Adoration

di Laverne
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. Still It Has Only Just Begun ***
Capitolo 2: *** II. Hope ***
Capitolo 3: *** III. Of Keeping the Fire Down ***
Capitolo 4: *** IV. I Make the Mistake ***



Capitolo 1
*** I. Still It Has Only Just Begun ***


I.

Still It Has Only Just Begun

 

Hermione riavvolse l’ultimo rotolo di pergamena e tirò un sospiro di sollievo: finalmente il blocco di pozioni era terminato, dopo quella che era parsa sembrare una sadica tortura senza fine.

Piton quel giorno doveva essersi svegliato con entrambi i piedi storti: era bastato solo uno starnuto di Neville per far perdere cinque punti a Grifondoro; e poi, quando aveva cominciato ad accanirsi contro Harry e Ron, beh, aveva semplicemente perso il conto.

Lanciò un’ultima e insoddisfatta occhiata alla pozione che stava preparando, ripromettendosi di fare nuovi controlli in biblioteca dopo cena; persino il preparato di quel giorno era stato di una difficoltà tale da metterla in crisi.

Libri sottobraccio, si alzò dalla sedia e si accinse ad abbandonare l’aula ormai vuota se non per lei e Malfoy.

Non poté non trattenere un’espressione di stupore: il Serpeverde era di solito uno di quelli che, non appena potevano, se la davano a gambe levate. Invece se ne stava lì, immobile come una statua; aveva già avuto modo di notare che persino durante la lezione il ragazzo sembrava essere entrato in uno stato catatonico, con lo sguardo che fissava un punto imprecisato di fronte a sé.

Non che la cosa le importasse più di tanto, ma Malfoy ultimamente si comportava davvero in modo strano. Tanto per dirne una, durante tutta la giornata non le aveva involto un insulto che fosse uno. Meglio così, dopotutto: meno stress per pensare a qualcosa di acido da rispondergli di rimando.

Con un’alzata di spalle e altri crucci per la testa, se ne andò.

 

***

 

Draco aspettò che la Mezzosangue si dileguasse, per poi alzarsi a sua volta e incamminarsi verso il suo dormitorio.

L’aveva rifatto, di nuovo: era rimasto ad aspettare che la ragazza riordinasse le sue cose, l’aveva osservata con la coda dell’occhio, aveva impresso nella memoria ogni suo minimo gesto, ogni infimo dettaglio.

Dalla sottile ruga che le increspava la fronte, alla mano che cercava in continuazione di sistemare una ciocca ribelle di capelli dietro l’orecchio; dalla macchia d’inchiostro che le aveva macchiato la mano mentre riavvitava la boccetta, allo sbuffo d’impazienza quando la pozione aveva cominciato a sfuggirle di controllo; aveva notato tutto, aveva catturato quei frammenti preziosi che avrebbe custodito come un importante tesoro, celato e nascosto.

Si sentiva un po’ come uno di quei maniaci che spiano in gran segreto le abitudini della propria vittima e al contempo come Sir Francis Peterarch, il poeta preferito di sua madre, che riusciva a divinizzare nei suoi versi anche l’aspetto più banale e insignificante della vita quotidiana della sua musa inspiratrice. Non era mai stato un gran romantico, ma le emozioni che gli vibravano nel sangue erano intense esattamente come quelle che provava quando leggeva quei poemi.

Era un calore che aveva sperimentato solo quando sua madre lo aveva abbracciato con tenerezza per consolarlo, un semplice gesto che lo aveva sempre fatto sentire protetto e amato.

Era amore, sebbene solo materno.

Quanto gli sarebbe piaciuto che fossero invece proprio le braccia di Hermione a cingerlo affettuosamente! Magari in una gelida notte d’inverno davanti a un camino, in una stanza illuminata solo dal bagliore del fuoco, accoccolati su un morbido divano e avvolti da una soffice coperta di cachemire, mentre al di fuori imperversava una bufera di neve.

Era talmente assorto nei suoi pensieri che le gambe lo guidavano da solo lungo i corridoi scarsamente illuminati del sotterraneo e si accorse della presenza di un ragazzino del primo anno solo quando ci andò a sbattere contro.

“E levati dai piedi!” esclamò, in un modo talmente brusco e aggressivo che il ragazzino se la diede a gambe levate.

Gli ultimi passi echeggiarono nel corridoio, che sprofondò di nuovo nel silenzio.

Draco si appoggiò alla parete e si passò con stizza una mano tra i capelli.

Ma cosa gli stava succedendo? Per Merlino, quante volte si era ripromesso di togliersela dalla testa? Dieci, cento, mille volte? Si era ripetuto un’infinità di volte che Hogwarts era piena di ragazze interessanti, molto più belle e con più qualità di lei.

Prendi per esempio Daphne Greengrass: alta, anella, carina, lineamenti dolci e sottili, modi eleganti e raffinati, purosangue e… e poi che cosa? Aveva una voce un po’ stridula e non aveva nessun altro hobby che non fossero i vestiti e lo spettegolare con le amiche.

