lei sostituisce la dottoressa, tanto vale andare nel club di cucina a mozzarmi la mano – Ringhiò.
-Ehi! Non sono mica così male come dottore!- Esclamò il professore appoggiando il libro aperto a pancia sotto ed alzandosi in piedi facendo franare un cumulo di fogli e medicinali.
- Coltello arrivo!- Esclamò Kiba facendo retro front e cominciando a dirigersi verso l’ala dei club.
La mano della mora fu più svelta e lo agguantò per il colletto.
-C-ci penso io- Sorrise mentre i suoi occhi chiari si stringevano assieme al cuore del ragazzo. Kiba deglutì andando mestamente a sedersi sul lettino. Con la mano buona cominciò a strappare lo strato di carta che lo ricopriva. L’infermeria era una stanza totalmente bianca ed arieggiata da una grande finestra che, visto il non bellissimo tempo, se ne stava ben chiusa alle spalle della scrivania che sarebbe dovuta essere occupata da un docente almeno capace di cambiare un cerotto. Non Kakashi. Lui no.
Con mano esperta l’Hyuga cominciò a stringere una benda attorno alla mano del ragazzo. Aveva le mani rovinate. Erano grandi, con le vene appena in rilievo, i palmi però erano screpolati e le unghie poco curate, forse un po’ troppo lunghe e spezzate. Erano mani usate per lavori pesanti. Mani che difficilmente cedevano. Una cicatrice leggera risaltava sulla pelle scura del pollice destro. Automaticamente sollevò gli occhi in quelli di Kiba scoprendolo intento ad osservare i suoi gesti con le sopracciglia aggrottate e le labbra contratte. Arrossendo abbassò il capo di scatto e finì di fissare le bende. –Fatto- Mormorò e sorrise soddisfatta. –Ottimo lavoro, non ci si potrebbe aspettare di meglio da un’alunna di medicina … - Sulla spalla della ragazza faceva capolino la chioma argentea del professore. Hinata sobbalzò spostandosi di scatto. L’amico, ancora seduto sul lettino la fissò stupefatto. –Hinata chan! Sei veloce!- commentò.  Kakashi puntò i suoi occhi spaiati sul ragazzo. –Logico, dopotutto la nostra Hinata pratica le arti marziali fin da quando era bambina … Il suo dojo è nel centro città. Strano che tu non ci sia mai stato Kiba kun- Alla fine della sua intromissione il professore si fece pensoso. –Dopotutto se non mi sbaglio anche la tua famiglia a dei predecessori in questo campo … - Il volto del ragazzo si illuminò all’improvviso. –Hinata chan! Mi porteresti a visitare il tuo dojo?- La ragazza che nel frattempo era sprofondata in un angolo con il volto color peperone cominciò a torturarsi le dita. –Uhmm … Tu? I-Io … Nel d-dojo … s-sì, credo di s-sì … Mmmh allora … Ecco … Q-quando … -
-Facciamo oggi dopo scuola, ti va?- Disse il ragazzo piegando di lato la testa, i denti bianchissimi che facevano contrasto con la carnagione abbronzata. La ragazza non trovò la voce, che probabilmente le era rotolata fuori dalle labbra ed era andata a nascondersi all’ombra dello scaffale più lontano e guardandola avvampare ed aprire e chiudere la bocca come un pesce lesso se la rideva di gusto.  Dannata timidezza. Si limitò ad annuire e a tirare le lebbra che le tremavano leggermente. Se ci fosse stato Naruto probabilmente sarebbe svenuta. Il suo cervello ormai recepiva un solo messaggio, come un nastro rotto “è un appuntamento, è un appuntamento, è un appuntamento, è un appuntamento … “ E adesso?
 
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Quando la porta dell’infermeria si chiuse il professore ghignò compiaciuto sotto la sua mascherina. Avrebbe dovuto ringraziare la sua “ragazza” dopotutto era lei che gli aveva insegnato a ghignare … Ora avrebbe solo dovuto aspettare il ritorno dell’infermiera Rin che gli avrebbe fatto una lavata di capo per averle segnalato un ferito che in realtà stava benissimo. Però se le avesse spiegato non avrebbe capito. Con un sospiro si lasciò cadere sulla poltrona e riagguantò il suo libro.
Ora anche la prima Hyuga era sistemata … Probabilmente non ce l’avrebbero fatta prima delle vacanze, questo era certo, ma chi lo dice che i rapporti si interrompono? Di solito è così … ma se un proff ci mettesse lo zampino assegnando compiti di gruppo …
Ridacchiò divertito. Sì, questa scuola si faceva di momento in momento più interessante …

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Capitolo 6
*** Terrorismo ***



 

Leggete assolutamente qui prima di cominciare il capitolo che poi non ci capite niente XD grazie! ^^

Avviso i gentili lettori che in questo capitolo compariranno due nuovi personaggi che non appartengono nè all'anime nè al manga. Questi sono Hanaby Yamanada gentilmente sponsorizzata da Kagome_ infatti l'ho rapita dalla sua fan fictio, insieme al suo micio, per chi fosse interessato la storia si intitola "Dove il mio cuore brucia" e se la scrittrice vi dirà che non vale niente e si farà problemi di ogni sorta, voi ignoratela perchè scrive molto bene.
Il secondo personaggio è Kioko Gin Hayabusa protagonista della mia fiction "Argento", non potevo non farla comparire anche qui ^^ Se la cosa vi ispira dateci uno sguardo ^^
 


Terrorismo


Non credeva che avrebbe mai avuto così tanta paura in vita sua come quel giorno in cui una furia nera gli piombò addosso strepitando. Una piccola folla di curiosi si era raccolta intorno a loro per fare il tifo mente il benzinaio chiamava il pronto soccorso.
Se avesse potuto si sarebbe messo ad urlare di chiamare l’intero esercito militare, i pompieri, la guardia costiera, tutti! 
Dopo averlo atterrato quel mostro gli aveva assestato un pugno in faccia.
 
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Neji si stava dirigendo tranquillamente a scuola. Altrettanto silenziosamente l’Uchiha gli si affiancò. Camminavano spesso fianco a fianco i due ragazzi.
 L’Hyuga era più anziano di un anno. Altezzoso e, a stare a sentire le malelingue, anche muto, almeno quando doveva rivolgersi ad un essere in carne ed ossa e non all’evanescente destino che sembrava trovare particolarmente esilarante lapidarlo di sfighe di cui solo lui capiva l’entità. Però era bello.
Sasuke non era muto. Si sprecava di aprire la bocca solo per insultare le persone a caso, come lanciare freccette ad occhi chiusi contro dei bersagli in movimento. Prima o poi ne becchi uno. A parte questo l’Uchiha pareva cieco come una talpa, dato che non si accorgeva della fila di spasimanti che gli strisciavano alle spalle. In realtà era davvero miope. Però questo non l’avrebbe mai saputo nessuno perché lui per primo rifiutava qualunque cosa, che fossero occhiali o lenti a contatto, preferiva prendere sul naso un palo di tanto in tanto e fingere di essere in crisi mistica. Però era bello.
Erano una coppia assurda quanto azzeccata questa coppia di angeli (della morte) incarnati che si aggiravano per le strade facendo voltare tutte le studentesse di passaggio.
-Perché in ritardo Uchiha?- Sogghignò il ragazzo con gli occhi cerulei rivolgendo il naso al cielo plumbeo e stringendosi un po’ di più nel cappotto pesante.
-Mpf. Il destino crudele ti ha rotto la sveglia Hyuga?-
-In vena di spirito di prima mattina?-
A rispondergli un gelido silenzio.
Tra di loro vi era un muto patto di alleanza, un “io guardo le spalle a te e tu a me, se le ragazza ci attaccano non ti lascio solo ecc.” Tra simili in fondo ci si deve aiutare.
 
Hanaby Yamada aveva diciannove anni compiuti ed una micetta ribelle che si ritrovava spesso a rincorrere per le strade. Hanaby Yamada aveva i capelli lunghi fino alla vita che svolazzavano nella bora invernale e gli occhi a mandorla di un affilato color zaffiro, tanto intenso da penetrare chiunque. In questo momento Hanaby Yamada stava tentando di riacciuffare la sopracitata micetta prima che le partisse un embolo e decidesse poco saggiamente di infilarla in un tritacarne.
-Akira! AKIRA! VIENI IMMEDIATAMENTE QUI!- La voce, che in alcune circostanze risultava aggraziata proprio come quella di una perfetta signorina di nobile famiglia, in casi come questo, storpiata dalla furia, risultava simile al ringhio gutturale di una bestia feroce. Neji non fece in tempo a spostarsi. Un felino nero gli saltò addosso strappandogli un imbarazzante grido di sorpresa. L’Uchiha, senza dire una parola e facendo un passo di lato evitando la padrona dell’animale, se la rideva soddisfatto. Uno di quei sorrisi sadici che i geni mostrano alle loro vittime prima di vivisezionarle. Neji lo fulminò di sbircio pensando a quale fosse il modo più appropriato per asportare per intero l’anatra che si portava cucita sul cuoio capelluto.
-AKIRA!- Hanaby si piazzò davanti all’Hyuga, accomodato maldestramente sull’asfalto, con i pugni sui fianchi e lo sguardo fiero. Conosceva quella ragazza. Era la figlia dell’ex sindaco, nonché indiscussa guardia forestale del boschetto che circondava Konoha. Non frequentava la loro scuola, ma studiava a casa. A sua volta la Yamanada scannerizzò il ragazzo ai suoi piedi. Capelli curati, da ragazza quasi, lunghi e sciolti fatta eccezione per un nodo in fondo. Fronte spaziosa e pulita, occhi cerulei lineamenti femminei. Cappotto costoso, un cumulo di libri sparpagliati attorno, un gatto nero che faceva  i suoi comodi sulla sua testa.
-Ti dispiacerebbe restituirmi il mio gatto?- Gli domandò ansimando mentre nuvolette di vapore le appannavano la vista. Neji inarcò un sopracciglio, la mano di Sasuke spuntò dal nulla afferrando per la collottola la malcapitata Akira che però impigliò gli artigli nella chioma dell’Hyuga, che finalmente si accorse dell’animale. –AH! Toglimelo! Toglimelo di dosso! Ahi!- Cominciò a dimenarsi mentre il micetto si attorcigliava sempre di più nella chioma liscia e profumata di balsamo del ragazzo soffiando e graffiando le mani di un Sasuke che intanto aveva cominciato a ringhiare maledizioni in direzione del suo compagno sull’orlo di una crisi isterica.
-Sta fermo! Pensavo che i danni peggiori nel tuo cervello concavo fossero spariti con la lobotomizzazione!-
-Parla per te razza di anatra! Toglimi questo affare! Ahi! Toglilo! Che schifo! Levalo!-
-Anatra? ANATRA? Parla quello che fa il cosplay del principe Proteo!-
-Dannato desti … -
-No! Non lamentarti del destino! Non esiste il destino! Non c’è il destino! Esiste solo un coglione con la testa bacata!-
-Lo sapevo … Un gatto nero … Porta sfortuna!-
-Benone! Siamo già in fase urletti da donna e superstizione idiote!- Esclamò sconfitto il moro lasciando andare il gatto che finì a terra strappando un po’ di capelli al povero ragazzo agonizzante.
Hanaby aveva assistito alla scena senza proferire parola.
Akira si strusciò contro le caviglie della padrona miagolando flebilmente come a promettere che se a scappare ci si imbatteva in creature antropomorfe con in dotazione un hardware ridotto simili sarebbe rimasta per sempre a casa.
Sasuke scrutò qualche secondo gli occhi che brillavano di irritazione e ilarità della ragazza poi spostò lo sguardo sull’amico che raccoglieva i libri e tentava invano di ricomporre la chioma scompigliata passandoci in mezzo le dita in maniera altamente frustrata. Sospirò.
-Ricomponiti Hyuga, vedi di non peggiorare le tua già ben azzerata reputazione- Gli porse una mano aiutandolo a mettersi in piedi.
Questo si scrollò i vestiti e poi rivolse lo sguardo in quello impassibile della fanciulla.
Questi due dei grechi hanno lo stesso intelletto delle mie paperelle di gomma … Rifletté tentando di decidersi su cosa fosse meglio fare se prendere a testate il cancello o scoppiare a ridere.
Laggiù c’era un idrante perfetto per causare un coma autoimposto, chissà se al risveglio avrebbe dimenticato questa scenata terrificante?  Si chinò a prendere fra le braccia Akira.
-Povera la mia micina traumatizzata- Le sussurrò. Poi ridacchiando diede le spalle ai due e si allontanò con una camminata sinuosa distinguibile anche da sotto la gonna che descriveva un cerchio attorno alle sue caviglie certamente sottili calzate in un paio di anfibi.
-Ci vediamo Hyuga!- Ghignò scomparendo dietro una fortezza di piante.
 
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Quando si parlava di terrorismo era obbligatorio citare quella donna ignobile che ogni volta che gli si parava davanti quasi lo faceva strozzare con la saliva. Rischiava di venirgli un infarto! Poi i suoi alunni gli chiedevano perché era un pervertito, ahahaha!  
Assaggiò la sua bocca mentre la lingua della donna –Oh, Kami, quella donna!- Si annodava alla sua. Il sapore di caffè annacquato da macchinetta scolastica riempiva ogni istante di quel bacio mentre le mani di lui esploravano il corpo muscoloso di lei. Aveva delle belle gambe lunghe che si allacciavano ad arte attorno al suo bacino mentre la premeva contro l’archivio dell’aula insegnanti, una mensola franò e lei rise spostandosi poi a mordicchiargli l’orecchio, rabbrividì di piacere mentre le dita affamate sgusciavano sotto la maglietta troppo corta andando ad accarezzare il seno morbido e delicato, il reggiseno sportivo nero  che si arricciava sotto la sua presa. La donna inarcò la schiena facendogli perdere l’equilibrio e facendolo cadere all’indietro sul lungo tavolo, tra i compiti e i documenti scolastici. Seduta sul suo bacino si strusciò abilmente mentre l’uomo si mordeva il labbro inferiore. Tentò di ribaltarla, di metterla sotto, di farla sentire piccola e fragile, ma le sue ginocchia gli strinsero il busto e gli bloccò le mani stringendogliele con le gambe contro la vita per avere via libera. Il ghigno luminoso squarciò quel volto d’angelo mentre con dei gesti ben precisi armeggiava con la cintura dell’uomo stendendosi lentamente su di lui e sollevando il sedere in modo da poter continuare a tirare la cinghia che non voleva saperne di aprirsi. Le sue labbra lasciarono un percorso infuocato sul suo collo. Diede un altro strattone e lui seguì il movimento con il bacino liberando le mani ed affondandole nella chioma d’inchiostro della donna. Un altro strattone e la fibbia si sarebbe sciolta, due dita scivolano nello spazio tra la pelle ed il bordo dei pantaloni …
Il campanellino posto sopra la porta dell’aula tintinnò. Il silenzio si fece disarmante senza più i loro gemiti a riempirlo vi rimase soltanto un lieve ansimare. La donna voltò la testa di scatto come una predatrice mentre Kakashi sollevava appena la testa dalla superficie piana per sbirciare chi ci fosse sulla soglia.
Sasuke Uchiha e Neji Hyuga, in ritardo di ben mezz’ora a causa di un contrattempo zamputo e coda munito, si erano recati in sala professori per consegnare all’ironicamente adorato professore un plico di fogli che dovevano essere firmati per attestare la loro completa inadeguatezza a frequentare quella scuola … Per un ritardo di mezz’ora. I due se ne stavano ora sulla soglia a fissare una scena a cui due adolescenti non vorrebbero mai e poi MAI assistere. Ovvero un uomo adulto se così si poteva definire Kakashi, che faceva quelle cose con una donna … Una donna dall’aspetto più simile a quello di un rapace incazzoso. Niente da ridire, aveva una corta e folta chioma nera, la pelle di un abbronzato sbiadito a causa della brutta stagione, occhi grandi e profondi come pozzi e membra lunghe e muscolose che parevano non lasciare scampo. Il fatto era che, però, la tipa in questione era aggrovigliata, sul tavolo della sala insegnanti … Con il loro professore?!?!
Si torna al punto. I due adolescenti totalmente e stranamente a digiuno da faccende sessuali non riuscivano ad articolare un suono. Entrambi fissavano la scena con gli occhi a palla  l’espressione da scorfano fritto. Due scorfani incredibilmente fighi. Sasuke spostò un per un istante lo sguardo sul compagno indeciso se coprirgli gli occhi con una mano. Di certo tra i due quello che meno si sarebbe lasciato scandalizzare da una cosa del genere era lui … Ma all’Hyuga rischiava di bloccarsi la crescita. Un gesto di Kakashi riportò su di lui la sua attenzione. Mosse la mano come a fare “sciò!Sciò!” e si esibì in un tranquillissimo –Circolare.- Per poi continuare a fissarli impassibile con quegli occhi incredibili, uno nero ed uno castano rossiccio, i due allievi che lentamente richiudevano la porta per poi voltarsi a guardare la compagna che si mordeva il labbro inferiore per non scoppiare a ridere.
-Dove eravamo rimasti signorina Hayabusa?- Disse mellifluo stringendo la presa su una natica soda.
Lei lo ignorò palesemente e sorrise. I canini pronunciati che la facevano assomigliare ad una vampira.
-Che farai se andranno a piangere dalla mamma?-
Kakashi parve piuttosto infastidito dal fatto che il gioco fosse finito e si mise a sedere con la ragazza ancora allacciata addosso comodamente accoccolata sulle sue gambe e con le caviglie strette dietro alla sua schiena. – Uchiha ed Hyuga? Piangere? Dalla mamma?- Quel sorriso sadico che raramente prendeva forma sul suo volto contagiò la donna.  – Sono uno più orgoglioso dell’altro- Le disse riallacciando la cintura e sistemando il colletto della maglia. Lei lo guardò di sottecchi. –Tu in orgoglio li potresti battere entrambi eppure piangi lo stesso- L’uomo si accigliò incrociando le gambe sotto di lei. –Io non piango-
Il sorriso sul suo volto si espanse. –Questo lo dici tu my baby quando me ne sono andata hai pianto-
Stavolta Kakashi abbassò lo sguardo. –Tu non c’eri non puoi saperlo- Le sue parole assunsero comunque un tono spavaldo.
-Me l’ha detto Maito …-
I suoi occhi si sgranarono oltre misura mentre sollevava la testa di scatto.
-Brutto …-
Fu allora che lei scoppiò a ridere volando giù dal tavolo. –Allora è vero!- Sghignazzò la donna.
Compreso l’inganno l’argenteo sospirò sconfitto tentando di ritrovare la sua maschera in mezzo a tutta quella confusione.
-Brutta carogna …- Bofonchiò dandole le spalle offeso. Le braccia di lei gliele cinsero infilandogli dalla testa la mascherina inseparabile che nascondeva al mondo ciò che lei poteva vedere quando voleva.
-Sono tornata, no, my baby?-
Sospirò portando indietro una mano per accarezzarle la testa.
-Mettiamo in ordine questo sfacelo- Commentò saltando giù dal tavolo cigolante e cominciando ad impilare e a lisciare con le mani i fogli stropicciati seguito a ruota dalla compagna …
-Ah, Kioko … - Disse interrompendo per un istante il suo lavoro e sorridendole gentilmente.
Lei senza degnarlo di uno sguardo continuò il suo lavoro.
-Sei la più grande stronza che si sia mai vista su questa terra o altrove.-
Che delizia la risata squillante di quella donna che lo aveva dannato avvelenandogli l’anima ogni giorno di più da quella volta in cui, alla stazione di servizio, aveva rischiato di investirla e quando era tornato in dietro per controllare i danni era stato mandato all’ospedale lui stesso da una furibonda ragazza dai capelli neri ed i canini da vampiro.
-Ti senti soddisfatto adesso?- Gongolò lei.
-Mmmh … No- La attirò a se per la vita e la baciò.
 
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Non che Neji fosse un tipo loquace, non era nemmeno in classe con lui, ma era ormai l’intervallo e l’essere dal destino infausto non aveva cambiato espressione. L’Uchiha, con un brivido di ribrezzo se n’era fatto una ragione ritornandosene al suo gruppo di studio con attaccata al braccio una piattola bionda con il cervello nanoscopico. Da quando la big bubble di nome Sakura Haruno usciva con il dobe mangia ramen a tradimento meglio identificato come Naruto Uzumaki, una delle tante oche che sin ora avevano girato al largo aveva deciso di infestargli la vita.
-Yamanaca … Staccati- Sbottò agitando il braccio e sbattendolo un po’ contro il muro. – Sasuke kun! E’ quasi natale! Volevo sapere se usciresti a mangiare ramen con me!- cinguettò tutta rosea in volto.
-No-
I cuoricini galleggianti sulla testa di Ino si infransero svolazzando a terra distrutti.
-Perché?-
-Ho detto no-  Ripetè il moro fissandola come se non capisse perché ce l’avesse con il suo braccio.
Dal canto suo Sakura se la rideva mentre di malavoglia tendeva il suo panino a Naruto in modo che potesse assaggiarlo. Questi lo addentò senza fare complimenti. La rosa sapeva che Sasuke detestava il ramen e l’unico che poteva convincerlo, chi sa come, a mangiarlo, era Naruto.  –Senti Naruto- kun – Esordì lei con uno dei suoi sorrisi più dolci dipinti ad arte sul volto color latte. –Sì Sakura-chan?- Domandò masticanto e sorridendole a sua volta mentre gli occhi color cielo luccicavano. –Perché non inviti anche Sasuke-kun a mangiare con noi?- L’espressione del biondo mutò completamente.
-Perché mai dovrei invitare quel teme? E’ assolutamente inutile …- Un’ombra scura si allungò sul ragazzo. –C’è Ino dietro di me vero?- Deglutì voltandosi lentamente. L’ennesimo pugno era stato conquistato con successo.
 
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Neji Hyuga si vantava del fatto che niente a parte il destino potesse infierire contro di lui.
Perché allora rimase completamente paralizzato al suo posto, come congelato,  quando la supplente di teatro fece la sua entrata in scena?
Vestita di nero dalla testa ai piedi. L’andatura militaresca, lo sguardo arcigno e derisorio, la mano svelta che scrive un nome sulla lavagna con un gessetto nuovo. Senza produrre il minimo scricchiolio, riducendo al minimo ogni rumore. Si volta e puntella le mani sui fianchi sfidando la classe con lo sguardo di petrolio.
L’Hyuga ha la bocca asciutta. Non fa paura di per se, ma il fatto che l’abbia riconosciuta …
-Non ho mai capito perché nei film americani i professori scrivano il loro nome alla lavagna anche quando è composto da tre lettere- Iniziò con la voce possente, forte, ardente, adatta a chi recita, scrocchia le notte, posa il gesso sulla cattedra e vi batte le mani aperte facendo sobbalzare tutti.
-Non ho chiesto io questo lavoro e non mi importa di essere licenziata, quindi vi tratterò come più mi piace intesi mocciosi?- Ringhiò soddisfatta leccandosi le labbra. –Io sono Kioko Gin Hayabusa – Si sposta davanti alla cattedra come in cerca di una preda appetibile, i suoi occhi si fermano su Neji e lo trafiggono derisori. –E non ammetto i mostriciattoli con il moccio al naso che scoppiano a piangere non appena vengono sculacciati … Intesi stronzetti?-
Nella classe non vi era mai stato tanto silenzio.
Neji annuì lentamente espandendo in torno a se come una barriera tutto l’orgoglio che gli rimaneva.
Solo ora capiva il maestro Kakashi quando a bassa voce, leggendo il suo solito libro di dubbio gusto, commentava che le donne, erano delle terroriste.
 

