Dammi Tre Parole

di Soul Sister
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La casa al mare di Alice ***
Capitolo 2: *** La Tettona platinata e l'Emarginato senza lingua ***
Capitolo 3: *** Priorità: leggere Cime tempestose ***



Capitolo 1
*** La casa al mare di Alice ***


Dammi Tre Parole
Capitolo uno. La casa al mare di Alice
-Sai, se sparissi dalla faccia della terra, faresti un regalo immenso all’umanità!- ringhiò una piccola ragazza dai capelli mori, diventando tutta rossa per la rabbia.
Il ragazzo di fronte a lei, strinse forte i pugni lungo i fianchi, talmente forte da sentire intorpiditi i palmi delle mani, e la guardò con astio.
-Vale la stessa cosa per te!- sibilò in risposta, -Chiara, sei solo una bambina! Non capisci mai niente!-
Chiara arrossì, se possibile, ancor di più, mentre le parole di Christian le arrivavano dritte dritte nel cuore. Le veniva da piangere per la frustrazione. Che voleva ancora da lei? Non l’aveva già fatta soffrire abbastanza?
-Cosa non capisco, sentiamo?- sbraitò Chiara, trattenendo le lacrime.
-Oh,ma lasciamo perdere..se ti dicessi che mi piaci cambierebbe qualcosa?-
.
Chiara si risvegliò di soprassalto, con uno strano batticuore.
A distanza di dieci anni, quel giorno le era riapparso in sogno, lasciandola assolutamente gelata nel cuore. Oh, per la miseria, a quel tempo aveva solo quindici anni, non c’era motivo di pensarci. Che razza di sogni andava a fare! Così imparava a mettersi a guardare le foto di quando era più giovane prima di andare a letto, e a parlare per più di un’ora al telefono con Viola.
Sospirando, si girò su un fianco, cercando di riprendere sonno, ma le era impossibile. Continuava a rimuginarci, come una povera scema.
-Ehi, Chià, che hai?- mormorò roco Marco, il suo fidanzato, stiracchiandosi.
Lei volle sprofondare nel materasso. –Scusa..non volevo svegliarti.- rispose, mortificata. Lui mugugnò qualcosa d’indefinito, e aprì le braccia per accoglierla. Lei lo assecondò facendosi stringere da Marco.
Si sentiva così inquieta dopo quel sogno, che le pareva di star tradendo il suo fidanzato. Era una vera stupidata, se lo ribadì mentalmente: erano passati dieci anni, ne era passata di acqua sotto i ponti.. possibile che si sentisse pentita della risposta?
-Allora..che hai?- insistette Marco, sentendola ancora pietrificata tra le braccia.
-Ho..fatto un incubo.- mentì lei, sentendo le guance prendere fuoco per il pentimento. Per fortuna gli dava la schiena.
Lui la strinse, e a Chiara parve che la stesse soffocando. –Tranquilla..ci sono qui io. Ora cerca di riaddormentarti..- consigliò in un soffio sui suoi capelli. Chiara sospirò; qualche istante dopo, il respiro di Marco era tornato pesante e regolare, segno che si era riaddormentato.
Chiara ci mise tanto tempo per prendere sonno, fin troppo, e quando finalmente era sprofondata nella pace dei sensi, la sveglia era suonata. Imprecò svariate volte, contro la miseria, i cani, le mucche,e il comodino contro cui aveva picchiato il mignolo del piede. Decretò, con un’aria corrucciata, che una doccia calda e rilassante avrebbe potuto sistemarle l’alzataccia.
Si guardò allo specchio, e stentò a riconoscersi. Pareva tanto Samara di The ring, non c’era che dire: faceva paura, bianca come un cencio, con le occhiaie marcate, il trucco del giorno prima che aveva dimenticato di lavar via sbavato in modo osceno, e gli occhi rossi e gonfi, segno che le stava pure venendo la congiuntivite.
Non aspettò oltre, si spogliò dal pigiama tre volte più grande di lei di un rosa confetto regalatole da sua nonna, e si buttò sotto il getto della doccia. Ringhiò tra i denti, sentendo arrivarle addosso l’acqua gelata. Ma bene: l’acqua calda sembrava essere andata in sciopero. Perciò, si fece una velocissima doccia gelata: se non altro l’aveva svegliata.
Si vestì con dei jeans e una felpa pesante, e scese a far colazione. Preparò un caffè scuro come la notte, e quando lo bevve, sentì un conato di vomito colpirla. Sputò tutto nel lavandino, e guardò il barattolo da cui aveva preso lo zucchero. Le venne voglia di picchiarsi la testa contro al muro: aveva messo il sale nel caffè, non lo zucchero. Con un sospiro, si massaggiò le palpebre, sentendo il mal di testa assalirla. Era chiaro come il sole che quella era proprio una giornata no: se il buongiorno si vede dal mattino..
Si spostò di nuovo in camera sua, indossò un paio di All Star, e dopo aver indossato il giubbotto e recuperato la borsa, uscì fuori. Per poco non scoppiò a piangere come una disperata: stava diluviando, la macchina era fuori uso, Marco era già andato al lavoro, e indossava le scarpe di tela che si sarebbero sicuramente inzuppate. Questa era pura e mera sfiga.
Guardò l’orologio, e sentì il cuore schizzarle in gola: era tardissimo, e non aveva nemmeno il tempo di rientrare per cambiarsi le scarpe.
Tirò su il cappuccio, e cominciò a correre verso la redazione di un piccolo giornaletto per teenagers.
Quando entrò, sentì il calore avvolgerla completamente, e per la prima volta in quella pessima mattinata sorrise. Si levò il cappuccio, e proseguì verso la sua scrivania, di fronte a quella di Bea, che appena la vide si accigliò.
-Chià, sembri una sopravvissuta al diluvio universale..- commentò, ridacchiando appena davanti allo sguardo truce di Chiara. La ragazza si lasciò sprofondare nella poltrona girevole, e sospirò.
-Non parlarmene, per piacere..la mattina è proprio cominciata nel peggiore dei modi..e ho il lago di Garda nelle scarpe.- borbottò, passandosi stancamente una mano tra i capelli scuri.
Bea aprì la bocca per ribattere, ma in quel momento entrò il loro capo, che pretese silenzio e che cominciassero tutti a lavorare.
Chiara aveva una piccola rubrica, chiamata “La posta del cuore di Kia”. In effetti, la cosa non la entusiasmava molto. Era sempre stata una frana con le questioni di cuore, e, secondo lei, era già tanto che Marco la volesse ancora al suo fianco. Comunque, siccome doveva pagarsi l’affitto dell’appartamento, si accontentava di quell’impiego. All’inizio, era tutta elettrizzata..poi pian piano, si accorse che effettivamente dare consigli su cose così futili come “cosa mi devo mettere al mio primo appuntamento?” , o comunque, che doveva sperperare delle sue perle di saggezza per gente che nemmeno conosceva, era veramente una barba assurda.
La mattinata passò lenta, tra le lettere e i messaggi d’amore; si sentiva solo il rumore delle tastiere e il ticchettare della pioggia scrosciante sui vetri della redazione. Ogni tanto Chiara alzava il naso dalle lettere delle ragazzine, per sospirare a quel cielo plumbeo e minaccioso. Il ricordo del sogno di quella notte spesso faceva capolino, ed era piuttosto difficile per lei tornare a concentrarsi sul suo lavoro. Non aveva senso, si ripeteva. Perché si faceva tutte queste paturnie mentali su una cosa successa quasi dieci anni prima, quando ancora aveva l’età di quelle ragazzine disperate che le chiedevano quale smalto scegliere tra il rosa antico e il perlato? Non aveva senso.
Fortunatamente arrivò il momento della pausa pranzo, e la fame e le chiacchiere con Bea l’avevano distratta da quei pensieri stupidi, inutili e ridicoli.
Andarono nel bar di fronte alla redazione, e ordinarono due tranci di pizza con una cocacola.
-Allora..che piani hai per le vacanze di Natale?- esordì Bea, azzannando il suo pasto e guardandola con i suoi grandi occhioni color acqua sporca.
Prima che potesse risponderle di non aver niente da fare, il suo cellulare prese a squillare, e lei rispose quasi subito.
-Pronto?-
-Chià‼- esclamò Alice, con un’aria euforica, -Hai impegni per le vacanze natalizie?- chiese. Chiara si accigliò.
-No, non ne ho, perché?-
-Benissimo! Che dici, ti va di venire alla casa in Sardegna di Diego? Ci saranno anche Andrea e Viola, dai..- chiese, sempre con quella nota eccitata all’inverosimile.
-Beh..pensavo di passare del tempo con Marco..- spiegò.
-Non c’è problema..porti anche lui!-
Chiara sospirò. In effetti, non era una brutta idea, passare le vacanze con tutte le sue amiche. Ne aveva terribilmente bisogno, voleva il loro supporto, e poi erano quasi tre mesi che non si vedevano. E poi, Marco non avrebbe fatto storie.
-Sì, va bene. Ma sei sicura?- domandò poi; non voleva causar nessun disturbo.
-Chià, è già tutto organizzato! Mancavi solo tu! E non c’è alcun problema, cara, la casa è grande, ci sta mezzo mondo…ti piacerà! C’è pure la piscina al coperto!-
Chiara ridacchiò per l’entusiasmo di Alice, che continuava a farneticare. Le faceva piacere sentirla, ma dovette stopparla e riattaccare, anche se di malavoglia. La pausa pranzo era quasi finita, e la sua pizza era quasi totalmente fredda. Ingoiò il suo pranzo, e chiacchierando con Bea tornò alla redazione. Stava ancora piovigginando, il cielo era scuro e tutto sembrava grigio e tetro. Qua e là per le vie, degli addetti stavano appendendo delle luci di Natale, che avrebbero dato un po’ di colore alla cittadina.
Il pomeriggio, se possibile, fu ancor più noioso e pesante. Se la mattina aveva risposto alla posta del cuore, il pomeriggio il suo incarico era stato quello di correggere delle bozze di alcuni articoli.
Quando tornò a casa, si lasciò totalmente andare sul divano, e il suo cervello volò indietro nel tempo, a quando era solo una ragazzina, a quando era davvero innamorata di quel ragazzo indisponente e maleducato che continuava a prenderla in giro. Quello stesso ragazzo che l’aveva fatta soffrire come non mai, e che per questo motivo aveva rifiutato.
-Ehilà, tesoro!- la voce di Marco la distrasse da quei ricordi, e si mise seduta, attirando le ginocchia al petto e posandoci sopra il mento.
-Marco, ho una proposta da farti.- esordì lei, e il suo fidanzato che si stava togliendo il giubbotto, la guardò curioso. –Alice mi ha proposto di passare le vacanze in Sardegna..cioè, io e te. Ci saranno anche Viola e Andy..- spiegò, assumendo un’aria quasi implorante.
Marco si strinse nelle spalle. –Okay. Devo prenotare il volo?- Chiara si alzò e lo abbracciò forte, ringraziandolo a macchinetta, facendolo sorridere.
-Okay, okay! Deduco sia un sì..-
*
-Pirla! Cretino! Deficiente! Testa d’uovo! Cos’hai nella zucca, segatura?- Jacopo attese pazientemente che il fiume d’insulti svanisse dalla bocca della sua fine mogliettina, le braccia incrociate al petto, il sopracciglio alzato, e una smorfia appena accennata al posto del suo solito sorriso sghembo. La pacatezza del ragazzo era l’opposto dello stato d’animo di Andrea, che sentiva le corde vocali dolere per le urla, le tempie che pulsavano per il troppo sangue che arrivava, e sulle sue guance si poteva benissimo cuorere un uovo talmente erano bollenti e rosse.
Finì di insultarlo, e lui meccanicamente si avvicinò a lei con una falcata ben assestata, e le arrivo a un palmo dal naso. –Finito?- alitò, fissandola con intensità nelle iridi, e facendole perdere l’uso della ragione, mentre nella sua testa la voglia di picchiarlo veniva accantonata da istinti decisamente più violenti e prementi. Non passò un istante, che Andrea si ritrovò le labbra di Jacopo incollate alle sue. Per quanto la cosa le facesse molto piacere, era ancora molto incazzata, perciò, con una forza di volontà disumana, lo staccò da sé.
-Giordani, sei proprio un vile. Ho appena finito di insultarti, e mi salti addosso come se niente fosse! Piuttosto, fatti divorare dal rimorso e dammi ragione.-
-Preferisco farmi divorare da te.- disse lascivo, con un sorrisetto malizioso.
Le guance di Andrea erano paonazze. –Sei un maiale, Jacopo!- ribattè fintamente indignata, senza riuscire a non ridacchiare un po’.
-Mi hai sposata, però.- l’apostrofò, -E abbiamo fatto dei piccoli capolavori..- Andrea sorrise tra sé, ma se ne pentì per la frase che seguì. –Segno che non ti è dispiaciuto..- non lo lasciò continuare, e gli diede un buffetto sul braccio, divincolandosi da lui.
-Va a prendere i bambini, fila!-
Cacciò il marito fuori casa, e sospirò. Sposarsi con Jacopo: una disgrazia!
Peccato che lo amasse troppo, per non farlo.
Si mise ad apparecchiare, canticchiando tra sé, quando il suo fido cellulare cominciò a suonare. Si catapultò a rispondere, e sorrise sentendo che era la piccola ClèClè. –Weh ciao!- esclamò la sua amica, con un tono estatico.
-Ciao Chiara!- rispose Andrea, tenendo bloccato il telefonino tra la spalla e l’orecchio, mentre con le mani cercava di mescolare quello che cuoceva sul fuoco.
-Ho saputo che ci sarai anche tu da Alice per Natale!- trillò, euforica. Andrea rise. –Non vedo l’ora di partire sai? Ho bisogno di staccare.- borbottò.
-Piccole Pesti crescono?- domandò divertita Chiara, riferendosi al figlio più grande di Andrea. Mirko, chiamato anche La Peste Bionda per ovvi motivi, aveva quasi sei anni, ed era inarrestabile quanto uno Tzunami.
Mentre Luca, il più piccolo dei biondissimi figli di Andrea e Jacopo, aveva da poco compiuto i due anni, ed era un angelo.