La cosa che più lo urticava era poi il fatto che ogni volta che lo vedeva, si metteva la mano davanti alla bocca per celare, e peraltro malissimo, un sorrisino, sbattendo delicatamente le ciglia con fare da cerbiatta, per poi correre dalla sua cricca e ridacchiare dell’intera situazione.

Invece Lei era diversa.

Lei era stata l’unica ad avere il coraggio di assestargli un pugno, quando nemmeno suo padre era arrivato ad allungargli le mani, nemmeno quelle poche volte che lo aveva fatto veramente infuriare; quella ragazza aveva una verve non comune, ma era anche la dimostrazione che non fosse un caso che fosse finita a Grifondoro.

E senza i denti da castoro non era poi così male. Al Ballo del Ceppo aveva poi saputo dimostrare che con un po’ di volontà, sapeva anche lei che cosa fosse la femminilità. Immagini del Ballo gli riaffiorarono alla mente, quando l’aveva vista con quell’abito blu pervinca ed era rimasto veramente senza parole.

L’unica cosa sbagliata di tutto questo era che lei fosse una Mezzosangue, maledizione!

Perché si era innamorato di lei?

“Chi disprezza, compra”, aveva sentito dire una volta. E a quanto pare era proprio un detto che faceva al caso suo. Forse era proprio stato quell’episodio del pugno, a instillare in lui una punta d’interesse nei confronti della Grifondoro, punta che poi aveva cominciato ad allargarsi a macchia d’olio, senza quasi che lui ci potesse fare niente.

Il suo cuore batteva per una donna che non poteva avere e che lo odiava fino al midollo; figurarsi se avrebbe mai potuto ricambiare i suoi sentimenti.

E anche se questo fosse stato possibile, avrebbe significato un alto tradimento verso i suoi genitori. No, gli era inaccettabile pugnalare alle spalle le persone che, per anni, si erano prese cura di lui e gli donavano ogni giorno così tanto.

 

Destino bastardo.

 

Avvertiva l’emergenza sempre più forte di liberarsi di quei sentimenti al contempo masochisticamente dolorosi e piacevoli.

Non poteva rovinarsi la vita così.

 

Dimenticala.

Come se fosse facile.

 

***

 

La Sala Grande era una bolgia di voci concitate e di posate che tintinnavano contro piatti che venivano svuotati da studenti-locuste.

E, in barba a Merlino, Draco si ritrovò nuovamente a spiare la Grifondoro, che stava mangiando in compagnia di Potty e Piattola-Weasley.

Weasel le sedeva di fronte, e a giudicare dalle mulinate delle braccia e dell’espressione annoiata di lei, la stava probabilmente stressando con qualche discorso sul Quiddich.

Vide Hermione afferrare una pagnotta e spezzarla in due, per poi allungare la metà più grossa a Weasley, che nel prenderla le sfiorò la mano.

Sentì un improvviso bruciore di stomaco e la fame era misteriosamente scomparsa.

 

Invidia.

 

Ritornò bruscamente alla realtà, quando sentì qualcosa picchiettare sul suo braccio: l’indice di Daphne.

“Ehi, Draco, tutto bene? È da mezzora che stai fissando il tavolo dei pezzenti.”

“Stavo pensando che è da un po’ di tempo che non complichiamo la vita ai Grifondoro. Sempre e solo insulti o al massimo spintoni… mi sto annoiando.”

Sperò che la sua scusa suonasse abbastanza credibile e non raffazzonata alla bell’e meglio. Ma le reazioni che ricevette, lo rassicurarono: Tiger e Goyle ingurgitarono in fretta e furia il boccone che avevano in bocca per poi grugnire in segno di assenso; persino Pansy Parkinson, che era tutta concentrata nella lettura del “Daily Witch,  manuale della strega à la mode”, si fermò per un attimo e proferire un saggio consiglio.

“Beh, in quella casa c’è un vasto assembramento di allocchi. Prendi, Paciock, per esempio. Quello non se lo fila nemmeno la più svampita cretina di Tassorosso. Perché non scrivergli anonime lettere d’amore, piene di cavolate sdolcinate del tipo ‘Zuccherino, mi chiedo come non ho fatto a notarti prima’ oppure ‘ ti sogno giorno e notte, sono pazza di te’. Poi, quando il manzo è cotto, lo invitiamo ad un appuntamento al buio nei pressi della Foresta Proibita e lo facciamo incontrare con una deliziosa trollessa in calore. Questa è la stagione giusta!”

Tutti scoppiarono a ridere fragorosamente e Draco stesso sembrò dimenticarsi per un momento del suo mal d’amore e ritrovare il buonumore.

Mentre riprendeva a mangiare, un tarlo cominciò ad aprirsi un varco sempre più grande nel suo cervello: l’idea di Pansy, se giustamente corretta, poteva non essere poi così male.