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Capitolo 7
*** Recitazione ***


                  RECITAZIONE




Bene, ricapitolando:
Sakura usciva con Naruto per far ingelosire Sasuke.
Hinata era gelosa (anche se non lo avrebbe mai ammesso) ed usciva con Kiba.
Rock Lee era geloso anche lui e aveva dichiarato di stare insieme a Ten Ten.
Ten Ten lo aveva picchiato nonostante trovasse la cosa divertente.
Ino si era particolarmente appiccicata a Sasuke.
Lui però se ne fregava altamente.
A  Shikamaru il fatto che Ino fosse così oca dava sui nervi.
Neji si asteneva.
Possibilmente anche Sasuke l’avrebbe fatto.
Shino osservava in disparte e si faceva quattro risate insieme a Choji.
Entro l’inizio delle vacanze le cose si complicheranno ancora di più.
 
Kioko sghignazzò chiudendo in mezzo all’agenda il bigliettino che le aveva passato Kakashi. Asuma Sarutobi che si ritrovava a passare casualmente davanti alla porta dell’aula di teatro si fermò a fissare la “dolce e tenera” professoressa che rideva istericamente nella stanza vuota. Si accese una sigaretta e continuò a camminare. Quando la campanella suonò e nel corridoio cominciarono a scrosciare i ragazzi non poté fare a meno di pregare per quei poveracci iscritti al gruppo di teatro. Kioko Gin Hayabusa. Quella Gin. Circolavano molte voci su di lei.
Che era la fidanzata dell’Hatake. Vero.
Che nel suo guardaroba aveva solo abiti neri. Vero.
Che era sadica. Vero.
Che era pazza. Certo.
Che se si parlava di pervertiti lei ed il suo ragazzo erano sulla stessa lunghezza d’onda. Come negarlo?
Che presto urla strazianti di dolore e di terrore sarebbero uscite da quella porta drasticamente sprangata. Era già capitato.
Che fosse l’attrice migliore mai esistita sulla faccia della terra, che fosse tornata in quel villaggiucolo da quattro soldi per chissà quale motivo e che, finalmente, grazie a lei, quei ragazzi avrebbero preso finalmente una piega diversa.
Asuma soffiò il fumo tra le labbra abbronzate spalancando la porta della sua aula.
Vero.
                                                        
                                     
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Come c’erano finiti al corso di teatro?
Sakura fissava il vuoto davanti a sé mentre il cuore batteva a mille. Alla sua sinistra, sul lungo banco di legno, stava un sovraeccitato Naruto che non la smetteva più di sorriderle ebete. Il giorno prima era uscita da scuola e, quando Sasuke l’aveva sorpassata, era rimasta immobile al suo posto. Lui non si era fermato. Non l’aveva aspettata. Le aveva solo gettato un’occhiata da sopra la spalla facendola arrossire, poco prima che Ino la spintonasse catapultandoglisi addosso. Naruto era stato l’ultimo. Era arrivato sudato e con il fiatone. Si lamentava del fatto che la professoressa Kurenai fosse davvero acida e che l’avesse tenuto in classe a pulire l’aula senza che lui avesse fatto assolutamente niente. Poi però le aveva sorriso raggiante e presa per mano. Erano andati al chiosco del ramen e Teuchi ne aveva offerta una porzione gratis alla “bella fidanzatina” facendo avvampare il ragazzo che se ne uscì con un –modestamente- molto figo. Questa reazione fece inviperire Sakura che lo scaraventò fuori come un sacco di patate spiaccicandolo contro la parete del locale lì davanti. Aveva sì accettato di uscire con lui, ma non stavano insieme. Perché quel ragazzo doveva essere così insopportabilmente felice di passare il tempo in sua compagnia? Non poteva lasciarla in pace a contemplare il dio greco elegantemente accoccolato alla sua destra?
Si sfiorò le labbra sovrappensiero osservando il profilo netto del ragazzo, la pelle candida, l’ombra delle lunghe ciglia sugli zigomi alti … La cozza appiccicata al suo braccio tutta versetti e mossette che stava per decapitare …
Ino si era accollata a Sasuke dal giorno prima, forse considerando la sua uscita con il dobe pensava di averla avuta vinta.  Sakura strinse le mani sudate a pugno pronta ad allungare il braccio dietro la schiena del bel moro e colpire la fastidiosa bellona con un potente destro. Si mangiucchiò l’interno della guancia squadrando il viso del ragazzo tentando di calcolare quante fossero le possibilità che se ne accorgesse. I suoi occhi verdi ne incontrarono due di duro onice. L’espressione impassibile, sollevò una mano appoggiandoci una guancia e continuando a fissarla. Sentì il cuore saltare un battito. Due. Tre.  Bene, iperventilazione.  Era così agitata che non vide subito il bigliettino che le stava passando rasente sulla superficie del banco. Quando sentì le sue dita fredde cacciarglielo con prepotenza in mano sobbalzò dando una gomitata a Naruto che lanciò un grido acuto. La testa della professoressa psicopatica scatto nella loro direzione come quella di un serpente. Una vipera, o magari un cobra.
Sasuke nascose gli occhi sotto il palmo della mano con un sospiro di rassegnazione per poi fulminare la rosa e ritornare alla sua aria da irraggiungibile dio greco. Sakura si inumidì le labbra dandosi della stupida.
-Sakura!- La voce della professoressa le trapasso i timpani fin troppo vicina. Sì, aveva l’abitudine di chiamare i suoi studenti per nome. Dava del tu a tutti e aggiungeva anche il –chan con gli adulti, i perfetti sconosciuti, i ragazzi, praticamente anche con i cani, come se considerasse tutti sotto di lei. Come se li falciasse tutti allo stesso livello. Era una donna terribile.
-Cosa abbiamo in mano Sakura-chan?- Commentò la donna sbucandole alle spalle mentre la rosa cercava inutilmente di capire come fosse arrivata fin lì. Sentì il bigliettino sfuggirle di mano e alzò il volto paonazzo in direzione della donna che sorrideva sadica mentre spostava una ciocca corvina dal volto aguzzo e abbronzato. – Che bella scrittura, chi te l’ha passato eh? Sakura chan?- Il tono era fastidioso ed altrettanto infastidito. Voltò il bigliettino verso la ragazza che a sua volta lanciò un’occhiata a Sasuke che rimaneva impassibile a fissare la professoressa. La ragazza deglutì e diede un’occhiata al bigliettino per poi osservarlo stupita notandovi l’ordinata calligrafia di Ino, talmente pulita da pensare che si fosse fatta il bagno nella candeggina nonostante fosse stata scarabocchiata di fretta su un angolino sporco del libro di letteratura che aveva sotto il banco.
“La gelosia è un mostro dagli occhi verdi che dileggia il cibo di cui si nutre”
Che spiritosa la sua amichetta. Le nocche scrocchiarono mentre la bionda si lisciava la chioma con indifferenza ciancicando il bordo della camicia di Sasuke. Intanto Naruto gemeva per i calci rifilatigli da Sakura sotto il banco da quando aveva urlato.
Kioko riprese il foglietto e lesse ad alta voce. Non solo lesse. Non solo aprì la bocca. Rappresentò ciò che c’era scritto e l’ilarità brillo nelle fonti nere delle sue iridi incontrando gli occhi di palude della rosa.
-Qualcuno qui è molto spiritoso- Commentò rompendo l’incanto della sua voce. Come poteva una donna attrarti attraverso una sola frase?
-L’Otello di Shakespeare! Scelta davvero splendida- Disse riavviandosi verso la cattedra e, nel tragitto, requisendo la trousse con cui la bionda Ino aveva cominciato ad armeggiare. LA ragazza fece per lamentarsi quando una ventina di occhi la incenerì costringendola a tacere.
-Sapevi cosa stavi scrivendo o hai copiato una delle tante frasi trovate nei link su face book?- 
Ino sgranò gli occhi azzurri.
-Ehi, bionda, sì dico a te, sapevi cosa stavi scrivendo oppure devo dar ragione a chi dice che per annegare una bionda bassa attaccare uno specchio sul fondo di una piscina?-
La ragazza rabbrividì mentre Sasuke se la scollava poco cortesemente di dosso e Shikamaru dietro di lei ridacchiava sotto i baffi.
-Allora?- Kioko rigirò il fogliettino tra due dita dalle lunghe unghie laccate issandosi a sedere sulla cattedra. I pinocchietti di velluto nero le fasciavano le cosce mentre il top sportivo, in perfetto contrasto con l’indumento elegante, Stringeva il seno lasciando nuda buona parte del busto e del ventre, il tutto sovrastato da una giacca di pelle aperta. La cosa divertente? Era dicembre!
-E-ecco i-io ho pensato … -
-Perché tu pensi?- Soffiò Shikamaru alle sue spalle.
-Come tutti del resto Shika-chan- Gli rispose la professoressa “orecchie-di-pipistrello” Annotando qualcosa su quella che temevano fosse la sua agenda nera.
-Avanti … -Intimò poi ad Ino con un gesto incoraggiante della mano che assomigliava più che altro ad una promessa di morte.
-S-Sakura h-ha gli occhi verdi e-e- … - Ino si mangiò le parole fissando il pavimento.
-Grazie per la sua perfetta esibizione signorina- Commentò acida. –Diciamo che non avrebbe dovuto scegliere il corso di recitazione … -
-Era un corso obbligatorio- fece,laconico, Sasuke.
-Dettagli- La professoressa scacciò le sue parole con una mano, si sfilò le decolleté nere ed incrociò le gambe sulla scrivania. –Dunque, chiarendo che io adoro Shakespeare Disse schioccando la lingua. –Mi piacerebbe che voi nanerottoli interpretasse una sua opera.- Prima che il mormorio di protesta si levasse dall’aula la donna sbatté un tacco sul ripiano su cui era seduta. –Si-len-zio. Decido io. Decido anche se oggi respirerete o meno. Chiaro?- 
Quella donna era pazza. Una pazza furiosa.
Sakura tentò di scivolare sotto il banco. Cosa poteva andare peggio?
-L’opera che interpreteremo però non sarà l’Otello, bensì una versione … - Ghignò – rivisitata dalla sottoscritta di Romeo per Juliet – Tossicchiò ed aggiunse in un sussurro –O forse dovrei dire Julliet per Romeo … -
Lo sapeva che portava sfortuna.
Ora assolutamente non poteva andare peggio.
Anzi! Il peggio sarebbe venuto se avesse chiesto a lei di fare la romantica Giulietta!
-Allora chi si offre per fare Juliet? –
Nella classe risuonarono i grilli. Naruto ridacchiò. Sasuke si schiarì la voce (probabilmente avrebbe almeno sorriso se l’autrice arpia non lo stesse dipingendolo gelido e cinico). Una ventina di mani rimase drasticamente appiccicata ai banchi.
-Allora sceglierò io- Borbottò la professoressa gonfiando la guance come una bambina offesa.
                         
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Fuori dalla porta Kakashi aspettava l’amore della sua vita, sfogliando l’Icha Icha paradise e origliando tutto ciò che veniva detto all’interno, ridacchiando di tanto intanto. Asuma, che aveva sempre troppe ore buche, guardandolo scosse la testa compassionevole, come piangendo un cervello probabilmente defunto, e passò oltre arrendendosi all’idea che lui e la sua dolce mogliettina erano gli unici due esseri umani dotati di intelletto ( soprattutto è da calcare la parola UMANI) .
         
                              


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-Allora vediamo, la nostra Ino-Specchio-poco-profondo è un buon candidato per Giulietta no?-
La bionda sobbalzò all’idea di dover recitare un ruolo così importante con una professoressa così terribile, ma non potè far altro che sentirsi lusingata. Fece scivolare la bionda chioma fra le dita sottili con  un gesto di superiorità sorridendo dolcemente.
-Se davvero mi ritiene la più adatta … -cinguettò. Dietro di lei Shikamaru sbadigliò mentre Sasuke si faceva bellamente i cavoli suoi e Naruto sembrava partito per il mondo dei sogni. Sakura afferrò una biro e cominciò a scarabocchiare cuoricini sulla prima pagina nuova del quadernetto davanti a lei. Se si fosse nuovamente persa nei meandri di quell’Adone al suo fianco sarebbe svenuta. Si sentiva sciocca. Era il prototipo della ragazza innamorata. Stava anche provando a farlo ingelosire, ma lui proprio non voleva capirlo.
-Invece il nostro Romeo … -
LA biro grattava, scarica, sul foglio.
-Oh Romeo Romeo, perché sei tu Romeo? –
La voce della professoressa, no, non la voce, il modo di modularla, la lascività con cui le parole le gocciolavano dalle labbra invitando gli altri a leccarle, a cibarsene come rugiada del mattino …
-Sasu-chan, fai tu Romeo, bene sì?-
Il moro sgranò gli occhi di onice liquida.
-Come?!- Sakura quasi con cadde dalla sedia.
-COSA?- Urlò la rosa stritolando la bic e disintegrandola sul banco.
-Vedo che abbiamo un’altra candidata a Giulietta … -commentò Kioko.
-Ehi , fronte spaziosa, il ruolo è mio!- Ringhiò velenosa la bionda saltando in piedi.
-Senti facocero, non ti lascerò mai baciare Sasuke-kun!- Rispose la rosa fronteggiandola.
Sasuke nel mezzo era ancora troppo sotto choc per parlare.
A quel punto Naruto, che si sentiva da meno, Balzò in piedi sul banco, con i suoi pantaloni strappati e la camicia appena sbottonata sembrava uno dei tipici bulli che si vedono nei film. Puntò un dito contro il naso dell’Uchiha, che si voltò annoiato, o meglio, voleva parere annoiato, ma la sua espressione era più allucinata che altro.
-Che vuoi dobe?- Grugnì. 
-Se tu farai Romeo allora dovrai baciare la nostra Sakura-chan, non te lo permetterò mai!- Pronunciò queste parole in tono esaltato mentre Sasuke lo guardava di sottecchi.
-Come desideri, puoi anche baciarla subito se vuoi- Rispose indifferente.
Le parole furono una doccia gelata per la rosa che si voltò con gli occhi verdi ingigantiti dalle lacrime.
-Ma Sasuke-kun … -
-Ne ho abbastanza di questa pagliacciata- Sbottò alzandosi e radunando la sua roba.
-Anche io voglio fare il provino per Romeo!- Urlò Naruto mentre Sasuke usciva dall’aula sbattendo la porta seguito dallo sguardo divertito della professoressa che nemmeno tentò di fermarlo.
Dietro di lui anche Sakura prese la porta e Naruto. Ino provò a seguirli ma Shikamaru la bloccò.
-Quindi anche tu ti offri come nuovo Romeo?- Gli chiese la donna in nero.
Shikamaru guardò la bionda a cui stringeva il braccio.
-Sì-
Davvero molto divertente.
Kioko rise.
Chissà cosa faranno quando scopriranno che non c’è alcun bacio in questa recita…
 

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Capitolo 8
*** Infatuazione (?) ***


                                                                   INFATUAZIONE (?)




- Sasuke - kun!- I mocassini lucidi battevano la ghiaia del vialetto della scuola mentre il ragazzo attraversava il cortile. –Sasuke – kun !- Ogni sua falcata equivaleva a tre della ragazza. L’erba era umida, gli irrigatori appena spenti. La schiena del ragazzo era così irraggiungibile …
- Sakura - chaaaaaaaaaaan!- Naruto si sbracciò dietro di loro. Sasuke si voltò di scatto.
- Dobe non corr … - Non finì la frase. Il biondo investì in pieno la ragazzina carica di documenti che passava di lì in quel momento.
Hinata Hyuga tutto si sarebbe aspettata,ma non di venire assalita dall'Uzumaki. Lanciò un grido mentre gli annuari e i plichi di fogli volavano per aria.
Un raccoglitore più pesante degli altri si librò verso la nuca della ragazza rosa.
-Spostati scema! - Sasuke le afferrò un braccio tirandola di lato. Il suo scarso equilibrio fece sì che le scarpe slittassero sull'erba bagnata e la trascinassero a terra seguita dal ragazzo moro.
Sdraiati sul prato c'erano quattro ragazzi.
Hinata stava accucciata a terra tentando di riordinare il disastro mugolando un -G-Gomennasai ... - Sottile.
Naruto la fissava con la testa leggermente piegata di lato massaggiandosi un gomito.
Sakura intanto si ritrovava seduta nell'erba.
Tra le gambe di Sasuke che tossì infastidito.
La rosa si voltò di scatto ed altrettanto velocemente si alzò, voltandosi poi verso il moro ancora a terra. Nella caduta erano finiti in un’aiuola decorata da giacinti e gelsomini, ora il dignitoso Uchiha si ritrovava il capo cosparso di petali gialli e viola ed una foglia sul naso. Il cipiglio minaccioso non serviva a rendere la scena meno ridicola.
-S-Sasuke-kun … - Si coprì la bocca con una mano per impedirsi di ridere. –Che hai?- Ringhiò lui di pessimo umore. –Sono così divertente?-
Lo sghignazzare infantile di Naruto confermò le sue parole. Il biondo infatti si teneva la pancia e si sbellicava come un matto. –Il re degli iceberg, Sasuke Uchiha, addobbato come una fioriera … - Gli sfuggì tra una risata e l’altra. –Te la do io la fioriera- Mormorò l’altro alzandosi in piedi ed avvicinandosi con un’aura omicida a quello che alcuni incauti avrebbero definito suo amico. Si trovò fra i piedi una sogghignante Sakura. Si fermò a fissarla per un attimo. Cominciando con il trovare una spiegazione al perché fosse lì ferma impalata e non si scansasse come qualunque altro mortale al suo passaggio. La vide fare un passo in avanti e di riflesso ne fece uno indietro. Per poi rendersi conto che appariva una mossa davvero disdicevole per un Uchiha. Però lei non tentennò, gli si fece ancora più vicina e, mantenendo evidentemente le risate, afferrò qualcosa che sostava sul suo viso. –Se vuole essere preso sul serio, sua altezza, le conviene farsi togliere questi affari di dosso – Commentò ironica. Non pensava che quella strana creatura del banco accanto fosse capace dell’ironia. Gli sfiorò il naso con le dita tiepide e il moro strizzò gli occhi un secondo per l’improvvisa vicinanza della mano della ragazza. Quando la ritirò aveva una foglia stretta nel pugno, gliela mostrò. –Con quella in faccia certo non puoi tirartela tanto- Ghignò Naruto continuando a fissarlo bellicoso mentre si accingeva a raccogliere un plico di fogli accanto ai suoi piedi. Sasuke fece uno scatto verso di lui pronto a ridurlo in poltiglia. Tutto il suo autocontrollo era andato a farsi benedire. Sakura però, preferendo evitare inutili versamenti di sangue, lo fermò per una manica della camicia facendolo ritornare al punto di partenza. –Scusa- disse. L’Uchiha si chiese momentaneamente per cosa si stesse scusando quando la ragazza, in punta di piedi, affondò le dita fra i suoi capelli cominciando a districare i petali. Rimase impietrito. –Non è che potresti sederti? Sei troppo alto … - Disse sotto lo sforzo di tendersi il più possibile verso di lui. –Lascia stare … - Riuscì a formulare bloccandole i polsi con una mano ed allontanandoglieli da se.  Con l’altra mano arruffò la chioma ingellata facendo scivolare via gli ultimi ornamenti floreali. Dopodiché si diresse verso l’Uzumaki dandogli una spallata e sottraendogli i documenti raccolti. –Levati dai piedi Dobe – Sibilò inviperito sparafleshandogli un’occhiata assassina.
Hinata si era appena rialzata e osservava la gente attorno a se desiderando di momento in momento di affondare sempre più giù nel terreno. A fondo. Si vedeva lontano un miglio che Naruto-kun era geloso dell’Uchiha. Sghignazzava come un matto ma una vena gli pulsava su una tempia.  La ragazza scrollò la gonna distrattamente. Erano proprio una bella coppia Sakura e Naruto … Forse era arrivato il momento di lasciare perdere. In fondo Kiba era così gentile … Fece scorrere tra le dita i documenti. Dove era finito quel fascicolo? Una mano pallida comparve sotto il suo naso. Lei alzò la testa di scatto incontrando lo sguardo cupo e gelido di Sasuke. –Ti sono caduti questi- Commentò laconico appoggiandole tra le braccia il fascicolo mancante. –Oh … - Mormorò lei senza abbassare lo sguardo. Non era come guardare Naruto, quasi alla sua altezza, con quell’aria così entusiasta che le faceva arrossare le guance e sciogliere le gambe. Sasuke era freddo, ergo riusciva benissimo a sostenerlo. Azzardò un sorriso –G-grazie – Bisbigliò inserendolo al suo posto tra gli altri documenti. –Mh- Si limitò a fare lui per poi voltarsi e squadrare Sakura e Naruto dall’alto in basso.  Forse anche lui pensava fossero una bella coppia. Naruto si era avvicinato alla rosa tentando di metterle un fiore tra i capelli e questa lo aveva respinto con un pugno ben mirato alla sua fronte. Adesso stavano litigando come due matti. Sasuke si voltò leggermente verso la ragazzina pallida accanto a lui che stava per incamminarsi verso l’aula insegnanti. – Tu sei Hinata Hyuga – L’apostrofò con sufficienza. Lei si voltò allibita. –S-sì … - accennò annuendo. Sasuke inarcò un sopracciglio. In confronto a suo cugino quella ragazzina era del tutto  … Imbranata! Ed ora dove stava guardando? Seguì la direzione di quegli occhi così chiari e glaciali eppure talmente ingenui da chiedersi come mai la maggior parte dei ragazzi a scuola la considerasse una persona frigida. Qualunque idiota si sarebbe reso conto che la sua era solo una questione di fragilità …
Hinata fissava Naruto. Lo fissava con la tipica ammirazione delle ragazze innamorate, un leggero porpora ad arrotondarle le guancie morbide color latte. – Perché guardi il Dobe?- La domanda fu dura e concisa quanto inaspettata e la fece sobbalzare per lo spavento. –Bhè … Ecco … Io … - Scosse la testa e si allontanò di corsa più rossa di prima. – A-arivederci  Uchiha-sempai – Disse con il tono di voce flebile che rappresentava la sua massima estensione vocale.  
Guarda che io ho la tua età …
Formulò pensoso l’Uchiha andando a dividere e due compagni.
-Allora Sakura chan? Ci vieni a pattinare con me?-
-Ho detto di no! Quante volte ancora devo ripetertelo?!?-
- Se non sai pattinare non ti preoccupare! Ti insegno io amore!-
-A –Aamore … Aah … - Il labbro superiore di Sakura vibrò mentre ripeteva quelle parole. Chiuse gli occhi sentendo il sangue affluirle alla testa. –TU RAZZA DI … -
-Ehi voi due!- Un pugno li colpì in testa entrambi senza però causare grossi danni.
-Teme! Lasciaci in pace! Devo invitare Sakura chan a pattinare!-
-Ti ho detto che non ci vengo!- Ringhiò lei sollevandosi una manica della camicetta pronta a cambiare i connotati all’amico.
Ecco adesso anche il piano per far ingelosire Sasuke era saltato, ma non era colpa sua se proprio non era capace di fingere. Naruto era sì suo amico, ma quando si comportava come se lei fosse stata la sua ragazza le veniva voglia di scannarlo.
-Perché non vai? Dopotutto siete così amici. – Il tono neutro del moro la fece voltare di scatto verso di lui. In piedi tra di loro, a braccia conserte e con il mento sollevato spostava gli occhi color catrame prima su uno e poi sull’altro.
-Cosa?- Ripeterono all’unisono lei ed il Dobe.
Sasuke roteò gli occhi. –Mi sembra ovvio che vi piace passare del tempo assieme. – Sbottò. –Quindi mi chiedo perché tu non vada con lui. – Stavolta il suo sguardo sostò su di lei. Era serio. Incredibilmente serio. Cosa faceva? Si metteva a ridergli in faccia? Non ci poteva credere …
-Oh, povero Sasuke-kun! Si sente escluso! Guarda che puoi benissimo venire anche tu con noi!- Saltò su Naruto scompigliando i capelli del moro togliendola d’impiccio. Il ragazzo si scostò automaticamente con l’espressione orripilata. – Guarda che lo dicevo solo per togliermi dai piedi voi due- sibilò raccogliendo la sua cartella con un gesto brusco. –Allora verrai, vero?-
-Tsk!-
Sakura sorrise nel vedere il biondo farle l’occhiolino e correre dietro all’altro battendogli una pacca sulla schiena.
-Dunque! Domani veniamo passo a prendere Sakura e poi anche te … -  Cominciò a pianificare Naruto mentre la sua voce spariva oltre il cancello della scuola. L’ultima campanella doveva essere suonata già da un po’. Vabbè, il giorno dopo era sabato, quindi si stava a casa … Poi c’era domenica e poi …
Sakura sbiancò.
Solo altri due giorni di scuola e poi la vigilia e lei non aveva detto ancora niente a Sasuke, sì, c’erano stati dei miglioramenti, come quando l’aveva salvata da quella banda, ma praticamente era stato un dovere, lei lo aveva seguito fino a casa.
Si incamminò sconsolata verso il cancello accasciandosi poi sul muretto. Notò uno strano trio controllare gli avvisi appesi fuori nella bacheca scolastica in cui erano inseriti l’apertura della biblioteca e le varie ore di lezione. Chissà, magari avrebbero cominciato la scuola dopo le vacanze. Sospirò puntellando i gomiti sulle ginocchia e coprendosi la faccia con i palmi. Che Dio me la mandi buona …
 
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Kioko sbirciava dalla finestra della sua aula ormai deserta. Aveva assistito alla scena con un sospiro. Quell’Uchiha. Credeva di sapere tutto. Come girava il mondo. Forse era davvero così intelligente,ma il punto era che il mondo girava e lui restava indietro. Come se si estromettesse … Riportò alla mente il veloce dialogo che aveva fatto a Naruto prima di entrare in aula bloccando la sua corsa per i corridoi semplicemente allungando un braccio al momento propizio in direzione della sua gola. Si era ribaltato sulla schiena tossendo e lei gli aveva sorriso dall’alto come un avvoltoio. Ridacchiò pensando alla faccia ce aveva fatto. Non si è mai visto un professore che colpisce i propri alunni, lei però non era costretta a stare lì, era un passatempo, anzi,prima veniva licenziata prima poteva tornarsene in America. Una stretta al cuore la prese alla sprovvista facendole abbassare lo sguardo sconsolata. –Mai più. Mai più senza di lui … - Sibilò stringendo i pugni.
 
