Just a Letter to tell a Story.

di SereILU
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A - And it seems so right. ***
Capitolo 2: *** B - Blue. ***
Capitolo 3: *** C - Cake and candle. ***
Capitolo 4: *** D - Dreaming ***



Capitolo 1
*** A - And it seems so right. ***


Questa Raccolta partecipa all’

 Alphabet!Challenge {HP version} - 26 lettere per dire "Harry Potter"

indetto da Only_Me sul forum di EFP.

Ogni Drabble/FlashFic/OneShot comincerà con una lettera, in ordine.

 

 

 

 

 

Just a Letter to tell a Story

 

 

 

Lettera: A

Titolo: And it seems so right.
Personaggi: Albus Silente/Gellert Grindelwald
Genere:  Fluff
Avvertimenti: Yaoi, What If? 
Rating: Giallo
Note:  Volevo cominciare questa raccolta in maniera un po’ speciale. Quindi comincio con la mia prima Grindeldore e soprattutto con la mia prima Yaoi.

 

 

 

And it seems so right.

 

 

 

 

Albus…”

Un sorriso nasce sulle tue labbra quando pronuncia il tuo nome.

È solo un sussurro, ma il tuo cuore perde un battito.

Succede sempre quando senti la sua voce

La tua mano accarezza il suo profilo e rimani incantato da come i raggi del sole giocano con i suoi capelli d’oro e illuminano i suoi occhi.

“Sì?” mormori in risposta.

Lui si volta verso di te. Il suo sguardo è acceso di entusiasmo.

“Ora riesci a immaginare il nostro futuro?”

Per un attimo resti immobile, immerso in quelle iridi azzurre come il cielo d’estate, poi, lentamente, annuisci.

Certo che riesci a immaginarlo.

Lo fai da settimane, da quando hai incontrato quel ragazzo con le idee di un uomo.

Da quando, casualmente, i vostri sguardi sono rimasti incatenati.

E lì, in quel momento, con la testa appoggiata al suo petto, il tuo futuro compare come una visione davanti ai tuoi occhi. La radura dove siete sdraiati sparisce, ingoiata dalla luce del sole che circonda ciò che vedi.

Ti vedi insieme a lui.

Padroni incontrastati del mondo magico e non.

Padroni dei rispettivi cuori.

Torni alla realtà e ti perdi ancora in quello sguardo riservato solo a te. Senti di essere il custode di un segreto incontenibile e magnifico.

Sorridi e sfiori le sue labbra con le tue.

Il suo viso si illumina grazie ad un sorriso che ti lascia senza fiato.

Poggia una mano sul tuo viso e ti bacia.

Senti il suo sapore e il tuo cuore sembra fermarsi. Il tempo stesso sembra dilatarsi verso l’infinito.

Poi le vostre labbra si separano.

Aspetti qualche secondo prima di parlare. Il tuo cuore sembra voler fuggire dal petto che lo contiene. Il tuo respiro è spezzato e irregolare.

“Ti faccio ancora quest’effetto?” dice, divertito.

Gli lanci quella che vorresti fosse un’occhiata scocciata, ma nel tuo sguardo lui legge ben altro.

“Sì” rispondi.

Ridacchia e tu ti bei di quel suono così puro.

“Vuoi che smetta?”

Scuoti la testa.

“No, ti prego”

Ancora quella risata.

“Mi sembra di aver vissuto fino ad ora solo per questo” riesci a dire.

Di colpo torna serio.

“Davvero?”

Annuisci, sperando che dentro di te lui possa vedere la verità.

“Davvero, Gellert

 

 

 

 

Writer’s Corner:

Bene, la lettera A è andata. Devo dire però che sono fiera di questa piccola Flash.

Come avrete capito questa è stata la mia prima Grindeldore e mi è sembrato davvero strano scrivere su questa coppia che per me è davvero incredibile ma che non ho mai avuto il coraggio di trattare.

Spero vi piaccia e se la odiate ditemi il perché in una piccola recensione!

A prestissimo!

 

SereILU

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Capitolo 2
*** B - Blue. ***


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Just a Letter to tell a Story

 

 

 

Lettera: B

Titolo: Blue.

Personaggi: James Potter/Lily Evans

Genere: Romantico, Commedia

Avvertimenti: What If?, Missing Moment

Rating: Verde

Note: Poco da dire su questa seconda flash. James e Lily ormai hanno finito Hogwarts e vivono insieme felici, contenti e sposati. Ma come reagirà James alla scoperta che presto sarà padre?