Se avesse scritto delle lettere anonime alla Granger, la sua identità sarebbe rimasta celata, ma almeno ciò che provava avrebbe trovato un veicolo di espressione.

Finché i suoi sentimenti restavano così protetti, i messaggi di un ammiratore innamorato non potevano nuocere a nessuno, nemmeno alla sua immagine.

Ma avrebbe potuto finalmente dar forma al suo cuore, forgiandolo con parole vergate d’inchiostro.

Doveva assolutamente correre in biblioteca e reperire tutte le informazioni possibili su incantesimi mascheranti e devianti, non vedeva l’ora di mettere mano alla penna di pavone e di scrivere, ancora non sapeva cosa, ma era certo che tutto sarebbe venuto spontaneamente.

 

(continua…)

***

 

Beh, che dire, dopo anni che non scrivo, mi fa strano tornare con questa storia. Si può dire che sia una specie continuazione di Insomnia. La cosa più difficile sarà nel rendere la difficoltà di questo amore, senza mandare Draco in OOC. Spero ovviamente di riuscirci!

Ringrazio tantissimo chi ha commentato il mio precedente lavoro, spero di aver fatto qualche progresso e che la lettura sia piacevole! ^_^

Tutti i titoli dei capitoli e della storia stessa saranno ispirati alle canzoni dei Mortal Love, una delle mie band preferite.

Spero di riuscire ad aggiornare presto, devo studiare per gli ultimi esami!

Un saluto da

 

Laverne

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Capitolo 2
*** II. Hope ***


II.

Hope

 

Tutto sommato non era stato poi così difficile trovare i libri sull’argomento che stava cercando; il problema era stato cercare di recuperarli dallo stesso scaffale a cui la Granger sembrava interessata.

Quando era entrato in biblioteca, aveva notato un tavolino con una fortezza di libri pericolante e aveva dedotto che fossero della ragazza: non aveva visto nessun altro studente a Hogwarts leggere in contemporanea tutta quella roba se non forse in periodo di esami.

Convinto che lei fosse abbarbicata là dietro, veloce come il vento si era diretto verso il catalogo e aveva cominciato a sfogliarlo con talmente tanta incuranza, che fu trafitto più volte dagli sguardi omicidi della Pince.

E poi era cominciata la volata verso gli scaffali e lì si era interrotto bruscamente, non appena l’ebbe identificata, schizzando bruscamente in un passaggio che portava alla fila di mobili successiva.

Malfoy, quanti anni hai? Giochi ancora a nascondino? Esci fuori di là, o hai paura di trovarti faccia a faccia con una Mezzosangue?”

Sterco di unicorno! Non sapeva cosa fosse questo “nascondino”, ma l’aveva colto in flagrante. Uscì allo scoperto e le si parò di fronte.

Era buffa. Con una matita aveva cercato di intrappolare la massa ingarbugliata di capelli che di solito le cadeva sulle spalle e il risultato lasciava molto a desiderare: intere ciocche cadevano alla rinfusa e altre sembravano schizzare in alto come se qualcuno l’avesse fulminata con la bacchetta.

Avrebbe potuto soffermarsi ore e ore a guardarla, ma la priorità al momento era un’altra: interpretare il ruolo di Draco Malfoy.

Inventati qualcosa di acido da risponderle!

“Sai Granger, mi sono nascosto perché potrei morire di paura se ti vedessi in faccia. Medusa!”

“Non moriresti di paura ma per pietrificazione!” sottolineò la ragazza, con fare petulante “E se ti si paralizzasse la lingua, sarebbe un bene per l’umanità.”

“Allora per fortuna nessuno ti si può avvicinare, così la probabilità che nascano altri sangue misto si abbasserà.”

Hermione lo stava squadrando con odio. Con un minimo di consolazione, pensò che stava recitando la sua parte con perfezione. Avrebbe potuto avere un futuro come attore.

“Se continuerai a riprodurti con i tuoi amichetti Purosangue, alla fine si manifesteranno parecchie tare genetiche. Già si può vedere il meraviglioso risultato che ho qui di fronte a me. Furetto senza cervello.”

Male.

Faceva molto male, sentirla parlare così.

Pur essendo cosciente che stava prendendo parte a un copione di quotidiano a cui avrebbe voluto mettere la parola fine, si preparò a controbattere; ma una volta tanto la fortuna fu dalla sua.

“Mi sono rotta di sprecare il mio prezioso tempo con te, sottosviluppato. Vado a studiare, che è meglio!”

“Fila, Mezzosangue! Dove passi tu, l’aria è talmente viziata che chiunque potrebbe morire di asfissia!”

“Cambia bagnoschiuma!” furono le ultime parole di Hermione, prima che questa si dileguasse.

Accertato che la ragazza non tornasse, si affrettò a prendere i libri che gli servivano e cercò un posto a sedere che fosse lontano alla vista di altri frequentatori della biblioteca. Nessuno doveva vedere cosa stava leggendo e tantomeno non voleva inventare spiegazioni assurde: in nessuna materia si era trattato dell’argomento e nessuno gli avrebbe creduto se avesse detto che era solo una lettura di cultura generale.