-No. Cervello di un marito pirla, si rimpicciolisce.- rispose esasperata. Chiara rise allegramente.
-Scommetto che avete appena discusso.- dedusse.
Andrea assunse un’aria scettica, come se la sua amica potesse vederla; il suo tono era altrettanto cinico. –Chiara, non c’è momento della giornata in cui non battibecchiamo.- le ricordò, -Comunque sì. L’ho insultato a dovere, e sai lui cos’ha fatto? Mi ha baciato. Gli ho detto che dovrebbe essere divorato dal rimorso, e lui ha risposto: “preferico farmi divorare da te.”- Chiara venne colpita da un attacco quasi isterico di risate, e Andrea si preoccupò seriamente.
-Chià..-
La ragazza cercò di ricomporsi, ma solo al ricordo della frase le veniva ancora da ridere. –Scusa..- farfugliò.
-Invece, te come va con..?- Inutile, si disse Andrea, non ricordava mai il nome del ragazzo di Chiara. Forse perché l’unica volta che l’aveva visto, da lontano, additato da Viola, al matrimonio della sorella di Diego, le era subito stato sulle scatole. Forse, perché da dieci anni a questa parte, aveva sperato nel miracolo. Forse perchè sperava da quasi tre anni, ovvero da quando si erano messi insieme, che si lasciassero. Perché, come diceva lei, il culo di un uomo non è tutto, e francamente, quello di quel tipo non era granchè.
-Marco.- le ricordò con un tono macabro Chiara, che si era improvvisamente incupita. –Bene..credo.- Andrea si accigliò.
-Come credi?- incalzò, senza mascherare la perplessità nella voce.
-Non lo so, Andy! Lui è perfetto..sto bene con lui: ma non so se potrei essere più felice di così..- Andrea sorrise appena, tra sé e sé, intenerita.
-Su, tesoro! Non farti questi problemi! A proposito, Coso, lì, il tuo fidanzato, viene in Sardegna con te?-
-Sì- sospirò Chiara, -riuscirò a presentarvelo una buona volta.-
-Mh..okay!- fece fintamente entusiasta Andrea. Lo strillo di Mirko, che entrava in casa, le diede un pretesto per riattaccare e non continuare l’argomento “vi presento il mio tipo”, perché di quel passo anche per telefono Chiara si sarebbe accorta che l’idea non la toccava, se non addirittura infastidiva. –I miei figli mi chiamano..un bacio, a domani!-
-Okay. A domani..- ecco di nuovo il tono tetro, ma non potè dire nient’altro perché Chiara aveva già riattaccato.
Servì in tavola il pranzo, mentre Mirko, totalmente sconvolto, sorrideva soddisfatto. Matteo aiutò il piccolo Luca a mangiare, mentre Andrea era assorta dai discorsi del figlio più grande, che raccontava le sue avventure alla scuola materna. Andrea non se ne capacitava: sembrava ieri quando aveva infamato Jacopo durante il parto, per averla messa incinta e farle passare quella tortura. E solo qualche mese dopo, il suo bambino sarebbe andato alla scuola elementare.
-Mamma, quindi domani prendiamo l’aereo?- chiese il bambino, euforico.
Andrea annuì, quasi distrattamente.
-E quindi, andiamo a trovare zia Alice?-
-Sì Mirko.- rispose Jacopo, con un sorrisone.
-E c’è anche zia Chiara, e zia Viola?-
-Certo!- esclamò Andrea, di buonumore già a quella prospettiva.
-E quindi- ricominciò, a macchinetta, inarrestabile, -c’è anche Giulia‼- e quella, che non era una domanda, bensì una constatazione, si aprì in un sorriso magnifico. –E quindi, dato che c’è zio Matteo, ci sarà anche zio Christian!-
In quel momento,il sorriso sulle labbra di Andrea si congelò, e Jacopo tenne a mezz’aria il cucchiaio, e si voltò immediatamente a guardare la moglie. Luca si lamentò, affamato e indignato, perché il padre non si decideva a dargli il suo pasto.
-Cacchio.- commentò Jacopo, stralunato. –Non ci avevo pensato.-
-Già..Nemmeno io.- Andrea ricambiò lo sguardo preoccupato del suo uomo. –Non credo che Alice abbia detto a Chiara che ci sarà Christian. Sono anni che non si vedono..- deglutì a vuoto, -Insomma, non ci saranno problemi..Gesù, avevamo quindici anni!-
Jacopo diede il cucchiaio a Luca, che prese a mangiare da solo, tutto soddisfatto. Mentre Mirko ascoltava curioso le parole dei suoi genitori, capendone forse due o tre.
-Chissà com’è..- Jacopo si schiarì la gola, -vedere tutti i propri amici stare insieme..con la consapevolezza che la propria storia, a differenza delle altre, non è andata nemmeno in porto..-
-Io credo che ce l’avrei con me stesso.- continuò poi, -Decisamente. Se non ti avessi avuta prima, ora cercherei in ogni istante di conquistarti.- Andrea gli sorrise, e lui la guardò con quel suo sguardo innamorato che le faceva sciogliere il cuore e andare in pappa il cervello.
-Beh..comunque,bisogna preparare le valigie!-
Andrea gli puntò addosso la forchetta: -Vedi di non svignartela, eh, mi dai una mano!-
*
-Mamma! Mamma!-
-Un attimo, tesoro!- esclamò Viola dalla sua camera, mentre tentava con tutte le sue forze di chiudere la valigia straripante. Si passò una mano tra i capelli per toglierli dal viso, scompigliandoli. Lei stessa sapeva di star commettendo un oltraggio, non era da lei avere i capelli in disordine!
Riuscì a tirare la cerniera, e sorrise soddisfatta. Si spostò in salotto, dove la sua piccola di quasi sei anni rideva in braccio al padre, che le faceva fare l’aeroplano.
Li guardò con un sorrisetto e un sopracciglio alzato. I suoi più grandi amori.
-Mamma! E’ caduto!- trillò Giulia, dimenandosi. Matteo ridendo la fece scendere, e la bambina corse dalla madre, sorridendo entusiasta: indicò con il piccolo dito la finestrella nei denti, e Viola la prese in braccio e le scoccò un bacio sulla guancia. –La mia bambina ha perso il dentino!-
La piccola Giuly ridacchiò, lanciando i pugnetti in aria ed esultando.
-Bisogna festeggiare!- esclamò Matteo, assumendo un’aria composta e seria. –Che ne dici di una cioccolata, Chicca?-
-Sì!- rispose Giulia, scendendo dalle braccia di Viola agilmente e prendendo per mano il padre, e tirandolo in cucina.
-Matteo, dev’essere una cosa veloce! Tra due ore abbiamo il volo, non voglio arrivare tardi!- gli ricordò.
Un’ora e mezza dopo, Matteo, con un’aria tutt’altro che calma e pacata, stava bussando alla porta del bagno, dentro cui vi era Viola.
-“Non voglio arrivare tardi!”- le fece il verso, sbuffando. –Seriamente, muoviti o perdiamo davvero il volo!-
-Sì, ci sono, un attimo!- esclamò. In quel momento la porta si aprì, e Viola ne uscì con in mano ancora la spazzola, che accennò una corsetta sui tacchi verso il salotto.
-Dove vai col pettine in mano?- la riprese, accigliato il marito, mentre le passava a fianco.
-Tesoro! Vieni dalla mamma!- esclamò Viola, ignorando le parole di Matteo. Giulia trotterellò sorridendo dalla madre, soddisfatta di poter mostrare la finestrella. Viola le pettinò la frangetta, e scaraventò la spazzola sul tavolo.
-Okay, si può andare.-
Salirono in auto, e Matteo uscì dal garage, imboccando la strada per l’aeroporto che per fortuna non distava molto da casa loro.
Ad un certo punto, Viola trasalì, e fece prendere un colpo a Matteo. –Che hai?-
-Ho dimenticato la piastra accesa!- Matteo imprecò tra i denti, e fece marcia indietro il più veloce possibile. Viola corse in casa, spense la piastra per i capelli che aveva usato poco prima, controllò i fornelli, e richiuse la porta.
Appena risalì in auto, Matteo le riservò un’occhiata severa: -Spento tutto?- Viola annuì, riprendendo fiato, e il marito mise in moto.
-Che fortuna sfacciata..- sbadigliò Matteo, lasciandosi andare sulla comoda poltrona dell’aereo. Appena fatto il check-in, era risuonata nello stabile l’ultima chiamata del loro volo, e l’avevano preso davvero per un miracolo.
-Già- brontolò Viola, appoggiando il capo sulla spalla di suo marito, -Non vedo l’ora di atterrare-.
Giulia era entusiasta, sembrava un vulcano in eruzione e non riusciva a star ferma. Ma la sua euforia aumentò a livelli disumani quando decollarono.
-Mamma! Mamma! Le nuvole!- indicò fuori dal finestrino, con uno scintillio di pura meraviglia negli occhi color miele, un mix tra le tonalità di quelli dei genitori. La piccola rimase tutto il viaggio incollata al vetro, ridacchiando e stupendosi di ogni cosa. –Le casette! Formichine, papi!- Matteo rise, accarezzando i capelli di Viola, che si era addormentata beatamente con la testa abbandonata su di lui. Adorava vederla dormire, e si sentì male a doverla svegliare quando atterrarono.
L’entusiasmo di Giulia sparì del tutto, e scesi dall’aereo, si lasciava trascinare dai genitori che la tenevano per mano, mentre andavano a recuperare le valigie.
-Ehi, tesoro..che hai?- le chiese dolcemente Viola chinandosi alla sua altezza, mentre Matteo prendeva i bagagli.
-Voglio tornare dalle nuvolette.- borbottò, gonfiando le guanciotte.
Matteo la prese da dietro, alzandola in aria e facendola urlacchiare per lo spavento. Le fece fare una giravolta sospesa a mezz’aria, e Giulia cominciò a trovarci gusto. –Sì, papà! Più in alto!-
Matteo posò a terra la loro bambina, che sbuffò. –Uffi, ancora!-
Il padre fece scricchiolare le ossa, e le fece un sorrisetto. –Dopo tesoro, a papà si è slogata la spalla.- Viola rise apertamente, abbracciando da dietro il marito.
-Povero paparino..- mormorò, sorridendo, -Ha il mal di schiena..- Matteo le afferrò un braccio e la trascinò davanti a sé per baciarla; Giulia, disgustata, si coprì gli occhi con le manine, facendo ridere i genitori. –Che schifo!-
-Eh..ti fa schifo ora figlia mia..vedremo quando sarai grande e avrai un ragazzo!- commentò Viola, prendendola in braccio per scoccarle un bacio sulla guancia.
-Co..cosa? Viola, cosa ti fa credere che lascerò mia figlia sotto le grinfie del primo caco dagli ormoni troppo sballati?- fece, totalmente sconvolto, Matteo.
Viola gli fece una linguaccia, poi si voltò verso la figlia. –Stai tranquilla, amore, papà non ti romperà le scatole quando sarai una bellissima ragazza.- Giulia scoppiò a ridere, mettendo in bella mostra la sua dentatura bucherellata, e fece una pernacchia a Matteo. Lui la guardò sconvolto. –No..la cosa non mi piace.-
-Ti farò fare un tatuaggio, e tutti i piercing che vorrai! E ti comprerò pure una moto da cross!- scherzò Viola, provocando in Matteo la voglia di segregare in casa sua moglie e soprattutto sua figlia.
-Tesoro, non scherzare..- disse, pallido. La moglie rise, e gli scoccò un bacio sulla guancia. –Oh, suvvia gelosone!- poi diede un buffetto sulla guancia di Giulia,
-Tesoro, a te l’onore e l’onere di trovare zia Alice.-
Giulia cominciò subito a guardarsi intorno, spalancando i suoi bellissimi occhioni, finchè non vide un viso conosciuto e punto il dito in fronte a sé.
-Mamma, c’è zia Chiara!- Viola mise a terra sua figlia, che sparì tra la gente. Seguì la sua risata cristallina, e la trovò in braccio alla sua amica, che le riservò un sorriso euforico. –Viola!- esclamò. Posò a terra la bambina, e corse dalla sua amica, abbracciandola con tutto il calore che poteva trasmetterle.
-Oh..Mi sembra passato così tanto tempo..- mormorò Chiara, sorridendo alla sua tenera, scontrosa Ragnetta Impanata. –E non hai fatto la lebbrosa, facciamo passi avanti Viò!- Rise da sola, sotto lo sguardo cinico dell’amica, e si voltò a salutare Matteo.
Due istanti dopo, arrivò Marco, trascinando da solo due valigie. –Chiara..- la chiamò. Lei si ricordò improvvisamente di aver lasciato indietro il suo fidanzato con tutti i bagagli, e diventò leggermente rossa. –Scusa Marco!-
-Figurati…- ansimò, passandosi una mano sulla fronte. Sorrise appena a Viola e Matteo, in un modo piuttosto freddo e distaccato. Non si conoscevano bene, infatti. Le volte che Chiara andava a trovarli lui non la seguiva mai, e lei, dal suo canto non insisteva. Era sicura che a Marco non stessero simpatiche le sue amiche e i loro compagni. Ma si era rassegnato alle partenze improvvise di Chiara, sapeva che non poteva stare troppo tempo senza le sue amiche.
-Zia Chiara..guarda!- Giulia si aprì in un grande, enorme sorriso, e a Chiara scintillarono gli occhi. Urlacchiò, chinandosi all’altezza della sua Giulietta, e le tirò le guance: -Oh cara, ti è caduto il dentino!-
La bimba si gonfiò d’orgoglio, e annuì: -Sì, stamattina!-
Viola guardò sua figlia e la sua amica, e poi si rivolse a Matteo, divertita: -Secondo te chi è più euforica, Chiara o Giulia?-
Matteo assunse un’aria corrucciata e pensierosa. –Mmh, questo si che è un quesito davvero difficile, Watson.-
-Sì, Emma- borbottò Viola, alzando gli occhi al cielo.
-Allora, cerchiamo o no Alice? Sapete com’è, vorrei arrivare a casa prima di Natale!- Scherzò.
Chiara si alzò,e tese la mano a Giulia, che l’afferrò di buon grado.