“Senti Naruto, in che rapporti siete tu e mr. Mi credo figo?” Gli aveva domandato sorniona senza nemmeno aspettare che si rimettesse in piedi.
“ Io quello lo odio” aveva sbottato il biondo incrociando le gambe e massaggiandosi la giugulare. Le sopracciglia chiare aggrottate. La donna si accovacciò, impresa non troppo facile su tacco dodici,ma comunque interessante.  “E della rosa? Che idea ti sei fatto?”
“Sakura?” i suoi occhi luminosi le bastarono come risposta. Annuì pensosa. “Tu e lei uscite insieme?” Aquel punto un’ombra di dubbio gli scurì lo sguardo color cielo. “Non lo so … Ma a lei che importa?” La attaccò. La donna sollevò le mani in segno di resa rialzandosi e sistemando una ciocca scura. Aveva poi infilato le mani nelle tasche del giubbotto di pelle aperto a mostrare il ventre muscoloso ed aveva incurvato le labbra nel modo più delicato che conosceva. “Curiosità, sono nuova e mi stavo informando” La sua aria angelica era perfetta. Anche Kakashi che la conosceva bene ci sarebbe cascato con tutte le scarpe. Lei era un’attrice nata. “siete nello stesso gruppo di studio?” Ed era anche il suo mestiere.
“Sì” Le confermò il biondo ora meno dubbioso alzandosi a sua volta accettando la mano che lei gli porgeva. Incredibilmente forte per una donna. “Bene, vedi di coinvolgere anche sua ghiacciosità” Disse lei sorridente come una bambina dell’asilo cominciando ad aprire la porta. La campanella della sua ora stava suonando proprio in quel momento.
“Non ci penso nemmeno!”
Zitto e fa ciò che ti dico marmocchio!
“Non è cattivo” Disse lei alzando le spalle e sistemandosi sulla cattedra in modo felino. Sì, proprio sulla cattedra. “Solo che non ci sa fare”. Concluse mentre gli studenti entravano titubanti nella tana dell’orco.
 
Naruto doveva aver capito perfettamente cosa intendeva. Si scrocchiò le nocche soddisfatta osservando il foglio con i candidati ad i vari ruoli della tragedia di fine anno. Era ora che anche il signor Uchiha si unisse alle danze. Aveva notato un altro paio di persone che al momento parevano astenersi,ma ci avrebbe pensato Kakashi. Ora lei doveva inventarsi qualcosa di davvero divertente per il weekend. Solo che nella sua lingua “divertente” era il sinonimo perfetto di “perfido”.
 
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Stupida donna.
Cosa le saltava in mente di mandargli in punizione proprio quei due avvisandolo all’ultimo minuto?
Dannata …
Asuma aspirò una boccata di fumo sbirciando di sottecchi i due ragazzi seduti ai banchi davanti a lui. Uno pareva sul punto di addormentarsi mentre l’altra si poteva dire una pentola a pressione per quanto ribolliva. -Bene, io non ho tempo da perdere con voi due, quindi ripassate qualcosa mentre io … - E qui fece una pausa aprendo un giornale e schiacciando la sigaretta nel posacenere. - … Mentre io faccio qualche ricerca! –
-Professore!- La vocetta acuta della bionda lo lasciò del tutto incolume, cosa che non accadde a quel povero ragazzo che aveva accanto il cui apparato uditivo fu trapassato dagli ultrasuoni in maniera impietosa.
- Si?- Domandò Asuma continuando a leggere.
-Un professore non dovrebbe … Che so … Insegnare?-
-E tu non dovresti, che so, stare zitta?- Sibilò l’altro accanto a lei.
-Oh, Yamanaka, il tuo oroscopo dice che sarai molto sfortunata a scuola questo mese … - La fulminò da sopra il bordo della rivista. –Non avresti un’interrogazione di psicologia lunedì?-
La bionda impallidì. –L-lunedì? Ma tra poco ci sono le vacanze … - Il suo tono era tra il lagnoso ed il titubante.
Asuma voltò una pagina. –Nulla si dà mai per scontato- sorrise lui tornando agli affari suoi mentre la ragazza scartabellava nello zaino per trovare il libro.
 
-Due, un altro due e sono morta … - Ringhiò tra i denti sprofondando tra le pagine di quel volume seminuovo.
-Fatica sprecata, tanto non prenderai mai più di due Ino-chan – Sbadigliò il ragazzo con il codino con una lacrima appena accennata ad un occhio.
-Zitto Shikamaru, dovresti studiare anche tu – Sibilò senza alzare lo sguardo.
-Troppa fatica- Brontolò abbandonando il capo sul banco.
 
Come c’erano finiti in punizione?
Il ragazzo si grattò un lato del naso voltando la testa a fissare la ragazza bionda accanto a lui tutta concentrata sui suoi libri. Dopo che l’aveva afferrata per impedirle di correre fuori lei aveva cominciato a dimenarsi come un cavallo lanciando gridi ad ultrasuoni come poco prima. Allora le aveva preso i capelli e le aveva dato dell’oca. Lei si era infiammata e lo aveva letteralmente steso tra i banchi ribaltandone uno. La professoressa era rimasta a guardare tutto il tempo con un sorriso di scherno da far paura. Peccato che nessuno dei due l’avesse notato. Poi alla fine dell’ora, o meglio, cinque minuti dopo, li aveva informati che invece di andare a casa dovevano dirigersi nell’aula delle punizioni.
-Che noia- Mugugnò. Un calcio colpì la gamba della sua sedia facendogli sbattere il mento sullo spigolo del banco. 
-Ehi!- Sussurrò indignato verso la bionda che continuò a rimanere concentrata sulle sue cose.
-Vipera.- sbottò chiudendo nuovamente gli occhi. Stavolta qualcosa lo colpì in fronte.
-Insomma la vuoi smettere!- Ringhiò saltando in piedi con il temperino di metallo che gli aveva lanciato stretto in una mano. Lei si voltò con gli occhi azzurri sgranati ed un’espressione da falsa innocentina , talmente falsa che si poteva vedere in controluce il ghigno soddisfatto che celava.
-Yamanaka puoi andare, Nara, ancora un quarto d’ora.-
-COosa?- Disse sbalordito fissando il giornale che celava il volto del prof.
-Certo professore!- La ragazza si esibì in uno dei suoi più smaglianti sorrisi per poi raccogliere la sua roba ed avviarsi verso la porta voltandosi all’ultimo istante e facendo la linguaccia a Shikamaru.
-Ricordati di studiare psicologia che lunedì ti interrogò- Commentò pacato Asuma. La bionda sbiancò per poi allontanarsi a testa bassa. La porta si chiuse. –Carogna …  - Commentò Shikamaru fissando la porta.
Il professore chiuse il giornale sorridendo sornione estremamente simile a Kioko.
Ma che hanno tutti oggi?
Si ritrovò a pensare il ragazzo sollevando un sopracciglio. Dov’era Choji quando serviva?
-Nara, Da quand’è che perdiamo le staffe così facilmente?-
Brutta, brutta domanda. Non facile da dribblare nemmeno per un Q.I. di 200 come lui.
Come glielo spiegava al professore che era tutta colpa di una certa piaga bionda?
 
 
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-Lee, come te lo devo dire? Smettila!- Ten Ten evitò il nuovo tentativo di baciarla dell’amico. Va bene che fingevano di stare insieme, che si lasciava un po’ strusciare ogni qual’volta passasse la rosa, ma ora non c’era alcun motivo per fare queste scemenze! – Ten Ten, dov’è finito il tuo spirito giovanile? Senza pratica un ragazzo non potrà mai baciare al meglio la persona che ama! – Esclamò saltandole di nuovo addosso. –Muori!- Strillò lei lanciandogli in faccia un pallone da basket e raggiungendo Neji dall’altra parte del campo. Il ragazzo fissava il canestro con aria pensosa. La palla in mano. Lei si sporse sopra la sua spalla. Da quando erano insieme nel gruppo di studio non avevano mai passato una giornata in palestra. Non tutti e tre. Lei e Lee si conoscevano da quando erano piccoli e si potevano perfettamente definire amici d’infanzia. Si volevano bene in fondo, anche se il ragazzo presentava diversi disturbi caratteriali presumibilmente infertigli dal professore di educazione fisica che, fortunatamente, al momento non era presente.  Invece Neji non veniva mai con loro a sgranchirsi i muscoli dopo le estenuanti ore di lezione. –Ehi che fai?- Gli soffiò all’orecchio. Il ragazzo sobbalzò per poi sospirare e fulminarla con la coda dell’occhio. Lei si ritrasse con le braccia strette dietro la schiena ed un sorriso gentile. Non riusciva proprio ad immaginarsi Neji che praticava sport. Aveva un volto e delle movenze talmente efebici che era difficile pensare a lui sudato con la maglietta della squadra incollata al corpo magro o mentre colpiva qualcuno con un pugno. Anche se le risse, soprattutto quando menava Naruto, erano all’ordine del giorno, non l’aveva mai visto scomporsi più di tanto. I capelli erano sempre in ordine. I vestiti puliti. Mai un graffio, mai una goccia di sudore. In poche parole stava parlando di un alieno.
- Vuoi fare una partitina?- Gli domandò afferrando al volo la palla che Rock Lee le stava rilanciando addosso. La sollevò sopra la testa mostrandola all’Hyuga. Si sentiva sempre a disagio con lui. Il tono di voce basso e pacato che sembrava sempre sul punto di esplodere, quegli sguardi gelidi che i suoi occhi così chiari riuscivano a scagliare contro povere vittime innocenti e poi quei capelli fluttuanti e setosi, non che li avesse mai toccati desiderato farlo, per carità, ma ricordavano fin troppo quelli di una ragazza e …
-Ti sei imbambolata?- Sdegnoso ed egocentrico complessato stavo fantasticando su di te quindi ti decidi a stare fermo una buona volta!?!? E poi dicono a lei che è una ragazza difficile! Se non le lasciano il tempo di rifletterci dannazione! Era quasi al nodo della sua crisi mistica stava per scavare nel suo subconscio e scoprire se …
-Palla mia, sei lenta!- Rock Lee le aveva rubato la palla e Neji la fissava dall’alto in basso con un sorrisetto ironico. La ragazza si voltò verso il sopracciglione con sguardo in fiammato. Il suo scatto fece fluttuare i capelli castani del ghiacciolo nuber two.  Neji osservò la  brunetta inferocita tentare più e più volte di recuperare la palla. Primo tentativo fallito. Lee era più veloce. Secondo tentativo fallito. Lee era più forte. Terzo tentativo fallito. Lee era più alto. Contò fino a dieci. Canestro. Sospirò infastidito quando la vocetta acuta di Ten Ten rimbombò contrariata in tutto l’edificio. Automaticamente il suo pensiero andò ad Hanaby. Quella ragazza strana incontrata fuori quella mattina, la strega dal familiar felino che aveva regalato un ritardo a lui e mister penna d’anatra. Una strega estremamente affascinante doveva dire. Il nome era come quello della sua cuginetta minore, quell’affarino più piccola di tre anni. Si ravviò la chioma incamminandosi con lentezza verso i due compagni. Ten Ten teneva il muso mentre Lee compiva giri frenetici attorno al perimetro della palestra. –Ehi tu!- L’apostrofò. –Ho un nome prego!- Sbottò la ragazza voltandosi comunque. Neji sorrise. Coraggiosa. Si avviò verso il cesto con il materiale con la codina appresso. Era strano vederla con i codini. Le davano un’arietta infantile che non si addiceva troppo con il caratteraccio. –Comunque il basket non fa per me- Commentò frugando fra gli attrezzi. Lei annuì convinta scansando con decisione un paio di palloni medici da due Kg lasciandoli cadere sul pavimento. –Lo immaginavo- Commentò.  Neji spostò i suoi occhi gelidi in quelli color cioccolata di lei che sorrise nuovamente. Sembrava aver instaurato una sorta di riflesso automatico che la facesse sorridere ogni volta che la fissava. Inarcò le sopracciglia mentre un piccolo solco si formava sulla fronte ampia. –Perché fai così?- Si lasciò sfuggire. Il sorriso di lei tentennò. –Così come?- Domandò sconcertata. Lui scosse la testa facendole cenno di lasciare perdere ed estrasse dal cesto un paio di bastoni nunchaku. Lei inarcò un sopracciglio. –Arti marziali?- Il ragazzo alzò le spalle. – Pallavolo, calcio, baseball, nuoto, pattinaggio, ciclismo, e, perché no, anche arti marziali – Ten Ten fischiò. –Ti prendo un tutù?- Gli domandò a bruciapelo. –Cos … ? – Neji arricciò il naso e sgranò gli occhi. La ragazza sorrise in modo leggermente più inquietante di prima. –E’ il corso di studi che hai seguito no? Comprende quasi tutti gli sport, inclusa la danza!- Gli occhi le brillavano mentre l’Hyuga inorridiva. –Come fai a saperlo?- Ten Ten allargò il suo sorriso. –E’ lo stesso corso che ha seguito Lee- La ragazza tese un braccio dietro la schiena del castano afferrando la sua chioma e sollevandogliela sulla testa. –Guarda, ti sta bene lo chignon! –
-Ten Ten chan sei un mito! Dopo questo sappiamo chi vincerà le prossime elezioni a reginetta della scuola!-
Lee era fermo alle loro spalle. Lee era fermo alle loro spalle e stava prendendo in giro Neji il quale reggeva un nunchaku in mano. Lee era morto.
 
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-Non dovevi fare così, hai seguito anche tu il corso di danza!-
-Era solo una battuta!- Rock Lee appoggiò la pezza fredda sull’occhio gonfio mentre Ten Ten gli tamponava il sangue che gli usciva dal labbro spaccato.
-Ormai dovresti sapere come è fatto!- Commentò la castana gettando un’occhiata di traverso al bagno dello spogliatoio da cui proveniva lo scrosciare d’acqua di una doccia.
-Sono solo quattro giorni per la miseria! La mia forza giovanile non può assimilare il carattere di uno così in quattro giorni! Prometto però che mi impegnerò a fondo per riuscire a comprenderlo!-
Lee era scattato in piedi sulla panchina con aria esaltata, già dimentico della botte subite, con un’infinità di strass luccicanti attorno. La ragazza gettò via pezza e fazzoletto imbrattato di sangue per poi cambiarsi velocemente. Stava per rinfilarsi i jeans al ginocchio quando la porta del bagno si aprì.
Era abituata a Lee che la vedeva in intimo praticamente ogni giorno poiché la testona si ostinava a dormire con addosso solo la biancheria ed il testone la veniva a svegliare puntualmente alle sei ogni santo giorno sabato e domenica inclusi. Però in quel momento nella stanza non c’erano solo lei e Lee e si maledisse per non essersi trasferita con l’amico nello spogliatoio femminile. Davanti a lei, grondante di acqua e con solo l’asciugamano legato in vita, il glaciale Hyuga la fissava appena un po’ sconvolto.
 