Doveva fare in fretta, prima che la Pince lo sbattesse fuori. Era più sicuro non prendere nulla in prestito, già immaginava la Grifondoro spulciare l’elenco prestiti per vedere se qualcuno avesse cercato qualcosa a riguardo.

Prudenza, prima di tutto.

Già scrivendole si sarebbe parzialmente esposto, perlomeno aveva il sacrosanto dovere di farlo come Merlino comandava.

Si mise all’opera, annotando sulla pergamena tutti gli incantesimi e le pozioni che gli servivano: la dissimulazione calligrafica era sempre buona cosa e l’esecuzione della magia non era così complicata.

Il pandemonium, poi, era senz’altro geniale: chi avesse cercato di ricavare informazioni dall’uccello messaggero, avrebbe ricavato solo informazioni del nome della nazione di spedizione e la specie che l’aveva scritto. Già si immaginava un bel “Inghilterra, Umano” tradotto dal gufo della scuola.

Addirittura era riuscito a scovare un filtro utilissimo da spruzzare sulla pergamena, in modo da rendere anonimi sia il tipo di materiale usato, sia il fabbricante; non solo, ma con un dosaggio di betulla e polvere di petali di crisantemo, si poteva mascherare pure l’origine dell’inchiostro.

L’indomani avrebbe cercato di soffiare alcuni ingredienti dall’aula di pozioni, mentre alcune erbe le avrebbe sottratte dalle serre di Erbologia.

Osservò soddisfatto le annotazioni scritte e quando la Pince arrivò per cacciarlo dal suo posto, riuscì a farlo senza lanciarle maledizioni mentali.

Lanciò un’occhiata fugace alla postazione della Granger e vide che era già sparita, insieme al suo cumulo di tomi.

Fece d’un soffio il percorso per arrivare al dormitorio e si infilò sotto le coperte, sorridendo per la geniale idea e pregando che l’indomani arrivasse presto.

 

***

Un tocco delicato e gentile gli stava sfiorando la pelle del volto, come la carezza morbida di una piuma.

Aprì lentamente gli occhi e focalizzò Daphne Greengrass, che gli sorrise dolcemente.

“Se non ti dai una mossa, la colazione la salti!”

“Non si usa più dire ‘buongiorno’ per salutare le persone?” bofonchiò lui di risposta, scostando le coperte e mettendosi a sedere sul bordo del letto.

Daphne si sedette al suo fianco e continuò a fissarlo, come se si stesse aspettando qualcosa.

“Per la Barba di Merlino, ma cosa ci fai tu nella camerata dei maschi?” esclamò il Serpeverde, che finalmente aveva fatto ritorno dal mondo dei sogni.

“Ho bisogno di parlarti” rispose lei, senza staccare gli occhi dai suoi.

“E non potevi aspettare fino alla pausa pranzo?” chiese un po’ scocciato.

“A dire il vero ho atteso fin troppo. Ti devo parlare ora.”

Draco non proferì parola, una parte di lui aveva capito quello che la ragazza voleva dirgli, ma sperò profondamente di essere in errore.

Daphne distolse lo sguardo da lui e arrossì lievemente, cominciando a dondolare le scarpe con fare nervoso.

“Ecco, non posso negare che, come dire, hai un certo ascendente su di me.”

Malfoy deglutì; se avesse potuto, se la sarebbe filata a gambe levate per correre a nascondersi nello sgabuzzino delle scope.

Cercò invece di mantenere uno sguardo impassibile e curioso per non mettere la ragazza a disagio più di quanto già non lo fosse.

“Sì, insomma, mi piaci.”

Il volto di Daphne era paonazzo e lui stesso stava cominciando a sentirsi male.

Calò un silenzio imbarazzato, interrotto dal ticchettio delle scarpe della ragazza sul pavimento di pietra.

No, le avrebbe voluto dire.

Ma nella sua natura codarda, la parola gli morì in bocca sul nascere solo del pensiero.

“Lasciami il tempo di assimilare la cosa. Non è un no definitivo, però mi prendi un po’ contropluffa.”

“Va bene” fu la laconica risposta della ragazza “però promettimi che ci penserai su.”

“Certo!”

“Beh, ci vediamo dopo a Incantesimi! Io raggiungo Pansy e le altre.”

Daphne si defilò in un battere di ciglia e lasciò il Serperverde solo a se stesso.

In quel momento Malfoy si fece proprio schifo.

No, che non voleva mettersi insieme a lei! E invece, come al solito, non era riuscito a tirare fuori le palle e a esprimere chiaramente quello che aveva in testa.

Sentiva di aver come insultato il coraggio della ragazza, che gli si era dichiarata e si era esposta per lui.

Si alzò dal letto e si vestì in fretta e furia, per non saltare la colazione.