 

 

 

 

Blue.

 

 

 

 

 

“Beh, poteva andare peggio…” sospirò Lily Evans mentre finiva di sistemare il corpo del marito, svenuto, sul divano, con un colpo di bacchetta.

Ma cosa aveva provocato lo svenimento di James Potter?

Semplice: una notizia inaspettata.

Beh, non solo inaspettata. Ma anche incredibile, importantissima e shockante.

 

Tutto era cominciato quella gelida mattina di gennaio; Lily era uscita dal bagno in accappatoio,  in mano un piccolo oggetto bianco.

James aveva subito colto qualcosa di strano nella sua espressione, così si era allontanato dai fornelli, sopra i quali era impegnato a preparare la colazione, e le si era avvicinato.

“Lily, tutto bene?” le aveva chiesto, premuroso.

Lei aveva alzato gli occhi su di lui e aveva annuito, poi era tornata a fissare il piccolo oggetto bianco.

“Tesoro?” , ora James cominciava davvero a preoccuparsi.

Lily aveva sollevato di nuovo lo sguardo e gli aveva passato quel curioso oggetto.

Era bianco, di forma allungata, con un tappo lilla su una delle estremità. C’erano anche una piccola scritta, E-PT, e un piccolissimo schermino, come una minuscola televisione babbana.

Lily… cosa…?”

“È un test…” aveva mormorato lei.

“Un test?”

Lily aveva annuito.

James era sempre più confuso. Continuava a fissare quella specie di stick, senza capire.

Lily aveva sbuffato, per un attimo dimentica dei suoi problemi. James Potter, l’abile cacciatore di Grifondoro e marito ideale, non aveva idea di cosa fosse un semplicissimo test di gravidanza babbano.

“È un test di gravidanza” gli aveva spiegato.

Per un attimo, James aveva continuato a fissarla senza capire, poi quelle parole erano riuscite ad attraversare il suo cervello e qualche piccolo neurone aveva risposto allo stimolo.

Test. Gravidanza.

Aveva stretto con più forza il piccolo coso di plastica e lo aveva avvicinato agli occhi. A lato dello schermino, c’era una specie di legenda: una riga rossa significava che il test era negativo e una riga blu significava invece che era positivo.

E, nel bel mezzo di quello strano strumento, campeggiava una sfocata, ma chiara, linea blu.

Lily…” aveva esclamato James, una volta recuperato l’uso della parola, “ne sei assolutamente certa?”

Lei aveva annuito.

“Sì. Ho ripetuto il test due volte nelle ultime due settimane. In più ho un ritardo piuttosto lungo”

Il ragazzo si era passato una mano tra i capelli, un gesto che fece sorridere Lily. Le ricordava la scuola, l’innocenza e la spensieratezza.

“Questo significa che…” aveva cominciato James, incapace però di terminare la frase.

Lily aveva preso fiato, poi si era aperta in un sorriso radioso.

“Che sono incinta” concluse per lui.

James aveva posato lo sguardo sui suoi occhi color smeraldo. Splendevano di quella gioia nascosta che solo le madri possono vivere.

Io… diventerò padre?”

Lily aveva riso.

“Già”

Stavolta James si era passato entrambe le mani, tra i capelli.

Poi, inaspettatamente, era scoppiato a ridere e aveva abbracciato Lily con tanto slancio da sollevarla da terra.

“Diventerò padre!” continuava a ripetere, posando leggeri baci sul viso della moglie. Sulle labbra, sul naso, sulle palpebre.

Lily rideva. Era felice come non le capitava da tantissimo tempo. Sarebbe diventata mamma. Questo avrebbe davvero completato la sua vita.

Poi James l’aveva lasciata andare e le aveva dato un bacio, ma uno vero. Un bacio che sapeva di casa, di famiglia, di protezione. Negli occhi di lui riusciva a vedere qualcosa di luminoso e puro, qualcosa che lo avrebbe reso un padre assolutamente incredibile.

Comunque James non aveva l’aria di volersi calmare. La notizia sembrava averlo eccitato talmente tanto che gli era diventato impossibile stare fermo.

“Devo subito avvertire Sirius e Remus e Peter! E anche Silente e tutti gli altri!” continuava a ripetere mentre girava per la stanza, alla ricerca di Godric sapeva cosa.

“Tesoro, calmati…” gli aveva detto Lily, certa che tutta quella sovreccitazione non gli avrebbe fatto bene.

“Saranno così felici! Un figlio! Io? Non ci crederanno mai!”