-Toh guarda, tra un po’ Giulietta supera Chiara!- una voce familiare giunse dalle loro spalle, e sorpresi si voltarono verso Jacopo, che aveva in groppa un biondissimo bimbo-che riconobbero come Mirko. Rivolse loro un caloroso sorriso, e diede una poderosa pacca sulla spalla di Matteo, che gemette appena.
-Ehilà!- soggiunse Andrea, sorridendo alle sue amiche, e avvicinandosi con Luca per mano. –Nemmeno volendo ci saremmo trovati tutti in aeroporto, non trovate?- rise, abbracciando prima Chiara e poi Viola. Riservò un’occhiata obliqua dietro alle spalle di Chiara, dove, in disparte, se ne stava rigido Marco. Chiara arrossì, e la portò dal fidanzato. –Andrea, lui è il mio fidanzato Marco. Marco, Andrea. Il barbone là-e indicò il marito dell’amica, -è Jacopo, e quello in groppa a lui è Mirko. Mentre questo piccolo orsacchiotto è Luca. – e sorrise teneramente, chinandosi dal bambino, che le sorrise.
-‘Ia..- pigolò, posandole una manina sulla guancia, che quasi fece piangere per la commozione Chiara. –Oddio, io adoro questo piccino picciò!- farfugliò la ragazza, su di giri. Poi si rialzò, e fece “ciao” a Mirko, che di risposta le fece una pernacchia e rise.
-Ma Mirko!- lo riprese Andrea, facendo solo ridere Chiara. La Peste Bionda aveva la stessa età di Giulia. I due andavano pericolosamente d’accordo: quando erano insieme erano pappa e ciccia, e ne combinavano di tutti i colori. Mentre il piccolo Luca, era più mite di un agnellino. E per questo, la domanda era sempre la seguente: “siamo sicuri che sia figlio vostro?”. Perché era risaputo che Andrea e Jacopo erano tutto, fuorchè calmi e pacati, e infatti per Mirko non si avevano dubbi: era peggio di un terremoto, proprio come i suoi.
-Benissimo! Diego, guarda quante fave e piccioni abbiamo trovato!-
Gli amici si girarono quasi contemporaneamente verso Diedo e Alice, sorridenti più che mai. Dopo i soliti convenevoli, saluti e mezze lacrime di commozione da parte di Chiara, qualche insuto mandato a Jacopo con gentilezza da Matteo, e battibecchi tra Andy e Ali, riuscirono ad arrivare al parcheggio. Chiara, Viola e Andrea salirono sull’auto di Alice, portandosi dietro Giulietta. Mentre gli uomini, con figli maschi in allegato, salirono con Diego.
-Ali, sei sicura di voler guidare nelle tue condizioni?- la riprese Andrea, accigliata, seduta accanto al sedile del conducente.
Alice, in risposta, sbuffò. –Sai meglio di me che essere incinta non significa né inferma né malata! Quindi sì, sono sicura di guidare nelle mie “condizioni”.- Chiara ridacchiò, Viola alzò gli occhi al cielo, e Andrea sprofondò nel sedile, borbottando cose senza senso.
Alice era euforica, un po’ per l’idea di diventare mamma, per quel pancione enorme di otto mesi che spiccava nonostante il giubbotto pesante, un po’ per gli ormoni che le sballavano l’umore. Diego, per quanto fosse felice ed emozionato, era anche terrorizzato all’idea del parto. Una delle tante volte che si erano ritrovati con Jacopo e Andrea, lui gli aveva raccontato che in quel momento Andrea lo aveva insultato tanto da farlo sbiancare, e quasi gli aveva rotto il polso tanta era la forza con cui lo stringeva. Da quel momento, era quasi in panico, solo al sentire la parola “parto”.
Non ci misero molto, a raggiungere la casa di Alice, tra chiacchiere e risate.
-Domani verrà anche Paul, sapete?- le informò la padrona di casa, mentre entravano nel vialetto. Era un vero peccato che fosse inverno: erano a circa cinquanta passi dalla spiaggia, e il mare sembrava stupendo.
-Ah sì?- chiese Chiara, sorridendo. –E’ da tantissimo che non lo vedo! Ogni tanto ci sentiamo..ma l’ultima volta, probabilmente, è stato capodanno dell’anno scorso..Sapete che si è messo con una francese?-
-Davvero?- Viola strabuzzò gli occhi. –Mi sa che ho qualcosa da rimproverargli..come ci si può dimenticare di informare le proprie amiche di una cosa del genere?-
-Ah..Paul, Paul, Paul..cosa dobbiamo fare con te!- fece esasperata Andrea, come se ce l’avesse davanti. Le ragazze risero, e Alice tranquillamente aprì la porta di casa.
-Non hai chiuso?- le chiese Viola accigliata.
In risposta, Alice entrò in casa, e loro la seguirono, rimanendo poi paralizzate appena dentro. –Ehi barbone!- lo salutò tranquillamente Alice, riponendo le chiavi sulla credenza.
-C-Christian?- Viola strabuzzò gli occhi.-Oh santo cielo, come sei cambiato!-
Lui rise, stravaccato sul divano della casa di Diego.
-Che accoglienza! Sembra che abbiate visto un fantasma!- Giulia saltellò dal ragazzo, accigliata. Lo squadrò per un po’, e poi si aprì in un sorrisone: -Io non so chi sei.-
Lui sorrise. –Io invece so chi sei tu!- Giulia parve stupita. –Tu ti chiami Giulia, e hai quasi sei anni! E io sono Christian. L’ultima volta che ci siamo visti, tu eri ancora piccolina, per quello che non ti ricordi.- le spiegò. Giulia sembrava euforica di quella scoperta.
-Ho capito!- disse, allegra.-Sei un amico della mia mamma e delle mie ziette? Cioè. Non sono davvero delle mie zie, però io le chiamo così perché mi stanno simpatiche!-
-Quindi io non ti sto simpatico?-
-Sì che mi stai simpatico! Però tu sei mio amico.- decretò. Poi gli prese la guancia, e la tiracchiò: -Sai che sei proprio bello?-

**
Oddio, oddio, oddio: NON ci posso crede, l'ho messa DAVVERO.
Non ci credo. Mi vergogno profondamente xD Vabbè, ormai il danno è fatto. Spero che nessuno sia stato male leggendo :P
Un bacio a chiunque legga.
Ps: A te, Elisetta.
A te, Micholina.
A te, Pupattola.
A te, Mirkolin.
Vi voglio benissimo! Anche se mi fate dannare tutti, e tutti i giorni. U.U

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Capitolo 2
*** La Tettona platinata e l'Emarginato senza lingua ***


Capitolo due. La Tettona platinata e l’Emarginato senza lingua
-

.
Chiara sentiva tutte le sue forze sgretolarsi man mano che il tempo passava.
Ma la sfiga non aveva niente di meglio da fare, che seguirla passo passo nella sua crescita? No, perché partire per dimenticare un sogno, e poi ritrovarsi in un incubo, di certo, non era nei suoi piani.
Farsi un viaggio in aereo per passare del tempo con le amiche, e ritrovarsi come compagnia Lui, di certo, non era nemmeno lontanamente contemplato nella lista delle cose da fare.
Arrivare lì, per coccolarsi la figlia della sua migliore amica, e poi invidiarla fino a diventare verde perché parlava con il soggetto delle cose “da non fare”, sì beh..questo non se lo sarebbe mai aspettato.
In quel momento, sentì qualcuno sfiorarle i capelli,facendola trasalire, e scoprì essere il suo fidanzato. Erano arrivati anche gli altri ragazzi.
-Viola, ragazze, perché siete ancora sulla soglia?- chiese Matteo, accigliato.
-Gli faccio paura, evidentemente!- esclamò Christian, attirando l’attenzione su di lui. Matteo e Jacopo si illuminarono in un secondo, e gli si catapultarono addosso come dei cinghiali imbufaliti. Viola rideva a quella scena, mentre Andrea sembrava esasperata all’ennesima potenza. Diego richiuse la porta, e fece togliere agli ospiti giubbotti e giacconi. Andrea sfilò la cuffietta di lana a Luca, e i capelli chiarissimi si rizzarono in piedi per l’elettricità.
Normalmente, Chiara avrebbe strillato, emozionata anche per quella piccola cosuccia; ma non in quel momento. Se ne stava dietro Andrea e Viola che sistemavano i propri figli, e cercava di respirare normalmente senza cadere nel panico più nero. Marco sembrava tranquillo, semplicemente sulle sue, senza parlare; probabilmente si aspettava qualcosa, come una presentazione al ragazzo accampato al divano, ma quella non arrivava. E non sarebbe arrivata, non se aspettava il cenno di Chiara.
Ma ci pensò Christian, a divincolarsi dai suoi amici e alzarsi per presentarsi al ragazzo che per lui non aveva nome. Quando notò Chiara, mezza nascosta dalle sue amiche, ci rimase un po’ male. Be’, non mangiava mica!
Si rivolse al ragazzo, porgendogli la mano e sorridendo cordiale. –Ciao, piacere! Io sono Christian!- Marco la strinse, e ricambiò con un tono meno caloroso, ma comunque accennando un sorriso. –Il piacere è mio, sono Marco, il fidanzato di Chiara.- Il sorriso allegro di Christian si gelò. Beh, era ovvio, non poteva essere il primo che passava. E se fosse stato amico di Diego e Alice, l’avrebbe conosciuto, o almeno sentito nominare.
Si voltò verso di lei, sempre con quel sorriso stiracchiato. –Quanto tempo è passato, vero?- commentò. Lei, con le guance passate da un bianco latte a un rosso porpora, accennò un sorriso imbarazzato. –Quattro anni..- mormorò, schiarendosi la gola. Per la prima volta, alzò lo sguardo su di lui: Viò aveva ragione, era cambiato tantissimo. Ed era..bellissimo, senza sprecarsi in dettagli. Non che prima fosse brutto, anzi, ma ora era..non c’erano parole, punto.
E, se mai era possibile, i suoi occhi erano ancora più magnetici.
Quando, in un mezzo secondo, si trovò tra le sue braccia, ancorata al suo petto, probabilmente il suo cuore smise di battere.
Era così diverso, quell’abbraccio, da quello che una volta-e una sola- si erano scambiati quando erano più giovani. Non riusciva nemmeno a pensare come le sembrava; anche se non si vedevano da anni, dopo due addii non dei migliori, non era freddo, ma tutt’altro. Era..tenero.
Qualcuno, che identificò poi come Marco, si schiarì la gola. Chiara si staccò come scottata, arrossendo di botto. In quel momento, desiderò essere single, e poterlo abbracciare quanto voleva. Poi, pensò che magari anche lui era fidanzato, e che non gli fregava niente di lei. Beh, ma quello era un abbraccio da amici, dopotutto, non c’era assolutamente nulla di male. Era come abbracciare Paul. E comunque, pensò Chiara, Marco non sapeva che lei e Christian non erano mai stati nemmeno lontanamente amici, neanche prima che lei s’innamorasse di lui. Ma questo era solo un insignificante dettaglio.
In quel momento, Chiara si rese conto che quell’abbraccio aveva ammutolito tutti. La piccola Giulia si accigliò, confusa. Avanzò sino a Chiara e Christian, e si mise tra di loro, guardandoli intensamente.
-Ma zia Chiara! Io non ho capito! Quale è il tuo fidanzato? Lui –e indicò Marco, che aveva strabuzzato gli occhi, divenendo paonazzo, -o Christian?-
Chiara si ritrovò a balbettare una risposta senza senso, messa in una difficoltà estrema. Anche Christian era piuttosto spiazzato, mentre Marco era solo alquanto irritato, ma lo nascose dietro ad una risatina nervosa.
A quel punto, prima che Viola, Andrea o i diretti interessati potessero spiegare la situazione, Mirko marciò avanti, spavaldo, affiancandosi a Giulia.
-Giulia, a questo nemmeno il mio papà ci aveva pensato!- esordì, mentre la bambina guardava l’amico con sguardo ammirato. –Però avevano solo quindici anni, anche se non ho capito cosa c’entra..però ha detto papà che conqui..conquistava la mia mamma se non la sposava, e lo deve fare anche zio Christian!- Quel discorso spezzato e confuso di Mirko aveva fatto sbiancare sia Jacopo che Andrea. La ragazza, pallida quanto un cencio, si avvicinò al figlio fingendo di essere divertita.
-Ma tesoro mio..cosa dici?- balbettò.
Mirko si accigliò.-Ma mamma, lo avete detto tu e papà!-
Alice, che come tutti nella stanza eccetto Marco aveva capito almeno il concetto del monologo della Peste Bionda, invitò gli amici ad andare in cucina, usando la scusa di fare assaggiare i suoi muffin.
-Però..è una novità Alice ai fornelli!- cercò di cambiare discorso Viola, mentre si scambiava uno sguardo terrorizzato con Andrea.
Alice si toccò la pancia, e sorrise. –Beh. Prima o poi bisogna imparare! E io devo dire che sono abbastanza brava, vero Diego?- e lanciò uno sguardo intimidatorio al fidanzato, che si passò una mano sulla nuca, annuendo.
-Un vero chef!- i ragazzi risero, mentre Alice assumeva un’aria soddisfatta.
Marco rimaneva accigliato. Non si sentiva a suo agio, in mezzo agli amici di Chiara; erano così diversi da lui e dai suoi. Senza contare che li riteneva troppo egocentrici e sbruffoni, specialmente quel Jacopo e il tipo che aveva abbracciato Chiara. Era arrivato lì da lui con un sorriso da amicone..ma non riusciva a ritenerlo simpatico, soprattutto per come guardava la sua fidanzata. Era palese che Chiara lo ritenesse di troppo, era sbiancata quando l’aveva abbracciata. Evidentemente era infastidita dalla sua presenza; era da maleducati imporsi così.
Sospirò, e portò lo sguardo sulla sua fidanzata, che stava analizzando con minuzia lo spigolo del tavolo. Non l’aveva mai vista così.
-Forza..- incitò Alice, posando sul ripiano un vassoio con i dolci.-Assaggiate.-
In meno di mezzo secondo, gli uomini –eccetto Marco che rimase composto e rigido- si buttarono a capofitto sui muffin, come se non mangiassero da anni.