 

***

 

L’occasione buona per reperire alcune erbe per i suoi incantesimi gli si presentò solo nel tardo pomeriggio, dopo l’ora di Trasfigurazione.

Voleva anche approfittarne delle ultime ore di luce e godersi lo stupendo panorama che Hogwarts offriva al tramonto.

Non vedeva poi l’ora di staccarsi dal gruppo di Serpeverde per evitare Daphne, che per tutto il giorno lo aveva contemplato sognante, tanto che la McGranitt l’aveva ripresa più volte.

Hermione invece l’aveva intravista di sfuggita mentre correva da una lezione all’altra.

L’unica nota positiva della giornata era stato il pensiero della lettera che le avrebbe scritto.

Cosa meno facile di quello che aveva creduto, tanto che alla fine aveva pensato di ripiegare su una delle sue poesie preferite, per sfidare un po’ la Grifondoro nelle sue conoscenze del panorama letterario magico.

“Donna che legge” era il titolo del poema che voleva inviarle; l’ispirazione gli era venuta, ricordandosi ogni volta che l’aveva vista seduta sugli scalini, china a leggere l’ennesimo libro.

Sì, un gioco letterario era forse il modo migliore per stuzzicare una mente acuta come quella della ragazza.

Uscì nel giardino, diretto verso le serre.

Il tempo era magnifico: un ottobre non ancora gelido, nonostante il vento che serpeggiava tra i fili d’erba, agitando dolcemente il suo mantello e scompigliandoli i capelli.

Era quasi arrivato alla meta, quando vide una ragazza correre nella sua direzione.

Si nascose dietro un albero, vedendo la figura di Hermione che stava come scappando da qualcuno; e quel qualcuno era Weasel.

“Fermati!” urlò il Grifondoro, che più veloce della ragazza, le afferrò un polso.

“Lasciami!”

Lenticchia mollò la presa ed entrambi ripresero fiato.

“Ma che ti succede? Perché ti comporti così? In quest’ultimo periodo sei proprio strana!”

Hermione cominciò quasi a singhiozzare.

Hermione…

“Vattene! Vattene via!”

“E invece no, fino a quando non parli chiaro e tondo!”

Che cosa stava succedendo?, si chiese Draco, che impotente decise di assistere alla scena dal suo nascondiglio.

 

(continua…)

 

 

Chiedo scusa alla gentile utenza se ci ho messo un po’ a postare, ma quando avevo deciso per una cosa, poi mi è balenata in testa un’altra idea. Sto già preparando un nascondiglio per il prossimo capitolo, in cui sono certa che molti mi uccideranno per il mio sadismo. :D

Spero abbiate passato un buon week end e vi ringrazio per aver seguito la mia storia. Mi fa veramente piacere.

E speriamo che Draco finalmente si decida a tirare fuori le palle, una volta tanto!

Spero di non metterci troppo tempo a postare il prossimo capitolo, alla prossima! ^^

(Sempre che non mi passi qualcos’altro di bislacco per la testa, il che non è infrequente).

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Capitolo 3
*** III. Of Keeping the Fire Down ***


III

Of Keeping the Fire Down

 

Hermione si stava comportando in modo davvero insolito: quando di solito sembrava avere una risposta pronta a tutto, ora dava l’impressione di essere a disagio, come se non avesse studiato a sufficienza la situazione.

“Alle volte sei proprio un idiota, Ron!”

Il Grifondoro alzò gli occhi al cielo e sbuffò.

“Solo perché ti ho detto che tra i tuoi capelli un ippogrifo potrebbe farci un nido, non mi pare il caso di prendersela così tanto! Siamo o non siamo amici? Non è la prima volta che ti prendo un po’ in giro, non capisco perché la prendi così sul personale!”

Hermione aveva un’espressione offesa dipinta sul volto; Ron cercò di abbracciarla, ma non appena le sue braccia si avvicinarono al busto della ragazza, questa lo allontanò con una spinta.

“Non rendere le cose più difficili, Ron!” esclamò lei, arretrando di qualche passo per aumentare la distanza fra sé e il Grifondoro.

Ron aggrottò le sopracciglia in modo buffo.

“Difficili?! Non capisco, spiegati!”

Hermione sembrò riflettere sulle parole che voleva usare e alla fine gli rispose.

“Non è la presa in giro che mi ha fatto male, idiota!”

 “Cosa, allora? Dimmi se mi sono comportato male e non me ne sono accorto! Per me la nostra amicizia è importante!”

Hermione sospirò e incrociò le braccia al petto.

“Proprio possibile che non ci arrivi?”

“Finché continui a rigirare la frittata con giochi di parole, no.”

La ragazza si prese un altro minuto di silenzio.

Draco, sempre nascosto dietro a una quercia, ebbe l’impressione che il battito del suo cuore stesse diminuendo di intensità per nascondere il rumore e permettergli di ascoltare meglio lo scambio di battute fra i due Grifondoro.

Le gambe avevano preso a tremargli, non sapeva nemmeno lui bene il perché.