“James, calmati…

“Ma poi come faremo? Siamo sicuri che la casa sia grande abbastanza?”

Amore…

“Spero sia un maschio… no, una femmina!”

James…

“Sì, la camera degli ospiti sarà perfetta!”

“James!”

Finalmente, dopo quelle che erano parse ore di frasi insensate, James Potter si era voltato verso sua moglie, ma senza smettere di camminare.

Sfortuna volle che, in quel momento, Godric, il gatto di famiglia, passasse proprio davanti a James. Si sa, i gatti sono piuttosto permalosi, quando si tratta delle loro code, e così al felino non era andato giù il fatto che la scarpa del suo padrone si fosse inavvertitamente poggiata, con tutto il peso dell’uomo, sulla sua coda.

Ora, se James fosse stato un po’ meno su di giri, non avrebbe avuto problemi a mantenersi in equilibrio. Ma la bella notizia lo aveva scombussolato oltre l’immaginabile. E, per una strana combinazione di gravità, inerzia e colpi di scena, il povero ragazzo si era ritrovato a terra, svenuto, con un bernoccolo in fronte grosso quanto una boccino. La libreria di mogano, posizionata a pochi passi dal divano, invece, non aveva riportato danni visibili, anche se non avrebbe mai dimenticato l’immagine di James Potter che perde l’equilibrio dopo aver pestato il suo gatto e che si schianta contro il legno massiccio, provocando la caduta di diversi libri.

 

In tutti quegli istanti Lily rimase immobile, probabilmente indecisa se preoccuparsi o mettersi a ridere. Alla fine aveva optato per la seconda.

“Beh, poteva andare decisamente peggio”

 

 

 

 

Writer’s Corner:

Anche la lettera B è stata archiviata. Anche questa è stata una bella sfida, perché non avevo mai scritto di James e Lily. Perciò, se volete consigliarmi qualcosa, o semplicemente dirmi se vi è piaciuta o se vi ha fatto schifo, sapete dove trovarmi!

SereILU

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Capitolo 3
*** C - Cake and candle. ***


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Just a Letter to tell a Story

 

 

 

Lettera: C

Titolo: Cake and candle.
Personaggi: George Weasley, Angelina Johnson, Fred Weasley Jr., Roxanne Weasley
Genere:  Triste, Malinconico
Avvertimenti: What If? Slice of Life 
Rating: Verde
Note:  L’influenza mi rende malinconica, e questo storia mi sembrava adatta al mio attuale stato d’animo. È il compleanno d George, l’ennesimo senza suo fratello.

 

 

Cake and candle.

 

 

 

1° Aprile 2016

 

 

 

“Che stai guardando, papà?”
George si riscosse dai suo pensieri e spostò lo sguardo su suo figlio.

“Niente” rispose con un sorriso, “stavo solo pensando…

“A cosa?” chiese Fred, curioso come tutti i bambini.

George ci pensò per qualche secondo.

“Alla festa!” disse “a quanto siete stati bravi tu e la mamma a farmi questa sorpresa”

Il piccolo batté le mani, felice, mentre Angelina gli posava una mano sulla testa.

“Che ti avevo detto?” disse affettuosa, arruffandogli i capelli.

“Papà è contento della nostra sorpresa!”

 

In quella calda sera di primavera, la famiglia aveva organizzato quella piccola festa. Nessun altro invitato, solo loro.
Le candeline erano state spente e i regali scartati.

 

“Fred, Roxanne, credo sia ora di andare a letto, che ne dite?”

I bambini guardarono la madre, offesi.

“Ma è ancora presto!” rispose Roxanne, nascondendo uno sbadiglio.

Angelina rise.

“Su, andiamo. E non fate storie”

Sbuffando, i due si arresero e uscirono dalla piccola cucina.

“Vado con loro, ti aspetto di sopra” mormorò Angelina posando un leggero bacio sulle guancia del marito.

Lui si voltò verso di lei e le prese la mano, posandosela sulla pelle accaldata dove le sue labbra lo avevano sfiorato.

“Grazie” le sussurrò.

Lei gli accarezzò i capelli e se ne andò.

 

George rimase solo.

Si guardò intorno per essere sicuro che nessuno fosse lì con lui, poi si alzò in piedi.

Nei suoi pensieri, in quel momento, un solo nome, una sola persona.

Erano passati tanti anni, ma sapeva che il ricordo non sarebbe sbiadito.

Ad ogni compleanno, sperava in un cambiamento, sperava che il suo cuore smettesse di sanguinare. Le sue speranze, però, erano vane.

