Addio

di PaNdArAlE
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Mi dispiace ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Mi dispiace ***


Alice non riusciva a crederci. Samuel l’aveva lasciata. Così, all’improvviso, senza un vero motivo, senza una spiegazione. Senza che lei potesse fare niente. Si mise a sedere sul letto, una scatola di fazzoletti in mano, e prese l’album di fotografie rilegato in pelle di drago con incise sulla copertina le lettere S&A. Le lacrime che minacciavano di ricominciare a scendere, lo aprì. La prima fotografia chiaramente Babbana: un neonato con un grosso fiocco celeste sulla culla stava fermo immobile, appoggiato a decine e decine di cuscini. Accanto, una piccola scritta, con l’inchiostro rosa. Samuel Murray, 6 ottobre 1988. Il bambino era grasso, così grasso che le caviglie e i polsi erano rappresentati da un insieme di rivoletti di ciccia. Alice sorrise. Chi lo avrebbe mai detto che sarebbe diventato un adolescente pelle e ossa? Nella seconda foto, una bimba paffutella e vivace agitava una bacchetta di gomma, vestita di un pagliaccetto rosa acceso. La scritta diceva: Alice Cecily Roberts, 1 ottobre 1988. Più avanti, le foto diventavano recenti. Quando si erano incontrati, durante il loro terzo anno a Hogwarts, e si erano innamorati, nonostante le prese in giro dei compagni: lei era una Serpeverde, lui un Tassorosso. Le amiche le dicevano sempre “Almeno non è un Grifondoro, però è sempre un Mezzosangue, ma a lei non importava. Dal primo instante le era piaciuto, da quando aveva visto quella zazzera di capelli castano rossicci, l’incarnato pallido che arrossiva per un niente, le efelidi che gli costellavano le guance e il naso leggermente adunco, i bellissimi occhi verdi, il corpo alto e filiforme, le orecchie a sventola. Lei, invece, era bassa e rotonda, molto formosa, con i boccoli biondi che le arrivavano alla vita, gli occhi di un colore indefinibile a metà tra l’azzurro e il grigio, le labbra rosse e piene che davano alla bocca la forma di un cuoricino. I ragazzi le morivano dietro, non solo per le forme generose, anche per il carattere aperto e scherzoso, il senso dell’umorismo e l’innata dolcezza. Ma lui la aveva stregata. Non le aveva mai chiesto formalmente di uscire: facevano parte dello stesso gruppo di amici, ed era capitato che un pomeriggio, durante una pazza gara sui manici di scopa, lei lo aveva baciato (se avesse aspettato lui, sarebbe rimasta sola a vita!) e si erano messi insieme. Le foto nell’album li ritraevano in tutte le pose possibili: a Hogsmeade, con gli amici, mentre lui le porgeva un enorme zucchero filato, alla partita di quidditch, a scuola, nel mondo babbano intenti a fare shopping o in visita alla famiglia di lui, con la famiglia di lei e i suoi fratelli. Ne avevano fatte di cose insieme! Senza contare che erano sopravvissuti all’odio dei suoi genitori: una famiglia di purosangue come pochi, Mangiamorte, detestavano Samuel per le sue origini. Durante la Seconda Guerra, lei aveva combattuto con l’Ordine per salvare il suo amore e, ad un certo punto, anche la sua famiglia: i suoi fratelli, infatti, tutti Grifondoro, erano stati rapiti proprio dagli amici dei loro genitori! Alla fine della guerra, i signori Roberts avevano chiesto scusa ad Alice e Samuel, oltre a fare ammenda al Ministero, ed erano tra i pochi ad essere stati perdonati. Un ticchettio sulla porta riportò Alice bruscamente alla realtà. Chiuse l’album e andò ad aprire: era Monique, la sua coinquilina. - Petite, cosa è successo? - Adesso non me la sento, Monni, grazie… Lei le diede un buffetto affettuoso sulla guancia. -Quando vuoi, vieni di là, va bene? Stiamo cuscinando la cena… Alice sorrise: il suo rumeno era molto arrugginito, ma quello di Monique era esilarante! Sorrise e annui. Ma sapeva già che non sarebbe andata: le era passato l’appetito! Cosa che poteva anche passare per una benedizione, perché, tra una cosa e un’altra, da quando aveva fatto quelle prime foto quattro anni prima, ne aveva messi su di chili! Almeno una decina… Andò a sedersi di nuovo sul letto. Lasciò gli occhi liberi di vagare per la stanzetta a malapena arredata; non che ci volesse tanto: era così piccola che c’entravano a malapena lei, il suo