Mentre Alice rideva della scena, Viola sembrava basita. –No, mi rifiuto di credere di aver sposato uno così..-
Andrea fece un gesto come a scacciare una mosca, rassegnata, e accarezzò i capelli biondi di Luca. –Oh, beh, io lo sapevo e mi sono accontentata..- scosse la testa, -Sembra che non gli do da mangiare! E posso assicurare che non è così!-
A quelle parole, Chiara alzò lo sguardo e ridacchiò. Il buonumore le stava tornando, e Andrea si sentì una Grande per esserci riuscita.
-Mamma! Anche io voglio un dolcetto!- dissero all’unisono Giulia e Mirko, entrando saltellando nella cucina di Alice. Viola sorrise, e cercando di fare attenzione prima che gli uomini le staccassero il braccio a morsi, ne prese due e li diede ai bambini, che sorridendo tornarono nel salotto a giocare.
-Quei due vanno fin troppo d’accordo..- commentò Andrea, soddisfatta di essersi conquistata a sua volta un muffin.
-Oh, ma sono così carini!- trillò Chiara, sorridendo intenerita, -Magari si metteranno insieme!- In quel momento, Matteo cominciò a tossire convulsamente, e Viola, un po’ perplessa, gli diede delle pacche alla schiena.
-Mia figlia non può stare con quel bambino..assomiglia già in tutto e per tutto al padre, ci manca che sia anche un dongiovanni! Ma scherziamo?- fece trafelato Matteo, facendo ridere tutti meno che Jacopo, che si alzò in piedi.
-Hai problemi, Matteo? Eh? Almeno io ho avuto la decenza di non provarci con la ragazza a cui era interessato il mio migliore amico.- Viola alzò gli occhi al cielo, Andrea sospirò rassegnata, e Chiara arrossì. Si tornava sempre sullo stesso discorso. Christian ghignava, si divertiva un mondo a vederli litigare come cane e gatto per sciocchezze.
-L’ho fatto per capire se interessavo a Viola, cretino! Ero disperato, e lo sanno tutti- sbuffò.
-Oh sì, che lo sappiamo!- rise Christian, -Mando o non mando il messaggio a Viola? E se non risponde? Magari è stata male! Cavolo, Matteo, sembravi una ragazzina!-
Matteo assunse un’aria scettica, -Almeno io non ho aspettato l’ultimo momento e mi sono messo in gioco. Non sono stato mesi a negare l’evidenza.- Il cuore di Chiara mancò di un battito, e il diretto interessato s’irrigidì, sbiancando.
Viola fulminò Matteo con uno sguardo truce.
-Ragazzi, tra cinque minuti comincia la partita!- Diego saltò in piedi, e Jacopo si battè una mano sulla fronte. –Cacchio, la Milan-Juve! Non ho portato gli striscioni!-
-Tanto vince il Milan..- disse ovvio Christian, gonfiando il petto. Il discorso calcio aveva fatto dissipare il momento imbarazzante e delicato, e li aveva fatti tornare pappa e ciccia. Mentre Jacopo ribatteva che la Juve era più forte quell’anno, si spostarono nel salotto davanti alla tv, lasciando le ragazze sole. Stranamente, anche Marco li aveva seguiti, e Chiara si sentì un po’ più tranquilla.
-Uomini..- borbottò Viola. –Per fortuna non gioca l’Inter, altrimenti Matteo avrebbe demolito la casa..è intrattabile, soprattutto se perde la sua squadra.-
-Oh beh..quello lo faccio anch’io..!- rise Andrea, -Siamo una squadra di Juventini sfegatati! Verò Luchino?- chiese al figlio, facendolo ridere per il solletico.
-Mi pare il minimo, amore mio!- s’intromise Jacopo, entrando in cucina con un sorrisone. –Alice, Diego dice che devo prendere le birre.- Lei indicò il frigorifero, da cui ne prese solo quattro, e due lattine di tè alla pesca, poi si rivolse a Chiara.
-Ma Chiaretta, il tuo fidanzato sa parlare?- scherzò. Chiara rise, ma in realtà Jacopo era seriamente preoccupato per la sfortunata sorte dell’amica. Proprio un manichino doveva scegliersi? Santi numi, lei parlava a macchinetta, e la sua “dolce”-e probabilmente calda com’era un Polaretto- metà sembrava sprovvisto della facoltà di parlare. Gli opposti. E no, in questo caso gli opposti non si attraevano.
Scosse la testa, e fischiettando tornò dagli amici, mentre le donne ricominciavano a chiacchierare.
-Eccomi qua!- esclamò Jacopo, posando le birre sul tavolino e aprendo le lattine di tè per Giulietta e Mirko. –Bene, comincia!- e si spaparanzò sul divano tra Christian e Matteo. Marco se ne stava rigido sulla poltrona, e guardava la tv senza proferire parola. Jacopo lo osservò qualche istante, poi diede una gomitata a Christian, e fece un cenno col capo verso di lui. L’amico soffocò una risatina, e si mise composto, imitando l’espressione di Marco. Jacopo ghignava, Diego e Matteo erano in procinto di scoppiare a ridere come pazzi. Il marito di Viola lanciò un’occhiata a Christian, poi si schiarì la gola. –Marco..allora..che squadra tifi?- domandò, mentre il suo migliore amico si afflosciava di nuovo come un barbone sul divano.
Marco si voltò sorpreso, e rispose tranquillamente che non seguiva molto il calcio, ma che comunque aveva una certa propensione per la Roma.
Di nuovo, Diego e Matteo si trattennero dal ridere, mentre a quel punto parlava Jacopo, che cercò di sembrare serio e interessato. –Mh..Roma?- Marco annuì, e vedendo che nessuno chiedeva altro sui suoi gusti, sollevato, tornò a fissare la tv. Gli scocciava fingere che quei quattro tipi gli stessero simpatici.
-Beh..- ma pensava male. Christian, quel brutto individuo che sembrava appena arrivato da una discarica, si stava rivolgendo a lui. –Da quando stai con la mia ClèClè?- Marco si accigliò, per quel possessivo di troppo. Christian si accorse della gaffe, e sorrise. –Beh, per me è come una sorella!- Diego, Matteo e Jacopo lo guardarono con tanto, tanto scetticismo, ma il loro amico li ignorò.
Marco, seppur sospettoso, decise di credergli. –Da quasi tre anni..- disse. Christian camuffò una smorfia con un sorriso stiracchiato. –Siete felici insieme?Lei, è felice?- Gli amici di Christian si erano fatti improvvisamente seri quanto il ragazzo. La partita era stata accantonata quasi da subito.
-Sì.- fu la risposta decisa che lasciò freddo Christian. Era felice. E se lei lo era, lo era anche lui. Sì, col cazzo!
In quel momento, il campanello di casa suonò, e Alice comparve dalla cucina con un’aria corrucciata. –Ma chi è?- chiese più a sé stessa che agli amici. Viola e le altre l’avevano seguita nel salotto, e si aprirono in un sorrisone quando l’amica aprì la porta, rivelando la figura slanciata e abbronzata di Paul, che teneva tra le braccia un bimbo di sei anni, dai capelli scuri e gli occhi cioccolato. Gli corsero tutte e quattro incontro, e lo abbracciarono e strapazzarono il piccolo Francesco, che continuava a sorridere. Sembrava quasi che tutti si fossero messi d’accordo per quando concepire i propri figli, perché a distanza di qualche mese tutti ne avevano sfornato uno.
-Paul, ma non dovevi arrivare domani?- chiese Alice, sorpresa ma felice.
Lui si aprì nei suoi sorrisi da orecchio a orecchio, -Sorpresa!- disse, entusiasta di vedere le sue amiche.
-Paolò!- una voce squillante giunse alle loro spalle, e Viola già dal principio storse il naso. Il loro amico alzò gli occhi al cielo, e ripose suo figlio a terra, che sbuffò.
Viola sorridente si chinò all’altezza di Francesco, e gli carezzò i capelli.
-Come sta la mamma, Francy?- gli chiese. Lui sorrise, illuminandosi al nominar della madre, Monica, l’ex moglie di Paul da ormai quasi un anno. L’ultima volta che Chiara l’aveva visto, allo scorso capodanno, il loro amico le aveva confessato che avevano qualche problema. Un mese e mezzo dopo, avevano deciso di separarsi e andare ognuno per la propria strada, perché continuare a litigare così faceva più male che lasciarsi.
-Bene! Ma dov’è Giulia?- chiese subito dopo, facendo ridere Viola, che rialzandosi gli mostrò la figlia seduta sul tappeto che giocava con Mirko. I due bambini alzarono lo sguardo, e sorrisero entusiasti, facendogli cenno di raggiungerli. Francesco non si fece pregare due volte, e si fiondò da loro.
Paul ritornò in casa, trascinandosi due trolley rosa shocking. Chiara alzò un sopracciglio, e lui sorrise incerto: -Un attimo solo.- ripose le valigie accanto a sé, e si spostò per fare entrare una biondissima platinatissima zoccola (a detta di tutte le donne presenti nella casa). Viola storse il naso, tutto della tettona le dava segnale di allarme. Andrea già a pelle sentiva che non le sarebbe andata a genio. Quando riconobbe distintamente un fischio arrivare da Jacopo, si girò meccanicamente verso il marito, e gli riservò uno sguardo inceneritore da far concorrenza agli occhi-laser di superman. Lui arrossì, e sprofondò nel divano, mentre i suoi amici ridevano.
-Ragazze, lei è Giselle Boubaton, la mia ragazza..Giselle, loro sono Chiara, Viola, Andrea e Alice, le mie amiche.- presentò, gesticolando imbarazzato. Forse percepiva lo scetticismo delle sue compagne di vita, o magari semplicemente sapeva bene che impressione dava quella sottospecie di Barbie con l’airbag.
-Molto piascere.- disse, rivolgendo loro uno sguardo di sufficienza.
I ragazzi si alzarono e si avvicinarono con dei ghigni da deficienti; l’unico che non si era mosso era Marco, ma lui era un caso disperato di emarginazione sociale, secondo il modesto parere di tutti eccetto la fidanzata.
-Non vogliamo essere maleducati! Io mi chiamo Diego!-esordì il ragazzo, facendo irritare all’inverosimile Alice, che stette zitta e buona solo per il semplice fatto che doveva farlo per il suo bambino. In realtà, non le sarebbe dispiaciuto prendere a pugni il suo ragazzo, e mandar via a suon di calci la biondona.
-Piacere, Jacopo.- il ragazzo non osò dire altro, né porgerle la mano, perché sentiva le saette arrivare direttamente sulla sua schiena dagli occhi della moglie.
-Moi, je suis Matteo!- Gli occhi di Viola si ridussero a due fessure, e desiderò avere il super potere di Andrea, e di incenerire prima il padre di sua figlia, e poi l’ochetta che aveva portato il suo disgraziato amico. La separazione da Monica, pensò nervosa, gli aveva recato seri danni al funzionamento cerebrale.
Infine, si fece avanti spavaldo Christian: -Sono Christian, e sono single, se hai bisogno.- Paolo lo guardò con un sopracciglio alzato, e una mezza smorfia ad incurvargli le labbra. La biondona scoppiò a ridere in modo stridulo e civettuolo, facendo irritare a dismisura Chiara, che si era imbronciata. Ma quanto era scemo quel ragazzo? E beh, la biondona era proprio una troia con la T maiuscola, dato che sembrava lusingata da quell’esordio di Christian, proprio davanti al suo fidanzato. Ma Paul sembrava troppo preso da lei, per ammetterlo a sé stesso.
Oppure gli importava così poco di lei, che se ne fregava tranquillamente.
-Siete proprio sympa!- Purtroppo, non potevano dire lo stesso di lei, pensò acida Viola.
-Beh..- s’intromise Alice, stanca di quella scenetta vomitevole. –Paul, aggiungo tre posti a tavola! Vi avviso, la cena è quasi pronta..-
Le quattro amiche vennero immediatamente seguite dai bambini in cucina. Avevano un’aria cospiratoria, tutti e tre.
-Mamma!- esordì Giulia, con un’aria mogia. –Non è giusto..perchè Francy non ha qui la sua mamma?- sembrava davvero triste, a quella prospettiva.
-E’ vero! Ma chi è quella là? Parla in modo strano!- disse Mirko, perplesso, riferendosi alla Biondona Tettona. –Cosa vuol dire piascere?- continuò, facendo ridacchiare le ragazze.
-Papà dice che è una sua amica..però dorme a casa nostra.- disse risoluto il piccolo Francesco, per poi incupirsi. –Ma io preferivo quando c’era la mia mamma..-
-Anche noi.- disse Chiara, avvicinandosi al bambino per consolarlo.
Intanto, Andrea aveva aggiunto tre posti e delle sedie, e la cena era pronta.
-Mirko, vai dire a papà e gli altri che si mangia.- gli disse, poi si rivolse a Francesco e Giulia, -Voi andate con lui, e poi filate a lavarvi le manine!-
La cena passò quasi totalmente tranquilla. Quasi, perché se le ragazze erano felicissime di rivedersi, e chiacchieravano tranquillamente, i ragazzi-Paul compreso, che stranamente era entrato in sintonia con gli altri decerebrati- non coinvolgevano molto il silenziosissimo Marco.
-Coff..Emarginato..- tossì Paolo, provocando in Christian una serie di ghigni mal trattenuti. Il mondo sembrava aver cominciato a girare al contrario. La situazione sfiorava l’assurdo, e il top del top era l’affinità raggiunta tra l’amico delle ragazze e Christian, che da sempre non erano mai stati in buoni rapporti. Non avevano mai nascosto di odiarsi, ma quella sera parevano Pappa&Ciccia.
E anche Viola, Andy e Alice l’avevano notato.
Quando i commentini diventavano troppo diretti, Viola lanciava qualche sguardo ammonitore a Matteo e Jacopo, che non si preoccupavano di essere espliciti. Era palese, ormai, che Marco non stesse simpatico proprio a nessuno, con la sua aria da uomo di alta classe che non si abbassava al livello di paesani. E che paesani, pensò Jacopo, fighi come loro ce n’erano ben pochi!