Ogni anno, la sua risata gli risuonava nelle orecchie. I ricordi gli riempivano la mente, anche se la vita andava avanti lo stesso.

Ora aveva Angelina, e Fred e Roxanne. I suoi più grandi amori, le sue piccole gioie.

Ma al suo cuore mancava un pezzo, un’enorme fetta di torta che sarebbe rimasta lì, sul tavolo, integra e intoccabile.

Con leggerezza, George spostò quella fetta su un piattino pulito e con un piccolo inchino la sistemò davanti a una sedia vuota. Quindi, accese una candelina azzurra.

Poi, mentre una lacrima scendeva silenziosa e non voluta sul suo viso, si avvicinò al vecchio orologio della famiglia Weasley. Sua madre si era rifiutata di tenerla in casa, dopo quello che era successo a Hogwarts, ma George aveva deciso che c’era un piccolo spazio per quell’oggetto nella sua cucina.

Come tutti sapevano, era inutile se volevi sapere l’ora.

George, infatti, non era interessato a quello, ma alle lancette.

Nove lancette.

Otto erano puntate su ‘Casa’.

La sua no.

E George allungò una mano tremante verso quell’unica lancetta e la spostò.

Lo faceva tutti gli anni, ormai.

Ora, tutte le lancette puntavano su ‘Casa’.

George sorrise tra sé, si diresse verso la porta e, con un colpo di bacchetta, spense le luci.

 

“Buon compleanno, Freddie

 

 

 

Writer’s Corner:
poco da dire su questa piccola flash, mi è piaciuto com’è uscita XD
Aspetto i vostri pareri, positivi o negativi!

SereILU

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Capitolo 4
*** D - Dreaming ***


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Questa storia partecipa al “12 Mesi di Fanfiction” di BS.

Il Prompt era Halloween.

 

 

Lettera: D

Titolo: Dreaming
Personaggi: Sirius Black, Dorcas Meadowes
Genere:  Triste, Romantico
Avvertimenti: What If? Slice of Life 
Rating: Verde
Note:  Ho tentato di scrivere su un personaggio nuovo per me. Buona lettura.

 

 

 

Dreaming.

 

“Dai, calmati…

Sirius sussurrava nel buio con la voce tranquillizzate.

Un colpo di bacchetta, e una piccola fiammella illuminò la stanza.

“Era solo un sogno…” continuò poi.

La ragazza stesa vicino a lui respirò profondamente, il corpo scosso dai brividi.

Lacrime salate avevano cominciato a scendere sul suo bel viso ancora prima che quell’incubo la svegliasse nel cuore della notte.

Dorcas, stai tranquilla. Ci sono qui io”.

Dorcas tirò su col naso e cercò i suoi occhi. Li trovò subito, luminosi e calmi, dietro quelle ciglia incredibilmente lunghe.

Scusa…” riuscì a mormorare.

Sirius scosse la testa, scostandole i capelli scuri dalla fronte.

“Non dirlo neanche per scherzo” disse.

Dorcas annuì e si asciugò gli occhi con il lenzuolo.

“Sono una sciocca…

Sirius sbuffò e la abbracciò.

Dorcas trattenne il fiato, il viso a pochi centimetri dalla sua clavicola. Aveva un buon profumo.

“Hai un buon odore…” mormorò.

Sentì Sirius sorridere con il mento morbidamente appoggiato ai suoi capelli.

“Vuoi dirmi cosa hai sognato?”

Dorcas  scosse la testa e si strinse ancora di più al suo petto. Chiuse gli occhi con forza, per impedire a quelle immagini di riempire di nuovo ogni cellula della sua mente. Non era la prima volta che faceva sogni del genere, ma non aveva mai avuto una reazione tanto violenta a quei ricordi.

“Allora di cosa vuoi parlare?” continuò Sirius.

La sentì stringersi nelle piccole spalle e, per un attimo, gli parve che fosse ancora più fragile e indifesa di quello che potesse sembrare. La delicata Dorcas Meadowes e i suoi incredibili incantesimi.

Sirius sospirò.

“Beh, ormai mi hai svegliato, perciò dobbiamo pur far conversazione, no?”

Dorcas si lasciò sfuggire uno strano singulto, a metà tra un singhiozzo e una risata. Si sistemò meglio sul quel letto troppo grande per lei, e sospirò.

“Non ho voglia di parlare…” mormorò.

Non era mai stata brava a dire bugie, ed era certa che Sirius stesse pensando la stessa cosa, perché sbuffò di nuovo.