baule, un lettino microscopico e la caricatura di un caminetto, nel quale le fiamme guizzavano allegre. La sua stanza. Le veniva da piangere a pensarci. Eh già, perché Alice non era a casa, no: era in Transilvania, per un viaggio-studio della durata di tre anni, dopo i quali sarebbe potuta finalmente tornare a casa e insegnare Difesa Contro le Arti Oscure a Hogwarts. Come le mancava… Lei e Samuel avevano fatto i loro M.A.G.O. quell’estate e, naturalmente, Alice aveva ottenuto il massimo in quasi tutto, condizione inappellabile per poter partire per il viaggio della sua vita. Samuel non era mai stato a favore della partenza, sembrava non capire che era fondamentale per la sua carriera, per il suo sogno, ma lei aveva insistito tanto che, alla fine, sembrava averlo accettato anche lui. Lui, che studiava Cura Delle Creature Magiche poco lontano da casa, e aveva ancora vicino tutti: gli amici, la famiglia, gli insegnanti, la scuola. Lei era da sola, in un posto che non conosceva e le faceva paura, alle prese con studi difficilissimi, senza mamma e papà, senza fratelli, senza famiglia, senza amici, senza nessuno, e ora, anche senza lui. Già, perché lui era apparso nel caminetto, quel giorno, all’ora stabilita, ed era sembrato perfettamente normale. Ma poi le aveva detto, con l’aria di uno che vorrebbe tanto essere da un’altra parte: - Senti, Ali, io così non ce la faccio più. Mi sembra di essere fidanzato con Acero- a questo punto, il gufo fulvo aveva lanciato un grido di disapprovazione- o con questo caminetto. Io non posso venire a trovarti, lo sai, devo studiare, e tu puoi venire solo ogni tre settimane. Non ce la faccio, mi manca qualcosa. Inoltre, non credo di essere più innamorato di te. - Ma, Samuel… fino a ieri andava tutto bene! Dimmi perché, come mai all’improvviso… E poi, che vuol dire non mi ami più? Non ha senso! Questa storia non ha senso! TU non hai senso! Aveva perso la testa, aveva iniziato ad urlare, a piangere, a tirare cose tra le fiamme. Quando lui non aveva ritirato niente di quello che aveva detto, allora si era spaventata: aveva iniziato a pregare, a implorare, a singhiozzare. Quando neppure questo lo aveva smosso dalla sua decisione, Alice si era sentita il mondo crollare sotto i piedi. Samuel non era MAI rimasto indifferente davanti alle sue lacrime, fin dal primo giorno della loro storia; lei lo sapeva e, ogni tanto, ne aveva anche approfittato. Ma non si aspettava che, nel momento in cui ne avrebbe avuto più bisogno, lui se ne sarebbe andato, come aveva fatto: era sparito all’improvviso dalle fiamme, lasciandola sola con il suo dolore. * Dopo due mesi, Alice soffriva ancora come dopo due giorni. Aveva provato ad uscire con altri ragazzi, ma non era servito. Nessuno di loro le dava le stesse cose, le faceva provare le stesse sensazioni: stare con Samuel era come mettere per la prima volta i piedi per terra dopo un lunghissimo viaggio con la Firebolt alla massima velocità; destabilizzante e, allo stesso tempo, rassicurante, come tornare a casa. Era eccitante e tranquillizzante allo stesso tempo. E lei era innamorata, ancora, e non sembrava esserci via di uscita. Poi aveva conosciuto Lui. Era diverso da tutti, forse perché non era umano. Era parte dei suoi studi, doveva analizzarlo e scrivere un saggio su di lui. Le sue amiche e compagne di classe lo avevano studiato sbrigativamente e poi si erano allontanate. Lei no, era rimasta in sua compagnia per re, aveva addirittura imparato a comunicare con Lui. Non a parole, certo, con uno strano linguaggio a metà tra gesti e suoni, ma funzionava alla grande! Le sue amiche non erano affatto contente. Soprattutto Monique. - Alice, stai facendo amicizia con l’unica creatura che ha fatto svenire anche Harry Potter! Ti rendi conto? Se l’eroe del nostro mondo temeva quelli come lui, ci dovrà pur essere un motivo! Ma non ti senti morire ogni volta che ti avvicini? Non la senti la disperazione che emana? Ebbene si: Alice aveva fatto amicizia con un Dissennatore. Ma su di lei non aveva effetto: Alice aveva perso la voglia di vivere quando un ragazzo con gli occhi verdi e il naso adunco era scomparso dal suo caminetto, una mattina di due mesi prima. E non sentiva l’angoscia e la paura che il Dissennatore