“Ron, ecco, io…

Dove aveva già sentito quella frase, quel lieve tremito della voce? Ebbe un déjà vu del suo incontro con Daphne quella mattina.

“La cosa che mi fa star male è proprio il fatto che per te sono solo un’amica.”

Draco appoggiò la schiena al tronco dell’albero e strinse con forza le mani alla corteccia, cercando un appiglio saldo.

Non aveva che da sperare in un rifiuto di Lenticchia, le cui orecchie erano talmente rosse da sembrare prossime al sanguinare.

“Beh, Hermione, sono proprio sorpreso!” riuscì a dire, cominciando a grattarsi nervosamente i capelli.

“Scusa, avrei fatto meglio a tenermelo per me” sospirò lei, con una nota di tristezza nella voce, volgendogli le spalle.

“Non fraintendermi, solo non credevo tu potessi provare un interesse simile verso di me.”

“Sì, lo so che per te sono come una sorella.”

“No, quello che intendo è che non credevo possibile che una ragazza speciale come te potesse interessarsi a uno come me. Ero pienamente convinto di non aver alcuna chance, avevo sempre l’impressione di essere come un’ameba asessuata ai tuoi occhi. A dirla tutta mi piaci Hermione, ma hai ragione tu, forse sono un po’ troppo scemo o troppo timido o troppo non so cosa e per me sei importante.”

Hermione si voltò lentamente verso Ron e gli sorrise con dolcezza.

Gli prese una mano e la strinse tra le sue; poi alzò la testa e incontrò il suo sguardo.

Si alzò sulla punta dei piedi, e con le labbra sfiorò timidamente quelle del ragazzo, per poi accarezzargli la punta del naso col suo.

Ron era più simile a un peperone, ma radioso di gioia.

Le passò una mano sulle spalle, e si incamminò con lei verso il castello.

 

***

 

Draco si sedette sulle radici della quercia che fuoriuscivano dal terreno, abbandonando il capo contro il fusto.

Si guardò le mani, che erano sporche di corteccia  e sangue, nei punti in cui aveva premuto più forte, per svegliarsi dall’incubo.

Tutto l’entusiasmo che lo aveva accompagnato durante tutta la giornata sparì d’un tratto, dissolvendosi all’orizzonte.

Il cervello provò a farlo ragionare: dopotutto quella situazione era solo un vantaggio per lui, la secchiata di acqua fredda che ti riporta alla realtà.

Pensandoci bene, se avesse cominciato a spedire lettere alla Grifondoro, intelligente com’era lo avrebbe scoperto.

Addio faccia, addio reputazione.

Sì, sì.

Meglio così.

Ora che lei era impegnata, non avrebbe avuto la benché minima possibilità di avvicinarla, oh no, si sarebbe concentrata solo sul suo ragazzo e stop.

E poi doveva pensare a cose più importanti, come i compiti di Trasfigurazione o la ricerca per Incantesimi, che aveva lasciato incompleta per colpa della sua follia d’amore.

Per la barba di Merlino, ma cosa gli era preso?

Frugò nella tasca dei pantaloni, trovando il pezzo di pergamena dove aveva annotato il nome della poesia; poi recuperò i suoi appunti sulle pozioni e incantesimi di occultamento.

Li rilesse distrattamente un’ultima volta, per poi accartocciarli e gettarli a terra.

“Incendio” sussurrò.

Una scintilla saettò nell’aria, provocando una fiamma.

Draco osservò la pergamena accartocciarsi e annerirsi, consumando in una tomba di cenere la dimostrazione fisica di quel sentimento che era esploso in lui con la stessa potenza dell’incanto.

Gli ultimi pezzi dei fogli avvamparono intensamente, per poi estinguersi di colpo.

Il vento tornò ad accarezzare il prato, sollevando i resti di quel sogno impossibile, giocandoci davanti agli occhi del ragazzo.

Draco si alzò lentamente e sperò che la fiammella che ancora bruciava, tiepida nel suo cuore, si spegnesse per sempre.

 

(continua…)

***

 

Devo chiedere scusa a voi lettori per il semplice fatto che:

1: il ritardo. Come già detto, devo studiare per gli esami. L se fosse per me scriverei e basta, ma studiare è importante (opera di convincimento pseudo-fallimentare! XD)

2: la lunghezza del capitolo. È di una brevità ai limiti dell’immaginario, ma siccome sono masochista, ho deciso di dividere la mia morte in più parti. inoltre per causa studio ho meno tempo ma non volevo lasciarvi proprio a gola secca.

3: buona fine estateeeeee! <3

 

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Capitolo 4
*** IV. I Make the Mistake ***


Adoration 3

IV

I Make the Mistake

Stanco, come se avesse appena fatto cinquanta giri di corsa lungo il perimetro della Foresta Proibita, si abbandonò sul morbido divano di pelle nera e tirò fuori dal taschino della giacca un porta-sigarette d’oro massiccio, appoggiandolo sul tavolinetto di legno di fronte a lui.