Dopo il caffè, e dopo che ebbero sparecchiato la tavola, Marco si congedò dicendo di volersi fare una doccia, e che probabilmente si sarebbe coricato.
Paolo e i ragazzi continuavano a ridere tra loro, e Chiara, accigliata, si alzò in piedi mettendo le mani sui fianchi. –Finitela di prendere per il culo il mio fidanzato! Lui sarà educato e non vuole darvi rogne, però non è stupido, e nemmeno io.- esclamò, irritata.
Jacopo s’imbronciò. –Oddio, come sei Chiara! Stavamo scherzando!-
-Sì, sì- borbottò, sedendosi sul divano. Una decina di minuti dopo, Marco scese per dare la buonanotte, com’era nella sua natura, e scoccò un bacio a Chiara, che si sentì quasi in imbarazzo. –Notte, tesoro.-
-Notte..- biascicò lei, mentre lui faceva un cenno di saluto agli altri, e si avviava alle scale per salire nella camera da letto dove avrebbero dormito.
-Notte, tesoro..- sibilò tra sé Christian, alzandosi dal divano, infastidito.
-Dove vai?- gli chiese Matteo, accigliato, vedendo il suo migliore amico allontanarsi. –A dormire. Sono stanco.- fu la sua risposta secca, che lasciò perplessi tutti i presenti. Soprattutto Diego e Alice; sapevano bene che Christian era solito a dormire fino a tardi, ed andare a letto ancor di più. Non era il tipo, decisamente, che andava a letto alle undici di sera. Era come andare a dormire con i polli. Inammissibile, per lui.
Ma Christian non aveva intenzione di stare lì, e sentirsi uno schifo.
Anche se era stupido (oltre che inutile e soprattutto fastidioso) essere geloso di Chiara, sapeva di non poter farci assolutamente nulla. Aveva capito che era indiscutibilmente vano negare l’evidenza; soprattutto sconveniente, dato che l’ultima volta era arrivato tardi per il suo “non voler vedere la realtà”, e come risultato, a differenza di tutti i suoi amici, non era riuscito ad essere felice con la ragazza che gli piaceva. Che razza di sfiga.
Scosse la testa, e dopo essersi infilato nei pantaloni della tuta, si buttò sul letto matrimoniale che gli avevano messo a disposizione Alice e Diego.
Era passato tutto quel tempo..eppure non riusciva a pentirsi di aver tentato il tutto e per tutto dieci anni prima, anche se ormai sapeva di non poter far più nulla. Era colpa sua, dopotutto. Però Christian, se voleva, sapeva essere una persona piuttosto determinata a ottenere ciò che desiderava..purtroppo non aveva messo in conto il cuore spezzato di Chiara, e un suo possibile rifiuto.
Era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. Suo padre gli aveva appena annunciato che si sarebbero trasferiti di nuovo a Milano di lì a poco, proprio quando lui si era svegliato dal letargo, e aveva ammesso l’ovvio. Si era sentito morire. Quando si decise a parlarle, avevano litigato, tanto per peggiorare una situazione a sua detta già catastrofica. Di certo, non intendeva dirle che lei gli piaceva proprio dopo averle ribattuto contro che se fosse sparita dalla faccia della terra avrebbe fatto un piacere all’umanità. Quanto era stato romantico..non si meravigliava che gli avesse risposto che era troppo tardi, ed era andata via senza dir più niente. Così, si rassegnò a partire con i suoi.
Se solo non fosse stato così puerile e cocciuto, forse avrebbe capito di far del male a Chiara, e, soprattutto, non avrebbe perso del tempo prezioso.
Forse il caso voleva dargli una seconda chance, o semplicemente ricordargli, dopo sei anni dalla sua partenza, che non aveva dimenticato Chiara, benchè fosse stato con molte altre ragazze, perché probabilmente per un tempo (molto molto breve) erano stati amici. Fatto sta, che si erano rincontrati a Milano, e le aveva rubato un bacio. Anche se scherzando amaramente, lui le aveva detto “E’ solo un arrivederci. Non scordarti di me.”, ed era assurdo che ci avesse azzeccato.
Era una delusione, però, rendersi conto che solo qualche mese più tardi si era messa con quel Caco emarginato. Ma chi era lui, per lamentarsi? Nessuno; ma francamente pensava che Chiara avesse gusti migliori!
Dalle stelle alle stalle..e no, lui non era di certo egocentrico come Jacopo.
Intanto, gli altri erano ancora giù in salotto a chiacchierare. Andrea tartassava Paolo di domande, e Viola ascoltava curiosa qualsiasi cosa il loro amico dicesse. Doveva recuperare quasi un anno di avvenimenti, a partire dalla separazione (orrore e raccapriccio) da Monica, quella santa donna, perciò Paolo aveva tanto da raccontare.
Per lei era ridicolo e inammissibile vedere così poche volte i suoi amici. Solo il fatto che Chiara dovesse fare un’ora di viaggio per raggiungerla, era assurdo. Era così facile, quando erano più piccole; lei le mandava un messaggio dicendole di contare sessanta secondi, e quando Viola scendeva, lei era lì, sorridente o mogia che fosse, in base a quello di cui dovevano parlare. Era una cosa subitanea e indolore, mentre era impossibile non avere l’angoscia per il viaggio ora. Per questo, le visite erano sporadiche. In compenso, passavano ore al telefono a chiamarsi, cosa che prima non avevano mai fatto, e Chiara aveva cominciato a investire un quarto del suo stipendio in ricariche su ricariche, col terrore di rimanere senza soldi.
Chiara stava tranquilla a sorseggiare la sua camomilla, che al posto di calmarla le metteva ancora più ansia, e squadrava spudoratamente la Boubaton piuttosto criticamente; no, non le stava per niente simpatica. Se credeva di essere chissà cosa perché aveva un prorompente petto e parlava francese…beh, pensò Chiara sfoggiando la sua modestia, sapeva parlare anche lei francese, e alla faccia di quella biondona, anche l’inglese e lo spagnolo. Ma non le importava poi molto che parlasse, quella francesina da strapazzo (non aveva nulla contro Francia e compagnia bella, la Boubaton era un caso isolato): si sarebbe evitata un timpano perforato. Per fortuna, se ne stava a cuccia bella e buona senza sfoggiare i suoi Ohlalà e Ohlaquà, Ohlasu e Ohlagiù.
In compenso, Alice se ne stava in panciolle semi-sdraiata su Diego, che le carezzava i capelli con fare melenso. Quei due erano di poche parole, ma sapevano capirsi con un cenno.
Al contrario, tra Andrea e Jacopo molte volte serviva un traduttore; ma dato che ne erano sprovvisti, erano più le volte che si sbraitavano contro. Ma il loro rapporto era così, non sarebbero stati loro due se non si fossero insultati almeno dieci volte al giorno (come se l’avesse prescritto il dottore), e se poi non si fossero saltati addosso per “far pace”. Anche se, pensò Chiara, non avevano bisogno di quella scusa per darsi da fare. Non si sarebbe stupita, se alla fine delle tre settimane di vacanza da Alice, fosse saltata fuori la terza gravidanza. Anzi, sarebbe stata sconvolta dal contrario. E pensare che era una coppia molto incerta,all’inizio. Nessuno ci avrebbe mai scommesso, nemmeno Jacopo e Andrea stessi: erano un continuo tira e molla, o ti amo o ti uccido. Finchè finalmente Jacopo aveva capito che non poteva permettere a qualcuno di rubarle Andrea, o peggio, allontanarla lui stesso.
Poi era nato Mirko, come a suggellare quella sua promessa, ed infine le aveva chiesto di sposarlo. Non per questo, i battibecchi erano diminuiti, anzi, erano ancor più pungenti e gelosi l’una dell’altro e viceversa.
-Beh..- sbadigliò Jacopo,-Io sono stravolto..direi che sia ora di andare a nanna..- constatò, accarezzando con lo sguardo il piccolo Luca che sonnecchiava sul suo petto, e poi Mirko, che seduto accanto alle sue gambe, dormiva con la testa a ciondoloni.
Anche Matteo si rese conto che fosse molto tardi, soprattutto per Giulia, che pisolava teneramente con la testa poggiata alla spalla dell’amico. Nemmeno Francesco si era preso il disturbo di raggiungere il lettino, stravaccato sul tappeto con la bocca semi aperta. Paolo ridacchiò, e si alzò per prendere tra le braccia il figlio, che somigliava a lui quanto alla madre. Andrea imitò l’amico e recuperò Mirko,mentre Matteo raccoglieva Giulia, e seguì Jacopo, che si avviava verso le scale mormorando un “buonanotte a tutti”, a cui gli amici risposero allo stesso modo.
-Oh..- sospirò Viola, stiracchiandosi. –Sono distrutta..-
-A chi lo dici..- ribattè Chiara, sbadigliando rumorosamente. –Raggiungo il mio fidanzato emarginato.- e scoccò un’occhiataccia a Diego, Matteo e Paul, che sorrisero colpevoli. –‘Notte..- disse in generale, per poi trascinarsi sulle scale fino alla sua stanza.
Tra uno sbadiglio e l’altro, ognuno raggiunse la propria stanza. Matteo ripose Giulia su una brandina e le rimboccò la coperta pesante con le Winx, e le scoccò un bacio sulla fronte sorridendo amorevoltemente, seppur stanco morto.
Appena Viola uscì dal bagno, lui la raggiunse e la abbracciò, riservandole lo stesso segno d’affetto che aveva dato alla piccola Giulietta.
Non dissero niente, sciolsero l’abbraccio stretto che si erano scambiati, e dopo essersi messi sotto le coperte, Viola si accucciò sul petto di Matteo, sorridendo beata. Quando l’aveva incontrato(di nuovo), di certo non avrebbe mai giurato di arrivare a quel punto. Alla fine, le premonizioni di Chiara si erano realizzate, anche se con molta, forse fin troppa, calma. Altro che virtù dei forti, stare senza Matteo la faceva uscire di senno. Ora come ora, non avrebbe potuto desiderare qualcosa –o qualcuno- più perfetto della sua vita o di suo marito. Senza contare Giulia, il loro piccolo raggio di sole. In teoria, la legge di Viola era “niente figli a soli vent’anni”, peccato che tra dire e il fare ci fosse di mezzo il mare. E con un fidanzato come Matteo, non fare era decisamente un affronto alla sua persona, e Viola non avrebbe mai voluto recare un cotale danno al suo uomo. Bando alle mancate precauzioni, alla fine Giulia era stata la cosa più bella dopo il loro fidanzamento. Anche se Matteo non avrebbe aspettato un istante a sposare Viola, dopo che seppe della gravidanza. Ma dato che un altro motto della sua compagna era “Niente matrimonio a soli vent’anni”, avevano optato per la convivenza fino a un anno e mezzo prima, trovandosi come damigella d’onore il loro piccolo miracolo che trotterellava per la navata centrale vestita con tulle e ballerine. Ed ora, si trovavano lì, senza dubbio più innamorati di prima, condividendo gioie e dolori.
-A che pensi?- le domandò Matteo, distogliendo Viola dai suoi pensieri.
Lei seppe esattamente cosa rispondere, sorridendo contro il suo petto. –A noi.-
Matteo non potè che sorridere a sua volta. –Sono imperdonabile, sai?- rispose lui, carezzando i capelli di Viola dolcemente, che alzò leggermente il capo per poterlo vedere negli occhi, che sembravano neri e non color miele, sotto la fioca luce della lampada. –Perché?- chiese, curiosa e divertita al contempo.
-Come potevo ritenerti la mia migliore amica? Ero proprio stupido!-
Viola rise, scuotendo il capo. –Matt, avevamo cinque anni!-
Lui sbuffò. –Sciocchezze. Lì già tu mi morivi dietro!- Lei gli scoccò un buffetto sul petto, e lo guardò con un’aria saccente. –Tu eri il mio migliore amico sul serio, se mai quello che mi scondinzolava dietro come e peggio di un cagnolino eri tu, bello mio!-
-Puah! Ammettilo, sei consapevole e intimamente gongolante di questo.- la stuzzicò, solleticandole un fianco con la mano che non era impegnata a rigirarsi tra le dita i suoi capelli.
Viola sorrise in risposta. –Ovvio, tesoro. Come non potrei? Comunque, come giornata non è stata poi così disastrosa…a parte l’arrivo di Miss Zoccola nel mondo..-
-Gelosa?- la pungolò, sorridendo soddisfatto. Ma lei ignorò la domanda (era piuttosto ovvio che lo fosse), e continuò imperterrita.
-..e i vari linciaggi di Christian verso Coso.-
Matteo aggrottò le sopracciglia. –Per “Coso” intendi l’emarginato? Cioè, il tipo di Chiara?-
-Sì, proprio lui.- chiarì Viola, per poi sospirare. –Non so tu, ma non mi piace..boh, è troppo..-
-Altezzoso. Borioso. Montato.- Matteo elencò qualche aggettivo, che per quanto fossero in linea con il carattere di Coso, non erano i termini che Viola avrebbe utilizzato per definirlo.
-Sì..ma non so come definirlo. A pelle, comunque, non mi garba.- spiegò lei, -E nemmeno a Christian, a quanto pare.-
-Non è l’unico. Ma dai, quel tipo è l’opposto di Chiara!- bofonchiò Matteo, che era (come tutti) da sempre Team Christian. Be’, era il suo migliore amico, dopotutto. –Da quel che si dice, gli opposti si attraggono.- ribattè sconsolata Viola. Ma Matteo scosse la testa, carezzandole la spalla. –Sì, okay..ma non sono il tipo giusto di opposti!- fece, convinto.
Viola sorrise appena, -Speriamo..-bofonchiò, per poi sbadigliare, facendo ridacchiare Matteo.
-Direi che sia il momento di fare la nanna, Pupattola.- constatò lui, mettendosi comodo sempre con lei sul petto. Viola sbuffò.
-Anche tu con quel soprannome?-
Matteo si fece pensieroso. –Pupattola..sì, mi piace. Devo ringraziare Chiara per i suoi nomignoli stravaganti!- Altro sbuffo di Viola, che riposò il capo sul petto invitante di Matteo. –Buonanotte, Caco.-
-Caco? Io non sono un Caco, Violetts!- Quanto poteva essere dolce un nomignolo detto dalle sue labbra? Quel Violetts detto da lui, era la cosa più bella nella lista delle cose belle dette da Matteo, subito dopo Ti Amo, e Lo Voglio.