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Capitolo 9
*** Offese ***


 OFFESE






-Sakura, tesoro, svegliati!- Sua madre la scosse dolcemente per poi tirare su la tapparella.
-Ancora cinque minuti … - Borbottò la rosa girandosi dall’altra parte e tirando il piumone pin sopra la punta dei capelli.
Sentì sua madre sospirare e poi a rivolgersi a qualcun altro.
-Scusala, è di un pigro certe volte- Udì uno sbuffo che la lasciò interdetta mentre tentava inutilmente di tornare nel mondo dei sogni. Sua madre, implacabile, le strappò di dosso lenzuolo coperte e piumone facendola balzare seduta per il freddo. –Mamma!- Strillò.  –Bel pigiama- Commentò qualcuno. Qualcuno che effettivamente non doveva essere lì. Di mattina presto. Di sabato. Appoggiato allo stipite della porta, a braccia incrociate stava uno scocciato Sasuke Uchiha e, appena dietro di lui, spuntava la chioma color grano di Naruto. Sakura sgranò gli occhi mentre contemporaneamente sbiancava ed arrossiva. Poi si voltò verso sua madre, la mandibola che grattava il tatami. Perché quei due erano in camera sua?
-Come siamo carine Sakura-chan! – Sorrise  il biondo agitando una mano in segno di saluto. Lei abbassò tentennando gli occhi sul pigiama color rosa confetto di pile con le pecorelle bianche dalle corna a ricciolo e tanti cuoricini fucsia. Sua madre dovette leggere il panico sul suo volto e con un sorriso accennato negli occhi smeraldini indicò una porta ai ragazzi. -Aspettate la nostra Sakura in cucina, si deve preparare!- Si accinse a spingerli con decisione nella direzione prescritta chiudendosi la porta alle spalle. Sakura si alzò di scatto spogliandosi in fretta e furia ed agguantando mutande e reggiseno puliti, un paio di jeans ed una felpa azzurra per poi schiudere la porta mettendo fuori appena il naso. Dalla cucina proveniva il tono ciarliero di Naruto a cui le chiacchiere ed i pettegolezzi della madre si adeguavano perfettamente. Nessun suono stava ad indicare il fatto che l’Uchiha fosse sopravvissuto all’assalto di quelle due lingue lunghe. Un solo accenno al suo interesse per il moro e sua madre sarebbe stata una donna essenzialmente morta. In un lampo si infilò nel bagno  e si osservò allo specchio. Fortunatamente la sera prima si era fatta la doccia ed i capelli erano piuttosto ok anche se dannatamente in disordine. Tirò indietro la frangia lunga che solitamente veniva fermata da un nastro porpora e la bloccò con una molletta a farfalla verde e gialla. Poi fece una smorfia al suo riflesso poggiando  le labbra sul vetro freddo. Quella era un’abitudine che non avrebbe mai perso. Le piaceva quella sensazione sulla bocca. Si sciacquò la faccia e si cacciò in gola lo spazzolino per poi saltellare su una gamba sola per mettersi i jeans caldi dopo la nottata sul termosifone, sulle sue gambe dotate di una ormai persistente pelle d’oca. Spalancò la porta della cucina finendo di infilare una manica della felpa e ringhiò in direzione di Naruto indicando furiosa l’Uchiha seduto in silenzio a capotavola che mescolava con aria molto concentrata, una tazzina di caffè. –Cosa ci fa lui qui?!?- Sibilò. Naruto parve smarrito e sgranò gli occhioni azzurri – Dobbiamo andare a pattinare no, Sakura chan? – La rosa si schiaffò una manata in pieno viso. –Lo so, lo so che quando ti metti in testa qualcosa sei implacabile razza di psico compulsivo iperattivo! – Mugugnò. Naruto batté le palpebre con aria innocente mentre la ragazza notava, tra le dita dischiuse, le occhiaie profonde dell’Uchiha, il suo strizzare gli occhi continuamente ed un’aria non proprio presente,ma leggermente omicida.  – Non capisco dove sia il problema Sakura-chan … -Asserì il biondo mettendo ancora una volta il suo nome alla fine della frase. Sua madre, prevedendo la tempesta trattenne un sorriso e passò nuovamente la caffettiera all’Uchiha che sbadigliò e ne fissò il beccuccio come se stesse prendendo in considerazione l’idea di attaccarcisi a canna. –Il problema … -Cominciò la compagna appoggiandosi al tavolo e chiudendo gli occhi tentando di mantenere la pazienza che, beatamente, sfuggiva al suo controllo. - … E che tu saresti dovuto passare prima da me … E solo dopo da Sasuke! – Anche se più che Sasuke, il suo cervello assonnato  aveva formulato qualcosa come “idiota” o “bastardo”. Solo successivamente, quando avrebbe ripensato a quel giorno, si sarebbe resa conto che quello fu uno dei momenti in cui le cose, per lei, cominciarono a cambiare.  –Tesoro, Naruto è passato qui alle sette in punto, ma conoscendoti gli ho detto di passare più tardi- Sua madre decise che probabilmente ci sarebbe voluta un’altra caffettiera e cominciò a trafficare con i fornelli. Sakura inarcò un sopracciglio. Sette, dieci, mezzo giorno, per lei non faceva differenza l’orario, si alzava sempre con la stessa difficoltà durante le vacanze. Nell’aria c’era puzza di presa per il culo. I suoi occhi verdi saettarono dalla donna con i lunghi capelli rosso chiaro al ragazzo semi addormentato. Sì, effettivamente c’era qualcosa che proprio non andava.–E quindi sono andato a prendere il teme! – Esclamò soddisfatto stravaccandosi meglio sulla sedia e lanciando un sorriso al neon alla figura mugugnante a capo tavola. Si poteva ben distinguere l’aura nera che gli permeava attorno.–Dimmi, Sasuke-kun, per caso hai la pressione bassa? – Domandò  lei avvicinandoglisi ed abbassandosi alla sua altezza per guardarlo in faccia. –Hai delle occhiaie … - Commentò lei ancora tentando di mantenere le risate. Vederlo così, spettinato e mezzo addormentato mentre tentava di farsi un’endovena di caffeina non aveva prezzo. Lui si limitò a fulminarla con lo sguardo e a mandar giù, con un sorso solo, l’ennesima tazzina. –Allora, visto che sei pronta andiamo!- Esclamò Naruto saltando in piedi ed afferrando il cappotto di uno sfavillante arancione che anche a dieci km di distanza sarebbe stato perfettamente visibile. A sua volta Sasuke si alzò in piedi sotto gli occhi attenti della rosa, che già se lo vedeva barcollare, incerto sulle gambe, come un bambino assonnato, ma che, con la solita spigliata sicurezza, aveva afferrato il suo piumino nero con il collo alto che gli copriva mezza faccia e l’aveva infilato in modo elegante senza scomporre la sua figura da uomo vissuto. Sakura a sua volta, arrossendo appena, si gettò sulle spalle il suo giaccone a quadri lungo fino alle ginocchia gettando frettolosamente in tasca, cellulare e portafoglio. Schioccò un bacio sulla guancia di sua madre. –Ci vediamo!- Le disse avviandosi per poi tornare svelta sui suoi passi. –A che ora rientra papà?- Sua madre gettò uno sguardo distratto al calendario.  – Oggi è sabato … - Corrugò la fronte. –Non credo che tornerà per pranzo, ma forse per cena lo avremo a casa- Sorrise –Vedi di esserci- Le disse tranquilla. –Non farti dare passaggi dagli sconosciuti e se … - Sakura roteò gli occhi al cielo. –Se hai bisogno chiama- La scimmiottò –Lo so, me lo ricordo, ciao!- Sua madre sorrise ancora. –Non mangiare schifezze e guarda prima di attraversare la strada!- La prese in giro. –Mamma!- Strillò Sakura dall’ingresso per poi sbattere la porta e raggiungere i compagni sul pianerottolo. Si ritrovò gli sguardi di entrambi puntati addosso.
-Bhè? Che volete? – Sbottò. –E’ una madre, il suo DNA è impostato per rompere le scatole- Sospirò scendendo alla svelta i gradini e dirigendosi verso l’auto parcheggiata davanti al suo vialetto. –Naruto? Sasuke-kun … Che vi prende?- I due ancora la fissavano con aria assente, solo dopo, sentendosi chiamare, si accinsero ad entrare in macchina. Quando le passarono accanto le parve di sentire un brivido attraversarle la schiena. Poi Naruto riprese a chiacchierare come se nulla fosse alleggerendo l’atmosfera statica che si era creata tra loro.
Il biondo aveva la schiena dritta ed entrambe le grandi mani poggiate sul volante con aria sicura da padrone della strada.
Sakura, al posto del passeggero, teneva le mani intrecciate tra le gambe accavallate e fissava nello specchietto retrovisore la figura di Sasuke con la testa abbandonata all’indietro e le gambe leggermente divaricate, i pantaloni neri che ne delineavano la muscolatura. Il suo respiro era continuo e ben cadenzato, ciò le fece presupporre che si fosse addormentato. –Senti, ma a che ora lo hai svegliato?- Bisbigliò portando le sue labbra verso l’orecchio di Naruto. Lui accennò una risata. –Sette e mezza, ci ho messo un po’ per trovare casa sua- Spiegò, poi il suo sorriso si fece appena un po’ maligno. – Sakura-chan, ti sei persa una di quelle scene … - L’aria meno stupida che assunse la spinse a farsi più attenta. –Cosa?- Bisbigliò di rimando. Naruto si leccò le labbra come un vero maniaco senza staccare gli occhi dalla strada davanti a lui. –Sasuke Uchiha che viene ad aprirti la porta alla sette e mezza di mattina, in boxer e canottiera, in pieno inverno, non ha prezzo, soprattutto se il sopracitato Uchiha tende ad addormentarsi in piedi.- Estrasse dalla tasca il cellulare a glielo lanciò in grembo. –Fatti una risata- Le consigliò. Lei accese l’aggeggino con aria scettica. Andò nella cartella delle foto e ne selezionò una a caso. Davanti al suo naso apparve un moro piuttosto conosciuto con gli occhi mezzi chiusi, una mano piantata sullo stipite della porta e la testa ciondoloni da una parte. Il suo fisico da modello era coperto … scoperto … Da una canottiera di cotone senza maniche decisamente sformata che gli arrivava a metà coscia e dei boxer neri e forse un po’ troppo larghi di cui si intravedeva solo l’orlo. Guardò l’immagine. Sbirciò il ragazzo appisolato sul sedile posteriore. Guardò nuovamente l’immagine rischiando di soffocare per le risate che le gonfiavano il petto. Mandò avanti. Altra immagine. Sasuke fissava sconcertato la caffettiera e la tazza vuota, probabilmente aspettando che essa si riempisse da sola. Altra immagine. Sasuke sdraiato sul divano a braccia incrociate e l’aria contrariata. Altra immagine, uno sguardo assassino ed una mano tesa. Le immagini erano finite. –Come hai fatto a riprenderti il cellulare?- Bisbigliò con la voce che le tremava dal ridere, ma le gote rosse per l’imbarazzo. –Magia-
Sakura sorrise mentre un raggio di luce tenue si rifletteva sull’insolita tinta dei suoi capelli.
 
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-No, neanche morto-  
Sakura finì di allacciare i pattini battendo poi le lame sul tappetino che costeggiava la pista. Lanciò un’occhiata di sbieco a Sasuke per poi far vagare lo sguardo alla ricerca di Naruto. Dov’era quell’idiota? Lo trovò a sfrecciare dall’altro capo della lastra ghiacciata ridacchiando come un fesso e facendo salti e giravolte. Si ritrovò a ridere a sua volta. –Dai Sasuke-kun, vedrai che è divertente – Ridacchiò la rosa porgendogli un paio di pattini.
-Ho. Detto. Di. No. –
Lei arrossì lievemente al suo sguardo penetrante, ma poi sbuffò sbattendogli i pattini sul petto e lasciandoli andare sicura che lui li avrebbe afferrati.
-Perché sei venuto allora?- Disse mantenendo l’impulso di gonfiare le guance come una bambina capricciosa. Come avrebbe voluto pattinare mano nella mano con il suo Sasuke-kun? Nella sua testa andò delineandosi la scena e non poté fare altro che diventare ancora più rossa. –Sakura, vedi di non sciogliere il ghiaccio- La sfotté senza pietà con quelle rare espressioni maliziose e dannatamente stronze che gli piegavano le labbra. –Rispondi, perché sei venuto?- La ragazza si torturava le mani guantata con gli occhi color acquamarina bassi sulle punte dei pattini.
-Sinceramente non lo so, sarà per colpa di un dobe che mi ha trascinato qui di prima mattina, tu che dici?-
Non sapeva se fosse una buona idea incazzarsi con il ragazzo di cui era perdutamente innamorata. Certo, se avesse continuato ad arrossire probabilmente sarebbe morta per autocombustione. Il labbro inferiore tremò appena e tralasciò il fatto che lui avesse appena composto una frase più lunga di tre parole. –Io … Volevo solo pattinare … - mormorò con gli occhi bassi.
Sasuke sbuffò contrariato roteando gli occhi. –Sei noiosa Sakura-
E tu sei dannatamente bello, dannatamente gelido e dannatamente stronzo.
Con un sospiro decise che lo sapeva già. Le piaceva anche per questo. Per il suo essere irraggiungibile.
-Sakura-chaaaaaaaaaaan!- Naruto si sbracciò venendo di filato nella sua direzione. Lei sorrise e salì sulla pista. –Un attimo!- Disse al biondo voltandosi poi verso Sasuke. –Vieni?- Gli chiese.
-Tsk- Fu la sua risposta. Voltò le spalle e si diresse verso il bar lasciando cadere a terra i pattini. Dire che fu un colpo basso è dire poco. –Sakura-chan lascia stare quello lì, tanto nemmeno sa pattinare!- Rise Naruto, forse un po’ troppo ad alta voce. Forse un po’ troppo vicino a Sakura che lo scacciò con uno spintone. –Ovviamente sa pattinare … - Rispose lei sollevando il mento con sdegno. –Se non lo sapesse fare non sarebbe Sasuke!-  Naruto si scompigliò i capelli biondi. –Tu dici?- Sorrise come al solito, illuminando da solo la pista. La pelle color caramello faceva risaltare gli occhi di quel color pastello tanto intenso. La ragazza ebbe paura di perdercisi. –Facciamo un giro- Acconsentì. Poi, mentre acquistava velocità per spiccare uno dei semplici saltelli che aveva imparato alle elementari, il suo sguardo fuggì verso la caffetteria dove il genio si era rintanato. Era seduto ad uno dei tavolini fuori, con una tazza, probabilmente di caffè, stretta tra le mani e gli occhi rivolti alla pista, o più probabilmente persi nel vuoto come suo solito. A che pensava? Quando restava immobile come una statua, bianco e nero in contrasto, quando la guardava con sufficienza dall’alto in basso. Quando si prendeva a pugni con Naruto senza mai fare realmente davvero, quando borbottava a bassa voce o quando si agitava nel sonno, com’era accaduto in macchina … A cosa pensava?
Saltò. I capelli rosa che una volta avrebbero fluttuato tutt’attorno profumando il vento di balsamo alla pesca si limitarono a svolazzare e ad arruffarsi contro le sue guance paonazze per il freddo. Sorrise. Le piaceva il freddo, lo preferiva di gran lunga al caldo. Chissà dov’era finito il Sasuke che l’aveva salvata quella sera da quella banda. Quello che aveva abbracciato supplicandolo di fermarsi. Dov’era finito?
Perché si comportava così?
Toccò terra e schegge di ghiaccio si sparsero tutt’attorno.
Voleva entrare nel suo mondo.
Lanciò un’occhiata alla caffetteria. Il suo dio greco non c’era, doveva essere entrato al calduccio aspettando di riprendersi dalla “levataccia”.
Non fece in tempo a impostare un’espressione afflitta sul volto di bimba che una paio di mani l’afferrarono. O per meglio dire si aggrapparono. Si girò di scatto pronta a colpire in testa Naruto con la prima cosa che avesse trovato. –Ferma dannazione- La voce scocciata che la raggiunse immobilizzò i suoi muscoli. Abbassò lo sguardo sulle dita che affondavano nelle sue spalle quasi facendole male. Erano bianche. Lunghe ed affusolate con le unghie molto curate per un ragazzo. –Puoi respirare- Commentò stizzita ancora quella voce. Sakura tentò di voltarsi ma la presa su di lei si fece più forte. –Non ti muovere … - Sibilò indispettito dal fatto di dipendere dai gesti della ragazza. Lei prese fiato. –Quindi il grande Sasuke Uchiha non sa stare in piedi su un paio di pattini-  Cominciava a comprendere almeno un pochino Naruto. Che Sasuke fosse molto presuntuoso saltava all’occhio. Che però fosse divertente prenderlo in giro non se lo sarebbe mai immaginato. –Sei petulante-
-E tu un imbranato-
Gli prese i polsi staccandogli le mani dalle sue spalle e voltandosi verso di lui aiutandolo a mantenere l’equilibrio. Tutto ciò ignorando le orecchie che andavano assumendo una colorazione scarlatta. –Puoi ripetere scusa?- Le domandò piccato cambiando subito espressione quando per poco non prese una storta tentando di drizzare la schiena. Per riflesso strinse le braccia attorno alla schiena della rosa appoggiando il mento ai suoi capelli e soffocandola quasi contro il suo petto. Qualunque cosa stessa passando per la sua testa si spense. Era disconnessa, molto disconnessa. Sasuke, anche se probabilmente per colpa di una situazione assai scomoda, la stava abbracciando. Sì, le stava anche per  frantumare la spina dorsale … Ma chissene importava!
Respirò il suo profumo come se fosse stata una droga. Odorava di colonia e caffè. Ci avrebbe giurato. Era caldo in fondo. Aveva sì le mani fredde, ma il suo petto era caldo. Si sentiva stupida ad aver pensato il contrario. Era logico che fosse caldo idiota! E’ umano! Sentiva il cuore del ragazzo pulsare forte. Più lento rispetto al suo che stava a dir poco impazzendo. Basta. Doveva staccarsi o si sarebbe rincitrullita. Prese nuovamente un bel respiro e l’odore forte emanato dai suoi vestiti la colpì come una freccia di cupido in piena fronte lasciandola inebetita per qualche secondo.
-Haruno, evita di farti strane idee- La sua voce l’aiutò a riprendersi. Si mosse a disagio premendo le mani ai lati del volto per spingerlo via ma la sua presa fu ferrea. –Non ti muovere o cado scema!- Sbottò. Sasuke si morse la lingua ma non riuscì ad omettere quel piccolo particolare. Se lei si fosse spostata anche solo di un centimetro si sarebbe ritrovato sdraiato sul ghiaccio e non voleva dare questa soddisfazione al biondo che, proprio in quel momento, stava venendo dalla loro parte. Porca puttana!
-Sasuke, se non mi lasci non posso certo insegnarti a pattinare!-
E chi le ha detto che … Oh, insomma!
-Mph … -Allentò leggermente la presa facendola allontanare e notando, con un sopracciglio inarcato, che la ragazza aveva il volto completamente accaldato.
Sakura alzò lo sguardo sul viso di Sasuke per poi riabbassarlo all’altezza del suo petto a velocità eccessiva. Il moro sbuffò e le parve sentirlo mormorare qualcosa del tipo “insopportabile”. Lei lo aiutava a stare in piedi e lui le dava dell’insopportabile?
Scivolò all’indietro con un movimento repentino che gli fece perdere l’equilibrio, solo che non le lasciò le mani e rimase piegato in avanti con il capo all’altezza di quello di lei ed i loro nasi a sfiorarsi. –S-Sasuke-kun … - Bisbigliò la rosa il cui autocontrollo era davvero andato a farsi benedire.
-Allora è vero che non sai pattinare!- La voce allegra di Naruto la colse di sorpresa mentre il suo dio si sollevava lentamente lasciando la presa sulle sue dita intorpidite.
-Non ne avete abbastanza? – Sbottò scontroso come al solito. Naruto lo ignorò prendendo per un polso Sakura  e facendo per trascinarla al centro della pista con lui. –Perché stai con questo musone Sakura-chan! Vieni con me … - Sakura lo seguì tranquillamente per poi venire bloccata a metà. Sasuke stringeva l’orlo della sua sciarpa con lo sguardo basso e le gote appena rosse. –Eh?- Fece lei stupita. Lui la lasciò nascondendo poi le mani in tasca come se si fosse pentito del gesto istintivo. –Che c’è Sakura-chan?- LE domandò Naruto tirandola un altro po’ verso di lui. –Non vai?- Disse velenoso Sasuke dando loro le spalle con un movimento rigido e rasente al ridicolo. Sakura sospirò. Uff. Ragazzi!
-Naruto, non è che potresti andare a prendermi qualcosa di caldo? Ho sete … - Disse producendo delicate nuvolette di vapore che le appannavano gli occhioni. Naruto le regalò a sua volta uno di quei suoi smaglianti sorrisi e si avviò verso la caffetteria. Allora lei poté dedicarsi a quello che ormai poteva definire il suo passatempo, ovvero: dare noie a Sasuke Uchiha.  Si voltò verso di lui … Verso la sua schiena, che per l’appunto non si era mossa di un millimetro da dove l’aveva lasciata. Non potè dimenticarsi di passarlo allo scanner dalla punta dei soffici capelli color inchiostro , scendendo sulle spalle larghe ed il dorso arcuato e muscoloso (no, quella volta davanti allo spogliatoio maschile non stava spiando era solo … Passata lì per caso, ecco … ) , soffermandosi più del dovuto sul suo fondoschiena e giungendo infine, dopo uno stacco di gambe degno di un modello Dolce e Gabbana,alle lame dei pattini assolutamente non stabili . Decise di cominciare con più tatto possibile.
-Sasuke-kun … Ti devo … Bhè … Ehm … Accompagnare fuori dalla pista?-
Un grugnito non identificabile le giunse in risposta.
Sorrise, non sapeva bene perché. Ripensandoci aveva passato anni a sbavare dietro a quel ragazzo che non conosceva quasi ed in una settimana era riuscita in totale a :
1 Scoprire la sua storia
2 Farsi salvare da lui
3 Farsi di nuovo salvare da lui
4 Toccargli i capelli (perché in fondo quella dei fiori era una scusa)
5 Scoprire che aveva la pressione bassa e che se qualcuno lo svegliava nei giorni festivi praticamente moriva in piedi.
6 Scoprire che carburava a caffè.
7 Scoprire che in un giorno riusciva a bere più di dieci tazze di caffè.
8 Scoprire che era un incredibile stronzo (chissà perché lo aveva già intuito)
9 Accorgersi che non sapeva pattinare.
10 Vederlo comportarsi come un bambino offeso.
 
Poteva ritenersi più soddisfatta?
Il sorriso si allargò. Basta lamentarsi e sospirare. Si passa all’attacco, dopotutto siamo nello stesso gruppo di studio.
Si aggrappò a questa scusa con tutte le sue forze Sakura. Se la strinse al petto e la cullò. Erano compagni di studio ed in un certo senso si appartenevano. Questo le piaceva ripetersi. Questo era quello in cui voleva credere almeno un po’.
Cominciò a girargli intorno, le mani dietro la schiena , i piedi a papera ed il busto in avanti, continuava a girargli attorno sempre più velocemente.
-Senti … - Disse mentre gli sfrecciava davanti.
-Che vuoi? Vai da Naruto. –
-Ah, io posso benissimo andarci, ma poi tu come scendi?-
-Mphf-
-Strisci?-
- … -
-Invochi pietà ad una di quelle signore di mezz’età che non vedono l’ora di stenderti sul ghiaccio?-
-Come se non fosse la stessa cosa che vuoi tu-
Maledetto …
Sakura arrossì e passandogli dietro mimò un pugno diretto verso la sua testa stringendo i denti. Quando però gli fu davanti abbozzò un sorriso.
-Come tutte-
Oddio da dove le era uscita quella frase?
Naruto? Naruto!?!? Perché non torni ?!? Non rispondo più delle mie azioni!
Aiuto! Help! Hilfe! Au secours!
Non le rispose. Compì altri due giri senza che lui le gettasse un solo sguardo. Anzi, fissava di sbieco la caffetteria ignorandola completamente!
-Ehi, che vuoi fare?-
- … -
-Sai cosa intendevo con “stenderti sul ghiaccio” vero?- Non era riuscita a trattenersi. Dannata lei, dannata la sua boccaccia! Non avrebbe avuto il diritto di parlare! Anzi! Non avrebbe nemmeno avuto il diritto di pensare.
Gli passò per l’ennesima volta davanti, stavolta lui la fermò con una mano facendola impiantare e rischiando di venire trascinato a terra. –Ferma, sei fastidiosa-
Fastidiosa, noiosa, insopportabile … E’ proprio innamorato!
Narutooooooooooooooo!!!
Non aveva mai desiderato tanto avere tra i piedi quel tizio biondo.
-Allora?- Sbottò di nuovo lei incrociando le braccia il rossore che andava accentuandosi notando che lui non aveva spostato la mano dalla sua spalla. La osservò come se fosse una tarantola mordendosi il labbro inferiore.
-Fammi vedere come si fa- Proferì lui distogliendola dalla sua concentrazione.
-Eh?-
-Fammi vedere ho detto-
-Cosa?-
-Non quello a cui stai pensando- Nemmeno quel tono malizioso aveva mai sentito … Da dove lo aveva tirato fuori? Dal repertorio “reazioni umane”? Lo preferiva solida statua di ghiaccio. Non era assolutamente giusto, qualcuno avrebbe dovuto appendergli al collo un cartello riportanti le esatte parole:
 
“Sono schifosamente bello e tenebroso,
ma in fondo il mio carattere non è da meno:
fa schifo pure quello”
 