emanava, perché era costretta a combattere con quei sentimenti ogni giorno, perché li trovava dentro di lei. Un giorno, lui le disse, con il loro linguaggio speciale: “Alice, io non posso provare sentimenti, ma verso di te sento la cosa più vicina al bene che si possa provare. So quanto sei triste, lo vedo dai tuoi occhi: è come se la vita ti avesse abbandonata. Però, allo stesso tempo, stai soffrendo come non mai… Io posso fare qualcosa per aiutarti, sai? Quello che tutti temono, il famigerato “Bacio dei Dissennatori”, per te sarebbe una liberazione… Non avresti più sentimenti, quindi non soffriresti più… Saresti libera, leggera come l’aria, senza preoccupazioni. Non darmi una risposta ora: pensaci. Tutta la notte. Domani dovrei partire, per tornare a fare la guardia in quel posto terribile che è Azkaban. Se vorrai, ti darò il mio bacio, e partiremo insieme. Altrimenti, dovrai lottare per sconfiggermi e mandarmi via, perché io ti voglio portare con me. Ci vediamo alle sette, qui, sotto il salice, dove abbiamo passato tanto tempo insieme. Dove, per la prima volta, mi sono quasi sentito umano.”. Lui era andato via, e Alice era tornata in camera. Qualche mese prima, non avrebbe avuto dubbi su cosa rispondere. Le sue amiche avrebbero detto che qualsiasi persona normale non avrebbe avuto dubbi, ma loro non capivano. In un attimo, lei aveva perso tutto. Insieme a Samuel aveva perso una vita intera: quella che avevano progettato insieme, con tutti i dettagli, dove sarebbero andati a vivere, lavorare a Hogwarts insieme, perfino il nome dei loro futuri bambini. Tutto. La casa per le vacanze, quella normale, la barca che avrebbero avuto (lui era fissato con quelle babbane…) le città che avrebbero visitato, le feste che avrebbero organizzato per gli amici. Il matrimonio! Avevano addirittura già fatto la lista… No, loro non capivano Alice, perché dopo quattro anni con una persona, finisci per perdere un po’ di te stessa e prendere un po’ di quella persona. E se questa si allontana da te, beh, fa male, tanto male, da morire. Alice andò a dormire, e quella notte ebbe un sonno agitato, terribilmente agitato…

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


… Era mattina, finalmente. Non era riuscita a dormire per niente… tanto per cambiare. Non dormiva ormai da mesi. Le ombre scure sotto gli occhi erano diventate una costante, come anche le cose che indossava: sciatte, senza preoccuparsi se fossero macchiate o meno, se fossero stirate o meno, penzoloni sul suo corpo, come a coprire le sue forme, a nascondere quel po’ di grasso in più che aveva messo nonostante non mangiasse, per tutto lo stress e la cioccolata. La pelle, solitamente liscia come porcellana, dava segni di brufoli qua e là. I capelli erano un disastro: non ricordava l’ultima volta che li aveva pettinati, figuriamoci lavati… Al momento, non ricordava neanche l’ultima volta che aveva fatto una doccia… Ma cosa importava? A chi importava?
Alice si avviò verso il suo albero. Lui non c’era. Si sedette ad aspettarlo, e iniziò a pensare a che cosa avrebbero detto le persone che la amavano.
La sua famiglia… Sarebbero stati tristi, si, ma lei aveva altre due sorelle e un fratello che potevano renderli immensamente più felici, quindi non si sarebbero disperati per molto. E loro, beh, loro avrebbero avuto l’un l’altro, sarebbero rimasti uniti, non se la sarebbero neanche ricordata più tra qualche anno, la loro sorellina-ombra, che era andata via di casa prima che loro potessero davvero conoscerla.
Sua nonna la avrebbe rimpianta, se non altro per aver qualcuno con cui conversare, a cui mandare lunghissime lettere via gufo, a cui spiegare antichi e complicati incantesimi e pozioni. Ma si sarebbe consolata: le altre nipoti stavano crescendo, avrebbe trovato qualcuno che prendesse il suo posto.
I suoi amici… Per quanto le costasse ammetterlo, non era mai stata l’anima della festa, quella senza la quale non si vive. Quindi loro sarebbero andati avanti. Certo, gli sarebbe mancata, dopotutto era loro amica da anni, ma si sarebbero stretti ancora un po’ e sarebbero andati avanti… Era già successo, quando avevano perso Seamus… poi Ivonne… per colpa di una malattia che non perdona e che nessun incantesimo è in grado di curare.