-Buonanotte- ribadì lei, ridacchiando.
-‘Notte, Violetts..ma sappi che ne riparleremo al più presto..Caco! Sono indignato. Almeno un bacino per farti perdonare me lo devi!- Per quanto lo ritenesse assolutamente puerile, idiota e senza contare irrimediabilmente tenero, non riuscì a non ridacchiare, e si sporse verso di lui per scoccargli un bacio a stampo, che lo fece sorridere come un ebete.
-Ora sì, che sono felice!- detto questo, spense la luce, e strinse forte a sé la sua mogliettina tutto pepe.


*Angolino *
Cioè. Alla faccia di chi dice che ci metto un casino a postare (nè, Mirkolin?), sono qui con un capitolo di ben 10 pagine di word! E ve lo siete beccati tutto tutto! :P Puahahah!
Che dire..vi sarà piaciuto? Sinceri fino all'osso, lo sapete (soprattutto tu, Cocchina).
Micholina sono imperdonabile, non ti ho fatto litigare con Jacopo o.o Sacrilegio! >.<
In compenso ho messo tanta dolcezza *.* (Pupattola.....)
E è arrivato Paul!! Con salvagente a presso -.-" xD Beh...valà. Un bacione a tutti.

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Capitolo 3
*** Priorità: leggere Cime tempestose ***


Incredibilmente, questa storia va molto più velocemente che l'altra...e questo è il seguito, ed è tutto da dire XD
Puahahah ^^ Ma quanto sono felice, ne vado sempre piu orgogliosa, chicos! ** Mi sembra impossibile smettere di scriverla >.<
Comuuunque. Nemmeno in questo capitolo Andy e Jacopo litigheranno u.u W l'amour!
Mentre, direi giustamente ho iniziato con un risveglio TZuccheVoSo per il Tetezco e la futura mamma. u.u
Puhuhuhuhuh ** Cos'altro non ho detto...ah già! L'emarginato PUFF! Mi dimentico persino io, di lui xD che vita insulsa :P
Vabbua, bonne lecture! W l'amour!
Capitolo 3. Priorità: leggere Cime Tempestose!
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Alice si girò su un fianco, acciambellandosi sul petto di Diego, che avendo il sonno leggero e i sensi sempre in allerta, socchiuse gli occhi. Sorrise appena, accarenzando i capelli della fidanzata, pensando che tra poco più di cinque settimane, se tutto fosse andato bene, gli avrebbe dato il suo primogenito.
Kevin. Sì, sarebbe stato perfetto per il loro bambino.
Alice borbottò qualcosa d’indefinito, sbattè le palpebre, e sbadigliò.
-Buongiorno..- bofonchiò, mentre Diego si allungava per baciarle la fronte.
-Ben svegliata, madre di mio figlio..- Lei non potè che sorridere teneramente, davanti a tali parole, dette da niente popò di meno che dall’uomo che amava. Era la cosa più bella che si potesse desiderare. Diego la fece sollevare per due istanti, poi la fece accucciare di schiena sul suo petto, per poter giochicchiare con la pancia della fidanzata. –Ehi, piccolino..sono il papà.- Ad Alice, gli occhi si fecero lucidi. Maledetti ormoni! Non potevano attivarle le lacrime ogni qual volta il suo amato tedesco nominava il loro bambino! –Come va lì dentro? Non vedo l’ora di poterti abbracciare, sai?- Tutti i tentativi di Alice di non piangere si dissolsero in un secondo, perché le lacrime, lente e salate, presero a rigarle le guance. Non le cancellò dal viso, solo per il semplice fatto che erano lacrime di felicità. Perché nascondere il segno di quel sentimento?
Non aveva mai creduto che la sua vita fosse perfetta, Alice, ma in quel momento, abbracciata al suo Diego, incinta del suo primo figlio, non poteva che dire di essere sfacciatamente fortunata. Si sentiva amata, protetta..talmente felice da poter toccare il cielo con un dito.
Lasciò che Diego le carezzasse la pancia per un tempo indefinito, ma che a lui parve sempre troppo poco. Non era mai abbastanza il tempo con suo figlio e con la donna che amava. Per un motivo o per l’altro, i suoi piani di relax totale a base di coccole con Alice non andavano mai in porto. Questa sì, che era vera iella.
-Che ore sono?- mormorò piano Alice. Le sembrava quasi troppo acuta, la sua voce, in quel momento sereno e idilliaco.
Diego si sporse verso la radiosveglia, stringendo ancora dolcemente Alice, e constatò che fossero appena le dieci del mattino. Avevano ancora un po’ di tempo..ma evidentemente per la sua ragazza non era così.
-Così tardi?- esclamò Alice, saltando in piedi allarmata. –Oddio ma che razza di padroni di casa siamo?- il tedesco la guardò basito, non poteva credere che la sua ragazza si preoccupasse di quello che i loro amici.
-Ali, credi che a quest’ora qualcuno sia sveglio?- incalzò lui, con un’aria da so-tutto-io, che fece sbuffare Alice. Lei però ormai era sveglia e nervosa, nonostante il momento di relax di prima, e si alzò dal letto districandosi di dosso le coperte pesanti.
-Tanto devo alzarmi..- disse, agguantando i pantaloni della tuta e una felpa comoda e calda. Si vestì, sotto lo sguardo esasperato di Diego, che dopo qualche altro minuto decise di seguirla di sotto.
Come aveva detto lui, giustamente, nessuno era sveglio così presto. Ma Alice, piuttosto di star ferma a riposarsi come avrebbe dovuto, si avviò in cucina per preparare una torta al cioccolato, chiacchè ne aveva voglia.
-Ali, dovresti stare seduta e rilassarti.- le ricordò il suo fidanzato, accigliato, mentre si avvicinava a lei avvolgendola con le sue braccia calde, carezzando il pancione rigonfio ed evidente. Lei sospirò. Diego giocava sporco, così. Non era giusto. –Diego, ho dormito fino a dieci minuti fa..ho riposato a sufficienza, direi.-ribattè, non riuscendo però a trattenere un sorrisetto. Lui sbuffò, soffiandole sul collo e solleticandolo, per poi sciogliere l’abbraccio e sedersi su una sedia.
-Cosa vuoi preparare?- le domandò. Era inutile insistere con lei, era una testa calda. Da quel che sapeva, l’unico in grado a tenerle testa, per la testardaggine, era Paolo. Però lui, lui era quello che riusciva –a volte- a scioglierla completamente, e di questo andava veramente fiero.
-Torta al cioccolato.- rispose solo, cominciando ad aprire mobili e credenze, tirando fuori gli ingredienti adatti. Si rese conto che con tutto quello che aveva preparato la sera precedente, aveva dimezzato la sua scorta, e la dispensa necessitava di essere riempita al più presto, se non avesse voluto fare la fame con i suoi amici.
In quel momento, entrò in cucina una sbadigliante Andrea, con marito appresso che sembrava lì lì per tornare a russare come un trattore. –Buongiorno.- bofonchiò lui, stropicciandosi gli occhi ed emettendo un sonoro sbadiglio.
-Buongiorno!- trillò Alice, sorridendo agli amici. Andy guardò accigliata la sua amica, -Tu non dovresti riposare? E che combini?- chiese, notando tutti gli arnesi che aveva riposto sull’isola della cucina e la marea di ingredienti seminati in ogni dove. Alice sbuffò. –Faccio una torta, e sì, non devo riposare.-
Diego alzò gli occhi al cielo, invece Jacopo ghignò.
-Diego, ritieniti fortunato! Andrea all’ottavo mese era assolutamente intrattabile. Non le potevi dire nulla che ti tirava dietro i piatti! Però magari Alice deve ancora esplodere.- gli disse, con aria comprensiva. Diego sbiancò, e Andrea riservò un’occhiataccia al marito. Sapeva bene quanto il povero tedesco avesse problemi a gestire la situazione, era già terrorizzato all’idea del parto..di questo passo, avrebbe avuto paura di Alice stessa.
-Non ascoltarlo, Diego. Io tiravo i piatti dietro a Jacopo perché mi faceva incazzare, non perché ne avevo voglia.- Ma l’affermazione, che avrebbe dovuto tranquillazzare il fidanzato di Alice, non ebbe l’effetto sperato, perché Diego deglutì sonoramente angosciato. Alice ridacchiò, e ritornò a dedicarsi all’impasto della sua torta.
-Beh, programmi della giornata?- domandò Andrea, cercando di cambiare il discorso. Meglio non far morire d’ansia il fidanzato di Alice, perché la cara donna in dolce attesa gliel’avrebbe fatta pagare cara, in quel caso. Altro che relax.
Alice assunse un’aria pensierosa. –Ho constatato che la mia dispensa si è svuotata in una sera…pensavo di andare a fare shopping in città, che ne dite?-
Andrea sorrise, mentre Jacopo storse il naso.-E’ un’ottima idea!- esclamò lei.
-Ma non sarà una cosa tutto vestiti,vero?- domandò Jacopo, deglutendo ansiosamente davanti a quella prospettiva.
-No, certo che no! Se avremo tempo, magari.- concesse Alice, voltandosi solo un istante per sorridere all’amica e ammicarle, e tornarsene ad impastare.
I quattro ragazzi sentirono dei rumori provenire dalle scale, e dopo due istanti Giulia e Mirko corsero in cucina, sorridenti. –Buongiorno!- esclamarono, accomodandosi vicini al tavolo.
Andrea guardò stupita il figlio. –Ma tu non stavi dormendo profondamente?-
-Quando avete chiuso la porta, mi sono alzato e ho svegliato Giuly. Francy dorme ancora!- disse risoluto,-Zia Ali, posso bere il latte?-
Lei sorrise, e fece un cenno al fidanzato di alzarsi e servire i piccoli di casa.
-Okay. Mia figlia è sparita!- così esordì Matteo, entrando nella stanza con un’espressione tra il terrorizzato e il sospettoso. Giulia scoppiò a ridere, e gli fece ciao con la manina, mentre Diego le porgeva la tazza di latte fumante che aveva appena scaldato al microonde. Andrea si alzò, e giacchè ieri si era prodigata ad aiutare a cucinare, sapeva approssimativamente dove fossero tutte le cose. Prese dalla credenza un pacco di biscotti al cioccolato, lo aprì e lo mise davanti ai piccoli. Mirko si leccò i baffi, e si buttò a capofitto nei biscotti, seguito immediatamente a ruota dalla sua amichetta.
*
Chiara si svegliò ancor più stanca di quando era andata a letto, più nervosa e con l’assoluta certezza che quella fosse una giornata strana. Se lo sentiva sulla pelle, che ci sarebbero state delle sorprese, brutte o belle che fossero. Quando aveva questa sensazione, poteva star certa che qualcosa capitava. Era così.
Quando si decise a districarsi le coperte di dosso, guardò l’orologio e notò che fosse piuttosto tardi, le undici e mezza. Quelle screanzate: potevano anche svegliarla, sapevano che quando dormiva non si sarebbe mai svegliata presto, o comunque ad un’ora accettabile, da sola. Sbuffò, e si alzò. In quel momento, notò qualcosa che non andava. Marco non c’era nel letto; non era un gran dormiglione, perciò poteva essere già sceso in salotto con gli altri, che sicuramente erano svegli e pimpanti. Tutti forse, tranne Viola. Si strinse nelle spalle, si stiracchiò un po’ gambe e braccia, e sbadigliò rumorosamente. Proprio quando si stava avvicinando alla porta per andare in bagno a lavarsi, quella si aprì e Marco, vestito da lavoro, ne entrò, con un’aria strana. Sospetta.
Lui sospirò. –Sei sveglia..- da come lo disse, pensò Chiara, sembrava un reato!
-Chiara, c’è un problema al lavoro..-
Lei si scurì in volto. Ovvio. Si doveva aspettare che non avrebbe passato tanto tempo col suo ragazzo, perché, ovviamente, il suo lavoro veniva prima di tutto, prima anche di lei. Poco contava che a malapena si vedessero la sera tardi, e molte volte nemmeno in quel momento. Marco tornava tardi, e capitava che Chiara troppo stanca e spossata si addormentasse prima del suo ritorno, e quando la mattina si svegliava, lui aveva già levato le tende per andare in ufficio.
-Lo immaginavo..- disse in un soffio.
Marco ignorò il tono rassegnato della sua voce, o forse nemmeno ci fece caso.
-Cercherò di risolvere tutto al più presto..magari riesco a tornare tra qualche giorno.- Chiara annuì, ma era convinta di tutto il contrario. I problemi si sarebbero moltiplicati, e alla fine lei sarebbe rimasta lì da sola, in mezzo a tutte quelle famiglie felici, senza un compagno. Perché Marco aveva da fare, era importante, nonostante la giovane età di appena ventotto anni. Era maturo e responsabile. Forse troppo, pensò amareggiata Chiara. Lui non capiva che lei non voleva degli investimenti, ma un uomo al suo fianco, un uomo da amare e che l’amasse. Era così preso dall’impresa di famiglia, che nemmeno parlavano più. Sembravano due estranei che abitavano nello stesso appartamento; lui non cercava nemmeno di capire i suoi bisogni, era come se parlassero in due lingue diverse. In quanto a lei, ormai si era arresa a tentar di scovare un ragazzo ancora giovane e allegro, oltre la facciata seria da ultra-quarantenne. Ma non c’era. Marco sembrava cresciuto troppo e troppo in fretta.
-Devo partire ora, per non perdere il primo volo disponibile.- la informò. Sembrava le stesse dicendo che fuori pioveva, e non che se ne sarebbe andato di lì a qualche minuto.
-Okay.- sospirò Chiara. Che altro doveva dire? Non sarebbe valso a nulla.