-Mi ascolti?- La guardò con aria di rimprovero.
Arrossì di nuovo. Non poteva farne a meno. Nonostante tutto non sopportava che fosse arrabbiato con lei.
Scemo!
Ecco …
MA quanto sei bello? Ma cosa vuoi da me? Dalla mia vita? Perché, razza di dio che non sei altro, sei dovuto piombare nella mia classe?
-Sì sì, ho capito- Sbuffò lei. No, non aveva capito.
Lui alzò un sopracciglio.
-Fammi  v e d e r e  - Disse scandendo le parole. Come si parla con i bambini autistici.
Si morse la lingua scrollando la chioma rosa confetto e cominciò a pattinare lentamente verso l’uscita. Si dava la spinta e poi seguiva il piede con l’altro. Arrivata al tappetino tornò indietro più velocemente e si parò davanti a lui che si sfregava il mento pensieroso.
-Vuoi darmi la mano?- Azzardò tendendo la sua guantata verso quella nuda e pallida di lui. Ma non aveva freddo? Non aveva né una sciarpa né un cappello. Sì che voleva fare il grand’uomo, ma tutti si ammalano.
Dopotutto lui era Sasuke e non faceva propriamente parte del “tutti”. Era speciale. Sssssssì, torniamo a noi.
La guardò con un’espressione a metà tra l’orripilato e lo sconvolto.
-Scusa- si ritrovò a farfugliare Sakura. Sospirò. –Vuoi provare a seguirmi?-
-…-
- Senti questi discorsi così non funzionano però! Ci metterai le radici nel ghiaccio!-
- … - Ed accennò un sorriso sarcastico.
Una smorfia sarcastica.
Non sapeva che dire. Anzi, era indecisa tra due frasi molto distanti come significato tra loro, ma che in fondo non stonavano di certo. La prima, che le giungeva dal cuore, ed anche da un po’ più in basso era qualcosa del tipo “Sasuke-kun … Non ti preoccupare, ci sono io, non cadrai di certo, ti tengo, sono la calda e sicura Sakura dopotutto …. “ La seconda suonava più o meno così: “SE NON MUOVI IL CULO TI PRENDO A PUGNI! E RISPONDI!”.
Era giunta alla quasi conclusione del suo dubbio amletico, la quale comprendeva sia la parola “calda” che “pugni”,  quando il ghiacciolo decise per chissà quale fortuita stella, di schiudere bocca.
-Vai-
Una parola! Grazie cielo!
Resistette all’impulso di gettarsi a terra in ginocchio con le mani unite, sia a quello di saltargli addosso così, tanto per vedere se quella tartaruga serviva a qualcosa e si diresse a passo di lumaca verso l’uscita. Dietro di lei poteva sentire il cozzare incerto delle lame di lui sul ghiaccio. Si portò un dito alle labbra. –Senti, ma come ci sei arrivato da solo fino lì?-
-Esistono le ringhiere-
-Non eravamo vicino ad una ringhiera.-
-Mi sono aggrappato alla ringhiera-
-Perché sei venuto?-
-Perché stavate sparlando sul mio conto-
Ma vaaaaaaaaaa? Ma cosa mi dici mai?
-No, non è vero. –
Nega, nega sempre.
Lui sbuffò. Ci furono un paio di istanti di silenzio.
-Ti vedevo che guardavi dalla mia parte-
Oh. Cacchio.
-E ciò vuol dire che stavo sparlando di te?- Si voltò continuando a pattinare allìindietro, la mossa lo disorientò e si bloccò di colpo. Come prima mise su quella sua specie di broncio e con un sospiro esasperato Sakura si voltò e proseguì.
-Fai troppe domande-
-Tu ti comporti come un bambino-
-Tu mi prendi per il culo-
-Io non ti prendo per il culo!- Strillò.
Erano arrivati. Saltò a piedi uniti sulla gomma abbandonando il ghiaccio.
-Ah no?- Lo sentì mormorare mentre, stringendo la ringhiera con una mano tentava di scendere il gradino. Naruto stava arrivando di corsa con tre cioccolate bollenti strette tra le braccia. –Ragazzi c’era una fila!- Ammise con la sua solita voce acuta. –Vi siete divertiti almeno voi due?-
Stava per rispondere di sì. Davvero. Stava per farlo sul serio. Però lui la precedette.
-Davvero, con miss rompipalle è stata una festa!- Fece sarcastico. Forse per la pressione bassa, forse per il troppo caffè assunto, fosse per la brutta esperienza del trovare qualcosa che non sapeva fare … Per tutto questo forse Sasuke quel giorno aveva i nervi a fior di pelle e si potevano notare le vene in rilievo sulla sua tempia. Consapevole di ciò a Sakura capitò una di quelle cose che non le capitavano mai. Non con lui. Fu presa dalla sua furia omicida.
E lo spinse.
Cosa del tutto ordinaria in una qualunque occasione, ma il fatto che lui fosse ancora per metà sul ghiaccio contribuì a rendere efficace quel gesto mandandolo lungo disteso a terra.
Sasuke aveva gli occhi neri sgranati. Sorpresa. Dolore. Odio.
Quest’ultimo riversato su di lei in una secchiata di acqua gelida.
Strinse gli occhi e si infilò le scarpe in fretta e furia mentre Naruto rideva a crepapelle. –Sei imbranatissimo razza di Teme!-
Si precipitò quasi di corsa verso la macchina.
Gli aveva distrutto la reputazione. Lo avrebbe certamente saputo tutta la scuola, Naruto non era uno che stava zitto. Anche le foto che aveva sul cellulare sarebbero state sparse in giro il più presto possibile. Il nuovo dibattito scolastico , la traccia: il crollo del mito della scuola! Sasuke-kun in boxer e canottiera con delle occhiaie da paura che fissa una tazza di caffè. Le ragazze forse gli avrebbero riso. Pensò ad Ino. O gli avrebbero chiesto una firma sulla fotografia.
Raggiunto lo sportello lo aprì e si sedette al posto del passeggero sorseggiando la cioccolata. Si appoggiò allo schienale mentre le lacrime le correvano sulle guance. Oddio, oddio, oddio. Era una cosa così stupida, così infantile. Lo aveva spinto e allora?
Lo aveva spinto davanti a Naruto e lui era caduto.
E lui era dannatamente orgoglioso.
Oddio.
Un po’ se l’era meritato però. Se l’era meritato. Dopotutto era un perfetto  - Stronzo – Sbottò dando un calcio al cruscotto. Non si poteva essere così gelidi. –Mostro-
-Povera Sakura, tutti questi anni sprecando il suo amore per un povero stronzo –
Le si gelò il sangue nelle vene. Non fu per il freddo. Le lacrime ricominciarono a scendere più copiose di prima. Più forti, debordavano dai lati degli occhioni verdi, le iridi che apparivano liquide, la pupilla stretta, le ciglia chiare incapaci di contenere quei fiumi.
-Cosa c’è sei rimasta delusa?- Il suo tono era duro. Non come al solito. Era un miscuglio di tutti i vari toni che gli aveva sentito usare. Molto cattivo. Spietato. Offeso.
-N-No S-Sasuke –kun … I-Io … - girò il capo lentamente. La portiera aperta. La testa infilata dentro. In una mano due cioccolate, nell’altra la sciarpa che le era caduta nella fretta di tornare.
Un angolo della sua bocca si piegò in una smorfia amara.
-Proprio un’oca come tutte le altre. Patetica. – Gettò sul sedile la sciarpa e le passò la cioccolata con un gesto brusco. –Questa è roba tua. – Si alzò e sbatté lo sportello. Lo seguì allontanarsi con lo sguardo.
Naruto arrivò ansimante e spalancò la portiera del guidatore fermandosi a fissarla. Lo vide perdere un po’ di colore. –Sakura-chan? Cos’è successo? Dov’è Sasuke? Ha detto che ti doveva dare anche la sua cioccolata perché a te piace tanto, dov’è sparito?- La rosa si limitò ad abbassare gli occhi sul sedile posteriore. Arrotolata nella sciarpa stava l’altro bicchiere chiuso con la plastica. I singhiozzi la presero partendo dallo stomaco. Tirò le scarpe sul sedile incurante del fango e poggiò la fronte sulle ginocchia. –Sakura … Chan … - Mormorò il biondo sconcertato accarezzandole i capelli. Che le era preso? Cosa le aveva fatto quel bastardo?
Sollevò la testa intravedendo un emo che lentamente spariva tra i viottoli della città. Vabbè che non erano usciti da Konoha, ma casa era lontana! Stava pure venendo a nevicare. – Cretino … - mormorò. Si sedette al posto di guida per poi chiudere la portiera. Impostò la retromarcia mentre lei ancora piangeva. Uscì in strada. No, non lo vedeva più. Si sarebbe preso qualcosa, dai forse il tempo sarebbe stato magnanimo e non avrebbe nevic-azzo!
Fiocchi bianchi si poggiarono sul cruscotto decorandolo come un abete. Naruto prese a guidare con i pugni stretti sul volante. Era preoccupato. Molto preoccupato. In fondo non era così stupido. Sakura moriva dietro a Sasuke dalla prima elementare. Probabilmente le aveva detto qualche cattiveria. Tornando dalla caffetteria era già sorpreso che non si fossero sbranati a vicenda. Per quanto fosse cotta Sakura non aveva comunque molta pazienza. Con un cretino come Sasuke poi era logico che le cose finissero con lui con il culo al fresco. Si vedeva lontano kilometri che non si reggeva in piedi su quei cosi.
-Che ti ha detto?- Nessuna risposta. –Sakura, che ti ha detto?- Niente. Le diede uno scrollone liberando una mano e sollevandola per una spalle in modo da tentare di vederla in faccia. Un’auto gli fece il pelo. –Attento a come guidi!- Gridò. –Sakura parla!- Lei continuava a piangere coprendosi il viso con le mani.
Sasuke le aveva detto che era un’oca come tutte le altre. La sua vita non aveva più un senso, voleva morire. Sentiva a malapena Naruto impregnare accanto a lei, ma ne avvertiva l’ansia. Doveva dirgli qualcosa ma i singhiozzi le spezzavano la voce. Decise di calmarsi e per farlo doveva andare lì dove faceva più male. Era arrabbiata per le sue parole?
No.
Lei era certa di essere una delle tante che gli sbavavano dietro. Non c’era differenza tra lei, la Yamanaka o chiunque altra.
Se ne rese conto dopo un attimo che non erano state quelle parole a farla stare male. Erano stati i suoi occhi che racchiudevano il mondo. Feriti. Lo aveva ferito. Stava tentando, a suo modo ovviamene, di essere gentile. Lei gli aveva dato dello stronzo e del mostro.
Se lui era lo stronzo.
Se lui era il mostro.
Quelli che avevano reso la sua infanzia un inferno cos’ erano.
Casomai lui era un pirla!
Quindi era lì il punto.
-Ho … o … Ho de-tto a … mh … S-Sasuk-ke ch-ch-che è un mostro!- Le lacrime la annegarono assieme ai colpi di tosse che le toglievano il fiato. Sentì Naruto esitare al suo fianco.
-Eh … La delicatezza … - Commentò atono.
La ragazza lo colpì con un pugno facendo sbandare l’auto.
Questi due sono uno più stronzo dell’altra. Tutti e due egoisti, egocentrici e assolutamente infantili. Sospirò massaggiandosi la fronte su cui ricadevano i ciuffi biondi. E poi era lui il personaggio scemo. Diede una carezza leggera sui capelli alla ragazza accanto a lui. –Sakura-chan, siamo arrivati.- LA vide scendere e dirigersi come una fantasma verso casa. Sospirò triste.
-Vado a vedere se il Teme è arrivato a casa!- Le urlò. Tanto per rassicurarla. Perché la sua Sakura chan era bella quando sorrideva. Si illuminava. La sua Sakura chan era innamorata di Sasuke e con quel tipo era sempre dolce e gentile, mentre con lui andava giù di pugni. Alla porta la ragazza si volò regalandogli un sorriso insicuro e tirato.
-Grazie Naruto-
-Sakura – chan – Ti prego sorridi …
 
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Domenica
 
-Con la forza della giovinezza questa giornata risplenderà attraverso i tuoi occhi! Sorridi al cielo e saluta l’alba!-
-ROCK LEE!!!-
 
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-Scusa- Il ragazzo con i capelli a scodella si massaggiò la guancia tumefatta.
-Taci-
-Si può sapere dove l’hai trovata quella mazza?
                
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-Perché Neji non è venuto?-
-Ah, quindi il tuo spirito ha deciso di unirsi al mio e di cantare l’inno dell … -
-Rock Lee … -
-E’ andato alla riserva-
Ten Ten si infilò in bocca una cucchiaiata di cereali. Che ci faceva quello psicolabile, alla riserva, alle sei del mattino. Di domenica.
Domenica.
-Dannazione Lee io ti ammazzò – Bofonchiò sputacchiando il latte sulla tovaglia.
L’amico sorrise avvicinandosi alla dispensa.
-Tieni ancora qui i liquori?-
-Sono le sette di mattina-
-Come sempre-
Ten Ten sospirò. –Fai ciò che vuoi ma non contare su di me. Zotico ubriacone- Asserì puntandogli contro il cucchiaio grondante di latte.
-Una volta ogni tanto che male può fare, siamo giovani e pieni di vita-
- Lee … -
 
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Si stava bene nella riserva. La neve si era depositata più sui rami che sul terreno e Nej camminava con il naso all’aria per evitare di vedersi piombare cumuli bianchi sulla testa. Il fango gli impantanava gli anfibi mentre foglie e pezzi di corteccia si appiccicavano ai jeans a sigaretta. Si chiese sovrappensiero cosa ci facesse lui, lì, alle sei del mattino e decise che doveva essere stato il destino.
-Ehi tu! Sei L’ailurofobico esatto? – Si voltò spaesato trovandosi a specchiarsi in due schegge piene del colore delle notti di luna. Hanaby era in piedi davanti a lui con il suo gatto satanico in braccio e lo fissava divertita. –Ailuroche? – Domandò sconcertato.
-Ailurofobico – ripeté superandolo e spostando un ramo che lui riuscì ad afferrare poco prima che gli cavasse un occhio. La seguì attraverso alle piante. –Ah, sì, ailurofobico … Sì … Certo … - Che cazzo significa? Come parla?
–E’ la paura dei gatti – Disse, come se gli avesse letto nel pensiero. Era una creatura strana quella ragazza. Ricordava vagamente una ninfa dei boschi. Quando abbandonò il sentiero per inerpicarsi sul bordo della stradina battuta l’Hyuga sollevò un sopracciglio. -Sai, c’è un motivo per cui la gente crea le strade – Disse guardandola arrampicarsi con agilità nonostante la lunga gonna ed il poncio di lana azzurra. I suoi lunghi capelli neri svolazzarono attorno. –C’è un motivo per cui i lupi non seguono i sentieri. –Si avvicinò di più al bordo alzando la testa per guardarla. – Stiamo andando a caccia di lupi? – Chiese. Lei rise e si allontanò di corsa. Il ragazzo stizzito si inerpicò nello stesso punto in cui era salita lei. La lunga giacca firmata si strappo. Mantenne un’imprecazione, ma con un gesto agile riuscì a montare in cima per poi raggiungerla con poche falcate. –Laggiù c’è la mia casa- Disse lei voltandosi sorridente e facendolo arrossire. Era proprio bella. E distaccata. Come lui, aveva le sue idee. –Te ne sarei grato se mi offrissi un tè – Ghignò mettendo su una delle espressioni dicasi all’”Uchiha maniera”. Lei ricambiò il suo sguardo. –Oh, ma quello te lo devi meritare!-
Gli poggiò un bacio su una guancia e sparì nella direzione della casetta dal tetto spiovente, lasciandolo lì, imbambolato tra gli alberi.
 
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-Cosa significa “mi sono perso nella riserva”?-
La voce annoiata dell’Hyuga la raggiunse dall’altro capo del telefono. -Significa che non riesco ad uscire, no?-
-Esistono i sentieri … No? –
-Ten, non rompere e mandami quella piaga di Lee!-
La ragazza gettò uno sguardo superficiale all’amico addormentato sul divano con accanto una bottiglia di sakè per lo più vuota.
-Prendo le chiavi e arrivo- Sospirò.
Dopotutto non era così ubriaca. Barcollava solo un pochino … Appena un po’ nemmeno tanto. Poi se Neji aveva bisogno di aiuto le toccava proprio. Anche se non aveva poi tanta voglia di vederlo da quell’incidente nello spogliatoio.
Al diavolo!
 
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Il motorino della ragazza sgommò fermandosi all’entrata. I capelli sciolti gli occhi lucidi e le guance rosse per il freddo e l’ebbrezza. Perché doveva sempre farsi convincere a bere di mattina? Non ci si ubriaca di mattina cavolo!
Eppure le capitava tutte le domeniche. Casa vuota ed un Lee invasato che la svegliava alle sei. Urgeva un sorso di qualcosa di forte. Di certo non si aspettava di dover ripescare uno scemo che si era andato a perdere tra gli alberi.Cominciò a dirigersi attraverso il sentiero principale, poi partivano i vari percorsi, indicati da cartelli con le frecce colorate.
-Ehi, su che percorso sei?-
-Ten hai una voce strana … -
La ragazza abbassò il telefono maledicendolo in tutte le lingue. Era ubriaca, che cazzo voleva?
-E’ la mia voce, dove sei tu?-
-Avevo preso il percorso rosso … Il dieci mi pare.-
Lei gettò un’occhiata ai cartelli.
-Ma rosso quale?-
-Ten, c’è UN cartello rosso-
Forse non era il caso specificare che lei ne vedeva almeno tre di cartelli rossi e non aveva la più pallida idea di come fosse arrivata lì, sul motorino, senza causare incidenti. Poi doveva pure ricordarsi la strada. Eppure conosceva ogni minimo angolo di quella riserva. Percorso rosso. Mmmm … Girò su se stessa e poi l’illuminazione la colse. Aggrottò la fronte. Stupido Hyuga.
-Ci sono i pini?- Domandò scrutando i cartelli.
-Cosa c’entra?-
-Ci sono?-
-Sì-
-Allora sei sul percorso blu. Sull’otto. Ce la fai a tornare indietro? – Gli domandò.
-Ten … Come facevi a saperlo?-
Perché da qui ti vedo cretino. Con la coda dell’occhio vide una macchia dalla chioma fluttuante che vagava in modo molto aristocratico per i boschi. Senza seguire i sentieri.
-Ehm … Intuito. Scendi sul sentiero a destra e percorri dritto, io ti aspetto al cancello. –
Si fermò all’uscita, appoggiata al cancello come una bambola rotta e la nausea che cominciava a farsi sentire. A Lee bastava una bottiglia per collassare. Lei ne aveva svuotate forse due. Forse tre.
Vide arrivare l’Hyuuga con passo tranquillo, come se chiamare la tua compagna ubriaca perché ci si è persi nella foresta pluviale alle (che ore erano?) del mattino fosse normale!
Il castano si fece sempre più vicino. Aveva i capelli fradici, qualche cumulo di neve doveva averlo preso in pieno, i jeans sporchi e il cappotto strappato. Più una strisciata di lucidalabbra brillantinato su una guancia.
-Facciamo conquiste eh? – Lo prese in giro lei accasciandosi con la schiena sul cancello. Lui la fissò dall’alto per un po’ senza riconoscerla, poi sgranò gli occhi. –Ten!- Le si avvicinò quasi di corsa. Le si inginocchiò davanti facendo passare lo sguardo da lei al motorino ammaccato un paio di volte. Uh … Quindi qualcosina doveva essere successo … Peccato che ci fosse un po’ di nebbia nella sua testa. Sarebbe stato bello poter raccontare di un incidente a quella sciocchina di Hinata …
-Ten Ten non dirmi che sei venuta qui in motorino!-
-Siiiiiii ed è stato uno sba-a-allo! Uh-Uh!- Poi ridacchiò, gli occhi castani annacquati che si specchiavano in quelli pallidi del ragazzo. –Tu sei tutta scema – Mormorò. Lei mise il broncio. –Senti chi paaaaarla sei tu che mi hai detto di venire! Sceeeeeeeemo! – fece per rialzarsi, ma barcollò un tantino e si appoggiò a lui. Non la resse e precipitò a terra nel fango. Addio giubbotto firmato. –Ten Ten!- Sibilò cercando invano di togliersela di dosso. Lei gli sorrideva con un occhio mezzo chiuso. –Sei proprio cattivo Neji- Sbottò lei a sorpresa respirandogli in faccia e investendolo con l’odore dell’alcool. –Sei cattivo a trattarmi male e a pensare ad un’altra ragazza dopo che mi hai visto nudaaaaaa!- I suoi occhi castani si spalancarono. Enormi, decisamente enormi e terrificanti. Fu il pensiero di Neji. Cosa stava facendo quella sfigata?
Ten Ten abbassò il capo e gli depositò un bacetto con schiocco sul naso. Le sue labbra carnose sul naso alla francese completamente intorpidito dell’Hyuga. –Ma sei carino tutto gelato! Non sembri nemmeno uno psicolabile effemminato così sporco, quindi ti perdooooooono!- Gli lasciò un’altra toccatina bollente alla punta del naso e poi si alzò. Per poi ricadergli nuovamente addosso, stavolta però lui controbilanciò schiacciandola contro il cancello. –Uhhhhhhhh … Fai sul serio Neji? Guarda che non mi piaci non – mi – piaciiiiiiii – E di nuovo a ridere come una scema. Il ragazzo stranito la afferrò per un polso trascinandola verso il motorino, ma lei si attaccò alla ringhiera. –Nooooooo, non voglio andaremeneeeeeee! Voglio conoscere la tua ragazza Neji – Chan! – Le sue mani sudate scivolarono sul ferro e, come un elastico si ritrovò nuovamente appiccicata a lui. –Ti preferisco sobria- Disse l’altro caricandosela in spalla come un sacco di patate e scaricandola sul motorino. –Tu stai dietro, guido io. Presumo tu abbia già fatto troppi danni. –
-Uh Neji Hyuga il sorbetto in smoking che si preoccupa per la sua compagna idiota ed ubriacona! Sarà il nuovo titolo del giornaletto scolastico? Eh? Cosa ci fa quella sfigata della Ten Ten in gruppo con l’aristocratico spocchioso eeeeeeeeee? Cosa fa se non scopare a pagamento eeeeeeeeeeee? E poi sta con quella scodella di Lee ma lo sanno tutti che lei finge eeeeeeee … - Continuava a blaterare senza rendersi conto del casco che il compagno le aveva infilato in testa e del motore che le vibrava sotto il sedere. –Reggiti- Le disse. – Ma se mi reggo a teeeee poi le ragazza diranno di nuovo che sono una tro-o-oia come l’Haruuuuuno! Solo perché sono nel gruppo con il più bello!-
Era l’alcool. Era l’alcool che la faceva sparlare. Rifletté Neji accelerando. Era solo un caso che l’avesse definito il più bello e non UNO dei più belli. Non era poi così vanitoso come l’Uchiha. Non gli importava di essere adorato. Perché allora quell’irritazione crescente al centro del petto nel realizzare che, veramente, né Ten Ten, né Sakura passavano molto tempo con le altre ragazze?
Era colpa sua e dell’Uchiha?
Stupide oche.
 Hanaby era di certo diversa, non la colpivano i pregiudizi, anche se aveva spesso sentito parlare della figlia zingara del guardiacaccia. Con la sua pelle chiara e i lineamenti orientali col cavolo che passava per una zingara. Hanaby era forte. Non come la bambina che gli si stringeva contro la schiena sbadigliando. Ubriaca di prima mattina.
Ed è venuta comunque a prendermi! Pensò sorpreso.
Sentì il battito del cuore della ragazza accelerare contro di lui. Forse perché aveva aumentato la velocità. Forse perché anche il suo, ora batteva un po’ più velocemente.
 

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Capitolo 10
*** Stasi ***


STASI


Hanaby entrò in casa accostando piano la porta. Lasciò gli anfibi infangati nell’entrata e si diresse in punta di piedi verso la sua stanza.
-Hanaby … -  Ah, a quanto pareva suo padre era sveglio.
La casa era buia, le persiane erano tutte abbassate ed il camino scoppiettava placido gettando tenui ombre sulle pareti di legno. Entrò in salotto dove suo padre stava seduto sulla poltrona, un libro poggiato sulle ginocchia. Era giovane suo padre. Solo quattordici anni più di lei. I lineamenti delicati che aveva ereditato assieme al naso appuntito. I suoi occhi zaffiro le si poggiarono addosso e le sue labbra sottili si curvarono.
-Bellissima, fuori fa freddo?- Le accarezzò una guancia e lei accennò un sorriso.
-Un poco, ma possiamo uscire per una passeggiata se ti va. -
Suo padre si alzò dalla poltrona. Aveva un fisico forte, anche se in quegli anni la malattia l’aveva indebolito. Passò un braccio attorno alle spalle sottili della ragazza. Le piaceva quando la abbracciava, quando le accarezzava i capelli e le diceva che era bella. L’aveva cresciuta da solo per diciannove anni. Sua madre, ancora troppo giovane, era morta di parto. I nonni avevano deciso di donare la bambina ad un orfanotrofio ma suo padre si era fatto in quattro per tenerla con se. Non aveva mai conosciuto i genitori di sua madre né i genitori di suo padre, in fondo, anche se implicitamente, fu accusato della morte di Jinko, la ragazza che amava. Perché lei sapeva che suo padre l’aveva amata, tanto. Lo sentiva quando le spazzolava i capelli neri come la pece e quando le regalava le lunghe gonne eleganti, non le piacevano, ma a lui ricordavano la mamma. Le metteva per lui. Per lui che non aveva mai visto davvero sorridere. Per lui che l’aveva riempita di tutte le sue attenzioni. –Prendi la giacca, Hito-san. – non l’aveva mai chiamato papà, non ne era mai stata capace e a lui non dava fastidio. Si infilò la giacca tranquillamente. La porta si aprì ed il vento lo fece vacillare come un giunco sottile, arruffando i ricci di un biondo pallido che gli adornavano il viso. La prese per mano e si incamminò con passo fermo per uno dei sentieri della riserva. Uno a caso, non importava dove realmente erano diretti, si limitavano a camminare in silenzio, mano nella mano. Hanaby lo osservava chiedendosi quanto sarebbe durata.
Quanto quell’effimera bellezza sarebbe durata.
Suo padre ricordava una camelia.
Bellissima ed effimera, quando si secca è come se non fosse mai esistita, un fiore senza profumo.
E lei? Lei era tanto diversa?
Egoisticamente non poté che pensare a lei.
Che fine avrebbe fatto il bocciolo di quella pianta tanto fragile?
 