Lui stava arrivando: il mantello scivolava lento sul prato, sollevando le foglioline cadute dagli alberi, ondeggiando leggero nella brezza mattutina. La salutò, lei sorrise.
Cosa hai deciso?”
Lei gli porse il viso. Lui si tolse il cappuccio. Lei chiuse gli occhi.
L’ultimo pensiero di Alice fu per Samuel, e di nuovo il dolore le chiuse il petto in una morsa: avrebbe sentito la sua mancanza?
Poi, in un soffio di vento, via. Nulla.
Adesso era una bellissima bambola. I suoi stupefacenti occhi erano vacui, le labbra leggermente dischiuse, i capelli dispersi nella brezza.
E non provava nulla. Non era più schiava del dolore, della rabbia, della frustrazione, della paura. Era libera. Un vago sorriso le distese le labbra, mentre una farfalla passava davanti ai suoi occhi, le ali colorate che si muovevano veloci. Lui le prese la mano, costringendola ad alzarsi. Lei iniziò a seguirlo, priva di volontà.
Senza preoccupazioni, senza problemi, senza paure.
Senza speranze, senza sogni, senza futuro.
Senz’anima. 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


… Si era vestita con attenzione: i pantaloni neri erano elastici e abbastanza larghi da permetterle libertà di movimento nel caso ne avesse avuto bisogno durante il combattimento. La maglietta era invece stretta, come la felpa, per evitare che la bacchetta o il braccio restassero impigliati in lembi di tessuto svolazzanti. I capelli, appena lavati sotto la doccia gelida che aveva fatto per tonificare il corpo e prepararlo all’azione, erano raccolti in una coda di cavallo. Si guardò un attimo nello specchio prima di uscire: era pronta.
Lumiera già lì, sotto il suo albero. Appena la vide, sembrò sapere cosa lo aspettava: da lei irradiava rabbia, dolore e frustrazione, ma più di tutto aggressività.
Alice aveva deciso che non intendeva perdere l’anima, ma che non poteva continuare così. Aveva deciso quindi, dal momento che Lui si era offerto di aiutarla, che sarebbe stato proprio lui la cavia sulla quale avrebbe sfogato la sua aggressività repressa. Sorrise malevola.
Lui le si avvicinò il mantello frusciante ad ogni passo.
Cosa hai deciso?”
Lei sfoderò la bacchetta. Lui iniziò a succhiare aria, con quella enorme e mostruosa cavità che aveva al posto della bocca.
Lei attaccò, ancora e ancora, non si limitò ad usare il Patronus, no, gli scagliò contro tutti gli incantesimi e le maledizioni che aveva imparato in quel posto, incluse alcune di quelle che lei e le sue compagne avevano inventato dopo averlo studiato.
Non c’era speranza: per quanto lui si muovesse veloce, lei lo era di più. I raggi multicolore fuoriuscenti dalla sua bacchetta erano ovunque: non c’era scampo.
Lui si sentiva in trappola. Era in trappola.
E lei lo sapeva.
Lo uccise, senza pietà. Di lui non rimase che polvere. Grigia, inconsistente.
Alice si girò verso casa, pronta a riprendere in mano le redini della sua vita. Pronta a sterminare tutti gli ostacoli che le si paravano davanti con la stessa ferocia e determinazione con cui aveva ucciso quella creatura che pria era sua amica.
“Mi ha costretta lui: aveva specificato che, se non avessi acconsentito al bacio, avrei dovuto lottare. E ho lottato. Ho vinto!
Con un sorriso trionfante, si avviò verso la sua stanza. 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


La magisveglia sul suo comodino iniziò a ticchettare, e Alice non poté fare a meno di alzarsi. Si guardò nello specchio, e vide che le sue occhiaie erano ancora più profonde: colpa della nottata tremenda, senza dubbio. Dio, che incubi…
Certo, si era vista catapultata nelle esagerazioni di entrambe le scelte che poteva fare. E adesso era sicura, come non lo era da tempo.
Entrò nella doccia, ci rimase per mezzora: l’acqua calda che scivolava sulla pelle, le bolle magiche che la avvolgevano tutta con un profumo penetrante, RSN (radio strega network) che trasmetteva un pezzo carico di energia. Quando uscì, si sentiva un’altra.