“Va bene, allora parlo io”.

Dorcas sorrise tra sé. Lui non lo sapeva, naturalmente, ma il suono della sua voce era come un balsamo per lei.

“Conosci la storia di Jack o’ lantern?” chiese Sirius.

Dorcas la conosceva. Quale bambino non aveva mai sentito parlare di quella leggenda, nel mondo dei maghi? Ma non voleva che Sirius si interrompesse, perciò scosse la testa.

Sirius si sdraiò sulla schiena, incrociando le dita dietro la nuca. Dorcas ne approfittò per appoggiare la testa sul suo petto, coperto da una leggera canottiera. Poi lanciò un’occhiata alla piccola zucca intagliata che occupava un angolo della grande finestra: la candela si era già consumata, ed il suo sorriso maligno era appena visibile alla fioca luce della luna.

“C’era una volta” cominciò Sirius. “Un fabbro di nome Jack…

Dorcas chiuse gli occhi e sorrise di nuovo al suono di quella voce.

 

“Era la notte di Ognissanti, e il mondo aspettava, in trepidante attesa, l’arrivo degli spiriti. Jack, famoso per essere un uomo taccagno e malfattore, stava passando la serata in una locanda, a bere e a far baldoria. Qui, ebbe la sfortuna di incontrare il Diavolo in persona, e stava quasi per cedere alle sue lusinghe, confuso dai fumi dell’alcol. Satana, infatti, quella sera era in cerca di anime.

Jack, però, non era uno sciocco, e, in uno sprazzo di lucidità, riuscì a pensare a un modo per salvarsi.

‘Ti darò la mia anima’ disse al Diavolo. ‘Ma prima, perché non ci facciamo un ultimo bicchiere?’

Satana, certo della sua vittoria, accettò di buon grado, e si trasformò in una moneta da sei pence, così da poter pagare l’oste.

Jack, velocemente, riuscì a infilare quella moneta nel suo borsellino.

Il Diavolo provò a tornare alla sua forma originaria, ma Jack, previdente, aveva messo una piccola croce d’argento tra il suo denaro, e Satana non riusciva a contrastare il suo potere.

‘Ti lascerò andare’ disse Jack. ‘Ma devi promettermi che, per dieci anni, non verrai a reclamare la mia anima’.

Il Diavolo accettò.”

 

Sirius si interruppe.

Dorcas, che fino a quel momento era rimasta in silenzio, si voltò verso di lui.

“Perché ti sei fermato?”

Lui sorrise.

“Volevo vedere se eri attenta!” rispose.

Anche Dorcas si aprì in un leggero sorriso.

“Certo che sono attenta! Va avanti, per favore…” mormorò.

Sirius tornò a fissare il soffitto e riprese.

 

“Dieci anni dopo, Jack passeggiava per un’isolata stradina di campagna, quando Satana tornò a cercare la sua anima.

‘Va bene’ disse Jack, inchinandosi. ‘Ma prima, mi aiuteresti a prendere quella mela, là in cima all’albero?’

Satana accettò, certo che non poteva esserci nulla di pericoloso in quella mela; ma Jack, come detto, era furbo e, quando il Diavolo spiccò il salto, estrasse il suo coltellino e incise una croce sulla corteccia dell’albero.

Fu così che Satana rimase bloccato, incapace di raggiungere Jack e la sua anima.

Ancora una volta, Jack gli fece una proposta.

‘Ti lascerò andare, ma devi promettermi che non tornerai mai più a reclamare la mia anima!’

Il Diavolo ci pensò per qualche secondo, ma poi accettò.

Molti anni dopo, Jack morì.

Raggiunse il Paradiso, ma gli venne negato l’accesso a causa della sua avidità e della sua vita affatto retta. Allora si diresse verso le porte dell’Inferno.

Anche Satana però, non poté accettarlo tra i dannati, poiché aveva giurato che non avrebbe mai preso la sua anima.

‘E dove andrò?’ chiese allora Jack.

‘Torna da dove sei venuto’ gli rispose il Diavolo.

La via del ritorno, però, era buia e ventosa.

‘Dammi qualcosa che possa illuminare il mio cammino’ Jack pregò Satana.

Lui, spazientito, gli gettò un carbone ardente nato tra le fiamme dell’inferno.

Per proteggere quella piccola fonte di luce, Jack la ripose in una rapa che stava mangiando.

Da quel giorno, e fino alla fine dei tempi, Jack è costretto a vagare nell’oscurità, cercando la sua strada”.