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-Sali in macchina Teme!-
Sasuke sbuffò ignorando la macchina che lo affiancava a passo d’uomo. Una nuvola leggera di vapore prese vita tra le sue labbra.
-Sasuke!- Naruto, che si sporgeva fuori dal finestrino, ringhiò il suo nome con foga. Fiocchi di neve gli si cristallizzavano fra la chioma arruffata.
Il moro si voltò. Dopo che la rabbia era sbollita aveva davvero cominciato a sentire freddo, ma il suo orgoglio gli aveva impedito di tornare indietro.
-Sakura-chan non voleva dirti quelle cose! E poi tu sei stato un po’ uno stronzo!-
-“Un po’ uno stronzo”?- Sbottò d’un fiato pentendosene subito dopo mentre i suoi polmoni si atrofizzavano per l’aria gelata. Si voltò verso l’amico con occhi talmente incendiari che il ghiaccio sui suoi capelli si sciolse.
Nello sguardo di Naruto brillò, solo per un istante, una scintilla di genuina sorpresa, per poi addolcirsi. Ti sei scoperto Sasuke. Allo stesso tempo anche l’altro prese coscienza delle sue parole e si affrettò a rimediare con un –Sai che m’importa di quello che dice!- Detto con troppa enfasi e che lo costrinse a chiudersi in un silenzio imbronciato riprendendo a camminare.
-Sakura-chan è innamorata di te dalle elementari … E tu lo sai dannato Teme!- Era importante che glielo dicesse, Che lo sentisse dalle sue labbra, era importante per Naruto che Sakura fosse felice.
-Mph-  Sasuke però sapeva di non essere la persona adatta perché quel desiderio si avverasse.
-Sali in macchina o ti prenderai un malanno. –
Sasuke comprese che quelle parole erano un ordine e, forse più per questo che per altro, decise di proseguire facendo finta di non aver sentito nulla. Il suo orgoglio non si toccava. A costo di beccarsi una polmonite.
Per un po’ non si udì più alcun rumore a parte quello dei suoi scarponi che affondavano nella neve con diversi scricchiolii e il borbottio del motore dell’auto che ora si era lasciato alle spalle. Poi la portiera sbatté.
Un infausto presagio, per citare Neji, lo costrinse a voltarsi, ma la mano di Naruto si strinse sul collo della sua giacca con così tanta forza che si sarebbe impiccato. L’altro bracciò gli bloccò il braccio con cui aveva intenzione di affondare un pugno e il terreno gli mancò un attimo sotto i piedi, poi venne scaraventato sui sedili posteriori. Quando tentò di scendere la portiera gli si chiuse in faccia facendogli sfuggire un’imprecazione mentre si premeva una mano sulla fronte ammaccata. Il biondo si sedette serio al posto del guidatore.
-Non so cosa tu voglia fare, dobe, ma io … - tentò di riaprire il portello.
Naruto fecce scattare le sicure fulminandolo dallo specchietto. –Mancano ancora quattro isolati, razza di idiota, ed ho detto a Sakura-chan che ti avrei ritrovato E riportato a casa. Possibilmente non sotto forma di polaretto.- Inserì la marcia ed allacciò la cintura. –Non che ci sia molta differenza dal tuo stato solito … - Commentò a bassa voce con un ghigno. Sasuke,dal canto suo si era intestardito al punto di chiudersi in un tenace silenzio. Si mordeva una guancia a sangue e tentava di ignorare il tepore che proveniva dal riscaldamento. Tentando di non farsi vedere si allungò un poco verso la fonte del calore. Naruto alzò la ventola.
-Dobe … - Mormorò il moro accavallando le gambe e poggiando la fronte al finestrino. Chiuse gli occhi.
-Allaccia la cintura, Teme. –
 
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I capelli rosa scuro si aprivano come boccioli nell’aria mattutina. La cuffia stretta impediva ai ciuffi corti di finirle negli occhi. Camminava con il passo strascicato e lo sguardo basso evitando le persone, le mani affondate nelle tasche dei jeans sformati.
Il cielo era ancora buio, come i suoi occhi che raschiavano l’asfalto, famelici e devastati.
Sentiva lo sguardo dei passanti, chi portava a spasso il cane, chi faceva jogging, puntati addosso, li sentiva infilarsi sotto gli abiti e giudicarla con le loro menti flaccide, pronti a metterla al muro, ad urlarle che era un puttana.
Fece girare la rotellina dell’I-Pood. Gli  Evanescence  urlano, sulle note di una vecchia canzone, la voglia di vivere. E con la loro musica coprono il frastuono dei suoi pensieri.
Un vociare troppo voluminoso per essere coperto dagli acuti della cantante attira la sua attenzione. Con un guizzo della coda dell’occhio nota il cancello aperto della scuola per poi accelerare il passo. Ormai l’hanno vista, è inutile tornare indietro, farebbe la figura della codarda. Si morde il labbro inferiore.
Non mi vedete, non mi vedete, io non ci sono, non mi vedete.
-Chi è quella?-
-Chi?-
-La tipa emo che sta passando adesso, quella –
-Ah … è Tayuya Kiyomizu –
I passi si fanno più veloci, prima che quella parola appaia sulle loro labbra.
Tayuya, la “disadattata”.
Tayuya, la “vittima”.
Tayuya, “quella strana”.
In fondo i loro pensieri erano ovvi per lei. Sapeva che tutti, in fondo, pensavano che fosse una nata con le gambe aperte. Nonostante sapessero la verità. Si era chiusa nel suo mondo fatto di onice e nebbia.
Tayuya, “quella che è stata stuprata”.
Si strinse le braccia attorno al corpo strofinando il piumino grigio. I ricordi di quando faceva parte del gruppo di quell’uomo riaffioravano lentamente, lacerandola in quel mattino di Dicembre. Più sola di quanto non fosse mai stata, anche nella sua famiglia dove tutti la guardavano come se fosse lei l’essere spregevole.
“Te la sei andata a cercare Tayuya, così impari a bazzicare Orochimaru. Com’è che si chiamavano i tuoi amichetti? Quelli che ti avrebbero protetto sempre? Sakon e Ukon, i gemelli demoniaci. Vedi come ti hanno protetta, ti hanno fottuta in entrambi i sensi Tayuya. Ed è tutta colpa tua.”
Lo leggeva negli occhi della gente ed il gelido distacco con cui la congedavano con poche parole lo confermava. Aveva smesso di andare a scuola. Avrebbe ripreso subito dopo le vacanze.
Aveva camminato per ore. Ormai usciva la mattina presto per rientrare ad orari improbabili. Buttarsi sul letto, e poi, alle sei, uscire di nuovo. Raramente incrociava suo padre che andava a lavoro. Sua sorella minore non le rivolgeva più la parola. Non che le fregasse, era una troia. Almeno così dicevano le voci. Una piega amara presero le sue labbra. Proprio lei che dava ascolto alle voci.
Si sedette su una panchina, sotto le fronde di una salice piangente, il legno marcio umido e freddo, riparato dalla neve. Tirò i piedi sotto di lei circondando le gambe con le braccia e poggiando il mento sulle ginocchia.
Accese una sigaretta e la strinse tra le labbra.
Come si era ridotta? Lei, che era la teppista numero uno, quella che tutti temevano.
-Ehi, troia. – C’era solo una persona che aveva il diritto di chiamarla così. L’unica persona che non avrebbe ucciso per averle rivolto la parola con quel tono. Perché sì, lei era una troia, però prima.
-Non dovresti marinare la scuola- Grugnì senza voltarsi sentendo il peso familiare incurvare le assi della panchina. C’era odore di pasta sfoglia nell’aria, il suo stomaco gorgogliò.
Era a digiuno dalla sera prima.
-Ti ho portato la colazione. – Un pacchetto scivolò sulle sue gambe. Cornetti. Tre cornetti farciti. Crema, marmellata e nutella. Ghignò.
-Devo proprio essere una seccatura per te. – Commentò addentando famelica il cibo portatole, la crema le colava sul mento e lo zuccherò le imbiancò il naso.
- Già, proprio una rottura.-
Socchiuse gli occhi lasciandosi scivolare di lato dove incontrò la sua spalla. Vi poggiò la testa continuando a mangiare. Non era tipo da ringraziare.
 
                    
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-Naruto Uzumaki!-
-Eccomi prof!-
-Sempre in ritardo testa quadra. Sasuke Uchiha. –
Sakura voltò la testa alla sua destra ricercando il profilo deciso e delicato allo stesso tempo che la ossessionava da anni.  Il banco era vuoto. Fissò il quaderno sconsolata. Che fosse ancora arrabbiato con lei? Ma saltare addirittura una lezione … Strinse l’impugnatura di gomma della biro. Con il suo orgoglio smisurato ne sarebbe stato capace. Lanciò un’occhiata al biglietto che Naruto le aveva lasciato passando davanti al suo banco. Lo aprì evitando di far scricchiolare la carta e lo stese sulla copertina del quaderno.
 
Ieri ho portato a casa il Teme.
E’ vivo.
E’ un  Teme.
 
Quindi stava bene. Il sollievo fu bruscamente incrinato da una sensazione di dolore. Quindi non veniva per lei. Era colpa sua. Si torturò le dita fino a farsi uscire il sangue. Si infilò in bocca l’indice. L’appello era finito. Diede un’occhiata alla classe.
Mancavano altre due persone, ma era troppo distratta per capire chi fosse assente. La sedia di Ino scivolò verso la sua. La bionda aprì il libro ed appoggiò il mento al palmo della mano aperta. –Che è successo, fronte spaziosa?- Sussurrò fingendo di essere attenta alla lezione.
-Nulla che ti interessi, Ino-pig – Sakura strinse i pugni cercando la pagina indicata dal professore.
-Certo che mi interessa. Ti ricordo che anche a me piace Sasuke … E l’altro ieri l’ho visto camminare sotto la neve … Senza ombrello, sciarpa o cappello. Certe volte quel ragazzo mi sorprende.- Gettò indietro la chioma pallida e le puntò addosso un occhio celeste.
-Eravate andati a pattinare, no?-
-Come l’hai visto?-
Trattenne una risata. –Sakura, ho un negozio di fiori con delle vetrate enormi, vedrò chi passa no?-
-Giusto … -
-Quindi? Cos’ è successo?-
- Yamanaka! Vieni qui davanti! Voglio averti sotto tiro!-
-Ma uffaaaaaa, proooooooof!-
Sakura rimase sola, il capo chino. Ino era l’unica che potesse definire sua amica. Perché le nascondeva i suoi pensieri? Semplice, perché amava Sasuke. Ne era follemente innamora, lo capiva grazie alla fitta al petto che le causava ripensare a quelle parole dure che gli aveva rivolto. Però sarebbe esplosa se non ne avesse parlato con qualcuno.
Come se le avesse letto nel pensiero Ino si voltò verso di lei. Il tappo della biro macinato tra gli incisivi candidi.
Sakura annuì e le fece un cenno con la mano che stava a significare “dopo”.
L’altra sorrise.
 
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Era l’ultimo giorno di scuola, pensò la giovane Hyuga stringendosi nella felpa troppo larga mentre Kiba le avvolgeva un braccio attorno alle spalle nell’aula di studio collettivo. Shino tentava inutilmente di inculcare nella loro testa bacata, o meglio, nella testa bacata del cagnaccio rognoso, le scienze della natura e la piccola efebica fanciulla, che aveva studiato quel capitolo mesi prima, aveva tutto il tempo di divagare su un certo dobe biondo, seduto alla sua destra, allungato sul banco, le mani aggrappate al bordo opposto ai lati del libro sorretto da quella ragazza dai capelli rosa. Le loro dita si sfioravano ma nessuno dei due pareva farci troppo caso. Hinata mosse una mano portandosela alla gola. Se lui le avesse anche solo rivolto la parola lei sarebbe morta. Kiba cominciò ad urlare nella direzione del compagno, che secondo lui era un maledetto secchione e non sapeva parlare umanamente. Facendo così la lasciò andare e lei si accorse, finalmente, della vicinanza tra i loro corpi. Già, Kiba non la faceva arrossire poi più di tanto. Kiba era perfetto, la metteva a suo agio. Con le sue grida attirò lo sguardo di tutta la sala.
La metteva a suo agio quando non faceva l’idiota cafone.
-K-Kiba – kun … - Non voltarti Naruto non …
Ed eccoli, i suoi occhi azzurri a fissare quella scenetta esilarante. La noia di poco prima del tutto eclissata ed un ghigno , che lei definì stupendo, ma che altri avrebbero detto assolutamente diabolico, a tirargli le labbra piene. Sakura seguì il suo sguardo e corrugò la fronte. Naruto aprì la bocca. Il dizionario di francese gli si piantò in mezzo alla testa scavandogli un profondo solco fumante tra le orecchie.
-E non provare ad attaccar briga!- Sibilò la rosa.
Hinata incassò la testa tra le spalle. Lei non sarebbe mai stata capace di una cosa del genere con Naruto.
Kiba e Shino continuavano a litigare.
Meglio, il primo continuava a litigare da solo.
Hinata non ne poteva più di tutti quegli sguardi puntati.
-K-Kiba – kun … C- Ci guardano tutti … - Mormorò tirandogli una manica.
-Un’attimo Hina –chan – La liquidò per poi riprendere ad abbaiare. La mora, spazientita, si tese in avanti ed afferrò il libro di scienze. Cos’ era che non capiva? La fotosintesi clorofilliana? Ma cos’erano? Alle elementari? Sospirò decisa a non porsi domande e cominciò a leggere a bassa voce, ma abbastanza alta per farsi sentire dai compagni. Entrambi la guardarono. Poggiò il libro sul banco.
-I-In pratica … K-Kiba- kun … L-loro assorbono l-la luce … - Mentre parlava disegnava delle freccette sul bordo del libro e dei leggeri schizzi di un’eleganza inaudita. Il castano si calmò prestandole finalmente attenzione, abbassò il capo sul foglio. Anche Shino fissò la pagina per un po’ per poi perdersi con i suoi ragni. A spiegazione finita Kiba sorrise.
-Sei un genio Hinata-chan!- Esultò. –E poi disegni benissimo!- Il suo volto era a pochi centimetri dal suo. Alzò improvvisamente gli occhi dorati in quelli suoi, cerulei e spalancati. Le afferrò il mento e le posò un casto bacio sulla bocca, si staccò in fretta per poi sfiorarle la punta del naso con le labbra, dopodiché si alzò e, dopo aver salutato velocemente, si avviò verso la porta mentre la campanella suonava. Hinata rimase pietrificata.
Il volto rosso che pareva andare a fuoco. Sentiva il cuore pompare il sangue ad una velocità inaudita. Battè le palpebre e si rese conto che Naruto non aveva mai smesso di fissarli.
A quel punto svenne.
 
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Di Ino si potevano dire molte cose.
Tutte più o meno vere.
Ma non si era mai sentito che non si preoccupasse per le persone che aveva a cuore.
Era la positività in persona Ino Yamanaka.
L’unica persona che amasse in maniera spudorata era quella che tutte le mattine le rivolgeva il suo sguardo assonnato dallo specchio.
La seconda in classifica era Sasuke.
Poi ovviamente c’era Sakura, non ci sarebbe stato alcun divertimento a contendersi un ragazzo senza una degna rivale.
Al quarto posto in classifica venivano i suoi genitori, ma questo era un discorso a parte.
Dopo di essi e un’intera sezione dedicata a zii, cugini, parenti, conoscenti, conoscenti dei conoscenti, un cane, tu, un gatto, tua nonna, ad un livello infimo, ma pur  sempre in classifica, si trovavano i suoi compagni di gruppo.
Choji Akimichi e Shikamaru Nara.
Quindi, nonostante l’interessantissimo gossip della cara “nemica” che aveva mandato su tutte le furie l’oggetto dei suoi desideri, una parte, seppur quasi inesistente del suo cervello, una non dedicata a trucchi e vestiti o scoiattoli irritabili, era occupato da una distruttiva nozione. Ronzante come una apetta senza alveare.
A cosa mi riferisco vi chiederete.
Semplice.
Il prima citato, Shikamaru Nara non era venuto a scuola.
Dov’era andato?
Durante l’intervallo lo aveva chiamato cinque volte con la sola intenzione di irritarlo a morte e non aveva mai risposto. L’ultima chiamata invece le era stata palesemente chiusa in faccia.
Si potevano dire tante cose di Ino Yamanaka.
Tra queste c’era il fatto che detestava essere ignorata. Finite le lezioni afferrò Choji per la sciarpa e, fregandosene altamente della disperazione di Sakura per l’amato Sasuke si diresse a passo di marcia a casa Nara.
 
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La giovane hostess traballò sui tacchi a spillo spingendo una carrello il triplo di lei, fino a raggiungere l’ultima poltrona in fondo. Si schiarì la voce per attirare l’attenzione dell’uomo.
Lui voltò la testa ed accennò un sorriso stanco passandosi una mano tra i folti capelli neri legati dietro alla nuca.
-La sua acqua – Disse lei porgendogli una bottiglietta di plastica che lui prese ringraziando con un cenno. La ragazza fece per allontanarsi, poi tornò sui suoi passi e si chinò per raccogliere qualcosa. Gli porse una tessere.
-Questa è sua signor … - Sbirciò il nome sulla tessera. –Signor Uchiha?-
-Mh … ? Oh, sì. Grazie. – Prese la tessera del pullman che gli sarebbe servita una volta a casa e la infilò in una tasca del giubbotto di pelle nero. Tornò a guardare suori dal finestrino. La hostess si allontanò con il cuore in tumulto.
Davvero un ragazzo carino. Un po’ freddino forse, ma carino. Si ripromise di passare un po’ più spesso dalle ultime file per vedere se gli servisse qualcosa.
 
-Ehi, angelo, ci hai preso gusto?- Un ragazzo biondo seduto davanti all’uomo dalla chioma corvina la squadrò con un sorriso ironico. La hostess arrossì. –Faccio solo il mio lavoro … -
-Ma non abbiamo bisogno di nulla. Grazie. La voce rauca la fece voltare di scatto dall’altra parte del corridoio.  Un passeggero semisdraiato che la fissava insistentemente con degli occhi piccoli e neri. Rabbrividì cominciando ad indietreggiare verso l’altra estremità del lungo corridoio. –Mi dispiace se vi ho infastiditi … -
- Kisame, Deidara, basta. – Fu tranquillo e pacato l’ordine proveniente da qualche posto più avanti dove spuntava una chioma di un colore acceso. Tutti ammutolirono in un solo istante. Sembrava si fossero subito stufati del gioco, a parte il biondo che continuava a ridacchiare sotto i baffi. Era molto bello, sembrava una ragazza. Un passeggero richiamò la sua attenzione salvandola da quella situazione imbarazzante. Avevano tutti smesso di guardarla. Corse avanti tra i sedili, rendendosi conto che su ognuno di essi vi si trovava un personaggio inquietante. Superò il posto dell’uomo dai capelli strambi senza degnarlo nemmeno di un’occhiata e tirò un sospiro di sollievo quando le persone cominciarono a diventare più comuni. Meno singolari. Servì il cliente che l’aveva chiamata e si chiuse nella cabina del conducente con il respiro leggermente accelerato. Non avevano detto niente di che, ma nonostante questo era stata un’esperienza inquietante. Si dispiacque per le persone che li avrebbero accolti al loro arrivo. Di certo erano tutti stupendi, sì, ma avevano un che di …







Chiedo venia per il breve capitolo e la lunga attesa, mi farò perdonare, non so ancora come, ma mi farò perdonare. Oltretutto, nonostante siano stati inseriti alcuni nuovi personaggi e siano accaduti un paio di eventi significativi il capitolo non mi piace, ma non ho voglia di riscriverlo quindi rimedierò nel prossimo. Questo ve lo tenete così perchè sono una persona brutta e cattiva che rinascerà sotto forma di vongola. [cit]
Detto questo spero apprezzerete comunque il mio abnorme sforzo di scrivere in un momento in cui l'ispirazione è scappata dalla finestra.
O meglio, questo è il preludio per un capitolo che non vedo l'ora di scrivere, è un ponte, dovevo collegare i fatti. Non lo volevo. Uffa.
Comunque lasiatemi un commentino. Anche uno piccolo per dirmi quanto sono orribile.
Grazie Q_Q
(Non si elemosinano i commenti! Nd. Sakura)
(Ma che vuoi racchia rosa? Nd. me)
(Sakura ha ragione. Nd. Itachi)
(Sì, certo, come vuole sommo Itachi chiedo umilmente scusa! >_<"" Nd. me)
(Brava *fa pat pat al palo più vicino* Nd.Itachi)
(Ehmm... Io sarei qui ... Nd.me)

E con questo vi saluto gente!!!!!!!

 

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Capitolo 11
*** Rientri ***


RIENTRI


DLIN-DLOOOOOOOOOOOOON
 
Oddio che mal di testa. Chi è che suona a quest’ora? Quest’ora? Che ore sono?
Si allungò verso l’orologio poggiato sul comodino e guardò l’orario. Le dieci di mattina. Lunedì mattina.
24 Dicembre.
Vigilia di Natale.
Vacanza.
Scuola chiusa.
Aveva un brutto presentimento.
 
DLIN-DLOOOOOOOOOOOOOON.
 
Con un gemito si mise seduto sul letto, la testa penzoloni in avanti. Osservò la cannottiera larga e bianca e i boxer neri aderenti da cui le lunghe gambe pallide spiccavano muscolose. Faceva sempre un fottuto caldo a casa sua. Forse il perché erano i riscaldamenti sempre al massimo per far spillare più soldi al fratello. Non si risparmiava mai la voglia di torturare Itachi. Al solo pensare quel nome il mal di testa aumentò. Era sicuro che il mercurio del termometro fosse schizzato a quaranta. Che schifo.
 
DLIN-DLOOOOOOOOOOOOOON.
 
No, non ci vado ad aprire.
 
DLIN-DLON-DLIN-DLON-DLIN-DLON-DLIN-DLON-DLIN-DLOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOON!
 