Lui l’abbracciò, le scoccò un bacio veloce sulle labbra, che a Chiara parve così distaccato e freddo da lasciarle un vuoto nel petto. –A presto.- disse Marco, prendendo la sua valigia e uscendo dalla loro stanza. Chiara lo accompagnò giù, sotto lo sguardo di Viola, che stava uscendo in quel momento dalla sua camera. L’occhiata che lanciò all’amica significava: “ho un bisogno estremo di parlarti”. Marco andò da Alice in cucina, che si accigliò. Lui le spiegò l’impiccio, si scusò e ringraziò dell’ospitalità. Senza degnarsi di salutare in modo più accorato, si sporse per dare un ultimo buffetto a Chiara, che lo salutò in pigiama sul vialetto. Tornò dentro appena l’auto di Marco svoltò dietro l’angolo, e avvisò i suoi amici che si sarebbe fatta una doccia e poi li avrebbe raggiunti in cucina. Loro annuirono, ma non fecero commenti sulla fuga del suo ragazzo. Glielo leggevano in faccia, che non era il momento per battutine e scherzi.
Si lavò velocemente, conscia che nemmeno il getto caldo dell’acqua l’avrebbe rilassata. Si asciugò, e si vestì con una tuta consunta ma che le piaceva tanto. Stava per scendere di sotto, quando incrociò di nuovo Viola sul pianerottolo, che l’aveva aspettata.
-Tutto bene?- le chiese, cauta.
-Sì.- fu la risposta rassegnata di Chiara, che cercò di rivolgere un sorriso stiracchiato all’amica. –Ormai ci sono abituata.- spiegò, stringendosi nelle spalle.
-Non sembra..- le fece notare Viola, ansiosa. La sua amica aveva un’aria depressa, come non l’aveva mai vista. –Sicura di star bene?-
Chiara sospirò di nuovo, e abbassò il capo, tormentandosi le mani. –E’ solo che pensavo che finalmente potessimo passare un po’ di tempo insieme.. è più di un anno che la situazione sfiora l’assurdo.- raccontò, in un filo di voce.- A malapena ci salutiamo la sera, perché lui è sempre al lavoro. Avevo pensato che questa vacanza avrebbe giovato alla nostra relazione..ma come hai potuto vedere, non ho avuto il tempo nemmeno di tentare a ritrovare l’affiatamento.- finì. Viola non sapeva che dirle; era ovvio, le dispiaceva moltissimo. Ma non poteva dirle che la capiva, perché avrebbe fatto la figura dell’ipocrita. Chiara sapeva bene almeno quanto lei, che la storia con Matteo procedeva a gonfie vele e che la scintilla iniziale non andava spegnendosi, ma rimaneva brillante e scoppiettante.
La guardò solamente negli occhi, per farle capire che qualsiasi cosa fosse successa, lei ci sarebbe stata. Chiara recepì il messaggio, le sorrise e l’abbracciò di slancio, cercando di trasmetterle tutta la sua gratitutine.
Scesero di sotto, a Chiara stava tornando il sorriso nonostante il suo ragazzo l’avesse appena lasciata, in un certo senso, sola, per provvedere al suo sacrosantissimo impiego anche nelle vacanze natalizie.
Tutti erano già giù, eccetto Christian, e quando Viola dette voce ai pensieri di Chiara, Diego, ridendo, rispose che da ghiro qual era, stava ancora nel mondo dei sogni.
Mentre Alice, incurante del pancione ingombrante, si spostava agilmente da una parte all’altra della cucina, per controllare il dolce crescere nel forno e il pranzo sui fornelli, Diego e i ragazzi si misero ad apparecchiare. Luca parlava senza sosta a Viola, mettendola al corrente dei pensieri di un bimbo di due anni, mentre Giulia, Francesco e Mirko saltellavano in ogni dove della casa giocando a nascondino. Si stava da Dio, non c’era che dire.
Andrea spedì i bambini, dopo averli scovati dietro ai divani e sotto al tavolo, a chiamare Christian, per informarlo che il pranzo era pronto. Da bravi valletti quali erano, svegliarono il ragazzo saltandogli addosso e facendogli prendere un colpo, poi lo trascinarono senza troppi complimenti a lavarsi le mani.
-Giulia ha grandi possibilità per darsi alla lotta libera.- Così esordì, entrando nella cucina. –E’ potente!-
Tra le risate, pranzarono allegramente. Andrea e Alice scambiarono qualche parola anche con Giselle, che, all’idea di andare al centro commerciale al pomeriggio, sembrava già euforica. Se non si pavoneggiasse e non facesse la civetta, pensò Andy, magari sarebbe potuta essere una ragazza piacevole. Non simpatica, piacevole. Con cui scambiarsi pareri sugli shapoo e i profumi.
Non altro, non era abbastanza profonda per discorsi filosofici.
Christian, quasi alla fine del pasto, si accorse della mancanza di Marco, ma non fu abbastanza sveglio dal capire che era meglio chiedere all’orecchio di Matteo piuttosto che fare la figura della pera cotta.
-Ma dov’è quel carciofo muto?- chiese di getto, pentendosene subito dopo, vista la smorfia sul viso di Chiara.
-E’ dovuto tornare a casa per questioni di lavoro.- fu la risposa concisa della ragazza, senza snocciolare troppe informazioni a Christian. Non voleva lasciar trapelare i suoi pensieri, perciò accennò un finto sorriso orgoglioso. –E’ importante il suo ruolo, nell’impresa di famiglia..- Viola bevve un sorso d’acqua, per non dare nell’occhio con la sua espressione di chi conosceva fin troppo, ma Matteo, comunque, le riservò un’occhiata curiosa che la moglie ignorò.
-Buon per lui.- rispose seccato Christian, per poi chiudersi in un mutismo offeso.
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Chiara aveva sempre pensato che, per quanto riguardava lei, la sfortuna non era mai a sufficienza. E quando la colpirono una serie di fitte alla pancia, da farla piegare in due con le lacrime agli occhi, quel pensiero le tornò subito in mente.
Non bastava solo la sconsolatezza della sua strana situazione amorosa, no. Perché non aggiungerci dolori e ormoni sballati dal ciclo, tanto per peggiorare la situazione e renderla ancor più intrattabile e propensa al pianto isterico? E così fu. Quando Alice le illustrò i piani del pomeriggio, cercò di non essere troppo scontrosa, e sorridendole dispiaciuta, declinò gentilmente l’offerta, dicendo che non stava molto bene, e che sarebbe stata tranquilla a casa a riposare dopo essersi presa un Oky. Alice si strinse nelle spalle e sorrise comprensiva.
-Sicura che non vuoi venire?- incalzò Viola, mentre porgeva il cappottino a Giulia, e la imbacuccava con la sciarpa di lana.
Chiara sorrise appena, e scosse la testa, mostrandole la copia consunta e ingiallita di Cime tempestose: -Questa volta voglio finirlo.-
La sua amica rise, scuotendo la testa. –Dici così da dieci anni, Chià.-
-Appunto!- ribattè, sistemandosi meglio sul divano, e sorridendo alla piccola.
-Giulietta, compra le caramelle, eh!- la bambina s’illuminò e guardò la madre, con degli occhi definibili semplicemente zuccherosi.
-Vero che le prendiamo, mamma?- Viola sorrise, rassegnata e intenerita, e annuì. Una volta ultimata la protezione dal freddo di sua figlia ficcandole in testa una berretta di lana col pon-pon il cima, indossò anche lei il giubbotto.
-Okay, noi andiamo.- disse Alice, afferrando la borsetta dal divano. –Occhio a non demolire nulla, va bene?- aggiunse Diego, con un sorrisetto pieno di sottintesi che fecero accigliare Chiara.
-Demolire?- chiese, confusa.
Alice diede una botta alla nuca del fidanzato, e sorrise in modo strano, colpevole, a Chiara. –Niente, ciao ciao!- detto ciò, sospinse tutti (che ghignavano incomprensibilmente) fuori dalla casa, e chiuse a chiave, come se avessero paura che potesse scappare. Chiara non ci fece caso, e riaprì il libro da dove l’aveva interrotto. Prima o poi ce l’avrebbe fatta a leggerlo tutto.
Fece partire il suo Ipod, e si concentrò sulla lettura, almeno finchè non notò un’ombra che poi si rivelò essere Christian. Lui parve stupito della sua presenza. Non era nella stanza, mentre informava Alice della sua indisposizione fisica, ma comunque pensava che anche lui andasse con loro.
-E tu che ci fai qui?- chiese, sorpreso.
Lei alzò il sopracciglio, e fece un cenno al libro. –Secondo te?-
-Perché non sei uscita con gli altri?- incalzò, sparendo nella cucina adiacente al salotto e tornando qualche istante dopo con una birra tra le mani.
- Non sto bene.- rispose, -Cose da donne.-
Lui annuì, comprensivo, e senza troppi complimenti si spaparanzò al fianco di Chiara, scostandole le gambe poco aggraziatamente dal loro posto. Lei si raggomitolò, sbuffando, per fargli più spazio.
-Com’è che le chiamavate…? Il periods? O qualcosa del genere. Mi ricordo che ci avevate fatto la lezione sugli assorbenti e sui consigli sulla carta!- Christian sorrise, scuotendo il capo. –Mi è rimasto impresso più di tutte le materie di studio a scuola!- Chiara si ritrovò a sorridere. Si ricordava, e ne era felice.
-Mi ricordo anche che, quando hai le tue cose, sei piuttosto antipatica.- la punzecchiò con un ghigno, e lei gli diede un leggero calcio sulla gamba, indignata.
-Tu sei sempre antipatico, anche se non hai il ciclo.- borbottò lei, in risposta. –Ora, se permetti, vorrei leggere il mio libro.-
Christian si strinse nelle spalle, annuì e tornò a concentrare tutte le sue attenzioni sulla lattina di birra che stava aprendo.
Chiara sbuffò, e piantò gli occhi sulla pagina, riprendendo, anzi, cominciando finalmente a leggere. Peccato che la presenza di Christian, quella fastidiosa presenza, le impedisse di rilassarsi e di capire il significato di quelle parole.
Il ragazzo, dal canto suo, continuava far schioccare la lingua, fintamente disinteressato; sapeva che ad ogni rumore o verso lui emettesse, Chiara era un passo più vicina all’esasperarsi e allo sbottare.
Quando, finita la birra, la accartocciò, Chiara gli riservò l’occhiata più truce che avesse mai lanciato a qualcuno, e lui si aprì in un ghigno soddisfatto. Si allungò e le sfilò il libro di mano, proprio quando lei cercava di recuperare la pazienza e la voglia di leggere quel benedetto libro.
-Ehi!- si lamentò.
Fece per riprenderselo, pronta anche ad una rissa, quando lui le fece il sorriso più furbo e affascinante che le avesse mai rivolto.
-Sei da venti minuti sulla stessa pagina, Chiara.- l’apostrofò, e lei si sentì maledettamente in imbarazzo, perché aveva ragione.
-E’ colpa tua!- sbottò, -Fai casino!- ed era la verità..se non fosse stato che, se al suo fianco ci fosse stato un’altra persona, lei non sarebbe stata così distratta. Era lui, la sua vicinanza, il suo profumo..maledetto lui, e quel suo magnetismo!
Lui ridacchiò, e lanciò la vecchia copia del libro sul tavolino.
-Dato che a casa siamo soli, io e te..- lasciò in sospeso la frase, in un sussurro pieno di doppi sensi. Chiara si sentì arrossire; il suo cervellino era andato in pappa, con pensieri tutt’altro che dovuti per una ragazza già impegnata. –Potremmo parlare.- concluse Christian, con un sorriso divertito e malizioso allo stesso tempo, osservando le reazioni della ragazza al suo fianco.
Parlare..ma chi cavolo vorrebbe solo parlare con Christian?!
*
-Okay, si accettano scommesse! Chi è saltatto addosso a chi?- scherzò Jacopo, facendo ridere gli amici. Dopo un primo giro di spese generali, i bambini si erano definiti “morti di fame”, e i genitori avevano decretato che una piccola pausa non avrebbe fatto male a nessuno. Erano seduti attorno a due tavolini del bar di un centro commerciale, Mirko, Giulia e Francesco sgranocchiavano soddisfatti i loro gelati, mentre i genitori se la ridevano alla grande per il loro piano infallibile e geniale per riappacificare Christian e Chiara.
-Io non scherzerei tanto..- disse Matteo, risoluto. –Dopo, quando torniamo a casa, è meglio suonare il campanello. Non vorrei che i bambini si ritrovassero scene scabrose davanti agli occhi!- risero, ma Matteo era davvero, seriamente e intimamente, convinto di quel che diceva.
-Non ce ne sarà bisogno.- borbottò Viola, che, a differenza degli altri, era certa che tra i due non sarebbe successo niente. Se, al loro ritorno, la casa fosse stata ancora integra-e non per i motivi che intendeva Diego-, e Christian non fosse stato impiccato, trucidato o tagliuzzato a fettine, avrebbe ringraziato il cielo.
-E poi, non potrebbero comunque- soggiunse Andrea.
-Oh, andiamo!- bofonchiò Alice, -Un po’ di ottimismo!-
Viola scosse la testa: -Ma ti pare che quando torniamo a casa, avranno fatto pace? Per giunta in quel modo?- era sconvolta dalla poca considerazione che avevano della moralità di Chiara (Christian, ovviamente era un caso a sé).
-E poi, è ancora con Coso.- fece notare Andrea, con aria sconsolata.
-Oddio, possono anche aver patto pace con una stretta di mano!- esclamò Alice, piccata. Lo sapeva anche lei, che non era plausibile la storia del “saltarsi addosso”, però sperava davvero che chiarissero. –L’importante è che chiariscano!-
-Sì, però non c’è divertimento!- al commento di Jacopo, la mano di Andrea partì diretta e potente sulla testa del marito, facendolo quasi sbattere contro la superficie piana del tavolo. I ragazzi risero, tutti a parte il povero Giordani, che si massaggiò il capo con un’espressione dolorante e rammaricata.
-Violenta!- borbottò.
-Stai pur certo, che dopo questa uscita, i modi di far pace cambieranno drasticamente.- lo informò Andrea, con un’aria melliflua, sbattendo le lunghe ciglia. Jacopo sbiancò. –Dimmi che scherzi..- piagnucolò.
-Certo che no! Così impari!- decretò Andrea, senza il minimo risentimento nello sguardo o nel tono.