 

Sirius concluse il suo racconto.

Dorcas si riscosse dal sogno ad occhi aperti nel quale era caduta e incrociò il suo sguardo.

“Sei bravo a raccontare storie…” disse, sincera.

Lui sorrise.

Grazie…” ripose. “Ti è piaciuta?”

Dorcas annuì.

Si sentiva più tranquilla, ora.

“Sai qual è la morale di questa storia?” disse Sirius all’improvviso.

“Quale?”

“Tutte le nostre azioni avranno delle conseguenze. Se in vita ci comportiamo male, allora nella morte sarà peggio. Cento volte peggio”.

C’era una strana nota nella sua voce, sembrava una specie di rassegnata tristezza. Dorcas, colta alla sprovvista da quel tono, si sollevò su un gomito e lo guardò.

“Di chi stai parlando?” gli chiese.

Sirius sospirò.

“Non lo so. Ma credo che tutte quelle persone che hanno scelto la via Voldemort, adesso stiano scontando la giusta pena…

Dorcas era rabbrividita. Nella sua mente, non richiesta, l’immagine di un ragazzo poco più giovane di Sirius.

Regulus…” sussurrò.

Sirius si riscosse.

“Se l’è cercata. Ha sbagliato.” disse, serio. “Sapeva che non sarebbe mai potuto tornare indietro…

Dorcas sapeva che Sirius diceva quelle cose solo per abitudine, per crearsi quella maschera di giustizia e serietà che tutti conoscevano. Tuttavia, non disse nulla: non credeva di essere la persona adatta a dare lezioni a qualcuno.

“Ora vuoi dirmi cosa stavi sognando?” chiese ancora Sirius.

La ragazza si strinse nelle spalle.

Ricordi…” disse, vaga.

Sirius alzò un sopracciglio.

“Ricordi di…?”

Dorcas inspirò profondamente mentre luci verdi e rosse riempivano il suo campo visivo.

“Tutti loro…” mormorò.

Una lacrima sfuggì al suo controllo e si tuffò sulla sua guancia sinistra.

Sirius avvicinò una mano al viso di Dorcas e, con un dito, asciugò quella piccola goccia salata.

Benji, Edgar, Fabian, Gideon… tutti loro…

Sirius capì.

I loro morti. Ecco cosa aveva sognato Dorcas.

Istintivamente la abbracciò, mentre dentro di lei una diga si rompeva e i singhiozzi iniziavano a riempire la stanza.

Dorcas era scossa dai brividi, ma ormai non sarebbe riuscita a fermarsi. Lo sapeva lei e lo sapeva anche Sirius.

Shhhh…” le sussurrava, cercando di calmarla.

Mi… mi dispiace, Sirius. Io…”

Ma lui scosse la testa.

“Non preoccuparti, ci sono qui io…” le disse.

Dorcas riuscì a sollevare lo sguardo su di lui e tirò su col naso.

“Sei sicuro?” mormorò.

“Ma certo” rispose lui, vagamente sorpreso dalla domanda.

“Sei sicuro che non mi abbandonerai come hanno fatto loro?”

Sirius, per un attimo, non seppe cosa rispondere, ma poi gli occhi di Dorcas lo convinsero.

“Sì” disse.

Lei gli sorrise. Fu un sorriso nuovo, inaspettato, che lo colpì nel profondo

Da quanto tempo la tristezza aveva aleggiato su di loro? Da quanti giorni non si sentiva una risata, in quella casa? Per quanto ancora, sarebbero riusciti a sopportare quell’alone di disperazione che dimorava, non voluto, nei loro cuori?

Sirius non avrebbe saputo rispondere a quelle domande, nemmeno se avesse voluto, perché, in quell’istante, accadde qualcosa di ancora più straordinario.

Dorcas si avvicinò al suo viso e lo baciò.

Sirius rimase interdetto da quel gesto e, dopo qualche secondo, la afferrò per le spalle e la allontanò dolcemente.

Dorcas.. ma cosa…?” cercò di dirle.

Lei, però, non sembrava intenzionata ad ascoltarlo e, dopo essersi liberata dalla sua stretta, si gettò di nuovo sulle sue labbra.

E Sirius capì, prima che il sussurro di lei potesse raggiungerlo, il perché di quel gesto infantile e liberatorio.

“Ho bisogno di dimenticare…

La luce della candela tremolò, guizzò e si spense.

 

 

Una settimana dopo, Voldemort in persona uccise Dorcas Meadowes.

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