-HO CAPITO! ARRIVO!- La sua gola già martoriata gridò pietà mentre si alzava barcollante con una mano sulla fronte e se ne andava tossendo verso il portone.
Ci mise tre minuti buoni per riuscire a centrare la serratura ed altri tre per capire da che parte girare la chiave. Per poco non si aprì la porta su un piede e con un grugnito sporse fuori la testa, l’aria gelida lo congelò sul posto. Perché non imparava mai a mettersi una cavolo di vestaglia quando si alzava?
Davanti a lui una figurina con un sorriso esitante. Corrugò la fronte, vedeva ancora peggio del solito … Poi riconobbe una familiare chiazza rosa … E sbatté la porta, afferrò la prima maglia che trovò, a maniche corte, gettata sul divano la sera prima e rigorosamente di suo fratello che, nonostante la larghezza delle spalle fosse la stessa, gli arrivava quasi al ginocchio. Riaprì la porta. Sakura aveva un’aria esitante e leggermente curiosa. Un fiocco rosso a lato della testa e i grandi occhi verdi puntati nei suoi. Che gli facevano male per la miseria.
Dannata influenza.
Un barlume di lucidità lo colse quando si rese conto che Sakura.
Quella Sakura Haruno , era nel quartiere Uchiha.
Da sola.
E l’ultima volta non era finta granché bene da quel che ricordava. Lei era finita in ospedale e lui aveva rischiato la pelle. Deglutì pronto a duna sfuriata.
-Sakura … - Cominciò con tono minaccioso, ma lei lo precedette.
-Mi ha accompagnato Naruto, Sta portando la macchina giù nel garage, non si fida a lasciarla qui fuori. –
Ah, quindi non era venuta da sola. Perché era venuta?
-Che ci fai qui?- Fece brusco tentato di richiudere nuovamente la porta e sigillarla con una fiamma ossidrica.
Lei abbassò lo sguardo arrossendo. –S-Sono venuta a chiederti scusa , Sasuke-kun-
-Mph- Quando fa così è quasi peggio di Hinata. – Non mi importa- Mugugnò. Non gli importava di quello che gli aveva detto. Era passato tutto, se ne era anche già dimenticato invece di portare rancore e tramare vendetta come faceva di solito. Invece lei si incupì in un istante. Che cosa aveva adesso? Perché faceva così?
 
Non mi importa aveva detto.
Sakura dovette metterci tutta se stessa per non mettersi a piangere. Non accettava le sue scuse. La odiava così tanto? Non mi importa aveva detto. Strinse la borsa con più forza pensando al pacchetto che conteneva. Il suo regalo per lui, che probabilmente non avrebbe avuto il coraggio di dargli, ma che aveva impiegato diverse ore per preparare. A lui però non importava.
-S-Sasuke … Kun … - Voleva davvero chiedergli scusa per essere arrivata lì di prima mattina a porgergli delle scuse che non gli interessavano ed avergli rovinato la giornata, ma un nodo le stringeva la gola e le lacrime le pizzicarono gli occhi. –Sc … Scuuusaaa … - Si strofinò gli occhi con i pugni chiusi. Dov’era Naruto quando aveva bisogno di lui? Sentiva lo sguardo di Sasuke puntato addosso e le faceva male.
-Perché ti scusi sempre?- Le domandò con voce impastata e vagamente infastidita. Lei lo sbirciò un attimo, appoggiato con una mano ala porta, aveva il volto pallido e le orecchie rosse, era sudato.  La fissava con gli occhi neri assottigliati come se tentasse di vederla attraverso la nebbia … O semplicemente di guardarle attraverso. Ingoiò le lacrime e , cercando di non balbettare gli chiese se stava male.
Quello si limitò ad un mugolio imprecisato che non seppe bene come classificare, per cui si allungò verso di lui e gli mise una mano sulla fronte. Sasuke indietreggiò inciampando nel tappeto e finendo seduto sul bracciolo del divano, la graziosa compagna in piedi fra le gambe con una mano che gli scostava la frangia. –Sasuke-kun, hai la febbre. – Constatò.
-Grazie dell’informazione … - Il suo fu un borbottio che si perse nel silenzio di quella stanza enorme. La porta era ancora aperta. E lei? Lei si era accorta di quanto fosse equivoco quel suo modo gentile e del tutto naturale di “occuparsi” di lui?
La ragazza poggiò la borsa accanto ai suoi piedi lo spinse all’indietro. Il ragazzo, debilitato dalla malattia, perse l’equilibrio finendo sdraiato sul materasso azzurro del divano.
Lei lo fissò dall’alto con i grandi occhi verdi e luminosi.
Prese un respiro profondo. Vederlo sdraiato sul divano, inerme e con in dosso solo una maglietta enorme e dei boxer era un attentato ai suoi ormoni in tumulto. Non si senitva più minimamente timida. Lunatica come sempre.
-Preparo qualcosa da bere- Asserì dandogli le spalle e cercando con lo sguardo la cucina. Si sfilò il giubbotto e lo lasciò sulla sedia più vicina.
Sasuke la osservava. Alcuni l’avrebbero definita maleducata, ma lui era stato il primo a lasciarla gelare sulla soglia. E poi aveva sonno e non glie ne fregava niente di quello che faceva la compagna. A malapena connetteva il fatto che lei fosse a zonzo per la sua cucina e che Naruto, chissà come avesse le chiavi del suo garage.
Collassò in poco tempo, il mal di testa che lo assaliva e la gola che bruciava.
Sakura aprì qualche scaffale a caso e trovò tutto ciò che le serviva per preparare una tisana calda. Mise l’acqua sul fuoco e si rese conto che non aveva trovato la minima traccia di tazze lì attorno. Si sporse oltre la spalliera del divano per chiedere a Sasuke asciugandosi le mani con un panno in modalità perfetta casalinga. Rimase immobile.
Oh. Si era addormentato.
Respirava affannosamente e un leggero rossore gli imporporava le guance pallide. La frangia gli stava incollata alla fronte per via del sudore. Fece scivolare lo sguardo sul suo corpo affusolato. La maglietta troppo lunga che si era arricciata sul bordo scoprendo l’orlo nero sottostante. Appoggiò il mento al palmo della mano continuando ad osservarlo. L’acqua che bolliva ormai dimenticata. Era del tutto diverso da quando lo aveva visto addormentarsi in macchina ed aveva riso. Perché ora era su tutto un altro livello. Perché Sasuke le faceva tenerezza ed era una delle poche cose che Sakura era sicura di non poter associare a lui. Le sue labbra si arricciarono mentre contraeva i muscoli di una mano ed un gemito di dolore gli sfuggì dalla bocca. Si girò su un fianco per poi tornare disteso. La ragazza notò che la porta era ancora aperta e si diede mentalmente della stupida per aver pensato che lui la richiudesse alle sue spalle dopo che fosse entrata. Era quasi certa che non la volesse in casa. Chiuse l’uscio. Però non poteva lasciarlo da solo in quello stato. Si agitava nel sonno. Un incubo. Aggirò il divano e si sedette sul bordo del materasso, accanto alle sue ginocchia. Quando le dette un calcio quasi cadde.
Ma guarda tu questo …!
-M-Madre …  - soffiò nel sonno stringendo convulsamente la stoffa azzurra sotto di lui. Sakura ebbe un tuffo al cuore. Sasuke stava sognando sua madre.
Le vennero in mente le innumerevoli volte in cui lei, ammalata e sua madre le faceva impacchi freschi e la vegliava per tutta la notte dicendole che andava tutto bene. Le accarezzava le guance e le preparava da mangiare …
Sasuke invece era solo. Nessuno che lo spronasse a riprendersi, che uscisse a comprare le medicine, che sistemasse le stanze, che cucinasse o che, come quella mattina, andasse ad aprire la porta a quegli scocciatori degli amici e li congedasse perché il ragazzo era sfinito.
Si guardò intorno. La casa era evidentemente trascurata e, da quel che aveva capito, già quando Naruto lo aveva riportato lì Sasuke mostrava evidenti segni di un’imminente influenza. Di certo non si era mosso dalla sua stanza per tutti quei tre giorni.
A proposito, dov’era Naruto? Doveva andare a cercarlo?
Doveva alzarsi o restare lì?   
Si voltò facendo leva sulle ginocchia, la mano grande e sottile del ragazzo la trattenne facendola cadere riversa sul suo petto.
-No … - disse d’un fiato. Affondò le dita nella sua pelle mentre inarcava la schiena.
Sakura rimase immobile. Paralizzata.
Lui, LUI, badate bene, la stava trattenendo. Sconvolta alzò lo sguardo cristallino sul suo viso e gli scostò la frangia dagli occhi tirandola indietro, questa, umida, gli scoprì la fronte perlacea.
-Ahaa  … Mi scoppia la testa … - Sbottò in un modo talmente adorabile che non poté impedirsi di sorridere.
-Shhh, passa tutto … - Bisbigliò, le nocche fresche sulla sua guancia bollente.    Socchiuse gli occhi nerissimi mettendo su un broncio da moccioso – Che schifo- Si lamentò. Voltò la testa verso la sua mano ricercando quel contatto freddo per avere un po’ di sollievo dalla febbre. Lei gli cedette il palmo candido facendovi accomodare il suo viso. Con il pollice disegnò delicati cerchi all’angolo delle sue labbra. –Ferma- Le ordinò con voce impastata. E lei rimase ferma. Perché contraddirlo. Poggiò la testa sui pettorali muscolosi che si muovevano al ritmo con il suo respiro. Si trovava in paradiso. Questo era un sogno vero? Era un sogno. Non voleva essere svegliata.
-Ti … Stai riscaldando … - Mgugnò il ragazzo esigendo prepotentemente l’altra mano. Lei ghignò. Lo trovava assurdamente presuntuoso e dittatore anche quando stava male. Solo ora che poteva dire di conoscerlo un po’ meglio poteva anche dire di trovarlo anche un po’ buffo. Un po’ scemo. Non al livello di Naruto, ma scemo in modo sentimentale. Lei da quel punto di vista era davvero fin troppo esagerata, mentre al compagno biondo quella nozione mancava totalmente.
Sasuke invece le pareva un bambino a digiuno di coccole da troppo tempo.
Già, i suoi genitori erano stati uccisi.
E suo fratello era sparito.
Sospirò lentamente. 
Sentiva il capo di Sasuke pesarle sul braccio che si stava addormentando. Stava scomoda. Puntellò una mano sollevando il busto e fece sgusciare via l’arto che lui teneva intrappolato. Con quel gesto però lo ridestò, il ragazzo scattò seduto sollevandola con lui. Sakura si ritrovò ancora una volta sballottata secondo i comodi del signorino ritrovandosi a cavalcioni sul suo bacino, il busto aderente al suo, le sue braccia allacciate dietro alla schiena, il suo fiato caldo sulla spalla.
-Non andartene!- Gemette aumentando la presa tanto da soffocarla.
-S-Sas’kè kun … - Tentò di staccarselo di dosso ma lui era scosso dai fremiti e non pareva intenzionato a lasciarla andare.
-Sas’kè –kun … Staccati!- Dannazione dove sei NARUTO!
 
Viveva in una nebbia offuscata. Nera e pressante che gli allagava la vista ed ogni volta che apriva gli occhi percepiva tutto in modo sbagliato. Sentiva dei rumori in cucina. Uno strofinaccio che veniva usato per asciugare le mani bagnate, il peso di un corpo che abbassava il materasso accanto a lui. La presenza di un altro corpo oltre al suo gli ricordava quando ancora aveva una madre. Queste parole gli sfuggirono dalle labbra, senza che se ne rendesse conto, come soffi delicati. Traeva conforto da una presenza che non fosse unicamente la sua. Dopo tanto tempo non gli dispiaceva sapere che c’era qualcuno lì ad aspettare. Non ricordava nemmeno chi fosse. Poco male. L’importante era che stesse lì e non si muovesse. La presenza cambiò posizione. Si alleggerì, come ad aver sentito il suo pensiero e a volergli fare un dispetto, si allontanò appena. Tese una mano per riprendere quel fantasma che gli stava accanto – No – Fece contrariato. Perché non poteva lasciarlo solo.
Non era giusto che tutti avessero qualcuno e lui no.
Non poteva permettere che se ne andasse.
La presenza raddoppiò, ne sentiva il peso sul corpo. La sentiva vicina e viva. Il respiro fresco sul collo, il solletico dei capelli sottili sul mento.  Bene, ora che c’era qualcuno ad ascoltarlo si sentiva in tutto diritto di lamentarsi per il dolore disumano che provava per i suoi, aveva controllato poco prima, 39 gradi di febbre. Che i ragazzi della sua età la febbre a trentanove e mezzo non la prendono mica più, certo e gli asini volavano.
A risposta delle sue lamentele una voce, che gli ricordava vagamente quella di Sakura lo rassicurò. Qualcosa di fresco sul viso. Ah, si ragionava! Voltò il capo alla ricerca di quella carezza fredda e la trovò ad attenderlo. Dita sottili come farfalle volavano sulle sue labbra rendendo ancora più reale quel contatto. –Ferma- Mugugnò. Giusto per vedere se avrebbe risposto al suo comando, per testare quanto fosse vero quello che accadeva. Le dita si fermarono lasciandolo beare della loro essenza ed il peso su di lui non accennava a diminuire, non fuggiva. Forse perché non era ancora del tutto sveglio e nemmeno addormentato. Come accadeva spesso il dormiveglia favoriva la creazione di presenze che popolavano l’enorme villa deserta. Con il sonno o appena si svegliava queste sparivano lasciandolo nuovamente ed irrimediabilmente …
-Ti stai riscaldando – Proclamò tra sé e sé senza aspettarsi, ovviamente, un qualche miglioramento, quando esso avvenne ne rimase infatti alquanto stupito. Non fece domande e si limitò a farsi padrone di quelle membra così rinfrescanti. Lentamente sentì di sprofondare in un sonno liquido e scuro. Il mal di testa pulsante che gli rimbombava nelle orecchie e ad ogni scarica di dolore corrispondeva un’immagine di sangue. Sempre più velocemente. Un susseguirsi di flash da cinema dell’orrore. Strade insanguinate e corpi su corpi.
Per ultima sua madre. Lì. Stesa a terra davanti a lui.
Il suo volto candido macchiato di sangue.

-Madre!-
La stanza imbrattata, la donna accasciata nel centro.
I capelli sparsi come cenere in un camino.
Il bambino che le si avvicina.
-M-madre … -
Niente sorrisi né parole dolci lo attendono.
Solo silenzio.
Silenzio e vuoto.
-M-ma … -
La stanza vortica e sparisce ed il corpo della donna che ora teneva fra le braccia
Paffute comincia a svanire.
Solo.
-Non andartene!-

 
Fra le braccia stringeva un corpo di ragazza stretto a lui. La mano morbida che gli passava sulla nuca in carezze gentili. Arresa alla sua stretta Sakura tentava di far calmare i tremori.
-Era un incubo Sas’kè kun-
-S-Sakura-chan …?- La voce fu un sussurro appena accennato e lei non potè che rabbrividire a sentire il suo nome pronunciato così  da lui.
-Sono io Sas’kè-kun- Bisbigliò. Sentì la sua presa venire meno mentre spostava indietro il suo peso sui gomiti e la osservava corrucciato. Appollaiata sul suo bacino, le ginocchia stretta attorno alle sue anche. Si torturò le mani. 
-Sakura-  Ripetè come a prendere coscienza di quel nome. La squadrò un’altra volta strizzando gli occhi e poi la sua mandibola cadde verso il basso.
Ecco.
Sakura alzò gli occhi al cielo pregando i Kami che non avesse una reazione esagerata.
Era troppo bello per essere vero.
Sasuke invece si limitò a richiudere la bocca con un “tlack” simil-robotico, per poi ripetere l’operazione un altro paio di volte. La ragazza decise di andargli in contro sollevandosi e spingendosi indietro liberandogli i movimenti. Lui ritirò le gambe mettendosi seduto sul versante opposto del divano. Sakura guardava verso la porta, Sasuke dalla parte opposta, la finestra.
Qualcuno suonò al campanello nell’esatto istante in cui la rosa stava per aprire la bocca e parlare a vanvera come al solito.
Si alzò prima del proprietario di casa pronta ad urlare i peggiori improperi al biondo cafone. Le parole le morirono in gola.
Dietro al volto disperato di Naruto stava in piedi un’alta figura scura. Tutti poterono sentire il respiro di  Sasuke interrompersi. La calma e l’allegria di Sakura spezzarsi.
Il ragazzo le sorrise ma lei non ricambiò quella gentilezza.
-Cosa ci fai tu qui?- La voce dura del ragazzo corvino che le si era messo alle spalle spazzò l’aria fredda dell’esterno che si scontrava impietosa con quella termale dell’interno.
-E’ ovvio otouto, sono tornato a casa.-
Il ringhio di Sasuke parve a Sakura quello di una tigre frustata dal domatore.
 
 
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Kakashi sfogliava le scartoffie quando Asuma entrò tranquillamente in sala insegnanti e si sedette sul tavolo accanto a lui. Si accese una sigaretta.
-E’ vietato fumare qui, Sarutobi. –  Il professore di latino ammiccò. -Se si parla di ciò che è vietato ti avrei denunciato per atti osceni in luogo pubblico già da un po’.-
-Mh … - Non era in vena. Estrasse un plico dai documenti che stava controllando e li porse all’altro.
-Cos’è?- Domandò Asuma stringendo fra le labbra la sigaretta.
-Il nuovo docente di musica – Disse atono il bigio con un’occhiata significativa.
Il collega sgranò gli occhi. –Ma questa non è …? –
Annuì. –Comincerà subito dopo le vacanze. Prende il posto di Guren. Si è trasferita dopo che è il capo della sua “setta” è finito in prigione.-
- M-Ma questa … - L’altro ancora faticava a crederci. Dopo tutto quello che le era accaduto?
-Ah, sono tornati.-
Asuma cadde dal tavolo. –E LO DICI COSI’?!-
Kakashi sollevò un sopracciglio. –Come dovrei dirlo? Sono tornati. Punto. Un dato di fatto. Hanno sentito che l’Orco … -
-Orochimaru-
-Quello che è, è finito in prigione e sono tornati. Ta Daaaaan!- Il suo tono non era affatto scherzoso. L’amico si schiaffò una mano sul volto.
- Prima quell’attrice mentalmente labile poi questa!- Sventolò i fogli mentre Kakashi si massaggiava la radice del naso. –Ed ora pure la banda al completo?-
-Sì Asuma, non lo facevo così difficile. – Era leggermente spazientito, non tanto dall’amico quanto dal constatare che luogo amaro fosse Konoha.
-Nessun ragazzo qui ha vita facile Kakashi- Il castano si lasciò scivolare sulla sedia accanto a quella del collega che sospirò. –Conosco bene la Yamanaka … -
-La bionda?-
-Sì.-
-Le mie condoglianze.-
-Ah-ah. Non è così terribile.-
-Se lo dici tu.-
Silenzio.
-Chi altri c’è nella lista nera?- L’uomo con la maschera si alzò dirigendosi verso un casellario ed estrasse un vecchio fascicolo per poi riportarlo al tavolo.
-A parte l’Uchiha e l’oca giuliva intendo- Continuò aprendolo e portandoselo davanti al volto. Asuma glielo strappò di mano. –Non vale se tu leggi.-
Entrambi presero fiato e disposero davanti a loro le schede con le fotografie dei vecchi alunni.
Sembrava un allegro gioco di società.
Tutt’altro che allegro.
-Naruto … - Kakashi indicò una fotografia e l’altro annuì.
-Uzumaki. Degno del suo cognome. E Hoshigaki?-
-Il fratello pare che incomincerà da noi dopo le vacanze.-
Ancora un cenno d’assenso.
-Poi ci sono Kuroshiro … -
-Lo schizzofrenico?-
-Sì … Yamanada … - Guardò l’altro che stava per aprire bocca. –Il guardiacaccia, sì. –
- Pover’uomo. -
-La figlia nemmeno lo sa. – Tornarono alle fotografie. – Akatsuna … Hai notizie dei fratelli Sabaku? Sono ricomparsi?-
-Alcuni dicono di sì, ma l’inverno non è esattamente la loro stagione. Solitamente passano solo le stagioni estive qui a Konoha.-
-Già … E Aokawa?-
-Non se ne ha più avuto notizia ... Come l’altro Uchiha d’altronde.-
I due professori rimasero in silenzio per un po’ mentre l’amara consapevolezza si fissava sui vestiti, nella pelle …
Asuma spense la sigaretta.
-E Kioko?- La domanda giunse, la domanda che Kakashi attendeva. Unì i palmi delle mani davanti al volto. –Tu lo sai-
Scosse la testa. –Tutti lo sanno. Sanno la tua versione dei fatti. Ma non ti sto chiedendo quella. Ripeto la domanda: e Kioko?-
Kakashi si passò le mani tra i capelli. Era una dannatissima fregatura. Quella carogna.
-Recita- Glissare le domande era il suo forte, ma con Asuma, che lo conosceva bene, raramente attaccava, e questa non era una di quelle volte in cui faceva finta di essere convinto.
-E Kioko cosa ha fatto perché venisse spedita qui a Konoha?-
-La scuola è finita no? Perché siamo ancora qui? Io vado a casa … -
-Vai a leggere quelle porcate?-
-Ci vediamo-
Asuma sospirò rimasto solo in sala insegnanti. Accese l’ennesima sigaretta e stette ad osservare le volute di fumo che lasciavano le sue labbra decorando l’aria tutt’attorno.
Kakashi. Sbuffò e sorrise. Con la sua tecnica del “fate l’amore, non fate la guerra” tentava di salvare il salvabile in quel paese di disperati.
Aspirò il tabacco.
Quei ragazzi sarebbero davvero riusciti a ricucire le loro ferite?
Guardò fuori dalla finestra.
Konoha high school, l’unica scuola ad avere del filo spinato avvolto lungo tutto il cancello ed il perimetro dell’edificio.
 
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Ad aprirle venne una ragazza. Forse un po’ grande, vestita con un maglione di un colore indefinito ed un paio di pantaloni larghi, la cuffia che stringeva la folta chioma rosa scuro.
Non parlò, rimase a fissarla, la pelle mulatta in contrasto con la neve.
La bionda batté a terra un piede irritata. –E Shikamaru-kun? – Domandò stizzita. Choji dal canto suo si dannava per il fatto di dover sempre fare la candela per quei due. La tipa sulla porta scrollo le spalle e rimise la testa dentro chiamando il ragazzo che li raggiunse con lentezza dalla terrazza sulla quale stava giocando a scacchi con il padre. –Hi Hi Ino-chan – Esordì pigramente trattenendo uno sbadiglio. Incredibile la voglia di cacciargli la sciarpa di Choji giù per la gola. –Vai Tayuya – san – Congedò la ragazza ancora ferma sulla porta che, con un cenno, si diresse verso la cucina. –Che vuoi?- Domandò scorbutico all’amica che lo osservava ora palesemente arrabbiata.
-Sono venuta a vedere come stavi. Perché hai saltato la scuola?-
-Ahi Ino-chan, abbassa la voce!-
Lei lo fulminò.
-Avevo da fare-
-Con quella sgualdrina?-
-Non parlare così di Tayuya- L’avvertì con tanta freddezza che la bionda sentì qualcosa dentro di se spezzarsi.
-Io … - Il cellulare suonò interrompendola. Rispose. Era sua madre ed aveva un tono preoccupato. Ino impallidì mentre Shikamaru inarcava un sopracciglio.
-Co … E’ torna- … Sì … Arriv- … Già? … Ma … !- Fissò il display del cellulare come se non lo riconoscesse. –Ha chiuso- fece incredula. Poi riposto l’apparecchio nella borsa si allontanò di corsa verso casa senza dare spiegazioni e senza salutare. I due amici rimasero a fissarsi per poi scrollare le spalle. –Ti va qualcosa Cho?-
Sapeva che non doveva specificare cosa per far gola all’amico. Questi accettò e la porta si chiuse.
Intanto Ino nella neve correva.
E le lacrime scioglievano i fiocchi che piano avevano cominciato a cadere.
Perché adesso?
Si chiedeva.
Domanda inutile, perché lui era tornato e tutto ciò che aveva costruito con tanta fatica sarebbe crollato come un castello di carte.
 