Anche se la cosa pareva piuttosto assurda agli occhi di tutti. Andrea e Jacopo erano famosi per la loro passionalità estrema, vittime degli ormoni, nonché per la facilità con cui sfornavano figli.
Sì, era decisamente una barzelletta.
Decisero di ricominciare a girare per i negozi, quando una voce familiare richiamò l’attenzione di Alice. Si voltò sorpresa, incontrando lo sguardo di Roberta, stupita quanto lei. –Ali!-
La ragazza misteriosa si buttò tra le braccia di Alice, le sorrise e osservò commossa la pancia prorompente dell’amica.
-Oddio Ali! Sei incinta!-
Alice rise. –Evidentemente..-
-A che mese sei?-chiese, interessata.
-Ottavo..- rispose, felice. –Vieni, Roby.- e la trascinò allegra dagli amici. –Lui è Diego, il mio ragazzo, e loro sono Matteo e Viola, Andrea e Jacopo, Paolo, il mio amico, quello di cui ti parlavo (-Spero bene!- commentò Paul, ridacchiando) e la sua ragazza, Giselle.- Si voltò, indicò i bambini, e presentò anche loro uno a uno. Loro, dietro ai maxi coni gelato, sorrisero timidamente.
-Ragazzi, lei è Roberta.-
*
-Christian, sei un maiale!- sbraitò, all’ennesimo rutto del suo compare, che fregandosene del fatto che ci fosse un altro divano per stravaccarsi, la stava comprimendo contro il bracciolo del sofà.
Lui, di risposta le sorrise in un modo che avrebbe potuto farla liquefare all’istante. Poteva, un sorriso, crearle un tale scompenso cardiaco? Evidentemente, lui ci riusciva.
Ma era sbagliato. Stupido. Insensato. E assolutamente compromettente.
Non c’è mai fine alla mia sfiga, pensò. Sarebbe dovuta seriamente uscire con Viola e le altre, andare a fare shopping e sopportarsi il mal di pancia.
Christian si fece in un attimo pensieroso. –Allora..il Carciofo se n’è andato..-
Chiara, prima che potesse aggiungere altro, lo interruppe: -Tornerà al più presto.- chiarì, con un cipiglio serio. Era più una speranza, che una certezza, quella. Si sistemò meglio, accanto a lui, avvicinando le ginocchia al petto, in modo da non avere la sua figura proprio davanti agli occhi. L’imbarazzo, così, l’avrebbe fermata dal voltarsi ogni secondo per osservarlo.
-Beh, sembra..un bravo ragazzo.- disse Christian, con tono incerto.
Chiara annuì, fissandosi le mani intrecciate sulle ginocchia. –Ma non quello che meriteresti.- concluse. A Chiara, il cuore perse un battito. Come poteva dire certe cose? Con quel tono accorato..dolce..suo.
-Marco è..con lui sto bene.- Voleva dire “perfetto per lei”, ma putroppo non era esattamente ciò che pensava. Non sapeva dire balle a Christian, non con i suoi occhi che la osservavano. Si sentiva creta nelle sue mani. Era certa che se lui le avesse chiesto di sputare il rospo, lei l’avrebbe fatto a ruota libera, senza nemmeno preoccuparsi delle conseguenze. Le era già capitato.
-Ne sei sicura?- incalzò. Chiara alzò lo sguardo, e trovò nei suoi occhi fierezza, arroganza, in un certo senso, come se già sapesse che Marco non la rendeva felice, non abbastanza.
-Certo, perché non dovrei?-
Divenne un attimo incerto, Christian, davanti agli occhi fiammeggianti di Chiara. Aveva messo tutta sé stessa, in quello sguardo, per sembrargli sicura. Una sicurezza che non le apparteneva, che non le era mai appartenuta. L’insicurezza, l’indecisione: erano i caratteri principali di Chiara. E questo, diede un po’ di coraggio a Christian per continuare il suo discorso con una parvenza di fiducia in sé stesso e in quello che credeva. Ovviamente, poteva sbagliarsi; Chiara era cresciuta, il suo carattere era cambiato, e quello che diceva potevano solo essere sciocchezze di un ragazzo ancorato al passato.
-Perché..-mormorò, avvicinandosi ai capelli di Chiara, che stette immobile come il ghiaccio. –francamente, più che fidanzati, mi sembrate un russo e un cinese che cercano di parlarsi, senza tuttavia tentare davvero di capirsi..- Il cuore di Chiara perse un battito. Non poteva essere così evidente.
-Come..come fai a dirlo?- sillabò appena, lei, incrociando i suoi occhi.
Qualsiasi cosa Christian volesse dire, la dimenticò. –Chiara io..- deglutì, allontanandosi col viso da lei, e prese un respiro. –Mi sembra..che non ti conosca per niente. E’ freddo, non..insomma, ti meriti di più, Chià.- concluse, a disagio. Già che c’era le faceva la dichiarazione e le chiedeva di sposarlo! Uno stupido, ecco cos’era. Se in quel pomeriggio, chiacchierando, avevano acquisito una parvenza di amicizia, quella che anni prima non erano riusciti a mantenere, be’..ora, quel mezzo passo verso un rapporto normale era vano, perché ne avevano fatti almeno una ventina indietro in un secondo.
-Marco è un ragazzo di pochi gesti dolci, davanti a chi non conosce.- balbettò Chiara, alzandosi dal divano. Le era tornato il mal di pancia, più forte di prima, e in quel momento le girava pure la testa.
Incespicò fino alle scale, sotto lo sguardo pentito di Christian: quando mai aveva aperto bocca!
E, per assurdo, anche Chiara stava pensando la stessa cosa, chiusa in bagno, appoggiata alla porta per sostenersi. Stupito, stupido Christian, e quel cavolo di spirito d’osservazione!
Quando riscese, provando a mantenere un’aria neutra e il respiro regolare, ebbe la sorpresa di trovarsi tutti i suoi amici nel salotto di Alice. Si sentì improvvisamente felice e rilassata, non doveva passare altro tempo con Christian.
-Ehi Chià! Come ti senti?- chiese subito Alice, sorridendole allegramente. In quel momento, Chiara notò la presenza di una ragazza alle spalle della sua amica, e Ali non aspettò due istanti per le presentazioni. –Roby, Chiara. Chià, lei è Roberta.- fece, accompagnando i gesti veloci con un sorriso da orecchio a orecchio. Le due si strinsero la mano, l’amica di Alice sorridente, Chiara un po’ più impacciata e timida.
-Allora, com’è andato il pomeriggio?- esordì Viò, accomodandosi accanto a Matteo con un’aria fin troppo tranquilla. Chiara si sentiva parecchio soffocare, avrebbe preferito uscire a prendersi una boccata d’aria, piuttosto che raccontare i riscontri, sicuramente disastrosi, di quello scherzo di cattivo gusto. –Hai letto Cime tempestose, finalmente, Chià?- indagò Viola, che era ovviamente sicura che Chiara non aveva nemmeno sfiorato il libro.
-Oh sì- mentì, degludendo. –Tutto il pomeriggio.- Non osava alzare lo sguardo e incrociare quello di Christian.
-Ma dov’è Chri, Chiara?- chiese Matteo, incerto. Chiara alzò immediatamente gli occhi, accigliandosi, non trovando quello sguardo magnetico e perennemente malizioso nella stanza. –Era sul divano, fino a dieci minuti fa!- balbettò, passandosi una mano tra i capelli. Possibile che se ne fosse andato? Ma no, si disse, non avrebbe mai fatto un torto ai suoi amici.
-Sei sicura che non sia successo niente di particolare, mentre eravamo via?- incalzò Paolo, ovviamente bando alla discrezione, era il suo motto. Ma dopotutto, che c’era da nascondere? Marco era lontano, tra l’altro, e francamente, Chiara dubitava che gli importasse qualcosa che Christian fosse una sua, non così vecchia, fiamma.
-No..- mormorò Chiara, arrossendo. Sentiva gli sguardi di tutti addosso, compreso quello dell’amica di Alice, Roberta. Chissà cos’avrebbe pensato. –Noi abbiamo solo..parlato.- Andrea cercò di non contrarre il viso in una smorfia. Sapeva bene, lei, quanto fosse deleterio solamente parlare troppo, quando in realtà le parole da dirsi erano solo tre: “Scusa”e “Ti amo”. Ma Chiara e Christian erano ottusi, testardi, orgogliosi, e soprattutto feriti. Chiara pergiunta stava con quel Coso che nemmeno passava le vacanze con lei, e sprecava momenti preziosi con la sua fidanzata per un lavoro che avrebbe potuto svolgere benissimo qualcun altro nei paraggi.
A quel punto, si ritrovò a pensare amareggiata, sarebbe stato tutto molto meno rovinoso per Chiara se fosse successo davvero qualcosa di “particolare”, come aveva detto Paolo. Anzi, forse li avrebbe fatti svegliare prima.
-Di che cosa?- chiese Matteo, accigliato.
Chiara arrossì ancor di più. –Di ogni cosa..- disse, pensando a tutte le chiacchiere del pomeriggio, ovviamente includendo l’ultimo spinosissimo discorso.
-Avete parlato anche di dieci anni fa?- Andrea fulminò il marito: no, davvero, era irrecuperabile; Jacopo, quando Dio distribuiva il tatto, era al gabinetto.
-Sì..- bisbigliò Chiara, con un filo di voce, -Ma non di quel momento. Abbiamo solo ricordato l’estate in cui ci siamo conosciuti.- snocciolò, in ansia.
Matt si strinse nelle spalle, -Tornerà tra una ventina di minuti, conoscendolo.- disse, sicuro.-Spero solo che torni prima che cominci a piovere, quelle nuvole non preannunciano nulla di buono!-
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Come aveva detto Matteo, appena fuori si scatenò il più brutto temporale degli ultimi tempi, Christian arrivò a casa, e, neanche a dirlo, era riuscito a prendersi la pioggia.
-Brr..si gela fuori!- commentò, passando una mano tra i capelli e strizzandoli e togliendo l’umidità da essi. Si tolse il cappotto, e sorrise, quando Alice gli presentò Roberta.
Intanto, Chiara pensava a tutti gli insulti possibili ed immaginabili da sbraitargli contro, perché non si era mai sentita male come in quell’ora in cui Christian era stato fuori senza avvisare nessuno.
Ah, se solo avesse avuto l’occasione, l’avrebbe strozzato a mani nude, quello stupido!
Peccato che i suoi istinti omicidi svanirono nell’estatto momento in cui Christian si sedette sul tappeto per giocare con Giulia, Mirko e Francesco. Poteva un individio, passare dall’essere il più irritante del mondo, al più dolce dell’universo? Christian ci riusciva, e di questo, Chiara non se ne capacitava. Era solo uno spaccone.
Dopo la cena, verso tardi, Roberta si era dovuta congedare, promettendo ad un’offesa Alice, che sarebbe tornata l’indomani, facendola così esultare euforica.
Chiara era stravolta, a malapena si reggeva in piedi per il sonno, e le palpebre erano lì lì per chiudersi e non aprirsi fino alla mattina seguente. Dai visi dei suoi amici, però, comprese che anche per loro era stata una giornata intensa. Quella sera, infatti, il soggiorno non impiegò molto a svuotarsi e le camere a essere abitate.
Quando anche Jacopo e Andrea si rifugiarono nella loro stanza, rimasero solo Christian e Chiara. Lei l’aveva aspettato, voleva parlargli, nonostante fosse poco lucida. Non era sicura nemmeno di riuscire a formulare una frase di senso compiuto, in quello stato.
-Allora..buonanotte, Chiara.- salutò lui, avviandosi verso le scale.
-Chri..- lo bloccò lei, inseguendolo improvvisamente sveglia e prendendogli il polso. Quella tachicardia inattesa le aveva acceso il cervello, non solo le guance. Lui rimase perplesso, quando Chiara, per mezzo secondo, lo abbracciò. –Sei uno stupido- detto ciò, la ragazza corse su per le scale, lasciando Christian perplesso e impalato con la bocca aperta a guardare il punto in cui si era volatilizzata.
Appena recepì quello che era successo, sorrise e salì tranquillo in camera sua, pronto per dormire.
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-Prima o poi, ci cascheranno.- commentò Jacopo, infilandosi la felpa della tuta che usava per dormire, per poi scuotere la zazzera castana e dargli una non-forma.
Andrea annuì. –Ma a quel punto, ci saranno un sacco di casini, lo sai, vero?-
Il ragazzo sospirò, e si avvicinò al materasso, infilandosi abilmente tra le calde coltri per abbracciare la moglie. –Sì. Per questo dobbiamo essere pronti a dare una botta in testa a entrambi per farli ragionare.- Andrea, a quelle parole, scoppiò a ridere. Si accoccolò meglio contro il petto del suo uomo, e gli scoccò un bacio sul mento, facendolo sorridere beatamente.
-Sai, io ho una fortuna sfacciata.- disse solenne, facendo sorridere divertita Andrea.
-Perché?- incalzò, curiosa.
-Ho una moglie fantastica e due angeli di figli: cosa potrei volere di più dalla vita?-
Andrea assunse un’aria pensierosa. –Un Ferrarino?- Sentì vibrare i muscoli di Jacopo, che soffocò le risate sui suoi capelli per non far troppo baccano e svegliare Mirko e Luca. Sarebbe stata un’impresa, poi, far riaddormentare i bambini: e addio intimità.
-Ti rendi conto che sono quasi quattro anni di matrimonio?- ragionò ad alta voce Andrea, aprendosi in un sorriso. Era impossibile non farlo, a quel pensiero. Era così soddisfatta e beata, che avrebbe sfidato chiunque, a essere più felice e appagata di lei.
Nessuno avrebbe potuto comparare quel senso di appartenenza, di pienezza, che l’avvolgeva quando stava con Jacopo. O solamente quando lui sorrideva; in realtà, le bastava solo che lui respirasse, e Andrea era la donna più felice della Terra.
-I quattro anni più intensi e belli della mia vita.- mormorò, dopo aver appoggiato le labbra su quelle della moglie in un bacio dolcissimo, intriso di tutto l’amore che provavano l’uno per l’altra. –Ti amo, mia scorbutica Andy..-
-Anch’io, Brontolo.-

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