Prese dall’armadio i vecchi jeans, i suoi preferiti, quelli ai quali aveva attaccato le perline ad una ad una, insieme alle spille da balia, ai fini di cotone e ai ricami, tutto fatto a mano da lei stessa. Erano il suo tesoro, quei jeans! Infilarli era come…come entrare nell’abbraccio di una persona che conosci e che sai che non ti tradirà mai. MAI. Alice sorrise a quel pensiero. Stupido, sentirsi felici per la fedeltà di un paio di jeans…
Legò i capelli in un nodo alla base della testa, mise una delle sue girocollo preferite e la sua fellona, quella che da anni le teneva compagnia nei momenti “no”, ma anche nei momenti ”hurrà” e nei momenti “ho solo voglia di coccole” e… insomma, un pò in tutti i momenti!
Si avviò verso il suo albero e, mentre arrivava, vide Lui che scivolava silenziosamente verso di lei. Gli sorrise. Oggi doveva ammettere che sentiva un po’ di freddo, in effetti, a stargli vicino. Ma non era ancora spiacevole.
Cosa hai deciso?
Lei gli sorrise, poi disse:
“Mi dispiace, ma non posso venire. Ho una vita davanti, qui, e tante altre persone alle quali voglio bene. Inoltre, c’è una persona alla quale devo molto, e non posso farle questo, non adesso che sono arrivata qui.”.
Chi?”
“Me stessa.”
Ti lascio andare. Non intendevo dire sul serio, quando ti ho detto che avresti dovuto lottare per convincermi. Era solo per farti riflettere attentamente. Sai, se potessi provare emozioni, ti direi che sono felice della tua scelta. E ti confesso anche un’altra cosa: non ho mai invidiato gli esseri umani, mai, in tutta la mia vita. Ma li sto invidiando ora.”
Detto questo, si voltò e iniziò a scivolare lentamente via, verso l’orizzonte.
Alice si voltò, nella direzione opposta, e corse; arrivata alla porta della casa, salì le scale a due a due, aprì la porta della sua stanza e iniziò a trafficare con i cassetti e l’armadio. Quando uscì, in una mano reggeva la Firebolt, nell’altra una foto: lei e Samuel, qualche mese prima, nel posto dove si erano giurati eterno amore.
Scese in cortile, montò a cavallo della scopa e partì. Il vento che fischiava nelle orecchie, giocava con i suoi vestiti, cambiava la sua direzione. Le nuvole che la avvolgevano e la liberavano, come incostanti compagne, per un gioco senza spazio né tempo. I raggi del sole che le toglievano la vista e poi gliela restituivano, nascondendosi dietro una nuvola. Tutto ciò che aveva intorno era così magico.
Non poteva fare a meno di pensare: cosa sarebbe successo se avessi lasciato che mi baciasse? Dove sarei ora? Come sarei ora?
Rabbrividì.
Iniziò a volare più veloce, prestando più attenzione al panorama, finché trovò quello che cercava: UN laghetto blu, perfettamente incastonato tra le montagne verdi, le acque leggermente increspate dalla brezza, gli albero e le cime che si specchiavano nelle sue profondità. Alice rallentò, mentre lo sorvolava.
Iniziò a trafficare con le tasche, poi tirò fuori la fotografia.
Con metodica precisione, la tagliuzzò con le dita in tanti minuscoli quadratini, ciascuno un pezzo della loro storia, un pezzo della sua vita.
Poi esattamente al centro del lago, scendendo lentamente, fino ad arrivare ad una decina di centimetri dall’acqua, e contemporaneamente gettando i quadratini che aveva in mano.
Allungò un dito, per toccare l’acqua. Una lacrima cadde ad increspare la superficie.
-Addio…
Poi risalì, alta nel cielo, e volò a casa.
…Domattina Alice non sarà felice, non incontrerà il Principe Azzurro, non troverà Harry potter ad aspettarla vicino al tavolo della colazione. Soffrirà ancora, e molto. E si sentirà sola, forse più di prima, perché il Dissennatore se ne è andato. Ma ha reagito. E non importa se tra una settimana, un mese un anno: un giorno, Alice si sveglierà la mattina e sorriderà perché il sole è alto nel cielo, e non avrà più nello stomaco quel peso enorme, e non penserà “Samuel… cosa fa, dov’è, con chi, oh-mio-dio”. E sarà libera. Come lo è stata nel volo di ritorno verso casa. Come lo è stata quando ha deciso di non arrendersi, e di continuare a combattere la sua battaglia. Perché la vita non è solo felice, non è sempre giusta, e non è mai facile. Ma è la vita, ed è tutto quello che abbiamo. Impariamo a darle il giusto valore…
  

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