 

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Capitolo 12
*** Ricordare ***


La canzone che troverete verso l'ultima parte della storia è Hearts on fire degli HammerFall.
Non è un male leggere quella parte con la canzone in sottofndo perchè sende abbastanza l'idea.
Questo capitolo così presto è il mio modo di farmi perdonare per essermi fatta aspettare tanto l'ultima volta.
Gomennasai! >.<
Spero che questo capitolo sia di vostro gradimento, avrete notato che la parte comica sta sfumando in qualcosa di un po' più triste, non vi preoccupate, spero di riuscire a riprendere l'allegria.
Mi scuso per lo scarso livello di battute e siparietti perchè in questo momento stonano.
Di nuovo scusa e buona lettura!

 



RICORDI (Più o meno espliciti)



Hinata Hyuga dondolava le gambe seduta alla scrivania con la fronte pigiata sul quaderno. Pensava a Naruto e a come si era svegliata in infermeria con gli occhi del biondo puntati addosso. Il suo sorriso contagioso e l’odore di deodorante e shampoo alla pesca per bambini che riempiva lo spazio tra i loro volti.

-Ah, sei sveglia Hinata-chan! Ci stavamo spaventando!-
Se possibile arrossì ancora di più e si sentì sprofondare ancora di più nel torpore che aveva appena abbandonato. Qualcuno lo strattonò via dal suo campo visivo. Gli occhialini alla Ozzi Osburn fecero la loro comparsa con dietro il viso semi nascosto dal colletto alzato della camicia, di Shino.
-Tutto bene? Ho ritenuto opportuno prelevare quella testa di ca … -
-Shino!- La voce di Sakura coprì,acuta, l’ultima parola. Dei gemiti provenienti dal basso le fecero giustamente presupporre che il compagno intendesse “prelevare” come sinonimo di “calpestare” l’angelo biondo, unico significato della sua inutile vita.
-S-Shino-kun …- Aveva sussurrato sollevandosi a sedere. Certe volte si odiava quando balbettava.
-Hinata- La voce gelida alle sue spalle l’aveva fatta rabbrividire. Neji la guardava freddo a braccia conserte, al suo fianco quella ragazza simpatica con i codini. Le sorrise ammiccando verso il cugino.
-Sai Hina-chan, Neji-kun era davvero molto preoccupato!-
Aveva esclamato appena il castano si era allonato. Questi, come se l’avesse sentita, era tornato indietro grugnendo e aveva preso la cugina per un gomito trascinandola a casa con se.
 
Sbatté la testa sul quaderno. Di nuovo. Più forte di prima.
Ma che razza di scema era?
Sbuffò.
-N-Neji-kun fammi uscire!- Borbottò bussando contro la porta. Erano ore che l’aveva chiusa lì dentro. Chissà come l’avrebbe presa Hisashi se avesse scoperto che l’erede Hyuga era stata chiusa nella propria camera dal cugino della casata cadetta … Rimase sinceramente sorpresa da questi suoi pensieri maligni nei confronti di suo cugino. Era sempre stata convinta di non riuscire a provare odio per nessuno. Neji le stava facendo rivalutare questa sua auto-affermazione.
-D-Dai! N-Neji!- Preoccupato un corno. Si morse il labbro inferiore. Perché l’aveva chiusa nella sua stanza?
-Non è degno di una Hyuga andare in giro a baciare le persone in pubblico. – La sua voce seria arrivava dall’altra parte della porta. Ah, quindi era per quello. Ma erano affari suoi? Forse Neji aveva ragione … Era indegna di portare su di sé il peso di una casata così importante come l’Hyuga. Lui era molto più dotato di lei. Stupida cuginetta incapace. Certo che comunque non poteva permettersi di controllarla e chiuderla in camera a chiave!
-S-Sì … S-Scusa Neji-K-kun – Balbettò forzando ancora una volta la maniglia.
-Le tue scuse non servono a niente. Devi l’asciare l’Inuzuka. –
-C-Cosa?-
-Non voglio più che tu te ne vada in giro con uno di un ceto così basso. O lo lasci o riferirò tutto personalmente al capofamiglia.-
-M-Ma … -
-Niente ma. Anzi, adesso vado io stesso a dargli una lezione. –
Lo sentì scrocchiarsi le nocche.
-N-Neji-kun … I-Io … -
Silenzio. –N-Neji – kun?-

-NEJI!- Diede un calcio alla porta che si aprì.
Vide la sua chioma sparire sul pianerottolo. Rimase, ansimante, sorpresa dal modo in cui aveva urlato, per poi gettarsi all’inseguimento del cugino nell’enorme villa deserta.
 
-Hinata oneesan -  Una ragazzina di quattordici anni le tagliò la strada impedendole di placcare con successo il cugino, che, afferrato per il bordo della maglia dall’altra, inciampò in avanti sbattendo contro il gradino dell’entrata.
-Razza di incapace … - Sibilò voltandosi verso la cugina che ritrasse prontamente le mani dal suo vestiario e le nascose dietro la schiena. –N-Non voglio c-che tu te la p-prenda c-con Kiba-kun-
Lui sbuffò. –Si approfitta soltanto del fatto che sei del tutto priva di spina dorsale.- Storse la bocca. –E non mi piace come ti guarda. Quindi lascialo o dico tutto a Hisashi-sama.-
Hanabi li guardò stranita. Erano peggio dei bambini dell’asilo.  “ Tu lasci lui perché se no dico tutto al papà.” Era così difficile per sua sorella capire che Neji era semplicemente geloso di sua cugina?
Bhà.
-Hinata oneesan, mi aiuteresti con il compito di italiano?-
-Mootosan , a-arrivo s-subito.- Rispose con un sorriso Hinata rialzandosi da terra. Neji si massaggiò la nuca con espressione rabbiosa.
-Hai sentito cos’ho detto incapace?-
-S-Sì, Neji-kun. Ho c-capito.- Scusa Kiba-kun, ma non ho altra scelta. Non sono abbastanza forte per oppormi a lui … Però …
                               
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Le gambe si accavallarono con un gesto fluido. Le dita smaltate tamburellavano sulla superficie del tavolo. Accarezzò la lunga chioma bionda con un gesto lascivo. Gli occhi azzurri ombreggiati dalle ciglia dorate.
-Bentornato … Tesoro … -
Tipico, nemmeno sua madre riusciva a sembrare sincera.
-Sono … Molto felice che tu sia qui … - Che rabbia, la voglia di ribaltare quella maledetta tavola e fracassare ogni singolo piatto. Era ovvio che lei non fosse affatto felice di rivederlo. Lo sguardo di suo padre lo evitava, nemmeno fosse portatore di una malattia contagiosa.
Sorrise. Annuì e continuò a mangiare in silenzio.
Sentì la serratura in salotto scattare. La porta aprirsi e i passi familiari lungo il corridoio. Esitanti. Si fermarono davanti alla porta della cucina. Si voltò.
-Ino-chan?- La chiama. La ragazza appare sulla soglia scostando la porta scorrevole. Gli occhi celeste – cielo- di – maggio a scrutarlo seri e arrossati. Deve aver pianto.
-Bhè, non si usa più salutare?- Domanda impulsivo, un sorrisetto sadico all’angolo della bocca. Ora sì che si può divertire. La sua vittima preferita è tornata. La ragazza non fiata e si siede all’altro capo del tavolo, il più lontano possibile da lui. La madre la fulmina. –Saluta tuo fratello. E’ tornato dopo tanto tempo!-
Lui la guardò con aria di sfida. Ino infilò in bocca l’ennesimo boccone di riso. –Per me poteva anche restare dov’era- Grugnì. Lo schiaffo della madre le fece andare il cibo di traverso. Il sorriso sul volto del ragazzo si incrinò. – Ma’ … Falla mangiare, non lo voglio uno scheletro in camera.-
Ino si accese.
-Cosa ne sai tu bastardo?- Ringhiò la ragazza sporgendosi sul tavolo, le mani ai lati del bicchiere. Suo padre si alzò e andò nell’altra sala. Sua madre mangiava senza pronunciarsi. La testa bassa.
-Del cacciarsi due dita in gola Ino? Lo facevo anche io. – Sorseggiò l’acqua dal bicchiere fissandola con l’unico occhio scoperto. Sull’altro un ciuffo spesso ricadeva lungo fino al mento.
-Io non sono così!- Strillò.
-Suvvia Ino-chan. Solo perché mamma e papà ti fanno fare quello che vuoi, non vuol dire che il caro fratellone sia della stessa idea. - Poggiò il bicchiere e si sporse a sua volta verso di lei.
- Si cambia regime sorellina. – Si voltò salendo le scale. Lei lo inseguì di corsa.
- Deidara! Pezzo di merda! – Afferrò il vaso sul comodino nel corridoio e glielo scagliò contro. Questo si infranse contro la porta mentre i fiori si afflosciavano in una pozza d’acqua sul tatami. Da dentro sentiva la sua risata provocatoria. Le urla di sua madre che li raggiungeva correndo per le scale. La TV accesa di suo padre che preferiva ignorare. Si avvicinò alla porta tentando di non conficcarsi i cocci di vetro nelle piante nude. Poggiò la fronte contro di essa.
“Da quando hai il diritto di definirti mio fratello?”.
 
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Sdraiata sul letto con le mani intrecciate dietro alla testa fissava il soffitto scrostato.  Accanto a lei nella stessa posizione stava Shikamaru.
La musica rimbombava nelle cuffiette dell’I-pood.
Una a testa.
Gli occhi scuri di entrambi fissi sui loro pensieri.
-Quindi ti trasferirai nella nostra scuola?-
Annuì.
-E’ davvero una bella seccatura.-
-Già.-
-Ti daranno del filo da torcere.-
-Che ci provino quei fottuti stronzi!- Sbottò tra se.
-Fine e delicata come al solito. – Sorrise.
Avevano passato un bel pomeriggio con Choji, tra una risata e l’altra ed una partita a scacchi e a carte.
Le sue abbuffate ad intramezzare i vari passatempi. Avevano scoperto che Tayuya era una maga alla PSP non senza un po’ di invidia mal celata e di orgoglio maschile ferito.
Si erano dedicati ai compiti scoprendo che la ragazza non aveva molta pazienza e sbraitava non appena sbagliavano qualcosa.
Ora però era sera, avevano cenato ed era ora per lei di andare a casa.
La ragazza voltò il capo di lato.
-E se … - Mormorò.
Lui inarcò un sopracciglio. Era acuto Shikamaru, ma alle volte preferiva fare lo scemo per non andare in guerra.
-Se?-
Lei strinse le labbra mettendosi a pancia sotto, i capelli folti che ricadevano su una spalla. Strinse le mani tra loro.
-E se restassi qui stanotte?- Domandò.
Lo sapeva che glielo avrebbe chiesto. Pensò ad Ino e alla sua faccia quel pomeriggio. A quello che aveva detto al cellulare, al suo sguardo perso.
Si morse l’interno della guancia. –Tayuya, tu sei una ragazza … -
Sbuffò. –Però, che occhio!-
-E non è un bene che una ragazza ed un ragazzo … - Il suo ghigno gli fece capire l’assurdità de suo discorso.
-Ti ho chiesto solo se potevo dormire qui, non di scopare.-
Il ragazzo spostò lo sguardo nuovamente sul soffitto.
-Sei arrossito?- Poggiò il mento sulla sua spalla. –Nara? Shika-chan?-
Si voltò di scatto ribaltandola sul pavimento. –Woa Shika-chan, non ti facevo così violento. – Si leccò le labbra e allacciò le gambe attorno al suo bacino.
Si guardarono negli occhi.
Lei strinse un po’ le ginocchia e fece schioccare la lingua, il ragazzo non riuscì più a trattenersi e …
Scoppiò a ridere riverso sul pavimento e lei lo seguì a ruota.
Non riusciva ad immaginarsi di fare con il Nara più che fissare le nuvole. O il soffitto. O ascoltare la musica o giocare a scacchi. Perché era pigro in modo inverosimile. Sì, lo riteneva pigro anche per quello.
Shikamaru rideva perché Tayuya, dopo quello che le era capitato,
dopo aver passato diversi anni a darla via come un freesbe e venire accusata di essere una dannata puttana dalla gran parte della popolazione femminile di Konoha, da quelle che lei stessa non si scopava per essere chiari, era stata violentata a ripetizione dai ragazzi che riteneva la sua famiglia,
dopo questo lei ancora riusciva a comportarsi a quel modo lascivo e disperatamente seducente.
Ino non era così forte. Pensò ai suoi polsi sottili e ai capelli lunghi, al culo magro e gli occhi enormi, la parlantina sempre attiva per comunicare l’ultimo pettegolezzo. Pensò a quando arrossiva per la rabbia e nuovamente a quel pomeriggio quando aveva fissato il cellulare.
“E’ arrivato”.
La risata gli morì in gola.
-Cazzo!-
Shikamaru non era un ragazzo attivo. Aveva un QI di 200, ma era un posa culo pazzesco, come lo definiva la bionda.
Eppure Tayuya fu certa di non averlo quasi visto attraversare la stanza di corsa e afferrare la giacca dall’appendi abiti. L’ultima cosa che sentì fu la porta d’ingresso che sbatteva. Sorrise tra sé. E bravo il suo Shika-chan.
 
 
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Kioko si stiracchiò come una gatta spostando il peso di lato e scivolando contro il corpo dell’uomo addormentato al suo fianco. Strusciò la guancia contro la sua spalla con un mugolio per poi alzarsi e stringere le ginocchia al petto.
Una notte di stelle non troppo lontane in cui il freddo invadeva le strade imbiancate.
Guardò l’orologio.
Mancavano due minuti.
Scese dal letto silenziosamente e si diresse verso l’armadio che divideva con l’uomo che, in un modo ancora non del tutto definito, amava. Prese un piccolo porta gioie nero e lucido e fece correre la cerniera dorata lentamente. Dente per dente. La aprì. All’interno, su un cuscinetto candido imbottito stava accomodato un nastrino di velluto nero con una campanella d’argento semi arrugginita che tintinnò debolmente quando se lo legò alla caviglia. Rimise al suo posto il bauletto e richiuse l’armadio. Ad ogni suo passo un tintinnio leggiadro come un coro di angeli celesti. Salì in piedi sul letto con un salto, il materasso non si piegò molto sotto il suo peso e quasi non produsse rumore. 
Mezzanotte in punto. Si dette lo slancio ed atterrò su di lui ghignando come un gatto del Cheshire.
Kakashi lanciò un mezzo grido di sorpresa quando aprì gli occhi e si trovò davanti il volto spigoloso della ragazza con un’espressione ben poco rassicurante.
-Kioko, tu sei pazza.-
-Buon Natale Baby- Gli fece accomodandosi meglio sul suo corpo.
-Mph. E dimmi, hai una buona ragione per avermi svegliato a quest’ora?-
-Cattivo! Dovresti farmi gli auguri anche tu!-
-Auguri, Kioko, auguri e buona notte.- Si voltò su un fianco ignorandola.
Lei sbottò e gli diede un pugno nei reni.
L’uomo cominciò a tossire. –Volevi uccidermi?-
-Davvero non ricordi cosa è successo la mezza notte di Natale?-
-Ehm … Secondo la religione cristiana è nato Ges … -
-Kakashi no baka!- Gli diede un calcio e saltò giù dal letto dirigendosi furiosa verso la porta.
-Ehi, cornacchia!-
-Che c’è?- Disse brusca voltandosi di scatto. Un pacchetto planò verso di lei che lo afferrò con facilità.
-E questo?-
Lui le fece un gesto con il mento. La ragazza, dubbiosa, aprì il pacchetto.
-Ma che ca … Oh … - I suoi occhi si illuminarono al buio. Un tintinnio.
-So di non essere molto originale. Quello dell’ultima volta però sembra si sia rovinato.-
Lei annuì muta, con foga.
C’era un campanellino argentato con un nastrino di raso rosso attorno al quale era attorcigliato un filo d’argento che brillava alla flebile luce dei lampioni che filtrava dalle imposte chiuse.
-M-ma … - Sollevò il nastrino davanti al proprio viso. –Ma allora sei proprio un cretino!- Sbottò.  Lui ridacchiò. –Kioko, sei impossibile.-
 
-Che ci fai qui Hatake?-
-Dimmelo tu-
Le soffiò le parole all’orecchio scostandole una ciocca di capelli neri e lisci ingellati oltre il limite della decenza.
-Sei qui per avere una rivincita?- Fece ruotare la stecca del biliardo in una mano, riuscì a centrarlo nello stomaco. Gli uomini che li circondavano risero, lei sbuffò beffarda.
-Potrebbe essere-
Sistemò il triangolo al centro di quel tavolo verde al centro di quel locale interrato. Bettola di dubbia fama popolata dalle persone più pericolose della città. Oto non era certo il posto migliore per fermarsi a bere qualcosa. Era stata una sorpresa trovarla lì la prima volta ed qualcosa lo aveva convinto a tornare, proprio quella sera, assolutamente certo che lei ci sarebbe stata.
Gli porse la stecca in segno di sfida. Kakashi si guardò intorno. Asuma e lo aveva abbandonato al bar. Intratteneva una conversazione con la cameriera, e sorseggiava qualcosa di molto forte.
Gai invece si stava dando da fare con i videogiochi.
Un paio di puttane stavano seduta su degli sgabelli alti, i capelli raccolti ed il rossetto sbavato, le gonne corte che lasciavano intravedere la femminilità.
Le poche altre ragazze presenti erano muscolose e coperte di piercing e servivano ai tavoli sgomitando tra gli uomini che ridevano e facevano giochi davvero poco furbi. All’altra estremità del locale si era da poco scatenata una rissa. Un bestione lo spinse verso la ragazza che nulla aveva a che fare con quel luogo se non la sua indole guerrigliera.
Intanto come sottofondo una canzone metal gli rimbombava nel petto.

We saw the writings on the wall
When heathens ruled above us all
Tormented, we still heard the call
You come to bring us down
Wield the scepter, steal the crown
Time on the throne is running out


(Abbiamo visto le scritte sul muro
Quando gli infedeli regnavano su di noi
Tormentati, comunque abbiamo sentito la chiamata
Vieni a abbatterci
Impugna lo scettro, prendi la corona
Il tempo sul trono sta scadendo)

 
-Avanti, non fare la femminuccia!- Lo spronò uno di quei poco di buono con una risata di scherno.
Sembrava dovessero prepararsi ad un combattimento e non ad una semplice partita a biliardo.
Nonostante questo si stendette sul verde strato del tavolo.
Il cappuccio di cuoio colpì la sfera bianca che mandò le altre in perfetta buca. Ne avanzarono solo un paio che fece andare giù con un altro colpo preciso. Soddisfatto e con un sorriso sornione lanciò la stecca alla ragazza.
 

‘Cause seasons change but we are still the same
Even though the cold winds blow, the fire burns inside

Hearts On Fire, Hearts On Fire
Burning, burning with desire
Hearts On Fire, Hearts On Fire
Burning, burning with desire
Hearts On Fire, Hearts On Fire
Burning, burning with desire
Burning for the steel
 
Hearts On Fire

 

(Perché le stagioni cambiano ma siamo ancora gli stessi
Anche se soffia il vento freddo, il fuoco brucia dentro
 
Cuori a fuoco, Cuori a fuoco,
Che bruciano, bruciano di desiderio
Cuori a fuoco, Cuori a fuoco,
Che bruciano, bruciano di desiderio
Cuori a fuoco, Cuori a fuoco,
Che bruciano, bruciano di desiderio
che bruciano per l’acciaio
 
Cuori a fuoco)

 
Kioko passò il gesso sul girello e soffiò via quello in eccesso in modo provocante. Gli uomini che aveva attorno fischiarono. Uno tentò un approccio dandole una pacca sul culo.
Inutile dire che fu portato al pronto soccorso dall’amico lì presente per via della stessa mano sbriciolata tra lo schienale di una sedia ed il bordo del tavolo.
Risistemò le sfere nella piramide e sollevo gli occhi neri in quelli di Kakashi. Sferrò il colpo senza guardare.
Tutte buche.
Si sistemò la frangia.
-Ora, pagami. – Tese avanti la mano guantata di pelle.
Il futuro professore si grattò la nuca con un mezzo sorriso da dietro la maschera.
-Buon Natale cornacchia- Le augurò sfilando dalla tasca un nastrino di velluto nero con un campanellino d’argento. Lei rimase a fissare il ninnolo mentre l’uomo radunava i suoi due amici o, nel caso di Gai che si era trovato coinvolto nella rissa, ne raccoglieva i resti, e usciva dal locale.
 
For years shunned by society
Outcasts, condemned for our beliefs
Our legions grew in secrecy

And now, the time is here
I see the Templars everywhere
The Freedom Call is drawing near

We hold our rebel banners up with pride
The colour’s crimson and the Hammer is the sign
Hearts On Fire, Hearts On Fire
Burning, burning with desire
Hearts On Fire, Hearts On Fire
Burning, burning with desire
Hearts On Fire, Hearts On Fire
Burning, burning with desire
Burning for the steel
Hearts On Fire, Hearts On Fire…

Hearts On Fire, Hearts On Fire
Burning, burning with desire…

 

(Per anni espulsi dalla società
Esuli, condannati per le nostre credenze
Le nostre legioni sono cresciute in segreto
 
E ora il momento è giunto
Vedo i Templari ovunque
La Chiamata alla Libertà si sta avvicinando
 
Innalziamo con orgoglio i nostri stendardi ribelli
Il colore è rosso cremisi e il Martello è il simbolo
 
Cuori a fuoco, Cuori a fuoco,
Che bruciano, bruciano di desiderio
Cuori a fuoco, Cuori a fuoco,
Che bruciano, bruciano di desiderio
Cuori a fuoco, Cuori a fuoco,
Che bruciano, bruciano di desiderio
che bruciano per l’acciaio
Cuori a fuoco, Cuori a fuoco…
 
Cuori a fuoco, Cuori a fuoco,
Che bruciano, bruciano di desiderio…)
 

 
L’aveva incontrata due mesi prima di quel Natale.
Ad una pompa di benzina.
E non era stato l’incontro della sua vita.
Ma a quel tempo Kakashi Hatake non conosceva ancora il terribile passato di Kioko Gin Hayabusa.
 
Kioko stava seduta sul davanzale. Il regalo comprato a Kakashi, uno di quei libri che a lui piacevano tanto e che, con somma disapprovazione dei colleghi, leggeva anche lei, abbandonato sul pavimento. Perché c’era un regalo più bello e più grande che entrambi desiderava e quale giorno migliore della notte di Natale?
Voltò la testa a guardare il cielo mentre le baciava il collo nudo e poi lambiva con la lingua i suoi capezzoli.
Guardò le stelle e si ricordò di quando una guardia le aveva detto che c’erano stelle per tutti, tranne che per chi infrangeva la legge.
Non c’erano stelle per ladri ed assassini.
Non c’erano stelle per Kioko.
Chiuse gli occhi e, come suo solito, decise che in fondo a lei non importava granché.
Non le importava, finché c’era lui.
Scese tra le sue gambe facendola gemere.
Non le importava, ora.
Il suo cuore bruciava già di qualcosa di migliore dell’inferno

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