“Accio sigaretta” sospirò, agitando la bacchetta in modo quasi distratto.

La scatoletta si aprì e una sigaretta, librando dolcemente in aria, andò a planare sulle sue labbra e si accese.

Draco inspirò una boccata per poi rilasciarlo pigramente nell’aria, osservando le volute evanescenti del fumo dare vita per pochi secondi a forme bizzarre e impalpabili, destinate a morire subito.

Forse un po’ come una parte di lui.

Scacciò con colpo di mano il pensiero del bacio della Granger e Weasley, come fosse stato importunato da una mosca molesta e cercò di concentrarsi su altro.

Daphne, ad esempio: le doveva ancora una risposta.

Forse sarebbe stato più onesto essere sinceri e spezzarle il cuore adesso, al posto di ingannarla, nella speranza di affezionarcisi.

Non appena l’avrebbe incrociata, le avrebbe parlato e insieme avrebbero chiarito.

Magari lei avrebbe pianto un po’, ma meglio prima che poi.

Non sarebbe stato facile, certo, ma se si impegnava ce l’avrebbe fatta.

“Ehi Draco! Perchè non sei venuto a cena stasera?”

La voce di Goyle arrivò alle sue orecchie e pochi dopo la sua massiccia figura ricavò considerevole spazio nel suo campo visivo.

E, come prevedibile, qualche secondo più tardi Tiger si parò al fianco del compare, con una pila di muffin al cioccolato che era grande quasi quanto lui.

Lo stomaco salutò i dolcetti con un gorgoglio di protesta, che Malfoy cercò di dissimulare con un colpo di tosse.

“Non avevo fame.” rispose, guardando schifato Goyle che afferrava un muffin e se lo portava alla bocca, sporcandosi il viso di cioccolata.

“Peccato. Visto che non c’eri avevamo pensato che ti sarebbero potuti piacere! Non ne vuoi nemmeno un morso?”, gli chiese Goyle, porgendogli goffamente la parte dove non lo aveva addentato lui.

“No, grazie.” replicò Draco, cercando di dissimulare il conato di vomito con una finta smorfia di riconoscenza, “Penso proprio che andrò a letto.”

Fece un cenno di saluto e lasciò i due Serpeverde all’ingozzamento, dirigendosi verso le camerate.

Si incamminò lungo il corridoio e incrociò quella che riconobbe solo dalla voce e non dall’aspetto, ovvero Pansy Parkinson che stava uscendo dalle Stanze Femminili in una tenuta a dir poco spaventosa.

La faccia era ricoperta di una sostanza marroncina che aveva il colore dello sterco e i capelli erano avvolti in un asciugamano giallo banana, come se fosse un turbante.

La ragazza indossava una camicia da notte di un delizioso rosa antico, tutto pizzi e trine, che gli ricordava le sottovesti di sua nonna.

“Non è quello che sembra: quelli che ho in faccia sono fanghi orientali che rendono la pelle più tonica, non cacca” cercò di difendersi la ragazza.

A dire il vero Draco era più divertito dalla fettina di cetriolo che si stava staccando dalle palpebre, capendo all’istante già quello che stava accadendo al di là della porta del dormitorio delle Serpeverdi: il loro rituale pijama party mesile.

Questo poteva solo significare che la mise della Parkinson era esattamente identica a quella di tutte quelle ragazze che sentiva ridacchiare pochi metri più in là: cure di bellezza, smalto, trucco, gossip di personaggi famosi e sugli studenti di Hogwarts erano i temi portanti di quelle serate mondane a cui nessuna Serpeverde avrebbe mai potuto rinunciare..

“Ah, Daphne è dei nostri, spero che non ti salti in testa di vernirle a parlare adesso o qualunque risposta tu le dia rischi di compromettere il trattamento a base di avena che sta facendo ora,” lo ammonì, “Nott è passato a salutare Astoria, ma se l’è data gambe per la paura. Credo che Daphne sarebbe preponderante all’ uccidermi, se ti permettessi di vederla com’è ora.”

“Non che tu sia uno spettacolo, Pansy. Come ti salta in mente di uscire conciata così?”

“Volevo recuperare un paio di riviste di Strega Oggi che ho lasciato di là...”

“Se fossi in te non andrei... Tiger e Goyle si stanno riempendo di muffin.”

Una serie di increspature si fecero largo attorno alla bocca, a simbolo del suo schifo.

“Attenta alle rughe di espressione!” esclamò, prima di accomiatarsi da lei e dirigersi verso la sua meta.

Si spogliò, per poi infilarsi sotto le coperte e fissare un punto non ben preciso del muro.

Daphne probabilmente si stava facendo bella solo per lui. Già se la immaginava circondata dalle amiche che le davano consigli per valorizzarsi, per sedurlo.

Per conquistarlo.

Si chiese perchè tutto doveva sempre essere così complicato, del perchè avesse perso la testa per una ragazza che in lui non vedeva altro che lo schifoso, viscido figlio di Mangiamorte.

Si ripetè che domani sarebbe stato il giorno delle verità e del coraggio, fino a quando, troppo stanco per tormentarsi oltre, non si addormentò.

***

La tavolata dei Serpeverde era una trafila di visi stanchi e annoiati e mani che compivano gesti automatici, afferrando una fetta di pane, imburrandola e spalmandola di marmellata, per poi portarla al macero tra i denti degli studenti, marionette mosse dalla magia dell’abitudine.

Draco non faceva eccezione, giocherellando con il cucchiaio con i cereali affogati nel latte e la mano che gli reggeva la testa, quasi fosse troppo pesante per il suo collo.

Gli unici veramente svegli erano Tiger e Goyle, seduti ai lati di Malfoy come se fossero la sua guardia del corpo, che si godevano le prelibatezze sui piatti, ingozzandosi come porci.

Draco, con la coda dell’occhio, cercò con lo sguardo la Granger, senza trovarla.

Si alzò, con la scusa di voler fare una passeggiata, anche se in realtà sperava di incrociare i due Grifondoro, un po’ per avere la riprova di quello che aveva visto la sera prima. Inoltre voleva cercare Daphne, per togliersi un peso dallo stomaco, prima di essere nuovamente soprasseduto dai sensi di colpa.

Presto detto, la Serpeverde svoltò nel suo corridoio, al braccetto con sua sorella.

Non appena lo vide arrossì e si fermò bruscamente sul posto, mentre Astoria cercava di trascinarla avanti con sè, bisbigliandole qualcosa che lui non poteva udire.

“Ciao Draco!” lo salutò la più piccola delle Greengrass, mentre Daphne cercava di riprendersi dall’emozione di trovarselo davanti.

“Ci-ci-ciao!” riuscì a emettere lei con fatica, come se stesse dicendo la cosa più imbarazzante del mondo.

“Daphne, ti posso parlare?” le chiese lui, timidamente.

Astoria ne sembrava felice, i suoi occhi parlavano chiaro e invitavano la sorella ad accettare l’invito.

“Ecco, io... io devo ancora mangiare!” esclamò Daphne.

Astoria la spinse in direzione di Draco e corse via, lasciandoli soli.

“E se facessimo quattro passi?” le propose lui, cominciando a sentirsi nervoso come non mai prima.

Cominciarono a camminare, in un silenzio che più tombale di quello non si era mai sentito.

Si chiese come poteva cominciare il discorso, senza usare quelle frasette patetiche del tipo sì, non offenderti, sei davvero una bellissima ragazza e hai un sacco di qualità, vedrai quanti ragazzi cadranno ai tuoi piedi, li fai innamorare tutti, sì, solo che io non mi sento ancora pronto.

“Senti, Draco, non sei obbligato a dirmi ora qualcosa, davvero!”

Lui si morse la lingua, basta perdersi in complicati ragionamenti mentali, si disse, ci vuole azione.

“No, Daphne! Dobbiamo parlarne, ora!”

Forza, continua così.

Stava per attaccare con una seconda frase, quando due voci che ridacchiavano, complici non gli arrivarono alle orecchie.

“No, non in corridoio, Ron! Potrebbero vederci!”

“E che male c’è, se ti do un bacio sulla guancia?”

“Ma io mi vergogno!” ribattè l’altra, con un tono molto scherzoso che lasciava intendere il contrario.

La Granger e Weasley, chiaro come il sole.

I due Grifondoro erano a distanza, ma già si immaginava lui che le stringeva la mano e che cercava le sue labbra e lei, che giocando, gli si allontanava e gli si avvicinava, testando fino a che punto si sarebbero spinti.

In bocca avvertì un gusto amaro, dovuto sia dal latte che aveva bevuto, che dalla scena che si stava immaginando.

“Daphne, voglio essere il tuo ragazzo” disse d’un tratto, con inaspettata determinazione.

La ragazza lo guardò incredula.

“Che cosa?”

“Sì, hai capito bene: voglio essere il tuo ragazzo.”

Con la consapevolezza che stava commettendo uno dei più grossi errori della sua adolescenza, sorrise a una Daphne radiosa e al settimo cielo che stava per scoppiare in lacrime per la felicità.

Lei lo avrebbe aiutato a dimenticare.

Ce l’avrebbe fatta.

***

Lo so, altro capitolo, altra morte. Io sono già alla frutta per colpa del post esame, ma almeno da oggi dovrei riuscire ad aggiornare più in fretta. Dal prossimo capitolo vorrei adottare un’altra prospettiva, per cambiare un po’ il ritmo e vedere come stanno le cose.

Un saluto a tutti quelli che si prodigano a leggermi e che hanno avuto la mala pensata di aggiungermi tra i seguiti. :D

E strigliatemi pure, se necessario. Ce l’ho messa tutta, ma sono ancora ko.

Grazie mille! :)

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